Female To Male

di ResurrectionMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Guardami ***
Capitolo 2: *** Sono sempre Sakura Haruno ***
Capitolo 3: *** Fronte-Spaziosa ***



Capitolo 1
*** Guardami ***


Sakura si diede un’ultima occhiata allo specchio ed il suo visetto struccato sorrise soddisfatto mentre osservava l’enorme felpa maschile camuffare totalmente il piccolo seno sotto quella pesante stoffa che, lunga sino a metà coscia, copriva anche i fianchi da sedicenne.
Allargò le braccia come una bambina, facendo svolazzare le maniche che a Naruto erano arrivate fino ai polsi prima che se la sfilasse per darla a lei, infreddolita sul molo, durante la festa di fine estate.
“Grazie” gli aveva sillabato piano mentre si chiudeva nel panno tiepido, dandogli occasione di farle qualche complimento insopportabile.
“Sei più carina del solito, Sakura…” le aveva sussurrato e la propria mano si era appoggiata su quella di lei, abbandonata lungo la ringhiera che dava sulle onde scure. Avrebbe potuto essere un momento davvero molto romantico se non fosse stato che la ragazza in questione, avesse interrotto stizzita quel contatto e lo avesse guardato dritto negli occhi, frustrata, come se ogni dolce parola che aveva sentito fosse stata come una coltellata.
“Tu devi lasciarmi stare, Naruto”
Impietrito l’aveva lasciata stare davvero, guardandola correre via con indosso la felpa. Allora Naruto aveva visto per l’ennesima volta la ragazza dei suoi sogni sfuggirgli, senza cogliere cosa lei avrebbe tanto voluto che capisse.
Mentre si allontanava, Sakura ripensava alle parole che avrebbe voluto sputargli in faccia, a lui e a tutto il mondo, per dirgli di smetterla di guardarla come se fosse una graziosa ragazzina di buona famiglia ed iniziare a chiamarla con un altro nome dato che il suo era fin troppo femminile. Avrebbe voluto strillare di smetterla di credere che lei si sarebbe mai potuta innamorare di lui o di qualsiasi altro ragazzo e di accettare che quella bella faccia da bambina, che i suoi capelli tinti di rosso ormai sbiadito, il fisico sinuoso, non appartenessero proprio a lei. Ma non poteva pretendere che lo capisse, non avrebbe neanche mai potuto immaginarselo, uno come Naruto. D'altronde non c’era arrivata sua madre, come poteva uno innamorato e sbadato come l’Uzumaki riuscire ad intendere che la ragazza dagli occhi verdi con la quale era cresciuto avrebbe preferito non essere mai nata così com’era?
Sakura sbuffò, facendo svolazzare all’indietro un ciuffo di capelli sfuggito alla presa della piccola coda di cavallo poi prese il suo zainetto nero ed uscì di casa di corsa in modo da non sentire sua madre domandarle come facesse a presentarsi a scuola in modo così sciatto.
Prese la bici poggiata al garage di casa, vi montò ed iniziò a pedalare a perdifiato verso il piccolo istituto in centro. Costeggiò il lungo mare per diversi metri prima di frenare e alzare gli occhi verso uno degli appartamenti che davano sulle spiagge. Assottigliò lo sguardo alla ricerca della ragazza che vi abitava con la famiglia e fu proprio la voce di questa che la fece sobbalzare.
-Hey, Sakura!- la figura snella e slanciata di Ino le sventolò la mano dall’altra sponda della strada.
Per un attimo le si seccò la gola e non riuscì ad emettere suono: sembrava che qualcosa in quei capelli biondi tenuti stretti in una coda, l’avessero incantata.
-Svegliaaaaa!-esclamò la bionda con una risata cristallina, così spontanea da far sorridere anche lei e darle il coraggio di avvicinarsi. Scese dalla bici e come ogni mattina percorsero la strada fino a scuola assieme. Lo facevano da cinque anni ormai, ma del passato non era rimasto che il parlare frenetico di Ino e lo sguardo raddolcito dell’Haruno. Della vecchia amicizia naturale e disinteressata fra ragazze, l’unica esponente restava proprio la Yamanaka ed il modo che aveva di confidare a Sakura piccoli segreti, di messaggiarle a fine serata per descrivergli del ragazzo che avevano visto in quello o quell’altro locale o avvicinarsi talmente tanto al viso dell’amica, mostrandole gli occhioni azzurri sbavati di mascara, che Sakura si era chiesta come avesse fatto a non baciarla per tutto quel tempo. Per lei le cose erano cambiate, Ino non era più la sua amica d’infanzia e neanche una fidata compagna di banco con cui scambiarsi i bigliettini durante le verifiche. Ormai Ino era diventata il suo sogno segreto, quella cotta memorabile che si definisce primo amore e che la costringeva a guardare di notte, sotto le coperte del suo lettino, le foto che la ritraevano sempre chich a qualche festa o sulla spiaggia oppure in una delle loro numerose gite fuori città perché osservarla di giorno non le bastava più. Le ore di scuola sembravano essere diventate insufficienti per spiarla di nascosto, assaporando con gli occhi il collo lungo e niveo di lei sbucare dalle magliettine aderenti, i numerosi braccialetti e le dita smaltate che, senza malizia, ancora la prendevano per mano, trascinandola in bagno se aveva qualcosa di importante da dirle.
 
