Un-justified Hate

di Tony Stark
(/viewuser.php?uid=371387)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1: First blood on sword ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2: Trapped Again ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3: It starts again ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4: A good church man ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5: Nether(ish) Nightmares (or demon's memories?) ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6: The dark inside us ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7: A small change in thoughts ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8: Free like a Moa ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9: In the darkness of the cave... An Aetheric encounter ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10: An Endless Journey ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11: A swamp's Witch ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12: The First encounter ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13: The friendly villagers ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14: Vis Voluntatis ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15: Into the Abyss ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16: In the Abyss-The first trial ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17: In the Abyss- The second trial. (Pt.1) ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18: In the Abyss- The second trial. (Pt.2) ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19: Out of the Abyss ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20: The first kill of the Nether Knight ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21: The demon's Agony ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22: The Darkest Way ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23: Knowing the Turth ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24: The Black Tower Massacre ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


   Un-justified Hate
Prologo



Il giovane Steve era appena giunto in quel luogo, un naufragio l'aveva fatto giungere nelle coste basse e sabbiose, l'acqua salata dell'oceano l'aveva spinto con alte e forti onde verso la terra ferma.

Era lì, fermo sulla spiaggia bagnata da mare e pioggia, la sabbia umidiccia gli si era appiccicata ai vestiti e alla pelle.

Era stanco, aveva nuotato per quelle che gli erano sembrate miglia, e l'acqua bruciava su ogni taglio.

Soprattutto sul fianco dov'era stato colpito dalla spada di un orribile mostro, uno scheletro nero.

Gli occhi violetti socchiusi, non riusciva più a combattere. Era solo, non aveva nulla per cui lottare, non l'aveva mai avuto.

Sentì dei passi soffocati dalla sabbia bagnata.

<< Ester, vieni qui presto! Questo ragazzo ha bisogno d'aiuto >>gridò qualcuno e queste furono le ultime parole che Steve sentì prima di perdere i sensi.


Mi dispiaccio per i due che portarono il povero ragazzo al villaggio, perché finché era ferito nessuno vide in Steve Lui.


L'Anziano del villaggio curò con dedizione e attenzione il giovane che gli era stato affidato.
Notò sul suo corpo molte cicatrici causate forse da battaglie o da persone senza scrupoli non sapeva dirlo.
Era solo certo che quel ragazzo avesse sofferto molto e per molto.

Eppure mentre lo guardava sentiva qualcosa dirgli che stava facendo un errore.




Perché miei cari l'Anziano aveva già collegato quella maglia ciano e quei pantaloni indaco a qualcuno, un mostro per la loro gente, un demone che andava ucciso.



Steve aprì gli occhi, non ricordando, immediatamente, cosa fosse successo.

Ricordò mentre il tepore del fuoco lo riscaldava, mentre sentiva dei passi avvicinarsi, passi lievi attutiti ancor di più dal variopinto tappeto che nascondeva il pavimento.

<< Devi ritenerti fortunato, ragazzo >> disse la voce dell'Anziano, mentr'egli teneva fra le mani una boccetta di vetro contenente un liquido rossastro che brillava leggermente quasi di luce propria.

<< Se non fosse stato per Ester e Joel, saresti potuto morire >> continuò, mentre gli si avvicinava.

Steve non disse nulla, sarebbe stato grato a quei due se non fosse che sapeva già cosa lo aspettava.
Dovevano solo guardarlo bene e il timore avrebbe riempito i loro occhi.

E poi sarebbe arrivato l'odio e la cattiveria. E lui non sapeva neanche perché.

Eppure quell'uomo non era spaventato e nemmeno lo odiava, gli sorrideva quieto mentre parlava.
<< Qual è il tuo nome, ragazzo? >> gli chiese.

E Steve pensò che questa era la prima volta che qualcuno gli chiedeva il suo nome da quando i suoi genitori erano morti (uccisi dai loro amici, perché avevano ospitato Lui!)

<< S-Steve. >> rispose con voce tremante << S-Steve Stonewall >> disse poi con un po' più di convinzione, mentre i suoi occhi viola cercavano quelli dell'anziano uomo che l'aveva salvato e che non lo aveva considerato un mostro.


Ma questo era solo perché l'Anziano non voleva credere a ciò che il suo cuore diceva. E, ahimè, amici miei non era qualcosa di buono.


L'Anziano ascoltò, ma non disse nulla. E mentre si allontanava disse al ragazzo che presto sarebbero arrivati sia Ester che Joel per conoscerlo.

E la paura attanagliò nuovamente il cuore di Steve. Non di nuovo, non voleva che qualcuno gli urlasse contro parole orribili, che tentassero di ucciderlo... Il più lentamente possibile.

Ma prima che pensasse di andarsene i due erano già lì, sulla soglia della stanza che parlavano col vecchio.
Joel fu il primo ad entrare accompagnato subitamente da Ester e Steve tentò di rimanere il più in ombra possibile, non voleva che lo vedessero.

Finché rimaneva una sagoma d'ombra nessuno l'avrebbe chiamato mostro.

<< Come ti senti, Steve? >> chiese Joel con tono preoccupato

<< B-Bene >> rispose il ragazzo, prima di mormorare un credo.

<< Siamo felici di sentirtelo dire >> disse Ester, mentre anch'ella sorrideva allo stesso modo del vecchio.

Passò un'altra notte e un altro giorno, prima che l'Anziano lo dichiarasse guarito. E quella stessa notte Steve decise di partire, di allontanarsi dal villaggio prima che anche loro lo considerassero un mostro.
Prese il suo "zaino" e dopo aver preso da esso una maglia identica a quella che indossava prima del naufragio e averla indossata, si allontanò dal minuscolo villaggio.
Fortunatamente solo la maglia era stata danneggiata... o sarebbe stato un guaio.

Ringraziò il vecchio, prima di andare, forse avrebbe dovuto ringraziare anche Joel e Ester... No meglio di no, pensò più tempo restava più era in pericolo.

E poi sentì un grido, il grido di una ragazza, e Steve agì ancor prima di pensare sfoderando la spada di pietra (che fortunatamente non era andata persa nel naufragio) e andò alla ricerca della ragazza.

La trovò circondata da mostri, creature che sembravano zombie e scheletri.

E con più coraggio di quello che aveva con le persone gridò:

<< Ehi! Sono qui! >>
I mostri si voltarono verso di lui e lasciarono la ragazza per avvicinarsi a lui e Steve si voltò correndo inseguito dai mostri.




Ora vi chiedo, amici miei, può un mostro essere così generoso, quando le persone gli hanno sempre mostrato solo odio e crudeltà?





E il sole sorse, i mostri bruciarono e Steve era lì a guardarli, bruciare sconvolto. Non aveva mai visto qualcosa di simile.

Vide due figure avvicinarsi a cavallo e Steve rabbrividì... Che fossero venuti per ucciderlo?
Il primo a scendere da cavallo era Joel, l'altro, Steve, non sapeva chi fosse.

E il sole purtroppo cominciava a illuminarlo.

<< Steve! >> lo chiamò Joel e Steve si fermò, invece di voltarsi e correre. E il sole brillò illuminandolo.

Steve guardò Joel con la speranza negli occhi, sperava che qualcuno non lo considerasse un mostro.

E Joel lo guardò, i suoi occhi felici si rabbuiavano, mentre la sua mano si preparava a tendere l'arco.

<< Tu! >> ringhiò.

E Steve capì che anche lui aveva visto il mostro.

Steve non provò a fargli capire che lui era Steve, ogni volta che tentava permetteva alle persone di catturarlo e di torturarlo, di chiamarlo mostro ed essere del Nether.

Così corse, corse verso l'inizio della giungla che confinava, per quanto strano, con il deserto. Si allontanò prima che Joel potesse colpirlo, prima che quell'altro sfoderasse la spada e lo costringesse a combattere.

Si rifugiò in una vecchia torre ormai coperta di edere e piante infestanti.

Si nascose nel punto più in ombra, stringendo entrambe le mani sull'elsa della spada di pietra.

E pregò Notch che quei due non lo trovassero. Joel e l'uomo entrarono nella torre e nonostante gli passarono di fronte due volte non notarono quello spaurito ragazzo che tremante rimaneva accucciato contro la viscida parete di fredda pietra muschiosa.

I due uscirono dalla torre dopo averla perlustrata in ogni angolo, tranne quello dove si trovava il giovane Steve.
Notch aveva esaudito le sue preghiere, eppure se lo ascoltava perché non gli spiegava il perché di quel destino?


Il giovane ragazzo non sapeva certo che neanche il potente Notch poteva nulla per cambiare il suo destino. Mentre un essere mille volte più potente se pur confinato in una dimensione al Limite del creato tesseva il destino del ragazzo dagli occhi di Ender.

***

Il giovane Steve passò un giorno e una notte in quella torre sopravvivendo, grazie alla foresta che lo circondava e al riparo che aveva trovato.

Sorrise, il ragazzo pensando che se fosse rimasto nella giungla forse nessuno lo avrebbe mai più minacciato.
La notte giunse presto, ma Steve era tranquillo i mostri per lui non erano un problema... le persone lo erano.
Accese un piccolo e fioco fuocherello per riscaldarsi e per tenere lontane le belve selvatiche.
E lentamente si addormentò nascosto in quell'angolo muschioso che era stato reso più confortevole da un cumulo di foglie coperte da una coperta di lana rossa.

"Sentiva un rumore, lento e costante, un gocciolio.

Le mura fredde e grigie della sua cella erano umide di condensa.

Le catene strette attorno ai suoi polsi erano vecchie e rugginose e sferragliavano ad ogni suo tentativo di muoversi.

Si sentiva strano... in mancanza di termini migliori, aveva la vista sfocata e non riusciva a muoversi correttamente... l'avevano forse drogato?

Oltre al gocciolio sentiva, anche, dei passi pesanti metallici come quelli delle sentinelle d'argento del castello.
Il forte bagliore di una torcia lo accecò tanto i suoi occhi si erano abituati al buio totale.

Due uomini protetti da pesanti armature di ferro lucido e scintillante come argento giunsero di fronte alla sua cella. Lo guardavano con occhi pieni d'odio.

Un terzo uomo arrivò con un passo più felpato rispetto alle sentinelle d'argento.

Indossava una lunga tunica viola, con gli orli delle maniche bordati di oro e intricate decorazioni dello stesso metallo percorrevano le intere maniche.

Anche i suoi occhi erano pieni d'odio

<< Finalmente ti abbiamo preso, maledetto demonio >> sibilò << Presto verrai purificato nella luce del grande Notch. E il tuo immondo spirito tornerà a marcire nel Nether >> terminò. Mentre agitava un qualcosa, un liquido argenteo bagnò le sbarre di ferro scuro e qualche goccia di quella sostanza gli arrivarono addosso.

Bruciavano come acido, si lamentò con un sibilo. Mentre quel liquido gli bruciava la pelle colando verso il pavimento di roccia.

<< Essere immondo e infernale accetta la tua punizione >> cominciò il sacerdote continuando ad agitare quella boccetta di vetro << Accetta la purificatrice luce di Notch e ogni tuo peccato sarà perdonato. >>
Le sentinelle d'argento aprirono la cella e lo tirarono giù dalla parete senza delicatezza.

Cadde in ginocchio, mentre quel sacerdote si avvicinava con quella boccetta piena per metà di quel acido argenteo.

<< Accetta la luce di Notch, che ci è stata affidata dalle sue valchirie. E permettigli di bruciare ogni tuo peccato >> disse.

E quell'acido venne versato sul suo collo, su due tagli che gli erano stati causati da quelle sentinelle.
E lui gridò, un tono che parve bestiale agli uomini che lo odiavano
"

Si svegliò gridando, mentre ricordava. E automaticamente la sua mano andò a sfiorare le cicatrici lasciate da quei tagli e da quell'acido argenteo.

Era ancora fiducioso verso gli altri, prima di quello che gli era successo quel giorno.

La "Luce purificatrice di Notch" la chiamavano, Steve l'avrebbe volentieri rinominata.

Sperò che nessuno avesse udito le sue grida, che nessuno venisse lì distruggendo la sua pace.

L'odore della cenere saturava l'aria così come quello del muschio e quello del sottobosco.

Sentì il gemito basso di uno zombie che bruciava al sole, ma finché non erano dentro la torre non si preoccupava.

Prese la sua spada e un'ascia di pietra che aveva creato recentemente e uscì dalla torre con passo felpato e controllando ogni angolo della zona per assicurasi che non ci fosse qualcuno.

Fatto questo si avventurò un po' nella giungla raccogliendo qualche unità di legno, senza intaccare troppo l'ambiente... o qualcuno si sarebbe reso conto della sua presenza, e qualche fungo commestibile assieme ad un paio di bacche di cacao che aveva scoperto attirare facilmente i polli di passaggio (anche se ancora si chiedeva che ci facessero dei polli in una giungla).

Si ritirò nel suo rifugio e cominciò a intagliare una ciotola, da un blocco di legno, in cui preparare una buona zuppa di funghi... in modo da non dover mangiare solo funghi mal cucinati sulla fiamma.

Forse una fornace l'avrebbe aiutato... ma avrebbe fatto troppa luce e lui non voleva attirare l'attenzione.
Anche quella giornata si accontentò di un paio di funghi mal cucinati e che sapevano un tantino di muschio.



Povero ragazzo che aveva passato una vita di stenti e che continuava a farlo, preferendo la solitudine agli altri che l'avrebbero solo ferito.




E un'altro giorno  passò così fra i sussurri del vento e il gocciolio costante delle pareti umide che gli ricordavano quella maledetta cella.

Si addormentò senza volerlo, quando ciò che voleva fare era rimanere sveglio a osservare quei due globi bianchi che aveva visto nel buio.

" Lo avevano trascinato da qualche parte.

Quelle morse gli stringevano ancora i polsi tagliandogli la pelle e lasciando profondi solchi da cui il sangue continuava a colare senza che qualcuno si degnasse di aiutarlo.

Qualcuno lo afferrò per i capelli, tirandogli la testa all'indietro in modo che lo guardasse.

Era un'altra sentinella d'argento, aveva i capelli rossi e gli occhi verdi,una lunga cicatrice gli sfigurava il viso. E anche lui lo guardava con odio.

<< Meriti ogni secondo di ciò che ti capiterà, mostro! >> ringhiò la sentinella.

<< Hai distrutto le nostre vite e ora noi tormenteremo la tua >> finì, lasciandolo andare.

Un altra sentinella, col volto coperto dall'elmo, si avvicinò.

E poi gli sferrò un calcio contro il fianco, facendolo finire contro il pavimento di roccia.

Lo stivale di metallo che causò, col suo peso, un ulteriore dolore. E poi anche l'altra sentinella cominciò a colpirlo.

Gridava, anche se ancora non supplicava pietà e loro ridevano.

<< Dov'è il tuo immenso potere, ora? >> chiese sarcastica una delle sentinelle, che continuava a prenderlo a calci.

<< Ci hai fatto passare un inferno, maledetto demone. E ora la pagherai! >> gridò l'altro, sicuro.

<< Sei un mostro. Dovrebbero permetterci di torturarti sul serio. >> disse la sentinella con l'elmo.

Un altro entrò nella sala di pietra, il sacerdote. Le sentinelle si fermarono e il sacerdote si avvicinò con un brutto ghigno crudele sul viso.

Ma non lo degnò di uno sguardo e guardò invece le due sentinelle.

<< Vi è stato concesso di portare l'espiazione a quest'essere infernale con qualunque mezzo. >> riferì consegnando loro una pergamena.

Perse i sensi per il dolore che lo rendeva cieco e sordo a qualunque altra cosa che non fosse la sua presenza.
E quando riprese i sensi era nuovamente nella sua cella e la sentinella senza elmo era di fronte a lui, gli occhi colmi di odio e un pugnale di ferro in mano.

<< E' il momento di cominciare a scontare la tua pena, essere infernale >>
"

I suoi occhi violetti si aprirono di scatto, impedendogli, fortunatamente, di continuare a rivivere quel ricordo.
E poi sentì delle voci, si affrettò a spegnere le ultime lingue di fuoco che ancora bruciavano e tirò via la coperta dal cumulo di foglie rimettendola nello zaino... Pronto ad andarsene.

E quando quei tipi entrarono, Steve era già sparito. Nascosto nella fitta rete di rami e rampicanti.
Non l'avrebbero preso, non avrebbe sopportato altre torture. Nessuno l'avrebbe trovato, nessuno.



Ora miei cari amici, già sapete che così non andò o io non avrei certo potuto narrarvi questa triste storia. Quindi se volete continuate ad ascoltare... questa storia è solo all'inizio






Note dell'Autore

Salve a voi, Fandom di Minecraft!

Spero che questa storia vi piaccia e voglio specificare che nonostante tenterò di mantenermi il più possibile nel mondo di MC, questa versione sarà più gotica e dark del mondo che conosciamo.

Spero che vi piaccia (Di nuovo)

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1: First blood on sword ***


Nota di pre-capitolo: ringrazio Thanos 05 per aver recensito il precedente capitolo di Un-justified Hate e una mia carissima amica per avermi convinto a pubblicarla.


Un-justified Hate

Capitolo 1: First blood on sword
 
Rimase in silenzio, rimanendo in ascolto.
 
Loro non l'avrebbero trovato, ma per esserne certo, doveva stare attento.
 
Erano armati, aveva visto le loro spade di ferro. Lo stavano cercando, glielo aveva sentito mormorare.
 
Eppure non erano silenziosi, loro, i suoi cacciatori.
 
Steve era immobile, nascosto fra i fitti rami dell'ampia fronda di un grande albero della giungla. E ascoltava. Anche se voleva solo correre lontano, ma se l'avesse fatto l'avrebbero sentito se non visto. E lui non voleva che lo inseguissero, lui non voleva che lo catturassero, che lo trattassero nuovamente come un mostro.
 
Poi vide un altro unirsi a quei due e quell'altro si voltò verso il punto in cui si trovava, Steve s'immobilizzò quasi trattenne il respiro pur di non fare rumore.
 
 
 
 
Ma purtroppo per il giovane Steve quell'uomo aveva la vista più acuta di quella di un Moa dell'Aether. Era stato benedetto dallo stesso Notch con quel dono, amici miei.
 
 
 
 
Un sibilo e una freccia dalla punta di pietra si piantò nel tronco a pochi centimetri dal viso di Steve che spalancò gli occhi mentre indietreggiava di scatto, inciampando su una radice sporgente.
 
Per fortuna lo strato di muschio che copriva interamente il terreno attutì sia la sua caduta che il rumore provocato da essa, ma nonostante ciò quel leggerissimo tonfo fu udito dall'arciere.
 
Che immediatamente avvisò gli altri due.
 
Steve cominciò a indietreggiare mentre cercava di alzarsi. "No... No... No....!" era questo che si ripeteva nella sua mente in preda al panico, mentre tentava di scappare.
 
Quando sentì il sibilo di un’altra freccia, stavolta arrivò quasi a colpirlo ad una spalla. Ma il colpo era volutamente mirato più in alto, l'arciere stava "giocando" con lui.
 
<< Così il grande demone sta strisciando adesso? >> Sibilò ridacchiando l'arciere mentre incoccava un'altra freccia << Il grande mostro del Nether, colui che ha per tre volte sfidato il Creatore e che per ben tre volte è stato sconfitto... Ora striscia ai miei piedi. >> continuò mentre il suo tono sfumava in un ringhio.
 
Un'altra freccia, stavolta quasi lo colpisce al collo.
 
<< Stavolta non sarà un avvertimento, mostro >> ringhiò, mentre incoccava un'altra freccia, una freccia dal corpo e dalla piuma nera, la punta di ferro da cui gocciolava un qualcosa di argentato.
 
E Steve avrebbe riconosciuto quell'acido argenteo ovunque.
 
La "Luce purificatrice di Notch".
 
Volevano usarla di nuovo su di lui, no... Non stavolta!
 
Stavolta non sarebbe stato la preda che non combatteva il cacciatore. Non stavolta.
 
E la rabbia cominciò a bruciare nei suoi occhi viola, mentre si rimetteva in piedi fissando l'arciere negli occhi.
 
 
 
 
 
E sapete amici miei cosa fece l'arciere?
 
 
 
L'arciere indietreggiò spaventato, quasi terrorizzato. Quello sguardo, quel modo di avanzare verso di lui, l'aveva già visto... Quando il demone aveva raso al suolo il suo villaggio.
 
I due che lo seguivano si misero fra lui e il demone, perché erano convinti di poterlo fermare. E l'arciere pregò Notch affinché li proteggesse.
 
Il primo dei due avanzò verso il demone, la spada che tremava come la sua presa instabile... Era spaventato, ma stava sfidando la sua paura più grande.
 
"Idiota" pensò l'arciere anche se era ancora spaventato per la sua vita.
 
Tentò di colpire il demone, ma quello evitò il fendente e gli strappò la spada di mano.
 
A separare il demone e il cacciatore c'erano solo un paio di centimetri ora, ma l'uomo non aveva più la spada.
 
Un colpo con l'elsa dell'arma allo stomaco e il cacciatore si piegò in due dal dolore, ma il demone non aveva ancora finito. E prima che il cacciatore potesse reagire la lama lucente della spada gli era stata affondata nel collo trapassandolo da parte a parte.
 
 
 
Vi chiederete perché il giovane Steve aveva appena ucciso un uomo quando non era mai stato in grado di farlo, poiché il suo cuore puro glielo impediva. Il fatto è,amici miei, che la rabbia può accecare chiunque e spingerlo a compiere gli atti più atroci esattamente come il demone per cui il giovane minatore veniva spesso scambiato.
 
 
 
 
 
La lama scintillava di rosso, ma a Steve al momento non sembrava importare era accecato dalla rabbia, da una densa nebbia che gli annebbiava la vista e che lo rendeva incapace di rendersi conto di quello che aveva fatto.
 
L'altro cacciatore sembrava prossimo a fuggire, a voltarsi e correre. Lasciandosi il mostro e l'arciere alle spalle.
 
E la paura lo paralizzò quando il demone si voltò verso di lui, tirando via la spada dal collo del cadavere e sollevandola.
 
L'aria venne tagliata dalla lama affilata. Il sangue schizzò contro Steve, mentre l'altro cacciatore si accasciava al suolo senza testa.
 
E l'arciere cadde in ginocchio nel terreno muschioso e abbassò la testa.
 
<< Ti supplico non uccidermi >> supplicò con voce tremante e spezzata, che era appena un sussurro.
 
E la nebbia che copriva gli occhi di Steve si diradò, la rabbia che sfumava e svaniva. E Steve che si rendeva conto di ciò che aveva fatto.
 
La spada che gli cadeva di mano piantandosi nel terreno muschioso.
 
"Per Notch, cos'ho fatto?!" pensò sconvolto senza che quel pensiero ricevesse mai voce.
 
L'arciere alzò lo sguardo, i suoi occhi verdi erano pieni di paura.
 
<< Ti supplico lasciami andare >> supplicò nuovamente con voce poco più ferma di prima ma pur sempre simile a un sussurro.
 
<< Vai >> disse Steve, col tono più fermo che possedeva e che era poco più di un mormorio << E non voltarti indietro >> finì.
 
E l'arciere corse, lasciandosi l'arco e la freccia nera alle spalle, così come quello che credeva il demone.
 
 
 
 
 
 
Il giovane Steven era ancora scioccato da ciò che aveva fatto, aveva ucciso due persone. Adesso si sentiva davvero il mostro che gli altri vedevano in lui.
 
