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di Vala
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 - un nuovo amico ***
Capitolo 2: *** cominciamo bene ***
Capitolo 3: *** questo mondo non fa per me ***
Capitolo 4: *** le iene ***
Capitolo 5: *** voglio una ragazza! ***
Capitolo 6: *** questione di sito ***
Capitolo 7: *** gita fuori porta_1 ***
Capitolo 8: *** gita fuori porta_2 ***



Capitolo 1
*** 1 - un nuovo amico ***


Dennis guardò sconsolato il buco nero della propria disperazione e decise a priori che non c’era nessuno di più sfigato di lui al mondo. Tra le mani stringeva con sconforto il proprio portamonete di cuoio, regalo del padre che non vedeva da mesi, pieno della paghetta mensile offertagli dalla madre che vedeva solo la sera quando smontava dal lavoro. Nel suo fidato portamonete stava in bella mostra una banconota da 50 euro. Una bella somma.
Alzò lo sguardo e sospirò di profondo dispiacere. Nella vetrina davanti ai suoi occhi azzurri stava quello che avrebbe potuto essere il suo passatempo per le settimane a venire, l’ultimo ritrovato della tecnica, funzionante solo sui PC di ultimissima generazione, prestazioni video elevatissime ed effetti sonori degni di un cinema multisala, il gioco di ruolo per eccellenza, la meraviglia delle meraviglie, nuova e sensazionale uscita dell’EA che attendeva con trepidazione da mesi e mesi, frequentando forum e chat alla ricerca di immagini in anteprima, di notizie sulle caratteristiche richieste, di brandelli in spoiler su quel dannato gioco per computer che aveva occupato la sua mente per così tanto tempo…
Abbassò di nuovo lo sguardo distogliendolo dalla lucente copertina sotto la quale spiccava in verde evidenziatore la scritta del gestore del negozio di videogame che citava “novità” in stampatello maiuscolo,  con caratteri spigolosi caratteristici della scrittura maschile. Novità. Come se non lo sapesse. Accanto a lui passarono alcuni ragazzi, entrarono nel negozio ridendo e dandosi di gomito, felici. Uscirono pochi minuti dopo, ognuno con la sua copia. E lui lì ancora a fissare la sua banconota da 50 euro che lo guardava beffarda dal fondo del portamonete, accuratamente sistemata prima di uscire, ora non aveva il minimo valore tra le sue dita.
Dennis rialzò lo sguardo, la sua faccia da funerale la diceva lunga. Sotto la sgargiante scritta “novità” spiccava in rosso il prezzo del prodotto, proposto come prezzo di lancio consigliato. Peccato che il sito ufficiale gli avesse assicurato più volte rispondendo alle sue mail che il prezzo di lancio era di 49,90 euro. Aveva giudicato 10 centesimi di scarto più che sufficienti per assicurarsi quel prodotto. Ma la scritta rossa gli sbatteva in faccia tutt’altra realtà.
“…51,90 euro…”.
Dennis richiuse di scatto il portamonete sentendo la voce alle sue spalle. Spaventato, si fece rosso in volto e non osò voltarsi a controllare da dove provenisse la minaccia alla sua inutile banconota.
“Accidenti! 51,90! Quel ladrone ha di nuovo rialzato il prezzo! Stavolta chiamo la polizia, il prezzo di lancio consigliato non si può modificare in questo modo! È un furto!”.
La voce irritata aveva il suo stesso identico problema. Colmo di rabbia e frustrazione, Dennis per un momento si dimenticò che era un ragazzo timido e sfigato, e aprì la bocca per parlare.
“Lo ha fatto anche con Age of Empires, con quello dei Transformers e pure con il simulatore di volo…ma speravo davvero che stavolta non speculasse…” mormorò con voce roca mentre si faceva se possibile ancora più rosso e con la coda dell’occhio osava sbirciare chi aveva parlato alla vetrina infame prima di lui.
Il ragazzo lo stava guardando sorridendo affabile. Aveva dei bei denti, tutti dritti, proprio come i suoi. Di sicuro aveva portato l’apparecchio a lungo, come lui. Non vide altro, per l’imbarazzo si voltò immediatamente a fissare di nuovo la vetrina traditrice. Era un perdente.
“Ehi, ma io ti conosco! Tu sei quello della classe di programmazione!” esclamò la voce dietro le sue spalle, ed il ragazzo si fece piccolo piccolo stringendosi nelle spalle, sperando di scomparire. Qualcuno lo aveva notato. Quello della classe di programmazione, aveva detto. Quindi aveva davvero idea di chi era. Frena l’entusiasmo, magari ti ha confuso con un amico, non sarebbe la prima volta, in fondo noi programmatori ci somigliamo tutti, tutti con gli occhiali, tutti chiusi, tutti con le stesse maglie larghe…beh, almeno quelli sfigati. E tu sei sfigato. Non può di certo averti scambiato per uno figo. Quindi ti ha scambiato per un tuo simile. Sì, dev’essere di certo così, magari per Marco, quello dalla parlantina esagerata, o per Stef, in fondo ti somiglia, anche i prof di laboratorio si confondono quando si tratta di noi due…
“Sei quello che ha realizzato quel videogioco…aspetta…qualcosa come –la segretaria-...cavoli, quello si che è un capolavoro!”.
Dennis ebbe il coraggio di voltarsi a guardare lo sconosciuto interlocutore. Stava parlando proprio con lui. Non poteva crederci! Lo aveva distinto dalla massa, sapeva chi era, conosceva il suo valore!
“…ehi ma…ti senti bene?” domandò dubbioso l’altro squadrando apertamente il suo volto congestionato.
“s….s….si si….beniss….imo!” squittì lui esaltato per quella nuova esperienza. Il ragazzo gli sorrise e lui non poté far altro che sorridergli di rimando mettendo a frutto tutti gli anni di liceo passati a tenersi un odioso apparecchio fisso. Perfetti. L’unica cosa perfetta di lui, probabilmente. Ora doveva solo dire qualcosa…avanti…concentrati…e dì qualcosa di intelligente, una battuta magari…spiritosa ma non stupida…un commento sul gioco, qualcosa sui vestiti che indossa, sul tempo, su un prof…qualunque cosa!
Ma non ne era capace. Se ne stava semplicemente lì a fissare lo sconosciuto con sguardo sognante aspettando che si stancasse e se ne andasse da solo. Occasione sfumata. C’era da aspettarselo. Ma l’altro non se ne andò come previsto. Gli tese anzi la mano destra in un gesto di amicizia inequivocabile.
“Piacere, Guido Preti, della classe di elettronica!” esclamò il nuovo amico, del tutto a suo agio. La mano che Dennis strinse era salda, la sua di certo doveva sembrare molliccia e sudata.
“Piacere…Dennis Tasàno” riuscì a dire goffamente esagerando l’accento del cognome nel tentativo di farglielo rimanere impresso.
“Anche tu volevi comprare quel maledetto gioco, vero?” parlò il nuovo amico. Amico, che bella parola.
“Sì ma…” e Dennis riaprì sconsolato come non mai il portafoglio mostrando l’inutile ammontare della sua paghetta mensile, conservata intera per quel momento di trionfo e ora sacrificio vano.
“Ah!” disse semplicemente l’amico grattandosi un orecchio perplesso “Beh, abbiamo lo stesso problema…” ed anche lui prese dalla tasca dei jeans scoloriti una stropicciata banconota da 50 euro.
I due ragazzi si guardarono un momento perplessi, poi iniziarono a ridere insieme. Non ridevano l’uno dell’altro, semplicemente ridevano insieme. Insieme e amico, che belle parole. Scosso come da convulsioni, Guido gli posò una mano sulla spalla in cerca di sostegno ed il corpo di Dennis venne attraversato da una scossa elettrica. L’aveva toccato con naturalezza, non provava ribrezzo. Incredibile. Eppure lui era lo sfigato per eccellenza.
“Tecnicamente una soluzione al problema c’è…conosco un altro negozio di videogiochi a pochi minuti di macchina da qui. Ti va di farci un salto? Magari lo troviamo ancora”.
Lo sfigato si congelò. Un invito. A lui. Da un amico. Non ci credeva.
“Ma forse hai altri impegni…” mormorò quasi a scusarsi colui che gli aveva appena rivolto un invito. Lui, impegni? Ma quando mai! L’unico impegno che aveva al momento era il suo blog su cui sarebbe corso a scrivere della sensazionale esperienza di essere trattato come un essere umano, come un potenziale amico. Incredibile.
“No no! Nessun impegno, sono libero come l’aria! Guidi tu?” si azzardò a dire in tutta fretta. Nemmeno lui riusciva a capacitarsi del suo ardire. Gli aveva rivolto una domanda. Si sentì di gran lunga più forte rispetto a poche ore prima quando era uscito di casa senza nemmeno pettinare i disordinati capelli color topo.
“Allora andiamo! La mia macchina è qui dietro!”.
Un amico. Continuava a ripeterselo mentre seguiva la schiena del ragazzo appena conosciuto verso una via laterale, verso un’anonima Punto nera dai copri sedili verdi metallizzati. Un amico. E con la patente e una macchina. Continuò a sorridere come un ebete per tutto il tragitto fino al negozio e anche oltre.

Sera. Tra le mani stringeva il suo gioco di ruolo, pagato esattamente 49,90 euro al negozio appena fuori città. Ma non era per quello che era così felice. Sua madre a cena gli aveva rivolto mille domande vedendolo così raggiante, gli aveva perfino chiesto se non si fosse innamorato o addirittura avesse finalmente trovato una ragazza. Trovarsi una tipa, lui…non aveva idea di come potesse essere la sensazione, ma era certo fosse impossibile si trattasse di qualcosa di più appagante di aver trovato un vero amico. Non disse nulla alla madre, non avrebbe capito. O magari sì. Lei diceva sempre di capire tutto. Ma lei non aveva idea di cosa voleva dire passare a testa bassa ogni mattina nella folla di studenti del tuo corso senza avere la minima idea di un nome da associare alle facce che vedeva ogni mattina. O meglio, qualche nome ce l’avevano pure, ma non poteva chiamarli. Non poteva avere interazioni con chi era a tutti gli effetti sconosciuto. Mai presentati, mai mostrato il minimo interesse per quel ragazzo timido. Lui era lo sfigato, al margine della società. Ma ora non più, lui era l’amico sfigato, prego!
Posò il gioco da parte sul copriletto con motivi di circuiti stampati, e si sedette alla scrivania prendendo sulle ginocchia il computer portatile. Lo aprì, guardò lo schermo sussultare e accendersi diventando da nero a blu cobalto. Lo sfondo, una foto di una donna da calendario, lo salutò ammiccando mentre finiva di digitare la password d’accesso. Ricordava ancora il commento della madre quando aveva dimenticato il PC acceso e lei aveva visto l’immagine del seno prosperoso in bella mostra.
“Oh, meno male! Cominciavo a pensare che fossi gay!”.
Con un gesto secco attaccò la chiavetta wireless nell’ingresso usb solitamente riservato a quell’uso, ed automatico il programmino di MSN fece capolino tra le icone in basso a destra dello schermo luminoso. Lampeggiava. Ancora pochi bip, poi fu connesso, in linea. Si aprì la schermata, pochi contatti. Ma ora ne aveva almeno uno in più.
“Allora…dove l’ho messo…” Dennis estrasse trionfante dalla tasca dei jeans lo scontrino sul quale si era appuntato il contatto MSN del nuovo amico “Ah! Ecco…Belluca_16@hotmail.com…”.
Digitò con cura sulla tastiera nera del portatile, poi premette invio. Contatto aggiunto. Qualche secondo, e l’icona del nuovo contatto lampeggiò invitante: era in linea. Ancora pochi secondi, e gli arrivò la richiesta di una comunicazione. A lui. Era davvero su di giri.
“Ciao, come va?” lesse ad alta voce nella solitudine della sua stanza, quasi imitando il tono dell’amico, come fosse accanto a lui e gli stesse parlando. E allora, se di conversazione si tratta…
“Ciao! Tutto bene, ho appena cenato. Tu?” rispose a parole mentre scriveva ed inviava con rapidità data dall’esperienza.
“Anche io, bistecca e patate fritte. La bistecca era bruciata e le patate fritte piene d’olio, mia madre è di nuovo scesa in sciopero e abbiamo dovuto cucinare io e mio padre…un disastro!”.
“Un ragazzo che cucina, quale rarità! Io non saprei neanche da che parte rigirare la padella!” rispose ridacchiando mentre si chiedeva come se la sarebbe cavata lui ai fornelli se sua madre non fosse tornata quella sera. Probabilmente avrebbe ordinato una pizza con il telefono.
Attese paziente la risposta mentre si guardava le dita per non fissare con aspettativa lo schermo. Aveva belle mani, da pianista, o almeno era quello che gli avevano sempre detto quando frequentava il conservatorio. Le unghie però erano mangiucchiate, rovinavano l’aspetto generale. Avrebbe dovuto smettere prima o poi. Rialzò gli occhi allo schermo con un sorriso che si spense. Non c’era ancora risposta. Magari era lento. No, non segnalava scrittura in corso. Forse era in bagno. Controllò più volte lo stato del contatto, un comunissimo “in linea” danzava beffardo sopra la dicitura del nome. Forse aspettava ancora qualcosa, una domanda. In effetti non ne aveva formulate. Stava già iniziando a scrivere quando si fermò di colpo. Non poteva scrivere, sarebbe risultato patetico se avesse insistito. Magari si era davvero solo allontanato, o aveva problemi di connessione.
Guardò lo schermo come potesse prendere fuoco per cinque minuti buoni prima di decidersi a fare qualcosa di utile come cercare su internet nuovi torrent di film appena usciti. Era inutile stare a pensarci tanto, si diceva razionalmente, ma con gli occhi andava sempre a guardare l’icona rimpicciolita per vedere se brillava. Finché finalmente, dopo oltre venti minuti di silenzio, con un bip che gli parve un’allucinazione, la comunicazione riprese.
“Ho appena sentito un amico al telefono…” lesse mormorando accostando il naso allo schermo “scusa il ritardo!”.
“Di che avete parlato di bello?” inviò sulla tastiera prima ancora di pensare. Se ne pentì immediatamente. Era stato invadente. Non doveva. Certe domande era meglio evitarle. Era uno scocciatore, adesso si che non gli avrebbe più parlato. Doveva imparare a misurare le parole, doveva fare un corso accelerato di comunicazione, magari trovava qualcosa su internet che spiegava come evitare gaffe del genere, …
“Stavo proprio per dirtelo: c’è una festa, vuoi venire?”.
Dennis guardò a lungo quella frase. Una festa? E lui era invitato? Magari l’amico non ne sapeva nulla.
“No, ho già chiesto e ha detto che essendo in discoteca è a ingresso libero. Noi ci accodiamo dicendo il nome del tavolo riservato, ed entriamo. Ci stai?”.
Discoteca. Ingresso libero. Tavolo. Ci stai? Bella domanda. Di sotto sentiva sua madre agitarsi in cucina a ritmo di musica. Che avrebbe detto quando e se le avrebbe comunicato che lui, il suo figliolo sfigato, andava in discoteca con degli amici? Le sue dita però non volevano muoversi a digitare l’ovvia risposta. E l’icona lampeggiò di nuovo.
“Vedrai che ti piacerà! Andiamo al Luna, è un bel posto, tanta roba da bere e tante ragazze. Ci sei mai stato?”.
Che doveva rispondere? Fare lo sbruffone? Con un sospiro rispose di getto la prima cosa che gli veniva in mente, pentendosi subito dopo di quello che aveva fatto. Era un disastro!
“Si “ aveva risposto con una sicurezza che non aveva “ci sono stato l’anno scorso, ma non mi sono divertito granché”. La risposta arrivò immediata.
“Al Luna? L’anno scorso? Ok, non sei mai stato in discoteca in vita tua. Il Luna ha aperto due mesi fa”.
Ecco, pugnalata. Beccato in pieno. Non era capace neanche di mentire. Ora si sarebbe di certo offeso e l’avrebbe preso in giro a vita con i suoi amici vestiti alla moda e le loro ragazze tiratissime e bellissime come quella da calendario che gli faceva da sfondo. Un altro bip. Continuava a scrivergli.
“Dai vieni, così vedi il posto! Si paga normalmente per entrare, è un peccato non andarci gratis!”.
“Se lo dici tu…vengo!” rispose tentando di accennare una vaga insicurezza mentre era certissimo che a costo di scalare l’Everest sarebbe arrivato in quella discoteca pur di rimediare alla figuraccia della balla scoperta.
“Perfetto! Ci troviamo davanti al negozio del ladrone, tanto la direzione è quella. Ti mando un messaggio domani per dirti l’ora esatta!”.
Era fatta. Lo sfigato andava in discoteca. Il sorriso ebete ricomparve e continuò ad accompagnarlo ancora per tutta la notte durante la quale sognò una massa di ragazze dalle tette enormi che ballavano accanto a lui e al suo nuovo amico sotto i fari di una discoteca come quelle spagnole viste nelle foto del fratello maggiore. Quando si svegliò la mattina però, aveva due borse sotto gli occhi e lo sguardo disperato.
“E adesso…” mormorò guardandosi allo specchio mentre si scompigliava ulteriormente i capelli né lunghi né corti “cosa devo mettermi?!”.

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Capitolo 2
*** cominciamo bene ***


La vetrina del negozio di videogiochi non gli era mai parsa così sinistra come quella sera. Per l’ennesima volta estrasse dal borsello a tracolla lo specchietto preso alla madre e sistemò il ciuffo. Come l’aveva guardato orgogliosa mentre lo aiutava a sistemarsi quei dannati capelli né corti né lunghi che non ne volevano sapere di stare al loro posto! Un rumore come di motore in procinto di fermarsi, gli fece mettere via in fretta lo strumento dell’ennesimo controllo. Erano in anticipo di ben cinque minuti. Meno male che lui era lì da venti.
Il suono acuto e fastidioso del clacson lo fece sobbalzare. Sì, erano loro, riconosceva la macchina. Si stampò in faccia un sorriso raggiante, e salutò discretamente con la mano, un cenno che vedeva fare agli altri ragazzi dell’università. Evidentemente era quello giusto, perché due braccia si sporsero dai finestrini aperti per salutarlo. Bene, la prima parte era fatta: fai una buona impressione. Ma quando i ragazzi scesero dalla vettura, si disse che aveva tirato un sospiro di sollievo troppo presto.
“Ciao D! Pronto per la festa?” lo salutò Guido, ovviamente una domanda retorica “Questo è Stef, frequenta il tuo stesso corso, vi siete già visti prima...dai Stef, smettila di toccare quella catena, ti ho già detto che sta bene anche con quei pantaloni!”.
Stef e Guido ridacchiarono prendendosi a pacche sulle spalle. A Dennis non restò che stare lì con quel sorriso di circostanza ad attendere che i due avessero finito, fuori questione inserirsi tra loro. Non si sentiva per nulla a suo agio. Il giorno prima non aveva avuto grossi problemi a scambiare qualche parola con Guido, anzi si era trovato bene, era un ragazzo normale. Ma ora…
Guido si voltò verso di lui forse notando l’insicurezza e gli sorrise rassicurante. Ma Dennis non poteva sentirsi rassicurato da un ragazzo con i capelli ingellati alla perfezione che stavano esattamente come dovevano, un paio di jeans di marca larghi che lasciavano vedere tre dita di mutande (di marca pure quelle) sui quali aveva abbinato una canotta attillata nera…che pareva fondersi con la sua pelle. E Stef? Stef, lo sfigato che a scuola scambiavano per lui? Irriconoscibile. Indossava un paio di jeans neri con strappi in più punti, abbelliti da una catena agganciata alla cinta di simil borchie. Sopra una camicia le cui maniche erano evidentemente state strappate, a giudicare dai fili che pendevano, sbottonata quel tanto da lasciare intravedere porzioni di pelle abbronzata ed una catenina stile militare.
“Ehi, D? Tutto bene?”.
Dennis si sentiva un idiota. Si guardò la punta delle scarpe dondolandosi leggermente avanti e indietro mentre cercava a un modo per rigirare quello che doveva dire senza sembrare patetico. No, non c’era nessun altro modo. Prese un bel respiro e mandò a quel paese il suo orgoglio maschile.
“Scusate ma…” cominciò a fatica, subito accavallato dalla voce di Guido, leggermente irritata.
“Non vorrai mica ritirarti adesso?!”.
Dennis percepì più che notare l’occhiata dubbiosa di Stef. Lo stava valutando di nuovo. E di nuovo lo stava considerando un perdente. Sospirò di nuovo e si fece forza. Ce la doveva fare, non avrebbe potuto restare con questo dubbio tutta la sera, doveva esprimere i suoi sentimenti, estraniare, estraniare, estraniare…
“Ecco…io-mi-chiedevo-se-così-vestito-va-bene!” sputò fuori tutto d’un colpo. Per un attimo nessuno fiatò, poi Guido e Stef scoppiarono a ridere sollevati.
“Beh, perché no?” commentò Guido tra una risata e l’altra tirandolo per la maglietta meno larga che aveva nell’armadio, comunque di una taglia troppo grande gli standard della moda.
“Non ti preoccupare, non è un club esclusivo…io sono stato all’apertura con una tuta da ginnastica! Dai, andiamo, non facciamo aspettare le ragazze o quelle si trovano altri accompagnatori! Non ci mettono nulla quelle arpie a scaricarci se le facciamo pazientare ancora!”.
Dennis sorrise impacciato infilandosi le mani nelle tasche dei jeans presi dai cinesi al mercato quella stessa mattina, di un bel blu. Li avrebbe volentieri tenuti così com’erano, ma sua madre aveva rotto tanto che…ora avevano quattro o cinque strappi anche se ridotti. Per un pelo era riuscito a togliere l’indumento dalle amorevoli cure materne prima che le forbici incidessero la stoffa sotto il sedere. Almeno il pudore era salvo…per ora.
Salì in macchina dietro, Stef davanti e Guido al volante. Solo in quel momento gli venne in mente un dettaglio che prima aveva trascurato. Ormai dopo la domanda sui vestiti non aveva problemi a chiedere qualunque cosa a quei due.
“Ehi, Guido…?”.
“Mmm? Dimmi D?”.
“Ecco…perché mi chiami D?”.
“Beh, chiamarti per cognome non ci sembrava il caso e usare il nome non suona bene…ma forse preferisci essere chiamato Tàsano?” rispose Stef voltandosi a guardarlo mentre lui sprofondava nel sedile posteriore desiderando con forza casa propria.
“Tasàno…no, comunque no…D suona bene…!”.
“Bene…allora D, piacere! Io sono Stef, Stefano Cirilli, classe programmazione!” e gli tese la mano.
“Piacere!” rispose automaticamente Dennis sorridendo un po’ più tranquillo “D!”.

Il Luna non era affatto come se l’era immaginato.
Erano arrivati davanti al locale in perfetto orario. Ovviamente, come tutte le donne che si rispettano, le amiche non c’erano. Ma quello non era un problema per Dennis, anzi, si sarebbe sentito molto più a suo agio senza femmine attorno. Non sapeva mai cosa fare con loro, come guardarle, dove guardarle. Sì perché, se le guardi negli occhi, è imbarazzante. Se le guardi il seno, è offensivo. Se non le guardi, si offendono lo stesso.
All’entrata, due buttafuori grandi il doppio di lui fecero segno ai tre ragazzi di allontanarsi dai gradini che stavano salendo, la fila era ferma, non facevano entrare. Erano appena le undici e mezza, e già era pieno. A quel suo commento innocente, Stef sbuffò seccato ed indicò i cartoncini che ognuno di quelli in coda teneva tra le mani o usava per sventagliarsi nervosamente.
“Quelle sono riduzioni o entrate gratis. Funzionano fino a mezzanotte, mezzanotte e mezza se sei fortunato. Per quello bloccano l’entrata, se alle 12.30 spaccate non sei dentro, devi pagare per entrare!”.
Dennis osservò estasiato quei cartoncini. Ecco a cosa servivano! Ne aveva visti in giro per il centro, appoggiati accanto alle vetrine, sui tavolini dei bar, in mano a ragazzi che li distribuivano, ma non aveva mai capito bene a cosa servissero né perché tutti cercassero di afferrarli prima degli altri.
“D! Vieni, entriamo!” la voce di Guido lo scosse dai suoi pensieri e si affrettò a fare gli ultimi gradini che portavano all’ingresso vero e proprio del locale. I due buttafuori lo squadrarono ma non dissero nulla. Evidentemente poteva passare. Mormorando un grazie, non sapeva bene se ai due energumeni o alla sua buona stella, seguì i due compagni nell’atrio d’accesso della discoteca.
Il primo impatto fu delusione cocente. Nulla di speciale. L’ingresso non era arredato in alcun modo, tranne il bancone della cassa sulla destra ove le ragazze che lavoravano si diedero di gomito all’ingresso di Guido. Eh, certo, in fondo era un bel ragazzo. Se poi lo mettevi vicino ad un rospo come lui, risaltava ancora di più.
“Ah, finalmente!”.
Dennis si irrigidì di colpo. Quella era una voce indiscutibilmente femminile. E ce l’aveva con loro. Guido e Stef sorrisero raggianti alla ragazza che veniva loro incontro dall’altro lato dell’ingresso. Indossava una semplice canotta nera scollata ed un paio di jeans chiari, nulla di eccezionale ed il ragazzo si sentì rincuorato per la semplicità dell’abbigliamento della nuova venuta. Timido, seguì come un cagnolino gli altri due che stavano già abbracciando la ragazza facendole domande.
“…quando?”.
“Non lo so” rispose la voce squillante della tipa che continuava a sorridere, le mani in tasca e gli occhi seminascosti dalla frangia troppo lunga “dipende tutto da Giò, se ha deciso o no cosa mettersi…e soprattutto se non hanno perso l’autobus”.
“Pure quello?! Ma la macchina di Laura?”.
“Sfasciata”.
“Cosa?! Com’è successo?!”.
“Beh, tornava a casa da un concerto, correva un po’ troppo e ha perso il controllo finendo contro quella davanti. Ma se lo racconta lei, quello davanti ha frenato improvvisamente, era buio pesto e la strada era scivolosa!”.
“Ma va’! Si è fatta male?”.
“Ovviamente no, si è fatta molto più male la macchina, ma se lo chiedi a lei ha un dolore acuto dietro il collo e ogni tanto non sente le dita dei piedi!”
“I suoi?”.
“Niente! È la figlia di papà più fortunata del pianeta, non le hanno detto nulla, hanno creduto alla sua versione su tutta la linea! Se erano i miei mi avevano già rinchiuso da qualche parte, altro che andare al Luna! Davvero, certe volte mi sembra di aver sbagliato famiglia…”.
“E il conducente dell’altra vettura?”.
Il silenzio calò improvviso. Ovviamente non c’era silenzio assoluto, ma per lui era come se lo fosse. Da dietro le spalle dei due amici aveva sentito tutta la conversazione sentendosi un estraneo, e la domanda gli era sorta spontanea alle labbra. Perché non ci aveva pensato nessun’altro a chiedere una cosa così ovvia? La curiosità era stata troppa. Beh, prima o poi avrebbe dovuto presentarsi comunque. Solo, preferiva non averlo fatto con una domanda così da…vecchio! La ragazza lo stava guardando senza sorridere, perplessa. Evidentemente non capiva bene nemmeno lei. Ma si schiarì la voce e riprese a parlare più o meno con lo stesso tono canzonatorio.
“Guidava un ragazzo più o meno della stessa età. Non si è fatto nulla di serio, terrà il collare per qualche settimana…e se ne starà zitto in cambio di una serie di appuntamenti con Laura!”.
“E lei ovviamente ha detto di sì per cavarsela!” riprese Guido borbottando.
“Beh, ovvio che sì! Ah, ma tu non hai visto il ragazzo in questione! È un gran pezzo di figo, Laura ha avuto un culo pazzesco a tamponare uno del genere…”.
“Ma la polizia? Non hanno chiamato i vigili? E l’assicurazione?”.
Ancora la sua voce che disturbava. Accidenti, non è che dovesse entrare a tutti i costi nella conversazione, poteva anche starsene zitto e annuire! Stavolta però la ragazza era preparata al suo intervento, gli sorrise perfino, e Dennis sentì le guance infiammarsi.
“No, non hanno chiamato i vigili, hanno fatto la constatazione amichevole…o una roba del genere. Per l’assicurazione non c’è problema, i suoi lavorano nella compagnia quindi chiudono un occhio. A proposito di occhi, era ora che ti togliessi quegli occhiali e mettessi le lenti a contatto! Così si vedono molto meglio gli occhi chiari!”.
Dennis se possibile avvampò ancora di più. Era sicuro di non averla mai vista prima, non poteva sbagliarsi, eppure quella ragazza stava commentando qualcosa di così particolare. Socchiuse gli occhi per metterla meglio a fuoco, non era abituato con le lenti quindi faceva ancora un po’ fatica. La ragazza davanti a lui sbatté le ciglia con naturalezza, sorridendo. Aveva dei begli occhi, non della sua stessa sfumatura grigia, ma di un azzurro chiaro dolcissimo, reso ancora più evidente dai corti capelli castani a fungo. Sì, quella era l’immagine che gli veniva in mente quando la guardava, un funghetto simpatico. Esattamente come una dozzina di ragazze del suo corso. Non aveva idea di chi fosse. I dubbi lo assalirono, magari erano della stessa classe. Fu Guido a venirgli in aiuto con una pacca amichevole sulla spalla.
“Lei è Marta, della classe di elettronica. Si siede vicino a me a lezione, non sta mai zitta!”.
“Questo non è vero!” protestò la ragazza con un calcio debole alle caviglie del compagno di banco che ridacchio scompigliandole i capelli “Comunque è un vero piacere conoscere finalmente il famoso Tàsano!”.
“Tasàno…” replicò automaticamente Dennis guardandosi la punta delle scarpe da ginnastica nuove arrossendo anche sulle orecchie “…famoso?”.
“Si si! È una settimana che il Prete ti punta! Non te ne sei mai accorto? Ragazzo, vabbè che hai l’aria da sognatore quando cammini, ma insomma!” esclamò lei tutta contenta saltellando quasi sui talloni mentre toglieva le mani dalle tasche per allontanare quelle di Guido dai suoi capelli.
“Un prete? Che prete?” domandò stupito Dennis rialzando gli occhi in tempo per vedere il ceffone di Guido alla testa di Marta che squittì risentita.
“Il Prete è il nomignolo di Guido” spiegò Stef mentre tentava di mettersi in mezzo tra i due litiganti, Marta offesa a morte intenzionata a vendicarsi e il Prete imbarazzato intenzionato a tapparle la bocca, senza riuscirvi.
“Ma da dove…oh!” esclamò Dennis illuminandosi mentre capiva la provenienza del soprannome.
“Ragazzo, finalmente si è deciso a parlarti! Altrimenti avrei dovuto passare altri giorni infiniti a sentirlo bisbigliare cose idiote come: oh! Eccolo! E se gli chiedessi l’autografo?!” quasi urlò Marta mentre scappava dalle dita protese di Guido che cercavano di strozzarla “Oppure: te che mi consigli? Se gli chiedo gli appunti mi guarderà male?!”.
“Stai zitta, strega! Non è vero!! Non ho mai detto cose simili!!!” ringhiò Guido riuscendo a sfuggire alla presa di Stef che barcollo mulinando le braccia in cerca di equilibrio.
“No!” riuscì a dire con il fiato corto Marta mentre rideva senza ritegno “Ma le hai pensate!”.
Dennis, che non aveva capito nulla di quello scambio se non che i due stavano giocando a guardia e ladri e che lui era in qualche modo la causa della contesa, si trovò preso in mezzo quando Marta si riparò dietro le sue spalle e Guido cercò di travolgerlo per arrivare a lei.
“Ehi! Vorrei arrivare vivo all’esame di matematica!!” protestò mettendo le mani avanti ad afferrare le spalle dell’amico, ma ovviamente Guido era molto più forte di un povero secchione fanatico di computer, e non ebbe difficoltà a distruggere le sue misere difese.
“Vieni qui, arpia!”.
“Prova a prendermi, timidone!”.
“Chiudi quella ciabatta, comare!”.
“Senti chi parla, zitello!”.
“Ma vaffanculo, pettegola!”.
“Stronzo maschilista!”.
E Dennis? In mezzo ovviamente. Come un sandwich che si rispetti ha due parti di pane, un wurstel e la salsa, i due litiganti erano il panino tagliato, la parte della carne era toccata a lui mentre la salsa era quel piacevole scambio di frecciate e sguardi infuocati che gli passavano accanto alla testa facendogli credere che da un momento all’altro avrebbe preso fuoco. Rosolato al punto giusto. Ma non poteva togliersi, aveva la ancor più sgradevole sensazione che se si fosse spostato, quei due sarebbero davvero venuti alle mani. Prima volta in discoteca, prima vera e propria uscita serale con amici, prima volta che qualcuno gli presentava ragazze, prima volta che si vestiva un po’ meno da sfigato, prima volta che sua madre gli aveva detto di non tornare fino all’alba e prima volta coinvolto in una rissa. Troppe prime volte tutte in una sola serata.
“Stef!!” strillò in falsetto mentre le dita di Guido gli entravano nelle spalle ossute.
“D! Sta’ tranquillo, quei due fanno sempre così!” lo incoraggiò Stef mentre si faceva sotto per staccare il Prete dal componimento.
“Lasciami! E lasciami! Stavolta la ammazzo!!” cominciò a protestare Guido calando però il tono di voce…ma non la forza dei movimenti. Stef perse di nuovo la presa, in modo del tutto improvviso, facendo perdere l’equilibrio anche a Guido che barcollò in avanti, un’espressione buffissima sul bel volto mentre piombava con tutto il suo peso sul gracilino Dennis che con un “oofff!” stupito, non poté far altro che tentare alla meglio di afferrarlo al volo. Automaticamente, le braccia di Guido in cerca di appiglio si strinsero attorno al torace del ragazzo che tutto sommato resistette…grazie anche al sostegno offerto come puntello dalle mani di Marta e dalla sua controspinta che gli permise di non cadere con Guido sopra addosso a lei.
Imbarazzato, Guido lo guardò negli occhi. Erano a pochi centimetri di distanza, sentiva lo strillo estatico represso di Marta dietro la sua schiena. Quella aveva qualche problema psichico ed emotivo.
“Scusa…” mormorò Guido. Era una sua impressione o si stava avvicinando? Che cazz…
“Di niente!” rispose automaticamente dimenticandosi di togliere i palmi dal petto dell’amico che comunque non accennava a staccarsi.
Il momento era alquanto imbarazzante. Pareva si fossero dimenticati dov’erano. Eppure…Dennis era tranquillo. Non sentiva nessuna pressione, nessuna ansia, come se fosse tutto normale, come se niente stesse accadendo. Si scoprì a sorridere, solo accennato, ma il sorriso c’era. E lo stesso sorriso pareva riecheggiare negli angoli sollevati verso l’alto della bocca di Guido. Idioti. Si sentiva un idiota, e probabilmente lo stesso era per l’amico. Ma era una sensazione così strana che non avrebbe saputo dire se gli sarebbe mancata una volta separati. Fu il buttafuori a tagliare la testa al toro e risolvere il suo problema.
“Ehi ragazzi, tutto ok?”.
“Si grazie, stiamo solo scherzando!” rispose per loro Marta. Incanto finito. Guido si staccò imbarazzatissimo. Dennis guardò intensamente il soffitto dell’ingresso con i motivi a mezzaluna.
“Beh” parlò Stef grattandosi con totale naturalezza il sedere “aspettiamo le altre o entriamo?”.
“Io mi sono stufata! Dentro!” espresse la sua opinione categorica Marta prendendo a braccetto un ancora perplesso Dennis “Dai D, vedrai che è divertente!”.
Le sorrise e lei parve risplendere ancora di più. Era una creatura sensazionale. Gli sarebbe piaciuto averla come amica, magari anche qualcosa di più. E già si figurava con lei a braccetto in giro per la facoltà, in giro per il centro. Lei che rideva alle sue battute, o che lo sosteneva con i suoi dubbi. I suoi occhi che lo cercavano tra la folla, che cercavano proprio lui tra tanti. E che alla fine lo trovavano, e la mano si alzava per chiamarlo a sé. Tutto così…
“Ehi! Allora, venite?!” li chiamò la voce di Guido, già distorta dalla musica. Si era incantato di nuovo. Ma lei sorrideva ancora.
“Bene D, sei pronto?” gli sussurrò dolcemente poggiandosi a lui, il suo seno premuto casualmente contro il braccio.
“Andiamo!” rispose convinto. Era cominciata bene, non c’era ragione per cui non dovesse continuare così.

