It's All Coming Back To Me Now.

di SereNian08
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Home. ***
Capitolo 2: *** She is happy. ***
Capitolo 3: *** A goddess in blue. ***
Capitolo 4: *** Moke. ***
Capitolo 5: *** You can't walk away. ***
Capitolo 6: *** “Obicham te”. ***
Capitolo 7: *** The memories do not do justice. ***
Capitolo 8: *** We're still here. ***
Capitolo 9: *** Don't do this to me. ***
Capitolo 10: *** Stay with me. ***
Capitolo 11: *** We have all the time in the world. {Parte 1} ***
Capitolo 12: *** We have all the time in the world. {Parte 2} ***
Capitolo 13: *** Here we go again. ***
Capitolo 14: *** Trying not to love you. ***
Capitolo 15: *** Let's go to Comic-Con! ***
Capitolo 16: *** Love is not enough. ***
Capitolo 17: *** Scars. ***
Capitolo 18: *** Madness. ***
Capitolo 19: *** When I Was Your Man. ***
Capitolo 20: *** I will always take care of you. ***
Capitolo 21: *** Are you still in love with me? ***
Capitolo 22: *** Good compromise. ***
Capitolo 23: *** This is Love. ***
Capitolo 24: *** One Day... ***
Capitolo 25: *** I wanted to dance with you. ***
Capitolo 26: *** Love and War. ***
Capitolo 27: *** I always keep my promises. ***
Capitolo 28: *** Shades of snow. ***
Capitolo 29: *** Unconditionally. ***
Capitolo 30: *** Promise me this is forever. ***
Capitolo 31: *** It's All Coming Back To Me Now. ***



Capitolo 1
*** Home. ***


Nina Dobrev.  

Appena metto piede fuori dall’aeroporto, con la borsa in spalla, la valigia al seguito , e i postumi di tredici ore di volo, realizzo di essere tornata a casa. Non ci sono il sole e il mare ad attendermi, ma una lunga fila di taxi e auto pronte per essere noleggiate. L’aria fresca della sera mi punge le braccia scoperte, e l’odore di città mi entra nelle narici. Faccio segno al primo tassista libero, che sorridendo mi corre incontro, per prendere la valigia e riporla nel portabagagli.  Salgo e chiudo la portiera in modo poco convincente. Ripeto due volte al tassista il mio indirizzo –come se lo facesse apposta a non capire – e mi sistemo sul sedile, guardando Atlanta che scorre sotto i miei occhi da dietro il finestrino. 
Quando entro in casa, il silenzio mi avvolge, accendo la luce e mi guardo intorno. Niente è cambiato. Cosa mi aspettavo?  Poso borsa e valigia in camera da letto, senza soffermarmi su niente,  e torno in salotto. Il led verde del telefono segna tre messaggi, il cuore mi fa uno strano salto nel petto, e premo il tasto. Il primo messaggio è di mia madre, vuole che la richiami appena ne ho l’occasione. Il secondo è di Julie, mi ricorda che si sta trasferendo nella casa accanto, e che fra due giorni iniziano le riprese. Come se potessi dimenticarlo. Le mie speranze muoiono del tutto quando sento la voce di Julienne nel terzo messaggio, dice che le manco e che non vede l’ora di rivedermi. Tiro fuori dalla tasca dei pantaloni l’iphone e aggiorno twitter… Nessuna novità. Solite cose. Nessuna chiamata persa, nessun nuovo messaggio nelle ultime tredici ore… O almeno, nessun messaggio che mi interessi davvero.  Mi spoglio al volo e mi infilo sotto la doccia, il getto caldo mi rilassa i muscoli tesi. Mi avvolgo nel mio asciugamano di spugna preferito, e torno in camera da letto. Disfo la valigia, sistemo le ultime cose, e quando ho finito, l’orologio segna le undici passate. Vado in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, e noto qualcosa di informe appeso alla maniglia della lavanderia, una maglietta grigia. La prendo esitante. E’ sottile, a maniche corte. Non ho bisogno di leggerne l’etichetta per sapere che è di John Varvatos. Un profumo inconfondibile mi si attacca addosso. Il suo profumo.  
 

<< Ahhh lasciami, lasciami! >>  Continuo ad urlare, cercando di spostare le mani di Ian da sopra i miei fianchi, con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.
<< Smettila! Lo sai che odio il solletico! >>
 Lui continua imperterrito, non prestandomi ascolto, sogghignando divertito. Mi prende sulle spalle e mi scarica sul divano, mentre gli tiro forte la maglietta. Mi blocca le mani sopra la testa.
<< Ehi signorina questa maglietta è del mio amico John, cosa pensi di fare?! >> Un sorriso divertito si stende sul suo viso, e per un secondo, il cuore mi si ferma nel petto. Possibile che dopo tutto questo tempo, continua a farmi lo stesso effetto?
<< Così impari, ad approfittare di una povera ragazza indifesa. >> Con una risata mi lascia andare, mi avvolge tra le braccia, e mi stampa un bacio sulle labbra. Gli prendo il viso tra le mani e lo trattengo, per baciarlo più a lungo. Mi accarezza i capelli, mi mette un dito sotto al mento e mi sussurra all’orecchio. 
<< Per colpa tua, sono sempre io quello più indifeso tra i due. >>  
 

 
Una lacrima mi scende sulla guancia, prima che riesca a fermarla e cade sul tessuto di cotone. Ritorno in camera e mi infilo sotto le coperte che profumano di bucato, mi stendo sul fianco e mi stringo al petto la maglietta, ne ispiro il profumo, e mentre mi addormento, immagino di essere stretta a lui.    

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Capitolo 2
*** She is happy. ***


   POV. Ian Somerhalder.  

<< Ian devi deciderti a tornare a casa, l’Europa sarà anche fantastica, ma mancano due giorni all’inizio delle riprese! >>
<< Si Paul lo so, non fate altro che ricordarmelo. Sono già arrivato ad Atlanta. >>
<<  Ah… Ok. Senti, puoi venire a stare da me… Torrey è d’accordo, non voglio che tu.. >>
<< Fratello lascia perdere, devo attaccare, non preoccuparti, sto bene, ci vediamo lunedì. >>

Stacco del tutto l’iphone, e lo rimetto in tasca. Per oggi sono stanco di chiamate, lamentele e consigli vari.  Scendo dall’auto e mi dirigo verso il mio vecchio appartamento.  Appena entro trovo un biglietto sul pavimento,  Backy, la signora delle pulizie mi ricorda che c’è un carico di vestiti lavati pronti nell’armadio. Ha fatto il lavoro per bene. Devo ricordarmi di ringraziarla. Mi verso un bicchiere di vino e guardo fuori dalla finestra.  E’ quasi l’alba. Il momento che preferisco. Mi passo una mano tra i capelli già cresciuti e vado in camera da letto,  proprio in quel momento il telefono di casa inizia a suonare, ma non ricordo di aver fatto riagganciare la linea.

<< Pronto? >>
<< Ehhy tesoro! Finalmente riesco a rintracciarti, hai il cellulare staccato vero? >> Impiego un paio di secondi per capire che la voce allegra e squillante che mi urla nell’orecchio è quella di Jess, la mia adorabile assistente per tutto quello che riguarda la ISF, nonché mia ottima amica.
<< Si hai proprio ragione. Non ce la facevo più. Troppe chiamate. >>
<< Tutto questo tempo in Europa non ti è bastato a riposarti e staccare un po la spina?  >>
<< Sai che non lo faccio mai del tutto. Allora dimmi, ci sono novità? >>
<< Si, e anche parecchie! La costruzione del santuario procede a gonfie vele, e dobbiamo vederci da vicino per parlare di alcune cose importanti, ma non è per questo che ti ho chiamato.  >>

Il tono di Jess diventa serio all’improvviso, e dentro di me già so di cosa vuole parlare. E’ l’argomento del mese. Anzi… Due mesi.

<< Senti Jess,  io davvero… >>
<< L’ho vista. >>
Rimango in silenzio per un paio di secondi.  Ovviamente sono l’unico che ormai la vede solo tramite foto.
<< E allora? >> 
<< Non vuoi sapere come stava? >>
<< Mi sembra che stia davvero bene. Puoi confermarmi questo? >>
<< Si. Stava bene. Sembrava felice. Volevo solo che tu lo sapessi. >>  
<< Ok si… D’accordo. >>
<< E un'altra cosa… Ci sono voci di te e Alexis Knapp… >>
<< Si ho notato. >> 
<< Ok, pranziamo insieme uno di questi giorni? >>
<< Certo. Un bacio, e salutami Paul. >>
<< Ricambia, ciao tesoro, stammi bene. >> 
Attacco. Mi spoglio velocemente lasciando i vestiti sul pavimento, entro in bagno e mi infilo sotto la doccia, le mani premute contro il muro. Vorrei abbatterlo. Vorrei abbattere tutto. Vorrei urlare.  Un senso di vuoto mi opprime. E sento il petto aprirsi in due. Sapevo tutto. Fin dall’inizio.  Ma va bene così. Lei è felice.
E’ felice anche senza di me. 






MESSAGGIO DELL'AUTRICE. 

Salve a tutti :D Questa è la mia prima FF. I capitoli saranno brevi inizialmente, visto che devo ancora riuscire a prendere confidenza con tutto questo. xD Siate clementi. Accetto consigli, recensioni, critiche... Qualsiasi cosa. :D  
La storia nasce da un sogno, e dalla fissazione di questi due signorini che mi hanno rubato il cuore e che ultiamamente ci stanno facendo uscire fuori di testa.  
Il titolo è preso da una famosa canzone di Celine Dspan>ion, che da poco ho riascoltato grazie a Glee e alla fantastica Lea Michele. Per me rappresenta tutto quello che sono i Nian in questo momento, penso che sia perfetta per loro. 
Che dirvi? Pubblicherò capitoli giorno per giorno,  appena ho un po di tempo libero. :D A presto! <3

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Capitolo 3
*** A goddess in blue. ***


POV. Ian Somerhalder.
 

Il rumore delle chiavi nella toppa, mi risveglia da una brusca notte. Mi alzo di scatto e mi infilo al volo un pantalone preso da sopra la poltrona. Il ciondolo che porto sempre, mi sbatte contro il petto nudo. C’è solo una persona che ha le chiavi di questa casa.  Quasi corro verso l’ingresso, completamente sveglio, e già la immagino con i capelli scuri raccolti, gli occhiali che le ho regalato, e un sorriso timido capace di farmi sciogliere il cuore… Ma quando arrivo davanti alla porta, mi accorgo che si tratta solo di Backy con in mano una busta piena di camicie stirate. Il mio sguardo deluso deve notarsi molto perché la vedo sorridere timidamente. Non dice una parola, posa le camicie sul divano, mi fa un cenno con la testa e esce così com’è entrata, lasciando le chiavi accanto alla porta.  Scivolo lungo la parete del corridoio, troppo stanco anche solo per arrivare al letto. Pieno di frustrazione e rabbia verso me stesso. Come ho potuto permettere tutto questo? Le ultime settimane sono state talmente piene d’impegni, piene di eventi che era fin troppo facile distrarsi.  Ma mai così facile da non pensarci. Mi alzo per prendere la busta e riporre i vestiti nell’armadio. Apro le ante bianche a muro, e scorro i vari vestiti. Uno in particolare attira la mia attenzione. Quello che ho indossato agli Upfronts di due mesi fa.   

 

<< Ian Somerhalder! >>

<< Iaaan una foto, ti prego! >>

<< Ian ti amo! >>

<< Ian un autografo, Ian! >>

Cammino  veloce  cercando di accontentate tutte le mie fan urlanti, mentre mi sbraccio per foto e autografi. Ma le persone intorno a me continuano a farmi segno che è tardi, che devo andare, che il party sta per iniziare. Pensare che dovrò passare minimo un’altra ora in una stanza piena di gente e Lei, mi fa venir voglia di buttarmi in mezzo alle mie fan e farmi trascinare via.  Ancora non riesco a credere che non mi ha nemmeno guardato, e che quando l’ha fatto ha solo distolto gli occhi. Come se essere guardata da me la infastidisse. Che quando per sbaglio le ho posato la mano su un fianco, per forza dell’abitudine, lei si è spostata. Impercettibilmente per non destare sospetti davanti alle telecamere e ai giornalisti, ma si è spostata. E non posso credere che quando l’ho vista, avvolta in quell’abito blu, avrei solo voluto trascinarla lontano da tutti e baciarla fino a perdere di vista il tempo e l’ora.  

Quando entro alla festa, sono tutti intenti a ballare o chiacchierare negli angoli in penombra. Saluto qualcuno, scambio qualche parola con Joseph e Daniel, mi complimento con loro per la riuscita di The Originals. Ma senza rendermene conto, i miei occhi la stanno cercando. Scrutano la sala alla ricerca di una Dea in blu, della mia Dea in blu. La individuo in mezzo alla sala, muove ondeggiando i fianchi, sorride divertita in mezzo alle sue amiche,  e il cuore mi inizia a battere più forte. Mi avvicino lentamente, alle sue spalle, le ragazze mi notano e mi indicano. Quando si volta per guardarmi, i nostri sguardi si incrociano, il suo sorriso scompare, e capisco che tutta quell’apparire felice è solo un modo per tenermi lontano. Più la guardo, più noto i segni evidenti delle notti insonni sotto il trucco, noto gli occhi leggermente lucidi come se avesse smesso da poco di piangere. Le ragazze si allontanano e ci lasciano da soli. Le sorrido e mi avvicino a lei, posandole una mano sul fianco. Mi avvicino al suo orecchio. Trattiene il fiato… E forse anche le lacrime.

<< Mi sono dimenticato di dirti, che sei bellissima stasera. >>  

Le do un bacetto casto sulla guancia e mi scosto per guardala meglio. Mi sorride, mi stringe la mano, intreccia le sue dita alle mie.  Come se niente fosse cambiato.

<< Anche tu lo sei. >>  

Faccio spallucce, e lei mi da una leggera spinta. Sta sorridendo ancora.  Mi avvicino ancora di più, il mio corpo contro il suo, le avvolgo le braccia intorno alla vita.

<< Ian… >>

La sua voce è decisa e un po’ malinconica. Non è una richiesta, ne una supplica, ma un avvertimento.  

<< Cosa? Non sto facendo niente. Stiamo solo ballando. >>  

Mi guarda storto. Quegli occhi neri impenetrabili riescono a farmi sentire in colpa. Riescono a leggermi dentro.

<< Perché vuoi complicare di più le cose? >>

Mi sembrava troppo bello per essere vero. Mi allontano un po’ da lei. Le do spazio. Non voglio imporre la mia presenza.

<< Non sto complicando niente. Ti sto salutando. Non ci vedremo per quanto? Tre settimane? Forse quattro. Voglio solo stringerti. >>  

<< Ne abbiamo già parlato … Ti prego. >>

Mi allontano del tutto da lei. La guardo negli occhi per capire se è quello che vuole davvero. Il suo sguardo è tranquillo, come se niente potesse scalfirla. Si è barricata dietro la sua corazza. Non c’è bisogno che mi dica altro. Mi avvicino di nuovo, per l’ultima volta, le sfioro la guancia con un bacio.

<< Questo non cambierà niente. Ti amerò lo stesso. >>

La guardo per l’ultima volta, mi giro e lentamente mi allontano da lei. Da noi. Da tutto.

 


Il suono del telefono mi riporta alla realtà. Corro a rispondere, cercando di non pensare, di tornare lucido.

<< Pronto? >>

<< Ian! Sono Julie! >>

<< Oh, ciao Boss. Come stai? >>

<< Io benissimo. E tu? Sei sparito per un po’ dalla circolazione, o forse dovrei dire dagli USA. >>

<< Si… Sai film, convention, spot pubblicitari. >>

<< Capisco… Senti domani sera ci sarà una cena con tutto il cast, per rivedersi, fare per bene le congratulazioni a Candice e Kat, raccontarsi delle vacanze… Sei dei nostri? >>  

<< Oh, ma certo. Perché no? >>

<< Ah! Perfetto. Ti faccio sapere luogo e ora, a domani!  >>

<< Grazie Boss, a domani. >> 

Prendo i’iphone da sopra il comodino, rispondo a qualche messaggio, leggo le cose inviatemi da Jess, faccio un paio di telefonate in merito alla ISF… Ma per tutto il tempo, un solo pensiero continua a martellarmi in testa.

Domani sera. Domani sera la rivedrò.  







MESSAGGIO DALL'AUTRICE. 
Eccomi di nuovo, con il capitolo 3. :D 
Le parti azzurre (Se non si era capito) saranno sempre riferite ad eventi passsati. Ricordi scaturiti da oggetti o lughi in particolare. :3 
Alla prossima. <3

 

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Capitolo 4
*** Moke. ***


POV. Nina Dobrev.
 
Mi tiro indietro i capelli da poco schiariti mentre mi guardo allo specchio. Due occhi neri e stanchi mi fissano, sorrido al mio riflesso, quasi a volermi incoraggiare da sola.  Fletto indietro la gamba sinistra, e poi quella destra. Continuo con qualche esercizio di riscaldamento con braccia e spalle. Lo yoga di prima mattina riesce a schiarirmi le idee. Mi vesto velocemente cercando di ignorare le file infinite di cappelli che dominano il mio armadio.  Il “bip-bip” dell’iphone mi avvisa che la casella dei messaggi è piena. Lo prendo al volo, e leggo l’ultimo messaggio. Jake.

“Ehi tesoro, già mi manca il set e mi mancate tutti voi! Dobbiamo rivederci il prima possibile”. 

Sorrido e gli rispondo. Mi sembra passato un secolo dall’ultimo giorno di riprese. E’ stata un’esperienza incredibile. Jake e Damon sono stati così divertenti e gentili. Anche se il nome di quest’ultimo mi riportava costantemente ad altri pensieri. Mentre vado in cucina per fare colazione, Lynx reclama la mia attenzione, strusciandosi contro la mia caviglia.  La prendo tra le braccia e le accarezzo il pelo morbido, mentre mi fa le fusa.

<< Ehi, piccola. Ti ha trattata bene Jess in questi giorni che non ci sono stata? >> 

Mi fissa con i suoi occhi gialli e miagola sbadigliando.
  Quando la rimetto a terra, mi guardo intorno alla ricerca del signor Micio più pigro e tenero del mondo. Mi faccio il giro della casa, due volte, senza vederlo. Quando passo di nuovo davanti ad una stanza che pensavo fosse chiusa da due mesi, mi accorgo che in realtà è leggermente aperta. Uno spiraglio di luce mi colpisce il piede nudo. Esito per un paio di secondi, prima di spalancare del tutto la porta. La stanza è identica a come l’ha lasciata. Pile e pile di fogli con il logo della ISF ammassati sulla scrivania d’acciaio, giornali e riviste ambientali, disegni di fan , e tante lettere ancora chiuse. Tutto perfettamente in ordine. Sfioro con gli occhi il ripiano grigio, le due chitarre accanto alla scrivania, la libreria traboccante, la sedia girevole …
 
<< Ian? Sei ancora qui? Hai visto che ore sono? >>
Sono poggiata allo stipite della porta, mentre lo guardo chino sul computer. Lui si volta per guardarmi e fa un giro completo sulla sua nuova sedia. I capelli neri scompigliati, l’espressione soddisfatta, e i suo occhi azzurri riescono a svegliarmi del tutto.

<< Il mondo non aspetta nessuno tesoro. Dove dovrei essere? >> 
Un sorriso stanco gli illumina il viso. Mi avvicino a lui lentamente, mentre continua a fissarmi, come incantato, soffermandosi sulle mie gambe nude che spuntano da sotto la maglietta.

<<  Dovresti essere a letto. Insieme a me. >> 

Mi prende al volo la mano e mi tira su di lui, facendomi sedere sulle sue gambe. Mi sfiora le braccia e mi da un leggero bacio sulle labbra, sorridendo malizioso.

<< Hai ragione, ma devo finire di mandare delle mail. Poi sarò tutto tuo. >>

I suoi occhi sono fissi nei miei, mi scosta i capelli dal viso, e continua a sfiorarmi come se fossi la cosa più preziosa al mondo. Come se io fossi il premio e lui il vincitore.  

<< Non ho intenzione di aspettare un minuto di più. >>
Mi alzo al volo e metto il broncio, incrociando le braccia al petto. Lui mi guarda divertito. Fissa la mia maglietta.

<< Sbaglio o quella è la mia maglietta della ISF? >>
Guardo la maglietta che ho trovato in camera, appesa dietro la porta.


<< Si. E se non si era notato, la sto usando come pigiama. Ti piace? >> 

Si alza al volo anche lui e mi prende per i fianchi, mi alza leggermente per baciarmi meglio. 

<< Si, mi piace. E pure tanto. >>

Gli getto le braccia al collo e lo stringo di più a me. Come se qualcuno potesse portarmelo via. Gli sfioro i capelli alla base del collo. E per gioco, fingo di morderlo, stile Katherine. Scoppia a ridere, e in un secondo mi prende in braccio e mi mette in spalla, come se fossi una bambina di tre anni.

<< Sai cosa? Le mail possono aspettare fino a domani. E’ ora di andare a dormire! >>
Ride divertito mentre inizio a colpirgli le spalle.

<< Ian! Mettimi giù! >>   Senza darmi ascolto, con presa più salda, mi trascina via. Mentre guardo la sedia che continua a girare, ormai vuota.

 
Quando ritorno al presente, i miei occhi finiscono sulla poltrona nell’angolo della stanza, e mi accorgo che è occupata da Moke. Tiro un sospiro di sollievo e mi avvicino per accarezzarlo. In un secondo si alza e si aggrappa al mio braccio. Lo prendo in grembo e mi siedo al suo posto. Si strofina contro la mia pancia e mi guarda. I suoi occhi gialli sembrano più tristi del solito. Miagola piano. E mi da dei colpetti con la testolina arancione, come se capisse. Come se vedesse il significato dietro il mio sorriso triste. Lo stringo un po’ più forte .

<< Lo so piccolo… Manca anche a me. >>
 
Lascio Moke sulla poltrona e torno in cucina. Prendo al volo la borsa e gli occhiali da sole, ricontrolla la camera un’ultima volta, cercando di capire se ho dimenticato qualcosa. L’occhio mi cade sulla maglietta grigia in mezzo alle lenzuola scomposte. Mi avvicino al letto esitante, la prendo e la riporto in lavanderia. Dove sarebbe dovuta stare già da molto tempo. L’ultima traccia del suo profumo sparisce mentre chiudo la porta alle mie spalle.  Le note di “We are young” mi avvisano che qualcuno mi sta chiamando, prendo i’iphone già seppellito nella borsa, mentre scendo le scale cercando di non cadere, il nome “Erica” lampeggia sul display. Faccio un respiro profondo e rispondo.
<< Ecco la mia assistente preferita! >>  

<< Nina! Finalmente. Sono giorni che tento di chiamarti. Dove sei? >>

<< Sto uscendo ora da casa, avevi detto che avevo due giorni liberi. >>

<< Si… L’avevo detto. Ma c’è stato un cambio di programma. Hai un servizio fotografico fra quaranta minuti. Non ti muovere da lì che vengo a prenderti con la mia macchina. >>

Resto un secondo interdetta. Cerco di pensare bene sul da farsi.

<< Erica, davvero, annulla tutto. Non ho proprio voglia di fare nulla oggi. >>

Erica resta in silenzio per un paio di secondi, stupita. Non rifiuto mai una cosa del genere.

<>

<< Si. Certo, a presto. >>

<< Ahh! Nina aspetta. Mi sono dimenticata di dirti che mi ha chiamata Candice, visto che avevi il cell staccato. Mi ha detto che domani sera c’è una cena con tutto il cast, e vuole che tu ci vada. Ha detto di richiamarla. >>  
Sembra che per due giorni mi sia completamente assentata dal mondo.

<< Ti ha detto altro? >>

Il mio pensiero è fisso su due occhi azzurri che non vedo da quasi due mesi.

<< Ci sarà anche Ian. >>

Il cuore mi sussulta nel petto. Erano settimane che non sentivo il suo nome. Settimane che evitavo di pronunciarlo o pensarlo. Il “Lui” riusciva a mantenere un confine ben delineato. Riusciva a farmi restare lucida e composta. Cerco di pensare rapidamente a tutti i pro e tutti i contro che questa cena potrebbe comportare. Il mio lato codardo ha la meglio.

<< Per favore, richiamala e dille che non potrò esserci, e che di vediamo direttamente lunedì sul set. >>  

<< Oh. D’accordo. Come vuoi. >>

<< Grazie Erica. Sei un tesoro. A presto. >>

Proprio mentre sto per rimettere a posto il cellulare, questo riprende a suonare insistente. Alzo gli occhi al cielo e rispondo senza nemmeno guardare il display .

<< Pronto? >>
La mia voce, risulta scocciata e irritata. 

<< Ohoh sembra che tu abbia bisogno di altro mare e altre vacanze! >>

Riconosco immediatamente la voce dolce e squillante.

<< Julianne! Proprio la persona che avevo bisogno di sentire.  Ti prego, dimmi che non hai niente da fare in questo momento. Ti vengo a prendere e andiamo a fare shopping! >>

Ho bisogno di vestiti e della risata leggera di Julianne per poter sopprimere tutto il resto.

<< In realtà avrei una proposta migliore. Tu, io… E magari anche quel bel ragazzo di tuo fratello, a LA! Spiaggia, sole e ancora mare. >>  

Sgrano gli occhi per la sorpresa. E sorrido come non ho mai fatto in questi due giorni. Una proposta. Una via di fuga da una casa piena di ricordi. Da dei pensieri troppo opprimenti.   

<< Perché devi sempre mettere in mezzo mio fratello?  >>

Una risatina mi esce dalle lebbra, mentre sento Julienne ridere insieme a me.

<< Perché è carino e anche simpatico. Su dai, ci divertiamo! Prepara la borsa! >>

<< D’accordo. Mi hai salvata. Come al solito. >>

Quanto attacco sta ancora ridacchiando contenta.  








MESSAGGIO DELL'AUTRICE. 
Eccomi di nuovo con il capitolo 4. Nina ancora immersa in quella casa, in quei ricordi, sta cercando di ritrovare un suo equilibrio. E ha deciso di evitarlo di nuovo, anche se da perfettamente che dovrà rivederlo il giorno dopo. Ahhhh. Le donne. 
Questo capitolo lo dedico (ahah) al gatto più amato di sempre. Moke. <3

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Capitolo 5
*** You can't walk away. ***


POV. Ian Somerhalder.
 

<< Allora? Raccontami … Come sono stati questi due mesi in giro per l’Europa? >>  

<< Lo sai.. L’Europa è fantastica. Niente da ridire. Mi sono divertito. >>
Il sorriso familiare di Jess riesce sempre a tranquillizzarmi, i suoi occhi scuri mi scrutano, mentre con la forchetta prende al volo qualche foglia d’insalata verde e la porta alla bocca. Non riesco a capire come faccia a trovarla così invitante. Abbasso lo sguardo sulla mia e sposto le foglie da un lato all’altro del piatto.

<< Ian? >> 
Torno a guardarla, e noto che ha posato la forchetta e mi fissa con sguardo indagatore.  La guardo interrogativo.

<< Ascolta… Due giorni fa eri in Italia giusto? Su quel lago famoso di cui non ricordo il nome… Con una modella altrettanto famosa e bellissima.  >>

<< Il lago di Como… E Ana Beatriz Barros. >>

<< Esatto! E non ha niente da raccontarmi? Sei stranamente silenzioso. E’ successo qualcosa? >> 
E’ successo che stasera la rivedrò e non riesco a pensare ad altro.

<< No, non è successo nulla. Ma raccontami di te.. Paul come sta? E per la ISF? So che non siamo a pranzo come due semplici amici e non come capo e assistente, ma potresti comunque informarmi se c’è qualche novità interessante. >>   

<< Non provare a cambiare discorso. C’entra Nina? >>
Il suo nome è come un pugno nello stomaco. Sembra che tutto il mondo voglia parlare di lei. Continuo a guardarla cercando di non far trasparire il mio stato d’animo. Prendo un respiro

<< Io … Sono solo stanco. Sai, il fuso orario. Non ho dormito molto. >>

<< Ian… Sei andato a casa almeno? >>

<< Certo. Mi hai chiamato lì ieri sera… Ricordi? >>

<< No Ian.. Intendo la tua vera casa. >>  
I suoi occhi si addolciscono, e mi sorride teneramente.

<< No Jess. Lo sai. E … >>

<< Non hai intenzione di farlo. Giusto? >>

<< E’ meglio così.  Non voglio creare problemi. >>
Jess sospira e alza gli occhi al cielo.

<< Ian non puoi andare avanti in questo modo. E in quella casa hai tutte le tue cose, anche quelle riguardanti la ISF, le lettere, i documenti … >>

<< Sai che non ne abbiamo bisogno.Tu sei il mio archivio completo. Stai solo cercando di convincermi a rientrare in quella casa. >>

<< Sto cercando di convincerti a prendere in mano questa situazione! Non puoi aspettare che sia lei a farlo. >>
Come se fosse facile. Come se davvero un pensiero del genere mi avesse sfiorato.

<< Non sto aspettando nulla Jess. Non mi aspetto nulla. >>
Cerco di mettere fine alla conversazione, ma Jess non molla la presa.

<< E invece è esattamente quello che stai facendo. Ed è quello che sta facendo anche lei. Siete stati mesi lontani. Hai lavorato come non mai, e tutto per distrarti dal pensarci. Idem lei. Non è rimasta in quella casa per più di 24 ore. Te ne rendi conto? >>
L’ultima frase mi colpisce un po’ di più.

<< Cosa vuoi dire ? Non è qui ad Atlanta? >>
Jess resta in silenzio per un paio di secondi e mi guarda interrogativa.

<< E’ partita di nuovo con Julianne. Pensavo lo sapessi. >>    
No. Non lo sapevo. Ma dovevo aspettarmelo. Ha trovato anche il modo perfetto per rinunciare alla cena di stasera. 

<< Ian … da quanto non parli con lei? >>
Sembra tutto così facile per gli altri. Ogni giorno aspettavo con impazienza la sua chiamata… O aspettavo il momento adatto per poterla chiamare. Ma sono giorni che non sento la sua voce. Inizialmente era così facile, sentirci prima di andare a dormire, ovunque mi trovassi, per sapere come stava, se si stava divertendo… Se sentiva la mia mancanza, se era cambiato qualcosa. Ma più i giorni passavano, più mi rendevo conto che era inutile. Importava davvero ? Importava … Se non era accanto a me? Sapevo fin troppo bene com’era fatta. Sapevo che dietro ai suoi silenzi si nascondeva un turbamento più profondo. Sapevo quello che voleva. E lei sapeva quello che volevo io.

<< Non lo so… Un po’. >>
Jess si decide a lasciar cadere il discorso. Cambiamo argomento e torniamo sull’Italia, l’Europa, Londra e il mio film… Continua a parlare cercando di distrarmi, ma ormai è troppo tardi. La giornata si trascina lenta, tra presentazioni a svariati eventi, e un paio d’interviste. Quando varco la soglia di casa, ormai il sole è tramontato, e ho giusto il tempo per cambiarmi prima di dover andare a cena con il resto del Cast, al solito posto. Faccio il giro del bancone della cucina…
Sfioro il ripiano bianco e lucente…
 

<< Vuoi qualcosa da bere? Caffè? >>

Osservo Nina seduta sul bancone della mia nuova cucina. Dondola le lunghe gambe avanti e indietro e mi sorride ammiccante.

<< Si, grazie. >>  
I lunghi capelli scuri le scendono sulle spalle, perfettamente lisci , come se fossero di seta. Più di una volta mi sono ritrovato con il desiderio di poterli sfiorare. Le porgo una tazza già piena, e quando le nostre dita si sfiorano, un brivido mi scende lungo la schiena. Mi appoggio al ripiano di fronte al suo, portando la mia tazza alle labbra, beviamo contemporaneamente, continuando a guardarci. Il profumo del caffè fluttua nella stanza. E mentre la guardo mi rendo conto di essere accaldato. Spero che le mie guance chiare non mi tradiscano.

<< Smolder, sembri… Nervoso. >> 
Sorrido, cercando di riprendere il controllo della situazione.

<< Nervoso? Non sono mai nervoso. Stavo pensando che questa è la prima volta che vieni a casa mia. >>  
Incrocio le braccia sul petto. E inclino leggermente la testa per osservare la sua reazione, ma continua a sembrare perfettamente a suo agio. Posa la tazza poco più in la, accanto a se. 

<< Hai ragione. Non ci avevo pensato. >>

Più la guardo, più mi sembra così giovane e fragile, ma allo stesso tempo così forte e determinata. Un po’ Elena, un po’ Katherine. I suoi vent’anni brillano nei suoi occhi pieni di vita. Pieni di calore.  Il silenzio non è imbarazzante. Ma c’è elettricità nell’aria. Come se da un momento all’altro tutto dovesse scoppiare. Non si guarda intorno, non abbassa lo sguardo. Continua soltanto a sostenere il mio.  Come a sfidarmi. Prima che me ne possa rendere conto, mi scosto dal ripiano e mi avvicino a lei. I suoi occhi tradiscono per un secondo quello che prova davvero. C’è un pizzico di paura in essi, mista a impazienza, felicità… Emozione. Il nostro gioco di sguardi continua, e quando ormai sono a pochi centimetri dal suo viso, sento lo stomaco annodarsi. Mi posa le mani sul petto, come a volermi spingere via… Ma non lo fa. Le fa scivolare sopra le mie spalle e le unisce dietro il mio collo. Mi sfiora i capelli, il collo, le scapole. Le mie dita si muovono piano sui suoi fianchi, sulla sua schiena, finalmente accarezzo i suoi capelli, e mi rendo che ogni centimetro del suo corpo è perfetto. Mi avvicino alle sue labbra per poterle sfiorare con le mie, una volta, due, tre… Labbra e caffè. La sento trasalire, sospirare piano, come se non aspettasse altro. In quel momento un lampo di lucidità mi prende. Mi scosto da lei e sciolgo il nostro abbraccio.

<< Nina… Noi non… >>  

Pensavo che baciarla in questo posto fosse lo stesso che baciarla sul set. Ma mi rendo conto che non è così. Ma lei non mi da il tempo di pensare. Si sporge sul bancone, mi prende il viso tra le mani e riporta le mie labbra sulle sue. Ci baciamo come non abbiamo mai fatto sul set. Ed è così vero, così sorprendente… Con così tanta passione, trepidazione… Amore… 



 
Quando ritorno alla realtà, al presente e guardo l’orologio,  mi rendo conto che sono in forte ritardo. La doccia calda mi schiarisce i pensieri, mi fa tornare lucido. Mi friziono i capelli con l’asciugamano. Mi infilo al volo un pantalone e una camicia. Prendo le chiavi di casa e della macchina e mi chiudo la porta alla spalle. Scendo veloce le scale ma il “bip-bip” dell’iphone mi avvisa di un messaggio. E’ Jess.

“Penso che sia tornata.”

Spengo del tutto l’iphone e lo getto sul sedile del passeggero accanto al mio. Metto in moto e punto verso il lato est della città, diretto al Lure, il nostro solito locale. Il messaggio di Jess continua a tornarmi in mente. E’ tornata. Ma scommetto che non si presenterà lo stesso alla cena. Continuiamo a scappare entrambi. L’una dall’altro. Ma sono stanco di tutto questo. Faccio inversione velocemente e punto dal lato opposto. Devo tornare a casa. Devo tornare da lei.  






MESSAGGIO DELL'AUTRICE.
Eccooomi di nuovo con il nuovo capitolo. Credo che questo sia il più lungo scritto fino ad ora! QUELLO è il modo in cui mi sono immaginata il primo bacio Nian fuori dal set... Quando hanno preso pienamente coscienza dei loro sentimenti lontani da quell'ambiente... E ora? Ian riuscirà davvero a tornare da lei? O cambierà pensiero strada facendo? <3 

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Capitolo 6
*** “Obicham te”. ***


 
POV Ian Somerhalder.
 
Quando arrivo sotto casa, la nostalgia inizia a farsi strada dentro di me. E’ una sensazione strana. Ho sempre pensato che la mia vera e unica casa sarebbe sempre stata quella in cui sono cresciuto, quella in cui ho passato l’infanzia… Ma mentre salgo le scale mi rendo conto che sono legato a questo posto molto più di quanto immaginassi. Mi rendo conto di quanto mi fosse mancato. Arrivato davanti alla porta sono indeciso se bussare, usare le mie chiavi, o semplicemente fare marcia indietro . Proprio mentre sto per bussare il campanello, l’iphone che ho riacceso per scrupolo inizia a suonare insistentemente. Lo prendo da dentro la tasca di dietro del pantalone. Jess. Di nuovo.

<< Jess… Non preoccuparti sono fuori la sua porta, cioè la mia porta e… >>
La voce di Jess è dispiaciuta, come se si sentisse in colpa.

<< Ian… Scusami, è stato un falso allarme. Lei… E’ ancora a Toronto. Non torna prima di domani mattina… >> 

<< Domani mattina? Ma dobbiamo tornare a lavoro! >>  

<< Lo so Ian. Ma nemmeno Paul è in città… Penso che alla cena ti avrebbero chiarito le cose. Probabilmente rimanderanno la consegna dei copioni. >>  

<< Oh… Non lo sapevo. >>

<< Quindi vai alla cena? >>
La voce di Jess è speranzosa. Come se una semplice cena potesse risolvere le cose. Ma non funziona così.

<< Penso che tornerò a casa.. >>

<< Ma Ian.. >>

<< Scusami Jess. Ci sentiamo domani. >> 

Attacco senza pensarci due volte. La speranza di rivederla mi aveva dato il coraggio necessario per affrontare tutto quello che sarebbe successo quando i nostri occhi si sarebbero incrociati di nuovo. Dopo quasi due mesi. Il lasso di tempo più lungo che abbia mai passato lontano da lei in questi quattro anni. Non mi sarebbe importato di nient’altro. Resto per qualche minuto incerto sul da farsi… Ma poi penso che quella è casa mia. Che non ne varco la soglia da troppo tempo. 
Quando sono dentro vengo avvolto dall’odore familiare e dal buio, premo l’interruttore accanto alla porta e in un secondo, tutto l’ambiente è completamente illuminato. Mi guardo intorno e noto che niente è cambiato… La sensazione di appartenenza che mi prende è incredibile. Mi sento incredibilmente a mio agio. Come se non fossi mai andato via. Un rumore sommesso attira la mia attenzione, abbasso lo sguardo e intravedo Moke che si fa spazio tra i divani per venire a salutarmi. Lo prendo al volo in braccio in un impeto di affetto, lo accarezzo tutto, e lo porto con me mentre faccio un giro della casa. Arrivato davanti alla camera da letto, una sensazione di straniamento mi prende. Come se io non fossi realmente in quel punto, come se stessi guardando un sogno.
 


<< Non la trovi stupenda? Guarda che luce! >>


Nina spalanca le braccia e fa una mezza giravolta su se stessa. Mi mostra la sua camera da letto. Come se non la conoscessi. Come se non avessi passato lì diverso tempo. Le sorrido completamente rapito dal suo entusiasmo, dalla sua felicità. Una mezza risata mi esce dalle labbra, e lei cambia espressione in un lampo. Incrocia le braccia al petto e mi guarda torva.

<< Mi stai prendendo in giro. >>

La sua espressione tradisce un piccolo risentimento di fondo. Risentimento nato dai dieci anni di differenza che ci dividono. Pensa continuamente che la consideri una ragazzina, quando in realtà vorrei spiegarla che quello è uno dei lati di lei che mi ha portato ad amarla così follemente. La sua allegria, il suo modo di vedere la vita, il suo essere sempre al massimo. Mi avvicino per abbracciarla, ma lei indietreggia decisa. Non smetto di sorridere.

<< Non ti sto prendendo in giro. Ridacchiavo perché penso che orma conosco ogni centimetro di questa stanza, visto tutto il tempo che ci passiamo insieme… >>

La sua espressione si addolcisce ma continua a tenere lo sguardo fisso. Testarda fino in fondo. Mi avvicino a lei e l’avvolgo tra le mie braccia, mentre continua a fare la finta offesa, porto la bocca vicino al suo orecchio.

<< Come conosco… ogni centimetro di te. >> 

Sorride, leggermente imbarazzata e alla fine si scioglie tra le mie braccia. Punta i suoi occhi –quegli stessi occhi che mi hanno completamente rapito fin dal primo giorno- dritti nei miei.

<< Dimmi la verità. Non ti piace l’idea di venire a vivere qua? Possiamo … Andare da te se ti va, ma questa è più grande e praticame… >>

Non la faccio finire di parlare e la bacio all’improvviso per interromperla.  

<< Nina…. >>
Mentre pronuncio il suo nome, la sento tremare tra le mie braccia.

<< Non provarci Ian. Non guardarmi in quel modo. >> 
Ma lei non capisce che non posso smettere di guardarla in questo modo. Nello stesso modo in cui Damon guarda Elena. Nello stesso modo in cui, ogni giorno merita di essere guardata. Inclino la testa per baciarla, me lei mi punta le mani sul petto per scostarmi.

<< Rispondimi. >>

Alzo gli occhi al cielo e sospiro. Com’è possibile che dopo tutto questo tempo, e dopo tante discussioni, sia ancora insicura? Le prendo il viso tra le mani.

<< Ascoltami. Ti sto supplicando non so da quanto tempo per avere… >> Mi guardo intorno, e guardo lei… << tutto questo… >> Continuo prima che lo faccia lei.  

<< Amo questo posto, amo… Tutto. Ma non importa dove decidiamo di sistemarci.  Mi basti tu. >> 

Un sorriso enorme le illumina il viso.

<< Magari possiamo ridipingerla di un colore che piace a te. E cambiare le tende… E sistemare le cucce per Moke e Thursday e.. >>

Le ragazze e la loro mania di sistemare e controllare ogni cosa.  Continua a parlare, mentre annuisco convinto, pensando solo al fatto che vorrei alzarla da terra e baciarla fino a toglierle il fiato. Ovviamente si accorge della mia scarsa attenzione.

<< Ian! Mi stai ascoltando? >>
Le sorrido con aria innocente.

<< No. Ti sto solo guardando. >>
Continuo a fissarla e lei arrossisce vistosamente e so che la cosa non le piace, odia sentirsi vulnerabile.  

<< Ah. Smettila! Idiota! >>
Mi copre gli occhi con entrambe le mani, spingendomi leggermente. Si alza sulle punte dei piedi e si aggrappa a me.

<< Обичам те >>

Sento il suono leggero e profondo di quelle parole, “Obicham te”… Cerco di ripeterle e di aggiungerci qualcosa vicino.
<< Аз също те обичам >>   

Si scosta da me scoprendomi gli occhi.
<< La tua pronuncia è ancora imperfetta. >> 

Ma in realtà i suoi occhi mi stanno dicendo il contrario, che è tutto perfetto.

<< Ti amo… Decisamente troppo. >>

Prima che possa anche solo provare a ribattere, la prendo tra le braccia e la trascino con me sull’enorme letto al centro della camera, baciandola prendendola alla sprovvista. Le sue mani si intrecciano ai miei capelli, il suo profumo si attacca sulla mia pelle, le sue gambe avvolgono i miei fianchi. E mentre continuiamo a baciarci, riesco solo a pensare che questo è il mio posto. Questa è casa mia. 
 



Moke mi lecca una mano, mentre riprendo coscienza dalla situazione. Avanzo in quella camera così amata, e noto che ogni cosa è al proprio posto. Anche le mie. Non ha spostato nulla. Noto qualcosa di informe sul comodino accanto al letto. Prendo tra le dita il cerchietto d’oro e d’argento lasciato solo sul piano freddo. Sorrido tristemente pensando a quanto ci sia dietro. Pensando a quanto avrei voluto rivederla. Rimetto l’anello al suo posto e esco dalla stanza. Poso delicatamente Moke a terra e vado a salutare gli altri due bambini di casa. Mi guardo un’ultima volta attorno, guardo l’orologio che ormai segna la mezzanotte passata. Mi siedo sul divano, e Moke salta agile sulle mie gambe. Devo essergli mancato molto. Mentre continuo ad accarezzarlo, sento le palpebre e il corpo pesanti, e mi rendo conto di essere stanchissimo, di non essermi fermato un attimo. Mi adagio sui cuscini, e lentamente scivolo tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 7
*** The memories do not do justice. ***


POV Nina Dobrev. 

Quando entro nell’immenso edificio, guardandomi intorno, mi rendo totalmente conto che ormai le vacanze sono finite. Oggi c’è la consegna del primo copione della quinta stagione. In realtà ci sarebbe dovuta essere ieri, ma Paul non poteva essere presente e quindi è stata rimandata ad oggi. Un giorno in più di vacanza. Ho lo stomaco sotto sopra e mi passo più volte le mani fra i capelli. Sono nervosa. E si percepisce. Quando svolto il lungo corridoio intravedo la chioma bionda di Candice accanto a Joe e Mike, gli addetti video. Lei si gira e quando mi vede un sorriso enorme le illumina il volto.

<< Nina! Tesoro! >>

Mi corre incontro e sorrido vedendo il suo entusiasmo. L’abbraccio forte, il suo profumo familiare di cannella, come un dolce appena sfornato, mi fa tornare alla mente tutti i momenti memorabili che abbiamo trascorso insieme in questi quattro anni.   

<< Candy.. Mi sei mancata. >>  
Si stacca da me, ed è a metà tra un sorriso e uno sguardo offeso.

<< Sei totalmente scomparsa! >>  

<< Ah, non è vero! Ci siamo scritte per tutto il tempo. >>  
Ribatto, anche se so che in realtà ha ragione. Sono letteralmente scappata da tutti loro. Da questa parte della mia vita. Ne avevo bisogno, dopo tutto.

<< Si, ma non è la stessa cosa. >>  

Mi stringe la mano, e cerco di guardarla senza scoppiare a ridere. Sembra una bimbetta imbronciata. Proprio mentre sta per dire qualcosa, Julie spunta da dietro l’angolo del corridoio, facendole morire le parole sulle labbra. Candy mi fissa in modo intenso, nel suo sguardo c’è un “ne parliamo dopo”.

<< Ecco la mia ragazza! Nina… Sei splendida. >>
Julie mi abbraccia, e penso che questo sia solo il secondo di una lunga serie di abbracci che mi attenderanno in giornata. Rispondo a tutte le domande, si sto bene, si mi sono divertita, si sono pronta a lavorare. Mi guarda dalla testa ai piedi, mi controlla, mi fissa e sorride, quasi malinconica. Quello sguardo mi innervosisce. Odio essere guardata in quel modo.

<< Andiamo, gli altri ci aspettano. >>  

Percorriamo il corridoio che porta alla stanza dei “Boss” dove ci riuniamo di solito. Il mio stomaco fa i capricci, e il cuore mi batte forte nel petto. Candy mi stringe un braccio, come per avvertirmi di qualcosa, o per rassicurarmi. La guardo e le sorrido cercando di mostrarmi sicura e tranquilla. Ma non sono mai stata così insicura in vita mia. Come potrò anche solo…  I miei pensieri vengono interrotti dalla voce singolare di Paul… Da dietro la porta. Sta ridendo e parlando con qualcuno, altre voci.. Cerco di cogliere il più possibile, notare una flessione che conosco particolarmente, quel tono dolce ma deciso… E poi la porta si apre. Trattengo il respiro per un secondo, ma rilascio tutto e mi rilasso quando il viso di Kat fa capolino.
<< Oh! Finalmente! Ecco le ragazze del college! >>

<< Kat! >>

Io e Candy corriamo ad abbracciarla, un abbraccio di gruppo. Nel frattempo sbircio nella stanza e il sollievo nel vedere che lui non c’è , e proporzionato alla mia delusione. Non è ancora arrivato. Intorno all’enorme tavolo sono seduti quasi tutti, Caroline, Paul, Steven, Julie entra e prende posto, Kat e Candice si siedono una accanto all’altra, mentre salutano e chiacchierano con gli altri. Paul si alza e mi viene a salutare. Mi indica il posto accanto al suo, mi accomodo sorridendo e rispondendo a varie domande che provengono da varie parti del tavolo.  

<< Allora Nina, abbiamo visto le foto su twitter, come sono andate le vacanze? >>

Racconto diversi aneddoti divertenti, e tutti scoppiano a ridere. L’atmosfera familiare riesce a rilassarmi, e dopo un po’ mi ritrovo a ridere con loro.

<< Julie, ti prego dimmi che in questa stagione non mi farai morire di nuovo! >>
Steven con le mani unite e la testa abbassata prega il Boss con in sottofondo le risate generali. Dopo qualche minuto di pura ilarità, Paul interrompe le risate esclamando.

<< Ma allora? Possiamo averli o no questi copioni? >> 

Julie si concentra su Paul.

<< In realtà Paul la consegna c’è stata ieri, tutti hanno ricevuto il loro copione. Tranne tu, Nina e Ian. La riunione era solo per noi quattro, ma alla fine si sono imbucati tutti. Anche perché il signor Somerhalder sembra essere in ritardo. >>  

<< Chi è in ritardo? >>

Una voce, la sua voce, interrompe tutto. Nostalgia, malinconia, ansia, paura, gioia, dolore… Tutti sentimenti che si impadroniscono di me nel giro di due secondi. Prima ancora che possa girarmi o capire cosa stia succedendo, mi ritrovo sommersa da una risata generale. Quando volto lo sguardo verso la porta, lo ritrovo lì, con la solita maglietta grigia, i soliti pantaloni neri, e il solito sorriso che riesce a farmi sciogliere il cuore. Ian. Il mio Ian.I suoi occhi vagano per la stanza, ma sembrano non vedermi. Abbasso lo sguardo, cercando di darmi un contegno. Paul si alza di scatto, avanza verso la porta e lo avvolge in un grande abbraccio dandogli delle pacche sulle spalle.

<< Ehi fratello! >>  

Sorride. E quel sorriso mi fa male al cuore. Candice mi da un leggero calcio sotto il tavolo, la fisso in apprensione, e lei mi fa segno di riprendermi e di sorridere. Accetto al volo il consiglio e riacquisto tutta la calma che posso.

<< Allora, volevate iniziare senza di me? >> 

Dice mentre fa il giro del tavolo per salutare tutti. Li abbraccia e bacia con trasporto, e io so che ha sentito davvero tanto la mancanza di tutti. Nel frattempo mi chiedo se ha sentito anche la mia… Arrivato a Julie si inchina giocoso e le bacia la mano paffuta.

<< Boss. Ai suoi ordini. >>

Lei sorride, completamente affascinata da lui, come tutti. Ha questo potere,  affascina, ispira, e mette allegria. Come se fosse un essere magico, o un mezzo Dio. Mi rendo conto di non avergli staccato un attimo gli occhi di dosso, solo quando quest’ultimi incontrano i miei. I miei ricordi non gli rendevano giustizia. Trattengo il suo sguardo nel mio, e cerco con tutte le mie forze di non lasciarlo andare. Continuo a sorridere anche mentre si avvicina piano. La sua espressione è una maschera. Sembra felice, ma sotto c’è dell’altro. Quando è quasi arrivato vicino alla mia sedia, mi alzo e in un slancio mi prende fra le braccia. Senza che possa rendermene conto, senza che possa obbiettare o fare qualsiasi altra cosa. All’improvviso non sento più niente, ne le voci degli altri, ne il suono del mio cuore. Niente. Le sue braccia familiari mi stringono, sempre più forte. Lo sento respirare tra i miei capelli. Inconsapevolmente le mie mani si stringono sulla sua schiena, trattengo la maglietta. Mi trattengo a lui come se fosse un porto sicuro, un porto in cui faccio ritorno dopo tanto tempo. Capisco che niente vale più di questo. Quando si scosta da me, e i suoi occhi sembrano più chiari, più grandi, più luminosi. Mi sorride ma non dice nulla. Lascia la stretta e fa il giro del tavolo andandosi a sedere accanto a Candy, proprio di fronte a me. Sento gli occhi di tutti puntati addosso, ma non ci faccio caso.  Julie si schiarisce la gola.

<< Bene! Ora che ci siamo tutti… Posso dirvi che è arrivato il momento di… lasciare la stanza! Devo restare da sola con i tre protagonisti per favore. Verrete chiamati in seguito per le delucidazioni sulle vostre parti. >>

Tutti fanno come il Boss dice, si alzano e escono dalla stanza. Candy mi strizza l’occhio, e Kat alza il pollice come a dire “è tutto ok, vai alla grande”. Non ho parlato con loro della mia situazione con Ian, ma sembrano capire lo stesso.

<< Bene, ora che vi ho qua, posso dirvi che questa stagione è davvero molto impegnativa. Ho bisogno della vostra dedizione e so che non mi deluderete. I Fan si aspettano molto da voi. Lo sapete. >>

Lo sguardo di Julie si posa in particolare su me e Ian. Come se si riferisse a noi maggiormente. Le voci ovviamente, sono arrivate anche a lei. Voci fondate del resto. Sto per ribattere qualcosa ma Lui mi precede.
<< Julie, daremo il meglio. Lo sai. Siamo professionisti. >>

La sua espressione seria, mi fa capire che ha tutta l’intenzione di farlo. Julie annuisce soddisfatta, era quello che voleva sentirsi dire. Cerco lo sguardo di Ian, ma non lo trovo. Non mi guarda. Non più. I copioni vengono distribuiti e capisco che qualcosa non va. Pensavo che quell’abraccio avesse un significato diverso, ma mentre continuo a guardarlo, mi rendo conto che non posso sapere davvero quello che sta provando. 

<< Bene, la 5x01 partirà direttamente un mese dopo il diploma. I nostri ragazzi sono pronti per partire. Il college li attende. Nuove decisioni, nuovi problemi e nuovi personaggi saranno introdotti. >>

Sfoglio il copione rendendomi conto che ho la maggior parte delle scene con Damon. Sapevo che sarebbe andata in questo modo, ma questo non rende le cose più semplici. Ad un certo punto leggo “vasca da bagno, camera di Damon”. Perfetto. Anche scene di nudo. Come se non bastasse averlo davanti in carne ed ossa. Lo vedo sorridere all’improvviso e poi corrucciare lo sguardo e capisco che è arrivato al mio stesso punto del copione. Alza lo sguardo e mi fissa per qualche secondo con un’espressione indecifrabile. Paul in silenzio legge il suo copione, meditabondo, e Julie continua a fissarci in apprensione.

<< Damon e Elena sono finalmente insieme. La ragazza ha accettato ogni parte del tenebroso fratello, e ha dichiarato il suo amore. Partiremo proprio da questo. Lei dovrà andare al college e lui resterà a MF a controllare le cose e a prendersi cura di Jeremy. Intraprenderanno questa specie di relazione a distanza per un po’, anche se sappiamo che potrebbero corrersi incontro in ogni momento.  Questo terrà i fan ben incollati agli schermi e l’attenzione per voi non diminuirà. >>

Julie continua a parlare e io ascolto ogni parola, come se stesse parlando di me e Ian. Avemmo potuto correrci incontro ma non l’abbiamo fatto. Avrei potuto accettare ogni sua parte e ogni suo desiderio per renderlo felice… Ma non l’ho fatto. E adesso mentre i suoi occhi continuano ad evitare i miei, un senso di vuoto mi prende il cuore.













MESSAGGIO DALL'AUTRICE. 
Cari lettori, eccomi con il nuovo capitolo! C'è stato un salto temporale dall'ultimo a questo, di due giorni. Avevamo lasciato Ian sul divano di Nina, domenica notte, e ora siamo direttamente a martedì mattina. (Non preoccupatevi, saprete cosa è successo il giorno dop, prima o poi) xD
Che dirvi... Il prossimo capitolo sarà simile a questo ma ovviamente sotto il punto di vista di Ian. Ora abbiamo avuto solo un piccolo assaggio e la reazione abbastanza confusa di Nina. Poi vederemo in realtà come si sente Ian. <3 Alla prossima! 

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Capitolo 8
*** We're still here. ***


POV Ian Somerhalder.


Percorro il lungo corridoio con passo svelto. Sono in ritardo, come al solito. Sento la risate generali, qualcuno sta intrattenendo gli altri. E una voce in particolare risuona sopra le altre. Prima di parlare, resto un paio di secondi sulla porta a fissarli tutti. La mia famiglia. Cerco di non soffermarmi troppo su un viso in particolare, dei capelli in particolare, delle spalle magre in particolare.  

<< Chi è in ritardo? >>

Esclamo divertito. Tutti si girano a guardarmi tra risate e esclamazioni. Sento il Suo sguardo addosso. Sento il familiare formicolio che mi attraversa il corpo. Ma non posso guardarla, non ora. Non davanti a tutti. Non mentre sto provando con tutte le mie forze a reagire normalmente.  Faccio il giro del tavolo e saluto tutti. Arrivato davanti a lei, sono costretto a guardarla. I suoi occhi restano fissi nei miei, ha i capelli sciolti dietro la schiena, le labbra appena socchiuse, il suo sguardo sembra volermi leggere dentro, volermi capire. Ma non posso cedere ora, non posso farle capire tutte le emozioni che mi stanno travolgendo. Ma non posso nemmeno resistere all’impulso di prenderla tra le braccia. La stringo a me più forte di quanto dovrei, e per pochi secondi la sento quasi trattenere il respiro, poi si lascia andare e mi stringe a sua volta. Quando sento il suo profumo familiare mischiarsi  al mio, capisco che è arrivato il momento di lasciarla. Mi stacco da lei e torno al mio posto, guardando altrove. Non come ieri mattina… Ieri mattina non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso..
 
24 Ore prima.  
 
Qualcosa si muove sul mio braccio, apro lentamente gli occhi, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco quello che mi circonda. Sono seduto sul divano di casa, con Moke che si struscia accanto a me. Realizzo di essermi addormentato, mi alzo passandomi una mano tra i capelli, guardo l’orologio che segna le 10:45 … Erano mesi che non dormivo così tanto. Continuo a guardarmi intorno, ma non mi sento spaesato o spossato. Sorrido pensando che questa è ancora casa mia. Nonostante tutto. Vado in bagno e mi sfilo i vestiti velocemente. Entro nella doccia a apro il getto caldo, che mi tamburella sulla pelle e la schiena. Pochi minuti dopo sono in camera a rovistare nell’armadio. Niente è stato toccato o spostato. Prendo una maglietta bianca e un pantalone nero, apro le ante centrali, la parte dell’armadio stracolma di cappelli di ogni tipo e specie, la mia piccola collezione, anzi, la nostra. Quando torno in cucina capisco che oramai è ora di andare, mi sono trattenuto già troppo. Prendo le chiavi e l’iphone che stranamente è rimasto muto per tutto il tempo, saluto i bambini, li coccolo più del solito, proprio mentre sto per posare a terra Moke, sento il rumore delle chiavi nella toppa. Sospiro. Ero venuto fin qua per questo alla fine. Rivederla.  E’ ferma sulla porta, con lo sguardo puntato nel mio. E’ sorpresa. Una fitta al petto mi fa rendere conto che è fin troppo sorpresa. Ha i capelli raccolti, la borsa in spalla, e la pelle è leggermente più abbronzata. E’ fin troppo bella. Più bella di quanto ricordassi. Faccio un passo verso di lei, senza rendermene conto. Si guarda intorno confusa, e cerca di non posare di nuovo lo sguardo su di me. So fin troppo bene cosa sta provando. Abbassa la testa, la scuote, come a non voler credere a quello che sta guardando. 

<< Nina… >>

Quando il suo nome i esce dalle labbra, lei alza di scatto la testa, ha gli occhi leggermente lucidi. Scuote la testa, alza la mano come a intimarmi di fermarmi, di non parlare, di non avvicinarmi. Ma non le do ascolto, come al solito. Avanzo verso di lei, sorrido nel vederla sorridere e trattenere le lacrime. Lascia cadere la borsa di scatto e in due falcate è fra le mie braccia. La sollevo leggermente da terra, respiro il suo profumo, e lei mi posa leggere le labbra sul collo, accarezzando i miei capelli ancora umidi. Quando poso le mie labbra sulle sue, mi beo del suo respiro, la stringo più forte, la bacio con più passione, le sue labbra sono morbide e fresche, un po salate come le lacrime che le scendono sul viso. Capisco che è felice di vedermi, tanto quanto lo sono io. Quando ci stacchiamo e iniziamo a respirare normalmente, sembra riscuotersi. Si scosta da me, sbatte le palpebre più volte, e indietreggia di qualche passo. Vorrei allungare le braccia, riportarla tra le mie. Ma le do il suo spazio.

<< Cosa ci fai qua? >>

La sua voce trema leggermente. Alzo le spalle.

<< Volevo rivederti. >> 

E’ così ovvio. Così normale.

<< Ian… Non erano questi gli accordi. >>

Accordi? Ha ancora il coraggio di parlare di accordi…

<< Nina… Mi hai appena baciato. Come se, non vedessi l’ora di rivedermi. Nina ti prego…  >>

Cerco di avvicinarmi, ma lei indietreggia. Abbassa lo sguardo colpevole, scuote la testa.

<< E’ stato… Un momento. Noi… Noi non... >> 

Le sue parole mi fanno più male di uno schiaffo. Prendo fiato.

<< Possiamo risolvere tutto, possiamo ritornare ad essere quello che eravamo… >>

Il suo sguardo vacilla per qualche secondo, come se volesse credermi. E sono quei pochi secondi a darmi la speranza.

<< No Ian.. I nostri problemi sono sempre gli stessi. Sono sempre qui tra di noi. Ci dividono.  >>

Mi avvicino e le prendo il viso tra le mani, punto il suo sguardo nel mio. Le sfioro le guance con le dita. E lei mi lascia fare. 

<< Non è cambiato niente. Niente. Due mesi… guardaci. Siamo ancora qui, sono ancora qui… >> 

<< Ian… Ti sto pregando io ora, non posso, non posso ancora farlo… >>

Si allontana da me. Di nuovo. E non posso sopportarlo. Non più. Mi passo una mano tra i capelli, cerco di calmarmi, di non farmi sopraffare dai sentimenti.

<< D’accordo. Vado via. >>

La supero per avvicinarmi alla porta, e quando sono sulla soglia mi volto a guardarla un’ultima volta. 

<< Nina… Io non ho smesso di amarti. Ho provato con tutte le mie forze, di dimenticarti, di andare avanti… Ma non ci sono riuscito. Anche quando hai smesso di chiamarmi. Lo sai vero?  >>

Lei mi fissa, gli occhi neri sembrano ancora più grandi, più lucidi. Annuisce.

<< Nemmeno io Ian… Nemmeno io. Ma.. >>

Scuoto la mano. Non voglio sapere se quel “nemmeno io” si riferisce al fatto che mi ama ancora, o al fatto che non è riuscita a dimenticarmi, o ad entrambi. Ma non importa.

<< Ho capito. Non preoccuparti. Non fa niente… Ci vediamo domani. Sul set. >>

Le sorrido in modo convincete. Non voglio che soffra. Non voglio che soffra quanto sto soffrendo io.  Chiudo la porta alle mie spalle. Lasciandola in quella casa vuota con i suoi pensieri, le sue paure… E il mio cuore.
 

 


<< Perfetto! Domani iniziamo a girare le scene principali. Nina tu dovrai essere pronta in mattinata, hai le prime scene con Candice. Elena e Caroline arrivano al collage. >>  
La voce di Julie mi ricorda che devo concentrarmi. Sfoglio il copione e noto che le prime scene che ha Nina, riguardano Damon e Elena.

<< Scusa Julie… Ma qua vedo che c’è prima la scena di Damon e Elena in camera da letto … >>  

Puntualizzo. Nina mi fissa, con l’espressione indecifrabile che si stampa in faccia ogni volta che deve nascondere qualcosa.

<< Lo so Ian.. Ma visto che il set non è ancora del tutto pronto. Avevamo pensato di iniziare con lei e Candice. Domani pomeriggio ci saranno le vostre scene. >>  
Annuisco poco convinto. Paul mi guarda sott’occhio, mi sorride. Mezz’ora dopo e qualche consiglio in più, siamo fuori dalla stanza con i nostri copioni sotto braccio. Paul e Julie si allontano in fretta, notando l’atmosfera tesa che c’è tra me e Nina.

<< Beh… Allora mi sa che vado anche io. In bocca al lupo per domani. Andrai alla grande. >> 

La mia voce non è molto convincente, ma meglio di niente. Mentre sto per voltarmi lei mi afferra la manica della maglietta. Il suo sguardo è severo, ma anche profondamente triste.

<< Non trattarmi in questo modo. Non lo sopporto. >>

La sua mano scivola via, insieme al mio risentimento. Non riesco a resisterle se mi fissa in quel modo. Sorrido ironico.

<< L’hai voluto tu piccola. Sto solo facendo quello che mi hai chiesto. >>

Faccio per voltarmi definitivamente, ma mi trattiene ancora una volta.

<< Ian. >>  

Alzo gli occhi al cielo e sospiro. Questa storia sta degenerando.


<< Cosa vuoi Nina? Lo sai? Prima mi chiedi di darti spazio, e lo faccio. Ti sto lontano per due mesi. Torno, mi baci… E mi ridici la stessa cosa. Ora che mi sto comportando come vuoi e non ti sta bene? >>

I suoi occhi si perdono nei miei, ritira la mano lentamente.

<<  Io… Non voglio che tra di noi ci sia questa tensione. Siamo professionisti. >>

Se continua con questi discorsi finirò per arrabbiarmi sul serio.

<< Si Nina. Lo siamo. Hai ragione.  Ma sai cosa? Non posso dimenticare. Non posso e non voglio. Ora siamo in questa situazione. Andremo avanti lo stesso. Ma per favore… Non dirmi come devo comportarmi. >>

<< Io non volevo assolutamen… >>

Prima che finisca la frase la interrompo.

<< Perfetto. Tutto chiarito allora. Ci vediamo domani. >>

Non prova a fermarmi di nuovo, non ribatte. Mi lascia andare. Di nuovo. E dentro di me vorrei solo trovare la forza per poterlo fare anche io. Così da potermi liberare da questo senso di vuoto che sento mentre mi allontano sempre di più da lei. 
















MESSAGGIO DELL'AUTRICE. 
Alloooora eccoci con il capitolo 8. La storia riprende un pezzo del POV di Nina, del capitolo 7, visto ovviamente da punto di vista di Ian. Il flashback risale alla mattinata prima, visto che avevamo lasciato Ian sul divano di casa "Dobrehalder" e non sapevamo se si fossero incorociati o meno. Ecco più o meno è in questo modo che mi sono immaginata il loro primo incontro privato, e il loro primo incontro pubblico. Che dire.. Non vedo l'ora di continuare! CIAK SI GIRA. 
 

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Capitolo 9
*** Don't do this to me. ***


POV Nina Dobrev.
 
<< Pronti? Silenzio sul set. Ehh.. AZIONE! >>  

Cammino di fianco a Candice, sul vialetto che dovrebbe portare all’entrate del dormitorio del Whitmore College.

<< Elena ci credi? Ci siamo arrivate. Dopo tutto quello che ci è successo nell’ultimo anno… >> 
Guardo Candice con un sorriso in volto, cercando di far sembrare interessante la conversazione. So che in questo momento dovrei dire la mia battuta. Qual’era? Qualcosa a proposito del fatto che siamo delle vampire… Proprio mentre penso che mi stia per tornare in mente, la voce di Julie mi richiama.

<< Nina, tesoro! Hai dimenticato le tue battute? Tutto ok? >>
Mi volto a guardarla, tutti gli sguardi sono puntati su di me. E’ molto difficile che dimentichi qualche battuta. Ai margini del set c’è Paul che mi sorride, incoraggiandomi. Ma vorrei che al suo posto ci fosse qualcun altro. Mi guardo intorno, ma lui non c’è.

<< Julie.. Io si, ecco… Vorrei cinque minuti di pausa se è possibile. >>

Julie mi guarda stranita, come se stessi parlando in un’altra lingua. Ma poi annuisce decisa sorridendo.

<< Certo. Bene, cinque minuti di pausa per tutti. >>  

Tiro un sospiro di sollievo. Caccio tutta l’aria trattenuta.

<< Nina… >>

Faccio segno a Candice che non è il momento adatto, mi avvio decisa verso il mio camerino, scansando tutti. Mi scosto i capelli dal viso, respiro più volte cercando di calmarmi. Questa pressione, queste aspettative, mi opprimono.  Apro la porta, e mi guardo intorno. Cosa pensavo di trovare? CHI pensavo di trovare?  
 


Mi sistemo i capelli, cercando di non intaccare la perfetta treccia che mi scende sulla spalla, ne di sgualcire il vestito. La porta si apre e alle mie spalle, mi volto per trovarmi di fronte un perfetto Damon in giacca e cravatta.

<< Hai sbagliato camerino tesoro? >>

Il suo solito sorriso sghembo, riesce a togliermi la forza, il fiato, le parole. 

<< Mi piace usare il tuo… Così posso vederti tra una pausa e l’altra. >>
Ian si avvicina e mi fa alzare dalla sedia per stringermi la vita. Mi bacia piano, e mi sfiora i capelli.

<< Piace anche a me. Perché non ne usiamo uno solo ormai? Visto che sei sempre nel mio?  >> 
Sorride divertito. Le sue mani scivolano sui miei fianchi, su e giù, ritmicamente. Come se conoscesse il mio corpo a memoria. 

<< Perché … >> intreccio le mie mani alle sue.. << altrimenti finiremo con il distrarci troppo spesso… >>  
Mi guarda meglio, percorrendo tutto il mio corpo, soffermandosi sui capelli e sul vestito.

<< Sei bellissima. Come posso non distrarmi ? E poi… Damon è pazzo di Elena. Io sono pazzo di te. Non è distrazione, ma dare benefici alla nostra interpretazione. >>

Sorride ammiccante. I suoi occhi azzurri sembrano sempre così grandi e splendenti. Riesco a notarne tutte le sfumature più chiare, tutti i riflessi. Potrei perdermi. Perdermi in lui.  Riacquisto un minimo di contegno per rispondergli.

<< Non eri tu quello a cui non piaceva il fatto che ci confondessero con Damon e Elena?  Che la nostra vita doveva rimanere fuori dagli schermi? >>

<< Ahhh.. >> Alza gli occhi al cielo e sbuffa.  << Si ma… Questo non vuol dire che non possiamo dare il meglio di noi.. >>

Si abbassa al volo e mi ruba un bacio, cerco di scostarmi, ma trattiene il mio viso,  e tutta la mia forza di volontà si annulla, mentre prende a sfiorarmi con le dita lunghe, la schiena e il giro vita. Un formicolio mi scende per tutto il corpo, mentre vorrei solamente stringermi di più a lui. Quando mi stacco da lui, punto le mani sul suo petto per scostarlo..

<< Ian.. Dobbiamo andare in scena fra poco.. >> 

Lui ridacchia divertito.

<< Lo so. Sembra che finalmente Damon e Elena riusciranno ad andare a letto insieme. >>  

<< Sembra? Lo faranno. >>

<< Sai cosa potremmo fare ora? Pratica. Serve sempre . >> 
Continua a sorridere mentre cerca di ribaciarmi. Ma io sono più veloce, scanso le sue labbra, mi sciolgo dal suo abbraccio e faccio un piccolo saltello verso la porta, ridendo.

<< Mi dispiace amore… Ma per il momento dovrai accontentarti della finzione. >>
Quando sto per aprire la porta, me lo ritrovo praticamente addosso.  Inizia a farmi il solletico sui fianchi, mentre cerca di sollevarmi da terra per portarmi sul divanetto messo accanto il muro, mi riprende il viso tra le mani, mi bacia di nuovo. E io non riesco a resistergli, mi aggrappo alle sue spalle, gli accarezzo i capelli, gli tengo il viso premuto contro il mio, mentre i nostri profumi si mischiano. 

<< Nina… Prima o poi, mi farai uscire fuori di testa. >>
Mi sussurra tra un bacio e l’altro. E io vorrei dirgli che sono già completamente pazza di lui. Un rumore ci fa sobbalzare contro la porta.

<< Ehi piccioncini, dovete tornare sul set! >>
La voce divertita di Paul risuona da dietro la porta. Ian sospira rasseganto.

<< Fratello, è possibile che riesci a rovinare tutto anche nella vita vera?! >>
Scoppio a ridere, mentre mi ricompongo e mi aggiusto il vestito. Lui mi sistema i capelli, e io gli aggiusto la cravatta.

<< Andiamo? >>
Mi porge la mano che prendo senza esitazione. Mi guarda di sottecchi, e sorride ironicamente.

<< Guarda che riprenderemo da dove ci siamo fermati. >>

Specifica divertito. E mentre stringo le sue dita, come se fossero tutto quello che possiedo, penso che niente potrebbe andare meglio.  
 



Mentre mi guardo allo specchio cerco di ritrovare in me quella ragazza, ma più scruto, più non riesco a vederla. Un leggero bussare alla porta mi fa distogliere lo sguardo della mia immagine riflessa.

<< Nina.. sono io. Posso entrare? >>

Sospiro riconoscendo la voce di Candice.

<< Si Candy, entra pure. >>

Fa capolino sulla porta con un sorriso timido, come se avesse paura di disturbare. Si accomoda sulla poltrona di fronte a me e accavalla le gambe.

<< Allora? Cosa sta succedendo? >>

La guardo con espressione neutrale, senza far trasparire il mio reale stato d’animo. Cosa posso dirle? 

<< Niente Candy. Io… Penso di essere ancora in fase “vacanza” sai… E.. >>

Lei mi interrompe di colpo, alzando una mano.

<< Oh per favore Nina! Non prendermi in giro. Tutti sanno cosa sta succedendo tra te e Ian. E mi sento offesa, visto che non vuoi parlarmene. >>  
Scuoto la testa decisa.

<< Ian non c’entra nulla con tutto questo. >>

Bugiarda. Bugiarda. Bugiarda.
Il suo sguardo si fa di colpo triste, inclina la testa.

<< Perfetto. Se non vuoi parlarmene tu, dovrò andare da lui, e dirgli come ti stai comportando. >>

<< Candy non abbiamo dodici anni. >>

<< E invece tu ti stai comportando proprio in questo modo Nina. Come farai domani, quando inizierete a girare insieme? >>

Abbasso lo sguardo.

<< Domani andrà bene. >>

<< Lo spero per te. Davvero. >>  

Mi sorride triste.

<< Ti capisco Nina… Tu non sai quanto. Ma spero che risolviate al più presto questa situazione. Vi amate. E’ così chiaro… >>

Torno a guardarla, e le sorrido.

<< Forse a volte, l’amore non basta. >>

Lei annuisce rassegnata. Veniamo interrotte dalla voce di Joe e dal bussare alla porta.

<< Ragazze! Il set è pronto, dobbiamo tornare a lavoro. >>

Io e Candy ci guardiamo complici.

<< Mi sa che dobbiamo andare ora, altrimenti il boss ci mangia vive. >>


 
Un paio d’ore e diverse scene dopo, sono in sala trucco, per passare da Elena a Katherine. Questa stagione si preannuncia molto più difficile delle altre, visto che entrambe le Petrova saranno presenti in quasi ogni puntata. Doppio lavoro. Kim è andata a prendere il materiale necessario per allungarmi leggermente i capelli.  Mentre aggiorno Twitter, mi sembra di sentire una voce familiare, fin troppo familiare.

<< Si certo Jess… Devi cercare di prendere e dare tempo. Non importa se i lavori procedono lentamente, l’importante è che si arrivi ad un buon risultato. Sai quanto ci tengo a questo progetto. >>

Mi affaccio sul corridoio e il cuore mi salta nel petto appena intravedo il profilo di Ian. Cammina avanti e indietro. Sorride e annuisce. Completamente rapito dalla conversazione.

<< Grazie Jess. Sei un tesoro. >>  

Continua ad armeggiare con il suo adorato iphone, mentre io continuo a bearmi della sua vista. Del suo profilo perfetto, dei suo movimenti fluidi così familiari. Non averlo avuto vicino per due mesi non mi ha fatto dimenticare i suoi gesti particolari. Il modo in cui muove le dita delle mani, il modo in cui mantiene tutto il peso del corpo sulla gamba destra, come si passa la mano sul petto ripetutamente allargando tutte le magliette. Quando si inizia a voltare verso di me, ho quasi voglia di rientrare dentro e nascondermi, ma poi a quel punto Candice avrebbe davvero ragione. Non posso continuare a scappare. Quando i suoi occhi incontrano i miei, il solito formicolio mi attraversa la schiena. Non sembra sorpreso, come del resto non lo sono io. Lentamente si avvicina e mi sorride. Ricambio il sorriso. E mi sembra così strano non corrergli incontro e abbracciarlo.

<< Ciao… >>
La sua voce è pacata e gentile. Leggermente emozionata.

<< Ciao… >>
Mi fissa notando il look alla Katherine. Alza solo un angolo della bocca, nel suo solito sorriso sghembo che tanto mi ha fatto sciogliere all’inizio, quando lo conobbi il primo anno di riprese. E che ancora oggi riesce a farmi tremare le gambe.

<< Cosa ci fai qua? Pensavo che tu iniziassi domani. >>  

Chiedo esitante.

<< Si inizio domani ma… >>  indica i suoi capelli leggermente più corti << sono venuto per questi… E per parlare con Julie. Voleva vedermi. >>
Annuisco. E su di noi cala un silenzio imbarazzante.  

<< Ti stanno bene.. >>

<< Grazie. Ma anche i tuoi… Li hai schiariti… >>
Davvero stiamo parlando dei nostri capelli? E’ assurdo.

<< Si… In Thailandia sai… >>
Il suo sguardo di fa più serio, e all’improvviso si irrigidisce.

<< Oh. Si. La Thailandia. Ho visto le foto. Sembra che tu ti sia divertita parecchio. >>
Colgo la frecciatina e la incasso.

<< Si infatti. >> 
Gli sorrido compiaciuta. Ma non riesco a starmi zitta… Le parole escono fuori da sole.  

<< Certo che… Anche tu non sei stato fermo un secondo. Londra, Russia.. Italia. >>
Metto molta più enfasi del previsto nelle parole. Ma lui non si lascia intimidire. Continua a sorridermi gelido.

<< I nostri fan sono ovunque. Vado in giro per loro. >>
Incasso di nuovo, mentre lui si avvicina di più.

<< Certo. Era una fan quella con cui ti sbaciucchiavi su un balcone in Italia giusto? >>
Non l’ho detto sul serio vero?  Lui sgrana leggermente gli occhi, sorpreso. Una risata leggera gli esce dalle labbra. Scuote la testa. E continua ad avvicinarsi. Ormai sono con le spalle al muro.

<< Era lavoro anche quello. Che mi dici di te invece? Hai girato uno spot in costume con qualcuno e non mi hai detto niente? >> 
Il suo viso è a pochi centimetri dal mio. Davvero ci stiamo comportando in questo modo?   

<< In realtà non era per lavoro. Ma per puro piacere personale. >>
Ok, l’ho detta grossa. 

<< Me ne sono accorto. >>
Si scosta da me, e il suo sguardo cambia. Mi guarda come se mi vedesse per la prima volta. E non mi piace. Scuote la testa.

<< Avrei dovuto saperlo. >>
Fa per girarsi e andare via, ma lo blocco afferrandogli un braccio. Ormai è diventata un’abitudine.

<< Cosa intendi dire? >>
Mi fissa, completamente serio, gli occhi pieni di risentimento o delusione. Alza leggermente la voce.

<< Che ti saresti comportata come una ragazzina! >>  
Mi avvicino di più, colpita da quell’affermazione.

<< E’ sempre questo il punto vero? Sono una ragazzina! Ma eri tu quello sulle pagine di gossip, non io! >>  

<< Non posso controllare i giornalisti! Ne le storie che montano! E lo sai meglio di me! >>

Continuiamo a guardarci fissi, con il respiro pesante, le guance arrossate. Sconvolti. Come siamo arrivati a questo? Lentamente iniziamo a calmarci. Sento le lacrime pungermi gli occhi. Ma non posso e non devo cedere ora. Abbasso la testa, guardo il pavimento, mi sento sconfitta. In un secondo lui mi avvolge tra le braccia, mi stringe forte al petto. Ma non posso sentire il suo profumo così vicino, non posso sentire il suo cuore battere così forte. Mi allontano, lo spingo via. E all’improvviso mi ritrovo con le spalle al muro, di nuovo. Ian ha le braccia puntate ai lati della mia testa, contro la parete. I suoi occhi ardono. Sembra quasi sul punto di piangere anche lui.

<< Non farmi questo. >>
La sua voce è quasi supplichevole. Sgrano gli occhi, e tento di distogliere lo sguardo, ma lui non me lo permette.

<< Basta una tua parola Nina. Una sola. >>
Resto con lo sguardo perso nel suo, sto per dire qualcosa… Ma una voce esterna ci interrompe.

<< Scusate ragazzi ma… >>
Ci voltiamo entrambi di scatto, Kim è accanto alla porta con in mano la parrucca di Katherine, e uno sguardo mortificato. Ci ricomponiamo.  

<< Nina… Devo prepararti, fra poco tocca a te. >>
Mi stacco dal muro e la raggiungo, senza voltarmi. Ringraziano quell’interruzione fortunata.

<< Nina? >>
La voce di Ian mi richiama, mi volto per guardarlo.

<< Ne riparliamo dopo. A casa. >>  

Vorrei obbiettare, dirgli che non è il caso. Ma mi ritornano in mente i suoi occhi di pochi istanti prima e annuisco. Per il momento non posso fare altro. 

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Capitolo 10
*** Stay with me. ***


POV. Ian Somerhalder.
 
Quando arrivo sul set, ho tanta –troppa- voglia di strozzare qualcuno. O qualcuna.  Ma ripensandoci il suo comportamento è stato fin troppo normale. Aspettarla a casa, camminare avanti e indietro per quelle stanze, rientrare nel mio studio, giocare con i bambini e infine addormentarmi su quel letto, sono cose talmente familiari da far male. Di solito però, la mattina dopo, me la ritrovavo rannicchiata sul mio petto, con i capelli aperti a ventaglio sul cuscino, e le labbra perfettamente piegate in un broncio perfetto. Ma non questa mattina. No. Questa mattina mi sono ritrovato completamente vestito, con il braccio che tastava la parte vuota del letto, cercandola, ma non trovandola. Devo averla colta del tutto impreparata quando ieri le ho detto che ci saremmo rivisti a casa. Probabilmente me lo sarei dovuto tenere per me, e farmi trovare direttamente seduto sul divano ad accoglierla, come facevo un tempo. Ma una piccola parte di me sperava, desiderava, che potesse capire e accettare il mio comportamento. I patti non erano questi. Lo so fin troppo bene. Ma quel bacio, quegli sguardi che ci siamo rivolti, non erano compresi nel pacchetto. Tutto è cambiato. Ma allo stesso tempo, tutto è rimasto lo stesso. 
 

POV Nina Dobrev.

Mi guardo intorno, cercando di non far trasparire il mio disagio. Cammino per i corridoi, molto più lentamente del solito, con il copione sottobraccio e la paura d’incrociarlo svoltando ogni angolo. Chi avrebbe mai detto che mi sarei ritrovata a cercare di evitare l’uomo con cui ho condiviso praticamente tutto negli ultimi tre anni? Sospiro. Sarei dovuta tornare a casa come mi aveva chiesto. Avrei dovuto intrattenere una discussione, continuare a guardare i suoi occhi tristi, e cercare di resistergli, mantenendo la mia posizione. Mi sarei dovuta comportare da adulta, invece di scappare a casa di Kayla per la notte, spegnendo il telefono. Perché adesso sarà tutto molto più difficile. Adesso dovrò subirmi i suoi sguardi accusatori per tutto il tempo, sul set e fuori dal set. A meno che non decida di mettere fine a tutto questo. E sarebbe così facile… Così semplice tornare tra le sue braccia. Questi due mesi sono stati così insopportabili sotto un punto di vista. Non poterlo vedere, e nonostante tutto subirmi le novità che arrivavano alle mie orecchie e ai miei occhi. La sua presunta relazione con Alexis, lui e il padre in una discoteca piena di russe, i suoi baci sul set di uno spot con una delle modelle più belle del mondo. E dovevo continuare con il “sorridi e annuisci”. Ma sapevo a cosa andavo incontro quel giorno…
 
 

<< Nina perché non provi per un secondo a metterti nei miei panni? >>   


L’espressione di Ian è triste e concentrata. Di solito solo per le cose molto importanti i suoi occhi diventano così scuri e profondi. Io sono una cosa importante. L’ho sempre saputo. Fin dall’inizio. Ma questa volta, non posso dargli ragione. Questa volta è diverso. Continuo a guardarlo attentamente, cercando di imprimermi nella mente ogni particolare. Prendo fiato, e anche tanto coraggio.

<< Ian… Non è così semplice. Non più. >>  

Continua a scuotere la testa. Come se non volesse accettare l’evidenza.  Mi prende il viso fra le mani, tenendo i suoi occhi puntati nei miei.

<<  Possiamo trovare un modo. Vieni con me, come l’anno scorso. >>

Mi stacco da lui, faccio qualche passo indietro. 
<< E’ proprio questo il punto Ian! Era l’anno scorso. Le cose… Sono cambiate. >>

<< Cosa vorresti dire? I tuoi sentimenti sono cambiati? >>

Sarebbe tutto così facile in questo modo. Se non ci fosse tutto questo amore a tenermi legata a lui.

<< Quelli non cambieranno Ian. >>

Era vero. Niente mi avrebbe mai impedito di amarlo. 

<< Ma ne abbiamo già parlato. In questo momento ho bisogno di tempo. Per riflettere, decidere… >>

Lui continua a fissarmi.

<< E’ sempre la stessa storia vero? Non vuoi… Andare avanti. Con me. Costruire il tuo futuro con me… >>

Scuoto la testa.

<< Tu… Vuoi di più. Più di quanto io possa offrirti. >>

Sento le lacrime iniziare a pungermi gli occhi.

<< Io voglio te. Non lo capisci? >>  

I suoi occhi sono più azzurri del solito. Gli volto le spalle, tentando di non piangere.

<< Allora spiegami Nina… Cosa hanno significato per te questi anni? >> sento la sua voce alzarsi parola dopo parola. << Pensavi davvero che mi saresti bastata in questo modo? >>

Mi afferra dolcemente una spalla, per farmi voltare.

<< E’ proprio questo il punto Ian. Vogliamo due cose diverse. E non riusciamo a… Venirci incontro. Io non rinuncerò alla mia carriera, ai miei sogni… >>

Mi porto una mano sul cuore.  Per enfatizzare le parole.

<< Non ti sto chiedendo di farlo. Non te lo chiederei mai. >>  

Non riesco a distogliere lo sguardo.  Ma so che in qualche modo la mia espressione sta cambiando. Lo vedo quasi trasalire e distogliere gli occhi dai miei.

<< Nina… Te lo chiedo per l’ultima volta. Fai finta che non sia successo. Fai finta che non ti abbia mai chiesto… di sposarmi. Ma vieni con me. Resta con me. >>

Al suono di quelle parole, sento una stretta al petto. Lui cerca sempre di sistemare le cose. Cerca sempre di rendermi felice. Ma so che non posso fargli questo. So che non voglio questo.

<< Se davvero credi in quello che dici… Resta tu con me. Parti con me. >>

Sgrana gli occhi sorpreso.

<< Sai che non posso farlo. Ci sono tantissime persone che stanno aspettando di vedermi. Non potrei mai fare questo ai miei fan.  Ho confermato mesi fa la mia presenza, ed è mio dovere esserci. >>

Lo sapevo. Ovviamente.

<< Stai dicendo che rinunceresti a me, per loro? >>  

Inclino la testa e lo guardo con aria di sfida. Si sistema il capello, si passa una mano fra i capelli neri, sospira.

<< Non si tratta di questo Nina. Stai facendo di tutto… Per rovinare le cose! >>  

<< Forse è così. Ma non vedo soluzioni Ian. Non ora. >>

Si avvicina, mi circonda con le braccia, ma il suo tono è gelido. 

<< Ti rendi conto che non ci vedremo per più di… Un mese? >> 

Annuisco decisa.

<< E’ quello che ci serve in questo momento. >>

Mi stringe ancora più forte. Con il suo solito modo possessivo che tanto lo caratterizza.

<< Mi stai dicendo che dovremmo prenderci una “pausa”?  mi stai dicendo che ci stiamo lasciando ? >>

Una lacrima mi scende sulla guancia, e lui la raccoglie con il pollice.  Annuisco decisa. Si stacca da me, si volta, fa qualche passo avanti e indietro.

<< No Nina. Non.. Non puoi dire sul serio! Tutto questo tempo… >>

<< Ian io… >>

<< No. E’ quello che vuoi giusto? Così va a finire dopo tre anni e mezzo, dopo tutto il tempo passato insieme, dopo tutto quello che abbiamo affrontato per restare tranquilli e viverci la nostra storia… Dopo che mi hai fatto innamorare di te così disperatamente! >>

Non l’ho mai sentito alzare così tanto la voce, non con me. I suoi occhi ardono, è arrabbiato, ferito e confuso. Ma lo sono anche io. Lui sapeva cosa volevo, sapeva a cosa andava incontro e nonostante tutto, mi ha fatto quella domanda.Mi avvicino di più a lui.

<< Pensi che per me sia facile? Lasciarti e andare avanti? Pensi che mi piaccia passare per la ragazzina che non sa cosa vuole? >>
Stiamo decisamente urlando.  Alza una mano, scuote la testa.

<< Basta. Lasciamo perdere. Ho capito. Questo è quello che vuoi. Ormai ha deciso vero? >>
Un sorriso triste e ironico si apre sulle sue labbra. Non rispondo. Mi guarda un’ultima volta, prende il suo enorme zaino e esce dalla stanza chiudendo la porta
.  
 


Quando entro in sala trucco, Julie è lì che parla con Kim.

<< Esatto, legale i capelli in modo da lasciarle scoperto il collo… E.. >> 

Appena mi vede, si illumina.

<< Oh Tesoro, eccoti qua! Veloce, che fra poco iniziamo e Kim deve prepararti. Ian è quasi pronto. >>  

Annuisco sorridendo, cercando di non far trasparire la mia ansia.

<< Con quale scena iniziamo? Quella con Candice e Steven? >>
Chiedo esitante. Lei mi fa segno di no con l’indice grassottello.

<< No, assolutamente. Oggi ci concentriamo solo su Damon e Elena. Iniziamo con la scena nel bagno, quella di prima mattina. Che probabilmente aprirà la puntata. >>

Deglutisco e sorrido convincente. Io e lei siamo ai due poli opposti. Lei è completamente entusiasta io…no.
 

 
POV. Ian Somerhalder.
 
Caroline continua a darmi indicazioni dal margine del set, mentre due nuove addette al trucco, di cui non ricordo i nomi, continuano a sistemarmi i capelli e a spolverarmi qualcosa sul corpo. Sono completamente nudo, tralasciando i box color carne, vorrei che la cosa mi infastidisse almeno un po… Ma ormai ci sono fin troppo abituato.

<< Ian, ascoltami bene. Tu sarai già posizionato nella vasca. E’ stata l’unica modifica, poi da lì in poi potrai seguire il copione, tutto chiaro? >> 

<< Tutto chiaro. >>

Cerco di dimostrarmi il più disponibile possibile. Lo show non dovrà risentire di nulla. Ripeto mentalmente il copione, guardandomi intorno, cercando la mia co-protagonista. Evidentemente la faranno entrare in scene poco dopo di me.  Mi fanno segno di entrare nella vasca di Damon, ricolma d’acqua e schiuma. Mentre mi immergo ricoro le scene di inizio stagione 3, sembra passata una vita da allora. L’acqua tiepida mi avvolge il corpo, cerco di sistemarmi bene e appoggio le braccia sui bordi con la schiena premuta verso l’estremità della vasca. Dal nulla appare Kim che con uno spruzzino di plastica, mi sorride e viene a bagnarmi leggermente i capelli. Vorrei chiederle di Nina, ma mi sembra inutile. Il set piomba in un silenzio infinito, e mi rendo conto che stiamo per iniziare. So perfettamente cosa aspettarmi, ma nel momento esatto in cui lei appare davanti ai miei occhi, mi rendo conto che l’avevo fin troppo sottovalutata. Così come avevo sottovalutato tutto quello che provo. Tutto quello che in questi due mesi ho tenuto nascosto e sepolto.

<< Buongiorno. >>

Indossa la camicia di Damon, la mia camicia, ha i capelli perfettamente raccolti e un trucco leggero. Le gambe lunghe e nude scivolano lentamente verso la vasca, e io mi ritrovo completamente incantato, incatenato ai suoi occhi neri, così dolci e caldi. Mi ricompongo nel giro di due secondi, ricordandomi che stiamo girando una scena.  

<< Oh, ma Buongiorno. >>

Sfodero uno dei migliori sorrisi alla Damon.  Si avvicina lentamente, e si china piano a baciarmi le labbra. Giusto i due secondi di scena.  Ricordo giusto in tempo le mie battute.

<< Che ne dici di farmi compagnia? >>

Le indico l’acqua schiumosa.
Lei alza gli occhi al cielo, e una sottile risate esce dalle sue labbra.

<< Sai che devo iniziare a preparare le valige … >>

Alzo le sopracciglia, e l’angolo destro della bocca, accattivante.
<< E allora? Saranno ancora lì più tardi… Dai, Elena, non farti pregare. >>

Lei inclina la testa e poggia le mani sui fianchi.

<< Non mi sembra che tu mi abbia pregata molto in quest’ultimo mese… >>

Damon no di certo. Ma io si. E anche tanto. E' ironico tutto questo. Damon ha finalmente ottenuto la ragazza. E io? L'ho persa. 

<< Se non vieni tu a farmi compagnia qua dentro, verrò io a farti compagnia la fuori. >>
Faccio segno di alzarmi, ma lei alza gli occhi al cielo.

<< Ahh e d’accordo. >>

Si sfila la camicia molto lentamente e la fa cadere a terra. Una leggera fascia color carne le copre a malapena il seno pieno,  insieme agli slip dello stesso colore, che si mimetizzano perfettamente con la sua carnagione. Agli occhi di tutti, di spalle, dove le telecamere stanno girando, potrebbe sembrare realmente nuda. Il cuore mi batte più forte nel petto. E ricordo quello che dovrei fare. Mi alzo molto velocemente e la prendo tra le braccia, tirandola nella vasca a quella che poi monteranno come “velocità vampiro”, lei scoppia a ridere mentre vari schizzi fuoriescono, bagnando il pavimento.

<< Ehhhh STOP! >>
 


POV. Nina Dobrev. 


Sento le braccia di Ian intorno alla vita, mi stringe i fianchi dolcemente, sono praticamente adagiata sul suo petto nudo, seduta davanti a lui, mentre le ragazze del trucco ci girano intorno aggiustandoci i capelli e eliminando gli schizzi d’acqua dai nostri visi. Cerco in ogni modo di restare tranquilla, ma il mio corpo reagisce al suo. I brividi mi corrono lungo le braccia e la schiena. Caroline ci urla qualcosa da lontano, ma riesco solo a cogliere “State andando benissimo… “ Certo. Benissimo. Secondo lei. Sento il respiro di Ian sfiorarmi i capelli. Vorrei voltarmi per guardarlo in viso, ma so che sarebbe un grosso sbaglio. Lo sento avvicinarsi leggermente, mentre mi mantiene per i fianchi, sistemandomi meglio. Le sue gambe che sfiorano le mie.

<< Non sei tornata a casa stanotte. >>  

La sua voce mi sussurra all’orecchio.

<< Così sembrerebbe. Avevo da fare. >>
<< Bugiarda e anche codarda. >>  

Proprio mentre sto per rispondere, ci avvisano che dobbiamo riprendere a girare. Aggiungono dell’acqua calda nella vasca, e aumentano la schiuma per non far intravedere i nostri corpi seminudi.  

<< Ehhh AZIONE. >>

Ian mi tiene molto più stretta a se, appoggia il viso nell’incavo del mio collo, sfiorandomi i capelli.

<< Devi partire per forza? Il collage è così sopravvalutato… >>

Sorrido e inclino la testa. Cercano di entrare completamente nel personaggio. 

<< Non eri tu quello che mi diceva che sarei dovuta andarci? >>  

Lo sento sorridere.

<< Si ma… >>

<< Devo continuare a vivere la mia vita, devo fare tutte le esperienze possibili. Ho solo diciannove anni. >>

Queste parole mi risultano fin troppo familiari. Lui sposta le mani dai miei fianchi e cerca le mie, intrecciando le nostre dita.

<< Lo so Elena… Solo che, saremo lontani. E dopo tutto quello che è successo… >>
Mi volto per posargli un dito sulle labbra morbide.

<< Shh… Andrà tutto bene. Potremmo vederci ogni volta che vorremmo. E tornerò qui da te e Jeremy ogni fine settimana. >>

Damon dovrebbe guardare Elena con espressione persa e adorante. Ma gli occhi di Ian sono fin troppo… Prima che posso anche solo finire di pensare, le sue labbra sfiorano le mie, si appoggia al mio corpo e mi bacia con più passione. Tutto questo era nel copione? Cerco i ricordare, ma i pensieri si iniziano ad offuscare, mentre il profumo della sua pelle misto a quello del bagnoschiuma, iniziano a confondermi…
 

POV. Ian Somerhalder.


Mentre la bacio, come non facevo da diverso tempo, mi beo del contatto della sua pelle sulla la mia, delle sue mani che continuano a stringere le mie. Non si scosta, non si oppone, resta in balia di tutto questo, proprio come me. Sento il tempo scorrere così lentamente, ma quando la voce di Caroline mi arriva dritta all’orecchio, mi rendo conto che sono passati solo una manciata di secondi, mi distacco da Nina e la guardo negli occhi, cercando di farle capire a cosa stiamo rinunciando così facilmente.

<< Ian… Il bacio non era in quel punto. Ma alla fine della scena. >>

Caroline continua a parlare e io cerco di prestarle attenzione.

<< Si scusami, ma mi sembrava molto più adatto in questo momento. >>

<< Si non è andata per niente male. Può funzionare. Vado a parlarne con Julie, magari possiamo proprio cancellare le battute finali. >>

Annuisco, mentre mi rendo conto che Nina sta tremando leggermente, l’acqua si sta raffreddando e lei soffre troppo il freddo. La sposto leggermente più avanti e mi alzo agile, uscendo dalla vasca. Le prendo le mani mentre mi guarda accigliata, e la faccio alzare.

<< Su esci fuori… Stai gelando. >>

Sgrana leggermente gli occhi, mentre prendo un grosso asciugamano bianco dalle mani di Kim e glielo avvolgo intorno al corpo.  

<< Grazie. >> 

Sembra sorpresa. Fin troppo. E mi si stringe il cuore. Come può pensare che qualcosa sia cambiato? Vorrei solo dirle che non è così. Che continuerò a prendermi cura di lei. Che non posso farne a meno. Le scosto qualche ciocca di capelli dal viso e le sorrido.

<< Anche tu stai tremando. >>

Mi avvisa. E mi serve tutta la forza di volontà di questo mondo per non stringerla a me, e prendermi il calore dal suo corpo. 

<< Sto bene. >>

Ma non è vero. Le sorrido un’ultima volta, prima di voltarmi e avviarmi verso il mio camerino, con il cuore pesante e lo stomaco attorcigliato. E questo è solo il primo giorno.   
















MESSAGGIO DELL'AUTRICE. 
Ecco finalmente il capitolo 10... Come potete vedere è a POV doppio. <3 Le parti scritte in corsivo sono le battute di Damon e Elena. (Se non si era capito) xD Alla prossiama. <3

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Capitolo 11
*** We have all the time in the world. {Parte 1} ***


POV. Nina Dobrev.
 
Mi stringo l’asciugamano attorno alle braccia mentre lo guardo andare via. Le goccioline d’acqua gli scendono sulle spalle, più giù fino alla vita. Stringo forte i pugni intorno alla stoffa morbida, e dentro di me sento stringersi qualcos’altro. Sento lo sguardo di Kim addosso, insieme a quello di Cody, mentre quest’ultimo continua ad aggiustare l’enorme attrezzatura che si usa per le scene in movimento. Le ragazze del trucco accorrono in mio soccorso, rilegandomi i capelli in modo che non si bagnino del tutto, e porgendomi il mio grosso accappatoio. Mentre attraverso i vari set smontati per ritornare al mio camerino, passo accanto ad un grossa scatola di ferro familiare, ci giro intorno per guardarla da vicino… E la scritta “COLD” accende una lampadina nella mia testa. La macchinetta del bacio di Damon e Elena nella terza stagione…
 


<< Ian! Questa è la terza volta che rigiriamo la scena. Capisco che ti stai divertendo, ma per favore… Vedi di farla bene . Cerca di non pensare al fatto che stai baciando Nina… Voglio che i fan piangano e urlino avanti agli schermi. >>

La voce rumorosa e divertita di Julie risuona per tutto il set. Guardo Ian mentre gli riaggiustano per l’ennesima volta i capelli e la camicia. Mi passo una mano sulla bocca per raffreddare le labbra calde di baci. I suo occhi maliziosi, e il suo sorrisetto sghembo mi fanno capire che si sta divertendo fin troppo. Mi ha baciata in modo davvero poco casto davanti a tutto il set. Ma ancora nei limiti del sopportabile.

<< Forza spegnete le luci superflue, tutti ai propri posti. >>

Mente le parole di Chris vagano per il set silenzioso, ritorno al mio posto. Mi appoggio alla macchinetta delle bibite alla mia sinistra, e mi scosto i capelli dal viso.

<< Ehhh AZIONE! >>

Sento lo scatto della porta, e poi i passi di Ian che mi raggiungono.

<< Non farlo… >>

So perfettamente in che condizioni è, a pochi passi da me. Il cuore mi batte così forte che ho paura possa sentirsi attraverso il microfono  sospeso sulla mia testa. Questa è la volta buona. Non possiamo sbagliare.

<< Perché no? >> 

Alzo lo sguardo verso la telecamera, abbasso la testa lasciando che i capelli mi sventolino sul viso, incollandosi alle labbra.

<< Elena… >>

Il modo in cui lo sussurra farebbe sciogliere qualsiasi cuore. Scuoto la testa, sospiro, mi volto e in tre passi sono tra le sue braccia. Questa volta colgo perfettamente le sue labbra, e a pensarci, è fin troppo facile. Mi aggrappo al sul collo, mentre la sua mano mi stringe sopra la schiena, facendo aderire i nostri corpi. Mi prende il viso fra le mani, le sue labbra sono così morbide, calde e familiari. Le mie dita sfiorano e stringono i suoi capelli neri, mentre mi spinge quasi alzandomi da terra verso il muro poco dietro di me. Avvolgo le braccia sulle sue spalle, e proprio in quel momento qualcosa cambia. Non è più Damon a baciarmi… Ma Ian. I suoi occhi sono così pieni di calore, passione… Si sta lasciando prendere la mano, la sua bocca scende sul mio collo, mentre cerco di restare lucida scende sempre più giù sul mio petto, gli avvolgo il viso con le mani, e lo riporto all’altezza delle mie labbra per guardarlo in viso..

<< Ian..>> 

Non riesco a trattenere il suo nome, che mi sfugge di bocca in un mezzo sospiro, i  suoi occhi finalmente incontrano i miei, ci guardiamo per un attimo che sembra infinito e poi lentamente, riporto la sua bocca verso la mia. 

<< Ehhh STOP! >>

Fa quasi male dovermi staccare da lui, e anche riprendere a respirare normalmente. Ha le guancie infuocate, i capelli scompigliati e gli occhi lucidi. Sorride come non mai, ed è più bello in questo stato che in qualsiasi altro.