 
 
 
 
E mentre Steve rimase immobile, sconvolto quasi non volesse accettare ciò che aveva fatto. Cominciò a piovere, una leggera pioggerellina fredda che però col passare dei minuti divenne sempre più fitta e forte. Col vento che smuoveva le foglie e trasportava l'acqua con forza.
 
L'acqua scivolava sulle ampie foglie cerate degli alberi e scorreva sul morbido muschio, lavando via terriccio e sangue.
 
 
E il giovane Steve era ancora lì, fermo, mentre l'acqua gli inzuppava i vestiti e nascondeva le lacrime che cadevano dai suoi occhi viola lucidi.
 
Le sue emozioni si leggevano con una facilità disarmante.
 
E qualcuno con una tale tristezza e un tale senso di colpa negli occhi non era mai stato visto fra gli uomini (soprattutto dopo aver ucciso qualcuno per legittima difesa) figuriamoci fra i demoni.
 
Molti potevano aver scambiato quel giovane ragazzo per il demone, ma Steven era tutto fuorché questo.
 
Era una delle poche creazioni di Notch, la cui anima non era mai stata contaminata dal male e che era rimasta pura anche dopo le sevizie che aveva subito.
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2: Trapped Again ***


  Un-justified Hate
Capitolo 2: Trapped again

 
Aveva trovato un nuovo posto dove nascondersi dopo essersi allontanato dalla giungla.
 
Era una taiga fredda e deserta, senz'alcuna traccia di edifici se non per il suo piccolo rifugio.
 
Quella mattina gli uccelli cinguettavano volando da un abete innevato all'altro e la neve copriva tutto sotto una bianca coperta di ghiaccio.
 
Quel paesaggio e la calma che lo avvolgeva gli fecero ricordare un momento, un momento che credeva di aver dimenticato.
 
"Aveva sei anni, suppergiù, li aveva compiuti proprio quel giorno.
 
A Frozentree, il piccolo villaggio in cui vivevano, aveva nevicato durante la notte e ricordava che sua madre e suo padre lo avevano portato fuori.
 
Convincendolo a stare un po' con gli altri bambini. "
 
Ricordava come sua madre lo avesse poi chiamato e della torta che lo aspettava a casa.
 
Ricordava anche che il regalo di suo padre era stato un piccolo cubo di legno che brillava debolmente per la Redstone che vi era dentro.
 
Ricordava anche che quello era stato l'ultimo compleanno che avevano potuto festeggiare, perché più cresceva e più le persone lo guardavano con sospetto.
 
Quasi scordassero che lui era sempre Steven Stonewall, lo stesso bambino che avevano visto crescere.
 
Si riscosse dai suoi pensieri e si concentrò su ciò che avrebbe dovuto fare, quella mattina.
 
 
Uscì dal suo rifugio e una folata fredda gli soffiò contro. Ma non sembrò curarsene, né rabbrividire come avrebbe fatto chiunque altro se fosse stato vestito come lui, in un ambiente tanto freddo.
 
 
Il freddo non l'aveva mai infastidito, così come il caldo. Aveva passato anni fra un estremo e l'altro, mentre tentavano di "liberarlo dalla sua perversione demoniaca".
 
Quindi qualunque temperatura gli era indifferente.
 
Il suo piccolo rifugio nascosto dalla neve era accogliente e caldo, le pareti erano di assi di abete così come il pavimento che però era coperto da un piccolo tappeto quadrato ciano e un letto era posizionato vicino alla parete destra.
 
Era un piccolo spazio in cui però aveva tutto quello di cui aveva bisogno, fra cui una piccola cassa e un banco da lavoro.
 
Sperava davvero che nessuno lo trovasse, non era mai stato tranquillo per così tanto tempo...
 
 
 
 
Ma nubi scure si addensavano all'orizzonte.
 
 
 
 
 
Era notte e il giovane Steve era appena riuscito ad addormentarsi, dopo una giornata trascorsa a recuperare il legno di cui aveva bisogno e a pescare qualche pesce dal laghetto vicino al rifugio, mentre una tormenta di neve infuriava all'esterno del piccolo e cubico rifugio di Steven.
 
 
C'era qualcuno fuori, in quella tormenta, qualcuno che assomigliava incredibilmente a Steve. Ma che aveva due occhi bianchi, vuoti e brillanti.
 
Che guardò per qualche istante la casupola d'abete prima di sparire, tornando nel suo regno infernale.
 
 
 
 
Altri giorni passarono senza che nessuno lo trovasse e lui era tranquillo in quella tundra.
 
Un giorno mentre si allenava con la spada protetto da una barriera di abeti.
 
Tre guardie uscirono fuori dalla boscaglia, le loro armature di ferro erano così lucide da riflettere il bianco della neve, il loro mantello era di un leggero azzurro e sui loro scudi vi era rappresentato un lupo delle nevi dagli occhi rossi.
 
Steve non li aveva notati, poiché erano ancora protetti dall'ombra del bosco d'alti abeti innevati.
 
Loro non erano alla sua ricerca, ma notarono immediatamente il ciano brillante della sua maglia e decisero di abbandonare la ricerca dei ladri in favore della cattura del demone.
 
Che era in quel momento distratto mentre si allenava con la spada. Ogni movimento preciso e fluido, ad uno rapidamente seguiva l'altro, come in una danza.
 
Quel demone era chiaramente una macchina assassina, pensarono le guardie.
 
Non sbagliava un colpo di quelli che scagliava contro i suoi nemici immaginari.
 
<< Per Snowflakes. >> dissero, a bassa voce i tre. Non volendo attirare l'attenzione del demone, mentre si avvicinavano con le spade alla mano.
 
Steve sentì dei passi soffocati sulla neve. E si voltò di scatto verso i suoi nemici.
 
Tre guardie che probabilmente non si erano aspettati uno movimento tanto repentino.
 
Anche se si sarebbero dovuti aspettare qualcosa di simile da parte di un demone che ora li fissava, con una spada di ferro lucida e perfettamente affilata stretta in mano.
 
Videro una traccia di rosso che segnava l'intera lama, e con poca sorpresa ma molto terrore si resero conto che quello era sangue. Sangue che un tempo scorreva nel corpo di qualcuno e che ora su quella lama come un trofeo per quel demone.
 
Decisero di attaccare tutti e tre contemporaneamente per rendergli più difficile parare i loro attacchi e attaccarli a loro volta.
 
Ma quel demone sembrava in grado di affrontarli senza difficoltà.
 
Finché uno dei tre riuscì a colpirlo, la ferita non era grave e non l'avrebbe nemmeno inabilitato se non fosse che per riflesso dei nervi lasciò cadere la spada.
 
Disarmandosi da solo.
 
 
Le tre guardie sapevano che quel demone era ancora pericoloso con i suoi poteri.
 
E pregarono Notch affinché li proteggesse.
 
Riuscirono alla fine a fermarlo e ad bloccargli le braccia cosicché almeno non potesse fisicamente attaccarli.
 
Steve tentò di liberarsi, ma loro riuscirono a bloccarlo nuovamente.
 
 
 
 
 
 
 
 
Miei cari amici, sono certo che ora sarete preoccupati per il giovane Steven. Lo sono io stesso che al contrario vostro conosco già ogni trama, a meno che la creatura del Limite non cambi nuovamente ogni filo già intessuto nel velluto della vita.
 
 
 
 
 
L'avevano portato nella cittadina di Snowflakes, le alte mura di cinta erano di cobblestone e un grande portone di quercia nera chiudeva la cittadina dall'esterno.
 
Ogni edificio, all'interno delle mura, era piccolo prevalentemente in legno sia d'abete che di quercia i tetti triangolari coperti di neve.
 
Le strade illuminate da lampade di Redstone.
 
E il castello era ben visibile fin dal basso cerchio della cittadina.
 
Lo portarono attraverso la cittadina, mostrando agli abitanti che le guardie erano riuscite a fermare il grande e orribile demone.
 
Le reazioni delle persone che lo vedevano erano le più svariate.
Da terrore a soddisfazione nel vedere quel mostro bloccato o da panico a paura per il semplice pensiero della sua vendetta una volta che il demone si fosse liberato.
 
Loro lo trascinarono per le strade come se fosse un trofeo, il grande demone era fra le loro mani. E loro l'avrebbero consegnato alla giustizia del divino Notch.
 
 
 
 
Il giovane Steve intanto tremava sapendo già quello che lo aspettava.
Sapendo sotto quali tormenti l'avrebbero fatto passare.
 
 
 
 
Se solo l'avessero guardato in viso, amici miei, avrebbero visto il terrore che gl'invadeva il cuore. Avrebbero visto l'umanità sul viso del demone, avrebbero capito di essersi sbagliati.
 
Ma, miei cari, nessuno lo guardò in viso preferendo fissare con odio e sdegno la sua figura mentre attraversava le strade.
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore
 
Ringrazio Thanos 05, Aurora Garcia e Mattalara per aver recensito il capitolo precedente.
 
In secondo: Con questo finisce il primo arco di trama di questa storia (anche se originariamente doveva durare sei capitoli ma mi sono reso conto che se avessi dilungato troppo questa parte avrei rovinato un po' tutta la storia.)
 
Spero che anche questo capitolo vi piaccia :D
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3: It starts again ***


  Un-justified Hate
    Capitolo 3: It starts again

 
Le pareti della cella nelle segrete del castello erano costellate da rientranze e piccoli fori causati dai pesciolini d'argento che vi dimoravano.
 
Aveva sentito il rimescolio di alcuni di quei minuscoli insetti, mentre mangiucchiavano la roccia della parete alla sua destra.
 
Un suono chiaro e argenteo che rimbombava nel silenzio.
 
L'unica cosa positiva in quella situazione oltre al fatto che non gli avevano fatto ancora nulla, era che le morse che lo ancoravano alla parete non erano arrugginite e quindi non erano taglienti.
 
Steve rimaneva immobile, rassegnato al suo destino. Combattere era inutile e gli avrebbe causato solo altro dolore.
 
Sentì il movimento delle zampette di uno di quegli insettini che usciva da un foro nella parete.
 
L'insetto corse lungo la parete e si nascose in un altro foro.
 
Tralasciando il naturale brivido che lo attraversava ogni volta che vedeva uno di quegli insetti che gli si avvicinava, stava andando tutto bene.
 
Quasi troppo.
 
Osservò ciò che lo circondava, ovvero un lungo corridoio di celle, ognuna di loro conteneva almeno due prigionieri che però rimanevano rintanati in un angolo e tremavano, abbassando la testa di scatto se vedevano che li stava guardando.
 
Il corridoio era illuminato da un paio di torce fissate su alcuni sostegni metallici. L'unico punto non ben illuminato era proprio la piccola parte di corridoio che portava alla sua cella.
E poi il silenzio venne infranto da un rumore di passi.
 
Tre sentinelle d'argento marciarono verso la sua cella, scortando un uomo.
 
Un uomo più alto della media, con indosso delle nobili vesti di rosso velluto decorate con oro e con piccole perle di smeraldo come bottoni.
 
E sul suo capo vi era una corona anch'essa d'oro con piccoli rubini d'un rosso brillante che decoravano le incisioni su di essa e un singolo diamante d'azzurro brillante luccicava al centro di essa.
 
I suoi occhi azzurri lo guardavano con freddezza, parevano analizzarlo.
 
Poi egli sorrise leggermente e ordinò alle guardie di lasciarlo solo col demone.
 
Loro tentarono di contestare, anche se con un tono debole, ma il re confermò il suo ordine non dando loro alcuna possibilità se non obbedire.
 
 
 
 
 
Ci sono persone crudeli al mondo e quel sovrano era forse il peggiore per quanto impossibile. E, miei cari amici, Steven aveva avuto la sfortuna di capitare fra le sue mani e nel suo regno.
 
 
 
 
 
 
Il sovrano ridacchiò crudelmente mentre fissava il demone.
 
<< A quanto pare ti abbiamo catturato demonio >> disse, senza aspettarsi alcuna risposta dal mostro. << Posso assicurarti, abominio, che supplicherai per tornare nel Nether. >> dichiarò sicuro.
 
Mentre Steven lo osservava con uno sguardo vuoto, lo stesso sguardo di chi si è già sentito dire quelle parole innumerevoli volte.
 
<< Notch ci ha designato come discendenti dei Minecraftiani della Fortezza Celeste, ci ha permesso di punirti, mostro. Di farti pagare per ogni mostruosità che hai compiuto >> continuò.
 
Steven davvero smise di ascoltare qualunque parola venisse da quel borioso uomo che lo credeva un mostro. Tanto dicevano sempre la stessa cosa, ripetevano sempre lo stesso discorso, quasi avessero tutti loro un copione.
 
 
Forse era in grado di estraniarsi a tal punto solo perché sapeva di non poter far nulla per evitare che facessero quello che avrebbero fatto.
 
 
Dopo aver finito il suo interminabile discorso, in cui più volte gli promise che la sua sofferenza sarebbe stata immensa, si ritirò assieme a due delle tre sentinelle.
 
Lasciando la terza a guardia della sua cella... sia mai che tentasse di fuggire.
 
E il silenzio tornò, spezzato solo dai passi ritmici della sentinella che si muoveva avanti e indietro di fronte alla sua cella.
 
Quel ragazzo dai capelli biondi e gli occhi verdi lo fissava più che altro incuriosito e non aveva neanche la più piccola stilla di odio negli occhi.
 
 
Strano... non aveva mai visto qualcuno guardarlo così, anche perché di solito le sentinelle a guardia della sua cella ne approfittavano per cominciare il loro "trattamento di favore" per lui.
 
<< Com'è il Nether? >> chiese d'improvviso, spezzando il silenzio. Mentre si fermava di fronte alla porta della cella.
 
Steven non sapeva che rispondere. Non capiva perché tutti credessero che lui fosse il sovrano di quell'inferno.
 
Ma la sentinella non parve essere infastidita dal suo silenzio
 
<< Capisco, non vuoi rispondere... Ti do solo un consiglio, demone. Se Carlson, la sentinella che verrà dopo di me, ti chiede qualcosa tu rispondigli. >> così disse prima di passare il resto del suo turno di guardia in silenzio.
 
 
 
 
 
 
Non era mai stato tanto calmo mentre era imprigionato.
 
Non era mai stato tanto calmo mentre qualcuno gli si avvicinava con la chiara intenzione di fargli del male.
 
I suoi occhi viola che fissavano con una calma apatica, quasi annoiata, il suo prossimo aguzzino.
 
Carlson gli ringhiava contro domande che lui a stento capiva per il suo tono.
 
Le ferite che gli causava col suo pugnale erano poco più che graffi.
 
Non facevano neanche male era più che altro un costante bruciore.
 
Steve aveva sopportato di peggio.
 
 
Non capiva se era quel Carlson ad essere incapace o se lo era il sovrano che lo aveva mandato a torturarlo.
 
 
Carlson ghignò mentre spegneva la torcia che aveva portato con sé. Il buio calò su ogni cosa e per qualche attimo Steve non vide più nulla.
 
 
Però sentì, sentì centinaia di piccoli passetti dei pesciolini d'argento erano usciti tutti dalle loro tane nelle pareti... Ma perché??
 
 
<< Sai, mio caro demone, cos'è che attira i pesciolini d'argento? >> chiese parlando a bassa voce, Steve però sentiva il sorriso malvagio che era sul suo viso. La sentinella ridacchiò sempre piano per non allarmare i pesciolini d'argento che, intanto, si avvicinavano al demone incatenato.
 
 
<< È l'odore del ferro, e con tutti i tagli che ti ho causato ne sentiranno abbastanza >> disse rispondendo alla sua stessa domanda e Steve rabbrividì capendo ciò che intendeva.
 
 
Sentì uno di quei minuscoli insettini salirgli addosso, le zampette che si muovevano rapide sulla sua pelle, mentre si avvicinavano alle ferite poco profonde causate dalla sentinella.
 
 
Sentì l'insetto scivolare su e giù per la ferita mentre le sue piccole e tentacolari antenne vi picchiettavano sopra leggermente. Si alzò su due delle sei zampe aprendo le mandibole uncinate e poi si rituffò verso il graffio, secernendo il suo veleno acido mentre cominciava a scavare nella ferita.
 
 
 
E tutto questo era ripetuto per tutti quegli insetti e per ogni ferita.
 
 
 
Steve sibilo per il dolore che era ancora poco, prima che i pesciolini d'argento cominciassero a scavare con più forza nella sua carne.
 
 
E Steve gridò mentre Carlson ridacchiava, pur sempre a bassa voce, divertito dalla sofferenza del demone.
 
 
In quel momento qualcuno scese nelle segrete, un altro sacerdote dell'ordine di Notch.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell’Autore
Mi scuso per il ritardo, ma visto che ho finito i capitoli preparati dovrete aspettare un po' (perché di tutti gli altri capitoli ho solo le bozze quindi dovrete aspettare che le sviluppo).
 
Comunque con questo capitolo entriamo nel primo arco di trama di questa storia, il titolo dell'arco di trama è: The Change
 
Ringrazio: Thanos 05, Mattalara e Aurora Garcia per aver recensito il capitolo precedente.
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4: A good church man ***


 Note di pre-capitolo: Ringrazio Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo di questa storia... Grazie!! :)

Un-justified Hate
         Capitolo 4: A good church man


Il sacerdote scese i gradini di mattoni di pietra con calma, sapendo che quel demone non sarebbe potuto rifugire dalla sua piccola cella.

Mentre si preparava a portare l'espiazione divina a quel mostro corrotto.

Mentre scendeva cominciò a sentire delle grida, sempre più forti man mano che scendeva.

Quando giunse al piano delle celle, si diresse verso lo cella del demone e poi lo vide.

Vide una guardia fissare il demone, che si contorceva tentando di scrollarsi qualcosa di dosso mentre urlava per il dolore che stava provando.


La cupa luce della lanterna a Redstone illuminò l'interno della cella e il sacerdote vide.

Vide il demone agitarsi, tirare contro le catene fin quasi a ferirsi. Mentre degli insetti, che successivamente riconobbe come i pesciolini d'argento, si muovevano frenetici affondando e riaffiornando dalle ferite che il demone aveva sul petto e sulle braccia.


Il sacerdote osservò sconvolto ciò che aveva davanti prima di riscuotersi dal suo shock e richiamare la sentinella con un tono di voce ancora sconvolto.


<< Chiama un guaritore, presto >> disse. Carlson aveva un cipiglio confuso sul viso mentre andava.


Il sacerdote entrò nella cella, anche se non sapeva come aiutarlo.


Riaccese la torcia, almeno per allontanare quelli che non erano, ancora, all'interno delle ferite.


Molti pesciolini d'argento, coperti di sangue, corsero verso le loro tane nella parete. Ma alcuni rimasero immobili, smettendo almeno di ferirlo ulteriormente.


Il sacerdote non sapeva come poteva evitare la furia del demone, se mai questa si fosse presentata.

 Non sollevò lo sguardo, non volendo vedere lo sguardo del demone.
Non sapeva cosa ci avrebbe visto e non voleva saperlo.





Se solo l'avesse fatto avrebbe avuto la conferma del dubbio che gli attanagliava il cuore.






La guaritrice arrivò dopo qualche ora. Il suo sguardo era duro e la sua espressione era quanto più contrariata si potesse vedere. Come se non volesse aiutare quel particolare "paziente".

Ma fu comunque attenta e delicata per non causare ulteriori danni al demone.
Anche se non capiva perché doveva aiutare quel mostro.





Steve dal canto suo sapeva già che dopo questo "momento di gentilezza" sarebbero tornati a tormentarlo. Lo avevano già fatto.

Mai che permettessero ad un'infezione di ucciderlo, lo avrebbe preferito.

Non capiva perché lo curassero se lo credevano un demone.


La pozione di guarigione aveva curato parte delle ferite e scongiurato ogni possibilità di infezione.

Il sacerdote si era ritirato assieme alla guaritrice e al posto di Carlson a continuare il turno di guardia era stato il ragazzo biondo.




Aveva finalmente incontrato qualcuno che non lo odiava, per ciò che credevano che fosse.

Ma era davvero al sicuro? D'altronde avrebbe passato ancora molto tempo in quella cella.

Per saperlo, amici miei, non vi resta che ascoltare.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5: Nether(ish) Nightmares (or demon's memories?) ***


  Un-justified Hate
  Capitolo 5:  Nether(ish) Nightmares
(or demon's memories?)

"Per qualche istante intorno a lui c'era il nulla.

Nero.

Non c'era né terra, né cielo.

Poi fu come cadere...

E cadere...

E cadere...

Era spaventato, terrorizzato. Non sapeva cosa stesse succedendo.

L'ultima cosa che ricordava era la cella e la sentinella bionda che si assicurava che lui non fuggisse.

E ora stava cadendo, cadendo da nemmeno lui sapeva dove.

E il nero divenne gradualmente arancione, un forte arancione.

L'aria era densa di zolfo e calda.

Il terreno su cui era "arrivato" era simile alla cobblestone solo che era incandescente e solforosa.

A pochi passi da lui vi era un immensa distesa di lava, che scorreva placidamente fondendo pian piano le rocciose rive.

Era tutto silenzioso, calmo.

Un ombra oscurò ogni cosa, lui alzò lo sguardo. Un enorme essere translucido e biancastro con tentacoli che erano grandi quanto il tronco di un albero della giungla.

L'essere lo fissò, la sua espressione sofferente che cambiava d'improvviso in un espressione ostile. Gli occhi prima grigi ora rossi spalancati e fissi su di lui.

E sputò fuoco contro di lui.

E quando quel calore infernale sembrava abbastanza vicino da sciogliergli anche la pelle, tutto si oscurò di nuovo.

Nulla.

Vuoto.

Silenzio.

E poi una parete di mattoni rosso scuro, si deliniò di fronte a lui e finalmente poteva muoversi.

Un corridoio si apriva dietro di lui ed era lugubramente illuminato da torce di Redstone fissate alla parete da sostegni rossastri, simili ad anelli di rubino.

Il corridoio terminava in una grande sala.

Una sala del trono.

Essa era illuminata da un grande lampadario di cristalli di Redstone.

Ai lati del trono d'oro bruciavano alte fiamme rosse.

Si guardò intorno. Non vedendo nulla, anche il corridoio da cui era arrivato era sparito.

Oscurità.

Vuoto.

E poi pioggia, una tempesta, lampi e fulmini che gli volteggiavano intorno come stringhe luminose.

Si sentiva debole, stanco.

La pioggia fitta gli impediva di vedere chi aveva davanti ma vedeva un ombra.

<< Mi dispiace, fratello, ma mi hai costretto a farlo >> disse una voce.

E poi una luce bianca lo avvolse.

Era come se fosse immerso in qualcosa e bruciava come fuoco.

E quel doloroso bagliore gli si muoveva intorno.

<< Non avrei voluto farlo >> disse ancora quella voce

<< Mi dispiace, He... >> non riuscì a sentire ciò che disse in seguito.

Che quel bagliore divenne come solido. Sentì come se qualcosa gli venisse strappato via...

Era insopportabile.

Basta...

Fermati!
"

Steve aprì gli occhi di scatto. Prima di rendersi conto di essere ancora nella cella, solo che non era più incatenato alla parete.

E la sentinella bionda era accanto a lui, poteva quasi vedere un po' di preoccupazione nei suoi occhi.