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Capitolo 3
*** questo mondo non fa per me ***


Chi ha ideato i proverbi, non è mai stato un universitario sfigato. Chi ben comincia è a metà dell’opera? Cazzata! La fortuna sorride agli audaci? Doppia cazzata! Se qualcosa può andare storto, lo farà? Ok, non è un proverbio, ma se c’è qualcuno che ha capito qualcosa è Murphy!
Le dita di Dennis erano profondamente conficcate nel rivestimento plasticato finta pelle del divanetto al quale si era ancorato dopo neanche cinque minuti in pista. Aveva una paura folle di quel posto, decisamente non faceva per lui tutta quella confusione. La gente non era figa, non era neanche lontanamente sana mentre barcollava ubriaca alla ricerca del bagno. Ballare non voleva dire veramente ballare, voleva dire strusciarsi il più possibile e infilare le mani ovunque. La musica poi? Un’accozzaglia di suoni privi di senso logico a parte quel tunz tunz martellante che gli faceva scoppiare i timpani mentre tentava di capire le poche parole in quell’ammasso di caos, frasi senza senso il più delle volte, sparate sul pacifismo, su mondi fantastici, sul ballo, su belle ragazze disinibite o suore. Cosa ci fosse di così bello nello strillare per cinque minuti di fila “il mio sogno è volare oltre l’arcobaleno, così in alto!” non lo avrebbe mai capito, ma forse tutti quei fumati che si agitavano come morsi da tarantole in mezzo alla pista o sui cubi dovevano dare un significato profondo alle parole della canzone…magari loro l’arcobaleno lo vedevano sul serio con tutto quello che si erano cannati e pasticcati per sballare. Il ragazzo si riparò gli occhi doloranti dai fari puntati contro di lui chiedendosi per quale strana logica quel maledetto direttore delle luci o computer che fosse non la smetteva di ficcare quell’accecante getto verde dritto dritto nelle sue iridi sensibili. Le lenti a contatto gli facevano male, era stufo, si annoiava, non capiva niente, non c’era nulla da mangiare e oltretutto doveva continuare a sorridere come un’idiota e far cenno di sì con la testa a tutti quelli che gli urlavano a fatica se si stava divertendo. Già, altro problema del Luna, ma pensò fosse un problema comune di tutte le discoteche e simili: il volume assurdo impediva ogni tipo di conversazione. Quello era un luogo dedicato al contatto fisico puro, e lui odiava il contatto fisico, si sentiva inadeguato e idiota.
Conficcò ancora più in profondità le dita nella stoffa appiccicaticcia dopo che qualcuno vi aveva versato sopra un qualche liquore. Davanti a lui stava il bicchiere semi pieno di roba alcolica che non era riuscito a mandare giù come tutti gli altri. Sospirò ed ingobbì le spalle prendendolo in mano. Magari bevendo un po’ si scioglieva, come il ghiaccio che c’era prima nel contenitore in plastica. Perché in plastica? Lo aveva capito dopo due ore che si trovava là dentro, quando avevano cominciato a volare bicchieri, caraffe e ghiaccio. Magari ora che il suo ghiaccio si era sciolto, faceva meno schifo e riusciva a sorseggiare più facilmente quella cosa tra il rosa e l’arancione che gli aveva messo in mano Guido con un sorriso tranquillo.
Diede un sorso e si guardò attorno, mentre a fatica deglutiva sentendo l’alcolico scendere lungo la gola, giù fino allo stomaco che brontolò. Avrebbe di gran lunga preferito qualcosa da mangiare, ma a quanto pareva non c’era nulla di simile in quel posto…e se c’era bisognava raggiungere il bancone dall’altra parte della sala.
“Siamo stati fortunati!” aveva commentato Stef appena entrati in sala e trovato il tavolo “Ce ne hanno dato uno vicino al dj!”.
“E vai!! Tutto merito di Laura che è pr!!” aveva detto tutta contenta Marta saltellando, sempre appesa al suo braccio.
Dennis si era trattenuto dal chiedere cosa mai fosse un pr, e si era limitato a sorridere raggiante senza aver capito una mazza di quello che si preparava per lui.
“Dai, vieni! Andiamo a chiedere la caraffa intanto che aspettiamo le altre!” lo aveva trascinato la nuova strana amica verso il bancone esattamente dall’altra parte del locale.
Dennis l’aveva seguita con un accenno di esitazione quando aveva notato che gli altri due non erano intenzionati a seguirli. Ma non doveva avere paura, lui era un ragazzo, non c’era ancora tantissima gente dentro, la musica era ad un volume alto ma si riusciva a dire due parole se si dicevano all’orecchio…e comunque con il volume alto non era obbligatorio fare conversazione, giusto? Quindi era riparato almeno da quel punto di vista, vero? Sì, ma se non si fa conversazione, non scende un silenzio imbarazzante? E se scende un silenzio imbarazzante…
“Cosa vuoi?”.
“Eh?” aveva risposto Dennis guardando Marta senza capire mentre la ragazza indicava una lista appesa al bancone, in alto per essere ben in vista.
“Io direi di iniziare con una caraffa di scivolo, così cominciamo leggeri…tanto poi quando arrivano le altre si peggiora di sicuro, la butteranno a gara come sempre! Oppure preferisci qualcosa di più semplice, tipo…che ne so, havana cola? Qualcosa con il rum? Ci sono! Pignacolada! No, ginlemon! Oh, magari proviamo…!”.
“F…fai tu…” aveva mormorato Dennis senza capire una parola di tutto quello che aveva detto. Sapeva che erano nomi di cocktail, bevande alcoliche più o meno leggere che andavano per la maggiore, ma quanto al loro sapore o effetto…
“Questo!!” aveva urlato Marta puntando il dito su una riga della lista delle bevande, ma prima che lui avesse potuto leggere cosa aveva indicato, la ragazza lo aveva trascinato di nuovo via.
Man mano che si erano avvicinati al tavolo schivando l’orda infame di ragazzi arrapati e ragazze esaltate, il giovane sfigato si era reso conto che dalla postazione dove si erano piazzati gli altri due, provenivano strilli femminili e qualche battuta. Ad ogni metro guadagnato, aveva potuto guardare le nuove arrivate con più apprensione, il resto del gruppo: erano quattro in totale, quattro giovani donne più o meno graziose che si atteggiavano comunque tutte da gran bellezze facendo ondeggiare i capelli o muovendo le anche a ritmo della musica crescente.
Marta si era staccata finalmente dal suo braccio per correre ad accogliere le sue amiche, lasciandolo da solo a qualche metro dal gruppo. Cosa doveva fare? Avrebbe dovuto avvicinarsi, seguendo la logica, ma la fifa tipica dello sfigato gli suggeriva che era molto meglio confondersi con la mandria che ballava e cercare un bagno dove infilarsi, alla svelta, prima che loro si voltassero e vedessero che lui…troppo tardi, una bionda più alta di lui con lo sguardo pesantemente truccato di verde si era girata a guardarlo seguendo la direzione indicata da una sempre saltellante Marta. Ma quanta caspita di energia aveva in corpo quella?!
Le sue gambe avevano iniziato a cedere, tremando, mentre lo sguardo inquisitore della bionda lo aveva percorso da capo a piedi. Non poteva più tirarsi indietro, per cui non gli era restato altro da fare che andare avanti nella direzione del tavolo. La ragazza aveva continuato a guardarlo, con un misto di curiosità e disprezzo. Non sapeva ancora quale delle due fosse predominante, ma presto l’avrebbe capito.
Era bella quella bionda, anche se la tinta che aveva fatto era un po’ troppo evidente secondo lui. Era impossibile per un’orientale come lei avere i capelli di un biondo così sfacciato. Gli occhi a mandorla evidenziati dal trucco verde parevano volerlo scrutare in profondità mentre le aveva sorriso e Marta lo aveva gioiosamente presentato.
“Lui è D!! D, lei è Giò!!”.
“Piacere!!” aveva cercato di dire con voce sicura mentre tendeva la mano alla ragazza. La bella bionda tinta aveva preso la sua mano, l’aveva stretta con una morsa d’acciaio che gli aveva fatto pesare la sua mano molle, e gli aveva sorriso con aria di sufficienza. Ecco, ora sapeva che il disprezzo era predominante nella sua classificazione.
Dopo la presentazione, la bionda si era voltata dandogli le spalle per avviarsi al tavolo dove il barista aveva portato la brocca richiesta, colma di quel liquido rosa-arancio strano, un colore mai visto prima neanche nei videogiochi più strambi.
“Ehi, D!! Vieni, prendi un bicchiere!!” aveva urlato Guido, mentre la musica non era ancora così alta da impedire ogni tentativo comunicativo “Ragazze, lui è Dennis! Queste sono Laura e Tippi! Dai Laura, ti metti a caccia dopo!! E lei invece…ehi, dove sono andati Stef e Lilli?!”.
“Fuori a fumare!” aveva urlato di rimando Marta ammiccando “Li ho visti passare mano nella mano, credo staranno via per un po’!”.
Guido aveva alzato gli occhi al cielo roteandoli in modo teatrale. Dunque per quello che gli era dato capire, questa Lilli era la ragazza di Stef. Stef aveva una ragazza. Sembrava sfigato come lui ma aveva una ragazza. Magari l’aveva appena trovata. Sì, era impossibile che uno che somigliava tanto a lui avesse la ragazza da anni, probabile che si trattasse di una conseguenza di una recente apertura al mondo esterno. Sì, era per forza così! Quindi se lui ce l’aveva fatta, non c’era ragione per cui non ce la potesse fare anche lui a trovarsi una ragazza! Magari una come…
Dennis si era voltato a guardare Marta, ma aveva intercettato lo sguardo scettico di Giò che evidentemente non aveva finito il suo esame. La ragazza dai tratti orientali si era avvicinata a lui ed il suo cuore aveva automaticamente perso un battito. No, non avrebbe mai osato sperare una cosa simile. Quella bellissima creatura si stava avvicinando proprio a lui, lo aveva fissato dall’inizio! Magari…magari…si era ritrovato a sorridere come un’idiota mentre lei si era accostata al suo orecchio, si era abbassata appena, la scollatura della maglia verde smeraldo in piena vista, la collana appesa al suo collo, un simbolo orientale che aveva già visto da qualche parte nel videogioco di lotta che aveva scaricato da internet, si era staccata dalla pelle chiara per ondeggiare verso di lui, incantandolo.
“Ti va di ballare?” gli aveva domandato con voce neutra, come se gli avesse chiesto di prestarle gli appunti. Ma il sorriso di Dennis gli era morto sulle labbra. Ballare, lui? Aveva scosso la testa lentamente e agitato le spalle come a dire che lui non c’entrava nulla mentre da un altro punto di vista era lui in fallo.
“Mi spiace, non sono capace…” aveva urlato nell’orecchio di lei, talmente tanto forte per essere sicuro di farsi sentire che la ragazza era indietreggiata in fretta. Lo aveva guardato ancora un istante, poi gli aveva dato le spalle definitivamente. Ecco, esame finito. Classificazione: sfigato.
A quel punto si era seduto sul divanetto in cerca di stabilità in quel mare di luci colorante che gli facevano perdere l’equilibrio, e da lì non si era più mosso ed ancora attendeva un miracolo divino.
Il miracolo parve giungere infine quando ogni speranza era persa, proprio mentre stava considerando l’ipotesi di individuare la sua esatta posizione e tornare a casa a piedi prima di morire d’infarto indotto. Guido tornò dalla pista da ballo, sotto braccio una raggiante Marta. Che quei due stessero anche loro insieme? Dalla litigata di prima però non si sarebbe mai detto…
“Ehi, D! Chi ci fai lì seduto, sei già stanco?! Dai, vieni a ballare!!” gli urlò Guido, ma lui percepì solo poche parole ed il senso generale del discorso a causa delle casse del dj che gli rimbombavano nei timpani.
Guido e Marta si avvicinarono a lui sedendosi una da un lato, uno dall’altro. Gli misero entrambi con la spontaneità data dal tasso alcolico nel sangue, le mani sulle gambe e cominciarono a tirargli i pantaloni. Lui, che aveva ancora in mano il bicchiere ora finalmente a metà, sorrise timidamente tentando di non rovesciarne il contenuto sui vestiti nuovi mentre i due amici parevano del tutto intenzionati a bagnarlo.
“Dai, lascia perdere! Prete, vieni a ballare!” si sentì l’urlo di quella che secondo la sua scarsa memoria doveva chiamarsi Laura o Tippi, quelle due erano praticamente identiche sia nei vestiti, top rosso molto scollato e minigonna nera, sia nei capelli corti alle spalle e scuri. Non lo avevano degnato di un’occhiata per tutto il tempo. Non sapeva se era stato peggio l’esame di Giò o essere totalmente ignorato. L’esame, decise automaticamente, tanto era abituato ad essere ignorato da tutti.
Guido ignorò il richiamo, ma doveva averlo sentito e doveva anche aver visto la mossa invitante dei fianchi della ragazza, si limitò a voltarsi dall’altra parte per guardare lui dritto negli occhi.
“Dai, vieni a ballare con noi!” gli urlò in faccia, ma per Dennis ebbe l’effetto di un sussurro. Che diavolo gli prendeva? Colpa della strana bevanda che gli avevano rifilato. Guardò il bicchiere con un misto di repulsione e desiderio. Se avesse finito di bere, sacrificando la sua gola ed il suo palato, magari si sarebbe sentito meglio e avrebbe trovato il coraggio di buttarsi in pista con gli altri. Ok, decisione presa. Era ora di crescere, di smetterla di fare il bambino pauroso, di affrontare il mondo per quello che era! Al diavolo tutti i pregiudizi, le paure per gli ubriachi, per il fumo e la droga! Era giovane, doveva divertirsi! E se ci si divertiva bevendo e fumando in quel mondo, bene, avrebbe cominciato anche lui! Chi era lui per lasciarsi sfuggire l’opportunità di vivere una giovinezza piena, aveva già lasciato sfumare troppe occasioni, troppe feste, troppi compleanni, troppi raveparty e feste dell’Unità!
“Allora, D!!!” Marta lo afferrò saldamente per un braccio e lo sollevò a forza dal divano. Alcune gocce del liquido radioattivo tra le sue mani caddero dal bicchiere finendo sui suoi pantaloni, ma ormai non gli importava poi così tanto. Le sorrise e la ragazza si mise a ridergli in faccia con tutta tranquillità. Non rideva di lui, stava ridendo con lui. Misteri di quel funghetto. Con uno sguardo distratto a Guido che osservava ogni sua mossa, afferrò il bicchiere a due mani e ingoiò tutto il rimanente d’u n fiato. L’alcol sfracellò la sua lingua in pochi attimi, gli riempì la bocca con il suo sapore forte, scese lungo la gola soffocandolo per poi finire dritto dritto nel suo stomaco con una rapidità tale che lui stesso si stupì quando poggiò il bicchiere vuoto sul tavolino ingombro di altri bicchieri come il suo e bottiglie semi vuote o terminate del tutto. La testa prese a girargli e cominciò a tossire furiosamente senza potersi trattenere. Accanto a lui, Guido lo sorreggeva mentre Marta ridacchiando faceva il giro del tavolino per portarsi all’entrata dell’affollata pista da ballo rischiando di venire travolta dalle braccia mulinanti di una ragazza che, salita su un tavolino vicino, dava spettacolo.
“Tutto bene?” gli domandò Guido in un orecchio, urlando ovviamente per farsi sentire mentre il dj cambiava di nuovo canzone. In qualche angolo remoto Dennis riuscì a trovare il coraggio e la forza d’animo necessarie per fare cenno di sì con la testa e sorridere. Venne ricompensato da un altro sorriso e una pacca sulla schiena che lo spintonò verso Marta, pronta ad accoglierlo a braccia aperte. Ma quanto aveva bevuto?!
Le braccia della ragazza si serrarono su di lui impedendogli altro movimento che non fosse il respiro più o meno regolare mentre avvertiva il corpo di lei premuto contro il suo, i seni che sfioravano il suo petto. Magari non era poi così male il Luna…
Marta si staccò da quell’abbraccio, lo prese per mano e lo portò sulla pista in mezzo alla calca di gente che spintonando tentava di tenere il ritmo come meglio poteva, chi bene, chi un disastro come quella ragazza che dimenando il collo a scatti pareva una gallina starnazzante. E lui, come sarebbe sembrato? Per un momento il sangue gli si gelò nelle vene. Ecco, era alla fatidica prova del ballo, cosa doveva mai fare per riuscire a sopravvivere in quel frangente? Si guardò attorno ed individuò Guido tra la folla, avvinghiato alle due fotocopie di prima. Si strusciavano su di lui in modo provocante, lo sfidavano quasi a mettere mai dove voleva lui per poi apparentemente ritrarsi mentre in realtà era solo un’altra mossa calcolata. Ok, il suo amico non si muoveva più di tanto, agitava un po’ i fianchi e spostava il peso dalla gamba destra a quella sinistra tenendo il ritmo della musica martellante. Ok, quello lo poteva fare.
Guardò Marta davanti a lui che ancora lo teneva per mano e si sentì un perfetto idiota. Non aveva la minima idea di come fare. Troppo comodo guardare, a provare sulla propria pelle era tutta un’altra storia. Evidentemente la ragazza si rese conto del suo disagio, probabilmente perché notò che non muoveva un muscolo, per cui gli afferrò un orecchio e lo costrinse ad abbassarsi un po’ mentre gli dava istruzioni, sempre urlando ovviamente.
“Tu sei un ragazzo! Non devi fare altro che il palo! Tu stai fermo, e la ragazza ti ruota attorno muovendosi come le pare! Al limite saltella un po’ seguendo la musica, guarda il Prete!”.
E Marta cominciò a muoversi. Dapprima piano, timida, a mezzo metro da lui, tenendogli le mani sospese mentre lui cercava di capire cosa doveva fare, prendeva confidenza con quella strana cosa chiamata ballo in discoteca. Lei gli sorrideva tranquilla mentre cominciava a sentire più in profondità il ritmo, muoveva i fianchi per invitarlo, si faceva più vicina o più lontana a seconda della difficoltà in cui si trovava il suo partner. Ma era gentile. Stava cercando di insegnargli, e per quanto lo riguardava se la stava cavando anche bene come insegnante per uno sfigato come lui.
Gettò uno sguardo a Guido e lo osservò con la massima concentrazione per un’intera canzone studiandone i movimenti, i gesti, il modo di muovere la testa e le spalle, la schiena che si incurvava, poteva quasi scorgere la spina dorsale come spire di un serpente agitarsi, destra e sinistra, poi di nuovo destra, destra e sinistra. Una canzone finì e ne cominciò un’altra. Destra e sinistra, di nuovo destra, destra e sinistra, mentre le ragazze attorno a lui cambiavano ritmo, ruotavano, si strusciavano. Forse aveva capito. In fondo il ritmo era sempre uguale. Ce la poteva fare!
Marta intanto si era fatta più vicina, annuendo con la testa. Non capiva se diceva di sì perché si stava muovendo bene o perché era un altro modo per sentire il ritmo. Comunque gli mise le mani sui fianchi per guidarlo ulteriormente. Considerandola una buona idea, Dennis pensò di fare lo stesso ed appoggiò i palmi sui fianchi di Marta. La ragazza ridacchiò sommessamente ma non fermò il movimento dando modo a lui di notare con stupore che non erano solo i fianchi a muoversi, era tutto il corpo che doveva sentire il ritmo. La ragazza chiuse gli occhi e lo stesso fece lui, abbassando il capo. Sentiva le pulsazioni del suo cuore fondersi con quelle pressanti dei bassi che rimbombavano nella sua cassa toracica dandogli strane sensazioni. O era effetto della bevanda che si era scolato?
Fu un attimo, si era distratto ed automaticamente il suo corpo aveva trovato il giusto ritmo. Ecco cosa voleva dire lasciarsi andare! Non doveva pensare troppo, non era questione di tecnica, solo di muoversi come gli veniva! La ragazza tra le sue mani si fece ancora più vicina, lo sfiorò con le anche ondeggiando, poi si ritrasse. Dennis gettò un’altra occhiata a Guido e vide che Marta stava facendo più o meno quello che facevano le altre ragazze del gruppo, solo in modo più…discreto? Non avrebbe saputo come definire quelle due che si strusciavano Guido, comunque sia la sua nuova amica non sembrava intenzionata a causargli spiacevoli incidenti imbarazzanti insistendo troppo su certe parti anatomiche come invece facevano le altre. Gli sfuggì un sorriso di soddisfazione quando notò che Guido allontanava le mani delle due arpie, cercava di tenerle buone, si ritraeva. Ecco, ben vi sta, zoccole!
Le mani, dove andavano le mani? Le sue erano ancora ferme sui fianchi di Marta, ma quelle della ragazza si erano spostate a vagare liberamente sulla sua schiena, sul suo petto, a scompigliargli i capelli, mentre si muoveva contro di lui invitandolo a fare altrettanto. Panico. Doveva mettere le mani da un’altra parte, lì erano scomode. Ma se l’avesse abbracciata non sarebbe più riuscito a muoversi. Mettergliele sul petto come faceva lei era decisamente da escludere! Quanto ai capelli poi, non pensava fosse una buona idea. Dov’erano le mani di Guido? Oddio…dov’era Guido?!
Dennis si voltò a destra e sinistra alla ricerca del suo amico, ma non lo vide da nessuna parte. Dove si era andato a cacciare proprio ora che aveva bisogno di lui?! Neanche le due arpie erano in vista…che si fosse andato a rintanare da qualche parte con loro? Già se lo immaginava schiacciato contro qualche muro mentre quelle due lo toccavano da tutte le parti…o peggio, in bagno, a fare porcate chiusi dentro uno dei box. Per una qualche strana ragione, gli prese una tale rabbia che si dimenticò del suo problema di dove mettere le mani e si limitò a metterle dove gli pareva, per la precisione sul fondoschiena di Marta che sobbalzò per la sorpresa. Non se l’era aspettato. Beh, neanche lui!
“E bravo D, che ci prova con la mia compagna di banco!!” gli urlò una voce alle sue spalle, e le mani si staccarono immediatamente dal corpo di Marta mentre lei, in modo del tutto naturale, lo lasciava stare per ballare da sola.
“No, io non…ecco…!” tentò di schermarsi Dennis voltatosi per affrontare lo sguardo divertito di Guido, alzando tra loro le mani accusate di tanta audacia.
Guido si mise a ridere con tranquillità e gli passò un bicchiere pieno di un liquido diverso da quello di prima, più scuro. A prima vista pareva coca cola, ma…per qualche strano motivo, sentiva che non poteva essere solo coca cola. Chiamatelo sesto senso, ma le zaffate di alcol le percepiva con tutto il suo essere. Fece cenno di no con la testa, al che Guido scrollando le spalle diede un sorso lungo al bicchiere per poi offrirglielo di nuovo. Pensava che l’aveva rifiutato perché non si fidava di lui? Gli aveva davvero dato quell’impressione? Oddio, era un idiota al cubo! Lui non avrebbe mai rifiutato nulla che gli avesse passato lui, era solo che non se la sentiva di bere ancora, insomma…era pur sempre la sua prima uscita, un minimo di contegno…sì, ma se l’aveva offeso doveva rimediare in qualche modo. Ecco, adesso lo stava guardando perplesso e un po’ triste. No, questo non poteva permetterlo!
Dennis afferrò il bicchiere e tirò un sorso veloce. Troppo veloce. Rischiò di strozzarsi di nuovo, ma stavolta riuscì a non starnutire e sputare il liquido in faccia all’amico che aveva ripreso a sorridere fiducioso. Gli ripassò il bicchiere e notò che Guido stava bevendo più o meno da dove aveva bevuto lui. Le labbra si erano posate dove pochi attimi prima c’erano le sue, come…no, se iniziava a pensare a baci indiretti, quella sera aveva baciato più gente di quanta potesse ricordarne con tutti quelli a cui aveva passato il bicchiere con la scusa di assaggiare. Sì, perché dentro al Luna c’erano parecchi amici di Guido e Marta, talmente tanti che ricordava di vista a malapena una decina di tutti quelli che gli avevano fatto un cenno da lontano o stretto la mano. E a proposito di mano, il bicchiere era di nuovo in mano sua. Diede un altro sorso quasi senza rendersi conto che stava bevendo sempre dallo stesso punto mentre un vago rossore si diffondeva sul volto di Guido. Era la bibita, tutta colpa dell’alcol.
“Vieni!” gli urlò Guido e lo prese per un polso. Ciecamente, Dennis lo seguì di nuovo al tavolino dove si sedettero sul divanetto, crollando quasi l’uno sull’altro, cozzando, attaccati. Dennis rideva da solo ormai. Qualunque cosa gli avesse dato, unita a quel bicchiere di prima stava facendo effetto.
“Prova questo!” Guido gli passò un altro bicchiere dopo che lui stesso ne aveva dato un sorso in prova. Beh, se glielo passava Guido…

La testa gli faceva un male pazzesco. Era sdraiato sul suo letto, una borsa del ghiaccio premuta contro la fronte, gli occhi a tratti aperti, a tratti chiusi. Sì, perché se li teneva aperti gli girava la testa, se li teneva chiusi gli veniva da vomitare. Accanto al letto, in misura di sicurezza, un secchio portato da un’orgogliosa madre faceva bella presenza per ogni evenienza. Come facesse quella donna ad essere felice che suo figlio si fosse sentito male, era un mistero, ma saltellava tutta eccitata quando si era presentato a casa alle quattro del mattino con Guido che lo reggeva, un sorrisino ebete sul volto di suo figlio. E lei era contenta. Era scesa di sotto in pigiama perché lui non si ricordava più dove aveva le chiavi di casa, aveva aperto con una mazza da baseball in mano pronta a massacrare chiunque, e quando si era trovata il figlio ubriaco davanti invece di spaccargli l’arma in testa si era limitata a gettare la mazza e correre tutta sorridente ad abbracciarlo. Se si fosse beccato una punizione dopo quella serata, sarebbe stato per averla svegliata con il campanello.
“Ahi!” si era mosso leggermente verso destra e aveva sentito qualcosa pungerlo. Mettendo una mano sotto il sedere nelle tasche dietro dei jeans, trovò le chiavi di casa. Era un idiota.
Non ricordava molto della serata, a parte il fatto che aveva bevuto, e aveva ballato. Quello lo sapeva. Aveva ballato con Marta, con un’ubriaca Giò, con un paio di ragazze che passavano di lì e si erano fermate a strusciarsi pure loro, in gruppo a cerchio con gli altri…e con Guido. Si premette la borsa del ghiaccio contro gli occhi tentando di reprimere i conati. Aveva ballato con Guido. Lui era un ragazzo, Guido era un ragazzo, ma aveva ballato con Guido. Non sapeva se era una cosa tanto naturale, ma si era divertito parecchio.
Chissà se avrebbe fatto altre uscite del genere? Chissà se domani Guido l’avrebbe ancora salutato, se gli altri che aveva conosciuto l’avrebbero salutato. Ma soprattutto, chissà se si ricordavano di lui o se lui ricordava i loro volti! Era abbastanza convinto di saper riconoscere Marta e Stef…e ovviamente Guido, ma gli altri…aveva ricordi vaghi di un’orientale con i capelli biondi, quella era un po’ difficile non riconoscerla, e due o tre…o quattro…il resto erano tutte ragazze anonime, ragazzi anonimi. Magari un paio li avrebbe anche riconosciuti se si fossero presentati vestiti come quella sera, ma dubitava che mettessero i vestiti per il Luna all’università, a differenza di lui che se non si fossero sporcati i pantaloni li avrebbe messi volentieri anche lunedì. Era proprio uno sfigato.
“Tesoro, come ti senti?” cinguettò sua madre entrando con il cambio del ghiaccio “Dai, che ti sei divertito! Com’erano le luci? E la musica? Hai ballato? Bevuto di sicuro! Buoni i cocktail del barista vero! E poi è un tale figo, se solo avessi una ventina d’anni in meno…”.
Si era divertito? Non ne aveva davvero idea. Aveva ballato, aveva bevuto. Era quello che ci si aspettava da lui. Ma si era davvero divertito? No, probabilmente si era divertito davvero solo verso la fine di tutto, quando Guido gli si era avvicinato, quando qualcuno gli aveva rivolto la parola, si era mostrato gentile con lui, gli era stato accanto…sua madre che faceva commenti osceni sul barista gli mancava come perfetta conclusione della serata!
“Mamma…!” mormorò con un sospiro guardandola male.
“Che c’è?! Anche io ho gli occhi, sai! Come il tuo amico…oddio, hai un amico ed è pure così carino! Decisamente meglio degli ultimi carciofi che mi hai portato a casa, quei tuoi amici del circolo dell’elettronica o come diavolo si chiamava erano così…bah, lasciamo perdere! Sai se ha la ragazza?”.
Sai se ha la ragazza, altra bella domanda. Aveva la ragazza? Se sì, lui non l’aveva vista e al locale del demonio non c’era. No, non doveva averla altrimenti non avrebbe permesso a quelle due di far vagare le loro mani sul suo corpo, non avrebbe…san-Bill-Gates, per un secondo alle due arpie si era sovrapposta l’immagine di sua madre che si strusciava su Guido! Stava male sul serio!
“Mamma, ha la mia età…”.
“E allora, non si può guardare?! Guardare e non toccare! Certo che però se ci scappa anche un toccare…”.
Se ci scappa anche un toccare…ma che diavolo stava pensando adesso?! Via pensiero porno, via pensiero porno, via pensiero porno…
“Mamma, sto per vomitare…”.
“Eh, per così poco! Sai, se ti trovassi un ragazzo del genere magari potrei anche accettare il fatto di non avere nipotini…forse!”.
Impossibile reprimere il conato. Dennis si chinò il più rapidamente possibile sul secchio mentre la madre si scostava con un salto atletico. Facile per lei, non era mai stata una sfigata come il figlio. D’altra parte però, all’università non ci era mai arrivata proprio perché rimasta incinta a 17 anni. Sì, però non era giusto riversare tutte le sue speranze sul figlio secchione!
“Che disastro…dopotutto forse non sei gay come temevo!” commentò sua madre sempre allegramente posando la borsa del ghiaccio sul suo comodino.
“Mamma, vomito di nuovo!”.
“A domani!”.
Finalmente sua madre uscì dalla stanza, accompagnata dal suono di suo figlio che si sentiva male. Ma proprio a lui doveva capitare una madre del genere?!
Si ributtò sul letto con la nuova borsa del ghiaccio sulla fronte. Ghiaccio, come quello che Guido gli aveva infilato nella maglietta mentre erano seduti sul divanetto, prima di cominciare a lottare per gioco, prima di finire riverso con lui che gli faceva il solletico, le sue mani sul suo corpo…
“Mi sento male…” mormorò, e si chinò di nuovo sul secchio. Ma stavolta non rigettò nulla. Non lo considerò proprio come un buon segno.