I corridoi del liceo erano affollati come tutte le mattine e quando Ino la lasciò legare la bici da sola, intenta com’era a raggiungere un gruppetto di ragazzi davanti al portone, lei si sentì vuota.
-Ehehe sapevo che l’avresti messa!-la voce rimbombante di Naruto la irritò, prese per questo un profondo respiro e si sollevò dalla posizione china che aveva sulla ruota.
-E’ bella-affermò-mi piacciono queste cose. Mi piacciono anche le scarpe che hai.
Naruto la guardò dapprima perplesso poi scoppiò a ridere, facendola innervosire nuovamente.
-Ma dai, queste?!-sollevò un piede per guardare meglio le globe bianche e consumate che portava-ma sono da ragazzo!
Sakura si sentì punta nel vivo come quando sua madre le diceva che sarebbe stata meglio con una minigonna piuttosto che con qualche largo paio di pantaloni della tuta, sottolineando il fatto che lei fosse una ragazza e che avrebbe dovuto essere più femminile.
-Non capisci proprio niente tu-gli sibilò mentre gli dava una spallata nell’intento andarsene.
 
Che Sasuke fosse il ragazzo più bello della scuola questo era risaputo. Sakura invidiava il suo modo mascolino e sicuro di parlare ed atteggiarsi, aveva un qualcosa di magnetico che attirava quasi tutto il genere femminile dell’istituto. Tuttavia, il fatto che interessasse anche a Ino la rendeva nervosa davanti a lui.
Più di una volta era capitato che le rivolgesse la parola per motivi scolastici ed ogni volta lei arrossiva, guardandolo con una certa antipatia mentre gli rispondeva freddamente. Così verso la fine del quarto anno si erano tutti fatti l’idea che lo sfidasse perché le interessava e il rapporto con la sua migliore amica si era un po’ incrinato. Fortunatamente erano state le vacanze estive a sistemare le cose fra loro che non avevano più parlato troppo di Sasuke Uchiha. Adesso che l’ultimo era incominciato, però, l’ombra di quel ragazzo sensuale e perfetto nei voti e nell’atletica sembrava proiettarsi nuovamente fra lei e Ino.
Erano bastate le prime settimane di Settembre per far rendere conto a Sakura di quanto Ino fosse ancora presa da lui, visto il modo in cui gli ronzava attorno con fare sensuale e cercava ogni scusa possibile per parlargli e stargli accanto. Di lì a qualche giorno poi, Ino aveva preso a guardare gli allenamenti di calcetto nel campetto della scuola per il puro gusto di vederlo correre, sfilarsi la maglietta e segnare uno dei suoi goal in grande stile. Aveva iniziato a saltare le loro uscite pomeridiane per aspettarlo davanti allo spogliatoio e fargli quelle congratulazioni a cui lui rispondeva con il solito noncurante ringraziamento.
Quella mattina, però, già partita storta a causa dell’inettitudine di Naruto, Sakura non era disposta a far passare ad Ino l’ennesima mancanza di attenzione. Era ben consapevole che una cosa simile un tempo non sarebbe mai capitata ma quando poco prima dell’intervallo, Ino la pregò di seguirla in bagno e le disse con aria sognante di come Sasuke avesse accettato il suo invito a studiare insieme per la ricerca di scienze, lei sbottò.
 
