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di wannabesodumb
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


L'ho capito sin da subito che lei sarebbe stata una delle persone che mi avrebbero cambiato la vita. Non era la solita amica con cui esci il sabato sera; per le altre lo era, per me no.
Da eterna innamorata di lei, non mi sono mai preoccupata di imparare a memoria il suo colore preferito, o il gusto di gelato che prendeva sempre. Io conoscevo il suo modo di camminare, il percorso che seguivano i suoi occhi quando osservava qualcuno, i punti del suo corpo che sceglieva di torturarsi quando era ansiosa, come l'incavo di carne che c'è accanto alla unghie, o le crosticine che rimangono sulle cicatrici della pelle. Conoscevo il suo profumo, ma non quello che si spruzza prima di uscire la sera, bensì il profumo della pelle, quello che "ognuno ne ha uno, ma nessuno sente il proprio". Io il suo lo avrei riconosciuto da un miglio.
Ripercorrevo l'ordine con cui posizionava i suoi anelli sulle dita, e il criterio che usava per scegliere gli orecchini da mettere. Ne aveva a migliaia; sembrava fosse una ferramenta umana.
Quei piccoli oggetti di metallo, ferro o argento la facevano sentire al sicuro, costituivano la sua personalità, erano le poche cose sicure su cui poteva contare sempre.
Aveva decine di paia di scarpe, ma indossava sempre le stesse; e lo stesso discorso valeva per i vestiti. Non ha mai amato i grandi cambiamenti, li vedeva come delle rivoluzioni del suo io.
Spesso si mostrava timida, ma nello stesso tempo voleva farsi notare e non sembrare la solita ragazzina di 15 anni.
Aveva iniziato a tingere i capelli all'età di 14 anni: prima biondi, poi rossi, e poi di nuovo biondi. Non si piaceva mai abbastanza ed era spesso insicura. Capii col passare del tempo che aveva bisogno di una persona che la spingesse a commettere gli errori, a "osare", e quella persona ero io.
Il mio inconscio amore nei suoi confronti mi faceva fare all'istante quello che lei mi chiedeva, seppure questo fosse a mio discapito. Spesso mi trovavo ad accompagnarla da qualche parte ad incontrarsi con qualche sudicio ragazzo che voleva solo una cosa da lei. Nonostante il mio volere implicasse averla solo per me, mi ritrovavo spesso a recitare la parte della "migliore amica".
Passavo ore e ore seduta sulle scale di una chiesa qualsiasi ad aspettare che lei finisse il suo "appuntamento" e ad aggiornare il cellulare in attesa di un suo messaggio "vienimi a prendere". Una volta successe ma invece di mandarmi un messaggio mi chiamò. Aveva la voce che tremava e continuava a ripetermi che non vedeva l'ora di arrivare dove mi trovavo io. Una volta arrivata scoppiò a piangere davanti ai miei occhi. Non sapevo cosa fare, ce l'avevo a morte solo con me  stessa per non essere stata in grado di proteggerla.
Dopo una birra e qualche fazzoletto mi raccontò che il ragazzo con cui aveva passato la serata l'aveva toccata e aveva tentato di "andare oltre".

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


"Si può capire quando cazzo arrivano? Ho bisogno di sapere come vogliono la pizza!"
"Ordina 5 margherite e mettiti l'anima in pace".
La voce di Cass si sente dal bagno; non urlerebbe mai in questo modo se i miei fossero a casa, ma il problema non si pone. Sono in vacanza a Roma per 3 giorni e non ho esitato a invitare le mie amiche più strette a casa a divertirci.. Magari alzando anche un po' il gomito.
Proprio mentre sono al telefono per contattare la pizzeria più vicina a casa, suona il citofono.
Tempismo perfetto.
 
Grace è sul ciglio della porta col cellulare in mano, probabilmente in attesa di vedere qualcuno arrivare. Mi guarda e sorride.
Dio quanto è bella.
"Le altre due?" le domando mentre la accompagno a lasciare lo zaino.
"Sono giù a prendere i soldi."
 
Mentre si toglie il cappotto riesco a squadrarla meglio: indossa i soliti jeans neri e una maglia larga con le stampe.
"Niente trucco oggi?" le domando.
"Considerando che staremo tutta la serata a bere, mi sentirei inopportuna se a un certo punto dovessi andarmi a struccare."
Si passa una mano tra i capelli e mi sorride, di nuovo.
"Non cercare di prendermi in giro Grace, nessuno dubita della tua astemia."
"Lo so," dice alzando un sopracciglio "chissà, magari tra qualche anno mi troverete stesa su una panchina di un parco qualsiasi a strafarmi di qualche droga".
Rido, perché la potrei vedere in qualsiasi contesto, tranne che con alcool, sigarette o spinelli.
 
