Cuore di Rinnegata

di sesshydil
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incontro movimentato ***
Capitolo 2: *** Luna e Sole ***
Capitolo 3: *** Ricordi dopo la tempesta. ***
Capitolo 4: *** Salvataggio alla locanda ***
Capitolo 5: *** Il racconto di Ithilwen ***
Capitolo 6: *** In viaggio verso la guerra ***
Capitolo 7: *** Battaglia ***



Capitolo 1
*** Incontro movimentato ***


Il silenzio era assoluto

CAPITOLO 1°: Incontro movimentato

Il silenzio era assoluto.

Tutto era immobile.

Non un alito di vento, nessun movimento di foglia, nessun fruscio.

Niente faceva pensare che qualcosa vivesse nella foresta.. niente faceva pensare che la stessa foresta fosse viva.

Gli alberi antichi si stagliavano minacciosi, confondendosi nella nebbia che aleggiava nella tetra foresta.

Come per opera di un incantesimo, la foresta di Fangorn appariva congelata nel silenzio di quella notte.

L’aria era pesante, umida.. quasi impossibile da respirare.

Nessuno si sarebbe mai sognato di entrare nella foresta..

…figuriamoci poi di viverci..

 

Un ombra si mosse leggera e veloce, spezzando così il magico incantesimo, ridando vita alla foresta.

Un corpo avvolto in un mantello comparve acquattato dietro il tronco di un albero.

Con un calcolato movimento delle gambe, la figura si sporse quel tanto che bastava per permettere al piede di raggiungere il ramo dell’albero vicino.

Allungò così le braccia, la mano incontrò un pezzo di ramo libero dalle foglie, e senza alcuna fatica, in un attimo scomparve di nuovo alla vista,

protetta dal tronco dell’albero e dall’oscurità.

 

Un gruppo di ombre si avvicinò al punto in cui la figura era appena sparita.

L’elfo e l’uomo sembravano abbastanza a loro agio, nonostante la foresta li rendesse inquieti.

Procedevano sicuri e veloci, scambiando brevi parole di tanto in tanto, senza mai perdere di vista lo stregone bianco, che li precedeva.

Sul volto di esso, era disegnato un velo di preoccupazione, e anche, per qualche motivo ignoto, di paura.

Se i suoi compagni erano in ogni caso relativamente tranquilli, lo stesso non si poteva dire del nano dai capelli rossi che li seguiva.

Intrappolato in quella ragnatela di rami e foglie, non si sentiva per niente a suo agio, e la mano correva a intervalli regolari all’ascia scintillante che portava sulla schiena.

 

L’ombra si sporse leggermente per osservare meglio coloro che avevano osato disturbare il silenzio della sua dimora.

Il suo sguardo passò velocemente dal nano all’elfo, fermandosi poi sull’uomo.


 

- Elessar. .-

L’ultimo di una gloriosa stirpe, il solo che potesse rivendicare il trono di Gondor..

 

Bene, molto bene.

Che strana coincidenza. Senza saperlo, le prede erano andate direttamente dal loro cacciatore.

Perfetto. Avrebbe risparmiato tempo e fatica.

La mano della figura accarezzò l’arco, seguendone i disegni intagliati nel legno.

Veloce ed esperta, incordò la freccia.

Senza farsi vedere, piegò leggermente la gamba posteriore, in modo da riuscire a tirare da una posizione più comoda.

Una ciocca di capelli blu sfuggì dal cappuccio mentre tendeva la corda dell’arco.

Con un guizzo, gli occhi viola si spostarono sullo stregone che comandava la compagnia.

 

- Gandalf..maledizione! -

 

La figura digrignò i denti.

Osservò l’uomo camminare veloce, avvicinandosi sempre di più all’albero su cui si trovava..

La barba e i capelli bianchi si muovevano dolcemente, seguendo i passi dell’uomo, così come la sua lunga veste bianca.

Camminava sorreggendosi al suo bastone, gli occhi che osservavano distrattamente la strada, la mente lontana,

persa in uno dei suoi tanti segreti, impegnato a risolvere chissà quali misteri..

Lui doveva compiere il suo dovere, chissà quale questa volta..

Tornò ad osservare coloro che viaggiavano con lui.

 

- .. ed ecco un altro gruppo di stolti, pronti a seguirlo fedelmente, credendo di fare bene, credendo di seguire un capo saggio e giusto..

..non rendendosi conto del pericolo, dell’assurdità della cosa..

..non rendendosi conto che quell’uomo che tanto ammirano, è solo un egoista, un bugiardo, un traditore, un approfittatore… -

 

Si riscosse dai suoi pensieri.

Ciò che pensava dello stregone non era importante. Aveva un lavoro da compiere.

Dopo, avrebbe avuto tutto il tempo per occuparsi di Gandalf.

Puntò la freccia diritta al cuore dell’uomo dai capelli scuri. Non poteva sbagliare, non avrebbe sbagliato.. non sbagliava mai.

Prese bene la mira… e scoccò.



 

 

Tutto successe velocemente.

Mentre la freccia si avvicinava silenziosa e letale al petto dell’uomo ignaro, lo stregone si girò di colpo e, grazie al bastone,

deviò il colpo della freccia, mandandola a conficcarsi nel tronco di un albero.

La situazione si capovolse: l’elfo incordò l’arco, il nano estrasse l’ascia e l’uomo impugnò la spada.

Tutti e quattro gli uomini, si avvicinarono minacciosi al punto da cui era partita la freccia, pronti al contrattacco.

 

La figura non ebbe molto tempo per agire.

Velocemente, incordò un'altra freccia, ed uscendo dal riparo sicuro offertole dall’albero, mandò la freccia a conficcarsi nel braccio sinistro dell’elfo,

che fu costretto a lasciar cadere l’arco con un urlo di dolore.

Senza nemmeno essersi assicurata che il colpo fosse andato a segno, la figura si dileguò nell’oscurità della foresta.

 

- Maledetto stregone! Possibile che debba sempre mandare a monte i miei piani? -

 

La figura continuò a correre. Nonostante l’effetto sorpresa fosse sfumato, non poteva lasciar scappare la preda.

Inoltre, era certa che Gandalf non le avrebbe permesso di scappare.

Un sorriso divertito le illuminò il viso sotto la maschera.

Finalmente un po’ di divertimento.

Con un balzo, salì velocemente sull’albero vicino, dopodichè, aiutandosi con le mani, agile come un felino, iniziò a passare da un ramo all’altro,

finchè il gruppo di uomini non fu di nuovo davanti a lei.

L’elfo si era tolto la freccia dalla spalla, che ora sanguinava abbondantemente nonostante la fasciatura.

I suoi compagni, riuniti attorno a lui, avevano le armi in mano e uno sguardo di rabbia e rancore, dovuti alla vergogna di essere stati sorpresi dal nemico in un momento di impotenza.

Lo stregone invece, appariva preoccupato e teso.

A differenza dei suoi amici, lui sapeva con chi avevano a che fare.

Lo aveva capito immediatamente, temeva che ciò sarebbe successo.

 

< Rinnegata, so che sei qui, fatti vedere! > tuonò lo stregone.

La sua voce rimbombò nel silenzio della foresta.

Nessuna risposta, nessun rumore.

Tutto era calmo, tutto era immobile..

Pericolo..

Una risata divertita, una risata fredda, una risata di scherno, una risata da gelare il sangue proruppe dalla figura misteriosa

e si propagò fin negli angoli più bui della foresta, e il suo eco rimase nell’aria anche dopo che essa si fu spenta.

 

Un colpo…

Un altro…

 

Gimli e Aragorn lanciarono entrambi un urlo di dolore.

Gimli si stringeva al fianco, mentre Aragorn la spalla.

Erano stati entrambi fortunati.. ma lei non aveva mirato a ucciderli.. oh no, quello era solo un avvertimento, un piccolo monito a Gandalf.

Non doveva osare sfidarla.

 

< Non puoi vincere contro di me, Gandalf >

 

Legolas alzò la testa di scatto al suono di quelle parole..

Elfico..

 

< Vieni fuori Rinnegata.. dov’è finito il tuo coraggio? Non è da te nasconderti >

 

< Te lo ripeto, non mi sfidare.>

                                                 

< Cosa vuoi? >

 

< Elessar >

 

Legolas continuava a osservarsi intorno..ormai ne era certo..

Chiunque fosse la persona con cui stava parlando Gandalf, era di sicuro un elfo..

Ma per quale motivo un elfo avrebbe dovuto attaccarli?

Rinnegata..

Legolas non riusciva a capire..

 

< Non puoi averlo > rispose Gandalf, alzando il bastone minaccioso.

 


 

Il bagliore di una lama sguainata, un fruscio e poi..

Legolas sentì il freddo metallo della spada premere contro il suo collo, e una mano decisa afferrargli la spalla dolorante.

Un corpo premeva contro il suo, un alito leggero sul suo collo.

 

< Dammi Elessar Gandalf, o l’elfo muore >

 

Il respiro di Legolas si fermò per un attimo. Non potevano consegnare Aragorn alla morte, questo mai. Piuttosto, sarebbe morto lui.

Anche se, qualcosa gli diceva, che la misteriosa figura che gli puntava la lama al collo non si sarebbe fermata finchè non avesse portato a termine il suo compito.

Fissò Aragorn negli occhi, dopodichè guardò Gandalf. Uno sguardo, un lieve cenno di dinego da parte di Legolas.

< Non dovresti permettere alla tua stupidità di portarti alla morte > sussurrò la figura all’orecchio di Legolas.

 

< Ciò che tu chiami stupidità, noi la chiamiamo coraggio. > rispose freddamente Legolas.

 

< Il coraggio non è tale quando ti porta alla morte.>

 

< Preferisco morire io, se ciò servirà a salvare un mio amico.>

 

< Stupido eroismo. Come puoi chiamare amico qualcuno che ti lascerebbe morire al suo posto? >

 

< Nessuno morirà. Non oggi almeno, e non per mano tua.> Gandalf interruppe il dialogo.

 

< Vecchio stolto. Ho ricevuto un incarico, e devo portarlo a termine. > la figura passò a parlare in lingua comune, e premette la spada contro la gola dell’elfo,

da cui uscì un rigagnolo di sangue.

 

< Tu sei in debito con me >

 

Gandalf e la figura si scrutarono attentamente.

 

- Dannazione! Maledetto stregone, ha ragione. Io sono in debito con lui, purtroppo..-

 

< E allora? >

 

< Le leggi del tuo stesso popolo ti impongono di servire colui con cui sei in debito, finchè egli non riterrà esso ripagato > ora Gandalf sorrise sicuro. Era in suo pugno.

 

< Questo è vero > la figura lasciò andare Legolas e si portò alle spalle di Gandalf, puntandogli la spada al petto < Ma ciò non vale, se colui con cui si è in debito muore >

 

Ora fu Gandalf a ridere. < Non lo farai. Tu non mi ucciderai. Hai ancora il tuo orgoglio. Non farai un’azione tanto meschina. Sei in debito con me. >

 

La mano che impugnava la spada, tremò leggermente.

 

< Inoltre > proseguì Gandalf < ho qualcosa che sono certo ti interesserà. > detto ciò, estrasse dalle pieghe del mantello un lungo filo d’argento, a cui era appeso un ciondolo.

Due fili argentati si intrecciavano a incorniciare una pietra a forma di luna, bianca, con sfumature azzurre e violette, che risplendeva nel buio di quella notte.

 

< Il ciondolo di Ailyan.. Non è possibile.. ero sicura che fosse andato perduto > negli occhi viola della figura comparve il riflesso perlaceo della pietra.

< Cosa vuoi in cambio? > chiese sospettosa.

 

< La tua lealtà. Presto molte guerre dovranno essere combattute, e tu potresti essere un alleata preziosa. > rispose Gandalf serio.

 

< Ma cosa stai dicendo! > Aragorn, Gimli e Legolas fissarono sconvolti lo stregone.

 

< Ha appena cercato di ucciderci! > disse Aragorn.

 

< Come puoi pensare di fidarti? > disse Gimli.

 

Legolas rimase silenzioso..

 

La figura rise, una risata sarcastica.

 

< I tuoi amici hanno ragione stregone. Come puoi credere di poterti fidare di me? >

 

< Fai la tua scelta Rinnegata. La tua lealtà, in cambio del ciondolo di Ailyan. Scegli, o muori.>
 

 

Gandalf, sguainò la spada e la puntò al collo della figura.

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Ed ecco qua il primo capitolo!!

Spero di avervi incuriosito almeno un po’.

Se volete sapere di più sulla figura misteriosa, e su che ruolo avrà nelle vicende dei membri della Compagnia..beh continuate a seguirmi XD

 

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Capitolo 2
*** Luna e Sole ***


CAPITOLO 2°:

CAPITOLO 2°: Luna e Sole

 

< I tuoi amici hanno ragione stregone. Come puoi credere di poterti fidare di me? >


< Fai la tua scelta Rinnegata. La tua lealtà, in cambio del ciondolo di Ailyan. Scegli, o muori.>


Gandalf, sguainò la spada e la puntò al collo della figura.

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Osservò la spada dello stregone a pochi centimetri dal suo viso.

Avrebbe potuto ucciderli tutti.

Non ci avrebbe messo niente. Avrebbe svolto il suo compito uccidendo l’umano, e allo stesso tempo si sarebbe liberata dello stregone.

Velocemente, senza troppi problemi..

Certo, erano in maggioranza, ma non potevano tenerle testa, specialmente adesso che erano feriti.

Eppure…qualcosa la tratteneva. Sarebbe stato così facile estrarre la spada e terminare il lavoro..

Ma i suoi occhi continuavano a fissare il ciondolo.

Nonostante gi anni, era rimasto magnifico. L’argento era rimasto immune agli anni, senza il minimo segno del tempo passato. I lievi raggi della luna lo facevano risplendere, e le mille venature della pietra brillavano di una luce soffusa.

Allungò lievemente la mano verso il monile.

Lo desiderava, doveva ammetterlo, lo stregone sapeva come tentarla.

Non poteva risolvere i suoi problemi, questo no.. ma le sarebbe stato d’aiuto, di grande aiuto.

Se avesse avuto il ciondolo, non avrebbe più dovuto lavorare per degli stupidi umani, o per gli orchi, o per nessun altro..

Avrebbe potuto scegliere cosa fare della sua vita, senza dover dipendere da nessun altro..

E in cambio.. alzò lo sguardo sul gruppo di uomini. Avrebbe dovuto seguirli, avrebbe dovuto combattere per loro, combattere CON loro..

Per una volta, combattere per il bene…

Fissò l’elfo che si teneva la spalla sanguinante. Non sarebbe stato facile, per niente, avrebbe dovuto spiegare molte cose..

Non si sarebbero mai fidati..

Ma non aveva importanza. Che importanza aveva se loro non si fossero fidati! Lei voleva quel ciondolo, ne aveva bisogno, al diavolo il resto.

 

< Non mi fido di te Gandalf. Ma quel ciondolo mi serve… Vecchio, tu sei pazzo. Ti diverti a complicare le cose..> sospirò la figura, scuotendo la testa.

 

< Forse.. ma dovresti sapere che è impossibile sapere cosa passa per la testa di uno stregone > rispose lui rinfoderando la spada. < la tua scelta? >

 

< Devo essere impazzita.. > sussurrò la figura in elfico, parlando più a se stessa che a qualcuno in particolare < Molto bene. Accetto. Combatterò dalla vostra parte. >

 

< Ottima scelta> disse Gandalf con un sorriso grave, facendo cadere il ciondolo nella mano tesa della figura.

 

< NO!> Gimli era saltato in piedi < Non ho nessuna intenzione di viaggiare con qualcuno che ci ha attaccato e che voleva ucciderci! Per di più, qualcuno di cui nemmeno conosco il nome e che è troppo codardo per mostrarci il suo vero aspetto e si nasconde dietro un mantello!> urlò lui, puntando l’ascia contro la figura.

 

< Il mio nome non ti deve riguardare, nano, e lo stesso vale per il mio aspetto. Non voglio la tua fiducia, anche perché tu non avrai la mia. Ma ho stretto un accordo, ho dato la mia parola. Fa che questo ti basti..altrimenti, sono problemi tuoi.> fredda e dura. Non avrebbe discusso con un nano.

 

< Allora abbiamo un problema. Se viaggerete con noi, dovrete darci un nome con cui chiamarvi. > Aragorn era rimasto in silenzio a fissare prima Gandalf e poi la misteriosa figura. Non gli piaceva l’idea di dover viaggiare con qualcuno che aveva tentato di ucciderlo, ma se per Gandalf andava bene, si sarebbe fidato del suo giudizio.

 

Una risata, questa volta sincera.

< Ho appena tentato di uccidervi, ho ferito tutti voi..eppure non battete ciglio al sapere che viaggerò con voi? Tra voi, il nano sembra l’unico dotato di un po’ di buon senso! >

Che gente strana che le era capitata! Doveva ammettere che era incuriosita.

 

< Non ci piace l’idea di viaggiare con voi.> Legolas era finalmente riuscito a fermare l’uscita del sangue, ed adesso era in piedi, a fissare la donna mascherata. < Ma avete fato un accordo..e se Gandalf si fida di voi, allora noi ci fideremo del suo giudizio.>

 

< Ah spero che stiate scherzando, tutti e due! Come potete pensare di portarla con noi…e poi.. è una donna!! > esclamò Gimli.

 

Un lampo nero. Una spada sguainata. Gimli si ritrovò con la lama puntata alla gola.

< Mi spiace che il fatto che io sia una donna ti crei disturbo. Sappi che mi stai stancando, piccolo mostriciattolo.>

Osservò il nano deglutire, spaventato. Era meglio che capisse da subito, che era meglio non darle fastidio.

 

< Adesso basta, smettetela. Abbiamo perso già fin troppo tempo, dobbiamo andare a Rohan di volata.> Il tono di Gandalf non meritava repliche.

 

Lentamente, allontanò la spada dal collo del nano.

< Il mio nome non è di alcuna importanza. Dagli umani sono conosciuta come Morwen( = nera fanciulla, in elfico), se per voi è importante, potete chiamarmi così.>

< Se dobbiamo arrivare a Rohan in fretta, vi conviene seguirmi. La foresta di Fangorn è insidiosa per chi non la conosce, ma non avrete da temere se mi seguirete. Ho passato molto tempo in questa foresta, conosco la strada più veloce. Muoviamoci > Senza altra parola, si diresse verso il folto della foresta, seguita, con un po’ di sospetto, dai suoi nuovi compagni di avventura.

 

 

*******************

 

 

Uscirono dalla macchia di alberi, liberi di essere accarezzati dalla lieve brezza di quella notte, sopra le loro teste il cielo stellato sembrava illuminare alla luce della luna piena.

 

< Da qui, sono tre giorni a cavallo, cavalcando veloci come il vento > disse Gandalf, scrutando la pianura che si stendeva davanti a loro per miglia e miglia.

Un fischio, lungo, particolare, un richiamo da tempo dimenticato.

Un cavallo fece la sua comparsa al richiamo di Gandalf.

Bianco come la neve, la lunga criniera argentata che si muoveva al ritmo della corsa, il Re dei cavalli fece la sua comparsa.

 

< Ombromanto!> sussurrò dolcemente lo stregone accarezzando il cavallo.

 

Gli occhi di Legolas brillarono nel vedere quel magnifico esemplare.

Accanto all’elfo e all’uomo, i loro due cavalli chinarono la testa in segno di rispetto.

 

< Cavalcare.. non che la cosa mi piaccia! Noi nani non siamo fatti per stare a cavallo! > brontolò Gimli quando venne aiutato a salire sul cavallo, dietro Legolas.

 

< Morwen, voi non avete un cavallo? > domandò Aragorn notando che la donna era rimasta immobile, restando ad osservarli mentre salivano a cavallo.

 

Non una parola, non uno sguardo.

La figura incappucciata, incominciò a correre per la pianura.

Ma correre..correre non era a parola giusta. Essa volava.. sembrava che i piedi non toccassero il terreno per quanto erano veloci e delicati i suoi passi. Un’ombra che spariva fra le tenebre della notte.

Senza una parola, Gandalf spronò Ombromanto al suo inseguimento, e lo stesso fecero gli altri, stupiti.

La misteriosa donna, sembrava sparita nella notte, di lei, nessuna traccia.

 

< Gandalf..> urlò Legolas.

 

< Cavalcate, lei arriverà! >

 

 

Quando il gruppo fece una sosta per far riposare i cavalli, lei arrivò.

Un magnifico stallone nero come la pece, dalla lunga criniera dorata andò loro in contro.

Come per la donna prima, sembrava che il cavallo non toccasse il terreno.

Arrivati vicino a loro, gli uomini notarono che esso non possedeva ne sella ne briglie, e nonostante questo, la figura incappucciata lo cavalcava senza problemi.

Un lampo di ammirazione passò negli occhi di Legolas.

Cavalcare un cavallo di quel genere non era un impresa facile, e senza briglie era praticamente impossibile, anche per un elfo.

Osservò meglio la figura, ora illuminata leggermente grazie alla luna.

Non che ci fosse molto da osservare. Tutto il corpo era ricoperto da un lungo mantello nero che arrivava fino ai piedi. Il capo era coperto dal cappuccio e, l’elfo notò, il viso era nascosto da una maschera d’argento.

Le uniche cose distinguibili erano la spada e la faretra con l’arco e le frecce.

Il ciondolo, appeso al collo della donna, era nascosto anch’esso dal mantello.

Per quale motivo quella donna non volesse mostrare il suo aspetto, lo incuriosiva.

Era ormai certo che ella fosse un elfo, per cui non capiva il perché del suo comportamento, e il suo essere restia a farsi vedere e a svelare il proprio nome.

Quella donna misteriosa lo intrigava, per questo decise di parlarle.

 

Le andò incontro, mentre gli altri erano impegnati a mangiare qualcosa. Ella si era allontanata dal gruppo, a fissare l’orizzonte.

Stava per albeggiare quando l’elfo la raggiunse.

 

< Un lampo di luce solitario annuncia il momento

dell’atteso arrivo della lucente signora

Le stelle e la luna si inchinano con fare sonnolento,

per colei che scalda coloro nei cui cuori dimora,

Di tenui colori tinge il mantello della notte regina.

E per nostra gioia fa finalmente capolino.

Di rosa, arancio, rosso e giallo, è vestita la ballerina.

Arrivata nel cielo con passo felino.

