Chattiamo di Vala (/viewuser.php?uid=53013)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - un nuovo amico ***
Capitolo 2: *** cominciamo bene ***
Capitolo 3: *** questo mondo non fa per me ***
Capitolo 4: *** le iene ***
Capitolo 5: *** voglio una ragazza! ***
Capitolo 6: *** questione di sito ***
Capitolo 7: *** gita fuori porta_1 ***
Capitolo 8: *** gita fuori porta_2 ***
Capitolo 1 *** 1 - un nuovo amico ***
Dennis guardò sconsolato il buco nero della propria
disperazione e decise a priori che non c’era nessuno di
più sfigato di lui al mondo. Tra le mani stringeva con
sconforto il proprio portamonete di cuoio, regalo del padre che non
vedeva da mesi, pieno della paghetta mensile offertagli dalla madre che
vedeva solo la sera quando smontava dal lavoro. Nel suo fidato
portamonete stava in bella mostra una banconota da 50 euro. Una bella
somma.
Alzò lo sguardo e sospirò di profondo dispiacere.
Nella vetrina davanti ai suoi occhi azzurri stava quello che avrebbe
potuto essere il suo passatempo per le settimane a venire,
l’ultimo ritrovato della tecnica, funzionante solo sui PC di
ultimissima generazione, prestazioni video elevatissime ed effetti
sonori degni di un cinema multisala, il gioco di ruolo per eccellenza,
la meraviglia delle meraviglie, nuova e sensazionale uscita
dell’EA che attendeva con trepidazione da mesi e mesi,
frequentando forum e chat alla ricerca di immagini in anteprima, di
notizie sulle caratteristiche richieste, di brandelli in spoiler su
quel dannato gioco per computer che aveva occupato la sua mente per
così tanto tempo…
Abbassò di nuovo lo sguardo distogliendolo dalla lucente
copertina sotto la quale spiccava in verde evidenziatore la scritta del
gestore del negozio di videogame che citava
“novità” in stampatello
maiuscolo, con caratteri spigolosi caratteristici della
scrittura maschile. Novità. Come se non lo sapesse. Accanto
a lui passarono alcuni ragazzi, entrarono nel negozio ridendo e dandosi
di gomito, felici. Uscirono pochi minuti dopo, ognuno con la sua copia.
E lui lì ancora a fissare la sua banconota da 50 euro che lo
guardava beffarda dal fondo del portamonete, accuratamente sistemata
prima di uscire, ora non aveva il minimo valore tra le sue dita.
Dennis rialzò lo sguardo, la sua faccia da funerale la
diceva lunga. Sotto la sgargiante scritta
“novità” spiccava in rosso il prezzo del
prodotto, proposto come prezzo di lancio consigliato. Peccato che il
sito ufficiale gli avesse assicurato più volte rispondendo
alle sue mail che il prezzo di lancio era di 49,90 euro. Aveva
giudicato 10 centesimi di scarto più che sufficienti per
assicurarsi quel prodotto. Ma la scritta rossa gli sbatteva in faccia
tutt’altra realtà.
“…51,90 euro…”.
Dennis richiuse di scatto il portamonete sentendo la voce alle sue
spalle. Spaventato, si fece rosso in volto e non osò
voltarsi a controllare da dove provenisse la minaccia alla sua inutile
banconota.
“Accidenti! 51,90! Quel ladrone ha di nuovo rialzato il
prezzo! Stavolta chiamo la polizia, il prezzo di lancio consigliato non
si può modificare in questo modo! È un
furto!”.
La voce irritata aveva il suo stesso identico problema. Colmo di rabbia
e frustrazione, Dennis per un momento si dimenticò che era
un ragazzo timido e sfigato, e aprì la bocca per parlare.
“Lo ha fatto anche con Age of Empires, con quello dei
Transformers e pure con il simulatore di volo…ma speravo
davvero che stavolta non speculasse…”
mormorò con voce roca mentre si faceva se possibile ancora
più rosso e con la coda dell’occhio osava
sbirciare chi aveva parlato alla vetrina infame prima di lui.
Il ragazzo lo stava guardando sorridendo affabile. Aveva dei bei denti,
tutti dritti, proprio come i suoi. Di sicuro aveva portato
l’apparecchio a lungo, come lui. Non vide altro, per
l’imbarazzo si voltò immediatamente a fissare di
nuovo la vetrina traditrice. Era un perdente.
“Ehi, ma io ti conosco! Tu sei quello della classe di
programmazione!” esclamò la voce dietro le sue
spalle, ed il ragazzo si fece piccolo piccolo stringendosi nelle
spalle, sperando di scomparire. Qualcuno lo aveva notato. Quello della
classe di programmazione, aveva detto. Quindi aveva davvero idea di chi
era. Frena l’entusiasmo, magari ti ha confuso con un amico,
non sarebbe la prima volta, in fondo noi programmatori ci somigliamo
tutti, tutti con gli occhiali, tutti chiusi, tutti con le stesse maglie
larghe…beh, almeno quelli sfigati. E tu sei sfigato. Non
può di certo averti scambiato per uno figo. Quindi ti ha
scambiato per un tuo simile. Sì, dev’essere di
certo così, magari per Marco, quello dalla parlantina
esagerata, o per Stef, in fondo ti somiglia, anche i prof di
laboratorio si confondono quando si tratta di noi due…
“Sei quello che ha realizzato quel
videogioco…aspetta…qualcosa come –la
segretaria-...cavoli, quello si che è un
capolavoro!”.
Dennis ebbe il coraggio di voltarsi a guardare lo sconosciuto
interlocutore. Stava parlando proprio con lui. Non poteva crederci! Lo
aveva distinto dalla massa, sapeva chi era, conosceva il suo valore!
“…ehi ma…ti senti bene?”
domandò dubbioso l’altro squadrando apertamente il
suo volto congestionato.
“s….s….si
si….beniss….imo!” squittì
lui esaltato per quella nuova esperienza. Il ragazzo gli sorrise e lui
non poté far altro che sorridergli di rimando mettendo a
frutto tutti gli anni di liceo passati a tenersi un odioso apparecchio
fisso. Perfetti. L’unica cosa perfetta di lui, probabilmente.
Ora doveva solo dire
qualcosa…avanti…concentrati…e
dì qualcosa di intelligente, una battuta
magari…spiritosa ma non stupida…un commento sul
gioco, qualcosa sui vestiti che indossa, sul tempo, su un
prof…qualunque cosa!
Ma non ne era capace. Se ne stava semplicemente lì a fissare
lo sconosciuto con sguardo sognante aspettando che si stancasse e se ne
andasse da solo. Occasione sfumata. C’era da aspettarselo. Ma
l’altro non se ne andò come previsto. Gli tese
anzi la mano destra in un gesto di amicizia inequivocabile.
“Piacere, Guido Preti, della classe di
elettronica!” esclamò il nuovo amico, del tutto a
suo agio. La mano che Dennis strinse era salda, la sua di certo doveva
sembrare molliccia e sudata.
“Piacere…Dennis Tasàno”
riuscì a dire goffamente esagerando l’accento del
cognome nel tentativo di farglielo rimanere impresso.
“Anche tu volevi comprare quel maledetto gioco,
vero?” parlò il nuovo amico. Amico, che bella
parola.
“Sì ma…” e Dennis
riaprì sconsolato come non mai il portafoglio mostrando
l’inutile ammontare della sua paghetta mensile, conservata
intera per quel momento di trionfo e ora sacrificio vano.
“Ah!” disse semplicemente l’amico
grattandosi un orecchio perplesso “Beh, abbiamo lo stesso
problema…” ed anche lui prese dalla tasca dei
jeans scoloriti una stropicciata banconota da 50 euro.
I due ragazzi si guardarono un momento perplessi, poi iniziarono a
ridere insieme. Non ridevano l’uno dell’altro,
semplicemente ridevano insieme. Insieme e amico, che belle parole.
Scosso come da convulsioni, Guido gli posò una mano sulla
spalla in cerca di sostegno ed il corpo di Dennis venne attraversato da
una scossa elettrica. L’aveva toccato con naturalezza, non
provava ribrezzo. Incredibile. Eppure lui era lo sfigato per
eccellenza.
“Tecnicamente una soluzione al problema
c’è…conosco un altro negozio di
videogiochi a pochi minuti di macchina da qui. Ti va di farci un salto?
Magari lo troviamo ancora”.
Lo sfigato si congelò. Un invito. A lui. Da un amico. Non ci
credeva.
“Ma forse hai altri impegni…”
mormorò quasi a scusarsi colui che gli aveva appena rivolto
un invito. Lui, impegni? Ma quando mai! L’unico impegno che
aveva al momento era il suo blog su cui sarebbe corso a scrivere della
sensazionale esperienza di essere trattato come un essere umano, come
un potenziale amico. Incredibile.
“No no! Nessun impegno, sono libero come l’aria!
Guidi tu?” si azzardò a dire in tutta fretta.
Nemmeno lui riusciva a capacitarsi del suo ardire. Gli aveva rivolto
una domanda. Si sentì di gran lunga più forte
rispetto a poche ore prima quando era uscito di casa senza nemmeno
pettinare i disordinati capelli color topo.
“Allora andiamo! La mia macchina è qui
dietro!”.
Un amico. Continuava a ripeterselo mentre seguiva la schiena del
ragazzo appena conosciuto verso una via laterale, verso
un’anonima Punto nera dai copri sedili verdi metallizzati. Un
amico. E con la patente e una macchina. Continuò a sorridere
come un ebete per tutto il tragitto fino al negozio e anche oltre.
Sera. Tra le mani stringeva il suo gioco di ruolo, pagato esattamente
49,90 euro al negozio appena fuori città. Ma non era per
quello che era così felice. Sua madre a cena gli aveva
rivolto mille domande vedendolo così raggiante, gli aveva
perfino chiesto se non si fosse innamorato o addirittura avesse
finalmente trovato una ragazza. Trovarsi una tipa, lui…non
aveva idea di come potesse essere la sensazione, ma era certo fosse
impossibile si trattasse di qualcosa di più appagante di
aver trovato un vero amico. Non disse nulla alla madre, non avrebbe
capito. O magari sì. Lei diceva sempre di capire tutto. Ma
lei non aveva idea di cosa voleva dire passare a testa bassa ogni
mattina nella folla di studenti del tuo corso senza avere la minima
idea di un nome da associare alle facce che vedeva ogni mattina. O
meglio, qualche nome ce l’avevano pure, ma non poteva
chiamarli. Non poteva avere interazioni con chi era a tutti gli effetti
sconosciuto. Mai presentati, mai mostrato il minimo interesse per quel
ragazzo timido. Lui era lo sfigato, al margine della
società. Ma ora non più, lui era
l’amico sfigato, prego!
Posò il gioco da parte sul copriletto con motivi di circuiti
stampati, e si sedette alla scrivania prendendo sulle ginocchia il
computer portatile. Lo aprì, guardò lo schermo
sussultare e accendersi diventando da nero a blu cobalto. Lo sfondo,
una foto di una donna da calendario, lo salutò ammiccando
mentre finiva di digitare la password d’accesso. Ricordava
ancora il commento della madre quando aveva dimenticato il PC acceso e
lei aveva visto l’immagine del seno prosperoso in bella
mostra.
“Oh, meno male! Cominciavo a pensare che fossi
gay!”.
Con un gesto secco attaccò la chiavetta wireless
nell’ingresso usb solitamente riservato a
quell’uso, ed automatico il programmino di MSN fece capolino
tra le icone in basso a destra dello schermo luminoso. Lampeggiava.
Ancora pochi bip, poi fu connesso, in linea. Si aprì la
schermata, pochi contatti. Ma ora ne aveva almeno uno in più.
“Allora…dove l’ho
messo…” Dennis estrasse trionfante dalla tasca dei
jeans lo scontrino sul quale si era appuntato il contatto MSN del nuovo
amico “Ah!
Ecco…Belluca_16@hotmail.com…”.
Digitò con cura sulla tastiera nera del portatile, poi
premette invio. Contatto aggiunto. Qualche secondo, e l’icona
del nuovo contatto lampeggiò invitante: era in linea. Ancora
pochi secondi, e gli arrivò la richiesta di una
comunicazione. A lui. Era davvero su di giri.
“Ciao, come va?” lesse ad alta voce nella
solitudine della sua stanza, quasi imitando il tono
dell’amico, come fosse accanto a lui e gli stesse parlando. E
allora, se di conversazione si tratta…
“Ciao! Tutto bene, ho appena cenato. Tu?” rispose a
parole mentre scriveva ed inviava con rapidità data
dall’esperienza.
“Anche io, bistecca e patate fritte. La bistecca era bruciata
e le patate fritte piene d’olio, mia madre è di
nuovo scesa in sciopero e abbiamo dovuto cucinare io e mio
padre…un disastro!”.
“Un ragazzo che cucina, quale rarità! Io non
saprei neanche da che parte rigirare la padella!” rispose
ridacchiando mentre si chiedeva come se la sarebbe cavata lui ai
fornelli se sua madre non fosse tornata quella sera. Probabilmente
avrebbe ordinato una pizza con il telefono.
Attese paziente la risposta mentre si guardava le dita per non fissare
con aspettativa lo schermo. Aveva belle mani, da pianista, o almeno era
quello che gli avevano sempre detto quando frequentava il
conservatorio. Le unghie però erano mangiucchiate,
rovinavano l’aspetto generale. Avrebbe dovuto smettere prima
o poi. Rialzò gli occhi allo schermo con un sorriso che si
spense. Non c’era ancora risposta. Magari era lento. No, non
segnalava scrittura in corso. Forse era in bagno. Controllò
più volte lo stato del contatto, un comunissimo
“in linea” danzava beffardo sopra la dicitura del
nome. Forse aspettava ancora qualcosa, una domanda. In effetti non ne
aveva formulate. Stava già iniziando a scrivere quando si
fermò di colpo. Non poteva scrivere, sarebbe risultato
patetico se avesse insistito. Magari si era davvero solo allontanato, o
aveva problemi di connessione.
Guardò lo schermo come potesse prendere fuoco per cinque
minuti buoni prima di decidersi a fare qualcosa di utile come cercare
su internet nuovi torrent di film appena usciti. Era inutile stare a
pensarci tanto, si diceva razionalmente, ma con gli occhi andava sempre
a guardare l’icona rimpicciolita per vedere se brillava.
Finché finalmente, dopo oltre venti minuti di silenzio, con
un bip che gli parve un’allucinazione, la comunicazione
riprese.
“Ho appena sentito un amico al
telefono…” lesse mormorando accostando il naso
allo schermo “scusa il ritardo!”.
“Di che avete parlato di bello?” inviò
sulla tastiera prima ancora di pensare. Se ne pentì
immediatamente. Era stato invadente. Non doveva. Certe domande era
meglio evitarle. Era uno scocciatore, adesso si che non gli avrebbe
più parlato. Doveva imparare a misurare le parole, doveva
fare un corso accelerato di comunicazione, magari trovava qualcosa su
internet che spiegava come evitare gaffe del genere, …
“Stavo proprio per dirtelo: c’è una
festa, vuoi venire?”.
Dennis guardò a lungo quella frase. Una festa? E lui era
invitato? Magari l’amico non ne sapeva nulla.
“No, ho già chiesto e ha detto che essendo in
discoteca è a ingresso libero. Noi ci accodiamo dicendo il
nome del tavolo riservato, ed entriamo. Ci stai?”.
Discoteca. Ingresso libero. Tavolo. Ci stai? Bella domanda. Di sotto
sentiva sua madre agitarsi in cucina a ritmo di musica. Che avrebbe
detto quando e se le avrebbe comunicato che lui, il suo figliolo
sfigato, andava in discoteca con degli amici? Le sue dita
però non volevano muoversi a digitare l’ovvia
risposta. E l’icona lampeggiò di nuovo.
“Vedrai che ti piacerà! Andiamo al Luna,
è un bel posto, tanta roba da bere e tante ragazze. Ci sei
mai stato?”.
Che doveva rispondere? Fare lo sbruffone? Con un sospiro rispose di
getto la prima cosa che gli veniva in mente, pentendosi subito dopo di
quello che aveva fatto. Era un disastro!
“Si “ aveva risposto con una sicurezza che non
aveva “ci sono stato l’anno scorso, ma non mi sono
divertito granché”. La risposta arrivò
immediata.
“Al Luna? L’anno scorso? Ok, non sei mai stato in
discoteca in vita tua. Il Luna ha aperto due mesi fa”.
Ecco, pugnalata. Beccato in pieno. Non era capace neanche di mentire.
Ora si sarebbe di certo offeso e l’avrebbe preso in giro a
vita con i suoi amici vestiti alla moda e le loro ragazze tiratissime e
bellissime come quella da calendario che gli faceva da sfondo. Un altro
bip. Continuava a scrivergli.
“Dai vieni, così vedi il posto! Si paga
normalmente per entrare, è un peccato non andarci
gratis!”.
“Se lo dici tu…vengo!” rispose tentando
di accennare una vaga insicurezza mentre era certissimo che a costo di
scalare l’Everest sarebbe arrivato in quella discoteca pur di
rimediare alla figuraccia della balla scoperta.
“Perfetto! Ci troviamo davanti al negozio del ladrone, tanto
la direzione è quella. Ti mando un messaggio domani per
dirti l’ora esatta!”.
Era fatta. Lo sfigato andava in discoteca. Il sorriso ebete ricomparve
e continuò ad accompagnarlo ancora per tutta la notte
durante la quale sognò una massa di ragazze dalle tette
enormi che ballavano accanto a lui e al suo nuovo amico sotto i fari di
una discoteca come quelle spagnole viste nelle foto del fratello
maggiore. Quando si svegliò la mattina però,
aveva due borse sotto gli occhi e lo sguardo disperato.
“E adesso…” mormorò
guardandosi allo specchio mentre si scompigliava ulteriormente i
capelli né lunghi né corti “cosa devo
mettermi?!”.
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Capitolo 2 *** cominciamo bene ***
La vetrina del negozio di videogiochi non gli era mai parsa
così sinistra come quella sera. Per l’ennesima
volta estrasse dal borsello a tracolla lo specchietto preso alla madre
e sistemò il ciuffo. Come l’aveva guardato
orgogliosa mentre lo aiutava a sistemarsi quei dannati capelli
né corti né lunghi che non ne volevano sapere di
stare al loro posto! Un rumore come di motore in procinto di fermarsi,
gli fece mettere via in fretta lo strumento dell’ennesimo
controllo. Erano in anticipo di ben cinque minuti. Meno male che lui
era lì da venti.
Il suono acuto e fastidioso del clacson lo fece sobbalzare.
Sì, erano loro, riconosceva la macchina. Si
stampò in faccia un sorriso raggiante, e salutò
discretamente con la mano, un cenno che vedeva fare agli altri ragazzi
dell’università. Evidentemente era quello giusto,
perché due braccia si sporsero dai finestrini aperti per
salutarlo. Bene, la prima parte era fatta: fai una buona impressione.
Ma quando i ragazzi scesero dalla vettura, si disse che aveva tirato un
sospiro di sollievo troppo presto.
“Ciao D! Pronto per la festa?” lo salutò
Guido, ovviamente una domanda retorica “Questo è
Stef, frequenta il tuo stesso corso, vi siete già visti
prima...dai Stef, smettila di toccare quella catena, ti ho
già detto che sta bene anche con quei pantaloni!”.
Stef e Guido ridacchiarono prendendosi a pacche sulle spalle. A Dennis
non restò che stare lì con quel sorriso di
circostanza ad attendere che i due avessero finito, fuori questione
inserirsi tra loro. Non si sentiva per nulla a suo agio. Il giorno
prima non aveva avuto grossi problemi a scambiare qualche parola con
Guido, anzi si era trovato bene, era un ragazzo normale. Ma
ora…
Guido si voltò verso di lui forse notando
l’insicurezza e gli sorrise rassicurante. Ma Dennis non
poteva sentirsi rassicurato da un ragazzo con i capelli ingellati alla
perfezione che stavano esattamente come dovevano, un paio di jeans di
marca larghi che lasciavano vedere tre dita di mutande (di marca pure
quelle) sui quali aveva abbinato una canotta attillata
nera…che pareva fondersi con la sua pelle. E Stef? Stef, lo
sfigato che a scuola scambiavano per lui? Irriconoscibile. Indossava un
paio di jeans neri con strappi in più punti, abbelliti da
una catena agganciata alla cinta di simil borchie. Sopra una camicia le
cui maniche erano evidentemente state strappate, a giudicare dai fili
che pendevano, sbottonata quel tanto da lasciare intravedere porzioni
di pelle abbronzata ed una catenina stile militare.
“Ehi, D? Tutto bene?”.
Dennis si sentiva un idiota. Si guardò la punta delle scarpe
dondolandosi leggermente avanti e indietro mentre cercava a un modo per
rigirare quello che doveva dire senza sembrare patetico. No, non
c’era nessun altro modo. Prese un bel respiro e
mandò a quel paese il suo orgoglio maschile.
“Scusate ma…” cominciò a
fatica, subito accavallato dalla voce di Guido, leggermente irritata.
“Non vorrai mica ritirarti adesso?!”.
Dennis percepì più che notare
l’occhiata dubbiosa di Stef. Lo stava valutando di nuovo. E
di nuovo lo stava considerando un perdente. Sospirò di nuovo
e si fece forza. Ce la doveva fare, non avrebbe potuto restare con
questo dubbio tutta la sera, doveva esprimere i suoi sentimenti,
estraniare, estraniare, estraniare…
“Ecco…io-mi-chiedevo-se-così-vestito-va-bene!”
sputò fuori tutto d’un colpo. Per un attimo
nessuno fiatò, poi Guido e Stef scoppiarono a ridere
sollevati.
“Beh, perché no?” commentò
Guido tra una risata e l’altra tirandolo per la maglietta
meno larga che aveva nell’armadio, comunque di una taglia
troppo grande gli standard della moda.
“Non ti preoccupare, non è un club
esclusivo…io sono stato all’apertura con una tuta
da ginnastica! Dai, andiamo, non facciamo aspettare le ragazze o quelle
si trovano altri accompagnatori! Non ci mettono nulla quelle arpie a
scaricarci se le facciamo pazientare ancora!”.
Dennis sorrise impacciato infilandosi le mani nelle tasche dei jeans
presi dai cinesi al mercato quella stessa mattina, di un bel blu. Li
avrebbe volentieri tenuti così com’erano, ma sua
madre aveva rotto tanto che…ora avevano quattro o cinque
strappi anche se ridotti. Per un pelo era riuscito a togliere
l’indumento dalle amorevoli cure materne prima che le forbici
incidessero la stoffa sotto il sedere. Almeno il pudore era
salvo…per ora.
Salì in macchina dietro, Stef davanti e Guido al volante.
Solo in quel momento gli venne in mente un dettaglio che prima aveva
trascurato. Ormai dopo la domanda sui vestiti non aveva problemi a
chiedere qualunque cosa a quei due.
“Ehi, Guido…?”.
“Mmm? Dimmi D?”.
“Ecco…perché mi chiami D?”.
“Beh, chiamarti per cognome non ci sembrava il caso e usare
il nome non suona bene…ma forse preferisci essere chiamato
Tàsano?” rispose Stef voltandosi a guardarlo
mentre lui sprofondava nel sedile posteriore desiderando con forza casa
propria.
“Tasàno…no, comunque no…D
suona bene…!”.
“Bene…allora D, piacere! Io sono Stef, Stefano
Cirilli, classe programmazione!” e gli tese la mano.
“Piacere!” rispose automaticamente Dennis
sorridendo un po’ più tranquillo
“D!”.
Il Luna non era affatto come se l’era immaginato.
Erano arrivati davanti al locale in perfetto orario. Ovviamente, come
tutte le donne che si rispettano, le amiche non c’erano. Ma
quello non era un problema per Dennis, anzi, si sarebbe sentito molto
più a suo agio senza femmine attorno. Non sapeva mai cosa
fare con loro, come guardarle, dove guardarle. Sì
perché, se le guardi negli occhi, è imbarazzante.
Se le guardi il seno, è offensivo. Se non le guardi, si
offendono lo stesso.
All’entrata, due buttafuori grandi il doppio di lui fecero
segno ai tre ragazzi di allontanarsi dai gradini che stavano salendo,
la fila era ferma, non facevano entrare. Erano appena le undici e
mezza, e già era pieno. A quel suo commento innocente, Stef
sbuffò seccato ed indicò i cartoncini che ognuno
di quelli in coda teneva tra le mani o usava per sventagliarsi
nervosamente.
“Quelle sono riduzioni o entrate gratis. Funzionano fino a
mezzanotte, mezzanotte e mezza se sei fortunato. Per quello bloccano
l’entrata, se alle 12.30 spaccate non sei dentro, devi pagare
per entrare!”.
Dennis osservò estasiato quei cartoncini. Ecco a cosa
servivano! Ne aveva visti in giro per il centro, appoggiati accanto
alle vetrine, sui tavolini dei bar, in mano a ragazzi che li
distribuivano, ma non aveva mai capito bene a cosa servissero
né perché tutti cercassero di afferrarli prima
degli altri.
“D! Vieni, entriamo!” la voce di Guido lo scosse
dai suoi pensieri e si affrettò a fare gli ultimi gradini
che portavano all’ingresso vero e proprio del locale. I due
buttafuori lo squadrarono ma non dissero nulla. Evidentemente poteva
passare. Mormorando un grazie, non sapeva bene se ai due energumeni o
alla sua buona stella, seguì i due compagni
nell’atrio d’accesso della discoteca.
Il primo impatto fu delusione cocente. Nulla di speciale.
L’ingresso non era arredato in alcun modo, tranne il bancone
della cassa sulla destra ove le ragazze che lavoravano si diedero di
gomito all’ingresso di Guido. Eh, certo, in fondo era un bel
ragazzo. Se poi lo mettevi vicino ad un rospo come lui, risaltava
ancora di più.
“Ah, finalmente!”.
Dennis si irrigidì di colpo. Quella era una voce
indiscutibilmente femminile. E ce l’aveva con loro. Guido e
Stef sorrisero raggianti alla ragazza che veniva loro incontro
dall’altro lato dell’ingresso. Indossava una
semplice canotta nera scollata ed un paio di jeans chiari, nulla di
eccezionale ed il ragazzo si sentì rincuorato per la
semplicità dell’abbigliamento della nuova venuta.
Timido, seguì come un cagnolino gli altri due che stavano
già abbracciando la ragazza facendole domande.
“…quando?”.
“Non lo so” rispose la voce squillante della tipa
che continuava a sorridere, le mani in tasca e gli occhi seminascosti
dalla frangia troppo lunga “dipende tutto da Giò,
se ha deciso o no cosa mettersi…e soprattutto se non hanno
perso l’autobus”.
“Pure quello?! Ma la macchina di Laura?”.
“Sfasciata”.
“Cosa?! Com’è successo?!”.
“Beh, tornava a casa da un concerto, correva un po’
troppo e ha perso il controllo finendo contro quella davanti. Ma se lo
racconta lei, quello davanti ha frenato improvvisamente, era buio pesto
e la strada era scivolosa!”.
“Ma va’! Si è fatta male?”.
“Ovviamente no, si è fatta molto più
male la macchina, ma se lo chiedi a lei ha un dolore acuto dietro il
collo e ogni tanto non sente le dita dei piedi!”
“I suoi?”.
“Niente! È la figlia di papà
più fortunata del pianeta, non le hanno detto nulla, hanno
creduto alla sua versione su tutta la linea! Se erano i miei mi avevano
già rinchiuso da qualche parte, altro che andare al Luna!
Davvero, certe volte mi sembra di aver sbagliato
famiglia…”.
“E il conducente dell’altra vettura?”.
Il silenzio calò improvviso. Ovviamente non c’era
silenzio assoluto, ma per lui era come se lo fosse. Da dietro le spalle
dei due amici aveva sentito tutta la conversazione sentendosi un
estraneo, e la domanda gli era sorta spontanea alle labbra.
Perché non ci aveva pensato nessun’altro a
chiedere una cosa così ovvia? La curiosità era
stata troppa. Beh, prima o poi avrebbe dovuto presentarsi comunque.
Solo, preferiva non averlo fatto con una domanda così
da…vecchio! La ragazza lo stava guardando senza sorridere,
perplessa. Evidentemente non capiva bene nemmeno lei. Ma si
schiarì la voce e riprese a parlare più o meno
con lo stesso tono canzonatorio.
“Guidava un ragazzo più o meno della stessa
età. Non si è fatto nulla di serio,
terrà il collare per qualche settimana…e se ne
starà zitto in cambio di una serie di appuntamenti con
Laura!”.
“E lei ovviamente ha detto di sì per
cavarsela!” riprese Guido borbottando.
“Beh, ovvio che sì! Ah, ma tu non hai visto il
ragazzo in questione! È un gran pezzo di figo, Laura ha
avuto un culo pazzesco a tamponare uno del
genere…”.
“Ma la polizia? Non hanno chiamato i vigili? E
l’assicurazione?”.
Ancora la sua voce che disturbava. Accidenti, non è che
dovesse entrare a tutti i costi nella conversazione, poteva anche
starsene zitto e annuire! Stavolta però la ragazza era
preparata al suo intervento, gli sorrise perfino, e Dennis
sentì le guance infiammarsi.
“No, non hanno chiamato i vigili, hanno fatto la
constatazione amichevole…o una roba del genere. Per
l’assicurazione non c’è problema, i suoi
lavorano nella compagnia quindi chiudono un occhio. A proposito di
occhi, era ora che ti togliessi quegli occhiali e mettessi le lenti a
contatto! Così si vedono molto meglio gli occhi
chiari!”.
Dennis se possibile avvampò ancora di più. Era
sicuro di non averla mai vista prima, non poteva sbagliarsi, eppure
quella ragazza stava commentando qualcosa di così
particolare. Socchiuse gli occhi per metterla meglio a fuoco, non era
abituato con le lenti quindi faceva ancora un po’ fatica. La
ragazza davanti a lui sbatté le ciglia con naturalezza,
sorridendo. Aveva dei begli occhi, non della sua stessa sfumatura
grigia, ma di un azzurro chiaro dolcissimo, reso ancora più
evidente dai corti capelli castani a fungo. Sì, quella era
l’immagine che gli veniva in mente quando la guardava, un
funghetto simpatico. Esattamente come una dozzina di ragazze del suo
corso. Non aveva idea di chi fosse. I dubbi lo assalirono, magari erano
della stessa classe. Fu Guido a venirgli in aiuto con una pacca
amichevole sulla spalla.
“Lei è Marta, della classe di elettronica. Si
siede vicino a me a lezione, non sta mai zitta!”.
“Questo non è vero!” protestò
la ragazza con un calcio debole alle caviglie del compagno di banco che
ridacchio scompigliandole i capelli “Comunque è un
vero piacere conoscere finalmente il famoso
Tàsano!”.
“Tasàno…” replicò
automaticamente Dennis guardandosi la punta delle scarpe da ginnastica
nuove arrossendo anche sulle orecchie
“…famoso?”.
“Si si! È una settimana che il Prete ti punta! Non
te ne sei mai accorto? Ragazzo, vabbè che hai
l’aria da sognatore quando cammini, ma insomma!”
esclamò lei tutta contenta saltellando quasi sui talloni
mentre toglieva le mani dalle tasche per allontanare quelle di Guido
dai suoi capelli.
“Un prete? Che prete?” domandò stupito
Dennis rialzando gli occhi in tempo per vedere il ceffone di Guido alla
testa di Marta che squittì risentita.
“Il Prete è il nomignolo di Guido”
spiegò Stef mentre tentava di mettersi in mezzo tra i due
litiganti, Marta offesa a morte intenzionata a vendicarsi e il Prete
imbarazzato intenzionato a tapparle la bocca, senza riuscirvi.
“Ma da dove…oh!” esclamò
Dennis illuminandosi mentre capiva la provenienza del soprannome.
“Ragazzo, finalmente si è deciso a parlarti!
Altrimenti avrei dovuto passare altri giorni infiniti a sentirlo
bisbigliare cose idiote come: oh! Eccolo! E se gli chiedessi
l’autografo?!” quasi urlò Marta mentre
scappava dalle dita protese di Guido che cercavano di strozzarla
“Oppure: te che mi consigli? Se gli chiedo gli appunti mi
guarderà male?!”.
“Stai zitta, strega! Non è vero!! Non ho mai detto
cose simili!!!” ringhiò Guido riuscendo a sfuggire
alla presa di Stef che barcollo mulinando le braccia in cerca di
equilibrio.
“No!” riuscì a dire con il fiato corto
Marta mentre rideva senza ritegno “Ma le hai
pensate!”.
Dennis, che non aveva capito nulla di quello scambio se non che i due
stavano giocando a guardia e ladri e che lui era in qualche modo la
causa della contesa, si trovò preso in mezzo quando Marta si
riparò dietro le sue spalle e Guido cercò di
travolgerlo per arrivare a lei.
“Ehi! Vorrei arrivare vivo all’esame di
matematica!!” protestò mettendo le mani avanti ad
afferrare le spalle dell’amico, ma ovviamente Guido era molto
più forte di un povero secchione fanatico di computer, e non
ebbe difficoltà a distruggere le sue misere difese.
“Vieni qui, arpia!”.
“Prova a prendermi, timidone!”.
“Chiudi quella ciabatta, comare!”.
“Senti chi parla, zitello!”.
“Ma vaffanculo, pettegola!”.
“Stronzo maschilista!”.
E Dennis? In mezzo ovviamente. Come un sandwich che si rispetti ha due
parti di pane, un wurstel e la salsa, i due litiganti erano il panino
tagliato, la parte della carne era toccata a lui mentre la salsa era
quel piacevole scambio di frecciate e sguardi infuocati che gli
passavano accanto alla testa facendogli credere che da un momento
all’altro avrebbe preso fuoco. Rosolato al punto giusto. Ma
non poteva togliersi, aveva la ancor più sgradevole
sensazione che se si fosse spostato, quei due sarebbero davvero venuti
alle mani. Prima volta in discoteca, prima vera e propria uscita serale
con amici, prima volta che qualcuno gli presentava ragazze, prima volta
che si vestiva un po’ meno da sfigato, prima volta che sua
madre gli aveva detto di non tornare fino all’alba e prima
volta coinvolto in una rissa. Troppe prime volte tutte in una sola
serata.
“Stef!!” strillò in falsetto mentre le
dita di Guido gli entravano nelle spalle ossute.
“D! Sta’ tranquillo, quei due fanno sempre
così!” lo incoraggiò Stef mentre si
faceva sotto per staccare il Prete dal componimento.
“Lasciami! E lasciami! Stavolta la ammazzo!!”
cominciò a protestare Guido calando però il tono
di voce…ma non la forza dei movimenti. Stef perse di nuovo
la presa, in modo del tutto improvviso, facendo perdere
l’equilibrio anche a Guido che barcollò in avanti,
un’espressione buffissima sul bel volto mentre piombava con
tutto il suo peso sul gracilino Dennis che con un
“oofff!” stupito, non poté far altro che
tentare alla meglio di afferrarlo al volo. Automaticamente, le braccia
di Guido in cerca di appiglio si strinsero attorno al torace del
ragazzo che tutto sommato resistette…grazie anche al
sostegno offerto come puntello dalle mani di Marta e dalla sua
controspinta che gli permise di non cadere con Guido sopra addosso a
lei.
Imbarazzato, Guido lo guardò negli occhi. Erano a pochi
centimetri di distanza, sentiva lo strillo estatico represso di Marta
dietro la sua schiena. Quella aveva qualche problema psichico ed
emotivo.
“Scusa…” mormorò Guido. Era
una sua impressione o si stava avvicinando? Che cazz…
“Di niente!” rispose automaticamente dimenticandosi
di togliere i palmi dal petto dell’amico che comunque non
accennava a staccarsi.
