I'm falling apart. I need help. I need you.. please.

di Io_amo_Freezer
(/viewuser.php?uid=663670)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cat girl ***
Capitolo 2: *** Imboscata ***
Capitolo 3: *** Tana ***
Capitolo 4: *** Confusa ***
Capitolo 5: *** Nemica ***
Capitolo 6: *** Gentile ***
Capitolo 7: *** Fiducia ***
Capitolo 8: *** Okay? ***
Capitolo 9: *** Mi dispiace ***
Capitolo 10: *** Shopping ***
Capitolo 11: *** Stelle ***
Capitolo 12: *** Non era il mio posto ***
Capitolo 13: *** Libertà ***



Capitolo 1
*** Cat girl ***


Cat girl
Era una serata come tante altre a New York, mi arrampicai su un palazzo come avrebbe fatto un gatto ed effettivamente, questo ero. Con precisione sono una cat girl, o semplicemente, una ragazza gatto. Ho i capelli lunghi, marroni con le punte tendenti al blu, dove, sul capo, compaiono due orecchie da gatto marroncine. I miei occhi sono gialli, uno dei quali è sempre nascosto da un ciuffo ribelle che mi ricade sul viso. Ho una piccola cinta sul collo, come se fosse un collare ed un vestito nero fino alle cosce, a maniche corte con sotto dei pantaloncini neri; dei guanti lunghi del medesimo colore fino ai gomiti delle braccia ed una lunga coda nera con la punta bianca che si muoveva sinuosamente, sfrecciando l'aria. Motivo di questo mio aspetto? I miei erano degli scienziati, lavoravano per i Kraang. Mi lasciarono all'età di sei anni; uccisi da quegli alieni, non so bene il motivo ma quei cosi decisero di iniettarmi uno strano liquido verde, chiamato mutageno che mi trasformò in ciò che sono ora. Decisi di scappare, infondo non c'era più niente che mi trattenesse in quel postaccio ma mi imbattei in Shredder ed il suo clan, non mi andò tanto male, infondo. Mi disse che se volevo continuare a vivere dovevo passare dalla sua parte ed io accettai, mi insegnò il ninjutsu e ha usare la katana ed un Bow di legno che ero riuscita a modificare; infatti grazie ad un pulsante si rimpiccioliva, per essere più maneggevole. Appena appresi abbastanza, scappai anche da loro insieme alle due armi che avevo imparato ad usare. Le portavo sempre con me, la katana e le frecce nello zaino che avevo rubato, poco tempo addietro mentre il Bow lo portavo nella fodera della cinta. 
Io non riesco mai a stare a lungo in un luogo se costretta e poi, non amo gli ordini. Insomma, la mia vita è sempre stata tutto un: "approfitta e fuggi". Ed ora, passati undici anni, ormai sedicenne, ero perseguitata sia dai Kraang che da Shredder e da sua figlia. Sopirai e giunsi sul tetto, ammirando il paesaggio stellato che mi sovrastava, era così bello. 
Sentii delle voci e, di scatto mi sporsi dal tetto verso il vicolo, incuriosita. Grazie alla mia vista felina potevo vedere al buio e rimasi interdetta vedendo quattro tartarughe combattere contro dei Kraang. Decisi di scendere facendo il meno rumore possibile e saltai arrivando alle scale antincendio. Mi misi seduta per poter godere al meglio quel combattimento, notai che tutte e quattro portavano delle bandane sugli occhi, quella con la fascia blu combatteva usando la katane ed era davvero bravo forse più di me mentre quella con  la fascia rossa usava i Sai, quello con la viola combatteva usando un Bo ed infine, la tartaruga che usava i nunjaku portava la bandana arancione. Erano veramente molto bravi.
-Kraang localizzato ragazza-gatto sulle scale Kraang. Kraang catturare ragazza-gatto Kraang.- disse l'alieno puntandomi col suo sguardo, facendo voltare tutti in sincronia. Dannazione! Ora mi toccava combattere, sbuffai e mi lanciai a capofitto nella mischia. Atterrai sulla testa del Kraang che mi aveva visto per primo e, velocemente presi il Bow iniziando a colpire gli androidi con le frecce che avevo costruito personalmente, distruggendoli. Feci una capriola all'indietro per poi colpire l'ultimo di loro, con un calcio. Tutti i cervelli tentacolari, terrorizzati scapparono, scomparendo nel vicolo.  
-Wow! Sei stata incredibile!- esultò la tartaruga con i nunjaku avvicinandosi, seguito dagli altri che erano rimasti strabiliati dalla mia bravura. Rimasi estasiata alla vista dei suoi occhi azzurri come il cielo, erano bellissimi ma mi ridestai di scatto, rifoderando la mia arma 
-Già! Ma dimmi, come mai ti hanno chiamata "ragazza-gatto"?- mi domandò quello con il Bo, io lo fissai con sufficienza, sospirai un po' scocciata ed indicai prima le orecchie e poi la coda sinuosa. Loro rimasero sorpresi, di certo non se lo aspettavano 
-I Kraang mi hanno mutata.- risposi per rompere il silenzio che si era formato -Voi, invece? Perché combattevate contro di loro?- domandai per curiosità
-Oh, beh.. Gli abbiamo visti aggirarsi in modo sospetto e non potevamo starcene con le mani in mano, no? Comunque, io sono Donatello.- disse, presentandosi e rifoderando l'arma imitato dagli altri
-Io invece sono Michelangelo, ma puoi chiamarmi Mikey se ti va!- affermò con un immenso sorriso, la tartaruga con la bandana arancione
-Io invece sono Leonardo mentre lui è Raphael.- presentò quello con la bandana azzurra indicando l'ultima tartaruga che mi fissava indifferente
-Okay, ma voi cosa siete di preciso? Un team?- domandai incuriosita, infondo mi sembravano molto uniti
-Siamo fratelli e sì, siamo una squadra!- affermò fiero Michelangelo facendo il segno della vittoria con le sue tre dita
-Comunque, tu c'è l'hai un nome o sei solamente la "ragazza-gatto"?- chiese Raphael ghignando, incrociando le braccia al petto. Avevo capito che non si fidava completamente ed era lo stesso per me, erano simpatiche ma non per questo mi fidavo.
-Chiamami Cat, se proprio. Ora vado, è stato un piacere. Goodbye!- li salutai velocemente con la mano e scomparì nelle ombre, lasciandoli interdetti.

N.d.A.
Un'altra ff sulle TMNT! Evviva! XD Comunque, questa storia racconterà del mio personaggio (?). E di Mikey! <3 Che accadrà? ;3
Io_amo_Freezer. <3

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Imboscata ***


Imboscata
Era passata una settimana ed io non riuscivo a levarmi quegli occhi di dosso, dannazione! Mi sedetti sul cornicione del palazzo e tirai i sassi contro le macchine sotto di me. Sbuffai dalla noia e mi distesi mentre le gambe penzolavano nel vuoto, voltai il mio sguardo verso lo zaino da dove sbucava l'impugnatura della katana. Sentì dei rumori, ma troppo stanca rimasi immobile, avevo già capito chi erano, ed infatti non ci volle molto prima di ritrovarmi il volto sorridente e con un po' di lentiggini di Michelangelo.
-Ehilà!- disse, sorridendomi gentile -Che fai qui da sola?- mi domandò osservandomi
-Mi annoio.- risposi con nonchalance, alzandomi costringendolo a spostarsi. Era imbarazzante quella posizione.
-Ma tu una casa non c'è l'hai?- mi chiese brusco Raphael a braccia incrociate
-Dai Raph, sii più gentile.- affermò Michelangelo ridendo e che mi rivolse un sorriso mentre si beccò uno schiaffo in testa dal maggiore -Ahio!- protestò lui
-Sì, Raph l'educazione è importante.- lo presi in giro io, rimettendomi lo zaino in spalle, notai che stava per ribattere ma Leo lo precedette, cercando di calmarlo
-Taci Fearless!- ruggì Raph, scansandolo
-Raph, smettila!- lo minacciò seriamente, Leo mentre iniziarono a litigare
-Non preoccuparti, fanno sempre così.- mi tranquillizzò Donnie. Come se c'è ne fosse stato bisogno; litigassero o meno a me non importava più di tanto.
-E dai, ragazzi! Non fate così!- si preannunciò Mikey che ricevette un altro pugno dal rosso. Io sospirai, stufa
-Scusa, ma i tuoi non saranno preoccupati?- mi domandò poi, Donnie
-Nah, sono morti tempo fa.- dissi tranquillamente, io non li avevo conosciuti quindi non ero né dispiaciuta né felice quando parlavo di loro, anche se in realtà non ne avevo mai parlato con nessuno. Con l'esattezza non parlavo con delle persone da anni. Cadde un silenzio prolungato mentre mi fissarono tutti, sconvolti e dispiaciuti
-E come, se posso chiedere?- domandò Leo, mortificato di chiedere una cosa così
-I Kraang.- dissi come se nulla fosse, decisa a dileguarmi il più in fretta possibile
-Oh.. -sussurrò Donnie, sconvolto
-Già.- affermai avviandomi ma ad un tratto mi ritrovai circondata dal Clan del Piede. Chinai il capo, sconfitta, quella era proprio una giornata no, e mi preparai a lottare sfoderando la katana dallo zaino.
-Guarda, guarda chi c'è.. Mayumi.- affermò una voce che conoscevo fin troppo bene
-Karai, da quanto tempo.- risposi acida, voltandomi e squadrandola. Da quando tempo non la vedevo, era cresciuta.
-La conosci?- mi chiesero le tartarughe all'unisono, sconvolte
-Ma come? Non hai detto ai tuoi, nuovi amici che lavoravi per Shredder? Che maleducata! Dopo tutto quello che ha fatto per te, poi.- affermò beffarda, ridendo cupamente
-Mi ha costretta a lavorare per lui o era certo che avrei fatto una brutta fine!- ringhiai mentre continuavo ad attaccare i suoi scagnozzi ferendoli con la katana
-Ma la farai ora!- annunciò, ghignando e correndo verso di me con la sua spada. Le nostre spade si scontrarono ma riuscì a spingerla, colpendola, poi con un calcio. Lei finì rovinosamente a terra ed io mirai alla sua gola ma si spostò ed affondai la katana nel terreno. Continuai ad attaccarla cercando di metterla alle strette ma i foot ninja mi attaccarono, dandomi non pochi problemi. Ma quelle tartarughe cosa stavano facendo? Le belle statuine?
Karai approfittò di un mio momento di distrazione, attaccandomi con la spada al fianco sinistro che iniziò a sanguinare copiosamente, sentì un dolore lancinante e serrai la mascella cercando di farmi forza. Riuscì a toglierle la spada con la mia katana, prima che potesse attaccarmi ancora ma il dolore era troppo forte e mi inginocchiai, stringendo con le mani, la ferita cercando di resistere. Karai stava per sferrarmi un calcio ma, all'ultimo momento vidi pararmi dinanzi una tartaruga armata di due katane e capì che si trattasse di Leo, notai che Karai indietreggiò indecisa, poi si voltò ed insieme ai suoi ninja si defilò. Sorrisi mentre la vista mi si offuscò e mi accasciai, distesa al suolo, poi fu solo buio. 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Tana ***