Aprite gli occhi, si rassereni il cuore,

nella luce dell’alba è arrivato ilSsole. >

 

Così cantò l’elfo, osservando rapito i primi bagliori dell’alba. Era una vecchia canzone, imparata da bambini, che pur gli piaceva rammentare.

 

< Oh dolce Luna, che lieve risplendi

nelle notti più buie, unica guida

per viaggiatori erranti, insieme alla stelle,

sorelle fedeli di tempi lontani.

Silenziosa da lassù osservi,

unica compagna si segreti e misteri,

che nell’oscurità delle tenebre si nascondono.

Oh dolce Luna, che il mio volto accarezzi,

spero di riuscire a rivederti ancora,

quando la Signora del giorno sarà sparita,

e le ombre dimoreranno padrone,

io e te, nuovamente insieme,

compagna fedele di tutti i miei pensieri. >

 

La voce della donna risuonò limpida e trasparente nel silenzio della pianura.

Un canto triste e pieno di dolcezza, che risvegliò nei cuori di coloro che l’ascoltarono una strana amarezza.

Gli occhi viola di lei, ora, erano fissi in quelli blu dell’elfo.

 

< Non amate il Sole? > le domandò Legolas, rammaricandosi quando ella spostò di nuovo lo sguardo sull’orizzonte, sempre più chiaro.

Era come stregato da quegli occhi, occhi in cui leggeva un’antica tristezza, mista ad un dolore così grande, che non capiva come potesse essere sopportato. Occhi che avevano visto passare molte ere, che avevano visto molte battaglie e subito pesanti sconfitte.

Lo specchio di un anima disperata.

 

< Il Sole è traditore. Non ci si può nascondere da essa, crudele traditrice. Il Sole permette ai nemici di trovarti, consente alla freccia di colpire il bersaglio, impedisce un riposo sereno. Il Sole è il mio più grande male, e per sempre la odierò, perché non mi sarà mai concesso il piacere di sentire i suoi tiepidi raggi sul viso.>

 

Morwen sussultò lievemente, come se si fosse resa conto di aver detto troppo.

Il freddo sguardo che scambiò con l’elfo, fu sufficiente perché Legolas capisse di non dover indagare.

Le parole della donna, facevano pensare a una lunga e triste storia, che il prima o poi, sarebbe comunque stata scoperta.

Ma non era ancora giunto il momento.

 

< Il Sole è traditore dite, ed il vostro cuore batte per la dolce Luna. Eppure, neppure di lei vi fidate in realtà, visto che continuate a tenere segreta la vostra identità.> non potè fare a meno di osservare.

 

< Vi sbagliate. Non è della Luna che non mi fido, ma della compagnia > rispose lei, fissando i suoi occhi in quelli dell’elfo. Occhi di un blu degno delle più belle sere d’estate, occhi fermi e risoluti, occhi pieni di orgoglio, coraggio, saggezza e conoscenza.

 

< Siete una nostra compagna ormai, combatteremo insieme, dovrete fidarvi, presto o tardi >

 

< Nei lunghi anni della mia vita, ho imparato a mie spese a non fidarmi di nessuno, Nani, Uomini o Elfi che siano. La mano che si tende amica, può afferrarvi da un momento all’altro per consegnarvi al nemico, e la spada che giura di proteggervi può colpirvi nel sonno. Parlare di fiducia temo sia inutile, Mastro Legolas, e come voi non avrete la mia, io non avrò la vostra. >

 

< Come fate a dire questo? Magari io non avrò la vostra, ma voi potrete avere la mia. >

 

< Vi assicuro che questo sarà impossibile. Si da fiducia a una persona solo dopo averla conosciuta veramente, solo dopo aver conosciuto tutta la sua storia, e dopo di ciò si fa comunque attenzione. Io non ho intenzione ne di raccontarvi la mia, ne di ascoltare la vostra. Per cui, parlare di fiducia è una cosa del tutto inutile. >

 

< Giungerà il giorno i cui voi dovrete raccontarmi la vostra storia, e in cui io vi racconterò la mia. >

 

< Sarò solo io a scegliere se  raccontarvela o no. In ogni caso, mi auguro che quel momento non arrivi > detto ciò, Morwen saltò in sella al suo stallone e si allontanò veloce vero il Sole appena sorto, seguita con lo sguardo dall’elfo pensieroso.

 

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Ecco il secondo capitolo, spero non sia stato troppo noioso!

Prima di tutto: gli elfi considerano il Sole femminile, in quanto la considerano una stella, per questo i versi rivolti al Sole sono femminili.

Detto questo..beh che cosa ve ne pare? Vi dico già che Legolas non si darà per vinto, e che tra breve scopriremo il mistero di questa fanciulla.

Inoltre, volevo dirvi che quando i dialoghi sono scritti “ con questa scrittura” , sta a significare che stanno parlando in elfico.

 

RINGRAZIAMENTI:

Ambry483: Ti ringrazio per il commento..e si anche io adoro Legolas ^__^  p.s. sai che non ho idea di dove ho trovato l’immagine del mio profilo? Non so nemmeno cosa sia, però piaceva moltissimo anche a me XD spero che il capitolo ti sia piaciuto ciao!!

 

Hareth: Grazie per i complimenti! E si, il mio computer ogni tanto va a caso senza motivo.. computer strano XD spero che questo capitolo ti sia piaciuto un bacio!

 

Grazie anche a Illidan e Alice (30061983), e a tutti coloro che mi seguono e commentano!! Un bacio!

 

Allego un mio disegno ( siate clementi è solo uno schizzo) del ciondolo di Ailyan..

 

http://img364.imageshack.us/my.php?image=scansione0006tv8.jpg

 

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Capitolo 3
*** Ricordi dopo la tempesta. ***


CAPITOLO 3°:

CAPITOLO 3°: Ricordi dopo la tempesta.

 

< Giungerà il giorno i cui voi dovrete raccontarmi la vostra storia, e in cui io vi racconterò la mia. >

 

< Sarò solo io a scegliere se  raccontarvela o no. In ogni caso, mi auguro che quel momento non arrivi > detto ciò, Morwen saltò in sella al suo stallone e si allontanò veloce vero il Sole appena sorto, seguita con lo sguardo dall’elfo pensieroso.

 

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Il vento freddo di quel mattino riuscì a penetrare la maschera che la donna portava, arrivano ad accarezzarle lievemente il viso. Un odore intenso di pioggia accompagnò il soffio di vento, che costrinse Morwen a frenare la corsa di Orthored (= il dominatore/conquistatore). Lo stallone al comando dell’elfo si fermò sbuffando e rimase ad aspettare scalpitante l’arrivo degli altri cavalli.

Nonostante sembrava che Ombromanto non sentisse la fatica, gli atri due cavalli erano stremati dai due lunghi giorni passati, in cui erano stati costretti a galoppare senza sosta per miglia e miglia.

Aragorn si fermò accanto alla donna, la cui testa era rivolta vero l’alto, ad osservare le pesanti nubi che stavano ricoprendo il sole.

 

< Sembra che presto verremo colpiti da un temporale > disse l’uomo, esprimendo a voce ciò che la donna stava pensando.

 

< Propongo di cavalcare ancora per un paio di miglia, se non sbaglio dovremmo arrivare così in un boschetto, non troppo lontano da Edoras, dove potremo trovare riparo dalla pioggia > disse Gandalf, con cipiglio assorto, perso nel ricordo di tempi lontani.

 

< Il giorno è sorto solo da poche ore, non vedo per quale motivo fermarci così presto. Perderemo solo tempo > protestò Morwen.

 

< Oh ma sentitela! Strana ragazza, non so se il vostro mantello può proteggervi anche dalla pioggia e dal freddo. Cavalcate pure da sola se desiderate, ma io non ho nessuna intenzione di inzupparmi fino alle ossa, cavalcando per tutto il giorno! > rispose brusco il nano, guardando la donna in cagnesco. Era ancora contrario alla compagnia della figura incappucciata, e non nascondeva la sua disapprovazione.

 

< Morwen ha ragione. Anche a me spiace dover perdere del tempo prezioso per colpa di un temporale > si intromise Legolas, prevenendo la donna ed evitando così lo scoppio di un litigio fra lei e il nano < Eppure anche Gimli ha ragione. Non ha senso prendersi tutta la pioggia, rischiando di stare poi male. Inoltre, i cavalli sono stremati. Farli correre sotto la tempesta sarebbe come mandarli al macello. Hanno bisogno di un po’ di riposo > aggiunse l’elfo, sussurrando poi dolci parole all’orecchio dell’animale che cavalcava, dandogli leggere pacche sul collo.

 

< Molto bene allora. Procediamo fino al boschetto citato da Gandalf. Ma occorre muoverci, se vogliamo scampare dal temporale > detto ciò, Aragorn spronò il cavallo avanti, seguito da tutti gli altri.

 

Solo Morwen rimase ferma, fissando il gruppo allontanarsi al galoppo. Sospirò. Un vero peccato. Adorava così tanto cavalcare sotto la pioggia.

Con una scrollata di spalle, spronò Orthored a seguire gli altri.

 

 

Il temporale li sorprese prima di quanto avessero previsto.

Erano arrivati a metà del tragitto che avevano deciso di percorrere, che il cielo cadde sulle loro teste, o almeno così sembrò al gruppo.

L’acqua si rovesciò sulla compagnia senza possibilità di scampo, chiudendoli in una morsa di freddo e di gelo. Le nuvole rendevano il cielo grigio e il tempo cupo. La luce del sole non riusciva a scalfire nemmeno lievemente la barriera di nuvole, e l’acqua fitta impediva alla compagnia di poter vedere in lontananza.

Persino Legolas e Morwen, sebbene fossero elfi, faticavano a vedere più lontano di qualche metro.

Mulinelli di vento e pioggia si insinuavano fra i cavalli, e più di una volta i componenti del gruppo rischiarono di perdersi.

Dopo quasi un ora passata sotto la pioggia e percorrendo un breve tratto di strada, visto che erano costretti a procedere lentamente per non perdersi, trovarono rifugio dietro un enorme masso, posto vicino ad una collina. Non si trattava di un vero rifugio, ma l’enorme sporgenza della pietra consentiva un leggero riparo dalla pioggia, permettendo al gruppo di scappare per un po’ alla furia della tempesta.

Inutile dire, che arrivati a quel punto, erano completamente bagnati. I mantelli si appiccicavano ai corpi, e più che un riparo erano diventati un impiccio.

 

< Altro che temporale!! Sembra la fine del mondo! > esclamò il nano, sputando acqua.

 

< Dobbiamo proseguire! Ormai manca meno di mezzo miglio al boschetto! > urlò Gandalf, togliendosi i capelli dagli occhi.

 

Morwen si voltò con fatica a guardare verso il punto indicato dallo stregone. In effetti, coperto dalla pioggia, riusciva a distinguere a poca distanza i contorni di un bosco.

 

< I cavalli sono sfiniti, non ce la fanno più! > urlò Legolas, costringendo la donna a guardarlo. I biondi capelli erano incollati attorno al viso e al collo dell’uomo, gli abiti erano zuppi, eppure i suoi occhi blu rispecchiavano calma e determinazione. < Inoltre, questo terreno accidentato nasconde trappole e insidie! Non possiamo rischiare di perdere un cavallo! > terminò, rivolgendosi a Aragorn.

 

< Hai ragione Legolas, ma non possiamo nemmeno restare qui. Il bosco è vicino, si può vedere ad occhio nudo. Dobbiamo raggiungerlo! >

 

< Si ma come? > urlò rassegnato Gimli.

 

Un silenzio interrotto solo dallo  scrosciare della pioggia calò sui compagni. Sembrava non ci fosse soluzione. Andare avanti, sembrava equivalere alla disfatta, eppure non potevano nemmeno restare fermi.

 

< Riesco a vedere il bosco, e la pioggia non è un problema, ne per me, ne per il mio cavallo. > disse improvvisamente Morwen rompendo il silenzio. < Faremo così. > estrasse una corda dal fagotto che portava sulla schiena. < Io starò in testa, e legherò la corda al collo di Orthored. Voi starete dietro, e farete lo stesso con i vostri cavalli. Grazie alla corda, non dovremo temere di perderci e potremo proseguire più spediti. Inoltre, come ha giustamente detto Legolas, il terreno è pericolo, dovremo perciò condurre i cavalli per la briglia, per impedire così che si rompano disgraziatamente una zampa. > terminò lei.

 

< Fammi capire bene. Stai proponendo di andare a piedi? Sotto questo diluvio? > l’attaccò Gimli.

 

< Sarà faticoso per tutti quanti, ma questa è l’unica possibilità > rispose lei fissandolo glaciale.

 

< Però il tratto da percorrere non è molto lungo..ce la potremmo fare > disse Legolas pensoso. Gandalf e Aragorn annuirono.

 

< Molto bene, Morwen, faremo come dite. > disse Aragorn.

 

Le corde furono velocemente legate e la compagnia dovette così tornare sotto il diluvio, con la donna in testa al gruppo.

Fu una camminata lunga e difficile. Sia uomini che animali erano appesantiti dalla pioggia, più volte scivolarono rischiando di rompersi qualcosa.

Solamente Morwen e il suo cavallo sembravano immuni all’acqua. Procedevano veloci e sicuri, conducendoli su terreni solidi e poco pericolosi. Fu solo grazie a loro se dopo due lunghe ore di fatiche, riuscirono a trovare riposo sotto gli alberi del bosco.

Due alberi caduti di recente avevano formato una specie di grotta nel terreno, sufficientemente grande per ospitare 4 cavalli e 5 uomini.

Stremati e infreddoliti, presero posto sotto gli alberi, grati di poter sfuggire per un po’ al temporale.

Accendere un fuoco per scaldarsi era impossibile, per cui dovettero accontentarsi di aggomitolarsi vicino ai cavalli, gli uni accanto agli altri. Persino stringersi nei mantelli era del tutto inutile.

Si addormentarono velocemente, stremati dalla fatica di quelle ore, cercando rifugio nei propri sogni, sogni che parlavano di sole e di caldo.

 

*******************

 

Solamente Morwen parve non risentire del temporale. Mentre gli altri si concedevano una pausa e un sonno ristoratore, lei rimase sveglia e vigile, seduta all’imboccatura della grotta, accanto al suo fedele cavallo. Se uno degli uomini fosse stato sveglio in quel momento, avrebbe visto la donna togliersi la maschera e abbassare il cappuccio, permettendo così alla pioggia di bagnarle il viso e i capelli. Se avessero poi osservato attentamente il suo viso, avrebbero notato su di esso un esile sorriso, e gli occhi persi a fissare la pioggia, la mente immersa in chissà quale lontano ricordo.

Ma quando si svegliarono, e il primo fu Legolas, vide semplicemente la donna avvolta nel suo mantello nero e la maschera sul volto, seduta ad osservare i lievi raggi del sole che penetravano attraverso le nubi.

L’elfo si alzò in piedi e le si affiancò, guardando fuori. La pioggia aveva finalmente smesso di cadere, e i primi raggi di sole attraversavano le nubi, illuminando il bosco, facendo riflettere le gocce d’acqua intrappolate fra le foglie come diamanti. Tutto attorno era silenzioso, non un rumore attraversava la foresta. Sembrava di trovarsi in un meraviglioso incantesimo.

Poi, improvvisamente, il canto di un uccellino ruppe il silenzio, seguito subito da una risposta. In breve, il bosco tornò a vivere, pieno di rumore e allegria. Si era alzato anche un leggero vento, che stava portando via le nuvole, lasciando spazio a un meraviglioso tramonto. L’odore di erba bagnata arrivava intenso al naso dell’elfo, che per la prima volta dopo molto tempo, si senti in pace e rilassato, più che mai vicino alla sua casa nel Bosco Atro.

I due elfi rimasero in silenzio per un po’, persi ognuno nei propri pensieri.

 

< Finalmente vi siete svegliato > disse poi lei, in un sussurro, come se avesse paura che alzando la voce quel sogno meraviglioso sarebbe svanito, riportandoli nel mondo d’ombra.

 

< Ho dormito per molto? > chiese lui, osservandola.

 

< Solo qualche ora. Vi siete svegliato giusto in tempo per la fine del temporale. > rispose lei con una scrollata di spalle, dando una leggera pacca sul collo di Orthored perché si svegliasse.

 

< Voi non avete riposato? >

 

< Non ne ho bisogno, e in ogni caso, per me è molto più riposante stare in silenzio a guardare la pioggia che cade.> rispose lei alzandosi in piedi e stirandosi le gambe intorpidite.

continuò, osservando con un sorriso l’elfo strofinare le mani una contro l’altra in un tentativo di scaldarsi. < Torno presto, nel frattempo, svegliateli altri > disse osservando i tre uomini ancora immersi nel mondo dei sogni, dopodichè, si allontanò dalla grotta.

 

Appena fu sicura di essere lontana dalla vista dell’elfo, si sfilò i leggeri stivali che portava, permettendo così ai piedi stanchi di rilassarsi sull’erba fresca. Trasse un respiro profondo e, osservando il sole che scompariva dietro le montagne, si tolse il pesante mantello, permettendo così al vento di accarezzarla.

Andò così in cerca di qualche ramo per accendere un fuoco, godendo della sensazione dell’erba fra le dita dei piedi e del vento che le scompigliava i capelli. Al collo, ondeggiava il ciondolo di Ailyan.

 

*****************

 

Al richiamo di Legolas, Aragorn si svegliò, e l’impressione che ebbe fu di avere del ghiaccio al posto delle ossa. Dormire con addosso i vestiti fradici aveva fatto si che il suo corpo si irrigidisse, ed adesso ogni movimento gli costava un dolore alle giunture di tutto il corpo. Non meglio erano messi gli altri, che lamentandosi, tentarono di alzarsi per sgranchirsi un po’ le gambe. Solo Legolas sembrava stare bene, a parte il fatto che aveva freddo, come tutti del resto.

 

< Dov’è Morwen? > chiese l’uomo, cercando con gli occhi la donna.

 

< E’ andata a cercare della legna per accendere un fuoco, poco tempo fa > rispose l’elfo.

 

< Ottimo idea..> brontolò Gimli strizzandosi la barba, ancora fradicia.

 

< Penso che andrò a cercarla. Un po’ di movimento non potrà che farmi bene > disse Aragorn con un sussultò, quando sentì le ginocchia scricchiolare al tentativo di alzarsi.

Si allontanò dalla grotta muovendo con fatica le gambe intorpidite. Ogni movimento era un dolore, ma dopo breve tempo, il corpo iniziò a riscaldarsi e si sentì meglio. Camminare era stata un ottima idea.

Girò per un po’ cercando di trovare le orme della donna, cosa del tutto inutile, in quanto un elfo non lasciava orme. Fu per fortuna, o per qualche strana ragione, che Aragorn indovinò la strada presa da Morwen e trovò così i suoi stivali, il mantello e la maschera.

Rimase un attimo ad osservare il pesante mantello nero e la maschera argentata, che rifletteva la tenue luce delle stelle. Era incredibilmente leggera, eppure solida come l’acciaio.

Dopo un attimo di riflessione, con un sorriso prese il tutto con se e continuò a girovagare, cercando la donna, spinto dal desiderio di poterla finalmente vedere…anche perché, era sicuro di aver capito chi fosse.

Dopo più di mezz’ora, e parecchi giri a vuoto, la trovò.

Era intenta a raccogliere la legna da un albero caduto a causa di un fulmine, i lunghi capelli ondeggiavano al vento, la pelle perlacea del viso sembrava riflettere di un tenue bagliore in quella notte scura. Le vesti semplici, di colore scuro a richiamare le tenebre, come era in uso per la sua razza, lasciavano intravedere un fisico snello e asciutto, dalle forme leggere e armoniose. Era alta, molto alta rispetto alle donne umane, e il suo viso emanava una bellezza da togliere il respiro. Il suo portamento regale emanava un aura di potere, e nei suoi occhi si poteva leggere una freddo distacco dal mondo. Il tutto incorniciava la fanciulla, rendendola simile alle figure astratte dei sogni. Bellissima quanto irraggiungibile, al tempo stesso fragile come i petali di un fiore e dura come l’acciaio. Canticchiava con voce soave una triste canzone, che parlava di una fanciulla e di un temerario cavaliere, e del loro amore disperato. Aragorn rimase a fissarla incantato per un attimo. Era diversa da tutti gli altri elfi che aveva conosciuto.

 

< Come pensate di accendere un fuoco su quei ceppi fradici.. Erdie?> chiese lui infine.

 

La donna sussultò sorpresa, lasciando cadere la legna e voltandosi di scatto verso di lui.

La sorpresa sul suo volto era evidente. Sorpresa per essere stata vista senza maschera da lui, sorpresa per esser stata chiamata con quel nome.

 

< Come mi avete chiamata? > domandò lei, fissando l’uomo stupita ed incredula.

 

< Erdie. La solitaria. Ho sentito spesso parlare di voi. E’ dunque esso il vostro vero nome?>

 

< Erdie… no, non è il mio nome.. solo una persona mi chiamava così..come fate voi a saperlo?>

 

< E’ da tempo che avevo indovinato chi eravate. L’odio per la luce del sole, la non fiducia verso le persone, l’amore per la luna e per la pioggia.. Tutto mi ha fatto pensare che foste voi. Come faccio a sapere queste cose.. semplicemente, conosco qualcuno che vi vuole molto bene, e che mi ha spesso parlato di voi.> disse poi lui, accarezzandosi il ciondolo che portava al collo.

 

La donna si avvicinò lentamente all’uomo, con un misto di timore e curiosità dipinta sul viso. Gli occhi viola di lei fissavano quelli grigi di lui, tentando di leggere ciò che esso pensava. Aragorn sostenne lo sguardo di quegli occhi, seppur con fatica. Essi lo affascinavano e lo inquietavano al tempo stesso, eppur non riusciva a distogliere lo sguardo, intrappolato suo malgrado dal fascino esercitato dalla donna.

Solo quando furono a un palmo di distanza gli uni dagli altri, Morwen distolse lo sguardo e lo fissò sul ciondolo che pendeva al collo dell’uomo. Allungò delicatamente una mano, sfiorando con le dita sottili il ciondolo, e un lieve sorriso le increspò le labbra, accendendo sul suo volto un ombra di tristezza, quella tristezza che hanno di solito gli anziani ripensando alla loro gioventù, o che ha una donna quando dopo molto tempo rincontra il suo primo amore. Una tristezza dovuta al ricordo di periodi lontani, periodi felice. Una tristezza fatta di dolce tenerezza.