<< Siete stati… Davvero perfetti questa volta. >>

Mi giro giusto in tempo per vedere Chris sparire di nuovo dietro lo schermo della telecamera e riguardare, mentre io continuo solo a chiedermi se riusciranno a coprire la mia voce quando monteranno la scena. Ian mi afferra al volo la mano e mi trascina con lui.

<< Ian.. dove… >>

Non faccio in tempo a finire la frase, che mi sospinge delicatamente verso un muro seminascosto per riprendere a baciarmi con più foga di prima. Cerco di fermarlo, e nelle mie orecchie sento le grida di dissenso di mezzo popolo mondiale femminile.

<< Ian.. >>

Mi guarda con un sorriso malizioso, e mi ribacia piano, un’ultima volta.

<< Scusa… Mi sono lasciato… andare. >>  

Vorrei dirgli che se continua a guardarmi in questo modo, finisco con il trascinarlo nel camerino e a quel punto, addio al lavoro. Ha i capelli tutti scompigliati, e le labbra leggermente gonfie. Le sfioro piano, e mi rialzo sulle punte per baciarlo di nuovo. Passerei la vita a farlo.

<< Dobbiamo andare.. >>

Gli sussurro, mentre le sue braccia sono praticamente avvolte intorno al mio corpo.

<< Lo so… >>

Mi bacia sulla fronte, mi scosta i capelli dietro le spalle.

<< Ma… abbiamo tutto il tempo del mondo. No? >>
 
Mi fa l’occhiolino, sorride ammiccante, mentre mi riprende la mano…



 
<< Nina! Devi tornare un attimo sul set.. >>

Kim spunta da dietro l’angolo all’improvviso e mi guarda con gli occhi di fuori. Non capisco la sua espressione fin quando non mi rendo conto che ho il viso umido di lacrime. Prendo un lembo di asciugamano e mi tasto le guancie e gli occhi, sorridendo per rassicurarla.

<< Kim è tutto ok… Arrivo subito. Ma mi sa che prima dovrò tornare in camerino e farmi rifare il trucco… >>

Lui scuote la testa e si avvicina e mi guarda sorridendo malinconica.

<< Nina.. Non continuare a torturarti in questo modo. Parlane con lui.. >>

Non le rispondo, le indico solo il corridoio del mio camerino e le volto le spalle. Sarebbe anche inutile cercare di spiegare. Quanto entro nella stanza, mi rilasso quasi del tutto, è sempre stato un piccolo rifugio. Mi tolgo l’accappatoio e lo appendo dietro la porta, e mi sciolgo i capelli ancora umidi che cadono sulla mia schiena in piccole onde brune. Prima ancora che possa girarmi, la porta si spalanca all’improvviso, faccio per coprirmi istintivamente visto che sono ancora seminuda, ma poi vedo Ian sulla soglia. Con gli occhi spalancati, senza maglietta, e quasi l’affanno. Sembra abbia corso.

<< Ian cosa...>>

Entra e chiude la porta. In due passi è a pochi centimetri da me, mi prende al volo il viso tra le mani e mi guarda fisso negli occhi. Il contatto con la sua pelle è così caldo e familiare… come tornare a casa.

<< Perché piangevi? >> 

La sua voce è leggermente incrinata, come i suoi occhi. Turbato, dispiaciuto, preoccupato. Al suono di quelle parole capisco che Kim è corsa a vuotare il sacco. Cerco di allontanarmi, ma lui non me lo permette.

<< Ian.. dai.. lasciami. Dobbiamo.. >>

<< Nina… Perché stavi piangendo? >>

Mi libero del tutto dalla sua presa.

<<  Non lo so Ian… OK?! Non ne ho idea! >>

Resta in silenzio, ma non smette di guardarmi. Abbassa le braccia nude lungo i fianchi. Non riesco a reggere quello sguardo.

<< Perché continui a respingermi in questo modo? >>

Bella domanda.  Abbasso gli occhi.

<< Nina. Guardami. >>

La sua voce è triste e dura allo stesso tempo. Autoritaria. Basta, non posso più reggere tutto questo.

<< Non posso Ian! Non posso ok? Non posso guardarti, non posso… restarti accanto, non posso sentire le tue mani che mi toccano, mi cercano.. non posso nemmeno sopportare i tuoi baci.. o la tua voce.. Io non riesco…Ma devo farlo per forza! >> 

Le lacrime continuano a scendermi sulle guance, mentre cerco di riprenderle una ad una…  
 

POV. Ian Somerhalder.
 
La guardo, mentre tenta con tutta se stessa di essere forte. La guardo mentre le lacrime le rigano il volto, mentre la sua voce si spezza, mentre le sue spalle tremano. E penso che anche in questo stato è tremendamente bella. Ed è proprio mentre osservo quanto stia male che la mia determinazione scema del tutto. Non posso farle questo. Non posso continuare a farla soffrire, a provocarla, se lei non lo vuole davvero. Magari è così. Magari mi sono illuso che sarebbe tornato tutto come prima. Ma poi ricordo il bacio nella vasca di poco prima, il modo in cui le sue mani hanno stretto le mie… E non era finzione. Niente è mai stato finto tra di noi. Mi avvicino di più, invado il suo spazio, ed è proprio quello che lei non vuole.

<< Nina ascoltami… Guardami… >>

I suoi occhi lucidi incontrano i miei, e per un secondo, sento qualcosa rompersi dentro di me. 

<< Se vuoi davvero che ti stia lontano… Se vuoi che mi comporti come un normale collega, se vuoi solo essermi amica davanti al resto del mondo… D’accordo. Ma… Non chiedermi di non amarti… Non chiedermi qualcosa che non posso darti. >>

La sua espressione cambia, sgrana leggermente gli occhi, le ciglia sono imperlate di lacrime. Ne raccolgo due con le dita, sfiorandola appena. Non le do il tempo di parlare, di rispondere. Non sopporterei un ennesimo rifiuto. E non sopporterei di guardarla ancora in quello stato, soprattutto sapendo che è colpa mia e che non posso fare nulla per aiutarla. Mi avvio verso la porta, ma prima di uscire mi volto un’ultima volta.

<< Copriti… Per favore. Prenderai freddo. >> 

Non posso fare a meno di dirglielo. Non posso fare a meno di cercare di prendermi cura di lei, nonostante tutto. Dovrei oltrepassare la porta, chiudermela alle spalle e dimenticare. Dimenticare il dolore che sto provando in questo momento. Dimenticare la sua espressione, i suoi occhi, i suoi capelli sciolti che le incorniciano il viso. Ma so che non ci riuscirò. So che non posso farlo. 

<< Ian... >> 

La sua voce trema, ha una mano quasi protesa verso di me. Come se non volesse lasciarmi andare via. Probabilmente questo semplice gesto è tutto quello che voglio. Richiudo la porta senza pensarci due volte, e in tre passi sono di nuovo di fronte a lei. Come se fosse il magnete e io la calamita. INon trova la forza di allontanarmi, me nemmeno di tenermi così vicino. Le prendo il viso tra le mani, le sfioro il collo, i capelli... La sento quiasi trasalire, ma non mi allontana. No. Preme il suo viso contro il mio petto, sul mio collo, mi avvolge con le braccia magre, sento il suo profumo sfiorarmi, e non riesco a trattenermi. La bacio all'improvviso. La bacio sospingendola contro di me. La bacio stringendola forte. La bacio mentre il mondo inzia a rallentare, a girare normalmente, mentre lei si lascia andare tra le mie braccia. Labbra e lacrime.  

<< Non.. Non lasciarmi. >> 

Le sue parole si confondo tra i nostri baci, vagano per la stanza, e ritornano a colpirmi, mentre lei continua ad avvolgermi con le braccia. Mi distacco da lei per guardarla bene in viso, cercando di capire se le sue parole sono vere o meno... Ha gli occhi lucidi, le labbra rosse e il suo petto va su e giù, sta trattenendo i singhiozzi, le lacrime, l'amore... E vorrei spiegarle che mai l'ho lasciata, che mai la lascerò, che non ne ho la forza. Che non posso farlo. Ma i nostri baci parlano per noi... Mentre tutto il resto inizia a dissolversi... 




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Capitolo 12
*** We have all the time in the world. {Parte 2} ***


POV  Nina Dobrev. 
 
Ho sempre pensato che qualsiasi cosa sarebbe successa, non avrei mai permesso a nessuno di dominarmi, di farmi cambiare pensiero o anche solo di condizionarmi. Ma mentre le labbra di Ian continuano a sfiorare le mie, mentre le sue braccia continuano a stringermi, mi rendo conto che non è tanto lui a fare questo, quanto il mio amore, il mio bisogno di restargli accanto.  

“Non lasciarmi..” 

L’ho detto. Ho pronunciato le due parole che in questi mesi hanno continuato a girarmi per la testa e il cuore. Due mesi in cui tutto sembrava facile.  Ma il difficile è ora, in questo momento, cercando dentro di me la forza per staccarmi da lui, per tornare lucida, per ritornare sui miei pensieri. Punto le mani sul suo petto e lo scosto da me, giusto quel tanto per poterlo guardare negli occhi. 

<< Ian… Dobbiamo tornare.. >> 

Mi posa un dito sulle labbra, a volermi zittire. 

<< Shh… Non rovinare tutto questo. >>  

Vorrei dargli ascolto, e lasciar perdere tutto il resto. Ma so di non poterlo fare. C’è quello che voglio io e quello che invece vuole lui. Si protende di nuovo per baciarmi, per tenere il viso premuto contro il mio collo. 

<< Tu non hai idea… Di quanto mi sei mancata. >> 

Le sue parole sussurrate mi sfiorano il cuore. Mi fanno tremare fra le sue braccia. Mi fanno sorridere e piangere allo stesso tempo. Mi fanno sentire viva. 

<< Anche tu mi sei mancato ma.. >> 

Si stacca da me e alza gli occhi al cielo. 

<< I “ma” non sono mai una bella cosa. Specialmente i tuoi. So già cosa stai per dire. Non c’è bisogno che sprechi fiato.  >>   

Lo guardo interrogativa, con lo stomaco in subbuglio e i sensi di colpa che mi restano aggrappati addosso. 

<< Ma… >> continua a parlare senza darmi la possibilità di spiegare. << Non è questo il luogo, ne il momento adatto. Stasera hai da fare? >> 

Scuoto la testa. Faccio per parlare ma mi zittisce di nuovo. 

<< Perfetto…Allora passo a trovare Moke e i bambini.. E parliamo. A casa. Da soli. E questa volta vedi di esserci. >> 

<< Non penso sia una buona idea.. >> 

Cerco di dissuaderlo, di evitare una cosa del genere. 

<< Nina, forse non l’hai ancora capito…>> 

Si avvicina di più fino a sfiorarmi l’orecchio con le labbra. 

<< Non importa quanto tenterai di scappare. Non ti lascio andare. >> 

Risponde in questo modo alla mia richiesta incoerente di poco prima. Mentre ero nel pieno delle lacrime, dei ricordi, di lui. 


POV  Ian Somerhalder. 
 
I suoi occhi scuri sembrano quasi impauriti, ma anche emozionati. E’ indecisa, tesa. Sembra già essersi pentita delle sue stesse parole, essersi pentita di aver ricambiato i miei baci. Ma non importa. Annuisce piano, si scosta i capelli dal viso, quasi imbarazzata. E io sorrido. Sorrido pensando a quanto sia bella, pensando a cosa c’è dietro la sua facciata da ragazzina capricciosa.  Vorrei baciarla e stringerla ancora, fino a farle perdere tutti i pensieri che le stanno affollando la mente, ma so che non posso tirare troppo la corda. Non voglio che scappi per davvero, di nuovo. Qualcuno inizia a bussare insistentemente alla porta rompendo il mio flusso di pensieri. Lei alza lo sguardo e quasi sospira di sollievo. Si allontana da me per recuperare l’accappatoio e indossarlo. Kim entra portando con se diverse borse. Le vado incontro per aiutarla. 

<< Grazie Ian, adesso mi sa che dovresti uscire. Gli altri ti stanno cercando. >> 

Le faccio l’occhiolino e le mimo un “grazie” sottovoce, pensando al fatto che è stata proprio lei a mandarmi in questo camerino. Mi volto di nuovo verso Nina, mentre continua a cercare di evitare il mio sguardo. Vorrei quasi scoppiare a ridere per il modo in cui tenta goffamente di mascherare i suoi sentimenti. 

<< Bene.. Ci vediamo dopo. >> 

Quando sono oramai sulla soglia la chiamo. 

<< Nina? >> 

Lei si volta a malincuore. 

<< Sei splendida, senza quello addosso. >> 

Indico l’accappatoio, mentre lei arrossisce e Kim scoppia a ridere. Esco chiudendo la porta.  
 


POV  Nina Dovrev. 
 
A fine giornata sono distrutta. Avevo dimenticato quanto fosse faticoso interpretare sia Elena che Katherine nel giro di poche ore. Saluto tutti velocemente e mi avvio verso il parcheggio, contenta che per una volta abbia deciso di usare la mia macchina, così da poterne andare prima di tutti. Nemmeno il tempo di svoltare l’angolo e trovo Ian comodamente appoggiato alla portiera del passeggero, con le braccia incrociate e un sorriso stampato in volto. Talmente bello da fare male. 

<< Finalmente. Ci vuole così tanto a farti tornare… te? Come mai non me ne sono mai reso conto? >> 

Mi si avvicina e mi sfila le chiavi dalle mani. 

<< Guido io. >>  

Dovevo aspettarmi una mossa del genere. Dovrò rinunciare all’idea di scappare. Non dico una parola e salgo in macchina, continuando ad osservarlo. 

<< I tuo occhi dicono molto più delle tue parole sai? >>  

Per tutto il tragitto cerco di non fissarlo, ma mi risulta difficile. Noto il suo iPhone sul ripiano del cruscotto e lo prendo senza pensarci. Fisso la cover di lui e Paul
che si tengono per mano e sorrido, non solo per quella buffa foto, ma anche per le cose che mi fa tornare alla mente. Parigi… 
 
 

<< Questa è la città più bella del mondo. >> 

Quasi saltello davanti a Ian, mentre lui mi segue con un sorriso enorme e la macchina fotografica al collo. I capelli ormai lunghi nascosti sotto il cappello, e con gli occhi più limpidi del cielo. Gli sorrido, continuando a guardarmi in giro, continuando ad osservare le persone, le strade e annusando l’aria che profuma di dolci appena sforanti.  

<< Pensi che abbiamo fatto bene a lasciare le nostre mamme in albergo? Si offenderanno?  >>  

Ridacchia mentre mi raggiunge, passandomi un braccio intorno alla schiena, stringendomi. 

<< Si divertiranno tanto anche senza di noi. >> 

Puntualizzo, stringendomi ancora di più a lui. 

<< Allora dove ti va di andare? Torre Eiffel? Arco di trionfo? O..  Disneyland? >> 

Sorride ammiccante mentre sottolinea con enfasi l’ultima parola. 

<< Stai forse insinuando qualcosa Smolder? >> 

Gli do un leggero pizzicotto sul fianco, facendolo ridere ancora di più. 

<< Assolutamente no. >> 

<< Non abbiamo abbastanza tempo per Disneyland. Altrimenti sceglievo quella destinazione. >>  

<< Lo so, piccola.  Quindi? >>  

Ci penso su per un po mentre continuiamo a camminare senza una meta precisa. 

<< Ah, potremmo andare proprio lì che dici? >> 

Indico il battello bianco, che in questo momento sta accostando sulla Senna, pronto a prendere un nuovo carico di turisti per portarli a fare il giro del fiume.  Ian
non se lo fa ripetere due volte, mi prende per mano e aumenta il passo, ad un certo punto inizia a correre, trascinandomi con lui.  

<< Corri, corri! Mi sa che è l’ultimo giro. >> 

Attraversiamo velocemente il ponte, ridendo come non mai, sostenendoci a vicenda, cercando di non inciampare. Quando arriviamo davanti all’ingesso, il “capo battello” un signore abbastanza anziano con i capelli bianchi e dei buffi baffi grigi, ci guarda con un timido sorriso sul volto. I suoi occhi si puntano su di me. 

“Belle et avec un cœur plein d'amour”  

Dice in un accento francese strettissimo e perfetto. Arrossisco all’istante, guardando Ian che sorride anche lui, quasi gongolando di felicità.  

<< Hai proprio ragione amico mio, è bellissima. >>  

I suoi occhi si posano su di me, e mi guarda da capo a piedi, fino a quando non incrocia il mio sguardo. Il cuore mi batte forte. Attraversiamo tutto il battello e ci fermiamo a poppa. Guardo il fiume scorrere sotto di noi. Lo scatto della macchina fotografica mi fa voltare. Alzo gli occhi al cielo. 

<< Questa sarà la centesima foto che mi scatti oggi. >> 

<< Spero di arrivare a duecento entro domani mattina. >> 

<< Passi tutto il tempo a guardarmi da dietro un obbiettivo. >> 

Lui si avvicina a me, si appoggia alle sbarre della prua, preme il suo corpo contro il mio. 

<< Ho intenzione di guardarti per molto, molto tempo. Di guardarti ogni giorno, ogni ora. Di guardarti in ogni situazione, come ti ho guardata stamattina mentre dormivi, come ti ho guardata giorni fa mentre coccolavi Moke… Quindi abituatici. >> 

Mi alzo leggermente per baciarlo, gli sfioro i capelli  sul collo, gli stringo il viso tra le mani. Mi distacco giusto per sussurragli poche parole. 

<< Mi abituerò.  Non vedo l’ora. >> 
 


<< Vuoi restare in macchina? >>  

Ritorno alla realtà, sentendo la voce di Ian da dietro il finestrino. Mi apre la portiera galante come sempre e mi porge la mano per farmi scendere. Proprio come quel giorno a Parigi. E inconsapevolmente, sorrido. 
 


POV  Ian Somerhalder.


Quando entriamo in casa insieme, una sensazione di leggerezza mi prende. Come se nulla fosse cambiato. Moke mi viene incontro con passo annoiato, e mi abbasso per accarezzarlo piano. Lei inizia a vagare per la casa come al solito, cercando di comportarsi normalmente. Mi siedo sul divano e mi guardo intorno, cercando di non sembrare un pesce fuor d’acqua. La intravedo riflessa nello specchio della camera mentre si sfila i vestiti. Il profilo perfetto della sua schiena nuda, riesce a confondermi i pensieri. Distolgo lo sguardo. Sentendomi stupido pensando al fatto che conosco quel corpo a memoria. Pochi istanti dopo sento il rumore dell’acqua della doccia. Sta cercando di prendere tempo. E io la lascio fare. Inizio a girovagare per casa, controllando delle carte ormai inutili nel mio studio, ma quando arrivo in camera da letto quasi spazientito, la vedo uscire dal bagno. Ha un asciugamano rosso avvolto intorno al corpo, e i capelli raccolti sulla nuca. Ormai sembra che passa più tempo svestita, di quanto abbia mai fatto in precedenza. Sembra faccia finta di non vedermi, mentre si avvicina al grosso armadio. Lascia cadere l’asciugamano sul pavimento, e mi ci vuole tutta la forza di volontà del mondo per non prenderla di peso e trascinarla sul letto. Gira lentamente la testa per osservare la mia espressione indecifrabile. 

<< Cosa c’è? Non è niente che tu non abbia già visto. >> 

Ripesca una vecchia battuta di Elena. O era Katherine? Inclino la testa di lato per guardarla meglio. 

<< Divertente. >>  

Si veste velocemente.E’ imbarazzata. E questo stato non le si addice. Non quando riesce a passare dalla dolce ragazza della porta accanto, alla sexy vampira con così tanta facilità. Si scioglie i capelli leggermente umidi e li lascia cadere sulle spalle.  Alza gli occhi al cielo, sentendosi ancora il mio sguardo addosso. 

<< Smettila... >> 

<< No. >>  

Si volta per fulminarmi con lo sguardo. 

<< Ok, hai vinto. Siamo a casa. C’è questa tensione incredibile e continui a fissarmi! Sei contento ora? >>   

<< Decisamente contento a pensarci. >>  

Continuo a sfiorarla con gli occhi, cercando di non perdermi ogni sua più piccola reazione. Incrocia le braccia sul petto. Nervosa, pronta a scoppiare da un
momento all’altro. 

<< Cosa pensi di ottenere? >>  

Cerco di non prestare troppa attenzione al suono tagliente che sta usando. Mi avvicino di più a lei. Molto vicino. 

<< E tu? Cosa pensi di ottenere comportandoti in questo modo? >> 

Non risponde continua a fissarmi in silenzio. 

<< Continui ad allontanarmi, a non sapere quello che vuoi, a comportati come una ragazzina. E sappiamo entrambi che non lo sei. >> 

I suoi occhi si accendono, si avvicina ancora di più a me quasi con rabbia. 

<< E se lo fossi?  Ho ventiquattro anni Ian! E abbiamo già avuto una discussione del genere. Te ne sei dimenticato?  Pensi che per me sia facile? Pensi che io
voglia.. Comportarmi così? >>  

I suoi occhi iniziano a farsi lucidi . E il mio cuore inizia a riempirsi di tristezza, dolore. Continua a parlare trattenendo le lacrime. 

<< Pensi che io voglia allontanarti? Mi manchi.. Mi manchi ogni giorno. Ed è una tortura non potermi comportare come sempre. E’ questo che vuoi sentirti dire >> 

Mi avvicino per stringerla, per abbracciarla. Ma lei si scosta. Scuote la testa. 

<< Non comportarti in questo modo! Non continuare… >> 

Non importa se mi allontana, la stringo lo stesso anche se cerca di dibattersi. Lentamente si rilassa tra le mie braccia. Sento le sue mani stringersi alla mia maglietta. Le bacio i capelli, la fronte, le sfioro le guance. 

<< Shh… Calmati. Ti prego. Smettila di piangere. >> 

<< E tu smettila di farmi sentire in questo modo…. >> 

Le alzo il viso per guardarla negli occhi. 

<< Non posso farne a meno. Non posso starti lontano. Non voglio. Ma allo stesso tempo non voglio privarti di nulla… >>  

<< Anche io ti sto privando di qualcosa… Vuoi sposarti, vuoi una famiglia.. sistemarti.. E io non me la sento ancora… A volte, vorrei solo essere ciò di cui hai bisogno.. Ma a quel punto, non sarei più me stessa. >> 

Il cuore mi si stringe, lo stomaco si contrae. 

<< No. Non dirlo nemmeno. Non voglio questo… >> 

<< Allora cosa vuoi Ian? Perché io… Non riesco a vedere una soluzione. >> 

<< Voglio solo te. Non importa tutto il resto. >> 

I suoi occhi mi fissano interrogativi. Ma non le do il tempo di parlare, di pensare. La bacio e basta. Le faccio scivolare le mani dietro la schiena. Lei inizia a sfiorarmi i capelli, continua a stringermi, ricambia i miei baci senza esitazione. Quasi la sollevo da terra. La sento sorridere e piangere sulle mie labbra. E mi sento leggero, amato, felice. E penso che niente è meglio di questo. Niente potrà mai separarmi da lei. 
 
 
 
 
 

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Capitolo 13
*** Here we go again. ***


POV. Nina Dobrev. 


Un leggero fruscio mi fa aprire gli occhi, la stanza è completamente al buio, il display della sveglia segna le due e quindici.  Sento il suo braccio stringermi la vita. Lentamente mi giro per guardarlo. Ha il viso quasi immerso nel cuscino, come al solito. Sorrido. Gli scosto i capelli corti e arruffati per guardarlo meglio. La fronte liscia, le sopracciglia rilassate, le guance sempre leggermente rosse, le ciglia lunghe, le labbra distese. Quelle labbra. I ricordi delle ore precedenti quasi mi fanno arrossire. Mi avvicino di più a lui cercando di non svegliarlo e mi accoccolo contro il suo petto. Sento le palpebre iniziare a richiudersi, mentre il suo profumo mi avvolge. 

 
POV. Ian Somerhalder.


Il sole filtra attraverso le tapparelle semi aperte, un raggio di luce scivola nella camera attraversando il pavimento, illumina i vestiti sparsi intorno al letto, sale su avvolgendo le coperte smesse, fino a risplendere sul suo corpo, sulle sue spalle nude. Mi appoggio lentamente sul gomito destro, cercando di non muovermi troppo, e di non scostarle il lenzuolo che ci copre. Continuo a sfiorarle piano i capelli, ma non voglio svegliarla, non ancora. Percorro tutta la linea del suo viso, giù fino al collo e le spalle e poi di nuovo su, lentamente. Ha la mano destra completamente nel mio lato del letto, poco prima era sul mio petto. E il braccio sinistro piegato sotto il cuscino. Dovrei alzarmi, ma non ci riesco. Non voglio perdermi nemmeno un minuto di tutto questo. E ho paura. Paura che usciti da questa stanza tutto si dissolva. Paura che lei mi faccia capire che è stato tutto un tremendo errore. Guardo la sveglia sopra il comodino e mi rendo conto che il tempo passa sempre troppo velocemente quando si sta in paradiso. Mi avvicino al suo viso, le do un leggero bacio sulle labbra. Strofino il mio naso contro il suo.

<< Sveglia piccola… >>   

Si raggomitola di più su se stessa, emette qualche suono incomprensibile e inizia a sbattere le palpebre. Quando i suoi occhi scuri incontrano i miei non c’è traccia di sorpresa in essi, ne rimorso. Sento il cuore farsi più leggero.

<< Huhm.. Buongiorno. >>

La sua voce è leggera e ancora piena di sonno. E io continuo a sorridere. 

<< Buongiorno… >>

Si stiracchia ancora un po, allunga le gambe. Si scosta da sotto il lenzuolo e mi avvolge con le braccia, baciandomi appena sotto le labbra.

<< Da quanto sei sveglio? >>

<< Abbastanza da potermi godere il momento… >>  

Ridacchia contro il mio collo.

<< Dobbiamo andare a lavoro… >>   

<< Lo so.. >> 

Le bacio la spalla a pochi centimetri dal mio viso, e la stringo di più a me. Continuo a baciarla su fino al collo e più su sulle labbra.

<< Ian.. >> 

Sospira dolcemente e si allontana per guardarmi negli occhi. 

<< Dobbiamo andare.. >>

Non provo nemmeno ad ascoltarla. L’attiro di nuovo a me e ritorno a ricoprire il suo viso di baci. Inizia a ridere e a cercare di bloccarmi, con una mossa veloce scappa dalle mie braccia e si alza al volo dal letto. I capelli arruffati le incorniciano il viso, una leggera camicia di seta blu notte, con le spalline sottili,  la copre fino a lasciarle le gambe completamente nude. Sta ancora ridendo, mentre ancheggia provocante guardandomi, prendendomi in giro.

<< Non riesci mai a bloccarmi la mattina. Sai… dovresti provare a fare  yoga insieme a me, ti scioglierebbe un po.. >> 

Continua a ridacchiare. E io mi beo di quel suono, di quel sorriso. Da quanto tempo non la vedevo così… Così felice?  Mi allungo sul letto cercando di afferrarla, ma lei è più rapida, fa un paio di passi veloci, tira le lenzuola cercando di farmi perdere l’equilibrio, ma non mi arrendo. Riesco a prendere la sua mano mentre cerca di fare il giro del letto.

<< Ahh! No.. No! >>

Continua a lanciare urli e risate. La blocco e la tiro letteralmente su di me, facendole il solletico sui fianchi.

<< No… Ian! Ti prego.. mi arrendo, mi arrendo! >>

Iniziamo a rotolarci sul letto, cercando di non cadere. Quando finalmente sembra arrendersi, ha il viso arrossato e i capelli davanti agli occhi. E’ talmente buffa che scoppio a ridere.

<< Ecco, ora sei davvero bellissima. >>

Mi spinge via, e si rialza dal letto.

<< Abbiamo già perso abbastanza tempo… Vado a fare la doccia. >>

La cosa è davvero allettante. Prima che possa anche solo aprire la bocca…

<< Da sola! >>

Puntualizza ridendo.

<< Ah.. Nina… Domani ho la seduta in clinica per la gamba, non so pensavo che magari.. >>

<< Ti accompagno. Come sempre. >>

Mi fa l’occhiolino e chiude la porta alle sue spalle. Mi lascia così, disteso mezzo nudo su un letto che profuma di noi, con l’impressione che questi due mesi, in cui siamo stati separati, non siano mai esistiti.  
 

POV Nina Dobrev.
 

Quando arrivo sul set, cerco in ogni modo di non pensare alla notte appena trascorsa. Devo restare concentrata. Ho fatto entrare Ian prima di me, perché non voglio dare nell’occhio. Sono ancora tutti convinti che non stiamo più insieme. E come biasimarli… fino a ieri sera ne ero convinta anch’io. Appena volto il primo corridoio incrocio Kat che sta parlando con Paul. Gli da delle leggere pacche sul braccio e gli sorride. E’ così piacevole tornare in questo posto ogni mattina, rivedere tutti, anche se negli ultimi mesi sono stata davvero una pessima amica.

<< Nina! Sei… >>

L’espressione di Kat mi fa quasi venir voglia di guardarmi da capo a piedi.

<< Cosa? >>

<< Raggiante. >> 

Il suo sorriso e i suoi occhi mi dicono che ha capito. Perfetto. Sono davvero brava a nascondere le cose, devo ammetterlo. Sorrido imbarazzata e annuisco. Non posso e non voglio mentire a Kat. Anzi, non voglio mentire a nessuno di loro. Caroline spunta da dietro una porta, con in mano un plico di fogli molto spessi.

<< Oh Nina sei arrivata anche tu! Finalmente. Kim ti aspetta in sala trucco, veloce tesoro, oggi dobbiamo fare tantissime cose. >>

Annuisco, mando un bacio a tutti e mi avvio verso il camerino.
 

Nemmeno mezz’ora dopo sono sul set di Casa Salvatore con Steven. Cerco di ripassare mentalmente le battute che non ho studiato con l’attenzione necessaria, mentre Steven sembra così sicuro di se.

<< Mi mancherai, ma non preoccuparti, me la caverò. Dopo tutto quello che abbiamo affrontato. >>

Sorrido e mi avvicino per stringerlo in un abbraccio.

<< Tornerò sempre quando ne avrò l’occasione. Chiamami se hai bisogno di qualcosa. >>

Si scosta da me e mi da una leggera spinta ridacchiando.

<< Ci sarà Damon a farmi da babysitter no? Non hai già assunto lui?.. >>

Fa un cenno della testa guardando alle mie spalle. Da copione mi volto sorridendo mentre guardo Ian/Damon entrare nel salotto con passo sicuro e espressione ironica.

<< Attento piccolo Gilbert…se continui così, tua sorella tornerà  a casa solo per il bucato, mentre tu sarai impegnato nelle cantine di casa Salvatore. >>

Ha il solito sorrisetto storto e i capelli più arruffati. Completamente vestito di nero, tipico look da Damon. Dovrebbero iniziare a rinnovargli il guardaroba. Si avvicina per prendere due valige ai miei piedi con fare galante.

<< Vorresti dire che verrà per il bucato e per… te. Giusto? >>

Sorrido con fare imbarazzato.

<<Jeremy! >>

Damon/Ian fissa Jeremy/Steven come se volesse quasi staccargli la testa con affetto. Il piccolo Gilbert apre i palmi delle mani, e poi incrocia le braccia.

<< Che ho detto di male? Vi siete comportati come due innamorati in luna di miele per tutta l’estate… E sono l’unico in città ad accettare tutto questo. >>

<< EHH STOP, siete stati perfetti ragazzi. Dieci minuti di pausa. >>

Tiro un sospiro di sollievo al suono di quelle parole. Sento lo sguardo di Ian addosso.

<< Tutto bene? >>

La sua voce è leggermente preoccupata. Gli sorrido cercando di rassicurarlo.

<< Certo… Andiamo un po fuori da qui? >>  

Allarga il braccio e mi indica l’uscita.

 
POV. Ian Somerhalder.

La seguo fuori dal set, la vedo sistemarsi i capelli e salutare qualcuno sorridendo. Non riesco a smettere di guardarla. E adesso sembra essere totalmente rilassata. Si sedie su un muretto basso alza le gambe e se le stringe contro il petto poggiandoci sopra il mento. In questi momenti mi sembra molto più piccola di quello che in realtà è… Prende l’iPhone da dentro la tasca dei pantaloni, e inizia ad armeggiarci. Ogni tanto sorride o scrive qualcosa, io faccio lo stesso. Ad un certo punto alza lo sguardo, mi fa segno di avvicinarmi. Non me lo faccio ripetere una seconda volta. Allunga solo le braccia per prendermi il viso tra le mani.

<< Ti ho già detto quanto mi sei mancato? >>

Annuisco con il cuore che inizia a battere più forte. L’effetto che mi fa questa piccola donna riesce ancora oggi a confondermi, proprio come all’inizio…
 


<< Ian, vieni un secondo qui per favore? >>

Avanzo attraverso varie persone impegnate a sistemare diversi plichi di fogli, persone che corrono avanti e indietro, tipica atmosfera da nuovo Pilot da lanciare. Girare su un’isola sarà stata anche una grande esperienza, ma più mi guardo intorno, più penso che tutto questo potrebbe cambiarmi la vita. Julie e Kevin - l’uomo a cui devo la mia presenza qui – i miei nuovi “boss” sono uno accanto all’altra, di fronte a loro c’è qualcuno, intravedo dei lunghi capelli castani scuri. I miei occhi ritornano su Julie che mi sorride incitandomi ad avvicinarmi.  

<< Ian finalmente possiamo presentarti la ragazza per la quale tu e “tuo fratello” dovrete prendervi a botte. Avete avuto entrambi dei provini piuttosto particolari, e non vi siete ancora incontrati giusto? >>  

Avete presente quando nei film il protagonista incontra la protagonista per la prima volta? Avete presente la musica di sottofondo, la scena che tende a rallentare e tutto il resto? La ragazza che ho davanti sembra incredibilmente giovane, ha un leggero sorriso sul viso, una pelle perfetta e leggermente più scura della media, quasi olivastra. Ma sono i suoi occhi, il suo sguardo, a colpirmi più di tutto. Sono incorniciati da delle folte ciglia nere, grandi e scuri, sembrano dolci e caldi, come la cioccolata, le iridi si confondono quasi con le pupille. Tutto questo accade in una manciata di secondi. Lei mi tende la mano e sorride. Dei denti candidi e perfetti fanno capolino da delle labbra lisce e piene, perfette anche queste.

<< Ciao, io sono Nina. >>

Vorrei dirle che so perfettamente chi è…  ho sentito il suo nome da diverse persone. Ho sentito che ha origini Europee, che molti la ritengono una piccolo tesoro in fatto di recitazione, che promette bene, e  che tutti puntano molto su di lei. Le stringo piano la mano.

<< Piacere mio Nina, ho sentito molto parlare di te. Finalmente posso conoscerti. >>

Lei non scosta lo sguardo da mio, non sembra essere a disagio ne in imbarazzo.

<< Potrei dire lo stesso di te. Ti seguivo in Lost, sarà un piacere lavorare con te. >>  

Annuisco e restiamo semplicemente a sorriderci. Ad un certo punto la voce di Julie – mi ero completamente dimenticato della sua presenza insieme a quella di Kevin – ci richiama all’attenzione.

<< Perfetto. Ora che vi siete conosciuti, possiamo vedere come interagite insieme sul set, che ne dite? Vogliamo fare una piccola prova? Siamo qui per questo. >>

Mi volto verso Nina, quasi ad interrogarla a chiederle il suo parere. Ma lei risponde subito.

<< Ma certo, non c’è problema. >>

Gli occhi di tutti e tre sono fissi su di me, si aspettano una risposta. Sorrido ammiccante.

<< Quando iniziamo? >> 

Due minuti dopo siamo in una piccola stanza bianca e con delle battute in mano. Sembrerebbe il copione della seconda puntata, il primo incontro di Damon e Elena.
Kevin è al margine del corridoio e ci da delle indicazioni.

<< State tranquilli, non sono le prove ufficiali. Allora Ian, tu resta fermo, lei deve girarsi e deve quasi venirti addosso. Da lì in poi seguite il copione. >>

Lo leggo velocemente, sono poche battute e le memorizzo in fretta. Lei lo ha già posato a terra. Faccio lo stesso. Ci mettiamo in posizione.

<< Ehhh azione! >>

Appena Kevin pronuncia le parole lei si volta e si scontra contro di me, il suo viso quasi sfiora il mio. E sento una leggera scossa percorrermi il corpo. E’ sorpresa, incredula, con il braccio lievemente alzato. Io la fisso inclinando di lato la testa. I suoi occhi continuano a confondermi. Sono tremendamente belli.  

<< Mi dispiace di essere entrata, la porta… >> Si gira a voler indicare una porta invisibile alle sue spalle.. << era.. aperta.>>

<< Tu devi essere Elena… Io sono Damon. Il fratello di Stefan. >>

Cerco di risultare il più affascinante possibile, ma anche misterioso. Lei gira lievemente la testa, confusa. Sorride sempre sorpresa.

<< Non mi aveva detto di avere un fratello.. >>

<< Stefan non è uno che se la tira.. >>

Restiamo a fissarci per quello che mi sembra un tempo infinito. Vorrei toccarla, abbracciarla. Sento il mio corpo che quasi viene sospinto verso il suo da una forza invisibile. E in un certo senso credo che per lei sia lo stesso. Quando ci voltiamo verso Julie e Kevin li troviamo intenti a guardarci con degli strani sorrisi. Kevin continua ad annuire soddisfatto. Sussurra qualcosa a Julie nell’orecchio. Mi volto di nuovo verso Nina.

<< Penso che siamo andati bene.. >>

<< Lo penso anch’io.. >>

Mentre continua a sorridermi penso che se tutto andrà bene, dovrò passare ogni giorno a lavorare con lei. E questo pensiero, in modo tremendamente dolce riesce a rendermi felice.

 
 
Quante cose sono cambiate da allora. Quanto ci siamo divertiti, quante ne abbiamo passate. Quanto amore, quanta felicità, ma anche tanti litigi tanti scontri, ma tanti modi nuovi per fare pace. Mi sporgo di più verso di lei mentre mi circonda la vita con le braccia, la bacio e mi avvicino al suo orecchio.

<< Tu devi essere Nina.. Io sono Ian, l’uomo che stamattina hai lasciato da solo in un letto. >>

Ridacchia contro i miei capelli, mentre riprende a baciarmi. Una parte di me vorrebbe che non smettesse mai. Si stacca da me e ritorna a guardarmi.

<< Fra poco c’è il comic-con.. >>

<< Si lo so. Ci divertiamo sempre. Non sei contenta? >>

<< Si.. solo che dobbiamo fare attenzione. Non possiamo comportarci come al solito. Avremo gli occhi di tutti puntati addosso. Sarà la nostra prima uscita pubblica da quando… beh.. lo sai.. >>

<< Da quando hai deciso di lasciarmi. >>

Mi guarda male.

<< Lo abbiamo deciso insieme Ian.. >>

<< Si come vuoi… E questo cosa vuol dire? Noi non abbiamo mai confermato nulla, ne detto nulla... >>

<< Sei un attore. Dovrebbe riuscirti abbastanza bene. Non dico che dobbiamo ignorarci.. Solo.. cerchiamo di non dare nell’occhio.. >>  

Vorrei cercare di dissuaderla, di dirle che non ce n’è bisogno. Dirle che voglio avere la libertà di poterla guardare davanti a tutti, di poterla abbracciare e sorriderle come sempre. Ma so che non sarebbe d’accordo. E’ proprio questo il problema. Sarà sempre questo il problema. Il mio volerlo urlare al mondo e il suo costante rifiuto nel volerlo fare. 






MESSAGGIO AUTRICE. 
Vorrei solo ricordarvi che le scene in corsivo, sono le battute di scena mentre sono sul set. =) Alla prossima. <3

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Capitolo 14
*** Trying not to love you. ***


POV. Nina Dobrev.

Mi aggiusto il gilet di jeans e ravvivo i capelli, mentre entriamo nel grande edificio quasi deserto. Ian cammina con fare disinvolto poco distante da me. Non mi tiene per mano come al solito. I miei commenti di ieri lo hanno turbato, ne sono consapevole. Ma ora come ora non posso comportarmi diversamente. Posso cercare di comportarmi come prima, ma fino ad un certo punto. Non solo per le persone che ci sono intorno, per la nostra immagine o per i giornalisti… Ma anche per restare fedele a me stessa. Alle decisioni che ho preso.  Lui si volta per guardarmi, mi sorride, ricambio cercando di tranquillizzarlo, prima di vederlo sparire in una stanza bianca.  Una ragazza bionda e carina mi si avvicina esitante.

<< Ciao Nina! E’ così bello incontrarti! Ti.. posso chiedere una foto? >>

Sembra molto dolce.

<< Oh, ma certo! Vieni qua. >> 

Si avvicina, poggia la testa accanto alla mia e scatta un paio di foto.

<< Grazie mille! Ti seguo da tanto… e volevo solo dirti che sei stupenda, e che ti voglio un mondo di bene. >> 

L’abbraccio forte. Sentire queste cose dai fan è sempre così gratificante e speciale.

Lei si guarda intorno, con gli occhi che le brillano. Sta cercando Ian. Mi chiedo se anche io ho quello sguardo quando lo guardo o penso a lui. Poco dopo Ian esce dalla stanza e lei sorride felice. Si avvicina a lui sempre esitante, per paura di disturbarlo. Lui le sorride amichevole come al solito, parlottano di qualcosa, si mettono in posa ed è lui a mantenergli il telefono. Immagino come i suoi occhi azzurri spiccheranno nella foto. Penso che fra meno di mezz’ora tutto il web saprà che siamo stati insieme in questo posto. Poco dopo Ian mi si avvicina.

<< Le ho chiesto di non dire niente… Ha scattato le foto in posti diversi, non si capirà nulla. O almeno lo spero. >>  

Sgrano leggermente gli occhi. Lui continua a fissarmi.

<< Ti ho già detto che il tuo sguardo dice molto. So che eri preoccupata. So che lo sei costantemente. >>  

Mi accarezza leggermente i capelli mentre io continuo a restare in silenzio.

<< Accetterò tutto questo… Anche se vorrà dire trattenermi davanti al mondo. Ma.. non essere triste. >>

Sento lo stomaco attorcigliarsi. Scuoto la testa.

<< Non sono triste. Ma tutto questo non ti basterà. Non per sempre. Adesso… Devi andare no? >>

Ho chiuso un discorso che so lui riaprirà in seguito. Continua a fissarmi per qualche secondo, poi annuisce e si volta,  avviandosi verso l’assistente che lo sta aspettando.  
 

POV Ian Somerhalder.

Continuo a rigirarmi in un letto vuoto. Un letto troppo grande, troppo freddo. Stringo i lembi delle lenzuola, vorrei cadere in un sonno profondo e senza sogni. Vorrei oscurare tutti i pensieri che continuano a torturarmi.  Sono tornato nel mio vecchio appartamento, stanotte. Lei aveva da fare, doveva andare in giro e vedere delle persone. In modo sottile mi ha fatto capire che non mi voleva con se. E in modo altrettanto sottile non le ho fatto pesare la cosa. Ma in realtà mi pesa. E anche tanto. Sapevo che le cose non sarebbero tornate perfettamente come prima… Ma ieri mattina, a letto insieme, mentre continuava a guardarmi con quell’aria felice, ho pensato, sperato, che magari sarebbero potute andare anche meglio. Mi ha accompagnato al centro come aveva promesso, è stata dolce e gentile, amabile. Ma aveva l’espressione sempre un po’ tirata, inquieta. E odio vederla in quel modo. Odio non poter far nulla. All’improvviso sento l’iPhone vibrare insistente sul comodino, mi sporgo per vedere chi potrebbe mai essere a quest’ora è c’è il Suo volto che lampeggia sul display. Aspetto qualche secondo prima di rispondere.

<< Ehi.. >> 

Mi aspettavo musica, schiamazzi e urla, ma non sento nulla. Solo il suo respiro.

<< Ciao.. >> 

La sua voce è dolce come il miele.  Mi godo quei secondi di leggero imbarazzo misto all’attesa.

<< Sei ancora sveglio. >> 

<< Si, non riuscivo a dormire. Tu sei ancora in giro? >>

<< No in realtà… Sono a casa.. E.. io.. >>

Smette di parlare, sospira, prende fiato. Posso quasi vederla, mentre si morde il labbro indecisa, in difficoltà.

<< Tu.. cosa? >>

<< Io mi aspettavo di trovarti qui... >>

Resto interdetto e confuso. Questo non me l’aspettavo. Ma non posso accettare un comportamento del genere.

<< Nina questa è casa mia. >>

<< Volevi ferirmi con questo commento? Ci sei riuscito. >>

Mi si stringe il cuore per una frazione di secondo.

<< Solo perché ho dormito con te l’altra notte non vuol dire che le cose siano tornate come prima, no? Non è questo che hai tentato di farmi capire tutto il giorno? >>

Resta in silenzio per diversi minuti.

<< Nina? >>

<< Vieni qua. >>

Ha la voce spezzata, sembra stia… Piangendo. Ma forse è solo una mia impressione.

<< Cosa hai detto? >>

<< Mi hai sentito. Vieni qua. Ora. Ti prego Ian.. >>

<< Nina sono le due di notte.. Non puoi chiamarmi e pretendere che.. >>

Non mi fa finire di parlare.

<< Ian…Non pensare al resto. Vieni da me.  >>

Ha quel tono di voce. Il tono di voce supplichevole e sincero che usa per scusarsi o per dirmi le cose importanti. Sento un brivido scendermi lungo il corpo. Mi arrendo.

<< Arrivo. >>  

Attacco e butto l’iPhone da qualche parte sul comodino, il suono continua a rimbombarmi nelle orecchie. Scendo al volo dal letto, mi infilo un pantalone e una maglietta. Sono furioso.  Come può condizionarmi in questo modo? Come posso fargliela passare liscia ogni volta? Sbatto la porta dietro le mie spalle, scendo al volo le scale per arrivare al parcheggio e in due minuti sono in macchina. Lei esce, va a divertirsi e poi pretende che io resti a casa ad aspettarla? Metto la terza e imbocco la strada che porta a casa sua. E quel tono di voce, quel tono di voce capace di farmi fare pazzie. Capace di annullarmi i pensieri, di farmi seccare la bocca e sgranare gli occhi… Come Damon sgranava gli occhi per Katherine nel 1864…
 


<< Allora ragazzi, questa è la prima scena in cui vedremo Damon e Katherine insieme. E’ da qui che si iniziano a capire i sentimenti tormentati che spingono Damon a fare determinate cose. Quindi Ian, mi raccomando. >> 

Annuisco mentre Julie da le ultime direttive. Sono mezzo nudo sotto delle coperte bianche, su un letto enorme, circondato da diverse persone. Dopo pochi secondi Nina spunta da dietro una porta, ha una gonna ampia nera con un bustino dello stesso colore che le mette in risalto la vita magra. I capelli castani sono mossi e acconciati alla perfezione. Mi sorride facendo una leggera piroetta su se stessa. Ricambio il sorriso. Solo il pensiero di doverla baciare…

<< Bene Nina, sei bellissima. Entra nel letto con Ian e sistematevi come da copione. >> 

Si avvicina al letto.

<< Su fammi spazio. >>

Mi scosto leggermente dal bordo per permetterle di entrare. Si gira su un fianco dandomi le spalle. Cerco di ripassare mentalmente le mie battute. Cerco di non soffermarmi sulle sue spalle nude. Ci coprono con il lenzuolo e io mi avvicino così tanto a lei da far aderire i nostri corpi alla perfezione.

<< Ian.. >>

Mi sussurra piano. Mi sporgo per sentirla meglio.

<< Scusa ma… Sei ridicolo con quei capelli. >>

Soffoca una risata mentre si sente  “AZIONE” mi sospingo addosso a lei circondandola con le braccia mentre entrambi ridiamo di gusto.

<< Ma che fai? Smettila.. Basta! >>

Continua a ridacchiare e io continuo con lei.

<< Forse. >> 

In due secondi si gira e mi fa stendere sulla schiena. Ha le gambe ai due lati della mia vita.

<< EHHH STOP.  Perfetti. Nina non muoverti vengono ad applicarti il trucco per gli effetti intorno agli occhi e i canini. >>

Si aggiusta meglio la gonna e si fa più avanti rimanendo quasi in equilibrio sulle ginocchia. Le sfioro il fianco con una mano.

<< Ti faccio male? >>

Ridacchio.

<< Assolutamente no. E… dai non sono così male con questi capelli. >>

Lei scoppia di nuovo a ridere.

<< Ti prego Ian. Sono tremendi. >>

Si porta una mano davanti alla bocca. E Io vorrei dirle che non deve coprire quel sorriso splendido. In pochi minuti le applicano il trucco e le portano i canini che riesce ad inserire con facilità.

<< Bene riprendiamo. EHH AZIONE! >>

Spalanca la bocca, mantenendomi le braccia sopra la testa. Ne libero uno per sfiorarle il viso. E lei mi mantiene il polso.  E’ talmente bella, anche con quelle cose in faccia, che mi risulta fin troppo facile interpretare l’espressione di Damon. Innamorata, sorpresa, persa e adorante. Le sfioro le labbra. E poi faccio scendere la mano più giù verso il suo collo… Fino al suo seno… al suo fianco…  Deglutisco cercando di non pensare all’effetto che  mi fa.

<< EHHH STOP >>

Arrivano a rimuoverle canini e trucco. Ritorna Nina. I suoi occhi non si staccano un secondo dai miei.

<< Perfetto adesso giriamo la scena del bacio e finiamo. Più tardi faremo quella con Emily che entra a disturbare. >>

Lo sguardo di Nina vacilla per un paio di secondi. Si riaggiusta il vestito e mi sorride.

<< EHH AZIONE >>

Mette il broncio sorridendo. Si mantiene con le braccia poggiate al materasso.

<< Ohh la festa è finita.. >>

Metto il broncio anche io.

<< Noo.. >>   

Gli riporto la mano al viso, sfiorandole i capelli mentre lei si piega sui gomiti per baciarmi. Facendo aderire il suo petto al mio. Mi porta una mano al mento e quasi mi dischiude la bocca. Prima che le sue labbra sfiorino le mie porto anche l’altra mano sul suo viso, tirandola a me. Le cingo il viso con le mani, mentre lei mi accarezza il mento e la guancia. Le sue labbra socchiuse sfiorano le mie, sono terribilmente morbide e calde, premono piano, le stringo di più il viso e socchiudo le labbra, cercando di far restare le cose ad un semplice bacio di scena. Ma entrambi sappiamo che così non è… 


 

Arrivato sotto il suo appartamento, salgo le scale a due a due. Non sono i ricordi brutti a fare male, ma quelli belli. Arrivato davanti alla sua porta busso un paio di volte, più forte del previsto. Due secondi dopo è spalancata. Come se mi stesse aspettando sull’uscio. Ha gli occhi umidi, i capelli sciolti sulle spalle e indossa la sua camicia di seta preferita.

<< Sei qui.. >>

Non riesco nemmeno a dirle una sola parola del discorso che mi ero preparato, non fa in tempo a chiudere la porta che si butta tra le mie braccia. Mi prende il viso portandolo contro il suo, mi bacia le labbra senza curarsi di nulla, si aggrappa al mio collo, mentre io faccio lo stesso con i suoi fianchi. Cerco di restare lucido, cerco di non farmi distrarre dal suo profumo, dalla morbidezza della sua bocca.. Mi divincolo per guardarla negli occhi..

<< Nina.. tutto questo non ha senso… >>

Annuisce decisa.

<< Ha senso.. Questa sera, mi mancavi così tanto che.. Stavo per impazzire Ian. Non ce la faccio, non posso restare lontana da te. Io ci provo, ci provo con tutta me stessa… Ma non posso. Non posso farlo.  >>

Mi sciolgo al suono di quelle parole ma scuoto la testa. Gli prendo i polsi tra le mani.

<< No Nina… Non posso, non possiamo comportaci in questo modo. Lo capisci?! Non posso restare in un letto vuoto senza di te, non posso accettare questo…Non posso sentirmi logorato al pensiero di non averti accanto ogni giorno e ogni notte… >>

Si spinge di nuovo contro di me, baciandomi con più passione di prima. Infila le mani sotto la mia maglietta, mi sfiora la pancia, i fianchi, me la sfila dal collo mentre continua a baciarmi. Mentre mi accarezza le spalle.  La blocco di nuovo. Mi guarda negli occhi, i suoi sono pieni di desiderio, tristezza, bisogno… Amore?  Riprendo a baciarla trascinandola nella stanza. La sua camicia di seta scivola sotto i nostri piedi mentre le bacio il collo magro.

<< Dillo Nina..Dillo ora.. >>

Lei capisce e scuote la testa continuando a sfiorarmi i capelli. 

<< Ho bisogno di sentirlo…Ti prego… Smettila di scappare. >>

Prova a baciarmi di nuovo ma mi scosto da lei. Faccio qualche passo indietro.

<< Di cosa hai paura? >>

Quasi urlo. Pazzo di rabbia, d’amore.

<< Sono quasi quattro anni ormai… Quattro anni! Ti sono stato vicino, mi sono preso cura di te… Ti ho dato tutto quello che volevi. Ti ho amata come non ho mai amato nessun’altro in vita mia. Hai voluto il tuo spazio e te l’ho dato, ti sono stato lontano per mesi. Ho cercato in ogni modo possibile di non pensarti, di distrarmi, credendo che rivedendomi mi avresti allontanato ancora, ma così non è stato. Fin dal primo mento. Ti sei gettata tra le mie braccia poi mi hai respinto di nuovo. E sei tornata indietro ancora una volta.  Ieri mi hai chiesto cosa volevo e te l’ho detto. La domanda è un’altra… cosa vuoi Tu?! >>

I suoi occhi guizzano di rabbia.

<<  Vuoi davvero saperlo? Vorrei essere libera. Vorrei vivere la mia vita, divertirmi, andare in giro con i miei amici, ridere fino a notte fonda e godermi al massimo ogni momento… >>

Si prende una pausa mentre sento il cuore farsi pesante parola dopo parola.  Cerca di asciugarsi le lacrime con i palmi delle mani.  La sua voce si alza di tono..  

<< Ma ci sei tu! Ci sei tu sempre, ovunque. In ogni parola, in ogni posto… In ogni dannata canzone. Ci sei stato tutta l’estate, e ci sei ancora ora! Ho paura di come mi fai sentire, di come ti comporti… Ho paura della vita che vuoi, del modo in cui mi ami… E ho paura del mio amore per te. Perché non ho mai smesso, nemmeno per un secondo… >>

Mi avvicino a lei mentre continua a parlare.

<< Nemmeno per un secondo…di amarti. Non potrò mai farlo.. Sin dal primo momento, sin dal primo istante in cui i tuoi occhi mi hanno guardata in quel modo, proprio come mi stai guardando ora... E odio sentirmi così. >>

Vorrei solo concentrarmi sulle parole che contengono “amarti”. Ma tutto quello che ha detto prima, il modo in cui ha descritto la sua vita, il modo in cui la vuole…

<< E’ per questo? Sempre per questo? Ho capito che non vuoi sposarti, che non vuoi fare le cose seriamente. Sono anche tornato nel mio appartamento. Ti ho detto che mi sta bene.. >>

I suoi occhi non si staccano dai miei. Scuote la testa.

<< Stai mentendo. Lo sappiamo entrambi. Pensi che non lo veda? Pensi che non lo sappia? Ti logora tutto questo… >>  

I suoi occhi riescono a farmi sentire talmente… Perso. All’improvviso mi torna in mente una cosa che ho pensato tempo fa. Una cosa molto strana. Mi sento come un’autostrada riparata. Di solito sulle autostrade non ci sono molte buche, ma quelle poche, vengono subito ricoperte con dell’asfalto nuovo. E si spera che prima o poi il nuovo asfalto si confonda con quello vecchio, ma non è mai così. Resteranno per sempre queste macchie più scure o più chiare sopra l’asfalto originale. Il mio cuore aveva una buca enorme, si può dire che praticamente ne mancava una metà. E adesso eccomi qua con il cuore rattoppato davanti alla causa della buca e all’asfalto nuovo. Mi chiedo se prima o poi tornerà come prima. Prendo fiato.

<< Non devi saperlo tu. Devo saperlo e deciderlo io. >>

Mi avvicino di nuovo a lei sfiorandole il viso con la mano e continuo a parlare.

<< Te l’ho detto. Mi sta bene tutto. Potrò anche arrabbiarmi e urlarti contro… Ma questo non cambia il fatto che ti amo. E continuerò a farlo. Fattene una ragione. >>

Cerca di guardare ovunque tranne che nella mia direzione. La stringo contro di me, le alzo il viso e la bacio di nuovo. La bacio lentamente mentre tenta di resistermi. Ci vuole più tempo del previsto per farla sciogliere. Le accarezzo le punte dei capelli, la schiena nuda, la linea del suo fianco..

<< Amami e basta. >> 

Le sussurro all’orecchio. E lei non se lo fa ripetere due volte. Riprende a baciarmi con più passione di prima, a passarmi le mani tra i capelli, tirandomi verso di lei. Quando finisco sul letto, mi sento molto Damon. Totalmente travolto da lei. Si ferma all’improvviso e mi accarezza il braccio, passa l’indice su e giù sul tatuaggio all’interno del destro.

<< Qui e ora. >>  

Sussura piano malinconia. Mi siedo sul letto, mentre le stringo la vita, baciandole la pelle sotto il collo.

<< Solo ora. Solo noi. Al resto… Penseremo domani. >> 

Mi cinge il viso tra le mani, guardandomi per un interminabile secondo. Subito dopo sprofondiamo nei cuscini e tra le lenzuola, lasciando dietro di noi ogni preoccupazione. Almeno per questa notte. 

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Capitolo 15
*** Let's go to Comic-Con! ***


POV Nina

L’aria fresca della notte mi punge le braccia scoperte. Sbadiglio. Siamo svegli da più di nove ore. E stiamo girando scene da altrettanto tempo. Le settimana in notturna è davvero faticosa ma anche molto divertente. Vedo la chioma bionda di Candice muoversi avanti e indietro nell’oscurità, sotto a delle luci enormi. Lo fa per restare sveglia e nel frattempo ripetere le battute. Io invece sono seduta, in realtà rannicchiata, sul muretto all’estremità del set. Vedo una mano familiare porgermi un bicchiere di caffè fumante. Alzo gli occhi e incrocio quelli azzurri di Ian. Con il buio brillano ancora di più.

<< Allora? Pronta per le ultime scene? >>

Porto il bicchiere alle labbra, il liquido nero alla cannella mi risveglia i sensi. Sospiro spostando lo sguardo sui ragazzi che stanno preparando le ultime attrezzature sotto dei capannoni bianchi. Lui si siede accanto a me. 

<< Pronta come sempre. >>

Mi accoccolo contro il suo braccio, godendomi il momento di pace. Sento il suo respiro tra i capelli, mentre mi preme le labbra sulla fronte. Mi viene in mente una cosa e mi porto una mano al viso.

<< Ahh… Mi sono dimenticata di prendere il cuscino. Secondo te possiamo passare per casa prima di partire? >>

Lo sento sorridere contro la mia testa.

<< L’ho preso io. >>  

Mi scosto per guardarlo. Sorride tranquillo, leggermente stanco.

<< Ma siamo usciti insieme, non l’ho visto. >>

<< L’avevo già portato in macchina. >>   

Mi sporgo un po di più verso di lui e gli do un leggero bacio sulle labbra.

<< Grazie. Mi hai salvata, come sempre. >>

Mi stringe un fianco, mi accarezza la schiena, mi sfiora i capelli. C’è così tanta adorazione in ogni suo gesto da farmi sentire in colpa per questi due mesi, per il dolore che gli ho causato, per tutte le litigate, per le urla. Per averlo accusato di amarmi in modo sbagliato. Dopo le discussioni dei giorni precedenti, siamo arrivati ad un conclusione: vivere il presente. Entrambi vogliamo un futuro diverso, ma allo stesso tempo vogliamo restare insieme. Continueremo a lottare fra di noi e per noi. Quella notte insieme, dopo quel furioso litigio, ha fatto bene ad entrambi. E adesso siamo tranquilli. Basta tenere i discorsi scottanti chiusi da qualche parte. E per il momento, va bene così. Mi stiracchio allargando le braccia e lui ridacchia soddisfatto. Gli do una leggera spinta, e lo bacio di nuovo.
 

POV. Ian

Le sue labbra sanno di caffè alla cannella. Sono morbide e calde, mi fanno venir voglia di prenderla e portarla a casa. Di rannicchiarci insieme sotto le lenzuola e di dormire fino a domani notte.  

<< Ian, Nina! Tocca a voi! >>

La voce di qualcuno giunge dall’oscurità a richiamarci, a interrompere questo momento perfetto, mi alzo e le porgo la mano.

<< Andiamo piccola, su manca poco  e poi potrai dormire per ore in aereo. >>

Mi sorride, fa un saltello per alzarsi e lancia qualche pugnetto in aria.

<< Sono super carica! Forse sei tu quello che ha bisogno di dormire. >>

Fa qualche movimento per sgranchirsi tutta, si tira indietro i capelli e aggiusta le spalle sorridendomi ammiccante. Mi fa l’occhiolino e si avvia verso il centro del set.  La richiamo sorridendo.

<< Ehm.. piccola? >>

Lei si volta interrogativa. Gli indico il lato opposto con il dito, il grande edificio dietro di noi.

<< Dobbiamo andare da quella parte. Scene in casa. Ricordi? >> 

Resta interdetta per qualche secondo, poi scoppia a ridere.

<< Hai ragione Smolder! Me ne ero dimenticata. >>

Sorrido sentendo il nomignolo con cui ogni tanto ancora mi chiama. Attraversiamo tutto il piazzale esterno, passiamo attraverso i corridoi con i camerini e la sala trucco, scendiamo per una mezza cucina di casa Gilbert ancora da smontare, e arriviamo al salone dei Salvatore. Poi in camera di Damon. Eric e Dean, due degli addetti alle scene interne ci stanno aspettando. Prendiamo posizione sulle x al centro della stanza, l’una poco distante dall’altra. I punti da cui dobbiamo partire.  Joshua arriva trafelato, con un sorriso enorme.

<< Ecco i miei ragazzi! Bene.. pronti… Motore...EHHH AZIONE! >>

Nina cammina avanti e indietro per la stanza.

<< E nell’ala est ci sono la lavanderia, il bar e la biblioteca. E’ più grande di quanto immaginassi. >> 

Mi sorride ammiccante, completamente felice. Mi avvicino a lei per prenderla tra le braccia.

<< Vorrei dirti che mi interessa tutto questo, ma non è vero. Anche se apprezzo il tuo entusiasmo. >>  

Ridacchio divertito mentre cerco di baciarla, lei si scosta sorridendo.

<< Scusami, avevo dimenticato che tu hai visto i migliori collage del paese. >> 

Sottolinea la cosa ironicamente. Io mi avvicino di nuovo a lei e le stringo un fianco.

<< In realtà ho visto i migliori collage del mondo. Parigi, Londra, Roma.. >> 

Lei spalanca gli occhi sorpresa, sognante. Continuo con le mie battute.

<< Hai tutto il tempo del mondo. Potrai vedere tutto.>>

Uno sguardo di rimprovero accende i suoi occhi, misto a divertimento nascosto.

<< Questa noiosa cittadina che proteggi oramai da diverso tempo deve andarti molto stretta con tutto quello che hai visto. >>  

Faccio spallucce e sorrido alzando solo un angolo della bocca.  In un secondo la tiro a me e la bacio. Le sfioro il collo lungo, la guancia liscia, l’angolo della bocca. Sospira teneramente sulle mie labbra e mi sfiora i capelli e le spalle. 

<< EHHH STOP >>

Josha ci interrompe proprio quando le cose iniziavano a farsi interessanti. La sua voce carica ci da le prossime direttive.

<< Adesso c’è la scena dello scambio del sangue. E… >> Controlla il copione, leggendolo velocemente. << E Elena berrà dal polso di Damon. Come sapete le zanne verranno aggiunte dopo, quindi Nina dovrai essere sexy anche senza quelle per il momento. >>

Nel frattempo due addette al trucco mi chiamano per tracciarmi i segni dei denti sul polso, ormai sono talmente abituate a farlo che ci mettono molto meno tempo che all’inizio. Il sangue finto verrà aggiunto dopo. Torno al mio posto. Di fronte a lei.

<< Motore.. Ehhh AZIONE! >>

Mi avvicino per riprenderla a baciare con più intensità e trasporto. La sento tremare sotto le mie mani, e so che non sta recitando. Si stacca da me, mi spinge leggermente di lato.

<< Ho fame. >>

Le sue labbra tramano leggermente. Le porgo il polso, sorridendole, incitandola. Sorride anche lei e mi stringe la mano mentre mi morde leggermente l’incavo del polso, continuando a guardarmi negli occhi, si appoggia al mio petto e mi sospinge accanto al letto.

<< EHHH STOP! >>

Joshua ci sorride da dietro la telecamera.

<< Perfetti. Adesso Ian devi stenderti direttamente sul letto. >>

Arrivano le ragazze con il sangue finto. Nina fa una smorfia di disgusto. Ridacchio guardandola. Si stende accanto a me, mi sporcano il polso con quella roba appiccicosa, e rimarcano meglio i due buchetti, per farli sembrare più reali.  Mi sporgo verso di lei per portarle il polso all’altezza della bocca. 

<< Motore... Ehhh AZIONE! >>

Si aggrappa al mio braccio mentre continua a mordicchiarmi il polso, facendo finta di bere con beatitudine. Io la fisso adorante, sfiorandole il corpo con lo sguardo. Si stacca un secondo, mi fissa sorridendo con il labbro inferiore leggermente macchiato. Mi scavalca per baciarmi le labbra, di nuovo. Ancora e ancora. Mi siedo avvolgendola con le braccia, alzandole la maglietta. Proprio come ho fatto nel nostro letto qualche notte fa. Lei fa lo stesso con me, e la getta lontano da noi. Mi bacia l’incavo del collo e la spalla destra. E’ lei a dettare le regole. Si aggrappa al mio collo e proprio in quel momento mi giro per mettermi sopra di lei e farla distendere sul materasso. Sorride mentre riprende il mio volto e lo porta contro il suo. Gli traccio una leggera scia di baci sul petto e la pancia, risalgo lentamente e mi perdo in quei suoi occhi scuri.

<< Ti amo... >>  

I miei vacillano per qualche secondo. Il modo in cui l’ha detto è fin troppo vero. Torno a baciarla poco prima di sentire lo “STOP” di Joshua. Mi rialzo per guardarla in viso. Ha le labbra leggermente socchiuse, ancora macchiate di rosso, i capelli sparsi sul cuscino e gli occhi lucidi.  

<< Bene ragazzi e adesso via i vestiti forza, non fate i timidi. >> 

Nina si spoglia in due secondi, restando con l’intimo di pizzo avorio che gli hanno scelto per questa scena. La preparano per il morso che dovrò darle. Le stendono uno strato di trucco sulla parte inferiore del collo, facendole dei segni simili ai miei, la ricoprono di sangue. Mi spoglio anche io restando con i boxer neri. Ormai è fin troppo d’abitudine restare in queste condizioni sul set. Lei si ristende sul letto e mi sorride ammiccante. Riprendiamo posizione.

<< Ehhhh AZIONE! >>

Le bacio il collo, le spalle e l’incavo del petto. Lei sospira, si stringe di più a me. E quando i nostri occhi si incrociano sussurra piano.

<< Damon… >>

Reclina in collo verso sinistra e chiude gli occhi. Invitandomi a posare le labbra su quel punto. Faccio finta di morderla, il sangue scivola e cade macchiando di rosso le lenzuola bianche. Stringe le gambe intorno alla mia vita, sollevandosi leggermente per far aderire tutto il suo corpo al mio. Sento di essere in paradiso. Quasi quanto lo è Damon.   
 

POV Nina 

Quando mi siedo sul mio comodo posto di prima classe, allungando le gambe e stiracchiando le braccia, sento finalmente di poter riposare e chiudere gli occhi.

<< Ecco a lei signore. >>

L’hostess bionda e perfetta si affaccia sui nostri posti e tiene lo sguardo fisso su Ian, mentre gli porge un bicchiere di vino rosso. Lui ringrazia sorridendole. Lo guardo mentre porta il bicchiere alle labbra e beve un sorso, continuando a tenere lo sguardo fisso sull’iPhone. Ormai ci sono abituata. Non se ne separa mai. Gli occhiali da sole scuri che porta mi impediscono di vedere le sue iridi azzurre, ad un certo punto si volta e mi sorride. Si alza per prendere il cuscino da sopra il porta bagagli e me lo porge.

<< Stai crollando. Dormi un po’. >>  

<< Anche tu dovresti. Altrimenti perderai il tuo bel faccino riposato. >>

Lui sorride alzando gli occhi al cielo da dietro gli occhiali. Intuisco quel gesto familiare.

<< Ti preoccupi del mio aspetto? >>

Scuoto la testa e mi avvicino per baciarlo. Le sue labbra sono morbide e fresche, sanno di vino rosso e caffè.

<< Nemmeno un po’. Dovresti solo prenderti un po’ più cura di te stesso. Non ti fermi un secondo, e questa cosa non mi piace e po… >>

Mi posa un dito sulle labbra.

<< Shh. Ho capito. Vedrò cosa posso fare. >>

Si sistema sul suo sedile e si mette in posizione per fare una foto con il bicchiere di vino in mano. Lo guardo interrogativa.

<< Così i fan sapranno che stiamo andando da loro. >>

Candice e Kat passano in quel momento per prendere posto davanti a noi. Kat mi fa l’occhiolino e mi sorride contenta. Mi volto di nuovo verso Ian, ha la testa poggiata contro il vetro per godersi la salita iniziale. Sorrido prendendogli la mano, sentendo le sue dita intrecciarsi alle mie.  

 
POV. Ian 

Trascino la valigia fino al minivan che ci sta aspettando, non perdo di vista Nina. Indossa una camicia leggera corallo, quindi sarebbe facilmente individuabile anche in mezzo ad una folla si persone. Quel colore è perfetto per la sua carnagione. Lei ha il cuscino sotto braccio e la sacca dei vestiti di ricambio. Sembra felice e tranquilla. Non ha un contatto con i fan da molto tempo, e anche se molti pensano che a lei non piacciono perché non partecipa alle Convention, in realtà io so che non è così. Ha solo paura di loro. Ma ci tiene, e anche tanto. Arriviamo davanti al minivan, Kat e Candice sono già dentro e hanno già posato le loro cose. Lei si sistema gli occhiali da sole e guarda verso sinistra, notando il gruppetto di persone che ci sta salutando e chiamando, qualcuno scatta delle foto. Lei sorride sinceramente e alza la mano per salutare. Io la imito. Questa è la nostra prima uscita pubblica dopo tanto, sono leggermente nervoso, ma anche felice di averla al mio fianco di nuovo. Le ragazza spariscono appena entrate nell’edificio, devono prepararsi. Nina mi saluta mandandomi un bacio di nascosto. Attraverso qualche corridoio, scortato da due ragazzoni enormi, prima di intravedere i capelli di Paul accanto  ad una porta.

<< Ian! >>

Ci abbracciamo dandoci delle pacche sulle spalle, da bravi fratelli.  Entriamo nella stanza dove dobbiamo fare l’intervista e ci mettiamo comodi. Sento già la mancanza di Nina. Saperla così vicino e non poter stare con lei, dopo due mesi lontani, è una tortura anche peggiore. Rispondiamo alle domande, facciamo qualche battuta, e in dieci minuti siamo fuori. Interviste lampo da Comic-Con. Il tempo passa tra incontri, urla dei fan, e una piccola sessione autografi. Poi c’è il momento delle foto per TVGuide. Le ragazze ci stanno aspettando. Nina si è cambiata, ha un vestito rosso e nero a motivi particolari, è ancora più bella. Il calore del suo sorriso mi scalda il petto. Le sorrido anche io. Non dice una parola, ma corre ad abbracciare Paul. Quando entriamo nella stanza bianca, per le foto, siamo tutti sorridenti e eccitati. Ogni anno è sempre la stessa storia.

<< Oh! Il cast dello show più seguito sulla CW! Entrate ragazzi! >>

Scambiamo quattro chiacchiere con i fotografi.

<< Mettetevi come volete, facciamo le ragazze in mezzo ai ragazzi? Che dite?  vi voglio sorridenti al massimo. Ragazze siete uno splendore. >>

Nina, Kat e Candice sorridono e si stringono tra di loro. Quando ci danno il via per metterci in posa guardo Nina, vorrei mettermi accanto a lei come ogni anno, ma non mi degna di uno sguardo. Capisco il messaggio sottinteso e mi avvicino a Kat. Lei mi sorride e so che ha capito. Mi abbraccio a lei, mentre guardo Nina stringersi a Paul. Primo scatto. Ci stacchiamo per cambiare posizione e lei butta i capelli in avanti, si stringe a Candice e Paul. Secondo scatto. Non riesco a staccarle gli occhi di dosso. Kat quasi perde l’equilibrio e la tengo stretta a me, i miei occhi tornano su Nina. Terzo scatto. Continuiamo così per un’altra manciata di minuti, fino a quando ci dicono che abbiamo finito. Quando usciamo dalla stanza, Nina mi fa segno di seguirla, ci stacchiamo un secondo dal gruppo, e svoltiamo in un piccolo corridoio deserto. Mi prende per un polso e mi mette davanti a lei.

<< Cosa stai facendo? >>

Sgrano gli occhi sorpreso.

<< Nulla. >>

I suoi si addolciscono per un secondo. Mi sfiora la guancia con una mano.

<< Lo so che è difficile. Lo è anche per me. Ma… Continui a tenermi gli occhi addosso. >> 

Resto in silenzio. Cerco di mantenere sotto controllo il risentimento. Ma quello che provo in questo momento è soprattutto imbarazzo. Distolgo lo sguardo da lei, sorrido guardando il pavimento.  

<< Hai ragione, d’accordo. >>

Lei mi sorride di nuovo, non coglie nulla nel mio sguardo o forse fa solo finta. Si sporge verso di me e mi da un leggero bacio sulle labbra. Vorrei trattenerla, vorrei stringerla e non lasciarla andare… Ma non posso farlo.    
 

POV. Nina

So quello che lui sta provando. E’ quello che provo anche io. I miei occhi lo cercano ogni secondo, ogni momento. So quanto è difficile. Ma io devo fare la dura della situazione, devo prendere decisioni che mi portano a ferirlo e a ferirmi. Raddrizzo le spalle, e mi sistemo il vestito. In realtà sono felice, tralasciando tutto questo. Ho sempre adorato il Comic-Con e adoro essere qua con lui, anche se non possiamo comportarci liberamente come al solito. Avanziamo insieme, tutti e sei, Caroline si è aggiunta a noi per l’intervista con EW, scambio qualche parola con lei. Quando arriviamo nella stanzetta dove si dovrebbe tenere l’intervista, mi rendo conto che Ian non è più con noi. Mi guardo intorno, cercandolo, fino a che non incrocio gli occhi di Paul. Annuisce piano, sorridendo e indica un punto alle sue spalle. Mi alzo sulle punte per guardare e vedo Ian impegnato in una conversazione con un paio di persone. Continua a gesticolare con le mani e capisco che sta parlando della ISF. Nel frattempo noi prendiamo posto nella stanza. Mi siedo tra Kat e Candice, accanto a lei c’è Caroline e poi Paul seduto sul bracciolo del divanetto. Ian arriva sorridendo e salutando e si siede sul bracciolo accanto a Kat. Ha l’iPhone fisso in mano. Inizia a dire qualcosa proprio quando l’intervistatrice –Sandra-  ci dice che stiamo per andare in onda. Mi giro per zittirlo, porto il dito sulle labbra e cerco di non ridere.

<< Shh.. >>

Mi guarda per un paio di secondi, e alza le sopracciglia in un espressione buffissima.  Si inizia con le domande e io cerco di sembrare il più tranquilla possibile. Ma riesco solo a pensare al braccio di Ian sulla mia spalla, e alla sua mano che giocherella distratta con i miei capelli. Ian e Paul iniziano con delle battute sul fatto che la mattina si portano il caffè e si svegliano insieme, scoppiamo tutti a ridere. E mi ricordo della cover dell’iPhone di Ian.

<< Oh, mostra la cover dell'iPhone! >>

Allungo una mano per prenderla, ma la mostra lui tra i sorrisi generali. Non so perché ma mi ritrovo a stringergli il polso, anche se è perfettamente in grado di mantenere da solo un oggetto così leggero.

<< Forse dovremmo dire che è un fotomontaggio. >>

Paul precisa e Ian continua, mentre ridiamo tutti quanti.

<< Beh si in realtà queste sono due foto, dei paparazzi. Una in cui io ero con Nina, mentre Paul era con Torrey. >>  

Quando sento il mio nome unito al suo, quando sento pronunciarlo con così tanta leggerezza e un pizzico di felicità, mi si scioglie il cuore.

<< Questa è la mano di Nina. >> 

Lui mi guarda sorridendo e io indico la cover.

<< Si è la mia mano. >>

Ci guardiamo per una frazione di secondo e so che anche lui sta ricordando quel periodo, in cui tutto sembrava così semplice e perfetto. Sorridiamo complici mentre cerco di rigirarmi e prestare attenzione a Sandra.  

 
POV. Ian 

Le ore passano veloci, tra panel e interviste. Due ragazzoni in giacca nera ci scortano attraverso l’edificio, nella zona riservata, dove paparazzi e fan non sono ammessi. Mi rilasso un po’ e mi permetto di guardare Nina. Cammina poco distante da me e parla a telefono con Julianne. Ogni tanto si gira per guardarmi e sorride. Oggi è particolarmente solare e bella.

<< Fratello, la stai spogliando con gli occhi. >>

Paul mi da una pacca sulla spalla e ridacchia sotto voce. Gli passo un braccio intorno alle spalle.

<< Hai ragione, è più forte di me. >>

<< Deve essere stato difficile starle lontano per tutto questo tempo. >>

Il suo sorriso si spegne e abbassa leggermente la testa. I suoi occhi diventano scuri. Cerco di cambiare discorso e gli chiedo del film che ha girato ultimamente. Ad un certo punto si unisce a noi anche Kat e la conversazione acquista toni più leggeri. Restiamo qualche altro minuto a chiacchierare, fino a quando non ci avvisano che è ora di andare a fare gli autografi nella sala principale. Mi guardo intorno per cercare Nina. Ma mi rendo conto che deve essere già uscita.
 

<< Ciao Ian! >>  

<< Ciao dolcezza >> 

La ragazzina con i capelli neri mi porge una foto e io la firmo e la riconsegno a lei sorridendole.

<< Ti amo tanto! >>

<< Oh anche io! Grazie. >>

Le stringo la mano per qualche secondo in più, e poi va via con le lacrime agli occhi.  Dispenso sorrisi da ormai mezz’ora, ed è sempre così bello e appagante vedere l’amore dei fan riversarsi in sorrisi, lacrime, complimenti. Nina è accanto a me, ogni tanto la guardo sott’occhi. Tutti quelli che si avvicinano a lei pendono dalle sue labbra. Mentre continuo a firmare autografi, noto un ragazzino in fila che si avvicina a lei. Avrà si è no quattordici anni. Ha gli occhi spalancati e lucidi dall’emozione. Arrivato davanti al tavolo ha quasi le mani che gli tremano. Nina si sporge per abbracciarlo e mentre firma l’autografo continua a stringergli la mano. Gli occhi del ragazzino incontrano i miei per una frazione di secondo e mi sorride con un calore incredibile. Quando va via, mi sporgo leggermente verso Nina e le sussurro all’orecchio.

<< Quel ragazzino era innamorato cotto. >> 

Lei sorride continuando a firmare gli autografi.

<< Quasi quanto lo sono tutte le altre di te… >>

I nostri occhi si incrociano e vorrei soltanto prenderle il viso tra le mani, proprio qui, in questo momento, davanti a questa folla di persone, e baciarla dolcemente e intensamente fino a toglierle il fiato.  Ma il momento dura pochi secondi. Lei distoglie lo sguardo e ritorniamo entrambi ai nostri autografi. 
 

La giornata passa in fretta, e ci manca solo l’ultima intervista. Quella sulla barca di TVGuide. Camminiamo lungo il piccolo molo, il mare grigio mi riporta alla mente vari ricordi, mi volto per guardare Nina, sorride in modo particolare e ritorna anche lei a guardare il mare immersa nei suoi pensieri…
 


<< Tre, due, uno.. >>

Il click dell’iphone ci avverte che la foto è stata scattata. Ho le labbra di Nina a pochi centimetri dalle mie e ne approfitto per baciarla di nuovo. Si sporge dalla ringhiera per vedere il mare, mentre io controllo le foto che ci siamo fatti.

<< Adoro questo posto. >>

La sua voce è tranquilla, felice. Le passo un braccio intorno alla vita per stringerla a me e rubarle un altro bacio.

<< Santa Monica. Ci torneremo. >> 

Si volta per guardarmi, sorride felice.  

<< Sul serio? Promettilo. >>

Annuisco serio e poi le sorrido.

<< Te lo prometto. >> 

Un dolcissimo sorriso fa capolino sulle sue labbra. Ma cambia espressione molto velocemente, ha le sopracciglia aggrottate e anche se ha gli occhiali, capisco che mi sta fissando con aria perplessa.  

<< Sai, penso che sia arrivata ora di tagliare i capelli… >>

Sogghigna divertita mentre mi aggiusta i ciuffetti che fuoriescono dal cappello. 

<< Nuoo… sai che se non lo fanno gli altri, io non ci penso. >>

<< Lo so, per questo te lo sto dicendo. >>  

Si aggiusta il maglioncino chiaro, e mi prende per mano. Continuiamo a camminare per un po’, quando all’improvviso la vedo sorridere mentre guarda verso un preciso. La ruota panoramica. Così ovvio, così da lei.

<< Andiamo, ti porto sulla ruota. >>

Si volta per guardarmi e annuisce sorridendo. Quando arriviamo davanti alla biglietteria, è talmente felice e eccitata che sembra una ragazzina per la prima volta
al lunapark. Entra nella cabina bianca e gialla e si siede comoda, guardando il mare. Prendo posto accanto a lei. Mi prende e mi tira più vicino a se, alza le gambe sulla poltroncina e poggia la schiena contro il mio petto. Mi sistemo per avvolgerla completamente con le braccia, e le prendo anche la mano. Quando la ruota inizia a girare per salire sempre più in alto, il suo sorriso si distende ancora di più. Poggio la testa nell’incavolo del suo collo, e le bacio la spalla.

<< Stavo pensando che potremmo passare qui le vacanze quando abbiamo tempo, o qualche fine settimana libero, visto che ti piace tanto. Che ne dici? >>

Cerco di captare il suo sguardo dietro agli occhiali scuri, ma è impassibile.

<< Dico che mi piace come idea… E dico che ti amo. >>

Sorride all’improvviso. E quel sorriso è come il sole che si alza all’alba, quando pensi che ci vuole ancora qualche attimo prima che sorga del tutto, ma poi all’improvviso, quando meno te lo aspetti, ecco che spunta. E tu non puoi far altro che restarne accecato. A volte, come in questi momenti, penso che niente valga di più. Niente valga più di lei. Lei stretta tra le mie braccia. 

<< Ti amo anche io piccola… Non sai quanto. >>

Mi abbasso più che posso per baciarla, le mantengo la nuca con le mano, e lei fa altrettanto. Continuiamo a baciarci e a guardare il mare, mentre lentamente la ruota ci riporta a terra. Ma in un modo o nell’altro, riesco lo stesso a sentirmi sulle nuvole.



 
POV. Nina.

Sento lo sguardo di Ian che mi sfiora le spalle e il viso mentre avanziamo verso il piccolo yatch. Siamo gli ultimi a salire a bordo, gli altri sono già dall’altro lato, lui d’istinto mi porge la mano per aiutarmi e io la prendo senza esitazione. Quando i suoi occhi incrociano i miei e le nostre mani si toccano, senza che possa rendermene conto, lui mi tira a sé e mi da un leggero e veloce bacio sulle labbra. Si guarda intorno con aria colpevole e quando nota che non c’è nessuno, mi sorride. Ridacchia sommessamente in quel modo che tanto amo, e riesce a farmi sciogliere. Mi prende per mano e mi trascina in un angolo della barca, vicino alla cabina.

<< Ian cosa diamine.. >>

<< Shh.. >>  

Prima che possa anche solo ribattere, mi stringe tra le braccia e mi bacia con trasporto. Sento i suoi capelli corti sotto le dita, il suo petto schiacciato contro il mio, le sue mani sulla mia schiena. E non capisco più nulla. Mi bacia per quello che mi sembra un tempo infinito, poggiando la mano sulla parete dietro di me. Quando ci stacchiamo abbiamo entrambi il fiato corto.

<< Volevo farlo da quando ti ho vista con questo vestito addosso.. >>

<< E ti sembra questo il momento adatto? >>

Il suo sorriso sghembo spunta sull’angolo destro della bocca.

<< Non mi sembra che ti sia dispiaciuto. >>

Gli do una leggera spinta.

<< Muoviamoci ci staranno aspettando. >>

Salgo i primi tre gradini e lo sento chiamarmi.

<< Nina.. >>

La sua voce è incerta, quasi esitante, come se avesse paura di aver fatto qualcosa di sbagliato. Mi volto e gli sorrido, per fargli capire che lo volevo anche io. Che non desideravo altro da stamattina. In due secondi arriviamo dagli altri e i loro sguardi la dicono lunga. Ci sediamo ai due lati opposti del gruppo, in un comune accordo silenzioso. Mi butto i capelli all’indietro diverse volte e cerco di concentrarmi. Il mio sguardo torna su di lui. E’ completamente rilassato e a suo agio, come al solito. Totalmente perfetto e bellissimo, come al solito… E mentre iniziano a farci le domande riesco solo a pensare che sarà un’impresa togliergli gli occhi di dosso.
 
Qualche ora dopo mi trovo nel grande parcheggio, la macchina mi aspetta, per portarmi all’aeroporto. Julie è già dentro. Farò il viaggio fino a LA con lei. Gli altri resteranno qua per partecipare agli eventi serali. Dovrebbero arrivare anche loro da un momento all’altro. Il loro minivan li sta già aspettando. Sto convincendo me stessa che non accenno a salire in macchina solo per salutarli, ma in realtà vorrei solo rivedere Ian prima di andare via. Proprio quando sto per perdere le speranze, lo vedo spuntare insieme a due ragazzoni imponenti. Cammina velocemente verso di me. I ragazzi si fermano all’entrata.

<< Mi hanno detto che te ne stavi già andando… >>

Fissa me e poi la macchina già in moto.

<< Te l’ho detto che partivo presto, per il compleanno di Julianne. >>

I suoi occhi si fanno scuri per qualche secondo.

<< Si, solo che non pensavo che te ne andassi via così presto. >>

E’ triste e leggermente deluso.

<< La festa… è a tema. Dobbiamo prepararci e poi il volo.. >>

Scuote la testa e sorride. Sorriso che non arriva agli occhi.

<< Non preoccuparti.. >>

Ed ecco la barriera che sta tirando attorno a lui. La vedo. Mattone su mattone. Cose non dette su sguardi evitati.

<< Ian, lo sapevi. Non puoi farmi quella faccia ora. >>

<< E quale faccia dovrei fare? Non mi hai nemmeno chiesto di accompagnarti.. >>

Mi avvicino e gli poso una mano sul petto.

<< Lo sai.. Ci sarà tanta gente e.. >>

<< Si, non vuoi farti vedere insieme a me. Non vuoi dire alle tue amiche che siamo tornati insieme. >>

E’ molto più risentito di quanto immaginassi.

<< Ian.. >>

<< Ah già.. Noi non siamo tornati insieme, giusto? >>  

E’ ferito. Lo capisco, lo leggo nei suoi occhi. Sto quasi per rispondergli quando parla ancora.

<< Sai cosa? Non fa niente.. Vai. >>

Sembra rassegnato. Si avvicina alla macchina e mi apre la portiera. Mi fa cenno di salire. Vuole chiudere la discussione. Prima di salire gli poso un bacio sulle labbra.

<< Ci vediamo domani? >>

Annuisce e cerca di sorridere. Entro in macchina e lui chiude la portiera. Mentre mi allontano da lui sento un peso premermi sullo stomaco. Mi volto per guardarlo a stento farsi sempre più piccolo da dietro il parabrezza scuro. So che anche lui continua a guardarmi. Quando mi volto di nuovo, Julie mi prende una mano e mi sorride annuendo. I suoi occhi dicono molto. E io cerco solo di trattenere le lacrime. 

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Capitolo 16
*** Love is not enough. ***


POV. Ian.

Oggi.

Quando mi volto, noto le espressioni sognanti dei presenti. Sorridenti, felici. In prima fila ci sono le nostre famiglie. Mia madre ha le lacrime agli occhi. Paul, Julie e Kevin occupano la seconda fila, insieme a tutti gli altri. Stranamente non sono nervoso. Ad un tratto, prima di quanto mi aspettassi, la musica inizia, esce dal pianoforte poco dietro di me, lenta a avvolgente. Non faccio in tempo a spostare lo sguardo che la grande porta di legno in fondo alla sala si apre, ed esce Lei. Cerco di riprendere fiato, respirare, far ripartire il cuore. Ha un abito bianco, con delle perline finemente ricamate sul corpetto che le fascia il seno, lasciandole scoperte le spalle -che tanto amo- , la gonna è leggermente più ampia, di seta, e scende coprendole le gambe fino a toccare il suolo. Mi imprimo nella mente ogni singolo dettaglio. I capelli raccolti, mantenuti da una tiara e un velo leggero, la pelle olivastra che risalta ancora di più, le mani strette intorno al buquet. E quando incrocio i suoi occhi, sento come se tutto il resto svanisse. Come se la sala si svuotasse e la musica cessasse di suonare. Ci siamo solo io e lei. Nina avanza verso di me, con passo leggero, un sorriso timido e emozionato le decora il viso. Quando ormai è a pochi passi, le porgo la mano, la prende senza esitazione, con tocco leggero.

<< Ciao.. >>
Sussurra piano.
<< Ciao. Sei bellissima. >>
La mia voce è rotta per l’emozione, me ne rendo conto. 

<< Ian.. >>
Sento qualcuno chiamarmi, ma non riesco a staccare gli occhi da lei.

<< Ian… >>

<< IAN! Svegliati! >>   

Apro gli occhi di scatto per vedere quelli verdi di Paul, puntati su di me.

<< Bentornato fratello, era ora! >>

Era solo un sogno…

<< Allora? Ce le fai? >> 

Mi stropiccio gli occhi e cerco di rimettermi in piedi. Ho ancora i vestiti di Damon addosso. 

<< Quanto ho dormito? >>

Paul alza un sopracciglio.

<< Ti sei fatto due ore di sonno. Ne avevi bisogno. >>

Sul tavolino noto il pc di Nina e mi rendo conto di essere nella sua roulotte. Mi passo la mano sul visto.

<< Dov’è Nina? >>

<< Sta girando le ultime scene… E’ passata prima, ma non ti ha voluto svegliare. E ora hanno mandato me. Ce la fai? >>

Ha lo sguardo preoccupato. Quando in realtà dovremmo essere noi quelli preoccupati per lui. Ma Paul è fatto così. Sensibile e calmo, disponibile e umile.

<< Certo fratello, dammi solo cinque minuti ok? >>

Annuisce, mi da una pacca sulla spalla e esce fuori. Lo sento allontanarsi sul selciato.

<< Si è svegliato? >>

La voce di Nina. Non sento la risposta di Paul, e prima ancora che possa alzarmi dal divano, lei sta già entrando. Ha i capelli sciolti sulle spalle e una canottiera rossa. Look alla Katherine.

<< Ehi.. >>

<< Ehi.. >>

Ci siamo detti tanti di quegli “ehi” nelle ultime settimane, che ormai ho perso il conto. Mi sorride, leggermente imbarazzata. 

<< Prima sono passata… Ma dormivi talmente bene che sai, non ti ho voluto svegliare. >>

Abbasso lo sguardo, cerco di evitare il suo.

<< Si… beh, adesso sono sveglio. Scusa se ho dormito qui…Io.. >> scuoto la testa << non so nemmeno perché non sono andato nella mia roulotte.. >> 

Lei scuote la mano. Distoglie lo sguardo.

<< Non preoccuparti… Anzi io volevo parlarti a proposito di ieri… >>

La sorpasso, cercando di arrivare alla porta. Il mio petto sfiora la sua spalla.

<< Ci siamo già detti tutto quello che dovevamo dirci... >>

<< Ma Ian.. >>

Lei allunga un braccio, vorrebbe trattenermi, ma io sono già fuori. Non voglio ascoltarla. Non posso ascoltarla. Non ora.
 

Due giorni prima… 

Sento la porta aprirsi con uno scatto. La sento entrare, posare la borsa e le chiavi. Sento il frigo aprirsi e richiudersi. Quando arriva in camera sembra totalmente stravolta. Ha i capelli scompigliati, il pantaloncino tiene scoperte gran parte delle gambe. Dannatamente bella lo stesso, anche dopo ore di volo. Mi alzo dal letto e le passo accanto, cercando di evitare il suo sguardo.  

<< Non mi saluti nemmeno? >>   

<< Ciao.. >>

Vado in cucina, mi passo una mano tra i capelli. Prendo Moke tra le braccia, lo accarezzo, cercando di calmarmi. Sento il rumore dell’acqua della doccia. I minuti passano lentamente mentre continuo a girare per casa. 

<< Ian? >>

Quando mi volto, me la ritrovo a pochi metri, sull’uscio della camera da letto, con ancora i capelli bagnati, la pelle lucida e l’accappatoio che le avvolge il corpo magro. Il cuore mi sussulta nel petto. Prendo fiato.

<< Ti sei divertita a Chicago? >> 

Il mio tono è più triste e risentito di quanto vorrei. Lei alza gli occhi al cielo, scuote la testa.

<< E’ per questo? Per Chicago? >>

Non rispondo. Cammina tra il salotto e la cucina, sistema le sue cose, continua a scuotere la testa.

<< Pensavo che avessimo messo in chiaro diverse cose, ma a quanto sembra, non è così. >> 

La guardo dall’altro lato del bancone. 

<< A quali cose ti riferisci? Al fatto che tu debba andartene in giro con altre persone, senza di me… O al fatto che sei “SINGLE” ? >>

Mimo con le dita le virgolette, per farle capire a cosa mi riferisco.

<< No. Ma avevamo deciso che mi avresti lasciato la libertà di cui ho bisogno! E che non avresti fatto polemiche per qualsiasi cosa! >> 

Faccio il giro del bancone, le sono di fronte. Gli occhi puntati nei suoi.

<< E non l’ho fatto? Non… Sono stato a guardarti per tutto questo tempo senza dire nulla? >> 

Incrocia le braccia al petto, sostiene il mio sguardo. Fredda, distaccata.

<<  Non ho fatto finta che tutta la questione su Cosmopolitan non mi toccasse minimamente? >>  

Sgrana gli occhi sorpresa.

<< Quell’intervista risale a mesi fa Ian! A poco dopo esserci lasciati! >>

Sospiro, ormai quasi rassegnato. Che senso ha combattere ancora?

<< Non vuoi proprio capire vero? Non è l’intervista. Non è la copertina… Ma sei tu. Come ti comporti… Come stai diventando… >> 

Prendo una pausa, giusto per vedere la sua espressione farsi più risentita.

<< Come sei diventata. >> 

Fa qualche passo indietro.

<< E’ a questo che volevi arrivare vero? Mi dispiace dirtelo Ian, ma non ho più vent’anni >>

Sento il petto stringersi. Lo stomaco si contorce.

<< Non è questo Nina! Ti comporti in modo diverso! Ho rinunciato al matrimonio per te, ai miei piani… A tutto quello che pensavo di volere dalla vita! Perché solo il pensiero di starti lontano, mi torturava… Ma.. >>

Mi fermo per prendere fiato. Cerco di scorgere nei suoi occhi i sentimenti che la stanno prendendo in questo momento, ma si è nascosta dietro un muro ben costruito. 

<< Ma? >> 

Abbasso la testa, distolgo gli occhi.

<< Niente. >> 

Cerco di uscire dalla stanza, ma lei mi blocca un braccio. Mi stringe forte. Continuo a guardarla senza dire una parola. Questa cosa l’ha sempre odiata.

<< Non guardarmi in questo modo! Pensi che io non ci soffra a vederti così? E ti ricordo che hai iniziato tu tutto questo! Sapevi che non avevo intenzione di sposarmi, ne abbiamo parlato tantissime volte! Ma tu.. sei stato così egoista a chiedermelo lo stesso, e spezzarmi il cuore! >>
Il suo tono di voce si è alzato. Si mette davanti a me, mi da dei pugnetti sulle spalle. Le lacrime iniziano a scenderle lungo le guance. 
<< Hai rovinato tutto! >>

<<  L’ho fatto perché ti stavi allontanando sempre di più! Lo sentivo, lo vedevo! Non… volevo perderti! Ma adesso è lo stesso! A te non importa più! >>

I suoi occhi si spalancano leggermente.

<< Non puoi davvero pensare una cosa del genere. >>

<< Pensavo che le cose sarebbero potute andare bene. Pensavo che togliendo di mezzo il matrimonio, sarebbe tornato tutto come prima. Ma più passa il tempo, più... >>

Lei mi fa cenno di tacere.

<< No, non voglio ascoltarti. Ti stai ostinando in questo modo, continui a pressarmi, perché sappiamo entrambi che non hai tolto di mezzo proprio nulla! >>

Mi avvicino di più a lei, mi libero dalla sua presa.

<< Sai che l’ho fatto! Non pretendo di vederti con il vestito bianco, anche se è la cosa che desidero di più al mondo ma … rivoglio indietro la ragazza che amo. Perché questa che ho di fronte, non sono certo di sapere chi sia. >>

<< Credevi che sarei rimasta per sempre quella ragazzina? >>

I suoi occhi sono diventati di colpo tristi.

<< Non lo so Nina, ma … Non pensavo che sarebbe andata così. >>

Distoglie lo sguardo, trattiene altre lacrime. E in qualche modo, le sto trattenendo anche io. Lentamente torniamo a respirare normalmente, ci calmiamo.

<< Ascolta.. >>

Mi avvicino le prendo il viso tra le mani.

<< Ci abbiamo provato… >>

Lei cerca di sottrarsi ma io continuo ad avvicinarmi.

<< Nina..io ti amo… Ti amerò sempre. Non riesco nemmeno a pensare di poter passare il resto della mia vita senza di te… Ma non possiamo continuare in questo modo. Non posso continuare così. Non voglio litigare, e urlare. Non voglio rinfacciarti nulla. E non voglio che tu lo faccia con me. Non siamo noi.. >>

Scuote la testa, si scosta da me.

<< D’accordo. >> Si asciuga qualche lacrima con il dorso della mano << Forse hai ragione.  Siamo abbastanza grandi da capire e da andare avanti per le nostre strade. Giusto? Vogliamo cose troppo diverse in questo momento. >>

Vorrei dirle di no. Vorrei dirle che in questo momento mi sento io il ragazzino. Dirle che dovrebbe soltanto tornare ad essere quella di un tempo, ma so che non lo farà. Non può farlo. Annuisco e basta.  La supero e prendo la giacca appesa accanto alla porta. Le chiavi della macchina da sopra il ripiano vicino allo specchio. Mi volto un’ultima volta verso di lei prima di uscire.

<< Ci vediamo domani. >>

Le sorrido. Lei mi lascia andare senza dire una parola. Dovevo ricordarmi che le persone cambiano e si dimenticano di dirlo agli altri.  
 

POV. Nina Dobrev.

Oggi… 

Lo lascio andare. Non lo inseguo fuori. Continuo solo a sentire i suoi passi sulla ghiaia mentre si allontana da me. Mi ritorna in mente tutta la discussione di due giorni prima, il modo in cui anche allora l’ho lasciato andare senza dire nulla. Proprio io che nemmeno qualche settimana fa, l’ho pregato di restare. Proprio io che adesso sono qui, piegata in due per il dolore allo stomaco e al cuore, con le lacrime agli occhi. Delle voci attutite mi arrivano alle orecchie, mi sporgo per guardare fuori dal finestrino e noto Kat e Candice impegnate in una conversazione fitta. Ridacchiano tra di loro. So perfettamente di cosa stanno parlando: matrimonio. E una parte di me vorrebbe essere lì con loro, a chiacchierare sui vestiti delle damigelle, sul fatto che Ian sembrerà un pinguino in smoking, ma sapere in realtà quanto sarebbe perfetto. Mi ricompongo in fretta, mentre vedo avanzare Cody verso la roulotte. Apro la porticina prima che possa bussare.

<< Oh, Nina.. Siamo pronti, tocca a te. Devi andare a cambiarti e dobbiamo andare sul set del college. >>

<< D’accordo, arrivo. >>   
 
Un paio d’ore dopo sto camminando sul vialetto del Withmore College. Intorno a me ci sono tantissime persone. Comparse, addetti ai lavori, cameraman. Non ho mai visto così tante persone su un set così vasto, tralasciano i balli nelle varie stagioni.

<< Ehi Nina? Sei pronta? >>

Mi volto verso Joshua e annuisco decisa. Poco dietro di lui noto Ian accanto alla macchina di Damon. Mi guarda e accenna un sorriso. Prendo fiato, respiro, cerco di concentrarmi. Di non pensare che non potrò più baciarlo, toccarlo o guardarlo dormire. Scaccio questi pensieri. Faccio cenno a Joshua.
Sento la sua voce rimbombare.

<< Camera uno fissa su Nina, camera due e tre intorno a lei, camera quattro su Ian. Pronti… Ehh AZIONE! >>

Cammino guardandomi intorno stringendo la borsa con i libri. Il telefono squilla, vedo “Damon” sul display e sorrido. Mi porto il telefono all’orecchio.

<< Stavo proprio pensando a te. >>

Lo sento ridacchiare dall’altra parte.

<< Scommetto che ero nudo. >>

Alzo gli occhi al cielo, scuoto la testa. Sempre il solito.

<< Mi hai chiamata nemmeno un’ora fa. >>

Lo sento sospirare.

<< Si perché i tuoi corsi durano 45 minuti. Com’è andato il primo? >>

<< Mi stai dicendo che mi chiamerai ogni 45 minuti? >>  cerco di soffocare una risata. 

<< Adesso non posso nemmeno più chiamare la mia ragazza quando voglio? >>

Al suono di “la mia ragazza” sussulto. Forse sono troppo entrata nella parte. O forse è solo la voce di Ian a farmi uno strano effetto. Continuo a camminare lentamente, la x sulla quale mi devo fermare è ormai a pochi passi.

<< La tua ragazza? >>

Lo sento sorridere. E se alzo lo sguardo potrei anche vederlo, ma mi devo mantenere per l’effetto sorpresa.

<< Si. La mia ragazza..Devi ancora abituarti?  >>

La sua voce si addolcisce. Ma la mia esce fuori ancora più dolce.

<< Mi manchi.. >>

<< Beh, a questo posso rimediare.. >>

Aggrotto le sopracciglia non capendo.