Tana 
Aprì gli occhi ritrovandomi in uno strano laboratorio, mi misi seduta, ignorando la fitta di dolore al fianco ed alzai la maglietta per vedere quanto fosse grave la ferita, ma rimasi sorpresa vedendo un bendaggio. Ero stata medicata però non avevo più le mie armi, a parte il Bow attaccato alla cinta. Un po' preoccupata mi guardai intorno alla loro ricerca, ma inutilmente. Sbuffai e decisi di alzarmi per uscire da lì. Appena fuori mi ritrovai davanti Donatello con una tazza di caffè fumante, in mano. Sorrisi, avrei chiesto a lui.
-Ehi, ben svegliata! Ma devi ancora riposarti, torna a distenderti.- consigliò gentile con un sorriso, ma io feci no con la testa
-Grazie di tutto ma ora devo andare. Senti, le mie armi?- chiesi studiando il posto; era molto grande e spazioso, c'era un divano con la TV ed una console, avevano anche una cucina ed un dojo. Notai che infondo c'erano delle porte, e presupposi fossero le stanze dove dormivano.
-No, mi spiace ma non vai da nessuna parte. Sei ferita!- affermò lui, deciso. Io sbuffai ed iniziai a cercare la mia roba mentre Donnie mi seguiva continuando a ripetermi di tornare nel laboratorio per degli accertamenti e, soprattutto per riposare. Per mia fortuna trovai subito ciò che cercavo; erano nel dojo però li c'erano anche Leo e Raph con uno strano topo gigante; i due si allenavano mentre il topo meditava; era seduto con gli occhi chiusi e le gambe piegate sotto di sé. 
-Vedo che ti sei svegliata.- sbuffò Raph smettendo di fare flessioni mentre Leo finì di fare dei kata, entrambi si avvicinarono mentre il topo aprì gli occhi, osservandomi
-Mi vuoi ascoltare? Devi riposare!- riprovò ancora Donnie, stufo. 
-Si, si.. Come dici tu.- borbottai prendendo la mia roba 
-Ehi! Vedo che ti sei svegliata!- esultò Mikey arrivando gioioso, mi stavo appunto chiedendo che fine avesse fatto
-Già, ed ora me ne vado.- affermai, incamminandomi ma nessuno dei tre era del mio stesso parere infatti mi bloccarono la strada, sbuffai scocciata di tutta quella situazione
-Perché vuoi andartene?- chiese Michelangelo, l'unico che non si era messo in mezzo per impedirmi di uscire, e che si rattristò. Un po' mi fece pena, era così dolce. 
-Se Donatello dice che devi riposare è meglio ascoltare il suo consiglio.- suggerì il topo, alzandosi e avvicinandosi sorretto dal suo bastone
-Giusto! Se devi riposare devi restare!- affermò gioioso Mikey, sorridendo
-Ma certo che.. No.- risposi ragionevole anche se la ferita aveva iniziato a bruciare, ma non importava, avevo sopportato anche di peggio.
-Non è saggio uscire in queste condizioni, ma se proprio non riesci a pazientare, i miei figli potrebbero accompagnarti a casa.- disse calmo il topo ed io sbuffai, volevo solo una cosa: andarmene, perché era così difficile per loro capirlo?
-Sempre se c'è l'hai una casa.- commentò brusco, Raph ed io lo guardai truce
-Infatti non c'è l'ho, mio "caro". Da quando ho mollato Shredder vivo in strada, ed ora vorrei tornarci.- proclamai stufa, loro rimasero interdetti e per un po' restarono in silenzio, basiti
-I miei figli mi hanno raccontato tutto, immagino tu abbia sofferto molto ma puoi fidarti di noi.- affermò il topo, gentile accarezzandomi la spalla ma io mi scansai. Fidarmi? Non mi fido della mia stessa ombra, figurati di loro, però il mio sguardo ricadde, involontariamente su Mikey. Mi sembrò preoccupato per me, e mi parve strano, non abituata a queste manifestazioni di affetto.
-Uff.. D'accordo topo, hai vinto.- sussurrai mentre continuavo a fissare quegli occhi azzurri che mi avevano incastrato, costringendomi a rimanere in quel posto, per me angusto
-Il mio nome è Splinter.- si presentò cordiale, io roteai gli occhi. Come se mi potesse importare il suo nome
-Si, è uguale.- dissi indifferente mentre mollai lo zaino, con poca grazia in un angolo della stanza
-Ehi! Vedi di portarli rispetto!- mi ringhiò contro Raph stringendo i pugni e avvicinandosi minaccioso
-No, bello. Il rispetto, proprio come la fiducia va meritata.- asserì tranquillamente per farli capire che anche, se restavo non significava che potevano considerarmi una loro alleata, ero decisa che alla prima occasione me ne sarei andata. 
-D'accordo, ma ora mettiti questi. Penso dovrebbero andarti bene.- mi disse Donnie, sospirando per il mio comportamento e porgendomi dei vestiti puliti, poi mi indicò il bagno, mentre Leo cercava di calmare Raph, che, ringhiando se ne andò nella sua stanza, sbattendo la porta. Sussultai, un po' dispiaciuta, ma mi ridestai, entrando nel bagno, togliendomi i miei indumenti ricoperti di sangue e adagiandoli accanto ai panni sporchi. Mi lavai un po', per rinfrescarmi e poi mi misi i vestiti che il genio mi aveva procurato; una maglia lunga, arancione a maniche corte ed un paio di pantaloncini azzurri a cui, poi legai la mia cinta, dove c'era ancora attaccato il mio Bow. Appena uscì, venni presa per il polso da Mikey che mi trascinò, in tutta fretta in cucina, porgendomi, poi un piatto di spaghetti
-Sarai affamata!- affermò con un enorme sorriso, mentre notai un gatto gelato uscire dal freezer, io fissai incredula prima lui e poi lo strano gatto che stava accarezzando, e mi scappò un sorriso. -Lui si chiama Ice-Cream Kitty- disse presentando quest'ultimo che miagolò
Io risi, mentre lo ascoltavo parlarmi di come era diventato in quello stato, e perdendomi nei suoi occhi azzurri, ma mi ridestai di colpo, imbarazzata, e decidendo di mettermi seduta, iniziai a mangiare, mentre Mikey mi raccontava della sua dote culinaria.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Confusa ***


Confusa
Aprì gli occhi e mi stiracchiai, proprio come avrebbe fatto un gatto. Accesi la luce di una lampada, un po' arrugginita lì vicino e notai dall'orologio, sul comodino che erano le 12:41. Mugugnai assonnata, guardandomi intorno, e solo allora mi accorsi di essere sopra un'enorme letto, in una stanza con tanto di scrivania e armadio. Poi mi ricordai; ieri sera, dopo mangiato, Leonardo mi aveva accompagnato in quella camera, e dovevo ammettere che avevo dormito da favola, come non facevo da anni, anzi come non avevo fatto mai. Mi alzai, sistemando il letto per poi scendere per recarmi in cucina, alla ricerca di cibo. 
-Meglio tardi che mai.- ironizzò Raphael, seduto sul divano, insieme agli altri che mi salutarono, notai che mancava Donatello, ma non ci feci caso, e rivolsi una linguaccia al rosso, non dandogli retta, ero decisa ad ignorarli, soprattutto Mikey. Non potevo farmi sopraffare dai miei sentimenti.
Arrivai in cucina, sbadigliando e prendendo un bicchiere di latte con qualche biscotto. Mi appoggiai al davanzale del lavabo, mentre mangiavo e notai Kitty, che si leccava la zampa, sorrisi intenerita, amavo i gatti. Finita la colazione, lavai il bicchiere, posandolo nella credenza, e dopo aver accarezzato il gatto, mi recai in soggiorno. Mi sedetti di botto sul divano, ma lo feci troppo bruscamente, infatti la ferita si fece risentire, ma la ignorai come mio solito. 
-Sei una dormigliona, sai? Abbiamo qualcosa in comune!- rise Michelangelo festosamente, io appoggiai la testa sullo schienale e lo fissai di sottecchi
-Già.- dissi, indifferente facendo vacillare il suo entusiasmo, mentre rivolsi il mio sguardo alla televisione. Stavano guardando uno strano programma, si intitolava "Eroi spaziali", ma non mi interessava, così guardai un punto indefinito sul soffitto.
-Posso chiederti una cosa? Tu ti chiami Cat o Mayumi?- mi domandò, incuriosito quello che avevo indicato come leader della squadra, ovvero Leonardo
-Non ho un nome. Cat me lo sono data io; visto che i Kraang mi chiamano "ragazza-gatto", mi sembrava il più appropriato, mentre Mayumi è quello che mi ha dato Shredder, non so se sai il giapponese, ma significa "che sa usare l'arco" e visto la mia abilità con quell'arma.. Comunque, chiamami come preferisci.- dissi indifferente, facendo spallucce. Non mi importava più di tanto, infondo me ne sarei andata e non li avrei più rivisti, anche se ogni volta che ci pensavo, sentivo una stretta al cuore, difficile da ignorare. Mi faceva sentire maledettamente male, ma non potevo restare, non potevo fidarmi.
-Allora io ti chiamerò "presuntuosa", se non ti spiace.- affermò Raph con un mezzo sorriso
-Da che pulpito.. Io, allora ti chiamo Brontolone.- risposi in modo gentile, osservandolo con un ghigno, lo sentì ribollire di rabbia e non potei che esserne fiera, infondo era simpatico
-Perché non combattiamo?- mi chiese poi, osservandomi in tono di sfida
-Okay!- esultai alzandomi, troppo in fretta, infatti la fitta si fece risentire, ma non ci feci caso
-No, no e no! Vuoi peggiorare le tue condizioni? Se combatti, la ferita si potrebbe riaprire!- mi rimproverò Donnie, che era arrivato dal laboratorio. Sbuffai, sedendomi di botto e continuando ad ignorare il dolore, ma lui mi fece segno di seguirlo, per cambiarmi le fasciature e, seccata andai, mentre sentivo Raph sogghignare sotto i baffi per la mia reazione, questo mi diede un po' fastidio, ma lo ignorai. 
Quando, finalmente il genio mi lasciò andare, ci recammo, insieme in cucina, per pranzare, dove ci aspettavano gli altri. Erano tutti seduti, anche il topo. Osservai la situazione, indecisa, ma alla fine mi sedetti nell'unico posto libero, iniziando a mangiare, un po' in imbarazzo. Non mi piaceva stare in mezzo alla gente, ero sempre stata sola, ed ero decisa a rimanerci. Ora mi sentivo del tutto spaesata e non mi piaceva quella situazione; essere lì, con gente che si comporta in modo gentile, che ti osserva con un sorriso, che ti parla, che ti fa stare al centro dell'attenzione, tutto questo mi faceva sentire, come disorientata, fuori posto; mi faceva stare male e non mi piaceva. E a migliorare la situazione, c'era quel benedetto silenzio. Lo amavo, ma ora mi serviva il caos, solo per sentirmi, di nuovo invisibile, un fantasma; a mio agio.
Osservai la pasta che rimaneva nel piatto, mentre la testavo con la forchetta, di malavoglia. Mi sentivo piena, così decisi di alzarmi, e senza dire niente, tornai a sedermi sul divano, scappando da tutti quegli sguardi, che mi angosciavano mettendomi solo in esponenziale, disagio.
Sospirai, chinando le orecchie, confusa da tutta quella situazione. Voltai lo sguardo, osservando i ragazzi e Splinter, diretti nel dojo, forse ad allenarsi. Mikey però, deviò la traiettoria e si avvicinò a me, con un enorme sorriso.
-Ehi! Ti va di assistere all'allenamento?- mi chiese, gentile, io feci segno di no con la testa, continuando a osservare i suoi occhi magnetici -Oh, beh.. A quest'ora non fanno molto in televisione, quindi tieni, se ti annoi puoi usarlo, si chiama tartacellulare. Dentro ho molte applicazioni e canzoni.- rise, porgendomi un telefono col guscio verde, mentre il rosso gli urlava contro di sbrigarsi. Lui mi fece l'occhiolino e si affrettò, correndo verso il fratello, da cui si beccò uno schiaffo in testa. Io rimasi col fiato sospeso, ero certa che il mio cuore avesse perso un battito, mi scappò un piccolo sorriso, mentre pensavo a quel gesto inatteso. Osservai il suo telefono, e poi rivolsi lo sguardo verso il dojo, vogliosa di vedere Michelangelo all'opera, ma poi scossi il capo, riprendendomi. Non dovevo soccombere ai sentimenti.
Mi distesi, iniziando a giocherellarci, cercando di capire come funzionasse, e poi andai su una pagina chiamata youtube, iniziando ad ascoltare le canzoni degli Skillet. Appoggiai il telefono sul mio addome, rivolgendo lo sguardo al soffitto. 