-Sakura? Sakura mi stai ascoltando?-le sventolò una mano davanti al naso, rivelando l’espressione crucciata della sua amica, schiacciata contro la parete di mattonelle azzurre per ottenere la sensazione di avere le spalle coperte. Sakura sollevò appena lo sguardo, quasi come per assicurarsi di ricordare il viso della sua amica anche dopo averle detto quello che realmente premeva nella gola per uscire.
-Non me ne frega niente di ciò che farete tu e Sasuke-disse quella frase in modo freddo, guardandola con un paio di occhi infuocati, tagliati dal profilo delle sopracciglia.
Ino esibì un’espressione shockata, poi indietreggiò, furiosa.
-Ah! Vedo che ripensi ancora ai vecchi screzi!
Sakura sbuffò frustrata, constatando quanto lei, come tutti, ancora pensassero che avesse un qualche interesse per l’Uchiha.
-Senti non è colpa mia se tu ti ostini a chiuderti in quegli orrendi maglioni alla Naruto e tieni i capelli sempre legati come una suora, non ti trucchi e non metti mai i tacchi. Ho cercato di essere leale con te ma se non ti rendi un po’ provocante Sasuke non ti considererà mai.
Quello fu troppo. Il cuore dell’Haruno prese a battere furiosamente nel suo piccolo petto e per la prima volta sentì un mix di emozioni contrapposte scontrarsi come le onde di oceani diversi dentro di lei. Provò una sorta di inconsueto odio verso Ino e le cose che le aveva detto, cose così simili a quello che le ripetevano tutti da quando, a dispetto delle ragazzine della sua età, non aveva iniziato ad interessarsi di trucchi ma di calcio e motori. Nell’espressione crucciata e stupida di Ino rivide i tentativi falliti di Naruto di coinvolgerla nel proprio amore, lo sguardo indagatore e preoccupato degli adulti della sua famiglia, le chiacchere maligne di quella Karin riguardo la sua probabile confusione sessuale. Rivide lo psicologo dal quale i suoi si erano ostinati a mandarla senza cavarne niente di interessante e i professori che così spesso, negli ultimi tempi, le chiedevano se stesse bene, viste quante volte fosse sovrappensiero. Improvvisamente le fasce che aveva attorno al petto sembrarono divenire più strette e fare pressione sui polmoni affinchè l’aria uscisse assieme al fiume di parole che si era tenuta dentro per tutti quegli anni e che le faceva venire mal di testa ed la faceva sentire inadatta alle occasioni.
-Non me ne frega niente di cosa farete tu e Sasuke perché a me interessi tu, Ino, solo tu!-la prese per le spalle e la fece indietreggiare contro la parete per fare in modo che la guardasse bene in faccia.
-Mi piaci, Ino, come fai a non capire?! Ho cercato di dirtelo così tante volte in questi anni….-le lacrime iniziarono ad appannarle la vista mentre un insano calore le saliva dal centro dell’addome, risalendo come unghie affilate fino al collo e poi al volto per renderlo paonazzo e sudato.
Ino scosse lentamente la testa, come se sembrasse spaventata da quella che considerava una sorella.
-Che cosa stai dicendo, Sakura?...-sussurrò appena, il mento tremolante.
-Sto dicendo… uh, dannazione Ino, guardami!-si distanziò da lei, allargando un po’ le braccia per mostrarle la felpa enorme-Guardami, possibile che tu non te ne sia mai accorta?!-ormai i singhiozzi le scuotevano le spalle minute che lei lasciò cadere, esausta per quella confessione e il fatto che Ino continuasse a guardarla come se fosse una sconosciuta impazzita.
In un moto di coraggio Sakura le si avvicinò e provò a prenderle il braccio.
-Ino, io…
Ino si liberò con uno scrollone.
-Lasciami!-protestò prendendo la via della porta-Lasciami stare-aggiunse categorica per poi abbandonare il piccolo locale all’interno della cui cabina qualcuno aveva sentito la loro conversazione.
 

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Capitolo 2
*** Sono sempre Sakura Haruno ***