 

< Arwen..> sussurrò dolcemente. Tornò a fissare Aragorn. < Vi ha parlato di me? >

 

< Spesso. Mi parlava spesso di voi… e si, conosco la vostra storia > disse lui in risposta allo sguardo allarmato di lei < Conosco la storia per come mi è stata raccontata da Arwen, e io mi fido del suo giudizio. Voi non potete essere malvagia, se ella vi vuole così tanto bene. > terminò lui.

 

< Conosco molti uomini che non la penserebbero come te. Ma in fondo, tu non sei un elfo, queste faccende ti riguardano poco, nonostante tutto, Elessar. > rispose lei tristemente. Poi, sul suo viso comparve, improvvisamente, magnifico e divino un sorriso, che illuminò il suo bellissimo volto. < A quanto pare, siete in rapporti molto intimi tu e la mia dolce amica > rise allora lei maliziosa, facendo lievemente arrossire l’uomo. < Arwen alla fine ha fatto di testa sua, ha seguito il suo cuore, ed esso l’ha condotta a te… bene, non potevo sperare di meglio per la mia Tinu (= piccola stella) > disse in fine lei, tornando a fissare l’uomo negli occhi.

Si allontanò allora da lui volgendogli la schiena ed andando a recuperare la legna che aveva raccolto.

 

< Vi sarei grata se non parlaste a nessuno del nostro incontro, specialmente, vi sarei grata se continuaste a far finta di non sapere niente di me. > disse lei tornando a fissarlo, con le braccia cariche di legna.

 

< Come desiderate, Morwen, anche se vi assicuro che potreste fidarvi anche degli altri nostri compagni.>

 

< Forse. Gandalf già mi conosce, e per quanto riguarda il nano e l’elfo.. no, meglio di no. Non desidero litigi.> disse lei scuotendo la testa. < In ogni caso, adesso mi pento di aver tentato di uccidervi qualche giorno fa, ma vi assicuro che è stata un’azione del tutto insignificante, per me priva di significato. La vostra vita per me non era cosa di riguardo. Ma adesso che so che a voi appartiene il cuore della mia amica.. oh, se sapesse l’accaduto mi strozzerebbe! > sorrise lei. < Suvvia, sarà meglio tornare indietro. Vi prego di raccontarmi di dama Arwen, mentre torniamo indietro. E’ da molto tempo che ne la vedo ne ricevo sue notizie. >

 

L’atteggiamento verso l’uomo era completamente cambiato al sapere che esso era l’amante di Arwen. Ascoltava rapita l’uomo raccontarle della vita a Gran Burrone, rievocando in lei immagini di un passato ormai lontano ed adesso doloroso. Era molto tempo che non parlava così a lungo con qualcuno.

Poco prima di tornare alla grotta, ringraziò Aragorn per le notizie che le aveva dato, ed anche per la chiacchierata, con la preghiera di salutare Arwen da parte sua, appena l’avesse rivista. Non rispose però all’affermazione dell’uomo, che sosteneva che sarebbe potuta andare lei stessa a salutarla. Scuotendo la testa, si rimise gli stivali, il mantello e la maschera e tornò alla compagnia, con in cuore una grande dolcezze e l’immagine di due bambine, una dai capelli corvini e l’altra dai capelli blu, che ridevano cavalcando felici lungo i verdi prati.

 

************************************************************

 Tadam eccomi tornata!! Anf vi chiedo perdono per il ritardo, ma purtroppo il mio computer si è guastato ed ho dovuto portarlo a riparare. Sfortunatamente, è andato tutto perduto: tutti i documenti, tutte le immagini, tutto! E non ho nemmeno una connessione a Internet adesso! ( aggiorno da casa di una mia amica )

Vi chiedo quindi perdono per il ritardo, e temo che per un po’ mi sarà difficile aggiornare, ma farò del mio meglio. Comunque, questo capitolo è venuto lunghissimo, spero che così sarò perdonata almeno un po’.

Dunque! Aragorn sa tutta la storia della nostra misteriosa donna.. bene bene, presto, anzi prestissimo, saprete tutto anche voi!

Inoltre, lei e Arwen sono amiche da molto tempo.. tranquilli, presto tutto sarà spiegato!! Spero di avervi incuriositi!!

Attendete il prossimo capitolo, preannuncio che nei prossimi 2 capitoli quasi tutto verrà spiegato..non abbandonatemi quindi XD

 

RINGRAZIAMENTI:

 

Illidan: No, non ho idea di quale videogioco sia XD non so proprio niente di videogiochi.

Io sapevo solamente che Morwen =Nera Fanciulla, è formato da mor < morn = “nero, scuro” e wen < gwen < gwend = “ragazza, fanciulla”

Comunque, mi fa piacere che la storia ti piaccia, e comunque come vedi Morwen non c’è l’ha con tutti.. insomma per quanto riguarda Aragorn hanno “fatto pace” però direi che la verità l’hai abbastanza intuita… vacci piano però, che con le tue intuizioni rischi di svelare il seguito della storia XD

Comunque, per quanto riguarda Gandalf, non è che proprio lo odi..ah non posso dirti niente, presto capirai! Mentre Gimli..beh elfi e nani non vanno d’accordo, tra le loro razze c’è sempre stata lotta… ma vedrai che anche loro chiariranno! A presto ciao!!

 

Alice: Mi fa davvero piacere XD sapere che la storia ti piace così tanto che commenti..beh per me è un vero piacere ^__^ spero che continuerai a leggere un bacio

 

Grazie anche a tutti gli altri che mi seguono!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Salvataggio alla locanda ***


CAPITOLO 4°:

CAPITOLO 4°: Salvataggio alla locanda.

 

L’elfa sorrise fra se e se, osservando quegli uomini intrepidi, coraggiosi e valorosi asciugarsi felici al tenue calore emanato dal fuocherello. Gandalf, grazie alla sua magia, era riuscito ad asciugare i ceppi di legno portati da Morwen ed aveva così acceso un bel fuoco che ardeva scoppiettante nella grotta.

In breve tempo, la compagnia, asciutta e rinvigorita, fu pronta per compiere l’ultimo tratto di strada che la separava da Edoras.

I cavalli correvano veloci sull’erba bagnata di pioggia, un tenero venticello faceva svolazzare i mantelli. Tutto era illuminato dalla tenue luce di un sole che aveva da tempo passato il mezzo dì e che tra breve sarebbe andato a dormire.

Gandalf, come sempre in testa al gruppo, si fermò con lo sguardo fisso d’innanzi a se, aspettando che gli altri lo raggiungessero. Il suo sguardo spaziò in un ampia pianura ricoperta da campi coltivati. Qua e la si intravedevano contadini immersi nel loro lavoro, gli animali da soma che lavoravano faticosamente: finalmente tracce della presenza di una città. Con un dito, indicò in lontananza una cittadina agli altri che erano fermi accanto a lui.

 

< Eccoci arrivati ad Edoras.> disse solenne. Nei suoi occhi si poteva leggere una ferma determinazione, per il compito che lo attendeva.

 

< Vedo un palazzo, situato nel punto più elevato.. il suo tetto sembra ricoperto d’oro!> esclamò Legolas.

 

< Quello è il palazzo d’oro di Meduseld, dimora di re Théoden Re del Mark, la cui mente adesso è vittima di un sortilegio. > spiegò lui con sguardo cupo.

 

< Un sortilegio.. vittima piuttosto delle false parole di un consigliere falso e servitore dei poteri oscuri. Quella serpe di Vermilinguo sta portando Théoden alla rovina. > per la prima volta, la voce di Morwen tradì un fremito di rabbia.

 

< Non saremo i benvenuti qui, attenzione a ciò che direte. > disse Gandalf spronando il cavallo.

 

< Certo che non saremo i benvenuti.. se portiamo con noi certe compagnie.. > esclamò Gimli osservando torvo l’elfa.

 

< Io ho passato molto tempo a Edoras nano, sicuramente il mio arrivo sarà meglio accolto di quanto non lo sarà il vostro. > e detto ciò, la donna incitò il cavallo al seguito di Ombromanto, seguita dagli altri.

 

***********

 

Come predetto da Gandalf, l’arrivo degli stranieri in città non fu dei più calorosi, anzi. Mentre percorrevano la strada che li avrebbe condotti al palazzo d’oro, furono seguiti da sguardi cupi e minacciosi, il silenzio regnava sovrano.

Solamente Morwen sembrava non attirare l’ostilità della gente, cosa che sarebbe parsa strana, visto che ella era l’unica con il corpo nascosto e l’aria minacciosa. Ma come aveva spiegato al nano, Morwen era conosciuta a Edoras, e la gente non prestava quasi più attenzione al suo abbigliamento inquietante e misterioso.

Venne infatti salutata allegramente dalle guardie che si trovavano davanti al portone del palazzo, con le quali ella scambiò qualche parola di convenienza.

Non altrettanto felici furono verso gli altri avventurieri, specialmente nel vedere Gandalf. Era convinzione che l’arrivo dello stregone portasse solo sventure e disastri.

 

< Non potete entrare nel palazzo armati. Per ordine.. di Grima Vermilinguo. > disse una delle guardie risolute.

 

< Bene, adesso a causa di quella serpe sono anche costretta a lasciar fuori le mie armi! Cose teme? Che abbia intenzione di uccidere il re? Razza di stolto! > esclamò indignata l’elfa, appoggiata dalle esclamazioni dei suoi compagni.

 

< Mi spiace, Morwen, ma non possiamo fare altrimenti. > rispose la guardia.

 

< Molto bene, vorrà dire che non entrerò. E’ da tempo che non vedo dama Eowin, sarò felice di poterla incontrare. Sono certa che voi ve la caverete > disse poi incrociando lo sguardo di Gandalf, che dopo aver consegnato la spada, era pronto ad entrare. Con un lieve cenno di saluto verso gli altri, si dileguò in un corridoio laterale, lasciando gli altri stupiti.

 

********

 

L’elfa percorse sicura i vari corridoi che si incrociavano fra loro come un grande labirinto. Avrebbe potuto perdersi facilmente, se non li avesse conosciuti tutti alla perfezione. Li aveva percorsi un’infinità di volte, in tutto il tempo trascorso in quel palazzo. Ci tornava sempre volentieri, era uno dei pochi posti in cui si sentisse a casa. In parte era dovuto alle gentilezze e all’allegria della dolce dama Eowin, in parte, al fatto che li, a nessuno importava chi fosse e da dove venisse, nessuno aveva pregiudizi verso di lei. Allungò una mano a toccare le fredde pareti di pietra del palazzo, come le era stato insegnato: se mantieni una mano contro la parete, non puoi perderti. Le pareti sbucano sempre da qualche parte! Soleva ripeterle Eowin.

Persa nei suoi pensieri, non si accorse quindi di una giovane dona dai lunghi capelli dorati e la veste bianca che andò a sbatterle addosso.

 

< Dama Eowin!> esclamò appena l’ebbe riconosciuta.

 

< Morwen!> gli occhi della donna, dapprima preoccupati e ansiosi, si illuminarono di gioia nel riconoscere l’elfa.

Le due donne si abbracciarono felici. < Mia cara Morwen, quanto tempo è passato dalla tua ultima visita! >

 

< Ho viaggiato per lungo tempo, e devo ammettere di essere stanca.> rispose con un sorriso l’elfa.

 

< La tua camera è sempre pronta.>

 

< Ti ringrazio di cuore, Eowin. Ma prima di andare a riposarmi, vorrei sapere il perché della vostra corsa e della vostra preoccupazione. > rispose Morwen scrutandola attentamente.

 

< Ho appena saputo dell’arrivo di Gandalf e di altri viaggiatori con lui, e della loro visita al Re. Non posso lasciarlo solo, sono molto preoccupata! > disse la donna scrutando con ansia vero la porta che conduceva alla sala del trono.

 

< Non devi preoccuparti, mia dolce dama. I viaggiatori di cui parli sono miei compagni, e sono venuti qui con le migliori intenzioni. Non potranno che fare del bene a vostro zio. Venite a constatarlo con i vostri occhi! > la voce calma dell’elfa riuscì a tranquillizzare la donna, che prese con dolcezza la mano tesa di Morwen e con ella, si avviò dal Re.

 

La scena che si presentò ai loro occhi era incredibile, ed inaspettata.

Théoden, il Re del Mark, dopo parecchio tempo si ergeva di nuovo in piedi e stringeva in mano la sua spada, che per il momento era puntata al collo di un pallido uomo dagli occhi acquosi inginocchiato sul pavimento.

 

< Vi prego padrone..io sono sempre stato un bravo consigliere… risparmiatemi vi prego.. > implorò lui.

 

La rabbia del Re era palpabile nell’aria ma nonostante questo, ritrasse la spada e cacciò via il suo ex consigliere Vermilinguo.

Morwen sentì Eowin piangere al suo fianco, e con un sorriso, la vide correre ad abbracciare suo zio, finalmente libero dall’incantesimo che per lungo tempo lo aveva tenuto imprigionato. Davanti a lui si ergevano Gandalf e Aragorn, e un poco più indietro Legolas e Gimli, tutti con uno sguardo fiero e un sorriso felice sul volto.

Morwen osservò i suoi nuovi compagni di viaggio: osservò Aragorn, fiero e temprato dai lunghi anni di vagabondaggi, Legolas, dagli occhi pieni di coraggio e dalla bellezza abbagliante, il nano, ben fermo sulle gambe e pronto a lottare fino alla fine, e infine Gandalf, fragile come una foglia e al contempo duro come la roccia, da cui emanava un incredibile aura di potere. Per la prima volta, nel cuore dell’elfa balenò un guizzo di fierezza al pensiero che quegli uomini l’avevano accettata nel loro gruppo, ma subito cancellò il pensiero. Era facile essere accettati, quando gli altri non sapevano niente di te.

Si riscosse dai suoi pensieri. Un urlo aveva accolto l’annuncio del re di un banchetto che si sarebbe tenuto l’indomani.

Era giunto il tempo di festeggiare un po’, dimenticando per breve tempo la guerra.

Con un lieve inchino rivolto al re, e un sussurro a Eowin affinché non la aspettassero per la cena, Morwen si ritirò nell’oscurità dei corridoi.

 

**********************

Era ormai notte quando Morwen uscì silenziosa come un ombra dalla sua stanza, percorse velocemente i vari corridoi e sbucò alla luce della luna, fuori dal palazzo che brillava lievemente nella notte.

Respirò l’aria della notte, dopodichè si allontanò dal palazzo incamminandosi velocemente verso il villaggio illuminato. Non si accorse che una figura la seguiva.

Morwen percorse sicura i vari vicoli che si snodavano per le case buie, l’oscurità non permetteva di vedere a pochi centimetri dal proprio viso, nonostante ciò non esitò nemmeno una volta, allontanandosi sempre di più dalla strada principale e quindi, dal palazzo.

Poco più di mezz’ora da quando aveva lasciato il palazzo, giunse in una piccola piazzetta quadrata, dalla quale quattro strade identiche si perdevano nell’oscurità. Al centro della piazza si ergeva una fontana circolare, ormai logorata dal tempo, nella quale le donne solevano lavare i panni tutte le mattine. Rimase a fissare come trasognata la fontana da cui l’acqua sgorgava limpida e il suo suono delicato riempiva dolcemente il silenzio della notte. Si strinse nel mantello e dopo un attimo di esitazione, alzò la testa e si diresse veloce verso la seconda strada a partire da destra.

Dopo pochi passi, arrivò ad una squallida locanda: i muri, pieni di crepe e con buchi sparsi qua e la, erano sudici e sembravano sul punto di crollare. Il nome della locanda, scritta con un colore rossastro molto simile al sangue, era illeggibile nella lieve luce che illuminava le finestre sporche.

Morwen appoggiò la mano sul battente della porta e diede una leggera spallata alla porta, che si aprì con un cigolio sinistro.

L’interno della locanda era arredato in modo molto semplice, con delle panche di legno e delle lunghe tavolate. L’ambiente era illuminato da molti candelabri, e solamente in prossimità del bancone si trovavano due lampade ad olio.

Si avvicinò silenziosa al bancone, dove l’oste, dopo aver osservato la figura incappucciata per un attimo, le servì il boccale di birra che aveva ordinato. Era un uomo sulla quarantina, con un grossa pancia flaccida e due grandi baffi sotto il naso. La barba mal fatta e gli occhi neri acquosi gli davano un aspetto sinistro e poco raccomandabile. Aveva trascorso la maggior parte della sua vita in quella locanda, e la prima cosa che aveva imparato era stato di non fare domande e di dare al cliente ciò che desiderava, e soprattutto, aveva imparato che era meglio restare fuori dai guai.

Così, rivolse solo un occhiata alla figura che andò a sedersi su una panca appoggiata al muro e seminascosta nel buio, e quando vide un gruppetto di uomini alzarsi e andarle in contro, distolse velocemente lo sguardo e, fischiettando, iniziò a pulire con uno straccio un bicchiere.

Morwen si sedette sulla panca, rilassando la schiena contro la parete fredda del muro e stiracchiandosi le gambe. Con uno sguardo, osservò un gruppo di uomini alzarsi e camminare nella sua direzione, quindi chiuse gli occhi e bevve una sorsata della birra. Quella locanda poteva anche essere un covo di banditi e poco di buono, ma la birra era la migliore della città.

Osservò l’uomo sedersi davanti a lei, dall’estremità opposta del tavolo. Aveva una barba ispida e nera, unta come i capelli, che arrivavano fino alle spalle ed erano lasciati liberi di cadere in modo scomposto sul viso. Numerose cicatrici gli deturpavano il volto, e gli occhi, di un marrone fangoso, brillavano di malvagità. I vestiti erano logori e sporchi, e lo spadone che portava al fianco, era incrostato di fango. Gettò solo un’occhiata agli altri suoi compagni, che di certo non ispiravano più fiducia del loro capo. L’elfo storse il naso: cielo quanto puzzavano quegli uomini!

 

< Bene bene! Guarda chi si fa rivedere da queste parti! > esclamò l’uomo con le cicatrici, chiamato Ordigh.

 

La donna beve un’altra sorsata dal suo boccale, senza dire parola, continuando a tenere gli occhi bassi: sembrava non si fosse nemmeno accorta che l’uomo avesse parlato.

 

< Guardami quando ti parlo! > urlò l’uomo, scaraventando per terra il bicchiere che la donna aveva appena posato sul tavolo. Il rumore del vetro infranto sul pavimento si confuse con le risate oscene degli altri uomini.

 

Lentamente, la donna alzò lo sguardo, e puntò gli occhi viola in quelli marroni dell’uomo, che sentì un brivido attraversargli la schiena: quegli occhi, sembravano due pezzi di ghiaccio.

 

< Non hai rispettato l’accordo! Dovevi ucciderlo, era questo il tuo compito! Non era così complicato! > riprese lui, tremando dalla rabbia.

 

< Mi è stato proposto un accordo più vantaggioso. Non mi servite più a niente voi > rispose lei tranquillamente, sfidando lo sguardo dell’uomo.

 

Al sentire quelle parole, l’uomo saltò in piedi afferrando il mantello della donna in prossimità del collo e la tirò a se.

< Dannata stupita! Un accordo più vantaggioso dici? Stupida donna! Speravi davvero di poter cambiare parte come se niente fosse? Ti sembro uno stupido? Tu avevi un compito e dovevi portarlo a compimento! Erano questi gli accordi dovevi rispettarli! > le urlò lui in faccia. < Avrei dovuto saperlo! Non ci si può fidare di una stupida donna! >

 

< Le donne non servono ad altro che a farci divertire in camera da letto! Solo quello dovrebbero fare.. pulire casa e aprire la gambe quando vogliamo!> esclamò un uomo con due grandi bassi rossi, suscitando le risate dei suoi compagni.

 

A queste parole, Morwen allontanò la mano di Ordigh e lo spinse lontano, facendolo ricadere sulla panca e infine per terra, dopodiché, con una velocità impressionante, estrasse la spada e con una rotazione del braccio la conficcò nel collo dell’uomo che aveva parlato.

Tutti rimasero un attimo in silenzio, osservando il corpo dell’uomo afflosciarsi privo di vita, l’ombra della risata ancora dipinta sul suo viso.

< L’accordo è rotto. > disse l’elfo freddamente.

Fu un attimo.

Un urlo proruppe dalla gola di Ordigh, che con uno scatto si alzò da terra e puntò in avanti la spada, in un goffo tentativo di affondo, che la donna deviò facilmente. A quel punto, tutti gli altri uomini estrassero le loro spade e si avventarono contro di lei.

Dopo aver parato diversi colpi e aver ucciso un altro uomo, Morwen fece un veloce calcolo della situazione: era da sola contro una decina di uomini infuriati, per di più in uno spazio ristretto che le permetteva poca agilità di movimento. Doveva andarsene, o quanto meno, cercare una postazione più favorevole al combattimento. Con uno sbuffo e un “ dannatissimi umani!”, la donna salì in piedi sul tavolo, colpì alle gambe uno ei due uomini e con una capriola si ritrovò al centro del locale. Almeno adesso aveva più facilità di movimento.

Parò l’affondo di un primo uomo, mandandolo a sbattere poi contro un tavolo e schivando appena un altro, che le si era gettato contro con una sedia. Girando su se stessa, riuscì a colpirne un altro. Un rapido movimento di polso le permise di evitare che le ferissero la spalla destra, però nel contraccolpo, la spada le cadde di mano, scivolando poco più avanti. Mentre la osservava cadere, sentì il freddo metallo contro la sua pelle, poi un dolore atroce le esplose dal fianco destro. Con una gomitata e un pungo atterrò l’uomo che l’aveva ferita, gli occhi che mandavano scintille. Con difficoltà, riuscì a recuperare la spada, ma nel frattempo riuscirono a ferirla alla spalla destra. Costretta a tenere la spada con la sinistra, si osservò in torno. Era accerchiata, ed era ferita: la cosa si stava rivelando più difficile di quanto avesse immaginato. Doveva riuscire ad andarsene. Certo, lei era superiore in destrezza e abilità a quegli uomini, ma in uno spazio così ristretto, inoltre ferita, non poteva combatterli. Il numero fa la forza dopo tutto.

Persa nei suoi pensieri, si accorse appena in tempo dell’uomo che tentava di colpirla da dietro. Fece ruotare all’indietro la sua spada e la conficcò nello stomaco dell’uomo. Quando lo vide cadere su di se, capì che non ce l’avrebbe fatta. Tentò di schivare il cadavere dell’uomo ma non ci riuscì,e in un attimo si ritrovò a terra, il braccio che reggeva la spada intrappolato dal peso dell’uomo.