-Ehi! Ti piacciono gli Skillet?- mi domandò Michelangelo appoggiando i gomiti allo schienale, osservandomi sempre con un sorriso; era passata qualche ora, ma per me era volata, e loro erano tornati dall'allenamento, non sembravano stanchi.
-Si, ho sempre amato le loro canzoni.- dissi mettendomi seduta a gambe incrociate per fargli posto, mentre finiva "Not gonna die".
-E come fai a conoscerli?- mi domandò Leonardo sedendosi, incuriosito, mentre chiudevo la pagina e consegnavo il telefono al suo legittimo proprietario
-Riuscivo sempre ad imbucarmi ai loro concerti, e grazie a tutto il caos che c'era nessuno ha mai notato la mia presenza. Così, sentendo le loro canzoni, sono diventati il mio gruppo preferito.- affermai orgogliosa, mentre Splinter si sedette sulla poltrona
-Forte!- esclamò Michelangelo, euforico -Dimmi, com'è essere ad un concerto?- mi chiese, curioso
-Un posto molto caotico, ma è bello poter sentire e intravedere i tuoi idoli, anche solo da lontano.- risposi, senza pensarci troppo, mentre i suoi occhi luccicavano di una strana gioia, facendomi preoccupare un po'. Gli altri iniziarono a parlare, e Mikey si unì a loro, intervenendo con delle battute, e stuzzicando il rosso che iniziò a rincorrerlo. Mi scappò una rasata, ma poi decisi di andarmene nella mia, momentanea camera, preferendo stare da sola 
Mi buttai sul letto, di schiena. Di dormire non se ne parlava, non avevo mai sonno il pomeriggio. Voltai lo sguardo verso la scrivania, dove c'erano dei fogli e delle matite, feci spallucce, ed annoiata, mi sedetti sulla sedia, iniziando a scarabocchiarci sopra, qualcosa di decente da poter meritare il termine disegno. Avrei preferito uscire, andare in giro sarebbe stato più divertente, ma la ferita non mi avrebbe permesso molti movimenti. Sbuffai, che mi prendeva? Da quando mi importava del dolore, o delle ferite? Mi stavo proprio rammollendo. Decisi, dovevo andarmene, e lo avrei fatto domani stesso.
Passò qualche ora e qualcuno bussò alla mia porta, era Leonardo, mi avvisò che era pronta la cena e, così mi diressi in cucina, c'erano già tutti. Mi stavano aspettando, questa cosa mi sorprese, ma non ci detti molto caso ed iniziai a mangiare, vogliosa di tornarmene ai fatti miei.
Tornai in camera, ignorandoli, e ricominciai a disegnare. Solo che, poi, stufa decisi di andare sul divano, sperando di trovare qualcosa di interessante in televisione, e nessuno in giro. Per mia fortuna erano tutti occupati, chi a meditare, chi a picchiare un sacco da box, e chi, sempre rinchiuso in un laboratorio, però trovai Mikey, appisolato sul divano. Sorrisi, era così carino, anche mentre dormiva. Sospirai, rassegnata dal fatto che mi ero presa una bella cotta, ma ero sicura che non avrebbe mai ricambiato. Non sarebbe mai stato mio, infondo ero una ragazza, anche se per metà gatto. Ero complicata, una nullità arrogante, ferita dentro e, ammettiamolo, anche un po' stronza. Come poteva mai innamorarsi di una come me? 
Mi stiracchiai le braccia, lasciandomi sfuggire una smorfia di dolore e mi sedetti accanto a lui, cercando di non svegliarlo e spensi la televisione che, lui aveva lasciato accesa. Notai Kitty girovagare, poi si fermò, osservandoci, io feci un cenno col capo per salutarla, e lei rispose con un "miao", poi tornò sui suoi passi, diretta in cucina. Tornai a fissare la tartaruga e mi sfuggì un sorriso, accarezzandole la testa e, mentre continuavo ad osservarlo, le palpebre mi si fecero pesanti e pian piano mi abbandonai tra le braccia di Morfeo, appoggiandomi a lui. 

Sentì qualcuno avvicinarsi a me, e mi misi all'erta. Era troppo vicino, e d'istinto, mi alzai di scatto, ferendolo con i miei artigli. Mi accorsi troppo tardi che era Leo, e mi sfuggì una smorfia dispiaciuta.
-Oddio! Scusa, scusami non volevo!- affermai mortificata, e ancora un po' assonata. Mi sembrò così strano, non avevo mai chiesto scusa
-Non è niente, non preoccuparti. E scusami tu, non sapevo che stessi così all'erta, anche nel sonno.- commentò ridendo per smorzare la tensione, mentre si teneva il polso destro che aveva iniziato un po' a sanguinare
-Mi dispiace tanto.- sussurrai, mentre Donnie si apprestava a medicarlo, infatti aveva assistito a quella scena, mentre Raph portava Mikey a letto, ed era andato a prendere il necessario
-Dai, è solo un graffio.- affermò, dopo che il genio gli bendò il polso. Io lo osservai tentennando, ma poi mi diressi nella mia stanza, salutandoli e, chiedendo ancora scusa. Mi sedetti sul letto, ero ancora un po' assonnata, mentre fissavo le mie mani, dove prima c'erano gli artigli, infatti potevo ritrarli fino a farle diventare delle normali unghie, un po' come i gatti ed era una forza, almeno lo era all'inizio. Dopo un po' ci fai l'abitudine.
Ripensai a come mi ero rivolta a Leo; presa dal panico, non aspettandomelo. Mi aveva vista in un momento di debolezza, e non potevo permetterlo ancora, altrimenti ne avrebbero potuto approfittare per ferirmi, per usarmi come tutti gli altri. Ora basta, domani me ne sarei andata, ormai ero decisa. Però loro non mi avrebbero lasciato, non se, ancora ferita; dovevo inventarmi qualcosa, un un'idea mi balenò in testa e ghignai. Era il momento di tirar fuori la me fredda, distaccata e, terribilmente stronza. E mi buttai di petto sull'enorme letto, appisolandomi sopra le coperte.

N.d.A.
Adoro la mia me! Mi assomiglia proprio. XD
Io_amo_Freezer. <3 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Nemica ***


Nemica
Aprì gli occhi e mi alzai che erano le 10:41; mi stiracchiai un po' le braccia, e, sistemandomi la maglia, un po' sgualcita accesi la lampada per fare un po' di luce. Sistemai il letto, come ieri, e scesi, decisa ad essere più stronza possibile. Però poi, mi balenò in testa Michelangelo e mi morsi il labbro inferiore, indecisa. Con lui sarei riuscita ad essere cattiva? Ne dubitavo fortemente, ma poi scuotei il capo per riprendermi, ormai avevo deciso, dovevo andarmene. Dovevo solo stare alla larga da Mikey.
Mi sedetti sul divano, accanto a Leonardo e Donatello, che mi salutarono per poi tornare ai loro argomenti. Io, sospirai, ignorando il dolore al fianco, che era meno insistente di ieri e guardai il soffitto, non degnandoli di uno sguardo. Dovevo andarmene e lo avrei fatto oggi stesso; era la scelta più giusta. Ma ogni volta mi tornava in mente Michelangelo, ed io, puntualmente lo scacciavo via. Quello non era il mio posto.  
-Buon giorno!- esultò Mikey, arrivando dalla cucina e avvicinandosi a me, con un sorriso. Ottimo, pensai. -Ti va di ballare?- mi chiese euforico, trascinandomi al centro della stanza, senza che io potessi dire niente, e lasciandomi interdetta. Accese la radio, iniziando a fare mosse da hip hop dance, mentre io rimasi, ferma in piedi, impalata ed in lieve imbarazzo. Anche, se dovevo ammettere che era davvero bravo. Sentì gli occhi di Leo e Donnie su di me, ed iniziai ad essere a disagio. Che dovevo fare? Non mi piaceva essere osservata, mi metteva ansia.
-Dai! Balla con me!- mi supplicò Mikey, fermandosi e tendendomi la mano, con un enorme sorriso
-No. Non so ballare.- dissi, feci per allontanarmi, ma lui iniziò a fare qualcosa che non mi sarei mai, e poi mai aspettata; gli occhi dolci. Ci rimasi di sasso, erano bellissimi, ma mi ripresi guardando altrove, cercando di svignarmela
-Cos'è, hai paura di un ballo?- domandò Raph, stuzzicandomi, era appena arrivato dal dojo, e sorrideva sghembo
-Ah-Ah- risi ironica, osservandolo truce e ringhiando, innervosita. Ma Mikey mi arrivò dinanzi, facendomi smettere di colpo -Che c'è?- chiesi, sbuffando e incrociando le braccia al petto, voltando lo sguardo per non rimanere intrappolata nei suoi occhi
-Ti insegno io!- affermò sorridendo, lasciandomi disorientata per un attimo
-No.- risposi, avviandomi verso il divano. Ballare era bello, ma non volevo imparare, e poi, non con tutti quegli sguardi addosso. Mi ripresi un attimo, scettica, stavo dimenticando l'obbiettivo principale; andarmene. Sbuffai, ma ad un tratto sentì dei passi farsi sempre più vicino, e mi voltai incuriosita, drizzando le orecchie.
-Ehi!- esultò una voce femminile, era una ragazza con i capelli arancioni, legati in una coda e con due occhi azzurri; indossava una maglia gialla a maniche corte, dei pantaloncini di jeans ed un paio di stivali neri, insieme a lei c'era un ragazzo, dagli occhi e capelli neri, sorrideva ma notai che gli mancavano dei denti. 
-Ciao, April!- la salutò Donnie, alzandosi e avviandosi verso di lei, imitato dagli altri, io invece restai seduta, limitandomi ad ascoltare.
-Come state?- chiese la ragazza, gentile. 
-Bene, tu?- domandò Leonardo mentre Raph parlava con il ragazzo, che avevo capito si chiamasse Casey.
-E questa splendida ragazza da dove salta fuori?- domandò quest'ultimo, avvicinandosi a me con un sorriso ed uno sguardo sexy, che mi disgustò 
-Io non te lo consiglio.- affermò Raphael, per avvertirlo, ma lui non gli diede retta. 
-Piacere, Casey Jones.- disse, facendo il fico, sedendosi accanto a me e posandomi un braccio intorno alla schiena. Io, ringhiai innervosita, poi presi quel braccio con la mia coda, scaraventandolo a terra
-Non dire che non ti avevo avvertito.- commentò, sbuffando il rosso, aiutando l'amico ad alzarsi, mentre gli altri si avvicinarono ridendo
-Lascia perdere Casey, fa così con tutte. Comunque piacere, sono April O'Neal.- si presentò, allungando la mano, ma io le ringhiai contro, indispettita, incrociando le braccia al petto, lasciandola sorpresa. -Ma tu.. Hai una coda?- domandò, poi incredula, dimenticandosi del mio comportamento di prima
-Anche le orecchie, comunque.- affermai, mentre Leonardo iniziò a raccontarle tutto, facendomi innervosire. Raccontare di me a degli sconosciuti, senza il mio permesso? Sbuffai, voltando lo sguardo, ma poi ghignai; era il momento di essere cattiva, me ne sarei andata. Incrociai gli occhi di Splinter che si stava avvicinando a noi.
-Figlioli, l'allenamento.- rimproverò, calmo mentre loro sussultarono, colpevoli di essersene dimenticati
-Scusa, Sensei ma sono arrivati i nostri amici e ci siamo persi in chiacchiere.- si giustificò Leo, mentre io roteai gli occhi al cielo, sospirando scocciata da tutte quelle moine
-Mayumi cosa ne diresti di assistere?- domandò il topo, fissandomi un po' indispettito dal mio comportamento. Meglio, così mi avrebbe cacciato.
-Nah, passo.- disse indifferente, ma lui sbatté il bastone contro il terreno, facendomi sussultare
-Potresti comportarti meglio, infondo so che sei gentile e lo sai anche tu. Noi vogliamo solo aiutarti.- rimproverò serio, osservandomi. A volte sapeva incutere davvero timore
-Beh, io non ho chiesto l'aiuto di un topo e di quattro, inutili tartarughe mutanti!- sbottai alzandomi; per essere un roditore era davvero alto, mentre notai che si erano tutti irrigiditi per come mi ero rivolta a lui. Dovevo preoccuparmi? 
-Mayumi! Non tollero che tratti in questo modo i miei figli e me, nella mia casa.- tuonò adirato
-Ottimo! Allora, me ne vado.- proclamai, ghignando e voltandomi, ma qualcuno mi attaccò. Per fortuna, riuscì agilmente a schivare l'attacco, saltando, nonostante la ferita. Aterrai velocemente, china con le ginocchia ruotate verso l'esterno, iniziando a ringhiare minacciosa verso Raph, colui che mi aveva attaccato, ma la fitta di dolore si fece sempre più forte e, guardando, notai che si era riaperta, ricominciando a sanguinare. 
-Raphael! Perché l'hai attaccata?- urlò Splinter, severo
-Ma papà, lei..- cercò di giustificarsi, poi voltò lo sguardo verso di me, osservandomi minaccioso e serrando i pugni. Sbuffò e chinò il capo, colpevole, serrando i denti, mentre ringhiava furioso.
-No. Va bene, così. Da oggi in poi, siamo nemici.- affermai truce, alzandomi, piano. -E non è una bella notizia per voi, soprattutto ora che so dove abitate.. Chissà cosa dirà Shredder quando lo saprà.- esclamai ridendo, poi mi feci seria e corsi verso il dojo per prendere le mie cose. 
Appena misi lo zaino in spalle, mi ritrovai circondata. Sentivo la ferita bruciare, come se stesse andando a fuoco, ma non mi importava, sfoderai la katana dallo zaino. Pronta a tutto pur di andarmene. 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Gentile ***