<< Per Notch... >> sussurrò la sentinella. << Va tutto bene, adesso? >> chiese poi.

Steve stava per rispondere quando...

<< Jeremy Oakwood! >>; quella voce... Era Carlson, che si avvicinava col suo passo di marcia pesante e metallico. << Avevo pensato che non eri abbastanza forte per questo, Oakwood. Ma arrivare a farti ammaliare da questo demonio? Sul serio? >> il tono di Carlson era sarcastico.

Jeremy ignorò Carlson quando vide che il demone perse nuovamente i sensi.

Jeremy aveva sempre voluto conoscere il grande demone, perché nonostante avesse fatto solo del male, l'aveva sempre incuriosito il fatto che la leggenda evitasse di dire cosa il divino Notch aveva fatto prima di esiliarlo.

"Era di nuovo in quel luogo infernale, ma non poteva muoversi.

Poteva solo guardare intorno a sé.

Si sentiva svuotato.

Il calore di quelle rocce contro la sua pelle era insopportabile.

<< Notch! Quando mi libererò, farò crollare l'Aether è una promessa! >>;Fu lui a dirlo ma quella non era la sua voce. Non era lui.

<< oeleD mageL, otnacnI etiniF1>> fu il suo sussurro. Continuò a ripetere quelle parole all'infinito come una cantilena, in una lingua sconosciuta.

Ma non succedeva nulla, non riusciva ancora a muoversi.

Se una delle creature che abitava quel luogo l'avesse attaccato non si sarebbe potuto difendere.

<< mertarF sueM, eT oevoveD2>> sussurrò dopo, con un tono quasi sconfitto.

Poi d'improvviso lo spuntone di roccia incandescente in cui si trovava crollò. E lui cominciò a cadere verso un lago di ribollente roccia fusa.

Poté solo fissare quel lago che si avvicinava sempre di più.

E poi nulla solo un perpetuo dolore avvolgente, continuo. Lui continuava ad affondare in quella densa roccia fusa.

Ma non riusciva a morire, perché? Cos'aveva fatto per meritare questo supplizio?

"Me la pagherai, Notch, fratello mio!" fu il suo pensiero, ma non era davvero il suo pensiero.
"

Steve non capiva cosa gli stava succedendo... Era come se i ricordi di qualcuno si riversassero in lui e le emozioni che gli provocavano erano distruttive... Erano un miscuglio che gli provocava una furia bianca, accecante.
 
Che lo spingeva ad uccidere chiunque fosse vicino a lui... Ma questo non era lui.




E il demone intanto sceglieva i ricordi da mostrare al giovane Steven, volendogli mostrare quant'erano simili. Quanto le sofferenze che avevano provato erano uguali e egualmente ingiuste.

Ciò che voleva fare era macchiare l'animo incontaminato di quel giovane.
Renderlo il suo guerriero infernale.






Ma, chissà amici miei, se l'essere del Limite era d'accordo con il piano del Sovrano del Nether.







Note dell'Autore

Ringrazio Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il capitolo precedente.
So che questo capitolo potrebbe sembrare "sconclusionato" ma è l'inizio del cambiamento di Steve.

Piccole note:

1) = "oeleD mageL, otnacnI etiniF", "finite incanto, legam deleo" è latino e significa " spezzo l'incantesimo, elimino i blocchi".

2)="mertarF sueM, eT oevoveD ", "Devoveo te, meus fratrem"è latino e significa "Ti maledico, fratello mio".

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6: The dark inside us ***


Un-justified Hate
  Capitolo 6: The dark inside us

 
La furia bianca gli impediva di vedere chi aveva davanti... e sapeva di essere libero dalle catene che lo avevano immobilizzato per tutti quei giorni.
 
Lui non era l'agnello sacrificale di Notch, lui non era la vittima che non reagiva ai suoi aguzzini.
 
 
 
 
Jeremy si allontanò dal demone e si avvicinò, senza volerlo, a Carlson.
 
L'espressione del demone era vuota, non c'era alcun accenno della sofferenza di prima.
 
Carlson sfoderò la spada di ferro mentre mandava Jeremy a chiamare rinforzi.
 
Se prima si era divertito a vedere quel mostro soffrire, ora aveva paura delle conseguenze.
 
 
Gli altri prigionieri erano spaventati e tentavano di nascondersi il più possibile nelle loro celle.
 
 
 
Quando Carlson provò a colpirlo, Steve riuscì a bloccargli il braccio armato e a torcerglielo fino a fargli lasciare la presa sulla spada.
 
Il giovane minatore poteva sembrare debole ma era in realtà capacissimo di difendersi anche se di solito non lo faceva.
 
Perché lui non voleva fare del male a nessuno.
 
 
Ma quando era sicuro di aver bloccato Carlson, quello si liberò dalla sua presa e recuperò la spada che era stata lasciata sul pavimento di mattoni di pietra danneggiati dai pesciolini d'argento.
 
<< Ti rispedirò nel Nether! >> ringhiò la sentinella.
 
E la furia bianca parve lasciare spazio a una specie di stato di trance. Steve rimase immobile a fissare Carlson.
 
"Nether... L'inferno... quel lago di lava... il dolore eterno, perpetuo. Bloccato lì per sempre, senza possibilità di liberarsi..."
 
 
Carlson stava per colpirlo, stava per tagliare la testa al mostro. Quando Jeremy lo fermò.
 
E poi Jeremy osò, osò fare qualcosa che nessuno avrebbe mai fatto, chiamò il demone per nome
 
<< He-Herobrine, riesci a sentirmi? >>; la sua voce tremava quasi avesse paura che il demone scattasse e lo uccidesse.
 
Carlson lo guardò come se fosse impazzito e anche le altre sentinelle avevano la stessa espressione.
 
Il demone però voltò solo la testa verso Jeremy, fissandolo per qualche istante.
 
Era calmo, la sua espressione era ancora vuota però.
 
"Herobrine...? E' il nome del demone?" si chiese Steven riprendendo gradualmente il controllo di sé.
 
E poi si lasciò imprigionare di nuovo, senza combattere.
 
Mentre Carlson gli prometteva che l'avrebbe fatto pentire di aver provato a liberarsi.
 
 
 
 
 
Il turno di guardia successivo fu proprio quello di Carlson.
 
Che lo fissò fermandosi davanti alla cella.
 
Ghignava mentre lo guardava.
 
Quel demone era così impotente adesso, sembrava così fragile.
 
Ma Carlson l'aveva visto combattere, l'aveva visto uccidere e guardare i cadaveri delle persone che aveva ucciso, sorridendo divertito dalla sofferenza, dalla morte, delle creature di Notch.
 
Quel mostro aveva ucciso sua madre davanti a lui e l'aveva braccato, come se fosse un animale, per giorni. Quando lui era ancora un bambino.
 
 
Carlson lo fissò per qualche altro minuto e poi parlò:

<< Il Nether deve mancarti non è così? >> chiese sarcastico << Non dovresti preoccuparti stiamo per portarti un assaggio del tuo regno. >> disse poi.
 
Mentre una sentinella portava a Carlson due boccette di vetro piene di una polvere scintillante.
 
<< Mi sono sempre chiesto se il fuoco del Nether può danneggiare il suo sovrano... Credo proprio che lo scoprirò presto >>
 
E poi Steve ricordò qualcosa riguardante quella polvere scintillante, un ricordo non suo, proprio come gli altri riguardanti il Nether.
 
Era la polvere di Blaze, non sapeva come l'avessero ottenuta ma sapeva quanto calda e quanto pericolosa potesse essere.
 
Carlson indossava dei guanti di cuoio incantati per resistere al calore per poter maneggiare le boccette in cui la polvere era contenuta.
 
 
 
 
E io, amici miei, vorrei poter evitare di raccontarvi ciò che accadde... Perché io stesso ne sono turbato ma il mio compito è quello di narrare e così farò.
 
 
 
 
Carlson aveva aperto una delle due boccette ritraendosi un attimo per il vapore e il forte odore di zolfo che la polvere aveva causato a contatto con l'aria fredda e umida della cella.
 
<< Forse dovrei occuparmi delle ferite causate dai pesciolini d'argento, non credi demone? >>; Carlson ridacchiò leggermente << Cauterizzandole eviteremo molti problemi >> disse poi, il suo tono era sempre così sarcastico e crudele che Steve non poteva fare a meno di essere terrorizzato da lui.
 
Voleva fermarlo ma non ci riusciva... Cos'avrebbe potuto fare per convincerlo?
 
E poi la polvere di Blaze entrò a contatto con la sua pelle...
 
E Steve urlò.
 
 
 
 
 
 
E due occhi bianchi brillavano nel buio, dove nessuno guardava.
 
Mentre il demone osservava il suo futuro cavaliere venire "temprato" dal fuoco del Nether.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore
 
Ringrazio Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo.
 
Vi anticipo che questo primo arco di trama sta per finire... anche se ci vorranno ancora un paio di capitoli.
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7: A small change in thoughts ***


Un-justified Hate
  Capitolo 7: A small change in thoughts


Carlson era deliziato dal modo in cui quel mostro si lamentava mentre tentava di spingersi il più lontano possibile da lui.

Facendo così diffondere ulteriormente la polvere di Blaze sulla sua pelle.

<< Allora non sei immune al fuoco, come dicevano. Questa è una bella scoperta >> mormorò la sentinella d'argento mentre apriva l'altra boccetta di polvere di Blaze.

Mentre spargeva ancora quella polvere incandescente sul corpo del demone. Evitando di danneggiare il suo viso.

Era un tale bel ragazzo, sarebbe stato un peccato rovinargli quel bel viso.

Quando anche l'altra boccetta fu svuotata, Carlson si avvicinò al demone e strinse la mano, quella col guanto cosparso di polvere incandescente, al collo del demone.

Per qualche istante si sentì un rumore simile a uno sfrigolio che però venne rapidamente sostituito dal grido sofferente del mostro.

<< Ti ricordi di mia madre, mostro?! >> chiese Carlson in un ringhio << Hai usato quei tuoi incanti demoniaci per bruciarla viva! >> gridò poi al culmine della sua rabbia.

Mentre quasi tremava per evitarsi di marchiare anche il viso di quel mostro. Voleva tenere quell'ultima parte perfetta fino al momento in cui gli avrebbero permesso di tagliargli la testa.






Amici miei, so quanto l'odio che provate per Carlson vi accechi ma lui stesso era accecato dall'odio quindi vi dico ascoltate ancora perché il divino Notch ha sempre qualcosa in serbo per i peccatori.






Quando il demone perse i sensi Carlson uscì dalla cella e aspettò che terminasse il suo turno di guardia.

E quando questo terminò, lui si allontanò, aspettando che Jeremy Oakwood scendesse le scale di mattoni di pietra.

E mentre Carlson non guardava, qualcuno comparve al fianco del giovane Steven.



Il vero demone, il vero Herobrine, che semplicemente osservò il suo futuro cavaliere.

Un ghigno soddisfatto si formò sulle sue labbra mentre lo guardava.

E poi si avvicinò al ragazzo indifeso, la sua ombra oramai lo sovrastava.

Il demone avrebbe potuto fargli qualsiasi cosa.

Poggiò una mano sul suo petto, lì dove era il cuore, e l'altra sull'impronta lasciata da Carlson sul suo collo.

Un bagliore nethereo illuminò le mani del sovrano del Nether, diffondendosi poi sul corpo di Steve sotto forma di sottili venature luminose.

E ogni ferita e cicatrice venne guarita, levando ogni segno delle torture, che erano state inflitte sul suo corpo.

Il sovrano del Nether osservò nuovamente il suo cavaliere ora perfetto.

E carezzò con delicatezza il profilo del viso del suo cavaliere.

Poi ghignò, quasi crudelmente,
<< La prossima volta che ci incontreremo mi chiamerai "mio signore" >> sibilò in direzione del ragazzo svenuto.

Prima di tornare nel suo regno infernale.




Quando Jeremy arrivò Steve era solo nella sua cella ed era ancora svenuto.

La sentinella notò che non vi era l'ombra di una ferita sul corpo del demone.

Anche se la sua pelle ancora scintillava per la polvere di Blaze, che ora si stava raffreddando.

"Forse essere tornato in contatto con il suo regno l'ha aiutato a recuperare i suoi poteri" pensò la giovane sentinella, mentre guardava affascinato quell'essere.

"Carlson ne rimarrà sicuramente deluso" pensò, felice che almeno per sta volta il demone sembrasse aver recuperato su ciò che Carlson gli aveva fatto.


Il demone si svegliò dopo qualche minuto, sembrava leggermente stordito..."Forse è passato troppo tempo da quando si era potuto curare usando i suoi poteri?"

Jeremy sperava che stavolta gli rispondesse.

<< Com'è il Nether? >> chiese. Il demone lo fissò quasi ponderasse se rispondergli o meno.

<< Un' inferno >> fu la sua risposta, un sussurrò più che altro. E Jeremy guardò il mostro con gli occhi spalancati, non si aspettava gli rispondesse davvero.

Non si aspettava si essere la prima persona dopo secoli a sentire la voce del grande Herobrine.

Forse il silenzio fece credere al demone di doversi spiegare perché lui parlò ancora

<< E' un posto infernale, solo roccia fuoco e lava. >> disse poi. << Credo sia composto per il novanta per cento da Netherrack, una roccia simile alla cobblestone che una volta accesa può bruciare in eterno, poi per il nove per cento di lava e poi c'è un uno percento di sabbia delle anime. E credimi è completamente inutile >> completò. E Steve davvero non sapeva perché stesse parlando con Jeremy, soprattutto perché stesse parlando del Nether come se lo conoscesse, semplicemente aveva sentito qualcosa dirgli di farlo.

<< E cosa vive nel Nether, se posso chiederlo? >> chiese poi Jeremy avvicinandosi di più alla cella.

Steve sorrise leggermente mentre quel qualcosa gli diceva di continuare a parlare come se lui fosse davvero stato nel Nether.

<< Ci sono cinque tipologie di mob che vivono nel Nether:

I Ghast, grandi "fantasmi" che volano per il Nether attaccando e uccidendo qualunque cosa non faccia parte del Nether.

Le Blaze, che sono forse fra i mob più intelligenti del Nether e che una volta sconfitti lasciano cadere le loro aste colme fino all'orlo della polvere che il gentilissimo Carlson ha usato per torturarmi.

I Pig-man zombie, sono pacifici finché non li si attacca.

Gli scheletri whither, che sono cinque volte più pericolosi di uno scheletro dell'Overworld.

E, infine, i cubi di magma che si dividono in dimensioni: piccoli, medi e grandi. Di solito attaccano solo se li si avvista proprio come gli Slime dell'Overworld. >> rispose Steve.

Mentre Jeremy si sentiva anormalmente felice di star conoscendo qualcosa sul Nether e di star sentendo quelle informazioni proprio dal sovrano del Nether.






E nel mentre Steve imparava la fine arte dell'ammaliamento.

Jeremy voleva conoscere il Nether, bene... Lui glielo avrebbe fatto conoscere ma poi Jeremy avrebbe dovuto liberarlo come pagamento per quelle informazioni.






E nel Nether, Herobrine sorrideva crudele al cambiamento del suo cavaliere.

La corruzione era cominciata, presto Steven Stonewall non sarebbe più stato la creazione pura d'animo di Notch.





Note dell'Autore

Ringrazio Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo

E volevo avvisarvi che oggi pubblicherò un altro capitolo e quello segnerà la fine di questo primo arco narrativo.

E non preoccupatevi per Steve non ho intenzione di trasformarlo in un uomo crudele come Carlson... diventerà solo un po' meno vittima.

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8: Free like a Moa ***


Un-justified Hate
  Capitolo 8: Free like a Moa


Jeremy ascoltava con interesse ognuna delle cose che il demone gli diceva.

Conosceva alcune di quelle cose ma sentirle da chi le aveva vissute, o conosciute, le rendeva reali.

<< C'è... C'è una fortezza nel Nether? >> chiese scioccato e curioso Jeremy.
<< Sì. Neanch'io conosco ogni suo angolo. >> rispose Steven.

Jeremy lo guardava sorridendo, il demone non sembrava essergli ostile in alcun modo, anzi sembrava ben disposto a dirgli qualunque cosa volesse sapere sul Nether.

<< E' davvero così grande? E chi l'ha costruita? >> chiese la sentinella volendo conoscere ogni segreto di quel mondo il cui solo nome era un tabù per la loro società.

<< E' l'unica struttura presente nel Nether e lo percorre interamente quindi credo di che sia molto più vasta di qualunque struttura presente nell'Overworld. >> rispose con tranquillità, mentre Jeremy lo liberava nuovamente dalle morse di ferro che lo incatenavano alla parete.

<< Non saprei dirti chi l'ha costruita posso dirti però chi era il precedente sovrano del Nether >> disse << Però prima dovrai fare una cosa per me, Jeremy Oakwood. La farai? >> chiese e Jeremy annui ancor prima di sapere quale fosse il prezzo del demone. << Portami Carlson e dammi la tua spada >> disse il demone.

E Jeremy agì ancor prima di pensare... voleva sapere, la sua voglia di conoscenza era superiore a qualunque possibile senso di colpa.





Alle volte, amici miei, la conoscenza è un arma a doppio taglio, se si è sapienti si può piegare gli altri alla propria volontà, ma se si vuol sapere di più alle volte si può diventare strumenti nelle mani di colui che può darci quella conoscenza.




Steve quasi si sentiva in colpa per star usando quel ragazzo, ma se non l'avesse fatto le torture sarebbero continuate.

E lui non poteva sopportarlo.


Jeremy portò davvero Carlson dal demone.

<< Oakwood che vorresti dire con il demone non è più nella sua cella?! >> chiese Carlson.
E Steve attendeva che Jeremy e Carlson scendessero.

I prigionieri mormoravano spaventati.

Steve non voleva uccidere ma Carlson doveva morire... doveva!

E quando Jeremy scese e si affiancò al demone, la paura e lo shock sul viso di Carlson si tramutarono in rabbia
<< Ti sei lasciato ammaliare da questo mostro?! >> ringhiò, sfoderando la spada.

Mentre il demone lo fissava, stringendo la spada di ferro perfettamente affilata di Jeremy.

E poi scattò contro Carlson e le due lame stridettero allo scontro.

Il demone sbilanciò Carlson e poi lo colpì al petto con la spada, sfortuna volle che Carlson non avesse la corazza di ferro come solito e quindi la spada traversò facilmente la stoffa blu dell'uniforme.

Carlson spalancò gli occhi

<< Ci rivediamo nel Nether >> fu il ringhiò del demone. E fu così che Carlson Snowplate morì, sentendo la voce del mostro che aveva odiato per anni dirgli che sarebbe finito nel Nether.





Herobrine sorrise, il suo cavaliere stava nascendo. Liberandosi dal bozzolo di umanità in cui Notch l'aveva costretto.

Avrebbe accolto con particolare gioia quell'anima che presto sarebbe giunta nel Nether.

E quando l'anima nera di Carlson Snowplate si presentò nel Nether.
Herobrine la catturò, portandola fin dentro la fortezza.

E giù nelle profondità della stessa per imprigionarla nella sabbia delle anime che aveva riservato ai suoi nemici.

Carlson tentava di liberarsi dal demone, di fuggire e raggiungere l'Aether ma il suo destino era quello di affondare in una perpetua oscurità.

E un altra anima venne aggiunta alle sabbie del Nether. Un altra fonte per l'energia apparentemente infinita del sovrano di quel regno infernale.






Qualcosa, in quel frattempo, si agitava nell'End. Il signore di quel mondo si muoveva furioso, graffiando la friabile roccia gialla che componeva il suo regno.

Mentre la possente coda sferzava l'aria immobile del Nulla.

Spalancò le immense fauci e ruggì, un suono primordiale e spaventoso spezzò l'eterno silenzio dell'End.

Il mortale era suo! Aveva gli occhi di Ender era suo! E quel demonietto non sarebbe riuscito a strapparglielo.

Un altro ruggito e una fiammata viola illuminò il cielo nero e vuoto dell'End.





E nell'Overworld, Steve sentiva nuovamente l'aria fresca delle colline soffiargli contro.

La notte oscurava ogni cosa e Jeremy era lì accanto a lui.

<< Il precedente sovrano del Nether era il Wither. Un mob abbastanza orribile a dire il vero e anche forte, forse più dello stesso Notch.

Per sconfiggerlo mi è stato necessario decapitarlo. La sua testa centrale ora è al sicuro nella fortezza >> disse, fornendo l'informazione per cui Jeremy aveva tradito la sua gente. << Ora devo andare, Jeremy Oakwood, ti ringrazio per la tua gentilezza >> finì.

Prima di allontanarsi dirigendosi verso la foresta di querce nere che confinava con la taiga.




La luna scintillava quasi piena e i mob notturni camminavano per la foresta.

Steve evitò con tranquillità un paio di zombie e un creeper. Volendo allontanarsi il più possibile da Snowflakes.






Il giovane Steven aveva manipolato qualcuno per la sua fuga.

E la sua anima avrebbe cominciato inesorabilmente a scurirsi, a corrompersi.

A meno che quello non fosse il suo unico atto di "cattiveria
".






Il signore dell'End era a dir poco infuriato.

Se solo fosse riuscito ad andare nell'Overworld.

D'improvviso un sorriso come quello di un coccodrillo spuntò sul suo muso di rettile.

E atterrò nuovamente, i suoi artigli affondarono nella roccia friabile.
Richiamò un paio di Enderman.

< Andate. Osservate il giovane mortale dagli occhi di Ender. E proteggetelo. Proteggetelo da qualunque cosa > sibilò.

E gli Endeman sparirono in una nuvola di particelle viola.






Note dell'Autore
Ringrazio Mattalara per aver recensito il precendente capitolo


E con questo finisce l'arco narrativo "The Change". Il prossimo comincerà nel prossimo capitolo.

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9: In the darkness of the cave... An Aetheric encounter ***


Un-justified Hate
  Capitolo 9: In the darkness of the cave... An Aetheric encounter

 
Il divino Notch lo odiava.
 
Era questa la conclusione a cui Steven era arrivato...
 
Era impossibile che delle guardie lo trovassero proprio qualche ora dopo essersi allontanato da Snowflakes.
 
E che contemporaneamente a ciò scoppiasse una tempesta.
 
Si era dovuto nascondere nel punto più interno di una caverna, in pieno territorio dei mob delle caverne, per nascondersi dalle guardie e per evitare di venire investito dalla forza della tempesta.
 
Sentì un sibilo acuto, simile quasi ad un breve fischio provenire da qualche parte alle sue spalle.
 
Si voltò rapidamente. E vide un essere translucido coperto da un lacero sudario, aveva un’espressione vacua e i suoi occhi erano vuoti come quelli di un cadavere.
 
L'Ombra lo fissò continuando a sibilare, prima di volare rapidamente verso di lui.
 
Quando la figura ectoplasmatica tentò di afferrarlo, gli passò attraverso.
 
Un senso di gelo assoluto s'impossessò del giovane minatore.
 
L'Ombra lo fissava, la sua espressione vacua pareva piegarsi in un viscido sorriso contento di essere riuscito a condannare qualcun'altro alla sua terribile maledizione.
 
E Steve si arrendeva a quella sensazione di gelo... pensando a quanto fosse stata crudele la sua vita... Avergli dato un ultimo assaggio di libertà prima di farlo morire in una caverna, condannato a divenire egli stesso un ombra di sé.
 