[caspita, a giudicare da quanti leggono vi piace sul serio! Un grazie enorme a quelli che recensiscono, siete i miei eroi!
A presto
Kissu kissu]

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Capitolo 4
*** le iene ***


Dennis aprì gli occhi alla luce del mattino che filtrava dalle finestre, e li richiuse subito dopo girandosi dall’altra parte. Postumi della sbronza, li aveva chiamati sua madre. Dopo oltre un giorno e mezzo però gli pareva troppo.
Allungò una mano e a tentoni trovò quello che cercava, il suo pc portatile. Il suo dolce peso lo rassicurò e si sentì già meglio. Aveva passato un’intera giornata senza guardare il suo schermo multicolore, rischiava di andare in astinenza, ma non aveva osato afferrare quell’ancora di salvezza dalla noia nelle ore precedenti, quando la nausea continuava a tormentare il suo povero corpicino innocente…oddio, magari tanto innocente non lo era più. Si poteva considerare alcolizzato adesso?
La solita donnina nuda da calendario lo salutò ammiccando dallo specchio della tecnologia, la sua finestra personale sul mondo. Premette un tasto con forza, e si aprì davanti ai suoi occhi rossi e mal funzionanti la finestra di internet. Vedeva ancora sfuocato, troppo sfuocato. Si passò le dita sugli occhi, premendo con forza più volte, mentre gli occhiali rimbalzavano contro la fronte imperlata di sudore. Ma quando gli occhiali ricaddero sul naso, la sua vista non era migliorata, anzi.
“Ma che…” borbottò terrorizzato all’idea di aver perso nel giro di un giorno la bellezza di due diottrie per colpa di una sola bevuta, anche se memorabile.
Chiuse gli occhi e sfilò gli strumenti visivi poggiandoli sul letto accanto a lui. Probabilmente erano sporchi, ma anche la nebbia nella sua stanza non giustificava un simile problema pronunciato. Chinò la testa verso il basso, poi la rialzò fin dove poteva, sempre con gli occhi chiusi. Rotazione a destra, rotazione a sinistra, giro completo…e riecco la nausea. In preda al panico, spalancò gli occhi e si ritrovò a fissare il seno nudo della donna da copertina sul suo schermo luminoso. Incredibile, riusciva a distinguere bene i contorni. Incredibile, riusciva a vedere chiaramente l’alone del capezzolo. Pazzesco, vedeva anche di che colore erano gli occhi della donna!
“Miracolo!!” urlò Dennis quasi scagliando il pc a terra nella fretta di andare davanti ad uno specchio, la nausea dimenticata di fronte al miracolo della vista.
Sua madre sentendo le urla corse in camera sua e lo trovò a guardarsi allo specchio con interesse mentre si toccava il viso, spostava il naso a destra e sinistra, scompigliava i capelli già vistosamente in disordine dopo il sonno.
“Beh” commentò sua madre poggiandosi allo stipite, un mestolo sporco di sugo in mano “hai scoperto i brufoli?”.
“Ci vedo!” replicò Dennis stupito, notando una quantità impressionante di punti neri attorno alle labbra che prima non aveva notato. Prese a tormentarli sotto lo sguardo critico del genitore che scuoteva la testa.
“Sei un essere umano, quindi hai due occhi e funzionano, anche se male…quelli non si schiacciano così, vieni che te li sistemo io…”.
“Ferma con quelle unghie!” strillò lo studente universitario vedendo le unghie smaltate di rosa della madre avvicinarsi pericolosamente al suo viso rosso dove aveva grattato con le unghie mangiucchiate “Io ci vedo!”.
“Sì, ok” sospirò la madre dandogli un colpetto con il mestolo sulla mano che aveva bloccato la sua azione anti punti neri, lasciando una macchia di sugo prontamente leccata dal proprietario “ci vedi…tesoro, stai ancora sragionando per la sbronza?”.
“NO! Guardami bene! Non noti niente di diverso?” chiese Dennis guardando speranzoso la madre, avvicinandosi fino a pochi centimetri dal naso della donna che lo guardava senza capire.
Gli occhi della madre lo scrutarono a fondo, contando i famosi punti neri in pericolo, i brufoli sotto pelle, la barba di due giorni da fare. Le unghie smaltate si mossero a tracciare i contorni del figlio che prese a sorridere come un ebete. Ci vedeva! Era tutto così…colorato! Così bello! Così…un attimo, senza occhiali non poteva rientrare automaticamente nella classifica dello sfigato cronico, giusto? Erano punti in meno nella graduatoria degli emarginati del pc! Senza occhiali avrebbe avuto più facilità a fare amicizie, più possibilità di piacere con le ragazze! In fondo quella sera in discoteca, non aveva gli occhiali, e aveva quasi rimorchiato…ok, non morivano ai suoi piedi, e probabilmente si erano strusciate su di lui solo per passare, però qualcuna si era strusciata abbastanza a lungo che se si fosse girato avrebbe potuto afferrarla e…ci vedeva! Insomma, era fantastico, era bellissimo, era…!
“Hai qualcosa negli occhi…sta’ fermo…” e prima che potesse fare qualunque cosa, le lunghe unghie della madre si infilarono in un decimo di secondo nel suo occhio destro, sfiorarono il bulbo oculare, raschiarono lievemente la superficie bianca ed uscirono con qualcosa di trasparente e di forma concava. Il suo occhio destro aveva smesso di vederci bene.
“Se vuoi dormire togliti le lenti, te l’avevo detto! Anche se ti ho preso quelle che traspirano, è sempre meglio non esagerare! Dai, ti tolgo anche l’altra prima che ti cavi un occhio perdendo l’equilibrio, ubriacone!”.
“Faccio io!!” urlò lui chiudendosi l’occhio sinistro con entrambe le mani mentre la madre, sospirando, con un buffetto in testa lo lasciava solo con il suo cocente imbarazzo.
Una lente a contatto. Ecco perché ci vedeva bene. Andò desolato davanti allo specchio dove trascorse un quarto d’ora buono per togliersi la compagna dall’occhio sinistro. Ecco, ora aveva davvero un occhio arrossato e ci vedeva male come al solito.
Con la testa a ciondoloni, si sedette sul letto, per poi saltare di nuovo in piedi con uno squittio di sorpresa al suono anomalo. Avvicinò il volto fino a sfiorare quasi le coperte con il naso. Maledizione, non era proprio la sua giornata!

La ressa degli studenti era sempre identica, ogni mattina con la stessa identica intensità lo spintonavano, lo strattonavano, gli facevano immancabilmente perdere l’equilibrio sui gradini sdrucciolevoli di marmo un tempo bianco della sua facoltà. Accanto a lui passavano orde di giovani studenti in cerca, più o meno, del sapere, diretti in un’aula per ascoltare, più o meno, un professore preparato che li avrebbe illuminati, più o meno, su una data materia per loro fondamentale, più o meno, a prepararli al loro futuro lavoro…più o meno.
Il suo fedele zaino delle superiori pesava parecchio quel giorno, si prospettava un’intera giornata passata tra i banchi a prendere appunti. Aveva preso la sua matita preferita? Portò una mano alle sue spalle per tastare nervoso la sacca inferiore ove aveva riposto il suo fedele astuccio, come se potesse attraverso il tatto fare una radiografia ed individuare la sua matita firmata Diablo. Aveva penato così tanto per vincerla che non se ne separava mai, era il suo tesoro, il suo prezioso strumento di lavoro, il suo amore eterno, il suo vanto e orgoglio, il suo…
“Si saluta!!”.
La voce proveniva dalla sua destra, ne era abbastanza sicuro. Strinse gli occhi alla ricerca della fonte e si trovò davanti un ragazzo di bell’aspetto, con una maglietta attillata e un sorriso radioso che gli dava pacche sulle spalle. A lui. Stava sognando ancora?
“Ehi, che c’è? Ti sei già dimenticato?”.
“Ciao Guido! Scusami, non ho gli occhiali e allora…” tentò di giustificarsi Dennis avvertendo con imbarazzo la pressione delle dita dell’amico sulla sua spalla gracilina.
“Ah, e io che avevo scommesso che avevi le lenti!” parlò una voce femminile. Voce femminile amichevole, profumo di caramello, quindi era…
“Ciao Marta! No, le lenti me le ha tolte mia madre e le ha buttate, erano per un giorno solo…”.
“E gli occhiali? Non dirmi che per essere più figo hai deciso di venire a scuola comunque senza occhiali!” ammiccò, o almeno gli parve, la ragazza giocherellando con la sua maglietta anonima, troppo larga.
“No” mormorò Dennis imbarazzato, rendendosi conto di quello che aveva detto solo pochi secondi prima ma senza avvedersi di quello che stava per dire adesso “mi ci sono seduto sopra…”.
Dall’altra parte del gruppetto si levarono risatine incontrollabili da parte di alcune ragazze. Strizzando gli occhi più che poteva, riuscì a vedere solo capelli scuri. Erano anoressiche e con i capelli scuri. Allora dovevano essere quelle due arpie che si strusciavano Guido in discoteca. Come diavolo si chiamavano…?
“Non sforzarti troppo, potresti rovinarti gli occhi!” commentò una delle due senza smettere di ridere.
“Giusto! Tra computer e seghe sarebbe un peccato rovinarli ancora!”. Sbottò l’altra imitando l’amica mentre Dennis continuava a stringere gli occhi per distinguerle, alla disperata ricerca di un nome.
“Ragazze…” mormorò imbarazzato Guido mettendo un braccio attorno alle spalle dell’amico che sobbalzò, cosa che non sfuggì alle due streghe.
“Ma guardatelo com’è timidino! Dai, non ti mordiamo mica!” riprese la voce tagliente di una, un tono canzonatorio che gli diede non poco fastidio ricordandogli la sua natura di sfigato.
“Beh, lui no di certo! Sarebbe sprecato…guardalo com’è arrossito! È davvero…com’è quella parola, Laura?”.
Laura, ecco come si chiamava. Quella che aveva sfasciato la macchina nell’incidente, andando a sbattere lei contro un ragazzo che poi aveva corrotto con una serie di appuntamenti perché non facesse denuncia…allora doveva essere davvero figa. Però a guardarla non pareva, sembrava piatta come una tavola...ma forse era lui che senza occhiali non notava le curve.
“Insomma Tippi, quante volte te la devo ripetere! …” riprese l’amica la voce tagliente di Laura tra una risatina e l’altra. Concentrandosi al massimo, Dennis poteva vedere le mani delle ragazze premute contro il ventre, come se facesse male per il troppo ridere. Avevano tutte e due la stessa maglietta scura scollata…no, non si era sbagliato, erano tutte e due anoressiche e piatte come tavole.
“Ragazze, adesso basta!” sbottò Guido stringendolo sicuramente in modo inconsapevole. Capiva che lo stava difendendo, ma lo difendeva da cosa?
“Si dice…” cominciò Laura con il tono di una bambina piccola.
“Checca!” concluse l’amica fotocopia con lo stesso tono, battendo le mani.
Dennis si raggelò immediatamente. Ci aveva messo un po’, ma aveva capito l’antifona. Non era gradito da quelle due. Abbassò il capo e gettò sguardo sfocati attorno a sé. Quelle streghe avevano parlato con un tono di voce abbastanza alto da farsi sentire da quelli attorno. Ecco, vedeva già gli sguardi di disprezzo e derisione sui volti di quelli che passavano. Notava perfettamente anche senza occhiali che i ragazzi lo additavano malamente e le ragazze ridacchiavano mentre gli passavano accanto senza vederlo realmente. E il braccio…il braccio di Guido si era istintivamente levato dalle sue spalle, come poco prima lo aveva stretto. Da solo. Come sempre. E le due arpie continuavano a ridacchiare e borbottare tra di loro, a tratti a voce bassa, a tratti quasi urlando.
“Ah, ci sono! Questo è decisamente vergine, mai visto una ragazza in vita sua neanche con il binocolo con il quale spia la vicina mentre si cambia!” ripartì Laura quasi canticchiando.
Ovvio che sono vergine, ma non mi pare il caso di spiattellarlo in giro! Non sono mica come voi che la date a destra e manca senza chiedere neanche il nome! Guido si allontanò dal suo fianco.
“Certo! Allora te lo spiego io, la donna è quella che non ha il cazzo!”.
“Tippi falla finita!!” si infuriò Guido, e Dennis vide il braccio del suo amico stringere quello della ragazza in una minaccia non tanto velata. Ma ormai erano incontrollabili, con quelle loro risate gli ricordavano delle iene che prima di sbranare la preda la rendono folle con i loro versi. Già, era esattamente quello che stavano facendo a loro. Lo stavano azzannando lentamente.
 “Scommetto che è stato cresciuto solo dalla madre! Nessuno può crescere così se ha anche una figura paterna vicino!”.
Lasciate stare la mia famiglia, non toccatela, non pensateci nemmeno! Strinse i pugni tentando di calmarsi, di pensare. Doveva ricambiarle con la stessa moneta, doveva solo trovare una frase adatta e tutto sarebbe andato a posto, tutto si sarebbe calmato…
“Certo! E sua madre dev’essere una specie di generalessa attaccata al figlio! Magari non lo lascia nemmeno uscire di casa! Prete insomma, mi fai male!”.
Non è vero, brutte zitelle, mia madre mi butta fuori casa per farmi uscire! Basta! Non sapete niente di me, quindi state zitte! Zitte!
“Scommetto” continuò imperterrita sempre Tippi, ormai fuori controllo “che il padre se n’è andato proprio per non avere un figlio del genere, che ne dici Laura?”.
Zitta, zitta, zitta! Le lacrime minacciavano di straripare e mostrare a tutti la sua debolezza. Com’era possibile che quelle sapessero così poco di lui eppure fossero in grado di fargli tanto male? Si portò una mano al viso per contenere la marea montante, ma non c’era nulla da fare, nemmeno Guido era stato in grado di fermare quelle iene, di certo non sarebbe bastato un suo commento secco, magari sul fatto che erano piatte, per farle stare zitte. Avrebbero continuato, ancora e ancora, come tutte le altre streghe con le quali aveva avuto a che fare. Sempre a sfottere, sempre a farsi domande su di lui, sul perché era così. Cosa c’era di male se era così? Lui stava benissimo anche senza gente attorno, lui era un perfetto asociale, lui e il suo pc, non gli serviva altro! Non voleva altro…
“Zitta Tippi! Laura anche tu, dille qualcosa!” ruggì Guido, quasi urlando, mentre Marta si accostava a Dennis per tentare di consolarlo, di ripararlo con la sua sola presenza.
 Non ce la faceva, non ce la poteva fare. Se ne sarebbe andato da quel gruppo, da quelle persone, da Guido e dal suo mondo di fighetti. Lui non era fatto per quello, non era in grado nemmeno di reggere ad uno scontro verbale con delle galline. Chinò sempre più il capo, ingobbì le spalle. Si era a tutti gli effetti arreso. Le parole che Marta gli sussurrava dolcemente non valevano nulla. E quelle due continuavano, ancora e ancora. Poco importava che Laura si stesse calmando, forse anche pentendo. Ma si potevano pentire ragazze del genere? Tippi faceva anche il suo lavoro. Quella risata…avrebbe voluto solo scappare via. E la gente che fissava. Sempre, sempre lo fissavano e giudicavano senza sapere nulla.
“Finiscila, stronza!”.
Il silenzio calò improvviso sul gruppo. Tippi smise immediatamente di ridere. Poteva quasi immaginarla con la bocca spalancata, un merluzzo.
Dennis alzò vago gli occhi a vedere da vicino il volto di Marta, ma non era stata lei a parlare. La voce che era esplosa era molto più squillante, come tanti campanellini. Ma lui non conosceva nessuno con una voce del genere. Laura e Tippi erano raggelate, non si muovevano, forse non respiravano nemmeno mentre fissavano Stef. Lo riconosceva perché aveva addosso gli stessi pantaloni dell’ultima sera che l’aveva visto. Il ragazzo si trovava ai margini del gruppo, in una posa un po’ strana…e pareva ingrassato. No, non era ingrassato. Aveva qualcuno vicino. E quel qualcuno era una ragazzina alta uno sputo, con dei corti capelli biondo chiaro naturale e la carnagione pallida. Ora però non era tanto pallida con le guance gonfie e rosse per l’indignazione mentre puntava con sguardo di fuoco le due iene come se dovesse incenerirle da un momento all’altro.
Laura e Tippi se ne stavano a testa bassa, ora sinceramente pentite. Marta al suo fianco sogghignava soddisfatta mentre faceva segno di ok alla ragazza di Stef, il cui rossore da rabbia si era mutato in imbarazzo. Il suo ragazzo la stringeva a sé, le braccia forti che circondavano quel corpo minuto. Pareva una fatina.
“Sai” gli sussurrò Marta mentre Guido dava le spalle alle due streghe per andare a scompigliare i capelli alla fatina “Lilli non si arrabbia mai, non urla mai, non attira mai l’attenzione. È socievole solo se c’è Stef vicino, vive in simbiosi con il suo ragazzo. Ma se qualcuno prova anche solo vagamente a fare qualcosa di male al suo adorato, esplode in modo incontrollabile, fino a diventare anche pericolosa…l’anno scorso ha quasi bastonato Tippi perché ci provava spudoratamente con Stef!”.
“Ah, ecco perché se la sta facendo addosso adesso…” commentò Dennis asciutto. Guido, che si trovava a pochi passi da loro, sentì il commento e sorrise.
“Già, sono solo delle cacasotto!”.
Il gruppetto ora schierato dalla sua parte ridacchiò del commento, un modo per allentare la tensione. Anche Laura si unì a loro facendo qualche passo avanti. Gli strinse la mano e gli chiese anche scusa, dicendo che stava solo scherzando, non voleva esagerare in quel modo. Lui le sorrise di rimando, le lacrime un brutto ricordo. Forse non era così cattiva come sembrava...o forse l’aveva fatto solo per potersi avvicinare di nuovo a Guido usando il suo pentimento come scusa per un abbraccio. Meglio stare alla larga da quell’arpia.
L’unica che se ne stava ancora in disparte era Tippi, risentita con il mondo. Guardava tutti dall’alto in basso. Ma forse era perché non era al centro dell’attenzione. C’era sempre un tipo del genere in ogni gruppo.
Ah, anche qualcun altro mancava all’appello: Lilli e Stef. Avrebbe voluto ringraziare la ragazza per averlo difeso anche se non lo conosceva.
“Ah! Non ci pensare! Prima o poi ritorneranno, ora sono andati a…” parlò Marta ridacchiando con aria complice mentre ammiccava in direzione dei bagni.
“Il termine tecnico è: sbollire!” finì Laura timidamente prima di staccarsi finalmente da Guido che tornò da Dennis a dargli una pacca sulla spalla.
“Tutto ok?” gli domandò.
“Ok…” rispose Dennis, e il braccio di Guido tornò a circondargli le spalle.
“Bene, andiamo a prendere posto! La prima ora abbiamo informatica!”.
E insieme il gruppo compatto si diresse verso le aule. Ma mentre si allontanavano, Dennis si voltò più volte indietro per cercare di scorgere, anche senza occhiali, la figura da fatina della ragazza. Entrò in classe sorridendo, e si dimenticò di estrarre la sua matita preferita. Aveva capito cosa gli mancava per uscire definitivamente dal club degli sfigati: gli serviva una ragazza come Lilli.


[altro capitolo aggiornato! Al povero Dennis ne capitano di tutti i colori (n.Dennis autrice sadica!). Tra incomprensioni e tentativi a vuoto, nel prossimo capitolo il vostro sfigato preferito (n.a. beh, se state leggendo almeno un po’ vi piace) si getterà nell’impresa più difficile del mondo per ogni appartenente alla categoria degli emarginati: trovare una ragazza. E Guido? Eh, Guido…se ve lo dico adesso non vale! A presto!
Kissu kissu]

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Capitolo 5
*** voglio una ragazza! ***


“Mi spiace, ma mi fai schifo. Non uscirei con te nemmeno per tutto l’oro del mondo!”.
Marta gli diede la schiena e lui si sentì un idiota. Lo aveva scaricato senza il minimo tatto. Mancava solo che gli ridesse in faccia, poi sarebbe stato morto sul serio. In quella, dalla ragazza si levò una risata alla quale fecero immediatamente eco quelle isteriche di Laura e Tippi che presero la sua ragazza ideale a braccetto mentre lo guardavano maligne. Le lacrime affiorarono sul suo volto mentre le vedeva fermarsi vicino ai distributori automatici, sedersi sul termosifone lì accanto e continuare a ridere mentre ogni tanto gettavano occhiate maligne nella sua direzione.
Non avrebbe mai immaginato che gli potesse accadere una cosa simile con lei. Ci aveva provato apposta perché pensava che la ragazza l’avrebbe capito, Marta era diversa dalle altre, lei era comprensiva, dolce, speciale. Invece era esattamente come tutte. Vederla farsi offrire il caffè da un ragazzo alto e dalla muscolatura perfetta gli fece male, un dolore bruciante. Chinò il capo sconfitto su tutta la linea ed una lacrima solitaria scese lungo la guancia fino a bagnare la maglietta nuova che aveva comprato apposta per l’occasione. Per lui era stato un passo importante dichiararsi in quel modo, così diretto, così “o la va o la spacca”. Beh, lo aveva spaccato per bene. Non avrebbe mai più avuto il coraggio di mostrarsi in giro dopo una batosta simile. E la seconda lacrima fece per seguire la prima.
“Tutto bene?”.
Dennis si voltò a guardare la figura sorridente di Guido il cui dito gli terse la lacrima dal volto prima che potesse andare a far compagnia all’altra sulla maglietta. Il suo amico non lo avrebbe abbandonato, lui sarebbe rimasto al suo fianco…vero? Aveva pensato la stessa cosa anche di Marta, ma la ragazza continuava a ridacchiare assieme alle sue amiche idiote e non lo degnava della minima considerazione. Stava per piangere di nuovo.
“Su, adesso calmati!”.
Le braccia di Guido si strinsero attorno al suo corpo e lui provò un forte senso di gratitudine e protezione mentre poggiava il volto nell’incavo del suo collo. Il suo corpo era caldo e lo accoglieva senza paure, senza riserve, soprattutto senza ridere di lui come continuava a fare Marta. Le dita di Guido si muovevano sulla sua schiena carezzandolo dolcemente per calmarlo, e a poco a poco la voglia di piangere se ne andò. No, non aveva più voglia di piangere.
“Va tutto bene, ci sono io con te…” mormorò Guido al suo orecchio, ed un brivido gli attraversò il corpo.
“Lo so” mormorò di rimando mentre le mani dell’amico si spostavano a carezzargli i capelli teneramente, poi ripercorrevano tutta la colonna vertebrale fino all’osso sacro.
Dennis cercò di staccarsi imbarazzato notando l’effetto strano che gli faceva, ma Guido non lo lasciava andare. Lo stringeva con ancora più forza. Lo aveva quasi spintonato contro un muro strusciando probabilmente in modo inconsapevole il ginocchio tra le sue gambe semiaperte. Ecco, lo aveva schienato. Ma da quando c’era una parete alle sue spalle?
“Dennis…” sussurrò il suo amico, ed il ragazzo gemette impercettibilmente rispondendo all’abbraccio, le risate delle ragazze lontane, il ricordo di averci provato con Marta ormai svanito.
“Dennis…” continuò la sua voce dolce a chiamarlo “Dennis…” le labbra di Guido si mossero a sfiorargli gli occhi chiusi seguendo le tracce lasciate dalle lacrime “Dennis…!” si stava avvicinando, sempre più vicino, troppo vicino, ancora poco…
“DENNIS TASANO!! SVEGLIAAAAA!!!”.
Dennis cadde dal letto in un groviglio di coperte sotto lo sguardo perplesso della madre.
“Insomma, che diavolo stai facendo?! Non hai sentito la sveglia?! Muoviti, hai perso l’autobus! Hai dieci minuti, poi ti porto io a scuola prima che arrivi di nuovo tardi alle lezioni e le senti come l’ultima volta dal prof stronzo! Dai!! In piedi!” comandò la madre mentre lo aiutava ad alzarsi “…e…vai in bagno…ti serve…”.
“Eh?” mormorò lui assonnato guardando in basso dove gli occhi della madre puntavano con divertimento.
La reazione al sogno era ben presente e inconfutabile. Doveva di corsa andare in bagno. Imbarazzato come non mai spintonò via la madre che si portò automaticamente una mano alle labbra per mascherare il sorrisino compiaciuto.
“Tesoro, alla tua età è normalissimo! Sapessi io che sogni facevo, mi svegliavo tutta…”.
“MAMMA!”.
“Ok, ok! Sbrigati, ti aspetto giù!”.
E con un’ultima occhiata orgogliosa, sua madre lo lasciò finalmente solo con la sua vergogna. Dennis guardò sconvolto il cavallo dei pantaloni non credendo a quello che gli era capitato. Certo, non era la prima volta che aveva reazioni del genere appena sveglio, ma mai con sogni simili! Insomma…si era eccitato per…
Si infilò con rabbia le mani nei capelli strattonandoli più volte per cancellare la sensazione del sogno, ancora così reale, così presente. Inutile, non sarebbe andata via finché non fosse andato in bagno a sfogarsi. Sì, ma sfogarsi con cosa? Gettò uno sguardo allo schermo lampeggiante del suo pc lasciato acceso dalla sera prima per il download di un film. La donna da calendario così abituale non gli fece nessun effetto particolare. Si morse un labbro e, tenendo una mano sulla patta, con la mano libera sfogliò le sue foto. Andò dritto dritto nella sezione Hentai, la cartella che non guardava da tempo. Eccole lì, le sue immagini preferite, accuratamente selezionate per i momenti di emergenza come quello. Tirò un sospiro di sollievo. Quelle facevano effetto. Ora poteva andare in bagno senza paura.

La ressa di ragazzi gli si strinse attorno. Non era l’unico in ritardo quella mattina, e ne era ben contento. Magari si era verificata una strana coincidenza astrale per la quale tutti avevano avuto sogni assurdi come il suo.
“Ciao D! Anche tu tardi stamattina?”.
Dennis si irrigidì alla domanda divenendo tutto rosso in volto mentre si voltava a salutare Stef e Lilli. La fatina gli sorrise appena timida come sempre. Era da circa una settimana che cercava di parlare con lei dopo averla ringraziata per aver preso le sue difese, ma lei era disponibile a una sorta di dialogo solo se era abbracciata al suo ragazzo, come in quel momento. Gli ricordavano sempre più dei koala con quel loro modo di andare in giro in simbiosi. Dove c’era uno, c’era anche l’altra e viceversa.
“Ciao! Sì, non ho sentito la sveglia suonare e allora…” commentò lui ridendo automaticamente per minimizzare l’imbarazzo.
“Beh, allora conviene sbrigarsi o il prof ci ammazza…dove hai lezione?”.
“Sono nella 2C…” rispose guardando il palmo della mano dove aveva segnato l’ordine delle aule in cui doveva recarsi.
“Noi siamo nella 4E…pazienza, ci vediamo più tardi!”.
“Ci conto! A dopo!!” li salutò raggiante Dennis.
Dopo una settimana di amicizia e scambi di quel genere, faceva ancora fatica a crederci, ma si era abituato a quel cameratismo strano. Non aveva mai avuto nulla di simile in tutta la sua vita, ma ora secondo i suoi standard non se la stava cavando affatto male. Ora, tutto quello che gli mancava per raggiungere il vertice della sua scala di soddisfazione, era l’uscita di un nuovo videogioco che aspettava da mesi e trovare un ragazzo…a! Ragazza!
Dennis si diede una botta in testa. Ma che diavolo gli capitava?! Ragazzo?! Lui era uomo. Uomo vuole donna. Donna vuole uomo. Uomo vuole uomo, sbagliato! Uomo vuole donna! Trovare donna! …e adesso perché stava pensando come un cavernicolo…?
“Ciao D! Anche tu in ritardo?”.
“Ciao Marta! Non ho sentito la sveglia stamattina! La prossima lezione è nella 2C, vieni con me?” domandò Dennis ridendo nervosamente. Cominciava a diventare un’abitudine.
“mmm…ok!” rispose Marta sorridendo raggiante. Indossava un cerchietto arancione con motivi di fiori, abbinato con una cintura dello stesso tipo. Per il resto era vestita come al solito: con le prime cose che le erano capitate in mano al mattino. O almeno così diceva lei. Per lui era vestita sempre benissimo.
“Non hai lezione?” domandò lui perplesso ricordando qualcosa a proposito di un recupero.
“Sì, dovrei fare inglese, ma chissene…andiamo!”.
Marta lo prese con tutta tranquillità a braccetto di fronte a metà scuola, e si avviò con lui a passo di marcia in classe. Non le importava nulla di quello che pensavano gli altri, non le importava che la vedessero con lui. Dennis sorrideva come un idiota. Non si era mai sentito così bene prima. Oggi doveva chiederle quella cosa…doveva chiederle quella cosa. E se lei avesse reagito come nel sogno…no, non ci credeva. Lei non era così insensibile. Lei non avrebbe mai fatto una cosa così cattiva, gli avrebbe al massimo spiegato che gli piaceva già qualcun altro. Già, doveva di certo essere così. Però era sempre così gentile e disponibile con lui, lo accompagnava volentieri, aveva continui contatti come quel braccio che stringeva il suo…che profumo era? Aveva comprato una nuova boccetta? Non sapeva di caramello, era qualcos’altro. Beh, poi magari se lei avesse detto di si avrebbe potuto chiederle che profumo aveva…o prima? Certe cose si chiedono prima o dopo aver invitato la ragazza dei tuoi sogni ad un appuntamento con te, lo sfigato del gruppo? Gruppo…ah, era dentro un gruppo. Che bella parola gruppo! Bella quasi quanto amico. E a proposito di amico…non è che a Marta piace Guido? Insomma, li ho visti spesso litigare, si punzecchiano di continuo, battutine a non finire…si conoscono da parecchio. Come sarà il suo ragazzo ideale? Di certo dev’essere Guido. A tutti piace un ragazzo come Guido. Anche a me piace un ragazzo come Gui…
“Ehi D! Ti siedi?!”.
“Eh…? Ah, scusa!”.
Dennis prese posto. Si era come al solito perso nel suo mondo mentale. E ultimamente il suo mondo mentale lo stava portando in direzioni non proprio limpide. Stupido, stupido, stupido! Hai una ragazza stupenda che ti siede accanto e tu vai a pensare a cose del genere?! Insomma, sei un ragazzo perfettamente normale…problematico, ma normale. Sfigato ma normale. Vergine, ma normal…ok, adesso basta, è meglio seguire la lezione…
In realtà a seguire la lezione non ce la fece proprio. Dopo cinque minuti circa, la ragazza al suo fianco cominciò a tormentarlo con bigliettini in cui disegnava figure simili ai manga. Era brava a disegnare. Ne fece alcune davvero esilaranti che per poco non lo fecero scoppiare a ridere di fronte a tutti, specie le caricature del prof con qui suoi occhialini messi sulla punta del naso, o delle volte che rischiava di scivolare piombando sulle prime file che ogni volta trattenevano il fiato per la paura di venire travolte dalla sua mole imponente. Era davvero simpatica Marta, stava fin troppo bene in sua compagnia. Era ora di darsi una mossa, o qualcun altro avrebbe potuto avere la sua stessa idea e farsi avanti…e allora non se lo sarebbe mai perdonato. Che diavolo, era un uomo! E gli uomini fanno cose come invitare le ragazze! Doveva solo prendere un bel respiro e…
Il dito affusolato di Marta si insinuò senza essere visto sotto il banco fino a punzecchiare un fianco ossuto del ragazzo che saltò sulla sedia rovesciando l’astuccio. La sua matita preferita rotolò penosamente giù fino alle prime file. Impossibile recuperarla senza farsi notare, così come era impossibile che qualcuno non la raccogliesse prima della fine della lezione. La sua matita preferita era perduta per sempre. Dennis poggiò la testa sul banco mentre si teneva il fianco offeso, indeciso se maledire l’amica o la sua distrazione. Sapeva che a Marta piaceva giocare, non era la prima lezione che faceva con lei accanto, ma stavolta ci era andata davvero pesante per i suoi gusti. La sua matita preferita…dopo tutto quello che aveva fatto per ottenerla! La sua piccolina, orgoglio dell’astuccio! Come avrebbe fatto senza il suo adorabile e inconfondibile odore? Senza la sua solida presenza tra le dita? Senza quella sua scritta in rosso diabolico…?
“Mi perdoni, mi è scivolata…” la voce di Marta proveniva dalle prime file. La ragazza si trovava a pochi metri dal prof che la guardava accigliato mentre raccoglieva la matita e la porgeva alla giovane. Una sorta di inchino di ringraziamento. Ecco, adesso stava risalendo le lunghe scale sotto lo sguardo esaminatore di tutti. Se avesse potuto le sarebbe saltato al collo per ringraziarla pubblicamente dell’atto di coraggio. Lui avrebbe di gran lunga rinunciato alla ricerca, avrebbe abbandonato la matita al suo destino pur di non mettersi in mostra di fronte a tutta quella gente e al prof. Marta si sedette tranquilla al suo posto giocherellando distratta con la matita, un rossore diffuso sulle guance. Era la sua eroina.
“Ehi” sussurrò Dennis sorridendole, il volto in fiamme “che ne dici se…insomma…ti va di andare a fare un giro dopo…sempre se non hai nulla da f…?”.
Marta si voltò verso di lui tranquilla, la matita ancora in bilico a rischio di cadere di nuovo mentre se la passava come una giocoliera tra le dita da artista. Sorrise. Stava sorridendo, non rideva. Era già un buon segno. Ecco, si accostò al suo orecchio. Dennis si protese verso di lei per facilitarle il compito mentre sentiva i battiti del cuore accelerare inesorabilmente. Se continuava così sarebbe morto d’infarto prima di aver ottenuto la risposta. La risposta…cosa gli avrebbe detto? Oddio, perché le aveva fatto una proposta tanto seria in modo così impacciato?! Stava balbettando, lo sapeva che stava balbettando! Doveva essere sembrato patetico, uno stupido ragazzino patetico senza spina dorsale, con tante paranoie e ambizioni irraggiungibili. Lui, lo sfigato, uscire con una spigliata come Marta! Ma che gli era venuto in mente?! Avrebbe fatto meglio a restare a casa quel giorno a tormentarsi per il sogno che…tormentarsi per il sogno che…tormentarsi…basta pensieri porno, basta pensieri porno, basta pensieri porn…
“…ehi? Dove vuoi andare?”.
“Eh?” nella sua confusione mentale non si era nemmeno reso conto che gli aveva risposto. E probabilmente in modo affermativo. Se, come no, meno fantasie! Quando mai una ragazza ti risponderà in modo affermativo ad un invito a uscire con te, tu sei uno sfigato e resterai sempre uno sfigato che fa sogni osceni con l’unico amico vero che gli si sia presentato davanti da una vita…basta pensieri porno, basta pensieri porno, basta…
“EHI?! Ho detto che va bene, non devo fare nulla dopo le lezioni. Devi andare da qualche parte in particolare?” la voce di Marta era leggermente salita di tono per farsi sentire. Dennis sobbalzò sulla sedia, ma riuscì ad acciuffare la matita prima che ricadesse di nuovo dal banco.
“N…no, nessun posto particolare…hai in mente qualcosa?” domandò, la voce più alta di parecchi toni rispetto al solito. Era uno sfigato, il solito idiota, non avrebbe mai dovuto chiederle di uscire senza sapere dove portarla, doveva prepararsi prima, prenotare un ristorante magari…ma le ragazze si portavano ancora al ristorante? O doveva portarla in un McDonald? Cavolo, non aveva la minima idea se preferiva un panino o un piatto di pasta allo scoglio come prima uscita…
“Dovrei girare un paio di negozi, se non ti dispiace…” mormorò lei agitando una mano davanti agli occhi di Dennis per essere sicura di essere sentita.
“BENISSIMO! ANDIAMO!” quasi urlò lui saltando in piedi mentre metteva via la sua roba.
“Ma…e la lezione? Manca ancora più di mezz’ora a…”.
“ANDIAMOOOOOO!” riprese lui quasi costringendola ad alzarsi in piedi dopo aver frettolosamente preso tutte le sue cose. Aveva dimenticato qualcosa? No, non gli pareva. Nella fretta lo zaino gli scivolò di mano cadendo a terra. Cercò di raccoglierlo. Gli scivolò di nuovo. Dalle prime file si sentì la voce grave del prof.
“Insomma, l’abbiamo capito che non vedeva l’ora di andarsene, quindi se deve uscire lo faccia almeno in fretta e in silenzio!”.
“Scusi!” risposero in coro Marta e Dennis uscendo dall’aula, il viso come lava pura.
Fuori dalle porte si guardarono per un lungo istante…e scoppiarono a ridere. Erano due idioti.
“Andiamo, avanti! C’è un posto qui vicino che fa degni gnocchi favolosi e io ho le riduzioni!”.
“Perfetto!”.
Marta lo prese a braccetto con la solita naturalezza, ed il cuore di Dennis perse un battito. Cavolo, quella ragazza stupenda era al suo fianco, camminava con lui verso un posto dove si mangia, una sorta di ristorante da quello che aveva capito. Loro due da soli. Figo!
Si misero a parlare del più e del meno mentre dall’aula del prof burbero usciva ben prima dell’orario un altro studente che li guardò allontanarsi perplesso, tra le dita una matita con una scritta inconfondibile.

