Aresto Momentum

di HayleKowalski
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


                                



 
I.



Era una mattina di metà luglio, il sole era ancora alto nel cielo e il caldo umidiccio della periferia si faceva sentire.
Dei bambini giocavano al parco di fronte al numero 5 di Brockly Street urlando e cantando, mentre un altro bambino, all’interno della villetta a schiera dai mattoni a vista stava aspettando seduto davanti alla porta di casa.
Erano già passate le 9 e lui stava lì, fermo immobile fissando la buca delle lettere che suo padre aveva attaccato personalmente alla porta d’ingresso, da più di un’ora.
“Non è detto che arrivi.” Disse una voce alle sue spalle facendolo sussultare. “Non è detto che tu sia come loro.” Il bambino si girò per poter guardare suo padre negli occhi color pece.
“E invece arriverà.” Rispose convinto. L’uomo non disse nulla, stette un attimo a guardarlo e poi si diresse al piano superiore.
Il bambino ritornò a guardare la porta soffermandosi però su una vecchia foto posta sulla mensola vicino all’entrata. Mostrava una donna che sorrideva felice con una civetta dal piumaggio candido sulla spalla e un ramoscello impugnato nella mano.
Beh, quello non era proprio un ramoscello. Si trattava di una bacchetta. La ragazza in foto era una strega in realtà, ed era ritratta davanti ad un lago con una folta foresta come sfondo.
A dire il vero, il bambino ricordava che in passato quella foto si muoveva. Ricordava che sua madre lo guardava felice e orgogliosa mentre dalla bacchetta uscivano petali vaporosi che pian piano si diradavano trasportati dal vento.
Ma non era la sola cosa che ricordava. Sua madre era bellissima con i capelli mori mossi e lunghi fino alle spalle, sempre sorridente e felice. Però ricordava anche quando si ammalò e quando suo padre smise di credere nella magia finendo per odiare il mondo magico e anche lei.
Si ricordò di quando, sua madre morì e di come suo padre pianse sul suo corpo ormai inerme ripetendo la stessa frase come un mantra ‘non ci crederò mai più’
Steve Rogers, era questo il nome di quel ragazzino di undici anni, si ridestò dai suoi ricordi e tornò a fissare la buca delle lettere.
Era magrolino, un po’ trasandato con i vestiti più larghi della sua taglia perché erano i vestiti smessi di suo padre dato che lui, essendo uomo non sarebbe mai andato a fare shopping per il figlio.
I capelli erano biondi, così biondi che parevano quasi oro e gli occhi azzurri come il cielo ma di tanto in tanto comparivano delle striature di verde acqua.
“Forse ha ragione mio padre” pensò chinando la testa e nascondendola tra le ginocchia. “Forse non sono come la mamma. Forse sono solo un babbano.”
E mentre pensava a questo sentì bussare. Aprì con il cuore in gola e le braccia tremanti.
“Ehilà, Rogie.” Sorrise il ragazzo che si presentò sull’uscio.
“Bucky…” disse Steve con tono un po’ deluso.
James ‘Bucky’ Barners era l’amico più caro di Steve. Si erano conosciuti quando ancora erano in fasce e non si erano mai separati l’un l’altro. Ormai entrambi si consideravano come fratelli.
James era un anno più grande di Steve e proveniva da una famiglia di purosangue, ovvero una famiglia di soli maghi. I suoi genitori erano amici di Sarah Rogers, ovvero la madre del biondino e infatti si ricordava di tutte le volte che erano andati a trovarli e che facevano divertire i due bambini con le loro magie, questo non accadeva da ormai anni, da quando Sarah morì per l’esattezza. Il signor Rogers aveva tagliato definitivamente i legami con la magia concentrandosi sul suo mondo. Il mondo reale, la magia, secondo lui era solo una bufala, anche se Steve in cuor suo sapeva che mentiva.

Solo ora, il più piccolo si rese conto di com’era vestito Bucky.
Una lunga toga nera lo copriva da cima a fondo con due bande verdi che iniziavano da metà petto e finivano dentro al cappuccio.
Il logo scintillante di un serpente rinchiuso in uno stendardo e la scritta a caratteri gotici ‘serpeverde’.
“Come sei accogliente, Stevie.” Rise Bucky. “Ancora niente lettera? Stai tranquillo. Sono sicuro che l’avranno affidata a qualche gufo scemo che si è perso o che è lento. Arriverà! Fidati.”
Steve si forzò di sorridere gentilmente ma dentro di lui sentiva lo stomaco accartocciarsi.





“Parlami ancora di Hogwarts.” Disse Steve. Adorava sentir parlare di quella scuola e di tutto ciò che la riguardava.
“E’ bellissimo!” rispose Bucky intento a strappare un fiore da terra. “Non crederesti ai tuoi occhi! I personaggi dei quadri si spostano da una cornice all’altra! Ad esempio, Sir Cadogan l’anno scorso l’ho trovato nell’ala est che prendeva il thé con Dalys Derwent e la Signora Grassa!”
“Sir Cadogan?” chiese Steve come se gli altri due nomi li conoscesse.
“Un tipo un po’ svitato! E’ un cavaliere basso e tozzo che cavalca un pony altrettanto basso e grasso” rise “C’è chi lo considera pazzo in effetti, per me è assolutamente geniale!”
“E che mi dici del cibo? Si mangia bene?” chiese il piccolo innamorato di tutto quel racconto che sembrava così … magico.
“Se si mangia bene? Cavolo Steve! Si mangia d’incanto!!! I piatti compaiono dal nulla sotto al tuo naso e quando afferri uno di quei cosciotto di pollo” e fece il gesto per agguantarne uno invisibile “loro ricompaiono nel vassoio! E il loro sapore!” si leccò i baffi “Non ho mai mangiato così bene- e tu sai quanto mia madre cucini bene!”
Steve deglutì a vuoto con l’acquolina in bocca. Per l’agitazione in effetti non aveva mangiato nulla. Alzò lo sguardo verso il cielo, sdraiandosi sull’erba fresca e chiuse gli occhi beandosi di quel leggero venticello caldo che gli scompigliava i capelli.
“Io non sono come mio padre.” Pensò “Io credo nella magia.” Aprì gli occhi lentamente, abbagliato dalla luce del sole.
“STEVE!” urlò Barners. “STEVE GUARDA! E’ UN GUFO!”
Sgranò gli occhi verso il rapace che stava scendendo in picchiata verso di loro.
“Oddio… questo si schianta!” esclamò di nuovo il moro e si lanciò contro Steve facendolo rotoloare di lato perfettamente in tempo con la caduta del piccione contro il suolo.
“L’ho detto io che avevano affidato la tua lettera ad un gufo scemo!” Il povero pennuto era rimasto abbastanza tramortito dal colpo e se ne stava con le zampette in aria.
Bucky, ormai esperto in ‘posta col gufo’ vide subito la lettera indirizzata a Steve e la slegò. Infatti, sulla busta bianca vi era una scritta in verde con una grafia gentile e perfettamente ordinata.

“Mr. S. G. Rogers,
Il parco vicino alla chiesa,
Periferia di
Londra”

A Steve mancò il respiro. Il cuore che non sapeva se stesse correndo troppo o se si fosse fermato.
Aprì la busta con dita tremanti sotto lo sguardo euforico dell’amico.

“SCUOLA DI MAGIA E STREGONERIA DI HOGWARTS

Preside: Albus Silente
(Ordine di Merlino, Prima Classe,
Grande Mago, Stregone Capo, Supremo Pezzo Grosso,
Confed. Internaz. dei Maghi)

Caro signor Rogers,

Siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.

L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

Distinti saluti,

Minerva McGonagall
Vicepreside


Saltò in piedi e abbracciò Bucky urlando di gioia. Non ricordava l’ultima volta che si era sentito così tremendamente felice. Corse verso casa, il più veloce possibile con le gambe che tremavano dall’emozione.
“Papà! Papà!” urlò entrando in casa e sbattendo la porta. “Sono stato ammesso, sono stato ammesso!!!” non gli sembrava possibile, eppure la lettera era li, tra le sue dita affusolate.
Suo padre, un ex militare era in cucina e lo guardò con sguardo apatico. “Bravo. Io non ti darò un soldo comunque.” Rispose.
Il piccolo sapeva benissimo che da qualche parte nel mondo magico doveva esserci una piccola fortuna per lui lasciata in eredità dai suoi nonni materni. Continuava a ripeterglielo sua madre prima che si ammalasse . “La nonna e il nonno hanno lasciato tutto a te. E’ alla Gringott. Useremo quei soldi quando verrai ammesso ad Hogwarts.”





Aveva preparato le valige giù da un pezzo. Aveva cominciato a radunare le sue cose ancora quando aveva ricevuto la sua lettera. Suo padre non se n’era accorto ma aveva anche rubato la foto di sua madre dalla mensola all’entrata.
Aveva scritto una lista delle cose che avrebbe fatto una volta arrivato a Londra e infine aveva rotto il suo salvadanaio dove aveva trovato abbastanza soldi per permettersi una notte in un hotel di città.
Guardò l’ora e sentì il motore della macchina di suo padre tuonare. Guardò fuori dalla finestra. Era tutto pronto, tutto deciso. Sarebbe arrivato in città alle 11.45, avrebbe mangiato un boccone al Paiolo Magico e il pomeriggio sarebbe andato ad acquistare tutte le cose richieste sulla lista a Diagon Alley. Sarebbe andato a dormire verso le nove e l’indomani sarebbe partito per Hogwarts.
Scese le scale con la sua valigia ed entrò in macchina.







Bucky era arrivato accompagnato dai suoi genitori. Sua madre era identica a lui, alta con lunghi capelli scuri e un sorriso amabile stampato in faccia. Suo padre invece, era l’esatto opposto per questo Steve, di tanto in tanto si chiedeva come fosse possibile.
“Salve Signor Rogers.” Sorrise la signora Barners. “E’ un piacere rivederla dopo tutto questo tempo.” Joseph per tutta risposta grugnì. Steven si sentì in lieve imbarazzo. Avere un padre del genere non era affatto facile e sinceramente, non credeva nemmeno possibile che fosse rimasto con lui e che sarebbe rimasto la sera per poi il giorno dopo accompagnarlo al binario.
“Dunque, in cima alla lista c’è la tua uniforme Steve.” Disse la madre di Bucky sporgendosi sopra la spalla del piccolo per leggere meglio la pergamena.
“Madama McClan è proprio quel negozietto là.” Da quest’ultimo uscì un ragazzino dai capelli corvini avvolto in una nuovissima e splendente toga nera. Si sistemò gli occhiali sulla punta del naso in modo molto elegante ed ammiccò a Steve sorridendo. Il biondo sorrise a sua volta sentendo uno strano formicolio al petto.

“Mh, ma prima dobbiamo andare alla Gringott a prelevare i soldi dei maghi!”





La banca dei maghi era davvero un edificio imponente.

«Entra, straniero, ma ti ricordo
cosa spetta a chi è ingordo.
Chi prende senza meritare
molto cara la dovrà pagare.
Quindi se cerchi nei sotterranei qui da noi
tesori che non furono mai tuoi,
sta' attento, ladro, sei avvisato:
ben altro che un tesoro ti è riservato.»



Steve trovò molto saggio ciò che riportava l’insegna sulla seconda porta d’ingresso. Una volta dentro li accolse un vecchio folletto scorbutico il quale, tossicchiando chiese la chiave della camera blindata.
Joseph cercò nel taschino interiore della sua giacca e glielo porse: “Sarah Rogers. Camera blindata 727.”
“Molto bene. Da questa parte.” Rispose il folletto.
L’atrio della Gringott era grandissimo, lungo il perimetro erano disposti dei lunghi banchi alti sui quali folletti di ogni genere scribacchiavano su lunghe pergamene, contavano monete d’oro e d’argento oppure pesavano grosse pietre preziose con bilance cigolanti.
“Prego, sedetevi qui dentro.” Il folletto che li stava conducendo si fermò davanti ad una specie di carello il quale era posto su rotaie come quelle dei treni solo, più vicini tra di loro.
I Rogers salirono e in men che non si dica il carretto sfrecciò alla velocità della luce fino ad arrivare, neanche 5 minuti dopo quasi in fondo a quella che sembrava una grotta gigantesca scavata sotto la banca.
Ora capiva Steve, perché si dicesse che fosse ‘impossibile rubare’ al suo interno.



