AUGENBLICK - In un batter d'occhio -

di Leatessa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** INTRODUZIONE: PARTE PRIMA ***
Capitolo 3: *** INTRODUZIONE: PARTE SECONDA ***
Capitolo 4: *** INTRODUZIONE: PARTE TERZA ***
Capitolo 5: *** INTRODUZIONE: PARTE QUARTA ***
Capitolo 6: *** CAPITOLO UNO ***
Capitolo 7: *** CAPITOLO DUE ***
Capitolo 8: *** CAPITOLO TRE ***
Capitolo 9: *** CAPITOLO QUATTRO ***
Capitolo 10: *** CAPITOLO CINQUE ***
Capitolo 11: *** CAPITOLO SEI ***
Capitolo 12: *** CAPITOLO SETTE ***
Capitolo 13: *** CAPITOLO OTTO ***
Capitolo 14: *** CAPITOLO NOVE ***
Capitolo 15: *** CAPITOLO DIECI ***
Capitolo 16: *** CAPITOLO UNDICI ***
Capitolo 17: *** CAPITOLO DODICI ***
Capitolo 18: *** CAPITOLO TREDICI ***
Capitolo 19: *** CAPITOLO QUATTORDICI ***
Capitolo 20: *** CAPITOLO QUINDICI ***
Capitolo 21: *** CAPITOLO SEDICI ***
Capitolo 22: *** CAPITOLO DICIASSETTE ***
Capitolo 23: *** CAPITOLO DICIOTTO ***
Capitolo 24: *** CAPITOLO DICIANNOVE ***
Capitolo 25: *** CAPITOLO VENTI ***
Capitolo 26: *** CAPITOLO VENTUNO ***
Capitolo 27: *** CAPITOLO VENTIDUE ***
Capitolo 28: *** CAPITOLO VENTITRE ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


 
PROLOGO
 
 



Quell'estate Lily aveva scoperto un carinissimo "attrezzo Babbano" con il quale si stava divertendo un mondo. Suo padre non aveva fatto storie quando lei, gli aveva chiesto di comprarglielo. Harry Potter le aveva semplicemente raccomandato di non perdersi e di essere a casa per cena.

La quindicenne Lily che di senso dell'orientamento ne aveva da vendere, se ne stava in giro per Godric's Hollow, quasi tutto il giorno, con la sua nuova bicicletta. Una bellissima bicicletta.

Quel mese di luglio non era un granché asfissiante, suo padre lavorata al ministero quasi tutto il giorno e, sua madre era riuscita ad avere l’intero mese libero. Averla sempre in giro per casa, non era un problema, aveva notato Lily che, in quegli anni aveva fatto il callo alla non presenza della madre, per settimane, causa del suo lavoro da reporter. Quell'anno si sarebbe tenuta la finale del mondo di Quidditch, e Ginevra Potter si era aggiudicata, fortunatamente, solo il pezzo finale: quello sul grande evento. Al contrario di com’era accaduto gli anni precedenti, dove era costretta a stare fuori, in posti sperduti del mondo, per parecchio tempo.

Lily non vedeva l'ora di andare in Russia alla fine del mese e assistere alla finale Polonia vs U.S.A., così per smorzare l' agitazione, girava per il paesino non curante di quello le accadeva in torno.

Fu proprio per una serie di sfortunati eventi, infatti, che accadde quel che accade. Lily non aveva la minima idea di cosa fosse un semaforo e che con il rosso lampeggiante avrebbe dovuto fermarsi. Non aveva idea di cosa fosse un clacson e non capì proprio cosa fosse quel rumore assordante che, cesso di sentire solo quando si rese conto di essere andata a sbattere contro qualcosa. Contro una macchina. Un pick up avrebbe scoperto in seguito.

Non sentiva dolore e dopo aver controllato che non avesse nulla di rotto, si tirò su. La sua bicicletta non versava nelle sue stesse condizioni, purtroppo. "Hei, tutto bene?".  Il guidatore del mezzo, era sceso dalla macchina per soccorrerla. Lily notò che all'incirca, il ragazzo avrebbe potuto avere sì e no vent'anni. Bello. Alto. Moro. E con gli occhi grigi. Come se di occhi grigi non ne vedesse già abbastanza tutto l'anno. "Si tutto bene. La bici credo sia rotta però"  disse Lily, rendendosi conto, dal tono di voce, di essere molto arrabbiata con quel tipo che l'aveva quasi uccisa. Quasi e...

"Ti do un passaggio fino a casa. Sali"  Lily non aveva idea che non fosse buona cosa fidarsi degli sconosciuti. Così prima osservò il giovane caricare la bici nel retro del pick up e poi salì, accomodandosi sul sedile del passeggero.
"Dov'è che abiti? Comunque sono Lucas" disse ilare porgendole la mano. Lily la strinse e si presentò. "Vedi quella collina la giù... Da quelle parti, vai a destra!" Provò a spiegargli per arrivare a casa il prima possibile e dimenticare quella brutta situazione. "Non si può girare a destra. Divieto" le indico con l'indice. Lily di divieti non ne sapeva niente. Non aveva mai fatto nemmeno caso ai segnali stradali. Figuriamoci conoscerli. Si sconfortò un po' non sapendo come arrivare a casa, in compagnia di un totale sconosciuto. "Dovremmo percorrere un’altra strada". Girò a sinistra e iniziò a percorrere il viale alberato che a Lily piaceva un sacco.

"Non ti ho mai vista. Siete qui in vacanza?" Lily era intimorita. Fare o non fare conversazione? Non voleva sembrare maleducata ma nemmeno dare confidenza a un baldo giovane del quale conosceva solo il nome. Era una stupida. Punto. Che le era saltato in testa.
" Vivo qui, vicino la collina" ripeté di nuovo, marcando che lei viveva lì e se non l'avessero vista rientrare si sarebbe scatenato il fini mondo. Suo padre avrebbe come minimo raso al suolo la cittadina. Era confortata.

"Beh, vivo anch’io qui. Non ti ho proprio mai vista! Che liceo frequenti?" Cosa diamine era un liceo adesso? Avrebbe dovuto seguire babbanologia o chiedere più informazioni al padre per quanto riguardava le vite di quelle persone. Lei frequentava qualcosa però. Se si focalizzava sulle parole, ne era certa, sarebbe riuscita a inventarsi qualcosa. " Frequento un collegio, su in scozia. Per questo non mi hai mai vista!" Provò. Incrociò le dita, se passava questa prova, si disse, sarebbe riuscita a tornare a casa senza aver mandato all'aria lo statuto di segretezza magica. " Un collegio... Deve essere noioso. Stare tutto l'anno chiuda da qualche parte."

Lily non aveva mai pensato che fosse noioso. Lei si divertiva un mondo a girovagare per il castello. Quell'anno poi avrebbe avuto il mantello dell'invisibilità tutto per lei, avendo James finito la scuola. "E tu?" Se avesse parlato lui, Lily era certa sarebbe stato molto meglio. "Studio a Londra. Non frequentando, porto avanti il lavoro di mio padre o non avrei le possibilità economiche per studiare." Lucas le sembrava molto onesto o era quello che voleva apparirle. "Cosa studi?" Continuò per sondare il territorio. "Medicina, difficile materia ...".

Albus voleva studiare una cosa simile, nel loro mondo ovviamente e si ritrovò a concordare su quanto potesse essere una branca difficile. Il panorama le indicava che stavano per arrivare a casa. Fu sollevata. Quel ragazzo non aveva nessuna brutta intenzione. "Grazie per avermi accompagnata Lucas..".
"Black, Lucas Black" Lily ebbe un attimo di stordimento nel sentire il cognome. Ci pensò su, e arrivò alla conclusione che dovesse essere un cognome abbastanza comune. "Potter, Lily Potter" finì di presentarsi.

"Bene Lily Potter, indicami la casa" casa di Lily si trovava alla fine della strada. Proprio davanti alla casa dello zio Ron. Dopo avergli detto di proseguire, nessuno dei due ebbe l'accortezza di continuare la conversazione. La macchina si fermò proprio innanzi alla casa, dove sua cugina, che non aveva idea del perché fosse lì, guardava la scena in modo assai strano. Irreale. "Tua sorella?" Chiese Lucas, intimorito dallo sguardo di quella ragazza che non si muoveva di un millimetro dal vialetto della suntuosa villa. Molto suntuosa, si ritrovò a pensare Lucas.
"Cugina. Ok. Grazie ancora ... La bicicletta..." Provò a dire prima che con un cenno della mano Lucas liquidasse la questione. Le porse poi un foglio di carta con scritto un indirizzo. Il suo. "La riparo, vieni tra un paio di giorni. Sarà come nuova."
Lily sorrise, accettando l'aiuto e scese dalla macchina. Salutando con un cenno della mano. Lily non avrebbe di certo potuto dire "No vai tranquillo, con un colpo di bacchetta ci penserà mia cugina!" no, non avrebbe proprio potuto dirlo.
Lucas girò la macchina e scomparve sul viale. Lily caso strano sorrise.

Rose non aveva ben capito cosa avesse visto. Strattonò la cugina per poi portarla dentro casa, con pochissima grazia. Che era quella roba? "Cosa stavi facendo sul pick up di un babbano?" Rose babbanolagia l' aveva studiata e come, si ritrovò a pensare Lily.
"Un Babbano cosa?" La situazione, sarebbe stata molto semplice da spiegare se la sua interlocutrice fosse stata Rose. E basta. Suo fratello e il suo migliore amico, stavano lì a fare Godric solo sapeva cosa e lei, era appena finita in punizione. Ne era certa. "Mi ha investito con la macchina e poi mi ha portata a casa. Cosa avrei mai dovuto fare? Secondo voi?".

Alla parola “investita”, Albus, aveva avuto un attacco di cuore. Iperventilava. Povero. Quando riuscì a spiegarsi per bene, evitando accuratamente di nominare la bicicletta e l'incontro che avrebbe avuto con Lucas, Rose e Albus sembravano  rassicurati dal fatto che Lily non avesse iniziato a frequentare strane compagnie, per smorzare la noia estiva.

Scorpius osservava la scena divertito. Lily Potter aveva seri problemi a mentire, notò. S’infervorava, diventava tutta rossa e infine iniziava ad alzare la voce. Lily Potter era strana. Da quando la conosceva, non era cambiata un granché. Si era alzata in altezza e il viso si era un po' affilato e, non aveva più le guancie rosse da primina costantemente raffreddata. Per il resto era rimasta la stessa. Non aveva il ben che minimo di curve. E continuava ad agitarsi per ogni cosa come se non avesse niente di meglio da fare che intromettersi in tutto ciò che non le riguardava. Lily Potter era un essere al quanto strano. Già.
Rose, calmata la situazione, tornò al suo studio intenso con il cugino e Scorpius. Uno Scorpius che a detta di Rose fissava un po' troppo la cugina.

" Lily" la chiamò Albus, prima che lei sparisse sulla tromba delle scale. "La partenza é lunedì. Vedi di essere pronta o ti lasceremo qui!" Puntualizzò, marcando quanto lei adorasse farsi aspettare.
Tra meno di una settimana si sarebbero spostati in Russia per la finale. Lily era molto eccitata. Ma, a dirla tutta, era ancora più eccitata di scoprire qualcosa su quel Lucas.

Quante possibilità c'erano che in un villaggio magico come quello, ci fosse un Babbano di nome Black? Ricordando vagamente qualcosa si ripromise di fare un'attenta ricerca sull'argomento. Certo sarebbe stato molto più comodo andare direttamente a Grimmauld Pleace, ma ciò non era possibile. Suo padre, gran d'uomo lui, aveva ingaggiato Lucy per una ristrutturazione completa, per poi spedirci a vivere James, che di stare in casa con i genitori non ne aveva nessuna intenzione.
 
***
 
James Potter, che non aveva molto da fare, osserva i lavori a Grimmauld Place. Lucy, ci aveva impiegato mesi prima di iniziare a metter mano alla casa e renderla vivibile per un giovane aitante come lui.

 Lucy prima di iniziare i lavori, i tantissimi lavori, aveva dovuto scoprire, con parsimonia e pazienza, tutti gli incantesimi che erano stati lanciati sulla casa. Era stato un lavoro lunghissimo. Aveva già lavorato alla ristrutturazione di case antiche e sapeva bene quale sorta di magia potevano celare ma, la vecchia dimora dei Black era stata un vero rompicapo. Credeva bene che Silente l’avesse voluta come sede dell'ordine, anni prima. Dopo mesi di lavoro, di contro incantesimi inutili, spezza incantesimi che non erano serviti a nulla, Lucy stava finalmente lavorando sull'architettura della costruzione.
Quella mattina James, che non aveva proprio niente da fare, se ne era arrivato lì, con l'idea di fare una grande piscina all'ultimo piano. Con un bel tetto giardino magari.

Lucy provava a mandarlo via da ore e pregava Rowena che il corso per Auror iniziasse il prima possibile. In modo che lei, potesse lavorare senza trovarsi il cugino tra capo e collo, tutti i giorni.
"Per settembre sarà pronta? Non vedo l'ora di fare le valigie e andar via di casa" le chiese di nuovo il cugino. "James, quando avrò finito, sarai il primo a saperlo. Ora, va via. Va dalla tua fidanzata. Va..." Messo alle strette, da una cugina che iniziava a dare i numeri, James non poté che non darle ascolto e darsela a gambe da quella che sarebbe stata la sua futura casa. Si diresse al Paiolo. Avrebbe certamente trovato qualcuno con cui fare due chiacchiere.

La sua fidanzata, Tessa McGonagall, in quei giorni, era troppo presa ad assistere la nonna che per come aveva capito non aveva ancora molto da vivere. Tessa, era affezionatissima alla nonna, unico elemento familiare che l'aveva sempre supporta e assistita in quegli anni. James sperava la prendesse bene. Ricordava ancora quando era morto suo nonno, gli era molto affezionato e si divertiva a stare in quel garage a fare cose strane con la roba babbana. Perdere suo nonno l'aveva scosso nel profondo, essendo lui un bambino di cinque anni, che per la prima volta nella sua vita aveva perso qualcuno che amava. Per Tessa sarebbe stata la stessa cosa. Sotto sua richiesta però aveva accettato di non farle compagnia, quindi solo e senza nulla da fare, si stava annoiando a morte.

Dominique Weasley, era da poco tornata in Bretagna. La sua idea era di restare per le vacanze estive, salutare la famiglia, fare qualche ricerca che l'avrebbe aiutata per il lavoro che aveva in mente e poi partire. Di nuovo. La sua destinazione era Marsiglia. Lì viveva sua zia Gabrielle che, si era offerta di ospitarla per tutto il tempo che avrebbe desiderato. Dominique ne era stata entusiasta. Aveva imparato ad amare Marsiglia. La prima volta che c'era stata, aveva sì e no sei anni e aveva odiato andare in vacanza senza James. La seconda volta aveva fatto i capricci con sua madre, finché stanca di sentirla urlare come una banshee, aveva chiesto alla zia Ginny, se ci fosse stato qualche tipo di problema nel lasciare James con loro per quelle vacanze.
La terza volta era stata circa un anno fa. Lei e James si erano lasciati da mesi. Non per sua scelta. E lei, per non vederlo aveva deciso di andare dalla zia materna e non mettere mai più piede in Bretagna.

La rottura con James le aveva lasciato l'amaro in bocca. Credeva sul serio che sarebbero riusciti a resistere, invece, James, non ci aveva pensato due volte a trovarsi una nuova fidanzata, mettendo lei nel dimenticatoio.
Della relazione tra James e Tessa ne era entrata a conoscenza l'estate prima, da suo fratello Louis, che era sceso a Marsiglia per salutarla, e non si era reso conto di star parlando un po' troppo. Veramente troppo.

Il tradimento di entrambi le bruciava. Tessa era stata la sua migliore amica per anni. E lei non era disposta a perdonarla. Per quanto riguardava il fronte James, era tutta un'altra storia. Dominique aveva capito, con il tempo, che il sentimento che provava per James era di un amore fraterno così forte che, alla sola età di quindici anni non avevano non potuto scambiarlo per qualcos'altro.
Incontrare James non rientrava comunque nelle sue priorità. L'aveva lasciata via lettera, una lettera alla quale lei non aveva nemmeno risposto. Poteva affermare che non si vedevano da quel catastrofico pranzo di famiglia e, vederselo piantonato lì davanti, con una faccia da abete, non era di certo il primo tra i suoi desideri.

Entrambi pensarono dell'altro che il tempo li avesse solo migliorati. James era molto più bello che due anni prima e di Dominique, erano certi entrambi, si potesse affermare la stessa cosa. Presi alla sprovvista, non avevano ben chiaro cosa dovessero fare. Così mentre Domi pensava a come andar via da lì in fretta, James propose di prendere un gelato da Florian, giusto per raccontarsi cosa avevano combinato in quegli anni.

Al contrario di come Dominique si era immaginata, stare in compagnia di James era semplice come respirare e dopo i primi dieci minuti di imbarazzo si lasciò tranquillamente andare, iniziando a raccontare quando l'istituto americano fosse figo e meraviglioso.
James ascoltava sua cugina parlare. Sembrava non fosse passato un solo giorno dalla loro separazione. Aveva ancora il vizio di agitare le braccia quando la conversazione la riguardava personalmente e di mandare indietro i capelli che le cadevano sugli occhi impedendole la vista. Sorrise. Rivedere Nicky dopo tutto quel tempo era qualcosa che non aveva nemmeno pensato di immaginare. Aveva accatastato lei e il loro amore subito dopo essersi fidanzato con Tessa. Si disse che non stava tradendo la fiducia della sua fidanzata e che una volta risolta la questione della nonna, entrambe sarebbero state felici di rivedersi.

Quel pomeriggio per i due cugini, rivedersi, parlassi e scherzare come quando erano bambini, fu la cosa più divertente che fosse capitato loro nell'ultimo periodo. E dopo essersi salutati, rimasero a pensarci per un bel po'.
 Entrambi. James e Nicky avevano ritrovato una parte di loro stessi. Il loro amore fraterno era così forte che inconsciamente avevano superato rancori e fraintendimenti che, nei due anni precedenti si erano andati a creare.
 
***
 
Lily con un tomo gigantesco nella mano destra e una tazza di succo di zucca nella sinistra, quella sera, era pronta ad immergersi in uno studio accurato dell'albero genealogico dei Black. Sperava proprio si trovare qualcosa in modo che, la sua estate sarebbe stata interessante e ricca di scoperte anche per quell'anno.
 

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Capitolo 2
*** INTRODUZIONE: PARTE PRIMA ***


INTRODUZIONE: PARTE PRIMA

Caldo. Caldo é l'aggettivo corretto che si dovrebbe dare a quella lontana estate del 2020. Calda, come il cuore di ogni singolo elemento della sua bizzarra e asfissiante famiglia. Doveva ammettere che l'estate poteva essere definita un po' come la loro stagione preferita, perché no? Lily Potter questo pensava mentre se ne stava seduta sotto un albero di pero, in compagnia di un disagiato Hugo, che sembrava disinteressato a tutta quell’angustiante faccenda al contrario di lei che, lì, sotto quell'albero non riusciva a distogliere lo sguardo da suo fratello maggiore e dalla tristezza che lo martoriava.

James Potter seduto scomodamente sul davanzale della finestra sembrava in procinto di suicidarsi dalla disperazione, o almeno così pensava Lily che, a dodici anni poco ancora capiva dell'amore e di tutti gli intrallazzi che ne facevano parte.
La tana spopolava di parenti, parenti agitati che nelle ultime ore avevano preso una delle decisioni più difficili degli ultimi vent'anni, per quello che poteva saperne lei. Lei che se ne stava lì e non aveva granché da fare se non pensarci e sperare che alla fine in un modo o nell'altro, alla fine di quella lunga e calda estate, tutto sarebbe tornato alla normalità se, essere una Potter, la più piccola dei Potter e in aggiunta far parte dello smisurato clan Potter-Weasley potesse essere considerato un sinonimo di normalità.

Albus Potter, come la sorella, rimuginava in modo assai diverso sugli stessi avvenimenti dell'ultima settimana. Nella mansarda della tana, impolverata e angusta, affacciato al finestrone che nessuno si spiegava come fosse finito là, si nascondeva dal resto della famiglia, sperando con tutto il cuore che il primo di settembre si sbrigasse ad arrivare. Lui, di starsene lì ad ascoltare discorsi che non aveva mai creduto possibili potessero avvenire in quella accozzaglia di patentato che si ritrovava, ne aveva le pluffe piene se proprio doveva essere onesto e tante grazie se gli avessero riso dietro, continuava a ripetersi.
L’ammasso di pensieri che aveva nella testa e che di logico avevano ben poco, stavano per prendere vita e fuoruscire dalle sue labbra, tanto era vero che il giovane Potter mal sopportava non dire quello che pensava, soprattutto se la sua interlocutrice si chiamava niente po’po’di meno che Rose Granger- Weasley.

Rose con non poca fatica aveva appena raggiunto suo cugino nella mansarda, dimenticata dagli Dei, dove solo quell'apatico del cugino amava nascondersi da che ne aveva memoria e lei di memoria diciamocelo ne aveva da vendere. Albus guardava il cortile con interesse come se lì si nascondesse il più antico segreto dell'universo, osservò con appunto Rose che voleva un commento su quella situazione che potesse con certezza maniacale rassicurarla. E chi se non Albus poteva fare ciò?
"Come credi che si metteranno le cose?" Iniziò a chiedere, rimanendo alle spalle del cugino e soprattutto all'ombra. "Peggio di come credete che andranno, forse?".

Albus stava pensando al modo più corretto o per meglio dire opportuno, con il quale avrebbe dovuto impostare la conversazione. Di perder tempo a spiegarsi non né aveva granché voglia e Rose, conoscendolo doveva già esserci arrivata da sola.
"So che ieri sera, tuo padre e lo zio Bill ne hanno parlato a casa vostra?" Tentò di nuovo, iniziando a pregare gli Dei che Albus si decidesse, di grazia, a proferire parola. "Se parlarne é il termine corretto, beh sì. Leggeri toni soavi sono volati tra le mura della cucina di casa. Credo che sia anche saltato un lampadario, tanto per fare scena suppongo?".
"Al! Per l'amor di Morgana, dimmi di cosa diavolo hanno discusso ieri sera!" Si alterò, mentre una goccia di sudore iniziava a colarle dalle tempie. Caldo, faceva troppo caldo quell'estate. "Oltre all'incesto venuto a galla tra il mio virile fratello e la nostra altera cugina, i provvedimenti per l'angusto avvenimento sono stati l’ordine della serata." Iniziò a spiegare, pensando che, precisando cosa James e Nicky avevano combinato poteva in qualsivoglia modo render la faccenda meno ridicola, per come la vedeva lui. "L’idea più gettonata é stata quella di spostare James o Nicky di istituto e qui, apriti cielo! Avranno discusso per un’ora su chi dovesse essere esiliato, - rise, pensando che l'aggettivo supportasse a pieno l’avvenimento - e spedito in un altro stato". Non vedeva Rose, poiché continuava a darle le spalle, con ciò non poté vedere come la piega delle sue labbra aveva preso a incresparsi verso il basso. "Quindi?" L’ho spronò a continuare. "Quindi, per il bene comune, é intervenuta tua madre. E non chiedermi per quale insopportabile motivo fosse a casa nostra, alle due del mattino". Rose e la madre, di quei tempi non andavano molto d'accordo: sia il fatto che Hermione Granger-Weasley passava a casa il tempo indispensabile per darsi una sistemata e tornare al ministero, sia il fatto che Rose era una quindicenne problematica, portava entrambe ad essere su due lunghezze d'onda differenti e, questo determinava che le due si scontrassero di continuo.

"Zia Hermione é stata molto pragmatica e risoluta. Ha accennato al fatto che per una questione politica James non può lasciare il paese. La figura di mio padre, sembra possa risentirne. Ma? Salasar solo sta cosa stanno cambiando al Ministero tutti e due! Così, a causa di forze maggiori, ma, magari forse politiche é meglio che dici? Sarà Nicky ad abbandonare la Bretagna!" Finalmente la guardava in faccia. Come se tutte quelle cose non le avesse capite anche lei, pensò, spostandosi  vicino alla cugina e respirando all'ombra della mansarda. "Andrà a Beauxbâtons?!".
Non era una vera e propria domanda, il tono di Rose era piatto e asettico, più che altro confermava le sue teorie. "Cosa pensi?" Provò di nuovo.

"Rosi, non frega niente a me di chi si porta a letto mio fratello! Soprattutto se lo fa con coscienza e felicità! É sembra esserne cosciente dato che, con coraggio Gryffindor -sogghignò - ha avuto le pluffe di dirlo alla famiglia." Prese una pausa, quel caldo gli aveva asciugato la lingua e Salazar quanto stava parlando! "Sarò onesto nel dirti: un comportamento del genere dalla nostra famiglia non me lo sarei mai aspettato! Da anni non fanno altro che sproloquiare su quanto l'amore, con l’A maiuscola, sia il mezzo per ogni cosa e ora... BOH non é più così!".
 Il Boh era stato molto sentito, l’aveva perfino mimato con le braccia, come se non avesse sudore che gli grondava da ogni dove.

"Sarà per la nuova legge che vuole far approvare mamma! Né parlava con papà qualche giorno fa". L’attenzione di Albus era su di lei, che di leggi da approvare non aveva proprio sentito parlare la sera prima, mentre quatto quatto, origliava la conversazione tra i suoi genitori e i suoi zii. "Impedire i matrimoni tra i consanguinei, chiedeva a papà se secondo lui, era meglio proporre terzo o quarto grado di parentela." Concluse, legandosi i capelli con un fermaglio al quanto insolito per lei.
"Quindi la faccenda politica é la legge?No è impossibile Rose?" Disse pensandoci bene. Che centrava James con quella legge? Della relazione incestuosa a quanto avevano spiegato suo fratello e sua cugina non ne sapeva niente nessuno. Quindi anche fosse un problema e, a quanto pare lo era, l' unica cosa che bisognava fare era non disperdere la notizia. "Credo anch’io a questo punto. Il problema per loro resta però, la nostra famiglia non può mostrarsi favorevole a una legge e poi non rispettarla lei stessa! Dovremmo salutare Nicky a quanto pare!". Terminò sodalizia con tutta l'intenzione di porre fine al discorso. Si osservarono, faceva proprio caldo e il primo settembre era ancora troppo lontano.

La porta si aprì malamente, la testa di Lucy fece capolino chiedendo se fossero pronti a dare una mano di sotto giacché nessuno, ancora, si era preso la briga di apparecchiare la tavola. Lucy e i suoi lunghi, lunghissimi capelli rossi, li precedevano in quell’architettura di scale male assortita. Il pranzo della domenica era alle porte pensò Albus, chiedendosi se la nonna avesse preparato la torta al rabarbaro.

James non si era mosso di un millimetro, continuava a ripetersi che se non avesse insistito così tanto e, avesse dato ascolto a Nicky, tutta quella situazione non si sarebbe venuta a creare.
Nicky si era da poco accomodata vicino a lui, vicini ma distanti, le loro mani quasi si sfioravano senza il coraggio di toccarsi davvero, in quella casa dove tutti li osservavano con modestia parsimonia.
Voleva scusarsi, dirle che aveva ragione, ma non sarebbe servito a niente. Non sarebbe cambiato niente. Così stavano lì, vicini ma lontani. Com’erano sempre stati d'altronde.

In quel sodalizio silenzio Vicky fece la sua comparsa, seguita da Teddy, che povero dal canto suo si trovava tra due fuochi: James, amico e fratello; Vicky fidanzata e futura moglie, per come stavano andando le cose.
"Nicky! - sobillò a chiare lettere - aiutami, la tavola é ancora da apparecchiare!". Nicky che dal canto suo non aveva nessuna voglia di stare in compagnia della sorella che in quei giorni non aveva mai pensato di appoggiarla, si alzò di malagrazia, incamminandosi verso il vecchio garage di nonno Arthur, lasciando Teddy, il povero Teddy, in pieno fuoco amico\nemico.
Teddy che ne aveva vissute molte e che come Auror si apprestava a viverne altri cento di giorni come quello, si sedette vicino a James sperando di cuore che si aprisse con lui.

James pregava Godric che Victoria uscisse dalla stanza e andasse a fare qualcosa di utile per la nonna, invece, di starsene lì a fissarli come se il fatto che Teddy volesse stare con lui, significasse alto tradimento. Per fortuna capì l'antifona e li lascio lì a bearsi dal caldo. "C'è qualcosa che vuoi dirmi Jim?". James non aveva un granché da dire, neanche a Ted. James era sconfortato e umiliato dall'atteggiamento della sua famiglia e questo bastava a farlo stare ancor più da schifo di come in realtà avrebbe dovuto sentirsi. "No! Non c'è niente che io abbia voglia di dirti." Proferì ferendo l' amicizia fraterna che legava lui e Teddy.

James aveva sedici anni, aveva preso degli ottimi voti a G.U.F.O e si apprestava a frequentare il sesto anno. James aveva sedici anni e credeva che l'amore fosse la magia più forte dell'universo. Quell'estate però dovette ricredersi.
Si alzò sperando che nessuno lo seguisse, proprio mentre Fred e Roxie, sudati per il caldo e gli allenamenti di quidditch appena terminati, si immergevano nel tepore della casa. Nessuno dei due, sapeva bene cosa dire in realtà e, lasciarono che James uscisse in giardino osservando con sguardo rincuorante Albus e Rose che avevano appena terminato di scendere le scale e, una Lucy dallo sguardo frivolo che, di frivolo per loro che la conoscevano bene, non aveva proprio niente.
 
Hugo aveva appena iniziato a lamentarsi per la fame quando Lily vide scorgere la figura di suo fratello che si incamminava verso di lei. "Hugs, hei Hugo... Va dentro. Controlla se é pronto!" L’ ho spronò strattonandolo finché suo cugino non si decise ad alzarsi e a lasciarla lì da sola.
Hugo diede una pacca a James sulla spalla prima di lasciare i due fratelli da soli, poi il suo stomaco si lamentò e decise che avrebbe sgraffignato qualcosa dalla cucina, giusto per appuntarsi lo stomaco.

James si sedette vicino a Lily. Come prima non aveva una granché voglia di parlare, così non disse niente, sperando che lei, da dodicenne che nulla sapeva dell'amore non si intromettesse troppo in fatti che ancora non poteva capire. Lily dal canto suo che sí, di amore non voleva ancora capirne niente, aveva una gran voglia di parlare, perciò proferì parola sbattendosene se suo fratello non l' avesse ascoltata. Peggio per lui!
"Io voglio dire la mia!" Iniziò, sperando che James la ascoltasse. Lui, la osservo bene, come per dire: Sentiamo l' ennesima perla della giornata! Non aveva niente contro Lily ma su serio ne aveva le pluffe piene di ascoltare il parere degli altri.
"Non sono mai stata innamorata ma, avverrà presto quel giorno!" Affermò con decisione e James pensò che non era sul serio pronto all'avvento di quel giorno. "Da persona che non é mai stata innamorata, credo, ma potrebbe non essere corretta la mia opinione, che tu e Dominique avete preso un grande abbaglio! Un gigantesco abbaglio" mimò con le mani.

"Sai, sono sempre stata un po' gelosa del vostro rapporto. Quando eravamo piccoli credevo che preferissi lei a me come sorella! Ridicolo no? Eppure eravate sempre insieme. Avete fatto tutto insieme: Imparare a parlare, prima volta sulla scopa, Hoqwarts! Io ero sempre indietro come sorella! Questo capitava anche tra Rose e Al e, con il tempo ho notato che io e Hugo facevamo le stesse identiche cose. La nostra famiglia ci ha insegnato che l'amore é alla base dei nostri legami più profondi. Noi siamo cresciuti tutti insieme. Siamo fratelli e cugini. Siamo amici. Tu e Dominique siete cugini, siete amici... Il legame così profondo che esiste, tangibile fra di voi, vi ha fatto credere di poter essere anche qualcos'altro, per come la vedo io." Cercò di concludere, sperando che in quel breve discorso, fosse riuscita a mettere tutto il suo pensiero. Ci ripensò e riprese la parola prima che James potesse commentare qualsiasi cosa. "La distanza farà bene ad entrambi, e tra un po' di tempo verrai a dirmi: Hei sorellina sai che in fondo avevi ragione!" Terminò convinta, facendogli il verso. E sorrise, sorrise perché non poteva non dire quello che pensava a suo fratello. Perché lei ed Al, erano fatti così: le emozioni dentro proprio non potevano tenersele.

James osserva Lily con la speranza che un po' avesse ragione, magari! Con la speranza che quel dolore al petto si sarebbe attenuato nel tempo e che lo stomaco, prima o poi,  smettesse di contorcersi ogni volta che guardava la cugina. Sperava che Lily, la dodicenne Lily, fosse così matura da aver almeno in parte detto qualcosa che potesse farlo dormire la notte. Ogni notte.
"Hei voi due... É pronto!" Urlò Hugo dalla porta, sbracciandosi come fosse allo stadio e i Cannoni avessero appena preso il boccino.
 
Nicky si era chiusa in garage, aveva distrutto meta del suo contenuto alla babbana e ora piangeva isterica senza riuscire ad inveire contro qualche Dio lontano e cattivo. Louis la trovò così, con le mani nei capelli e il trucco sfatto.
Dopo essersi osservati per un po', Nicky che di non parlare con nessuno non ne poteva proprio più, inveì contro il fratello iniziando a gridare come una matta isterica tutto ciò che le passava per la testa. Solo quando si fu calmata le sue parole, iniziarono ad avere un senso. Louise aspettò che si tranquillizzasse e per tutto il tempo non disse una parola. "Non é affatto giusto! Non mi merito nulla del genere! Li odio, li odio e non voglio vederli. Mi mandano via neanche avessi ammazzato qualcuno o avessi decantato odi a Voldemort! Loro che ne sanno? Se ne stanno lì e sputano sentenze come se qualcuno li avesse eletti giudici della vita dei loro figli! Sono io il giudice di me stessa. Io misuro le mie colpe! Non loro. Io..."
Quando non ebbe più fiato in corpo Louis la abbraccio, rassicurante del fatto che in un modo o nell'altro tutto sarebbe andato bene. Ne era certo. La lasciò così, intenta a sistemare il trucco che le era colato su tutto il viso e che la faceva assomigliare ad un brutto scherzo del destino.

Vicky con cipiglio severo se ne stava lì, fuori dal garage, aspettando che uno dei due uscisse. Di quella situazione non ne poteva proprio più. L' unica cosa del quale si sarebbe dovuto discutere quell'estate era il suo imminente matrimonio. Di quando lei amasse Teddy e di come da persone mature avevano deciso che sì, avrebbero passato tutta la vita insieme.

Louis uscì per primo. Avevano parecchi problemi di quei tempi. Louis, che per giusto studiava all’accademia Auror, da qualche mese non portava i risultati sperati e che in tutti quegli anni l’avevano contraddistinto. Lei e sua madre, pensavano bene che le compagnie che aveva iniziato a frequentare, non fossero un toccasana per i risultati accademici del ragazzo. Ted affermava che non era un gran problema e, che ai giovani apprendisti Auror un po' di svago servisse. Lei non ricordava che Ted si fosse preso questi svaghi ai suoi tempi.

Louis interruppe i suoi pensieri afferrandole il polso malamente e costringendola a guardare verso di lui. "Dovresti essere comprensiva! Darle tregua ... Sei sua sorella, non sua madre!". Le lasciò il polso e rientrò in casa, lasciandola lì, con la consapevolezza che forse qualcosa non stava andando per il verso giusto se l'unica persona con cui era sempre d'accordo era la madre e che, con i fratelli, da anni, non riuscisse ad avere uno straccio di rapporto decente.

 
***
Un pranzo così alla tana non si era mai visto. Il silenzio assoluto regnava sovrano. Fred vicino ad Hugo, gli sussurrò, credendo che nessuno potesse sentirlo, che nemmeno quando Molly, Rose e Al erano stati smistati a Serpeverde, avevano assistito ad un evento del genere. Roxie che non era da meno, sproloquiò dicendo che nemmeno il taglio raso di Molly aveva provocato una caduta di lingue di quella proporzione. Ma, nessuna di quelle battute riuscì a smorzare la tensione e, il pranzo proseguì in assoluto silenzio finché la torta di rabarbaro che Al tanto agognava non fu servita a tavola.

Albus voleva veramente affondare la forchetta nella sua fetta di torta. Lo voleva con tutto il cuore! Ma quella giornata proprio non voleva smetterla di metterlo di cattivo umore.

Suo zio Bill si alzò e prese parola. Finalmente qualcuno parlava. Aveva sperato fosse suo padre. Chissà perché quando aspettava un discorso, pensava sempre a suo padre e alle sue filippiche sull'amore universale.

"Abbiamo concordato, ieri sera, che per smorzare la situazione che si é venuta a creare e mettere fine alla relazione ... " prese tempo Bill, prese tempo, sperando che qualcuno lì avesse ancora qualcosa da dire e, fosse così coraggioso da proporre un altra soluzione,  evitandogli di spedire sua figlia lontano dalla Bretagna. "Dominique andrà a studiare all'estero. Precisamente ad Ilvermorny, negli Stati Uniti!"

Se fino a quel momento non era volata una mosca al tavolo dei Weasley, adesso avevano anche smesso di respirare. Fu James che alzandosi diete vita ai pensieri di tutti i presenti.  "America" urlò!

"La mandate in America!" Questa fu l'ultima frase comprensibile che si riuscì a estrapolare dal litigio avvenuto da lì a qualche secondo.

In casa Weasley non era mai avvenuta una cosa del genere. Molly che di anni ormai ne aveva un bel po' pregava il marito che qualcosa di buono fosse ancora rimasto nella loro casa. Ma Arthur seppellito al cimitero del villaggio vicino, non poteva poi fare granché.

Quella per come la vedeva Lily, fu l'estate più calda che riuscisse a ricordare, un po' come l'inverno che stava per arrivare. Un inverno senza neve in Bretagna Lily non l’aveva mai visto!

 

 
Salve a tutte! Vorrei iniziare con il ringraziare chi ha recensito il primo capitolo e, chi ha inserito la storia in preferite/seguite/ricordate. Grazie a tutte/i.
Vorrei precisare per quale motivo la mia scelta è caduta su la scuola di Ilvermorny, esclusi gli ovvi motivi: è nuova e fighissima. Credo, ho immaginato (sarebbe meglio dire) che la tecnologia dei maghi nel 2020 sia ad un livello superiore rispetto a gli anni novanta. JKR in un suo scritto su Pottermore ha accennato al fatto che ci siano altri binari oltre al 93/4  , uno tra questi potrebbe benissimo portare a in Francia e quindi permettere a James di raggiungere la cugina. Spostarsi di continente è molto più complicato: permessi, documenti, passaporta intercontinentale ecc. ecc., sarebbero da ostacolo ad un sedicenne che ha disposizione solo una giornata (uscita ad Hogsmeade) per andare e tornare. Per questo motivo, la famiglia, conoscendo il temperamento dei ragazzi ha optato per questo brusco allontanamento. Credo sia tutto.
Alla prossima. Ciao.

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Capitolo 3
*** INTRODUZIONE: PARTE SECONDA ***


INTRODUZIONE: PARTE SECONDA
 
 
 
 
 
Lily non vedeva l'ora che arrivasse l’inverno; di caldo e sudore ne aveva proprio abbastanza! Ma essendo quello il primo di settembre, di tempo affinché l’inverno arrivasse c'è né volva ancora un bel po'.
Un primo settembre così a casa sua non si era mai visto, anche se, sarebbe coretto dire che di giornate "così" a casa sua non se ne erano mai viste. Quel litigio, aveva fatto si che la famiglia unita quali erano prendesse le distanze e, di pranzi della domenica alla Tana non se ne era più parlato. La nonna che mal poteva sopportare tale atteggiamento, girava di casa in casa, sperando che i suoi figli ritrovassero la ragione. Con scarsissimi risultati si ritrovò a pensare Lily, che proprio la sera prima si era sognata il rognone della nonna e inveiva in aramaico per tutta quella situazione.

"Di iniziare il terzo anno così non se parla!" Sproloquiò all'improvviso. Se la sua interlocutrice non fosse stata una ragazzina della sua stessa età, con una tempra morale considerevole, avrebbe avuto un coccolone per quanto gridò forte la giovane Potter.
"Sta seduta, non ho intenzione di portarti di peso nel vagone dell'infermeria." La mise subito a tacere Petunia.

La cugina Petunia era un elemento "strano", era entrata nella sua vita tre anni prima: suo padre, buono suo padre, era arrivato a casa con  una bambinetta tutta capelli e da gli occhi credibilmente verdi, come quelli di Al, tant'è che per un attimo sua madre aveva pensato ad una figlia illegittima di Harry Potter. La bambinetta altro non era in realtà che la secondogenita di quel cugino babbano che si ritrovavano. E, per puro caso del destino, ma anche no, aveva ricevuto la sua lettera per Hoqwarts.

In quei tre anni, anche se smistate in case diverse, le due cugine avevano approfondito la loro amicizia e come ogni anno viaggiavano nello stesso vagone, dirette in Scozia.
"Quindi questo è quello che successo" finì Lily, che con garbo aveva appena finito di raccontare a Tunia gli avvenimenti di casa Potter. "E' sempre esilarante sapere che a casa tua va peggio che a casa mia, a no! E' la prima volta che accade... Pensavo che mi sarei sentita oltremodo soddisfatta! Invece pensa tu... "
"Smettila un po'..." Petunia era fatta così: risoluta e molto scorbutica con il prossimo, ma in fondo, molto in fondo, era una persona buona e civilizzata. Ne era certa, altrimenti non si spiegava in quale modo fosse possibile che le piacesse passare del tempo con lei.

 
***

Il primo settembre era arrivato, James Potter non era mai stato così silenzioso. Il vagone era stipato di gente, come sempre del resto! Fred era tutto preso nel raccontare gli avvenimenti estivi a uno scioccato William e a una triste Tessa che, causa delle ultime faccende, si era vista portare via la sua migliore amica.
Tessa era molto arrabbiata con James. Quando Nicky diversi mesi prima le aveva raccontato della loro relazione, lei aveva suggerito di mettere un freno a tutta quella storia, prima che a uno dei due andasse in pappa il cervello e sfuggisse il controllo. Invece no! Testoni! Stava lì sul treno, da sola, a guardare cagnescamente James e ad ipotizzare una sua ipotetica morte, per mano sua.
William, curioso, si stava facendo raccontare i più piccoli particolari, inveendo che una tale bellezza come Nicky fosse stata mandata dall'altro lato del mondo.
 
Qualche vagone più in là, un contentissimo Al Potter se ne stava sdraiato sui sedili del treno, sorridendo come un idiota e pensando esclusivamente al fatto che, il primo di settembre fosse finalmente giunto.
A fargli compagnia due figure sufficientemente inquietanti, sedevano di fronte a lui. Tarquin Nott, baldanzoso, leggeva un libro o per meglio dire impegnava il suo tempo nello sfogliarlo, sperando che qualcosa di abbastanza divertente accadesse prima di scendere dal treno. Scorpius Malfoy dal canto suo era sorpreso dal racconto di Al, lui e Nicky, erano sempre andati molto d'accordo, anche con lo zampino di Potter che non poteva far almeno di rendergli la vita impossibile, per come la vedeva Potter ovviamente.

La partenza di Nicky era sconfortante, gli piaceva studiare con lei, era riservata mentre studiava, tutta quella boria e arroganza sparivano quando si sedeva al tavolo della biblioteca e si concentrava sui libri di testo. A Scorpius ricordava un po' se stesso. Con i suoi amici, non aveva molti problemi a confrontarsi, ad essere se stesso ma, sapeva bene come appariva a gli occhi degli altri: quella saccente di una Potter non faceva altro che ripeterglielo, tutte le volte che malauguratamente aveva la sfortuna di incontrarla per i corridoi.
 
"Ecco dove eravate! Scorpius! Sei un prefetto per quale insensato e becero motivo hai saltato la prima riunione dell'anno?" Rose Weasley era inquietante. L' aveva sempre pensato sin dalla prima volta che se l'era ritrovata di fronte in sala grande. Spaventosa. Non faceva altro che gridare e dare ordini a destra e a manca, la spilla da prefetto era l' unica cosa che non le serviva, per come la vedeva lui. "Rosi datti una calmata! Al mi stava raccontando di come la vostra vacanza estiva sia stata spassosa!"
 
Rose che le parole spassosa e vacanza nella stessa frase non voleva proprio sentirle nominare, con una grazia innata, per modo dire, si sedette sullo stomaco di Al rivendicandogli le peggiori torture.
Sophia Zabini entrò subito dopo di lei accomodandosi al centro tra Scorpius e Tarc, salutando Albus con un cenno della mano. "Passate buona vacanze quindi!" Sorrise melliflua in direzione dei due cugini che, nel frattempo si erano sistemati composti sui sedili. "Perfida di una Zabini" si complimentò Nott, ammiccando in modo al quanto snervante ad una Zabini del tutto indifferente.

 
Il quinto anno Serpeverde era ben assortito. Rose e Sophia, si conoscevano da ben cinque anni e tra loro era nata una buona amicizia. Sophia amava prenderla in giro e risponderle in modo cattivo, ogni volta che c'ho avveniva la Weasley si imporporava di rosso e le fumavano le orecchie. Scorpius non ci capiva molto di questa logica femminile ma, a conti fatti si trovava molto bene con loro. La scoperta sorprendentemente era stato Albus. Sin da subito avevano stretto amicizia e in quegli anni era anche capitato che lui andasse a trovarlo a casa nelle vacanze estive e viceversa. I loro padri, vecchia scuola, con il tempo ci avevano fatto l'abitudine e Scorpius poteva affermare con certezza che a casa Potter si respirava una bella aria. Senza escludere che i dolci al lampone della signora Potter erano i migliori che avesse mai assaggiato.
 
"Oggi é il primo di settembre!".
"Al l'hai già detto sessantotto volte" gli fece il verso Scorpius.
Albus era contento. Non sapeva bene spiegarsi perché, dato che gli restava una faccenda irrisolta che in quel momento lo fissava con sfida ma, poteva affermare, ne era certo, che quello sarebbe stato un bell'anno.
 
***
 
Il treno si fermò con estenuante lentezza e Lily non vedeva l’ora di scendere e abbracciare la sua migliore amica. Non riusciva a vederla da nessuna parte: bassina, più o meno come lei, capelli rossi e occhi scuri. Dove si era cacciata?
 
Augusta e Alice Longbatton erano arrivate alla stazione con leggero ritardo. Il treno era già lì e gli studenti scendevano frenetici. Agie individuò la sua amica e con fare spedito la raggiunse prima che potesse salire su una delle carrozze. "Tess" provò un paio di volte. "Tess". Tessa McGonagall, si girò verso di lei, sorridendo sorniona nel vedere almeno una faccia amica, di fissare male James Potter non ne poteva proprio più. "Sappi che quest'anno sto odiano ancora di più il fatto che tu abiti ad Hogsmeade e che io mi sia dovuta sorbire quei tre idioti tutta da sola, per tutto il giorno!"
Poi l’abbracciò, perché Agie le era mancata un casino quell'estate, perché era l' unica vera amica che le era rimasta a scuola e perché le voleva bene . "Andiamo o finiranno le carrozze!" Si incamminarono verso una carrozza per metà occupata. Agie aveva un sacco di cose da raccontarle, iniziando dal viaggio in Grecia e terminando con le missive che lei e William si erano mandati per tutta l'estate. Tessa, che nelle vacanze estive tendeva a stare da James, quell'anno sapendo che tirava una brutta aria, aveva preferito restare da sua nonna. E, quando Tessa andava a stare dalla nonna era irraggiungibile, perciò la loro corrispondenza era stata minima. Pari allo zero in pratica.

 
Alice vide Lily che con garbo strattonava i bambini del primo anno, probabilmente alla sua ricerca, che minuta com'era doveva alzarsi sulle punte e sbracciarsi per farsi individuare dall'amica. Petunia dietro Lily sembrava del tutto disinteressata. Alice sorrise.
"Eccovi tutte e due" esclamò prima di abbracciarle entrambe. "Com'è andato il viaggio?"
"Domanda un po' a Lils" apostrofò Tunia, indicando come la piccola di casa Potter si fosse resa insopportabile per tutto il tempo.
Alice rise di cuore conoscendo bene la sua migliore amica. Lei e Lily si conoscevano da sempre. E come si erano ripromesse da bambine, entrambe erano finite a Grifondoro. Dividevano la stanza, e le amicizie comuni. Alice era felicissima di riabbracciare Lily, quell'estate era stato impossibile vedersi e le era mancata moltissimo, insieme ovviamente a tutto il resto della sua famiglia. Hugo arrivò trasandato, abbracciandola di fretta e raccontando a tutte e tre di non temporeggiare troppo in stazione prima di scomparire con i suoi amici.

 
Lily sorrise, afferrando entrambe le mani delle sue amiche e tirandole a se in uno strano impeto di gioia. "Sono così contenta..." Iniziò la giovane Potter prima che Petunia si tirasse indietro apostrofandole di evitare di metterla mortalmente in imbarazzo. Di nuovo. Alice sorrise.
 
***
 
Da lì a poche ore sarebbe iniziato il loro primo giorno da studenti del sesto anno. Tessa seduta sul davanzale di una finestra, in un corridoio dimenticato da Dio, osserva la luna crescente che proprio non riusciva a confortarla.
 
James Potter, di dare spiegazioni in dormitorio sulla mancata presenza della cugina, ne aveva le pluffe piene. Salutato Fred uscì dalla sala comune con l'intento di non tornarci. Che diamine avevano tutti? Una studentessa non poteva semplicemente decidere di trasferirsi? Beh ovvio che no!
Lui e Nicky non si erano visti per il resto dell'estate dopo quel fatidico pranzo. Non si erano scritti. Non si erano salutati. Era tutto un grande “Non” per come la vedeva James.

 
Tessa McGonagall, le si parò davanti o per meglio dire, fu lui che si fermò vicino alla sua presenza. Stava poggiata al davanzale, in bilico più che altro e guardava la luna.
Lui e Tess si conoscevano da ben sei anni. Il loro primo incontro era al quanto buffo e a loro piaceva molto ricordarlo come un segno del destino. Visti dall'esterno, potevano sembrate due acerrimi nemici, lei non faceva altro che rimproverarlo e toglierli punti; lui ne trovava sempre una nuova per indispettirla. Se James avesse dovuto trovare un paragone per spiegare la loro amicizia, quello sarebbe stato, sicuramente, l'amicizia di suo nonno con il mitico Sirius Black, poco importava che Tess fosse una donna.

 
"Non dormi, Jim?"
"Beh neanche tu? Che ci fai qui?" Chiese circospetto. Quel corridoio era poco frequentato di giorno, figuriamoci di notte.
"Al primo anno, feci amicizia con Domi, sul treno. Tutto grazie a te che giravi con la tua combriccola di cugini, ovviamente." Sorrise all'idea, del suo primo viaggio in treno. "Fummo smistate in case differenti. Io a Grifondoro lei a Corvoreno. Quella sera ero triste, l'unica ragazza che conoscevo non era in dormitorio con me.". Tessa si girò a guardarlo. Triste. Perché le stava raccontando tutto quello?
"A quei tempi pensavo che la vita fosse ingiusta. E pensai che quella fosse l' ennesima ingiustizia che mi capitava. Uscì dalla torre e iniziai a camminare per il castello, poi arrivai qui! E c'era Domi." Sorrise di nuovo come se quel ricordo fosse uno dei più importanti della sua vita. James era sempre affascinato quando sorrideva a quel modo: come se tutte le cattiverie del mondo non esistessero e tutto fosse idilliaco e soave. Tessa sorrideva così. "Parlammo di tutto e di niente.  Avevamo undici anni dopotutto. L' anno successivo senza dirci niente, senza mandarci un gufo, un bigliettino, nulla in pratica, la notte tra l'uno e il due di settembre eravamo di nuovo qui. Questo é il nostro posto. Io e Domi ci siamo sempre incontrate qui. Senza di lei non é la stessa cosa".
 
James osserva Tessa, silenziosamente. Voleva chiedere scusa anche a lei. Doveva chiedere scusa anche a lei, per aver ucciso quell’amicizia così profonda che le legava. Ma come sempre negli ultimi giorni James Potter non riusciva a parlare.
Si prese di coraggio. Non poteva far finta di nulla, non con la sua migliore amica. "Posso stare io qui con te" disse di getto prendendole le mani, cercando in qualche modo di darle sostegno. "Potter Santa Morgana! Io e te condividiamo una miriade di roba ... Non posso venderti così il posto di Nicky! Datti una calmata!"
Scherzava, Tessa scherzava ed era rassicurante. Era ancora arrabbiata con lui. Lo leggeva nei suoi occhi che non l'avrebbe perdonato facilmente. Ma scherzava comunque e questo lo rassicurava più di ogni parola detta dalla sua famiglia. "Mi sembra giusto. Ho esagerato!" Disse ammiccando e spintonandola leggermente.
"Esageri sempre Potter. E ora in sala comune prima che decida di togliere punti al Grifondoro a random!" Camminarono in silenzio e in silenzio si salutarono una volta raggiunto i dormitori. James supponeva che alla fine Tessa avrebbe sbottato e che lui sarebbe stato nei guai, guai seri ma, per il momento avrebbe accantonato quell'eventualità soffermandosi su quanto l'assenza di Dominique si sarebbe fatta sentire l'indomani. Le avrebbe scritto, aveva deciso.
 
Nei sotterranei, Al Potter, stava ancora pensando a quanto fosse meraviglioso il primo di settembre. Tutti a detta di Malfoy, si chiedevano cosa ci trovasse di così meraviglioso nel primo giorno di scuola: un viaggio lunghissimo e noiosissimo, la maggior parte delle volte un pozzo di sudore  e con della compagnia pessima, basti pensare a Nott. La domanda non aveva una risposta accettabile a tale affermazione. Era un semplice giorno, ma per Al era quel giorno. Quale giorno lo sapeva solo lui.
Rose gli aveva dato la buona notte da poco, quando la porta che portava al dormitorio femminile si aprì silenziosamente. Al si ritrovo di lì a poco alla presenza di Sophia Zabini. Il silenzio la faceva da padrone. Di nuovo.

 
"Non mi hai scritto per tutta l'estate Potter!". Lui e Sophia l'anno precedente, molto spesso, avevano passato assieme dei bei pomeriggi. Questo non voleva di certo dire che fossero fidanzati però! "Non ci siamo mai detti che ci saremmo sentiti nelle vacanze estive!" Puntualizzò con appunto, cercando il modo di chiudere in fretta la faccenda. "Nemmeno il contrario" precisò la Zabini che la sapeva lunga.
"Mettiamola così Sophia, non ho voglia in questo momento, delicato per la mia famiglia, di mettermi nella situazione di avere una relazione che potrebbe portare altri problemi. Sinceramente poi non ho proprio voglia di una relazione!".  Alle volte gli capitava, Albus voleva essere gentile e far si che ciò che pensava non venisse a galla. Alle volte ci provava veramente. Come in questo caso. Ma non li riusciva proprio. La verità di starsene dentro non ne aveva proprio voglia. "Almeno sei onesto Potter! Buona notte". Silenziosa com’era arrivata Sophia Zabini sparì dalla sala comune.

 
Lui e Sophia sarebbero rimasti amici, ne era certo. La Zabini non avrebbe mai cambiato il suo atteggiamento nei suoi confronti e far sì, in quel modo, che qualcuno se ne accorgesse. Le amicizie alle volte erano strane e poi si disse Albus, ormai era il due di settembre, quindi la magia finiva lì.
 
 
Lily si prestò a mettersi sotto le coperte. Augurò la buona notte ad Alice e ringraziò che quel giorno si fosse concluso. L' inverno doveva arrivare pensò Lily, avrebbe contato i giorni che la separavano dalla prima neve con più eccitazione di quelli che la separavano dai regali di natale.
 
 

 
Ciao a tutte\i, un grazie a chi ha inserito la storia nelle preferite/ricordate.
In questo capitolo non succede un granché, essendo il secondo capitolo introduttivo, ho cercato di presentare buona parte dei personaggi e di impostare la storyline di James e Albus.
Ho inserito dei capitoli introduttivi, per chi si stesse chiedendo il motivo della lentezza della narrazione,  per evitare flashback nei capitoli successivi. Credo che in questo modo quando si andranno a leggere gli avvenimenti della storia, si sappiano già molte delle emozioni e delle scelte dei protagonisti. Credo, spero … sia stata una buona scelta impostare così il racconto.
Un bacio a tutti. Alla prossima.

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Capitolo 4
*** INTRODUZIONE: PARTE TERZA ***


INTRODUZIONE: PARTE TERZA

 

L’inverno era arrivato. Lily non era molto contenta se doveva dirla tutta. Caso eccezionale, unico, anzi raro, nella Bretagna non era caduto nemmeno un fiocco di neve. La zia Hermione aveva licenziato l'avvenimento dicendo che tutto ciò era causa del surriscaldamento globale. Roba babbana in pratica e Lily non ci aveva capito granché.

Oltre la neve che non aveva proprio voglia di venir giù, quell'anno a mandare su tutte le furie la piccola di casa Potter era la sua età.
"Non voglio più ripeterlo Lily! Sei ancora piccola. Quando frequenterai anche tu il quinto avrai il permesso". Sua madre ripeteva per l'ennesima volta no alla sua richiesta. Suo padre non era molto di aiuto dato che appoggiava la decisione di Ginny, in pieno, e tante grazie.
Lily era stufa di essere quella piccola. Perché doveva sempre aspettare? Che James e Al uscissero, dopo la mezzanotte, per festeggiare il nuovo anno non era per niente corretto nei suoi confronti, per come la vedeva lei.
"E ora va a prepararti per la cena signorinella!" Sua madre stava diventando insopportabile, chiusa la questione.

La cena dell'ultimo dell'anno fu quanto mai bizzarra. Tutti erano abituati a recarsi alla tana, mangiare insieme, accendere i fuochi di artificio e giocare fino all'alba. Quell'anno non sarebbe andata così: lo zio Bill e combriccola, con tanto di Teddy al seguito, che diciamocela tutta non aveva resistito all'invito, si erano spostati negli Stati Uniti per far visita a Nicky; lo zio Charlie non sarebbe tornato dalla Romania neanche quell'anno e addio regalo super figo (pensò Lily); Georg che annusando l’aria che tirava, non aveva capito fino all'ultimo come si sarebbe conclusa la faccenda, con la scusa della trasferta di Angelina si era spostato in Irlanda con figli contrariati al seguito; lo zio Percy che dal lavoro non aveva nessuna intenzione di smuoverei se ne era rimasto lì, mandando a dire che data la partenza delle figlie, per chi sa dove, quell'anno sarebbero stati soli, lui e la sua mogliettina.
La nonna, stufa marcia della situazione, da gran donna qual era, il giorno di Natale aveva passato il testimone alla figlia. "Sei l'unica femmina, la cena dell'ultimo dell'anno si farà da te! Datti da fare!".

Ginevra Potter presa alla sprovvista a poche ore dalla cena dava i numeri, peggio dello zio Ron alla finale Cannony vs  Puddlemere United. La cena prevedeva pochissimi invitati in confronto al solito via vai Weasley. E oltre la nonna e alla famiglia dello zio Ron, l'unica intrusa era Tessa McGonagall.
Se la cena poteva essere un problema, il dopo cena non era da meno. Lily tentava ancora di convincere i suoi genitori a mandarla a quella festa, con scarsissimi risultati e fino all'ultimo tenne un broncio tale che lo zio Ron si era quasi convinto a lasciarla andare con Rose, quasi!
Dopo la mezzanotte e dopo essersi dati gli auguri, James, Al, Rose e Tessa entrarono nel camino si villa Potter per raggiungere la loro prima tappa dell'anno.

Albus non era molto eccitato all'idea di andare di nuovo in quella bettola sulla costa scozzese e, non capiva proprio come Rose ne fosse contenta. A Rose non erano mai piaciuti quei posti e, l'unico motivo per il quale l’anno precedente ci aveva messo piede era mettere alla prova la pazienza della madre. Con scarsissimi risultati. Valli a capire i genitori.

James per tutte le vacanze aveva sperato di vedere Dominique comparire sulla porta di casa. Sogni. Quella sera, aveva tutta l'intenzione di non stare a pensarci troppo, di divertirsi. Fred sarebbe arrivato dall'Irlanda e Tess sarebbe stata un’ottima compagna di bevute.

Il camino dal quale vennero fuori era così bianco che per alcuni secondi Tessa pensò di essere morta. Alzando la testa si rese conto che tutta la sala era bianca. Che non era morta. Che era nel salone dei Malfoy, dove avevano deciso di riunirsi per poi prendere la passaporta. La combriccola Serpeverde era tutta lì in pompa magna. Fred avrebbe detto che era tutto ardir poco vomitevole, se solo avesse avuto il coraggio di venirci.

Al si trovava in un ambiente familiare e con nonchalance salutò i presenti, sibilando alla sua maleducata famiglia di non metterlo in un tale imbarazzo. "Draco!"

"Siete in ritardo, vediamo di muoverci o la passaporta sarà così cortese da mollarci qui! Potter cos'è quella faccia? Casa mia ti mette in soggezione?". Proclamò Scorpius sorridendo beffardo al fratello del suo migliore amico.


Rose pensò che usare la passaporta dopo una cena made in Weasley, non era una delle idee più geniali che potessero avere. Sentì la cena arrivarle all’esofago e poi precipitare all'altezza della milza, un incubo! La Bettola era anche peggio di come se la ricordava lei. Una capanna sulla costa scozzese: decadente, circondata da fanghiglia e dall'odore di uomo morto. Che posto carino per passare l’inizio dell'anno, si ritrovò a pensare, per la seconda volta nella sua vita.

In realtà per quanto da fuori sembrasse una bettola e per quanto lo fosse di nome, l'interno del locale non era poi così male. Un incantesimo di estensione permanente rendeva l'edificio così grande all'interno che in un’intera notte potevi non riuscire a girarlo tutto.
James seguiva Al e i suoi amici in silenzio. Malfoy quella sera gli stava più antipatico del solito. All'entrata per poco non rischio una sincope quando il Malfoy disse al buttafuori - un troll delle Ande - che il tavolo prenotato rispondeva al nome Malfoy-Potter. Mai tale accostamento fu più orribile all'udito dell'uomo, si ritrovò a pensare.
 
Tessa, seguiva il gruppo. Come il primo di settembre era di nuovo sola. Certo c'era Rose ma questo non voleva dire nulla. Loro non avevano mai parlato molto neanche durante le vacanze. Quella Weasley stava tutto il giorno a studiare e quando non studiava, sembrava un Auror prossimo alla pensione: sempre in ansia in pratica.
Il tavolino loro riservato non era male, gli uomini del gruppo, sicuramente Nott, si erano assicurati che fosse in un’ottima posizione per guardare le ballerine mezze nude delle Ande e le loro particolari performance. Orrido.
Al contrario di come si aspettava Lily, la Bettola non forniva poi tanto divertimento per una ragazza. Tessa se ne era resa conto quando in modo vacuo si era ritrovata da sola, con James. Rose era scomparsa da qualche parte mezzoretta prima e Sophia si era spostata di tavolo, che se non aveva capito male, era riservato al fratello e i suoi amici. Un ammasso di Serpeverde in pratica.
"Siamo in un concentrato Slyterin!" Comunicò a James che non si era mosso dal divanetto di uno strano tessuto rosso. "Sarà, ma le ballerine non sono poi così male!"
"Male? Sono orrende! A quella manca un occhio Jim!" Le ballerine, poteva affermare con certezza, non erano classificabili con una normale scala di bellezza. Oltre la donna senza occhio e poco male, poteva anche starci, a una mancava una gamba ed era certa che la ballerina centrale, nascondesse una coda di cavallo, tra le gambe.
"Ha delle belle tette però! E comunque si muovono bene!".
Tessa, aveva seri dubbi a capire cosa ci trovasse di aggraziato James in quelle donne e, per tacito consenso dei suoi neuroni decise di dargliela buona.

Sophia Zabini si annoiava parecchio. Aveva sperato di incontrare suo fratello ma, di lui neanche l'ombra. Rose era sparita chi sa dove, del tutto insolito per lei e, si ritrovò a pensare che la sua unica soluzione fosse la McGonagall, se non aveva intenzione di morire lì per il disagio.
"Theleta andiamo a ballare o vuoi restare qui ad assistere quel vegetale di Potter?" Tessa sobbalzò, l' unica persona che la chiamava con il suo nome intero era sua madre. E non vedeva sua madre da più di sei anni. "Sei sicuro di farcela qui da solo?" Con un cenno del capo James la liberò dal caparbio compito di baby sitter e Tessa sconvolta dalla compagnia, entrò in pista con un’arzilla Sophia Zabini che, della Sophia Zabini che conosceva non aveva proprio niente.

James sapeva che non pensare a Dominique non era poi così facile. Quelle ballerine non avevano niente di realmente interessante. Spostò lo sguardo sulla pista, Sophia Zabini ballava al centro della pista e Tessa un po' timida cercava di starle dietro. Tessa non era proprio adatta a frequentare quei posti,  si disse.
Concentrato sul bicchiere di acquaviola, James non badò più molto a cosa accadeva intorno a lui. Era una strana serata. Niente era come al solito. Tutta una serie di nuove strutture iniziavano a prendere parte nella sua vita. Non aveva molto senso quello cui pensava, se ne rendeva conto lui stesso. Doveva per forse di cose parlarne con qualcuno. Con Tessa. Alzò lo sguardo per cercarla nella pista. Era lì. Ma non era lì.
Tessa aveva bevuto un po' troppo per come la vedeva lei. Dalla timida ballerina di venti minuti prima, si sentiva la ballerina audace dei venti minuti dopo. Sophia sembrava soddisfatta della situazione e lo era anche lei. Alzò lo sguardo e per una frazione di secondo ebbe la sensazione che James le stesse fissando.
James non stava fissando Tessa. Non proprio. Non in quel modo. Era un’idea assurda. Continuò a bere sperando che la serata finisse il prima possibile.

La festa del primo dell’anno tendeva a non finire mai. Alle sei del mattino i ragazzi erano ancora lì, tra la musica, l'alcol e le ballerine delle Ande che a quell'ora, per gli uomini, erano delle Veneri scese dall'Olimpo apposta per loro.
Albus si era abbastanza divertito, la ragazza che gli aveva fatto compagnia era una rossa islandese che gli aveva massaggiato la schiena, in modo sublime doveva ammettere. Tant'è che si ripromise di vederla ancora, prima della fine delle vacanze.
Scorpius lo aspettava all'uscita della Bettola, imbacuccato fino agli occhi e morto di sonno almeno quanto lui. "Che si fa? Non é ancora l'alba?"
"Se non dispiace a nessuno, io vado a casa." Esclamò James atono, pronto a smaterializzarsi. "Vengo anch'io. Ho i piedi a pezzi". Tessa si uni a lui e nel giro di un secondo scomparvero sotto gli occhi di tutti.
"Noi?"
La combriccola Serpeverde di finire la serata così non ne aveva la minima intenzione. Nott, che ne sapeva una più del diavolo, se li trascinò, a detta di Rose, nella peggiore delle bettole esistente in Scozia.
 
 

 
A Godric's Hollow non era ancora sorto il sole. James si era buttato sul divano. Con grazia.  Tessa, con due bicchieri di latte in mano si apprestava a fare lo stesso. La situazione era imbarazzante. James si rendeva conto, per la prima volta, di avere accanto a se una bellissima ragazza che di mascolino in fin dei conti aveva poco e niente.
Tessa non si era mai, mai, vestina male. Aveva sempre maglie che mettevano in mostra le forme e spesso gonne abbastanza corte da non essere legali. Suo cugino Fred aveva accennato a qualcosa del genere, comunque.
I suoi capelli erano sempre stati lunghi e voluminosi. E gli occhi, verdi chiari quasi bianchi, per quanto poco truccati erano di un’espressività disarmante. E il sorriso...
James non si spiegava come non avesse mai notato tutte queste piccole cose della sua amica. Era la sua migliore amica dopotutto. Forse aveva un fidanzato, bella com'era, e lui neanche ne era a conoscenza.
"Hai un fidanzato?" Lui non era Al, e non era Lily, questa storia di sparate a raffica tutto quello che gli passava per la testa doveva avere un freno. Subito, pensò James. "Un fidanzato? Sono uscita con Fill, ma non credo che possa essere definito come mio fidanzato!".
"Fill, Fill chi?"
"Il portiere di Grifondoro!" Fill era uscito con Tessa, come faceva James Potter a non saperne niente?
Avrebbe voluto dire che Fill era un idiota ma, non lo era e non sarebbe stato corretto. Chiedere perché non lo sapeva, ma era molto probabile che lei glielo avesse anche detto e che lui non ci avesse fatto gran che caso. Come poteva essere? Per quale motivo? Come poteva il mondo girare così? Aveva delle ferme certezze e quella di baciare la sua migliore amica non era tra quelle.

 
Non era tra quelle ma l'aveva appena fatto, ugualmente.
 
Tessa stava baciando James Potter. Sul divanetto dell'entrata con il primo sole dell'anno che perforava le finestre e, non sapeva come né quando, baciava James a cavalcioni su di lui. Non credeva di non avere la forza di opporsi a James. Voleva separarsi da lui, smetterla di baciarlo e gridargli che non potevano tradire Nicky così. Non era coretto. Ma non poteva staccarsi dalle labbra di James, non poteva non toccare il suo corpo e sbottonargli la camicia perché ogni centimetro di lei, in quel momento, gli gridava che era la cosa giusta da fare.
 
Il letto di James non gli era mai sembrato così bello e così profumato. Tessa lo sapeva bene. James era un tutt'uno con lei. Era su di lei e dentro di lei; era ogni cosa avesse mai desiderato. Fuoco vivo sulla sua pelle. James non poteva avere idea di cosa le stava facendo. Di cosa faceva a loro.
La pelle di Tessa era liscia come si aspettava, il seno più grande di come avesse sempre immaginato. Stare sopra di lei era all'infuori del suo immaginario. La sentiva come se non avesse dovuto fare altro tutta la vita.

Tessa invertì le posizioni, perché doveva, perché doveva guardarlo negli occhi e leggere dentro cosa stava provando. Perché James doveva guardare i loro corpi e quello che creavano insieme.
 
Nessuno dei due aveva mai potuto immaginare in cosa si stessero immischiando. Tessa quella notte, avrebbe fatto meglio a respingere James e James dal canto suo, se non si fosse accorto di quanto bella fosse la sua migliore amica, si sarebbe risparmiato innumerevoli difficoltà.

Lily aveva proprio visto tutto. Non era stato un gran bel vedere, si disse. Suo fratello mezzo nudo con imbraccio, su per le scale, una Tessa mezza nuda non erano poi chi sa quale film, continuò ad affermare. Lily continuava a non capirci niente dell'amore, questo non voleva dire però, che non fosse abbastanza razionale e intelligente per affermare, che il discorso che aveva fatto a James prima della fine dell'estate era molto azzeccato. Anzi, azzeccatissimo rimarcò, saltando sul letto e tornando a dormire.

Quando Tessa si sveglio quella mattina, riuscì solo a pensare che sì, doveva andare via da lì alla velocità della luce, per usare un detto babbano qualsiasi. Ricomposto il baule, chiese con cortesia all'elfo dei Potter di spedirlo a casa di sua nonna e, poi uscì frastornata, senza capire bene per quale assurdo motivo non fosse arrabbiata neanche un po' con se stessa o con James.
James si rese conto di essere solo nel letto una buona mezzora dopo che Tessa aveva lasciato la casa. Preso di sorpresa e da un attacco di stupidità multipla si precipitò nella camera degli ospiti. Più che stupidità era sospetto, si corresse poco dopo, quando trovò la camera in perfetto ordine senza nulla di appartenente a Tessa. "Bresser" l'elfo domestico si materializzò innanzi a James con una faccia felice e tranquilla. "La signorina ha mandato tutte le sue cose dalla nonna e poi é uscita di casa... Deve essere uno degli scherzi buffi che le fa la signorina, padroncino James".
L’elfo domestico non poteva avere gran torto giacché lui e Tessa passavano il tempo a beffeggiarsi. Quella volta non era proprio così.

Tessa doveva fare qualcosa. Qualcosa di concreto. Alle porte della chiesetta di Godric's Hollow una suora raccoglieva il giornale per il parroco. Tessa, da quando aveva lasciato la casa della madre, non aveva molto a che fare con i babbani ma, non aveva certo dimenticato il ruolo di una suora. Frenetica si avvicinò alla donna che con cura le concesse di parlare con lei, se ne sentiva proprio bisogno.
"Capisce? Ero vergine e come una scemotta qualsiasi ho fatto sesso con un ragazzo che non é il mio fidanzato! Il fidanzato della mia migliore amica! Sono una persona orribile. Come ho potuto fare una cosa del genere? A me? Lei che pensa? Mi dia una punizione ..." La suora non era sconcertata, il mondo ormai andava avanti così e i giovani di oggi, sapeva bene, quanto fossero più risoluti a differenza di diversi anni prima. "Non diamo punizioni cara. Basterà qualche preghiera e che tu ti senta meno sconvolta".
Tessa ipotizzò che la suora non avesse ben compreso e le rispiegò la faccenda da capo. Ottenendo la stessa risposta, oltretutto. Aveva sbagliato suora si disse. E sconfortata usci dalla chiesa chiedendosi se lanciarsi delle cruciatus da sola fosse una cosa difficile.

James la vide uscire dalla chiesa. Che cosa ci faceva poi in una chiesa!    Quando il loro sguardo si incrociò James pensò che insieme avrebbero potuto parlarne da persone civili. Si sbagliava. Di grosso.
"Abbiamo fatto un gran casino! Enorme Jim..." Lui proprio non capiva. O meglio capiva e come, capiva molte più cose di quanto Tessa immaginava. "Userò il camino é andrò a casa. Teniamo tutto questo per noi. Meno persone lo sanno. Più sarà alta la possibilità che la tua fidanzata non lo scopra mai!"
Lui aveva una fidanzata. Nicky. Amava Nicky ma, non poteva far andar via così Tessa. Non voleva. Ma James per l'ennesima volta si rese conto che tra quello che voleva e quello che poteva fare c'era un abisso di magia enorme. Così mentre la prima neve dell'anno cadeva sulla Gran Bretagna, James Potter decise che tutto quest’amore che provava, doveva essere sotterrato così in profondità da non poter far mai più ritorno. Poi ci rise sopra. L'amore era l’essenza di un Potter e lui avrebbe dovuto conviverci fino alla fine.

 
Lily Potter gridò di gioia quella mattina quando svegliandosi, vide tutto ricoperto di neve. Non poteva essere più felice di così, si disse. La neve era la cosa più bella del mondo.
 
 
 

Salve a tutti, ecco l'ennesima introduzione! Non sono ancora finite ma stanno per ...
Ringrazio chi segue la storia silenziosamente e chi è così gentile da recensire, grazie!
Alla prossima.

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Capitolo 5
*** INTRODUZIONE: PARTE QUARTA ***


 
INTRODUZIONE: PARTE QUARTA
 
 
 
 
La neve era andata via veloce com’era arrivata, pensò Lily. La primavera era ormai giunta e solo a pensare al caldo che sarebbe giunto di lì a poco, Lily si sconfortò oltre ogni modo.

Hoqwarts era in uno stato di calma piatta. Le vacanze di pasqua erano ormai finite da un pezzo e gli studenti stavano chini sui libri come se non ci fosse niente di meglio da fare. Rose studiava storia della magia in compagnia di Sophia. La biblioteca non era piena di studenti, essendo una bella giornata solo una ragazza come Rose che malamente sopportava il sole poteva rintanarsi in biblioteca. A Sophia, Rose alle volte le faceva un po' pena, con tutti i suoi problemi mentali.
Sophia osservò Rose con cura mentre si alzava per andare alla ricerca di qualsivoglia libro. A lei di star lì a studiare non importava molto, avrebbe preferito rimanere in sala comune e fare battute sprezzanti a Potter e Malfoy ma no, si era fatta costringere dalla sua cara amica a farle compagnia, in un modo davvero ignobile.

Rose alzò le punte dei piedi per afferrare il libro che finalmente aveva trovato. Una mano, scura, lo afferrò al posto suo per poi baciarla sulla guancia. Marckus Zabini la strinse a se e la bacio di nuovo, sulla guancia. Sempre sulla guancia. "Devi smetterla di comparire così, Marck" lo canzonò Rose girandosi verso di lui e baciandolo come si deve. "Prefetto Weasley, non sono qui per questo! Non che mi dispiaccia, ovvio".
Rose afferrò la pergamena che le porgeva il suo quasi fidanzato. La pergamena era ufficialmente firmata dalla preside Severa e, informava i Capiscuola e i prefetti di un ballo imminente, che si sarebbe tenuto alla fine di aprile, intitolato "polvere di stelle". Rose da che ricordava l’unico ballo mai tenuto ad Hoqwarts era quello del Ceppo non di certo quella roba con le stelle. E poi perché mai organizzare un ballo? A che pro?
"Abbiamo il compito di comunicarlo agli studenti." Rose pensò che peggio di così non poteva andare. "Poi, dimmi un po', é il caso che ti inviti ufficialmente?"

Rose si prese qualche minuto buono prima di proferire parola. La situazione peggiorava. "Sarebbe un’uscita ufficiale e tutti verrebbero a sapere di noi se andassimo insieme al ballo." disse non pensandoci due volte. La loro relazione si stava evolvendo?
"Siamo d'accordo? O la Weasley serpeverde si sta tirando indietro?" Per quanto Rose potesse essere una serpeverde di certo non era il coraggio a mancarle. O si? "Andiamo insieme. Mi sembra giusto. Così la finiremo con questo gioco del nascondino in modo definitivo."
Rose era molto soddisfatta della piega degli eventi, per quanto continuasse a ripetersi che peggio di così non poteva proprio andare. Che poi, le cose andavano bene per lei ma, per gli altri era tutt'altra faccenda.