Gentile
Tutti avevano sguainato le loro armi contro di me, ed io li ringhiai contro, decisa a combattere. Raph fu il primo a partire all'attacco, ma schivai facilmente i suoi affondi dei suoi Sai, e con un movimento veloce della mia katana gli e li feci volare via. Ma non demorse, rimasto disarmato, iniziò ad attaccarmi con calci e pugni, che facilmente deviai, però mi accorsi che ero, letteralmente con le spalle al muro, e dovevo fare qualcosa, o non sarei andata da nessuna parte, se non in trappola. Così mi arrampicai sul muro, saltando, e con una capriola, atterrai di fronte ad April. Lei combatteva con un tessen, ma mi bastò schivare quelle lame e darle un calcio allo stomaco per batterla. Purtroppo mi distrai e qualcosa, di legno e duro mi colpì al fianco ferito, facendomi andare a sbattere contro la porta, sfondandola; Donnie mi aveva colpito con il suo Bo, per difendere la sua amica. Rotolai fuori dal dojo, finendo accanto al divano, ma sorrisi, mi aveva solo fatto un favore, adesso ero più vicina all'uscita. Ma la botta era stata talmente forte che iniziai a tossire, sputando sangue. Loro mi fissarono un po' preoccupati, ma non mi lasciai impietosire; di certo era una tattica per fregarmi. Infondo gli avevo minacciati, traditi, perché avrebbero dovuto compatirmi, dopo quello che avevo fatto e detto?
Mi issai in piedi, pulendomi i rivoli di sangue, che uscivano dalla bocca con la mano e ripresi, saldamente la katana, pronta ad attaccare, ma Splinter alzò una mano, fermando l'avanzata dei ragazzi e, lasciando, sia loro che me, interdetti. 
-Adesso basta. Mayumi fermati, peggiori solo le tue condizioni fisiche. Noi non vogliamo farti del male.- disse calmo, avvicinandosi. Io lo fissai diffidente e tesi la lama della katana verso di lui, per fargli capire di non avvicinarsi, mentre i suoi figli si rimisero in posizione di combattimento, pronti a proteggerlo. 
-Peccato, topo. Perché sono io che voglio farvene.- minacciai, ma lui non credette alle mie parole, continuando il suo cammino. Continuai a fissarlo decisa, pronto ad attaccarlo, ma qualcosa; una sensazione, mi fece posare lo sguardo su due occhi azzurri; Mikey. I nostri occhi si scontrarono e ci studiammo. Lui temeva per me, e non ne capì davvero il motivo, ma era preoccupato anche per suo padre. Ingoiai un groppo di saliva e, indietreggiai, timorosa sul da farsi. Splinter, vedendomi temporeggiare, indecisa, si avvicinò, più sicuro, ma io, di scatto, mi voltai, correndo fuori dalla tana.
-Dannazione! Ora andrà a dire la nostra posizione a Shredder!- urlò furioso il focoso, serrando i pugni
-No, Raphael. Non lo farà, è una brava ragazza. Solo, spaventata.- spiegò calmo, Splinter pensieroso
-Si, ho visto com'è gentile! E ci credo che è scappata, ha paura di noi! Ne ha sempre avuta!- ringhiò, sbuffando mentre tutti chinarono lo sguardo, cupi. Mikey si morse il labbro, cercando di sopprimere le lacrime, sembrava il più sconvolto e, triste per ciò che era appena accaduto
-No, lei teme di essere amata. Infondo, ha sempre vissuto da sola, è normale che cerchi di scappare da queste nuove sensazioni. Non vuole restare, perché l'amore le fa paura. Il cambiamento spaventa sempre, deve solamente abituarsi.- disse calmo, volgendo lo sguardo verso l'angolo dell'uscita della tana. Sussultai, mi aveva visto. Strinsi forte la katana, pronta a combattere ancora, se ce ne fosse stato bisogno.
-Andiamo ad allenarci, figlioli.- affermò poi, sorridendo. Cosa? Stava sorridendo, a me? Rimasi stupita, mentre li vedevo recarsi tutti nel dojo. Lasciai cadere l'arma, con un tonfo sordo, premendomi la ferita, che continuava a sanguinare, mentre cercavo di calmarmi. Sentivo avere la gola secca, ed una lacrima solcò il mio viso, mentre venni percorsa dai singhiozzi. Feci un profondo respiro, asciugandomi, velocemente gli occhi, e corsi fuori, riprendendo l'arma. Un vento fresco mi investì, mentre osservavo il sole, alto, nel cielo limpido. Rifoderai la katana, sedendomi su un tetto per riflettere, mentre fissavo la mano, impregnata del mio sangue. Continuavo a pensare a quegli occhi azzurri, come il cielo che mi sovrastava e sospirai amaramente. Forse avevo sbagliato. Ma ormai era tardi per tornare indietro, avrei accettato la mia scelta, e sarei andata avanti.
Alla fine il topo aveva ragione. Non avrei detto niente a Shredder; primo perché non ero talmente pazza da andare a cercare un serial killer che mi voleva morta, secondo non ero una loro nemica; lo avevo detto solo per essere cacciata. Infondo, poi, erano stati così bravi ed educati con me. Aveva proprio ragione.
Alla fine sono stata gentile.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Fiducia ***


Fiducia
Era ormai sera, ed ero ancora nello stesso luogo da stamattina. Sapevo che rimanere nello stesso posto non conveniva, ero un bersaglio facile, ma preferivo stare lì, troppo stanca per andare ovunque e da nessuna parte. Avevo provato a medicare la ferita con quello che avevo, ma era solo peggiorata, purtroppo non ero un dottore. Sospirai, chinando le orecchie e guardando le stelle che avevo sempre amato, anche se, non facevo altro che pensare a Michelangelo e ai suoi bellissimi occhi.
Volevo tornare da loro, solo per chiedere scusa, e poi me ne sarei andata per sempre dalla loro vita. Ma temevo che, se sarei tornata, mi avrebbero cacciato fuori a calci. Beh, forse loro no, ma di sicuro ci avrebbe pensato Raphael. Presi un enorme respiro e mi alzai, con difficoltà, ma decisa. Sarei tornata e mi sarei scusata, glielo dovevo. Iniziai ad avviarmi, ma qualcosa mi colpì alla nuca, facendomi cadere, distesa a terra.
-Ed ora, portiamola da Shredder.- disse la voce che, riconobbi appartenere a Karai, mentre la vista mi si offuscò, e persi i sensi.

Aprì gli occhi, ignorando le fitte di dolore al fianco e alla nuca, e mi guardai intorno, ritrovandomi in una stanza buia, appesa al muro, con i polsi legati. Sbuffai, ottimo ero finita nella tana del lupo. Ad un tratto la porta si aprì, lasciando entrare un fascio di luce, dove sulla soglia capeggiava l'imponente figura di Shredder. Aveva la corazza con un'artiglieria di combattimento, e la divisa; composta da pantaloncini color nero, stivali fasciati porpora ed una maglia sbracciata di colore rosso, stretta in vita da una grande fasciatura. In testa aveva un elmo ornato; ed il volto era celato da una maschera metallica, liscia e disadorna sul lato esterno, che lasciava scoperto solo la fascia visiva degli occhi. Notai i suoi soliti guanti, composti da una fascietta in acciaio che ricopriva tutta la mano, lasciando libere le dita, ognuno dei quali era munito da due affilattissime lame sul dorso.
-Mia cara Mayumi.. ho di recente saputo che ti sei alleata con un mio vecchio nemico.- disse cupo, mentre si avvicinava, sfoggiando le sue lame
-Ma davvero? Mi chiedo chi mai ti abbia detto queste cavolate.. Ah, no, aspetta. Eccome se lo so, è stata la tua figlioletta Karai, sempre fedelissima, vedo. Comunque no, gli ho mollati. Erano degli idioti.- affermai beffarda. Temevo per me, ma non potevo dargli la soddisfazione di dimostrarmi debole, di mostrare che ero un po' legata a quelle tartarughe, altrimenti, ne avrebbe approfittato, lo avrebbe usato a suo vantaggio.
-Vedo che non sei cambiata.- disse calmo, ma, poi, con un fremito di rabbia mi colpì, con un pugno allo stomaco. Sputai sangue e mi portai le ginocchia al petto, mentre avvolsi la coda attorno alle gambe -Se mi dirai dove si trovano ti lascerò andare.- minacciò, ridendo cupamente. Tempo fa gli avrei rivelato tutto, poco importava se avrei tradito la fiducia di qualcuno, ma ora era diverso. Loro mi avevano aiutato, trattandomi come un amica, come una di loro, ed io non gli avrei traditi, anche a costo della mia vita. 
-No!- risposi decisa, lui rimase sorpreso, ma poi mi ringhiò contro e iniziò a colpirmi, tempestandomi di calci e pugni, ferendomi con le sue lame. La tortura durò a lungo, ma io ero testarda, e non demorsi, trattenendo le urla ed i singhiozzi.
-Ti lascerò il tempo di ripensare alla mia offerta.- affermò d'un tratto, andandosene, lasciandomi ferita e agonizzante. 
Mi morsi il labbro inferiore e, ignorando il dolore bruciante che mi percorreva tutto il corpo, tentai di liberarmi, riuscendo solo a ferirmi i polsi incatenati, che iniziarono anch'egli a sanguinare. Continuai a dimenarmi, non potevo arrendermi, Shredder sarebbe tornato ed io non avrei resistito ad altre torture.

Era passato un giorno da quando Mayumi aveva abbandonato la tana, erano tutti in ansia sulle sue condizioni fisiche e su quello che avrebbe potuto rivelare al loro acerrimo nemico. Ormai sera, le tartarughe uscirono, come sempre a pattugliare la città. Era tutto tranquillo o, almeno sembrava. Non ci volle molto e si ritrovarono circondati dal Clan del Piede 
-Karai.- sussurò minaccioso, Leonardo, sfoderando le sue katane, imitato dai fratelli che sguainarono le loro armi
Lei si lanciò alla carica contro il leader, mentre i suoi ninja si fiondarono sulle altre tararughe. Le loro lame si scontrarono, ma Leo ebbe la meglio, scaraventandola su un altro palazzo. La raggiunse, attaccandola, ma la sua katana affondò solamente l'aria, mentre lei, dopo aver schivato la lama, lo colpì con un calcio rotante, facendolo cadere col guscio a terra, mentre le sue katane volarono poco lontano da lui. Karai gli puntò la sua spada alla gola, ghignando
-Ed ora.. Sarai anche tu nelle nostre mani.- annunciò, ma qualcosa la colpì. Raph si era lanciato contro di lei attaccandola con un pugno, mentre Leo si alzò di scatto, riprendendo saldamente in mano le katane
-In che senso "anche tu?"- domando l'azzurro, incredulo, mentre arrivarono altri ninja e, Donnie e Mikey raggiunsero i maggiori. 
-Ieri sera abbiamo catturato Mayumi, e mio padre la sta spremendo per benino, per sapere la vostra posizione.- affermò cupa, ridendo, mentre diede il segno ai suoi uomini di accerchiarli. Mikey sussultò a quella frase, preoccupato per la ragazza, ma si rimise all'allerta pronto a combattere -Siete in trappola.- sussurrò Karai, ghignando, però i quattro non erano dello stesso parere ed iniziarono a sconfiggerli uno ad uno ma, purtroppo erano troppi per loro 
-Dobbiamo ritirarci!- suggerì Donnie, mentre era guscio a guscio con i suoi fratelli -Leo?- domandò preoccupato, in atteasa di un suo assenso
-Proprio ora che ci stiamo divertento? No, Donnie. Scordatello!- ringhiò Raphael, anche se sapeva che se sarebbero rimasti, non ce l'avrebbero fatta, ma non voleva fuggire, non era un codardo
-Sì, invece.- ordinò Leonardo, guardando tristemente Karai, e gettando a terra un fumogeno, che consentì a loro di svanire nelle ombre, indisturbati

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Okay? ***


Okay?
Giunsero nella tana, sconvolti e un po' malconci, venendo accolti da un preoccupato Splinter.
-Mayumi è stata catturata.- sussurrò Mikey, cupamente, lasciando il padre sconvolto. Non voleva crederci e si sentiva così male, lui voleva proteggerla; mentre il maestro chinò lo sguardo, afflitto
-Di cosa ti lamenti? Significa solo che dovremmo sgombrare questo posto, prima del loro arrivo.- annunciò Raph, ringhiando e serrando i pugni 
-No.- disse Donnie serio, mentre Mikey si sedette, mogio sul divano, ma, sentendo quelle parole, alzò lo sguardo verso il fratello, confuso 
-Come?- chiese il rosso sconvolto, come tutti, che non capivano le parole del genio
-Pensateci solo un attimo. Karai ha detto che è stata catturata da ieri, e noi siamo ancora qui, non siamo stati attaccati da Shredder. Questo significa che lei non ci ha traditi!- spiegò Donnie un po' incredulo, lasciando tutti basiti
-Ma.. aveva detto..- sussurrò Mikey, interdetto, ma anche felice per quella, innaspettata notizia.
-Avevate ragione, Sensei. Dobbiamo trovarla!- affermò Leonardo deciso, mentre Donnie, dopo un cenno di assenso si diresse in fretta verso il suo laboratorio
-Fermi tutti! Davvero volete aiutarla dopo quello che ci ha fatto?- domandò Raph, furioso ed un po' incredulo. Solo perché lei non aveva parlato, loro erano pronti a morire, per quella lì?
-Si!- affermarono tutti, mentre Splinter accennò ad un segno affermativo, col capo
-Figliolo, se lei non ha rivelato la nostra posizione significa che Shredder la sta ancora torturando, e noi abbiamo il diritto di aiutarla.- esclamò Splinter, con sguardo deciso
-Grr.. E va bene.- sbuffò, seguendoli con le braccia incrociate, innervosito, ma deciso a dare una mano.