Il momento era alquanto imbarazzante. Pareva si fossero dimenticati
dov’erano. Eppure…Dennis era tranquillo. Non
sentiva nessuna pressione, nessuna ansia, come se fosse tutto normale,
come se niente stesse accadendo. Si scoprì a sorridere, solo
accennato, ma il sorriso c’era. E lo stesso sorriso pareva
riecheggiare negli angoli sollevati verso l’alto della bocca
di Guido. Idioti. Si sentiva un idiota, e probabilmente lo stesso era
per l’amico. Ma era una sensazione così strana che
non avrebbe saputo dire se gli sarebbe mancata una volta separati. Fu
il buttafuori a tagliare la testa al toro e risolvere il suo problema.
“Ehi ragazzi, tutto ok?”.
“Si grazie, stiamo solo scherzando!” rispose per
loro Marta. Incanto finito. Guido si staccò
imbarazzatissimo. Dennis guardò intensamente il soffitto
dell’ingresso con i motivi a mezzaluna.
“Beh” parlò Stef grattandosi con totale
naturalezza il sedere “aspettiamo le altre o
entriamo?”.
“Io mi sono stufata! Dentro!” espresse la sua
opinione categorica Marta prendendo a braccetto un ancora perplesso
Dennis “Dai D, vedrai che è divertente!”.
Le sorrise e lei parve risplendere ancora di più. Era una
creatura sensazionale. Gli sarebbe piaciuto averla come amica, magari
anche qualcosa di più. E già si figurava con lei
a braccetto in giro per la facoltà, in giro per il centro.
Lei che rideva alle sue battute, o che lo sosteneva con i suoi dubbi. I
suoi occhi che lo cercavano tra la folla, che cercavano proprio lui tra
tanti. E che alla fine lo trovavano, e la mano si alzava per chiamarlo
a sé. Tutto così…
“Ehi! Allora, venite?!” li chiamò la
voce di Guido, già distorta dalla musica. Si era incantato
di nuovo. Ma lei sorrideva ancora.
“Bene D, sei pronto?” gli sussurrò
dolcemente poggiandosi a lui, il suo seno premuto casualmente contro il
braccio.
“Andiamo!” rispose convinto. Era cominciata bene,
non c’era ragione per cui non dovesse continuare
così.
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Capitolo 3 *** questo mondo non fa per me ***
Chi ha ideato i proverbi, non è mai stato un universitario
sfigato. Chi ben comincia è a metà
dell’opera? Cazzata! La fortuna sorride agli audaci? Doppia
cazzata! Se qualcosa può andare storto, lo farà?
Ok, non è un proverbio, ma se c’è
qualcuno che ha capito qualcosa è Murphy!
Le dita di Dennis erano profondamente conficcate nel rivestimento
plasticato finta pelle del divanetto al quale si era ancorato dopo
neanche cinque minuti in pista. Aveva una paura folle di quel posto,
decisamente non faceva per lui tutta quella confusione. La gente non
era figa, non era neanche lontanamente sana mentre barcollava ubriaca
alla ricerca del bagno. Ballare non voleva dire veramente ballare,
voleva dire strusciarsi il più possibile e infilare le mani
ovunque. La musica poi? Un’accozzaglia di suoni privi di
senso logico a parte quel tunz tunz martellante che gli faceva
scoppiare i timpani mentre tentava di capire le poche parole in
quell’ammasso di caos, frasi senza senso il più
delle volte, sparate sul pacifismo, su mondi fantastici, sul ballo, su
belle ragazze disinibite o suore. Cosa ci fosse di così
bello nello strillare per cinque minuti di fila “il mio sogno
è volare oltre l’arcobaleno, così in
alto!” non lo avrebbe mai capito, ma forse tutti quei fumati
che si agitavano come morsi da tarantole in mezzo alla pista o sui cubi
dovevano dare un significato profondo alle parole della
canzone…magari loro l’arcobaleno lo vedevano sul
serio con tutto quello che si erano cannati e pasticcati per sballare.
Il ragazzo si riparò gli occhi doloranti dai fari puntati
contro di lui chiedendosi per quale strana logica quel maledetto
direttore delle luci o computer che fosse non la smetteva di ficcare
quell’accecante getto verde dritto dritto nelle sue iridi
sensibili. Le lenti a contatto gli facevano male, era stufo, si
annoiava, non capiva niente, non c’era nulla da mangiare e
oltretutto doveva continuare a sorridere come un’idiota e far
cenno di sì con la testa a tutti quelli che gli urlavano a
fatica se si stava divertendo. Già, altro problema del Luna,
ma pensò fosse un problema comune di tutte le discoteche e
simili: il volume assurdo impediva ogni tipo di conversazione. Quello
era un luogo dedicato al contatto fisico puro, e lui odiava il contatto
fisico, si sentiva inadeguato e idiota.
Conficcò ancora più in profondità le
dita nella stoffa appiccicaticcia dopo che qualcuno vi aveva versato
sopra un qualche liquore. Davanti a lui stava il bicchiere semi pieno
di roba alcolica che non era riuscito a mandare giù come
tutti gli altri. Sospirò ed ingobbì le spalle
prendendolo in mano. Magari bevendo un po’ si scioglieva,
come il ghiaccio che c’era prima nel contenitore in plastica.
Perché in plastica? Lo aveva capito dopo due ore che si
trovava là dentro, quando avevano cominciato a volare
bicchieri, caraffe e ghiaccio. Magari ora che il suo ghiaccio si era
sciolto, faceva meno schifo e riusciva a sorseggiare più
facilmente quella cosa tra il rosa e l’arancione che gli
aveva messo in mano Guido con un sorriso tranquillo.
Diede un sorso e si guardò attorno, mentre a fatica
deglutiva sentendo l’alcolico scendere lungo la gola,
giù fino allo stomaco che brontolò. Avrebbe di
gran lunga preferito qualcosa da mangiare, ma a quanto pareva non
c’era nulla di simile in quel posto…e se
c’era bisognava raggiungere il bancone dall’altra
parte della sala.
“Siamo stati fortunati!” aveva commentato Stef
appena entrati in sala e trovato il tavolo “Ce ne hanno dato
uno vicino al dj!”.
“E vai!! Tutto merito di Laura che è
pr!!” aveva detto tutta contenta Marta saltellando, sempre
appesa al suo braccio.
Dennis si era trattenuto dal chiedere cosa mai fosse un pr, e si era
limitato a sorridere raggiante senza aver capito una mazza di quello
che si preparava per lui.
“Dai, vieni! Andiamo a chiedere la caraffa intanto che
aspettiamo le altre!” lo aveva trascinato la nuova strana
amica verso il bancone esattamente dall’altra parte del
locale.
Dennis l’aveva seguita con un accenno di esitazione quando
aveva notato che gli altri due non erano intenzionati a seguirli. Ma
non doveva avere paura, lui era un ragazzo, non c’era ancora
tantissima gente dentro, la musica era ad un volume alto ma si riusciva
a dire due parole se si dicevano all’orecchio…e
comunque con il volume alto non era obbligatorio fare conversazione,
giusto? Quindi era riparato almeno da quel punto di vista, vero?
Sì, ma se non si fa conversazione, non scende un silenzio
imbarazzante? E se scende un silenzio imbarazzante…
“Cosa vuoi?”.
“Eh?” aveva risposto Dennis guardando Marta senza
capire mentre la ragazza indicava una lista appesa al bancone, in alto
per essere ben in vista.
“Io direi di iniziare con una caraffa di scivolo,
così cominciamo leggeri…tanto poi quando arrivano
le altre si peggiora di sicuro, la butteranno a gara come sempre!
Oppure preferisci qualcosa di più semplice,
tipo…che ne so, havana cola? Qualcosa con il rum? Ci sono!
Pignacolada! No, ginlemon! Oh, magari proviamo…!”.
“F…fai tu…” aveva mormorato
Dennis senza capire una parola di tutto quello che aveva detto. Sapeva
che erano nomi di cocktail, bevande alcoliche più o meno
leggere che andavano per la maggiore, ma quanto al loro sapore o
effetto…
“Questo!!” aveva urlato Marta puntando il dito su
una riga della lista delle bevande, ma prima che lui avesse potuto
leggere cosa aveva indicato, la ragazza lo aveva trascinato di nuovo
via.
Man mano che si erano avvicinati al tavolo schivando l’orda
infame di ragazzi arrapati e ragazze esaltate, il giovane sfigato si
era reso conto che dalla postazione dove si erano piazzati gli altri
due, provenivano strilli femminili e qualche battuta. Ad ogni metro
guadagnato, aveva potuto guardare le nuove arrivate con più
apprensione, il resto del gruppo: erano quattro in totale, quattro
giovani donne più o meno graziose che si atteggiavano
comunque tutte da gran bellezze facendo ondeggiare i capelli o muovendo
le anche a ritmo della musica crescente.
Marta si era staccata finalmente dal suo braccio per correre ad
accogliere le sue amiche, lasciandolo da solo a qualche metro dal
gruppo. Cosa doveva fare? Avrebbe dovuto avvicinarsi, seguendo la
logica, ma la fifa tipica dello sfigato gli suggeriva che era molto
meglio confondersi con la mandria che ballava e cercare un bagno dove
infilarsi, alla svelta, prima che loro si voltassero e vedessero che
lui…troppo tardi, una bionda più alta di lui con
lo sguardo pesantemente truccato di verde si era girata a guardarlo
seguendo la direzione indicata da una sempre saltellante Marta. Ma
quanta caspita di energia aveva in corpo quella?!
Le sue gambe avevano iniziato a cedere, tremando, mentre lo sguardo
inquisitore della bionda lo aveva percorso da capo a piedi. Non poteva
più tirarsi indietro, per cui non gli era restato altro da
fare che andare avanti nella direzione del tavolo. La ragazza aveva
continuato a guardarlo, con un misto di curiosità e
disprezzo. Non sapeva ancora quale delle due fosse predominante, ma
presto l’avrebbe capito.
Era bella quella bionda, anche se la tinta che aveva fatto era un
po’ troppo evidente secondo lui. Era impossibile per
un’orientale come lei avere i capelli di un biondo
così sfacciato. Gli occhi a mandorla evidenziati dal trucco
verde parevano volerlo scrutare in profondità mentre le
aveva sorriso e Marta lo aveva gioiosamente presentato.
“Lui è D!! D, lei è
Giò!!”.
“Piacere!!” aveva cercato di dire con voce sicura
mentre tendeva la mano alla ragazza. La bella bionda tinta aveva preso
la sua mano, l’aveva stretta con una morsa
d’acciaio che gli aveva fatto pesare la sua mano molle, e gli
aveva sorriso con aria di sufficienza. Ecco, ora sapeva che il
disprezzo era predominante nella sua classificazione.
Dopo la presentazione, la bionda si era voltata dandogli le spalle per
avviarsi al tavolo dove il barista aveva portato la brocca richiesta,
colma di quel liquido rosa-arancio strano, un colore mai visto prima
neanche nei videogiochi più strambi.
“Ehi, D!! Vieni, prendi un bicchiere!!” aveva
urlato Guido, mentre la musica non era ancora così alta da
impedire ogni tentativo comunicativo “Ragazze, lui
è Dennis! Queste sono Laura e Tippi! Dai Laura, ti metti a
caccia dopo!! E lei invece…ehi, dove sono andati Stef e
Lilli?!”.
“Fuori a fumare!” aveva urlato di rimando Marta
ammiccando “Li ho visti passare mano nella mano, credo
staranno via per un po’!”.
Guido aveva alzato gli occhi al cielo roteandoli in modo teatrale.
Dunque per quello che gli era dato capire, questa Lilli era la ragazza
di Stef. Stef aveva una ragazza. Sembrava sfigato come lui ma aveva una
ragazza. Magari l’aveva appena trovata. Sì, era
impossibile che uno che somigliava tanto a lui avesse la ragazza da
anni, probabile che si trattasse di una conseguenza di una recente
apertura al mondo esterno. Sì, era per forza
così! Quindi se lui ce l’aveva fatta, non
c’era ragione per cui non ce la potesse fare anche lui a
trovarsi una ragazza! Magari una come…
Dennis si era voltato a guardare Marta, ma aveva intercettato lo
sguardo scettico di Giò che evidentemente non aveva finito
il suo esame. La ragazza dai tratti orientali si era avvicinata a lui
ed il suo cuore aveva automaticamente perso un battito. No, non avrebbe
mai osato sperare una cosa simile. Quella bellissima creatura si stava
avvicinando proprio a lui, lo aveva fissato dall’inizio!
Magari…magari…si era ritrovato a sorridere come
un’idiota mentre lei si era accostata al suo orecchio, si era
abbassata appena, la scollatura della maglia verde smeraldo in piena
vista, la collana appesa al suo collo, un simbolo orientale che aveva
già visto da qualche parte nel videogioco di lotta che aveva
scaricato da internet, si era staccata dalla pelle chiara per
ondeggiare verso di lui, incantandolo.
“Ti va di ballare?” gli aveva domandato con voce
neutra, come se gli avesse chiesto di prestarle gli appunti. Ma il
sorriso di Dennis gli era morto sulle labbra. Ballare, lui? Aveva
scosso la testa lentamente e agitato le spalle come a dire che lui non
c’entrava nulla mentre da un altro punto di vista era lui in
fallo.
“Mi spiace, non sono capace…” aveva
urlato nell’orecchio di lei, talmente tanto forte per essere
sicuro di farsi sentire che la ragazza era indietreggiata in fretta. Lo
aveva guardato ancora un istante, poi gli aveva dato le spalle
definitivamente. Ecco, esame finito. Classificazione: sfigato.
A quel punto si era seduto sul divanetto in cerca di
stabilità in quel mare di luci colorante che gli facevano
perdere l’equilibrio, e da lì non si era
più mosso ed ancora attendeva un miracolo divino.
Il miracolo parve giungere infine quando ogni speranza era persa,
proprio mentre stava considerando l’ipotesi di individuare la
sua esatta posizione e tornare a casa a piedi prima di morire
d’infarto indotto. Guido tornò dalla pista da
ballo, sotto braccio una raggiante Marta. Che quei due stessero anche
loro insieme? Dalla litigata di prima però non si sarebbe
mai detto…
“Ehi, D! Chi ci fai lì seduto, sei già
stanco?! Dai, vieni a ballare!!” gli urlò Guido,
ma lui percepì solo poche parole ed il senso generale del
discorso a causa delle casse del dj che gli rimbombavano nei timpani.
Guido e Marta si avvicinarono a lui sedendosi una da un lato, uno
dall’altro. Gli misero entrambi con la spontaneità
data dal tasso alcolico nel sangue, le mani sulle gambe e cominciarono
a tirargli i pantaloni. Lui, che aveva ancora in mano il bicchiere ora
finalmente a metà, sorrise timidamente tentando di non
rovesciarne il contenuto sui vestiti nuovi mentre i due amici parevano
del tutto intenzionati a bagnarlo.
“Dai, lascia perdere! Prete, vieni a ballare!” si
sentì l’urlo di quella che secondo la sua scarsa
memoria doveva chiamarsi Laura o Tippi, quelle due erano praticamente
identiche sia nei vestiti, top rosso molto scollato e minigonna nera,
sia nei capelli corti alle spalle e scuri. Non lo avevano degnato di
un’occhiata per tutto il tempo. Non sapeva se era stato
peggio l’esame di Giò o essere totalmente
ignorato. L’esame, decise automaticamente, tanto era abituato
ad essere ignorato da tutti.
Guido ignorò il richiamo, ma doveva averlo sentito e doveva
anche aver visto la mossa invitante dei fianchi della ragazza, si
limitò a voltarsi dall’altra parte per guardare
lui dritto negli occhi.
“Dai, vieni a ballare con noi!” gli urlò
in faccia, ma per Dennis ebbe l’effetto di un sussurro. Che
diavolo gli prendeva? Colpa della strana bevanda che gli avevano
rifilato. Guardò il bicchiere con un misto di repulsione e
desiderio. Se avesse finito di bere, sacrificando la sua gola ed il suo
palato, magari si sarebbe sentito meglio e avrebbe trovato il coraggio
di buttarsi in pista con gli altri. Ok, decisione presa. Era ora di
crescere, di smetterla di fare il bambino pauroso, di affrontare il
mondo per quello che era! Al diavolo tutti i pregiudizi, le paure per
gli ubriachi, per il fumo e la droga! Era giovane, doveva divertirsi! E
se ci si divertiva bevendo e fumando in quel mondo, bene, avrebbe
cominciato anche lui! Chi era lui per lasciarsi sfuggire
l’opportunità di vivere una giovinezza piena,
aveva già lasciato sfumare troppe occasioni, troppe feste,
troppi compleanni, troppi raveparty e feste
dell’Unità!
“Allora, D!!!” Marta lo afferrò
saldamente per un braccio e lo sollevò a forza dal divano.
Alcune gocce del liquido radioattivo tra le sue mani caddero dal
bicchiere finendo sui suoi pantaloni, ma ormai non gli importava poi
così tanto. Le sorrise e la ragazza si mise a ridergli in
faccia con tutta tranquillità. Non rideva di lui, stava
ridendo con lui. Misteri di quel funghetto. Con uno sguardo distratto a
Guido che osservava ogni sua mossa, afferrò il bicchiere a
due mani e ingoiò tutto il rimanente d’u n fiato.
L’alcol sfracellò la sua lingua in pochi attimi,
gli riempì la bocca con il suo sapore forte, scese lungo la
gola soffocandolo per poi finire dritto dritto nel suo stomaco con una
rapidità tale che lui stesso si stupì quando
poggiò il bicchiere vuoto sul tavolino ingombro di altri
bicchieri come il suo e bottiglie semi vuote o terminate del tutto. La
testa prese a girargli e cominciò a tossire furiosamente
senza potersi trattenere. Accanto a lui, Guido lo sorreggeva mentre
Marta ridacchiando faceva il giro del tavolino per portarsi
all’entrata dell’affollata pista da ballo
rischiando di venire travolta dalle braccia mulinanti di una ragazza
che, salita su un tavolino vicino, dava spettacolo.
“Tutto bene?” gli domandò Guido in un
orecchio, urlando ovviamente per farsi sentire mentre il dj cambiava di
nuovo canzone. In qualche angolo remoto Dennis riuscì a
trovare il coraggio e la forza d’animo necessarie per fare
cenno di sì con la testa e sorridere. Venne ricompensato da
un altro sorriso e una pacca sulla schiena che lo spintonò
verso Marta, pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Ma quanto aveva
bevuto?!
Le braccia della ragazza si serrarono su di lui impedendogli altro
movimento che non fosse il respiro più o meno regolare
mentre avvertiva il corpo di lei premuto contro il suo, i seni che
sfioravano il suo petto. Magari non era poi così male il
Luna…
Marta si staccò da quell’abbraccio, lo prese per
mano e lo portò sulla pista in mezzo alla calca di gente che
spintonando tentava di tenere il ritmo come meglio poteva, chi bene,
chi un disastro come quella ragazza che dimenando il collo a scatti
pareva una gallina starnazzante. E lui, come sarebbe sembrato? Per un
momento il sangue gli si gelò nelle vene. Ecco, era alla
fatidica prova del ballo, cosa doveva mai fare per riuscire a
sopravvivere in quel frangente? Si guardò attorno ed
individuò Guido tra la folla, avvinghiato alle due fotocopie
di prima. Si strusciavano su di lui in modo provocante, lo sfidavano
quasi a mettere mai dove voleva lui per poi apparentemente ritrarsi
mentre in realtà era solo un’altra mossa
calcolata. Ok, il suo amico non si muoveva più di tanto,
agitava un po’ i fianchi e spostava il peso dalla gamba
destra a quella sinistra tenendo il ritmo della musica martellante. Ok,
quello lo poteva fare.
Guardò Marta davanti a lui che ancora lo teneva per mano e
si sentì un perfetto idiota. Non aveva la minima idea di
come fare. Troppo comodo guardare, a provare sulla propria pelle era
tutta un’altra storia. Evidentemente la ragazza si rese conto
del suo disagio, probabilmente perché notò che
non muoveva un muscolo, per cui gli afferrò un orecchio e lo
costrinse ad abbassarsi un po’ mentre gli dava istruzioni,
sempre urlando ovviamente.
“Tu sei un ragazzo! Non devi fare altro che il palo! Tu stai
fermo, e la ragazza ti ruota attorno muovendosi come le pare! Al limite
saltella un po’ seguendo la musica, guarda il
Prete!”.
E Marta cominciò a muoversi. Dapprima piano, timida, a mezzo
metro da lui, tenendogli le mani sospese mentre lui cercava di capire
cosa doveva fare, prendeva confidenza con quella strana cosa chiamata
ballo in discoteca. Lei gli sorrideva tranquilla mentre cominciava a
sentire più in profondità il ritmo, muoveva i
fianchi per invitarlo, si faceva più vicina o più
lontana a seconda della difficoltà in cui si trovava il suo
partner. Ma era gentile. Stava cercando di insegnargli, e per quanto lo
riguardava se la stava cavando anche bene come insegnante per uno
sfigato come lui.
Gettò uno sguardo a Guido e lo osservò con la
massima concentrazione per un’intera canzone studiandone i
movimenti, i gesti, il modo di muovere la testa e le spalle, la schiena
che si incurvava, poteva quasi scorgere la spina dorsale come spire di
un serpente agitarsi, destra e sinistra, poi di nuovo destra, destra e
sinistra. Una canzone finì e ne cominciò
un’altra. Destra e sinistra, di nuovo destra, destra e
sinistra, mentre le ragazze attorno a lui cambiavano ritmo, ruotavano,
si strusciavano. Forse aveva capito. In fondo il ritmo era sempre
uguale. Ce la poteva fare!
Marta intanto si era fatta più vicina, annuendo con la
testa. Non capiva se diceva di sì perché si stava
muovendo bene o perché era un altro modo per sentire il
ritmo. Comunque gli mise le mani sui fianchi per guidarlo
ulteriormente. Considerandola una buona idea, Dennis pensò
di fare lo stesso ed appoggiò i palmi sui fianchi di Marta.
La ragazza ridacchiò sommessamente ma non fermò
il movimento dando modo a lui di notare con stupore che non erano solo
i fianchi a muoversi, era tutto il corpo che doveva sentire il ritmo.
La ragazza chiuse gli occhi e lo stesso fece lui, abbassando il capo.
Sentiva le pulsazioni del suo cuore fondersi con quelle pressanti dei
bassi che rimbombavano nella sua cassa toracica dandogli strane
sensazioni. O era effetto della bevanda che si era scolato?
Fu un attimo, si era distratto ed automaticamente il suo corpo aveva
trovato il giusto ritmo. Ecco cosa voleva dire lasciarsi andare! Non
doveva pensare troppo, non era questione di tecnica, solo di muoversi
come gli veniva! La ragazza tra le sue mani si fece ancora
più vicina, lo sfiorò con le anche ondeggiando,
poi si ritrasse. Dennis gettò un’altra occhiata a
Guido e vide che Marta stava facendo più o meno quello che
facevano le altre ragazze del gruppo, solo in modo
più…discreto? Non avrebbe saputo come definire
quelle due che si strusciavano Guido, comunque sia la sua nuova amica
non sembrava intenzionata a causargli spiacevoli incidenti imbarazzanti
insistendo troppo su certe parti anatomiche come invece facevano le
altre. Gli sfuggì un sorriso di soddisfazione quando
notò che Guido allontanava le mani delle due arpie, cercava
di tenerle buone, si ritraeva. Ecco, ben vi sta, zoccole!
Le mani, dove andavano le mani? Le sue erano ancora ferme sui fianchi
di Marta, ma quelle della ragazza si erano spostate a vagare
liberamente sulla sua schiena, sul suo petto, a scompigliargli i
capelli, mentre si muoveva contro di lui invitandolo a fare
altrettanto. Panico. Doveva mettere le mani da un’altra
parte, lì erano scomode. Ma se l’avesse
abbracciata non sarebbe più riuscito a muoversi.
Mettergliele sul petto come faceva lei era decisamente da escludere!
Quanto ai capelli poi, non pensava fosse una buona idea.
Dov’erano le mani di Guido?
Oddio…dov’era Guido?!
Dennis si voltò a destra e sinistra alla ricerca del suo
amico, ma non lo vide da nessuna parte. Dove si era andato a cacciare
proprio ora che aveva bisogno di lui?! Neanche le due arpie erano in
vista…che si fosse andato a rintanare da qualche parte con
loro? Già se lo immaginava schiacciato contro qualche muro
mentre quelle due lo toccavano da tutte le parti…o peggio,
in bagno, a fare porcate chiusi dentro uno dei box. Per una qualche
strana ragione, gli prese una tale rabbia che si dimenticò
del suo problema di dove mettere le mani e si limitò a
metterle dove gli pareva, per la precisione sul fondoschiena di Marta
che sobbalzò per la sorpresa. Non se l’era
aspettato. Beh, neanche lui!
“E bravo D, che ci prova con la mia compagna di
banco!!” gli urlò una voce alle sue spalle, e le
mani si staccarono immediatamente dal corpo di Marta mentre lei, in
modo del tutto naturale, lo lasciava stare per ballare da sola.
“No, io non…ecco…!”
tentò di schermarsi Dennis voltatosi per affrontare lo
sguardo divertito di Guido, alzando tra loro le mani accusate di tanta
audacia.
Guido si mise a ridere con tranquillità e gli
passò un bicchiere pieno di un liquido diverso da quello di
prima, più scuro. A prima vista pareva coca cola,
ma…per qualche strano motivo, sentiva che non poteva essere
solo coca cola. Chiamatelo sesto senso, ma le zaffate di alcol le
percepiva con tutto il suo essere. Fece cenno di no con la testa, al
che Guido scrollando le spalle diede un sorso lungo al bicchiere per
poi offrirglielo di nuovo. Pensava che l’aveva rifiutato
perché non si fidava di lui? Gli aveva davvero dato
quell’impressione? Oddio, era un idiota al cubo! Lui non
avrebbe mai rifiutato nulla che gli avesse passato lui, era solo che
non se la sentiva di bere ancora, insomma…era pur sempre la
sua prima uscita, un minimo di contegno…sì, ma se
l’aveva offeso doveva rimediare in qualche modo. Ecco, adesso
lo stava guardando perplesso e un po’ triste. No, questo non
poteva permetterlo!
Dennis afferrò il bicchiere e tirò un sorso
veloce. Troppo veloce. Rischiò di strozzarsi di nuovo, ma
stavolta riuscì a non starnutire e sputare il liquido in
faccia all’amico che aveva ripreso a sorridere fiducioso. Gli
ripassò il bicchiere e notò che Guido stava
bevendo più o meno da dove aveva bevuto lui. Le labbra si
erano posate dove pochi attimi prima c’erano le sue,
come…no, se iniziava a pensare a baci indiretti, quella sera
aveva baciato più gente di quanta potesse ricordarne con
tutti quelli a cui aveva passato il bicchiere con la scusa di
assaggiare. Sì, perché dentro al Luna
c’erano parecchi amici di Guido e Marta, talmente tanti che
ricordava di vista a malapena una decina di tutti quelli che gli
avevano fatto un cenno da lontano o stretto la mano. E a proposito di
mano, il bicchiere era di nuovo in mano sua. Diede un altro sorso quasi
senza rendersi conto che stava bevendo sempre dallo stesso punto mentre
un vago rossore si diffondeva sul volto di Guido. Era la bibita, tutta
colpa dell’alcol.
“Vieni!” gli urlò Guido e lo prese per
un polso. Ciecamente, Dennis lo seguì di nuovo al tavolino
dove si sedettero sul divanetto, crollando quasi l’uno
sull’altro, cozzando, attaccati. Dennis rideva da solo ormai.
Qualunque cosa gli avesse dato, unita a quel bicchiere di prima stava
facendo effetto.
“Prova questo!” Guido gli passò un altro
bicchiere dopo che lui stesso ne aveva dato un sorso in prova. Beh, se
glielo passava Guido…
La testa gli faceva un male pazzesco. Era sdraiato sul suo letto, una
borsa del ghiaccio premuta contro la fronte, gli occhi a tratti aperti,
a tratti chiusi. Sì, perché se li teneva aperti
gli girava la testa, se li teneva chiusi gli veniva da vomitare.
Accanto al letto, in misura di sicurezza, un secchio portato da
un’orgogliosa madre faceva bella presenza per ogni evenienza.
Come facesse quella donna ad essere felice che suo figlio si fosse
sentito male, era un mistero, ma saltellava tutta eccitata quando si
era presentato a casa alle quattro del mattino con Guido che lo
reggeva, un sorrisino ebete sul volto di suo figlio. E lei era
contenta. Era scesa di sotto in pigiama perché lui non si
ricordava più dove aveva le chiavi di casa, aveva aperto con
una mazza da baseball in mano pronta a massacrare chiunque, e quando si
era trovata il figlio ubriaco davanti invece di spaccargli
l’arma in testa si era limitata a gettare la mazza e correre
tutta sorridente ad abbracciarlo. Se si fosse beccato una punizione
dopo quella serata, sarebbe stato per averla svegliata con il
campanello.
“Ahi!” si era mosso leggermente verso destra e
aveva sentito qualcosa pungerlo. Mettendo una mano sotto il sedere
nelle tasche dietro dei jeans, trovò le chiavi di casa. Era
un idiota.
Non ricordava molto della serata, a parte il fatto che aveva bevuto, e
aveva ballato. Quello lo sapeva. Aveva ballato con Marta, con
un’ubriaca Giò, con un paio di ragazze che
passavano di lì e si erano fermate a strusciarsi pure loro,
in gruppo a cerchio con gli altri…e con Guido. Si premette
la borsa del ghiaccio contro gli occhi tentando di reprimere i conati.
Aveva ballato con Guido. Lui era un ragazzo, Guido era un ragazzo, ma
aveva ballato con Guido. Non sapeva se era una cosa tanto naturale, ma
si era divertito parecchio.
Chissà se avrebbe fatto altre uscite del genere?
Chissà se domani Guido l’avrebbe ancora salutato,
se gli altri che aveva conosciuto l’avrebbero salutato. Ma
soprattutto, chissà se si ricordavano di lui o se lui
ricordava i loro volti! Era abbastanza convinto di saper riconoscere
Marta e Stef…e ovviamente Guido, ma gli
altri…aveva ricordi vaghi di un’orientale con i
capelli biondi, quella era un po’ difficile non riconoscerla,
e due o tre…o quattro…il resto erano tutte
ragazze anonime, ragazzi anonimi. Magari un paio li avrebbe anche
riconosciuti se si fossero presentati vestiti come quella sera, ma
dubitava che mettessero i vestiti per il Luna
all’università, a differenza di lui che se non si
fossero sporcati i pantaloni li avrebbe messi volentieri anche
lunedì. Era proprio uno sfigato.
“Tesoro, come ti senti?” cinguettò sua
madre entrando con il cambio del ghiaccio “Dai, che ti sei
divertito! Com’erano le luci? E la musica? Hai ballato?
Bevuto di sicuro! Buoni i cocktail del barista vero! E poi è
un tale figo, se solo avessi una ventina d’anni in
meno…”.
Si era divertito? Non ne aveva davvero idea. Aveva ballato, aveva
bevuto. Era quello che ci si aspettava da lui. Ma si era davvero
divertito? No, probabilmente si era divertito davvero solo verso la
fine di tutto, quando Guido gli si era avvicinato, quando qualcuno gli
aveva rivolto la parola, si era mostrato gentile con lui, gli era stato
accanto…sua madre che faceva commenti osceni sul barista gli
mancava come perfetta conclusione della serata!
“Mamma…!” mormorò con un
sospiro guardandola male.
“Che c’è?! Anche io ho gli occhi, sai!
Come il tuo amico…oddio, hai un amico ed è pure
così carino! Decisamente meglio degli ultimi carciofi che mi
hai portato a casa, quei tuoi amici del circolo
dell’elettronica o come diavolo si chiamava erano
così…bah, lasciamo perdere! Sai se ha la
ragazza?”.
Sai se ha la ragazza, altra bella domanda. Aveva la ragazza? Se
sì, lui non l’aveva vista e al locale del demonio
non c’era. No, non doveva averla altrimenti non avrebbe
permesso a quelle due di far vagare le loro mani sul suo corpo, non
avrebbe…san-Bill-Gates, per un secondo alle due arpie si era
sovrapposta l’immagine di sua madre che si strusciava su
Guido! Stava male sul serio!
“Mamma, ha la mia età…”.
“E allora, non si può guardare?! Guardare e non
toccare! Certo che però se ci scappa anche un
toccare…”.
Se ci scappa anche un toccare…ma che diavolo stava pensando
adesso?! Via pensiero porno, via pensiero porno, via pensiero
porno…
“Mamma, sto per vomitare…”.
“Eh, per così poco! Sai, se ti trovassi un ragazzo
del genere magari potrei anche accettare il fatto di non avere
nipotini…forse!”.
Impossibile reprimere il conato. Dennis si chinò il
più rapidamente possibile sul secchio mentre la madre si
scostava con un salto atletico. Facile per lei, non era mai stata una
sfigata come il figlio. D’altra parte però,
all’università non ci era mai arrivata proprio
perché rimasta incinta a 17 anni. Sì,
però non era giusto riversare tutte le sue speranze sul
figlio secchione!
“Che disastro…dopotutto forse non sei gay come
temevo!” commentò sua madre sempre allegramente
posando la borsa del ghiaccio sul suo comodino.
“Mamma, vomito di nuovo!”.
“A domani!”.
Finalmente sua madre uscì dalla stanza, accompagnata dal
suono di suo figlio che si sentiva male. Ma proprio a lui doveva
capitare una madre del genere?!
Si ributtò sul letto con la nuova borsa del ghiaccio sulla
fronte. Ghiaccio, come quello che Guido gli aveva infilato nella
maglietta mentre erano seduti sul divanetto, prima di cominciare a
lottare per gioco, prima di finire riverso con lui che gli faceva il
solletico, le sue mani sul suo corpo…
“Mi sento male…” mormorò, e si
chinò di nuovo sul secchio. Ma stavolta non
rigettò nulla. Non lo considerò proprio come un
buon segno.
[caspita,
a giudicare da quanti leggono vi piace sul serio! Un grazie enorme a
quelli che recensiscono, siete i miei eroi!
A
presto
Kissu
kissu]
|
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Capitolo 4 *** le iene ***
Dennis aprì gli occhi alla luce del mattino che filtrava
dalle finestre, e li richiuse subito dopo girandosi
dall’altra parte. Postumi della sbronza, li aveva chiamati
sua madre. Dopo oltre un giorno e mezzo però gli pareva
troppo.
Allungò una mano e a tentoni trovò quello che
cercava, il suo pc portatile. Il suo dolce peso lo rassicurò
e si sentì già meglio. Aveva passato
un’intera giornata senza guardare il suo schermo multicolore,
rischiava di andare in astinenza, ma non aveva osato afferrare
quell’ancora di salvezza dalla noia nelle ore precedenti,
quando la nausea continuava a tormentare il suo povero corpicino
innocente…oddio, magari tanto innocente non lo era
più. Si poteva considerare alcolizzato adesso?
La solita donnina nuda da calendario lo salutò ammiccando
dallo specchio della tecnologia, la sua finestra personale sul mondo.
Premette un tasto con forza, e si aprì davanti ai suoi occhi
rossi e mal funzionanti la finestra di internet. Vedeva ancora
sfuocato, troppo sfuocato. Si passò le dita sugli occhi,
premendo con forza più volte, mentre gli occhiali
rimbalzavano contro la fronte imperlata di sudore. Ma quando gli
occhiali ricaddero sul naso, la sua vista non era migliorata, anzi.
“Ma che…” borbottò
terrorizzato all’idea di aver perso nel giro di un giorno la
bellezza di due diottrie per colpa di una sola bevuta, anche se
memorabile.
Chiuse gli occhi e sfilò gli strumenti visivi poggiandoli
sul letto accanto a lui. Probabilmente erano sporchi, ma anche la
nebbia nella sua stanza non giustificava un simile problema
pronunciato. Chinò la testa verso il basso, poi la
rialzò fin dove poteva, sempre con gli occhi chiusi.