 
***
James aveva un po’di problemi da qualche tempo. L’amicizia con Tessa era sul filo di un rasoio. Si parlavano a malapena e lei non faceva altro che evitarlo. Di quello che era accaduto tra loro, quella notte, non ne avevano fatto più parola e come pensava, Tessa non aveva avuto l'accortezza di confidarsi nemmeno con la sua amica Augusta. Era una tristezza infinita tutta quella storia.

Lui e Dominique non si sentivano da settimane. Le lettere erano sempre più striminzite e lui si rendeva conto, giorno dopo giorno, che non aveva un granché da dirle. E molto probabilmente era lo stesso per lei. Almeno questo pensava James leggendo le sue missive.

 
Quella sera Tessa fu graziata dell'obbligo o onore a detta del Caposcuola, di informare la sala comune della festa che la preside Severa stava organizzando, per la fine del mese. "Polvere di stelle" era un nome ridicolo e la festa lo sarebbe stata altrettanto. Il caos e le proteste in sala comune la innervosirono più di quanto fosse consentito. Ecco i primi problemi, si ritrovò a pensare! "Diamoci una calmata! Alla festa possono partecipare gli studenti dal quinto anno in su. Ad esclusione degli studenti o studentesse che avranno la fortuna o la sfortunata, di essere invitati o invitate da uno ragazzo, ragazza più grande. E ora, nelle proprie stanze, subito." Finì Tessa già troppo stanca di tutta quella storia e dell'eccitazione che avrebbe portato. Se ci fosse stata Dominique, il venire a sapere di un evento simile l'avrebbe rallegrata molto di più. Con la sua migliore amica era molto più facile divertirsi, con questo non voleva dire che Agie non fosse di buona compagnia, però proprio come lei non amava buttarsi tra folla salvo che non fosse palesemente costretta. E il novanta percento delle volte era proprio Dominique che le smuoveva e le portava a divertirsi. Ma lei non c'era, si ritrovò a pensare Tessa. La sua migliore amica era dal lato opposto del globo e, lei non poteva di certo definirsi "migliore amica" di quei tempi, dato quello che aveva combinato con James. Era la peggiore delle migliori amiche. Avrebbero dovuto darle una medaglia a tal proposito.
Questo evento avrebbe creato diversi problemi. A tutti. Per prima a lei.

 
***

Una settimana prima del ballo, che sembrava, anzi no, stava mandando tutti nel panico, nella sala comune di serpeverde si discuteva irragionevolmente sull'argomento. Albus era convinto fosse una buona idea. Era une idea di Lily d'altronde.

"Non dire mai più una babbanata del genere. Io ci andrò con Sophia al ballo, ecco. Giusto?" Disse soddisfatto Scorpius allungando una mano verso la ragazza.  Sophia temporeggiò un po' prima di affermare che lei un Cavaliere lo aveva già. Il caposcuola di Corvonero l’avrebbe portata al ballo e questo bastava per renderla più felice del solito. 

Scorpius al contrario non lo era per niente. "Vedi é un buon piano!" Ma proprio per niente. Perché? Perché aveva affermato in presenza del suo migliore amico, che non aveva granché voglia di invitare qualcuna per quella ridicola festa?
" Quale piano? State per mettervi nei guai?" Petunia li osservava decidendo se far compagnia al gruppo più mal assortito che la casa serpeverde avesse mai visto o proseguire per la sua strada. Si sedette. "Non proprio. Dato che non abbiamo nessun interesse a strappare cuori a giovani donzelle, l’idea é quella di portare Lily, te e Alice al ballo!" Iniziò Albus convinto. Voleva farla finita in fretta, di star lì a discuterne ancora non se ne parlava proprio. L' idea era accettabile e Scorpius l' avrebbe accontentato. Per forza!
"Io ho già un cavaliere! Uno di voi tre dovrà fare a meno di me...ora vi lascio alle vostre questioni importanti ..." Che Petunia avesse già un Cavaliere non rientrava propriamente nel suo concetto di piano perfetto. Nemmeno in quello di Lily probabilmente. E Albus iniziò ad ammettere, che tutta quella buffonata, faceva acqua da tutte le parti.

Nott che di quella faccenda poco aveva udito, si alzò di scatto affermando che lui a quel punto era libero. "Hippy, sarai concorde nell’ammettere che sono stato più veloce di te a tirarmene fuori! By by".  Così dicendo lasciò la sala comune per andare alla ricerca di quella che sarebbe stata la sua prossima conquista.
"Non esiste, non andrò al ballo con quella nana di tua sorella!" Affermò con foga cercando di far ragionare Albus. Ma com’era possibile che una conversazione del genere stesse avvenendo? Lui al ballo con la Potter? Mai. Albus si era giocato il suo ultimo neurone buono per come la vedeva lui.
"Restiamo così. Io porto Alice e tu Lily... Poi si divertiranno da sole. Devono solo entrare... Non hanno bisogno di noi!? " puntualizzò. Possibile che il suo migliore amico non riuscisse ad afferrare il concetto? Voleva solo sdraiarsi e chiudere gli occhi. Dormire.

Albus era certo sarebbe andata così. Lui e Scorpius avrebbero trovato un altro modo per divertirsi. E le ragazze altrettanto. Era solo una festa alla fine dei conti. Una festa insensata che porco Salazar, Severa si era fumata uno spinello babbano per aver dato vita a qualcosa del genere.
"No, no, e ancora no" Beh lui ci aveva provato, aveva lottato con le unghie e con i denti. Ma vatti mettere contro due Potter! Peggio perderli che trovarli quelli là.


Una discussione identica o almeno simile avveniva nello stesso momento nella sala comune dei Grifondoro. Augusta e William sarebbero andati insieme. La loro corrispondenza estiva era andata molto oltre negli ultimi mesi. Avevano iniziato una tranquilla relazione e quell'occasione per Agie era molto importante in quanto suo padre sarebbe venuto a sapere della relazione, essendo lui più giovane vicepreside di Hoqwarts.
Tessa si impose sui suoi amici con molta razionalità. "Io potrei andare al ballo con Fred e James con la mia compagna di stanza Samantha Tullé".
"Cosa? Come? Perché? No, io salto resto qui... La Tullé! Sei impazzita del tutto McGonagall?" Quella proposta era senza senso. Non sarebbe mai uscito con la Tullé. Mai, si ripromise che James Potter.

"Non devi farci nulla... Lei sa che sei fidanzato. Ho messo le cose in chiaro." Cercò di spiegarsi bene Tessa.
"Fidanzato? Cosa hai raccontato pazza che non sei altro?" James si rese conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano. Come era possibile che Tessa, Tessa avesse sparso la voce su lui e Nicky? "Cosa credi di aver capito? Non ho fatto nomi... Razza di troglodita di un Potter!"
Le stava scontando tutte si sentì di ammettere James. Tutti i peccati che aveva commesso. Non poteva andare avanti così ancora per molto o sarebbe esploso e addio a James Potter!

Tessa cercava in tutti i modi di non avvicinarsi troppo a James. La loro amicizia aveva subito un brutto colpo. Tessa ci pensava tutte le notti. Le labbra di James, le sue mani, il suo corpo. James dentro di lei. Non poteva non soffermarsi sui quei ricordi e ciò le impediva di essere razionale, costringendola ad evitare James e a trattarlo più male di come avrebbe fatto di solito.
La situazione era sistemata così e non avrebbero dovuto pensarci oltre. Una volta passata la sera della festa, tutto ad Hoqwarts sarebbe tornato alla normalità.
 
***
 

Lily non era molto soddisfatta della situazione. Si stava vestendo. Si stava vestendo troppo bene. E per Malfoy. Volente o nolente, Lily si era ritrovata in questo pasticcio. Che per altro era una sua idea. L'idea non era malaccio se proprio bisognava essere onesti. Alice Longbatton, la sua migliore amica, aveva da un bel po', una cotta per Albus e lei, per il bene della sua migliore amica e perché l' idea di loro due insieme la esaltava,  aveva combinato sto pasticcio. All'inizio si era detta che avrebbe sopportato quel buzzurro aristocratico per un bene superiore: l’Amore. Ora, a meno di un’ora Lily era furiosa con se stessa e felice per la sua amica, causa smaltimento neuroni.

Rose era quasi pronta. Si alzò e sistemo le pieghe della gonna. Sophia entrò nella stanza tutta in ghingheri con una lettera in mano. "Per te, é arrivata poco fa! Orario strano per le missive né?"
La lettera che Rose aveva appena ricevuto le arrivava direttamente da sua madre. Hermione non le scriveva spesso. Rose preferiva sentirsi con il padre che con la madre, dato che  i tanti sbalzi d'umore del padre erano gestibili in confronto alle lamentela continue della madre.
Rose aprì la lettera certa che la madre avesse avuto un momento di sconsiderata nostalgia. Non era proprio così. Hermione Granger, aveva appena sconvolto la sua primogenita. Le annunciava con poche e spicce parole che stava divorziando. E sarebbe stato opportuno, per Rose, mostrarsi preparata, non appena la notizia fosse stata sulla bocca di tutti. Il mattino seguente per rendere bene l'idea.
Rose non si capacitava di come fosse stato possibile che la sua famiglia si fosse spezzata a quel modo. La sola idea dei suoi genitori separati era una pugnalata al cuore. Lei e Hugo, era certa, non erano pronti ad una notizia del genere. Rose uscì dal dormitorio con l'intento di raggiungere il fratello, nella sala comune dei Grifondoro.

Marck, la aspettava di tutto punto nella loro sala comune e per poco non ebbe un colpo quando, la sua fidanzata, senza degnarlo di uno sguardo, uscì dalla sala comune per iniziare la scalata dei sette piani. Zabini, di farsi tutte quelle scale, vestito a quel modo, non aveva granché voglia. Avrebbe sudato ne era certo. Ma, Marckus Zabini, era un giovane assai curioso di quello che accadeva alla sua fidanzata e, quatto quatto, iniziò l'inseguimento.

Rose, ingombra di quel vestito e con i tacchi ai piedi, ci mise più tempo del previsto a raggiungere la sala comune del fratello. Sudaticcia, si maledisse per non aver avuto la briga di pensare, che tutta quella faccenda, potesse benissimo aspettare il giorno dopo. Ormai era quasi arrivata. Menomale.
Parlare con Hugo fu un’impresa da Titani! Rose fermò la prima malcapitata, una sua compagna di corso in realtà, chiedendole cortesemente di andar a chiamare il fratello. Sempre se cortesemente fosse il vocabolo adatto da utilizzare. Scorpius avrebbe detto che in quel preciso momento, Rose Weasley era terrificante.

 
Hugo raggiunge la sorella a malincuore. Aveva deciso di starsene in sala comune a studiare e non andare al ballo, evitato in modo al quanto furbo, qualsiasi macchinazione della sua cuginetta. Era una vera peste quanto ci si metteva di impegno quella li. L' incontro con Rose era del tutto inaspettato. Al contrario della cugina Lily, che passava molto tempo nella sala comune verde argento, per decantare odi al fratello e litigare con Malfoy, Hugo non ci aveva mai pensato, minimamente, di metterci piede. Lui e Rose si incontravano in luoghi comuni, si salutavano e di grazia si informavano della salute reciproca, per il resto se non avessero entrambi portato il cognome Granger - Weasley, non avessero avuto quel color carota in testa e gli occhi azzurri, sarebbero potuti passare per due indifferenti sconosciuti.
 
Hugo voleva bene alla sorella, questo era un dato di fatto ma, per carattere tendeva a star lontano da tutto ciò che gli incuteva un certo timore. Poteva affermare con orgoglio che al mondo erano solo due le cose che annientavano il suo lato Gryffindor: sua madre e sua sorella.
Rose stava appoggiata al muro e piegando la testa di lato aspettava che il fratello uscisse dal ritratto. Quando lo vide arrivare, non era più tanto sicura di quello che doveva fare. Andare dal fratello era la prima cosa che le era venuta in mente. Voleva essere confortata.

 
"Dovresti essere al ballo, se sei acconciata a quel modo?" Hugo non aveva tutti i torti! Rose, che non aveva pensato molto negli ultimi dieci minuti, gli passò la pergamena che la madre le aveva inviato, sperando che Hugo capisse. Capisse che doveva consolarla. Ma se prendeva da suo padre...
Hugo osservò le parole della madre. Brevi, concise, come lei. Osservò poi la sorella, aveva un che di strano. Avrebbe dovuto dire qualcosa, se lo sentiva. Qualunque cosa sarebbe andata bene. Rose non era una bambina dopotutto.

 
"Hai lo sguardo di una che é appena caduta dal pero! Come dire, sconvolta..." Tentò, Hugo cercava di sondare il terreno, in perfetto made in Weasley, per essere precisi. "Sconvolta? Mamma e papà si stanno lasciando..."
Hugo proprio non capiva. "Rosi, mamma e papà parlano a malapena. Mamma sta in casa giusto il tempo per darsi una ripulita, papà é sempre al negozio. Quante volte abbiamo cenato insieme l' estate passata? A Natale? Rosii!.." Rose ci era arrivata da sola. La passata estate, avevano cenato insieme solo una volta. Sempre troppo impegnati loro. Il lavoro. I problemi di James. Il ministero. Maledetto, sarebbe dovuto crollare su se stesso, seduta stante. Pregò Rose. "Sorellina di qualcosa... Era sotto i nostri occhi."

 
Hugo in realtà non voleva essere così severo. Rose in lacrime era l' ultima cosa che avrebbe mai voluto vedere. Così la bacio sulla fronte e le impose di andare a divertirsi. Poi rientrò in sala comune. Avrebbe trovato qualcosa da fare.
 
Rose si sedette, sconvolta, dopo aver vagato per il settimo piano, con l'intento di scendere e tornare di sotto. Alla festa. Marck le si sedette vicino. Rose non era stupida. Se lui era lì, voleva dire che aveva assistito a tutto. Proprio una bella figura.
"Torniamo nella sala comune" si sentì dire, dal ragazzo che aveva deciso di frequentare, dopo mille turbe mentali. Sorrise. Marck era quello giusto. "Voglio ballare un po'..." Rose non sarebbe tornata in dormitorio. Non avrebbe mandato all'aria tutti i preparativi e di certo avrebbe detto al mondo che lei sì, stava con uno Zabini. Che venissero pure a dire qualcosa, li avrebbe sbranati vivi. Tutti.

 
La festa proseguiva lenta. Lily ed Alice abbandonati i cavalieri non avevano più lasciato la pista. Era la loro prima festa. Ed erano eccitatissime. Anche Petunia le raggiunse poco dopo. Il suo cavaliere era un idiota. E lei, non l'avrebbe mai ammesso, preferiva alla lunga stare con la cugina che tornarsene da sola nella sala comune.
 
James che non ne poteva più di quella situazione da mesi, con coraggio, non che gli mancasse diciamola, e sperò lui, un po' di fortuna, seguì Tessa fino al bagno delle ragazze.
Quella sera avrebbero parlato. Punto.
Tessa non si stupì molto di quella situazione. Sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato. Cosa dire non lo sapeva molto mene. Ma anche James dalla faccia non era un granché convinto.

 
"Ho pensato a tutto. Ti senti in colpa per aver tradito la tua amicizia con Nicky. É plausibile. Giusto che sia così..." James ci stava provando. Doveva buttarsi. Di pancia, come diceva Lily. "E' lo stesso errore che ho fatto io. Ma, io sono arrivato ad una conclusione e convinto che sia quella giusta, ho lasciato Dominique." Non aveva finito. Aveva altro da dire. Ma lo sguardo di Tessa era un misto tra sdegno e soddisfazione. Strano.
Si sentì spronato a continuare.
"Io e te, dovremmo provarci. Ci penso da quella notte. É strano, ne prendo atto. Ma perché no? Abbiamo un gran feeling, anche in intimità come abbiamo potuto constatare. Sappiamo tutto uno dell'altro... E voglio baciarti, non guardarmi come se avessi dei funghi in testa!"

 
Tessa aveva ascoltato James. Con calma. Aveva ragione lui. Anche lei voleva baciarlo. E non manco di dirlo. Forse avrebbe dovuto tacere. Perché James non ci pensò due volte e avverò la loro richiesta. James non si sarebbe mai fermato ad un bacio. E lei, ne era consapevolmente d'accordo. Rispose al bacio, alle carezze, agli sguardi. Si diede a James come la mattina del primo dell'anno. E James prese tutto di lei. Corpo, mente e spirito. Marchiò con il fuoco ciò che era suo. Lei.
 
***
 
Lily sapeva che la primavera stava per lasciare il posto all'estate. Sperando, vivamente, che non fosse afosa come la precedente. Raccolse le ultime cose e si incammino verso la sala comune di Al. Aveva in mente uno scherzo per quel mono neurone di Malfoy che doveva pagare per averla messa in imbarazzo la sera precedente.
 

Hermione e Ron, insieme, erano andati a prendere i figli al binario nove e tre quarti. Tutti insieme si erano diretti al bar babbano più vicino, per discutere a detta di Hermione della faccenda.
 
Rose non voleva parlarne, sua madre non era di certo ad Hoqwarts quando quel fiume di gufi aveva consegnato la gazzetta con una foto di famiglia sbattuta in prima pagina. Una foto di loro quattro con scritto sopra a lettere cubitali:  Membro del Wizengamot divorzia. La Granger é le sue priorità.
Cera da dire, che l’articolo era molto lavorato e fasullo in molti punti. Ma quando mai qualcuno dava peso a questo? Quella mattina, la sala comune si era interessata di lei e di Hugo, come fossero i nuovi Harry Potter del 2000. Uno schifo in pratica.
Hugo aveva preso la notizia meglio di come ci si aspettasse, o almeno così sembrava. Quella mattina in sala grande aveva continuato a fare colazione e aveva fatto finta di non badare ai pettegolezzi. Ora, stava lì con la sua famiglia a discutere di come avrebbero passato le vacanze. Ridicolo.

 
"Ho preso un loft in un quartiere magico di Londra. Ho fatto già preparare le vostre stanze..." Diceva Hermione. Alla pronuncia di loft dalla bocca di sua madre, Rose si senti salire bile di zucchero su per tutto lo stomaco. "Io tengo la casa. La casa é vostra. Siete cresciuti lì e miseriaccia potete starci quanto volete!" Disse Ron. Che aveva lottato per la casa. Aveva sempre voluto una bella casa. Grande, spaziosa. Felice. Quella era casa sua.
"Se per mamma non é un problema. Sto a casa mia. Lily abita lì vicino. Ci sono Jim e Al... Non avrei granché da fare qui a Londra per tutta l'estate" Hugo di stare a Londra e con sua madre, non se la sentiva. Meglio a casa sua con i cugini e la nonna che gli preparava crostate di giuggiole, si disse.

 
Rose, presa di coraggio, rivelò ai genitori, che per l'inizio delle vacanze, non aveva intenzione di stare ne da uno, ne dall'altra. "Io e Marck andiamo in Spagna, una quindicina di giorni. Quanto torneremo, ve lo presenterò. Poi, credo che starò da mamma. Per comodità, gli Zabini abitano a Londra. Per me é più facile vedermi con il mio fidanzato."
 
Hermione vide tutto ciò come sinonimo di ribellione. Ron che alle parole Zabini e fidanzato aveva avuto un colpo, ci mise un po' a dire qualcosa. Di sensato. "Non hai il permesso!"
Rose che era stufa marcia. E voleva solo partite con il suo fidanzato. S’incammino spedita verso la stazione dove lui l’aspettava. Lei non era per niente una ragazza ribelle si disse, convinta, per scacciare le parole della madre.

 
Quell'estate a discapito delle previsioni, non fu per niente calda. Piogge torrenziali e una calma piatta per il clan Potter - Weasley che Lily si annoiò a morte, per due mesi, era solenne rettificarlo.
L'estate successiva, precisamente l'estate del 2022, Lily si preparava psicologicamente al fatto che, una volta terminata la vacanza, avrebbe iniziato il suo quinto anno. E, non era un anno qualsiasi dato che, sarebbe stato il primo senza il suo fratellone...
 
 

​Buongiorno a tutti e scusate per il ritardo della pubblicazione ma, sono partita per le vacanze.
Con questo capitolo finisce l'era delle introduzioni e dal prossimo inizierà la storia vera e propria.
Ringrazio chi segue e lascia commenti  alla storia.
Un bacio a tutti.

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Capitolo 6
*** CAPITOLO UNO ***


CAPITOLO UNO
 
 
 
 


Faceva freddo. Era la fine di luglio e faceva uno schifosissimo freddo. Odiava la Russia. Ne era certa. Lily e famiglia al seguito, più l’intruso che ormai da anni stava appiccicato ad Al peggio che una piovra gigante, erano arrivati a Mosca da poco. Giusto un paio d'ore.

Ginevra aveva avuto la bella idea di far fare un giro ai suoi figli, in quella città che lei amava tanto. Era stata a Mosca parecchie volte e, ogni volta trovava qualcosa di nuovo e meraviglioso che la stupiva e stimolava. Così prima di prendere la passaporta che li avrebbe condotti tutti in un posto ancora più freddo di quello, un deserto sperduto nella Siberia, la famiglia Potter e Scorpius al seguito, si dilettavano a fare i turisti in una Mosca babbana al quanto eccentrica. Lily aveva comunque freddo e a nulla erano servite le due cioccolate calde che aveva già mandato giù.

Al era felice della situazione. Non era mai stato a Mosca e, girovagarci con uno Scorpius basito, che poco o nulla sapeva sui babbani, era a dir poco esilarante. "Ci sposteremo nella Mosca magica voglio sperare!" Continuava a blaterare il suo migliore amico, stufo delle idee bizzarre dei Potter.
"Per pranzo. La passaporta che dobbiamo prendere si trova in una libreria a Tsitadel' Bogatyr." Affermò per rincuorarlo, con la speranza che la sua pronuncia russa non facesse poi così schifo.

James per quanto fosse eccitato di assistere alla partita, non era molto soddisfatto della situazione. Tessa sarebbe dovuta partire con loro. Invece aveva preferito restare vicino alla nonna morente. James non era un menefreghista, ma sul serio non capiva, come la sua fidanzata non riuscisse a trovare un po' di tempo per lui.
"Jim guarda!" Lily lo sbrogliò dai sui pensieri, mostrandogli un negozio al quanto bizzarro che esponeva in vetrina bambole di legno dai colori più disparati. "Sono matriosche vedi? Ne voglio una Jim". James, sapeva che Lily non riusciva proprio a resistere dall'acquistare oggetti tradizionali, in qualsiasi parte del mondo si trovassero. Così rassegnato, le comprò la matriosca che tanto l'aveva colpita qualche minuto prima. Avrebbero avuto il doppio dei bagagli, si trovò a pensare James, se Lily avesse iniziato a fare richieste in ogni angolo della città.

La mattinata nella città babbana non fu catastrofica, pensò uno Scorpius sollevato, dopo essere entrato nella Mosca magica: Tsitadel' Bogatyr. Il locale dove avrebbero pranzato non era niente di che si disse ma, da come poteva vedere, la signora Potter era una cliente conosciuta. Mangiarono piatti tipici che gli causarono un mal di pancia da paura ma, essendo l'unico dei presenti a risentire di quei dolori, non disse una parola al riguardo, giusto per non passare per un adolescente viziato, con problemi a mangiar fuori di casa.

La Mosca magica non si discostava molto da quella babbana. Era una vera e propria città dentro la città. Molto più grande di Diagon Alley. La piazza principale era abbellita da una statua in movimento, sirene e tritoni emergevano e si immergevano nella pietra, di un color turchese che sembrava quasi che un pezzo di oceano, fosse stato trasportato fino a lì. Meraviglioso si ritrovò a pensare.
La sede della Gringot al contrario di quella inglese non aveva nulla d’imponente, vista dall'esterno. Un palazzo semplicemente vetrato, molto babbano si ritrovò a pensare Scorpius. I signori Potter furono costretti a entrare e lui fu ben lieto di seguirli solo per osservate l'edificio dall'interno.
Causa legge magica che vietata il trasporto di una somma elevata di galeoni e, causa il cambio di valuta, i Potter non potevano proprio fare a meno di fermarsi alla Gringot, meno che non volessero continuare la loro vacanza senza un soldo in tasca.

La vista era spettacolare. Da quelle gigantesche vetrate si poteva vedere chiaramente la vita frenetica della cittadina. Maghi e streghe immersi nella loro vita ordinaria, intenti a passeggiare e acquistare roba nei tanti negozi che animavano la città. L'interno era ancor più strano di quello che avrebbe pensato. A Londra, la Gringot era piena e zeppa di folletti che lavorano, ai loro tavoli elaborati, senza nemmeno degnare di uno sguardo chi entrava e usciva dalla banca. O almeno cosi facevano credere. Lì una sola scrivania occupava l'immenso piano terra, arredato in modo spartano e abbellito esclusivamente da strane statue in perfetto stile nordico, raffiguranti strani personaggi che lui, Scorpius, non aveva mai visto. Seduto alla scrivania un ragazzo sulla trentina, leggeva un tomo gigantesco. Tracciando ogni tanto qua e là una riga. Strano. Non aveva proprio badato a loro. E in più se Scorpius doveva dirla tutta, quel posto era troppo vuoto e silenzioso, anche per i suoi gusti.

"Sono il signor Potter. Buongiorno" iniziò il padre del suo migliore amico, per nulla intimorito. Grazie a Salazar era Harry Potter!
"Il signor Potter ha un appuntamento?" Disse il giovane osservandoli, a quel punto, accuratamente. Erano un gruppo bizzarro, sì. Lo credeva anche lui. James Potter dietro al padre non accennava a dire una parola. Osservava tutto con minuzioso interesse. Albus era rimasto indietro, stava puntigliosamente percorrendo il perimetro dell'edificio e spiando tutti quelli che se ne stavano fuori al freddo. Come si divertita facilmente il giovane Potter. Lily, esuberante, saltellava di statua in statua, leggendo accuratamente le informazioni sotto riportate. Sempre alla scoperta. Sempre curiosa di tutto lei.
"Si, con chi abbiamo l'appuntamento? Ginevra". Dopo aver concordato che sì, avevano un appuntamento e non erano lì per caso, i signori Potter ebbero il permesso di salire al piano superiore a sbrigare le loro faccende. Loro quattro, invece, furono costretti a restare lì, in compagnia di quell’uomo immerso completamente nel suo lavoro, in una stanza che, se osservata con occhio clinico, avrebbe potuto mettere terrore anche al più glorioso dei Grifondoro. Beh almeno era riscaldato quel posto. O Scorpius vi avrebbe scommesso le chiappe che sarebbe morto di freddo prima che di noia.

Raggiunse Lily, non che fosse interessato alla minore dei Potter sia ben chiaro ma, era l'unica lì che forse stava facendo qualcosa di costruttivo. Ecco tutto. "Chi mai sono questi personaggi inquietanti?". Iniziò a chiederle con voce disinteressata. Manteneva le distanze. La piccola Potter avrebbe potuto da un momento all'altro agitarsi e iniziare a dare di matto per come la conosceva lui, quindi, stare alla giusta distanza gli permetteva di non mettere in pericolo la sua vita. Furbo lui. Slyterin. "Vedi, sono degli Dei. Sull'opuscolo dice che qui, siano molto religiosi. Venerano queste divinità che pare abbiano poteri magici sconfinati." Disse dubbiosa. Dubbiosa che esseri del genere potessero realmente esistere.
"Queste hanno il nome di Rožanicy, pare siano Dee del destino e della fertilità, dipende da un paio di cose, non ci ho capito molto in realtà." Puntualizzò la Potter, indicando una statua poco distante da loro raffigurante sette Dee dal bellissimo aspetto. "Esistono delle Dee del destino?".

Scorpius si ritrovò a pensare, che il suo di destino era al quanto buffo. Di andare in vacanza con la famiglia Potter ad esempio, non se l'era mai neanche lontanamente immaginato.  A suo padre era preso un colpo, quando aveva provato a parlargliene all’inizio del mese. Poi si era calmato e, con rammarico aveva accettato l’idea che il suo unico figlio, da anni, era diventato preda costante del nemico. A detta di lui.
Che la piccola Potter non lo avesse ancora maledetto era qualcosa che non era veramente mai accaduta prima.  Loro litigavano. Non tutti i giorni tutto il giorno, ma quando succedeva, era sempre un avvenimento epico con bacchette e lingue sfoderate. Se le cantavano di santa ragione per poi passare alle maledizioni. Una guerra. Ringraziando Salazar lui è la Potter non finivano con li incrociarsi spesso per la scuola, altrimenti era certo che il castello non avrebbe resistito allungo alle angherie di quella piccola peste viziata che il suo migliore amico si ritrovava per sorella.
"Pare ci siano Dei per ogni cosa" osservò vacua per poi mollarlo lì e passare alla statua successiva. Non la seguì. Per quale stupido motivo avrebbe dovuto farlo?

 
***


Albus si ritrovò a pensare che in Russia, al contrario dell’Inghilterra e di altri stati dove era stato in quegli anni, a vedere la finale del mondo di Quidditch, facessero le cose veramente per bene. La passaporta li aveva fatti arrivare in uno strano e al quanto comodo campeggio. Tante piccole villette erano sistemate sulla costa di un azzurrissimo lago, creando un panorama spettacolare e mozzafiato. Erano veramente una miriade di piccole case, si ritrovò a pensare.

La finale della coppa del mondo di Quidditch quell’anno si sarebbe tenuta in Siberia, precisamente sul lago Bajkal. Quando Albus, un mese prima aveva letto “sul” sulla brochure dategli dalla madre, aveva ingenuamente pensato ad un errore di traduzione dalla lingua russa a quella inglese. Beh, dovette ricredersi. “Sul” voleva dire proprio “Sul”. Se il campeggio magico era stato sistemato sulla costa del lago Bajkal, per chilometri di costa del lago Bajkal, il campo da gioco si trovava proprio al centro. Al centro di quell’immenso lago che non solo vantava una profondità di mille e seicento metri ma anche un abitante al quanto curioso: il Pesce Drago. Un po’ come la piovra del lago nero pensò Albus, magari solo un po’ più affamato.

Fatto il checkin, Harry Potter guidò la famigliola verso la casa loro assegnata: la numero 783. Spiegò loro che ogni casetta era stata sottoposta all'incantesimo di estensione in modo da poter ospitare un diverso numero di persone. Difatti, molti dei suoi cugini e dei suoi zii li avrebbero raggiunti prima di sera, quindi, era il caso di sistemarsi e accaparrarsi i letti migliori, prima del sovraffollamento.
Le casette erano più belle di come si era aspettato Albus. Anche molto più grandi, di come suo padre gli aveva spiegato. Lui e Scorpius avrebbero diviso la stanza con James e qualcuno dei cugini; Lily invece si era scelta il letto più comodo tra i quattro a disposizione nella stanzetta di fianco alla loro.

Scorpius non aveva minimamente idea, quella mattina, che il resto del clan Weasley li avrebbe raggiunti. Si sconfortò oltre ogni dire mentre accompagnava Albus in giro per il paesello che si era venuto a creare, grazie alla magia, nel deserto siberiano.

 
I Weasley che si unirono alla famiglia Potter erano meno di quanto potesse immaginare. Conoscendo il monumentale parentado del suo migliore amico, si aspettava molte più teste rosse a dividere la casupola con loro.
 
Rose era stata la prima a disertare, lei di quidditch non se ne interessava più di tanto e per quell'anno aveva deciso di trasgredire alla tradizione di famiglia e restarsene in Bretagna. Hugo e suo padre, invece, erano arrivati un'oretta prima di cena, vestiti con i colori della Polonia - squadra favorita - e carichi per la partita che sarebbe iniziata il mattino seguente.
 
Angelina e Roxenne, in clamoroso ritardo causa George e Fred influenzati, avevano annesso al loro viaggio, una timorosa Dominique e uno sfacciato Teddy che sì, quell'anno aveva deciso di non seguire la finale, questo era vero, ma dopo le insistenze di Roxenne sul fatto che sprecare due biglietti non era da persone ragionevoli, non aveva, anzi non avevano, potuto far altro che riempire un borsone e afferrare la passaporta che li avrebbe condotti all'evento dell'anno.
 
Il clan Potter per quell'anno era al completo. Lucy era troppo impegnata sul lavoro di Grimmald Place per potersi prendere una pausa. Molly e Louis, erano stati incaricati dall'ufficio Auror, della sorveglianza delle passaporte in entrata e in uscita dal paese e, questo voleva dire solo una cosa: straordinari. Victoria, palesemente incinta, aveva deciso di restarsene a casa con suo marito per poi cambiare i suoi piani all'ultimo minuto e restarsene a casa da sola. Per quell'anno, anche se in pochi, avrebbero mantenuto vivo il loto spirito goliardico. Parola di Weasley.
Scorpius era stanco ancor prima che la partita cominciasse.

 
***
 
Come al solito, si ritrovò a pensare Lily, erano finiti nella zona VIP. E come accadeva tutte le volte, che lei e la sua famiglia se ne andavano i vacanza, i paparazzi li pedinavano nascondendosi nei posti più disparati. Fino a non molto tempo prima, si appostavano vicino casa, scattando foto al quando ridicole e bizzarre alla sua famiglia. Per risolvere il problema ed evitare che sua madre finisse per l'ennesima volta sulla gazzetta del profeta, nelle vesti della nuova Bellatrix Lestrange, suo padre aveva comprato un cane per poi addestrarlo alla vecchia alla maniera. I paparazzi non si erano più presentati dopo aver fatto l'incredibile sconoscenza con Barbarian Holly.
 
Quella mattina, anzi più che mattina si ritrovò a pensare Lily, era ancora notte. Il gruppo di dodici persone di cui faceva parte e, tutti gli altri residenti della zona VIP, iniziarono a spostarsi sulla costa del lago Bajkal. Un uomo di bassa statura, corpulento e con l'inizio lampante di una calvizia, spiegò loro che alle sei in punto, sarebbero comparse le barche che a gruppi di cinque li avrebbero condotti alle tribune.
Lily si rese conto immediatamente che due di loro, con ovvietà, avrebbero attraversato il lago in compagnia di sconosciuti. Maledisse tutti i suoi conoscenti per aver disertato quella partita: iniziando dalla sua migliore amica Alice e finendo con la sua madrina Luna Scamandro che in quel momento era solo Godric sapeva dove a fare cose bizzarre e senza ombra di dubbio pericolose.
Fortuna volle che fossero suo padre e sua zia Angelina a separarsi dal gruppo e lei, si strinse sulla barca in compagnia dei fratelli, della madre e di Scorpius.

 
Le barche iniziarono a muoversi da sole nel buio della notte.   
Mille e più luci semi illuminavano le acque torbite. Lily credeva di essere in un sogno, circondata da milioni  di lucciole ad illuminarle il cammino. Magico.
Quando ormai erano giunti a metà della rotta, il sole iniziò a colorare di rosso l'acqua del lago. Il cielo si illuminò sotto i suoi occhi. Un caleidoscopio di colori si frappose tra lei e ciò che la circondava. L' alba. L' alba più bella che avesse mai visto, pensò Lily. E così fu anche per gli altri. Tramortiti e concentrati sullo spettacolo che la natura stava loro regalando in quell'angolo del mondo.

 
Salire in tribuna d'onore fu più facile del previsto. Una volta lì James si fermò a rimirare il campo da gioco. Dalla costa non avrebbe mai potuto dire con certezza se avessero giocato sull'acqua o se i russi si fossero inventati qualcosa per tenere a bada l'incolumità dei giocatori. L'acqua era ovunque. Loro erano sull'acqua e James si chiese se tutto quello sfarzo fosse veramente necessario. E soprattutto sicuro per la loro sicurezza. Sua madre e sua zia Angelina lì salutarono per spostarsi al piano di sopra, dove in compagnia di altri report e allenatori, avrebbero commentato la finale della coppa del mondo di quidditch. Presero posto mentre il sole si innalzava in cielo. La giornata prometteva bene. Poco vento, buona visibilità, e l'acqua si trovo a pensare James, era calma.
James non aveva mai giocato in un campo da quidditch che non fosse quello di Hoqwarts. E si rattristò pensando che se fosse diventato un auror non avrebbe mai avuto la possibilità di giocare su un campo come quello. "Ti avevo detto che il campo era meraviglioso!". Roxenne anche se giovanissima e con meno di un anno di esperienza, era stata convocata dalla nazionale inglese nel mese di marzo, come riserva. Non aveva mai giocato una partita ma, stare in squadra le aveva permesso di allenarsi in quel campo e assistere a vere e proprie partite tra professionisti. Roxenne a detta di James aveva una fortuna sfacciata. "Già, proprio un bel campo!" Si ritrovò ad affermare affascinato. James si rendeva conto di assomigliare molto più ad un bambino di cinque anni che ad mago maggiorenne.

 
La voce del Presidente russo risuonò nell’aria  seguita subito dopo da quella di sua madre: "Benvenuti alla 429° Coppa del Mondo di Quidditch".
 
***
 
Quella a detta di Scorpius era la partita più lunga della storia, non che si ricordasse perfettamente quanto fossero durate le finali precedenti della coppa del mondo di quidditch, ovviamente. Era ormai notte fonda, la Polonia era in vantaggio di 110 punti. Per un punteggio totale di  200 a 90. Gli americani arrancavano. L’arbitro, una donna, non si decideva ha dare la pausa. Se avessero continuato a stare sulle scope, quelli li, avrebbero avuto più di qualche problema una volta terminata la partita.
 
Mezzanotte. Nessuna pausa. L' arbitro era una stronza e, da quanto aveva affermato qualche ora prima la signora Potter, aveva un conto in sospeso con il battitore Polacco Rödusko. In poche parole, pur di vendicarsi di quell'uomo, e portare a compimento la sua vendetta, li avrebbe fatti morire tutti lì: di freddo e fame, pensò Scorpius. Lily Potter si agitava sulla sua poltrona, era anche lei abbastanza stufa di come stava proseguendo la partita. Il boccino era scomparso da ore. E i giocatori, avevano sul serio bisogno di una pausa, se volevano concludere la partita prima dell'alba. "Io ho fame". Scorpius la pensava proprio come lei, così visto gli ultimi sviluppi: erano capaci di stare nella stessa stanza senza affatturarsi; si propose di accompagnarla. Accettò. Scorpius era più scioccato per quell'atteggiamento che per  la durata della partita.
 
Scorpius seguito da Lily scendeva le scale esterne alle tribune, per dirigersi poi verso l'isola galleggiante addetta alla ristorazione. Era pieno di gente anche lì. Anche se con una minor visuale, si poteva gustare la partita anche da quella sistemazione, perdendosi veramente poco. Niente, se la partita non iniziava ad ingranare.
Lui e Lily occuparono un tavolino libero e ordinarono da mangiare. Scorpius non aveva mai cenato con la Potter. Da solo. Non avevano un granché da dirsi, si ritrovò a pensare. Loro due non avevano niente in comune a parte Albus e, Albus non era di certo un argomento di conversazione. "Oh Cielo! Ora gliene fanno un altro!" Gridò Lily, alzandosi in piedi un attimo prima che la tribuna polacca esplodesse in un grido di giubilo per l'ennesimo goal della loro cacciatrice Basha Piękny. "Hai visto Malfoy? Quel portiere non sa nemmeno cosa è il quidditch! Dove l'hanno rimediato?" Gli chiese convinta, aspettandosi anche una risposta. Scorpius Malfoy si ritrovò immerso in una conversazione di quidditch con la sorella del proprio migliore amico. Che Lily fosse una brava giocatrice ne era al corrente, dato che da l'anno prima era entrata nel Grifondoro come cercatrice, non era al corrente però che ne sapesse così tante in materia. Se fosse stato lei il capitano di Grifondoro, ne era certo, avrebbero avuto seri problemi quell'anno, anche più che con James Potter.

 
Lily parlava con Scorpius tranquillamente. Il quidditch aveva scoperto, era un argomento sul quale potevano discutere tranquillamente; anche se Malfoy tifava per il Puddlemere United. Concentrata sul suo interlocutore e osservando il campo distrattamente, Lily non si accorse del fotografo che paziente immortalava lei e Malfoy in una foto che ad occhi estranei sarebbe potuta apparire compromette.
 
Lily e Scorpius erano un po' troppo vicini, con i corpi che tendevano l'uno verso l'altro e le mani che magicamente quasi si sfioravano. Una foto equivoca e senza fondamento avrebbe detto il giorno dopo Lily per giustificare quel feeling che aveva scoperto la sera precedente con Malfoy.
"L' arbitro fischia la pausa finalmente. Concesse tre ore di tempo ai giocatori per riposarsi, molto bene!". Informò Angelina Weasley. "Vi ricordo che il punteggio è fermo, 210 a 90. Ci vediamo qui alle quattro del mattino. Tra tre ore esatte." Concluse Ginevra Potter. Stanca.
La partita finì alle sei e mezza del mattino. Il sole era appena sorto quando il cercatore Newyorchese afferrò il boccino ponendo fine alla partita e portando la squadra alla vittoria con uno scarto di dieci punti.

 
Lily era sollevata. Finalmente poteva sdrairasi sul letto e dormire. Dormire fino a quando non sarebbero ripartiti. Non avrebbe nemmeno preso parte ai festeggiamenti.
Lily voleva sul serio dormire un po', magari alla fine avrebbe anche festeggiato perché era una Potter e ai Potter piaceva un mondo fare festa ogni volta che se ne presentava l'occasione. Lo voleva veramente ma, il destino aveva in mente per lei qualcos'altro. Purtroppo.

 
"Che cosa vuol dire questo?" Gridò James dopo aver dato uno sguardo al numero straordinario della  gazzetta sportiva. Lei e Scorpius erano in prima pagina. Vicini. Troppo vicini si ritrovò ad affermare. Ma Godric santissimo era un edizione straordinaria, che centrava lei? Pensò Lily, shoccata afferrando la copia della gazzetta. Non dovevano parlare dei nuovi campioni del mondo?
 
"Non é come sembra!" Iniziò Lily, cercando appoggio in quello che sarebbe dovuto essere il suo compagno di sventure. "Problemi Potter? Io e tua sorella non possiamo mangiare insieme?". Lily credette seriamente che a Malfoy fosse andato in pappa il cervello.
 
I Potter lasciarono la russia, un paio di giorni dopo che i festeggiamenti si furono  conclusi, non prima che sua madre trovasse quel reporter da strapazzo e lo convincesse con le "buone" ha ritrattare  l'articolo. Lily finì sul giornale due volte quel mese di luglio. Entrambe le volte con Malfoy. 

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Capitolo 7
*** CAPITOLO DUE ***


CAPITOLO DUE
 
 
 
Lily era furiosa. Con tutti: sua madre, suo padre e i suoi fratelli. Guerra aperta.     L’estate fino a quella mattina era proseguita nel migliore dei modi.

Aveva impiegato il suo tempo libero in approfondite ricerche sulla famiglia Black, ricerche che da qualche giorno iniziavano a darle dei frutti. Non era stato semplice all'inizio, l’albero genealogico dei Black era un intreccio arzigogolato di maghi e streghe che nei secoli avevano continuato a incrociarsi tra loro, per mantenere la purezza di sangue. Un incesto al quanto vomitevole, si ritrovò a pensare, dopo aver finalmente trovato un ramo della famiglia che potesse tornarle utile.

Tra tutto quel po’ po’ di maghi purosangue, ne spuntava uno, povero, che aveva avuto la grandissima sfortuna di nascere Magonò. Lily pensò seriamente che la vita alle volte fosse in giusta.
Marius Black nato in una delle famiglie magiche più antiche della Bretagna era solo un nome, sui quei tomi, che leggeva e rileggeva da giorni. Aveva accurato, Lily, che di quell'uomo era riportata solo la data di nascita, poi più nulla. Poteva essere morto. Vivo. Forse aveva imparato a vivere tra i Babbani o si era suicidato dalla disperazione. Tutte congetture le sue.

Dopo aver capito che la ricerca letteraria non l'avrebbe portata a niente, Lily, si convinse a scendere in campo. Le piaceva proprio mettersi nei guai. L'idea a detta di lei geniale, le era venuta una sera, nei primi di agosto, nel nuovo appartamento della zia Hermione.
Sua zia si era trasferita a Londra due annetti prima, lì viveva in un bizzarro appartamento, dove il mondo magico e quello babbano avevano instaurato una strana armonia. Sua zia, difatti, possedeva un televisore, così che lei e Rose in quelle sere, avevano perso tempo a capire cosa i babbani ci trovassero di bello. Tra le tante cose che avevano potuto accuratamente osservare, i telefilm, le colpirono in modo particolare: era come osservare l'intera vita delle persone, con i loro guai, le loro gioie e i loro amori. Fantastico fu l'esclamazione di Lily dopo una maratona di Shameless. Dovette ammettere che fu proprio lì che trovo l’incipit per la sua idea.

"Zia!" Sua zia lavorava anche a casa. Lavorava sempre. Seduta alla scrivania non alzava mai la testa dalle scartoffie. Sempre concentrata. "Sì, Lily". Se ci fosse stato un modo per applicare la sua teoria, sua zia Hermione era l'unica persona cui poteva chiedere.
"Anche al San Mungo capita che facciano test di paternità? Come si usa tra i babbani?". Hermione Granger, pensò che forse tutta quella televisione non facesse un granché bene alle ragazze, soprattutto se poi venivano loro strane idee. "Beh si! Ovvio!". Certo al San Mungo non usavano i metodi babbani, ma questo non voleva dire che fossero dei retrogradi. "E come fanno?" Insistette sua nipote. Che cosa aveva in mente? "Ci sono delle pozioni Lily, di livello avanzato. Niente che faccia per te... Per il momento!". Finì di puntualizzare. Sapendo bene quanto la più piccola delle sue nipoti fosse brava nella materia. Lily non le fece altre domande, lasciò stare. Hermione, stanca, tornò al suo lavoro. Doveva finire entro quella sera.

Lily ricevette l'informazione che si aspettava. Doveva solo fare una pozione. Certo non sapeva quale e ciò voleva dire dedicarsi ad altre ore di lettura intensa. In estate. Con un caldo che invitava solo a prendere la ricorsa e buttarsi a mare. Di cuore.
Era quasi metà agosto, quando spulciando ogni libro di pozioni della biblioteca di casa, trovò quello giusto. Quello con la ricetta per creare la pozione che le avrebbe consentito di scoprire se Lucas fosse o no un discendente di quel Magonò di Marius Balck.
La pozione era difficile da preparare proprio come le aveva accennato sua zia Hermione. Dopo essere scesa nel seminterrato, dove per richiesta esplicita di suo fratello Albus avevano ricavato un laboratorio di pozioni per principianti - poi neanche tanto -, aver pulito per bene e aver iniziato a selezionare gli ingredienti che le servivano, Lily si rese conto di avere un gran problema. "DNA? E cosa dovrei fare per procurarmelo?".
Lily Potter, iniziò seriamente a pensare che quel progetto non l'avrebbe mai concluso. Non solo le serviva il DNA di Lucas ma, anche di qualche suo parente. Lily, dovette confermare che senza una comparazione non avrebbe avuto nulla in mano per osannare il suo successo da ricercatrice, così di buona lena escogitò un piano per la raccolta dei campioni. Oltre ovviamente a preparare la pozione. Ma chi mai gliela aveva fatto fare?
Dopo essere arrivata alla conclusione che per lei, gli unici probabili parenti di Lucas, che poteva facilmente incontrare erano Teddy e quell'idiota di Malfoy - con cui aveva ancora un conto in sospeso -, si decise ad andare da Lucas. Doveva o no recuperare la sua bicicletta?

 
 
Lucas Black, viveva dall'altro lato di Godric's Hollow. Quando Lily arrivò, stanca e disidratata, innanzi al giardino dell'abitazione, trovò al quanto curioso che ci fosse qualcuno che potesse vivere in una casa fatiscente come quella. Bussò tre volte prima che qualcuno le aprisse. Lucas.
Lily iniziò a pensare, che ci fosse un'altissima possibilità che lui non si ricordasse minimante di lei, dato lo sguardo che le rivolse. Non aveva idea di chi lei fosse. Benissimo.
"Lily... Ti ricordi di me? La bicicletta..." Prese a dire sconfortata poiché la fonte dei suoi studi non accennava a darle un minimo di confidenza. "La riccona che abita sotto la collina. Vieni avanti e scusa il disordine". Che lei fosse una riccona non l'aveva mai detto. Malfoy era uno stramaledetto riccone. Per puntualizzare.
"Vivi qui?" Non voleva sembrare una domanda, sul serio ma, l'interno per essere la casa di un babbano la stava impressionando come quando era entrata al ministero la prima volta. Non c'era un singolo angolo che non fosse stipato di libri. Quella casa era una vera e propria biblioteca. "Ti posso offrire qualcosa?".
Lily si accomodò senza fare complimenti e aspettò che Lucas le portasse da bere. Se fosse stata maggiorenne, l'avrebbe confuso e gli avrebbe strappato senza problemi qualche ciocca di capelli. Purtroppo non lo era. Così, munita da un addestramento da telefilm, aspettava il momento più opportuno per "rubare" e portare a casa quello che le serviva.
"La bicicletta?" Lucas aveva aggiustato la bicicletta da un pezzo. Tant'è che aveva quasi creduto di aver fatto quel lavoro per niente, giacché Lily in quelle settimane non aveva accennato a bussare alla sua porta.
"Vado a prenderla, aspettami fuori". Lily acconsentì e mentre Lucas usciva dalla porta sul retro, lei inizio a girovagare per il salottino, sperando in un aiuto divino.
Che fosse stato Godric o un semplice colpo di fortuna a Lily non interessava. Prese la maglia sporca e maleodorante poggiata sopra uno degli scaffali della libreria e la nascose velocemente nella borsa. Poi di gran carriera si precipitò in giardino, dove Lucas e la sua bicicletta prendevano il sole. "Beh grazie, sei stato molto gentile!" Le disse grata. Adorava la sua bicicletta. "Niente. .. Sai stavo pensando, potremmo prendere un caffè.."
"Si" Lily rispose di getto. Aspettava quella frase. Aspettava un invito di Lucas e non l'aveva nemmeno capito. Sciocca. "Sabato? Al bar che c'è in piazza dei martiri?". Concordarono l'orario e poi Lily se ne tornò a casa pedalando sotto il sole del tramonto.
Ora doveva solo trovare qualcosa di Teddy e Malfoy. Si sarebbe impegnata ancora di più, si ripromise sorridendo.
Aveva un appuntamento. Il suo primo appuntamento estivo.
 
***
 
James Potter, seduto su una scomoda sedia a casa della sua fidanzata, osservava il panorama selvaggio che circondava la dimora. Alberiga McGonagall era morta qualche ora prima.
Un silenzio pungente faceva da padrone nel salone, Tessa era poco distante da lui. Piangeva. Silenziosa.
La morte di sua nonna l'aveva distrutta. Tessa non aveva mai pensato di essere una ragazza fragile. Quando all'età di undici anni sua madre l'aveva abbandonata, non aveva pianto una lacrima. Aveva accettato quella donna bizzarra che le era stata presentata come sua nonna e non aveva mai più nominato la parola "mamma" per anni. Sua nonna, l'aveva cresciuta, si era sempre presa cura di lei, l'aveva spalleggiata nelle sue scelte e rimproverata innumerevoli volte per il suo comportamento un po' libertino. Era una donna straordinaria, si ritrovò a pensare. Era un modello, il suo, e lei non avrebbe dimenticato nessun insegnamento datole dalla persona che amava di più al mondo.

 
Uno dei medi maghi, alto e muscoloso – decisamente strano per quella professione - , che si stava occupando del corpo al piano di sopra, raggiunse Tessa porgendole un foglio. "Deve firmare qui. Con questo documento testimonierà il decesso di sua nonna. Entro sta sera sarà archiviato e il ministero prenderà atto della morte della Signora McGonagall. Con questa firma si occuperà tutto il ministero. Sarà avvertito il vostro notaio e sarà inserito l'annuncio di morte sulla gazzetta del profeta ..." Il medimago continuò a elencare tutto ciò che il ministero si prendeva la briga di fare al posto delle famiglie dei defunti. Quando ebbe finito, passò a Tessa una penna. Tessa firmò, per poi ritirarsi in cucina.
 
James non sapeva bene cosa fare. La sua fidanzata non aveva mai pianto, almeno in sua presenza. Così disperato dalla situazione contattò via camino Augusta e Dominique. Le sue amiche avrebbero saputo meglio di lui che cosa fare. Chiamare Dominique era stata una scelta ardua. Aveva raccontato a Tessa del loro incontro sperando in un responso positivo, invece, era stata del tutto indifferente, come se  lei e Dominique non avessero diviso insieme momenti fondamentali della loro adolescenza.
 
Augusta e Dominique arrivarono insieme, trafelate dopo essersi smaterializzate dal Paiolo.
"Ci sono le ragazze, Amore" dire amore innanzi a Dominique gli sembrò strano, ambiguo. Lei non diete segno di fastidio e James si chiese perché fosse lui a crearsi mille problemi. In un momento come quello poi!
"Dominique, sei qui anche tu!" Dominique si era ripromessa che non l'avrebbe mai perdonata. Mai. Eppure, venti minuti prima, quando James le aveva comunicato la morte di Alberiga non ci aveva pensato due volte a raggiungere quella che era stata la sua migliore amica. La stava abbracciando. Forte. Sarebbero rimaste così. Con James a guardarle e Augusta a sfaccendarsi per casa, stando attenta che nessuno di quei medimaghi portasse via qualche cimelio di famiglia.

 
***
 
Alberiga McGonagall era morta. I funerali si sarebbero tenuti quel sabato pomeriggio. Lily avrebbe disertato. Punto.
 
Non le fu permesso, così venerdì notte mandò la sua civetta a casa di Lucas, con una missiva breve e concisa, dove si scusava per non poterlo incontrare causa decesso di un familiare. "Mi raccomando Vilka, non farti vedere. Mettila dove i babbani mettono la posta!" Liberò Vilka e tirò fuori dall'armadio il vestito che avrebbe indossato il giorno dopo.
 
Alberiga McGonagall conosceva un bel po' di gente si soffermò a osservare. La zia Andromeda era seduta in seconda fila accanto, stranamente, alla sorella Narcissa. Teddy e Victoria dietro di lei e la famiglia Malfoy non molto distante. Lily, per quanto quello fosse un funerale e dovesse concentrarsi per non apparire indifferente, osservò che le sue vittime erano entrambe lì. A portata di mano. Poteva farcela.
La messa funebre stancò un po' tutti. Partecipare a funerali in agosto non era proprio un toccasana, anche se la location si trovava nello Yorkshire ed era circondata da un bellissimo bosco di sempreverdi. Tessa, aveva saputo Lily, avrebbe fatto seppellire la nonna nel parco della villa. Lily, proprio per questo non  vedeva l'ora che si spostassero all'interno della villa, dove avrebbe trovato un po' di fresco e del cibo. Era ancora rattristata per aver dovuto mandare all'aria il suo appuntamento, si disse, che forse era il destino che voleva così.

 
Teddy Lupin, non aveva la minima idea del perché si trovasse lì. Aveva visto la nonna di Tessa una volta sola, dai Potter. Quella donna, per quanto ne sapeva, si era ritirata a vita privata prima ancora che lui nascesse. Sua nonna Andromeda ci era andata a scuola assieme. E, saputa la notizia della dipartita di una sua vecchia amica aveva insistito sul fatto che lui dovesse accompagnarla. Non potendo dire di no a sua nonna e non potendo lasciare a casa sua moglie, incinta, se ne stava lì, muto, pregando che finisse tutto molto presto.
Si rincuorò solo un’oretta dopo quando lui e i Potter si apprestarono a entrare in casa e porgere le condoglianze a Tessa e all’ex preside Minerva McGonagall. A breve sarebbe rientrato a casa.

 
"Perché anche tu qui?" Gli chiese Lily appoggiata al camino con una tartina in mano. "La nonna, tu?"
"Famiglia a quanto pare. Credo che le nostre mire espansionistiche siano fuori controllo!". Rispose Albus, che aveva lasciato James alla sua fidanzata e aveva raggiunto sorella e fratellastro. "Albus, possibile che la tua lingua lunga non si freni nemmeno ad un funerale?" Teddy e Albus risero di gusto, afferrando dei bicchieri volanti e spostando la conversazione su roba che Lily non aveva mai sentito nominare. "Lils ti andrebbe di riempire i bicchieri?!".
A Lily di fare la schiavetta non andò giù ma, quando si ritrovò il bicchiere dal quale Teddy aveva bevuto, tra le mani, ringraziò tutti i fondatori per l'aiuto che le stavano dando. Nascose il bicchiere nella borsa e ne portò a Teddy un altro. Facile. Ora, doveva solo portar via qualcosa a Malfoy, ma come fare?
 
***
 
A villa Potter si litigava da ore. Non si sapeva bene chi contro chi ma gridavano tutti! Harry Potter, doveva partire per lavoro: il consiglio magico europeo si sarebbe riunito quel weekend a Praga. Hermione l'avrebbe accompagnato e se tutto fosse andato secondo i piani, non si sarebbero trattenuti all'estero più di cinque giorni. Se tutto fosse filato liscio come l'olio. Ma lui era Harry Potter quindi era meglio incrociare le dita e pregare Silente tutte le sere. Più volte magari.
Ginevra Potter, quello stesso weekend era stata invitata dalle sue ex compagne di quidditch, in Irlanda, per festeggiare in ricordo dei vecchi tempi. Ginevra ci teneva molto ad andare; dato il suo lavoro era costretta a viaggiare molto e, incastrare tra il lavoro e la famiglia anche momenti di relax non era una cosa che le riusciva tutti i giorni.

 
James Potter, che all'età di diciotto anni, pretendeva di non dover dar conto a sua madre - si sbagliava - aveva in programma, per la stessa data, di portare Tessa al mare. Aveva organizzato tutto e Tessa le era sembrata molto disponibile di staccare un po' la spina. Da lì a due settimane, sarebbe entrata in possesso del testamento della nonna, poco male; il problema, come lei non smetteva di ripetere, sarebbe stata la presenza della madre alla lettura del testamento. Una catastrofe. James aveva così deciso di fare una vacanza e non avrebbe mai, e poi mai cambiato idea solo perché Albus non voleva occuparsi di Lily.
 
Albus non voleva occuparsi di Lily. Più che volere, era una questione di potere. Quel fine settimana lui l'avrebbe passato da Scorpius, come ogni anno. Che Lily andasse a stare a casa dello zio Ron per qualche giorno! "Allora vorrà dire che Lily verrà con te. Scriverò io stessa ad Astoria!"
A Lily si gelò il sangue. "Dai Malfoy? Non esiste?"
Continuarono così per un po'. Ognuno a dire la sua. Ginevra Potter, furiosa per la poca disponibilità che mostravano i suoi figli, gettò un silenzio collettivo. Anche suo marito si ritrovò a dare fiato alla bocca senza far fuoriuscire un suono. "Lily Potter scegli... O vai con Albus dai Malfoy, e non fare quella faccia tu! E tua sorella non ti creerà nessun problema! O andrai da Petunia." Disse continuando ad agitare il braccio, indicando prima un figlio poi l’altro.

 
Lily era furiosa, possibile che con tutta quella parentela che si ritrovava, nessuno fosse disponibile per quel weekend? Possibile che Alice non fosse ancora tornata dal Portogallo? Che Teddy le avesse detto di no, perché la gravidanza di Vicky era già abbastanza stressante senza che lei gli piombasse in casa? Possibile? Possibile che solo Petunia le avesse risposto "Non ci sono problemi".
 "Hai due minuti Lily. Devo scrivere alla mamma di Petunia o ad Astoria, muoviti!".
Adorava Petunia ma, stare un intero weekend in una casa babbana non la allettava per niente. Era Petunia che andava da lei, non il contrario. Certo stare dai Malfoy, pensò Lily avrebbe avuto pro e contro! Le serviva Malfoy per il suo studio, questo non voleva dire che fosse disposta a sopportarlo, in casa sua. "Lily!"
Sua madre lanciò il contro incantesimo. Non fiatava nessuno. "Malfoy" disse Lily a bassa voce, rimpiangendo subito dopo la sua scelta. "No... Non posso portarmela, sarebbe imbarazzante!". Ginevra Potter lo guardò un ultima volta, prima di sedersi alla piccola scrivania sotto le scale e scrivere una lettera alla Signora Malfoy. Albus non disse più nulla. Si chiuse nella sua stanza e ne sarebbe uscito solo venerdì mattina per raggiungere il suo migliore amico.
 

Che cosa vuol dire che quel Pel di Carota di tua sorella soggiornerà a casa mia? Perché vivi in una famiglia di matti?
Con affetto un arrabbiatissimo Malfoy.
 

 
 
Buongiorno a tutti, un grazie per i lettori della stagione estiva e, a chi a inserito la storia nelle seguite/ricordate.
 

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Capitolo 8
*** CAPITOLO TRE ***


CAPITOLO TRE

 

Era una giornata orribile. Era venerdì. Non aveva messo piede fuori dalla sua stanza per giorni. Si era rintanato lì, furioso con sua madre e anche un po' con suo padre. Avrebbe anche potuto imporsi, no?

Finì di preparare il borsone e scese a fare colazione. I suoi genitori erano usciti presto. James non era a casa e lui per un solo momento pensò di smaterializzarsi senza Lily e mollarla lì. Una carognata. Per quanto fosse arrabbiato, non avrebbe mai fatto una cosa del genere.

Albus non si spiegava la scelta di Lily. Avrebbe potuto benissimo passare quei giorni da Petunia e sopportare in silenzio lo stile di vita babbano, invece, aveva deliberatamente -quasi- deciso di andare, niente po’po’dimeno che a casa di un ragazzo che detestava. Albus iniziava a non esserne più tanto convinto.

Meno di un mese prima, erano finiti insieme sulla prima pagina del giornale sportivo. Insieme. Lily si era discolpata, insistendo sul fatto che stessero semplicemente mangiando e guardando la partita. Scorpius, dopo aver battibeccato con James, per puro spirito di contraddizione, aveva ammesso che le parole di Lily erano veritiere. Non avevano nulla da nascondere.

Dei rumori provenienti dalle scale del seminterrato, distrassero Al dai suoi pensieri. Si precipitò a controllare cosa stesse succedendo. Se fosse saltata in aria la casa perché Lily si ostinava a lavorare, Salazar solo sapeva a cosa, nel laboratorio di pozioni a tutte le ore del giorno, sua madre l'avrebbe ucciso. Sette volte. "Cosa stai combinando?"

Lily trafelata con un borsone grande il doppio di lei, arrancava rumorosamente per le scale. Buffa. Sua sorella era buffa. "Ho preso un po' di roba. Così non smetterò di lavorarci!"

"Non vuoi proprio dire cosa stai combinando la dentro?" Le chiese per l'ennesima volta. Disperato.

"No. E guai a te se ci entri!?" Sua sorella era una testona. Come James. Che cosa centrava lui in quella famiglia di matti? "Posso almeno rimpicciolirti il borsone. Almeno non sembrerai una matta che per un weekend si porta dietro una casa?".

I due fratelli, imbronciati e con valigie della giusta misura al seguito, erano pronti a partire. Albus controllò parsimonioso di aver chiuso  bene la casa, di aver fatto tutti gli incantesimi protettivi concordati con i genitori, tre volte, prima di essere certo di aver fatto tutto per bene. "Ci smaterializziamo o no? Finiremo per arrivare a ora di cena se ti trastulli ancora un po'".

***

Lily non era mai stata a casa di Malfoy. Chi sa mai perché? Si disse. Albus li aveva smaterializzati al cancello della Manor. Solo il cancello le metteva soggezione.

Lily, osservò Albus bussare sui ferri intarsiati del cancello in modo ritmico che non aveva nulla di casuale. Il cancello si spalancò e lei, intimorita da tanta opulenza, seguì Albus in silenzio. Maledicendosi ripetutamente.

Al portone di ingresso un elfo domestico li fece accomodare, scortandoli in un salone spartano dalle vetrate luminose e con il soffitto mosaicato. "Astoria buongiorno" Suo fratello era palesemente più educato di lei. "Buongiorno a te caro! Tu sei Lily vero?"

Astoria, agli occhi di Lily, era una signora affascinante e graziosa; semplice nel suo essere ben vestita e orgogliosa nel potersi presentare senza aver nulla da nascondere. "Sono io. Salve, mi scusi per l'intrusione e la ringrazio per aver accettato di ospitarmi!" Lily si era preparata quella frase giorni prima. L'aveva ripetuta come un mantra ed era convinta le fosse uscita abbastanza bene. Astoria sorrise loro e poi li incitò a seguirla. "Scorpius sta ancora facendo colazione."

Lily, non restò per nulla sorpresa dalla camera che le avevano riservato. Era immensa. Con colori chiari a farla da padrone e una vista sul roseto di Astoria che la incantarono. Dopo aver disfatto il borsone, da degna Potter quale era, iniziò a girovagare per il Manor. Era enorme: saloni su saloni, stanze da letto, sale da bagno, studi, sale da pranzo e da ballo. Ciò che la sorprese di più fu la biblioteca. Possibile che Malfoy avesse tutta quella cultura in casa e fosse un emerito idiota? La vita era proprio strana.

Dato che nessuno si prese la briga di cercarla, Lily, pensò bene di trovare qualche libro che le potesse interessare. Così di buona lena passò lì tutto il resto della mattinata e il pomeriggio. Si stupì positivamente, quando verso mezzogiorno, un elfo domestico dinoccolato le portò dei sandwich, comunicandole che la cena era prevista per le sette e che non poteva prendersi la briga di non andare.

Alle sei e mezza, Lily, ritornò in camera per darsi una sistemata. Niente di eccezionale si ripromise, non doveva fare bella figura con nessuno, lei. Quando iniziò a scendere le scale per raggiungere gli altri, si rese conto che non aveva la minima idea di dove andare. Si sarebbe persa prima di trovare la sala dove avrebbero cenato.

Alle sette e mezza, con sommo ritardo in pratica, forse per caso, apri la porta giusta, ritrovandosi innanzi una tavola apparecchiata lustrarmene da dove Albus la guardava sconvolto. Arrabbiato. Indignato. Non lo sapeva neanche lei! "Mi sono persa!"

"La giovane Potter ha bisogno di una mappa? Astoria mi chiedo come mai non abbiamo pensato ad una tale eventualità. Ah giusto, é la prima volta che apriamo le porte a giovani donne che non sanno a quale Santo affidarsi."

Lily si sentì offesa, terribilmente. Che i Malfoy non la volessero ospitare l'aveva capito anche lei. Ma palesarlo a quel modo! Stava giusto per rispondere a tono, perché lei era Lily Potter e tenersi le angherie dentro non era proprio una delle sue abitudini, quando quel suo fratello strano, scoppiò a ridere seguito da Scorpius. Ridevano. "Papà ti avevo detto che il fumo le sarebbe iniziato ad uscire dalle orecchie e avrebbe assunto una colorazione più rosa dei suoi capelli!" Malfoy Senior l' aveva appena sbeffeggiata.

"Tu! Idiota di un Malfoy! Come osi raccontare in giro queste assurdità! Sei il peggior essere che conosca! Ti prendi gioco di me, con tuo padre? Albus ridi un'altra volta e l'ultima cosa che vedrai é una Potter che ti uccide. A mani nude!".  Quando smise di urlare con i due malcapitati, Lily, si rese conto di aver dato di matto innanzi ai coniugi Malfoy. Gran bella figura. Da Oscar.

Nel silenzio assoluto, Lily, si sedette e aspettò con ansia che qualcuno si decidesse a mangiare. "Buona cena" proclamò Astoria, osservando il marito che comodo esaminava di sottecchi Lily. Sorrideva.

" Lily? Dimmi un po' é nella tua natura dare di matto a quel modo? Tuo padre aveva un atteggiamento molto simile alla tua età!" Malfoy senior le rivolse la parola nuovamente. "A dire il vero no, suo figlio però s’impegna così tanto a darmi disturbo che é ovvio meriti una ricompensa!" Quei due le stavano sui nervi. Molto. Moltissimo.

"Lily, cara, a che anno sei?" Lily iniziò a confidare nella sanità mentale di Astoria. Santa donna. "Devo iniziare il quinto!" Le rispose garbata, osservando Albus che silenzioso seguiva il suo terzo grado made in Malfoy. L'avrebbe pagata cara. Anche il suo amichetto.

"Sul serio? Sembri molto più piccola. Avrei detto terzo anno!" Lily era piccola. Non piccola come potrebbero pensare le persone normali. Aveva ereditato il gene Weasley e non avrebbe mai potuto dire di essere bassa. Lily era piccola in quanto non aveva il minimo di forme. Perché aveva ancora i lineamenti da bambina ben marcati e sorrideva come un infante ogni qual volta trovava qualcosa che le piacesse. "Beh Lily sembra piccolina perché non si é ancora sviluppata..."

Albus Potter si rese conto, immediatamente, di aver detto la cosa più sbagliata che un fratello potesse dire. Che un uomo potesse dire. Il suo miglior amico, aveva smesso di mangiare per spostare lo sguardo da lui a Lily, di nuovo a lui per soffermarcisi, sconvolto. Voleva dire solo una cosa: Che cazzo hai detto?

Draco Malfoy, che mal sopportava i Potter, da sempre, pensò che Scorpius avesse perfettamente ragione ad affermare che due Potter nella stanza avrebbero per forza di cose scatenato un cataclisma. La piccola dei Potter, che le era sembrata al quanto eclettica e un po' spossata, grazie alla sceneggiata di prima, taceva. Teneva lo sguardo basso e immaginava Draco il suo stato di imbarazzo aveva appena toccato i massimi storici.

Per quanto quella situazione fosse comica e metteva due Potter alle strette, cosa che non era mai male, Draco Malfoy posò lo sguardo su sua moglie, sperando che avesse qualche buona idea per smorzare la tensione.

Draco, osservò la moglie alzarsi e avvicinarsi alla ragazza, probabilmente con l'intento di rassicurarla. Una di quelle scene da donna a donna, per chiarire. Imbarazzante. Era imbarazzante per lui. Scorpius e Albus, a modo loro, con piccoli calci e qualche pugno, stavano discutendo sulla questione. Con pochissimi risultati. Prima che sua moglie fosse abbastanza vicina alla Potter per dirle qualcosa, la ragazza, si alzò in piedi. Testa alta. Grifondoro. Orgoglio.  Coraggio. Ecco, aveva una figlia di Godric in casa, com’era mai potuto accadere?

"La cena era ottima. Mi ritiro nella mia stanza. Con permesso!". Com’era entrata, con una notevole faccia tosta, Lily Potter stava lasciando la sua tavola. Severa. Intoccata. Imbarazzata.

"Albus! Per Salazar che sparata era quella, sua tua sorella che... Ah, hai capito! E dovresti saperle certe cose, sei circondato da donne in casa tua! Mi condannerà per tutto l'anno. Dovrò guardarmi le spalle: sempre, ovunque. Hai combinato questo casino! Risolvilo. Ho sarò io ad ucciderti a mani nude." Sproloquiò Scorpius, nervoso, prima di riempirsi il piatto di carne di maiale e patate.

Suo figlio, anche se non l'avrebbe mai ammesso, teneva al comportamento e al giudizio che la Potter aveva nei suoi riguardi, in modo considerevole. Troppo per i suoi gusti. "Vado a prendere il dolce!"

Sua moglie, adorabile, stava andando a trovare la Potter. Questo voleva dire avere più di una donna per casa? Essere sempre sull'orlo della catastrofe?

***

Lily si era chiusa in camera sua. Come aveva potuto suo fratello, proferire con una frase del genere? Come aveva potuto metterla in imbarazzo?

Non sarebbe mai più riuscita a guardare Malfoy in faccia. Peggio, Malfoy l'avrebbe presa in giro per il resto dei suoi giorni. Ne era certa.

Qualcuno bussò alla porta. Lily non aveva veramente voglia di parlare con nessuno. Soprattutto con Albus. Non rispose. Furiosa. La porta si aprì lo stesso. Maledisse se stessa per non essere andata a casa di sua cugina. Stupida.

Astoria si sedette sul letto, vicino a lei. Astoria non doveva essere una donna di molte parole. Per ben cinque minuti, Lily contò i secondi, non disse nulla.

"Sono una madre, ma non avendo avuto figlie femmine, non so bene come comportarmi. Cosa dirti." Poteva stare in silenzio e andarsene, pensò Lily. Lei voleva stare sola.

"Non credo che Albus volesse ferirti. L'ha detto ingenuamente. Sai, lui si sente a casa qui... Credo sia per questo che non ci ha pensato due volte ..." Astoria poteva dirle quello che voleva: suo fratello era un insensibile. Lo odiava. "Parlatene. Noi faremo finta di non aver sentito nulla."

"Scorpius non farà finta di nulla! Già passa tutto il tempo a prendermi in giro. Ora si divertirà molto più..." Le aveva appena insultato il figlio, ne era certa. Perché non si arrabbiava? Arrabbiati! Difendilo!

"Ti lascio riposare. Se ti andrà domani possiamo darci al giardinaggio!" Astoria la lasciò lì. Da sola. Arrabbiata con Albus perché era un idiota. Con Scorpius perché non le dava tregua e con se stessa, un po' meno con se stessa. Molto meno.

Astoria lasciò Lily a ricamarci su. Quello che era successo a cena, era insolito per loro che non avendo figlie femmine, difficilmente toccavano certi argomenti. Draco era molto divertito della cosa, un po’ come se si aspettasse che la visita di quella ragazzina avrebbe portato scompiglio in casa.

 Al contrario di quello che affermava Lily, Astoria era convinta che suo figlio non ci avrebbe marciato sul quell'argomento, anzi, era del parere che l'unico motivo per il quale suo figlio passasse così tanto tempo a litigarci con Lily era perché inconsciamente era attratto da lei. La foto di un mese prima, scattata in Russia, era certa confermasse la sua tesi. Scorpius in compagnia di Lily si trovava bene: era rilassato, disinvolto, con il sorriso sulle labbra e lo sguardo concentrato; tutti fattori positivi per come la vedeva lei.

***

Era domenica mattina quando Lily si decise a uscire dalla stanza. Si era detta che nel bene o nel male, avrebbe dovuto superarla perché era certa che i Malfoy alla fine avrebbero rivendicato la proprietà della stanza. Era mattina tarda e Lily, non avendo idea di fossero gli altri, andò a intuito, seguendo i rumori provenienti dal giardino. Lì si trovavano i coniugi Malfoy. Draco, era intento a leggere la gazzetta del profeta e con garbo, fece finta di non badare alla sua presenza. Astoria, seduta compostamente tra le aiuole, potava le rose che adornavano quell'angolo di giardino. Lily si sedette vicino a lei, la osservò per un tempo indefinito, solo quando Astoria sembrò convinta di aver fatto un buon lavoro, le rivolse la parola. "Grazie per l'altra sera..." Non aveva idea del perché la stesse ringraziando. Non l'aveva minimamente confortata. "Ti va del the freddo?"

Era sempre più convinta che la madre di Scorpius fosse strana. Anormale. Era una Malfoy dopotutto, che se lo chiedeva a fare?

Sedute all'ombra, le due donne, non avevano niente da dirsi. Lily, che all'inizio era sconfortata da tale atteggiamento, si rese conto che non era poi così male. Quel silenzio non era imbarazzante. Non andava riempito con frasi senza senso. Potevano stare lì in silenzio, certe di star bene.

"Se posso permettermi Cara, vorrei consigliarti una pozione. Non ho potuto non notare che questa situazione ti crea disturbo, per te stessa. Va ingerita una sola volta. Mi sembra strano che tua zia, che lavora al San Mungo non te l'abbia proposta!" Lily vedeva di raro sua zia Audrey. Essendo la moglie dello zio Percy, ed essendo lui lo zio più palloso che avesse, tendevano a incontrarsi solo a casa della nonna. Quell'estate quasi mai. Lily accettò volentieri l'idea della donna. Oltre ad essere fiduciosa di suo, Lily non riusciva a trovare nulla di malvagio nella madre del suo peggior nemico.  Così, felice di risolvere uno dei suoi problemi adolescenziali, mandò giù la pozione senza battere ciglia per poi tornare a quella conversazione, fatta di silenzi immisurabili, che non le pesavano per niente.

***

"Ti sei divertito?" Draco e Astoria, erano appena entrati nella sala, dove avrebbero cenato. Scorpius e Albus erano già lì intenti in una conversazione parecchio accesa. "Tutto bene?" Chiese Astoria preoccupata che potesse esserci un'altra scenata made in Potter anche quella sera. "Si, possiamo cenare".

"Aspettiamo Lily. Stava meglio oggi ..."

Per quanto la Potter stesse meglio, li stava facendo aspettate di nuovo. In casa sua. Draco non era più tanto divertito. "Polki!" Sua moglie chiamò l’elfo domestico per poi spedirlo ad avvertire la Potter, che la cena stava per essere servita. In ritardo. Di nuovo.

Polki tornò  pochi minuti dopo, trafelato e agitato: "Sangue...".

A Draco non gli gelava il sangue nelle vene dai tempi della guerra magica. "Quale sangue?" Disse alzandosi in piedi e iniziando a fare il padrone di casa. "Nella stanza della signorina, lei non c'è...". Il povero elfo non fece in tempo a terminare la frase che Albus e Scorpius iniziarono a correre per il castello alla ricerca di Lily. Astoria, con sangue freddo, mandò Polki al San Mungo e poi si mise lei stessa alla ricerca della ragazza. Draco restò fermò lì. La figlia di Sfregiato stava morendo o era morta in casa sua. L'avrebbero rinchiuso ad Azkaban, avrebbero buttato la chiave e lui sarebbe rimasto lì fino alla sua morte.

 

Scorpius correva come un pazzo, lui e Albus si erano separati dieci minuti prima e di Lily neanche l'ombra. Mentre si disperava, incredulo che una cosa del genere fossa successa in casa sua, la vide, era lì per terra in una pozza di sangue. Gridò a gran voce che l'aveva trovata. Lo gridò di nuovo dopo essersi lanciato un sonorus. Quando Albus e sua madre lo raggiungerò, teneva Lily tra le braccia. Era ricoperto di sangue, tremante e l'unica cosa che riuscì a dire fu: "Respira".

Audrey Weasley scese le scale di villa Malfoy raggiungendo il salone dove Astoria, Draco, Scorpius e Albus stavano aspettando un responso, con tanto di spiegazione.

