testimone d'accusa

di ChiaraBJ
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una serie di sfortunati eventi ***
Capitolo 2: *** il silenzio degli innocenti ***
Capitolo 3: *** Angeli e demoni ***
Capitolo 4: *** nella tana del serpente ***
Capitolo 5: *** la grande fuga ***
Capitolo 6: *** Presunto colpevole ***
Capitolo 7: *** Piombo e sangue ***
Capitolo 8: *** Autostrada per l'Inferno ***
Capitolo 9: *** giorni difficili ***
Capitolo 10: *** Fast and Furious ***
Capitolo 11: *** Il fuoco della vendetta ***
Capitolo 12: *** I Cavalieri dell'Apocalisse ***
Capitolo 13: *** Mezzogiorno di fuoco ***
Capitolo 14: *** La resa dei conti ***
Capitolo 15: *** Fine dei giochi ***



Capitolo 1
*** Una serie di sfortunati eventi ***


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Una serie di sfortunati eventi

Era un tiepido pomeriggio di fine maggio, i due ispettori della CID Semir Gerkhan e Ben Jager, dopo aver pattugliato per tutto il giorno le autostrade attorno alla città di Colonia, stavano concludendo l’ennesimo turno di lavoro.
“Finalmente una giornata relativamente tranquilla” esordì il piccolo ispettore alla guida della sua BMW argentata.
“Certo socio, come no…tranquillissima” rimbeccò con una punta d’acidità nella voce Ben “Se non consideriamo il pazzo che ha scambiato l’autostrada per  il circuito di Nürburgring o lo scellerato che alle due di pomeriggio era già così ubriaco da percorrere sette chilometri dell’A57 in contromano…è una fortuna che nessuno si sia fatto male e che la tua auto di servizio sia ancora tutta integra”
Il giovane poliziotto mentre parlava guardava serio il suo partner, che alla fine della frase si voltò verso di lui per un  istante, poi entrambi scoppiarono in una fragorosa risata.
“Effettivamente sì, un po’ movimentata lo è stata, abbiamo avuto un po’ da fare, ma almeno non siamo stati costretti a sparare o schivare pallottole. Dieter e il commissario ci ‘ringrazieranno’ per non aver ammaccato l’auto di servizio. A proposito d’auto” continuò Semir “Quando ti restituiscono la tua?”
“Stamattina hanno chiamato dall’autofficina, che tra l’altro è poco distante dalla stazione dei treni…”
“Vero, me lo avevi accennato ad inizio turno” replicò il piccolo ispettore interrompendolo “Oggi torna dalla gita scolastica Livyana”
“Già” replicò quasi con aria sognante Ben “Sai ti capisco quando mi parli  di quanto ti mancano le tue figlie…Andrea…”
“Ormai vivete insieme da quasi un anno, sei molto più di un fratello maggiore per lei oserei dire quasi un padre, anche se a volte mi sembra che sia più lei che ti fa da ‘balia’” Semir avrebbe forse voluto dire a Ben che Livyana era per lui una piccola mamma, ma se ne guardò bene.
Prima di iniziare il turno Ben era andato al cimitero per una fugace visita alla madre defunta, vi andava sempre in occasione della data del compleanno.  Il piccolo ispettore lo aveva aspettato all’uscita, sapeva che Ben in quei momenti voleva restare solo ed era sicuro che malgrado fossero passati molti anni  la madre gli mancasse ancora moltissimo.
Semir quindi cambiò tono anche per cercare di alleggerire l’atmosfera nel malaugurato caso che Ben avesse percepito i suoi pensieri, visto che ormai tra i due soci si era creata una sorta di empatia.
“Comunque da quando c’è Livyana ho notato che sei diventato più responsabile, un po’ meno spericolato, direi che stai mettendo la testa a posto…senza contare che quando lei non c’è ridiventi un ritardatario cronico” replicò Semir sogghignando un po’.
“Ci credo! Lei e le sue suonerie musicali, al posto mio ti alzeresti di scatto anche tu. Mi ha detto che arriverà verso le cinque e mezzo, deve raccontarmi un sacco di cose. E indovina chi ha incontrato per le vie di Berlino? Tom Beck, che l’ha subito riconosciuta” continuò Ben.
“Ah giusto dimenticavo… tu e ‘quello la ’ siete amici…figurati l’invidia delle sue amiche” ridacchiò Semir.
“Infatti pensa che insieme alla sua compagna di banco hanno fatto un ‘selfie’. Mi immagino già attaccata ad una parete della sua cameretta la gigantografia” sbuffò Ben alzando gli occhi al cielo “Se continua ad assillarmi così la prossima volta che lo vedo gli sparo”
“Via Ben, a parte che non lo faresti mai, dovresti sapere che le ragazzine di oggi sono così, io ne so qualcosa…ho una certa esperienza in materia” fece con fare saccente l’ispettore più anziano.
I due poliziotti si avviarono quindi verso l’autofficina.
“Eccoci arrivati” disse il piccolo ispettore fermando la sua auto davanti ai portoni dello stabile.
“Grazie del passaggio, Semir” rispose il giovane poliziotto scendendo dalla macchina “Ci vediamo domani”
“Puntuale, salutami Livyana, dalle un bacio da parte mia”
“Sarà fatto ‘zietto’ e non preoccuparti adesso è tornata la ‘sveglia’” ridacchiò Ben entrando  nell’autofficina a piedi per poi uscirne pochi minuti dopo a bordo della sua Mercedes rimessa a nuovo.