Sospirò di sollievo tenendosi beatamente la pancia piena, e Marta ridacchiò imitando il gesto. Gli gnocchi di quel posto vicino alla stazione dei treni erano davvero una meraviglia, era sinceramente pentito di non averlo scovato9 prima. Era un ristorantino delizioso. Alle pareti aveva stampe di altri tempi, i camerieri erano simpatici e la padrona di casa era personalmente uscita a salutarli non appena avevano varcato l’ingresso…probabilmente anche perché Marta era una frequentatrice assidua e la donnona con il grembiule la conosceva da quando era piccolina. Figurarsi che tra le foto appese dietro il bancone figurava una di Marta da piccola in braccio a sua madre, i boccoli biondi da angioletto in contrasto con il viso imbronciato. Dennis era rimasto talmente tanto incantato a guardare quella immagine che la ragazza aveva di nuovo dovuto scuoterlo. Sicuramente aveva fatto la figura dell’addormentato, ma era così carina da piccola! Quasi com’era carina adesso…
“Guarda!” Marta lasciò il suo braccio per scattare di corsa in avanti.
Dennis la osservò correre verso un cartellone pubblicitario di un film sistemato in bella mostra all’ingresso di un piccolo cinema. Gli occhi della ragazza brillavano mentre guardava gli schizzi di sangue su sfondo nero. Accidenti, era un’amante dell’horror macabro. Il suo accompagnatore guardò sconsolato il contenuto del portafogli che teneva in tasca. Venti euro giusti. Prima Marta aveva insistito per offrire il pranzo. Ora lui doveva offrire il cinema. Avanzò verso l’entrata a capo chino attendendo la mazzata del cassiere.
“Tre!” parlò prima di lui una voce alle sue spalle.
Dennis si voltò di scatto per trovarsi di fronte un sorridente studente del primo anno di elettronica dai capelli adorabilmente spettinati e lo sguardo sornione.
“E tu che ci fai qui?!” scappò dalle labbra di Dennis mentre vedeva la fronte dell’amico corrucciarsi. Ecco, lo aveva offeso. Era un idiota. Il suo primo (oltre che unico) amico e lui lo faceva arrabbiare. Che imbecille, che maleducato! Ma che gli era saltato in mente!
Il volto di Dennis si fece paonazzo mentre faceva di tutto per non guardare Guido negli occhi. Accidenti, non pensava che avrebbe reagito in quel modo di fronte a lui, ma se lo guardava rischiava di fissarsi sulle sue labbra e allora…basta! Insomma, un minimo di serietà ragazzo! Sei in giro per un appuntamento con una ragazza favolosa che non ti ha riso in faccia come nei tuoi incubi, e per caso hai incontrato il tuo amico che non ti sta baciando come nei tuoi sogn…incubi. Era un incubo. Concentriamoci sul fatto che era un incubo.
“Ciao Prete!! Vieni con noi???? Daiiii!!!” Marta saltò al braccio di Dennis come aveva fatto praticamente tutto il tempo che erano stati insieme, e Guido le scoccò un’occhiata impossibile da classificare “Lo so che ti piacciono gli horror! Dai, andiamo! E poi è una bella occasione!!” continuò la ragazza facendogli l’occhiolino.
“Buona occasione…per cosa?” uscì spontaneamente dalle labbra di Dennis che continuava a guardare prima uno, poi l’altra in cerca di spiegazioni. Ne dicevano di cose assurde quei due, specie in sua presenza…e specie con vaghi riferimenti sul suo conto. Ma Marta sorrideva felice e Guido non sembrava avere ancora intenzione di alzare le mani, quindi andava tutto bene.
“Buona occasione per vedere questo film, era da un po’ che ci pensavo…” replicò a denti stretti l’amico guardandoli male “ma non vorrei…”.
“Ormai hai preso tre biglietti! Grazie per il cinema!” bloccò ogni protesta Marta mentre afferrava un braccio di Guido e lo trascinava avanti, oltre la biglietteria, mentre l’uomo alla cassa li inseguiva per dar loro i biglietti che avevano dimenticato.
“Qui, D!!” si sbracciò Marta all’interno della sala dopo aver trovato i loro posti numerati. Guido lo seguiva quasi di malavoglia. Sapeva perché non voleva entrare con loro. Avrebbe dovuto capirlo prima, era stato un idiota a non rendersi conto della realtà dei fatti. Era così evidente! Guido era ancora risentito con lui per quel commento scappato improvviso prima di entrare. Ma lui era così sorpreso di vederlo! Non poteva certo immaginare che lo avrebbe trovato davanti a loro…così come non avrebbe mai immaginato che anche lui sarebbe andato a mangiare gli gnocchi quel giorno. Da solo poi. Che strano. Però aveva avuto il tatto di lasciarli in pace, nonostante Marta lo avesse invitato al loro tavolo. Se ne era rimasto in disparte a gustarsi con attenzione morbosa un piatto di gnocchi sui quali aveva versato abbondante formaggio dopo averlo chiesto ad una cameriera particolarmente carina che gli aveva sorriso tutto il tempo sculettando mentre tornava verso il bancone. Era strano come a volte si ricordava così tanti particolari. Di solito aveva una memoria del cavolo.
“Ssh!” sussurrò Marta, e le luci si spensero come per il suo comando, mentre la ragazza posava nel buco apposito il bicchiere di Coca Cola.
Dennis allora si guardò attorno realizzando di essersi seduto. Che Marta era alla sua sinistra e gli stringeva un braccio in preda all’eccitazione da film. E che Guido era alla sua destra e gli porgeva con fare invitante una busta di popcorn presa chissà quando, mentre i braccialetti che aveva al polso tintinnavano rumorosamente cozzando l’uno contro l’altro, acciaio contro acciaio, i decori tribali che brillavano in modo sinistro al buio.
“D, comincia!!”.
Dennis si voltò appena in tempo per vedere uno schizzo di sangue investire lo schermo enorme del cinema. Erano in posizione ottimale, al centro, né troppo avanti né troppo indietro, e gli schizzi di sangue erano resi così…bene…anche il suono della testa spaccata in due era reso così…bene…affondò la mano nel sacchetto di popcorn ancora teso verso di lui e cozzò contro quella di Guido che vi si stava insinuando in quel momento. I due ragazzi si ritrassero entrambi di scatto, come se dentro il sacchetto ci fosse una tarantola. Marta accanto a loro scalpitava sulla sedia [n.a. non stava guardando il film].
“Scusa…” mormorò imbarazzato Guido evitando accuratamente di guardarlo in volto. Non che ci fosse poi molta luce per poter guardare in volto la persona accanto, in quel momento lo schermo, unica fonte di luce a parte i neon delle scalinate in lontananza, era desolatamente nero, preludio a un altro schizzo di sangue. No…non era uno schizzo di sangue. Era una sostanza grigiasta di materia organica scoppiata sulla telecamera a seguito di un’accetta diretta al volto della vittima di turno. Ecco, così era più facile da sopportare, se analizzava le scene con logica era tutto più facile. Molto più facile. Altro schizzo di sangue. Ok, cominciava a sentirsi male.
Dennis affondò un’altra volta la mano nel sacchetto di cibo e fortunatamente non incontrò resistenze carnose. Guido pareva preso dal film, forse cercava di capire qualcosa della trama, sempre se c’era una trama. Il ragazzo si voltò a guardare Marta, tutta interessata, che osservava con una luce sadica negli occhi la giovane donna, ultima vittima del pazzo di turno, che si contorceva nel tentativo di liberarsi dalle corde che la tenevano legata al letto. Da dove era uscito quel letto? Magari in una delle scene in cui aveva tenuto gli occhi chiusi. Ecco, il maniaco si stava avvicinando a lei. La guardava senza sorridere. Era serio, troppo serio. Adesso la spappolava, era ovvio che la spappolava, questi film hanno tutti la stessa trama orripilante che prevede che lo spettatore debba osservare con minuziosi particolari gli organi interni dei figuranti, almeno un organo o almeno un taglio profondo…questa scena era incentrata sul taglio profondo…oddio, cosa è quella cosa?! Anche la ruggine ci hanno messo per farla più schifosa questa scena?! …no, fermo…no…non avvicinarti! Stalle lontano! Assassino! Insomma, perché non arriva quell’impedito del suo ragazzo a salvarla?! Si sta ancora pomiciando con la sorella del killer nell’altra stanza?! Ah no, è vero, è già morto, la tipa gli ha strappato la lingua a morsi e poi lo ha sventrato a partire dall’inguine…oh, belle tette…ma che cazz vado a pensare? Quella sta per essere maciullata da un sadico assassino pervertito e io mi interesso alle parti anatomiche messe in mostra per…ooooooh! Ti credo che hanno preso una modella per questa parte, le ha strappato di dosso tutto quello che poteva e…no…oddio, non vorrà…CHE SCHIFOOOO!!!!!!!
Marta accanto a lui sulla sedia sobbalzò improvvisamente quando il coltello dell’assassino affondò di due dita nell’ombelico della ragazza e prese a scuoiarla con tutta calma. Forse quella vista era troppa anche per lei. Fatto sta che il bicchiere che aveva in mano la ragazza sobbalzò improvvisamente seguendo i suoi movimenti ed il liquido appiccicoso della Coca Cola fuoriuscì andando a posarsi con schizzi quasi mirati sui pantaloni di Dennis che strillò per la sorpresa non avendo visto la mossa a causa degli occhi che aveva serrato con violenza poco prima di vedere i muscoli del ventre scoperti dalla scuoiatura. Dall’altra parte Guido, sorpreso per l’improvviso strillo dell’amico, saltò anche lui lasciandosi sfuggire di mano il sacchetto vuoto a metà che con una parabola perfetta rimbalzò sulla testa di Dennis rovesciandosi addosso al povero ragazzo. Orami l’attenzione del pubblico non era più per la scena raccapricciante sullo schermo, ma per quel ragazzo coperto di popcorn e con un’evidente macchia di bagnato sul davanti dei pantaloni, che strillava coprendosi gli occhi con entrambe le mani.
“Oddio, mi dispiace!” si scusò Marta cercando intanto di non perdersi il film. [n.a. se se, le dispiace, angioletto lei]
“Maledizione! Bisogna lavare prima che resti la macchia…e bisogna toglierti quei cosi dai capelli…avevi messo del gel per caso? Accidenti, prima che si impasti tutto!” commentò Guido irritato alzandosi in piedi.
“No, non import…” ma Dennis non aveva poi molta voce in capitolo.
Nonostante non desiderasse attirare altra attenzione su di lui oltre al ridicolo ottenuto con quella loro scenetta comica, dovette alzarsi in piedi scatenando una pioggia di popcorn sul pavimento, e seguire Guido fuori dalla fila passando davanti ad alcune coppiette che si sbaciucchiavano come se nulla fosse, ma che si concessero una risatina a vedere come era conciato, prima di riprendere dove avevano interrotto. Quelle erano cose da fare al cinema, almeno secondo i forum a cui aveva dato un’occhiata nei giorni scorsi. Avrebbe dovuto prendere per mano Marta durante il film, o passarle un braccio attorno alle spalle. Poi in una scena spaventosa lei avrebbe dovuto casualmente abbracciarlo riparandosi contro di lui e a lui sarebbe spettato consolarla con una frase a effetto tipo “non ti preoccupare, ci sono io con te, bambina” o una cosa simile…e poi avrebbe potuto…baciarla…e…poi…sì, ma comunque non ritrovarsi a correre in bagno con Guido che gli teneva una manica e gli diceva di sbrigarsi prima che la macchia diventasse più evidente!
Entrarono nel bagno dei maschi e Dennis poté ammirare la pienezza del disastro nel grande specchio, disastro completato dal suo volto rosso come l’estintore per la sicurezza appeso fuori dalla porta.
“Vieni qui, bisogna bagnare la macchia o ti resterà sul serio il segno e lì…beh…ecco…sembra…oh, vieni qui che te la tolgo!”.
Alle parole di Guido, Dennis indietreggiò rapido di alcuni passi. Cosa voleva fare?! Lavargli i pantaloni?! Cioè…doveva spogliarsi davanti a lui? Con il rischio di…no! No no no! È impossibile che capiti una cosa del genere nella vita reale, non può essere, è scientificamente provato che sono etero, e se sono etero è impossibile che una situazione come questa mi faccia effetti strani. Sono in bagno con un amico perché mi sono sporcato al cinema con la Coca Cola. Va tutto bene. Il mio amico vuole solo aiutarmi. Va tutto bene. E tu lì sotto stai fermo!
Guido lo afferrò per un polso e lo portò davanti ai lavandini.
“No…aspett…IO NON LEVO I PANTALONI!!” urlò il ragazzo quasi isterico cercando di sfuggire alla presa dell’amico. Guido lo fissò interdetto dal basso verso l’alto con un’espressione a metà tra l’offeso e lo sconvolto.
“E perché dovresti toglierli?!” domandò con voce stupita mentre bagnava un fazzoletto con l’acqua, fissando intanto la patta dei pantaloni oggetto del problema.
Dennis non seppe cosa rispondere ad una cosa simile, e perse l’occasione buona per scappare definitivamente in bagno e chiudersi dentro prima che le mani di Guido lo toccassero sulla stoffa rigida dei jeans manipolando l’alone come se niente fosse. Non era un bambino, quello lo poteva fare lui! Insomma, erano i suoi pantaloni, e il corpo interessato delle attenzioni delle mani di Guido era il suo, quello di un ragazzo, quindi avrebbe fatto meglio a occuparsene personalmente…anche perché il corpo maschile era decisamente più incline a figuracce di quello femminile…e poi…insomma…quelle dita cominciavano a essere un po’ troppo…no, era solo una sua impressione, Guido non avrebbe mai…
Come un flash, gli tornò in mente il sogno. Guardò alle sue spalle e notò una parete bianca candida, esattamente come quella del sogno. Guardò davanti a lui e vide un termosifone esattamente come quello del sogno. Osservò i vestiti di Guido e notò che erano esattamente come quelli del sogno. Sudore freddo prese a scorrergli lungo la schiena mentre osservava la testa di Guido vicina alle sue parti più segrete, ora così esposte, e le sue mani che carezzavano insistentemente. Dennis prese un respiro profondo, quasi un sibilo prolungato, e la testa di Guido si allontanò di alcuni centimetri per alzarsi verso di lui. Sorrideva.
“Ho quasi finito, ancora un po’ di pazienza!” disse senza smettere di sorridere mentre bagnava ancora il fazzoletto e riprendeva il lavoro monotono di pulitura, sfregando, insistendo, sempre e comunque. Dennis artigliò il bordo del lavello per non perdere l’equilibrio. Non avrebbe mai dovuto permettere che una cosa simile accadesse. Insomma, lui era nel corso di un appuntamento con Marta, non poteva certo lasciare che un ragazzo lo eccitasse, anche se era Guido, e quel collo teso verso di lui con i muscoli in rilievo assieme alla sensazione del suo fiato caldo lo stava facendo diventare matto.
Guido si staccò improvvisamente dalla zona e Dennis vacillò. Ce l’aveva fatta, era ancora in piedi e non aveva avuto segnalazioni troppo esagerate. Andava tutto bene. Ce la poteva fare.
“Accidenti, ti sei macchiato per bene anche la maglia! Marta è un disastro, se dovesse restare l’alone falle pagare il conto!”.
“Il conto di che, stai lavando tu…” mormorò di riflesso Dennis.
Bene, era riuscito a spiccicare parola, questo voleva dire che poteva riprendere il controllo delle sue sensazioni. Sbagliato. Perché quando la mano di Guido si insinuò sotto la sua maglia per poter agire meglio sulle chiazze di liquido, il suo cuore perse alcuni battiti preziosi. Le mani del suo amico erano fredde, ma non era quello il problema. Il vero guaio era dato dal contatto della pelle di lui con quella del suo petto sensibile. Inutile tentare di nasconderlo, i capezzoli erano bene in vista, se ne sarebbe accorto chiunque, e anche più in basso stava facendo pericolosamente effetto. Ma almeno il suo amico non era più inginocchiato, era solo chinato leggermente per poter vedere meglio le macchie ancora presenti sulla maglia, tutto bene, tutto a posto, tutto…Guido fece per chinarsi di nuovo, stava quasi per poggiare un ginocchio a terra, gli occhi che si abbassavano inesorabilmente verso il punto più delicato e sensibile, il ventre vagamente rotondetto di Dennis che prese a rabbrividire senza controllo. Guido se ne accorse e mal interpretando spostò la levetta dell’acqua da fredda a calda. Ma le cose non migliorarono per il povero Dennis che lasciò il lavello per afferrare con forza i capelli di Guido, in un gesto del tutto non calcolato. Guido si fermò di botto dal suo lavoro e tornò a guardarlo in volto, ma Dennis non poteva vederlo perché aveva gli occhi semichiusi. Il ragazzo inginocchiato si alzò in piedi a fatica, contrastando la pressione dei palmi di Dennis che lo spingevano verso il basso.
Dennis finalmente aprì gli occhi e si trovò davanti il volto di Guido in atteggiamento neutro, come se ritrovarsi con le mani di un proprio amico ficcate nei capelli ed il suddetto amico in stato confusionale con un’evidente reazione fisica, fosse la cosa più normale del mondo.
“Dennis…” sussurrò Guido mentre il ragazzo imbarazzato staccava le mani dai suoi capelli per posarle di nuovo sul lavello, un punto di precario equilibrio in quello strano vortice che lo confondeva facendogli provare cose per lui di una vergogna strisciante. Le mani di Guido gettarono con noncuranza i fazzoletti bagnati nel cestino pieno del bagno, collocato sotto i lavelli. Si asciugò le mani sui propri pantaloni. Poi quelle stesse mani dalle dita armoniose si alzarono a sfiorargli i capelli sui quali aveva messo del gel per farli stare più o meno a posto, un dettaglio che lo aveva tanto fatto sentire uno stupido quella mattina prima di uscire di casa. Le unghie di Guido rasparono contro la colla di bellezza, mentre il respiro del proprietario dei capelli si mozzava ulteriormente. Meno male che non era affetto da asme particolari o sarebbero stati guai.
“Dennis…” sussurrò ancora Guido, mentre sfiorava dolcemente il mento di Dennis. Ecco, ora l’avrebbe afferrato come nel sogno, abbracciandolo con gentilezza, e poi…e poi…
Dennis chiuse di nuovo gli occhi attendendo quel bacio che avrebbe messo fine alla sua amicizia con Guido. Sì, perché dopo un bacio del genere, non si poteva più essere amici, era impossibile essere solo amici, bisognava…cosa? Erano due ragazzi in fondo, e tra due ragazzi non poteva esserci altro che amicizia e rispetto. Sì, ma se ci scappava il bacio, cosa voleva dire? Questo non lo aveva letto nei forum in cui era stato. Magari doveva allargare il campo. Ma che diavolo pensava adesso?! Allargare il campo?! Lui mica era gay!! E di nuovo il pensiero del sogno, pressante, gli ricordò quanto la scorsa notte avesse in realtà sognato le labbra premute contro le sue. Ma voleva le labbra di Guido in particolare, o gli bastava la sensazione di essere amato? Perché aveva scelto di uscire con Marta se non perché era la ragazza con la quale avrebbe avuto più possibilità? No, se avesse dovuto scegliere la persona con la quale avrebbe avuto più possibilità, avrebbe dovuto scegliere Guido. In fondo con il suo amico stava già per accadere qualcosa in discoteca, lui non si ricordava molto, ma la sua pelle ricordava il contatto di quella dell’altro ragazzo e…
“Dennis…hai dei popcorn tra i capelli, smettila di agitarti!”.
Dennis aprì gli occhi dandosi dell’imbecille alla ventesima potenza. Chinò ubbidiente il mento come cercava di fargli fare da parecchi minuti l’amico, mentre gli levava i residui dei fiocchi incollati con il gel.
“Mi spiace, non ho un pettine…temo che te ne troverai fino a stasera di questi pezzetti stronzi, non si levano proprio…”.
“Non importa, va benissimo così…grazie Guido…” mormorò di rimando Dennis, le mani ancora tenacemente aggrappate al lavello.
“Bene…andiamo? La maglietta e i pantaloni dovrebbero asciugarsi per la fine del film. Torniamo da Marta prima che la sua sete di sangue esagerata ci costringa a vedere un altro film del genere…ti costringa a vedere…”.
“Vai pure avanti tu, io…devo andare in bagno!”.
“…oh…ok. Ci vediamo tra poco…”.
Guido uscì dal bagno lasciando Dennis da solo. Non appena l’amico fu uscito, Dennis si lasciò andare sul pavimento afferrandosi a coppa i genitali. Gli stava accadendo qualcosa di molto strano. Per poco si mise a piangere. Il suo corpo lo stava tradendo, non faceva quello che il cervello comandava. E Guido…beh, lui se n’era accorto. Insomma, l’occhiata che gli aveva lanciato prima di uscire era un qualcosa di inequivocabile. Si sarebbe sentito in imbarazzo a vita per una cosa del genere. Probabilmente ora stava raccontando tutto a Marta e la ragazza rideva di lui, della sua confusione, del suo non capire. Quello che gli mancava era l’esperienza, non era colpa sua se era digiuno in quel campo, se nessuno a parte lui aveva toccato il suo corpo da parecchi anni, da quando sua madre aveva smesso di fargli il bagnetto! Sentì dei passi provenire dal corridoio esterno, spaventato si alzò in piedi di corsa e si infilò in uno dei box chiudendosi dentro prima che alcuni ragazzi entrassero. Doveva essere la pausa del film. c’era parecchia gente dentro ora. E lui era ancora in quelle condizioni. Si sentiva un verme.
Con la morte nel cuore, Dennis slacciò la zip umida e osservò la scena che il suo organo esterno in azione offriva. Non poteva che fare quello che aveva fatto la mattina e sperare che non gli capitasse più. Oppure poteva chiamare Guido e chiedere di…
Dennis si afferrò con forza e rabbia, utilizzando una rudezza che non era da lui. Pochi istanti e venne schizzando il bagno, mordendosi le labbra per soffocare ogni suono, mentre i ragazzi dietro la porta chiusa rideva tra loro prima di uscire di corsa per riprendere i loro posti a sedere. E lui lì, dentro quel bagno, a soffocare l’amarezza di non essere un vero uomo, di non poter resistere nemmeno al tocco di un proprio amico. Specialmente al tocco di un proprio amico. Del suo unico amico. Non poteva permettersi di perderlo per una cosa come gli ormoni e l’istinto animale.
Si pulì con la carta igienica, gettò il tutto nel water e tirò l’acqua più volte. Da fuori qualcuno bussò.
“Dennis, tutto ok?” chiamò la voce preoccupata di Guido. Non vedendolo arrivare era venuto a cercarlo. Se fosse arrivato qualche istante prima avrebbe potuto…
Dennis uscì dal bagno con un sorriso colpevole che non era da lui.
“Tutto bene? Se ti senti così male ti porto a casa…” disse il suo unico amico posandogli una mano sulla spalla.
“Male?” mormorò Dennis aggrottando le sopracciglia mentre sentiva con dolorosa presenza il contatto attraverso la maglia ancora umida di acqua.
“Quei popcorn non erano esattamente freschi, me ne sono accorto mentre te li toglievo dai capelli. Pensavo che ti avessero fatto mal di stomaco, per quello non tornavi più indietro, Marta si stava preoccupando e mi ha rispedito a cercarti…stai bene? Ti porto a casa? La mia macchina non è tanto lontana…”.
“No! Grazie! Sto bene adesso, molto bene! Andiamo, non vorrei perdermi le scene migliori!”.
A dire il vero avrebbe preferito di gran lunga andarsene che rientrare in quella sala. Ma in quella sala c’era Marta, oltre all’ennesimo schizzo di sangue. E Marta era la sua candidata fidanzata. E lui voleva una fidanzata. Ne aveva un estremo bisogno. Non solo per uscire dallo status di sfigato, ma anche per ritrovare un equilibrio che non sapeva di non avere mai realmente avuto.
“Oh! Finalmente! Vi siete persi la morte dell’amica della tipa, lei è stata buttata da una finestra chiusa e quando è precipitata si vedevano tutti i vetri conficcati nella camicetta bianca!” li salutò Marta con un sorriso, la Coca Cola finita poggiata da parte, dimenticata.
Che peccato, si erano persi quella scena. Che peccato che il film non si era concluso con quella scena.

“D, tutto bene? Da quando siamo usciti da quel cinema sei stranamente pensieroso…”.
La voce di Marta come sempre lo riportò alla realtà. Si era di nuovo perso nelle sue pare mentali. Era ora di darci un taglio a quella brutta abitudine, rischiava di perdersi battute importanti.
Sorrise ed annuì vigorosamente mentre le porte dell’autobus si richiudevano dietro di loro, saliti alla fermata del 7, pronti a rientrare ognuno nelle loro vite ordinarie, separandosi in quell’autobus da amici, così come vi erano saliti. Beh, lui non voleva separarsi da semplici amici. Lui voleva una ragazza! Una ragazza sua, da stringere per sentire il morbido corpo caldo ricambiare il suo calore, da baciare per avvertire il suo stesso desiderio su labbra altrui, da guardare per…
“Dennis?” mormorò di nuovo Marta passandogli una mano davanti al volto, velocemente, per richiamare la sua attenzione. Quella mano era bianca, dalle unghie ben tenute, dalle dita affusolate d’artista. Mani simili alle sue.
“Tutto ok, stavo solo pensando…”.
“Al film? Bello, vero?!” commentò entusiasta Marta poggiandosi con tutto il corpo alla parete in fondo, l’autobus pieno impediva la possibilità di sedersi anche uno sull’altro come aveva proposto la ragazza prima di salire avendo notato la ressa. Ricordando quel particolare, Dennis arrossì e abbassò lo sguardo.
“No, non pensavo al film…cioè, si che ci ho pensato, ma…” bofonchiò imbarazzato mentre afferrava il metallo laccato di rosso per non perdere l’equilibrio a causa di una frenata.
“Ah…sei sicuro di star bene? Sei pallido…” insistette Marta sullo stesso filone. Ma perché tutti dovevano chiedergli se era malato, stava benissimo, stava solo cercando di avere una ragazza! Sapeva che era difficile, ma non immaginava così tanto complicato e con popcorn e Coca Cola e Guido e bagni e…scosse violentemente il capo per calmarsi.
“Sto benissimo! Ci ho pensato parecchio e c’è qualcosa che…ecco…ti devo confessare che io…io…non devi prendertela a male, non è poi così grave se tu non…quello che cerco di dire è che a me piace…piac…”.
Lo sguardo di Marta si era andato modificando durate il discorso maldestro impostato a caso dal povero ragazzo in confusione che artigliava il freddo metallo del tubo per sostenersi: da perplessa, a vagamente stupita, a sinceramente preoccupata, per poi soffermarsi su quello strano sorrisino, tra il dispiaciuto e l’imbarazzato. Ecco, ora l’avrebbe rifiutato. Non era riuscito neanche a dichiararsi, e già lei lo metteva con le spalle al muro. Colpo basso sotto la cintura, stava per venire scaricato prima ancora di cominciare. Altro che sfigato, quello batteva ogni record di umiliazione.
“Ma perché non me l’hai detto prima..?” sussurrò Marta accostandosi al suo naso. In un’altra occasione sarebbe stato felicissimo, sarebbe stata l’occasione perfetta per baciarla, ma non con quell’espressione ansiosa. Era tutto sbagliato. Questo non era la sua fantasia, era il suo incubo ma molto più doloroso, e non c’era Guido a prenderlo tra le braccia stavolta per consolarlo.
“Io…io non…non potevo…” che idiota, cosa si era messo in testa! Che Marta potesse amarlo come si era aspettato era una cosa fuori dal comune, non esisteva neanche nella sua realtà virtuale che accadesse una cosa simile…anche se ci aveva sperato fino all’ultimo. In fondo era Marta, e lui non aveva sentito dire da nessuno che avesse già un ragazzo. Ma magari il suo ragazzo era Guido. Certo! Ecco perché li aveva seguiti, Marta era una sua proprietà! E lui l’aveva invasa! Aveva offeso in un colpo solo la sua unica vera amica e il suo unico vero amico. Che gran coglione!
“Ma perché no? Se solo me ne avessi parlato prima…”.
“No, io non…”.
“Avrei potuto fare qualcosa…”.
“Veramente…non devi sentirti in colpa per…”.
“Non ti avrei mai forzato…”.
“No, non mi hai forzato a fare nulla, sono io che…”.
“Insomma, se i film horror non ti piacevano, potevi confessarlo prima! Non saresti il primo a cui fanno senso le scene di omicidi brutali con squartamenti!”.
Era una sua impressione o era calato un silenzio di tomba in quell’autobus? Per poco non perse l’equilibrio cadendo all’indietro su una donna con sua figlia in braccio. Film. Stava parlando del film. Come sempre la testa di Marta seguiva ragionamenti tutti suoi che nessun essere umano era in grado di seguire. La ragazza stava ancora parlando scusandosi per averlo costretto a passare il tempo con lei, per averlo trascinato in un cinema con lei, per avergli rovesciato la Coca Cola addosso, per essere invadente, per…
“…lo so che sono una rompi, ma se nessuno mi dice di fermarmi, non sono capace di stare zitta, o di darmi una regolata, o di…che c’è? Mi dispiace! Non volevo forzarti, darti problemi era l’ultima cosa che…”.
Dennis si mise una mano sul cuore. Batteva velocissimo. Aveva ancora la sua occasione di mettersi con lei. Magari ora era anche più facile sfruttando il senso di colpa! …ma che stava pensando?! Quella era una carognata, Marta non meritava un trattamento simile. Lei meritava un uomo vero, forte e bello, capace di amarla e proteggerla, e portarla in giro e soprattutto al cinema a vedere tutti i film horror che voleva, un uomo come…Guido…lui si che era un uomo…di certo non si eccitava se un amico lo aiutava a ripulirsi da popcorn…
“…e…oddio, non dirmi che soffri di cuore?! Non ti ho causato un disturbo strano a portarti a vedere quelle scene, vero?! Non potrei perdonarmelo mai, mai e poi mai se ti sentissi male per…sentirti male…ecco cosa è successo! Non è stata colpa dei popcorn, ti sei sentito male per il film! Merda, avrei dovuto accorgermene prima di costringerti a esprimere una tua opinione, prima di rivangare tutte le scene peggiori come quella dello sventramento della donna incinta…scusa!! Cancella le ultime parole!!!”.
Dennis si guardò un momento attorno. Stavano dando spettacolo. Ma la gente senza che se ne rendessero conto era notevolmente diminuita. Attorno a loro non c’era più ressa, molti erano scesi nelle fermate precedenti alla stazione. Mancavano ancora due fermate, poi si sarebbero dovuti separare. Era la sua ultima chance. Come farle capire quello che voleva senza parlare, cosa che non gli riusciva affatto? E come fare a distoglierla da quella linea di pensiero senza farla sentire ulteriormente a disagio? L’autobus sobbalzava pericolosamente, probabilmente erano in ritardo sulla tabella e l’autista prendeva le curve più veloci del dovuto per recuperare il tempo perso. Ottimo. Ottima scusa. Era un genio, bastava usare la stessa strategia usata nel videogioco che aveva a casa sotto il letto.
Tre, due, uno…la curva non lo colse impreparato. E nemmeno il prevedibile semaforo rosso che seguì. Quel semaforo era sempre rosso, scattava in continuazione per i pedoni che uscivano dalle scuole medie. Mamme con le carrozzine al parco. Anziani che portavano a passeggio i cani. Perfetto!
La sua mano lasciò il tubo laccato rosso sul quale si teneva, facendolo sbilanciare pericolosamente indietro e poi nella direzione giusta, in avanti. Il contraccolpo colse impreparata anche la ragazza che sbatté violentemente contro la parete di fondo in plastica con un colpo sordo. Dennis non tentò nemmeno vagamente di resistere alla forza contrapposta che lo spingeva addosso alla ragazza obiettivo delle sue recenti fantasie matrimoniali, si lasciò andare sperando in un colpo di fortuna che pareva destinato a giungere infine. Marta aveva gli occhi serrati per la sorpresa della botta, entrambe le mani annaspavano alla ricerca di sostegno senza trovarlo, era in sua balia. Si sentiva un verme per quello che stava per accadere, ma se nei film funzionava, perché mai non avrebbe dovuto funzionare anche nel suo caso di sfigato patologico? Le sue labbra si accostarono a quelle della ragazza. Ormai era certo, non poteva mancarla. In una frazione di secondo si sarebbe compiuto il suo destino. Addio sfigati! Addio prese in giro! Addio Guido! No…lui che c’entrava in tutto quel…
“Dennis…”.
Il ragazzo riaprì gli occhi stupito, sotto i suoi palmi la superficie plasticata dell’autobus ai lati della testa di Marta che lo guardava con volto accusatorio e divertito. Tra le loro labbra, le dita indice e medio della mano destra della giovane, una barriera che non aveva previsto. Una barriera che aveva troncato sul nascere la sua speranza di colpo di fulmine. Due dita che gli avevano fatto fare una figura del cazzo in un autobus con parecchia gente e soprattutto con la ragazza che doveva essere la sua futura moglie.
“Sciussa…” biascicò senza staccarsi da quella carne duramente premuta contro i suoi denti.
“Fa nulla…ma alzati, ok?” parlò calma lei, appena ridacchiando. Ottimo, l’aveva buttata sul ridere. Non aveva capito. E se non aveva capito era salvo. Poteva imputare quella figuraccia alla sbadataggine o a un momento di distrazione. In fondo ne aveva tanti, uno in più che differenza poteva mai fare? Sorrise incerto, e lei gli corrispose. Buon segno. L’autobus si fermò, e loro due scesero, prima lui, poi lei. Era serena. Altro buon segno.
Marta estrasse dalla tasca dei jeans il suo mp3 e scelse una canzone precisa. Poi gli porse una cuffia per ascoltare intanto che aspettava il suo prossimo autobus. Dennis era tranquillo. Finché le note di “Bad boy” ed il ritmo di Cascada non gli fecero trattenere il fiato. Quella canzone? Perché quella canzone tra le tante? Guardò di sottecchi la ragazza al suo fianco, ma Marta non muoveva un muscolo. Assorta, tranquilla. Era tutto un caso. Le piaceva solo quella canzone in particolare. Stai calmo. Va tutto bene. Marta afferrò il lettore e scelse un’altra canzone. Ecco, ora avrebbe avuto la conferma che andava tutto bene…le TLC…”No scrub”. No, non andava tutto bene.
“Marta…?” si schiarì la voce Dennis battendo con un dito sulla spalla dell’amica che gli sorrise tranquilla.
“Non ti piace? Cambio?” domandò lei candidamente.
“Magari…” rispose lui facendo spallucce mentre perdeva l’auricolare. La giovane cambiò canzone e lui si rimise l’auricolare tranquillo. Appena alle orecchie gli giunsero le note di “Gay boyfriend” se lo strappò di dosso ansimando per la preoccupazione. Si voltò apertamente a guardare Marta che gli sorrise angelica.
“Non ti piace nemmeno questa?”.
“NO! QUESTA DECISAMENTE NO!!” quasi urlò lui, rude, seccato e sfiorando la maleducazione con quel modo di fare che non era da lui. Marta si poggiò al muro della stazione degli autobus, in modo così simile a come aveva fatto nel mezzo che a Dennis non poté non venire in mente il paragone. Lo stava facendo apposta. Era impossibile che non lo facesse apposta.
“Sai, D…” parlò Marta “magari la prossima volta andiamo a vedere un film comico, così non ti spaventi per nulla!”.
Di nuovo, la mente di quella ragazza non aveva logica. E lo aveva detto in modo così naturale, così spontaneo. Dennis si poggiò accanto a lei sulla parete nonostante il terrore di sporcarsi la maglia. Ma per stare accanto a lei, una lavatrice in più la poteva fare. Si sforzò di adottare una posa da macho. Era quello che volevano sempre le ragazze, un bel figo. Non poteva considerarsi bello e nemmeno figo, ma almeno l’atteggiamento poteva copiarlo in qualche modo…ok, era un po’ ridicolo. Ma alle ragazze piace anche far ridere. Però considerando che per quel giorno l’aveva fatta ridere abbastanza, lei e tutto l’autobus, forse era il caso di ridurre la dose di comicità.  Se adesso avesse casualmente fatto passare un braccio dietro le spalle di Marta, lei se ne sarebbe accorta?
“Però niente commedie romantiche, non mi piacciono proprio…sono noiose!” continuò sulla sua linea personale di pensiero la ragazza mentre Dennis incrociava le braccia sul petto sforzandosi di trattenere la pancia.
“Già, sono delle pizze assurde con quelle frasi fatte…” commentò sicuro lui annuendo con vigore a quell’affermazione. Un film romantico era l’ideale per pomiciare e provarci con una giovane donzella, ma pazienza, avrebbe escogitato qualcosa di nuovo.
“Già…le frasi fatte e le situazioni standard da telenovela…per esempio, io detesto quando i ragazzi fanno di tutto per mettersi in mostra” Dennis lasciò cadere a penzoloni le braccia “o si credono fighi” Dennis si staccò dal muro “o fanno finta di nulla per provarci con la prima che passa…”.
Marta si voltò a guardarlo. Se stavolta non diceva sul serio a lui, diventava matto. Le sorrise, e il sorriso venne ricambiato, anche se in modo ambiguo. Ambiguo come lui del resto.
“Non ti offendere Dennis, sei tanto un caro ragazzo, ma non sarebbe giusto nei tuoi confronti se io cedessi al tuo…corteggiamento?” si scusò Marta posandogli una mano sulla spalla in segno di conforto e amicizia “Questo non cambia nulla tra noi, ma io non sono la ragazza adatta a te…posso farti da sorella maggiore se vuoi”.
Sorella maggiore. Non ne aveva mai avuta una. E improvvisamente il forte desiderio di baciare quella sorellona svanì come una bolla di sapone. Perché? Perché gli era così facile vederla come una sorella? Perché non stava soffrendo? Marta lo aveva appena respinto, in modo gentile, ma respinto. Eppure lui si sentiva quasi sollevato, era pronto a farsi coccolare dalla nuova sorella senza il minimo accenno di rimorso. La sua coscienza era a posto. E anche il suo amor proprio. Dennis scoppiò in una risatina liberatoria, seguito a ruota a quella argentina di Marta che lo abbracciò. Allora gli andava bene qualunque ragazza?
“Non ti preoccupare, ti aiuto io a trovare la persona giusta” gli disse sul suo petto ammiccando, gli occhi luccicosi.
“Ehm…sorellona…ti posso chiedere un favore un po’ strano?” domandò lui mentre l’autobus si avvicinava assieme all’ora del distacco definitivo.
“Certo caro, dimmi tutto! Ah, se si tratta di Guido tranquillo, non gli dico nulla!”.
“Ehm…no…anche…grazie…io volevo…come si fa a rimorchiare?”.
L’autobus era irrimediabilmente arrivato. Arrivato e passato. Quello che arrivò dieci minuti dopo era pieno. Arrivò e passò. Venti minuti. Arrivò e passò.
“Capito?” concluse trionfante Marta mentre Dennis si grattava la testa.
“Veramente…io potrei anche…non so…non ho mai…”.
“Mai avuta una ragazza?! Ah, ecco qual è il problema!! Potevi dirmelo prima!!!” esclamò a voce talmente alta la consulente che alcuni ragazzi attorno si voltarono a guardare lo sfigato verginello.
“Ssssssh!!! Abbassa la voce! …però è vero…mai avuta una…” confermò al culmine dell’imbarazzo Dennis mentre sfregava la suola delle scarpe contro l’asfalto.
“Non c’è problema!” esclamò Marta battendogli le mani sulle spalle, come una vera sorella maggiore che istruisce il fratellino piccolo “Tutto quello che ti manca è l’abilità di parola!”.
“Eh…hai scoperto l’acqua calda…” borbottò lui sottovoce “non sono mai stato bravo a parlare...”.
“Però con me parli bene!”.
“Eh…perché ti conosco…” cavolo, anche tu ragazza, cerca di capire! Sono vergine, sfigato e sensibile, cosa credi che possa diventare in 20 minuti e rotti di spiegazione allucinante?! Rocco Siffredi?!?
“Ho capito!” esclamò Marta mentre l’autobus frenava davanti a loro, l’autista con la mano sul pulsante per aprire le porte “Quello che ti manca è pratica! Non te la puoi cavare male sia a parlare che a scrivere, giusto? Per la legge dei vasi comunicanti, se a parlare sei una frana, a scrivere te la devi cavare!”.
Marta spinse Dennis a forza dentro l’autobus semivuoto data l’ora di cena, e lo salutò facendogli cenno con la manina mentre il ragazzo si stampava sul vetro per guardarla diventare minuscola in lontananza. L’aveva cacciato perché non lo sopportava più o stava aspettando l’arrivo di Guido per raccontargli tutto? No…la sua sorellona aveva detto che non gli avrebbe detto nulla, e lui le credeva. Da futura moglie a sorella nel giro di dieci minuti. Anche meno. Certo che era strano forte.
“Scrivere…fare pratica…” Dennis guardò fuori dal finestrino le fronde degli alberi passare veloci, le foglie forse mosse dal vento, ma lui non le distingueva in quella massa di rami e verde. Tante foglie. Tante foglie come tanti pesci. Nel mare ci sono tanti pesci. Lui era uno dei pesci, Marta era una delle pescioline. Avrebbe trovato altre pescioline, lei non era l’unica. Sì, ma se poi passava un pescatore a fregarsi tutte le pescioline carine e a lui restavano gli scorfani? E già se la vedeva una rete metallica a fregarsi tante piccole Marta in miniatura in costumino da sirenetta mentre gridavano “scrivimi!” e si allontanavano trascinate via dalla rete verde acceso…rete? Forse gli era venuto in mente qual cosina per impratichirsi un po’ in quello strano mondo delle relazioni sociali…