<< Davanti a te. >>

Alzo lo sguardo, e me lo ritrovo a qualche metro di distanza, con la solita giacca di pelle, perfettamente appoggiato alla sua Camaro azzurra. Ho ancora il telefono vicino all’orecchio mentre un sorriso enorme si fa spazio sul mio viso. Un vero sorriso. Posa il telefono nella tasca dei pantaloni, sorrise e avanza verso di me.  In pochi passi sono tra le due braccia. Mi stringe a se, il suo viso tra i miei capelli, lo stringo più forte. Continuiamo a sorridere guardandoci negli occhi. Mi alzo sulla punta dei piedi, gli prendo il viso tra le mani e lo bacio. Le sue mani sono sulla base della mia schiena, mi spingono di più contro di lui. Cerco di baciare Ian in modo professionale, come non ho mai fatto in quattro anni, ma lui non me lo lascia fare. Anzi. Si aggrappa a quel bacio con tutto se stesso. Quando ci stacchiamo lo guardo negli occhi, continuando a sorride. E’ davvero un bravo attore. Dai suoi occhi non traspare nulla.

<< Cosa ci fai qui? >>

Si stringe nelle spalle.

<< Mi mancavi. >>


<< EEEHH STOP! Bene ragazzi, la riguardiamo e vi facciamo sapere se dobbiamo rifarla, d’accordo? >>

Annuiamo entrambi. Ian mi guarda per qualche secondo, sorride.

<< Sei stata brava. >>

Si volta e si avvia verso Joshua per riguardare la scena con lui. Le sue parole continuano a risuonarmi in testa. In quattro anni non mi ha mai trattata con così tanto distacco. Ma di cosa mi stupisco? Sento gli occhi di Candice addosso. Scuote la testa, sorride malinconica. Mi guardo intorno, ma nessuno sembra essersi accorto di nulla. Nessuno sembra essersi accorto di come il mondo abbia iniziato a girare nel verso opposto.

<< Nina? Ti sta squillando il telefono! E’ Julianne! >>

Erica mi urla da dietro delle attrezzature. Corro verso di lei e le prendo il telefono di mano.

<< Jules! >>

<< Tesoro! >>

<<  Proprio la persona che avevo bisogno di sentire. >>

<< Ascolta ho grandi notizie. Domani sera siamo invitate ad un party e ti voglio assolutamente con me. Non voglio obiezioni! >>

<< Ma certo! >>

<< Oh, e altra notizia… Probabilmente abbiamo la baita di Camille per le vacanze di Natale! Lo so che è presto parlarne, ma io tu Derek e tuo fratello! Ci divertiremo da morire, che ne dici? >>

Ci penso qualche secondo. Da qui a Natale ci vuole ancora tempo.

<< Ne parliamo domani d’accordo? Mi sembra davvero molto preso. >>

<< Ahh va bene! A domani tesoro. >>

<< A domani. >>  

Attacco e poso il cellulare nella borsa. Erica ha lo stesso sguardo di Candice. Faccio finta di nulla. Baita, neve e Natale…

 
Dicembre 2011.

Mi stiracchio sotto le coperte bianche, mi rannicchio tirandomi il piumino azzurro fin sotto il mento. Sento le braccia di Ian circondarmi la vita nuda. Mi bacia piano il collo e il mento, mentre mi stringe più forte.

<< E’ ora di alzarsi, la neve ci aspetta! >>

<< Mmhh.. Altri cinque minuti. >>

Mugugno qualcosa ma finisco solo più stretta al suo petto. E’ così caldo. Annuso il suo profumo, intreccio le mie gambe alle sue, cercando di convincerlo a restare a letto. 

<< Ah-ah… Non provarci nemmeno piccola. Mi devi la rivincita con lo snowboard. Avevi promesso. >> 

Ridacchio contro il suo collo, baciandolo piano.

<< Sai che non potrai mai vincere. Perché ti ostini tanto? >>

Mi sfiora i capelli, portando le sue labbra contro le mie.

<< Voglio provarci lo stesso. Su. Alzati. >>

Con uno scatto improvviso si alza dal letto, tirando via tutte le coperte.

<< Ah.. Nooo Ian! Fa freddissimo! >>

Continua a ridere mentre cerco di coprirmi con l’unico lenzuolo rimasto. Lui è ai piedi del letto, completamente nudo e suo agio. Come al solito. Distolgo lo sguardo, non per l’imbarazzo, ma perché potrei davvero non voler più uscire da questo letto se lui è disposto a farmi compagnia. 

Qualche ora dopo, sono completamente immersa nella neve fino alle ginocchia e ai gomiti. Ian è dietro di me che continua a ridere, piegato in due.

<< Dovevi vederti Looch, hai fatto una caduta spettacolare! >>

Si alza gli occhiali scuri, e mantiene lo snowboard sotto il braccio destro. Cerca di avvicinarsi, ma continua a ridere. Con una mossa veloce lo tiro per la giacca a vento, facendolo barcollare sulle gambe. Lo snowboard finisce da qualche parte nella neve, mentre lui cade accanto a me con un tonfo. Gli si sfila il casco mentre lancia un mezzo urlo, continuando a ridere. Ha la neve cosparsa per i capelli neri e sul viso. Rotolo accanto a lui, e gli salgo sopra, inchiodandolo ancora di più in quella coltre morbida e bianca. 

<< Mi stai prendendo in giro Smolder?  Dopo che non sei riuscito a battermi nemmeno una volta? >>  

Lui alza le braccia.

<< Cosa c’entra? Sei caduta dopo due discese! >>

Cerco di trattenere le risate, ma non ci riesco. Mi scosto gli occhiali dal viso per guardarlo meglio. I suoi occhi azzurri con tutto questo bianco, sembrano di ghiaccio. E’ tremendamente bello. Mi abbasso su di lui per baciargli le labbra fredde. A contatto con le mie diventano calde. Mi stringe i fianchi, continuando a sorridere.  Mi rialzo e lui mi segue, scrollandosi la neve di dosso. Faccio lo stesso. Mi si avvicina per aiutarmi.

<< Mica ti sei fatta male vero? >>

I suoi occhi diventano apprensivi per qualche attimo.

<< No, sto bene. >>

Sorride e mi abbraccia, stampandomi un bacio leggero sul naso freddo. Prende la sciarpa e me la alza fin sotto il mento, coprendomi per bene. Mi prende per mano.

<< Andiamo sulla funivia? >>

Annuisco decisa. Sentendo il calore della sua mano anche attraverso i guanti spessi.
 


La voce di Erica mi riporta al presente.

<< Nina, devi andare… Nina mi ascolti? >>

Scuoto la testa per liberarmi dai ricordi. Quelli belli fanno ancora più male.

<< Si, certo. D’accordo. Scusami. >>

Quando faccio il giro del set, vedo Paul e Ian parlare accanto ad un albero. Ian cerca in ogni modo di far ridere Paul. Sta facendo il buffone. Si spingono, e ridono tra di loro. Mi si stringe il cuore. Un tempo era tutto così semplice. Quando Ian alza lo sguardo e incrocia il mio, mi fa un cenno da lontano. Ricambio senza prestare troppo attenzione alla mia espressione. Lui mi fissa interrogativo e io sorrido, voltandogli le spalle, cercando di scacciare dalla mente e dal cuore, il suo splendido sorriso e anche tutto il resto. 

 

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Capitolo 17
*** Scars. ***


POV. Ian.

Guardo Nina camminare avanti e indietro per il set. Mi ha sorriso per qualche secondo, ma non era un vero sorriso. Mentre giravamo ha tentato di baciarmi per finta, ma non gli avrei mai permesso una cosa del genere. Se non posso baciarla a casa, mi accontenterà di baciarla sul set. Non posso permettere che tutto svanisca nel nulla.

<< Ian? Mi stai ascoltando? >>

Mi volto verso Paul, cercando di ricordare cosa abbia detto negli ultimi minuti.

<< No, mi dispiace. Ero.. >>

<< Troppo impegnato a guardare Nina… >> 

Il suo sguardo vaga per il set, alla ricerca di qualcosa o qualcuno.

<< Non ti biasimo. >>

Gli sorrido passandogli un braccio intorno alle spalle.

<< Perché una di queste sere non usciamo solo io e te? Andiamo a bere qualcosa. >>

Annuisce con convinzione.

<< Basta che poi non parli di lei per tutto il tempo. >>

Scoppia a ridere. E io lo guardo male.

<< Sono così patetico? >>

Paul ritorna serio e scuote la testa.

<< Assolutamente no. Sei solo innamorato. La guardi nello stesso modo da ormai cinque anni. Non penso che questo cambierà. Sai penso che l’abbiamo capito tutti quella volta.. >>  

Lo guardo interrogativo, ma dentro di me so perfettamente a quale volta si riferisce. Sorride ammiccante.

<< Il bacio di Damon e Katherine nell’ultima puntata della prima stagione.. Lì non stavate ancora insieme, ma non riuscivate più a fermarvi..  >>
 
Sospiro, cercando di fermare i ricordi che mi si stanno per riversare contro…  
 


<< Ragazzi siete pronti? Dobbiamo girare la seconda parte della scena.  >>

Nina è di fronte a me, annuisce verso Julie. I capelli mossi le ricadono ai lati del viso.

<< Sei pronta? >>

Mi da una leggera spinta.

<< Smettila di sorridere, fai ridere anche me e perdo la concentrazione! >>

Alzo le braccia come ad arrendermi.

<< D’accordo, d’accordo! >> 

Kevin ci richiama all’ordine, da qualche ultima indicazione.

<< Ian, per favore mettiti ancora più lontano da Nina. E da li in poi segui il copione, tutto chiaro? >>

<< Chiarissimo. >>

Nina sembra leggermente nervosa, continua a flettere le dita delle mani. Sa che la scena è molto importante. Io sono più tranquillo e cerco di sorridere per infonderle il mio stato d’animo.

<< Bene, pronti… Motore, eeeh.. Azione! >>

Siamo l’uno di fronte all’altra, non troppo lontani. Non troppo vicini. Sono leggermente girato, con lo sguardo abbassato mentre pronuncio la mia battuta.

<< No. No, è una cosa da mio fratello, e da te, e da Bonnie. Anche se ha tutte le ragioni del mondo per odiarmi, lei… ha aiutato Stefan a salvarmi. >>

Verso la fine alzo gli occhi e incrocio i suoi. Lei alza le spalle, inclina la testa. E con una voce dolce e suadente pronuncia perfettamente la sua battuta.

<< Perché sembri così sorpreso? >>

<< Perché l’ha fatto per te. >>

Ribatto subito, senza darle il tempo di pensare.

<< E allora significa che a un certo punto… Hai deciso che valeva la pena salvarmi. >> Mentre pronuncio queste parole mi avvicino di più a lei, avvicino il mio viso al suo. << E volevo ringraziarti, per questo. >>

Oramai siamo vicinissimi. I suoi occhi si spostano per un secondo sulla mia bocca, poi annuisce e ritorna a guardarmi.

<< Non c’è di che. >>

Annuisco e mi avvicino ancora di più, lei volta leggermente il viso, mentre poso le mie labbra sulla sua guancia sinistra. Molto lentamente mi allontano, ma di pochissimo. Posso sentire il suo profumo mischiarsi al mio. Il set è piombato in un silenzio reverenziale. Nessuno si muove. Nina sorride leggermente e continua a fissarmi. Le guardo le labbra e poi di nuovo gli occhi. E capisco che qualcosa sta cambiando. Dentro di me. Dentro di lei. C’è questa attesa. Questa trepidazione. Da quanto non la bacio? Settimane, mesi…dall’ultimo flash back.  Mille pensieri mi attraversano la mente, mentre lentamente mi avvicino, continuando a guardala, come a chiederle il permesso. Inclino la testa verso destra, e poggio le mie labbra sulle sue. Combaciano perfettamente. Sento come una scarica elettrica attraversarmi il corpo, giù per la schiena. Lei ricambia il bacio, preme leggermente di più socchiudendo appena la bocca. Ci stacchiamo giusto un secondo, sento il suo respiro farsi più profondo. La mia mano scivola dalla sua spalla al suo fianco, mentre si spinge di più sulle mie labbra, socchiudendo del tutto le sue. Il suo respiro si mischia al mio, mentre con la mano sinistra le cingo il collo, stringo i suoi capelli, la sua guancia e tengo il suo viso attaccato al mio. Le sue dita mi sfiorano la guancia destra. Faccio finta di baciarla. Faccio finta di muovere la mia lingua in direzione della sua, ma per un secondo queste si sfiorano per davvero. Altra scarica elettrica lungo il corpo. Mi sembra che tutto questo non debba finire mai. Mi stringe il colletto della camicia. E’ come creta fra le mie mani, si sta sciogliendo, proprio come sto facendo io. Questo è il bacio di scena più lungo che abbia mai girato, ma non mi interessa. Voglio solo continuare a tenere le mie labbra premute sulle sue… Continuare e continuare…

<< Ehm.. Ragazzi? >>

Una voce ci fa riscuotere del tutto, ci stacchiamo all’improvviso e tutta la magia si spezza. Mi volto per vedere Kevin a pochi metri da noi. Sorride. Anzi, sta trattenendo le risate.

<< Mi sa che non avete sentito lo STOP, lo abbiamo ripetuto un paio di volte, ma voi eravate … abbastanza impegnati nella scena. >>

Mi guardo intorno e noto le facce divertite di tutti. Mi passo una mano dietro la testa, leggermente imbarazzato. Scoppiano a ridere. Julie scuote il capo e ride anche lei.  Quando mi volto verso Nina noto che è anche più imbarazzata di me. Alza gli occhi e per un secondo noto qualcosa di strano. Non riesce a guardarmi.

<< Dobbiamo rifarla? >> 

<< Si, ma non ora. Prendetevi cinque minuti. >>  

Nina quasi scappa dal portico, e io la inseguo. Fai il giro del set e quando arriva vicino alla sua roulotte la richiamo.

<< Looch, dove corri, aspetta.. >>

Le afferro delicatamente un braccio. Con l’altra mano si sfiora le labbra, che ho baciato poco prima. Sembra confusa, indecisa. I suo corpo quasi trema mentre è a pochi centimetri dal mio. Mi avvicino ancora di più, senza esitazione, per vedere la sua reazione. Mi punta le braccia sul petto.

<< Smolder. Stavamo per attraversare il confine. >>

I suoi occhi sono imploranti. Ma ardono. Pieni di calore.

<< Non l’abbiamo già fatto? >>

Chiedo esitante. Lei scuote la testa.

<< No. Siamo professionisti. Comportiamoci come tali. D’accordo? >>

Abbassa le braccia lungo i fianchi.

<< D’accordo, hai ragione. >>

Un sorriso mi spunta sul viso. E’ ancora più adorabile quando si imbarazza. Nota che la sto prendendo in giro mentalmente, mi da una leggera spinta, sorridendo anche lei. L’afferro per la vita e me la carico sulla spalla.

<< Ian! >>

Urla mentre continuo a trascinarla e a farle il solletico sui fianchi…  




Ritorno al presente e blocco Paul prima che possa dire altro. Prima che mi possa permettere di pensare ad altro.

<< Dobbiamo tornare a lavoro. >>

Paul si stringe nelle spalle, come per lasciarmi vincere e lasciar cadere il discorso.

<< Ian? >>

Mi volto per guardarlo di nuovo.

<< Non rinunciarci. >>

Annuisco ringraziandolo con un cenno.  
 

POV. Nina Dobrev.

<< Quindi avete deciso di comportarvi in questo modo? >>

Sono seduta comodamente nel mio camerino, con una gamba alzata sopra il tavolino di fronte e me, e armeggio con il cellulare. Candice mi guarda da dietro un bicchiere enorme di caffè.

<< Non ti farà male bere tutta quella roba? >>

Ribatto, cercando di evitare la sua domanda precedente.

<< Non cercare di cambiare discorso. >>

Mi dice, mentre si accarezza dolcemente la pancia, sorridendo timidamente. Mi si stringe lo stomaco al pensiero di cosa stia davvero accarezzando. Mi si forma un nodo in gola che cerco di scacciare.

<< Candy, ti senti pronta per tutto questo? >>

La domanda mi esce spontanea. Lei alza lo sguardo e incontra il mio.

<< Certo. >>

Non dice altro, non mi da spiegazioni. E io continuo a guardarla interrogativa. Cercando di capire il suo stato d’animo. La sua felicità.

<< Sai, quando capisci che l’uomo che ti sta accanto è quello con il quale vuoi passare il resto della tua vita, non importa il resto. E a quanto sembra… tu sei ancora molto legata al tuo. >> si abbassa verso di me e sottovoce ridacchiando dice

<< Sappiamo tutti che andate ancora a letto insieme. >>

Distolgo lo sguardo dai suoi occhi molto eloquenti. 

<< Con questo non voglio dirti nulla… Ma penso che tu dovresti pensare a varie cose, prima di prendere una decisione definitiva. >>

<< Il punto è questo Candy.  Non penso riuscirò mai a prendere una decisione definitiva. >>   

Scuote la testa, si sposta i capelli dietro le spalle.

<< Dovresti. Perché… Ho paura che possa prenderla lui al posto tuo. >> 

Prima che possa ribattere qualcosa, qualcuno bussa con insistenza alla porta.

<< Nina, esci tocca a te! >>

Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Mi alzo e in uno slancio abbraccio Candice, le do un bacio leggero sulla guancia.

<< Grazie Candy, ma penso che.. le cose debbano rimanere come stanno. >>

Lei fa spallucce e mi segue fuori dal camerino. 
 
Qualche ora dopo, sto ripassando le mie battute nella mia roulotte, nel mio posto preferito e isolato, lontano da occhi indiscreti. La giornata è passata molto velocemente, l’oscurità è arrivata più presto del previsto. Ho guardato Ian per la maggior parte del tempo, anche se mi duole ammetterlo.  Ho controllato il suo comportamento, i suoi sorrisi tirati, i suoi occhi leggermente tristi.  Ma è stato assolutamente professionale per tutto il tempo. Mi ha sorriso, ha mangiato insieme a noi facendo ridere tutti come al solito, e non c’era tensione nell’aria.  Come quando ha dovuto baciarmi di nuovo per provare la scena, io ero un fascio di nervi, lui era perfettamente a suo agio, si muoveva con naturalezza. Ma quando risuonava lo STOP di Joshua, abbassava le braccia, si staccava da me con un sorrisetto e mi lasciava andare. Forse è proprio questo il problema. Sono nervosa per tutto questo, mi irritano i suoi sorrisetti e le sue battute. Mi irrita il modo in cui cerca di far sembrare tutto normale. E mi irrita ancora di più dovermi trattenere in sua presenza. Talmente presa da questi pensieri non mi rendo conto che sta attraversando il set, venendo verso di me. Mi ricompongo cercando di non sembrare in alcun modo turbata. Apre la porticina tranquillamente, senza nemmeno bussare.

<< Looch, mi hanno mandato a dirti che ti portano a casa, se vuoi. Abbiamo finito per oggi. >>

Il fatto che usi ancora il soprannome che mi ha dato, in modo tenero, mi infastidisce. Annuisco alzandomi dal divanetto, mi avvicino alla porta e scendo i pochi gradini che ci separano.

<< Grazie, Smolder. >> 

Forse sottolineo un po’ troppo il grazie, o il nome. Forse sto sorridendo in maniera troppo finta. O forse è solo il fatto che mi conosce troppo bene. Forse è la mia voce spezzata. Fatto sta che mi afferra prima che possa allontanarmi. Abbasso la testa e vedo le sue dita affusolate strette dolcemente intorno al mio polso. Siamo nel piccolo cerchio di luce che emana la roulotte. Vorrei non alzare lo sguardo, vorrei evitare quei due mari azzurri che mi fissano smarriti.   

<< Cosa c’è? >>

Gli chiedo. Lui abbassa lo sguardo sulla sua mano che mi trattiene, la guarda come se non fosse la sua. Come se afferrarmi fosse stato un riflesso incondizionato. Lascia la presa lentamente.

<< Niente.. >>   

I suoi occhi restano per qualche secondo fissi sulla mia spalla. Si avvicina velocemente e la sfiora con la mano. Per un secondo il cuore mi batte più forte.

<< Ti sei fatta male? >>  

Abbasso lo sguardo sul livido violaceo che mi spunta da sotto la manica della maglietta. Lo sguardo di Ian è tra l’apprensivo e il curioso. Odio tutto questo. Sembra così esitante, distante… Mi scosto da lui bruscamente.

<< Si… >>

Incrocio le braccia al petto, come a voler chiudere definitivamente la discussione. La sua mano resta a mezz’aria per qualche secondo, poi ricade lungo il suo fianco.

<< Non avrei mai voluto che andasse in questo modo. >>

Ammette ad un certo punto. E io so che non si riferisce alla mia spalla. Ma al suo cuore, e al mio, lividi allo stesso modo.  
 

POV Ian.

Lei è davanti a me, le braccia incrociate sul petto, uno sguardo di rimprovero ad illuminarle gli occhi, le labbra distese in una linea marcata. Impassibile. Infastidita. E’ talmente bella che riesce a distrarmi, a farmi perdere i pensieri.

<< A cosa ti riferisci esattamente? Al tuo atteggiamento di oggi o a tutto il resto? >>

Sbotta all’improvviso, e capisco che sta rispondendo alla mia affermazione di poco prima. Continuo a fissarla, cercando di riprendere l’atteggiamento distaccato ma gentile che ho tenuto con lei per tutto il giorno.

<< Cosa ti aspettavi? Che ti venissi a portare il caffè come tutte le mattine e che ti baciassi subito dopo? >>  

Le parole mi escono più taglienti di quanto vorrei. Lei non si lascia scappare il commento cattivo. Alza leggermente il labbro in un sorriso, come a volermi far capire che si aspettava una cosa del genere, ma in realtà i suoi occhi sono tristi. Lentamente il sorriso di abbassa. Distoglie lo sguardo.

<< No, penso che dovrò solo… >>

La sua voce è esitante, e dentro di me nasce una piccola speranza. Mi avvicino di più a lei. Sento il suo profumo familiare. E’ questo che volevo, un minimo di esitazione da parte sua. Scalfire la corazza che si è costruita intorno. Quando alza lo sguardo e nota che ormai siamo a pochi centimetri di distanza, punta le mani sul mio petto per scostarmi da lei.

<< … farci l’abitudine. >> 

Vorrei crederle. Vorrei credere che è quello che vuole. Ma so che non è così. Perché spingermi via? Poteva tranquillamente allontanarsi da sola. Perché cercare un contatto che non abbiamo ormai da giorni, tralasciando le scene? So che non dovrei farlo, la mia mente continua a dirmi di no, di non avvicinarmi ulteriormente, di non prendere le sue mani e stringerle tra le mie. Ma non le do ascolto. Sono così calde avvolte nelle mie. Lei non si ritrae, non ci prova nemmeno. Le sue spalle tremano leggermente. Sembra così piccola, indifesa. Così mia. 

<< Ian.. >>

Si, il mio nome. Quante volte l’ha pronunciato? E in quanti modi? Per rimproverarmi, per chiamarmi dolcemente, per sussurrarmi il suo amore mentre eravamo stretti in un letto. Mi avvicino di più, la stringo contro il mio petto, con le nostre mani a separarci. Accosto il mio viso accanto al suo.

<< Mi dispiace per aver urlato l’altro giorno. >>  

Le sussurro piano. Lei annuisce. Mi sfiora con la guancia. Non vuole allontanarsi.

<< Dispiace anche a me… Ma sai che non cambia nulla vero? >>

Ha la voce spezzata, rassegnata. Forse anche io dovrei rassegnarmi. La scosto leggermente da me, per guardarla bene negli occhi.

<< Stamattina hai provato a baciarmi per finta. . . >>  

Non le importa se ho evitato la sua domanda. Sa perfettamente che sono consapevole di tutto quello che faccio.

<< Si credevo che era giusto così.. >>  

<< Hai deciso che era giusto togliermi anche i baci? >>  

Lei si accosta di più a me. Le sue mani ancora strette tra le mie.

<< Perché, cosa ti ho tolto oltre quelli? >>

Sospiro, continuando a mantenere ferma la mia espressine.

<< Il tuo profumo… Le tue braccia avvolte intorno a me… il tuo sorriso la mattina appena sveglia… Il tuo amore. >>

I suoi occhi si fanno di colpo lucidi. Come se per tutto il tempo avesse trattenuto le lacrime. Sembra emozionata più che triste.

<< Non è stata una decisione solo mia… Non sei l’unico ad aver perso qualcosa. Io ho perso il mio migliore amico, il mio confidente, il mio mondo negli ultimi quattro anni…  >>

E probabilmente queste sono le uniche parole che avrei voluto sentire in questi giorni. In tutto questo tempo. Prima che possa pensare ad altro, mi avvicino e le do un leggero bacio sulle labbra.

<< Potrai perdere tutto, ma non me… Anche se continuiamo a ferirci. >> 

Non si muove, non dice nulla. I suoi occhi vanno dai miei, alle mie labbra. La forte attrazione che ci lega si sta facendo sentire. Sono troppo vicino a lei, troppo premuto contro il suo corpo. Il suo respiro si fa leggermente più veloce. Le lascio le mani, per posarle sui suoi fianchi, le mie dita sfiorano un lembo di pelle sfuggito alla maglietta. E’ così calda.  Le sue mani sono sul mio petto, mi sfiora la pelle scoperta dalla camicia aperta sul collo. So che è stupido e senza senso, so che sto commettendo uno sbaglio. Ma la bacio lo stesso. Premo le mie labbra sulle sue, una volta, due, tre. Piccoli baci innocenti. Lei cerca di liberarsi dalla mia stretta, almeno ci prova, ma non lo permetto. La stringo ancora di più, e la bacio con più passione. Mi morde leggermente il labbro inferiore. E mi sciolgo definitivamente. I nostri respiri si fanno più veloci, le mia mente inizia ad annebbiarsi. Riesco solo percepire il suo corpo caldo contro il mio, le sue mie labbra contro le sue, morbide e perfette. Ad un certo punto si stacca da me, il respiro affannato, le labbra gonfie di baci.

<< Ian.. aspetta…Noi, non.. >>

Non le do il tempo di dire altro la sollevo prendendola tra le braccia.  In un secondo sono dentro la roulotte chiudendo la porta alle mia spalle. La faccio sedere sul tavolino mentre continuo a baciarla, ad accarezzarle i capelli. Le mie mani sulla sua schiena, sotto la maglietta. Le sue gambe strette intorno alla mia vita. Le sue dita frenetiche mi sbottonano la camicia, che cade a terra insieme alla sua maglietta. Si stacca di nuovo da me, per guardarmi negli occhi. Il respiro rallenta. Cambia totalmente espressione, ha ancora gli occhi lucidi. I capelli scuri sulle spalle. Mi sfiora i contorni del petto, della mascella, del collo. Così dolcemente, adorante. Posa una mano all’altezza del mio cuore, che batte così veloce.

<< Ci stiamo facendo del male. Ci facciamo solo del male in questo modo.. >> 

Poso la mia mano sulla sua, e la bacio di nuovo.

<< Lo so… >>

Le dico, mentre riporto il suo viso contro il mio. La sollevo dal tavolino, per posarla dolcemente sul letto. In un muto silenzio, ci sfiliamo gli ultimi vestiti rimasti. Mi stringe di nuovo a se, così forte, come a volerci far diventare un’unica cosa. So perfettamente quanto male le sto facendo, e lei sa quanto ne sta facendo a me. Conteremo insieme ogni singola ferita che ci stiamo provocando. Prima o poi, diventeranno solo cicatrici.  

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Capitolo 18
*** Madness. ***


 POV. Nina.

Siamo stati diverse ore in quel letto familiare, fin troppo stretto per contenerci entrambi.

Ci sono state le mie lacrime sulle sue spalle, sul suo collo.

La disperazione con cui mi stringeva.

Il suo respiro mischiato al mio.

I suoi occhi, così azzurri e lucidi.

Le sue labbra calde e soffici premute sopra le mie.

Le sue mani sul mio corpo, tra i miei capelli, sul mio viso.

I nostri sospiri spezzati.

I nostri corpi intrecciati in un abbraccio che non volevamo sciogliere.

C’è stata l’adorazione, la passione, il senso di appartenenza.

Il muto silenzio intorno a noi.

I nostri cuori che battevano insieme.

C’è stato l’amore.  

E poi…

Sono tornata a casa. 
Senza di lui.
 
Quando entro nel mio appartamento, il buio e il silenzio mi avvolgono.  Nei mesi in cui sono stata via, non ho sentito questo senso di solitudine opprimente che mi prende quando sono qui. Adesso sembra tutto troppo vuoto, troppo inadatto.  Cambiare le tende e spostare i mobili non è servito a molto. Mi spoglio lentamente, lasciando i vestiti sparsi per terra. In bagno faccio scorrere l’acqua calda nella vasca e verso qualche goccia del mio bagnoschiuma al cocco preferito, aspettando che la schiuma e le bollicine inizino a fare capolino. Qualche minuto dopo sono immersa in quel tepore caldo. Appoggio la testa al bordo bianco, lasciandomi cullare da pensieri leggeri che si rincorrono. Facendo finta che tutto sia perfetto. Chiudo gli occhi, cercando di contrastare i ricordi che mi stanno venendo a cercare…
 

Due ore prima…

Ho il viso poggiato sul petto di Ian. Sento il suo cuore battere. Sono per metà distesa sopra di lui. La sua mano percorre la mia schiena, su e giù, fino a sfiorarmi i capelli. Mi stampa un leggero bacio sulla fronte, stringendomi ancora più forte.

<< Dobbiamo andare.. >>

Sussurro piano.

<< Perché? Possiamo restare qui tutta la notte. Così saremo già a lavoro domani mattina.. >>

Sento il suo sorriso allargarsi. Punto il gomito sul suo petto per alzarmi e guardarlo meglio in viso. Ha tutti i capelli stravolti, perfettamente scompigliati.  Con l’altra mano accarezzo piano le linee della sua mascella, del naso, delle labbra, gli sfioro la cicatrice sul mento.  Interrompo questo silenzio perfetto.

<< Resterei in questo letto per sempre. >>  

Le parole mi escono fuori dalle labbra, talmente leggere e sussurrate che mi chiedo se le ho dette davvero.  Abbasso lo sguardo, quasi imbarazzata.

<< Ehi… >>  mi mette un dito sotto al mento, per alzarmi il visto e far incrociare di nuovo i nostri occhi.  << Dov’è il problema? >>

Abbasso di nuovo la testa per poggiarla sul suo petto. Lui mi lascia fare, non mi trattiene.

<< Questo è il momento in cui mi dici che non è cambiato nulla, che i nostri problemi ci sono sempre, e che dovremo semplicemente lasciarci tutto questo alle spalle e andare avanti, giusto? >>  

La sua voce è rassegnata e triste. Resto in silenzio, facendo aleggiare questa crudele verità sopra di noi.

<< Non avrei dovuto lasciarti… Non avrei dovuto permettere tutto questo. >> 

Il senso di colpa mi stringe lo stomaco.

<< E’ una decisione che abbiamo preso entrambi. Una giusta decisione… >>

Puntualizzo. Lo sento irrigidirsi al suono di queste parole.

<< Giusta? Cosa c’è di giusto in tutto questo?! >>

Scioglie il nostro abbraccio, lasciandomi con la testa sul cuscino. Si mette seduto sul bordo del letto, si passa le mani tra i capelli.  Nervoso. Ferito. Bastano solo poche parole per rovinare tutto. E’ proprio questo il problema. Siamo diventati talmente fragili…

<< Non so cosa pensi tu.. Ma io trovo questa situazione incoerente, tremenda, dolorosa … Ma non giusta. >>

E’ piegato in avanti con i gomiti sulle ginocchia. Resto sotto il lenzuolo mentre lo guardo alzarsi, prende i vestiti sparsi per terra e si riveste velocemente. 

<< Ian.. >>

Cerco di richiamarlo, di spiegargli cosa intendevo, ma in realtà capisco che non ci sono spiegazioni adatte. 

<< Rivestiti, ti aspetto fuori e ti accompagno a casa. >>

Mentre pronuncia queste parole, non riesce nemmeno a guardarmi.  
 


Il suono dell’iphone mi fa rinsavire, la spugna cade nell’acqua schizzandomi il viso. Mi allungo per cercare di prendere cellulare da sopra il ripiano in legno, ma mi rendo conto che è troppo lontano. Sbuffo alzandomi e scavalcando la vasca, lasciando che l’acqua continui a gocciolare ai miei piedi. Afferro l’accappatoio e velocemente mi asciugo l’orecchio. Nessun messaggio. Solo la batteria scarica. Cosa mi aspettavo? Avvolta nell’accappatoio vado in salotto e mi siedo sul divano, accendendo la tv a basso volume, solo per sentire il rumore di sottofondo. Lynx salta agilmente e si acciambella sul cuscino accanto a me. L’accarezzo piano. Mi guardo intorno cercando Moke e Thursday, ma poi ricordo che sono tornati entrambi a casa di Ian.  Continuo a giocherellare con l’iphone, guardando vecchie foto e vecchi video. Scorro le chiamate ricevute, gli sms di mesi e mesi fa, i messaggi in segreteria salvati. Ne ascolto uno a caso.

“ Eri bellissima stasera. Non riuscivo a smettere di guardarti. Nonostante tutto, ti amo. E lo farò sempre. “

La sua voce. Guardo la data del messaggio, 7 maggio. Non ricordo nemmeno di averlo ascoltato.  Probabilmente non l’ho fatto. Lascio perdere il cellulare e mi avvio verso la stanza da letto. Non asciugo i capelli, infilo direttamente la camicia di seta e mi rannicchio sotto il lenzuolo del grande letto. La sveglia segna le tre e mezza. Mi rigiro più volte, cercando di prendere sonno, ma sento ancora il profumo di Ian tra queste lenzuola, tra queste pareti, in tutta la casa. Come se dovesse tornare da un momento all’altro. Mi giro verso il lato vuoto del letto, il mio sguardo finisce sul comodino di Ian e sulla foto incorniciata sopra di questo. Mi allungo per prenderla. La semi oscurità mi impedisce di vederla chiaramente, la piego leggermente verso a sinistra, verso la grande vetrata da cui entra la luce della luna.  Vedo il mio viso sorridente, mi vedo aggrappata alle spalle di Ian, sorridente anche lui. Sullo sfondo il mare delle Hawaii. Sfioro la cornice di metallo…
 

<< Smolder! Se non vieni subito qua, vengo a prenderti di peso! >>

Urlo, aggiustandomi il pezzo di sopra del bikini nero. L’acqua salata e cristallina mi arriva appena sotto il seno. Ian è accovacciato a riva, in equilibrio come un bambino, ha l’iphone in mano e fotografa qualcosa. Probabilmente un granchio o una conchiglia particolare. Quando alza il viso verso di me ha un enorme sorriso, il sole di mezzogiorno gli illumina i capelli castani scuri, facendoli sembrare molto più chiari del solito.

<< Non arrabbiarti tesoro, dammi cinque minuti! >>

 Mi raccolgo i capelli e li lego con un elastico, che avevo intorno al polso. Lo vedo correre verso il nostro bungalow per posare il cellulare e gli occhiali da sole. Cammino sulla sabbia soffice, mi tuffo sott’acqua con gli occhi chiusi, per provare al sensazione di essere sospesa nel nulla. Quando riaffioro, aggiustandomi nuovamente i capelli e strizzando gli occhi, vedo di nuovo Ian a riva. Prima che possa urlargli qualcosa, noto che ha tra le mani un pallone, di quelli gonfiabili colorati. Lui è inclinato in avanti e lo sta porgendo ad un bambino piccolo, con i capelli biondi. Il bimbo allunga le manine, ma il pallone sembra anche troppo grande per lui. Ian si accovaccia alla sua altezza e non lascia il pallone fino a quando non lo vede saldo tra le braccia del piccolo. Gli dice qualcosa sorridendo e gli scompiglia i capelli. Anche mentre il bambino si volta per sgambettare verso il padre poco distante, lo sguardo di Ian non lo lascia andare. E continua a sorridere.  In quel momento, solo per un istante, mi immagino un altro tipo di vacanza. Mi immagino stesa sul lettino a prendere placidamente il sole. Immagino Ian con le braccia affondate nella sabbia mentre scava una fossa profonda, sorridendo e parlano con una piccola figura di fronte a lui. Immagino una bambina. Una bellissima bambina con i suoi occhi azzurri, e la mia pelle d’ebano, con i miei capelli castani e con il suo sorriso.  Immagino la bambina allungare le braccia verso di lui. Lo vedo sorridere come non mai, adorante,  mentre la prende sotto le braccia sollevandola da terra facendola ridere. La vedo tra le sue braccia mentre si voltano verso di me per salutarmi. Mi stupisco dei miei pensieri, ne sono quasi spaventata. Scuoto la testa. Sono troppo giovane per pensare a certe cose. Quando alzo lo sguardo, noto Ian che avanza in acqua. Il bermuda blu gli sta perfetto sui fianchi, mettendo in risalto la V del bacino. Si tuffa e riemerge subito dopo, di fronte a me. Ha i capelli appiccicati sulla fronte, ridendo glieli butto all’indietro. Essendo più corti del solito, le punte vanno in ogni direzione, facendolo sembrare molto più piccolo. Mi tiene per i fianchi. Le sue mani calde sono a contatto con la mia pelle più fresca. Piccole goccioline salate gli scendono sulle guancie e si infrangono sulle sue labbra piegate in un sorriso beato. I suoi occhi azzurri riflettono il colore del mare. Mi prendo qualche altro minuto per contemplarlo,  poi lo stringo a me e appoggio il viso sulla sua spalla bagnata. Gli lascio un leggero bacio dietro il collo. Allaccio braccia e gambe intorno a lui, come un piccolo koala. La sua risatina mi arriva all’orecchio.

<< Siamo molto affettuose oggi.. >>

Mi stacco leggermente per guardarlo negli occhi.

<< Cosa vorresti dire? Sono sempre affettuosa. >>

Mi sfiora il naso con il suo. Mi bacia piano. Labbra e sale.

<< Oggi lo sei particolarmente. >>

Mi tiene sospesa contro di lui, e continuiamo a galleggiare nell’acqua. 

<< Ti amo… >>

Gli sussurro piano in un orecchio, mentre il rumore del mare intorno a noi si confonde con il suono delle mie parole.  
Mi stringe ancora più forte, mentre lentamente si avvia verso la riva. Mi fa scivolare dietro le sue spalle, sorrido aggrappandomi a lui, legando le mani intorno al suo collo. I suoi capelli mi sfiorano il viso. Mi mantiene le gambe mentre l’acqua si fa sempre più bassa. Si alza del tutto, e cammina verso il nostro bungalow continuando a portarmi sulle spalle. 

<< TI ho visto prima, con quel bambino … >> 

Lui annuisce.

<< Si era molto dolce. >>

Non dice altro. Non vuole. E’ un tasto dolente per lui, quanto lo è per me. Non so nemmeno perché ho messo in mezzo il discorso. Mi è uscito spontaneo. Arrivati nel bungalow, le goccioline salate bagnano tutto il pavimento in legno. Mi posa delicatamente a terra e senza guardarmi va a prendere un asciugamano appeso accanto alla porta, torna indietro e mi avvolge nella spugna morbida.

<< Come mai questa affermazione? >>

I suoi occhi azzurri scrutano i miei.

<< Niente, solo… Sembravi felice. >>  

Continua a fissarmi.

<< Sono felice. Con te. In questo momento. >>

<< Quindi non importa se l’altro giorno ti ho detto che non voglio figli nel futuro prossimo? >>

Lo vedo irrigidirsi leggermente.

<< Perché dobbiamo di nuovo mettere in mezzo questo discorso? So come la pensi. Non parliamone più. >>

Mi da un leggero bacio sulle labbra.


 
Una lacrima mi scende sulla guancia e si infrange sul cuscino sotto il mio viso. Lentamente il sonno prende il sopravvento. Mi addormento con la cornice tra le mani.


<< Nina. Devi entrare. Siamo pronti. >>

Mi alzo dal muretto sbadigliando. Butto il bicchiere di caffè vuoto nel cestino accanto alla grande porta di metallo. Sono appena arrivata sul set e non mi reggo in piedi dal sonno. Mi strofino gli occhi mentre avanzo nel lungo corridoio che porta alla sala trucco. Quando entro, Lucy  spalanca gli occhi guardandomi il viso.  

<< Nina… Sei…stravolta. >>

Annuisco sedendomi sulla sedia davanti allo specchio. Lucy mi sistema i capelli dietro alle spalle, per lasciare libero il viso.

<< Non hai dormito molto… >>  

<< Già… >>

Mi sorride malinconica attraverso lo specchio.

<< Ian aveva la tua stessa faccia… >>

Sgrano gli occhi leggermente sorpresa.

<< L’hai già visto? >>

Chiedo esitante.

<< Si… E’ arrivato presto. Sembrava stravolto quanto te. >>   

Resto in silenzio, fissando la mia immagine riflessa. Mi si stringe lo stomaco al pensiero dei suoi occhi tristi.
Quasi un’ora dopo sono sul set di casa Salvatore. Joshua mi sorride da lontano, facendomi un cenno con la mano. Toby e Brad sono fermi in posizione accanto alla telecamera. Ci sono una decina di persone nella stanza, ognuno nel suo posticino privato. Sono anni che giriamo in queste stanze, è c’è una sorta di totale complicità. Ogni pezzo è sempre al posto giusto. Siamo una macchina ben oleata.  Ma manca l’elemento più importante. Il mio co-protagonista. Ian è in ritardo. O almeno, è disperso qua intorno, visto che sappiamo con certezza che è arrivato sul set. Mandano qualcuno a cercarlo. Mi torturo le mani, mi sistemo i capelli e parlo del più e del meno con gli altri.

<< Scusate ragazzi… Era una telefonata importante. >>

Ian scende le scale del salone Salvatore con fare disinvolto. Tutti lo salutano e gli sorridono.  La maglietta blu gli mette in risalto i muscoli del petto e delle spalle. I suoi occhi guardano ovunque, tranne che verso di me.  Quando ormai me lo trovo di fronte, non può fare a meno di guardarmi. Ha l’espressione quasi vuota, impenetrabile. Sorride.

<< Buongiorno >>

Sussurra mentre mi aggiusta una ciocca di capelli. La sua mano si sofferma qualche secondo più del dovuto sulla mia guancia. E io vorrei soltanto appoggiarmi al suo palmo caldo. Ma si scosta velocemente come se si fosse ricordato all’improvviso del nostro rapporto non proprio… sereno.

<< Siete pronti ragazzi? >> Joshua ci richiama. Annuiamo entrambi. 

Supero Ian per mettermi sulla X della mia posizione. Lui è già sul tappeto, ad inizio corridoio che conduce alla porta d’ingresso di casa Salvatore.  

<< Pronti? Motore… e.. AZIONE! >>

Avanzo lentamente verso di lui, con un sorriso enorme. Lui ricambia, ma esitante. Cingo le mani intorno al suo collo, abbracciandolo.

<< Non fare quella faccia. Andrà tutto bene. >>

Pronuncio le mie battute a memoria. Ma vorrei che anche per noi fosse davvero così. Lui annuisce.

<< Avrei solo voluto che questo tempo non finisse mai. Devi per forza andare? >>

Mette un leggero broncio, ma sembra davvero preoccupato.

<< Ne abbiamo parlato e riparlato. Potrai venire ogni volta che vuoi. >>  Mi alzo sulla punta delle scarpe per sussurrargli all’orecchio. << E ruberò la chiave di Caroline, così potremo avere la stanza tutta per noi, qualche volta. >>

Lui fa spallucce e sorride.

<< Sai che non m’interessa cosa pensa la bionda. Anzi, mi piace farla innervosire. >>

<< Ti piace anche troppo. >>

Sorridiamo entrambi complici. Lui si avvicina di più a me e mi avvolge tra le braccia.

<< Sei sicura che non vuoi che ti accompagni? >>

Annuisco.

<< Si. E’ una cosa che voglio fare da sola. >>

<< D’accordo. Come preferisci. Ma se hai bisogno di qualsiasi cosa… >>

<< Ti chiamo, e tu arrivi. >>  

Il suo sguardo si addolcisce, mentre mi alzo sulle punte per baciarlo. Mi stringe ancora di più, mentre le sue labbra cercando le mie. Gli sfioro i capelli. Ci stacchiamo per guardarci di nuovo. C’è un grande silenzio intorno a noi. Il microfono sopra la mia testa si abbassa leggermente.

<< Ti amo. >>  

Gli dico sorridendo, e il mio cuore perde un colpo. Spero che non si noti.

<< Ti amo. >>

Risponde lui tranquillo. Gli occhi di Ian si perdono per un secondo nei miei, è un istante brevissimo. Poi ritornano come prima.

<< EHHH STOP. >>

Ci voltiamo entrambi verso Josha e Julie che parlottano tra di loro.

<< La dobbiamo rifare? >>

Chiede Ian. Joshua fa segno di no, mentre continua a guardare lo schermo.

<< Prendetevi due minuti. C’è qualcosa che non va sul monitor. >>

Ian annuisce e velocemente si allontana dal set. Senza rendermene conto, gli corro dietro, seguendolo. Esce dal set principale e si avvia lungo il corridoio che porta ai camerini. Sa che lo sto seguendo, ma sembra che voglia ignorarmi. Prima che possa arrivare davanti alla sua porta e chiudermi fuori, lo richiamo.

<< Ian.. aspetta! >>

<< No, Looch. Non voglio discutere con te. >>

Non si volta nemmeno. Lo strattono con più forza.

<< Non voglio discutere! Guardami! >>  

Forse non avrei dovuto chiederglielo. Se la sua espressione sul set era totalmente indecifrabile. Questa è l’opposto. Gli occhi sono ricolmi di tristezza… Sembra anche stanco, spossato. Sembra che possa crollare da un momento all’altro. Proprio come quella volta…

 
<< Nina! Non puoi pretendere che io abbandoni tutto quello per cui ho lavorato in quest’ultimo anno. >>

La sua voce è più alta del dovuto. E’ sempre strano sentir Ian urlare. Poche volte si lascia andare in questo modo. Ma questa volta è diverso. Questa volta non posso stare al suo gioco.

<< Sapevi che volevo restare con te. Lo sapevi! E invece hai dovuto strafare di nuovo! Hai dovuto accettare ogni santo contratto, per ogni convention! In tutta Europa! Per tutta l’estate! Hai pensato a me? Solo per un secondo? >> 

I suoi occhi si spalancano leggermente. Sembra sorpreso. Respira profondamente.

<< Certo che ci ho pensato. E avevamo deciso che saresti venuta con me… Che ci saremmo fatti così le nostre vacanze. >>

<< Non è vero Ian… Ti ho detto che ci avrei pensato. Ti ho detto che sarei voluta andare in giro con i nostri amici, a divertirci! Come facevamo una volta… Ma tu… Non… >>

Prendo un respiro profondo.

<< Non mi hai dato ascolto… Non ti ho detto che dovevi rinunciare a tutte le convention, o che avresti dovuto trascurare i tuoi fan, so quanto ci tengono, e so quanto ci tieni… Ma volevo che non trascurassi…me…>>   

Le lacrime iniziano a scendermi bagnandomi le guance.

<< Non volevo, pensavo che… lo sai. Il mio lavoro, è importante. >>

Cerca di avvicinarsi, di toccarmi. Ma io indietreggio.

<< Non pensavi. Per tutto quest’anno con la ISF e il lavoro e il resto… E non voglio dover dire queste cose. Lo capisci? Non voglio dover passare per quella egoista.. >>

Mi asciugo le lacrime dal viso.  Resta in silenzio.

<< Mi dispiace Ian. Ma non posso vivere la mia vita a seconda della tua. Ho fatto questo l’anno scorso e l’anno prima. Lo faccio da quando ti conosco… E ho amato ogni singolo momento… Ma non posso più farlo. >>

Cerca di avvicinarsi di nuovo. Ha gli occhi lucidi.

<< Ti ho mai dato modo di dover rimpiangere qualcosa? E’ questo che mi stai dicendo? Come puoi… Parlare in questo modo.. >>

Non distolgo lo sguardo dai suoi occhi tristi. 

<< Ho bisogno di un po di tempo Ian… >>

Lui scuote la testa, mi trattiene per un braccio.

<< No… Non puoi dire così.. >>  

<< Mi dispiace. >>

Sciolgo la sua presa, prendo la borsa e le chiavi e esco dalla porta, chiudendomela alle spalle.  


 
E poi sono di nuovo qui. E questa volta sono io che lo trattengo. Ma lui non vuole essere trattenuto. Lascio lentamente il suo braccio. 

<< Cosa vuoi allora Nina? Dirmi quanto ormai le cose siano cambiate? Ma cedere comunque al tuo cuore, o ai miei baci… Perché sai che non puoi starmi lontana, come non posso farlo io? >>

Il corridoio è stretto e lungo. Non c’è spazio, non posso sottrarmi al suo sguardo, alle sue parole. Non posso voltarmi indietro, non posso scappare. Non posso far finta che tutti questi sentimenti non ci siano. Ma non rispondo. Continuo solo a tenere lo sguardo fisso sul suo petto.

<< Non fa niente Looch.. Va bene così. >>

Si volta, continuando a percorrere il corridoio. 

<< Quel giorno… >>

Le parole mi escono dalle labbra, quasi in un urlo di disperazione. Lui è quasi arrivato al suo camerino, ma si volta per guardarmi. Sa perfettamente di che giorno sto parlando. Lo sappiamo entrambi. Una lacrima mi scivola sulla guancia. 

<< Quel giorno… >> ripeto << una parte di me… Avrebbe solo voluto dirti “si”. >>

Non so cosa mi stia passando per la testa. Non so perché gli sto confessando una cosa così importante che non ero nemmeno riuscita a confessare a me stessa. Si volta completamente per guardarmi. Aspetta che continui.

<< Avrei voluto dirti si… Avrei voluto abbracciarti, baciarti e renderti felice. Anche se sapevi che non volevo, anche se non era il momento adatto. >>

La voce mi si spezza in gola, asciugo le lacrime sulle guance. Lui avanza verso di me.

<< Vorrei essere la donna che meriti. Ma non lo sono… Vorrei non essere così spaventata da tutto questo. Vorrei averti conosciuto fra qualche anno, quando sarei stata pronta. Hai sempre detto che questo lavoro ci ha fatti trovare, ma io lo so… Che anche se così non fosse stato, mi avresti trovata lo stesso. E so che nel momento esatto in cui i miei occhi avrebbero incontrato i tuoi, mi sarei innamorata di te, nello stesso identico modo in cui ti amo in questo momento! >>

I suoi occhi sono così azzurri e profondi in questo momento. Mi prende il viso fra mani. Appoggia la sua guancia accanto alla mia.

<< Shh… Non piangere. Ti prego. Non piangere più.. >> 

Mi sfiora la guancia con le labbra. Mentre io mi aggrappo a lui, alla sua maglietta, alle sue spalle. E mi lascio cullare dal suo abbraccio, dal suo amore, dai suoi “ti amo” sussurrati al mio orecchio. E riesco solo a pensare che tutto questo è totalmente giusto. Totalmente mio.
 
 

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Capitolo 19
*** When I Was Your Man. ***


POV. Nina.

Ho i capelli raccolti in una strana crocchia arruffata, delle terribili occhiaie, e una voglia incredibile di fumare l’intero pacchetto di sigarette sepolto nella mia borsa. E questo non è nulla paragonato al mio imminente desiderio di voler sprofondare in un letto morbido, e dormire per almeno due giorni di fila. Ma tutto questo non mi è concesso. Non al momento. Percorro lentamente i lunghi corridoi familiari che mi circondano cinque giorni su sette, ormai da quattro anni. C’è molta trepidazione questa mattina. Una grande puntata da girare, un grande colpo di scena da dirigere. Da dietro un angolo spunta Sandy, tra le braccia ha un grosso scatolone da cui si intravedono diverse spazzole.

<< Nina.. Tesoro..  >>

Le sorrido mentre si avvicina.

<< Buongiorno. >>

Lei spalanca leggermente gli occhi quando si rende conto dello stato dei miei capelli. Alzo le mani prima che inizi a parlare.

<< Lo so, lo so. Ma stamattina ero di fretta. Avrò bisogno di te per un po.. >>

Alza gli occhi al cielo sorridendo.

<< Muoviamoci allora. >>

Entriamo nella porta alla mia destra, e appoggio borsa e felpa sul ripiano in marmo. Quasi mi tuffo nella grossa sedia girevole, e mi rilasso mentre Sandy inizia ad armeggiare con il cespuglio morbido che mi ritrovo in testa. L’iphone mi vibra nella tasca anteriore dei pantaloni e mi inclino leggermente per cacciarlo fuori. Ben dodici notifiche da twitter e due mail da parte di Derek. Tralascio le mail e scorro i vari nuovi tweet. Cerco di non prestare attenzione ad un nome in particolare che affolla lo schermo. Ma risulta difficile. In due giorni è riuscito a partecipare a tre programmi diversi, e a vincere un Golden Goody Award. Una piccola fitta di orgoglio mi prende lo stomaco…Seguita a ruota da una fitta ben diversa. Ma oggi è appena martedì. C’è un’intera settimana davanti a me. Sospiro rassegnata. Il clima sul set è più cordiale e affettuoso del solito negli ultimi tempi. Probabilmente dovuto al fatto che fra qualche settimana gireremo il 100° episodio della serie. Un grande traguardo. Ma per me non è la stessa cosa. Restare accanto a Lui ogni giorno, continuare a sorridere e comportarmi cordialmente quando in realtà vorrei soltanto allontanarmi il più possibile…
 

Un mese prima…

Resto aggrappata alle sue spalle, alla sua maglietta. Continua a sussurrarmi di non piangere, di calmarmi. Continua a dirmi che andrà tutto bene. Ma so che non è così. So che tutto questo non cambierà nulla. Perché è già cambiato tutto. E quando qualcosa di così grande cambia così tanto, non si può mai tornare indietro. Mi allontana leggermente da se per guardarmi bene in viso, i suoi occhi sono due enormi specchi azzurri. Ho sempre creduto che con il tempo mi sarei abituata al suo sguardo, ma non è andata così. Mi accarezza le guance con i pollici, asciugandomi le ultime lacrime, e quando lei sue mani si allontanano dal mio viso, già ne sento la mancanza. Ed è proprio questo il problema. Questo bisogno di averlo vicino, queste catene che mi tengono legata a lui. Lo  allontano da me.

<< Ma non posso amarti, non voglio. Voglio.. vivere la mia vita senza dover essere legata alla tua... >>

Non sembra sorpreso nel sentirmi dire queste parole. Inizia a parlare, distaccando per bene ogni singola parola.

<< So che è colpa mia.. Sai. Io ho tentato in tutti i modi di… non pensarci e di andare avanti… Ma solo ora ho capito che sarà sempre così, che non riuscirò mai.. >>

Prende fiato. Deciso, risoluto. Con quel tono autoritario che di solito usa per le questioni importanti.   

<< E’ inutile che io mi sforzi, perché farai sempre parte di me…Lo sai, abbiamo condiviso tutto per tanto tempo.  Ma non basta. E’ ora che ci lasciamo alla spalle il passato. Ed è ora… Che io ti lasci andare. Non l’ho fatto fino ad oggi… Ma so che è la scelta più giusta.  Tu stavi andando avanti e io… egoisticamente ti ho trattenuta. Ma non lo farò più.  >>

Le sue parole lentamente si fanno strada nella mia mente, sorpassano le bugie, le dichiarazioni, i silenzi vuoti. E capisco. La sua voce e il suo sguardo non accettano repliche. Ha deciso. Come ho deciso io mesi fa. Il corridoio sembra stringersi intorno a  noi. Sento il cuore battere forte contro la cassa toracica. Annuisco, mi asciugo le ultime lacrime, e cerco le parole adatte. Ma non ce ne sono. Non ce ne saranno mai. Mi abbraccia ancora. Preme il suo viso contro i miei capelli, respira forte. Mi stringe così tanto da farmi male, ma non importa.

<< Ma questo non cambia il fatto che per te ci sarò sempre… E’ chiaro? >> 

Annuisco contro la sua spalla. E’ chiaro… Chiarissimo…

 

Sono passate quasi cinque settimane da allora, e niente è cambiato.  Più o meno. Sono cambiati i miei ritmi. Il mio continuo volare a LA ogni volta che ne ho l’occasione. E’ cambiato il mio rapporto con Derek… Rapporto che devo ancora definire. Ma è questa la cosa che preferisco, non ha bisogno di definizioni. Mi rende felice. Mi da ridere. E’ come se la sua presenza, nei fine settimana, resettasse tutti gli altri giorni. E ora ho bisogno di questo. Di leggerezza. Ed è cambiato il mio rapporto con Ian. Nelle prime settimane ci guardavamo, sfioravamo, e ogni tanto andavamo a chiuderci nella nostra roulotte, amandoci con disperazione, per poi rivestirci in fretta senza dire una parola. Ma più il tempo passava, più i nostri incontri taciuti diminuivano. Più mi avvicinavo a Derek, più lui si allontanava. Stava mollando lentamente la presa. Forse adesso, l’ha mollata del tutto.

<< Ecco, abbiamo finito. Sei perfetta. >>

La voce di Sandy mi riscuote del tutto. Fisso la mia immagine nello specchio, i capelli sono tornati leggermente mossi. Le ciocche rosse di Elena, sono al posto giusto. Le sorrido.

<< Grazie. >>  

Mezz’ora dopo sono sul set e ripasso velocemente le battute, comodamente accoccolata sulla mia sedia. Accanto a me Kat, e Candice poco più in la.  Ieri abbiamo girato metà copione dell’ottavo episodio, e oggi dobbiamo finirlo tutto. Tamburello con le dita sul tavolino reclinabile, mentre sorrido leggendo le chiare provocazioni di Katherine verso Elena.

<< Buongiorno ragazzi! >>  

Un brivido mi scende lungo la schiena. Cerco di non alzare la testa di scatto al suono della sua voce. Sposto lo sguardo, mentre lui avanza in mezzo a varie strutture di legno, salutando e dando pacche sulle spalle a chiunque si trova davanti.

<< Ohh ecco il nostro eroe! >>

Kat scende al volo dalla sedia e corre ad abbracciarlo. Lui la stringe forte sorridendo. Hai capelli neri perfettamente sistemati. E’ già truccato e pronto per Damon.

<< Ieri ci hai abbandonati per andare a salvare il mondo. Congratulazioni per il Goody Award! >>

<< Grazie Kat! E’ stato un fine settimana incredibile.. >> 

<< Dovrai raccontarmi tutto, appena siamo in pausa. >>

<< Certo! Volentieri. >>

Candice si alza per raggiungerli. Anche lei lo abbraccia e gli fa le congratulazioni.  So che dovrei fare altrettanto, so che dovrei dire qualcosa, ma non riesco a muovermi. Quando lui alza lo sguardo, i suoi occhi incrociano i miei. Per un secondo sembra perdere di vista tutto, poi sorride raggiante.

<< Ehi Looch! >>

<< Ehi Smolder! Congratulazioni! >> 

<< Grazie. >>

Ecco, perfetto. Devo solo sorridere in modo più convincente. Devo solo cercare di rallentare il cuore che continua a risuonarmi forte nel petto. Avanza verso di me, con la sua solita camminata fluida. Si butta sulla sedia accanto alla mia. Con la coda dell’occhio posso vederlo mentre reclina all’indietro la testa e distende le gambe. Fissa il soffitto per qualche secondo e poi chiude gli occhi. Sembra distrutto. Ritorno al mio copione, cercando di pensare ad altro. Ma lui non me lo permette.

<< Allora… Com’è andato il weekend? >>  

Mi volto leggermente per guardalo,  non ha cambiato posizione e ha ancora gli occhi chiusi.

<< Io.. beh, benissimo. Grazie. >> 

Ammetto che non mi aspettavo una domanda del genere. Mi ha colta alla sprovvista. Nelle ultime settimane c’è stato un dialogo normale, ma le cose fuori dal set, restavano fuori dal set. E’ una regola che ci siamo imposti silenziosamente, senza dirlo davvero. E lui l’ha appena infranta. Continuo, senza rendermene conto, a tamburellare con le dita sul tavolino. Non posso nemmeno chiedergli com’è stato il suo, di weekend. Lo so perfettamente. Lo sa tutto il mondo. Fisso il copione, rileggendo per l’ennesima volta la stessa battuta.   

<< Ho saputo che non sei andata agli Emmy. >>

La sua voce è leggera, indifferente. Come se stesse chiedendo cosa ho mangiato a colazione. Non alzo nemmeno lo sguardo questa volta.

<< Si, ieri dovevo arrivare presto sul set… >> aspetto qualche secondo, forse non dovrei dirlo. Dovrei lasciar perdere. Ma prima che possa pensarci ancora, le parole escono fuori, senza controllo. << Ma ho avuto lo stesso il tempo di fare un salto a LA per qualche ora… Sai a volte, possono bastare. >>

Passano giusto due secondi. Due secondi in cui sembra fermarsi il mondo. Non ho bisogno di voltarmi, o di alzare gli occhi. Sento perfettamente l’intensità del suo sguardo abbattersi su di me. Ha capito il doppio senso. Probabilmente sono una codarda. Ma so che non riuscirei a reggere quelle iridi azzurre scontrarsi con le mie. Ci sono suoni e voci intorno a noi, ma sento solo le mie dita tamburellare, scandendo i secondi. Uno- due, tre-quattro, ciunque- sei… Fino a quando la sua mano non mi blocca dolcemente, stringendomi il polso. Sento una piccola scossa partire proprio da quel punto e irradiarsi per tutto il braccio. Quando mi volto per guardarlo, mi rendo conto di non aver capito nulla. Davanti a me non ci sono due occhi tristi, o feriti come mi ero aspettata. Il suo sguardo è duro, in netto contrasto con la stretta delle sue dita. La sua espressione non è arrabbiata o scontrosa. Ci sono questi piccoli cerchietti di ghiaccio che mi fissano. E anche mentre scrutano i miei, non si sciolgono. Non dice nulla, ma non ce n’è bisogno. I suoi occhi parlano per lui. E in questo momento stanno dicendo qualcosa del tipo:

“E’ così che stanno le cose? è così che vuoi giocare? Perfetto. Ti distruggerò. “  

E quando Ian Somerhalder decide di distruggerti, con la sua artiglieria, è praticamente quasi impossibile contrattaccare.
Ma le cose impossibili, sono sempre state il mio forte. Sostengo il suo sguardo per qualche secondo, sorrido innocentemente piegando la testa di lato. Abbasso gli occhi sulle sue dita lunghe e affusolate – ah, anche le mani sono perfette – strette intorno alle mie, e lui molla la presa. L’angolo sinistro della sua bocca si alza all’improvviso in un sorriso sghembo, accattivante, provocante.

<< Bene, mi fa piacere. >>

Potrebbe anche passare per un commento sincero. Potrebbe, se fino a qualche secondo prima non mi avesse guardato in quel modo. Ma l’ha fatto. E’ dentro quelle piccole parole, c’è un mix di emozioni che forse nemmeno lui riesce a controllare.
 

POV. Ian.

Mentre mi guarda con quegli occhi falsamente innocenti, cerco di restare calmo, di reprimere dentro di me l’istinto di alzarmi e trascinarla in qualche angolo buio per toglierle dalla faccia quel sorrisetto tranquillo e soddisfatto. Cerco di incassare e dimenticare il commento sulle ore che ha trascorso a LA.  Ammetto di essermela cercata. Potevo lasciar perdere e non chiederle nulla, ma ovviamente, non l’ho fatto. Ripercorro le settimane precedenti. Mi sono buttato a capofitto nel lavoro, mi sono ubriacato. Mi sono divertito, mi sono goduto una libertà che non avevo da tempo, che non volevo.  Sono andato avanti, come le avevo detto. Ma ci sono state delle notti lunghissime, trascorse in un letto troppo grande e freddo. Notti in cui il mio orgoglio, si riversava in vino e lacrime. Notti in cui sarei saltato in macchina e l’avrei raggiunta. Notti in cui la immaginavo distesa in un letto con un altro uomo, fino a diventare cieco dalla rabbia, dalla gelosia. E poi ci sono stati i giorni. I giorni trascorsi insieme a lei su questo set. I giorni in cui la guardavo di sottecchi, beandomi della sua risata, del suo sorriso. Il giorno in cui abbiamo chiamato sua madre per farle gli auguri di compleanno, cantandole Buon Compleanno. Giorni in cui la vedevo leggermente più triste, o più felice. Giorni in cui vedevo come il mondo se la stesse prendendo con lei, mentre cercavo di fare il possibile per proteggerla da quelle persone che la giudicano senza conoscerla. Qualche tweet, qualche commento, il minimo indispensabile. Quello che la nostra non vita, da personaggi pubblici, ci permette di fare. Avevo trovato il giusto equilibrio. Ma ora sento che sta andando tutto in pezzi. Di nuovo.  

<< Ian, Nina! Tocca a voi! >>

La voce di Chris rimbomba per tutto il set. Lei si alza al volo lanciandomi uno sguardo di sfida.

<< Forza Damon! Vediamo se riesci a svegliarti! >>  

Ha un sorriso tirato e gli occhi che le brillano particolarmente. Sospiro mentre mi alzo e mi sgranchisco le braccia. Sarà una lunga giornata.


POV. Nina.

<< Scena 12. Episodio 8. Motore… E AZIONE!  >>  

Ian/Damon è di fronte a me, con lo sguardo vigile e indagatore.

<< Chi era quello? Oh, aspetta, fammi indovinare. E’ il capitano di qualche stupido sport di squadra? O del club di astronomia? Sembra uno a cui piacciono le stelle.>>

Un sorrisetto sghembo e perfido si allunga sulle sue labbra. Sospiro.

<< Si chiama Aaron. Ed è un compagno di corso. Tutto qua. >>

Incrocio le bracci sul petto, sostenendo il suo sguardo. Fa spallucce e si avvicina ancora di più a me.

<< Mmh. Compagno di corso? Magari prendo in considerazione l’idea di iscrivermi a questo college. Sembra divertente. >> 

I suoi occhi scendono e si posano sulle mie labbra, scendono ancora di più, per poi ritornare ad incrociare il mio sguardo. Damon vuole baciare Elena. Ma non mi sembra che nel copione stia scritto che deve spogliarla con gli occhi. Ian sta ‘colorando’ a modo suo la scena.

<< Sei praticamente qui ogni giorno… >> gli poso le mani sul petto e lentamente le lascio scivolare dietro al suo collo. << è come se tu fossi già iscritto…E hai preso la residenza nella mia stanza. Caroline si arrabbierà da morire. >>

Lentamente si abbassa verso di me, e posa le sue labbra sulle mie.

<< Non m’importa cosa pensa la Barbie. E non m’importa cosa vuole. >>

Respira più forte contro la mia bocca, si sofferma più del dovuto. Le sue mani scendono sui miei fianchi. Sto perdendo la concentrazione mentre mi bacia ancora di più. Mi sospinge contro il muro alle mie spalle. Mi perdo nei suoi sospiri mentre si stringe a me, mentre mi sfiora il collo…

<< EHHH STOP! >>  

Ian si stacca da me in un secondo. Io resto contro il muro, ancora con il fiato corto e i capelli scompigliati. Lui è perfettamente a suo agio e sorride come se niente fosse. Avrei tanto voglia di tirargli un pugno per rovinargli quel bel faccino.

<< Perfetto ragazzi, per oggi abbiamo finito, sono quasi le nove. Potete andare a cambiarvi. >>

Non me lo faccio ripetere due volte, sorpasso Ian velocemente, troppo velocemente. Tanto velocemente che perdo l’equilibrio e inciampo in un filo di gomma nero, rotolando rovinosamente a terra. In quell’esatto momento ci sono già diverse mani pronte ad aiutarmi, ma ovviamente, il braccio di Ian è già stretto intorno alla mia vita. Alzo lo sguardo, e ritrovo i suoi occhi fissi nei miei. Mi rimette in piedi e continua a trattenermi il fianco.

<< Stai bene? Ti sei fatta male? >>

Il modo in cui mi guarda e il modo in cui mi stringe, mi mandano in confusione. Sento le lacrime salire e pungermi gli occhi. Lacrime di frustrazione, di vergogna. Mi libero dalla sua presa, sorridendo imbarazzata.

<< Ahh, sto bene Smolder, non preoccuparti. Grazie.  >>

Prima che possa anche solo dire qualcosa, prima che possa capire che sto per crollare, prima che tutti gli altri si rendano conto che niente è così facile come sembra, mi sto già incamminando verso il corridoio centrale.   
Mezz’ora dopo, avvolta nel mio maglione e nei miei pantaloncini, sono pronta a lasciare il set. Quando mi ritrovo a passare davanti ad un corridoio che precede il camerino di Ian, mi ritornano in mente le risate e il modo in cui all’inizio, quando eravamo solo dei ragazzi presi per un nuovo show, era tutto più facile e divertente..
 

Ottobre 2010.  

<< Ian! Ian! Scendi ti prego! Ti farai male! >>  

Continuo a chiamarlo e urlare mentre i ragazzi intorno a me continuano ad incitarlo. E’ quasi arrivato alla fine dell’impalcatura, sospesa nel vuoto. Mi guardo intorno per cercare aiuto, ma sembrano tutti troppo divertiti dalla cosa, come se non capissero che potrebbe rompersi una gamba o l’osso del collo. Mi copro gli occhi con le mani, mentre sento un forte botto, seguito da varie fragorose risate.

<< Ehi piccola, non preoccuparti, sto benissimo! >>

Quando apro gli occhi lo vedo alzarsi da un grosso materasso nero, nascosto dietro a delle strutture in legno.

<< Idioti! Mi avete fatto prendere un colpo! >>

Zach e Matt sono piegati in due dalle risate, e accanto a loro c’è Paul che cerca di trattenerle come meglio può. Mi avvento su Ian colpendolo forte sul petto, più volte. 

<< Sei un idiota! IDIOTA! >>

La sua risata è come musica. Mi blocca i polsi stringendoli piano.

<< Guarda che sei molto difficile da spaventare o ingannare! Mi ci è voluta molta fantasia! >> 

Continua a ridere, scioglie la presa dalle mie mani, e si allontana verso il camerino. Guardo i ragazzi, che mi indicano il corridoio dall’altro lato del set.

<< Dovresti fargliela pagare. >>

Annuncia solennemente Paul. E ha ragione. Annuisco sorridendogli. Imbocco il corridoio che gira intorno al set, quello che Ian sta percorrendo dal lato opposto. Di certo sono più veloce di lui. Arrivata al suo camerino entro dentro senza accendere la luce, e richiudo la porta alle mie spalle.

<< Si mamma, non preoccuparti. Si, ti prometto che ti chiamerò di più. Si, anche io ti voglio bene. >>

Sento la sua voce e i suoi passi lungo il corridoio. Appena la porta si apre, nell’esatto momento in cui accende la luce, gli salto davanti.

<< Buuuuh! >>

<< Ahhhhhhh! >>

Urla come una ragazzina con tutto il fiato che ha in gola e lascia cadere l’iPhone a terra. Mi piego  in due dal ridere, mantenendomi la pancia con le braccia.

<< Dovevi vederti Smolder! Avevi tipo questa faccia! >>

Cerco di imitare il suo sguardo spaventato, mentre continuo a ridere.

<< Tu… Piccola… >> 

Si butta addosso a me di scatto, alzandomi di peso, sorreggendomi tra le braccia.

<< Ahh Ian! >>

Ho gli occhi piedi di lacrime, mentre mi butta sul divanetto accanto alla porta, facendomi il solletico sui fianchi. Imploro pietà e perdono, ma lui continua, ridendo insieme a me, con i capelli che gli ricadono sugli occhi e le guance arrossate. Gli punto le mani sulle spalle per cercare di allontanarlo, ma finisco con lo spingere troppo verso sinistra, perdiamo l’equilibrio e rotoliamo giù dal divano, finendo sul pavimento. Posizioni ribaltate. Sono praticamente distesa addosso a lui. Cerco di alzarmi, e finisco seduta sul suo bacino, le ginocchia a terra, e le mani sul suo petto, mentre lui emette versetti incomprensibili lamentandosi.

<< Ecco Smolder! Ho vinto io! Arrenditi! >>  

Butta la testa all’indietro continuando a ridere. Quando i suoi occhi tornano nei miei, c’è un leggero cambiamento. L’atmosfera cambia. Il sorriso che ha sul viso si spegne lentamente, fino a diventare lievemente accennato. I capelli lisci mi scivolano sulle spalle, come due piccole tende ai lati del viso. Sento le sue mani premute sui mie fianchi, e solo ora mi rendo conto di quanto siano calde anche attraverso il tessuto della canottiera. Lentamente alza un braccio e mi sfiora il collo, il viso, portandomi i capelli dietro l’orecchio.

<< Mi arrendo… >>

La sua voce è flebile ma decisa.

Oh-Oh. Tutto questo non dovrebbe…

Punta i gomiti sul pavimento e si solleva da terra. Vorrei spostarmi, ma non me lo permette, scivolo solo leggermente più indietro, sulle sue gambe. I nostri corpi si incastrano alla perfezione. Un brivido mi scende lungo la schiena. Le mie mani ancora premute sul suo petto. Alza l’altro braccio e mi sistema i capelli anche a destra, di nuovo dietro l’orecchio. Non riesco a guardarlo negli occhi. Sento di stare precipitando. Le sue mani sono come piccole piume che mi sfiorano il viso. E quando i nostri occhi si incrociano vedo tutto quello che potremmo essere. Possibile che i suoi siano così azzurri?

Oh-Oh. No… NO. NO.

Il suo viso è troppo vicino. E non stiamo girando nessuna scena! Ma non mi scosto, non lo spingo via. Non faccio nulla. Resto avvolta tra le sue braccia. Accosta la sua bocca al mio orecchio.

<< Non preoccuparti Looch, non ti faccio nulla. Voglio solo tenerti così per un po’. Alla fine, vinci sempre tu… >>

Quasi sospiro di sollievo. Annuisco contro la sua spalla. Elena può rifiutargli tutti i baci di questo mondo… Lei ne ha la forza. Io non riuscirei ad averla.
 


Arrivata davanti al camerino di Ian, noto un enorme mazzo di fiori in mezzo al tavolo. Lui è di spalle e tiene tra le mani quella che sembra una cornice. Mi affaccio sulla stanza per salutarlo.

<< Ehi Smouldy, ci vediia.. >>

Al suono della mia voce si gira, con un sorriso enorme sul viso.

<< Nina! Vieni a vedere! >> 

Sembra totalmente entusiasta. Entro posando la borsa sul tavolo, cercando di non soffermarmi sul divanetto nell’angolo su cui ho passato diverso tempo, abbracciata  a lui.  Mi avvicino  e mi mostra una grande targa/cornice con sopra scritto “Traveler” seguito dal suo nome, seguito da “VISIONARIES 2013”. Quando realizzo di cosa si tratta, capisco il suo entusiasmo. Ci guardiamo per un secondo che sembra infinito, con gli stessi identici sorrisi.

<< Congratulazioni! E’.. fantastico! >>

Lui annuisce, mentre io lo abbraccio forte.

<< Sono… così orgogliosa di te. Ce la stai facendo. Stai facendo tutto quello per cui hai tanto lavorato. >>  

Il suo viso è pieno di soddisfazione e emozione. Sembra che abbia appena vinto un Oscar. Ma questo è molto più importante.

<< Si è incredibile.. Sono così felice…Mi scatti una foto? >>

Mi chiede mentre mi porge il suo iPhone.

<< Certo… Ecco, mettiti la targa sulla spalla, così. Avvicina di più il viso. Perfetto. >> 

Scatto la foto e gli restituisco il telefono. Lo abbraccio di nuovo, tralasciando tutti i nostri problemi, e il modo in cui ci siamo comportati oggi, solo per questo momento. Un momento in cui posso essere felice per lui e con lui. Un momento che ha voluto condividere con me, nonostante tutto.

<< Ci vediamo domani.. >>

Gli dico mentre prendo la borsa e varco la soglia della stanza.

<< Si… E Nina? >>

Mi volto interrogativa.

<< Grazie… Davvero. Per tutto. >> 

Gli sorrido un’ultima volta, annuendo.
 

POV. Ian.

<< Allora, questo giro lo offre Zach! >>

Dice Steven mentre gli da una grossa pacca sulla spalla. Siamo seduti intorno ad un tavolo rettangolare, a goderci finalmente il sabato pomeriggio. Tutti con un drink davanti, i capelli arruffati e la voglia di divertirsi. Il pub è uno dei nostri locali preferiti, con le luci soffuse le poltrone imbottite e la musica ad un volume accettabile. La settimana è volata tra alti e bassi. Era da un bel po’ che non passavo un po’ di tempo con questi ragazzi. Paul mi da una leggera gomitata nel fianco.

<< Ehi fratello, vuoi deciderti a posare quel coso? E ovviamente non mi riferisco al bicchiere di vino! >>

Tutti ridono e io rido con loro, mentre faccio sparire l’iPhone nella tasca dei pantaloni.  

<< Ehi Neens! Vale anche per te! >>  

Il mio sguardo cade su di lei, di fronte a me, accanto a Kat. Sorride timidamente. E non posso fare a meno di chiedermi con chi si stia scrivendo. Ma dentro di me so già la risposta. Sembra che ora tutto il mondo lo sappia. Stringo un po di più il bicchiere continuando a sorridere.

<< Senti chi parla! Tu potresti deciderti a mettere da parte il gel per capelli. >>

Sbotto girandomi verso Paul. Tutti scoppiano a ridere più di prima. Micheal è quasi piegato in due, accanto a lui Jenna nella stessa posizione. Paul alza le mani in segno di resa, e porta il bicchiere vicino al mio.

<< Brindiamo! >>

Alzo il bicchiere, e tutti fanno lo stesso.

<< Brindiamo… A noi! Che siamo ancora qui dopo cinque anni! >> 

Tutti urlano in coro e facciamo scontrare i nostri bicchieri. Cerco di non guardarla. Di non pensare al fatto che noi ne avremmo dovuti fare quattro tra poco. Bevo tutto d’un fiato. Il vino mi scende giù per la gola, riscaldandomi lo stomaco.

<< Attento Smolder, sei già abbastanza arrossato. >>

La sua risatina graffiata segue le sue parole ironiche.

<< Attenta piccola, finisce che dopo non ti reggi in piedi. >>

Sottolineo la parola ‘piccola’ con più enfasi del solito. Colpita e affondata. Sposta lo sguardo verso Kat.  Tutti iniziano a parlottare tra di loro del più e del meno. Io racconto di qualche aneddoto divertente capitatomi in Europa, e tutti ridono. 

<< Uhhh Bruno Mars! >>

Kat batte la mani come una ragazzina, mentre canticchia sotto voce la canzone che sta passando attraverso le casse sopra di noi.

<< Tu sei andata al concerto eh Nina? >>

Lei annuisce con energia sorridendo, iniziando a parlare a raffica.

<< Ahh questa canzone è incredibilmente deprimente! >> Steven si preme le mani sulle orecchie, è già leggermente brillo.

E io inconsapevolmente inizio a prestare attenzione alle parole della canzone.  
 
“La nostra canzone alla radio non sembra la stessa… “ 

Non l’ho mai sentita prima, da bravo uomo di caverna quale sono.

“Troppo imbranato per capire che avrei dovuto comprarti fiori, e tenerti per mano, avrei dovuto concederti più tempo… quando ne avevo la possibilità… >>

Tutte le parole lentamente si infrangono nella mia mente, nel mio stomaco, e nel mio cuore. Abbasso lo sguardo, sul bicchiere, prestando ancora più attenzione.

Ora la mia piccola sta ballando… Ma sta ballando con un altro uomo.” 

Deglutisco a fatica, mentre lo stomaco mi si contorce. 

“Perché la donna forte e brava che sei, è uscita dalla mia vita..E ora non riuscirò mai a rimediare al casino che ho fatto…”

Quando alzo lo sguardo per, lei sembra non accorgersi di nulla. Continua a chiacchierare tranquilla.

“Anche se mi ferisce, sarò il primo a dire che ho sbagliato…”  

Eccome se ho sbagliato. Ho sbagliato a darla per scontata. Ho sbagliato a credere che ci sarebbe sempre stata nonostante tutto. Ho sbagliato a non volare da lei quando sembrava supplicarmi. L’assolo della canzone le fa alzare gli occhi. Capisce all’improvviso.

“So che probabilmente è troppo tardi per cercare di scusarsi per gli errori che ho fatto… “

Incrocia il mio sguardo e non so cosa ci vede, non so perché li spalanca leggermente, non so quale sia la mia espressione al momento. Sembra che tutto svanisca intorno a noi.  Ci siamo solo io, lei e le parole di questa canzone. Parole mute che sembrano una mia dichiarazione.

“Ma voglio solo che tu sappia… Spero che lui ti compi i fiori, e che ti tenga per mano, che ti conceda tutto il suo tempo quando ne avrà la possibilità..”

Lo spero. Lo spero davvero. Ma non vorrei sperarlo. Vorrei essere io, quell’uomo.

“Che faccia tutto quello che avrei dovuto fare io… Quando ero il tuo uomo.”

Non posso più reggere quegli occhi. Mi alzo dal tavolo.

<< Scusatemi ragazzi ma ora devo proprio andare… Ho degli amici che arriveranno fra poco, non voglio farli aspettare.  >>

Si alza un coro di lamenti. Saluto tutti, e mi avvio verso l’uscita. Arrivato davanti alla macchina sento la sua voce richiamarmi.

<< Ian.. >>

Dovevo aspettarmelo. Mi stampo un bel sorriso in faccia prima di girarmi.

<< Ehi Looch.. Cosa c’è? >>

Ha le braccia incrociate sul petto. I pantaloni aderenti le mettono in risalto quelle gambe che mi hanno sempre fatto girare la testa.

<< Cos’era quello? >>  

So perfettamente a cosa si riferisce. Fa qualche passo in avanti. Alzo la testa e gli occhi al cielo.

<< Senti, non mi va di parlarne ok?  Ci vediamo lunedì. Divertiti. >>

Prima che possa anche solo provare a girarmi, lei è di nuovo di fronte a me.

<< La canzone è finita. >>

Ha gli occhi così accesi da sembrare due piccoli fuochi neri.

<< Lo so. Non era solo quella il problema. >>

<< Io.. >>

La blocco prima che possa dire altro.

<< No. Ascoltami e basta. D’accordo? >>

Mi guarda confusa e annuisce. Continuo senza esitazione.

<< Le nostre vite, ora come ora, sono su due piani opposti.. >>

<< Lo so.. >>

<< E per quanto possa volerlo, non posso fare nulla per cambiarlo.. >>

<< Lo so.. >>

<< E ti amo ancora. Non posso cambiare nemmeno questo. >>  

Ha gli occhi lucidi, annuisce decisa.

<< Lo so… >>

Mi avvicino di più a lei, le sfioro il viso, le sistemo i capelli.

<< Quindi, non incolparmi, se ti guardo in un certo modo. E adesso, rispondimi sinceramente. Sei felice Nina? >>

<< Si. >>

La sua risposta, senza esitazione, è come un pugno nello stomaco.

<< Perfetto. E’ tutto quello che volevo sapere. Mi basta. >>


Le sorrido un’ultima volta prima di salire in auto. Stringo forte il volante tra le mani, vorrei sbriciolarlo, scalo le marce velocemente, allontanandomi da lei.  

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Capitolo 20
*** I will always take care of you. ***


POV. Nina.


“Sei felice, Nina?”

 “Si”

Si. E’ tutto quello che ho detto. Non ho riflettuto. Non ho pensato. Una parolina così piccola, che può sembrare insignificante, per rispondere ad una domanda così importante. Una domanda che non doveva essere pronunciata. Non in quel momento. Non da lui. Una domanda che non ha una singola riposta. Una riposta che si è portato via. Che ha accettato a malincuore. Che si è infranta contro il suo viso. Che è sfuggita dalle mie labbra come uno schiaffo. Ma il suo sorriso, il suo silenzio, e il modo in cui è andato via lasciandomi su quel marciapiede, mi hanno fatta rinsavire. Quella risposta era giusta. Giusta per lui, per me, per entrambi. Giusta per tutto quello che abbiamo passato negli ultimi mesi. I suoi occhi agognavano un “no”. Ma non posso dargli quello che vuole. Non più. L’ho fatto per così tanto tempo. Mi sono annullata totalmente per lui, per il suo amore, per i suoi occhi, per le sue mani, per la vita che sprigiona. Mi sono lasciata consumare. Ci siamo consumati a vicenda. E non posso tornare in quel vortice, sono ancora impegnata a raccogliere i pezzi di una me stessa che ho distrutto senza pietà. Adesso ho trovato il giusto equilibrio e devo cercare di mantenerlo. A tutti i costi.   

<< Neens. Ehi? Mi stai ascoltando? >>

Quando alzo lo sguardo noto gli occhi scuri di Kat che mi fissano interrogativi. Annuisco disinvolta, sorridendole. 

<< Scusa, ero solo… Sovrappensiero. >>

Inclina la testa di lato, lasciando cadere i setosi capelli neri sulla spalla sinistra. Le sopracciglia sottili si uniscono in un’espressione corrucciata.

<< L’ho notato. Ultimamente hai sempre la testa fra le nuvole. Sono preoccupata. Sei sicura di star bene? >>

Continuo a torturarmi le mani e a mordicchiarmi il labbro inferiore cercando una risposta adeguata. Sto bene? Perché tutti continuano a chiederlo?

<< Va tutto alla grande Kat. Sul serio. >>

La sua espressione non cambia. Non mi crede. Fisso il mio contenitore rigirando i pezzetti di carne e le patate cercando di farli sembrare più invitanti, ma la mia tecnica non sembra funzionare. Abbandono la forchetta e l’intenzione di mangiare. Lei si sporge poco più avanti sul tavolo, per non farsi sentire dagli altri.

<< C’entra qualcosa Derek? >> 

BEP. Sbagliato. Fuori strada. Totalmente.

Mi guardo intorno cercando una testa nera in particolare. Lo trovo seduto accanto a Zach, al tavolo davanti al nostro. Sbircio senza farmi vedere. Il suo contenitore è totalmente intatto e lui continua a gesticolare mentre parla con Joshua. Non ha toccato nulla. Figuriamoci. Lui non spreca il suo tempo con il pranzo. E’ troppo impegnato a trovare un sistema per far capire a tutti che la terra si sta deteriorando giorno dopo giorno. Torno a guardare Kat scuotendo la testa.

<< No, assolutamente. >>

Si appoggia contro lo schienale della sedia sospirando quasi rassegnata.

<< Allora si tratta del signorino che stai fissando da più di mezz’ora? >>

Sgrano gli occhi e sento il sangue fluirmi alle guance.

<< Io.. Non.. >> 

Prima che lei possa controbattere, Kendrick arriva con il suo vassoio stracolmo di cibo.

<< Ehi ragazze, posso unirmi a voi? >>

Lo accolgo con un grande sorriso di gratitudine. Inconsapevolmente ha interrotto una conversazione per me molto spiacevole.

<< Ma certo! Anche se sei nuovo, non vuol dire che devi essere escluso. >>

Lancio un’occhiata a Kat mentre lui prende posto accanto a me.
 

<< Forza ragazzi! La pausa è finita! A lavoro! >>

Un coro di sospiri generali si alza dai tavoli. E’ la stessa identica cosa ogni giorno. Ci dividiamo  in vari gruppetti. Chi va in direzione dei camerini, chi in sala trucco, chi in sala relax perché non ha nessuna scena da girare. 

<< Nina, ti devi cambiare e truccare. Hai la scena con Ian. >>

Sorrido, stringendo le mani. Certo. Ovvio. La metà delle mie scene sono con lui. E’ ironico tutto questo. L’anno meno adatto per mettere fine ad una relazione. Prima che possa imboccare il corridoio, l’iPhone mi vibra nella tasca posteriore dei pantaloni, lo prendo al volo e sullo schermo appare la foto di Derek.

<< Ehi! >>

Cerco di controllare il suono della mia voce.

<< Ciao piccola! Finalmente…Sto provando a chiamarti da ieri ma.. >>

Lo interrompo prima che continui.

<< Si, hai ragione. Scusami. Ero impegnata sul set. >>  

Parliamo del più e le meno per qualche minuto, mi racconta delle prove, di Amber, dice che non vede l’ora che venga sabato per rivedermi. Lo saluto promettendogli di richiamarlo appena possibile. Quando mi volto… vedo Ian, al margine del set, che mi fissa. Sorride. Ma non è un sorriso imbarazzato. Non è il tipo di sorriso che dice “ops scusa, ti stavo fissando”. No. Lui sorride e basta. E non abbassa lo sguardo. Non che sia mai stato quel tipo di persona. Ha sempre camminato a testa alta, con fierezza. Con la sua scia di egocentrismo che lo seguiva ovunque… Ed è il tipo di uomo che può permettersi di farlo.  Gli faccio un piccolo cenno di saluto mentre imbocco, quasi correndo, il corridoio che mi porterà in sala trucco.
 

POV.Ian


Il bip-bip dell’iPhone mi riscuote dal leggero dormiveglia in cui sono sprofondato. Mi alzo lentamente cercando di non disturbare Nietzsche che dorme placidamente con la testa sul cuscino, prendendo gran parte del divano con il suo enorme pancione. La luce della TV senza volume illumina il salotto in penombra. Afferro il cellulare da sopra il bancone della cucina. Un nuovo messaggio da “French Kote”. Istintivamente guardo l’orologio appeso alla parete, segna le undici e dieci. Ironico. Apro il messaggio.

“Sono qui fuori. Apri.”  

Sgrano leggermente gli occhi alla vista di quelle parole totalmente inaspettate. Mi incammino verso la porta incredulo, aggiustandomi il pantalone della tuta e la t-shirt grigia. Mi passo una mano tra i capelli e apro la porta. Pochi metri più in la, c’è davvero lei. Posso notarne la sagoma familiare che si staglia nella notte, anche se non riesco a distinguere i suoi occhi. Premo un pulsante accanto al muro e il cancello di metallo si apre con uno scatto. Lei entra e lo richiude alle sue spalle, senza esitazione. Ha un enorme felpa blu, che gli copre i mini shorts, con tanto di cappuccio calato in testa. Le sue scarpette da ginnastica hanno un suono fin troppo familiare mentre si avvicina, calpestando il selciato. Mi metto di lato per farla entrare e richiudo velocemente la porta, riparandoci da eventuali occhi indiscreti. Mi da le spalle guardandosi intorno. 

<< Le chiavi non si usano più? >>

Le chiedo, mentre si volta verso di me abbassando il cappuccio.  

<< Ho appena lasciato il set, e non le avevo con me. In più, non sapevo se.. >>

I suoi occhi, tremendamente scuri, più scuri del solito, non sembrano in alcun modo esitanti. Lascia cadere il discorso mentre infila le mani nella
tasca davanti della felpa. Magari, per torturarsele di nascosto. Restiamo fermi per qualche secondo, davanti alla porta chiusa. Sospiro rilasciando anche la mia frustrazione.

<< Cosa ci fai qui? >> 

E con ‘qui’ intendo, alla mia porta, a casa mia, accanto a me. Il suo viso si illumina, sorride stringendosi nelle piccole spalle.

<< Voglio vederla. >>  

E all’improvviso capisco, ripensando ai tweet in cui mi ha menzionato.

<< Sta dormendo, è in salotto. >>  

Sorride ancora mentre imbocca il corridoio.

<< Ahhww…Oddio. E’ enorme! >>

Sussurra dolcemente. Si avvicina esitante al divano.  Si inginocchia, proprio davanti alla testa di Nietzsche e inizia ad accarezzarla piano.  

<< E’ bellissima. >>

E io annuisco. Annuisco restando in silenzio. Pensando che in realtà non c’è niente di più bello di lei con quell’espressione dolce sul viso. Di lei
in questa casa, come ai vecchi tempi… 


Marzo 2011

<< Questo è la torta al cioccolato più buona… del mondo! >> 

Nina è seduta –aggrappata- come una scimmietta sullo sgabello davanti al mio bancone in marmo. Sorride come una bambina, mentre tiene la forchetta e tenta di afferrare l’ultimo pezzetto di torta che ha nel piatto.

<< Vorresti dire che hai provato tutte le torte a cioccolato del mondo? Anche quelle Italiane o Giapponesi? >>

Inclina la testa, lanciandomi uno sguardo divertito.

<< Hai capito cosa intendevo. E poi, non sono mai stata in Italia. Figuriamoci in Giappone!  >>

Mi siedo sullo sgabello di fronte al suo, mi appoggio con i gomiti sul bancone, incrociando le mani, chinandomi leggermente verso di lei.

<< Allora ti ci porto io. Scegli tu il giorno. Possiamo partire anche ora. Roma, Milano, Tokyo. >>

Posa la forchetta accanto al piatto e si pulisce la bocca con il tovagliolo di stoffa. Un leggero sbaffo di cioccolata le macchia un angolo accanto alla bocca, ma non le dico nulla. Continuo a guardarla divertito.

<< Tu sei stato in Italia giusto? Per quanto ci hai vissuto? >>  

I suoi occhi brillano incuriositi.

<< Qualche anno, quando ero molto giovane. Ma te l’ho già raccontato. >>

Scuote la testa.

<< Mi hai raccontato del tuo lavoro. Ma non com’è stato vivere lì! >>  

Alzo gli occhi al cielo. Ma poi la accontento, e inizio a raccontale dell’Italia. Di Venezia e di Milano. Dei magnifici paesaggi e della ottima cucina. Delle persone gentili, delle feste, del vino e dei giri in auto. Le racconto tutto quello che riesco a ricordare, tralasciando mentalmente dei particolari poco casti.  I suoi occhi non si staccano dai miei nemmeno per un secondo. Ride di gusto a qualche aneddoto divertente, mentre si sistema i lunghi capelli castani dietro le spalle. Quella risata graffiata, soffocata, è dolce come il miele. Non so quanto tempo dopo, finalmente, si ferma con le domande. Resta in silenzio per qualche secondo, scrutandomi attentamente. Mi sento quasi messo a nudo da quello sguardo così aperto e indagatore. Così caldo e pieno di.. Mi alzo al volo, prendendole il piatto che ha davanti e mi volto per andarlo a posare nel lavabo poco distante.

<< Ian.. >>

La sua voce è bassa ma decisa.

<< Sei stato con tante donne, vero? >>

Quando mi volto per guardarla, sul suo viso c’è l’ombra di un sorriso tirato. Faccio spallucce, avvicinandomi a lei, aggirando il bancone. Mi abbasso verso il suo viso e lei non indietreggia. Prendo il tovagliolo e lo passo leggero intorno all’angolo della sua bocca. E’ adorabilmente arrossita.

<< Poche donne di cui mi importava realmente. Ma si, mi piaceva divertirmi. Ero giovane e sconsiderato. Come mai questa domanda? >>
Torno ad una distanza normale, mentre mi appoggio al ripiano incrociando le braccia.

<< Sembri il tipo di uomo che ha… molta esperienza. >>

Dopo un commento del genere dovrebbe abbassare lo sguardo imbarazzata… Ma non lo fa. In alcuni momenti sembra così giovane, e in altri – come questo – così grande e sicura di se. Non rispondo alla sua affermazione. Continuo a fissarla mentre l’aria intorno a noi sembra caricarsi di elettricità.  Si alza e si avvicina.

<< Qualche settimana fa mi hai baciata. Proprio su questo bancone. >>

Eccome se l’ho fatto. L’immagine di lei aggrappata alle mie spalle mi ha tormentato per diverse notti.

<< Si. Ti ho baciata. >>

<< E da allora, non ci hai più riprovato. Perché? >>  

Ormai è talmente vicina che sento il suo profumo mischiarsi al mio.

<< Sai perfettamente perché. >>

<< Perché sono troppo giovane. Perché lavoriamo entrambi nello show. Perché le cose si potrebbero complicare e il nostro rapporto ne risentirebbe. >>  

<< Esatto. >>

<< Ti sembrano motivi abbastanza validi? >>

<< Lo sono eccome, Nina. >>

Mi guarda fisso negli occhi. E lentamente sento la mia determinazione vacillare. Dio, vorrei soltanto prenderla e trascinarla in camera da letto, e baciarla mentre sussurro il suo nome. Mentre lei sussurra il mio. Allunga le braccia per afferrare delicatamente le mie mani e racchiuderle tra le sue. Si avvicina ancora di più, mentre lentamente arrivo ad avvolgerle la vita. Petto contro petto. Si alza sulle punte mentre preme le labbra contro le mie. Non la scosto, non mi scosto. Restiamo così per qualche secondo. Quando riapro gli occhi, i suoi sembrano due piccole sfere nere. Mi risucchiano. Dov’è la ragazzina che prima mangiava la torta al cioccolato ridendo alle mie battute? 

<< Sai che non sono motivazioni così valide, ho respinto tutto questo per così tanto tempo.. >> 

Ed è proprio mentre queste parole vengono pronunciate che perdo totalmente il controllo della situazione. Non le do nemmeno il tempo di ribattere. Le prendo il viso tra le mani e lo porto contro il mio. La bacio con una passione devastante. Una passione che mi brucia dentro da tanto, troppo tempo. Le sue mani si stringono ai miei capelli. Le mie mani vagano per il suo corpo, bramandone ogni centimetro. Il modo totale e unico con cui ricambia i miei baci mi manda fuori di testa. La sospingo contro il bancone, alzandola da terra. Le sue gambe si intrecciano intorno alla mia vita.  Affondo la testa nei suoi capelli morbidi. Le sfilo la maglietta e la getto a terra. Le lascio una scia di baci per tutto il collo, le spalle, il mento. Mi beo di ogni piccolo particolare. Si stringe ancora di a me mentre sospira contro le mie labbra.

<< Ian.. >>

Il mio nome non mi è mai sembrato così bello. Tanti pensieri si abbattono nella mia mente, ma il suo corpo, così fragile e così caldo, mi spinge a cacciarli tutti via. Quando ci ritroviamo sulla soglia della mia camera da letto capisco di essere arrivato al limite. Se superiamo questo confine, è finita. E’ un punto di non ritorno. La allontano leggermente da me per guardala in viso, per farle capire che può ancora fermarsi, ripensarci, mettere di nuovo in chiaro le cose. Ha le labbra così rosa e piene, le guance arrossate e gli occhi luccicanti. Dio, non è mai stata così bella. Le passo le mani sulle spalle, stringendola leggermente.

<< Nina.. ascolta, noi.. possiamo ancora.. >>

Le sue mani sono strette sui miei fianchi. Scuote la testa e mi sospinge contro di lei.

<< Non voglio che tu ti fermi. E non voglio fermarmi. >>

Che affermazione inutile la mia. Riprendo a baciarla, mentre il letto si avvicina sempre di più…

 



E poi sono di nuovo qua, davanti a lei. Tre anni dopo. E tutto è cambiato. Cosa ci fa qui? La domanda continua a risuonarmi nella testa. Quando si volta verso di me, con quel sorriso da ragazzina contenta, mi irrigidisco. Non sposto lo sguardo. Cerco di capire, di scrutare dentro di lei. E vedo il mio sguardo metterla in soggezione, sembra farsi sempre più piccola, sembra rinchiudersi in se stessa. Si alza lentamente, carezza un’ultima volta la testa di Nietzsche e mi supera senza guardarmi.

<< E’ meglio che vada.. >>

Non la blocco, non cerco nemmeno di afferrarla.

<< Perché sei qui Nina? >>

So che le mie parole bastano a fermarla.

Si volta, le mani ancora affondate nella felpa.

<< Per vedere lei, te l’ho detto. >>

Mi avvicino sempre di più, lentamente.

<< Bugiarda. >>

Sono talmente vicino da sfiorarle il petto. Tutto questo è assurdo.

<< Sai cosa? >> Mi allontano da lei. << Vai, vai pure. Questa volta non sarò io a trattenerti. >> 

Il suo sguardo cambia. Sembra sorpresa, esitante e arrabbiata.

<< Non guardarmi in quel modo Nina. Pensi che io possa accettare tutto questo? >> 

Si irrigidisce, trattiene il fiato. 

<< E io? Posso farlo? I tuoi sguardi sul set, il modo in cui mi sfiori..  >>

<< E’ il mio lavoro Nina! Ti ricordo che Damon è follemente innamorato di Elena! >>  

Si avvicina ancora di più.

<< Chi è il bugiardo adesso? >>

Non rispondo alla domanda. Non stacco i miei occhi dai suoi.

<< Cosa ci fai qui? Dillo chiaramente. >>
 

POV. Nina.


Le sue pupille si dilatano impercettibilmente. Ma resto lo stesso aggrappata a tutto quell’azzurro. I capelli arruffati e le guance rosse gli danno
un’aria tremendamente giovane. Dovrei distogliere lo sguardo, dovrei voltarmi, imboccare il corridoio e scappare nella notte, lontana da lui. Ma non voglio farlo. Ogni più piccola parte del mio corpo mi spinge a restare qui. Per tutto il giorno, sul set, senza di lui, mi sono sentita così incompleta. Vuole una risposta. Una risposta sincera. Perché sono venuta qui?

<< Per vederti. Volevo… vederti. >>  

Sospira rassegnato. La mascella tesa, le labbra dritte in un’espressione neutrale. Si passa una mano tra i capelli e rilascia indietro la testa. Fa qualche passo verso di me, non esita. Ha lo sguardo duro, non c’è traccia di tenerezza nei suoi occhi.

<< Perché? >> 

Si avvicina ancora di più. Il suo viso quasi sfiora il mio. Un brivido mi scende lungo la schiena.

<< Non lo so.. Non lo so.. >>

La sua mano si posa sul mio fianco. La sua bocca vicina al mio orecchio.

<< Forse lo so io.. >>

Le sue labbra, adesso, sono vicinissime alle mie. Chiudo gli occhi.

<< Tremi in questo modo… anche quando sei con lui? >>

Spalanco gli occhi mentre le sue parole mi arrivano come un pugno nello stomaco. Si è scostato da me e mi fissa gelido. Ma c’è qualcosa in più, qualcosa di più..

<< Allora? >>

<< Avevamo detto che le cose fuori dal set… dovevano restare fuori dal set! >>

La mia voce è leggermente più alta. Lui resta calmo, impassibile.

<< Forse non te ne sei accorta, ma non siamo sul set. >>

Gli lancio un’ultima occhiata prima di voltargli le spalle e avviarmi verso la porta.

<< L’altro giorno ti ho chiesto se eri felice! Cosa vuoi ora? >>

La sua mano mi blocca all’altezza del braccio, senza stringere, senza farmi male, mi fa girare di nuovo verso di lui.

<< Non voglio nulla! >>

Le nostre voci sono decisamente alte, ora. Non molla la presa.

<< Hai fatto l’amore con lui? >>
 

POV. Ian.

I suoi occhi scuri mi fissano sorpresi, increduli, feriti. Come posso spiegarle che l’immagine di lei con un altro, chiunque sia, mi manda fuori di testa? Come posso spiegarle che vedo ancora ogni centimetro del suo corpo come se fosse mio? Le sue ciglia scure si inumidiscono, cerca di trattenere le lacrime, ma non abbassa lo sguardo. Mi sta buttando contro tutto il suo risentimento.  

<< Non sono cose che ti riguardano. >>

<< Non ti ho chiesto se ci sei andata a letto. Ti ho chiesto sei hai fatto l’amore con lui. E’ diverso. >>   

<< Come puoi chiedermi una cosa del genere? >>  

Le sue mani strette a pugno lungo i fianchi tremano leggermente.

<< Come posso non farlo? Non è questo che stai cercando di far capire?! Che vuoi farmi capire?! Pensi che abbia dimenticato il tuo commento dell’altro giorno? Sulle ore che trascorri a LA?! >>

Si avvicina ancora di più.

<< E proprio tu mi vieni a dire questo? Metti da parte il tuo orgoglio di uomo ferito! Tu hai iniziato questa guerra! Io sto solo combattendo con tutte le mie forze! >>  

<< Potresti semplicemente rispondermi! E’ così difficile come domanda?! >>

Scuote la testa, inclinandola di lato. Si passa una mano sul viso, asciuga le lacrime, si scosta i capelli.