Uscirono dalla banca con un bel gruzzoletto, i suoi nonni materni erano davvero stati gentili con lui a lasciarli i soldi in eredità, si sentiva un po’ più ricco e voleva subito spendere i suoi primi soldi magici in qualcosa di altrettanto magico.
Entrano da Madama McClan ed uscirono con la sua nuova toga nera lucente. La proprietaria era molto simpatica e sperò che anche gli altri commessi dei negozi fossero come lei.
Trotterellando dietro a suo padre comprò un calderone in peltro misura standard 2, una bilancia d'ottobre, un telescopio, delle ampolle dalle varie forme, alcune spezie dall'odore pungente, i libri di testo al Ghirigoro, e altri oggetti singolari.
Mancavano ancora due negozi:
L'Emporio del gufo e Olivander.
"Vai tu da a prendere la bacchetta, Steve. Ti aspetterò qui." Disse Joseph sedendosi su una panchina che davvero sembrava stesse insieme per magia.
Deglutì e si fece coraggio lasciando le borse accanto a suo padre entró nel vecchio negozio. Ad una prima occhiata sembrava deserto. Tossì dicendo 'permesso' un paio di volte fino a quando un uomo alto, magro dall'aspetto un po' sciupato con i capelli argentei ed il naso a punta non si presentò all'improvviso trasportato dalla scala magica che si muoveva sugli scaffali.
"Ah! Il figlioletto di Sarah Rogers!" Sorrise l'uomo in un ghigno storto. "Bene bene, vediamo cosa abbiamo qui. Uhm." Parlava più a se stesso che al cliente "12 pollici e 23, leggermente flessibile piuma di Fenice ed legno di Abete." Gli porse una scatoletta lunga e affusolata nera con i bordi un po' scoloriti. "La agiti pure."
Steve non se lo fece ripetere due volte, apri la scatola, afferrò la bacchetta ma non successe niente quando la puntò contro uno scaffale.
"No,niente, vabbè proviamo con quest'altra. Lo stesso legno che aveva anche sua madre. Alloro, crine di unicorno 14 pollici e mezzo e uhm si, flessibile, decisamente flessibile, ecco." Steve la impugnò e questa volta sentì una specie di solletico ai polpastrelli, l'agitó leggermente e una scatola identica a tutte le altre fluttuò nel negozio posandosi poi sulla scrivania.
"Buon sangue non mente mai, dico bene? Sono 7 galeoni."

Steve uscì dal negozio abbracciando la sua nuova bacchetta. Era così euforico che andò a scontrarsi contro qualcuno.
"Ehy!" Sorrise quel qualcuno.
"Mi dispiace! Ero così emozionato che non stavo guardando dove -"
"Non c'è problema." Sorrise di nuovo. Solo allora Steve mise a fuoco il ragazzo, era lo stesso che gli aveva sorriso qualche ora prima mentre usciva da Madama McClan.
"Sei anche tu nuovo? Anche io comincerò quest'anno! Non vedo l'ora."
"A chi lo dici! Non sto più nella pelle!"
"Tony!" Urló una voce femminile davanti ad un negozio.
"Arrivo ma!" Urló il ragazzo dai capelli corvini. "Ora devo andare, è stato un piacere conoscerti. A proposito, sono Stark. Tony Stark." E gli porse la mano "Steve Rogers molto piacere."
Mentre vedeva quel ragazzo allontanarsi, trotterellando verso i suoi genitori a Steve venne da sorridere e speró in cuor suo di rivedere quel ragazzino molto presto.


"Steve."
Suo padre era dietro di lui con una gabbia sotto braccio e tutte le altre borse nelle mani.
"Mi dispiace di non essere stato un buon padre da quando tua madre è morta. Ma sai, pensavo che la magia potesse curala dalla tubercolosi ma non è stato così. Per questo ho smesso di crederci. Ma ora, vedendoti, capisco di quanto mi sia sbagliato negandoti al tuo mondo. Mi dispiace di essermi comportato così, tieni accetta questo regalo per farmi perdonare."
Il gufo dal manto color nocciola si stropicciò le ali e guardò prima Joseph e poi Steve puntando quei suoi occhi gialli in quelli chiari del ragazzino.
"Non c'è n'era bisogno pa. Ti ho già perdonato quando hai deciso di fermarti qui sta notte con me." Sorrise a suo padre e gli prese alcune borse dalle mani per aiutarlo, accarezzó il suo nuovo amico e sorridendo si incamminò verso la loro stanza d'albergo.



La stazione di King's Cross non era certo lontana dal Paiolo Magico ma Steve non se la ricordava così affollata di gente.
Persone che andavano e che venivano in ogni parte ma quello che lo incuriosiva maggiormente era come quelle persone parevano essere perfettamente normali, quando lui in realtà sapeva si trattassero per lo più di maghi e streghe che si dirigevano verso il binario 9 e 3/4.
Ecco difatti il gruppetto davanti a loro che scompariva nel muro che divideva il binario 9 e 10. Eccone un altro che scivolava lentamente senza che nessuno se ne accorgesse.
"Bene Steve. Siamo arrivati, il binario è lì in mezzo. Ricordo che tua madre mi ci portò una volta, quando mi disse ciò che era veramente. Beh, non voglio trattenerti oltre, sono quasi le 11."
"Grazie papà per avermi accompagnato! Ti invierò delle lettere e ti racconterò tutto!"
Lo salutò con la mano e spingendo il carrello, con il cuore che rimbombava nel petto passó il muro con gli occhi chiusi.
Quando li riaprì, ciò che gli si presentò davanti fu una locomotiva scarlatta già accesa con il vapore grigiastro che usciva dal camino. I vagoni si estendevano a perdita d'occhio e un sacco di persone erano intente a salutare, a raccomandare cose, ad aiutare con le valige i propri figli.
"Steve! C'è l'hai fatta!"
"Bucky!"
"Vieni ti aiuto con le valige." Il moro vide il gufo che stava dormendo nella sua gabbia. "E questo chi è?"
"È una femmina!" Rise Steve. "L'ho chiamata Sarah..."
Bucky sorrise "un gran bel nome."


L'interno dell'Espresso per Hogwarts era diviso in più scoparti e fu un'impresa mica da poco trovarne uno libero.
Vedeva ragazzi già con la loro toga bella stirata, altri ancora con i vestiti babbani, altri che ridevano e scherzavano, alcuni, i più silenziosi se ne stavano in disparte a leggere chissache.
"Eccoli, li ho trovati" disse Barners prendendo per il braccio Steve e trascinandolo dentro uno scomparto.
"Finalmente James. Pensavamo ti fossi perso." Steve guardò al di sopra della spalla di Bucky che si era fermato in mezzo.
Vide due ragazzi seduti vicini, un tipo basso biondo con gli occhi nocciola che stava tirando delle freccette di gomma che quando colpivano il posto di fronte a lui esplodevano in mille colori facendo un piccolo botto. Sembravano dei fuochi d'artificio in miniatura. L'altra invece era una ragazza, capelli lunghi fin dietro la schiena mossi e rossi, gli occhi verdastri e un sorriso stampato in faccia.
"tu devi essere il famoso Steve Rogers." Disse la rossa. "James ci ha parlato tanto di te l'anno scorso. È un piacere conoscerti di persona."
"P-piacere mio." Borbottò imbarazzato il piccolo arrossendo un po.
"Ah, che scema non mi sono presentata. Mi chiamo Natasha Romanoff e sono al secondo anno, questo idiota accanto a me è Clint Barton."
"Idiota a chi? -Molto piacere Steve."
"Idiota a te! E la finisci con quelle frecce? Finiranno nell'occhio a qualcuno, te lo dico io."
"Ma che vai dicendo!" E ne lancio un'altra contro il vetro.

Il viaggio si rivelò molto interessante. Natasha aveva comprato dal carrello, che passava accompagnato da una grassoccia signora anziana, alcuni dolciumi e Steve aveva colto l'occasione per imparane i nomi. Quando prese una cioccorana dal gruppo, vi trovò la figurina di un certo Newt Scamander.
"Newt Scamander?" Chiese ingenuo girando la carta.
"È stato un grande magizoologo." Rispose Clint con una strana luce che gli brillava negli occhi. "Sai, uno che studia le creature magiche. Si dice girasse con una valigetta e che al suo interno ci fossero tutte le creature più spaventose del mondo!" Ci fu un attimo di silenzio. "E poi era tassorosso." Sorrise.
"Eccolo che ricomincia con il suo orgoglio giallo e nero." Disse Natasha roteando gli occhi all'insù.
"È la miglior casa, che ci posso fare."
"Non dire scemenze. Serpeverde è la miglior casa."
"Esatto sorella!" Rise Bucky battendo un cinque alla rossa.
"Le altre sue case sono Grifondoro e corvonero, giusto?" Chiese Steve mettendosi la figurina in tasca. Pensò che gli sarebbe piaciuto fare la collezione.
"Esatto Rogie." Rispose Bucky mentre apriva un dolcetto.
"Oh sì!" Si intromise Natasha con un movimento teatrale. "Grifondoro, culla di coraggiosi di cuore." E fece il gesto come per far addormentare un bambino invisibile. "E corvonero, intelligenza e saggezza. Una vera noia!" E fece il gesto di una lunga barba che partiva dal mento fin giù alle scarpe.  "Ma tranquillo, se finirai in una di queste sue case non ti prenderemo in giro... Forse." E gli fece l'occhiolino.


Parlarono ancora ed il giorno divenne notte e nelle ore buie arrivarono alla stazione di Hogsmeade dove un gigante barbuto urlava con voce rimbombante ai primini di seguirlo.
Bucky salutó con la mano il gigante.
"Ciao Hagrid, mi fa piacere vedere che stai bene."
"Oh Barners, altro che! E questo mingherlino chi è?"
"Steve Rogers, molto piacere."
"OHHH piacere mio piccolo! Vedrai come ti divertirai qui ad Hogwarts! Io sono Rubeus Hagrid custode delle chiavi e dei luoghi del castello."
"Lo affido a te, allora!" Rise Bucky
"Ma certo!"

Attraversarono il lago che divideva la stazione dal castello su delle barche che a Steve parevano poco stabili e che pareva si muovessero da sole, o forse era proprio così.
Arrivarono al castello, all'entrata una signora con i capelli raccolti in uno chignon e dall'espressione accigliata li accolse.
"Benvenuti ad Hogwarts." Disse. "Tra poco ci sarà la cerimonia dello smistamento dove verrete smistati in una delle quattro case che sono: Grifondoro, Serpeverde, tassorosso e corvonero. Dopodiché verrà servita la cena."

Steve si guardò intorno cercando nella folla dei capelli corvini ma non li vide. È senti in bocca un po' d'amarezza.