Sakura aveva sentito il suo mondo frantumarsi come una fluttuante bolla di vetro. Per il resto della mattina, visti i loro umori, il professor Kakashi aveva fatto in modo di tenerle separate ed accanto le aveva messo la taciturna Hinata Hyuga, la stessa ragazza che sua madre avrebbe voluto che frequentasse, visto i modi educati e cortesi a cui era abituata. Probabilmente sperava che in quel modo sua figlia si sarebbe femminizzata un po’ e avrebbe smesso di assumere certi atteggiamenti mascolini che davvero non le piacevano. 
Ma Sakura si era sempre trovata a disagio con la Hyuga, sin da quando i suoi organizzavano merende per farle diventare amiche. Quella ragazzina con gli occhi azzurro ghiaccio e i capelli corvini sempre ordinati, le calzamaglie bianche sotto i vestitini estivi da bambina, sembrava farle pesare ancor di più la propria condizione di maschiaccio. Era l’esempio vivente di come sua madre l’avrebbe voluta: una signorinella graziosa e silenziosa, capace di giocare per ore con le bambole nella sua stanzetta e dipingere, possibilmente senza adoperare le dita come pennelli. 
Ora che era cresciuta poi, assomigliava ad una bambola di porcellana a grandezza naturale ed il modo che aveva di arrossire ogni qual volta Naruto la guardasse per sbaglio o le rivolgesse la parola, era davvero insopportabile. In compenso, Hinata pareva una delle poche oltre a lei ad essere disinteressata a Sasuke e ciò la rendeva tollerabile. 
Le ultime ore trascorsero cupe con Ino intenta a seguire distrattamente le lezioni e controllare con la coda dell’occhio una Sakura afflitta. Dalla sua espressione pareva aver appena subito un dramma familiare e questo, urtava ancora di più la causa di tale situazione. Al termine della scuola, la rosa la aspettò vanamente accanto al cancello, ma Ino le passò davanti, rivolgendole appena uno sguardo dispiaciuto, e si dileguò da sola.
Quella scena fu come una pugnalata a cui Sakura reagì pedalando più forte che potette sotto la pioggia che intanto aveva preso a battere, bagnandola da capo a piedi. Quando entrò in casa e si trovò faccia a faccia con sua madre, che la guardò stupita e un po’ amareggiata per la sua scompostezza, il morale le cadde ancora più a terra.
-Farai meglio a sistemarti, Sakura. Domani abbiamo ospiti a pranzo!
Si bloccò a metà strada fra le scale del piano di sopra e l’ingresso: non aveva davvero voglia di avere parenti intorno con cui fare la signorina cortese e femminile. 
-Chi?-domandò seccata.
-I signori Hyuga e Hinata-rispose, stirando in un sorriso raggiante le labbra rosso fuoco.
Un’imprecazione fra i denti fu l’unica cosa che sua madre ricevette prima di vederla scomparire verso la sua camera.
Il giorno seguente era domenica. Una bella domenica di sole, una giornata perfetta che chiunque avrebbe passato volentieri con la propria famiglia o gli amici. Eppure quel mattino, Sakura avrebbe volentieri voluto restare a crogiolarsi sotto il piumino, anzi, la sensazione di voler sparire dalla faccia della terra era più che viva.
Nonostante la sua riluttanza, quando sentì le grida di sua madre provenienti dal piano di sotto che la incitavano a prepararsi, fu costretta a tirarsi su ed andare a farsi una doccia.
Riempì la vasca da bagno di acqua tiepida e vi si immerse senza aggiungere altro: amava stare sdraiata nuda nell’acqua con la testa appena oltre la superficie e i capelli sciolti che le galleggiavano attorno, coprendole i seni. A volte si toccava, palpandosi il centro del petto dove la pelle era tirata sulle ossa ed immaginava che fosse quello di un ragazzo. Allora affondava con anche il capo sotto l’acqua ed in quei momenti vedeva ciò che sarebbe voluta essere. Fantasticava su come sarebbe potuta essere la sua vita da ragazzo e sui fiori che avrebbe regalato ad Ino ma poi, quando la mano raggiungeva l’inguine e percepiva fra le dita la fessura in mezzo alle gambe, stringeva i denti stizzita e si alzava di getto a sedere, rompendo l’incantesimo.
Quella volta ad infrangere le sue fantasie fu però sua madre che, senza neanche bussare, entrò nella stanza che precedeva quel suo piccolo bagno privato e le intimò di mettere il vestito che le aveva comprato.
-Fatti trovare accettabile, per una volta! 
Si alzò dalla vasca e dopo essersi asciugata alla meglio con un panno, si portò nuovamente davanti allo specchio, le sopracciglia crucciate davanti al fisico magro spigoloso e femminile che vedeva. Provò ad assumere una posa maschile, a contrarre un bicipite per vedere il muscolo in rilievo, ma la sua insoddisfazione non si placava. Odiava tutto di quel corpo ed odiava essere se stessa. Pensò persino di odiare Ino ma poi si riscosse, vedendo la loro foto in una cornice sul davanzale accanto al lavandino, e si odiò ancora di più per averlo davvero pensato. Si diede dell’egoista, immaginando quanto Ino avesse il diritto di vivere la propria vita lontano da tutto quel trambusto che lei aveva dentro. Per anni si era nascosta dietro la scusa che la bionda fosse la sua migliore amica e che avrebbe dovuto sostenerla e capirla prima o poi, ma adesso comprendeva che non sarebbe stato possibile, così com’era impossibile per lei immaginarsi mano nella mano con qualcuno che non fosse Ino stessa.
Si sentì terribilmente affranta, come se tutto il mondo in cui era vissuto fin ora non le fosse mai appartenuto realmente e il suo vero io, quello che avrebbe dovuto nascere al posto suo ed avere la barba, urlasse volendo sgusciare fuori, ucciderla e prenderne il posto.
Dopo quel pensiero, una scintilla le illuminò lo sguardo.