<< Dannazione Nina! Maledico il giorno in cui vi ho fatti incontrare! E maledico il giorno in cui me ne sono andato! Solo il pensiero che ti possa sfiorare mi manda fuori di testa! E non posso stare dietro a tutto questo! >>

Mi da una leggera spinta, liberandosi dalla mia presa.

<< No! Ok? No! Non ho fatto l’amore con lui. E solo il fatto che tu l’abbia pensato mi sta distruggendo! Mi stai distruggendo! Non sono venuta qui per questo! >>

Vorrei tirare un sospiro di sollievo. Vorrei baciarla. Ma le sue parole, il modo in cui le ha pronunciate… la rabbia…  Restiamo a fissarci. Con i respiri veloci, le guance rosse di collera e gli occhi umidi. Allungo una mano per sfiorarla, ma lei fa un passo indietro. Si volta. Non la fermo. Chiudo gli occhi per un attimo, e quando li riapro ha già sbattuto la porta alle sue spalle.
 

POV. Nina.


Salgo in auto e sbatto la portiera. Metto in moto e stringo le mani attorno al volante, mentre cerco di trattenere altre lacrime. La strada scivola lentamente sotto di me, mentre mi allontano da lui. Non volevo che andasse in questo modo. Per tutto il giorno ho avuto questa strana sensazione, mi guardavo intorno cercandolo, anche se sapevo perfettamente che non l’avrei visto in giro. Nelle ultime settimane sembravano che le cose fossero migliorate, e adesso mi ritrovo in questo stato, ancora così legata a lui.  Cerco di respirare regolarmente, di fermare la familiare sensazione di panico che mi prende lo stomaco quando sono agitata. Senza rendermene conto, come un autonoma, sono arrivata sotto casa.  Parcheggio l’auto al solito posto e scendo, stringendo l’iPhone e la borsa. Mi infilo velocemente nell’ascensore e premo il numero cinque. Quando le porte di metallo si chiudono, lo stomaco mi si contorce ancora di più. Mi passo una mano sulla fronte imperlata di sudore, e conto mentalmente i piani che mi separano da casa. Chiudo gli occhi cercando di pensare a qualcosa che possa tranquillizzarmi, qualsiasi cosa. Il “tiin” delle porte aperte mi fa sospirare, mentre mi fiondo sul pianerottolo. Cerco le chiavi nella borsa. Cerco di aprire la porta con mani tremanti. Quando sono dentro, accendo tutte le luci. Lascio cadere la borsa a terra e vado in cucina per prendere un bicchiere d’acqua. Le mani continuano a tremare, mentre le lacrime mi bagnano il viso. Mi siedo sul divano, Lynx salta accanto a me e inizio ad accarezzarla piano. Ma niente sembra funzionare. Sento il cuore martellarmi forte nel petto. Recupero l’iPhone dal tavolino e scorro la rubrica. Potrei chiamare Julie, potrei chiederle di venire a farmi compagnia… Ma poi ricordo che ieri è volata a LA. E’ quasi l’una di notte. Provo a chiamare Julianne, ma non risponde… Nessuno risponde. Dove sono tutti stasera? Inspiro… Devo essere forte… Mi ritornano in mente le parole di mia madre..

“Devi solo ricordare che niente può abbatterti, sei più  forte di tutti loro..”  

Sono più forte… Lo sono…

Ma non ora.
 

POV. Ian.


L’aria fresca della notte mi punge le braccia scoperte. Respiro forte mentre un vento leggero mi scompiglia i capelli. L’ho lasciata andare via. Di nuovo. Ed era sconvolta. Il senso di colpa si fa strada dentro di me, sposa la rabbia e tristezza e prende completamente possesso di tutto. Chiudo la finestra e ritorno dentro, prendendo al volo il cellulare per cercare il suo nome in rubrica, devo almeno sapere se è arrivata a casa, ma proprio in quel momento la sua foto appare sullo schermo, mi sta chiamando. Quasi sorrido, rendendomi conto che le cose non cambiano mai del tutto. Faccio scorrere il pannello per rispondere.

<< Nina? Ti stavo per chiamare.. Ascolta io.. >>

<< Ian.. >>

La sua voce è un sussurro. Un brivido mi scende lungo la schiena. Sento i suo i respiri irregolari. Respiri fin troppo familiari.

<< Ehi.. Looch.. Ehi… parla, che succede? >>

<< Mi dispiace.. >> fa una pausa mentre posso quasi sentire le sue lacrime.. << non sapevo chi chiamare.. Julie non c’è e.. gli altri non rispondono.. >>

Altri respiri irregolari. Altre lacrime. Un piccolo singhiozzo. Mi infilo al volo le scarpe mentre mi premo il telefono contro la spalla. Prendo il mazzo di chiavi appese vicino alla porta, lancio un ultimo sguardo a Nietzsche che dorme placidamente sul divano, e spero solo che non si decida a partorire proprio stanotte.

<< Ascolta Neens, stai calma.. non preoccuparti.. sto arrivando.. >>

<< No.. non importa. Volevo solo parlare con qualcuno, lo sai così mi tranquillizzo...>>

Ma non le do ascolto. Sono già in macchina.
 
Quando apro la porta, ancora con l’iPhone in mano, la vedo seduta sul divano. Le gambe magre strette al petto. Sembra così piccola, così indifesa, quando poco prima sembrava sul punto di uccidermi. Alza lo sguardo, ha ancora l’iPhone premuto contro l’orecchio. Lo lascia cadere sul divano. Mi avvicino velocemente a lei. Le sue braccia tese, per andare incontro alle mie.

<< Ehi piccola.. >>

Sorride e singhiozza tra le lacrime. Ha gli occhi impauriti, le ciglia lunghe bagnate e le spalle tremanti. Quante volte mi sono ritrovato in una camera d’albergo a stringerla nello stesso modo? Dopo qualche convention andata male, dopo dei paparazzi troppo insistenti. Lei così forte, così piena di vita, ma anche così sensibile. La stringo contro di me.

<< Ascolta.. lo senti il mio cuore? Ecco.. Respira insieme a me ok? Respira piano. Andrà tutto bene. Sono qui.. >>

Lei annuisce. E lentamente, il suo respiro inizia a farsi più regolare.

<< Mi dispiace.. non avrei dovuto.. >>  

La sua voce è appena un sussurro. Le sue mani si stringono sulla mia maglietta. 
 

POV. Nina.


Non avrei dovuto chiamarlo. Ma è sempre stato l’unico in grado di tranquillizzarmi nel modo giusto. Anche quando ero circondata da paparazzi indesiderati. Le sue mani non si staccavano da me. E se lo facevano, i suoi occhi erano sempre pronti a seguirmi. Un’attrice che soffre di attacchi di panico di tanto in tanto. Una tragedia. Ma se c’era lui, tutto, in un modo o nell’altro, andava bene.

<< Ehi, guardami.. >>  

Alzo gli occhi per incontrare i suoi. Tremendamente azzurri, carichi di preoccupazione. I suoi polpastrelli passano sul mio viso, scacciano via le ultime lacrime.

<< Respira.. >>

Annuisco e faccio come dice, senza distogliere lo sguardo. Inspiro profondamente, e espiro, rilasciando tutta l’aria.

<< Non avrei dovuto urlare in quel modo.. >> 

Scuoto la testa, ho ancora le mani strette sul suo petto.

<< Non è colpa tua.. >>  

<< Come ti senti? Sta passando? >>

<< Si.. ora sono solo.. >>

<< Stanca e spossata.. Lo so.. >>

Prima che possa anche solo rispondergli, mi ha già preso tra le braccia. Un braccio sotto le gambe, l’altro sotto la schiena, come se fossi un peso piuma. A volte dimentico quanto in realtà sia forte, anche se non si direbbe, vista la sua struttura fisica. Snello e slanciato. Asciutto e perfetto.

<< Non c’era bisogno di.. >>

Annuisce.

<< Volevo farlo. >>

Entra in camera da letto guardandosi intorno. Come se si aspettasse qualcosa di diverso o di strano. Mi posa delicatamente sul letto. Mi passa una mano sulla fronte.

<< Sei leggermente accaldata.. >>

E anche stavolta non mi da il tempo di rispondere, sparisce oltre la porta. Sempre con il controllo della situazione, sempre pronto quando si tratta di doversi prendere cura di me. Torna qualche minuto dopo. Acqua e aspirina. Le sistema sul mio comodino.

<< Questa la prendi solo se hai mal di testa.. >>

<< D’accordo mamma.. >> 

Sorride alzando gli occhi.

<< Tua madre mi ucciderebbe se sapesse come ti ho trattata stasera.. >>

Si siede ai piedi del letto.  

<< Ti adorerebbe se sapesse come ti stai prendendo cura di me…In realtà già ti adora, ma questo lo sai.  >>

<< Mi prenderò sempre cura di te… Almeno.. Fino a quando ne avrai bisogno.. >> 

Una parte di me vorrebbe dirgli che ne avrò sempre bisogno. Ma resto in silenzio. Si continua a guardare intorno. E so cosa sta pensando. Cosa si sta chiedendo.Lynx scivola zampettando lentamente verso di noi, e inizia a strusciarsi attorno alle gambe di Ian. Lui si abbassa per accarezzarla. Ha un leggero sorriso malinconico sul viso.

<< Forse è meglio che vada.. >>

Una fitta di rimpianto mi prende lo stomaco. Lo supplico con gli occhi.

<< No.. resta. >>  

Mi guarda per qualche secondo poi si alza e si avvicina alla porta. Fa scattare l’interruttore della luce. C’è solo una leggera penombra nella camera. I raggi della luna attraversano le finestre semiaperte. Si avvicina di nuovo a letto, lo sento togliersi le scarpe, e si distende accanto a me. Nella sua parte di letto. Le lacrime tornano di nuovo a riempirmi gli occhi. Apre le braccia e mi trascina contro di lui. Mi accoccolo contro il suo petto familiare. Nell’incavo del suo collo. Preme le sue labbra tra i mie capelli, sulla mia fronte, sulla mia guancia.

<< Solo per questa notte.. >>

Sussurra, mentre le mie labbra cercano le sue. Lo bacio piano, cingendogli il viso tra le mani, accarezzando i suoi capelli, respirando il suo respiro. Si stringe ancora di più a me. E mi sento, dopo tanto tempo, davvero a casa.

Solo per questa notte. 

 

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Capitolo 21
*** Are you still in love with me? ***


POV. Nina.

“Solo per questa notte”.

<< Non andrò via… Te lo prometto. Chiudi gli occhi. >>

Le sue parole dolci risuonano ancora della mia mente, come in un sogno. Fisso attentamente i tratti del suo viso, sfiorandoli con lo sguardo. Le palpebre chiuse, le sopracciglia finalmente rilassate, le ciglia lunghe. L’incarnato pallido, la mascella squadrata, le labbra piene lievemente socchiuse. I capelli neri, appiattiti da un lato e tutti arruffati dall’altro. Alla fine si è addormentato prima di me, mentre continuava a rassicurarmi.  Sono ancora stretta tra le sue braccia, e ho paura di svegliarlo. Ho paura di muovermi anche solo di un centimetro. Ho paura che il giorno arrivi troppo presto. Come se il sole potesse far svanire tutto questo.
 

Marzo 2011.
 
Una raggio di sole attraversa la finestra, creando una striscia luminosa che si infrange sulla coltre di coperte morbide e bianche in cui sono immersa. Oggi non è come uno di quei giorni in cui ci si sveglia senza rendersi pienamente conto di dove ci si trovi. No. Non ho nemmeno l’ombra di quei secondi di smarrimento. So perfettamente dove sono. Mi strofino gli occhi, allungando una mano vero il lato sinistro del letto, trovandolo vuoto.

<< Ian.. >>

La mia voce è talmente flebile che quasi non la riconosco. Mi siedo sul letto, e noto i miei vestiti sistemati sul bracciolo della poltrona. Poggio i piedi nudi sul pavimento di marmo freddo e butto un’occhiata alla porta del bagno. Raccolgo la prima cosa che trovo e me la infilo sopra la biancheria. Una maglietta blu che mi arriva a coprire la parte superiore delle gambe. Il profumo inconfondibile di Ian si mischia al mio, mentre entro nel bagno. Lo specchio rimanda la mia immagine riflessa e sorridente. Sorridente. Di prima mattina. Sono decisamente messa male. Qualche minuto dopo sto attraversando il corridoio familiare. Scendo la rampa di scale, facendo scivolare le dita sul passamano in legno lucido, senza quasi fare il minimo rumore. Attraverso il salotto che porta alla cucina, e lo vedo. Mi da le spalle ed è accovacciato accanto alla finestra. Sta coccolando Moke. Mentre si alza, posso notare la linea perfetta che gli attraversa la schiena nuda, fino a scomparire poco prima di quelle due fossette all’estremità della vita. I capelli neri sono completamente arruffati con le punte alzate. Si volta e mi vede.  E nell’esatto momento in cui i nostri occhi si incrociano, tutti i ricordi della notte appena trascorsa di riversano nella mia mente. Un sorriso, per niente imbarazzato, gli attraversa il viso.

<< Buongiorno.. >>

La sua voce, associata ai ricordi, riesce a farmi arrossire fino alla punta dei capelli. Cerco di non attraversare lo spazio che ci divide, correndo, per buttarmi tra le sue braccia.

<< Buongiorno a te… >>  

Quante volte si sarà ritrovato in una situazione del genere? Una leggera fitta mi prende lo stomaco pensando a tutte le donne che si sono ritrovate al posto mio. Cerco di scacciare questi pensieri, mentre lui si avvicina. Distolgo lo sguardo dalle linee perfette dei suoi addominali, e mi concentro sul suo viso. Ma mi rendo conto di aver fatto una mossa sbagliata. Ci sono i suoi occhi. I suoi occhi tremendamente chiari, da sembrare quasi trasparenti. Come due piccole sfere di ghiaccio azzurre, incorniciate dalle ciglia nere. Il cuore mi batte più forte nel petto. Mi schiarisco la voce.

<< Quindi sei quel tipo d’uomo.. >>

Aggrotta le sopracciglia mentre posa le mani sui miei fianchi, stringendomi più vicina a lui. Mi da un leggero bacio sulle labbra, soffermandosi qualche secondo in più del necessario. E adoro il modo in cui lo fa. Le mie mani finiscono sul suo petto nudo, e un calore familiare mi attraversa il corpo.

<< Sarebbe? >>

Mi chiede sorridendo, alzando solo un angolo delle labbra. 

<< Oh sai.. il tipo d’uomo che lascia la ragazza da sola, nel letto, la mattina dopo.. >>  

Alza la testa e la riabbassa ridacchiando.

<< Mmh.. Diciamo più che sono il tipo d’uomo che si alza per preparare la colazione alla ragazza in questione. >>

Si volta leggermente indicando con la testa il vassoio sul bancone della cucina.

<< Sarei salito a portartela, ma mi hai preceduto... >>

Si abbassa verso di me per strapparmi un altro bacio, che gli concedo volentieri. Abbasso lo sguardo imbarazzata. Dovevo aspettarmi una cosa del genere da lui. Che sciocca. Sciolgo il nostro abbraccio per andare verso il bancone. Ma prima che possa fare anche solo due passi, sento la sua mano trattenermi, stringendo un angolo della maglietta.  

<< Cos’è quello sguardo? >>

Ovviamente, non gli sfugge nulla.  

<< Quale sguardo? >>  

Sorrido innocente. Mi tira di nuovo contro di lui. 

<< Quello sguardo imbarazzato e a disagio. Sei a disagio? >>

E’ attento e perplesso. Le sopracciglia aggrottate. Gli occhi leggermente socchiusi.

<< No.. Io.. no. Non sono a disagio. >>

Mi scruta per qualche secondo di troppo e arrossisco. Accidenti. Mi circonda il viso con le mani, accarezzandomi le guance in fiamme.

<< Sei… imbarazzata. E non sono nemmeno del tutto nudo! >>

Scoppio a ridere insieme a lui.

<< Looch... Mi conosci da più di un anno, mi hai visto fare di tutto, mi hai visto in ogni modo. Non puoi essere imbarazzata. >>

Gli sfioro il viso con le dita. 

<< Non è la stessa cosa.. >>  

Sussurro piano. E lui sembra prenderne consapevolezza.

<< E’ per quello che ti ho detto stanotte? >>

Cerco di ricordare qualcosa in particolare che possa avermi messo a disagio. Ma non trovo nulla. Nulla. La parola “perfetta” non è abbastanza per definire la notte appena trascorsa. Il suo viso si rilassa leggermente rendendosi conto che non ricordo niente di così allarmante.

<< Lascia stare… Spiegami allora… Cosa c’è che non va? >>  

Le sue mani ancora sui miei fianchi. Averlo così vicino mi impedisce di pensare lucidamente.

<< Niente Ian… Sul serio. >>

Mi alzo sulle punte dei piedi per baciarlo, e lui mi lascia fare. Le sue mani scendo, di nuovo, sui miei fianchi. Mentre le mie sono impegnate a scorrere sul suo petto, sul suo addome. Il bacio si fa sempre più intenso, mentre lentamente si sposta in avanti, facendomi indietreggiare fino alla parete alle mie spalle.

<< Hai fame? >>

Mi sussurra tra un sospiro e un bacio. La mano premuta sul muro, accanto alla mia testa. Il suo corpo contro il mio.

<< No.. Per niente.. >>

Si stacca da me per guardarmi negli occhi.

<< Perfetto… >>

Afferra il bordo della maglietta e me la sfila velocemente. La luce invade la stanza, e automaticamente il mio corpo seminudo. Sono quasi tentata di coprirmi il petto con le braccia. Ma non lo faccio. Mi sento così esposta, così vulnerabile. Ma non per il mio corpo. E’ il mio cuore il problema.

<< Ian.. >>

Il suo nome mi esce in un sussurro smorzato e lo sento quasi tremare tra le mie braccia, mentre il suo sguardo trasparente incontra il mio.

<< Cosa mi hai detto stanotte, che non ho sentito? >>  

Sorride e mi bacia di nuovo.

<< Chiedimelo fra qualche anno. >>

Le sue mani si stringono tra i miei capelli, e io cerco di staccarmi dalle sue labbra, cerco di riprendere fiato, ma non me lo permette. Vorrei chiedergli cosa intende, ma non riesco a liberarmi dalla sua stretta salda e dolce. Dalle sue dita affusolate che scivolano lungo il mio corpo, dalle sue labbra che segnano ogni centimetro della mia pelle…

 

POV. Ian.

Quando apro gli occhi, non c’è nessun raggio di sole ad infastidirmi. Le mie braccia sono vuote, mentre mi rendo conto di essere nel letto di Nina. Nel… nostro letto. La prima cosa che noto è la sveglia sul suo comodino, segna le tre e mezza. La seconda cosa, è Nina, riflessa nello specchio all’angolo della stanza. Si sta cambiando. La luna è ancora alta e c’è una leggera penombra nella stanza.  Vedo l’unico neo al centro della sua schiena perfetta, sparire dietro una leggera canottiera di cotone. Resto qualche secondo a fissarla, mentre lentamente si rigira una ciocca di capelli tra le dita. E’ immersa nei suoi pensieri. All’improvviso alza lo sguardo, come se percepisse i miei occhi su di se.

<< A cosa stai pensando? >>

Le chiedo esitante. Come se il minimo movimento, o la parola sbagliata, potesse distruggere questo precario equilibrio.  Si avvicina al letto, con il suo completino bianco, quasi trasparente, minando la mia sicurezza e il mio autocontrollo.

<< Vuoi saperlo davvero? >> 

Decido che restare in questa posizione non è per niente una buona idea. Mi alzo al volo, scompigliandomi i capelli. Faccio il giro del letto avvicinandomi incurante alla finestra. Come se fossi del tutto tranquillo. Come se ogni parte del mio corpo non desiderasse lei…

<< Non te l’avrei chiesto.. >>

Sospira mentre i miei occhi tornano su di lei.

<< Ricordi la prima mattina dopo che noi… sai.. >>

Aggrotto le sopracciglia.

<< Dopo la prima volta che siamo andati a letto? >> 

Le mie parole sembrano colpirla come uno schiaffo.

<< Si.. >>

<< La ricordo. >>

Si avvicina a me, i suoi piedi nudi sul pavimento freddo.

<< Parlasti di qualcosa che mi avevi detto durante la notte… E mi dicesti che avrei dovuto chiedertelo qualche anno dopo. Gli anni sono passati… >>

Ricordo come se fosse ieri quella notte. Quella notte che avevo tanto agognato. Quel senso di unione e certezza. Quella sensazione che non avevo mai provato con nessun’altra. 

<< Davvero non ne hai idea? Pensavo che dopo tutto questo tempo tu ci fossi arrivata da sola.. >>  

Mi avvicino a lei quasi inconsapevolmente.

<< Lo sai Nina… Dentro di te, l’hai sempre saputo. Non è così? >>

Le sfioro il viso con le vita, il collo magro, i capelli scuri. Sembra che voglia sentirselo dire.

<< No. Non lo sapevo. E non lo so nemmeno ora. >>

<< Ti dissi che ti amavo. Non è ovvio? Mentre ti stringevo a me, mentre sospiravi contro di me... >>

I suoi occhi sembrano confusi, increduli.

<< Non guardarmi in questo modo. Non eri pronta per sentirlo. Così ho aspettato per ridirlo. Ho aspettato che tu mettessi da parte le tue insicurezze, i tuoi dubbi, le tue paure. Ma io lo sapevo. L’ho sempre saputo. Fin dal primo giorno in cui ti ho vista…  Quella notte è stata solo la conferma di tutto. >>

Ha lo sguardo lucido. La sua mano si posa sul mio viso, mi sfiora la mascella, lo zigomo. E io mi ci aggrappo. Mi ci aggrappo con tutte le mie forze. Come se fosse l’unica cosa in grado di salvarmi.  

<< Vorrei… che tu mi baciassi. Ora. >>

La sua voce è appena un sussurro. E lo vorrei anche io. Così tanto. Mi abbasso leggermente verso di lei, e le sfioro la guancia con le labbra. 

<< Se io ti baciassi ora, non riuscirei a fermarmi. Ti spoglierei, ti porterei in quel letto, e non riuscirei più ad andare via. >>

Mi stacco per guardarla, per fargli capire bene il senso di quello che sto per dirle. Per cercare di spiegarlo senza urlare o litigare.

<< E tu fra qualche giorno prenderai un aereo per scappare lontano da me, per volare a Los Angeles… In un mondo dal quale io sono escluso. Per vivere una vita di qui non faccio parte. Stretta tra le braccia di un altro uomo. E non voglio questo. Non voglio una vita a metà.. Nina. Non mi basta. Non con te. Io volevo sposarti… Non volevo tutto questo. >>  

Sgrana leggermente gli occhi e annuisce. Non dice nulla. Come potrebbe? Ne abbiamo parlato così tante volte, in così tanti modi. Mi stacco da lei e mi avvicino al letto per infilarmi le scarpe.

<< Adesso è davvero ora che vada… Nietzsche è a casa da sola.. >>

Mi volto di nuovo verso la sua direzione, faccio qualche passo e la stringo contro di me, dandole un bacio leggero sulla fronte. Si aggrappa alla mia maglietta. 

<< Posso venire a vedere i cuccioli quando nasceranno? >>

Ha la voce rotta. Le alzo il viso.

<< Certo. Penso che non manca molto, qualche giorno al massimo. Ti faccio sapere, ok? >>

Annuisce, mentre lentamente, le sue mani mi lasciano andare.
 

POV. Nina.

Ian non ha chiamato. Sono passati i giorni e nulla è cambiato. La mattina dopo quella notte sono tornata sul set e lui non c’era. Quando è arrivato nel pomeriggio mi è passato accanto, mi ha posato una mano sulla schiena e mi ha dato un leggero bacio sulla guancia per salutarmi, nello stesso identico modo in cui saluta tutte le altre. Abbiamo girato le scene che avevamo insieme, abbiamo scambiato qualche parola, e durante le pause scappava via per parlare a telefono con qualcuno. Non ho avuto il tempo di chiedergli nulla, ma ho intercettato un pezzetto di conversazione tra lui e Paul in cui gli spiegava che i cuccioli tardavano ad arrivare. La fortuna di avere un set di dimensioni notevoli, si trasformava in una tortura. Sapevo che era da qualche parte, ma non era vicino a me. Se nelle settimane precedenti si era divertito a punzecchiarmi e provocarmi, ora era esattamente l’opposto. Era gentile, a tratti dolce e cordiale e anche divertente, molto divertente. Quel poco tempo che riuscivo a strappare per stare vicino a lui, era sempre pieno di risate. Era Ian. Lo stesso uomo di cui mi ero innamorata quattro anni prima. Gli sguardi ostili si erano trasformati in sguardi comprensivi. I baci che dovevamo scambiarci erano semplici baci di scena. Nessuna emozione superflua. Nessuna parola di troppo. Nessun sospiro o sussurro sbagliato. Era indifferentemente tranquillo. E tutto questo mi spaventava. E poi è arrivato il weekend, e proprio come aveva anticipato lui, sono volata a Los Angeles. Mi sono divertita da morire, ho passato la serata con Alex, Lily, Julianne, Derek… E tutti gli altri. Sono arrivati i paparazzi, come c’era da aspettarsi, e sono scappata via. Si. Mentre Derek mi trascinava trattenendomi per il polso, mi sono divincolata dalla sua presa e sono scappata in un parcheggio, fingendo di parlare al telefono. Lui non mi ha seguita. Non mi conosce abbastanza per poterlo fare. Ian l’avrebbe fatto. Anzi, con lui, non sarei scappata. Non me lo avrebbe permesso. E mi viene naturale continuare a paragonarli, come se il secondo potrebbe mai battere il primo. Chi voglio prendere in giro? Ho condiviso quattro anni di vita con Ian. Nessuno riuscirà a prendere il suo posto.  E adesso sono qui, seduta su questo divanetto nel mio camerino, aspettando che qualcuno venga a salvarmi dalla noia e dai miei pensieri, mentre armeggio con l’iPhone guardando le menzioni su twitter. Apro una foto profilo di una ragazza che ha come nikname “NianLove”… ci sono io che sorrido ad Ian come se fosse la cosa più bella che abbia mai visto. La foto risale a qualche anno fa… il 2011 ai Much Music Video Awards…
 

La grande limousine avanza lentamente per entrare direttamente sul red carpet, i finestrini oscurati non mi permettono di vedere la moltitudine di fan accalcati contro le transenne. Ma sento chiaramente le loro voci. La mano di Ian si chiude intorno alla mia, poggiate sul sedile lucido in pelle. Mi volto per guardarlo. Oggi è particolarmente bello, con i capelli scompigliati, la barba incolta di qualche giorno e gli occhi scintillanti. Continua a fissarmi, il suo sguardo scende e sale per il mio corpo facendomi arrossire.

<< Ian… >>

<< Lo so, lo so… Ma oggi sei… >>

Non finisce la frase. Si sporge verso di me per strapparmi un bacio. Lo spingo via sorridendo.

<< Ti sembrano il luogo e il momento adatto? >>

Alza l’angolo sinistra della bocca con fare accattivante e malizioso.

<< Forse no… Ma li troverò >> si avvicina e mi sussurra all’orecchio  << e stanne certa, sarà prima della fine di questa giornata. >>   

<< Vedremo, Smolder. Ma per il momento, cerca di tranquillizzarti. Avremo tutti gli occhi puntati addosso. >>

Alza le spalle e si sistema la bretella dei pantaloni.

<< Ed è un problema? >>  

Mi chiede ammiccante. E in risposta scuoto solo la testa alzando gli occhi al cielo. Sappiamo entrambi che sarebbe un problema. Già è difficile avere un minimo di privacy normalmente, e dopo le foto di noi due in giro a Parigi con le nostre mamme, la situazione è peggiorata. Ma la cosa non sembra turbarlo più di tanto. Arrivati a destinazione, la portiera ci viene aperta dall’esterno. Ian scende senza esitazione e mi aspetta, lanciandomi l’ennesimo sguardo sorridente, sguardo che ricambio sorridendo allo stesso modo.
 

<< E tu? Chi sei più emozionato di vedere questa sera?  >>

<< Chi sono più emozionato di vedere questa sera? >>


Lo guardo, portandomi la mano al petto e mimando con le labbra “me”.  I suoi occhi si soffermano sul mio viso per qualche secondo, e poi da la sua risposta.

<< Nina Dobrev >>.


Il mio nome sulle sue labbra è sempre più bello. Ridiamo entrambi mentre ci avviamo sul radcarpet, sbracciandoci firmando autografi e scattando foto. Le urla sono assordanti, ma è entusiasmante il modo in cui tante persone sono qui solo per vederci. 
 

<< Ian, cosa.. cosa fai? >>

Nemmeno mezz’ora dopo, ho la sua mano stretta intorno al polso. Continua a camminare, fino a spingermi in un corridoio seminascosto. Non mi da il tempo di realizzare, che le sue labbra sono sulle mie. Le sue mani tra i miei capelli.

<< Bacio la mia ragazza. >>

Mi sussurra contro l’orecchio. Vorrei avere più autocontrollo, vorrei riuscire a spingerlo via. Ma riesco solo a far scivolare le mie mani sulla sua camicia. La sua mano scende fino oltre l’orlo del vestito aderente. Mi accarezza la pelle nuda della gamba, alzandola leggermente per spingersi di più contro di me. Un sospiro soffocato mi muore in gola mentre si scosta velocemente, lasciandomi arrossita e sconvolta contro il muro.  

<< Dobbiamo andare… >>

E’ arrossito quanto me, ma sorridente.

<< Credo… Che… I tuoi capelli… >>

Accidenti! Mi tasto con le mani l’acconciatura, e noto che è mezza sfasciata.

<< Come salgo sul palco in questo modo?! >>

Lo fulmino con lo sguardo, mentre si avvicina di nuovo.

<< Ho un’idea… >>

Le sue mani armeggiano con i miei capelli, e qualche minuto dopo li sento cadere sulle mie spalle.

<< Ecco… Lo sai che li preferisco sciolti in questo modo? >>

Sospiro rassegnata.

<< Pensi che andrà bene? >>

<< Sei bellissima. Molto più del solito. E non lo dico perché sono il tuo ragazzo. >>  

Colgo la seconda puntualizzazione sul nostro rapporto.

<< Sbaglio o sembri leggermente soddisfatto? >>

Mi prende per mano, intrecciando le sue dita alle mie.

<< Lo sono. >>
 

Qualche ora, e una presentazione dopo, mi ritrovo ad assistere e rispondere alle domande di routine, mentre Ian mi stringe accanto a lui con fare quasi possessivo. Come se qualcuno potesse portarmi via. La sua mano è poco sopra il mio fianco, appena sotto il seno. Ha acquistato questa posizione per tutta la serata, come se non capisse che tutti prima o poi se ne renderanno conto. La sua mano è calda anche attraverso il vestito, su cui ha continuato a fare apprezzamenti per tutto il tempo, sussurrandomi nell’orecchio. La serata passa velocemente, tra sorrisi, foto, interviste e party finale.
 
Sono le due di notte, ed è davvero troppo tardi per riportare indietro il vestito o fare qualsiasi altra cosa. Ian è seduto sul mio divano, la testa reclinata all’indietro, e i primi bottoni della camicia slacciati.  

<< Posso restare qui, stanotte? >> 

Mi chiede,mentre gli passo accanto. Domanda sciocca, visto che orami passa più tempo qui che a casa sua. Mi afferra per il polso e mi fa cadere sopra di lui. Cerco di districarmi  le sue braccia.

<< Devo togliere questo vestito, subito, prima che lo rovini. >> 

Riesco ad alzarmi, ma lui non mi lascia il polso. I suoi occhi azzurri puntati nei miei.

<< Potrei aiutarti a toglierlo.. >>

<< No, grazie. Posso farcela benissimo anche da sola. Sai cosa potresti fare? Andare da quella bionda che ti ha intervistato… Magari lei ha bisogno del tuo aiuto! >>

Mi libero dalla sua presa, avviandomi a passo spedito verso la camera, chiudendo la porta alle mie spalle. Lo sento alzarsi, sento i suoi passi sul pavimento.

<< Di cosa stai parlando? >> 

Bussa alla porta, cerca di aprirla.

<< Nina! Apri, dai. Non fare la ragazzina. >>   

Al suono di quelle parole, spalanco la porta e gli do una spinta, colpendolo sul petto.

<< Si! Sono una ragazzina. Una ragazzina che ha visto dove avevi le mani mentre quella bionda ti intervistava! >>

Le sue sopracciglia sono aggrottate. E’ confuso, con gli occhi pieni di innocenza.

<< Oh, non guardarmi in quel modo. Come se fossi una pazza visionaria. >> 

Gli prendo la mano, e la porto sulla parte superiore della mia gamba, appena sotto l’orlo del vestito, proprio dove l’ha messa qualche ora fa.

<< Ti sembra una posizione adatta per un’intervista? >>  

Sembra realizzare all’improvviso di cosa sto parlando. Gli do le spalle, allontanandomi, cercando di abbassare la lampo del vestito. Mi sbraccio, ma non ci riesco. Lo sento avvicinarsi, sento le sue mani calde sulle mie spalle. Mi scosta i capelli, e mi da un leggero bacio sul collo. La leggera barba mi graffia la pelle. Il suo petto è contro la mia schiena. Le sue mani scendono ad accarezzarmi le braccia, la vita, mi stringe di più a lui.

<< Vorrei dirti che sei adorabile quando ti ingelosisci… Ma suppongo che non apprezzeresti… >>

La sua voce calda mi solletica l’orecchio. Vorrei cercare di mantenere un tono arrabbiato, o quanto meno, infastidito..

<< Infatti. >> 

Le sue mani trovano la lampo del vestito e con facilità, le fa scendere fino alla fine. Lentamente fa scivolare il tessuto verdazzurro sulla mia pancia, scoprendomi il seno fasciato di nero. Le sue dita affusolate mi sfiorano la parte superiore della vita. Gli blocco le mani e le stringo tra le mie.

<< So che è una cosa scontata… Ma dovresti sapere che ci sei solo tu, per me. >>

<< Hai ragione… E’ scontata. >>

Mi fa voltare di scatto, per guardarmi negli occhi. Mi stringe delicatamente il mento per non farmi distogliere lo sguardo. I capelli scuri gli ricadono sulla fronte.

<< Non ti sei mai infastidita per queste cose. >>

<< Questa volta, mi sono infastidita. >>

<< D’accordo. Vorrà dire che cambierò atteggiamento. >>

Sappiamo entrambi che non sarà così. E’ più forte di lui. Non riesce a contenersi.

<< Dovrò continuare a ricordare che la maggior parte della popolazione mondiale femminile vuole venire a letto con te. E’ un po’ frustrante. >>  

Con abilità riesce, finalmente, a far cadere il vestito ai miei piedi.

<< Quando ti vedo sul set baciare tutti quei ragazzi, continuo a ripetermi che a fine giornata sarà io l’uomo nel tuo letto. A volte questo pensiero aiuta. A volte no. Tipo come ora. Tutti ti hanno vista avvolta in questo vestito, luccicavi come un regalo, e solo io ho avuto l’onore di aprire il pacchetto.  >>   

Si abbassa verso di me, e mi da un leggero bacio sulle labbra. Trattiene il mio viso contro il suo. Mi mordicchia il labbro inferiore. Vuole farmi cedere. Punto le mani sul suo petto, lo scosto da me.

<< Non verrò a letto con te Smolder. Scordatelo. >>

Incrocio le braccia sul petto, guardandolo di sbieco, cercando di non ridere. Fa spallucce.

<< D’accordo Looch. Come preferisci. >>

Mi sorpassa, avviandosi verso il bagno, mentre si slaccia la camicia e la lascia cadere sul pavimento. Si sfila le scarpe, spingendole lontano, e inizia a sbottonarsi i pantaloni. Distolgo lo sguardo, cercando di pensare a qualsiasi altra cosa. Qualche minuto dopo sento lo scorrere dell’acqua della doccia. Mi lascio cadere distesa sul letto, stringendo al petto il piccolo cuscino ricamato. Poco dopo, il getto dell’acqua viene chiuso, e io chiudo gli occhi, rilassando tutti i muscoli, fingendo di dormire.  Sento i suoi passi che fanno il giro del letto, sento qualcosa di morbido posarsi sul mio corpo. Una coperta. Sento la sua mano affondare nel materasso, proprio di fianco a me. Con l’altra mano mi sfiora i capelli e il viso, e poi mi da un leggero bacio all’angolo della mia bocca. Apro gli occhi, per incrociare il suo sguardo azzurro. E’ piegato su di me. Ha ancora i capelli leggermente umidi. Mi sorride, sfiorandomi la guancia con l’indice.

<< Allora non stai dormendo… >>

Scuoto la testa, alzandomi leggermente per stringere le sue spalle e annusare il suo profumo. Mi da un leggero bacio sul collo, sulla spalla, sulla clavicola.

<< Smolder… Mi stai provocando… >>

Non risponde, continua solo a baciarmi e a farmi tremare sotto il suo tocco.

<< Fai l’amore con me Nina.. >>

Il modo in cui lo dice, riesce ad abbattere le ultime difese che avevo innalzato contro di lui. Gli prendo il viso tra le meni e lo porto contro il mio. Lo bacio intrecciando le dita nei suoi capelli bagnati. L’asciugamano che ha legato in vita cade sul pavimento, mentre scosta la coperta dal mio corpo. Appena il suo corpo si sospinge contro il mio… capisco che non riuscirò mai a vincere questa guerra…  


 
Il suono del cellulare mi fa rinsavire. Rispondo direttamente senza guardare lo schermo.

<< Pronto? >>

<< Nina! Ci siamo.. Stanno per nascere! >>

<< Ian? Cosa… Sul serio? Ora? >>

<< Si! Jess ne è certa. Manca poco. >>  

<< Posso venire a vedere? >>

<< Secondo te perché ti ho chiamata? >>

Guardo l’orologio, segna quasi l’una.

<< Sei ancora a lavoro? >> 

<< Si, ma arrivo subito, a fra poco! >>

Attacco il telefono e salto veloce dalla sedia, prendo al volo la borsa, e imbocco velocemente il corridoio. Sorpasso gli altri in sala relax, rispondendo ai loro richiami solo con un << Stanno per nascere! >>  E li sento ridacchiare mentre oramai sono quasi fuori.  
 
Quasi un’ora dopo sono davanti casa di Ian e non ho le chiavi. Busso un paio di volte, il cancello si apre con uno scatto e sulla porta appare Paul, carico di asciugamani e coperte tra le braccia.

<< Nina, bellezza! >>

<< Paul! >>

Gli vado incontro abbracciandolo forte.  

<< Ci sei mancata. >>  

Gli sorrido, e fa un cenno con la testa. Lo seguo percorrendo il corridoio che porta nel grande salone. Nell’angolo più lontano, c’è Ian accovacciato davanti a Nietzsche, immersa in una tana fatta di coperte, resti di scatoloni, e asciugamani rossi.  Jess è dietro di lui, quando mi vede mi viene incontro con le braccia spalancate.  Mi stringe forte, e io stringo lei.

<< E’ molto importante per lui. Sono contenta che tu sia riuscita a venire. >>

Mi sussurra nell’orecchio.

<< Non me lo sarei persa per nessun motivo al mondo. >>

Ci scambiamo uno sguardo complice, e mi lascia passare per avvicinarmi a lui.

<< Ehi nonno, sei emozionato? >> 

Si volta verso di me, con le guance in fiamme e gli occhi luccicanti.

<< Lo puoi dire forte Looch. E’ una cosa incredibile. Guardala.. >>

Nietzsche respira affannosamente, il corpo si abbassa e si alza, e continua ad avere degli spasmi impercettibili. E’ terrificante e incredibile allo stesso tempo. Mi guardo intorno, e noto che non c’è nessuna macchina fotografica in giro. Come al solito, Ian dimentica i dettagli.

<< Torno subito.. >>

Esco dal salone e salgo di corsa le scale che portano alla camera da letto, apro l’armadio a muro e prendo al volo la reflex dall’ultimo scomparto. Quando torno di sotto, Ian non è più accovacciato, ma è accanto a Jess e Paul. Mi avvicino a loro e noto che nulla è cambiato. Non so quanto tempo passiamo continuando a fissare Nietzsche, tra un commento divertito e un altro, fino a quando la cagnolina lancia un piccolo gemito soffocato. Ian istintivamente afferra la mia mano, e sgrana gli occhi sorridendo. 

Loro sono nati. Cinque piccoli cuccioli con le zampette i musetti rosa. Per tutto il tempo, mentre la mamma li leccava e strappava i cordoni ombelicali e la placenta, Ian non ha fatto altro che esclamare “Oh mio dio”. Quando il primo cucciolo ha emesso il primo respiro, ho quasi pensato che sarebbe scoppiato a piangere. Proprio come avrei voluto fare io. Ho continuato a scattare foto, mentre Jess e Paul continuavano a cambiare asciugamani, gettando quelli ormai inutilizzabili.  Quasi due ore dopo, tutto è finito. E i piccoli sono accovacciati sotto la loro mamma, stremata ma tranquilla.

<< Hai capito Ian? Mi raccomando. Devi nutrire lei ogni tre ore, con il latte e la bottiglina che ti ho preparato. Fra mezz’ora ascolta di nuovo i battiti dei piccoli per vedere se è tutto ok. Chiaro? Io torno domani mattina per vedere se è tutto ok..  >>

<< Si zia Jess. E’ tutto chiaro. Non preoccuparti, riuscirò a cavarmela per qualche ora. Porta zio Paul a casa, che si sta addormentando sul bancone. >>

Saluto di nuovo Jess e Paul, ma resto seduta a gambe incrociate di fronte a Nietzsche. Sento la porta chiudersi con uno scatto, e poco dopo Ian si siede accanto a me, con le spalle contro il muro. 

<< E’ stato incredibile vero? >>

Continua a guardare i cuccioli. La sua voce è flebile, quasi sussurrata. Come se avesse paura di svegliarli.

<< Si. Davvero. Grazie per avermi permesso di vedere tutto questo. >>

Si volta per guardarmi.

<< Domani mia madre, Bob e Robyn vengono qui a vederli sai.. >>

Annuisco.

<< Si, me l’ha detto prima Jess. Sono arrivati oggi giusto? >>

<< Si. E… hanno chiesto di te. Magari puoi passare domani… Per salutarli. >>

Annuisco in silenzio. Una parte di me non vede l’ora di riabbracciarli. Di vedere il sorriso spontaneo di Bob, quello dolce di Robyn e quello amorevole di Edna. La mia seconda famiglia. Le persone con le quali ho passato così tanto tempo in questi anni.

<< Com’è andato il weekend? >>

Mi chiede all’improvviso.  

<< Ian ti prego… >>

<< No, sul serio. Non voglio litigare. Vorrei solo sapere se è tutto ok.. >>

Abbasso lo sguardo, scostandomi i capelli dietro l’orecchio.

<< Sanno tutti che non è ok… Non dirmi che non hai visto il famoso video. >>

<< Quello in cui scappi dietro una macchina? Oh, certo che l’ho visto. >>

<< Già.. >>

<< Cos’è successo? Perché scappavi? Tu non sei così. >>

Ed eccolo il mio Ian. Il mio vecchio Ian. Quello che veniva nel mio camerino a chiedermi se era tutto ok quando mi vedeva giù di morale. Ma lui non è più il mio fratellone o il mio migliore amico. Non lo è mai stato davvero. E’ l’uomo con il quale ho passato gli ultimi quattro anni. L’uomo che mi ha chiesto di sposarlo.

<< Non mi va di parlarne con te… >>  

<< La situazione non è delle migliori, hai ragione. Ma sul serio.. io voglio.. >>

Mi alzo di scatto, lasciandolo da solo contro la parete.

<< Beh.. Io non voglio Ian. Non sei il mio migliore amico. Non posso.. >>

Si alza anche lui, ma resta fermo dov’è. Mi lascia il mio spazio.

<< Se non puoi parlarne con me, allora con chi lo fai? Chi ti conosce meglio di me, Nina? Chi sa meglio di me cosa provi quando ti vedi braccata dai paparazzi? O quando ti senti soffocare dalla pressione? Ma in quella situazione… Sei scappata e  basta. Erano un paio di loro, non era un esercito. Ci siamo trovati in situazioni peggiori. >>  

<< Si, sono scappata. Hai ragione, ok. Ma non era per i paparazzi. Non mi va di essere seguita e pedinata in ogni cosa Ian. Lo sai. E ho già tanta gente che mi odia se non te ne sei accorto, non ho bisogno di far aumentare tutto questo. >>

<< In questo caso dovresti frequentare posti diversi. >>  

Il suo ragionamento non fa una piega. Mi sono ficcata io in questa situazione, e io devo venirne fuori.

<< In ogni caso… Non capiterà più. >>

Si avvicina lentamente.

<< Cosa vuoi dire ? >>

Alzo gli occhi sul suo viso.

<< Io e LA ci siamo prese una pausa. Ho troppo lavoro. >>

Aggrotta le sopracciglia, mentre cerca di afferrare il significato delle parole. Sembra che i suoi occhi dicano. “ Io non ti avrei lasciata scappare. “
<< Lo so.. >>

Sussurro, e lui capisce. Mi supera sfiorandomi la spalla.

<< Vado a farmi una doccia. In frigo c’è la tua torta al cioccolato.. Guardi tu i piccoli nel frattempo? >>

<< Certo… Vai pure. >>  
 

Quando scende di nuovo, con un pantalone della tuta e la sua solita maglietta grigia, sono seduta al bancone, mentre continuo ad osservare la mamma con i suoi piccoli. Mi sorride, mentre si avvicina a loro per controllarli da vicino.

<< Non ti ho ringraziato per l’altra notte. Sei corso da me… senza esitazione. >>

<< Non devi ringraziarmi. >>  

<< Ian? >>

Finalmente alza il viso per guardarmi. Si avvicina al bancone.

<< Cos’è cambiato? Questa settimana sei stato… >>

<< Gentile e normale? >>

Annuisco e lui fa spallucce.

<< Non è cambiato nulla. Solo che… Ho capito che discutere come due ragazzini non porta a nulla. >>

E’ fin troppo vicino. Mi sfiora il viso, scostandomi i capelli.

<< Ian.. >>

Alza il mento interrogativo.

<< Sei ancora innamorato di me? >> 

La domanda mi esce dalle labbra, senza che possa fare nulla per impedirlo. E non gli ho chiesto se mi ama ancora, no. Questa domanda può essere intesa in troppi modi. Non sembra sorpreso, non sgrana gli occhi. Inclina solo leggermente la testa, mentre con l’indice mi sfiora le labbra.

<< Si Nina. Sono ancora innamorato di te. Così tanto, che sono arrivato ad una conclusione. Non importa cosa farai, con chi starai, dove andrai. Non posso oppormi a questo. Non posso impedirti di vivere come vuoi. E non posso impedirmi di amarti. Sono stanco di oppormi a questo. >>  

Gli occhi mi si riempiono di lacrime. E’ così sicuro mentre lo dice. E’ così chiaro. Scaccia via una goccia salata dalla mia guancia.

<< E non ti chiederò se anche tu mi ami ancora. So che è così, Nina. Altrimenti non saresti qui. Non importa come ti comporti. Non importa con chi passi il weekend. Non hai mai smesso di amarmi. Lo sappiamo entrambi. >>  

La maturità delle sue dichiarazioni mi lasciano per qualche secondo senza parole. Poi ricordo chi ho di fronte. Con chi sto parlando. E mentre lentamente il mio cuore si fa più leggero, sento lo stomaco attorcigliarsi. Perché lui sa che lo amo ancora. Non importa cosa è successo in queste settimane. Lui lo sa. Gli getto le braccia al collo, stringendolo a me. Lui mi trattiene per la vita e mi fa alzare dallo sgabello per stringermi più forte. Ed è così sbagliato e giusto. Così bello e doloroso.

<< Vorrei che tu mi baciassi… Ora. >>

Ripeto le parole dell’altro giorno. Perché in questo momento, davvero non voglio altro. Voglio solo sentire il sapore delle sue labbra sulle mie. Si abbassa leggermente per sfiorare la mia bocca con la sua. Un bacio che dura un secondo, che dura un’eternità…
 
POV. Ian.

La stringo contro di me, incurante di tutto il resto. Del mondo, del tempo, delle persone. Preme le sue labbra contro le mie, di nuovo. Ancora e ancora. Come se non potesse farne a meno. Intreccia le dita nei miei capelli, mi accarezza, mi sfiora il mento e il collo. Mentre affondiamo in questo letto, che ormai ci conosce così bene. Mentre la spoglio di tutto. Dei vestiti, delle paure, dei pensieri. Le sue gambe si stringono intorno alla mia vita, e riesco solo a pensare che mi era mancato tutto questo. Che nessuna donna, potrebbe mai farmi provare tutto questo. Mi spoglia lentamente, gustandosi ogni secondo, ogni carezza. Socchiudendo gli occhi bagnati di lacrime, sospirando contro la mia spalla. Le bacio ogni centimetro di pelle, e il palmo aperto della sua mano che porto contro il mio petto, mentre lentamente mi sospingo in lei. La guardo dritto negli occhi, per cogliere ogni sua emozione. Per farle capire quanto c’è di noi in tutto questo. Ci siamo solo io e lei, in questa stanza, proprio come la prima volta in cui l’ho amata. Come se stessimo partendo di nuovo, dall’inizio… 

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Capitolo 22
*** Good compromise. ***


POV. Ian.

L’acqua calda mi tamburella sulla schiena tesa. Alzo il viso e lascio che mi scorra tra le sopracciglia, gli occhi e la bocca. I muscoli si sciolgono sotto il getto caldo e silenzioso, mentre il vapore continua a salire, creando la condensa sulle piastrelle bianche. Una piacevole sensazione di appagamento e serenità mi scivola addosso, come se mi avvolgesse. Forse il merito è del miracolo a cui ho assistito ieri sera. La nascita di nuove vite, la dolcezza di una madre che si prende cura dei propri piccoli.  Lo shampoo mi brucia leggermente gli occhi, mentre la schiuma mi scivola via dal viso. Sento lo scatto delle ante della doccia aprirsi, e sorrido, mentre due braccia familiari mi circondano la vita e la schiena. Le sue labbra si poggiano sulla mia scapola destra, mentre mi stringe ancora di più.  

<< Non dovresti lasciarmi da sola in quel letto… >>

Mi volto per guardare il viso di Nina. Lasciando le sue braccia legate intorno a me. Imito i suoi movimenti, e le sfioro la schiena con le dita. I capelli sciolti si stanno bagnando velocemente, e li sposto dietro alle sue spalle. Piccole goccioline si infrangono sulla  sua fronte, scendono sulle sue guance, sul collo, tra il solco dei suoi seni, più giù ancora, fino alla sua vita e i suoi fianchi. I suoi occhi scuri mi fissano tranquilli, con uno strano luccichio, una felicità celata. Mi abbasso verso di lei, continuando ad ammirarla, e le bacio dolcemente le labbra morbide. Non c’è malizia in questo momento, ma solo tenerezza e tranquillità. Quelle che seguono una notte così piena d’amore, da lasciare senza fiato. E sono senza fiato. In questo momento, davanti a tutta la sua bellezza.  

<< Salva l’acqua. Fai la doccia con Ian. E poi non dire che non ti appoggio nelle tue cause più importanti. >>

La sua voce si confonde con lo scrosciare dell’acqua. Sorrido divertito.

<< Sapevo che mi avresti raggiunto… Forse avrei dovuto riempire la vasca… >>

L’acqua continua a scendere tra di noi, mentre lei preme il suo corpo contro il mio.

<< Si, avresti dovuto. Ma per questa volta, va bene così. >> 

Socchiude appena le labbra, e prima che possa gettarmi su di esse in un bacio appassionato, si scosta, ridacchiando. Tira indietro la testa, con il mento alzato, provocandomi. Incitandomi in questo gioco che ha appena messo in atto.  Le mie labbra che cercano le sue. Fa qualche passo indietro, verso le porte della doccia, e io continuo a tenere le braccia allargate, per paura che possa scivolare da un momento all’altro.  

<< Finirai per farti male Looch… Stai ferma, e torna qui! >>  

Scuote la testa, soffocando una leggera risata. Sembra davvero una ragazzina. Con i capelli scuri attaccati al corpo, e la leggera schiuma sui lati delle braccia. 

<< Ahh Smolder, devi capire che hai una certa età… Non puoi più corrermi dietro…>>

Mi scrollo di dosso la schiuma, e chiudo il getto dell’acqua. Capisce al volo le mie intenzioni, e si volta ridendo fiondandosi fuori dalla doccia. La seguo a ruota, afferrando l’asciugamano appeso accanto alla porta. Sgoccioliamo sul pavimento bianco lucido, con il rischio di finire a terra da un momento all’altro. Mi schiva lanciando un gridolino spaventato e divertito quando sono a pochi centimetri da lei. Fa il giro dell’enorme letto, e proprio mentre sta per raggiungere il lato opposto, riesco ad afferrarla.

<< Ahhh.. No! No! >>

Continua a ridere e urlare con quella sua voce soffocata, mentre le avvolgo l’asciugamano intorno al corpo e la faccio cadere sul letto. Le lenzuola azzurre si bagnano velocemente sotto la sua testa, mentre continuo a tenerla ferma, bloccandole le braccia.

<< Chi era quello che non poteva più correrti dietro? >>  

Affonda il viso di lato, in un lembo d’asciugamano, il suo profilo perfetto è in bella mostra, le guance lievemente più rosa e le ciglia bagnate. Respira velocemente, soffocando altre risate.

<< Farò tardi a lavoro. Non tutti si possono prendere giorni interi di pausa. >>  

Le sfioro il collo con le dita, scendendo più giù, sempre più giù, fino a spostarle l’asciugamano.

<< Ian.. >>

Mi avverte. Ma io non voglio farle fare tardi a lavoro. Voglio solo godermi gli ultimi minuti che mi restano, ammirandola. Mi abbasso verso di lei per sfiorarle la parte interna della clavicola con un bacio, risalendo lentamente fino alle sue labbra.

<< Sto recuperando il tempo perduto. >>  

Lei non risponde, alza solo di più il viso per portarlo contro il mio. Evidentemente, le piace la mia idea.
 

POV. Nina.

Mezz’ora e tanti baci dopo, sono davanti all’enorme armadio, cercando qualcosa di adatto da mettere.

<< Le tue cose sono ancora nello stesso cassetto. Non ho spostato nulla. >> 

Ian è dietro di me, intento ad infilarsi una maglietta nera. Gli sorrido, aprendo il quarto cassetto a sinistra. Frugo tra canottiere e mini pantaloncini di diverso tempo fa.

<< La mia maglietta dei MUSE! Ecco dov’era finita! >>  

Esclamo, cacciando dal cassetto la maglietta che cercavo da diverso tempo.

<< E’ sempre rimasta qui. >>  

Il suo tono di voce attira la mia attenzione, mi volto per guardarlo negli occhi, con la maglietta stretta al petto. Si avvicina e mi sfiora il viso, sorridendo.

<< Sei sempre rimasta qui. >>    

Ed è il modo in cui lo dice a farmi vacillare, a farmi perdere in quei piccoli specchi azzurri. Perché non si riferisce alla casa. Lui intende “sei sempre rimasta accanto a me”. Un muto senso di colpa mi prende lo stomaco, ma lo scaccio via in fretta. Mi infilo velocemente la maglietta e mi sistemo i capelli ancora umidi. Lui si avvicina ancora di più, come se non ne potesse farne a meno. Allungo le mani per intrecciarle dietro il suo collo, e lo attiro a me per dargli un ultimo bacio.

<< Devo andare… E se continui così, non riuscirò a farlo. >>

Sussurro contro la sua bocca. Mugola qualcosa, mette il broncio, e mi sfiora il viso con le lunga dite affusolate.

<< Chiama Caroline… Digli che hai l’influenza. >>

Mi lascio sfuggire una risata soffocata.

<< Lo sai che non posso. In più ieri sera hanno saputo tutti che venivo da te per i cuccioli. >>

Alza la testa lanciando un lamento indistinto.

<< Mia madre sarebbe così felice di vederti. E anche Robyn e mio fratello. Potresti passare per cena… >>

<< Anche a me farebbe piacere rivederli, lo sai. Farò il possibile. >>
 

Finalmente pronta scendo al piano di sotto, e passo a guardare i cuccioli un’ultima volta prima di uscire. Ian è piegato con lo stetoscopio in una mano e un cucciolo adagiato nell’altra.

<< Ian.. >>

Si volta leggermente, facendo attenzione a non muoversi troppo.

<< E’ tornato tutto come prima? >>

Chiedo esitante. Prima che tu scappassi in Europa. Prima che io ti spingessi a farlo. I suoi occhi si incupiscono, come se stesse riflettendo.

<< Ne riparliamo stasera. Ora.. sono leggermente impegnato. >>

Non vuole darmi una risposta. E lo capisco. Lo capisco eccome. Nemmeno io sono in vena di risposte. Stupida ad averlo chiesto. Mi sta ancora sorridendo mentre esco chiudendo la porta dietro di me.   
 

Cammino velocemente lungo l’acciottolato che porta al vasto ingresso del familiare edificio in mattoni rossi. Saluto Roger e Tim alle porte, e attraverso il corridoio che porta alla piccola “hall. Lo spazio che precede tutti gli altri corridoi e la sala relax. Quella con i distributori dell’acqua in ogni angolo, e il familiare profumo di fiori.

<< Buongiorno Nina.. Sei in ritardo come al solito. >>

Mi sporgo sul grosso bancone sorridendo a Jane, con la sua acconciatura perfetta e nemmeno un unghia scheggiata.

<< Hai ragione, come al solito. Caroline è già arrivata? >>

<< Si e anche tutti gli altri. Manchi solo tu.. e Zach. Ma lui è un pigrone. >>  

Sto per allontanarmi quando qualcosa poco più in la, sul bancone, attira la mia attenzione. Dietro il vaso dei fiori c’è la mia copertina di Cosmopolitan, accanto ai vari giornali settimanali e quotidiani. Mi avvicino per prenderla tra le mani e noto che la parte esterna è strappata, lungo tutta la rivista. Proprio dove comparivano le parole “Single, forte e rubacuori”.  Alzo lo sguardo incuriosito verso Jane, ma lei alza solo le spalle.

<< Io non ne so nulla, dovresti chiedere a … >> proprio in quel momento Zach fa il suo ingresso, con i capelli scompigliati e la giacca sotto il braccio. << Ecco, a lui! >> Jane punta il dito contro il mio biondo collega, che la guarda stranito. Gli occhi familiari di Zach si posano su di me sulla copertina, e alza una mano come ad ammonirmi.

<< Non sono stato io. >>

Mi avvicino a lui con la rivista tra le mani.

<< E allora chi è stato? >>

Zach sorride, inclinando la testa.

<< Sei davvero certa di non saperlo? >>

Il primo pensiero va ad Ian.

<< Ian non è così immaturo. >>

Zach fa spallucce.


<< Hai ragione. Non era immaturo quando l’ha strappata. Ma solo incazzato e infastidito. Mi sa che odiava vedersi quelle parole sbattute in faccia ogni giorno. E’ successo diverso tempo fa, comunque. >>  

Sto per dire qualcosa, ma Zach mi frena prima che possa iniziare.

<< Ehi, no. Non mi interessa. Sono cose vostre. Sono due mesi ormai che stiamo tutti super attenti a cosa dire o cosa fare se siete insieme nei paraggi. E ultimamente le cose sono migliorate. Sembrate essere tornati quelli di un tempo. Quindi, non prendertela per una copertina strappata. Ha fatto anche attenzione a non rovinarti. >>  

E con queste parole imbocca il corridoio, sparendo velocemente dalla mia vista.
 

Le ore passano velocemente, tra scene, pause, e qualche conversazione scambiata al volo. Candy è talmente eccitata per il matrimonio, per il vestito e i preparativi, che con la sua aura di felicità, mette di buon umore tutti. Sono impegnata in una sorta di braccio di ferro con Kendrick, quando il mio cellulare inizia a suonare insistente. Mi districo dalla mano del mio nuovo collega, e gli sorrido scusandomi, mentre mi alzo per allontanarmi e avere un po di privacy, perché so chi potrebbe essere. Prendo il telefono, e sullo schermo lampeggia il nome di Ian.

<< Ehi.. >>

<< Looch aspetta..  >>

La sua voce è squillante e divertita.

<< C’è qualcuno che vorrebbe parlarti. >>

Resto interdetta, ascoltando delle voci in sottofondo.

<< Neens tesoro.. >>

Una voce dolce e inconfondibile.

<< Edna.. >>

Ride sommessamente.

<< Mi hai subito riconosciuta! Anche se è da tempo che non ci sentiamo… >> 

<< Non potrei mai dimenticare la tua voce. Come stai? >>

Parliamo per qualche minuto del più e del meno.

<< Volevamo salutarti ma Ian mi ha detto che sei super impegnata sul set. Ci dispiace non poterti aspettare per cena, ma Dena è a casa e non si sente bene, ripartiamo fra poco. >>

Una piccola fitta di delusione mi prende lo stomaco. Mi sarebbe piaciuto riabbracciarli.

<< Oh… Capisco. Forse potrei.. non so.. >>

<< Tesoro davvero, non preoccuparti. Fra poco c’è il ringraziamento. >>

E il modo in cui lo dice è normale e tranquillo. Come se volesse intendere che ci vedremo quel giorno, come ogni anno. Mi si stringe il cuore pensando alla delicatezza che sta usando in questo momento.

<< Io.. Si certo. >>

Sento la confusione scemare del tutto, come se si fosse messa in un angolo in disparte.

<< Conosco mio figlio Nina… Lui è fatto così. Ma sai quanto ti ama. Sai quanto noi ti amiamo. Spero di vederti presto. >>

Sento gli occhi inumidirsi. Sono parole così semplici, ma così confortanti.

<< Lo spero davvero anche io. >>

<< Ti ripasso Ian? >>

Ci penso per qualche secondo.

<< Si, grazie. >>

Sento di nuovo le voci in sottofondo, sento distintamente la risata fragorosa di Bob e sorrido anche io.

<< Ehi.. >>

La sua voce mi scalda il cuore.

<< Mi dispiace davvero non potercela fare. >>

<< Lo sanno Looch, non preoccuparti. >>

Il brusio si attenua di nuovo.

<< Ascolta Ian.. io.. pensavo.. >>

<< Stasera passi lo stesso. Non voglio obiezioni. Dobbiamo parlare. E io… Non posso muovermi, con i cuccioli e il resto. >>

<< D’accordo… >>  

Non posso ribattere contro il suo tono autoritario e deciso.

<< A stasera. >>

Attacco velocemente prima di cambiare idea .
 

POV. Ian.

<< Quindi è tutto ok? Sei sicuro? >>

Sospiro sbuffando e sorridendo.

<< Jess, hai così poca fiducia in me? >>

<< E questo cosa c’entra adesso? >>

Il tono indignato e divertito della mia migliore amica mi è fin troppo familiare.

<< Praticamente mi chiami ogni ora. So badare ai piccoli, non preoccuparti. Le temperature sono tutte buone. >>  

<< Ahh..D’accordo. Nina è con te? >>

Resto leggermente interdetto dalla domanda buttata fuori a tradimento.

<< No. Non ancora almeno. Perché me lo chiedi? >> 

Resta in silenzio per qualche secondo, e dentro di me penso che stia sorridendo.

<< Semplice curiosità. Ci sentiamo più tardi. Ti voglio bene. >>

Non mi da il tempo di rispondere, che ha già riattaccato. Resto per qualche secondo a fissare lo schermo del cellulare, notando l’orario. Le dieci passate. E di Nina nemmeno l’ombra. Sono indeciso se chiamarla o meno. Forse non ha colto il senso di quello che le ho detto oggi. Tutti i ricordi della notte precedente si riversano contro di me, i suoi occhi bagnati, il modo in cui mi stringeva… Ci siamo lasciati trascinare, come molte altre volte. E come molte altre volte, mi ritrovo di nuovo a chiedermi cosa le stia passando per la testa. Scorro le immagini di twitter e mi ritrovo il logo dei People's Choice Awards in bella mostra. Fra poco iniziano le selezioni e le votazioni. Sorrido pensando al fatto che Nina tiene il suo, con orgoglio, in salotto. Sorrido pensando a quel giorno, alla sua felicità, al modo in cui mi ha guardato. E al modo in cui, totalmente incurante del resto, ero incredibilmente fiero di lei. Del modo in cui ho alzato il suo premio, come se fosse mio. Del modo in cui avrei voluto gridare, sotto quel palco, che quello splendore in verde che sorrideva con gli occhi lucidi, era la mia ragazza. Sembra successo ieri, sembra successo così tanto tempo fa. I ricordi richiamano altri ricordi, mentre affondo nel mio divano. Ricordi inconsistenti ma così limpidi da riportarmi alla mente sensazioni, suoni e sentimenti. Chi l’avrebbe mai detto, che saremo arrivati a tutto questo? Un piccolo show, un piccolo canale, un cast quasi totalmente nuovo… Ed eccoci qua, cinque anni dopo, in nomina per i PCA 2014 che si terranno a Gennaio, quasi pronti a girare il 100° episodio. Ed è così facile ricordare come ce la ridevamo, all’inizio di tutto, quando desideravamo di riuscire ad arrivare fino a tanto… Specialmente Nina. Lei lo desiderava con tutta se stessa. E tutto quello che lei desiderava, io desideravo. Lo desideravo insieme a lei…
 

16 Gennaio 2010.

<< Buono compleanno Nina! Esprimi un desiderio! >>  

La guardo da un angolo del locale, mentre si tira indietro i capelli e si abbassa leggermente per soffiare sulle candeline. Tutti applaudono e cantano ‘Buon Compleanno’. Lei sorride, arrossisce, urla e arriccia il naso. Nella penombra bacia Zach e chiunque le capiti a tiro sulla guancia, piena di felicità, inondata dai flash delle macchine fotografiche digitali e dai cellulari. E io sorrido dal mio angolino, guardandola da lontano, bevendo il mio drink e gustandomi l’aria di Las Vegas.

<< Finalmente eh? >>

La voce di Matt mi arriva all’orecchio, sopra le urla degli altri. Mi volto per guardarlo, sembra già brillo, con i capelli spettinati e le guance rosse, anche lui sta guardando Nina.

<< Finalmente cosa? >>

Alza le spalle e mi da una leggera gomitata.

<< Non è più minorenne. Non dirmi che non stai pensando a questo. >>

Alzo gli occhi al cielo, e quasi gli do le spalle.

<< Sei già ubriaco fratello.. >>

<< Forse… Ma tu ci stai pensando. Non sbaglio mai su queste cose. Lo sappiamo tutti. Basta guardarti. >>

Alzo le spalle, e non rispondo. Certo che ci sto pensando. Questo giorno sembrava non dovesse arrivare mai. Per più di un anno sono stato fermo, accanto a lei, comportandomi come il più bravo dei fratelli,  bloccato dai dieci anni di differenza che ci separavano, dalla sua aria da ragazzina della porta accanto che mi ha stregato fin dal primo momento. E solo ultimamente, vedendola nei panni di Katherine, sono arrivato a capire quanto ci fosse in lei. E ora eccomi qui, così distante, mentre si sbraccia verso il suo nuovo ragazzo. Mi scolo velocemente il contenuto del bicchiere, l’alcool mi scende bruciandomi la gola. Lo poso al volo e mi volto verso Matt.

<< Ti va di andare a fare una partita al tavolo del black jack? >>  

Mi sorride passandomi un braccio intorno al collo.

<< Era anche ora! Andiamo! >>

Mi trascina con lui verso l’uscita e quando sono sulla soglia, butto un ultimo sguardo a Nina, ma si è già dispersa nella folla.
 

Quasi due ore dopo, e tanti dollari in meno, rientriamo nella sala principale in cui la festa è ancora nel vivo del movimento. La musica è altissima, le luci sono soffuse, con vari raggi colorati che partono da diversi angoli. C’è molta più gente di prima, sembra una mini discoteca. La torta di Nina è abbandonata sul tavolo, per metà mangiata. Alcuni palloncini si sono afflosciati sul pavimento. Mi alzo sulla punta dei piedi, per guardare in mezzo la folla, per cercare di individuarla. Matt mi da una leggera spinta e mi indica un punto preciso, e poi si volatilizza facendomi l’occhiolino. Io non ho visto subito lei, ma lei ha visto me. Si sta districando dalla folla, e con passo sicuro mi viene incontro.

<< Sei scomparso… >>

Mi rimprovera, a voce bassa, guardandomi dritto negli occhi.

<< Io e Matt.. >>

Cerco di spiegarle, ma non mi da il tempo.

<< Non mi interessa. E’ il mio compleanno. Dovresti esserci. >>  

E’ a pochissimi centimetri da me, e anche nell’oscurità, riesco a perdermi nei suoi occhi scuri. Il vestito blu e nero le stringe su ogni punto giusto, scatenando in me sensazioni che non dovrei provare. Prendo fiato per risponderle.

<< Non pensavo che avessi bisogno di me, visto il tuo.. ehm, ragazzo. Dov’è ? Come mai non sei sulla pista a scatenarti con lui? >>

Mi si avvicina ancora di più, continuando a guardami con ostilità velata.

<< Non hai il diritto di essere geloso, Smolder. E poi, è andato via. Mezz’ora fa. >>

<< Non sono geloso Looch. Non ti scaldare troppo. E, fammi sentire, come mai non sei ancora ubriaca? >>

Mi prende per mano, e mi tira verso di se.

<< Rimedierò dopo. Prima… vieni a ballare con me. >>  

Cerco di resistere, di scuotere la testa, ma il suo sguardo, il suo sorriso, e la sua mano stretta nella mia, riescono a farmi cambiare idea. Mi trascina con lei in mezzo a tutti quei gomiti, a quei lembi di pelle scoperti, in un punto ancora più buio. Si posiziona davanti a me, e alza le braccia facendole ondeggiare sopra le nostre teste. Mi sorride e mi fa un cenno con la testa, invitandomi a muovermi. Così la imito, la seguo, le sto dietro, mentre sensualmente si abbassa e si rialza, ondeggiando i fianchi, a pochi centimetri da me. Cerco di resistere dal toccarla, dal portarla contro il mio corpo, ma lei sembra leggermi nel pensiero. Si volta tra le mie braccia, facendo scontrare la sua schiena contro il mio petto. I suoi capelli mi solleticano il viso, mentre affondo la testa nell’incavo del suo collo, facendomi trasportare dal suo profumo inebriante. Lentamente la avvolgo, e la sento quasi tremare contro di me, mentre le mie mani scivolano lungo i suoi fianchi stretti nel vestito… Si volta di nuovo, e fa incrociare i nostri sguardi. E mentre si muove contro di me, non mi sembra più così piccola, così indifesa o ingenua. E poi all’improvviso, la musica cambia, e si fa più dolce e lenta, e lei porta le braccia sulle mie spalle e incrocia le mani dietro la mia nuca, sfiorandomi i capelli…
 

<< Quindi è così! Ne sono certa! L’anno prossimo vincerò un People's Choice! >>

Alza il pugno chiuso verso il cielo, e aggrotta le sopracciglia scure.

<< Shh, fai attenzione. Ti mantengo io. >>

<< Posso camminare da sola Ian, ce la faccio, sul serio. >>

E proprio mentre lo dice, inciampa in un lembo di tappeto che costeggia il corridoio che porta alle nostre camere.

<< Quando ti ho detto che dovevi ubriacarti, non intendevo per davvero.. >>

Mi da una leggera gomitata.

<< Continuavi ad offrirmi drink su drink, l’hai fatto di proposito. >>

Le accarezzo la schiena, e alla fine la prendo tra le braccia per trasportarla con facilità.

<< No Looch, mi confondi con Matt. Io te ne ho offerti solo un paio. >>

Davanti alla sua camera prendo la tessera dalle sue mani e la inserisco nella porta, che si apre con uno scatto deciso. Accendo le luci, e velocemente mi avvicino al letto, facendola distendere. Emette qualche verso poco comprensibile, mentre mi volto per chiudere la porta alle nostre spalle. 

<< Devo… Andare in bagno a cambiarmi. Non sopporto più questo vestito, è strettissimo. >> 

Si lamenta cercando di alzarsi da letto, per poi quasi ricaderci subito dopo. La afferro giusto in tempo per non farla sbattere contro il comodino.

<< Attenta Looch… Dai, faccio io. Ti aiuto. >>

Si sfila al volo le scarpe, mentre si rialza con il mio aiuto.

<< Ce la faccio Ian.. Non preoccuparti. >>

La faccio voltare per cercare la chiusura del vestito, che sembra davvero tremendamente stretto. Noto la piccola fascetta della lampo, che scende per tutta la sua schiena, e inizio lentamente ad abbassarla.

<< Vuoi approfittarti di me Smolder? >>

Mi scappa una leggera risata.

<< Mi sa proprio di no. >>

Fa qualche passo in avanti, per liberarsi dalle mie mani.

<< Non prendermi in giro. Non sono una ragazzina. Non più. >>

I suoi occhi sono lucidi, ma consapevoli. Il mio sguardo vaga dal suo viso al suo corpo. Sembra… Ferita.

<< No, non lo sei. Hai ragione. >>

Mi avvicino di nuovo e velocemente, le sfilo il vestito. La biancheria di pizzo nero, risalta ancora di più sulla sua pelle olivastra. Si stringe le braccia al petto. Ha le guance in fiamme. Dovute all’alcool e all’imbarazzo.

<< Ti ho già vista così spogliata Looch… Perché te la prendi tanto? >>

Abbassa le braccia lungo i fianchi.

<< Non in questo modo. >>

Mi si avvicina talmente tanto, che senso il suo profumo mischiarsi al mio.

<< I tuoi occhi mi seguono sempre…>>

E nel momento esatto in cui pronuncia queste parole, sembra che stia per svenire. La prendo di nuovo al volo e la adagio di nuovo sul letto, scostandole i capelli dal viso e coprendola con il piumone. Faccio per alzarmi, ma lei mi trattiene per un lembo della camicia.

<< Non andare via... >>

I suoi occhi sono dolci e supplichevoli. Mi sfilo le scarpe e mi distendo sopra le coperte, accanto a lei. Mi sorride, mentre mi accarezza il viso con l’indice. Mi sfiora le guance, il naso, mi sposta i capelli.  

<< Sei così bello… >>

E il modo in cui lo dice è pieno di una muta adorazione. E vorrei dirle che lei è bella. Molto più bella ora di quanto lo sia mai stata. Ma non lo faccio.

<< Dormi piccola… >>

Mi stringe una mano sotto il cuscino, e lentamente chiude gli occhi, dischiudendo appena le labbra.

<< Grazie … Ian? >>

Non apre gli occhi, continua a parlare come se stesse sognando.

<< Pensi che potrò mai vincerlo? Un PCA...>>

<< Oh si. Lo vincerai... Nessuno lo merita più di te. >>

Emette qualche versetto incomprensibile. Mi stringe di più la mano.

<< Vorrei tanto che tu fossi con me… Quel giorno… >>

Mi sussurra, prima di addormentarsi del tutto…


 
POV. Nina.

L’aria fresca mi punge il viso, mentre attraverso i pochi metri che mi separano da casa di Ian. Ho parcheggiato la macchina più lontano del solito, ero sovrappensiero. Sento ogni parte del corpo stanca, ogni muscolo dolorante e mi stringo nel maglione bucherellato fin troppo leggero. Quando arrivo davanti alla sua porta, sono quasi tentata di fare dietro front e scappare via. Ma l’immagine del viso di Ian, il ricordo delle sue parole e del modo in cui mi ha stretto la notte precedente, mi danno la forza di farmi allungare il braccio e infilare la chiave nella toppa. Il continuo senso di vuoto misto alla mancanza che mi provoca, sono le due cose che più mi hanno fatta soffrire in questi mesi. Ora ho l’opportunità di sistemare le cose, per davvero. E non voglio sprecarla. L’unica luce proviene dal corridoio che porta al salotto. Entro nello spazio arredato e noto Ian seduto sul divano, con la testa reclinata all’indietro e gli occhi chiusi. Respira silenziosamente. Addormentato. Trattengo un sorriso ricordando le molte volte in cui, a casa nostra, mi sono ritrovata nella stessa identica situazione. Riesce ad addormentarsi ovunque. Che sia un divano, un letto o un pavimento. Mi avvicino lentamente, cercando di non far rumore. Ha il viso finalmente rilassato, le sopracciglia distese. Una leggera barba gli copre la mascella e il collo, e i capelli corti lo rendono, se possibile, ancora più giovane… E ancora più bello. Mi siedo accanto a lui, e lo sfioro con lo sguardo. Ultimamente sembra più stanco del solito, più sciupato. Mi sfilo le scarpe e mi porto le gambe contro il petto, accoccolandomi accanto a lui, con la testa sulla sua spalla, lasciandomi avvolgere dal suo calore familiare.

<< Sei tornata… >>

La sua voce mi fa alzare lo sguardo velocemente, presa alla sprovvista. I suoi occhi sono puntati su di me, leggermente socchiusi. Ha un sorriso tirato e gli zigomi arrossati. Mi stringe un braccio intorno alle spalle.

<< Pensavi che non l’avrei fatto? >>

Sussurro contro il suo collo, mentre la sua pelle mi punge leggermente il viso. Lo sento irrigidirsi impercettibilmente.

<< Si… >>

Aggrotto le sopracciglia e mi scosto leggermente per guardarlo di nuovo. E’ serio e completamente sveglio. La sua mano scivola avanti e indietro sul mio braccio, mentre i suoi occhi mi scrutano. Lo guardo interrogativa.

<< Davvero pensavi che non sarei tornata? >>

Alza le spalle e punta lo sguardo altrove. E questo suo gesto mi fa sentire a disagio, mi fa sentire… Piccola. Avrei voglia di ritrarmi da lui, ma non me lo permetterebbe.

<< Era tardi e non arrivavi… Quindi si, ho l’ho pensato. Ho pensato… che non volessi tornare. >>

Resto qualche secondo in silenzio, cercando di assimilare quelle parole e di non esserne ferita più di tanto. Il tono della sua voce è teso, come se fosse arrabbiato.

<< Ma sono qui… >>

Gli sfioro il viso e lo faccio voltare lentamente verso di me. Ma nell’istante in cui i suoi occhi tornano a guardarmi, capisco che non funzionerà. Ian non vuole essere rassicurato. Non è questo che cerca. Si alza lentamente, scivolando dalle mie braccia.

<< Non è questo il punto Nina… >>

<< E allora qual è? >>

La mia voce sembra stranamente rassegnata. Si passa una mano tra i capelli e sospira.

<< Quante volte è capitato che mi addormentassi aspettandoti sul divano, o nel letto, a casa nostra? E tutte le volte, mai,  nemmeno per un secondo, mi ha sfiorato l’idea che tu non saresti tornata. E stasera ero così inquieto, ansioso, non ho fatto altro che pensare a te, a noi. E non ho fatto altro che guardare l’orologio, aspettando di sentire lo scatto della porta o il campanello. E più il tempo passava… Più mi convincevo che non saresti arrivata. >>

<< Perché? >>

Riesco solo a chiedere. Ma è una domanda stupida. Non abbassa lo sguardo, non sembra nemmeno turbato. Resto in silenzio perché so che non ha finito. So che ha altro da dire. Dopo anni insieme a lui, potrei prevedere ogni sua singola mossa, e restarne lo stesso totalmente colpita.   

<< Stiamo ripartendo dall’inizio… O almeno, è quello che credo stiamo facendo… In realtà non so nemmeno cosa pensi per davvero. E questo, proprio questo… Il ‘non sapere’ mi tormenta. Ripartire non significa tornare indietro… Voglio andare avanti Nina… >>  

Distolgo gli occhi dai suoi. 

<< Ti ricordo che ci siamo lasciati proprio per questo. Volevi andare decisamente troppo avanti… >>

Si avvicina di nuovo, abbassandosi leggermente, portando il suo viso all’altezza del mio.

<< Non mi perdonerai mai per questo… Vero? >>  

Non è più indecifrabile. Ha abbassato le difese. Ed è triste, quasi afflitto. Sconfitto. E odio questa sua espressione. Odio il modo che usa per farmi vacillare. Odio dovermi sentire in colpa. I suoi occhi azzurri sembrano talmente grandi e limpidi, come se mi potessero risucchiare da un momento all’altro.

<< Tu non sei perfetto. Non lo sei mai stato. Fin dall’inizio. >>

Ho la voce leggermente troppo alta, ma non importa. Parole totalmente incoerenti  mi escono dalle labbra senza che possa far niente per impedirlo. Aggrotta le sopracciglia, accigliato. Sorpreso.

<< Sei egocentrico e impulsivo… E pretendi che tutto vada come dici tu! Ti fai amare da tutti, incanti tutti con i tuoi occhi e il tuo sorriso e poi pretendi che le persone restino… legate a te! Vuoi avere il controllo su ogni cosa… E anche su di me. >>

Trattiene a stento un sorriso tirato. E riconosco quell’espressione. Voleva una reazione. Mi alzo al volo dal divano, spingendolo  leggermente, e quasi vorrei battergli i pugni sul petto tanta è la rabbia che mi sta montando dentro.

<< Ho mentito a me stessa durante tutta l’estate, quando avevo al dito un anello che mi ricordava ogni singolo giorno, cosa mi ero lasciata alle spalle. Abbiamo vissuto per così tanto tempo insieme, e mi sono resa conto di aver preso i tuoi atteggiamenti e anche il tuo modo di parlare in determinate situazioni. E tutti non facevano altro che ricordarmelo. Mi hai trascurata per mesi interi e poi te ne sei uscito con una proposta di matrimonio che sapevi avrei rifiutato! >>  

Cerco di prendere fiato, di calmarmi, ma le parole escono fuori come un fiume in piena. Così come le mie lacrime. Mi si avvicina esitante, scostandomi i capelli dal viso.

<< Sapevo che avresti rifiutato. Ma ho capito che era inutile continuare a fingere che non volessi di più. Volevo che tu fossi mia… e non era questione di controllo. Non volevo nemmeno ‘scusarmi’ per il modo in cui ti avevo trascurato nei mesi precedenti. Volevo solo sposarti Nina. E’ quello che si fa quando si ama tanto qualcuno. Ed è quello che si fa quando, si è assolutamente certi di voler passare il resto della propria vita con qualcuno. E per me, sei tu. Sei sempre stata tu.  Sei l’unica che vedo al mio fianco, nonostante tutto. Ma…Sono stato egoista. E me ne rendo conto solo ora. E capisco che un pezzo di carta, per quanto sia importante, non vale tutto questo. Non vale perderti. >>

Lentamente le sue parole si fanno strada nella mia testa… Scendono sempre più in profondità, fino a toccare il mio cuore. Un cuore così ferito e confuso. Un cuore giovane e inesperto, davanti a lui. Stringo la sua mano posata contro il mio viso. Lo guardo con gli occhi imploranti, con la consapevolezza, e spero, con tutto l’amore di cui sono capace.

<< Tu non hai mai capito Ian… Non ne avevi bisogno. Io ero già tua. Non era chiaro? Non era evidente? Perché tutti, tutti sembravano essersene resi conto… E non tu. Eri troppo impegnato a guardare altrove… >>  

Mi passo una mano sulle guance, sotto gli occhi per cancellare le lacrime. Ne sto versando davvero troppe…ultimamente.
 

POV. Ian.

Si asciuga le lacrime, e cerca di trattenerne altre. E il modo in cui lo fa, il modo in cui le sue parole mi hanno colpito mi riporta alla mente un vecchio litigio, accaduto tanto tempo fa…
 

Marzo 2011.

Entra di corsa nell’enorme stanza d’albergo che ho prenotato appositamente per lei. Si guardo intorno e sembra proprio una bambina la mattina di natale.

<< Non ci credo! C’è anche la vasca con l’idromassaggio! >>

La sua voce esce attutita dal bagno nell’angolo, mentre mi appresto a posare le valige ai piedi dell’enorme letto. Saltella fuori con la canottiera attillata e i pantaloncini di cotone che le scoprono le lunghe gambe. Mi viene incontro e mi butta le braccia al collo, alzandosi leggermente per baciarmi. Mi toglie il cappello e lo butta lontano, sul divano accanto alla porta.

<< A cosa devo tutto questo? >> 

Mi chiede esitante, quasi sorpresa.

<< Vuoi la verità? >> 

Annuisce mentre i suoi occhi si fanno più timorosi. Come se avesse paura di sentirla. Passo le dita sul suo viso, sfiorandola piano.

<< In questi giorni… Sei stata… Distante. Molto distante. >>

Arretra di qualche passo con un sorriso tirato sul volto.

<< Ma figurati Smolder… Che.. >>

Prima che possa fare un solo altro passo lontano da me, l’afferro di nuovo per la mano.  

<< Vedi? Lo stai facendo anche ora. Ho pensato che questo.. >> mi guardo intorno << fosse il modo perfetto per cercare di farti parlare definitivamente. >>

Gira la testa di lato, impedendomi di vedere i suoi occhi.

<< Non ho niente da dire. Sul serio. Sono così felice.. di essere qui. >>

Le faccio voltare il viso verso di me, l’accarezzo piano, cerco di rassicurarla.  

<< Cosa succede? Non vorrei dirlo, ma mi sembra tutto cambiato da… Beh, dall’altra notte. >>

Arrossisce leggermente, e spalanca gli occhi, perché ha capito di quale notte sto parlando.

<< E dall’altro giorno… >>

Sottolineo.

<< E non ho capito, cosa ti stia passando per la testa. Ho fatto qualcosa di sbagliato? >>

Ovviamente non avevo pensato al fatto che i suoi occhi potessero sgranarsi ancora di più. Sembrano due piccole biglie nere lucide, con qualche riflesso color cioccolata.

<< No! Ian.. tu. Sei.. perfetto. >> 

Scuoto la testa e si stringe nelle spalle.

<< E’ così… Dai Ian, guardami. Sono.. una ragazzina,  in confronto a te. Ti seguivo in LOST! Quasi mi perdevo quando guardavo i tuoi occhi sullo schermo… Ed è tutto così imbarazzante! Potresti.. >>

La blocco prima che possa continuare. Le prendo il viso tra le mani.

<< No, non dirlo. Non tu. Sono stanco Nina. Tutti… Fin da quando ero solo un ragazzino, mi hanno sempre idealizzato per il mio aspetto esteriore. Non farlo tu. >>

Aggrotta le sopracciglia e spalanca la bocca..

<< No! Non è solo questo Ian! Tu… sei così pieno d’esperienza e pieno di passione, metti tutto te stesso in ogni cosa… E sei stato con così… così tante donne.. Magari anche più grandi… e io.. >>

Il sangue le sta fluendo sulle guance, facendole diventare adorabilmente rosse. Non mi sarei mai aspettato una cosa del genere, non da lei. Non dalla ragazza che mi ha ancheggiato davanti, e provocato per così tanto tempo. Non dalla ragazza che interpreta una stronza vampira manipolatrice con una tale maestria da lasciarmi senza parole.

<< E’ questo il problema? E’… davvero per questo? Per le altre donne? >>

Annuisce, e non può distogliere lo sguardo, bloccata tra le mie mani.

<< Ok. Ascolta… Non posso cancellare il mio passato. Sono stato davvero poco gentile, ho fatto quello che volevo e mi portavo a letto chi volevo. E’ vero. E.. si, ho avuto relazioni con donne più grandi quando ero solo un ragazzo immaturo. Ma… le cose sono cambiate. Ho fatto le mie esperienze.. ma questo non vuol dire nulla. >>  

<< Si ma… >>

Le metto un dito sulle labbra.

<< No, fammi finire, così chiariamo le cose una volta per tutte.  Con il tuo viso rosso per l’imbarazzo, con il suono della tua risata… con il modo in cui arricci il naso quando sorridi o sei infastidita per qualcosa… E con tutte le volte che sei rotolata, cadendo sul set… E con il modo in cui mi urli conto, con il modo in cui mi guardi o mi sfiori di nascosto… Mi hai completamente rapito.  Sei il mio piccolo disastro.  E… maledizione Nina, non posso credere che tu me lo stia facendo dire in questo modo, in quest’occasione… Ma…sono completamente innamorato di te! >>  
Ed è come se qualcosa si fosse all’improvviso sollevato dal mio cuore. Un peso. E capisco che questo è proprio quello che avevo bisogno di dirle. Ha gli occhi spalancati, e la bocca semiaperta. La porto ancora più vicina a me. Stringendole le braccia intorno al corpo.  

<< Dici… davvero? >>

Mi chiede all’improvviso, con espressione assorta.

<< Pensi che potrei mai mentirti su una cosa del genere? >>

Scuote la testa.

<< Sono innamorato di te. Da tempo indefinito. Quindi… Sia chiaro, non permetterò che tu ti allontani da me per… degli stupidi pensieri che ti sei fatta. >>   

Si alza sulle punte delle scarpe e preme le sue labbra sulle mie. Più volte. Mi blocca il viso, dischiude le sua bocca e mi bacia con una passione e un trasporto che mi lascia senza fiato.

<< Voglio fare l’amore con te. Ora. >>

Mi sussurra tra un bacio e un altro, mentre lentamente mi sfila la maglietta, baciandomi il collo e la clavicola.

<< E in tutto questo… Looch… Non ho mai incontrato una ragazza che sa essere perfettamente dolce e al contempo terribilmente seducente come te. Giusto per… tranquillizzarti del tutto. >>  

Sorride contro il mio collo, mentre la prendo tra le braccia e mi lascia il controllo della situazione.

<< La vasca ci sta aspettando… >>
 


E poi sono di nuovo qui, di fronte a lei, e penso che quella volta la discussione finì talmente bene da restarmi così impressa…

<< Ero.. >>  

Gli dico, mentre mi guarda interrogativa.

<< Hai detto ‘ero tua’… Hai usato il passato. >>

Mi prende il viso tra le mani, all’improvviso, quando sembrava che un attimo prima volesse picchiarmi a sangue. I suoi occhi scuri sembrano traboccanti di consapevolezza e… amore. Così tanto amore.

<< Sono tua. Lo sono sempre stata. Questo non è mai cambiato. >>

Resto a fissarla senza dire nulla. Mi sembra di aver detto così tanto, mi sento così svuotato… In modo positivo.

<< Ascolta… Possiamo semplicemente non fare piani? Viverci il momento e vedere come va? Senza pensieri… Andando avanti, magari lentamente? >>

Le sorrido, pensando a quanto sia cambiata in questi anni. A quanto sia cresciuta.

<< Mi sembra un ottimo compromesso. >>

Mi abbasso per sfiorarle le labbra. Ma poi si stacca all’improvviso.

<< Hai strappato la copia di Cosmopolitan che c’era sul set? >>

Mi chiede con un sorriso trattenuto. Alzo le spalle.

<< Si. Dovevi sentire mio padre quando è andato a comprare la sua. Continuava a ripetermi quanto tu fossi bella… Così quando me la sono trovata davanti, non ho resistito, e l’ho strappata. Non me ne vergogno. Lo rifarei anche ora. >>
Mi da una leggera spinta, facendo cadere il discorso, e trascinandomi sul divano… Distraendomi come solo lei sa fare… 
 

POV. Nina.

<< Ok perfetto… Gamba divaricata a sinistra. Abbassa la schiena più che puoi… >>

Mi inarco davanti tanto da toccare con il petto il pavimento di legno lucido, stendendo le braccia in avanti. Tutti pensano che lo yoga consiste solo nello stare seduti con le gambe incrociate a dire ‘oohm’, quando in realtà è molto più di questo. Ritorno indietro flettendo le spalle. Ormai è un rituale venire in questa palestra il sabato mattina, per le mie lezioni private. Non mi perdo mai una seduta. Ne ho bisogno. Proprio mentre Jen mi ripete di nuovo il prossimo passaggio, la vedo all’improvviso distrarsi e sorridermi facendomi un cenno con la testa, indicando qualcosa alle mie spalle. Riesco solo a voltare la testa, e vedo Ian comodamente appoggiato allo stipite della porta in legno, con le braccia incrociate. Sorrido alzandomi velocemente, correndogli incontro. Si stacca dalla porta e in secondo sono con le mani tra le sue. La maglietta bianca gli mette in risalto le spalle e il petto, e i capelli corti sono completamente scompigliati. Gli occhi sembrano più azzurri, più brillanti del solito…

<< Cosa ci fai qui? >>

Gli chiedo con il fiato corto.

<< Sono venuto a prenderti. Mi mancavi. Ma… Pensavo che avessi già finito. >>

<< Infatti… Ma devo andarmi a fare la doccia. >>  

Inarca un sopracciglio in modo provocante mentre avvicina la sua testa alla mia.

<< Se vuoi ti accompagno. >>

Tratteniamo entrambi una risata e poi mi da un bacio veloce sulle labbra.

<< Ti aspetto fuori… >>

Gli trattengo le mani per qualche attimo in più del dovuto e lui mi lascia fare, come se non volesse lasciarmi andare.

<< D’accordo.. >>

E mentre si avvia verso la porta, e si volta un’altra volta per sorridermi… La sua domanda, di qualche tempo prima, mi risuona nella mente.

‘ Sei felice Nina? ‘

Ora lo sono. Non potrei esserlo di più. 

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Capitolo 23
*** This is Love. ***


 POV. Nina.

<< Quindi possiamo restarcene tranquilli in questo letto per tutto il giorno? >>

Il petto di Ian si alza e si abbassa sotto il mio viso, mentre con le dita gli sfioro la pancia e i fianchi. Alzo lo sguardo per incrociare il suo, azzurro e limpido.  Non so da quanto tempo siamo intrecciati in questo letto, sotto un ammasso di coperte scomposte, incuranti di tutto quello che succede fuori da questa casa. Ma non importa.  

<< Tutto il giorno? Forse non te ne sei resa conto tesoro, ma è già pomeriggio inoltrato. >>

Punto un gomito sul suo petto sporgendomi per guardare l’orologio. E mi sorprendo nel vedere i numeri analogici che segnano le sei passate. Mi scappa una leggera risata mentre mi stringo di più contro di lui, per prenderne tutto il calore. La sua mano vaga sulla mia schiena nuda, accarezzandomi piano.  

<< Devo essermi addormentata… >>

Scherzo rispondendo innocentemente. In un secondo si spinge contro di me, girandosi su un fianco, portando il viso contro il mio orecchio.

<< No…Sei rimasta Sveglia. Completamente. Per tutto il tempo. >> 

Mi sussurra maliziosamente. Gli cingo il collo con le mani e porto il suo viso contro il mio. Poso delicatamente le mie labbra sulla sua bocca, beandomi della sua morbidezza e del suo profumo. Lui non si muove, mi lascia fare, totalmente arrendevole. Mi discosto leggermente, restando con le labbra lievemente poggiate sulle sue. Ci scambiamo respiri smorzati, e sorrisi accennati. E mi sento così…Piena d’amore, di vita… di tranquillità, mentre i suoi occhi azzurri continuano a scrutarmi dolcemente. Un sospiro di felicità mi esce dalle labbra mentre strofina il naso contro la mia guancia. 

<< Mi era mancato il tuo profumo… Non sai quanto. >>

Questo tipo di affermazione è stata ripetuta diverse volte, da entrambi, negli ultimi giorni. Ogni tipo di mancanza, ogni tipo di dolcezza, tutte riversate in modo amplificato. Come a voler recuperare questi mesi di separazione.  

<< Stavo pensando, che potremmo fare qualcosa stasera…E’ sabato! Che ne dici? Ti va di uscire? >>

Gli chiedo, ignorando volutamente la sua affermazione di poco fa. Alza gli occhi al cielo, e mi stringe, se possibile, ancora di più. Sospira e rilassa i muscoli, mentre le sue mani continuano  a vagare, pericolose e provocanti, sul mio corpo.

<< Come preferisci. Hai già qualcosa in mente? >>  

Gli sfioro il mento e la barba leggermente accennata.

<< Un giretto in città. Suonano musica dal vivo stasera. >>

Non risponde e non sorride. Diventa solo leggermente più serio. Capisco al volo la sua espressione contrariata.

<< Se non vuoi.. non c’è.. >>

Mi posa un dito sulle labbra e scuote la testa.

<< Non arrivare a conclusione affrettate. Stavo solo pensando. >>

<< A cosa? >> 

<< Ai paparazzi. Alle persone. Al mondo che c’è fuori da questa casa. >>  

Intreccio le sue dita alle mie.

<< Stamattina non lo pensavi? Quando sei venuto a prendermi alla seduta di yoga… Quando ce ne siamo andati camminando mano nella mano, incuranti di tutto. >>

Scuote la testa e sospira.

<< E’ diverso. Lo sai che qui è diverso. >>

<< Sei preoccupato di quello che potrebbero pensare di te? >>

<< No Nina. Sono preoccupato di quello che potrebbero dire in generale. E soprattutto… di te. Non voglio più… dover leggere certe cose. >>  

Sciolgo le nostre mani intrecciate e mi districo dalle sue braccia, mi alzo e poggio la schiena contro i cuscini e la spalliera del letto, mantenendo il lenzuolo stretto al petto. Le sue parole bruciano, perché so che ha ragione. So che il mondo si scaglierebbe contro di me, non contro di lui. E so che vuole solo proteggermi.

<< Noi possiamo fingere che questi mesi non ci siano stati… Solo noi. >>

Le parole escono fuori da sole, anche se non sono quelle che avrei voluto pronunciare.

<< Vuoi davvero fingere che non ci siano stati? >> 

Il suo sguardo sincero mi trapassa da parte a parte. Come se mi stesse leggendo l’anima. Ha un sorriso lievemente accennato, come se volesse farmi confessare qualcosa. E ricordo tutto quello che ho fatto in questi mesi. Ricordo ogni sorriso, ogni risata. Ricordo il modo in cui mi sono divertita, il modo in cui ho ballato su una spiaggia dorata lontano da tutto… Il modo in cui mi sono sentita indipendente.

<< Forse… No. >>

Mi mette un dito sotto il mento per alzarmi il viso.

<< Non devi sentirti in colpa per esserti divertita, per esserti sentita libera, per aver visto il mondo senza di me. Le cose dovevano andare in questo modo… >>

Il suo sguardo sincero brilla di una tristezza celata. La stessa tristezza che aveva il giorno in cui mi ha lasciata andare…

 

Maggio

Ferma sull’uscio della nostra camera da letto, guardo Ian camminare in fretta davanti al grande armadio con le ante spalancate.  Apre gli ultimi cassetti e tira fuori qualche maglietta grigia e dei pantaloni ripiegati per bene, buttandoli alla rinfusa nella tasca più grande dello zaino ai piedi del letto.

<< Cosa stai facendo? >>

Gli chiedo esitante, anche se già lo so. Sono stata via poche ore, dopo la nostra discussione. Ma i giri in auto non sono serviti a nulla. Alla fine sono ritornata proprio qui, con le idee ancora più confuse. Alza lo sguardo, e mi fissa con gli occhi lucidi e stanchi, come se mi vedesse per la prima volta.

<< Secondo te? >>

Mi avvicino di qualche passo, mentre continua a muoversi a scatti, fermandosi e ricordando all’improvviso qualcosa, entrando in bagno e uscendone con la schiuma da barba e lo spazzolino.

<< Non ho mai detto che dovevi andartene… >>

Non alza lo sguardo mentre risponde.

<< L’avrei fatto comunque. Damani ho il volo per Londra. E poi… non ha senso restare. >>

Chiude lo zaino velocemente e si guarda intorno, evitando accuratamente i miei occhi.

<< Potresti andare via domani.. >>

Cerco di dire, di convincermi che andrà tutto bene, di convincerlo a restare solo per questa notte, anche se sono stata io a dirgli che sarei partita da sola e che non l’avrei seguito. Anche se sono stata io a rifiutargli una proposta di matrimonio.  Le parole sembrano riscuoterlo, e si decide a prestarmi attenzione. Si avvicina, sempre di più, invadendo il mio spazio e i miei occhi.

<< Non prenderla in questo modo Nina. Non sto andando via da te. E’ il contrario. Tu vuoi andare via. E io te lo lascio fare. Perché questo è l’unico modo… >>  

I suoi occhi sono sinceri e velati, pieni di una sicurezza che da sempre lo caratterizza.

<< Mi hai chiesto tempo e spazio. Te li sto concedendo. Ti concederò tutto quello di cui avrai bisogno, fino a quando non capirai quello che vuoi. >> 

Sorride malinconico, e mi sfiora il viso, asciugando qualche lacrima solitaria che lentamente sta attraversando il mio viso.

<< No. Non piangere. Non farlo. Mi hai capito?  >>

Trattengo un sospiro smorzato.

<< Non puoi impedirmi questo Ian… Non puoi pretendere di impedirlo! >>

Le parole mi escono soffocate e più alte del previsto. 
Mi prende il viso tra le mani, all’improvviso, stringendolo saldamente. I suoi occhi sono due fiamme azzurre, bruciano mentre si riflettono nei miei.

<< Si che posso. Non piangere perché mi vedi andare via. Non piangere per queste scelte che ti aiuteranno a capire. E quando sentirai la mia mancanza, quando sentirai il cuore dividersi in due, quando avrai voglia di sentire la mia voce, stringi i denti e vai avanti, ma non impedirti di fare quello che il cuore ti suggerisce. Quando mi chiamerai, risponderò. Sai che lo farò. Non andrai mai abbastanza lontana, Nina. Ricordati questo. L’oceano e i continenti non ti potranno separare da me. >>  

Per un secondo, mentre pronuncia queste parole, mi convinco che ha ragione. Ma prima che possa rispondere, porta il suo viso contro il mio, e mi bacia. Mi bacia con forza, con una muta disperazione. Bacia le mie lebbra salate di lacrime, e mi stringe a lui così intensamente da farmi perdere la ragione. Sospira staccandosi da me. Il suo profumo insieme al mio. Le mie mani ancora tra i suoi capelli.

<< Porta questo bacio con te, e ricordalo. Ricordalo quando magari bacerai qualcun altro. Ricordalo nelle notti in cui ti sentirai sola. E quando tornerai, ricordati che non permetterò mai più una cosa del genere.  La decisione è tua, Nina. >>

Con la stessa velocità con cui mi ha travolto, prende al volo lo zaino e il capello da sopra la cassapanca, attraversando la stanza. Quando sento la porta di casa chiudersi, riprendo a respirare. E piangere. 
 
 
Alla fine l’ho chiamato come aveva previsto. L’ho chiamato diverse volte nei primi tempi. L’ho chiamato solo per sentire la sua voce. E poi, ho smesso di farlo. E così sono iniziate le frecciatine su twitter. Le foto, le frasi, le citazioni. Tutto quello che riportava a lui, o che potesse farlo capitolare. Ma lui era stato chiaro.Com’è chiaro ora, in questo letto, totalmente in balia dei miei occhi come io lo sono dei suoi. E questo non è mai cambiato. Il modo in cui continuiamo a cercarci e guardarci. Il modo in cui, nonostante tutto, continuiamo ad amarci.  Mi sposta i capelli e mi bacia la spalla e il collo.

<< Sai cosa? Non importa. Vuoi uscire? Usciamo. Ti porto a cena fuori. >>

Sorrido, apprezzando il suo gesto. Ma so che lo fa solo per rendermi felice.

<< No Ian… Sul serio, non importa. >>

Mi stampa un bacio veloce sulle labbra e poi si butta fuori dal letto. La vista di lui, completamente nudo, riesce ancora a destabilizzarmi.