Rotazione a destra, rotazione a sinistra, giro completo…e
riecco la nausea. In preda al panico, spalancò gli occhi e
si ritrovò a fissare il seno nudo della donna da copertina
sul suo schermo luminoso. Incredibile, riusciva a distinguere bene i
contorni. Incredibile, riusciva a vedere chiaramente l’alone
del capezzolo. Pazzesco, vedeva anche di che colore erano gli occhi
della donna!
“Miracolo!!” urlò Dennis quasi
scagliando il pc a terra nella fretta di andare davanti ad uno
specchio, la nausea dimenticata di fronte al miracolo della vista.
Sua madre sentendo le urla corse in camera sua e lo trovò a
guardarsi allo specchio con interesse mentre si toccava il viso,
spostava il naso a destra e sinistra, scompigliava i capelli
già vistosamente in disordine dopo il sonno.
“Beh” commentò sua madre poggiandosi
allo stipite, un mestolo sporco di sugo in mano “hai scoperto
i brufoli?”.
“Ci vedo!” replicò Dennis stupito,
notando una quantità impressionante di punti neri attorno
alle labbra che prima non aveva notato. Prese a tormentarli sotto lo
sguardo critico del genitore che scuoteva la testa.
“Sei un essere umano, quindi hai due occhi e funzionano,
anche se male…quelli non si schiacciano così,
vieni che te li sistemo io…”.
“Ferma con quelle unghie!” strillò lo
studente universitario vedendo le unghie smaltate di rosa della madre
avvicinarsi pericolosamente al suo viso rosso dove aveva grattato con
le unghie mangiucchiate “Io ci vedo!”.
“Sì, ok” sospirò la madre
dandogli un colpetto con il mestolo sulla mano che aveva bloccato la
sua azione anti punti neri, lasciando una macchia di sugo prontamente
leccata dal proprietario “ci vedi…tesoro, stai
ancora sragionando per la sbronza?”.
“NO! Guardami bene! Non noti niente di diverso?”
chiese Dennis guardando speranzoso la madre, avvicinandosi fino a pochi
centimetri dal naso della donna che lo guardava senza capire.
Gli occhi della madre lo scrutarono a fondo, contando i famosi punti
neri in pericolo, i brufoli sotto pelle, la barba di due giorni da
fare. Le unghie smaltate si mossero a tracciare i contorni del figlio
che prese a sorridere come un ebete. Ci vedeva! Era tutto
così…colorato! Così bello!
Così…un attimo, senza occhiali non poteva
rientrare automaticamente nella classifica dello sfigato cronico,
giusto? Erano punti in meno nella graduatoria degli emarginati del pc!
Senza occhiali avrebbe avuto più facilità a fare
amicizie, più possibilità di piacere con le
ragazze! In fondo quella sera in discoteca, non aveva gli occhiali, e
aveva quasi rimorchiato…ok, non morivano ai suoi piedi, e
probabilmente si erano strusciate su di lui solo per passare,
però qualcuna si era strusciata abbastanza a lungo che se si
fosse girato avrebbe potuto afferrarla e…ci vedeva! Insomma,
era fantastico, era bellissimo, era…!
“Hai qualcosa negli occhi…sta’
fermo…” e prima che potesse fare qualunque cosa,
le lunghe unghie della madre si infilarono in un decimo di secondo nel
suo occhio destro, sfiorarono il bulbo oculare, raschiarono lievemente
la superficie bianca ed uscirono con qualcosa di trasparente e di forma
concava. Il suo occhio destro aveva smesso di vederci bene.
“Se vuoi dormire togliti le lenti, te l’avevo
detto! Anche se ti ho preso quelle che traspirano, è sempre
meglio non esagerare! Dai, ti tolgo anche l’altra prima che
ti cavi un occhio perdendo l’equilibrio,
ubriacone!”.
“Faccio io!!” urlò lui chiudendosi
l’occhio sinistro con entrambe le mani mentre la madre,
sospirando, con un buffetto in testa lo lasciava solo con il suo
cocente imbarazzo.
Una lente a contatto. Ecco perché ci vedeva bene.
Andò desolato davanti allo specchio dove trascorse un quarto
d’ora buono per togliersi la compagna dall’occhio
sinistro. Ecco, ora aveva davvero un occhio arrossato e ci vedeva male
come al solito.
Con la testa a ciondoloni, si sedette sul letto, per poi saltare di
nuovo in piedi con uno squittio di sorpresa al suono anomalo.
Avvicinò il volto fino a sfiorare quasi le coperte con il
naso. Maledizione, non era proprio la sua giornata!
La ressa degli studenti era sempre identica, ogni mattina con la stessa
identica intensità lo spintonavano, lo strattonavano, gli
facevano immancabilmente perdere l’equilibrio sui gradini
sdrucciolevoli di marmo un tempo bianco della sua facoltà.
Accanto a lui passavano orde di giovani studenti in cerca,
più o meno, del sapere, diretti in un’aula per
ascoltare, più o meno, un professore preparato che li
avrebbe illuminati, più o meno, su una data materia per loro
fondamentale, più o meno, a prepararli al loro futuro
lavoro…più o meno.
Il suo fedele zaino delle superiori pesava parecchio quel giorno, si
prospettava un’intera giornata passata tra i banchi a
prendere appunti. Aveva preso la sua matita preferita? Portò
una mano alle sue spalle per tastare nervoso la sacca inferiore ove
aveva riposto il suo fedele astuccio, come se potesse attraverso il
tatto fare una radiografia ed individuare la sua matita firmata Diablo.
Aveva penato così tanto per vincerla che non se ne separava
mai, era il suo tesoro, il suo prezioso strumento di lavoro, il suo
amore eterno, il suo vanto e orgoglio, il suo…
“Si saluta!!”.
La voce proveniva dalla sua destra, ne era abbastanza sicuro. Strinse
gli occhi alla ricerca della fonte e si trovò davanti un
ragazzo di bell’aspetto, con una maglietta attillata e un
sorriso radioso che gli dava pacche sulle spalle. A lui. Stava sognando
ancora?
“Ehi, che c’è? Ti sei già
dimenticato?”.
“Ciao Guido! Scusami, non ho gli occhiali e
allora…” tentò di giustificarsi Dennis
avvertendo con imbarazzo la pressione delle dita dell’amico
sulla sua spalla gracilina.
“Ah, e io che avevo scommesso che avevi le lenti!”
parlò una voce femminile. Voce femminile amichevole, profumo
di caramello, quindi era…
“Ciao Marta! No, le lenti me le ha tolte mia madre e le ha
buttate, erano per un giorno solo…”.
“E gli occhiali? Non dirmi che per essere più figo
hai deciso di venire a scuola comunque senza occhiali!”
ammiccò, o almeno gli parve, la ragazza giocherellando con
la sua maglietta anonima, troppo larga.
“No” mormorò Dennis imbarazzato,
rendendosi conto di quello che aveva detto solo pochi secondi prima ma
senza avvedersi di quello che stava per dire adesso “mi ci
sono seduto sopra…”.
Dall’altra parte del gruppetto si levarono risatine
incontrollabili da parte di alcune ragazze. Strizzando gli occhi
più che poteva, riuscì a vedere solo capelli
scuri. Erano anoressiche e con i capelli scuri. Allora dovevano essere
quelle due arpie che si strusciavano Guido in discoteca. Come diavolo
si chiamavano…?
“Non sforzarti troppo, potresti rovinarti gli
occhi!” commentò una delle due senza smettere di
ridere.
“Giusto! Tra computer e seghe sarebbe un peccato rovinarli
ancora!”. Sbottò l’altra imitando
l’amica mentre Dennis continuava a stringere gli occhi per
distinguerle, alla disperata ricerca di un nome.
“Ragazze…” mormorò
imbarazzato Guido mettendo un braccio attorno alle spalle
dell’amico che sobbalzò, cosa che non
sfuggì alle due streghe.
“Ma guardatelo com’è timidino! Dai, non
ti mordiamo mica!” riprese la voce tagliente di una, un tono
canzonatorio che gli diede non poco fastidio ricordandogli la sua
natura di sfigato.
“Beh, lui no di certo! Sarebbe sprecato…guardalo
com’è arrossito! È
davvero…com’è quella parola,
Laura?”.
Laura, ecco come si chiamava. Quella che aveva sfasciato la macchina
nell’incidente, andando a sbattere lei contro un ragazzo che
poi aveva corrotto con una serie di appuntamenti perché non
facesse denuncia…allora doveva essere davvero figa.
Però a guardarla non pareva, sembrava piatta come una
tavola...ma forse era lui che senza occhiali non notava le curve.
“Insomma Tippi, quante volte te la devo ripetere!
…” riprese l’amica la voce tagliente di
Laura tra una risatina e l’altra. Concentrandosi al massimo,
Dennis poteva vedere le mani delle ragazze premute contro il ventre,
come se facesse male per il troppo ridere. Avevano tutte e due la
stessa maglietta scura scollata…no, non si era sbagliato,
erano tutte e due anoressiche e piatte come tavole.
“Ragazze, adesso basta!” sbottò Guido
stringendolo sicuramente in modo inconsapevole. Capiva che lo stava
difendendo, ma lo difendeva da cosa?
“Si dice…” cominciò Laura con
il tono di una bambina piccola.
“Checca!” concluse l’amica fotocopia con
lo stesso tono, battendo le mani.
Dennis si raggelò immediatamente. Ci aveva messo un
po’, ma aveva capito l’antifona. Non era gradito da
quelle due. Abbassò il capo e gettò sguardo
sfocati attorno a sé. Quelle streghe avevano parlato con un
tono di voce abbastanza alto da farsi sentire da quelli attorno. Ecco,
vedeva già gli sguardi di disprezzo e derisione sui volti di
quelli che passavano. Notava perfettamente anche senza occhiali che i
ragazzi lo additavano malamente e le ragazze ridacchiavano mentre gli
passavano accanto senza vederlo realmente. E il braccio…il
braccio di Guido si era istintivamente levato dalle sue spalle, come
poco prima lo aveva stretto. Da solo. Come sempre. E le due arpie
continuavano a ridacchiare e borbottare tra di loro, a tratti a voce
bassa, a tratti quasi urlando.
“Ah, ci sono! Questo è decisamente vergine, mai
visto una ragazza in vita sua neanche con il binocolo con il quale spia
la vicina mentre si cambia!” ripartì Laura quasi
canticchiando.
Ovvio che sono vergine, ma non mi pare il caso di spiattellarlo in
giro! Non sono mica come voi che la date a destra e manca senza
chiedere neanche il nome! Guido si allontanò dal suo fianco.
“Certo! Allora te lo spiego io, la donna è quella
che non ha il cazzo!”.
“Tippi falla finita!!” si infuriò Guido,
e Dennis vide il braccio del suo amico stringere quello della ragazza
in una minaccia non tanto velata. Ma ormai erano incontrollabili, con
quelle loro risate gli ricordavano delle iene che prima di sbranare la
preda la rendono folle con i loro versi. Già, era
esattamente quello che stavano facendo a loro. Lo stavano azzannando
lentamente.
“Scommetto che è stato cresciuto solo
dalla madre! Nessuno può crescere così se ha
anche una figura paterna vicino!”.
Lasciate stare la mia famiglia, non toccatela, non pensateci nemmeno!
Strinse i pugni tentando di calmarsi, di pensare. Doveva ricambiarle
con la stessa moneta, doveva solo trovare una frase adatta e tutto
sarebbe andato a posto, tutto si sarebbe calmato…
“Certo! E sua madre dev’essere una specie di
generalessa attaccata al figlio! Magari non lo lascia nemmeno uscire di
casa! Prete insomma, mi fai male!”.
Non è vero, brutte zitelle, mia madre mi butta fuori casa
per farmi uscire! Basta! Non sapete niente di me, quindi state zitte!
Zitte!
“Scommetto” continuò imperterrita sempre
Tippi, ormai fuori controllo “che il padre se
n’è andato proprio per non avere un figlio del
genere, che ne dici Laura?”.
Zitta, zitta, zitta! Le lacrime minacciavano di straripare e mostrare a
tutti la sua debolezza. Com’era possibile che quelle
sapessero così poco di lui eppure fossero in grado di fargli
tanto male? Si portò una mano al viso per contenere la marea
montante, ma non c’era nulla da fare, nemmeno Guido era stato
in grado di fermare quelle iene, di certo non sarebbe bastato un suo
commento secco, magari sul fatto che erano piatte, per farle stare
zitte. Avrebbero continuato, ancora e ancora, come tutte le altre
streghe con le quali aveva avuto a che fare. Sempre a sfottere, sempre
a farsi domande su di lui, sul perché era così.
Cosa c’era di male se era così? Lui stava
benissimo anche senza gente attorno, lui era un perfetto asociale, lui
e il suo pc, non gli serviva altro! Non voleva altro…
“Zitta Tippi! Laura anche tu, dille qualcosa!”
ruggì Guido, quasi urlando, mentre Marta si accostava a
Dennis per tentare di consolarlo, di ripararlo con la sua sola presenza.
Non ce la faceva, non ce la poteva fare. Se ne sarebbe andato
da quel gruppo, da quelle persone, da Guido e dal suo mondo di
fighetti. Lui non era fatto per quello, non era in grado nemmeno di
reggere ad uno scontro verbale con delle galline. Chinò
sempre più il capo, ingobbì le spalle. Si era a
tutti gli effetti arreso. Le parole che Marta gli sussurrava dolcemente
non valevano nulla. E quelle due continuavano, ancora e ancora. Poco
importava che Laura si stesse calmando, forse anche pentendo. Ma si
potevano pentire ragazze del genere? Tippi faceva anche il suo lavoro.
Quella risata…avrebbe voluto solo scappare via. E la gente
che fissava. Sempre, sempre lo fissavano e giudicavano senza sapere
nulla.
“Finiscila, stronza!”.
Il silenzio calò improvviso sul gruppo. Tippi smise
immediatamente di ridere. Poteva quasi immaginarla con la bocca
spalancata, un merluzzo.
Dennis alzò vago gli occhi a vedere da vicino il volto di
Marta, ma non era stata lei a parlare. La voce che era esplosa era
molto più squillante, come tanti campanellini. Ma lui non
conosceva nessuno con una voce del genere. Laura e Tippi erano
raggelate, non si muovevano, forse non respiravano nemmeno mentre
fissavano Stef. Lo riconosceva perché aveva addosso gli
stessi pantaloni dell’ultima sera che l’aveva
visto. Il ragazzo si trovava ai margini del gruppo, in una posa un
po’ strana…e pareva ingrassato. No, non era
ingrassato. Aveva qualcuno vicino. E quel qualcuno era una ragazzina
alta uno sputo, con dei corti capelli biondo chiaro naturale e la
carnagione pallida. Ora però non era tanto pallida con le
guance gonfie e rosse per l’indignazione mentre puntava con
sguardo di fuoco le due iene come se dovesse incenerirle da un momento
all’altro.
Laura e Tippi se ne stavano a testa bassa, ora sinceramente pentite.
Marta al suo fianco sogghignava soddisfatta mentre faceva segno di ok
alla ragazza di Stef, il cui rossore da rabbia si era mutato in
imbarazzo. Il suo ragazzo la stringeva a sé, le braccia
forti che circondavano quel corpo minuto. Pareva una fatina.
“Sai” gli sussurrò Marta mentre Guido
dava le spalle alle due streghe per andare a scompigliare i capelli
alla fatina “Lilli non si arrabbia mai, non urla mai, non
attira mai l’attenzione. È socievole solo se
c’è Stef vicino, vive in simbiosi con il suo
ragazzo. Ma se qualcuno prova anche solo vagamente a fare qualcosa di
male al suo adorato, esplode in modo incontrollabile, fino a diventare
anche pericolosa…l’anno scorso ha quasi bastonato
Tippi perché ci provava spudoratamente con Stef!”.
“Ah, ecco perché se la sta facendo addosso
adesso…” commentò Dennis asciutto.
Guido, che si trovava a pochi passi da loro, sentì il
commento e sorrise.
“Già, sono solo delle cacasotto!”.
Il gruppetto ora schierato dalla sua parte ridacchiò del
commento, un modo per allentare la tensione. Anche Laura si
unì a loro facendo qualche passo avanti. Gli strinse la mano
e gli chiese anche scusa, dicendo che stava solo scherzando, non voleva
esagerare in quel modo. Lui le sorrise di rimando, le lacrime un brutto
ricordo. Forse non era così cattiva come sembrava...o forse
l’aveva fatto solo per potersi avvicinare di nuovo a Guido
usando il suo pentimento come scusa per un abbraccio. Meglio stare alla
larga da quell’arpia.
L’unica che se ne stava ancora in disparte era Tippi,
risentita con il mondo. Guardava tutti dall’alto in basso. Ma
forse era perché non era al centro
dell’attenzione. C’era sempre un tipo del genere in
ogni gruppo.
Ah, anche qualcun altro mancava all’appello: Lilli e Stef.
Avrebbe voluto ringraziare la ragazza per averlo difeso anche se non lo
conosceva.
“Ah! Non ci pensare! Prima o poi ritorneranno, ora sono
andati a…” parlò Marta ridacchiando con
aria complice mentre ammiccava in direzione dei bagni.
“Il termine tecnico è: sbollire!”
finì Laura timidamente prima di staccarsi finalmente da
Guido che tornò da Dennis a dargli una pacca sulla spalla.
“Tutto ok?” gli domandò.
“Ok…” rispose Dennis, e il braccio di
Guido tornò a circondargli le spalle.
“Bene, andiamo a prendere posto! La prima ora abbiamo
informatica!”.
E insieme il gruppo compatto si diresse verso le aule. Ma mentre si
allontanavano, Dennis si voltò più volte indietro
per cercare di scorgere, anche senza occhiali, la figura da fatina
della ragazza. Entrò in classe sorridendo, e si
dimenticò di estrarre la sua matita preferita. Aveva capito
cosa gli mancava per uscire definitivamente dal club degli sfigati: gli
serviva una ragazza come Lilli.
[altro
capitolo aggiornato! Al povero Dennis ne capitano di tutti i colori
(n.Dennis autrice sadica!). Tra incomprensioni e tentativi a vuoto, nel
prossimo capitolo il vostro sfigato preferito (n.a. beh, se state
leggendo almeno un po’ vi piace) si getterà
nell’impresa più difficile del mondo per ogni
appartenente alla categoria degli emarginati: trovare una ragazza. E
Guido? Eh, Guido…se ve lo dico adesso non vale! A presto!
Kissu
kissu]
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Capitolo 5 *** voglio una ragazza! ***
“Mi spiace, ma mi fai schifo. Non uscirei con te nemmeno per
tutto l’oro del mondo!”.
Marta gli diede la schiena e lui si sentì un idiota. Lo
aveva scaricato senza il minimo tatto. Mancava solo che gli ridesse in
faccia, poi sarebbe stato morto sul serio. In quella, dalla ragazza si
levò una risata alla quale fecero immediatamente eco quelle
isteriche di Laura e Tippi che presero la sua ragazza ideale a
braccetto mentre lo guardavano maligne. Le lacrime affiorarono sul suo
volto mentre le vedeva fermarsi vicino ai distributori automatici,
sedersi sul termosifone lì accanto e continuare a ridere
mentre ogni tanto gettavano occhiate maligne nella sua direzione.
Non avrebbe mai immaginato che gli potesse accadere una cosa simile con
lei. Ci aveva provato apposta perché pensava che la ragazza
l’avrebbe capito, Marta era diversa dalle altre, lei era
comprensiva, dolce, speciale. Invece era esattamente come tutte.
Vederla farsi offrire il caffè da un ragazzo alto e dalla
muscolatura perfetta gli fece male, un dolore bruciante.
Chinò il capo sconfitto su tutta la linea ed una lacrima
solitaria scese lungo la guancia fino a bagnare la maglietta nuova che
aveva comprato apposta per l’occasione. Per lui era stato un
passo importante dichiararsi in quel modo, così diretto,
così “o la va o la spacca”. Beh, lo
aveva spaccato per bene. Non avrebbe mai più avuto il
coraggio di mostrarsi in giro dopo una batosta simile. E la seconda
lacrima fece per seguire la prima.
“Tutto bene?”.
Dennis si voltò a guardare la figura sorridente di Guido il
cui dito gli terse la lacrima dal volto prima che potesse andare a far
compagnia all’altra sulla maglietta. Il suo amico non lo
avrebbe abbandonato, lui sarebbe rimasto al suo fianco…vero?
Aveva pensato la stessa cosa anche di Marta, ma la ragazza continuava a
ridacchiare assieme alle sue amiche idiote e non lo degnava della
minima considerazione. Stava per piangere di nuovo.
“Su, adesso calmati!”.
Le braccia di Guido si strinsero attorno al suo corpo e lui
provò un forte senso di gratitudine e protezione mentre
poggiava il volto nell’incavo del suo collo. Il suo corpo era
caldo e lo accoglieva senza paure, senza riserve, soprattutto senza
ridere di lui come continuava a fare Marta. Le dita di Guido si
muovevano sulla sua schiena carezzandolo dolcemente per calmarlo, e a
poco a poco la voglia di piangere se ne andò. No, non aveva
più voglia di piangere.
“Va tutto bene, ci sono io con te…”
mormorò Guido al suo orecchio, ed un brivido gli
attraversò il corpo.
“Lo so” mormorò di rimando mentre le
mani dell’amico si spostavano a carezzargli i capelli
teneramente, poi ripercorrevano tutta la colonna vertebrale fino
all’osso sacro.
Dennis cercò di staccarsi imbarazzato notando
l’effetto strano che gli faceva, ma Guido non lo lasciava
andare. Lo stringeva con ancora più forza. Lo aveva quasi
spintonato contro un muro strusciando probabilmente in modo
inconsapevole il ginocchio tra le sue gambe semiaperte. Ecco, lo aveva
schienato. Ma da quando c’era una parete alle sue spalle?
“Dennis…” sussurrò il suo
amico, ed il ragazzo gemette impercettibilmente rispondendo
all’abbraccio, le risate delle ragazze lontane, il ricordo di
averci provato con Marta ormai svanito.
“Dennis…” continuò la sua
voce dolce a chiamarlo “Dennis…” le
labbra di Guido si mossero a sfiorargli gli occhi chiusi seguendo le
tracce lasciate dalle lacrime “Dennis…!”
si stava avvicinando, sempre più vicino, troppo vicino,
ancora poco…
“DENNIS TASANO!! SVEGLIAAAAA!!!”.
Dennis cadde dal letto in un groviglio di coperte sotto lo sguardo
perplesso della madre.
“Insomma, che diavolo stai facendo?! Non hai sentito la
sveglia?! Muoviti, hai perso l’autobus! Hai dieci minuti, poi
ti porto io a scuola prima che arrivi di nuovo tardi alle lezioni e le
senti come l’ultima volta dal prof stronzo! Dai!! In
piedi!” comandò la madre mentre lo aiutava ad
alzarsi “…e…vai in bagno…ti
serve…”.
“Eh?” mormorò lui assonnato guardando in
basso dove gli occhi della madre puntavano con divertimento.
La reazione al sogno era ben presente e inconfutabile. Doveva di corsa
andare in bagno. Imbarazzato come non mai spintonò via la
madre che si portò automaticamente una mano alle labbra per
mascherare il sorrisino compiaciuto.
“Tesoro, alla tua età è normalissimo!
Sapessi io che sogni facevo, mi svegliavo tutta…”.
“MAMMA!”.
“Ok, ok! Sbrigati, ti aspetto giù!”.
E con un’ultima occhiata orgogliosa, sua madre lo
lasciò finalmente solo con la sua vergogna. Dennis
guardò sconvolto il cavallo dei pantaloni non credendo a
quello che gli era capitato. Certo, non era la prima volta che aveva
reazioni del genere appena sveglio, ma mai con sogni simili!
Insomma…si era eccitato per…
Si infilò con rabbia le mani nei capelli strattonandoli
più volte per cancellare la sensazione del sogno, ancora
così reale, così presente. Inutile, non sarebbe
andata via finché non fosse andato in bagno a sfogarsi.
Sì, ma sfogarsi con cosa? Gettò uno sguardo allo
schermo lampeggiante del suo pc lasciato acceso dalla sera prima per il
download di un film. La donna da calendario così abituale
non gli fece nessun effetto particolare. Si morse un labbro e, tenendo
una mano sulla patta, con la mano libera sfogliò le sue
foto. Andò dritto dritto nella sezione Hentai, la cartella
che non guardava da tempo. Eccole lì, le sue immagini
preferite, accuratamente selezionate per i momenti di emergenza come
quello. Tirò un sospiro di sollievo. Quelle facevano
effetto. Ora poteva andare in bagno senza paura.
La ressa di ragazzi gli si strinse attorno. Non era l’unico
in ritardo quella mattina, e ne era ben contento. Magari si era
verificata una strana coincidenza astrale per la quale tutti avevano
avuto sogni assurdi come il suo.
“Ciao D! Anche tu tardi stamattina?”.
Dennis si irrigidì alla domanda divenendo tutto rosso in
volto mentre si voltava a salutare Stef e Lilli. La fatina gli sorrise
appena timida come sempre. Era da circa una settimana che cercava di
parlare con lei dopo averla ringraziata per aver preso le sue difese,
ma lei era disponibile a una sorta di dialogo solo se era abbracciata
al suo ragazzo, come in quel momento. Gli ricordavano sempre
più dei koala con quel loro modo di andare in giro in
simbiosi. Dove c’era uno, c’era anche
l’altra e viceversa.
“Ciao! Sì, non ho sentito la sveglia suonare e
allora…” commentò lui ridendo
automaticamente per minimizzare l’imbarazzo.
“Beh, allora conviene sbrigarsi o il prof ci
ammazza…dove hai lezione?”.
“Sono nella 2C…” rispose guardando il
palmo della mano dove aveva segnato l’ordine delle aule in
cui doveva recarsi.
“Noi siamo nella 4E…pazienza, ci vediamo
più tardi!”.
“Ci conto! A dopo!!” li salutò raggiante
Dennis.
Dopo una settimana di amicizia e scambi di quel genere, faceva ancora
fatica a crederci, ma si era abituato a quel cameratismo strano. Non
aveva mai avuto nulla di simile in tutta la sua vita, ma ora secondo i
suoi standard non se la stava cavando affatto male. Ora, tutto quello
che gli mancava per raggiungere il vertice della sua scala di
soddisfazione, era l’uscita di un nuovo videogioco che
aspettava da mesi e trovare un ragazzo…a! Ragazza!
Dennis si diede una botta in testa. Ma che diavolo gli capitava?!
Ragazzo?! Lui era uomo. Uomo vuole donna. Donna vuole uomo. Uomo vuole
uomo, sbagliato! Uomo vuole donna! Trovare donna! …e adesso
perché stava pensando come un cavernicolo…?
“Ciao D! Anche tu in ritardo?”.
“Ciao Marta! Non ho sentito la sveglia stamattina! La
prossima lezione è nella 2C, vieni con me?”
domandò Dennis ridendo nervosamente. Cominciava a diventare
un’abitudine.
“mmm…ok!” rispose Marta sorridendo
raggiante. Indossava un cerchietto arancione con motivi di fiori,
abbinato con una cintura dello stesso tipo. Per il resto era vestita
come al solito: con le prime cose che le erano capitate in mano al
mattino. O almeno così diceva lei. Per lui era vestita
sempre benissimo.
“Non hai lezione?” domandò lui perplesso
ricordando qualcosa a proposito di un recupero.
“Sì, dovrei fare inglese, ma
chissene…andiamo!”.
Marta lo prese con tutta tranquillità a braccetto di fronte
a metà scuola, e si avviò con lui a passo di
marcia in classe. Non le importava nulla di quello che pensavano gli
altri, non le importava che la vedessero con lui. Dennis sorrideva come
un idiota. Non si era mai sentito così bene prima. Oggi
doveva chiederle quella cosa…doveva chiederle quella cosa. E
se lei avesse reagito come nel sogno…no, non ci credeva. Lei
non era così insensibile. Lei non avrebbe mai fatto una cosa
così cattiva, gli avrebbe al massimo spiegato che gli
piaceva già qualcun altro. Già, doveva di certo
essere così. Però era sempre così
gentile e disponibile con lui, lo accompagnava volentieri, aveva
continui contatti come quel braccio che stringeva il suo…che
profumo era? Aveva comprato una nuova boccetta? Non sapeva di
caramello, era qualcos’altro. Beh, poi magari se lei avesse
detto di si avrebbe potuto chiederle che profumo aveva…o
prima? Certe cose si chiedono prima o dopo aver invitato la ragazza dei
tuoi sogni ad un appuntamento con te, lo sfigato del gruppo?
Gruppo…ah, era dentro un gruppo. Che bella parola gruppo!
Bella quasi quanto amico. E a proposito di amico…non
è che a Marta piace Guido? Insomma, li ho visti spesso
litigare, si punzecchiano di continuo, battutine a non
finire…si conoscono da parecchio. Come sarà il
suo ragazzo ideale? Di certo dev’essere Guido. A tutti piace
un ragazzo come Guido. Anche a me piace un ragazzo come Gui…
“Ehi D! Ti siedi?!”.
“Eh…? Ah, scusa!”.
Dennis prese posto. Si era come al solito perso nel suo mondo mentale.
E ultimamente il suo mondo mentale lo stava portando in direzioni non
proprio limpide. Stupido, stupido, stupido! Hai una ragazza stupenda
che ti siede accanto e tu vai a pensare a cose del genere?! Insomma,
sei un ragazzo perfettamente normale…problematico, ma
normale. Sfigato ma normale. Vergine, ma normal…ok, adesso
basta, è meglio seguire la lezione…
In realtà a seguire la lezione non ce la fece proprio. Dopo
cinque minuti circa, la ragazza al suo fianco cominciò a
tormentarlo con bigliettini in cui disegnava figure simili ai manga.
Era brava a disegnare. Ne fece alcune davvero esilaranti che per poco
non lo fecero scoppiare a ridere di fronte a tutti, specie le
caricature del prof con qui suoi occhialini messi sulla punta del naso,
o delle volte che rischiava di scivolare piombando sulle prime file che
ogni volta trattenevano il fiato per la paura di venire travolte dalla
sua mole imponente. Era davvero simpatica Marta, stava fin troppo bene
in sua compagnia. Era ora di darsi una mossa, o qualcun altro avrebbe
potuto avere la sua stessa idea e farsi avanti…e allora non
se lo sarebbe mai perdonato. Che diavolo, era un uomo! E gli uomini
fanno cose come invitare le ragazze! Doveva solo prendere un bel
respiro e…
Il dito affusolato di Marta si insinuò senza essere visto
sotto il banco fino a punzecchiare un fianco ossuto del ragazzo che
saltò sulla sedia rovesciando l’astuccio. La sua
matita preferita rotolò penosamente giù fino alle
prime file. Impossibile recuperarla senza farsi notare, così
come era impossibile che qualcuno non la raccogliesse prima della fine
della lezione. La sua matita preferita era perduta per sempre. Dennis
poggiò la testa sul banco mentre si teneva il fianco offeso,
indeciso se maledire l’amica o la sua distrazione. Sapeva che
a Marta piaceva giocare, non era la prima lezione che faceva con lei
accanto, ma stavolta ci era andata davvero pesante per i suoi gusti. La
sua matita preferita…dopo tutto quello che aveva fatto per
ottenerla! La sua piccolina, orgoglio dell’astuccio! Come
avrebbe fatto senza il suo adorabile e inconfondibile odore? Senza la
sua solida presenza tra le dita? Senza quella sua scritta in rosso
diabolico…?
“Mi perdoni, mi è scivolata…”
la voce di Marta proveniva dalle prime file. La ragazza si trovava a
pochi metri dal prof che la guardava accigliato mentre raccoglieva la
matita e la porgeva alla giovane. Una sorta di inchino di
ringraziamento. Ecco, adesso stava risalendo le lunghe scale sotto lo
sguardo esaminatore di tutti. Se avesse potuto le sarebbe saltato al
collo per ringraziarla pubblicamente dell’atto di coraggio.
Lui avrebbe di gran lunga rinunciato alla ricerca, avrebbe abbandonato
la matita al suo destino pur di non mettersi in mostra di fronte a
tutta quella gente e al prof. Marta si sedette tranquilla al suo posto
giocherellando distratta con la matita, un rossore diffuso sulle
guance. Era la sua eroina.
“Ehi” sussurrò Dennis sorridendole, il
volto in fiamme “che ne dici
se…insomma…ti va di andare a fare un giro
dopo…sempre se non hai nulla da f…?”.
Marta si voltò verso di lui tranquilla, la matita ancora in
bilico a rischio di cadere di nuovo mentre se la passava come una
giocoliera tra le dita da artista. Sorrise. Stava sorridendo, non
rideva. Era già un buon segno. Ecco, si accostò
al suo orecchio. Dennis si protese verso di lei per facilitarle il
compito mentre sentiva i battiti del cuore accelerare inesorabilmente.
Se continuava così sarebbe morto d’infarto prima
di aver ottenuto la risposta. La risposta…cosa gli avrebbe
detto? Oddio, perché le aveva fatto una proposta tanto seria
in modo così impacciato?! Stava balbettando, lo sapeva che
stava balbettando! Doveva essere sembrato patetico, uno stupido
ragazzino patetico senza spina dorsale, con tante paranoie e ambizioni
irraggiungibili. Lui, lo sfigato, uscire con una spigliata come Marta!
Ma che gli era venuto in mente?! Avrebbe fatto meglio a restare a casa
quel giorno a tormentarsi per il sogno che…tormentarsi per
il sogno che…tormentarsi…basta pensieri porno,
basta pensieri porno, basta pensieri porn…
“…ehi? Dove vuoi andare?”.
“Eh?” nella sua confusione mentale non si era
nemmeno reso conto che gli aveva risposto. E probabilmente in modo
affermativo. Se, come no, meno fantasie! Quando mai una ragazza ti
risponderà in modo affermativo ad un invito a uscire con te,
tu sei uno sfigato e resterai sempre uno sfigato che fa sogni osceni
con l’unico amico vero che gli si sia presentato davanti da
una vita…basta pensieri porno, basta pensieri porno,
basta…
“EHI?! Ho detto che va bene, non devo fare nulla dopo le
lezioni. Devi andare da qualche parte in particolare?” la
voce di Marta era leggermente salita di tono per farsi sentire. Dennis
sobbalzò sulla sedia, ma riuscì ad acciuffare la
matita prima che ricadesse di nuovo dal banco.
“N…no, nessun posto particolare…hai in
mente qualcosa?” domandò, la voce più
alta di parecchi toni rispetto al solito. Era uno sfigato, il solito
idiota, non avrebbe mai dovuto chiederle di uscire senza sapere dove
portarla, doveva prepararsi prima, prenotare un ristorante
magari…ma le ragazze si portavano ancora al ristorante? O
doveva portarla in un McDonald? Cavolo, non aveva la minima idea se
preferiva un panino o un piatto di pasta allo scoglio come prima
uscita…
“Dovrei girare un paio di negozi, se non ti
dispiace…” mormorò lei agitando una
mano davanti agli occhi di Dennis per essere sicura di essere sentita.
“BENISSIMO! ANDIAMO!” quasi urlò lui
saltando in piedi mentre metteva via la sua roba.
“Ma…e la lezione? Manca ancora più di
mezz’ora a…”.
“ANDIAMOOOOOO!” riprese lui quasi costringendola ad
alzarsi in piedi dopo aver frettolosamente preso tutte le sue cose.
Aveva dimenticato qualcosa? No, non gli pareva. Nella fretta lo zaino
gli scivolò di mano cadendo a terra. Cercò di
raccoglierlo. Gli scivolò di nuovo. Dalle prime file si
sentì la voce grave del prof.
“Insomma, l’abbiamo capito che non vedeva
l’ora di andarsene, quindi se deve uscire lo faccia almeno in
fretta e in silenzio!”.
“Scusi!” risposero in coro Marta e Dennis uscendo
dall’aula, il viso come lava pura.
Fuori dalle porte si guardarono per un lungo istante…e
scoppiarono a ridere. Erano due idioti.
“Andiamo, avanti! C’è un posto qui
vicino che fa degni gnocchi favolosi e io ho le riduzioni!”.