[*l’autrice si inchina in segno di profondo dispiacere*
Scusate il ritardo! È dovuto a problemi tecnici di natura…tecnologica. Spero che la lunghezza compensi un pochino l’attesa.
Mi sono ri-trasferita in laguna, e non avendo un pc mio non posso garantire aggiornamenti frequenti. In linea di massima, una volta ogni 15 giorni dovrebbe uscire un nuovo capitolo. E a proposto di nuovi capitoli, nel prossimo episodio:

Dennis è stato appena rifiutato da Marta, ma ha preso molto bene questo schiaffo morale ed ora è tutto concentrato nel suo nuovo progetto per la vita: diventare un latin lover della rete virtuale. Quale sarà il nick scelto per l’occasione? Quale la stanza giusta dove entrare? Quale l’immagine da scegliere per l’avatar? Ma soprattutto, cosa ci fa sua madre in un sito di appuntamenti?! E Guido…ve lo leggete la prossima volta. Adesso ho sonno e vado a ninna!
Oyasuminasai!]

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Capitolo 6
*** questione di sito ***


E anche quel giorno, era stato sconfitto su tutta la linea. Dennis si gettò sconsolato sul suo letto ancora da fare, esattamente come il giorno prima e il giorno prima ancora. Non ce la faceva più. Afferrò con un sospiro il suo cellulare per guardare ancora una volta le foto del suo gruppo di amici. Amici, lui aveva un gruppo di amici. Un tempo sarebbe stato felice solo con quello. Ora però non gli bastava più. Vedere Stef ogni giorno attaccato alla sua ragazza gli dava un’invidia che non pensava di poter provare in vita sua. Voleva anche lui qualcosa di così prezioso. In fondo se era riuscito a inserirsi in un gruppo di ragazzi e ragazze in carne e ossa, non doveva essere poi così complicato il passo successivo per la sua realizzazione emotiva, avere una ragazza. Ma non era mai così semplice come pensava.
La foto della brunetta sul suo cellulare gli sorrideva serena, senza immaginare minimamente che lui le aveva scattato una foto, senza sapere quello che lui desiderava guardando quella foto. Era bellissima. L’aveva notata da poco, eppure era sempre stata nel suo corso. Non ci aveva mai fatto caso. O forse ci aveva fatto caso ma si considerava troppo sfigato al tempo per potersi permettere di avvicinare una così. Si grattò gli occhi e sentì le lenti a contatto navigare attorno al bulbo oculare. Erano una seccatura, ma una seccatura utile. Aveva attirato molti più sguardi ora che si era tolto i fondi di bottiglia dalla faccia. Però non bastava ancora.
I ciuffi ribelli di capelli continuavano a spiovergli sul viso, ultime vestigia del suo passato da sfigato che cercava di dimenticare a tutti i costi, ma che non poteva dimenticare se non altro per le frecciatine continue di Tippi. Quella ragazza lo odiava a morte, quando la vedeva passare ne aveva paura, cominciava a pensare fosse una strega realmente in vita, una delle poche sopravvissute alle persecuzioni. Da come gli sibilava contro, avrebbe giurato anche che avesse sangue di vipera nelle vene, che fosse una specie di Echidna, madre di tutti i mostri, madre di tutte le malelingue. Non gli avrebbe mai permesso di dimenticare che lui in quel gruppo ci era finito per la bontà di Guido, e che non era desiderato. Se non c’era Guido, nessuno si avvicinava a lui. O almeno, nessuno che non fosse Stef. Si sentiva così solo in quei momenti, che percepiva il suo livello di depressione e sfigatometro salire alle stelle mentre procedeva salutandoli con un cenno del capo e un sorrisino accennato per educazione, mentre alcuni di loro sfoderavano i loro migliori falsi sorrisi o non lo guardavano nemmeno. E Marta? Marta, il suo primo tentativo di ragazza, era a letto malata da una settimana e mezzo. Con cosa poi, era difficile dirlo. E pensare che da quello che gli avevano raccontato, quella ragazza non si ammalava mai.
“Forse mi sta davvero evitando dopotutto…” mormorò scoraggiato richiudendo il cellulare con la foto del suo ultimo tentativo, una bella ragazza che non gli aveva riso in faccia quando aveva chiesto di potersi sedere vicino a lei, ma che a parte quello non aveva detto altro per tutta la lezione. Lui aveva fatto la prima mossa, la seconda doveva toccare a lei…o no? Ma se la lei in questione non fosse stata minimamente interessata, era ovvio che non avrebbe spiccicato parola. Allora spettava a lui ancora una volta prendere l’iniziativa. Dicevano che le ragazze dei tempi moderni avevano le palle quadrate, per alcune era vero, ma le avevano solo per certe tipologie di ragazzi, non certo per uno normale come lui. Normale…che bella parola normale. Eppure ora anche quella classificazione gli andava stretta. Guido era il figo. Stef era il figo che stava con l’asociale introversa Lilli. Marta era la pazza. Laura e Tippi erano le gemelline tirate. Giò era l’orientale…tanti nomi, tante classificazioni. E lui? Lui era l’ex sfigato, recentemente promosso a persona normale priva di interesse. Un bel passo avanti nella scala sociale. Un gran passo indietro nella scala delle particolarità. Almeno prima qualcuno lo notava, uno di sicuro almeno.
“Ma che cazz…non devo pensare così!” Dennis si batté una mano sullo stomaco brontolante. Non voleva affatto tornare ai vecchi tempi. Era impossibile tornare ai vecchi tempi. Era ora di andare avanti e cercarsi una nuova etichetta che gli stesse bene. Qualcosa tipo, il migliore amico simpatico del figo Guido. Guido…
Affondò la faccia nel cuscino e inspirò profondamente. Quel giorno Guido andava a trovare Marta. Chissà se la ragazza si sarebbe confessata o se avrebbe taciuto. Dai, non poteva essere altrimenti, lei doveva provare qualcosa per lui. E lui probabilmente provava qualcosa per lei. Altrimenti non si spiegava il nervosismo ogni volta che andava a riferire a Guido qualcosa che gli aveva detto l’amica. Avevano un segreto in comune, ci avrebbe scommesso il cellulare!
E a proposito di cellulare…Dennis trovò in fretta l’album delle immagini, e premette il tasto cancella per eliminare la foto della ragazza mora. Inutile sperare, lei non lo avrebbe mai notato. E lui aveva troppa paura per fare più di quello che aveva fatto quella mattina. Gli serviva della pratica. Come aveva detto il prof di francese? Mettersi davanti allo specchio e posizionare le labbra nel modo corretto, poi lasciare uscire l’aria dalla gola producendo il suono e riprovare all’infinito finché non si era soddisfatti del risultato. Beh, se funzionava con il francese non c’era ragione per cui non potesse funzionare anche con altro…
Dennis si alzò dal suo angolo di disperazione, e si accostò al grande specchio dalla cornice blu elettrico. Quanto aveva odiato quello specchio quando sua madre l’aveva tolto dalla camera col letto matrimoniale e gliel’aveva rifilato senza proferir verbo! Era stato un vero shock arrivare stanchi dopo le lezioni e trovarsi davanti uno sconosciuto dall’aria assassina con uno zaino sulle spalle e gli occhiali cadenti. Ci aveva messo qualche secondo a realizzare che era lui quella visione. Ed era stato l’inizio della comprensione di essere uno sfigato.
“Ciao…posso sedermi…?” domandò allo specchio facendo un accenno di inchino, senza staccare gli occhi dalla superficie lucida dove una copia di sé stesso ripeteva le sue stesse movenze imbarazzanti. Non era capace di parlare in pubblico, si sentiva sempre a disagio se doveva spiccicare parola, formulava frasi sconnesse o stupide, o peggio, restava in perenne mutismo. L’unica volta che era più o meno bene riuscito a reagire era stato con Guido…
“Piacere…” parlò ancora senza sorridere. No, così non andava…
“Piacere.” Riprovò con un sorriso stentato. No, non andava ancora…
“Piacere!” per la terza volta l’immagine riprodusse un sorriso quasi genuino accompagnato da un tono di voce quasi entusiasta.
“Piacere!! Sono D!” esclamò allo specchio mettendo una mano su un fianco e l’altra tesa in avanti, il sorriso oscenamente esagerato come facevano nei telefilm americani gli idoli delle donne. Ma lui non sarebbe mai stato in grado di reggere una scena del genere. Lui era il tipo che gesticolava senza posa quando era nervoso, che si fissava le scarpe per non dove guardare in volto l’interlocutore, che non sapeva mai quando era il momento di avvicinarsi o allontanarsi. Solo con Guido non aveva di questi problemi di mobilità…
“…no…così decisamente no…proviamo a cambiare parola…salve!” e lo specchio gli rimandò l’immagine di un idiota che tentava di avvicinare una ragazza con un saluto da matusa.
“Buongiorno!...troppo formale…ciao! …ecco, questo dovrebbe andare! Ciao!!” salutò lo specchio tendendogli la mano “Io mi chiamo Dennis, sono della classe di programmazione…come dici? Sì, certo che ci vengo! Volentieri! Paghi tu? Troppo gentile! Conosco un posticino proprio vicino alla stazione, a un soffio da qui, vedrai che gnocchi che ci sono! …noooo, se dici così mi imbarazzo…!”.
Dennis aveva eseguito una simulazione perfetta del suo mondo virtuale. Peccato che nel mondo reale le cose non funzionassero proprio così. Però a volte nel mondo reale capitano cose come nei film, per esempio capita che tua madre passi per caso mentre fai una cosa imbarazzante come conversare da solo allo specchio, e si metta in ascolto, i panni da stirare tra le mani tese, sul viso un’espressione di divertimento materno, come quando i cuccioli imparano a restare in piedi per la prima volta barcollando. Ecco, più o meno era questo il volto della madre di Dennis mentre, poggiata contro lo stipite della porta della stanza, guardava il figlio rendersi leggermente ridicolo da solo. E il tutto senza che lei l’avesse provocato. Quel ragazzo pensava davvero troppo.
“…ehi! Che bello vederti! Come stai?” continuava intanto Dennis facendo cenni di saluto al suo riflesso, ignaro della presenza estranea.
“…no…non mi piace…c’era poco sentimento…allora, ehi! Come va la vita??” e di nuovo scoprì i denti in quello che nella sua mente doveva essere un sorriso più che amichevole, ma che al resto del mondo sarebbe parso un tentativo di minaccia.
“Ehi, ciao!!! Tutto bene?? E la famiglia?? …ma che cazz sto dicendo…ehi, ciao!!!!!” Dennis accennò nuovamente un vago inchino, e la madre non riuscì più a stare zitta. Era decisamente ora di intervenire, se il figlio avesse agito in quel modo in pubblico avrebbe rovinato anche la sua reputazione.
“Ciao caro, felice di vederti in forma!” commentò la donna sempre poggiata allo stipite con i panni in bilico.
Dennis saltò per la sorpresa e guardò la madre con espressione severa come per rimproverarla della sua mancanza di rispetto per l’intrusione durante il suo esercitarsi. Era rosso come un peperone, ma del resto era di quella tonalità anche durante la maggior parte dell’esercitazione. Era sempre rosso quando parlava con qualcuno. Sempre. Perfino con Guido, anche se ultimamente doveva riconoscere che qualche miglioramento c’era stato, per esempio quando…ma che cazz, sua madre l’aveva appena sorpreso a fare cose terribilmente private, e lui si metteva a pensare a Guido e fare paragoni! Beh…però li aveva fatti per tutta la prova e…
“Tesoro? Ti sei morso la lingua? O sei di nuovo perso nel tuo mondo fantastico?” domandò la madre. Certo che era perso nel suo mondo fantastico, quando mai non si perdeva nella sua testa! Però anche quella era una cosa da mutare, non poteva continuare in quelle condizioni, era fin troppo imbarazzante perdersi brani interi di discorso…specie quando c’era di mezzo Guido, la sua capacità di concentrazione sulla realtà andava a quel paese e…ma basta!
“No, tutto bene mamma…è che io…” tentò di spiegare grattandosi la testa come se in quel modo le parole potessero piovere come la forfora.
“Amore della mamma, fare pratica è una buona cosa…e io capisco perché lo fai! Ma caro, se vai a confessarti in questo modo la tua dolce metà resterà…come dire…”.
“Schifata…?” suggerì lui confermando in questo modo che lo faceva per una ragazza. In fondo era quello l’obiettivo, parlare in pubblico senza grossi problemi era il primo passo per tentare di avere una vita sociale più attiva che non comprendesse solamente la sfera di Guido. Anche se nella sfera di Guido si trovava bene e…ancora?!
“Direi che la parola migliore è spiazzata. Io ti voglio bene, ma proprio per questo devo essere sincera con te: fai pena. Sei sempre stato un disastro a parlare, ti ricordi la recita scolastica delle elementari?”.
“…si purtroppo…” bofonchiò. Come fare a dimenticare uno dei primi traumi della sua vita, quando durante la recita era salito sul palco per la sua parte ed era talmente emozionato che non solo aveva sbagliato tempo e dimenticato battuta, ma si era addirittura messo a spifferare chi la faceva a letto, chi aveva una cotta per chi, e cose del genere…di fronte all’assemblea riunita di genitori e parenti tutti. Avrebbero dovuto coniare una nuova parola per descrivere quel momento, quelle esistenti non rendevano l’idea.
“E tu non vuoi che quella sensazione torni, vero? Allora non cercare di puntare tutto su quello che non ti riesce, fai qualcosa che ti viene bene! E piccolo mio, tu sei molto bravo quando si tratta di scrivere. Se proprio vuoi confessarti a qualcuno, perché non scrivi una classica lettera d’amore? Va bene anche un semplice bigliettino. Tanto non riuscirai mai a dire quelle poche parole alla persona a cui vuoi bene continuando in quel modo, lo so per esperienza personale…da chi credi di aver preso la timidezza?”.
“Mamma…” mormorò Dennis commosso per quell’aiuto inaspettato, per quella confessione di imbranataggine da parte della donna che considerava una specie di idolo del suo tempo “mamma…non sapevo fossi così sensibile!”.
La donna si accigliò non poco. Ecco, lei cercava di aiutarlo con i suoi problemi, e quel figlio…
“Figlio degenere! Cosa credi, sono una donna io! E ora fila a scrivere quel maledetto biglietto d’amore per il tuo amico, prima che te lo freghi qualche ragazzina petulante!! Marsch!!”.
La madre di Dennis voltò la schiena al figlio in modo talmente brusco che i panni che teneva in braccio rischiarono sul serio di rovinare a terra e sporcarsi di nuovo. Ma il ragazzo non si offese. Ormai la conosceva abbastanza per sapere che era un modo per mascherare l’imbarazzo. Ognuno reagiva a suo modo, e lui le voleva molto bene per quel raro slancio di consiglio materno, per quell’affetto malcelato che gli dimostrava, per…
“Un attimo…ha detto…MAMMA! IO NON SONO GAY!!!!!!!!” urlò dalla porta spalancata verso la stanza in fondo al corridoio adibita per il bucato, dove sua madre stava ridacchiando beatamente. Ritirava tutto quello che aveva pensato su di lei!
“Sì, si! Va bene! Salutami Guido!” commentò la madre prendendo in mano il ferro da stiro e cominciando a cantare qualcosa di Renato Zero. Ma perché proprio lui doveva avere una madre del genere?!
Dennis si sbatté la porta alle spalle e tornò a buttarsi sul letto non degnando di un’occhiata lo specchio. Basta esercitazioni per oggi. Basta esercitazioni per una vita. Sua madre in una cosa aveva ragione, lui in pubblico non sapeva proprio parlare.
“Single a vita…mi ritirerò in un monastero e passerò il giorno a pregare e a implorare le divinità di farmi rinascere in un’esistenza che non sia sfigata come quella precedente…chissà, magari in una vita precedente ho ammazzato qualcuno e questa è la punizione del karma…però poteva anche andarmi peggio, avrei sempre potuto incarnarmi in un verme intestinale…no, nulla è peggio di essere un adolescente sfigato…a vent’anni poi, definirsi ancora adolescente sfigato è davvero un…”.
Il suo computer parve averne avuto abbastanza del suo dialogo privo di senso logico, perché mandò un BIP di allarme. Il ragazzo venne bruscamente riportato alla realtà della rete dalla quale stava strenuamente cercando di sfuggire in quei giorni. Un indice si mosse pigro a premere un tasto a caso per allontanare il salvaschermo, ed ecco la solita donna nuda da calendario sorridergli accattivante. Forse era ora di cambiare sfondo, quella tettona non gli faceva più effetto.
-ciao, come stai Den?- comparve sullo schermo nella finestra dei messaggi della chat msn. Dennis guardò a lungo il nome del mittente, perplesso. Non credeva che si ricordassero ancora di lui dopo quasi una settimana di assenza dal gioco di ruolo. Si affrettò ad afferrare il pc e sistemarselo sulle ginocchia in precario equilibrio per digitare la risposta al suo vecchio amico di internet.
“Tutto bene, e tu?” rispose svelto controllando ansiosamente che altri contatti erano in rete, sperando di vedere lampeggiare l’icona di Marta ma senza successo.
-insomma, sono ammalato a casa…in compenso ho fatto molti più punti di te! Ora sono salito di tre livelli, tra qualche ora sarò in grado di sfidarti e avere la vaga possibilità di infliggerti parecchi punti danno! Trema cavaliere, trema! >.<-
“Trema, dici? Passeranno molti lustri prima che un essere di infimo livello come un nano possa battere uno degli alti elfi oscuri! Ihihih!”.
-potere ai nani! Stermineremo la terribile razza degli elfi oscuri che hanno osato ridurci in schiavitù nelle profondità della terra di Knur, ci libereremo delle catene di disprezzo e rivolteremo la nostra infima situazione di sfigati per poter emergere nel mondo superiore dei nobili! :-p allora, è più o meno questo quello che stai facendo, vero?-
Dennis fissò lo schermo per qualche secondo di imbarazzato silenzio. Una settimana. Non aveva mai passato così tanto tempo lontano da quel gioco di ruolo on-line. Così come non aveva mai passato così tanto tempo senza chiamare almeno una volta o scrivere a quelli che erano i suoi amici di giocate storiche, come quel nano con manie di grandezza. Nano con manie di grandezza, più o meno come lui. Chiunque gli avesse detto che la vita reale è molto simile a un gioco di ruolo solo che non puoi resettare da capo e ricominciare, aveva avuto ragione. Si stava sforzando di impersonare un nuovo essere, qualcuno che non era lui. A chi la dava a bere? Non era un alto e nobile elfo, lui avrebbe dovuto fare parte della schiera dei nanetti e lottare strisciando assieme a loro che avevano avuto il coraggio di essere infimi anche nella grande rete di internet dove si poteva essere chiunque e qualunque cosa…che ipocrisia…che infantilismo…che sfigato…
-…ohi, il grande elfo oscuro è svenuto per l’imbarazzo?- comparve sullo schermo, e solo allora Dennis si accorse che gli tremavano le mani. Ma chi credeva di prendere in giro provando a cambiare in quel modo?
“Perdonami, piccolo nano, ma le tue parole mi hanno ricordato la mia situazione in un altro mondo ben più oscuro di Knur” rispose con un sorriso amaro sulle labbra.
-un mondo più oscuro? Non credevo ne esistesse uno così terribile per te! È vicino questo mondo?-
“Fin troppo vicino, si tratta del mondo di…Universitas”.
-Universitas? Strano mondo, ma lo conosco anche io. Non temere, nobile elfo oscuro, se in quel mondo non hai fortuna, esistono sempre altri mondi da colonizzare per i coraggiosi dell’universo di Internetto! ^^-
Dennis guardò lo schermo senza capire bene. Altri mondi? Che altri mondi potevano mai esserci da colonizzare per uno sfigato a cui non andava bene nemmeno il suo? Cominciava a odiare le metafore che usavano per spiegargli concetti per lui già normalmente incomprensibili, e nient’affatto delucidati con stramberie verbali prive di senso logico comune. Altri mondi…forse voleva dire che doveva trasferirsi in un’altra città? O che direttamente avrebbe dovuto cambiare pianeta? Galassia? Gli stava venendo un gran mal di testa…come per quello strampalato consiglio di Marta. Il mare ha tanti pesci, e qualcosa a proposito di reti. Gli era venuta vagamente un’idea, ma il tempo di arrivare a casa e farsi sconvolgere dall’ultimo manicaretto di sua madre e puff, sparita l’idea. Non che fosse una grande idea, se se l’era dimenticata così facilmente…
-cambiando discorso…sei riuscito a trovare la crack per quel maledetto gioco?? Io non la trovo da nessuna parte e mia sorella mi sta rendendo la vita impossibile per avere quel videogioco di simulazione…non fossero dei geni, augurerei una morte lenta e dolorosa agli ideatori di The Sims 2…-
“Non temere, adesso ti dico dove trovarla…aspetta un attimo…”.
-ok, mio eroe!-
Dennis chiuse la finestra di msn e premette la combinazione di tasti a scelta rapida. Immediato, si spalancò davanti ai suoi occhi il browser di internet explorer, fonte di tutte le sue speranze e successi. La rete non lo tradiva mai. Il pc e il mondo virtuale erano stati i suoi unici amici per tanto tempo, sarebbero stati anche la sua fidanzata per i prossimi anni a venire finché quella giusta non sarebbe arrivata. La calma è la virtù dei forti…che massa di balle, forse gli conveniva sul serio essere gay, magari si rimorchiava di più…
La finestra divenne di colpo nera, e le solite pubblicità di siti hard e di appuntamenti sommersero la visuale. Tutto come sempre, tutto calcolato. Sorrise radioso al suo amato sito e alla genialità dei gestori di quel filo rosso di illegalità gratuita a portata degli scaltri navigatori…o di chi aveva particolarmente culo. Come lui la prima volta che l’aveva trovato, per esempio. Era accaduto tutto qualche anno prima, quando si era divertito a navigare in siti a caso per ingannare il tempo e per caso aveva ciccato sulla pubblicità di un negozio di antichità senza sapere che era una copertura. Chi mai andrebbe a cercare dei pezzi storici di nani da giardino? Ed ecco, davanti al suo volto a quel tempo paffuto, si era aperto un mondo nuovo fatto di hacker e simpatizzanti. Chissà quale sarebbe stato quello giusto stavolta…forse quello con la figura della prua del Titanic? O quello con le auto da corsa schiantate? O si trattava di quella scritta lampeggiante che annunciava vendite miracolose al casinò di una qualche città slovena? Comunque sia, valeva la pena tentare. Li provò tutti, a uno a uno, finché la casella giusta non si rivelò essere un banale sito di norme giuridiche abrogate. Che carini, davvero una splendida idea quella di mascherarlo da archivio legale in disuso.
Il grande teschio nero lampeggiò minaccioso davanti ai suoi occhi, con le fiammelle nelle cavità oculari a simboleggiare ulteriormente il peccato di cui si stava macchiando. La freccia del mouse si mosse e con sicurezza centrò il ghigno del teschio permettendo l’accesso al sito proibito, fonte di tutte le meraviglie.
“Crack…crack…ah! Ecco!” con la sicurezza data dall’esperienza, Dennis trovò quello che cercava e lo scaricò sul suo desktop. Ora poteva parlare nuovamente con l’amico di internet. Allega e…invia! Qualche secondo dopo, l’amico lo contattò di nuovo.
-sei il migliore! Grazie, la comunità dei nani si inchina alla nobile figura dell’elfo oscuro, e un giorno vedrai che si inchineranno anche nel malvagio regno di Universitas, non mollare! A presto!-
Dennis chiuse la conversazione con un sorriso sulle labbra. Certo, come no. Inchinarsi a lui. Quelli della sua scuola. A malapena lo conoscevano per essere l’ideatore di un videogioco dal sapore ambiguo, non lo avrebbero mai considerato più di qualcosa da spremere…a meno che non si chiamassero Guido e non gli sorridessero in quel modo, così aperto, così amichevole, così caldo…
“BIP!” fece il suo pc mentre una nuova finestra si apriva davanti ai suoi occhi che stavano sognando qualcosa di proibito alla mente.
“…cosa…?” mormorò lui incollando il naso allo schermo mentre leggeva a lettere cubitali la scritta più minacciosa di tutta la sua esistenza: sei single?
Il cursore si spostò per chiudere immediatamente quella dolorosa domanda che per lui suonava molto come presa in giro, ma quando passò sopra il riquadro rosso, comparvero in sequenza una serie di foto di ragazze stupende che sorridevano, facevano l’occhiolino, o si atteggiavano in modo provocante. La mascella rischiò di cadergli di botto quando riconobbe in una delle foto la brunetta sul suo cellulare. Era single. E sapeva usare internet. Il fatto che fosse registrata in un sito del genere, per lui al momento andava in secondo piano.
Per pura curiosità, aprì il sito in questione alla ricerca del profilo della ragazza, e si trovò davanti una chat ben organizzata per incontri. Non credeva che una ragazza del genere avesse bisogno di qualcosa come un appuntamento virtuale. Eppure era quello che le stava capitando. Così adorabile, così pura, così carina, così…porno?!
Dennis rimase sinceramente sconvolto nel vedere l’album siglato sotto il nome della giovane compagna di corso. Le foto parevano fatte in sequenza, e a ogni scatto lei si toglieva qualcosa. Via la blusa. Via la camicetta. Via i pantaloni che teneva in una mano con fare da civetta. Via il reggiseno. Via le…
“Oh-mio-Bill-Gates!!!” esclamò tutto d’un fiato quasi cadendo dal letto mentre strabuzzava gli occhi e chiudeva in fretta il sito.
Se anche una ragazza del genere doveva ricorrere a certi mezzucci per trovare un ragazzo, erano caduti veramente in basso. Certo, era il tempo di internet, rete globale e dei computer, strumenti indispensabili ormai. Ma c’era un limite a tutto! E quelle foto il limite della decenza lo avevano ampiamente superato! Guardò con un misto di disgusto e malcelata curiosità lo schermo. Non avrebbe mai immaginato che quella giovane dall’aria così innocente potesse essere in realtà una simile…era diversa. Molto diversa. Ma in fondo era internet e nelle chat chiunque può essere chi crede. Un gioco di ruolo dove si vive la fantasia di essere qualcun altro. Di far sapere solo poche cose di sé. Potersi permettere di inventare un nuovo sé stesso, un nuovo mondo, una nuova galassia…
Si grattò la testa pensieroso. Perché no? In fondo tutti i suggerimenti che aveva ricevuto lo indirizzavano verso quella sfera. Perché non fare pratica in una chat? Aveva bisogno di conoscere gente nuova, gente diversa. E di impratichirsi con i dialoghi. Dialoghi scritti, perché a parole era un vero fallito! Però se si scrive, è tutta un’altra cosa. Si guarda bene la risposta dell’altro e si ha il tempo di ribattere con qualcosa di ponderato. Sì, perché no? Però…quel sito proprio no!
Dennis fissò con sgomento la stessa pubblicità di prima ricomparire a tormentarlo. La chiuse di botto. No, non esisteva…non poteva neanche lontanamente prendere in considerazione l’idea di iscriversi a quel…quel…no, non ce la faceva. Esistevano tante altre chat, tanti altri mondi. E a ben pensare, lui era riuscito egregiamente a inserirsi in altre chat prima di…certo, non aveva mai pensato in quei termini quando scriveva con qualcuno, maschio o femmina che fosse, ma perché erano chat tecniche o di tematiche specifiche o…non conosceva ancora cosa voleva dire sul serio avere una ragazza o delle figure in carne e ossa che ti abbracciano con slancio quando ti vedono, come faceva da qualche giorno Guido appena lo vedeva, dandogli pacche sulle spalle e scompigliandogli i capelli. Le sue mani, erano sempre così calde e affettuose, a volte quando non lo vedeva per parecchie ore di fila gli mancava la sensazione delle sue dita nei capelli e…
“Uffa…basta, devo sul serio trovarmi una ragazza, o diventerò un frocio nel giro di poco tempo…”.
Gli venne in soccorso google. Aprì la pagina del sito di ricerca, ma fece appena in tempo a digitare nella stringa apposita le parole chiave che da basso si levò la voce di sua madre.
“Amoooooorreeee!! Ciboooooo!!”.
Ora di pranzo. Abbassò lo schermo del pc. Se per caso mentre era giù a mangiare sua madre avesse gettato un’occhiata per qualunque motivo in camera sua e avesse notato la sua ricerca le prese in giro si sarebbero sprecate. Meglio essere prudenti per niente, che inculati per troppa fiducia.
“Arrivooooooooo!” ed uscì dalla stanza lasciandosi alle spalle lo schermo blu dove si annidava la risposta ai suoi problemi.