<< Importa eccome. Dobbiamo goderci questi momenti, quando possiamo. Abbiamo il lavoro, e io ho la fondazione e i vari impegni con la RYOT, non so quanto tempo avrò a disposizione. Quindi, alzati signorina, e muovi quel tuo bel culetto verso l’armadio.  >>

Non mi lascia nemmeno aprire bocca.

<< Anzi, fallo appena sarò entrato in bagno… Se ti vedo senza quel lenzuolo addosso, penso che non riuscirei più a muovermi da questa stanza. >>  

Si sporge verso di me, attirandomi verso di lui e baciandomi un’altra volta, prima di sparire in bagno, lasciandomi con un sorriso enorme sulle labbra e il cuore pieno di una felicità che non assaporavo da tempo.  
 

POV. Ian.

Si cala un cappellino di lana grigio sulla testa, si sistema la camicetta colorata, e si guarda un’ultima volta allo specchio. 

<< Devo ancora abituarmi a questi capelli corti… >>

Dice, mentre cerca di sistemare il ciuffo ribelle che gli esce dal bordo del copricapo, lasciando scivolare i capelli mossi sulle spalle. I jeans stretti fasciano le sue gambe lunghe perfette. Infila al volo le solite ballerine da cui non si separa mai e si volta per guardarmi. Fissa il mio look classico. Maglietta scura e pantaloni scuri con scarponcini scuri. Incrocia le sopracciglia interdetta.

<< Dovresti indossare cose più colorate. >>

Alzo gli occhi al cielo.

<< Non  è la prima volta che mi fai presente questa cosa. >>

Inclina la testa di lato.

<< Ti ho regalato diverse magliette e non le hai mai indossate. >>

<< Non riesco a vedermi con capi così colorati. Pensi che potrei mai indossare qualcosa di verde con una scritta gialla e rossa? Ti prego. >>   

Mette le mani sui fianchi e guarda per un secondo l’armadio sorridendomi innocentemente. Capisco dove vuole arrivare.

<< No Looch. Non ci provare. >>

Si fionda nel mio lato,  e inizia a scavare tra i cassetti. Tira fuori una maglietta a maniche lunghe blu scuro.

<< Ecco. Niente di eccessivo. Damon sta benissimo con questo colore… >>  

Mi si avvicina porgendomela con gli occhioni da cerbiatta supplichevoli. Alzo la testa al cielo sospirano e sfilandomi velocemente la maglietta nera.  Infilo la maglietta che ha scelto per me, il tessuto morbido è comodo e profuma di nuovo. Me la sistemo sui fianchi con aria interdetta, e arrotolo le maniche sui gomiti.

<< Ok, sono pronto. Andiamo. >>

Lei resta per qualche secondo a fissarmi con un sorrisetto compiaciuto sul viso. Sembra che voglia iniziare a saltellare e battere le mani.

<< Soddisfatta ora? >>

Le chiedo. Mi lancia uno sguardo malizioso sa sotto le ciglia lunghe.

<< Sarò ancora più soddisfatta quando più tardi dovrò sfilartela. >>  

Mi sfiora il petto e si alza sulle punte delle scarpe basse per baciarmi. E io la lascio fare. Le lascio fare tutto quello che vuole, mentre mi rendo conto di quanta influenza abbi su di me, anche nelle cose più semplici.
 
I lampioni illuminano le strade familiari di Atlanta, facendo quasi scintillare l’asfalto. Camminiamo lentamente, guardandoci intorno, senza dire nulla. Nonostante il suo silenzio, sento la presenza di Nina come mai prima d’ora. La sua mano è stretta contro la mia, le nostre dita intrecciate. E ricordo i primi tempi in cui camminavamo in questo modo. Cercavo sempre di trattenermi in sua presenza, all'inizio. Con scarsi risultati, ovviamente. Aveva la capacità di annullare ogni mio pensiero coerente. Più di una volta mi sono ritrovato a fissarla senza che l'avessi realmente deciso. Come se non potessi smettere di guardarla. Forse era il suo sorriso, o il modo in cui arricciava il naso quando rideva, o il cipiglio che si formava in mezzo alle sue sopracciglia quando era perplessa. E in un modo o nell'altro, mi ritrovavo sempre accanto a lei, con l'istinto di toccarla, sfiorarla, avvolgerla tra le braccia, proteggerla. Ho sempre avuto la consapevolezza di essere 'legato' a quel piccolo disastro che mi aveva rubato il cuore. Sapevo che l'avrei seguita ovunque, se solo me l'avesse chiesto. Per questo è stato ancora più difficile, lasciarla andare.Ora c’è una leggera tensione che ci accompagna, dovuta al fatto che non trascorrevamo del tempo insieme in questo modo, da molto, molto tempo. Abbiamo cenato nel nostro piccolo ristorantino all’angolo della strada principale, ci siamo seduti nel nostro solito angolino, nascosti sotto i nostri cappelli, cercando di non attirare l’attenzione. La cena è passata tranquillamente, tra battute e sguardi, con le nostre gambe unite sotto il tavolo. E ora passeggiamo verso la piazza della città, la musica arriva attutita alle nostre orecchie, e non c’è bisogno che guardi Nina per vedere il suo sorriso farsi sempre più largo. Le lascio la mano, perché so che vuole aumentare il passo e correre verso il palco, sistemato al limitare del grande spazio erboso, brulicante di persone. Lei volta un secondo la testa guardandomi da sopra la spalla, sorridendo entusiasta,  anche se ha assistito tante volte a una cosa del genere. Ed è il bello di questa città. Ogni sera c’è qualcosa da fare, ogni finesettimana musica dal vivo, di band più o meno sconosciute che si dibattono sul palco. Nina è poco più avanti e mi fa segno di aumentare il passo. Per un secondo la perdo di vista, in mezzo a tutte quelle persone, ma poi rivedo il suo capellino grigio fare su e giù mentre saltella a tempo con la musica. Ma lei non mi vede. Si volta, si alza sulle punte, si guarda in giro e nota l’accalcarsi della gente e posso immaginare il panico farsi strada nel suo stomaco. Avanzo velocemente tra tutti quei corpi, e in un secondo sono dietro di lei. La prendo per i fianchi e la sospingo contro di me mentre la sento rilassarsi tra le mie braccia. Questa è la posizione che abbiamo sempre assunto durante ogni tipo di evento simile. Lei davanti a me, io che le faccio scudo con il mio corpo, davanti a tutti.

<< Possibile che non posso perderti di vista nemmeno per un secondo? >>

<< Il punto è che tu non mi perdi mai veramente di vista. >>

La spingo indietro, cercando di districarci dalla folla, mentre quelli intorno a noi sono fin troppo impegnati a urlare e sbracciarsi per una band che non ho nemmeno degnato di un’occhiata. Ci allontaniamo dal gruppo, e lei mi indica il prato. Mi prende per mano e mi trascina verso il punto più libero e vuoto, al lato del palco, dove c’è poca luce. Mi lascia giusto il tempo per abbassarsi e sedersi sull’erba umida e io la imito, sistemandomi accanto a lei. Alza le braccia e si lascia cadere distesa a terra.  Io resto seduto, guardandola dall’altro, mentre lei guarda le stelle. Mi serve tutta la forza di volontà di questo mondo per non stendermi accanto a lei e baciarla, toccarla e… amarla. Distolgo lo sguardo e lascio che la mia mente vaghi in posti più sicuri.

<< Ehi.. >>

Richiama la mia attenzione. Pretende la mia attenzione. Mi sfiora la mano, e mi volto per sorriderle e rassicurarla. Inarca un sopracciglio e si alza, restando seduta a gambe incrociate.

<< Sei stranamente silenzioso.. >>

I suoi occhi sembrano ancora più neri e profondi quando sono preoccupati o tristi. Le prendo il braccio e la tiro contro di me.

<< Vieni qui.. >>

Lei mi lascia fare, mentre la sposto davanti al mio corpo e l’avvolgo con le braccia. Sorride mentre si lascia andare contro il mio petto.  

<< Questo non cambia il fatto che sei stranamente silenzioso. >>

Affondo la testa nel suo collo, intrecciando le nostre mani sul suo stomaco.

<< Silenzioso? Ma se non ho fatto altro che parlare per tutta la cena. >>

Cerco di difendermi.

<< Si. Durante al cena, ma poi nulla. E ci sono voluti più di venti minuti per arrivare qui... Venti minuti nei quali non hai detto nemmeno una parola. >>

Precisa con quel tono di voce canzonatorio che usa quando vuole rimproverarmi per qualcosa. Le rispondo con un bacio stampato leggero sul collo, proprio sotto i capelli. Gioco con qualche ciocca mossa, rigirandomela tra le dita.

<< Sono un tipo taciturno… >>

Lei si volta per guardarmi con gli occhi completamente spalancati, mentre cerca – con fatica – di trattenere una risata.

<< Come se non ti conoscessi. >>

Sussurra mentre si volta di nuovo verso il palco. Mi abbasso verso il suo orecchio, toccato da quell’affermazione così semplice.

<< Forse non mi conosci quanto credi… >>

Si sente punta nel vivo, lo posso percepire, mentre si gira di nuovo per fulminarmi con lo sguardo.

<< Ti conosco fin troppo. E’ questo il problema. E di solito parli talmente tanto da mandarmi in confusione. >>

<< Magari sono cambiato. Magari ho capito che parlare molto non serve a nulla se non c’è nessuno disposto ad ascoltarti… >>

L’affermazione mi esce spontanea, vaga tra di noi, e posso quasi sentire la fitta che prende il suo stomaco quando recepisce del tutto le parole. Il suo sguardo si incupisce e resta interdetta per qualche secondo. Vorrei ribattere qualcosa, dire che non è come crede, ma non lo faccio. Perché la ferita che ci siamo inflitti a vicenda è ancora aperta. Perché ricordo fino troppo bene com’era… cercare di chiamarla e non ricevere risposta… E ricordo ancora meglio com’erano i giorni in cui invece rispondeva..
 

Giugno.

Londra.
 
<< Ehi Ian! Noi andiamo a mangiare qualcosa in centro… Vuoi unirti? >>

Il viso di Noel spunta dalla porta della mia roulotte mentre mi sistemo la canottiera bianca. Accanto a lui c’è Alexis che sorride. Scuoto la testa.

<< No ragazzi, andate senza di me. Grazie. >>

<< Sicuro? >> 

<< Si davvero, sono stanchissimo. >>

Sorrido convincente. Annuiscono e si voltano allontanandosi. Respiro forte, cacciando fuori tutta l’aria. Mi distendo sul letto cercando di chiudere gli occhi e riposare, ma mi risulta difficile. Mille pensieri si accavallano gli uni sugli altri, impedendomi di spegnere il cervello. Mi alzo al volo e prendo la chitarra dall’angolo accanto alla scrivania. Mi siedo sui tre gradini e alzo il viso verso il cielo scuro. Ci sono poche stelle, e l’aria è abbastanza fresca. Poggio la chitarra sulla gamba cercando di strimpellare qualcosa, qualche melodia familiare, ma ho le dita intorpidite. Mi passo una mano fra i capelli corti e cerco di rilassare i muscoli. Ormai sono due settimane che non sento la sua voce. Due settimane frenetiche, piene di lavoro, di impegni e di gente nuova e simpatica. Ma non posso resistere un minuto di più senza sentirla. Devo sapere come sta, se si sta divertendo, se ha capito che le manco tanto quanto lei manca a me. Mi alzo e rientro dentro posando la chitarra e afferrando l’iPhone sa sopra il comodino. Scorro le chiamate ricevute, fino ad incappare in ‘Franch Kote’. Resto qualche secondo a fissare lo schermo e alla fine premo con decisione il testo di chiamata. I secondi scorrono lenti mentre gli squilli vengono ignorati. Tre, quattro, cinque. Al settimo squillo stacco la chiamata. E sono quasi tentato di sbattere il cellulare dall’altra parte della roulotte, ma non lo faccio. Apro la pagina di Twitter e scorro i vari post, trovandomi tre sue foto nuove. In costume, sorridente, su una spiaggia assolata. Resto fermo a fissare il suo viso per qualche istante, e poi chiudo tutto e getto l’iPhone sul letto, lontano da me.

Non so quanto tempo dopo, un leggero bussare sulla finestra mi fa aprire gli occhi da un leggero dormiveglia, ma quando mi alzo mi rendo conto che è solo un ramo che sbatte insistente contro il vetro. Prendo il cellulare per controllare l’orario. Le due passate. Senza nemmeno pensarci ritorno nelle chiamate e riprovo a chiamarla. Al terzo squillo sento lo scatto della chiamata accettata…

<< Pronto? >>

La sua voce mi toglie il respiro facendomi contorcere lo stomaco. Non mi aspettavo che rispondesse.

<< Ehi Looch… >>

Tono informale, spento, glaciale. Non riesco a fare di meglio. Sento il freddo attraversarmi la schiena. Posso quasi sentirla trattenere il fiato. Sento il brusio sommesso di sottofondo attenuarsi, come se si stesse allontanando dal gruppo.

<< Ian… Come stai? >>  

<< Ti prego, saltiamo i convenevoli. Volevo solo sentire la tua voce. >>

Dico tutto d’un fiato.

<< Anche a me fa piacere sentirti ma… Questo non è il momento adatto.. >>

Una voce maschile interrompe le sue parole .

‘Ehi piccola, vuoi muoverti? Dobbiamo tornare in hotel..’

E’ bassa e mi risulta stranamente familiare. 

<< Si certo, arrivo.. >>

Non le do il tempo di scusarsi o spiegarmi.

<< E’ tutto ok Nina, non fa niente. >>

<< Ti… richiamo presto, ok? Buonanotte. >>

E attacca. Mi ributto sul letto, lasciando il telefono accanto a me, con la consapevolezza che non richiamerà poi così presto.

 

Le sue mani sfiorano le mie, piano, delicatamente.

<< Non ti ho risposto… Diverse volte. >>

Annuisco contro i suoi capelli.

<< Si.. >>

<< Mi dispiace. Io ero… >>

Incrocio i suoi occhi, ma continua a non trovare le parole adatte.

<< Mi sentivo bene. Anche se avevo la consapevolezza che mi mancava qualcosa. Ma…non volevo sentire la tua mancanza. Più ti evitavo, più riuscivo a resistere.. Per questo ci sono state intere settimane in cui non mi sono fatta sentire, e non ho risposto alle tue chiamate. >>  

Stringo di più le sue mani.

<< Hai mai pensato, anche solo per un secondo, che io avessi bisogno di te? Che non eri l’unica a soffrire? >>

Cerco di farle capire.

<< Sono uscite tante voci Ian... E cercavo di convincermi che tu stessi andando avanti. Per davvero. Senza di me. Sono stata egoista Ian… Io riuscivo solo a pensare a non pensare. Non volevo pensare. Non volevo soffrire. Ma alla fine, tutto mi si è rivoltato contro. >>  
I suoi occhi sono pieni di tristezza e forse anche di… colpa. Si sente in colpa. Le sorrido, cercando di sembrare tranquillo.

<< Dobbiamo per forza parlarne? >> 

Abbassa lo sguardo sulle nostre mani unite, e sospira rassegnata. 


<< Tu hai messo in mezzo il discorso... >> 

<< Hai ragione.. Ma me ne sono appena pentito. Non voglio vederti con questo viso triste. >>  

Mi sfiora il braccio. 

<< Non puoi continuare a proteggermi in questo modo. Dalle scelte che ho preso e da me stessa. Non puoi. >> 

La sua voce trema leggermente.  E le fermo il viso contro il mio. 

<< Non ti proteggo da te stessa. Non ne hai bisogno. Sei forte, incredibilmente forte... Non hai bisogno della mia protezione. >> 

Trattiene un sorriso. 

<< Ho bisogno di te. Di questo ne sono certa. >> 

Le bacio la testa e premo la mia fronte contro la sua. Le sorrido e mi alzo velocemente.

<< Andiamo... E' tardi. Voglio proprio vedere come hai intenzione di togliermi la maglietta. >> 

Arrossisce un po, mentre afferra la mia mano protesa. Si pulisce i jeans, mentre mi metto accanto a lei, cingendola per la vita. Poso di nuovo le labbra sulla sua tempia, mentre le sfioro la fine della schiena. Sfrega la sua testa contro il mio collo, baciandomi la gola. E posso quasi sentirla, sciogliersi tra le mie braccia.

Attraversiamo lo spiazzo centrale, allontanandoci dal palco e dalle persone. Mi dirigo verso la strada principale che ci riporterà alla mia auto, sostata più lontano del solito, ma Nina mi ferma e mi fa segno di prendere la strada opposta, quella che circonda la piazza e porta al parco dei bambini. La seguo, assecondandola, perché so perfettamente dove vuole andare. 

<< Che ore sono? >>

Mi chiede all'improvviso. Tiro fuori l'iPhone dalla tasta dei jeans. 

<< Le 23:58.. >> 

Spalanca gli occhi e aumenta il passo tirandomi dietro di lei. 

<< Dobbiamo muoveri! E' quasi ora! >>  

Ci ritroviamo nella piccola piazza circolare tutta illuminata. Tanti cerchi, uno dentro l’altro, con varie luci poste una accanto all’altra, che partono da terra, puntando verso il cielo.  Mi lascia la mano e guarda il suolo, costeggiato da piccoli fori circolari, mentre corre verso il centro. Due secondi dopo, proprio nell'istante in cui arriva 'in salvo', gli schizzi d'acqua partono di getto alzandosi verso l'alto, attivando l'enorme fontana circolare. Sento la sua risata, mentre le barriere scintillanti si alzano ad intervalli regolari, intorno a lei. La intravedo mentre saltella tra un cerchio e l'altro, cercando di schivare l'acqua, alzando le braccia al cielo. 

<< Ian! Ian! >>

Urla il mio nome, e ride. Come se questo potesse riuscire a farle schivare l’acqua con più facilità.  E il suono di quella risata soffocata, mista a dei versetti strani, riescono a far ridere anche me, con una facilità che mi era preclusa da tempo. E poi l'acqua cessa di colpo, e lei é lì, di spalle con le braccia sospese a mezz'aria. Si guarda in giro. Si volta, rendendosi conto di essere girata nella direzione sbagliata. Appena mi vede, sorride, se possibile, ancora di più.  Sorride come una bambina la mattina di Natale. Sorride come se avesse ricevuto il regalo per il quale aveva aspettato tutto l'anno. Strano che io mi senta allo stesso identico modo, strano guardarsi così dopo tanto tempo e tanti sbagli.  O forse in realtà è normale. In realtà così deve essere. Allargo le braccia, le allungo verso di lei, perché tutto quello che voglio fare in questo momento é abbracciarla. Corre verso di me, calpestano il suolo che ci separa. Mi getta le braccia al collo. Mi riempie di baci. Sulle guancia, sul collo, sotto il mento, sulle labbra. E intravedo il suo sorriso candido, tra un momento e l'altro. 

<< Devi farlo anche tu, qualche volta. >> 

Scuoto la testa, mentre ci dondoliamo sul posto.

<< Ricordo quando l'ho fatto appena arrivati ad Atlanta. E ricordo anche che alla fine quello completamente zuppo ero io. >> 

Scoppia a ridere. E trema leggermente tra le mie braccia. Ha la pelle d'oca e la camicetta bagnata sulle maniche. Mi scosto da lei giusto il tempo di sfilarmi la giacca di pelle. 

<< Sempre la solita. Adesso mi diventi un ghiacciolo. >> 

Le faccio segno di girarsi e le infilo il giubbotto. Le piccole spalle vagano, e le maniche gli arrivano a coprire i polsi sottili...Le sfilo o capelli dal colletto e li rilascio cadere dietro le spalle. 
 

POV. Nina.

Le sue mani sicure mi sfiorano le spalle, mentre mi stringo di più nel suo giubbotto, intriso del suo calore e del suo profumo. Quasi mi ci appoggio contro, annusandone il colletto.  Dopo diversi anni dovrei essere abituata a certe cose. Al fatto che soffro particolarmente il freddo… e a lui. Alle sue premure. Al modo in cui si prende cura di me. Ma ogni volta, è come se fosse la prima. E non importa se siamo da soli o in mezzo ad una folla di persone. Se siamo in casa, o su un palco con tanto di giornalisti e occhi puntati addosso… Non importa mai…
 

PaleyFest 2012.

<< Quel commento sulla tortura non è passato inosservato eh… >>

Julie cerca di trattenere una risata, mentre Matt è completamente piegato in due.

<< Cercavo in ogni modo di non ridere, ma cavolo ragazzi… Era puro spettacolo! >>

Sento il sangue fluire sulle guance, mentre mi guardo intorno cercando Ian. Lo vedo poco distante da noi, perfetto nel suo completo, mentre stringe mani e sorride a chiunque gli passi accanto.  Si volta e incrocia il mio sguardo. Riconosco la sua espressione divertita e soddisfatta mentre si avvicina a noi. Con totale naturalezza mi sistema la giacca sulle spalle e mi posa una mano sul fianco, mentre si mette accanto a me. Continuo a fissarlo accigliata, fino a quando non si abbassa verso il mio orecchio.

<< Non guardarmi in quel modo Looch… Potrei andare a fuoco. >>

<< Si. E lo meriteresti. >>

Gli sussurro. 

<< Non te la sei presa così tanto… >>

Gli lancio un’altra occhiata infastidita.

<< E’ stato imbarazzante! >>

<< Ma divertente. E poi hai iniziato tu. >>

Risponde tranquillo. Mi spinge un po’ e cerco di mantenere la mia posizione finta offesa. Cerco di non sorridere mentre sento la sua mano vagare per la mia schiena.

<< Ne riparliamo a casa. >>

Gli dico cercando di sembrare seria.

<< Non vedo l’ora… >>  

Mi risponde mentre mi stringe di più a se.
 
Quando poche ore dopo varchiamo la porta di casa, lascio cadere la sua giacca sul divano. Ammetto che avevo davvero freddo durante il panel e ammetto anche che mi si è sciolto il cuore quando, con sorpresa, l’ho sentita sulle mie spalle, insieme a tutti gli ‘Ohhhww’ della sala.  Ian non ha smesso un secondo di sorridere o rifilarmi qualche battutina, provocandomi ancora di più, e ora si aggira innocente per il salotto, fischiettando e accarezzando Moke.

<< Tesoro, continui a fulminarmi con i tuoi occhietti accusatori… >>

Mi dice da dietro il bancone della cucina, mentre apre il frigo, e si versa un bicchiere di vino rosso. Incrocio le braccia al petto e alzo il mento.  Si sposta velocemente e mi si avvicina, lasciando il bicchiere sul tavolo. E’ fin troppo vicino. Inclina leggermente il viso e sfoggia il migliore dei suoi sorrisetti sghembi, mentre con le dita mi sfiora il viso… I suoi occhi tremendamente azzurri, incorniciati dalle ciglia scure, iniziano a confondermi. Cerco di non distrarmi. Di restare seria.  

<< Hai iniziato tu. Con la storia di Rebekah… >>

Mi spiega, sempre continuando a sorridere.

<< Si.. e tu ti sei difeso fin troppo bene. Fammi sentire… Smolder… In che modo ti torturo? >> 

Mi si avvicina posandomi le labbra sotto l’orecchio.

<< Non lo stai facendo proprio ora? >>  

Le sue mani scendono sui miei fianchi, mi stringono ancora di più.

<< E in che modo? >>

Chiedo con l’espressione più innocente che riesco a fare.

<< Sei ancora vestita… Per dirne una. >>  

Mi scosto da lui, inclinando il sopracciglio.

<< E poi cos’era quel ‘ogni donna della mia vita’? Ti riferivi a tutte quelle che ci sono ora? O al fatto che sono come tutte le altre? >>   
Trattiene a stento una risata.

<< Sei adorabile... >>   

Gli do un pugnetto sul petto.

<< No! Sono arrabbiata! >>

Scuote la testa, avvicinandomi di nuovo a lui. Mi sfiora il mento con un bacio.

<< No… Sei adorabile. >>  

Mi sciolgo tra le sue braccia. Si abbassa velocemente per rubarmi un bacio. Mi stringe il viso tra le mani, mentre tiene la sua bocca premuta contro la mia. La sua mano finisce sull’apertura del mio vestito, e lascia scivolare la cerniera fino alla fine. Il tessuto morbido cade ai miei piedi, mentre continuo a tenere le labbra serrate.  Ha una grande abilità nel sfilare vestiti. Punto le mani sul suo petto e lo scosto, allontanandolo. Scavalco il vestito, sfilandomi le scarpe, e mi allontano ancora di più. Sento gli occhi di Ian seguirmi, mentre vago in biancheria intima per il salotto.

<< Niente baci, per stasera. Non te li meriti. >>  

Inarca un sopracciglio, e alza la testa, passandosi una mano fra i capelli. Si sfila velocemente la camicia dal pantalone, e per un secondo intravedo la linea di pelle e la V del suo bacino. Quella V che ormai conosco a memoria… Se la sfila del tutto gettandola accanto al mio vestito.

<< E poi hai anche il coraggio di dire che non mi torturi… >>  

In due passi riesce a prendermi, e le mie mani finiscono sui suoi fianchi stretti. Mi bacia di nuovo, e questa volta, non trovo la forza di oppormi. Dischiudo le labbra, mentre mi bacia con una passione da mandarmi in tilt. Ha le labbra più morbide che mi sia mai toccato baciare, così lisce e perfette. Mi spingo verso di lui, facendo scontrare i nostri bacini, e lo sento trasalire mentre un sospiro smorzato gli esce dalla bocca.

<< Questa è tortura.. >>  

Mi sussurra tra un bacio e l’altro, mentre mi trascina verso la nostra camera. Gli bacio il collo e la spalla, mentre le sue mani, ormai totalmente familiari, vagano per il mio corpo. Il suo tocco è leggero e delicato, ma deciso e sicuro. Mani esperte che mi hanno sfiorata così tante volte, in così tanti modi diversi… Finiamo sul letto, e finalmente riesce a liberarsi dei pantaloni con una facilità e una grazia che molti uomini vorrebbero avere, e molte donne vorrebbero poter guardare. Punta le mani sul materasso mentre si distende sopra di me. Sento i suoi muscoli contratti scontrarsi con la mia pelle. Ci incastriamo in modo perfetto. Sospiro contro la sua spalla e lentamente scende a baciarmi il solco dei seni e poi più giù la pancia, e risale lentamente, fino a toccare di nuovo le mie labbra. Il suo nome mi sfugge dalla bocca. Perché si, è il nome che vorrei pronunciare per il resto della mia vita. Stringo le braccia dietro alla sua schiena, spingendolo contro di me.

<< Impaziente come al solito… >>

Sorrido e gli mordicchio piano il labbro per farlo tacere, mentre le mie mani scendono sulla sua vita.  

<< Chiudi gli occhi Nina.. >>

Come se in realtà vedessi molto, con tutto il buio nella stanza.  Mi sfiora il naso con il suo.

<< Chiudili… >>

Sussurra ancora. E io lo accontento. Perché so cosa vuole… Cioè farmi sentire tutto, fino all’ultimo istante. Sento le sue mani scivolare lungo il mio corpo, e il fatto che non le veda, aumenta in me la sensazione del suo tocco. Piccoli brividi mi scendono lungo la schiena, mentre sfila gli ultimi indumenti che ci sono rimasti. Mi bacia l’incavo del collo, continuando a strusciarsi contro di me. Le sue mani sulle mie gambe.

<< Ian.. >>

La mia voce sembra una supplica anche alle mie orecchie. Lo sento sorridere mentre continua ad indugiare sul mio corpo, ormai totalmente in balia del suo.

<< Cosa c’è ? >>

Mi chiede, mentre spinge ancora il suo bacino contro il mio. Trattengo un sospiro e mi mordo il labbo inferiore.

<< Ahh no.. Non farlo… >>

Mi dice, sfiorandomi il labbro con il suo. Ha il respiro accelerato, e sta cercando in tutti i modi di torturarmi per prendersi una sorta di rivincita. Gli stringo le gambe intorno al bacino, proprio mentre si decide a spingere e entrare dentro di me. Trattengo il fiato, mentre sento i suoi capelli sfiorarmi la spalla. Un gemito di piacere mi esce dalle labbra, proprio nel momento in cui le sue coprono le mie. Stringo il lenzuolo intorno a noi, mentre con l’altra mano, stringo il suo fianco. Preme la fronte contro la mia, mentre inizia a muoversi dentro di me, con una lentezza calcolata, dedita a farmi impazzire. Assecondo i suoi movimenti, respirando il suo profumo, beandomi del suo respiro.

<< Questa.. è … tortura. >>

Gli dico, mentre l’ennesima spinta mi fa sussultare e sospirare . Si stacca per un secondo da mio corpo, e mi permetto di aprire gli occhi. Incrocio i suoi, così azzurri, da essere l’unica cosa luminosa nella stanza, velati di passione.

<< Questa non è tortura. E’ amore… Nina. E che amore… >> 

Gli prendo il viso tra le mani, portandolo di nuovo contro il mio, lasciandomi cullare dal suo corpo, dalle sue mani…
 


<< Ehi… A cosa stai pensando? >>

Mi volto di scatto verso Ian, presa totalmente alla sprovvista. Sento le guance andare in fiamme.

<< Ah… Nulla di particolare. >>

Siamo quasi arrivati sotto casa mia, ho la mano stretta nella sua e ormai non sento più così tanto freddo. Io e lui camminiamo nello stesso modo. Con lo stesso passo deciso. In perfetta sincronia. E' una delle tante, piccole cose, che ci caratterizza. I miei movimenti assecondano i suoi. E i suoi gesti assecondano i miei. Ogni centimetro del mio corpo è abituato alla sua presenza, proprio come se fosse parte di me. Non c'è bisogno che io tenda una mano in direzione della sua, perché nel momento esatto in cui provo a farlo, le sue dita sono già intrecciate alle mie. Anche se è di spalle, anche se in quel momento non mi sta guardando, le nostre mani si cercano e si trovano, con naturalezza, come se fossero state create apposta per combaciare e unirsi. Ogni volta, ogni singola volta, provo la stessa identica sensazione. Tutto il mio corpo sembra scuotersi e urlare 'Questo è il tuo posto. Accanto a lui’. All’improvviso si ferma per guardarmi in viso.

<< Sei arrossita.. Looch? >>

<< No! Non è vero. E’ il freddo.. >>

Mi stringe a se.

<< A cosa stavi pensando? >>  

<< Al paleyfest dell’anno scorso… >>

Ammetto sconfitta. E’ impossibile combattere contro i suoi occhi.

<< Mmh… >>  

<< Nel senso… al dopo paleyfest… >>

Sembra recepire all’improvviso l’informazione. E scoppia a ridere.

<< Ahh lo sapevo che mi avresti presa in giro! >> 

Lo spingo proprio sotto il portone del mio palazzo. Ma lui mi trattiene.

<< Non ti sto prendendo in giro. Solo che eri talmente assorta… Pensavo che stessi pensando a qualcosa di più… serio. >>

<< Mi dispiace Smolder, ma non tutti hanno per la testa la salvaguardia del pianeta, e cose varie. >>

Si sente punto dall’affermazione.

<< Ovviamente… Tu pensi che vorresti fare l’amore con me, è altrettanto… importante. >>

Resto in silenzio, mentre cerco le chiavi nella borsa, ma lui mi precede, sfilando la sua da dentro la tasca dei jeans.  Mi riprende per mano.

<< Sei adorabile… >>

Ripete apposta le parole di quel giorno, facendomi capire che ricorda chiaramente.  Mi stringe contro di se e porta le sue labbra all’altezza delle mie, guardandomi fisso negli occhi.

<< E ti amo.. >>

Lo stomaco fa una capriola, e il cuore mi salta nel petto.

<< Ti amo.. >>

Sussurro io in risposta, prima di ritornare con le labbra sulle sue.

<< E adesso… Voglio riuscire a toglierti questa maglietta che mi piace tanto… >>

Gli dico aggrappandomi alle sue spalle.

<< E io non vedo l’ora… >>

Mi risponde, stringendo, di nuovo la mia mano nella sua.

 
 



ANGOLO AUTRICE. 

Inaspettatamente... E' FINITO. Questo capitolo lo chiamerei... 'Così come va..' Doveva essere una cosa e poi è completamente finita in un modo diverso. Come al solito. 

PRECISAZIONI. 
- Riprende da subito dopo la fine del Cap22. 
- Tutti i posti descritti ci sono DAVVERO ad ATL. 
- Il Rating è cambiato... E beh per la prima volta ho scritto una scena un po più 'arancione' del solito. (Si devo ancora crederci) 

Le recensioni sono ben accette. <3 
Recensite, ditemi la vostra, commentate, qualsiasi cosa. 
Vi ringrazio davvero tanto, per tutto. <3 

Un abbraccio enorme. <3 

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Capitolo 24
*** One Day... ***


POV. Ian

<< Ian! Smettila di startene tra le nuvole e muovi quel tuo culo stretto. >> 

Mi volto appena in tempo per vedere la chioma di Paul.

<< Ehi fratello, invece di urlare perché non ti dai una mossa con quei capelli? Stai sempre a farteli sistemare! >>  

Lo vedo affacciarsi, con il viso a mezz’aria e la mano di Melissa ancora intenta a sistemargli il ciuffo.

<< Invidioso Smolder? >>  

Alzo le braccia e gli punto il dito contro.

<< Forse sei tu quello invidioso. Non fai altro che parlare del mio 'culetto'. >> 

Trattengo una risata mentre mi avvicino a lui e gli do una grossa pacca sulla spalla. Gli passo il braccio intorno al collo e lo stringo a me, facendo sorridere Melissa. Cerca di divincolarsi a fatica. Premendo sul mio petto. 

<< Siamo di buon umore stamattina. >> 

Dice, quando riesce finalmente a liberarsi dalla mia presa. Mi da una leggera spinta, e sorride soddisfatto. Con una consapevolezza che non passa inosservata. Basta qualche secondo per farmi capire il perché di quel sorrisetto. Lui sa. Sa che le cose tra me e Nina stanno tornando alla normalità. Alzo gli occhi al cielo, e scuoto la testa. 

<< Era ora fratello. >>  

Quasi urla, mentre Melissa va via scuotendo la testa divertita. Annuisco alzando le spalle. 

<< Quindi alla fine, ti sei arreso? O si è arresa lei, e fra poco la vedremo con l’abito bianco? >>  

<< Nessuna delle due cose. Siamo arrivati… ad un compromesso. >>

 

POV Nina.

Sono nascosta dietro il pannello in legno e con mia grande vergogna sto origliando la conversazione di Ian e Paul. Le parole ‘abito bianco’ hanno destato la mia curiosità e mi sono soffermata ad ascoltare.  

<< Compromesso, del tipo? >>

Chiede Paul.

<< Del tipo che… Pensiamo al presente. Senza complicazioni. >>

C’è qualche minuto di silenzio.

<< Ehi Ninja, ora puoi uscire fuori! >>

Quasi scoppio a ridere sentendo la voce di Paul che mi richiama. Salto da dietro il pannello e mi avvento sulle spalle di Ian, dandogli un leggero morso sopra il collo.

<< Ehi! Cosa ci facevi lì dietro? >>

Mi chiede tra il sorpreso e il divertito.

<< Miss Origliona. Ecco cosa faceva. >>

Precisa Paul. Mi butto contro di lui e gli tiro una ciocca di capelli.

<< L’ultima volta non è andata in questo modo… >>

Dico a mezza voce, destando l’attenzione di entrambi.

<< L’ultima volta? >>

Mi chiedono in coro, mentre mi stringo nelle spalle, passandomi un dito sopra le labbra, come a volermi zittire da sola.

<< Ops… >>  

 

E mi torna in mente la prima volta in cui mi sono ritrovata in una situazione come questa. L’argomento era sempre lo stesso. Ma… La situazione era completamente diversa.

 

Dicembre 2009.

<< E’ la prima volta che vieni a Londra? >>

Annuisco con il viso premuto contro il finestrino, guardando la città scorrere dietro il vetro bagnato di pioggia.  Il mio sguardo cade su Ian, seduto al mio fianco, con il viso reclinato sul sedile, gli occhi chiusi, e la sua mano poggiata sulla mia gamba. Resto qualche secondo a fissarlo.

<< Ha la capacità di addormentarsi ovunque. Hai notato? >>

La voce sussurrata di Paul mi fa alzare gli occhi verso di lui. Ha uno sguardo indecifrabile e un sorriso che lascia intendere molto. Arrossisco e cerco di ricompormi. Mi sistemo meglio sulla morbida pelle della limousine, che ci sta finalmente conducendo in hotel, dopo una delle giornate più caotiche e fantastiche che io abbia mai vissuto. Il calore dei fan, tutta l’eccitazione e le urla.

<< Si, lo invidio per questo. >>    

Mantengo un sorriso ‘normale’, appena accennato, reprimendo il mio istinto di buttarmi in una lunga conversazione proprio sull’uomo che mi è seduto di fianco. 

<< Stai attenta, Nina. >>

Non c’è bisogno che io chieda a cosa si riferisce. Lo so perfettamente. Non sono nemmeno sei mesi che conosco Paul, ma mi tratta già come se fossi una delle sue sorelline di cui ama tanto parlare. E so che si riferisce al mio cuore. Al mio cuore, per lui, giovane e ingenuo. Gli faccio un cenno di ammonimento, a volerlo zittire, per paura che Ian possa svegliarsi e sentire. Paul mi fa l’occhiolino e ritorna a guardare fuori dal finestrino, lasciandomi da sola con i miei pensieri.  

Poche ore dopo, mi affaccio sul corridoio centrale guardandomi in giro. Mi sento come una di quelle spie nei film d’azione, pronte a rubare un tesoro importante. Avanzo di qualche passo fino a trovarmi di fronte alla porta che mi interessa. Sto per bussare, ma la trovo leggermente socchiusa, e sento delle voci provenire dall’interno. Mi appoggio al legno liscio, prestando attenzione alla conversazione.

<< Vi ho sentiti, prima, in macchina. Non stavo dormendo. >>

La voce di Ian mi arriva chiaramente. Seguita da quella di Paul.

<< Ti riferisci allo ‘stai attenta’? >>

<< Si… >>

<< Ti ha offeso come commento? >>

<< Mi stai facendo la predica, fratello? >>

Il tono di voce è ironico, seguito da una leggera risata.

<< No. Per niente. L’ho solo messa in guardia. Il mio istinto di fratello maggiore ha avuto la meglio. Non vorrei vederla soffrire.  >>

Altri secondi di silenzio.

<< Pensi che io lo voglia?! >>

<< Questa è la prima e l’ultima volta che tirerò fuori l’argomento. Provi qualcosa per lei? >> 

Lo stomaco mi si chiude all’improvviso.

<< Per l’amor del cielo Paul! Sono fidanzato. E’ minorenne! Ha appena vent’anni. E’ una ragazzina…  >>   

Mi scosto leggermente dalla porta. Le parole mi arrivano alle orecchie, una dopo l’altra, togliendomi quasi il respiro. E in un attimo, tutti i sorrisi, gli abbracci e gli sguardi scambiati con lui, perdono il significato che gli avevo attribuito, che avevo quasi sperato di attribuirgli. Non voglio sentire una parola di più. Mi volto e silenziosamente, ritorno nella mia camera.  

 

<< Nina, sei sicura di stare bene? >>

Distesa sul letto, do le spalle a Erika che continua a chiedermi ininterrottamente, sempre la stessa cosa.

<< Sto benissimo Erika, davvero. Sono solo stanca e ho sonno. >>

<< Sicura che non vuoi venire con noi a fare un giro? >>  

<< Sicurissima. Vai, non preoccuparti. >>

<< D’accordo, a più tardi allora. >>

Mi saluta un’ultima volta, e finalmente sento la porta chiudersi dietro di lei.

Resto qualche secondo a fissare il soffitto, mi rigiro nell’enorme letto, indecisa se guardare un film o chiamare mia madre, cercando una qualsiasi distrazione che mi possa portare lontano da Ian. Dalle sue parole. Dal mio sentirmi così tremendamente stupida. Cosa mi aspettavo? Che lui cadesse ai miei piedi? Che si innamorasse di me? Stupida. Stupida. Stupida. Anche se, una piccola parte della mia mente, continua a dirmi che non mi sono immaginata tutto. Non mi sono immaginata gli sguardi e il modo in cui la mia pelle brucia quando sfiora la sua. Non mi sono immaginata il suo trasalire quando l’ho baciato su quel letto, mentre interpretavo Katherine. Non posso credere di aver immaginato la fulminea connessione che ho sentito con lui, fin dal primo momento. Ma evidentemente per lui, tutto questo, non ha molta importanza. Stringo forte gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime. Alla fine opto per il film. Faccio zapping nella videoteca online collegata alla tv, fino a quando i miei occhi non incrociano un titolo familiare. ‘The Notebook’. Il film più lacrimoso e romantico di tutti i tempi, oltre ad essere uno dei miei preferiti. Ma si, perché no. Tanto questa sera è già un disastro totale. Spengo le luci e mi sistemo stendendomi sulla pancia, con il cuscino sotto il mento, mentre guardo la storia di Noah e Allie prendere forma. Proprio durante la scena in cui lei decide che deve lasciarlo, un leggero bussare alla porta mi distrae. Scendo svogliatamente dal letto, sbuffando, spalanco la porta convinta di ritrovarmi la faccia rossa di Erika, o le guancie paffute di Julie. Ma mi sbagliavo. La prima cosa che noto sono i suoi occhi. Gli occhi che fin dal primo momento mi hanno fatto dubitare del colore del cielo e del mare, del ghiaccio e del vetro. Occhi talmente trasparenti e scintillanti, da mandare in confusione anche la donna più contenuta. Ian. Allarga le labbra, mostrandomi il candore del suo sorriso luminoso, incorniciato da quelle rughe agli angoli delle labbra, e sugli zigomi.  

<< Disturbo? >>

Resto interdetta davanti alla porta, quasi con l’espressione imbronciata, prima di rendermi conto che lui non sa. Non sa che ho ascoltato la sua conversazione con Paul. Non sa che sono arrabbiata. Non sa che mi ha spezzato il cuore, prima ancora di poter capire realmente cosa provassi per lui. Mi ricompongo, ricordandomi che devo comportarmi normalmente, come se niente fosse.

<< No, figurati. Come mai non sei in giro con gli altri? >>

Gli chiedo innocentemente, mentre avanza nella camera. Chiudo la porta e con un leggero imbarazzo vado vicino al televisore per spegnerlo.

<< Erika mi ha detto che eri giù di corda. Ti ho portato qualcosa che potrebbe aiutarti. >>

Noto solo ora il sacchetto di carta bianco che ha poggiato sul tavolino accanto alla finestra.

<< Cosa stavi guardando? >>

 Mi chiede, fissandomi dritto negli occhi.

<< Ah, niente di interessante. Un film… di qualche tempo fa. >>  

Inclina la testa di lato, avvicinandosi con passo lento e calcolato, come a volermi dare il tempo di scappare. Ma io non mi muovo di un centimetro . Arrossisco visibilmente, sentendomi talmente piccola davanti a lui.

<< Vuoi parlarne? Io.. >>

Il suono del suo cellulare interrompe la frase.  Sospira alzando gli occhi al cielo, infilando la mano nella tasca posteriore dei jeans scuri.

<< Scusami un attimo. >>

Mi dice, allontanandosi verso la finestra.

<< Ciao Meg, come stai? … Si, il viaggio è andato bene. >>  

Mi volto dall’altro lato, concedendogli un minimo di privacy. Qualche minuto dopo attacca e infila di nuovo il cellulare nella tasca. Si volta verso di me, con il suo solito sorrisino storto.

<< Stavo dicendo… >>

Alzo una mano per bloccarlo.

<< Ian è tutto ok, non so cosa ti abbia detto Erika, ma sono solo stanca. E avevo voglia di starmene sul letto senza far nulla. Tutto qua. >>  

<< Sicura? >>

Di nuovo quello sguardo indagatore, di nuovo quelle sopracciglia inarcate, di nuovo quella mascella tesa.

<< Si, davvero! >>

Mi lascio scappare una finta risata per sembrare più convincente.

<< Perfetto. Allora non ti dispiace se ti faccio compagnia e resto qui con te, vero? >>

Cosa? Non va via? Resta?  Impiego qualche secondo buono prima di rendermi conto che il mio comportamento è fin troppo teso e preoccupato. E nonostante tutto, non posso fare a meno di volerlo vicino.

<< Ma certo. Come vuoi. >>

Non se lo fa ripetere due volte. Prende il sacchetto da sopra il tavolo e si avvicina al letto, sfilandosi le scarpe. Ci si butta sopra, posizionando il sacchetto accanto a lui, proprio al centro del letto. Mi fa segno di raggiungerlo. 

<< Ancora devo capire cosa mi ha portato. >>

Mi arrampico sull’enorme materasso e mi siedo a gambe incrociate proprio di fronte a lui, comodamente appoggiato con la schiena alla testiera. Prendo al volo il sacchetto, sfilandolo dalle sue mani, aprendolo curiosa.

<< Le praline al cioccolato! >> 

Il mio entusiasmo è talmente palpabile che scoppiamo entrambi a ridere.

<< Quelle al latte, al cioccolato bianco e alla nocciola sono tue. Quelle fondenti sono mie. >>  

Precisa. E io per dispetto, infilo la mano nel sacchetto estraendo una delle palline più scure, portandomela alle labbra e addentandola sorridendo.

<< Ahh lo sapevo che lo facevi! Molla il sacchetto! >>

Gli porgo il sacchetto per appianare una guerra che sarebbe scoppiata di lì a poco. Estrae anche lui una pallina scura e la mangia soddisfatto. E mi rendo conto che la situazione in cui mi trovo è tanto strana quanto familiare. Di solito gli amici si presentano alla porta con dolci e gelato per scacciare via i problemi di cuore. Ed è quello che Ian sta facendo in questo momento. Ignorando totalmente che tutti i miei ‘problemi’, hanno il suo nome inciso sopra. Il tempo passa velocemente tra una pralina e l’altra, tra un discorso e una battuta. 

<< Tu sei già stato qui vero? Quando facevi il modello per Versace. >>

Ian annuisce, passandosi una mano tra i capelli lunghi e scompigliati.

<< In realtà era Gucci. Ma si. Anche se mi sembra passata una vita. >>

Sorrido arricciando il lenzuolo sotto le mie dita.

<< Come mai hai deciso di abbandonare quella carriera? Non ti piaceva? >>

Alza gli occhi verso il soffitto.

<< In realtà era un buon lavoro. Ma, ero stanco. Mi sentivo in trappola. Chiuso in una vetrina apparentemente luccicante e bella, lodato solo per il modo in cui camminavo, per il mio portamento, o semplicemente per il mio aspetto. Era stancante. Ho abbandonato la scuola e mi sono divertito da morire, devo ammetterlo. Ma ad un certo punto ho capito che non aveva senso vivere in quel modo. Mi sentivo… vuoto. >>  

Abbassa la testa sorridendo, incrociando di nuovo il mio sguardo.

<< Ti  sembrerà assurdo come discorso, di certo ora non è che sto salvando il mondo. Ma non fraintendere. Amo il mio lavoro. >>   

Annuisco.

<< Lo so.  E magari un giorno… Ti impegnerai per salvare il mondo. >>

Mi sorride sinceramente, quasi con gratitudine. Restiamo qualche secondo a fissarci senza dire nulla. Sento il sangue fluirmi velocemente verso le guance a causa del suo sguardo. Quello sguardo ‘bollente’ e penetrante che mi rifila in ogni occasione come questa. Quello sguardo che mi ha fatto vacillare sin dal primo momento. Così, senza pensarci, prendo il cuscino accanto a me e lo lancio contro di lui. Gli finisce dritto in faccia, e scivola via, lasciando spazio alla sua espressione sorpresa. Trattiene una risata e un versetto sorpreso, mentre lo afferra per rilanciarmelo contro. Ed è così che inizia la nostra prima battaglia con i cuscini. Mi fiondo a pancia in giù per prendere quello più grande e più lontano, proprio mentre lui mi colpisce sul fianco. Le federe si aprono, e decine di piume si riversano sul materasso, sul pavimento, mentre noi, in ginocchio, continuiamo a lottare e ridere. Ad un certo punto si blocca con un sorriso trionfante, e una piuma arruffata nei capelli, mentre io sono distesa priva di forze, con la faccia tra le coperte.

<< Ho vinto! >>  

Afferro la manica della sua maglietta e lo tiro giù, accanto a me. Affonda con il viso nelle piume e nei cuscini, continuando a ridere. Lentamente alza un braccio e mi sfiora il viso, scostandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.  Cerco di non scostarmi da lui, cerco di non sentirmi ‘scottata’ in ogni senso. Sembra che stia per dire qualcosa, ma il suono del suo cellulare ci interrompe nuovamente. Sbuffa, estraendolo dalla tasca, guarda per qualche secondo lo schermo e io posso vedere di sfuggita la foto di Megan.

<< Che fai, non rispondi? >>

Gli chiedo, mentre distolgo lo sguardo, fissando il soffitto. Mi lancia uno sguardo di sfuggita, e poi rifiuta la chiamata. Non mi risponde. Si alza dal letto e si infila le scarpe.

<< E’ meglio che vada, si è fatto tardi, e tu devi dormire. >>

Sembra che stia scappando. Ma da cosa? Da un momento che abbiamo condiviso? Da qualche sguardo rubato? Non ha minimizzato tutto con Paul qualche ora fa?

<< Hai dormito con me tantissime volte. Puoi restare. Erika non se la prenderà. >>

Si avvicina al bordo del letto, si abbassa e mi stampa un bacio sulla fronte, scostandomi i capelli, sfiorandomi il viso.

<< Non questa volta Nina. >>

Mi da le spalle mentre si avvia verso la porta. Ma io non riesco a starmene distesa e guardarlo andare via. Mi alzo e faccio qualche passo verso di lui.

<< Non puoi comportarti in questo modo Ian. >>

Si volta lentamente. Preso alla sprovvista. Mi avvicino ancora di più, perché ormai lo so, niente potrà farmi tornare indietro.

<< Non puoi entrare da quella porta, portarmi la cioccolata e trattarmi come… Se fossi la tua sorellina indifesa. Non lo sono. Le tue parole, le tue azioni, hanno un peso. Significano qualcosa. Per me. >>

<< Pensi che per me non significano nulla? >>

Mi chiede con la voce bassa, sussurrata, come se lo stesse dicendo a se stesso. 

<< So che non sei la mia sorellina. E’ questo il problema, Nina. Io lo so. >>  

Vorrei chiedergli il perché dei suoi commenti con Paul. Vorrei chiedergli se prova quello che provo io quando siamo insieme.  Ma non lo faccio. E non posso farlo. E’ come se la sua espressione e il suo sguardo mi stessero dicendo di non pronunciarmi oltre.

<< Buonanotte Neens. >>

Mi lascia un ultimo sorriso malinconico prima di uscire, chiudendo la porta dietro di se.  

 

<< Bene. Questo è il momento in cui la situazione si fa piuttosto personale, e io mi tolgo dai piedi. E’ stato un piacere ragazzi, ci vediamo dopo. >>

Paul scappa via con un sorriso imbarazzato e divertito. Torno a guardare Ian e la sua espressione sorpresa.

<< Ricordo quella sera. >>

Mi dice, mentre mi avvicino di più a lui, cingendolo con le braccia.

<< Tu ricordi tutto quello che mi riguarda. >>

<< Si, ma ricordo quella sera in particolare. Mi dispiace dirtelo, ma ti sei persa la parte più interessante della conversazione. >>

Mi avvicino di più a lui.

<< E sarebbe? >>

<< Non lo saprai mai. >>  

Mi dice mentre mi strappa al volo un bacio e si volta, scappando via. E prima che possa corrergli dietro, Melissa mi chiama impaziente, perché deve sistemarmi i capelli.

<< Ne riparliamo dopo! >>

Riesco solo ad urlare, ma lui si volta solo per sorridere e salutarmi con la mano.

 

POV. Ian

<< Wow ! E’ bellissima! Sembra una navicella spaziale. L’avevo vista solo in foto, visto che quando l’ha portata sul set ero fin troppo impegnata. Non pensavo sarebbe venuta così bene quando l’abbiamo ordinata. >>

Gli spiego tutte le particolarità, le funzioni e la quantità incredibile di energia risparmiata. Nina continua a girare intorno alla mia nuova roulotte airstream, ascoltandomi, con gli occhi spalancati. Saltella da una parte all’altra. All’interno sembra ancora più entusiasta.

<< Quel letto è enorme! >>

Corre in fondo alla roulotte e salta sul grosso materasso bianco che occupa tutto lo spazio finale.  

<< La prima cosa che dicesti fu  ‘voglio un letto grande’. Eccoti accontentata. Certo c’è voluto più di un anno per realizzarla come volevamo, ma alla fine ne è valsa la pena. >>  

<< Eccome! >>

Si sdraia sul grosso materasso e volge lo sguardo fuori dalla finestra sopra di esso.

<< C’è tanta pace qui… Come hai trovato questo posto? Pensavo che in questa città non ci fossero boschi così fitti e estesi. >>  

<< E’ una riserva naturale in realtà. Ho fatto un po’ di ricerche, ho chiesto in giro. E’ parecchio riservato come posto. Non è nemmeno lontano da casa. Anche se vorrei davvero… Andare lontano, prima o poi. >>

Lei si volta verso di me, poggiando la testa sulla mano.

<< Mi porterai con te. >>

Non è una domanda. 

<< Se tu lo vorrai. >>

Gli dico. Mi fa segno di raggiungerla, mentre si mette a sedere, con i piedi che toccano il pavimento. Quando sono ormai a pochi centimetri da lei, mi prende per il colletto della maglietta e mi tira verso il suo viso, per baciarmi. Le sfioro il viso con le dita, le accarezzo il collo, e poi la faccio alzare lentamente, per stringerla di più tra le mie braccia. Per sentire tutto il suo calore, unirsi al mio. Si stacca da me per prendere fiato e mi sussurra contro il collo.

<< Fare l’amore in mezzo alla natura… Dimmi che non era il sogno della tua vita. >>

Afferro il bordo della sua maglietta per sfilargliela lentamente.

<< Come se fosse la prima volta… La spiaggia è natura. E anche la montagna. E il mare. >> 

Gli sussurro tra un bacio e l’altro. Non so come, mi ritrovo seduto esattamente nel punto in cui era lei poco prima. Mi sfiora i capelli con le dita, mentre poso le mie labbra al centro della sua addome, per poi risalire, nell’incavo tra i suoi seni. Si spinge contro di me, mi sfila la maglietta, mi bacia la spalla, mentre le sue ginocchia di posano sul materasso. Mentre si distende sopra di me, prendendo il controllo della situazione, mentre ci sfila gli ultimi vestiti rimasti, mentre preme tutto il suo corpo nudo contro il mio, annullandomi ogni pensiero coerenti. E riesco solo a vedere i suoi occhi, i suoi occhi scuri luccicanti d’amore e di passione, che mi fissano tra un bacio e l’altro. Vedo il suo sorriso, sfioro i suoi capelli morbidi, e le stringo i fianchi ad ogni movimento, ad ogni sospiro che accompagna il mio, ad ogni gemito, mentre mi spinge, sempre di più, dentro di lei. E io la lascio fare. Le lascio fare mentre penso che potrei restare chiuso in questa roulotte, tra questi boschi, con lei, per il resto della mia vita, senza curarmi di tutto il resto.  

 

POV Nina.

Qualche ora dopo, siamo ancora distesi in questo letto bianco, l’uno sull’altra, con le gambe intrecciate,  e le coperte scomposte sopra i nostri corpi nudi. Sono leggermente girata su un fianco e guardo le stelle fuori dal finestrone. Le mani di Ian non lasciano un secondo il mio corpo, accarezzandomi la pancia, mentre mi tiene stretta contro il suo petto, con il mento premuto sulla mia spalla. Guancia contro guancia.   

<< Raccontami qualcosa. Qualsiasi cosa.  >>

Gli sussurro piano. 

<< Sai che sei bellissima, nuda, tra le mie braccia? >>

Sorrido contro il cuscino.

<< Non intendevo questo… Raccontami delle storie di quando eri ragazzino. Raccontami della Louisiana, e del lago Pontchartrain. >>

<< Le avrai sentite milioni di volte. Parlo sempre di casa mia. >>

<< Lo so, ma ogni volta aggiungi qualcosa per renderle più interessanti. Oppure ti viene in mente qualche particolare. >>

<< Tu ci sei stata. Ti ho portato in tutti quei posti, ti ho fatto vedere ogni centimetro di quelle paludi che un tempo erano così verdi e rigogliose, ti ho fatto vedere il posto dove sono cresciuto. >>

<< Ho sempre pensato che tu vedessi le cose in modo diverso. Diverso da tutti noi. TI meravigli dei più piccoli particolari. E apprezzi ogni cosa. Per questo sembra tutto più bello, più speciale, visto con i tuoi occhi. >>   

Resta in silenzio per qualche secondo, stringendomi ancora di più, e poi inizia a raccontare. Mi racconta di casa sua con quel tono di voce basso e dolce, mi racconta di quando era bambino e correva per i campi con un fucile ad aria compressa cacciandosi nei guai. Mi racconta del verde delle paludi, del modo in cui restava sulla riva del lago ad ascoltarne i suoni.

<< Hai davvero sparato ad una povera ranocchia? Questo non lo avevi mai raccontato!  >>

Gli chiedo, interrompendolo, cercando di nascondere le risate.

<< Ehi avevo appena otto anni. Non l’ho fatto apposta! E non l’ho uccisa! >>

Spiega, difendendosi, mentre ride insieme a me.

<< Dovrò scriverlo su twitter! ‘Ian Somerhlader da bambino si divertiva a sparare a delle povere ranocchie indifese!’ >>  

Mi stringe, facendomi voltare verso di lui,  mi strappa un bacio veloce.

<< Era un fucile ad aria. Non le lo fatto nulla! >> 

Cerco di controbattere ma riprende a baciarmi per zittirmi. Ogni centimetro del mio corpo è attaccato al suo. Il mio petto schiacciato contro il suo, le sue braccia avvolte intorno a me. E vorrei soltanto stringerlo di più, far fondere i nostri corpi, per non doverlo più lasciare.  

<< Penso che sia il posto più bello del mondo. Un bambino non avrebbe potuto chiedere di meglio. >> 

Mi dice, mentre mi sfiora il viso con le dita.  Mi si stringe lo stomaco al suono di quell’affermazione. Non è la prima volta che la sento…

 

Novembre 2013

 

 << Cosa stai nascondendo lì dietro, Looch? >> 

Mi volto di scatto verso Ian, portando le mani dietro la schiena.

<< Nulla. >>

Cerco di trattenere un sorriso mentre si avvicina con passo svelto, attraversando il nostro salotto. Mi afferra le braccia, ma io mi svincolo velocemente dalla sua presa e scappo via.  

<< Non è niente che possa interessarti. Credo. >>

Scoppio a ridere lasciandomi cadere sul divano.

<< E’ un album fotografico? >>

Mi chiede mentre si siede accanto a me. 

<< Si. Ed è tutto mio. Regalo di tua madre. >>

Gli dico, stringendomelo al petto.

<< Mia madre?! >>

Chiede incuriosito. E io mi limito ad annuire. Spalanca gli occhi come preso da un’improvvisa illuminazione.

<< Ti prego non dirmi che ci sono delle mie foto imbarazzanti lì dentro… >>

Scoppio a ridere scuotendo la testa.

<< No. Solo foto di te da bambino! ‘Il ragazzino con la Polo’ così ti chiamavano giusto? >>

Si lascia sprofondare nel divano, poggiando la testa sul bordo. Continuo a ridacchiare mentre sfoglio le foto.  

<< Lo sai che mi chiamavano così. Mia madre non ti ha tenuta inchiodata sul suo divano per un intero pomeriggio qualche tempo fa? >>

<< Si, diverso tempo fa. Mi ha raccontato un po’ di cose, è stato divertente… Oh! Accidenti, quanto eri carino! Guarda che occhioni. In questa foto sei identico a Jexson! Se lui avesse i capelli scuri, invece che ramati, potrebbe passare per tuo figlio… >> 

Nel momento esatto in cui queste parole mi escono di bocca, vorrei mordermi la lingua. Ma Ian sembra tranquillissimo, sfiora la foto, sfiora il suo viso da bambino seduto in mezzo al giardino di casa, con i pantaloncini bianchi macchiati d’erba.

<< Si, Robyn lo dice sempre. Che mi somiglia molto. Anche mia madre. Sono felice che cresca in quei posti. Un bambino non potrebbe chiedere di meglio.  >>  

Resto in silenzio continuando a sfogliare le pagine. Ian si alza all’improvviso, si passa una mano tra i capelli e si lascia scappare una mezza risata divertita.

<< E’ incredibile. >>

<< Cosa? >>

Gli chiedo, alzando lo sguardo.

<< Il modo in cui ti irrigidisci quando si parla di ‘figli’. >>

Il suo tono è completamente cambiato. E’ serio, un po’ malinconico.

<< Non è vero che mi irrigidisco. Solo che non voglio urtare i tuoi sentimenti. >>

Chiudo l’album.

<< I miei sentimenti? >>  

Mi alzo di scatto dal divano, leggermente irritata dalla piega che ha preso la conversazione.

<< Ti prego Ian, non fare quella faccia innocente. So perfettamente quanto tu… lo voglia. >> 

Allarga le braccia.

<< Ed è una brutta cosa? E’ questo che non capisco. Perché lo dici come se… >>

<< Come se fosse impossibile? Perché è così Ian. Ne abbiamo parlato, in passato. Sai il mio punto di vista. Ora come ora, è davvero impossibile. >>  

E so che queste parole gli faranno male. Posso vedere il suo sguardo incupirsi. Le sopracciglia aggrottarsi.

<< Sai la cosa che più mi infastidisce? Io non lo sto chiedendo ora, Nina. So perfettamente che non possiamo pensarci ora. Ma vorrei che tu non fossi così contrariata anche solo nel parlarne! >>  

<< Sono contrariata perché so che questo discorso ti fa soffrire! E ci fa anche litigare. E odio litigare con te, Ian. >>  

Scuote la testa.

<< E allora non farmi questo. Non guardarmi con quegli occhi spalancati come se solo il mio pensiero di volere un figlio da te ti sconvolgesse. Perché è questa la cosa che fa più male. >> 

Distolgo lo sguardo e mi alzo dal divano portando come l’album per riporlo in un cassetto qualsiasi.

<< E’ questo il problema? Non puoi pensare di volerlo da me? >>

Continuo a dargli le spalle.

<< Non posso pensare di volerlo e basta. >>

Lo sento avvicinarsi, mi posa le mani sulle spalle per farmi voltare. Incrocio il suo sguardo azzurro, mi rifletto nei suoi occhi e cerco di vedermi nel modo in cui mi vede lui.

<< Non ti chiedo di farlo ora. Ma pensa ad un futuro in cui saremo insieme. Io lo faccio. Dannazione Nina, lo faccio ogni giorno. Riesco a vederlo solo con te. E so che questo può farti paura… So che è presto, so che non posso pretendere nulla, ma pensaci. Anche solo per un momento. >>  

<< Pensi che non l’abbia fatto? Pensi che non ti voglia con me per sempre? Ma a volte, quando penso che tu potresti avere tutto, potresti…Sei un uomo Ian. Io sarò sempre solo una ragazzina, vicino a te. E mi sento in questo modo. Non sento il desiderio di diventare madre. Voglio vivermi questi anni, voglio non avere pensieri, divertirmi, ampliare la mia carriera. Tu l’hai fatto.  >>  

Resta qualche secondo interdetto, continuando a fissarmi.

<< Si, l’ho fatto. E mi sento tremendamente egoista a chiederti così tanto. Ma spero che tu capisca. Non ora, Nina. Non ora. Ma un giorno… >>

Gli stringo il viso tra le mani, poso la sua fronte contro la mia. Cerco di scacciare via tutte le mie paure. E vorrei scacciare via la sua sofferenza.

<< Un giorno… >> 

 

<< A cosa stai pensando? >>

Ian mi sussurra contro il collo, bacandomi piano.

<< Al futuro. >>

Alza il viso, sorpreso, guardandomi incuriosito.

<< Hai detto a Paul che hai rinunciato a vedermi con l’abito bianco. E’ vero? >> 

<< Non l’ho detto. Gli ho spiegato che abbiamo trovato un compromesso.  >>

Mi sposto leggermente per guardarlo meglio.

<< Allora te lo chiedo io. Hai rinunciato? >>

Si stringe nelle spalle.

<< Ne abbiamo parlato. Non importa il matrimonio. >>

Resto qualche secondo in silenzio, sfiorandogli piano la mascella e il collo.

<< L’ho immaginato… L’ho immaginato in questi mesi. L’ho immaginato qualche settimana fa, mentre ti prendevi cura dei cuccioli. >>  

Gli sussurro piano.

<< Hai immaginato di sposarmi mentre mi prendevo cura dei cuccioli? >>  

Mi chiede divertito, non cogliendo la mia affermazione.

<< No. Ho immaginato tuo figlio. Nostro…Nostro figlio. >>  

Spalanca gli occhi sorpreso, mentre cerco di trattenere delle stupide lacrime che non so perché, stanno iniziando ad invadermi gli occhi.

<< Mentre guardo come ti prendi cura di loro, mentre vedo l’amore che ci metti, penso a quanto saresti meraviglioso come padre. E a volte mi odio, perché ti sto privando di questa possibilità. >>  

<< Ehi, ehi… >>

Mi asciuga una lacrima che scivola veloce e fastidiosa sulla mia guancia.

<< Non dire così. Non è vero. Non è così. >>

<< Si invece. Lo sappiamo entrambi. Perché io sono ostinata e testarda. E si, abbiamo il lavoro ma… Se tu ti fossi innamorato di un’altra. Se avessi avuto il coraggio di lasciarti andare… >>  

Mi ferma il viso per guardarmi bene negli occhi.

<< Ma sono innamorato di te. Ti amavo prima, ti ho amata mentre eri lontana, mentre mi respingevi, mentre cercavi conforto in altre persone. E ti amo ora, nello stesso identico modo. Anche quando sono arrabbiato, anche quando ti ho fatto del male, anche quando ti ho ignorata. Ed è vero, vorrei sposarmi e avere dei figli, mettere su famiglia, sistemarmi, e godermi i momenti più semplici. Ma tutto questo lo immagino con te al mio fianco. Niente è cambiato dall’anno scorso, Nina. >>

Mi stringo ancora di più a lui. E assimilo ogni parola.

<< Quindi, aspetterai? >>

<< Si… Ti aspetterò. >>  

<< Non importa se ora non sono pronta… Se… >>

Mi porta un dito sulle labbra.

<< Shh. Aspetterò… Baciami. >>  

Ma alla fine è lui a baciare me. Annulla lo spazio che ci divide, ruba l’aria che ci separa e preme le sue labbra morbide sulle mie. Scacciando via ogni pensiero negativo, ogni aspettativa non ricambiata, ogni incertezza.

 

POV. Ian.

<< Ehi, fermo! Piccolo… Vieni qui. No, no. Non andare sotto il divano. Ti fai male. >>

Corro dietro un cucciolo, quello più scuro e vivace di tutti, che ha il vizio di infilarsi ovunque. Lo prendo al volo prima che riesca a raggiungere il divano.  Mi siedo sul pavimento, e me lo metto in grembo, accarezzandolo piano, mentre cerca di mordicchiarmi la mano.

<< Ehi, ehi. Piano. Sei il più pestifero di tutti lo sai? >>

 Nel frattempo il suo fratellino si  è avvicinato esitante, ancora leggermente malfermo sulle piccole zampette, mentre scivola sul pavimento in legno, andando a scontrarsi contro la sua mamma, che l’aiuta a rialzarsi.  Mi distendo sul pavimento, allungano le gambe, mentre mi posiziono il cucciolo sullo stomaco. E con mia sorpresa lui resta lì, fermo, mentre cerca di bucherellarmi con le zampe la maglietta.

<< Nietzsche, mi domando chi sia il padre di questi piccole pesti. Doveva essere un tipo vivace, visto che tu sei così tranquilla. Avranno preso tutto da lui. >>

La mia cagnolina volta la testa sentendo il suo nome, e mi guarda incuriosita.

<< D’accordo, non parliamone. Non fa niente. >>

Ridacchio tra me e me per l’assurda situazione, proprio mentre il terzo fratellino trotterella veloce . Più precisamente, verso il mio viso. Mi strofina il musetto contro la guancia e mi lecca il naso, e la fronte.

<< Ma buongiorno anche a te piccolo. >>

<< Fammi capire, i miei baci non ti bastano più? >>  

La voce di Nina mi fa alzare leggermente la testa. Sorrido al suono di quelle parole, mentre la vedo avvicinarsi. Con i suoi jeans stretti e il suo maglione preferito. Si siede poco distante da me, a gambe incrociate. Due cuccioli corrono subito nella sua direzione, e lei sorride prendendoli tra le braccia.

<< Buongiorno anche a te. >>

Le dico, mentre alzo la schiena dal pavimento. Le porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio, e le sfioro il collo sottile.

<< Mi hai lasciata da sola a letto. Di nuovo. >> 

<< Lo sai che non mi piace svegliarti. In realtà, mi piace guardarti dormire. >>

Annuisce non prestandomi molta attenzione, orami totalmente rapita dal cucciolo più chiaro che continua a far giocare sulle sue gambe.

<< Piccolo e bellissimo… Piccolo… >>

Continua a emettere qualche versetto dolce incomprensibile mentre la guardo, completamente rapito. 

<< E’ un peccato non potergli dare un nome. Saranno stufi di sentirsi chiamare ‘cucciolo’ e ‘piccolo’. >>

<< Si ma, non resteranno qui ancora per molto. I nostri nomi verranno dimenticati, quando i loro nuovi papà e mamme ne troveranno degli altri. E poi è un modo per non ‘affezionarsi’ troppo. >>

Lei trattiene una risata.

<< Come se tu non fossi già totalmente affezionato. >>  

Sto per aggiungere qualcosa quando sentiamo la porta di casa aprirsi con uno scatto.

<< Ok ci sono. Lo so, lo so, ho fatto tardi scusami, ma la strada era… >>

Jess arriva trafelata in salotto, con i capelli scompigliati e la giacca aperta. Ci guarda per un secondo. Passando da me, a Nina, ai cuccioli. Un sorriso enorme le illumina il viso.

<< Vedo che in realtà, ve la state cavando alla grande anche senza il mio aiuto.. >> 

Il sorriso enorme, lascia posto ad uno più accennato e malizioso.  Io e Nina scoppiamo entrambi a ridere, per poi alzarci e salutarla come si deve.

<< Bene, visto che i saluti sono stati fatti, io sono arrivata… Ora voi potete filare a lavoro. Avete uno show da mandare avanti. >>  

Mi da una pacca sulla spalla e abbraccia di nuovo Nina.

<< Sono davvero felice di rivedervi insieme. >>

<< Anche tu ‘Team Nian’? >>

Le chiede Nina ridacchiando.

<< Si, dovresti vedere il mio tumblr segreto, è tutto dedicato a voi! >>

Scoppiano entrambe a ridere, mentre mi godo lo spettacolo. Proprio dietro di loro noto un movimento sospetto.

<< Ahh accidenti! No cucciolo, fermo! >>

Le sorpasso per correre di nuovo dietro al piccoletto che vuole infilarsi sotto il divano. Mentre mi butto in avanti per acciuffarlo, proprio mentre gli altri mi corrono incontro. Alla fine finisco di nuovo seduto a terra, con quattro cuccioli, decisamente grandicelli, che mi implorano a gran voce. Jess e Nina continuano a ridere gustandosi la scena e Nietzsche inizia ad abbaiare e scodinzolare. E in uno strano modo, penso che questo sia l’unico posto al mondo in cui dovrei essere, pervaso da una felicità e da un calore familiari.  








ANGOLO AUTRICE. 

2:16. Capitolo pronto. 24 CAPITOLI. Momento riflessione. 
E chi se lo sarebbe aspettato? Io No. E beh, lo sapete... è tutto merito vostro. Si, siete tutte a nanna ma non importa. (Tanto caso mai ve lo riposto domani a pranzo) 
PRECISAZIONI. 
-Temporalmente è 'ambientato' nella settimana dopo il weekend del precedente capitolo. (Settimana e weekend) 
- I 'luoghi' descritti non sono inventati. 

- Davvero Ian da ragazzino, nel campo della moda, veniva chiamato 'il ragazzino con la Polo'. 
-C'è un flashback che praticamente prende metà capitolo, ma mi andava davvero di scriverlo, di provare a 'pensare' come la Nina del 2009. Tutto il capitolo in realtà è molto incentrato su di lei. Non so perché, sta settimana è andata così. 
-Penso di aver 'centrato' i punti più importanti, ma non di averci ricamato troppo sopra. 

Perdonatemi qualche eventuale errore di battitura, domani ricontrollo tutto. 
Come sempre aspetto i vostri commenti, i vostri pareri, e le vostre recensioni. (Quelle sul sito sono ancora più apprezzate, così posso rispondervi 'per bene') 
Il prossimo capitolo sarà tutto incentrato sul PARTY.  
Grazie ancora.
 


 

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Capitolo 25
*** I wanted to dance with you. ***


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25

I wanted to dance with you. 




POV. Ian 

Scavalco agilmente il corpo di Rick disteso per terra, tasto il suo torace alla ricerca di una chiave, che non trovo. Spingo lontano il tavolino in metallo accanto a noi, lasciando che il contenuto si riversi sul pavimento. Irrigidisco la mascella guardandomi intorno. Avanzo verso gli armadietti bianchi davanti a me, mentre Kay e Malcom mi seguono trasportando il microfono. Sento le telecamere muoversi silenziosamente. Apro il primo armadietto, cercando e gettando per aria oggetti indistinti, concentrandomi sulla reazione che Damon deve avare davanti alla possibilità di non riuscire a trovare Elena. Mi volto di scatto, e mi perdo nel guardare al di sopra della telecamera, mentre questa si avvicina sempre di più. 

<< STOP. Perfetto. Ian la tua espressione finale era davvero incredibile. >>  

Tendo il braccio verso Rick, ancora supino a terra. Si rialza al volo e con qualche passo veloce è dietro la telecamera. Si passa una mano dietro la nuca, leggermente imbarazzato.

<< Grazie Chris. Ma ormai ci siamo abituati no?  Damon non è Damon se non fa almeno una faccia del genere in ogni puntata. Bei tempi quelli in cui ballavo nudo in una stanza! >>

Tutti ridacchiano divertiti.

<< Abbiamo finito qui? >>

<< Si, puoi andare a cambiarti. Domani gireremo le scene del 1558. >>

<< Grazie a tutti ragazzi. >>

Stringo qualche mano e saluto le ragazze con un sorriso. Appena giro il corridoio, noto Nina correre nella mia direzione, trascinando con se Paul.

<< Eccoti, finalmente! >>

<< Fratello, ti prego. Prendila e portala a casa. >>

Sorrido divertito davanti alla scenetta.

<< Che succede questa volta? >>

Lei sta per dire qualcosa, ma Paul la blocca.

<< Te lo dico io. Continua a tormentarmi per quella questione dell’altro giorno. Pensavo che prima o poi se ne sarebbe dimenticata, ma non è così. E, non mi molla un secondo. >>  

Nina incrocia le braccia sul petto. Ha quello sguardo di sfida e determinazione che non lascia spazio a nient’altro che alla mia imminente disfatta.

<< Paul, non preoccuparti. Ci penso io a lei. Sei libero. >>

<< Grazie! >>

E in quest’ultima parola c’è tanta di quell’enfasi che scoppio a ridere. So perfettamente quanto sia incredibilmente insistente Nina quando ci si mette. Mi avvicino a lei, le avvolgo il braccio intorno alla vita per attirarla a me.

<< Quello che vuoi sapere posso dirtelo io. Ma non ora. Puoi aspettare? >>

Le sussurro all’orecchio mentre guardo Paul allontanarsi scuotendo la testa. Sento le mani di Nina risalire sul mio petto, lentamente.

<< Era così grave? L’ho davvero tormentato, ma ha mantenuto il segreto. >>

Sorrido contro la sua fronte.

<< Non è grave. E’ imbarazzante, forse. >>   

<< Nina! Tocca a te! >>

La voce di Chris risuona per tutto il set. Lei alza gli occhi al cielo e si stacca da me.

<< Ci vediamo dopo. >>

<< Io ho finito. Vado a casa. >> 

Si ferma per guardarmi di traverso.

<< Quale casa? La tua? La nostra? Oppure quella di Jess? Visto che ormai usi quell’aggettivo per qualsiasi edificio. >>  

La tiro di nuovo a me, portandola dietro una parete in legno. Le prendo il viso tra le mani e la bacio. La bacio fino a toglierle il fiato.

<< Ci vediamo stasera? Da me. Da te. Dove vuoi. >>

Le sussurro tra un bacio e l’altro.   

<< Da me. >>

<< Ok… >>

Riesco a lasciarla, le sistemo i capelli dietro le spalle e le sfioro il viso.  Mi fissa per qualche secondo di troppo, con i suoi occhi penetranti, prima di defilarsi e correre via. Proprio mentre sto per voltarmi, mi richiama.

<< Ian! Manca poco più di un mese a Natale! >>

Dice, come se avesse appena scoperto la cosa.

<< Si, lo so Looch. E allora? >>

Continua a camminare all’indietro, e mima il gesto di infilarsi un cappello. Scoppio a ridere, capendone il significato.

<< Non pensarci nemmeno! >>
 

Dicembre 2012.

Apro la porta di casa , richiudendola in fretta, cerando di tenere in equilibrio l’enorme scatolone che ho tra le braccia.

<< Ok, ci sono. Ci sono! >>

Mi affaccio sul salotto, e trovo Nina seduta sul pavimento in legno, con le gambe incrociate, proprio sotto l’enorme abete ancora spoglio. Ha un cappellino rosso di babbo natale, la mia felpa blu e il pantalone del pigiama a scacchi. Si volta velocemente e mi rifila uno sguardo arrabbiato e risentito.

<< Sei in ritardo! >>

Mi avvicino velocemente sfilandomi il giubbotto, gettandolo sul divano.

<< Lo so, lo so. Mi hanno trattenuto. >>     

Si alza al volo appena nota lo scatolone e mi raggiunge, scivolando sul pavimento con in legno lucido con i calzini morbidi.

<< Hai portato tutto? >>

Mi chiede sorridente. Il suo cambio repentino di umore riesce ancora a sorprendermi.

<< Si, tutto quello che sono riuscito a trovare. Se mettiamo insieme anche le cose dell’anno scorso potrebbe uscirne qualcosa di bello. >>

Mi sfila la scatola da mano, portandola sul pavimento accanto all’albero. Inizia a frugarci dentro.

<< Mi hai costretta a non comprare gli addobbi nuovi quest’anno. Quindi dovrai impegnarti insieme a me. >>

<< Sai quanta plastica si consuma ogni anno per creare delle palli… >>

Non mi da il tempo di terminare la frase che mi tira a se per baciarmi.

<< Shhh. Lo so. L’anno prossimo prendiamo quelle in legno riciclabili.D’accordo? Questo del resto è il primo albero, totalmente nostro. >>

Il suo entusiasmo mi contagia completamente. Saltella da una parte all’altra della stanza, tirando fuori ghirlande e palline colorate, insieme a varie lucette a risparmio energetico che ha comprato di nascosto.

<< Ohh! Dov’è Moke? Ho una cosa per lui. >>

Mi dice all’improvviso.  E proprio in quel momento, il nostro bambino spunta da dietro il divano con il suo passo lento e ciondolante.

<< Ahh eccoti qua. >>

Nina si avventa letteralmente sul mio bel micio, che ormai è diventato anche suo, e lo solleva, trascinandolo vicino a se.

<< Ti starà benissimo. >>

Prende un sacchetto posato sul divano e ci fruga dentro. Dopo poco la vedo armeggiare con quello che sembra essere un mini costume di Babbo Natale. Moke nel frattempo giocherella con una pallina che fa rotolare avanti e indietro. Salgo l’ultimo grandino del lungo scaletto, per posizionare in cima, gli ultimi addobbi. Qualche minuto dopo, quando torno a guardarla, Moke è totalmente in balia delle sue mani. Arrendevole si lascia infilare il costume, senza nemmeno provare ad opporsi. L’ho educato decisamente troppo bene. Scuoto la testa, mentre mi guardo intorno, sperando che Lynx si sia data alla fuga.

<< Ecco fatto! Guardalo Ian! >>

Salto dalla sedia, per guardarlo da vicino. Scoppio a ridere, trovandolo incredibilmente buffo.

<< Ehi, piccolo… Sei davvero carino. Vieni qua.. vieni. >>

Moke mi guarda da sotto il cappellino e si struscia contro Nina, facendo le fusa. E’ adorazione reciproca, la loro. 

<< Oh, ho una cosa anche per te. >> 

<< Ti avviso, non metterò nessun cappello di Babbo Natale. >>

Nina si alza velocemente e mi si avvicina.

<< Ma è come il mio. >>

<< Appunto. >>

Cerco di trattenere il sorriso, mentre mi guarda con gli occhi supplichevoli, e con il labbro inferiore proteso in un broncio.

<< Oh no. Non guardarmi in quel.. >>

Si alza sulle punte e velocemente mi strappa un bacio.

<< No, no. E no. >>

Ride. Ride mentre continua a spingermi, tra un bacio e l’altro.

<< Nemmeno per me? >>  

Sbatte le ciglia in modo studiato, per farmi capitolare. E il suo sguardo mi fa capire che già riesce a vedere la mia imminente resa.

<< Resta qui. >>

Mi dice, mentre corre verso il bancone per prendere l’ennesimo sacchetto. Tira fuori un cappellino identico al suo, solo leggermente più grande. Si avvicina di nuovo e io inconsapevolmente indietreggio.

<< Dai, non farti pregare. Solo per vedere come ti sta. >>

Alla fine lascio perdere, e lascio che si alzi sulle punte per sistemarmi quel ridicolo copricapo.

<< Ti rendi conto che ho 34 anni appena compiuti vero? >>

Le chiedo mentre sorride buttando la pallina bianca all’indietro. Il suo sorriso si spegne per qualche secondo, come ogni volta che le ricordo i dieci anni di differenza che ci separano.

<< Si, lo ricordo. Ma non vuol dire nulla. Ecco. Ti sta davvero… benissimo. >>

<< E adesso? >>

Stringo le braccia sul petto, alzando il mento. Sfidandola.

<< Adesso prepariamo i biscotti di Natale senza glutine e finiamo di addobbare l’albero. Come una famiglia normale. >>   

Dice le ultime due parole con esitazione, distogliendo lo sguardo, quasi imbarazzata.  Mi avvicino di più a lei, avvolgendola con le braccia. Poso la mia fronte contro la sua.

<< Famiglia eh? >>

I suoi occhi neri, incorniciati dalle folte ciglia, sono attenti e dolci.

<< Famiglia, si. >>

 
 

Busso un paio di volte, premo il campanello con insistenza, senza ricevere risposta. Guardo l’orologio. Le undici passate. Ho fatto davvero tardi. Busso ancora una volta, inutilmente. Prendo il cellulare e digito velocemente il suo numero. Uno squillo, due, tre, quattro, cinque.

<< Pronto? >>  

Musica e vociare in sottofondo.

<< Ehi… Dove sei? >>

Qualche risata, la musica che scema lentamente.  

<< In un locale, in centro. >>  

<< Da sola? >>

Le scappa una risata ironica.

<< Non hai proprio fantasia eh, Smolder? >>  

Cerco di tralasciare il significato della frase.

<< Ne ho abbastanza da essere fuori la tua porta. Avevamo detto… >>

<< Si. So che dovevamo vederci da me. E ti ho aspettato e aspettato. Ma, non sei arrivato. Dove sei stato fino ad ora? >>  

Alzo gli occhi al cielo. E finisco per poggiare la fronte contro il legno freddo.

<< Non è questo il punto. Ti raggiungo. In che locale sei? >>  

C’è una breve pausa. Sento la musica e il vociare alzarsi di nuovo, come se si stesse avvicinando di nuovo al gruppo di persone.

<< Forse dovresti tornare a casa, Ian. Ci vediamo domani sul set. >>

Non mi da il tempo di rispondere che ha già riattaccato. Stringo il pugno contro la porta, maledicendomi per aver dimenticato le chiavi, privandomi così della possibilità di aspettarla in casa. Chiuso fuori da una ragazzina che mi sta mandando fuori di testa. Resto qualche secondo fermo, imbrigliato in una realtà che non mi appartiene. E per un secondo, mi balza in testa un’idea insana, un’idea che mi fa vergognare di me stesso. Ma la accantono velocemente, mentre scendo di corsa le scale, chiudendomi il portoncino alle spalle. 


Tendo le braccia, le porto all’altezza del bilanciere e le fletto per sollevarlo sopra la mia testa. Il sudore mi scivola sulle tempie, mentre sbuffo per lo sforzo. Sento i muscoli bruciare, ma non importa. Mi spingo al massimo, continuando fino a togliermi il fiato.  Sento un rumore di passi leggeri. Volto la testa quanto basta per vedere il corpo flessuoso di Nina, avvolta in un completino blu chiaro aderente, entrare in palestra. Distolgo lo sguardo mentre sento il suono metallico del bilanciere posarsi per l’ultima volta.  
 

POV. Nina.

Lo guardo. Lo guardo mentre sbuffa e respira pesantemente, mentre continua a flettere le braccia. I bicipiti sono gonfi e tesi. Sembra sia allo stremo delle forze. Ma continua. Continua ancora, senza fermarsi. Avanzo lentamente verso di lui. Mi nota e distoglie subito lo sguardo, lasciando cadere il bilanciere pesantemente. Si alza a sedere, con le gambe divaricate sulla panca. Prende l’asciugamano accanto a lui e si friziona il viso e i capelli.  

<< Continueremo sempre così, adesso? >>

Gli chiedo, mentre lo guardo alzarsi e darmi le spalle. 

<< Non so di cosa stai parlando. >>  

La sua voce è lievemente affaticata e distaccata. 

<< Dov’eri ieri sera? >>  

Chiedo di nuovo. Si volta, finalmente, prestandomi attenzione. Ha gli zigomi arrossati, e gli occhi talmente chiari da sembrare di vetro azzurro. 

<< Vuoi davvero parlarne? Non mi sembra il caso. Ho fatto tardi e sei andata via. Non so dove, non so con chi. Non importa. Superiamo anche questa. >> 

La canottiera bianca aderente gli mette in risalto i muscoli del petto. Mi perdo per qualche secondo a contemplare la sua bellezza, oggi più consumata del solito. Una bellezza fine e rude allo stesso tempo.

<< Potresti semplicemente rispondermi… >>   

<< Ero con Jess, Nina. Ci siamo ritrovati a parlare di un nuovo progetto per la fondazione, e il tempo mi è sfuggito di mano. Non l’ho premeditato.  Se tu mi avessi aspettato, forse… >> 

Mi avvicino di più a lui, continuando a tenere lo sguardo fisso nel suo.

<< Forse? Saresti arrivato e mi avresti detto che ti dispiaceva. Io avrei lasciato correre. Come ho lasciato correre infinite volte. E questo, ci riporterebbe esattamente a sei mesi fa. >> 

Resta qualche secondo in silenzio.  

<< Mi chiese se era vero. >> 

Resto interdetta dal commento fuori luogo. Ma lui continua tranquillo.

<< Quattro anni fa, quel giorno, a Londra. Paul mi chiese se era vero. Se davvero non provassi nulla per te. Io dissi che eri minorenne, che eri troppo giovane, che eri la sorellina perfetta. Mi chiese ‘E se avesse venticinque anni? Come ti comporteresti? Non ci penseresti nemmeno in quel caso? ’ Gli risposi che, in quel caso, non ci avrei pensato due volte. Che probabilmente, se avessi avuto più coraggio, se avessi pensato di più a me, avrei fatto di tutto per conquistarti. Tutti non facevano altro che farci notare quanto eravamo uniti. Ricordi? E io non facevo altro che pensare a te. A come sarebbe stato baciarti la prima volta. Ma sono felice, da una parte, che tu non abbia ascoltato quella conversazione. Sarebbe stato tutto più difficile.  >>  

Si avvicina ancora di più, e riprende a parlare.

<< All’epoca, sapevo perfettamente in che guaio mi sarei cacciato, in che guai ti avrei cacciata, innamorandomi di te. Per questo non dovevi saperlo. Ho resistito, per quanto ho potuto. E so che l’hai fatto anche tu. Ti ho respinta. E so di averti anche fatta soffrire, qualche volta. Quando eravamo sul confine di non ritorno e io, puntualmente, mi tiravo indietro. Percepivo i tuoi sguardi, e li percepisco ancora oggi. E’ strano come le cose non siano cambiate, poi così tanto. >>  

Mi sfiora il viso con l’indice, percorrendo tutta la mia guancia.

<< Tu sei cresciuta. Pensavo che il tempo sarebbe passato. Che ci saremo incontrati a metà strada. Che avrei potuto… amarti. Ma tu lo sapevi già, vero? Non c’era bisogno di tormentare Paul. Sapevi, sai, tutto questo. >> 

Annuisco, contro il palmo della sua mano.

<< Non voglio che ci sia questa perenne tensione, tra di noi. Voglio che le cose tornino come prima. >>  

Sussurro, con il viso vicinissimo al suo. Scuote la testa lievemente. Un ciuffo di capelli neri gli ricade sulla fronte.

<< Niente tornerà come prima, Nina. Non è possibile. Prima inizieremo a capirlo, prima andremo avanti. >>  

Mi sfiora lievemente le labbra con le sue, e poi mi lascia andare.  Mi guarda un’ultima volta, e esce, senza voltarsi indietro. 
 


<< Avete già deciso la data? >>

<< Non di preciso. Ma non più tardi del prossimo anno. >>

Candice e Kat parlano vivacemente, mentre io resto in silenzio ad ascoltarle, sorridendo.  

<< Nina, sai già cosa farai per il ringraziamento? >> 

Alzo lo guardo verso gli occhi neri di Kat.

<< No, in realtà non ne ho idea. Non ancora. Aspetto con ansia questo week-end, per il momento. >> 

Candice mi guarda interrogativa , e io le indico il cartellino appeso al vestito attaccato accanto a lei.  Scoppia a ridere e manda indietro la testa. 

<< Avevo completamente dimenticato, il party per il nostro 100° Episodio. Wow. >> 

Scoppiamo tutte e tre a ridere.

<< Ho sentito che parteciperanno tutti. Ci sarà da divertirsi. >>

<< Si, e poi mi manca tantissimo Matt. Sarà uno spasso averlo di nuovo tra di noi, con l’alcool a disposizione! >>  

Scoppiamo di nuovo a ridere. Mi porto una mano davanti alla bocca, cercando di ignorare i ricordi e le infinite serate passate con lui e Ian a bere e divertirci. I miei pensieri vagano tornando ai primi tempi, alle prime carezze e baci che sapevano di drink consumati velocemente, quando il tempo sembrava sempre troppo poco, quando volevamo soltanto chiuderci in una camera d’albergo per fare l’amore.  

<< Nina? >>

La voce di Candy mi riporta al presente. Mi scruta con i suoi occhi azzurri chiarissimi, sembrando ancora di più una bambola di porcellana. 

<< Ti eri persa totalmente. E’ tutto ok? >>

Mi guardano con leggera preoccupazione. Kat in particolare, si stringe le mani in grembo, e non mi stacca gli occhi di dosso.

<< Io… Si, certo. Solo vecchi pensieri. >>

Annuiscono e sorridono, poco convinte. 

<< Ehi, Nina! Ragazze! >>

Ci voltiamo contemporaneamente. Rick avanza con passo deciso verso di noi. Lancio un’occhiata intorno, alle sue spalle, ma non c’è nessuno. Cerco di trattenere un sospiro mentre salto dalla sedia. Mi sgranchisco le braccia.

<< Rick, finito le famose scene sanguinolente? >>

Le rughe che ha intorno agli occhi chiari diventano più marcate, accentuandone il sorriso aperto che mi rivolge.

<< Si, una cosa assurda. Mai visto niente del genere. Volevo mostrarti una cosa. >>

Armeggia con l’iPhone, avvicinandosi a me. Le nostre teste quasi si sfiorano. Mi fa vedere una nostra foto modificata in modo buffo e scoppio a ridere. Rialzo per un secondo lo sguardo e noto Kat, che mi fa un segno con la testa, impercettibilmente, indicando qualcosa alle mie spalle. Lancio un’occhiata dietro di me, senza smettere di parlare con Rick. Ian è poco più in la, sta parlando con una ragazza sconosciuta, forse nuova, dai capelli biondi, riservandole dei sorrisi che farebbero arrossire chiunque. Mi perdo a contemplarlo, fino a quando i suoi occhi incrociano i miei. Ed è un secondo.  Distolgo lo sguardo velocemente, prestando attenzione a Rick, che continua a parlottare del più e del meno. Continuo a guardarlo e ad ascoltarlo. Rido anche alle sue battute, ma tutto il mio corpo è in tensione. Posso quasi sentire, impercettibilmente, Ian avvicinarsi. 

<< Smolder, com’è andata? >> 

Gli chiede Candice. Rick si volta verso di lui con un grande sorriso sulla faccia. 

<< Oh, bene! Almeno credo. >>

C’è una punta di modestia nel suo commento. Ho quasi l’istinto di alzare gli occhi al cielo, pensando al carisma infinito dell’uomo che ho di fronte. Capace di coinvolgere qualsiasi essere umano e non. Sento i suoi occhi addosso, e quando alzo i miei, quasi resto senza fiato. Il termine ‘mi sta spogliando con gli occhi’ non sarebbe abbastanza. Conosco fin troppo bene quello sguardo. Cerco di ascoltare la conversazione che Rick ha aperto, facendo ridere divertite sia Candy che Kat, ma mi risulta difficile. Ian si avvicina a me, lentamente, incurante. E come se niente fosse, mi sfiora leggermente un fianco, spostandomi più indietro, contro di lui. Mi irrigidisco totalmente, mentre sento il suo viso avvicinarsi al mio orecchio.

<< Mi stavi fissando, Looch? >> 

Scuoto la testa, mentre la sua mano, nascosta dalla sedia davanti a noi, si stringe intorno al mio polso, fino ad intrecciarsi alla mia. Sento un calore familiare irradiarsi per tutto il corpo, mentre con movimenti circolari, mi accarezza il palmo. E all’improvviso, così come mi ha preso, mi lascia andare. Si stacca completamente da me, lasciandomi in balia delle mie emozioni. Come sempre, del resto. Si allontana lentamente. Ed è in momenti come questo che mi sento totalmente piccola, indifesa, inadatta, vicino a lui. Perché riesce a condizionarmi, fisicamente, mentalmente e sentimentalmente, come nessun’altro.  


Mezz’ora dopo cammino velocemente sul selciato di ghiaia ai margini del complesso che ospita il nostro set. Apro velocemente la porta della mia roulotte. Mi ci vuole qualche secondo per mettere a fuoco la figura sul mio divanetto nero. Ian mi fissa, seduto sul bordo del divano, mentre si sta infilando una maglietta a maniche corte grigia. Mi sorride, facendo spuntare piccole rughe d’espressione intorno agli occhi e sugli zigomi. 

<< Cosa ci fai qui? >>

Gli chiedo incuriosita, mentre gli passo davanti, per arrivare all’armadio. Vedo il suo riflesso attraverso lo specchio.

<< Sai come si dice? Le vecchie abitudini sono dure a morire. >> 

Poggia la testa contro il divano.

<< Ma se vuoi, vado via. >>

Mi volto di scatto, fin troppo velocemente, punta da quelle parole.

<< Non ho detto questo. >>  

Sorride, maliziosamente, rifilandomi lo sguardo di poco fa. Mi volto di nuovo, continuando a frugare per finta, nell’armadio. Lo sento alzarsi e avvicinarsi. Mi mantiene per i fianchi, sfiorandomi la pelle nuda tra la canottiera e il pantalone.

<< Sei strana, oggi. Sembri… tesa. >>

Richiudo l’armadio, continuando a dargli le spalle.

<< Tesa? Non sono certo io quella che stamattina ha detto ‘Niente tornerà come prima, Nina’. >>  

Imito al meglio la sua voce, per smorzare questa tensione di cui tanto parla. Ma non ci riesco. Si avvicina ancora di più. Sento il calore del suo corpo contro il mio.

<< Perché prendi tutto quello che dico in modo sbagliato? Non tornerà come prima. Ma potrebbe andare meglio. >>  

Abbasso lievemente la testa, chiudendomi in un silenzio che dura qualche secondo.

<< Oppure potrebbe andare peggio… Non è così? >>

Sussurro, mentre mi aggrappo alle sua mani, aggrappate ai miei fianchi.  
Non risponde. Continua a stringermi contro di lui. Posa le labbra sul mio collo, scende fino alla spalla, e poi risale, lasciando una scia di leggeri baci.

<< Non andrà peggio. >>  

La sua voce è talmente lieve, dolce. Le sue mani scendono sempre di più, fino a sfiorarmi il ventre. 

<< Ian, è tardi… Dobbiamo tornare a lavoro. >>

<< Dimmi che non stai pensando a questo da stamattina, Nina. >>

Sento il sangue fluirmi sul viso. Le nostre mani si intrecciano.

<< Mi dispiace deluderti Smolder, ma non tutti pensano sempre e solo al sesso. >> 

Sogghigna divertito contro la mia guancia.

<< Infatti non parlavo del sesso. Parlavo di questo. >>

Cerco di trattenere un fremito. Mi volto verso di lui, tra le sue braccia, mentre mi spinge verso il tavolino sotto lo specchio. Il suo bacino contro il mio. Le sue mani sulla mia schiena. La sua bocca sul mio collo. Punto le mani sul suo petto, cerco di scostarlo da me, giusto per il gusto di resistergli. Per cercare di prendere il controllo della situazione. Ma lui mi stringe ancora di più. Afferro il bordo della sua maglietta e la sfilo velocemente. Finisco contro lo specchio, appoggiata al tavolino. Le gambe strette intorno alla sua vita. Cerca le mie labbra, ma continuo a negargliele.

<< Chi era quella bionda di prima? >>

Porto una mano dietro la sua nuca. Il suo sguardo mi sfiora, mi manda fuori di testa.

<< La nipote di Chris… Una fan. >>  

Mi bacia poco sotto le labbra, e le cerca di nuovo, trattenendo qualche sospiro spezzato, mentre faccio scivolare le mie mani sul suo ventre. Geme piano, prigioniero dei suoi desideri. Lascio cadere il discorso, e porto le sue labbra, finalmente, all’altezza delle mie. Ma lui si ferma, poco prima che possa realmente sfiorarle.

<< Ho notato il modo in cui Rick ti guarda. E anche come ti guardava Kendrick. Sono tutti pazzi per te, Dobrev. Non sei nella posizione di farti prendere dalla gelosia. >>

Abbasso lo sguardo sulle mie gambe, sulla mia maglietta alzata, sul suo petto nudo.

<< Hai ragione, non sono proprio nella posizione adatta.  E tu dovresti smetterla di farti trovare mezzo nudo nella mia roulotte. >>  
Trattiene un sorriso. Le sue mani corrono sulle mie gambe. E io, finalmente, riesco a unire le nostre bocche.
 

POV. Ian.

<< Allora Ian, cosa ci dici del fatto che Damon e Elena sono ufficialmente la coppia più bella di tutti i tempi? >> 

Ultima intervista. Ultima domanda. Questa graziosa giornalista bionda continua ad inclinare il sopracciglio. Trattengo un sorriso.

<< Sinceramente? Penso che sia incredibile. Eravamo contro non so quante coppie e abbiamo vinto. E’ una grande responsabilità. Ed è chiaro che abbiamo i fan più fedeli del mondo! >>  

Sorride, felice di avermi strappato una dichiarazione così sentita, probabilmente. E ancora mi chiedo dove finisca, e dove inizia, il confine che mi separa da Damon, per molte persone. Mi richiamano, chiedendo la mia attenzione, per l’ultima foto di gruppo.

<< Perfetto. Ok, sistematevi tutti in fila. Stringetevi un po’. >>

Ci stringiamo tutti, di fronte a decide di fotografi e giornalisti, pronti ad immortalare questo momento. Nina è accanto a me, avvolta in un vestitino colorato, super aderente, che lascia poco spazio a qualsiasi tipo di immaginazione. Le lunghe gambe brune si muovono avanti e indietro per tutto il red carpet, sotto gli sguardi ammirati dei presenti. L’uno accanto all’altra, spalla e spalla, pronti a rispondere alle domande di routine. Lei con le braccia incrociate strette al petto. Niente vita privata, niente di insostenibile o imbarazzante.  

<< Ian, devi guardare da questa parte. >>

Mi urla Jess da un lato delle transenne. Sospiro, mentre ci stringiamo ancora di più. Nina ha il braccio intrecciato a quello di Kevin. E’ pericolosamente in bilico. Mi faccio di lato, per farle più spazio. Le sfioro la vita con la mano. Volta leggermente la testa per guardarmi. Mi sorride. E’ raggiante. Bellissima. Tanto bella da farmi male. Faccio risalire la mano lungo il suo braccio, e la stringo intorno alla sua spalla. Le sfioro la clavicola, e l’avvicino ancora di più a me. Dura un secondo, il tempo di un paio di foto, e poi la lascio andare. Ci disperdiamo di nuovo tutti quanti, Matt mi si avvicina, mi da una pacca sulla spalla. Tutti si congratulano con tutti.  Scuoto la testa leggermente, dirigendomi verso l’entrata del party, mentre gli altri, sono ancora intenti a farsi fotografare. Vedo Nina uscire dal gruppo, poco avanti Kevin. Continuo a guardarla, mentre sorride, saluta e si sbraccia per qualcuno. Avanzo lentamente, come se il tempo stesse scorrendo ad un ritmo diverso dal solito, ed è in quell’attimo. Lei si volta, mi inchioda con quello sguardo scuro, luminoso, leggermente umido di emozione. Inclina la testa di lato e mi sorride ancora di più. Sembra voler dire ‘Guarda dove siamo arrivati’. Così, senza pensarci, a pochi metri da lei, allungo le braccia verso le sue. La invito tra le mie, senza un motivo preciso. Non si limita a stringermi piano. Non si limita ad un semplice abbraccio tra colleghi. Mi butte le braccia al collo. Affondo il viso nei suoi capelli mossi e profumati. E per un secondo, solo uno, mi perdo in questo momento. Chiudo gli occhi, senza pensarci, e mi lascio cullare dal suo calore familiare.

<< Sono così felice di essere qui. >>

Mi sussurra contro l’orecchio. Non rispondo, mentre sciolgo la nostra stretta. E’ contenta di essere tra le mie braccia, dopo tutto questo tempo, nonostante tutto. E so come si sente. Quando abbiamo iniziato questo viaggio, nessuno si sarebbe aspettato un successo del genere per il nostro show. Questo amore, questa passione, sparsi per il mondo. Come non mi sarei mai immaginato di sentirmi così legato a tutto questo. Così legato a lei. Un piccolo punto fermo, in mezzo a tutto il resto.


POV. Nina.

<< Allora, brindiamo… A questi 100 Episodi! A tutte le cadute che ha preso Nina, a tutte le barrette energetiche di Steven, e a tutti i discorsi sull’ambiente di Ian, che ci hanno accompagnato giorno dopo giorno! >>

La voce di Michael risuona forte, sopra la musica e al vociare confuso. Tutti scoppiano a ridere, mentre facciamo scontrare i bicchieri.