Dopo aver convinto suo nipote e la famiglia Malfoy che Lily non era in pericolo di vita e che aveva solo bisogno di riposo e di due dosi di rimpolpa sangue per l'intera settimana, si concentrò su Astoria. Da donna a donna, era ovvio che solo lei avesse potuto avere quell’idea. "Signora Malfoy ha somministrato a Lily la pozione sanguevita?". Albus che non aveva idea di che pozione si trattasse, a sentire quel nome, aveva avuto un calo di zuccheri tale da perdere la vista per qualche minuto.

Dopo aver sentito la risposta affermativa di Astoria, per tranquillizzare Albus e gli altri presenti, Audrey si sentì in obbligo di chiarire la situazione. "La pozione sanguevita non é dannosa di per se. È prescritta molto spesso alle ragazze che hanno lo sviluppo rallentato. E l'avrei prescritta io stessa a Lily se non fosse allergica a uno degli ingredienti, semi lavorato, usato per produrla. Signora Malfoy, ha quasi ucciso una ragazzina. É mio dovere informare mia cognata. Spetterà ai Potter poi decidere il da farsi.”.

Dopo aver salutato Albus e averlo rassicurato per l'ennesima volta, si smaterializzò, incredula!

" Hai quasi un ucciso un Potter!" Le disse suo marito. "Scrivo a Ginevra, prima che possano pensare ad un attentato alla loro figlia. Salazar, volevo solo aiutarla..." Si sentiva tremendamente in colpa. Povera ragazza.

"Hai quasi ucciso un Potter!" Ripeté suo marito. Sconvolto.

"Cioè pensaci! Se Sfregiato é allergico alla stessa cosa... Cioè..." Draco Malfoy era esterrefatto. Stava per ricevere una denuncia, se non una condanna e l'unica cosa che riusciva a pensare era a Potter e alla sua fortuna spacciata.

***

Lily aprì gli occhi, l’unica cosa che ricordava, vagamente, era un dolore allucinante che l’aveva sorpresa mentre si recava a cena e poi sangue. Era certa di aver avuto un’emorragia, questo però non le spiegava il motivo per il quale si trovasse sdraiata nel letto, a casa dei Malfoy, con sua madre che la guardava preoccupata. Era nei guai? “Ti sei svegliata, finalmente!”

Ginevra Potter, dopo innumerevoli insistenze di sua figlia, che doveva solo riposare e non spolmonarsi contro di lei, le raccontò cosa era successo la sera precedente. Astoria, rammaricata, entrò in quel preciso istante nella stanza. Ginevra, aveva deciso di non sporgere denuncia. Inimicarsi nuovamente con i Malfoy, in quel preciso periodo storico, non era proprio il caso. La carriera politica di Harry ne avrebbe risentito e, dopo tutti quei sacrifici, potevano benissimo risolvere la questione tra loro, senza che l’intero mondo magico ne venisse a conoscenza.

Lily, sola nella stanza, era stralunata. Senza forze e affamata. Quell’estate non aveva avuto un attimo di tregua, si disse. Lucas l’aveva quasi uccisa investendola con il pick up, in Russia una foto di lei e Malfoy – insieme – era finita per ben due volte in prima pagina e, dulcis in fundo, la signora Malfoy l’aveva quasi uccisa. Un’estate da ricordare. “Quando manca al primo di settembre?” si ritrovò a dire a se stessa.

Scorpius, non aveva avuto il coraggio di entrare nella camera di Lily, non dopo che lei si era svegliata. La vista della sorellina di Albus, ricoperta di sangue, tra le su braccia, era impressa a fuoco nella sua testa. Una scena orribile, pensò sconvolto.

“Scorp, non c’è bisogno che ti tieni tutto dentro! È normale che tu sia sconvolto per Lily! È un po’ come una sorellina per te, da quando ci conosciamo sei costretto a sopportarla … è naturale!”. Il suo migliore provò a consolarlo. Miseramente. Se Lily, per lui era alla stregua di una sorella, perché, perché, continuava a chiedersi, tremava al solo pensiero che le stava quasi per morire tre le braccia? Perché non riusciva a entrare in quella stanza?

Scorpius non vedeva l’ora che quell’estate finisse. Che ricominciasse la scuola e che Lily in primis se ne andasse da casa sua. Albus, tranquillo, gli passò un bicchiere di the freddo. Era proprio vero che i Potter avevano il sangue freddo! Il suo migliore amico era fresco come una rosa, come se non fosse accaduto nulla! Dannati Potter, si ritrovò a pensare Scorpius per l’ennesima volta, quell’estate.

 

 

 

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Capitolo 9
*** CAPITOLO QUATTRO ***


 
CAPITOLO QUATTRO
 
Quell'anno James non sarebbe partito per Hoqwarts. Ne era consapevole. Era consapevole, che se non si fosse dato una mossa, sarebbe arrivato tardi all’accademia Auror e quella mattina non poteva proprio permetterselo poiché iniziavano i test di ammissione. Per quanto lui fosse James Potter, non poteva e non voleva, fare una brutta figura o passare per raccomandato, così di fretta e furia di smaterializzò  a Manchester, innanzi a quella che per i prossimi tre anni sarebbe stata la sua nuova casa. Quasi.

James Potter, sicuro che Lucy avrebbe finito i lavori per il primo di settembre, nella richiesta d’iscrizione aveva sbarrato "no" alla dicitura "Lo studente desidera pernottare nel dormitorio messo a disposizione dall'accademia?". Così era costretto - causa forze maggiori - a restare a casa per un po'. Un po' tanto, si ritrovò a pensare.

Quella mattina, in una delle aule più grandi dell'accademia, James e una cinquantina di ragazzi, si trovavano a sostenere il primo test di ammissione. James sperava di essere sufficientemente preparato e fare cosi una buona impressione. Mentre cercava un posto a sedere, scrutava l'aula alla ricerca della sua fidanzata.
Lui e Tessa, si erano dati appuntamento lì, e conoscendo la sua puntualità era al quanto stupito di non vederla da nessuna parte. "Ragazzi sedetevi" un giovane mago, alto e massiccio, si dispose dietro la scrivania e con sguardo attento iniziò a scrutarli come se essere lì a giudicarli fosse per lui un’immensa seccatura.
Senza tante storie, fece chiudere la porta dell’aula, chiunque fosse arrivato in quel momento, non avrebbe avuto la possibilità di accedere all’esame. Tessa non era in quella stanza. Tessa non avrebbe sostenuto l’esame con lui. James iniziò a preoccuparsi, non era da Tessa dimenticarsi di una cosa tanto importante.

 "Oggi svolgerete la prima prova. É un test sulle vostre conoscenze. Vi sarà assegnato un punteggio da zero a trenta al quale sarà aggiunto il punteggio delle prove che svolgerete domani e dopodomani." Iniziò a spiegare il professore. "Al contrario del test di oggi, quello di domani sarà suddiviso due parti: nella prima verrete sottoposti a delle domande scritte di carattere psicologico; nella seconda avrete la disponibilità di un colloquio, con una psicomaga del San Mungo. La nostra professoressa Flemonth." Una giovane donna, sulla trentina, raggiunse il professore alla cattedra, si presentò al contrario dell'uomo e sorridendo diete un imbocca al lupo a tutti loro. "Continuando, l' ultima prova, é di carattere fisico. Sarete sottoposti ad attività motoria e come per la prima prova, vi sarà assegnato un punteggio da zero a trenta."

"Mi scusi professore!" Un giovane seduto qualche posto davanti a James, prese la parola senza chiedere il permesso al docente, con spavalderia. James, che in quanto a boria non era secondo a nessuno, trovò quel ragazzo fastidioso e irritante. Una seccatura. "La seconda prova quanti punti ci permette di ottenere?". Il professore contrariato, per un attimo soppesò se rispondere o no al quel saccente ragazzo. "Quaranta. Solo chi accumulerà un punteggio dall'ottanta in su, accederà ai corsi. É tutto chiaro?".
Dopo averli guardati un altro po', il professore agitò la bacchetta e davanti a ognuno di loro comparve il foglio del test. Trenta domande. Cinque ore di tempo.

James sperava ancora che Tessa arrivasse, sperava di vederla fuori dalla porta arrabbiata e litigiosa con il professore, che arrivasse lì gridando che si scusava per il ritardo. Niente. James si chiedeva se le fosse successo qualcosa, ma anche fosse non poteva alzarsi e mollare tutto lì. Era il suo sogno, entrare in accademia, sarebbe andato da lei dopo. Non doveva pensarci. Doveva rispondere a quelle domande e prendere il punteggio massimo. Non aveva altra scelta.

Alle tre del pomeriggio, James, innanzi alla porta di casa della sua fidanzata, aveva un brutto presentimento. E non poteva di certo sbagliarsi, era un Potter. L'elfo domestico di casa McGonagall lo fece tranquillamente entrare, come sempre. "La signorina non é in casa. Ha lasciato qualcosa per lei, tenga!".
James, diciotto anni di vita, aveva un bruttissimo presentimento. L'elfo gli aveva messo tra le mani una lettera. Ricevere una lettera, a quel modo, non era mai qualcosa di buono. Mai.
Prima di aprirla, si sedette su quella scomoda poltrona che Alberiga aveva sistemato in salone apposta per lui. Per non farlo mai sentire a suo agio in quella casa. Aprì la lettera. A James tremarono le mani.

 
Jim, non so bene cosa scrivere in questa lettera, ma so che devo scriverla. Quello che penso, quello che leggerei e ciò che penso. Sono le parole che non riesco a dirti a voce. Perciò le scrivo Amore mio.      Jim se fossi venuta a parlartene mi avresti convinto  che le mie sono solo paure e fisime dettate dalla perdita della nonna. Panico.  Mi abbracceresti e io mi lascerei cullare da te. Dal nostro amore. Ti amo. Sei il mio migliore amico. Sei tu... E proprio perché se tu, io non posso restare con te. Riesci a capirmi? James, questo giro immenso di parole, questo scriverti ti amo e non dimostrartelo, tutto questo per dirti, che se stai leggendo questa lettera vuol dire che non mi hai trovato a casa. Vuol dire che sono già partita. Che non sono più lì con te. James ... Capiscimi. Ti amo. Stare con te, in quella bolla di sapone, non mi permette di respirare. Tu che mi porti al mare, tu che mi tieni per mano davanti a mia madre, che mi sostieni. La mia vita, fino ad oggi ha girato intorno a quel“tu”. Mi capisci James?  Ti amo, mi farò sentire presto, ti dirò dove sono o finirai con il preoccuparti a morte. Non cercarmi. Ti amo.
 
La lesse tre volte. Tre. James, sul finire di quell’estate, era stato mollato. Di nuovo. Dalla donna che amava. Pensò che il tutto fosse al quanto buffo. Lui, James Potter stava in quel preciso momento vivendo la fine di una relazione. Li mancò il fiato. Si accorse di piangere. Piano. Silenzioso. Distrutto.
Tessa era una stronza, pensò con cattiveria. Mollarlo lì, in quei giorni, dove avrebbe dovuto sostenere gli esami per entrare in accademia. Cavolate. Lui era uno stronzo. Cosa non aveva capito? Quando aveva sbagliato? Perché aveva preso quella decisione senza consultarlo?

James Potter diretto verso casa, lettera in mano, cercava solo un modo per calmare i suoi nervi. Sperava proprio che Albus avesse lasciato qualche pozione calmante nella sua stanza o ansioso com'era, l'indomani non avrebbe concluso niente al test. Stronza. Col cuore in mano. Stronza.

 
***

Due McGonagall bevevano il the. Alberiga, in avanzata età, odiava prendere il the con sua zia Minerva. Era come essere una ragazzina alla presenza della sua professoressa. Quegli incontri erano per la maggior parte del tempo silenziosi. Le due donne non avevano da dirsi molto. Bevevano il loro the  e, prima del tramonto Minerva rincasava. Routine.

Sua nipote, quindici anni, credette bene che quello fosse il momento migliore per piombare in casa e rompere il silenzio. Sua nipote, piangente, gridò solo Potter prima di salire le scale e sbattere rumorosamente la porta della sua stanza.
"Tutto questa storia è una tua idea!" Minerva, che di età ne aveva molto di più di Alberiga, aveva capito da anni, cosa sua nipote stesse progettando. Non poteva esserne certa perché il caso voleva che tutto assomigliasse a una semplice casualità. Qualcosa lo era. Tessa e James erano diventati amici per caso, però e si cera un però dovette aggiungere Minerva, non era stato un caso che i due si fossero incontrati prima ancora di entrare ad Hoqwarts. Le vicende erano tante. Le prove poco. Ma lei era certa che quello che pensava avesse delle solide fondamenta. Gli avvenimenti troppo casuali, non lo erano mai realmente, si disse. "Zia di cosa mi stai parlando adesso?". Alberiga aveva sempre la sfrontatezza di cadere dalle nuvole. "Alberiga, ricordati che la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità *." Terminò Minerva, poggiando la tazza da the sul tavolinetto e alzandosi in piedi con l'unico intento di rientrare a casa.

Alberiga, era una donna molto intelligente, tant'è che non aveva nessuna intenzione di darle anche il minimo di soddisfazione, a sua zia. Tutto ciò era puramente casuale. Qualcuno avrebbe detto troppo, qualcuno non se ne sarebbe neanche accorto. Finì il suo the e soddisfatta contemplò il suo operato.

 
***

Albus, contento, si sdraio sul divano della sala comune. Scorpius vicino a lui, se ne stava compiaciuto spaparanzato sulla poltrona innanzi al camino. Tarquin spulciava un taccuino seduto in modo composto sul tappeto, di fronte a lui.

Quello sarebbe stato il loro ultimo anno, Albus non riusciva a credere, di essersi fatto dei buoni amici, nella casa di Salazar. Quando era stato smistato, aveva avuto un attacco di panico. Ricordava di come Molly, prefetto di serpe verde, era andata a prenderlo a meta strada tra il capello parlante e il tavolo verde-argento, rimproverando a James di fare silenzio. Pensandoci ora doveva essere stata una scena al quanto buffa. Rise.
"Ridi da solo Potter!" Nott, che sembrava sempre si stesse facendo i fatti suoi, era il classico ragazzo dall'occhio svelto. Non li sfuggiva mai nulla. "Cosa c'è scritto in quel taccuino?" Cambiò discorso Albus. In fretta. "Teorie. Devo essermi appuntato, per forza, come agire quando il nostro Hippy versa in quelle condizioni!"

Nott, conosceva Scorpius dalla nascita. Erano cugini. Non poteva essere diversamente. In quegli anni Nott aveva assistito a innumerevoli cambi d'umore del pomposo purosangue platinato ma, quello sguardo era la prima volta che lo vedeva. Stava per convincersene.
"Scorpius non sarai ancora sconvolto per Lily!" Per quale motivo suo cugino doveva essere sconvolto per la Potter? "Hippy non sarà per le curve della sorella di Al che stai messo così? Ah già é impossibile... Non ne ha, di curve!".
Nott, dovette ammettere, che quella battuta doveva cambiarla, dato che la Potter quell'estate aveva finalmente deciso di crescere. Lentamente, iniziava a dare i suoi frutti. "Guarda che é di mia sorella che stai parlando Nott! Frena la lingua o finirai nel non averne più una!". Albus, pensò Nott, s’irritava sempre se si parlava della sua sorellina. Scorpius, invece, di solito, lo appoggiava e insieme ridevano del loro migliore amico che con indifferenza li minacciava di una cattiva morte. Scorpius quella sera, stranamente, si alzò, evitando di dar loro confidenza e se ne salì in dormitorio.

"Al,cosa é successo questa estate?" Si ritrovò a chiedere, accigliato per l'atteggiamento del cugino. "Sta così da quando Astoria ha quasi ucciso Lily!" Che cosa aveva fatto sua zia? "Ah...". Tarquin Nott, raramente rimaneva senza parole. Quella sera era una di quelle volte. Wow, pensò! Salazar per quale becero motivo non era rimasto in Bretagna quell’estate?

 
***

Lily, aveva quasi finito di sistemarsi. Alice, la sua migliore amica, era in sala comune a districarsi nel caparbio compito di prefetto. Lei, malvolentieri, era nella loro stanza in compagnia delle altre tre coinquiline. Odiose.

Lily non era di certo la tipa che portava rancore. Proprio no. Escluso Malfoy, ovvio. Ma quelle tre le davano ai nervi sin dal primo anno.
Quando avevano undici anni, tutte e tre, alle sue spalle e quelle di Alice, si erano coalizzate per metterle in cattive luce davanti all'intera scuola. Lily e la sua migliore amica, avevano sopportato per un mese buono, sperando che si  stufassero in fretta e le lasciassero in pace, prima o poi. Non avvenne.

Lily che non era un’undicenne stupida ed era una Potter, con l'aiuto di James e Fred, aveva fatto passare loro la fantasia di prendersela con lei e la sua amica. Così, rancore o no, continuavano a non parlarsi. Meglio per lei, si disse.
Con le spalle girate verso quelle tre, Lily, con fatica tirava fuori dal baule, il calderone di pozioni con chiusura ermetica. Una genialata. La pozione stava riposando. Dopo innumerevoli peripezie era riusciva a finirla, quasi. Da lì a una settimana, tempo di riposo previsto, Lily avrebbe aggiunto l'ultimo ingrediente: cinque gocce di estratto di Cananga Odorata. Trovare quella pianta le aveva impegnato gli ultimi giorni di vacanza, considerando che per una buona settimana non aveva avuto il permesso di alzarsi dal letto. Una volta aggiunta la cananga, Lily avrebbe potuto affermare con certezza di essere a metà dell'opera. La pozione, avrebbe dovuto riposare altri venti giorni e poi avrebbe potuto, finalmente, analizzare i campioni di DNA.

Con sua fortuna, qualche ora di prima di lasciare il Manor, Lily era riuscita a procurarsi delle tracce di DNA di Malfoy. Ricordare come ciò era avvenuto, la imbarazzava. Fosse stata una situazione normale, non avrebbe mai e poi mai pensato di entrare nella sua stanza. Senza essere invitata. Era imbarazzante, il solo fatto di pensare che lei, Lily, gli avesse scritto una lettera di ringraziamento, per averla soccorsa. Si stava ricredendo sulla sua sanità mentale. In quell’occasione, tanto valeva approfittarne, aveva portato via dalla stanza la spazzola di Malfoy. Era a cavallo.
Lily, ringrazio per l'ennesima volta che Malfoy non si fosse accorto della scomparsa della spazzola e che non le avesse detto niente della lettera. Beh, a modo suo, si disse Lily, le aveva sorriso. Era un traguardo.

Nascose il calderone sotto il letto. Tracciò un perimetro magico di protezione come le aveva insegnato Rose e soddisfatta della situazione, si mise a letto.

 
***

Petunia Darsley, quella sera, aveva avuto un compito infame. Badare ai primini era ciò di più impiccioso che le potesse capitare. Una burla del destino. Quando si sedette vicino al camino, notò come la sala comune fosse quasi del tutto vuota. Suo cugino Albus e Nott erano gli unici rimasti in piedi. "Scorpius dove si é cacciato? Conquiste già dalle prime sere?".
Petunia amava scherzare con il cugino e i suoi amici, per quanto fossero più grandi di lei, era con loro che passava la maggior parte del suo tempo e con Rose e Sophia. Quando non era con Lily ed Alice, ovviamente. "Credo abbia dei tarli mentali!" Soffiò piano Nott, fissandola per qualche secondo di troppo. Nott le metteva soggezione. Tanta.


"Vado a dormire!" Albus si alzò, le bacio una guancia augurandole buona notte e si dileguò dalla sala comune. Erano rimasti soli. Lei e Nott. "Vuoi annoverarmi nelle tue conquiste della prima sera?".
A Petunia, Nott, faceva schifo. Era un porco. E mentre rientrava nella sua stanza, prego Salazar che non l'avesse presa di mira, altrimenti l'avrebbero spedita ad Azkaban, per omicidio premeditato. Quanto era vero che era una nata babbana. Smistata a serpeverde.

 
***


James, solo in casa, non aveva avuto il coraggio di parlarne con nessuno. Sua madre, aveva notato ci fosse qualcosa che non andava ma, convinta che il figlio fosse stressato per gli esami di ammissione, non proferì parola e prima che si facessero le nove era uscita con Harry.

James, uscì di casa, conosceva una sola persona con la quale voleva parlare. Si smaterializzò a villa conchiglia, dove Dominique alloggiava nel periodo estivo. Non voleva creare problemi ai suoi zii. Non voleva creare problemi a nessuno, si disse. Voleva solo che Nicky ascoltasse quello che aveva da dire. Che lo lasciasse sfogare, gridare, insultare quella che fino a qualche ora prima era la sua fidanzata. Tessa.

James voleva sul serio fare solo quello. James era un egoista, se ne rendeva conto ogni volta che la vita lo metteva in una situazione difficile.
Dominique, silenziosa, ascoltò James per tutto il tempo necessario. Il clima era mite e la luna luminosa nel cielo. Sua madre non si era spostata dalla finestra della cucina, sentiva i suoi occhi poggiati su di lei. Li spiava. Sua madre non sarebbe mai cambiata.

“Andrai via, Nicky?”. Dopo aver parlato allungo, James stranamente si stava rivolgendo a lei. “Sì, molto presto!”. Dominique aveva un piano ben preciso. Avrebbe raggiunto Marsiglia e lì si sarebbe concentrata sul suo lavoro. “Resta!”.
James non poteva chiederle niente del genere. Egoista com’era l’aveva fatto. Stronzo.

James era una carogna, il peggiore degli uomini, si disse. Possibile che non riuscisse a stare da solo? Possibile che avesse sempre bisogno di qualcuna per sentirsi completo e soddisfatto? “Resta!” Disse di nuovo. Egoista. Stronzo.
 
 
 

*(Arthur Bloch) teoria della probabilità.

 
 

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Capitolo 10
*** CAPITOLO CINQUE ***


CAPITOLO CINQUE

 

Era il trenta di settembre. La pozione doveva esser pronta già due giorni prima, invece, non aveva assunto il colorito verde brillante che descriveva il libro. Lily non riusciva a capire. Era arrabbiata e stanca. Dopo tutto quel lavoro non si spiegava come la pozione non le fosse riuscita. In quelle due sere aveva riletto la spiegazione più di dieci volte, ogni volta capitolava. Non aveva sbagliato nulla. La fermentazione doveva durare solo venti giorni, invece alla ventiduesimo ancora nulla. Lily, che tra le lezioni e le selezioni per il quidditch, la sera era stanca morta stava iniziando a perdere l'interesse per quella faccenda.

 

"Lily, la stanza ha uno strano odore. Giurerei sia quel intruglio che tieni sotto il letto." Dopo che Alice quella mattina le aveva fatto ben notare quando la stanza iniziasse a puzzare, Lily si era decisa a spostare la pozione in un luogo più tranquillo. Era quasi mezzanotte e Lily furtiva si aggirava per i sotterranei con l'intento di trovare un’aula in disuso dove mollare quel calderone e scordarsi della faccenda. Non l'aveva neanche mai più visto quel Lucas! Così controvoglia, stanca e affamata, girava per la scuola, senza il mantello e la mappa perché dopotutto aveva solo due mani lei. Godric!

"Cosa stai combinando?" Lily, aveva finalmente trovato quello che cercava: un aula in disuso, molto lontana dai corridoi più frequentati e soprattutto lontana dal dormitorio Serpeverde. Lily non aveva fatto bene i suoi calcoli, proprio no, si disse, quando Scorpius Malfoy la sorprese con il naso dentro al calderone neanche fosse una bambina di cinque anni alle prese con una caramella molto zuccherosa. "Niente!"

"Per Salazar! Cosa é questo odore? Non vorrai avvelenarci tutti?!". L'odore era tremendo, Scorpius si era portato una mano davanti al naso e alla bocca, disgustato! Si avvicinò alla sorella del suo migliore amico per poi sbirciare all'interno del calderone. Una strana sostanza verde bosco bolliva al suo interno, emanando quell'odore che Scorpius a malapena riusciva a sopportare.

"Allora?" Lily non gli aveva dato risposta. Lo fissava in modo al quanto strano. Sembrava stesse ponderando se fidarsi o meno di lui. Male. Qualsiasi cosa avesse in mente quella ragazzina, non voleva essere suo complice. Mai. Meglio se non gli avesse detto nulla.

Scorpius era molto curioso, così mentre la Potter pensava, chi sa poi a che cosa, lui stava lì, la fissava e non poteva non ammettere che fosse uno spettacolo: era buffa come suo solito, i capelli legati male e una specie di tuta rossa che non le aveva mai visto addosso. Sembrava stanca ma gli occhi non facevano altro che spostarsi da lui alla pozione ad una velocità disarmante. "Va bene, te lo dico. Ma domani ne parliamo anche con Al e Rose, perché loro sono molto più bravi di me in pozioni!".

"Mi siedo? É una delle tue solite storie?" Perché mai lo chiedeva? Nulla era semplice se era stato partorito dalla mente della Potter.

Lily tirò fuori dalla tasca interna della felpa il libro di pozioni e dopo aver studiato attentamente Malfoy e aver trovato la pagina che cercava, iniziò a raccontargli tutta la storia. Quella lunga storia. Verso la fine, pensò bene di evitare la parte della spazzola ma già che c'era lo disse tant'è che era Lily Potter e di non dire le cose proprio non le riusciva.

Scorpius Malfoy, ebbe diverse reazioni: incantato dallo studio di Lily, sconvolto dalla facilità con il quale si relazionava con i babbani, shoccato dalla possibile esistenza di un Black e per ultimo non per importanza - ovviamente - arrabbiato per il furto della sua spazzola. Molto arrabbiato. "Quindi, non riesco a capire perché la pozione non sia venuta perfetta! Mi sono impegnata e sono stata attentissima!" Finì Lily, stanca di quella giornata.

"Hai rubato la mia spazzola? Seriamente?" Non era la cosa più importante che Scorpius potesse dire e dopo uno sguardo al quanto spiazzante di Lily, lasciò correre e si concentrò sulla pozione. Scorpius era relativamente bravo in quella materia. Aveva sempre preso eccezionale e ne andava molto fiero. Era l'unica materia che in fin dei conti non gli dava problemi. Dopo aver letto gli ingredienti e il procedimento sul libro, chiese a Lily di spiegargli cosa avesse fatto nei minimi dettagli sempre che riuscisse a ricordarsi, per bene, gli ultimi due mesi.

Scorpius dovette ammettere che l'errore, se proprio c'era, nel libro non era riportato. Non ne aveva proprio idea. "E' un peccato! Questa é da buttare, dovrai riprovarci Potter!"

Lily, non era per niente contenta della situazione, nemmeno Malfoy riusciva a spiegarsi perché non le fosse venuta bene la pozione. Era proprio stanca di quella storia. L'avrebbe chiusa lì. "Però é un bel progetto magari Rose e il suo intuito domani sapranno dirci cosa è andato storto!"

"Ti interessa sul serio?" Scorpius, aveva molti motivi per interessarsi alla faccenda, forse più di lei. Il vero motivo però era solo uno, si disse: stare con la Potter era un bel passatempo, aveva sempre qualche genialata per la testa ed era capace, con le sue parole, di convincere anche i muri a seguirla. Scorpius non aveva un granché bisogno delle parole per seguirla, Lily gli faceva tenerezza. Ogni volta che la guardava, vedeva una leonessa ruggente sotto il sole della savana ma sapeva bene quanto quell'immagine potesse discostarsi dalla realtà. Solo qualche settimana prima, tra le sue braccia c'era una Lily dissanguata, bianca come latte e il battito cardiaco lentissimo. Uno spettacolo che in cuor suo Scorpius non avrebbe mai più voluto vedere. "Potter ci vediamo domani, qui, dopo cena. Porto io quei due idioti che ti ritrovi per parenti! E ora fila nel tuo dormitorio o devo ricordarti che sono un Caposcuola?!"

Lily non se lo fece ripetere due volte. Erano quasi le due e Scorpius Malfoy le aveva dato un appuntamento. Non un vero appuntamento perché ci sarebbero stati Al e Rose ma, l'idea non era di certo stata sua, quindi...

Lily non sapeva bene a che pensare, Malfoy si comportava in modo anomalo da quando erano rientrati a scuola e quella sera era riuscito a dimostrarglielo in modo al quanto insolito. Lily, pensò, che avesse iniziato a fare uso di qualche strano farmaco, girava voce di fatti che nella sala comune di serpeverde non avessero problemi di nessun genere riguardo a certi usi.

***

Harry quel primo di ottobre non aveva idea di dove sbattere la testa ed erano solo le nove. La vecchiaia! Hermione era influenzata ed il suo assistente Franz Van Liszùn non si vedeva da nessuna parte, 'sti tedeschi erano tutto parole e dire che per quel ragazzo si era anche beccato l'accusa di favoreggiamento. Al diavolo!

Franz era un giovane mago che si era formato da solo, per quanto ne sapeva Harry. Due anni prima in una delle tante riunioni del consiglio magico europeo, lui e Franz si erano incontrati. Il ragazzo, alle prime armi, era uno dei tanti assistenti che il ministro tedesco si portava dietro. Lavorava nel gruppo degli addetti stampa e ad Harry era apparso al quanto imbranato. Pensando a ciò, non riuscì a capire per quale motivo ora si occupasse dei suoi addetti stampa. Hermione.

"Scusi il ritardo capo!" Franz era alto e con i tipici colori nordici. Ad Harry sembrava tanto un Malfoy con quel colorito di capelli. "Mettiamoci a lavoro. Hermione non verrà oggi!". Mancava poco più di una settimana alla conferenza stampa e loro, lui, Harry, non aveva idea di che Godric stava combinando. "Capo, lunedì dieci a mezzogiorno si terrà la conferenza stampa. Al cento per cento il suo discorso verrà pubblicato sulla prima pagina della gazzetta del profeta. Sarebbe opportuno avere una bella foto di famiglia. Recente. Ne abbiamo una da utilizzare e inviare alla gazzetta?" Franz, lo stava finalmente informando della data e dell'ora definitiva. Aveva dieci giorni per stare in ansia. Ancora.

Harry era convinto che una foto ci fosse. Anche recente se gli andava bene. Era sicuro che sul lago Bajkal ne avessero scattata qualcuna. Sicuramente. Il problema, si disse Harry, non era una foto familiare, bensì il fatto che i suoi figli non fossero al corrente di nulla. Harry, si rese conto, che forse, era opportuno che tutti e tre venissero informati prima di lunedì. Magari ci scappava anche una bella foto con i toni invernali. "Franz!". Il suo assistente alzò lo sguardo dalla pergamena che stava correggendo, di nuovo. L'ennesimo discorso. "Contatta la preside Severa. Devo vedere Al e Lily. Quando hai la data precisa, scrivi anche a Jim e organizza l'incontro. Che sia il prossimo weekend." Il suo assistente prese appunti e lasciò il suo studio. Harry era lì da solo. Ginevra era via per lavoro. L'avrebbe vista lunedì, Hermione aveva insistito che si presentassero insieme. Una famiglia unita fa una buona impressione.

Loro erano una famiglia unita. Ne era certo. Lui e i suoi figli passavano molto tempo insieme durante le vacanze estive. Il sabato giocavano a quidditch nel campetto dietro casa e la sera mangiavano la pizza nel portico. Spesso e volentieri raggiungevano Ginevra in qualche città Europea, passavano lì qualche giorno: Lily andava in giro a fare acquisti, Albus e James passavano il loro tempo nei locali tipici del posto. Lui e Ginevra andavano a cena fuori, passeggiavano e ricordavano i loro primi anni di matrimonio, quando il lavoro era poco e il tempo per stare insieme sembrava non finire mai. La verità era una sola: erano genitori impegnati. Lavoravano, lavoravano e lavoravano e più passava il tempo, più le cariche che occupavano e le responsabilità aumentavano. Una vitaccia. Harry voleva solo ritirarsi e mollare tutti, tutto.

Franz rientrò proprio in quel momento, con la sua fidanzata al seguito. Molly. Sua nipote Molly, certo che poi l'intero ministero lo accusava di favoreggiamento. La sua famiglia era come il prezzemolo, spuntava da per tutto! Fortunatamente Franz si era fatto valere. Godric esiste!

 "Capo!"

"Buongiorno Zio!" Molly, per quanto fosse la figlia di Percy, aveva il brutto vizio di non prestare ascolto alle regole. Quando non lavorava. Ovviamente. "Molly, non é il tuo giorno libero?"

"Lo era! Lupin mi ha contattata poco fa! C'è stata un'altra sparizione. É la quarta in sei mesi." mimò con le mani. Harry avrebbe dovuto occuparsi anche di quello. Le sparizioni. Pensione!

"Allora é il caso che tu raggiunga Teddy. Voglio un rapporto completo mi raccomando!"

" E' contro le regole!" Per ora!

"Vai Molly!" Sua nipote lasciò la stanza. Quella faccenda delle sparizioni aveva un che di inquietante. Secondo Molly era la quarta in sei mesi. Ma, da sei mesi a quella parte, da quando la notizia della prima sparizione era finita sulla gazzetta, molte famiglie si erano presentate al ministero, raccontando agli Auror delle storie al quanto strane. Scioccanti.

"Franz, novità?" Aveva altre gatte da pelare. "La preside Severa ha stabilito una gita ad Hogsmeade per sabato otto. Ho avvisato tutti i suoi figli. Avete un incontro per ora di pranzo."

Non vedeva l'ora che arrivasse lunedì.

***

Era quasi mezzanotte. Albus non capiva perché Scorpius avesse insistito affinché lui e Rose lo seguissero a quell'ora. Scorpius non aveva detto una parola e Albus era al quanto contrariato di trovarsi lì, lui aveva un appuntamento quella sera.

L'aula era vuota e l'odore era insopportabile. "Cosa é successo qui dentro?" Rose era schifata. Aveva accettato di buona lena di seguire Scorpius, certo non si aspettava volesse tramortirla, portandola in un’aula dove a suo parere avevano abbandonato un cadavere. Sperava vivamente che non fosse stato Scorpius. Altrimenti tutto quel mistero avrebbe significato solo una cosa: Omicidio! "E' una pozione che ha fatto Lily. Ma dove é finita?". Rose, stava notando ben due cose: come Scorpius avesse chiamato la cugina per nome e il fatto che fossero lì per lei. Che fosse stata Lily ad uccidere qualcuno?

Lily arrivò trafelata con i capelli scomposti e una lettera in mano. Comunque in ritardo. "Scusate! Mi é arrivato un gufo!" Disse mostrando la lettera e porgendola subito dopo ad Albus. "Papà vuole vederci sabato prossimo! Deve dirci qualcosa."

Albus aveva ricevuto la stessa lettera qualche ora prima. Se la mise in tasca e si concentrò sulla sorella. Forse, finalmente, avrebbe scoperto cosa diammine stava combinando. "Hai deciso di rendere noti i tuoi studi? Per tutta l'estate ho temuto facessi saltare in aria la casa, onestamente." Albus si mise comodo, voleva proprio sentire cosa aveva da dire. Sarebbe stata una lunga notte.

Lily raccontò di nuovo tutta la faccenda, mostrando ad Al e Rose la pozione. Loro dovevano capirci qualcosa. Per forza!

Rose iniziò a studiare la pozione e il libro dal quale Lily l'aveva trovata. Non disse nulla. Aspettava, chiedendosi perché Scorpius si fosse interessato alla faccenda. Non quadrava qualcosa. Che a Scorpius piacesse Lily?

"Lily, mi stai dicendo che quel ragazzo babbano che ti ha portato a casa potrebbe essere un possibile Black?" Albus credeva fosse impossibile. Lily si era fleshiata, di nuovo, su una teoria impossibile. Perché perdeva tempo a quel modo? "Non dirlo con quel tono! Pensa se avessi ragione?" Insistette.

"Pensa se avessi ragione Lily?! Poniamo sia un Black, babbano ma Black! Che faresti? Andresti da lui raccontandogli tutta la storia della sua famiglia? Di come suo nonno o quel che è, sia stato ripudiato? Ottima idea!".  Anche fosse stato vero, si disse Albus, dove voleva andare a parare con tutta quella storia? Sua sorella, partiva in quarta per ogni cosa senza darsi un obiettivo finale. Albus era esterrefatto. Almeno s’impegnava in qualcosa, si disse. "Certo che sì, stupido di un fratello! Ma il punto non é questo? Ma non capisci?" A quanto pare lui proprio non capiva. "Se lui è un Black, anche se é un babbano, ha geni magici recessivi! Capisci?".

" Cosa sono i geni magici recessivi?" Scorpius aveva perso il filo del discorso, di cosa stava parlando Lily? Perché Albus da infastidito com'era stava iniziando a prendere la faccenda sul serio? Potter valli a capire.

"Al sei più bravo di me a spiegare certe cose!". Lui e Rose, che sin da piccoli avevano la bizzarra indole di impicciarsi di ogni cosa, anni prima dopo aver ascoltato una conversazione su Petunia, avevano cercato degli approfondimenti in materia. Parecchi approfondimenti. Sua zia Hermione, che non era un medimago ma aveva una conoscenza smisurata su molteplici argomenti era stata loro molto di aiuto. Soprattutto dando loro la possibilità di usare i suoi libri. E tutti sapevano quanto fosse pignola per certe cose. "In modo chiaro Scorp ascolta, prendiamo Petunia come esempio: è una nata babbana ma nella sua famiglia c'era già stato un caso di presenza magica, mia nonna. La magia é ereditaria, é un carattere che viene trasmesso dai genitori ai figli. Questo carattere può manifestarsi o no. Se questo ragazzo é veramente un Black ha dei geni recessivi magici, i suoi figli potrebbero benissimo essere dei maghi!".

 Albus, voleva essere il più chiaro possibile. Spiegare concetti di genetica magica era al quanto difficile, soprattutto se dall'ultima volta che aveva letto qualcosa sull'argomento erano passati si e no cinque anni. "Quindi un Magonò può dare alla luce un mago o una strega?! E' per questo motivo che stai facendo questa pozione Potter?".

Lily non avrebbe comunque potuto sapere nulla dei figli di quel babbano. Che le interessava fare tutto quello studio per avere indietro un pugno di mosche? " Esatto Malfoy! La possibilità é molto alta. Prendiamo Tessa per esempio, sua madre é una Magonò. E' un soggetto interessante da studiare, Black intendo! Se un suo ipotetico figlio fosse un mago, il casato dei Black non sarebbe più estinto. Come tutti crediamo!" Lily ci aveva pensato allungo. Sapeva bene, dove voleva andare a parare. Era un po' come un magiarcheologo, loro riportavano alla luce antichi cimeli, lei avrebbe riportato in vita una delle più antiche casate magiche. Era un piano geniale. E sarebbe stata una cosa tutta sua. Non sarebbe stata brava, famosa e da elogiare perché figlia di Harry Potter ma perché si era data da fare, con tutte le sue possibilità. Perché era intelligente e intuitiva. Ed era Lily Potter non solo Potter.

"Lily" Albus, credete di capire per quale motivo sua sorella si fosse impuntata su un simile progetto. Era sua sorella. Ed erano molto più simili di come molti credevano. "Come puoi stabilire che ciò avvenga? Non possiamo conoscere il futuro! Meno che tu non abbia assistito a qualche profezia. É successo qualcosa del genere?".

Lui e Albus erano d'accordo. Scorpius per un breve minuto, aveva ipotizzato l'idea che anche il suo migliore amico fosse partito per la tangente. Invece erano sulla stessa lunghezza d'onda. Per quando l'idea di Lily fosse interessante, non aveva basi che sulle quali appoggiarla. "C'è un modo." Lily, pensò Scorpius, sembrava molto convinta della sua affermazione. "Sentiamo allora!" Non gliela avrebbe data vinta. Non poteva avere ragione. Se fosse stata una cosa così semplice, perché molti cognomi magici prestigiosi erano andati persi nel corso dei secoli?

Lily non capiva il motivo di tanto accanimento. Albus e Malfoy non avevano preso bene quella faccenda. Perché mai? Si girò verso Rose che non aveva detto mezza parola, troppo impegnata ad osservare la pozione e a leggerne la preparazione. Rose non badava a lei. Ma Lily ne era certa, i suoi occhi brillavano. Aveva capito. Lily si sentì rasserenata. Con un po' di coraggio, recuperato dopo aver osservato la cugina a lavoro, Lily, finalmente arrivò al punto di tutta quella faccenda. Finalmente. "Se la sua compagna fosse una strega, la possibilità che lui abbia dei figli magici, sarebbe altissima! Ho un libro sull'argomento. Lo scrittore non é famoso ed é additato come un pazzo. Pare sia un visionario eretico, un genio..."

Albus aveva capito da un pezzo. Scorpius ancora no.

"Ti piace quel babbano? Per questo vorresti che fosse un Black? Cielo Potter ma cosa ti passa per il cervello?" Era arrabbiato. Scorpius era infuriato: con Lily. Perché? A lui cosa importava se quella Potter andava dietro ad un babbano? Nulla. "Malfoy... Come ti permetti? Gridarmi addosso così? Sei tu che ti sei auto invitato in questa storia? Se non ti piace la porta é quella!".

"Basta così. So perché la pozione non é riuscita!". Rose aveva trovato la soluzione. Menomale, si disse Lily, amareggiata per le insinuazioni di Malfoy. Anche se le fosse piaciuto Lucas, in modo particolare, non erano di certo affari suoi.

Rose ci aveva visto giusto. Ma lei era Rose Granger - Weasley dopotutto. Il suo amico Scorpius aveva una cotta per sua cugina. Neanche tanto piccola se non riusciva a controllarsi davanti ad Albus. Suo cugino, sembrava non farci caso, Rose però sapeva bene quanto poco stupido fosse Albus. Malfoy poteva ingannare James ma non di certo loro due. E poteva ingannare anche Lily, che di quella faccenda non ci aveva capito nulla.

"Allora?" Domandò Albus. Rose, si riteneva molto intelligente. E credette veramente che Lily e Scorpius fossero due stupidi a non essersi accorti del perché la pozione fosse venuta male. Malissimo. "Lily, cuginetta! - sbuffò rassegnata - il clima!" Rose, dovette ammettere che l'unico problema sorto durante la prefazione era stato, per l'appunto, il clima. "Hai spostato la pozione da casa tua a quella di Scorpius, poi da quella di Scorpius a casa tua. L'hai portata fino ad Hogwarts. In questo modo la pozione ha subito degli sbalzi termici considerevoli..."

Il clima, Lily si diete della stupida. " Possiamo rifarla. Per Natale sarà pronta, così durante le vacanze potrò conoscere questo Black!".Disse Rose, più eccitata di quello che voleva mostrare.

"Vuol dire che non restiamo al castello per Natale?" Si intromise Albus contrariato. "Proprio così. E se é veramente un Black dovremmo anche trovargli una compagna! Potremmo portarlo a Diagon Alley e cose del genere ..."

"Ti stai entusiasmando troppo Rose!" Albus era allibito ma cosa avevano tutte le donne della sua famiglia? Perché si facevano prendere la mano così facilmente? "É lo spirito giusto Rose!".

Lily era soddisfatta, aveva conquistato qualcuno con la sua ricerca. Rose era la compagna ideale per quel tipo di studi. Al diavolo Albus. E al diavolo quell'idiota di Malfoy che sapeva solo urlarle contro.

***

Albus, sdraiato sul suo letto, osservava Scorpius cambiarsi e mettersi a letto. Il suo migliore amico era stranamente agitato.

Tutta quella storia avrebbe potuto portare sviluppi positivi ed illuminanti per la magimagia. Albus, che da lì a qualche mese avrebbe frequentato il corso di medimago al San Mungo, optò per l'idea di appoggiare la sorella. Che male avrebbe mai potuto causare? Cosa sarebbe potuto accadere di così terribile che lui e Rose non avrebbero saputo gestire? Nulla, si disse. Erano giovani maghi in gamba loro. Lo erano.

"Non dici niente? Sei d'accordo con tua sorella... Hai quello sguardo soddisfatto!" Albus non riusciva proprio a capire che problema avesse Scorpius. Per Salazar che gli era preso? "Scorpius, esprimi i tuoi dubbi!".

"Tua sorella!" Gridò. Scorpius Malfoy aveva appena urlato. Albus lo guardava shoccato. Pensava fosse impazzito? "Tua sorella, vuole copulare con un babbano per dare alla luce tanti piccoli Black bastardi e mi chiedi quale sia il mio problema?" Ma Albus era stupido o cosa? Si ritrovò a pensare Scorpius. L'unico con un po' di cervello era lui. Doveva rassegnarsi. Amen. "Quando abbiano parlato di copulare?" Appunto, Albus non ci arrivava. Scorpius non sapeva se spiegargli tutto con parole semplici o spaccargli la testa contro un muro, per fare prima. Così non rispose, non ne valeva la pena. Si girò su un fianco e chiuse gli occhi. Non voleva più saperne di quella storia

"Ti piace mia sorella?" Albus, come aveva intuito Rose, la sapeva lunga. Lui sapeva un sacco di cose.  Anche che Scorpius da un po' di tempo guardava troppo Lily e che Lily guardava troppo Scorpius. Albus, sapeva anche che Lily non si era accorta di nulla perché era ancora un po' infantile per certe cose e perché lei, riteneva Scorpius un idiota che le dava solo fastidio. Il suo migliore amico non gli diete una risposta. Imitandolo si girò su un fianco e chiuse gli occhi. Aveva un appuntamento il giorno dopo ed erano già le tre del mattino. Non sarebbe mai arrivato in tempo.

Scorpius Malfoy odiava il suo migliore amico. Punto. Con che coraggio gli chiedeva una cosa del genere? Insensata. Piacergli la Potter, da paura. In quella famiglia erano tutti matti. Albus compreso. Peccato l'avesse capito troppo tardi.

 

Lily era stranamente contenta. Lei e Rose avrebbero rifatto la pozione. Rose l'avrebbe appoggiata. Lily, si disse, che quell'inverno sarebbe stato ricco di sorprese. Nel frattempo però non vedeva l'ora di abbracciare suo padre e scoprire cosa avesse da dire a lei e Al. Era troppo contenta per riuscire a dormire.

Quando finalmente prese sonno, la faccia di Malfoy che le gridava contro, la risvegliò di soprassalto. Spaventata. Quell'idiota la tormentava anche nei sogni. Convinta che non sarebbe riuscita ad addormentarsi di nuovo, scrisse una lettera a Lucas, dove lo avvisava che per le vacanze di Natale, sarebbe rientrata a Godric's Hollow. La sua civetta avrebbe fatto un ottimo lavoro. Avrebbe consegnato la lettera come la volta precedente e Lucas non avrebbe sospettato nulla. Lily era ancora più contenta di prima e chi ci pensava più a Malfoy. Che dicesse quello che voleva. A lei piaceva Lucas? Beh erano affari suoi, si disse Lily, prima di crollare addormentata sul divano della sala comune. "Affari miei Malfoy!".

 

 

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Capitolo 11
*** CAPITOLO SEI ***


CAPITOLO SEI

Albus, che solitamente il sabato mattina tendeva a non alzarsi dal letto meno che non fosse strettamente necessario, malediva suo padre in gigantese, per aver indetto un pranzo di famiglia. Era mezzogiorno. Avrebbe preferito restare lì a dormire, invece, un’infastidita Lily lo stava scuotendo come un sacco di patate. Con poco successo. "Non dovresti essere a Hogsmeade?" Le bofonchiò Albus tramortito, affondando la testa nel cuscino. "Io ero al paese. Ma non ti ho visto da nessuna parte e sono corsa fino a qui – prese fiato Lily - , siamo corse fino a qui!" Gli specificò sua sorella. Albus, alzò la testa dal cuscino per notare sulla soglia della porta, una timida Alice, indecisa se entrare o no nella stanza. "Entra pure Alice e scusa il disordine!" Si sorprese a dire Albus.

Alice era la migliore amica di Lily. Albus poteva affermare, con sicurezza, che la presenza della ragazza, nella sua vita, fosse un po' come avere una seconda sorella. Sempre presente e molto, molto silenziosa. Quasi quasi la preferiva a Lily. Alice entrò silenziosa affiancando la sua migliore amica, si guardò intorno spaesata e gli sorrise, arrossendo terribilmente all’altezza delle guance, notò Albus.
Albus si rese conto di essere braccato. Doveva alzarsi.

"Buon Godrif Al! Copriti! C'è Alice?" Albus, in boxer verde scuro, si vestì velocemente per poi chiudersi in bagno. Ma cosa aveva fatto di male?
Albus era pronto ad incontrare suo padre. In compagnia di due rosse, si apprestava, in clamoroso ritardo a raggiungere i tre manici di scopa. James e suo padre erano già lì. Da lontano sembrava stessero tranquillamente chiacchierando, Albus, notando lo sguardo di suo fratello, era certo che James stesse litigando con il padre. Di nuovo. James non faceva che litigare con tutti da quando Tessa l'aveva piantato, trasferendosi chi sa dove. James, secondo il parere di Albus, non aveva molta fortuna in amore. Non ne aveva affatto. Ed era strano. Al contrario di lui, che non aveva mai preso la faccenda seriamente e che si divertiva ad avere storie effimere con il gentil sesso, James era sempre stato un ragazzo serio, in quel senso. Nel corso della sua giovinezza aveva intrapreso due storie serie ed entrambe erano finite clamorosamente male. Albus era esterrefatto e tenendo in considerazione la sfiga di James aveva ben deciso che una relazione seria non era al caso suo. Forse non faceva neanche per James, si disse.

"I miei figli costantemente in ritardo" Harry Potter sorrise e abbracciò Albus poi in un impeto di gioia tirò su Lily per poi bloccarsi a metà opera affermando che forse Lily era troppo cresciuta per certe cose. Non che lui fosse invecchiato, chiariamoci. Albus seguì la sua famiglia, costatando per l'ennesima volta, di come sua madre non fosse presente.
Harry aveva prenotato la saletta privata al primo piano. Voleva avere, con i suoi figli, una conversazione privata. Non fidandosi, dopo essersi accomodati ed aver ordinato il pranzo, temporeggiò chiedendo di come se la passassero in quegli ultimi tempi e se avessero bisogno di qualcosa. Quando il pranzo fu servito, Harry, lanciò un muffiato e chiese ai suoi figli la massima attenzione. Doveva anche sbrigarsi. Hermione lo aspettava in ufficio.
"E' una cosa segretissima vero papà?" Harry, sorrise alla figlia chiedendole di poter parlare senza interruzioni. Lily, che non era di certo la tipa a cui piaceva fare silenzio, si impegnò moltissimo. Tenendosi le mani sulla bocca a mo di tappo. Sua figlia per quanto passassero gli anni, manteneva atteggiamenti tipici dei bambini che ad Harry facevano tenerezza. Sperava che Lily non crescesse mai. Desideri.
"E' una cosa importante ... Voglio premettere che le nostre vite potrebbero essere un po' scombussolate!" Inizio Harry, cercando di prendere tempo e studiando attentamente le reazioni dei figli. James, arrabbiatissimo con il mondo, aveva messo su quello sguardo stufo e scocciato, quello sguardo che a detta di Harry voleva dire solo una cosa: "Vai al sodo, siamo i tuoi figli, siamo abituati ad eventi bizzarri nella nostra famiglia!". Albus, attento, sembrava si fosse illuminato come se aspettasse quel giorno da un bel po' di tempo. Tanto tempo. Sua figlia Lily, muta, sorrideva sorniona come a dire: "Novità, finalmente ci divertiamo un po'!".
"Vedete é da un po' che ci stiamo preparando, politicamente, a questo passo!" Iniziò Harry. Prese fiato e continuò, convinto. "Nel mese di dicembre si terranno le elezioni ministeriali. Con l'appoggio di Hermione e del ex ministro, dopo averne parlato con vostra madre, mi sono candidato a Ministro della Magia. Lunedì ci sarà la prima conferenza stampa..."
"Ministro della magia?" L'unico dei suoi figli ad aver preso parola, interrompendolo, era stato Albus. James era troppo sbalordito dalla situazione e Lily, probabilmente, stava già macchinando qualcosa. "Si, Al. Cosa ne pensi?".
"É da anni che ci lavorate vero? Anni... E vieni a dircelo qualche giorno prima che lo sappia tutto il mondo magico? Ti interessa sul serio quello che pensiamo? O sono rimorsi di coscienza?" Suo figlio Albus, non aveva mai avuto peli sulla lingua. Harry si trovò d'accordo con lui. Perché non ne aveva parlato prima con i suoi figli?
Perché c'era troppo in ballo? Perché tutto quello che stava succedendo in Inghilterra, da mesi a quella parte, l'avevano messo nella condizione di accettare le pressioni del ministero? Perché Hermione aveva ragione? Il mondo magico stava nuovamente affrontando un periodo difficile e di avere uomini incompetenti a guidare il paese, proprio non potevano permetterselo? Per tutte quelle cose?
"Albus, non aggredire papà a quel modo. Credo ci sia altro. Qualcosa che non può dire. Si dia il caso però, che in accademia io abbia sentito qualcosa..." James, lo guardò. Aspettando che lui, Harry Potter, continuasse. Aspettando che raccontasse qualcosa. Lily non aveva detto una parola. Aspettava anche lei? "James ha ragione. Ma non posso ancora parlarne. Le informazioni in mio possesso sono insufficienti, più che altro resoconti di Teddy."
"Papà! Sei a capo degli Auror, come fai a non saperne nulla?" Lily, la sua bambina, vedeva il mondo con gli occhi della fanciullezza. Come poteva spiegarle tutta quella faccenda? Qualcosa che non capivano neanche loro? Come poteva dire a sua figlia, la dolce Lily, che la magia era in pericolo? "Lily, amore, saprai tutto a tempo debito. Va bene? Tornando alla candidatura, Garret O'Gallan é il mio rivale, ha molti sostenitori, soprattutto chi nel mondo magico, é stanco di vedermi in prima pagina". Ed erano tanti. Harry, si domandava, di continuo, come mai si trovasse in quella situazione. Cosa aveva per la testa? Avrebbe dovuto staccare, dedicarsi a Ginny. Viaggiare con lei, come si erano ripromessi anni prima. Invece era lì, ad un passo dalla carica più importante del Ministero magico. "O'Gallan dici? I suoi figli sono miei compagni di corso. Corvonero entrambi. Lei é stata con Scorpius l'anno passato!" Disse Albus, capendo con chi  aveva a che fare suo padre. Una famiglia di arrampicatori sociali. Brienna O'Gallan aveva torchiato Scorpius per mesi, sia prima che uscissero insieme sia dopo che lui l'aveva mollata per uscire con la Flint. "Sai Al, non ci frega granché delle ragazze che si porta a letto Malfoy!" Obbiettò sua figlia Lily, con tono irritato. "Lily! Che modi sono... Sei una signorinella!" Almeno Harry ci sperava. Sua figlia aveva quindici anni dopotutto, non poteva rallentare il corso degli eventi. Non poteva proprio.
Harry, spiegò per bene ai figli come si sarebbero svolti gli eventi. Dopo la conferenza stampa di lunedì, ne sarebbero seguite altre, dove con parsimonia avrebbe spiegato il suo piano politico. Nei primi di dicembre, in data ignota per il momento, tutti i maghi maggiorenni sarebbero stati chiamati alle urne. Hoqwarts avrebbe organizzato delle passaporte e gli studenti avrebbero avuto la priorità, in modo da non perdere le lezioni. "Tu e Lily, arriverete assieme. Resterete tutto il giorno e anche James. Il permesso per l'accademia verrà recapitato al più presto e Severa é stata già informata." Terminò Harry stanco. "Bene, sono le quattro. Per voi é meglio rientrare. James andiamo insieme a Londra?". Concluse Harry guardando l’orologio. Era in ritardo, Hermione e il suo fedele assistente Franz, lo stavano sicuramente aspettando.
Harry congedò i suoi figli accompagnandoli fino al portone di ingresso, smaterializzandosi a Londra subito dopo, con James.

 
***

James, non aveva molto da fare a Londra. Non aveva molto da fare in generale, per come la vedeva lui.
Gli esami all’accademia erano andati abbastanza bene: al primo test, aveva totalizzato punteggio pieno e anche la prova fisica non era andata tanto male; l’incontro con la psicomaga era stato un fiasco in compenso, la professoressa Flemonth, aveva intuito, dopo solo cinque minuti di colloquio, che James Potter era stato appena scaricato. James, che doveva sostenere la prova psicologica per entrare in accademia, sembrò scordarsene per tutto il tempo passato in compagnia della donna, parlandole a ruota libera dei suoi problemi sentimentali. Un fiasco totale, continuava a ripetersi James, dopo essere uscito dallo studio ed aver raggiunto i suoi compagni di sventura.

Il punteggio, per come la vedeva James, anzi, per come si era prefissato durante tutto il corso delle vacanze, era stato scarso. Era entrato in accademia per un soffio, ottantacinque punti totali e i cinque, erano di merito per aver preso il massimo del voto alla prima prova. James, insoddisfatto, aveva evitato di dirlo ai suoi ma, come spesso accadeva nella sua famiglia, la notizia era fuoriuscita dall’accademia e aveva girato di bocca in bocca, raggiungendo le orecchie dei suoi cugini nel reparto Auror del ministero e in seguito quelle della sua gigantesca famiglia. James, non ne poteva più, sempre a parlare di lui e dei suoi insuccessi.
Londra quella sera era molto silenziosa. James, che di stare nel mondo magico non ne aveva voglia, si diresse verso il primo locale babbano  che riuscì a scovare tra le viuzze di un quartiere al quanto appariscente, Camden Tawn.
Ordinò da bere un birra rossa. Tessa, che non amava in modo particolare il mondo babbano e, che sin da piccola aveva ripudiato le sue origini, per quanto la infastidisse frequentarlo, era consona portarlo a bere birra. La birra, caso strano, le piaceva. James le prime volte, l’aveva trovata aspra e poco invitante ma con il tempo aveva imparato ad apprezzare la bevanda babbana. La preferiva rossa e corposa e capitava che ne bevesse anche più del consentito. Tessa era solita portarlo a casa. Quella sera James era da solo, avrebbe dovuto bere con moderazione o non avrebbe saputo di certo come tornare a casa. Smaterializzarsi era impensabile e i camini babbani avevano il brutto vizio di non essere collegati con quelli magici. Una fregatura in somma, si ritrovò a pensare James mentre sorseggiava la sua seconda birra.
James, preso dai suoi pensieri, si soffermò ad osservare una strana coppia che con sguardo attento era entrata nel pub in quel preciso momento. Se non si fosse trovato in quel quartiere bizzarro, James avrebbe affermato con sicurezza, che quell’uomo e quella donna, fossero due maghi un po’ più grandi di lui. Ma, si trovava a Camden Tawn e, aveva imparato in quella lunga estate che lì avevano la strana usanza, le persone, di risultare bizzarre anche agli occhi di altri babbani. Smise di guardali, si alzò e dopo aver pagato, lasciò il locale.
 
“Credo fosse James Potter, quel ragazzo che è appena uscito dal locale!” Leda Applewhite, cerco di scorgere James dalla finestra del locale, quella che affacciava sulla strada ma il ragazzo che lei non conosceva, doveva già essersi smaterializzato. Il ragazzo di fronte a lei, invece, continuò chiedendole a che scopo si erano incontrati, di tutta fretta, quella sera. “Cyrus, sto partendo e anche di fretta. A te devo dirlo, nel caso qualcuno venga a cercarmi. Non fare quella faccia, non dovrebbe accorgersene nessuno.” Leda, osservò il fratello e gli porse delle chiavi. “Controlla casa ogni tanto e non dare nell’occhio, ti farò avere mie notizie al più presto!”.
Cyrus Applewhite, non aveva la minima idea di cosa Leda stesse combinando. Aveva perso il conto dei mesi e degli anni, aveva smesso di capirla e ora a soli ventinove anni, sua sorella continuava a metterlo nei guai come quando erano piccoli e lui copriva, le sue malefatte, con i genitori. Ma, da chi doveva coprire Leda? A questa domanda Cyrus non sapeva dare una risposta. “Leda!” Cyrus, voleva farle innumerevoli domande, voleva sapere cosa cercava, perché cercava ma, rimase zitto. Afferrò le chiavi che Leda gli porgeva e se le mise in tasca.  In silenzio.
Leda, sua sorella, era una bellissima ragazza per quello che credeva Cyrus. Aveva qualche anno meno di lui e hai tempi della scuola, era corteggiatissima. Leda, assomigliava in modo incredibile alla madre. Era alta con lunghi capelli biondo – rossicci; al contrario di lui che aveva ereditato la chioma folta e corvina del padre. Avevano gli stessi occhi, azzurri, limpidi, trasparenti ma, in quella trasparenza, lui, non riusciva a scorgere nessun segreto della sorella. Leda si alzò e salutò suo fratello, baciandoli una guancia e passandogli una mano in quell’ammasso di capelli corvini, promettendoli che presto si sarebbero rivisti. Leda non aveva idea di quanto presto. Non aveva idea di nulla. Il suo unico pensiero, in quella notte di ottobre, era raggiungere la Francia e non perdere per nessuna ragione al mondo, la pista che stava seguendo. Ne andava della sua vita, si ripeteva come un mantra. Della sua vita.
Cyrus Applewhite, rientrato a lavoro, scombussolato e rammarico di non poter essere d’aiuto alla sorella, osservò, nascosto dietro un pilastro, una Lily Potter – frettolosa – dirigersi verso i sotterranei. Cyrus, per quanto fosse un professore, amato dagli studenti, quella notte, lasciò correre. Fece finta di nulla e rientrò nei suoi alloggi. Appena fosse stato abbastanza sicuro che la scomparsa di Leda era passata del tutto inosservata, sarebbe andato nel suo appartamento. Qualsiasi cosa Leda nascondesse, era lì che l’avrebbe trovata.

 
                                                                                           ***

Lily – frettolosa -  non aveva notato il professore di trasfigurazione. Correva verso i sotterranei, dove lei e Rose, di buona lena, stavano lavorando alla pozione. Lavorare con Rose, si trovò a pensare a Lily, era da malati. Sua cugina, aveva degli orari rigidi da rispettare e non si poteva mai, proprio mai arrivare in ritardo. Albus e Malfoy che, per due sere di fila avevano fatto tardi, erano stati esonerati dal caparbio compito di assistenti fino a data da destinarsi. Lily, ne era contenta, non vedeva Malfoy da giorni e questo le migliorava l’umore, per come la vedeva lei. Raggiunta la stanza, Lily non vi trovò nessuno. Guardò l’orologio. Era al quanto strano, lei, era stata puntualissima perciò non si spiegava perché dell’assenza di Rose.
Diede un’occhiata alla pozione, per poi eseguire alla lettera quello che Rose aveva appuntato sul bloc-notes. Il lavoro stava procedendo parecchio bene. Lily, a stare da sola, si annoiava parecchio. Dopo più di mezzora iniziava a preoccuparsi per l’assenza della cugina. Che le fosse successo qualcosa? Lily, in realtà, non fece in tempo a preoccuparsi perché in quello stesso momento Malfoy entrò nella stanza, composto e distinto, come suo solito, con un leggero colorito rossastro sulle guance. Che avesse corso? Non che a lei interessasse, specifichiamo.

Scorpius, aveva corso. Scorpius, correva quasi mai. Stava odiando Rose in quell’istante. Lui e Lily, si guardarono a lungo, la ragazza era indecisa se chiederli perché della sua presenza o dove si fosse cacciata Rose. Non per forza in quell’ordine. Scorpius per confermare la sua tesi, disse che Rose era tornata tardi dall’appuntamento con Marckus e aveva mandato lui a visionare la pozione. Evitò astutamente di dire, che Rose, gli aveva anche chiesto di far compagnia alla cugina, sapendo quanto poco amasse stare sola e senza niente da fare.

Da quando Albus gli aveva fatto la fatidica domanda, lui, Scorpius, aveva evitato la compagnia di Lily il più possibile. Non voleva far insospettire il suo migliore amico. Insospettire di nulla, ovviamente, dato che a lui non è che piacesse Lily in quel senso. Certo nell’ultimo periodo la trovava più simpatica e meno capricciosa del solito ma non voleva significare nulla! Non significa che era caduto ai piedi della Potter. Mai!
Scorpius e Lily, passarono così due ore della loro vita: in silenzio ed osservando la pozione; Lily, poco prima che scoccasse la mezzanotte aggiunse nel calderone due crine di unicorno, mescolo per bene e infine disse che per quella sera avevano finito. Stare in compagnia di Malfoy, per Lily, era uno strazio. Alle volte capitava che parlassero per ore, altre di non dire una parola per delle ore. Con quel ragazzo non c’era una via di mezzo e Lily, trovava quell’atteggiamento alquanto irritante.
Scorpius, seguì Lily, sigillò la stanza e si offrì di accompagnarla in sala comune. “Non scomodarti Malfoy! Conosco la strada!”. Lily, non aveva nessuna buona ragione per rifiutare. In cuor suo però quella richiesta l’aveva agitata. Ogni volta che Malfoy le proponeva qualcosa, per un nano di secondo le mancava il respiro. Lily non si spiegava come ciò potesse accadere. Lei, da anni, odiava quel ragazzo. Durante l’estate, per una serie di disparati eventi, quel sentimento era andato via via scemando. Se non poteva più affermare con certezza di detestarlo almeno, in cuor suo, poteva essere certa che il suo atteggiamento la infastidisse; quel suo essere scostante dava a Lily l’impressione che Malfoy si prendesse perennemente gioco di lei. Molto più che gli anni precedenti.
Quella sera, invece, Lily, ebbe la sensazione che il respiro le mancasse per una buona ragione. Perché era Malfoy. E non lo odiava quasi più. O almeno, lo odiava molto meno di prima, si disse.

Lily, l’aveva lasciato lì. Dopo aver rifiutato la sua cortesia, era scappata via di corsa, come se si fosse ricordata di una cosa molto importante. Scorpius, shoccato, si rese conto che un istinto innato, che non sapeva di avere, lo stava spronando a seguirla. Di corsa. Non lo fece.
Non avrebbe seguito Lily Potter.
Mentre rientrava nella sala comune, quello stesso istinto, che aveva scoperto di avere poco prima, gli disse – come una coscienza – che ogni lasciata era persa. E lui quella sera aveva perso?
Albus e Tarquin, erano lì, in sala comune. Albus, osservava con attenzione la mappa del malandrino. “Avresti potuto accompagnare Lily!” si sentì dire Scorpius, da un Albus irritato che stava ripiegando la mappa per metterla via. “La strada la conosce!”. Non aveva nessuna voglia di litigare con Albus. Non per Lily.
 
Lily Potter, quella sera, aveva fatto una scoperta. Non aveva ancora ben capito la portata di tale novità ma, agitata, si apprestava a coricarsi. Raccomandandosi, di non parlarne con nessuno. Forse, con Alice se solo non l’avesse giudicata negativamente, ovviamente.

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Capitolo 12
*** CAPITOLO SETTE ***


CAPITOLO SETTE

 
Quello era il giorno. Era proprio quel giorno, si ritrovò a pensare Lily, mentre indossava quel vestito elegante e orribile, per come la vedeva lei, che le aveva inviato sua madre qualche settimana prima. Era un giorno funesto. Punto primo, quell'abito non le piaceva affatto: troppo stretto, troppo lungo e troppo verde. Punto secondo, quel giorno molto probabilmente, anzi, sicuramente, suo padre sarebbe stato eletto Ministro della magia, tanto per cambiare. Punto terzo, la pozione era bella che pronta, perfetta, e lei e Rose non vedevano l’ora di analizzare i campioni di DNA ma, avrebbero dovuto aspettare la sera, perché lei, Lily Potter, doveva restare al ministero con la sua famiglia e tante grazie. Quarto e sì non c'è due senza tre e il quarto vien da sé, Vicky quella mattina presto, molto presto, aveva avuto la compiacenza di avvisare tutta la famiglia che si, finalmente aveva deciso di partorire. E finalmente, pensò Lily, facendosi due conti e rendendosi conto che sì, la creatura era notevolmente in ritardo sulla tabella di marcia. Sarebbe stata una giornata terribile. Ne era certa.
Lily Potter, quel nove di dicembre, era terribilmente di fretta. Erano solo le otto e di buona lena, con addosso quella palandrana e ai piedi delle scarpe scomodissime, si dirigeva verso lo studio della preside Severa. Lì, lei e Albus avrebbero preso il camino per arrivare al ministero.
Augurarsi che non ci fossero giornalisti e fotografi era fuori discussione. Sperare che i capelli le reggessero durante il viaggio via camino, era un desiderio.  Annoiarsi a morte per tutta la giornata era inevitabile. Lily Potter, era stanca ancora prima di varcare la soglia dello studio della preside.

"Buongiorno!" Lily trafelata non aveva notato le due figure che come lei, di corsa, arrancavano verso il grifone dorato. "Buongiorno Al, Malfoy!" Lily, si rese conto, in quel momento, che la giornata poteva risultare peggio del previsto. Molto peggio. "Perché la tua fidanzatina é qui?". Lily Potter, era tremendamente incazzata e non sapeva nemmeno il perché.
Albus, che non lo mostrava affatto, era ancora più incazzato di lei. Aveva voglia di soffocare il suo migliore amico, nasconderne il corpo e fare finta di nulla. Il suo migliore amico era un idiota. Albus, però, tra i due mali maggiori aveva preferito quello, quindi, contro le sue normali abitudini, non aveva detto nulla. Se ne era rimasto zitto e buono. Nutrendo per Scorpius un rancore profondo. "Brienne" disse. Poi si avvicinò alla sorella e dandole in bacio sulla guancia, si unì a lei, lasciano Scorpius indietro. Che si arrangiasse.
"Ci annoieremo a morte!" Affermò sua sorella, spostandosi una ciocca dietro l'orecchio. "Ci nasconderemo nello studio di Teddy." Albus era dello stesso identico parere ma, al contrario di Lily, nutriva un profondo interesse per tutto ciò che accadeva al ministero.

James, dopo l'incontro con il padre, gli aveva mandato una missiva, accennandogli quel poco che sapeva sulle sparizioni, che da mesi a quella parte preoccupavano il ministero. O almeno chi al ministero ne era a conoscenza. James sembrava saperne veramente poco e lui, Albus, era convinto che passare un po' di tempo nello studio con Teddy, gli avrebbe fornito qualche informazione in più. Almeno ci sperava. Se Rose fosse stata lì con lui, si sarebbe anche divertito a fare il detective, invece, c'era Scorpius e Albus in quei giorni non poteva proprio sopportarlo.
Quasi un mese prima, Albus, avrebbe giurato che il suo migliore amico, si fosse preso una cotta per Lily. Rose, era dello stesso parere. E raramente lui e Rose si sbagliavano. Scorpius, aveva giurato che no, a lui Lily proprio non interessava e Albus, un po' perché si fidava del suo migliore amico, un po' perché conosceva troppo bene Scorpius, aveva tirato un sospiro di sollievo. Amen.
Albus, non avrebbe mai e poi mai immaginato che Scorpius, ricominciasse a uscire con la O'Gallan. Mai. Era terribilmente arrabbiato. Non era servito a nulla spiegare a Scorpius che il padre di quella ragazza era l'avversario politico del padre e che quindi, per parcondicio nei confronti della sua famiglia, lui non ci voleva avere niente a che fare, non era servito a nulla perché Scorpius Malfoy, quello che considerava il suo migliore amico, era diretto al ministero con loro, solo perché Brienne glielo aveva gentilmente chiesto. E Scorpius l'aveva accontentata! Albus non lo guardava in faccia.

Scorpius, dietro i fratelli Potter, era più pensieroso del solito. E da qualche mese a quella parte ne aveva di pensieri! Albus era arrabbiato con lui. Moltissimo. Scorpius riusciva a capirlo. Lui non doveva essere lì. Avrebbe dovuto prendere la passaporta alle dieci con il resto dei ragazzi del settimo anno. Invece era lì. Li seguiva. In silenzio. Voleva spiegare ad Al cosa aveva in mente, cosa sperava di fare ma, sin dall'inizio aveva temuto il peggio. Poi la situazione gli era sfuggita un po' di mano.
Non aveva mai avuto l'intenzione di uscire di nuovo con Brienne. Scorpius questo si diceva mentre le passeggiava vicino in corridoio. Lui l'aveva contatta sotto consiglio di Nott. Ma lui, non si chiamava Tarquin Nott e il copione del suo migliore amico e cugino era finito tra le fiamme del camino ancora prima di essere letto. Se si fosse chiamato Tarquin Nott, si sarebbe incontrato con Brienne, si sarebbe sollazzato - termine preferito del cugino - e poi non l'avrebbe più rivista, se non a lezione o in sala grande. Invece, lui si chiamava Scorpius Malfoy ed era stato arpionato con forza, e furbescamente stava cercando di far sì, che la situazione girasse a suo vantaggio. Almeno sperava.
Se non fosse stato per l'invito di Brienne, ad esempio, lui non sarebbe stato a pochi passi da Lily. Lei non lo guardava. Da settimane. Ma poco importava, si ripeteva Scorpius. Avrebbe passato la giornata con lei al ministero, qualcosa si sarebbe inventato. Ne era certo.

 
***

Avrebbe dovuto essere al ministero. Quel giorno era in servizio. Lui e la sua squadra, avrebbero dovuto scortare il candidato O'Gallen, per tutto il tempo necessario. Lui, dopo la chiamata della moglie, aveva mollato tutto e si era smaterializzato di corsa al San Mungo, con la speranza che qualcuno lo coprisse. Nemmeno cinque minuti dopo, Teddy era stato raggiunto da suo cognato, trafelato ed eccitato al tempo stesso. Teddy era disperato. Chi era rimasto al ministero, della sua squadra? Molly? "Cosa ci fai qui?" Esclamò tra l'arrabbiato e il divertito, per il solito atteggiamento, che la sua famiglia non smetteva mai di esibire. "Mia sorella sta per partorire e mi chiedi che ci faccio qui?". Louis, perdeva il controllo raramente, si ritrovò a pensare Teddy. Quella, ovviamente, era un’occasione speciale. Stava per avere un bambino. Un quarto di secolo e stava affrontando il dono della vita. A Teddy Lupin mancava il respiro.

Il medimago di turno lo fece accomodare nella stanza della moglie. Vuota. Vicky, a detta dell'uomo si stava sottoponendo agli ultimi controlli. Louis entrò dopo di lui. I due uomini, si scrutarono attentamente, si conoscevano da sempre eppure, in quel preciso momento nessuno dei due, si rendeva conto di ciò che gli accadeva intorno. La vita.
Vicky entrò nella stanza, sdraiata su un lettino, in compagnia di un guaritore che Teddy non aveva mai visto. Teddy, oltre ad essere un marito e a breve un padre, era un Auror. Uno bravo a detta di Harry. "Scusi, il Curatore Shon?" Chiese con garbo, avvicinandosi alla moglie. "Shon oggi non é di turno. Assisterò io vostra moglie. Le analisi sono perfette. Sua moglie è quasi pronta!". Teddy sorrise e lasciò che il curatore, che non si era presentato, lasciasse la sala, prima di chiedere a Louis di andare a chiamare, qualche piano più sotto, la zia Audrey.

Teddy, si disse, era pur sempre in servizio. Con tutto quello che da mesi a quella parte stava succedendo, non avrebbe abbassato la guardia per nulla al mondo. 
Le piste che avevano sulle sparizioni, erano nulle. Ma, questo non voleva di certo dire che non avessero fatto delle supposizioni. Una tra queste, faceva credere che i bambini scomparsi, venissero scelti scrupolosamente. E oltre ai familiari, i vicini, e i negozianti del posto, i curatori del reparto maternità erano quelli più a stretto contatto con i bambini. Il curatore Milo Shon, oltre ad essere molto bravo nel suo mestiere, era un caro amico di sua zia che venuto a conoscenza dei fatti si era proposto come informatore. Gli Auror a corto di idee avevano accettato. Il curatore Shon non aveva avuto molte informazioni da passarli, comunque.
"Sei preoccupato? Sento che ci siamo. Oggi è il giorno che ha deciso per venire al mondo!". Vicky, cercava di rassicurare il marito. L'assenza del Curatore Shon sembrava agitarlo. Shon l'aveva seguita dai primi mesi di gravidanza. Qualche settimana prima, quando aveva iniziato ad agitarsi, le aveva prescritto una tisana rilassante che aveva avuto un ottimo effetto su lei e la creatura. Si fidava molto di quel curatore. Sua zia Audrey glielo aveva consigliato e con i tempi che correvano, secondo Teddy, era meglio avere al proprio fianco amici fidati e non sconosciuti. "Sono agitato Amore!" Disse incoraggiandola, baciandole la fronte. La zia Audrey e Louis entrarono in quel preciso momento. Sua zia, non aveva notizia di Shon e, per stemperare le paure di Teddy si offrì di restare lì per tutto il tempo necessario a patto che avesse avuto il tempo di andare a votare. Beh lì volevano votare tutti, se avessero avuto il tempo.

Victoria Lupin partorì poco prima dell'una. Nel frattempo erano arrivati al San Mungo gran parte della famiglia. Nonna Molly, matriarca, non si era spostata di un millimetro dal letto di Vicky, testarda nel dare i suoi buoni consigli. Andromeda, che di cognome - anni prima - faceva Balck, dalla famiglia Black, aveva preso molto del suo carattere distaccato e prima che Vicky venisse portata in sala parto, con non curanza, aveva stretto la mano di Teddy, per poi sorridergli e raggiungere gli altri.

Tanta gente per un unico bambino, non si vedeva da anni. Secondo la più anziana delle medimaghe, dall'estate in cui era nata Lily Potter. L' intero Clan Weasley, ad esclusione dei Potter e di Hermione, si era trasferito, temporaneamente, in ospedale. Teddy Lupin, stanco e felice, con i cattivi pensieri accantonati fu l’uomo più felice del mondo, quando presentò a quella massa di gente, la sua famiglia, le persone che amava, la sua bambina. Florence Apollinia Lupin era nata.