Hinata si sedette a tavola e appoggiò il tovagliolo di stoffa sulle cosce bianche, candide come il sorriso che le fece la signora Haruno quando notò la sua compostezza e che le fece abbassare lo sguardo. Aveva sempre trovato un po’ invadente il modo in cui quella donna dagli occhi verdi guardasse i suoi atteggiamenti, come se lei fosse un automa della buona educazione. Forse per questo, non sopportava troppo gli occhi verdi tanto meno quelli di Sakura la quale la avevano sempre osservata con un pizzico di gelosia, a causa delle attenzioni che attirava da sua madre. Inoltre, anche se comprendeva quanto Sakura dovesse essere triste e più strana del solito in quel periodo, un po’ le dispiaceva per come trattava il povero Naruto. Lui era innamorato di Sakura almeno quanto Hinata lo era di lui e non poteva vedere quel sorriso largo e naturale che aveva, scomparire ogni volta che parlava con l’Haruno. Lo sentiva ingiusto, come se anche lei venisse ferita.
-Hinata, il tuo completo è adorabile, tesoro! Dovrai dirmi dove fai shopping-la signora Haruno le fece l’occhiolino e lei fu costretta a sorridere, ripensando a quanto le fosse familiare quell’espressione concitata. Ricordava quante volte aveva visto la stessa faccia prima che la donna chiudesse la porta della stanzetta di Sakura e le lasciasse entrambe sedute sul tappeto accanto al letto, fra le casette giocattolo e le bamboline a cui, quella che avrebbe dovuto essere la sua amichetta d’infanzia, faceva fare la parte degli ostaggi durante una qualche cattura da parte degli indiani. Allora Hinata si rannicchiava contro il letto, colorando le figure di certi album che Sakura le imprestava a patto di non disturbarsi a vicenda. Era una bambina, ma con lei la Hyuga si sentiva in soggezione come quando in classe era costretta ad essere la vicina di banco di qualche maschietto. Lei si muoveva nel loro stesso modo, parlava a voce alta come loro, si sporcava, saltava sul letto e aveva perennemente ginocchia e gomiti sbucciati. Inoltre odiava le gonne ed ogni volta che la vedeva entrare in camera sua, annunciata dalla madre, squadrava con un’occhiata i vestitini che indossava. 
Per anni Hinata si era vista costretta dai genitori a frequentare quella casa loro, d’altro canto, pensavano che avesse potuto far bene ad una bimba timida come lei, frequentare un carattere frizzante come quello dell’Haruno ed accettavano di buon grado gli inviti. 
Ad un tratto, mentre i genitori parlavano, Hinata sentì dei passi provenire dalle scale e quando vide Sakura, non riuscì a trattenere un’espressione di puro stupore: era totalmente diversa dal solito. Si presentò con un sottile vestitino a fiori che le cingeva la vita e metteva in evidenza le forme del suo corpo minuto. I capelli erano tenuti sciolti e cadevano flessuosi sulla scollatura mentre orecchini e trucco donavano luminosità al suo viso. Erano stati i tacchi a provocare tutto quel baccano dato che non sapeva portarli.
Quando entrò in cucina, rimasero tutti a bocca aperta. Sua madre era visibilmente shockata ma in cuor suo sperò che finalmente la crisi passeggera ed adolescenziale, quel desiderio imperterrito di essere altro, quel capriccio da ragazzina ribelle, fosse ormai passato. Ma non era passato. Semplicemente non poteva passare.
Sakura prese posto a tavola e quando il pollo fu servito, afferrò una coscia con le mani, incominciando a strappare grandi pezzi di carne dall’osso. Si sporcò la bocca, sbavando il rossetto, poi si versò enormi bicchieri di vino, inghiottendo come un ubriacone da bar.
Sua madre era visibilmente sconvolta e dopo qualche piccolo rimprovero sotto voce e sorrisi imbarazzati diretti ai suoi ospiti perplessi, esplose.
-Sakura ma insomma! Come diamine ti comporti?!
In quel momento Sakura capì di avere in pugno la situazione. Abbandonò il mucchietto di pasticcini alla crema con la quale si era sporcata l’abito e strisciò la sedia all’indietro, lontano dal tavolo. Guardò con sfida le facce allibite della famiglia Hyuga, poi quella di sua madre e quando i loro occhi dello stesso colore furono dritti gli uni negli altri con un lieve sorriso, a metà fra l’amaro e il soddisfatto, ruttò. 
Tutti rimasero impietriti, tranne Hinata che questa volta riuscì a mala pena a trattenere la risata in una piccola pernacchia. 
Volò una sberla che fece voltare la faccia a Sakura e zittire persino il tintinnio delle forchette e dei bicchieri. La signora Haruno era in piedi a gambe larghe davanti a sua figlia, il braccio ancora a mezz’aria dopo il colpo. 
Sakura si sentì pervadere da un immenso senso di abbandono e raggiunse la porta. Fissò sua madre dagli spiragli che i capelli scomposti davanti agli occhi le permettevano di vedere e sorrise di nuovo, acidamente.
-Potrai anche pensare che io sia una bambola, mamma-mormorò sprezzante-Ma non sarò mai realmente così.
Si levò le scarpe e a piedi nudi corse in camera sua, appena in tempo per sfilarsi il vestito, lavarsi la faccia e legare i capelli. Si mise addosso una vecchia canottiera e dei Jeans, inforcò le converse sfondate che teneva sotto al letto e uscì dalla finestra, scendendo lungo il tronco irregolare dell’albero fin nel giardinetto di casa sua. Scavalcò il cancello e si mise a correre verso casa di Naruto dopo aver controllato di avere nello zainetto la felpa dell’amico. Le loro abitazioni distavano pochi isolati ed in qualche minuto fu davanti al suo campanello.