“Perfetto!”.
Marta lo prese a braccetto con la solita naturalezza, ed il cuore di
Dennis perse un battito. Cavolo, quella ragazza stupenda era al suo
fianco, camminava con lui verso un posto dove si mangia, una sorta di
ristorante da quello che aveva capito. Loro due da soli. Figo!
Si misero a parlare del più e del meno mentre
dall’aula del prof burbero usciva ben prima
dell’orario un altro studente che li guardò
allontanarsi perplesso, tra le dita una matita con una scritta
inconfondibile.
Sospirò di sollievo tenendosi beatamente la pancia piena, e
Marta ridacchiò imitando il gesto. Gli gnocchi di quel posto
vicino alla stazione dei treni erano davvero una meraviglia, era
sinceramente pentito di non averlo scovato9 prima. Era un ristorantino
delizioso. Alle pareti aveva stampe di altri tempi, i camerieri erano
simpatici e la padrona di casa era personalmente uscita a salutarli non
appena avevano varcato l’ingresso…probabilmente
anche perché Marta era una frequentatrice assidua e la
donnona con il grembiule la conosceva da quando era piccolina.
Figurarsi che tra le foto appese dietro il bancone figurava una di
Marta da piccola in braccio a sua madre, i boccoli biondi da angioletto
in contrasto con il viso imbronciato. Dennis era rimasto talmente tanto
incantato a guardare quella immagine che la ragazza aveva di nuovo
dovuto scuoterlo. Sicuramente aveva fatto la figura
dell’addormentato, ma era così carina da piccola!
Quasi com’era carina adesso…
“Guarda!” Marta lasciò il suo braccio
per scattare di corsa in avanti.
Dennis la osservò correre verso un cartellone pubblicitario
di un film sistemato in bella mostra all’ingresso di un
piccolo cinema. Gli occhi della ragazza brillavano mentre guardava gli
schizzi di sangue su sfondo nero. Accidenti, era un’amante
dell’horror macabro. Il suo accompagnatore guardò
sconsolato il contenuto del portafogli che teneva in tasca. Venti euro
giusti. Prima Marta aveva insistito per offrire il pranzo. Ora lui
doveva offrire il cinema. Avanzò verso l’entrata a
capo chino attendendo la mazzata del cassiere.
“Tre!” parlò prima di lui una voce alle
sue spalle.
Dennis si voltò di scatto per trovarsi di fronte un
sorridente studente del primo anno di elettronica dai capelli
adorabilmente spettinati e lo sguardo sornione.
“E tu che ci fai qui?!” scappò dalle
labbra di Dennis mentre vedeva la fronte dell’amico
corrucciarsi. Ecco, lo aveva offeso. Era un idiota. Il suo primo (oltre
che unico) amico e lui lo faceva arrabbiare. Che imbecille, che
maleducato! Ma che gli era saltato in mente!
Il volto di Dennis si fece paonazzo mentre faceva di tutto per non
guardare Guido negli occhi. Accidenti, non pensava che avrebbe reagito
in quel modo di fronte a lui, ma se lo guardava rischiava di fissarsi
sulle sue labbra e allora…basta! Insomma, un minimo di
serietà ragazzo! Sei in giro per un appuntamento con una
ragazza favolosa che non ti ha riso in faccia come nei tuoi incubi, e
per caso hai incontrato il tuo amico che non ti sta baciando come nei
tuoi sogn…incubi. Era un incubo. Concentriamoci sul fatto
che era un incubo.
“Ciao Prete!! Vieni con noi???? Daiiii!!!” Marta
saltò al braccio di Dennis come aveva fatto praticamente
tutto il tempo che erano stati insieme, e Guido le scoccò
un’occhiata impossibile da classificare “Lo so che
ti piacciono gli horror! Dai, andiamo! E poi è una bella
occasione!!” continuò la ragazza facendogli
l’occhiolino.
“Buona occasione…per cosa?”
uscì spontaneamente dalle labbra di Dennis che continuava a
guardare prima uno, poi l’altra in cerca di spiegazioni. Ne
dicevano di cose assurde quei due, specie in sua presenza…e
specie con vaghi riferimenti sul suo conto. Ma Marta sorrideva felice e
Guido non sembrava avere ancora intenzione di alzare le mani, quindi
andava tutto bene.
“Buona occasione per vedere questo film, era da un
po’ che ci pensavo…” replicò
a denti stretti l’amico guardandoli male “ma non
vorrei…”.
“Ormai hai preso tre biglietti! Grazie per il
cinema!” bloccò ogni protesta Marta mentre
afferrava un braccio di Guido e lo trascinava avanti, oltre la
biglietteria, mentre l’uomo alla cassa li inseguiva per dar
loro i biglietti che avevano dimenticato.
“Qui, D!!” si sbracciò Marta
all’interno della sala dopo aver trovato i loro posti
numerati. Guido lo seguiva quasi di malavoglia. Sapeva
perché non voleva entrare con loro. Avrebbe dovuto capirlo
prima, era stato un idiota a non rendersi conto della realtà
dei fatti. Era così evidente! Guido era ancora risentito con
lui per quel commento scappato improvviso prima di entrare. Ma lui era
così sorpreso di vederlo! Non poteva certo immaginare che lo
avrebbe trovato davanti a loro…così come non
avrebbe mai immaginato che anche lui sarebbe andato a mangiare gli
gnocchi quel giorno. Da solo poi. Che strano. Però aveva
avuto il tatto di lasciarli in pace, nonostante Marta lo avesse
invitato al loro tavolo. Se ne era rimasto in disparte a gustarsi con
attenzione morbosa un piatto di gnocchi sui quali aveva versato
abbondante formaggio dopo averlo chiesto ad una cameriera
particolarmente carina che gli aveva sorriso tutto il tempo sculettando
mentre tornava verso il bancone. Era strano come a volte si ricordava
così tanti particolari. Di solito aveva una memoria del
cavolo.
“Ssh!” sussurrò Marta, e le luci si
spensero come per il suo comando, mentre la ragazza posava nel buco
apposito il bicchiere di Coca Cola.
Dennis allora si guardò attorno realizzando di essersi
seduto. Che Marta era alla sua sinistra e gli stringeva un braccio in
preda all’eccitazione da film. E che Guido era alla sua
destra e gli porgeva con fare invitante una busta di popcorn presa
chissà quando, mentre i braccialetti che aveva al polso
tintinnavano rumorosamente cozzando l’uno contro
l’altro, acciaio contro acciaio, i decori tribali che
brillavano in modo sinistro al buio.
“D, comincia!!”.
Dennis si voltò appena in tempo per vedere uno schizzo di
sangue investire lo schermo enorme del cinema. Erano in posizione
ottimale, al centro, né troppo avanti né troppo
indietro, e gli schizzi di sangue erano resi
così…bene…anche il suono della testa
spaccata in due era reso
così…bene…affondò la mano
nel sacchetto di popcorn ancora teso verso di lui e cozzò
contro quella di Guido che vi si stava insinuando in quel momento. I
due ragazzi si ritrassero entrambi di scatto, come se dentro il
sacchetto ci fosse una tarantola. Marta accanto a loro scalpitava sulla
sedia [n.a. non stava guardando il film].
“Scusa…” mormorò imbarazzato
Guido evitando accuratamente di guardarlo in volto. Non che ci fosse
poi molta luce per poter guardare in volto la persona accanto, in quel
momento lo schermo, unica fonte di luce a parte i neon delle scalinate
in lontananza, era desolatamente nero, preludio a un altro schizzo di
sangue. No…non era uno schizzo di sangue. Era una sostanza
grigiasta di materia organica scoppiata sulla telecamera a seguito di
un’accetta diretta al volto della vittima di turno. Ecco,
così era più facile da sopportare, se analizzava
le scene con logica era tutto più facile. Molto
più facile. Altro schizzo di sangue. Ok, cominciava a
sentirsi male.
Dennis affondò un’altra volta la mano nel
sacchetto di cibo e fortunatamente non incontrò resistenze
carnose. Guido pareva preso dal film, forse cercava di capire qualcosa
della trama, sempre se c’era una trama. Il ragazzo si
voltò a guardare Marta, tutta interessata, che osservava con
una luce sadica negli occhi la giovane donna, ultima vittima del pazzo
di turno, che si contorceva nel tentativo di liberarsi dalle corde che
la tenevano legata al letto. Da dove era uscito quel letto? Magari in
una delle scene in cui aveva tenuto gli occhi chiusi. Ecco, il maniaco
si stava avvicinando a lei. La guardava senza sorridere. Era serio,
troppo serio. Adesso la spappolava, era ovvio che la spappolava, questi
film hanno tutti la stessa trama orripilante che prevede che lo
spettatore debba osservare con minuziosi particolari gli organi interni
dei figuranti, almeno un organo o almeno un taglio
profondo…questa scena era incentrata sul taglio
profondo…oddio, cosa è quella cosa?! Anche la
ruggine ci hanno messo per farla più schifosa questa scena?!
…no, fermo…no…non avvicinarti! Stalle
lontano! Assassino! Insomma, perché non arriva
quell’impedito del suo ragazzo a salvarla?! Si sta ancora
pomiciando con la sorella del killer nell’altra stanza?! Ah
no, è vero, è già morto, la tipa gli
ha strappato la lingua a morsi e poi lo ha sventrato a partire
dall’inguine…oh, belle tette…ma che
cazz vado a pensare? Quella sta per essere maciullata da un sadico
assassino pervertito e io mi interesso alle parti anatomiche messe in
mostra per…ooooooh! Ti credo che hanno preso una modella per
questa parte, le ha strappato di dosso tutto quello che poteva
e…no…oddio, non vorrà…CHE
SCHIFOOOO!!!!!!!
Marta accanto a lui sulla sedia sobbalzò improvvisamente
quando il coltello dell’assassino affondò di due
dita nell’ombelico della ragazza e prese a scuoiarla con
tutta calma. Forse quella vista era troppa anche per lei. Fatto sta che
il bicchiere che aveva in mano la ragazza sobbalzò
improvvisamente seguendo i suoi movimenti ed il liquido appiccicoso
della Coca Cola fuoriuscì andando a posarsi con schizzi
quasi mirati sui pantaloni di Dennis che strillò per la
sorpresa non avendo visto la mossa a causa degli occhi che aveva
serrato con violenza poco prima di vedere i muscoli del ventre scoperti
dalla scuoiatura. Dall’altra parte Guido, sorpreso per
l’improvviso strillo dell’amico, saltò
anche lui lasciandosi sfuggire di mano il sacchetto vuoto a
metà che con una parabola perfetta rimbalzò sulla
testa di Dennis rovesciandosi addosso al povero ragazzo. Orami
l’attenzione del pubblico non era più per la scena
raccapricciante sullo schermo, ma per quel ragazzo coperto di popcorn e
con un’evidente macchia di bagnato sul davanti dei pantaloni,
che strillava coprendosi gli occhi con entrambe le mani.
“Oddio, mi dispiace!” si scusò Marta
cercando intanto di non perdersi il film. [n.a. se se, le dispiace,
angioletto lei]
“Maledizione! Bisogna lavare prima che resti la
macchia…e bisogna toglierti quei cosi dai
capelli…avevi messo del gel per caso? Accidenti, prima che
si impasti tutto!” commentò Guido irritato
alzandosi in piedi.
“No, non import…” ma Dennis non aveva
poi molta voce in capitolo.
Nonostante non desiderasse attirare altra attenzione su di lui oltre al
ridicolo ottenuto con quella loro scenetta comica, dovette alzarsi in
piedi scatenando una pioggia di popcorn sul pavimento, e seguire Guido
fuori dalla fila passando davanti ad alcune coppiette che si
sbaciucchiavano come se nulla fosse, ma che si concessero una risatina
a vedere come era conciato, prima di riprendere dove avevano
interrotto. Quelle erano cose da fare al cinema, almeno secondo i forum
a cui aveva dato un’occhiata nei giorni scorsi. Avrebbe
dovuto prendere per mano Marta durante il film, o passarle un braccio
attorno alle spalle. Poi in una scena spaventosa lei avrebbe dovuto
casualmente abbracciarlo riparandosi contro di lui e a lui sarebbe
spettato consolarla con una frase a effetto tipo “non ti
preoccupare, ci sono io con te, bambina” o una cosa
simile…e poi avrebbe
potuto…baciarla…e…poi…sì,
ma comunque non ritrovarsi a correre in bagno con Guido che gli teneva
una manica e gli diceva di sbrigarsi prima che la macchia diventasse
più evidente!
Entrarono nel bagno dei maschi e Dennis poté ammirare la
pienezza del disastro nel grande specchio, disastro completato dal suo
volto rosso come l’estintore per la sicurezza appeso fuori
dalla porta.
“Vieni qui, bisogna bagnare la macchia o ti
resterà sul serio il segno e
lì…beh…ecco…sembra…oh,
vieni qui che te la tolgo!”.
Alle parole di Guido, Dennis indietreggiò rapido di alcuni
passi. Cosa voleva fare?! Lavargli i pantaloni?!
Cioè…doveva spogliarsi davanti a lui? Con il
rischio di…no! No no no! È impossibile che capiti
una cosa del genere nella vita reale, non può essere,
è scientificamente provato che sono etero, e se sono etero
è impossibile che una situazione come questa mi faccia
effetti strani. Sono in bagno con un amico perché mi sono
sporcato al cinema con la Coca Cola. Va tutto bene. Il mio amico vuole
solo aiutarmi. Va tutto bene. E tu lì sotto stai fermo!
Guido lo afferrò per un polso e lo portò davanti
ai lavandini.
“No…aspett…IO NON LEVO I
PANTALONI!!” urlò il ragazzo quasi isterico
cercando di sfuggire alla presa dell’amico. Guido lo
fissò interdetto dal basso verso l’alto con
un’espressione a metà tra l’offeso e lo
sconvolto.
“E perché dovresti toglierli?!”
domandò con voce stupita mentre bagnava un fazzoletto con
l’acqua, fissando intanto la patta dei pantaloni oggetto del
problema.
Dennis non seppe cosa rispondere ad una cosa simile, e perse
l’occasione buona per scappare definitivamente in bagno e
chiudersi dentro prima che le mani di Guido lo toccassero sulla stoffa
rigida dei jeans manipolando l’alone come se niente fosse.
Non era un bambino, quello lo poteva fare lui! Insomma, erano i suoi
pantaloni, e il corpo interessato delle attenzioni delle mani di Guido
era il suo, quello di un ragazzo, quindi avrebbe fatto meglio a
occuparsene personalmente…anche perché il corpo
maschile era decisamente più incline a figuracce di quello
femminile…e poi…insomma…quelle dita
cominciavano a essere un po’ troppo…no, era solo
una sua impressione, Guido non avrebbe mai…
Come un flash, gli tornò in mente il sogno.
Guardò alle sue spalle e notò una parete bianca
candida, esattamente come quella del sogno. Guardò davanti a
lui e vide un termosifone esattamente come quello del sogno.
Osservò i vestiti di Guido e notò che erano
esattamente come quelli del sogno. Sudore freddo prese a scorrergli
lungo la schiena mentre osservava la testa di Guido vicina alle sue
parti più segrete, ora così esposte, e le sue
mani che carezzavano insistentemente. Dennis prese un respiro profondo,
quasi un sibilo prolungato, e la testa di Guido si allontanò
di alcuni centimetri per alzarsi verso di lui. Sorrideva.
“Ho quasi finito, ancora un po’ di
pazienza!” disse senza smettere di sorridere mentre bagnava
ancora il fazzoletto e riprendeva il lavoro monotono di pulitura,
sfregando, insistendo, sempre e comunque. Dennis artigliò il
bordo del lavello per non perdere l’equilibrio. Non avrebbe
mai dovuto permettere che una cosa simile accadesse. Insomma, lui era
nel corso di un appuntamento con Marta, non poteva certo lasciare che
un ragazzo lo eccitasse, anche se era Guido, e quel collo teso verso di
lui con i muscoli in rilievo assieme alla sensazione del suo fiato
caldo lo stava facendo diventare matto.
Guido si staccò improvvisamente dalla zona e Dennis
vacillò. Ce l’aveva fatta, era ancora in piedi e
non aveva avuto segnalazioni troppo esagerate. Andava tutto bene. Ce la
poteva fare.
“Accidenti, ti sei macchiato per bene anche la maglia! Marta
è un disastro, se dovesse restare l’alone falle
pagare il conto!”.
“Il conto di che, stai lavando tu…”
mormorò di riflesso Dennis.
Bene, era riuscito a spiccicare parola, questo voleva dire che poteva
riprendere il controllo delle sue sensazioni. Sbagliato.
Perché quando la mano di Guido si insinuò sotto
la sua maglia per poter agire meglio sulle chiazze di liquido, il suo
cuore perse alcuni battiti preziosi. Le mani del suo amico erano
fredde, ma non era quello il problema. Il vero guaio era dato dal
contatto della pelle di lui con quella del suo petto sensibile. Inutile
tentare di nasconderlo, i capezzoli erano bene in vista, se ne sarebbe
accorto chiunque, e anche più in basso stava facendo
pericolosamente effetto. Ma almeno il suo amico non era più
inginocchiato, era solo chinato leggermente per poter vedere meglio le
macchie ancora presenti sulla maglia, tutto bene, tutto a posto,
tutto…Guido fece per chinarsi di nuovo, stava quasi per
poggiare un ginocchio a terra, gli occhi che si abbassavano
inesorabilmente verso il punto più delicato e sensibile, il
ventre vagamente rotondetto di Dennis che prese a rabbrividire senza
controllo. Guido se ne accorse e mal interpretando spostò la
levetta dell’acqua da fredda a calda. Ma le cose non
migliorarono per il povero Dennis che lasciò il lavello per
afferrare con forza i capelli di Guido, in un gesto del tutto non
calcolato. Guido si fermò di botto dal suo lavoro e
tornò a guardarlo in volto, ma Dennis non poteva vederlo
perché aveva gli occhi semichiusi. Il ragazzo inginocchiato
si alzò in piedi a fatica, contrastando la pressione dei
palmi di Dennis che lo spingevano verso il basso.
Dennis finalmente aprì gli occhi e si trovò
davanti il volto di Guido in atteggiamento neutro, come se ritrovarsi
con le mani di un proprio amico ficcate nei capelli ed il suddetto
amico in stato confusionale con un’evidente reazione fisica,
fosse la cosa più normale del mondo.
“Dennis…” sussurrò Guido
mentre il ragazzo imbarazzato staccava le mani dai suoi capelli per
posarle di nuovo sul lavello, un punto di precario equilibrio in quello
strano vortice che lo confondeva facendogli provare cose per lui di una
vergogna strisciante. Le mani di Guido gettarono con noncuranza i
fazzoletti bagnati nel cestino pieno del bagno, collocato sotto i
lavelli. Si asciugò le mani sui propri pantaloni. Poi quelle
stesse mani dalle dita armoniose si alzarono a sfiorargli i capelli sui
quali aveva messo del gel per farli stare più o meno a
posto, un dettaglio che lo aveva tanto fatto sentire uno stupido quella
mattina prima di uscire di casa. Le unghie di Guido rasparono contro la
colla di bellezza, mentre il respiro del proprietario dei capelli si
mozzava ulteriormente. Meno male che non era affetto da asme
particolari o sarebbero stati guai.
“Dennis…” sussurrò ancora
Guido, mentre sfiorava dolcemente il mento di Dennis. Ecco, ora
l’avrebbe afferrato come nel sogno, abbracciandolo con
gentilezza, e poi…e poi…
Dennis chiuse di nuovo gli occhi attendendo quel bacio che avrebbe
messo fine alla sua amicizia con Guido. Sì,
perché dopo un bacio del genere, non si poteva
più essere amici, era impossibile essere solo amici,
bisognava…cosa? Erano due ragazzi in fondo, e tra due
ragazzi non poteva esserci altro che amicizia e rispetto.
Sì, ma se ci scappava il bacio, cosa voleva dire? Questo non
lo aveva letto nei forum in cui era stato. Magari doveva allargare il
campo. Ma che diavolo pensava adesso?! Allargare il campo?! Lui mica
era gay!! E di nuovo il pensiero del sogno, pressante, gli
ricordò quanto la scorsa notte avesse in realtà
sognato le labbra premute contro le sue. Ma voleva le labbra di Guido
in particolare, o gli bastava la sensazione di essere amato?
Perché aveva scelto di uscire con Marta se non
perché era la ragazza con la quale avrebbe avuto
più possibilità? No, se avesse dovuto scegliere
la persona con la quale avrebbe avuto più
possibilità, avrebbe dovuto scegliere Guido. In fondo con il
suo amico stava già per accadere qualcosa in discoteca, lui
non si ricordava molto, ma la sua pelle ricordava il contatto di quella
dell’altro ragazzo e…
“Dennis…hai dei popcorn tra i capelli, smettila di
agitarti!”.
Dennis aprì gli occhi dandosi dell’imbecille alla
ventesima potenza. Chinò ubbidiente il mento come cercava di
fargli fare da parecchi minuti l’amico, mentre gli levava i
residui dei fiocchi incollati con il gel.
“Mi spiace, non ho un pettine…temo che te ne
troverai fino a stasera di questi pezzetti stronzi, non si levano
proprio…”.
“Non importa, va benissimo così…grazie
Guido…” mormorò di rimando Dennis, le
mani ancora tenacemente aggrappate al lavello.
“Bene…andiamo? La maglietta e i pantaloni
dovrebbero asciugarsi per la fine del film. Torniamo da Marta prima che
la sua sete di sangue esagerata ci costringa a vedere un altro film del
genere…ti costringa a vedere…”.
“Vai pure avanti tu, io…devo andare in
bagno!”.
“…oh…ok. Ci vediamo tra
poco…”.
Guido uscì dal bagno lasciando Dennis da solo. Non appena
l’amico fu uscito, Dennis si lasciò andare sul
pavimento afferrandosi a coppa i genitali. Gli stava accadendo qualcosa
di molto strano. Per poco si mise a piangere. Il suo corpo lo stava
tradendo, non faceva quello che il cervello comandava. E
Guido…beh, lui se n’era accorto. Insomma,
l’occhiata che gli aveva lanciato prima di uscire era un
qualcosa di inequivocabile. Si sarebbe sentito in imbarazzo a vita per
una cosa del genere. Probabilmente ora stava raccontando tutto a Marta
e la ragazza rideva di lui, della sua confusione, del suo non capire.
Quello che gli mancava era l’esperienza, non era colpa sua se
era digiuno in quel campo, se nessuno a parte lui aveva toccato il suo
corpo da parecchi anni, da quando sua madre aveva smesso di fargli il
bagnetto! Sentì dei passi provenire dal corridoio esterno,
spaventato si alzò in piedi di corsa e si infilò
in uno dei box chiudendosi dentro prima che alcuni ragazzi entrassero.
Doveva essere la pausa del film. c’era parecchia gente dentro
ora. E lui era ancora in quelle condizioni. Si sentiva un verme.
Con la morte nel cuore, Dennis slacciò la zip umida e
osservò la scena che il suo organo esterno in azione
offriva. Non poteva che fare quello che aveva fatto la mattina e
sperare che non gli capitasse più. Oppure poteva chiamare
Guido e chiedere di…
Dennis si afferrò con forza e rabbia, utilizzando una
rudezza che non era da lui. Pochi istanti e venne schizzando il bagno,
mordendosi le labbra per soffocare ogni suono, mentre i ragazzi dietro
la porta chiusa rideva tra loro prima di uscire di corsa per riprendere
i loro posti a sedere. E lui lì, dentro quel bagno, a
soffocare l’amarezza di non essere un vero uomo, di non poter
resistere nemmeno al tocco di un proprio amico. Specialmente al tocco
di un proprio amico. Del suo unico amico. Non poteva permettersi di
perderlo per una cosa come gli ormoni e l’istinto animale.
Si pulì con la carta igienica, gettò il tutto nel
water e tirò l’acqua più volte. Da
fuori qualcuno bussò.
“Dennis, tutto ok?” chiamò la voce
preoccupata di Guido. Non vedendolo arrivare era venuto a cercarlo. Se
fosse arrivato qualche istante prima avrebbe potuto…
Dennis uscì dal bagno con un sorriso colpevole che non era
da lui.
“Tutto bene? Se ti senti così male ti porto a
casa…” disse il suo unico amico posandogli una
mano sulla spalla.
“Male?” mormorò Dennis aggrottando le
sopracciglia mentre sentiva con dolorosa presenza il contatto
attraverso la maglia ancora umida di acqua.
“Quei popcorn non erano esattamente freschi, me ne sono
accorto mentre te li toglievo dai capelli. Pensavo che ti avessero
fatto mal di stomaco, per quello non tornavi più indietro,
Marta si stava preoccupando e mi ha rispedito a
cercarti…stai bene? Ti porto a casa? La mia macchina non
è tanto lontana…”.
“No! Grazie! Sto bene adesso, molto bene! Andiamo, non vorrei
perdermi le scene migliori!”.
A dire il vero avrebbe preferito di gran lunga andarsene che rientrare
in quella sala. Ma in quella sala c’era Marta, oltre
all’ennesimo schizzo di sangue. E Marta era la sua candidata
fidanzata. E lui voleva una fidanzata. Ne aveva un estremo bisogno. Non
solo per uscire dallo status di sfigato, ma anche per ritrovare un
equilibrio che non sapeva di non avere mai realmente avuto.
“Oh! Finalmente! Vi siete persi la morte dell’amica
della tipa, lei è stata buttata da una finestra chiusa e
quando è precipitata si vedevano tutti i vetri conficcati
nella camicetta bianca!” li salutò Marta con un
sorriso, la Coca Cola finita poggiata da parte, dimenticata.
Che peccato, si erano persi quella scena. Che peccato che il film non
si era concluso con quella scena.
“D, tutto bene? Da quando siamo usciti da quel cinema sei
stranamente pensieroso…”.
La voce di Marta come sempre lo riportò alla
realtà. Si era di nuovo perso nelle sue pare mentali. Era
ora di darci un taglio a quella brutta abitudine, rischiava di perdersi
battute importanti.
Sorrise ed annuì vigorosamente mentre le porte
dell’autobus si richiudevano dietro di loro, saliti alla
fermata del 7, pronti a rientrare ognuno nelle loro vite ordinarie,
separandosi in quell’autobus da amici, così come
vi erano saliti. Beh, lui non voleva separarsi da semplici amici. Lui
voleva una ragazza! Una ragazza sua, da stringere per sentire il
morbido corpo caldo ricambiare il suo calore, da baciare per avvertire
il suo stesso desiderio su labbra altrui, da guardare per…
“Dennis?” mormorò di nuovo Marta
passandogli una mano davanti al volto, velocemente, per richiamare la
sua attenzione. Quella mano era bianca, dalle unghie ben tenute, dalle
dita affusolate d’artista. Mani simili alle sue.
“Tutto ok, stavo solo pensando…”.
“Al film? Bello, vero?!” commentò
entusiasta Marta poggiandosi con tutto il corpo alla parete in fondo,
l’autobus pieno impediva la possibilità di sedersi
anche uno sull’altro come aveva proposto la ragazza prima di
salire avendo notato la ressa. Ricordando quel particolare, Dennis
arrossì e abbassò lo sguardo.
“No, non pensavo al film…cioè, si che
ci ho pensato, ma…” bofonchiò
imbarazzato mentre afferrava il metallo laccato di rosso per non
perdere l’equilibrio a causa di una frenata.
“Ah…sei sicuro di star bene? Sei
pallido…” insistette Marta sullo stesso filone. Ma
perché tutti dovevano chiedergli se era malato, stava
benissimo, stava solo cercando di avere una ragazza! Sapeva che era
difficile, ma non immaginava così tanto complicato e con
popcorn e Coca Cola e Guido e bagni e…scosse violentemente
il capo per calmarsi.
“Sto benissimo! Ci ho pensato parecchio e
c’è qualcosa che…ecco…ti
devo confessare che io…io…non devi prendertela a
male, non è poi così grave se tu
non…quello che cerco di dire è che a me
piace…piac…”.
Lo sguardo di Marta si era andato modificando durate il discorso
maldestro impostato a caso dal povero ragazzo in confusione che
artigliava il freddo metallo del tubo per sostenersi: da perplessa, a
vagamente stupita, a sinceramente preoccupata, per poi soffermarsi su
quello strano sorrisino, tra il dispiaciuto e l’imbarazzato.
Ecco, ora l’avrebbe rifiutato. Non era riuscito neanche a
dichiararsi, e già lei lo metteva con le spalle al muro.
Colpo basso sotto la cintura, stava per venire scaricato prima ancora
di cominciare. Altro che sfigato, quello batteva ogni record di
umiliazione.
“Ma perché non me l’hai detto
prima..?” sussurrò Marta accostandosi al suo naso.
In un’altra occasione sarebbe stato felicissimo, sarebbe
stata l’occasione perfetta per baciarla, ma non con
quell’espressione ansiosa. Era tutto sbagliato. Questo non
era la sua fantasia, era il suo incubo ma molto più
doloroso, e non c’era Guido a prenderlo tra le braccia
stavolta per consolarlo.
“Io…io non…non
potevo…” che idiota, cosa si era messo in testa!
Che Marta potesse amarlo come si era aspettato era una cosa fuori dal
comune, non esisteva neanche nella sua realtà virtuale che
accadesse una cosa simile…anche se ci aveva sperato fino
all’ultimo. In fondo era Marta, e lui non aveva sentito dire
da nessuno che avesse già un ragazzo. Ma magari il suo
ragazzo era Guido. Certo! Ecco perché li aveva seguiti,
Marta era una sua proprietà! E lui l’aveva invasa!
Aveva offeso in un colpo solo la sua unica vera amica e il suo unico
vero amico. Che gran coglione!
“Ma perché no? Se solo me ne avessi parlato
prima…”.
“No, io non…”.
“Avrei potuto fare qualcosa…”.
“Veramente…non devi sentirti in colpa
per…”.
“Non ti avrei mai forzato…”.
“No, non mi hai forzato a fare nulla, sono io
che…”.
“Insomma, se i film horror non ti piacevano, potevi
confessarlo prima! Non saresti il primo a cui fanno senso le scene di
omicidi brutali con squartamenti!”.
Era una sua impressione o era calato un silenzio di tomba in
quell’autobus? Per poco non perse l’equilibrio
cadendo all’indietro su una donna con sua figlia in braccio.
Film. Stava parlando del film. Come sempre la testa di Marta seguiva
ragionamenti tutti suoi che nessun essere umano era in grado di
seguire. La ragazza stava ancora parlando scusandosi per averlo
costretto a passare il tempo con lei, per averlo trascinato in un
cinema con lei, per avergli rovesciato la Coca Cola addosso, per essere
invadente, per…
“…lo so che sono una rompi, ma se nessuno mi dice
di fermarmi, non sono capace di stare zitta, o di darmi una regolata, o
di…che c’è? Mi dispiace! Non volevo
forzarti, darti problemi era l’ultima cosa
che…”.
Dennis si mise una mano sul cuore. Batteva velocissimo. Aveva ancora la
sua occasione di mettersi con lei. Magari ora era anche più
facile sfruttando il senso di colpa! …ma che stava
pensando?! Quella era una carognata, Marta non meritava un trattamento
simile. Lei meritava un uomo vero, forte e bello, capace di amarla e
proteggerla, e portarla in giro e soprattutto al cinema a vedere tutti
i film horror che voleva, un uomo come…Guido…lui
si che era un uomo…di certo non si eccitava se un amico lo
aiutava a ripulirsi da popcorn…
“…e…oddio, non dirmi che soffri di
cuore?! Non ti ho causato un disturbo strano a portarti a vedere quelle
scene, vero?! Non potrei perdonarmelo mai, mai e poi mai se ti sentissi
male per…sentirti male…ecco cosa è
successo! Non è stata colpa dei popcorn, ti sei sentito male
per il film! Merda, avrei dovuto accorgermene prima di costringerti a
esprimere una tua opinione, prima di rivangare tutte le scene peggiori
come quella dello sventramento della donna incinta…scusa!!
Cancella le ultime parole!!!”.
Dennis si guardò un momento attorno. Stavano dando
spettacolo. Ma la gente senza che se ne rendessero conto era
notevolmente diminuita. Attorno a loro non c’era
più ressa, molti erano scesi nelle fermate precedenti alla
stazione. Mancavano ancora due fermate, poi si sarebbero dovuti
separare. Era la sua ultima chance. Come farle capire quello che voleva
senza parlare, cosa che non gli riusciva affatto? E come fare a
distoglierla da quella linea di pensiero senza farla sentire
ulteriormente a disagio? L’autobus sobbalzava
pericolosamente, probabilmente erano in ritardo sulla tabella e
l’autista prendeva le curve più veloci del dovuto
per recuperare il tempo perso. Ottimo. Ottima scusa. Era un genio,
bastava usare la stessa strategia usata nel videogioco che aveva a casa
sotto il letto.
Tre, due, uno…la curva non lo colse impreparato. E nemmeno
il prevedibile semaforo rosso che seguì. Quel semaforo era
sempre rosso, scattava in continuazione per i pedoni che uscivano dalle
scuole medie. Mamme con le carrozzine al parco. Anziani che portavano a
passeggio i cani. Perfetto!
La sua mano lasciò il tubo laccato rosso sul quale si
teneva, facendolo sbilanciare pericolosamente indietro e poi nella
direzione giusta, in avanti. Il contraccolpo colse impreparata anche la
ragazza che sbatté violentemente contro la parete di fondo
in plastica con un colpo sordo. Dennis non tentò nemmeno
vagamente di resistere alla forza contrapposta che lo spingeva addosso
alla ragazza obiettivo delle sue recenti fantasie matrimoniali, si
lasciò andare sperando in un colpo di fortuna che pareva
destinato a giungere infine. Marta aveva gli occhi serrati per la
sorpresa della botta, entrambe le mani annaspavano alla ricerca di
sostegno senza trovarlo, era in sua balia. Si sentiva un verme per
quello che stava per accadere, ma se nei film funzionava,
perché mai non avrebbe dovuto funzionare anche nel suo caso
di sfigato patologico? Le sue labbra si accostarono a quelle della
ragazza. Ormai era certo, non poteva mancarla. In una frazione di
secondo si sarebbe compiuto il suo destino. Addio sfigati! Addio prese
in giro! Addio Guido! No…lui che c’entrava in
tutto quel…
“Dennis…”.
Il ragazzo riaprì gli occhi stupito, sotto i suoi palmi la
superficie plasticata dell’autobus ai lati della testa di
Marta che lo guardava con volto accusatorio e divertito. Tra le loro
labbra, le dita indice e medio della mano destra della giovane, una
barriera che non aveva previsto. Una barriera che aveva troncato sul
nascere la sua speranza di colpo di fulmine. Due dita che gli avevano
fatto fare una figura del cazzo in un autobus con parecchia gente e
soprattutto con la ragazza che doveva essere la sua futura moglie.
“Sciussa…” biascicò senza
staccarsi da quella carne duramente premuta contro i suoi denti.
“Fa nulla…ma alzati, ok?”
parlò calma lei, appena ridacchiando. Ottimo,
l’aveva buttata sul ridere. Non aveva capito. E se non aveva
capito era salvo. Poteva imputare quella figuraccia alla sbadataggine o
a un momento di distrazione. In fondo ne aveva tanti, uno in
più che differenza poteva mai fare? Sorrise incerto, e lei
gli corrispose. Buon segno. L’autobus si fermò, e
loro due scesero, prima lui, poi lei. Era serena. Altro buon segno.
Marta estrasse dalla tasca dei jeans il suo mp3 e scelse una canzone
precisa. Poi gli porse una cuffia per ascoltare intanto che aspettava
il suo prossimo autobus. Dennis era tranquillo. Finché le
note di “Bad boy” ed il ritmo di Cascada non gli
fecero trattenere il fiato. Quella canzone? Perché quella
canzone tra le tante? Guardò di sottecchi la ragazza al suo
fianco, ma Marta non muoveva un muscolo. Assorta, tranquilla. Era tutto
un caso. Le piaceva solo quella canzone in particolare. Stai calmo. Va
tutto bene. Marta afferrò il lettore e scelse
un’altra canzone. Ecco, ora avrebbe avuto la conferma che
andava tutto bene…le TLC…”No
scrub”. No, non andava tutto bene.