Quando entrarono nella sala grande, il soffitto pareva stellato, pareva quasi che non ci fosse il tetto e che al suo posto ci fosse un grande squarcio che dava direttamente verso il cielo.
La professoressa McGranitt, quello era il nome della strega che gli aveva accolti, li fece fermare davanti alla zona rialzata dove vi erano i tavoli dei professori. Nell'angolo Hagrid beveva un grosso sorso dal suo calice.
"Quando chiameró i vostri nomi, verrete qui, vi siederete sullo sgabello ed il Cappello Parlante vi smisterà."
Un vecchio straccio tutto rannicchiato e con mille diverse toppe, quando sentì chiamare il suo nome si rizzò, poi una di quelle toppe si squarciò e cominciò a muoversi tipo bocca:

Forse Pensate che non sono bello
ma giudicate da quel che vedete
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Potete tenervi le vostre bombette
i vostri cilindri lucidi e alteri,
son io quello che al posto vi mette
e al mio confronta gli altri son zeri.
Non c'è pensiero che nascondiate
che il mio potere non sappia vedere,
quindi indossatemi ed ascoltate
qual è la casa in cui rimanere.
E' forse Grifondoro la vostra via,
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore.
O forse è Tassorosso la vostra vita,
dove chi alberga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale.
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio,
se siete svegli e pronti di mente,
ragione e sapienza qui trovan linguaggio
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
voi troverete gli amici migliori
quei tipi astuti e affatto babbei
che qui raggiungono fini ed onori!
Venite dunque senza paure
E mettetemi in capo all'istante
Con me sarete in mano sicure
Perché io sono un cappello parlate


Quando finì ci fu un grande applauso da parte degli studenti già seduti, chi fischiava e chi urlava 'bravo!'
Invece, gli stupendi più piccoli si guardavano l'un l'altro un po perplessi.

"Molto bene. Bruce Banner."
Un bambino grassoccio con capelli ricci si fece spazio quasi inciampando nei suoi stessi piedi ed andò a sedersi sullo sgabello. La professoressa gli mise in testa il cappello e l'intera sala cadde in un assoluto silenzio.
"Molto bene. Corvonero!" Urló il cappello poco dopo.
Il bambino felice raggiunse i suoi compagni al tavolo.
"Wanda Maximoff?"
Una ragazzina dai capelli lisci come seta e dalla pelle candida sali le scale con immensa eleganza e andò a sedersi.
Il cappello non ci mise molto neanche con lei e dopo poco urló un Grifondoro che rimbombò nell'intera sala. "Si dice che sua nonna fu una veela." Senti dire Steve alle sue spalle e si annotó questo termine in testa. Doveva chiedere a Bucky cosa significasse.
"Pietro Maximoff." Un ragazzino con i capelli argentei e la pelle candita sali anche lui sullo sgabello. Risero tutti quando trasformò la sua faccia in quella di un'anatra. "Un Metamorfomagus eh?" Chiese la McGranitt.
"Mia sorella non è capace di farlo. Eppure siamo gemelli!"
Lo zittì mettendogli il cappello in testa.
Ci volle qualche minuto in più rispetto agli altri, ma alla fine un "Tassorosso!" Venne fuori dal cappello.
Fu il turno di altri studenti che andavano correndo verso i tavoli e sedendosi in mezzo si loro nuovi compagni che gli davano il benvenuto con pacche sulle spalle, hiphip hurrà e strette di mano.
"Steven Grant Rogers."
Il cuore che si fermò quando sentì il suo nome pronunciato da quelle labbra fine. Era giunto il suo momento. Avanzó sugli scalini, e si sedette sullo sgabello.
 Cercó nel tavolo dei Serpeverde lo sguardo del suo amico Bucky ma invece, più in basso, tra la folla di primini, trovó quello di Tony Stark che lo fissava con quei suoi occhi ambrati. Fu l'ultima cosa che vide poi il buio dato dal cappello sopra ai suoi occhi.
"Bene bene. Cosa abbiamo qua?" Disse una vocina che sembrava provenisse dalla sua testa. Una sensazione strana in effetti. "Coraggio da vendere, vedo. Ma ... Gli amici prima di tutto, eh? Mmh vediamo Rogers, vediamo.
Dunque, si, ho deciso! TASSOROSSO!" Un forte boato dal tavolo dei gialli nero rimbombó nella sala e Steve scese dallo sgabello per unirsi ai suoi nuovi compagni.
Ne mancavano ancora pochi. Una decina forse.
James Rodhes che fu smistato in Serpeverde e poi fu il suo turno.
Il ragazzo dai capelli corvini, Tony, quando fu chiamato il suo nome, si sistemò gli occhiali e poi si sedette. Il cappello parlante ci mise un bel po'. Forse fu il suo, il più lungo smistamento.
Ma dopo quasi 6 minuti urlò un Corvonero che fece impazzire il tavolo dei blu.
Steve lo guardò allontanarsi rimanendoci un po’ male. Gli sarebbe davvero piaciuto finire nella stessa casa.


Il tavolo dei tassorosso era in mezzo tra il tavolo dei Corvonero e dei Grifondoro. Steve era seduto vicino al suo nuovo amico Clint Barton che divorava cosce di pollo alla velocità della luce.
Il ragazzo che trasformava la sua faccia, Pietro, si stava cimentando nel mangiare la sua zuppa di zucca con la faccia di un maiale mentre tutti affianco a lui ridevano di gusto. Aveva già capito che sarebbe diventato il più popolare tra i tassorosso e forse anche nella scuola.

A fine cena i prefetti delle case accompagnarono i nuovi studenti nei loro dormitori. Quello della casa giallo e nera, era tozzo, con occhi azzurro cielo ma con un sorriso dolce ed amabile.
"Sono Philipp Coulson, ma potete chiamarmi Phil se preferite." Si era presentato così.
Il dormitorio dei tassorosso era nei sotterranei, bisognava scendere dove la luce era artificiale con delle fiaccole attaccate al muro roccioso.
Steve si accorse che c'erano diversi Serpeverde che andavano e venivano. "Anche il dormitorio dei Serpeverde è nel sotterraneo." Spiego Phil. "Loro sono nella zona ovest, mentre noi in quella est, vicino alle cucine. Eccoci arrivati." L'ingresso era nascosto da alcune botti di legno. "Fate molta attenzione ora. Per accedere alla sala comune bisogna tamburellare il giusto ritmo sulla botte giusta. Perché se non lo si fa correttamente, un'altra botte si aprirà inondandovi di aceto.
Phil tamburello un ritmo lento sulla botte a destra, e la botte centrale si spalancò rivelando uno stretto corridoio.
Entrarono in fila indiana e finirono in una sala circolare. Di fronte a loro il quadro che rappresentava Tosca Tassorosso, fondatrice della casa che brindava felice in onore dei suoi nuovi studenti.
Sotto al quadro due porte circolari anch'esse, una che conduceva al dormitorio femminile- quello di destra- è uno a quello maschile -quello di sinistra-.
"Spero che amerete la vostra nuova casa e che andrete d'accordo con tutti. Se avete bisogno io sono sempre disponibile! Beh, che devo dire? Benvenuti piccoli tassi!"


Grazie per aver letto fin qui! Grazie a quelli che recenseranno e grazie anche a chi non lo farà ahaha
Perdonate eventuali errori ma non sono tanto capace di scrivere però volevo troppo raccontare questa storia, fare il crossover tra due cose che amo- anzi, tre e quindi beh eccomi!
Spero vi sia piaciuta!
Un bacio
Hayle <3

Ps. La ff è disponibile anche su Wattpad
mi chiamo Kowalski-

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Capitolo 2
*** II ***


II.
 
Erano passate ormai già due settimane dal primo settembre, Steve ancora non si era ambientato del tutto ma aveva imparato – grazie all’immensa pazienza di Clint Barton- a tamburellare correttamente, con il giusto ritmo e sulla giusta botte senza essere ogni volta travolto dall’aceto che lo lasciava con un odorato poco carino per un paio di giorni.
Ma era uno dei pochi ad averlo capito, anche se sospettava che Pietro Maximoff lo facesse apposta a farsi travolgere ogni volta. Sospettava che ci godeva un po’ nel dare spettacolo e a far ridere gli altri.
Ma in quelle due settimane non erano le uniche cose che aveva capito: ad esempio, aveva appreso in gran velocità che la sua materia preferita era Difesa Contro Le Arti Oscure, mentre la materia che più odiava era Storia della Magia. In realtà non è che la odiasse. Era più che altro che lo annoiava terribilmente a causa dell’insegante: Il professor Ruf ovvero un fantasma del castello che si dice abitasse nelle mura ancor prima che arrivassero i Fondatori di Hogwarts ma a questo, Steve, non sapeva se crederci o meno. Ad ogni modo, il suo tono di voce era decisamente apatico e atono e ad ogni frase pronunciata il piccolo Tassorosso – e a dire il vero l’intera classe- venivano sopraffatti da un intorpidimento e una sonnolenza che neanche con dieci mila caffè si sarebbero mai ripresi.
 
Erano le due di un pomeriggio di settembre e Steven si trovava al tavolo dei Serpeverde nella Sala Grande vicino a Bucky il quale era tutto intento a sfogliare un grosso libro dalle pagine giallastre e a scarabocchiare ai margini alcuni appunti. Davanti al giovane Tassorsso c’era invece Natasha, i suoi capelli quel pomeriggio invece di essere mossi erano perfettamente lisci e anche lei era concentrata, ma non su di un libro come il compagno ma bensì sulla tazza davanti a sé.
Puntava la bacchetta, borbottava qualcosa sotto voce e l’oggetto si trasformava in un piccolo anatroccolo dal piumaggio arruffato per poi, con un altro colpo di bacchetta tornare all’oggetto che era.
“Come ci riesci?” chiese curioso Steve con tutto lo stupore che può avere un bambino di 11 anni.
“E’ un incantesimo che ti insegnano in seconda.” Sorrise la Romanoff compiaciuta da tutto quell’elogio. “Devi aspettare ancora un anno per eguagliarmi, Rogers. Però vedrai, la McGranitt può sembrare davvero cattiva con le sue sopracciglia corrugate ma è davvero una gran brava professoressa.”
Steve voltò il capo verso il banco dei professori, l’insegnante stava parlando con il Professor Silente il quale la guardava sorridente al di sopra dei suoi occhiali a mezzaluna.
“Che lezione hai adesso, Stevie?” chiese Bucky senza spostare minimamente il naso dalle pagine del libro.
“Erbologia nella serra uno. Credo che oggi inizieremo a studiare le ortiche.”
“Allora è meglio che ti sbrighi.” Raccomandò l’amico. “Manca solo mezz’ora all’inizio della lezione e la serra non è proprio dietro all’angolo. Non ti dispiace vero, se non ti accompagno? Ho Trasfigurazione e la McGranitt vuole un Vera Verto perfetto senza code ne orecchie.”
Steve sembrò perplesso ma in quel momento pensò di non aver mai visto Bucky così serio. Perciò infilò la pergamena ed il resto della sua roba nella sua borsa a tracolla e si incamminò verso il portone sempre aperto della Sala Grande.
 