Naruto era abbandonato ad una sorta di coma sul divano di casa propria e ripensava a come la mattina precedente, Sakura lo avesse mollato come uno stoccafisso in mezzo al cortile. Qualcosa in quel momento si era definitivamente rotto nel suo cuore: vederla andare via con la sua felpa addosso, senza degnare i richiami, gli aveva fatto considerare l’idea che forse a lei davvero non interessasse nulla dei suoi sentimenti e che probabilmente sarebbe stato inutile continuare ad insistere. 
Dopo quell’episodio ed alla luce di una così dolorosa riflessione, aveva passato la notte a mangiare gelato e giocare ai videogames, maledicendo Sasuke Uchiha e il fascino che aveva.
Il trillo del citofono lo riscosse e mugugnando, raggiunse in soli bermuda la porta di casa.
-Arrivo!
Quando incontrò la figura trasandata di Sakura ebbe un tuffo al cuore. Qualcosa nello sguardo della ragazza sottolineava chiaramente che c’erano dei problemi. Tuttavia non ebbe il tempo di chiederle neanche se stesse bene che lei gli afferrò il viso e, sollevandosi sulle punte, gli stampò un bacio sulle labbra. Rimasero attaccati svariati secondi prima che lei lasciasse andare quelle guance paonazze e prendesse nuovamente le distanze.
-Naruto-esordì-Non mi piacciono i ragazzi.
In quel momento la testa dell’Uzumaki andò totalmente in tilt e una miriade di suoni e colori amplificati, come durante una dose, gli attutì le capacità sensoriali.
-Non mi piacciono i ragazzi, Naruto-ripetette prima di afferrargli i capelli biondi e stringerli fra le dita, portando le loro fronti l’una contro l’altra. Sentì il respiro affannoso del suo amico d’infanzia riempirle i polmoni, ma non si fermò.
-Devi dimenticarti di questa follia, Naruto… non potrò mai volerti bene più che come un fratello.
Il tremore del biondo parve calmarsi e lui iniziò ad annuire piano anche se temeva che le gambe presto non avrebbero più retto il suo peso e non riusciva neanche a toccarla.
-P-perché non me lo hai mai detto…?-sussurrò mentre riceveva indietro la sua felpa come segno che niente di suo sarebbe mai appartenuto a quella ragazza.
Sakura scosse la testa in segno negativo, con gli occhi chiusi per non guardarlo, sperando che quel bacio fosse realmente inteso come un addio.
-Sono sempre Sakura Haruno-affermò mentre si allontanava da lui, afflosciato contro lo stipite della porta-Ma dovrete imparare tutti a vedermi in un altro modo. 
Furono le ultime parole che disse prima di indietreggiare verso il vialetto della villina a schiera e correre via nuovamente col cuore più leggero e la consapevolezza che lui non l’avrebbe più chiamata.

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Capitolo 3
*** Fronte-Spaziosa ***


Era tornata a casa in piena notte e pur sapendo che sua madre avesse il sonno leggero e dunque l’aveva sentita arrivare, non aveva osato raggiungerla in camera.
Si era fatta una doccia e data una sistemata prima di infilarsi sotto le coperte. Il mattino seguente, di lunedì, era tornata a scuola facendo un’altra strada per evitare di incontrare lo sguardo spaesato di Ino che le faceva tanto male.  Legò la bicicletta come ogni giorno e come ogni giorno, come se nulla fosse cambiato, sentì la voce di Naruto salutarla. 
Aveva lo stesso identico sorriso che lei così spesso aveva spento grazie ai suoi brutti modi e quando lo vide avvicinarsi una tensione inconsueta la investì.
Le si parò davanti e le consegnò una busta: dentro c’era di nuovo quella felpa.
-Te la regalo-le disse, sorridendo ancora-siamo sempre amici, no?
La vista della ragazza si appannò e il suo petto percepì una sorta di calore invadere il cuore, un calore che non aveva mai sentito. Annuì e si asciugò il viso con la manica dell’enorme cardigan che portava.