“Marta…?” si schiarì la voce
Dennis battendo con un dito sulla spalla dell’amica che gli
sorrise tranquilla.
“Non ti piace? Cambio?” domandò lei
candidamente.
“Magari…” rispose lui facendo spallucce
mentre perdeva l’auricolare. La giovane cambiò
canzone e lui si rimise l’auricolare tranquillo. Appena alle
orecchie gli giunsero le note di “Gay boyfriend” se
lo strappò di dosso ansimando per la preoccupazione. Si
voltò apertamente a guardare Marta che gli sorrise angelica.
“Non ti piace nemmeno questa?”.
“NO! QUESTA DECISAMENTE NO!!” quasi urlò
lui, rude, seccato e sfiorando la maleducazione con quel modo di fare
che non era da lui. Marta si poggiò al muro della stazione
degli autobus, in modo così simile a come aveva fatto nel
mezzo che a Dennis non poté non venire in mente il paragone.
Lo stava facendo apposta. Era impossibile che non lo facesse apposta.
“Sai, D…” parlò Marta
“magari la prossima volta andiamo a vedere un film comico,
così non ti spaventi per nulla!”.
Di nuovo, la mente di quella ragazza non aveva logica. E lo aveva detto
in modo così naturale, così spontaneo. Dennis si
poggiò accanto a lei sulla parete nonostante il terrore di
sporcarsi la maglia. Ma per stare accanto a lei, una lavatrice in
più la poteva fare. Si sforzò di adottare una
posa da macho. Era quello che volevano sempre le ragazze, un bel figo.
Non poteva considerarsi bello e nemmeno figo, ma almeno
l’atteggiamento poteva copiarlo in qualche
modo…ok, era un po’ ridicolo. Ma alle ragazze
piace anche far ridere. Però considerando che per quel
giorno l’aveva fatta ridere abbastanza, lei e tutto
l’autobus, forse era il caso di ridurre la dose di
comicità. Se adesso avesse casualmente fatto
passare un braccio dietro le spalle di Marta, lei se ne sarebbe accorta?
“Però niente commedie romantiche, non mi piacciono
proprio…sono noiose!” continuò sulla
sua linea personale di pensiero la ragazza mentre Dennis incrociava le
braccia sul petto sforzandosi di trattenere la pancia.
“Già, sono delle pizze assurde con quelle frasi
fatte…” commentò sicuro lui annuendo
con vigore a quell’affermazione. Un film romantico era
l’ideale per pomiciare e provarci con una giovane donzella,
ma pazienza, avrebbe escogitato qualcosa di nuovo.
“Già…le frasi fatte e le situazioni
standard da telenovela…per esempio, io detesto quando i
ragazzi fanno di tutto per mettersi in mostra” Dennis
lasciò cadere a penzoloni le braccia “o si credono
fighi” Dennis si staccò dal muro “o
fanno finta di nulla per provarci con la prima che
passa…”.
Marta si voltò a guardarlo. Se stavolta non diceva sul serio
a lui, diventava matto. Le sorrise, e il sorriso venne ricambiato,
anche se in modo ambiguo. Ambiguo come lui del resto.
“Non ti offendere Dennis, sei tanto un caro ragazzo, ma non
sarebbe giusto nei tuoi confronti se io cedessi al
tuo…corteggiamento?” si scusò Marta
posandogli una mano sulla spalla in segno di conforto e amicizia
“Questo non cambia nulla tra noi, ma io non sono la ragazza
adatta a te…posso farti da sorella maggiore se
vuoi”.
Sorella maggiore. Non ne aveva mai avuta una. E improvvisamente il
forte desiderio di baciare quella sorellona svanì come una
bolla di sapone. Perché? Perché gli era
così facile vederla come una sorella? Perché non
stava soffrendo? Marta lo aveva appena respinto, in modo gentile, ma
respinto. Eppure lui si sentiva quasi sollevato, era pronto a farsi
coccolare dalla nuova sorella senza il minimo accenno di rimorso. La
sua coscienza era a posto. E anche il suo amor proprio. Dennis
scoppiò in una risatina liberatoria, seguito a ruota a
quella argentina di Marta che lo abbracciò. Allora gli
andava bene qualunque ragazza?
“Non ti preoccupare, ti aiuto io a trovare la persona
giusta” gli disse sul suo petto ammiccando, gli occhi
luccicosi.
“Ehm…sorellona…ti posso chiedere un
favore un po’ strano?” domandò lui
mentre l’autobus si avvicinava assieme all’ora del
distacco definitivo.
“Certo caro, dimmi tutto! Ah, se si tratta di Guido
tranquillo, non gli dico nulla!”.
“Ehm…no…anche…grazie…io
volevo…come si fa a rimorchiare?”.
L’autobus era irrimediabilmente arrivato. Arrivato e passato.
Quello che arrivò dieci minuti dopo era pieno.
Arrivò e passò. Venti minuti. Arrivò e
passò.
“Capito?” concluse trionfante Marta mentre Dennis
si grattava la testa.
“Veramente…io potrei anche…non
so…non ho mai…”.
“Mai avuta una ragazza?! Ah, ecco qual è il
problema!! Potevi dirmelo prima!!!” esclamò a voce
talmente alta la consulente che alcuni ragazzi attorno si voltarono a
guardare lo sfigato verginello.
“Ssssssh!!! Abbassa la voce! …però
è vero…mai avuta una…”
confermò al culmine dell’imbarazzo Dennis mentre
sfregava la suola delle scarpe contro l’asfalto.
“Non c’è problema!”
esclamò Marta battendogli le mani sulle spalle, come una
vera sorella maggiore che istruisce il fratellino piccolo
“Tutto quello che ti manca è
l’abilità di parola!”.
“Eh…hai scoperto l’acqua
calda…” borbottò lui sottovoce
“non sono mai stato bravo a parlare...”.
“Però con me parli bene!”.
“Eh…perché ti
conosco…” cavolo, anche tu ragazza, cerca di
capire! Sono vergine, sfigato e sensibile, cosa credi che possa
diventare in 20 minuti e rotti di spiegazione allucinante?! Rocco
Siffredi?!?
“Ho capito!” esclamò Marta mentre
l’autobus frenava davanti a loro, l’autista con la
mano sul pulsante per aprire le porte “Quello che ti manca
è pratica! Non te la puoi cavare male sia a parlare che a
scrivere, giusto? Per la legge dei vasi comunicanti, se a parlare sei
una frana, a scrivere te la devi cavare!”.
Marta spinse Dennis a forza dentro l’autobus semivuoto data
l’ora di cena, e lo salutò facendogli cenno con la
manina mentre il ragazzo si stampava sul vetro per guardarla diventare
minuscola in lontananza. L’aveva cacciato perché
non lo sopportava più o stava aspettando l’arrivo
di Guido per raccontargli tutto? No…la sua sorellona aveva
detto che non gli avrebbe detto nulla, e lui le credeva. Da futura
moglie a sorella nel giro di dieci minuti. Anche meno. Certo che era
strano forte.
“Scrivere…fare pratica…”
Dennis guardò fuori dal finestrino le fronde degli alberi
passare veloci, le foglie forse mosse dal vento, ma lui non le
distingueva in quella massa di rami e verde. Tante foglie. Tante foglie
come tanti pesci. Nel mare ci sono tanti pesci. Lui era uno dei pesci,
Marta era una delle pescioline. Avrebbe trovato altre pescioline, lei
non era l’unica. Sì, ma se poi passava un
pescatore a fregarsi tutte le pescioline carine e a lui restavano gli
scorfani? E già se la vedeva una rete metallica a fregarsi
tante piccole Marta in miniatura in costumino da sirenetta mentre
gridavano “scrivimi!” e si allontanavano trascinate
via dalla rete verde acceso…rete? Forse gli era venuto in
mente qual cosina per impratichirsi un po’ in quello strano
mondo delle relazioni sociali…
[*l’autrice
si inchina in segno di profondo dispiacere*
Scusate
il ritardo! È dovuto a problemi tecnici di
natura…tecnologica. Spero che la lunghezza compensi un
pochino l’attesa.
Mi
sono ri-trasferita in laguna, e non avendo un pc mio non posso
garantire aggiornamenti frequenti. In linea di massima, una volta ogni
15 giorni dovrebbe uscire un nuovo capitolo. E a proposto di nuovi
capitoli, nel prossimo episodio:
Dennis
è stato appena rifiutato da Marta, ma ha preso molto bene
questo schiaffo morale ed ora è tutto concentrato nel suo
nuovo progetto per la vita: diventare un latin lover della rete
virtuale. Quale sarà il nick scelto per
l’occasione? Quale la stanza giusta dove entrare? Quale
l’immagine da scegliere per l’avatar? Ma
soprattutto, cosa ci fa sua madre in un sito di appuntamenti?! E
Guido…ve lo leggete la prossima volta. Adesso ho sonno e
vado a ninna!
Oyasuminasai!]
|
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Capitolo 6 *** questione di sito ***
E anche quel giorno, era stato sconfitto su tutta la linea. Dennis si
gettò sconsolato sul suo letto ancora da fare, esattamente
come il giorno prima e il giorno prima ancora. Non ce la faceva
più. Afferrò con un sospiro il suo cellulare per
guardare ancora una volta le foto del suo gruppo di amici. Amici, lui
aveva un gruppo di amici. Un tempo sarebbe stato felice solo con
quello. Ora però non gli bastava più. Vedere Stef
ogni giorno attaccato alla sua ragazza gli dava un’invidia
che non pensava di poter provare in vita sua. Voleva anche lui qualcosa
di così prezioso. In fondo se era riuscito a inserirsi in un
gruppo di ragazzi e ragazze in carne e ossa, non doveva essere poi
così complicato il passo successivo per la sua realizzazione
emotiva, avere una ragazza. Ma non era mai così semplice
come pensava.
La foto della brunetta sul suo cellulare gli sorrideva serena, senza
immaginare minimamente che lui le aveva scattato una foto, senza sapere
quello che lui desiderava guardando quella foto. Era bellissima.
L’aveva notata da poco, eppure era sempre stata nel suo
corso. Non ci aveva mai fatto caso. O forse ci aveva fatto caso ma si
considerava troppo sfigato al tempo per potersi permettere di
avvicinare una così. Si grattò gli occhi e
sentì le lenti a contatto navigare attorno al bulbo oculare.
Erano una seccatura, ma una seccatura utile. Aveva attirato molti
più sguardi ora che si era tolto i fondi di bottiglia dalla
faccia. Però non bastava ancora.
I ciuffi ribelli di capelli continuavano a spiovergli sul viso, ultime
vestigia del suo passato da sfigato che cercava di dimenticare a tutti
i costi, ma che non poteva dimenticare se non altro per le frecciatine
continue di Tippi. Quella ragazza lo odiava a morte, quando la vedeva
passare ne aveva paura, cominciava a pensare fosse una strega realmente
in vita, una delle poche sopravvissute alle persecuzioni. Da come gli
sibilava contro, avrebbe giurato anche che avesse sangue di vipera
nelle vene, che fosse una specie di Echidna, madre di tutti i mostri,
madre di tutte le malelingue. Non gli avrebbe mai permesso di
dimenticare che lui in quel gruppo ci era finito per la
bontà di Guido, e che non era desiderato. Se non
c’era Guido, nessuno si avvicinava a lui. O almeno, nessuno
che non fosse Stef. Si sentiva così solo in quei momenti,
che percepiva il suo livello di depressione e sfigatometro salire alle
stelle mentre procedeva salutandoli con un cenno del capo e un
sorrisino accennato per educazione, mentre alcuni di loro sfoderavano i
loro migliori falsi sorrisi o non lo guardavano nemmeno. E Marta?
Marta, il suo primo tentativo di ragazza, era a letto malata da una
settimana e mezzo. Con cosa poi, era difficile dirlo. E pensare che da
quello che gli avevano raccontato, quella ragazza non si ammalava mai.
“Forse mi sta davvero evitando
dopotutto…” mormorò scoraggiato
richiudendo il cellulare con la foto del suo ultimo tentativo, una
bella ragazza che non gli aveva riso in faccia quando aveva chiesto di
potersi sedere vicino a lei, ma che a parte quello non aveva detto
altro per tutta la lezione. Lui aveva fatto la prima mossa, la seconda
doveva toccare a lei…o no? Ma se la lei in questione non
fosse stata minimamente interessata, era ovvio che non avrebbe
spiccicato parola. Allora spettava a lui ancora una volta prendere
l’iniziativa. Dicevano che le ragazze dei tempi moderni
avevano le palle quadrate, per alcune era vero, ma le avevano solo per
certe tipologie di ragazzi, non certo per uno normale come lui.
Normale…che bella parola normale. Eppure ora anche quella
classificazione gli andava stretta. Guido era il figo. Stef era il figo
che stava con l’asociale introversa Lilli. Marta era la
pazza. Laura e Tippi erano le gemelline tirate. Giò era
l’orientale…tanti nomi, tante classificazioni. E
lui? Lui era l’ex sfigato, recentemente promosso a persona
normale priva di interesse. Un bel passo avanti nella scala sociale. Un
gran passo indietro nella scala delle particolarità. Almeno
prima qualcuno lo notava, uno di sicuro almeno.
“Ma che cazz…non devo pensare
così!” Dennis si batté una mano sullo
stomaco brontolante. Non voleva affatto tornare ai vecchi tempi. Era
impossibile tornare ai vecchi tempi. Era ora di andare avanti e
cercarsi una nuova etichetta che gli stesse bene. Qualcosa tipo, il
migliore amico simpatico del figo Guido. Guido…
Affondò la faccia nel cuscino e inspirò
profondamente. Quel giorno Guido andava a trovare Marta.
Chissà se la ragazza si sarebbe confessata o se avrebbe
taciuto. Dai, non poteva essere altrimenti, lei doveva provare qualcosa
per lui. E lui probabilmente provava qualcosa per lei. Altrimenti non
si spiegava il nervosismo ogni volta che andava a riferire a Guido
qualcosa che gli aveva detto l’amica. Avevano un segreto in
comune, ci avrebbe scommesso il cellulare!
E a proposito di cellulare…Dennis trovò in fretta
l’album delle immagini, e premette il tasto cancella per
eliminare la foto della ragazza mora. Inutile sperare, lei non lo
avrebbe mai notato. E lui aveva troppa paura per fare più di
quello che aveva fatto quella mattina. Gli serviva della pratica. Come
aveva detto il prof di francese? Mettersi davanti allo specchio e
posizionare le labbra nel modo corretto, poi lasciare uscire
l’aria dalla gola producendo il suono e riprovare
all’infinito finché non si era soddisfatti del
risultato. Beh, se funzionava con il francese non c’era
ragione per cui non potesse funzionare anche con altro…
Dennis si alzò dal suo angolo di disperazione, e si
accostò al grande specchio dalla cornice blu elettrico.
Quanto aveva odiato quello specchio quando sua madre l’aveva
tolto dalla camera col letto matrimoniale e gliel’aveva
rifilato senza proferir verbo! Era stato un vero shock arrivare stanchi
dopo le lezioni e trovarsi davanti uno sconosciuto dall’aria
assassina con uno zaino sulle spalle e gli occhiali cadenti. Ci aveva
messo qualche secondo a realizzare che era lui quella visione. Ed era
stato l’inizio della comprensione di essere uno sfigato.
“Ciao…posso sedermi…?”
domandò allo specchio facendo un accenno di inchino, senza
staccare gli occhi dalla superficie lucida dove una copia di
sé stesso ripeteva le sue stesse movenze imbarazzanti. Non
era capace di parlare in pubblico, si sentiva sempre a disagio se
doveva spiccicare parola, formulava frasi sconnesse o stupide, o
peggio, restava in perenne mutismo. L’unica volta che era
più o meno bene riuscito a reagire era stato con
Guido…
“Piacere…” parlò ancora senza
sorridere. No, così non andava…
“Piacere.” Riprovò con un sorriso
stentato. No, non andava ancora…
“Piacere!” per la terza volta l’immagine
riprodusse un sorriso quasi genuino accompagnato da un tono di voce
quasi entusiasta.
“Piacere!! Sono D!” esclamò allo
specchio mettendo una mano su un fianco e l’altra tesa in
avanti, il sorriso oscenamente esagerato come facevano nei telefilm
americani gli idoli delle donne. Ma lui non sarebbe mai stato in grado
di reggere una scena del genere. Lui era il tipo che gesticolava senza
posa quando era nervoso, che si fissava le scarpe per non dove guardare
in volto l’interlocutore, che non sapeva mai quando era il
momento di avvicinarsi o allontanarsi. Solo con Guido non aveva di
questi problemi di mobilità…
“…no…così decisamente
no…proviamo a cambiare parola…salve!” e
lo specchio gli rimandò l’immagine di un idiota
che tentava di avvicinare una ragazza con un saluto da matusa.
“Buongiorno!...troppo formale…ciao!
…ecco, questo dovrebbe andare! Ciao!!”
salutò lo specchio tendendogli la mano “Io mi
chiamo Dennis, sono della classe di programmazione…come
dici? Sì, certo che ci vengo! Volentieri! Paghi tu? Troppo
gentile! Conosco un posticino proprio vicino alla stazione, a un soffio
da qui, vedrai che gnocchi che ci sono! …noooo, se dici
così mi imbarazzo…!”.
Dennis aveva eseguito una simulazione perfetta del suo mondo virtuale.
Peccato che nel mondo reale le cose non funzionassero proprio
così. Però a volte nel mondo reale capitano cose
come nei film, per esempio capita che tua madre passi per caso mentre
fai una cosa imbarazzante come conversare da solo allo specchio, e si
metta in ascolto, i panni da stirare tra le mani tese, sul viso
un’espressione di divertimento materno, come quando i
cuccioli imparano a restare in piedi per la prima volta barcollando.
Ecco, più o meno era questo il volto della madre di Dennis
mentre, poggiata contro lo stipite della porta della stanza, guardava
il figlio rendersi leggermente ridicolo da solo. E il tutto senza che
lei l’avesse provocato. Quel ragazzo pensava davvero troppo.
“…ehi! Che bello vederti! Come stai?”
continuava intanto Dennis facendo cenni di saluto al suo riflesso,
ignaro della presenza estranea.
“…no…non mi
piace…c’era poco sentimento…allora,
ehi! Come va la vita??” e di nuovo scoprì i denti
in quello che nella sua mente doveva essere un sorriso più
che amichevole, ma che al resto del mondo sarebbe parso un tentativo di
minaccia.
“Ehi, ciao!!! Tutto bene?? E la famiglia?? …ma che
cazz sto dicendo…ehi, ciao!!!!!” Dennis
accennò nuovamente un vago inchino, e la madre non
riuscì più a stare zitta. Era decisamente ora di
intervenire, se il figlio avesse agito in quel modo in pubblico avrebbe
rovinato anche la sua reputazione.
“Ciao caro, felice di vederti in forma!”
commentò la donna sempre poggiata allo stipite con i panni
in bilico.
Dennis saltò per la sorpresa e guardò la madre
con espressione severa come per rimproverarla della sua mancanza di
rispetto per l’intrusione durante il suo esercitarsi. Era
rosso come un peperone, ma del resto era di quella tonalità
anche durante la maggior parte dell’esercitazione. Era sempre
rosso quando parlava con qualcuno. Sempre. Perfino con Guido, anche se
ultimamente doveva riconoscere che qualche miglioramento
c’era stato, per esempio quando…ma che cazz, sua
madre l’aveva appena sorpreso a fare cose terribilmente
private, e lui si metteva a pensare a Guido e fare paragoni!
Beh…però li aveva fatti per tutta la prova
e…
“Tesoro? Ti sei morso la lingua? O sei di nuovo perso nel tuo
mondo fantastico?” domandò la madre. Certo che era
perso nel suo mondo fantastico, quando mai non si perdeva nella sua
testa! Però anche quella era una cosa da mutare, non poteva
continuare in quelle condizioni, era fin troppo imbarazzante perdersi
brani interi di discorso…specie quando c’era di
mezzo Guido, la sua capacità di concentrazione sulla
realtà andava a quel paese e…ma basta!
“No, tutto bene mamma…è che
io…” tentò di spiegare grattandosi la
testa come se in quel modo le parole potessero piovere come la forfora.
“Amore della mamma, fare pratica è una buona
cosa…e io capisco perché lo fai! Ma caro, se vai
a confessarti in questo modo la tua dolce metà
resterà…come dire…”.
“Schifata…?” suggerì lui
confermando in questo modo che lo faceva per una ragazza. In fondo era
quello l’obiettivo, parlare in pubblico senza grossi problemi
era il primo passo per tentare di avere una vita sociale più
attiva che non comprendesse solamente la sfera di Guido. Anche se nella
sfera di Guido si trovava bene e…ancora?!
“Direi che la parola migliore è spiazzata. Io ti
voglio bene, ma proprio per questo devo essere sincera con te: fai
pena. Sei sempre stato un disastro a parlare, ti ricordi la recita
scolastica delle elementari?”.
“…si purtroppo…”
bofonchiò. Come fare a dimenticare uno dei primi traumi
della sua vita, quando durante la recita era salito sul palco per la
sua parte ed era talmente emozionato che non solo aveva sbagliato tempo
e dimenticato battuta, ma si era addirittura messo a spifferare chi la
faceva a letto, chi aveva una cotta per chi, e cose del
genere…di fronte all’assemblea riunita di genitori
e parenti tutti. Avrebbero dovuto coniare una nuova parola per
descrivere quel momento, quelle esistenti non rendevano
l’idea.
“E tu non vuoi che quella sensazione torni, vero? Allora non
cercare di puntare tutto su quello che non ti riesce, fai qualcosa che
ti viene bene! E piccolo mio, tu sei molto bravo quando si tratta di
scrivere. Se proprio vuoi confessarti a qualcuno, perché non
scrivi una classica lettera d’amore? Va bene anche un
semplice bigliettino. Tanto non riuscirai mai a dire quelle poche
parole alla persona a cui vuoi bene continuando in quel modo, lo so per
esperienza personale…da chi credi di aver preso la
timidezza?”.
“Mamma…” mormorò Dennis
commosso per quell’aiuto inaspettato, per quella confessione
di imbranataggine da parte della donna che considerava una specie di
idolo del suo tempo “mamma…non sapevo fossi
così sensibile!”.
La donna si accigliò non poco. Ecco, lei cercava di aiutarlo
con i suoi problemi, e quel figlio…
“Figlio degenere! Cosa credi, sono una donna io! E ora fila a
scrivere quel maledetto biglietto d’amore per il tuo amico,
prima che te lo freghi qualche ragazzina petulante!!
Marsch!!”.
La madre di Dennis voltò la schiena al figlio in modo
talmente brusco che i panni che teneva in braccio rischiarono sul serio
di rovinare a terra e sporcarsi di nuovo. Ma il ragazzo non si offese.
Ormai la conosceva abbastanza per sapere che era un modo per mascherare
l’imbarazzo. Ognuno reagiva a suo modo, e lui le voleva molto
bene per quel raro slancio di consiglio materno, per
quell’affetto malcelato che gli dimostrava, per…
“Un attimo…ha detto…MAMMA! IO NON SONO
GAY!!!!!!!!” urlò dalla porta spalancata verso la
stanza in fondo al corridoio adibita per il bucato, dove sua madre
stava ridacchiando beatamente. Ritirava tutto quello che aveva pensato
su di lei!
“Sì, si! Va bene! Salutami Guido!”
commentò la madre prendendo in mano il ferro da stiro e
cominciando a cantare qualcosa di Renato Zero. Ma perché
proprio lui doveva avere una madre del genere?!
Dennis si sbatté la porta alle spalle e tornò a
buttarsi sul letto non degnando di un’occhiata lo specchio.
Basta esercitazioni per oggi. Basta esercitazioni per una vita. Sua
madre in una cosa aveva ragione, lui in pubblico non sapeva proprio
parlare.
“Single a vita…mi ritirerò in un
monastero e passerò il giorno a pregare e a implorare le
divinità di farmi rinascere in un’esistenza che
non sia sfigata come quella precedente…chissà,
magari in una vita precedente ho ammazzato qualcuno e questa
è la punizione del karma…però poteva
anche andarmi peggio, avrei sempre potuto incarnarmi in un verme
intestinale…no, nulla è peggio di essere un
adolescente sfigato…a vent’anni poi, definirsi
ancora adolescente sfigato è davvero
un…”.
Il suo computer parve averne avuto abbastanza del suo dialogo privo di
senso logico, perché mandò un BIP di allarme. Il
ragazzo venne bruscamente riportato alla realtà della rete
dalla quale stava strenuamente cercando di sfuggire in quei giorni. Un
indice si mosse pigro a premere un tasto a caso per allontanare il
salvaschermo, ed ecco la solita donna nuda da calendario sorridergli
accattivante. Forse era ora di cambiare sfondo, quella tettona non gli
faceva più effetto.
-ciao, come stai Den?- comparve sullo schermo nella finestra dei
messaggi della chat msn. Dennis guardò a lungo il nome del
mittente, perplesso. Non credeva che si ricordassero ancora di lui dopo
quasi una settimana di assenza dal gioco di ruolo. Si
affrettò ad afferrare il pc e sistemarselo sulle ginocchia
in precario equilibrio per digitare la risposta al suo vecchio amico di
internet.
“Tutto bene, e tu?” rispose svelto controllando
ansiosamente che altri contatti erano in rete, sperando di vedere
lampeggiare l’icona di Marta ma senza successo.
-insomma, sono ammalato a casa…in compenso ho fatto molti
più punti di te! Ora sono salito di tre livelli, tra qualche
ora sarò in grado di sfidarti e avere la vaga
possibilità di infliggerti parecchi punti danno! Trema
cavaliere, trema! >.<-
“Trema, dici? Passeranno molti lustri prima che un essere di
infimo livello come un nano possa battere uno degli alti elfi oscuri!
Ihihih!”.
-potere ai nani! Stermineremo la terribile razza degli elfi oscuri che
hanno osato ridurci in schiavitù nelle profondità
della terra di Knur, ci libereremo delle catene di disprezzo e
rivolteremo la nostra infima situazione di sfigati per poter emergere
nel mondo superiore dei nobili! :-p allora, è più
o meno questo quello che stai facendo, vero?-
Dennis fissò lo schermo per qualche secondo di imbarazzato
silenzio. Una settimana. Non aveva mai passato così tanto
tempo lontano da quel gioco di ruolo on-line. Così come non
aveva mai passato così tanto tempo senza chiamare almeno una
volta o scrivere a quelli che erano i suoi amici di giocate storiche,
come quel nano con manie di grandezza. Nano con manie di grandezza,
più o meno come lui. Chiunque gli avesse detto che la vita
reale è molto simile a un gioco di ruolo solo che non puoi
resettare da capo e ricominciare, aveva avuto ragione. Si stava
sforzando di impersonare un nuovo essere, qualcuno che non era lui. A
chi la dava a bere? Non era un alto e nobile elfo, lui avrebbe dovuto
fare parte della schiera dei nanetti e lottare strisciando assieme a
loro che avevano avuto il coraggio di essere infimi anche nella grande
rete di internet dove si poteva essere chiunque e qualunque
cosa…che ipocrisia…che
infantilismo…che sfigato…
-…ohi, il grande elfo oscuro è svenuto per
l’imbarazzo?- comparve sullo schermo, e solo allora Dennis si
accorse che gli tremavano le mani. Ma chi credeva di prendere in giro
provando a cambiare in quel modo?
“Perdonami, piccolo nano, ma le tue parole mi hanno ricordato
la mia situazione in un altro mondo ben più oscuro di
Knur” rispose con un sorriso amaro sulle labbra.
-un mondo più oscuro? Non credevo ne esistesse uno
così terribile per te! È vicino questo mondo?-
“Fin troppo vicino, si tratta del mondo
di…Universitas”.
-Universitas? Strano mondo, ma lo conosco anche io. Non temere, nobile
elfo oscuro, se in quel mondo non hai fortuna, esistono sempre altri
mondi da colonizzare per i coraggiosi dell’universo di
Internetto! ^^-
Dennis guardò lo schermo senza capire bene. Altri mondi? Che
altri mondi potevano mai esserci da colonizzare per uno sfigato a cui
non andava bene nemmeno il suo? Cominciava a odiare le metafore che
usavano per spiegargli concetti per lui già normalmente
incomprensibili, e nient’affatto delucidati con stramberie
verbali prive di senso logico comune. Altri mondi…forse
voleva dire che doveva trasferirsi in un’altra
città? O che direttamente avrebbe dovuto cambiare pianeta?
Galassia? Gli stava venendo un gran mal di testa…come per
quello strampalato consiglio di Marta. Il mare ha tanti pesci, e
qualcosa a proposito di reti. Gli era venuta vagamente
un’idea, ma il tempo di arrivare a casa e farsi sconvolgere
dall’ultimo manicaretto di sua madre e puff, sparita
l’idea. Non che fosse una grande idea, se se l’era
dimenticata così facilmente…
-cambiando discorso…sei riuscito a trovare la crack per quel
maledetto gioco?? Io non la trovo da nessuna parte e mia sorella mi sta
rendendo la vita impossibile per avere quel videogioco di
simulazione…non fossero dei geni, augurerei una morte lenta
e dolorosa agli ideatori di The Sims 2…-
“Non temere, adesso ti dico dove trovarla…aspetta
un attimo…”.
-ok, mio eroe!-
Dennis chiuse la finestra di msn e premette la combinazione di tasti a
scelta rapida. Immediato, si spalancò davanti ai suoi occhi
il browser di internet explorer, fonte di tutte le sue speranze e
successi. La rete non lo tradiva mai. Il pc e il mondo virtuale erano
stati i suoi unici amici per tanto tempo, sarebbero stati anche la sua
fidanzata per i prossimi anni a venire finché quella giusta
non sarebbe arrivata. La calma è la virtù dei
forti…che massa di balle, forse gli conveniva sul serio
essere gay, magari si rimorchiava di più…
La finestra divenne di colpo nera, e le solite pubblicità di
siti hard e di appuntamenti sommersero la visuale. Tutto come sempre,
tutto calcolato. Sorrise radioso al suo amato sito e alla
genialità dei gestori di quel filo rosso di
illegalità gratuita a portata degli scaltri
navigatori…o di chi aveva particolarmente culo. Come lui la
prima volta che l’aveva trovato, per esempio. Era accaduto
tutto qualche anno prima, quando si era divertito a navigare in siti a
caso per ingannare il tempo e per caso aveva ciccato sulla
pubblicità di un negozio di antichità senza
sapere che era una copertura. Chi mai andrebbe a cercare dei pezzi
storici di nani da giardino? Ed ecco, davanti al suo volto a quel tempo
paffuto, si era aperto un mondo nuovo fatto di hacker e simpatizzanti.
Chissà quale sarebbe stato quello giusto
stavolta…forse quello con la figura della prua del Titanic?
O quello con le auto da corsa schiantate? O si trattava di quella
scritta lampeggiante che annunciava vendite miracolose al
casinò di una qualche città slovena? Comunque
sia, valeva la pena tentare. Li provò tutti, a uno a uno,
finché la casella giusta non si rivelò essere un
banale sito di norme giuridiche abrogate. Che carini, davvero una
splendida idea quella di mascherarlo da archivio legale in disuso.
Il grande teschio nero lampeggiò minaccioso davanti ai suoi
occhi, con le fiammelle nelle cavità oculari a simboleggiare
ulteriormente il peccato di cui si stava macchiando. La freccia del
mouse si mosse e con sicurezza centrò il ghigno del teschio
permettendo l’accesso al sito proibito, fonte di tutte le
meraviglie.
“Crack…crack…ah! Ecco!” con
la sicurezza data dall’esperienza, Dennis trovò
quello che cercava e lo scaricò sul suo desktop. Ora poteva
parlare nuovamente con l’amico di internet. Allega
e…invia! Qualche secondo dopo, l’amico lo
contattò di nuovo.
-sei il migliore! Grazie, la comunità dei nani si inchina
alla nobile figura dell’elfo oscuro, e un giorno vedrai che
si inchineranno anche nel malvagio regno di Universitas, non mollare! A
presto!-
Dennis chiuse la conversazione con un sorriso sulle labbra. Certo, come
no. Inchinarsi a lui. Quelli della sua scuola. A malapena lo
conoscevano per essere l’ideatore di un videogioco dal sapore
ambiguo, non lo avrebbero mai considerato più di qualcosa da
spremere…a meno che non si chiamassero Guido e non gli
sorridessero in quel modo, così aperto, così
amichevole, così caldo…
“BIP!” fece il suo pc mentre una nuova finestra si
apriva davanti ai suoi occhi che stavano sognando qualcosa di proibito
alla mente.
“…cosa…?” mormorò
lui incollando il naso allo schermo mentre leggeva a lettere cubitali
la scritta più minacciosa di tutta la sua esistenza: sei
single?
Il cursore si spostò per chiudere immediatamente quella
dolorosa domanda che per lui suonava molto come presa in giro, ma
quando passò sopra il riquadro rosso, comparvero in sequenza
una serie di foto di ragazze stupende che sorridevano, facevano
l’occhiolino, o si atteggiavano in modo provocante. La
mascella rischiò di cadergli di botto quando riconobbe in
una delle foto la brunetta sul suo cellulare. Era single. E sapeva
usare internet. Il fatto che fosse registrata in un sito del genere,
per lui al momento andava in secondo piano.
Per pura curiosità, aprì il sito in questione
alla ricerca del profilo della ragazza, e si trovò davanti
una chat ben organizzata per incontri. Non credeva che una ragazza del
genere avesse bisogno di qualcosa come un appuntamento virtuale. Eppure
era quello che le stava capitando. Così adorabile,
così pura, così carina,
così…porno?!
Dennis rimase sinceramente sconvolto nel vedere l’album
siglato sotto il nome della giovane compagna di corso. Le foto parevano
fatte in sequenza, e a ogni scatto lei si toglieva qualcosa. Via la
blusa. Via la camicetta. Via i pantaloni che teneva in una mano con
fare da civetta. Via il reggiseno. Via le…
“Oh-mio-Bill-Gates!!!” esclamò tutto
d’un fiato quasi cadendo dal letto mentre strabuzzava gli
occhi e chiudeva in fretta il sito.
Se anche una ragazza del genere doveva ricorrere a certi mezzucci per
trovare un ragazzo, erano caduti veramente in basso. Certo, era il
tempo di internet, rete globale e dei computer, strumenti
indispensabili ormai. Ma c’era un limite a tutto! E quelle
foto il limite della decenza lo avevano ampiamente superato!
Guardò con un misto di disgusto e malcelata
curiosità lo schermo. Non avrebbe mai immaginato che quella
giovane dall’aria così innocente potesse essere in
realtà una simile…era diversa. Molto diversa. Ma
in fondo era internet e nelle chat chiunque può essere chi
crede. Un gioco di ruolo dove si vive la fantasia di essere qualcun
altro. Di far sapere solo poche cose di sé. Potersi
permettere di inventare un nuovo sé stesso, un nuovo mondo,
una nuova galassia…
Si grattò la testa pensieroso. Perché no? In
fondo tutti i suggerimenti che aveva ricevuto lo indirizzavano verso
quella sfera. Perché non fare pratica in una chat? Aveva
bisogno di conoscere gente nuova, gente diversa. E di impratichirsi con
i dialoghi. Dialoghi scritti, perché a parole era un vero
fallito! Però se si scrive, è tutta
un’altra cosa. Si guarda bene la risposta
dell’altro e si ha il tempo di ribattere con qualcosa di
ponderato. Sì, perché no?
Però…quel sito proprio no!