 
Era arrivato giusto in tempo per la lezione, le altre volte non gli era sembrata così lontana la serra, ma probabilmente aveva fatto male a lasciarsi guidare per un pezzo di strada dal Poltergeist Pix.
“Scusi per il ritardo, Professoressa.” Pronunciò una volta richiusa la porta dietro di se.
“Non ti preoccupare Rogers. Sei preciso come un orologio svizzero! Siediti pure li, vicino al Signor Stark.” Ridacchiò la cicciotella e tozza insegnante.
Steve roteò il viso nella direzione indicata e lo vide.
Il ragazzo dai capelli corvini, Tony Stark, quando sentì pronunciare il suo nome alzò lo sguardo puntellandosi gli occhiali sul naso e intrecciò i suoi occhi ambrati in quelli azzurri di Steve sorridendo.
Era dalla cerimonia dello smistamento che non si vedevano. Avevano poche materie in comune e anche in quelle circostanze era davvero difficile trovarsi a causa della moltitudine di studenti che vi erano in entrambe le case.
“Ciao!” salutò cordiale il biondo sedendosi accanto al moro.
“Ciao” ricambiò quest’ultimo con lo stesso tono entusiasta.
“Benvenuti a questa lezione di Erboligia.” Annunciò la professoressa Sprite con un colpo di mani attutito dalla presenza di guanti in pelle di drago. “Oggi studieremo le Ortiche. Come avete notato al vostro arrivo sono stati disposti questi vasetti sul tavolo. Dunque, chi mi sa dire le proprietà dell’ortica?”
Un ragazzo Corvonero, con gli occhiali quadrati ed i capelli riccioluti alzò la mano timidamente.
“Si, Signor Banner?”
“D-dunque” balbettò “L’ortica è una delle piante con il maggior numero di proprietà medicinali. Le foglie contengono clorofilla che rendono le foglie verdi e questo conferisce alla piana una spiccata proprietà antianemica, infatti si usa contro l’anemia perché contiene ferro e acifo folico che stimolano la produzione di globuli rossi. E’ usata anche contro le emorragie grazie alla sua proprietà emostatica. E’ utilizzabile anche in caso si convalescenza, denutrizione ed esaurimento perché le foglie sono ricche si Sali minerali specialmente il silicio e di vitamine A C e K.
Viene anche usata per trattare malattie della pelle come eczemi, eruzioni cutanee e anche contro l’acne grazie alla sua azione emolliente.”
“Molto bene! Davvero molto, molto bene!” esclamò tutta soddisfatta la professoressa. “15 punti a Corvonero! Molto bene! Ora, ragazzi voglio che vi mettiate a coppia e che rinvasiate le ortiche. Dovete tener conto del terriccio, del concime e la cosa più importante:” L’insegante prese con cautela una piantina, la sfilò dal suo vaso e spostò le foglie cosìché il gambo era ben visibile all’intera classe. “usate i guanti perché le ortiche sono provviste di questi piccoli peletti semi visibili e se non li maneggiate con cura potreste rimanere punti il che causerebbe una reazione sulla vostra pelle simile a bruciature e a plurito.”
“Vuoi stare in coppia con me?” chiese incerto Steve per paura di un rifiuto a Tony.
Il moro sorrise: “Stavo per proportelo io.”
 
 
“Dunque, Rogers, giusto?” domandò Stark. In realtà sapeva benissimo come si chiamava il biondino. Lo ricordava ancora da quel giorno a Diagon Alley.
“Si, ma puoi chiamarmi Steve se preferisci.”
“Bene, Steve. Dobbiamo preparare il terriccio.” Tony afferrò uno dei due sacchetti posti davanti a loro: “Questo, contiene letame di drago. E’ il miglior fertilizzante al mondo! Quindi io dico che dobbiamo usarlo se vogliamo che la nostra pianta cresca.”
“Per il terriccio io dico di usare quest’altro: terra proveniente dal fondo del lago nero è stata poi lavorata con Aconito e Lavanda, che ne dici?” Si guardarono negli occhi per un istante, complici e consapevoli che la loro pianta sarebbe diventata la più bella e la più forte dell’intera scuola.
“Okay, mettiamoci al lavoro.” Dissero all’unisono.
Tony si arrotolò le maniche della casatta fin sopra al gomito, si sistemò meglio i guanti scuri e si sistemò anche gli occhiali.
Steve già pronto, afferrò la loro piantina e la spostò in un angolo.
Dopo una decina di minuti il terriccio era pronto e tutto procedeva secondo i piani.
Al ché, con l’aiuto della paletta in ferro Steve forò leggermente la terra formando una specie di cratere e Tony, prese l’ortica, la estrasse dal vasetto e il seguito successe tutto in un battettito di ciglia.
Un ragazzo dietro di lui tornava dal suo compagno, questo ragazzo massiccio per farsi strada andò a sbattere contro Tony che per salvare la sua piantina dall’imminente caduta si gettò a terra venendo però colpito sul braccio scoperto dal gambo il quale ancora più velocemente dell’azione appena descritta gli lasciò un grosso bollo rosso che in men che non si dica cominciò a bruciare e a propagarsi.
 
Tony fu spedito in infermeria ancor più veloce della luce e Steve si propose di accompagnarlo.
“Il nostro sogno dell’Ortica più bella è andato già a farsi benedire!” rise Tony trattenendosi dal grattarsi il braccio.
“Ci rifaremo con qualcos’altro. Pensiamo a te ora.”
Tony sentì le guance avvampare leggermente. Nessuno si era mai preso cura di lui come Steve in quel momento che gli cingeva le spalle aiutandolo a camminare non curandosi del fatto che le sue gambe stavano bene e che quindi avrebbe potuto farcela anche da solo ma non aveva importanza. Gli piaceva stare li.
 
Si persero un paio di volte prima di arrivare in infermeria che si trovava al primo piano.
Madame Chips si arrabbiò parecchio quando vide il braccio di Tony. Urlò ai due ragazzi che sarebbero dovuto venire decisamente prima.
Corse di qua e di la nella sala portando con se delle garze e alcune boccette dalle forme bizzarre mentre Tony si sedeva sul letto a godersi quel buffo spettacolo e Steve rimaneva in piedi accanto a lui.
“Metti questo unguento ogni 12 ore per 3 giorni. E tieniti la fasciatura per 5. Poi torna da me, anche se dovrebbe esserti più che passata.” Disse la Chips mentre era tutta intenta a fasciare il braccio di Tony a mo di mummia.
 
Quando uscirono la lezione di erbologia era già finita da qualche minuto.
“Non mi va di tornare già al dormitorio. Sono solo le 5 di pomeriggio! Che ne dici Rogers? Vieni con me a fare un giretto fuori?” propose il moro stiracchiandosi.
Steve sapeva che doveva finire il tema di pozioni riguardante i Bezoar ma senza pensarci due volte rispose che gli avrebbe fatto molto piacere stare ancora un po’ con lui.
 
 
Il cielo era ancora azzurro puntellato di qua e di la da delle nuvole rossicce, il sole era calato da poco ma si stava ancora bene fuori.
Il venticello della sera era fresco e portava con se alcune foglie che stavano già cadendo dal platano picchiatore in lontananza.
“Parlami di te, Steve.” Propose Tony.
“Non c’è molto da sapere su di me.” Rispose sincero Steve cacciando una pietra.
“Qualcosa ci sarà!” fischiettò il moro.
“Mhh. Mi chiamo Steven Grant Rogers, ho 11 anni, amo disegnare, vivo in una villetta in periferia di Londra, mio padre è un babbano ed è un veterano della guerra in Vietnam ma ora è in pensione, mia madre invece era una strega che ha lavorato in un ospedale come infermiera, ora che ci penso non ricordo il nome dell’ospedale… una cosa simile a San… Mu… dovrei chiedere a mio padre, sta di fatto che ormai è morta da circa sette anni per una malattia contagiosa che ha preso mentre lavorava.” Prese un respiro nel quale si voltò a guardare Tony che sembrava al quanto dispiaciuto per le sorti di Sarah Rogers ed infatti il biondo si affrettò ad aggiungere: “Non preoccuparti, è vero a volte mi manca ma ormai non ricordo neanche che faccia avesse.” Ci fu un attimo di silenzio ed entrambi guardarono il lago nero che si estendeva all’orizzonte.
“Tu invece?” chiese curioso Steve.
“I miei genitori sono entrambi purosangue, anzi non credo esista un babbano nell’intero albero genealogico della famiglia Stark. Mio padre nel mondo babbano costruisce armi da guerra, viaggia spesso e in casa non c’è mai stato per più di una settimana consecutivamente. Mia madre lo segue ovunque vada e infatti anche lei è sempre in giro. Sono stato cresciuto dalle tate, balie, chiamale come vuoi ma non dai miei veri genitori ad ogni modo.
Non ho proprio un’infanzia felice pensandoci bene, alle elementari ero bullizzato perché la mia famiglia era più ricca delle altre e conosciuta in ogni dove. Invece nel mondo magico siamo conosciuti come una delle poche famiglie purosangue. Mio padre ha dei contatti con i Malfoy, un’altra famiglia molto famosa nel mondo magico, ne hai mai sentito parlare?” Steve scosse la testa. “Beh, poco male. A me non importa di essere famoso per queste sciocchezze. Io voglio esserlo per le cose che faccio e per chi decido di essere.” Si sedette sull’erbetta fresca in riva al lago. Il cielo si stava tingendo dei colori della notte ed ora le nuvole che sovrastavano il castello erano ancor più rosse.
Steve si andò a sedere vicino a lui.
“Anche io lo voglio. Essere quello che sono, e diventare ciò che voglio.”
“Facciamoci una promessa allora, Rogers.” Tony allungò il mignolo del braccio orticato. “Promettiamoci di passare questi sette anni insieme il più possibile e di aiutarci a vicenda, che ne dici?”
Steve sorrise, uno di quei sorrisi luminosi che fanno assottigliare gli occhi.
“Si, te lo prometto.”
 
 
 
 
Erano passati alcuni mesi dalla loro promessa, orami Tony si era inserito più che bene nel nuovo gruppo presentatogli da Steve. Era diventato subito amico di tutti anche se, onestamente Bucky gli stava un po’ sullo stomaco. Continuava a non darci troppo peso ma ogni volta che vedeva il rapporto che vi era tra lui e Steve sentiva un nonsoché alla base dell’esofago.
Invece era diventato molto amico di Natasha con la quale si scambiavano battute da intellettuali che solo loro due riuscivano davvero a comprendere scoppiando a ridere sotto gli sguardi ignoranti degli altri.
A metà del primo quadrimestre che stava davvero passando in fretta, andarono a vedere la partita di Quidditch delle case al campo al limitare della Foresta Proibita.
“Quali squadre scendono in campo?” chiese Steve sistemandosi meglio la sciarpa intorno al collo.
“Grifondoro contro Corvonero.” Rispose Clint afferrando alcune foglie secche per terra e mettendole poi dentro al cappuccio di Phil Coulson che ignaro di tutto continuava a camminare davanti a loro.
“Corvonero non ha possibilità di vittoria! Cavolo, Grifondoro ha il miglior battitore del secolo!” proferì la rossa.
“E chi è?” chiese ancora Steve.
“Thor Odison. E’ di origini nordiche, e diciamocelo, sembra un Dio.” Continuò Natasha.
“Cos’è? Hai una cotta?” chiese Bucky lasciandole una gomitata sul braccio.
“E chi non ce l’ha?” dichiarò in tutta risposta facendo spallucce.
 
Andarono sugli spalti e da lassù Steve potè notare che vi era una bellissima visuale sul castello e si maledì di non avere con se un blocco degli appunti per farci uno schizzo.
“Chi gioca in Grifondoro?” chiese Tony vedendo che i giocatori delle due case si stavano preparando a galoppo delle scope.
“Dunque.” Cominciò Clint sporgendosi leggermente per vedere meglio. “Thor che è il battitore insieme a Jemma Simmons” ed indicò una ragazza magrolina dai lunghi capelli biondi. “Bobbi Morse cacciatrice insieme a Peter Quill e Johnny Storm, poi Peggy Carter che è portiere e capitano e infine la cercatrice Daisy Johnson che devo ancora capire perché si faccia chiamare Skye.”
 
Madama Bumb lanciò il fischio di inizio e con esso anche la Pluffa. I due Bolidi già sfrecciavano nel cielo e il boccino d’oro era già stato perso di vista da almeno il 98% degli studenti.
I giocatori sfrecciavano a destra e a sinistra, uno studente il quale teneva la cronaca facendo rimbombare la sua voce con una magia per farsi sentire da tutti, urlava di tanto in tanto qualche parolaccia seguita a ruota dalle ramanzine della professoressa McGranitt.
“Grant Ward di Corvonero lancia la Pluffa ed èèèèèè parata! Ottima presa della nostra Peggy Carter! Intanto vediamo come Skye e Maria Hill le due cercatrici siano alla ricerca del boccino che porterà direttamente alla vittoria—aspettate un momento! GOAAAAAL! Avete visto tutti? Bobbi con un dribbling perfetto ha schivano i tre cacciatori di Corvonero e l’ha messa in porta! 120 punti a Grifondoro!”
Dopo alcuni minuti di gioco, forse 10 o 15, la cercatrice dei Grifondoro alzò il braccio verso il cielo ed in controluce si vedevano due ali argentate fuoriuscire dalla mano chiusa a pugno.
“Un grande trionfo! Un grandissimo trionfo!” urlava la cronaca. “Grifondoro vince anche quest’anno!”
 