 

< Non permetto che mi si prenda in giro donna! > esclamò Ordigh puntando la spada contro il collo della donna.

 

Fu in un secondo che Morwen capì che era la fine. Non poteva farcela, non questa volta. Tuttavia, l’idea di morire non la turbò più di tanto. Lei non desiderava la morte, questo no, semplicemente non aveva alcun motivo per cui valesse la pena di vivere.

Vita o morte, per lei non faceva alcuna differenza. Anzi, forse con la morte, avrebbe finalmente trovato la pace, avrebbe potuto smettere di preoccuparsi, di temere.. avrebbe potuto smettere di ricordare.

Si dice che quando si sta per morire le immagini della nostra vita ci passino davanti agli occhi. Per l’elfo non fu così. Si era abituata a tenere i ricordi rinchiusi dietro una porta, e nemmeno il pericolo della morte riuscì a convincerla ad aprirla. Però, nella sua mente fredda e vuota, nella quale cercava di non conservare niente e nessuno, un volto le apparve. Dapprima lieve e indefinito, come avvolto da uno strato di nebbia. I lunghi capelli biondi, il viso bianco e dalla mascella severa, gli occhi di un blu profondo, pieni di orgoglio e coraggio.. il volto di Legolas emerse pian piano dalla nebbia, fino a riempire la testa della ragazza, fino a confondersi con la realtà.

Vide la spada avvicinarsi sempre di più alla sua testa e..

 

*************************

 

Dalla sua postazione, vide il gruppo di uomini alzarsi e dirigersi verso la donna. Non sembravano ben intenzionati. Si chiese cosa mai avesse a che fare Morwen con quegli uomini. Non si sapeva niente di lei.. ed eccola infatti che tramava con dei brutti ceffi, certamente per tradirli! Pensò l’uomo tremando di rabbia e svuotando con un sorso il bicchiere di vino.

Ma dovette ricredersi quando vide la donna affondare la spada nel corpo di uno degli uomini.

Bene bene! Pensò. Vediamo che cosa sa fare.

E tutto sommato, dovette ammettere che era davvero brava. Schivava i colpi con un’agilità incredibile, sembrava che lei e la sua spada danzassero. Di un ballo tutto loro, un ballo personale, un ballo elegante, un ballo portatore di morte. Era affascinante seguire il veloce guizzò di quella spada. La donna affondava, parava, si spostava, schivava e colpiva, senza mai perdere la concentrazione, senza mai tradirsi, senza lasciare lo spazio all’avversario per colpire. Era davvero brava, soprattutto se si teneva conto dello spazio stretto che limitava la possibilità di movimento, ma era chiaro che nonostante la sua bravura era in difficoltà. Gli aggressori erano troppi e lei era da sola.

Con un sussultò osservò la spada dell’uomo penetrare nel fianco della donna, ma con un sorriso la vide tirargli un pugno e cercare poi di recuperare la sua spada.

La osservò affascinato combattere anche con la mano sinistra, con un freddo contegno, nonostante fosse chiaro anche a lei che non poteva farcela.

Vide il corpo dell’uomo caderle addosso, e capì che non poteva lasciarla morire.

Era un’ottima guerriera, e stava dalla loro parte. Aveva combattuto bene, era da onorare per questo. Non era giusto che morisse così.

Vide l’uomo calare la spada...

 

***********************

 

Morwen vide la spada avvicinarsi sempre di più alla sua testa e…

L’uomo spalancò gli occhi e lasciò cadere la spada inerte per terra, a poca distanza dal volto della donna. Ondeggiò per un attimo, un rivolo di sangue gli colò dalla bocca e una macchia rossa si diffuse sul petto di Ordigh, dopodiché cadde a terra.

Dalla posizione in cui si trovava, non riusciva a capire ne cosa ne chi avesse colpito l’uomo. Sentiva solo che adesso c’era qualcun altro che stava affrontando gli uomini. Con il braccio libero spinse il corpo dell’uomo sotto cui si trovava il suo braccio, e con un veloce scatto del braccio riuscì a liberarsi. Si rialzò in piedi, la spada in mano.

Un’ascia era conficcata nella schiena di Ordigh.

Incredula, osservò la folla di uomini, fino ad incontrare gli occhi del suo salvatore, fino ad incontrare gli occhi di Gimli il nano.

Ancora stupita, lo vide un uomo e dirigersi poi velocemente verso di lei, estrarre l’ascia dal corpo dell’uomo e lo sentì dire: < ancora viva a quanto pare! > un guizzo divertito negli occhi, dopodiché si ributtò nella mischia.

Con un sorriso, l’elfo abbatté altri due uomini. Dopo qualche minuto, si guardò intorno: la locanda era piena di sangue e di cadaveri. Gli uomini erano tutti morti. Un sospiro di sollievo, dopodiché, afferrò il nano per un braccio e insieme a lui, si catapultò fuori dalla porta della locanda.

Con una breve corsa arrivarono alla piazza con la fontana.

Morwen si avvicinò silenziosa e appoggiò le mani sulle fredde pietre che formavano il cerchio nel quale l’acqua che zampillava dalla fontana si raccoglieva. Osservò il suo volto riflesso nell’acqua: portava ancora la maschera argentata. L’immagine di Legolas era ancora viva nella sua mente.

Per quale motivo mi è venuto in mente lui? Si chiese la donna, osservando l’acqua uscire dalla fontana, lasciandosi cullare dal dolce suono dell’acqua che scorreva.

 

< Si può sapere per quale motivo ti sei attaccata con quegli uomini? > l’aggredì il nano.

 

< Si può sapere perché eravate li? Perché mi avete seguita? > rispose lei innervosita dal tono del nano, voltandosi a guardarlo.

 

< La domanda l’ho fatta per primo io, ed ho diritto ad avere la risposta visto che per colpa tua ho rischiato la vita! >

 

< Non vi ho chiesto io di seguirmi e nemmeno di intervenire, avete fatto tutto da solo! >

 

< Avresti preferito che ti avessi lasciato morire? >  ringhiò Gimli, urlando.

 

< Sarebbe stato indifferente. Vita o morte, è indifferente per me > rispose la donna in un sussurro abbassando gli occhi e dando le spalle al nano.

 

Gimli osservò la figura incappucciata. Le sue parole l’avevano scosso profondamente. Quale persona poteva aver così poco a cuore la sua vita, o peggio ancora, restare indifferente davanti alla morte? Cosa nascondeva quella donna misteriosa? Quella frase, detta con una calma e una naturalezza estrema, priva di ogni sentimento, fece sbollire in lui la rabbia, e anche ogni forma di risentimento verso l’elfo.

 

< Cosa volevano quegli uomini? > chiese Gimli, con calma. 

 

< Avevamo un accordo, ma ora non più. > rispose lei semplicemente, come se questa fosse una chiara spiegazione e non ci fosse bisogno di aggiungere altro.

 

< L’accordo di cui parli.. prevedeva l’uccisione di Aragorn? > chiese dopo una breve riflessione il nano. < E cosa ti avrebbero dato in cambio? > chiese ancora lui, dopo che l’elfo ebbe mosso la testa in segno di affermazione alla sua domanda.

 

< Cosa mi avrebbero dato in cambio non è importante. Adesso io ho un accordo con voi, io combatto con voi. Ero venuta qui per chiarire la cosa… e direi che è stata chiarita. > concluse Morwen con un sorrisino.

Adesso che non doveva più combattere, la donna si accorse del liquido caldo che continuava a scorrerle lungo il fianco destro, scendendo giù fino alla gamba. Tentò di muovere il braccio destro verso il fianco ferito, ma un dolore acuto le impedì il movimento. Dannazione! Pensò lei, mentre la testa iniziava a girarle. Stava perdendo troppo sangue.

Con fatica, si appoggiò al bordo della fontana, tentando di prendere fiato, ma la maschera e il mantello che aveva addosso le impedivano di respirare facilmente. Se solo non ci fosse stato il nano avrebbe potuto togliersi il mantello e curarsi le ferite.. ma a quanto pareva, Gimli non era intenzionato ad andarsene.

 

Notando la sua difficoltà, il nano le si avvicinò lentamente. < Scusami. Avevo dimenticato che eri ferita >

Morwen scosse la testa, facendogli capire che non era niente di grave, che ce la faceva.

 

< Non ti preoccupare. Mi vuoi dire perché mi hai seguita? >

 

Anche nel buio della notte, l’elfo vide le guancie del nano imporporarsi.

< Beh ecco io.. beh.. si insomma.. ti ho seguita perché.. perché speravo che finalmente ti saresti tolta questo dannato mantello! Non sopporto più di non sapere chi sei, specialmente non sopporto di non poterti guardare in faccia..no no!! > esplose lui infine.

 

Una risata. Una risata cristallina, una risata soave.

Gimli alzò lo sguardo e vide la donna scossa da un tremito incontrollabile. Stava ridendo. Gimli pensò che non aveva mai udito una risata più bella.

< In fondo mi hai salvato la vita. >

Il nano sgranò gli occhi per lo stupore quando, dopo un attimo di esitazione e sempre continuando a ridere, la donna lasciò cadere a terra il mantello e lentamente si sfilò la maschera.

 

Il nano restò a contemplare a lungo il viso della donna. Era impossibile decifrare i suoi pensieri.

Morwen sostenne l’esame in silenzio, lasciando che il nano la osservasse.

Dopo un po’, il nano scosse la testa e si mise a ridere.

 

< Ed è solo per questo che indossavate quella stupida maschera? > disse lui scuotendo la testa e osservando il volto della donna.

 

< No, direi che non c’entra niente > rispose lei con un sorriso, accarezzandosi la guancia sfigurata. < Comunque, siete soddisfatto ora? >

 

< Mmm abbastanza.. ma lo sarò di più quando saprò anche il vostro nome! > rispose lui tendendole la mano e aiutandola ad alzarsi.

 

< Mi sembra giusto > disse lei con un lieve sorriso, e, appoggiandosi al nano come sostegno, si incamminarono vero il castello, parlando..

 

**********************************************************************

Tadam!! Ed eccomi finalmente tornata!!!  Con il computer a posto finalmente!!

XD mamma mia che lungo questo capitolo ci ho messo un sacco a scriverlo!

Spero che ne sia valsa la pena e che vi sia piaciuto!! Allora è stato chiarito il perché lei avesse tentato di uccidere Aragorn? Spero di si.

E finalmente Morwen si è presentata a Gimli, e si può dire che fra loro nascerà un’amicizia…

Dunque: Aragorn sa già tutto su di lei, e adesso anche Gimli ( o almeno una parte, in fondo Morwen non ha racconta mai tutta tutta la sua vita).. beh a quanto pare gli unici rimasti che non sanno niente.. sono Legolas.. e tutti voi!!

XD

Ma come sono cattiva ihih!

No non vi preoccupate..nel prossimo capitole verrà tutto spiegato.. o almeno una buona parte!!!

Per cui, non perdetevi il prossimo capitolo!

 

                                                            

RINGRAZIAMENTI:

 

Eleniel483: mi fa davvero piacere sapere che la storia ti piace così tanto è un onore per me e ti ringrazio molto per i complimenti!! Spero che questo capitolo ti sia piaciuto!! Un mega bacio alla prossima!

 

Chichetta99: ciao e la prima volta che commenti! Mi fa davvero piacere!! ^^ mmm dici di avere delle idee su Morwen? Sarei proprio curiosa di sapere cosa pensi!! Spero di non deluderti in seguito e che questo capitolo ti sia piaciuto! A presto.

 

Illidan: Ciao!! Sisi Erdie si legge come si scrive. In effetti si, è stata lontana da Gran Burrone per molto tempo ( anche secondo il criterio degli elfi).. anche se non per sua scelta.. ma non svelo niente! ^^ comunque spero che ti sia piaciuto il capitolo! Visto? Gimli e Morwen hanno finalmente fatto pace, e tra loro sta per nascere una bella amicizia.. insomma non potevo mica farla litigare con tutti i personaggi della storia ^^ alla prossima ciao!!

 

Un grazie e un abbraccio anche a tutti coloro che mi seguono..commentate e continuate a seguirmi!! Ciao!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Il racconto di Ithilwen ***


CAPITOLO 5°: Il racconto di Ithilwen

 

Una torre nera si stagliava imponente contro il temporale che imperversava.

I tuoni illuminarono per un attimo la cupa scena. Non un movimento, non un ombra si scorgeva attorno alla torre, dalle spaccature nel terreno, fuoriuscivano sbuffi di fumo, unico segnale di una qualche parvenza di vita.

Un fulmine solitario illuminò per un attimo la finestra posta sul lato destra della torre. Un uomo dai lunghi capelli bianchi, un cipiglio malvagio, stava scrutando attentamente in una sfera scura, da cui provenivano riflessi rossastri. Un occhio senza palpebre circondato da fiamme comparve a increspare la superficie liscia della sfera.

Le mani tese dello stregone, dalle lunghe unghie appuntite, tremarono visibilmente.

 

< Ordigh è morto mio signore > annunciò l’uomo vestito di bianco all’occhio.

 

La rabbia provata dall’occhio fu tale da mandare lo stregone a sbattere contro il muro.

< Idiota! > la voce rimbombò per tutta la stanza, una voce terribile, carica di rabbia e disprezzo.

 

< Mio signore, l’uomo non è morto, certo, ma ci saranno altri modi, avremo altre possibilità..>

 

< Zitto! Quell’uomo deve essere eliminato! Non deve essere d’intralcio ai miei piani! E quella donna che adesso viaggia con lui.. dovete eliminare anche lei.. soprattutto lei.. ora che ha il ciondolo.. non ci sarà più modo.. proprio come successe 5.000 anni fa.. non posso permettere che viva! Uccidila! >

 

< Sarà fatto mio signore. Lasciate fare a me.. e ai miei orchetti! > rispose con un inchino lo stregone.

 

***************************

 

Morwen entrò silenziosa nella sua stanza, chiudendo dietro di se la porta senza il minimo rumore. Sospirando, si tolse il mantello e gli stivali: dalla finestra si intravedeva già il cielo colorarsi del tenue chiarore rosso che precede l’alba.

Con un sospiro, la donna chiuse gli occhi, si appoggiò al muro e si lasciò scivolare per terra.

Fu così che la trovò Eowin. Dopo aver bussato per qualche minuto e non aver ricevuto risposta, la donna aprì lentamente la porta e la vide: il volto era di un bianco pallido, i capelli cadevano scomposti sul corpo, il petto si alzava e abbassava velocemente, il respiro era affaticato. Un raggio di sole la illuminava, rendendo la scena di una inquietante bellezza. Sul fianco destro, la casacca nera era squarciata, così come le camicie che vi si trovavano sotto: il loro colore era indistinguibile però, a causa del sangue che fluiva abbondante ed aveva inzuppato il tutto, colorando con il suo colore rossastro.

Il sangue continuava a fluire, scorreva giù lungo tutto il fianco e formava una piccola pozza sul pavimento, accanto alla mano della donna.

Con un urlo, Eowin si avvicinò a Morwen, scuotendola dolcemente per farle riprendere conoscenza.

La donna aprì lievemente gli occhi, incontrando due pozzi verdi, pieni di preoccupazione.

 

< Eowin..> sussurrò a fatica.

 

< Andrà tutto bene adesso, ci sono io. > la rassicurò la fanciulla, cercando di sorriderle.

 

Aragorn e Gimli entrarono nella stanza trafelati a causa della corsa: avevano sentito il grido di Eowin e si erano precipitati.

Storcendo leggermente il naso a causa dell’odore di sangue che impregnava la stanza, si avvicinarono alle due donne.

Gimli impallidì alla vista della ferita e del sangue: sapeva che Morwen era ferita, ma lei gli aveva lasciato capire che non era una cosa grave..e invece!

Aragorn, senza una parola, si chinò e prese in braccio l’elfo, che nel frattempo era svenuto. La trasportò dolcemente verso il letto.

 

< Ha perso molto sangue! Serve un medico! Immediatamente! > disse Aragorn rivolto ad Eowin.

 

La donna rimase per un attimo ad osservare la mano di Morwen che penzolava senza vita, ricoperto di sangue, che gocciolava sul pavimento. Osservò la goccia rossa staccarsi dal dito affusolato dell’elfo e cadere lentamente per terra.

Sconvolta, si riscosse dai suoi pensieri ed uscì dalla camera di corsa, andando alla ricerca di un medico.

Aragorn la appoggiò con delicatezza sul letto, dopodiché prese a toglierle i vestiti, aiutato da Gimli, in rigoroso silenzio.

Sebbene si sentisse in qualche modo responsabile, il nano non disse niente: aveva deciso insieme a Morwen di non parlare a nessuno dello scontro alla locanda.

Aragorn osservò la ferita della donna: era profonda, ma per fortuna nessuna arteria o organo importante era stato toccato. Tutto sommato, era stata fortunata. Ma bisognava assolutamente fermare il sangue, o sarebbe morta dissanguata.

In quel momento entrò Dama Eowin seguita da un medico, carichi di bende, pomate, ago, filo, bacinelle d’acqua, lenzuoli.

 

**************

 

Morwen dischiuse gli occhi e guardò fuori dalla finestra: il sole stava per tramontare. Tentò di muoversi, ma una fitta di dolore l’attraversò bloccandole il respiro, costringendola a stare ferma.

 

< Meglio che non ti muovi! Hai perso molto sangue, è una fortuna che tu sia ancora viva! >

 

L’elfo voltò la testa e vide seduta su una sedia, accanto a lei, Eowin, che la guardava preoccupata.

 

< Non farmi mai più prendere una paura del genere! > disse la donna con sguardo di rimprovero.

 

Morwen tornò a fissare il sole tramontare senza dire una parola. Era molo stanca, e i ritorni della sera passata le tornarono di colpo alla mente.

 

< Ero entrata nella tua stanza per chiederti se intendevi scendere a mangiare quando ti ho trovata svenuta, coperta di sangue.. devi ringraziare Aragorn, Gimli e il nostro medico se sei ancora viva! > continuò lei.

 

< Aragorn e Gimli? > chiese con voce flebile Morwen.

 

< Si, Quando ti ho vista in quello stato ho urlato, e loro sono giunti immediatamente. Senza di loro, saresti stata spacciata probabilmente. Sono stati al tuo fianco fino a poco tempo fa, adesso sono scesi a parlare con Legolas che è tornato da poco. Saranno tutti felici di sapere che stai bene. >

 

Aragorn e Gimli.. le avevano salvato la vita.. chissà perché poi… le erano pure rimasti accanto..

Morwen era confusa. Che potesse davvero fidarsi di quegli uomini? Tutto faceva pensare di si..

Incredibile: per la prima volta dopo molto tempo, sentiva di avere dei compagni, un gruppo a cui appartenere, qualcuno che si preoccupasse di lei.. dava una strana sensazione.

Legolas.. ripensò nuovamente al viso dell’elfo.. perché continuava a tormentarla? Era appena tornato.. chissà dove era stato..

 

< Legolas e Gandalf sono usciti molto presto, non era ancora sorto il sole.. sono tornati da poco, e penso portassero brutte notizie.> disse Eowin pensierosa, più a se stessa che a Morwen. < Sarà meglio che vada da loro, in fondo sono la padrona di casa.. e poi tu hai bisogno di riposare. Mi raccomando non ti affaticare per nessun motivo. > Detto ciò uscì dalla stanza chiudendo la porta, lasciando finlamnete libera mOrwen di riflettere.

 

Brutte notizie.. che cosa poteva essere successo?

Probabilmente la guerra si avvicinava.. si doveva essere questo, decise l’elfo, prima di permettere alle spire del sonno di avvolgerla. Lasciandosi dolcemente cullare da esse, sprofondò nell’incoscienza.

 

*************

 

La porta si aprì delicatamente con leggero cigolio, lasciando entrare l’uomo, chiudendosi poi dietro di lui.

Con passi eleganti e leggeri, senza produrre il minimo rumore, attraversò la stanza, avvicinandosi al letto su cui si trovava una figura immobile. Il respiro lento e profondo faceva capire che essa stava dormendo.

Diede una rapida occhiata alla stanza: a parte il letto, situato poco distante dalla finestra, nella stanza si trovavano semplicemente un paio di sedie, un armadio di legno e una cassapanca, su cui erano riposti un nero e pesante mantello, una maschera argentata, una camicia bianca, una camicia a tre quarti ( ovvero arriva solo fino al gomito) viola, una casacca senza maniche nera ricamata da arabeschi bianchi e un paio di pantaloni neri. Ai piedi di essa, un paio di stivali neri di pelle leggera.

Accostati su una sedia, si trovavano invece un arco di ottima fattura, sicuramente elfico, con la rispettiva faretra piena di frecce, e un fodero ricamato  in cui era riposta una spada.

Dopo aver osservato ancora per un po’ gli oggetti, l’uomo si avvicinò al letto.

La donna era girata leggermente sul lato sinistro, per cui metà del volto era invisibile, sprofondato nel soffice cuscino.

La luce della luna la illuminava di un tenue bagliore.

Il volto era perlaceo, con tratti delicati, il naso era proporzionato e leggermente all’insù, le ciglia nere lunghe, le labbra piene e rosate, dal contorno definito. Le orecchie a punta, spuntavano dai lunghi capelli blu color del mare dalle mille sfumature. I ricci ribelli le incorniciavano delicati il viso e scendevano sulle spalle, lungo il busto, arrivando ai fianchi. Con lo sguardo, l’uomo seguì l’elegante piega del collo, arrivando poi alle spalle, ricoperte da una camicia bianca che permetteva però di intravedere il fisico snello e elegante della donna. La camicia lasciava intravedere la fasciatura che avvolgeva la vita della donna, perfettamente pulita, segno che l’emorragia si era fermata. La camicia, stretta sui fianchi da una cordicella, terminava poi a metà coscia, lasciando così intravedere le gambe lunghe e affusolate della donna, sebbene fossero in parte nascoste alla vista grazie ad una coperta, su cui poggiava una mano della donna, una mano bianca e delicata, dalle unghie curate.

Eppure, l’uomo.. o forse, sarebbe stato meglio dire l’elfo, sentiva che qualcosa non andava, sentiva l’inquietudine crescere in lui.