Le lezioni scorsero in fretta e quando arrivò il momento dell’intervallo, Sakura pensò di salire sul tetto dell’edificio per prendere un po’ d’aria e stare da sola. 
Lasciò che il vento autunnale annodasse i suoi capelli e inspirò profondamente l’aria odorosa di pioggia. Appoggiata al muretto del tetto poteva vedere il cortile colmo di ragazzi e fra loro, la figura di Ino che spiccava con i suoi capelli biondissimi e la divisa scolastica tenuta in modo ben poco scolastico. La fece sorridere il ricordo della ramanzina che le fece del professor Kakashi riguardo l’abbigliamento da tenere in aula. Allora ebbe un fremito e pensò che quei momenti non sarebbero davvero più tornati. Si chiese se mai Ino l’avesse accettata e avrebbe ancora avuto il coraggio di trattarla come la sua migliore amica, se dopo la sua dichiarazione le avrebbe mai parlato ancora di Sasuke e delle litigate con Karin. In quel momento si sentì tremendamente sola, come se sapesse per certo che mai nessuno al mondo l’avrebbe realmente capita e ne averebbe sentito la mancanza. Si ritrovò a fare un macabro pensiero riguardo la propria morte e alla possibilità di chi ci sarebbe stato al suo funerale. In passato quelli come lei non avevano un funerale, diceva il monaco della loro fede, gli dei non accettavano abomini come loro nel proprio regno. 
Sputò oltre il muro e ringraziò di essere atea. 
Proprio quando si decise a tornare in classe però, si trovò la strada sbarrata da tre figure tanto conosciute quanto fastidiose. Karin e le sue tirapiedi erano parate davanti alla porta dell’ascensore e i loro ghigni non promettevano niente di buono.
-Hey, Haruno!-le gridò la rossa, da sempre in competizione con lei e Ino per l’amore di Sasuke-Dovresti imparare a dire a bassa voce i tuoi segretucci.
Le tre ragazze scoppiarono in una risata malefica mentre alla rosa sembrò che tutto il mondo si fosse capovolto. In un impeto di paura, si figurò gli sguardi di tutta la scuola puntati malignamente o curiosamente su di lei, compreso quello compassionevole degli insegnanti per la sua difficile situazione. Pensò a come l’avrebbero evitata delle persone una volta saputo della sua doppia identità e di che vergogna avrebbe suscitato in tutta la sua bigotta famiglia. Immaginò periodi di solitudine e ulteriori anni di sofferenza, una fuga lontano da casa. Volle piangere poiché capì che presto il suo segreto sarebbe davvero stato sulla bocca di tutti vista la bravura di Karin di divulgare i fatti altrui.
-Allora, Sakura-sghignazzò-così non ti piaci, vero? Beh, fortuna che io sono magnanima e potrei aiutarti.
La vide sfilare dalla borsetta a tracolla un paio di grosse forbici d’acciaio e per un attimo pensò al peggio. Attonita e coinvolta in un persistente capogiro non ebbe il tempo di correre verso le scale che portavano al corridoio dell’ultimo piano, quindi venne raggiunta dalle due amiche di Karin e afferrata per le braccia.
-Lasciatemi stare! Che volete?!-strillò, dimenandosi come un’anguilla.
-Sta un po’ giù- le intimò una delle due, quella bionda con un grosso paio di occhiali che rendevano ancora più piccoli e perfidi i suoi occhi color nocciola.
Una delle due le diede una ginocchiata nella piegatura fra coscia e polpaccio in modo da toglierle l’equilibrio in un urlo di dolore e farla cadere sull’asfalto poroso. 
Sakura sentì il cuore batterle all’impazzata nel petto mentre i ciuffi di capelli offrivano protezione al suo viso arrossato e colmo di lacrime che ora cadevano a grandi gocce sul terreno. Tremava dalla paura, non era stata mai aggredita in quel modo e provava un forte dolore alle spalle, tenute indietro dalle mani delle altre ragazze e alle ginocchia ormai sbucciate dalla caduta. Provò a divincolarsi nell’intento di scattare verso le scale ma Karin la raggiunse e le afferrò i capelli, costringendola ad alzare il viso verso il cielo azzurro.
-Che c’è piangi ora? Dovresti ringraziarmi, ti aiuto a guadagnare un aria più mascolina.
Le sentì ridere malignamente dei suoi singhiozzi, della saliva che assieme al naso colante, le era calata sulle labbra e delle lacrime calde e intense, simili al succo di una pesca matura schiacciata fra grandi dita possenti. Si sentì esattamente allo stesso modo: stritolata dal mondo. La violenza che le muovevano Karin e le sue amiche non era altro che una dimostrazione pratica del dolore che così spesso aveva attanagliato il suo petto, mozzandole il respiro. Non era che un resoconto reale delle occhiate sospettose e intransigenti e di tutte quelle parole non dette che forse avrebbero potuto mettere in chiaro la situazione prima di arrivare ad incanalare tanta negatività.
-Adesso farai meno la furba-sibilò la rossa mentre Sakura sentì la lama delle forbici tagliare con crudele lentezza i suoi capelli fin quasi alla radice più volte finchè la testa non fu quasi tutta privata della maggior parte dei centimetri di capelli che la rivestivano. Ogni taglio era come un pugno nello stomaco, come quella voce che le ricordava quanto male le avrebbero fatto solo perché era se stessa. Fu come sprofondare in un buco nero fatto di ricordi dolorosi e di amare prospettive e Sakura desiderò ardentemente sparire dalla faccia della terra, magari non essere mai esistita. I suoi sensi vennero attutiti dal nero che l’avvolgeva tutta e il tatto smise di sentire il freddo terreno, il dolore per i nodi incastrati fra le falangi di Karin, il vento, l’udito cessò di percepire le risate e i commenti sprezzanti e gli occhi, gli occhi non vedevano altro che l’oscurità delle loro palpebre strizzate e umide di pianto.
-Lasciatela subito stare!
Quella voce la riscosse: era Ino. Le diede la forza di abbassare il mento in direzione della ragazza ora in posizione guardinga sulla soglia della porta delle scale. Non le era possibile vederla chiaramente eppure il tono della sua amica, che lei sapeva riconoscere come il proprio, le anticipò quanto fosse furiosa la sua espressione
-Altrimenti?-la sfidò Karin.
-Altrimenti, Karin, ti assicuro che non la passerai liscia-Sasuke, quel ragazzo che lei aveva sempre detestato e per cui aveva provato tanta gelosia, era comparso da dietro le spalle di Ino e i suoi occhi neri come una notte senza stelle, erano puntati dritti nelle iridi della sua carnefice.
-S-Sasuke…-balbettò mentre lasciava la presa dai capelli di Sakura-I-io…
-Fa silenzio-la freddò-Sei pessima. Sparisci dalla mia vista immediatamente.
-M-ma…-una delle due amiche di lei provarono a intervenire, scatenando ancora di più l’amarezza dell’Uchiha.
-Andatevene.
Dopo qualche secondo Sakura si sentì mancare e cadde completamente al suolo. Si ritrovò raggomitolata sul terreno con la percezione nuovamente attiva, il vociare di diverse persone fra cui anche Naruto e il professor Kakashi attutito dalla bolla di vergogna e spossatezza che si era magicamente creata attorno a sé. I suoi occhi schiusi vedevano il pavimento come una distesa grigia tappezzata di quei ciuffi rosa che erano i suoi. Non riusciva più neanche a piangere, si sentiva completamente umiliata e spossata.
-Sakura!
Le braccia lunghe e fini di Ino la sollevarono, portandola contro il suo petto.
-Oh, Sakura! Meno male che Naruto ti ha notata quassù in tempo!-esclamò la bionda.
Fu una sensazione strana quella che le diede il contatto con la pelle profumata della ragazza che amava, come se tutto ciò che aveva subito non fosse più importante e la cosa migliore fosse trovarsi attaccata a lei, col respiro un po’ affannato e preoccupato della Yamanaka dritto contro il collo.
-Ino… mi dispiace così tanto-singhiozzò stordita quando riuscì a mettersi seduta-Ho rovinato tutto...-aggiunse mentre guardava mortificata la figura accovacciata di Ino accanto a lei. La vide scuotere la testa platino e asciugarsi le ciglia con quel modo femminile e delicato di cui si era innamorata.
-Tu sei mia amica-mormorò Ino, prendendole le mani nelle proprie per poi cercare di incrociare i loro sguardi-Lo sei sempre stata.