Dennis fissò con sgomento la stessa pubblicità di
prima ricomparire a tormentarlo. La chiuse di botto. No, non
esisteva…non poteva neanche lontanamente prendere in
considerazione l’idea di iscriversi a
quel…quel…no, non ce la faceva. Esistevano tante
altre chat, tanti altri mondi. E a ben pensare, lui era riuscito
egregiamente a inserirsi in altre chat prima di…certo, non
aveva mai pensato in quei termini quando scriveva con qualcuno, maschio
o femmina che fosse, ma perché erano chat tecniche o di
tematiche specifiche o…non conosceva ancora cosa voleva dire
sul serio avere una ragazza o delle figure in carne e ossa che ti
abbracciano con slancio quando ti vedono, come faceva da qualche giorno
Guido appena lo vedeva, dandogli pacche sulle spalle e scompigliandogli
i capelli. Le sue mani, erano sempre così calde e
affettuose, a volte quando non lo vedeva per parecchie ore di fila gli
mancava la sensazione delle sue dita nei capelli e…
“Uffa…basta, devo sul serio trovarmi una ragazza,
o diventerò un frocio nel giro di poco
tempo…”.
Gli venne in soccorso google. Aprì la pagina del sito di
ricerca, ma fece appena in tempo a digitare nella stringa apposita le
parole chiave che da basso si levò la voce di sua madre.
“Amoooooorreeee!! Ciboooooo!!”.
Ora di pranzo. Abbassò lo schermo del pc. Se per caso mentre
era giù a mangiare sua madre avesse gettato
un’occhiata per qualunque motivo in camera sua e avesse
notato la sua ricerca le prese in giro si sarebbero sprecate. Meglio
essere prudenti per niente, che inculati per troppa fiducia.
“Arrivooooooooo!” ed uscì dalla stanza
lasciandosi alle spalle lo schermo blu dove si annidava la risposta ai
suoi problemi.
“Bello e impossibile? No…qualcosa di
più…figone88? Nah, esagerato!
…angelus? Se, mettiamoci direttamente divino creatore, poi
sono a posto…!”.
Non era mai una cosa facile scegliersi un nome. Specie quando si
decideva di essere una persona nuova. Aveva pensato di usare il nick di
cui usufruiva nei giochi di ruolo che frequentava abitualmente in rete,
ma purtroppo qualcuno lo aveva già preso nelle chat che
aveva selezionato allo scopo. E allora? Doveva inventarsene uno nuovo.
Ma non era affatto da ridere…
“Ci sono! Divino88! Ma sì, usiamo
questo…”.
Ecco, pochi gesti ed era iscritto. Con un sorrisone, Dennis si
dedicò a sfogliare la lista degli iscritti. Erano davvero
tanti. Tanti e vari. C’era di tutto in quel sito. Si riteneva
soddisfatto. Adesso doveva solo aspettare che qualcuno lo contattasse,
e poi avrebbe acceso l’interruttore e dato il via al suo
training personale per migliorare la comunicazione verbale…o
sarebbe andato in giro a vita con una lavagnetta per poter dire
qualcosa di senso compiuto.
-ciao-
Ecco! La prima scritta di gente sconosciuta che desidera avere un
contatto scritto con lui! Il primo passo verso la sua emancipazione,
verso la crescita morale e fisica, verso il nuovo sé stesso!
“Ciao” rispose saltellando a rischio di far cadere
il pc dalle ginocchia.
-di dove sei?-
La prima domanda!! La sua prima domanda! Sprizzava gioia da tutti i
pori. Qualcuno voleva sapere qualcosa di lui! Era una domanda abituale,
ma lui sapeva bene che questo tipo di domande nascondevano un
trabocchetto. Se avesse detto una città che non era la sua e
poi la tipa era effettivamente di quella zona, si sarebbe fregato con
le sue mani. Ma se diceva la sua città natale e poi veniva a
sapere che lei era di quelle parti, era automaticamente probabile che
la conoscesse e che lei lo considerasse uno sfigato…o che
sentendo di lui non volesse assolutamente incontrarlo…o
peggio, che sparlasse di lui! No, non voleva assolutamente una cosa
simile. Ma lui non era scemo, era perfettamente in grado di raggirare
una cosa simile. No problem.
“Sono del Nord. Tu?” perfetto, invio! Dopo pochi
secondi, la risposta.
-descriviti-
Un comando. Decisamente non poteva prenderla per una richiesta. La
ragazza era particolarmente diretta. Gettò
un’occhiata al nick e ridacchiò incerto.
Descriversi…beh, l’avrebbe accontentata.
“Sono biondo scuro con gli occhi grigio-azzurri. Alto 1.71.
Tu Gattina90 come sei fatta?” e…invio! Fece
scrocchiare le articolazioni delle dita e attese per pochi istanti la
risposta della ragazza.
-però! Sembri davvero divino! Io sono mora con gli occhi
chiari. Alta 1.69. Hai la ragazza?-
Dennis sobbalzò. Così diretta? Già la
domanda fatidica? Divenne rosso di colpo, incerto sul da farsi. Quella
ragazza non sapeva nulla di lui, eppure pareva decisa a farsi sotto
come se nulla fosse. Non poteva farla aspettare troppo, le sue risposte
erano sempre molto tempestive, qualche centesimo di secondo. No, non
poteva essere da meno. O la va o la spacca.
“No, al momento non ho una ragazza fissa. Tu?”
scrisse il più in fretta possibile, mandando il messaggio
con un groppo in gola.
-ottimo! Così non mi sentirò in colpa per
eventuali tradimenti! :-p lo facciamo?-
Lo…facciamo…eh?! Troppo diretta!! Dennis cadde
all’indietro sul letto, gli occhi sbarrati. Ma che razza di
gente lo contattava?! E dire che lui cercava una ragazza
normale…quella era tutto meno che normale! Lo
facciamo…così? Ma si può?
Cioè, certo che si può, ma insomma…non
è…bello. Non è nemmeno fisico,
è solo…se doveva menarsi da solo, tanto valeva
non fare tutta quella fatica di cercare una ragazza! Gattina90
aspettava ancora. Avrebbe aspettato a lungo. Si era offeso. Nessuna
intenzione di interagire con una del genere, una di facilissimi
costumi. Non sapeva nulla di lui e voleva fare sesso in rete. Ma
neanche per idea! Aveva dei principi morali LUI!
“Oh, un altro messaggio…!” Dennis si
alzò di nuovo a sedere e guardò lo schermo dove
un altro nick stava cercando di attirare la sua attenzione. Va bene,
vediamo chi è…”Panterona?! Ma
che…”.
-ciao divino! Sei divino solo a parole o anche a fatti?-
No, no e ancora no! Non potevano essere tutte
così…quello era un caso…un caso
fortuito che non si sarebbe più ripetuto…e a
quella non rispondeva ma neanche sotto tortura! Ma si può
essere così spudorate?! Insomma, le ragazze dovrebbero
essere dolci, delicate, sensibili…va bene tirarsela un
po’, va bene anche l’aggressività in
qualche caso, i doppi sensi sono anche eccitanti, ma
quello…NO!
-88, è la misura o l’età? ;-D-
La misura…di che?! Un’altra pervertita senza
cervello…88 la misura…mamma mia, questa
è fuori di testa! Ho sbagliato chat, devo aver sbagliato
chat, non è possibile che tutte siano in queste
condizioni…non è verosimile…ti prego,
dimmi che c’è ancora qualche ragazza che sia
femmina a questo mondo!
-divino…non male come nick, ma lo devi provare…-
O-santo-creatore-del-microcip! Frigida_666 aveva tutta l’aria
di essere interessata a opere masochistiche…come del resto
la sua amica Frusta_Tacchi che aveva usato un approccio simile.
Dennis chiuse di colpo la connessione con il sito premendo con forza
sul mouse in corrispondenza della x. Via, il prima possibile. Quello
era un covo di assatanate. Doveva essere un caso, era sicuramente un
caso. Le dita tremanti, provò un’altra chat con lo
stesso nick e attese con il cuore in gola. Passarono i minuti, e se ne
andò mezz’ora. Nulla di fatto. Nessun contatto.
Poteva tirare se non altro un sospiro di sollievo per non essere stato
aggredito verbalmente da pazze scatenate. Sfogliò curioso la
lisa dei nomi, tutte ragazze a prima vista più o meno dolci
e normali, con nomi come Paris_Hilton, Gilmore_girl, Belladentro,
Stellinasola, e altri simili. Chiuse gli occhi e ne provò
uno a caso. Style123. Che strano nome…ma se era destino che
chiamasse proprio quella, allora non si sarebbe tirato indietro. In
fondo era solo una chat. E nelle chat succede di tutto. E non si vede
chi si ha davanti. E non ci si conosce. E non si può
prendere in giro a vita. E comunque non doveva chiederle di
sposarlo…ce la poteva fare!
“Ciao…” scrisse sulla tastiera e
premette fiero l’invio. Attese qualche secondo, poi
cominciò a sudare freddo in attesa della
risposta…che non venne. Cinque, dieci, venti minuti. E
ancora nulla. Non rispondeva. Si depresse un po’, ma alla
fine pazienza, la parte logica del suo cervello pensava come una sorta
di calmante che anche lui in fondo non aveva risposto prima a quelle
ragazze spiritate. Anche se lui non si era comportato da maniaco. Ma
magari lei non era al pc. O stava già scrivendo con qualcuno
o non aveva tempo. O non aveva voglia. Non valeva la pena prendersela
tanto…avanti un’altra!
“Il mondo è pieno di pesci…!”
citò Marta ridacchiando mentre gettava uno sguardo perplesso
all’icona di msn dove la ragazza era ancora perennemente
irraggiungibile.
Cercò altri nick a caso per qualche tempo, ma nessuna gli
rispose. Molto strano. E molto deprimente. Proviamo a cambiare chat?
Magari ho di nuovo sbagliato sito. Nuova chat, nuovo problema.
-ciao, sono Miriam, come va?-
“Piacere, Dennis! Tutto bene, tu?”
-speravo che me lo chiedessi…-
E da lì cominciò il calvario. Miriam era una
ragazzina complessata di quasi 15 anni che aveva appena fatto sesso con
il suo ragazzo, il quale ragazzo poi non l’aveva
più chiamata sul suo cellulare. Non era la prima volta che
lo faceva, cielo no! C’era stato prima il fratello minore del
suo ultimo boy, poi il migliore amico universitario, poi il cugino di
un vecchio amico di famiglia, poi il nuovo postino,
poi…l’elenco pareva infinito. E man mano che si
aggiungeva un nuovo ragazzo, i problemi aumentavano a livello
esponenziale a pari passo con l’orrore del suo interlocutore
momentaneo. Come poteva una ragazza dire certe cose a un perfetto
estraneo? E affidare a lui il giudizio della sua situazione
sentimentale? Non aveva la minima idea di chi era, per quanto ne sapeva
poteva anche essere un maniaco a scriverle attraverso internet, invece
lei si confidava senza remore chiedendo pareri su questo o quel punto
della relazione che non le era del tutto chiaro, sul comportamento
strano di questo o quel ragazzo, sulle posizioni preferite, sui
contraccettivi da usare, praticamente su tutto! Dennis
controllò se per caso non aveva scelto una chat per
adolescenti complessate e ninfomani, ma era una di quelle neutre con le
divisioni per argomento, e lui era entrato nella stanza denominata
“amicizie e dintorni” non in quella
“esperienze forti”. Sospirò teatralmente
cercando di porre un freno a quella valanga di oscenità che
gli piovevano addosso da parte di una sconosciuta complessata.
“Non prendertela così tanto, in fondo vi siete
lasciati e ora stai con un nuovo ragazzo. Sono sicuro che anche se non
si fa sentire, non è un dramma! Magari ha il cell spento,
oppure è imbarazzato, dagli tempo, non assillarlo
troppo!” invio. E speriamo che questo chiuda la questione.
-tu dici? Beh, in effetti sei un ragazzo, quindi queste cose le devi
sapere per forza, no? Così come io sono una ragazza con un
intuito particolare. È solo che non capisco cosa sbaglio,
secondo te dovrei rifarmi il seno? Magari con una sesta invece di una
quarta me li terrei più stretti...-
“Non è questione di tette!” rispose
Dennis arrossendo al pensiero del suo desktop “I ragazzi non
guardano solo l’aspetto fisico, così come le
ragazze!”
-…veramente noi scegliamo l’uomo in base ai
pettorali e alla consistenza del pacco…-
Dennis per poco non svenne. Se era davvero così lui era
fregato. Non ci poteva credere…eppure la maggior parte dei
bellocci della scuola effettivamente erano impegnati con delle stupende
ragazze, mentre gli sfigati come lui non se li filava nessuno. Che
fosse quello dunque l’arcano? Non era questione di
parlantina, ma di estetica e basta? Non serviva saper intavolare un
discorso sensato, bastava mettere in mostra i bicipiti e imbottirsi i
pantaloni? …ma da quando le ragazze fissano la consistenza
del pacco?!?!
-…ci sei?-
No, non c’era proprio. Se tutte le ragazze erano
così per lui era finita. Meglio emigrare in un altro
pianeta. Possibile che non conoscesse affatto l’universo
femminile? Era cresciuto con la convinzione che le ragazze fossero
essere eterei dalle movenze sensuali e dal sorriso gentile, fatte
apposta per incastrarsi con i ragazzi in un connubio di
felicità. Ma ora veniva fuori che erano solo delle
assatanate pronte a tutto pur di scopare il migliore partito sulla
piazza, interessate al fisico e al portafoglio, senza il minimo tatto o
la capacità di ragionare al di fuori della sfera sessuale.
No, non potevano essere tutte così. Doveva esserci un trucco
da qualche parte.
-…ci sei???-
Possibile che tutte le pazze si fossero date appuntamento su quelle
chat in quel giorno? No, non era qualcosa di plausibile. Probabilmente
lui aveva sbagliato qualcosa. Oppure si comportavano così
con lui perché era un ragazzo…certo! Ecco la
soluzione! Stavano esagerando per farsi belle perché lui era
un ragazzo! Quindi se davvero voleva capirci qualcosa del
nemic…ehm…delle ragazze, era necessario un
drastico cambio di nick. Doveva infiltrarsi tra loro in modo da
carpirne il segreto e raccapezzarsi un minimo tra i loro ragionamenti
contorti e le frasi non dette.
Dennis fissò con occhi vacui lo schermo dove lampeggiavano
gli avvisi di chiamata da parte di altre assatanate e prese la sua
decisione: doveva prepararsi come si deve. Non si può
parlare con qualcuno se non si trova qualcosa in comune. Non si
può affrontare una guerra senza sapere le coordinate degli
attacchi. Non si più giocare con il mago senza saper usare
gli incantesimi. Non si può e basta!
Premette con decisione la x e uscì dalla chat lasciando al
suo destino quella quindicenne complessata. Avrebbe di certo trovato
qualcun altro da tormentare. Anche se un po’ gli dispiaceva
di averla abbandonata in quel modo, in fondo si erano scritti per oltre
un’ora…e magari aveva davvero bisogno di
aiuto…basta sensi di colpa! Tu sei un uomo, per la miseria!
E hai bisogno di una ragazza, non hai tempo per pensare a cose del
genere! All’attacco!
Ma la tentazione era troppo forte, non poteva lasciare quella giovane
al suo maledetto dubbio amletico. Per cui, un po’ per
masochismo, un po’ per curiosità di verificare la
sua nuova teoria, riaprì la stessa chat tornando alla
schermata dell’iscrizione. Non avrebbe mai più
usato il nick precedente, portava troppa sfortuna. E ora? Si trovava di
fronte ad un bivio. Le caselle da spuntare davanti ai suoi occhi lo
accusavano di tradimento mentre le guardava facendo scorrere la
freccetta del puntatore da F a M. Alla fine fu sulla F che si
fermò la punta ed un segno verde segnalò la
scelta. Il primo passo era compiuto, il primo passetto verso la
conoscenza dell’universo femminile. Ce la poteva fare. Ora
tutto quello che gli mancava era un nuovo nick. E una bottiglia di
grappa.
“Dunque…MAMMAAAAAAAAAAAAAA!!!!” chi
meglio di una donna poteva indicargli un nick femminile che non
denotasse follia come quelli precedenti?
“Dimmi caro!” rispose la madre dal piano di sotto
dove era affaccendata a preparare da mangiare. Si era di nuovo fatta
ora di pasti. Incredibile come il tempo era passato in fretta mentre
chattava, volato in un attimo. E non aveva ancora concluso nulla a
parte il fatto che le donne venivano da Venere, gli uomini da Marte e
lui da Urano.
“Ma’, mettiamo che volessi chattare…che
nick useresti??” domandò con un nodo alla gola
aspettandosi di tutto mentre lo spazio vuoto per il nome lo accusava di
lentezza con quel suo candore accecante.
“Mi spiace tesoro, io non frequento postacci del genere, e
non dovresti neanche tu! Stai già fin troppo al pc per
perdere altro tempo! Vai fuori e vediti con Guido piuttosto!”
rispose la madre dopo un attimo di esitazione. E ti pareva!
“COME NON DETTO!” urlò lui fumante
mentre si infilava un dito in bocca per mangiucchiare
l’unghia. Accidenti, per una volta che le chiedeva
aiuto…! Un nick femminile, un nick femminile, un
nick…aveva avuto il suo bel problema a trovarne uno
maschile, figurarsi per uno dell’altro sesso! Questo
sì che era un vero dilemma esistenziale. E ancora lo spazio
vuoto lo accusava. Facciamo mente locale: pensiamo ai nick che
c’erano prima. E che non sembravano celare delle pazze
furiose. Nomi neutri. Nomi di angeli. Angioletto? No, decisamente no!
Una del genere gli aveva proposto una pompa nemmeno mezz’ora
prima come primo contatto! Un nome…
Un bip improvviso lo fece sobbalzare. Si era dimenticato totalmente di
aver lasciato acceso msn e di essere visibile a chiunque. Con un nodo
alla gola, come colto sul fatto in un momento di imbarazzante
colpevolezza, Dennis puntò gli occhi sul contatto che
lampeggiava indicandogli la finestra di dialogo appena aperta. Non era
Marta. Ma era l’ultima persona che si aspettava di sentire al
momento. Non era poi tanto strano però, in fondo aveva
pensato a lui di continuo, e anche adesso sua madre lo aveva
casualmente nominato e…meglio rispondere alla chiamata prima
di perdersi ulteriormente nella sua testa.
“Ciao Guido! Come sta Marta? L’hai
sentita?” ecco, saluto normale e domanda per chiedere
informazioni riguardo ad una ragazza. Beccati questo mamma!
-Si è quasi del tutto ripresa, almeno a giudicare dal modo
in cui mi stava per strangolare. Che hai fatto oggi? Tutto il giorno
attaccato al pc?-
Dennis represse l’impulso di chiudere di botto qualunque sito
non riguardasse la conversazione in atto, dopo mezza giornata persa
alla ricerca di un sito decente e di una strategia d’attacco
al virtuale genere femminile, non se la sentiva di mandare tutto a
monte. Grazie al cielo Guido non aveva la webcam e non era in grado di
entrare nel suo computer da internet. Chissà che avrebbe
pensato di lui se solo avesse saputo quello che stava combinando, e con
quali intenzioni poi. Di certo si sarebbe offeso, gli avrebbe tolto il
saluto,
lo…alt…ragioniamo…perché
mai avrebbe dovuto reagire così? Che cretino, si stava
preoccupando per nulla, come al solito! Anche se avesse saputo, Guido
era comunque un ragazzo, avrebbe compreso. Lui comprendeva sempre.
“Non proprio, sto chattando con
un’amica…o almeno quella è
l’intenzione. Però volevo farle uno scherzo. Non
ho molta fantasia, mi aiuti a trovare un nick diverso da quello che uso
di solito?”
Flebile speranza, ma poteva funzionare. Due cervelli funzionano meglio
di uno. E lui non era disposto a rinunciare
all’opportunità di ricevere aiuto da ogni fonte
per la sua impresa di training. Si sfregò le mani aspettando
la risposta mentre pregava in silenzio che l’amico credesse
alle sue parole. Perché non avrebbe dovuto credere? Infatti
poco dopo la risposta gli fece tirare un sospiro di sollievo.
-Non ne ho idea purtroppo, non ho molta fantasia in questo
senso…perché non provi a guardarti attorno per
trovare qualcosa a caso da usare? Tipo un modellino, o un libro, o un
particolare…-
Dennis fece girare lo sguardo sulla sua stanza, ma tutto quello che
vide furono immagini di manga e gruppi musicali. Nulla di adatto ad un
nick neutro da ragazza. Libri? Forse poteva prendere ispirazione da
qualcuno dei volumi in libreria, ma non aveva proprio voglia di
mettersi alla ricerca di un nome tra quelle pagine, anche
perché se poi quell’idea si fosse rivelata
malsana, ogni volta che avrebbe riletto il libro gli sarebbe tornata
alla mente la brutta esperienza. No, non poteva rovinarsi il piacere
della lettura per colpa di una chat! Un po’ di
creatività e…trovò quello che cercava.
“Che idiota!” esclamò afferrando dalla
pila di vecchi libri del liceo quello di scienze “Le ragazze
amano gli animali!
………no……no……no………….BINGO!!”.
Dopo aver scartato nomi come capra, puledra, gatta, coniglietta, per
non parlare di scrofa o peggio, digitò soddisfatto il suo
nuovo nick con orgoglio. Non era stato poi così difficile.
Ed un sorriso smagliante si aprì sul suo volto quando
constatò che il nick “Anatroccola88” non
era stato ancora preso.
“Trovato!! È un animale sfortunato del mondo delle
fiabe. L’amica ci cascherà di sicuro!”.
-Ah, usi il vecchio trucco dell’Anatroccolo! Che tipo,
sensibili alla sindrome dell’infermierina come sono tutte le
ragazze, anche la tua amica ci cascherà in pieno!-
Ah, davvero? Non ci aveva proprio pensato. Aveva perso tempo a
guardarsi attorno azzeccando a caso qualcosa di sensato, di molto
sensato. Che culo. Non si sarebbe ripetuto di nuovo.
“Già già, proprio così, sono
un genio! ^^”
-hai pensato all’immagine?-
Aiuto. Dennis fissò la frase senza capire. Immagine? Che
immagine? Andava anche un’immagine? Tornò in
fretta sul sito e premette il pulsante avanti per la registrazione.
Eccola lì, in alto a destra. Come aveva fatto a non notare
prima quel dettaglio problematico?! In situazioni come quelle,
c’era un’unica persona a cui poteva rivolgersi per
risolvere la crisi con efficacia e tatto.
“E ADESSO COSA FACCIO?!?!” digitò
rapidamente ripresosi dal colpo.
-…aspetta…-
Dennis finì di mangiucchiarsi l’unghia superstite
mentre cercava con la mente un’immagine nel suo archivio. No,
non aveva nulla di adatto. Doveva forse lasciare vuoto? No, non gli
pareva il caso…anche se forse…ma
un’immagine attira molto di più, esprime fiducia o
trasmette l’interesse. Almeno, quando aveva visto i profili
con le immagini porno di quelle che lo avevano contattato prima, le
immagini avevano parlato parecchio…concentrazione ragazzo,
concentrazione! Non poteva cercare a caso un’immagine su
internet o lo avrebbero di certo scoperto, quindi ripiegare su qualcosa
di banale come un oggetto era la cosa migliore…un oggetto
come…forse un disegno andava bene. Peccato che lui non era
in grado di fare un disegno decente per lo scopo. Qualcosa preso da un
manga? Così però rischiava di dare
l’impressione di essere un otaku, anzi, una otaku, e
decisamente non voleva attirare solo quel genere di ragazze nella
trapp…ehm…nell’esperimento.
-ti è arrivata?-
Dennis mosse con tutta calma il mouse per aprire la cartella dei file
ricevuti. Eccola la soluzione a tutti i suoi recenti dilemmi. Un
oggetto talmente comune e adorabile che non gli sarebbe mai venuto in
mente. Una paperella da bagno. Un’adorabile paperella di
gomma da bagno, come quella con cui si divertiva a volte nella vasca,
ricordi d’infanzia. Ma perché gli era sembrato
tutto così complicato da solo mentre ora che c’era
Guido quasi quasi sentiva di non avere nemmeno bisogno di fare
quell’esercitazione nel mondo femminile? Con lui stava bene,
con lui scherzava in tranquillità, con lui…e
basta!
“Si grazie, mi sei stato immensamente d’aiuto! Ora
ti saluto però, devo andare a mangiare!” rispose
Dennis sperando di chiudere la conversazione il prima possibile. Non
gli era piaciuto affatto quello scambio, gli aveva provocato troppe
scosse. Quando aveva visto il suo contatto lampeggiare per chiamarlo
era quasi certo di aver perso un battito, e ad ogni aiuto sentiva la
sua stima crescere. Se continuava in quelle condizioni…
-di già? Buona pappa! A domani!- lo salutò con
tutta tranquillità Guido, il caro Guido, l’amico
al quale per la prima volta stava nascondendo qualcosa di
così importante. Normalmente tra ragazzi si avrebbe
scherzato su un argomento simile, ci si sarebbe scambiati pacche
amorevoli sulle spalle e battutine sarcastiche. Invece
l’ultima persona alla quale voleva far sapere quel che stava
organizzando era proprio il suo migliore amico, il ragazzo che lo
capiva meglio. Si sentiva quasi un traditore. Ma ora basta con i
rimpianti, basta con i sensi di colpa! Se proprio doveva star male per
aver commesso una cattiva azione, prima avrebbe fatto meglio a
commettere l’infamia. Mai fasciarsi la testa prima di
essersela rotta, diceva sempre sua madre. Strano, ultimamente quella
donna ci azzecca un po’ troppo, non vorrei che azzeccasse
anche con G…basta!! All’attaccooooo…!!
“…ma che cazz...!”.
Sullo schermo del pc, non appena aveva premuto invio per connettersi
alla chat, era comparso in rosso smagliante l’avviso del sito
di appuntamenti. Lo tormentava. Era la sua persecuzione. Si sarebbe
sognato quei tipi anche di notte se continuava così! Il
puntatore andò spedito sulla scritta
“chiudi”, ma per la fretta di togliere di torno
quella maledetta pubblicità indesiderata, il ragazzo
premette troppo presto facendo aprire di nuovo il sito. Con una serie
di imprecazioni poco ortodosse, non gli restò che attendere
che quel maledetto finisse di caricare per poter finalmente spegnere.
Si trattava di un’immagine di accesso, la copertina della
chat, dove erano state collocate a puzzle una serie di foto di quelli
iscritti. Purtroppo per lui, si trattava di una pagina pesante, e la
sua connessione al momento si trovava rallentata da programmi di
aggiornamento automatico che stavano scaricando le ultime
novità della microsoft. Per non rischiare di perdere tutti i
dati, e per non mandare in blocco per l’ennesima volta il suo
amato pc, si limitò ad incrociare le braccia sbuffando
mentre, una fascia alla volta, comparivano i volti degli iscritti.
“Avrebbero dovuto sceglierli meglio…”
borbottò guardando comparire foto di gente con il naso
storto, con le occhiaie da drogato, con i capelli multicolore, con le
labbra rifatte a canotto, in atteggiamenti provocanti, come
quella… “…EH?!?!?!?!”.
Dennis fissò scioccato lo schermo dove, tra le tante foto,
una attirava come una calamita la sua totale attenzione. Non poteva
crederci. Non voleva crederci. Era impossibile. Non…non
avrebbe mai…no, lei non avrebbe mai osato, così
orgogliosa…no, doveva esserci un caso di somiglianza
schiacciante. Sì, doveva per forza essere una qualche
gemella nascosta, o qualcuna che si era rifatta come lei. Eppure quella
maglietta gliel’aveva vista indosso parecchie volte in giro,
se la ricordava piuttosto bene. No, non poteva…non LEI!
“Tesoroooooooooo!! È
prontoooooooooooooo!!”.
Dennis deglutì a fatica emettendo una serie di suoni
inarticolati che alle sue orecchie parvero come il gracidare di un
ranocchio con il mal di gola. Non poteva essere che lei. Ma
perché? Con la testa bassa, il ragazzo scese dal letto e
uscì dalla stanza dopo aver chiuso la finestra maledetta
dove aveva scorto una cosa che avrebbe preferito non sapere.
Al piano di sotto, sua madre lo accolse con un sorriso smagliante in
tutto e per tutto identico a quello con il quale era stata ritratta
nella foto pubblicata su quel sito.
Al piano di sopra, qualcuno stava cercando di contattare Anatroccola88.
Guido tolse energia al computer senza rimpianti. Anche per quel giorno
aveva potuto parlarci. Un vago sorriso aleggiava sulle sue labbra
mentre afferrava il cellulare e premeva uno dei tasti di scelta rapida.
Dopo pochi squilli, gli rispose la voce assonnata di Marta, la sua
migliore amica.
“Che vuoi…” mormorò la
ragazza, mentre lui la immaginava strofinarsi gli occhi e imprecare
mentalmente.
“Ci siamo scritti” commentò lui secco
quasi ridacchiando per l’emozione “che dici, se io
chiamassi…”.
“NO!” fu la secca risposta di lei “Non
vorrai mettere paura alla tua preda?! Con calma Prete, con calma!
Quante volte te lo devo dire?! Non vorrai fare l’errore della
volta scorsa, te lo ricordi vero? Abbi pazienza…!”.
“…grazie. Se non ci fossi tu non so come farei,
avrei già fatto un disastro da tempo, è solo che
io…”.
“Sì, lo so…”.
“e anche se…”.
“ho capito…”.
“eppure vorrei…”.
“Sì, adesso però…”.
“la prossima settimana di sicuro
farò…!”.
“G-U-I-D-O!” esclamò dopo qualche minuto
Marta, la voce da matrigna cattiva un chiaro segno di irritazione
“A meno che tu non stia per fidanzarti nei prossimi cinque
minuti, ci sentiamo a un’ora decente! Buona notte!”.
“Notte sorellona!”.
Guido attaccò il telefono pentendosi di averla disturbata.
Marta odiava essere contatta per nulla, specie quando dormiva. Ma
quello che gli era capitato non era nulla. Con lo stesso sorrisino
dolce, afferrò il pc riaprendolo. Cinque minuti per
fidanzarsi? Magari no, ma la speranza era sempre l’ultima a
morire, e lui non aveva ancora fretta di posare la testa sul cuscino e
sognare ancora una volta il bersaglio prescelto.
Sono
profondamente mortificata per l’attesa, chiunque stia
leggendo è autorizzato ad elargirmi una dose abbondante di
frustate (piano per favore, figuratevi che sia Dennis! …come
non detto, qualcuno potrebbe prenderlo per un incentivo).
Nella
prossima puntata (anticipazioni come nelle telenovelas, come siamo
caduti in basso…): Guido fa una visitina a casa di Dennis,
il gruppo a una gita fuoriporta con risvolti fangirl e soprattutto,
perché mai ora Dennis è così incollato
al pc peggio di prima? ^^
Al
prossimo aggiornamento (non perdetevi la prossima puntata!)!
(qualche
anima pia spenga la tv! …ma quante puntate ha Beautiful?!)
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Capitolo 7 *** gita fuori porta_1 ***
“Amoreeee!! C’è Guidooooo!!”.
L’urlo della madre passò totalmente
inosservato nella casa silenziosa, non un mugugno di risposta
avvertì
l’ospite alla porta che la sua presenza era stata vagamente
notata dal
suo compagno di università al piano di sopra.
“Amorrrrrreeeeeeee!!”
provò ancora la donna con le mani sui fianchi,
più preoccupata che
irritata. Erano giorni che il figlio non rispondeva, ma lei andava
regolarmente a controllare in camera sua per verificare se avesse
compiuto suicidio e lo trovava sempre attaccato al pc, giorno e notte,
a digitare sulla stramaledetta tastiera come un pazzo furioso, con le
occhiaie che ormai avevano raggiunto i livelli della maratona del
Signore degli Anelli che si era sparato pochi mesi prima al termine di
una vacanza in montagna. Per non parlare del pallore della sua pelle,
faceva impressione a vedere tutte le vene in rilievo, bluastre e
pulsanti che cercavano di trasmettere un po’ di vita a quel
corpo
apatico le cui uniche appendici funzionanti, le mani e dita,
funzionavano anche troppo. I primi giorni era sicura che si sarebbe
preso un colpo della strega ai pollici, invece suo figlio continuava
imperterrito come nulla fosse a chattare. Da giorni. Quasi una
settimana ormai. Pazzesco. Che si fosse fatto una ragazza via webcam?
Eppure quando era entrata in camera sua lo aveva trovato sempre con le
mani sul pc e mai nei pantaloni. La cosa era inquietante.
Guido
spostò il peso da una gamba all’altra rimanendo a
disagio sull’uscio di
casa. La donna lo guardò un momento pensierosa, poi fece
spallucce. Se
non ci riusciva lui…
“Perché non provi ad andare di sopra? Scusa il
disordine, ma sono giorni che quel disgraziato non esce
quindi…”.
Guido
avanzò di un passo ed entrò in casa. Era la prima
volta che lo
invitavano a salire al piano di sopra. Non era mai capitato. Ora che ci
pensava non era mai capitato nemmeno che lo facessero effettivamente
entrare in casa. Si sentiva emozionato, e ancora più a
disagio. Ma lo
sguardo di affettuosità della madre dell’amico lo
calmò immediatamente,
gli parve quasi che gli dicesse “stai tranquillo, io ti
approvo”. Come
se una madre avesse mai potuto dirgli una cosa simile, proprio a lui
che…
“AMOOORRRRREEEEEEEEEEE!!!!!! LO FACCIO
SALIRRRRREEEEEEEEEEE!!!!!!!” gli urlò in un
orecchio la donna voltatasi
verso le scale d’accesso al piano superiore della casa.
Un po’
intontito, Guido venne spinto verso i gradini. Non era buio, ma da
sopra pareva quasi provenire un’ombra minacciosa, come a
indicare che
non voleva ricevere visite. Che si fosse arrabbiato per qualcosa che
avevano fatto? Magari Tippi centrava qualcosa, come al solito.
Titubante,
poggiò un piede sul primo gradino e si voltò a
guardare la padrona di
casa che lo guardava con un sorriso di incoraggiamento, le braccia
conserte, impotente di fronte ai capricci del figlio. Non era mai stata
una madre tiranna, e non avrebbe cominciato adesso, anche se certe
volte avrebbe proprio voluto dare una bella svegliata al figlio, in
particolar modo ora sentiva l’impulso irrefrenabile di salire
i gradini
a due a due, afferrarlo per le spalle e scuoterlo fino a
svegliarlo…o
almeno era il secondo pensiero che le era venuto in mente mentre
osservava il fondoschiena di Guido salire le scale. Dio, se solo avesse
avuto qualche anno in meno…! Quel ragazzo aveva un culo da
favola! Che
figlio fortunato e pirla che aveva!
Guido bussò alla porta chiusa
della camera di Dennis, o almeno di quella che la donna aveva indicato
come camera da letto del figlio malato. Nessuna risposta.
“Dennis? È
permesso…?” parlò con voce pacata
mentre metteva mano alla maniglia. Il
freddo metallo gli aderì come un guanto alla pelle mentre
abbassava la
leva lucida e spalancava l’entrata del rifugio
dell’amico. Un gemito
gli si bloccò in gola alla vista delle condizioni di quella
stanza, già
precedentemente disastrata a detta delle voci, ora un vero porcile. A
terra stavano pacchi di patatine e fogli appallottolai, batuffoli di
polvere smossi dall’apertura della porta, riviste, magliette
usate o
pulite, difficile a dirsi. Le pile di libri in precario equilibrio
minacciavano di travolgere nella loro caduta tutta una serie di oggetti
sparsi con una sorta di ordine nella stanza, ordine ovviamente noto
solo al diretto interessato che si trovava sul letto, le gambe distese,
la schiena poggiata contro il termosifone acceso, il pc in grembo, le
mani che continuavano a spremere dalla tastiera ogni linfa vitale
dell’essere i cui occhi parevano ormai due buchi neri.
“Che
diavolo…!” esclamò in preda al disgusto
Guido mentre evitava dei resti
dell’ultimo pasto dell’amico, dimenticati su un
vassoio per terra.