Gli spalti pian piano si svuotarono, chi tornava verso la scuola chi invece si riversava in campo festeggiando la vittoria della casa.
Clint portò il gruppo a conoscere Thor. Erano molto amici anche se quest’ultimo era di un anno più grande. Quando lo videro con i piedi ben saldati a terra, sia Tony che Steve si stupirono di quando effettivamente fosse grande e grosso. E Tony pensò pure che potesse fare concorrenza senza troppa fatica ad il guardiacaccia Hagrid.
“Thor! Amico mio!” urlò Barton andandogli incontro.
“Ehilà Midgardiano! Chi sono tutte queste persone? Di solito ti vedo sempre in solitudine.”
“Che ti devo dire, amo stare per conto mio. Comunque, beh, Bucky e Natasha già li conosci, questi due sono Tony Stark e Steve Rogers.”
“Ohh due nuove piccole reclute. Tu hai la stoffa per diventare un futuro giocatore di Quidditch!” urlò contro Steve analizzandolo un momento e poi lasciandogli una pacca sulla spalla che per qualche secondo il malcapitato penso gliel’avesse rotta.
“Gli amici di Barton, sono anche amici miei.”
 
 
Il giorno dopo erano tutti riuniti in Sala Grande per il pranzo.
Steve e Tony si erano intrufolati nel banco dei Serpeverde per stare con Natasha e James mentre Clint se n’era rimasto al tavolo di Tassorosso perché, come diceva lui ‘E’ uno spasso vedere Pietro Maximoff che mangia con il grugno’ e per nulla al mondo se lo sarebbe perso.
Ad ogni modo, erano giunti al dessert – che prevedeva torta di zucca e panna – quando un ragazzino dai capelli neri e lucenti entrò in sala seguito a ruota da Thor che gli diceva qualcosa agitatamente. Purtroppo da quella distanza e con il chiacchiericcio di sottofondo non si sentiva niente ma a quanto pareva non era il primo episodio di quella sorta di spettacolo.
“Ci risiamo.” Esordì la Romanoff con una sbuffata facendo cadere malamente la forchetta nel piattino.
“Cosa sta succedendo?” chiese ingenuamente Tony.
“Quello è Loki Laufeyson, il fratello di Thor.”
“Fratello?”
e’ adottato, a dire il vero.” Si affrettò ad aggiungere Bucky. “Adora perseguitare il povero Thor che stravede per lui.”
“Ah è vero, lo ha scoperto da poco che è stato adottato però. L’anno scorso ancora non lo sapeva.”
“Poco importa, non mi è mai andato giù.”
Nella scena che potevano vedere ma non udire, Loki si era appena girato verso il fratello e gli aveva urlato qualcosa ma poi si era rilassato e lo aveva guardato con un ghigno beffardo. Thor si era rattristato, lo aveva salutato ed ora stava venendo dalla parte dei ragazzi.
“Allora amico, che è successo?” chiese James fingendo interesse.
“Nulla di nuovo. Papà che mi scrive di convincere Loki a mandargli qualche lettera di tanto in tanto ma lui non ne vuol sapere. Sapete no, da quando ha scoperto la verità odia nostro padre con tutte le sue forze. Ma a me non interessa, per me rimane mio fratello.”
Afferrò una fetta di torta e la trangugiò.
“Non ti preoccupare Thor, sono sicuro che le cose si sistemeranno.” Sorrise Steve sedutogli affianco.
“E’ vevvo aveve avivi cove voi.” Singhiozzò il nordico con la bocca piena e sputacchiando pezzi di torta qua e là. {è bello avere amici come voi}
Una voce alle loro spalle li fece sussultare.
“Thor, ricorda gli allenamenti questo pomeriggio.” Era una ragazza dai capelli mossi corti tenuti lontano dal viso in una pettinatura vintage, le labbra carnose coperte da un leggero strato di rossetto rosso e un velo di trucco sugli occhi. Era elegante nella sua divisa di grifondoro e pur essendo rotondetta era molto atletica.
“Peggy, come potrei dimenticarmelo? Me lo hai già ricordato tre volte in una sola mattinata.” Bofonchiò il ragazzone.
“Te lo ricordo perché so che altrimenti te ne dimenticheresti. E per favore, di a tuo fratello che siamo stanchi di assistere alle sue scenate all’ora di pranzo.”
E detto questo, il Capitano della squadra di Quidditch di Grifondoro girò i tacchi e sparì tra la folla di studenti che cominciavano ad uscire dalla sala per recarsi nelle varie aule.
Ma prima che fosse spartita del tutto, Steve la guardò per un’ultima volta pensando che fosse davvero una bella ragazza.
 
 
Passarono nuovamente i mesi ed arrivò l’inverno e con se il Natale.
Hogwarts si stava riempendo di addobbi ed abeti portati dalla Foresta Proibita da Hagrid il quale tutto orgoglioso andava in giro dicendo che erano i dodici Alberti per natale più belli che avesse raccolto da decenni.
Steve e Bucky stavano andando verso la sala Grande per la colazione. Essendo che entrambe le loro case erano collocate nei sotterranei avevano preso l’abitudine di aspettarsi a vicenda vicino alle scale.
“Quindi sei sicuro?” chiese Bucky dopo averlo salutato. “Resterai qui per Natale?”
“Si.” Fece il biondo. “Sai che i miei natali non sono mai stati chissà che. Mio padre lo ha sempre voluto festeggiare con i veterani e io a quelle ‘feste’ mi annoio a morte. Per cui quest’anno che ne ho l’occasione voglio festeggiarlo qui.”
“Ho sentito che anche Tony forse starà a scuola.” Sorrise il più grande. “Almeno sono felice di non saperti solo.”
A Steve mancò un battito cardiaco. Se Tony sarebbe rimasto a scuola sarebbe stato sicuramente il natale più bello della sua vita. Sorrise all’idea di mangiare i dolciumi natalizi con l’amico e di scambiarsi i doni.
I doni.
Afferrò improvvisamente Bucky per il mantello facendolo quasi sbilanciare e se non si afferrava alla ringhiera sarebbe sicuramente caduto all’indietro.
“Sei pazzo? Vuoi uccidermi?” ma quando vide il suo miglior amico bianco come una pezza si preoccupò. “Cosa c’è Stevie? Ti senti bene?”
“S-se Tony resta qui—non ho la minima idea di cosa regalargli!”
“Ehy, non esserne così sconvolto! Ti aiuto io! Pensa a cosa vorrebbe! Appena tornerò a Londra l’andrò a comprare e poi te la invierò via gufo e quando tornerò mi ridarai i soldi, visto? C’è una soluzione a tutto.”
“Ah Buck, come farei senza di te?”
“Non ce la faresti, semplice.
 
Quella mattina, che era l’ultima e poi sarebbero iniziate le vacanze, Tassorosso e Corvonero condividevano l’aula di Storia della Magia e quindi, Tony e Steve ne avevano approfittato per mettersi vicini e scriversi messaggi sulle pergamene tutto il tempo.
“Che noia questa lezione!” aveva scritto per primo Steve.
“Come tutte le altre.” Aveva risposto Tony.
“Bucky mi ha detto che forse resterai per Natale, è vero?” chiese curioso il biondo.
“Alla fine si. Fino a ieri sera ancora non ne ero sicuro. Papà e mamma andranno a Rio De Janeiro per non so quale scopo e quindi mi hanno chiesto di rimanere qui.”
“Sono felice.” Scrisse sorridendo poi il giovane tasso.
A Tony gli divennero le punte delle orecchie rosse. “Lo sono anche io.”
“Passiamo il Natale insieme, ti va?”
“Passo con te tutte le vacanze se ti fa piacere.” Sorrise ancora il moro sistemandosi gli occhiali e puntellando la piuma nell’inchiostro.
“Si, mi piacerebbe molto.”
 
Il giorno dopo il castello era praticamente vuoto se non fosse stato per una cinquantina di studenti che se ne stavano a parlare tra loro nel cortile innevato.
La McGranitt si aggiunse agli studenti tutta avvolta in un cappotto nero con il colletto alto, sembrava tenere molto caldo.
“Dunque, studenti dal terzo anno in su voi potete andare ad Hogsmeade accompagnati dal Professor Piton, Hagrid e il professor Vitious.”
Loki, che era rimasto a scuola si sistemò la sua sciarpa da serpeverde e si incamminò dietro al professor Piton che era già in marcia verso il paesino vicino.
Circa 40 studenti si dileguarono in poco tempo.
Ne rimasero pochi altri che facevano parte delle classi prime e seconde e che quindi non avevano il visto dei genitori per andare ad Hogsmeade e divertirsi come gli altri.
“Cosa possiamo fare Pomona?” chiese la professoressa McGranitt rivolta alla professoressa di Erbologia.
“Oh, Minerva. Noi insegnanti siamo in 7 e gli studenti in 10. Io penso che non accadrà nulla di pericoloso se li teniamo sotto stretta sorveglianza e ci muoviamo in gruppo.”
“Che cosa ne pensa professor Raptor?”
“Lo penso anche io. Hanno anche loro il diritto di divertirsi un po’ e di comprare qualche regalo.”
Minerva McGranitt sospirò: “E va bene. Ma è un’eccezione, sappiatelo.” E fulminò gli studenti con lo sguardo.
 
Mentre scendevano la stradina innevata che portava ad Hogsmeade, Steve guardò gli altri studenti:
erano lui, Tony, Bruce Banner, i fratelli Maximoff un ragazzo del secondo anno dalla pelle rossastra con strani disegni sul volto e anche lui portava la divisa dei Corvonero, una ragazza di Serpeverde dalla pelle bluacea, un Tassorosso massiccio che a vederlo di primo in patto non si direbbe fosse solo del secondo anno, una due giovani Grifondoro che non aveva mai visto prima di allora.
Ma scrollò le spalle puntando gli occhi sulla schiena di Tony che gli stava davanti e sorrise all’idea di passare due settimane con lui.
 
Il paesino contava si è no una trentina di case divise a metà dalla strada principale.
Agli occhi risaltava subito il grande albero vicino alla chiesetta che aveva appena finito di suonare le capane e il bar di fronte con le luci accese che illuminavano la neve di giallognolo.
I professori entrarono nel primo negozio della strada ‘Mielandia’ recitava il cartello sopra alla porta vetrata.
Al suo interno vi erano dolci di tutti i tipi.
‘Qual è il tuo dolce preferito?” chiese Tony afferrando una manciata di Api Frizzole e mettendole in un sacchettino a pois.
“Non è che ne abbia uno preciso, ma direi le cioccorane perché sto facendo la collezione di figurine. Le tue?”
“Direi Gelatine tutti gusti + 1. Sai, una volta ne ho trovata una al gusto di vomito! Davvero disgustosa.” Rise aggiungendo diverse gelatine al suo sacchetto.
 
Una volta usciti da Mielandia, sia Tony che Steve avevano le tasche piene di dolcetti e il biondo non seppe aspettare e scartò velocemente una cioccorane. Questa, come la maggior parte delle volte saltò su e scappò via.
“Chi hai trovato?” chiese il moro poggiando il mento sulla spalla per vedere il mago o strega.
“Gregory il Viscido. Peccato, ce l’ho doppia.”
“Chi ti manca?”
“Vediamo…” e Rogers fece il gesto di contare le figurine mancanti sulle dita delle mano “Morgana, Godric Grifondoro e Circe.”
Mentre stavano parlando, i professori li condussero nel negozio accanto Mondomago
Oggetti di tutte le sorti erano disposti ordinatamente su tavoli di varie altezze e in vetrine.
C’erano davvero tutti i tipi di cose immaginabili ma solo una cosa aveva attirato l’attenzione di Steve:
un bellissimo album da disegno con matita e gomma magiche e comprendeva anche una scatola di acquarelli che cambiavano colore.
Con la mano in tasca a Steve gli si strinse il cuore. Avrebbe davvero voluto quel set da artista magico ma doveva prima pensare al regalo per l’amico. Quindi con tutta la forza di volontà che aveva in corpo si girò dall’altra parte ed andò vicino al moro che se ne stava in piedi accanto ad un tavolo dove era in corso una battaglia tra scacchi: pedine nere contro pedine bianche.
Forse aveva trovato il regalo perfetto.
Quando lo richiamò all’attenzione, la Regina sgozzò l’Alfiere che cadde a terra inerme.
 