<< Oh, e non dimentichiamoci dei capelli di Paul! >>

Aggiunge Matt, scatenando un’altra scia di risate. Dopo il taglio della torta e le varie foto, siamo finalmente liberi di fare baldoria per conto nostro, senza che nessun giornalista tra i piedi. Ed è proprio questa, la parte della festa che preferisco. In un turbinio di risate, scintillii, bicchieri che si scontrano, mi guardo intorno, cercando visi familiari, salutando persone poco meno sconosciute e conosciute. Ci sono tanti abbracci, tanti complimenti, tante domande velate, tante lacrime trattenute e versate. Cerco Ian, tra tutte queste persone, e non mi è difficile trovarlo. Sempre al centro dell’attenzione. Mi avvicino al gruppo  con cui sta parlando. Candice e Kat lo guardano rapite, ascoltando con attenzione. Così come Matt e Zach.

<< Quindi ha aperto la bottiglia in questo modo, e il tappo e schizzato per aria! >>  

Tutti scoppiano a ridere.  Gli sfioro il braccio, impercettibilmente, ma tanto basta. Si volta verso di me, sorridendo. Ha le guance rosse, così come le labbra. Gli occhi lucidi e i capelli scompigliati ad arte. Fa scontrare il suo bicchiere contro il mio, continuando a sorridere. Mi avvicino di più a lui.

<< Sei già brillo, Smolder? >>

<< Sai che non mi ubriaco facilmente. >>

Mi fa l’occhiolino, mentre prende al volo un bicchiere pieno, da sopra il tavolo accanto a noi, e se lo scola velocemente. Regge l’alcool in modo incredibile, anche se la sua pelle chiara, tradisce sempre ogni minima alterazione.  La musica viene alzata di qualche tono, e qualcuno scende in pista, improvvisando qualche mossa. Julie fa qualche giravolta su se stessa, accompagnata da Matt, e tutti ridono piegati in due. Mi volto di nuovo verso Ian. Continua a fissarmi, e poi guarda il centro dalla sala. Per un secondo, sono quasi tentata di chiedergli di portarmi a ballare. Per un secondo, vorrei solo trascinarlo con me. Ma sarebbe inappropriato. Stringo le mani, reprimendo l’istinto di toccarlo ancora. E mi chiedo, se sia giusto, continuare a reprimere qualcosa di così forte solo per paura di essere respinta. Ian non si lascia scappare questo mio nervosismo velato. Mi posa delicatamente una mano dietro la schiena, e avvicina il viso al mio orecchio.

<< Vieni con me… >>  

Prendo al volo la mia pochette dal tavolo. Mi sospinge con lui discretamente, attraversando l’enorme sala piena di gente. Sembra che nessuno faccia caso a noi. Troppo impegnati con l’alcool e i festeggiamenti. Ma magari sono solo io, che non faccio caso a loro. Arriviamo all’estremità della sala e attraversiamo le porte d’ingresso. Sento il calore della sua mano irradiarsi per tutto il mio corpo. Arriviamo nel grande corridoio finemente arredato, completamente deserto. La musica continua a riecheggiare attraverso le pareti. Ian è di fronte a me, tranquillo, calmo, imperscrutabile. Con quell’alone di carisma e fascino che sempre lo accompagna.

<< Allora? >>  

Mi chiede, all’improvviso. Inclino un sopracciglio, non capendo il senso dell’affermazione. Ultimamente, è sempre così. Mi fissa ancora per qualche secondo.

<< Non devi dirmi nulla? Poco fa, sembrava che volessi dirmi qualcosa. >>

<< Per questo mi hai portata qui fuori? Pensavi che volessi un po’ di privacy? >>

<< Più o meno. A cosa stavi pensando? >>

La situazione mi sembra fin troppo familiare.

<< Non devo dirti nulla, Ian. Avrei voluto… ballare con te. Avrei voluto che tu mi invitassi a ballare. Tutto qui. Ma non è l’occasione adatta. E’ una cosa, abbastanza sciocca. >>

Mi passo una mano tra i capelli, stringendo forte la pochette, nell’altra.

<< Si, lo è. >>

Risponde, con sguardo fermo. Non si scompone. Continua semplicemente a guardarmi, con quel leggero sorriso sul volto. Fa un paio di passi in avanti, quanto basta da farmi avvolgere dal suo profumo. Mi sfila la pochette dalle mani, e la poggia sul pavimento. Mi porta, contro di lui. Posando la mia mano sulla sua spalla destra. Mi ritrovo tra le sue braccia, con il viso all’altezza del suo. Fa scivolare la mano destra sul mio fianco, cingendomi in una stretta dolce. Iniziamo a dondolarci sul posto, con studiata lentezza. Sfioro la stoffa della sua giacca, lisciandone il tessuto sotto i polpastrelli. Continuo a sostenere il suo sguardo, così pieno di tante parole non dette. Poggia la sua testa contro la mia, sfiorandomi lo zigomo con un bacio leggero. Un bacio che sa di dolcezza. Ma anche di tristezza e nostalgia. Ricordo perfettamente l’ultima volta in cui ci siamo ritrovati in una situazione del genere.


<< Ti amo.. >>

Mi sussurra contro il collo, poco prima di farmi fare la giravolta, e farmi ritornare tra le sue braccia. Sorrido divertita. Felice della condivisione di questo momento, abbastanza raro, visto gli impegni che lo tengono sempre così lontano da me.

<< Ah, ho una cosa per te. >>

Mi lascia da sola, in mezzo al salotto, con la musica in sottofondo, per sparire in camera da letto. Quando torna, ha tra le mani una bustina che riconosco subito.

<< Buon Anniversario, amore. >> 

Prendo la bustina, e tiro fuori il piccolo astuccio quadrato di velluto nero. Deglutisco. Lo apro, e mi ritrovo meravigliata davanti al bellissimo cerchietto d’argento, costeggiato da vari diamanti. Alzo gli occhi, e getto le braccia al collo di Ian, prima di baciarlo appassionatamente.

<< Grazie. >>

Mi prende la mano destra e indica il cerchietto d’oro, identico a quello appena ricevuto.

<< E’ la parte mancante. >>

Sfila il gemello argentato dalla custodia, e lentamente, lo accompagna accanto a quello dorato. Mi guardo la mano, sorridendo. E lui fa lo stesso. Quando alzo di nuovo gli occhi verso i suoi, noto un cambiamento d’espressione. Continua a fissarmi la mano, e a sfiorarmi la guancia. Quando il suo sguardo incrocia il mio, c’è una consapevolezza diversa, profonda.

<< Nina, devo chiederti una cosa. >>  

Sgrano gli occhi, e sono quasi tentata di ritrarmi, ma non lo faccio. Mi prende le mani tra le sue.

<< Oggi sono tre anni, e tutto questo non era premeditato. Ma, mentre ti guardo… Non riesco a pensare a nient’altro. Non riesco a pensare a nessun’altro modo, a nessun’altro posto in cui vorrei essere. Ed è così tanto tempo che lo penso… Così tanto. Non voglio più separarmi da te, Nina. Non voglio. Non posso. Voglio poterti avere con me, ovunque, per sempre. >>

Prende fiato, continuando a sfiorarmi il viso.

<< …Vuoi sposarmi? >>
 
 

Scaccio velocemente il ricordo, prima che mi assalga dal tutto. Ma ci pensa lui, a distrarmi.

<< Era da tanto tempo, che non ti tenevo in questo modo… >>  

Sussurra contro il mio orecchio. Annuisco, cercando di trattenere delle stupide lacrime, che vuoi per commozione, emozione, o altro, stanno cercando di uscire dai miei occhi.

<< Mi dispiace, Nina. Avevo detto che ci sarei sempre stato, per te. Ma.. >>

Stringo di più la sua spalla.

<< Non c’eri. >>  

Incrocio di nuovo gli occhi con i suoi, incatenandolo.

<< Non c’eri Ian. Quando volevo conferme. Quando la tua mancanza mi uccideva. >>  

<< Ma sono qui, ora. Anche se non riesci a perdonarmi. >>

Ed è ancora una ferita aperta, la mia. I suoi occhi sono tristi, colpevoli.

<< Vorrei davvero che fosse abbastanza. >>  

Sta per dire qualcosa, ma il suono del mio cellulare, ci disturba. Spezzando il momento. Ian si abbassa per estrarlo dalla borsa, già pronto a cedermelo. La sua espressione cambia in un secondo, sgrana gli occhi, fissando lo schermo illuminato. L’icona dei messaggi fa capolino sul salvaschermo, con le prime parole, e riesco a scorgere il nome del mittente. Derek.

‘Congratulazioni per il 100° Episodio tesoro! Non vedo…’

Prendo il cellulare dalla mano di Ian, senza guardarlo negli occhi. Noto solo un sorriso amaro, dipinto sulla sua bocca.

<< Non vede l’ora di rivederti, suppongo. >> 

Ha uno sguardo di ghiaccio. Gelido. Sprezzante. Privo di tutto il calore di poco prima.  

<< Non è come sembra. >>

Cerco di giustificarmi, anche se so perfettamente che non ho niente da giustificare.

<< No, certo. Siete amici, giusto? Magari vuole solo fare due chiacchiere. Magari ha smesso di pensare di volerti portare a letto. >>
Il commento mi colpisce come uno schiaffo, togliendo in me tutto il senso di colpa.

<< Si.Proprio come tutte quelle che tu ti sei portato a letto. Magari anche loro hanno solo voglia di chiacchierare e parlare d’ambiente. >>

Una finta risata gli esce dalle labbra, mentre già mi pento delle parole appena pronunciate.

<< Io almeno, non ho intrattenuto rapporti seri con nessun’altra. Non ho dato a nessuna la speranza di avermi in esclusiva! >>  

<< Lui sa perfettamente che non… >>

Mi passo le mani sul viso, sospirando forte.

<< Dannazione Ian! Non lo capisci? Sono quasi due mesi che non volo a LA! Smettila… Smettila di guardarmi in quel modo! Pensi che non lo sappia? Sei ferito. Sei così ferito e ti impedisci di perdonarmi. Ti impedisci di darci, concretamente, una seconda possibilità. Parli tanto di andare avanti, di dimenticare il passato… Ma non lo fai! >>

Sgrana gli occhi.

<< Come posso farlo se questo passato continua a correrci dietro?! Pensi che io voglia tutto questo? Ma, ogni volta… Ricordo. Ricordo che magari ti sei fatta toccare da lui, proprio come ti tocco io. Immagino le tue labbra sulla sua bocca. E i tuoi sorrisi riservati a lui. E impazzisco, Nina. Impazzisco! E tutto quello che vorrei, è riuscire a perdonarti! >>  

Gli prendo il viso tra le mani, portandolo vicino al mio.

<< Non conta nulla. Non ha mai contato nulla! Io amo te. >>  

I suoi occhi si addolciscono, sembrano così… infiniti.

<< Lo so. Vorrei davvero che fosse abbastanza. >>

Usa le mie stesse parole, scioglie la mia stretta, e si incammina verso le porte della sala, lasciandomi da sola.

 











ANGOLO AUTRICE. 

Ci credete? Io no... No davvero. (Sempre in notturna, sempre quando dormite)


Questo è forse, il capitolo meno programmato della storia. Iniziato più di due settimane fa, scritto riga per riga, quando l'ispirazione bussava e faceva capolino

Non so precisamente come sia venuto fuori, e non mi applico a pensarci più di tanto. Volevo scrivere del party, e l'ho fatto. Volevo mettere in mezzo nuovi/vecchi problemi, e l'ho fatto. 

Volevo ributtarmi nei miei personali Nian, e lasciarmi trascinare, ma non ne avevo la forza, ne il tempo, ne la voglia. 

E scoprire, che questa storia vi ha preso così tanto da farla diventare la più popolare sul sito, ha dato solo la spinta finale. 

Vi ringrazio, una per una. Dalle mie lettrici più fedeli, a quelle nuove, che arrivano giorno dopo giorno, mangiandosi tutta la storia in un pomeriggio. 

No penso di essere una grande scrittrice. Sono abbastanza obbiettiva nell'ammetterlo. Ma mi basta emozionarvi, e farveli vedere attraverso i miei occhi. Mi basta sapervi, anche solo un po, coinvolte da tutto questo. 

Grazie, davvero, per tutto. 

Aspetto recensioni, pareri, critiche, qualsiasi cosa. Come sempre. ♥
E UN GRAZIE ENORME A LUCIA PER IL BANNER BELLISSIMO. 
(Che ho da più di due mesi) 

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Capitolo 26
*** Love and War. ***


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26
 
Love and War. 

 
Tu ed io
Dobbiamo lasciarci andare
Ci continuiamo a trattenere ma sappiamo entrambi
Quella che sembrava una buona idea si è trasformata in un campo di battaglia
Ci sarà pace quando uno di noi metterà giù le armi

Sii forte per tutti e due
Per favore no,non correre,non correre
Occhio ad occhio,affrontiamo le nostre paure disarmati sul campo di battaglia









 
 POV. Nina 

<< … Vuoi sposarmi? >>                      

<< Ian… >>                                   

Le sue mani sono strette intorno alle mie. Emanano un calore particolare, avvolgente, familiare. Ha un luccichio negli occhi, qualcosa che li fa brillare ancora di più. Quegli occhi che mi hanno incantata fin dal primo momento, di un azzurro così indecifrabile, da confondere chiunque. Ripenso alla domanda, ripenso davvero a quello che mi sta chiedendo, e non riesco a pronunciare parola. Ma lui non si lascia intimidire. Libera le mie mani, per sfiorarmi il viso.

<< Sposami, Nina. >>

Non è una domanda. Non più.  Sciolgo la sua stretta e mi allontano leggermente. Sfioro il divano con le gambe. Vorrei qualcosa a cui aggrapparmi, vorrei svuotare la mente e cercare di formulare una frase coerente. Ma, più indietreggio, più lui si avvicina. Più vorrei distogliere lo sguardo, più mi incatena ai suoi occhi. Ho sempre amato profondamente questo aspetto di lui. Il modo in cui domina la scena, domina chiunque abbia intorno, il suo non lasciare spazio a nient’altro se siamo insieme. Prendo fiato, respiro piano, cerco di controllare i fremiti e le lacrime. Lacrime di gioia e dispiacere. Di felicità assoluta e di rabbia più cieca. Ed è proprio quest’ultima emozione a prendere la meglio sulle altre. La rabbia. Stringo i pugni contro i fianchi. E lui non si lascia scappare questo particolare. Vuole avvicinarsi ancora di più. Vuole impormi la sua presenza. Vuole confondermi.

<< Ascolta. Lo so… So quello che pensi. So che non ti senti pronta. Ma, non è così Nina. Dentro di te, lo vuoi anche tu. >>

Alzo lo sguardo, e scaccio via una lacrima impertinente che è sfuggita dal mio controllo.

<< No, Ian. Non è vero. Non è quello che voglio. E’ quello che vuoi tu. Solo tu. >>

Posso vedere il dolore che si sta impadronendo di lui, attraverso i suoi occhi. Indietreggia impercettibilmente, continuando a fissarmi. Mi guarda come se mi vedesse per la prima volta. Non l’ho mai visto così ferito, per poche parole. E questa volta sono io che mi avvicino a lui, cercando di rimediare, cercando di fargli capire…

<< Ian… Io ti amo. Lo sai. Sai quanto ti amo. Ma, ancora devo capire molte cose. Non so chi sono, ne cosa voglio fare in futuro. Ho tanti di quei progetti, tanti di quei sogni, e ho tanto tempo davanti. Davvero tanto. Non puoi chiedermi una cosa del genere, in questo momento. Dopo mesi in cui… Sei stato così distante. Così impegnato con tutto il resto. Non puoi. >>  

Non distoglie lo sguardo. Non è quel tipo di persona. Ian affronta le cose di petto, buttandosi a capofitto in tutto quello in cui crede.

<< Si che posso, Nina. Posso chiedertelo. Posso desiderarlo. Posso sperare che tu capisca la mia posizione. Non ti chiedo di rinunciare ai tuoi sogni, ne ai tuoi progetti. Non te lo chiederei mai. Sposarmi, non significherebbe perdere tutto questo. >>   

<< Capire la tua posizione? Perché devo sempre farlo io? Non l’ho fatto abbastanza, in questi anni? Mi sono annullata per te, Ian. Ho vissuto con te e per te. Ho vissuto la tua vita e non la mia. >>  

Fissa un punto sopra la mia spalla, come se stesse guardando nel vuoto. Quando incrocia di nuovo il mio sguardo, quella luce che ho visto poco fa, è del tutto spenta.

<< Non pensavo che per te fosse un peso. Pensavo che tu fossi felice. Con me. Nonostante tutto. >>  

Gli vado incontro, lo blocco per le spalle.  

<< Sono felice. Mi hai resa felice come non mai in vita mia, Ian. Sono cresciuta con te. Mi hai insegnato così tanto. Mi hai insegnato ad amare e ad essere amata. Ma ti odio per avermi messo in questa posizione, quando già sapevi al mia risposta. >>  

Si stringe nelle spalle.

<< Non vuoi sposarmi. Mi ami, ma non vuoi sposarmi. >>

<< Non voglio, e non posso sposarti Ian. >>  



Lo vidi annuire, lo vidi lasciare la stanza, lo vidi sfogare la sua rabbia buttandosi a capofitto nel lavoro, più di prima. Da quel giorno le cose sono peggiorate. Si era creato un vuoto, tra di noi. Una voragine che l’amore non riusciva a colmare. Non più. Lui si sentiva rifiutato, e odiava sentirsi in quel modo. E io mi sentivo in trappola. Bloccata tra il suo amore e la voglia di vivermi i miei vent’anni senza problemi. Alla fine, la separazione sembrava inevitabile. Sembrava giusto prenderci una pausa dalla nostra relazione, dal nostro vivere sempre fianco a fianco. Ci siamo separati di comune accordo, per questa pausa di riflessione, che non è servita poi a molto. 
Un leggero bussare alla porta interrompe i miei pensieri, mi rigiro in un letto decisamente enorme, sotto una coltre di coperte morbidissime e calde poco familiari, proprio mentre Julianne entra in camera, ancora in pigiama, saltando accanto a me.

<< Buongiorno tesoro, dormito bene? >>  

I suoi capelli biondi svolazzanti le incorniciano il viso fine, e i suoi occhi azzurri, sinceri e vivaci, mi scrutano con affetto.

<< Benissimo. Scommetto che questa è la camera degli ospiti migliore di tutta la casa, giusto? >>  

Si stringe nelle spalle, mentre scoppia a ridere. La sua risata, riesce a far sorridere di gusto anche me. Mi arruffa i capelli, mentre mi tira di dosso la coperta.

<< Su, alzati. Ho una cosa per te. Ti piacerà. E poi, ti farò assaggiare i migliori pancake del mondo. >>  

Il suo entusiasmo mi contagia all’istante. Scendo dal letto, e quasi inciampo nell’enorme tappeto. Scoppiamo entrambe a ridere.

<< Infilati solo le scarpe e il giubbotto. >>

Mi urla, prima di sparire nel lungo corridoio.

Qualche minuto dopo, mi sta trascinando verso l’enorme giardino del ranch Hough. Ci avviciniamo all’enorme staccionata. Parcheggiato poco più in la c’è una vettura non meglio identificata, gialla brillante. Sembra un incrocio tra i minivan che usiamo per spostarci sul set, e un quattro ruote da corsa. Un uomo robusto, con una camicia di flanella, ci viene incontro, sorridendo.

<< Jake, ti presento Nina. Nina, lui è Jake. Ieri non sei riuscita a conoscerlo. >>

Tendo la mano al ragazzo e ci salutiamo calorosamente. Tutto, in questo posto, esprime calore e familiarità.  Julianne batte le mani, e mi sospinge verso la vettura.

<< Dovrei salire su quel coso? >>

Chiedo esitante.

<< Ovviamente! Jake ti porterà a fare un giro. >>  

Mi sistemo sul sedile di gomma, guardandomi intorno, tirandomi i capelli arruffati dietro le orecchie. Julianne ritorna dietro la staccionata e armeggia per tirare fuori l’iPhone dalla tasca del giubbotto.

<< Jules, non penso sia una buona idea. >>

Le urlo, mentre guardo Jake armeggiare con le chiavi.

<< Dai Neens! Ti ho vista fare di peggio quest’estate. Hai perso il tuo spirito d’avventura? >> 

Cerco di risponderle, proprio quando il motore inizia a rombare sotto di me.

<< Sei pronta? >>

Mi urla ancora la mia bionda amica divertita.

<< Oh Dio, NO! >>

Lancio un urlo, e mi sento sbalzata in avanti, appena Jake preme sull’acceleratore. Sento il vento sferzarmi i capelli mentre prendiamo velocità. Mi lacrimano gli occhi mentre rido e urlo, guardando il verde sfrecciare intorno a me. 
 

<< Ammettilo. Ti sei divertita da morire! >>

Mezz’ora dopo, siamo sedute sullo spesso tappeto del salotto, davanti al camino.  Intorno a noi, vassoi con ogni sorta di pancake dolce e salato, succo d’arancia e caffè. Tanto caffè. Annuisco, mentre sorseggio il liquido nero.

<< Si, ma almeno avresti potuto avvertirmi. >>  

Mi scappa una risatina. Si sistema i lucidi capelli biondi sotto il cappellino di lana e si appoggia al divano con quello sguardo pieno di calore che spesso mi riserva.

<< Non è proprio questo il bello? Non sapere. Le sorprese sono le cose migliori della vita. Essere imprevedibili, sentirsi liberi. Fare cose nuove, nuove esperienze.  >>

Mi guarda di sottecchi, inarcando platealmente un sopracciglio scuro. Distolgo lo sguardo e fisso le fiamme rosse e arancioni che scoppiettano davanti a noi. Mi porto le ginocchia al petto.

<< Hai ragione. Anche se a volte si ha bisogno solo di… sentirsi a casa. >>

Restiamo per qualche secondo in silenzio.

<< E qual è casa tua, piccola Neens? Atlanta o Toronto? >> 

Trattengo un sorriso, alzando gli occhi al cielo per un attimo.

<< Sai, non ne ho idea. Non più. >>  

Mi soppesa con lo sguardo, come se sapesse qualcosa che io ignoro o che faccio finta di ignorare.

<< Ne sei certa? Con me puoi parlarne. >>  

Annuisco, quasi ringraziandola.

<< Mi manca Toronto. Davvero tanto. Mi manca la mia vecchia casa, e mi manca mia madre. Ma non sento più di appartenere a quel posto. Non so, è strano. Atlanta invece… >>

Proprio mentre pronuncio il nome della mia città, mi tornano in mente diversi ricordi, collegati gli uni agli altri. I primi mesi in quella città sconosciuta, la paura, il senso di mancanza, tutte le novità, le ore di lavoro, le serate nella piazza, i concerti, il profumo dei boschi, e le interminabili serate nel ristorante sotto casa. E in tutti questi ricordi c’è un viso in particolare ad accompagnarmi, i suoi occhi azzurri, il suo sorriso accattivante, la sua voce rassicurante. Lui che mi mostra ogni angolo di quella città così nuova, così ricca di sorprese. Lui, sempre disponibile e gentile. Lui e il suo modo di farsi amare, e di farmi amare anche quel posto a me estraneo, scacciando da me tutto lo smarrimento e il timore iniziali…
 

2009

<< Questa città è tanto bella, quanto crudele. >> 

<< Che vuoi dire? >>  

Ian mi ruba una patatina dal piatto, portandosela alla bocca e addentandola platealmente.

<< Beh, sai… Tutte le città hanno i loro lati positivi e negativi. Atlanta non fa eccezione. >> 

Alzo le spalle, guardandomi intorno, fissando ogni particolare di questo piccolo pub disperso, tutto rosso e nero, con le vetrate disegnate a cui filtra la luce del sole. Addento il mio hamburger, senza troppe cerimonie. Lui mi sorride, mentre continua a rubarmi le patatine.

<< Se ci tenevi tanto alle patatine, perché non le hai ordinate anche tu? >>

<< Perché mi piace rubare le tue. >>

E anche con i capelli disordinati, gli occhi un po’ rossi, la camicia sfatta, sembra appena uscito da una rivista patinata. Gli lancio il tovagliolo, che afferra al volo sogghignando. Il cameriere si avvicina al nostro tavolo, per portar via i piatti ormai vuoti. Contemporaneamente sia io che Ian portiamo le mani su quello delle patatine ancora per metà pieno.

<< No questo, no. >>

Diciamo in coro.

Ci guadiamo e scoppiamo a ridere, mentre il cameriere si allontana interdetto. La mano di Ian resta leggermente stretta alla mia, sul tavolo, accanto al piatto, con una naturalezza che mi confonde. Come se non avesse fatto altro per tutto il tempo. Ma poi ricordo il modo in cui abbraccia Julie e Paul. Il modo in cui, si permette di stringermi a se. E’ una particolarità del suo carattere. Gli piace avere il contatto con le persone. Imporre la sua presenza anche in modo fisico. Come se a vederlo e sentirlo, non fosse abbastanza.

 << Allora, dove vuoi andare ? >>

Mi chiede tranquillo. Alzo le spalle, inarco un sopracciglio, mi scosto i capelli dal viso con la mano libera.

<< E lo chiedi a me? Non sei tu l’esperto di Atlanta? >>  

Si accarezza il mento, con fare meditabondo.

<< In realtà non ci sono tantissime cose da vedere. E’ una metropoli, un centro di lavoro, più che una ‘meta turistica’. C’è il World of Coca Cola Pavillon, se sei interessata alla storia di questa nostra celebre bibita che stai bevendo proprio in questo momento. Vicino alla stazione centrale c’è l’underground Atlanta, centro commerciale sotterraneo con più di cento negozi. Non dimentichiamoci del parco storico, con le più grandi residenze di tutti i tempi, che magari avrai visto in Via col Vento… E poi… >>

<< Portami in un posto che per te vale la pena di vedere. Non parlare come se fossi una guida turistica. >>  

Gli dico, inclinando la testa. Sfidandolo. Incassa il mio sguardo e poi sorride. Sorride come se gli avessi fornito una soluzione su un piatto d’argento.

<< Allora ho il posto perfetto. >>  
 
Mezz’ora dopo stiamo per entrare in un enorme edificio in vetro e acciaio.

 ‘Georgia Acquarium’ 

Ian mi trascina davanti all’entrata e paga i due ingressi senza accettare repliche.

<< Dovevo aspettarmi una cosa del genere… >>

<< Questo è uno dei miei posti preferiti in assoluto. Certo, non sono in mare aperto, ma è uno spettacolo… Vieni. >>

E così mi riprende per mano, camminando a passo svelto, verso questa moltitudine di corridoi e pareti colorate. E finalmente, scesa una lunga rampa di scale, entriamo nel corridoio che ci interessa. Mi lascia la mano, e mi sospinge in avanti, con il braccio leggermente aperto, come a volermi invitare in questo posto magico. Il passaggio è lungo e largo. Il soffitto e le pareti sono completamente di vetro. Siamo all’interno di un acquario enorme, a forma di tunnel. In entrambi i lati, e sopra di noi, miriadi di pesci dalle forme e colori differenti ci nuotano intorno. Sono quasi schiacciata con il naso contro il vetro alla mia sinistra, a bocca aperta, proprio come una bambina poco più avanti.

<< Sembra che ho trovato il posto adatto, che ne dici? >>  

Mi volto verso di lui, ancora una volta, per esaminare la sua espressione, immerso in tutto questo azzurro.

<< Assolutamente si. >>

Soddisfatto si avvicina al vetro e inizia ad indicarmi diversi pesci, snocciolando una serie di nomi incomprensibili, uno dietro l’altro. Lo ascolto, lo ascolto per quelle che sembrano ore, e ogni tanto mi concede qualche domanda, sorridendo leggermente imbarazzato. Attraversiamo tutto il percorso, e restiamo delusi quando scopriamo che ormai è troppo tardi per andare oltre. Quando usciamo, è ormai sera, e l’aria è fredda e pungente.

<< Ti va di fare due passi? C’è un’altra cosa che vorrei mostrarti. >> 

Annuisco in silenzio, concedendomi di soffermarmi un secondo in più, sul suo splendido viso. Camminiamo fianco a fianco. Lo seguo, lasciandomi guidare dal suo passo sicuro. C’è questo silenzio, con noi. Ma è un tipo di silenzio giusto. Non imbarazzato o difficile da colmare. Lo vedo sfilarsi la giacca, e sistemarmela premurosamente sulle spalle. Sento il suo profumo impresso nella pelle nera e tiepida.

<< Grazie… >>

Infila le mani nelle tasche dei pantaloni.

<< Siamo quasi arrivati. >>

Attraversiamo uno spiazzo quadrato, e ci giriamo intorno. Proprio davanti a noi, si estende una lunga ringhiera, e oltre questa, l’intera città illuminata.

<< Sembra che oggi tu non voglia far altro che sorprendermi. >>

Gli dico, senza guardarlo.

<< Più che altro, voglio che sia questa città, a sorprenderti. Voglio che tu stia bene, qui. Con noi…Con me. Questa ormai, è casa tua. >>  

Sento i suoi occhi sul viso, e quando mi volto per guardarlo, posso vederli risplendere di una luce avvolgente, magnetica. Si appoggia alla ringhiera e incrocia le braccia in avanti, sporgendosi per ammirare il panorama.  Lo imito, assumendo la stessa posizione. Ci guardiamo per un altro secondo, e sorridiamo.
 


<< Ian… Ian è la mia casa. >>

E nel momento esatto in cui queste parole, così sussurrate, mi escono dalle labbra, prendo consapevolezza. Una consapevolezza dolorosa e al tempo stessa avvolgente. Ed è così vero. Non c’è posto al mondo, in cui mi sono sentita più giusta. Più protetta. Più a casa.Mi volto verso Julianne. Mi sorride comprensiva.

<< Sembra che tu lo abbia scoperto ora. >>

Ed è il modo in cui lo dice a confondermi, come se le già lo sapesse, come se si aspettasse una risposta del genere.

<< Ahh Neens, non guardarmi in quel modo. Ti conosco da nemmeno un anno, ma in tutto questo tempo, se c’è una cosa che ho capito di te, più di tutte le altre, è il tuo amore per quell’uomo. E quell’anello che continuavi ostinatamente a portare, ne era solo la prova. Ora non lo porti più, ma questo non vuol dire che non lo porti nel tuo cuore. >>   

Abbasso lo sguardo, lievemente imbarazzata.

<< Non dobbiamo parlarne. Non è il caso. >>

Gli dico, rigirandomi la tazza tra le mani.

<< Sono tua amica. E a differenza di quello che pensano in molti, non odio Ian. Non è lui in se stesso. Ma odio vederti triste, vederti in questo modo. >>

<< Non ho mai pensato questo. Solo che è complicato… E la storia con Derek… >>

<< Ahhh, ti prego Neens! Mio fratello sapeva perfettamente in cosa si stava cacciando. E’ molto volubile e appassionato. Tiene molto a te, è vero. Ma non puoi costringerti a tenere a lui più di quanto tieni a Ian. Non è possibile. Lo so bene. >>

Fisso i suoi occhi sinceri, ringraziandola mentalmente per ogni parola.

<< Stiamo infrangendo la nostra promessa estiva. >>

<< Quella di non parlare di ragazzi e in particolar modo di Ian e … Ryan? >>

Annuisco.

<< L’estate è finita da un bel po’ Nina… Forse è ora che tu e Ian lo capiate. >>               

<< Che vuoi dire? >>

Incrocia le gambe, sistemandosi per bene davanti a me.

<< Leggo i giornali di gossip, tesoro. E la vostra foto, avvinghiati in quell’abbraccio a quel party, è ovunque. Hai letto anche tu cosa dicono, no? Che vi siete riavvicinati. Penso che in realtà non vi siete mai allontanati realmente. Avete qualcosa che non vi permette di separarvi, oltre all’amore, ed è il lavoro, e il fatto che siete ogni giorno a contatto. E’ anche per questo che volavi da noi a LA,  giusto? Per allontanarti da lui. E non ti biasimo. Ed è per questo che sei qui anche ora, no? >> 

<< Volevo stare un po’ con te. Mi mancavi. Non è per Lui. >>

Si sporge verso di me, per stringermi le mani.

<< Anche tu mi mancavi Neens, davvero. Ma la tua espressione tradisce le tue emozioni. Vuoi raccontarmi cos’è successo? Per settimane non ti abbiamo vista. Pensavo che fosse per il lavoro, ma poi ho capito. Siete tornati insieme. >>

Scuoto la testa energicamente, posando la tazza sul vassoio accanto a me.

<< Credevo… Credevo che fosse così. Ma evidentemente mi sbagliavo. >> 

Jules mi guarda incuriosita, come se volesse chiedere di più. Così inizio a raccontarle, brevemente e a grandi linee, tutto quello che è successo con Ian negli ultimi tempi. Fino ad arrivare al party e al nostro ultimo litigio. Sospiro, cacciando fuori tutta l’aria, quando arrivo alla fine della mia piccola storia.

<< Ti ha accompagnata all’aeroporto? >>

Mi chiede sorpresa. Annuisco.

<< Non l’ho visto. >>

<< Ha preso il volo per New York poco dopo… >>

Mi guarda per qualche altro minuto, pensosa.

<< Praticamente, è stato mio fratello a farlo scattare del tutto? E in questa settimana come si è comportato? >>  

Usa il tono critico da migliore amica.

<< E’ chiaro che non riesce a perdonarmi molte cose. Si comporta normalmente. Sembra che stiamo insieme, ma… Non stiamo bene. Penso che lui non voglia darci una seconda possibilità. Concretamente. Dice che mi ama, ma se non fosse così? Se si stesse solo aggrappando a qualcosa che è ormai finito? Non penso riuscirei a sopportarlo. >>  

Sento le lacrime affiorarmi agli occhi, cerco di trattenerle, di cacciarle indietro.  Jules si avvicina a me, prende la coperta poggiata sul divano e l’avvolge intorno ad entrambe, stringendomi in un abbraccio rassicurante.

<< E tu, Nina? Non ti stai aggrappando a qualcosa di ormai finito? >>

Mi scosto per guardarla negli occhi, mi asciugo una lacrima solitaria.

<< Io lo amo Jules. Non ho mai smesso di amarlo. E a volte penso che questo non cambierà mai. E ho paura. Ho paura che possa andare così. Ho paura di ritrovarmi sempre con il suo pensiero. E non importa quanti uomini arriveranno, quanto crescerò o quanto tempo passerà… >> 

<< Ma il tempo passerà, Nina. Passerà. E magari ci sarà un altro ragazzo, e altre cose nella tua vita che potrebbero portarti lontano da lui. Ma sarà una tua scelta. Dovresti pensarla in questo modo. Tutta la tua vita dipende da te. Da nessun’altro. Nemmeno da Ian Somerhalder. >>

Resto in silenzio, cercando di frenare altri pensieri che si andrebbero ad accavallare su quelli attuali. E lei capisce. Capisce che non voglio più parlarne. Capisce che ho bisogno di altro, in questo momento. Mi abbraccia di nuovo.

<< Andrà tutto bene. >>

Mi dice. Ed è proprio quello di cui avevo bisogno.
 

POV. Ian

Il tintinnare dei bicchieri che si scontrano, l’odore di fumo e di cibo, il caldo, il rosso delle pareti e dei divanetti, il poco spazio a disposizione. E il braccio di Butch che continua a scontrarsi con il mio. New York e la sua bellezza.

<< Ehi, amico… La smetti di guardare il fondo di quel bicchiere? Non serve a molto vuoto. >>

Butch mi versa un altre due dita di wisky, e nel frattempo si scola il suo. Lo imito mandando giù in un solo sorso il liquido ambrato. Strizzo gli occhi, mentre sento la gola bruciare.

<< E’ decisamente forte. >>  

Mi spinge di nuovo.

<< Il migliore di tutti! >>   

Distende le gambe e mi fissa da dietro il vetro del bicchierino.

<< Allora, cosa ti ha portato, di nuovo nella città che non dorme mai? >> 

Mi sistemo il cappello, e mi sfilo la giacca di pelle, poggiandola sul bracciolo accanto a me.

<< Mi hai chiamato, ed eccomi qui. >>  

Cerco di sviare. Ma il mio vecchio amico non si lascia confondere così facilmente. Inclina la testa di lato, mostrandomi uno dei suoi sorrisi più sinceri.

<< Ti chiamo quasi ogni week-end, il punto è che stai rispondendo davvero spesso. E sei particolarmente stanco, ultimamente. >>

<< Beh sai, con il lavoro e il fuso orario, e gli spostamenti… >> 

Cerco quasi di giustificarmi. Di giustificare i miei occhi rossi, e i miei zigomi pronunciati, che vedo riflessi nel suo commento.

<< Non intendevo questo, Ian. Sembri stanco… Qui dentro. >>

Si porta la mano al petto e la batte al centro, dove c’è il cuore. Di nuovo quel sorriso comprensivo. Alzo le mani, in segno di resa, scuotendo la testa.

<< Che dirti? mi hai scoperto. >>

Distolgo lo sguardo, fisso il bicchiere rigirandomelo tra le mani.

<< Dov’è Nina? >>

Diretto, preciso. Come un colpo ben assestato.

 << Ieri l’ho lasciata a Nashville. >>

Silenzio. Silenzio tra uomini. Silenzio di comprensione.

<< Pensavo che le cose si fossero sistemate. >>

Dice, con voce ferma, sicura.

<< Lo pensavo anche io. O almeno… Lo speravo. >>

<< Allora si può sapere cosa stai combinando? >>

Riporto i miei occhi su di lui.

<< Dai per scontato che sia colpa mia. >>

<< Non è così? >> 

Sospiro rassegnato.

<< Non vado bene per lei... >>

<< Cazzate. Tutte cazzate. >>

Mi punta un dito contro, con aria seria.

<< Per più di tre anni come avete fatto? Smettila di fare il coglione. >>

<< E’ diverso. Sono cambiate molte cose. Io sono cambiato. Lei è cambiata. E’ troppo giovane. E pretendo troppo. >>

Sospira anche lui, poggiandosi si nuovo con la schiena alla poltrona.

<< E allora smettila di pretendere. >>  

Sorrido ironicamente.

<< Non è così semplice. Forse, ci stiamo aggrappando a qualcosa di finito. Forse è meglio così. Chiudere del tutto e lasciarla libera di vivere come merita, come preferisce. Io ho visto il mondo, ho fatto di tutto alla sua età. Deve aver la possibilità di farlo anche lei. Non posso continuare a bloccarla. Non posso stare con lei, pensando a tutto questo. >>  

Mi passo le mani sul viso. Cercando di scacciare via questo peso che mi opprime. Questo senso di mancanza. Questa malinconia che mi accompagna.

<< Ma tu la ami, Ian. Basta guardarti per capirlo. >>

<< Questo non cambia nulla. Non sono così egoista… Non posso esserlo, con lei. >>

E mentre pronuncio queste parole, penso a Damon. Al mio Damon. E al modo in cui ama Elena. Al modo in cui, l’ha lasciata andare. Lui è stato debole. Come lo sono io in questo momento. Ma l’ha fatto per il suo bene. Ed è ironico quanto siamo simili quest’anno, più di ogni altro.

<< Non penso che sia questo il vero motivo. Magari hai solo paura. Di soffrici ancora. Di essere di nuovo rifiutato e ferito. Magari non riesci a perdonarla. >>

<< Certo che non ci riesco. E non riesco a perdonarmi. Non avrei dovuto lasciarla andare, sei mesi fa. Allora mi sembrava la scelta più giusta. Sembrano sempre giuste e poi… >>  

Stringo di più il bicchiere. Provo a reprimere la rabbia indolente, che mi avvolge.

<< La realtà è che sono furioso Butch. Furioso. Con lei, e con me stesso, perché permetto a questa situazione di condizionarmi. >>

Sento la mano del mio amico stringermi la spalla. 

<< A volte bisogna dover distruggere tutto, per poter ricostruire al meglio. >>  

Restiamo per qualche attimo in silenzio. Poi lo sento scoppiare in una risata sommessa.

<< Forza, passami il bicchiere. Te ne verso un altro. >>

Sorrido, allungando il cilindro di vetro.  
 

POV. Nina

Il set è immerso in un silenzio assordante. Sono tutti in attesa. Fissano tutti la scena, con una crescente eccitazione e tensione. Ian è ricoperto di sangue finto. Il collo, la maglietta, le labbra. Damon ha appena finito di squartare l’ennesimo vampiro, ma questa volta è diverso. Ian si guarda le mani imbrattate di rosso, e poi si guarda intorno. Gli occhi stanno perdendo la loro espressione di pura ferocia, mentre la telecamera, inizia ad avvicinarsi sempre di più a lui, fino ad inquadrargli il viso. Ed è il modo in cui mette tutto se stesso a rendere questa scena unica nel suo genere. Si può capire l’istante esatto in cui Damon sta per decidere di spegnere la sua umanità. Ed è proprio il momento in cui devo entrare in scena. Chris mi da il segnale. Avanzo sulle croci di carta segnate sul pavimento in legno, a passo svelto.

<< Damon! >>

Urlo il suo nome, lo invoco, con la voce roca. Sono a pochi metri da lui, i suoi occhi sono pieni di paura e rimorso.  

<< Damon… Non farlo! >>

Continua a guardarsi le mani sporche di sangue e i corpi intorno a lui. E poi alza lo sguardo e incrocia il mio.

<< Elena… Non dovresti essere qui. >> 

Ma io continuo ad avanzare, ignorando le sue proteste.

<< E dove altro dovrei essere?  Smettila di scappare. Possiamo affrontare tutto questo, insieme. >> 

Fa qualche passo indietro, ma io sono già fin troppo vicina. Posso vedere le pupille di Ian dilatarsi in modo naturale, le lacrime gli imperlano gli occhi.  

<< Noi non affrontiamo niente. Io. Ci sono solo io Elena. Non devi più preoccuparti per me! >>   

Gli afferro il braccio, ma lui si divincola immediatamente. Si volta di nuovo, di scatto, con gli occhi azzurri fiammeggianti.  

<< Io ti amo, Damon. Non riesco a vederti in questo modo! >>

<< Allora smettila di amarmi! Di cercare la mia redenzione. Cosa devo fare per fartelo capire, Elena? Tutto questo non è abbastanza? Non sei stanca di combattere? Sono un problema per te! Un mostro. >>

Ed è proprio mentre dice queste parole che perde del tutto il controllo. Le vene del suo collo sono in rilievo, proprio come quelle sulle braccia. Il petto è gonfio e ha gli zigomi arrossati e gli occhi pieni di lacrime. Posso quasi sentirei tutti trattenere il respiro. Proprio come sto facendo io. Ho sempre ammirato il modo in cui Ian riesce a gestire Damon, a renderlo così particolare, così suo. E non lo è mai stato tanto quanto in questo momento.

<< Non voglio che tu… butti via la tua vita per me! Guardati intorno… >> allarga le braccia, mostrando i cadaveri squartati intorno a noi.

<< E’ questo, quello che sono. >>  

<< EH STOP! >>   

C’è un secondo di silenzio, prima delle scroscio di battute e complimenti vari.

<< Fantastico Ian! Grandioso! >>

<< Dobbiamo farti arrabbiare più spesso. >>

Ma Ian non guarda nessuno di loro, cerca di sorridere, ma non ci riesce. Si passa una mano tra i capelli e sospira. Sospira con forza. Provato, sotto pressione. E quando sono i suoi occhi, e non quelli di Damon, a fissarmi, crollo del tutto. Faccio qualche passo indietro, scanso la mano di Emy allungata per aggiustarmi il trucco.

<< Mi serve qualche minuto.. >>   

Sussurro con la voce spezzata. E mi tiro di nuovo indietro, mi allontano da lui e dagli altri per raggiungere il mio camerino. Avanzo velocemente, scansando Kat, che mi lascia andare senza repliche. Ripeto a mente le battute che dovrò dire.

Non posso smettere di amarti, Damon. Non posso! E tu, meglio di chiunque altro lo dovresti sapere!’  

L’enfasi che devo usare, le braccia tese in avanti, aggrappate alle sue. Ma non mi darà ascolto. Spegnerà la sua umanità. E saremo punto e accapo. Il lungo corridoio bianco sembra infinito. Spalanco la porta e la richiudo con forza alle mie spalle. Mi premo una mano sullo stomaco, cerco di calmare i respiri accelerati, e di trattenere le lacrime. Inspira. Espira.

Smettila di amarmi. Smettila di amarmi. Smettila di amarmi.”  

Le parole continuano a risuonarmi nella mente. Erano detta con tale furia, con tale sincerità. Pensavo che le cose sarebbero migliorate. Al ritorno da Nashville, quando l’ho visto all’aeroporto ad aspettarmi, ho pensato, solo per un secondo, che tutto potesse andare al posto giusto. Speranze vane. Che stupida. Sento lo scatto della porta alle mie spalle. Ho ancora la mano premuta sullo stomaco, la sposto, e alzo la testa.

<< Cosa vuoi? >>

Gli chiedo, senza voltarmi.

<< Mi dai così per scontato? >>

Mi scappa un mezzo suono smorzato, di scherno, mentre scaccio via qualche lacrima indiscreta.

<< Sapevo che mi avresti seguito. Lo fai sempre. >>

Sento i suoi passi attutiti sulla moquette scura. Si fa sempre più vicino.

<< Come sai che odio vederti piangere. >>

Tengo gli occhi fissi sulla parete davanti a me.

<< Dicevi sul serio? Prima, sul set. >>

Gli chiedo, senza esitazione.

<< Vorrei che tu mi guardassi. E vorrei guardarti. Sei troppo vicina per poter scappare ancora. >>

Mi volto di scatto, e lui fa un passo indietro.

<< Non sto scappando io, questa volta. >> 

Ha ancora gli occhi leggermente lucidi. Dei ciuffi neri gli ricadono scomposti sulla fronte. Ho sempre amato guardarlo da vicino. Soffermi solo sul suo viso. Sulla piccola cicatrice rotonda, in evidenza sulla guancia sinistra. E quella più marcata sul mento. Sulle rughe d’espressione intorno agli occhi, sulla fronte liscia, agli angoli di quelle labbra. Reprimo l’istinto di allungare una mano per sfiorargliele piano. Resta in silenzio, non dice nulla.

<< Vuoi davvero che smetta di amarti?  >>

Non distoglie lo sguardo. Non vacilla. Sembra… Indifferente. Volutamente indifferente. Troppo indifferente.  

<< Stavo recitando la mia parte. Erano le mie battute. >>

Risponde, con un tono meccanico, privo di enfasi.  

Mi avvicino di più a lui. Fino a far sfiorare i nostri vestiti.

<< Come stavi recitando qualche mese fa, dicendomi che ero la tua vita e che non avresti permesso a nessuno di impedirti di costruire un futuro con me? >>  

Vedo un lampo di sfida passare in quei piccoli cerchietti azzurri fiammeggianti.

<< Non recitavo in quell’occasione. >>

Sento una tensione crescente montare intorno a noi. Questa elettricità nell’aria, che mi spinge ancora di più ad invadere il suo spazio.

<< E hai ragione, non recitavo nemmeno prima. Sentivo mia ogni parola. Ogni singola parola. >>

Sento la rabbia montarmi dentro, lentamente, e crescere. Crescere sempre di più.

<< Credimi. Lo vorrei anche io! >>

Le parole mi escono fuori con più enfasi del previsto. Siamo talmente vicini che posso sentire il suo respiro sulle labbra. Vorrei scostarmi, mi faccio più indietro. Ma lui mi blocca per il gomito.

<< Allora fallo! Smettila di amarmi! >>

Cerco di strattonarmi dalla sua stretta, di sottrarmi dal suo sguardo. Gli batto i pugni sul petto.

<< Come se potessi realmente farlo! >>

Cerco di fermare le lacrime ma non ci riesco, non ci voglio riuscire.

<< Smettila di mentirmi! Non fai altro, Ian! Perché non mi parli? Perché non fai altro che lavorare e lavorare ignorando tutto il resto, in queste settimane? E fa così male, tutto questo. Così tanto. Ti sei chiuso dietro una corazza di fredda indifferenza. E non ce la faccio a vederti in questo modo. E preferisci crogiolarti nel tuo dolore e nella tua convinzione. Sei convinto che io, proprio io, la ragazza che ti vanti di aver cresciuto, per tutto questo tempo, possa davvero stare meglio senza di te! >>

Si scosta da me, strattonandosi dai miei pugni chiusi.

<< Pensi che per me sia facile? Pensi che tutto questo mi diverta? Ho trentacinque anni, Nina! Dovrei pensare a cose serie, e non ad una ragazzina. Si, non guardarmi in quel modo! Vuoi sapere cosa provo? Come mi sento? Sto ignorando tante cose, perché sono stanco di doverle affrontare. Stanco di chiedermi quale sarà la tua prossima mossa. Stanco dei tuoi comportamenti. Stanco di vederti volare via, ogni volta che ti senti stretta tutta questa situazione. E stanco di continuare a ripetermi che fai bene, che non sono adatto a te. Che pretendo troppo.  Sono stanco, Nina. Non voglio essere l’uomo che ti impedisce di vivere come desideri per costringerti a vivere come voglio io. Abbiamo sempre detto che i nostri anni di differenza non si sarebbero sentiti, e guardaci ora. Combattiamo. Non facciamo altro. Il nostro amore è diventato una guerra. Non dovrebbe andare in questo modo. E non so, non so davvero come sistemare le cose. >>

Gli sono di nuovo addosso, spingendolo contro la parete, ignorando i suoi occhi lucidi, pieni di lacrime.

<< Tu credi che tutto questo mi farà stare meglio, ma non è così. Hai idea… >> 

Mi scosto da lui, scuoto la testa.

<< Hai idea di quanto io ti abbia amato? Prima di tutto questo. E hai idea di quanto ti ami ora, in questo momento?! Hai idea di quanto io sia legata a te? Smettila di comportarti in questo modo! Tu andrai avanti. E io? Tu ti butterai nel lavoro, non ci penserai, ti torturerai, e io?! Hai pensato a come potrò sentirmi? Non andrò mai avanti Ian! Non smetterò mai di amarti! >>

Urlo e piango, senza ritegno. Cacciando fuori tutto quello che mi sono tenuta dentro in queste settimane. E lui mi guarda come se mi vedesse per la prima volta. Sento le sue braccia avvolgermi, mi aggrappo alle sue spalle. Sento i suoi muscoli sotto i polpastrelli. Sento la sua fronte contro la mia, e poi le sue labbra premute sul mio collo.

<< Ti prego… Combatti con me. >>

Gli sussurro, ancora e ancora.

<< Non arrenderti. >>  

Non risponde. Continua solo a stringermi, e stringermi. Sempre più forte. Come se volesse farmi diventare… Parte di lui.








ANGOLO AUTRICE. 

Ormai è assodato. Non riuscirò mai a pubblicare ad un orario decente. Lo sapete. Capitolo 'di passaggio'. Capitolo molto al singolare. Molto 'Ninoso'. Molto sofferto. 

Si prende un po di tempo dal capitolo precedente, sono passate delle settimane. (Prima o poi saprete cosa è successo in quelle) 

Ovviamente, come al solito, era partito in modo ed è finito in tutt'altro. 
In realtà è stato 'stoppato'. Ho tagliato qualche pagina finale. (Ci saranno nel prossimo capitolo) 

-Temporalmente parlando. Nashville. Prima del ringraziamento. 
E poi sul set, la settimana dopo il ringraziamento. 
-Nina è davvero stata nel posto menzionato nel flashback, nel 2009. 
-Le prime righe sono i versi della nuova canzone di Lea Michele, Battlefield. 


Siamo agli sgoccioli. 


Aspetto recensioni, commenti, pareri, quello che volete.  

Grazie. 
 

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Capitolo 27
*** I always keep my promises. ***


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                                                                                                  27 
                                                                                      
                                                                           I always keep my promises. 


 


Arriva il momento in cui si ama qualcuno, 
non perché sia buono, o cattivo, 
o per qualsiasi altro motivo, 
ma perché lo si ama e basta. 
Non significa che si rimarrà insieme per sempre,
né che non si soffrirà. 
Significa soltanto che ci si ama, 
talvolta a dispetto di ciò che si è, 
talvolta a causa di ciò che si è, 
e si sa di essere amati, 
talvolta a causa di ciò che si è, 
talvolta a dispetto di ciò che si è. 
Incubus Dreams 












 
POV. Ian.
 
I capelli di Nina mi sfiorano il mento. Le sue dita sono strette sui miei fianchi. Sussulta leggermente, tra le mie braccia. Le lacrime continuano a scenderle sul viso, ignorando le mie proteste, le mie parole rassicuranti e gentili. Queste spalle così piccole e esili piegate a sopportare il peso di un amore troppo grande. Troppo opprimente. E mi rendo conto, che ormai, le parole non bastano più. Non bastano a colmare un vuoto che ci divide da troppo tempo. Siamo stati forti e coraggiosi, codardi e deboli. Ci siamo lasciati trascinare in questa lotta infinita, in una guerra fatta d’amore e d’incomprensioni, sospesi tra una felicità completa e una lenta agonia, sicuri che prima o poi, saremmo arrivati ad una giusta conclusione. Ma tutto sembra sempre sfuggirci dalle mani. Come se non avessimo arbitrio in merito. La stringo per qualche altro minuto, prima di scostarla dal mio corpo. 

<< Sono stanco di guardarti piangere, Nina. >>

Le dico, con le mani premute sulle sue braccia. Si sposta bruscamente, passandosi i polsi sotto gli occhi.

<< Allora non guardarmi. Smettila di guardarmi. >>

<< Come se potessi realmente farlo. >>

Uso le sue stesse parole. Alza lo sguardo per incrociare il mio. Quegli occhi scuri, stracolmi di lacrime, leggermente arrossati, mi fissano tranquilli. Con una calma fin troppo finta.

<< E’ meglio che vada. Dovranno rifarmi il trucco, e fra poco tocca a me. >> 

Le blocco il polso, prima che possa allontanarsi. Ma mentre guardo la mia mano stretta intorno alla sua, capisco che non ho niente da dirle. Mi ha chiesto di combattere per lei, per noi, mi ha supplicato. Ma continuo a non volerlo fare. Continuo a credere che non sia giusto farlo. Per nessuno dei due. La sua espressione è in attesa, ma alla fine, la lascio andare. Sorride per quel gesto. Sorride consapevole e annuisce. 

<< E’ ora di finirla, Ian. >>

Sottolinea le parole in modo brusco, coinciso. Come se non ammettesse repliche. Lei, la mia ragazzina, usa un tono autoritario, dopo essersi sciolta come neve tra le mie braccia. E un po’ sono orgoglioso, per come riesce a tenermi in pugno in certe occasioni. E vorrei soltanto afferrarla di nuovo e dirle che no, non la lascio andare, non per davvero. Che non potrà mai succedere, e che saremo sempre qui, l’uno contro l’altra. L’uno accanto all’altra. E lei tira indietro le spalle, alza la testa e si sistema i capelli, e mi rendo conto di quanto sia cresciuta in questi sette mesi, più di quanto sia cresciuta in cinque anni. La porta si chiude alle sue spalle, e non si volta indietro per guardarmi, nemmeno una volta.   
 

POV. Nina

Continua a camminare Nina. Continua a camminare. Non voltarti indietro. Alza la testa. Raddrizza questa schiena. Asciugati questi dannati occhi. Non hai bisogno di lui. Inspira. Espira.

Ripeto e ripeto queste parole nella mia testa. Come una cantilena infinita, cercando di contrastare tutte le altre. Cercando di contrastare la mia voglia di tornare indietro, per varcare quella soglia e cadere tra le sue braccia, senza un minimo di buon senso. Il corridoio sembra così lungo, così bianco, così pronto a risucchiarmi da un momento all’altro. E mi sento così stanca, ora come ora. Stanca di combattere. Stanca di aggrapparmi a qualcosa di finito ormai da tempo. La vibrazione del cellulare mi distrae per un secondo, il tempo di leggere un messaggio, il tempo di un sorriso strappato al volo. Andrà tutto bene. Dovrà andare tutto bene.
 

<< Quindi, ora siete in buoni rapporti? >>

Raccolgo al volo la mia borsa, con il cellulare incastrata tra la spalla e l’orecchio.

<< Jules, davvero, si. Niente di complicato. Amici come prima. >>

<< Sai che questo non è umanamente possibile, vero? >>

Saltello sul piede destro, intenta ad infilarmi lo stivaletto sinistro. Sono in forte, fortissimo ritardo. 

<< E’ umanamente possibile se dobbiamo lavorare insieme ogni giorno. Sono passate tre settimane dal nostro ultimo litigio. E’ un record, dai tempi dei tempi. >>

La sento sospirare dall’altro capo del telefono.

<< Sicura che non ci sia niente sotto? Mi sembra tutto così strano… >>

Cerco di non inciampare mentre raccolgo le chiavi sul pavimento di legno lucido.

<< Strano perché, finalmente, abbiamo trovato un punto d’incontro? No. Non è strano. E’ perfetto. Non devo rinunciare totalmente a lui, e la nostra vita va avanti nel migliore dei modi. Sai, in realtà… Mi era mancato stargli accanto in questo modo. Senza complicazioni. Come tanto tempo fa. >>

<< D’accordo. Ma continui a non convincermi. Hai deciso dove passare le vacanze di Natale? >>

<< No, non ancora. Ti farò sapere presto, promesso. Adesso devo scappare, ci sentiamo più tardi, ok? >>

Sto per attaccare ma la sua voce mi richiama.

<< Ok, ti voglio bene! >>

<< Anche io! >>  
 

Mezz’ora dopo arrivo sul set completamente trafelata, e con sollievo scopro che le riprese sono rimandate di un’ora per dei problemi tecnici di cui m’importa poco. Mi passo una mano tra i capelli, ancora leggermente aggrovigliati. Mi fermo giusto un paio di minuti nel mio camerino per posare borsa e occhiali, tralasciando le lamentele di Sara sulle mie occhiaie profonde, giustificandomi con il fatto che il trucco serve appunto per coprire tutto. Scappo via da lei per correre in sala mensa, lasciandomi guidare dall’odore del caffè.  Sento diverse voci provenire dal grande stanzone. Quando entro, un coro di saluti mi accoglie, rimproverandomi per il solito ritardo. Mi avvicino al lungo tavolo pieno di muffin, riempiendo il primo piatto che trovo. Mi scosto leggermente per versarmi il caffè, mi sporgo più che posso verso il ripiano in alto per prendere una tazza, ma con il piatto in bilico mi è difficile muovermi. Proprio mentre sto per darmi per vinta e posare il piatto, una mano bianca dalle lunghe dita affusolate, afferra la tazza per me. Ian mi sorride inclinando leggermente la testa, guardandomi dai suoi otto centimetri d’altezza in più. Poggia delicatamente la tazza accanto al mio piatto, prende la caraffa del caffè e ne versa più di metà, proprio quanto ne avrei versato io. Piccoli particolari familiari.

<< Buongiorno.. >>

Mi dice, con voce tranquilla, mentre mi porge il bicchiere fumante. Lo prendo delicatamente.

<< Buongiorno Smolder. Sembri in ottima forma. >>

Il mio tono allegro, è… fin troppo allegro. Il suo sguardo azzurro mi esamina attento. Si sofferma sui segni stanchi che porto intorno agli occhi.

<< Sei stanca… >>

Mi appoggio al ripiano in legno, con fare disinvolto, mentre mi porto la tazza alle labbra. Alzo le spalle, per dargliene atto.

<< Fra poco ci sono le vacanze. Avrò tutto il tempo per riposare. >>

Sembra interessato all’argomento. I suoi occhi si accendono di una luce particolare, curiosa.

<< Hai già scelto la destinazione? >>

Il suo tono è leggermente più triste, spento, rassegnato.

<< No, non ancora. >>  

Si avvicina impercettibilmente cambiando posizione, sfiorandomi con i fianchi. Non mi sposto. Faccio finta di nulla.

<< Quest’anno non ho voglia di neve. >>

Continuo, per mantenere viva la conversazione.

<< Vorrei andare in un posto caldo. Su una spiaggia, e prendere tanto sole. Lo sai no? Non riesco a starci lontana. Ho programmato l’Australia con Riawna…>>

 Ed è un attimo. Sembra volermi dire qualcosa, sembra che voglia allungare una mano e scostarmi i capelli dal viso. Ma forse è solo la mia immaginazione. Forse è solo nostalgia. Alza le spalle, e allunga le labbra in quella solita smorfia finta che usa quando vuole mascherare qualcosa.

<< Goditi il mare anche per me allora... >>  

E non resiste. Allunga la mano destra e mi sfiora la guancia, sistemandomi una ciocca bruna dietro l’orecchio. Ed è un gesto così tranquillo, un gesto che ha fatto centinaia di volte. Annuisco impercettibilmente, e mi riporto la tazza alle labbra, per mascherare la mia espressione, pronta a tradirmi. Dura un secondo, e ritorna ad assumere un’aria composta che non gli si addice per niente. 

<< Ehi ragazzi! >>

La voce di Rick ci riscuote entrambi, facendo distogliere i suoi occhi dal mio viso. Il nostro - non più tanto nuovo – collega ci viene incontro a passo svelto, con un sorriso abbagliante. Ci saluta calorosamente e inizia a parlare e parlare come d’abitudine, senza fermarsi un secondo. Ian ha finalmente trovato un degno compagno di conversazioni infinite. Quando ormai ho perso il filo del discorso, mi scuso con i due, per potermi defilare e andarmi a preparare. E anche quando ho ormai voltato il corridoio, sento ancora il suo sguardo limpido addosso.
 

POV. Ian.

La guardo mentre scappa via, aggrappata ad un muffin al cioccolato seminascosto in un tovagliolo di carta. La guardo mentre sorride a tutti gli altri, e fa una faccia buffa a Candice prima di sparire nel lungo corridoio. E vorrei perdermi ancora un po’ nei suoi occhi scuri. Vorrei avere ancora il diritto di poterla seguire ovunque. Di poterla svegliare con un bacio, e di addormentarmi con le braccia strette intorno alla sua vita.  Scaccio via questi pensieri ingombranti e riporto la mia attenzione a Rick, che noto, ora mi sorride comprensivo, annuendo leggermente. Quanto potrà mai durare tutto questo? Più cerco di guardare avanti, più mi sento in trappola. Incastrato. Con il cuore chiuso e blindato. Mi hanno ripetuto che il mondo è pieno di donne da amare. E io sciocco e sentimentale, continuo a vederne solo una.  
 

<< Ian! Non passarti la mano tra i capelli. Li rovini e devo tornare di nuovo a sistemarteli. >>  

Allontano velocemente la mano dalla mia testa, sorridendo.

<< Scusa Maggie! >>

Julie mi fa un cenno con la mano, attirando la mia attenzione.

<< Ci sono delle piccole fan che vogliono salutarti, puoi andare? >>

Allargo le braccia e scendo velocemente le scale del salone di casa Salvatore.

<< Questo dovresti dirmelo tu. Quando riprendiamo? >>

<< Cinque minuti al massimo, e poi tocca di nuovo a te. Quindi, sbrigati. >>

Mi porto la mano aperta sulla fronte e imito il saluto militare.

<< Agli ordini Boss! >>

Scoppia a ridere mentre mi da una pacca sulla spalla. Aumento il passo, fino ad arrivare all’ingresso del set, dove ci sono le varie strutture in legno usate per girare le scene esterne. Noto un gruppetto di ragazze, si guardano intorno con le espressioni sorprese. Una mi nota da lontano, e mi indica, chiamando il mio nome.

<< E’ Ian! >>

Gli vado incontro, e allargo le braccia per stringerla a me. Avrà si e no quindici anni, proprio come le altre due. Mi guardano con gli occhi lucidi e dei sorrisi talmente grandi da riscaldarmi il cuore. Il meglio che posso fare, è cercare di sorridere nello stesso modo.

<< Io mi chiamo Lena, e volevo presentarti la mia sorellina, Tilly. Oggi siamo qui, soprattutto per lei. Non vedeva l’ora di conoscerti.  >>

Le due ragazze dietro di lei si spostano, e vedo una bambina che non avevo notato, attaccata alla gamba di una ragazza più grande. Ha un paio di treccine castane e degli occhi enormi color cioccolata. Ad occhio e croce, avrà al massimo sei anni. Il labbro inferiore le trema leggermente, e sembra concentrata con tutte le sue forze a cercare di trattenere le lacrime. Mi abbasso verso di lei.

<< Ciao piccola, come stai? Posso abbracciarti? >>

Appena vede che mi rivolgo a lei, sorride e in due passi è tra le mie braccia. Mi alzo, sollevandola da terra, stringendola piano, sentendo i suoi singhiozzi contro il mio collo. Ci stacchiamo per guardarci negli occhi e le ripeto diverse volte di non piangere. Indica la sua maglietta e noto che è dell’ISF Army. La ringrazio e ringrazio diverse volte, e quando la poso a terra inizia a raccontarmi del suo criceto e del fatto che rimprovera i compagni di classe che lanciano i sassolini contro gli uccelli nel cortile della scuola.

<< Grazie per il tuo aiuto. >>

E bastano queste poche parole a farle tornare totalmente il sorriso. Tira fuori dal suo zainetto un portachiavi di peluche a forma di gatto. Mi dice che si chiama Loop, e che è per me. Lo prendo dalle sue manine, che avvolgo con le mie, continuando a ringraziarla. 

<< Ian? >>

Mi volto, richiamato dalla voce di Zach.

<< Tocca a te, ci servi sul set. >>

<< Arrivo subito. >>

Mi rivolgo di nuovo alle ragazze, e alla più piccolina in particolare, scusandomi, dicendo che è tardi e che devo andare. Concedo loro qualche altro minuto, il tempo di scattare un paio di foto, con Tilly aggrappata al mio collo come una scimmietta. Mi salutano ancora da lontano, ringraziandomi. Faccio una corsa nel mio camerino per posare sul tavolo il portachiavi, altrimenti finisco per perderlo da qualche parte. Quando torno sul set, sono già tutti in posizione. Nina è impiantata sulla sua x, poco distante dal letto di Damon, e mi rendo conto che qualcosa non quadra. Cerco Julie con lo sguardo, e quando la trovo, mi avvicino a lei.

<< Pensavo dovessimo girare solo le scene con Damon, oggi. >>

Inclina un sopracciglio e scuote la testa.

<< Cambio di programma. Facciamo prima quelle con Elena. Nina dopo è impegnata con Rick e Paul. E non abbiamo tempo. Non dirmi che non hai memorizzato quella parte del copione? E comunque, non preoccuparti. E’ solo la prima prova.  >>

Spalanca gli occhi azzurri, quasi in preda al panico.

<< Ma no, certo che l’ho memorizzata. Tutto ok. >>

Tira un sospiro di sollievo, e torna a sedersi, proprio dietro la telecamera principale. Arrivo sulla mia x, a pochi metri da Nina, cercando di evitare il suo sguardo, per potermi concentrare al meglio. Sono Damon. Amo questa donna. La desidero, non posso averla, l’ho lasciata per il suo bene. Per non cambiarla. Per renderla felice. Per darle la vita che merita. Mi odio per tutto questo. Non è poi così difficile, a pensarci. Ritorno con gli occhi su di lei. Sembra rilassata, tranquilla, professionale. Ma sappiamo entrambi che la scena in questione, non è semplice.

<< Pronti? Silenzio sul set… MOTORE, e… AZIONE! >>

Si avvicina a me, lentamente.  

<< Pensi che mi arrenderò? Pensi che ti lascerò andare dopo tutto quello che abbiamo passato? Tu non ti sei mai arreso con me. Io farò lo stesso. >>

I suoi occhi sono imperscrutabili. E so che in parte, è colpa mia. Perché è proprio in questi momenti che lei guarda me. Non guarda Damon. E fa di tutto per non guardarmi. Per fingere. I nostri corpi reagiscono ancora quando sono accanto. Ma le emozioni, sono più complicate. Meglio fingere e chiudere fuori tutto. Il suo corpo è a pochi centimetri dal mio, sento il suo profumo, il suo respiro. Cerco di prendere spazio. Damon non vuole lasciarsi trascinare dall’amore che prova per lei.  Faccio uscire fuori tutti i sentimenti che Damon deve provare, che io provo.

<< Dici che non mi sono arreso… Ma non è vero, Elena. L’ho fatto. E vorrei che ci fosse un modo per redimermi. Per cancellare tutte le mie azioni precedenti, tutti gli sbagli, ma non c’è. Non c’è Elena! Quindi, vattene da qui! E se non lo fai tu… Lo farò io! Enzo mi sta aspettando. >>

Il mio tono di voce è decisamente più alto. Il suo sguardo cambia nel giro di un secondo. Ed è in questi frangenti che si può notare il grande talento di Nina in azione. L’attimo dopo me la ritrovo addosso. Mi sbatte contro il muro con una forza incredibile. Una forza che poi verrà velocizzata in versione vampiro.

<< Per far cosa? Continuare con il vostro piano di vendetta? No. Tu non lo farai. Non te lo permetterò. >>

Cerco di strattonarla via, ma mi trattiene contro il muro. 

<< Sappiamo entrambi che niente riesce a fermarmi, quando voglio qualcosa. >>  

Il suo viso è a un palmo dal mio naso. Determinata, arrabbiata, piena di forza. Un Elena pronta a mettere in gioco tutto per Damon. Il suo viso sfiora il mio. Sospira leggermente, per la vicinanza dei nostri corpi, premuti l’uno contro l’altro.
Resto con le spalle al muro per qualche altro secondo. Li conto nella mia mente, come ci hanno abituati a fare. Sento le telecamere avvicinarsi ancora di più, per riprendere i nostri visi da vicino.

<< Tu non andrai da nessuna parte. >>

La scosto da me, la allontano leggermente. Prendo il sopravvento e inverto le nostre posizioni. Adesso è lei quella con le spalle al muro.

<< Ah si? E come pensi di fermarmi, Elena? >>

I suoi occhi si spalancano, un po’ per la paura, un po’ per la sorpresa. Sento le sue mani cingermi il collo e le spalle, e poi preme con forza le sue labbra sulle mie. Dovrebbe essere una cosa inaspettata, per Damon. Adesso dovrei sciogliere la presa, ma Nina mi tiene saldamente a se, dischiude le labbra, e sento il suo respiro caldo mischiarsi al mio. Mi allontano bruscamente, giusto il tempo di guardarla negli occhi per un secondo. E dentro di questi posso leggervi impazienza, ancora rabbia e desiderio. Erano settimane che non mi baciava in questo modo. Settimane che non mi baciava affatto. La mia reazione e quella di Damon sono medesime. E in questo momento, mi dimentico totalmente delle telecamere, della scena, del lavoro, e di tutto il resto. Ho solo un pensiero: voglio farla vacillare. Con la foga di cui Damon è famoso, calo di nuovo sulle sue labbra, che si dischiudono di nuovo, insieme alle mie. Le sfioro il viso con la mano libera, mentre con l’altra le mantengo il fianco, ormai totalmente appoggiati alla parete dietro di noi. Adesso lei dovrebbe iniziare a spingermi verso il letto di Damon, ma appena inizia a muoversi…

<< STOP >>

Mi stacco da lei velocemente, lasciandola leggermente sconvolta contro il muro. Mi volto verso Julie, che ci fissa con uno sguardo tra l’ammirato e il sorpreso. Chris e il resto della crew hanno le stesse espressioni.

<< Qualcosa non va? Abbiamo sbaglia… >>

Julie alza la mano, a volermi ammutolire.

<< No, Ian. Niente di tutto questo. >>

Gira il viso verso Nina, fissandola intensamente.

<< E’ andata benissimo. >>

Aggiunge Chris, con aria seria.

<< E allora perché quelle espressioni? >>

Chiede Nina, anticipandomi. Julie si alza e si avvicina ad entrambi.

<< Per un periodo ho pensato che non vi avrei più rivisti in quel modo. Lo pensavo fino a poco fa, in realtà. E’ andata alla grande, davvero.
Questa scena scalderà molti cuori. >> 

Lancio uno sguardo a Nina, e alla sua espressione neutrale.

<< Non dobbiamo continuare? >>

Chiedo, infine, tralasciando il discorso. Julie scuote la testa.

<< No, è perfetta così. >>
 

POV. Nina.

Apro di soppiatto, quasi come una ladra, la porta del camerino di Ian. Lui è impegnato sul set, ho giusto dieci minuti contati per trovare quello che cerco. Mi guardo intorno, ormai abituata a quel piccolo caos familiare. Fogli e documenti sparsi un po’ ovunque. La macchina fotografica nell’angolo del tavolo, proprio sotto lo specchio, pieno di foto. Sfioro piano il bordo di una che immortala il nostro trio, tre anni fa. Quante cose sono cambiate da allora. Le tavole da surf dei TCA vinti, sistemati contro la parete. Trovo la mia felpa appesa dietro la porta, al suo solito posto. Me la infilo velocemente. Sto per uscire, quando noto un portachiavi di peluche a forma di gatto posato sul tavolo. Sorrido, accarezzandone il musetto morbido.

<< Un regalo di una piccola fan.. >>

Chiudo gli occhi. Beccata. Mi volto, per vedere Ian appoggiato tranquillamente allo stipite della porta, con le braccia incrociate, e un sorrisetto divertito.

<< Scusa, ero venuta per… >>

<< La tua felpa rossa. Si. >>

Avanza lentamente, girando per la stanza.

<< La maggior parte delle tue cose sono qui, perché scusarsi? >>

Incrocio le braccia sul petto.

<< E’ stato stupido, lo so. Solo che non… >>

Sospiro, rilasciando tutta l’aria trattenuta.

<< E’ solo imbarazzante. >>

Dico, alla fine. Si siede sul divanetto, con le gambe aperte e con la testa reclinata verso il muro.

<< No, non è vero… >>

Si piega in avanti e riporta lo sguardo su di me.

<< Sei a disagio, forse. Ma non imbarazzata. Almeno, non quando siamo da soli. Sul set, poco fa, era diverso. >>

Trattiene un sorriso e io lo imito.

<< Beh, si. Quello è stato davvero imbarazzante. >>

Mi dondolo sui talloni, guardando il divanetto e la porta, come se stessi assistendo ad una partita di tennis.

<< Cosa c’è Looch? Sei indecisa se uscire e andare via, o venirti a sedere accanto a me? Non mordo. O almeno, non ora.  >>  

Sorrido di nuovo. E’ così facile farlo, ultimamente, con lui. Anche in mezzo a tutto il resto. Veri sorrisi, strappati con parole o azioni normali. Accolgo la sua richiesta e prendo posto vicino a lui, incrociando le gambe, con la schiena contro il bracciolo laterale. Sono girata dalla sua parte, nella mia posizione abituale. Mi lancia un’occhiata e torna di nuovo con la testa reclinata verso il muro.

<< Pensi che sia come dice Julie? Pensi che abbiamo perso qualcosa, quando recitiamo insieme? >>  

Gira definitivamente il volto verso di me, e alza le spalle.

<< Si. E penso che sarebbe strano il contrario. Abbiamo litigato, ci siamo detti cose poco carine, siamo stati lontani per mesi e mesi. Siamo lontani anche adesso, anche stando così vicini. La differenza si nota. Non possiamo farci nulla. >>  

Alza le sopracciglia in modo plateale, continuando a sorridere. E da una parte, sono contenta che non abbia detto ‘abbiamo smesso di amarci’. Forse, nemmeno lui ci crede più di tanto. Anche se ha deciso di lasciarmi andare.

<< Eppure continuiamo a ridere tanto, insieme. Soprattutto sul set. >>

Ammetto.

<< Certo. Non possiamo stare ore e ore a pensare a quello che abbiamo passato. E devi ammetterlo, io e te, stiamo sempre bene insieme. Nonostante il resto. Ci divertiamo. Ci capiamo. E facciamo gli scherzi migliori di tutti. >>

Strizza l’occhio, e io gli do una leggera spinta.

<< Puoi dirlo forte! Ti ricordi di quella volta in cui abbiamo chiuso Steven nello stanzino delle scope, proprio prima dell’allenamento?! >>

Scoppia a ridere ricordando il momento, si piega in avanti, con le mani sulle ginocchia.

<< Ma certo! Due anni fa, giusto? E quando lo facemmo uscire, quasi due ore dopo, era tutto ‘Ve la farò pagare, dannati vampiri! Insieme siete terribili!’ >>

Imita la voce di Steven, e scoppio a ridere ancora di più.

<< E quando qualche settimana fa abbiamo messo la vernice sulla sedia di Kat, sporcandole tutti i pantaloni? >>

<< Quella è stata una tua idea, ed è stato terribile! >>

<< Mi hai aiutato a metterla in atto! >>

Ridiamo ancora, quasi con spensieratezza, guardandoci negli occhi. E poi le risate scemano, lasciando posto ad un silenzio assordante. E io inclino la testa di lato, fissandolo. Concentrandomi sulle rughe intorno alla bocca e agli occhi e sugli zigomi, sulla linea marcata della mascella, sulla piccola cicatrice sulla guancia, su quegli occhi così particolari.  E sento una piccola fitta allo stomaco, rendendomi conto, ancora una volta, di quanto sia bello.

<< Ti ho visto prima, con quelle fan. Con la più piccola. Mentre la prendevi in braccio. >>

Confesso all’improvviso. Sgrana leggermente gli occhi, sorpreso.

<< Stavo andando sul set, e vi ho visti da lontano. >>

Gli spiego, mentre si limita ad annuire, un po’ pensieroso.

<< Era molto dolce, e incredibilmente sveglia. Mi ha raccontato che sgrida i suoi compagni di classe quando maltrattano i … >>

Ho il gomito appoggiato alla spalliera del divanetto, e lo ascolto tranquillamente, mentre si interrompe.

<< Cosa c’è? >>

Si passa una mano tra i capelli, sospira.

<< Tutto questo è così… normale. Io e te, seduti nel solito modo, che parliamo dei fan e del resto, come se… >>

<< … non fosse cambiato nulla. >>

Finisco la frase per lui. Non si muove, resta fisso, con lo sguardo perso nel mio. Forse alla ricerca di qualcosa. E io vorrei pregarlo di non spingersi così oltre, perché tutti i miei segreti e le mie emozioni, sono fin troppo facili da leggere, per lui. Mi sento così nuda ed esposta. Mi alzo velocemente, e mi dirigo verso la porta, senza dargli una spiegazione. E lui non la chiede. Non la chiede mai. E forse, è proprio questo a ferirmi, più di ogni altra cosa. Mi segue con lo sguardo, lo sento. Mi volto verso di lui, prima di uscire.

<< Sarai un padre meraviglioso. >>   

E so che queste parole lo feriscono più di mille schiaffi. E vorrei anche confessargli che ho visto la sua espressione, qualche settimana fa, mentre mi preparavano per Katherine con il pancione. Ho visto i suoi occhi, attraverso lo specchio. Non doveva essere presente sul set, quel giorno. Ma c’era. Perché voleva vedermi in quel modo. Voleva farsi del male, in quel modo.  E sento il senso di colpa farsi strada nel mio stomaco, mentre lo vedo annuire e sorridere, stringendo le labbra. Non si muove, non si alza, e non risponde. Non mi vuole dare la soddisfazione di vederlo sconfitto. E io non posso prendermi quella di aver vinto. Siamo entrambi sconfitti.
 

POV. Ian

Non so quanto tempo passo seduto sul divanetto, a rigirarmi il pupazzetto tra le mani, bevendo un caffè freddo e disgustoso, cercando di scrollarmi di dosso tutte le sensazioni peggiori. Quando decido di alzarmi, mi rendo conto che ormai è ora di pranzo, e mi dirigo verso la sala mensa, prima che qualcuno venga a chiamarmi. Sento un leggero trambusto provenire dal set, sento delle risate e una voce familiare.  Quando volto l’angolo, al centro della scena, la prima cosa che vedo è Nina aggrappata a… sua madre. Noto distintamente le spalle di Michaela mentre la stringe forte a se, asciugandole di tanto in tanto le lacrime che le spuntano agli angoli degli occhi. Intorno a loro ci sono tutti gli altri, un po’ sparpagliati, un po’ distanti.

<< Pensavo che saresti arrivata domani! Avrei mandato qualcuno all’aeroporto.  >>

Dice Nina, con voce strozzata.

<< Ti ho fatto una sorpresa, e sono arrivata prima. E tesoro, sono in grado di prendere un taxi. >>  

Si guardano per qualche altro attimo, e scoppiano a ridere tra le lacrime e i sorrisi. Sento il cuore sciogliersi centimetro dopo centimetro.

<< Sei magrissima, stai mangiando? E cosa sono queste occhiaie? >> 

Puntualizza Mama Dobrev tra un buffetto affettuoso e l’altro. Si guarda intorno, e scioglie l’abbraccio con Nina, per stringere un po’ tutti. Kat e Julie in particolare. Quando ritorna da sua figlia, sento chiaramente le parole:

<< E il mio vampiro preferito dov’è finito? >> 

Nina alza lo sguardo e mi nota, Michaela segue i suoi occhi e mi vede.

<< Ahh eccoti qua! >>

Avanziamo l’uno verso l’altra, e noto i suoi capelli biondi svolazzare ai lati del viso. Mi avvolge con le sue braccia delicate, inondandomi del suo profumo francese familiare.

<< Ti dovevo un abbraccio di compleanno. >>

La stringo forte, e quando apro gli occhi, noto da sopra la sua spalla l’espressione tenera di Nina. E’ un misto di dolcezza e commozione.  Ci voltiamo entrambi verso la ‘nostra’ bambina, mentre continuiamo a cingerci con le braccia, in un’atmosfera che sa molto di ‘famiglia’, a discapito di tutto.  
 

<< Come stai tesoro? >>

La voce di Michaela mi ha sempre affascinato tanto,  per il suo tono dolce e leggermente graffiato. Per il modo in cui sembra così sincera, mentre chiede qualcosa di così semplice. Come se da una risposta, ne derivasse la sua felicità.  E’ accomodata su una sedia di scena e i suoi occhi color caramello mi guardano curiosi, un po’ preoccupati. Nina è corsa sul set per una scena da girare, talmente felice e su di giri che ha dovuto fare più volte la sua solita respirazione per calmarsi.  Inclino la testa e le sorrido, pensando che il suono della domanda risulta più come un ‘Come vanno le cose con mia figlia?’ 

<< Bene, benissimo. >>

Che sa tanto di ‘Male, tremendamente male. Ma ci adattiamo.’ E lei sorride. Mi sorride comprensiva, perché ha capito. E non c’è bisogno che io le dica altro.  Mi posa una mano sul braccio, lo stringe leggermente.

<< Lo sai, è testarda. Prima o poi, capirà a cosa sta andando incontro. Ma deve sbagliare, deve cadere e deve rialzarsi con le sue gambe. >>

Giro il capo verso il set, per cerare Nina con lo sguardo. Se c’è una persona che la conosce bene quanto me, è proprio questa dolce donna con cui sto parlando.

<< Lo so. >>

Mi guarda più intensamente.

<< La ami ancora, e so che è difficile. Ma la tua scelta è giusta. La capisco. Ma andrà bene, vedrai. Avete solo bisogno di tempo. >>

Vorrei dirgli che le storie d’amore finiscono. Che noi non siamo poi così speciali. Che siamo complicati, e pieni di difetti. Ma alle mamme non si possono dire certe cose. E anche se si potesse, non è compito mio farlo. Le mamme sono fatte per rassicurare e essere rassicurate. Così mi limito ad annuire e sorridere, sperando che possa bastare. Almeno per oggi.
 

POV Nina.

 << Attenta! Attenta! No… Ferma, non in quel modo! >>

La voce di Derek rimbomba da sotto il casco imbottito, ma ormai è troppo tardi. Sono completamente piegata sotto l’enorme moto, immersa nella neve. Sento la risata di Julianne, e la vedo armeggiare con il cellulare mentre mi scatta una foto.

<< Invece di ridere, perché non venite ad aiutarmi? >>

La mia voce è soffocata dalle risate e dall’imbottitura. Julianne mi aiuta a sollevarmi, mentre Derek è impegnato con la moto. Quando finalmente sono di nuovo in piedi, e mi scrollo tutta la neve di dosso, i due biondi fratelli, stanno ancora ridendo. Julianne mi passa un braccio intorno alle spalle, e Derek ci da una spinta leggera.

<< Vi avevo avvertiti, non ci so fare con quel coso. Ma portatemi uno snowboard e vi faccio vedere di cosa sono capace! >>  

Loro continuano a ridere, mentre io mi guardo intorno, godendomi il panorama. Bianco, bianco ovunque. Alberi e neve. E un cielo azzurro terso, pieno di soffici sbuffi bianchi. Alla fine ho scelto di seguire Julianne proprio qui, nello Utah, contro il parere di mia madre. E ogni mio pensiero, ogni mia protesta e ogni mia spiegazione, non sono servite a convincerla. Non ha voluto saperne di venire con me. Proprio lei, che più di tutti dovrebbe capire come mi sento in questo momento, ha preferito guardarmi con quegli occhi dorati, dicendomi che un giorno avrei capito. Ma lei non riesce a capire che non posso permettermi una vacanza nei ricordi con Ian, in questo momento. Non posso rivedere Robyn e Bob, e tutta la mia famiglia al completo. Perché si, sono ancora la mia famiglia. E mi mancano, mi mancano da morire. E più lei restava accanto a me, più sentivo loro, e Ian, vicini. Come se fossimo tutti uniti.   Così ho salutato Ian con un sorriso tirato, gli ho augurato di passare delle belle vacanze, come se fosse un collega qualunque, e sono scappata. Letteralmente. Di nuovo.
 

<< Passami quella pallina argentata per favore. >>

Allungo la pallina a Julianne, alzandomi sulle punte dei piedi. Stiamo finendo di addobbare il grosso albero nel salotto, tra i gridolini eccitati di diverse testoline bionde. La piccola manina paffuta di Quaid scuote diversi ramoscelli, facendo cadere aghi di pino un po’ ovunque.  
<< Gentili le mie adorabili sorelle a lasciarsi in casa con tutti i bambini, vero? >>

<< Tocca anche a loro un po’ di divertimento, no? >> 

<< Sono contenta che alla fine ti sei decisa a venire con noi. >>

Mi dice, mentre va a sedersi sul grosso divano, facendomi cenno di raggiungerla.

<< Scusa per averti avvisata all’ultimo minuto. >>

Mi stringe la mano, guardandomi da sotto le ciglia scure.

<< L’importante è che tu sia qui, no? >>

Annuisco, alzando le gambe per piegarle sotto il cuscino del divano.

<< Concediamoci questi due minuti di tregua, prima che mio fratello torni. Fra poco diventeremo le sue bamboline da far ballare. >>

Scoppio a ridere, mentre la piccola Ari salta sul divano gettando le braccia al collo della zia.

<< Zia Jules, zia Jules! Aidan non vuole giocare con noi! >>  

Julianne le accarezza i capelli, con un sorriso tenero sul viso.

<< Tesoro, Aidan è più grande di voi. Magari si annoia. >>

La piccola ha i pugni stretti e uno sguardo determinato.

<< Non importa se è più grande! Zio Derek ci sta facendo vedere il belletto che dobbiamo fare! Ci deve essere anche lui! Anche Quaid ci sarà! Ed è piccolissimo! >>

La piccola si siede definitivamente in mezzo a noi, portando le ginocchia al petto.

<< Ari, fammi capire… Zio Derek sta preparando un balletto con tutti voi? >>

Annuisce convinta.

<< Si! E ha detto che dobbiamo farlo con Nina! >> 

Io e Julianne ci guardiamo da sopra la sua testolina bionda e scoppiamo a ridere. La piccola Ari si sente presa in causa e si aggrappa al mio braccio, con il faccino curioso e gli occhi azzurri spalancati.

<< Pensavo che potrei chiamarti zia. Non pensi zia Jules? E’ Natale. E il Natale si passa con la famiglia, no? Lo dici sempre. Posso chiamarti zia Nina? >>

Ed è un secondo. Mentre i suoi occhi innocenti mi fissano, non riesco a fare a meno di pensare alla prima volta in cui un bambino mi ha chiamato in questo modo…
 

Dicembre 2011
 
<< Sei pronto? >> 

<< Non ne sono sicuro. >>  

Mi abbasso la sciarpa, e mi inclino verso il piccolo Jaxon, i riccioli ramati gli fuoriescono dal piccolo casco verde, intonato con i guanti e lo slittino nuovo che gli ho regalato per questo Natale. Ha le manine strette intono alla plastica, e sembra molto concentrato mentre guarda davanti a se, la lunga – non così tanto -  discesa innevata che dovrebbe affrontare da solo per la prima volta. Mi siedo accanto a lui, sulla neve morbida, proprio mentre sento la risata accentuata di Peyton intento a scivolare sulla sua ciambella di gomma, a qualche metro da noi.  

<< Tesoro, non devi farlo per forza se non te la senti, non fa niente se siamo saliti fin qui, possiamo scendere e fare un bel pupazzo di neve, davanti casa. Che ne dici?  >>  

Volta il viso paffuto verso di me, e mi rifila uno sguardo serio e preoccupato. Gli occhi azzurri, così simili a quelli di Ian, con tutto questo bianco sembrano ancora più trasparenti, come se fossero di ghiaccio. Si strofina il nasino pieno di lentiggini, scostandosi un ricciolo sfuggitogli dal casco.

<< No. Voglio farlo. Ormai ho cinque anni e mezzo. Pey lo fa da quando ne aveva solo cinque. >> 

<< E allora? Tu non sei Pey. Puoi aspettare tutto il tempo necessario. >>  

Torna a guardare la discesa, ancora più crucciato di prima. Testardo come suo zio. Annuisce deciso, mentre si sistema i piccoli guanti.

<< Ehi Campione! >>

La voce di Ian ci raggiunge dalla fine della discesa, si sta sbracciando per salutarci.

 << E’ lo zio! E’ tornato! >> 

Il sorriso di Jexon si allarga smisuratamente, in contemporanea con il mio.

<< Adesso devi per forza scendere per andare ad abbracciarlo. >>

Mi lancia uno sguardo divertito.

<< Dovresti scendere anche tu, per andare ad abbracciarlo. >>

Scoppio a ridere e mi alzo, scrollandomi di dosso la neve.

<< Allora, sei pronto? Al mio tre ti do la spinta. >>

Mi fa cenno di si, mentre si abbassa gli occhiali scuri.

<< Uno… Due… >>

Si inclina leggermente in avanti, e mi mostra il piccolo pollice in alto.

<< Tre! >>

Con entrambe le mani lo spingo quanto basta per farlo prendere per bene la discesa. Non emette un singolo fiato, all’inizio, ma quando è ormai arrivato alla fine, lo sento ridere contento. Si alza al volo dallo slittino, tirandosi via il casco, e con mia sorpresa, invece che correre da Ian, a pochi metri da lui, si volta verso di me e alza lo sguardo.

<< Zia Nina! Zia Nina! Mi hai visto? Ce l’ho fatta! Non sono caduto! >>  

Saltella energico con le braccia alzate. Ian gli corre alle spalle e lo alza in aria, facendolo gridare contento, prima di portarselo sopra le spalle. E tutto quello che ho davanti, mi scalda il cuore. Posso notare Ian che lo rimette a terra, gli da un buffetto sulla testa, e poi inizia a risalire la collinetta per raggiungermi, prima che possa farlo io.  

<< Sei tornato.. >>

E’ felicità pura, mentre mi prende tra le braccia per baciarmi fino a togliermi il fiato. Mi aggrappo alle sue spalle, e avvinghiati come siamo, finiamo per sfilarci a vicenda i cappelli. Quando poso i piedi per terra, perdiamo l’equilibrio e cadiamo sulla neve morbida. Scoppio a ridere, mentre mi scavalca per bloccarmi con il suo corpo.

<< Farei l’amore con te qui, proprio adesso, in mezzo alla neve. >>

Mi dice piano, mentre mi ruba un altro bacio.

<< Si, con i tuoi nipotini che salgono e scendono dalla collina. >>

Mi risistema il cappello, e mi sfiora il naso freddo con il suo.

<< I nostri nipotini. Hai sentito come ti ha chiamato Jexon? ‘Zia Nina’? >>

<< L’ho sentito. >>

Gli rispondo, prendendogli il viso tra le mani per riportarlo contro il mio…
 

<< Ninaa. Nina! >>

La piccola Ari mi tira la felpa, pretendendo la mia attenzione. Ritorno velocemente al presente, soppesando la situazione.

<< Certo piccola, puoi chiamarmi come preferisci. >>

Le rispondo, per tranquillizzarla, e tranquillizzare Julianne che mi guarda interdetta dall’altro lato del divano. La mia bionda amica mi indica il tavolo in legno dietro di noi.

<< Il tuo cellulare, sta squillando. >>

Le faccio segno di lasciar perdere.

<< Sarà Erica, o mia madre. Le richiamo dopo. >>

<< E se non fossero loro? E’ Natale. Magari… >>

Il suo sguardo allude a qualcosa, e io la capisco al volo. Mi volto di nuovo verso il divano, indecisa se correre incontro a quel telefono o lasciar perdere. Alla fine, spinta dalla curiosità, mi alzo e mi avvicino al tavolo. Il nome di Ian lampeggia sul display. Il mio cuore inizia a battere più forte, mentre do le spalle a Julianne, per mascherare la mia reazione.

<< E’ lui, vero? >>

Mi chiede. E io non posso far altro che annuire. L’indecisione mi sta logorando mentre il cellulare continua a squillare insistente. Non molla. Non si arrende. Non riaggancia. Alla fine mi decido a prenderlo, prima di avviarmi verso la porta finestra che da sul portico. Faccio qualche passo e mi siedo sugli scalini in legno. Premo il rettangolino verde per accettare la chiamata. Lo poso contro l’orecchio.

<< Pronto? >>

<< Pensavi che avrei rinunciato, o eri impegnata in altro? >>

La sua voce calda e bassa, riesce a riscaldarmi, anche mentre piccoli fiocchi bianchi volteggiano intorno a me. Una piccola nuvoletta di aria calda mi esce dalla bocca, mentre cerco le parole adatte per rispondergli.

<< Entrambe le cose. >>

Dico alla fine, sospirando.

<< Ti stai divertendo? >>  

Mi chiede.

<< Si, davvero tanto. Ma, dove sei? >>

Taglio precocemente il discorso, prima che possa diventare un litigio.

<< A casa. Con tutti gli altri. >>

Per casa intende la Louisiana, e per gli altri, intende la sua famiglia. Mi si stringe il cuore.

<< Dai un bacio a Jaxon da parte mia.. >>

<< Perché non vieni a darglielo tu di persona? >>

<< Ian.. >>

<< No, ascoltami. Mi manchi. Non riesco a credere che stiamo passando il Natale lontani. Non riesco a credere di non averti qui. Nessuno mi rivolge quasi la parola, e nessuno chiede di te perché hanno paura di ferirmi. E ti ho chiamata per dirti di prendere un aereo e venire da me. Da noi. Torna a casa. >>

Cerco di trattenere le lacrime, mentre affondo con il piede nella neve.

<< Avresti dovuto pensarci prima… Prima di lasciarmi definitivamente. Ti avevo detto che non si tornava indietro. >> 

<< Definitivamente non è una parola che ci si addice. >>  

<< E’ una parola che voglio si addica a me. Ascolta, ora devo andare. >>

Sento il suo sospiro dall’altra parte del telefono. E sento che si sta trattenendo.

<< Buon Natale, Nina. >>

Asciugo una lacrima che sta per cadere nel vuoto.

<< Buon Natale, Ian. >>
 

POV. Ian.

Stanza 211.

Ironia della sorte. Questo numero ci perseguita. Inserisco direttamente la chiave magnetica nella fessura. La porta si apre con un leggero scatto, e si richiude da sola appena metto piede sulla moquette interna. L’arredamento è bianco e blu, i colori dell’hotel. La stanza sembra apparentemente vuota, ma ci sono dei piccoli particolari, un paio d’occhiali da sole appoggiati sul tavolino in legno, una borsa familiare appesa al bracciolo della sedia, le tende della porta-finestra aperta, che si gonfiano per il vento fino ad entrare nella camera, che fanno intendere una presenza puramente femminile. E proprio tra questi svolazzi bianchi, noto il profilo del corpo di Nina, appoggiato alla ringhiera della terrazza. Il sole di Los Angeles sta per tramontare, e lei si sta godendo lo spettacolo. Forse non mi ha sentito entrare, o forse, mi ignora volutamente. Resto per qualche secondo accanto al vetro, a guardare i suoi capelli mossi dal vento. Non so cosa mi tradisce, fatto sta che lei si volta di scatto, presa di sorpresa. La luce arancione del sole le illumina parzialmente il viso, facendo risaltare i suoi occhi scuri. La canottiera bianca, sembra bagnata di rosa, così come gli shorts azzurri. E’ bella. Bella nel senso più puro del termine. Bella con i capelli scompigliati, le braccia rilassate lungo i fianchi, e le lunghe gambe nude, leggermente chiazzate di lividi.  Bella per uno come me, che sa da tempo quanto l’aspetto esteriore sia superficiale. Sembra leggermente sorpresa, mentre avanza velocemente nella stanza, e istintivamente allargo le braccia, facendo qualche passo in avanti. E per un secondo, mi ritorna in mente la scena che abbiamo dovuto girare poco tempo fa. Damon e Elena che si corrono incontro… L’attimo dopo è con le mani sul mio petto. Stringe tra le dita la mia maglietta, come se volesse strattonarmi via. I suoi occhi sono di nuovo puntati nei miei, lucidi, accesi.

<< Siamo pessimi a mantenere la parola… >>

Le stringo forte i polsi tra le mie mani.

<< Pensavo che non ti saresti fatta vedere. Pensavo che non mi avresti richiamato, e che saresti partita senza salutarmi.  >> 

Resta interdetta per qualche secondo, con le labbra socchiuse, e nessuna parola adatta ad uscire fuori. E poi crolla. I pugni serrati si aprono, il corpo si rilassa.

<< Lo pensavo anche io… >>

Mi dice. E quando alza di nuovo gli occhi, li distoglie velocemente.   

<< Non guardarmi in quel modo. >>

<< In quale modo?  >>

<< Come se…mi odiassi.>>

E mentre la vedo quasi tremare su se stessa, con le mani abbassate, e gli occhi pieni di lacrime, mi rendo conto, ancora una volta, di quanto sia piccola e indifesa, vicino a me. Mi rendo conto di quanto facilmente le potrei fare del male. Con una parola, o come in questo momento, con un semplice sguardo.

<< Sarei qui, in quel caso? Sarei corso qui? Ti avrei chiamata, mentre ti sapevo felice con i tuoi amici?  Sarei ancora una volta bloccato per colpa tua? Allora si, hai ragione, Nina. Ti odio. Ti odio con tutto me stesso. >>  

E non le do il tempo di rispondere. Non voglio aspettare oltre. Le stringo la vita, mentre cerca dapprima di spostarsi, come scottata dal fuoco, per poi diventarne parte, e sentirla bruciare sotto le mie mani.

‘Eravamo destinati a finire così, come due fiamme che si uniscono e si fondono l’una nell’altra.’ 

Mi spinge contro il muro, accarezzandomi il viso.  

<< Sei qui.. >>   

Ripete, tra un bacio e l’altro, tra un sospiro e l’altro. Mi stacco leggermente da lei e le appoggio il dito sulle labbra per zittirla.

<< Siamo qui..>>

Ed è così che la mia mano inizia ad accarezzarle i capelli alla base del collo, molto lentamente, e poi comincia a scendere lungo la sua schiena. La sfioro quasi in modo impercettibile e riesco a sentire cosa sta provando, vorrebbe molto di più, ma questa lenta agonia la fa impazzire. E io non le do di più, non ancora, voglio farle sentire che ogni centimetro di lei è totalmente mio. La mia mano scende ancora lungo i suoi fianchi ed inizio ad accarezzarle in modo circolare  l’anca e so che questa cosa la manderà fuori di testa. Ed è proprio in questo momento, tra desiderio e sofferenza, che lei apre gli occhi e si stacca dal muro. E sembra volermi dire ‘non voglio’. Con le braccia strette intorno al corpo, come a volersi proteggere… da me.

<< So che non ti sembra giusto. Ma sappiamo entrambi che lo vuoi. Altrimenti non saresti qui, ma su un aereo per l’Australia.E si, sono qui per te, per farti sentire tutto ciò che siamo. Perché è tutto quello che mi resta. >>

Le sussurro in un orecchio. E non le do tempo di ribattere, in un attimo le sfilo la canottiera,  la prendo tra le braccia e la faccio stendere sul letto. E un po’, cerca di ribellarsi, di scostarsi, di girare il volto, quasi come se fosse diventato un gioco. E io le fermo i polsi e comincio a darle dei baci sfiorati sul collo finché si calma e si lascia cullare dal profondo desiderio che sta nascendo in lei. Le sfilo gli shorts e resto per un attimo a guardarla, la vedo ormai donna, perfettamente a suo agio in queste situazioni, mentre mi sorride consapevole. Mi soffermo con le labbra sulle sue gambe costellate da piccoli lividi e mi si stringe il cuore,perché vorrei davvero proteggerla da ogni piccola sofferenza. Le sfioro i capelli scuri e le spalle. Resto sospeso sul suo corpo, a guardarla più del dovuto. E sorrido pensando al suo cartone animato preferito. Magari sono proprio io la Bestia della situazione, imprigionato in un castello fatto di sogni e speranze, impegnato a proteggere questa rosa così bella, sbocciata sotto i miei occhi, chiusa in una campana di cristallo. E vorrei davvero tenerla sempre accanto a me, per proteggerla e ammirarne la bellezza. Ma poi penso che le rose non sono fatte per restare chiuse. Le rose vanno vissute, toccate, e fatte per inebriarsi del loro profumo, altrimenti finiscono per appassire fin troppo in fretta.
 

POV.Nina.

Sento il suo respiro su di me, le sue labbra morbide sulle mie gambe, i suoi baci dolci e attenti. E so che ha ragione perché quando mi tocca in questo modo mi sento distrutta, è come se mi svuotasse l’anima e di me non restasse più nulla. Certo che lo voglio. Queste settimane sono state tremende e bellissime. Non riesco a combattere, mi sento solo in balia di lui e della sua bocca che continua a sfiorarmi, a farmi tremare fino ad annullare totalmente ogni mio pensiero. Gli strappo un lieve sorriso, ma nonostante io mi sia arresa, lui continua a divertirsi, con la bocca ormai rosa di baci, i capelli scompigliati, e gli occhi lucidi di passione. Bello come un angelo, o come un demone tentatore. E inizio a chiedermi se questo sia il paradiso o il mio inferno personale.
 
La sveglia del suo cellulare suona insistente. Allungo una mano per spegnerla. Alzo lo sguardo, e lo vedo, seduto sul letto, piegato in avanti, intento ad infilarsi le scarpe. E’ già del tutto vestito. Scosto di poco le coperte, tirandomele fin sotto il mento. Si alza per sistemarsi la cintura, e quando si gira, i nostri occhi si incontrano, e un brivido mi scende lungo la schiena.

<< Sei sveglia.. >>

Annuisco piano.

<< Te ne stavi andando senza salutare? >>

Gli chiedo tranquilla. Guarda per un secondo fuori dalla finestra, prima di fare il giro del letto, e venirsi a sedere sul bordo, dal mio lato. 

<< Puoi venire con me. >>

La sua voce è seria. Decisa.

<< In Cina? Sai che non posso. Avrai tutti gli occhi puntati addosso. >>

Sembra riaccendersi al suono di queste parole, si avvicina di più, mentre mi avvolge con il braccio.