Continuavo a divincolarmi, ignorando il dolore pulsante. Faceva così male, ma non potevo deludere me stessa in questo modo, non mi sarei mai arresa. Ero riuscita a scappare una volta, e lo avrei fatto ancora, potevo farcela. Shredder sarebbe tornato di nuovo, e sentivo, che questa volta, se non gli avessi detto niente, mi avrebbe uccisa.
Una fitta atroce mi offuscò la vista, e feci ricadere in avanti il capo, troppo stanca. Iniziai a respirare tra gli affanni, sentendo un sapore aspro e ferroso nella bocca, mentre cominciai a tossire, sputando sangue.
-Allora, mi rivelerai la posizione delle tartarughe?- domandò, irritato, entrando nella stanza. Io mi limitai ad alzare, piano, il capo, troppo stanca per parlare. Lui si innervosì, stava per infilzare nel mio petto le sue lame, ma un suono di un'allarme lo fece fermare di colpo. Adirato se ne andò, lasciandomi sola, mentre il dolore si fece più forte. La vista mi si offuscò, poi fu solo buio.

Mi svegliai, ma non avevo la forza di aprire gli occhi. Ad un tratto sentì la porta aprirsi e delle presenze, accanto a me, per un attimo temetti che fosse Shredder, tornato per darmi il colpo di grazia, ma erano in troppi, e dubitavo che l'idiota avesse lasciato fare il lavoro sporco a qualcun'altro. Non era il tipo, lui preferiva divertirsi personalmente con le proprie vittime. 
-E messa proprio male.- commentò la voce, preoccupata ed, inconfondibile, di Leo, che mi lasciò stupita. Erano loro? Le quattro tartarughe erano riuscite ad entrare nella base di Shredder? E perché mai? 
-Non riesco a credere che sia ancora viva.- si preannunciò il genio, mentre lo sentivo avvicinarsi, studiando le mie ferite.
-Ma si riprenderà?- domandò Mikey, preoccupato. Quella voce. Appena la sentì, il mio cuore perse un battito, ma non potei non rimanere interdetta. Impossibile che erano lì per me. Volevano davvero aiutarmi dopo quello che gli avevo fatto?
-C-cosa ci fate qui?- riuscì a domandare con difficoltà, in cerca di una possibile conferma alle mie domande.
-Per salvarti, mi pare ovvio. Ed ora muoviamoci, prima che Shredder ci scopra.- rispose la voce beffarda di Raphael
-Secondo i miei calcoli, dovrebbe tornare qui fra venti minuti esatti.- spiegò il genio, mentre lo sentivo destreggiarsi, schiacciando dei tasti su chissà quale marchingegno scientifico.
-C-come avete fatto?- domandai, cercando di prendere fiato, e facendomi forza per non addormentarmi, temendo, che se lo avessi fatto, non mi sarei più svegliata.
-Merito di Donnie! Ha fatto scattare l'allarme all'entrata, e tutti si sono precipitati lì, lasciando scoperto il resto.- spiegò, tra le risate, Mikey, mentre lo sentivo accarezzarmi, dolcemente la guancia 
-Si, ma ora muoviamoci!- affermò il rosso, mentre qualcuno mi prese in braccio, ma non seppi, di preciso, chi. Sentivo i loro passi, farsi più veloci, avevano cominciato a correre; ipotizzai, verso l'uscita. Per vedere chi fosse, la tartaruga che mi teneva, provai ad aprire gli occhi, che erano come incollati, per colpa del sangue secco. Sbattei un paio di volte le palpebre, per abituare alla luce dei neon sul soffitto, e rimasi con il fiato sospeso. Mikey, era lui che mi aveva preso in braccio. Mi guardò con un immenso sorriso, e sospirai sollevata, appoggiando la testa ai suoi piastroni, chiudendo gli occhi. Sapendo di essere al sicuro, con lui. 
-Non lasciarmi. Okay?- mi sussurrò, dolcemente, e mi sfuggì un sorriso, più serena, mentre mi lasciai andare tra le braccia di Morfeo. Avrei mantenuto la promessa, non lo avrei lasciato.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Mi dispiace ***


Mi dispiace
Aprì gli occhi, ritrovandomi nel laboratorio di Donatello. Mi alzai, issandomi sulle braccia e, notando Michelangelo, dormire sul mio addome, sorrisi, intenerita, accarezzandogli la testa con il braccio destro, fasciato; visto che l'altro era attaccato ad una flebo, ed anche perché ero mancina, ed usavo maggiormente quello. Alzai la maglia per studiare le mie ferite, ma ero bendata ovunque, quasi come una mummia. Volsi il mio sguardo verso il computer, che mostrava l'ora; mezzanotte passata, e mi rimisi distesa, non volendo svegliare Mikey, ma continuando ad accarezzargli la testa.
-Ben svegliata.- sussurrò Donnie, entrando, con un sorriso, seguito dagli altri, compresi Casey ed April, e rimasi un po' sorpresa, chiedendomi come mai fossero lì. -Hai dormito per quattro giorni, sai?- rise piano, mentre controllava i miei parametri vitali. Rimasi strabiliata, con questo avevo superato il mio record standard; che di solito era dormire fino a mezzogiorno, l'una. 
-Perché mi avete salvata?- domandai seria, con voce roca, non capendo ancora per quale motivo lo avessero fatto. 
-Perché non hai rivelato la nostra posizione a Shredder?- chiese di rimando, Leonardo, sorridendo 
-Beh.. Non potevo. Dopo tutto quello che avevate fatto per me, era il minimo.- dissi, come se fosse ovvio, indifferente, anche se ero molto dispiaciuta per quello che gli avevo fatto, ma non volevo darlo a vedere. Mi ricordai delle mie intenzioni iniziali, prima di essere catturata, e presi un profondo respiro. Meritavano delle scuse.
-Mhm.. Oh, ti sei svegliata finalmente!- esultò Mikey, un po' assonnato, ridendo. Gli rivolsi un piccolo sorriso. Decisa a chiedere perdono, e poi me ne sarei andata, ero ancora convinta che quello non fosse il mio posto.
-Io..- sussurrai, mettendomi seduta e chinando il capo, colpevole. Sentivo i loro occhi su di me, ed io ebbi un attacco di panico, ma poi sospirai, facendomi coraggio e levandomi, per una volta la mia maschera di cupa freddezza. Per una volta, concessi a me attesa il diritto di essere debole. 
-Vi chiedo scusa per ciò che ho fatto. Avevo paura e ho preferito agire d'istinto. E solo che.. Non mi è mai capitato di essere tratta così.. Non so perché, ma mi avete trattato bene, ed io ho avuto così paura di fidarmi. Pensavo fosse tutto un inganno. Lo so che non mi perdonerete, ma sentivo di dovervi almeno questo; delle scuse. Ed eccole qua. Mi dispiace. Se dovete punirvi, lo accetterò con consapevolezza.- ammisi, non osando alzare lo sguardo. Mi aspettavo qualsiasi cosa, come uno schiaffo o un pugno, ma non Splinter, che mi posò, dolcemente una mano, sulla spalla. Alzai il capo, stupita; guardandolo sorridermi.
-Ti perdoniamo. Capita a tutti di preferire scappare, invece che affrontare i propri timori. Ed il fatto che tu sappia dire scusa, non è una cosa da niente, sai? Dimostra che hai capito i tuoi sbagli. E stai tranquilla, nessuno, qui ti punirà.- mi disse, accarezzandomi i capelli, mentre guardai gli altri che mi sorrisero, per farmi capire che non ce l'avevano con me, e mi sentì più sollevata, mentre venni avvolta da un forte abbraccio da parte di Mikey. Mi sentì così in imbarazzo, ma anche estremamente felice.
-Che bello! Significa che resti?- mi chiese lui, continuando ad abbracciarmi, io feci una smorfia di dolore, ma poi un sorriso forzato, comparve sul mio volto, per quell'inaspettato, ma piacevole gesto di affetto.
-Beh.. No. Insomma, questo non è il mio posto. E poi, dopo quello che vi ho fatto...- dissi a fatica, Mikey non mi stringeva troppo, ma le ferite si facevano sentire un po', anche se mi piaceva quel contatto. Per fortuna mi lasciò andare, e potei riprendere fiato, però mi si strinse il cuore per come mi guardava; era così triste alla notizia che non sarei rimasta.
-Certo che puoi rimanere, sempre se vuoi. - disse Splinter, accarezzandomi i capelli. Io rimasi un po' in imbarazzo, ma poi se ne andò a meditare, e gli altri tornarono ai loro doveri. Restarono solo April, il genio e Raph. 
-Per fortuna, il mutageno nel tuo sangue, ha un fattore rigenerante invidiabile. Guarirai in pochi giorni.- disse Donnie, sorridendo, e tornando al suo computer. 
Rimasi interdetta e, un po' imbarazzata, vedendo che mi sorridevano tutti, o quasi. Raph mi fissava truce, appoggiato al muro, con le braccia incrociate. 
-Mayumi cosa ne diresti, se domani andiamo a fare shopping? Non puoi restare sempre con gli stessi vestiti.- disse ad un tratto April, sedendosi sulla sedia, dove prima c'era Mikey.
-No.- risposi busca, ma poi me ne pentì, anche se non lo feci apposta, era più, per abitudine
-Se è una questione di soldi non preoccuparti, pago io. Per me è un piacere, soprattutto perché, amo fare compere!- April, provò ancora, ad interagire con me, e mi sentì di nuovo tutti gli occhi addosso, era un qualcosa che non sopportavo categoricamente. Avevo capito le sue intenzioni, voleva farmi sentire una di loro; voleva, forse, essere mia amica.
-No. Insomma, ho una coda e delle orecchie da gatto, cosa pensi dirà la gente, vedendomi?- feci ancora, sbuffando, per poi dannarmi. Anche se avevo ragione, mi stavo di nuovo comportando male, ma non lo facevo di proposito, era una specie di tattica di difesa, che avevo imparato a mostrare negli anni. E poi, non avevo mai fatto shopping e si preannunciava una giornata di noia, per non parlare del fatto che non volevo assolutamente che lei spendesse i suoi soldi, per una come me.
-Beh, per le orecchie e la coda  basterà dire che stai facendo un Cosplay. Sei proprio sicura di non volermi fare compagnia?- chiese, facendomi l'occhiolino, ed io sospirai, capendo che non mi avrebbe lasciato andare finché non avrei accettato. Non sapevo di preciso cosa fosse un Cosplay, ma, infondo, dopo quello che le avevo fatto, il minimo era accettare.
-D'accordo.- dissi, sforzando un sorriso, che mi riuscì male, ma pazienza. Lei esultò, facendomi l'okay, con il pollice verso l'alto, e poi se ne andò, salutandomi con la mano, diretta in soggiorno.
Mi scappò un sorriso che si mutò in una smorfia, quando Raph, sbuffò, andandosene chissà dove. Dovevo parlargli e chiarirmi, o mi avrebbe odiato a vita. Feci per alzarmi, ma Donnie mi bloccò.
-Cosa? Non me ne vado, tranquillo. Starò qui, finché non guarirò, contento dottore? Ma almeno dammi la liberà condizionata.- ironizzai, guardandolo con sufficienza.
-Allora, okay. Ma non sforzarti.- mi consigliò, togliendomi quei tubicini attaccati al mio braccio. Io sbuffai, mentre, il genio tornò al suo lavoro.
Uscì di lì, e notai Michelangelo destreggiarsi in cucina, mentre preparava delle pizze. Sorrisi, ma mi incamminai alla ricerca di Raphael, dovevo parlargli, anche se avrei preferito andare da Mikey, mentre intravidi April, insieme a Leo e Casey, parlare sul divano, che guardavano, chissà cosa in televisione. Non vedendo Raph, andai nel dojo sperando di trovarlo lì e così fu. 
Si stava allenando. Feci spallucce e, andai dal mio zaino, fissandolo di sottecchi, mentre frugavo lì dentro. 
-Che c'è?- mi domandò brusco, smettendo di fare flessioni
-Niente.- risposi indifferente. Anche se mi aspettavo una sfuriata da parte sua. Che mi avesse già perdonata? No, impossibile. 
-Guarda che ti tengo d'occhio.- minacciò serio. Appunto, pensai, prendendo un elastico, e legandomi i capelli, anche se, così si notavano di più le orecchie da gatto.
-Lo so, che non mi perdonerai così facilmente, e ti capisco. Non ti fidi. Ma quando dico che mi dispiace, sono sincera.- dissi, mordendomi il labbro inferiore, tentennando e, chinando le orecchie, mentre la mia coda si afflosciò, abbassandosi, piano.
-Ti credo, e in parte ti perdono. Infondo, non hai rivelato la nostra posizione a Shredder. Ma ti tengo d'occhio, perché hai ragione; non mi fido. Come hai detto tu, va meritata.- mi disse, tornando ai suoi esercizi
-Capisco.. E sono d'accordo.- risposi andandomene da Mikey, e sedendomi su una sedia
-Ciao!- esultò, vedendomi, mentre versava del pomodoro sull'impasto -Ti piace la pizza?- mi chiese, sorridendomi. 
-Non lo so. Non l'ho mai assaggiata.- gli risposi, mentre ci raggiunse April 
-Fidati, è buonissima!- mi disse lui, ridendo, e salutando la ragazza appena arrivata, con la mano
-Devi sapere che Mikey è un ottimo cuoco.- mi spiegò, sedendosi accanto a me -Soprattutto, amante di pizza!- disse ancora, ridendo
-Che guardano quelli?- le chiesi, invece io, indicando i due, seduti sul divano, con un movimento del capo.
-Eroi Spaziali. E' il programma preferito di Leo.- mi spiegò Mikey sorridendo, e tirando fuori dal forno la pizza pronta e mettendo dentro quella che stava preparando prima -Assaggia.- mi disse, porgendomene una fetta fumante, lo fissai titubante, ma alla fine la presi, mangiandola.
-Oh, è buona!- esclamai, gustandomela, mentre Mikey mi sorrise, contento
-Se vuoi posso fartela con i tuoi gusti preferiti!- affermò, mentre prendeva altra farina. Notai che aveva preparato quattro pizze, quindi, pensai che erano per ognuno di noi 
-Mhm.. Con patatine e wrustel, se puoi.- dissi, dopo averci pensato su. Adoravo le patatine fritte, le avevo assaggiate, e lo stesso per i wrustel, era stato tempo fa, ma era bastato, per amarle a vita.
-Certo!- affermò, facendomi l'occhiolino, mentre iniziò a prepararla ed a parlare del più e del meno con noi due. Non potei non pensare a come fosse gentile e, tremendamente carino.
Dopo cena, April e Casey se ne andarono, mentre Mikey continuava a parlarmi, euforico; entrambi seduti sul divano, insieme ai suoi fratelli. Poi, però me ne andai in camera, vogliosa di dormire e distendendomi sul letto, slegandomi i capelli, e addormentandomi, continuando a pensare ai suoi occhi azzurri e al suo sorriso.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Shopping ***