 
 
Quando si svegliò nel suo letto Steve si sentiva felice come non mai.
Si alzò velocemente e per questo dovette fermarsi per colpa delle vertigini improvvise.
Una volta passate, si mise ai piedi del letto e li, raggruppati in un mucchietto vi erano svariati pacchetti dalle forme di grandezza diversa.
Ne prese uno, il più grande: ‘Da papà’ lo aprì in fretta. Era bello essere da solinel dormitorio, per una volta non doveva fare piano per non svegliare i compagni.
Il regalo di suo padre consisteva in una vecchia scatola di legno con incise le lettere S.R.
Al suo interno sopra ad un panno di stoffa rosso scuro vi era una lettera:
‘Caro Steve,
questo era il set che usava tua madre per dipingere.
Spero che i colori siano ancora buoni dato che è passato parecchio tempo.
Saluta James da parte mia.’
Joseph
 
Sotto al panno vi erano cinque barattoli di diversi colori, a destra alcuni pennelli in perfette condizioni e se si estraeva la parte dei colori, sotto si trovava la tavolozza.
Steve era felicissimo per quel regalo. Non sapeva che sua madre dipingesse e scoprendolo si sentì davvero felice di avere questa cosa in comune con lei.
Prese un secondo regalo, da parte di Bucky
‘Ecco la scacchiera che mi avevi chiesto! Spero possa piacere a Tony (a proposito auguragli un buon natale da parte mia) spero possa piacere anche a te il tuo regalo!’
Steve scartò la carta argentata e vi trovo un pacco un po’ più grande con scritto per Tony e uno un po’ più piccolo con scritto Stevie
Scartò velocemente quello con il suo nome e vi trovò una scatola di cioccorane, alcuni fumetti e un maglione blu con delle strisce rosse e bianche sull’addome e una grossa stella sul petto bianca contornata da un filo argentato luccicante.
La indossò subito. Adorava i maglioni della madre di Bucky perché lo facevano sentire parte della famiglia Barners. In fin dei conti, James era come un fratello per lui.
Gli altri regali consistevano in dolcetti, nuove pergamene, alcuni libri per una piacevole lettura ed altre cose molto carine da parte dei suoi nuovi amici.
Si cambiò i pantaloni con dei jeans, si infilò gli scarponi e si avviò verso la sala grande con il pacco regalo per Tony.
 
Il moro era già seduto al tavolo dei corvonero che sorseggiava del buon succo di zucca.
“Ce l’hai fatta finalmente! Non pensavo fossi un tale dormiglione.” Salutò Tony quando Steve si sedette di fronte a lui.
“Scusami, sono stato occupato dai regali. A proposito, questo è per te da parte mia.” Sorrise porgendogli il regalo.
“Anche io ho un regalo per te!” esultò il Corvonero afferrando il regalo accanto al suo gomito “Spero ti piaccia.”
Entrambi furono impegnati a scartare i propri regali con il cuore leggermente accelerato.
Quando il biondo scoprì cosa si nascondesse sotto alla carta blu elettrico si trattenne quasi dal piangere di gioia.
Era il set d’artista mago che aveva visto ad Hogsmeade. Non poteva crederci.
Alzò lo sguardo per ringraziare il moro ma quando puntò i suoi occhi su di lui vide Tony con un gran sorriso stampato in faccia:
“Come facevi a sapere che era quello che volevo?”
“E tu come hai fatto?” rise Steve.
Quello, pensò guardando l’espressione felice che dipingeva di rosso le guance di Tony
Era sicuramente il miglior natale
Di tutta la sua vita.
 
“Avanti Tony.” Sorrise. “Insegnami a giocare agli scacchi dei maghi.”

FINE





 
 
 
 
Ciaaaaao! Sono Hayle <3
Volevo ringraziare chi ha recensito e chi ha letto! GRAZIE DI CUORE AWWWW
E mi scuso per questo capitolo-- soprattutto verso la fine temo ci saranno alcuni errori ma purtroppo sono impegnata ultimamente con varie cose e non sono arrivata a rileggerlo per cui MI DISPIACE
Comunque,
non credo che i prossimi capitoli saranno così lunghi-- o almeno lo spero perché sennò non finirà mai questa ff ahhahaha
Grazie ancora a tutti!
Un bacio
Hayle-

Ps. Perdonate i miei improbabili photoshop ahahahha La prossima volta forse li disegnerò- ma non credo ahahhaha

 

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Capitolo 3
*** III ***


III
 
“Non è possibile che siano già passati così tanti anni da quando vi ho conosciuti per la prima volta! Proprio non riesco a capacitarmene.” Disse Clint Barton quando vide entrare Steve Roger e Tony Stark nel solito scompartimento dell’Espresso per Hogwarts che ormai condividevano da quattro anni.
“Mi dispiace dirtelo Barton, ma stai proprio diventando vecchio” sghignazzò Tony.
“Si può sapere che cose ti è successo, Rogers? Quando ci siamo salutati a Londra tre mesi fa non eri così muscoloso.” Tirò su col naso Clint.
“E’ tutta l’estate che mi alleno con Bucky a Quidditch! Vuole che entri nella squadra di Tassorosso perché è stanco di veder vincere i Grifondoro.”
“Chi non è stanco?” sospirò il ragazzo dai capelli lunghi e corvini alle loro spalle.
“Ciao Bucky! Anche a voi di Serpeverde la McGranitt ha sommerso di esercizi di trasfigurazione come compiti estivi? Secondo me sta diventando pazza! Non ho neanche avuto il tempo di riposarmi.”
“Ha fatto bene.” Si intromise Natasha tutta fiera della sua spilla da prefetto puntata sul petto. “E’ naturale che ci abbia riempito di compiti, no? Abbiamo i G.U.F.O. quest’anno!”
“Non solo i G.U.F.O.” rise Barton. “C’è anche il Ballo Del Ceppo quest’anno!”
Bucky che stava bevendo del succo di zucca che aveva comprato poco prima dal carretto del treno, quasi non si strozzò.
“Cosa c’è, James? Hai forse paura ad uscire con una ragazza?”
Il poveretto avvampò.
“No di certo, semplicemente non me lo ricordavo.”
“Cosa sarebbe il ballo del ceppo?” chiese Steve.
“E’ la festa che si tiene sotto le feste di Natale a scuola ma è un avvenimento che avviene in contemporanea con il Torneo Tre Maghi!” sorrise Barton.
“E cosa sarebbe?” chiese ancora perplesso Steve.
“Beh, si tratta di un torneo che vede fronteggiarsi tre campioni che vengono sorteggiati da un calice al cui interno non vi è una bevanda ma ben si un fuoco blu! Gli studenti mettono il loro nome all’interno della coppa e poi vengono prescelti in base alle loro capacità.
Ma solo gli studenti del settimo anno possono gareggiarvi quindi possiamo starcene tranquilli e studiare per questi benedetti esami.” Brontolò infine Clint.
“Beh, io e Tony non abbiamo gli esami, tiferemo al vostro posto potete stare tranquilli.” Rise il biondo.
“Piuttosto, si sanno già quali altre scuole parteciperanno?” Chiese Tony
“Ho sentito dire,” si intromise Natasha “che ci saranno gli studenti della Scuola di Magia di Mahoutokoro e quelli della scuola di Ilvermony. Ed ora scusatemi, devo raggiungere la cima del treno, come avrete notato… sono diventata la prefetta di Serpeverde.”
 
 
La sala grande era imbandita delle più gustose leccornie. Gli elfi della cucina avevano fatto un ottimo lavoro a preparare tutte quelle gustose cose.
Prima che Steve poté afferrare una gustosa ala di pollo, ci fù un tintinnio di calice che sovrastava tutto il resto e com’era prevedibile l’intera studentesca si girò verso il tavolo dei professori.
In piedi, vi era il preside Albus Silente che con i suoi occhiali a mezza luna puntellati sul naso, si prestava a fare un annuncio.
“Buona sera ai vecchi ed ai nuovi studenti! Spero che abbiate passato una felice estate piena di avventure e amore.”
“mica tanto” borbottò Clint sorreggendosela testa con un braccio.
“Sono tempi bui questi, ragazzi miei. Molto bui! Ed è mio dovere avvertirvi come preside di Hogwarts del pericolo che sta per arrivare. Molto bui, ragazzi, molto.
Ma bando alle chance, la prossima settimana come ben sapete tutti, verranno ospitati gli studenti delle scuola di stregoneria si Mahoutokoro e Ilvermony e sarò lieto di sapere che i miei studenti si sono comportati bene con i nostri ospiti e che siano stati accoglienti.
Il Torneo Tre Maghi non è cosa da poco, per questo il Ministero – e credo di essere per la prima volta d’accordo con il Ministro – ha imposto la minima età dei 17 anni compiuti.
Per questa serà è tutto. Bon Apett!”
Battè le mani e tutti cominciarono a riempirsi la pancia.
 
 
 
 
 
 
Una settimana dopo l’inizio dell’anno scolastico, in un pomeriggio che minacciava pioggia comparvero da sopra ne nuvole delle grù di carta tutte colorate che danzavano trasportate dal vento. Si muovevano a coppie di sette, e se viste da lontano sembravano formare un arcobaleno.
Quando le gru furono a terra, da esse scesero studenti e professori dagli occhi a mandorla, quasi tutti con i capelli neri e la pelle olivastra.
“Konnichiwa!” sorrise Silente chinandosi in avanti per salutare il preside tutto stretto in un mantello nero che era appena sceso dall’origami grù color viola.
“Buonasera, Professor Silente. Come sta?” chiese chinandosi a sua volta.
E i due si persero a chiacchierare, o meglio, era il preside dagli occhiali a mezzaluna che parlava per lo più, mentre l’altro si limitava a guardarlo un po’ accigliato.
Dopo un’oretta circa, erano apparsi quasi dal nulla gli studenti di Ilvermony. Inizialmente Steve si chiese se non si fossero smaterializzati ma, poi gli venne in mente che è vietato smaterializzarsi dentro le mura di Hogwarts.
Ad ogni modo, gli studenti della scuola Americana erano davvero gentili, si era subito trovato a suo agio con un ragazzo alto dagli occhi azzurro cenere e i capelli corvini. Clark Kent era il suo nome, e in cuor suo pensò che se fosse stato estratto dal calice di fuoco avrebbe fatto il tifo sicuramente per lui.
 
 
E come volevasi dimostrare, un mese dopo, durante la serata dell’estrazione dei tre campioni, Clark Kent era vicino ai professori con in mano il bigliettino bruciacchiato con il suo nome, affianco vi era una ragazza di nome Makoto Morinaga e per Hogwarts lo studente di Grifondoro Nicholas Joseph Fury detto ‘ Nick Fury’.
Vi fu un grande applauso quando venne chiamato dalla voce profonda del preside perché era uno di quegli studenti modello e –scusate il francesismo- cazzuti allo stesso tempo.
 