Lo stesso pomeriggio Sakura tornò a casa accompagnata da Naruto e Ino e quando lui le lasciò sedute nel giardinetto dell’Haruno, si creò una sintonia particolare, diversa dal solito. Forse era la consapevolezza a rendere il loro rapporto meno fiabesco di come Sakura se lo era immaginato e più realistico di quanto Ino credesse eppure entrambe sentivano che le cose andavano bene com’erano.
-Vieni qui, fronte spaziosa-la invitò dolcemente Ino, apostrofandola con quell’aggettivo che Sakura aveva imparato ad adorare perché era segno della loro relazione d’amicizia e di come le situazioni si sarebbero appianate. Col tempo lei avrebbe imparato ad accettare che Sasuke e Ino presto si sarebbero davvero fidanzati mentre Ino stessa si sarebbe impegnata per superare la paura di aver quasi perso la sua migliore amica. Forse chissà, avrebbero complottato ancora in futuro, come quando erano ragazzine, magari per far rendere conto a Naruto di quanto Hinata tenesse a lui. Forse avrebbero resistito alle faglie del cambiamento.
Per ora era possibile osservarle durante il tramonto, sedute nel giardino dai colori ormai autunnali, Ino intenta a sistemare i capelli a Sakura, Sakura intenta a ricercare in quel gesto la sua nuova normalità e legarla al quotidiano del passato.
-Ecco fatto.
Nel riflesso dello specchio che Ino le porse una volta finito di elaborare quei suoi capelli irregolari, Sakura si vide rinnovata e si piacque. Per la prima volta dopo mesi e mesi, riuscì a sorridere a se stessa, a quel viso dai lineamenti sottili incorniciati da ciuffi rosati e corti, sistemati alla meglio in un taglio più che mascolino. 
-Ti piace?
L’Haruno strinse i denti per non piangere di commozione e annuì freneticamente. 
-Solo una cosa… non è che hai tagliato un po’ troppo sulla fronte?-ridacchiò, giocando con i corti ciuffetti.
-Sei sempre la mia Fronte-spaziosa-le rispose sorridendo e quello fu il regalo migliore che Sakura avesse mai chiesto, il sorriso più vero che avesse mai visto che la fece sorridere di rimando.

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