Shopping
Mi alzai che era mezzogiorno e mi andai a sedere sul divano, trovando Michelangelo che giocava alla console, e, che mi chiese se volevo giocare con lui, ma feci no col capo.
-Non so giocare.- risposi, mettendomi a gambe incrociate, lui però mi diede comunque il joystick, mentre mi spiegò come funzionasse, sorrisi lievemente, ed iniziammo a giocare. Dovevo ammetterlo, era davvero divertente.
-Ehi!- salutò Leonardo, sedendosi accanto a me -Chi sta vincendo?- domandò, guardando lo schermo
-Io!- esultò Mikey, sbuffai, ma poi risi. Era così tenero.
-Non vorrei rovinarti la festa, ma dovresti cucinare il pranzo.- gli ricordò il rosso, tornato dal suo allenamento contro il suo sacco da Box.
-Uffi.. Proprio ora che ci stavamo divertendo.- borbottò alzandosi, mettendo in pausa e recandosi in cucina. Continuai a fissarlo, felice, mentre si destreggiava nell'ambito culinario, ma una voce mi fece ridestare e mi voltai verso il leader.  
-Ti va di fare una partita?- domandò gentile l'azzurro, io feci spallucce mentre la mia coda si muoveva, piano, a destra a sinistra. Lui, allora prese il joystick, mentre Raph si mise seduto, per guardare. 
Rimasi soddisfatta, ero riuscita a sconfiggerlo alla play, e non potei che ridere, vedendolo borbottare, sconsolato
-Ti sei fatto battere da una principiante, Fearless.- lo canzonò il rosso, mentre l'azzurro controbatteva. Notando la litigata non potei trattenermi, abbandonandomi alle risate.
-E' pronto!- affermò la voce gioiosa di Mikey e tutti si radunarono a mangiare. Anche se io rimasi, come sempre in disparte, preferendo il silenzio, mentre loro parlavano e ridevano. Mi rasserenerò, il fatto che mi ignorassero, forse avevano capito che bisognava darmi tempo, e sorrisi, più tranquilla.
Dopo pranzo, andai, di nuovo a sedermi sul divano, mentre i ragazzi andarono ad allenarsi nel dojo. Così mi distesi, ad ascoltare canzoni con il telefono, che mi aveva, di nuovo prestato Mikey, in attesa dell'arrivo di April, che non tardò e, dopo ci recammo in vari negozi, in compagnia di Casey.

-Ma tu non ti stanchi mai?- le domandai, dopo essere usciti dall'ennesimo negozio. Era da un'ora che facevamo avanti indietro, ed io ero leggermente stufa. 
-Non ti piace proprio fare shopping, eh?- rise Casey, che teneva alcune buste, ma neanche lui era felice di essere lì. Come non biasimarlo? In piena estate, poi, e con quel caldo, chi poteva resistere?
-E' noioso.- sbuffai, tenendo tre buste; avevo comprato poche cose; una felpa lunga, nera, una maglia, a maniche corte, arancione, lunga; due paia di jeans corti, ed un vestitino blu, con una maglia aperta, a maniche lunghe, grigia. Poche, in confronto ad April. In realtà a me bastava solo una felpa ed un jeans, ma lei mi aveva costretto a prendere qualcos'altro. 
-Forza, non siate così lamentosi. Un'altro negozio è basta, promesso.- disse, entrando in un negozio di scarpe, ed io ringhiai, irritata
-Calmati piccola.- affermò Casey, ridendo, io lo fissai truce, mentre la mia coda saettava su e giù, facendolo sussultare. Osservai i passanti, mentre alcuni mi fissarono straniti, ma poi tornarono a farsi gli affari loro. Avevo sempre notato, e apprezzato, il fatto che le persone di New York ritenessero normali ogni tipo di stranezza, forse, più perché avevano sempre fretta di andare da qualche parte, e, quindi preferivano lasciar perdere gli altri e quello che facevano.
-Lo farei, se lei non avesse detto quella frase almeno cinque volte a questa parte.- sospirai, cercando di tranquillizzarmi, ed entrando nel negozio, seguita dal ragazzo -E non chiamarmi più piccola!- lo minacciai, mentre intravidi April che mi fece segno di avvicinarmi, per provarmi delle scarpe. Sbuffai, andandole in contro e, cercando qualcosa che poteva interessarmi e, per mia fortuna, prima che si intromettesse April, trovai un paio di scarpe nike da ginnastica, fucsia e bianche.

Arrivai alla tana, e mi sedetti di botto, sfinita, appoggiando la testa sullo schienale e lasciando le buste accanto al divano. April, invece andò nel laboratorio a parlare con Donnie di chissà cosa, mentre Casey l'aspettava, con una ventina di buste in mano.
-Ben tornata!- mi salutò Mikey, sedendosi accanto a me, io gli sorrisi, felice di vederlo.
-Tieni, e grazie.- sussurrai, osservando il soffitto e porgendogli il telefono che mi aveva prestato stamani
-Prego, puoi usarlo quanto vuoi.- affermò, facendomi l'occhiolino. Arrossii lievemente, ma, poi tornai a fissare il soffitto
-Non mi serve più, April mi ha costretto a comprarne uno tutto mio.- dissi, facendoglielo vedere. Era verde acqua, un Samsung Galxy J1 ace. Mentre la suddetta si avvicinò, con le braccia incrociate.
-E così che mi ringrazi?- scherzò, lei. -Infondo, così potremmo massaggiarci da brave amiche. Sappi che puoi sempre contare su di me.- affermò sorridendomi, infatti mi aveva memorizzato sia il suo numero che quello di Casey, e, sinceramente, non vedevo l'ora di provare. Ero curiosa di vedere com'era mandare SMS.
-Grazie mille.- dissi, sorridendole, mentre lei se ne andò verso l'uscita, insieme a Casey, che mi salutò con un cenno del capo, avendo le mani occupate.
-Aspetta, ti do il mio numero, ed anche quello dei miei fratelli!- affermò Mikey, ridendo; armeggiando col mio telefono. Sembrava capirci più di me, ma io avrei imparato col tempo; la pazienza è la virtù dei forti, infondo.
-Okay.- dissi indifferente, mentre lo osservavo di sottecchi 
-Ti piacerebbe uscire fuori, stasera?- mi domandò, poi, porgendomelo
-Okay!- esclamai, alzandomi euforica. Ma poi, mi calmai, distogliendo lo sguardo, in lieve imbarazzo.
-Ottimo! Vado a preparare la cena, e dopo usciamo. Ma non dirlo a nessuno.- disse, sussurrando le ultime parole, mettendo un dito davanti alla bocca, ma sempre sorridendo. Poi si alzò, e andò a cucinare.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Stelle ***


Stelle
Dopo cena ero andata in camera mia, per posare i vestiti nuovi nell'armadio. Ero così elettrizzata, e decisi di cambiarmi. Mi misi il vestito blu, con sopra la maglia aperta, a maniche lunghe, che mi arrivava fino alle cosce, e, legandomi i capelli in una coda alta; mi piaceva, il vestito, infondo; perché era comodo. Presi un profondo respiro e cercai di calmarmi, sedendomi sul letto. Infondo era solo un'uscita tra due amici, non un'appuntamento, giusto? Sopirai, e, in attesa che, lui mi venisse a chiamare, mi distesi di schiena sul letto, ma, senza volerlo, mi addormentai.
Ad un tratto sentì la presenza di qualcuno vicino a me, capì che era Mikey così non mi allarmai, restando supina, volendo dormire un altro po'.
-Ehi..- mi sussurrò lui, dolcemente, mentre, mi toccò la spalla per svegliarmi. Aprì piano gli occhi, mettendomi seduta, e sbadigliando -Se vuoi possiamo rimandare ad un'altra volta.- mi disse, sorridendo. Solo allora mi ricordai che avremmo dovuto uscire, d'improvviso gli ultimi residui di sonno scomparvero e mi alzai di scatto, imbarazzata.
-No, va bene. Andiamo.- affermai, con la voce ancora un po' impastata dal sonno, avviandomi. Il mio sguardo ricadde, però, su quello che aveva in mano -Uno skateboard?- chiesi confusa, lui fece cenò di sì col capo, euforico; prendendomi per il polso, dolcemente, e correndo fuori, cercando di fare il meno rumore possibile, riuscendoci poco, ma almeno nessuno sembrò svegliarsi.