<< Non importa. Potresti aspettarmi in hotel. Come ho fatto io con te l’anno scorso. Verrei da te tra uno show e l’altro, in ogni momento libero. Sono solo tre giorni, e dopo potremmo andare ovunque tu vorrai… >>

Ha gli occhi spalancati, speranzosi, tremendamente azzurri. E per un secondo, penso allo sguardo di Damon. Lo sguardo pieno che rivolge ad Elena, ogni volta che deve dichiararle il suo amore. Scuoto la testa, e allontano il suo braccio.

<< No Ian, non capisci? Saremmo punto e accapo. Io andrò in Australia, e tu andrai in Cina, e ci rivedremo prima dei PCA, come abbiamo stabilito prima di tutto questo. >>

E non ci vuole niente a spegnere quello sguardo. Si alza dal letto, dandomi le spalle. Si infila al volo il giubbotto, e afferra il telefono da sopra il comodino.

<< E’ questo che siamo diventati? Una notte di sesso tra una partenza e l’altra? E’ per questo che mi hai richiamato? >>

Stringo più forte il lenzuolo tra le mie dita, mentre il suo sguardo si indurisce, fino a diventare freddo di collera.

<< Che cosa ti aspettavi, Ian? >>

 Sorride, alzando gli occhi al cielo, sospirando piano.

<< Niente, Nina. Non mi aspetto più niente, ormai. >>

E senza nemmeno salutarmi si volta per raggiungere la porta, lasciando la stanza in un silenzio assordante. Mi volto tirandomi le coperte sul viso, incapace di fermare le lacrime che mi scendono sulle guance. E l’unico segno che rimane di questa notte di pazzia sono le chiazze nere del mio mascara sulle lenzuola bianche.
 

POV. Ian.
 
<< Sei dimagrito ancora! Fra poco dovrò cambiare tutto il tuo guardaroba, e prenderti le camicie di due misure più piccole! >>

Ilaria cammina avanti e indietro nel piccolo studio, rimproverandomi per i centimetri persi, mentre cerco di distendere le gambe dopo le lunghe ore di volo. Sorrido accondiscendente, per non farla alterare ancora di più.

<< Ti ho preparato un completo che dovrebbe starti a pennello. >>

Mi guardo intorno, circondato da decine e decine di paia di scarpe femminili, e una serie infinita di cravatte e giacche. 

<< La cravatta color argento, per intonarla al vestito di Nina. Visto che dovete salire sul palco a ritirare il PCA come miglior chimica. >>

Si volta, attirando la mia attenzione.

<< Perché, salirete su quel palco a ritirare quel premio, vero? >>

Annuisco deciso.

<< Si, abbiamo vinto. >>

 Batte le mani soddisfatta, entusiasta. E si, non si perderebbero mai l’occasione di metterci su quel palco davanti al mondo. Ma quest’ultimo pensiero me lo tengo per me. D’altra parte, è un onore poterlo fare. Se solo…
 

7 ore prima.

<< Questo è quello che dovrai dire tu, e questo è quello che dovrò dire io. Prendilo come un mezzo copione, come se fosse una scena da girare. >>

Nina ha la pelle tremendamente abbronzata, i capelli mossi naturalmente, e un profumo di mare e di sole, da mandarmi fuori di testa. Non le chiedo dell’Australia, e lei non mi chiede della Cina. In realtà, non ci chiediamo nulla. Non menzioniamo la notte prima di partire, non ci guardiamo in modo strano. Niente di niente. Sono qui da poche ore e già ha preso del tutto il controllo della situazione. Prendo il foglio con finta aria annoiata, e leggo quello che c’è scritto. 

<< Sei seria? Dici sul serio? >>

Annuisce, e incrocia le braccia sul petto.

<< E’ un’idea tua? >>

Le chiedo, stupito e leggermente interdetto.

<< Diciamo di si… Ma non è tutta farina del mio sacco. Ascolta, tutti si aspettano una scenetta imbarazzante. Tutto il mondo, aspetta questo momento. E lo sai. E’ la nostra prima uscita ufficiale dopo mesi di silenzio assoluto. Deve andare in questo modo. Anzi, è l’unico modo. >>

<< Ci sono altri tremila modi. Non dobbiamo per forza farlo… Non ne abbiamo mai parlato pubblicamente e ora… >>

<< E’ il modo più semplice. >>

I suoi occhi sono freddi, decisi.

<< Sai che te ne pentirai. >>  

Alza le spalle.

 << Mi pento di tante cose. Ma non mi pentirò di questo. >>

Mi avvicino di più a lei.

<< Vuoi davvero questo? >>  

<< Si. >>

<< D’accordo. >>

 

<< Ian! Su, provati questa.  >> 

Mi infilo velocemente la giacca, mentre Ilaria mi gironzola intorno aggiustandomi il colletto. Mi mette davanti lo specchio, e mi sistemo la cravatta grigia.

<< Nina è pronta? >>  

Chiedo, guardando il riflesso nello specchio.

<< Si, sono pronta. >>

E lei sbuca fuori all’improvviso. E’ accanto alla porta, con i capelli completamente intrecciati e raccolti. Un vestito nero e argentato le fascia perfettamente il corpo formoso. E’ un colpo al cuore, tanto è bella. Si avvicina a me, e istintivamente le porgo il braccio.

<< Sei perfetta. >>

Mi a l’occhiolino, stringendo la mano intorno alla mia giacca.

<< Dobbiamo esserlo, stasera. >>
 

<< Beh, abbiamo chimica! >> 

Sento lo scrosciare degli applausi, sento la sua risata, e cerco di sorridere quanto posso, prima di sporgermi per baciarle la guancia davanti al mondo. Un gesto del tutto inaspettato, anche per me. Il mio corpo si è mosso da solo in direzione del suo. Per aiutarla, per smorzare la tensione che alla fine, si è andata lo stesso a creare. Per farla rilassare e sentire a suo agio, tra le mie braccia, come sempre.
Scendiamo dal palco, mentre lei stringe tra le mani il nostro premio. E’ aggrappata al mio braccio, ed è felice. Realmente felice. Ma poi le telecamere si avvicinano, e ci allontaniamo. Per non creare altro scalpore. Ci avviciniamo al tavolo, all’angolo dove dovremmo scattare le foto. I nostri agenti sono già intervenuti. Non faremo ne interviste ne foto di coppia. Arrivati al tavolo posa il nostro premio sulla superficie liscia, e prende il mio, ammirandone la scritta. Si volta e mi sorride, con quel pizzico d’orgoglio che tenta di mascherare. E io cerco di sorriderle, con quel pizzico di rammarico per il suo PCA singolo perso, che tento di mascherare. 

<< Te lo meriti. >>

Mi dice, mentre schiacciamo il cinque per una foto rubata al volo.

<< Tu lo meritavi più di me. Come l’anno scorso. Come l’anno prima. >>

Le rispondo, mentre mi perdo in quegli occhi scuri.

<< Le persone ti amano, Ian. Meriti questo. >>

E sono parole che fanno male, dette da lei. Perché per quanto il mondo continuerà ad amarmi, lei continuerà ad allontanarmi. E non capisce, che è il suo amore, quello che bramo di più. Le telecamere si avvicinano di nuovo, e sorridiamo, mentre lei mette in mostra il mio premio, rigirandoselo tra le mani. La serata passa velocemente, vola, tra un saluto e l’altro,una stretta di mano, e un abbraccio con qualche fan. Nina è sempre accanto a me. Non la lascio un secondo, anche quando sembra che non la stia guardando, i miei occhi continuano a seguirla. I mio agente per la serata mi viene incontro avvisandomi dei party a cui sono invitato. A cui, se voglio, potrei presenziare. Rifiuto ogni proposta, chiedendomi se Nina farà lo stesso. Chiedendomi se ha altri programmi per la serata. Quando alla fine dobbiamo salutarci, per salire in due macchine differenti, che ci porteranno in due posti differenti, lei mi accenna che dormirà da Kevin per qualche giorno, e che poi ritornerà ad Atlanta. Non mi chiede i miei programmi. Non le interessano, o forse, non vuole interessarsene. Mi fa un cenno con la mano, mentre sparisce dentro una macchina nera.
 

POV. Nina.

Salgo in macchina cercando di evitare il più possibile gli occhi di Ian. Occhi che mi hanno seguita per tutta la serata. Mi sfioro piano la guancia, proprio nel punto in cui le sue labbra mi hanno baciata, e la sua barba mi ha leggermente graffiata. Ed è sciocco e infantile ripensare al brivido che mi è corso lungo la schiena in quel momento. Sciocco e infantile ripensare a come si è inchinato per prendermi la mano e trascinarmi sul quel palco. Nell’imbarazzo più totale, mentre il mio cuore batteva all’impazzata e la mia testa era piena di parole che non volevano uscire fuori. E lui era bello, bello come non mai, con quella cravatta che rifletteva la luce del mio vestito. Poso la testa contro il morbido sedile nere, chiedendomi cosa diavolo sto combinando. 
 
<< Abbiamo visto tutto in diretta, eravate perfetti. Bellissimi. >>

Julie mi abbraccia forte, inondandomi del suo profumo familiare.

<< Siamo tanto orgogliosi di voi. >>

Aggiunge Kevin con un sorriso enorme, che non ammette repliche.

<< Vorrei andarmi a togliere questo vestito, se non vi dispiace. >>

Kevin mi indica la mia solita camera, senza nemmeno disturbarsi di accompagnarmi. Ormai è come se questa fosse una mia terza casa, da usare ogni volta che ne ho bisogno. Julie mi da una mano a uscire da questo vestito bellissimo ma impossibile da tenere per più di due ore, e a sciogliere l’acconciatura che mi sta letteralmente torturando,  e poi mi lascia da sola, borbottando qualcosa di incomprensibile. Infilo al volo i primi vestiti comodi che trovo, e aggiusto in una crocchia disordinata i capelli. Quando arrivo in cucina, Julie e Kevin spuntano da dietro l’angolo con una scatola tra le mani, gridando.

<< Buon Compleanno Neens! >>

E la sorpresa più grande è veder spuntare dietro di loro, i capelli biondi di Julianne. La mia migliore amica mi salta addosso, buttandomi le braccia al collo, tra le risate generali.

<< Voi siete completamente pazzi! >>

Urlo, continuando a ridere.

<< Pensavi che ci fossimo dimenticati del tuo compleanno piccola? Non si compiono tutti i giorni venticinque anni! >>

Guardo l’orologio sulla parete che in effetti segna la mezzanotte. Abbraccio Julie e Kevin per ringraziarli, prima di aprire la scatola contenente una torta carinissima con una scritta viola e dei fiorellini colorati. Torno a guardare i miei ‘genitori’ di lavoro, che ancora oggi, dopo cinque anni, continuano a prendersi cura di me. E poi guardo Julianne, la sorella che ho trovato quest’estate, sentendomi tremendamente fortunata. Inconsapevolmente mi giro per cercare un ulteriore sorriso, anche sapendo perfettamente che non lo troverò.
 

POV. Ian.

Bloccato nel classico traffico di LA, scorro la mia bacheca twitter, aggiornando  la home più e più volte. Apro le menzioni, proprio nel momento in cui scatta la mezzanotte, e tutto il mondo mi ricorda che Nina ha appena compiuto venticinque anni. Infilo una mano nella tasca interna del mio zaino, e tiro fuori la scatolina blu di velluto che contiene il suo regalo. Un regalo che ho comprato al volo, in Messico, poco prima di tornare in America. Questo è il suo primo compleanno, da quando la conosco, che passiamo separati, e la cosa mi mette una tristezza incredibile. Continuo ad armeggiare con il cellulare e mi ritrovo davanti la foto che ha postato Kevin. Lei è appoggiata al suo bancone della cucina, con le scarpe accanto al PCA. I suo occhi mi fissano dallo schermo, e non posso fare a meno di pensare, di desiderare, di poterli vedere ancora da vicino. Un senso di mancanza mi apre il petto, proprio quando l’avviso di un messaggio si accende sopra lo schermo. Lo apro al volo.

‘Manchi solo tu. Muovi quel culo, coglione.’
Kevin.

Mi sporgo verso James, impegnato al volante.

<< James, torniamo indietro. Verso Hollywood. Ho dimenticato una cosa importante. >>
 

POV. Nina.
 
<< Così Julie mi ha mandato un messaggio, e ho preso al volo la macchina per raggiungerti. >>

Mi racconta Julianne, menzionando i particolari del loro piano per organizzarmi questa mini festa a sorpresa, giustificandosi con il fatto che una settimana era troppo lunga, e che era giusto festeggiare proprio stanotte. Il campanello la interrompe, e Kevin si alza dal divanetto in pelle.

<< Questo deve essere Jhon Green. Doveva passare per ritirare un copione. I suoi orari sono tremendi. Torno subito. >> 

Lo seguiamo con lo sguardo, mentre si avvia verso la porta. Quando la spalanca, noto il suo sorriso. Sia io che Julie ci sporgiamo  per vedere il visitatore, incuriosite. Kevin volta di nuovo lo sguardo verso di noi, e chiude la porta, sorridendo serafico.

<< No, mi sono sbagliato. Nessun Jhon Green. Anzi, c’è di meglio. Nina, un bel regalo per te. Anzi, un ulteriore sorpresa. >>  

Da dietro la parete decorata, spunta fuori Ian. Ha la camicia leggermente slacciata e la cravatta allentata.

<< Buon Compleanno. >>

Mi dice, guardando solo ed esclusivamente me. E senza che possa rendermene conto, scendo al volo dallo sgabello, e gli vado incontro, a passo fin troppo svelto. E non mi curo di Julianne che mi guarda da dietro la bottiglia di Champagne, non mi curo del sorriso consapevole di Julie, e della felicità negli occhi di Kevin. No. Tutto viene messo da parte per questo momento. Solo per questi secondi, che sembrano scorrere a rallentatore. Mentre guardo il suo sorriso aprirsi, e vedo i suoi occhi azzurri incrociare i miei e non lasciarli, nemmeno per un attimo. Gli butto le braccia al collo, proprio come avrei voluto fare poche ore fa, quando l’ho rivisto dopo due settimane. Mi stringe forte, e annuso il suo profumo, così buono, così mio. Mi rendo conto dei miei occhi umidi di lacrime solo quando li spalanco e per tornare a guardarlo.

<< Adesso è tutto perfetto… >>

Mi prende il viso tra le mani, asciugandomi gli occhi con i pollici.

<< Non potevo perdermi il tuo compleanno, ricordi? >>

Mi ricorda la promessa che gli feci fare il giorno del mio ventunesimo compleanno. Il giorno in cui le cose sono iniziate a cambiare.

<< Mantengo sempre le mie promesse, lo sai. >>

Aggiunge, mentre io annuisco, e ritorno fra le sue braccia.  
 

Batto le palpebre, confusa, mentre sento qualcosa sfiorarmi la fronte.

<< Mi dispiace piccola, devo andare. >>

Le labbra di Ian. In un secondo mi ritorna alla mente tutta la serata passata a ridere e scherzare e bere. E mi ricordo di come sono crollata sul letto di Kevin, prima di poter salutare Julie o Julianne. La mano di Ian mi sfiora i capelli, mentre la mia è chiusa intorno alla sua giacca.

<< E’ presto, dormi ancora. Ci rivediamo fra qualche giorno sul set, ok? >>

Gli sfiori il viso, aggiustandogli i capelli.

<< Grazie, per essere venuto. Grazie… per esserci sempre. >>  

Annuisce piano, prima di sfiorarmi le labbra con le sue. E non c’è bisogno che dica altro. Sento il suo ‘ti amo’ anche se non lo sta pronunciando. E da una parte, in fondo al mio cuore, spero che non stia sentendo quanto io stia urlando il mio. 





Ed eccoci qua, *RESPIRO LIBERATORIO* (Sempre a questi schifo di orari, quando siete già tutte a nanna, ma fa niente) Facciamo finta che questi siano due Capitoli messi insieme, perché si, sono ben 34 pagine. Quando dovevano esserne 20, per poi esserne 25... E vabbè, alla fine sono diventate 34. Può capitare. Se ad un certo punto vi fermerete nella lettura, che divi, non posso biasimarvi. ANZI.

Dentro c'è un po di tutto. Dal continuo del precedente, a Damon e Elena, a un piccolo flashback semplicissimo (in qui ho pianto tutte le mie lacrime) ci sono un po di PCA, un po di Party, un po di Hough, (e per cercare i nomi dei bambini, non ve ne dico.. ) E vabbè, ovviamente ci sono Ian e Nina.

Questi due mi tolgono le forze.

Grazie, GRAZIE, e di nuovo GRAZIE per esserci sempre, per leggere tutto questo più i miei scleri settimanali e generali. Grazie per aver reso questa piccola storia la preferita della sezione, e grazie per il modo in cui, nonostante tutto, siete ancora con loro. LO SO, LO SO. C'è un po di disagio in ognuna di voi. Aspetto recensioni, pareri, critiche, quello che volete. <3 

- La parte della 'stanza 211' è posizionata temporalmente poco prima che entrambi partissero per le destinazioni di Capodanno. CIna e Australia. I signorini sono davvero partiti a distanza di poco... E quindi mi sono lasciata trascinare dalla situazione. 

- Quaid è il nipotino di Jules. Insieme a Ari e Adi che sono le due sorelline bionde che vediamo spesso nelle foto. 

- Jexon è il figlio di Robyn, sorella di Ian. (Per chi non lo sapesse) 


Grazie ancora, una abbraccio forte.<3 

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Capitolo 28
*** Shades of snow. ***


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28

Shades of snow.



 
                                                                                          
E l'estate che non passerà, si troverà una soluzione 
la vita e la felicità 
nessuna via, nessuna convinzione 
e qui mi troverai 
qualunque volta vorrai rivedermi 
qui a sognare se vorrai tornare io rimango qua 
e non stupirti degli errori che è normale aver paura 
e ricorda che ci siamo stati sempre fino ad ora 
se mi aspetterai ti aspetterò e vivremo ancora 
per poi dimenticare tutto il male in un ciao amore, amore 






POV. Nina.
 
Neve. Neve ad Atlanta.
Neve come non si era mai vista. Strade bloccate. Candore ovunque. Sorrisi e cappelli di lana. Neve, e ancora neve. Tutti non fanno altro che parlare di tutto questo bianco che continua a scendere dal cielo. Il bianco mi è sempre piaciuto. L’idea di qualcosa di puro, immacolato, senza imperfezioni. L’idea di una pagina bianca, tutta da scrivere, o di una tela bianca, tutta da dipingere. Proprio come quelle che usava mia madre. Si sedeva nel suo studio, e restava ore intere a fissare una tela o un foglio bianco, aspettando qualcosa. Qualcosa di ancora inespresso, celato.

“Vedi tesoro, funziona così. Quando meno te lo aspetti, quello che stai cercando dentro di te, viene fuori. All’improvviso. E capisci cosa devi fare.” 

E lei lo capiva sempre. Ogni volta, ne usciva qualcosa di straordinariamente bello. E il colore riempiva quel bianco. E io restavo a guardarla, mentre con pennellate leggere, dava vita a tutto.

‘Le persone che occupano la nostra vita, contribuiscono a dargli colore’

Lo dice in continuazione. E io ci penso, ogni tanto, alle persone che mi sono accanto, che mi accompagnano ogni giorno. Penso alla vitalità di Julianne, a come è entrata nella mia vita abbagliandomi, come un piccolo sole giallo, sempre pronta a sconvolgere tutto con fantasia e voglia di fare. Penso a lei, e alle mie amiche più importanti, distese su una spiaggia dorata, lasciandoci scivolare tra le dita i granelli caldi, parlando di tutto e di niente, ridendo fino a star male. Penso a tutte le esperienze che mi hanno fatta crescere in questi mesi, a tutti i visi nuovi che ho conosciuto, e a tutti quelli vecchi che sono sempre rimasti con me. E inevitabilmente, con i fiocchi bianchi che mi turbinano intorno, con le mani strette sulla ringhiera fredda, penso a Ian. A quanto mi ha dato in questi anni, a quanto colore e amore e calore ha portato nella mia vita. Talmente tanto da non riuscire a definirlo in una sola sfumatura. Con quanta prepotenza si è fatto avanti, senza chiedere permesso, e con quanta facilità tutto si è dissolto. Proprio con la stessa facilità della neve che si scioglierà al sole. Mi stringo le mani intorno alle braccia, frizionandomi il busto, osservando le piccole nuvolette d’aria calda che salgono in cielo, nella notte buia.

<< Hai intenzione di diventare un ghiacciolo? >>  

La sua voce non mi sorprende quanto dovrebbe. E’ quasi ironico il modo in cui mi aspetto sempre che spunti fuori ogni volta che è tra i miei pensieri. Fletto le spalle e mi volto leggermente per guardarlo. Se ne sta tranquillo, sul primo gradino, con una semplice felpa a maniche lunghe, a differenza mia che sono avvolta in un piumino del set con tanto di cappuccio, con un sorriso accennato sulle labbra piene. Mi giro di nuovo, appoggiando le braccia alla ringhiera, valutando se è il caso di scavalcare e correre via. Giusto per vedere se inizierebbe a rincorrermi.  Non dice nulla mentre avanza nella notte per mettersi nella mia stessa posizione, con i gomiti poggiati sulla ringhiera, accanto a me. Continuo a guardare il cielo, a scrutare la notte, ben consapevole dei suoi occhi che invece, scrutano me. Nessuno di noi due dice una parola. Si sente il suono dei grilli in lontananza, e le risate scemate e soffocate degli altri all’interno dell’edificio. Ripenso a queste ore passate chiusi dentro il set, bloccati dalla neve che ha impallato tutte le strade, proprio come la settimana scorsa. Bloccati nella stessa stanza, quella più calda, per ore e ore, impegnati con partite a carte e battute idiote, mentre lui, lontano da tutti, era intento a scrivere e rileggere e firmare carte su carte con il marchio della ISF. Sento le dita iniziare ad intorpidirsi, e mi continuo a chiedere cosa ci faccio ancora qui fuori. E all’improvviso, Ian allunga una mano, per posarla sulle mie. E le sue mani sono calde. Un calore vero che proviene dalla sua pelle. Un calore familiare, piacevole, avvolgente. Ha sempre avuto la temperatura corporea più alta della media. Molto più alta della mia. Come se il suo sangue fluisse dentro di lui così velocemente da dargli quel calore in più che gli accende sempre il viso. Solo in questo momento alzo lo sguardo per incrociare le sue iridi chiare, incorniciate dalle ciglia nere. Mi osserva sereno, con dolcezza. Si avvicina ancora un po’, quel tanto che basta a far sfiorare i nostri corpi, a stringersi di più contro di me.  Il suo respiro caldo, sale in piccole nuvolette che inevitabilmente si uniscono alle mie.

<< Sembravi turbata, prima… Hai afferrato il giubbotto e sei corsa via. >>

La sua voce sembra quasi irreale, così vicina a me. Continuo a guardare le nostre mani intrecciate, e cerco di pensare a qualcosa di coerente prima di rispondere, prima di dirgli che si, ero turbata per l’argomento che si stava trattando con gli altri. Ero turbata per tutti i commenti sul Super Bowl dello scorso week-end. Ero turbata e intimorita. Turbata dal modo in cui l’avrei guardato se avessi girato il volto nella sua direzione. Turbata nel ricordare lo scambio di tweet che abbiamo avuto quel giorno. Cerco di sembrare il più sincera possibile.

<< Volevo solo prendere un po’ d’aria… Gelida. >>

Annuisce e imita un ‘mmh’ con le labbra, e poi torna a guardare la neve che continua a scendere davanti a se.

<< Ti sei divertita al Super Bowl l’altra sera? >>

Non giro la testa di scatto, ne l’abbasso sconfitta. Capirebbe che sto cercando di evitare l’argomento. Respiro piano, e prendo fiato.

<< Oh, si. Tantissimo. Come ogni anno. >>

E prima che possa anche solo pensare di aggiungere qualcosa, inizio a districare le mie mani dalle sue.

<< E’ meglio rientrare, fa davvero freddo qui fuori. >>  

Molto velocemente gli do le spalle, e altrettanto velocemente raggiungo la porta. L’ho già spalancata, quando le sue parole mi raggiungono.

<< Hai pianto. >>

Resto con la mano sul pomello ghiacciato, mentre mi volto per guardarlo avvicinarsi.

<< Quando ho fatto intendere al mondo che volevo essere con te, che sentivo la tua mancanza, hai pianto. Non era neve. Non c’era neve a New York, quel giorno. >>  

Alzo le spalle. Ormai è troppo tardi anche per scappare. Scuoto la testa.

<< Smettila. >>  

Lo guardo da sopra la spalla, lo fulmino con gli occhi. Cerco di fargli capire di non attraversare la linea tranquilla, sottile, su cui stiamo camminando in queste settimane.

<< Non posso. >>  

Ammette. Ed è un secondo. Il modo in cui mi guarda, in cui siamo faccia a faccia, il tono di voce, la posizione del corpo…
 

Tre settimane prima…

<< Allora, siamo pronti? Mancano le ultime tre scene. Ian dov’è finito? >> 

<< Sono qui, boss! >>

Trattengo un sorriso, e guardo Ian allargare le braccia poco lontano da Chris, talmente impegnato e su di giri da essere totalmente distratto, anche avendolo davanti. E dire che non passa mai inosservato.  

<< Scusa, scusa, siamo in ritardassimo. Forza, in posizione. Anzi, aspettate. Nina, vieni un secondo qui per favore. >>

Faccio il giro del divano e mi avvicino a Caroline e Chris, intenti a fissarmi attenti. Caroline abbassa leggermente il tono di voce, come se volesse evitare di farsi sentire anche dagli altri presenti nella stanza.

<< Ascolta tesoro, questa è la quarta volta che rigiriamo questa scena, e sei stata perfetta fino ad un certo punto. Non c’è bisogno che io ti dica qual è. Lo sai perfettamente. E so, so che magari per te è… fastidioso e difficile dover girare certe scene, ma devi mettercela tutta. Deve essere una di quelle scene per i cui i fan piangeranno. E mi servi al massimo. Mi servi… vera. >>

E sottolinea l’ultima parole, abbassando ancora di più la voce. Annuisco, capendo perfettamente cosa sta tentando di dirmi, e torno al mio posto.

<< Pronti… Motore… Camera due su Ian, camera tre su Nina, camera quattro esterna. AZIONE! >>

<< Forse non hai capito cosa ho fatto Elena. Ho ucciso il tuo amichetto del college, ho preso in ostaggio tuo fratello. Jeremy! Stavo per uccidere anche lui! Sono andato in tour con Enzo a squartare persone e a continuare la mia vendetta. Come puoi essere qui e guardarmi così tranquillamente? >>

Mi dice, mentre posa il bicchiere di Bourbon sul tavolino. Siamo l’uno di fronte all’altra, in tensione. Mi passo le mani tra i capelli, mi guardo intorno con aria stranita.  

<< Katherine ti ha fatto uscire fuori di testa Damon! Ti ha detto che sei senza speranza, facendoti credere che ero io! Ti ha manipolato, ha giocato con te, ti ha spezzato il cuore, facendoti credere che ero io! Pensi che non capisca cosa voglia dire?! >>

Mi avvicino di più a lui.

<< No, tu non capisci! Ho cercato di ucciderti! Ti avrei potuta uccidere! Ero convinto che fossi tu, e nonostante questo, non sono riuscito a fermarmi! >>

I nostri toni di voce si alzano di parola in parola. Allungo le mani e le poso sui suoi fianchi, mi aggrappo alla sua maglietta. Sento il suo corpo teso sotto i miei palmi. Posso sentirlo quasi tremare. E mi chiedo se sia Ian o Damon a reagire in questo modo così forte, violento.

<< Non ti eri nutrito, il virus ti controllava. Non potevi controllarti! Ne sono anche io sotto l’effetto, e so cosa si prova! Smettila! Smettila di voler per forza allontanarti. E’ una mia decisione! Io ti amo! >>

<< Allora smettila di amarmi! >>  

<< Non posso! >>


Passa mezzo secondo, tra l’incredulità di entrambi, così colpiti dal suono di queste parole. Ma nel frattempo mi preparo, e prima che possa rendermene conto, le sue mani afferrano il mio viso, e la sua bocca si impadronisce della mia. Sento il cuore pompare e battere talmente forte, mentre mi accingo a posare di nuovo le mani sui suoi fianchi e stringerlo a me. Ian, Ian, Ian. La mia mente non riesce a formulare un pensiero che vada lontano dal suo nome, e dal piacere che sto provando nel baciarlo dopo diverso tempo. Ci stacchiamo per un secondo, per poi riprendere con più foga e passione. Le mie mani vagano sulla sua maglietta, ne traccio il bordo, pronta a sfilargliela velocemente. Gli sfioro il petto, il collo, e lo trattengo per la nuca. Non voglio che si fermi. Non voglio che si fermi mai. Mi sorregge con le mani dietro la schiena mentre i baci si fanno talmente veri e profondi, da confondermi. Cerco di ricordare che stiamo girando una scena, che dobbiamo muoverci verso il divano, cerco di respirare, ma riesco solo a stringermi di più a lui. Sento i suoi respiri farsi più profondi, e quando si stacca per restare sospeso sulle mie labbra, l’azzurro dei suoi occhi invade tutto il mio campo visivo. Dolore, rassegnazione, passione, bisogno… tutto proiettato contro di me e per me…  

<< Ehhh STOP! >>

Mi distacco talmente velocemente da lui, che quasi inciampo nei fili delle telecamere dietro di me. Ah, giusto. C’erano anche le telecamere. A riprenderci. Dannazione. Non posso continuare in questo modo. Caroline mi sorride, e Chris fa segno a Ian che è andato tutto bene.

<< Dobbiamo rigirare solo la parte finale, non allontanatevi. >>

Ci ammonisce. Ma io non riesco a non allontanarmi. Faccio un giro su me stessa, cercando Erika, che non scorgo da nessuna parte. Lui si appoggia al bracciolo del divano, con i capelli stravolti dalle mie mani, le guance arrossate, e senza maglietta, completamente a proprio agio. Lui e il suo corpo perfetto, talmente padrone della situazione da indurmi a voltare di scatto la testa per non dover assistere ai suoi occhi indagatori. Finisce sempre in questo modo. Giorni di silenzio, e attimi perfetti. E siamo sempre punto e d’accapo. Io con la voglia di scappare via, e lui con l’istinto di rincorrermi. Ma questa volta non scappo. Non imbocco nessun corridoio, perché so come andrebbe a finire. Mi tengo il bruciore alle labbra, alla pelle, dove le sue mani mi hanno stretta e toccata. Mi tengo il dolore sordo all’altezza del cuore, e il vuoto nello stomaco. Resto ferma, al mio posto, aspettando il prossimo momento in cui mi lascerò trascinare. Proprio qui. All’interno del set. L’unico posto in cui, ormai, ci siamo permessi di guardarci e amarci senza maschere e senza imposizioni, perché Damon e Elena ne hanno bisogno. Ma il modo in cui mi ha stretta e baciata, va molto oltre la scena. E non è giusto. Non è giusto per nessuno dei due. Quando torno a guardarlo, questa volta è lui a voltare la testa. Ad evitarmi. Ed è strano, perché di solito non ha paura di mostrare quello che prova. Di solito, accetta di buon grado i momenti in cui può sfidarmi e vincere. Ma oggi no. Oggi non vuole vincere
.
 
E poi sono di nuovo di fronte a lui, sotto il suo sguardo indagatore, e cerco di lasciare andare i pensieri di quel giorno.

<< Ero nostalgica. >>  

Dico alla fine, cercando di giustificarmi, anche se non dovrei. Mi prende la mano, per staccarla dal pomello freddo, e per richiudere la porta alle nostre spalle. Mentre si avvicina riesco solo a pensare che molti ragazzi tengono sempre le mani affondate nelle tasche dei pantaloni, ma non Ian. Lui è sempre impegnato a tenere le mani in contatto con chi ha di fronte o accanto. Le sue mani sono fatte per amare.

<< Perché? >>

Mi chiede, ancora. Come se fossi realmente capace di rispondere a tutti gli interrogativi che lo attanagliano.

<< Nostalgia. Te l’ho detto. >>

<< Ci siamo visti pochissimo in queste settimane. >>

Annuisco.

<< Beh, si. Abbiamo orari diversi, e impegni diversi. >>

<< E cerchi di evitarmi in ogni modo possibile. >>  

Continua, preciso, puntiglioso.

<< Cerco di evitare questo genere di conversazioni. >>  

<< Eviti qualsiasi tipo di conversazione. >> 

Puntualizza. E io non ribatto, perché ha ragione

<< Perché quel tweet? Cosa volevi dimostrare? >>

Gli chiedo, tornando al discorso iniziale. Si avvicina di più, continuando a tenermi la mano, senza un minimo di esitazione.

<< Volevo essere con te, quella sera. Più che mai. Volevo fartelo sapere. Volevo che tutti lo sapessero. >>

<< E non hai pensato a come mi sarei potuta sentire. >>

<< Non m’importava. Dovevi saperlo. Anche se ti avrebbe fatto male. Anche se ti ha fatto male. >>  

<< Continui a trattarmi come se… Niente, lascia stare. >>

Gli do le spalle per la seconda volta, e strattono via la mia mano dalla sua per la seconda volta. Aumento il passo, e prima che possa arrivare lontana, sento un leggero tonfo, lo sento trasalire.

<< Merda.. >>

E’ con la spalla appoggiata al muro, e con una smorfia di dolore cerca di distendere la gamba sinistra. Torno da lui velocemente, spinta dall’apprensione.

<< Che succede? Ti fa male? >>

Annuisce sorridendo.

<< E’ solo un crampo, piccola. Non preoccuparti. Non è nulla. >>

E mentre fisso la sua espressione e la sua gamba, mi torna in mente il giorno in cui si è fatto male, il giorno in cui l’ho visto piangere di dolore per la prima volta…
 


2011 

<< Nina! Nina! >>

Sento la voce di Candice prima ancora di vedere i suoi capelli biondi, mentre spalanca la porta del mio camerino. Salto al volo dalla sedia, notando la sua espressione preoccupata.

<< Che succede? >>

Sposta lo sguardo da me a Erika al mio fianco, indecisa sul da farsi. Mi avvicino a lei, e le tocco il braccio.

<< Candy, parla. Cosa succede? >> 

<< Si tratta di Ian… Ha avuto un incidente… >> 

Passa mezzo secondo, prima che mi renda conto di cosa stia dicendo. Non le do nemmeno il tempo di spiegare, che cerco di superarla per correre sul set, ma le sue braccia mi bloccano, insieme a quelle di Erika.

<< Dov’è adesso? Lasciatemi, è Ian dannazione! Candy, dov’è? >>  

Quante storie avevo sentito, quante carriere spezzate a causa di un incidente sul set. Una mossa sbagliata, una controfigura mancata.

<< L’ho lasciato insieme agli altri nel padiglione tre. Si stanno prendendo cura di lui. Aspettavano una macchina per portarlo in ospedale e mi hanno mandata qui ad avvisarti.. ma ascolta è meglio se tu.. >>  

Le sue parole mi rincorrono, mentre le mie gambe scattano verso l’uscita. Corro a perdifiato lungo i corridoi, scansando macchinari e travi di legno, prendendo quante più scorciatoie possibili. Quando entro nel padiglione tre, mi guardo intorno, e noto un folto gruppetto di persone in cerchio. E sento dei lamenti, forti. Avanzo tra di loro, tralasciando le parole e le mani che cercano di strattonarmi via con delicatezza. Mi libero dalle prese, dalle braccia. Devo vederlo. Devo vedere i suoi occhi. Quando finalmente arrivo al centro, lo noto, disteso per terra. La prima cosa che attira la mia attenzione è la gamba sinistra, piegata in modo strano, con il pantalone strappato a metà. Non c’è sangue. E tiro un sospiro di sollievo, prima di concentrarmi sul suo viso. L’espressione è tesa in una smorfia di dolore, gli occhi sono serrati e i capelli gli scendono sul viso a coprirgli la fronte. Respira affannosamente, contorcendo le braccia. Quando incrocia i miei occhi, gira la testa di scatto.

<< Chi l’ha chiamata? Vi avevo chiesto di tenerla lontana da qui! >>

Ignoro le sue lamentele e mi inginocchio accanto a lui.  Ha il viso rigato di lacrime secche. Si morde il labbro inferiore trattenendo un gemito, mentre Jona, il paramedico che abbiamo sul set, gli inizia a tastare la gamba.

<< Non ne sono certo, ma potrebbe essersi strappato il crociato anteriore.. >>

Sgrano gli occhi, ricordando le varie precauzioni prese durante gli anni di ginnastica artistica. E le continue lamentale dei miei istruttori. Uno dei punti più dolorosi, e una terapia rigida e prolungata. Gli prendo la mano e la stringo forte, mentre mi guardo alle spalle, incrociando gli occhi preoccupati dei presenti e di Julie.

<< L’ambulanza è qui! >>

E proprio mentre queste parole che escono dalla bocca di qualcuno, sento il rombo di un motore.

<< Via, via spostatevi. Fategli spazio. >>

Altri due paramedici spuntano fuori dal nulla con una lettiga gialla e arancione, e in pochi secondi lo hanno caricato sopra, cercando di muovergli la gamba il meno possibile.

<< Mi scusi signorina, non può salire anche lei. >>

La sua mano lascia la mia, e rimango con le dita sospese a mezz’aria mentre lo portano via. Mi volto di scatto verso Julie, e non c’è bisogno che dica niente.

<< Andiamo in macchina. Non preoccuparti. >>
 

Le ore seguenti sono tremende. Passano lentamente, tra un parere medico e l’altro, senza possibilità di poterlo vedere, perché per lui è diverso. L’assicurazione, i dirigenti dello show avvisati del caso, la sua agente costantemente attaccata al telefono, e la sua famiglia. Parlo con Robyn e con Edna, le rassicuro usando le parole del medico. E’ una cosa comune, non ci saranno ripercussioni gravi, deve solo seguire la terapia dopo l’operazione. Cammino avanti e indietro per i lunghi corridoi bianchi della clinica privata, fino a quando un medico dai capelli rossi e l’aria distinta ci avvisa che possiamo entrare a vederlo. Mi precipito verso la sua stanza senza nemmeno voltarmi indietro. Lo trovo disteso sul letto, con la schiena appoggiata contro i cuscini, e la gamba fasciata. Mi avvicino velocemente, restando fissa sui suoi occhi azzurri e sul suo sorriso tranquillo.

<< Ehi piccola.. >>

Allunga le braccia e io mi ci fiondo dentro. Ha la maglietta di Damon leggermente stropicciata, noto, mentre resto per qualche istante piegata sul suo petto. Alzo la testa velocemente, per guardarlo negli occhi e assicurarmi che stia realmente bene. Gli sfioro il viso con la mano, scostandogli i capelli. E finalmente, dopo diverse ore, tiro il mio primo respiro di sollievo.

<< Come ti senti? >>

Gli chiedo, alla fine, sedendomi accanto a lui, sul lato destro per non dargli fastidio alla gamba.

<< Benissimo, davvero. Penso che mi hanno somministrato una buona dose di antidolorifico e cose varie… Il mio corpo sta urlando a grande voce che dovrei prendermi una pausa. >>

<< Io te lo dico in continuazione e non mi dai mai ascolto…Il medico mi ha detto che dovranno operarti.. >>

<< Si, ma andrò a Cali da uno specialista, mi opereranno lì. >>

<< Vengo con te. >>

Mi sfiora il viso, cancellando qualche lacrima di sollievo dalla mia guancia.

<< Non devi, è una cosa da nulla. Posso andare da solo. >>  

<< Perché hai urlato che mi tenessero lontana? Non capisco.. >>

Mi prende la mano e la stringe piano.

<< Non volevo che ti preoccupassi per me. Non volevo che tu mi vedessi a terra, ridotto in quel modo. >>  

Gli blocco il viso, trattenendolo per il mento.

<< E invece mi preoccupo. Ho tutto il diritto di farlo. E so gestire certe cose, non sono una bambina che devi continuamente proteggere. Posso prendermi cura di te. Come tu fai con me. Permettimelo. E verrò con te a Cali. >>  

Mi prende il viso tra le mani e mi bacia piano le labbra.

<< Quindi… Sarai la mia infermiera personale. >>

Alzo gli occhi al cielo e gli rifilo un pugnetto sulla spalla.

<< Idiota. Lo sapevo che l’avresti detto! >>  

Porta una mano dietro la mia nuca e mi bacia ancora, stringendo il mio corpo al suo.

<< Era una battuta troppo scontata, ma l’hai fornita tu su un piatto d’argento. E d’accordo. Accompagnami a Cali, se è questo che vuoi. La tua presenza renderà tutto più… piacevole. >>  

<< Piacevole? >> 

Avvicina di nuovo il suo viso al mio, premendo le sue labbra vicino al mio orecchio.

<< Dovrai fare l’amore con me tante e tante volte… Per consolarmi. >>  

<< Mi dispiace ricordarti che sei momentaneamente fuori uso. >>

Trattiene un sorriso.

<< E chi lo dice questo? >>

<< La tua gamba malridotta che non ti permetterà di muoverti normalmente per diverse settimane…Figuriamoci a letto. >> 

Si avvicina di nuovo a me, tracciando un linea leggera sulla mia schiena.

<< Nessuno ha detto che dovrò muovermi... >>

Dice, con fare malizioso. Mi piego verso di lui ancora di più, per abbracciarlo del tutto, e ignoro il suo commento per non dargliela vinta.

<< Quando ti ho visto a terra, in quel modo, mi si è gelato il sangue nelle vene. Ti prego, ti prego… Non permetterti più di farmi prendere una paura del genere. >>

Mi accarezza i capelli, e poggia il mento sulla mia testa.

<< Farò il possibile, piccola. Te lo prometto. >>
 
 


Si riscuote velocemente, e sbatte il piede sul pavimento.

<< Visto? Niente di cui preoccuparsi. >> 

<< Non saltare la seduta nella camera iperbarica, è per questo mese… >>

Gli dico sovrappensiero. Come se fosse ancora un mio compito ricordargli certe cose. Annuisce. E mi sorride. Ancora.

<< Cosa farai nel week-end? >>

Mi chiede all’improvviso.

<< Vado in Messico, con Riawna. >>

E io rispondo talmente prontamente che vorrei mordermi la lingua.  

<< Torno dagli altri. >>

Aggiungo, per non dover subirmi ancora tutto questo.

<< Nina? >>

Mi volto per la quarta volta in mezz’ora, e so sto per sbottare.

<< La vuoi smettere? Lasciami andare! >>

In ogni senso. Ma lui non sembra nemmeno scalfito dalle mie parole, e questo suo atteggiamento, mi fa sentire ancora più piccola e capricciosa.

<< Volevo solo chiederti se stai bene. Prima, non ne ho avuta l’occasione. >>

E i suoi occhi sono talmente sinceri che per un secondo mi sento in colpa. Ma poi ricordo cosa è capace di fare con quello sguardo, e il senso di colpa sparisce. Mi passo una mano tra i capelli, e caccio fuori un respiro di liberazione.

<< Sto bene, Ian. Ok? Sto bene. >>

Non mi prendo nemmeno il disturbo di osservarlo meglio. E questa volta, mentre mi giro, so che non mi richiamerà.
 

 
Entro nel camerino con la borsa stretta al petto e un mal di testa che ricorderò per tutta la vita. Kat mi segue a ruota, in una mano un bicchierone pieno d’acqua e nell’altra la scatola delle aspirine.

<< Prendine almeno due. >> 

Faccio come dice e mi porto il bicchiere alle labbra. Kat non stacca gli occhi dai miei, ha l’espressione corrucciata e divertita allo stesso tempo.

<< Si può sapere cosa hai combinato per ridurti in questo modo? >>

Scuoto la mano davanti al mio viso, e alla fine me la porto contro la fronte.

<< Non me lo chiedere, non lo so nemmeno io. >>

Prende posto sul divanetto nell’angolo accavallando elegantemente le lunghe gambe. Inclina la testa di lato.

<< Ho visto delle foto, e ho anche letto… beh, qualche commento. Sembravano tutti molto preoccupati. >>

Alzo gli occhi al cielo, e mi appoggio al tavolino dietro di me.

<< Parli di quello che si è scatenato l’altra sera su twitter? >>

Annuisce impercettibilmente.

<< E anche della tua condizione attuale. >>

<< E’ un mal di testa da post-post sbronza, lo ammetto. Ho bevuto con persone sconosciute e ho permesso loro di scattarmi quelle foto… Ero completamente fuori di me. O forse ci ero troppo dentro… Non ne ho idea.  >>

Distolgo lo sguardo e stringo forte i palmi, torturandomi le mani. La sento alzarsi e avvicinarmi a me.

<< Può capitare, Neens. Può capitare di perdere il controllo. Quante volte ci siamo sbronzati tutti insieme? Non è la fine del mondo. >>

<< Sbronzarci tutti insieme è diverso dal sbronzarmi con persone sconosciute in Messico… >> 

Mi stringe un braccio con la mano.

<< Andrà tutto bene. Nessuno di noi ti giudicherà per queste stronzate. Ok? >>

Annuisco, cercando di sorridere. Stringo le labbra, e incrocio le braccia sul petto.

<< Hai visto come mi ha guardata? Qualcuno mi stava giudicando eccome… >>

Lei alza le mani, in segno di resa.

<< Oh no. Non mi tirerete in questa storia. Ian ti guardava in quel modo perché è preoccupato per te, e lo sai perfettamente. Invece di rintanarti nel camerino, esci fuori e affrontalo. >>  

<< Per farmi guardare ancora in quel modo? No, grazie. Lui… Non capirebbe. >>

<< Questo lo pensi tu. La settimana scorsa sembrava tutto come un tempo… Si può sapere cosa vi è successo? >>  

Torno a guardarla.

<< Ci siamo lasciati, Kat. Questo è successo. Va avanti così da mesi. E non cambierà. Certo, ci saranno sempre momenti in cui sembrerà che sta andando tutto bene… Ma basta pochissimo per distruggere tutto. Pochissimo. >>

Mi porto una mano al viso, schiacciata dal peso di queste parole. Stranamente ho gli occhi asciutti, tremendamente asciutti. Come se le lacrime non potessero compensare quello che sto provando in questo momento. Un senso di vuoto inimmaginabile, inaccettabile.

<< Sai… Io vorrei soltanto… >>

Il suo sguardo è preoccupato e intenerito, e subito mi passa la voglia di continuare il discorso.

<< Niente, non fa niente. Ok? Sto bene. Come dici tu, andrà tutto bene. Scusami, devo andare a prepararmi. >> 

Lei mi richiama un paio di volte, ma io lascio perdere. Attraverso le cinque porte che mi separano dal mio camerino, senza fermarmi, senza salutare nessuno. Ma appena la mia mano si stringe intorno alla maniglia, sento la voce di Ian dal fondo del corridoio.

<< Certo Jake, ci vediamo domani.. >>

Non giro la testa per guardarlo, spalanco solo la porta e la richiudo velocemente alle mie spalle. Sento i suoi passi avvicinarsi velocemente, fino a sentirlo fermarsi davanti alla mia porta. Non dice nulla. Ma intercetto l’ombra che si proietta sul pavimento, e se mi concentro posso anche sentire il suo respiro impercettibile. Ma forse è solo la mia immaginazione. Poggio delicatamente una mano sulla porta, all’altezza di dove dovrebbe essere il suo petto, il suo cuore. Tutto questo è terribilmente stupido. Divisi da una parete in legno spessa qualche centimetro, e sentirlo lontano, come se stesse dall’altra parte del mondo. Reclino la testa contro la porta, e continuo a fissare la sua ombra sotto i miei piedi.

<< Vai via… >>

Sussurro alla fine, sperando che non mi senta.

<< Apri la porta, devo parlarti. >> 

Serio. Autorevole. Senza nessuna inclinazione particolare.

<< Non ho intenzione di farmi guardare ancora in quel modo. Ne ho abbastanza per oggi. >>

La mia voce trema, rotta dalle lacrime che continuo a trattenere da tutto il giorno.

<< Nina, apri questa maledetta porta. >>  

Vorrei sbattere i pugni sul legno freddo. O meglio, vorrei sbatterli contro di lui.

<< No! Vattene! Non ti voglio vedere, non ti voglio sentire! Stai lontano da me! >>  

Le parole strozzate escono fuori a fatica. Ho il fiato corto e gli occhi iniziano a bruciarmi. A quel punto sento il pomello girarsi di scatto. E ormai è troppo tardi per mettere la sicura. Mi scosto velocemente dalla porta, mentre questa si apre si scatto, ho la vista appannata, e riesco a vederlo entrare e richiuderla velocemente dietro di se. Ed eccolo lì, lo sguardo che cerco di evitare da tutto il giorno. Azzurro e splendente, duro come il ghiaccio, freddo come la neve che si è abbattuta su di noi nelle settimane scorse. 

<< Cosa pensavi di fare? >>

Mi dice, sospirando piano. Incrocio le braccia sul petto, e prego che le lacrime non decidano di uscire proprio in questo momento. Non deve vedermi vulnerabile o debole. Non voglio che mi veda in questo modo.

<< Cercavo di tenerti fuori da questa stanza, così da evitarmi i tuoi occhi. >>

Si avvicina velocemente.

<< E in che altro modo dovrei guardarti?  Ti rendi conto di cosa stai facendo? Di cosa hai fatto? Ubriacarti in mezzo a persone sconosciute! Poteva succederti di tutto! Questa volta ci sono state solo le foto e le storie inventate. Ma la prossima?  >>

Alza la voce di due toni, e spalanca gli occhi. Resto in silenzio, a fissarlo. Sospira di nuovo e scuote la testa.

<< Si può sapere cosa ti è passato per la testa? >>

Lo fulmino con lo sguardo, rilasciando tutta la mia rabbia repressa.

<< E a te, cosa sta passando per la testa? >> 

Alza il mento, con aria di sfida.

<< Cosa vuoi dire? >>

Scuoto una mano davanti al visto.

<< Lascia perdere. Non capiresti in qualsiasi caso. >> 

Si avvicina velocemente e mi trattiene per un polso. Non lo stringe forte. E con gli occhi mi incita a continuare. 

<< Sei andato a Sun Valley. Ti sei divertito?>>

Mormoro a bassa voce. Aggrotta le sopracciglia scure e inclina leggermente la testa.

<< E’ per questo? Potevi venire con me! Potevi venire con me invece di andartene in Messico con le tue amiche! >>  

Sciolgo la sua stretta, e lo spingo via.

<< Non me l’hai chiesto Ian! Non mi hai detto nulla! Ho saputo che eri lì grazie al tweet che hai scritto. E alla foto che hai messo! Come se non fosse un modo per rinfacciarmelo! >>  

<< Lo sapevi che sarei andato da mia sorella. Lo sapevi eccome, Nina. Non incolpare me, per le tue stronzate. >>  

Alzo gli occhi al cielo e gli do le spalle.

<< Mi stavo divertendo. Oh, ma dimentico che tu sei fuori da queste cose… Lungi da me pensare che tu possa capire cosa significhi ubriacarsi o divertirsi. Rovineresti la tua immagine limpida e splendente. >>  

Mi afferra i nuovo il polso per farmi girare verso di lui. Ha cambiato sguardo.  E’ attento, calmo. Le rughette intorno agli occhi sono meno accentuate.

<< Cosa ti succede? Perché mi rispondi in questo modo? Hai dimenticato quanto ci siamo divertiti insieme? Quante volte ti ho riportata in braccio nelle camere degli hotel dopo qualche festa? Dannazione Nina! Io ti ho portato a Las Vegas quando sei diventata maggiorenne! Io sono stato il primo con cui ti sei ubriacata e divertita! >>

<< Forse è proprio questo il problema. Sei stato il primo per troppe cose, e adesso non accetti che la mia vita va avanti anche senza di te. Mi dispiace deluderti Ian, ma funziona così. Le storie finiscono, le persone crescono e cambiano, ed è ridicolo che spetti a me ricordarti questi concetti! >>  

<< Pensi che questo conti? Non lo capisci? Sarò sempre qui a rimproverarti quando sbaglierai. E sarò qui quando avrai bisogno di qualcuno con cui prendertela. E sarò proprio qui, a sentire le tue urla, mentre cerchi di scappare da situazioni che ti buttano a terra. E resterò qui, Nina. E niente di quello che farai o dirai cambierà tutto questo! Ed è ridicolo che spetti a me continuare a spiegarti questo concetto! >>

Continua a stringermi il polso, e io abbasso la testa per distogliere lo sguardo dai suoi occhi attenti e preoccupati. Occhi che mi seguono ovunque, costantemente. E ripenso a sabato sera, a come mi sono divertita e scatenata per non dover pensare a niente. Per non dover pensare a delle montagne bianche, per non dover pensare di voler essere lì con lui, per non dover ricordare l’odore della farina della pizzeria di Robyn…
 


2012
 
<< Non in questo modo, piccola. Devi stenderla verticalmente, e uniformemente, e cercare di non farla assottigliare troppo, altrimenti… >>

Le mani affusolate e sottili di Ian si uniscono alle mie nello stendere la pasta morbida e infarinata, e appena la tiro leggermente dalla mia parte, si spezza, creando un piccolo buco al centro che fa intravedere il marmo su cui stiamo impastando ormai da due ore. 

<< Si spacca! >>

Ian scoppia a ridere, mentre io mi arrendo e lascio a lui il lavoro. Sono ore che lavoriamo pasta e serviamo ai clienti, e ai fan venuti a salutarci. Finalmente possiamo fare delle pizze tutte per noi. Robyn ha chiuso i battenti, dopo aver fatto il tutto esaurito, e ci concediamo qualche momento in famiglia.

<< Ti aiuterò solo per farcirla. Sono stanca, per questo si spacca sempre. >>  

Mi pulisco le mani sul grembiule che ho legato in vita e mi siedo sul bancone di fronte a lui per guardarlo lavorare. Ridacchia divertito, e con abili movimenti inizia a impastare più velocemente di quanto abbia mai fatto con me.

<< Sai cosa? potresti chiedere a Robyn di prenderti a lavorare qui con lei. Sembri molto portato. >>  

<< Solo se saresti disposta a restare con me. >>

<< Mi dispiace, ho uno show da portare avanti. >>

Prendo uno spicchio di pomodoro dalla ciotola dietro di me e lo mangio soddisfatta. Volta il viso verso di me.

<< A quel punto dovrei abbandonare la carriera di attore e lasciarti da sola, senza Damon. >>

Faccio spallucce e dondolo le gambe proprio come una bambina.

<< Non sarebbe poi questa grande perdita. >>   

Si volta di scatto al suono delle mie parole, e in due passi veloci, è con le mani sui miei fianchi. Urlo mentre preme le dita contro di me per farmi il solletico.

<< Cosa hai detto? >>

Mi dice all’orecchio, mentre tenta di mordermi.

<< Smettila! Smettila! Sei tutto sporco di farina! Hai le mani piene di farina! >>  

A quel punto mi prende il viso tra le mani, tastandomi il naso e le guance per sporcarmi tutta. Mi bacia velocemente, mentre tento di districarmi dalla sua stretta. Gli sfilo il cappello e lo lancio lontano, mentre allungo una mano nella ciotola della farina. Mi sporco le dita e con una mossa veloce le passo tra i suoi capelli, imbiancandoli tutti. Ridacchio tra le sue braccia e si sporge di più contro di me. Stringo le gambe intorno a lui per cercare di immobilizzarlo, ma alla fine ci ritroviamo stretti, con i corpi intrecciati, i bacini che si scontrano, e le mani che vagano ovunque. Le sue labbra catturano le mie e intreccio le mani dietro la sua nuca. Mi sfiora le gambe, stringendomi di più contro di lui.

<< Si può sapere perché state urlando in questo modo? >>

La voce di Robyn ci interrompe sul più bello e ci stacchiamo velocemente sotto gli occhi azzurri della sorella maggiore di Ian. Ci guarda con un sorrisetto divertito sul viso, e alla fine con finta espressione contrariata.

<< No eh! Non sul mio bancone! Scendete immediatamente dal mio bancone! Michaela! >>

Appena sento il nome di mia madre, scoppio a ridere con la testa poggiata sul petto di Ian. Stravolta e distrutta dalla lotta appena persa, con il viso tutto sporco di farina, tanto quanto il suo. Mia madre spunta da dietro le spalle di Robyn e si sporge per guardarci. Cerco di immaginare la scena che ha davanti. La sua adorata figlia ormai adulta, tutta sporca di farina, abbracciata al proprio fidanzato trentaquattrenne.  Tira un sospiro, e intreccia il braccio sotto quello di Robyn.

 << Che ci vuoi fare tesoro, sono dei bambini. I nostri bambini. >>  

Scoppiamo entrambi a ridere mentre sciogliamo il nostro abbraccio per ricomporci.  Sentiamo uno scalpitare di passi e una vocina squillante esclamare

<< Zio Ian! Zio Ian! Ho fame! E anche Ruby ha fame! >>  

Le piccole manine di Jaxon si attaccano al bancone mentre riusciamo ad intravedere solo i suoi riccioli rossi. Si alza sulle punte e scorgiamo i suoi occhietti chiari e le lentiggini sul nasino. Cresce a vista d’occhio, ed è strano perdersi così tanto, trovarlo sempre più alto, o con i capelli più lunghi. E poco dopo sentiamo un altro scalpiccio frenetico,

<< J! Jaaaayyy! >>

Jaxon si gira di scatto.

<< Eccola che arriva! >>  

E la piccola di casa fa il suo ingresso facendo svolazzare i suoi bellissimi capelli biondi, e flettendo le gambe lunghe, molto più lunghe di una normale bambina di cinque anni. Ruby si butta sul fratello, aggrappandosi al suo braccio, e per poco non lo lancia a terra. Cinque anni di dolcezza pura, incorniciata da un viso perfetto e da due occhi splendidi. Azzurri, proprio come quelli del fratello, proprio come quelli di Ian.  Lancio un’occhiata a Ian, e trattengo un sorriso, prima di fargli un cenno. Lui capisce al volo.

<< Potreste aiutarci entrambi, visto che siete così impazienti. >> 

Robyn e mia madre sorridono soddisfatte mentre urlano di sbrigarci, e chiacchierando tornano a sedersi al tavolo.

<< Zia Nina, perché sei tutta sporca di farina? >>

Mi chiede Jexon mentre Ian lo solleva da sotto le braccia, e lo fa sedere sul bancone. Io faccio lo stesso con Ruby, che mi abbraccia come un koala vestito di lilla. Mi stampa un bacio sulla guancia, e poi si pulisce con la maglietta le labbra sporche di farina.

<< Perché è molto più bella sporca di farina, piccolo. Ecco, metti questo. >>

Ian gli infila un cappello enorme da chef, che gli copre i riccioli e la piccola fronte. Ruby si porta una manina alla bocca e inizia a ridere, è talmente bella da incantarmi. Le faccio il solletico suoi fianchi, mentre i ragazzi continuano il lavoro interrotto. Ian riprende ad impastare, e Jax gli passa gli ingredienti.

<< Allora principessa, mi ha detto la mamma che vuoi iniziare a danzare, è vero? >>

Ruby annuisce piena d’entusiasmo.

<< Si! Anche la mia amica Sandy vuole iniziare. E poi faremo gli spettacoli di fine anno! Voi verrete a vedermi, vero? >>

Allunga la mano per afferrare il grembiule di Ian.

<< Vero zio Ian? Verrai a vedermi? >>  

Jaxon si gira interessato. Ian afferra la piccola e la alza leggermente in aria.

<< Ma certo che verremo a vederti, con queste gambe strepitose sarai la ballerina più brava del mondo. >>

La piccola si aggrappa al suo collo e lo riempie di baci. Ian mi guarda di sottecchi, e non so cosa vede di preciso, forse il mio sguardo intenerito, forse il mio sorriso, sta di fatto che si avvicina a me per avvolgermi con l’altro braccio e per stamparmi un lieve bacio sulle labbra.

<< Blaaaahck, che schifo! Dovreste smetterla di farlo in tv e anche dal vivo. >>

Esclama Jax, mentre Ruby inizia a ridacchiare.

<< Non pensi di essere troppo piccolo per i vampiri? >>

Esclamo, con finta voce indignata.

<< Ehi, ho sette anni ormai! E poi mamma cambia canale ogni volta che lo zio inizia a mordere qualcuno, quindi… E’ come se non vedessi nulla. Mi perdo tutto il divertimento. >>

Ian si affaccia dal lato dei tavoli e richiama la sorella.

<< Fai vedere ai bambini lo show? >>

Lei scuote la testa divertita.

<< E’ l’unico modo che hanno per vederti, visto che ci vieni a trovare così raramente! Non dare la colpa a me se sentono la tua mancanza!  >>
Il mio bel vampiro alza gli occhi al cielo e sbuffa, per poi rivolgersi a me. 

<< Come se fosse colpa mia.. >>

Jaxon alza le piccole spalle.

<< Io non lo vedo per te, lo vedo per la zia Nina. Si sente di più la sua mancanza. >>  

Ian scoppia a ridere, e annuisce.

<< Non posso darti torto, campione. Lei manca sempre a tutti, lo sai? >>

Jax annuisce serio, come se capisse perfettamente i problemi di tempo tra due attori fidanzati. Ruby attira l’attenzione con la sua vocina sottile e dolce

<< Perché zia Nina è la più bella di tutte. >>

La stringo di più a me e sto per ribattere, ma Ian mi anticipa.

<< Hai proprio ragione principessa. >>

E per un attimo il suo sguardo è solo per me. Quello sguardo attento, adorante, che mi segue ormai da più di due anni. Mi sorride con il più vero dei suoi sorrisi. Quello che usa nei momenti speciali, alzando del tutto gli angoli della bocca, incorniciata dalle rughette sottili e marcate. Il corpo rilassato, i capelli cosparsi di farina tutti scompigliati, e quegli occhi profondi e azzurri come l’oceano. Per un secondo, mentre stringo a me i suoi nipotini, così simili a lui, riesco a pensare a come potrebbe essere una vita normale accanto a lui, senza show o telecamere, una vita tranquilla, proprio qui, nella sua città, con la sua famiglia… Una vita da condividere insieme, per sempre…




E quando alzo la testa, di nuovo, c’è tutt’altro sguardo ad attendermi. Mi scosto leggermente da lui, per riprendere fiato, per ritrovarmi con i pensieri presenti, per lasciar andare quelli passati.
 

POV. Ian.

Sembra riscuotersi all’improvviso. I suoi enormi occhi sembrano supplichevoli, pieni di rassegnazione. Si scosta da me, prende un respiro profondo.

<< Non so cosa mi è passato per la testa, ok? Non stavo pensando. Stavo… Vivendo. Senza nessuna imposizione. Senza paura. E sono stata una sciocca… Sono stata quasi tutto il tempo con Riawna… E poi ho conosciuto quei ragazzi… >>

Si porta le mani al viso, districandosi dalla mia presa, per rincorrere le lacrime che  iniziano a fuoriuscire dal suo orgoglio ferito.

<< E…Non importa, perché non ho fatto niente di male. Ma… hanno scritto quelle cose orribili, hanno scritto che sono senza speranza, Ian. E io lo so, che non dobbiamo leggere certe cose… Ma se siamo felici per quelle belle, perché non dovremmo anche prendere in considerazione quelle brutte? Senza speranza… Puoi immaginare una cosa del genere? A mia madre. L’hanno scritto a mia madre… E io non so come… >>

Le scappa un singhiozzo che mi spezza letteralmente il cuore. Cerco di avvicinarmi, ma lei indietreggia lentamente.

<< Non so come guardarti Ian… Sai, mentre ero in Messico, in quella camera d’albergo, mentre leggevo quelle cose...Pensavo a quello che avresti detto o fatto. Tra tante persone, io riuscivo solo a pensare a quanto ti saresti vergognato per me e di me. >>

Alza le braccia e le fa ricadere lungo i fianchi, mentre sorride ironicamente.

<< Quanto è sciocco tutto questo? >>

Non le do il tempo di scappare ancora, prima che possa indietreggiare la blocco tra le mie braccia. Le asciugo quelle lacrime ormai così familiari.

<< Tu sei una sciocca, per aver pensato tutto questo. Pensi che potrei mai vergognarmi di te?  Non capisco certi tuoi atteggiamenti e molto spesso, in questi mesi, ho fatto fatica a riconoscerti… Ma questo non cambia il fatto che in realtà, ti conosco. >>

Le accarezzo il viso, e le sue mani si stringono sui miei fianchi.

<< Non ho dato per vera nemmeno una delle cose tremende che hanno scritto. E pensavo solo a quanto ne avresti risentito. Ed ero preoccupato, tremendamente preoccupato per quello che sarebbe potuto succedere. Sarebbe potuta andare diversamente, Nina. Ma queste sono cose che passano. Il mondo dimentica tutto così velocemente… Le persone dimenticano tutto molto velocemente. >>

Sembra colpita dalle mie parole.

<< Anche tu. Anche tu dimentichi tutto velocemente? >>

Mi chiede, continuando a stringere la mia mano.

<< Cosa vuoi dire? >>

<< Sai cosa voglio dire. Mi rendo perfettamente conto di quanto le cose siano cambiate. E di quanto tu sia cambiato nei miei confronti. >>
Le sfioro il viso, scostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. E non rispondo, perché so che vuole continuare. So dove vuole finire.

<< Mi hai dimenticata, Ian. Sei andato avanti. >>

Nella mia testa si affollano diverse risposte differenti. Ma solo una è adatta.

<< Non volevi questo? Non hai chiesto questo, per tutto il tempo? >>

Annuisce.

<< E’ finita. >>

Annuisco.

<< E’ finita. >>

E solo io so quanto mi sta costando tutto questo.

<< Voglio che tu lo dica. Ho bisogno di sentirtelo dire. >>

Mi sfida, ancora.

<< Ti ho amata come non mai, ti amo ancora ora. E probabilmente ti amerò per sempre. Ma… Non sono più innamorato di te. >>

E posso quasi vederlo, in quegli occhi scuri, un mondo che crolla all’improvviso. 






















Allora.
Questo capitolo è praticamente incentrato su Nina. Parla solo lei. O almeno, è così quasi fino alla fine. Parlando della fine, è leggermente affrettata per uno scopo preciso, che poi capirete in seguito. I flashback prendono gran parte del capitolo, come avrete notato, e l'influenza di Grey's Anatomy in queste settimane, mi ha fatto ricordare l'episodio di Ian con l'infortunio del legamento crociato, così ci ho fantasticato un po sopra. 

Ian.
Il suo punto di vista verrà esplorato nel prossimo, e penultimo capitolo. 

Che dirvi di più... Mmmh. Nina è stata davvero in Messico nelle scorse settimane, (così come Ian è stato a Sun Valley con la famiglia) e ci sono stati dei 'problemini' su twitter per delle foto, e per una storia FASULLA di droga che hanno inventato e messo in mezzo per diffamarla ampiamente. 

Il flashback che contiene la scena Delena, è presa dal promo della prossima puntata, la 5x16. O almeno, la parte del 'ti amo' 'smettila di amarmi' 'non posso', è presa da lì. xD

Grazie, perché ci siete sempre. 
E un grazie particolare a '9cento' che continua a recensire la storia facendomi emozionare ogni volta, e a tutte le mie disagiate su fb, che continuano a chiedere di essere aggiornate. 

Un abbraccio forte. <3

(Per gli errori, non preoccupatevi, verranno corretti in seguito.)  

 

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Capitolo 29
*** Unconditionally. ***


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                                                                                  Unconditionally.
                                                                                               

 

Oh no, did I get too close?
Oh, did I almost see what’s really on the inside?
All your insecurities
All the dirty laundry
Never made me blink one time

Unconditional, unconditionally
I will love you unconditionally
There is no fear now
Let go and just be free
I will love you unconditionally

Come just as you are to me
Don’t need apologies
Know that you are a worthy
I take your bad days with your good
Walk through this storm I would
I’d do it all because I love you, I love you

     

POV Nina. 

2009

<< Allora? >>  

Gli occhi cangianti di mia madre mi fissano incuriositi, da dietro il bicchiere trasparente. Mi sistemo una ciocca di capelli dietro l’orecchio e accavallo le gambe sotto il tavolo. Quando ritorno a guardarla mi lancia un sorrisetto consapevole. Sospiro, alzando gli occhi al cielo. 

<< Allora cosa? >>  

Fa un cenno con la testa alla sua sinistra, indicando Ian, impegnato con un paio di fan che lo hanno fermato al volo mentre ordinava da bere al bancone. Cerco di non soffermarmi troppo sulla figura del mio bel collega, e ritorno a prestare attenzione a mia madre. 

<< Non c’è niente da dire. >> 

Annuncio a bassa voce, per paura che questa conversazione per niente adatta alla situazione, arrivi alle orecchie di Ian. Mia madre si sporge verso di me, inclinando leggermente la testa, lasciando ricadere sulla spalla i capelli color caramello. Piccole rughette le incorniciano gli zigomi rosei e gli angli delle labbra. 

<< Bambina mia, non sono nata ieri. Ho visto il modo in cui lo guardi. >> 

Lancio una terza occhiata a Ian per valutare se è ancora impegnato. Non rispondo all’affermazione di mia madre, mi limito a spostare lo sguardo e sorridere lievemente. Lei sospira, e posa il bicchiere sul tavolino. 

<< Tesoro, voglio solo dirti che ho conosciuto diversi uomini come lui nella mia vita e… >> 

<< No. Nessuno è come lui… >> 

Dico di rimando, senza pensarci, continuando a fissarlo da lontano, anche se mi ero imposta di non pronunciarmi più di tanto. Quando mi rendo conto del peso delle mie parole ritorno ad incrociare gli occhi dolci di mia madre, e automaticamente sento il sangue fluirmi sul viso. Scuoto la testa lievemente. 

<< Si, ok? Sono completamente affascinata da lui… Io… Non riesco nemmeno a spiegare l’effetto che mi fa. Ma è una cosa mia. E’ impegnato, e io sono impegnata. E’ un mio collega, e ti ho detto quanto voglio evitare le relazioni sul lavoro… Noi, siamo amici.  >>  

Lei allunga una mano, e stringe la mia posata sul tavolo. 

<< Molte volte non possiamo controllare certe cose. Soprattutto le questioni di cuore. Ma ascoltami quando ti dico che anche lui ti guarda in modo speciale. Capisco come ti senti… Ma ricordarti che sei giovane, mentre lui è già un uomo. Potrebbe renderti la persona più felice del mondo…Oppure finirai per esserne… >> 

Giriamo entrambe lo sguardo verso Ian, ancora impegnato con una piccola fan. Lui si abbassa leggermente e le prende la mano per baciargliela.  Quando alza lo sguardo, si gira per cercare i miei occhi, e sorride. Sento ancora gli occhi di mia madre scrutarmi attentamente, ma non finisce la frase. Si limita a sorseggiare il suo drink con un sorrisetto preoccupato sul viso. Ma posso sentirla, nella mia testa, la parola finale del suo discorso. 

‘Finirai per esserne distrutta’. 


Non avevo mai considerato seriamente quella conversazione, ma adesso, mentre lui è qui, davanti a me, con espressione neutra a dirmi che non mi ama più, mi torna stranamente in mente. ‘Distrutta’. Aspetto l’ondata di dolore. Aspetto che lo stomaco mi si chiuda all’improvviso, e che il petto inizi a farmi male. Aspetto le lacrime e i singhiozzi che mi faranno mancare il respiro. Vorrei chiudere gli occhi per prepararmi meglio, ma non accade nulla. Non sento nulla. Mi lascio cullare da questa sensazione, dalla mia mente vuota. Dura un attimo, un battito di ciglia, e sono di nuovo di fronte a lui. Ma ormai, Ian non mi guarda più. I suoi occhi si, fissano i miei, ma non mi sta realmente guardando. La sua mano si alza per sfiorarmi il viso. Mi aggiusta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, un gesto familiare, che adesso risulta così meccanico e inadatto. Vorrei dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma non mi viene in mente nulla. E inizio a chiedermi fino a quando durerà questa sensazione di annullamento.


POV. Ian.

Posso vederlo, il suo mondo che cade a pezzi. Insieme al mio. Le sue palpebre tremano leggermente. Le pupille diventano due cerchietti neri infiniti che continuano a dilatarsi. Non piange. Non parla. Resta a fissarmi, inerme. E poi, all’improvviso, sorride. O almeno, cerca di sorridere. 

<< E’ finita tempo fa… Dovevamo solo essere sinceri. >> 

Dice, alla fine. Ed è quasi peggio di una pugnalata nello stomaco. Alzo le spalle, e continuo la mia piccola recita personale. 

<< Adesso possiamo mettere in pratica quello che stiamo dicendo da tanto. Essere colleghi e volerci bene nonostante tutto. >> 

Sorride ancora. E non c’è ombra di tristezza nei suoi occhi. 

<< Si, hai ragione. >> 

Le rispondo. E ogni parte del mio corpo è spinta verso di lei. Non so come, ma mi ritrovo ad abbracciarla. Le sue braccia lunghe mi cingono il collo, mentre le mie restano sulla sua vita sottile. C’è il suo profumo mischiato al mio, insieme ai suoi capelli che mi solleticano il viso. E vorrei che questo abbraccio durasse in eterno, ma in realtà dura solo pochi attimi. Si stacca da me bruscamente, come a voler dire ‘Basta, vai via. Per oggi è abbastanza’. E io capisco. Quando mi volto per raggiungere l’uscita, penso che sono ancora in tempo. In tempo per tornare indietro, e per dirle che comunque ci sarò sempre. Ma non avrebbe senso, e sarebbe inutile, così mi limito ad uscire e lasciarla da sola, ancora una volta.  


2013 

<< Non lasciarmi da sola, ti prego. Mi annoio da morire. >> 

Nina si aggrappa al mio braccio, cacciando fuori il labbro inferiore, mettendo il broncio come una bambina splendida e capricciosa. Intorno a noi c’è un via vai frenetico, sono tutti impegnati a finire di allestire il set, la finta strada di New York, dove Damon e Elena dovranno passeggiare. Mi giro completamente verso di lei, seduta sul muretto con le gambe che non toccano terra. Le bacio piano le labbra, sfiorandole il collo con le dita. 

<< Vieni con me, andiamo a prendere qualcosa da mangiare mentre aspettiamo. >> 

Lei in risposta mi stringe ancora di più, e alza gli occhi al cielo. 

<< Sono troppo stanca per muovermi. Vai, ti aspetto qui. >> 

Allenta la presa e mentre la guardo, mi viene l’idea. Le faccio segno di aggrapparsi alla mia schiena, e lei non se lo fa ripetere due volte. Mi sale sulle spalle, con le gambe strette intorno ai miei fianchi, e le mie mani sotto le sue cosce. Ridacchia nel mio orecchio mentre si sistema e mi avvolge con le braccia. 

<< Posso partire signorina? >> 

 << Dipende da dove mi vuoi portare. >> 

Mi risponde, continuando a ridere. Cammino con lei sulle spalle, ciondolando leggermente, tra la folla di costumisti e assistenti ai lavori che ci sorridono ad ogni passo. 

<< Ti porterò ovunque vorrai. >> 

Dico con fare poetico, mentre si stringe ancora di più a me. 

<< Mi accontento di un posto pieno di patatine fritte. >>

<< Perfetto. Patatine siano allora. >>

Camminiamo ancora un po’, fino ad arrivare al lato est del set, dove di solito possiamo sederci a mangiare. Poco più in là, notiamo Claire seduta sulla sua sedia di scena,con un contenitore di carta sulle ginocchia.

<< Guarda lì! Una ladra di patatine! >> 

L’indice di Nina indica Claire, che alza di scatto la testa sorpresa dalle urla. Appena ci mette a fuoco, scoppia a ridere anche lei. Tira indietro i lunghi capelli biondi e inclina leggermente la testa in una smorfia divertita. 

<< Non vedevo certe cose dai tempi del liceo. >> 

Ci accusa guardandoci e continuando a sorridere in quel modo dolce che di solito ci accompagna quando siamo tutti insieme. 

<< Siete davvero... >> 

Ma non finisce la frase, perché Nina salta giù dalla mia schiena e saltella verso di lei. Prende una sedia al volo e la mette accanto alla sua, così da poterle rubare indisturbata le patatine. Iniziano a prendersi a spallate e a ridacchiare sotto voce nel classico linguaggio delle ragazza che a volte capisco e a volte mi è incomprensibile. La scenetta dura qualche minuto, fino a quando Jake non arriva con aria trafelata e il cappellino storto sulla testa, dicendo che Julie vuole parlare con Claire. La nostra bionda amica alza gli occhi al cielo e cede del tutto le patatine alla mia fortunata ragazza, prima di avviarsi verso il boss. Prendo il suo posto accanto a Nina, e resto per qualche secondo a fissarla, un po’ incantato, un po’ divertito, mentre mordicchia le patatine con gusto. 

<< Claire sembrava stranamente tesa.. >>  

Dice tra una patatina e l’altra. 

<< Beh, con tutta questa storia dello spin-off, ci credo. Siamo tutti un po’ nervosi. >>  

Prima che lei possa controbattere, veniamo interrotti dal suono insistente del mio cellulare. Mi alzo al volo per prenderlo dalla tasca posteriore dei pantaloni, dove avevo dimenticato di averlo. Il nome di Bryn lampeggia sullo schermo. Rispondo al volo. 

<< Ehi amico! >> 

<< E’ Bryn >> 

Mimo con le labbra a Nina che mi sorride annuendo. Presto attenzione alle parole del mio amico, mi parla di una serata per organizzare e dare il via al nuovo progetto su cui stiamo lavorando. 

<< Perfetto. Si, certo. Ci sarò. A sabato allora. >> 

Quando rialzo lo sguardo su Nina, noto i suoi occhi ostili e leggermente tristi. 

<< Avevi detto che questo week-end saremmo andati a trovare mia madre.. >>  

Resto per qualche secondo in silenzio, stranamente, cercando di ponderare le parole adatte per scusarmi. Avevo completamente dimenticato questo particolare. Lei si alza scuotendo la testa, e si accinge a superarmi, ma la fermo prima che si allontani. 

<< Ehi, ehi… Mi dispiace, ok? Ma è una cosa importante. Ti ho parlato di questo progetto e tu potresti..  >> 

Si gira con un sorriso finto, di circostanza, ironico. 

<< Potrei venire con te giusto? Come al solito. >>  

Incrocia le braccia sul petto, mentre le accarezzo le spalle e le braccia. 

<< Potresti venire e fare tanto shopping a New York… >> 

Le dico per indorarle la pillola, per convincerla. Si scosta dalla mia presa. 

<< Nina… E’ importante. >> 

<< Sembra che qualsiasi cosa, ultimamente, sia più importante di me. >> 

Scuoto la testa e mi avvicino di più a lei. 

<< Sai che non è così.. >> 

Alza una mano, a volermi zittire. 

<< Ti devo dividere con il mondo, l’ho messo in conto tempo fa, ne sono consapevole. Ma la cosa che più mi ferisce è con quanta facilità mi metti da parte. Ed ero proprio davanti ai tuoi occhi. >>  

E io non trovo le parole per risponderle. Io, che ne sono sempre pieno. Io, che riesco a gestire qualsiasi situazione, tranne lei. Cerco un contatto, cerco i suoi occhi, ma si tira via…
 


<< Ehi amico? Mi stai ascoltando? >>  

La voce di Paul mi fa ritornare al presente, e cerco di prestargli attenzione. Si rigira il cappellino sulla fronte, portando la visiera all’indietro. Gli do una pacca sulla spalla e lo stringo per bene. 

<< Ho capito fratello, non preoccuparti. Andrà benissimo. Ti stai preparando da tanto, e questa è la tua occasione. Avrai tutto il mio appoggio. Hai già saputo quando inizierai? >> 

Annuisce leggermente imbarazzato. 

<< Poco più di una settimana, se restiamo nei tempi normali per questa puntata. Ma, sei sicuro di stare bene? Sei pallido. E tu non sei mai pallido. >> 

Trattengo un sorriso d’occasione. 

<< Sono solo stremato. Andare a dormire tutti i giorni alle quattro del mattino non è per niente salutare. >> 

<< Soprattutto se passi il giorno a combattere contro una ragazza dagli occhi scuri, giusto? >> 

Mi sorride alzando un sopracciglio.  

<< Beccato. >> 

Ammetto, quasi sconfitto. 

<< Hai letto il copione del mio episodio? >> 

<< No, non ne ho ancora avuto il tempo. Perché? >> 

Allunga un braccio per stringermi la spalla. 

<< Ti conviene leggerlo. Non sarà facile. O forse, lo sarà fin troppo. >> 


POV. Nina. 

Il silenzio di questa casa è assordante, e la tv accesa e i miagolii di Lynx non servono a molto. Affondo i piedi nudi sotto il cuscino del divano e mi tiro fin sopra le spalle la coperta in pile che accompagna da un po’ di tempo le mie serate. All’improvviso mi pento di non aver accettato l’invito di Michael e gli altri per il bowling in centro, seguito da un locale aperto fino a tardi. Ma oggi è  una di quelle giornate in cui, nemmeno un triplo drink riuscirebbe a distrarmi. Lascio divagare i pensieri mentre una vecchia replica dell’Ellen Show illumina la stanza. Il mio sguardo si sofferma sul corridoio, e sulla porta in fondo chiusa ormai da diverso tempo. Mi alzo lentamente, stringendomi la coperta intorno al corpo, scivolo sul legno freddo fino ad arrivare davanti alla porta in legno. Lynx mi segue silenziosa, come se la sua missione fosse quella di proteggermi e di tenermi compagnia. Sfioro il pomello freddo, indecisa sul da farsi, ma prima di poter pensarci meglio, la porta è aperta. Cigola piano, proiettando sul pavimento una striscia di luce. La prima cosa che percepisco, è il Suo odore, chiaro e distinto, così diverso dal profumo che regna nelle altre camere. In questa stanza il tempo sembra essersi fermato. Attraverso piano la camera, senza accendere la luce, lasciando solo il leggero chiarore della luna che penetra dalle tapparelle abbassate, illuminando la scrivania leggermente impolverata, e gli scaffali in parte vuoti. Pensavo che niente in questa casa sarebbe mai cambiato, pensavo che con il tempo si sarebbero aggiunte ancora più cose nostre, non sue o mie, semplicemente nostre. Cose che avremmo comprato insieme. Ma non ne abbiamo avuto il tempo. E poi la noto, in un angolo. Una vecchia chitarra scheggiata. L’unica che ha lasciato qui. Mi inclino leggermente per sfiorarne le corde e far uscire quel suono familiare che mi riporta alla mente vecchi ricordi. Ricordi in cui c’è lui, seduto su questa poltrona intento a far suonare queste corde con la stessa delicatezza con cui sfiorava il mio corpo. E c’erano le sue mani, lunghe e affusolate che riuscivano a far sembrare seducente anche una cosa apparentemente così semplice. Sorrido ripensando a tutte le volte in cui l’ho supplicato di insegnarmi almeno le basi, e a tutte le volte in cui, alla fine, sono finita a sfiorare i suoi capelli scompigliati, o le sue braccia così forti, invece delle corde tese sotto le sue dita. Lynx mi si struscia contro la caviglia, richiedendo la mia attenzione, e lascio che questi ricordi scivolino via, così come sono arrivati. Ritorno in salotto e riprendo posizione sul divano, sperando che un colpo di sonno mi prenda all’improvviso. Ma non accade. Afferro il cellulare per controllare l’ora, ma prima che possa pensarci meglio, le mie dita stanno già cercando un nome tra i contatti in rubrica. Scorro velocemente, fino ad arrivare al suo. Nessuna foto di riconoscimento, solo uno schermo nero con un numero e un nome. E’ questo quello che è diventato? Un semplice nome su uno schermo. Sono quasi le due di notte e tutto quello che riesco a fare, è pensare a lui. Ed è un secondo. Il tempo di visualizzare il suo viso davanti ai miei occhi, il tempo di sfiorare il tasto di chiamata, il tempo di uno squillo. Secondo squillo. Terzo squillo. Quarto squillo. Sono le due di notte, perché non risponde? Quinto squillo. Forse sta dormendo. Sesto squillo. Stacca. 

‘Ehi, qui è Ian, non posso rispondervi adesso, ma lasciate un messaggio’. 

Si è anche degnato di inserire un messaggio personalizzato. Questa è forse la prima volta che non risponde ad una mia chiamata nel cuore della notte. E lo immagino, disteso in un letto, impegnato con un’altra donna, impegnato a baciarla e sfiorarla come ha baciato e sfiorato me appena qualche settimana fa, sopra una scrivania, davanti a tre telecamere diverse, cercando di ricacciare dentro la voglia di strapparci i vestiti di dosso. Ed eccola, l’ondata di dolore che ho covato in questi giorni.  Che ho ignorato mentre mi sorrideva sul set, mentre lo sentivo parlare, mentre lavoravamo fianco a fianco con le sue parole che mi risuonavano nella mente. Eccola, farsi avanti e scuotermi il petto, e logorarmi dall’interno.  Passa qualche attimo in cui resto sospesa tra il dolore e il ‘perché l’ho chiamato?’, ma non trovo riposta. Mi alzo velocemente e spengo la tv, prendo tra le braccia Lynx e vado in camera da letto. Scosto le coperte e mi distendo sul lato sinistro. Mi stringo contro Lynx per prenderne il calore. I minuti scorrono lentamente, e sembra tutto fin troppo immobile. E altrettanto lentamente, scivolo in un dolce dormiveglia… Varie immagini mi passano per la mente, ma non riesco a capire se sono vecchi ricordi o sogni nuovi. E forse passano ore o solo pochi minuti. E forse sento il cellulare suonare in lontananza, ma non ci penso. Resto solo aggrappata alla sensazione di averlo accanto. Il suo braccio mi avvolge la vita, le sue labbra mi sfiorano la fronte. Posso quasi sentire il suo respiro solleticarmi i capelli. E con queste sensazioni, e l’immagine di lui accanto a me, scivolo in un sonno tranquillo.  


POV. Ian. 

Le sfioro ancora i capelli, fino a quando non si addormenta profondamente. La mascherina nera che usa di solito è abbandonata sul comodino accanto al letto. Le ciglia scure le sfiorano gli zigomi morbidi, e le labbra sono piegate in un broncio accennato. Mi muovo lentamente, cercando di non far rumore, di non disturbarla. Lynx mi segue silenziosamente in cucina. E’ tutto perfettamente in ordine, pulito e tirato a lucido. Resto sospeso tra il bancone e il divano, non sapendo cosa fare. Se andare via, o restare ancora. Se tornare in quella camera e svegliarla, o chiudermi la porta principale alle spalle, lentamente, senza farmi vedere. Lynx mi fissa dal cuscino del divano, interrogativa. Forse si chiede cosa ci faccio qui, proprio come me lo sto chiedendo io. Potrei sedermi e spiegarle tutto. Spiegarle che mentre ero sotto la doccia, alle due di notte, dopo aver passato la serata con una bellissima donna dai capelli color mogano, il cellulare ha iniziato a squillare con una suoneria particolare. Potrei dirle che mi sono fiondato fuori quasi scivolando sul pavimento in legno, ma non ho fatto in tempo a rispondere. Potrei dirle che ho provato a richiamare la sua bellissima mamma tante volte, senza ottenere risposte, e che quindi a quel punto sono saltato in macchina afferrando le chiavi di questa casa, per capire cosa poteva averla spinta a chiamarmi. E così sono arrivato qui, per trovarla rannicchiata nel nostro letto, mentre cercava di buttarsi tra le braccia di Morfeo senza troppi risultati. E adesso mi sento come un ex fidanzato apprensivo, sciocco e sentimentale, bloccato in una casa che sente ancora totalmente sua. E alla fine capisco che questa è una descrizione che mi sta a pennello. Sentimentale, apprensivo e sciocco. Sorrido passandomi le mani tra i capelli. Sono le tre passate, non ho chiuso occhio, e fra due ore dovrei essere sul set. Mi decido a riprendere le chiavi, ma prima di poter arrivare alla porta, noto quella del mio ufficio leggermente aperta. Senza pensarci mi dirigo in quella direzione. La scrivania è ancora piena di fogli e moduli legati alla ISF. E’ rimasto tutto come prima, come se non me ne fossi mai andato. La mia vecchia chitarra è posata accanto alla poltrona. Mi avvicino esitante e la sollevo da terra, mentre sprofondo nell’imbottitura morbida. Sfioro piano le corde, strimpellando una melodia di una vecchia canzone degli anni ottanta che ascoltavo spesso. Le note sono basse e accennate, come se avessero paura di uscire fuori. Piego la testa di lato, ed è proprio facendo questo movimento, che la noto. Nina è sulla porta, in pantaloncini e maglietta, con una mano poggiata allo stipite in legno. I capelli scuri le ricadono sulle spalle magre, lunghi e scompigliati. Non sembra sorpresa nel vedermi, ne particolarmente felice o infastidita. Con una lentezza disarmante, come se il tempo stesse scorrendo in maniera differente, faccio per posare la chitarra al suo posto.. 

<< Non smettere.. >>  

La sua voce dolce interrompe le mie intenzioni. Si scosta dalla porta e si avvicina, quasi in punta di piedi. 

<< Lo sai che mi piace ascoltare. >> 

Vorrei farle spazio sulla poltrona. Vorrei piegare le gambe in modo da farla sistemare vicino a me, ma non mi sposto di un centimetro, e lei non da segno di voler riprendere il suo abituale posto. Con un movimento fluido e veloce, quel tipo di movimento che fa intendere quanto si prende cura del suo corpo con lo yoga, incrocia le gambe e si siede sul pavimento, poco lontano da me. Si sposta i capelli tutti da un lato, lasciandole scoperto il collo lungo. La maglietta larga le cade sulla spalla, scoprendole la clavicola e la curva del seno. Non distolgo lo sguardo, e lei non distoglie il suo. Mi fa un piccolo cenno, incitandomi a continuare. 

<< Mi hai chiamato… >> 

Le dico, mentre le mie dita si muovono sulle corde tese.  Annuisce impercettibilmente. 

<< Non chiedermi perché. Non ne ho idea. >> 

Non alzo gli occhi dalla chitarra. Lascio che la consapevolezza aleggi tra di noi, insieme alle note, fino a quando la canzone finisce. Quando incrocio il suo sguardo, noto quel particolare. Quella luce familiare. Quello scintillio d’amore e passione che precedono una catastrofe. 

<< Dovresti tornare a letto. >> 

Le dico, posando la chitarra contro il muro, alzandomi dalla poltrona. 

<< E io devo andare. Fra un paio d’ore devo essere sul set. >> 

Lei non da segno di volersi muovere. 

<< Perché sei venuto qui? >> 

Mi chiede all’improvviso, proprio mentre sto per raggiungere la porta. La guardo da sopra la spalla. Noto gli angoli della sua bocca leggermente abbassati, come se fosse sul punto di voler piangere. 

<< Mi hai chiamato. >> 

Ripeto, come se fosse la spiegazione più semplice e ovvia del mondo. Abbassa la testa, passandosi una mano sotto lo zigomo. Forse per scacciare una lacrima capricciosa. 

<< Si, l’ho fatto… Sembra proprio che non possa farne a meno. Scusami. >> 

Trattiene un sorriso triste. 

<< E io non posso fare a meno raggiungerti. Non scusarti. >> 

Questa volta sorridiamo entrambi. 

<< Pensi che passerà mai? Questa sensazione. Il voler comunque.. >> 

Lascia la frase in sospeso.  

<< Stare l’uno accanto all’altra? >> 

Annuisce, e io sospiro, alzando gli occhi al cielo. Scrutando un soffitto bianco in cerca di risposte che non arriveranno. 

<< Non lo so. Quello che proviamo… Non si tratta di qualcosa di programmato. Di voluto. Non dipende da noi. E’ incondizionato. >>  

Ed è la parola perfetta. Senza condizioni. Non da segno di volersi alzare, o avvicinarsi. Sembra quasi voglia restare inchiodata al pavimento. E capisco perché. Mi ritornano in mente le frasi di Elena. Se mi avvicino troppo, sarà impossibile dividerci.  

<< Beh.. io vado. >> 

Dico infine, già con un piede nel salotto. 

<< Ian? >> 

Mi volto di nuovo. 

<< Pensavo che stessi sognando. Prima, quando mi sono addormentata. Pensavo fosse un sogno. Non è strano?  >> 

<< Avresti preferito che lo fosse? >> 

Inclina la testa, soppesando le parole da dire. 

<< Forse si. In quel caso, sarebbe stato molto più facile lasciarti andare. >>  

Vorrei tornare sui miei passi. Vorrei afferrarla delicatamente per quelle spalle e stringerla a me. Ma mi limito a guardarla accennando un sorriso. 

<< Con il tempo, sarà sempre più facile. >>  

E quasi mi pento di queste parole. Non voglio che il tempo ci divida. Non voglio diventare solo un ricordo. Non voglio che lei diventi solo il mio passato. Faccio per aggiungere qualcosa, ma annuisce convinta. Si aggrappa all’idea di potermi superare. Di poterci superare. E vorrei avere la sua incrollabile fiducia, la convinzione che prima o poi, questa sensazione di vuoto passerà o sarà facile da colmare con qualcun altro. 

<< Ci vediamo più tardi. >> 

Aggiungo prima di varcare la porta. E lei non mi ferma. Non più ormai.  



POV Nina. 

<< Quindi, Damon muore. Muore davvero. >> 

Alzo gli occhi al cielo, e continuo a sfogliare il copione. 

<< Si, Kat. Lo sappiamo da mesi e mesi, su. Muori anche tu. >>  

Trattiene un sorriso splendente e mi da una leggera spinta.  

<< Ma ormai per me è diventata un’abitudine. Stiamo parlando di Damon! >> 

Alzo le spalle, e mi sistemo meglio sulla poltroncina della sala ricreazione. 

<< Ci siamo passati quasi tutti. Toccava anche a lui. >> 

Lei alza la testa e guarda oltre le mie spalle. 

<< Eccolo che arriva. >>  

Sento la sua voce, prima di vederlo passare. 

<< No, Kim. Certo che ho intenzione di partecipare… No. Non importa. Facciamo come abbiamo programmato. No, non lo so. Ho le Convention in Europa. Ma si… >>  

Sta discutendo al telefono, come al solito. Ci passa accanto velocemente, facendo un cenno di saluto, e sparisce oltre il corridoio che porta ai camerini. Ritorno con la testa sul copione, cercando di frenare i sentimenti contrastanti che affiorano ogni volta che me lo ritrovo accanto. Gli ultimi due mesi sono stati tranquilli. Fuori dal set non ci siamo mai visti, e in scena abbiamo dato il meglio di noi, tra sguardi pieni di parole non dette e sorrisi accennati. Ci siamo divertiti, abbiamo parlato normalmente, ma abbiamo anche cercato di ridurre al minimo il tempo da passare insieme, per rendere le cose più semplici. Leggo le ultime due pagine, l’addio di Damon a Elena. 

<< Neens? >> 

Kat mi richiama, e quando alzo gli occhi dai fogli, so che li vedrà pieni di lacrime. Sbatto un paio di volte le palpebre, cercando di ricacciarle dentro. Ogni volta che mi ritrovo a leggere queste parole, mi ritrovo anche nella stessa condizione emotiva. 

<< E’ così brutto? >> 

Le passo il copione senza dire una parola. Quando finisce di leggere, anche i suoi occhi sono leggermente lucidi. 

<< Non sarà semplice. >> 

Sorrido scostandomi i capelli dal viso. 

<< Non è mai semplice. >> 


Katy continua ad andare avanti e indietro per sistemarmi il trucco, i capelli, i vestiti. 

<< Dovrai sopportarmi ancora per poco.. >> 

Mi dice, mentre tira via un filetto invisibile dalla giacca nera. Le accarezzo un braccio. 

<< Sei stata fantastica quest’anno. Grazie per esserti presa cura di me, di Elena e di Katherine. >> 

I suoI occhi verdi mi fissano dolcemente. 

<< E non dimenticarti di Amara! >> 

<< Giusto! >> 

Scoppiamo entrambe a ridere. 

<< No, ferma. Ferma! Non ridere! >> 

Ma tutta la tensione accumulata oggi si scioglie in questo modo. Continuiamo a ridere fino a quando Chris ci richiama all’attenzione. Katy strizza l’occhio e scappa via, andando incontro a Ian intento ad avvicinarsi velocemente sulla postazione prefissata. Il mio collega mi lancia un sorrisetto e alza gli occhi al cielo mentre si lascia sistemare il trucco e i capelli.  Respiro piano, e cerco di concentrarmi il più possibile. 

<< Ian, qualche passo in avanti per favore. >> 

Gli urlano da dietro le telecamere. Deve essere ‘a portata di bacio’, come diceva Julie. Mentre si avvicina distolgo gli occhi dai suoi, fin troppo trasparenti e chiari con questo tipo di luce. Con tutto questo verde intorno a noi. In tv risulteranno più incredibili del solito. 

<< Tutto ok? >> 

Mi chiede, quasi sottovoce. Come se la domanda dovesse restare solo tra noi due ‘Tutto bene?’ 
‘Stai bene?’ 
‘E’ tutto ok?’ 

Avrò sentito queste frasi decine di volte, in questi mesi, da parte sua. Non un semplice ‘Come stai?’ 
I ‘come stai’ hanno bisogno di risposte più complicate, articolate. Mentre al ‘tutto ok’ basta annuire con convinzione. Ed è quello che faccio, per l’ennesima volta. Annuisco con convinzione, buttandogli anche un sorriso sincero. 

<< Siete pronti? >> 

Facciamo cenno di si a Chris. 

<< Perfetto. Silenzio sul set. Scena dodici, episodio finale. Motore e… Azione! >>

<< Ehi, tornerò da te. Te lo prometto. >>  

Inclino la testa e trattengo il respiro, prima di aggrapparmi al suo collo per premere le mie labbra contro le sue. Sono morbide, calde e familiari. Passa qualche attimo e mi stacco da lui, e ancora con gli occhi chiusi sento le battute finali della scena. 

<< Te lo prometto. >>  

Quando riapro gli occhi, ritrovo il suo sguardo luminoso, la sua bocca più rossa, la linea perfetta della mascella, gli zigomi rosati, e un ciuffetto di capelli neri a coprirgli la fronte. Restiamo a fissarci per un attimo, prima di sentire lo STOP di Chris. 

<< Ragazzi, penso che dobbiamo ripetere la parte iniziale. Questa era perfetta, vi voglio altrettanto concentrati nelle prime battute. >> 

<< D’accordo. Da dove precisamente?  >> 

Risponde lui per entrambi mentre ci scostiamo leggermente. 

<< Dalla quarta battuta. ‘Vedi un futuro con me’. >> 

Sono quasi tentata di alzare gli occhi al cielo. Tra tante scene girate in questi mesi, tra tante parole tremendamente inerenti alla nostra situazione sentimentale, questa è di certo una delle più difficili. Ma da brava professionista, non lascio trasparire il mio disagio, o il mio disappunto nel dover pronunciare determinate parole con il suo sguardo puntato addosso. 

<< MOTORE.. E AZIONE! >> 

Ritorno con le mani sul suo collo, stringendolo e avvicinando il suo viso al mio. 

<< Damon, vedi un futuro con me? Perché è tutto quello che io vedo. >>  

Mi guarda per un secondo, trattenendo un sorriso sbilenco e dolce. 

<< Elena, l’ho visto dal primo momento in cui ho posato gli occhi su di te. >>  

Restiamo a fissarci per qualche secondo ricco di tensione emotiva, prima di sentire lo STOP di Chris e il chiacchiericcio di tutti i presenti riprendere normalmente. I nostri sguardi si sciolgono in quel preciso istante, e entrambi ci allontaniamo discretamente. Mi allontano con calma, chiacchierando con gli addetti ai macchinari di scena e ai costumi. Julia mi sorride comprensiva, come se avesse capito il mio disagio nel recitare determinate scene. In questo posto tutti sanno tutto. Di me, di Ian. Hanno assistito all’evolversi della nostra storia dalle prime file, e a volte mi chiedo cosa vedano oggi. Due ex che si trattano con rispetto? Due persone che hanno smesso di amarsi e sono andati avanti? Vorrei provare a vedere e capire con i loro occhi. I miei si ostinano a voler restare chiusi. 


POV. Ian.

<< Ultimo giorno. Non mi sembra vero. Quest’anno è volato. >>  

<< A me non è sembrato particolarmente veloce.. >> 

Rispondo, cercando di aprire qualche mail prima delle riprese. 

<< Forse perché tu avevi qualcosa da cui scappare, tra riunioni, ISF e cose varie. Non ti sei proprio fatto vedere in giro. >> 

Paul si stiracchia all’indietro, dondolandosi sulla sedia in precario equilibrio, sorridendomi ironicamente, ha il telefono attaccato. Mi basterebbe sporgermi un minimo per farlo vacillare quel tanto che basta da farlo finire a faccia in giù. E Phoebe dall’altro lato si farebbe prendere dall’ansia pensando al suo eroe con i capelli in disordine. Ma prima che possa anche solo pensare di attuare il mio piano, Michael sfreccia davanti a noi inseguito al volo da Zach intendo a lanciargli qualcosa. Schivo al volo una palla di fili appallottolati. C’è il caos più totale. L’adrenalina è alle stelle e tutti parlano a voce alta dei programmi per le imminenti vacanze. Mi alzo velocemente guardandomi intorno alla ricerca del caricabatterie per l’iPhone ormai sotto il 4% di alimentazione, quando ricordo di averlo lasciato nella roulotte. Esco all’esterno, camminando sull’acciottolato, pensando che magari riuscirò ad avere il tempo di leggere i documenti che mi ha spedito Kim questa mattina. Proprio mentre sto per girare e entrare nello spiazzo, sento la sua risata. Forte, squillante, graffiata, con quei versetti di fondo che mi hanno sempre messo una grande allegria. La vedo, accanto alla sua roulotte, intenta a guardare il cellulare che sta porgendo a Malarkey. Ridono entrambi. Lei gli poggia una mano sulla spalla e si tira i capelli all’indietro. Lui la guarda per un secondo e poi torna a fissare lo schermo. Resto imbambolato a fissarli per qualche attimo. Vedo Kat che si unisce a loro, e vedo Nina mostrarle il telefono nello stesso modo. Scoppia subito a ridere anche lei. Incuriosito sono quasi tentato di farmi avanti e attirare la loro attenzione per sapere cosa c’è di così divertente. Infastidito penso che sarei stato io il primo a cui avrebbe mostrato… qualsiasi cosa stia mostrando. Quasi mi sento sciocco, sbagliato e fuori posto. Muovo un passo verso la mia porticina bianca, quando un bruciore fortissimo mi attraversa la gola e il petto. Quasi mi aggrappo alla scaletta di ferro, tossendo forte, così forte da lasciar cadere il cellulare sulla ghiaia sotto di me. Gli occhi mi si riempiono di lacrime, mentre sento la gola come graffiata da carta vetrata. Proprio in quel momento una mano familiare mi accarezza la schiena, cercando di farmi sollevare, mentre con l’altra mi porge una bottiglina d’acqua. 

<< Prendi, bevi. Su, forza. Respira. >> 

I suoi grandi occhi nocciola sono fissi nei miei. C’è un velo di preoccupazione sul suo viso, mentre mi stringe il braccio con più forza del necessario. Bevo avidamente, lasciando che il liquido fresco spenga l’incendio nel mio petto. 

<< Ehi, amico… Ti senti bene? >> 

Quando rialzo lo sguardo, noto l’espressione incupita del mio nuovo compagno di bevute. Prendo un bel respiro e ritorno in posizione eretta, ostentando uno dei miei sorrisetti migliori. 