 
 
 
 
 
Il sovrano del Nether osservava ciò che stava accadendo, deciso ad agire.
A portare il suo mortale nel suo regno.
 
Ma qualcosa gli impediva di lasciare il Nether
 
"Notch" pensò.
 
 
 
Il signore dell'End, richiamò i suoi Enderman e gli ordinò di recuperare il mortale.
Il Vuoto, l'assenza di un piano d'esistenza ulteriore, avrebbe annullato la maledizione delle Ombre.
 
Ma gli Enderman non riuscivano a teletrasportarsi, bloccati nella loro vuota dimensione.
 
Gli occhi viola del signore dell'End erano pieni di odio, mentre un ringhio profondo e vibrante si liberava dalla sua figura.
 
< Notch! >; e quel nome si perse in un ruggito furioso del grande mostro.
 
< La purezza della sua anima conta più della sua vita per te, oh potente Notch?! > gridò contro il nulla, il padrone dell'End, prima di aprire le sue grandi ali e spiccare il volo.
 
Tagliando l'aria immobile del vuoto per sfogare la sua furia senza danneggiare i suoi Enderman.
 
 
I cristalli di rigenerazione, che erano anche sigilli posti dallo stesso Notch, gli impedivano di allontanarsi troppo dal suo piccolo regno. I loro fasci luminosi si avvolgevano attorno ai suoi arti come catene.
 
< Se quel mortale morirà, l'Aether cadrà. E' una promessa, Notch! > sibilò.
 
 
 
 
 
 
Calma, amici miei, so che siete preoccupati. Ma vi prego mantenete la calma e ascoltate.
 
 
 
 
 
 
Il gelo lo stava consumando, ma Steven non lo combatteva.
 
Questa sarebbe stata la morte più indolore che poteva capitargli.
 
Solo in una fredda caverna, mentre all'esterno vi era una tempesta, e con un'Ombra come spettatore.
 
Non era forse il miglior modo per morire ma era l'unico non davvero doloroso che poteva capitargli.
 
 
 
 
E quando il giovane Stonewall era ad un passo dall'abbandonarsi definitivamente alle tenebre.
 
Qualcuno comparve nella caverna.
 
Una forte luce bianca illuminò quella buia grotta e scacciò anche l'Ombra che osservava il giovane minatore spegnersi.
 
< Non è ancora il tuo momento, Steven Stonewall > disse una voce ultraterrena.
 
Quella figura si avvicinò al giovane mortale.
 
Lo sollevò con delicatezza dalla fredda roccia.
 
E un piacevole tepore sostituì quel gelo che lo aveva avvolto.
 
< Ora dormi, giovane Stonewall. Nessuno potrà farti alcun male adesso > disse quella voce.
 
E il giovane minatore cullato da quel piacevole tepore e da quella gentile voce, si addormentò.
 
 
 
 
 
 
Quando Steven si svegliò, era oramai giorno inoltrato ed era solo.
 
In un letto che sembrava essere "magicamente" apparso nella caverna.
 
Ora che se ne rendeva conto esso pareva risplendere leggermente. E quel bagliore aveva tenuto lontano ogni mob notturno e delle caverne presente.
 
 
 
 
 
 
Il sovrano del Nether ringhiò per la rabbia.
 
Mentre una decina di pig-man bruciavano in un fuoco blu-verde.
 
Due fiamme blu-verdi brillavano dalle sue mani, i suoi occhi bianchi brillavano più del normale.
 
Che suo fratello sia dannato! Perché deve sempre interferire nei suoi piani?!
 
Le sue mani si chiusero a pugno spegnendo così le fiamme.
 
Mentre lentamente, nell'aria, appariva una falce. Una grande falce di diamante.
 
E nel buio del Nether rischiarato solo dal cupo bagliore bluastro delle sue fiamme demoniache, Herobrine fissava i suoi sudditi che bruciavano.
 
Mentre una rabbia incontenibile lo accecava.
 
 
 
 
 
 
 
 
Steven era adesso all'ingresso di quella buia caverna e controllava se all'esterno ci fosse qualche pattuglia di guardia per i mobs sopravvissuti...
 
Non voleva certo che qualcun'altro lo trovasse.
 
In quel mentre era davvero confuso perché oltre l'Ombra che lo aveva maledetto non ricordava niente, se non il fatto che si era svegliato...
 
Perfettamente in salute, in un letto apparso nella caverna.
 
 
Letto che poi era sparito con un lieve bagliore lasciando al suo posto:
 
Due torce, di un materiale che non aveva mai visto.
 
Un anello di metallo dal colore viola scuro che emanava un bagliore rosso-arancio
 
E una spada, la lama era dello stesso metallo dell'anello. E l'elsa pareva di bianco avorio con la guardia decorata da uno strano tipo di gemma che brillava come una stella.
 
E di fianco ad essa vi era un fodero in bronzo decorato con delicati intarsi dorati, le cui linee unite formavano la figura di una valchiria dalle ali spiegate.
 
 
 
 
 
 
"Quella spada non è degna del mio cavaliere" fu il pensiero del sovrano del Nether.
 
Quella spada era troppo aetherica per poter essere usata dal suo mortale.
 
La lama della falce tagliò l'aria e un mortale, come altri, crollò al suolo con la testa separata dal resto del corpo.
 
Aveva bisogno di più anime o non avrebbe potuto salvare il suo cavaliere dall'intervento di Notch, il suo caro fratello.
 
 
 
 
Il signore dell'End guardava dagli occhi di un suo Enderman, il giovane dagli occhi di Ender allontanarsi dalla caverna.
 
Armato della spada Aetherica adesso riposta nel fodero riccamente decorato.
 
L'essere però non parve infastidito quanto lo era stato il sovrano del Nether.
 
Al contrario sorrise
 
< Oh, grande e magnanimo Notch >
Sibilò sarcasticamente < Questo mortale è importante anche per te, allora. Serve anche a te, come serve a me e a quel demone di tuo fratello.
 
Potrai essere stato definito il grande dio giusto di Minecraftia > continuò
 
< Ma in verità sei egoista quanto noi >; E poi il signore del End rise, un suono crudele, oscuro e folle che nessuno avrebbe mai dovuto udire, per non perdere la propria mente.
 
 
 
 
 
 
Il giovane Steven Stonewall non sapeva quanto fosse importante e quando l'odio che gli altri provavano verso di lui sarebbe stato l'unico appiglio sicuro alla realtà.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore
 
Ringrazio Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo.
 
E voglio dirvi che con questo capitolo entriamo nel secondo arco narrativo il cui titolo è: "Under the Enders' eyes"
 
Voglio anche dirvi che alcune cose sono ispirate dalle varie mod che io ho nel mio mondo di Minecraft.
 
Piccola Nota:
 
L'Ombra/The Shade è un mob ostile presente nella Nevermine 2
 
La spada (anche se non come l'ho descritta) e l'anello di zanite sono della  Aether mod 2  così come le due torce di ambrosia.
 
E infine il fodero della spada (non così decorato, ma la sua presenza) è presente nella Mo' Medieval Weapons 1.7
 

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10: An Endless Journey ***


Un-justified Hate
     Capitolo 10: An endless journey

 
Doveva essersi allontanato abbastanza da Snowflakes e dai suoi dintorni... Anche se era ancora nelle terre del suo sovrano.
 
Tutto ciò che doveva fare era evitare qualunque centro abitato e trovare un posto abbastanza sicuro... Anche se non per restarci.
 
 
 
 
 
 
E un Enderman lo seguiva durante il suo viaggio, gli occhi viola, brillanti fissi sul mortale.
 
 
 
 
 
 
 
I territori freddi di Snowflakes lasciarono, man mano, spazio ad una palude.
 
L'aria calda e umida aveva l'odore dell'acqua stagnante e del fango umido.
 
I bassi fondali che dividevano un isolotto dall'altro erano come sabbie mobili.
 
Le radici delle mangrovie affioravano dall'acqua torbida e costituivano l'unico appiglio se si finiva imprigionati dal fango.
 
Steve non sembrò preoccuparsi eccessivamente delle condizioni del "terreno" su cui avrebbe continuato il suo viaggio.
 
Se avesse avuto fortuna, e ne dubitava, avrebbe potuto trovare la casa lacustre, e abbandonata, di una qualche strega elementale.
 
Si sarebbe nascosto per qualche tempo lì, se l'avesse trovata, e poi avrebbe ricominciato il suo viaggio senza fine.
 
 
 
 
 
 
 
 
Steven voleva solo vivere in tranquillità. E invece, amici miei, era costretto a vivere un destino diverso da quello che era stato scritto per lui.
 
 
 
 
 
 
Aveva raggiunto a fatica un piccolo isolotto di terra, finalmente stabile.
 
A quanto pare oltre al fango vi era anche l'argilla che non aveva fatto altro che farlo affondare bloccandogli le gambe quando tentava di muoversi più velocemente.
 
Aveva visto qualcosa muoversi in quell'acqua bassa e aveva deciso di fermarsi su uno di quegl'isolotti per almeno una o due notti.
 
Steve credeva di essere al sicuro, quando sentì un gorgoglio provenire dall'acqua, una creatura simile ad un uomo risalì dal fondo fangoso.
 
Non aveva capelli ma una lunga e ampia cresta di un verde spento. E la pelle lucida era coperta di piccole squame.
 
Le mani terminavano entrambe in artigli piccoli e affilati.
 
La creatura, che Steve avrebbe (un giorno) appreso fosse un Fishix, ringhiò scoprendo due lunghe zanne nere e poi si lanciò verso il giovane minatore.
 
Il Fishix era veloce e sembrava quasi non toccasse il terreno mentre correva.
 
 
L'Enderman guardava nascosto dai fitti rami di un alta mangrovia.
 
 
 
 
 
 
Il signore dell'End guardava e quando la sua creazione gli chiese se dovesse agire, il grande mostro rispose
 
< Aspetta, vediamo se il mortale riesce ad ucciderlo. > la sua voce era sibilante come sempre < Ma se dovesse essere davvero in pericolo, agisci > disse.
 
 
 
 
 
 
Steve evitò il mostro e sfoderò la spada, il tutto in un unico gesto.
 
Gli ultimi raggi del sole illuminavano il filo della lama dandogli una sfumatura rosso sangue.
 
Il Fishix puntò i suoi occhietti verde lime verso il minatore.
 
Quando il mostro si lanciò ancora contro di lui, Steve schivò l'attacco mirando un affondo della spada al fianco della creatura.
 
Il Fishix lanciò uno grido, più definibile come uno strillo, di dolore mentre il suo sangue scuro macchiava la lama viola.
 
E la creatura fuggì, tornando nel suo habitat naturale alla ricerca di una preda più facile.
 
Steve una volta tranquillizzatosi, ripulì la lama con attenzione e con un panno di lana morbida.
 
E come aveva deciso rimase sull'isolotto, accendendo un fuoco con il poco legno che aveva ancora nello zaino... beh, quello che non era stato confiscato dal gentil reame di Snowflakes.
 
 
 
 
 
 
E la notte scese sulla palude. Il giovane minatore era accanto al fuoco, coperto solo da una leggera coperta di lana rossa.
 
E la stanchezza infine vinse la battaglia contro la veglia e Steven cadde in un sonno agitato.
 
 
L'Enderman si avvicinò al mortale e rimase a vegliare su di lui.
 
 
 
 
 
 
 
Il giovane Steven era importante per il mondo ma aveva tre strade davanti a sé e nessuna era davvero sicura.
 
Due erano scure, protette dalle tenebre e fosche mentre l'altra brillava di luce, ma ogni oggetto che ne veniva colpito proiettava un ombra tanto oscura da sembrare un baratro infinito.
 
La scelta era ancora sua, sempre che esistesse davvero una scelta...
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore,
 
Scusatemi il ritardo, ma il Mercoledì non posso scrivere né pubblicare... perché mia madre si frega il computer :(
 
Ringrazio: Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo e eccovi un illustrazione di Steve e Hero che ho fatto io( visto che non la carica potete cercarla sul mio profilo di DeviantArt che è questo:|)

Il mio profilo di Deviantart è: GiacintoBlue
 
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11: A swamp's Witch ***


Un-justified Hate
     Capitolo 11: A Swamp's Witch

 
Il sole sorse, illuminando pigramente la palude nebbiosa.
 
Il giovane Steven Stonewall era già in marcia.
 
 
 
Dopo aver cercato per ore, forse, trovò la palafitta della strega... sperava fosse abbandonata.
 
Il legno dei pali che sostenevano la palafitta era coperto di muschio che arrivava fin alla base superiore della casa in legno.
 
Steve entrò con circospezione non c'era nessuno, almeno così egli credeva.
 
 
<< Chi abbiamo qui? Un altro "coraggioso" cavaliere? >> chiese sarcasticamente e con voce graffiante la strega. Non lo aveva ancora visto, ma quando ella si voltò e lo vide, il suo sguardo cattivo si riempì d'ammirazione.
 
 
<< Mio signore, mio sovrano >> disse con tono riverente << Io non vi avevo riconosciuto, perdonatemi, mio sovrano >>. La strega non osava alzare lo sguardo, improvvisamente pavida e riverente del suo padrone.
 
 
S'inchinò a colui che credeva essere il suo sovrano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Questa era la prima volta che il giovane Steve si trovava in una situazione simile. La prima volta che qualcuno si inchinava a lui credendo che fosse il demone.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Gli occhi neri della strega erano fissi sul pavimento di assi, coperte da un consunto tappeto rosso scuro.
 
 
Se la vecchia strega elementale si concentrava, su nulla oltre che sulla presenza del suo sovrano, riusciva a sentire l'aura di potere che lo circondava.
 
Quell'energia era fredda e pareva quasi saturare l'aria intorno a loro.
 
 
 
La strega azzardò ad alzare lo sguardo, per vedere gli occhi bianchi del suo sovrano.
 
Ma quello che vide era inaspettato, i suoi occhi erano...
 
 
Steve si rese conto che la strega lo stava guardando e quando guardò la strega negli occhi mentre lei guardava nei suoi, la strega sibilò di dolore.
 
 
 
Quegli occhi viola le trasmettevano tanta sofferenza e tristezza... quelle emozioni parevano bloccarla, era come se le sentisse sue.
Era come se volesse prendere una parte di quella sofferenza per aiutarlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Steven aveva appena scoperto il dono che Notch gli aveva dato alla nascita, senza saperlo. Un dono pericoloso che lo avrebbe potuto rendere un grande sovrano così come un crudele tiranno.
 
 
 
 
 
 
 
 
La strega non sopportava tanto dolore, voleva smettere di guardare quegli occhi, ma non poteva... perché lui non lo voleva.
 
Chiunque egli fosse, non era il sovrano del Nether ma era egualmente potente.
 
 
 
 
 
 
 
E poi Steve distolse lo sguardo e quel energia che la incatenava sparì.
 
 
 
 
La strega lo vide andarsene. E lei non fece nulla... chiunque quel ragazzo fosse era meglio che fosse andato, il suoi occhi l'avrebbero uccisa o peggio l'avrebbero asservita al loro proprietario.
 
 
 
D'improvviso capì chi quel ragazzo dovesse essere... sicuramente era lui!
 
 
 
 
 
 
E Steve nel frattempo si allontanava dalla palude, confuso da ciò che era successo e ignaro di chi avrebbe presto incontrato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore
So che questo capitolo è abbastanza corto, ma è necessario per il prossimo.
 
 
Ringrazio: Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il capitolo precedente.
 
 
 - Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12: The First encounter ***


Un-justified Hate
     Capitolo 12: The first encounter

 
La palude se l'era lasciata alle spalle da un paio di ore ormai.
 
Stava seguendo un sentierello di ghiaia che probabilmente se avesse fatto abbastanza attenzione non l'avrebbe portato ad un villaggio.
 
 
 
 
L'odore del fumo e del legno bruciato lo raggiunse a circa metà del sentierello. Steve comunque proseguì.
 
Finché in lontananza vide un villaggio, avvolto dal fuoco, il fumo nero s'innalzava come una colonna e senza pensare Steve corse verso il villaggio per poter prestare aiuto a qualcuno...
 
 
 
Anche se nessuno avrebbe mai aiutato lui.
 
 
 
 
 
 
 
Un Enderman lo seguiva, lo stesso Enderman che lo aveva seguito nella palude.
 
 
 
 
 
 
 
Il sovrano del End ringhiò, no non era ancora tempo... Se il mortale l'avesse incontrato avrebbe perso ogni possibilità di creare il suo campione dagli occhi di Ender.
 
 
 
 
Gli abitanti del villaggio erano terrorizzati, quando lo videro ma Steve non se ne preoccupava in alcun modo in quel momento. Se qualcuno fosse stato in pericolo lui l'avrebbe aiutato.
 
E mentre si muoveva verso il centro del villaggio qualcuno comparve davanti a lui.
 
Quel qualcuno gli era identico, quasi fossero entrambi il riflesso dell'altro.
 
Solo che egli non aveva una spada ma una falce di diamante dalla lama cosparsa di sangue sia secco che fresco e che in quel momento gocciolava dalla punta ricurva.
 
Il fregio d'oro era anch'esso coperto di sangue così come l'ametista che si trovava al suo centro.
 
 
 
 
Herobrine puntò gli occhi sul suo cavaliere ignorando tutti i mortali che si trovavano intorno a loro.
 
"Finalmente sei venuto da me" pensò.
 
 
 
 
 
Era lui, allora, il demone per cui tutti lo avevano scambiato. Il demone la cui leggenda gli aveva rovinato la vita... Eppure Steve non provava odio verso di lui, poiché sapeva bene cosa significava essere odiati.
 
 
Il giovane minatore non provò alcun timore nel alzare lo sguardo fino ad incontrare quello del vero sovrano del Nether.
 
Quegli occhi bianchi, vuoti e brillanti. Crudeli come il loro proprietario.
 
Ma Steve sapeva cosa avesse trasformato il fratello di Notch nel sovrano del Nether e quegli occhi non lo spaventavano... Né lo intimidivano.
 
 
Nessuno dei due spezzò quel silenzio che si era creato per molti minuti
 
<< Finalmente ci incontriamo, Steven >>; il tono del sovrano del Nether era tutto fuorché minaccioso.
 
Steven sorrise quasi con sarcasmo
 
<< Non è la prima volta, Herobrine >> fu la sua risposta.
 
 
 
 
 
 
Il sovrano del Nether era piacevolmente sorpreso da questo lato del carattere di Steve, lo preferiva certo dall'avere un cavaliere terrorizzato e sottomesso.
 
 
 
 
Quello che gli abitanti terrorizzati stavano vedendo erano due demoni nel fuoco della distruzione che parlavano.
 
Due mostri immortali.
 
 
 
 
 
<< A Snowflakes, non ti avrò visto ma ho sentito la tua voce >> si spiegò il mortale, continuando a mantenere lo sguardo ora divertito del sovrano del Nether
 
<< Potrei ucciderti, Steven. Non sei altro che un mortale come coloro che si trovano qui in questo momento >> disse il sovrano del Nether ma il suo tono non era minaccioso, era vuoto come se fosse solo una considerazione
 
<< Ma non lo farai o mi avresti ucciso a Snowflakes se avessi voluto >> ribatté il mortale che non capiva dove trovasse tutto quel coraggio, era come se sapesse che Herobrine voleva si comportasse in questo modo.
 
D'improvviso la falce del sovrano del Nether si dissolse mentre la sua mano destra, coperta di sangue umano, si stringeva attorno al collo di Steven e lo sollevava di poco da terra.
 
Erano vicinissimi, più di quanto qualunque mortale volesse stare con un demone.
 
<< Solo perché mi sei utile, non credere che non ti ucciderei se dovessi mancarmi ancora di rispetto, mortale >> ringhiò il sovrano del Nether, la sua voce un suono oscuro e pericoloso.
 
 
Steve tentava di far allentare la presa al demone, l'avrebbe soffocato se avesse continuato a stringere con quella forza.
 
 
 
 
 
 
 
Nessuno interveniva, né sarebbe intervenuto. Gli altri uomini erano troppo spaventati anche solo per muoversi di poco dai loro miseri rifuggi.
 
L'Enderman non interveniva poiché il suo signore glielo impediva.
 
 
 
 
 
Steven era davvero in pericolo adesso, amici miei, eppure il sovrano del Nether era un essere molto volubile. La sua furia poteva mutare facilmente in un sadico divertimento.
 
Così come il suo divertimento poteva diventare furia.
 
Era un essere instabile. Ma stabile, in qualche modo, nella sua instabilità.
 
 
 
 
Lo stava soffocando, non avrebbe potuto resistere ancora. Aveva bisogno d'aria.
 
 
Herobrine guardava gli occhi del suo mortale farsi meno brillanti, come se una foschia li nascondesse.
 
Allentò la presa, per permettergli di respirare.
 
Poco prima di lasciarlo del tutto.
 
Steven era fermo di fronte a lui, immobile, poteva sentire il cuore del mortale battere forte per il terrore.
 
Il sangue aveva lasciato l'impronta della sua mano sul collo del suo mortale.
 
 
 
Il sovrano del Nether ghignò e prima che Steven pensasse di fuggire. Il demone lo bloccò, afferrandogli il polso.
 
Un bagliore blu-verde avvolse la mano del sovrano del Nether.
 
Poco prima che Steven cominciasse a gridare.
 
Il demone sorrise
 
E poco prima di sparire disse:

<< Questo è solo un avviso, Steven. La prossima volta la tua punizione sarà più severa >>
 
 
E una volta che il demone fu sparito, il giovane minatore perse i sensi. Crollando contro la terra annerita dal fuoco innaturale del sovrano del Nether.
 
Una runa scritta nell'antico alfabeto di Minecraftia era stata impressa col fuoco sulla sua pelle.
 
E essa diceva:
 
"1retsigaM te sunimoD mainouq, mauS maminA eM ogeL"
 
 
 
 
Il signore dell'End sapeva che avrebbe potuto infrangere quel sigillo, presto avrebbe condotto il mortale nel suo regno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore

 
Ringrazio: Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo.
 
Piccola nota:
 
  1. = "retsigaM te sunimoD mainouq, mauS maminA eM ogeL”, “Lego me animam suam, quoniam Dominus et magister" è latino e significa 'Lego la sua anima a me come suo padrone e signore'
 
 - Anthony  Edward  Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13: The friendly villagers ***


Un-justified Hate
     Capitolo 13: The friendly villagers

 
Erano passati giorni dall'attacco del demone, giorni da quando quel giovane ragazzo li aveva salvati.
 
Eppure lui non si era ancora svegliato.
 
Forse il demone lo aveva maledetto con un incantesimo del sonno?
 
 
Avevano cercato un guaritore dalla capitale del regno, ma una volta che aveva visto il paziente, non aveva permesso loro nemmeno di spiegare che lui non era il demone che già era fuggito pensando che fossero traditori di Minecraftia.
 
 
 
<< Madre, pensate che si sveglierà? >> chiese un bambino alla propria madre, proprietaria della locanda in cui avevano accolto il ragazzo. Il loro salvatore.
 
 
Speravano che il giovane si svegliasse che egli si salvasse da qualunque incanto il demone gli avesse lanciato.
 
 
Era il loro salvatore, non meritava di morire a causa di quel mostro.
 
 
 
 
 
 
 
 
Steve non sapeva cosa fosse successo, sapeva solo di essere nel Nether. Ne era sicuro, non era un sogno o un ricordo era troppo reale.
 