Appena fuori, mi prese in braccio, lasciandomi basita e, tremendamente imbarazzata, mentre iniziò a volare da un tetto all'altro, con il suo skate. Io, dopo un po' me la presi a ridere, felice di tutto questo, felice di essere lì, con lui.
-Ti diverti?- mi chiese, fermandosi su un palazzo, particolarmente alto, e mettendomi giù
-Come mai in vita mia!- gli risposi, arrossendo un po'; e, per una volta fui io ad abbracciarlo, mentre lo sentivo premermi una mano sulla schiena, strofinandomela affettuosamente -Mi insegni ad andarci?- chiesi poi, staccandomi lentamente, e indicando lo skate
-E' facile, basta stare in equilibrio.- mi spiegò porgendomelo. Io ci salì sopra, mentre lui mi cinse i fianchi, per non farmi cadere ed io, a quel contatto, mi sentì battere forte il cuore.
Dopo un po' mi lasciò andare, ed io ci presi mano, e anche gusto, iniziando a fare certi salti acrobatici sui tetti che non erano niente male. Alla fine, tornai da Mikey, saltellando euforica, tenendo lo skate sollevato con una mano come fosse un trofeo.
-E' troppo forte!- affermai, ridendo insieme a lui, che si congratulo per la mia bravura.
-Ti va di andare a mangiare una pizza? Andiamo da Murakami.- mi disse, e prima che potessi rispondergli, mi ritrovai di nuovo tra le sue braccia, a volare da un tetto all'altro sopra con il suo skate, diretti in questa fantomatica pizzeria.
Entrammo, e per mia fortuna, notai che non c'era nessuno, a parte noi e il proprietario. Era vestito con una giacca da chef, bianca, ed una bustina di carta da piazzaiolo, sopra i capelli grigi; portava anche degli occhiali da sole, e, non ne capì bene il motivo, poi mi balenò in testa che forse era cieco, il che mi sorprese un po'. Aveva iniziato a cucinare da dietro il bancone, qualcosa che, però, per quanto mi sforzassi, issandomi sulle punte, non riuscivo a vedere.
-Ciao Murakami-san! Come stai?- chiese euforico, Mikey che si sedette su uno sgabello.
-Michelangelo-san, da quando tempo. Sto bene, grazie. Vedo, anche, che sei in dolce compagnia, e per questo che sei venuto solo tu, stasera?- domandò, mentre posò il suo sguardo su di me, che ero ancora sulla soglia della porta, troppo sorpresa. Sapeva che loro erano delle tartarughe, ma non gli importava. -Su, non essere timida.- mi disse, con un sorriso
-Ehm.. -Buona sera.- salutai cordialmente, imbarazzata, mentre mi andai a sedere accanto a Mikey.
-Eh, già.- gli rispose Mikey ridendo, mentre mi sporsi per vedere cosa stesse cucinando il pizzaiolo; era l'impasto di una pizza. Sorrisi, se i quattro fratelli andavano spesso lì, significava che il cibo che ordinavano principalmente era la pizza e, di conseguenza lui aveva iniziato a prepararla come consuetudine.
-Cosa posso fare per voi?- domandò, gentile e, subito Mikey ordinò, appunto, due pizze; lui prese quella con il salame piccante, mentre, per me, ordinò, quella con patatine e wrustel. 
Non avevo molta fame, ma la mangiai volentieri, però guardando Mikey parlare con il suo amico e, vedendolo ridere, non potei che rabbuiarmi. Sapevo che, appena guarita, sarei scomparsa dalla loro vita, e lo avrei ferito. Ma non potevo restare, non era il mio posto, in più gli avevo già feriti una volta, e, non meritavano di fidarsi di una come me. Ero indomabile, con l'istinto di tradire, di ferire e poi andarsene; ed infatti, lo stavo facendo di nuovo, ma io non potevo restare con gente buona come loro. Non era il posto per una persona meschina come me. Sapevo di non aver nessun altro posto dove andare, e non lo avrei mai avuto, ma era il mio destino; non mi sarei mai sentita, da nessuna a parte, come a casa, perché tutti, prima o poi, iniziavano sempre a odiarmi, a non sopportarmi. Sospirai, chinando il capo; mi sarebbe mancato tutto di loro, la loro gentilezza, i loro modi di  fare, le loro litigate da far morir dal ridere, ma sopratutto mi sarebbe mancato lui, Mikey, i suoi sorrisi, i suoi abbracci, i suoi occhi. Ad un tratto sentì le sue mani cingermi i fianchi, e mi voltai a guardarlo curiosa e, imbarazzata. Michelangelo aveva notato il mio sguardo buio e vuoto, così aveva pensato di farmi tornare il sorriso iniziando a solleticarmi lo stomaco, ed io non resistetti, cominciando a ridere e, quando smise sotto le mie suppliche, mi appoggiai ai suoi piastroni, inebriandomi del suo profumo. Già, mi sarebbe mancato.

Appena fuori dalla pizzeria, ci recammo sul tetto del palazzo difronte, ed io mi distesi per terra, osservando le stelle.
-Sono così belle.- sospirai, continuando ad osservarle con un immenso sorriso, mentre lui si unì a me, distendendosi al mio fianco.
-Anche tu.- mi disse ad un tratto, rompendo il silenzio di quell'atmosfera magica. Io mi voltai sorpresa, arrossendo un po', perdendomi nei suoi occhi così pieni di vita e di gioia.
-No, non è vero.. Io non sono bella..- sussurrai, riprendendomi e abbassando lo sguardo, ma lui mi prese delicatamente il volto con la mano, impossessandosi delle mie labbra sulle sue. Rimasi sorpresa, ma poi mi lasciai andare, chiudendo gli occhi, e assaporando a pieno quel momento.
Quando ci staccammo, per riprendere fiato, lui sorrise, ed io mi appoggiai ai suoi piastroni, sospirando sognante, mentre lo sentivo ridere, stringendomi forte a sé.
-Mi piaci, Mayumi.. e tanto, anche.- mi sussurrò nell'orecchio felino, mentre io osservai di nuovo i suoi occhi, lasciandogli un bacio a stampo, sulle labbra.
-Anche tu.. mi piaci tanto.- risposi piano, accoccolandomi meglio in quell'abbraccio, lo sentii ridere, mentre volse lo sguardo al cielo, come sollevato da quella notizia, che aveva, in parte temuto.
-Sai, anche a me piacciono le stelle.- mi disse poi, osservando il cielo immerso di stelle, mentre io chiusi gli occhi volendo, per una volta lasciare andare tutti i miei problemi, tutti i miei dubbi, per poter godere al meglio quel tepore che mi avvolgeva tutto il corpo, come una coperta; facendomi sentire libera, felice, amata. Restammo lì per molto, accollati in quell'abbraccio che non sembrava finire mai, troppo bello e pieno di dolci e mute parole. Finché non lo sentì prendermi di peso, iniziando ad incamminarsi verso casa; piano, senza fretta, volendo godersi ancora quella serata meravigliosa.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Non era il mio posto ***


Non era il mio posto.
Mi svegliai nel mio letto, ma troppo stanca per alzarmi e restai distesa a guardare il soffitto, tentando di tornare a dormire, ma non riuscendoci cercai di rimettere in ordine le idee riguardo ieri sera, e quando mi ricordai del bacio, mi misi seduta di scatto.
Mi sfiorai le labbra, ancora incredula. Era successo davvero, non me l'ero sognato. Osservai i vestiti che avevo addosso; gli stessi di ieri sera, e mi guardai intorno alla ricerca di qualcuno che non c'era, sospirai mettendomi di nuovo distesa, affondando la testa nel cuscino. Avevo combinato un macello, se dovevo andarmene perché cavolo mi ero lasciata baciare? Ringhiai, ero così incasinata, adesso. Andarmene avrebbe comportato ferire lui, ed era l'ultima cosa che non volevo. 
Alla fine, decisa, mi alzai, recandomi in bagno, per poi cambiarmi. Indossai, in fretta una felpa nera con le tasche congiunte, ed un paio di pantaloncini blu, di jeans. Mi pettinai i capelli per poi legarli di nuovo con l'elastico, mentre la mia coda si muoveva, ondeggiando nell'aria, e mi recai in cucina. Stranamente, mi ero svegliata presto; erano solo le sette e mezza. E, appena arrivai mi maledì di aver lasciato la mia tana; il mio letto, vedendo che, purtroppo erano tutti lì.
-Buongiorno. Come mai già sveglia?- mi domandò Mikey sorridendo, io mugugnai sventolando la mano col palmo riverso di lato, non avendo molta voglia di parlare, sopratutto con lui.
-Che hai? Ti senti male?- mi domandò Donnie, allarmando tutti. Io lo guardai con sufficienza.
-No, è che non sono abituata a svegliarmi così presto e, quindi non ho molta voglia di parlare.- spiegai, inventandomi una scusa, per fortuna ero una brava bugiarda, e loro la presero a ridere. Presi di malavoglia un bicchiere, versandoci dentro del latte freddo, appoggiandomi, poi al davanzale, indifferente, chiudendomi nel mio mondo. Ignorarli non sarebbe servito a molto, ma almeno mi avrebbe dato il tempo di riflettere sulle mie decisioni o, almeno così speravo. Il cuore mi diceva che dovevo fidarmi, che non potevo ferirli, non di nuovo, e sopratutto, non Mikey che mi amava come io amavo lui; e poi c'era anche la ragione, che era d'accordo col cuore e mi suggeriva di restare, che lì sarei stata felice. Ma c'era anche quella parte di me, quella benedetta parte che amava e bramava solo e unicamente la libertà, e mi diceva di fregarmene di loro e di scappare, che lì fuori mi aspettava un mondo pieno di avventure e posti nuovi da visitare, da scoprire. Gettai lo sguardo al pavimento, come se da un momento all'altro mi avrebbe dato lui la risposta che tanto desideravo sapere, mentre tutti gli altri erano seduti, e, stranamente silenziosi.
-Come mai, ieri sera siete usciti, voi due?- ci chiese ad un tratto Leo, e a quella domanda, quasi non mi strozzai con il latte, mentre i ricordi ritornarono al bacio. Tutti ci fissarono incuriositi, ed io maledì prima Leo e poi Mikey, ed anche me, perché una parte della colpa, di tutto quel casino nella mia mente era anche mio. Mi morsi il labbro inferiore, mentre Mik se la rideva. Cos'aveva da ridere? Mi domandai isterica nella mente.
-Ecco, mi ha chiesto di uscire, e così..- dissi, all'apparenza indifferente, e loro rivolsero lo sguardo verso il più piccolo, che sorrise ingenuamente; forse felice per quello che era successo ieri. -Ehi, genio, mi controlli le bende?- domandai, prima che loro potessero fare un'altra domanda, o prima che io potessi morire d'imbarazzo. Donnie fece cenno di sì con la testa per poi avviarsi nel laboratorio, mentre io lo seguì in silenzio, ignorando i loro sguardi confusi e quello di Mikey che non faceva che sorridere. Sperai solo che non avrebbe detto niente, o sarei morta davvero di imbarazzo e vergogna. Vergogna perché era stato il mio primo bacio e poteva anche trattarsi solo di una semplice e banale cotta, e non volevo illuderlo, soprattutto perché lo avrei mollato appena guarita, anche se questo era ancora da decidere. Imbarazzo, perché, si insomma, mi imbarazzava far sapere alla sua famiglia che eravamo fidanzati.. No, aspetta. Ci siamo solo baciati, e su questo non abbiamo ancora chiarito, quindi no, non stavamo insieme, cosa ancora più complicata e imbarazzante da spiegare sia a Mikey che al resto della famiglia.

-Beh, sei guarita. Le cicatrici si rimargineranno col tempo.- mi disse il genio, togliendomi le fasciature. Ed io sussultai, certo che oggi era proprio una giornata bellissima; ironizzai nella mia mente. Sospirai irritata, ignorando lo sguardo interrogativo di Donnie. Cosa dovevo fare, ora? Se ero guarita significava che potevo andarmene, però dopo quel bacio, dopo quegli occhi e quel sorriso, anche se fosse stata solo una cotta, come potevo lasciare tutto questo, come fosse niente? Faceva così male anche il solo pensarci. Restai lì a riflettere per minuti che parvero ore, se non di più, ma poi, mi alzai. Avevo deciso, alla fine aveva vinto ancora quella maledetta parte di me. Me ne sarei andata, e lo avrei fatto oggi, con quei pochi ricordi che mi legavano in quel luogo e a lui. Infondo lo avevo sempre saputo, dal primo giorno in cui mi ero risvegliata in quel laboratorio che quello non era il mio posto. Dovevo solo chiarirmi con Mik, cercando di essere chiara e diretta e poi via, di nuovo fuori. Di nuovo libera.
Lo trovai sul divano a giocare con la console, e mi avvicinai lentamente, mordendomi il labbro inferiore, in conflitto con me stessa. Era ovvio che dovevo andarmene, ma non potevo pensare a come l'avrebbe presa, sopratutto dopo quel bacio.
-Mik.. Ascolta, io, insomma, quello che è successo ieri..- sussurrai, sedendomi, ma senza guardarlo in faccia, e mi maledì per questa mia mancanza di coraggio
-Non preoccuparti, non ti metterò fretta. Aspetterò.- disse innocente, con naturalezza, avvolgendomi, poi in un caldo abbraccio. Mi mancò il fiato, e rimasi sorpresa da quelle parole, mentre sentivo un nodo in gola. Lui mi capiva, sapeva che con me ci voleva pazienza e non gli importava, perché avrebbe aspettato. Feci un profondo respiro, scansandolo, mentre guardavo le mie mani appoggiate ai suoi piastroni.
-Mi aspetterai..- sussurrai, osservando il cuscino del divano, mentre i miei occhi luccicavano pieni di emozione. 
-Certo! Ti aspetterò.- mi ripeté, quasi come volesse convincermi che quelle parole fossero veritiere, che potevo fidarmi. Feci un profondo respiro, maledicendo il mio cuore che batteva all'impazzata, e continuando a ripetermi nella mente, come per convincere me e il mio cuore, che, no, lui non mi avrebbe aspettato. Strizzai gli occhi, cercando di concentrarmi sul motivo principale del perché ero lì. Non dovevo fidarmi.
-Senti Mikey, io sono guarita ed è giunto per me il momento di andarmene. Non posso restare. Scusa.- sussurrai l'ultima parola, andandomene di corsa verso la mia camera e chiudendomi la porta alle spalle, accasciandomi al suolo, con la schiena contro essa. Sentì gli occhi pizzicare, mentre mi si formò un nodo alla gola, così decisi di rifletterci un altro po', lo meritava infondo. Potevo restare. Per lui, per il suo sorriso, per i suoi occhi.. No, non era il mio posto quello; mi sarei sentita imprigionata, in gabbia. Stare con lui significava rinunciare alla mia libertà per sempre, e solo perché non volevo vederlo soffrire. No, dovevo andarmene. Sarei fuggita via. Fuori di lì e fuori da New York, era l'unico modo.