 
***

Harry Potter sorrideva. Sua moglie gli teneva fermamente la mano. Sorridevano entrambi. Dall'altro lato dell'atrio, la famiglia O'Gallan
era in posa per una foto che sarebbe finita in prima pagina in caso di vittoria.
I suoi figli, avevano avuto lo scrupolo di buttarsi latitanti, da almeno due ore non li vedeva da nessuna parte. Il suo assistente Franz li stava cercando per tutto il ministero. Non li avrebbe mai trovati, Harry lo sapeva. Sua moglie gli indicò una figura bionda, Louis, per poi allontanarsi ed avvicinarsi al nipote. Vicky forse, finalmente, aveva partorito.

Harry si ritrovò lì da solo. Sorrise, si sedette e accettò beato quella pausa dai riflettori. Era compiaciuto. O'Gallan divertiti nei tuoi cinque minuti di notorietà! Si ritrovò a pensare, sapendo quanto dura fosse essere sempre al centro dell'attenzione. "Posso?". Il figlio di Malfoy, si era appena seduto vicino a lui, senza aspettare conferma. "Non tifi per gli altri ragazzo?" Gli chiese ilare, avendo notato, quando i ragazzi erano arrivati, la figlia del suo rivale lanciarsi su Malfoy. "Non lo dica a mio padre ma, ho votato lei Signor Potter!". Gli sussurrò per poi fargli un occhialino complice. Per quanto fosse un Malfoy, e di difetti ne avevano tanti, Harry trovava quel giovane sufficientemente simpatico. Credeva bene che Albus se lo fosse fatto amico. "Oh, terrò la bocca chiusa e la sua approfondita amicizia con la signorina O'Gallan non farà sospettare nessuno!". Harry era convinto di non aver detto nulla di sbagliato. Lo sguardo basso del ragazzo, per un solo secondo, l'avevano messo in difficoltà. Harry, pensandoci bene, non parlava mai di faccende amorose con i suoi figli. Dopo ciò che era successo tra James e Dominique, se ne era sempre lavato le mani, lasciando a Ginny il caparbio di compito di confidente del cuore. Dallo sguardo di Malfoy, Harry credette di essere caduto nel tranello del diavolo. Pace.
"Sa non mi piace quella ragazza." Iniziò uno Scorpius dubbioso. Voleva sul serio parlare di quello che provava con Harry Potter? Harry lo guardo dubbioso, di certo non sapeva dove voleva andare a parare. "Quella che mi piace é un'altra... Ma non credo di essere ricambiato!" Scorpius si pentì subito di quello che disse. Non avrebbe detto altro. Non ad Harry Potter.
"Harry, li ho trovati! Reparto Auror. É una fortuna che nessuno li abbia visti!" L'assistente del Signor Potter arrivò seguito dal suo migliore amico, il fratello scemo del suo migliore amico e da Lily. "Non voglio sapere il motivo per cui eravate lì, ora raggiungiamo vostra madre, vogliono una foto di famiglia!" Tutti i Potter si spostarono verso il centro della sala, dove tra stupidi convenevoli si svolgeva la maggiore attività del paese. "Dovremmo unirci a loro, Signor Malfoy giusto?".
Scorpius seguì Franz con discrezione. Un fotografo da strapazzo continuava a scattare foto come se non ci fosse un domani, disinteressandosi dei soggetti. Raggiunta la famiglia Potter, con un Albus che continuava a guardarlo malissimo, finì per sbaglio in uno scatto proprio mentre Lily raggiante abbracciava sua madre. Era bellissima, con palandrana e tutto il resto.
 
Scorpius Malfoy rientrò ad Hoqwarts da solo. Molte ore prima che si iniziassero a scrutinate. Quando Albus rientrò, molte ore dopo, l'unica cosa che gli senti dire fu il nome della sua nuova cuginetta. Come se non ne avesse già abbastanza pensò Scorpius.

 
***

L'articolo sulla gazzetta del profeta era stato si colorito ma, conciso e veritiero. Il settimanale delle streghe, che per l'occasione era andato in stampa tre giorni prima, di veritiero aveva ben poco, di conciso nulla. Sophia Zabini, al tavolo Serpeverde, leggeva ad alta voce affinché tutti potessero sentire.
 
Il gossip di oggi é la realtà di domani: Harry Potter Ministro della Magia.
Nella giornata di ieri, nove di dicembre, Harry Potter riconquista il suo primato di eroe del paese. Ieri bambino sopravvissuto oggi ministro. Il suo assistente Franz, un giovane e baldo uomo di origine tedesca, assunto al ministero perché fidanzato di una delle nipoti del nostro Amato Nuovo Ministro, ci ha dichiarato: " Harry è una persona meravigliosa, nessuno potrebbe guidare il nostro paese meglio di lui. La sua tempra morale dovrebbe essere un esempio per tutti noi... ". Insomma, Franz adora Harry Potter e anche noi, ovviamente. Nessuno più di noi é contento del successo di quest'uomo, potete notare in foto come sorrida compiaciuto insieme alla sua numerosa famiglia: di lato sulla destra i figli James (entrato in accademia Auror con un misero 85, che papino abbia alzato la voce?) e Albus  -serpeverde e miglior amico di Scorpius Malfoy-  accanto a Lily sulla sinistra. (Si vocifera che i due giovani abbiano iniziato a frequentarsi durante l'estate, quando la famiglia Potter e il signorino Malfoy hanno passato insieme una settimana in Russia.); sulla sinistra, Ginevra Potter, anche lei sorridente (fonti comunicano che ormai sia consono per i congiungi Potter vivere in case separate, voi che ne pensate miei adorati lettori?). In foto, con occhio clinico, si può scorgere anche la donna che in tutti questi anni ha sostenuto (in molti modi) il nostro Ministro: Hermione Granger - membro del witsenganot - ex signora Weasley.
Il mondo magico oggi entra in una nuova era: L'era di Harry Potter, l’uomo senza il quale il nostro paese verrebbe ribaltato dal male, é lampante come il Ministro veda maghi oscuri nascosti dovunque, solo qualche mese fa, aveva messo il paese in agitazione per delle sparizioni, risolte in brevissimo tempo dai nostri bravissimi Auror. Una madre sconfortata ha voluto raccontarci la sua esperienza: "Mia figlia era appena scomparsa, gli Auror che il ministero ha mandato erano parenti di Harry Potter (nepotismo?), poco dopo é arrivato anche lui. Ha iniziato a fare domande, ad innervosirsi, non mi sarei mai immaginata un Harry Potter così! Per fortuna non si é fatto più vivo, sarei morta dalla paura ...". Questo è l'uomo che da oggi guiderà il paese? Un uomo che incute terrore? Un uomo di cui si ha paura? E come potrebbe essere il contrario? Harry Potter ha ucciso Lord Voldemort é giusto ricordare, chi avrebbe mai il coraggio di affrontarlo?
Il nostro paese é in mani sicure? Harry Potter è l'uomo giusto ed onesto che tutti noi immaginiamo? Lettori e lettrici, mandatemi le vostre testimonianze, l'intera isola ha voglia di sapere.
Alla prossima settimana. S.
 

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Capitolo 13
*** CAPITOLO OTTO ***


CAPITOLO OTTO
 
Lily prima di lasciare Hoqwarts aveva stilato una scaletta con tutti i programmi per le vacanze di Natale. Aveva dei piani lei, anzi, avevano dei pani loro.
Purtroppo però il destino ha sempre qualcosa in serbo. Quel Natale, per quanto Lily fosse contrariata, era stato molto generoso con il clan Potter-Weasley.

La nascita di Florence Apolline Lupin aveva finalmente riunito la famiglia ad un unico tavolo. Dopo più di due anni la Tana era tornata ad essere quel luogo confortevole che i Weasley avevano costruito con innumerevoli sforzi, tanti sacrifici e indubbiamente molto amore.
Florence era un essere minuscolo, pensava Teddy mentre la cullava tra le braccia, sperando che non si svegliasse con tutta quella caciara. Era una bambina bellissima, con le sue stesse capacità di metamorfomago. Alla nascita Audrey aveva affermato fosse rossa, marchio made in Weasley. In quel momento, mentre la poggiava nel portanfan, quei pochi peletti che si ritrovava sulla testolina erano di uno sconvolgente biondo platino, proprio come la madre.

Teddy lasciò nonna Molly alla cura della neonata e con passo spedito si diresse verso il suo padrino. Per come la vedeva lui il ministero non era un posto sicuro. Ora che Harry era stato eletto Primo Ministro molte incongruenze iniziavano a venire a galla. Forse avevano una pista. Solo una settimana prima lui e la sua squadra, composta da Molly, Louise e due uomini anziani, prossimi alla pensione che non erano riusciti a far carriera, erano risaliti ad una donna: Leta AplleWhite. Peccato che questa donna non si trovasse da nessuna parte. Il suo appartamento aveva fatto pensare a Teddy che quella donna centrasse con la sparizione dei bambini. Su un’intera parete centinaia di fotografie di bambini illuminavano la stanza. E nemmeno la metà di quei bambini erano vivi. Quella donna era di sicuro un’assassina. “Harry, hai letto la documentazione che ti ho mandato?”.

Harry aveva letto e come la documentazione e con lui Hermione. Avrebbe veramente voluto che ci fosse anche lei alla tana, sarebbe riuscita a spiegare la conclusione a cui erano arrivati molto meglio di lui. “Abbiamo ipotizzato…” tutta la famiglia ora ascoltava lui. Quelle informazioni erano assolutamente riservate ma, si era reso conto che chiunque ci fosse dietro quella storia aveva esteso una ragnatela infinita per tutta la Gran Bretagna se non oltre. Per questo motivo Harry credeva bene che informare la sua numerosa famiglia avesse solo potuto aiutarlo in questa situazione. “…con Hermione che tutto ciò, tutti questi rapimenti, siano frutto di un piano che è in atto da diversi anni.” Silenzio.

“Molti dei bambini nelle foto risultano morti nel periodo della seconda guerra magica, anche bambini purosangue. Ed è al quanto strano non credi?”. Bisognava venire a capo della faccenda, il più presto possibile. “Con Hermione abbiamo anche notato la presenza di un intervallo di tempo, tra la fine della guerra fino a cinque-sei anni fa, ciò vuol dire che esiste un arco di tempo in cui nessun bambino è stato rapito. Per questo motivo non risultano denunce al ministero. Per di più i primi casi di rapimento erano sporadici, tre quattro l’anno e i bambini non venivano restituiti, ora nel giro di una settimana li ritroviamo nei pressi delle loro case…”
“Senza Magia!” Completò suo nipote Louise per lui. “Harry, i bambini morti fin ora sono stati usati come cavie. Per distruggere la magia?” Teddy era senza parole. Quello che stava accadendo era un grande schifo. La magia faceva parte di loro. Come poteva qualcuno decidere per loro? Come era possibile che la magia venisse risucchiata dai corpi di quei bambini?
“Se fossero i babbani? Forse ci hanno scoperto e siamo in aperta caccia alle streghe.”

“Potrebbe essere un gruppo di estremisti, magari dei maganò arrabbiati con il mondo magico per le poche possibilità che ha da offrirgli!”
Qualsiasi cosa fosse, avrebbero dovuta risolverla in fretta o il mondo magico avrebbe perso un’intera generazione. “Teddy, tu e la tua squadra siete formalmente in congedo. Alla fine delle vacanze insieme a Franz andrete in missione nel continente, farete riferimento a me e ad Hermione. A nessun altro, ci siamo capiti?!”. Bisognava scoprire in fretta se nel resto dell’Europa stava capitando la stessa cosa. I giornali non ne parlavano e alle riunioni Harry non aveva sentito parlare di sparizioni da nessun capo di stato. Ma non parlarne non voleva dire che non stesse accadendo nulla.          “E per quella donna? Credi sia andata via dall’Inghilterra?”
“Sarà un’altra squadra ad occuparsi della donna. Mi spiace ma vi tocca un lavoro più sporco!”. Harry, in quel preciso momento pensò a Silente. Era nato così l’ordine della Fenice? Con Silente che mandava in missione per lui amici fidati? Harry sperava di cuore che non si arrivasse ad una guerra per Merlino solo sapeva cosa, ma quel clima uggioso che da mesi lo perseguitava, gli dava come l’impressione che il peggio dovesse ancora capitare. Mandare Ted all’estero, come Silente aveva mandato Hagrid a parlamentare con i giganti, era il primo segno di declino della loro società. Fortunatamente era il ministro della Magia e, come tale avrebbe evitato gli sbagli del passato.

 
***

Lily aveva prestato sufficiente attenzione alle parole di suo padre quel pomeriggio per capire che la situazione non era delle più floride. La villa in campagna dove da anni vivevano Teddy e Vicky era stata munita delle migliori protezioni a sentire Lucy e per di più, suo padre aveva insistito per rendere Grimmal Place inespugnabile. Il luogo più sicuro di Inghilterra in poche parole. Per quanto la faccenda la preoccupasse, lei, sua cugina Rose e Sophia Zabini, di buona lena erano dirette a casa di Lucas. Albus e Malfoy si erano rifiutati di accompagnarle, peggio per loro.

Sophia si era ritrovata lì per pura casualità del fato. Di tutta quella storia non sapeva nulla fino a poche ore prima. Nessuno dei suoi amici si era preso la briga di informarla, poco male, si disse: di finire in punizione perché quella combriccola di matti non riusciva a tenere fuori il naso dagli affari altrui non era una faccenda che la riguardava.
Così, in compagnia della sua migliore amica e di una Lily Potter sopra eccitata, si stava dirigendo a casa di un babbano. Che Salazar la salvasse, cosa le era passato per la testa? Tutta quella storia la intrigava, i risultati delle analisi condotte da Lily e Rose erano sorprendenti. Possibile che il casato dei Black non fosse estinto? Che ci fosse un babbano discendente da quella famiglia? Secondo Lily sì e, lei stava andando a conoscerlo.

La casa di Lucas era proprio come la ricordava: fatiscente ma confortevole. Pensò Lily una volta arrivate a destinazione.

Quando Lucas intravide Lily dalla finestra quasi non ci credette. Quella ragazzina non faceva altro che rinviare i loro appuntamenti da mesi. A pensarci bene si erano visti si e no due volte e pure una strana sensazione, quando pensava a lei, lo coglieva di sorpresa. Quella ragazzina l’aveva stregato. Non riusciva a togliersela dalla testa. Con Lily c’erano altre due ragazze. Una non l’aveva mai vista: alta, pelle color caramello e occhi terribilmente limpidi; l’altra era la cugina di Lily, la tipa antipatica.
“Sei riuscita a passare per un saluto!” Fu la prima cosa che disse dopo averle fatte accomodare in casa. Aveva cercato di dare una parvenza di ordine. Non c’era riuscito un granché bene! “Sono stata impegnata. Lei è Sophia e lei, mia cugina Rose!”. Le tre ragazze si accomodarono innanzi al camino, spento, e con occhio clinico si porsero una strana domanda, almeno era quello che pensava Lucas non capendo quel giro di sguardi che era appena avvenuto.

“Piacere mio. Siete tutte compagne di collegio?” Chiese per smorzare la situazione che gli sembrava più tosto tesa. Perché Lily si era portata quelle due ragazze al seguito? “Si, le nostre famiglie frequentano il collegio da generazioni!” gli rispose Rose, la cugina antipatica di Lily. “Siamo qui per un altro motivo comunque!” Lucas, non capì bene a cosa si riferisse la ragazza. Lily sembrava sul punto di esplodere, per l’impazienza?! “Subito al sodo tu” disse, di fatti, alla cugina.
“Perché potarla per le lunghe? Non abbiamo tutta la serata!” le due cugine, a detta di Lucas non se la intendevano un gran che bene. La terza ragazza non aveva detto una parola. Seduta sulla poltrona, sembrava più terrorizzata che altro. Che non fosse mai entrata in una casa di un povero mortale? Poteva anche essere per come la vedeva lui. Quelle tre erano schifosamente ricche. Punto. Per quale motivo, stavano spendendo il loro tempo con lui? “Vi ascolto, allora.” Tanto valeva scoprirlo.

Lily lasciò la parola a Rose. Non perché non volesse essere lei a spiegare la faccenda ma, perché Rose per quanta puzza sotto il naso avesse, era la più diplomatica delle tre e questo faceva si, che Merlino l’ascoltasse, riuscisse in modo semplice a spiegare quello che avevano scoperto.
“Vorrei iniziare con il porti una domanda, posso sperare in una risposta più che veritiera?” Lucas non sapeva bene come sarebbe andata a parare, la situazione era diventata di colpo seria. Troppo seria. “Farò il possibile!” rispose ghignando. Tanto valeva cercare di smorzare la tensione. Di nuovo.
“Un tuo antenato, ci interessa il suo nome. Sei per caso imparentato con un certo Marius Black?” Rose, Lily e Sophia sapevano già la risposta. Ovviamente.
“State per caso facendo una ricerca sul mio albero genealogico?”
“Lucas, su rispondi …” Erano le prime parole che Lily gli rivolgeva. Era seria. Tutti loro erano incredibilmente seri in quel momento. “Si, mio padre si chiama Marius come suo nonno, in realtà pare lui non volesse che gli venisse dato questo nome, ma mio nonno non volle sentire ragioni. Marius non è poi un nome tanto male, comunque! Poteva andargli peggio e chiamarsi Orione o che so io …” Lucas, si rese conto, che per il nervosismo, aveva iniziato a parlare a vanvera. Decise di fermarsi, prima di fare la figura dello stupido. Non che non lo si sentisse già.

“Lily ha fatto una ricerca” Iniziò Rose. Da qualche parte doveva iniziare. Non avevano parlato a nessuna della famiglia della loro scoperta. Se qualcosa fosse andato storto, se Lucas ne fosse rimasto scioccato o avesse iniziato a darle delle matte o peggio ancora se avesse voluto una prova sull’esistenza della magia, avrebbero infranto centinai di leggi. Tra cui la legge di segretezza. Benissimo. “Su di me? Volevi essere certa che non fossi un criminale prima di chiedermi di uscire?” Cercò di sdrammatizzare il ragazzo che in quel momento sedeva dinnanzi a lei. Sua cugina arrossì e Rose dovette ammettere a se stessa che Lucas fosse davvero un bel ragazzo. Eccessivamente bello. 
“Dopo averti incontrato questa estate, Lily ha avuto la netta sensazione che tu fossi imparentato con una famiglia di nostra conoscenza…” Aspettò due minuti prima di riprendere, Lucas finalmente taceva, aveva smesso con le sue battutine smorza tensione e forse le stava prestando ascolto. Finalmente o tutta quella tiritera l’avrebbe fatta scoppiare.

Lucas osservò tutte e tre sperando che Rose ricominciasse a parlare. Cosa avevano scoperto sulla sua famiglia in così poco tempo? Lui era da anni che cercava informazioni su di essa. Precisamente da quel lontano pomeriggio di dieci anni prima.
“Abbiamo senza chiedere il tuo permesso, per questo scusaci, analizzato il tuo DNA, comparandolo con quello di due nostri coetanei, discendenti dalla famiglia Black, il riscontro è stato positivo.” Rose cessò di nuovo di parlare. Doveva dire qualcosa. Merlino Santissimo.
“Avete trovato dei miei parenti? Vivi?”. Lucas voleva sapere di più di tutta quella storia. Molto di più. Com’era possibile che ci fossero dei suoi parenti ancora in vita? Suo padre e suo nonno erano figli unici. E non aveva mai sentito parlare di cugini o zii. L’unica persona che forse, poteva essere ancora in vita era sua sorella. Ma lei, la sua sorellina era stata rapita dieci anni prima. E non era mai stata ritrovata per quanto Scotland Yard si fosse impegnata nelle ricerche. “Non è possibile, non c’è nessuno della mia famiglia ancora in vita, solo io, solo…”.

“Ascolta, è complicato. Marius Black, fu diseredato dalla sua famiglia. O abbandonato, questo non lo sappiamo neanche noi. Non siamo riuscite a trovare informazioni su di lui, ad esclusione della data di nascita. Marius aveva un fratello e due sorelle e una moltitudine di parenti. La famiglia Black era una famiglia importante nella nostra comunità perfino io sono imparentata con te, pensandoci bene, molto alla lontana comunque …”. Rose sperava vivamente che fosse riuscita a far interessare Lucas all’argomento. Che le credesse o avrebbero solo perso tempo.

“Che tipo di comunità? Religiosa? Siete una di quelle famiglie dove si vive tutti insieme e si procrea senza pensarci due volte?” Sophia dovette ammettere che quel Lucas non si era poi tanto discostato dalla verità. Sorrise, osservando le due rosse un po’ accigliate per quell’ultima affermazione.
“No, niente del genere. Lucas vorremmo mostrarti qualcosa sempre che tu non stia pensando che siamo completamente matte. Vorremmo anche fare delle altre analisi. Nostra zia lavora in ospedale, potremmo parlarne con lei …”
Lucas Black accettò la proposta. Voleva veramente saperne di più su tutta quella storia. Così si diedero appuntamento per il giorno dopo, a casa di Lily. Lucas voleva scoprire un sacco di cose. Chi era? Chi aveva preso sua sorella? E soprattutto voleva scoprire qualcosa su quella malattia… forse aver incontrato Lily quel giorno era stato un dono del destino. Il Karma. Non si sarebbe fatto scappare questa possibilità.
 
***

James e Dominique stavano passeggiando tranquillamente per le vie di Diagon Alley. Vicky li aveva mandati a comprare degli infusi di erbe da somministrare alla piccola, causa colichette che non riuscivano a farla riposare tranquillamente.
In quegli ultimi mesi James aveva passato parecchio tempo con la cugina. Quando usciva dall’accademia Auror, stanco morto, la rintracciava e lei non si era mai rifiutata si passare del tempo con lui. Capitava che andassero a cena fuori o che si fermassero a casa degli zii a giocare a spara schiocco. Nulla di compromettente. James aveva la sensazione che fossero perennemente controllati. Da tutti.

Nicky, aveva deciso di restare. Con l’aiuto di Lucy che aveva quasi finito i lavori a Grimmauld Place, aveva trovato e acquistato, con l’aiuto dei genitori, una villetta a Diagon Alley. Due piani di casa, molto piccola in realtà ma, per quello che aveva in mente di fare sarebbe andata più che bene. Lucy le aveva promesso che appena avesse avuto tempo l’avrebbe aiutata nel progetto, avrebbe solo dovuto aspettare un altro po’.
Era grata a Lucy. Erano sempre andare molto d’accordo, entrambe smistate a Rawenclaw, avevano condiviso diversi momenti nella loro sala comune; avevano giocato insieme a quiddicht questo almeno finché non fu costretta ad abbandonare la scuola. Anche distanti, le scriveva spesso, all’insaputa di James. Amava la sua indiscrezione per questo era stata la sua confidente in tutti quegli anni. La sua confidente su James. Proprio per questo, in quel momento, mentre stava lì, a pochi passi da James non riusciva a non pensare a ciò che la cugina le aveva detto.

“James tutto bene? Sei parecchio silenzioso!” prese parola, giusto per smorzare il silenzioso imbarazzante che si era venuto a creare. James, da quando Tessa era andata via, era silenzioso e tendeva ad isolarsi. Anche quando era andata via lei, si era comportato nello stesso modo? Era il suo modo di gridare aiuto per l’ennesima delusione? “Potrebbe andare meglio. Sai Tes mi ha scritto una lettera, è arrivata l’altro giorno. Non sono riuscito a leggerla!” si confidò con la cugina.
“Vuoi che te la legga io?” Non sapeva nemmeno lei perché si stesse mettendo in quella situazione. Voleva un gran bene a James, ma non riusciva proprio a perdonare Tessa. Sentiva di provare un profondo odio per quella che un tempo era stata la sua migliore amica. Se dopo la morta di Alberiga aveva pensato che avrebbero potuto sistemare le cose, si era sbagliata di grosso. Tessa era sparita. Merlino solo sapeva dove. Forse avrebbe avuto una risposta leggendo la lettera che James le stava porgendo.

 
Ciao James
Come stai? Come te la stai passando in quest’inverno? Come ti trovi all’accademia? Sono riuscita a
rintracciare la gazzetta del profeta sono stati molto duri con te. So quanto sei bravo e credo sia colpa
mia se tu non sei riuscito a dare il massimo. Scusami.
Ho letto anche della nascita di Florence, auguri e della carica a Ministro di Harry, è stato un anno di
eventi per la famiglia Potter. Beh si sa da voi ci si diverte sempre.

Io sto abbastanza bene, sono stata in Russia e poi in Italia, ho provato a cercare mio padre ma
dopo averlo trovato sono solo riuscita a guardarlo da lontano. Non sono abbastanza forte.
Se lo fossi stata, una donna forte, non sarei qui a scriverti questa lettera. Sarei lì con te.

Ho trovato un posto, una specie di scuola, sto imparando delle cose. Credo proprio che mi aiuterà a
migliorarmi stare qui per un po’. Ci sono tante persone speciali.

Beh questo James, non ho molto altro da dire. Manchi.
Con affetto Tessa.
 
Dominique finì di leggere la lettera. Fissò James. A lungo. “Dopo tutti questi mesi, ha scritto solo questo? Non c’è nient’altro??”. Anche Dominique si aspettava qualcosa di più, una lettera corposa, sui suoi spostamenti, un indirizzo, un indizio per poterla trovare. Nulla. Non aveva scritto nulla. Tessa continuava ad innervosirla sempre più. Come poteva trattare così James? Poteva trattarlo così dopo averglielo rubato sotto il naso? Erano mai state amiche? Erano mai stati amici lei e James?
“Di poche parole, ammettiamolo! James, non tarlarti troppo. Se né andata. Chiusa la faccenda. Ti accompagno a casa su.”
Si smaterializzo con James al seguito e lo mollò lì, davanti alla porta di casa. Non sapeva cosa dirgli. Era la persona più sbagliata con la quale confidarsi. Non era pronta a sentire le pene d’amore di James. Non lo sarebbe mai stata.

 
***

Rinchiusa in quella torre non si dava pace. Era ad un passo dallo scoprire la verità. Era stata così sciocca da farsi catturare? Dove l’avevano portata? Chi erano in realtà? Com’era potuto succedere. Doveva scappare. Dov’era la sua bacchetta? Dov’era la luce? Era viva?

“Acqua” aveva sete. Un’incredibile sete. “Acqua, per favore!” non ottenne nessuna risposta.

Erano passate ore? Giorni? Era ancora in Italia? Sete? Doveva scappare. Recuperare le forse. Trovare un modo.

“Smettila di agitarti! Non uscirai mai da qui!” la voce di una donna. Una donna che parlava la sua lingua. L’avevano riportata in Inghilterra? “Chi sei? Dove sono? Liberatemi?”

“Non credo tu abbia capito la situazione in cui ti sia cacciata.” Le rispose la donna. Aveva le lacrime agli occhi. Non sarebbe mai uscita viva da lì. Quanto era stata sciocca. “Voglio sapere chi siete!” avrebbe dovuto arrendersi?

“Non sentirai altro che me, fino alla fine dei tuoi giorni.”
Non aveva via di scampo. Era lì da sola. Con una voce. Per sempre. 

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Capitolo 14
*** CAPITOLO NOVE ***


CAPITOLO NOVE


Sconcerto. Incredulità. Meraviglia. Non sapeva bene nemmeno lui quello che stava provando.  La magia. Lily gli aveva mostrato la magia. Quella vera. Rose e altri due ragazzi avevano tirato fuori una bacchetta e puff: magia.

Mentre Lucas Black veniva scortato al ministero della magia, l’unica cosa che riusciva a pensare era a quanto del mondo non sapeva. Di come cose meravigliose potessero accadere sotto i suoi occhi. La magia esisteva e da quello che aveva detto Lily, lui era un discendete di una delle famiglie magiche più antiche della Gran Bretagna. Lui? Com’era possibile?
Mentre percorreva i corridoi, scortato da un vecchio uomo con una divisa nera, non riusciva a pensare a nient’altro. Non alla situazione di pericolo in cui si era cacciato. Non ad una Lily infervorata che gridava contro suo zio. Nulla.

Ronald Weasley era entrato, a detta di Rose, nel momento più sbagliato a casa Potter. E nulla era valso cercare di spiegare la situazione. In quel momento tutti e cinque erano sotto interrogatorio al ministero. E tante grazie per le buone intenzioni.
Molly e Louise, che stavano sbrigando le ultime faccende prima di partire per la missione top secret, datagli da Harry, dovettero mollare tutto e dedicarsi alla marachella dei loro cuginetti, di un Malfoy altezzoso e di una Zabini che nulla sembrava sapere della storia.

Lily raccontò tutto con calma. Dall’inizio. E dopo aver parlato allungo, cerco di spiegare cosa aveva in mente. Di come non fosse un problema il fatto che Lucas avesse scoperto a quel modo l’esistenza della magia. Molly e Louis frastornati dalla vicenda, li mandarono a casa con la promessa che a Lucas non fosse cancellata la memoria. Meno che non si fossero sbagliati su tutta la linea.
Molly mandò a chiamare sua madre e prima di passare a interrogare Lucas si dedicò ad un’attenta ricerca sulla sua famiglia. Su quel ramo babbano della famiglia Black che fino a qualche ora prima era sconosciuto.

“Lu, leggi qui, su questo vecchio articolo di un giornale babbano”.
Continuano le ricerche di Isabelle Black. Di lei nessuna traccia, sono ormai due settimane che le squadre speciali sono alla ricerca della bambina senza alcun risultato. Se doveste vederla informate la polizia, la bambina da quanto affermano i medici è molto cagionevole …”
“Che sia un altro rapimento di cui non sapevamo nulla? Se le analisi di Lily sono corrette è possibile che Isabelle fosse una strega!”. Più andavano avanti in quella faccenda, più l’albero si diramava, non c’era fine a quello che scoprivano ogni giorno. Che non avessero fatto le giuste indagini? Che ci fossero bambini scomparsi anche nelle famiglie Babbane l’avevano intuito mesi prima, confrontando il libro magico delle nascite, da lì era emerso che molti bambini nati Babbani non erano mai arrivati a frequentare Hogwarts: perché scomparsi nel nulla o molto probabilmente morti.
Ma com’era possibile che quindici anni fa, non fosse venuto fuori che una bambina di nome Black fosse scomparsa? Com’era possibile che a Minerva McGonagall fosse sfuggita la sua assenza? Una Black?
“Vado ad Hogwarts a controllare il libro. Inizia ad interrogarlo, magari scopriamo qualcosa!”. Louise si incamminò verso l’uscita del ministero. Sperava di tutto cuore che quella fosse la volta buona. Che scoprissero qualcosa per il diadema di Rowena.

 
                                                    ***                                                                                  

Lily e i suoi compagni di avventura se ne stavano nella cucina di villa Potter in assoluto silenzio. Da diversi minuti. Precisamente da quando lo zio Ron li aveva riaccompagnati.
Rose era arrabbiatissima con suo padre. Più del solito. Da quando i suoi avevano divorziato Rose passava molto più tempo con la madre. Non mancava mai di andare a trovare il padre, sarebbe stato ridicolo con tutte le volte che passava a salutare il cugino, questo però non voleva dire che il loro rapporto non fosse in netto declino. Prima del divorzio, aveva sempre preferito passare il tempo con suo padre, poi qualcosa si era rotto. Anche dopo il divorzio, suo padre, non mancava giorno che litigasse con sua madre. Per le minime quisquilie. Si chiedeva proprio come sua madre l’avesse sopportato per tutti quegli anni.
Una smaterializzazione li prese tutti di sorpresa.

Il signor Malfoy era appena entrato in casa Potter con Hermione Granger al seguito. Una Hermione molto arrabbiata, pensò Rose, sperando vivamente di non beccarsi una punizione.
“Sono appena stata informata della situazione in cui vi siete cacciati, tutti e cinque” precisò alla fine, per marcare bene la situazione. “Sono stati avvisati anche i tuoi genitori signorina Zabini, ma si dia il caso non siano sull’isola!”. Finì Hermione per poi avvicinarsi ai fornelli per mettere su l’acqua per il te.
“Scorpius, posso sapere di preciso cosa è successo?” Draco ed Hermione si accomodarono al tavolo della cucina dei Potter. Draco Malfoy leggermente schifato della situazione. Non era mai stato a casa di Sfregiato e certo non aveva mai potuto immaginare che sarebbe successo perché suo figlio si era messo a fare l’eroe del mondo magico insieme alla progenie Potter. Di buona lena, seduto in quella cucina in puro stile babbano, ascoltò tutto ciò che i ragazzi avevano da dire. E ne avevano di cose da raccontare.
“Ricapitolando: avete trovato un discendente dei Black e non avete minimamente pensato, Potter, cosa questo comporti, oltre la fama eterna a cui ambite da generazioni?” chiese piccato.

“Signor Malfoy, comporta che è possibile ridare vita al casato dei Black!” gli sputò addosso la piccola Potter. Con rabbia. “Giovane e sciocca Potter. Sarebbe meraviglioso ridare vita ad un prestigioso casato come quello dei Black, onorevole da parte tua averci pensato ma…”
“Malfoy, non sono discorsi da fare ai ragazzi.” Lo stoppò la Granger. Che nel frattempo non aveva detto mezza parola. “Sarebbe il caso che ognuno di voi torni a casa. Se ci saranno degli sviluppi, vi informeremo.”
Hermione aveva mandato via tutti coloro che non erano membri della sua famiglia. Rimasta sola con la figlia e i nipoti non poté non complimentarsi con loro per l’ottimo lavoro svolto oltre, ovviamente, che metterli tutti in punizione per il resto delle vacanze invernali.

Lasciata villa Potter si precipitò al ministero dove Molly si apprestava ad interrogare il ragazzo. Raggiunse Harry ed insieme si sedettero nella saletta di fianco alla sala interrogatori. In attesa.
“Sono in gamba i nostri ragazzi. Certo se evitassero di combinare guai di questa portata, ci eviterebbero un bel po’ di problemi!” Concluse Harry prima che Molly si accomodasse innanzi a Lucas.

                                                                                                         ***

“Il tuo nome è Lucas Black?” iniziò Molly.
“Sì”.
“Devo farti alcune domande, riguardanti la tua famiglia. Se mentirai lo saprò!” Essendo un babbano, sapeva Molly, avrebbe creduto ad ogni sua parola. Non aveva idea, quel povero ragazzo, che in realtà, solo se gli avesse somministrato del veritasserum non avrebbe potuto mentirle. “Cosa vuole sapere?”

“Abbiamo fatto alcune ricerche, lei ha una sorella o meglio, l’aveva. C’è una denuncia di scomparsa e diversi articoli di giornale. Mi parli di Isabelle e del rapimento.” Molly gli mostrò delle vecchie foto ritraenti la sua piccola sorellina e, non riuscì a non pensare quanto quella bambina mostrasse tutti i caratteri fenotipici della famiglia Black: occhi grigi, capelli scuri e boccolosi e, un sorriso che avrebbe ammaliato il diavolo in persona. Povera bambina!

Lucas si chiese per quale motivo la prima domanda ricadesse su sua sorella. Che loro sapessero dove si trovasse? “Isabelle è scomparsa dieci anni fa, aveva otto anni ed era una bambina cagionevole.” Iniziò Lucas portando alla mente vecchi ricordi che credeva dimenticati da tempo. In realtà non sapeva bene neanche lui cosa dire, in quel preciso momento si rese conto di non essere nelle più rosee delle posizioni. Lo stavano interrogando, dei maghi, non la polizia del quartiere, dovette ammettere a sé stesso che tutta quella faccenda della magia gli era sfuggita un po’ di mano.

“Era malata, così diceva la mamma. Non credo l’avessero mai portata da qualche medico in particolare, non la facevano mai uscire di casa. Noi vivevamo tutti insieme, ho pochi ricordi di quel periodo. Con noi viveva ancora il mio bisnonno, era un uomo molto longevo, Marius. Lily mi ha parlato di lui. Con me era sempre carino e mi faceva sempre un mucchio di regali ma, non poteva sopportare la presenza di Isabelle, gridava a mia madre di portarla di sopra, che una bambina malata a quel modo non poteva andarsene in giro …” Lucas ricordava a malapena il suo bisnonno morto qualche anno dopo la scomparsa di Isabelle e, fino a quel momento non ricordava affatto questo trattamento preferenziale da parte sua nei suoi confronti. “Come dicevo, Isabelle usciva pochissimo da casa, mia madre credeva che un po’ d’aria potesse solo farle bene, così quando il bisnonno dormiva o andava fare le sue commissioni, la portava al parco vicino casa. È lì che è scomparsa. Non era mai stata in altri posti. Non sappiamo nemmeno cosa sia successo, un attimo prima c’era e un attimo dopo non c’era più…”. Ricordare della scomparsa di sua sorella gli provocava un dolore immenso. Lui aveva solo dieci anni ma le era molto affezionato. Passavano pochissimo tempo insieme, ma quelle poche volte che giocavano si divertivano sempre un mondo ad immaginare posti fantastici dove Isabelle avrebbe potuto divertirsi senza pensare alla sua malattia.

“Lucas, Marius Black è morto?” gli chiese ancora la donna con i cortissimi capelli rossi seduta innanzi a lui. “Non c’è più nessuno in vita della mia famiglia. Marius il mio bisnonno è morto qualche anno dopo la scomparsa di mia sorella e il resto della mia famiglia morì in un incendio, io non ero a casa quella sera …”. Lucas aveva un gran bel numero di brutte esperienze alle spalle, pensò Molly, scrutandolo attentamente.

Louise entrò in quel preciso momento nella stanza. Si accomodò accanto a lei e fece segno di continuare. “Lucas, crediamo che tua sorella non fosse malata. Semplicemente era una strega, è molto possibile che Marius Black non accettasse la situazione. Lui era stato esiliato perché Maganò e, di punto in bianco, nella sua famiglia si ritrovava una piccola bambina piena zeppa di magia. Possibile che sia stato lui stesso ad inventarsi la storia della malattia …”.
Lucas ascoltò Molly molto attentamente. Isabelle una strega. Era possibile? “Centra qualcosa con il rapimento? Hanno preso Isabelle perché era una strega?”
“Crediamo di sì.” Molly non era autorizzata a dire altro. Il caso era top secret.
“Potete trovarla? O sapete già dov’è?” Provò a chiedere, sperando in una risposta affermativa.
“Lucas, non crediamo sia viva!” Lucas si aspettava quella risposta. Era passato così tanto tempo. Troppo.

Louise prese la parola, con un leggero colpo di tosse, giusto per richiamare l’attenzione del ragazzo. “Abbiamo i risultati delle analisi, quindi sì, biologicamente è un erede della famiglia Black. Possiamo metterla in contatto con un magiavvocati se lo desidera, per sbrigare le scartoffie burocratiche. È libero di andare. Ovviamente non è il caso che lei sparga la voce su ciò di cui è avvenuto a conoscenza, non crede?”
Lucas annuì piano, per poi alzarsi dubbioso se potesse andare via o no. “Verrà scortato fino a casa, in caso avessimo bisogno di lei sappiamo dove trovarla.”

Dopo che Lucas fu andato via, Harry e Hermione non persero tempo a raggiungere i ragazzi nella sala dell’interrogatorio.
“Alquanto simpatico questo Marius devo dire!”
“Beh era comunque un Black, pare avessero un caratteraccio!”
“Ragazzi, allora. Fate un resoconto completo a me e Hermione!”

Molly e Louise che volevano smaltire la tensione furono costretti a tornare seri e a sviscerare le ultime novità. “Sono rientrato ora da Hogwarts, il nome della bambina compare nel libro, non mi spiego per quale motivo nessuno se ne sia accorto del fatto che sia scomparsa. Ho convocato Minerva, potrebbe sapere qualcosa in più!”
“E il caso che l’interrogatorio lo facciate a scuola – intervenne Hermione – il libro è un oggetto magico potentissimo, potrebbe essere stato stregato, dovremmo farlo analizzare, mandare lì qualcuno dell’ufficio misteri. Per il resto?”
“Beh niente di che, Lucas è in regola, ho controllato tutta la sua vita. L’unica novità e che sia un Black. Hanno fatto un bel lavoro i cuginetti!” Sogghignò sorniona Molly, esaltata all’idea che si fossero cimentati in un’idea così folle, ottenendo un ottimo risultato.

“Se Lucas è apposto, Marius non mi convince e nemmeno l’incendio in cui è morta la sua famiglia. Forse è il caso che Teddy resti e indaghi sulla famiglia Black. Ve la sentite di andare da soli in missione?” Harry sapeva già la risposta. Quelli erano i suoi ragazzi, li aveva addestrati personalmente fino a qualche mese prima. Non si sarebbero tirati indietro. Se fossero finalmente sulla strada giusta era un mistero. Avrebbero semplicemente dovuto percorrerla tutta.

***

Lily si era beccata una punizione esemplare e con lei anche Albus, alla quale proprio non andava giù di essere messo in punizione da maggiorenne. Lily si era giocata il suo primo Capodanno fuori casa, evento che aspettava da anni, le visite di Petunia e di Alice e Dulcis in Fabula non era riuscita a vedere Lucas fino al giorno prima della partenza per Hoqwarts. In realtà non si erano detti molto. Lui l’aveva ringraziata per avergli svelato la verità sulla sua famiglia e augurato buon viaggio. Lei gli aveva promesso di scrivergli e che sicuramente si sarebbero rivisti durante le vacanze estive. Poi il sette di gennaio era arrivato e lei si era appresta a tornare a scuola.
Se la notizia del giovane Black era rimasta sopita per tutto il periodo vacanziero, era solo perché quella perfida scrittrice dalla lingua lunga aveva aspettato il momento migliore per far uscire la notizia. Che Merlino soltanto sapeva come gli fosse arrivata. Quel sette di gennaio, Lily sperava di passarlo in tranquillità, invece, non fu per nulla così. Tutti gli occhi, come sempre del resto, erano puntati su di lei e sulla sua famiglia.

Lily, che non sapeva ancora nulla dell’articolo, si era rifugiata di tutta fretta nello scompartimento del fratello, quando si era sentita aggredire da un branco di Corvonero sapientoni su argomenti che non avevano né capo né coda.
“Che cosa sta succedendo?” gridò ancora prima di entrare e sedendosi tra Albus e Malfoy.

Suo fratello, che era stato informato una mezzoretta prima della notizia, le passo il settimanale delle streghe aperto a pagina due. Una foto di Lucas occupava metà pagina. L’articolo continuava per almeno tre e i loro nomi erano ripetuti più e più volte. Lily era scioccata.
“Gli ha fatto anche un’intervista. A pagina quattro!” le disse Malfoy, girandole la pagina del giornale. “Come ha fatto? Si è lasciato intervistare? Ma è matto?”

“Semplicemente si crede la nuova star del momento. Leggiti l’articolo con calma, ci sono dei punti alquanto esilaranti!” Concluse Malfoy appoggiando la testa al finestrino, con la chiara intenzione di non guardarla per il resto del viaggio.

Buongiorno miei adorati lettori. Prima di immergervi nella lettura prestate la vostra attenzione al bellissimo ragazzo in foto. Già, già gia l’avete visto bene? Alle più veterane di voi, non ricorda lontanamente qualcuno? Quella bellezza da uomo dannato? Gli incredibili occhi grigi contornati dai boccolosi capelli corvini, marchi distintivi di una delle famiglie purosangue più antiche della Gran Bretagna … mie care avete capito bene e per chi non l’avesse fatto, non c’è problema ci sono qui io a svelare il grande mistero che apre l’anno 2023.
Che sia la più grande scoperta di tutti i tempi? Possibile! Eh indovinate chi dobbiamo ringraziare? Proprio loro, i giovani rampolli Potter. Giovani maghi ambiziosi che invece di prestare attenzione alle lezioni scolastiche, si dedicano ad attività fuori didattica per mostrare quanto essere un Potter sia al di là dei comuni maghi (Preside Severa non crede anche lei che vadano presi dei provvedimenti?).
I nostri giovani Potter, cari adorabili ragazzi sempre al centro dell’attenzione, hanno fatto una scoperta straordinaria. Solo per mostrare a tutti quanto valgono? Molto probabilmente sì, ma questo non toglie che abbiano dato al mondo magico un decisivo segno di progresso. I giovani Potter hanno riportato alla luce un antichissimo casato, più precisamente quello della famiglia Black.
Il giovane ragazzo che potete ammirare in foto è Lucas Black, un giovane ragazzo Babbano a cui i Potter hanno analizzato il DNA(per saperne di più il nostro babbanologo ha scritto per noi un articolo, che potrete trovare a pagina10), per alleggerire la noia estiva da ricchi viziati quali sono, ed hanno scoperto che sì, miei adorati lettori, per quanto il ragazzo sia un babbano è un discendente dell’antichissima e purissima famiglia Black!
Shoccate? È possibile? È tutto un teatrino messo in scena dalla famiglia Potter per guadagnare consensi, dopo l’elezione a Ministro di Harry Potter?
Beh mi sono voluta informare personalmente e sono orgogliosa di potervi riportare un’intervista del giovane Black, giovane affascinante, vorrei precisare a tutte voi.

Lily girò pagina, stanca di leggere le parole poco veritiere su di lei e la sua famiglia, portando la sua attenzione sull’intervista.

S: Come hai preso la notizia? Devi essere sconvolto? Fino a qualche giorno fa non sapevi nemmeno dell’esistenza della magia.
L: Paralizzato? Si credo sia il termine giusto, cioè Rose ha creato degli uccellini dal nulla e poi ci ha attaccato suo padre, non avevo mai visto fare nulla del genere…
S: Interessante. E dimmi come hai conosciuto i Potter?
L: Ho investito Lily con la macchina in realtà, ma nulla di grave, lei sta benone.
S: Cosa pensi di questo interesse da parte della famiglia Potter?
L: Non saprei come risponderle. Lily ha grandi idee per la testa. Secondo lei se procreassi con una strega le possibilità che nasca un Black “pieno zeppo di magia” sono molto alte, Lily ha una grande fantasia. Certo, io studio medicina, le possibilità sono alte, ma io sono una babbano, quale strega mi prenderebbe?
S: Quindi non ha interesse per il nostro mondo? E per la giovane Potter? Da come ne parla sembra che lei ne abbia per te…
L: Una cosa per volta, scusami …certo che ho interesse per il vostro mondo e per quanto riguarda Lily credo di essere solo un amico, Lily mi ha dato non so quanti appuntamenti negli ultimi mesi, si è presentata solo ad uno… non credo di essere il tuo tipo
(l’intervista continua a pag sei).
Come potete ben vedere un giovane ragazzo di antico lignaggio e sulla piazza, quale strega se lo prenderebbe? A quanto pare non la nostra cara Lily Potter che come ben ricordiamo dalla scorsa estate ha una relazione con il rampollo della famiglia Malfoy (continua a pag 8).
Scrivetemi numerose e se volete saperne di più sul nostro giovane ragazzo, dovrete solo aspettare la settimana prossima. S.

Il tutto era coronato da un paio di foto della famiglia Potter e da quella stramaledetta foto scattata in Russia mesi e mesi prima. Grandioso.
“Non ha senso quest’articolo! Ci ha insultato dalla prima all’ultima riga! E poi perché insiste con questa storia di me e Malfoy?”. Sbottò Lily, lanciando il giornale per aria. Aveva perso tutto il suo entusiasmo e senza aspettarsi una risposta, da nessuno di quella combriccola Serpeverde, bacchetta alla mano s’incamminò per il corridoio del treno. Al primo che avesse osato guardarla, gli avrebbe amputato la lingua. Parola di Potter.

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Capitolo 15
*** CAPITOLO DIECI ***


CAPITOLO DIECI
 
Quell’inverno per Lily fu uno dei più lunghi della sua vita, per come la vedeva lei. Nemmeno la neve, che quell’anno era scesa copiosa sulle colline scozzesi, era riuscita a tirarla su di molare. Lily non riusciva proprio a spiegarsi, a dire il vero, come tutti i guai capitassero sempre a lei.

Per mesi era stata sulle prime pagine della gazzetta delle streghe, a giorni alterni e mai con parole di riguardo nei suoi confronti. Quella arpia della giornalista non faceva altro che calunniarla e, questo non era un gran bene, giacché Lily si infervorava spesso e quasi mai riusciva a controllare i suoi sbalzi di umore. Era finita in punizione per sei fine settimana consecutivi, aveva perso le uscite al villaggio ed era stata esonerata dalla partita contro i Corvonero che si sarebbe svolta quel finesettimana. Fantastico!

“Devi rilassarti. Danckan ti riammetterà in squadra dopo la partita, non è la fine del mondo!”. Alice le aveva ripetuto quella frase per giorni ma a Lily star fuori dalla squadra sembrava un cataclisma. Non avrebbero mai vinto. Mai, senza di lei.

“Perderemo miseramente, finiremo ultimi in classifica e Serpeverde vincerà! È l’inferno …” Alice non avrebbe mai capito. A lei non piaceva nemmeno il quiddicht.
Alice invece capiva e come. Capiva perché Lily si accanisse così tanto sul quello sport maledetto e non parlasse di nient’altro. Lily, la sua migliore amica, non voleva parlare di Lucas e soprattutto non voleva che si parlasse di Malfoy.
Ed Alice, da brava amica qual era non poteva non correre ai rimedi.

 
***

Scorpius Malfoy per la terza sera di fila dava buca ad un appuntamento. Cose mai viste!
Se ne stava seduto sulla poltrona vicino al camino in una sala comune quasi del tutto vuota. La sua migliore amica Rose cercava, invano, di dare ripetizioni ad un bambinetto del terzo anno. Un caso perso che continuava a far perdere punti alla casa.

Sophia sdraiata sul tappetto, passava il suo tempo leggendo Trasfigurazione Oggi, una rivista mensile a cui era abbonata da anni. Di Tarquin non c’era traccia da ore, suo cugino da qualche tempo, precisamente il compleanno di Petunia, aveva uno strano atteggiamento. Voci di corridoio lamentavano quanto la sua disponibilità al sollazzamento fosse notevolmente calata e, Scorpius doveva ammettere che fosse strano il fatto che suo cugino avesse abbandonato la sua prima e costante priorità. Per fare cosa poi?

Ma Scorpius aveva ben altri problemi. Uno tra questi, anzi, uno degli effetti collaterali, se ne stava stravaccato sul divano, con quella orribile rivista in mano, a rovinargli la vita. Secondo il suo punto di vista ovviamente. 

“L’autrice dell’articolo insiste ancora sul fatto che tu e Lily abbiate una relazione, senti qua: L’amore proibito tra la giovane Potter e il rampollo Malfoy prosegue a gonfie vele, miei adorati lettori! Noi speriamo vivamente di sì dato gli ultimi sviluppi… occhi indiscreti affermano che la loro relazione è finalmente alla luce del sole, che i paparini abbiano acconsentito a questa focosa unione? La coppia dell’anno preferiva una relazione clandestina? Non meno di due settimane la nostra bellissima coppia è stata fotografata per le vie di Hogsmeade nel corso di una feroce conversazione per poi essere ripresa in una pista da ballo clandestina nella sala comune di Serpeverde (preside Severa, come sempre, le ricordo che dovrebbe porre più attenzione ai suoi studenti, le sembra corretto favoreggiare la progenie Potter in ogni loro marachella?). Le foto in questione, mie adorate lettrici, le potete trovare a pagina sei. Per il gazzettino d’amore oggi è tutto, continuate a scrivermi, darò risposta ad ogni vostra domanda! S.” Albus aveva scimmiottato l’intero discorso, per poi fermarsi, voltare pagina ed osservare le ennesime foto compromettenti.

Due settimane prima, Scorpius, si era ritrovato a passeggiare in compagnia di Lily. Per pura fatalità del caso. Il suo migliore amico era scomparso, con chi sa chi, subito dopo pranzo e lui, dopo aver finito i suoi acquisiti si era imbattuto in Lily, che come lui si apprestava a rientrare al castello. Da sola. 
E sì avevano discusso, ma non dicerto per delle questioni amorose che, ricordava Scorpius, tra lui e Lily non erano neanche mai iniziate.
 
“Dovresti smetterla di essere così fissata su quella storia. Possibile mai, che tu, non abbia trovato un altro hobby!” l’aveva interrotta mentre per l’ennesima volta aveva iniziato una tiritera su Lucas Black. Lui quel ragazzo non lo poteva proprio sopportare. Nel giro di tre mesi aveva avuto la capacità di sommergersi di guai. Ora non si avevano più sue notizie, il mondo magico non parlava più di lui e Scorpius era seriamente convinto che anche Lily avrebbe avuto il buon senso di cacciarselo dalla testa. Invece no!
La discussione si era conclusa con lei che lo mandava al diavolo e lui che le girava le spalle per dirigersi in sala comune. Niente di eclatante, l’ennesima litigata con la Potter. Ovvio che tutto il mondo ci ricamasse sopra. Fantastico!
 
“Tu e Lily avete ballato assieme alla feste di Tunia?” Albus non l’avrebbe mai lasciato stare. Non avrebbe mai smesso di credere che a lui piacesse Lily e Scorpius ne aveva le pluffe piene. Si alzò di scattò e con rabbia gettò quel giornalaccio da quattro soldi nel camino. Cenere doveva diventare. Cenere.
“Non ci ho ballato assieme Albus, tua sorella era su di giri quella sera. Quello nella foto sono io che la porto nel tuo letto e le evito una colossale figura di merda con mezza scuola! Non ho nessuna intenzione di ballare con tua sorella - bugiardo – sono stato chiaro!”. Non gli lasciò neanche il tempo di rispondere, era già fuori dalla sala comune. Era già via da lì.
 
“Che cosa ho detto?” Albus Potter, seduto sul divano, osservava prima Sophia e poi Rose in attesa di una risposta che avesse il minimo senso. Rose, congedò il ragazzino del terzo anno e si sedette vicino al cugino. “A lui piace Lily, non stressarlo. Sappiamo quanto sia lento nell’ammettere i suoi sentimenti…”.
Che al suo migliore amico piacesse sua sorella lo sapevano anche i muri ad Hogwarts, tranne Lily probabilmente. Ma lui non riusciva a spiegarsi perché dovesse tenere quell’atteggiamento scontroso con tutti i suoi amici. “Al…” Sophia si era alzata, si era rassettata la gonna e si stava incamminando verso i dormitori femminili. “Scorp ha paura di rovinare la vostra amicizia. Dimostragli il contrario e tutto si sistemerà! Buonanotte.”
“Scendo anche io, aspettami!” Rose gli diete un bacio sulla guancia e lo lasciò lì, a raccogliere i suoi pensieri. Non avrebbe mai litigato con Scorpius. Certo se avesse fatto soffrire Lily tutta la situazione sarebbe potuta cambiare. Come si sarebbe dovuto comportare in quel caso? Sua sorella o il suo migliore amico.
 
 ***

Lily, si era resa conto, aveva perso una miriade di tempo per stare dietro a tutta quella storia. Se Lucas non voleva o non poteva più rispondere alle sue lettere, avrebbe dovuto farsene una ragione. Dimenticarlo e dedicarsi ad una nuova avvenuta. In poche parole, Lily, doveva dare ragione a Malfoy. Lei odiava dare ragione a Malfoy.

Quella sera di inizio aprile, mentre si apprestava a raggiungere la torre di astronomia per la classica – pallosa lezione notturna, dovette ricredersi nuovamente. Di Malfoy.
“Potter fuori dal letto, di nuovo, sta per scoccare il coprifuoco. Dieci punti in men…” Malfoy, dietro di lei, non riuscì a terminare la frase. La afferrò per un braccio e con pochissima grazia, dovette ammettere sistemandosi il mantello, la spinse nella nicchia più vicina. Entrandoci subito dopo anche lui.

Delle urla e degli incantesimi, provenienti dall’androne principale che conduceva direttamente alla torre di astronomia, di due persone a detta di Lily molto arrabbiate, avevano spinto quella serpe di Malfoy a trovare riparo e, a portare lei con lui.  
 
Lily ci mise un po’ a capire tutta la situazione. Primo, Malfoy le aveva appena tolto dei punti a caso e, per questo motivo, doveva vendicarsi. Alzo il ginocchio destro con grazia, con la certezza di beccarlo nelle parti intime e, gli sorrise sorniona. “Dannata Potter! Questo è il ringraziamento?”.
“Malfoy, hai tolto dieci punti alla mia casa! Io ho lezione di astronomia, non sono in giro a questa ora perché non ho nulla di meglio da fare!” gli sputò addosso, a qualche centimetro dalla sua faccia. Odiava quegli occhi grigi. Non poteva sopportarli. Odiava stare in quella nicchia con lui mentre nel corridoio a fianco sembrava essere scoppiata la terza guerra magica.
“Dobbiamo controllare che succede, Malfoy” disse prima di allontanarsi da lui. Si avvicinò alla parete e con passo felpato si avvicinò al corridoio. Malfoy era poco dietro di lei, teneva il suo braccio con presa ferrea. Le faceva quasi male.
Gli incantesimi cessarono di colpo. Lily e Scorpius si fermarono. Silenzio.
 
“Dobbiamo smettere di vederci! Sono un tuo insegnante, è la scelta migliore” Quella voce, Lily, la conosceva bene. Da ben cinque anni. “La situazione si è fatta complicata. Il ministero sta indagando su di me e sulla mia famiglia, se sapessero della nostra relazione, sarebbe la fine per me! Tuo padre potrebbe uccidermi!”. Con quale studentessa aveva una relazione il professore AppleWhite?
Lily guardò Malfoy. Dubbiosa. Lui le fece cenno di tacere, la studentessa si stava avvicinando al loro professore di trasfigurazione e sarebbe stato un bel guaio se li avessero scoperti ad origliarli. “Ti ripeto per l’ennesima volta che non mi importa nulla di mio padre, del ministero o di chiunque altro. E se non vuoi ascoltarmi continuerò ad affatturarti finché non sentirai ragione!”.
 
Scorpius dovette afferrare Lily e trascinarla via di lì prima che anche lei iniziasse da affatturare il professore AppleWhite. “Che non ti venga in mente!” le disse tirandola via trascinandola nell’aula più vicina.
 
“Non può trattarlo così, non è ha il diritto! Non mi ha detto nulla, sono sua cugina! Perché non si è confidato con me …” Malfoy ascoltò Lily lamentarsi per una buona mezzora. Quella ragazzina, quando iniziava, non la smetteva più di inveire contro chiunque. In quel momento sembrava arrabbiata con tutto il mondo: il professore, suo cugino, il ministero, suo zio, suo padre e sé stessa.
Agitava le braccia come era solita fare nei momenti in cui perdeva la concentrazione o quando si imbarazzava. Portava indietro i capelli che quella sera aveva lasciato sciolti e le ricadevano sulle spalle, contornandole il viso lentigginoso che in quei mesi si era affilato rendendola ancora più bella. Mordeva le unghie, tipico atteggiamento di quando si innervosiva e non riusciva a trovare una soluzione.
Scorpius non riusciva a non guardarla.
“E io sto qui a fare cosa? Non sono stata nemmeno capace di accorgermi di Hugo. Hugo ha una relazione!”.
Hugo aveva una relazione. Una relazione clandestina. Lily si convince, in quel preciso momento, che era la notizia peggiore che potesse ricevere.
“Lily” Scorpius le afferrò le spalle con forza. Se fosse stato il momento adatto l’avrebbe baciata. Lì, in quella stanza, al buio e piena di polvere e addio al romanticismo che agognava da mesi.  Non ci riuscì. Era un codardo e Lily non sarebbe mai stata sua. Lei lo detestava, non era altro che il migliore amico del fratello e non sarebbe mai cambiato nulla.
“Io…”
“Non è successo nulla. Non ci sono validi motivi per agitarti in questo modo. Farai finta di nulla finché tuo cugino non si confiderà con te, non affatturerai il nostro professore di trasfigurazione e, ora, andrai dritta alla lezione di astronomia. Non è successo nulla di irreparabile.” Scorpius non si era mai preso la briga di consolare nessuno. Non l’aveva mai fatto con le sue fidanzate e molto probabilmente, se ne rese conto subito, le parole che aveva rivolto a Lily erano le più sbagliate che potesse trovare.
“Mi accompagni?” Scorpius non si chiese cosa avesse spinto Lily a fargli quella domanda, che senso aveva? La scortò fino alla porta e poi restò lì ad aspettarla.
 
***

Nella sala conferenza del dipartimento Auror, quella sera, erano tutti agitati. Il Ministro della Magia aveva appena fatto una sortina e tutti gli Autor di turno si erano agitati e mobilitati per rispondere alle sue domande. Harry Potter, seduto su una poltrona nel suo vecchio e amato ufficio, aspettava che l’Auror scelto dal suo successore parlasse.
Scegliere un successore per il dipartimento era stata una delle scelte più difficili che aveva fatto in quegli ultimi mesi. I tempi erano bui, i rapimenti non rallentavano e, nessuno dei suoi ragazzi era lì per informalo seriamente di come procedessero le indagini. Harry si fidava molto dei suoi uomini ma non sempre i dossier che arrivavano sulla sua scrivania erano puntigliosi come lui avrebbe desiderato. Quasi mai. Si chiese se avesse dovuto affidare l’incarico a qualcun altro e se avesse sottovalutato la situazione ma, quella sera, era dannatamente stanco. Se i suoi Auror gli avessero dato delle risposte attendibili sarebbe finalmente tornato a casa. Erano sei giorni che non metteva piede in casa sua. Ginny, adorabile, gli portava il pranzo tutti i giorni. Mangiavano insieme, parlavano dei figli, del prato che non era stato annaffiato e del tavolo della cucina che dovevano assolutamente cambiare. Poi Ginny andava via, di corsa. Doveva lavorare.

Harry Potter, quella sera, voleva solo tornare a casa: spogliarsi, infilarsi nel letto con sua moglie e perché no, un po’ di energie ancora le aveva, fare l’amore con lei…

“Ministro”. Dalla faccia dell’Auror capì subito che neanche quella sera avrebbe dormito a casa. Ginny chiederà il divorzio per la barba di Merlino!

“Alan, siedi…” Alan Gray, giovane Auror dell’età del suo figlioccio, si era appena accomodato sulla poltrona innanzi a lui. Con una cartellina in mano, sembrava non sapere da dove iniziare. Ecco come li ho addestrati, a tremare per un non nulla! Un lavoro eccezionale Harry!
“Ministro… non abbiamo molte nuove informazioni purtroppo! Questa mattina abbiamo interrogato il signor AppleWhite, il fratello della presunta terrorista ma …”
“Passami il dossier Alan…”. Si fidava dei suoi uomini. Purtroppo, nel tempo, era diventato un uomo scrupoloso. I dettagli erano ciò che facevano la differenza.

Quell’uomo, AppleWhite, era insegnate di sua figlia e dei suoi nipoti. In quegli anni aveva avuto spesso l’opportunità di incontralo, la maggior parte delle volte era a causa di suo figlio James e delle punizioni che si meritava a causa del suo comportamento altamente discutibile, a detta dei professori. Non era un uomo malvagio, Harry almeno non l’aveva mai sospettato. Eppure, sua sorella era accusata di terrorismo magico, le ricerche erano state vane e loro, il ministero, erano di nuovo ad un punto morto.

“L’altra sorella, Lelia, è stata convocata? Cosa dice in proposito?”
“No, Ministro! Lelia risulta deceduta”
“Questo è il dossier sulla famiglia AppleWhite, dov’è il certificato di morte di Lelia Applewhite? Alan!?”
“Ecco, faccio fare subito dei controlli… mi scusi Ministro, noi, sa … c’è molto lavoro, abbiamo una squadra in meno …”

Harry non gli diete il tempo di continuare a blaterare scuse, lo fulminò con lo sguardo e, prima ancora che Alan si mettesse a lavorare lui era già arrivato agli ascensori. Non poteva fidarsi.  Il lavoro senza di lui, nel dipartimento, era approssimativo. Oltraggioso. Avrebbe dovuto convocare il capo Auror e metterlo alle strette. Rimproverarlo e sanzionarlo per il cattivo lavoro. Harry si maledì, essere il Ministro della Magia, era il lavoro peggiore che li potesse capitare.

 
***

Non riusciva a credere a tutta quella situazione. Si versò l’ennesimo bicchiere di whisky incendiario e sconsolato si sedette alla scrivania. Quella mattina l’avevano torchiato come fosse il peggiore dei Mangiamorte. Sua sorella, quella stupida, era accusata di terrorismo magico. Lui era l’ultima persona che l’aveva vista, con cui aveva parlato, prima di scomparire nel nulla.

Per un solo attimo, quella mattina, aveva creduto alla storia degli Auror. Ma lui sapeva, non poteva essere la verità. Sua sorella non aveva mai dato segni di squilibrio, si era ripresa bene, era cresciuta sana e forte, si era diplomata con ottimi voti e aveva un buon lavoro. Allora perché? Non riusciva a darsi una risposta.
Non aveva la minima idea di dove fosse sua sorella e di come potesse aiutarla. Osservò il foglio sulla scrivania, afferrò penna e calamaio e, si convinse a dare le dimissioni. Scrisse una lettera di saluto ad Hugo, raccomandandogli di comportarsi bene e di studiare per i GUFO. Lui andava via.
Doveva trovare Leta. Non avrebbe sopportato la perdita di sua sorella. Non per la seconda volta.

 
***

Quando Lily finì di scendere le scale della torre di astronomia, non si immaginava di certo di rincontrare Malfoy quella sera. Alice e Hugo le diedero la buona notte raccomandandole di non temporeggiare troppo, per poi scomparire nel buio del corridoio. Tutti i suoi compagni, dannati, li osservarono allungo prima di decidersi a tornare nei propri dormitori. Lily ne era certa: le voci sulla loro focosa relazione, l’indomani, sarebbero divampate per tutta la scuola. Qualche oca giuliva avrebbe scritto a quell’arpia della giornalista e lei, o peggio ancora una sua foto, per l’ennesima volta, quell’anno, si sarebbe ritrovata sulla prima pagina della gazzetta delle streghe. Domani sarà una giornata fantastica!

“Domani sentiremo parlare di noi!”

“Se fossi stato più intelligente, e ne dubito a questo punto, saresti andato nel tuo dormitorio due ore fa! Per la lurida sottana di Merlino, cosa fai qui?” Lily, che quella sera aveva già un bel po’ di pensieri, non aveva di certo la forza per accozzarsi con Malfoy. “Eri un po’ sotto shock, due ore fa, Potter. Per il bene della mia amicizia con Albus dovevo esser certo che non ti fossi lanciata dalla torre!”

Ridicolo Serpeverde che non era altro. Per il bene dell’amicizia … fandonie! Lui era lì per crearle disturbo. Prenderla in giro per la scenata a cui aveva assistito e riderne fino a farsi scoppiare gli occhi. Che gli scoppiasse la testa! Per Godric!
“Sto benissimo e me ne vado a dormire. Grazie per l’interessamento, Malfoy!”
“Stavo pensando …”
“Oh sentiamo, hai qualche idea brillante come questa?” Scorpius la guardò indicare prima l’androne e poi lui. Aspettarla lì, era stata una pessima idea.
“Stavo pensando…” ricominciò, dopo averla raggiunta alla fine del corridoio, sicuro che l’avrebbe convinta ad ascoltarlo. Lei era Lily Potter e lui, da anni, sapeva bene quali tasti toccare per attirare la sua attenzione. “… perché il nostro professore di trasfigurazione è stato interrogato dagli Auror?”. Si era fermata. Scorpius ci avrebbe scommesso l’anello di famiglia e avrebbe vinto.
“Forse… so come scoprirlo Malfoy!”.

Lily Potter, quella sera, dovette ricredersi su Malfoy.
Per prima cosa Malfoy aveva tentato di calmarla anche se il consiglio che le aveva dato era pessimo e non gli avrebbe mai dato retta; per seconda, le aveva trovato un hobby per il finesettimana successivo e, avrebbe dovuto ringraziarlo; terza, quella sera Malfoy, era stato molto più carino del solito con lei e, tutto sommato era un peccato che lui non l’avesse baciata, in quell’aula, due ore prima.



 

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Capitolo 16
*** CAPITOLO UNDICI ***


 
 

CAPITOLO UNDICI

 
Il vento, su quella torre, le ghiacciava le caviglie. La temperatura era scesa di almeno dieci gradi e quella notte, molto probabilmente, avrebbe assistito ad una tempesta. Non le piaceva la pioggia, la irritava con quel suo rumore assordante. Quando non lavorava la quiete era la sua migliore amica. Il silenzio, che celavano le sue stanze, era confortante in confronto a tutto ciò che accadeva nella torre.
Il gufo che stava aspettando si poggiò sul suo braccio. Prese la missiva e per nulla intenzionata a prendere ulteriore freddo rientrò nella torre.
La torre era l’unico luogo in cui avesse mai vissuto. Lì, lontano da chiunque potesse vederli, vivevano solo lei e quel matto alchimista. Non era vero, da mesi a quella parte, avevano un’ospite molto rumorosa ma, lei, sapeva bene come calmarla.
Molto spesso arrivava un carro pieno di bambini. Non le era concesso avvicinarli. Avrebbe tanto voluto. Quando gridavano e piangevano, avrebbe tanto voluto scendere nelle segrete e zittirli tutti. Odiava i rumori assordanti. Silenzio.
Spezzò la ceralacca.
“Mia Signora, Le scriviamo per comunicarle che nella giornata di domani Lei, l’alchimista e la prigioniera, sarete trasferiti in un’altra residenza della Congregazione. Possiate passare una buona serata Lord Edwin”
Per la prima volta, nella sua vita, avrebbe messo piede fuori dalla torre. Era quello che voleva?

 
***

Louis Weasley, da circa quattro mesi, collaborava con gli Auror delle forze speciali, centro sicurezza nazionale, italiani. Il dipartimento “SNMI”, come aveva potuto costatare una volta arrivato a Roma, era un polo distaccato con sede a Bologna. Gli italiani distaccavano tutto, da come aveva capito Louis. Per la prima settimana era stato sballottolato qua e là, prima che capissero a quale dipartimento assegnare la missione richiesta dal Primo Ministro Inglese. Quando, finalmente, avevano preso una decisione la sede centrale gli aveva riferito di recarsi nella città di Bologna, iniziare a lavorare e sbrigare subito la faccenda, non avevano tempo e denaro da perdere loro.

Dopo due mesi, aveva trovato la sua routine. Aveva fatto amicizia con i colleghi. E aveva fatto amicizia con lei. Ricordava ancora il suo primo giorno al SNMI. Il capo lo aveva affidato a lei, che tutta scocciata della situazione se l’era portato in giro per il dipartimento. Era stata una guida pessima ma, non gliene faceva una colpa, Louis in quei mesi aveva imparato a conoscerla e aveva capito che il suo arrogante atteggiamento era dovuto al poco rispetto che gli Auror donna ricevano. E non poteva fargliene una colpa. I loro colleghi a malapena ascoltavano cosa avesse da dire e lei, nel bene o nel male, cercava in tutti modi di fare bene il suo lavoro.

“Non posso mollare! Darla vinta a loro. Sarebbe come darla vinta alla mia famiglia. Odiano la mia scelta, a parer loro avrei dovuto portare avanti l’azienda di famiglia e non andare in giro ad arrestare i cattivi!”. Gli aveva confessato, la prima sera che erano usciti insieme, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo.

Ora stava lì a guardarla, baciata dal sole, mentre sorseggiava un bicchiere di vino. Era “il giorno di riposo” prima della grande missione. L’indomani avrebbero fatto incursione all’interno di quel grande maniero, protetto da innumerevoli incantesimi, dove molto probabilmente avrebbero trovato risposte a molte domande.

I rapimenti in Italia erano stati considerevolmente inferiori che nel suo paese. E c’era un’unica ragione: i giovani machi e streghe che al compimento degli undici anni avrebbero frequentato Beauxbaton, da piccoli frequentavano “L’asilo della prima infanzia magica”. I genitori li accompagnavano e poi tornavano a prenderli, tutti i giorni. Grazie all’asilo i bambini erano costantemente al sicuro. Louis aveva fatto presente, a suo zio, che crearne uno in Inghilterra non sarebbe stata una pessima idea. Anzi…

“Una Lira per il tuo pensiero!” Marianna lo guardò ammiccante prima di girarsi e ordinare il secondo giro di bevute. “Pensavo, quando avremo finito con la missione, di portati in Inghilterra!”.
“Vuoi già presentarmi la famiglia? E poi… potremmo non uscirne vivi da questa missione!”
“Non pensarci nemmeno Maria. Tra due giorni a quest’ora prenderai una passaporta con me”. Prima che potesse rispondergli qualsiasi cosa la baciò. Forse il giorno dopo sarebbero morti, forse no. Non voleva perdere nemmeno un minuto.
 
***

“Non dovremmo essere qui!”

“È stata una tua idea!”

“Non per questo. È andato via giorni fa! Avrà portato tutto con sé, non ci sarà più nulla nelle sue stanze!”

“Tentare non nuoce. Non ci sarà, sul serio, più nulla di suo quando arriverà il nuovo insegnante di trasfigurazione.”.
L’idea era stata sua. Voleva passare del tempo con Lily e quale modo migliore se non cacciarsi nei guai e finire in punizione? E dire che era un Serpeverde. Rivoltatevi, miei avi, nella tomba!

Il professore AppleWhite aveva abbandonato il castello di tutta fretta. Senza dare il tempo alla preside Severa di trovare un sostituto. Da giorni erano senza insegnante di trasfigurazione. In quelle ore buca Scorpius, che Salazar lo abbia in Gloria pensava lui, aveva progettato l’incursione nelle stanze private del professore e si era sorbito un Hugo depresso che, a detta di Lily era utile alla missione. “È stato in quelle stanze innumerevoli volte e poi, si gentile Scorpius, è stato appena mollato!” gli aveva detto la prima volta che aveva provato a lamentarsi. Non ci aveva neanche più provato.

“Entriamo!”
Scorpius segui i due cugini dalla chioma fulva. Come era capitato lì?
“Non è rimasto nulla. Ha portato via tutto”. Come volevasi dimostrare. Quale mago avrebbe mai lasciato la sua roba incustodita? Con l’aggravante di essere appena stato interrogato dal ministero? Nessuno.
“Hugo?” Cosa avrebbe mai potuto fare Hugo? Trovare un nascondiglio segreto? Un doppio cassetto? Anche no!
Scorpius se ne era veramente pentito. Avrebbe rischiato una punizione per restare da solo con Lily. Volentieri. Ma quella era diventata una uscita a tre. E il terzo incomodo non era gradito.

“Non c’è nulla Lily, mi dispiace!”
“E tu non sai il motivo dell’interrogatorio?” Lily aveva provato centinaia di volte a fargli quella domanda. Senza successo. Hugo non sapeva nulla. “Ti ho già detto che riguarda sua sorella, la terrorista …”
“Hugo, nell’androne lui ha detto che investigavano su tutta la famiglia…”
“Sorella, famiglia, quale importanza vuoi che abbia? Torno in dormitorio. Voglio restare solo!”

Hugo li lascio lì, in quella stanza deserta che pochi giorni prima era stata il suo nido d’amore.
“Ci credi che in questa stanza, tuo cugino, si scopava Applewhite?”
“Ci credi che non abbiamo scoperto nulla e tutti i miei cugini sono in missione? Non posso chiedere a nessuno”
“Ci credete, Signor Malfoy e Signorina Potter, di esservi finiti in punizione?” Neville Longbatton li aveva scoperti. Erano fuori dai dormitori dopo il coprifuoco, nelle stanze di un docente, insieme. “Seguitemi nel mio ufficio!”.

 
***
 
“Al Chi.mo Ministro della Magia Harry James Potter
Il dipartimento SNMI la informa del prolungamento della missione dell’Auror Louis Weasley.
Le chiediamo, in merito, di provvedere al consenso, di missione in terra straniera,
del suo funzionario ministeriale.

In aggiunta, il dipartimento, richiede l’invio di un secondo Auror.
Cordiali saluti
Sottosegretario del dipartimento SNMI Ludovico Bonasorte” 
 
“Si tengono Louis e vogliono un altro Auror? Sono seri questi Italiani?” Harry era a casa sua. Sul suo divano. Le gambe di sua moglie poggiate sulle proprie, la televisione accesa al minimo e una tazza di tè fumante sul tavolino. “Non ho Auror da mandargli, che chiedano pure …”.

“Comunque c’è da dire a Bill che suo figlio non rientra nemmeno per l’estate!”
“Con quello che è successo tre sere fa, dobbiamo ringraziare che sia vivo. Seriamente è stato un disastro. È al ministero non ho nessuno che sappia analizzare quelle prove. Non abbiamo alchimisti!”.

L’incursione al maniero era stata un disastro. Due Auror italiani erano morti e altri due avevano riportati seri danni fisici. La squadra con cui collaborava suo nipote aveva ucciso tutti i maghi presenti nel castello. Infuocati dalla morte dei colleghi avevano perso la ragione, concludendo la missione con zero arresti. Nessuno da interrogare. Imbecilli!
Harry era stato costretto a farsi mandare tutte le prove dal SNMI. Purtroppo, non aveva a disposizione nessun esperto da mandare in Italia ad analizzarle e questo era un gran bel problema. Tutte le carte e i documenti che la squadra aveva trovato nel maniero erano protetti da potenti incantesimi, Hermione ci stava perdendo il sonno. Le attrezzature mediche, trovate per pura fortuna in una torre poco distante dal maniero, erano state portate in una sala dell’ufficio misteri. Era stato selezionato un gruppo scelto di medimaghi e di indicibili ma, non aveva ricevuto risposte. Nessuno di loro aveva mai visto nulla del genere.

“Ti basterà trovarne uno. Sei bravo a trovare le cose. Amore mio!”. L’unica cosa che avevano capito, che Hermione aveva dato per certo, era l’uso dell’alchimia negli esperimenti sui bambini. Doveva trovare un’alchimista.
“Ora vieni qui, basta con questi cattivi pensieri” Ginny gli si avvicinò piano. Gli bacio la fronte per poi scendere sulle sue labbra.
Harry quella sera era casa sua. Con sua moglie. E tutto andava bene.

 
***

Le avevano già tolto tutto: doveva ancora scontare due delle sei settimane di punizione che le avevano affibbiato due mesi prima; nella prossima partita di quiddicht avrebbero affrontato i Serpeverde e, se in caso le avessero impedito di giocare, avrebbero dovuto farlo anche con Malfoy. Albus era un bravo portiere ma, senza Malfoy come cercatore le serpi erano spacciate.