Aveva cercato di fuggire ma Herobrine lo trovava sempre e lo trascinava di nuovo nel punto più isolato e oscuro della sua fortezza.
 
 
 
Non lo chiamava col suo nome, lo chiamava "cavaliere infernale". E soprattutto continuava a ripetere che era suo.
 
 
 
Aveva percorso tutti i corridoi della fortezza nella speranza di trovare una via di fuga. Ma non aveva trovato nulla solo corridoi su corridoi e vicoli ciechi.
 
Le uniche volte in cui era riuscito a trovare un'uscita dalla fortezza, Herobrine gli era apparso davanti, l'aveva preso per il colletto della maglia e con un tono simile a quello che si usa con i bambini gli aveva detto:
<< No, no... Non puoi uscire >>
 
E poi l'aveva trascinato di nuovo nella fortezza.
 
<< Perché? >> si decise a chiedere infine << Perché mi stai facendo questo? >>
 
Herobrine si fermò e lo guardò negli occhi.
 
<< Perché tu sei mio. E devi fare ciò che io voglio tu faccia... >> cominciò, il suo sorrisetto si trasformò in un sorriso spaventoso, quasi folle << E in oltre, mio cavaliere, questo è solo un gioco... se ti volessi punire sul serio, adesso staresti strisciando ai miei piedi supplicando il mio perdono. >> il suo tono era diventato basso e pericoloso per qualche istante << Ma non è questo il caso >> gli sorrise.
 
 
E poi fu come se un bagliore accecante avvolgesse tutto, l'espressione calma di Herobrine cambiava diventando appena più arrabbiata, anche se i suoi occhi erano spaventosi, brillavano tanto da risaltare anche sul bagliore che li circondava.
 
<< Ricordati questo, Steven, tu sei il mio cavaliere infernale e oltre ciò sei mio... completamente >> il suo tono era uno strano miscuglio fra quello che usava quando era infuriato e il suo normale tono calmo e ammaliante.
 
 
 
 
Steve aveva aperto gli occhi di scatto, spaventato come poche altre volte nella sua vita.
 
E si rese conto di essere nella camera di una qualche locanda... ma nessuno voleva ucciderlo e/o imprigionarlo... cosa stava succedendo?
 
Un bambino entrò nella camera con una cantino pieno d'acqua fredda e una pezza, quando vide che il ragazzo... il loro salvatore era sveglio.
 
Prima che Steve si rendesse conto della sua presenza il bambino era già sparito per andare ad informare, zelantemente, sua madre che il salvatore era sveglio.
 
 
 
Steven era ben determinato a sparire prima che chiunque l'avesse aiutato cambiasse idea. L'unica pecca nella sua idea era che non riusciva assolutamente a muoversi.
 
L'unica risposta che aveva per questo era sicuramente il marchio, Herobrine gli aveva spiegato cos'era, in una delle innumerevoli volte in cui l'aveva trascinato, di nuovo, dentro la fortezza.
 
Herobrine, il suo signore, non voleva che lui fuggisse da questo villaggio, o da questa stanza se doveva essere preciso.
 
 
 
 
 
 
Il giovane Stonewall non poteva certo sapere che era l'anello del Aether ad interferire con il marchio Netherico lasciatogli da Herobrine.
 
 
 
Quando la madre e il bambino giunsero nella camera del loro salvatore, non si aspettavano certo che rifuggisse ogni loro sguardo e che sembrasse volenteroso di fuggire... Anche se non poteva.
 
Sembrava aver paura di loro, una paura che non aveva mostrato di fronte al demone. Ma che ora dimostrava verso di loro.
 
"Cos'aveva fatto quel mostro?! Cosa gli aveva fatto credere?" era questo che pensava la donna mentre tentava di parlare al ragazzo con un tono tranquillizzante.
 
<< Sei al sicuro >> disse << Quel mostro è tornato nel suo regno infernale >> continuò.
 
 
E lo sguardo viola del ragazzo si riempì di una rabbia pericolosa.
 
Quella rabbia la inchiodò sul posto bloccandole il respiro.
 
 
 
 
 
E il sigillo Netherico e la benedizione Aetherica si raccordarono sullo stesso piano, annullando il blocco posto su Steven.
 
 
 
 
Steve era lucido, però c'era qualcosa, una voce che lui ben conosceva... che gli ordinava cosa fare.
 
 
 
 
 
 
 
Herobrine osservava dal Nether ciò che accadeva nell'Overworld.
 
La sala del trono della fortezza riluceva di fiamme, come sempre solo che adesso sembravano appena più vive, mentre avvolgevano del tutto i blocchi di Netherrack su cui si erano sviluppate.
 
Il sovrano aveva un sorriso spaventoso sul viso, i suoi occhi vuoti brillavano.
 
Mentre sussurrava ordini al vuoto, sapendo che Steven li avrebbe sentiti nella sua mente.
 
"Scacco matto, fratellino." pensò " Steven è mio!"
 
 
 
 
 
 
Il signore dell'End era furioso, Notch stava sbagliando!
 
Come aveva sempre fatto.
 
Aveva riportato ogni suo Enderman nella sua dimensione e li aveva bloccati.
 
L'unica fortuna era che oramai il mortale era sotto il suo sguardo, poteva vedere ogni cosa lo riguardasse.
 
Ma ora non poteva più intervenire...
L'avevano tagliato fuori dalla possibilità di avere il suo campione.
 
 
 
 
 
 
 
L'Aether splendeva di una luce angelica.
 
I Moa blu volavano alti nei cieli al di sopra del tempio di Notch.
 
E lì si trovava il creatore di Minecraftia. Il suo aspetto quello di un uomo semplice e non di un dio.
 
 
I suoi occhi neri erano preoccupati, preoccupati per il giovane Steven.
 
E oltre a ciò una profonda tristezza li scuriva ancor di più.
 
Come poteva suo fratello fare questo?
 
Come poteva minacciare la vita di una loro creazione?
 
Come poteva provare a sottometterla a sé a privarla del libero arbitrio che gli avevano donato?
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore
 
Scusatemi il ritardo e che ultimamente ho dormito molto poco (causa problemi d'insonnia) e sono stato molto stanco e non ho potuto scrivere...
 
Ringrazio Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo
 
Scusatemi ancora :'(
 
 - Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14: Vis Voluntatis ***


Un-justified Hate
     Capitolo 14: Vis Voluntatis1
 

Sembrava che il tempo si fosse fermato, la donna e il bambino erano paralizzati da quello sguardo.
 
E Steven combatteva contro quella voce, non avrebbe fatto del male a nessuno!
 
 
 
 
Steven Stonewall aveva una forza di volontà rara fra i mortali. Era il suo secondo dono. Quello che aveva impedito ai suoi carcerieri di spezzarlo.
 
Lui non si sarebbe mai arreso e nulla lo avrebbe mai spezzato, piegato forse ma non avrebbe mai plagiato del tutto il giovane Stonewall.
 
 
 
Riuscì lentamente a zittire quella voce.
Il marchio bruciava come se fosse stato appena fatto.
 
 
 
Steve ignorò quel dolore con una semplicità allarmante.
 
Il viola dei suoi occhi era chiaro e brillante come ametista. Non c'era più alcuna traccia della rabbia che l'aveva offuscato prima.
 
Gli altri due presenti nella stanza sentirono immediatamente la paura che li paralizzava sparire, una volta che quegli occhi tornarono a guardarli con calma.
 
Anzi parvero aver dimenticato quel momento.
 
Steven si trovò tutto sommato ben accolto nel piccolo villaggio.
 
Era la prima volta che qualcuno gli sorrideva invece di aver paura di lui.
 
E il vero demone sembrava aver allentato il suo controllo. Anche se questo lo preoccupava... cosa stava progettando?
 
 
Il suo istinto non lo ingannava di certo, amici miei. Il sovrano non avrebbe di certo lasciato quest'atto di ribellione impunito.
 
 
 
 
 
 
Il Nether era stranamente tranquillo, i Ghast si muovevano con la loro sofferente placidità, galleggiando lenti nel "cielo" del Nether.
 
I Pig-man camminavano instancabilmente nelle immense distese di netherrack e sabbia delle anime.
 
La fortezza era al momento dominata solo dai Blaze e dagli scheletri Wither.
 
Herobrine non era nel suo regno e nemmeno nell'Overworld.
 
Rimanevano due regni in cui egli poteva trovarsi, l'Aether e l'End.
 
Ma egli non sarebbe mai andato né nell'una, né nell'altra dimensione.
 
 
In un angolo del nulla, centinaia di anime turbinavano vorticosamente.
 
Un vortice urlante, di volti contorti e di occhi vacui.
 
Una falce di diamante roteava fra esse, falciando ognuna di quelle miserabili anime.
 
Trasformandole in energia pura.
 
 
E quel vuoto si riempiva gradualmente.
 
Un mondo scuro come il vuoto e rosso come il sangue, pieno di creature terribili venne generato.
 
Un mondo d'incubo, l'Abisso.
 
 
 
 
Ogni creatura dell'Aether dai Moa alle Valchirie parve, d'improvviso, ghiacciarsi.
 
Ma solo per qualche istante, era come se qualcosa avesse, sfiorato con un tocco gelato le loro anime.
 
Delle particelle argentee circondarono il tempio del divino Notch, mentre due dei suoi altari di luce... due degli altari che limitavano il potere del fratello, si trasformavano d'improvviso.
 
Gli altari color avorio, percorso da venature dorate che brillavano di luce propria, si scurirono fino a diventare neri come l'ossidiana e le venature di luce si tinsero gradualmente di rosso, come il sangue che si diffonde nell'acqua.
 
 
Notch sapeva di dover intervenire, suo fratello stava per oltrepassare la linea...
 
Si era perso nella sua follia, non poteva più salvarlo e doveva fermarlo.
 
Sperava solo che il giovane Steven fosse abbastanza forte.
 
 
 
 
 
 
Nel suo isolamento il sovrano dell'End sentì qualcosa turbare il placido nulla. Un movimento che increspava quel nero denso.
 
Un energia oscura che si diffondeva ovunque. Corrompendo tutto ciò che non era, già, corrotto.
 
I suoi Enderman si lamentarono a gran voce, in un coro stridulo e terribile.
 
E il signore di quel mondo non poteva far altro se non ascoltare quel coro. Senza poter interrompere in alcun modo la diffusione di quell'energia che si dimostrava anche più forte della sua.
 
 
I cristalli roteavano come impazziti sulle loro basi di bedrock. Le rune rosse nel loro centro si susseguivano con grande rapidità.
 
 
Il signore dell'End ringhiò infastidito dallo scompiglio che quel demone stava causando nel suo regno.
 
 
 
 
 
 
Steven era inconsapevole di ciò che stava accadendo nelle dimensioni.
 
Mentre per la prima volta si sentiva accolto fra altre persone. Loro che avevano superato la sua somiglianza col demone e che lo avevano visto per ciò che era... Steven Stonewall.
 
 
<< Presto cambierà tutto, Steven >>; il giovane si voltò immediatamente, ma non vide nessuno.
 
<< Torna al tuo villaggio, Steven. Ho una sorpresa per te >>; la voce di Herobrine era tanto sarcastica e divertita al col tempo che Steve corse verso il villaggio.
 
Si era allontanato solo per un paio di metri, ma Herobrine avrebbe potuto ucciderli senza che lui notasse nulla di strano.
 
 
 
 
 
 
«L'Abisso ti aspetta, Steven» sibilò una voce crudele e profonda, mentre centinaia di risate cupe si diffondevano da qualunque punto di quell'inferno.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore
 
Scusatemi il ritardo...
 
E che oltre all'insonnia si è aggiunta una ricerca... per cui mi avrebbe dovuto aiutare una mia compagna ma lei mi ha abbandonato e l'ho dovuta fare da solo... Scusatemi :(
 
 
Ringrazio: Thanos05 e Mattalara per aver recensito il precedente capitolo.
 
 
Note: 1= ”Vis Voluntatis”, è latino e significa “Forza di volontà”
 
 
Piccolo appunto: L'Abisso è una dimensione presente nella Nevermine e, sempre della stessa mod era il Fishix del 10° capitolo.
 
Ora si aprirà un mini-arco narrativo, compreso nel arco Under Enders' Eye".
Il titolo di questo mini-arco sarà: Into the Abyss.
 
 
-Anthony  Edward  Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15: Into the Abyss ***


Un-justified Hate
     Capitolo 15: Into the Abyss

 
Steve corse verso il villaggio più velocemente che poteva.
 
Per una volta, per una volta qualcuno lo aveva trattato come una persona e non poteva pensare che a causa sua potessero essere morti.
 
 
 
 
 
Nessuno l'avrebbe mai preparato a ciò che vide, nessuno avrebbe mai dovuto vedere ciò che il giovane Steven vide.
 
 
 
 
 
La terra era rossa di sangue, e i corpi degli abitanti del villaggio erano stati lasciati in bella vista.
 
Ma non casualmente, il demone aveva organizzato ogni singolo dettaglio, coloro che lo avevano accolto per primi si trovavano vicino all'ingresso del villaggio e poi si trovavano tutti quelli che Steve aveva aiutato in quei giorni.
 
 
 
Erano morti a causa sua.
 
Erano morti perché il sovrano del Nether lo riteneva una sua proprietà. Perché lui non aveva voluto seguire i suoi ordini.
 
 
 
«L'eroe giunse sul bordo del buio abisso» sibilò una voce che Steven non aveva mai sentito e che lo strappò via dai suoi pensieri.
 
Si voltò appena in tempo, prima che un bagliore rosso sangue lo accecasse.
 
«E l'eroe cadde»
 
 
 
 
 
 
 
Quando quel bagliore scomparve, Steve si trovò avvolto dal buio.
 
Un oscurità che gradualmente si tinse di rosso.
Il cielo era di un cupo rosso scuro e la totale mancanza di luce impediva di vedere a poco più di un palmo da lui.
 
 
 
Steve strinse la presa sulla spada e cominciò ad esplorare la zona. Voleva capire dov'era finito.
 
 
 
 
Se fosse rimasto dov'era, niente di ciò che lo aspettava si sarebbe avvicinato. Era una "zona salva" quella in cui era arrivato e ora si stava spingendo nel regno degl'incubi.
 
 
 
 
Con un po' di tempo riuscì a vedere ciò che lo circondava, il terreno era rosso come se fosse saturo di sangue... E Steve ripensò al villaggio.
A tutte le persone che erano morte a causa sua.
 
 
 
Un essere simile ad una grande scolopendra sollevata su due zampe sgusciò fuori dalla sua tana scura.
 
Il suo unico occhio nero senza pupilla si fissò sul ragazzo.
 
Scivolò su quella terra di sangue, mentre raggiungeva il ragazzo con facilità.
 
 
Steve sentì il mostro quando quello gli era ormai troppo vicino. Quell'essere orrido gli era vicinissimo.
 
Poteva vedere chiaramente ogni dettaglio di ogni singolo segmento che componeva quel verme vertebrato.
 
 
Gli arti chitinosi rosso scuro si tesero verso il giovane che reagì d'istinto.
Il fendente, seppur debole, tranciò una delle zampe del mostro.
 
 
Il verso acuto dell'essere rimbombò nell'aria immobile e color sangue di quel mondo.
 
 
La scolopendra non si ritirò ma attaccò con più violenza, costringendo Steven a contrattaccare fino ad ucciderla.
 
La lama di metallo viola era ora cosparsa di sangue scuro.
 
 
 
La scolopendra scomparve in una nuvola di fumo nero che odorava di cenere.
 
 
 
Steve si allontanò velocemente da quel luogo e decise di esplorare la zona che si trovava a destra dal punto da cui la creatura era presumibilmente arrivata.
 
 
«E l'eroe continuò a cadere nell'oscurità dell'abisso»
 
 
Ma Steve non sentì le sue parole stavolta. Non sentì, le parole dell'essere che governava quel mondo (privilegio che gli era stato donato dal suo creatore).
 
 
 
 
 
 
Enormi tentacoli sbucavano dal terreno sanguigno, si agitavano spargendo terriccio ovunque mentre piccoli occhi si aprivano sull'intero tentacolo fissandolo mentre passava.
 
 
Gli alberi erano strani, le loro cortecce erano nere e senza vita e le foglie erano rosse e da loro gocciolava qualcosa...
 
Steve non volle indagare ulteriormente, preferendo andare avanti.
 
 
Vide di sfuggita qualche creatura correre nel buio, o svanire come se ne facesse parte.
 
 
 
 
 
Il signore dell'End osservava il mortale camminare in un mondo oscuro di cui nemmeno lui sapeva nulla.
 
 
Una delle enormi colonne d'ossidiana che sorreggevano i cristalli venne frantumata da un colpo della sua grande coda. Il cristallo su di essa continuò però a galleggiare nel nulla e sul nulla.
 
 
Sperava che il mortale fosse forte abbastanza da resistere alla follia di quel demone.
Che fosse abbastanza forte da non farsi contaminare, perdendo sé stesso.
 
 
 
 
 
Il sovrano del Nether e Creatore dell'Abisso si muoveva fra le ombre di quel regno di sangue per vedere da vicino ciò che il suo mortale avrebbe fatto.
 
Per quanto avrebbe continuato a seguire i suoi principi, prima di considerarli vuoti e inutili.
 
 
Per quanto l'anima del giovane Steven sarebbe rimasta pura a contatto con quell'incubo creato solo per lui?
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore

 
Scusatemi il ritardo... di nuovo. Ultimamente sembra che tutte le influenze me le stia prendendo io...
 
 
Comunque... Ringrazio: Thanos 05, Mattalara e Itachiforever per aver recensito il capitolo precedente e White_caos_dragon e Itachiforever per aver messo la storia fra le seguite.
 
 
 
 Anthony  Edward  Stark
 
 
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16: In the Abyss-The first trial ***


Un-justified Hate
     Capitolo 16: In the Abyss- The first trial. (Kill without thinking)

 
Uno di quei tentacoli occhioluti tentò di afferrarlo.
 
Quel viscido tentacolo coperto di terriccio sanguigno si avvolse attorno al suo braccio tentando di trascinarlo sottoterra.
 
Resistette alla forza del tentacolo, tentando di liberarsi da quella morsa. Sollevò la spada con la mano libera e tirò un fendente contro la propaggine viscida.
 
 
Il tentacolo si ritirò di scatto mentre la punta tranciata continuava a dibattersi contro il terreno.
 
 
Steve si allontanò, quasi correndo fino a giungere alle rive di un fiume... il liquido che vi scorreva era viscoso e denso.
 
Un ragno rosso dalle zampe che finivano in uncini. Il suo muso pareva la fusione fra il muso di un ragno e quello di un creeper, la sua espressione era famelica e i suoi sei occhietti neri erano fissi su di lui.
 
Quel liquido copriva del tutto il corpo del ragno.
 
Il Bloodsucker balzò contro il ragazzo che evitò la creatura e la ferì con un fendente della spada.
 
Steve sperò che la creatura se ne andasse e non lo costringesse ad ucciderla.
 
Lui non voleva uccidere e lo avrebbe fatto solo se ne fosse stato costretto.
 
Ma esattamente come la scolopendra non si ritirò attaccando con più determinazione.
 
 
 
 
Se Steven avesse prestato attenzione alla spada avrebbe notato che le gemme che prima brillavano come stelle adesso apparivano spente come fossero vetro.
 
Troppa oscurità era in quelle creature, troppa oscurità circondava il ragazzo.
 
E la benedizione posta sulla spada non era abbastanza forte da resistervi.
 
Steve ora era solo, in balia dell'Abisso e solo la sua volontà avrebbe potuto salvarlo.
 
 
 
 
Il signore dell'End osservava il giovane Steve, quello che sarebbe potuto essere il suo campione.
 
Lo guardò uccidere bestia dopo bestia di quell'abisso infernale. Solo perché vi era obbligato.
 
Vide la lama aetherica sparire sotto il sangue che ora la copriva.
 
Gl'innaturali occhi viola del mortale parevano quasi scintillare nel buio come gli occhi del suo futuro padrone.
 
Vide come il mortale lottava per mantenere vivi i suoi principi, per non cedere a quell'oscurità e alla voce del suo signore che gli sussurrava di liberare il suo odio e di uccidere senza pensare. Uccidere solo perché lo voleva e poteva.
 
 
Il mortale stava perdendo.
 
 
 
 
 
 
 
L'odio era forse peggio della voce di Herobrine. Perché era quell'emozione a volerlo far cedere.
 
Credeva di non aver mai odiato nessuno dei suoi carcerieri ma, ora, in quel oscuro mondo di sangue si rese conto che il suo odio era rimasto in silenzio a covare pensieri oscuri che non si era mai reso conto di avere.
 
 
«E l'eroe continuò a cadere, sempre più giù nell'oscuro abisso. Senza trovare alcun appiglio.»
 
 
 
Un’altra creatura gli si parò davanti. Ricordava per certi versi il tristo mietitore. E fra le mani artigliate stringeva uno scettro rosso sangue.
 
Il Web Reaper scagliò una magia dannosa contro il giovane dal cuore puro che dopo qualche colpo riuscì a disarmare la creatura.
Lo scettro color sangue si trasformò in polvere.
 
 
Il Web Reaper si accucciò come un grosso gattopardo nero che voleva difendersi dalla carica di un Rammerhead.
 
 
<< Uccidilo! >> ringhiò la voce di Herobrine, il suo pareva a stento un ordine.
 
 
 
 Il sovrano del Nether e creatore dell'Abisso aveva perso la pazienza, quel mortale doveva ascoltarlo!
 
 
 
 
 
 
E per la prima volta nella sua breve vita il giovane Stonewall perse la retta via.
 
Dimenticando per un istante i suoi principi, mentre un odio smisurato... in gran parte suo e in un’altra percentuale dello stesso demone, prendeva il sopravvento.
 
Un sorrisetto non suo, ma fin troppo simile a quello del demone per cui veniva scambiato, comparve sul suo viso mentre i suoi occhi viola, seppur oscurati, scintillavano spaventosamente.
 
 
E la lama viola tagliò l'aria e il Web Reaper lanciò un terribile stridio prima di sparire in volute di fumo rossastro che quasi si confondeva col cielo di quel mondo.
 
 
 
«E l'eroe perse il primo appiglio continuando a cadere nel buio»
 
 
 
E la voce del sovrano si acquietava per qualche istante permettendo al giovane di rendersi conto di ciò che aveva appena fatto.
 
 
 
 
 
 
Fu terribile per il giovane Steve Stonewall, amici miei. Tutto ciò che credeva fu spazzato via dalla sua stessa spada.
 
 
 
 
«Un altro appiglio si trovava sulle pareti dell'Abisso. E l'eroe lo afferrò arrestando la sua caduta.
Ma per quanto ancora?»
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore

Buona Serata (o Buongiorno) a tutti voi lettori!
 
Spero che anche questo capitolo vi piaccia.
 
 
Ringrazio: Thanos 05 e Mattalara per aver recensito il capitolo precedente.
 
 
P.S Così come l'abisso: il Bloodsucker e il Web Reaper appartengono alla mod Nevermine.
 
I fiumi, i laghi e i ruscelli di sangue e gli alberi non-morti(?) sono aggiunti all'Abisso dalla Evil Mod.
 
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17: In the Abyss- The second trial. (Pt.1) ***


Un-justified Hate
     Capitolo 17: In the Abyss- The second trial.


Steven continuava a muoversi in quel mondo ostile.