<< Ma si fratello, è tutto ok. >> 

Sia lui che Kat annuiscono ancora leggermente preoccupati, prima di guardare Nina. Non so cosa vedono, visto che mi da le spalle. Ma entrambi sembrano irrigidirsi ancora di più. Vorrei sfiorarle la schiena per farla girare, ma alla fine mi limito a ringraziarla, salutarli, recuperare il cellulare e salire le scale con un unico saltello chiudendomi la porticina bianca alle spalle. Sento la ghiaia scricchiolare sotto i loro passi mentre si allontanano. Prendo il pc da sopra il tavolino e lo porto con me sul divanetto in pelle poggiandolo sulle gambe. Reclino la testa all’indietro, ancora leggermente scosso dall’attacco di poco prima. Proprio in quel momento la porta si spalanca e si richiude dietro di lei. Nina entra senza chiedere permesso, non l’ha mai fatto del resto. Questo posto, come il mio camerino, come la mia sedia di scena, come qualsiasi altra cosa mi appartenga, è sempre stata anche di sua proprietà. Ha le braccia incrociate sul petto e uno sguardo che ho visto fin troppe volte. Cerco di ignorarla e ritornare al computer, perché già so come finirà questa conversazione. Con urla e cose rinfacciate. Abbiamo perso la capacità di saper parlare senza urlarci qualcosa contro quando c’è questa tensione nell’aria. Si avvicina velocemente e con uno scatto secco chiude lo schermo del pc. 

<< Guardami. >>

Guardarla. Come se non lo facessi tutto il dannato giorno. Tutto il tempo in cui mi è vicina. Alzo gli occhi per incrociare il suo sguardo. Ferito, deluso, arrabbiato. Come se tutti i sentimenti negativi di questo mondo fossero racchiusi in questi cerchietti scuri. Mi si stringe lo stomaco. 

<< Hai intenzione di trascurarti fino a questo punto? >>  

Sibila a labbra strette.

<< Melodrammatica come sempre. >> 

Rispondo, alzandomi per schivare il suo sguardo accusatorio. Mi rendo conto che non posso andare da nessuna parte. La roulotte è fin troppo piccola. 

<< Eri viola, Ian. Letteralmente. Non riuscivi quasi a respirare. >> 

Irrigidisco la mascella. 

<< Era solo un po’ di tosse, Nina. Mi succede sempre in questo periodo. >> 

Mi afferra una spalla per farmi girare verso di lei. 

<< Hai sempre qualcosa che non va. Non ti vedo totalmente bene, da non so più quanto tempo ormai. Pensi di essere così invincibile? Beh, notizia flash Ian. Non lo sei! Sei un dannato essere umano e dovresti ricordarlo. >> 

Mi divincolo dalla sua presa. 

<< Sono un uomo. So badare a me stesso. >> 

Si avvicina di più, quasi mettendomi con le spalle al muro. 

<< Non è vero. E’ questo il punto, Ian… Sai badare al mondo, ai tuoi progetti e a tutte le stronzate che vai blaterando giorno per giorno. Ma non a te stesso! E non sopporto di vederti in questo modo! Non pensi più ad altro. Ho permesso che tutto questo distruggesse il nostro rapporto, ma non voglio che distrugga anche te! Affogherai nel tuo ego smisurato, nei tuoi impegni, nelle tue responsabilità, e non ne uscirai più fuori. Perderai di vista le cose realmente importanti e non potrai tornare indietro! >>  

Il discorso ha preso la piega che mi aspettavo. Respira velocemente con gli occhi umidi e la faccia determinata di chi crede realmente in quello che sta dicendo. 

<< Hai scelto di tirartene fuori tempo fa. Non sono più affari tuoi. >> 

E so che è la risposta peggiore che potessi darle. Scuote la testa e trattiene un sorriso ironico. 

<< Bob mi ha chiamata, l’altro giorno. Ha detto che avete dei problemi. Cha avete litigato... >> 

Si avvicina ancora di più. 

<< Tu mi hai insegnato a non strafare con questa vita. Mi hai insegnato a restare con i piedi per terra quando ero solo una ragazzina immersa in un mondo totalmente nuovo. Mi hai insegnato tutto perché ci sei già passato. E io adesso sono qui a ricordartelo. E saranno sempre affari miei. Non provare, nemmeno per un secondo, a sminuire tutto quello che c’è stato. Non te lo permetto, Ian. >>  

Resto a fissarla, senza dir nulla. Cosa potrei risponderle? Che ha ragione ma che non voglio cambiare? Che non ho intenzione di deludere nessuno e devo per forza impegnarmi al massimo?  Sono cose che già sa. Cose che non ha mai accettato. Forse dovrei aggiungere che la sua mancanza amplifica tutto ancora di più. Che da quando non ho lei accanto è molto più difficile lasciarmi andare e riprendere fiato. Alla fine mi decido a risponderle. 

<< Non sto sminuendo nulla. Ma è la mia vita. E ho deciso di viverla in questo modo. Prendo tutti i lati positivi, e accetto quelli negativi. E’ così che funziona. Ho accettato le sconfitte. E ho accettato la cosa peggiore di tutte: perdere te. Per mesi ti ho incolpata e ti ho ferita. Ti ho trascurata e ti ho lasciata andare. Il resto, non è nulla in confronto. Posso sopportare qualche linea di febbre. Posso sopportare qualche litigata con mio fratello e può sopportarlo anche lui. Come tua madre può sopportare le nostre scelte, anche se continua a chiamarmi. Lei pensa ancora che io mi prenda cura di te. E mio fratello… Lui pensa che dovresti tornare a prenderti cura di me. Per tenermi con i piedi per terra. Ma non funziona così, giusto? >> 

Sgrana gli occhi quel poco per basta per farmi capire che le parole l’hanno colpita più di quanto vorrebbe dare a vedere. Annuisce in silenzio e indietreggia verso la porta. Quando è ormai sulla soglia, con un piede sullo scalino in ferro, la richiamo. 

<< Nina… >> 

Si volta leggermente. Attende. 

<< Chi si prende cura di te, ora? >> 

Chi si prende cura di te ora che non ci sono più io a farlo? Questa è la reale domanda che vorrei porle. Lei alza le spalle, e i suoi occhi sembrano risucchiarmi, tanto sono profondi e imperscrutabili. 

<< Io. Io mi prendo cura di me stessa. Non ho bisogno di nessun’altro. Per questo penso, che dovresti imparare a farlo anche tu. Dici di essere un uomo… Inizia a comportarti come tale. >>  

E con questa battuta, esce di scena, lasciandomi da solo in una roulotte troppo stretta con un mare di ricordi a sommergermi. 


Gennaio 2013. 

Stanco, spossato e quasi privo di forze mi lascio scivolare sull’enorme letto al centro della camera. I muscoli delle braccia mi fanno male, e sento la testa pesante, mentre tutti  i suoni risultano ovattati e confusi. Sento la porta di casa aprirsi e richiudersi. Sento i passi di Nina risuonare, come se fosse molto più lontana di quanto realmente è. Qualche attimo dopo entra in camera, e le basta un secondo per capire. E’ una scena che ha già visto diverse volte. Si avvicina velocemente al letto, e senza nemmeno proferire una parola, mi tasta la fronte con le labbra, sfiorandomi il viso. Delicatamente. Il suo profumo familiare mi fa sorridere nonostante il lancinante dolore alla testa. 

<< Hai la febbre. >> 

Dichiara, alla fine, quasi come se fosse una sentenza. Con la voce leggermente incrinata, priva di qualsiasi tenerezza. E’ preoccupata. E arrabbiata.  

<< Sarà solo qualche linea in più, piccola. >> 

Le mie parole cadono nello spazio vuoto che mette tra di noi mentre mi da le spalle. Siamo entrambi abituati a tralasciare la nostra salute la maggior parte delle volte. O almeno, io lo sono molto più di lei. Prendiamo vitamine e integratori per mantenerci in forma e dormiamo poche ore a notte. Per colpa del lavoro, dei vari impegni, del poco tempo a disposizione. In una vita del genere bisogna pur rinunciare a qualcosa. Ma lei è sempre stata dell’idea che io rinunci a troppe cose. Ritorna poco dopo con un bicchiere d’acqua e delle compresse. Posa tutto sul comodino accanto a me. E quasi non mi guarda mentre si allontana da letto per avvicinarsi alle ante dell’armadio. Alza le braccia per raccogliere i capelli in una crocchia arruffata. Le punte le sfiorano la nuca. Resto quasi incantato a fissarla. Si sfila la maglietta dalla testa con aria assorta. La luce le sfiora il corpo leggermente abbronzato. E mentre la guardo spogliarsi mi rendo conto che è passato del tempo dall’ultima volta in cui mi sono goduto questo spettacolo quotidiano. Non ricordo davvero l’ultima volta in cui sono tornato a casa ad un orario decente, un orario in cui non fosse già nel letto ad attendermi. Un orario che ci permettesse di passare la serata insieme come una coppia normale. I sensi di colpa mi assalgono uno ad uno mentre si aggira per la camera, tenendo gli occhi lontani da me. Sembra stanca, irrigidita, come se non volesse far trasparire le sue reali emozioni. Chiudo gli occhi per quello che mi sembra un secondo, ma quando li riapro è grazie alle sue labbra di nuovo poggiate sulla mia fronte. Sono fresche e appena socchiuse. Mi sorride teneramente questa volta, e si siede accanto a me. 

<< La febbre sta scendendo. >> 

Sembra sollevata, più tranquilla. Sembra così piccola nel suo pigiama scozzese, ed emana un odore piacevole di bagnoschiuma da doccia appena fatta. Le prendo la mano, per intrecciare le nostre dita e sentire il suo palmo fresco contro il mio più caldo. 

<< Scusami. >>  

Le dico. E spero che capisca che mi sto scusando per tutto. 

<< E’ successo qualcosa? >>  

Chiede, curiosa, preoccupata. 

<< Niente di cui tu ti debba preoccupare, piccola. Davvero. >> 

Mi stringe di più la mano e poi la lascia del tutto. 

<< Quando si tratta di questioni importanti, mi lasci sempre fuori. Lo capisco, sai? Quando c’è qualcosa che non va. Lo capisco da come ti comporti, dal modo in cui irrigidisci la mascella quando parli a telefono. Vorrei… Vorrei che tu mi dicessi cosa succede. >> 
Le faccio segno di stendersi accanto a me, scostando le coperte dal suo lato del letto. Non se lo fa ripetere due volte. Come una bambina bellissima gattona fino ai cuscini, e si infila sotto le coperte vicino a me. Si gira sul fianco per guardarmi meglio, e io faccio altrettanto.  

<< Ci sono problemi con la cessione del terreno per il santuario. Volevo iniziare i lavori entro l’inizio dell’anno prossimo ma… Sembra che non se ne potrà fare niente fino al 2015. La cosa mi infastidisce.  >> 

Mi sfiora il viso con la mano, gioca con i miei capelli. 

<< Visto? Non era niente di così importante. >>  

Sottolineo. Si avvicina ancora di più, intreccia le gambe alle mie, mi passa un braccio intorno alla vita per stingersi a me. 

<< E’ importante per te. So quanto è importante per te, davvero. Ma tutto questo… Ti sta togliendo le forze. Sei stremato, sempre. Costantemente. Fai finta che vada tutto bene ma… Si vede che sei stanco. Non voglio nemmeno mettere in mezzo il fatto che praticamente ci vediamo solo sul set ma… Sono preoccupata. Per te. Non per il santuario o per il mondo. Ma per te. E so che a volte posso sembrare… >> 

Poso un dito sulle sue labbra, per poi sostituirlo con le mie. La bacio piano, poggiando la fronte contro la sua. 

<< Va bene così. Cercherò di non strafare troppo. Te lo prometto. E ti prometto che ci prenderemo quella meritata vacanza in Italia di cui parliamo da sempre. >> 

Mi passa le mani dietro la nuca. Sorride eccitata. 

<< Non vedo l’ora! Roma, Milano… Firenze!>> 

Mi bacia di nuovo per qualche secondo e poi ritorna seria, concentrata. 

<< Mi prenderò cura di te.  >> 

Lo dice guardandomi negli occhi, con una determinazione e una dolcezza che riescono a tranquillizzarmi. E quasi mi sento piccolo e al sicuro tra le sue braccia, con il suo viso accanto al mio. Le sorrido di nuovo, prima di scivolare di nuovo in un sonno che sa di lei e del suo profumo.
 
 
E poi sono di nuovo in questa roulotte, con le sue parole che mi ronzano nella testa. Parole che cerco di scacciare via in ogni modo. Prendo al volo il cellulare, compongo il numero di Kim senza pensarci. 

<< Ehi, sono io. Si tutto ok. Ascolta… Hai presente quel progetto di cui mi avevi parlato sull’isola Necker? Accetta. Si, non preoccuparti. Ce la facciamo. Non ho intenzione di fermarmi un secondo. Perfetto, da domani inizia la nostra estate. >> 


POV. Nina. 

Giugno. 

Mi sveglio quasi di soprassalto, in un letto che non è il mio. Mi guardo intorno, confusa, cercando di mettere a fuoco il posto in cui mi trovo. Nella tipica spossatezza notturna, noto le luci della città che attraversano la grande finestra, e ricordo di essere a Londra. Mi rigiro in un letto decisamente troppo bianco, troppo morbido, troppo grande, cercando di riprendere sonno. Ripercorro mentalmente le ultime settimane, le tappe che stanno costeggiando questa estate, le riprese del film finite da poco. Prendo al volo il cellulare da sopra il comodino. Otto notifiche su twitter. Messaggi di amiche e amici in vacanza, fotografie simili a cartoline di luoghi che ho avuto la fortuna di vedere dal vivo. E spunta dal nulla, la sua foto. 

‘Ambasciatore Delle Nazioni Unite per la tutela dell’ambiente’. 

Ha una maglietta azzurro cielo dell’UNEP, il mare dietro di lui, il solito sorriso stanco, ma gli occhi brillanti di felicità. Alza il pugno verso il cielo. Come il più bel supereroe ecologico moderno. E mi si stringe lo stomaco in un moto d’orgoglio e felicità. E mi si stringe di nuovo per la rabbia e la tristezza. Vorrei scrivergli qualcosa pubblicamente, ma so che si scatenerebbe un putiferio che è meglio evitare. Così apro la pagina degli sms. Ci penso qualche secondo di troppo. E tante alternative mi balzano in testa.

Vorrei iniziare con un: 

‘Stronzo, ti odio fino alla luna e ritorno.’  prendendo spunto da Taylor Swift. 

‘Stronzo, invece di incontrarti con mia madre ad Avignone, potevi aspettarmi per salutare, per vedermi, per farmi capire che ti frega ancora qualcosa’. 

‘Stronzo, spero che tutto lo champagne che stai bevendo in questi giorni ti mandi così fuori di testa da farti andare a letto con una bionda insignificante e slavata che dimenticherai il giorno dopo’. 

‘Stronzo, nessuna ti sopporterà mai quanto ti ho sopportato io’. 

‘Stronzo, solo io potevo essere così cogliona da pensare di poter essere abbastanza’. 

‘Stronzo, spero che un granchio ti mordi quel culo perfetto che ti ritrovi’. 

‘Stronzo, ti amo. Mi manchi. Torna da me.’  


Ma il messaggio che parte dal mio cellulare è semplice e diretto. 

‘Congratulazioni Ambasciatore’

Lo lancio sul letto, poco lontano da me, e mi rigiro per cercare di prendere realmente sonno. Passa qualche secondo e sento un ‘bip bip’. E quasi non posso credere che mi stia rispondendo. Ma poi noto il numero, e vedo che non è il suo. Apro lo stesso il messaggio. 

Vorrei che tu fossi qui.’
                                   Ian.


 

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Capitolo 30
*** Promise me this is forever. ***


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Le foto nella mia tasca
Sono sbiadite
Riesco a malapena distinguere il tuo volto
Lo so, un giorno alla fine,
si, lo so,  un giorno lascerò andare tutto
Ma lo tengo per ogni evenienza,
Si, lo terrò per ogni evenienza
In caso non trovassi ciò che stai cercando,
in caso ti mancasse ciò che avevi prima,
in caso cambiassi idea, io ti aspetterò qui,
in caso tu volessi tornare a casa
Abbastanza forte da lasciarti andare,
abbastanza debole da avere bisogno di te
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
POV Paul.

Settembre 2014. 
 
Ian è seduto sull’enorme letto in fondo alla sua roulotte, la testa inclinata su vari documenti sparsi sulle coperte, lo zaino solare che si porta sempre dietro piegato in un angolo. Alza lo sguardo chiaro verso di me, interrogativo. Quasi sorpreso.

<< Ehi fratello.. E’ successo qualcosa? >>

Mi appoggio al ripiano della cucina, le braccia incrociate sul petto.

<< Questo dovrei chiederlo io a te. >>

Dico, con voce secca.
Resta silenzio. Aspetta che continui.

<< Ian… non si può continuare in questo modo. Sai che non mi sono mai intromesso nella faccenda, ma non posso più starmene fermo a guardarvi mentre vi distruggete a vicenda. Sono tutti preoccupati. Julie sembra una trottola che vaga per il set… >>

Mentre queste parole mi escono dalle labbra, lo vedo distogliere lo sguardo. E’ molto raro veder Ian in imbarazzo per qualcosa. E’ una cosa che non gli si addice. Questa roulotte sembra terribilmente piccola in questo momento. Come se non potesse contenere le mie parole e la sua reazione.

<< Ci siamo già distrutti, ormai. Adesso cerchiamo di raccogliere i pezzi come meglio possiamo. >>

Socchiude gli occhi stanchi, si passa una mano sotto il mento. Posso quasi vederli, questi mesi, impressi sul suo viso. Sulle sue rughe più accentuate. Come ho visto il modo in cui ha recitato determinate scene, come se da quelle ne dipendesse la sua stessa felicità.

<< Non capisco, davvero. Quando ci siamo sentiti a maggio, mentre eri a Barcellona, stavi ancora cercando un modo per riprendertela. Per sistemare le cose. Sembravate sul punto di riuscirci. Ne parlai con lei  ed era quasi convinta che tutto sarebbe andato bene. Cos’è cambiato in questi mesi?  >>

Alzo lo sguardo, scuotendo la testa.

<< Sai perfettamente cos’è cambiato. Te l’ho anche presentata. >>

Trattengo un sorriso ironico e alzo gli occhi al cielo.

<< Ah si, certo. La tua nuova ragazza. >>

Aggrotta le sopracciglia e sembra quasi tentato di buttarmi fuori a calci.

<< Cosa c’è di così divertente? >>

La mia pazienza ha un limite ben definito, e ne vado anche piuttosto fiero. Mi scosto dal ripiano, allargando le braccia.

<< Oh andiamo Ian! Ma chi vuoi prendere in giro? Magari te stesso, ma di certo non me. O nessun’altro qui. >>

Punto il dito verso la porta, continuando a gesticolare.

<< Sappiamo tutti che niente può intromettersi tra te e Nina. A meno che uno dei due non lo voglia fermamente. E avete fatto di tutto quest’anno. Ma alla fine tornavate sempre l’uno dell’altra. Pensi che non lo sappia? >>

Scuote ancora la testa, stringe i pugni sulle ginocchia.

<< Stavolta è diverso. Tengo davvero a Nikki. Potrei… amarla.  Credo che tu sappia cosa significa. Avere una seconda occasione.  >>

Le parole mi colpiscono più di quanto vorrei. Amarla? Ho sempre pensato che si potesse amare realmente una volta sola, per sempre. Ma poi tutto è cambiato. E lo vedo, il barlume di speranza che accende i suoi occhi. Come se volesse soltanto andare molto lontano e credere a quelle stesse parole che sta pronunciando.

<< Sono l’ultimo di questo mondo che può darti un consiglio sui colpi di fulmine e storie finite male. Quando ho visto Phoebe per la prima volta… Beh, lo sai com’è andata. >>

Si passa una mano dietro la nuca, imbarazzato. A disagio.

<< Se pensi che lei sia quella giusta, se pensi davvero che non valga più la pena  lottare per Nina… >>

Si alza dal letto di scatto. Un’espressione di collera gli dipinge il viso.

<< Io ho lottato per lei! Pensi che non mi sia fatto queste stesse domande? >>

Gli poso una mano sulla spalla, stringendola. Cercando di calmarlo.

<< So che hai lottato.  Ma so ancora meglio quanto per te sarebbe più facile mollare la presa e vivere più… serenamente. E se è davvero questa la tua scelta, nessuno ti giudicherà. >>

Alza un angolo della bocca.

<< Nessuno? Tutti già mi biasimano, Paul. Pensi che non senta la tensione che c’è sul set? Che non abbia visto gli sguardi degli altri quando mi sono presentato con Nikki? Il tuo sguardo? Oh, so perfettamente che tutti mi danno mentalmente dello stronzo, ma che nessuno ha il coraggio di dirmelo apertamente. Ma nessuno di voi sa realmente cosa ho passato. >>

<< Sei uno stronzo. Ma non mi sembra di averne mai fatto mistero. >>

Trattiene un sorriso, proprio come me.

<< Sai cosa voglio dire. >>

Aggiunge alla fine.

<< So che molti sono solo sorpresi. E so anche che a te non importa davvero del loro parere. >>

<< Forse no ma.. >>

<< Fratello, ascolta me per una volta.  Magari il mio parare sarà meno omologato con quello degli altri, ma io so cosa vuol dire trovarsi in una situazione del genere. Non ti dirò se stai facendo la cosa giusta o meno, ma penso che tu già abbia preso una decisione. Non è così? Altrimenti non avresti portato Nikki qui da noi. Davanti a a Nina. Vuoi farle capire che ti ha perso o che ti sta perdendo? Perché penso che dopo un anno del genere, anche io sarei molto confuso in merito. >> 

Scuote la testa, ancora e ancora.

<< No, non voglio che Nina capisca un bel niente! Non è questo il punto. Ho cercato di farlo per tutti questi mesi e non ha funzionato. Non mi vuole, Paul. Non mi vuole più. Probabilmente non mi ama nemmeno più. E io non posso… non posso amare qualcuno che non mi ama, che non è disposto a lottare per me tanto quanto sono disposto io. Non più, almeno. >> 

Distoglie lo sguardo.

<< Allora vuoi vederla soffrire come hai sofferto tu? >>

Mi lancia un’occhiata ostile.

<< Mi ritieni quel tipo di persona? Che si vendica.. >>

<< Rispetto a tanti altri, ti ritengo un semplice essere umano, Ian. Niente di più e niente di meno. Forse dovresti smetterla di sforzarti. >>

<< Sforzami di far cosa? >>

<< Ad essere quello che gli altri vorrebbero che tu sia. Un uomo perfetto, senza difetti, senza pecche. Sappiamo che non lo sei, e le persone ti amano lo stesso. Non devi per forza sforzarti. Non devi essere sempre al massimo. Inizia ad abbassare la maschera, il resto verrà da se. >>
 
 
POV Nina.
 
<< Lo so che è difficile ma dovresti cercare di… >>

Alzo gli occhi al cielo e lascio ricadere la testa sulla spalliera della sedia girevole.

<< Di far cosa? So perfettamente quali sono i miei doveri. Sono una professionista. Non lascerò che tutta questa storia intacchi con lo show o con il mio lavoro. >>

Il mio tono di voce risulta leggermente indispettito. Prendo un sospiro e scuoto la testa.

<< Scusa Ericka, non volevo essere… >>

Lei mi sfiora la spalla.

<< Lo so, non preoccuparti. E’ una situazione… complicata. Nessuno ti biasima. >>

Complicata.
La parola che ho sentito di più negli ultimi due mesi.
Nella mia testa, sulle bocche di tutti gli altri.
Cosa c’è di complicato nel recitare una parte? E’ il mio lavoro. Mi pagano per farlo. Ho studiato per imparare a farlo. Ma tutti pensano che avrò qualche tipo di problema. Pensano che mi tirerò indietro, o piangerò e urlerò dando di matto davanti a tutti. Sono cresciuta, eppure mi considerano ancora la bambina di casa.

<< Non è complicato. E’ solo fastidioso. E tutti mi biasimano.  >>

Gli occhi scuri della mia amica mi fissano comprensivi.

<< Sai, non hai bisogno di fingere con me… >>

<< Lo so. >>

Passa qualche secondo infinito, prima che qualcosa, come una molla tirata, non la fa saltare al volo dalla sedia.

<< Allora! Cosa sono questi musi lunghi! Non ho intenzione di restare ferma un minuto di più. Su, muoviamoci. Chiamiamo Riawna, vediamo cosa combina questo weekend. >>  

Mi tira per il braccio facendomi alzare a forza dalla sedia, spingendomi verso la porta. Svincolo dalla sua stretta e le faccio cenno di proseguire.

<< Vai tu, io devo ripassare il copione e poi fra un po’ tocca a me. Ci sentiamo stasera, ok? >>

Sembra intenzionata a non lasciarmi sola nemmeno per un secondo ma alla fine riesco a convincerla. Ma dopo qualche minuto, da dietro la porta chiusa, sento la sua voce ovattata. Come se venisse dal fondo del corridoio.

<< Ehi, non mi sembra davvero il momento adatto… >>

<< Dobbiamo discutere di una scena, Ericka. Si tratta del nostro lavoro. >>

Un brivido mi scende lungo la schiena quando riconosco la voce di Ian, e sento i suoi passi attraversare lo spazio che divide i nostri camerini. Mi volto verso lo specchio. Sistemo i flaconi promozionali, le varie carte sparse sulla scrivania. Qualsiasi cosa pur di tenere le mani impegnate. La porta si apre con uno scatto, e alzo lo sguardo solo per vederlo entrare nel riflesso dello specchio.  

<< Non si usa bussare? >>

Gli chiedo, cercando di mantenere la calma. La sua mano è ancora stretta intorno al pomello, la guarda con attenzione, sorpreso.

<< Scusa. Non ricordo di aver mai bussato. Non sono abituato.  >>

Sembra stranito dal suo stesso commento. Lascio cadere il discorso perché so perfettamente cosa intende. Abbiamo smesso di bussare l’uno alla porta dell’altro, tanto tempo fa. L’entrata era una cosa ovvia, normale. Giornaliera. Qualcosa che non richiedeva nessun permesso.
Ma adesso è tutto cambiato. 

Incrocio le braccia sul petto, così da non dovermi torturare le mani, e mi giro verso di lui.

<< Allora? Di quale scena vuoi parlare? Mi sembrano tutte piuttosto semplici quelle in programma per oggi. Probabilmente gireremo anche in momenti diversi da dietro quella porta chiusa quindi… >>

Stringe tra le mani il copione, si guarda intorno, e poi posa gli occhi all’altezza delle mie labbra, prima di incrociare i nostri sguardi.

<< Intendevo la scena che dobbiamo girare fra due settimane... >>

Dovevo immaginarlo.

Torno a girarmi verso il ripiano di legno.

<< Beh, non vedo niente di difficile nemmeno in quella, in realtà. >>

Fa qualche passo in avanti, verso di me.

<< Damon e Elena lo meritano. I nostri fan lo meritano. E lo meritiamo anche noi. E visto che è un po’ che non giriamo scene del genere volevo… parlarne. >>

Continuo a sistemare le mie cose sulla scrivania, dandogli le spalle. Il suo tono di voce falsamente pacato e tranquillo mi a tremare le mani. Come se fosse semplice.

<< No, i nostri fan meritano di essere irradiati con dell’acqua gelida per capire cosa si prova. Ecco cosa meritano. E anche Julie. Potrebbe assistere alla scena, ma guarda caso tutti tolgono le tende quando si tratta di pioggia. >>

<< Hanno preso delle controfigure per le riprese da lontano. Non dovremmo starci molto. Il tempo delle battute e del.. >>

Mi giro di scatto, irritata dal modo in cui sta pronunciando quelle parole.

<< Bacio. Puoi dirlo. Non è una parolaccia. Non allarmarti. Ho passato cinque anni a baciarti. Uno in più non mi cambia nulla. E non me ne faccio nulla del tuo perbenismo, Ian. >>

<< Non mi sto allarmando. Sai quanto volevamo questa scena. O almeno… Fino a qualche tempo fa la volevi anche tu. Pensavo solo che.. >>

<< Pensi che io non possa farcela. No? Come tutti. Pensi che la situazione in cui siamo mi porti a far cosa? Esitare?  Solo perché vorrei vivere in un continente in cui tu non ci sei, non vuol dire che valga lo stesso per Elena. Non vuol dire che non possa baciarti sotto un po’ d’acqua. E quasi mi fa tenerezza la tua sensibilità in merito. Ma forse non hai capito un concetto molto semplice, Smolder. Non m’importa. Farò il mio lavoro. E ti bacerò come Elena bacerebbe Damon. Perché nessuno, nemmeno tu, può permettersi di guardarmi in quel modo. E’ tutto chiaro?  >>

Quasi fa un passo indietro, con il copione stretto in una mano e la consapevolezza del mio risentimento, chiusa nell’altra. E poi si avvicina di nuovo, i suoi occhi puntati nei miei.

<< Il pensiero non mi è mai passato per la testa. Forse, per una volta, dovresti imparare a guardare oltre, Looch. Forse potresti pensare anche a come mi sento io, invece di comportarti come una.. >>

Gli premo una mano sul petto, d’istinto. Scostandolo bruscamente.

<< Ragazzina? Certo. E’ facile metterla in questi termini, vero? Mi dispiace darti quest’informazione, Ian…Ma qui, l’unico che si sta comportando da ragazzino, sei tu. Non avevo bisogno di questo discorsetto cuoreacuore. Ne delle tue rassicurazioni in merito. Fra due settimane gireremo quel bacio. E adesso, gentilmente, vorrei davvero vederti fuori di qui. >>

Il suo sguardo non accenna a cambiare. Non sembra nemmeno colpito dalle parole. Come una statua di ghiaccio. Si allontana lentamente, avvicinandosi alla porta. Mi rigiro verso lo specchio e vedo il suo riflesso.

<< Stavo per dire, donna ferita. Non comportarti come una donna ferita. Io ci sono passato, e non ha funzionato. Un uomo ferito respinto. Lo ricordi, vero? Non è servito a nulla. >>

Sgrano gli occhi, e istintivamente mi porto una mano allo stomaco. Sento solo il suono del mio cuore rimbombarmi nelle orecchie.
 
POV Ian.
 
Mi fissa intensamente. Ogni movimento, ogni piega del suo corpo in tensione. Sembra volermi urlare contro. La mano stretta sulla maglietta all’altezza della pancia.
Distende il viso. Respira intensamente rilasciando l’aria.
Come un esercizio di yoga ripetuto.
Ma quando torna a guardarmi, noto che i suoi occhi non hanno perso quella scintilla di rabbia e frustrazione.

<< Dimmi solo perché. Perché portarla qui? Perché… rendermi difficile anche camminare a casa mia. Questo me lo devi. Perché? Cosa vuoi dimostrare? >>

Si porta le mani sul viso, scostandosi i capelli. Gli occhi sono scuri e grandi. Come due pozzi neri in cui potrei essere risucchiato da un momento all’altro. Mi avvicino di più a lei,  inconsciamente, senza pensarci.

<< E’ questo il problema? Pensi che voglia dimostrare qualcosa? Vuoi la verità, Nina? Sei disposta ad ascoltarla? >>

Annuisce impercettibilmente, ma il suo sguardo fermo mi fa capire che si, vuole realmente sapere. Vuole delle spiegazioni. Qualsiasi cosa pur di frenare il risentimento che ha nei miei confronti.

<< L’ho portata qui per me. Solo ed esclusivamente per me. Perché mi fa stare bene, mi rende felice. Perché, quando a te serviva allontanarti da questo posto, volavi a Los Angeles da un ballerino biondo. Io non voglio scappare. Nikki fa parte della mia vita, adesso. E voglio che ci resti. >>

Indietreggia di qualche passo, quasi la vedo rimpicciolire dietro una maschera d’indifferenza. Come se potesse nascondermi le sue emozioni. Come se non volesse fare altro che scomparire. Come se non la conoscessi abbastanza da capire cosa sta provando in questo momento.

<< Non puoi… Non puoi paragonare… >>

Mi avvicino ancora. Non voglio darle spazio, aria. Quasi vorrei stringerla per imprimerle ancora di più le parole che non vuole sentire in questo momento.
Mi sento così appagato e distrutto nel vederla in questo modo.

<< Non era questo che volevi? >>

‘Vuoi farla soffrire come hai sofferto tu?’

Le parole di Paul mi risuonano nella testa.

E mi blocco, a pochi passi da lei.
Lei che non risponde.
Sento la rabbia, il risentimento, la delusione che si agitano nel mio stomaco.

<< Non era questo, che volevi? >>

Scandisco ancora le parole, il tono di voce più alto del previsto.

<< Dannazione Nina! Rispondimi! >>

Si gira di scatto, gli occhi grandi e lucidi.

<< Ma questo… Tutto questo non significa che non debba farmi male! >>

  Indietreggio a mia volta.
Resta in silenzio. In un muto silenzio di ostinazione e rabbia. Continuo a scrutare quegli occhi che sono stati la mia ancora di salvezza per così tanto tempo e non riesco più a vederci niente. Scuote la testa, si tortura le mani.
E poi, all’improvviso, sorride.

Sorride.

Sorride, e il suo sguardo cambia.

Annuisce piano, impercettibilmente.

<< D’accordo. Ho capito. Non preoccuparti per le scene. Ci comporteremo al meglio e andrà tutto bene. Ma.. per favore adesso potresti… uscire? >>

Confuso, al contrario di quanto richiesto, mi avvicino di più.
Lei indietreggia, una mano alzata a mezz’aria, a dividerci.

<< Per favore… Ian. Ti prego. Esci. >>

E la sento, l’inclinazione sbagliata nella voce.
Spezzata da qualcosa di più profondo della rabbia. 

<< Nina io.. >>

Io cosa?
Cosa vorrei dirle?
Che mi dispiace. Che non sarebbe mai dovuta andare in questo modo. Che non mi ha dato altra scelta. Ma lei scuote la testa.

<< Non dobbiamo aggiungere altro. Ma ti prego, Ian. Solo.. Esci da questa stanza. >>

Lentamente esaudisco la sua richiesta. Indietreggio fino alla porta ed esco senza esitazione. Per qualche secondo mi perdo fissando le venature del legno, incapace di muovermi.

E poi lo sento, distintamente.

Un tonfo, qualcosa che viene lanciato e forse finisce sul pavimento.

Seguito da un singhiozzo soffocato.

E posso quasi sentire anche il rumore di quelle lacrime che scendono rigandole il viso.
 

Due settimane dopo…
 

POV Nina.
 
<< Allora siamo tutti pronti? Aspettate, no… Posizionate le luci verso est. Si, in quel modo. Nina e Ian? >>

Chris continua a impartire ordini a tutti, più entusiasta del solito.

<< Siamo pronti anche noi! >>

Gli urlo di rimando.

L’atmosfera è perfetta, romantica, soffusa, ideale per questo tipo di scena. Divarico leggermente le gambe per posizionarmi meglio e sento lo scricchiolio del legno sotto i miei piedi.
Alzo lo sguardo e incrocio gli occhi di Ian. Ha le labbra serrata in un’espressione neutrale. Concentrata. Gli occhi ancora più azzurri a causa delle luci puntate sul nostri visi. E non posso fare a meno di chiedermi se magari stia cercando di ricordare com’era girare determinate scene quando stavamo insieme. Quando tutto sembrava così semplice, naturale.
Le ultime settimane sono state strane. Piene di un silenzio imbarazzante, pesante.

Opprimente.

Così vicini fisicamente, eppure così lontani.

L’unico modo per tenere a bada il mio risentimento, la sua frustrazione, e la rabbia che ci portiamo dietro, è stato cercare di far finta di nulla. Indifferenza e educazione.

Come se la conversazione nel mio camerino e le relative lacrime in seguito, non fossero mai avvenute o esistite. Ci siamo scambiati sorrisi imbarazzanti e saluti accennati ogni giorno. Abbiamo girato al meglio le poche scene insieme, abbiamo condiviso lo stesso spazio con rispetto.

E’ stato facile interpretare un’Elena inconsapevole del suo passato con Damon.

E’ tutto quello che io non farei mai.
Dimenticare. Dimenticare di averlo mai amato.
In quel caso farebbe meno male.
Ma il dolore si può sopportare, nonostante tutto.

E adesso siamo di nuovo qui, faccia a faccia. Ed è di nuovo tutto diverso.
Julie mi ha detto una sola semplice cosa per farmi capire in che modo dovessi entrare nella scena.
“E’ una felicità che Elena non ha mai provato. Una felicità che non abbiamo mai mostrato. Una felicità che viene fuori grazie all’uomo che ama, nell’estate più bella della sua vita.”
Elena non ha mai provato quella felicità, ma io si.
E l’ho provata proprio grazie a quest’uomo che mi ritrovo davanti. Tante volte.
Distolgo velocemente lo sguardo, alzando gli occhi verso il cielo scuro e nero, limpido.

<< Ok, siamo tutti pronti allora. Ricordatevi che dopo dovete restare dove siete e aspettare i ragazzi vengano ad innaffiarvi come si deve. >>

Tocca solo a noi. Le nostre controfigure hanno già girato le loro scene con le riprese da lontane, e sono tornati al caldo nelle loro roulotte.

Annuiamo entrambi e ritorniamo con i visi piegati verso il cielo.

<< Pronti. Silenzio sul set. Motore e azione! >>

Trattengo dentro di me quelle sensazioni. La leggerezza, la felicità delirante, le risate, i momenti migliori. E quando abbasso lo sguardo sorridendo, lui mi sta già guardando. E sta sorridendo con il mento alzato. Qualche goccia d’acqua inizia a cadere facendomi socchiudere gli occhi.

Siamo faccia a faccia e sorridiamo come se intorno a noi non ci fosse nient’altro.

<< STOP! >>

La magia si spezza all’improvviso.

Cerco di mantenere quella sensazione mentre Jody e Katie vengono verso di noi velocemente pronte a inumidirci i capelli e i vestiti. Sento l’acqua bagnarmi la maglietta e inizio ad avvertire il freddo sulla pelle. Katie sistema i suoi capelli in modo che non gli ricadano sulla fronte. Siamo entrambi già parzialmente bagnati e saltello sui piedi per combattere il freddo. Jody mi prende in giro e ridiamo ancora di più. Velocemente vanno via e noi riprendiamo posizione.

<< Ok, via con la pioggia! E posizionate le luci verso i loro visi. >>

Una pioggia leggera, fitta, e fredda inizia a scendere su di noi.

<< Motore e… azione! >>

Mi lascio scappare una risatina mentre guardo verso il basso e poi di nuovo verso di lui. Si avvicina, alza la testa, socchiude gli occhi, mentre l’acqua gli scorre sul viso, rendendolo ancora più bello.

<< Adiamo, è giunto il momento di abbandonare la nave.. >>

Dice a voce più alta del solito per contrastare lo scrosciare della pioggia.
Gli appoggio le mani sul petto, e sento subito le sue stringersi intorno alle mie dita.

<< No, no no aspetta... diamogli un secondo. Tornerà il sereno. >>

Continuiamo a sorridere, totalmente nella parte.

Sento il calore della sua pelle contro il freddo dell’acqua. Si morde il labbro inferiore trattenendo una risata, prima di abbassarsi velocemente verso le mie labbra. Le sue sono lisce e fresche, premute contro le mie. Il primo istinto è quello di stringergli il viso, la nuca, ma le mie mani sono bloccate tra le sue, a dividere i nostri corpi. Posizione insolita per un bacio, ma non importa.
Quando ci stacchiamo resto per un secondo con gli occhi ancora socchiusi, come se Elena volesse bearsi ancora di quel momento. Come se non volesse svegliarsi da un sogno bellissimo.

Ed è strano quanto riesca a fare mia questa sensazione.

<< Promettimi che questo durerà per sempre.. >>

Dico, tutto d’un fiato. Con il respiro accelerato a causa del freddo, mentre i suoi occhi si abbassano sulle mie labbra ancora una volta.

<< Lo prometto.. >>

E il suo sorriso cambia.
Per una frazione di secondo, per un solo momento, dimentico di essere Elena.
Per un solo momento, mi godo questa promessa pensando a Ian. 

Per un solo momento quasi posso sentire il rumore delle onde, la sabbia sotto i piedi… e il profumo di quella notte di quasi di tre anni fa…

Cerco il suo sguardo, cerco quel barlume di realtà anche nei suoi occhi.
Ma non me ne da il tempo, perché le sue labbra sono di nuovo sulle mie.
Ma questa volta è diverso.
Dischiudo la bocca sotto la sua e sento il calore del suo respiro. La sua lingua che cerca e trova la mia.  Mi alzo sulle punte delle scarpe, le mani premute sul suo viso, le mie dita strette sulla sua mascella.

Mi bacia togliendomi il respiro.
Con foga, passione, trasporto.
Come se non volesse più lasciarmi andare.
Ed è un bacio fisico, dettato da quella chimica naturale che i nostri corpi hanno da sempre. Quell’attrazione così palpabile, per cui siamo stati anche premiati.

La sua mano si stringe sul mio fianco, e l’altra sui miei capelli, spingendomi ancora di più contro di lui.

Perché non gli basta.
E non basta nemmeno a me.

L’acqua fredda continua a scendere su di noi, ma ogni mio tratto di pelle in fiamme. Ogni parte del mio corpo è attaccata al suo.

Sento distintamente lo STOP che ci lancia Chris, ma prima ancora che possa realizzarlo, Ian si è già staccato da me.
Lasciandomi con le labbra socchiuse, e le mani sul suo collo.

Ma il suo sguardo è totalmente cambiato. I suoi occhi sono freddi, le sue labbra tirate in un sorriso finto, di convenienza.
Automaticamente abbasso le mani, e incrocio le braccia sul petto, distogliendo lo sguardo. Imbarazzata per il modo in cui mi sono così lasciata andare.

E in un secondo, tutto quel calore provato poco prima, si dissolve.

Lasciandomi con un vuoto gelido nello stomaco e nel petto. 


POV Ian.

Capodanno 2012.
Thailandia.
 
Lei corre.

Corre continuamente. Saltella, allarga le braccia, flette il suo corpo in strane acrobazie, così come il suo viso, in strane boccacce buffe. Sembra instancabile, sempre carica, pronta ad ogni avventura. Che si tratti di scalare una montagna, o di giocare sulla spiaggia, o di dare da mangiare ad un cucciolo di tigre. Chiama i suoi amici, chiama me, tante volte, con quella voce sottile, a tratti infantile. 

La sabbia si alza intorno alle sue caviglie magre mentre la scalcia via continuando a rincorrere Riawna. Le persone intorno a noi ballano e si spintonano, con drink colorati in mano. C’è frenesia nell’aria. Un’elettricità palpabile dovuta all’emozione di un nuovo anno alle porte. 

Un tuono squarcia il vociare del chiacchiericcio e quasi tutti alzano gli occhi al cielo in un ‘oh’ di protesta.

<< Pioverà a dirotto anche stanotte, a quanto sembra. >>

<< Bel modo per iniziare un nuovo anno. >>

<< Ehi, quanti minuti mancano? >>

Voci, voci indistinte che si mischiano in un sottofondo marino ritmico.

<< Ehi! Manca solo un minuto! >>

Al suono di queste parole, inizio a farmi strada in mezzo alla piccola folla che si è radunata sulla spiaggia per guardare i fuochi d’artificio. Nina mi cerca con lo sguardo, lascia la mano di Riawna e mi viene incontro.

Ha i capelli mossi che le incorniciano il viso e un top bianco trasparente che lascia intravedere il costume ancora leggermente umido. Le mie braccia l’accolgono, mentre le sue si stringono intorno al mio collo. E’ come se il suo corpo, in questi anni, avesse preso le giuste curve dal mio, per poter combaciare alla perfezione. Sento il suo cuore battere all’impazzata. La sua pelle profuma di mare, di vita, d’amore. Le persone intorno a noi iniziano a fare il conto alla rovescia, ma le nostre lebbra non si muovono, i nostri occhi non si distolgono gli uni dagli altri.

E’ bella.
Dio, se è bella.
Così bella da farmi quasi male.
Perché una bellezza del genere, disordinata, semplice, ma sorprendente, è difficile da trovare.
Sorprendentemente bella.
Quel tipo di bellezza che riesci a cogliere fin dal primo sguardo, ma che poi, con il tempo, finisce solo per intensificarsi di più.

E quest’attimo non è bello, ma sorprendentemente bello.
Quasi quanto lei.

<< Cinque! Quattro… Tre… Duee… Unooo… >>

Si alza sulle punte e mi bacia.

Il primo bacio di questo 2013 appena iniziato.
Le stringo il viso tra le mani, sul collo, tra i capelli.
La bacio e dimentico quasi di essere circondato da altre persone.
E all’improvviso sento qualcosa di umido bagnarmi la pelle delle braccia.
La pioggia è leggerissima e tiepida, quasi non si sente. 

Si stacca dalle mie labbra. 


<< Promettimi che tutto questo non finirà mai. >>

Lo dice con una tale spontaneità da sorprendermi.
Lei, che ha così tanta paura del futuro.

<< Te lo prometto. >>

Perché semplicemente non posso dire altro.
Non voglio fare altro.
Sorride raggiante mentre la pioggia continua a scendere su tutti noi.

<< E promettimi anche che se dovesse finire… Non dimenticherai mai questo momento. >>

La bacio di nuovo. Ancora e ancora. 

<< Te lo prometto. Te lo prometto... >> 

Anche volendo, non potrei mai farlo


Questa volta è lei a rincorrere me. 
Il suo sguardo mi ha seguito per tutto il restante tempo delle riprese. 
Aveva l'asciugamano premuto sul corpo, i capelli bagnati e la faccia stravolta di chi soffre terribilmente il freddo. 

Sono scappato via il più presto possibile, raccomandandole di asciugarsi, ma non mi ha dato ascolto. 

Evidentemente. 

<< A cosa pensavi? >> 

La sua voce mi raggiunge dall'esterno della piccola roulotte in cui sono rinchiuso da venti minuti, intendo ad evitarla come meglio posso. Ma Nina non si lascia evitare. Mai. 

<< Di cosa stai parlando? >> 

Le chiedo, innocentemente. I suoi occhi sono scuri e fiammeggianti. Sembra sul punto di volermi prendere a calci. 

<< Del bacio. >> 

Ovviamente. 

<< Era un bacio come un altro Looch. L'hai detto tu che non c'erano problemi, giusto? >> 

Finto. Vago. Indifferente. 
Tre parole che mi sono state utili nelle ultime settimane. 

Non posso dirle che quel bacio è stato un urlo di disperazione. Uno sfogo, qualcosa a cui aggrapparmi dopo tanto tempo senza poterla toccare o desiderare. 

Non posso confessarle di essere ancora terribilmente attratto da lei, e che ogni parte del mio corpo continua a bramare il suo come un qualcosa di vitale, da cui non riesco a staccarmi. 


Non posso farle capire che sono un uomo, e che come tale, continuo imperterrito a desiderare ardentemente qualcosa che non posso avere. 

Non posso scrollarla e trasciarla su questo letto striminzito che ci ha visto stretti tante volte, per fare con lei tutto quello che ogni notte faccio con un'altra donna, da mesi ormai. 


<< Voglio solo sapere a cosa stavi pensando. >> 

Aggiunge ancora. 

<< A Damon. A quello che prova per Elena. Stavo recitando la mia parte. >> 


<< Non ti credo. >> 

<< E' quello che facciamo, Nina. Recitiamo. Fingiamo di provare emozioni che non proviamo. >> 


Si avvicina ancoa di più, il suo viso a pochi centimetri dal mio. 

<< Non ti credo. >> 


Non rispondo ulteriormente. Sarebbe inutile. Capisce che mi sono arreso. 

Scioglie i nostri sguardi, e si volta verso la sua roultotte. 

<< Tu a cosa pensavi? >> 

Le chiedo instintivamente. 

Volta leggermente il viso. 

<< Sai perfettamente a cosa stavo pensando. >>  

Ed è vero. 

Manteniamo sempre le nostre promesse. 




   

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Capitolo 31
*** It's All Coming Back To Me Now. ***


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It's All Coming Back To Me Now






 
But when you touch me like this
And when you hold me like that
I just have to admit
That it's all coming back to me
When I touch you like this
When I hold you like that
It's so hard to believe but
It's all coming back to me



















 
POV. Ian.
Agosto 2024.

<< Papà. Papà! Papà guarda cosa ho trovato! >>
Evelyn mi corre incontro, affondando i piedini nella sabbia calda, arrancando per raggiungermi.  Stringe saldamente un secchiello arancione tra le mani, ricolmo d’acqua salata che fuoriesce dai bordi ad ogni suo passo. Quasi si lancia contro le mie gambe, atterrando sulla sabbia più fresca. Alza il secchiello mostrandomi un piccolo pesce a strisce grigie che nuota in circolo.
<< Come si chiama questo pesciolino, papà? Lo sai? >>
Mi chiede, con la tipica curiosità di una bimba di quasi sei anni. Mi accovaccio sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza.
<< Mmh. Non ne sono sicuro. >>
Mi guarda con due occhi, identici ai miei, carichi di aspettative, avidi di risposte, di sapere.
<< Possiamo controllare sul tuo libro quando torniamo a casa, che ne dici? >>  
Alza le piccole spalle chiare, ricoperte di protezione solare. E poi sorride, mostrando i dentini candidi e le fossette agli angoli delle labbra.
<< Allora dobbiamo fargli una foto! >>
Non mi da il tempo di replicare. Posa il secchiello tra di noi e corre verso i nostri lettini poco più avanti. La guardo mentre rovista nella sua borsa di tela – strapiena di giocattoli – e ne tira fuori la macchinetta fotografica digitale colorata – di quelle indistruttibili, impermeabili, per bambini - che le abbiamo regalato poche settimane fa e che ormai porta ovunque, fotografando qualsiasi cosa. Torna verso di me, e con una concentrazione degna di un’artista alle prime armi, si posiziona per fotografare da più angolazioni il pesciolino.
<< Ora possiamo riportarlo a casa sua. >> 
Dice mentre mi passa la macchinetta fotografica, e riprende il secchiello, camminando verso la riva. Con il cuore pieno d’orgoglio la vedo scalciare l’acqua, e accovacciarsi sulle ginocchia per rimettere il pesciolino in mare. La seguo, tenendo sempre gli occhi fissi su di lei. Si volta sorridendomi raggiante, facendomi cenno di raggiungerla. 
<< Papà! Andiamo nell’acqua alta. Così posso fotografare tutto il mare. >> 
<< D’accordo tesoro, vieni qui. >>
Lascia cadere il secchiello ai suoi piedi, e allunga le braccia. La sollevo per caricarmela sulle spalle, mentre lancia un piccolo urlo d’eccitazione. Le passo la macchina fotografica che si mette al collo, per poi afferrare i miei capelli con le sue manine. Le tango saldamente le caviglie sporche di sabbia bianca, e mi lascio scivolare nell’acqua cristallina, finché non mi arriva alla vita, in un punto che lei non avrebbe mai potuto raggiungere. Continua a dondolarsi e ridere sulle mie spalle, fotografando davanti e sotto di noi, fin quando non la sento rilassarsi e posare la guancia sulla mia testa lasciandosi cullare dal mio corpo e dalle onde. Lentamente ritorniamo a riva, le sue dita minuscole mi accarezzano il viso, su e giù. 
<< Torniamo a casa piccola? >>
Le chiedo mentre mi dirigo verso i nostri lettini, e la faccio scendere dalle mie spalle.
<< Ma no! Non sono stanca, davvero. >>
Ma mentre lo dice le scappa uno sbadiglio che le arriccia il nasino.  Mi abbasso verso di lei, guardandola dritta nei suoi occhi luminosi.
<< Oh ne sono convinto tesoro, ma in realtà sono io quello stanco… Dovresti proprio mettermi a letto fra un po. >>
Aggrotta le sopracciglia scure, e annuisce solennemente.
<< Beh, se mi dici così allora va bene. >>
Afferro la sua borsa e i miei occhiali da sole. Lei mi allunga la manina e la chiudo nella mia, sorprendendomi ancora una volta dell’effetto istantaneo che mi riscalda il cuore. Attraversiamo la spiaggia dirigendosi al nostro cottage. Con l’altra manina si rigira la treccia castana che le scende sulla spalla, guardandola attentamente con espressione corrucciata.
<< Cosa c’è ce non va nella tua treccia? >>
Le chiedo, già conoscendo la risposta.
<< Non è la treccia papà! Te l’ho detto tante volte. Vorrei i capelli rossi come quelli della mamma. Mi piace tanto il rosso. >>
Sorrido e le lascio la mano per farla correre da sola lungo il portico di casa.  
 


POV. Nina.

Marzo 2019.
Mi passo il mignolo sull’angolo sinistro del labbro inferiore per eliminare il rossetto in più prima che si sbavi del tutto. Sorrido al mio riflesso cercando di darmi la spinta necessaria per uscire da questo bagno e affrontare Hollywood nonostante la stanchezza e la spossatezza. Mi ricordo per la decima volta che sono una donna forte ed indipendente che ha appena finito di girare il suo  terzo film da protagonista, considerando che i primi tre hanno avuto delle critiche positive e un buon incasso ai botteghini. Posso affrontare qualsiasi cosa. Un leggero bussare alla porta mi distrae
<< Ehi dolcezza, tutto bene? >>
La voce di Andrew interrompe il mio flusso di pensieri, riportandomi con i piedi per terra. Apro la porta mostrando al mio fidanzato il migliore dei miei sorrisi.
<< Si, tutto alla grande. Scusami, avevo bisogno di una pausa. >>
Gli sfioro il petto con la mano e gli bacio piano le labbra. I riflessi verdi dei suoi occhi mi ricordano perché ho accettato di accompagnarlo a questo evento. Lui, promettente attore canadese emergente, ha bisogno di questo tipo di serate per attirare l’attenzione di qualche produttore ben disposto. Mi scosta una ciocca di capelli dalla guancia.
<< Grazie per essere qui. Non so cosa farei senza di te. >> 
Mi sussurra all’orecchio. La sua mano scende ad accarezzarmi il fianco, mentre mi sospinge nella grande sala luminosa piena di persone in abiti da sera e smoking.
<< Dovrai ripagarmi con una cena giapponese. Anche se a te non piace. >>
Mi lancia un sorrisetto complice.
<< In realtà ho una sorpresa per sabato.. >>
Lo guardo incuriosita cercando di ricordare il giorno di cui sta parlando. Dopo qualche attimo di smarrimento ricordo che sabato è il sedici marzo, e sono esattamente dieci mesi da quando abbiamo iniziato a frequentarci seriamente.  
<< Ah si? >>
Annuisce, sfiorandomi con le labbra la fronte, per poi scendere lungo il viso e sussurrarmi all’orecchio.
<< E dopo questa, non rifiuterai più la mia proposta di andare a vivere insieme. >>
Alzo gli occhi al cielo.
<< Andy, ne abbiamo già parlato… E’ troppo presto. E questo non mi sembra proprio il momento adatto per discuterne. >>
<< E invece è proprio l’unico momento in cui mi devi ascoltare per forza senza eludere le mie domande, visto che tra set e ‘il tuo studio’ non mi ascolti mai. >>
Gli lancio un’occhiata stizzita.
<< Questa non è una cosa carina da dire. Non è vero che non ti ascolto. Solo che… Lo sai. E’ davvero troppo presto. >>
Mi avvicina di più a se mentre attraversiamo la grande sala dorata.
<< Presto per cosa? Dormiamo già insieme quasi ogni notte, e ogni mattina uno dei due deve andare via. Ci amiamo e comunque prima o poi finiremo a quel punto, perché non anticiparlo, se possiamo? >>
<< Il mio appartamento è probabilmente il più piccolo di tutta Los Angeles. Non c’è spazio per te, mi dispiace. >>
<< Casa mia è probabilmente una delle più grandi di tutta Los Angeles. C’è tutto lo spazio che vuoi. >>
Non riesco a trattenere il sorriso che mi sfiora le labbra, e quasi senza rendermene conto ringrazio il giorno in cui Andrew è caduto, letteralmente, nella mia vita. Sto ancora sorridendo, prima di sentire un nome uscire dalla sua bocca.
<< Sembra che stasera dovrò competere con tutti i tuoi presunti ex fidanzati. Poi dovrai dirmi con quali realmente sei stata. Si sono tutti radunati qui. Derek Hough è dall’altro capo della sala, hai davvero avuto un flirt estivo con lui, diversi anni fa? >>
<< E’ inutile che ci provi, andiamo a cena da Julianne una settimana si e l’altra pure. E tu e Derek parlate con quel fare… >>
Ma Andrew non mi ascolta e continua a parlare.
<< Da quel lato c’è Orlando Bloom. Dal vivo è molto più carino.. >>
<< La smetti di comportarti come una tredicenne? >>
Gli dico, trattenendo una risatina, dandogli un buffetto sul braccio.
<< E quello laggiù circondato da un gruppetto di persone, sembrerebbe essere… Ian Somerholder. >>  
Il sorriso mi muore sulle labbra.
Lo stomaco mi si contorce all’improvviso togliendomi il fiato.
 Lascio che il suo nome porti a galla una serie di ricordi e emozioni sopite da tempo. Lascio che lentamente questa sensazione di sorpresa e incredulità sparisca così com’è venuta. Mantengo lo sguardo fisso, cercando di non distoglierlo da una giovane attrice in nero.
<< Somerhalder. >>
Andrew non mi guarda mentre, automaticamente, gli correggo la pronuncia del cognome.
<< Pensavo non partecipasse ad eventi del genere… >>
Lo pensavo anch’io. Continua a parlare, ma io ho smesso di ascoltare. Giriamo la sala, e lo presento ad attori, giornalisti e produttori. Sembrano tutti entusiasti di conoscerlo, e io cerco di concentrarmi sul riflesso dei suoi capelli chiari così che il mio cuore torni a battere ad un ritmo normale. Ma prima che possa deciderlo, il mio sguardo si sposta nella direzione da lui poco prima indicata.
 E lo vedo.
Tra di noi ci sono una ventina di persone, forse di più, ma lo vedo.
Ian.
Per un secondo vorrei che si girasse, che incrociasse i miei occhi, come succede molte volte in quei vecchi film romantici. Ma il destino non sembra poi così disposto a esaudire questo mio capriccio. Per un secondo sento l’istinto di alzare l’orlo del vestito e correre.
Verso di lui, lontano da lui.
 Non ne ho idea.
Sta sorridendo e porgendo la mano a qualcuno. Qualche persona si sposta e riesco a vederlo del tutto. L’altro braccio è posato sul corpo di una donna. Una bellissima donna che stringe a se. Capelli ramati e fisico perfetto. Appariscente e elaborata quanto basta da farmi sentire quasi inadatta nel mio semplice vestito blu scuro, con i capelli mossi lasciati sciolti sulle spalle. Distolgo lo sguardo e intravedo delle tende svolazzanti dall’altro capo della sala. Una portafinestra aperta. E mi ricordo che non sono più una ragazzina alle prime armi. Mi scuso con Andy, impegnato a discutere dei nuovi film in produzione, e scivolo lentamente verso l’aria fresca. Mi porto una mano all’altezza dello stomaco, appena metto piede sulla terrazza, inspirando forte, avvicinandomi alla ringhiera. La luna brilla nel cielo scuro, riflettendosi sulla piscina poco sotto di me. Un sorriso ironico mi imperla le labbra, mentre mi rendo conto che sono letteralmente scappata, come se avessi realmente qualcosa da nascondere o da cui fuggire.
C’è solo il passato, dietro di me.
Il passato condiviso con Ian.
Il passato che mi ha resa la donna che sono.
Ripenso al nostro ultimo vero incontro, avvenuto più tre anni fa, poco dopo la fine, per me, di The Vampire Diaries. Sembra passato così tanto tempo, sembra passata una vita intera da quando ho lasciato il set e i panni della dolce e coraggiosa Elena Gilbert.
Ripenso al modo in cui ci siamo salutati, alle parole di perdono, di resa, di rispetto che ci siamo scambiati, augurandoci il meglio, sapendo perfettamente che niente sarebbe più tornato come prima, che il dolore, il risentimento, il senso di perdita e di fallimento, ci avrebbero accompagnato per gli anni a seguire.
E così è stato. Lasciata Atlanta sembrava che tutto si fosse sgretolato dietro di noi. Ho liberato il mio appartamento, ho preso le mie cose, e non mi sono più guardata indietro. Sono volata definitivamente a LA, in mezzo al caos di Hollywood, tra le mie amiche di sempre.
Ho messo un punto definitivo e ho voltato pagina. Finalmente libera da un ruolo che mi aveva dato così tanto, libera di poter essere chi volevo, libera di poter accettare qualsiasi lavoro mi venisse offerto.
Ma Il mio passato mi ha sempre inseguita. Sono andata a tutte le feste di rimpatriata, e più di tre volte l’anno mi ritrovavo tra i miei vecchi colleghi, impegnati a portare avanti le loro vite al meglio. C’erano le solite lacrime di commozione, i soliti abbracci che toglievano il fiato,  qualche domanda buttata lì, e il nome di Ian sempre presente. C’erano gli aneddoti, le chiacchiere, e i sorrisi orgogliosi quando si parlava di lui, le smorfie di fastidio che accompagnavano altri, del suo lavoro da filantropo, del suo santuario che tutti avevano visitato, dei suo discorsi al congresso sempre più frequenti, ma mai lui in carne e ossa a ridere con noi.
 E tutti si chiedevano quale paese stesse salvando, o per quale specie animale stesse lottando in quel momento. Lui che sembrava sempre una spanna sopra tutti noi. E poi gli occhi  si posavano su di me, come se io potessi saperne più di loro, quando in realtà era il contrario. Certo, c’erano stati i messaggi di congratulazione e auguri annuali, qualche telefonata con sua madre e la sua famiglia ogni tanto, ma niente di più. Nessuno dei due voleva qualcosa di più.
<< Tesoro, va tutto bene? >>
La voce di Andrew mi richiama al presente. E’ accanto alla portafinestra, con un braccio teso a mantenere la tenda spessa aperta. Mi avvicino a lui e gli accarezzo il braccio in un gesto familiare.
<< Si. Avevo solo bisogno di prendere aria. Possiamo rientrare. >>
Alza la mano per sfiorarmi il viso con il palmo.
<< Sei sicura? Posso riaccompagnarti se vuoi.. >>
I suoi occhi sono sinceri, non lo dice giusto per fare scena o per accontentarmi. Ed è per questo che decido di restare.
<< Oh no, dobbiamo ancora contrattare con questi vecchi signori per il tuo brillante futuro. Noi canadesi dobbiamo farci sentire! >>
Scoppia a ridere e mi avvolge la vita stringendomi.
Rientriamo nella sala, e ho ancora gli occhi fissi su di lui quando mi accorgo, appena giro il viso, che Ian è a pochi passi da noi.
Sta camminando nella nostra direzione, da solo.
E ci vuole un attimo.
Un secondo.
Il tempo di un battito di ciglia.
 E i nostri occhi si incrociano.
Avevo quasi dimenticato il loro autentico colore.
Più scuri del ghiaccio, più chiari del mare.
Pensavo di averli dimenticati.
Pensavo di averli rimossi dai miei ricordi.
Dai miei sogni.
Dalla mia vita.
Cazzate. Tutte cazzate.
Piccoli pensieri incompiuti si scontrano nella mia mente, uno dopo l’altro, velocemente.
Ian.    
Sei proprio tu.
Sei proprio qui davanti a me.
Perché mi sembra così strano?
Sbagliato. Giusto.
Come stai?
Chi è quella donna che stringevi con così poca convinzione?
 Perché le pagine di gossip non parlano più della tua vita sentimentale?
Dannazione Ian, possibile che gli anni ti abbiano solo sfiorato e reso più affascinante? Quasi mi fai sentire ancora come quella ragazzina imbarazzata che ti guardava da lontano, che cercava di farsi strada nella tua vita, non capendo che c’era già totalmente dentro.
Me la scrollo di dosso, ancora oggi, quella ragazza.
Ogni mattina mi guardo allo specchio e sono felice di non vederla.
Tre anni, Ian. Tre anni di vuoti, di silenzi, di messaggi scambiati per cortesia.
No, non provarci.
Distoglilo, quello sguardo.
Toglimi quell’azzurro di dosso.
Io non riesco a farlo.
Sei bravo, Ian. So che lo sei. So come fai capitolare chiunque ti sia vicino. Quegli occhi sono il tuo più grande punto di forza, e il tuo più grande difetto. E mi hanno ferita più di qualsiasi altra cosa al mondo.
Più si ama, più si odia. Quante volte ho sentito questo concetto. Quante volte l’ho provato sulla mia pelle. Ti odiavo di quell’odio grande che nasce solo da un grande amore. Difficile da sopprimere. Quasi impossibile da dimenticare.
Ma ci sono riuscita, Ian. Ti ho dimenticato. Ho chiuso in una scatola tutte le tue cose, ho messo i tuoi anelli in fondo ad un cassetto, e sono andata avanti. E non importa quante volte incrocerò il tuo sguardo, sono sicura della mia scelta.
 

POV. Ian

L’ho vista nel momento esatto in cui ho messo il piede in questa grande sala.
Era accanto alla porta che da sul corridoio centrale, stretta tra le braccia di un giovane uomo con i capelli chiari. Fasciata in un vestito blu, con i capelli scuri mossi sciolti sulle spalle nude. L’ho tenuta d’occhio, senza riuscire a distogliere lo sguardo.
Il suo, invece, era sempre puntato altrove.
Quasi a volermi evitare di proposito.
 Proprio come ho cercato di evitarla io in questi anni.
Alla fine si è incamminata velocemente verso la grande finestra, scomparendo dalla mia visuale. Per un secondo sono stato quasi tentato nel raggiungerla, per ritrovarmi davanti a lei, per incrociare di nuovo i nostri occhi, per vedere la sua reazione. Ma poi mi sono ricordato di Kate stretta al mio corpo.
Mi sono ricordato della nostra relazione che ormai va avanti da più di sei mesi.
E mi sono ricordato che Nina, e tutto l’amore che provavo per lei, sono una storia vecchia di anni. E’ strano. Si passa tanto tempo a cercare di dimenticare qualcosa e qualcuno, tanto tempo per eliminarla realmente dalla mia vita, e poi basta un solo attimo… Uno solo.
Ed ora eccomi qui, davanti a lei. Quasi non degno di un’occhiata l’uomo che la stringe così saldamente. E’ visibilmente imbarazzata, quasi colta da un disagio profondo. E penso che non dovrebbe andare in questo modo. Ci dovrebbero essere baci e abbracci. Chiacchiere di convenienza. Al massimo una battuta maliziosa. Ma niente di tutto questo succede.
E il tempo scorre, e noi continuiamo a guardarci.
Come sospesi in uno spazio fuori dal mondo.
Dio Nina, sei così bella. Così donna. Così cresciuta. I trent’anni ti donano come non mai. Ma so che da qualche parte, dietro quello sguardo deciso che mi rivolgi, c’è  ancora la ragazzina di cui mi sono innamorato tanto tempo fa. Quanto è passato dal nostro primo incontro? Nove, dieci anni? Forse di più. Non lo ricordo. Non sono mai stato bravo a calcolare il tempo che passavamo insieme. Ancora meno bravo a calcolare quello che non passavamo insieme. Come se i margini si confondessero continuamente.
Ho visto tutti i tuoi film. Ho sentito quell’orgoglio familiare che mi hai sempre fatto provare mentre ti guardavo sul set. E si, sono così orgoglioso di te. Quante volte ti ho detto che saresti arrivata in cima? Ed ora eccoti qui. E non posso evitare di chiedermi se, accanto a me, ce l’avresti fatta.
Lui ti stringe ancora.
E lo capisco.
Anche io ti stringevo in quel modo.
Quando hai qualcosa di così prezioso tra le braccia, cerchi solo di non lasciarlo scappare via. Ti ci aggrappi con tutte le forze. Ma tu mi sei scivolata tra le dita, come sabbia fine. Non sono riuscito a fare niente per impedirlo, e sono rimasto solo con qualche granello solitario attaccato ai palmi delle mani. E non mi bastava. Volevo di più. Volevo tutto.
Ma dovevo fare di più, Nina. Me ne rendo conto in questo momento esatto, mentre un rimpianto pungente mi prende lo stomaco. Dovevo lottare, dovevo rinunciare ai miei progetti, dovevo stringere i pugni. Dovevo volere solo te, e non tutto il resto. Ma si sa, gli uomini vogliono sempre più di quello che possono avere. Sono stato egoista e a volte senza cuore. Ti ho ferita e mi sono ferito consapevolmente. E ora non posso fare a meno di chiedermi come sarebbe andata. Pensavo che avresti ceduto. Pensavo che saresti tornata da me. Pensavo che le cose si sarebbero sistemate. Ma non è successo. E a quel punto sono andato via. Ho smesso di combattere e mi sono lasciato trascinare da una relazione più facile. E più ti guardo, più vedo realmente cosa sei diventata, più penso che forse sia stato meglio così.
Sfodero uno dei miei sorrisi migliori, di convenienza.
La magia di dissolve.
<< Nina, è un piacere rivederti. >>
Le prime parole di cortesia che mi vengono in mente. Le più vere. Le più false. Annuisce e sorride anche lei.
<< Saranno passati quanti… tre anni? >>
Cinque.
Finge di non sapere, finge di non ricordare.
<< Si, più o meno. >>
E io le mantengo il gioco. Sorride ancora di più. Si riscuote all’improvviso, come si fosse ricordata al volo del suo accompagnatore.
<< Lui è Andrew Roland. Andrew, Ian Somerhalder. >>
Andrew mi porge la mano che stringo, questa volta guardandolo negli occhi. Mi sorride calorosamente, con sincerità. E mi sorprende.
<<  Il famoso filantropo. Ho letto di tutto sul progetto del tuo santuario. E’ meraviglioso. Complimenti. Ho saputo che prenderete anche qualche esemplare più raro, è vero? >>
<< Grazie mille… Oh si, stiamo cercando di fare il possibile. Speriamo che vada tutto per il meglio. >>
Ci sono altri sorrisi. Parole dette a vuoto. Domande sulle rispettive vite. Qualche commento buttato al volo sulle persone nella sala. Altri sorrisi di cortesia. Ad un certo punto Horald Blake richiama da lontano Andrew, gesticolando di raggiungerlo. Lui lancia un’occhiata a Nina, e dopo il suo cenno, mi saluta, le piazza un bacio sulla guancia e si allontana. Solo in questo momento lei si degna di incrociare ancora i miei occhi, la sua maschera di finta cortesia cade, proprio come la mia. Sorprendentemente le sue mani non sono strette a torturarsi le dita. Sembra piuttosto tranquilla. Sto per dire qualcosa, ma questa volta è Kate a farmi un cenno da lontano, con espressione corrucciata. Vuole che la raggiunga. Nina si volta seguendo il mio sguardo, e sorride.
 
POV. Nina.

Seguo i suoi occhi, e noto quella donna fargli cenno di raggiungerlo. Sorrido, imbarazzata. Ian incrocia di il suo sguardo con il mio.
Sembra indeciso.
Sul punto di volermi parlare.
<< Penso che dovresti andare da lei. >>
Dico all’improvviso.
Per fermarlo.
Per fermarmi dal provare qualcosa di totalmente sbagliato.  Il suo sorriso si spegne. Inclina leggermente la testa di lato.
<< Si, dovrei. E’ stato un piacere vederti. Spero che tu stia bene. >>
Sorrido ancora.
<< Si, sto bene. >> 
Annuisce e mi supera velocemente, senza troppe cerimonie. Non mi volto a guardarlo. Non lo seguo con gli occhi. Mi giro nella direzione opposta, per rendermi conto di dove sia finito Andrew. Ma prima che possa anche solo fare un passo in avanti, una mano mi sfiora il braccio, stringendolo piano. Un brivido mi scende lungo la schiena. Non ho bisogno di voltare la testa, ma lo faccio ugualmente. Il viso di Ian è piegato in avanti, poco distante dalla mia spalla. Sento il suo profumo familiare solleticarmi il viso.
<< Non te ne stavi andando? >>
Muri che crollano, vecchie confidenze che ritornano. Mi rendo conto che il mio tono risulta soffocato e infastidito.
<< Voglio parlarti. In privato. >>
Abbasso lo sguardo sulla sua mano stretta intorno al mio polso. Guardo Andrew dall’altro lato del corridoio. Non è una domanda, non è una richiesta, ma lo dice con un tono carico di aspettative.
<< Adesso? Mi sembra che ci siamo detti tutto quello che dovevamo. >>
Le sue dita scendono ancora di più, sfiorando le mie.
<< Tutto quello che dovevamo, hai ragione. Ma io voglio parlare con te. >>
Sto per rispondergli che non è il caso, che ho un uomo che mi aspetta, che ha una ragazza che ci sta fissando con curiosità, ma non me da il tempo.
<< Non adesso. Capisco che la situazione è... complicata. Resto in città fino a giovedì, poi devo tornare a New York.  Vieni a pranzo con me, domani. Niente di più semplice.  >>
Resto interdetta per qualche secondo, indecisa sul da farsi. Penso a dieci scuse diverse per rifiutare. Penso a dieci motivi diversi per cui vorrei accettare. La sua mano scivola via dalla mia, e mi sorride.
<< Un pranzo in nome dei vecchi tempi. >>
Ed è il suo sorriso peggiore. Sghembo, con le rughe accentuate intorno agli angoli della bocca. Quel tipo di sorriso per cui sarei andata in capo al mondo. Annuisco piano. Quasi voglio risparmiare le parole per domani. Annuisce anche lui, sorridendo ancora di più. Forse non si aspettava una risposta positiva.
<< Ti mando un messaggio… per il posto e l’ora. >>
Si abbassa di nuovo verso di me, senza sfiorarmi.
<< A domani.. >>
Ripeto le sue parole, mi lancia un ultimo sguardo azzurro, e sparisce tra la folla mentre cerco di controllare il battito del mio cuore.
 
La mattina dopo non tarda nel farsi sentire.
 Il cellulare squilla insistentemente e il messaggio finisce dritto in un mucchio di altri non letti. Solo due frasi, il nome del locale in cui dobbiamo incontrarci e l’orario stabilito. Mentre mi preparo, mi vesto, e mi riguardo allo specchio, penso a quanto tutto questo sia irreale. Come se fossi stata catapultata in un sogno che sa di passato, di sorrisi stanchi alle quattro del mattino, di cioccolato e sangue finto, odore di legno appena tagliato, di ecopelle nera, e tanta nostalgia.
<< Tesoro, hai visto la mia camicia grigia? Mi sa che.. ah no, eccola qui! >>
Andrew esce dal piccolo bagno di servizio buttandomi addosso tutta la realtà in cui vivo, con i capelli ancora umidi di doccia spiaccicati ai lati del viso. Gli lancio un asciugamano scuro prima che me lo chieda e inizia a frizionarsi le ciocche bagnate. Si muove velocemente per la casa, agguantando cellulare e occhiali, infilandosi le scarpe velocemente.
<< Sono in ritardo, accidenti. Tu sei sul set oggi? Ci vediamo stasera a cena? >>
Mi si avvicina posandomi una mano sulla spalla. Mi da un bacio leggero sulla guancia.
<< Si, certo. >>
Verità mascherata.
<< Perfetto, ti chiamo più tardi. Sei bellissima stamattina, molto più del solito. Ti amo. >>
Non aspetta risposta, e mi limito a fargli un cenno con la mano mentre si richiude la porta alle spalle. Sistemo il colletto della camicetta rossa sbracciata, infilando l’orlo nei jeans stretti. Calzo i soliti stivaletti quasi consumati, mi sistemo i capelli e afferro la borsa, gli occhiali, e sono fuori.
Los Angeles è una città piena. Piena di vita, di spettacolo, di musica, di possibilità. Non caotica e opprimente come New York e nemmeno familiare come Atlanta. E’ quel tipo di città che riesce a darti tutto e niente. Una città che sa di svago e divertimento, di lavoro e passione. Una volta lessi che tutte le più grandi star del cinema, della musica e della moda sono passate per queste strade lasciando quel tocco di magia, ognuno di loro ha lasciato un pizzico del proprio talento, che alla fine ha impregnato ogni angolo di questo posto. Salgo al volo su un taxi azzurro e giallo. La strada scorre lenta, causa traffico, sotto i miei occhi. Dovrei essere nervosa, preoccupata, ansiosa? Cosa si dovrebbe provare quando si accetta un invito del genere?  Inspiro profondamente cercando di far scemare la tensione. L’autista accosta accanto al locale dell’appuntamento. E’ piccolo, discreto e appartato, con le vetrate scure. Il genere di posto che si usa per situazioni in cui non si vuole essere disturbati dai paparazzi indiscreti. Pago il tassista e scendo dall’auto guardandomi intorno. Nessuna macchina familiare in giro, solo qualche passante con il viso incollato allo schermo del cellulare.  Mi avvicino alla porta bianca che si apre con uno scatto, mi guardo intorno per qualche attimo,  una cameriera mi viene incontro cautamente e mi chiede se preferisco accomodarmi ad un tavolo al piano di sopra o a quello di sotto, ma prima che possa rispondere sento la porta aprirsi alle mie spalle. Volto appena la testa per notare Ian che entra con un sorriso compiaciuto e familiare che mi scalda immediatamente il petto.
<< Appena in tempo a quanto vedo. Al piano di sopra per favore. >>
Non faccio nemmeno in tempo a realizzare, e la sua mano è dietro la mia schiena, che mi sospinge in avanti per seguire la cameriera. Attraversiamo il piccolo locale, c’è qualche coppietta seduta ai tavoli intenta a parlare sotto voce. Vedo qualche faccia familiare ma sono fin troppo nel pallone per prestare attenzione. Saliamo una scala a chiocciola, e entriamo in una sala piena di vetrate, che affacciano su LA. La cameriera ci indica un tavolo a due posti proprio accanto a una di esse, in un angolo molto appartato. Avanzo più velocemente staccandomi dalla mano di Ian ancora sulla mia schiena.
<< Grazie mille. >>
Dice alla ragazza, mentre io mi sto già accomodando con le spalle contro il muro. Scruto fuori dalla finestra, sentendomi completamente esposta. La luce del sole illumina tutta la stanza, e quasi sembra che tutti gli occhi di LA siano puntati su di me.
<< Vetri oscurati riflettenti. Tu vedi tutto, gli altri non vedono nulla. >>
Quasi prendo un respiro profondo prima di volgere lo sguardo verso di lui. Si è seduto, la cameriera è andata via, ha un gomito poggiato sul tavolo, uno dei soliti cappelli calato sulla testa, t-shirt e giacca di pelle. Ad un primo sguardo non sembra invecchiato di un giorno. Mi sorride e io ricambio, mentre lentamente la tensione scivola via.  
Continuiamo a guardarci per qualche secondo. Sento gli zigomi infiammarsi e ringrazio la mia carnagione più scura della media molto utile in questo momento. Le sue guance, invece, sono tipicamente colorate di un rosa acceso e spiccano sull’incarnato pallido, accentuando l’azzurro degli occhi.
<< Allora… Come stai? >>
Dice alla fine, interrompendo le mie osservazioni mentali. 
<< Bene. Io, sai… si davvero bene. >>
I suoi occhi continuano a scrutarmi intensamente, come se dovessero compensare le mie parole mancate.  Mi passo una mano tra i capelli, scostandoli dietro la schiena.
<< Ti sei già pentita? >>
Mi chiede all’improvviso, senza un minimo d’esitazione nella voce.
<< Di cosa? >>
Gli chiedo, anche se so perfettamente a cosa si riferisce.
<< Di questo. Noi due a pranzo insieme dopo anni di… >>
Lascia cadere la frase e distoglie lo sguardo. Trattiene un sorriso ironico.
<< Non voglio ancora scappare via, se è questo che intendi. >>
Gli dico tranquillamente cercando di smorzare la tensione. Ma questa resta, la sento addosso. Nell’aria.
Torna a guardarmi. Mare e cielo insieme. 
<< Allora… Raccontami. >>
Si sistema con le spalle contro lo schienale della sedia, un gomito poggiato mollemente sul tavolo. Ed è quella semplice parola ‘raccontami’ detta con così tanta naturalezza, proprio come faceva quando vivevamo insieme, all’inizio, a farmi capitolare del tutto.
Così inizio a parlare. Anche per colmare questo spazio che ci divide. Gli racconto della mia vita senza di lui, di questi anni passati a fare di tutto, alle persone conosciute, i film girati. La tensione si smorza, ci rilassiamo entrambi. Ridacchia alle mie battute, scoppio a ridere ai i suoi commenti. Il tempo passa così velocemente, i nostri piatti vengono serviti. Addento il mio hamburger mentre mi racconta del sul ultimo viaggio in Australia. Ruba le patatine dal mio piatto e sorride. Sorride fino a farmi stringere lo stomaco.
E quando la sua mano sfiora per caso la mia, all’improvviso, qualcosa cambia. Un brivido di calore mi scende nello stomaco, mentre fisso le sue dita lunghe e affusolate proprio accanto alle mie.
E inevitabilmente, come una valanga, il senso di colpa.
Realizzare di star facendo qualcosa di completamente sbagliato.
Non posso sentirmi così. Non con lui.
Non adesso.
Non più.
Mai più.
Tiro via velocemente la mano, come scottata dal fuoco.  

POV. Ian

Un secondo prima stiamo ridendo tranquilli, e il secondo dopo tira via la mano come se il solo pensiero di averla accanto alla mia la spaventasse, o peggio.
Ha sentito anche lei quel brivido che mi ha percorso la schiena?
E’ questo il problema?
Abbasso lo sguardo e faccio finta di nulla.
Trattengo un sorriso tirato ricordando in quale situazione precaria e gelida ci siamo lasciati anni fa.
Nervosamente si sposta sulla sedia, si passa una mano tra i capelli lasciandoli ricadere al lato del visto. Quasi come una barriera, un modo per proteggersi.
Da me.
Stringo le dita. Le lascio qualche secondo per cambiare espressione. Ma quando torno a guardarla, noto che non è cambiata.
Sembra concentrata, quasi dolorante. Come se avesse ricevuto uno pugno nello stomaco. Mentalmente passo in rassegna tutti gli argomenti che abbiamo trattato, cerco un particolare, qualcosa a cui aggrapparmi.
E lo trovo.
<< Non mi hai detto come hai conosciuto Andrew. >>
Effetto desiderato.
Sembra rilassarsi, ma allo stesso tempo irrigidirsi, al suono di quel nome.
Distende le labbra in un sorriso molto dolce. E quasi sento le punte della gelosia pizzicarmi la pancia.
<< Ad una partita di football.. >>
Resto in silenzio per farla continuare.
<< Più di un anno fa, per le semifinali. Ero seduta nella parte più bassa degli spalti con Ericka e le altre, quando questo tipo alto e biondo, inciampa proprio a due passi da me. Si porta dietro l’amico, e le loro birre. Un disastro. >>
Ridacchia ripensando a quel momento.
<< Lo conoscevo di vista… Ci siamo incontrati a qualche party, ma non gli avevo mai prestato particolare attenzione. Quando mi è volato addosso, ho dovuto per forza farlo. >>
Sorrido.
<< Sembra uno scherzo del destino. >>
Inclina leggermente la testa di lato, scuotendola piano.
<< Tu non hai mai creduto nel destino. >>
<< Magari adesso ci credo. Le persone cambiano, Nina. >>
<< E si dimenticano di dirlo agli altri… Giusto? >>
Colpito e affondato.
Trattiene un sorrisetto ironico.
Abbasso la testa imitando la sua espressione.
<< Si, di solito funziona così. >>
Ci guardiamo per qualche altro momento, un po’ imbarazzati, senza sapere cos’altro aggiungere. Lei volta la testa verso le vetrate, osserva il sole lievemente abbassato. E’ il suono del mio cellulare a salvarci dal silenzio. Lo prendo al volo dalla tasta dei pantaloni e osservo per qualche secondo lo schermo, prima di rifiutare chiamata. Nina nel frattempo ha cambiato posizione. Ha il viso poggiato sulla mano chiusa, sistemata sotto il mento. Leggermente inclinata in avanti
<< La rossa dell’altra sera? >>
Mi chiede, con tono divertito.
Alzo lo sguardo e annuisco colpevole.
<< Kate. >>
Aspetta che continui, che aggiunga qualsiasi cosa.
<< Nessun incontro del destino, per noi. Lavora per un’associazione contro lo sfruttamento delle balene bianche. >>
Si porta una mano alla bocca e trattiene una risatina soffocata.
<< Cosa c’è di così divertente?
Scuote la mano a mezz’aria.
<< Diciamo che mi aspettavo una risposta del genere. >>
<< Stai forse insinuando qualcosa Looch? >>
Impercettibilmente noto il suo sguardo cambiare al suono del nomignolo.
<< Assolutamente no. >>
<< Sai noi uomini di mezz’età divorziati non possiamo aspettare la prima bionda che ci cade addosso ad una partita. >> 
<< Forse il tuo problema è sempre stato questo. Non hai mai voluto aspettare. >>
Nell’esatto momento in cui la frase inizia ad aleggiare intorno a noi, portando a galla una serie di discussioni, parole e momenti tremendi, per la prima volta penso che è stato un grande errore invitarla.                                               Non per quello che ha detto, ma per non dover ammettere che ha ragione.
Sembra imbarazzata, distoglie lo sguardo.
<< Scusa… Non.. non intendevo dire niente che.. >> 
<< Ehi rilassati. E’ tutto ok. Sappiamo entrambi che hai ragione, anche se mi costa ammetterlo. >> 
Distolgo lo sguardo ripensando alla fine del mio matrimonio con Nikki.
<< Vuoi.. parlarne? >>
Mi dice con occhi sinceri, e quasi scoppio a ridere per l’assurdità della situazione. 
<< Non c’è molto da dire, Nina. Un matrimonio può essere meraviglioso quando c’è l’affetto, la comprensione, lo stesso stile di vita, gli stessi pensieri. Ho sempre pensato che sarebbe stato grandioso fino alla fine, che tutto questo sarebbe bastato…semplicemente mi sbagliavo. Ci sbagliavamo entrambi. >> 
<< Cosa ti mancava? >>
La domanda le esce spontaneamente, senza preavvisi.
Sciocco pensare ‘niente, ma tutto’.
Ancora più sciocco dire ‘quello che avevamo noi’.
Ma è questa, la verità.
Con Nikki mi mancava tutto il resto. La passione, la confusione, il senso di appartenenza, quel volersi a tutti i costi, la quotidianità, la vitalità di un rapporto vero che continuasse a scorrere con vite diverse ma parallele. Qualcosa di così intenso che è difficile spiegare, figuriamo ottenere.
<< Manca sempre qualcosa, Looch. Il punto è che poche volte sappiamo cosa. >>  
Distoglie gli occhi dai miei, sorride esitante.  
Guarda distrattamente l’orologio al polso.
<< Ecco, questo è il momento in cui decidi di voler scappare. >>
Ma l’unica cosa che si lascia scappare, è una risata leggera. Leggermente nervosa.
<< No, stavo riflettendo e penso che tu abbia ragione. Voglio dire… Nessuno sa realmente cosa vuole, di cosa ha bisogno, per essere totalmente appagato. Ma la felicità non è una cosa che si raggiunge o si ottiene. Possiamo solo godercela quando arriva. >> 
<< Tipo adesso? >> 
<< Esatto, proprio come adesso. >> 

POV. Ian. 
Agosto 2019. 

Le sono troppo vicino.
Ho superato quel confine invisibile che ci siamo posti tanto tempo fa, e che rimarchiamo da cinque mesi.
Quando tutto è finito. Quando tutto è tornato a galla.
Sento il suo profumo familiare e non riesco a pensare ad altro.
Perché le ho chiesto di vederci ancora?
Perché non ha rifiutato?
Sono tornato apposta da NY pur di rivederla. Sono finito, di nuovo, dopo anni sui tabloid, il mio agente è furioso perché non l’ho avvisato.
Cosa avrei dovuto dirgli?
‘Ehi Mike, io e Nina Dobrev – si quella Nina – ci vediamo di tanto in tanto. Usciamo insieme. Passeggiamo, parliamo, ridiamo. Ma non ci tocchiamo. Mai.’  
Fino ad adesso, almeno.
E perché diavolo sembra che qualcuno mi stia lentamente spingendo verso la sua bocca?
Nina. Nina. Nina.
Un pensiero fisso, martellante. Come una cantilena, o una ninnananna ascoltata all’infinito che non riesci a toglierti dalla mente. Un nome, un viso, un corpo, una serie di sensazioni che mi sono portato dietro per così tanto tempo. I ricordi impressi come fantasmi silenziosi, pronti a sbucare fuori ad ogni angolo. E la scelta di restare in quel mondo, in quel posto, dove ogni cosa mi riportava a lei, irrimediabilmente.
Non è mai andata via. Non dal mio cuore. Non per davvero.
Danno mentalmente la mia scarsa volontà.
La mia ingenuità nel pensare che tutto questo non sarebbe potuto, mai, ricapitare.
Assurdo. Impossibile.
Ma le mie mani scivolano lentamente sulle sue braccia.
E il suo sguardo, quasi potrebbe essere il mio.
Forse si sta interrogando allo stesso modo.
Si sta dannando, e mi sta maledicendo.
Come se questa consapevolezza opprimente non stesse prendendo solo me.
E non ho più tempo per pensare, ne per chiedere un permesso.
Mi tira di più verso di lei.
Le mie labbra toccano le sue.
E mi sento finito.
Finito, distrutto.                   
Ma poi le sue mani si posano sul mio collo, a cingermi la nuca. La sua bocca si apre sotto la mia. Sospira e posso giurare di sentire le sue ciglia bagnate sfiorarmi il viso.
Ed è un bacio dolce, lento, discreto, che sa di passato e presente.
Mi avvolge e mi lascia senza fiato.
Quasi trema sotto le mie mani, mentre queste scivolano dal suo viso al suo collo, sulle sue spalle, sui suoi fianchi, stringendola ancora di più a me.
Mi sfiora con le dita, si tira indietro, scioglie le nostre labbra per guardarmi.
Non mi chiede cosa stiamo facendo.
Lo sappiamo entrambi. L’abbiamo saputo fin dal primo momento in cui ci siamo rivisti. 

POV Nina. 

Volevo essere coraggiosa come Elena.
Inizialmente aveva paura dei suoi sentimenti per Damon, ma quando li ha compresi e accettati, non si è più tirata indietro.
Tu vuoi un amore che ti consumi.
E non è quello che vogliamo tutte?
E io lo avevo. Lo avevo davvero.
Più di una volta mi sono chiesta se mai sarei riuscita ad uscirne davvero. Se mai sarei riuscita ad innamorarmi di qualcun altro con la stessa intensità, la stessa passione, lo stesso sconfinato desiderio, la stessa fedeltà.
Sarei andata in capo al mondo per lui.
Mi stavo annientando con le mie stesse mani, senza che lui lo chiedesse.
Stavo diventando parte di lui, e quando me ne son resa conto, quando ho capito che mancava così poco e poi avrei superato quel confine, mi sono tirata indietro.
Forse nel peggior modo possibile. Ma mi sono salvata.
Mi sono salvata perché quella decisione ha contrastato tante altre che avrei preso solo in funzione al suo volere, e non al mio.
In funzione ad una vita dedicata prima a lui e poi a me stessa.
Ma adesso, mentre resto fissa a guardare i suoi occhi che lentamente si fanno sempre più vicini, mentre sento il suo profumo mischiarsi al mio, non voglio essere salvata.
Le sue mani si stringono sul mio viso, e sono così familiari da farmi male.
E non riesco ad aspettare un secondo di più, lo tiro verso di me, e lascio che le mie labbra incontrino le sue. Inizialmente sembra restio, come se questo pensiero l’avesse sfiorato ma non compreso davvero. Ma l’attimo dopo le sue mani sono sul mio collo, le sue labbra cercano e pretendono le mie, e lo sento sorridere e respirare  forte, come se avesse ripreso a farlo, per davvero,  solo in questo momento.  
E capisco che non è mai stata questione di richieste o permessi.
Di domande o di risposte.  
Come puoi chiedermi di appartenerti?
Sono già tua.
Posso quasi sentirla urlare nel mio cuore.
E se per tutto questo tempo, questo sentimento era solo una flebile fiammella dimenticata da qualche parte dentro di me, sempre accesa ma debole e silenziosa, adesso è un fuoco che brucia divampando, che si estende nel mio stomaco, bruciandomi il petto.  
Fino a consumarmi. 


POV. Ian. 

Ottobre 2019. 

<< Non chiedermi nulla. Non so cosa..  >> 
Nina si passa le mani tra i capelli, ha il viso arrossato, la fronte corrugata. 
<< Cosa vuoi, Nina? >> 
Alza lo sguardo ferita, arrabbiata. 
Si alza di scatto, ma prima che possa solo fare un passo l’afferro per il braccio. 
<< Cosa? Te ne sei pentita? >> 
Mi spinge via, con forza, decisione. 
<< Come puoi chiedermi una cosa del genere? Avevamo deciso… Stabilito. Niente domande, niente commenti. Una notte resta una notte. >> 
Una notte che abbiamo ripetuto, di nuovo, ancora e ancora nelle nostre menti. Una notte che è rimasta impressa sotto la pelle, incastrata dietro il cuore. Presente, pulsante, viva. Non comre un ricordo da dimenticare, ma come qualcosa da cui ripartire. 
<< Sappiamo entrambi che non è stata solo una notte. Non dirmi che non lo rifaresti, non dirmi che non hai pensato ad altro. Non mentirmi. >> 
Si allontana di nuovo. Le mani strette. 
<< Mi ha chiesto di sposarlo, Ian. >> 
E tutto finisce. 

POV. Nina. 
Novembre 2019. 

<< Ti ricordi cosa mi hai detto la mattina dopo la nostra prima notte insieme? >>
Il verde degli occhi di Andrew è accentuato dal bianco della camicia. Resto in silenzio perché capisco che vuole continuare il discorso.
<< Hai usato delle parole che non dimenticherò mai, la luce del sole ti illuminava il viso, avevi i capelli in disordine, una sigaretta tra le labbra, e dicesti senza esitazione ‘non sarai la mia vita, ma se vuoi, vorrei che tu ne facessi parte’.  Furono quelle a farmi capire che saresti potuta essere la ragazza giusta per me. Ma in quelle parole colsi il dolore che si nasconde solo dietro un grande amore finito male. Un amore che continui ancora oggi a rimpiangere. >>  
Cerco di controbattere, ma non me ne da il tempo.
<< No, aspetta. Fammi finire. Ho sempre saputo che c’era qualcosa in te, qualcosa che non sarei mai riuscito a comprendere, qualcosa che mi avresti sempre tenuto nascosto. E ci pensavo quando all’improvviso ti chiudevi in te stessa, quando ammutolivi all’improvviso con lo sguardo perso nel vuoto. In quei momenti sembravi allontanarti da tutto e tutti. Oggi ho finalmente capito. Ho capito cosa stavi cercando di reprimere e nascondere. La parte che lui ama. Non ti ho mai vista in quel modo, imbarazzata, insicura, quasi timorosa di guardarlo. Non sei mai stata così, con me. >>
Abbasso lo sguardo e trattengo le lacrime, prendo fiato.
<< Non avevo bisogno di essere così con te. Non volevo esserlo. Non volevo più essere quella ragazza. >>  
Mi accarezza il viso con la punta delle dita.
<< Ma lo sei, Nina. Sei anche quella ragazza. E purtroppo non mi hai mai dato la possibilità di conoscerla. E potrà sembrarti che io stia rinunciando a te facilmente… Ma credimi, non è così.  Ma riconosco una partita quando questa è persa in partenza. Tutto questo va avanti da troppo tempo. Da quella sera. Da quando l’hai rivisto.  >>
Mi guarda ancora, prima di posare le sue labbra sulla mia fronte. Stringo ancora di più le sue mani, e mi rendo conto che è facile lasciarle andare. Non dovrebbe andare in questo modo.
<< Mi dispiace.. >>
Sussurro tra le labbra.
<< Dispiace di più a me, credimi. >>
Si avvia verso la porta, lasciandomi seduta sul letto con un senso di colpa che mi lacera lo stomaco. Si appoggia allo stipite e si gira un’ultima volta.
<< Posso sapere come ti ha chiamata? Ha usato un nomignolo strano, non penso di aver sentito bene. Mi sembrava familiare... >>
Ha le sopracciglia aggrottate per la curiosità. Mi passo una mano sotto gli occhi per asciugare una lacrima.
<< Looch. Mi ha chiamata Looch. >>
Sposta lo sguardo e accenna un sorriso.
<< Dovevo immaginarlo.. >>
Adesso sono io quella con le sopracciglia aggrottate. Fa un gesto con la mano, come per scacciare via una mosca. E poi indica una vecchia copertina in cui ho posato per Comopolitan appesa alla parete.
<< Era scritto in quell’intervista. Quando me la facesti leggere e cercai di pronunciarlo ti irrigidisti e dicesti che nessuno più ti chiamava in quel modo… Nessuno tranne uno, a quanto sembra. >>
Non mi da il tempo di replicare, e forse è meglio così. Fa un piccolo cenno di saluto, e pochi istanti dopo sento la porta di casa chiudersi con uno scatto. 


POV. Ian. 

Agosto 2024

<< Mamma! Mamma! >>
Mia figlia corre spedita per il salotto, saltando sulla sua poltroncina accanto al divano, con la macchinetta fotografica stretta in mano.
<< Mammaaaa? >>
Si gira verso di me con lo sguardo interrogativo.
<< Dov’è la mamma? >>
Le indico il piano di sopra.
<< Penso che sia nel suo studio tesoro, magari ha le cuffie e non ti sente. >>
<< E io penso… che sia davvero difficile non sentirla. >>
La sua voce ci fa girare entrambi. Scende le scale lentamente. Un maglioncino leggero le copre parte delle gambe e i pantaloncini corti. E’ a piedi nudi, con i capelli color rame dorato acconciati in una crocchia alta. Il sole del pomeriggio le illumina il viso, le sopracciglia arcuate, la linea morbida del mento. La piccola le corre incontro spalancando le braccia.
<< Ahhh ecco la mia bimba. Ti sei divertita in spiaggia? >>
Madre e figlia si abbracciano forte, come se non si vedessero da giorni invece che da poche ore.
<< Si! Guarda, io e papà abbiamo trovato un nuovo pesciolino. Non sappiamo ancora come si chiama ma.. Lo scopriremo! >>
Resto incantato a fissarle, mentre mi lascio cadere sul divano. A fissare il modo in cui inclinano la testa e sorridono allo stesso modo arricciando il naso con la punta arrotondata. Le piccole manine di Evy tese verso quelle più grandi della madre, intenta a mostrarle le fotografie. E quando si voltano entrambe verso di me, ho un tuffo al cuore nel constatare ancora una volta che sono pressappoco identiche. Più mia figlia cresce, più acquista i tratti della madre. Lo stesso visetto rotondo, gli stessi zigomi alti, la stessa identica fronte squadrata.
La stessa fossetta sinistra sulla guancia quando sorridono.
L’unica differenza sta nel colore degli occhi, che ha preso da me insieme alla pelle chiara. E nei riccioli alla fine dei suoi capelli scuri.
Un piccolo capolavoro che parla, cammina, respira.
<< Ehi. Ti sei incantato? >>
La voce di lei mi riporta alla realtà. Ha il viso piegato verso di me, l’espressione tenera, impaziente.
<< Come posso non incantarmi? L’hai vista? >>
Alza gli occhi al cielo, sospira rassegnata.
<< Si, l’ho vista. Ogni giorno. Da quando è venuta al mondo. E anche prima, mentre sgambettava dentro di me. >>
Mi avvicino per baciarle la punta del naso.
<< Non sarai mica gelosa di nostra figlia, vero? >>
Sorrido prendendola in giro.
<< Diciamo che sono più gelosa del fatto che prima guardavi solo me in quel modo. Dovrò dividere la tua adorazione con lei. >>  
<< La mia adorazione per te ha superato anni, continenti, relazioni naufragate… di tutto. Penso che potrò cavarmela. >>  
Mi riserva uno dei suoi sorrisi più belli, di quelli veri, profondi, sinceri. Che mi scaldano il cuore e mi ricordano che tipo di uomo voglio essere.
<< Ho una notizia grandiosa da darti. >>
Mi lascio trascinare dal suo entusiasmo.
<< Dimmi tutto. >>
<< Guarda qui. >>  
Mi passa il cellulare aperto su una mail arrivata questa mattina.
 
“E’ fatta ragazzi.
E’ tutto sistemato. Dovete solo andare a prenderlo. Ho prenotato il volo, e preso tre biglietti. Partite lunedì. ” 

 
Mi giro di scatto, quasi salto dalla poltrona.
<< Stai scherzando? non dirmi che è uno scherzo! >>
<< Nessuno scherzo tesoro.. Partiamo lunedì. >>
Evy arriva correndo tra di noi.
<< Partiamo? Dove andiamo? >>
<< Torniamo in Thailandia.. >>
Il sorriso di mia figlia è la replica perfetta di quello della madre.
<< Thailandia… Andiamo da Roy? Andiamo a prendere il mio fratellino? >>
<< Si tesoro, andiamo a prendere Roy. >>  
La piccola batte le mani, saltella sul posto, ci gira intorno ridendo.
<< Il mio fratellino, il mio fratellino! >
Nina mi si avvicina, mi poggia delicatamente una mano sul petto.
<< Congratulazioni papà. Di nuovo. >>
Le bacio la fronte, i capelli.
<< Ti ho mai detto quanto ti amo? >>
<< Diverse volte, ma sentirlo non è mai abbastanza. >>
<< Ti amo >> 




POV. Nina. 

Novembre 2019. 

<< Mi dispiace, mi dispiace da morire. >>
<< Questo è il nostro momento Nina, o adesso, o mai più. Abbiamo affrontato troppo. Dobbiamo essere convinti di volerlo. E io voglio te, ho sempre voluto te. L’ho negato, ho cercato di dimenticarti, ho fatto di tutto. Ma niente ha funzionato. Ma voglio che tu lo voglia quanto me. E non m’importa come. Non importa se non vuoi avere un anello al dito, se vuoi continuare con la tua carriera. Se vuoi restare qui a LA. Verrò qui, mi trasferirò e ti resterò accanto per tutto il tempo necessario. Fino a quando non capirai che è quello che vuoi anche tu. Ho preso la scelta sbagliata anni fa, e non rifarò lo stesso errore. >>
Ha gli occhi lucidi, azzurri, intensi, proprio come il primo giorno in cui l’ho visto.
E proprio come il primo giorno, il mio cuore batte all’impazzata.
Ho di nuovo vent’anni, tutto sembra nuovo, tutto è identico ad allora.
E Ian, questo splendido, imperfetto, meraviglioso uomo, è di nuovo il mio Ian.  
Annuisco impercettibilmente.
<< Si, si. Solo… Si. >>
Mi guarda interdetto, confuso.
<< Si.. cosa? >>
<< Si, Ian. E’ il mio si. Il si che non ero a pronta a dirti allora, ma che ti dico adesso. Si, voglio sposarti. Si non voglio più aspettare, non voglio rischiare di perderti. Non di nuovo. Scusa se… Mi ci è voluto tutto questo tempo per accettarlo, per non esserne spaventata. Ma adesso sono pronta e la mia risposta è SI. >>
<< Il mondo impazzirà. >>
<< Non vedo l’ora. >> 
<< Era ora! >> 


“Salve, questa è la segreteria di Ian Somerhalder, Nina Dobrev-Somerhalder,
Evelyn Israel Dobrev-Somerhalder e Roy Alex Dobrev-Somerhalder,
non siamo in casa, lasciate un messaggio dopo il biiip!” 


 
 
 
 

 
 

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