“Non ci posso credere. Cosa pensavate di fare? Non interrompetemi. Ho mandato un gufo alle vostre famiglie, informandoli della situazione. Mi vedo costretto a mettervi in punizione. Lily, conoscendo la tua situazione, sarai assegnata alle serre, per due fine settimana consecutivi. Scorpius, sei caposcuola e vicecapitano della squadra, ti toccherà la stessa sorte di Lily. Vi spiegherò il lavoro da svolgere sabato mattina alle otto in punto. Ora dritti nella vostra sala comune, nessuna deviazione o raddoppierò le settimane!”

Lily rientrò nel suo dormitorio. Non poteva credere che Neville, quel Neville, il caro amico di suo papà, il padre della sua migliore amica, quell’uomo bonaccione, sempre sorridente, le avesse assegnato una punizione nelle serre. Le detestava e se fosse stato possibile avrebbe volentieri mollato erbologia l’anno successivo.

L’idea di Malfoy era stata un disastro totale. Non aveva scoperto nulla di nuovo e aveva prolungato la sua agonia.
“Ti sei imboscata con Malfoy, cugina?” Suo cugino Hugo, da come poteva constatare, non aveva molta voglia di andare a dormire. Se ne stava lì seduto a prendere freddo, il camino era quasi completamente spento, a rimuginare sulla sua relazione. La sala comune era ghiacciata. “Sono in punizione con Malfoy e no, non ci siamo imboscati!”
“E questa cosa ti da molto fastidio, cugina …”
“Sai Hugo dovremmo parlare di te. Come ti senti? C’è qualcosa che non mi hai detto?”
“Lily! Come mi sento è palese a chiunque. Perfino la Signora Grassa mi ha chiesto che problema avessi… e, ti ho detto tutto. Tutto quello che so, Lily!”

Lily si rese conto di aver insistito troppo. Si sedette vicino al cugino e lo abbracciò. “Scusami. Non ho avuto tatto. Devi stare uno schifo … scusa Hugo”.
“Va bene. Mi riprenderò. Credo. Ora vado a dormire.” Suo cugino non aveva nessuna voglia di parlare. Era sempre stato così, sin da piccoli, lui non esternava i suoi sentimenti. Si chiudeva in sé stesso, metabolizzava, e agli occhi degli altri appariva come una statua di marmo. Intoccabile e fiero. Era successa la stessa, identica, cosa anni prima: durante il divorzio dei suoi genitori. Rose aveva reagito malissimo, lui sembrava ne fosse uscito indenne.

Lily osservò Hugo prendere le scale, amareggiata per tutta la situazione che si era venuta a creare. Poi cambiò idea, prima di scomparire sulla rampa le urlò “Buona fortuna con Malfoy!” e lei, anche quella sera, diede di matto. Per la fortuna di Alice Longbatton.

 
***

Louis Weasley aveva appena varcato la soglia della proprietà della famiglia di Marianna. Qualche ora prima si era recato all’ospedale magico italiano, aveva prelevato Maria subito dopo aver firmato le carte della dimissione e poi si era prestato ad accompagnarla a casa.

Decine di Ippogrifi volano liberi per la sconfinata prateria. Bellissimi. La famiglia di Marianna, da generazioni, allevava Ippogrifi da volo. Da quello che aveva capito e dalle informazioni che aveva letto sul “Mattino del Mago”, Fauno, uno degli Ippogrifi di loro proprietà, non perdeva un volo da mesi. Louis non era mai stato ad una gara di Ippogrifi, in Inghilterra non era uno sport di moda ma, i racconti di Marianna gli avevano suscitato un certo interesse.

“Hai mai cavalcato un Ippogrifo Lou?”

“No, dici che tuo padre mi lascerà farlo?”

Marianna rise, poi con slanciò apri la porta di casa. “Siamo arrivati, mamma papà!”
“Cara sei già qui, entrate non state sulla porta per l’amor di Dio!” La mamma di Marianna era una donna aggraziata. Le assomigliava terribilmente: avevano gli stessi capelli mori e ondulati e gli occhi chiari. E un sorriso incantevole. “Mamma, papà, vi presento Louis. Parlate lentamente, non conosce molto bene l’italiano. Siate carini!”

“Armando DeBettini, piacere. Accomodati! A ecco che è arrivata la nostra fantina”. Il padre e la sorella Giuliana erano due gocce d’acqua. Alti, tonici e con toni chiari. I capelli color grano e la pelle bianchissima. Completamente differenti in confronto a Marianna e sua madre, dai colori tipicamente mediterranei.

“Intendevi la tua figlia preferita, vero papà? Lou, ti presento mia sorella, Giuliana!”.
Louis Weasley passò un bellissimo finesettimana. I genitori di Marianna l’avevano accolto con un gran sorriso e molta disponibilità. Dalle loro storie, Maria, non aveva portato mai nessun ragazzo a casa e ciò lo riempiva di orgoglio. “Porterò quello giusto, mamma, non mi stancare!”.

Giuliana, la sorella, aveva provato ad insegnargli a cavalcare un Ippogrifo. Con scarsissimi risultati. Così vista la sua scarsa propensione al mestiere di fantino gli aveva insegnato a pulirli e spazzolarsi; gli aveva mostrato la preparazione del mangime degli ippogrifi, una serie di mix, studiati da lei e suo padre, appropriati alle diverse caratteristiche fisiche degli animali e, molto altro per una buona cura di quei magnifici animali.

Quella domenica, per la prima volta nella sua vita, aveva assistito ad una gara. Si erano smaterializzati subito dopo colazione, non che ci fosse il problema di dover prendere i posti migliori ma, da come aveva capito era un rito della loro famiglia. Arrivare prima, controllare l’umidità dell’aria e del suolo, la velocità del vento, la presenza di nuvole o di un sole accecante. Tutto per i piccoli accorgimenti che potevano mettere in atto solo prima della gara.
“Mia sorella è molto brava. Cavalca da quando è nata.”
“Tu?”
“In realtà sì, anche io credo di aver imparato prima a volare su un ippogrifo che a camminare … ma non avrei mai potuto fare la fantina. È dieci volte più pericoloso che fare l’Auror, credi a me!”

Louis credeva poco che fosse più pericolo. Questo, ovviamente, finché non assistette alla gara. Quindici ippogrifi con i fantini in groppa si sistemarono sullo start e poi via. Fu il delirio. L’apertura alare, scopri Louis, non era usata solo per il volo ma anche per disarcionare l’avversario. Non era un semplice volo ma una guerra tra volatili, guidati dai fantini che non solo si occupavano di mantenerli nella propria corsia, pena la squalifica, bensì guidavano la lotta ferrata tra le loro bestie. “E’ da barbari!”
“La gente muore in questo giorno, Lou!”
Louis aveva visto tante cose: i draghi in Romania, le sirene nel lago di Hogwarts, e una moltitudine di strane creature portate a lezione da Hagrid o alla Tana da Luna Scamander. Quel fine settimana, però, restò affascinato dallo sport magico più seguito in Italia e, per questo motivo, si ripromise che se la sua relazione con Marianna si fosse consolidata e se fosse uscito indenne da quella missione suicida, non avrebbe perso l’occasione di farsi insegnare a cavalcare una di quelle bestie. 

 
***

L’avevano legata. Stretta. L’avevano chiusa in un baule o qualcosa di simile, ne era certa. Era rannicchiata e le mancava l’aria. Sarebbe morta lì. Lontano dalle persone che amava.

L’avevano liberata. Era in una stanza. Non una prigione come prima ma, una stanza, con un letto e delle coperte. La stanza puzzava. Era piena di polvere. Nessuno stava lì da anni. Doveva scappare. Doveva alzarsi, camminare. Cercare una porta, una finestra, in quell’oscurità. Doveva liberarsi… tornare a casa.

Uno spiraglio di luce entrò dal muro opposto dove stava rannicchiata. Doveva alzarsi e scappare. Correre. Doveva… non riusciva ad alzarsi… ma lei doveva …
“Non puoi muoverti”. La voce di quella donna. La vedeva. La luce illuminava il suo corpo esile. La sua pelle diafana. I suoi occhi. Voleva urlare… dalla sua bocca non usciva un fiato. Urla. Scappa. Corri.
“Ti stancherai soltanto così, la pozione starà in circolo nel tuo corpo ancora per qualche ora. Non puoi fare nulla per salvarti. Starai qui per sempre. Con me! Conto i minuti che mi separano dalle tue urla…”
Era andava via. Era di nuovo sola. Non poteva salvarsi. Sarebbe rimasta lì fino alla sua morte. Per sempre.

Sperava, di cuore, che la prigioniera si riprendesse presto. Si annoiava da giorni senza le sue urla. La villa della Congregazione, per i primi giorni, aveva visto un via vai di gente. Lei non aveva mai visto tante persone tutte insieme. Aveva conosciuto pochissime persone nella sua vita. Quattro, cinque… Poi la villa si era svuotata. C’era lei, l’alchimista e la prigioniera. C’era Lord Edwin.

Quella villa era forse un luogo peggiore della torre? Lì, in quel luogo, le temperature erano alte e il profumo del mare le pungeva il naso ogni mattina. Aveva visto il mare per la prima volta. Lord Edwin l’aveva accompagnata. Avevano passeggiato. Era stato gentile con lei. Era sempre gentile con lei.

“Mia Signora, l’alchimista vuole vederla!”. L’alchimista era un altro problema che bisognava risolvere. Era del tutto inutile. Bisognava liberarsi di lui. Il prima possibile. Era questa la richiesta di Lord Edwin.




Buongiorno lettori, non è mia abitudine lasciare un commento nei capitoli, oggi faccio un'eccezione per scusarmi di aver pubblicato in ritardo. 
Spero sia stata una buona lettura 
Al prossimo capitolo Lea 

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Capitolo 17
*** CAPITOLO DODICI ***


CAPITOLO DODICI


Odiava tutto ciò che la circondava! Terra, concime, fertilizzanti, gemme e piante varie. Non riusciva ancora a spiegarsi come Neville avesse avuto il cattivo gusto di affibbiarle quella punizione. Non c’era stato giorno, dal suo primo anno, che non avesse detto espressamente la sua riluttanza alla materia. In tutti quegli anni non aveva mai mancato di prendere buoni voti nella teoria, per quanto poco le interessasse, ma nelle prove pratiche non aveva mai avuto grande successo. L’unico motivo per cui non era mai stata rimanda era il buon cuore del professore ma, in quel momento Lily ci stava ripensando. Come aveva potuto darle quella punizione? Per due fine settimana di fila?
Il primo fine settimana era passato tra soavi imprecazioni a tutti i maghi che avevano calpestato il suolo di Hoqwarts e, danni alla sua salute fisica e mentale. Era quasi morta mente potava le piantine di tranello del diavolo che Neville coltivava per hobby, per quanto ne poteva sapere, dato che a lezione non ne aveva mai vista una; svenuta al grido delle mandragole che non aveva mai sopportato e, infine, ci aveva quasi rimesso un braccio con una pianta carnivora che Neville si era fatto mandare dalle Filippine. Tutto questo contornato dalla presenza di Malfoy che, ad ogni sua sventura, aveva riso della sua incapacità come se non ci fosse un domani. Il più bel fine settimana della sua vita.
Quella domenica mattina Lily ringraziava tutti e quattro i fondatori: era l’ultimo giorno di punizione nelle serre. Giuro che non mi caccerò più nei guai fino alla fine della scuola! Lo giuro!

“Potter, Malfoy buongiorno!” Neville quella mattina era vestito di tutto punto. Un completo da mago blu cobalto, che a detta di Lily era un pungo in un occhio, con tanto di cappello abbinato. Questo stava a significare solo una cosa: non aveva nessuna intenzione di restare nelle serre con loro due, a prendere caldo, sudare e sporcarsi le mani. Peggio di così non poteva andare, ci avrebbe rimesso una gamba ne era certa. “Il compito di oggi, per vostra fortuna, non sarà pericoloso come i precedenti” scimmiottò il professore di erbologia guardandola attentamente. Almeno, per come la vedeva Lily, aveva avuto il buonsenso di non darle un compito per il quale avrebbe rischiato la vita. “Mi sono arrivati dei pacchi dalla scuola di magia e stregoneria di Uagadou, è materiale prezioso, classificatelo con cura e poi riponete il tutto negli appositi ripiani, sono stato chiaro?”
“Siamo inventaristi adesso, fantastico!” Sbottò Malfoy dietro di lei. Anche quel giorno portava i capelli legati, per non sporcarli. Lily non ci aveva mai fatto caso ma, per essere un ragazzo, li portava un po’ troppo lunghi. Li legava sempre durante le lezioni di erbologia? “Bene, passerò a controllarvi più tardi!”. Neville li mollo lì, con una decina di scatole da catalogare e i nervi a fior di pelle. Solo un altro giorno e sarebbe tutto finito!

Scorpius al contrario di Lily non aveva di che lamentarsi. Certo non gradiva passare i suoi fine settimana in punizione con tutto quello che aveva fare: studiare per i M.A.G.O, allenarsi con la squadra in vista dell’ultima partita dei Serpeverde e prepararsi per il test di ammissione, però c’era una cosa che li rendeva sopportabile tutta quella fatica. Ed era lì. L’unica cosa che rendeva sopportabili quelle giornate era la presenza di Lily. Ovviamente lei non ne era al corrente…
In quelle ore, passate nelle serre, aveva conosciuto un aspetto di Lily che fino al quel momento non aveva mai avuto occasione di osservare. L’aveva vista in centinaia di situazioni, in quegli anni: le grandi litigate con i fratelli e con lui, in riva al lago a spettegolare con le cugine, in biblioteca a studiare, davanti ad un calderone e a tavola durante le feste. In tutte quelle occasioni, Lily, per quanto fosse egocentrica ed esplosiva, manteneva sempre una certa classe. Passava dall’essere una guerriera ad una ragazza acqua e sapone ma, in quelle serre era tutta un’altra storia. Lily era sboccata, livida di rabbia e poco propensa alla conversazione. Non rispondeva alle sue battute, non sguainava la bacchetta ad ogni suo insulto e, soprattutto, perdeva ogni centesimo della sua grazia. Cadeva, inciampava, si tagliava, si incastrava, rovesciava e chi più ne ha più ne metta, in ogni dove ed ogni cosa. Era un disastro. Ed era adorabile.
Non poteva non ridere ad ogni sua minima mossa. Assomigliava ad una bambina di cinque anni alle prese con un nuovo gioco, senza prima aver imparato le regole. Affascinante.
Anche in quel momento, dopo che il lavoro assegnato non sembrava celare alcun pericolo per la sua vita, non smetteva di sbruffare per quella beffa di punizione. Avrebbe mai potuto dirle quanto era bella? Anche lì? Con una tuta vecchia e i capelli inguardabili? Avrebbe mai avuto il coraggio di farlo?
“Uagadou, cosa avranno mai mandato dall’Africa? Sicuro li in mezzo c’è qualcosa che mi staccherà una gamba Malfoy!” beccò la Potter prima di sollevare uno scatolone e iniziare ad aprirlo.

“Come pensi siano le altre scuole di magia?”. Lily guardò Malfoy dubbiosa. Che razza di domanda era quella? Che poteva saperne lei?
“Sai… un mio cugino, da parte di mamma, anni fa fece lo scambio studenti con Castelobruxo, per approfondire i suoi studi di magizoologia!” A Lily, probabilmente, non fregava nulla di lui e dei suoi parenti. Scorpius, però, voleva assolutamente parlare con lei. Passare un’altra intera giornata a far finta di non fissarla non era nei suoi piani. Doveva in qualche modo trovare un punto di incontro. Mesi prima, senza volerlo, avevano passato ore a parlare di quiddicht e, qualche mese dopo a fare quella dannata pozione di nascosto. Perché ora sembrava tutto così difficile?
“Sul serio? Mi sono informata, per accedere allo scambio bisogna prendere degli ottimi G.U.F.O, ma nessuno dei miei parenti ha mai dimostrato interesse per le altre scuole. Credo sia dovuto al fatto di Nicky sa… tu perché non sei andato? Sei un genio in quasi tutte le materie?!”. Non sapeva il perché, forse etichettare roba africana la innervosiva meno che trapiantare bubbotubberi, ma quella mattina era ben disposta nei confronti di Malfoy. Solo un po’.
“Come ben sai, dato che ti sei presa la briga di ripetermelo innumerevoli volte in questi anni, sono un apatico, asociale, borioso e schizzinoso ragazzo viziato. Avrei fatto fatica ad integrarmi …!”. Scorpius nel dire quelle parole la guardò attentamente finché lei, ridendo, non gli diede dell’idiota.
“Eh io che volevo aprirti il mio cuore Potter!” iniziò mellifluo avvicinandosi. Sapeva benissimo che le sue tecniche di conquista, con lei, non avrebbero mai funzionato. Ma Scorpius non sapeva da dove altro incominciare, si maledisse mentalmente… “Da quando hai un cuore Malfoy? E cosa pensi di fare commuovermi, elencandomi tutti i tuoi difetti? No, sai perché? Ne hai dimenticato qualcuno…!” gli rispose Lily.
Beh si disse, almeno dava segni di ripresa. Non avrebbero passato le prossime ore in assoluto silenzio.

 
***

James Potter quella domenica aveva deciso di passarla in famiglia. In tranquillità. O per meglio dire, James Potter, voleva un consiglio da suo padre, così dopo innumerevoli missive con la madre, aveva finalmente trovato delle ore in cui suo padre non stava rinchiuso in ministero. Amen!
In quei mesi, dopo essersi trasferito a Londra, non aveva fatto molte visite ai genitori. I mesi che aveva passato a casa sua, nella sua stanza, dopo che Tessa era andata via, erano stati i peggiori della sua vita, fino a quel momento per quanto ne poteva sapere lui. Sua madre lo assillava di continuo e l’unica luce, in tutta quella oscurità, era stata sua cugina Nicky. Il rapporto con la cugina, però, si era complicato nel corso dei mesi: l’amicizia che avevano riscoperto e che con fatica erano riusciti a portare avanti, aveva preso, nuovamente, la strada sbagliata. James non si spiegava, ancora, come fosse successo ma, da qualche settimana a quella parte non aveva più scuse da inventarsi per non vedere la cugina.
Era un emerito idiota! Se solo avesse imparato a tenersi le braghe allacciate tutto quel casino non sarebbe mai ricapitato. Non sarebbe finito a letto con Nicky, più volte, e non avrebbe dato problemi alla sua famiglia per l’ennesima volta. Ma James aveva anche altri problemi in quel momento. Due nello specifico: gli esami di fine anno, che sarebbero iniziati all’inizio di giugno e la scelta della missione all’estero, che da anni doveva essere svolta nel corso del secondo anno di accademia. Era proprio per quest’ultimo motivo che James quella domenica era andato a far visita a suo padre, per ricevere un buon consiglio dall’Auror migliore che conoscesse.

“Sono dell’opinione che queste missioni all’estero dovrebbero cessare per un po’. Con tutto quello che sta succedendo non dovremmo mandare i ragazzi i un altro paese!”. Ginevra Potter era molto preoccupata della situazione. Mandare suo figlio in un altro stato, a suo avviso, non era sicuro. Ne accettabile. Non era mai stata una madre apprensiva e non avrebbe mai fermato la realizzazione dei sogni dei suoi figli ma, aveva idee molte diverse da quelle di suo marito. Proprio per questo, da quasi un’ora, litigavano: sul futuro di James e forse anche sul loro.
“Ginevra, per l’amor di Godric! Bloccare gli stage all’estero vorrebbe dire allarmare la cittadinanza e non è quello che vogliamo...”
“Quello che volete tu e Hermione, giusto Harry?! Fare finta di nulla! La politica adatta, ci siamo già passati … sappiamo bene come funziona!”. Sbottò di colpo, nervosa. Come era successo? Quando suo marito aveva iniziato a comportarsi da ipocrita? “Ginny, non è fare finta di nulla! Metà dei miei nipoti sono in missione, fuori da questo paese, per risolvere la situazione che si è venuta a creare. Come puoi dire una cosa del genere?!”
“Tu non manderai mio figlio in missione per te! È un bambino … non è pronto!”. Gridò con rabbia prima di lasciare il salone. Lei non avrebbe permesso nulla del genere. Non avrebbe perso nessuno dei suoi figli. Non così presto.
“Parlo io con la mamma.” Sbiascicò Harry incamminandosi verso la cucina, al seguito della moglie. Ginevra era terrorizzata? Sua moglie? La donna più forte e più cazzuta che avesse mai incontrato!?

Si fermo sull’uscio dell’arco che portava alla cucina, non poteva mollare lì suo figlio. Un figlio con paure diverse rispetto a quelle della madre ma pur sempre paure e, Harry sapeva bene, che molto spesso le scelte prese per paura erano le più sbagliate, quelle che avrebbero portato sulla strada sbagliata e, non voleva nulla del genere per James.
 “James devi fare ciò che ti senti. Nessuno ti costringe ad andare in posti pericolosi. Non io, non la mamma… fai un favore a te stesso, James, prova a non far caso a ciò che scrivono di te i giornali. È difficile e quello che dicono di noi ci condiziona la vita ma, dobbiamo fare ciò che ci dice il nostro cuore non ciò che ci dice la penna di qualcun altro! Sono mortificato ogni giorno della mia vita, se non fossi il grande Harry Potter né tu né i tuoi fratelli, subireste tutto questo, purtroppo non è così! Questo però non toglie nulla ai tuoi sogni. Che parlino pure… fottitene James …”. Harry non fece in tempo a finire il discorso che suo figlio l’abbracciò di getto, con impeto e dolore. Ricambiò la stretta, con così tanta forza, da sperare di prendere con sé le paure del figlio. Le avrebbe portate lui, Harry, sulle sue spalle, tutte. “So cosa devo fare papà … ora va a calmare la mamma, prima che decida di distruggerci casa!”.

James sapeva cosa doveva fare o almeno lo sperava. Non avrebbe mai realizzato il suo sogno di entrare in una squadra di quidditch professionista, ci aveva rinunciato anni prima quando il peso di essere all’altezza di suo padre l’aveva portato ad entrare in accademia. Aveva rinunciato anche all’idea di trovare l’amore della sua vita, non avrebbe mai avuto una donna che lo amasse come era successo a suo padre e a suo nonno prima di lui, ne era consapevole. Non avrebbe avuto molte cose nella sua vita ma, ce ne erano altre che avrebbe potuto prendersi. Che erano suo di diritto da quello che aveva capito. Una tra queste era la sua carriera da Auror. Sarebbe diventato il migliore e questo voleva dire solo una cosa: dare il massimo, sempre. Nella teoria, nelle prove fisiche, sul campo. Sapeva dove sarebbe andato a fare lo stage. Forse lo sapeva prima di mettere piede in quella casa. Perché lui doveva farlo, non poteva fare altrimenti! Le parole di suo padre potevano toccare il cuore delle altre persone ma non il suo. Lui era James Potter e per quanto suo padre gli avesse appena detto di seguire il suo destino, la sua strada, i suoi sogni, suo padre mentiva! Mentiva anni prima e avrebbe mentito in futuro: lui non poteva fare nulla che non fosse già stato stabilito dagli altri, lui, James Potter, era una marionetta della comunità magica inglese e non sarebbe mai cambiato nulla.
***

Neville Longbatton scortava la sua vecchia compagnia di scuola, Hermione Granger, nella torre più protetta dell’intero castello. Nessuno poteva varcare quella soglia senza autorizzazione, almeno era quello che lui sperava. Per la terza volta, Hermione, tornava al castello per analizzare il libro. La prima volta era accompagnata da due indicibili dal pessimo aspetto, capelli in disordine e vesti maleodoranti. La seconda volta, con lei, si erano presentati due Auror e due spezzaincantesimi, tutta gente seria che per più di tre ore non avevano mai azzardato un sorriso o una battuta. Quella mattina, invece, Neville aveva il brutto presentimento di doversi ricredere sulla salute mentale della sua vecchia amica. Hermione, autoritaria come sempre, aveva avuto il bizzarro intuito di portarsi dietro sua nipote Lucy e Draco Malfoy. Quel Draco Malfoy! Non che Neville ne conoscesse altri del resto.
I due osservavano il libro e la penna con fare circospetto. Hermione li stava mettendo a conoscenza dei fallimenti accumulati e sulle nuove idee che aveva elaborato per tirar fuori un ragno dal buco da tutta quella situazione. “Granger, deve essere una maledizione potente io sono un pozionista! Non capisco il nesso tra me e il libro. A meno che tu non sospetti di me..!” incominciò Malfoy portandosi una mano ai capelli e percorrendo a grandi falcate la stanza. “Sarai anche un pozionista ma, so bene, quanto tu ti diletta a studiare le maledizioni. Per questo motivo sei qui con mia nipote, per scoprire la maledizione che ha intaccato il funzionamento di questi due oggetti magici e per risalire alla bacchetta che l’ha lanciata.”

“L’utilizzatore della bacchetta potrebbe non essere il mandante …”
“Ma potrebbe dirci più cose di quanto ne sappiamo ora, Signor Malfoy!” Scimmiottò Lucy prima di voltarsi verso Neville e prendere le redini della situazione. Malfoy non aveva mai visto Lucy Weasley, conosceva per fama la sorella Molly: una brava sepreverde, un Auror impeccabile e una donna dagli strani gusti nella scelta dei famigli. Guardando attentamente la Weasley che aveva difronte, si chiese per quale motivo non ci fosse la sorella lì con loro poi, come un ricordo lontano, gli arrivarono alle mente le parole di suo figlio: “La gemella? Oh beh Albus dice che è una strega potentissima … la tengono nascosta, da quello che ho capito!”.
 “Professore sarebbe possibile consultare gli archivi segreti di Albus Silente?”.
“Gli archivi…ci vuole un permesso della Preside in realtà! Non so se è possibile”. Lucy scrutò il nervosismo del suo vecchio professore. Aveva timore di lei? “Sono sicura che lì c’è la risposta!”. Rincarò la dose, avvicinandosi lentamente e osservandolo negli occhi per più tempo di quanto fosse normalmente lecito.
Neville si lasciò convincere in più in fretta di quello che pensava. Come avrebbe mai potuto dire di no ad Herimone?  Così, chiavi in mano, aprì l’accesso dei documenti segreti della scuola di Magia e Stregoneria di Hoqwarts al gruppo di lavoro più mal assortito che avesse mai visto.

Draco Malfoy la osservò a lungo. Un brivido gli percorse la schiena. E poté affermare con certezza che quella strega non aveva nulla di normale se non il sorriso.
 
***

La verità, anche se non ne avrebbe mai fatto parola con nessuno, è che stava una merda. In cuor suo aveva sempre sperato, nell’ultimo anno, che la situazione si evolvesse diversamente. Sperava di finire la scuola e poter gridare ai quattro venti l’amore che provava per quell’uomo. Non gli importava dover tenere tutto nascosto. Fare tutto in gran segreto. Con lui tutto era magnifico, anche se nascosto nella profondità della notte.
Poi era arrivata lei, la sorella. La sorella terrorista a cui suo zio dava la caccia da mesi. Da quel momento in poi tutto era precipitato. Litigavano per giorni, non si parlavano, si riappacificavano e poi… poi lui era andato via. “Impegnati nello studio” le sue ultime parole. Cosa avrebbe dovuto mai farsene di quelle parole? Quando l’unica cosa che voleva era lui?
“Cosa ci fai qui?”. Stava impazzendo. Hugo non sapeva darsi un’altra spiegazione. Sentiva la sua voce. Fantastico la Cooman sarà contento della mia nuova dote! “Hugo! Hei cosa ci fai qui e cosa stai fumando?”.
Hugo Weasley era nel posto in cui non doveva stare: le vecchie stanze dell’uomo che gli aveva spezzato il cuore. E sì, stava fumando dell’era pipa, vendutagli da un tassorosso dell’ultimo anno. Un idiota. E ora lo era anche lui. In quella stanza dove il suo ricordo era il più reale possibile, non solo sentiva la sua voce, riusciva anche a vederlo. Lo immaginava. Quell’erba pipa era roba buona. “Hugo per l’amor di Merlino, Reinnerva!”.
“Reinnerva! Sul serio …”. Furono le sue prime parole dopo essersi rialzato dal pavimento impolverato.
“Ha funzionato! Cosa stai facendo?”. Hugo prese coscienza della situazione: non aveva le visioni ed era stato sgamato strafatto dall’uomo della sua vita. Era proprio un’idiota!
“Cosa stai facendo tu qui?”. Hugo, nella vita, aveva imparato diverse cose. Primo: attacca prima di essere attaccato. Secondo: continua ad attaccare, non retrocedere a meno che la conversazione non sia con Rose o con la mamma. Terzo: in caso scappa!
“Dovevo discutere con la preside. Hugo ti avevo chiesto di comportati bene, non di lasciarti andare …!” Cyrus sembrava veramente sconvolto dalla situazione. Era ad Hoqwarts per parlare con Severa. Aveva controllato l’orario di Hugo in modo da non incrociarlo e, invece, eccolo lì, davanti a lui, in pessime condizioni. “Avevi chiesto, avevi chiesto… anche io avevo delle domande per te. Mai che tu mi abbia risposto. Sei scappato, con la coda tra le gambe. Da vero uomo” Hugo si lanciò su di lui. Un pugno, poi un altro e un altro ancora. Poi pugni divennero baci e carezze, una, due, fino a non fermarsi più.
Nessuno dei due avrebbe fermato l’altro. Hugo avrebbe amato Cyrus fino a distruggerlo. A romperlo come lui aveva fatto settimane prima con lui. Non era amore quello, era guerra. La sua guerra personale con l’uomo che amava.

Con la testa di Cyrus sul bacino e i suoi capelli fra le mani, Hugo aveva mille domande da fargli. Il suo corpo, sudato, esigeva delle risposte. Subito. E Cyrus quella mattina gliele avrebbe date. “Cosa vuoi sapere?”. Cyrus girò la testa e gli baciò l’ombelico. Non sarebbe riuscito a corromperlo. “Perché tutti pensano che tua sorella sia una terrorista!”. Sollevò gli avambracci per guardarlo negli occhi. Rispondimi, rispondimi …
“E’ iniziato tutti mesi fa, quando uscì il primo articolo sulle sparizioni. Io e Leda eravamo a colazione insieme quella mattina. Io lessi l’articolo, rimasi un po’ sconvolto come chiunque probabilmente ma lei… Leda era sotto shock. Non disse una parola, non finì la colazione e andò via, mollandomi lì in quella caffetteria babbana …” Rise al pensiero di quella giornata.
“Non ci feci caso all’inizio, Leda è sempre stata una ragazza particolare ma, iniziai a non ricevere sue notizie. Le scrissi, la invitai a venire qui, al castello e venne. Fu la penultima volta che la vidi …”

Leda si era presentata con una vecchia veste e i capelli sconvolti. Il suo viso mostrava segni di stanchezza e Cyrus si stava maledicendo in runico per non essersi accorto prima del malessere della sorella. Si muoveva agitata per la stanza e non riusciva a finire nessuna delle fresi che aveva incominciato. Blaterava roba senza senso. Almeno era quello che Cyrus pensava. “Cosa sta succedendo Leda, vuoi calmarti?”

“Io lo so. Cyrus io lo so chi è stato!”

“Chi è stato a fare cosa?”

“I bambini, i bambini Cyrus. Li ha presi lui…!”

“I bambini? Parli dei bambini scomparsi? Ti ha attaccato, l’hai visto, ti ha fatto del male?”

“L’ho visto Cyrus. Non ha fatto del male a me… ma a Lelia!”.
Gli occhi di Leda, in quel momento, erano di una convinzione disarmante. Aperti, sicuri, certi di ciò che stava dicendo! Cyrus pensò che fosse impazzita!

“Chi è Lelia?” Hugo aveva perso il filo del discorso. L’unica cosa certa era la pazzia della sorella del suo uomo. “Lelia era la gemella di Leda!”.
Scattò a sedere e osservò l’uomo innanzi a lui. Sapeva veramente così poco dell’uomo che amava? “Avevi un’altra sorella?”
“E’ difficile per me parlare, Hugo.” Prese aria. Hugo poteva sapere. Lui avrebbe capito. Hugo lo amava. Ispirò e inspirò diverse volte prima di ricominciare a parlare.
“Da piccoli vivevamo vicino ad un bosco. Eravamo liberi di andare ovunque, c’era un ruscello dove nostro padre ci portava a pescare la domenica e un prato, pieno di fiori, dove nostra madre ci portava in primavera. Passavamo le nostre giornate all’area aperta. Non avevamo vicini e vedevamo pochissime persone. Stavamo bene, la nostra piccola bolla felice. Poi accadde …”. Hugo gli afferrò la mano. Non aveva idea di cosa Cyrus stava per dirgli ma ogni cellula del suo corpo stava male. La strinse con più forza. “Lelia …. Lei … scomparve mentre stavamo giocando. Non me ne accorsi nemmeno. Leda e Lelia dovevano nascondersi e io sarei dovuto andare a cercarle. E lei scomparve. Qualche giorno dopo venne ritrovato il suo corpo, vicino al ruscello … e poi …!”. Cyrus scoppiò in lacrime. Sulla spalla di Hugo, per la prima volta, piangeva la scomparsa di sua sorella Lelia.

“Non vuoi ancora credermi vero? Lelia non è caduta nel bosco, non è morta lì … io ho visto un uomo portarla via! Perché non vuoi credermi Cyrus? Io non sono pazza…” Leda gridava e gridava e lui, Cyrus, continuava a non ascoltarla.

“Leda, ascoltami, perché stai rievocando questi ricordi? Quale uomo … è la tua immaginazione. Non c’era nessun uomo. Io ero nel bosco con voi, ricordi … eravamo insieme, solo noi tre!”. Non c’era nessuno nel bosco. Nessuno o lui se ne sarebbe accorto. Era solo un bambino ma se ne sarebbe accorto.

“C’era un uomo nel bosco. Proverò che ho ragione.”. Con quelle ultime parole lasciò la stanza. Lascio Cyrus, solo, a tormentarsi.

“Quindi tua sorella Leda ha visto chi ha rapito Lelia, è un’ottima informazione. Potrebbe scagionare tua sorella!”. Hugo lo teneva per le spalle. Con forza. “Io non le ho mai creduto. Nessuno lo fece, né i nostri genitori né gli Auror … pensavamo tutti che fosse frutto della sua testa. Un’invenzione per attenuare la perdita della sorella …”.
“Hai raccontato questa storia agli Auror?”. Cyrus negò e se ne vergognò a tal punto da non poterlo più guardare negli occhi. Si alzò alla ricerca di una via di fuga ma, non poteva scappare da Hugo. Non voleva. “Devi farlo. Devi aiutarli, tu puoi aiutarli a capire gli appunti di tua sorella. Devi farlo.” Con quelle ultime parole lo baciò. Un bacio leggero che sapeva solo di amore e di perdono. Hugo lo stava perdonando per il suo comportamento. Non l’avrebbe più ferito né deluso, era una promessa.
***
 
Lily e Scorpius, al contrario di quello che si potrebbe immaginare, avevano passato una bella giornata. Lily non era morta anzi, molta della roba trovata negli scatoloni era risultata molto interessante e, con molta nonchalance, qualcosa era casualmente finita nella sua borsa. Scorpius, dal canto suo, si era divertito a passare del tempo con Lily: avevano parlato e discusso molto e molto spesso avevano riso di gusto nell’osservare il contenuto degli scatoli e ad escogitare degli scherzi per tutta la comunità del castello.
Neville non si era fatto più vedere e arrivando alla conclusione che non sarebbe tornato a prendere le chiavi della serra, Lily e Scorpius, lo stavano cercando sulla mappa del malandrino, da diversi minuti. Erano dei bravi ragazzi alla fine, no? Cosa avrebbero mai potuto farsene della chiave della serra? Nulla dato che avevano già avuto la brillante idea di portarsi via un paio di cose… giusto un paio!
“Eccolo …è scomparso?”. Neville Longbatton per una frazione di secondo era comparso nei pressi della sezione proibita, poi era scomparso. “La mappa non sbagli mai!”. Furono le parole che dissero entrambi prima di andare alla ricerca del professore di erbologia.
Entrare nella sezione proibita non era un gran problema. Lily non l’aveva mai fatto ma, osservando Scorpius capì benissimo che per lui non fosse una novità entrarci. “Mi servivano dei libri.”
“Ovviamente.”.

Lily raggiunge il punto esatto in cui il professore era scomparso. Come era possibile? Non era più ricomparso sulla mappa ed era più che certa di non averla rotta. Almeno lo sperava o la sua famiglia l’avrebbe uccisa. Ne era certa. “Se ci fosse un passaggio segreto?”. Lily osservò Scorpius mettersi a tastare libri a caso, nella vana speranza che una porta segreta comparisse. Se ci fosse stata una stanza segreta suo nonno e i malandrini l’avrebbero scoperta e disegnata. “Ti sbagli Scorpius, sarebbe sulla mappa …!”
“Come la stanza delle Necessita, Lily?!” A Scorpius quella complicità piaceva. Non si erano mai chiamati per nome in quegli anni e, quel giorno i cognomi si erano sentiti a malapena. Era felice, forse troppo per uno come lui. Come era possibile essere felice solo parlandole? Scorpius non sarebbe mai riuscito a spiegarselo. “La stanza delle Necessita, giusto. Sei un genio Scorpius!”
“Non può essere disegnata. Ma come ci entriamo?”. Lily e Scorpius riosservarono la mappa. Se avevano ragione e la stanza non poteva essere disegnata, come sarebbero mai riusciti ad entrare? “Questa è la biblioteca, giusto?”
“Sì! Per l’ennesima volta.!” Forse la mappa si era rotta? Si era bagnata per sbaglio? O era stata fertilizzata nella serra? “E qui c’è il giardino, forse l’entrata è esterna!”. Esclamò Scorpius, sicuro di essere arrivato alla soluzione.
“Qui non c’è il giardino, c’è una torre!”. Lily e Scorpius non ebbero nemmeno il tempo di esultare della scoperta, qualsiasi essa fosse data la divergenza sulla stanza confinante, che un forte cigolio rimbombò nel reparto proibito. “Dobbiamo nasconderci Lily, di qua!”. Per la seconda volta nella sua vita, Lily, si stava nascondendo con Scorpius. Di nuovo i loro corpi erano più vicini di quanto Lily avesse mai immaginato. Il suo orecchio, poggiato alla spalla di Scorpius, le permetteva di ascoltare il battere del suo cuore. Accelerava. E Lily si rese conto, in quel preciso istante, che il suo cuore aumentava i battiti, ritmava con quello di Scorpius. Danzavano assieme.

Lily si ridestò subito. C’era sul serio una porta segreta, non era frutto della fantasia sua e di Scorpius. Qualcosa che non avrebbero mai potuto immaginare però c’era, era lì, sotto i loro occhi. Dalla porta segreta erano appena emerse due persone. Le più improbabili da vedere assieme. Pensandoci però, Lily, si rese conto che non era la prima volta che questo accadeva. Sua zia Hermione e il padre di Scorpius, quel Natale, erano arrivati insieme a casa Potter, dopo l’arresto di Lucas. Ed insieme stavano uscendo dalla sezione proibita sotto gli occhi sconvolti di Scorpius Malfoy.
“Dobbiamo entrare Lily!”
“Troveremo un modo durante le vacanze di Pasqua, entreremo lì dentro, Scorpius!”
 
 

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Capitolo 18
*** CAPITOLO TREDICI ***


 CAPITOLO TREDICI  
 
Quella primavera, per una serie di bizzarre circostanze, per una sera di eventi, gli ennesimi, che scossero lo status quo del nostro amato mondo magico, fu per i nostri giovani maghi il punto di svolta che li avrebbe condotti ad intraprendere la via più impervia della loro vita, la più scoscesa e forse, per alcuni, l’unica che li avrebbe portati alla vera felicità.

Petunia Dursley, all'inizio delle vacanze pasquali, non poteva di certo immaginare che da lì ad un mese si sarebbe ritrovata sotto la luce dei riflettori che lei in quegli anni tanto aveva faticato a scansare. Perché sì lettori, dovete sapere che per quanto la nostra cara Tunia fosse affezionata a Lily e al resto della comitiva Potter – Weasley, mai, in nessuna occasione aveva deliberatamente ficcato il naso o qualsivoglia parte del corpo nei loro affari.
Nemmeno l'inverso appena passato, quando la sua eccentrica cugina sferruzzava per il castello, Salazar solo sapeva perché, si era posta il pensiero di cosa Morgana stesse combinando. Perché lei, Petunia, come tutto il resto della comunità magica, le motivazioni di tanto eccitamento da parte della cugina le aveva lette scritte con inchiostro indelebile, sulla gazzetta del profeta, e tante grazie. Per questo motivo, non avrebbe mai potuto immaginare che le cose, quella primavera, sarebbero finite diversamente. E non avrebbe mai potuto immaginare che tutto ciò che sarebbe accaduto sarebbe stato causato da scelte sue e non da quelle di sua cugina. Scelte frutto dell’inverno appena passato e non di quella secca estate che non era ancora cominciata.  
 
L’inverno era la sua stagione preferita. L'aveva deciso anni a dietro quando in quel freddo febbraio, nel giorno del suo undicesimo compleanno, le era arrivata la lettera per Hoqwarts. Quel sedici di febbraio, precisamente, fu il giorno in cui tutta la sua vita cambiò. Per sempre. Petunia ne era convinta.
Suo padre accortosi di cosa avesse ricevuto sua figlia, quella nebbiosa mattina, si era ritrovato a provare un misto di sensazioni tra cui andavano per la maggioranza l'eccitato e lo shockato. Non riusciva a crederci e per una frazione di secondo, gli balenò per la testa l'idea che sua madre l'avrebbe semplicemente ucciso per aver dato alla luce un mostro. Poi scacciò via quel pensiero e si complimentò con la figlia informandola che avrebbe presto conosciuto molta altra gente in grado di fare le stese identiche cose che era capace di fare lei.
 
Petunia, però, non si era immaginata minimamente che suo padre, preso dall'euforia del momento e convinto che la sua adorata figliola dovesse conoscere tutto prima di andare a scuola, l’avrebbe mollata nelle mani di suo cugino per rivederla niente po'po’ di meno ché nel Natale dell'anno successivo. Un incubo.
Sin dai primi giorni, Petunia, poteva affermare con convinzione che la famiglia Potter e tutti I suoi associati, fossero un gruppo di elementi mal assortiti, che per forze di cause maggiori si erano ritrovati lì, tutti insieme, a fare Dio solo sapeva cosa.
 
La famiglia Potter l'aveva accolta con entusiasmo e anche mostrando quel caratteraccio che si ritrovava non le avevano fatto mancare nulla.
Sin dai primi giorni a villa Potter, Petunia, aveva legato con suo cugino Albus. Più maturo per la sua età e molto, veramente molto cortese se paragonato a quel terremoto che era James Potter. Lily non le faceva molto simpatia, in realtà all’inizio della loro conoscenza non le faceva né caldo né freddo, questo perché la trovava antipatica e viziata, come molte delle sue ex compagne di scuola con cui lei non era mai andata molto d’accordo e, solo dopo la prima gita a Diagon Alley era riuscita a instaurare un rapporto di amicizia con lei.
 
Ripensando a quel lontano inverno, Petunia, non poteva che essere soddisfatta della piega che aveva preso la sua vita. Amava la scuola, aveva dei buoni amici e un'insopportabile cugina che non faceva altro che mettere tutti loro nei guai, un giorno sì e l'altro pure. Amava la sua famiglia, in primis suo padre che non vedeva l’ora di riabbracciare e, per ultimo ma di certo non per importanza, non vedeva l'ora in quel preciso istante di compiere sedici anni. Meno di ventiquattro ore e sarebbe stato il suo compleanno. Meno di ventiquattro ore e la sua vita sarebbe cambiata per sempre.
 
 
Alice Longbatton, bassina, occhi chiari e capelli rossi al vento, correva per i corridoi del castello neanche la stessero inseguendo una mandria di centauri imbufaliti. La sua destinazione era la sala comune dei Serpeverde dove in quel preciso istante si stava organizzando una festa di compleanno. Lily Potter aveva sequestrato Petunia ore prima. Si erano rinchiuse in biblioteca a fare Godric solo sapeva cosa per lasciar loro campo libero. Per quanto i sedici anni non fossero chi sa quale evento, Lily aveva insistito affinché si festeggiasse in maniera adeguata. Lily voleva solo una scusa, molto probabilmente, così Alice che di starla a contraddire non ne aveva la né la forza né il tempo, aveva accettato di organizzare la festa e per velocizzare l’intera organizzazione aveva gentilmente chiesto aiuto al settimo anno Serpeverde.
 
Arrivò trafelata e sudaticcia informando tutti che sì avrebbero avuto la torta e sì le era costata cara. Lily le doveva un sacco di favori. Punto.
Per prima cosa, erano diverse ore che condivideva il suo spazio Vitale con Albus e lei, andava sempre in iperventilazione alla sua presenza. Arrossiva, balbettava e sudava come se non ci fosse un domani. Patetico. Da che ricordava, Albus le era sempre piaciuto. Sin da piccina. E anche se erano passati anni, anche dopo aver conosciuto diversi ragazzi, non era cambiato nulla. Era innamorata di Albus Potter. Tutti se ne erano accorti tranne lui. Ovvio. Così cercando di non pensarci, aiutava Sophia nel sistemare i palloncini. Aiuto!
 
Sophia Zabini non si capacitava di come fosse finita lì, ad organizzare una festa. Di nascosto alle autorità. Con due caposcuola consenzienti e una miriade di invitati. C’era sul serio tutta quella gente nel castello? Perché lei non l'aveva mai vista? Scossa dai suoi pensieri si meravigliò di come la conversazione dei suoi amici, fosse sempre sullo stesso argomento.
“Non capisco dove possa essere finito, non risponde a Lily e non si sente più parlare di lui sulla gazzetta” informò Rose, come se non l'avessero saputo.
“Credo se ne siano occupati i nostri genitori, gli avranno chiesto di starsene buono". Lucas Black. L'uomo dell'anno. Sophia Zabini l'aveva visto solo una volta e non le era sembrato un granché, un credulone che si era fatto arrestare nel giro di un’ora. Babbani. Patetici. “Potrebbe almeno rispondere a Lily, avevamo grandi progetti" soffio melodrammatica Rose sedendosi sul primo divanetto disponibile. “Salazar, Rosi datti una calmata, scriverò a papà” chiuse il discorso Albus che ne aveva le pluffe piene di tutta quella storia. Sophia non capiva proprio cosa ci avessero visto di interessante in quello li.
 
Petunia non era una scema, proprio no. Lily l'aveva sequestrata. Questo voleva dire solo una cosa: stava architettando qualcosa. Per lei. Una seccatura in pratica. Così per vendicarsi un po’, giusto un po’, Petunia tirò in ballo l'argomento più spinoso della cugina. Uno dei tanti.
“Come va con Scorp?”. Lily sobbalzò alla domanda per poi risponderle di non aver afferrato bene. Quando mai. “Beh è da un po’ che non vi si vede litigate in giro per i corridoi e sembrate andare molto d’accordo” insistette Petunia che godeva nel vedere la cugina in difficoltà. “Petunia, cosa vorresti insinuare?”
 
“Beh avete legato molto durante il vostro progetto, salviamo dall’estinzione la famiglia Black. Pensavo…”
“Cosa pensavi – la interruppe Lily – che ci fossimo innamorati follemente una dell’altro?” disse scimmiottando e tornando alla sua ricerca. “Forse un po’. Stareste bene insieme tu e lui" provò di nuovo ma Lily non rispose. Scosse la testa e fece finta di non sentirla. Peggio per lei.
“Almeno puoi dirmi a cosa stai lavorando?” Tunia non era una ragazza di molte parole. Ma era quasi il suo compleanno e si stava annoiando a morte. “Ricerche.” La liquido la cugina.
 
Grandioso. Era stata sequestrata. Non poteva tornare in camera sua ed era costretta a stare lì. Perché era amica di sua cugina?
 
Probabilmente, se avesse dato ascolto alla sua coscienza e fosse rientrata nella sala comune per sabotare la festa di compleanno che stavano organizzando per lei, gli eventi di cui lettori entreranno a conoscenza, non avrebbero mai portato ad una foto di lei sulla prima pagina della gazzetta del profeta.

 
***

Petunia, anche se si fa fatica ad immaginarlo, adorava suo padre. Per quanto fosse una nata babbana e poco e male riusciva a relazionarsi con la sua famiglia, aveva con il padre quel rapporto così particolare e univoco che, per dirla tutta, era l'unica motivazione che non la lasciavano morire di inedia durante il corso delle vacanze. Per quelle vacanze pasquali però, Dadly, per questioni di lavoro si trovava all’estero e Petunia che non aveva nessuna voglia e pochissima volontà di sopportare sua madre e suo fratello, soprattutto suo fratello, si era ritrovata costretta a chiedere ospitalità a le uniche persone che conoscesse, o quasi, i Potter.

Così armata di sana pazienza, quella mattina, aspettava il suo fidanzato, che volentieri (a seconda dei casi) l'avrebbe smaterializzata a Godric's Hollow.
“Sei in ritardo!” puntualizzò ancora prima di aver spalancato la porta di casa.
“Sei minuti Tunia, quell'idiota di mio cugino e le sue paturnie amorose" apostrofò prima di baciarla delicatamente sulla tempia. “Ci sprechiamo” disse puntigliosa dandogli le spalle e avviandosi verso la cucina per salutare la madre.
“Buongiorno Caro, vuoi del caffè?”. Cecily Dursley, sua madre, non odiava la magia ne la temeva, semplicemente detestava tutto ciò che ne comportava: stare lontano da casa per mesi e mesi, avere amici che vivono dall'altro lato del paese e non alla fine della strada, poter spostarsi senza problema alcuno, le restrizioni comportamentali che in quegli anni le avevano portato qualche crepacuore ogni volta che era arrivata una lettera dal ministero e soprattutto, gli gnomi, quei dannatissimi gnomi da giardino che lei, Petunia, aveva insediato nel suo giardino all’età di dodici anni, li aveva trovati dannatamente divertenti.
“No grazie, signora Dursley, vado di fretta in verità” disse il suo fidanzato, prima di salutala avviandosi sulla porta dove l'avrebbe aspettata per altri dieci minuti.
Petunia non aveva idea del perché il suo fidanzato andasse di fretta quella mattina e non l'avrebbe nemmeno chiesto se sua madre prima di scoccarle un ultimo bacio non glielo avesse fatto notare, così armata di pazienza, perché con lui ne serviva tanta, lo chiese: “Perché tanta fretta?”.

Le parve per qualche secondo che il suo fidanzato non avesse molta voglia di darle spiegazioni, se ne convinse quando afferrato il braccio per guardalo bene in faccia lui si smaterializzò portandola con sé nel giardino dei Potter invece di rispondere alla sua domanda. “Quindi?” esortò una seconda volta prima di accalorarsi contro di lui.
Il suo fidanzato, frustrato, si convinse. Non si capiva bene il perché, sé per il suo sguardo truce e troppo poco comprensivo o sé per qualche strano tarlo che al suo fidanzato girava per la testa. “Cena di famiglia, tutta la famiglia, pare siano invitate delle cugine di quarto grado provenienti dalla Grecia e altri parenti a caso… io, Scorpius e Albus stiamo organizzando il post serata…”
“Albus, non mi pare sia un vostro parente. Almeno che Scorpius non si sia preso di coraggio negli ultimi giorni, direi comunque, che in caso, è un po’ presto per parlare di parentela!” si stava innervosendo. Raccolse i capelli senza mai distogliere lo sguardo, aspettava.
“Post serata per gli amici, Tunia, suvvia che problema hai?” Petunia di problemi ne aveva parecchi in quel momento: un leggero prurito all'altezza dello stomaco e un formicolio alle mani. Che avesse toccato qualche pianta urticante? “Non guardarmi così, giusto qualche amico, pochi che conosci. Dominique, che non ti sta poi molto simpatica, Rose e qualcun altro…” continuò il suo fidanzato. Arrampicandosi sugli specchi. “Magari anche Lily è nella lista degli invitati?”
“Lily? Non dire sciocchezze, lei e Scorpius sono ai ferri corti con quello che è successo qualche sera fa".
Petunia non aveva la minima idea di cosa fosse successo tra Lily e Scorpius, o ad Alice da quando avevano lasciato il castello, né di quello che fosse successo nell’ Inghilterra Magica se doveva dirla tutta, odiò essere una nata babbana e odiò la distanza che la separava dalle sue amiche nel periodo delle vacanze.

“Tunia, Tarc" Lily in bilico dalla finestra della sua stanza li salutava a pieni polmoni, invitandoli ad entrare in casa invece di accalorarsi sotto al sole di inizio maggio.
 
***

Lily, per principio, aveva deciso che quelle due settimane di vacanze pasquali avrebbero dovuto essere entusiasmanti e tante grazie. Al contrario di come aveva prospettato, desiderato e bramato nulla faceva minimamente pensare tutto si sarebbe svolto come da lei immaginata: scontri avvincenti, conoscenze irripetibili, amori folgoranti e tanto, tanto, tanto gossip, gossip che avrebbe dovuto raggiungere i luoghi più remoti della terra per farla conoscere e apprezzare per chi era veramente, la bellissima e intelligentissima Lily Potter.

Lily, come ormai tutti sappiamo, amava l’inverno. Al contrario, però, detestava quella serie di sfortunati eventi che avevano reso la sua stagione preferita tendenzialmente odiosa. Mentre a casa sua, dopo svariati anni, sembrava che le acque si fossero calmate, nel gossip del mondo magico non era per nulla così.
Lucas Black aveva scatenato il putiferio, tantè che dopo essere stato aggredito per ben due volte, chi sai poi mai perché, il dipartimento Auror era stato costretto ad intervenire mettendolo sotto copertura. Questa decisione aveva comportato un suo trasferimento da Godric’s Hollow in chi sa quale paesino sperduto della Gran Bretagna e con ciò la fine della corrispondenza tra lui e Lily.
Lily in tutta onestà per settimane era stata incerta sull’esserne sollevata o meno. Sinceramente, dal profondo del suo cuore, aveva covato una gran rabbia, molta rabbia, per il suo comportamento sconsiderato. Un comportamento, se si vuole precisare, che quell’inverno, il suo amatissimo inverno, l’aveva fatta finire sotto i riflettori svariate volte. Disgrazia!

In primis per il suo straordinario talento e qui tanto meglio era il suo obiettivo: farsi conoscere per le sue capacità e non per il suo pesantissimo cognome; e non meno importante, tutto il mondo magico credeva, purtroppo, che lei fosse una ruba cuori senza anima. Lei? Che prima aveva accalappiato il rampollo della nobilissima casata dei Malfoy per poi spostare le sue attenzioni niente po’ po’ di meno che sull’uomo che avrebbe ridisegnato il casato dei Black. Lucas. Lo sconforto!

Scorpius Malfoy dal canto suo a tutta quella faccenda era rimasto indifferente.
Da come aveva potuto scoprire da Tunia, Albus e Scorpius avevano avuto una accesa discussione sull’argomento, con il risultato di far ammettere a Malfoy che qualsiasi cosa pensasse di lei non erano affari né di Albus né di Lily. A Lily, questa situazione non era piaciuta per niente, nell’ultimo periodo aveva pensato che Malfoy, un pochino, avesse iniziato a provare interesse per lei ma quell’atteggiamento scostante le aveva fatto cambiare idea. Del resto, bisognava ammettere che forse era molto meglio così: a lei Malfoy non piaceva. Punto.
Così era passato l’inverno e metà delle vacanze di Pasqua. Di fatti era la prima settimana di maggio e nulla, ma proprio nulla, era successo a Godric’s Hollow. Almeno era quello che Lily continuava a ripetersi pur di non pensare a Malfoy. Le vacanze erano passate lentamente e l’unica nota dolente era avvenuta proprio sulla fine del mese. Lei, Lily, voleva solo porre fine alla sua noia, che male aveva mai fatto per Godric!
Sua cugina Petunia, l’aveva raggiunta per passare con loro la fine delle vacanze.  Si stava sistemando nella sua stanza e da quello che Lily poteva notare, era di umore nero e lei, Lily, non aveva la minima idea di cosa l'avesse resa nervosa sin dalla mattina, non che Tunia fosse famosa per il suo buon umore comunque.

“Cos’è successo con Scorpius?” azzardò sua cugina. Non si aspettava sul serio una risposta? Lily conosceva bene la cugina e di tutti i loro problemi adolescenziali non se ne era mai curata. Quella mattina però, si accorse Lily, che le cose non stavano proprio così. Sua cugina, aveva qualche serio problema e anche lei, conscia di ciò, decise di raccontarle la verità. Non quello che aveva detto a Rose e a Nicky, tutta la verità perché di non dirlo a nessuno, si era accorta, le portava solo un’immensa solitudine.
“Un gran casino, ed è tutta colpa di Malfoy" disse pungente, accomodandosi sul letto. “Notò con piacere che siamo tornate al cognome" le diede corda la cugina guardandola compassionevolmente.
Dalle vacanze di Natale, lei e Malfoy, avevano instaurato una sorta di tacito accordo nel quale avevano smesso di litigare, di affatturarsi e di prendersi a male parole in generale. In realtà la tregua era iniziata molto prima, ma questo Lily non l'avrebbe mai ammesso. Il comportamento di Malfoy comunque era strano: amichevole non era proprio la parola adatta secondo lei, più che altro sembrava che Malfoy avesse perso la grinta e la voglia di vivere, chi sa poi perché, portandolo a comportarsi amorfamente con chiunque gli stesse intono, compresa lei.

Qualche sera prima, Lily sempre dell'idea di rendere avvincenti le sue vacanze, si era messa in testa di trovare Lucas Black.
Lucas Black, dopo la sua considerevole bravata, per questioni di sicurezza magica era stato messo, ordine di suo padre, sotto copertura. Lily non aveva capito perché! In verità Lily non aveva capito molto delle ultime e brillanti idee di suo padre: la metà, o quasi, dei suoi cugini erano stati spediti nel continente e sua cugina Victoria era costantemente sotto scorta. Tutto molto strano.
A Lily comunque di cosa combinassero gli Auror poco importava, patto scoprire dove avevano spedito Lucas e chi gli fosse stato assegnato come guardia. Scoprirlo in realtà fu molto semplice, suo padre era un gran pasticcione e aveva il brutto vizio di portarsi il lavoro a casa. Le era bastato frugare nelle sue carte per sapere dove dovesse andare, così due sere prima armata di sana pazienza e di bacchetta, si era allontanata da casa con la scusa di una passeggiata, aveva trovato una via tranquilla poco frequentata e tirata fuori la bacchetta aveva prontamente chiamato il nottetempo.
Odiava viaggiare con quel mezzo e non perché aveva la sana capacità di sballottare i viaggiatori rendendoli nervosi e nauseabondi bensì per i brutti ricordi che le riportava alla mente. Quando era piccola e smaterializzarsi congiuntamente non era consigliato per i giovani maghi, sua madre era costretta ad usare proprio quel mezzo per arrivare al San Mungo e andare a far visita al padre morente. Pensare a suo nonno in un letto di ospedale era un ricordo che la rendeva estremamente triste.
Provò a non pensarci e dopo essersi accomodata e aver pagato il biglietto disse al bigliettaio la sua destinazione: Bristol.

Ora dovete capire che Lily non badò agli altri passeggeri, per questo motivo le sfuggì la chioma bionda e platinata di Scorpius Malfoy.

 
***

Albus teneva una fitta corrispondenza. Con amici intimi, amici di penna e parenti, troppi parenti. Questa sua strana abitudine gli permetteva, con arguzia, di raccogliere PIÙ informazioni di quanto fosse necessario e questo bastava a far sì che Albus, per quanto fosse allo scuro di tutto, sapesse sempre più cose di tutti i suoi cugini messi insieme o quasi.
Quell'inverno aveva avuto modo di accurare come suo padre, grand'uomo doveva ammetterlo, stesse sfruttando la sua famiglia per arrivare al nodo centrale di tutta quella storia. Così mentre Lily penava d'amore e Jamie si preparava al tirocinio esterno che avrebbe dovuto iniziare a settembre, lui, Albus riorganizzava le idee e nel frattempo studiava per entrare nella scuola di medimagia.

Dalla sua corrispondenza aveva capito: a) Suo cugino Luis si trovava in Italia, in una delle sue lettere gli era sfuggita quanto bella fosse la Maremma e Albus si era subito dato da fare per scoprire cosa fosse una Maremma; b) In Maremma suo cugino Luis stava cercando qualcosa per ordine di suo padre e ciò bastava a fargli capire quanto fosse grave la situazione.

Sua cugina Molly, come letto sulla gazzetta del profeta, aveva arrestato il suo ex professore di trasfigurazione, così con impeto curioso Le aveva scritto scoprendo che c) La sorella del professore indagata per terrorismo magico molto probabilmente era stata sequestrata dai terroristi e d) se l’avessero trovata tutte le accuse contro di lei sarebbero decadute.

Aveva così intuito tre cose: la sorella del professore era ciò che Luis cercava in Italia, che la preside Severa era alla ricerca di un nuovo insegnante di
 trasfigurazione, da circa un mese, e che Hugo di tutta quella storia, alla fine, aveva deciso di farne un cataclisma.
Molly gli aveva accennato anche qualcosa su Lucas, in verità accortosi di quanto Lily avesse preso a cuore la faccenda, aveva evitato perfino di pensarci fosse mai che lei captasse qualcosa. Le guardie del corpo di Lucas non erano due Auror qualunque e questa scelta da parte di suo padre non era riuscito a capirla, per questo motivo aveva deliberatamente deciso che contro tutte le sue idee si sarebbe cacciato nei guai, era o non era un Potter? Per Salasar!

L'unico che non aveva dato cenni di vita in quelle settimane era stato Teddy. Anche in questo caso Albus era giunto a tre conclusioni: e) Teddy era sotto copertura e non si sapeva né dove né per quanto tempo; f) Tutto sembrava ruotasse, per l'ennesima volta, sui casi di rapimento e g) per una strana illuminazione notturna, Albus, aveva pensato che in tutta quella faccenda i Black centrassero qualcosa. Ma cosa?
La sua idea era assurda, le uniche Black ancora in vita erano Narcisa e Andromeda, ormai ritirate a vita privata, da anni. Gli eredi, pochi, potevano contarsi sulle dita di una mano: Scorpius, che nulla centrava in quella storia, patto che non.si volesse considerare il suo necessario bisogno di dare corda a Lily; Lucas, per l'appunto, segregato da mesi, per ordine di suo padre; Teddy e sua figlia Appolinia che, a soli pochi mesi dalla nascita era stata dotata di scorta. Certo bisognava fermare ed evitare i rapimenti ma questo non voleva di certo dire che i bambini della sua famiglia fossero più preziosi dei figli degli altri. Ma, come spesso scriveva una certa scrittrice, erano leggermente megalomani, i Potter, quindi la situazione poteva essere spiegata in modi diversi a seconda delle voci.

Albus sapeva bene che andare a trovare Victoria non gli avrebbe dato nessuna spiegazione alle sue domande così con la scusa di andare a trovare Scorpius aveva deciso di andare a fare due chiacchiere con Lucas, che un babbano avesse delle risposte poi …

 
 ***
 
Scorpius non aveva idea di cose frullasse in testa al suo migliore amico, né cosa stesse combinando la Potter, purtroppo. Scorpius sapeva tutto e non sapeva nulla. Sapeva che suo padre aveva iniziato a comportarsi in modo alquanto strano, tornava tardi ed era spesso di cattivo umore; sapeva che sua madre passava giornate intere a fare giardinaggio e a portare in giro i pavoni per il cortile, parlando poco e niente; sapeva, per certo, che suo cugino Tarc era indeciso se portare Petunia a conoscere i suoi o lasciare le cose come stavano; sapeva, perfettamente, di provare un profondo affetto per la sorella del suo migliore amico, un affetto straziante a dirla tutta. Per fortuna di Scorpius, Lily non era molto interessata ai ragazzi o sarebbe morto di crepacuore ne era certo! Per sua sfortuna era molto, molto e ancora molto geloso di quel Black, non sapeva bene il perché, Lily non lo sentiva neanche più ma Scorpius era profondamente e radicalmente convinto che Black le avrebbe portato via Lily. Non che Lily fosse sua, ovviamente.
Scorpius non sapeva come parlarne a Lily di questi sentimenti. Si sentiva costantemente respinto da lei e aveva timore di essere rifiutato, lui, Scorpius Malfoy! Ridicolo.

Proprio perché ridicolo, il suo atteggiamento in quei mesi aveva toccato il fondo, così si era deciso, si era vestito comodo, pettinato i capelli e aveva preso il nottetempo. Si era deciso a parlare con lei. Non che non ci avesse provato, precisiamo! All’inizio delle vacanze pasquali, si erano dati appuntamento per scoprire qualcosa sul passaggio segreto e lui, Scorpius, aveva provato a baciarla. Con pessimi risultati. Pessima idea.
Smaterializzarsi direttamente a casa di Lily non gli era sembrava una buona idea. Prendere un nottetempo e impiegare un'ora per arrivare a casa sua, chissà perché l'aveva convito di più. Ma la convinzione l'aveva persa per strada, più o meno quando una chiamata aveva fatto si che l'autobus arrivasse a Godric's Hollow molto prima del previsto. La chiamata di Lily.

Lily Potter salì e senza notarlo si sedette pochi posti innanzi a lui. Scorpius a quel punto non aveva molte scelte a disposizione considerando che l'unico motivo per cui si trovava in quel dannatissimo paesino, per Salazar, stava seduta a pochi metri da lui. Così non si alzò, rimase lì e si ripromise di scendere alla stessa fermata di Lily per due soli motivi: primo, doveva assolutamente parlare con lei e secondo, voleva sapere dove diamine stesse andando quella ragazzina, perché se aveva deliberatamente deciso di non usare il camino, il posto in questione non era all’interno del mondo magico. Scorpius ci avrebbe scommesso la bacchetta.
 
Fu per questi motivi ed una seria di strane circostanze che due Potter e un Malfoy, quella lunga e oscura sera si ritrovarono nell'accogliente cittadina di Bristol a fronteggiare una brutta e pesante verità.
 
 
***
 
La luce era sempre più fioca. Il silenzio sempre più opprimente. Il freddo le gelava le ossa. Era lì da mesi, anni forse. Lo scorrere del tempo immutabile.
Nessuno l'aveva cercata. Nessuno l'aveva trovata. Voleva andare via. Libera.
Gridava giorno e notte, gridava sempre e lei l'ascoltava. Adorava ascoltare le sue grida di dolore. “Ahhh” le bruciava la gola, aveva sete e i polmoni in fiamme. Gridava. Gridava. Avrebbe gridato per sempre?!
Sempre.
“È un suono adorabile, non smettere…” la odiava. Lì, in quella stanza, solo loro due. Le grida di dolore di Leda erano solo poesia per quel mostro.

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Capitolo 19
*** CAPITOLO QUATTORDICI ***


Ciao a tutti
Come avrete notato non sono solita lasciare commenti alla fine dei capitoli, tanto meno all’inizio quindi, questa è una grandissima eccezione per me. Sarò di poche parole, come avrete sicuramente notato (scusate la ripetizione) nel corso della lettura ogni capitolo inizia e finisce narrando l’arco di una giornata dei nostri amati protagonisti. Dal capitolo tredici non è così, difatti il capitolo a seguire è ambientato nella stessa giornata e sarà così anche per il capitolo successivo. Scrivendolo mi sono resa conto che era veramente lungo per questo motivo ho deciso di dividerlo in tre parti. Inoltre, sta arrivando il momento Lily-Scorpius e continuo a modificarlo perché non mi sembra mai abbastanza.
Buona lettura

 







 
CAPITOLO QUATTORDICI
 
Sdraiata sul quel suntuoso letto a baldacchino, con le finestre spalancate con la vana speranza che un filo d’aria tediasse il calore, Petunia, ascoltava sconcertata il racconto di sua cugina Lily.

“Finalmente si è preso di coraggio il ragazzo!” Esclamò entusiasta, eliminando dalla sua testa il resto del racconto. In realtà, poco le interessava di dove fosse e cosa facesse Lucas Black, era però molto interessata agli sviluppi amorosi della sua cuginetta e perché no, anche di quelli di Malfoy. Era un suo amico dopotutto e, anzi, avrebbe dovuto aggiungere, quasi un parente considerando la parentela che univa lui e il suo fidanzato.
“Preso di coraggio? Ma hai sentito una parola di quello che ho detto? O hai estrapolato dal discorso solo quello che interessava a te?” Le rispose Lily, contrariata e lapidaria lanciando per aria una matassa di vestiti con la speranza di centrare la cesta dei panni sporchi.

Lei, Lily, non poteva credere alle parole della cugina. Lui non si era preso di coraggio, aveva semplicemente fatto un gesto stupido e sconsiderato. Un gesto che le aveva dato fin troppo fastidio. Avrebbe dovuto chiederle il permesso come minimo!

 
***

Lily era arrivata a Bristol a pomeriggio inoltrato. Non si era minimamente accorta di essere seguita e con il senno di poi se lo sarebbe sempre rimproverata, non tanto per gli eventi che avrebbero sconvolto il suo stato da adolescente bensì perché non avrebbe mai ammesso a sé stessa, di essere stata così poco accorta. Lei aveva l’ambizione di diventare Auror, come suo padre e suo fratello e una simile svista sarebbe rimasta come un’onta sulla sua ancora inesistente carriera.

Scorpius Malfoy l’aveva seguita fino al portone del palazzo dove, secondo ciò che aveva letto dagli appunti di suo padre, alloggiava Lucas. Era una semplice palazzina babbana, anonima come si suole dire e Lily era pronta ad entrarci senza battere il minimo ciglio. Durante il viaggio sul nottetempo si era ripetutamente chiesta il motivo che la spingesse a mettersi nuovamente nei guai, non un semplice pasticcio alla Lily Potter in cui sarebbe finita a pulire le segrete senza bacchetta ma un guaio bello grosso, il dipartimento Auror non sarebbe stata clemente con lei solo perché figlia dì e questo lo sapeva molto bene. Suo fratello James si era beccato due mesi di punizione quell’anno in accademia e secondo i resoconti che le aveva fatto, le punizioni di Hogwarts o della mamma erano una barzelletta in confronto. Eppure, lei era lì. Era lì per vedere Lucas. Perché a lei piaceva Lucas!?
Lily si era convinta di sì. Unica spiegazione possibile altrimenti non avrebbe potuto spiegare come il suo interessamento nei suoi confronti non fosse andato via via scemando nel corso di quei mesi. Lui non le scriveva, non aveva uno stralcio di notizia e con ciò, non era minimamente disposta ad arrendersi.

Varcò la soglia del portone di ingresso, salì le scale e una volta raggiuta la porta 106 bussò tre volte. Nessuna risposta. Ribussò, giusto per essere sicura che Lucas avesse sentito. Nulla. Non si sarebbe data per vinta, lei voleva vedere Lucas e non sarebbe stata una stupida porta babbana ad impedirglielo. Sfoderò la bacchetta e dopo un semplice “alomorà” si ritrovò in un appartamento vuoto. Non arredato e dal forte odore di aria stagnante. Lì non ci viveva nessuno. Da anni probabilmente.

“Un viaggio a vuoto Potter!”. Se Lily non avesse riconosciuto la sua voce, sarebbe morta di crepa cuore, parola di strega. Scorpius Malfoy era l’ultima persona che si aspettava di incontrare lì. Degli Auror probabilmente, che con la forza l’avrebbero riportata da suo padre ma, non di certo lui. Non lì. Non ora. “Mi hai seguita?”

“Potter, seguita è un termine vago, diciamo che ti ho vista e non potevo di certo rischiare che la sorella del mio migliore amico rischiasse l’ennesimo incidente nel mondo babbano!” Scorpius, mentre diceva quelle esatte parole, si rese conto quanto esse fossero vere. Quell’appartamento era inquietante, buio e puzzolente. L’intera palazzina non invitata, nessuna persona normale, ad entrarci, decadente com’era. L’immagine di Lily morente tra le sue braccia gli comparve vivida nella mente, come se non fosse quasi passato un anno da quella lontana sera al Malfoy Manor.
“Quindi mi hai seguita, cosa hai in quella testa Malfoy? Cosa pensavi mi sarebbe mai potuto capitare? Sono venuta a trovare Lucas, non il più grande mago oscuro di tutti i tempi!”

Scorpius Malfoy se glielo avessero raccontato non ci avrebbe mai creduto, lui non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non l’avrebbe fatto se il caldo di quei giorni non gli avesse mandato in palla il cervello. “Lucas, ancora con questa storia Potter? Non ti sarai innamorata di quel babbano?”
“Non credo siano affari tuoi Malfoy!” Ma lui, Scorpius Malfoy, non la pensava proprio così in quel momento. Non l’avrebbe mai ammesso. Non avrebbe mai trovato le parole per spiegare alla Potter o a chicchessia quello che gli stava passando per la testa e se avesse dovuto proprio dirla tutta, non avrebbe avuto la minima idea di come spiegarlo a sé stesso. Quando era cominciato? O perché? O se avrebbe mai trovato una soluzione a tutto questo? E l’unica cosa che gli riuscì di fare fu baciarla. Non l’aveva premeditato. Lui quel pomeriggio era uscito di casa per parlare con lei, per dirle quanto fosse bella mentre tutta concisa studiava in biblioteca con una piuma tra i capelli o quanto lo facessero sorridere tutte le sue strambe idee di conquista del mondo. Il suo modo buffo di camminare, il suo agitarsi per ogni minima frivolezza come se non ci fosse rimedio, le guance rosse con la prima neve e l’aria annoiata già dai primi giorni di sole. Ma non parlò. La baciò.

La baciò con rabbia, con quella folle idea che Lucas Black gliela avrebbe portata via. Con la rabbia di farle capire che lei doveva guardare lui e non quello sciocco babbano. Con la rabbia di una persona che finalmente ammette a sé stessa i suoi sentimenti. A Scorpius Malfoy piaceva Lily Potter. Le piaceva da matti. Le sue labbra gli piacevano, labbra che per una manciata di secondi avevano risposto alla furia di quel bacio. Una manciata di secondi.
Scorpius non se ne accorse nemmeno, uno schiaffo l’aveva colpito in piena faccia e lei non era più lì. Volatilizzata.

“E ora come spiego a mamma e papà che Lily è scomparsa?” Scorpius Malfoy pensava che al peggio non ci fosse fine, ma doveva ricredersi, il suo migliore amico, barra fratello dell’interessata, era proprio lì. Dieci passi da lui, sconvolto. “Posso spiegare!”
“Prima è il caso di trovare Lily, credo si sia smaterializzata accidentalmente!”
Albus Potter quella sera, sfortunatamente per lui, aveva diverse gatte da pelare. In primis trovare sua sorella, che Salazar solo sapeva come era riuscita a smaterializzarsi senza averlo mai fatto in vita sua e per secondo, torchiare finalmente il suo migliore amico. Lui, era comunque Albus Potter, e che il suo migliore amico provasse interesse per Lily non doveva di certo venirlo a sapere così, gli era bastato osservarlo in quei mesi per appurare la situazione. Aveva semplicemente aspettato da bravo Serpeverde che fosse lui a girare le carte.

 
***

“Ti sei smaterializzata?” Esclamò Petunia mollando lì i suoi vestiti e avvicinandosi verso Lily. “E poi …”.
Lily prese area, si appoggiò alla finestra e finì di raccontare la storia assurda che le era successa.
“E poi nulla …  mi sono smaterializzata nel parco giochi ad un isolato da qui e me ne sono tornata casa. Per fortuna non c’erano babbani in giro a quell’ora!”

In realtà non era andata proprio così, Lily accortasi di non essere più di fronte a Malfoy era entrata in panico. Per due diversi motivi: primo si era smaterializzata da sola, sena averlo mai fatto prima e senza aver ancora compiuto la maggiore età; secondo Malfoy l’aveva appena baciata, senza nemmeno darle un preavviso di quello che stava per succedere.
In quei mesi, più volte, aveva pensato di baciare Malfoy. In uno dei corridoi del terzo piano, in biblioteca e nell’aula in cui avevano preparato la pozione ma, lei non aveva minimamente immaginato che anche lui volesse baciarla. Come era potuto succedere?

“Albus e Scorpius?”

“Quando sono rientrati a casa io ero già lì. Avevano delle facce Tunia – Lily rise all’idea di aver fatto preoccupare quei due – e, ovviamente vuoi che non ci scappava una punizione!?”.
Lily, come spesso avveniva, si era beccata la sua ennesima punizione. I fatti si erano svolti più o meno di quest’ordine: Albus, vedendola in cucina pronta ad azzannare un sandwich, aveva dato di matto. “Come hai fatto? Dove eri finita? Siamo stati in giro per ore – indicò il suo caro e migliore amico Scorpius, lì al suo fianco e in silenzio – quando mamma e papà lo sapranno si infurieranno a morte Lily!”; Albus, quella sera a cena, aveva raccontato tutto l’accaduto ai suoi genitori. Sua madre era rimasta senza parole e suo padre, che non l’aveva mai punita in quindici anni, le aveva sequestrato la scopa e bloccato il conto alla Gringott.

“E Scorpius!” Insistette, ancora, sua cugina Petunia stanca di sentir parlare di tutto tranne che di Scorpius.
“Se ne andato prima che rientrassero i miei. Non sono neanche riuscita a parlarci? Mi sono smaterializzata … Petunia, io non credo che una cosa del genere sia mai successa. Penserà che mi ha fatto schifo? O che lo odio …” Iniziò a blaterale tirandosi indietro i capelli.

“Quindi ti è piaciuto?” Questo era l’unica informazione che Petunia era interessata a conoscere. Certo, tutto quello che era avvenuto dopo il bacio era da annoverare nelle stranezze di Lily e con molte probabilità avrebbe passato qualche mattina al San Mungo o al Ministero per farsi dare una controllata ma, l’unica cosa veramente importante erano gli ultimi soliloqui di Lily. Le era piaciuto il bacio con Malfoy e tanto bastava.
“Si. E ora che facciamo?”
“Ci facciamo belle e ci intrufoliamo nella festa privata che stanno organizzando!”. Esclamò Petunia dirigendosi verso la cabina armadio di Lily.
“Adoro le feste!”.
***

In una sala riservata del Ministero della Magia, un gruppo poco omogeneo di maghi e streghe, stava prendendo posto per dare inizio ad una delle riunioni più segrete degli ultimi anni. Quello che non sapevano, quei maghi e quelle streghe, erano tutti gli obiettivi all’ordine del giorno da confermare, migliorare e approvare.