Nessuno venne a dirmi niente e ne fui sollevata, e quando loro stavano mangiando, mi recai nel dojo per prendere il mio zaino. Poi tornai nella mia stanza, mettendo lì dentro, in tutta fretta alcuni indumenti, ma non quel vestito, non quello che avevo messo per la serata con Michelangelo. Ogni volta che lo avrei visto mi avrebbe fatto pensare a lui e ne avrei sofferto, quindi, quello restava lì. Socchiusi piano la porta, con lo zaino in spalle, osservandomi intorno. Se ci fosse stato qualcuno, forse mi avrebbe fermato. Ad un tratto notai Mikey, stava venendo qui, con un enorme sorriso stampato in faccia, per portarmi un piatto di pasta. Socchiusi gli occhi prendendo un enorme respiro, per farmi coraggio; era il momento, aprì di scatto la porta e uscì di corsa, fuori dalla tana, lasciandolo lì, sorpreso, con quegli occhi confusi. Sentii un rumore di qualcosa che si infrangeva al suolo, forse aveva lasciato cadere il piatto per raggiungermi, ed infatti, poco dopo sentì dei rumori di passi farsi sempre più veloci, e sempre più vicini. 
Mi voltai, mentre correvo nelle fognature, in quel labirinto, all'apparenza senza uscita, ed un po' maleodorante, anche se, dopo tanto che ci vivi, non ci fai, poi, più così tanto caso; e lo vidi. Mi stava inseguendo, forse per parlarmi, per convincermi, per impedirmi di andarmene, ma non mi avrebbe convinto. Quello non era il mio posto, doveva capirlo.
-Michelangelo mi dispiace, ma questo è un addio!- urlai, uscendo fuori dal primo tombino che vidi, mi arrampicai in fretta e furia su un tetto di un palazzo, per poi gettare lo sguardo verso il vicolo da dove ero sbucata fuori, e notai due occhi lucidi, i suoi occhi di quell'azzurro che avrei sempre continuato ad amare. Mi guardavano supplichevoli e mi si strinse il cuore. Era pomeriggio e, di certo non poteva rischiare di uscire per farsi vedere, così, dopo minuti che parvero secoli per entrambi, se ne tornò dentro, chiudendo, con un tonfo sordo il tombino. Ingoiai un groppo di saliva, mentre mi morsi il labbro inferiore, talmente forte da farlo spaccare. Un rivolò di sangue mi colò lungo il, mento mentre prendevo enormi boccate d'aria per non piangere, non potevo cambiare idea, non più. Quella scelta avrebbe fatto male, sempre e comunque, e mi ci sarei abituata. 
Non potevo sapere che quello che avrei sentito, da oggi in poi, sarebbe stato solo il rimpianto di aver fatto la scelta sbagliata, il dolore della malinconia, e dei ricordi che portava con sé. Il rimorso di non essere rimasta, il rimorso di averlo lasciato. Ed il rimorso, di non essere quello che avrei tanto voluto; libera.
Mi voltai, iniziando a saltare di tetto in tetto, ignorando la stretta al cuore e l'immagine dei suoi occhi che non facevano che tormentarmi la mente. Non pensavo che facesse così male, ma continuavo a convincermi che quello non era il mio posto, e che non lo sarebbe mai stato.

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Libertà ***


Libertà
Era passato un anno dall'ultima volta che misi piede a New York. Dall'ultima volta che vidi quegli occhi azzurri, che lo sentì ridere, che lo vidi rincorrermi per fermarmi, per impedirmi di andarmene. E mi chiesi, cosa mai mi avrebbe detto, se fosse riuscito a prendermi, quel lontano giorno di cui, oramai ne conservo solo un amaro ricordo.
Ero cambiata in quei lunghi mesi; ero diventata un po' più alta, e mi ero tagliata i capelli dietro, fino a sopra la gola, solo alcune ciocche, davanti, erano più lunghe, mentre quella che mi copriva l'occhio destro non c'era più. Non ne avevo capito bene il motivo, forse perché ero cresciuta, e, forse anche per via del mutageno ancora in circolo nel mio corpo, ma, i miei capelli, le mie orecchie e la mia coda avevano cambiato colore, divenendo grigi; come il mio attuale stato d'animo. 
Sospirai afflitta, durante quell'anno avevo visitato posti che non credevo potessero esistere, luoghi bellissimi; alcuni troppo caldi, altri freddissimi, e avevo sempre continuato a ripetermi nella testa che ne valeva la pena. Era così grande la Terra, così bella, così fantastica.
Ma, durante i miei viaggi, un senso di vuoto continuava a impregnarmi il cuore, pesava come un macigno e faceva male da impazzire. Lo avevo capito, non ero felice e non lo sarei mai stata, non senza di lui. Ma continuai a visitare il mondo; infondo, lui mi aveva detto che mi avrebbe aspettato, lui mi conosceva bene, sapeva che con me bisognava essere pazienti. E così continuai il mio viaggio, pieno di avventure e di scoperte, e per rassicurarmi mi ripetevo ogni giorno, ogni ora, ogni minuto che mi avrebbe aspettato, che avrebbe mantenuto la promessa. ed io lo avrei raggiunto fra un anno. 
Ed ora eccomi qui, seduta sul tetto di un palazzo, in mezzo alla neve, e con un cielo stellato che mi sovrastava, come quel giorno, quando mi baciò la prima volta. Avevo scelto oggi per un motivo speciale; era il mio compleanno, il due Dicembre. E volevo festeggiarlo con lui, passandolo, forse a dire mille scuse per la mia interminabile assenza, dolorosa per entrambi. Lo osservai, mentre rideva e scherzava con i suoi fratelli, sembrava.. felice, non come l'ultima volta che lo avevo visto, prima di andarmene. Vederlo lì, a sorridere, a scherzare, mi fece sentire bene, contenta per lui, anche se, solo in parte. Mi morsi il labbro inferiore, mentre mi si strinse il cuore, e lasciai scivolare le prime lacrime sul mio viso, congelato per il freddo. Non potevo guardare oltre, faceva così male, ma non riuscivo nemmeno a distogliere lo sguardo. Non dopo tanto tempo a immaginarmelo nella mia mente, era proprio come lo ricordavo; così carino, così tenero e, così dannatamente lontano.. Quello che ci separava, ormai era solo un abisso, troppo profondo e buio per poter guardarci dentro, e troppo largo per poterlo attraversare con un salto. Tutto quello che avevamo passato, si era sgretolato sotto i miei passi, ogni volta che mi allontanavo sempre più da lui; ed erano finiti lì dentro, in quell'abisso di oscurità e solitudine.
Ero tornata perché non mi sentivo né felice e né libera. Infondo, era davvero quella la libertà che cercavo? Vagare da un posto all'altro senza una meta? No. Sopratutto perché una meta l'avevo, come, anche la mia libertà.. Si trovavano tutte in quegli occhi, quegli occhi azzurri che mi avevano rapito la prima volta che gli avevo visti. E forse, a lui avevano colpito i miei, ma ora non era più così, ora appartenevano ad un'altra. Una ragazza, lì con lui; vestita con una strana armatura blu, con dei guanti che arrivavano fino ai gomiti, e dei pantaloni azzurri, larghi, con dei tacchi. Aveva anche un mantello, uno strano casco, ed uno scettro con la punta a forma di tridente. Prima mi ero avvicinata, silenziosamente, per fargli una piccola sorpresa; anche se non erano esattamente da me queste cose, ma poi, gli avevo visti, ed era come se mi fosse crollato il mondo addosso. Lei lo aveva baciato, e lui l'aveva guardata con quegli occhi, con cui prima guardava me. Avevo sentito poco, ma penso si chiamasse Renet.
Lui, forse mi aveva davvero aspettato. All'inizio. Però, ora il suo cuore apparteneva a lei, che non lo avrebbe mai lasciato, a differenza di come avevo fatto io. Ma poi, cosa sarebbe cambiato? Se sarei rimasta di certo le cose non sarebbero cambiate a come sono ora, mi sono solo risparmiata una storia che avrebbe finito col distruggermi con l'arrivo di quella lì. Non molto diversamente a come mi sento ora, però. L'unica cosa che sarebbe cambiata, e che avrei avuto più ricordi, con lui, su cui piangere. 
Chinai il capo, rivolgendolo alle macchine, mentre le lacrime continuavano a scorrere, copiose. Erano le prime che avrei versavo in vita mia, e, mi promisi che sarebbero state anche le ultime. La neve aveva iniziato a raccogliersi su di me e sentivo freddo, con quel vestitino bianco che ero riuscita a rubare non potevo pretendere altro; partiva dal petto per arrivare fino alle cosce, ma non mi importava, il freddo non poteva nulla contro il dolore straziante che provavo dentro, in questo momento. Sentivo un nodo alla gola, mentre delle fitte di dolore arrivavano al petto, dove c'era quel cuore, già abbastanza in frantumi. Mi aveva spezzato, mi aveva rotto, aveva rotto l'unico pezzo del mio cuore rimasto intatto, ma lui avrebbe sempre avuto un posto lì dentro, e anche nei miei pensieri, dove risiedevano quei brevi, ma densi ricordi. Sempre. Sarebbe rimasto in me, come quell'unico bacio che ormai sapeva solo di addio, un addio mai voluto e mai pronunciato. Lo avrei amato. Sempre, e per sempre. Mi alzai, volgendo un ultimo sguardo a lui e ai suoi sorrisi, che ormai non erano e non sarebbero mai più stati diretti a me. Volsi poi, lo sguardo alla luna e a quella luminosità lucente che emanava e che sentivo sulla mia pelle fino a penetrarmi nelle ossa, mentre avvertivo degli occhi su di me, forse i loro, forse i suoi. Mi parve anche di sentire una voce che chiamava il mio nome, ma non mi voltai, perché farlo? Per soffrire ancora? No, grazie. E scomparì nella notte, diretta verso una casa immaginaria e che non avevo, accompagnata dai rumori delle macchine e dal caos della città, mentre, ad ogni passo che facevo, su quel tetto mi sentivo morire dentro. 
E' assurdo, sono stata una completa idiota. Davvero credevo fosse possibile stare insieme a quattro tartarughe e un topo mutanti, pensando che mi volessero lì? Era ovvio che si annoiaserro con me, che alla prima occasione mi avrebbero scaricato sul ciglio della strada. Sembravano volermi lì, sembrava che lui mi volesse, e invece.. Mi ero sentita accolta, per un attimo, come mai mi era capitato in vita mia, a casa. Per qualche ragione avevo sentito di essere proprio dove dovevo essere, lì, con loro. Ed invece mi sbagliavo, e quanto mi sbagliavo. Lo sapevo, non era il mio posto, e ormai, non avevo più niente per cui vivere, nemmeno per me stessa. Mi sporsi dal tetto del palazzo, guardando il vuoto sotto di me, mentre il mio piede avanzava, propenso ad precipitare verso il nulla. Mi sentivo vuota, e sapevo che quello era l'unico modo per sentirmi, finalmente libera. Osservai il cielo, mentre il tetto si faceva sempre più lontano da me, e degli occhi, di diverso colore mi fissarono sconvolti, ma mi soffermai su quegli azzurri. Mi guardavano colpevoli, e colmi di lacrime. Mi lasciai sfuggire un sorriso; erano ancora bellissimi. Quello sarebbe stato il mio ultimo ricordo di lui, prima del buio.
Lo amavo troppo, per vivere senza di lui, e lo amavo troppo per vivere, sapendo che il suo cuore non mi apparteneva più. Anche se, alla fine avevo avuto ragione io.   
Non avrei dovuto fidarmi.
The End

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3479648