Aveva capito che l'unico modo che aveva per difendersi da quei mostri era ucciderli prima che lo attaccassero.



Il sovrano del Nether osservava il suo cavaliere avanzare nell'Abisso mietendo vittima dopo vittima...

Non sapeva certo che i mostri non l'avrebbero più attaccato.

Il demone sorrise.


Il signore dell'End ringhiò contro il nulla.

Il mortale stava fallendo, il giovane puro che voleva come suo campione si stava facendo corrompere da quel demone.




L'Aether era in agitazione, la pace che vi regnava si era spezzata da quando due dei diciotto altari che limitavano Herobrine si erano corrotti.

Un Moa dal piumaggio nero atterrò di fronte al grande tempio portando un messaggio legato al collo con un filo rosso quasi incandescente...

Quel Moa, Notch l'avrebbe riconosciuto ovunque. La loro prima creazione vivente.




Nella dimensione oscura dell'Abisso, il giovane Steven continuava il suo viaggio, sperando di trovare un uscita da quell'inferno.

«L'appiglio che l'eroe aveva trovato cominciò a cedere, quando l'Abisso ringhiò»

I tentacoli occhioluti sbucarono dal terriccio intriso di sangue, d'improvviso. Tentando nuovamente di avvinghiarsi al giovane minatore.

Mentre un ringhio riverbrava nell'aria ferma e satura del ferrugginoso odore del sangue.

Un essere che pareva composto dalla più pura oscurità si mosse dalla cima di una struttura di mattoni rosso sangue.

Il mostro, perché solo così poteva essere definito, aveva un corpo informe e nero come il Nulla, un grande occhio di un bianco puro brillava al suo centro, numerosi tentacoli d'ombra si sviluppavano dal suo corpo attraversando ogni cosa e prosciugandola.


L'essere ringhiò nuovamente prima di aprire le enormi fauci irte di denti aguzzi lunghi quanto la lama di un pugnale.


<< Ŝͧͬͦ̊͋͋t̘͍̫̜̪̩̏̒ͩ̓e̺͆͌v͓̤͐͒ͥ̋ͣ̏e̝͍̹̱̹̽̇́̈́ͪń̯͎͔̟̖͍!͖̮̟̤ͮ  >> sibilò l'essere in una lingua oscura e arcaica che non pareva appartenere a nessun possibile mondo.



Il sovrano del Nether osservò lo Shadowlord librarsi in quel cielo rosso scuro.

E ghignava, mentre la sua falce appena richiamata sfumava in polvere diamantata che vorticava aggregandosi in una nuova forma.

E questa nuova forma era quella di un lungo scettro scuro come l'ossidiana, sormontato da una sfera dai bordi frastagliati di un colore appena più chiaro del diamante al di sotto di essa vi era un intarsio dorato le cui linee precise si congiungevano in una perla d'ametista.

La sfera luccicò di uno scintillio biancastro e lo Shadowlord avanzò.


«L'appiglio crollò e l'eroe riprese la sua caduta, mentre l'Abisso continuava a ringhiare»



Il giovane Steven era davvero in pericolo, amici miei. Più di quanto lo fosse mai stato, questa era la sua ultima possibilità per salvarsi dal demone.





Steve quasi si dimenticò dei tentacoli occhioluti quando quell'essere d'ombra gli si avvicinò, sibilando ora e ringhiando poi in una lingua che non aveva mai sentito.


Una figura comparve di fronte al mostro, essa sembrava un identica copia di Steve, i suoi occhi erano viola come quelli dell'originale.

Ma erano freddi e crudeli come quelli non sarebbero mai potuti essere. La figura indossava un'armatura nera decorata da linee rosse come il fuoco, al centro della corazza vi era una sfera arancione e altre sfere simili decoravano i lati dei gambali e degli stivali.

"Chi è?" pensò Steven


<< Sono te >> rispose la figura, mentre due fiamme gemelle si accendevano sui suoi palmi protetti dal metallo. << Sono quello che potresti essere >>



Gli umani cedevano sempre alla promessa del potere ed era questo, quello su cui Herobrine puntava.


Il sovrano dell'End ringhiò e si sollevò in volo. Un vento smorzato soffiò sulla brulla terra del regno.

I cristalli cominciavano a sgretolarsi come sabbia, mentre grandi fortezze galleggianti ricomparivano pian piano in quel nulla.

Ogni fortezza era composta da mattoni di un viola perlaceo.

Questo significava solo una cosa, Notch stava perdendo il suo potere.



Un altro altare della luce era stato corrotto, un altro lucchetto aperto.
Herobrine stava riguadagnando tutti i suoi poteri e Notch non riusciva a fermarlo... Non voleva.

Perché sapeva che l'unico modo che aveva per fermarlo era finire il lavoro cominciato secoli prima, sigillandolo nel Nulla... Per sempre.







Note dell'Autore

Sono tornato! Scusatemi l'enorme ritardo è che ho avuto qualche problema, fra cui una brutta influenza che per inciso non mi è ancora passata e il computer nuovo.

Ringrazio: Mattalara, Itachiforever, Rikku Onodera e Thanos 05.

Questo è lo scettro di Herobrine: http://giacintoblue.deviantart.com/art/Herobrine-s-Staff-572772513 (Non mi carica le immagini :( )

Spero che questa storia continui a piacervi :D

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18: In the Abyss- The second trial. (Pt.2) ***


Un-justified Hate
     Capitolo 18: In the Abyss- The second trial. (Pt.2)

 
Non bisogna conferire a un uomo mortale più potere di quello che si vuole che usi, perché sicuramente lo userà fino in fondo.
(John Cotton)


Il suo "sosia" continuò a mostrargli quel fuoco che bruciava di una luce viola.

Lo muoveva e lo controllava come se l'avesse domato.

Spense le fiamme, soffocandole con un gesto. Poi cominciò ad avvicinarglisi. Silenzioso come se non sfiorasse il terreno mentre camminava.

Steve lo osservava quasi rapito.

<< Io sono te, devi solo accettare il potere che può darti >> disse il "sosia" con voce carezzevole, sorridendo leggermente. Ma non disse chi, chi poteva renderlo così... così inumano.

Steve si riscosse da quello stato di trance meravigliata, mettendosi in una posizione di attacco.


Il sosia scosse la testa e l'essere dietro di lui ringhiò.

<< Steven, Steven, Steven >> cominciò, mentre la sua voce cambiava incupendosi e distorcendosi appena mentre parlava << Perché continui a combattere? >> Chiese.

<< Il nostro Lord vuole solo salvarti dalle dorate menzogne di Notch >>

Si fermò di scatto, mentre un bagliore rossastro si intravedeva nell'iride violetto.

<< E poi, noi siamo la stessa cosa, Steven! >> esclamò, mentre la sua stessa figura si deformava.

L'armatura cominciava a fondersi alla pelle come la corazza di un insetto, il viso si faceva via via più incavato e scheletrico, degli occhi rimasero solo due orbite nere.

E il suo ghigno da teschio era spaventoso, non c'era più nulla di anche solo lontanamente umano in quell'essere.

Solo quando Steve sollevò la spada per sferrare il primo fendente contro l'essere. Si rese conto di quanto essa fosse cambiata.

La lama viola era di un rosso sanguigno e l'elsa dorata era di un cupo nero, le gemme brillanti si erano opacizzate.

Ma al momento non sapeva cosa significasse e voleva solo sconfiggere il suo avversario, mentre l'essere d'ombra ringhiava.



Il sorriso del sovrano del Nether scomparve.

Quel mortale era ancora condizionato dalle parole di Notch... quel mortale, il suo mortale credeva ancora nelle idee di suo fratello.

Aveva rinunciato al potere e non aveva mai visto alcun mortale essere così saldo nelle proprie convinzioni da farlo.

Ma notò anche il nuovo aspetto della spada del suo cavaliere, la spada Aetherica era stata contaminata dall'oscurità, quindi il cuore del suo mortale non era più tanto puro.

La sfera di diamante, posta sulla sommità dello scettro, scintillò prima di rosso e poi di viola.

Lo Shadowlord poteva attaccare e così anche l'illusione che aveva creato per tentare il giovane Steven.


Il cielo sereno e terso dell'Aether venne scurito da spesse nubi grige. Come se una tempesta si preparasse a sconvolgere il paradiso.

La luce delle torce di ambrosia tremò come se stessero per spegnersi. Mentre i cristalli di gravite si sollevavano verso l'alto.

Sembrando stelle viola che brillavano alla luce fioca del sole.

Stava succedendo qualcosa, l'equilibrio dell'Aether era stato spezzato.

Notch, nel suo tempio, leggeva il messaggio che gli era stato inviato dal fratello.

"Hai perso il tuo generale, fratello. Lui è il mio cavaliere... lo sarà presto"

Erano secoli che non aveva contatti con suo fratello. E ora l'aveva informato solo per dirgli di avergli appena dato inizio alla fine di ogni cosa.

Steven andava salvato, a costo di inviare le valchirie nella dimensione creata da suo fratello.


Nell'Abisso, l'essere d'ombra attaccava Steve che doveva già resistere agli attacchi del mostro che era stato il suo sosia.

Mostro che riusciva ancora ad usare le sue fiamme viola.

Mentre evitava un suo attacco Steven notò che fra le placche dell'armatura che proteggevano il petto del mostro vi era un bagliore giallastro, simile al brillio di un fiamma morente.

Si concentrò su quel punto, fino al momento in cui la punta della spada riuscì ad attraversare le placche e colpire quel punto.

Il sosia lanciò uno grido tremendo prima di disfarsi in polvere e l'essere d'ombra si disperse come una nuvola soffiata via dal vento.


Il sovrano del Nether si trovò, tuttavia, soddisfatto del suo cavaliere che nonostante avesse rifiutato il potere che poteva offrirgli si era dimostrato un essere umano forte soprattutto nello spirito.

Una volta che avrebbe avuto la sua fedeltà, nulla avrebbe mai più traviato il suo cavaliere infernale.





Il signore del End si mosse nel cielo scuro del suo mondo.

Le fortezze continuavano ad apparire, così come una sorta di flora cominciava ad attecchire nella sterile pietra gialla del suo dominio.

Gli Enderman si muovevano fra un isola all'altra, mentre l'End tornava ad essere un mondo ricco e rigoglioso della sua flora e della sua fauna.


Il signore dell'End sorrise, presto l'Overworld avrebbe visto di nuovo le sue armate.

Presto avrebbe strappato Steve dalle mani di Herobrine.

Presto l'Aether stesso sarebbe caduto... come aveva promesso secoli prima.



«L'Eroe giunse sul fondo dell'Abisso, ma una luce angelica si prontendeva verso di lui.

Ma ora la scelta era dell'Eroe, avrebbe ceduto all'Illusione o avrebbe combattuto per tornare verso la luce?»








Note dell'Autore

Scusatemi nuovamente per l'immenso ritardo e che avendo acquistato Slender: The Arrival mi sono messo a giocare e il tempo è volato... Scusatemi.

Ringrazio: Mattalara, Itachiforever e Thanos 05 per aver recensito il precedente capitolo... Grazie!

P.S queste sono le spade di Steve:
http://giacintoblue.deviantart.com/art/Steven-s-Sword-572924785 (La prima la stone sword è presente nei primi due capitoli, la Aetheric Sword dal capitolo 9 fino al 15 e dal capitolo 15 in poi, è presente l'ultima spada la Corrupted Aetheric Sword)

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19: Out of the Abyss ***


Un-justified Hate
     Capitolo 19: Out of the Abyss


«Il signore dell'Abisso attendeva la decisione dell'Eroe... Alleati o nemici? Cosa sarebbero stati?»


Elusive attese, attese come aveva fatto da quando il mortale era giunto nella sua dimensione.

L'enorme minotauro attendeva nascosto fra le radici sanguigne di un albero immenso la cui altezza sovrastava l'intero Abisso.

Le ricurve corna di un blu scuro come la notte graffiavano il legno sanguigno, bloccandosi di tanto in tanto.

Una corta e ispida pelliccia blu copriva l'intero corpo dell'essere, mentre i suoi piccoli occhietti bianchi scintillavano nell'oscurità.


Steven proseguì il suo viaggio nell'Abisso con la spada sguainata, deciso a difendersi da qualunque genere di attacco.

Di tanto in tanto i suoi occhi violetti venivano come attirati dalla lama sanguigna della spada, quasi ci fosse un qualcosa che lo obbligava a fissarla.


Non sapeva che il demone seguiva ogni sua mossa come un'ombra.
Che lo osservava attendendo il momento in cui avrebbe ceduto.



Il sovrano dell'End volò fra una fortezza e l'altra.

Le fortezze erano composte da enormi blocchi di un viola perlaceo, fluttuavano su piccoli isolotti di friabile roccia gialla, i loro perimetri erano illuminati da sottili aste, simili a quelle delle Blaze, che brillavano di una luce bianchissima.

Gli Endermite invadevano le fortezze come fossero i pesciolini d'argento dell'End.

Ma ancora non nessuno dei suoi Endernit era tornato dall'isolamento in cui Notch li aveva costretti.


Steven raggiunse finalmente la sommità della collina sulla quale cresceva l'Albero dell'Abisso.

Numerose strutture di mattoni sanguigni si trovavano alle pendici di quella stessa struttura, ma Steven aveva preferito andare avanti... Invece di fermarsi ad esplorarle.


Elusive sentì il mortale avvicinarsi e si levò in piedi dalla sua posizione accucciata, mentre usciva dall'incavo dell'albero in cui era rimasto.

Del terriccio color sangue rimase impigliato nella sua pelliccia blu, ma al minotauro non importò.


Steven rimase stupito da quel enorme minotauro che si presentò davanti a lui.

E si pietrificò quando la risata rauca di quel mostro riempì l'aria.

«Steven, ci incontriamo, finalmente»

La voce di Elusive pareva provenire da ogni luogo e da nessuno allo stesso tempo.

Il minotauro divenne una figura composta solo di fumo bluastro, prima di sparire e ricomparire alle spalle del giovane minatore.

Che si voltò di scatto una volta percepita la sua presenza, il mostro rise di nuovo.

«Il nostro signore ha scelto bene»

"Il nostro signore?" pensò Steven. Tenendo la spada davanti a sé per difendersi se il mostro avesse provato ad attaccarlo.


«Cominciamo, allora, Steven... Sei pronto?» La voce sarcastica di Elusive, parve come essere nella sua mente. Vide il minotauro di fronte a se, fissarlo con un sorriso spaventoso sul suo muso da toro e poi si sentì come tirato verso il vuoto.



Questa era l'ultima prova, amici miei, cosa il giovane Steven avrebbe scelto ?



Steve aprì gli occhi, non si era neanche reso conto di averli chiusi, era circondato dal buio... Non c'era nulla.

No... C'era qualcosa, solo che non riusciva a capire cosa fosse.

Pian piano riuscì a vederne i contorni... Era qualcuno, ma non si muoveva era immobile.

Sentì dei passi dietro di sé, qualcuno che gli si avvicinava.

Voleva voltarsi vedere chi fosse, ma il suo corpo rimase perfettamente immobile, anzi parve appena più rilassato di prima.

Poi delle torce dal fuoco blu-verde (come il fuoco di Herobrine) si accesero d'improvviso.

Illuminando ogni cosa in una luce blu-verde, si trovava in una sorta di segreta, ma le pareti erano scolpite direttamente nella roccia e non erano di mattoni di pietra.

Vide con chiarezza la figura difronte a sé... E rimase sorpeso, avrebbe riconosciuto ovunque quell'uomo.

Era incatenato alla parete ma poteva essere solo lui, Rodric DarkOak, quel maledetto che aveva dato inizio alla rivolta del suo villaggio... Colui che aveva ucciso i suoi genitori davanti ai suoi occhi.

Una rabbia irrefrenabile lo riempì d'improvviso, mentre l'uomo cominciava ad agitarsi come se si fosse reso conto solo ora di essere incatenato.

<< Ecco il mio dono per te, mio cavaliere >>; La voce di Herobrine risuonò nel silenzio. Steven voltò la testa verso il Sovrano del Nether, quegli occhi bianchi sembravano guardargli l'anima, in quel momento. << Potrai fargli tutto ciò che desideri >> quel sibilo calmo non sfuggì a Rodric che tentò di liberarsi con più forza dalle morse.


Le parole che Steven pronunciò in seguito lasciarono stupito lo stesso ragazzo.

<< Volete assistere, mio signore? >>Il suo tono era sibilante e rispettoso allo stesso tempo... Steve sentiva che questo modo di esprimersi non gli apparteneva.

<< Certamente. Sono certo che mi stupirai, Steven >> rispose il demone.
E poi Steve vide quelle fiamme viola brillare sul palmo delle sue mani protette da un armatura del colore dell'ossidiana.

"No! Questo non è reale... Io.... Io non accetterei mai di essere così inumano!" Gridò nella sua mente.


E l'illusione si frantumò come uno specchio.

La risata di Elusive risuonò attorno a lui.

«Stavi per deludermi, Steven. Credevo che la mia illusione ti avesse attratto abbastanza...E' un vero peccato che tu l'abbia capito, volevo davvero gustarmi il momento in cui avresti torturato quell'uomo... So che avresti voluto farlo. Sento la voce crudele che sussurra nella tua mente, e non è quella del nostro signore.»


Herobrine si affiancò alla sua creazione, Elusive, mentre il mortale era accecato dalle illusioni da lui create.

Steven si stava dimostrando degno dell'attenzione che il sovrano gli aveva dato, continuava a superare ogni illusione con una costanza invidiabile per un qualsiasi altro mortale.

Ma la cosa che rendeva il sovrano del Nether così soddisfatto era il nero che lentamente stava scurendo gli occhi del suo cavaliere, mostrando che la corruzione di quell'anima pura stava andando a buon fine.

Quando Steven avrebbe superato tutte le illusioni, la sua anima sarebbe stata inevitabilmente corrotta. Non c'era modo di salvarlo.




Per la prima volta dopo millenni, le valchirie, guardiane dell'Aether, vennero richiamate alle armi.

Thrud1, una delle valchirie che aveva combattuto lo stesso Herobrine secoli prima, venne informata che la loro missione era quella di scendere nell'Abisso e recuperare il giovane Steven prima che il demone lo corrompesse.


L'armatura alabastrina della valchiria scintillava sotto la luce dorata che illuminava l'Aether, così come la lancia dalla punta sottile e affilata dall'aspetto letale.

Thrud chiamò a sé le sue guerriere più fidate, Hildr2 e Hnoss3.

E ricevuta la benedizione del Creatore, Notch, scesero nell'oscuro Abisso a cavallo dei loro grandi lupi dai manti color neve.



"C'era solo fuoco, fumo e sofferenza attorno a lui. Ma stavolta lui non era la vittima, era l'artefice di quel dolore.

Lui che era a cavallo di un purosangue infernale dal manto nero come l'inchiostro e la criniera di fuoco e gli occhi di un insano giallo ambrato.

Steven era al fianco del suo signore ed entrambi stavano seminando caos e sofferenza ovunque andassero.

Mentre il limite fra Minecraftia e il Nether si assottigliava sempre di più, riversando le infernali armate del suo signore nelle terre di Notch.

Una donna si gettò di fronte a suo figlio sperando forse di salvarlo dalla spada di Steven e fu allora che Steve esitò.

La spada rimase sospesa a mezz'aria, mentre i suoi occhi violetti si puntavano su quelli azzurri e disperati di quella donna.

Il cavaliere sentì un suono sibilino alle sue spalle e il suo purosangue si accasciò al suolo, facendolo così cadere quasi addosso alle sue future vittime.

Il cavallo infernale bruciò fra fiamme di un verde-blu intenso, mentre il suo signore puntava il suo sguardo vuoto contro di lui.

<< Steven, Steven, Steven >> sibilò, mentre la sua falce calava su un povero contadino, macchiandosi di sangue innocente. << Non dovresti esitare >> disse mantenendo quel tono cantilenante che aveva un che di spaventoso e di folle.

Il suo sovrano sembrava aver perso ogni traccia di quella rimanente sanità mentale dopo che le sue armate avevano messo a ferro e fuoco l'intera Minecraftia.

<< Loro non avrebbero esitato se si fosse trattato di noi, non credi, Steven? >> chiese... Ma Steven sapeva che qualunque cosa avrebbe detto non avrebbe fatto altro che far infuriare il suo sovrano.

"Perché io vorrei diventare il cavaliere di un sovrano tanto folle?" si chiese Steve, ed ecco che le prime crepe danneggiarono l'illusione, convincendolo del tutto


"Questo non è reale, è solo un illusione!" disse sicuro nella sua mente." anche quell'illusione si frantumò poco prima che Steve sentisse il dolore causato dalla falce che stava per affondargli nel petto.

E stavolta quando aprì gli occhi si trovò nell'Abisso, Elusive era gli era difronte, ma c'era qualcuno alla sinistra del minotauro.

Era lui, era il demone. Una rabbia incontenibile gli offuscò i pensieri mentre stingeva la presa sulla spada Aetherica e si scagliava contro il Sovrano del Nether.


Herobrine sorrise poco prima di teletrasportarsi via, riapparendo alle spalle del mortale.

Ecco quello che voleva, voleva vedere il campione di suo fratello soffocare nella rabbia e nell'odio così da poter forgiare il suo cavaliere.

Richiamò la falce con un semplice gesto, poco prima che Steve si voltasse sferrandogli contro un fendente della lama color sangue.

Elusive il minotauro era appena scomparso in una nuvola di cenere bluastra... Herobrine aveva deciso di distruggerlo, visto che la sua utilità era terminata.

Il demone schivava fendente dopo fendente, usando la falce solo per schermarsi dagli affondi.

Mentre vedeva gli occhi di Steven venire sempre di più oscurati dal nero, adesso solo l'iride violetto rimaneva in quel mare color inchiostro.


L'Abisso stava crollando attorno a loro mentre Herobrine richiamava a sé il potere che aveva infuso in quel mondo e mentre il nero cominciava ad oscurare anche le iridi violette del giovane minatore.

D'improvviso un bagliore di un bianco puro illuminò i cielo sanguigno e un ululato risuonò nel silenzio.

E le tre valchirie scesero dal cielo.

Quando Steve fissò quel bagliore, il nero si ritirò dai suoi occhi e lo tranquillizzò facendo svanire la rabbia che lo aveva accecato.

<< Voi! >> ringhiò il demone << Il mio adorato fratello ha deciso finalmente di farvi completare il vostro lavoro? >>

<< Non siamo qui per te, demone. Siamo qui per il ragazzo >> rispose Thrud.

<< Steven è il mio cavaliere, quindi è meglio per voi che torniate nella vostra dimensione dorata, se non volete che vi tagli le ali! >> le minacciò il demone con il tono pieno di furia.

Le valchirie allora puntarono le loro lance benedette verso il demone, che non ne parve minimamente preoccupato.

Herobrine fissò le valchirie che scendevano dai loro lupi e si avvicinavano minacciose a lui, non che il demone se ne preoccupasse.

Non aveva un anima corrotta che potessero toccare, lui non aveva un anima... Era stato questo l'ultimo "regalo" che suo fratello gli aveva fatto prima di scagliarlo nel Nether.


Herobrine però non si rese conto che solo due delle valchirie lo avevano attaccato, mentre la terza andava da Steve e gli diceva che lol avrebbero portato via dall'Abisso.

Thrud si scagliò contro Herobrine, mentre Hnoss chiamava il suo lupo per portare Steve via dall'Abisso.