Torno ad osservare il viso della donna. Come se si fosse accorta degli occhi puntati su di lei, la donna mosse nel sonno la testa, scoprendo così il lato sinistro del volto, che ora era perfettamente visibile all’elfo, che trattenne il fiato.

Un lampo di consapevolezza si fece strada nei suoi occhi.

Il lato sinistro della donna era sfigurato.. se così si può dire.

Una linea rossa come il fuoco, partiva dal sopracciglio della donna, le attraversava l’occhio, riempiva tutta la guancia e terminava sullo spigolo della mascella. Si poteva pensare che fosse una cicatrice, ma il bordo era perfettamente disegnato, non seghettato come sarebbe stato normale se si fosse trattato di una cicatrice. Inoltre, la linea formava un disegno ben visibile. Il serpente, partiva dalla mandibola e si srotolava minaccioso su tutta la guancia. La testa spalancata con le zanne appuntite terminava sull’occhio della donna, per questo solitamente la gente non capiva che lo sfregio sul volto era in realtà un disegno. Un serpente, avvolto dalle fiamme.

Sembrava il capriccio di un pittore maledetto, che si era divertito a disegnare la sua opera su quel volto perfetto.

Eppure, quel disegno aveva un significato, e l’elfo lo conosceva bene.

I suoi occhi si indurirono, e velocemente, estrasse la spada e la puntò sul collo della donna.

Al contatto della lama fredda, Morwen spalancò gli occhi, incontrando quelli freddi e duri di Legolas.

 

*******************

 

Legolas rimase a fissare gli occhi della donna, occhi viola dai riflessi azzurrini, cercando di capire ciò che essi nascondevano, tentando di leggerle nell’anima, cercando di capire..

Dandosi dello stupido. Come aveva fatto a non capire? A non accorgersi?

Un fremito di rabbia fece tremare la lama.

Un sorriso. Le labbra rosate si erano aperte in un sorriso sarcastico, lasciando intravedere denti bianchi e perfetti.

 

< Elfo della Notte > sussurro Legolas faticosamente, come se le parole faticassero ad uscirgli dalla bocca.

 

< Ma bravo. Ce ne avete messo di tempo per capirlo. > rispose lei continuando a fissarlo negli occhi, senza la minima traccia di paura.

 

< Avete fatto di tutto perché non lo sapessi. Siete stata brava. > disse freddo lui, lanciando un occhiata significativa al mantello e alla maschera.

 

< Beh non potete darmi torto. Avevo previsto una vostra reazione di questo genere > rispose lei beffarda, scostando leggermente la spada dal suo collo per potersi mettere seduta. Ora le sue gambe nude era completamente visibili all’elfo, che nemmeno ci fece caso, continuando a fissare gli occhi della donna.

 

< Non c’è alcun motivo per cui io vi lasci in vita. Meritate di morire! > esclamò lui.

 

< Merito di morire? E per cosa? > dalla rabbia Morwen si era alzata in piedi, ed adesso fissava furente Legolas, ignorando il rivolo di sangue che le scorreva dal lieve taglio che la lama aveva provocato sul suo collo.

 

< Siete un Elfo della Notte! Siete malvagia, siete al servizio dei poteri oscuri, al servizio di Sauron, come tutti quelli della vostra razza! Fin da fanciullo mi hanno insegnato ad odiare quelli come voi..>

 

< Quelli come me? Strano non mi ero accorta appartenessimo a due razze diverse! Siamo entrambi elfi! > lo interruppe lei con un sibilo.

 

< Voi siete dei traditori. Non avete nulla da spartire con noi! Voi siete un insulto per la razza elfica, ed è per questo, che meritate di morire. Sarà solo un bene per il mondo, se la vostra razza verrà eliminata! > la rabbia adesso era tangibile. Legolas continuava a fissare truce la donna, la spada salda nella sua mano, premeva sempre di più contro il collo della donna. Sarebbe bastato un movimento del polso per mettere fine a tutto.. eppure non si decideva a farlo..

 

< Voi parlate tanto, ma non conoscete niente di me, ne della mia specie! > esclamò lei. Perché si stava giustificando? Perché voleva così tanto essere accettata da lui? Perché voleva che capisse? Non era da lei dare spiegazioni. Eppure, a lui, sarebbe stata pronta a darle.. questo si che era strano! Si ritrovò a pensare con una smorfia.

 

< Dite che io non capisco, che io non so.. ma cosa c’è da sapere? Voi siete dei traditori, e tanto è sufficiente! Il marchio sulla vostra guancia è più che sufficiente a capire! >

 

< Marchio? Razza di stupido elfo! Questo non è un marchio.. questa è una maledizione! E dovresti saperlo, se solo i vostri grandi sovrani si fossero degnati di rivelare la verità, invece di lasciar credere solo quello che faceva loro comodo! > adesso era furiosa.

 

< Non vi permetto di insultare i miei sovrani! > esclamò lui, premendo ancora di più la lama contro il collo della giovane, facendolo sanguinare sempre di più. <..Una maledizione? Di che cosa state parlando? >

 

< Qualche giorno fa mi diceste che avrei dovuto rivelarvi la mia storia un giorno, e che voi sareste stato pronto ad ascoltarla. Volete farlo? > domandò lei. La sua voce era fredda adesso, e i suoi occhi lasciavano trapelare una tristezza infinita.

 

Furono quegli occhi a convincere Legolas ad abbassare la spada, senza però rinfoderarla. < Vi ascolto > disse poi dopo lungo tempo.

 

La donna scosse la testa e si avvicinò alla finestra, guardando fuori. La luna le sorrideva incoraggiante. Il ciondolo brillava come diamante nella notte buia. Non poteva credere a quello che stava per fare.. stava veramente per raccontare la sua storia, la storia del suo popolo. Una storia che nessuno aveva sentito più da molti anni.. una storia che probabilmente, nessuno conosceva per intero. Con un sospiro, si preparò ad iniziare il racconto.

 

< Prima di tutto, mi presento. Il mio nome è Ithilwen, principessa ed erede al trono del regno di Aniwendil, l’unico regno esistente appartenente agli Elfi della Notte.

Il mio popolo, come tutti gli elfi, ama la natura e vive per essa, ma a differenza degli altri, noi amiamo la notte. Viviamo alla luce della luna e delle stelle, troviamo conforto nell’oscurità e nell’ombra. A differenza di quanto crede la maggior parte degli elfi però, noi amiamo anche il sole: nessuno rinuncerebbe a cavalcare sull’erba fresca inondati dal suo tiepido calore.

Più di 10.000 anni fa, il nostro regno viveva felice e in pace con il regno degli Elfi della Luce.. non fare quella faccia, è così che vi chiamiamo noi. C’era un rapporto pacifico, legato dal lavoro e dalla fiducia. Combattevamo e morivamo insieme, a quel tempo, era normale che i membri delle nostre razze vivessero insieme. C’era la pace. Le storie narrano ancora dei festeggiamenti che ci furono in occasione della nascita della principessa Ailyan, erede al trono. Ailyan crescendo divenne una donna bellissima ed intelligente. Molti la volevano in moglie, al suo passaggio tutti si voltavano a guardarla, il cuore di più elfi era stato catturato da lei. Era amata e rispettata da tutti.. lei.. era mia madre. > disse tristemente la donna, rimanendo in silenzio un attimo, gli occhi velati dal drappo dei ricordi.

< Purtroppo > riprese < la sua bellezza finì per portarla alla rovina. Un guerriero, uno stregone, dotato di grandissimi poteri, anche se allora non erano completamente sviluppati, si innamorò perdutamente di lei… colui che adesso, viene chiamato Sauron. A quel tempo non era ancora malvagio quanto lo è adesso, il suo regno di terrore sarebbe iniziato da li a poco. Era solamente un uomo, sebbene malvagio e potente, perdutamente innamorato della donna sbagliata. Come potrete immaginare, mia madre rifiutò il suo amore, inizialmente in modo gentile. Sauron non si diede per vinto però, continuando la sua corte serrata. Ailyan fu costretta allora ad allontanarlo, in modo brusco e cattivo, distruggendo il suo cuore innamorato. Lui non poteva accettare di essere stato respinto, e quando, dopo breve tempo, venne a scoprire che la donna dei suoi sogni si sarebbe sposata, la sua rabbia esplose.

Il giorno delle nozze, mentre Ailyan, bellissima nel suo vestito bianco percorreva il sentiero che l’avrebbe portata dal suo futuro marito, Sauron colpì.

Era stato invitato all’evento, e quando vide la sua donna, illuminata dai raggi del sole, amata ed ammirata da tutti, decise che se non poteva averla lui, non avrebbe potuto averla nessuno. Nessuno avrebbe potuto vederla. Attribuiva tutta la colpa a mia madre, ed alla sua bellezza.

Fu così che scagliò la maledizione: una maledizione terribile, che ricadde su tutti gli Elfi della Notte. Non avremmo mai più potuto vivere al sole. Se uno di noi fosse stato esposto ai suoi raggi, si sarebbe trasformato in un enorme e orrenda bestia, assoggettata dai poteri oscuri, priva di qualunque forma di intelligenza. Avremmo finito per uccidere tutto e tutti, e non ce ne saremmo neanche resi conto. Fu così che iniziò lo sterminio della mia razza. Alcuni di noi riuscirono a nascondersi nel buio e nelle tenebre, riuscendo a rifuggire la luce del sole, sebbene fosse difficile. La maggior parte invece non ci riuscì e si trasformò in bestie. Iniziò così la caccia. Erano una minaccia per tutti, e gli Elfi della Luce, una volta nostri amici, divennero i nostri cacciatori. La maledizione si era compiuta, il mio popolo stava per essere decimato.

Il Consiglio degli Elfi però, in memoria dell’antica alleanza, e al ricordo della benevolenza della regina Ailyan, decise di fare qualcosa per noi. Fu così che ci venne donato il Ciondolo, chiamato inseguito il Ciondolo di Ailyan. Questo ciondolo, unito ai poteri di mia madre, era una protezione per il mio popolo. Esso riusciva a proteggerci dai raggi del sole, creava come uno scudo fra noi ed esso, impedendo quindi ai suoi raggi di toccarci. Grazie a esso, eravamo salvi. Certo, non sentivamo il calore dei raggi sul nostro corpo, ma potevamo vivere tranquillamente alla luce.

Nonostante questo, gli Elfi della Luce continuarono a guardarci con sospetto e paura. Il mio popolo era stato rinominato come “ I maledetti”, ed allora i rapporti con le altre specie furono per noi sempre più difficili. Nonostante ciò, andavamo avanti, e dopo qualche anno nacque un maschio, Alagos, mio fratello, e dopo un po’, nacqui io: sul volto di entrambi, il serpente circondato dalle fiamme, il simbolo di Sauron a quel tempo, era impresso, rosso come il fuoco, ricordo costante della maledizione.

Tutto sembrava andare bene fino a quando.. fin quando, decisero che era giunto il momento che io mi sposassi. Mia madre cercava di farmi ragionare, ma io non ne volevo sapere. Mi piaceva essere libera, non sopportavo di dover passare la vita in casa a sfornare figli, adoravo combattere, correre libera sui prati. Non volevo che mettessero catene alla mia libertà. Mio padre non era altrettanto comprensivo.

Un giorno, tornando a casa, trovai ad attendermi, insieme ai miei genitori, un elfo. >

 

< Bauglol. > disse Legolas, parlando dopo diverso tempo. Bauglol era il motivo per cui gli Elfi della Notte erano odiati e considerati traditori.

 

< Esatto, Bauglol figlio di Huolipu, cavaliere della Luce, uno dei pochi immortali rimasto su questo mondo, un grande uomo, un grande guerriero. O almeno così lo si definiva. Era lui che avrei dovuto sposare. Nonostante glielo avessero sconsigliato, aveva deciso di sposare la figlia della regina Ailyan, bella quanto la madre. Così, nonostante fosse pericoloso, si avventurò nel mio regno con una piccola scorta, per chiedere la mia mano. Era un elfo dei boschi, alto e con una faccia spigolosa e scura, che non ispirava certo fiducia. Quando mi annunciarono la notizia, mi opposi. Scoppiò così una violenta discussione: il mio  futuro marito non era certo un tipo ragionevole e calmo. Era il tipo che doveva sempre avere ragione, e soprattutto, che considerava le donne come un semplice strumento di piacere.

Infastidita dal suo essere, lo sfidai: una sfida con le spade. Il primo che avrebbe toccato la gola dell’altro, avrebbe vinto. La posta in palio, ovviamente, era il matrimonio

L’uomo accettò sicuro di vincere. Davanti a tutti, si protrasse la sfida, e davanti a tutti,lo sconfissi.

Niente più matrimonio,così credetti.. quanto fui stupida: avevo sfidato e umiliato l’uomo sbagliato. Ricordo che quella sera mi intrattenni con alcuni amici a festeggiare presso la riva di un laghetto, felice e sorridente per la vittoria. Rimasi li per lungo tempo.. fu solo quando l’odore di bruciato arrivò al mio naso che mi accorsi del pericolo, e della mia stupidità. Il mio palazzo era in fiamme. La gente accorreva con l’acqua per tentare di spegnere l’incendio, ma io capii che era troppo tardi. Quella sera, i miei genitori morirono.. e io sapevo di chi era la colpa.

Ero arrabbiata e frustata, e troppo tardi capii cosa aveva fatto realmente quell’uomo: il ciondolo, che garantiva la sopravvivenza del mio popolo, era sparito. Non solo aveva ucciso i miei genitori, ma aveva condannato allo sterminio la mia gente. Quel giorno, la maggior parte dei miei amici, si trasformò in bestia a causa della maledizione. Avevo perso tutto. La mia famiglia, i miei amici, le possibilità per il mio futuro, per un futuro felice.. avevo perso tutto. Fu così, che cercai Bauglol… e lo trovai. Quel bastardo era li a godersi lo spettacolo, a godersi la distruzione del mio mondo..>  improvvisamente la sua voce si ruppe, una lacrima solitaria scivolò lungo la sua guancia, ma lei se la raccolse subito. Aveva giurato che non avrebbe più pianto, non aveva senso piangere per ciò che si era perso, non aveva senso piangere a causa di quell’uomo.

 

< Ma questo.. questo non è possibile! Bauglol era un grande uomo, gentile, generoso, coraggioso.. non può aver fatto una cosa del genere! > esclamò Legolas sconvolto. Nessuno gli aveva mai raccontato di Bauglol in quel modo. Tutti lo ricordavano come un valoroso, un eroe.

 

< Non dubito che fosse un grande guerriero.. ma era orgoglioso, prepotente e testardo,adorava le vendette, doveva avere sempre ragione.. e soprattutto, quello che voleva se lo prendeva, con o senza permesso. > rispose lei glaciale, stringendosi le braccia attorno al petto.

 

< Non è possibile..> disse lui scuotendo la testa, non riusciva ad accettare l’idea. Eppure, era certo che la fanciulla non stesse mentendo. Aveva però, la sensazione che lei non gli stesse dicendo tutta la verità.

 

< Non è possibile.. è la stessa cosa che disse il Consiglio! Quando scoprirono che avevo ucciso Bauglol, il loro idolo, fecero subito in modo di catturarmi. Ascoltarono la mia versione delle cose, ma non mi diedero retta. Lui era un valoroso, un grande, un giusto, io invece ero una maledetta, era nella mia indole malvagia uccidere, probabilmente su compenso di qualcuno o per puro piacere personale. Ecco cosa pensarono di me, ed ecco perché mi Rinnegarono, costringendomi a un lunghissimo esilio nella foresta di Fangorn, lontana da tutti e da tutto. Rinnegata e maledetta.. avevo perso tutto.. perso tutto, a causa di stupidi uomini innamorati. > concluse lei con un moto di rabbia e disprezzo.

 

< Se la vostra storia è vera, il Consiglio avrebbe dovuto capirlo. Sarebbe bastato che Galadriel o Elrond leggessero nei tuoi pensieri e nei tuoi ricordi. La verità sarebbe venuta fuori > protestò l’elfo. Ormai aveva dimenticato il litigio scoppiato poco prima, preso dalla storia della fanciulla.

 

Per la prima volta da quando aveva iniziato il racconto, Ithilwen chinò la testa, quasi a voler chiedere perdono. < Non ho permesso loro di guardare nella mia mente. Mi hanno derubata di tutto, ma non dei miei ricordi > disse lei, alzando la testa e voltandosi per la prima volta verso l’elfo. < Coloro che credevo miei amici, da un giorno all’altro hanno fatto di me la peggiore delle condannate, trattandomi come un’estranea, voltandomi la schiena. Il mio popolo pian piano è stato sterminato, i miei compagni cacciati come animali. Ai bambini fu insegnato ad odiarci e disprezzarci, a causa di una maledizione, una colpa non nostra. I pochi sopravvissuti si sono rifugiati nell’ombra, facendo perdere le loro tracce.>

 

La sensazione che lei gli stesse nascondendo qualcosa era sempre più forte, eppure Legolas non dubitava della verità delle sue parole.

 

< Questa è la mia storia, questa è la verità. Adesso sta a voi, credermi o no. > concluse lei, fissandolo fieramente negli occhi.

 

I due elfi rimasero per lungo tempo a fissarsi negli occhi, lei cercando di scorgere la decisione che lui avrebbe preso, quasi in ansia, mentre lui cercava di capire cose lei gli teneva nascosto, cosa ci fosse di così importante, o di così terribile, da costringerla a rifiutare l’esame del Consiglio, sapendo che a causa di ciò l’avrebbero considerata colpevole.

 

< Eppure, voi con noi avete viaggiato anche di giorno..il mantello vi può proteggere, ma non completamente..> chiese lui ancora titubante. Non era facile credere a qualcosa che andava contro ciò che da sempre gli era stato insegnato.

 

< Dimenticate che Gandalf mi ha restituito il ciondolo.. ed ora che ne conoscete la storia e l’importanza, capirete anche il perché io  abbia un grande debito nei vostri confronti. In ogni modo avete ragione, ne il mantello ne la maschera sono del tutto sufficienti a proteggermi dal sole. Insieme ad essi, occorre una pozione, formata da piante rare, tra cui l’Oputin..> spiegò lei.

 

< Ma nessun elfo può toccare l’Oputin! > esclamò Legolas.

 

< No, hai ragione. Sono gli umani possono farlo, ma la preparazione è lunga.. molti della mia razza, farebbero, e hanno fatto, qualunque cosa pur di procurarsela. Chiunque fosse in possesso di tale pozione, era in grado di reclutare un Elfo della Notte e fargli fare ciò che desiderava. Capirete perciò perché molti Elfi della Notte sono associati ai poteri oscuri. Non lo facciamo per scelta, ma solo per spirito di sopravvivenza. > concluse lei con un sorriso di scusa.

 

< Adesso che avete il ciondolo, la vostra razza è al sicuro? >

 

Un ombra triste attraversò il viso della donna. < Purtroppo no. Esso funziona solo per me al momento. I miei poteri non sono ancora così forti, e comunque occorre un adeguato rituale per far ricadere la sua magia su tutti gli Elfi della Notte. Ma vi provvederò presto, questo è certo. >

 

L’elfo la fissò ancora per qualche istante, poi rinfoderò la spada con un sospiro, chiudendo gli occhi.

 

< Vi credo. > disse semplicemente.

 

Un sorriso di felicità si allungò sul viso di Ithilwen. Per lei, quelle due semplici parole valevano tantissimo. Sentì la stretta allo stomaco farsi più leggera. Era felice. Felice come non lo era da tempo.

Guardò l’elfo negli occhi con gratitudine.

Un silenzio carico di mille parole si insinuò fra i due.. quando la porta si spalancò, rompendo quella conversazione fatta di sguardi.

 

< Non dovresti essere in piedi! Ti avevo detto di stare tranquilla a letto! > la rimproverò Eoein entrando nella stanza, dopo aver salutato Legolas.

 

< Temo che la colpa sia mia. Ero venuto solo per accertarmi che stesse bene. Me ne vado immediatamente, così potrà riposare. > si scusò con la dama l’elfo, tornando a parlare la lingua umana. Lanciò ancora uno sguardo intenso alla donna. La luce della luna le illuminava i capelli e le accarezzava il volto, rendendola simile a un’apparizione, un sogno.

 

E’ davvero bellissima. Pensò Legolas, prima di uscire dalla stanza e chiudere la porta dietro di se.

 

*****************************************

 

Tadam!! Ecco il nuovo capitolo! E’ venuto piuttosto lungo ma era necessario perché tutto fosse chiaro.. o almeno una parte. C’è ancora qualcosa che non è stato spiegato.. ma non posso mica raccontare tutto subito!! Pian piano tutto sarà chiaro!!

Allora, cosa ne pensate della storia di Ithilwen?? Personalmente la trovo un po’ triste.. poverina! In fondo la colpa non era sua, ne del suo popolo! Sempre e solo Sauron.. sempre lui c’è di mezzo!!

Comunque aspetto i vostri pareri.. se c’è qualcosa di poco chiaro, perché magari mi sono dimenticata di spiegarlo, chiedetemi pure, potrò così apportare le giuste modifiche e darvi una risposta!!

Il prossimo capitolo.. beh non posso anticiparvi niente, perché non ho ancora idea di che cosa scriverò! Ma mi verrà in mente! La storia deve continuare!

 

RINGRAZIAMENTI:

 

Eleniel483: spero che adesso tutto sia più chiaro, e spero che la storia di Ithilwen ti sia piaciuta! A proposito, che ne dici del nome? Significa “fanciulla di luna”.. a me pareva appropriato! Certo che puoi aggiungermi di nuovo!! Anche se presto andrò in vacanza quindi non ci sarò.. questo è l’ultimo capitolo prima di settembre.. a presto un abbraccio!

 

Chichetta99: spero di non averti delusa! Non so se avevi intuito qualcosa, ma spero comunque che ti sia piaciuto! A presto ciao!

 

AliDiPiume: fegato ne ha eccome.. con tutto quello che ha passato! Sono contenta che la storia ti piaccia.. quanti anni ha?? Mmm all’incirca 5.000 o giù di li.. ma se ci pensi bene, non è un periodo così lungo per un elfo!! XD a presto

 

Illidan: bene bene.. allora che ne dici? Spero che alcuni dei tuoi dubbi si siano chiariti! Non vedo l’ora di leggere il tuo commento, anche perché di solito fai domande che mi costringono a rileggere l’intera storia e a modificare alcune parti future.. direi che mi aiuti davvero molto! Aspetto quindi il tuo commento di questo capitolo.. sono curiosa di sapere cosa ne penserai del racconto di Ithilwen! Ciao!