In fondo alla sala sedevano quattro Auror: Teddy Lupin, rientrato a Londra quella mattina, dopo aver concluso la sua missione nel peggiore dei modi. Molly Weasley, armata di taccuino e bacchetta e disarmata del suo orgoglio dopo il fiasco, in Cornovaglia, della sua missione top – secret; Louis Weasley, mandato a chiamare quella mattina presto, con una passaporta già pronta per farlo rientrare il più velocemente possibile nel suo paese. Un po’ ammaccato ma felice di essere rientrato; Marianna DeBettini, Auror Italiano, che non aveva voluto sentir ragione e a discapito di tutto, aveva seguito il suo fidanzato in Inghilterra. All’altro capo del tavolo, la squadra di ricerca più male assortita che tutto il paese avesse mai visto, continuava a discutere delle ultime scoperse. Con dei picchi di tonalità piuttosto alti. I quattro Auror, guardandoli, non avevano ancora deciso se ridergli in faccia senza badare a spese o se continuare a stare zitti sperando di capirci qualcosa.

Hermione Granger e Draco Malfoy, discutevano da parecchi minuti sugli appunti di Albus Silente. Lucy Weasley li osservava in silenzio. Ogni trenta secondi, girava la testa e osservava la sorella, sorrideva e tornava a guardare gli appunti, Malfoy ed Hermione.
Non si sa bene dopo quanto tempo ma ad un certo punto la porta di spalancò. Harry Potter e il suo assistente Franz Van Liszùn avevano fatto il loro ingresso. La riunione poteva iniziare. La prima questione all’ordine del giorno e che nessuno di loro aveva supposto potesse esistere, fu sollevata da Hermione Granger, chi altro se nò!
“Prima di iniziare la riunione, credo ci sia qualcosa che tu, Harry, dovresti decidere!”.

Qualsiasi cosa fosse, Harry, non ne aveva la minima idea. Il suo orologio da polso segnava le otto di sera, per tutto il giorno era stato rintanato nel suo studio a firmare documenti su documenti. Approvazioni di trattative con la Spagna, l’esportazione di un nuovo prodotto altamente pericoloso ma indiscutibilmente fruttuoso con il Marocco ecc. ecc. Harry, si chiedeva per quale assurdo motivo, se tutti i documenti erano già stati approvati dai capi dipartimento, dovessero essere firmati anche da lui. Odiava la burocrazia. “Sarebbe!”.

“Dovresti attuare e approvare un consiglio privato del Ministro della Magia. Una squadra che gestisca più rapidamente la burocrazia e con cui riunirti per una visione a trecentosessanta gradi ti tutte le questioni del paese. Con tutto quello che sta succedendo, non puoi gestire tutto da solo. Che ne pensi?”. Harry osservo la sua migliore amica allungo e si rese conto che non aveva tutti i torti, gli serviva qualcuno che lo aiutasse. Qualcuno di cui si fidava e che non si chiamassero Hermione Granger e Franz Van Liszùn.
“Non è un’idea malvagia, ovviamente la procedura sarà molto lunga e mi porterà via più tempo di quanto ci abbia messo tu a pensarlo, vero Herm?”. Harry non voleva scoraggiare Hermione, soprattutto perché l’idea era ottima ma, seriamente parlando, ci avrebbe messo mesi per far approvare un consiglio privato. “Sciocchezze, il Wizengamot ha approvato. Metti due firme su questi fascicoli, presenti una lista di candidati e noi ne approveremo cinque. Entro lunedì, ora andiamo avanti … parola agli Auror”.

Louis e Marianna, per una buona ora, si cimentarono nel racconto altamente dettagliato sul bliz a cui avevano preso parte in Maremma. “In conclusione, il dipartimento Auror Italiano, pensa ci sia stata una soffiata. Questo vuol dire che c’è una talpa o più una all’interno del Ministero Italiano.” Soffiò Louis spossato dal racconto.
“Per questo motivo è stata creata una squadra di Auror autonoma. Io e Louis siamo dentro, così facendo riusciremo a seguire i progressi e possibilmente ad arrestare i terroristi.” Continuò per lui Marianna. Louis non le aveva chiesto nulla. Lei, senza chiedere, come se conoscesse la sua famiglia da molto prima di lui, era scesa a patti con sé stessa e l’aveva seguito fin lì. La squadra speciale di cui facevano parte non doveva entrare in contatto con nessuno e, nessun membro era autorizzato a parlarne all’infuori della squadra. All’inizio, Louis aveva pensato che il loro capo squadra gli avrebbe fatto giurare o firmare qualche liberatoria magica che gli avrebbe impedito di sviscerare i piani e le mosse che sarebbero state elaborate. Così non era stato e non avendo nessun vincolo, né lui né Marianna, erano pronti a raccontare ad Harry le poche ed ultime novità. “Il mio dipartimento ha le prove che siano ancora in Italia. È stata riscontrata la stessa magia nera in un’aria isolata sulla costa della Sicilia. Ci stiamo riorganizzando.” Soffiò Marianna. Si mise comoda sulla sedia e osservò il suo fidanzato. Lui, quel ragazzo, era il motivo per cui era lì. Non voleva tradire il suo paese. Non l’avrebbe mai fatto ma era conscia del fatto che l’unica persona che avrebbe potuto snodare la matassa, altro non era che Harry Potter. Louis l’aveva portata in quella stanza e ne era grata.  “Ci servirà qualche mese per riorganizzarci e poi riattaccheremo!” finì Louis dopo aver stretto la mano di Marianna.
“Tornerete in Italia domani stesso. Con la prima passaporta disponibile. Trovate un alibi per oggi e continuate con il vostro lavoro. Molly, vuoi parlarci della Cornovaglia?”.

Molly osservò sua sorella e poi il suo fidanzato prima di prendere parola. “Zio, permettimi il linguaggio ma, è stato un cazzo di fiasco!” Smottò, conscia del fatto che a suo zio non sarebbe bastata come riposta.
“Per più di un mese ho cercato di capirci qualcosa in quegli appunti. Nulla. Non c’era nulla che avesse un senso. Mappe di luoghi che ho setacciato palmo a palmo, per giorni. Fotografie di persone non collegate al caso. Maghi e babbani, li ho interrogati uno per uno. Nulla neanche lì.” Molly, la nipote più paziente che avesse, in quel momento era irascibile e frustrata.
“Poi il signor AppleWhite viene a confessarci quello che è successo anni fa, alla sorella Lelia. Sia chiaro, io non sono una donna empatica ma per un momento ho pensato: povero professore, mai una gioia. Beh ci ho ripensato quando si è rilevato del tutto inutile!”.
Molly, dopo aver interrogato il professore AppleWhite, credeva di aver trovato una luce in quella notte infinita. Così non era stato. Era stata costretta ad arrestare il suo ex professore, metterlo agli arresti domiciliali e sorvegliarlo giorno e notte, due giorni dopo che si erano messi a decifrare quei dannati e incomprensibili appunti. “Non so cosa sia successo di preciso, avevo toccato quella scatola moltissime volte in quei giorni. Poi l’ha toccata lui ed è scattata la maledizione. È completamente impazzito, non potevo fare altrimenti. Zio mentre lui impazziva e sguainava la bacchetta la scatola è bruciata lasciando questa pergamena.” Molly passò la pergamena a suo zio Harry e a sua zia Hermione. Lucy, interessata dal racconto, si avvicinò agli zii per poter meglio osservare le parole incise nere su bianco su quella vecchia pergamena.

“E’ un cerchio alchemico!” Furono le parole prime parole di Lucy. “Posso studiarlo ma non sono un’alchimista, zio è il caso che tu ne trova uno e che sia bravo.” Harry sapeva quanto sua nipote Lucy avesse ragione. Già da qualche settimana era alla ricerca di un alchimista che li aiutasse a decifrare la modalità di funzionamento dei macchinari trovati nella villa in Maremma. Nessuno però gli era sembrato all’altezza della situazione. Dove avrebbe mai potuto trovare un buon alchimista? Di certo, come aveva potuto accurare, in Inghilterra non ce ne erano.
“Lucy se riesci a capirci qualcosa informa me ed Hermione. Molly, per l’amor di Godric, rilascia il professore AppleWhite. È stato curato e non c’è nessun bisogno di tenerlo segregato in casa. Ed in fine, se non c’è più niente di utile in quella casa, raccogli tutto ed archivia. Hermione, Draco – strascicò Harry – novità dalla scuola?”.

Il turno, di quella strana coppia di nemici, era arrivato. Harry non aveva ancora ben capito come, e quando, si era evoluta quella situazione. Hermione, una mattina, di buona lena gli aveva proposto Malfoy per sbrigare quella faccenda e lui, stanco di tutti i fallimenti precedenti, non aveva potuto dire di no. Figurarsi, gli mancava solo uno scandalo giornalistico per non aver appoggiato l’aiuto del suo più vecchio nemico e poi si sarebbe potuto rifugiare in Alaska per la vergogna.

“La piuma dell’accettazione e il libro dell’ammissione sono stati gravemente danneggiati…” Malfoy non aveva proferito parola per circa due ore. All’inizio non aveva ben capito perché si trovasse lì. La Granger poteva benissimo occuparsene da sola senza trascinarlo fin lì, invece, senza remore non gli aveva dato possibilità di scelta. Col senno di poi, avrebbe ammesso, che stare lì, nella stanza dove tutti i nodi del caso venivano esposti, non era una cattiva idea. Soprattutto perché lui, al quel punto, faceva parte della squadra. Non si era neanche accorto di quando fosse successo. Lui? Draco Malfoy, lavorava spalla a spalla con Sfregiato e la Granger. Lui, Draco Malfoy era, probabilmente, il meno sciockato dell’assurdità della situazione.
“E’ un’antica maledizione. Sapete il funzionamento degli artefatti no? La piuma e il libro si mettono d’accordo. La piuma è pronta scrivere i nomi di ogni bambino che sin da piccolo presenti tracce di magia, il libro ne blocca la scrittura finché non è certo che non sia magia residua della madre. Il loro è un compromesso che è stato distorto. Se la penna non insiste per scrivere il nome il libro non prende il bambino in considerazione, per questo motivo manca il nome della Black!” finì Malfoy, calmo e rilassato al contrario di tutti gli altri in quella stanza.

“Quindi potrebbero mancare altri nomi?” Intervenne Marianna, curiosa del funzionamento dei due artefatti. “A questo proposito ho richiesto di consultare gli appunti di Silente.” Disse entusiasta Lucy “Dai primi controincantesimi di Silente, che ho provato, sembra che la maledizione fosse prettamente indirizzata alla bambina Balck, come successe allo zio Harry con il Calice di Fuoco.”

“Silente aveva appunti su quella faccenda?” Intervenì Harry allibito dalla scoperta. “Non ne ero a conoscenza nemmeno io Harry, una intuizione di Lucy!” Proferì Hermione facendo cenno alla nipote di riprendere il discorso. “Seguirò gli appunti di Silente e vedrò cosa riuscirò a scoprire e se riuscirò a risalire alla bacchetta che ha lanciato l’incantesimo. Ho bisogno di qualche altro giorno.”

“Tutto il temo che ti serve. Pensa tu quel vecchio di Silente… anche da morto non riesce a fare a meno di non metterci lo zampino!”.

Dopo tre ore in quella stanza, Teddy finalmente, prese la parola. Era l’ultimo a parlare. Tutti erano stanchi e non vedevano l’ora di rientrare dalle loro famiglie. Lui, comunque, non aveva molto da dire, non in quella stanza. Aveva effettuato un’attenta ricerca sul nonno di Lucas: le sue amicizie, i luoghi in cui aveva vissuto, dove aveva lavorato, con chi e dove si era incontrato, come aveva conosciuto la moglie e chi erano le amicizie della moglie … non aveva dimenticato nulla. Passo dopo passo, ogni parola che aveva raccolto su quell’uomo l’avevano portato lì.
“Nessuna novità, Harry. Quell’uomo è un mistero!”.
Mentre ognuno di loro si apprestava ad andar via dal Ministero, con la scusa di un saluto affettuoso, Teddy Lupin fece scivolare una busta nella tasca sinistra del suo padrino. Sorrise ad Harry e gli promise di portare la sua bambina al pranzo pasquale.
Harry Potter tastò la tasca con disinvoltura. Un brivido gli percorse la schiena e capì: la verità stava in quella busta.

 
***

La sera del due maggio era stranamente limpida. Non si scorgeva nemmeno una nuvola all'orizzonte e la temperatura, anche se sera, si era mantenuta più tosto alta. Lily e Petunia, vestire di tutto punto, stavano decidendo in che modo arrivare alla festa e come si sarebbero imbucate. Il problema principale però era un’altra, nessuna delle due aveva la minima idea su dove dovessero andare. Albus non era in casa da ore e James non era nella lista degli invitati. A quel punto della serata, entrambe, dovettero ammettere che il piano faceva acqua da tutte le parti. “C’ė un’unica soluzione” intervenne Lily, stanca di camminare per la stanza come una prigioniera in gabbia. “Chiediamo aiuto a Rose.”

Petunia, che in quegli anni aveva ben capito come ragionasse la Weasley, aveva intuito prima del tempo che la loro richiesta di aiuto sarebbe stata l’ennesimo fiasco.

Al contrario di quello che sarebbe opportuno pensare, Lily aveva più libertà di quello che dovrebbe essere consentito ad una ragazza di quindici anni. Con la scusa di non avere i genitori in casa tutto il giorno tutti i giorni, con James che da mesi si era trasferito a Londra, l'unico parente che Lily vedeva assiduamente era suo fratello Albus. Albus, da come è stato possibile appurare, era un serpeverde fatto e finito. Passava gran parte delle sue giornate in camera a studiare, la sera usciva con gli amici e Lily, se non fosse stato per le sue cugine ed Alice, gironzolava per casa senza nulla da fare, ad esclusione dei compiti delle vacanze. Per questo motivo, ogni volta che si presentava l’opportunità, si dava un gran da fare per cacciarsi nei guai. Per questo motivo, entrava ed usciva di casa senza che nessuno venisse a saperlo. La maggior parte delle volte, quando non ne combinava una delle sue. Così armate di polvere volante, le due cugine, si apprestavano a raggiungere Rose.

 

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Capitolo 20
*** CAPITOLO QUINDICI ***


CAPITOLO QUINDICI

 
 
Rose Weasley, diciassettenne irrequieta, sapeva bene che prima di una festa made in Serpeverde, era bene nutrirsi. E anche bene. Lei e la sua migliore amica Sophia, accomodate alla penisola in marmo che sua madre si era fatta fare su misura, mangiavano i resti del pranzo che sua nonna Molly, ogni giorno, preparava e portava a casa di Hermione Granger.

Nonna Molly non aveva preso per niente bene, anni prima, il divorzio di suo figlio da Hermione. Per i primi mesi non aveva rivolto parola alla donna, poi stanca della situazione e comprensiva nei suoi confronti, si era arresa all’evidenza: suo figlio Ronald, per quando si avvicinasse alla cinquantina non era per molte sfaccettature maturato come avrebbe dovuto essere. E in aggiunta, con il passare degli anni, la sua gelosia nei confronti della moglie era degenerata a dismisura. Molly aveva capito che una donna come Hermione difficilmente poteva sopportare tali angherie.
Lei aveva un lavoro al ministero, viaggiava molto e partecipava ad eventi e cene che, nolente o volente, la mettevano in mostra davanti agli occhi della società. In oltre si rese conto Molly, dopo mesi, il razzismo e la poca empatia di Ronald, erano difficilmente sopportabili. Questo l’aveva intuito, quando, venuta a conoscenza della relazione di Rose con il rampollo degli Zabini, Ronald non riusciva a farsene una ragione. Dopo anni continuava a marcare differenze inesistenti e ad opporsi alle amicizie della ex moglie e dei figli. Litigava con Harry per i suoi rapporti di lavoro con i Malfoy e i Nott, due famiglie che in quegli anni avevano lavorato molto per riscattarsi e, criticava Ginevra per aver creato un rapporto di amicizia con Astoria Malfoy: “Non basta che i nostri figli siamo amici del figlio di Malfoy, tu, mia sorella, dopo tutto quello che ci hanno fatto, fai comunella con quella donna. Andate a fare spese insieme e che altro? Vi smaltate le unghie?”. Suo figlio era insopportabile, bigotto e non propenso al cambiamento ed era per questo motivo che, dopo aver smaltito la rabbia, aveva smetto di provare risentimento per la sua ex nuora. Le preparava il pranzo, conoscendo bene la sua scarsa indole alla cucina, passava per un caffè e la invitava, volentieri, ai pranzi di famiglia.

“Tua nonna è un’ottima cuoca” esclamò Sophia, imboccandosi l'ultima cucchiaia di cous cous. “Per fortuna o moriremmo di fame in questa casa, Hugo vuoi cenare?”. Hugo aveva appena fatto il suo ingresso. Era in tuta, annoiato e la sua voglia di vivere era pari allo zero. “Credo che mi lascerò morire sul divano.” Esclamò prima di spostarsi in terrazza e affossarsi su uno dei divanetti. “Perché tuo fratello è così depresso?”

Rose non aveva la minima idea su cosa rendesse Hugo così sconfortato. Era arrivato in quelle condizioni da Hoqwarts e per quante volte avesse provato a chiedergli spiegazioni, non era riuscita a cavarne un ragno dal buco. “Dammi un attimo!”. Rose lasciò la sua migliore amica in cucina e per l’ennesima volta tentò un approccio amichevole con il fratello.
“Hugo” iniziò melliflua, poggiando sulle gambe il suo piatto di cous cous “Non ti ho visto toccare cibo oggi, per favore, mangia.”. Suo fratello non ci provava nemmeno a darle retta, stava lì ad osservare il panorama che quel terrazzo offriva, tormentandosi silenziosamente su chi sa quale avvenimento.
“Stavo pensando…” Rose non era una ragazza arrendevole. Se Hugo non voleva dire cosa l’avesse turbato, non le importava. Come sorella però non riusciva a non sentirsi in dovere di fare qualcosa, qualunque cosa, per cercare di aiutarlo. “Forse dovresti andare a casa di papà. Saresti vicino a Lily e Petunia, potreste studiare e fare una partita a quidditch … svagarvi un po’ prima del rientro a scuola.”
“Sto bene qui. Non ho voglia di andare da papà. È depresso e starei ancora peggio di come sto!”. Questo era vero, dovette ammettere a sé stessa Rose. Suo padre era sull’orlo della depressione. I primi tempi prima del divorzio suo padre era arrabbiato e frustrato. Con il tempo sembrava essersene fatta una ragione e il suo umore era migliorato egregiamente. Lavorava bene, andava a vedere le partite e giocava a carte con gli ex colleghi Auror nelle sere libere. Qualche mese prima tutto era precipitato, di nuovo.
Rose e Hugo avevano letto la notizia sulla gazzetta del profeta, a scuola se ne era parlato per qualche giorno e qualche battuta fuori luogo era stata rivolta ad entrambi. Loro però come avevano imparato nel tempo, avevano fatto orecchie da mercanti. Cosa che Ronald, invece, non era riuscito a fare. Aveva scritto ad entrambi per avere informazioni e si era messo in testa che l’articolo di giornale dicesse il vero. Anche fosse? Rose ripensandoci non capiva dove fosse il problema. Sua madre era una donna in gamba, single e aveva tutte le carte in regola per avere una relazione. Pensando all’articolo però, dovette ammettere che le parole lusinghiere sul suo conto erano ben poche.
 
 
SELVAGGINA FRESCA PER HERMIONE GRENGER
Miei adorate lettrici e lettori, nella giornata odierna verrete a conoscenza di come l’amore può nascere a qualsiasi età o quasi. Harold Fawley, noto imprenditore del Galles e vincitore per cinque volte consecutive del torneo di caccia alla volpe, è stato fotografato (ieri notte) in dolce compagnia. Come tutte noi sappiamo, Harold, 38, è uno degli scapoli d’oro più ambito del paese. Bello, ricco e di buona famiglia, ha preso le redini della compagnia del padre e in pochissimo tempo si è fatto conoscere non solo in Europa ma anche oltre oceano. Quindi è ovvio domandarsi chi? Chi potrebbe mai stare al fianco di un uomo del suo livello. Bene, lettori, togliamoci il dubbio … anche se sono convinta che avrete già osservato bene la foto! È proprio lei! Hermione Granger, ex Signora Weasley.
Per anni era girata voce che avesse una relazione con il nostro adorato Ministro, Harry Potter. Che la loro relazione fosse la causa del divorzio di una delle coppie più chiacchierata di Inghilterra e che dopo un tale scandalo avessero interrotto la loro relazione. Non sappiamo come si è svolta la storia (per adesso) ma abbiamo una certezza: la Granger non smette di colpire!
Negli anni ha avuto innumerevoli relazioni amorose, vi dice qualcosa il nome Krum? Poi ha incentrato il suo interesse su Ronald Weasley con cui ha avuto due figli, Rose, 17 e Hugo, 15, per lasciarlo con un tremendo divorzio che lo impoverisce ogni giorno di più. Fonti certe, assicurano, che la cifra degli alimenti percepiti dalla Granger abbia diversi zeri.
Oggi, per non accontentarsi, ha allungato i suoi seducenti artigli su Harold (sei anni più giovane di lei) e domani? L’ex Signora Weasley avrà intensioni serie con Harold? O è solo un passatempo per alleggerire il forte stress lavorativo?
 Questa nuova storia d’amore fiorirà? Starà a noi scoprirlo! Al prossimo aggiornamento e buona giornata dallo Staf di StregaOggi.  

Immensamente Vostra S. 
 
“Credi che mamma abbia veramente una relazione con quel tipo?”. Hugo osservò la sorella. Quell’articolo, lui, non l’aveva minimamente considerato. Sua madre non era una donna dai facili costumi. Se avesse conosciuto un uomo e ci avesse iniziato una relazione ne avrebbe certamente parlato con loro. Non avrebbe aspettato che uscisse la notizia sulla gazzetta per coglierli impreparati. Ne era assolutamente certo. “Erano falsità. L’avremmo saputo!”
“Papà ci crede!” insistette sua sorella. “Papà non si è mai veramente ripreso dal divorzio. Crederebbe a tutto. Anche alla storia di mamma con zio Harry, se lo zio non fosse il suo più caro amico!”. Sua sorella era una ragazza eccezionale. Aveva ottimi voti in tutte le materie, era caposcuola, era rispettata e amata in tutto il castello, sin da piccola aveva sempre tenuto testa alla mamma cosa che lui non era mai stato in grado di fare. Per quanto il cappello parlante l’avesse smistata a Serpeverde, Hugo l’aveva sempre ritenuta coraggiosa e forte, molto più di lui. Cerano quei momenti, quando si metteva in mezzo la famiglia, in cui sua sorella assomigliava ad una bambina indifesa e non alla guerriera che sfoderava la bacchetta contro chi unque infrangesse le regole. Così indifesa che l’abbracciò con forza, perché non importava che lei non sapesse nulla di lui, che non lo capisse e che per la maggior parte del tempo vivessero due vite separate, Rose era sua sorella. Quando aveva qualche dubbio o era preoccupata per la loro famiglia, lei correva da lui e lui ne era infinitamente grato. “Mi sono lasciato da poco … per questo sto un po’ giù di morale!”.
“Porto buone nuove, Lily e Petunia sono qui per chiederci un favore!” Sophia li aveva interrotti prima che Rose potesse solo replicare alla confessione del fratello e che Sofia, Lily e Petunia li raggiunsero in terrazzo e si accomodarono sulle due poltroncine restanti.
 
***

Albus Potter aveva ancora un’ora prima di poter raggiungere i suoi amici. Aveva passato l’inizio della serata con una Serpeverde più piccola di lui di un anno. L’aveva portata a cena fuori e poi, prima di morire di inedia, con la prima scusa che aveva trovato l’aveva riaccompagnata a casa.
In quel momento passeggiava per Hogsmeade con l’intenzione di bere una burrobirra ai tre manici di scopa. Hannah avrebbe chiuso il locale a breve quindi era meglio per lui che si affrettasse.

Come si aspettava, il locale era quasi del tutto vuoto ad eccezione di qualche abitante del villaggio e delle due ragazze facenti parte della sua squadra. “Capitano!” pigolarono in coro come due oche giulive. Albus non riusciva a capacitarsene. Aveva scelto due ragazze in gamba: brave in campo e negli studi ma in sua presenza non riuscivano minimante a fare una conversazione intelligente. Rose ipotizzava fossero cotte di lui e che l’agitazione nell’averlo accanto non permetteva loro di collegare il cervello. Albus pensava fosse una stronzata. Quando frequentava Sophia anni prima, non aveva riscontrato di questi problemi ed era certo che la sua cara amica si fosse presa un’infatuazione non da poco per lui.
“Ragazze che fate qui?”
“Siamo rimaste al castello e la preside ha dato a tutti il permesso di uscire. Il professore Longbatton ci riaccompagnerà tutti al castello prima delle undici!” Apostrofò la sua cacciatrice dopo aver mandato giù tutta la burrobirra che le restava nel bicchiere.
“Generosa la preside.”
“Molto, e tu come mai in giro da queste parti?” Chiese il suo portiere allungandosi verso di lui, in una posa che doveva sembrare provocante.
“Soliti giri … sapete …” disse accomodandosi al tavolo delle ragazze senza ricevere invito.

“Al che ci fai qui a quest’ora? Eh? Ti porto una burrobirra?” Hannah Longbatton gestiva la locanda da quando Madama Rosmerta si era ritirata in campagna. Faceva tutto da sola dato che la figlia maggiore, Augusta, non era ancora tornata dal suo viaggio in giro per il mondo ed Alice doveva ancora finire il quinto anno. “Con la noce moscata sopra” le sorrise. Albus aveva sempre pensato fosse una donna buona e generosa. Sorrideva sempre e non si arrabbiava mai con Neville, anche se in casa era un vero disastro.

“E’ la moglie del professore vero?”

“E anche la madre di quella rossiccia anomala che sta sempre con Lily Potter!”

“Come si chiama?!”

“Non ricordo ma era alla festa di compleanno di Petunia quest’inverno…!”

“Capitano, tu la conoscerai sicuramente?!” esclamò la cacciatrice sbattendo un po’ troppo le ciglia.

“Mi conosce molto bene… la tua burrobirra Albus!”. Alice era comparsa alle sue spalle ed era sparita senza che lui avesse il tempo di accorgersene e reagire. Osservò le ragazze e notò quel pizzico di cattiveria e soddisfazione nell’aver appena sbeffeggiato la loro compagna di scuola. Per un istante sentì una rabbia ceca affiorare per quelle due. Avrebbe dovuto rimetterle al loro posto, urlare qualcosa e deriderle come avevano fatto pocanzi ma non lo fece. Al contrario si alzò, lascio qualche moneta sul tavolo e le mollo lì. Educatamente, ovviamente.  “Scusatemi!”

“Dove vai Capitano?!”

Albus osservò il locale alla ricerca di Alice. La notò appena in tempo uscire dalla porta posteriore e senza pensarci la seguì, percorrendo la via poco illuminata che collegava i tre manici di scopa alla casa di Neville. “Alice!”. La migliore amica di sua sorella rallentò il passo per dargli il tempo di raggiungerla. Era piccolina ma aveva una velocità notevole. “Ti chiedo scusa per loro, sono state cattive e indelicate …”
“Non m’importa di quello che anno detto, da due ragazze come loro non ci aspetta altro! Ma tu… non siamo amici è vero, ma ci conosciamo da quando siamo piccoli. Io e Lily siamo migliori amiche, mangio al tuo tavolo e tu al mio da sempre e non hai detto mezza parola per difendermi! Da te non ci aspetta certe cose.!” Concluse Alice riprendendo la sua camminata veloce e varcando il cancelletto di casa poco dopo.

Albus Potter rimase umiliato da quel discorso. Non aveva mai pensato nulla di cattivo su Alice e, non aveva risposto a quelle ragazze per il semplice fatto che se avesse detto qualcosa di positivo su di lei ci avrebbero ricamato sopra, costruito storie e lui non voleva nulla di ciò. Non voleva infangare la sua reputazione per uno stupido pettegolezzo. Avrebbe dovuto spiegarglielo prima o poi, ma l’orologio segnava le undici e i suoi amici lo stavano aspettando.

Si smaterializzò sotto gli occhi di Alice che da dietro le finestre della porta non aveva mai smesso di osservarlo.
 
***
James Potter quella sera era stato incastrato. Sua cugina Victoria, scortata da due Auror, si era presentata a casa sua ore prima e li aveva affidato il caparbio compito del babysitter. “Teddy, Godric solo sa perché, ti ha scelto come padrino quindi fa il tuo dovere senza fare danni!”.

Victoria, sapendo del rientro del marito, aveva deciso di festeggiare il suo compleanno in maniera adeguata e, non poteva di certo con sua figlia in casa. Suo fratello per quanto ne sapeva lei era in missione e sua sorella, con la scusa di una festa, se ne era lavata le mani. A malincuore aveva affidato sua figlia a James, sperando che la facesse arrivare viva al giorno dopo.

Dominique venuta a sapere della situazione, con la scusa di voler passare un po’ di tempo con la nipotina prima di andare alla festa, si era presentata da James per ora di cena portando con sé ravioli cinesi e nuvole di drago.
Stavano cenando sul divano con la tv accesa. Flo aveva preso sonno da poco e loro due, come due estranei per l’ennesima volta, non sapevano cosa dirci. “Dovremmo far scoppiare quest’elefante una volta per tutte!”
“Elefante…”
“E’ un modo di dire James, cosa c’è che non va? Hai preso le distanze da me… non mi parli da settimane”.

Nicky aveva ragione. Aveva alzato delle barriere invisibili e a fatica riusciva a contenerle. “Parto a metà settembre. Hanno accettato la mia richiesta, raggiungo tuo fratello!”

“Che cosa? È una missione di livello S quella di mio fratello, non possono averti mandato!”

“Ho i voti migliori, sono bravo e sono un Potter…”
James stentava a crederci. Per giorni aveva creduto che rifiutassero la sua richiesta per l’inesperienza ma a quanto pareva il dipartimento era accorto di Auror e il ministero italiano aveva richiesto che gliene mandassero qualcuno in più, così era stato accettato senza troppi convenevoli. “Chi sa di questa cosa?”
“Solo tu. Devo ancora dirlo a mamma e a papà. Mamma andrà su tutte le furie!”
“E che altro?!”

James conosceva Nicky come le sue tasche. Sapeva bene che non si sarebbe accontentata di quella rivelazione. Sapeva che lei sapeva. E come tutte le donne preferiva sentirselo dire a voce più tosto che logorarsi per giorni, settimane, mesi su qualcosa che non avrebbe potuto controllare o decidere lei stessa.

“La finiamo qui.” Brutale, senza macchia. Solo come lui e Lily sapevano fare. Senza giri di parole perché tenersi dentro un peso così grande lo stava logorando. Stare lontano da lei senza darle una spiegazione adeguata era ingiusto e insensibile. Lui aveva sofferto così tanto per amore e, in quel momento, decise che non avrebbe fatto patire il suo stesso dolore a nessuna. Mai, nella sua vita. “Nicky, non ha senso continuare la nostra relazione. Lo sai bene anche tu?”

“Ti amo come una sorella ed è brutto dirlo ma ogni minuto con te mi fa sentire sporco e sbagliato. Mi sento come se stessi commettendo un delitto capitale che nessuno scoprirà mai e per la quale non verrò mai punito. E non so come chiederti scusa, come avere il tuo perdono – respirò a fondo per trovare la forza di continuare, prima che lei lo interrompesse – perché sei una delle persone più importanti della mia vita. Mi hai aiutato in uno dei momenti più difficili che ho dovuto affrontare e prima ancora mi hai insegnato l’amore puro. Un amore in quantificabile che ti sta spezzando il cuore e non so come aiutarti. Perché non posso aiutarti. Come tu hai fatto con me. Non potrò mai.”

James era certo che se avesse parlato ancora sarebbe scoppiato in lacrime. Se avesse anche solo provato ad aggiungere una sola parola il baratro in cui galleggiava l’avrebbe fatto suo e non sarebbe più tornato in superfice. Aveva reciso, brutalmente, il legame più forte che avesse mai costruito nella sua vita e questa volta non lì sarebbe stata concessa un’altra possibilità. Aveva sbagliato mesi prima, quando aveva ceduto e donato il suo corpo e la sua anima ad una donna che lo amava incondizionatamente e che l’aveva perdonato per il suo tradimento. A James parve una vita fa. Nicky non l’avrebbe perdonato mai più.

“Devo andare ad una festa. Controlla mia nipote sai com’è fatta Vicky.” Con queste ultime parole, sua cugina, lasciò la casa. James non si mosse. Non fiatò. La guardò alzarsi, infilarsi il soprabito, aprire la porta e uscire dalla sua vita. Per sempre.
 
***
Tarquin Nott all’inizio dell’anno aveva deciso di affrontare il suo anno accademico esattamente come i precedenti, cioè: all'insegna del menefreghismo più totale nei confronti delle lezioni, con un discreto interesse per le belle fanciulle che Hoqwarts gli avrebbe messo a disposizione e, in ultimo, non per importanza, ovviamente, era dell'idea che avrebbe passato buona parte del suo tempo con i suoi cari e vecchi amici.

Tarquin, giunto quasi alla fine del suo ultimo anno, si era reso conto che le cose non erano andate proprio secondo i suoi piani. Le lezioni, nessuna esclusa, impegnavano buona parte delle sue energie, le migliori a detta di lui; il tempo che passava con i suoi amici era esiguo, ad esclusione delle ore infinite in biblioteca. Odiava lo stacanovismo di suo cugino e di Albus per non parlare della supponenza intellettuale che si portavano dietro quelle due arpie di Rose e Sophia. Care ragazze.
Tarquin avrebbe voluto passare più tempo con i ragazzi, organizzare qualche bel festino privato, fare qualche capatina a Hogsmeade non programmata o qualsiasi altra cosa avesse avuto la capacità di smorzare la sua noia. Se avesse detto ad alta voce i tutti i suoi pensieri Albus, caro ragazzo, gli avrebbe indirizzato la compagnia di sua sorella. Non che avrebbe mai fatto uno sgarro del genere a suo cugino non che carissimo amico. Per intenderci!

Purtroppo, nulla del genere era successo, se non si contavano quelle rarissime volte in cui avevano avuto la brillante idea di festeggiare compleanni e vittorie alle partite di quidditch. Per la cronaca di Tarc tutto era accaduto perché suo cugino, Scorpius, si era rammollito. Non trovava un'altra spiegazione plausibile. Prima delle vacanze di Natale, passava tutto il suo tempo dietro alla Potter e alla sua idea strampalata di riportare in vita l'antichissimo casato dei Black. Poi, dopo tutto quell’eccitamento che l’aveva colorito aveva di nuovo cambiato le carte in tavola. Nell'ultimo periodo, Scorpius, passava le sue giornate proprio come le avrebbe passate il più sfigato dei fantasmi della Gran Bretagna. In agonia. Aveva mollato, mesi prima, la O'Connel senza una buona ragione, secondo lui, e come era avvenuto negli anni precedenti, non passava giorno che non litigasse con la Potter. Masochismo. In ultimo, per dilaniarsi ancor di più le viscere aveva iniziato ad evitarla, la Potter, e li a quel punto aveva toccato il fondo della sopportazione.

Albus, per come la vedeva Tarquin, non aveva cambiato la sua opinione sulle donne. Passava le sue giornate di fiore in fiore, come avrebbe dovuto fare lui se, perché si c’è un se e di questo e Tarquin non riusciva a farsene una ragione, non si fosse messo in testa di conquistare prima e uscirci insieme poi, una dannata ragazzina che con lui non voleva avere nulla a che fare. Petunia Darsley. Cugina, antipatica della Potter. Cugina, coccolata, eccessivamente da Albus con cui passava molto del suo tempo in sala comune o altrove, questo Tarc non poteva saperlo.
Tarc l’aveva conquistata. A fatica se doveva essere del tutto sincero ed ora a mesi di distanza faceva fatica a mandare avanti la relazione.

Per mesi si erano nascosti, più per colpa sua che di Tunia. La sua reputazione non era impeccabile e lei, autoritaria, si era rifiutata di uscire alla luce del sole finché lui non avesse chiuso definitivamente con tutte le ragazze elencate nella sua agendina nera. Quando ciò era avvenuto e Tunia si era convinta che non fosse solo l’ennesima ragazza che si portava a letto, aveva annunciato a tutti suoi parenti della loro relazione. Tra alti e bassi era andata bene, non era stato affatturato ma era certo che Albus e Lily non gli togliessero gli occhi di dosso.

Tarquin Nott, a quel punto, aveva le mani legate. Suo padre era un uomo irreprensibile. Irragionevole alle volte. Come avrebbe mai potuto comunicarli che Petunia era la sua ragazza? Come avrebbe spiegato ad un uomo arcaico, radicato nelle analogie che a lui non importava che Petunia fosse una nata babbana?
Quei pensieri lo tormentavano da settimane e non aveva il coraggio di parlarne con Petunia. Quei pensieri che lo tormentavano da settimane, se solo l’avesse saputo prima, si sarebbe reso conto che erano le ultime angosce di cui avrebbe dovuto preoccuparsi.







 

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Capitolo 21
*** CAPITOLO SEDICI ***



 
CAPITOLO SEDICI
 
Lily si era smaterializzata per la seconda volta nel giro di qualche giorno. Poteva affermare con certezza che la prima volta era andata molto meglio. Nessun senso di nausea e vertigini almeno per quello che le faceva comodo ricordare. Perché la nausea l’aveva avuta ma, risentita dal bacio di Scorpius, ne aveva attribuito a lui la colpa. Ovviamente!
Rose aveva portato lei e Petunia in una landa fredda e desolata a nord della Scozia. Come se ci potesse essere qualcosa più a Nord della Scozia si disse Lily, tra sé e sé. Una capanna fatiscente e abbandonata ha detta di occhi poco attenti, se ne stava nel centro della radura. Il vento, terribile quella sera, sembrava non sfiorarla nemmeno. Non una tegola che traballasse, non un asse di legno che volasse via. Magia, che altro?

“Benvenute alla Bettola!” Esordì Sophia, con un sorriso sornione in bocca. “Oggi… potremmo fare la vostra iniziazione dato che … a Capodanno non ci avete fatto la grazia e l’onore di essere qui...”

“Ero in punizione…”

“Non ha importanza. E silenzio mentre vi spiego le regole”.

Sophia elencò un mucchio di regole. Lily le fece entrare da un orecchio e uscire dall’altro, da brava Potter quale era. Se c’erano delle regole, era buona norma infrangerle per quanto ne sapeva lei. Non avrebbe di certo messo da parte la sua indole solo perché, l’unico vero motivo per il quale stava lì, era baciare Scorpius. Di nuovo.

“Fate attenzione, siamo state chiare. È pieno zeppo di brutta gente qui!”. Concluse Rose prima di incamminarsi verso la Bettola. All’entrata, poco prima che raggiungessero la porta, comparve un Troll delle Montagne. Era alto quasi tre metri e puzzava di piscio e vomito. Lily era sicura che non si trovasse lì fino ad un attimo prima e non riuscì, mai, a spiegarsi come facesse a nascondere la sua ingente stazza e il suo forte olezzo. “Le Signore hanno un invito?”. Beh, per la cronaca dei fatti, Lily, non riuscì a capacitarsi del fatto che sapesse parlare. Che avesse saltato qualche paragrafo sui troll al terzo anno?

“Ecco gli inviti, Signor Troll”. Cinquettò Rose, porgendo al Troll del Montagne due spesse buste color panna.
Dopo averli controllati con parsimonia le fece entrare. Sapeva anche leggere? Questa è evoluzione sì convinse Lily. Avrebbe dovuto farci uno studio. Approfondire l’argomento subito dopo aver scoperto dove portava il passaggio segreto nella biblioteca. Il passaggio segreto che aveva trovato con Scorpius, con le dovute specifiche.
“Incantesimo Geminio, i troll sono troppo stupidi alla fine dei conti. Sicurezza al minimo come sempre in questo posto!” Osò affermare sua cugina. Dopo averle fatte entrare illegalmente. Ipocrita!
“Qui ci dividiamo. Fate buon uso della possibilità che vi abbiamo gentilmente dato!”
“Divertitevi!”.

Petunia che per tutto il tempo non aveva osato aprire bocca esplose con i peggiori improperi. Gergo che non era nel suo vocabolario giornaliero come ben si sapeva. “Quanto è dannatamente stronza la Zabini? Chi si crede di essere? Regole di la, regole di qua… la possibilità che vi abbiamo gentilmente dato …” Scimmiottò con vocalità fin troppo realistica. “Come fa Rose a starle accanto? È di una antipatia sovrumana …” e avrebbe continuato così per diverse ore se Lily non l’avesse trascinata fino al bancone. Fatta sedere su uno sgabello libero, occupando il posto accanto al suo e ordinato da bere. “Due Firewisky, grazie!”
“Smettila di criticare la Zabini… siete tutte uguali voi Serpeverdi. Qualsiasi cosa fate è una gentilezza per gli altri a parer vostro!”.
“Oh, smettila un po’. Meglio voi? E poi spiegami perché il Firewisky? Non voglio ubriacarmi! Voglio scoprire il segreto del mio fidanzato!”
“Appunto. Stiamo per carpire i peggio segreti dei cugini Greengrass, ci serve qualcosa di forte!” esclamò prima di ingurgitare alla goccia tutto il contenuto del suo bicchiere.

 
***

Dominique Weasley si era recata alla festa. Aveva tentennato, in effetti, più volte aveva pensato di chiudersi in casa e non uscirne più per parecchi mesi. Alla fine, aveva ceduto: sarebbe andata a divertirsi, avrebbe visto gente e avrebbe ballato come le piaceva fare molto tempo prima. Prima della storia infinita con James. Prima di quest’amore non corrisposto con cui da anni lottava senza accaparrarsi mai una vittoria. Dominique aveva perso. Doveva farsene una ragione, rimboccarsi le maniche e smetterla di progettare la sua vita ritagliandola sopra quella di James. Dall’indomani avrebbe ricominciato da capo. Avrebbe finito i lavori, sarebbe andata in Francia dalla zia Gabrielle e poi in Italia per seguire un corso che da mesi avrebbe voluto fare. Ma aveva sempre rimandato. E alla fine sarebbe arrivato settembre e tutto avrebbe avuto un senso. Lei avrebbe avuto senso, nel suo mondo, non in quello di James.

“Pensierosa Nicky?!”

“Oh Sophy … certo che no…anche se avrei due o tre domande da farti!”.

“Bevi e chiedi!”. Le disse porgendole un bicchiere con dentro un liquido color viola sbrilluccicante. “Sono diamanti di zucchero e qualcosa altro… ti scoppiano in bocca …” continuò, osservando la sua faccia piuttosto dubbiosa sulla natura del cocktail.
Nicky mando giù un sorso. I diamanti le esplosero in bocca, uno ad uno, e l’alcool che in realtà contenevano agirono sulle sue sinapsi. “Cosa volevi chiedermi?” la esortò la Zabini, dissoluta come ogni qualvolta entrava in quel locale. “Può aspettare. Andiamo a ballare!”. Dominique fu trascinata in pista dalla Serpeverde: ballò allungo, per ore forse e, a causa dell’alcool, si perse i due più importanti eventi di quella primavera.

 
***
Rose Weasley aveva abbandonato la sua migliore amica da un pezzo. La osservava ballare con sua cugina Nicky e pregava tutti i fondatori che non le avesse versato nel bicchiere niente che fosse troppo illegale. Per la sottoveste di Merlino!

Markus l’aveva raggiunta direttamente alla festa. Da circa un anno non riuscivano a vedersi molto spesso. Quasi mai! Per due semplici ma allo stesso tempo complicati motivi: primo, Rose stava chiusa in un castello in Scozia per circa dieci mesi all’anno e, questo rendeva oltremodo difficile il contatto visivo o carnale che fosse; secondo, da quando Markus aveva finito gli studi seguiva suo padre nei viaggi di lavoro. Imparava il mestiere di famiglia, come si suol dire. Anche se Rose non aveva ancora ben chiaro quale esso fosse, purtroppo.

Erano riusciti a vedersi a Natale ma, avevano saltato tutte le uscite ad Hogsmeade. Lui e suo padre erano rientrati per le vacanze Pasquali e, da bravi innamorati quale erano, non avevano perso nemmeno un minuto del loro tempo.
Stanchi di osservare i loro amici bere, ballare e divertirsi, di comune accordo deciserò di smaterializzarsi a casa di lui. “Sono sicura che Albus porterà a casa Lily e Petunia!”

“Certo che sì. Perché mai tuo cugino non dovrebbe farlo …” Ipotizzò scherzoso il suo fidanzato, conoscendo bene la sana indole di Albus nel conquistare ragazze facili alle feste. “Beh ovvio che sia così! E se vogliamo essere precisi ho offerto loro un passaggio per venire fin qui! Non abbiamo mai parlato del ritorno …!”

Markus baciò la sua incantevole serpe, fu così passionale che Rose abbandonò qualsiasi altro argomento che non fosse lui.
E così facendo, anche Rose come sua cugina Nicky si perse lo spettacolo.

 
***

Albus Potter non si stava divertendo. Per nulla. Le cugine di Scorpius e Tarquin erano la quinta essenza dell’idiozia. Per un’intera ora non avevano fatto altro che sghignazzare ad ogni loro frase. E Albus poteva affermare con certezza che nulla di quello che avevano detto era minimante spiritoso. Il suo amico Tarquin stanco di loro e del loro fastidiosissimo cinguettio, spostò la conversazione sul dilemma che più lo tormentava. Preso di coraggio, aveva comunicato i suoi dubbi a proposito della sua relazione con Petunia. Chiedendo consiglio su come avrebbe mai potuto risolvervi e su come avrebbe dovuto astutamente agire.

“Cugino tu che faresti?”. Chiedere ad Albus era fuori discussione, i suoi genitori a parer suo non avrebbero mai fatto troppe storie a proposito dell’albero genealogico della sua futura-ipotetica ragazza. “In che senso che farei?”

“Non fare l’idiota! Se andassi da zio Drago a dirgli di Lily?! Come pensi che reagirebbe?”

“Come dovrebbe reagire, che problemi ha mia sorella? Non è all’altezza dei Malfoy forse?”

“Sono parole di Tarcq non mie! Lily va benissimo. Mio padre non direbbe nulla!”

Albus si chiedeva come e cosa avrebbe dovuto fare. Scorpius parlava di Lily come se fossero fidanzati. Lui aveva fatto la stessa identica coda. Tarquin idem. Purtroppo, la verità era ben lontana dall’essere quella!

“Vai e parlarci!”

“Con mio padre? Non so nemmeno dove sia in questo momento … !”

“Con Petunia dico, sta arrivando qui con Lily!”

“Cosa!” esclamarono in coro i due cugini che, come Albus poteva constatare, non si erano accorti della presenza delle ragazze al bancone. “Come sono entrate?”

“Con Rose e Sophia, un’oretta fa!”

“E non hai detto nulla?!”

“Stavano al bancone a bere, le controllavo da qui … sentite – iniziò, con una idea malsana nella testa, o quasi – sono stanco, se ve le
 lascio promettete di riportarle a casa sane e salve?”

La minaccia di morte non serviva. Il suo sguardo e il suo tono di voce bastavano e avanzavano. “Porterò a casa Tunia promesso!”
“Se tua sorella non mi uccide volentieri!”. Furono le ultime parole di Scorpius prima che Lily lo afferrasse per il braccio e lo trascinasse via. Senza né salutare Albus né presentarsi alle cugine di Scorp e Tarcq.

“Va di fretta. Ciao cugino, Amore … loro devono essere le cugine francesi immagino …”

Albus non voleva sapere nulla di quella storia. Diede un bacio a Tunia, accennò un saluto a Tarquin e uscì dalla bettola in fretta e furia. Avrebbe raggiunto suo fratello che, a quanto ricordava dallo scorso Natale, era una vera frana con i bambini.
Così anche Albus Potter, come le cugine, fu informato degli eventi leggendo la gazzetta del profeta del mattino seguente.

 
***

Petunia si liberò delle cugine francesi in meno di cinque minuti. Tarquin l’aveva osservata mentre con qualche frase ben piazzata le aveva costrette ad alzarsi per lasciarsi soli, per girarsi verso di lui, con quello sguardo serio e deciso che in quei mesi tanto aveva apprezzato e amato.

“Qual è il problema? Non vuoi più stare con me?” esclamò con un tono di voce parecchio sopra la media.
Petunia gli parlò dritto in faccia e Tarquin potette constare come l’alito della sua fidanzata odorasse un po’ troppo di Firewisky. Aveva bevuto. Ottimo!

“Hai bevuto!”
“Non essere ridicolo e rispondimi Tanquin!”
Petunia non era solita comportarsi così. Con nessuno. Non alzava la voce e non si agitava. Era sempre posata e rilassata. Sfoderava la lingua con frasi piccanti e saccenti e, non aveva mai bisogno di gridare o sguainare la bacchetta per farsi ascoltare. Tarquin dubitava che fosse l’alcool a farle quell’effetto. L’aveva già vista alticcia a diverse feste nella loro sala comune e mai, aveva assunto tale atteggiamento. “Certo che voglio stare con te … che ti salta in mente…”

“Qual è il tuo problema allora?” lo spintonò con forza per poi riportare le braccia sulle gambe a sistemarsi delle pieghe inesistenti della gonna. Tic che da quando ricordava Tunia era solita fare nei momenti massimo stress. Tarquin Nott si rese conto che le scelte erano solo due: verità o bugia. Una bugia non avrebbe mai retto con Petunia così la sua scelta era scesa, nel giro di pochi secondi, ad una sola possibilità.

“Sto pensando a come dirlo a casa. Volevo già invitarti da noi per le vacanze estive. Io ho conosciuto i tuoi genitori in questi giorni ed io volevo presentarti i miei. Ma non ho trovato il modo. Il modo di dirlo a mio padre …”
Ispirò a fondo. Aspettando una reazione della sua fidanzata. Una parola. Qualsiasi cosa. “Sul serio… non sai come dirlo?!”
“Ci sto lavorando. Inizierò da mia madre e poi …!” Petunia lo fermò con un braccio. Si alzò in piedi, si tolse le scarpe e come lui prese un profondo respiro. “Vuoi farlo? Cioè vuoi …!”

“Si Petunia. Voglio stare con te. Abbiamo lavorato mesi. Io ho lavorato mesi su me stesso. Su ciò che ero e su ciò che voglio essere da quando ho conosciuto te. Non avrei cambiato il mio modo di vivere se non credessi nei sentimenti che provo per te!”
“Anche io sono innamorata di te, lo sai, vero?!”

“Credo di saperlo … potresti ricordarmelo, con un bacio ad esempio!” Provò scherzoso. Si alzò in piedi e avvicinandosi la baciò. Piano, come la prima volta. Lentamente, umettandosi le labbra e ispirando il suo odore di Firewisky. “Farò qualcosa per entrambi. Se per te va bene …!”
“Cosa vorresti fare?!”
“Credo sia l’alcool a parlare. Se per te va bene procedo!”
“Se è per noi va bene …Tunia …!”

Tunia l’aveva lasciato lì. Si era allontanata a piedi scaldi senza dargli una spiegazione. Ad ogni passo si avvicinava al palco dove un gruppo di ragazzi ubriachi improvvisava sketch comici di cattivo gusto. Era certo che non stavano sulla lista, avrebbe proprio dovuto lamentarsi della sicurezza.
Petunia salì sul palco. Prese, con molta grazia, in prestito il microfono da quei bifolchi e tossi tre volte. La terza volta, resasi conto che nessuna le prestava attenzione, lanciò un grido degno di una Banshee.
Tarquin si ripromise di non darle mai più un microfono in mano e dell’alcool, se gli effetti erano quelli. Perché l’unica spiegazione possibile a quella bizzarria non poteva che essere l’alcol. Tarquin ne era sicuro. Non era nel carattere di Petunia mettersi al centro dell’attenzione. Salire su un palco scenico e mettersi a gridare come una matta da internare. Si avvicinò al palco il più possibile, non che fosse facile dato le attenzioni che la sua ragazza aveva richiamato.

“Quasi tutti voi sanno chi sono. Chi non ne ha la minima idea può anche continuare così per quanto mi riguarda. Non è qualcosa che mi disturba ma, sono qui per dire una cosa. Mi basta qualche minuto del vostro tempo ….
…. Sarò molto veloce perché non è mia abitudine mettermi così in mostra… quindi in poche parole informo tutti i miei amici e conoscenti e studenti che non ho mai visto e che con molta probabilità non vedrò mai che …Ho un fidanzato!” Sorrise.

Al contrario di tutto quello che poteva accadere, dopo un silenzio iniziale, scoppiò un grosso applauso. Guidato dai bifolchi che poco dietro Petunia la esortavano a continuare. Come se l’alcool non bastasse.
“Il mio fidanzato è tra di voi, proprio lì – lo indicò, o almeno ci provò dato che nemmeno lui sapeva bene dove si trovasse in mezzo a quella ressa – eccolo … ciao Amore…
Ciao Tarquin! Vieni a prendermi, sono esausta e voglio andare a casa…”.

Tarquin Nott, sotto gli occhi di tutti, si fece spazio tra la folla e salì sul palco a recuperare la fidanzata. L’avrebbe portata a villa Potter come promesso al suo caro amico e il mattino seguente avrebbe parlato con suo padre.
Non che a questo punto ce ne fosse bisogno.

 
***

Harry Potter non si era accorto di nulla. Vantava fama di essere il miglior cacciatore di maghi oscuri degli ultimi decenni. Era famoso in tutto il mondo per la sua astuzia e intuizione ma, non aveva capito che sua figlia Lily se l’era svignata senza nemmeno chiedere il permesso.
Ovvio, un vero Potter a questa affermazione avrebbe con molte probabilità risposto “Se non ha bisogno di chiedere, la risposta la sai già!” quindi, a conti fatti, Lily non aveva infranto nessuna regola. Non che Harry Potter ne fosse al corrente comunque.

Lui se ne stava seduto lì, alla scrivania della sua biblioteca con quella busta in mano. Da ore. Teddy non aveva voluto condividere quell’informazione. Eppure, Teddy si fidava della sua squadra e non aveva espresso dubbi sulla task force che era stata creata per risolvere il caso, cosa mai poteva turbarlo tanto?
Qualsiasi cosa avesse scoperto era nelle sue mani. In quella busta c’era il tassello mancante che li avrebbe portati alla risoluzione del caso. Prese il taglia carte che Ginevra gli aveva regalato per uno dei suoi tanti compleanni e l’aprì di netto. Estrasse i fogli al suo interno e lesse. 
 
Reperto ritrovato nel castello Scozzese dei Black “Caistel an Edana fìor – ghlan”, da una prima analisi sommaria, pergamena e inchiostro non risalgono a più di sei mesi fa, la trama si infittisce.
 

P.S. da ricerche effettuate il castello risulta una tua proprietà. Vai a darci un’occhiata!

P.P.S. non penso di esserci ai prossimi incontri mi farò vivo io!
 

Ottime notizie da quello che poteva constatare. Era proprietario di un castello, per la felicità di Lily! Appena avesse trovato cinque minuti del suo tempo, sarebbe andato dal maginotaio a farsi dire con certezza cosa possedeva. Le proprietà saltavano fuori dall’oggi al domani, come qualche anno prima, quando per puro caso, aveva scoperto dell’esistenza della casa di famiglia dei Potter. Una tenuta con dodici camere da letto, cinque saloni, 100 acri e spiaggia privata. L’aveva fatta ristrutturare per passarci le vacanze estive e, in quella occasione era venuto a conoscenza di quanto poco l’estate piacesse ai suoi figli. Aveva anche fatto costruire una piscina. Al diavolo le vacanze all’estero! L’estate che sarebbe arrivata l’avrebbero trascorsa lì. Nella villa dei suoi avi.
Il secondo foglio, di carta pregiata e un intenso profumo di fiori, riportava ben poche parole. Singolari, concise e poco chiarificatrici.
 
   Lascia il castello.
Recati nei possedimenti a Sud.
Preparala al mondo.

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Qualcuno aveva vissuto nel suo castello. Per anni? Mesi? Ma ad un certo punto si era recato a Sud. Per sua fortuna, Harry era a conoscenza e seguiva con parsimonia la squadra speciale Italiana e, poteva affermare con certezza che con Sud, chiunque avesse scritto quel biglietto, intendeva il Sud Italia. La Sicilia nello specifico.

Ma chi o cosa doveva essere preparato per il mondo?

E quel disegno, o meglio quella firma, cosa stava a significare?
Teddy doveva averlo intuito e anche lui, più lo guardava e più gli sembrava familiare. L’aveva già visto. Quando? Dove?

 
***

Lily Potter aveva molte sicurezze nella sua vita. Era la cocca di papà, aveva due fratelli ultra-protettivi, era ricca, aveva fin troppi cugini che passavano il loro tempo ad impicciarsi degli affari altrui e, adesso, aveva anche un mal di testa colossale dovuto al Firewisky. Ah già, aveva Scorpius Malfoy nelle sue mani. O almeno lo credeva.

L’aveva trascinato fin dietro il palco. Lui non aveva fatto obiezioni. Le aveva afferrato la mano e insieme avevano trovato un angolo tranquillo per chiarire. Per parlare del bacio che Scorpius le aveva dato. E di quanto lei, in fin dei conti, avesse gradito tutta la faccenda. Lily si rese conto che era molto più facile pensarle certe cose, che dirle. Non riusciva a crederci. Lei, Lily Potter, stava avendo seri problemi di comunicazione. Malissimo!

“Dobbiamo parlare…” iniziò, portandosi indietro i capelli, rendendosi conto che le stava sudando la fronte e le si era impastata la lingua. Aveva una gran sete, come se non bevesse acqua da giorni. Ed era certa non fosse un problema di disidratazione dovuto al Firewisky bensì alla presenza del ragazzo vicino a lei.

Scorpius, per quanto lei non fosse nelle migliori delle condizioni, non smetteva di guardarla. Ma non che dicesse una parola per Godric! Doveva sospettarlo che avrebbe dovuto fare tutto lei! Ma lei non aveva nessuna intenzione di esporsi per prima. Senza avere la conferma di piacere a Scorpius. Senza avere la conferma che quel bacio non era stato dato solo per beffeggiarla e farla passare per una stupida ragazzina all’inseguimento del principe Azzurro.

“Tu mi hai baciata, senza nemmeno chiedermi il permesso! È giusto precisare. Sorvolando sul bacio in sé, io ti chiedo di dirmi perché l’hai fatto!”. Aveva scandito parola per parola. E nella sua mente tutto era andato a rallentatore: come in quei film babbani che guardavano la sera a casa e le scene fra innamorati venivano scandite per istanti infiniti. Lente. Inesauribili. Senza né spazio né tempo.

Scorpius le si avvicinò lentamente. Se non fosse stata lei a portarlo lì, in quel angolo invisibile a tutti, avrebbe potuto affermare di essere finita in trappola. Lei era in trappola. Perché se Scorpius avesse ammesso di essersi preso gioco di lei, sarebbe morta dalla vergogna. Avrebbe ucciso lui per averla fatta vergognare così tanto e sarebbe diventata una latitante. Di certo non si sarebbe fatta arrestare e chiudere ad Azkaban!

Per fortuna, Scorpius non accennava minimamente ad allontanarsi. Le prese una ciocca di capelli e come in ogni favola che si rispetti, se la girò tra le dite odorandone il profumo alla malva del suo shampoo preferito. “Non è nella mia natura chiedere il permesso Potter! E non è scritto da nessuna parte che ti debba una spiegazione!”.

Lily, in quel preciso momento odiò che fosse tornato ad utilizzare il cognome e, odiò ancora di più la sua reticenza a nascondersi dietro quel muro di boria e narcisismo che teneva in piedi per chiunque non fosse nella cerchia ristretta dei suoi amici. Per quanto odio tutto ciò le provocava il desiderio di baciarlo, nuovamente, aumentava proporzionalmente. Convinta della sua battaglia e che per nessuna ragione al mando Scorpius si sarebbe tirato in dietro, colmò la poca distanza che li separava.

Lily era di una spanna più bassa di lui e, per quanto i tacchi potessero aiutare dovette alzare il collo per guardarlo dritto negli occhi. Brillavano. Il grigio di quegli occhi, che in quegli anni aveva mal sopportato, brillavano di eccitazione. Lily lo sapeva. In fin dei conti era una brava intuitrice.

“So che vuoi baciarmi, Scorpius.” Soffiando quelle abili parole sulle sue labbra, Lily, armata di coraggio allungò le braccia. Si strinse al suo petto e con sorpresa si rese conto di quanto veloce battesse il cuore di Scorpius. Fa qualcosa! Qualunque cosa! Per Godric! Non lasciar fare tutto a me… perché ho bisogno di un aiutino! Qualcuno lo aiuti!

“Scapperai di nuovo, Lily?”.

“Smaterializzata con successo, vorrei precisare!”.

“Hai intenzione di schiaffeggiarmi nuovamente, Lily?”

“Legittima difesa, sempre meglio dell’essere schiantato!”.

Ad ogni risposta il corpo di Scorpius colmava spazi che per Lily, fino ad allora, erano stati inesistenti. Sentì il freddo del muro sulla schiena e il caldo bollente sul petto. Si propagava in ogni direzione, incessantemente. Aveva come l’impressione di essere finita nel mezzo di agosto. E per la prima volta, tra sé e sé, pensò che quel tepore non avrebbe potuto paragonarlo con nulla al mondo. Amava quella sensazione, straziante, di calore.

“Hai intenzione di schiantarmi, Lily?”

“Hai intenzione di baciarmi, Scorpius?”.

E la baciò. Lily non aveva mai baciato nessuno prima di Scorpius. E sperò di non doverlo mai fare. Ogni millimetro delle sue labbra combaciava alla perfezione con le sue. Credette di non respirare e morse le labbra carnose di Scorpius con provazione. Impeto e lussuria. Sorrise incoraggiante, trascinando con lentezza le mani che sfiorarono il torace scolpito di Scorpius, fino ad allacciarsi dietro il suo collo, tra i suoi capelli. Ogni centimetro del corpo di Scorpius scottava al tocco delle sue dita.

Le labbra roventi di Scorpius scendevano piano suo collo. Le sue mani le cingevano la schiena con così tanta forza da farle mancare il respiro. E come mille e più volte aveva visto nei film babbani, il suo battito cardiaco accelerò così notevolmente, ispirò così forte, da far fermare Scorpius nella sua discesa. Le sistemo le spalline del vestito baciandole delicatamente la clavicola, il collo e le labbra arrossate. Respirò piano, sulle sue labbra, poggiandole sulle sue. Per un secondo bacio. Un terzo. Quarto, altri mille. La guardò negli occhi per un tempo indecifrabile. E si chiese se fosse quello l’Amore con la A maiuscola di cui tanto si parlava nella sua famiglia. “Ti porto a casa Lily, prima che i Potter ti diano per dispersa!”.

“Pensi di baciarmi ancora, Scorpius?”

“Devo chiederti il permesso tutte le volte, Lily?”

“Penso che per te si possa fare un’eccezione, Scorpius!”

“Deve esserti piaciuto particolarmente se mi viene date una tale concessione, Lily!”.

 
***

Fu così che le due cugine finirono sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta e di Strega Oggi. Petunia in una serie di foto che la immortalavano sul palco della Bettola e in braccio al suo fidanzato che con classe la portava via da quel postaccio (che con certezza aveva deciso che non avrebbe più frequentato!). La didascalia, di entrambi, gridava a chiare lettere il suo nome e la sua arrampicata sociale. I trafiletti sottostanti riportavano il sunto del suo breve discorso e l’immolare comportamento con cui aveva messo in cattiva luce non solo la famiglia Potter ma, anche, la purissima famiglia Nott.

Petunia dal canto suo evitò di ribattere a qualsivoglia domanda e per settimane si rifugiò in biblioteca lontana da occhi e bocche indiscrete. Non riusciva a capacitarsi di come Lily, al contrario di lei, prendesse tutto con filosofia e trasformasse ogni calunnia e ogni insulto in un’arma a suo vantaggio.

Lily, quella mattina, osservando le foto di entrambi i giornali rimpianse di non aver scelto un vestito più bello per dichiararsi a Scorpius. Sapeva benissimo che la possibilità di finire in prima pagina era parecchio alta, chiunque avesse avuto la possibilità di vederli non avrebbe di certo perso l’occasione di guadagnarci su. Ma Lily era abituata a leggere di sé sui giornali. Ed era abituata a leggere di una fantomatica relazione di lei e Scorpius dall’estate passata, quindi, tutto ciò giocava a suo favore. Le avevano risparmiato la fatica di raccontarlo ai genitori e a James, tutte le ragazze di Hoqwarts erano state messe in guardia sul non avvicinarsi a Scorpius, ed infine, non per importanza, i giornali avevano facilitato la questione più importante: lei e Scorpius stavano insieme!?

Scorpius non aveva obiettato, lei non ne aveva la minima intenzione così, giusto perché era una brava persona, scrisse un biglietto di ringraziamento per la carissima e amatissima giornalista S. Se lo meritava proprio!




 
 
 

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Capitolo 22
*** CAPITOLO DICIASSETTE ***


CAPITOLO DICIASSETTE
 
Lily era in ritardo. Non che fosse stata una sua idea ovviamente. Fosse stato per lei sarebbe uscita dalla sala comune dei Grifondoro almeno una mezzoretta prima. Avrebbe fatto le scale con calma e, si sarebbe presentata all'appuntamento senza il fiatone e capelli appiccicati alla testa per il sudore. Invece era tutto che un bel vedere, a suo avviso. Aveva corso così velocemente, come se un’acromantula la stesse rincorrendo per i corridoi del castello, che ogni muscolo delle gambe implorava saggiamente pietà.
Era comunque in ritardo. Erano le cinque del pomeriggio e la biblioteca avrebbe chiuso tra un’ora esatta. Avevano solo un’ora per trovare il modo di oltrepassare il passaggio segreto. Lily sperava tanto di riuscirci. Era il terzo giorno che passava con Scorpius in biblioteca e per quanto lui fosse carino e dolce con lei, ogni fallimento li innervosiva. Entrambi si erano resi conto che il nervosismo e l’angoscia non erano di aiuto, né per trovare un modo per oltrepassare l’ostacolo né per il loro rapporto.
Ciò non di meno, Lily, dopo le lezioni era salita di tutta fretta in dormitorio, aveva abbandonato la divisa scolastica preferendo abiti più comodi e leggermente più sexy, si era spazzolata i capelli e, giusto per non farsi mancare niente, si era spruzzata il profumo francese che sua zia Fleur le aveva regalato due Natali prima. Ed era in ritardo.
Scorpius, come ormai avveniva da tre giorni, l’aspettava seduto al tavolo più nascosto della biblioteca. Non dava modo di far notare agli altri studenti che la stesse aspettando. Teneva i libri aperti ed era concentratissimo nei suoi studi. D'altronde non aveva di che temere, si disse Lily. Lui sapeva benissimo che lei sarebbe arrivata.
 
Dal loro primo vero bacio, Lily aveva preso l’abitudine di osservarlo con più attenzione. Da mesi si era resa conto di quanto la sua bellezza fosse leggermente sopra la media. Con i suoi capelli biondi e ondulati portati fin sopra le spalle. La barbetta ispida che si lasciava crescere nelle settimane più stressanti. Gli occhi grigi, temporaleschi, che tanto l’avevano infastidita in quegli anni ora le illuminavano le giornate. Non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. A nessuno. Sia mai qualcuno avesse avuto l’ardire di paragonarla ad un’oca giuliva in calore.
 
“Potter hai intenzione di restare lì a fissarmi ancora per molto?!” le disse senza alzare la testa dal libro di trasfigurazione avanzata. Portava le maniche della camicia raccolte fin sotto il gomito, i primi due bottoni sbottonati e Lily, avrebbe tanto voluto rispondere che l’avrebbe osservato per ore se solo le fosse stato possibile. Non lo fece. Per amor proprio e di Scorpius.
Lily si era fermamente convinta che non apprezzasse mielose smancerie, lei non era sovenza a farne, conti di ciò il loro rapporto stava maturando a suon di frasi piccate, carezze nascoste e baci appassionati ogni qualvolta il galateo lo permetteva. Di certo non si sarebbe messa a sbaciucchiare Scorpius innanzi a suo fratello Albus o ai suoi cugini, per intenderci.
“Calcolavo l’angolazione per saltarti addosso senza creare danni ai beni della scuola!”
 
“E da quando i Potter si preoccupano dei danni ai beni della scuola?”. Le sorrise. Finalmente. Quel sorriso spezzò l’incantesimo che l’incatena lì, fra due altissime librerie e, senza rendersene conto era fra le sue braccia. Fra le sue labbra. Non baciava Scorpius da meno di otto ore e, a lei, sembrava fosse passata un’eternità. Respirava.
In cuor suo non riusciva a spiegarsi di come tutto ciò fosse avvenuto. Prima che Scorpius la baciasse lei non ci aveva mai pensato realmente. Non aveva mai osato supporre che potessero frequentarsi. E che sarebbe stato così semplice.
 
“Potter per quanto gradisca le tue attenzioni, non me ne volere ma abbiamo un lavoro da portare a termine!”.
 
“Diamoci da fare o passeremo qui tutta la notte!”. Aiutò Scorpius a raccogliere i libri e mano nella mano raggiunsero la porta del passaggio segreto.
 
***
 
Albus Potter, sin dalla tenera età, affermava di essere una persona sveglia. Era furbo, come gli era stato detto anni addietro dal Cappello Parlante e, raramente qualcuno riusciva a farlo fesso. Queste erano alcune delle sue convinzioni. In aggiunta, al contrario di quello che la maggior parte dei suoi amici avrebbe affermato, Albus, era un fratello geloso. Tutti erano del parere che James fosse ultra-protettivo con Lily ma nemmeno lui scherzava sul da farsi. Proprio per questo, senza che nessuno se fosse accorto, sedeva in biblioteca da giorni ad osservare il comportamento atipico di sua sorella e del suo migliore amico.
Comportamento atipico, continuava a ripetersi Albus, perché una coppia appena sbocciata, a suo dire, non avrebbe dovuto passare interi pomeriggi in biblioteca, nascosti nell’angolo più buio a leggere pergamene e tomi di ogni sorta. Perché si disse Albus, davano il presentimento di star tramando qualcosa. Guai se c’era di mezzo Lily.
E Scorpius c’era finito in mezzo. Di nuovo. Solo per darle retta. Il suo migliore amico aveva perso la testa per sua sorella. Per fortuna solo quella per il momento.
 
Con la Mappa del Malandrino ben nascosta sotto una pila di pergamene, Albus li spiava da lontano. Era diventato uno stalker. James e suo padre sarebbero stati fieri di lui, sua madre un po’ meno.
Dopo tre giorni, non aveva ancora capito cosa stessero combinando. Avrebbe potuto utilizzare un paio di orecchi oblunghe, ma in caso l’avessero scoperto avrebbe aizzato l’ira di sua sorella su di sé. E di litigare, alzare la voce, sguainare la bacchetta proprio non ne aveva voglia.  Possibile che non riuscisse ad avere un po’ di tranquillità?
Aveva da finire i temi di trasfigurazione e di erbologia. Ben trenta centimetri di temi, era all’ultimo anno dopotutto. Iniziare il ripasso generale per i MAGO e organizzare le mappe concettuali per lo studio estivo. Nonostante ciò, non schiodava gli occhi dalla Mappa del Malandrino. Era da ricovero!
 
“Stai cercando di scoprire cosa stanno combinando quei due? Vero?”.
Tre giorni prima, Albus aveva pensato di parlarne con Rose. Ma aveva subito lasciato perdere. Sua cugina, per l’ennesima volta, era sull’orlo di un esaurimento nervoso. E per buone ragioni.
I giornali non lasciavano intendere di voler smettere di tartassare la zia Hermione. Continui papelli sulla sua presunta relazione con l’aitante Harold Fawley continuavano a perseguitarla. Rose era dell’opinione che non ci fosse nulla di così scandaloso ma, le scenate pubbliche di cui suo padre aveva fatto mostra la facevano vergognare oltre ogni dire. E credo bene! Pensò Albus la prima volta che lesse delle prodi gesta di suo zio.
Ma non finiva là, Rose aveva una seconda buona ragione per stare allerta ventiquattro ore su ventiquattro. Albus l’aveva intuito mesi prima, lungi da lui essere all’oscuro di qualsivoglia avvenimento riguardante la sua famiglia. Lily ne era avvenuta a conoscenza per un fatidico errore. Scorpius glielo aveva confermato e, insieme, avevano ben deciso che Rose sarebbe sopravvissuta solo se fosse rimasta all’oscuro dei fatti. Ovvio che non fosse andato tutto secondo i loro piani. Hugo aveva confessato. Da quel giorno Rose viveva nel timore che qualcuno all’infuori di loro lo scoprisse e, che la preside Severa, dall’alto della sua carica, espellesse Hugo. Cosa c’è peggio di un’espulsione?
 
Per questo motivo aveva scartato, a priori, l’aiuto della cugina. A Tarquin e Tunia, dopo la propaganda mediatica sulla loro relazione, non avrebbe potuto chiedere nulla. Se c’era di mezzo Lily, per la proprietà transitiva, c’erano di mezzo anche i giornali. E, sia Tarquin che Tunia, sapeva bene, quanto volessero starne più alla larga possibile.
Chiedere aiuto a Sophia? Non ci aveva pensato. Ma conoscendo la sua amica, sapeva bene, quanto non fosse la tipa adatta ad immischiarsi negli affari altrui. Al contrario di lui!
 
Non aveva considerato l’unica persona, in quel castello, che avrebbe potuto aiutarlo. Sempre se avesse voluto!
Ed era proprio lì, innanzi a lui. Divisa scolastica perfetta. Libri ti testo sotto il braccio sinistro. Capelli rossi, corti fino alle spalle, leggermente tirati indietro con un fiocco verde. Fiocco regalatele da Lily. Alice Longbatton era la sua migliore possibilità.
“Tu ne sei già al corrente?!”
 
Alice si accomodò al suo stesso tavolo. Mise via le pergamene di Albus e aprendo bene la Mappa del Malandrino ne indico un punto col dito. La biblioteca.
“La biblioteca?”
“Non la biblioteca ma, il passaggio segreto nella biblioteca!” disse prima di raccogliere la mappa e metterla via da occhi indiscreti.
“Non c’è nessun passaggio segreto in biblioteca!” Ne era pienamente convinto. Suo nonno non si sarebbe mai dimenticato di un passaggio segreto. “Oh, si che c’è!”.
 
Alice Longbatton, la sera del due di maggio, aveva preso una decisione. Avrebbe smesso di sbavare dietro ad Albus Potter. Non si sarebbe più comportata da ragazzina ridicola. Avrebbe trovato il coraggio di parlare in sua presenza e, sperava di tutto cuore, di limitare l’arrossamento facciale che la infiammava ogni qual volta era in sua presenza.
Presa la decisione, per diversi giorni, aveva buttato il suo tempo cercando una via di azione. Non poteva di certo continuare a guardarlo da lontano. Non avrebbe risolto i suoi problemi, anzi, ci avrebbe scommesso la bacchetta che li avrebbe solo aggravati. Così con tutto il coraggio Grifondoro che possedeva aveva deciso di aiutarlo nella sua impresa.
Lei era a conoscenza dei piani di Lily. Lei, come Albus, era severamente convinta che si sarebbe cacciata nei guai, di nuovo.
Sapeva bene di star tradendo la sua amica, spiattellando i suoi segreti ad Albus ma, Lily le aveva più volte ricordato che in Amore e in Guerra non ci esistono regole. Lily avrebbe capito. Ne era certa.
 
***
 
 
Al Gentilissimo Signor Primo Ministro 
Harry James Potter 
 
Il Wizengamot con la presente intende evidenziare alcuni aspetti inerenti alla formazione di un Concilio Ristretto, facente capo al Primo Ministro in carica, con l’esclusivo fine di ottimizzare la amministrazione Politica del Paese. 
 
Il Wizengamot, con votazione 114-86, approva le seguenti richieste:
1)La formazione di un Concilio Ristretto (presentare la documentazione entro e non oltre il primo di giugno);
2)Il Concilio Ristretto verrà così formato: con la dovuta presentazione di candidature per l’occupazione dei sette posti così assegnati, dal facente capo il Primo Ministro: 
-Consigliere delle Politiche Interne
-Consigliere delle Politiche Estere
-Consigliere delle Politiche Economiche e Commerciali
-Consigliere delle Politiche inerenti alle materie di Sicurezza della Salute 
-Consigliere delle Politiche inerenti alla Formazione e all’Istruzione
-Consigliere delle Politiche inerenti ai codici di Giustizia
-Consigliere delle Politiche inerenti alla Maginnovazione
(Le candidature verranno accettate non oltre il primo di giugno);
3)I Consiglieri eletti ad unanimità prenderanno servizio dopo aver compiuto opportuno giuramento al potere Ministeriale, tramite cerimonia di investitura. (In data da destinarsi. Previo e non oltre lo scadere del mese di giugno).
 
L’assegnazione a Consigliere del Concilio Ristretto avverrà non oltre lo scadere del mese di giugno, sotto votazione dei candidati all’ equanime animo e ad assoluta concordanza di opinioni del completo Wizengamot. 
 
 
Il Wizengamot porge i saluti al Primo Ministro 
Augurandoli un buon lavoro.
 