“Bello e impossibile? No…qualcosa di più…figone88? Nah, esagerato! …angelus? Se, mettiamoci direttamente divino creatore, poi sono a posto…!”.
Non era mai una cosa facile scegliersi un nome. Specie quando si decideva di essere una persona nuova. Aveva pensato di usare il nick di cui usufruiva nei giochi di ruolo che frequentava abitualmente in rete, ma purtroppo qualcuno lo aveva già preso nelle chat che aveva selezionato allo scopo. E allora? Doveva inventarsene uno nuovo. Ma non era affatto da ridere…
“Ci sono! Divino88! Ma sì, usiamo questo…”.
Ecco, pochi gesti ed era iscritto. Con un sorrisone, Dennis si dedicò a sfogliare la lista degli iscritti. Erano davvero tanti. Tanti e vari. C’era di tutto in quel sito. Si riteneva soddisfatto. Adesso doveva solo aspettare che qualcuno lo contattasse, e poi avrebbe acceso l’interruttore e dato il via al suo training personale per migliorare la comunicazione verbale…o sarebbe andato in giro a vita con una lavagnetta per poter dire qualcosa di senso compiuto.
-ciao-
Ecco! La prima scritta di gente sconosciuta che desidera avere un contatto scritto con lui! Il primo passo verso la sua emancipazione, verso la crescita morale e fisica, verso il nuovo sé stesso!
“Ciao” rispose saltellando a rischio di far cadere il pc dalle ginocchia.
-di dove sei?-
La prima domanda!! La sua prima domanda! Sprizzava gioia da tutti i pori. Qualcuno voleva sapere qualcosa di lui! Era una domanda abituale, ma lui sapeva bene che questo tipo di domande nascondevano un trabocchetto. Se avesse detto una città che non era la sua e poi la tipa era effettivamente di quella zona, si sarebbe fregato con le sue mani. Ma se diceva la sua città natale e poi veniva a sapere che lei era di quelle parti, era automaticamente probabile che la conoscesse e che lei lo considerasse uno sfigato…o che sentendo di lui non volesse assolutamente incontrarlo…o peggio, che sparlasse di lui! No, non voleva assolutamente una cosa simile. Ma lui non era scemo, era perfettamente in grado di raggirare una cosa simile. No problem.
“Sono del Nord. Tu?” perfetto, invio! Dopo pochi secondi, la risposta.
-descriviti-
Un comando. Decisamente non poteva prenderla per una richiesta. La ragazza era particolarmente diretta. Gettò un’occhiata al nick e ridacchiò incerto. Descriversi…beh, l’avrebbe accontentata.
“Sono biondo scuro con gli occhi grigio-azzurri. Alto 1.71. Tu Gattina90 come sei fatta?” e…invio! Fece scrocchiare le articolazioni delle dita e attese per pochi istanti la risposta della ragazza.
-però! Sembri davvero divino! Io sono mora con gli occhi chiari. Alta 1.69. Hai la ragazza?-
Dennis sobbalzò. Così diretta? Già la domanda fatidica? Divenne rosso di colpo, incerto sul da farsi. Quella ragazza non sapeva nulla di lui, eppure pareva decisa a farsi sotto come se nulla fosse. Non poteva farla aspettare troppo, le sue risposte erano sempre molto tempestive, qualche centesimo di secondo. No, non poteva essere da meno. O la va o la spacca.
“No, al momento non ho una ragazza fissa. Tu?” scrisse il più in fretta possibile, mandando il messaggio con un groppo in gola.
-ottimo! Così non mi sentirò in colpa per eventuali tradimenti! :-p lo facciamo?-
Lo…facciamo…eh?! Troppo diretta!! Dennis cadde all’indietro sul letto, gli occhi sbarrati. Ma che razza di gente lo contattava?! E dire che lui cercava una ragazza normale…quella era tutto meno che normale! Lo facciamo…così? Ma si può? Cioè, certo che si può, ma insomma…non è…bello. Non è nemmeno fisico, è solo…se doveva menarsi da solo, tanto valeva non fare tutta quella fatica di cercare una ragazza! Gattina90 aspettava ancora. Avrebbe aspettato a lungo. Si era offeso. Nessuna intenzione di interagire con una del genere, una di facilissimi costumi. Non sapeva nulla di lui e voleva fare sesso in rete. Ma neanche per idea! Aveva dei principi morali LUI!
“Oh, un altro messaggio…!” Dennis si alzò di nuovo a sedere e guardò lo schermo dove un altro nick stava cercando di attirare la sua attenzione. Va bene, vediamo chi è…”Panterona?! Ma che…”.
-ciao divino! Sei divino solo a parole o anche a fatti?-
No, no e ancora no! Non potevano essere tutte così…quello era un caso…un caso fortuito che non si sarebbe più ripetuto…e a quella non rispondeva ma neanche sotto tortura! Ma si può essere così spudorate?! Insomma, le ragazze dovrebbero essere dolci, delicate, sensibili…va bene tirarsela un po’, va bene anche l’aggressività in qualche caso, i doppi sensi sono anche eccitanti, ma quello…NO!
-88, è la misura o l’età? ;-D-
La misura…di che?! Un’altra pervertita senza cervello…88 la misura…mamma mia, questa è fuori di testa! Ho sbagliato chat, devo aver sbagliato chat, non è possibile che tutte siano in queste condizioni…non è verosimile…ti prego, dimmi che c’è ancora qualche ragazza che sia femmina a questo mondo!
-divino…non male come nick, ma lo devi provare…-
O-santo-creatore-del-microcip! Frigida_666 aveva tutta l’aria di essere interessata a opere masochistiche…come del resto la sua amica Frusta_Tacchi che aveva usato un approccio simile.
Dennis chiuse di colpo la connessione con il sito premendo con forza sul mouse in corrispondenza della x. Via, il prima possibile. Quello era un covo di assatanate. Doveva essere un caso, era sicuramente un caso. Le dita tremanti, provò un’altra chat con lo stesso nick e attese con il cuore in gola. Passarono i minuti, e se ne andò mezz’ora. Nulla di fatto. Nessun contatto. Poteva tirare se non altro un sospiro di sollievo per non essere stato aggredito verbalmente da pazze scatenate. Sfogliò curioso la lisa dei nomi, tutte ragazze a prima vista più o meno dolci e normali, con nomi come Paris_Hilton, Gilmore_girl, Belladentro, Stellinasola, e altri simili. Chiuse gli occhi e ne provò uno a caso. Style123. Che strano nome…ma se era destino che chiamasse proprio quella, allora non si sarebbe tirato indietro. In fondo era solo una chat. E nelle chat succede di tutto. E non si vede chi si ha davanti. E non ci si conosce. E non si può prendere in giro a vita. E comunque non doveva chiederle di sposarlo…ce la poteva fare!
“Ciao…” scrisse sulla tastiera e premette fiero l’invio. Attese qualche secondo, poi cominciò a sudare freddo in attesa della risposta…che non venne. Cinque, dieci, venti minuti. E ancora nulla. Non rispondeva. Si depresse un po’, ma alla fine pazienza, la parte logica del suo cervello pensava come una sorta di calmante che anche lui in fondo non aveva risposto prima a quelle ragazze spiritate. Anche se lui non si era comportato da maniaco. Ma magari lei non era al pc. O stava già scrivendo con qualcuno o non aveva tempo. O non aveva voglia. Non valeva la pena prendersela tanto…avanti un’altra!
“Il mondo è pieno di pesci…!” citò Marta ridacchiando mentre gettava uno sguardo perplesso all’icona di msn dove la ragazza era ancora perennemente irraggiungibile.
Cercò altri nick a caso per qualche tempo, ma nessuna gli rispose. Molto strano. E molto deprimente. Proviamo a cambiare chat? Magari ho di nuovo sbagliato sito. Nuova chat, nuovo problema.
-ciao, sono Miriam, come va?-
“Piacere, Dennis! Tutto bene, tu?”
-speravo che me lo chiedessi…-
E da lì cominciò il calvario. Miriam era una ragazzina complessata di quasi 15 anni che aveva appena fatto sesso con il suo ragazzo, il quale ragazzo poi non l’aveva più chiamata sul suo cellulare. Non era la prima volta che lo faceva, cielo no! C’era stato prima il fratello minore del suo ultimo boy, poi il migliore amico universitario, poi il cugino di un vecchio amico di famiglia, poi il nuovo postino, poi…l’elenco pareva infinito. E man mano che si aggiungeva un nuovo ragazzo, i problemi aumentavano a livello esponenziale a pari passo con l’orrore del suo interlocutore momentaneo. Come poteva una ragazza dire certe cose a un perfetto estraneo? E affidare a lui il giudizio della sua situazione sentimentale? Non aveva la minima idea di chi era, per quanto ne sapeva poteva anche essere un maniaco a scriverle attraverso internet, invece lei si confidava senza remore chiedendo pareri su questo o quel punto della relazione che non le era del tutto chiaro, sul comportamento strano di questo o quel ragazzo, sulle posizioni preferite, sui contraccettivi da usare, praticamente su tutto! Dennis controllò se per caso non aveva scelto una chat per adolescenti complessate e ninfomani, ma era una di quelle neutre con le divisioni per argomento, e lui era entrato nella stanza denominata “amicizie e dintorni” non in quella “esperienze forti”. Sospirò teatralmente cercando di porre un freno a quella valanga di oscenità che gli piovevano addosso da parte di una sconosciuta complessata.
“Non prendertela così tanto, in fondo vi siete lasciati e ora stai con un nuovo ragazzo. Sono sicuro che anche se non si fa sentire, non è un dramma! Magari ha il cell spento, oppure è imbarazzato, dagli tempo, non assillarlo troppo!” invio. E speriamo che questo chiuda la questione.
-tu dici? Beh, in effetti sei un ragazzo, quindi queste cose le devi sapere per forza, no? Così come io sono una ragazza con un intuito particolare. È solo che non capisco cosa sbaglio, secondo te dovrei rifarmi il seno? Magari con una sesta invece di una quarta me li terrei più stretti...-
“Non è questione di tette!” rispose Dennis arrossendo al pensiero del suo desktop “I ragazzi non guardano solo l’aspetto fisico, così come le ragazze!”
-…veramente noi scegliamo l’uomo in base ai pettorali e alla consistenza del pacco…-
Dennis per poco non svenne. Se era davvero così lui era fregato. Non ci poteva credere…eppure la maggior parte dei bellocci della scuola effettivamente erano impegnati con delle stupende ragazze, mentre gli sfigati come lui non se li filava nessuno. Che fosse quello dunque l’arcano? Non era questione di parlantina, ma di estetica e basta? Non serviva saper intavolare un discorso sensato, bastava mettere in mostra i bicipiti e imbottirsi i pantaloni? …ma da quando le ragazze fissano la consistenza del pacco?!?!
-…ci sei?-
No, non c’era proprio. Se tutte le ragazze erano così per lui era finita. Meglio emigrare in un altro pianeta. Possibile che non conoscesse affatto l’universo femminile? Era cresciuto con la convinzione che le ragazze fossero essere eterei dalle movenze sensuali e dal sorriso gentile, fatte apposta per incastrarsi con i ragazzi in un connubio di felicità. Ma ora veniva fuori che erano solo delle assatanate pronte a tutto pur di scopare il migliore partito sulla piazza, interessate al fisico e al portafoglio, senza il minimo tatto o la capacità di ragionare al di fuori della sfera sessuale. No, non potevano essere tutte così. Doveva esserci un trucco da qualche parte.
-…ci sei???-
Possibile che tutte le pazze si fossero date appuntamento su quelle chat in quel giorno? No, non era qualcosa di plausibile. Probabilmente lui aveva sbagliato qualcosa. Oppure si comportavano così con lui perché era un ragazzo…certo! Ecco la soluzione! Stavano esagerando per farsi belle perché lui era un ragazzo! Quindi se davvero voleva capirci qualcosa del nemic…ehm…delle ragazze, era necessario un drastico cambio di nick. Doveva infiltrarsi tra loro in modo da carpirne il segreto e raccapezzarsi un minimo tra i loro ragionamenti contorti e le frasi non dette.
Dennis fissò con occhi vacui lo schermo dove lampeggiavano gli avvisi di chiamata da parte di altre assatanate e prese la sua decisione: doveva prepararsi come si deve. Non si può parlare con qualcuno se non si trova qualcosa in comune. Non si può affrontare una guerra senza sapere le coordinate degli attacchi. Non si più giocare con il mago senza saper usare gli incantesimi. Non si può e basta!
Premette con decisione la x e uscì dalla chat lasciando al suo destino quella quindicenne complessata. Avrebbe di certo trovato qualcun altro da tormentare. Anche se un po’ gli dispiaceva di averla abbandonata in quel modo, in fondo si erano scritti per oltre un’ora…e magari aveva davvero bisogno di aiuto…basta sensi di colpa! Tu sei un uomo, per la miseria! E hai bisogno di una ragazza, non hai tempo per pensare a cose del genere! All’attacco!
Ma la tentazione era troppo forte, non poteva lasciare quella giovane al suo maledetto dubbio amletico. Per cui, un po’ per masochismo, un po’ per curiosità di verificare la sua nuova teoria, riaprì la stessa chat tornando alla schermata dell’iscrizione. Non avrebbe mai più usato il nick precedente, portava troppa sfortuna. E ora? Si trovava di fronte ad un bivio. Le caselle da spuntare davanti ai suoi occhi lo accusavano di tradimento mentre le guardava facendo scorrere la freccetta del puntatore da F a M. Alla fine fu sulla F che si fermò la punta ed un segno verde segnalò la scelta. Il primo passo era compiuto, il primo passetto verso la conoscenza dell’universo femminile. Ce la poteva fare. Ora tutto quello che gli mancava era un nuovo nick. E una bottiglia di grappa.
“Dunque…MAMMAAAAAAAAAAAAAA!!!!” chi meglio di una donna poteva indicargli un nick femminile che non denotasse follia come quelli precedenti?
“Dimmi caro!” rispose la madre dal piano di sotto dove era affaccendata a preparare da mangiare. Si era di nuovo fatta ora di pasti. Incredibile come il tempo era passato in fretta mentre chattava, volato in un attimo. E non aveva ancora concluso nulla a parte il fatto che le donne venivano da Venere, gli uomini da Marte e lui da Urano.
“Ma’, mettiamo che volessi chattare…che nick useresti??” domandò con un nodo alla gola aspettandosi di tutto mentre lo spazio vuoto per il nome lo accusava di lentezza con quel suo candore accecante.
“Mi spiace tesoro, io non frequento postacci del genere, e non dovresti neanche tu! Stai già fin troppo al pc per perdere altro tempo! Vai fuori e vediti con Guido piuttosto!” rispose la madre dopo un attimo di esitazione. E ti pareva!
“COME NON DETTO!” urlò lui fumante mentre si infilava un dito in bocca per mangiucchiare l’unghia. Accidenti, per una volta che le chiedeva aiuto…! Un nick femminile, un nick femminile, un nick…aveva avuto il suo bel problema a trovarne uno maschile, figurarsi per uno dell’altro sesso! Questo sì che era un vero dilemma esistenziale. E ancora lo spazio vuoto lo accusava. Facciamo mente locale: pensiamo ai nick che c’erano prima. E che non sembravano celare delle pazze furiose. Nomi neutri. Nomi di angeli. Angioletto? No, decisamente no! Una del genere gli aveva proposto una pompa nemmeno mezz’ora prima come primo contatto! Un nome…
Un bip improvviso lo fece sobbalzare. Si era dimenticato totalmente di aver lasciato acceso msn e di essere visibile a chiunque. Con un nodo alla gola, come colto sul fatto in un momento di imbarazzante colpevolezza, Dennis puntò gli occhi sul contatto che lampeggiava indicandogli la finestra di dialogo appena aperta. Non era Marta. Ma era l’ultima persona che si aspettava di sentire al momento. Non era poi tanto strano però, in fondo aveva pensato a lui di continuo, e anche adesso sua madre lo aveva casualmente nominato e…meglio rispondere alla chiamata prima di perdersi ulteriormente nella sua testa.
“Ciao Guido! Come sta Marta? L’hai sentita?” ecco, saluto normale e domanda per chiedere informazioni riguardo ad una ragazza. Beccati questo mamma!
-Si è quasi del tutto ripresa, almeno a giudicare dal modo in cui mi stava per strangolare. Che hai fatto oggi? Tutto il giorno attaccato al pc?-
Dennis represse l’impulso di chiudere di botto qualunque sito non riguardasse la conversazione in atto, dopo mezza giornata persa alla ricerca di un sito decente e di una strategia d’attacco al virtuale genere femminile, non se la sentiva di mandare tutto a monte. Grazie al cielo Guido non aveva la webcam e non era in grado di entrare nel suo computer da internet. Chissà che avrebbe pensato di lui se solo avesse saputo quello che stava combinando, e con quali intenzioni poi. Di certo si sarebbe offeso, gli avrebbe tolto il saluto, lo…alt…ragioniamo…perché mai avrebbe dovuto reagire così? Che cretino, si stava preoccupando per nulla, come al solito! Anche se avesse saputo, Guido era comunque un ragazzo, avrebbe compreso. Lui comprendeva sempre.
“Non proprio, sto chattando con un’amica…o almeno quella è l’intenzione. Però volevo farle uno scherzo. Non ho molta fantasia, mi aiuti a trovare un nick diverso da quello che uso di solito?”
Flebile speranza, ma poteva funzionare. Due cervelli funzionano meglio di uno. E lui non era disposto a rinunciare all’opportunità di ricevere aiuto da ogni fonte per la sua impresa di training. Si sfregò le mani aspettando la risposta mentre pregava in silenzio che l’amico credesse alle sue parole. Perché non avrebbe dovuto credere? Infatti poco dopo la risposta gli fece tirare un sospiro di sollievo.
-Non ne ho idea purtroppo, non ho molta fantasia in questo senso…perché non provi a guardarti attorno per trovare qualcosa a caso da usare? Tipo un modellino, o un libro, o un particolare…-
Dennis fece girare lo sguardo sulla sua stanza, ma tutto quello che vide furono immagini di manga e gruppi musicali. Nulla di adatto ad un nick neutro da ragazza. Libri? Forse poteva prendere ispirazione da qualcuno dei volumi in libreria, ma non aveva proprio voglia di mettersi alla ricerca di un nome tra quelle pagine, anche perché se poi quell’idea si fosse rivelata malsana, ogni volta che avrebbe riletto il libro gli sarebbe tornata alla mente la brutta esperienza. No, non poteva rovinarsi il piacere della lettura per colpa di una chat! Un po’ di creatività e…trovò quello che cercava.
“Che idiota!” esclamò afferrando dalla pila di vecchi libri del liceo quello di scienze “Le ragazze amano gli animali! ………no……no……no………….BINGO!!”.
Dopo aver scartato nomi come capra, puledra, gatta, coniglietta, per non parlare di scrofa o peggio, digitò soddisfatto il suo nuovo nick con orgoglio. Non era stato poi così difficile. Ed un sorriso smagliante si aprì sul suo volto quando constatò che il nick “Anatroccola88” non era stato ancora preso.
“Trovato!! È un animale sfortunato del mondo delle fiabe. L’amica ci cascherà di sicuro!”.
-Ah, usi il vecchio trucco dell’Anatroccolo! Che tipo, sensibili alla sindrome dell’infermierina come sono tutte le ragazze, anche la tua amica ci cascherà in pieno!-
Ah, davvero? Non ci aveva proprio pensato. Aveva perso tempo a guardarsi attorno azzeccando a caso qualcosa di sensato, di molto sensato. Che culo. Non si sarebbe ripetuto di nuovo.
“Già già, proprio così, sono un genio! ^^”
-hai pensato all’immagine?-
Aiuto. Dennis fissò la frase senza capire. Immagine? Che immagine? Andava anche un’immagine? Tornò in fretta sul sito e premette il pulsante avanti per la registrazione. Eccola lì, in alto a destra. Come aveva fatto a non notare prima quel dettaglio problematico?! In situazioni come quelle, c’era un’unica persona a cui poteva rivolgersi per risolvere la crisi con efficacia e tatto.
“E ADESSO COSA FACCIO?!?!” digitò rapidamente ripresosi dal colpo.
-…aspetta…-
Dennis finì di mangiucchiarsi l’unghia superstite mentre cercava con la mente un’immagine nel suo archivio. No, non aveva nulla di adatto. Doveva forse lasciare vuoto? No, non gli pareva il caso…anche se forse…ma un’immagine attira molto di più, esprime fiducia o trasmette l’interesse. Almeno, quando aveva visto i profili con le immagini porno di quelle che lo avevano contattato prima, le immagini avevano parlato parecchio…concentrazione ragazzo, concentrazione! Non poteva cercare a caso un’immagine su internet o lo avrebbero di certo scoperto, quindi ripiegare su qualcosa di banale come un oggetto era la cosa migliore…un oggetto come…forse un disegno andava bene. Peccato che lui non era in grado di fare un disegno decente per lo scopo. Qualcosa preso da un manga? Così però rischiava di dare l’impressione di essere un otaku, anzi, una otaku, e decisamente non voleva attirare solo quel genere di ragazze nella trapp…ehm…nell’esperimento.
-ti è arrivata?-
Dennis mosse con tutta calma il mouse per aprire la cartella dei file ricevuti. Eccola la soluzione a tutti i suoi recenti dilemmi. Un oggetto talmente comune e adorabile che non gli sarebbe mai venuto in mente. Una paperella da bagno. Un’adorabile paperella di gomma da bagno, come quella con cui si divertiva a volte nella vasca, ricordi d’infanzia. Ma perché gli era sembrato tutto così complicato da solo mentre ora che c’era Guido quasi quasi sentiva di non avere nemmeno bisogno di fare quell’esercitazione nel mondo femminile? Con lui stava bene, con lui scherzava in tranquillità, con lui…e basta!
“Si grazie, mi sei stato immensamente d’aiuto! Ora ti saluto però, devo andare a mangiare!” rispose Dennis sperando di chiudere la conversazione il prima possibile. Non gli era piaciuto affatto quello scambio, gli aveva provocato troppe scosse. Quando aveva visto il suo contatto lampeggiare per chiamarlo era quasi certo di aver perso un battito, e ad ogni aiuto sentiva la sua stima crescere. Se continuava in quelle condizioni…
-di già? Buona pappa! A domani!- lo salutò con tutta tranquillità Guido, il caro Guido, l’amico al quale per la prima volta stava nascondendo qualcosa di così importante. Normalmente tra ragazzi si avrebbe scherzato su un argomento simile, ci si sarebbe scambiati pacche amorevoli sulle spalle e battutine sarcastiche. Invece l’ultima persona alla quale voleva far sapere quel che stava organizzando era proprio il suo migliore amico, il ragazzo che lo capiva meglio. Si sentiva quasi un traditore. Ma ora basta con i rimpianti, basta con i sensi di colpa! Se proprio doveva star male per aver commesso una cattiva azione, prima avrebbe fatto meglio a commettere l’infamia. Mai fasciarsi la testa prima di essersela rotta, diceva sempre sua madre. Strano, ultimamente quella donna ci azzecca un po’ troppo, non vorrei che azzeccasse anche con G…basta!! All’attaccooooo…!!
“…ma che cazz...!”.
Sullo schermo del pc, non appena aveva premuto invio per connettersi alla chat, era comparso in rosso smagliante l’avviso del sito di appuntamenti. Lo tormentava. Era la sua persecuzione. Si sarebbe sognato quei tipi anche di notte se continuava così! Il puntatore andò spedito sulla scritta “chiudi”, ma per la fretta di togliere di torno quella maledetta pubblicità indesiderata, il ragazzo premette troppo presto facendo aprire di nuovo il sito. Con una serie di imprecazioni poco ortodosse, non gli restò che attendere che quel maledetto finisse di caricare per poter finalmente spegnere. Si trattava di un’immagine di accesso, la copertina della chat, dove erano state collocate a puzzle una serie di foto di quelli iscritti. Purtroppo per lui, si trattava di una pagina pesante, e la sua connessione al momento si trovava rallentata da programmi di aggiornamento automatico che stavano scaricando le ultime novità della microsoft. Per non rischiare di perdere tutti i dati, e per non mandare in blocco per l’ennesima volta il suo amato pc, si limitò ad incrociare le braccia sbuffando mentre, una fascia alla volta, comparivano i volti degli iscritti.
“Avrebbero dovuto sceglierli meglio…” borbottò guardando comparire foto di gente con il naso storto, con le occhiaie da drogato, con i capelli multicolore, con le labbra rifatte a canotto, in atteggiamenti provocanti, come quella… “…EH?!?!?!?!”.
Dennis fissò scioccato lo schermo dove, tra le tante foto, una attirava come una calamita la sua totale attenzione. Non poteva crederci. Non voleva crederci. Era impossibile. Non…non avrebbe mai…no, lei non avrebbe mai osato, così orgogliosa…no, doveva esserci un caso di somiglianza schiacciante. Sì, doveva per forza essere una qualche gemella nascosta, o qualcuna che si era rifatta come lei. Eppure quella maglietta gliel’aveva vista indosso parecchie volte in giro, se la ricordava piuttosto bene. No, non poteva…non LEI!
“Tesoroooooooooo!! È prontoooooooooooooo!!”.
Dennis deglutì a fatica emettendo una serie di suoni inarticolati che alle sue orecchie parvero come il gracidare di un ranocchio con il mal di gola. Non poteva essere che lei. Ma perché? Con la testa bassa, il ragazzo scese dal letto e uscì dalla stanza dopo aver chiuso la finestra maledetta dove aveva scorto una cosa che avrebbe preferito non sapere.
Al piano di sotto, sua madre lo accolse con un sorriso smagliante in tutto e per tutto identico a quello con il quale era stata ritratta nella foto pubblicata su quel sito.
Al piano di sopra, qualcuno stava cercando di contattare Anatroccola88.

Guido tolse energia al computer senza rimpianti. Anche per quel giorno aveva potuto parlarci. Un vago sorriso aleggiava sulle sue labbra mentre afferrava il cellulare e premeva uno dei tasti di scelta rapida. Dopo pochi squilli, gli rispose la voce assonnata di Marta, la sua migliore amica.
“Che vuoi…” mormorò la ragazza, mentre lui la immaginava strofinarsi gli occhi e imprecare mentalmente.
“Ci siamo scritti” commentò lui secco quasi ridacchiando per l’emozione “che dici, se io chiamassi…”.
“NO!” fu la secca risposta di lei “Non vorrai mettere paura alla tua preda?! Con calma Prete, con calma! Quante volte te lo devo dire?! Non vorrai fare l’errore della volta scorsa, te lo ricordi vero? Abbi pazienza…!”.
“…grazie. Se non ci fossi tu non so come farei, avrei già fatto un disastro da tempo, è solo che io…”.
“Sì, lo so…”.
“e anche se…”.
“ho capito…”.
“eppure vorrei…”.
“Sì, adesso però…”.
“la prossima settimana di sicuro farò…!”.
“G-U-I-D-O!” esclamò dopo qualche minuto Marta, la voce da matrigna cattiva un chiaro segno di irritazione “A meno che tu non stia per fidanzarti nei prossimi cinque minuti, ci sentiamo a un’ora decente! Buona notte!”.
“Notte sorellona!”.
Guido attaccò il telefono pentendosi di averla disturbata. Marta odiava essere contatta per nulla, specie quando dormiva. Ma quello che gli era capitato non era nulla. Con lo stesso sorrisino dolce, afferrò il pc riaprendolo. Cinque minuti per fidanzarsi? Magari no, ma la speranza era sempre l’ultima a morire, e lui non aveva ancora fretta di posare la testa sul cuscino e sognare ancora una volta il bersaglio prescelto.


Sono profondamente mortificata per l’attesa, chiunque stia leggendo è autorizzato ad elargirmi una dose abbondante di frustate (piano per favore, figuratevi che sia Dennis! …come non detto, qualcuno potrebbe prenderlo per un incentivo).
Nella prossima puntata (anticipazioni come nelle telenovelas, come siamo caduti in basso…): Guido fa una visitina a casa di Dennis, il gruppo a una gita fuoriporta con risvolti fangirl e soprattutto, perché mai ora Dennis è così incollato al pc peggio di prima? ^^
Al prossimo aggiornamento (non perdetevi la prossima puntata!)!
(qualche anima pia spenga la tv! …ma quante puntate ha Beautiful?!)  