Emily e Alex sono dentro a preparare qualche cocktail. Io non avrei scommesso su di loro come barman (?), ma erano così entusiaste quando si sono trovate davanti tutte quelle bottiglie, allora le abbiamo lasciate fare.
Io, Cass e Grace invece siamo sul terrazzo ad ammirare quant'è bello il centro storico dopo le 23.
Spio dentro lo zaino di Cass e ci trovo quello che volevo: un pacchetto da 20 di camel blue.
"Favorite?" passo il pacchetto a Cass e accendo la mia sigaretta.
Non mi piace fumare in realtà. Uso il fumo come mezzo per sfuggire alle regole che mi sono imposte. Come quando da bambino ti dicono 100 volte di non mangiare troppa cioccolata, ma tu lo fai lo stesso.  Non è un vizio per me, fumo dalle 5 alle 10 sigarette a settimana, e non ci trovo nulla di troppo sbagliato per rinunciarci.
"Entro a vedere cosa combinano quelle due." Cass apre la zanzariera ed entra in casa.
Guardo Grace: ha gli occhi puntati su una luce che lampeggia accanto alla finestra di una casa e ne approfitto per notare la costellazione di lentiggini sul suo viso. La rendono così particolare.
Non è uno di quei volti a cui puoi associare una nazionalità, come quando vedi una ragazza con gli occhi chiari e i capelli biondi. Lei è unica.
"Come va con Matt?" le chiedo spostando la sua attenzione su qualcosa di diverso.
"In realtà penso che lo lascerò da parte per un po', mi ha stancato con la sua gelosia."
"Se fossi io il tuo fidanzato, sarei molto più gelosa di lui, te lo assicuro."
"Se fossi tu il mio fidanzato," mi dice guardandomi negli occhi, "le cose sarebbero diverse".
Per un momento il mio cuore si ferma. Sono persa nelle venature dei suoi occhi e penso a quanto sarebbe bello se fosse mia.
 
Mi gira la testa. Sono stesa su qualcosa non molto comodo e vedo passare accanto a me migliaia di persone. Forse sono per strada.
Riesco ad mettermi seduta e mi accorgo di essere in camera mia davanti a Grace: si sta cambiando e io sto per sentirmi male.
Dopo pochi istanti me la ritrovo davanti: riesco a riconoscere la maglietta del suo pigiama azzurro e il suo profumo che mi entra nelle narici, come tutte le volte che è vicina a me.
"Dovresti cambiarti anche tu."
La testa mi gira troppo per riuscire a collegare quello che mi sta dicendo a quello che devo fare.
Sento qualcuno prendermi dalle braccia e sollevarmi, e poi di nuovo appoggiarmi, sul divano, forse. E' Alex.
 
Guardo il cellulare.
03:26
Siamo ancora tutte in salone, ma per fortuna la roba da bere è finita perché sono stravolta dopo solo tre bicchieri.
"Cass e Emily dormono sul divano, io vado in camera di tua sorella perché ho tutti i vestiti lì, voi che fate?" domanda Alex.
Guardo Grace e credo che abbia capito che non sono in grado di dare una risposta ragionevole, così risponde lei per me.
"Accompagno Set nella sua stanza e io mi metto sul divano della veranda."
"Sei sicura?"
"Certo, buonanotte Alex."
"Notte."

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Grace ha preso le sue cose dalla mia stanza e sta andando verso la veranda, dove dormirà.
Le prendo la mano, si gira verso di me.
Le luci della città filtrano dalla finestra e aprono uno spacco giallognolo sul suo viso.
I suoi occhi sono stanchi, gli occhi di chi ne ha viste di tutti i colori. Ha le mani fredde. Mi avvicino al suo collo.
"Grazie."
non sono sicura di avere il controllo di quello che sto dicendo, ho paura di sbagliare.
Increspa le labbra e si limita a un sorrisetto finto, abbassa lo sguardo e mi lascia la mano.
 
Sono le 6 del mattino e non riesco ad addormentami più; un camion mi ha svegliata e ora sono fin troppo arzilla.
Sento che non circola più alcool nelle mie vene e ne sono felice in parte.
Non posso fare a meno di ricordarmi che nella stanza accanto si trova la persona che amo.
Mi alzo dal letto senza fare troppo rumore e mi dirigo nella veranda.
Grace dorme: ha le braccia sotto al cuscino che le ho dato quando abbiamo sistemato i divani, una gamba sul bracciolo e una fuori dalle lenzuola.
Sembra così leggera la sua anima. La potei portare in capo al mondo se solo me lo chiedesse, lei e i suoi sorrisi.
Maledetto il giorno di cui me ne sono innamorata.
Ricordo quando l'ho baciata per la prima volta..
 