Con la presente
Clementina Marchmain Strega Capo del Wizengamot 

 
 
L’idea di Hermione era stata approvata. Il Wizengamot aveva risposto affermativamente alle sue richieste. C’era un unico vero problema, si disse Harry Potter, chi mai avrebbe dovuto candidare per i diversi seggi? Hermione gli aveva consigliato di proporre tre persone per ogni posto da Consigliere. Harry non era così tanto sicuro di fidarsi di così tante persone.                                                                            
Era fuori discussione la candidatura di membri della sua famiglia, non sarebbe passato per l’ennesima volta come l’uomo a favore del Nepotismo. Ciò non di meno avrebbe dovuto trovare entro due settimane ventuno nomi da portare all’attenzione del Wizengamot. Avrebbe avuto di che divertirsi!
Non che gli mancasse lavoro per intenderci. Da settimane si arrovellava per scoprire a chi appartenesse quella firma. Aveva sperato in un contatto con Teddy, per delle delucidazioni in merito, ma il suo figlioccio non si era fatto sentire. Ammettere che fosse preoccupato avrebbe solo aumentato l’inquietudine di sua moglie e, di pari passo quella dell’intero clan Potter – Weasley. E i Weasley in quel momento avevano una gran bella gatta da pelare. Ronald Bilius Weasley.
Ed era proprio da lui che Harry stava andando. Era certo di trovarlo nella casa che anni addietro aveva comprato per tutta la famiglia. La casa innanzi alla sua. Anche da adulti avevano deciso di vivere vicini, di far crescere insieme i loro figli, passare le loro giornate insieme tra barbecue della domenica e partite di quiddicht pomeridiane. Questo prima che tutto andasse a rotoli. Che Ron iniziasse a dare di matto per ogni qualsivoglia cosa, prima che Hermione chiedesse il divorzio e si trasferisse in un loft nel quartiere magico di Londra, prima che i figli stanchi del suo atteggiamento perdessero le speranze.
 
E lui era lì, proprio dove si aspettava. Sul divano con l’ennesima bottiglia di Firewisky sul tavolino e il bicchiere mezzo pieno. Harry si era preso carico del caparbio compito: aiutare Ron ad uscire dalla depressione, dall’alcool e da qualsiasi altra cosa avesse iniziato a fare uso.
Ron sembrava non vederlo. Osservava le foto sul camino. Le foto di quando tutto era meravigliosamente perfetto. Una famiglia perfetta, un lavoro perfetto, un amore perfetto, dei figli perfetti. Perfetto!
Harry aveva provato a comprenderlo, a capire le sue motivazioni. Per quanto si impegnasse non riusciva ad entrare in sintonia con lui, non questa volta. Poteva minimamente intuire il malessere che il divorzio da Hermione gli aveva procurato. Quanto potesse sentirsi tradito, anche dopo due anni. Il solo pensiero che l’amore della sua vita frequentasse un altro uomo, doveva aver riaperto vecchie ferite che a fatica aveva ricucito. Harry poteva immaginare …
Ma non capiva e non avrebbe mai concepito l’odio e il disinteresse nei confronti di Rose. Rose che era una ragazzina perfetta: di bella presenza, brava a scuola, socievole, brava in molti sport babbani che sin da piccola Hermione le aveva fatto praticare assieme alle cugine.
Come poteva Ron detestarla così tanto, solo per aver scelto di frequentare il figlio di Blaze Zabini? Harry non capiva…
Due settimane prima sua figlia Lily, per l’ennesima volta, era finita in prima pagina con Scorpius Malfoy. Al contrario delle precedenti volte, quando e dove la relazione tra i due era solo una montatura, quella volta, l’ultima, non era più così. Sua figlia stava baciando Scorpius sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta.
Ne era rimasto sconcertato. La sua bambina baciava un ragazzo. Baciava un ragazzo sulla prima pagina del giornale. Baciava Scorpius Malfoy. Con tutti i ragazzi che la scuola offriva doveva baciare proprio lui? Beh, a quanto pare sì, si era detto!
Provava risentimento nei confronti della sua adorata figlia? No.
Provava odio nei confronti dei Malfoy? No.
No. Non riusciva a comprendere il suo migliore amico. Provava dispiacere per lui? Si.
 
“Ron possiamo parlare?” Il suo migliore non gli prestava ascolto. Non gli rispondeva e Harry sapeva che avrebbe parlato al vuoto. Per l’ennesima volta.
“Amico mio, sono qui per aiutarti!”
 
“Aiutare me? Non hai il tuo nuovo amichetto del cuore da aiutare?”. Ron ricominciava. Sempre con la stessa identica solfa.
“Non sono qui per ascoltare le tue lagnose scenate di gelosia!”.
 
“Perché sei qui allora? Per parlare della tua famiglia felice o di quella screanzata di tua figlia che va a letto con il nemico?”. Harry voleva veramente aiutare il suo migliore amico. Essere di supporto. Confortarlo e guidarlo. Voleva essere un buon amico. Lo era sempre stato. Ciò non di meno, esisteva una linea sottile che non doveva essere oltrepassata. Harry Potter l’aveva ben presente nella sua mente. Ronald Weasley, invece, no.
Nessuno al mondo poteva insultare la sua bambina. Men che meno il suo migliore amico.
“Stupeficium!” Ron poteva ritenersi fortunato. Era stato oltremodo garbato a non attaccarlo alla Babbana. “Te lo sei meritato amico. Ora ti porto al San Mungo, sapranno cosa farne di te!”.
 
***
 
Returapud possiamo scartarlo. Non credo siano rimasti molti incantesimi che non abbiamo provato. Ne hai trovati di nuovi?”. Scorpius si portò indietro i capelli e mise via il libro. Ne prese un altro e iniziò l’ennesima ricerca.
Avevano setacciato la maggior parte dei libri alla ricerca di antichi incantesimi. Nessuno di quelli rinvenuti era servito al loro scopo. Avevano tentato filastrocche magiche, parole inventate e formule magiche mai sentite prime.
Contritio è un incantesimo di distruzione. Direi di non provarlo nemmeno, sia mai saltasse in aria la biblioteca, che dici?”
 
“Proviamo con questo, guarda”. Scorpius passò il libro a Lily. L’incantesimo del tutto mostrare enunciava il libro: Vidertus Liquet. Incantesimo adatto per coloro che sono all’estenuante ricerca di chiarezza. “Provi tu?”.
Scorpius non era un ragazzo dall’indole coraggiosa, se lo fosse stato il capello parlante l’avrebbe smistato a Grifondoro. E con essa ne sarebbe derivata la profonda umiliazione da parte della sua famiglia.
Purtroppo per lui, Lily, aveva provato i due incantesimi precedenti. Nolente o volente, toccava a lui sobbarcarsi l’onere di provare l’ennesimo incantesimo ad alto rischio. Puntò la bacchetta contro la porta segreta e scandì a chiare lettere l’incantesimo “Vidertus Liquet”.
 
“Nemmeno questo. Sbaglio o Scorpius Malfoy sta sudando?”
“Sbaglio o stiamo provando incantesimi sconosciuti? Potrebbe succedere qualsiasi cosa! Questi tomi sono poco chiari sugli effetti degli incantesimi. Tanto valeva metterli in ordine alfabetico ed inserire una postilla in fondo: A voi tentatori la gloria di scoprirne l’utilizzo. P.S. non indicati per deboli di cuore.”.
Lily rise di cuore. Si avvicinò e lo baciò dolcemente. Come se volesse chiedergli il permesso. Come se ne avesse bisogno. Scorpius avrebbe passato ore a baciarla e non solo, si disse, prima di scacciare via quei pensieri, tornando a concentrarsi sul da farsi. Non sconcentrarti. Non pensare a Lily in quel senso.  Non sono passate nemmeno due settimane. E ancora troppo presto!
“Proviamo l’ultimo, prima che ci caccino dalla biblioteca.”
 
“Incantesimo domestico, domestico seriamente?”
“Tanto vale tentare…”
“… domestico che… può aiutare le giovani streghe casalinghe a mostrare i misfatti che i mariti desiderano ardentemente nascondere. Consigliato dalla Strega tuttofare Melina, anno 1823 …”
“Vecchiotto direi ...”
“Domestico direi! Lo farai tu. Mi oppongo all’utilizzo di qualsivoglia incantesimo di genere. Sia chiaro!”
“Dai qua, fammi vedere i movimenti della bacchetta.”.
 
Scorpius doveva darle ragione: quale strega avrebbe mai usato un incantesimo del genere contro il marito. Esisteva il Veritasserum che per quanto fosse illegale, a suo avviso, era facile da reperire a Nocturne Alley e di facile utilizzo.
Ostendium Secretum”.
 
Incantesimo domestico o meno, aveva funzionato. La sua fidanzata, ragazza non ne era certo nemmeno lui, aveva una gigantesca O stampata in faccia. “Io non voglio crederci!”
 
“Beh devi farlo mia cara ed inoltre dovresti ringraziare la Strega tuttofare Melina, era di certo una donna in gamba!”. Agitò la bacchetta e rimandò tutti i libri al loro posto. Non ne avrebbero più avuto bisogno. Si sistemò la camicia che in quell’ultima ora aveva preso delle pieghe ben strane e si voltò incoraggiante verso Lily. “Dopo di te Potter.”
 
“Prima le signore ovviamente!”.
 
Scorpius e Lily si ritrovarono in un passaggio segreto abbastanza comodo, secondo gli standard di Hogwarts. Iniziava con una scalinata illuminata da vecchie fiaccole. Fiaccole che al loro passaggio prendevano fuoco per illuminare la strada e tempo pochi minuti si spegnevano lasciando il passaggio nella completa oscurità. Era privo di finestre e l’aria per quanto fosse fresca, risultava pesante e maleodorante. Come se il passaggio fosse indiscusso, poco frequentato. Eppure, suo padre e la signora Granger erano stati lì prima delle vacanze di Pasqua. Si poteva esser certi che il passaggio, dovunque esso conducesse, era ben noto ai docenti o alla generazione di suo padre.
 
“Stavo pensando …” erano passati a malapena cinque minuti e Lily se ne usciva con la sua nuova brillante idea. Per farsi espellere. Ne era certo. “A cosa di grazia?!”. Più che una domanda era sembrata ad entrambi un’affermazione.
“Credi che sia possibile inserire il passaggio sulla mappa? Non ho idea di quali incantesimi i malandrini abbiano utilizzato per crearla o che tipo di inchiostro sia quello utilizzato. Non ho mai visto nulla di simile … ma … erano qui, in questo castello quando si sono cimentati nella realizzazione della mappa. C’è un solo luogo dove possono aver trovato le informazioni che gli servivano …”. Lasciò la frase in sospeso. Non che servisse continuare. Il tutto era molto chiaro.
 
“Passeremo molto tempo in biblioteca, è questa la tua idea?”
“NO. Passerò molto tempo in biblioteca, il prossimo anno, per cercare il modo di inserire il passaggio nella mappa. Passeremo molto tempo in biblioteca, insieme se ne avrai voglia, per prepararci ai GUFO e al MAGO. Ti sei dimenticato che abbiamo gli esami per caso?”.
Scorpius non l’aveva dimenticato. Anzi, ogni notte passava ore a studiare recuperando il tempo che passava con Lily in biblioteca. Non glielo avrebbe mai detto. E non avrebbe mai smesso di seguirla nelle sue imprese. Solo il pensiero che qualcun altro potesse prendere il suo posto lo innervosiva.
Un altro ragazzo, con lei, su per quella scala nella quasi completa oscurità. No grazie. Non aveva penato tanto per farsi fregare Lily da un altro ragazzo.
“Oh per le calze a rete di Morgana! Non posso crederci. Scorpius quelli sono…”
“… il nostro biglietto di ingresso per Hogwarts!”.
La scala li aveva condotti in un’ampia sala circolare, sprovvista di muri e ben protetta da numerosi incantesimi. L’aria esterna era impossibilitata ad entrare e, al contrario della scala fredda e maleodorante, la sala era ben riscaldata e odorava di libri.
“Il panorama è bellissimo. Molto meglio della torre di astronomia!”
Dalla sala tutti i confini di Hogwarts erano sotto i loro occhi: la foresta, il lago, le lande scozzesi…
Restarono ad osservare il panorama per diversi minuti. Incantati dalle bellezze che il castello offriva e che la maggior parte delle volte volavano via sotto i loro occhi.
 
“Perché tuo padre e mia zia erano qui?”. A Scorpius la risposta non importava. In quel momento, almeno. Si avvicinò a Lily e osservandola fissa negli occhi sussurrò - “Potrebbe essere il nostro posto segreto!” – e la baciò. Le sfiorò il viso con le mani, i capelli. Lasciò scorrere le dite sulla schiena di Lily e la avvicinò a sé. E lei ricambiava. Sempre. Si stringeva al suo corpo con le sue esili braccia. Afferrava la sua camicia con forza e inarcava la schiena per colmare ogni singolo spazio.
 
“Scorpius …”
“mmm … si Lily …”. Le guance arrossate, i capelli spettinati, le labbra gonfie. Era bellissima.
 
“Spero sia l’ultima volta che veniamo qui.”
Scorpius e Lily si guardarono allarmati. Dalla porta alle loro spalle provenivano delle voci. Ed una di quelle era di Draco Malfoy.
“Dove andiamo? È impossibile nascondersi qui!”.
“Fortuna vuole che questo mese il mantello tocchi a me!”.
Scorpius ci stava a malapena sotto il mantello dell’invisibilità dei Potter. Così a malapena che Lily lo costrinse a sedersi per terra per riuscire a coprirlo tutto. Lei si era posizionata fra le sue gambe. Aveva poggiato la schiena al suo petto e con un solo sguardo l’aveva avvisato di fare il massimo silenzio.
 
Draco Malfoy e Hermione Granger entrarono nella stanza senza accorgersi della loro presenza. Il professore Neville li raggiunse, trafelato, qualche secondo dopo. “Sarà l’ultima volta, patto che non ci siano altri problemi, Neville”. Apostrofò Hermione. Posò la sua borsettina per terra e pian piano iniziò a tirar fuori delle candele bianche.
Draco Malfoy la osservava metodico, mentre posizionava in modo circolare le candele intorno al leggio. Leggio su sui poggiavano la piuma dell’accettazione e il libro dell’ammissione. “Ci siamo. Malfoy hai portato il resto dell’occorrente?!”
 
Draco Malfoy tirò fuori dalle tasche un sacchetto. “Ne serve così poca?”
“Granger sono io l’esperto, puoi farti da parte gentilmente?”
Slacciò il sacchetto e si fece cadere tra le mani un mazzettino di lavanda o almeno lo sembrava. I fiori erano leggermente azzurrastri e le foglie emanavano uno strano scintillio “Lavanda di Atlantide essiccata con Spezie del Tongu. Una rarità.”
 
“Gli dai fuoco e la sventoli come un esorcista vudù?” Scimmiottò Neville. Dalla sua espressione si poteva notare quanto fosse stanco di avere quei due fra i piedi.
 
“Qualcosa del genere.” Sorrise mellifluo Draco Malfoy.
Con la bacchetta diede fuoco alla Lavanda. Inizio ad agitarla ritmicamente e contemporaneamente dalla sua bocca fuoriuscì una cantilena antica. Né Lily né Scorpius avevano mai sentito quella lingua.
Durò allungo. Draco Malfoy agitava la Lavanda e cantava. Per minuti. Ore.
 
Quando Scorpius si svegliò, il mantello gli era scivolato via. Poggiava sul pavimento abbandonato. Lily era lì, tra le sue braccia. Dormiva silenziosamente.
La luna era alta nel cielo.
L’orologio al polso di Scorpius segnava la mezzanotte.
 
“Per il basilisco di Salazar che accidenti stava combinando mio padre?”.
 
***

Sentiva l’odore della salsedine.
Quando era piccola, una volta, i suoi genitori l’avevano portata al mare. Lei e Lelia avevano rincorso Cyrus sulla sabbia. Quanto tempo era passato dal quel bellissimo giorno?
Leda non ne aveva idea. Viveva nella completa oscurità. Mangiava ciò che le davano. Stava zitta. Era prigioniera ma non le avrebbe più dato la soddisfazione di sentirla gridare. Non finché fosse riuscita mantenere un minimo di lucidità.
Non finché non si fosse persa nei ricordi. L’odore della salsedine le pungeva il naso. Lei e Lelia si tuffano in acqua. Lelia scompariva nelle profondità dell’abisso. Lelia …
 
“Belle mia cara si sta alzando il vento è il caso di rientrare.” Lord Edwin porse la mano alla donna sulla destra. L’aveva vista crescere. Ricordava ancora quel giorno lontano in cui suo padre l’accolse in casa. Lei aveva sì e no otto anni, lui ne aveva da poco compiuto sedici. Erano le vacanze di Natale e come ogni anno, tradizione della sua famiglia, Edwin lasciava Hogwarts per tornare a casa.
 
Belle era cresciuta con lui. Rispettandolo con devozione. All’infuori di lui tutto le era estraneo. Eppure, a guardarla, Edwin era certo che Belle conoscesse tutti i misteri del mondo.
I suoi grandi occhi grigi scrutavano l’oscurità. La devastavano. Distruggevano ogni cosa.
 
“Certamente Lord Edwin. Si è fatto tardi e la prigioniera deve mangiare.”
Belle non sospettava nulla. Obbediva, servizievole al volere di suo padre. Edwin obbediva a suo padre. Insieme erano prigionieri in una gabbia dorata. Il guardiano, il sacrificio e la preda.
 
“Posso fare altro per lei Lord Edwin?”. Belle lo osservava dalla cima delle scale. I lunghi capelli neri le ondeggiavano all’altezza della vita.
“Gradirei una tua visita nelle mie stanze dopo cena!”. Non era un guardiano, era un predatore. Di una vittima innocente che nulla sapeva del mondo.
“Certamente Lord Edwin, buona cena.”
 









 
Ciao a tutti
Scrivo giusto due parole per ringraziare le ultime persone che hanno aggiunta la storia a "seguite/ricordate/preferite", chi continua a leggere la storia silenziosamente e ai recensori.
 


 

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Capitolo 23
*** CAPITOLO DICIOTTO ***


CAPITOLO DICIOTTO
 
Giugno era alle porte e con lui le due settimane, intense, di esami. Tutti i ragazzi del quinto e settimo anno, passavano le loro intere giornate rinchiusi in biblioteca. Ripassavano l’intero programma annuale e non solo, sperando di passare al meglio gli esami.
Per molti di loro sarebbero stati gli ultimi sostenuti nel castello di Hogwarts e questo causava loro il doppio dell’ansia, tra gli scaffali era ben che palpabile, per non parlare degli umori altalenanti che a giorni alterni mandavano su tutte le furie la povera e piccina bibliotecaria.
Non mancavano crisi isteriche di ragazze poco preparate, con annessi pianti e consolazioni da parte delle amiche. I ragazzi se la cavavano meglio. Non davano di matto in pubblico e, ad esclusione di qualche eccezione, sembrava non risentissero dell’agitazione generale.
 
Hugo Granger – Weasley, degno erede di sua madre, non solo ripassava con parsimonia il programma ma, con molta calma, cercava invano di mantenere concentrata la mente di sua cugina Lily e e delle sue due migliori amiche.
Il loro gruppo di studio, per come la vedeva lui, non era dei più affiatati. Lily, da giorni, aveva la mente altrove. Studiava malvolentieri e, ogni volta che trovava la possibilità, si spostava alla scrivania di Scorpius. Parlottavano, fittamente, per diversi minuti finché un Albus severamente arrabbiato non la rimetteva nei ranghi, spedendola al suo posto.
Petunia, come sempre del resto, era la persona più capace, a detta di Hugo, a scindere lo studio dal rapporto sentimentale. Era concentrata e non rivolgeva sguardo al suo fidanzato se non ad ora di pranzo ed a ora di cena.
Hugo era oltre modo meravigliato da tale atteggiamento. Lui, non era affatto così. Per quanto fossero passati mesi dall’auto-licenziamento di Cyrus, non passava giorno che non pensasse a lui. Gli scriveva lettere a cadenza settimanale, raccontandogli tutto quello che accadeva nel castello, come passava le giornate, quanto fosse difficile lo studio in vista degli esami e, in fine, non per importanza, quanto lo amasse. Cyrus rispondeva. Sempre.
Da quando aveva lasciato il castello e aveva confessato tutto quello che sapeva su sua sorella, aveva deciso di aiutare gli Auror nella ricerca. Era un volontario non retribuito, che seguiva ed eseguiva ordini da qualche membro della sua famiglia, da ciò che aveva capito Hugo.
Al contrario di Petunia non sarebbe mai riuscito a distaccare la mente. Un quarto della sua concentrazione sarebbe sempre stata indirizzata a Cyrus.
 
Alice, viceversa, per quanto la conoscesse bene, in quegli ultimi giorni iniziava a dare cenni di esaurimento nervoso. Si alterava con facilità: aveva preso la tendenza a sbattere i libri nel mezzo delle conversazioni, una malsana propensione a correre via dalla biblioteca sbraitando parole a caso e, la antipatica inclinazione a saltare i pasti principali. In quei giorni, per il suo bene, Lily e Petunia le erano corse dietro, prestandole soccorso nel bagno di Mirtilla Malcontenta. Senza beneficiare di risultati.
Hugo, che al contrario di suo padre aveva ereditato la capacità di empatizzare con le persone, stava studiando un sistema per aiutarla. Sapeva bene che Lily e Tunia l’avrebbero sostenuta il più possibile ma, serviva un metodo più rapido e, nessuna delle due sembrava esserci arrivata.
Hugo, la maggior parte delle volte, si chiedeva come sua cugina Lily e la sua cugina acquisita Tunia riuscissero a mandare avanti una relazione amorosa, avendo una varietà di emozioni pari ad un cucchiaino*.  Doveva essere di aiuto la frequentazione con due alteri e impassibili Serpeverdi. Ne era certo!
 
“Quindi cosa vuoi che faccia? Che gli dia una spintarella?”. La sua interlocutrice era più che scettica.
“Si, ti ho appena spiegato il piano. Vuoi un disegnino?”. Per quanto lei fosse cinica, lui toccava soglie di sarcastico, con lei, che non si sarebbe mai aspettato di raggiungere.
“Non funzionerà Hugs. Ha passato la scorsa serata con una di Corvonero e credo che anche questa sera sia impegnato. Albus non vuole relazioni!”. Hugo conosceva bene suo cugino. Non aveva mai nascosto la sua indole da dongiovanni e tutto il castello era a conoscenza delle sue numerose tresche amorose. Ma a parere di Hugo, poteva essere salvato dalla via della perversione.
“Tu provaci okay? Per Alice.”
“Non prometto nulla!” disse scoraggiata portandosi lo zaino alle spalle.
“Domani mattina qui alle sette. Per l’ultimo ripasso. Rose mi raccomando!”
Rose lo salutò con un bacio sulla guancia e lasciò la biblioteca. Dubbiosa sulla possibilità che il piano di Hugo andasse a buon fine.
C’era un’ultima cosa da fare. Raccolse i libri e a passo filato raggiunge la stanza comune dei Grifondoro.
 
I suoi compagni di stanza e Lily, seduti vicino al camino, da quello che poteva sentire, lamentavano la vincita dei Serpeverde della coppa del Quidditch avvenuta la settimana prima. Ancora!
“Non sono ancora il capitano della squadra ma, in sua vece vi dico di farla finita. Il prossimo anno andrà meglio. Mio fratello e Scorpius non ci saranno e quel punto la squadra delle serpi non avrà speranza contro di noi!”
 
“Smettila tu di darti la colpa Lily! Ti ha conciato veramente male la loro battitrice. Pensa se Albus non fosse stato il capitano?”
 
E via così. Il discorso era sempre lo stesso. Fortuna che Albus è il capitano, fortuna che Malfoy abbia ottimi riflessi. E di nuovo. “Diglielo anche tu, Hugo. Tua cugina non vuole sentir ragione!”


“Per quanto mi interessi il discorso pensò proprio che salterò! Invece, Logan posso parlarti un attimo?”
 
“Non è colpa mia, non sono stato io, non ho visto nulla, Prefetto Granger Weasley!”
 
“Logan McLaggen deciderò io se sei o non sei colpevole. Seguimi!”
E anche questa era fatta! Hugo 1- Albus 0.
 
***
 
La finale di Quidditch, della settimana prima, era ancora motivo di diatriba nella sala comune dei Grifondoro. Lily, con un braccio ancora fasciato, non era riuscita ad acquetare gli animi come avrebbe dovuto. Non l’avrebbe mai ammesso ma, in segreto, aspirava alla carica di Capitano della squadra. Tutti in famiglia avevano avuto l’onore di esserlo e lei, si era sempre detta, non sarebbe stata da meno. Purtroppo, era costretta ad ammettere che la settimana prima non aveva fatto una bella figura in campo, anzi, tutt’altro e non riusciva proprio a perdonarsene.
 
La tribuna d’onore del campo da Quidditch era riversa di persone. Il corpo docenti al completo presenziava alla partita. Suo padre e suo fratello sedevano vicino alla ex-preside Minerva MgGonogall che mai, in quegli anni, aveva avuto l’ardire di perdersi una partita dei Grifoni. Parlottavano concitati e indossavano i colori della casa.
La famiglia Malfoy al completo, non che contasse una cerchia troppo ampia di persone, sedeva poco dietro suo padre.
Si erano salutati, da come Lily era riuscita a notare, spiandoli dalle finestre dello spogliatoio. Scambiati dei convenevoli e avevano preso i loro posti in tribuna. Ottimo! Si disse Lily, nella speranza che non tirassero fuori quelle lingue biforcute che si ritrovavano.
 
“BUONGIORNO A TUTTI! STA PER AVERE INIZIO LA PARTITA FINALE DELLA STAGIONE: GRIFONDORO CONTRO SERPEVERDE. CHE LE SQUADRE ENTRINO IN CAMPO!”. Lily era decisa a vincere la partita, avrebbe fronteggiato Albus, corpo a corpo, per prendere il boccino. Sarebbe stato suo a tutti i costi.
Albus aveva gli stessi pensieri della sorella. Era la sua ultima partita. Giocava da Capitano e avrebbe portato la sua squadra alla vittoria. Sua sorella aveva ancora due anni per onorare le sue qualità nello sport, lui, aveva solo quella partita. E avrebbe vinto.
“ECCO LA SQUADRA VERDE E ARGENTO, CAPITANATA DA ALBUS POTTER, COME POSSIAMO NOTARE E’IN SPLENDITA FORMA, CON QUALE DELLE SUE INNUMEREVOLI DONZELLE AVRA’ PASSATO LE ULTIME ORE?... sì mi scusi, non volevo, l’entusiasmo …”.
Albus era entrato trionfante sul campo da gioco. Suo padre e suo fratello portavano i colori rosso e oro ma, aveva imparato a non fargliene una colpa. Avrebbero tifato anche per lui, come sempre.
“SCORPIUS MALFOY AL FIANCO DI POTTER RISPLENDE DI LUCE PROPRIA. RIUSCIRA’ A FRONTEGGIARE LA SUA FIDANZATA IN QUEST’ULTIMA PARTITA?”
“EVITI COMMENTI INAPPROPIATI SIGNORINA GREENGRASS, FACCIA IL SUO LAVORO NEL MODO PIU’ APPROPRIATO!”
“NON SI PUO’ FARE NEMMENO UN COMPLIMENTO AL PROPRIO CUGINO IN QUESTI TEMPI DURI OOOOH… ECCO I GRIFONI. QUANTA BOSIOSITA’ TUTTA IN UNA VOLTA … CAPITANATI, PER L’ULTIMA VOLTA, DA EYVANNA BASTON RIUSCIRANNO A VINCERE LA COPPA, ANCHE QUEST’ANNO SENZA JAMES POTTER IN SQUADRA?”
Un urlo di cori incitanti sosteneva la squadra del capitano Baston. James Potter salutava dalla tribuna come un vecchio divo del cinema babbano mentre Lily Potter prendeva posto accanto al suo capitano.
“IL BOCCINO E STATO LIBERATO, I CAPITANI SI STANNO STRINGENDO LA MANO, I BOLIDI SONO APPENA SFREGGIATI A QUALCHE CENTIMETRO DA HUGO WEASLEY E CHE LA PARTITA ABBIA INIZIO.”
Ser Kosovo, ex giocatore della nazionale Russa e istruttore di volo nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, aveva finalmente lanciato in aria la pluffa. La partita era iniziata.
 
Lily e Albus, saliti di quota ai lati opposti del campo, setacciavano il cielo alla ricerca del boccino d’oro. La giornata era limpida, il vento non si era ancora alzato e, la temperatura non superava i 15°C. Le condizioni di volo erano le migliori che si potessero aspettare. Il sole sarebbe tramontato dopo le nove di sera, avrebbero potuto passare tutta la giornata a giocare, fino a sentire i crampi allo stomaco per la fame. I due fratelli Potter si guardarono da lontano e con tacito consenso diedero inizio alla loro ultima partita di Quidditch nel campo di Hogwarts.
“BASTON LANCIA E MCLAGGEN CHE SI DIRIGGE VERSO GLI ANELLI AD UNA VELOCITA PROIBITIVA, PARA QUELLA PALLA SALLIVAN. NOOOOH, GRIFONDORO GUADAGNA DIECI PUNTI. OH, MARGARET AFFERRA LA PALLA E SI DIRRIGE NEL CAMPO AVVERSARIO, VAI COSI MAGGY, PASSA A SCORPIUS CHE TENTA UNA FINTA CONTRO WEASLEY E NIENTE. PARATA DAL PORTIERE GRIFONDORO. CUGINO DATTI UNA SVEGLIATA PER SALAZAR … si l’entusiasmo… mi scusi …”
 
Hugo aveva un unico obiettivo quella mattina: non permettere a Scorpius Malfoy di segnare. Riponeva molta fiducia in Lily e sapeva che si sarebbe impegnata al limite delle sue possibilità per vincere, ma, Albus aveva la convinzione negli occhi. Come James l’anno precedente. Non avrebbe permesso a nessuno di soffiarli sotto il naso l’ultima possibilità di vittoria. Nemmeno a Lily. Albus avrebbe preso il boccino, per questo motivo, Hugo, quella mattina, non avrebbe permesso ai Serpeverde di segnare. Doveva fare in modo di mantenere un decoroso distacco. Dare la possibilità a Logan di segnare più reti possibili prima che Albus mettesse fine alla partita.
“PIAZZA BENE QUEL BOLIDE ALISTRINA, SI GRANDE, UNO DEI CACCIATORI ROSSO E ORO STA GRAVEMENTE PRECIPITANDO OH… NIENTE DI GRAVE SI E’ RIPRESO, DALLA GIURIA MI RICORDANO IL SUO NOME CULLAM DANNEVILLE. CULLAM E’ IN GRAN FORMA E RIPRENDE LA PLUFFA PER PASSARLA A MACLAGGEN, DI NUVO SULLIVAN PARALAAAAA!!!AH 20 A ZERO PER GRIFONDORO.
SULLIVAN LANCIA A SCORPIUS, SCORPIUS A MARGARET, DI NUOVO SCORPIUS, LANCIA E… SI! SERPEVERDE SEGNA… QUELLO E’ MIO CUGINO SIGNORE!”.
 
Zara Greengrass era molto popolare. Condivideva il dormitorio con Petunia e, anche se caratterialmente molto diverse, avevano istaurato un rapporto di taciti consensi. Entrambe passavano molto tempo con i ragazzi del settimo e anno e, molte volte in quegli anni si erano ritrovate a studiare insieme in biblioteca o prima delle lezioni. Non erano amiche. Per una sola ed unica ragione: Zara, amava la sottile arte del pettegolezzo e Petunia era ben lontana dall’approvare tale diletto. Non amando stare al centro dell’attenzione e trovando inutili ogni forma di protagonismo, per nessuna ragione al mondo, si sarebbe cimentata in tale passatempo.
“Tarquin, non vorrei sembrare premurosa ma tua cugina Zara non credo stia molto bene!”. Tarquin Nott e Petunia osservavano la partita, seduti comodamente tra una massa di sardine verdi e argento, nella curva Nord del campo. Sophia e Rose sedevano qualche scalinata più avanti e con fiero orgoglio Serpeverde sventolavano uno striscione con dipinte sopra le facce di Albus e Scorpius. Altamente imbarazzante si era detta Tunia, preferendo sedersi il più lontano possibile da quelle due.
“Credo sia molto eccitata per la partita Amore. E poi, è la prima volta che fa la speaker deve prenderci la mano.”
“Non è strano che abbia deciso di proporsi come speaker? Uno lavoro di così bassa manovalanza, per ripetere le sue esatte parole udite nel corso di questi anni.” Petunia aveva seri dubbi. Uno strano dolore allo stomaco e un cattivo presentimento. “Le avranno regalato un portagioie con dentro qualche grammo di umiltà!”. Non era questione di umiltà o misericordia, si disse Petunia, ci avrebbe scommesso quei pochi galeoni che conservava nel comodino.
 
“MCLAGGEN SEGNA E GRIFONDORO PAREGGIA. 30 A 30, SIGNORI E SIGNORE. SIAMO SOLO ALL’INIZIO DELLA PARTITA. I CERCATORI, IL NOSTRO AMATO CAPITANO ALBUS E SUA SORELLA LILY POTTER SORVOLANO IL CAMPO A DEBITA DISTANZA. NON SEMBRA ESSERCI TRACCIA DEL BOCCINO ANCHE SE CON QUESTO SOLE NON E’ DETTO CHE RIESCANO A VEDERLO!”.
 
Non c’era traccia del boccino e la temperatura si stava alzando. A Lily iniziava a sudare la fronte. Amava volare e rincorrere il boccino ma, avrebbe preferito che le temperature estive non fossero arrivate così presto quell’anno. Suo fratello sorvolava le porte dei Grifondoro, lei a debita distanza, a metà campo, osservava Scorpius dirigersi a tutta velocità verso Hugo. Pluffa nella mano destra e tanta determinazione a segnare. Punto! “Hugo, datti una svegliata o Malfoy finirà col segnarti altri 100 punti!”. Scorpius trionfante con la pluffa in mano era bellissimo. La guardò appena, scoccandogli un bacio con le labbra prima di raggiungere l’altra cacciatrice e placcare Logan con forza.
 
“ALBUS INIZIA L’INSEGUIMENTO, SI ALZA VERSO L’ALTO E SEMBRA SCOMPARIRE NEL CIELO. FANTASTICO… LILY POTTER SEMBRA ESSERSI ACCORTA SOLTANTO ADESSO DELLA PRESENZA DEL BOCCINO IN CAMPO E CI CREDO BENE, LA ITANTE ESISTENZA DI SCORPIUS E I SUOI BACI VOLANTI IN GIRO PER IL CAMPO SONO L’UNICA COSA CHE DEVE AVER VISTO QUESTA MATTINA!”
 
Gioco di squadra. Tra lui e Scorpius non era mai mancato. Era bastato un cenno al suo migliore amico e Lily non avrebbe mai recuperato il suo vantaggio. Albus giocava pulito. Da sempre. Era il Serpeverde in lui che, a giorni alterni, si macchiava di crimini macchiavellici.
Il boccino sembrava prendersi gioco di lui. Dopo aver preso quota, precipitava furiosamente verso il basso, verso Lily che lo stava raggiungendo.
La squadra continuava a giocare. Il boccino con una eccezionale virata si dirigeva verso gli anelli del Grifondoro, ostacolando i restanti giocatori. Doveva prendere il boccino. Lily gli era alle calcagna. Sentiva il suo profumo e le sue battute di cattivo gusto che le aveva insegnato James per fargli perdere le staffe. Continuava a mantenere la calma.
“I POTTER INSEGUONO IL BOCCINO CHE OH… CHE IMPENNATA PAZZESCA, GUADATELI MENTRE LOTTANO NELL’ALTO DEL CIELO. DUE FRATELLI, CGI SARA’ L’ETERNO VINVITORE? …  SI PROFESSORESSA, CERTO… TORNANDO ALLA PARTITA MCLAGGEN HA SEGNATO ALTRE DUE VOLTE NEL MENTRE OSSERVAVAMO IL CAPITANO POTTER ALL’INSEGUIMENTO DEL BOCCINO. GRIFONDORO E’ IN VANTAGGIO DI VENTI PUNTI.”
 
Il boccino sferragliava per il campo. Zigzagava contro luce e lei era troppo lontana da Albus. Aveva perso tempo a contemplare Scorpius e questo le sarebbe valso la partita. Albus avrebbe preso il boccino e la gloria. Sollecitò il manico di scopa all’inseguimento. Era a pochi centimetri da lui. Poteva farcela. Lily ne aveva tutte le capacità.
 
“ALBUS E’ A POCHI CENTMETRI DAL BOCCINO, SUA SORELLA RIMONTA E SEMBRA STIA PER RAGGIUNGERLO. ALISTRINA FALLA FUORI PER AMOR DEI FONDATORI, DOBBIAMO VINCERE QUESTA PARTITA! ALBUS AFFERRA QUEL BOCCINO …”
 
Alistrina Wilde, con tutta la forza che aveva in corpo, scaglio il bolide verso Lily Potter.
Successe tutto nel giro di millesimi di secondo.
Albus afferrò il boccino e nel silenzio generale Zara gridò: “LA POTTER SI SCHIANTERA’ AL SUOLO MA ABBIAMO VINTO LA PARTITA!”.  Il bolide, spinto a gran velocità da Alistrina aveva disarcionato Lily Potter a venti metri di altezza.
 
Scorpius Malfoy aveva visto tutto. Non di nuovo, di disse. Virò e sferzò verso Lily.
Il bolide l’aveva colpita in pieno petto. Non respirava. Le si chiudevano gli occhi osservando quell’infinità di celeste che costellava i cieli di Hogwarts. Il bolide le aveva rotto diverse costole, si disse, tenendo conto del dolore che provava. Dolore che le stava intorpidendo i sensi e che non le permetteva di ragionare in maniera esaustiva. Chiuse gli occhi definitivamente. Avrebbe toccato il suolo a breve e non sarebbe più stato un suo problema.
Non avvenne.
 
L’aveva afferrata in tempo. Aveva mollato la scopa e si era lanciato su di lei. Aveva agilmente roteato a mezzaria, che se glielo avessero raccontato ci avrebbe riso sopra per ore e, aveva arpionato Lily tra le sue braccia. Non ci credeva nemmeno lui. Era atterrato di schiena con Lily ancorata al suo petto, il respiro lento e gli occhi chiusi. Poi il caos.
“SEI IMPAZZITA O COSA? ALISTRINA EH?”. Il suo migliore amico era atterrato accanto a lui. Boccino nella mano destra e scopa nella sinistra. Fumava dalle orecchie. “Volevo aiutarti, ho solo scagliato un bolide! È il mio ruolo non mettere su tutta questa farsa solo perché ci è andata di mezzo tua sorella?”. Altre cento voci si sommavano a quella di Albus. Gli studenti e i professori si erano riversati in campo. Tutti li accerchiavano. Tutti erano lì, curiosi e famelici, delle loro reazioni.
 
“L’HAI COLPITA CON L’INTENZIONE DI FARLE DEL MALE! SEI FUORI DALLA SQUDRA!” La voce di Albus, non sapeva come, risuonava su tutte le altre. Aveva mollato la squadra e inginocchiato al suo capezzale, con il respiro affannato, gridava improperi contro la Alistrina.
“Era la tua ultima partita, non puoi cacciarmi dalla squadra, Capitano!”.
Albus avrebbe voluto ribattere, Scorpius ne era certo. Nessuno poteva offenderlo a quel modo e pensare, solo minimamente, di passarla liscia. Purtroppo o per fortuna, della malcapitata, l’intervento dei docenti e delle infermiere, acqueto sul nascere la discussione.
“Ragazzi fate spazio dobbiamo portare Lily e Scorpius in infermeria.”
 
*
Lily aveva una lista nera. In ordine di importanza, la lista, elencava tutto ciò per cui provava una sana repulsione. Capeggiava, come tutti potranno immaginare, la stagione estiva. Al secondo posto, per assoluta importanza, c’erano le lezioni di Erbologia. Al terzo, a causa del suo intenso bianco e dell’odore di medicinale, con le sue grandi finestre che illuminavano la sala in modo accecante, si trovava l’infermeria.
Detestava, con tutta sé stessa, il dover solo pensare di finire in infermeria. Quell’anno, per fortuna, era riuscita ad evitare incidenti mortali… o quasi… il Professor Neville più di una volta, in tutta onesta, aveva attentato alla sua vita. Quindi bene o male, le volte che era finita in quella ovattata stanza bianco uovi, quell’anno si contavano sulle dita delle sue due mani.
L’ultima volta era successa qualche sera prima, quando lei e Scorpius si erano risvegliati nella torre celata. Scorpius, preoccupato che gli fosse successo qualcosa a causa dell’incantesimo del padre, aveva insistito per passare a farsi dare una controllata dalle infermiere. Non avevano trovato nulla che non andasse nei loro corpi e li avevano rimandati nelle loro sale comuni, comunicando che non sarebbe passato sotto banco il loro poco rispetto per l’osservanza delle regole dopo il coprifuoco. Niente era valso a Scorpius rammentare alle due che fosse il Caposcuola di Serpeverde.
 
“Ben svegliata” Era notte. L’unica luce proveniva dalla lampadina sul suo comodino. La quiete era totale e la sua unica compagnia era Scorpius.
“Che ore sono?” disse, provando ad alzarsi dal letto con scarsissimi risultati.
“Le due del mattino, hai dormito tutto il giorno.” Scorpius l’aveva aiutata a sistemarsi, le aveva versato da bere e con buona lena la stava aiutando a mandar giù un po’ di succo di zucca.
Forse, avrebbe dovuto chiedere cosa era successo in campo ma, osservare Scorpius che con parsimonia si prendeva cura di lei, le toglieva le parole di bocca.
“Avete vinto eh! Sei stato bravo, hai segnato dei goal fantastici!”.
 
Non avevano parlato di altro quella sera. Non avevano mai nominato Alistrina e il suo poco sportivo atteggiamento in campo, non avevano parlato di Albus e della sfuriata immensa che aveva fatto alla ragazza una volta rientrato nella sala comune e, nemmeno dei loro genitori che, preoccupati per i figli si erano ritrovati tutti insieme nell’infermeria. In pace.
Non ce ne era bisogno. Lily non era stupida e, nel momento stesso in cui era stata colpita, aveva avuto un’illuminazione. Come aveva fatto a non capirlo prima? Perché ultimamente sembrava non accorgersi di nulla?
 
“Lily ehi cugina …”. Hugo la scuoteva con forza. Si era appisolata sulla poltrona innanzi al camino. “mm mm…dimmi Hugs”.
“Sembra stano anche a me, ma, Petunia per la prima volta nella storia è salita fino al settimo piano. Purtroppo le manca il coraggio di entrare, ha detto che ti aspetta fuori!”.
Sua cugina Petunia, aveva affrontato il suo acerrimo nemico, il settimo piano. Doveva farsi ammazzare da una sua compagna di casa, per riuscire a farla salire fin lì!
 
“Ho gettato l’amo. Tra mezzora possiamo dar vita allo spettacolo”. Petunia non amava immischiarsi negli affari altrui. Purtroppo, per la vittima, questa volta era una questione di principio. L’anno successivo, Rose e Sophia “reginette” indiscusse della sala comune di Serpeverde non ci sarebbero state, predominare sarebbe stato di vitale importanza per sopravvivere nella cerchia gerarchica che le Serpeverdi imponevano. Non avrebbe avuto la protezione di suo cugino Albus, che in tutti quegli anni era stato il suo silenzioso angelo custode e, le sarebbe mancata anche la compagnia del suo fidanzato. Inesauribile fonte di invidia di gran parte della popolazione femminile del Castello.
Per questo motivo, non poteva lasciar spazio a quella megalomane di Zara e al suo gruppetto di vallette.
Lei e Lily non potevano concederle il lusso di esse perennemente sotto attacco.
“Devo ancora capirne bene il motivo. È sul serio gelosa dei suoi cugini?!”
Lily e Petunia dubitavano di qualsiasi motivazione.
“Potrebbe essere invidiosa. Forse pensava di entrare nella comitiva essendo noi fidanzate con i suoi cugini!” Nessuna delle due ci credeva. Doveva esserci qualcos’altro in gioco. Zara per quanto fosse arrogante e presuntuosa non aveva mai dato modo di mostrarsi cattiva nei confronti delle colleghe. Aveva una lingua tagliente e non le si poteva confidare un segreto ma, di certo, non era una persona con indoli violente.
“Sin dal primo anno non ha mai voluto far parte della comitiva. Se ne è sempre dissociata …”
 
“Beh io sempre stata dell’opinione che non avesse buon gusto in fatto di compagnie!”.
 
 ***
 
Albus e Rose, integerrimi, ripassano gli schemi di trasfigurazione umana avanzata in vista dell’imminente esame. Scorpius faceva loro compagnia, libro di pozioni innanzi e stralci di pergamene sparse su tutta la scrivania. La sua mente vagava, per quanto cercasse di concentrarsi non riusciva minimante a soffermarsi sui suoi appunti. Era tutto inutile.
Al contrario della sua fidanza, che nelle ultime sere aveva escogitato un attentato nei confronti di cugina, all’insaputa di tutti, lui, non riusciva ad eliminare dalla mente il pensiero di suo padre e di quello strano rituale magico.
Ne aveva parlato con i suoi due migliori amici, Albus e Rose. Entrambi, cercando di non dare nell’occhio, avevano fatto delle ricerche in grembo alla famiglia. Avevano ricevuto delle risposte ma, al contrario di Scorpius che non pensava a null’altro da giorni, i suoi migliori amici erano ferreamente concentrati sullo studio. Solo quando avrebbero finito il loto rigidissimo ripasso, si sarebbero dedicati a lui e alle sue fisime mentali.
 
Un quarto alla mezzanotte e finalmente l’avevano raggiunto innanzi al caminetto. Il caminetto della sala comune dei Serpeverde restava accesso tutto l’anno scolastico. Le temperature nei sotterranei erano così basse, da non permettere ai giovani studenti di indossare vestiti estivi nemmeno a fine giugno. Scorpius sedeva sulla sua sedia preferita. Rigirava tra le mani un tomo di Erbologia. Aveva trovato la strana lavanda che suo padre aveva utilizzato nella cerimonia e, testuali parole del libro, era una pianta del tutto inutile se non utilizzata nella maniera corretta, con i giusti incantesimi e il dovuto rituale alchemico.
Scorpius si domandava quando e come suo padre si era appassionato all’Alchimia. Chi l’aveva istruito e perché lui non ne sapesse niente?
“Per la cronaca, se avessi ripassato con noi, non saresti qui a lagnarti della poca attenzione che ricevi dai tuoi migliori amici!” iniziò melliflua Rose, accomodandosi ai piedi del divano e allungando le gambe verso il caminetto.
“Non mi lagno e, per la cronaca, non vi sto aspettando impaziente. Semplicemente non ho bisogno di ripassare altro. Sono pronto per gli esami. Più che pronto.”
“Le cinque principali eccezioni alla legge di Gamp?”. Albus Potter aveva preso posto sul divano. Teneva in mano una manciata di lettere, dei suoi innumerevoli famigliari, di cui Scorpius non vedeva l’ora di conoscere il contenuto.
“Cibo, Amore, vita, informazioni e denaro. Ora possiamo passare alla parte interessante della serata?!”.
 
“Non c’è molto di interessante in realtà, per quanto sono riuscita a scoprire da mia madre”. Rose tirò fuori, dalla tasca interna della giacca argentata che indossava quella sera, la lettera di sua madre.
“Salto la parte zuccherata se non vi dispiace … ecco da qui …Per quanto concerne la risposta alla tua domanda non c’è molto da dire, al contrario, mi piacerebbe sapere da chi e in che circostanza hai sentito parlare di ipotetici danni ad alcuni beni della scuola. Per rassicurati, sappi, che sia la penna che il libro, a parere del corpo docenti e mia, aveva semplicemente bisogno di un incremento nella sua già eccezionale protezione. Poi cambia discorso e torna a fare la mamma e non la burocrate.” Finì Rose, mettendo via la lettera e osservandolo con attenzione. Entrambi si voltarono a guardare Albus. Dal quantitativo di lettere, si sperava, avesse scoperto qualcosa in più.
 
“Ho fatto qualche domanda in giro. Inoltre, collegando il tutto con lettere precedenti, credo di poter affermare un paio cosucce …” Albus amava raccogliere informazioni. Creare congetture e trovare soluzioni ai problemi. Si esaltava e difficilmente si riusciva a stargli dietro.
“Ascoltatemi bene perché non ho intenzione di ripetermi!” Iniziò, osservandoli attentamente. Rose annuì e lui fece altrettanto.
“Uno, è tutto collegato ai casi delle sparizioni. Zia Hermione e tuo padre fanno parte della task force creata da mio padre per risolvere il caso. Doveva essere un segreto ma Teddy l’ha detto a Vicky che ne ha parlato con Domy e zia Fleur che ne ha discusso con nonna Molly che l’ha detto a me, in questa lettera.” Albus la sventolò sotto i loro occhi. “Inoltre, da quanto dice, c’è di mezzo anche Lucas Black. Dovrebbe essere un segreto di massima sicurezza ma, anche in questo caso, zia Audrey ne ha parlato allo zio Percy, che ne era allo scuro, lui l’ha raccontato allo zio George che a sua volta non poteva non parlarne a cena con tutta la famiglia. Roxen lo ha accennato alla nonna e così …”.
Scorpius, dovette ammette a sé stesso, che i segreti nel Clan Potter Weasley non avevano ragione di esistere. Non erano in grado di tenere nascosti i segreti di stato, figuriamoci i loro. Scorpius aveva il brutto presentimento, che in quella famiglia, tutti sapessero tutto di lui e Lily. Fin nei minimi dettagli. Era un incubo!  
“C’è da ammettere che siamo un ottimo centro di informazioni, per i terroristi …” disse scettica Rose, sulla stessa lunghezza d’onda dei pensieri di Scorpius.
“Poi, questo è un frammento di una lettera di Cyrus, per Hugo” Mostrò un pezzettino di pergamena verde acido. Profumava di uno strano odore selvaggio. Scorpius ebbe paura a chiedere.
“Hugo è stato così gentile da chiedere … sappiamo che Cyrus lavora con gli Auror per cercare sua sorella. La donna che fino qualche mese fa era stata identificata come terrorista ma, che in realtà non è altro che una vittima di questo gruppo sovversivi della capacità magica. Cyrus, come potete ben capire dall’odore di questo pezzo di pergamena, pare sia odore di sansa, si trova in Italia. Non specifica con chi nelle lettere ma, so per certo che anche Luis si trovi lì. Quindi io credo siano insieme, alla ricerca della donna. Vorrei anche aggiungere, ma potrei sbagliarmi …”
Era raro che il suo migliore amico si sbagliasse. Scorpius non ricordava fosse mai accaduto, in realtà.
“… dice espressamente che il loro centro operativo, nel momento in cui scriveva la lettera, era un frantoio. Ed ecco spiegato l’odore. Si spostano di continuo per non essere localizzati ma, sono certo che si trovino in sud Italia!”
 
“Fantastico, in caso dovessimo andare a cercarli, sapremmo dove non trovarli! Amico cosa centra tutto questo con mio padre …” Scorpius non dubitava di Albus, non capiva, semplicemente, il motivo di tali voli pirandici prima di arrivare a ciò che a lui veramente interessava.
“Scorpius, caro, delle volte sai essere incantevolmente insolente … Albus continua, la prossima volta che ti interrompe do fuoco al suo bel faccino!”.
 
“Grazie Rose”. Eternamente soddisfatto delle sue capacità. “Quest’ultima lettera è di James, mi scrive che i primi di settembre partirà per la missione all’estero. Anche lui andrà in Italia. Pare che il Ministero Italiano abbia richiesto maggior collaborazione. La missione di James, nello specifico, come lui stesso scrive: si tratta di una missione più semplice alla fine. Speravo fosse il caso a cui sta lavorando Luis invece si tratta del recupero di un ostaggio. Mi rifarò con la mia prima vera missione … altre cretinate di James. È lo stesso identico caso …”
 
“Tuo fratello ha appena detto di no! Sta studiando per diventare Auror, seriamente credi di essere più portato di lui con il fiuto da detective …”
 
“Scorpius, non vorrei deluderti, quello che dovrebbe avere un po’ più di fiuto qui sei tu. Stiamo parlando di una missione top secret. James non poteva semplicemente scrivermi oh sì hai ragione …
Mmm … per quanto sia un’idiota non sottovaluterebbe mai una missione. Qualsiasi essa sia. Nella lettera ci scherza su per non far capire che, al contrario di quello che sta scrivendo, i due casi sono collegati. È un’unica grande missione.”
 
“Arrestare i terroristi e recuperare Leta AppleWhite. Quindi …”. Rose si stava illuminando. Possibile che solo lui non fosse così ferrato in materia. Era un Malfoy. La sua famiglia primeggiava negli inganni ma, era anche vero, che la famiglia di Albus primeggiava nel risolverli, erano menti acute. Cresciuti sotto l’occhio vigile di Harry Potter. Quante cose aveva insegnato ai suoi figli che, i comuni ragazzi della sua età, avrebbero agognato per sempre?
 
“E’ una solo missione. Che non stiamo giocando in casa. Non per il momento almeno …” Rose aveva preso la parola. Ora avrebbe avuto la sua spiegazione. “Perché hanno aumentato la protezione al libro e alla penna?! Devono aver scoperto una falla … qualcuno deve essere entrato nel castello per sabotarli.”. Scorpius aveva per l’ennesima volta perso il filo del discorso. Forse avrebbe dovuto abbandonare l’idea di fare l’Auror, se non riusciva a stare dietro ad i suoi migliori amici come avrebbe mai potuto sostenere un corso di tre anni sull’arte dell’investigazione e della guerra?
“Se entrambi o solo uno, non hanno funzionato, vuol dire che qualcuno non è venuto ad Hogwarts perché non è mai stato fatto il suo nome…” Rose camminava per la stanza ormai silenziosa. Era deserta. Loro tre, il caminetto e il mistero della sala nascosta.
 
“Chi non è venuto ad Hogwarts? Chi manca all’appello?”
 
“Potrebbe essere uno dei bambini scomparsi. Non di quelli recenti intendo, di loro si sa tutto. Parlo di uno dei primi. Se hanno confrontato i bambini scomparsi, le vecchie e le nuove denunce, sarà venuta fuori qualche traccia …” Scorpius si era buttato. Era il momento delle congetture, non era più una questione sua e di suo padre. Suo padre lavorava per Harry Potter. Era dalla parte giusta della trincea in quella guerra. A Scorpius non serviva sapere altro. Era soddisfatto.
A menta lucida, raccolte le informazioni, il problema era molto più grande.
 
“Potrebbero essere più di un mago o di una strega…” Rose non interrompeva la sua camminata. Si portava indietro i capelli e Scorpius sapeva bene il bisogno che aveva di catapultarsi in biblioteca. Sorrise. Rose assomigliava molto a Lily, per certi versi. Quando avevano per le mani un mistero non riuscivano a fermare il cervello. Dovevano risolverlo a tutti i costi … “Lucas Black!”
Albus, stravaccato sul divano, iniziò a battere le mani. Complimentandosi per essere il primo dei due ad esserci arrivato. “Black?” Questa volta era la sua migliore amica Rose ad essersi persa per strada.
 
“Lucas Black, in una delle sue interviste, a citato sua sorella, scomparsa anche lei, sostenendo che fosse una strega e che Marius Black la odiasse per questo. Zia Audrey sta lavorando ad un vaccino per i bambini. Lucas Black non è stato nascosto dalla stampa. È stato isolato perché analizzando il sangue dei bambini rapiti, sottoposti a chi sa quale trattamento per essere ora senza magia, è stata trovata nel loro sangue una mutazione della famiglia Black. Sapete perché sappiamo che derivi dalla famiglia Black?! Nostra cugina Flow possiede la stessa mutazione, ma lei è una portatrice sana come, ne sono sicuro al cento per cento, la sorella di Lucas Black. Quella bambina deve essere stata una delle prime cavie ed è grazie al suo sangue che hanno trovato il modo di mutare il sangue e quindi la magia dei bambini…”.
 
Tutto ciò era sconvolgente. Le autorità ne erano al corrente? Suo padre sapeva a cosa stava lavorando? “Tuo padre cosa pensa di fare a riguardo? Questi sono dei matti …”
 
“Li arresteranno e li giustizieranno spero. Conoscendo mio padre, non ama agire in fretta. Colpirà la preda. Una volta soltanto e la eliminerà definitivamente.”
 
***

Poiché sapeva bene da gran tempo sino a qual punto Draco, che per altro ammetteva di essere affetto da pazzia ereditaria, fosse capriccioso, eccentrico ed egoista, era ormai abituata alle sue stranezze. Ma quella sera, mentre si apprestava a portargli la pallina di Fildimenta, che il guaritore gli aveva giocosamente prescritto di prendere tutte le sere a finché combattesse il suo giallume da nicotina, non poté fare a meno di stupirsi per l’ennesima volta.
Suo marito, trenta anni di guerra interiore se ne stava lì, con il capo rivolto verso l’alto a osservare un punto impreciso del cornicione. Sguardo ricolmo d’ira. Bicchiere di Firewhisky alla mano e bottiglia già per meta consumata.
Il monumentale camino aveva necessariamente bisogno di un’attizzatina o da lì a qualche minuto l’enorme studio sarebbe rimasto nella completa oscurità.
“Draco, ti ho portato il Fildimenta. Masticalo piano!”
“Masticalo piano …”. Suo marito rasentava la pazzia. Lo leggeva nei suoi gesti e nel modo licenzioso con il quale le aveva risposto.
“Se non hai bisogno d’altro, andrei a dormire. Ti aspetto di sopra!”.
 
“Tuo figlio!”. Risuonò nella stanza come un insulto. Che poi, per la sottoveste di Salazar per quale inammissibile motivo, ogni qual volta Scorpius, malauguratamente, commetteva una sciocchezza, diveniva tuo figlio anziché nostro figlio! Pensava Astoria. Ostentando una calma che, per quanto consona le fosse, richiedeva una grande forza d’animo e un maturo amore nel confronto del marito, si avvicinò prudente.
“Nostro figlio!”.  Comunicò prima di sedersi innanzi al marito. Agitando la bacchetta verso il fuoco. Aspettando da un momento all’altro uno scatto di pura collera.
È sempre in questa stagione che la gente impazzisce!
 
“Nostro figlio – era balzato – quel cerebroleso di nostro figlio, che Salazar mi perdoni, ma … la figlia di Sfregiato! Con tutte quel popò di ragazze nel quale avrebbe potuto decidere di inzuppare il biscotto, si è scelto la figlia di Sfregiato! Dobbiamo far disinfettare la dimora! Un esorcista! Manda un gufo a qualcuno, chiunque …”
Spolmonava, Draco. In piedi, innanzi alla finestra che con poche falcate nervose aveva raggiunto.
“Suvvia Ca…”
“Che poi è ovvio no! Ci hai pensato Astoria? – lei ci aveva ponderato molto più del marito, probabilmente – Hogwarts sarà pur pieno di ragazze ma, eliminate le mezzosangue, ‘quelle’ che non possono essere definite donne neppure dopo aver ingerito una pozione imbellente e le Tassorosso, sai chi resta? Qualche oca giuliva in calore e l’intero ovulatorio Weasley! Hai fatto caso a quante giovani donne hanno messo al mondo? Cielo, con tutte le nuove pozioni anticoncezionali avrebbero anche potuto recarsi al San Mungo e farsene prescrivere una scorta vitalizia.
Ah, La colpa è solo nostra, Astoria! Sapevamo sarebbe andata a finire così! Avremmo dovuto mandarlo a Durmstrang. Lì non avremmo avuto nessun tipo di problemi: niente Potter e niente Weasley.
Che poi, che poi, mi chiedo è così difficile trovarsi, nei giorni nostri una gradevole donna Serpeverde?”.
 
Draco Malfoy, quarantacinque anni, era arrivato alla conclusione di non saper più in cosa credere. Forse l’indomani, essendo Domenica avrebbe potuto recarsi in chiesa. Non l’aveva mai fatto. Eppure sapeva bene dove recarsi. Astoria, dal canto suo, ne sarebbe rimasta contenta.
Il Firewhisky luccicava all’interno della bottiglia. Astoria, lentamente aveva raggiunto e socchiuso la porta. Prima di uscire, come colta da un lampo d’ispirazione, arrivò alla conclusione che per il suo prudente marito peggio di così non poteva andare. O forse sì.
“Caro, un’ultima cosa! Ho invitato i Potter a cena!”
Un tonfo sordo riempì la stanza. Draco Malfoy, quarantacinque anni, un metro e ottantasette di altezza, una stempiatura ben curata e un vestito di Madama McClan appena uscito dalla boutique, se ne stava sdraiato per terra. Con gli occhi chiusi, il respiro assente e un colorito che rasentava l’infarto.
“Polki!” Chiamò la padrona.
“Sì, Polki e qui mia signora, ordina a Polki e Polki esegue, signora!”. Cantilenò l’elfo, osservando la sua padrona senza accorgersi minimamente del suo padrone e della sua precaria salute.
Saltellando allegramente ai piedi di Astoria, Polki non aveva occhi che per lei.
“Porta il padrone di sopra e mettilo a letto Polki.”
Polki, abbattuto: osservò e si avvicinò al padrone, smaterializzandolo con un sonoro “crac” nella camera padronale.
 
Possibile, si disse Astoria, incamminandosi verso la stanza padronale, che suo marito da un mese a quella parte non avesse nessun altro pensiero per la testa?! Con tutto il lavoro che aveva da sbrigare, le incombenze sociali e il nuovo lavoro nella task force di Harry Potter, secondo quale Antico Mago, il suo unico pensiero era perennemente rivolto a Scorpius e Lily?






 
* La frase pronunciata da Hugo è la stessa di Hermione Granger nell'ordine della Fenice. Molto spesso Hugo è rappresentato come la copia in miniatura di suo padre, a mio parere, è molto più somigliante a sua madre: intuitivo, studioso, perspicace ...
Ringrazio tutte le persone che sono arrivate fin qui, che continuano a leggere la storia e, ad inserirla nelle preferite/ricordate. 
Spero sia stata una buona lettura, al prossimo capitolo. 

 

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Capitolo 24
*** CAPITOLO DICIANNOVE ***


Il ritorno ... giusto in tempo per la fine del 2020!
Per essere onesta non capitavo qui per sbaglio bensì ero super convinta di postare il capitolo successivo, i capitoli (risata malvagia) ...
Ero, esatto!
Per sbaglio, ho cancellato la storia collegata, che si dia il caso contenesse pezzi mancanti molto importanti.
Per questo motivo dovrete aspettare un altro po' per i capitoli veri e propri, non che questi non lo siano, sia chiaro.
Sono mini-capitoli che posterò proprio qui, senza creare altre storie e collegamenti! E' passato un po' di tempo e non ricordo tutto sul funzionamento del sito (povera me!!) ...
Perdonatemi e in caso vogliate cruciarmi fatelo pure ... nelle recensioni! Vi aspetto lì! Baci Lea  







IL SEGRETO DELLE GEMELLE WEASLY
 
Ricorreva l’inverno a cavallo tra la fine
del 2015 e l’inizio del 2016.
Hogwarts era allegramente in festa,
la neve era padrona delle lande scozzesi
da settimane e
gli studenti gioivano irrequieti
per l’inizio del nuovo anno.
Non tutti gli studenti…
 
 
Molly Weasley aveva quindici anni e mille grilli per la testa.
Molly Weasley voleva conquistare la sua indipendenza, voleva distinguersi dalla massa e da lei, la sua sorella gemella, Lucilla – detta Lucy – Weasley.
Ad onor del vero due gemelle così diverse nella famiglia Weasley non si erano mai viste, parola di nonna Molly.
Sua nonna, nei momenti nostalgici – durante le feste, come si suol dire – rimembrava ricordi dei suoi fratelli maggiori Gideon e Fabian Prewet. Gemelli. Era un vizio di famiglia. Raccontava di come entrambi fossero stati smistati a Grifondoro, delle innumerevoli punizioni, del coraggio che li contraddistingueva, della loro ultima battaglia contro sei agguerriti Mangiamorte, in cui avevano avuto la peggio. I gemelli Prewet erano nati ed erano morti insieme, sorridendo narrava la leggenda di famiglia.
Concluso il racconto sui fratelli, iniziava la novella dei gemelli Weasley. Fred e George. Unici, inimitabili, irraggiungibili. Chi mai avrebbe avuto l’audacia di eguagliarli?
Molly più ci pensava e più non riusciva a spiegarsi quale tara genetica si erano beccate lei e la sorella.
Diverse. Era il più facile degli aggettivi, il più rapido e il meno offensivo che le veniva in mente per descriverle.
Ma, bisogna iniziare dal principio, per spiegare nel modo più adeguato, il disaggio che attanaglia il cuore della giovane Molly.
 
Cinque anni prima, il primo di settembre, erano state smistate in case differenti. Eresia.
Per ben due motivi: primo, nessuna delle due indossava i colori rosso e oro. Tipici della sua famiglia da secoli; due, Lucy Weasley, era la stata la prima della sua famiglia a finire a Corvonero, peggio, perché non c’è mai fine alla disperazione, Molly, era stata la prima della sua famiglia ad essere smistata a Serpeverde. Da lei in poi, la vecchia generazione ci avrebbe fatto il callo a vedere i propri figli vestire verde e argento.
 
Corvonero e Serpeverde. Torre e sotterranei. Intelligenza e furbizia.
Non centravano nulla una con l’altra.
Almeno era quello che Molly credeva.
Perché nella realtà dei fatti, le gemelle, si somigliavano.
Tutte e due avevano ereditato il buonsenso dal padre. Una ferrea disciplina e la malsana idea che tutte, proprio tutte, le regole di Hogwarts andassero sempre rispettate. Conti di ciò, erano rispettivamente il prefetto di Corvonero e il prefetto di Serpeverde.
Da entrambi i genitori, avevano ereditato la pazienza, la costanza e la perseveranza negli studi. In cinque anni non avevano mai preso un’insufficienza e, come tutti si auguravano, avrebbero ghermito a fine anno il massimo dei GUFI, con il massimo dei voti. Record che nemmeno Hermione Granger era riuscita a raggiungere, avendo abbandonato Divinazione alla fine del terzo anno.
 
Erano simili o erano diverse?! Si assomigliavano solo nell’aspetto o anche caratterialmente. Molly continuava a pensarci. Voleva creare una netta distinzione. Per essere libera dalle consuetudinarie convenzioni.
Per questo motivo aveva preso una decisione. La prima di innumerevoli.
 
“Ho controllato la lista degli studenti che rimarranno a scuola a per Natale. Hai firmato anche tu! Non torni a casa?!”. Victoria Weasley, Prefetto del sesto anno di Grifondoro, l’aveva raggiunta in biblioteca. Mancavano rispettivamente due giorni alla partenza e sfortunatamente, era stata sgamata troppo presto.
“Rimango qui per le vacanze, i genitori di Mildred vanno in vacanza e le faccio compagnia!”. Non era assolutamente vero. I genitori di Mildred, come da tradizione, non si sarebbero spostati dall’Inghilterra. La notte del 24 avrebbero preso parte alla festa di Natale del San Mungo, essendo loro i diretti discendenti di Mungo Bonham, fondatore del sopracitato Ospitale.
“Quindi hai deciso di passare le vacanze con Mildred invece che con la tua famiglia?”. Sua cugina Victoria aveva, in cuor suo, l’innata capacità di farsi bellamente detestare. Il suo tono di voce, il modo in cui si atteggiava e quello sguardo di sfida che lanciava a chiunque non fosse d’accordo con le sue idee. Molly, da anni, si domandava come quel caro ragazzo di Teddy riuscisse a starci assieme.
“Non è la fine del mondo, cugina.  Ci vedremo a gennaio e nessuno ci resterà veramente male della mia assenza. E, per la cronaca, non sono affari tuoi!” Berciò Molly in faccia a sua cugina. Raccolse i suoi libri e si ritirò nella sua sala comune. Vicky non fece in tempo a controbattere. La guardò sgusciar via dalla biblioteca ammutolita.
 
Nessuno le avrebbe fatto cambiare idea. Sarebbe rimasta al castello. Da sola. A rimuginare in santa pace sui suoi pensieri. Fine della storia, per come la vedeva lei.
 
E così era successo. Due giorni dopo, sua sorella e tutti i suoi cugini avevano lasciato Hogwarts, muniti di guanti, sciarpe e berretti, lì osservò salire sulle carrozze che li avrebbero trasportati in stazione. Era finalmente sola. Con sé stessa.
 
Molly, nel periodo natalizio, meditò su stessa e sul significato della sorellanza con Lucy. Poche persone al mondo potevano vantare un tale privilegio. Una sorella gemella. Colei che ti conosce dalla nascita. Con cui hai condiviso tutto e condividerai tutto. Una parte di te. L’altra metà del tuo astro.
I sentimenti di Molly erano oltremodo contrastanti. Non voleva rinunciare al suo sogno né ferire Lucy.
 
In cuor suo, nel bene o nel male, era una Serpeverde.
La notte del primo di gennaio la passò a rimirarsi allo specchio. Identiche. Stessa carnagione diafana costellata di lentiggini, naso piccolo e appuntito, occhi grandi ed azzurri, sopracciglia sottili dello stesso colore dei capelli, rosso. Capelli rossi. Molto rossi. Lisci e lunghi fino alla vita. Lì stava l’unica differenza. Sin da piccole, per distinguerle, sua madre aveva optato per la più semplice della soluzione: la frangetta. Molly Weasley aveva la frangetta. Lucy no. Le sfiorava di poco gli occhi e la innervosiva un minuto sì e l’altro pure. La maggior parte del tempo la portava indietro con una pinza o un cerchietto ma, continuava a tenerla. Era la differenza.
 
Fu così che avvenne. Rimirandosi allo specchio e toccandosi ripetutamente la frangetta. Molly sguainò la bacchetta e la punto su di sé. “Diffindo”. L’incantesimo tagliuzzante strappò via i capelli di Molly. Delicatamente, ciuffo dopo ciuffo, guidato dalla bacchetta, creo la disuguaglianza.
Ad opera conclusa, Molly, rintanata nel suo baldacchino verde e argento, pianse lacrime amare tutta la notte.
Negli anni successivi, nel raccontare la storia, l’ultima parte verrà orgogliosamente tagliata e Molly racconterà solo la conclusione del suo problema adolescenziale e, di come Lucy, anche quella volta l’aveva salvata.
 
Il ritorno a scuola della sua famiglia Molly voleva, in tutti modi, evitarlo. Purtroppo quando vivi in un collegio e sei costretta a mangiare e cenare in una grande sala comune, il tuo desiderio è irrealizzabile. In aggiunta, lei era un Prefetto e, come tale era stata gentilmente mandata dalla Preside alla stazione di Hogsmeade ad accogliere e scortare gli studenti più piccoli. Tra questi, e bene ricordare, quell’anno ne faceva camerativamente parte James Sirius Potter. Primino dei Grifondoro che non vedeva l’ora di rientrare al castello per combinare l’ennesimo disastro.
Fu proprio lui, che pieno di curiosità dopo averla vista in lontananza, grido ai quattro venti quanto orribili fossero i suoi capelli: “Buon Godric Molly ma cosa hai combinato? Ti è saltato un calderone dritto in faccia? I tuoi capelli sono così indecenti che se ti metessi in testa della bava di troll faresti più figura!”.  Molly avrebbe tanto voluto afferrarlo per la collottola e immergerlo nel lago nero per ore o meglio lanciarlo dalla torre di astronomia ma, aimè, le buone idee sono le prime ad essere fermate sul nascere. “James Potter vieni subito qui e guai a te se osi ripetere codeste parole, sono stata chiara?”. Molly Weasley era terrificante, più del solito con quei capelli, fu l’unico pensiero di James. Scappò via alla velocità di un boccino, non si sarebbe fatto acchiappare dalla più cattiva delle sue cugine e, Molly lo sapeva bene quanto fosse scaltro e pieno di invettiva per evitare di finire nei guai.
 
Il rientro del suo ingombrante parentato era avvenuto nel peggior modo possibile, per la cronaca dei fatti. Victoria non le cacciava gli occhi di dosso. Sembrava spiritata e pronta a scoppiare come un calderone a fiamma troppo alta. Louis le aveva fatto i complimenti, le aveva dato una pacca sulla spalla e si era accomodato vicino a sua sorella al tavolo dei Corvonero.
Roxenne, dodicenne problematica, per come la vedeva lei. Le era saltata addosso dicendole quanto fosse figo e alla moda il taglio di capelli. Chiedendole di farlo anche a lei appena avesse avuto un momento libero.
Fred II e James, non le avevano guardata per tutta la cena, il loro più grande pensiero era rivolto allo scherzo ai danni dei Serpeverdi del primo anno. Ovviamente.
Dominique, dal tavolo dei Corvonero, era intenta a rabbonire gli animi dei due cugini. Non voleva di certo finire in punizione dopo solo un paio d’ore dal rientro!
Lucy la osservò allungo per tutta la cena. Prima del dolce le fece il consueto cenno – vediamoci dopo cena al solito posto – e come se nulla fosse immerse la sua forchetta nella crostata di mirtilli, mangiandola a pieno gusto.
Molly non capiva. Possibile che non fosse cambiato nulla? Possibile che nessuno avesse capito le sue intenzioni?
 
Molly finì la cena e come stabilito raggiunse la loro stanza segreta. Terzo corridoio del sotterraneo Ovest, quarta porta a sinistra dopo la statua diroccata di Tormund il Folletto.
Lucy la raggiunse poco dopo. Pensierosa. Non le diede modo di parlare e trafelata mise sottosopra la stanza alla ricerca di solo Salazar sapeva cosa. Venti minuti dopo, cinque kili di polvere sparati in aria, occhi rossi e starnuti dovuti a quest’ultima, Lucy teneva in mano un libro. Custodia in pelle rossa e rifiniture in oro. Sembrava fosse nuovo di zecca. Molly non l’aveva mai visto. “È il libro di testo di incantesimi a Durmstrang. Hanno un programma leggermente più avanzato del nostro e qualche mese fa avevo pensato di incorporare il loro programma al nostro!” disse a mo’ di scuse sedendosi accanto a lei.
“Mi stai dicendo che non avrei dovuto usare l’incantesimo Diffindo per tagliarmi i capelli?” cinguettò in direzione di sua sorella, portandosi la gamba destra al petto.
“Beh, sono certa che avresti potuto trovare di meglio ma … non me ne intendo di taglio e parrucco vario. Sono molto brava in altri generi di incantesimi!”. Dicendo quelle parole, osservò attentamente l’indice del libro. Una volta trovato l’incantesimo che cercava sfoglio fino alla pagina in questione. Molly osservava le parole e non ci capiva nulla. Era certa fosse scritto in bulgaro o in russo e, si chiese quando sua sorella avesse imparato un’altra lingua, ad esclusione del francese basilare che la zia Fleur sin da piccole cercava di inculcare nelle loro teste.
“Dovresti tradurmelo, di grazia! Da quando conosci un’altra lingua? Bulgaro, russo che roba è”
 
“Da quando ho un amico di penna a Durmstrang. Impossibile che tu non lo sappia! Ho parlato di Franz per tutta l’estate. Ed è tedesco non bulgaro … lasciamo stare …useremo questo incantesimo.”
Molly non capiva dove Lucy voleva andare a parare. Non ricordava che avesse mai parlato di Franz ed era sconcertata che sua sorella conoscesse il tedesco. Quando era successo? Quando era nato quel divario tra loro? Molly non sapeva darsi una risposta. Non quella sera.
“Perché dovremmo fare un incantesimo? Non ho intenzione di far tornare i miei capelli lunghi. È stata una scelta ponderata.”. lo disse convinta. Occhi negli occhi con la gemella. E Lucy, sorrise. Le prese la mano e la bacio. Come quando erano piccole e Molly finiva nei guai e Lucy correva a salvarla. Lucy l’avrebbe aiutata sempre. Non sarebbe mai andata via, qualsiasi cosa fosse successa.
 
“I tuoi capelli resteranno così. Questo è un incantesimo particolare, di alto livello. È un incantesimo di fiducia. Molly, da sorella a sorella, sei straordinaria. La migliore in difesa contro le arti oscure e in trasfigurazione. Le tue pozioni sono fantastiche e sei l’unica del corso che riesce a stare dietro a professore Ruff. E Rowena mi fulmini ma Storia della Magia è soporifera, ci vuole una pazienza straordinaria per riuscire ad imparare tutte le guerre dei folletti senza inventarsi le date e i nomi dei generali.” Risero entrambe pensando a quanto fossero disastrosi i compiti in classe dei loro compagni. Storia della Magia non avrebbe mai smesso di mietere vittime.
“Cosa intendi per incantesimo di fiducia?!”. Molly ne era curiosa.
“Faremo un incantesimo che ci legherà. Può sembrare un po’ tetra come idea ma così facendo saremo di supporto l’una a l’altra, anche se dovessimo trovarci ai lati opposti del globo. C’è un prezzo da pagare …ti fidi di me?”.
Molly si fidava di Lucy. Non poteva essere il contrario. Non si sarebbe mai fidato di nessun’altra persona come di sua sorella. Annuì.
Acconsentì a quella pazzia. Non chiese se l’incantesimo sfociasse nelle arti oscure. Che tipo di prezzo avrebbero pagato né se fosse presente qualche postilla – sia mai ci fosse qualche raccomandazione in merito – a fondo pagina.
Lucy tirò fuori la bacchetta dai capelli - la stava utilizzando come fermaglio -, le afferrò la mano e Molly ebbe la brutta impressione che si stessero immischiando in qualcosa di troppo grosso per loro. La presa delle loro mani era identica a quella, che solitamente, veniva messa in atto per lanciare un voto infrangibile. E lei, a quindici anni, non era psicologicamente pronta a tale eventualità.
“Lucy … sai cosa stai facendo? O ti stai buttando alla cieca?”
Lucy non rispose, puntò la bacchetta e nel più completo silenzio una fune di un’arancione brillante avvolse le loro mani. Molly non sentì l’incantesimo. Lucy sapeva già utilizzare i non verbali?
La fune scomparve velocemente come era arrivata. Sembrava non fosse cambiato nulla eppure, Molly, aveva una strana sensazione all’altezza dello stomaco. “Quindi? Cosa è successo?”. Chiese dubbiosa, sperando vivamente di entrare a conoscenza delle informazioni di base.
 