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Capitolo 7
*** gita fuori porta_1 ***


“Amoreeee!! C’è Guidooooo!!”.
L’urlo della madre passò totalmente inosservato nella casa silenziosa, non un mugugno di risposta avvertì l’ospite alla porta che la sua presenza era stata vagamente notata dal suo compagno di università al piano di sopra.
“Amorrrrrreeeeeeee!!” provò ancora la donna con le mani sui fianchi, più preoccupata che irritata. Erano giorni che il figlio non rispondeva, ma lei andava regolarmente a controllare in camera sua per verificare se avesse compiuto suicidio e lo trovava sempre attaccato al pc, giorno e notte, a digitare sulla stramaledetta tastiera come un pazzo furioso, con le occhiaie che ormai avevano raggiunto i livelli della maratona del Signore degli Anelli che si era sparato pochi mesi prima al termine di una vacanza in montagna. Per non parlare del pallore della sua pelle, faceva impressione a vedere tutte le vene in rilievo, bluastre e pulsanti che cercavano di trasmettere un po’ di vita a quel corpo apatico le cui uniche appendici funzionanti, le mani e dita, funzionavano anche troppo. I primi giorni era sicura che si sarebbe preso un colpo della strega ai pollici, invece suo figlio continuava imperterrito come nulla fosse a chattare. Da giorni. Quasi una settimana ormai. Pazzesco. Che si fosse fatto una ragazza via webcam? Eppure quando era entrata in camera sua lo aveva trovato sempre con le mani sul pc e mai nei pantaloni. La cosa era inquietante.
Guido spostò il peso da una gamba all’altra rimanendo a disagio sull’uscio di casa. La donna lo guardò un momento pensierosa, poi fece spallucce. Se non ci riusciva lui…
“Perché non provi ad andare di sopra? Scusa il disordine, ma sono giorni che quel disgraziato non esce quindi…”.
Guido avanzò di un passo ed entrò in casa. Era la prima volta che lo invitavano a salire al piano di sopra. Non era mai capitato. Ora che ci pensava non era mai capitato nemmeno che lo facessero effettivamente entrare in casa. Si sentiva emozionato, e ancora più a disagio. Ma lo sguardo di affettuosità della madre dell’amico lo calmò immediatamente, gli parve quasi che gli dicesse “stai tranquillo, io ti approvo”. Come se una madre avesse mai potuto dirgli una cosa simile, proprio a lui che…
“AMOOORRRRREEEEEEEEEEE!!!!!! LO FACCIO SALIRRRRREEEEEEEEEEE!!!!!!!” gli urlò in un orecchio la donna voltatasi verso le scale d’accesso al piano superiore della casa.
Un po’ intontito, Guido venne spinto verso i gradini. Non era buio, ma da sopra pareva quasi provenire un’ombra minacciosa, come a indicare che non voleva ricevere visite. Che si fosse arrabbiato per qualcosa che avevano fatto? Magari Tippi centrava qualcosa, come al solito.
Titubante, poggiò un piede sul primo gradino e si voltò a guardare la padrona di casa che lo guardava con un sorriso di incoraggiamento, le braccia conserte, impotente di fronte ai capricci del figlio. Non era mai stata una madre tiranna, e non avrebbe cominciato adesso, anche se certe volte avrebbe proprio voluto dare una bella svegliata al figlio, in particolar modo ora sentiva l’impulso irrefrenabile di salire i gradini a due a due, afferrarlo per le spalle e scuoterlo fino a svegliarlo…o almeno era il secondo pensiero che le era venuto in mente mentre osservava il fondoschiena di Guido salire le scale. Dio, se solo avesse avuto qualche anno in meno…! Quel ragazzo aveva un culo da favola! Che figlio fortunato e pirla che aveva!
Guido bussò alla porta chiusa della camera di Dennis, o almeno di quella che la donna aveva indicato come camera da letto del figlio malato. Nessuna risposta.
“Dennis? È permesso…?” parlò con voce pacata mentre metteva mano alla maniglia. Il freddo metallo gli aderì come un guanto alla pelle mentre abbassava la leva lucida e spalancava l’entrata del rifugio dell’amico. Un gemito gli si bloccò in gola alla vista delle condizioni di quella stanza, già precedentemente disastrata a detta delle voci, ora un vero porcile. A terra stavano pacchi di patatine e fogli appallottolai, batuffoli di polvere smossi dall’apertura della porta, riviste, magliette usate o pulite, difficile a dirsi. Le pile di libri in precario equilibrio minacciavano di travolgere nella loro caduta tutta una serie di oggetti sparsi con una sorta di ordine nella stanza, ordine ovviamente noto solo al diretto interessato che si trovava sul letto, le gambe distese, la schiena poggiata contro il termosifone acceso, il pc in grembo, le mani che continuavano a spremere dalla tastiera ogni linfa vitale dell’essere i cui occhi parevano ormai due buchi neri.
“Che diavolo…!” esclamò in preda al disgusto Guido mentre evitava dei resti dell’ultimo pasto dell’amico, dimenticati su un vassoio per terra. Evidentemente la madre non li aveva notati l’ultima volta che era salita, nascosti com’erano sotto una maglietta apparentemente pulita gettata a caso sopra il piatto, nascosta a sua volta da una catasta di libri e manga. E ancora le dita agili e instancabili non si fermarono.
“…Dennis…?” chiamò la voce preoccupata di Guido, ma l’altro non rispose, si limitò a scuotere le spalle, sul volto un sorrisino soddisfatto mentre le mani si fermavano un attimo dal loro laborioso compito. Finalmente alzò gli occhi a incontrare il volto del visitatore e Guido sobbalzò di riflesso vedendo come si era ridotto.
“…Dennis…puoi capirmi?” domandò sedendosi con cautela sul letto dopo aver spostato alcuni manga e un dizionario di latino, residuo del liceo. …un dizionario di…che minchia ci faceva con un dizionario di latino sul letto?!
Dennis alzò gli occhi due, tre volte. Doveva interpretarlo come un sì? Guido allungò una mano a scostare dagli occhi scavati un ciuffo di capelli appiccicaticci che gli impedivano di vedere bene il volto altrui. L’amico ebbe un sussulto, come se non lo riconoscesse o gli desse fastidio il contatto. Guido si depresse irrimediabilmente, ma tentò di non darlo a vedere. Magari era malato. Gli posò allora una mano sulla fronte e percepì un netto calore. Se non altro era vivo, anche se vagamente accaldato…o no? Non era capace di distinguere, in quella stanza si soffocava, mancava del tutto l’aria. E l’odore che sentiva non era dei migliori. Santo cielo, ma da quanto non si lavava?!
“Adesso andiamo a farci una bella doccia…!” commentò scherzoso tirando Dennis per un braccio, ma un bip improvviso bloccò il tentativo sul nascere mentre gli occhi e l’attenzione del padrone della stanza si spostavano allo schermo luminoso dove lampeggiava una casella di chat. Le mani di Dennis ripresero a scrivere con velocità impressionante. Guido quasi non riusciva a distinguere le dita muoversi. E a tratti nemmeno il pc pareva stare dietro all’umano perché le lettere digitate comparivano con qualche frazione di secondo di ritardo rispetto al comando. Questo sì che faceva paura.
“Dennis!” Guido afferrò l’amico per le spalle e lo scosse con violenza, facendo cadere la pila di manga e libri poggiata contro il letto. I volumi cadendo a terra fecero un bel rumore, aprendosi e sparpagliandosi. Un amante della lettura di fronte ad un simile scempio si sarebbe di certo rivoltato contro l’Attila di turno, ma Dennis si limitò a guardarlo male e lasciarsi scappare dalle labbra un sordo sibilo di disapprovazione prima di guardare di nuovo lo schermo in attesa del prossimo bip di avviso chiamata.
Guido si alzò dal letto con aria sconfitta. Non poteva vincere nemmeno contro una macchina. Era senza speranze.
“…!”.
L’ospite si voltò di scatto. Dennis stava indicando qualcosa sullo schermo. E lo guardava come per invitarlo ad avvicinarsi. Il ragazzo con un sospiro tornò a sedersi sul letto accanto al padrone della stanza che saltellava quasi, agitato, eccitato.
“Allora, cosa ti tiene così incollato al pc da…?” la voce morì in gola a Guido quando vide la pagina aperta per lui dall’amico.
Era una chat, come ne aveva viste tante in vita sua. Non era estraneo a quel genere di intrattenimento informatico, anzi lo aveva sempre considerato un ottimo modo per fare nuove amicizie e scambiarsi informazioni con gente dall’altra parte del mondo, ma nell’istante in cui vide la pagina di dialogo aperta desiderò con tutto se stesso cancellare dalla faccia della Terra tutte le chat aperte in ineternet. Dennis pareva in preda ad un attacco di epilessia per come continuava a sorridere e dondolare ritmicamente, e probabilmente era così.
“…è una chat…” commentò Guido guardando in profondità negli occhi dell’amico come per costringerlo a registrare l’informazione e archiviarla.
“Lo so!” commentò con voce roca Dennis mentre rispondeva ad un messaggio e lo inviava con soddisfazione.
“…stai scrivendo su una chat…” commentò ancora Guido e diede un’occhiata al nome “con qualcuno che risponde al nick di Pulcinella…” e al solo dire quello pseudonimo percepì la bile risalirgli in gola.
“Sì!!” ridacchiò felice l’altro afferrandogli una manica “Ma non è qualcuno a caso…è una ragazza!”.
Guido si lasciò andare sul letto sdraiandosi di botto, causando un’onda d’urto che minacciò di lasciar scappare il pc dalle ginocchia del proprietario che, preoccupato per l’incolumità del mezzo elettronico, si rassegnò a posarlo sulla scrivania dopo aver rovesciato un po’ di roba a terra. L’ospite però non era in grado di notare il miglioramento della situazione mentre fissava vacuo il soffitto bianco della camera. Una ragazza. Dennis si scrive con una ragazza. Il suo cervello non era in grado di pensare a nient’altro al momento. Una ragazza vuol dire che sta cercando qualcuno di speciale che sia di sesso femminile. Incredibile. Non l’avrebbe mai detto. Era talmente tanto strano che non era nemmeno in grado di esprimere il suo stupore e disappunto a parole. Non gli aveva detto nulla. E dire che in fondo lo considerava amico, più di un amico normale anzi. E lui non gli aveva detto una cosa così importante, non aveva…
“…Guido…?” mormorò Dennis preoccupato per il comportamento assurdo dell’amico, mentre si sporgeva in avanti verso di lui per risvegliarlo dall’apparente apatia che l’aveva improvvisamente colpito. Che fosse sconvolto perché lui si scriveva con una ragazza? Allora era davvero…? Ma no, cosa andava a pensare! Di certo ci era rimasto male perché non gliel’aveva comunicato prima, non poteva essere altrimenti! In effetti si era sentito terribilmente in colpa durante quella settimana, talmente tanto in colpa che non aveva osato nemmeno mettere naso fuori dalla stanza per paura di vedere i suoi amici e non sapere cosa dire. I suoi amici…e ora aveva anche una ragazza che frequentava in rete! Un ragazza! Lui! Ma Guido…
“…Guido?” Dennis si sporse ancora, quasi perdendo l’equilibrio, e posò una mano insicura sul petto del compagno d’università per richiamarlo al mondo. Guido finalmente voltò lo sguardo e lo fissò  con un’intensità tale che Dennis rimase impietrito, senza osare muoversi per paura di scatenare qualcosa di sconosciuto.
“Una ragazza…” mormorò Guido guardandolo fisso negli occhi, e l’altro non poté che annuire senza staccare il contatto “una ragazza…non sei uscito per una settimana, sei praticamente sparito perché ti scrivi con una ragazza…” continuò il ragionamento Guido, con Dennis che seguitava ad annuire come un idiota “una ragazza…!”.
Un bip improvviso dal pc risvegliò la coscienza telematica di Dennis. Non poteva fare aspettare Pulcinella. Così staccò il contatto visivo, tolse la mano dal petto dell’amico, si raddrizzò di colpo e allungò un braccio verso la tastiera per rispondere alla sua nuova amica di chat. Non avrebbe dovuto farlo. Nel momento esatto in cui non percepì più il contatto della mano sul suo petto e non poté vedere gli occhi chiari dell’amico, qualcosa scattò in Guido che afferrò Dennis per le spalle e se lo trascinò sopra. Il padrone della camera e del pc che lampava per il messaggio in arrivo non fu in grado di resistere alla forza superiore e si ritrovò con la schiena premuta contro il petto del compagno che ansimava. Rabbia? Paura? Attacco d’asma? Non ne aveva la minima idea, ma quella situazione era parecchio strana.
“…ehm…” si schiarì la voce Dennis, completamente svegliato dalla dipendenza da chat.
“una ragazza!” esclamò Guido, ed il ragazzo sopra di lui poté sentire la cassa toracica vibrare di disappunto “e non mi hai detto nulla…nulla! A me!”.
“…dovevo mettere un comunicato stampa?!” cercò di difendersi vanamente Dennis agitandosi come una tartaruga per cercare di liberarsi dalla stretta del braccio. Altro errore, perché il braccio destro di Guido andò ad aiutare il sinistro abbracciando il ragazzo alla vita e quasi stritolandolo.
Se fosse stato un buon amico, probabilmente si sarebbe confidato, ma come dire a Guido una cosa così imbarazzante, così terribilmente vergognosa come che si stava scrivendo con una ragazza tramite chat fingendosi una ragazza lui stesso, solo perché voleva avere una fidanzata anche lui? Non pensava che avrebbe capito, Guido era figo quindi per lui non doveva mai essere stato un problema accalappiare qualche bellezza del sesso opposto, a differenza di lui che non era nemmeno in grado di parlare normalmente con un essere umano. Ora invece…ora parlava con una macchina…in effetti non è che avesse fatto poi molti progress…
“GUIDO!!” strillò in falsetto Dennis quando le dita dell’amico presero a fargli quello che lui interpretò come solletico a tradimento. Abbassò di botto le braccia nel tentativo di impedire i movimenti alla mano di lui che si stava insistentemente insinuando sotto la maglietta. Che diavolo pensava di fare?!
Guido come nulla fosse si limitò a dargli uno scossone e ribaltarlo a pancia sotto sul suo stesso letto. Tempo tre secondi netti, che Dennis avvertì di nuovo le sue mani strattonare con insistenza la maglietta.
“G-U-I-D-OOOOOOO!!!!!!” strillò ancora Dennis senza produrre altro effetto che fare la figura della ragazzina isterica. Che stava facendo quell’altro imbecille? E perché non la smetteva nonostante le sue proteste? E perché diavolo lui non era in grado di fermarlo?!
“Non ti agitare per così poco…” gli sussurrò Guido all’orecchio, e lui non fu in grado di impedire che un brivido gli percorresse la colonna vertebrale avvertendo il suo fiato caldo sul collo. Che stava succedendo? E che sarebbe successo dopo? Al contatto con la pelle dell’amico, Dennis trattenne il respiro per un lungo momento di perfetta immobilità. La maglietta gli venne sollevata per scoprire il petto e lui non fu nelle condizioni di esprimere un dissenso per quel trattamento insolito e a dir poco imbarazzante. L’indice di Guido gli sfiorò quasi casualmente un capezzolo e con estremo sconcerto seppe che il suo corpo reagiva a quel contatto con una sicurezza che non credeva possibile quando lo avvertì irrigidirsi. Ora anche l’altra mano del suo amico stava vagando sul suo petto strattonando la stoffa per scoprire anche la schiena, e lui nonostante ne avesse la possibilità non si stava affatto ribellando, anzi. Restava placido ad attendere il suo destino, la prossima mossa dell’imprevedibile ospite rivelatosi in realtà un terribile seduttore che attentava alla sua verginit…che cazzo stava pensando?! Quella non era una cosa naturale, non era nemmeno qualcosa da prendere vagamente in considerazione, doveva esserci una spiegazione logica, una motivazione per spingere il suo caro amico a palparlo senza remore dalla vita in s…giù. La mano sinistra di Guido si stava spostando lentamente più in basso, inesorabilmente più in basso, a strattonare la stoffa dei pantaloni della tuta, mentre la mano destra si occupava di sfilargli completamente la maglietta. Ora era davvero a torso nudo, e avvertiva il respiro dell’amico non solo sul collo ma anche sulle spalle mentre Guido si chinava ancora più su di lui, la maglietta gettata da qualche parte sul pavimento assieme ai mucchi di roba accumulatasi nel suo isolamento settimanale.
“…Guid…” un gemito sfuggì dalle labbra del ragazzo mentre a fatica si sosteneva sui gomiti per sollevarsi quel tanto da non restare schiacciato sotto il peso del compagno che si era ormai spostato sopra di lui sovrastandolo completamente. Sinceramente, Dennis piuttosto che quella posizione avrebbe preferito continuare a fare la tartaruga sul petto dell’altro ancora per un po’.
“Shh…” gli fece l’altro in pieno possesso del controllo della situazione, mentre con gentilezza gli carezzava la testa china “ho quasi fatto…”.
Fatto…fatto?! Fatto COSA?!?! La coscienza di Dennis si svegliò di soprassalto di fronte a quelle parole così tranquille, così schiette. Quasi fatto, ma fatto che?! Gettò un’occhiata spaventata alle sue spalle ma non riuscì a vedere altro che il sorriso rassicurante di Guido che gli fece stringere il petto. Eppure credeva di essere ormai fuori da quel circolo vizioso, invece ci era ricascato peggio di prima. Almeno prima non accadevano quelle cose…prima il suo caro amico non aveva “quasi fatto”! I pantaloni della tuta di Dennis vennero abbassati senza troppi problemi di almeno qualche centimetro. Quasi fatto. Quelle parole suonavano come una condanna al suo tentativo di redenzione.
“NO!” esclamò tentando di ribellarsi al trattamento dando gomitate e dimenandosi. Uno dei suoi colpi dovette andare a segno perché l’amico gemette e si allontanò quel tanto da permettergli di girarsi e ottenere una visuale della situazione: grazie al cielo l’altro era ancora interamente vestito, ma era lui il problema essendo seminudo e alla mercé di un maniaco intenzionato a rovinarlo a vita.
“Guido, no!” parlò con tono deciso anche se tutt’altro che calmo.
“Perché no? Lo sai che prima o poi devi…” ragionò pacato l’altro allungando di nuovo una mano ad afferrare i cordoni dei pantaloni della tuta.
“IO NON DEVO UN ACCIDENTE!!” strillò ancora una volta in falsetto Dennis tentando di spingerlo via, ottenendo come risultato solo di fargli perdere l’equilibrio per cui di botto se lo ritrovò sdraiato sopra, la bocca di Guido pericolosamente vicina ai sensibili capezzoli eretti oltre ogni decenza, avvisaglia di quello che stava per accadere anche in altre parti momentaneamente celate del suo corpo, ma che se continuavano in quel modo non sarebbero rimaste celate a lungo. Uno squittìo di innegabile piacere gli sfuggì dalle labbra quando Guido sbuffò per lo sforzo di alzarsi andando così a stuzzicarlo ulteriormente. L’amico si irrigidì in attesa per guardarlo ma lui non fu in grado di sostenere lo sguardo, percepiva il suo viso in fiamme e qualcosa di ben più evidente di un volto arrossato che minacciava di fare capolino da un momento all’altro. Bastava che si spostasse appena un poco perché se ne rendesse conto, e con tutte le sue forze Dennis pregava che non accadesse.
“…Dennis…?” mormorò Guido abbassando il capo per poggiare il meno contro il suo petto nudo.
“ahi” tentò di mascherare con la scusa del dolore un altro gemito involontario. Era troppo, non avrebbe resistito a lungo.
“Dennis…” mormorò ancora Guido rivolgendo il volto alla sua pelle nuda. Vicino, troppo vicino. Decisamente troppo vicino. E si stava avvicinando ancora. Pericolo, estremo pericolo. Se quelle labbra avessero toccato il suo petto era certo che non avrebbe potuto fare nulla per impedire il “quasi fatto”. Non ne avrebbe avuto la forza. Quella era una di quelle occasioni in cui rimpiangeva amaramente di non avere nemmeno un accenno di esperienza sessuale per sopportare provocazioni simili. Stava per scoppiare, perdere quel poco di autocontrollo che ancora aveva. Vicino, sempre più…
“AMORRRRRRRREEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!!!! AMMOORRRRRIIIIIIIIII!!!” urlò sua madre spalancando la porta della camera da letto come se nulla fosse avendo un effetto devastante: Guido si alzò dalla sua posizione come se l’avesse punto uno scorpione, con un impeto tale che andò a sbattere contro la scrivania accanto al letto. Il pc in precario equilibrio resistette qualche istante prima di rovinare a terra con sommo sgomento del dolorante ospite che non voleva causare una cosa simile e che ora seduto sul pavimento si teneva un fianco leso dallo spigolo vivo. Ma quello era nulla in confronto allo scambio di sguardi che stava avvenendo tra la donna sulla soglia e suo figlio seminudo sdraiato sul letto, incapace di alzarsi. La madre di Dennis piantò le mani sui fianchi, alzò il meno con fare altezzoso da saputella, e sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi maliziosi.
“Lo sapevo io!” esclamò con tono deciso senza staccare lo sguardo dal figlio che finalmente ebbe la decenza di mettersi a sedere anche se tremante.
“Mamma, non è quello che…” cominciò a spiegare un imbarazzatissimo Dennis. Preoccupato era dir poco, già prima sua madre era una fangirl di prima categoria, figurarsi ora dopo questa scena…e chissà cosa aveva visto poi! Gli avrebbe rovinato la vita, lo avrebbe di certo deviato ulteriormente come stava facendo Guido con il suo comportamento assurdo…già si immaginava le battutine, le risatine prima di dormire, le domande a tradimento,…
“Lo sapevo che ti ci voleva Guido per spogliarti!” continuò imperterrita la madre.
“Mamma, non è DECISAMENTE come sembra!” sbottò Dennis senza però osare alzarsi in piedi.
“Avrei dovuto chiamarlo prima…bravo ragazzo, così si fa! Era ora che qualcuno si decidesse a togliergli la maglia e…!” proseguì la donna facendo i complimenti ad un perplesso Guido che sorrideva in modo enigmatico.
“MAMMA! NON DIRE COSE OSCENE! NON È COME SEMBRA!!”.
“Cosa non è come sembra?” domandò una vocina di ragazza da dietro le spalle della padrona di casa, che con tutta tranquillità si scostò per far entrare nella stanza una raggiante Marta “Oh…abbiamo interrotto qualcosa…?”.
“NON TI CI METTERE ANCHE TU!!” sbottò Dennis.
“Ehm…Dennis…?” mormorò Guido.
“CHE VUOI?!” lo aggredì  prossimo alle lacrime l’amico
“…mi dispiace…”.
Mi dispiace?! Mi dispiace?! Mi hai appena rovinato la vita, brutto imbecille, e tutto quello che sai dire è mi dispiace?!? Ma io ti distruggo, tu hai finito di vivere, sei un cadavere che cammina, ti lancerò una maledizione tale che nemmeno le più potenti streghe se la sognano, cercherò in internet veleni dolorosissimi per toglierti di mezzo, tu, prova della mia colpevolezza, causa delle mie incertezze e dei miei problemi di identità sessuale,…che diavolo sto dicendo?! …e perché tiene in mano…il mio…
“…pc. Non volevo che cadesse, scusa…si è spento…spero non sia rotto…” aveva continuato a parlare Guido porgendogli in atto di supplica il pc effettivamente spento. Lo schermo non lampeggiava più per avvisarlo dei messaggi in arrivo. Non era più connesso alla chat. Aveva perso i contatti. Dennis sbiancò. Il suo futuro era rovinato  sul serio. Il suo amato pc…
“Bene, ora che quel coso è spento, sbrigati! Finisci di spogliarti e vai a fare una doccia che dobbiamo uscire, dai!” concluse logicamente Marta saltellando da un piede all’altro.
“…eh?” commentò Dennis non capendo.
“Dennis Tàsano” ruggì Marta sbagliando apposta l’accento del cognome, le mancavano solo le fiammelle negli occhi e poi poteva tranquillamente essere l’incarnazione del demonio “non credo tu ti sia visto allo specchio di recente: fai schifo. È una settimana che te ne stai chiuso qui dentro, senza cagarti il mondo anche se il mondo è molto interessato a te…è una settimana intera che sopporto il qui presente Guido con le sue domande assillanti sul tuo stato di salute, e ti posso assicurare che se non alzi il culo e non ti vai a fare una doccia per uscire, io ti prelevo di peso così come sei  e ti porto fuori a vedere il sole! …o preferisci che Guido continui con il metodo gentile?”.
Dennis si girò di scatto a guardare Guido. Dunque era per quello che lo stava spogliando? Per portarlo fuori da quella stanza? Per fargli fare una doccia in modo da renderlo presentabile? Quindi si era immaginato tutto, le mani, il soffio sul suo petto, i mormorii,…tutto? …che razza di fantasia perversa aveva?!
“Mi stavi…”.
“Si…”.
“…per fare…”.
“Si…”.
“…e poi…”.
“Si…”.
“…ne sei sicuro…?” mormorò appena Dennis per non farsi sentire dalle due fangir che dalla porta stavano assistendo a tutto con estasi pura. Guido non disse nulla per un bel pezzo, si alzò dal pavimento, si tolse la polvere dai pantaloni e gli sorrise dolcemente.
“No” affermò semplicemente. Avrebbe potuto aver risposto a qualunque domanda, ma in realtà Dennis aveva paura di sapere cosa significava quella sillaba. Abbassò il capo.
“Allora, vai a farti la doccia o ti porto fuori in spalla?!” sbottò Marta indietreggiando per seguire la padrona di casa che stava dicendo qualcosa a proposito di caffè e fetta di torta “o vuoi forse farla con Guido…?”.
“MI SO LAVARE DA SOLO!!” ma aspettò che fossero usciti tutti, specialmente Guido, dalla stanza prima di alzarsi in piedi. L’erezione era fin troppo evidente ai suoi occhi. Maledizione!
“Ti serve una mano?” urlò da sotto Marta, e lui sentì i passi risalire le scale.
“MI BASTA LA MIA!” urlò afferrando al volo dei vestiti di ricambio dall’aria pulita e uscendo di corsa per poi infilarsi in bagno. Sul suo letto, il pc finalmente spento si prendeva un po’ di meritato riposo.


No, non è finito il capitolo in questo modo ^^' per questioni di attesa (vostra) anche se momentaneamente incompleto ho preferito pubblicarlo lo stesso. sono spiacente per l'interminabile pausa prima di questa pubblicazione, spero che non mi abbandoniate in massa come punizione divina *profondo inchino di sottomissione alla volontà superiore dei lettori*

...continua...

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Capitolo 8
*** gita fuori porta_2 ***


Era una sua impressione o il sole quel giorno era particolarmente più luminoso del solito? Dennis socchiuse gli occhi resi ulteriormente sensibili alla luce dopo tanto tempo passato al chiuso. Si riparò con una mano per poter vedere bene in tutto il suo splendore un raggio che filtrava attraverso i rami e le foglie dell’albero contro il quale si era seduto. La corteccia particolarmente ruvida non gli dava affatto fastidio, anzi il contatto era piacevole. Era natura, e la natura era bella. Che pensiero banale…non riusciva a trovare nulla di più filosofico?! Insomma, era rimasto chiuso in casa per parecchio e l’unica cosa che gli veniva in mente ora che era libero da quelle quattro mura della sua stanza era che la natura era bella?! Sua madre aveva ragione, troppo PC fa male, forse è anche peggio delle troppe seghe…seghe…oddio, se n’era fatta una appena prima di uscire per allontanare l’eccitazione del contatto con Guido, ma a quanto pareva la cosa dava ancora problemi. A volte avrebbe preferito essere donna, a loro almeno non si rizza qualcosa in mezzo alle gambe a dimostrare la loro incapacità di contenere gli istinti animali. I suoi impazzivano a vedere l’amico giocare a pallavolo con gli altri.
Rendendosi conto della linea dei suoi pensieri, il ragazzo avvampò improvvisamente. C’era davvero qualcosa che non andava in lui, qualcosa che non capiva e lo spaventava. Una risata argentina attirò la sua attenzione, e si ritrovò per l’ennesima volta ad ammirare il corpo piegato di Guido che si teneva la pancia scolpita in un tentativo di reprimere le risate che lo scuotevano facendolo quasi tremare mentre Stef saltellava attorno a lui, una palla in mano, rincarando la dose con qualche altra battutina. Quei ragazzi erano pieni di energia, non stavano fermi un attimo. A volte avrebbe voluto essere come loro…per poi pensare subito dopo che era troppo stancante quella vita, molto meglio starsene lì a poltrire contro la natura, ecc. Magari dentro la sua stanza, a chattare con quella sua nuova interessante amica…
La gita fuori porta nella quale l’avevano costretto consisteva però in confronto a qualcosa di estremamente salutare: un picnic all’aria aperta in un parco. Anche se lui non se n’era reso conto, in effetti aveva piovuto parecchio negli ultimi tempi e quindi la compagnia aveva deciso d'approfittare di un momento di pieno sole per potersi godere una sana pausa tra l’erba fresca. Erbetta come quella che lui si stava divertendo ad accarezzare in quel momento con due dita. Era la prima volta che si concedeva una cosa del genere, non gli era mai capitato di essere coinvolto in un’attività di gruppo simile. In effetti, non gli capitava sul serio mai di essere coinvolto in particolari attività, a meno che non si trattasse di quel gruppo specifico. Provò a immaginare di essere coinvolto in un picnic dai suoi amici dei giochi di ruolo online, e gli venne da ridere. Come minimo si sarebbe trattato di un ritrovo di cosplay improvvisato dove scambiarsi le ultime novità tecnologiche ed i codici per sbloccare livelli bonus.
“Ciao amica coccinella…” mormorò mentre un grazioso insetto rosso a pallini gli saliva con delicatezza sulla mano posata a terra. La creatura era leggera, non l’avrebbe notata se le sue minuscole zampette non gli avessero causato un vago solletico. Abbassò gli occhi a guardarla meglio e si mise a contare i pallini sul dorso vivace. La coccinella si fermò, parve guardarlo male, poi spiegò le ali e gli volò sul naso. Per l’inaspettata azione, Dennis si spostò di colpo indietro andando a sbattere contro il duro tronco. Marta che aveva osservato la scena da distanza ravvicinata perché fanatica delle coccinelle, si mise a ridere tenendosi lo stomaco.
“Oh D, sei uno spasso!” gli disse tra una risata e l’altra.
“…felice di essere così esilarante…” rispose lui dolorante tenendosi la testa.
“E sei anche estremamente attraente…” aggiunse la ragazza facendosi più vicina. Dennis spalancò gli occhi. Erano impazziti tutti quel giorno? O era lui che emanava particolari richiami di cui non era a conoscenza? Marta si avvicinò a gattoni, su mani e ginocchia, incurante delle tracce di erba schiacciata che di certo avrebbero macchiato la sua tuta azzurra. Del resto quella ragazza si curava davvero poco di dettagli del genere. Dennis socchiuse gli occhi per evitare di fissarsi sul seno abbondante che stava avanzando verso di lui.
“Davvero moooooooolto attraente…” disse di nuovo Marta con un sorriso beffardo, mentre allungava una mano a sfiorargli una guancia “…almeno secondo la coccinella. Non ne voleva sapere di andarsene!”.
Dennis guardò da distanza ancora più ravvicinata la coccinella che si era trasferita sulla mano di Marta. Tutta colpa di quell’insetto. Insomma, ormai avrebbe dovuto capire che a Marta piaceva giocare, specie con lui e la sua presunta innocenza, ma ogni volta non poteva far altro che cascarci. Le sorrise da imbecille e la ragazza rise di nuovo.
“Marta!! Vieni a fare due tiri!” la chiamò un agitato Stef mentre faceva volteggiare quello scricciolo della sua ragazza che aveva appena segnato un punto a loro favore “Ci manca un elemento!”.
“Va bene!!” urlò di rimando Marta alzandosi, i pantaloni effettivamente macchiati di verde fresco “Ma non rispondo dei punti che vi farò perdere o delle pallonate in faccia agli avversari…attenta a te Giò!” corse via ridacchiando mentre indicava la ragazza nella squadra avversaria che le mostrò la lingua provocante.
C’erano davvero tutti quel giorno. Comprese quelle due streghe delle gemelline Laura e Tippi. Quest’ultima si accostò a lui non appena la sua fotocopia si allontanò per una telefonata con qualche ragazzo, almeno a giudicare dal tono dolce e sensuale. Dennis la guardò avvicinarsi e cominciò a prepararsi spiritualmente alle frecciatine che di certo non avrebbe mancato di scoccare contro la sua persona. In un modo o nell’altro, aveva sempre qualcosa da ridire su di lui.
“Ciao!” lo salutò con sorrisone falso sedendosi di fronte, dove fino a poco fa stava Marta. Il ragazzo avrebbe di gran lunga preferito la compagnia della giocosa fangirl piuttosto della vipera che ora si trovava a dover gestire con estrema diplomazia e pazienza.
“Ciao a te!” rispose lui esitante, appena un sussurro. Non si fidava di lei, ma era nel gruppo molto più di lui e quindi doveva scambiarci qualche parola. Tra le due streghe era di certo quella che detestava di più, anche perché era quella che si strusciava di più a Guido mettendo le mani ovunque, provocandolo e cercando di…no, questo non è un valido motivo per detestarla…Dennis, torna in te, se anche si dovesse mettere con Guido, cosa che non accadrà finché io sarò in vita…cancelliamo l’ultimo commento…comunque, se mai dovesse diventare la sua ragazza, tu non farai nulla di strano per impedirlo, sono fatti loro e tu non rientri tra i possibili candidati a tale ruolo, anche se di sicuro ci rientri più di quel manico di scopa che…aiuto, sto degenerando sul serio!
“Caspita, fa proprio caldo oggi!” commentò casualmente la strega Tippi accucciandosi con attenzione accanto a lui, abbastanza vicino da fargli percepire il suo profumo costoso ma non così vicino da permettere alla sua profumata persona di toccare il ragazzo evidentemente considerato troppo impuro perché venga a contatto con la sua augusta figura da anoressica.
“Già, davvero!” rispose pacato lui senza muovere un muscolo per paura di suscitare qualche strana reazione che avrebbe interrotto il momentaneo ed illusorio equilibrio pacifico tra loro due.
Tippi gli sorrise con quel modo assurdo da “ora ti frego” prima di inclinare vagamente la testa in avanti e fissare con insistenza la sua maglietta all’altezza delle ascelle.
“Fa talmente caldo che si suda come in una sauna, vero?” gli disse ridacchiando beffarda mentre le guance di Dennis si facevano di fuoco alla provocazione ed incapace di starsene fermo di fronte al suo sguardo, si strinse nelle spalle cercando di coprire il vago alone di sudore sotto le sue braccia. Non ci voleva molto a intuire che quella frecciatina non era rivolta solo al sudore, ma soprattutto al fatto che da quando erano arrivati non aveva mosso un muscolo. Non aveva fatto nulla perché non avrebbe saputo cosa fare! Avevano già fatto tutto loro, cibo e allestimento, tutto pronto in meno di cinque minuti, e quanto a giocare a pallavolo…con Guido davanti…in pantaloni di tuta…
Ma Tippi non poteva accontentarsi di così poco, no, quel commento era solo l’inizio. Non avrebbe mai potuto fermarsi di fronte ad una così ghiotta occasione di sminuirlo e rovinargli la giornata, era troppo facile cibarsi del suo disagio ora che era isolato dagli altri e lei non correva il rischio di essere rimproverata da qualche componente a cui il nuovo venuto stava simpatico.
“E c’è un tale sole poi, che se ci allontanassimo dall’ombra rischieremmo di scottare la nostra candida pelle!” insistette la strega Tippi mentre si accarezzava distratta un braccio dall’abbronzatura ambrata alle lampade identica a quella di Laura, e allo stesso tempo dedicava un’occhiata perplessa al braccio bianco latte di Dennis che non poté fare altro che tremare tra sé e sé non osando nemmeno tentare di nascondere il suo pallore spettrale, ancora più accentuato dopo una settimana chiuso in casa.
“Davvero, non so come facciano a giocare con tanto entusiasmo” parlò poi volgendo lo sguardo ammirata ai ragazzi che si scambiavano pacche da amiconi dopo un passaggio particolarmente lungo e divertente a giudicare da come ridevano di gusto “ma dev’essere un elemento comune a tutti i ragazzi, la fibra del maschio…”.
Dennis si sentì ribollire. Davvero, non perdeva occasione per fargli capire che non era desiderato, che non era degno, e ora anche che non era maschio. Come se lei poi fosse il massimo come ragazza, sotto strati e strati di cerone, diete che mettevano in risalto solo le costole e quell’aria da saputella che non piaceva proprio a nessuno a parte allo specchio della sua camera. Al diavolo il pacifismo, quella ce l’aveva con lui senza valido motivo e lui se ne doveva stare lì a subire aspettando che arrivassero tempi migliori?! Non era mica un santo! Ma stava proprio per decidersi ad aprire bocca quando la lingua tagliente di quella vipera riprese a muoversi per fargli del male.
“…meno male che ci sono anche le altre accanto a loro, altrimenti di sicuro quel gruppo di oche che sono passate poco fa li avrebbero puntati…le ho viste passare mentre Laura rispondeva al telefono, era impossibile non notare come li mangiavano con gli occhi e come odiavano Marta che ci scherzava!”.
Dennis si morse un labbro. Se c’era una cosa che aveva capito in quei mesi di amicizia forzata era che quella stronza non diceva mai parole a caso, almeno non a lui. E anche quella volta non faceva eccezione. Non ci voleva un genio per capire a che momento si riferisse, a quando lui era da solo con la coccinella. E non ci voleva nemmeno un genio a intuire che Tippi stava mettendo l’accento sul fatto che lui non era stato nemmeno preso in considerazione dalle ragazze che erano passate, nonostante fosse solo e dello stesso gruppo. Se Guido fosse stato nella sua stessa situazione poco prima, di certo lo avrebbero avvicinato. Lui invece, non era buono nemmeno per essere degnato di un’occhiata distratta da delle passanti.
Alzò battagliero gli occhi a guardare Tippi che rabbrividì di piacere pregustando il battibecco che ne sarebbe di certo seguito. Quel ragazzo non aveva mai risposto, nonostante tutte le provocazioni, forse ora avrebbe avuto l’occasione che aspettava per distruggerlo definitivamente e liberare lei e Laura dalla sua immonda presenza nel loro regno. Forza bello, rispondimi pure, non vedo l’ora.
“Senti…!”.
“PALLAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!!!!!!!!!” una pallonata dalla potenza non indifferente calò con terribile precisione poche spanne sopra la testa di Tippi che strillò terrorizzata di fronte a tanta brutalità contro la sua magnifica persona. La ragazza si gettò a terra tenendosi la testa tra le braccia e rotolando il più lontano possibile dall’albero, mentre Dennis si ritrovò con una palla tra le mani senza nemmeno sapere come. Il ragazzo che si era morso la lingua per la sorpresa del colpo giunto non appena aveva trovato la forza di controbattere la strega, si ritrovò a ridere anche se dolorosamente e in silenzio di fronte allo spettacolo di un’inferocita Tippi che sbraitava a pieni polmoni contro una radiosa Marta che saltellava in mezzo al gruppetto riunito a giocare sotto il sole cocente. Ancora lei, sempre lei. Pareva quasi che avesse votato la sua vita quotidiana a tirarlo fuori dai guai. Le sorrise riconoscente facendogli segno di vittoria, e lei rispose nel medesimo modo.
“Ehi, Lilli non ce la fa più! Alza il deretano da quell’erba e vieni a fare due tiri con noi!!” gli strillò da lontano, mentre anche Guido e gli altri le davano manforte in modo simile.
Dennis si alzò da sotto l’albero lasciando a malincuore quel rifugio momentaneo, ed il sole pieno gli ferì gli occhi tanto che inciampò e rischiò di cadere. Dal fondo della collinetta gli altri ridacchiarono naturalmente.
“Ehi, devi ancora cominciare e già barcolli?!” lo prese bonariamente in giro Stef mentre faceva un rapido massaggio ai polsi di Lilli, le guance in fiamme per il piacere del contatto con la pelle di lei. Dennis si unì alle risate generali, per nulla pervaso dalla sgradevole sensazione generata dalle prese in giro. Quelli erano suoi amici, erano il suo nuovo mondo. Loro potevano permettersi tutto. O quasi.
“Tremate, ho giocato a pallavolo per ben cinque anni!” parlò lui cercando di assumere un tono serio di minaccia.
“Sì, quando eri alle elementari!” risposte con lo stesso tono serio, canzonatorio, Guido, mentre gli veniva incontro. La sua maglietta era talmente tanto sudata che gli stava appiccicata alla pelle, lasciando vede qualunque curva dei muscoli si potesse volere. Seguendo lo sguardo di Dennis, anche Guido si rese conto del suo stato e alzò l’orlo della maglietta per sventagliarla facendo sì che l’odore del suo sudore arrivasse ad ondate fino a Dennis che rischiò di barcollare di nuovo. Era allergico, di sicuro stava diventando allergico, non poteva essere altrimenti, non doveva essere altrimenti o…
“Che dite, me la  tolgo???” chiese Guido rivolto agli altri del gruppo.
“E levate camesella…!” canticchiò Marta felice battendo le mani.
“Nudo, nudo!!” strillò Giò battendo le mani a ritmo con Marta.
“Dai che così oggi rimorchi di sicuro!” lo incoraggiò Stef strizzandogli l’occhio mentre dai polsi passava a massaggiare le spalle della ragazza mingherlina davanti a lui.
“Cerca di non esagerare…” mormorò mesta Lilli guardandolo da sotto le ciglia mentre faceva le fusa al suo ragazzo.
“Ehi…ma…uno…due…tre…quattro…” mormorò perplesso Dennis contando i partecipanti al gioco.
“Bravo!” esclamò Marta mentre gli faceva segno di lanciare la palla che teneva ancora tra le mani “Sai contare! Tranquillo, Lilli continua a giocare, non siamo in svantaggio numerico…! Vogliamo fare una partita maschi contro femmine! Ti va?”
“Ho scelta…?” commentò Dennis lanciandole la palla con una parabola perfetta. Almeno si ricordava ancora come si faceva.
“Direi di no!” rispose per lui Guido mentre gli voltava la schiena con un sorriso incoraggiante, prima di cominciare a sfilarsi la maglietta. Dio, grazie di aver creato la schiena maschile in generale, e la sua in particolare! Aveva delle linee talmente aggraziate che avrebbe potuto posare come modello per gli studenti di scultura dal vivo. Seguendo le scapole, giù lungo la colonna vertebrale fino al limitare dell’orlo dei pantaloni, non scorgeva difetti a parte qualche neo ed una sottile cicatrice poco sotto la quarta vertebra. Dennis deglutì a fatica e si costrinse a richiudere la bocca avendo notato come gli occhi a stelline da fangirl si fossero posati su di lui per analizzare la reazione al denudamento di quel fig…ehm…di quel bell’esemplare maschile che era il suo migliore amico.
“Pronto o no, io vado!!” urlò di colpo Marta, senza dargli quasi il tempo di prendere posizione nelle retrofile di quell’improvvisato campetto di pallavolo amatoriale la cui rete non era altro che una siepe ornamentale del parco. La schiacciata di Marta lo colse talmente tanto di sorpresa che a malapena riuscì a scorgere il movimento della palla alla sua destra.
“MIAAAAAA!!” e con un urlo poderoso che fece volare via spaventati gli uccellini incauti che si erano posati su un albero vicino al loro campo da gioco, Stef si tuffò. Un tuffo da campioni olimpici, un tuffo degno da record, un tuffo che aveva del miracoloso…un tuffo che permise ai polsi serrati di Stef di prendere il rimbalzo e riportare la palla a livelli umani. Da lì, con facilità quasi ridicola Guido riuscì ad alzarla nella sua direzione. Aspetta…nella sua…la palla!!
“Vai D!!!” urlò Guido mentre la palla calava come al rallentatore sopra la sua testa. Non doveva fare nulla, solo saltare e buttarla dall’altra parte. Sembrava facile a dirsi. Gettò uno sguardo preoccupato davanti a sé, Giò era pronta in posizione di ricezione. Ce la poteva fare. Ce la doveva fare.
“Arriva!” e saltò. E lo vide. Ma era troppo tardi. Avrebbe dovuto notare prima quel sorrisino diabolico nel volto della sua avversaria.
“Attack!!!” Giò con naturalezza si alzò dalla posizione di ricezione, aprì le braccia quasi spiegasse delle ali affilate e con uno stacco di gamba non indifferente non ebbe problemi a parare il debole attacco di Dennis. La palla batté con un tonfo attutito contro la pelle ambrata degli avambracci della giovane giocatrice e ritornò al mittente. Crudele, era l’unico aggettivo che gli veniva in mente mentre osservava la palla scendere davanti a lui con ineluttabilità mentre svelava il sorriso beffardo della sua avversaria alla rete. Un muro perfetto. Non avrebbe potuto salvarla nemmeno se si fosse buttato in avanti. Non avrebbe fatto altro che finire nella rete. O forse poteva. Se provava a tendere un braccio, se si piegava in avanti, in fondo non era ancora sceso, non aveva ancora toccato terra…ma era in un parco umano o si trovava in una puntata di Mila & Shiro?! E non appena ebbe formulato quel pensiero, la palla cadde a terra dinanzi ai suoi piedi.
“Punto!” strillò saltellando Lilli e mostrò la lingua al suo ragazzo che si rialzò in tempo per vedere l’espressione trionfante di Giò con le braccia conserte e quella sconcertata di Dennis che fissava il prato come se volesse essere inghiottito. Una pacca amichevole di Guido fece rialzare gli occhi allo sconfitto…e riabbassarli subito dopo per l’imbarazzo di trovarselo a pochi centimetri mezzo nudo. Maledizione, non poteva rimettersi quella maglia?!
“Non ti preoccupare…non è grave…è solo l’inizio!” lo consolò l’amico continuando a dargli pacche amichevoli, senza rendersi conto che stava mandando in confusione il già depresso ragazzo che ora sul serio avrebbe preferito essere sotterrato sul momento piuttosto che essere costretto a trattenere…ehm…a sopportare gli ormoni che…ehm…gli odori che emanava il perfetto corpo sudato del suo rag…AMICO, migliore AMICO. Prima o poi avrebbe dovuto stamparsi le parole in fronte.
“Non è nulla, in fondo non potevi prevederlo…” ridacchiò Lilli mettendo una mano tra i corti capelli per tirare indietro un ciuffo, mentre Stef la fissava come se avesse voluto saltarle addosso da un momento all’altro.
“Già, siamo state cattive cattive!!” affermò abbracciando Giò la sempre saltellante Marta che aveva stampato sul viso il suo sorrisino da “ora ti frego”.
“…c’è qualcosa che state tramando alle mie spalle…?” chiese con un filo di voce un preoccupatissimo Dennis, rabbrividendo mentre Giò metteva una mano su un fianco spostando il peso sull’altra gamba, una posa provocante da “sei spacciato”.
“Giò è nella squadra di pallavolo dell’università, in quella del quartiere, in quella della città e partecipa regolarmente ai campionati regionali…” ammise dolorosamente Guido togliendo finalmente la sua mano dalla spalla del confuso amico.
“Ah…grazie al cazzo!” esplose Dennis guardandola come se la vedesse per la prima volta in vita sua. Non conosceva affatto quel gruppetto, non sapeva nulla di loro. Ma almeno quello avrebbero dovuto dirglielo prima di mettergli davanti un avversario simile! Altro che innocente amante dello shopping dallo sguardo truce! Quella poteva distruggerlo in meno di un secondo!
“D, ma che volgarità! Dai, giochiamo!” lo sfidò Giò mettendo anche l’altra mano sui fianchi mentre il gruppetto esplodeva in una risata spontanea.
“D, ma da quando hai imparato a dire certe parole!” lo canzonò Guido riprendendo la sua posizione dietro di lui “Non credevo nemmeno che le pensassi certe cose!”.
“Fidati, penso ben di peggio…” mormorò Dennis di riflesso prima di rendersi conto che quello che stava dicendo…e che Guido probabilmente in quel momento gli stava fissando con tutta calma il sedere. No, non sarebbe stato da lui! Non avrebbe mai fatto una cosa simile, non avrebbe mai rischiato di offenderlo e se si fosse girato e l’avesse visto con gli occhi puntati sulla sua protuberanza posteriore si sarebbe offeso eccome! …o gli avrebbe fatto piacer…no! Ragazzo, ti devi curare…
“Pallaaaaaa!!”.
Il gioco riprese con una battuta di media potenza di Marta. Stavolta non ebbe problemi a ricevere, passò la palla con un buon tiro a Guido nelle retrovie che la alzò per Stef. Il ragazzo saltò con agilità degna di un felino, e schiacciò di potenza. La traiettoria della palla puntava con sicurezza in direzione di Marta, ma tra lei e quella bordata si mise con ancora più sicurezza la dolce Lilli…che in quel momento non aveva più nulla di dolce a giudicare dal viso deciso a ritornare al mittente quel colpo.
“MIA!” urlò con voce potente che non era da lei, mentre prendeva la palla con appena un grugnito di dolore all’impatto, già pronta alta per Giò. Giò saltò. E Dennis saltò con lei. Non avrebbe potuto fare altro. Grosso errore. In quel preciso momento si ricordò della puntata in cui a Mila veniva sparata una pallonata in piena faccia. Ma Giò non era tipo da fare una carognata simile…insomma…non ne avrebbe avuto il motivo…era un gioco amatoriale…era…e i pensieri gli morirono sul nascere quando rivide quel sorrisino maligno. Non c’erano dubbi: quella ragazza ce l’aveva per qualche strano motivo proprio con lui.
“Attack!!” gli urlò nei timpani Giò mentre dava una sberla alla palla con tutta la forza del suo braccio. Ed il naso di Dennis fece “crick”.