Le lezioni si svolgevano tranquille mentre la prima prova era ai preparativi.
Tony e Steve non facevano altro che passare il loro tempo libero insieme scommettendo sulle varie prove e sperando che i loro favoriti vincessero.
In un primo tempo Tony teneva per la giapponese perché ‘aveva un gran potenziale’ ma Steve sapeva che si stava riferendo al suo seno prominente. Dopo un mesetto però aveva cambiato idea tifando per Fury.
Steve invece, teneva il tifo per Kent.
“Dicono che sia gay.” Pronunciò Tony mentre si sdraiava sull’erba coperta di brina di un pomeriggio di novembre.
“Gay?” chiese Steve.
“Gli piacciono gli uomini.”
“Lo so cosa vuol dire, Tony.”
“E allora perché lo hai detto con quel tono?”
“Essere gay non è normale.”
Tony si era alzato talmente in fretta che gli venne un capogiro.
“E’ normale invece. Basta amarsi, è quello l’importante.”
“Va contro natura.” Ma era davvero Steven a parlare? Mentre pronunciava quelle parole dispregiative sentiva quasi che quelle parole non erano le sue, che qualcuno gliele avesse inculcate dentro pronte ad usarle… ma lui in raltà, quelle cose… non le pensava davvero.
“Senti un po’ Rogers. Ti fa davvero così schifo il pensiero che due uomini o due donne possano amarsi?”
“Si.”
“Ho chiuso con te.” Il giovane corvonero raccolse il suo zaino e se ne andò dandogli le spalle.
Non voleva dirlo, non era quello che voleva dire veramente. Ma le parole sembravano uscire senza volerlo. Pensò persino che qualcuno gli avesse fatto un incantesimo, ma sicuramente era dovuto ad altro.
Si abbracciò le ginocchia e sprofondò la testa arrossendo e maledicendosi contemporaneamente. Quelle cose, davvero… non le pensava sul serio. Ed ora, per la sua stupidità aveva perso Tony.
 
 
I giorni si succedevano quasi al rallentatore. Andava a lezione e gli sembrava quasi che i suoi compagni lo evitassero, si recava in dormitorio dove per non pensare nascondeva la testa tra i libri di testo riempiendo pergamene e pergamene però in realtà non sapeva bene cosa stesse studiando perché la sua mente tornava sempre a quel pomeriggio e allo sguardo ferito di Tony.
Anche i suoi sogni erano tormentati e non ne poteva più di incontrarlo nei corridoi e di non poterlo salutare e abbracciare.
Così decide di studiare il castello e provare a scarabocchiare una mappa dei passaggi segreti che lo aiutassero a raggiungere le aule dall’altra parte delle mura senza incrociare nessuno.
Ne aveva scoperti quattro nelle tre settimane seguenti.
Si rifugiava li dentro a mangiare i panini che riusciva a portare via da colazione alla quale aveva imparato ad andare molto presto così che fosse praticamente vuota se non per qualche studente alle prese con lo studio degli esami e il guardiano Argus Gazza che imprecava contro di loro e al loro ‘essere mattutini’.
Era riuscito a evitare tutti, anche chi non ce l’aveva con lui. Non sapeva il perché ma sentiva che quella specie di punizione che si stava auto-infliggendo era necessaria per la sua stupidità e il suo bigottismo.
Ma soprattutto voleva capire perché era successo tutto quello, perché quelle parole che non voleva dire erano uscite così facilmente dalle sue labbra.
 
Era passato un mese e mezzo e non vedeva Tony da più di quattro settimane, il che a dire il vero lo aveva reso abbastanza depresso.
Passava il pomeriggio con Bucky in biblioteca a studiare e poche volte gli rivolgeva la parola fingendo che fosse tutto a posto.
 
“Che cosa ne pensi?” chiese il ragazzo dei Serpeverde.
Steve non stava prestando attenzione alla conversazione e quindi trasalì quando si sentì chiamato in causa.
“Scusami, riguardo cosa?”
“Rogie, cosa ti passa per la testa? E’ già la seconda volta che te lo ripeto. Voglio invitare Natasha al Ballo Del Ceppo.”
“Formate una bella coppia, ma ti consiglio di sbrigarti prima che quel tizio della Ilvermony lo faccia al posto tuo.” E indicò un ragazzo dai capelli biondi in piedi vicino ad uno scaffale intento a cercare chissa che libro.
“Dici che quell’Arthur Curry abbia una cotta per lei?” chiese il moro inghiottendo un bel po’ di saliva al pensiero di scontrarsi con quel energumeno bello grosso.
“Nah, penso che lo faccia perché ultimamente Nat sta diventando popolare… probabilmente vuole anche lui il suo momento di notorietà.”
“E tu Stevie, con chi pensi di andarci?”
A quella domanda, nella mente del biondo comparve nuovamente il volto di Tony, ma questa volta non aveva l’espressione di delusione dell’ultima volta ma ben si sorrideva felice.
A quel sorriso, Steve sorrise a sua volta.
Gli mancava da morire vederlo così felice, gli mancava anche quando battibeccavano per cose stupide e facevano subito pace.
Avrebbe voluto invitare lui al ballo? Il suo cuore ebbe un tuffo. Si immaginò il momento in cui avrebbero ballato insieme con un sottofondo lento e arrossendo nascose la testa tra le sue braccia appoggiando la fronte al tavolo freddo.
“Non lo so ancora.”
“Non fare il finto tonto! Ho visto che sei appena arrossito! A chi pensavi—“ ma prima che Buck poté finire la frase fu interrotto da una voce femminile alla sua destra.
“Steven, posso parlarti un minuto?” Peggy Carter, nella sua divisa da Grifondoro era in piedi a guardare Steve con gli zigomi appena rossi.
“Certo.” Fece Steve alzandosi per guardarla negli occhi.
“Ecco… mi chiedevo se volevi venire al ballo con me.”
Steve incredulo sbattè le palpebre due o tre volte. Gli ricomparve il volto d Tony deluso alla mente ma come prima, le lettere gli uscirono da sole dalle labbra come se un vento forte le spingesse da dentro per farle uscire.
“Certo.” Disse senza volerlo.
“Perfetto! Grazie mille!” esclamò felice Peggy. Era davvero una bella ragazza e Steve pensò che quando era così felice fosse ancora più bella.
Quando la ragazza corse via e Steve si sedette nuovamente, Bucky cercando di tenere il tono di voce basso (non riuscendoci molto) urlò “Allora è a lei che pensavi! L’ho sempre pensato che sareste stati benissimo insieme! Mi avete fatto venire voglia di provarci con Natasha, sta sera glielo chiederò!”
 
 
Il giorno dopo, per colpa dei pensieri della notte precedente si svegliò tardi e si vide costretto ad andare in sala grande insieme agli altri e quindi, con molte probabilità avrebbe rivisto Tony dopo tanto tempo. Il che gli metteva una certa ansia.
Varcò la soglia e ad attenderlo Bucky con un’espressione ebete stampata in faccia.
“Ce l’ho fatta.” Gli sorrise. “Natasha ha detto si.”
“Sono davvero felice, Bucky.” Sorrise il biondo.
Ai tavoli specialmente la mattina, vi erano dei miscugli di tutte le case. Al tavoo dei tassorosso, si potevano vedere le casacche rosse dei grifondoro, o quelle blu dei corvonero e anche i serpeverde, cos’ come negli altri tavoli.
Steve era abituato ad andare dall’altra parte della sala e sedersi al tavolo delle serpi che era quello con meno gente ‘fuori posto’. Infatti c’erano alcuni tassorosso e alcuni corvonero e nessun grifondoro.
Tony era seduto vicino a Clint a quest’ultimo tavolo e sorseggiava del caffè nero leggendo un articolo della Gazzetta Del Profeta. Quando Steve lo vide gli venne quasi un malore.
“C-ciao ragazzi.” Salutò il biondo cercando di essere cordiale con tutti ma quando Tony gli puntò i suoi occhi ambrati addosso la sua voce si incrinò drasticamente.
“Ciao.” Salutò il ragazzo voltandosi di nuovo verso l’articolo.
Anche se non era stato un saluto caloroso, il biondo era davvero felice di vederlo dopo tutto quel tempo, ed aveva come l’impressione che si stesse per mettere a piangere dalla felicità.
“Lo sappiamo, Bucky. Non osare ripetercelo di nuovo.” Proferì Clint mentre addentava un croissant vedendo che il moro aveva aperto bocca.
“Tu con chi ci vai, Clint?” chiese Steve sedendosi affianco a lui.
“Da solo. Il mio motto è ‘meglio soli che male accompagnati’ anche se in realtà ci vado con il gruppo single si Tassorosso. Puoi unirti se vuoi.”
“Cosa dici, Barton?” rise Bucky “Non te lo ha detto? Lui va con Peggy!”
Avvampò talmente tanto che poteva mimetizzarsi con i Grifondoro senza troppo sforzo. Con la cosa dell’occhio cercò Tony che non si era mosso dal suo articolo ma sembrava comunque essersi congelato sul posto.
Gli tornò alla mente lo sguardo di delusione e il suo stomaco si chiuse in un nodo stretto.
“Non è come sembra.” Si affrettò a precisare lui. “Non gliel’ho chiesto io.”
Ma prima che potesse esporre la sua difesa, Bucky si era rivolto a Tony
“Tu con chi ci vai?”
In tutta risposta Stark chiuse il giornale, alzò lo sguardo e disse: “Dopo una serie di richieste da parte di un bel po’ di ragazze ho deciso di andare con Pepper.”
“La nostra Pepper??” chiese Clint sorpreso.
“Quante Pepper conosci?”
Questa volta era Steve quello ad essersi congelato su posto. Non riusciva a parlare ne a muoversi e gli mancava il respiro. Non capiva bene cosa gli stesse succedendo ma sapere che Tony aveva avuto un sacco di richieste e che aveva una partner gli aveva fatto venire un forte giramento di testa e quello che all’inizio gli sembrava il più buon Krapen del mondo, si stava rivelando essere un boccone amaro da buttar giù.
 
A pranzo non si fece vedere, e Bucky era un po’ preoccupato. Era da qualche tempo che il suo migliore amico sembrava strano e sapeva perfettamente che c’era qualcosa che non andava.
E sapeva anche che riguardava Tony perché, quando stava con lui mostrava lo stesso mal umore del biondo.
 
Intanto, Steve, al settimo piano (e neanche lui sapeva bene come ci fosse arrivato) se ne stava seduto poggiando la schiena contro il muro freddo di sassi rigirandosi tra le mani qualche dolcetto preso la settimana precedente a Mielandia ma più cercava di mangiarne almeno un boccone, più sentiva che avrebbe potuto vomitare da un momento all’altro.
 Chiuse gli occhi e si nascose il volto fra le ginocchia com’era solito fare da qualche mese. Sospirò più volte e ripensò al ghigno beffardo di Tony quando aveva detto di avere una ragazza.
Dio, si era sentito così male, così triste, e quella voglia di piangere di felicità si era trasformata tutta in tristezza.
Ma non poteva scoppiare in lacrime lì, qualche studente lo avrebbe potuto vedere e sarebbe potuto diventare lo zimbello di qualcuno, ma le parole che continuava a ripetersi non servivano a granché dato che i suoi occhi ormai erano diventati umidi e che più cercava di trattenersi più le lacrime gli ricavano il viso.
Alzò lo sguardo e, se prima di fronte a lui non vi erano che arazzi ora vi era comparsa una porta.
Non l’aveva mia vista ed era convinto che non c’era mai stata perché tutte le volte che aveva riaccompagnato Tony al suo dormitorio non l’aveva mai notata.
Asciugandosi gli occhi con il mantello, si alzò e abbassò la maniglia.
All’interno di quella stanza vi erano tantissime cose, dalla più banale alla più pregiata.
Trovò libri lasciati li da studenti di tanti anni prima, vecchie casacche, un materasso a molla tutto a macchie verdi, armadi, credenze, piatti, vecchi manici di scopa, insomma chi più ne ha più ne metta.
Vagò in quella stanza finché non trovò una poltrona a righe il cui bracciolo era stato trasformato in un cuscino dalle piume che fuoriuscivano e quello, pensò era un ottimo posto per non farsi vedere e poter soffocare le proprie emozioni in pace.
Per questo si sedette, poggiò la testa sul cuscino e guardando il soffitto lasciò che le lacrime gli rigassero il viso.
 