“La senti? Si irradia nei nostri corpi. La nostra linfa vitale.” Molly aveva un leggero senso di nausea ma annuì fiduciosa. Lo sguardo di sua sorella non ammetteva repliche.
“Cosa abbiamo dato in cambio di questa linfa vitale?” era terrorizzata dallo scoprire la risposta.
 
“Il prezzo sono i nostri capelli. I tuoi capelli non allungheranno più mentre i miei allungheranno per entrambi. Porterò io il tuo fardello, sorella. Mi farò carico del tuo desiderio perché sono la tua metà speculare. Qualsiasi cosa tu stia pensando, la sto pensando anche io. Lo senti? Siamo ad un livello superiore adesso…”
 
Molly Weasley, quella sera, ebbe due conferme sconcertanti. La prima, per importanza, era l’enorme potere di sua sorella. La sua follia negli occhi e il disperato bisogno di essere aiutata. Molly, la furba Serpeverde, era stata raggirata da sua sorella. Lucy aveva colto il suo momento di debolezza e aveva agito. Le aveva fatto carico del suo fardello. Del suo potere e del disagio che provava tutti i giorni della sua vita a non saperlo gestire.
La seconda, che non avrebbe mai rivelato ad anima viva, era il coraggio che era nato in lei. Il coraggio di sostenere Lucy nella sua battaglia.
Perché la verità era una e una soltanto. Non erano mai state uguali e mai lo sarebbero state. Ora Molly lo sapeva. Ora, da quel giorno, non l’avrebbe più dimenticato.

 
 

 
 

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Capitolo 25
*** CAPITOLO VENTI ***


LA SUBDOLA VERITA DI HERMIONE GRANGER
(primo atto)
 
Correva l’anno 2020 e la gazzetta del profeta decantava:
Oroscopo della seconda settimana di Novembre
Vergine.
Giornate perfette per affrontare
I propri demoni. Prendete di petto i problemi.
Ruggite con quanta più forza avete in corpo e
Tutto verrà automaticamente risolto.
L’amore va alla grande, non smettete mai di
Impegnarvi.
Risparmiate, i galeoni vanno e vengono,
ma i vostri scompaiono alla velocità di un Golden Snidget.
 
Se le avessero chiesto come fosse successo, Hermione, non sarebbe riuscita a trovare le parole adatte per raccontare tutta quella storia.
Era una mattina o un pomeriggio di settembre? Forse era successo alla cena annuale del CREPA? O quel weekend, infinito, passato a Bruxelles per discutere – per l’ennesima volta – del Decreto per la Ragionevole Registrazione dei Commercianti di vetture magiche (macchine, motorini, autobus, treni ecc…) ad un esclusivo registro sotto regolato dal Consiglio dei Maghi Europeo? Non ricordava.
Molto probabilmente splendeva il sole e, quella mattina come sempre del resto, si era fermata alla caffetteria babbana innanzi all’entrata del Ministero. Aveva ordinato un cappuccino e una brioche francese. Si era accomodata all’esterno e con calma aveva fatto colazione. Poi, era andata a lavoro. Si sicuro era una bella giornata.
Se avesse piovuto a catinelle si sarebbe smaterializzata direttamente al Ministero, non avrebbe preso il SUV nero che il Ministero le aveva messo a disposizione e non avrebbe fatto colazione. Sarebbe corsa in ufficio pregando che dalle finestre magiche splendesse il sole e, come tutti i giorni, avrebbe cominciato la sua giornata con un sorriso.
Qualcosa alla fine era andato storto. Non sapeva quando precisamente. Ma era successo.
Osservò l’agenda, sfogliò le pagine sperando in una illuminazione. Nulla. Quando? Perché?
 
La verità la sapeva benissimo. Senza accaparrare scuse, doveva ammetterla. Ora o mai più. Perché si sentiva stanca e frustrata. Perché non riusciva più a relazionarsi con Ron e i suoi figli. Perché tutto da quando era cominciato era andato storto. Terribilmente storto.
Chiuse di gettò l’agenda, indossò il mantello azzurro ghiaccio e sfreccio nello studio di Harry.
Il dipartimento Auror distava un piano dal suo. Fece le scale per comodità – non perché volesse prendere tempo – e raggiunge lo studio del suo migliore amico.
“Ciao Linette, Harry è impegnato?”. Linette, da tre anni, era la segreteria di Harry. Era giovane e bella e, da quanto aveva capito era stata compagna di scuola di Victoria. Non eccelleva in nessun campo magico ma, sin da subito, si era dimostrata indubbiamente brava nell’organizzazione e graziatamene composta con i visitatori stranieri, i capi reparto e gli Auror stessi. Tutti la stimavano e molti, soprattutto i cadetti, gareggiavano a chi l’avrebbe conquistata per prima. Hermione, che di anni ne aveva un po’ di più, aveva inquadrato subito la giovane Linette. Se non avesse dovuto mantenere una certa distanza, le avrebbe fatto i complimenti: giocava al gatto con il topo con quei poveri ragazzi. Che senza amor proprio non smettevano di inviarle rose e invitarla a cena. Linette aveva conquistato tutti in quel dipartimento.
“Il Capo è in riunione, Signora Granger – Weasley. Può aspettare nella sala d’attesa …” disse Linette, indicando la porta chiusa dello studio di Harry. Sul centro della porta su una placca in oro si leggeva a chiare lettere: Harry James Potter
“Aspetterò, grazie!” comunicò Hermione sorridendole di rimando.
“Posso portarle qualcosa? Un caffè o del tè?”. Hermione optò per un buon tè caldo e si accomodò nella saletta adiacente. Harry aveva riammodernato con i fondi del dipartimento. Aveva buttato via tutta la cianfrusaglia che riempiva quella stanza e, con tocco artistico, aveva dato libero sfogo ai figli, nipoti, fratellini e sorelline degli Auror. Le pareti erano tappezzate di disegni, di letterine di Natale, di poesie per la festa del papà e/o della mamma, di foto e articoli di giornali. Il tutto era accalorato da comode poltroncine di pelle di drago fatte arrivare dalla Romania. La stanza metteva a proprio agio. Era un’ambiente piacevole, confortevole e ricco di spirito familiare.
Hermione sorseggiò il suo tè e con calma cercò qualche vecchio disegno di sua figlia Rose. Ron, per anni, aveva lavorato al dipartimento. Poi, un giorno – Hugo aveva pochi mesi e non smetteva mai di piangere – aveva mollato il suo buon lavoro ed era entrato in società con George. Ron decantava di essersi annoiato della vita da Auror. Voleva vivere con più tranquillità, pensare alla famiglia e non rischiare la vita un giorno sì e l’altro pure.
La verità era tutt’altra. Hermione, quella mattina – mentre Hugo piangeva a dirotto e Rose non smetteva di impiastricciarsi la faccia con tutto il cibo a disposizione sul tavolo – aveva dato di matto. Gridato, lanciato piatti e incantesimi contro la parete della cucina. Dopo dieci minuti più che la cucina di una tranquilla famiglia di periferia sembrava una cucina post-attacco dei Mangiamorte.
Ron non aveva mai visto nulla del genere. Hermione si era trasformata in una banshe. I bambini si erano ammutoliti e Ron aveva preso la decisione: doveva badare alla famiglia, Hermione necessitava di lavorare più di qualsiasi altra cosa al mondo. Le era indispensabile.
E aveva mollato, per lei. Da quel giorno tutto era migliorato. Hermione amava passare il suo tempo libero con i bambini e amava, ancora di più, il tempo trascorso con suo marito. Hermione amava ed era felice.
 
I bambini erano cresciuti. Avevano lasciato casa. Passavano ad Hogwarts gran parte dell’anno. Lei, che amava, si sentiva stretta in quella casa. Si sentiva soffocare tra le braccia del marito. Quando era successo?
Quando rientrava dalle estenuanti riunione del Wizengamot, distrutta, con il solo desiderio di sdraiarsi sul divano e lui, invece, aizzava false accuse nei suoi confronti? Quando una sua foto, in compagnia di un noto ministro oltre Manica, finiva in prima pagina per il buon esito di una trattativa? Quando alle cene di gala al Ministero restava seduto a guardarla ballare con i suoi colleghi?
Era successo, un granello di sabbia alla volta, lei Hermione Granger era finita tra le braccia di un altro uomo. Era fine settembre? Inizio ottobre? Non ne era sicura?
L’unica certezza, che portava nel cuore, era la stanchezza e la frustrazione per il suo matrimonio.
E il suo amante l’aveva accolta. Calda e vigorosa tra le sue braccia. Si erano consumati, con una ferocia antica. La passione e la potenza dei loro corpi non aveva uguali nella mente di Hermione. Tutto le era amplificato: li sguardi, i morsi, i baci, il silenzio.
Loro non parlavano mai. Non si dicevano nulla. Qualsiasi cosa avessero detto avrebbe frantumato in mille pezzi il legame passionale che si era creato. Hermione non voleva. Non avrebbe mai voluto smettere.
 
Tutti sanno che il giorno della verità, prima o poi, arriva. Schiacciante su qualsiasi convinzione. Ed era arrivato quella mattina. Pioveva e, in silenzio, aveva fatto colazione con suo marito. Ronald aveva parlato del più e del meno. Pacifico, tranquillo, ignaro. Lei lo aveva fissato tutto il tempo. Triste, rammaricata, sconcertata. Come era riuscita a mandare tutto a rotoli?
“Mi hanno detto che eri qui? Tutto bene?”. Non si era accorta della presenza del suo migliore amico. Fissava prepotentemente il disegno di Rose. Una casa colorata con la mamma, il papà e una piccola bambina dai capelli rossi. Quella era la loro felicità. Se tutto fosse rimasto come in quei giorni. Se tutto fosse rimasto tranquillo e sereno. Purtroppo, tutto è mutevole ed Hermione stava per farsene una ragione.
“Si, cioè … sei libero? Possiamo parlare?”.
 
Harry la fece accomodare nel suo ufficio. Era arioso e molto ampio. La scrivania, che di solito occupava il suo primo assistente, era piena di scatoloni.  “Sono del ragazzo nuovo. Quello tedesco. Starà in prova due mesi, se non sarò soddisfatto lo rimanderò dai suoi paesani crucchi senza remore!”. Disse Harry, con un sorriso gioioso, sedendosi alla scrivania e facendole segno di accomodarsi.
Agli occhi di Harry doveva sembrare più strana del solito. Allucinata. Non si era guardata allo specchio per timore. Forse se solo l’avesse fatto si sarebbe resa conto di quanto, in realtà, sembrasse tranquilla agli occhi degli altri. Era diventata brava Hermione. Fingeva con tutti: con i fotografi, con i giornalisti, con il marito e con l’amante.
Non poteva fingere con Harry. Era il suo migliore amico. Era il fratello che non aveva mai avuto.
 
Poggiò la tazza di tè sulla scrivania e coraggiosamente prese la parola.
“Sto tradendo Ron, da due mesi…”. Osservò Harry negli occhi. Non fiatava. I minuti passavano ed Hermione era intenzionata a mollarlo lì. Alzarsi e andarsene senza aggiungere un’altra parola. Aveva sbagliato. Non avrebbe dovuto parlarne con nessuno.
Quando Harry parlò le cadde il mondo addosso.
“Ne ero a conoscenza … da qualche settimana …”. La situazione era ben lontana dal rientrare nei così detti parametri di normalità. Harry lo sapeva. Aveva mantenuto il segreto? Chi altro ne era a conoscenza?
“Come hai fatto?”. Fu la prima cosa che chiese.
 
“Due settimane fa a Bruxellese. Franz il mio nuovo assistente voleva darmi prova del suo valore mostrandomi di essere un bravo investigatore. Devo ammettere di non avergli creduto fino ad oggi. Forse dovrò assumerlo a tempo indeterminato …”. Hermione era senza parole. Maledetto decreto sui commercianti di vetture volanti. Sapeva di non doverci andare. Sapeva di aver sfidato il destino. Sapeva, dopo ben due ore di rimuginamenti, quando era accaduto. Quello che era accaduto!
“… ovvio che non me lo sarei mai aspettato. Con lui? È una cosa grossa Hermione! Se viene fuori sarà uno scandalo di proporzioni gigantesche!”. Hermione non riusciva a parlare. Apriva la bocca ma ad esclusione dell’aria, le parole le si fermano all’altezza dell’esofago.
“Ron sa di tutta questa faccenda? O sono il primo, il secondo … ad entrarne a conoscenza?”.
Era un disastro. Sarebbe finita sui giornali e avrebbe rovinato la sua famiglia. E la famiglia di lui. Non poteva permetterlo. Doveva rimettere tutto in ordine. Tutto.
“Harry – sembrò una preghiera, si rese conto Hermione – andrò via per un po’. Qualche mese in campagna per riflettere sulla situazione…”. Doveva esserci una soluzione. Doveva, doveva, doveva.
“Ovviamente parteciperò agli eventi più importanti e verrò con te a Bruxellese ogni volta che verrà richiesto … ma ho assoluto bisogno di riposarmi!”.
 
Harry soppesava le sue parole. Harry sapeva. Era Capo Auror, era il suo migliore amico e, quando voleva, era ragionevolmente intuitivo. “Non c’è niente di male a prendersi una pausa. Ginny ti starà vicina e ti riprenderai … per quanto concerne Ron e …”. Hermione sobillò. “Non dire il suo nome!” lo gridò quasi. Come se detto da qualcun altro potesse aggravare ancor di più la sua colpa.
“Bene. Non faremo nomi per non urtare la tua sensibilità. Oltre la pausa in campagna, che sei liberissima di prenderti, come hai intenzione di agire concretamente sul da farsi?”.
Lei stava già agendo concretamente. Possibile che Harry non capisse. Intuito. Dove sei?
Ma Harry aveva ragione. Cosa bisognava fare? Il modo giusto? Quello più adatto? Per ferire meno persone possibili?!
“Lascerò il mio amante. Scriverò una lettera e non lo rivedrò mai più all’infuori del lavoro e degli eventi comandati, ovviamente.” Ci sarebbe riuscita? Sarebbe stata abbastanza forte?
“E del mio migliore amico, nonché cognato, ne vogliamo parlare?”. Harry, Hermione lo sapeva bene, era tra due fronti. Tra due delle persone che voleva più bene al mondo. In che situazione l’aveva messo? Non avrebbe dovuto parlarne con nessuno. Mai.
 
“Chiederò il divorzio. Ci vorranno un po’ di mesi prima che venga approvato. Se inizio domani le pratiche per febbraio dovrebbe essere tutto risolto. Patto che non si opponga, in quel caso potrebbero allungarsi un po’ i tempi.”
Harry ed Hermione si guardarono allungo. Lo studio nel più assoluto silenzio. Hermione tremava ed Harry con i suoi lenti respiri sembrava stesse gridando dalla disperazione. Tutto taceva. Il dolore, la sofferenza, l’umiliazione. Erano soffocate dal silenzio che prima o poi, le avrebbe fatte, sonoramente, esplodere.
“Non dirai nulla a Ron, vero? Sarà il nostro segreto… ti prego Harry. Non sarei in grado di andare avanti …”
 
Harry Potter aveva mille domande per la testa. Non ne avrebbe fatta nessuna – quel giorno almeno -. Acconsentì. Avrebbe mantenuto il silenzio della sua migliore amica. L’aveva promesso. Non ricordandosi che prima o poi, la verità, viene sempre a galla.
“Grazie Harry!”. Hermione si congedò con quelle due misere parole.
Lasciò il ministero e di buona lena si incammino per le strade della Londra Babbana. Aveva necessità di una agenzia immobiliare. Le serviva una viletta in campagna, un po’ di pace e di tranquillità.
 
 
 
Ciao a tutti...
Cosa ne pensate di questi mini-capitoli? Finalmente dopo più di 20 capitoli scoprite perchè Hermione ha chiesto il divorzio da Ron e come potete vedere dal titotlo... è solo il primo atto! 
Spero sia stato interessante per voi leggerlo. Per me è molto importante averlo scritto in quanto, nel seguito della storia (che sì, ha un seguito, lo sto scrivendo, e spero di postarlo tutto un giorno) questa parte della storia è molto importante. 
Al prossimo capitolo. Che posterò domani
baci 
Lea 

 

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Capitolo 26
*** CAPITOLO VENTUNO ***


LA CONFIDENZA SEGRETA DI FLEUR WEASLEY
 
La calda e tediosa estate del 2020
Come ben viene ricordata
Dalle più acerrime nemiche delle alte temperature:
 Lily e Rose.
Tra un sorso di tè freddo e
Una forchettata di Cheesecake
Due biondissime donne mature
Prendono il sole nella città
Balneare di Brighton.
Così iniziava il trafiletto di Strega Oggi…
In realtà…
 
Era avvenuto casualmente. Fleur per stemperare il nervosismo accumulato in quei fantomatici giorni, si era diretta a Diagon Alley per fare shopping e rilassarsi. Sapeva bene quanto poco l’avrebbe aiutata ma, non demordeva sul da farsi. Stare lontana dal parentato Weasley era ciò che le serviva. Anzi, fosse stato per lei, avrebbe mollato tutti lì, la settimana prima. Marsiglia. Sarebbe andata da sua sorella. Sole, mare e cibo francese. Era quello di cui aveva bisogno. Di riposo.
 
Purtroppo la vita, nella maggior parte dei casi, ti offre limoni e, se vivi in Inghilterra è veramente difficile che ti riesca una buona limonata.
Seduta alla gelateria di Florian Fortebraccio, dopo innumerevoli acquisti inutili, arrivò la sua limonata. Fleur non dovette sporcarsi le mani, le si palesò davanti e basta. E lei afferrò al volo.
Non si erano mai parlate più di tanto. La donna era più giovane di lei e da quel che sapeva, raramente, prendeva parte alla vita mondana Londinese. Era riservata e con una fidata cerchia di amicizie. Strega Oggi parlava particolarmente bene delle sue feste in campagna. Sua cognata Ginevra era spesso invitata ma, raramente accettava i calorosi inviti. Fleur si chiedeva come fosse possibile. Era una donna incantevole, bastava guardarla per esserne sopraffatti.
Così, sul momento, iniettata di gioia per quella nuova conoscenza, accettò l’invito. Sarebbe andata al mare, avrebbe preso un po’ di sole e, se ne sarebbe fatta una ragione, avrebbe mangiato tipico cibo balneare inglese.
 
Era successo tutto così velocemente che a fine estate, Fleur, non sapeva bene a chi dare la colpa. A sé stessa per essersi fidata delle parole di una sconosciuta o alla donna, che in buona fede l’aveva consigliata. 
 
Il sole era alto e pungeva la pelle. Quando arrivò a destinazione, Astoria Greengrass in Malfoy prendeva il sole in prima fila. Avevano prenotato un ombrellone al prestigioso Lido Magic Beach. Era uno di quegli ambienti riservati che i suoi figli e i suoi nipoti amavano frequentare. Loro, la vecchia generazione, che non avevano conosciuto agi ma solo guerra, tendevano ad evitarli. In certi ambienti, vuoi o non vuoi – diceva, sempre, Harry – si finisce per farsi paparazzare. E, in un momento tanto delicato per la sua famiglia, forse, avrebbe dovuto evitarlo.
Tornarsene a casa e dimenticare tutta quella brutta faccenda.
“Sei arrivata Fleur, stavo iniziando a pensare che avresti dato buca al nostro appuntamento!” Astoria parlava con così tanta grazia in corpo da sembrare eterea.
Come poteva, lei, pensare una cosa del genere? Nel suo sangue scorreva l’eredità di una Veela. Lei era l’incarnazione della perfezione, eppure, Astoria, nella sua completa umanità incantava chiunque le stesse attorno.
“Ho tre figli di cui prendermi cura, un matrimonio da organizzare e, per loro, non era previsto che mi prendessi un giorno libero!”. Tre figli: un matrimonio, un disastro e una rovina. Possibile che avesse problemi con tutta la sua prole? Quando aveva iniziato a perdere colpi?
“Che lieta notizia. A quando il grande evento?” Astoria si era messa a sedere e, con una grazia innata, aveva chiamato a sé il cameriere.
“I primi di maggio. Victoria è frenetica e non smette di agitarsi, Teddy fa la spola tra casa e il dipartimento Auror. Sta aspettando il suo primo incarico e non riesce a darsi una calmata. È bravissimo ma non smette di allenarsi e ripassare la teoria …”. A Fleur, Teddy, piaceva.
 
Era un bravissimo ragazzo: educato, studioso, ricco d’animo e con una spiccata sensibilità umana. Era orgogliosa di sua figlia Victoria. Certo, non era pienamente d’accordo sul matrimonio. Troppo affrettato e troppo costoso, per come la pensava lei. Andromeda ed Harry le avevano detto di non preoccuparsi, che si sarebbero occupati di tutto ma, in cuor suo non faceva sogni tranquilli ogni volta che Harry spillava galeoni al posto suo e di Bill.
“Deve essere proprio un bravo ragazzo. Albus parla molto bene di lui. Potter ha fatto un gran bel lavoro con Edward …certo, non posso dire la stessa cosa, per quanto concerne il maggiore dei suoi figli. Quel James è completamente fuori controllo…” il cameriere, un ragazzo di bell’aspetto, le aveva appena servite. Una caraffa di limonata ghiacciata e due piattini di cheesecake ai frutti di bosco.
Fleur, solo a sentir nominare il nome di suo nipote, aveva perso il filo della conversazione.
James Potter era un problema. Uno dei più ingombranti che si ritrovava tra le mani. Solo il pensiero della sua relazione con Dominique la mandava fuori di testa. Era immorale e ignobile. Quando ne era avvenuta a conoscenza, aveva vomitato l’anima più volte. Senza ritegno.
“… poi, dopo quello che è successo con tua figlia…” Fleur perse diversi battiti. Sbiancò di colpo e per poco non svenne. “Con mia figlia?”.
 
Astoria le sorrise rassicurante, versandole dell’altra limonata. “Sophia un’amica in comune di Scorpius e di tua figlia ha accennato qualcosa di quello che sta succedendo …”.
La frittata era fatta. Tutto il mondo magico sarebbe venuto a saperlo. La reputazione di sua figlia sarebbe stata fatta a brandelli e tutto il lavoro, fatto dai suoi familiari al ministero per imporre la legge contro i matrimoni tra i consanguinei, sarebbe sfumato. Nel nulla, come una nuvola di fumo.
“Devo dire che ci hanno massacrato con questa lieta novella … fosse successo una cinquantina di anni fa, nessuno avrebbe avuto l’ardire di dire nulla. Ma oggi – disse con tono sconvolto – con tutte le scoperte apportate in campo medico. Io dico, ma siamo impazziti?”.
Fleur Weasley parlava di quella faccenda come se non le riguardasse. Era inaccettabile per lei e, ringraziando Perenelle, anche per il resto della sua famiglia. “Dobbiamo ammettere che è un argomento delicato. Avete preso le giuste precauzioni?”.
Lei e la sua famiglia non avevano preso un bel nulla. Discutevano da giorni. Lei e Ginevra. Bill e Harry. Tutti i fratelli Weasley e quella povera donna di nonni Molly.
“Non siamo ancora giunti ad una conclusione … stavamo pensando di mandare Dominique da mia sorella Gabrielle, giù in Francia.” Fleur aveva deciso di fidarsi. Per quale motivo, Astoria, avrebbe mai potuto tradirla? Nessuno! Si disse.
Astoria e sua cognata, Ginevra, da qualche anno avevano preso la bella abitudine di uscire assieme. Andavano alle terme, in giro per negozi e nelle sale da tea. Astoria era un’amica. Fleur necessitava che lo fosse. Sentiva, dentro di sé, il bisogno di un’amica. Di un’estranea alla sua famiglia che la spronasse e la consigliasse su cosa meglio fosse giusto fare. Che le dicesse fai così! Andrà tutto bene.
 
Astoria Malfoy finì la sua limonata e tornò a sdraiarsi. Sguardo verso l’alto e mani poggiate dietro la testa. “A mio modesto avviso la Francia è troppo vicina. Hai idea di quanti delinquenti commercino in passaporte per il resto dell’Europa?” Fleur ne aveva qualche idea, dopotutto, il futuro marito di sua figlia era appena diventato Auror. Suo figlio Luis e sua nipote Molly si apprestavano a frequentare il secondo anno in accademia e suo cognato dirigeva tutto l’allegra combriccola. “Si, si, ne ho sentito parlare. Gente spaccata in due. Metà corpo in Inghilterra e l’altra metà in Grecia. James è un ragazzo in gamba e molto furbo potrebbe farsi venire di certo qualche idea stramba come questa …”
James l’avrebbe sicuramento fatto. Se avesse potuto, con la prima passaporta disponibile, avrebbe raggiunto Dominique.
“Non è una buona idea… sai ho una carissima amica di famiglia che insegna ad Ilvermorny. Posso contattarla se ti fa piacere avere notizie sull’istituto oltre oceano!”
Ilvermorny! La scuola di Magia e Stregoneria Americana. Poteva essere una buona idea? Mandare sua figlia in un posto così lontano? Sola? “No so… dovrei parlarne con Bill e il resto della famiglia …”
“Dimenticavo che siete democratici. Votate ad alzata di mano?” Fleur rise per non piangere. La stava prendendo in giro? Cosa poteva saperne lei? Era spostata con un Malfoy, ci avrebbe scommesso la bacchetta che in casa sua non aveva diritto di parola. Sfrontata e impicciona.
Era questa la verità. Astoria Malfoy l’aveva adescata per le vie di Diagon Alley, con la speranza di spillarle i segreti della sua famiglia.
Lei, come la più fessa scolara, si era fatta ingannare! Lei che aveva una medaglia al valore in bella mostra nella sala da pranzo. Che aveva combattuto per i giusti ideali: la libertà, l’uguaglianza e la fraternità, era stata messa in ridicolo da quella donna. Sacrilegio!
 
“E il maschio? Louis giusto? Come se la passa?”. Fleur, se ne avesse avuto la possibilità, si sarebbe smaterializzata a casa seduta stante. Purtroppo, come in ogni luogo che si rispetti, la smaterializzazione era vietata – impossibile – da effettuare. Se avesse avuto l’ardire di alzarsi e andarsene sarebbe caduta, goffamente, nella maleducazione.
Armata di quel po’ di pazienza che le era rimasta, intavolò la conversazione sul suo unico figlio maschio. Non era necessario nascondere nulla. Astoria sapeva, sicuramente, di più di quello che dava a mostrare.
“Ha cambiato i suoi piani all’ultimo minuto. Sarebbe dovuto partire per la Francia all’inizio di settembre ma ha spostato il tirocinio all’estero al semestre successivo. È un’anima irrequieta … non abbiamo mai idea di quello che li passi per la testa!” Fleur si sarebbe uccisa con le sue stesse mani.
 
“Ne ho sentito parlare … sempre in giro per locali. Sbaglio o è finito sui giornali ultimamente, centrava una rissa alla babbana?!” Astoria, più prima che poi, si sarebbe pentita di quella conversazione. Fleur ne era certa. Si raccoglie ciò che si semina. Spero che tuo figlio finisca sui giornali scandalistici un giorno sì e l’altro pure!
Mentre pensava certe cose non poteva certo immaginare, che da lì a qualche anno, la sua iettatura si sarebbe avverata. Che Scorpius Malfoy avrebbe infestato le prime pagine dei giornali in compagnia di sua nipote Lily Potter. Se solo Harry e Ginny avessero saputo che, disgraziatamente, c’era di mezzo lei dietro tutta quella storia, non le avrebbero più rivolto la parola.
 
“Questioni da ragazzi… sono giovani. Devono fare le loro esperienze!” cinguettò Fleur sperando di porre fine a quella agonia il più in fretta possibile.
“Scorpius non è ancora in quella fase. Fortunatamente! Comunque, se pensi che uno stage rigido per Louis possa aiutarlo ad inquadrarsi, posso mandare qualche gufo in Austria o in Belgio ho dei cugini da quelle parti”
 
“Sarebbe magnifico!”.
Era avvenuto casualmente. Per pura distrazione o per pura disperazione, di una madre stanca di dover sempre sistemare tutto. Non poteva sempre essere tutto perfetto. La sua famiglia era perfetta? Beh, quasi… con qualche accorgimento qui e lì, nessuno avrebbe potuto dire il contrario.
Seriamente voleva apportare sistemazioni qua e là? Era necessario? Non era forse l’imperfezione che rendeva fantastica la sua famiglia? L’irruenza di Victoria, l’allegria di Louis e la sbadataggine di Dominique. L’esaltazione di suo marito e il pessimo inglese che ancora, lei, insisteva a parlare. Fedele alla sua lingua madre.
 
Era avvenuto tutto per caso. Perché quando rispondi ad una sconosciuta ricca di buone intenzioni “Sarebbe magnifico” tutto ciò che verrà fatto successivamente, prenderà inevitabilmente una piega degli eventi inaspettata. E vorresti darle la colpa, non una ma mille volte. Ma, l’unica persona da incolpare e stessi e la propria irragionevolezza.
In tutta onesta, non avrebbe mai mandato Dominique in America. Peccato però che la sopracitata amica di Astoria aveva scritto a lei e a suo marito, informandoli di come sarebbe stato entusiasmante per Dominique frequentare l’istituto Americano. Peccato che Bill non avesse la minima idea di come risolvere la situazione e, quella lettera, fu per lui, come un faro luminoso nella notte più buia. Peccato. Peccato per tutto. Per loro. Per Dominique e per il futuro che le stavano strappando via.
 
Peccato per Louis. Ingaggiato, in una missione top secret, sulle Alpi Austriache. Al suo ritorno non era lo stesso ragazzo che era partito.  Serio e diligente. Aveva mollato la casa che divideva nella periferia di Londra con gli amici, per traferirsi in un bilocale in pieno centro. Aveva smesso con le uscite serali all’insegna dell’alcool e non era mai più finito su un giornale scandalistico. Suo figlio era pulito. Era il ragazzo d’oro che ogni mamma, in cuor suo, desiderava.
Purtroppo, non era più suo figlio. Non era il ragazzo che aveva cresciuto.
 
Era avvenuto nella completa oscurità. Quella nebbia fitta che si infila nel cervello e ti rende ceco quanto basta per indirizzarti sulla via sbagliata. Fleur, aveva imboccato quella via, per un pomeriggio al mare. Per un po’ di sole e per del pessimo cibo balneare inglese.
 
*

Astoria Greengraas in Malfoy, dopo quel pomeriggio, non aveva più avuto l’onore di intavolare una conversazione con Fleur Weasley.
Molte volte, negli anni successivi, si chiese come mai la cognata della sua cara amica Ginny non la degnasse di uno sguardo, non le rivolgesse parola e, peggio, cambiasse strada ogni qualvolta se la ritrovava davanti.
Non l’avrebbe mai detto a Ginny ma l’opinione che aveva di sua cognata non era delle migliori: era quello il ringraziamento per averla aiutata?
Aveva scomodato delle vecchie amicizia di famiglia, per un’unica amichevole ragione, Ginny Potter necessitava di un aiuto esterno al Clan Potter- Weasley. Chi, oltre lei, poteva mai darglielo?
Si era messa in mezzo, alle faccende di famiglia dei Potter e dei Weasley, solo perché – opinione di Ginny – William e Fleur non avrebbero mai preso in considerazione l’idea di Ilvermorny se fosse uscita dalla sua bocca.
In aggiunta, come se non bastasse, il suo buon cuore l’aveva spinata ad aiutare anche il figlio maschio della coppia. Un esemplare di giovane randagio non ben educato che, per un intero anno non aveva fatto altro che girovagare di bar in bar alla ricerca della rissa facile. Di alcool poco costoso e di scandali da quattro soldi.
Viveva alla disperata ricerca dell’attenzione. Lei, l’aveva salvato, e grazie tante.
 
Ebbene sì. Era così che veniva ripagata. Con musi lunghi, arricciamento di naso e scortesia gratuita.
Purtroppo per lei, anche senza riconoscenza, non avrebbe mai smesso di dare una mano al prossimo, come tutti ben sapevano.
Anche se, molto spesso, era arrivata lì-lì da far scappare il morto.



 
*Edward Remus Lupin, da tutti conosciuto come Teddy, è un anno indietro con gli studi perché – come JKR ha rilasciato in una vecchissima intervista – i maghi, solitamente, intraprendono un viaggio intorno al mondo per circa un anno. Non tutti lo fanno e nella mia storia solo Teddy e degli amici di James (Augusta e William) si cimentano nell’impresa. 
Al contrario degli altri protagonisti, Teddy, a mio avviso, è il più libero di tutti. Non deve necessariamente seguire delle convenzioni. Fa quello che fa perché vuole farlo e perché ci crede.
I conti tornano? Spero di si, perchè mi immagino Teddy in giro per il mondo alla scoperta di se stesso. 


Grazie ai lettori silenziosi! Io vi vedo che siete lì a leggere ... 
A domani
Baci Lea 

 

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Capitolo 27
*** CAPITOLO VENTIDUE ***


UN’UNIONE PRIVATA
 
Correva l’anno 2021…
Volgeva a termine la settimana di San Valentino.
Quell’anno per il quattordici di febbraio
Era prevista – l’agognata – uscita ad Hogsmeade.
La neve cadeva forte e
Gli studenti vittime delle frecce
Di cupido, si esaltavano alla minima smanceria
Due anime innamorate
Sopraffatte dal loro stesso diabete
Impazzirono di colpo
Portando alla follia
Chiunque li girasse attorno.
 
 
 
“E’ una follia … ora? Come pensa che possiamo organizzarci?” Albus Potter, vide Rose Weasley saltare in aria dopo aver letto la lettera che sua cugina Roxenne le aveva passato durate il pranzo. Roxenne, volontariamente, aveva mollato il tavolo rosso e oro e, si era seduta vicino a Rose, sorridendo a tutti i suoi compagni di casa e sbaciucchiando Albus come un bambolotto. Giusto per farlo innervosire un po’ e metterlo in ridicolo davanti alla combriccola Serpeverde.
“Noi non dobbiamo fare nulla. È scritto nero su bianco. Molly e Louis verranno a prenderci alla porta Sud di Hogsmeade” Esclamò eccitata sua cugina, addentando un boccone di pasticcio di carne dalla sua forchetta.
“Oltre a mangiare il mio cibo, posso avere l’ardire di essere informato su chi ha avuto questa idea e sul perché dovete andare alla porta Sud? E cosa centrano i nostri cugini?”. Albus, nel dire quelle parole, aveva preso le distanze da sua cugina. Andava bene la parentela ma che mangiasse dal piatto suo, senza togliere a lui il cibo dalla bocca.
Rose, l’ultima a leggere la lettera, gliela passò prima di potersi lamentare contro la maleducazione di Roxenne. Lesse la missiva in carta stampata celeste e, anche se conteneva poche parole, esse erano così ricche di spiccata follia da ammutolirlo per una manciata di minuti.
“Possibile che nella nostra famiglia, nessuno e sottolineo nessuno, sia in grado di comportarsi normalmente? Chi ha avuto questa idea? Io non intendo partecipare … non contate su di me …”.
Quelle furono le ultime parole famose di Albus Potter. Ovviamente, come giusto che fosse, prese parte all’iniziativa.
Quella domenica mattina, Rose, lo buttò giù dal letto di malagrazia. Lo spinse sotto la doccia e tra una lamentela, un Merlino e un Salazar invocati a pieno Impeto riuscì a trascinarlo al villaggio.
Durante il tragitto non smise mai di ripetere quanto fosse contrario. Lo rimase allungo, per qualche mese circa. Poi la faccenda fu accantonata e anche lui smise di pensarci.
 
*
 
Roxenne era la più grande. Era il capitano della squadra di Quidditch e la meno responsabile di tutta la banda. Secondo il parere di Rose, ovviamente. E, come tutti sapevano, il parere di Rose era quello maggiormente tenuto in considerazione. Non che a Roxenne importasse qualcosa di quello che veniva detto o pensato su di lei. James l’ammira per questo.
“Sorella, perché sei scappata al tavolo delle Serpi?” A Roxy importava poco niente di quello che pensava la gente. Per questo motivo, quella mattina, saltellava come una cavalletta ubbriaca per tutta la sala grande.
James si chiedeva cosa le fosse successo di così eccitante da mandarla dritta da Rose senza fermarsi a finire il pranzo.
Roxenne non aveva fatto in tempo a sedersi al tavolo dei Grifoni, che la voce allarmata Fred l’aveva prepotentemente raggiunta. Sedevano dieci posti lontano da lei e, con occhi spiritati, la fissavano allarmati. Stravaccato vicino a Fred, James, era innegabilmente dubbioso sul da farsi.
“Lily, Hugo – gridò Roxenne portandosi le mani alla bocca – avvicinatevi, riunione di famiglia!”. Lily ed Hugo sobbalzarono alle parole della cugina e, per quanto fossero i più piccoli della comitiva, fiutarono odore di guai a venti passi di distanza.
Roxenne, da come dava a vedere, non ci fece caso: né al parlottare dubbioso dei due piccoli cugini, né ai gestacci che Rose le faceva due tavoli dopo il suo, né allo sguardo agghiacciante del professor Longbatton che le rivolgeva da circa dieci minuti.
“Buone nuove Famiglia – disse raggiante, accomodandosi tra loro – sono stata nominata ambasciatrice di una meravigliosa notizia!”. Con quelle parole cristalline, arrivò anche la misteriosa missiva.
Passò di mano in mano, finché James, ultimo dello strano cerchio che si era venuto a creare, se la ritrovò tra le mani.
“Hanno scelto me? Con tutto quello che è successo questa estate? IO?” la sua voce aveva raggiunto qualche decibel di troppo, come Roxenne li aveva appena fatto notare, poggiandogli una mano sulla spalla a mo’ di sostegno emotivo.
“Forse, così, smetterai di pensare che tutto il mondo è arrabbiato con te!”. Cinguettò sorridendo prima di andare via, mollandoli lì, con quella bomba esplosa tra le mani.
“E’ un ottima notizia!” Iniziò Fred, portandosi il calice alla bocca e buttando giù tutto il succo di frutta che conteneva. “Cosa sarebbe una bella notizia, di preciso? Io non sarò in grado di fare una cosa del genere. Non penso che sia legale. Sono minorenne …”
 
“Da quando ti fai problemi su cosa è o non è legale?”.
James Potter, quella domenica mattina, si sveglio all’alba. Fece il resoconto della situazione assicurandosi che tutto fosse perfetto. Se solo avesse dimenticato, anche uno dei compiti assegnateli, avrebbe rovinato l’intera giornata alla sua famiglia.
Per sicurezza, controllo tre volte! Poi, presa coscienza di cosa realmente si stava cimentando a fare, iniziò a prepararsi.
James Potter fu il primo ad arrivare quella domenica. Agitato, con le mani sudate, contava i secondi all’inizio di quella follia. In cuor suo sperava fosse tutto un grande – grosso scherzo e, per la prima volta era pienamente d’accordo con suo fratello. Non che fosse importante cosa pensasse Albus, ovviamente.
 
*
 
Lily Potter di tutta fretta aveva raggiunto la torre di Grifondoro. La sua migliore amica, Alice Longbatton, non era scesa per il pranzo e Lily era certa di trovarla sui libri di astronomia come ogni martedì dall’inizio dell’anno.
“Non puoi capire cosa è successo!”. Lily aveva tredici anni ed era un adolescente piena di vita. Correva per il castello agitando la sua lunga chioma rossa, ridendo gioiosamente con le amiche e litigando di buona lena con Scorpius Malfoy ogni volta che, sfortunatamente, se lo ritrovava davanti.
“Lily, per cortesia, non è il momento! Devo finire il disegno di Giove e delle sue costellazioni …” iniziò Alice senza alzare gli occhi dalla pergamena. Pergamena gentilmente martoriata dalla sottile e delicata mano che si era ritrovata.
“Fermati un attimo. Giove non scappa mica…e io ho una notizia fantastica!” provò ancora, cercando di canalizzare l’attenzione su di sé.
“Puoi parlarne con Petunia. Giove è la mia croce, da sempre, lo sai bene …” questa volta, la sua migliore amica, ebbe la compiacenza di guardarla.
Lily, ragazzina furba, non perse tempo e iniziò a tartassarla con la notizia.
“E tu ci andrai? È contro le regole?”. Lily, per una manciata di minuti, si pentì di averne parlato con Alice. La sua migliore amica, odiava infrangere le regole e, molto spesso, era una spina nel fianco nella realizzazione dei suoi macchinosi e infallibili scherzi ai danni del ragazzo più insopportabile del castello. Alias Scorpius Malfoy.  
 
Quella domenica mattina Lily Potter era un raggio di sole. Aveva indossato il suo vestito più bello, si era acconciata i capelli e si era spruzzata il profumo francese che sua zia Fleur continuava a regalarle per Natale.
“Vi scopriranno e finirete tutti nei guai. Verrete espulsi!” Berciò la sua migliora amica, prima che Lily riuscisse a sfuggire dal dormitorio. “E non riesco ancora a spiegarmi come Albus e Rose siano d’accordo con questa follia. Li avete soggiogati? Una pozione … o per Godric sono sotto Imperio?!”. Alice sbraitava parole senza nemmeno guardarla in faccia. Nella fretta di bloccarla sulla torre dei Grifondoro stava indossando il peggio del suo repertorio: pantaloni alla zuava – vecchi di almeno due anni -, una maglietta scolorita delle Sorelle Stravagarie e un paio di stivali così consunti da far raccapricciare perfino Hagrid.
Non fece in tempo a finire di vestirsi che Lily Potter le era scappata dal sotto al naso. Volatilizzata.
“Dove pensi di scappare? Lily … Lily Potter!”. Alice la rincorse per tutto il tragitto ritrovandosi, alla fine, a suo malgrado a prendere parte a quella grande pagliacciata. Per come la vedeva lei.
 
*
 
Rose Granger Weasley in quei tre giorni si era data da fare. Aveva in tutti modi messo a tacere la coscienza di suo cugino Albus, trafugato le lettere di Hugo indirizzate alla loro famiglia e, in fine, aveva escogitato un piano B.
Perché Rose Granger Weasley sapeva bene come finivano i piani della sua famiglia, con un grosso e rumoroso
BOUM! Organizzavano, pianificano e alla fine finivano tutti nei guai: punti tolti a random e punizioni alla Babbana che nemmeno James Potter e Sirius Black avevano mai dovuto scontare in sette anni di onorata carriera da malandrini.
Il piano B non era difficile. Nemmeno un pochino…
“Non funzionerà mai!” ripeté per la centesima volta la sua migliore amica Sophia Zabini. “Invece sì!” incalzò lei, sistemando i fogli del suo piano in ordine cronologico.
“Roxenne non riuscirà mai a smaterializzarvi tutti! Non ha ancora preso il patentino per la smaterializzazione …!”
“Ma è bravissima … si è esercitata tantissimo alle lezioni pomeridiane. Mai un errore, credi a me. Andrà alla grande!”. Sua cugina Roxenne aveva accettato di buon grado l’idea di smateriallizzarli tutti nella stamberga strillante in caso di pericolo.
Rose avrebbe dovuto intuirlo subito che il suo piano non stava in piedi se l’unica ad appoggiarla era quella combina guai di Roxy.
“In quel caso passeremo al piano al C!”
“E di grazia, quando vorresti attivare il piano C? Dopo che metà dei tuoi cugini si ritroveranno spaccati in due punti opposti della Gran Bretagna?”
Sophia continuò con la sua tiritera fino a domenica mattina. Giunta alla conclusione che la sua migliore amica non le avrebbe dato retta, si ritirò in biblioteca aspettando con ansia il momento in cui l’avrebbero sbattuta fuori a calci dal castello. È proprio quello che si meriterebbe ‘sta testona! Possibile che non riesca mai ad ascoltare nessun consiglio!
 
Rose, al contrario di ciò che pensava la sua migliore amica, aveva ben strutturato il piano C. Un piano C che avrebbe salvato il culo a tutti. Era o no la figlia di Hermione Granger?
“Che ci fa Alice qui?!” Fu l’esclamazione di Albus una volta arrivati al punto di incontro. Lily e James, ignari del loro arrivo, si lanciavano una pluffa raccattata chi sa dove. Alice Longbatton scocciata di tutta quella storia inveiva, senza nessun risultato, contro la sua migliore amica.
“Gli unici due sani di mente in questa famiglia!” Schiamazzò prima di rendersi conto di aver appena alzato la voce davanti ad Albus. “Fate sul serio?!”.
Rose non fece in tempo a rispondere alla piccola e tenera Alice. Un pop conquistò tutta la loro attenzione. Molly e Louis si erano appena smateriallizzati.
“Eh sbaglio o mancano tre Weasley!”.
 
I tre Weasley in questione arrivarono con cinque minuti di ritardo. Fred e Hugo, sorreggevano una malconcia Roxenne per le braccia. La sua gamba destra era fasciata e Rose pregò Salzar che non fosse sul serio quello che pensava.
“Per Rowena cosa ti è successo?” Louis si fece carico del peso della cugina, dando la possibilità a cugini di riprendere un po’ di fiato. “Mi allenavo nella smaterializzazione e bam… spaccata. Ma nulla di grave! Sono in splendida forma!” Uggiolò Roxenne provando a saltellare sul posto con pessimi risultati.
Per fortuna aveva un piano C. Ondeggiò piano la borsa per essere certa di non aver dimenticato nulla e afferrò la mano di Molly. Li avrebbero espulsi ne era certa!
 
*

Quel quattordici febbraio fu il più bello che avrebbero mai ricordato. Il più pericoloso e l’unico da non raccontare mai ad anima viva. Solo due persone conservavano un ricordo di quella giornata. Gli artefici di tutto quel delirio. Victoria e Teddy.
Avevano organizzato tutto di fretta e Lucy si dava ancora da fare affinché tutto fosse perfetto: fiori, musica, rinfresco, vestiti e tutto quello che effettivamente sarebbe servito ma che in realtà avevano dimenticato, dalla troppa foga nell’organizzare il tutto in meno di una settimana.
Avevano trovato un piccolo villaggio Babbano con un Pastore abbastanza folle da convolare a Nozze due perfetti sconosciuti. In gran segreto e con un numero di invitati che rasentava il ridicolo.
In tutto erano quattordici persone agghindate nel modo più stravagante che il Pastore avesse mai visto in vita sua. Mantelli svolazzanti dai colori più disperati, abiti accollati con strascichi degni di un film di fine ‘800 e Frac così in disuso che non gli parve vero di vederli fuori dal televisore. Faceva fatica a credere ai suo occhi ma, bene o male, agli occhi di Dio – si disse – siamo tutti uguali.
 
I due testimoni James Potter e Virginia Knoll – migliore amica di Victoria da tempo immemore - si erano sistemati vicini all’altare. James aveva le mani sudate. La destra nella tasca della giacca si girava e rigirava le fedi. Procurarsele era stato enormemente difficile. Ci aveva pensato allungo e tra un modello e l’altro osservato su quelli stupidi giornali da donna che Augusta e Tessa gli avevano prestato, era arrivato alla conclusione che nessuna di quelle fedi sarebbe andata bene per Teddy e Victoria.
Gira e rigira, aveva scritto una lettera alla Gringot chiedendo molto gentilmente se fosse stato possibile ricevere una coppia di fedi dalla camera blindata dei Potter. Aveva sottolineato a quale coppia Black erano appartenute in passato, dopo aver osservato le foto della famiglia per una notte intera e aver scelto quelle che per lui erano più belle. Sperando di cuore che i folletti non avessero avvisato suo padre. E così era stato, avevano mantenuto il silenzio e, in quel preciso momento, tra le mani aveva le fedi di Cygnus e Violetta Black. Niente po’po’di meno che i bisnonni di Teddy!
 
Fred, Albus e Hugo sedevano innanzi a lui. Fred allegro e spensierato, portava la macchina fotografica di nonno Arthur al collo e tra un sorriso e l’altro scattava foto a Roxenne per il buon gusto di farle dispetto.
“Guai a te, fratello! Sono il capitano della squadra, nessuno dovrà mai scoprire di questo mio infortunio! Sono stata abbastanza chiara?”. Sbraitava quest’ultima, cercando, in tutti i modi di portargli via quell’affare.
Albus e Hugo dal canto loro non avevano ancora ben capito come fossero fintiti lì. Albus aveva provato in tutti i modi a darsi malato ma, Rose non si era fatta fregare. Hugo, che passava la maggior parte delle volte inosservato, era stato abbandonato da Lily in sala comune e ringraziando Godric di cotanta fortuna si era incamminato in sala grande per la colazione. Niente di più sbagliato. Fred e Roxenne l’aspettavano al portone, così di malagrazia si era incamminato verso il suo destino. L’espulsione!
Dietro di loro, Alice era un pugno in un occhio. Come le era saltato in mente di seguire quei pazzi? Vestita a quel modo tra l’altro? Possibile che non avesse un po’ di amor proprio? Possibile che non riuscisse mai, proprio mai, a sembrare carina di fronte ad Albus?
 
Lucy e Molly, senza tante cerimonie, scortarono lo sposo all’altare. Il pastore non se lo spiegò mai ma, nello stesso istante in cui i tre avevano iniziato a solcare la navata, un lieve melodia aveva preso vita dentro la navata. Un cinguettio arabesco si disperse nell’aria e lo sposo arrivò all’altare a suon di note dalla cristallina melodia. 
Teddy era l’uomo più felice del mondo. Sorrideva radioso aspettando la sua futura moglie. I suoi occhi erano puntati in un’unica direzione. Non aspettavano che lei. Da sempre.
Lily e Rose anticiparono la sposa. Due perfette damigelle che, senza il benché minimo aiuto della magia, riempirono la navata dei più svariati fiori e profumi.
Victoria fece il suo ingresso appoggiata al braccio di suo fratello Louis. Nessuna sapeva spiegarsi come o perché ma, quel giorno era più bella del solito. Irradiava una luce intenza e diamantina che accalorava i cuori di tutti i presenti.
I santi del paradiso non avrebbero retto al confronto – si disse il Pastore, mentre adagio, pronunciava i versi che avrebbe unito quei due giovani in matrimonio -.
 
Fu il matrimonio più breve e più affascinante della cuginanza Potter – Weasley. I fiori, i veli, i vestiti riciclati, il gelato al posto della torta e il cortile della chiesa invece del giardino della Tana. Nulla era come la sposa, per anni, se l’era immaginato. Era famiglia. L’unica che desiderava avere accanto. Senza fronzoli e merletti. Senza invitati nobili e sconosciuti. Senza falsità! Quel giorno tutto era reale come l’amore che Victoria provava per Teddy.
 
Fu, anche, il più sentito e il meno dimenticato. Perché nessuno avrebbe mai potuto obliare dalle loro menti il giorno in cui, di nascosto, avevano organizzato un matrimonio. Erano scappati da Hogwarts e sul più bello, tra una danza scozzese e l’altra, avevano impugnato le scope che Rose aveva incantato nella borsetta, e si erano dati alla fuga, sotto gli occhi dei cugini maggiori.
“È passato per la testa a quelli idioti che li avremmo smaterializzati in tempo per il coprifuoco?” Cinguettò Victoria, afferrando il braccio del marito e stringendosi a lui in un lungo abbraccio.
“Signora Lupin, dici sul serio? Non avrebbero mai perso l’occasione di volare fino al castello per nulla al mondo!”
“Laveranno i bagni alla babbana fino alle fine dell’anno!”
“Oh peggio ancora le stalle di Hagrid!”

 
 
 
 
Ciao a tutti
Sì si sono sposati così! In gran segreto. E' stato un colpo per tutta la famiglia, sopratutto per Flewr, che in quel perido come avete potuto leggere nel capitolo precedente, non stava al pieno delle forze.
Questo è l'ultimo mini-capitolo che posterò! in realtà ne ho altri due ma è troppo presto per la trama svelarne il contenuto, Sappiante che il primo di questi due arriverà presto. Ed è l'atto II di Hermione. Nessuno Spoiler da queste parti come potete vedere.
Baci 
LEA 

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Capitolo 28
*** CAPITOLO VENTITRE ***


CAPITOLO DICIANNOVE
 
Sei mesi dopo …
 
Da quei primi di giungo erano passati sei mesi. E ne erano successe di cose in quell’arco di tempo! Molte però dovevano ancora accadere. L’anno 2024 stava per volgere al termine, mancava giusto un mese all’arrivo del nuovo anno e i nostri amati fratelli Potter non se la stavano vivendo per niente bene.

Lily Potter, come tutti sappiamo, amava quel periodo dell’anno. La prima neve, l’arrivo del Natale, i regali, le grandi cene a casa di sua nonna dove poteva rivedere tutti i suoi amati cugini che, non l’avrebbe ami ammesso, le mancavano da impazzire.
Lily, dovette ammettere a sé stessa, che il castello senza il suo grosso parentato non era così divertente. Lei e Hugo erano gli ultimi frequentatori di Hogwarts del clan Potter -Weasley, e per quanto avessero passato dei bei momenti in quei primi mesi di scuola, si poteva sostenere con certezza che mancasse qualcosa. L’entusiasmo e la simpatia di James, le scene comiche che James e Fred intavolavano nei corridoi del castello per spezzare la monotonia pomeridiana, le frecciatine di Albus e il suo sguardo sempre attento ai guai che combinava la sorella. Mancava Rose con la sua mania del regolamento e perfino la sua migliore amica Sophia con quel ghigno saputello che non si cacciava mai dalla faccia.

Mancava Scorpius. Da morire. Lily non lo dava a vedere, sorrideva sempre e ogni volta che le chiediamo di lui, rispondeva cortesemente. In realtà stava male da impazzire. Non era una stupida, e sin dal principio aveva messo in conto che la distanza, ad un certo punto, avrebbe iniziato a scoraggiarla.

Nei primi mesi di separazione aveva preso l’abitudine di scrivergli una lettera a settimana, e tante grazie. Non voleva sembrare una fidanzata appiccicosa che spreca il suo tempo a scrivere smanceria d’amore invece che studiare quei maledetti incantesimi non verbali che ancora non le venivano bene. Lui, Scorpius, le rispondeva sempre, puntualissimo. Ogni domenica mattina il gufo reale dei Malfoy volava sul lungo tavolo dei grifoni, portava una lettera e un pacchetto contenente un pensiero per lei. Mai niente di eccezionale, vistoso o costoso. Mai! Assolutamente! Semplicemente qualcosa per farla sorridere e farle capire quanto lui l’amasse anche a 1000 kilometri di distanza. Lui l’amava. Era meraviglioso!

La prima uscita ad Hogsmeade dell’anno l’avevano passata assieme. Scorpius l’aveva aspettata all’uscita del cancello di Hogwarts, vestito di tutto punto e con l’impazienza di un bambino di cinque anni. Non le aveva, nemmeno, dato il tempo di salutarlo e l’aveva baciata come la prima volta, la prima volta che Lily lo aveva baciato, per precisare. Le labbra di Lily erano a casa. Non stava così bene dal primo di settembre, si disse quando si separarono per prendere aria.

Quel giorno era cambiato tutto. Per Lily. Ri-separarsi da lui fu un tormento: fisico e psicologico. Non riusciva a concentrarsi e perdeva gran parte del suo tempo a pensare a lui. Gli unici momenti in cui, poteva affermare con certezza, di essere ancora la vecchia Lily Potter, erano quelli sul campo da Quidditch. Lì ogni sua preoccupazione spariva, esisteva solo il boccino e lei che doveva prenderlo per portare la sua squadra alla vittoria. Quando smontava dalla scopa però il suo pensiero era di nuovo lì. A lui.

C’erano diverse cose che preoccupavano Lily, due più delle altre. Ed erano proprio quelle che non vedeva l’ora di risolvere parlandone dal vivo con il suo fidanzato. La prima, non per importanza, ma certamente la più facile di cui parlarne era senza ombra di dubbio la scarsa corrispondenza che Scorpius le forniva. Da quell’uscita ad Hogsmeade, Lily, aveva preso la cattiva abitudine di scrivere due - tre volte alla settimana al suo fidanzato. Ogni due giorni più o meno. Si stava esagerato, se lo ripeteva da sola, davanti allo specchio ogni sacro santa mattina! Tre volte!
Scorpius dal canto suo, non aveva cambiato la sua abitudine, le mandava una lettera - corposa, di questo Lily non si sarebbe mai potuta lamentare – sempre ogni Domenica. Sempre accompagnata da un piccolo pensiero per lei che a lungo andare non facevano che infastidirla invece che farla ridere ed emozionare.
Lily aveva seri dubbi sul perché questo avvenisse. Scorpius era dolce e sincero, le raccontava nei minimi dettagli tutto ciò che faceva in Accademia, incominciando dalla descrizione soporifera del docente di Legislatura Magica ai festini clandestini che i suoi colleghi organizzavano nelle camerate dell’accademia. Si soffermava a lungo su quanto fosse stato per lui devastante vivere a Grimmauld Place con suo fratello James e di come negli ultimi mesi, finalmente, si riuscisse a vivere in santa pace. Quanto adorasse poter passare le sue serate in compagnia di Albus, seduti insieme davanti al fuoco, come quando erano ancora al castello.
Le scriveva delle comparse a sorpresa di Rose, che aveva deciso di restare a Londra da sua madre ma, che non faceva altro che accampare scuse e passare tutte le sere nella vecchia dimora dei Black. Tanto vero che alla fine James le aveva dato una stanza, giusto per le emergenze. Ovviamente!
Adorava le lettere di Scorpius, le conservava gelosamente in un vecchio scrigno che aveva trovato alla Tana e le leggeva ogni volta che gli mancava. Tra un pianto e una risata. Tutte le sere…

Il secondo problema di Lily, molto più serio secondo il parere di Petunia, non era facilmente risolvibile. Non sul momento, non senza Scorpius, non senza parlane seriamente.
Da quella uscita a Hogsmeade era proprio cambiato tutto. Dopo aver fatto spese per i negozi e aver bevuto una burrobirra ai quattro manici di scopa, si erano allontanati dal villaggio. Lontano da occhi indiscreti e lingue lunghe che solitamente si impicciavano un po’troppo degli affari loro.

In parole povere Lily si era imboscata con Scorpius. Dietro la stamberga strillante l’aveva baciato per ore. Almeno a lei sembrava così. Avevano parlato, si erano presi in giro e dopo due mesi si stavano riscoprendo. Scorpius durante l’estate più volte aveva approfondimento la conoscenza del corpo di Lily. L’aveva vista nuda e le aveva baciato i seni e torturato i capezzoli fino all’agonia. Ed era stato ricambiato. Per quanto Lily fosse timida e inesperta, si era fatta avanti. L’aveva spogliato e l’aveva osservato a lungo prima di farsi coraggio e afferrare il suo membro tra le mani. Era successo più volte ma mai, in quei mesi, si erano spinti oltre. Mai Scorpius aveva accennato nulla al riguardo.
Lily, quel giorno, era dell’idea che fosse il momento giusto. Per provare a spingersi leggermente oltre. Petunia continuava a ripeterle che fosse strano. Da quanto si frequentavano? Stavano o no facendo sul serio? E se così era, per quale motivo Scorpius non si era ancora deciso a fare l’amore con lei?
Lily, anche quel giorno dovette ricredersi! Scorpius toccò ogni parte di lei, le sue mani sfiorarono ogni centimetro di pelle disponibile e fattibile per due giovani ragazzi che si stavano nascondendo dall’intero mondo magico. La baciò ovunque, con ardore, respirando il suo profumo e dichiarandosi più e più volte. E Lily, per quanto fosse contenta e per quanto sentisse dentro di sé lo stesso sentimento di Scorpius, all’altezza dell’inguine sentiva qualcos’altro! Un bruciore, una sensazione mai provata prima. Lei voleva di più. Voleva tutto di Scorpius. E, viziata come era, lo voleva subito. Scorpius non l’aveva accontenta e da un mese a quella parte, la mente di Lily non faceva che tormentarsi. E se non le piaceva? Se Scorpius non provava la stessa passione che provava lei? Se lui non la desiderava? Come poteva scoprirlo? Avrebbe dovuto, per forza di cose, chiederlo? E lui cosa le avrebbe risposto?

Lily temeva da morire la risposta. Non ci dormiva la notte. Perdeva il sonno, le spiegazioni dei professori e se non si fosse data una svegliata alla svelta anche il titolo di capitano della squadra di Quidditch.

 
*
 
 
Albus Potter ci aveva messo poco ad ambientarsi alla sua nuova vita. Per come la vedeva lui, gli calzava a pennello. Viveva nel pieno di Londra, circondato dalla mondanità e non poteva che fregargliene di meno! Ovviamente, stiamo parlando di Albus Potter. Lui stava alla grande, che provasse qualcuno a dire il contrario!

Lui è Scorpius vivevano a Grimamauld Place. Fino agli ultimi giorni di settembre, con loro, aveva vissuto anche James. Non che si vedesse molto in giro per casa ma quando era presente, non l’avrebbe mai detto ad anima viva, suo fratello era di ottima compagnia.
Aveva in quel mese riscoperto suo fratello e, quella breve convivenza, non gli era per niente dispiaciuta anzi, aspettava con ansia il nuovo anno. Il momento in cui James sarebbe tornato. Sperava vivamente di non doversi ricredere delle sue aspettative!

Così, in quella grande casa, il tempo era volato. E Albus per la prima volta nella sua vita aveva iniziato a provare un senso di solitudine. Non gli era mai capitato. Pensava di sì, che avesse avuto quell’esperienza e che se mai gli fosse riaccaduto di nuovo, lui intelligente com’era, avrebbe tirato fuori i suoi anticorpi. Pensava seriamente che il momento di massima solitudine della sua vita, si era verificato il giorno del suo smistamento. Quando il cappello parlante aveva gridato a tutta la sala grande “Serpeverde”. Beh si sbagliava.
Lì, in quella immensa casa si sentiva solo e a poco servivano le chiacchiere con Scorpius che la maggior parte delle volte vertevano sua sorella. E lui era stanco di sentir parlare di Lily, ventiquattro ore su ventiquattro.

Lui, Albus il solitario, si sentiva solo. Aspettava con ansia la venuta Rose, le sue grida isteriche e le sfuriate senza senso che ne venivano dopo. Trovava piacevole ascoltare il sottofondo delle conversazioni di Rose e Sophia, seduto nella stanza accanto a mettere in ordine gli appunti. Trovava divertenti le serate in cui Tarquin restava fino a tardi, beveva un goccetto di troppo e dava spettacolo della sua stupidità. Un po’meno divertenti erano gli sproloqui su sua cugina Petunia ma, per quel genere di discorsi Scorpius bastava e avanzava. Inoltre, nella maggior parte dei casi, lui si era già mezzo appisolato sul divano. Più di la che di qua per mettere in luce il succo della questione.
Odiava la solitudine. Non era mai stato solo nella sua vita e ringraziava tutti i fondatori che Scorpius avesse accettato di vivere lì con lui. Ringraziava che i suoi cugini fossero sempre in giro per casa e ringraziava soprattutto che i suoi cari amici non si fossero dimenticati di lui con la fine della scuola.

Ma… c’è sempre una ma! Una questione che Albus non riusciva ancora ad inquadrare bene. Era strano per lui che di acume ne aveva a iosa. Lui che aveva districato la catriga di segreti che il ministero teneva ben nascosti semplicemente usufruendo delle missive con i suoi parenti. E dato che era così intelligente sapeva bene che in un modo o nell’altro avrebbe finito per risolverla.

Ci aveva provato due volte. In entrambi i casi gli era mancato il coraggio. Se fosse stato un ragazzo coraggioso di certo non sarebbe finito a Serpeverde, no? Con la coda tra le
canne e il morale a terra, tutte e due le volte, se ne era tornato a casa. Triste e furioso. Intrattabile per giorni, continuava a blaterare Nott ogni volta che ripescava l’argomento. Raramente, per fortuna di Albus.

La prima volta che si era tirato indietro era il primo di settembre. Albus si disse che non si era preparato abbastanza. Che per fare certe cose bisognava andare preparati, avere un bel discorso e i capelli in ordine. I suoi capelli, quella mattina, erano un disastro! Il discorso non se lo era preparato, pensando fino a poche ore prima che sarebbe andato a braccio, come mille volte aveva fatto durante le interrogazioni, errore madornale! Non era preparato. Salutata Lily, in perfetto silenzio, quel primo di settembre ci aveva rimesso l’orgoglio. Buona nuova: almeno, aveva scoperto di averlo!

La seconda volta, circa un mese prima, si era reso più che ridicolo o così si vedeva ai suoi occhi. Si era presentato ad Hogsmeade, poco dopo l’ora di pranzo, sicuro di sé stesso. Scorpius li aveva detto che sarebbe stato lì con Lily, ma dei due innamorati non c’era stata traccia. Si era recato ai quattro manici di scopa e mentre sorseggiava la sua amata burrobirra gli era caduto il mondo addosso.
Era certo non fosse mai successo. Mai. È questa volta era vero! Aveva il cuore spezzato. In frantumi. Ed era tutta colpa sua. Se solo non avesse fatto l’idiota durante l’estate e avesse captato i segnali che il suo corpo e la sua pancia gli mandavano, non sarebbe successo. Se solo quel primo di settembre, avesse avuto il coraggio di dirle anche solo poche parole, era certo che non avrebbe mai assistito a quella scena.
Alice Longbotton stava baciando Logan McLaggen. E per Salazar era lui che doveva baciarla! Non quel pallone gonfiato di McLaggen, quella sottospecie di copia mal riuscita di suo fratello! Albus Potter quel pomeriggio si sentì mancare il fiato! Optò in primis di una capatina al San Mungo per farsi dare una controllata da professionisti più preparati di lui, ma alla fine decise di rifugiarsi a casa di sua madre. Nella sua stanza d’infanzia dove avrebbe potuto essere il vecchio se ancora per un po’. Perché il nuovo se che soffriva per una ragazza proprio non gli piaceva! Sapevo che alla fine il gene Potter dell’amore mi avrebbe contagiato! Sono diventato uno sfigato come James, fantastico!
 
Rose Granger Weasley, l’avevo capito al volo che c’era qualcosa che non andava in Albus, così quel primo di dicembre, come tutti i giorni che l’avevano preceduto stava lì, tazza di cioccolata calda in mano e sguardo fisso su di lui. Voleva parlarne! Forse il problema di Albus era Rose. Cercò di sdrammatizzare…
“Neanche oggi vuoi dirmi cosa ti affligge?” Rose era sempre Rose. Seduta composta sulla poltrona adiacente al camino lo osservava con attenzione. Aveva pazienza sua cugina, solo con lui in verità. Aveva fatto tanto per lui. Da sempre. Si era fatta smistare a Serpeverde per non abbandonarlo. Come poteva non confidarsi con lei? Se fosse stata la stanchezza, l’oppressione che trovava nel petto da giorni o la prima neve che scendeva su Londra, non poteva dirlo. L’unica certezza fu la sua confessione.
“Mi piace una ragazza – iniziò calmo, osservando la reazione della cugina – impegnata. È iniziato tutto questa estate ma non avevo capito che mi piacesse…”

Era iniziato tutto nel mese di agosto.

Albus il mese di luglio l’aveva passato a Londra a Grimmauld Place. Aveva accampato la scusa di doversi sistemare per bene in città e i suoi genitori l’avevano lasciato fare.
Per il mese di agosto avevano preteso stesse con la famiglia. Harry Potter aveva organizzato le vacanze estive nella antica dimora dei Potter. Una villa immensa, coloniale, affacciata sulla costa oceanica. Un posto meraviglioso. Isolato e poco accessibile. L’ideale per chi, come la sua famiglia, aveva tutta l’intenzione di passare un’estate lontana dai riflettori.

Da secoli, pare fosse noto ai più, la famiglia Potter e la famiglia Longbotton erano vicine di casa. L’antica villa dei Longoatton distava meno di un kilometro dalla loro e, grazie allo zampino di Lily, la sua migliore amica Alice aveva di buon grado accettato l’idea di passare il mese di agosto con la sua bisnonna Augusta. Questo fece sì che la figlia minore di Neville, come molto spesso accadeva, passasse buona parte delle sue giornate a casa loro.

Albus non aveva mai osservato Alice molto allungo da poterci fantasticare su. Era la migliore amica di Lily e per quanto ne poteva sapere, dopo l’incidente di Pasqua, lei lo odiava profondamente. In quella occasione si era comportato da vero stronzo e, anche se erano passati mesi, provava dispiacere per non aver preso le sue difese. Era proprio una persona orribile! Un vero Serpeverde, si ripeteva ogni volta che se la ritrovava davanti.

Con questo tarlo nella testa e la stupida idea di porle delle scuse, aveva preso la brutta abitudine di osservarla. La osservava a tavola mentre beveva il tea mattutino accompagnandolo con un fetta di torta, quella di carote era la sua preferita e, ogni santa volta, Lily non perdeva tempo a battibeccarle dietro che quella era la torta peggiore che fosse mai stata creata. Alice le sorrideva, rispondendole a tono e lasciandola lì a starnazzare da sola. Alice era tra le due uniche persone al mondo da cui Lily si faceva ammutire. L’unica che non si era mai fatta il problema di canzonarla, insultarla e affatturata in tutti quegli anni. L’unica con così tanta grinta da starle accanto, sempre!

La osservava in piscina o in riva al mare. Sola. Lily aveva la fobia del sole. Continuava a ripetere che le sarebbero aumentate le lentiggini e ne aveva già così tante sul tutto il corpo che poteva benissimo fare a meno di scendere in spiaggia o in piscina prima del tramonto. Ad Alice non importa. Stava sotto il sole, fregandosene se si fosse scottata la sua pelle candida o se le lentiggini si sarebbero moltiplicate a dismisura sulla sua schiena. E Albus ne era affascinato. Non sapeva bene il perché ma aveva preso la malsana abitudine di raggiungerla, con un libro in mano, a fare finta di leggerlo, sdraiato su una sdraio con gli occhi puntati su di lei.

L’aveva osservata a ben due feste: il suo sedicesimo compleanno e il compleanno di Lily. Erano nate ad una settimana di distanza. Da piccole avevano la bella abitudine di festeggiare assieme. Adesso, sedicenni entrambe, non perdevano occasione di fare festa e due grandi feste, in due grandi ville erano l’occasione da non perdere.
Era bella. La sera del suo compleanno brillava di luce propria. E Albus aveva potuto notare quanti amici avesse e quanto fosse amata da loro. Stimata dai Grifoni e non solo, alla festa c’erano Tassi, Corvi e Serpi e tutti erano lì perché Alice era una persona genuina. Una persona che non si poteva non voler bene. Una mosca bianca in mezzo a tutto quel mondezzaio.
Era bella alla festa di compleanno di Lily. Vestita dello stesso celeste dei suoi occhi. Era così bella che Albus ci aveva ballato assieme. In mezzo alla pista, aiutato dall’alcool si era avvicinato e lei non lo aveva cacciato. Aveva assaporato il suo profumo e in un attimo era tutto finito. Lily se l’era trascina via con la scusa di dover procedere all’apertura dei regali. Era bella anche in quel momento. Sembrava arrabbiata con Lily e grata allo stesso tempo.

L’aveva osservata un sabato sera. Era tardi e si era offerto di accompagnarla. Non tanto per galanteria, non gli erano mai importate queste cose. Voleva chiederle scusa per non averla difesa. Voleva parlare con lei. E basta. Durante in tragitto non riusciva a toglierle gli occhi di dosso e quando alla fine ci riuscì, prese coraggio e parlò: “Sai Alice, non ti ho mai chiesto scusa per non averti difeso quella sera, al locale di tua madre! Devi capire che non l’ho fatto per cattiveria … la mia mente razionale ha pensato…”
Era Alice ad osservare lui adesso e non sapeva decidersi se andare avanti o tagliarla lì. Da buono Serpeverde quale era. “Cosa avevi pensato Albus?”. Lei era intelligente. Aveva accantonato le scuse. Lei sapeva che non era quello il fulcro della questione?
“Non volevo metterti in una cattiva situazione. Se ti avessi difeso davanti a quelle due arpie, conoscendo bene i personaggi, sarebbero iniziate a girare brutte voci. E nessuno dovrebbe parlare male di te!”. L’ultima frase, come spesso capitava, non era riuscito a trattenerla. Suonava a un po’come una mezza dichiarazione e sperò di cuore che Alice dicesse qualcosa che l’avrebbe tolto dall’imbarazzo.
“Ti ringrazio per le scuse. E dato che le tue intenzioni erano onorevoli non posso di certo rifiutarle.” Alice quella sera gli sorrise. Sincera. Quando Albus la osservò un’ultima volta, all’entrata della villa, aveva una gran voglia di baciarla.
Non lo fece. Non ebbe il coraggio. Le sfiorò la guancia e le diete la buona notte.

La osservava la mattina, di quasi fine agosto, che si era presentata a casa sua poco prima del pranzo. Portava con orgoglio la spilla da prefetto al petto e per tutta la giornata, con sommo dispiacere di Lily, non fece altro che elencare regole che Lily non avrebbe mai dovuto infrangere in sua presenza. Con la consapevolezza che Lily avrebbe fatto di testa sua e anche quell’anno avrebbe orgogliosamente collezionato un gran numero di punizioni.

La osservava la sera dell’ultimo del mese. L’indomani sarebbe partita per Hogwarts e Albus si malediceva. Come era passato il mese di agosto? Possibile che non avesse più giorni a disposizione?
Per la seconda volta nella sua vita aveva proposto di accompagnarla a casa. Alice aveva accettato. Nel completo silenzio di quella fine estate due persone che si amavano camminavano su una strada di campagna. Albus, ovviamente, non poteva saperlo. “Io penso di aver capito”. Alice forse si. E Albus per la ventesima volta confermò la sua teoria. Alice era intelligente, perspicace e di una bellezza disarmante. “Speravo lo capissi… sono diverse sere che vorrei parlartene. Domani parti e mi rendo conto di non avere più molto tempo”. Albus le sorrise. Incoraggiante. Non era mai stato così felice di parlare con una ragazza. Lui non ci parlava affatto con le ragazze.
“Vorrei che fossi più chiaro Albus” Alice usava raramente il suo nome. Non lo chiamava quasi mai e Albus pensò che fosse un peccato. “Devi essere chiaro. Perché se siamo qui anche io mi prendo la responsabilità di quello che ti dirò. Tu mi piaci Albus!”.
Albus la osservava. Così coraggiosa. Così fiera. Non aveva mai spostato lo sguardo dal suo e Albus tremò. Gli tremarono le gambe ed ebbe una rivelazione.

“Mi piaci da un po’. Albus. Ma tu sei tu. Non sei il tipo da storia seria. Ti ho visto con così tante ragazze in questi anni che ho perso il conto.”
Albus lo sapeva. Sapeva di non essere una persona seria. E distolse lo sguardo. Le sue scarpe sembravo molto più interessanti.

“Se ti piaccio non voglio essere la ragazza da una botta e via. Se ti piaccio, con me, dovrai fare sul serio. Perché io sono una persona seria e…”
Albus la osservò di nuovo. Aveva perso la voce ed era indietreggiata. Il cancello di villa Longbotton era a pochi passi da loro. Ad Albus quella distanza sembrava infinita. Non disse nulla. Come poteva prometterle che non si sarebbe stancato di lei nel giro di qualche settimana? Come poteva saperlo? Non era mai successo …

“Come immaginavo. Ma sai non importa! Sono felice di averci provato. So la verità e posso andare avanti…” Alice non aspettò che Albus rispondesse. Girò le spalle e oltrepassò il grande cancello.

Albus la osservò per tutto il tempo. Finché non scomparve nelle ombre della notte.
Albus cammino allungo. I suoi piedi solcarono la sabbia, la terra e il mare quella notte con la sola consapevolezza che quella sera aveva perso qualcosa di importante. Che doveva recuperare. In fretta.

Albus, quella mattina del primo di settembre, la osservò da lontano. Prima nel giardino di Villa Potter, mentre lei e sua sorella salivano sulla macchina di sua madre.
Poi alla stazione King Cros, dove non ebbe nemmeno il coraggio di alzare la mano e salutarla.
 
Rose Granger Weasley ascoltò tutta la storia. In silenzio. Albus era bravo a raccontare. Si soffermava sui dettagli giusti e non sbagliava mai un colpo. Beh questa volta si! Bisognava ammetterlo.
“Scrivile. Chiunque sia questo tipo non c’è niente di serio con lui. Tutti sanno che Alice ha un debole per te da sempre! Era ora che ti svegliassi!” furono le parole di sua cugina. Che voleva dire da sempre? Sempre quanto? Quanto tempo era?
“Lo stava baciando alla grande, davanti a tutti!” Berciò contro la cugina. Albus Potter aveva sbagliato a confidarsi. O meglio, aveva sbagliato confidente! Ne era certo.
“Ascolta. La scriviamo insieme la prima lettera. E la spediamo immediatamente, prima che tu abbia una obiezione di coscienza. Io sono la tua spalla Al! La tua riserva di coraggio” gli fece un occhiolino e tirata fuori la bacchetta dalla tasca evocò pergamena e stilografica.
“Tu scrivi ovviamente… su, non farmi perdere la pazienza!”.
Albus Potter seduto alla scrivania che Lucy aveva scelto e collocato sotto la finestra più ampia del salone, quel primo di dicembre, si apprestò a scrivere la sua prima lettera d’amore. E spero anche l’ultima. Per Merlino in tacchi a spillo, poteva capire la dispersione ma imitare suo fratello James anche no!

 
Ecco il nuovo capitolo! Da qui ricomincia la storia. E' ambientato sei mesi dopo ma ci sono diversi momenti mancanti che racchiudono tutti i fatti più importanti. Il capitolo che seguirà è una continuazione di questo. Come potete notare manca uno dei fratelli Potter, cosa avrà combinato in questi mesi? beh dovrete aspettare il prossimo capitolo per saperlo. 
Spero di aggiornare domani. Prometto di aggiornare domani. 
Ringrazio le nuove persone che aggiunto la storia nelle loro preferte e ricordate. Siete silenziose ma fa comunque piacere sapere che la storia, anche se altalenanente in questi anni, riesce ancora a fare colpo e a conquistare seguiaci ;) 

Un bacio 
LEA

 

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