Stelline e fiorellini. E passerotti che cinguettano. Ma principalmente stelline. Era questo quello che vedeva mentre sdraiato a terra cercava di mettere a fuoco il mondo attorno a lui. I fiorellini gli facevano da cuscino, e i passerotti da ninna nanna. Ma erano passerotti ben strani, passerotti parlanti…passerotti che al momento lanciavano acuti allucinanti ed inveivano con furia contro qualcuno. Dennis aprì un occhio e intravide una Marta in versione Medusa scagliarsi con tutti i suoi serpentelli e poteri maledetti contro una piccola piccola Giò che chiedeva scusa fissando il terreno di gioco. Terreno di gioco…ah, allora la pallonata gli era arrivata sul serio.
“AHI!” pigolò forte quando Guido gli spostò il naso a destra e a sinistra. Marta rinnovò gli sforzi per assassinare a parole la ragazza colpevole della situazione.
“Non sembra rotto, va tutto bene…” mormorò Guido inginocchiato accanto a lui. Dennis aprì anche l’altro occhio. Andava tutto bene. Non c’era pericolo. Niente di preoccupante all’orizzonte. Guido si era rimesso la maglietta. Dennis si alzò in piedi con l’aiuto dell’amico che lo sostenne facendo leva con i suoi muscoli.   
“Grazie, sto bene…” mormorò in imbarazzo per la figuraccia…e perché Guido non gli lasciava la mano.
“Sicuro? Le schiacciate di Giò fanno parecchio male, vuoi che ti stendo da qualche parte…?” e nel preciso momento in cui quella frase a doppio senso gli uscì di bocca, Guido arrossì violentemente. Allora non era solo lui che si immaginava le cose! Entrambi in imbarazzo, si separarono guardando da tutt’altra parte, come se la domanda non fosse mai stata posta. Come al solito, arrivò Marta a toglierlo dai guai.
“D!!!” strillò saltandogli al collo “Ero tanto preoccupata! Meno male che Guido ha le mani d’oro!!”.
E basta, non ti ci mettere anche tu! Ma le sorrise dolcemente scompigliandole i capelli. Dietro di lei, si avvicinò con passo colpevole anche Giò, che però a parte quello non aveva nulla del colpevole. Probabilmente la sgridata dell’amica non aveva fatto altro che ravvivare il suo orgoglio e infervorarla ulteriormente. Al prossimo tiro l’avrebbe ammazzato. Ed un brivido di minaccia gli passò lungo la schiena.
“Beh…giochiamo?” domandò in tono innocente alla ragazza, come se nulla fosse. In fondo non era accaduto nulla di particolarmente drammatico, non era stato in grado di riprendere un colpo e la diretta conseguenza era una cocente sconfitta. Sconfitta che avrebbe rimediato ben presto. Giò dovette intuire la sfida perché sorrise compiaciuta facendo saltellare la palla che teneva tra le mani. Forse aveva guadagnato qualche punto nella sua scaletta di stima. Lo sperava tanto. A parte farsi massacrare e tornare in piedi, non sapeva che altro fare per conquistare l’amicizia di quella modella dal cuore di ghiaccio.
“Giochiamo!” invitò Giò lanciandogli la palla “Prego, a te la battuta!”.
Si rimisero ridacchiando allegri in posizione. Stef si staccò a malincuore dalla bocca della sua ragazza per tornare al posto di combattimento. Dopo essersi accertato che respirava, era corso immediatamente a consolare Lilli per lo spavento…a modo loro.
“Palla!” chiamò Dennis, e batté.
La partita procedette senza intoppi per venti minuti buoni, con un equilibrio quasi perfetto. Giò tratteneva la sua furia omicida, Stef continuava a tuffarsi a destra e sinistra, Marta saltellava e pareva presente ovunque per prendere le palle che lanciavano, Guido era sempre dietro di lui pronto a sostenerlo, Lilli aveva le braccia livide ma continuava come se nulla fosse, e lui non stava più commettendo errori, anzi se la cavava discretamente. Era perfino riuscito a murare un attacco di Marta. La quale Marta si era poi vendicata mandando all’attacco Giò che ovviamente l’aveva distrutto con una schiacciata veloce. Ma a parte questi amorevoli scambi di favori, era un bel gioco. Carico di risate e battutine tra amici. Una di quelle partite a cui lui non aveva mai veramente partecipato. Anche quando giocava a pallavolo da piccolo, non era mai veramente parte della squadra. Ok, se la cavava, ma non era mai inserito appieno a causa della sua timidezza, quindi alla fine non riusciva a capirsi con i compagni e sbagliava spesso i passaggi per incomprensioni. Del resto non è che i suoi vecchi compagni di squadra ci tenessero a passargli la palla. Preferivano sbagliare di brutto piuttosto che darla a lui. Lì invece era tutto diverso. Si facevano quasi sempre tre passaggi, e lui toccava palla di continuo. Ok, erano anche solo in tre, ma anche in tre avrebbero potuto escluderlo facilmente semplicemente relegandolo a ricevere dietro e dimenticarlo. Invece lo volevano in prima fila o al massimo al fianco di Guido il quale amava stare dietro, chissà poi perché. Era un sensazione bellissima, una di quelle che ti restano dentro. E sapeva anche cos’era: sentirsi accettati.
“Attenzione!!” Dennis che si era perso nel suo mondo abbassò la testa appena in tempo per evitare un’altra pallonata diretta al suo volto, stavolta senza colpevolezza, dalla dolce Lilli che non appena si era accorta della distrazione dell’avversario aveva urlato un avvertimento e portato le mani alla bocca, pronta a lottare con il senso di colpa per averlo colpito di nuovo sul naso. La sua fu una mossa quasi da Matrix, e dietro di lui come al solito c’era Guido pronto a riparare. Un altro punto per loro, Guido aveva tirato la palla nella parte di campo di Lilli che era ancora troppo preoccupata per quello che sarebbe potuto succedere per colpa del suo tiro, che non riuscì a muoversi in tempo facendo perdere l’occasione alla squadra delle ragazze.
“Lilli! È una partita! Non dobbiamo perdere per così poco! Tira fuori le palle, donna!!” la rimproverò Giò, infervorata dallo scontro.
“Forza Lilli!! Distruggili!! Metti al tappeto i maschietti!!!”.
Si voltarono a vedere la nuova venuta, Laura, che evidentemente aveva terminato la sua telefonata amorosa, e si era avvicinata al campo di gioco per osservare lo scontro epico, con la sua amichetta gemella al fianco che sorrideva innocentemente. Se avesse potuto scagliare contro quella vipera di Tippi una pallonata, lo avrebbe fatto volentieri, ma dubitava che con quelle infradito con il tacchetto si sarebbe messa a giocare a pallavolo con loro. Laura invece sembrava di tutt’altra opinione.
“Voglio giocare anche io!!” esclamò la ragazza liberandosi con un calcio delle scarpine identiche a quelle dell’amica che la guardava incredula.
“Sicura? Allora esco io!” esclamò convinta Lilli lanciando un’occhiata molto poco equivocabile al suo ragazzo che immediatamente alzò il braccio in segno di resa.
“Eh no! Così i ragazzi sono svantaggiati! Tippi, giochi anche tu?” domandò Marta con fare da santarellina alla cara Tippi alla quale bastò un’occhiata al sorriso sadico di Dennis per scuotere con vigore la testolina perfetta.
“No grazie! Preferisco fare il tifo!”.
“Stef, non osare lasciare il campo! Non abbiamo ancora finito!!” parlò grave Giò bloccando il ragazzo a metà di un passo mentre stava tendendo le braccia alla sua amata, la quale a sua volta guardò torva l’amica. Evidentemente non era solo Stef il love-dipendente tra i due. Stef sospirò teatralmente, diede un bacio veloce alla sua ragazza sussurrandole qualcosa che la fece ridacchiare maliziosamente, poi riprese il suo posto in campo. Lilli andò a sedersi accanto a Tippi con naturalezza, mentre la vipera le sorrideva falsamente in segno di benvenuto, mossa inutile dato che la piccola biondina non la degnò di uno sguardo. Probabilmente i loro rapporti non erano mai stati buoni, ma dall’esplosione di Lilli in difesa di Dennis si erano incrinati ulteriormente.
“Palla!!” esclamò Laura battendo con vigore. La palla volò alta, un colpo facile facile.
“MIA!” urlò Stef, e si posizionò pronto per riceverla…in apparenza. In realtà lo sguardo che lanciò a Lilli prima che la palla toccasse le sue braccia rivelò a Dennis che avrebbe sbagliato quel colpo apposta. Dennis si ritrovò a ridacchiare per loro due. E anche Guido che aveva capito. L’unica che non ridacchiò quando effettivamente la palla volò dall’altra parte del mondo rispetto a dove avrebbe dovuto, fu Giò che sbuffò con violenza e si girò a parlare con Laura di scarpe con il tacco. Marta intanto si era andata a sdraiare sotto un albero per riprendere fiato, e con tutta naturalezza Stef aveva dimenticato la palla sparata chissà dove, per afferrare la sua ragazza per una mano e rotolarsi insieme a lei da qualche parte tra il riparo fornito dalle altre siepi del parco. E la palla? Dennis e Guido si guardarono e dolorosamente convenirono che toccava proprio a loro due andarla a recuperare.
“Da che parte è andata?” domandò Dennis mettendo una mano sopra gli occhi a scrutare l’orizzonte.
“Beh, data la potenza esagerata che ci ha messo a lanciarla via per essere sicuro che noi ci mettessimo il più tempo possibile a ritrovarla…oltre la collinetta”.
Dennis guardò la collinetta in questione e sospirò. Alla faccia della forza dell’amore, per tirare una palla lontano oltre quel falsopiano doveva aver preso parecchie vitamine stamattina…o essere in terribile astinenza! Cavoli, non si vedeva nemmeno la pianura al di là della salita!
“Dobbiamo proprio…?” domandò speranzoso Dennis all’amico che per tutta risposta lo afferrò per le spalle e cominciò a spingerlo. Doveva proprio.
“Metteteci tutto il tempo che volete!” parlarono in coretto Marta e Stef con aria complice. Se avesse potuto avrebbe mandato loro due a prendere la palla, a calci in…
“Ce la faccio da solo!” si districò Dennis aumentando il passo. La salita non era affatto difficile, era piacevole camminare sul prato fresco anche se sua madre avrebbe avuto il suo bel daffare a togliere le macchie di erba dal fondo dei pantaloni. A causa della pioggia, era scivoloso per cui più di una volta si trovò a mulinare le braccia…con Guido dietro pronto a prenderlo al volo. Ma per fortuna non cadde mai. Arrivati sulla cima, si voltò indietro a vedere gli altri. Stavano ancora immersi nelle loro attività. L’unica che guardava verso di loro era la vipera. Le diede le spalle senza il minimo senso di colpa. Come osava guardarlo! Dopo che lo tormentava, che lo rendeva ridicolo, che gli faceva capire in tutti i modi che non era accetto quando invece tutti si facevano in quattro per coinvolgerlo nelle loro attività! Quella serpe, non la sopportava! Non era da lui provare sentimenti di odio verso qualcuno, non si era mai sorpreso particolarmente a maledire qualcuno, ma in quel caso avrebbe volentieri…
“Attento!” esclamò Guido notando che l’amico era perso nel suo mondo dei sogni, ma ormai era tardi. Nella discesa Dennis non stava prestando attenzione, per cui mise un piede su un ciuffo di erba e fango dall’aria molto scivolosa…sul quale scivolò rovinosamente. A nulla valse tentare di mulinare le braccia per riprendere l’equilibrio, scivolò e basta, stavolta senza l’effetto rallentatore alla Mila & Shiro, in pochi attimi si trovò con il sedere dolorante a terra e le mani sbucciate. Che bella figura di merda, fu il suo primo pensiero. Perché non mi ha preso al volo, fu il suo secondo pensiero che tentò immediatamente di eclissare.
“Tutto ok?” domandò amichevolmente Guido tendendogli una mano per rialzarsi.
“Sì, grazie…!” commentò lui ridendo come un idiota per mascherare l’imbarazzo della figuraccia, ma siccome una non basta, nel rialzarsi mise la mano sullo stesso ciuffo scivoloso di prima. Aveva appena staccato il sedere da terra, che ci ripiombò di nuovo, stavolta trascinandosi sopra Guido che non aveva appigli a cui tenersi. I due a causa della pioggerella che aveva reso l’erba uno scivolo ideale, planarono di qualche metro più in basso e continuarono a rotolare avvinghiati senza che Dennis si spiegasse perché mai rotolassero in quel modo.
“Tutto ok?!?” domandò un preoccupato Guido quando si fermarono. E allora Dennis capì perché avevano rotolato a quel modo, perché Guido aveva cercato di proteggerlo dai sassi tenendolo stretto. Per poco non si mise a piangere per la commozione. Un vero amico. Nessun altro avrebbe fatto lo stesso per lui, nemmeno sua madre che piuttosto che rischiare il suo corpo per salvare quello del figlio avrebbe fatto il contrario usandolo come slittino. Ma ora Guido pesava su di lui come un macigno, il corpo premuto sul suo rischiava di togliergli il respiro, ma non osava dirgli di togliersi dopo che era stato così gentile con lui. E imbarazzante tornò il ricordo di appena quella mattina, del contatto della loro pelle, e divenne rosso rosso. Guido se ne accorse ma lo interpretò alla figuraccia che aveva appena fatto, per cui gli diede un’amichevole testata in fronte.
“Ahia…” mormorò Dennis strofinandosi il punto leso con la mano sporca di terra ed erba causando un attacco di risata da parte dell’amico. “Che c’è…? Oh…!” commentò rendendosi conto delle condizioni della sua mano e del suo viso. Imbarazzato, si pulì la mano alla meglio sulla maglietta, mentre strofinò come un cucciolo la fronte sporca contro il petto di Guido avvertendo un acceleramento del respiro…e qualcosa di freddo che cominciava a picchiettare contro la sua pelle. Alzò gli occhi di colpo e trovò Guido che fissava preoccupato il cielo sopra di loro. Delle brutte nuvole si stavano radunando e qualche goccia sporadica cominciava a cadere. Proprio una di quelle gocce cadde nell’occhio destro di Dennis che gemette sorpreso. Guido abbassò immediatamente lo sguardo per vedere cosa avesse turbato l’amico, e lo trovò che si strofinava con il pugno chiuso un occhio in modo assolutamente tenero [n.a. il termine migliore sarebbe “puccioso” ><]. Impossibile resistere, impossibile contenersi, impossibile non alzarsi. Guido fece leva sulle braccia muscolose per togliersi da quella posizione equivoca e liberare il corpo sotto di sé, ma non aveva fatto i conti con l’erba fangirl che tanto per cambiare non era d’accordo con la loro idea di posizione eretta. Le mani slittarono inesorabilmente, a nulla valse lo scarso tentativo di Guido di fare resistenza con gli addominali alla caduta e, stavolta come al rallentatore, il suo viso si abbassò, abbassò, abbassò sempre più verso quello stupito di Dennis che smise di strofinarsi l’occhio per puntarlo assieme al gemello in quelli magnetici di un verde sporco del migliore amico di cui si fidava ciecamente. I loro nasi si sfiorarono, le loro fronti cozzarono stavolta dolorosamente, e infine il contatto che Dennis aveva sognato come un incubo e insieme inconsciamente desiderato: le loro labbra si sfiorarono agli angoli, un tocco leggero, rapido come se non fosse mai accaduto, ma che bruciava come fuoco liquido nell’animo del ragazzo che non seppe che fare se non giacere immobile a guardare la pioggia aumentare d’intensità e cadere su di loro sorpresi colpevoli di qualcosa di innominabile. Non avrebbe dovuto. Ma non aveva avuto scelta. O sì? Avrebbe potuto ritrarsi? Frenarlo? Ma non era stata colpa sua, lui non lo aveva voluto…o sì? In cerca di conforto, di salvezza, di una qualche forma di certezza, per assicurarsi che era davvero Guido quello sdraiato sopra di lui, quella persona il cui cuore aveva accelerato di moltissimo nel giro di pochi istanti tanto da rischiare l’infarto, Dennis cercò ancora quegli occhi che gli restituirono la sua immagine specchiata: confusione, incertezza e qualcosa di più terribile e profondo nascosto sotto la superficie, e che ora che il lago era stato turbato sarebbe uscita potente come un geyser a travolgerli distruggendo l’equilibrio che avevano creato tra loro. Equilibrio compromesso in eterno, a giudicare dall’espressione di Guido, un misto di paura e trionfo, qualcosa d’indefinibile che lui stesso non era in grado probabilmente di controllare. Come si poteva controllare qualcosa del genere? Ma in fondo…suvvia, era stato solo un istante, magari non se n’era nemmeno reso conto, era solo un angolo, un lembo di pelle senza importanza…ma gli occhi di Guido che rispecchiavano anche i suoi dicevano che se n’era ben accorto, e che non era un lembo di pelle qualunque, era Quel lembo di pelle e a causa di quella disattenzione o scherzo del destino le cose sarebbero mutate, in bene o male non avrebbe saputo dirlo. Non era durato abbastanza per stabilirlo. Ma a quanto pareva Guido sembrava intenzionato a non avere dubbi in proposito: i loro nasi si sfiorarono di nuovo, dolcemente, piano, per non spaventarsi a vicenda. E Dennis non si ritrasse. Non lo fece non perché non avrebbe saputo come fare, non lo fece perché era tranquillo. In una situazione del genere, non era in panico, era calmo e rassicurato dalla presenza di Guido, proprio da quella presenza invasiva che avrebbe dovuto terrorizzarlo. Vicino, troppo vicino. Eppure avrebbe voluto in un certo senso averlo ancora più vicino. La pioggia cadeva su di loro ma non la sentivano. Non sentivano nemmeno il pigolio dei piccioni che si andavano a riparare nei nidi. Nemmeno l’ondeggiare delle fronde degli alberi scosse dal vento. Né gli insetti che ronzavano alla ricerca di un riparo. Ma qualcosa oltre al loro battito accelerato la sentirono, eccome.
“Ehi, in tutto questo tempo come minimo di palle ne avete trovate due a testa!!” parlò forte la voce di Giò in modo più malizioso che volgare. Li aveva visti? Probabile. Anzi, quasi certo. Appena aveva avvertito il primo richiamo Guido si era tolto immediatamente da sopra il suo petto, ma non potevano sapere da quanto era lì e cosa esattamente fosse riuscita a vedere dalla cima della collina. Dennis percepì la ghigliottina calare con precisione sul suo collo.
“Avanti maschietti, sta per piovere di brutto! La palla, la palla giusta, l’ho trovata io incastrata su un albero qui sopra! Venite, recuperiamo la nostra roba e andiamo!”.
Giò si voltò prima ancora di dare tempo ai due seduti a terra di replicare. Immersi in un imbarazzato silenzio, non sapevano come muoversi o cosa dire per rompere il ghiaccio. Alla fine fu la pioggia a salvarli perché offrì loro l’occasione di alzarsi e correre via da quella discesa maledetta. Non si toccarono. Stavolta Guido evitò con molto tatto di toccare Dennis che d’altra parte non ne sentì la mancanza. I suoi pensieri erano tutti occupati da congetture su cosa eventualmente Giò aveva visto e su quello che avrebbe potuto riferire. Il suo cuore minacciò di fermarsi quando arrivati in cima alla collina la vide china su Marta a parlottare, come se le stesse raccontando un pettegolezzo interessante, e l’altra ragazza tutta presa ad annuire con enfasi, gli occhi che brillavano di entusiasmo. Si voltarono all’unisono a guardarli che scendevano il pendio con estrema circospezione mentre le gocce aumentavano d’intensità a bagnare nuovamente la maglietta di Guido che si appiccicò alla sua schiena. Ma per Dennis avrebbe potuto sfilargli davanti nudo in tutto il suo splendore che non l’avrebbe visto, preso com’era a cercare di interpretare lo sguardo complice delle due amiche che ridacchiavano maliziose additandoli.
“Piacevole la passeggiata?” commentò Marta porgendo a Dennis la felpa che aveva portato via per ogni evenienza e che ora s’infilò quasi alla rovescia nella fretta di fare qualcosa, qualunque cosa pur di non rispondere a quella provocazione.
“Istruttiva!” commentò al suo posto Guido che gli dava le spalle “Abbiamo potuto ammirare da molto vicino una serie d’insetti che popolano l’erba e la terra umida, e soprattutto il loro comportamento in situazione estreme come un corpo pesante che minaccia di schiacciarli!”.
Dennis trattenne il respiro. Impossibile che non ci fosse un riferimento per lui in quella frase, era fin troppo esplicita. Gettò un’occhiata preoccupata a Giò che però non reagì in alcun modo, mentre Marta si divertiva a scompigliare i capelli già incasinati di Guido. Il ragazzo pareva abbastanza a suo agio, l’unico in confusione era lui. Lo stava forse lasciando da solo con il suo piccolo grande dramma personale? Per un momento s’immaginò ad afferrarlo per le spalle e costringerlo con la forza a voltarsi per guardarlo in viso, per vedersi di nuovo specchiato nei suoi occhi e leggervi una risposta. Ma si limitò a stringere i pugni con frustrazione senza sentire la risposta scherzosa di Marta.
Le gocce caddero con forza su di lui a lavare via l’imbarazzo, il dolore e la confusione. Perfino la rabbia allontanarono mentre lasciavano il parco e i momenti appena vissuti non diventavano altro che ricordi che sbiadivano ad ogni passo. Ormai non era più nemmeno certo di quello che era accaduto, mentre seguiva come un cagnolino, anzi come una pecora, il gregge che correva a ripararsi sotto le tettoie delle fermate degli autobus. Laura e Tippi se ne andarono verso la loro macchina dopo un saluto veloce e promesse di ripetere l’esperienza presto.
“La prossima volta però voglio sul serio giocare anche io!” fu la frase di commiato finale di Laura mentre faceva ciao ciao con la mano dalle unghie perfette, imitata come sempre alla perfezione dalla vipera al suo fianco.
“Se non perdiamo di nuovo la palla per colpa degli istinti di qualcuno, volentieri!” rispose allegra Marta. Lo sapeva benissimo che quel commento non era rivolto a lui, in realtà era una punzecchiata nei confronti di Stef e Lilli, ma non poté fare a meno di sentirsi preso in causa. E Guido? Guido rideva tranquillo con gli altri.
Anche Stef e Lilli alla fine se ne andarono verso la loro macchina, seguiti a ruota da Giò che intendeva scroccare un passaggio data la pioggia, passaggio offerto molto volentieri.
“Però io sto davanti! Non vorrei mai che in un momento critico ci scappasse un bacio!” ecco, un altro commento innocente. Probabilmente non aveva la minima affinità con lui e la sua situazione, ma Dennis si sentì preso in mezzo comunque. Stava forse diventando paranoico? Tutto attorno a lui pareva puntare il dito ed accusarlo.
“Beh…il nostro autobus…a presto D, fai il bravo e salutami tanto tua madre!” lo salutò Marta con un bacio sulla guancia, qualcosa di spontaneo e affettuoso che gli scaldò il cuore. Sarà pure una fangirl, ma lei mi vuole bene. Guido invece non si avvicinò per abbracciarlo, non gli rivolse altro che un cenno con il capo prima di sparire sull’autobus dietro Marta che imprecava contro la pioggia e salutava allegra il conducente senza nemmeno sapere chi fosse.
Si separarono così, senz’altro che un saluto amichevole, un sorriso che a lui parve quasi falso, e molte frasi non dette. E proprio quello, voleva dire molto.


E con questa si chiude il settimo capitolo. Bravi, siete arrivati fin qui! Ed il vostro premio per tanto coraggio è che d'ora in poi la storia si complica ^^ non posso che augurarvi buona lettura e a presto, vvb
nel prossimo capitolo: Dennis alle prese con le sue pare mentali (tanto x cambiare) ed i suoi tentativi di scoprire cosa Giò sappia in realtà. Guido e Dennis si rivedono. ed una domanda scomoda posta dalla sua amica di chat che lo costringerà a molte notti in bianco...

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