 

Strowberry_sin: sono davvero felice che la storia ti piaccia! Adesso Legolas avrà solo da stare calmo! Infondo gli ho spiegato tutto! Temo che adesso starà appollaiato tutto il tempo sul ramo di un pino a rimuginare e pensare su ciò che ha appena scoperto.. povera te non i invidio affatto! Come farai a tirarlo giù, non ne ho idea.. ma sono certa che lo farai ragionare! Come hai detto tu, non possiamo avere un elfo sulla coscienza!! XD ti ringrazio per i complimenti, sono felice che la storia ti sia piaciuta e spero di non averti delusa! Un abbraccio

 

Un saluto e un abbraccio anche a tutti gli altri che continuano a vivere con me questa avventura nel mondo di elfi, nani, uomini e combattimenti! A presto e buone vacanze a tutti!!!

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Capitolo 6
*** In viaggio verso la guerra ***


CAPITOLO 6°: In viaggio verso la guerra

 

Legolas camminava veloce lungo i corridoi scuri del palazzo. Il cappuccio del mantello era tirato su a coprirgli la testa, a nascondere i capelli dorati e le orecchie a punta. Non una luce ad illuminargli il cammino, ma i suoi occhi di elfo vedevano perfettamente anche al buio.

Dopo esser stato da Ithilwen era tornato nella sua stanza, cercando di pensare, di chiarirsi le idee, ma quasi subito le pareti della sua stanza gli avevano dato un senso di soffocamento, costringendolo ad uscire.

Silenzioso come un’ombra uscì dal palazzo, la fresca brezza mattutina gli si insinuò sotto il cappuccio, scompigliandogli i capelli. Un’onda dorata riuscì a sfuggire al manto e ondeggiò libera davanti al mare blu dei suoi occhi.

Un mare in tempesta.

< Ti credo >

Quella semplice frase continuava a rimbombare nella sua testa, come un’onda che si abbatte sugli scogli, ma una volta infranta torna a colpire ancora più forte, distruggendo le tue speranze di tregua.

Le credeva. Una semplice conversazione era riuscita a cambiare tutto ciò in cui credeva, aveva reso bugie tutto quello che gli era stato insegnato nei lunghi anni della sua vita.

Una piccola parte di lui continuava a ripetere che la ragazza lo stava ingannando, che lo stava prendendo in giro, che era pericolosa.. ma ogni volta che lui tentava di dar retta a quella voce, due occhi viola dalle sfumature azzurre arrivavano a perforargli la mente con la loro austera bellezza e lo trascinavano in un profondo tunnel viola da cui non riusciva ad uscire..

Perché di una cosa era certo: era stata sincera. Certo, non gli aveva raccontato tutto, ma ciò che aveva detto era vero, non poteva mettere in dubbio quelle parole.

La donna lo affascinava, lo attraeva, lei, il suo corpo, la sua storia, quegli occhi viola, quel mare di capelli blu, quelle labbra rosate..

Scosse la testa. Impossibile. Non faceva che pensare a lei. Non riusciva a eliminare quel volto perfetto dalla sua testa.

Avanti di questo passo avrebbe finito per impazzire del tutto, o ancora peggio, avrebbe finito per innamorarsene..

A quel pensiero i suoi occhi si spalancarono. Ma a quali sciocchezze stava pensando?

La guerra si stava avvicinando, presto migliaia di persone sarebbero morte, e non era da escludere la possibilità che lui fosse una di loro, non c’era tempo per pensare a cose stupide come l’amore.

Osservò il sole fare capolino da dietro le colline, illuminando il cielo di striature dorate. Osservò per un tempo interminabile quello spettacolo meraviglioso, fino a quando il paesello non iniziò a risvegliarsi e a fremere in piena attività. Ricordò la conversazione avvenuta il giorno prima: il re, finiti i festeggiamenti, aveva ordinato che i soldati e coloro in grado di combattere si dirigessero il prima possibile al fosso di Helm, per dare man forte in procinto dell’arrivo degli Orchi. La guerra era più vicina che mai.

Riscosso dai ricordi e dal rumore, rimase immobile ancora per un attimo, dopodiché si diresse verso la sala del trono. Il re li aveva convocati tutti per decidere il piano d’azione. Incontrò Gimli nel tragitto che lo conduceva alla sala principale, con un sorriso enorme dipinto sul volto.

 

< finalmente si farà qualcosa!!!!! La guerra sta per iniziare! > disse con un scintillio di eccitazione negli occhi. < insomma, è dall’inizio di questo viaggio che non facciamo che combattere, ma non abbiamo mai avuto una vera guerra.. si insomma, eravamo sempre noi contro una moltitudine di orchi, sempre in svantaggio.. adesso sarà diverso! Certo sarà difficile comunque.. ma sono così eccitato!! Finalmente la mia ascia avrà sangue fresco!!  Potrò tagliare un po’ di teste a quegli esseri schifosi.. o si non vedo l’ora! >

 

< sai, la tua voglia di sangue e morte sarebbe perfetta per il signore oscuro.. sicuro di combattere dalla parte giusta? > chiese malizioso l’elfo.

 

< elfo dannato così mi offendi!! > arrossì il nano, capendo di aver messo troppa enfasi nelle sue parole. < e poi cosa c’è di male nel voler uccidere un po’ di orchi?? >

 

< assolutamente niente… >

 

< ah, o capito sai.. temi di non essere alla mia altezza, hai paura di fare una figuraccia al momento della battaglia! Ma non preoccuparti, ci penserò io a salvarti la vita! > rispose il nano con un ghigno.

 

< Ma quanto sei gentile! A dire il vero sono io a essere preoccupato per te.. in fondo lo sai no, il fosso di Helm è una fortezza con mura altissime, e proprio sopra ad esse dovremo stare a combattere.. >

 

< cosa vorresti insinuare?? >

 

< oh, ma niente.. solo.. ehm.. sicuro che la tua altezza non sia un problema? Sai, temo che le mura siano un po’ troppo alte per te.. e sinceramente troverei scomodo il doverti portare in braccio..> rise Legolas, osservano Gimli diventare rosso dalla vergogna.

 

< elfo insolente ti farò vedere io! > disse il nano, bofonchiando arrabbiato.

 

Ancora sorridente, Legolas entrò nella sala del trono, dove Gandalf, Aragorn e il re stavano già discutendo il da farsi.

 

*****************

 

< Dobbiamo allontanare il più possibile il pericolo da Edoras, non posso rischiare le vita del mio popolo > stava dicendo il re Théoden. < Rechiamoci al fosso Helm con i soldati che disponiamo. Li verremo raggiunti da tutti i nostri alleati. >

 

< E’ pericoloso. La fortezza di Helm è inespugnabile, ma se gli orchi riuscissero ad entrare, si rivelerebbe una trappola mortale. > si inserì Aragorn.

 

< Nessun orco entrerà mai nel tromba torrione! E in ogni caso, non abbiamo altre possibilità. > si infervorò il re.

 

< possiamo combattere in campo aperto. Li coglieremo di sorpresa, e allo stesso tempo avremmo una via di fuga se le cose andassero male > propose Gandalf.

 

< No, è da escludere. Saremo sicuramente in inferiorità numerica, ci serve un qualcosa dietro a cui difenderci, o verremo uccisi di sicuro! Ripeto, andremo al fosso di Helm, e il combatteremo, questa è la decisione. Lascerò un centinaio di uomini a difesa di Edoras, dopodiché partiremo per la guerra. >

 

< Non sarebbe meglio aspettare gli aiuti? Se gli orchi arrivano prima dei nostri alleati al fosso resteremo intrappolati, in inferiorità numerica, e senza possibilità di ricevere aiuti. Sarebbe una disfatta. > si intromise pacatamente Legolas.

 

< state forse insinuando che essi non verranno, elfo? >

 

< Dico solo che gli uomini sono deboli, e non sempre la loro parola è affidabile. Siete certo di voler scommettere sulla vita di tutti noi? >

 

< Se non ci si fida fra amici, allora Sauron ha già vinto. Loro verranno, e arriveranno in tempo elfo. Tu sei liero di fare quello che preferisci, ma io e i miei soldati partiamo fra due giorni > e detto ciò, il re li congedò.

 

*******************

 

< Ci farà uccidere tutti! > esclamò Legolas appena furono usciti dalla stanza.

 

< Vuole solo proteggere il suo popolo.. ma sarà una disfatta. Anche se tutti gli alleati arrivassero, e ne dubito, saremo comunque in inferiorità numerica > disse Aragorn pensieroso, scuotendo la testa.

 

< La fine del topo!! Intrappolati, senza possibilità di fuga!> urlò Gimli.

 

< Forse, ma in ogni caso non abbiamo possibilità. E’ inutile preoccuparsi ora, quel che sarà sarà. Di certo dovremo impegnarci al massimo. Ma per quanto riguarda l’inferiorità numerica, forse qualcosa possiamo fare. > disse Gandalf.

 

< Che cosa intendi? > dissero entrambi all’unisono.

 

Senza rispondere, Gandalf si fermò davanti ad una porta e bussò. Legolas la riconobbe immediatamente. La stanza di Ithilwen. Ma per quale motivo?

Seguì pieno di dubbi gli altri nella stanza.. e rimase stupito.

La elfa era in piedi, vestita ed armata. Stava sistemando qualcosa dentro aduna bisaccia, il mantello nero e la maschera poggiati sulla sedia li accanto, pronti ad essere indossati.

 

< Sei sicura di farcela? > le chiese Gandalf.

 

< umf, certo che si stregone. Io sto benissimo > rispose lei, acida. Il suo odio per Gandalf era ancora presente. Nonostante il medaglione fosse appeso al suo collo, la finestra era sbarrata, per impedire alla luce del sole di entrare, la stanza illuminata da qualche candela.

 

< Si può sapere cosa succede? Lei è ferita! Non può andare da nessuna parte! > disse Gimli sorpreso.

 

< Non dirmi che adesso ti preoccupi per me nano! > esclamò lei con un sorriso sul volto. Era così bella che non guardarla era impossibile. < Comunque sappi che io sto benissimo. Mi rimetto facilmente > disse con un occhiolino.

 

< Ho chiesto a Ithilwen di andare a cercare la tribù degli Zulus. E’ una popolazione nomade che vive qui vicino. Gente pericolosa, ma sono ottimi guerrieri con un debito nei confronti del re Théoden.. e con un’immensa stima per Ithilwen. Averli dalla nostra parte sarebbe utile. > spiegò Gandalf.

 

< E io ho accettato > concluse la donna. < Non ho intenzione di morire a causa dell’idiozia del re.. > disse con una smorfia.

 

< E noi cosa faremo  invece? > chiese Aragorn.

 

< Io mi recherò verso est, alla ricerca di altri alleati. Tu e Gimli invece, andrete direttamente al fosso di Helm. Il re ha bisogno di voi. Per quanto riguarda Legolas.. beh pensavo che avrebbe potuto accompagnare Ithilwen. > concluse lo stregone.

 

< stupido uomo, te lo ripeto, non ho bisogno di protezione > rispose truce la donna.

 

< lo so, ma sei stata ferita da poco, non vorrei che tu non riuscissi a portare a termine il tuo compito.. > rispose Gandalf. < Legolas? >

 

< Per me va bene. > rispose l’elfo.

 

< Per me no. Vedo che ti fidi di me quanto io mi fido di te..ovvero niente. > l’elfa guardò lo stregone. < Non hai ancora perso l’abitudine di dare ordini… e tutti devono eseguirli come stupide marionette. Ma io non sono una marionetta, stregone, verrà il giorno in cui ti pentirai di questo tuo comportamento. > e detto ciò prese il mantello e la bisaccia e si avvio alla porta. < Sbrigati Legolas, ti aspetto sotto. Gimli, Aragorn, buona fortuna, ci vediamo al fosso > ed uscì.

 

< Ammetto che quando fa così mi terrorizza > disse Gimli.

 

< Già, > rispose Gandalf tristemente. < Non mi perdonerà mai..> sembrava parlare più a se stesso che agli altri. Riscossosi dai suoi pensieri, osservò gli uomini di fronte a lui. < Mi raccomando, prudenza. E tu Legolas.. assicurati che non faccia niente di stupido.>

 

< Stai tranquillo > rispose l’elfo. Un breve arrivederci, e i compagni uscirono dalla stanza, ognuno prendendo una direzione diversa.

 

***********************

 

Poco dopo la riunione nella camera di Ithilwen, Legolas scendeva veloce la gradinata del palazzo di Meduseld, dirigendosi alle scuderie. Sentiva un brivido di eccitazione correre lungo la schiena, ma non riusciva a capire se fosse dovuto alla guerra imminente o al viaggio che avrebbe dovuto fare insieme all’elfa. Velocemente, salì in sella al suo cavallo pezzato e si avviò a passo sostenuto verso l’uscita della città, verso i prati liberi. Era quasi certo che lei lo stesse aspettando li. Eppure, quando arrivò sul verdognolo prato, della fanciulla e del suo nero cavallo non c’era traccia. Sconcertato, rimase in silenzio, ad ascoltare, finchè

Con uno scatto fece partire il cavallo al galoppo, verso una bassa collina, e quando l’ebbe raggiunta, vide, sulla pianura che si stendeva al di sotto di essa, un nero stallone dalla criniera dorata, cavalcato da una figura incappucciata con un nero mantello.

Velocemente le si avvicinò, ma poco prima che lui riuscisse ad arrivare al suo fianco, lo stallone ebbe uno scarto e partì di corsa, costringendo il cavallo dell’elfo a seguirlo faticosamente.

Il messaggio era più che chiaro: la conversazione avvenuta il giorno prima, non voleva dire niente. Il comportamento della donna non sarebbe di certo cambiato. Sospirando, Legolas si rassegnò a seguire il cavallo e la donna, in un clima di silenzio e freddezza. Sarebbe stato un viaggio piuttosto lungo. Nonostante Orthored si fosse adeguato all’andatura del cavallo dell’elfo per evitare che esso restasse indietro, avevano corso per tutto il pomeriggio, ed adesso la cavalcatura era sfinita. Accorgendosene, Ithilwen fece rallentare il suo cavallo, conducendolo verso una fossa naturale del terreno, protetta su un lato da una grande roccia. Arrivati, si diedero subito da fare per accendere un fuoco e per mangiare qualcosa, il tutto, in rigoroso silenzio.

Non che il silenzio lo infastidisse, anzi, ma Legolas sentiva la necessità di parlare con la donna. Dopo la confessione della sera precedente,s i sentiva legato a lei in qualche modo, e il suo restare muta lo rendeva frustrato.

 

< Quanto ci occorrerà a trovare questi Zulus? > osò chiedere l’elfo. Rimase quasi stupito quando sentì la voce della donna rispondergli.

 

< Sono una popolazione nomade, ma in questo periodo di solito si trovano in queste zone, poiché la caccia è più facile. Direi che ancora un giorno di corsa basterà. Anche perché non abbiamo molto tempo. Il re partirà dopodomani per il fosso di Helm, e ci impiegherà meno di tre giorni a raggiungerlo. Questo vuol dire che ne abbiamo solo quattro per trovare gli Zulus e tornare indietro. Non sarà facile > rispose lei sgarbata.

 

Il silenzio tornò a regnare ancora.

 

< Non gradite la mia compagnia? > sbottò allora Legolas, stanco ed infastidito dal comportamento di Ithilwen.

 

Invece di rispondere, la donna si slegò la maschera e tirò indietro il cappuccio, permettendo alla luce della luna di illuminarle il volto.

< Non è la vostra compagnia che mi infastidisce > rispose lei pensierosa dopo qualche minuto < ma è il fatto che voi siate qua per difendermi, per proteggermi, o in ogni caso per controllarmi. E’ questo che non sopporto > disse con rabbia, fissandolo negli occhi.

 

E lui, dovette impegnarsi per non perdersi in quel viola.

< Io non voglio dovervi controllare, e di certo non avete bisogno del mio aiuto per difendermi. Voglio solo evitare che la vostra ferita si riapra e voi stiate di nuovo male. >

 

< sono abituata a cavarmela. Sono sola da sempre, so arrangiarmi. >

 

< lo so. Però adesso non siete più sola, che lo vogliate o no avete dei compagni. Quindi che ne dite di evitare di essere così scontrosa con me che non vi ho fatto nulla, e di accettare il fatto che nel caso abbiate bisogno di aiuto non dovrete essere sola? E’ così difficile accettare il cambiamento? > le chiese lui <.. infondo, mi sembra un bel cambiamento. >

 

Dopo qualche secondo di riflessione, lei gli sorrise, un dei suoi bellissimi e rari sorrisi. < Si avete ragione, è un bel cambiamento. Molto bene, farò il possibile, ma non vi prometto niente. Temo che l’essere “scontrosa” faccia parte del mio carattere > replicò sempre sorridendo.

 

Legolas ricambiò il sorriso. < Posso chiederti il perché odi tanto Gandalf? >

 

< Puoi chiedermelo, certo > disse lei, il sorriso svanito < Ma ciò non significa che io ti risponderò. > e detto ciò rimase in silenzio.

 

< Capisco.. allora posso chiederti il perché continui ad indossare il mantello e la maschera nonostante porti al collo il medaglione? >

 

< Beh, direi che un po’ lo faccio per abitudine. Sai, quando si fa una cosa per tanto tempo poi è difficile cambiarla. Inoltre, lo faccio per evitare di attirare l’attenzione. >

 

< Attirare l’attenzione? >

 

< Domani ti farò vedere > disse con una smorfia, e detto ciò, restò in silenzio e chiuse gli occhi.

 

********************

 

Ripartirono prima dell’alba, ma questa volta i due cavalli correvano uno di fronte all’altro, e, come promesso, Ithilwen non indossava ne la maschera ne il cappuccio, lasciando il mantello libero di svolazzarle alle spalle. Legolas non riusciva a capire il perché dovesse attirare l’attenzione. Forse per i capelli blu e gli occhi viola? Eppure era sicuro che non fosse quello a cui si riferiva. Curioso, continuò a correre al suo fianco, sbirciandola di tanto in tanto. Fu così, che il sole sorse.

Legolas ci mise un attimo a capire che la donna non correva più al suo fianco. Girandosi, la vide ferma in sella al suo cavallo, ad osservare il sole. Ed allora capì cosa aveva voluto dire la sera precedente. I raggi del sole illuminavano il suo viso, ma era come se non riuscissero a toccarlo del tutto. Una barriera trasparente era porta fra lei e il sole. Una barriera sulla quale i raggi di sole scivolavano ma allo stesso tempo, si concentravano, avvolgendola tutta. Sembrava cercassero un modo per entrare, cercavano una breccia, e in questa loro operazione la illuminavano di una luce eterea e accecante. Legolas non riusciva a non guardarla. Gli occhi erano spalancati ad osservare quella bellissima creatura circondata da fasci di luce che giocavano ad ogni suo movimento, che la illuminavano di una luce irreale, rendendola ancora più bella e impossibile. Non poteva esistere al mondo una creatura così.

 

< Te l’avevo detto che attiravo l’attenzione > disse lei sorridendo, ed osservando la sua mando circondata da un raggio di luce dorata.

 

< Sei bellissima > rispose lui senza fiato.

 

Scuotendo la testa, si rimise il cappuccio e si coprì con il mantello, lasciano però stare la maschera. Fu così che ripartirono al galoppo.

 

*******************

 

Trovare gli Zulus fu più facile di quanto avessero pensato. Spinti dai problemi della guerra, si erano avvicinati ancora di più a Rohan, facilitando così il compito dei due elfi. Convincerli a combattere fu però più difficile.

 

< Pehr qualhe motihvo dovrhei iho combhattherhe pehr vohi? > domandò per l’ennesima volta il capotribù Pokiuh ai due elfi, con quel suo strano accento, strascicando le parole.

 

< Perché tu e il tuo popolo avete un debito in confronto di re Théoden. Se non fosse per lui sareste già tutti morti da un pezzo! E lo sai bene. E’ solo merito suo se voi continuate ad esistere, se avete il permesso di cacciare dove volete. E adesso dovete restituirgli il favore! > rispose stancamente per l’ennesima volta Ithilwen, osservando quell’uomo dalla barba nere e arruffata, le guance scavate e gli occhi neri e cupi. Era vestito malamente con pochi stracci, e dall’odore che aveva non si lavava da molti giorni.

Si trovavano in un radura circondata da pietre, accerchiati da dieci membri della tribù, convocati da Pokiuh per aiutarlo a scegliere. Erano li già da ore ormai, e non riuscivano a convincere il capotribù ad aiutarli.

 

< Théodhen buohn reh, ma guehrra suha, nohi no cenhtrihamo  > rispose testardo.

 

< La guerra non è sua ma di tutti! Cosa credete? > si infervorò Legolas < Potete scappare da questa battaglia, ma non potete fuggire alla guerra! La guerra è di tutti, colpisce tutti allo stesso modo, il signore oscuro non avrà pietà per nessuno! Re Théoden sta cercando di combattere, e combatte non per se stesso, ma per il suo popolo, per i suoi uomini, per le persone a cui vuole bene. E lo stesso dovresti fare tu. Ti vuoi tirare indietro da questa guerra? Bene. Ma il prima o poi ti toccherà combattere, e allora non ce la farete. Gli orchi uccideranno te, la tua famiglia, tutta la tua tribù morirà. Non dico che Théoden vincerà, io non prevedo il futuro. Ma è giusto combattere con lui, è giusto tentare di aiutarlo. E se morirete, sarete morti per una causa giusta, sarete morti sapendo che stavate cercando di difendere la vostra famiglia. Ripeto, dalla guerra non potete scappare, e allearsi con Théoden è forse l’unica possibilità per vincerla. > e detto ciò, Legolas si alzò, seguito da Ithilwen, lasciando i membri della tribù a discutere.

 

< Beh, devo ammettere che sei stato fantastico. Il tuo discorso li ha davvero colpiti. > disse la donna ammirata.

 

< Speriamo. Dovevo fare qualcosa, siamo qui da ore e non abbiamo ancora risolto niente. Pensi che cederanno? >

 

< Pokiuh è un uomo d’onore, sa di essere in debito con Thèoden, e sa che tu hai ragione. Vedrai, riuscirà a convincerli. > rispose lei, sedendosi per terra con la schiena appoggiata ad una roccia. Aveva gli occhi chiusi, una mano a tenersi il fianco ferito.

 

< Come va? > chiese Legolas preoccupato, sedendosi al suo fianco.