Era il 26 Gennaio, il giorno del suo compleanno. C'erano forse 10°C ed eravamo in una pizzeria vicino al centro della città per festeggiare.
La serata stava per concludersi così decisi che era arrivato il momento di mostrarle il mio regalo.
Le presi la mano e la portai in un corridoio che conduceva all'uscita d'emergenza.
Ricordo che vi era una  piccola luce soffusa che illuminava il suo pallido viso.
"Perché mi hai portata qui?". Rideva mentre parlava: probabilmente le sembrava una situazione strana o forse era solo felice. Si leggeva la gioia nei suoi occhi.
Io invece tremavo come una foglia: l'ansia mi stava mangiando da dentro.
Presi in fretta il telefono dalla tasca e aprii il video. Le porsi il cellulare e mi sedetti a terra.
Grace era concentrata su quello schermo: le stavano passando davanti agli occhi tutti i momenti della nostra amicizia, se così si può definire. Dalle prime partite giocate insieme, alle cene di squadra, agli abbracci dopo una vittoria e alle serate passate tra amici.
Vidi una lacrima scendere sul suo volto, poi un'altra, poi un'altra.
Dopo un quarto d'ora circa il video era finito, ma le sue lacrime no.
Mi affrettai ad alzarmi. Lei mi guardava con gli occhi rossi e le mani che stringevano il cellulare.
Si avvicinò lentamente e mi abbracciò senza dire niente.
Non ricordo cosa dissi, ma lei rise e mi sentii come quando lanci una pallina e fai centro nel bicchiere.
Non riuscivo a staccarmi da lei. Avevo le braccia intorno ai suoi fianchi e il suo corpo a contatto con il mio.
Dopo qualche minuto tornammo al nostro tavolo e la serata continuò come prima.
 
Una volta arrivata la torta e spente le candeline, iniziai a sentirmi schiacciata da quel contesto, così tante persone che mi volevano bene e che mi parlavano e io che pensavo solo ad una.
Avevo bisogno di staccare per un attimo.
"Cass, sto uscendo a fumare, vieni con me?"
"Sto mangiando, magari ti raggiungo tra un po'".
Sapevo che quello era un no definitivo, ma avevo bisogno di qualcosa che mi facesse tornare sulle righe.
Uscii fuori dalla pizzeria e mi accesi una sigaretta.
Il fumo mi entrava nei polmoni e pian piano riuscivo a riacquisire il controllo di me stessa.
La città era deserta e, se non fosse stato per le risa e gli schiamazzi provenienti dal locale, non si sarebbe sentito niente.
Sentii la porta aprirsi e chiudersi in un attimo: era Grace.
Indossava un paio di pantaloni strappati a vita alta color cenere, un top bianco e una giacca di pelle aderente.
"Ti va se andiamo a fare un giro?". Mi prese la mano e ci incamminammo verso il parcheggio.
Ricordo che iniziammo a parlare del gusto della torta: io la ritenevo troppo dolce e lei troppo rosa. Aveva detto a sua madre che l'avrebbe voluta poco sofisticata ma lei aveva fatto di testa sua.
Arrivammo ad un angolo e lei si appoggiò al muro: aveva le gambe incrociate, probabilmente per via del freddo, e le mani in tasca.
Improvvisamente le squillò il cellulare. Lo prese dalla tasca e lo infilò di nuovo con espressione stufa.
"Chi è?"
"Nessuno di importante."
La squadrai ridendo; non mi nascondeva niente perché sapeva sempre che l'avrei scoperto dopo. Mi sembrò troppo strano così iniziai a farle il solletico per cercare di estrarre il telefono dalla sua giacca.
Rideva come una bambina. Le sue braccia tenevano ferme le mie e aveva il viso girato verso destra.
Si intravedeva parte del suo collo, forse era la parte che mi intrigava di più di lei. Mi stressi le mani l'una dentro l'altra per trattenermi, ma non bastò.
Mi fiondai sul suo collo e le diedi un bacio, prima lentamente, poi altri.
Lei era ferma, e stringeva la pelle del mio avambraccio con le sue unghie.
Alzai la testa e la baciai. 
Un bacio lento, di quelli che si danno nei momenti di noncuranza.
Sapeva di cioccolato e menta, sapeva di felicità. 

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