 
 
 
 
Era arrivato il tanto famigerato giorno del ballo del ceppo. La prima prova tre maghi era finita con la vittoria di Fury che per pochissimo aveva battuto Kent.
La prova si era tenuta ai confini della Foresta Proibita e i tre sfidanti dovevano riuscire a prendere il piccolo calderone che i folletti d’Irlanda proteggevano con i trabocchetti più astuti.
(La povera ragazza della scuola giapponese fu trattenuta dal Tranello Del Diavolo dal quale non riusciva a liberarsi).
 
Steve Rogers, nel dormitorio maschile dei Tassorosso continuava a sistemarsi il vestito che suo padre gli aveva spedito ‘E’ con questo che ho sposato tua madre, abbine cura’ diceva il biglietto che gli aveva scritto.
Ma al biondo sentiva come se stesse tradendo la fiducia di suo padre indossando quel vestito con una ragazza, che per quanto gli potesse piacere, sentiva di nona vere quel feeling che hanno le persone innamorate… anche perché lui, non era proprio innamorato! Non di lei almeno…
Si sistemò il cravattino ancora e ancora finché sovrappensiero quasi non si strozzò, al che decise di scendere e di andare verso la Sala Grande ad aspettare Peggy.
Quando uscì dalla botte di vino che faceva da porta al dormitorio di Tassorosso si ritrovò di fronte una bellissima Peggy Carter avvolta in un tubino anni cinquanta rosso fuoco. I capelli avvolti in una capigliatura retrò gli stavano davvero bene e per l’occasione si era tinta le labbra di un rosso uguale a quello del vestito.
“Stai benissimo” sorrise Steve sorpreso più di trovarsela nei sotterranei.
“Anche tu.” Sorrise Peggy mostrando trentadue denti.
Si presero a braccetto e salirono i gradini di pietra.
 
Una volta davanti alla sala Grande, Steve senza rendersene conto voltò lo sguardo verso i gradini che portavano ai piani superiori e lo vide.
Tony in un elegantissimo vestito nero scendeva le scale tenendo per mano Pepper che era avvolta in un vestito lungo color turchese.
Lui le sorrideva e lei rideva felice.
Di nuovo quel nodo allo stomaco.
Voleva bene a Pepper, ma la prima cosa che pensò e che non ci stava bene mano nella mano con lui.
“Tutto bene, Steve?” chiese Peggy preoccupata notando che il biondo si era fermato in mezzo all’atrio senza apparente motivo.
“Si, tutto bene. Andiamo.”
La sala grande era stata addobbata con colori che richiamavano la neve che ormai da qualche settimana ricopriva il parco del castello.
I 12 abeti che erano soliti essere in mezzo alla sala questa volta si trovavano un po’ più al margine ma ancora ben in vista e invece, i tavoli erano scoparsi lasciando il posto a qualche panca ai bordi della sala e lasciando spazio alla pista da ballo.
Il preside Albus Silente, elegantissimo avvolto nel suo mantello porpora con ricamate sui bordi delle stelle argentee fece il suo ingresso tenendo per mano la Professoressa McGranitt che aveva le gote rosse.
Si sedettero vicini e poi, Silente si alzò nuovamente per accogliere i tre campioni che dovevano dare il via alle danze.
 
Makoto Morinaga era in testa accompagnata da un ragazzo di Grifondoro che Steve non conosceva.
Fury si presentò con una ragazza di Corvonero dai capelli corti nero corvino, gli occhi contornati da folte ciglia e avvolta in un morbido vestito color senape.
“Guarda!” sorrise Peggy “E’ Mary Hill! Non l’ho mai vista così femminile! Sta molto bene.”
Steve si ricordò di averla vista insieme a Natasha uscire dal bagno dei prefetti. Doveva esserlo anche lei, pensò.
Poi fu il turno di Clark Kent. Quando entrò piombò il silenzio e tutti rimasero esterrefatti.
“Allora è vero quel che si dice.”
“Allora è davvero gay.”
In effetti, Kent si era presentato con un ragazzo dallo sguardo truce, con le orecchie appena arrossate. Era muscoloso e di bell’aspetto e non seppe neanche lui come ma, a Steve venne in mente Tony che cercò subito con lo sguardo. Stava sorridendo vedendo la coppia felice tenersi per mano.
E in effetti, ora che ci pensava, a Steve non faceva per niente schifo, anzi provava ammirazione per entrambi i ragazzi e per il loro coraggio.
E dato che la sala era ancora nel silenzio più totale, non riuscì neanche lui a spiegarselo ma cominciò a battere le mani con un sorriso felice sul volto al chè, anche tutti gli altri lo seguirono.
E la festa ebbe inizio.
 
Mentre beveva del succo di zucca, vide Bucky salutarlo da lontano mentre danzava un lento con Natasha che lo abbracciava stretto poggiando la testa sulla sua spalla.
Ricambiò il saluto con un cenno del capo, poi guardò ancora la folla e vi trovò la sorella di Maximoff ballare con il ragazzo Corvonero che era conosciuto con il nome di ‘Visione’ per la sua spiccata capacità in Divinazione.
Vide anche Pietro lanciare occhiate cattive al povero mal capitato.
Trovò Clint che parlava con una ragazza dai lunghi capelli castani che non aveva mai visto,
e poi vi era Tony.
Stava ballando quel lento con la persona sbagliata.
Ed ogni volta che lo pensava si malediceva e si mandava a quel paese senza troppe cerimonie.
Voleva essere lui al posto di Pepper.
Davvero?
Voleva guardarlo negli occhi mentre si lasciavano trasportare dalla musica.
Davvero voleva questo?
Voleva appoggiare la sua fronte alla sua.
Voleva abbracciarlo.
Davvero?
Il suo sguardò andò a posarsi su Kent e il suo compagno che passavano di la.
Erano davvero belli insieme e anche da quella distanza si poteva vedere l’amore che li univa.
Gli invidiava?
Davvero?
 
“Allora? Andiamo a ballare o no?”
“Non ora Peggy.” E bevve un lungo sorso.
 
Non ci riusciva. Peggy era una bellissima ragazza ed era gentile non si meritava di ballare con qualcuno che non l’amava davvero.
Non si meritava un insulto del genere.
Cominciò a vagare per il salone cercando di non guardare Tony.
O meglio, lo guardava quando era di schiena, e quando si girava, Steve girava lo sguardo.
Era tutto un gioco strano, quasi sadico, eppure in quel modo gli sembrava quasi i ballare con lui.
 
Erano quasi le undici di sera quando, Steve vide Pepper lasciare Tony in pista indignata e quasi in lacrime. Il moro la rincorse per qualche passo ma poi la lasciò andare, fermandosi a prendere da bere.
Steve non sapeva cosa fare. Voleva avvicinarsi a Tony ma gli sembrava quasi di essere uno sbruffone a presentarsi subito dopo che Pepper lo aveva mollato così.
Bella feccenda, nuovamente i pensieri erano troppo lenti rispetto alle sue razioni e in men che non si dica si trovò a fianco di Tony dall’altra parte della sala.
Ma non riuscì neanche a dire ciao.
Era bloccato perché Tony stava piangendo silenziosamente dando le spalle a tutti senza lasciare intravedere a nessuno il suo stato vulnerabile.
“Che vuoi, Rogers?”
“Tony, ho visto Pepper che-“
“La cosa non ti riguarda.”
“Lo so, ma lascia che…” aveva avvicinato una mano alla guancia del moro per asciugarli una lacrima ma Tony più veloce di un lampo gliel’aveva schiaffeggiata via.
“Lasciami stare! Se vuoi proprio saperlo è tutta colpa tua!” Aveva urlato nel bel mezzo della sala attirando l’attenzione di alcuni studenti. E subito dopo era corso via.
Peggy, che era una di quelle persone, era accorsa non appena Tony aveva lasciato al sala.
“Cosa è successo?” aveva chiesto.
“Ho combianto un gran casino, temo.”
E così l’aveva portata fuori, sugli scalini l’aveva fatta sedere e le aveva raccontato tutto. Di quello che provava, di quello che voleva, e si era scusato con lei, per aver abusato dei suoi sentimenti. Si sentiva tremendamente in colpa.
“Ho capito.” Sorrise Peggy. “Lo sapevo già, ma non volevo ammetterlo a me stessa, non ci volevo credere perché io ho sempre avuto una cotta per te. Ma ora è tutto a posto, Steve.”
“Ne sei sicura?”
“Si.” Sorrise di nuovo con le lacrime che gli umidivano gli occhi. “Cosa stai aspettando? Va da lui e digli tutto quello che hai detto a me. Vedrai, che le cose andranno per il meglio.”
“Grazie Peggy, grazie davvero.”
“Ma ricordati, Rogers. Mi devi un ballo.”
 
 
 
Aveva fatto i sette piani talmente in fretta che non poteva credere di riuscire ancora a respirare.
Sperava davvero che Tony non si trovasse già nel suo dormitorio, anche se lo avrebbe aspettato fino all’indomani e per tutto il tempo necessario.
Lo aveva capito, quel sentimenti che aveva paura di provare, ora era tutto più chiaro. Era innamorato di un ragazzo, e questo non lo disgustava, affatto! Anzi lo rendeva felice perché finalmente sapeva che sarebbe potuto stare bene con la persona più importante per lui.
E aveva anche capito perché aveva detto quelle frasi. Suo padre, creciuto con una mentalità per lo più bigotta, e religiosa era contro queste cose e lo aveva costretto ad essere contro anche lui, ma non puoi andare contro te stesso, quando sei fatto così, non c’è niente da fare.
Corse per tutto il corridoio quando si fermò davanti ad un’aula con la porta socchiusa.
Conosceva quella voce soffusa che piangeva piano.
E quindi bussò.
“Tony.”
“Che vuoi? Vattene.” Tirò su col naso, il moro.
“No che non me ne vado.” Disse entrando. Stark era accovacciato in un angolo, con la testa fra le ginocchia, e a Steve gli ricodava tanto se stesso.
“Ascoltami.” Gli prese una mano. “Sono stato così stupido. Mi dispiace così tanto. C’è una cosa che volevo dirti ancora da mesi e non sono mai riuscito a dirti… perché avevo paura. Paura di questi sentimenti nuovi, che non ho mai provato, che non riesco ancora a capire e stavo scappando più da me stesso…. Ma ora voglio che tu lo sappia. Quel pomerggio, ho detto quelle cose perché sono stato abituato a sentire mio padre che è un essere tanto bigotto, e quindi penavo che quelle risposte fossero la normalità, ma mi sbagliavo. Non c’è niente di normale a dire cose tanto cattive. Mi dispiace! Più ti stavo lontano più sentivo la tua mancanza… ho bisogno di te. Dei nostri battibecchi, le nostre risate… Tony, vorrai mai perdonarmi? Ti prego.”
Anche Steve ora aveva cominciato a piangere.
Ma Tony, senza dire una parola si era alzato, gli porse la mano e lo aiutò ad alzarsi.
Poi lo abbracciò e senza che nessuno dei due dicesse niente cominciarono a ballare su quelle note che lontane rimbalzavano sulle mura del castello arrivando soffuse alle loro orecchie.
 
And I found love where it wasn't supposed to be
Right in front of me
Talk some sense to me.

 
 
 
Quando sentirono le ultime note, come per completare la canzone, le loro labbra si sfiorarono e sprofondarono entrambi in un dolce bacio che nel suo silenzio sovrannaturale richiudeva tutti queli ‘ti perdono’ che le parole non erano in grado di esprimere.



{Ciao a tuttiiiii!! Scusatemi vi prego per l'enorme ritardo di questo capitolo ma sono presa con l'iscrizione all'università e tutto il empo che questa richiede, ad ogni modo cercherò di farcela prima la prossima volta!
Scusatemi anche per gli errori! Non ho asolutamente il tempo per rileggerla ;_;
Ala prossima! E grazie a tutti di aver letto fin qui <3 }

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