Il giovane minatore trovava istintivo fidarsi di quelle guerriere, come se sapesse che loro non gli avrebbero nuociuto in alcun modo.

Hnoss condusse il suo lupo bianco dal ragazzo e gli disse che Kroas, questo era il nome del lupo, lo avrebbe riportato nel suo mondo.


Il sovrano del Nether era nel mentre impegnato in uno scontro contro le guerriere Aetheriche, ma era anche consapevole che il suo cavaliere stava per lasciare l'Abisso.

"Ci rivedremo, Steven" pensò il demone " Tutto ciò che devi fare è solo portare il caos su Minecraftia"



E mentre Kraos portava Steven nel suo mondo, il minatore non notò il marchio di Herobrine brillare di rosso.

Così come il lupo non notò il cambiamento del giovane ragazzo i cui occhi violetti si tinsero di nero.







Note dell'Autore

Scusatemi ragazzi per l'immenso ritardo è che sono rimasto assolutamente senza ispirazione.

Comunque con questo capitolo si conclude sia l'arco "Into the Abyss" che "Under the Ender's Eye".

Col prossimo comincierà il nuovo arco denominato" The Herobrine's Curse Mark"

Piccole note:
1,2,3= Thrud, Hldir, Hnoss sono delle valchirie delle leggende nordiche ed esse cavalcavano dei lupi bianchi
 
E questo è l'aspetto del sosia di Steve dopo essersi mostrato con la sua vera forma: http://giacintoblue.deviantart.com/art/Steven-s-Sosia-581496467

Spero che la storia continui a piacervi.

-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20: The first kill of the Nether Knight ***


     Un-justified Hate
 Capitolo 20: The first kill of the Nether Knight



Era notte e un vento freddo soffiava smuovendo le foglie degli alberi di pesco... ora fioriti.

Il villaggio che aveva lasciato era ancora invaso dai cadaveri dei suoi abitanti, oramai non riusciva più nemmeno a riconoscerli tanto erano tumefatti.

Si era svegliato lì su quella terra ancora intrisa di sangue, Kraos non era rimasto con lui ed era tornato nell'Abisso.

Il villaggio ancora bruciava avvolto da fiamme eterne e infernali.

E poi nel silenzio, Steven, sentì un  rumore simile a quello provocato dal trotto di un cavallo.

Un uomo giunse nel villaggio distrutto. L'uomo indossava un'armatura a placche di un metallo che Steven non aveva mai visto prima d'allora.

Un pesante mantello di velluto verde svolazzava alle sue spalle sospinto dal vento. E sul mantello era cucito uno stemma... era la testa di un serpente dagli occhi bianchi leggermente ciano verso il muso.

L'uomo era uno dei Dämonenjäger, un cacciatore di demoni. Non lo aveva ancora avvistato e quindi il giovane minatore si allontanò prima che lo sguardo del cacciatore si levasse dalle fiamme blu-verdi e lo raggiungesse.


Nel regno del Limite, il sovrano volava fra le fortezze appena riapparse nel vuoto. Il viola perlaceo dei blocchi di cui erano composte luccicava nel buio.

Gli Shulker erano tornati ai loro posti di guardiani delle navi del vuoto. Uscendo ogni tanto dai loro gusci protettivi solo per osservare l'esterno.

Il Sovrano del Limite volava fra una fortezza e l'altra e nel mentre rideva malignamente... il suono folle della sua risata che risuonava nel Nulla.

< Presto l'Aether cadrà... E' una promessa, Notch! >   sibilò il Sovrano.


Il Dämonenjäger osservava le fiamme blu-verdi che stavano consumando quel villaggio... Pensando che un giorno quel demone avrebbe pagato per ogni suo crimine, per ogni strage che aveva compiuto e che era stata compiuta in suo nome... da folli fanatici, veneratori del demone.

Aveva sentito che le guardie del regno di Snowflakes erano riuscite a catturarlo... ma che il demone era riuscito a fuggire... con l'aiuto di una guardia, anche se nessuno sapeva chi fosse.


Sull'ultima parte rimanente dell'Abisso, le Valchirie ancora combattevano.

Una di loro riuscì a spezzare la guardia del sovrano del Nether e a trafiggerlo con la lancia... ma non appena lo fece... il sovrano sparì come un ombra dissolta dalla luce.

Le Valchirie allora compresero che il nemico contro cui avevano combattuto era solo un ombra del vero Herobrine. E null'altro.

Il demone non aveva combattuto con loro.... quindi dov'era?


Il Sovrano del Nether osservava nascosto fra le ombre, il suo cavaliere fuggire dal confronto con quel cacciatore di demoni.

Scosse leggermente la testa, scontento da quel comportamento da codardo.


<< Hai già dimenticato, quello che ti ha insegnato l'Abisso, Steven ? >> sibilò... Sapendo per certo che il giovane minatore l'avrebbe sentito.

Se era così sapeva già come costringere il suo cavaliere a combattere il Dämonenjäger.


Una risata crudele e terribile risuonò nel buio, sembrava quasi provenire dalle stesse fiamme infernali che consumavano il legno.

Il Dämonenjäger si guardò intorno, all'erta.

Scese da cavallo. E portata una mano sull'elsa della spada, cercò il fautore di quel suono raggelante.
 

Steven invece era rimasto immobile come pietrificato nello stesso istante in cui aveva sentito la voce del demone nella sua mente.

Non aveva dimenticato l'Abisso... solo non aveva la minima intenzione di fare quello che il demone voleva.

Non aveva intenzione di uccidere qualcuno solo perché il demone voleva che lo facesse.


Lo sguardo del cacciatore di demoni si muoveva febbrilmente, alla ricerca del mostro... alla ricerca di quel essere demoniaco che aveva già da troppi secoli terrorizzato l'intera Minecraftia.

E poi lo scorse, lì dove le lingue di fuoco si facevano più alte, più terribili e infernali.

La luce fredda di quelle fiamme innaturali illuminava sinistramente la figura del demone.

Il vento si alzò soffiando contro le fiamme alimentando la fame distruttiva di quei fuochi eterni. Il crepitio scoppiettante di quei fuochi riempiva l'aria così come l'ora assordante rombo del vento.

E il Dämonenjäger era certo che tutto questo fosse causa del demone che voleva intimidirlo... non ci sarebbe riuscito.


Steven era ancora immobile, mentre cercava di combattere l'ordine di quel demone che risuonava nella sua mente come un riverbero assordante.

Il marchio di Herobrine brillava di rosso, ma il giovane minatore non se ne rese conto.

E nel momento stesso in cui la luce netherica si diffuse nell'intera runa, gli occhi del giovane Steven si tinsero di nero... un nero uniforme e luccicante.



Il sovrano del Nether intanto osservava con disappunto il suo cavaliere, scontento del fatto che per farlo obbedire ai suoi ordini avesse dovuto, nuovamente, privarlo del controllo del suo corpo...

Ma c'era una cosa che gli importava quasi più dell'obbedienza del suo cavaliere ed era la sua abilità nel combattimento...

Steven gli aveva dato qualche dimostrazione della sua abilità con la spada, ma era sempre limitato dalla sua umanità.

Il demone sorrise, un sorriso crudele appena folle gli distese le labbra, mentre pensava " Adesso non c'è più alcun umanità a frenarti, Steven. Mostrami cosa sei capace di fare..."
<< Uccidilo >> ordinò sibilante.



Il cacciatore di demoni vide il mostro fissarlo. Solo qualche istante prima che sfoderasse la sua spada dalla lama sanguigna e felino scattasse verso di lui, attraversando senza alcun danno le fiamme blu-verdi che divampavano tutt'intorno a loro.

Il cacciatore evitò a stento la carica del demone, riuscendo, solo grazie alla fortuna, a fermare appena in tempo il fendente della spada.

Frenandola con la sua lama di Coralium, il metallo verdastro come rame ossidato stridette a contatto con la lama di Zanite.

Il Dämonenjäger strinse entrambe le mani attorno all'elsa della spada per imprimere più forza nel suo blocco nel tentativo di contrastare la forza del demone.

Per qualche istante i due rimasero in una fase quasi di stallo, le lame che stridevano per la forza impressa da entrambi, uno nel bloccare il fendente e l'altro nello scagliarlo. Prima che il cacciatore di demoni riuscisse ad allontanare da sé il demone.

Il cacciatore tenne la lama di fronte a sé, inclinata abbastanza da mantenersi stabile se il demone si fosse scagliato nuovamente contro di lui. Il filo destro della lama era stato danneggiato dallo scontro dimostrando all'uomo quanto la spada del demone fosse resisente rispetto alla sua.

Ma poteva ancora fermarlo... o almeno lui così sperava.


Una speranza che si affievolì man mano che lo scontro continuava.



Lo sguardo di Herobrine seguiva con attenzione ogni movimento del suo cavaliere.

Ogni affondo e ogni fendente scagliato con una forza e una brutalità senza pari.

Il suo cavaliere privato dell'umanità che lo rendeva così fragile era un guerriero inarrestabile, forte, veloce e crudele... così come lui voleva.

Non ci volle molto prima che il cacciatore finisse disarmato, in ginocchio e supplicante... dimentico del coraggio e del suo orgoglio, mentre pregava per la sua vita.


Il suo cavaliere rimase fermo, la punta della letale lama che sfiorava appena il collo dell'uomo.

<< Finiscilo >> disse... e quando vide la lama tagliare l'aria come un fulmine sanguigno, ponendo fine alla misera vita di quell'uomo, il sovrano del Nether rise crudelmente, enormemente divertito dallo spettacolo offertogli dal suo cavaliere.




Nell'Aether in quello stesso istante le Valchirie tornavano nel loro regno celeste, sconvolte nel vedere il cielo sereno e etereo del loro mondo scurito da nere nubi di tempesta. Mentre i Moa gemevano sofferenti come se un dolore inspiegabile li stesse affligendo...

Mentre nel tempio di Notch un altro altare veniva inevitabilmente corrotto.





La strada che Steven stava seguendo, costretto dal marchio, era la più oscura fra le tre che gli si presentavano dinanzi. Era una strada illuminata solo dalla fredda e innaturale luce delle fiamme blu-verdi del folle sovrano del Nether... del crudele demone dagli occhi bianchi.









Note dell'autore

Sono tornato... Dopo un ritardo vergognoso... scusatemi.

Sono stato malissimo, ho praticamente appena superato una bruttissima influenza e in oltre la scuola mi ha seriamente impedito di scrivere divorando tutte le mie idee... Ma visto che presto inizieranno le vacanze Pasquali conto di poter scrivere un po' di più :)


Spero che vogliate ancora seguire questa storia... e vi ringrazio per aver letto i precedenti capitoli.

Ringrazio: MattalaraAnaDarkLady 97 per aver recensito il precedente capitolo.

Scusatemi ancora...

Piccola Nota:
Dämonenjäger(pron.: Demoneniegar) significa cacciatore di demoni in tedesco.


P.S
Ho aperto una pagina Facebook per questo account se volete seguirmi...

-Anthony Edward Stark.



 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 21: The demon's Agony ***


     Un-justified Hate
 Capitolo 21: The demon's Agony


Forse, si disse il demone, non avrebbe dovuto continuare a tormentare il suo cavaliere.

Non dopo il piacevole spettacolo che gli aveva offerto.

Ma il sovrano doveva ancora punire il suo cavaliere per non aver obbedito ai suoi ordini. E nonostante il signore del Nether non disdegnasse la tortura sapeva anche quanto il giovane minatore fosse abituato a quel genere di sofferenza... e quindi non sarebbe stata una punizione adeguata.

Il demone dagli occhi bianchi preferì quindi un diverso tipo di tortura.

Il signore, sovrano e padrone del Nether, pensava a questo mentre il suo mortale si agitava bloccato in un incubo senza fine.


Il Creatore di Minecraftia era nel suo tempio, lì nel alto dei cieli dorati-ora tempestosi- dell'Aether.

I suoi queti occhi neri erano ora scuriti dalla preoccupazione.

Sapeva cosa doveva fare, lo sapeva. Ma Herobrine rimaneva pur sempre suo fratello e lui non voleva, non voleva condannarlo al Vuoto.

Aveva già sbagliato una volta, quando aveva permesso che suo fratello si perdesse nella nebbia della follia. Non voleva fare lo stesso errore una seconda volta.

Mentre il divino Notch rafforzava i rimanenti altari di luce, un tuono spezzò il silenzio. Un fulmine rosso illuminò il cielo dorato tingendolo di color sangue.

E subito, seguitando il primo, un secondo fulmine illuminò saettante il cielo scagliandosi sul tempio di Notch e rifrangendosi nell',adesso, argentea barriera che lo proteggeva.

E il Creatore di Minecraftia si rese conto che suo fratello cominciava ad essere una minaccia anche per l'Aether.


In quello stesso momento nella quieta calma dell'End, il sovrano di quel regno atterrò nell'isola più grande del suo mondo.

Guardando con un sorriso pericoloso le navi del Vuoto e le fortezze che orbitavano nel Nulla.

Il suo sguardo, luccicante di viola, scese gradualmente spostandosi lungo le cristalline colonne di ossidiana che sostenevano i cristalli che lo imprigionavano nel suo regno, fino ad arrivare sulla friabile e sterile roccia gialla che componeva ogni isola.

E lì il sovrano dell'End vide un sottile strato rossastro, simile a muschio, ricoprire una piccola zona di quella distesa giallina.

Il signore dell'End si stava per avvicinare a quella zona incuriosito da quella sorta di vegetazione, quando, a causa dell'aria smossa dalle sue ali nello spalancarsi, un odore dolce, tanto da essere quasi stucchevole, lo raggiunse.

Fermò ogni suo movimento, cercando la fonte di quell'odore e la trovò a neanche mezzo metro di distanza da lui.

In mezzo ad una distesa di muschio rossastro cresceva un fiore che si innalzava verso il Nulla sostenuto da forti radici rosse. I petali carnosi del fiore erano neri con riflessi violacei mentre dal centro di essi si intravedevano due sottili steli viola.

Il sovrano dell'End lo riconobbe e un sorriso, meno crudele quasi malinconico, spuntò sul suo muso da rettile. Il fuoco che normalmente illuminava il suo sguardo si acquietò.

Persino gli Enderman fermarono il loro vagare, incuriositi dalla calma che ora si irradiava dal loro signore.

Prima che questa svanisse, prima che il fuoco dell'odio tornasse a bruciare negli occhi del sovrano dell'End.

Mentre egli ricordava, ricordava come le valchirie del "misericordioso" Notch avessero spazzato via tutta la sua specie.

Ricordava della solitudine a cui era stato costretto.

E un ruggito spaventoso spezzò il silenzio del End.


Il suo cavaliere aveva scontato la sua punizione, pensò il sovrano del Nether mentre spezzava l'incantesimo del sonno sotto il quale aveva fatto cadere il suo mortale.

Steven si risvegliò, spalancando gli occhi di scatto, col respiro affrettato e la paura impressa sul viso. Qualunque cosa il demone dagli occhi bianchi gli avesse fatto vedere doveva essere stata orribile.

<< No, no, io...io non l'avrei mai fatto >> sussurrò quasi a sé stesso...Forse il demone gli aveva solo fatto vedere la verità.

Più e più volte rendendolo cosciente di ciò che aveva fatto.

Il suono di una bassa risatina divertita, gli fece capire di non essere solo. Il giovane minatore spostò lo sguardo e lo vide il sovrano del Nether era lì a guardarlo dall'alto in basso con un sadico divertimento che gli brillava negli occhi vuoti.

<< Invece l'hai fatto, Steven. >> asserì dopo qualche istante << Devo ammettere di essere rimasto stupito dalla tua abilità con la spada. Ma non mi aspettavo di meno dal mio cavaliere >> continuò.

<< Non sono il tuo cavaliere, Herobrine >> contestò Steve, non sapendo da dove prendesse la forza di rispondere con quel tono fermo a quel demone folle gli aveva dimostrato, già, di essere incredibilmente instabile.

Il marchio sul suo braccio brillò di rosso in una maniera tanto rapida che il giovane non poté neanche aspettarsi il dolore che gli causò.

Un dolore tanto forte e accecante che Steven era certo di non aver mai provato. Si lasciò sfuggire solo un grido strozzato non volendo dare al demone la soddisfazione di vedere il suo dolore.

Il bagliore netherico si acquietò fino a sparire e il dolore scomparve.

<< Qui ti sbagli, Steven. Tu sei il mio cavaliere, sei il mio mortale. Tu e la tua anima siete di mia proprietà >> affermò il demone, ogni traccia di divertimento era scomparsa dal suo sguardo che adesso era inumanamente gelido. << Solo mia >>

Un brivido gelato scosse il giovane minatore quando vide la serietà e la freddezza con cui il sovrano aveva pronunciato quelle parole.

Fu solo in quel momento che Steve si rese conto di essere del tutto avvolto dall'alone netherico della magia di Herobrine e capì che lui avrebbe potuto ucciderlo senza nemmeno stancarsi tanto... ma che invece non l'aveva fatto perché gli serviva.

Ma lui non si sarebbe mai piegato al suo volere, mai!

Herobrine gli rivolse un altro sguardo, mentre ogni traccia d'emozione spariva da quegli occhi vuoti, bianchi e brillanti.

<< Adesso, mio cavaliere, abbiamo molto da fare. >>

Steve vide il bagliore che lo avvolgeva sparire e quando ne fu del tutto libero, sfoderò veloce la spada aetherica, scagliandosi contro il demone.

Preferiva la morte al sottostare agli ordini di quel mostro.



E Steven che non aveva mai odiato, cominciò a farlo. Cedendo a quella voce maligna che gli sussurrava nella mente. Senza rendersi conto di quanto quella voce fosse identica a quella del demone che ora odiava.



Herobrine lo guardò, un ghigno divertito gli spuntò sulle labbra. Non accennò alcun movimento per evitare il colpo.

Steven non si chiese il perché del divertimento del demone, non si chiese perché non reagisse finché la sua spada non si disgregò di fronte ai suoi occhi divenendo polvere luccicante che volteggiò nell'aria prima di spostarsi verso Herobrine, riaggregandosi nella spada che era stata.

Il demone afferrò l'impugnatura dell'arma aetherica, non si aspettava il  bagliore bianco-dorato che si liberò dall'arma. Non si aspettava di sentire di nuovo lo stesso dolore che aveva sentito quando Notch, suo fratello, gli aveva strappato l'anima nel tentativo di levargli anche i suoi poteri.

Lasciò cadere la spada, mentre la seguiva nella sua caduta, scivolando in ginocchio di fronte al suo mortale. Senza poter fare nulla, se non gridare, gridare per quel dolore terribile che lo stava affliggendo.


Steve rimase attonito a fissare il demone e sentendo tutta quella sofferenza nella sua voce, la piccola stilla d'odio che era appena nata nel suo cuore, soffocò.

Si avvicinò più attentamente che poté, allontanando la spada aetherica dal sovrano del Nether, senza pensare neanche per un istante ad usare quel momento di debolezza contro lo stesso demone.






Nell'Aether, Notch fu immediatamente avvisato di ciò che stava accadendo a suo fratello.

Il grande demone era debole adesso.

Il Creatore di Minecraftia cacciò la preoccupazione che sentiva nel cuore per ordinare alle valchirie di finire il loro lavoro. Di eliminare il demone adesso.

< Perdonami, Brine. Ma devo farlo > sussurrò poi Notch.



Steve era ancora lì, osservando Herobrine. E poi le vide le valchirie... le stesse che l'avevano salvato dall'Abisso e che ora puntavano le loro lance contro il demone.

Il giovane minatore si chinò afferrando la spada. E si piazzò di fronte al sovrano del Nether.

<< Mortale, spostati >> disse Hnoss
Steven rimase immobile nella sua posizione.

Non riuscendo a capacitarsi del tutto, del fatto che stesse difendendo il demone, il mostro che aveva terrorizzato Minecraftia per millenni e che con la sua leggenda gli aveva rovinato la vita. Ma nel suo cuore credeva di star facendo la scelta giusta.







Il giovane Steven aveva scelto la sua via, ma non per entrarvi... non per seguire il demone ma solo perché il ragazzo aveva un cuore tanto puro da essere capace perfino di perdonare un tale mostro.








Note dell'Autore

Scusatemi l'atroce ritardo... E che sono stato molto impegnato e inoltre sto scrivendo il mio primo libro ufficiale. Il mio primo vero libro originale.

Spero però che la storia continui a piacervi e vi pongo una domanda: Secondo voi Steven cosa farà? Combatterà per Herobrine o no?


Ringrazio: Mattalara, Itachiforever e AnaDarkLady 97 per aver recensito il capitolo precedente.

Scusatemi ancora e alla prossima.

-Anthony Edward Stark

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 22: The Darkest Way ***


Un-justified Hate
 Capitolo 22: The Darkest way
 
 
<< Mortale... >> Iniziò la valchiria, il suo tono era basso, d'avvertimento. Come se volesse dirgli che se non si spostava adesso, in quell'istante esatto. Lo avrebbe considerato un nemico delle forze Aetheriche.
 
Steven rimase immobile nella sua posizione. Sollevando appena la spada Aetherica, inclinandola d'un lato, quella del filo.
 
Aveva intenzione di ascoltare quello che gli diceva il suo cuore, e gli diceva che quello che stava facendo era giusto. Non importava il rischio, nessuno meritava di soffrire in quel modo, nessuno meritava di venire attaccato mentre non poteva difendersi.
 
Perché sarebbe stato un omicidio a sangue freddo. 
 
 
Hnoss sollevò la lancia e poi puntò la lama benedetta contro di lui.
 
<< Potevi ancora salvarti, mortale >> 
 
 
 
 
Il sovrano dell'End osservò la scena che riguardava il mortale dagli occhi di Ender e sentì una rabbia cieca e furiosa montargli dentro.
 
Il mortale aveva scelto, il mortale si era lasciato guidare dal demone. 
 
 
La possente coda del signore del End sferzò l'aria immobile, mentre i suoi artigli si serravano sulla roccia friabile del suo regno.
 
Una fiammata viola illuminò il cielo nero.
 
 
 
 
Le tre valchirie lo attaccavano senza sosta, ma Steve non si arrendeva. Non avrebbe premesso loro di ferire Herobrine, non lo avrebbe permesso!
 
 
Thrud era riuscita a disarmarlo con un veloce movimento della lancia.
La spada gli volò di mano, era troppo lontana per raggiungerla senza lasciare il suo posto di scudo, di guardiano del demone dagli occhi bianchi. 
 
Le sue urla si erano affievolite, forse... forse qualunque cosa il Creatore gli avesse fatto stava perdendo il suo effetto. Ma ciò non toglieva che il demone fosse  ancora indifeso.
 
 
Hildr sollevò la lancia, preparandosi a scagliare l'ultimo affondo. Steven la guardava con quegli occhi viola brillanti, gli occhi della creazione più pura del divino Notch.
 
Scagliò il colpo.
 
Steve era più che certo che quello sarebbe stato il suo ultimo istante. La sua anima sarebbe presto finita nel Nether, per ciò che aveva fatto, ma non gli importava. Herobrine era indifeso contro le valchirie, quello che aveva fatto era giusto ai suoi occhi.
 
 
Il marchio di Herobrine brillò, un bagliore Nethereo si diffuse da questo, avvolgendo il giovane minatore come uno scudo.
 
E quando la lama benedetta vi entrò in contatto, si spezzò come una comune spada.
 