 

< Per fortuna la ferita non si è riaperta, eppure è lenta a cicatrizzarsi. Speriamo che migliori un po’, o sarà un problema in combattimento > rispose con una smorfia.

 

L’elfo fu sul punto di dire qualcosa ma venne interrotto dall’avvicinarsi di un uomo. < Il caphotribhu vuhole vehedervhi >

 

< Thu hai raghionhe. Combhattherehmo cohn vohi > disse Pokiuh rivolgendosi a Legolas, quando i due elfi l’ebbero raggiunto.

 

< Bene. Allora dobbiamo sbrigarci. Abbiamo meno di tre giorni per raggiungere il fosso di Helm. > disse l’elfo sollevato.

 

< Tuh cahpihre dehvi che cih serhve un po di thempho pehr prheparharchi. >

 

< Quanto tempo? > chiese Ithilwen preoccupata.

 

< Uhn gihornho almheno.>

 

< Ma così non arriveremo in tempo! > esclamò lei.

 

< Nhon prehoccuhpahtehvi corhagghiosha Morhwehn, nohi cohnosherhe scohrcihatohia. Arrihvahre in tempo nohi si! Eh pohi vohi stahncha e luhi anchè ripohsahre stha notthe. > concluse lui.

 

< Molto bene, capo Pokiuh, ti ringraziamo > rispose Legolas.

 

*****************

 

Era occorso tutto il giorno seguente perché la tribù si preparasse alla guerra. Alla fine, fra donne e uomini, erano riusciti a reclutare più di 700 combattenti. Ora Ithilwen e Legolas si trovavano al fianco di Pokiuh, che, sbrigate le ultime faccende era pronto a partire.

Riposati e pronti alla guerra, partirono.

Pokiuh fece fare al gruppo un giro strano, che ne Ithilwen ne Legolas avevano mai percorso. Marciarono per ore e ore, concedendosi brevi riposi, e fermandosi un po’ di più solo a notte inoltrata, per concedersi qualche ora di sonno.

Ad ogni modo, fu con incredulità che dopo il secondo giorno di marcia, arrivarono in vista del fosso.

 

< Ammetto di aver temuto che non ce l’avremmo fatta > disse Legolas con un sospiro di sollievo.

 

< Vale lo stesso per me. Ma adesso siamo arrivati, siamo in tempo, e abbiamo svolto il nostro compito.. tutto sommato siamo stati bravi > gli rispose lei con un sorriso.

 

E detto ciò, si avviarono verso la fortezza.


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Tadatataaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!

Eccomi tornata!!!

Lo so lo so lo so lo so con un ritardo spaventoso.. so di non poter essere perdonata ma spero che il capitolo nuovo vi abbia addolciti almeno un po’..

Ok potrei continuare all’infinito a chiedere perdono, ma preferisco sapere da voi.. cosa ne pensate del nuovo capitolo?? Ovviamente alcune cose sono inventate.. spero che si capisca ciò che dice il capotribù ma mi pare di si ^^

Lo so non è niente di che, nessuna rivelazione sconcertante, ma si sta avvicinando la guerra e bisogna prepararsi!!!

E già, proprio così, prossimo capitolo, guerra!!! Che cosa succederà?? Vi avverto già che ci sarà un colpo di scena diciamo XD

Bene fatemi sapere.. scusate ancora e un bacio a tutti!!!

 

RINGRAZIAMENTI:

 

Illidan: Ciao! Prima di tutto scusami tanto per il ritardo.. allora: grazie molte per i complimenti, mi fa piacere che la storia ti sia piaciuta, e si.. il serpente mi ispirava particolarmente sia per il significato malvagio sia perché la forma di per se la trovo molto intrigante, arcana e misteriosa. Mi sembrava facesse un bell’effetto ^^.  Aaaaa ecco le domande! Ovviamente non posso rispondere a tutte quante, in parte anche perché man mano che il tempo passa, più l’idea si modifica e cambia. In ogni caso, perché Sauron ha paura di Ithilwen.. ah no questo proprio non si può dire! Però in effetti hai ragione, questo spiega la fissazione per gli anelli.. siamo riusciti a risolvere il grande segreto del libro! Perché parla di anelli? Perché è stato respinto da una donna XDXD sono certa che Tolkien sarebbe d’accordo con noi U_U  mmm poi come hai scoperto no, nessun orchetto ha cercato di uccidere Ithilwen.. ci sarà un piano più terribile in atto! Er quanto riguarda Legolas… ah chissà potresti avere ragione.. ma non posso svelarti niente, altrimenti poi non leggi più! XD ti posso assicurare però che questa ff sarà piena di colpi di scena, e diversa da quello che potresti immaginare… sa si vedrà! Spero in una tua prossima recensione ciao!

 

Chicchetta99: ciao chiedo scusa per il ritardo.. mmm il fatto che ci avessi quasi azzeccato mi fa temere che sia un po’ troppo scontata come ff.. spero però non sia così! Grazie mille per i complimenti, e spero che il capitolo ti sia piaciuto.. a presto bacio!

 

Strowberry_sin: ed eccomi arrivata a te.. sembri essere la più presa da questa storia, quindi ti chiedo veramente scusa!! Il mio ritardo è imperdonabile! Spero comunque che il capitolo ti sia piaciuto! Ammetto di averlo scritto soprattutto per te.. non fosse stata per la tua insistenza non so quando avrei aggiornato! ^^ mi spiace gettarti in dilemmi biblici, e quindi ti posso aiutare: Legolas sempre e comunque!! Mi sembra la soluzione migliore…anche perché a dire il vero io non sopporto i serpenti sono un mio terrore! E poi Legolas è indubbiamente più bello e affascinante di un coso strisciante U_U dimmi cosa ne pensi un mega bacione  e un abbraccio!

 

CaMbAbOy: mi fa piacere che ti piaccia la storia e chiedo scusa per il ritardo! Dimmi cosa ne pensi un bacio!

 

Un grazie particolare a tutti coloro che mi seguono.. un bacione!!

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 7
*** Battaglia ***


Le mura del tromba torrione si levavano imponenti, forti e possenti nella loro antica bellezza, fatta di pietra e legata dal coraggio e dalla speranza degli uomini che l’avevano costruito

CAPITOLO 7°: Battaglia

 

Le mura del tromba torrione si levavano imponenti, forti e possenti nella loro antica bellezza, fatta di pietra e legata dal coraggio e dalla speranza degli uomini che l’avevano costruito. Uomini che adesso si agitavano ansiosi all’interno delle sue mura, cercando calma nel senso di protezione che esso emanava, ma non riuscendo a trovarla, perché ovunque i segni della imminente guerra erano tangibili. Gli uomini erano irrequieti, vestiti delle loro armature che niente altro avevano visto se non il fondo scuro del baule nel quale per anni erano state rinchiuse. Armature che mai guerra avevano visto, nella loro lucente perfezione, non un segno a scalfirne la liscia fattezza, e uomini, abituati a coltivare i campi e a pensare alla guerra come un qualcosa di astratto che mai avrebbe potuto colpirli.

Aragorn scosse la testa, incapace di colmare il senso di morte che pian piano gli riempiva il cuore per poi passare ai polmoni, impedendogli di respirare. Aveva passato tutta la sua vita a combattere, a uccidere, al fianco di uomini che come lui avevano scelto di sacrificare la propria vita a difendere gli altri, e molti ancora ne aveva combattuti, uomini che avevano scelto di uccidere per soldi o più semplicemente per egoismo, per avidità. In ogni caso, quegli uomini erano soldati, gente che viveva con la guerra nel sangue. Ma guardandosi attorno, non vedeva soldati, non vedeva occhi sicuri e decisi, carichi di uno scintillio di folle eccitazione per la battaglia imminente, colmi di voglia di mettersi in gioco, a disprezzo della propria vita. Vedeva solo uomini strappati ai loro campi, con armature che li soffocavano e spade smussate inutilizzabili, occhi pieni di ansia, disperazione, paura. Paura per se stessi, paura per i loro cari, paura per il futuro. I loro occhi questo riflettevano, insieme alla voglia di scappare lontano, se non fosse stato per l’onore e un briciolo di speranza che li legava a quel posto. Forse era proprio questo a fargli più male: quella speranza che vedeva nei loro occhi, che urlava sovrastando il rumore frenetico del borgo, che continuava a vivere imperterrita, una speranza folle e senza senso che doveva continuare a vivere, perché se fosse morta avrebbe trascinato tutto nell’oblio. Aragorn lo sentiva, sentiva quell’ urlo, e il suo cuore urlava di rimando: FOLLE! Esatto, non era altro che follia. Perché la speranza non c’era, non ci poteva essere speranza per uomini non addestrati, non ci poteva essere speranza per loro contro gli orchi. E questa certezza cresceva sempre di più fino a lacerarlo. Aveva cercato di combatterla, di negarla, ma aveva capito ben presto che illudersi non sarebbe servito a niente. Eppure quegli uomini credevano in lui, era a lui che la loro speranza si rivolgeva, e lui non poteva fare niente altro se non starla a sentire, aspettando il momento in cui sarebbe inevitabilmente morta.

Si appoggiò al bordo delle mura, passandosi una mano sul viso, coprendo gli occhi. No, non era questo il momento di cedere, non era questo il momento di rassegnarsi. Lui avrebbe combattuto, avrebbe guidato i suoi uomini in battaglia, e avrebbe fatto qualunque cosa per vincere, o sarebbe morto nel tentativo.

Il suo sguardo si perse sull’orizzonte, verso la terra di Mordor… chissà come stavano Sam e Frodo, chissà se erano ancora vivi, chissà dove si trovavano… tutto era nelle loro mani…

 

< quei due ce l’hanno fatta a quanto pare!> la voce tonante di Gimli si insinuò nei suoi pensieri. < guarda un po’ laggiù> gli disse il nano indicando il prato in lontananza.

 

Aragorn seguì il suo dito e sentì il suo cuore mancare un battito, e illuminarsi di gioia e di un pizzico di speranza in più. Una figura incappucciata cavalcava a fianco di un elfo dai lunghi capelli biondi, e dietro di essi, circa un migliaio di uomini camminavano severi e ordinati, le armi salde nelle mani, gli sguardi fieri e selvaggi, i corpi possenti e muscolosi: soldati.

Legolas e Ithilwen ce l’avevano fatta.

 

****************************************

 

Ormai era pomeriggio inoltrato, il sole sarebbe tramontato nel giro di qualche ora, e la fortezza era come congelata. L’elfa era seduta sull’ultima cinta muraria, la schiena appoggiata a una torretta di guardia, lo sguardo che si perdeva in lontananza. I capelli, di solito lasciati liberi, erano ora racchiusi in un stretta coda, che scivolava sinuosa fino alla vita. Il petto era ricoperto da un’armatura di ferro, che le copriva il collo e le spalle arrivando fino alla vita. Un armatura elfica, che seguiva i movimenti del corpo, diversa da quelle umane, così rigide e scomode. Pareva quasi di non averla addosso. Gli avambracci erano protetti da placche di metallo, la faretra sulla schiena era piena di frecce, l’arco sembrava fremere, due spade erano legate ad un cinturone legato alla vita, il ciondolo risplendeva al collo.

Ithilwen era in tenuta da guerra. Qualche ora dopo il loro arrivo alla fortezza, un messaggero era arrivato disperato, annunciando l’avanzata dell’esercito nemico.. centinaia di migliaia di orchi si stavano avvicinando al fosso, impedendo ogni fuga, impedendo agli assaliti di essere raggiunti da aiuti. Erano in trappola. Quelle erano le ultime ore di tregua prima della distruzione.

Il respiro della donna era lento e regolare, nessuna paura nel suo sguardo, nessuna agitazione, nessun divertimento.. non c’era niente nei suoi occhi, se non una lieve traccia di malinconia, mentre osservava il sole tramontare. Le labbra rosate si muovevano silenziose, quasi a parlare ai prati silenziosi, al sole, al futuro, al passato..

Una goccia di pioggia le cadde sulla fronte, scivolando lungo il profilo della mascella, per perdersi infine nel freddo vento della sera. Il sole era tramontato, e le nuvole che per tutto il giorno avevano annunciato pioggia, si stavano finalmente svuotando. Sorridendo, continuò a muovere le labbra alzando la voce, permettendo alla canzone di risuonare per le fredde mura, arrivando alle orecchie degli uomini, correndo lungo i prati, accompagnato le gocce di pioggia, trascinate lontano dal vento.. una canzone che parlava di guerra, di uomini valorosi pronti a battersi per qualcosa di giusto, che parlava di tristezza, di solitudine, di terrore, ma anche di speranza, quella folle speranza che non muore mai, che permette di andare avanti, quella speranza che si rinvigorisce al sorgere di una nuova alba..una canzone antica come la terra, dalle parole sconosciute, ma capace di entrarti nel cuore.

Tutti gli abitanti della fortezza rimasero immobili, ad ascoltare ciò che la voce melodiosa voleva trasmettere, a riempirsi il cuore di quella speranza e di quella dolcezza.

Legolas alzò gli occhi verso le mura, fissando quella donna forte e coraggiosa, ascoltando la sua canzone, riempiendosi di lei..

Finì di controllare che tutti gli uomini fossero al loro posto, e si incamminò verso la cinta muraria.

Arrivò alle spalle della elfa mentre questa terminava la canzone,ma invece di parlare, si appoggiò alle mura accanto a lei, fissando lo sguardo in lontananza.

La pioggia aveva ormai iniziato a scendere abbondante, ma i suoi occhi vedevano benissimo lo stesso.

 

< Arriveranno nel giro di qualche ora> disse al vento, con sguardo concentrato.

 

< I rinforzi ormai non riusciranno ad arrivare, avevi ragione tu. Theoden ha voluto rischiare, e ha perso. Ormai solo le nostre spade potranno aiutarci.. ma la maggior parte di questa gente non sa combattere… la speranza di sopravvivere è sempre più lieve.> sospirò lei.

 

< Lo dici come se per te vivere o morire non fosse una cosa di grande importanza.>

 

Lo sguardo di lei si oscurò. < soltanto pochi giorni fa ti avrei detto che era così..ma adesso… adesso non capsico nemmeno io..> scosse la testa < sono semplicemente realista. La speranza per noi è quasi assente. Eppure, so che impegnerò tutte le mie forze in questa battaglia… non intendo rinunciare a… > sorrise e lo fissò negli occhi < ho intenzione di lottare per vivere >

 

< bene, a quanto pare alla fine fai progressi > le rispose Legolas con un sorriso.

 

Ma invece di sorridere, lei tornò a guardare l’orizzonte assorta. La pioggia le incollava i capelli al viso e faceva aderire i vestiti al corpo.

 

< sai.. mi stavo chiedendo.. perché combatti questa guerra? > chiese Ithilwen tornando a guardarlo.

 

Lesse la confusione negli occhi dell’elfo. < combatto perché è giusto, perché non possiamo stare ad aspettare che il mondo venga distrutto senza fare niente, aspettando il momento in cui le foreste verranno distrutte e i fiumi prosciugati, e tutti noi verremo fatti schiavi. Dobbiamo lottare, per avere un futuro migliore, non dobbiamo rassegnarci, non finchè c’è qualche speranza di cambiare le cose.> rispose lui.

 

Lei rimase per un attimo a fissarlo negli occhi, come a cercare la certezza di qualcosa sul viso di lui, e a un certo punto, parve trovarla, perché una smorfia le distorse il viso e lei scosse la testa.

< un altro idiota che si illude di poter cambiare il mondo..> sospirò.

 

< idiota è colui che fugge sotto i sassi aspettando la conclusione delle cose> rispose lui duramente.

 

< quello si chiama buon senso > rispose lei arrogante.

 

< non pensi davvero quello che stai dicendo, altrimenti perché saresti qui?> la provocò lui.

 

< perché ho stretto un patto con voi.> gli sorrise lei, scendendo dal muro e avvicinandosi fino ad averlo a pochi centimetri di distanza.

 

< stai mentendo! > sorrise lui a sua volta, fissandola negli occhi, osservando le gocce di pioggia disegnare arcaici disegni sul suo viso che rifletteva pallido nella notte.

 

< hai ragione..> una smorfia triste le comparve sul viso < è solo che… di solito gli idioti muoiono prima di avere il tempo di cambiare qualcosa..> disse abbassando gli occhi e voltandosi di nuovo a fissare l’oscurità, allontanandosi da lui.

 

< ..vuoi dirmi che hai paura per me?> rise lui malizioso, avvicinandosi di nuovo a lei.

 

< tse non mi sembra di aver fatto il tuo nome del discorso> esclamò lei sbuffando e  lanciandogli uno sguardo divertito.

 

< certo..> sorrise lui scuotendo al testa. Rimase a fissarla, osservando il corpo sottile, il viso delicato che fissava deciso l’orizzonte, i capelli scompigliati dal vento.. e improvvisamente un'altra immagine gli balenò in mente: era sempre lei, sempre appoggiata a quel muro, ma questa volta i suoi occhi erano velati, i capelli scendevano disordinati sulla schiena, le labbra esangui bagnate di sangue, una profonda ferita alla schiena, da cui il sangue continuava a sgorgare..

L’immagine così vivida nella sua testa lo spaventò. Non avrebbe potuto sopportare di vederla così..

 

< Tu non devi combattere.> esclamò lui improvvisamente.

 

Lei si voltò a fissarlo, e i suoi occhi si spalancarono quando lesse il turbamento deformare il suo bel viso.  < ma cosa stai dicendo? >

 

< Non devi combattere, è pericoloso! > esclamò lui afferrandola per un braccio e fissandola negli occhi.

 

< adesso sei tu che ti preoccupi per me > sorrise lei liberandosi dalla sua stretta.

 

< Ithilwen questo non è un gioco, puoi rischiare di morire! Ascoltami..> proseguì lui, ma lei gli mise una mano sulla bocca, impedendogli di parlare.

 

< No, sei tu che devi ascoltare me. So benissimo che non è un gioco, so quali sono i rischi, ma come hai detto tu, non ci si può nascondere aspettando che tutto sia finito. So combattere, sono stata addestrata a farlo fin dalla nascita, non devi temere per me… e se in questi giorni hai capito qualcosa di me, sai di non poter pretendere che io stia in disparte a guardare mentre la battaglia imperversa.. > aveva parlato con convinzione, fissandolo negli occhi, parole dure e sguardo serio, tentando di calmarlo.

 

Rimasero a fissarsi ancora a lungo, sotto la pioggia, finchè improvvisamente, il rullo di un tamburo  risuonò nell’oscurità del prato, e lei sorrise.

 

< coraggio stupido, vediamo di non farci uccidere. >

 

***********************************************

 

Gli orchi arrivarono. A migliaia, bestie assetate di sangue, marciarono ordinatamente fino a trovarsi a qualche centinaio di metri dalle mura esterne. I tamburi risuonavano nella notte cupa, i lampi sporadici riflettevano sulle cotte di maglia, rendendo la scena quasi surreale.

Dietro la protezione delle mura, gli uomini erano schierati ai loro posti, immobili, osservando con terrore crescente la marea di nemici che si stagliava ai loro piedi.

Un mare in burrasca, che presto si sarebbe abbattuto con forza disumana sul forte, e la domanda che risuonava nella mente di tutti era: riuscirà a resistere?

Riusciranno le solide mura di pietra a contenere la valanga d’acqua, o crolleranno?..trascinando tutto nella distruzione?

Adesso era tutto in mano al destino: per quanto gli uomini potessero combattere e respingere l’assalto dei nemici, tutto sarebbe stato vano, se le mura fossero crollate.

Ma la pietra è solida, la pietra è forte, e per quanto il timore fosse crescente, occorreva pensare solo alla battaglia, e sperare che la pietra vincesse l’acqua.

 

< un bel numero certo.. direi che ci sarà da divertirsi per tutti, non trovi elfo?> esclamò il nano, osservando la schiera di nemici con occhi ardenti di eccitazione e impazienza.

 

< per una volta hai più che ragione.. ne avremo per un bel po’..> rispose pensieroso Legolas, scrutando lontano.

 

< mmm non va bene così! Non si può affrontare una battaglia con questo stato d’animo! La fai quasi sembrare una tragedia!..rischi di avvilirmi!> si imbronciò il nano.

 

< Avvilire te? Temo che sia impossibile! Lascia perdere Legolas, oggi non fa che lamentarsi e preoccuparsi > gli sorrise Ithilwen, che si trovava al suo fianco < In fondo, siamo semplicemente qualche centinaio di migliaia in meno, cosa vuoi che sia! > sbuffò con un sorriso sbieco, fissando a sua volta le truppe nemiche.

 

< ottimismo miei cari elfi, ci vuole più ottimismo! Ma in fondo posso capirlo, se temete di non farcela… ahhh vorrà dire che ogni tanto mi assicurerò che siate ancora vivi > disse con scherno, una finta aria di esasperazione che non poteva contenere la perversa felicità per la lotta imminente.

 

< eh si, è di sicuro meglio che ci tenga d’occhio tu.. potrebbe essere difficile per noi riuscire a vederti nano! > esclamò Legolas, sorridendo al rossore che si diffuse sulle guance del nano.

 

< insolente, sempre il solito insolente..> prese a borbottare il nano, mettendo fine alla chiacchierata.

 

Gli uomini e gli orchi rimasero a fissarsi ancora per qualche tempo, finchè, un urlo di guerra proruppe dalle prime linee delle schiere nemiche, che si lanciarono verso le mura.

Pronti e seguendo gli ordini, un centinaio di archi incoccarono le frecce e si tesero. Le braccia erano ferme, ma i cuori palpitavano. Non era necessario cercare un bersaglio, perché l’oscurità rendeva difficile sceglierne uno, e capire se il colpo sarebbe andato a segno sarebbe stato comunque impossibile.

La pioggia rendeva difficile la traversata agli orchi, rendeva scivolose le armi, turbava ancora di più i cuori.

 

un urlò risuonò nel silenzio delle mura.

Le frecce scoccarono tutte insieme e come un fiume si rovesciarono sui nemici, decimandoli.

Un urlo di felicità si propagò tra le file, vedendo la schiera di corpi cadere, subito zittito però, dalle grida di rabbia dei nemici, che poco addestrati e privi di controllo, si lanciarono contro le mura… a centinaia..a migliaia..

 

< Lanciate a volontà!>

Le braccia ormai si muovevano rapidamente, incordando e scoccando, incordando e scoccando..