Evidentemente la madre non li aveva notati l’ultima volta che
era
salita, nascosti com’erano sotto una maglietta apparentemente
pulita
gettata a caso sopra il piatto, nascosta a sua volta da una catasta di
libri e manga. E ancora le dita agili e instancabili non si fermarono.
“…Dennis…?”
chiamò la voce preoccupata di Guido, ma l’altro
non rispose, si limitò
a scuotere le spalle, sul volto un sorrisino soddisfatto mentre le mani
si fermavano un attimo dal loro laborioso compito. Finalmente
alzò gli
occhi a incontrare il volto del visitatore e Guido sobbalzò
di riflesso
vedendo come si era ridotto.
“…Dennis…puoi capirmi?”
domandò
sedendosi con cautela sul letto dopo aver spostato alcuni manga e un
dizionario di latino, residuo del liceo. …un dizionario
di…che minchia
ci faceva con un dizionario di latino sul letto?!
Dennis alzò gli
occhi due, tre volte. Doveva interpretarlo come un sì? Guido
allungò
una mano a scostare dagli occhi scavati un ciuffo di capelli
appiccicaticci che gli impedivano di vedere bene il volto altrui.
L’amico ebbe un sussulto, come se non lo riconoscesse o gli
desse
fastidio il contatto. Guido si depresse irrimediabilmente, ma
tentò di
non darlo a vedere. Magari era malato. Gli posò allora una
mano sulla
fronte e percepì un netto calore. Se non altro era vivo,
anche se
vagamente accaldato…o no? Non era capace di distinguere, in
quella
stanza si soffocava, mancava del tutto l’aria. E
l’odore che sentiva
non era dei migliori. Santo cielo, ma da quanto non si lavava?!
“Adesso
andiamo a farci una bella doccia…!”
commentò scherzoso tirando Dennis
per un braccio, ma un bip improvviso bloccò il tentativo sul
nascere
mentre gli occhi e l’attenzione del padrone della stanza si
spostavano
allo schermo luminoso dove lampeggiava una casella di chat. Le mani di
Dennis ripresero a scrivere con velocità impressionante.
Guido quasi
non riusciva a distinguere le dita muoversi. E a tratti nemmeno il pc
pareva stare dietro all’umano perché le lettere
digitate comparivano
con qualche frazione di secondo di ritardo rispetto al comando. Questo
sì che faceva paura.
“Dennis!” Guido afferrò
l’amico per le spalle e
lo scosse con violenza, facendo cadere la pila di manga e libri
poggiata contro il letto. I volumi cadendo a terra fecero un bel
rumore, aprendosi e sparpagliandosi. Un amante della lettura di fronte
ad un simile scempio si sarebbe di certo rivoltato contro
l’Attila di
turno, ma Dennis si limitò a guardarlo male e lasciarsi
scappare dalle
labbra un sordo sibilo di disapprovazione prima di guardare di nuovo lo
schermo in attesa del prossimo bip di avviso chiamata.
Guido si alzò dal letto con aria sconfitta. Non poteva
vincere nemmeno contro una macchina. Era senza speranze.
“…!”.
L’ospite
si voltò di scatto. Dennis stava indicando qualcosa sullo
schermo. E lo
guardava come per invitarlo ad avvicinarsi. Il ragazzo con un sospiro
tornò a sedersi sul letto accanto al padrone della stanza
che
saltellava quasi, agitato, eccitato.
“Allora, cosa ti tiene così incollato al pc
da…?” la voce morì in gola a Guido
quando vide la pagina aperta per lui dall’amico.
Era
una chat, come ne aveva viste tante in vita sua. Non era estraneo a
quel genere di intrattenimento informatico, anzi lo aveva sempre
considerato un ottimo modo per fare nuove amicizie e scambiarsi
informazioni con gente dall’altra parte del mondo, ma
nell’istante in
cui vide la pagina di dialogo aperta desiderò con tutto se
stesso
cancellare dalla faccia della Terra tutte le chat aperte in ineternet.
Dennis pareva in preda ad un attacco di epilessia per come continuava a
sorridere e dondolare ritmicamente, e probabilmente era così.
“…è
una chat…” commentò Guido guardando in
profondità negli occhi
dell’amico come per costringerlo a registrare
l’informazione e
archiviarla.
“Lo so!” commentò con voce roca Dennis
mentre rispondeva ad un messaggio e lo inviava con soddisfazione.
“…stai
scrivendo su una chat…” commentò ancora
Guido e diede un’occhiata al
nome “con qualcuno che risponde al nick di
Pulcinella…” e al solo dire
quello pseudonimo percepì la bile risalirgli in gola.
“Sì!!” ridacchiò felice
l’altro afferrandogli una manica “Ma non
è qualcuno a caso…è una
ragazza!”.
Guido
si lasciò andare sul letto sdraiandosi di botto, causando
un’onda
d’urto che minacciò di lasciar scappare il pc
dalle ginocchia del
proprietario che, preoccupato per l’incolumità del
mezzo elettronico,
si rassegnò a posarlo sulla scrivania dopo aver rovesciato
un po’ di
roba a terra. L’ospite però non era in grado di
notare il miglioramento
della situazione mentre fissava vacuo il soffitto bianco della camera.
Una ragazza. Dennis si scrive con una ragazza. Il suo cervello non era
in grado di pensare a nient’altro al momento. Una ragazza
vuol dire che
sta cercando qualcuno di speciale che sia di sesso femminile.
Incredibile. Non l’avrebbe mai detto. Era talmente tanto
strano che non
era nemmeno in grado di esprimere il suo stupore e disappunto a parole.
Non gli aveva detto nulla. E dire che in fondo lo considerava amico,
più di un amico normale anzi. E lui non gli aveva detto una
cosa così
importante, non aveva…
“…Guido…?” mormorò
Dennis preoccupato per il
comportamento assurdo dell’amico, mentre si sporgeva in
avanti verso di
lui per risvegliarlo dall’apparente apatia che
l’aveva improvvisamente
colpito. Che fosse sconvolto perché lui si scriveva con una
ragazza?
Allora era davvero…? Ma no, cosa andava a pensare! Di certo
ci era
rimasto male perché non gliel’aveva comunicato
prima, non poteva essere
altrimenti! In effetti si era sentito terribilmente in colpa durante
quella settimana, talmente tanto in colpa che non aveva osato nemmeno
mettere naso fuori dalla stanza per paura di vedere i suoi amici e non
sapere cosa dire. I suoi amici…e ora aveva anche una ragazza
che
frequentava in rete! Un ragazza! Lui! Ma Guido…
“…Guido?” Dennis si
sporse ancora, quasi perdendo l’equilibrio, e posò
una mano insicura
sul petto del compagno d’università per
richiamarlo al mondo. Guido
finalmente voltò lo sguardo e lo fissò
con un’intensità tale che
Dennis rimase impietrito, senza osare muoversi per paura di scatenare
qualcosa di sconosciuto.
“Una ragazza…” mormorò Guido
guardandolo
fisso negli occhi, e l’altro non poté che annuire
senza staccare il
contatto “una ragazza…non sei uscito per una
settimana, sei
praticamente sparito perché ti scrivi con una
ragazza…” continuò il
ragionamento Guido, con Dennis che seguitava ad annuire come un idiota
“una ragazza…!”.
Un bip improvviso dal pc risvegliò la coscienza
telematica di Dennis. Non poteva fare aspettare Pulcinella.
Così staccò
il contatto visivo, tolse la mano dal petto dell’amico, si
raddrizzò di
colpo e allungò un braccio verso la tastiera per rispondere
alla sua
nuova amica di chat. Non avrebbe dovuto farlo. Nel momento esatto in
cui non percepì più il contatto della mano sul
suo petto e non poté
vedere gli occhi chiari dell’amico, qualcosa
scattò in Guido che
afferrò Dennis per le spalle e se lo trascinò
sopra. Il padrone della
camera e del pc che lampava per il messaggio in arrivo non fu in grado
di resistere alla forza superiore e si ritrovò con la
schiena premuta
contro il petto del compagno che ansimava. Rabbia? Paura? Attacco
d’asma? Non ne aveva la minima idea, ma quella situazione era
parecchio
strana.
“…ehm…” si schiarì
la voce Dennis, completamente svegliato dalla dipendenza da chat.
“una
ragazza!” esclamò Guido, ed il ragazzo sopra di
lui poté sentire la
cassa toracica vibrare di disappunto “e non mi hai detto
nulla…nulla! A
me!”.
“…dovevo mettere un comunicato stampa?!”
cercò di difendersi
vanamente Dennis agitandosi come una tartaruga per cercare di liberarsi
dalla stretta del braccio. Altro errore, perché il braccio
destro di
Guido andò ad aiutare il sinistro abbracciando il ragazzo
alla vita e
quasi stritolandolo.
Se fosse stato un buon amico, probabilmente
si sarebbe confidato, ma come dire a Guido una cosa così
imbarazzante,
così terribilmente vergognosa come che si stava scrivendo
con una
ragazza tramite chat fingendosi una ragazza lui stesso, solo
perché
voleva avere una fidanzata anche lui? Non pensava che avrebbe capito,
Guido era figo quindi per lui non doveva mai essere stato un problema
accalappiare qualche bellezza del sesso opposto, a differenza di lui
che non era nemmeno in grado di parlare normalmente con un essere
umano. Ora invece…ora parlava con una macchina…in
effetti non è che
avesse fatto poi molti progress…
“GUIDO!!” strillò in falsetto
Dennis quando le dita dell’amico presero a fargli quello che
lui
interpretò come solletico a tradimento. Abbassò
di botto le braccia nel
tentativo di impedire i movimenti alla mano di lui che si stava
insistentemente insinuando sotto la maglietta. Che diavolo pensava di
fare?!
Guido come nulla fosse si limitò a dargli uno scossone e
ribaltarlo a pancia sotto sul suo stesso letto. Tempo tre secondi
netti, che Dennis avvertì di nuovo le sue mani strattonare
con
insistenza la maglietta.
“G-U-I-D-OOOOOOO!!!!!!” strillò ancora
Dennis senza produrre altro effetto che fare la figura della ragazzina
isterica. Che stava facendo quell’altro imbecille? E
perché non la
smetteva nonostante le sue proteste? E perché diavolo lui
non era in
grado di fermarlo?!
“Non ti agitare per così
poco…” gli sussurrò
Guido all’orecchio, e lui non fu in grado di impedire che un
brivido
gli percorresse la colonna vertebrale avvertendo il suo fiato caldo sul
collo. Che stava succedendo? E che sarebbe successo dopo? Al contatto
con la pelle dell’amico, Dennis trattenne il respiro per un
lungo
momento di perfetta immobilità. La maglietta gli venne
sollevata per
scoprire il petto e lui non fu nelle condizioni di esprimere un
dissenso per quel trattamento insolito e a dir poco imbarazzante.
L’indice di Guido gli sfiorò quasi casualmente un
capezzolo e con
estremo sconcerto seppe che il suo corpo reagiva a quel contatto con
una sicurezza che non credeva possibile quando lo avvertì
irrigidirsi.
Ora anche l’altra mano del suo amico stava vagando sul suo
petto
strattonando la stoffa per scoprire anche la schiena, e lui nonostante
ne avesse la possibilità non si stava affatto ribellando,
anzi. Restava
placido ad attendere il suo destino, la prossima mossa
dell’imprevedibile ospite rivelatosi in realtà un
terribile seduttore
che attentava alla sua verginit…che cazzo stava pensando?!
Quella non
era una cosa naturale, non era nemmeno qualcosa da prendere vagamente
in considerazione, doveva esserci una spiegazione logica, una
motivazione per spingere il suo caro amico a palparlo senza remore
dalla vita in s…giù. La mano sinistra di Guido si
stava spostando
lentamente più in basso, inesorabilmente più in
basso, a strattonare la
stoffa dei pantaloni della tuta, mentre la mano destra si occupava di
sfilargli completamente la maglietta. Ora era davvero a torso nudo, e
avvertiva il respiro dell’amico non solo sul collo ma anche
sulle
spalle mentre Guido si chinava ancora più su di lui, la
maglietta
gettata da qualche parte sul pavimento assieme ai mucchi di roba
accumulatasi nel suo isolamento settimanale.
“…Guid…” un gemito
sfuggì dalle labbra del ragazzo mentre a fatica si sosteneva
sui gomiti
per sollevarsi quel tanto da non restare schiacciato sotto il peso del
compagno che si era ormai spostato sopra di lui sovrastandolo
completamente. Sinceramente, Dennis piuttosto che quella posizione
avrebbe preferito continuare a fare la tartaruga sul petto
dell’altro
ancora per un po’.
“Shh…” gli fece l’altro in
pieno possesso del
controllo della situazione, mentre con gentilezza gli carezzava la
testa china “ho quasi fatto…”.
Fatto…fatto?! Fatto COSA?!?! La
coscienza di Dennis si svegliò di soprassalto di fronte a
quelle parole
così tranquille, così schiette. Quasi fatto, ma
fatto che?! Gettò
un’occhiata spaventata alle sue spalle ma non
riuscì a vedere altro che
il sorriso rassicurante di Guido che gli fece stringere il petto.
Eppure credeva di essere ormai fuori da quel circolo vizioso, invece ci
era ricascato peggio di prima. Almeno prima non accadevano quelle
cose…prima il suo caro amico non aveva “quasi
fatto”! I pantaloni della
tuta di Dennis vennero abbassati senza troppi problemi di almeno
qualche centimetro. Quasi fatto. Quelle parole suonavano come una
condanna al suo tentativo di redenzione.
“NO!” esclamò tentando di
ribellarsi al trattamento dando gomitate e dimenandosi. Uno dei suoi
colpi dovette andare a segno perché l’amico
gemette e si allontanò quel
tanto da permettergli di girarsi e ottenere una visuale della
situazione: grazie al cielo l’altro era ancora interamente
vestito, ma
era lui il problema essendo seminudo e alla mercé di un
maniaco
intenzionato a rovinarlo a vita.
“Guido, no!” parlò con tono deciso anche
se tutt’altro che calmo.
“Perché
no? Lo sai che prima o poi devi…”
ragionò pacato l’altro allungando di
nuovo una mano ad afferrare i cordoni dei pantaloni della tuta.
“IO
NON DEVO UN ACCIDENTE!!” strillò ancora una volta
in falsetto Dennis
tentando di spingerlo via, ottenendo come risultato solo di fargli
perdere l’equilibrio per cui di botto se lo
ritrovò sdraiato sopra, la
bocca di Guido pericolosamente vicina ai sensibili capezzoli eretti
oltre ogni decenza, avvisaglia di quello che stava per accadere anche
in altre parti momentaneamente celate del suo corpo, ma che se
continuavano in quel modo non sarebbero rimaste celate a lungo. Uno
squittìo di innegabile piacere gli sfuggì dalle
labbra quando Guido
sbuffò per lo sforzo di alzarsi andando così a
stuzzicarlo
ulteriormente. L’amico si irrigidì in attesa per
guardarlo ma lui non
fu in grado di sostenere lo sguardo, percepiva il suo viso in fiamme e
qualcosa di ben più evidente di un volto arrossato che
minacciava di
fare capolino da un momento all’altro. Bastava che si
spostasse appena
un poco perché se ne rendesse conto, e con tutte le sue
forze Dennis
pregava che non accadesse.
“…Dennis…?”
mormorò Guido abbassando il capo per poggiare il meno contro
il suo petto nudo.
“ahi” tentò di mascherare con la scusa
del dolore un altro gemito involontario. Era troppo, non avrebbe
resistito a lungo.
“Dennis…”
mormorò ancora Guido rivolgendo il volto alla sua pelle
nuda. Vicino,
troppo vicino. Decisamente troppo vicino. E si stava avvicinando
ancora. Pericolo, estremo pericolo. Se quelle labbra avessero toccato
il suo petto era certo che non avrebbe potuto fare nulla per impedire
il “quasi fatto”. Non ne avrebbe avuto la forza.
Quella era una di
quelle occasioni in cui rimpiangeva amaramente di non avere nemmeno un
accenno di esperienza sessuale per sopportare provocazioni simili.
Stava per scoppiare, perdere quel poco di autocontrollo che ancora
aveva. Vicino, sempre più…
“AMORRRRRRRREEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!!
AMMOORRRRRIIIIIIIIII!!!” urlò sua madre
spalancando la porta della
camera da letto come se nulla fosse avendo un effetto devastante: Guido
si alzò dalla sua posizione come se l’avesse punto
uno scorpione, con
un impeto tale che andò a sbattere contro la scrivania
accanto al
letto. Il pc in precario equilibrio resistette qualche istante prima di
rovinare a terra con sommo sgomento del dolorante ospite che non voleva
causare una cosa simile e che ora seduto sul pavimento si teneva un
fianco leso dallo spigolo vivo. Ma quello era nulla in confronto allo
scambio di sguardi che stava avvenendo tra la donna sulla soglia e suo
figlio seminudo sdraiato sul letto, incapace di alzarsi. La madre di
Dennis piantò le mani sui fianchi, alzò il meno
con fare altezzoso da
saputella, e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi maliziosi.
“Lo
sapevo io!” esclamò con tono deciso senza staccare
lo sguardo dal
figlio che finalmente ebbe la decenza di mettersi a sedere anche se
tremante.
“Mamma, non è quello che…”
cominciò a spiegare un
imbarazzatissimo Dennis. Preoccupato era dir poco, già prima
sua madre
era una fangirl di prima categoria, figurarsi ora dopo questa
scena…e
chissà cosa aveva visto poi! Gli avrebbe rovinato la vita,
lo avrebbe
di certo deviato ulteriormente come stava facendo Guido con il suo
comportamento assurdo…già si immaginava le
battutine, le risatine prima
di dormire, le domande a tradimento,…
“Lo sapevo che ti ci voleva Guido per spogliarti!”
continuò imperterrita la madre.
“Mamma, non è DECISAMENTE come sembra!”
sbottò Dennis senza però osare alzarsi in piedi.
“Avrei
dovuto chiamarlo prima…bravo ragazzo, così si fa!
Era ora che qualcuno
si decidesse a togliergli la maglia e…!”
proseguì la donna facendo i
complimenti ad un perplesso Guido che sorrideva in modo enigmatico.
“MAMMA! NON DIRE COSE OSCENE! NON È COME
SEMBRA!!”.
“Cosa
non è come sembra?” domandò una vocina
di ragazza da dietro le spalle
della padrona di casa, che con tutta tranquillità si
scostò per far
entrare nella stanza una raggiante Marta
“Oh…abbiamo interrotto
qualcosa…?”.
“NON TI CI METTERE ANCHE TU!!” sbottò
Dennis.
“Ehm…Dennis…?”
mormorò Guido.
“CHE VUOI?!” lo aggredì
prossimo alle lacrime l’amico
“…mi dispiace…”.
Mi
dispiace?! Mi dispiace?! Mi hai appena rovinato la vita, brutto
imbecille, e tutto quello che sai dire è mi dispiace?!? Ma
io ti
distruggo, tu hai finito di vivere, sei un cadavere che cammina, ti
lancerò una maledizione tale che nemmeno le più
potenti streghe se la
sognano, cercherò in internet veleni dolorosissimi per
toglierti di
mezzo, tu, prova della mia colpevolezza, causa delle mie incertezze e
dei miei problemi di identità sessuale,…che
diavolo sto dicendo?! …e
perché tiene in mano…il mio…
“…pc. Non volevo che cadesse, scusa…si
è spento…spero non sia
rotto…” aveva continuato a parlare Guido
porgendogli in atto di supplica il pc effettivamente spento. Lo schermo
non lampeggiava più per avvisarlo dei messaggi in arrivo.
Non era più
connesso alla chat. Aveva perso i contatti. Dennis sbiancò.
Il suo
futuro era rovinato sul serio. Il suo amato pc…
“Bene, ora che quel
coso è spento, sbrigati! Finisci di spogliarti e vai a fare
una doccia
che dobbiamo uscire, dai!” concluse logicamente Marta
saltellando da un
piede all’altro.
“…eh?” commentò Dennis non
capendo.
“Dennis
Tàsano” ruggì Marta sbagliando apposta
l’accento del cognome, le
mancavano solo le fiammelle negli occhi e poi poteva tranquillamente
essere l’incarnazione del demonio “non credo tu ti
sia visto allo
specchio di recente: fai schifo. È una settimana che te ne
stai chiuso
qui dentro, senza cagarti il mondo anche se il mondo è molto
interessato a te…è una settimana intera che
sopporto il qui presente
Guido con le sue domande assillanti sul tuo stato di salute, e ti posso
assicurare che se non alzi il culo e non ti vai a fare una doccia per
uscire, io ti prelevo di peso così come sei e ti
porto fuori a vedere
il sole! …o preferisci che Guido continui con il metodo
gentile?”.
Dennis
si girò di scatto a guardare Guido. Dunque era per quello
che lo stava
spogliando? Per portarlo fuori da quella stanza? Per fargli fare una
doccia in modo da renderlo presentabile? Quindi si era immaginato
tutto, le mani, il soffio sul suo petto, i mormorii,…tutto?
…che razza
di fantasia perversa aveva?!
“Mi stavi…”.
“Si…”.
“…per fare…”.
“Si…”.
“…e poi…”.
“Si…”.
“…ne
sei sicuro…?” mormorò appena Dennis per
non farsi sentire dalle due
fangir che dalla porta stavano assistendo a tutto con estasi pura.
Guido non disse nulla per un bel pezzo, si alzò dal
pavimento, si tolse
la polvere dai pantaloni e gli sorrise dolcemente.
“No” affermò
semplicemente. Avrebbe potuto aver risposto a qualunque domanda, ma in
realtà Dennis aveva paura di sapere cosa significava quella
sillaba.
Abbassò il capo.
“Allora, vai a farti la doccia o ti porto fuori in
spalla?!” sbottò Marta indietreggiando per seguire
la padrona di casa
che stava dicendo qualcosa a proposito di caffè e fetta di
torta “o
vuoi forse farla con Guido…?”.
“MI SO LAVARE DA SOLO!!” ma aspettò
che fossero usciti tutti, specialmente Guido, dalla stanza prima di
alzarsi in piedi. L’erezione era fin troppo evidente ai suoi
occhi.
Maledizione!
“Ti serve una mano?” urlò da sotto
Marta, e lui sentì i passi risalire le scale.
“MI
BASTA LA MIA!” urlò afferrando al volo dei vestiti
di ricambio
dall’aria pulita e uscendo di corsa per poi infilarsi in
bagno. Sul suo
letto, il pc finalmente spento si prendeva un po’ di meritato
riposo.
No,
non è finito il capitolo in questo modo ^^' per questioni di
attesa
(vostra) anche se momentaneamente incompleto ho preferito pubblicarlo
lo stesso. sono spiacente per l'interminabile pausa prima di questa
pubblicazione, spero che non mi abbandoniate in massa come punizione
divina *profondo inchino di sottomissione alla volontà
superiore dei
lettori*
...continua...
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Capitolo 8 *** gita fuori porta_2 ***
Era una sua impressione o il sole quel giorno era particolarmente
più luminoso del solito? Dennis socchiuse gli occhi resi
ulteriormente sensibili alla luce dopo tanto tempo passato al chiuso.
Si riparò con una mano per poter vedere bene in tutto il suo
splendore un raggio che filtrava attraverso i rami e le foglie
dell’albero contro il quale si era seduto. La corteccia
particolarmente ruvida non gli dava affatto fastidio, anzi il contatto
era piacevole. Era natura, e la natura era bella. Che pensiero
banale…non riusciva a trovare nulla di più
filosofico?! Insomma, era rimasto chiuso in casa per parecchio e
l’unica cosa che gli veniva in mente ora che era libero da
quelle quattro mura della sua stanza era che la natura era bella?! Sua
madre aveva ragione, troppo PC fa male, forse è anche peggio
delle troppe seghe…seghe…oddio, se
n’era fatta una appena prima di uscire per allontanare
l’eccitazione del contatto con Guido, ma a quanto pareva la
cosa dava ancora problemi. A volte avrebbe preferito essere donna, a
loro almeno non si rizza qualcosa in mezzo alle gambe a dimostrare la
loro incapacità di contenere gli istinti animali. I suoi
impazzivano a vedere l’amico giocare a pallavolo con gli
altri.
Rendendosi conto della linea dei suoi pensieri, il ragazzo
avvampò improvvisamente. C’era davvero qualcosa
che non andava in lui, qualcosa che non capiva e lo spaventava. Una
risata argentina attirò la sua attenzione, e si
ritrovò per l’ennesima volta ad ammirare il corpo
piegato di Guido che si teneva la pancia scolpita in un tentativo di
reprimere le risate che lo scuotevano facendolo quasi tremare mentre
Stef saltellava attorno a lui, una palla in mano, rincarando la dose
con qualche altra battutina. Quei ragazzi erano pieni di energia, non
stavano fermi un attimo. A volte avrebbe voluto essere come
loro…per poi pensare subito dopo che era troppo stancante
quella vita, molto meglio starsene lì a poltrire contro la
natura, ecc. Magari dentro la sua stanza, a chattare con quella sua
nuova interessante amica…
La gita fuori porta nella quale l’avevano costretto
consisteva però in confronto a qualcosa di estremamente
salutare: un picnic all’aria aperta in un parco. Anche se lui
non se n’era reso conto, in effetti aveva piovuto parecchio
negli ultimi tempi e quindi la compagnia aveva deciso d'approfittare di
un momento di pieno sole per potersi godere una sana pausa tra
l’erba fresca. Erbetta come quella che lui si stava
divertendo ad accarezzare in quel momento con due dita. Era la prima
volta che si concedeva una cosa del genere, non gli era mai capitato di
essere coinvolto in un’attività di gruppo simile.
In effetti, non gli capitava sul serio mai di essere coinvolto in
particolari attività, a meno che non si trattasse di quel
gruppo specifico. Provò a immaginare di essere coinvolto in
un picnic dai suoi amici dei giochi di ruolo online, e gli venne da
ridere. Come minimo si sarebbe trattato di un ritrovo di cosplay
improvvisato dove scambiarsi le ultime novità tecnologiche
ed i codici per sbloccare livelli bonus.
“Ciao amica coccinella…”
mormorò mentre un grazioso insetto rosso a pallini gli
saliva con delicatezza sulla mano posata a terra. La creatura era
leggera, non l’avrebbe notata se le sue minuscole zampette
non gli avessero causato un vago solletico. Abbassò gli
occhi a guardarla meglio e si mise a contare i pallini sul dorso
vivace. La coccinella si fermò, parve guardarlo male, poi
spiegò le ali e gli volò sul naso. Per
l’inaspettata azione, Dennis si spostò di colpo
indietro andando a sbattere contro il duro tronco. Marta che aveva
osservato la scena da distanza ravvicinata perché fanatica
delle coccinelle, si mise a ridere tenendosi lo stomaco.
“Oh D, sei uno spasso!” gli disse tra una risata e
l’altra.
“…felice di essere così
esilarante…” rispose lui dolorante tenendosi la
testa.
“E sei anche estremamente attraente…”
aggiunse la ragazza facendosi più vicina. Dennis
spalancò gli occhi. Erano impazziti tutti quel giorno? O era
lui che emanava particolari richiami di cui non era a conoscenza? Marta
si avvicinò a gattoni, su mani e ginocchia, incurante delle
tracce di erba schiacciata che di certo avrebbero macchiato la sua tuta
azzurra. Del resto quella ragazza si curava davvero poco di dettagli
del genere. Dennis socchiuse gli occhi per evitare di fissarsi sul seno
abbondante che stava avanzando verso di lui.
“Davvero moooooooolto attraente…” disse
di nuovo Marta con un sorriso beffardo, mentre allungava una mano a
sfiorargli una guancia “…almeno secondo la
coccinella. Non ne voleva sapere di andarsene!”.
Dennis guardò da distanza ancora più ravvicinata
la coccinella che si era trasferita sulla mano di Marta. Tutta colpa di
quell’insetto. Insomma, ormai avrebbe dovuto capire che a
Marta piaceva giocare, specie con lui e la sua presunta innocenza, ma
ogni volta non poteva far altro che cascarci. Le sorrise da imbecille e
la ragazza rise di nuovo.
“Marta!! Vieni a fare due tiri!” la
chiamò un agitato Stef mentre faceva volteggiare quello
scricciolo della sua ragazza che aveva appena segnato un punto a loro
favore “Ci manca un elemento!”.
“Va bene!!” urlò di rimando Marta
alzandosi, i pantaloni effettivamente macchiati di verde fresco
“Ma non rispondo dei punti che vi farò perdere o
delle pallonate in faccia agli avversari…attenta a te
Giò!” corse via ridacchiando mentre indicava la
ragazza nella squadra avversaria che le mostrò la lingua
provocante.
C’erano davvero tutti quel giorno. Comprese quelle due
streghe delle gemelline Laura e Tippi. Quest’ultima si
accostò a lui non appena la sua fotocopia si
allontanò per una telefonata con qualche ragazzo, almeno a
giudicare dal tono dolce e sensuale. Dennis la guardò
avvicinarsi e cominciò a prepararsi spiritualmente alle
frecciatine che di certo non avrebbe mancato di scoccare contro la sua
persona. In un modo o nell’altro, aveva sempre qualcosa da
ridire su di lui.
“Ciao!” lo salutò con sorrisone falso
sedendosi di fronte, dove fino a poco fa stava Marta. Il ragazzo
avrebbe di gran lunga preferito la compagnia della giocosa fangirl
piuttosto della vipera che ora si trovava a dover gestire con estrema
diplomazia e pazienza.
“Ciao a te!” rispose lui esitante, appena un
sussurro. Non si fidava di lei, ma era nel gruppo molto più
di lui e quindi doveva scambiarci qualche parola. Tra le due streghe
era di certo quella che detestava di più, anche
perché era quella che si strusciava di più a
Guido mettendo le mani ovunque, provocandolo e cercando
di…no, questo non è un valido motivo per
detestarla…Dennis, torna in te, se anche si dovesse mettere
con Guido, cosa che non accadrà finché io
sarò in vita…cancelliamo l’ultimo
commento…comunque, se mai dovesse diventare la sua ragazza,
tu non farai nulla di strano per impedirlo, sono fatti loro e tu non
rientri tra i possibili candidati a tale ruolo, anche se di sicuro ci
rientri più di quel manico di scopa che…aiuto,
sto degenerando sul serio!
“Caspita, fa proprio caldo oggi!”
commentò casualmente la strega Tippi accucciandosi con
attenzione accanto a lui, abbastanza vicino da fargli percepire il suo
profumo costoso ma non così vicino da permettere alla sua
profumata persona di toccare il ragazzo evidentemente considerato
troppo impuro perché venga a contatto con la sua augusta
figura da anoressica.
“Già, davvero!” rispose pacato lui senza
muovere un muscolo per paura di suscitare qualche strana reazione che
avrebbe interrotto il momentaneo ed illusorio equilibrio pacifico tra
loro due.
Tippi gli sorrise con quel modo assurdo da “ora ti
frego” prima di inclinare vagamente la testa in avanti e
fissare con insistenza la sua maglietta all’altezza delle
ascelle.
“Fa talmente caldo che si suda come in una sauna,
vero?” gli disse ridacchiando beffarda mentre le guance di
Dennis si facevano di fuoco alla provocazione ed incapace di starsene
fermo di fronte al suo sguardo, si strinse nelle spalle cercando di
coprire il vago alone di sudore sotto le sue braccia. Non ci voleva
molto a intuire che quella frecciatina non era rivolta solo al sudore,
ma soprattutto al fatto che da quando erano arrivati non aveva mosso un
muscolo. Non aveva fatto nulla perché non avrebbe saputo
cosa fare! Avevano già fatto tutto loro, cibo e
allestimento, tutto pronto in meno di cinque minuti, e quanto a giocare
a pallavolo…con Guido davanti…in pantaloni di
tuta…
Ma Tippi non poteva accontentarsi di così poco, no, quel
commento era solo l’inizio. Non avrebbe mai potuto fermarsi
di fronte ad una così ghiotta occasione di sminuirlo e
rovinargli la giornata, era troppo facile cibarsi del suo disagio ora
che era isolato dagli altri e lei non correva il rischio di essere
rimproverata da qualche componente a cui il nuovo venuto stava
simpatico.
“E c’è un tale sole poi, che se ci
allontanassimo dall’ombra rischieremmo di scottare la nostra
candida pelle!” insistette la strega Tippi mentre si
accarezzava distratta un braccio dall’abbronzatura ambrata
alle lampade identica a quella di Laura, e allo stesso tempo dedicava
un’occhiata perplessa al braccio bianco latte di Dennis che
non poté fare altro che tremare tra sé e
sé non osando nemmeno tentare di nascondere il suo pallore
spettrale, ancora più accentuato dopo una settimana chiuso
in casa.
“Davvero, non so come facciano a giocare con tanto
entusiasmo” parlò poi volgendo lo sguardo ammirata
ai ragazzi che si scambiavano pacche da amiconi dopo un passaggio
particolarmente lungo e divertente a giudicare da come ridevano di
gusto “ma dev’essere un elemento comune a tutti i
ragazzi, la fibra del maschio…”.
Dennis si sentì ribollire. Davvero, non perdeva occasione
per fargli capire che non era desiderato, che non era degno, e ora
anche che non era maschio. Come se lei poi fosse il massimo come
ragazza, sotto strati e strati di cerone, diete che mettevano in
risalto solo le costole e quell’aria da saputella che non
piaceva proprio a nessuno a parte allo specchio della sua camera. Al
diavolo il pacifismo, quella ce l’aveva con lui senza valido
motivo e lui se ne doveva stare lì a subire aspettando che
arrivassero tempi migliori?! Non era mica un santo! Ma stava proprio
per decidersi ad aprire bocca quando la lingua tagliente di quella
vipera riprese a muoversi per fargli del male.
“…meno male che ci sono anche le altre accanto a
loro, altrimenti di sicuro quel gruppo di oche che sono passate poco fa
li avrebbero puntati…le ho viste passare mentre Laura
rispondeva al telefono, era impossibile non notare come li mangiavano
con gli occhi e come odiavano Marta che ci scherzava!”.
Dennis si morse un labbro. Se c’era una cosa che aveva capito
in quei mesi di amicizia forzata era che quella stronza non diceva mai
parole a caso, almeno non a lui. E anche quella volta non faceva
eccezione. Non ci voleva un genio per capire a che momento si
riferisse, a quando lui era da solo con la coccinella. E non ci voleva
nemmeno un genio a intuire che Tippi stava mettendo l’accento
sul fatto che lui non era stato nemmeno preso in considerazione dalle
ragazze che erano passate, nonostante fosse solo e dello stesso gruppo.
Se Guido fosse stato nella sua stessa situazione poco prima, di certo
lo avrebbero avvicinato. Lui invece, non era buono nemmeno per essere
degnato di un’occhiata distratta da delle passanti.
Alzò battagliero gli occhi a guardare Tippi che
rabbrividì di piacere pregustando il battibecco che ne
sarebbe di certo seguito. Quel ragazzo non aveva mai risposto,
nonostante tutte le provocazioni, forse ora avrebbe avuto
l’occasione che aspettava per distruggerlo definitivamente e
liberare lei e Laura dalla sua immonda presenza nel loro regno. Forza
bello, rispondimi pure, non vedo l’ora.
“Senti…!”.
“PALLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!” una pallonata
dalla potenza non indifferente calò con terribile precisione
poche spanne sopra la testa di Tippi che strillò
terrorizzata di fronte a tanta brutalità contro la sua
magnifica persona. La ragazza si gettò a terra tenendosi la
testa tra le braccia e rotolando il più lontano possibile
dall’albero, mentre Dennis si ritrovò con una
palla tra le mani senza nemmeno sapere come. Il ragazzo che si era
morso la lingua per la sorpresa del colpo giunto non appena aveva
trovato la forza di controbattere la strega, si ritrovò a
ridere anche se dolorosamente e in silenzio di fronte allo spettacolo
di un’inferocita Tippi che sbraitava a pieni polmoni contro
una radiosa Marta che saltellava in mezzo al gruppetto riunito a
giocare sotto il sole cocente. Ancora lei, sempre lei. Pareva quasi che
avesse votato la sua vita quotidiana a tirarlo fuori dai guai. Le
sorrise riconoscente facendogli segno di vittoria, e lei rispose nel
medesimo modo.