 
Lo scudo si dissolse, divenendo brillante polvere arancione che ricordava la polvere di Blaze.
 
Steve tese la mano verso questa che cominciò a vorticare fino a prendere la forma di una spada.
 
L'elsa e il pomolo erano di uno strano metallo arancio che riluceva come se le fiamme del Nether vi fossero imprigionate all'interno. L'impugnatura era rossa ed uniforme e la lama... la lama era sottile e affilata da ambedue i lati ed era di un metallo scuro, nero come il Vuoto.
 
La spada del Cavaliere del Nether.
 
 
Il giovane minatore la prese e una sfera rossa apparve sulla lama, vicino all'elsa. 
 
 
 
 
 
I cristalli di Gravite che avevano galleggiato nel cielo tempestoso dell'Aether esplosero come centinaia di stelle viola.
 
E una crepa si formò sulla barriera che proteggeva il tempio di Notch, mentre gli altari di luce si corrompevano uno dopo l'altro.
 
Nonostante quello che il divino Notch aveva fatto per impedirlo.
 
Presto Herobrine avrebbe riavuto tutto il suo potere.
 
 
 
 
 
 
Le valchirie fermarono il loro assalto. Sentendo la chiamata del divino Notch.
 
Aprirono le loro ali bianche, per volare nuovamente nel Aether. 
 
Poco prima che sparissero, Hnoss si voltò verso Steven.
 
<< Non sai a cosa hai dato inizio, mortale >>
 
 
 
 
 
 
 
 
Il giovane Steven aveva scelto la sua via, accettando inconsapevolmente il suo ruolo di Cavaliere Netherico nel momento esatto in cui aveva preso la spada del Nether.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell Autore
 
Mi scuso ancora una volta per il ritardo... Sono stato malissimo e in più aggiungiamoci l'ansia che ho avuto per la scuola a Giugno... Ma ora è tutto risolto quindi conto di riuscire a pubblicare come agli inizi. Quindi un capitolo al giorno. 
 
E scusatemi ancora per il ritardo e anche per la brevità del capitolo.
 
Ringrazio: Mattalara, Itachiforever e AnaDarkLady97 per aver recensito il precedente capitolo.
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 23: Knowing the Turth ***


Un-justified Hate
 Capitolo 23: Knowing the truth
 
Le Valchirie erano tornate nell'Aether. E Steven era rimasto immobile nella posizione in cui era quando erano sparite.
 
Perché non riusciva a spiegarsi cosa avesse voluto dire la Valchiria con quelle parole.
 
Era tanto immerso nei suoi pensieri da non aver notato che le urla sofferenti del demone si erano fermate.
 
E che Herobrine si era ormai ripreso dalla maledizione di Notch. 
 
 
Il sovrano del Nether aveva notato con una certa sopresa e letizia che il suo cavaliere impugnava la  sua spada.
 
L'arma Netherica che era stata forgiata solamente per il suo cavaliere, per il suo Steven... Adesso, Notch non avrebbe più potuto nulla contro di lui.
 
Non ora. Non ora che Steve aveva scelto di seguire lui. 
 
 
 
 
Un solo altare di luce era rimasto nel tempio di Notch. Un solo altare impediva ad Herobrine di riacquisire il suo pieno potere e di richiamare le armate del Nether.
 
E l'unica cosa che avrebbe reso Herobrine abbastanza potente da corrompere anche quell'ultimo altare si trovava nella Torre Nera. 
 
Della quale, suo fratello non conosceva la posizione.
 
O almeno così il grande Notch credeva.
 
 
 
 
 
Il sovrano dell'End aveva deciso che se non poteva avere il mortale, avrebbe almeno permesso al demone di eliminare Notch.
 
La loro sarebbe stata un'alleanza vantaggiosa per entrambi.
 
Lui avrebbe detto ad Herobrine dove trovare la torre. In cambio il demone avrebbe distrutto l'ultimo sigillo di Notch permettendo a lui e alle sue armate di raggiungere l'Aether.
 
 
 
Il sovrano del End non sapeva che questa sua decisione avrebbe portato alla sua fine. Lui che per troppo tempo aveva compromesso l'equilibrio di Minecraftia.
 
 
 
 
 
 
Quando il Sovrano del Nether aveva sentito la voce della creatura dell'End, un ghigno crudele aveva segnato il suo viso.
 
E quando la creatura aveva proposto un "alleanza" fra loro, non aveva potuto fare a meno di ascoltare con un certo interesse le sue parole sibilline.
 
 
E la creatura aveva fatto un errore, unico e fatale, aveva un così disperato bisogno di essere liberata da quell'ultimo sigillo che gli aveva riferito la posizione della Torre Nera senza che avesse alcuna garanzia che lui l'avrebbe effettivamente aiutata.
 
Il ghigno di Herobrine si ampliò, mentre rendeva il suo cavaliere consapevole della sua presenza e del fatto che la maledizione l'aveva lasciato da un po'.
 
 
Steve si voltò con uno scatto ad udire la voce di Herobrine. Ad udire quel tono così compiaciuto ed eternamente divertito che erano il suo segno distintivo, anche se non con come gli occhi bianchi e vuoti che avevano ripreso a brillare accesi come stelle.
 
 
Eppure per una qualche ragione Steven non sentiva più quell'aura di pericolo che circondava il demone. 
 
<< Hai fatto la scelta giusta, Steven >>
 
<< Scelta? Di quale scelta parli? >>
 
Herobrine si lasciò sfuggire una breve risatina divertita alla confusione del suo cavaliere, del suo mortale.
 
<< Quindi non lo sapevi, Steven? Mio fratello non ti ha detto proprio nulla, eh? Non sai perché sei stato creato... Non sai qual'è il tuo scopo >>
Il tono divertito di Herobrine si fece via via più serio e poi quasi infuriato nell'ultima parte. 
 
Il giovane minatore fece qualche passo indietro per allontanarsi dal demone. Ma un bagliore nethereo lo avvolse impedendogli qualunque movimento.
 
<< E' ora che tu lo sappia >>
 
 
E poi tutto intorno a lui sfumò, lo sfondo divenne una massa nera indistinta.
 
Una luce...
 
 
 
 
 
" Una landa desolata si trovava sotto di lui, non c'era nulla in essa. Solo terra brulla e lava.
 
Vide un uomo, calvo, circondato da una luminosa aura bianca, al suo fianco c'era un ragazzo che aveva il suo aspetto.. Era Herobrine? Ma allora perché i suoi occhi non erano bianchi? 
 
Quel ragazzo, circondato da un'eterea aura arancio-dorata, guardava la landa con i suoi occhi azzurro-viola. 
 
<< Dobbiamo fare qualcosa, Notch... Non possiamo lasciare che quel mostro continui a distruggere il nostro mondo >>
 
L'uomo, Notch, si voltò verso il fratello.
 
< Hai ragione, Brine. Dobbiamo impedirglielo >"
 
Un altra luce, e un altra scena si presentò davanti ai suoi occhi.
 
"C'era un portale nero come il vuoto sotto di lui e quel portale inghiottiva metà dell'enorme spaccatura che aveva fratturato quella landa.
 
Un'ombra oscurò il cielo, sollevò lo sguardo, un enorme drago dalle squame nere e le ali dalle membrane viola, volava nel cielo. Ruggendo furioso.
 
Un lampo rosso colpì il drago e questo ruggì di dolore prima di precipitare nel portale.
 
Herobrine lo seguiva, un aura rossa, netherea lo avvolgeva. I suoi occhi brillavano di viola.
 
< Brine, basta! Non puoi farlo da solo >; Notch apparve di fianco al fratello.
 
<< Lo farò da solo, Notch. Tu guiderai, Minecraftia. Io sterminerò questi mostri. >>
 
< Brine... Brine! >; Notch non riuscì a fare null'altro che Herobrine si tuffò nel portale seguendo il drago. E poi quella voragine nera si richiuse alle sue spalle."
 
L'oscurità lo avvolse... la sentiva stringerlo in un abbraccio freddo e letale.
 
"Adesso, c'era una valle sotto di lui. E un'enorme fortezza di fronte a lui.
 
Numerosi lampi rossi illuminarono il cielo notturno. 
 
Herobrine era al centro della tempesta, e guidava i mostri notturni all' attacco della fortezza. La sete di sangue illuminava quegli occhi, ancora viola."
 
Un altra serie di immagini troppo veloci, troppo cruente gli apparvero davanti agli occhi e poi sentì chiaramente la voce di Notch.
 
"< Lo creerò per te, Brine. Lo creerò per impedirti di riprendere i tuoi poteri. > dichiarò Notch. Mentre il Nether cominciava a richiudersi.
 
< Sarà te, sarà come te... E lui sarà l'unico ad avere il potere di riuscire in ciò che hai fallito >"
 
L'oscurità si diradò. Herobrine era di fronte e ghignava. 
 
Steven si sentiva... perso. Questo, questo significava che... che lui era stato creato per essere il demone che aveva di fronte?
 
Questo significava che non aveva mai avuto alcuna voce in capitolo nella sua stessa vita?
 
Questo significava che tutto quello che aveva vissuto, che aveva sofferto... erano stati solo perché Notch non voleva che diventasse quello che era stato creato per essere?!
 
 
Il ghigno sul viso del sovrano del Nether si trasformò in un sorriso crudele, nel vedere quella rabbia, quella furia che lui ben conosceva brillare in quegli occhi che erano così uguali ai suoi... a com'erano stati i suoi.
 
Quanto ci avrebbe messo, Steven a scoprire quello di cui era capace, adesso... adesso che sapeva cos'era?
 
 
 
Steve strinse le mani attorno all'impugnatura della spada, sentendo un autentico fuoco di rabbia bruciargli dentro.
 
Non la furia bianca, no, ma una rabbia cosciente. Un'odio profondo verso colui che l'aveva creato.
 
 
 
 
Notch non riusciva credere che suo fratello, Brine, che non era mai stato capace di mentire fosse riuscito a fare quello.
 
Quello che gli aveva fatto vedere era solo la metà di quello che gli aveva detto.
 
" < Sarà te, sarà come te... sarà com'eri prima, prima che io ti permettessi di andare avanti con questa follia. > un sorriso triste spuntò sulle sue labbra < E lui sarà l'unico ad avere il potere di riuscire in ciò che hai fallito >"
 
Quello che gli aveva fatto vedere era stato manipolato in modo che quella rabbia che era propria di Herobrine, che era propria di Steven che aveva creato a sua immagine, prendesse il controllo... e lo rendesse come lui.
 
 
 
Herobrine aveva trovato il modo di portare il giovane Steven dalla sua parte... ma il destino è mutevole, e il giovane minatore era fin troppo puro e buono per continuare a covare quel fuoco nero nel suo cuore.

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 24: The Black Tower Massacre ***


Un-justified Hate
 Capitolo 24: The Black Tower Massacre
 
Il fuoco dell'ira aveva illuminato gli occhi viola del suo cavaliere. E Herobrine aveva sorriso con una gioia deviata nel vedere quello che era l'eroe di suo fratello venire contaminato dalla sua stessa furia.
 
Notch l'aveva creato per essere quello che lui non era mai stato, l'aveva creato per essere la sua "versione migliore", colui che avrebbe riportato l'equilibrio.
 
"Non più, fratello." pensò divertito. 
"Non ci sarà più alcun equilibrio da mantenere dopo che avremo finito"
 
 
<< Steven >> lo chiamò il sovrano. Lo sguardo pieno d'ira del giovane minatore si puntò nel suo e Herobrine sentì, sentì il potere che il suo caro fratello aveva dato a quel mortale. Un potere che avrebbe potuto essere pari al loro.
 
Un potere che non aveva alcuna inclinazione né al bene, né al male. Quel potere che era tanto forte quanto il suo possessore era incapace di usarlo.
 
Avrebbe insegnato al suo cavaliere come usare quel potere, avrebbe fatto in modo che venisse irrimediabilmente contaminato dalla sua oscurità.
 
 
 
 
Il demone aveva accettato il suo patto. 
 
Il sovrano dell'End sorrise crudelmente, mentre atterrava sull'isola più grande del suo regno.
 
Puntando il sigillo rosso che Notch aveva impresso nel suo regno, una runa simile a quella dei cristalli ormai scomparsi. 
 
Una runa che gl'impediva di riaprire il portale per il Overworld. Presto Herobrine l'avrebbe spezzato.
 
 
 
Doveva impedire a suo fratello di contaminare ancora il giovane Steven. Soprattutto ora, ora che lui sapeva chi era... che cos'era.
 
Doveva dividerli, ma purtroppo, al momento, nemmeno lui che era il Creatore di Minecraftia aveva abbastanza potere per contrastare la magia del fratello.
 
Poteva ancora fermarlo però e per farlo gli serviva lo scettro di Brine. Quello stesso strumento che aveva nascosto nel labirinto dello Slither. 
 
Lo avrebbe recuperato, personalmente, perché era ancora sicuro che fosse a causa sua che suo fratello era diventato così.
 
Sperava solo che Herobrine non trovasse  la Torre Nera prima che lui recuperasse lo scettro.
 
 
 
Steven era al suo fianco, come doveva essere. Lui e il suo cavaliere sarebbero tornati nel Nether. Lì, oltre il Deserto delle Anime avrebbe trovato il portale che conduceva alla dimensione in cui Notch aveva nascosto la Torre Nera.
 
 
Avrebbe potuto semplicemente teletrasportarsi nel suo regno, ma non voleva che il suo cavaliere fosse troppo confuso dal trasporto dimensionale. Quindi aveva preferito aprire, grazie alla sua magia che ora era più forte di quanto lo fosse mai stata, uno squarcio nella dimensione dell'Overworld.
 
Un portale per il Nether. Lo squarcio brillava di vortici viola perlacei. Un coro di grida tormentate e il crepitio furioso delle fiamme proveniva da questo come uno spaventoso sottofondo.
 
Insieme attraversarono lo squarcio dimensionale. Un cupo rumore come turbinare di un vortice risuonò nell'aria mentre questa si piegava e si torceva come spostata da un vento immobile, saturandosi di viola.
 
Il turbinio si fermò e lo squarcio si richiuse dietro di loro.
 
L'aria era calda, densa di zolfo. Una nebbia sui toni dell'arancio saturava l'ambiente scuro. Illuminato da alcuni fuochi che bruciavano la roccia rossa venata di magma che componeva il terreno di quell'inferno.
 
Delle enormi colonne d'ossa spuntavano dall'alto soffitto e dal terreno, come scheletri di enormi esseri, morti secoli prima.
 
Il magma ribolliva in un lago poco distante da loro. Ribolliva e scorreva lentamente fondendo le sue rive.
 
 
Steve si era bloccato, non per lo shock, anche se era una piccola parte del motivo della sua immobilità, ma perché non riusciva a respirare. L'aria era troppo calda, troppo densa. Come fosse liquida.
 
Herobrine notò il disagio del suo cavaliere e, tracciando una spirale  nell'aria bollente, sussurrò qualcosa. L'aura rossa lo avvolse nuovamente.
 
<< muirepmi suem ni, et ogetorP1 >>
 
E immediatamente, per Steve, fu come se l'aria avesse smesso di essere così soffocante, come se quel calore infernale non lo infastidisse in alcun modo. Come se il Nether lo avesse appena accettato.
 
<< Vieni, mio cavaliere, abbiamo molto da fare >>
 
E Steve lo seguì... D'altronde perché avrebbe dovuto dubitare dell'originale, quando lui era solo la sua copia?
 
 
 
 
Il giovane minatore era ancora troppo accecato dalla rabbia per rendersi conto di essere stato ingannato dal demone dagli occhi bianchi.
 
 
 
 
 
Herobrine vide che il suo mortale era affascinato dal Nether. Più di quanto ne era spaventato.
 
Attraversarono uno dei suoi giardini, la Netherrack era coperta da uno strato di vegetazione di un verdino-giallastro e degli alberi crescevano qua e là in questa distesa "viva", la corteccia pareva essere coperta di tizzoni ardenti e le foglie sembravano essere fatte di fiammelle, azzurro-arancioni. Dei funghi di un brillante celeste luminoso crescevano nei punti più buii assieme a dei normali funghi marroni e a delle piantine dal fusto rosso sangue con dei piccoli fiori bianchi che emanavano lo stesso odore alchemico delle Blaze. 
 
E in piccoli cespugli crescevano dei fiori dai colori del fuoco che parevano innocui all'apparenza con quell'invitante profumo dolce che emanavano. Ma che erano capaci di dar fuoco a chiunque li toccasse.
 
 
Il suo regno era pericoloso anche nei luoghi in cui pareva non esserci alcun pericolo.
 
 
Attraversarono una distesa apparentemente infinita di Netherrack inframmezzata da alcune pozze di magma circondate da Erba del fuoco. E raggiunsero il Deserto delle Anime, una distesa di sabbia delle anime che si estendeva fin dove l'occhio poteva vedere. 
 
Le anime dannate galleggiavano in questa oscura distesa, legate a delle tombe in pietra grezza. 
 
 
Al passaggio del sovrano le anime si zittivano, i loro lamenti si fermavano del tutto. Mentre al passaggio del suo mortale le anime riprendevano il loro coro sofferente. Mentre cercavano di farlo affondare nel loro pozzo di oscurità. Non riuscendoci. Perché il giovane minatore aveva la protezione del Sovrano di quel regno d'inferno.
 
 
 
 
 
 
Il labirinto dello Slither si estendeva in una dimensione esterna all'Aether sebbene ne facesse parte. 
 
Era un luogo oscuro e pericoloso persino per il Creatore di Minecraftia.
 
La pietra che componeva le pareti era coperta di rune circolari, viola, nere e indaco che contenevano il pericoloso Slither e gli impedivano di fuggire dal labirinto.
 
Notch sapeva che mancava poco al punto in cui lui aveva nascosto lo scettro di Brine. Ma nel momento stesso in cui lo raggiunse. Sentì come una folata d'aria gelida colpirlo.
 
Herobrine e Steve avevano raggiunto Dustopia.
 
 
 
 
 
 
Quando attraversarono il portale, che era nero, nero come il Vuoto, si trovarono in un regno oscuro.
 
L'aria era polverosa, stantia. Aveva l'odore della morte. 
 
Herobrine stesso sentì l'aura opprimente di quel luogo. Lo sentì stringerlo e soffocarlo, senza dargli tempo di comprendere dove si trovasse.
 
 
Il demone chiamò a sé il suo scettro. La gemma brillando illuminava il loro passaggio. 
 
La terra sotto i loro piedi era nera come petrolio, e il cielo... non c'era un cielo in quel mondo oscuro.
 
 
Lui e il suo cavaliere proseguirono per quel mondo oscuro e soffocante. Non c'era nulla oltre loro e i loro passi risuonavano nel silenzio.
 
E poi la videro.
 
Centinaia di luci color sangue la illuminavano.
 
Era una torre costruita con una pietra tanto scura da assorbire qualunque luce. I pilastri che la sostenevano erano però bianchi del più pregiato marmo.
 
Al centro della torre vi era un frontone di vetro rosso, nero e grigio che insieme formavano quattro ombre immerse in uno sfondo rosso.
 
Le alte porte di massiccio legno oscuro, non si aprivano. In alcun modo.
 
Finché Steven non si avvicinò poggiando una mano su di esse. Una ramificazione viola illuminò la porta e questa si aprì.
 
L'interno era illuminato da una luce quasi angelica, fin troppo bianca. E una serie di minuscoli canali segnavano il pavimento come percorsi di minusoli fiumi ormai in secca.
 
Al centro dell'enorme sala, sotto il pavimento di vetro passava un fiume d'acqua purissima.
 
E ai lati vi erano quattro figure, immobili come fossero semplici armature esposte.
 
Una di queste impugnava una falce dalla lama che scaturiva dalle fauci spalancate di un teschio di drago ghignante. L'altra, un falcetto da mietitura, semplice dal manico in legno.
Di quelle sulla sinistra una impugnava una spada, dalla lama nera l'elsa aveva la forma di un artiglio di drago che reggeva la lama mentre l'impugnatura era la zampa di questa. L'altra, teneva in mano una fiala di vetro che terminava in una lunga punta cava di ferro.
 
E nel punto in cui le quattro armature guardavano c'era un altare con una splendida rosa azzurra che galleggiava su questo.
 
 
<< Steven, questo è l'ultimo passo che dobbiamo fare. Raccogli quella rosa >>
 
 
Il suo cavaliere, dagli occhi ancora pieni di furia e odio, si diresse verso l'altare. Le armature non si mossero. 
 
E raccolse la rosa azzurra che lentamente si tinse di viola e poi di nero.
La luce bianca che illuminava la torre si tinse di rosso.
 
 
I quattro cavalieri che proteggevano l'ultimo altare si svegliarono.
 
Ma il demone aveva altre idee per loro.
 
Suo fratello aveva detto, millenni prima, che per ottenere il più alto, e oscuro, fra i poteri avrebbe dovuto compiere un sacrificio di sangue. Nell'ultima dimensione del mondo da loro creato... Dustopia.
 
 
Richiamò la falce, questa aveva una forma diversa più letale, una doppia lama di diamante sostenuta da un fregio, a forma di fiamma, d'oro e ametista.
 
<< Sta' indietro, Steven >> ordinò, la sua voce era cupa, oscura. Steve fece come gli era stato detto. Mentre sentiva un sibilo nella sua mente. Una voce che lui non conosceva
 
< Non farlo, Steven. Non permetterglielo >
 
 
La falce roteò in aria, tagliandosi senza difficoltà una strada nelle armature nere dei quattro cavalieri. 
Tagliando loro gli arti, con una facilità incredibile. Mentre il folle sovrano rideva, rideva col volto macchiato dal sangue rubino dei suoi nemici.
 
Il sangue cominciò a defluire lungo i piccoli canali, e il fiume d'acqua pura che scorreva sotto la torre si tinse di sangue.
 
La Torre tremò.
 
 
 
 
 
La barriera che proteggeva il tempio di Notch scomparve frantumandosi come vetro. Mentre l'ultimo altare veniva corrotto, nello stesso istante in cui il Creatore di Minecraftia vi arrivava portando con sé lo scettro di Brine. Ma ormai non c'era più nulla che potesse fare.
 
 
 
 
Herobrine aveva conquistato il potere supremo...
Niente poteva più fermarlo... No, non era così... Poteva fare ancora una cosa...
 
 
Avrebbe mandato Steven, il canalizzatore del potere supremo di suo fratello, nell'End.
 
 
"Non volevo che finisse così" pensò affranto Notch, mentre faceva roteare lo scettro tracciando velocemente runa dopo runa.
 
Doveva farlo prima che Herobrine  ponesse la sua runa protettiva su Steve.
 
 
 
 
 
 
 
 
Amici miei, questa storia sta per giungere alla sua fine. Ma ancora c'è molto che io stesso non so... so però che non vi è alcuna certezza... Sarà il giovane Steven a scrivere il suo destino.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autore 
 
Ringrazio: Mattalara per aver recensito il precedente capitolo.
 
Piccola nota:
 
1. "muirepmi suem ni, et ogetorP", "Protego te in meus imperium" in latino significa, "Ti proteggo nel mio regno" E' una specie di formula da imperatore che significava che si aveva il via libera all'interno dell'Impero romano... ma in questo caso è come se Hero avesse reso Steve parte del Nether, per permettergli di sopravvivervi.
 
-Anthony Edward Stark

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3270291