Gli archi furono sufficienti per qualche tempo, ma ogni volta che un orco cadeva veniva sostituito da altri cinque.

Ben presto le scale e le corde incominciarono ad attaccarsi al muro, e accanto agli arcieri le spade vennero sguainate.

 

*********************************

 

Combattevano ormai da ore, e il temporale continuava a imperversare.

La cotta di maglia di Ithilwen gocciolava di sangue non suo, i capelli erano appiccicati al collo e alle guance, su cui in una spiccava un taglio netto che le dipingeva di sangue il profilo del viso. In entrambe le mani reggeva una spada, l’arco fermo della faretra ormai vuota, le braccia si muovevano sicure, abbattendo un orco dopo l’altro. Era ancora presto per sentirsi stanca. Si concentrò per regolare il respiro, e uccise l’orco che le si era parato davanti. Approfittò dell’improvviso momento di tranquillità per guardarsi velocemente attorno. La prima cinta di mura era cosparsa di cadaveri, uomini e orchi si mescolavano in un ammasso indistinto di sangue. Ancora un centinaio di soldati era rimasto a combattere, ma gli orchi erano veramente troppi, sembravano non finire mai, ma nonostante ciò gli assediati erano riusciti per ora a impedire l’accesso alla seconda cinta di mura.

Sentì un rumore alle sue spalle e con un movimento sinuoso del polso conficcò la spada nell’addome dell’orco dietro di lei. Fine della pausa.

Uccise un altro paio di orchi, avvicinandosi a una delle tante scale da cui gli orchi continuavano a salire, e con l’aiuto di un paio di uomini, riuscì a buttarla giù. Osservò il vuoto creatosi nel prato nella zona in cui la scala era caduta, ma sapeva che presto essa sarebbe stata sostituita da un'altra, e sarebbe occorso ricominciare da capo.

Intravide Legolas combattere qualche metro più avanti. Osservò il corpo dell’uomo piegarsi, muovere il braccio e conficcare il pugnale nel collo di un orco, dopodiché ruotare su se stesso facendo perno sulla gamba destra e colpire con l’altro braccio impugnante l’arco un altro orco. Non si poteva negare che fosse dannatamente bravo. Ore di battaglia, e nemmeno un graffio.

Con una punta di gelosia, Ithilwen coprì velocemente i pochi metri che la separavano da lui, arrivando al suo fianco.

 

< Com’è la situazione? > gli chiese, affondando la spada in un orco.

 

< mmm direi che ne restano ormai soltanto qualche migliaia, tutto bene > rispose lui colpendo a sua volta.

 

< Idiota, proprio adesso ritrovi il sarcasmo tu > rispose lei con un sorriso tirato, che si spense nell’uccidere un altro orco.

 

< va male. Hanno troppo vantaggio rispetto a noi, ma finchè Aragorn e Gimli non cedono, c’è qualche speranza> rispose guardando per un attimo verso il cancello.

 

< Non resisteranno a lungo temo. > disse lei con sguardo duro, osservando l’ariete infuocato che una dozzina di orchi stavano trasportando verso il cancello.

 

Il terrore passò negli occhi dell’elfo. Prese per un braccio il soldato più vicino < presto, corri a dire al cancello che gli orchi stanno arrivando con un ariete infuocato. Muoviti!> gli urlò.

Guardò l’uomo farsi strada a fatica, dopodiché si volse verso l’elfa < dobbiamo trovare delle frecce, e degli arcieri..e un posto abbastanza sicuro da cui tirare..>

 

Lei rimase pensierosa per un attimo < la torretta nord! > ansimò schivando un orco e trafiggendolo poi con la spada.

 

Uno sguardo di intesa, e i due elfi iniziarono a muoversi in direzione della torretta, uccidendo gli orchi sul loro cammino, recuperando le frecce che trovavano nei corpi, e radunando attorno a loro i soldati che possedevano un arco.

 

Arrivarono nell’arco di poco tempo alla torretta, con le faretre mezze piene e otto uomini con loro.

La torretta altro non era se non una piccola zona sopraelevata rispetto alle mura, di forma quadrata, protetta da merli, da cui si accedeva tramite una corta scaletta.

Tre uomini rimasero a proteggere la scala dall’attacco degli orchi, mentre i due elfi e gli altri cinque uomini si distribuirono dietro i merli che davano verso il cancello.

 

< Mirate agli orchi che trasportano l’ariete. Il portone non deve cedere!> diede ordine Legolas posizionandosi accanto a Ithilwen,  incordando l’arco. < tirate!>

 

******************************************

 

Aragorn si appoggiò un attimo al muro, esausto. Da ore ormai faceva avanti e indietro, dall’interno delle mura all’esterno, e viceversa. Il re lo aveva posto a proteggere e comandare le azioni del cancello, la parte più vulnerabile delle mura, la parte che non doveva assolutamente cedere.. la parte su cui la marea avrebbe colpito più forte.

Gli arcieri posti sulla parte di muro sovrastante il cancello continuavano senza sosta a bersagliare gli orchi, aiutati da uomini che lanciavano pietre e tutto ciò che avevano a disposizione. Ogni volta che gli arcieri si ritrovavano senza frecce, Aragorn, Gimli e una ventina di soldati uscivano da una piccola porta situata accanto al cancello e uccidevano gli orchi che cercavano di arrivare al cancello, dando tempo agli arcieri di riposare e di ricevere nuove frecce, dopodiché tornavano all’interno, e tutto ricominciava. Naturalmente, occorreva coordinare le azioni dei soldati disposti sulle mura, perciò ogni mezz’ora delle sentinella arrivavano a riferire l’andamento della battaglia, compreso il numero approssimativo dei morti, e Aragorn doveva pensare in fretta e trovare il modo di organizzare al meglio la difesa. Era stanco, e aveva riportato parecchie ferite, e come lui la maggior parte dei soldati non ce la faceva più.

 

< devo ammettere che è più dura di quanto avessi immaginato! > esclamò Gimli, arrivando accanto a lui.

 

< già..gli uomini sono stanchi, io sono stanco.. e gli orchi continuano ad arrivare, sempre di più, con sempre maggior forza..non so quanto resisteremo ancora> Aragorn si passò una mano sul viso.

 

< il cancello resiste, e noi non ci arrenderemo.. la speranza non è ancora persa> esclamò Gimli.

 

In quel momento, un soldato si fermò ansimante davanti a loro, una mano sul fianco destro sanguinante. < gli orchi..attaccano..ariete..fuoco!> riuscì ad ansimare, faticosamente.

 

L’uomo e il nano si precipitarono sulla scala che portava alle mura sovrastante il cancello, affiancando così gli arcieri, che in quel momento erano immobili, a fissare un punto nella notte.

Aragorn osservò la sterminata marmaglia di orchi che spingeva sulle mura del forte, ma un punto luminoso, in prossimità del cancello, attirò la sua attenzione. Una ventina di orchi trasportavano un gigantesco ariete infiammato, che grazie alla pece di cui era ricoperto impediva alla pioggia di spegnere il fuoco.

 

< Questa non ci voleva!> esclamò Aragorn. < presto, mirate agli orchi!> urlò agli arcieri, indicando l’ariete.

Osservò gli arcieri incordare le frecce, mirare..e improvvisamente, caddero trafitti. Uno, due, tre, dalla notte, frecce li decimarono, costringendo gli altri a nascondersi dietro alle mura.

 

< ma cosa succede!> esclamò Gimli.

 

Dal riparo del muro, Aragorn guardò verso il prato, e notò un qualcosa.. una costruzione! Gli orchi avevano portato fin li una specie di palafitta. Certo, non era alta quanto le mura, ma da quell’altezza gli orchi potevano a loro volta usare gli archi, e colpire chi si trovava sulle mura. Una cinquantina di orchi adesso, tirava frecce ai soldati che si trovavano sulle mura, che non avevano alcuna protezione, dovendo affrontare sia gli orchi che le frecce.

 

< Maledizione!> imprecò Aragorn. Dalla posizione in cui si trovava, non poteva muoversi per il rischio di essere colpito..e l’ariete si avvicinava.

 

Improvvisamente, vide gli orchi che sorreggevano l’ariete cadere, trafitti da una nube di frecce. Ma che cosa..??

 

< Devo ammettere che sanno il fatto loro!> esclamò ridendo Gimli, in direzione della torretta nord.

 

Aragorn guardò e li vide. Legolas, Ithilwen e un gruppo di soldati, al riparo del muro avevano iniziato a bersagliare di frecce gli orchi che tentavano di avvicinarsi al cancello. Vedeva gli archi tendersi e scoccare, senza sosta.

Ma presto, le frecce sarebbero finite, e gli orchi che cadevano veniva subito sostituiti da altri.

Si doveva fare qualcosa.

 

< Gimli, torna accanto al cancello, e fai in modo che delle assi vengano usate per rinforzarlo.> vide il nano strisciare verso le scale e sparire in gran fretta < e voi arcieri! Dobbiamo neutralizzare gli arcieri nemici, per il momento il cancello è al sicuro. Muoversi!> prese un arco e una faretra, e iniziò a scoccare.

La cosa era difficile, visto che doveva anche schivare le frecce, ma i soldati erano più addestrati ed erano comunque in una posizione vantaggiosa, e presto gli orchi arcieri vennero decimati. Ci sarebbe voluto tempo, prima che potessero essere sostituiti, ma….

 

Un colpo fece scuotere le mura.

 

Un altro colpo.

 

L’ariete stava colpendo il cancello.

 

Aragorn guardò in basso, e vide Gimli urlare ordini, gli uomini tentare di rinforzare il cancello, ma presto sarebbe caduto..e ormai le frecce erano esaurite.

Prese in fretta la sua decisione.

< Voi > disse indicando una decina di arcieri < restate qui, e continuate a colpire. Voi altri, al cancello con me!> e si precipitò giù dalla scala, seguito dai soldati.

 

*********************************

 

Avevano continuato a lanciare frecce senza sosta, al riparo della torretta. All’inizio, il piano aveva funzionato, la marcia dell’ariete si era arrestato, ma i rinforzi che speravano di ottenere dal cancello non erano arrivati. Gli orchi avevano trovato il modo di lanciare frecce a loro volta, e i soldati di Aragorn avevano cercato di contrastarli, con ottimi risultati, lasciando a loro il compito di fermare l’ariete. Ma nonostante gli sforzi, le frecce si erano esaurite presto.

 

< Maledizione!> esclamò Legolas, osservando le faretre ormai vuote, e l’ariete che riprendeva la sua corsa.

 

< Non possiamo più fare niente qui.> urlò Ithilwen. < Torniamo alle mura!> si alzò tirandolo per un braccio. Scesero le scale, e tornarono allo scoperto, le spade sguainate, gli sguardi duri.

 

Improvvisamente, un colpo fece tremare le mura.

< Stanno colpendo il cancello!>urlò Legolas, trafiggendo un orco e lanciandosi verso il portone.

 

urlò Ithilwen, ponendosi davanti a lui, costringendolo a fermarsi e a girarsi per proteggersi le spalle. Lei uccise un altro orco < Ci sono Aragorn e Gimli al cancello, per il momento sono impegnati, e quindi nessuno starà più pensando ad organizzare la difesa qui sulle mura. Noi dobbiamo restare qui a coordinare le azioni, non serve niente concentrarsi tutti al cancello e lasciare le mura poco difese!> disse velocemente, colpendo un altro orco.

 

< Hai ragione. Coraggio, tu vai di là, io di qua.> disse indicandole verso destra < la cosa più importante è eliminare le scale e le corde..e cercare di trovare delle frecce>

 

Uno sguardo di intesa, e poi si divisero.

 

Ithilwen tornò indietro, e si affiancò a uno dei soldati che erano con lei sulla torretta. < dobbiamo riorganizzare la difesa. Di hai soldati di disporsi a coppie lungo tutto il perimetro del muro, e di distare l’una dall’altra di una ventina di passi. Bisogna buttare giù le scale..e trovare frecce! Vai!> disse spingendolo, e continuando a muoversi, ripetendo gli ordini a un secondo soldato. Occorreva fare in fretta, dovevano essere pronti per quando gli arcieri degli orchi si fossero riorganizzati.

 

Sentì un colpo abbattersi sul fianco destro, e un urlo di dolore proruppe dalla sua bocca. La ferita si era riaperta. Un altro colpo la colpì sulla schiena, ma l’armatura fece il suo dovere e la protesse. Si girò di scattò ad affrontare l’orco che l’aveva colpita, schivò un nuovo colpo e conficcò la lama nell’addome. Un movimento con la coda dell’occhio, mosse il braccio all’indietro e pugnalò un secondo orco.

Si tastò il fianco ferito, e trattenendo una smorfia, continuò a muoversi e a dare ordini. In breve, la difesa si riorganizzò. Ogni coppa di soldati si parava le spalle a vicenda, e la distanza dagli altri permetteva ai rinforzi di raggiungerli in caso di bisogno. Era perfetto.

Si voltò a cercare Legolas con lo sguardo, e lo vide impegnato con due orchi. Anche dal suo lato la difesa era riorganizzata.  Lo osservò trafiggere il primo, girarsi e tirare un calcio al secondo,buttandolo giù dalle mura. Un respiro e poi…

 

Tutto sembrò congelarsi.

 

Vide la freccia nera conficcarsi nella sua spalla destra, e l’orco colpirlo al fianco.

Osservò con terrore il sangue inondare le sue vesti..

Lo osservò voltarsi con uno sforzo e uccidere l’orco..

Lo vide cadere su un ginocchio..

Vide gli orchi arrivare…

 

Un urlo disperato le uscì dalle labbra.

Con una spallata schivò un orco, ne uccise un altro, scavalcò il cadavere e continuò la sua corsa.

No…No…No…No…NO….

Ecco cosa continuava a pensare Ithilwen mentre correva, uccideva e schivava gli orchi. Le frecce avevano ripreso a mietere vittime, ma lei non ci badava.

Continuava solo a correre…e a guardarlo.

Legolas si era rialzato, ad affrontare gli altri orchi. Ma i suoi movimenti erano più lenti e pesanti, si leggeva lo sforzo e il dolore.

Improvvisamente, vide un orco colpirlo al fianco, e lo vide accasciarsi, scivolando giù dal muro, verso l’oscurità…

urlò, trafiggendo l’orco che le sbarrava la strada e muovendosi ancora più velocemente.

Il tempo sembrava rallentare, la sua corsa era sempre più lenta, mentre lui scivolava sempre più velocemente, non trovando appigli, le mani che scivolavano sul sangue..

Vide un orco chinarsi sull’elfo per dargli il colpo di grazia, ma ormai lei era arrivata.

Con un movimento fulmineo uccise l’orco, facendolo cadere dal muro, si girò e ne trafisse un secondo, e poi un terzo.

 

urlò alla coppia di soldati più vicina, che le si avvicinò a fatica.

Senza guardare se erano o no arrivati, rinfoderò la spada e afferrò la mano di Legolas, impedendogli di cadere nel mare di orchi.

 

< Dannato idiota, vedi di non mollare la mano!> urlò lei, angosciata.

 

< Non ci penso nemmeno..> sussurrò lui, fissandola grato negli occhi.

 

Lei assicurò la presa all’avambraccio di lui, dopodiché, ignorando il dolore al fianco, fermò il suo corpo contro il muro, inginocchiandosi, e fece forza con le braccia.

Il dolore era sempre più forte, i capelli le impedivano di vedere bene, la fronte era madida di sudore, e Ithilwen si rese conto di non essere abbastanza forte per tirarlo su da sola.

Sentì gli occhi bruciare, digrignò i denti dalla rabbia, e fece ancora più forza. Non lo avrebbe lasciato cadere.

Sentì improvvisamente una figura accanto a se, e temette che un orco la stesse attaccando, ma invece vide uno dei soldati che aveva chiamato in aiuto chinarsi a prendere l’altro braccio dell’elfo, e fare forza per tirarlo su. Pian piano, faticosamente, l’elfo riguadagnò il muro. Le braccia dell’elfa e dell’uomo si strinsero attorno al torace di Legolas, tirandolo finalmente al sicuro, e al riparo del muro.

I due elfi rimasero a fissarsi, lei con la braccia attorno al torace di lui.

 

< credevo avessimo deciso di non farci uccidere! Cos’è, volevi testare la mia resistenza? O vedere se riuscivi a farmi morire di paura? > gli sbraitò contro lei.

 

< non credevo saresti arrivata..ma sono contento di vederti.. grazie > sussurrò lui chiudendo gli occhi per un attimo.

 

< sei in debito con me adesso, ricordalo. > disse lei, spostando le braccia e posizionando le mani attorno alla freccia < stai fermo. > e detto ciò tirò.

 

Il corpo dell’elfo ebbe uno spasmo dovuto al dolore, quando la freccia uscì. La ferita venne tamponata velocemente con uno straccio, per fermare il sangue.

 

< temo che per il fianco non si possa fare molto. > sussurrò lei.

 

< va bene così…>

 

Un rumore terribile, di assi che cedevano, interruppe le sue parole.

 

< il cancello!> dissero terrorizzati, alzandosi e guardando in direzione del portone..ormai distrutto dall’ariete.

Anche i due soldati che fino ad allora si erano occupati di tenere gli orchi lontani da loro, smisero di combattere terrorizzati.

 

< il cancello è caduto!> sussurrarono.

 

************************************

 

Aragorn fissò per un attimo la testa dell’ariete irrompere dalle assi del cancello e farsi strada verso l’interno delle mura, una belva infuocata che aveva stanato le sue vittime.

 

< In formazione, presto!> urlò sguainando la spada, e affiancandosi ai soldati, poco dietro al cancello, che cadeva sempre di più a pezzi.

Un altro paio di colpi, e il cancello cedette del tutto, e gli orchi iniziarono a riversarsi dall’apertura.

Con un urlo, i soldati si scontrarono, iniziando a mietere vittime, decisi a non permettere agli orchi di entrare.

 

< coraggio, venite da me!> urlò Gimli, calando l’ascia al fianco di Aragorn.

 

Un colpo di spada, un cadavere che cadeva, altri orchi che arrivavano, un altro affondo, un calcio, un affondo.. gli orchi continuavano a riversarsi dall’apertura, e i soldati cadevano.

Doveva decidere in fretta, occorreva fare qualcosa.

 

< Dobbiamo ritirarci!> urlò. < All’interno della seconda cinta di mura presto!!!> urlò ai soldati, continuando ad uccidere orchi.

 

I soldati cominciarono ad arretrare, piano piano, verso il secondo cancello.

 

******************************

 

!!> urlò Legolas, dirigendosi seguito da Ithilwen e dai soldati verso la seconda cinta. Si fecero strada a fatica, gli orchi alle loro spalle premevano e godevano di quella piccola vittoria.

Finalmente però, il sole stava sorgendo, e la pioggia aveva finito di cadere.

Ithilwen osservò il prato illuminarsi di una tenue luce azzurrata, l’orizzonte visibile, gli orchi che urlavano impazziti, e in lontananza..

 

urlò lei eccitata.

 

Oltre le linee nemiche, illuminati dal sole sorgente, una schiera di soldati armati si stagliava per metri. Le cotte di maglia risplendevano, i corni suonavano potenti.

 

< i rinforzi sono arrivati!> urlarono felici i soldati.

 

< Aragorn, arrivano i rinforzi!> urlo felice l’elfo, trovandosi al fianco dell’uomo.

 

Uno sguardo di felicità illuminò lo sguardo dell’uomo < gli orchi si troveranno presi in mezzo, non avranno modo di scappare!> disse, correndo a riorganizzare le difese.

 

In breve tempo, i soldati presero posizione sulle mura, un soldato con spada alternato a un arciere.

L’esito della battaglia era stato ribaltato.

Gli orchi vennero presi di sorpresa dai rinforzi, che attraversarono il campo uccidendo e massacrando coloro che si trovavano sulla strada.

Allo stesso tempo, dalle mura continuavano a piovere frecce, e le scale continuavano a cadere, impedendo agli orchi di salire, lasciandoli bloccati nella prima cinta di mura.

In breve tempo, gli orchi vennero uccisi, o si diedero alla fuga.

 

< VITTORIA!!> l’urlo si propagò per tutte le mura.

 

< felice di vederti ancora vivo elfo > sorrise contento il nano.

 

< già, mi spiace solo di averti perso di vista > rise Legolas, osservando i giochi di luce sul viso di Ithilwen, impegnata ad uccidere gli ultimi orchi rimasti.

 

rise il nano, salutando con un cenno Aragorn, di ritorno insieme a Gandalf.

 

< come promesso ho portato i rinforzi!> sorrise Gandalf salutandoli.

 

< già, ma ti sei perso il meglio della battaglia!> ricambiò il nano.

 

< meglio così, alla sua età temo che gli venga difficile combattere!> lo schernì Ithilwen poco distante, rinfoderando la spada.

Un bel sorriso le illuminava il viso incrostato di sangue. I suoi occhi, si posarono in quelli di Legolas, che ricambiò il sorriso.

 

< avanti, Ithilwen, non tormentare così il nostro vecchietto> continuò Legolas ridendo.

 

< Ma se voi avrete all’incirca la mia età insolenti!> li apostrofò lo stregone.

 

< ma noi li portiamo meglio!> urlò l’elfa, provocando una risata generale.

 

La battaglia si era conclusa, e loro avevano vinto, ed erano tutti li, vivi e in salute.

Ma improvvisamente… un movimento attirò lo sguardo dell’elfo.

 

<Ithilwen attenta!> urlò, scoccando una freccia.

 

L’elfa si girò in tempo per vedere l’orco cadere vicino al suo fianco.

Un sospiro di sollievo si alzò dal gruppo, ma improvvisamente.. Ithilwen iniziò a tremare.

 

Con uno sguardo di terrore, osservò la smorfia contenta dell’orco, e nella sua mano.. il ciondolo Ailyan.

 

Alzò gli occhi terrorizzata e sconvolta, incontrando quelli blu dell’elfo.

 

La luce del sole accarezzava dolcemente il viso pallido e il corpo atletico, attraversato dagli spasmi.

 

un sussurro disperato le uscì dalle labbra, mentre i suoi occhi terrorizzati, si velavano di rosso..

 

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Ecco fatto un altro capitolo, meglio tardi che mai. ^^

 

Ringrazio: Illidan, chichetta99, PetaloDiCiliegio, pwg, daene e tutti coloro che mi seguono e recensiscono! Un bacio e un abbraccio!

                                                                                                                                              Dil                                                                                                                                                                                                                    

 

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