“Ehi, Lilli non ce la fa più! Alza il deretano da
quell’erba e vieni a fare due tiri con noi!!” gli
strillò da lontano, mentre anche Guido e gli altri le davano
manforte in modo simile.
Dennis si alzò da sotto l’albero lasciando a
malincuore quel rifugio momentaneo, ed il sole pieno gli
ferì gli occhi tanto che inciampò e
rischiò di cadere. Dal fondo della collinetta gli altri
ridacchiarono naturalmente.
“Ehi, devi ancora cominciare e già
barcolli?!” lo prese bonariamente in giro Stef mentre faceva
un rapido massaggio ai polsi di Lilli, le guance in fiamme per il
piacere del contatto con la pelle di lei. Dennis si unì alle
risate generali, per nulla pervaso dalla sgradevole sensazione generata
dalle prese in giro. Quelli erano suoi amici, erano il suo nuovo mondo.
Loro potevano permettersi tutto. O quasi.
“Tremate, ho giocato a pallavolo per ben cinque
anni!” parlò lui cercando di assumere un tono
serio di minaccia.
“Sì, quando eri alle elementari!”
risposte con lo stesso tono serio, canzonatorio, Guido, mentre gli
veniva incontro. La sua maglietta era talmente tanto sudata che gli
stava appiccicata alla pelle, lasciando vede qualunque curva dei
muscoli si potesse volere. Seguendo lo sguardo di Dennis, anche Guido
si rese conto del suo stato e alzò l’orlo della
maglietta per sventagliarla facendo sì che l’odore
del suo sudore arrivasse ad ondate fino a Dennis che rischiò
di barcollare di nuovo. Era allergico, di sicuro stava diventando
allergico, non poteva essere altrimenti, non doveva essere altrimenti
o…
“Che dite, me la tolgo???” chiese Guido
rivolto agli altri del gruppo.
“E levate camesella…!”
canticchiò Marta felice battendo le mani.
“Nudo, nudo!!” strillò Giò
battendo le mani a ritmo con Marta.
“Dai che così oggi rimorchi di sicuro!”
lo incoraggiò Stef strizzandogli l’occhio mentre
dai polsi passava a massaggiare le spalle della ragazza mingherlina
davanti a lui.
“Cerca di non esagerare…”
mormorò mesta Lilli guardandolo da sotto le ciglia mentre
faceva le fusa al suo ragazzo.
“Ehi…ma…uno…due…tre…quattro…”
mormorò perplesso Dennis contando i partecipanti al gioco.
“Bravo!” esclamò Marta mentre gli faceva
segno di lanciare la palla che teneva ancora tra le mani “Sai
contare! Tranquillo, Lilli continua a giocare, non siamo in svantaggio
numerico…! Vogliamo fare una partita maschi contro femmine!
Ti va?”
“Ho scelta…?” commentò Dennis
lanciandole la palla con una parabola perfetta. Almeno si ricordava
ancora come si faceva.
“Direi di no!” rispose per lui Guido mentre gli
voltava la schiena con un sorriso incoraggiante, prima di cominciare a
sfilarsi la maglietta. Dio, grazie di aver creato la schiena maschile
in generale, e la sua in particolare! Aveva delle linee talmente
aggraziate che avrebbe potuto posare come modello per gli studenti di
scultura dal vivo. Seguendo le scapole, giù lungo la colonna
vertebrale fino al limitare dell’orlo dei pantaloni, non
scorgeva difetti a parte qualche neo ed una sottile cicatrice poco
sotto la quarta vertebra. Dennis deglutì a fatica e si
costrinse a richiudere la bocca avendo notato come gli occhi a stelline
da fangirl si fossero posati su di lui per analizzare la reazione al
denudamento di quel fig…ehm…di quel
bell’esemplare maschile che era il suo migliore amico.
“Pronto o no, io vado!!” urlò di colpo
Marta, senza dargli quasi il tempo di prendere posizione nelle
retrofile di quell’improvvisato campetto di pallavolo
amatoriale la cui rete non era altro che una siepe ornamentale del
parco. La schiacciata di Marta lo colse talmente tanto di sorpresa che
a malapena riuscì a scorgere il movimento della palla alla
sua destra.
“MIAAAAAA!!” e con un urlo poderoso che fece volare
via spaventati gli uccellini incauti che si erano posati su un albero
vicino al loro campo da gioco, Stef si tuffò. Un tuffo da
campioni olimpici, un tuffo degno da record, un tuffo che aveva del
miracoloso…un tuffo che permise ai polsi serrati di Stef di
prendere il rimbalzo e riportare la palla a livelli umani. Da
lì, con facilità quasi ridicola Guido
riuscì ad alzarla nella sua direzione.
Aspetta…nella sua…la palla!!
“Vai D!!!” urlò Guido mentre la palla
calava come al rallentatore sopra la sua testa. Non doveva fare nulla,
solo saltare e buttarla dall’altra parte. Sembrava facile a
dirsi. Gettò uno sguardo preoccupato davanti a
sé, Giò era pronta in posizione di ricezione. Ce
la poteva fare. Ce la doveva fare.
“Arriva!” e saltò. E lo vide. Ma era
troppo tardi. Avrebbe dovuto notare prima quel sorrisino diabolico nel
volto della sua avversaria.
“Attack!!!” Giò con naturalezza si
alzò dalla posizione di ricezione, aprì le
braccia quasi spiegasse delle ali affilate e con uno stacco di gamba
non indifferente non ebbe problemi a parare il debole attacco di
Dennis. La palla batté con un tonfo attutito contro la pelle
ambrata degli avambracci della giovane giocatrice e ritornò
al mittente. Crudele, era l’unico aggettivo che gli veniva in
mente mentre osservava la palla scendere davanti a lui con
ineluttabilità mentre svelava il sorriso beffardo della sua
avversaria alla rete. Un muro perfetto. Non avrebbe potuto salvarla
nemmeno se si fosse buttato in avanti. Non avrebbe fatto altro che
finire nella rete. O forse poteva. Se provava a tendere un braccio, se
si piegava in avanti, in fondo non era ancora sceso, non aveva ancora
toccato terra…ma era in un parco umano o si trovava in una
puntata di Mila & Shiro?! E non appena ebbe formulato quel
pensiero, la palla cadde a terra dinanzi ai suoi piedi.
“Punto!” strillò saltellando Lilli e
mostrò la lingua al suo ragazzo che si rialzò in
tempo per vedere l’espressione trionfante di Giò
con le braccia conserte e quella sconcertata di Dennis che fissava il
prato come se volesse essere inghiottito. Una pacca amichevole di Guido
fece rialzare gli occhi allo sconfitto…e riabbassarli subito
dopo per l’imbarazzo di trovarselo a pochi centimetri mezzo
nudo. Maledizione, non poteva rimettersi quella maglia?!
“Non ti preoccupare…non è
grave…è solo l’inizio!” lo
consolò l’amico continuando a dargli pacche
amichevoli, senza rendersi conto che stava mandando in confusione il
già depresso ragazzo che ora sul serio avrebbe preferito
essere sotterrato sul momento piuttosto che essere costretto a
trattenere…ehm…a sopportare gli ormoni
che…ehm…gli odori che emanava il perfetto corpo
sudato del suo rag…AMICO, migliore AMICO. Prima o poi
avrebbe dovuto stamparsi le parole in fronte.
“Non è nulla, in fondo non potevi
prevederlo…” ridacchiò Lilli mettendo
una mano tra i corti capelli per tirare indietro un ciuffo, mentre Stef
la fissava come se avesse voluto saltarle addosso da un momento
all’altro.
“Già, siamo state cattive cattive!!”
affermò abbracciando Giò la sempre saltellante
Marta che aveva stampato sul viso il suo sorrisino da “ora ti
frego”.
“…c’è qualcosa che state
tramando alle mie spalle…?” chiese con un filo di
voce un preoccupatissimo Dennis, rabbrividendo mentre Giò
metteva una mano su un fianco spostando il peso sull’altra
gamba, una posa provocante da “sei spacciato”.
“Giò è nella squadra di pallavolo
dell’università, in quella del quartiere, in
quella della città e partecipa regolarmente ai campionati
regionali…” ammise dolorosamente Guido togliendo
finalmente la sua mano dalla spalla del confuso amico.
“Ah…grazie al cazzo!” esplose Dennis
guardandola come se la vedesse per la prima volta in vita sua. Non
conosceva affatto quel gruppetto, non sapeva nulla di loro. Ma almeno
quello avrebbero dovuto dirglielo prima di mettergli davanti un
avversario simile! Altro che innocente amante dello shopping dallo
sguardo truce! Quella poteva distruggerlo in meno di un secondo!
“D, ma che volgarità! Dai, giochiamo!”
lo sfidò Giò mettendo anche l’altra
mano sui fianchi mentre il gruppetto esplodeva in una risata spontanea.
“D, ma da quando hai imparato a dire certe parole!”
lo canzonò Guido riprendendo la sua posizione dietro di lui
“Non credevo nemmeno che le pensassi certe cose!”.
“Fidati, penso ben di peggio…”
mormorò Dennis di riflesso prima di rendersi conto che
quello che stava dicendo…e che Guido probabilmente in quel
momento gli stava fissando con tutta calma il sedere. No, non sarebbe
stato da lui! Non avrebbe mai fatto una cosa simile, non avrebbe mai
rischiato di offenderlo e se si fosse girato e l’avesse visto
con gli occhi puntati sulla sua protuberanza posteriore si sarebbe
offeso eccome! …o gli avrebbe fatto piacer…no!
Ragazzo, ti devi curare…
“Pallaaaaaa!!”.
Il gioco riprese con una battuta di media potenza di Marta. Stavolta
non ebbe problemi a ricevere, passò la palla con un buon
tiro a Guido nelle retrovie che la alzò per Stef. Il ragazzo
saltò con agilità degna di un felino, e
schiacciò di potenza. La traiettoria della palla puntava con
sicurezza in direzione di Marta, ma tra lei e quella bordata si mise
con ancora più sicurezza la dolce Lilli…che in
quel momento non aveva più nulla di dolce a giudicare dal
viso deciso a ritornare al mittente quel colpo.
“MIA!” urlò con voce potente che non era
da lei, mentre prendeva la palla con appena un grugnito di dolore
all’impatto, già pronta alta per Giò.
Giò saltò. E Dennis saltò con lei. Non
avrebbe potuto fare altro. Grosso errore. In quel preciso momento si
ricordò della puntata in cui a Mila veniva sparata una
pallonata in piena faccia. Ma Giò non era tipo da fare una
carognata simile…insomma…non ne avrebbe avuto il
motivo…era un gioco amatoriale…era…e i
pensieri gli morirono sul nascere quando rivide quel sorrisino maligno.
Non c’erano dubbi: quella ragazza ce l’aveva per
qualche strano motivo proprio con lui.
“Attack!!” gli urlò nei timpani
Giò mentre dava una sberla alla palla con tutta la forza del
suo braccio. Ed il naso di Dennis fece “crick”.
Stelline e fiorellini. E passerotti che cinguettano. Ma principalmente
stelline. Era questo quello che vedeva mentre sdraiato a terra cercava
di mettere a fuoco il mondo attorno a lui. I fiorellini gli facevano da
cuscino, e i passerotti da ninna nanna. Ma erano passerotti ben strani,
passerotti parlanti…passerotti che al momento lanciavano
acuti allucinanti ed inveivano con furia contro qualcuno. Dennis
aprì un occhio e intravide una Marta in versione Medusa
scagliarsi con tutti i suoi serpentelli e poteri maledetti contro una
piccola piccola Giò che chiedeva scusa fissando il terreno
di gioco. Terreno di gioco…ah, allora la pallonata gli era
arrivata sul serio.
“AHI!” pigolò forte quando Guido gli
spostò il naso a destra e a sinistra. Marta
rinnovò gli sforzi per assassinare a parole la ragazza
colpevole della situazione.
“Non sembra rotto, va tutto bene…”
mormorò Guido inginocchiato accanto a lui. Dennis
aprì anche l’altro occhio. Andava tutto bene. Non
c’era pericolo. Niente di preoccupante
all’orizzonte. Guido si era rimesso la maglietta. Dennis si
alzò in piedi con l’aiuto dell’amico che
lo sostenne facendo leva con i suoi muscoli.
“Grazie, sto bene…” mormorò
in imbarazzo per la figuraccia…e perché Guido non
gli lasciava la mano.
“Sicuro? Le schiacciate di Giò fanno parecchio
male, vuoi che ti stendo da qualche parte…?” e nel
preciso momento in cui quella frase a doppio senso gli uscì
di bocca, Guido arrossì violentemente. Allora non era solo
lui che si immaginava le cose! Entrambi in imbarazzo, si separarono
guardando da tutt’altra parte, come se la domanda non fosse
mai stata posta. Come al solito, arrivò Marta a toglierlo
dai guai.
“D!!!” strillò saltandogli al collo
“Ero tanto preoccupata! Meno male che Guido ha le mani
d’oro!!”.
E basta, non ti ci mettere anche tu! Ma le sorrise dolcemente
scompigliandole i capelli. Dietro di lei, si avvicinò con
passo colpevole anche Giò, che però a parte
quello non aveva nulla del colpevole. Probabilmente la sgridata
dell’amica non aveva fatto altro che ravvivare il suo
orgoglio e infervorarla ulteriormente. Al prossimo tiro
l’avrebbe ammazzato. Ed un brivido di minaccia gli
passò lungo la schiena.
“Beh…giochiamo?” domandò in
tono innocente alla ragazza, come se nulla fosse. In fondo non era
accaduto nulla di particolarmente drammatico, non era stato in grado di
riprendere un colpo e la diretta conseguenza era una cocente sconfitta.
Sconfitta che avrebbe rimediato ben presto. Giò dovette
intuire la sfida perché sorrise compiaciuta facendo
saltellare la palla che teneva tra le mani. Forse aveva guadagnato
qualche punto nella sua scaletta di stima. Lo sperava tanto. A parte
farsi massacrare e tornare in piedi, non sapeva che altro fare per
conquistare l’amicizia di quella modella dal cuore di
ghiaccio.
“Giochiamo!” invitò Giò
lanciandogli la palla “Prego, a te la battuta!”.
Si rimisero ridacchiando allegri in posizione. Stef si
staccò a malincuore dalla bocca della sua ragazza per
tornare al posto di combattimento. Dopo essersi accertato che
respirava, era corso immediatamente a consolare Lilli per lo
spavento…a modo loro.
“Palla!” chiamò Dennis, e
batté.
La partita procedette senza intoppi per venti minuti buoni, con un
equilibrio quasi perfetto. Giò tratteneva la sua furia
omicida, Stef continuava a tuffarsi a destra e sinistra, Marta
saltellava e pareva presente ovunque per prendere le palle che
lanciavano, Guido era sempre dietro di lui pronto a sostenerlo, Lilli
aveva le braccia livide ma continuava come se nulla fosse, e lui non
stava più commettendo errori, anzi se la cavava
discretamente. Era perfino riuscito a murare un attacco di Marta. La
quale Marta si era poi vendicata mandando all’attacco
Giò che ovviamente l’aveva distrutto con una
schiacciata veloce. Ma a parte questi amorevoli scambi di favori, era
un bel gioco. Carico di risate e battutine tra amici. Una di quelle
partite a cui lui non aveva mai veramente partecipato. Anche quando
giocava a pallavolo da piccolo, non era mai veramente parte della
squadra. Ok, se la cavava, ma non era mai inserito appieno a causa
della sua timidezza, quindi alla fine non riusciva a capirsi con i
compagni e sbagliava spesso i passaggi per incomprensioni. Del resto
non è che i suoi vecchi compagni di squadra ci tenessero a
passargli la palla. Preferivano sbagliare di brutto piuttosto che darla
a lui. Lì invece era tutto diverso. Si facevano quasi sempre
tre passaggi, e lui toccava palla di continuo. Ok, erano anche solo in
tre, ma anche in tre avrebbero potuto escluderlo facilmente
semplicemente relegandolo a ricevere dietro e dimenticarlo. Invece lo
volevano in prima fila o al massimo al fianco di Guido il quale amava
stare dietro, chissà poi perché. Era un
sensazione bellissima, una di quelle che ti restano dentro. E sapeva
anche cos’era: sentirsi accettati.
“Attenzione!!” Dennis che si era perso nel suo
mondo abbassò la testa appena in tempo per evitare
un’altra pallonata diretta al suo volto, stavolta senza
colpevolezza, dalla dolce Lilli che non appena si era accorta della
distrazione dell’avversario aveva urlato un avvertimento e
portato le mani alla bocca, pronta a lottare con il senso di colpa per
averlo colpito di nuovo sul naso. La sua fu una mossa quasi da Matrix,
e dietro di lui come al solito c’era Guido pronto a riparare.
Un altro punto per loro, Guido aveva tirato la palla nella parte di
campo di Lilli che era ancora troppo preoccupata per quello che sarebbe
potuto succedere per colpa del suo tiro, che non riuscì a
muoversi in tempo facendo perdere l’occasione alla squadra
delle ragazze.
“Lilli! È una partita! Non dobbiamo perdere per
così poco! Tira fuori le palle, donna!!” la
rimproverò Giò, infervorata dallo scontro.
“Forza Lilli!! Distruggili!! Metti al tappeto i
maschietti!!!”.
Si voltarono a vedere la nuova venuta, Laura, che evidentemente aveva
terminato la sua telefonata amorosa, e si era avvicinata al campo di
gioco per osservare lo scontro epico, con la sua amichetta gemella al
fianco che sorrideva innocentemente. Se avesse potuto scagliare contro
quella vipera di Tippi una pallonata, lo avrebbe fatto volentieri, ma
dubitava che con quelle infradito con il tacchetto si sarebbe messa a
giocare a pallavolo con loro. Laura invece sembrava di
tutt’altra opinione.
“Voglio giocare anche io!!” esclamò la
ragazza liberandosi con un calcio delle scarpine identiche a quelle
dell’amica che la guardava incredula.
“Sicura? Allora esco io!” esclamò
convinta Lilli lanciando un’occhiata molto poco equivocabile
al suo ragazzo che immediatamente alzò il braccio in segno
di resa.
“Eh no! Così i ragazzi sono svantaggiati! Tippi,
giochi anche tu?” domandò Marta con fare da
santarellina alla cara Tippi alla quale bastò
un’occhiata al sorriso sadico di Dennis per scuotere con
vigore la testolina perfetta.
“No grazie! Preferisco fare il tifo!”.
“Stef, non osare lasciare il campo! Non abbiamo ancora
finito!!” parlò grave Giò bloccando il
ragazzo a metà di un passo mentre stava tendendo le braccia
alla sua amata, la quale a sua volta guardò torva
l’amica. Evidentemente non era solo Stef il love-dipendente
tra i due. Stef sospirò teatralmente, diede un bacio veloce
alla sua ragazza sussurrandole qualcosa che la fece ridacchiare
maliziosamente, poi riprese il suo posto in campo. Lilli
andò a sedersi accanto a Tippi con naturalezza, mentre la
vipera le sorrideva falsamente in segno di benvenuto, mossa inutile
dato che la piccola biondina non la degnò di uno sguardo.
Probabilmente i loro rapporti non erano mai stati buoni, ma
dall’esplosione di Lilli in difesa di Dennis si erano
incrinati ulteriormente.
“Palla!!” esclamò Laura battendo con
vigore. La palla volò alta, un colpo facile facile.
“MIA!” urlò Stef, e si
posizionò pronto per riceverla…in apparenza. In
realtà lo sguardo che lanciò a Lilli prima che la
palla toccasse le sue braccia rivelò a Dennis che avrebbe
sbagliato quel colpo apposta. Dennis si ritrovò a
ridacchiare per loro due. E anche Guido che aveva capito.
L’unica che non ridacchiò quando effettivamente la
palla volò dall’altra parte del mondo rispetto a
dove avrebbe dovuto, fu Giò che sbuffò con
violenza e si girò a parlare con Laura di scarpe con il
tacco. Marta intanto si era andata a sdraiare sotto un albero per
riprendere fiato, e con tutta naturalezza Stef aveva dimenticato la
palla sparata chissà dove, per afferrare la sua ragazza per
una mano e rotolarsi insieme a lei da qualche parte tra il riparo
fornito dalle altre siepi del parco. E la palla? Dennis e Guido si
guardarono e dolorosamente convenirono che toccava proprio a loro due
andarla a recuperare.
“Da che parte è andata?”
domandò Dennis mettendo una mano sopra gli occhi a scrutare
l’orizzonte.
“Beh, data la potenza esagerata che ci ha messo a lanciarla
via per essere sicuro che noi ci mettessimo il più tempo
possibile a ritrovarla…oltre la collinetta”.
Dennis guardò la collinetta in questione e
sospirò. Alla faccia della forza dell’amore, per
tirare una palla lontano oltre quel falsopiano doveva aver preso
parecchie vitamine stamattina…o essere in terribile
astinenza! Cavoli, non si vedeva nemmeno la pianura al di là
della salita!
“Dobbiamo proprio…?” domandò
speranzoso Dennis all’amico che per tutta risposta lo
afferrò per le spalle e cominciò a spingerlo.
Doveva proprio.
“Metteteci tutto il tempo che volete!” parlarono in
coretto Marta e Stef con aria complice. Se avesse potuto avrebbe
mandato loro due a prendere la palla, a calci in…
“Ce la faccio da solo!” si districò
Dennis aumentando il passo. La salita non era affatto difficile, era
piacevole camminare sul prato fresco anche se sua madre avrebbe avuto
il suo bel daffare a togliere le macchie di erba dal fondo dei
pantaloni. A causa della pioggia, era scivoloso per cui più
di una volta si trovò a mulinare le braccia…con
Guido dietro pronto a prenderlo al volo. Ma per fortuna non cadde mai.
Arrivati sulla cima, si voltò indietro a vedere gli altri.
Stavano ancora immersi nelle loro attività.
L’unica che guardava verso di loro era la vipera. Le diede le
spalle senza il minimo senso di colpa. Come osava guardarlo! Dopo che
lo tormentava, che lo rendeva ridicolo, che gli faceva capire in tutti
i modi che non era accetto quando invece tutti si facevano in quattro
per coinvolgerlo nelle loro attività! Quella serpe, non la
sopportava! Non era da lui provare sentimenti di odio verso qualcuno,
non si era mai sorpreso particolarmente a maledire qualcuno, ma in quel
caso avrebbe volentieri…
“Attento!” esclamò Guido notando che
l’amico era perso nel suo mondo dei sogni, ma ormai era
tardi. Nella discesa Dennis non stava prestando attenzione, per cui
mise un piede su un ciuffo di erba e fango dall’aria molto
scivolosa…sul quale scivolò rovinosamente. A
nulla valse tentare di mulinare le braccia per riprendere
l’equilibrio, scivolò e basta, stavolta senza
l’effetto rallentatore alla Mila & Shiro, in pochi
attimi si trovò con il sedere dolorante a terra e le mani
sbucciate. Che bella figura di merda, fu il suo primo pensiero.
Perché non mi ha preso al volo, fu il suo secondo pensiero
che tentò immediatamente di eclissare.
“Tutto ok?” domandò amichevolmente Guido
tendendogli una mano per rialzarsi.
“Sì, grazie…!”
commentò lui ridendo come un idiota per mascherare
l’imbarazzo della figuraccia, ma siccome una non basta, nel
rialzarsi mise la mano sullo stesso ciuffo scivoloso di prima. Aveva
appena staccato il sedere da terra, che ci ripiombò di
nuovo, stavolta trascinandosi sopra Guido che non aveva appigli a cui
tenersi. I due a causa della pioggerella che aveva reso
l’erba uno scivolo ideale, planarono di qualche metro
più in basso e continuarono a rotolare avvinghiati senza che
Dennis si spiegasse perché mai rotolassero in quel modo.
“Tutto ok?!?” domandò un preoccupato
Guido quando si fermarono. E allora Dennis capì
perché avevano rotolato a quel modo, perché Guido
aveva cercato di proteggerlo dai sassi tenendolo stretto. Per poco non
si mise a piangere per la commozione. Un vero amico. Nessun altro
avrebbe fatto lo stesso per lui, nemmeno sua madre che piuttosto che
rischiare il suo corpo per salvare quello del figlio avrebbe fatto il
contrario usandolo come slittino. Ma ora Guido pesava su di lui come un
macigno, il corpo premuto sul suo rischiava di togliergli il respiro,
ma non osava dirgli di togliersi dopo che era stato così
gentile con lui. E imbarazzante tornò il ricordo di appena
quella mattina, del contatto della loro pelle, e divenne rosso rosso.
Guido se ne accorse ma lo interpretò alla figuraccia che
aveva appena fatto, per cui gli diede un’amichevole testata
in fronte.
“Ahia…” mormorò Dennis
strofinandosi il punto leso con la mano sporca di terra ed erba
causando un attacco di risata da parte dell’amico.
“Che c’è…?
Oh…!” commentò rendendosi conto delle
condizioni della sua mano e del suo viso. Imbarazzato, si
pulì la mano alla meglio sulla maglietta, mentre
strofinò come un cucciolo la fronte sporca contro il petto
di Guido avvertendo un acceleramento del respiro…e qualcosa
di freddo che cominciava a picchiettare contro la sua pelle.
Alzò gli occhi di colpo e trovò Guido che fissava
preoccupato il cielo sopra di loro. Delle brutte nuvole si stavano
radunando e qualche goccia sporadica cominciava a cadere. Proprio una
di quelle gocce cadde nell’occhio destro di Dennis che
gemette sorpreso. Guido abbassò immediatamente lo sguardo
per vedere cosa avesse turbato l’amico, e lo trovò
che si strofinava con il pugno chiuso un occhio in modo assolutamente
tenero [n.a. il termine migliore sarebbe “puccioso”
><]. Impossibile resistere, impossibile contenersi,
impossibile non alzarsi. Guido fece leva sulle braccia muscolose per
togliersi da quella posizione equivoca e liberare il corpo sotto di
sé, ma non aveva fatto i conti con l’erba fangirl
che tanto per cambiare non era d’accordo con la loro idea di
posizione eretta. Le mani slittarono inesorabilmente, a nulla valse lo
scarso tentativo di Guido di fare resistenza con gli addominali alla
caduta e, stavolta come al rallentatore, il suo viso si
abbassò, abbassò, abbassò sempre
più verso quello stupito di Dennis che smise di strofinarsi
l’occhio per puntarlo assieme al gemello in quelli magnetici
di un verde sporco del migliore amico di cui si fidava ciecamente. I
loro nasi si sfiorarono, le loro fronti cozzarono stavolta
dolorosamente, e infine il contatto che Dennis aveva sognato come un
incubo e insieme inconsciamente desiderato: le loro labbra si
sfiorarono agli angoli, un tocco leggero, rapido come se non fosse mai
accaduto, ma che bruciava come fuoco liquido nell’animo del
ragazzo che non seppe che fare se non giacere immobile a guardare la
pioggia aumentare d’intensità e cadere su di loro
sorpresi colpevoli di qualcosa di innominabile. Non avrebbe dovuto. Ma
non aveva avuto scelta. O sì? Avrebbe potuto ritrarsi?
Frenarlo? Ma non era stata colpa sua, lui non lo aveva
voluto…o sì? In cerca di conforto, di salvezza,
di una qualche forma di certezza, per assicurarsi che era davvero Guido
quello sdraiato sopra di lui, quella persona il cui cuore aveva
accelerato di moltissimo nel giro di pochi istanti tanto da rischiare
l’infarto, Dennis cercò ancora quegli occhi che
gli restituirono la sua immagine specchiata: confusione, incertezza e
qualcosa di più terribile e profondo nascosto sotto la
superficie, e che ora che il lago era stato turbato sarebbe uscita
potente come un geyser a travolgerli distruggendo
l’equilibrio che avevano creato tra loro. Equilibrio
compromesso in eterno, a giudicare dall’espressione di Guido,
un misto di paura e trionfo, qualcosa d’indefinibile che lui
stesso non era in grado probabilmente di controllare. Come si poteva
controllare qualcosa del genere? Ma in fondo…suvvia, era
stato solo un istante, magari non se n’era nemmeno reso
conto, era solo un angolo, un lembo di pelle senza
importanza…ma gli occhi di Guido che rispecchiavano anche i
suoi dicevano che se n’era ben accorto, e che non era un
lembo di pelle qualunque, era Quel lembo di pelle e a causa di quella
disattenzione o scherzo del destino le cose sarebbero mutate, in bene o
male non avrebbe saputo dirlo. Non era durato abbastanza per
stabilirlo. Ma a quanto pareva Guido sembrava intenzionato a non avere
dubbi in proposito: i loro nasi si sfiorarono di nuovo, dolcemente,
piano, per non spaventarsi a vicenda. E Dennis non si ritrasse. Non lo
fece non perché non avrebbe saputo come fare, non lo fece
perché era tranquillo. In una situazione del genere, non era
in panico, era calmo e rassicurato dalla presenza di Guido, proprio da
quella presenza invasiva che avrebbe dovuto terrorizzarlo. Vicino,
troppo vicino. Eppure avrebbe voluto in un certo senso averlo ancora
più vicino. La pioggia cadeva su di loro ma non la
sentivano. Non sentivano nemmeno il pigolio dei piccioni che si
andavano a riparare nei nidi. Nemmeno l’ondeggiare delle
fronde degli alberi scosse dal vento. Né gli insetti che
ronzavano alla ricerca di un riparo. Ma qualcosa oltre al loro battito
accelerato la sentirono, eccome.
“Ehi, in tutto questo tempo come minimo di palle ne avete
trovate due a testa!!” parlò forte la voce di
Giò in modo più malizioso che volgare. Li aveva
visti? Probabile. Anzi, quasi certo. Appena aveva avvertito il primo
richiamo Guido si era tolto immediatamente da sopra il suo petto, ma
non potevano sapere da quanto era lì e cosa esattamente
fosse riuscita a vedere dalla cima della collina. Dennis
percepì la ghigliottina calare con precisione sul suo collo.
“Avanti maschietti, sta per piovere di brutto! La palla, la
palla giusta, l’ho trovata io incastrata su un albero qui
sopra! Venite, recuperiamo la nostra roba e andiamo!”.
Giò si voltò prima ancora di dare tempo ai due
seduti a terra di replicare. Immersi in un imbarazzato silenzio, non
sapevano come muoversi o cosa dire per rompere il ghiaccio. Alla fine
fu la pioggia a salvarli perché offrì loro
l’occasione di alzarsi e correre via da quella discesa
maledetta. Non si toccarono. Stavolta Guido evitò con molto
tatto di toccare Dennis che d’altra parte non ne
sentì la mancanza. I suoi pensieri erano tutti occupati da
congetture su cosa eventualmente Giò aveva visto e su quello
che avrebbe potuto riferire. Il suo cuore minacciò di
fermarsi quando arrivati in cima alla collina la vide china su Marta a
parlottare, come se le stesse raccontando un pettegolezzo interessante,
e l’altra ragazza tutta presa ad annuire con enfasi, gli
occhi che brillavano di entusiasmo. Si voltarono all’unisono
a guardarli che scendevano il pendio con estrema circospezione mentre
le gocce aumentavano d’intensità a bagnare
nuovamente la maglietta di Guido che si appiccicò alla sua
schiena. Ma per Dennis avrebbe potuto sfilargli davanti nudo in tutto
il suo splendore che non l’avrebbe visto, preso
com’era a cercare di interpretare lo sguardo complice delle
due amiche che ridacchiavano maliziose additandoli.
“Piacevole la passeggiata?” commentò
Marta porgendo a Dennis la felpa che aveva portato via per ogni
evenienza e che ora s’infilò quasi alla rovescia
nella fretta di fare qualcosa, qualunque cosa pur di non rispondere a
quella provocazione.
“Istruttiva!” commentò al suo posto
Guido che gli dava le spalle “Abbiamo potuto ammirare da
molto vicino una serie d’insetti che popolano
l’erba e la terra umida, e soprattutto il loro comportamento
in situazione estreme come un corpo pesante che minaccia di
schiacciarli!”.
Dennis trattenne il respiro. Impossibile che non ci fosse un
riferimento per lui in quella frase, era fin troppo esplicita.
Gettò un’occhiata preoccupata a Giò che
però non reagì in alcun modo, mentre Marta si
divertiva a scompigliare i capelli già incasinati di Guido.
Il ragazzo pareva abbastanza a suo agio, l’unico in
confusione era lui. Lo stava forse lasciando da solo con il suo piccolo
grande dramma personale? Per un momento s’immaginò
ad afferrarlo per le spalle e costringerlo con la forza a voltarsi per
guardarlo in viso, per vedersi di nuovo specchiato nei suoi occhi e
leggervi una risposta. Ma si limitò a stringere i pugni con
frustrazione senza sentire la risposta scherzosa di Marta.
Le gocce caddero con forza su di lui a lavare via
l’imbarazzo, il dolore e la confusione. Perfino la rabbia
allontanarono mentre lasciavano il parco e i momenti appena vissuti non
diventavano altro che ricordi che sbiadivano ad ogni passo. Ormai non
era più nemmeno certo di quello che era accaduto, mentre
seguiva come un cagnolino, anzi come una pecora, il gregge che correva
a ripararsi sotto le tettoie delle fermate degli autobus. Laura e Tippi
se ne andarono verso la loro macchina dopo un saluto veloce e promesse
di ripetere l’esperienza presto.
“La prossima volta però voglio sul serio giocare
anche io!” fu la frase di commiato finale di Laura mentre
faceva ciao ciao con la mano dalle unghie perfette, imitata come sempre
alla perfezione dalla vipera al suo fianco.
“Se non perdiamo di nuovo la palla per colpa degli istinti di
qualcuno, volentieri!” rispose allegra Marta. Lo sapeva
benissimo che quel commento non era rivolto a lui, in realtà
era una punzecchiata nei confronti di Stef e Lilli, ma non
poté fare a meno di sentirsi preso in causa. E Guido? Guido
rideva tranquillo con gli altri.
Anche Stef e Lilli alla fine se ne andarono verso la loro macchina,
seguiti a ruota da Giò che intendeva scroccare un passaggio
data la pioggia, passaggio offerto molto volentieri.
“Però io sto davanti! Non vorrei mai che in un
momento critico ci scappasse un bacio!” ecco, un altro
commento innocente. Probabilmente non aveva la minima
affinità con lui e la sua situazione, ma Dennis si
sentì preso in mezzo comunque. Stava forse diventando
paranoico? Tutto attorno a lui pareva puntare il dito ed accusarlo.
“Beh…il nostro autobus…a presto D, fai
il bravo e salutami tanto tua madre!” lo salutò
Marta con un bacio sulla guancia, qualcosa di spontaneo e affettuoso
che gli scaldò il cuore. Sarà pure una fangirl,
ma lei mi vuole bene. Guido invece non si avvicinò per
abbracciarlo, non gli rivolse altro che un cenno con il capo prima di
sparire sull’autobus dietro Marta che imprecava contro la
pioggia e salutava allegra il conducente senza nemmeno sapere chi fosse.
Si separarono così, senz’altro che un saluto
amichevole, un sorriso che a lui parve quasi falso, e molte frasi non
dette. E proprio quello, voleva dire molto.
E
con questa si chiude il settimo capitolo. Bravi, siete arrivati fin
qui! Ed il vostro premio per tanto coraggio è che d'ora in
poi la storia si complica ^^ non posso che augurarvi buona lettura e a
presto, vvb
nel prossimo capitolo: Dennis alle prese con le sue pare mentali (tanto
x cambiare) ed i suoi tentativi di scoprire cosa Giò sappia
in realtà. Guido e Dennis si rivedono. ed una domanda
scomoda posta dalla sua amica di chat che lo costringerà a
molte notti in bianco...
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