Il giovane parcheggiò l’auto nel parcheggio antistante alla stazione ferroviaria di Colonia dopo di che si diresse verso l’entrata dell’enorme struttura.
Entrato diede subito una rapida occhiata al tabellone degli arrivi.
La piccola sarebbe arrivata a destinazione nel giro di pochi minuti.
Con una certa emozione Ben si diresse verso il binario, Livyana aveva trascorso una settimana lontano da casa e per lui, che l’aveva in affido da più di un anno era una novità.
“Ispettore Jager” una voce femminile e civettuola richiamò la sua attenzione.
Il ragazzo si voltò riconoscendo subito la persona che gli era arrivata alle spalle.
“Salve signora Pettersen ” rispose cordiale.
La donna era la madre di una delle compagne di classe di Livyana, era separata e ogni occasione era buona per poter conversare o vedere il giovane ispettore.
Ben sapeva dell’interessamento della donna, tra l’altro molto bella, ma il ragazzo gentilmente aveva sempre volutamente evitato di approfondire la questione.
“Non vedo l’ora che la mia piccola Patty arrivi…sa mi è mancata molto…al telefono mi ha raccontato un sacco di cose di quanto si è divertita, che con Livyana ha incontrato quel cantante…”
Ben cercò di prestare attenzione alle parole che sciolinava la donna, ma il suo sguardo fu attratto da un’altra donna che si guardava attorno con un modo che a Ben risultò quantomeno sospetto.
La donna, sulla quarantina, gli rammentava una collega di quando era all’LKA, ma erano passati alcuni anni, quella persona aveva i capelli corti e brizzolati, mentre la collega per come la ricordava aveva i capelli neri e lunghi.
Per una frazione di secondo i loro sguardi s’incrociarono, a Ben sembrò quasi che la donna volesse quasi dirgli qualcosa o per lo meno attirare la sua attenzione, ma la sua attenzione fu attirata dall’inconfondibile fischio del treno che stava sopraggiungendo.
Avrebbe rivisto Livyana a breve e niente per lui in quel momento contava di più.
Pochi minuti dopo il treno stazionava davanti a lui e un autentico plotone di festanti genitori si avvicinarono al mezzo per accogliere i loro figli che ad uno ad uno con ordine lentamente iniziarono a scendere.
Appena scesi il giovane li vedeva subito saltare al collo dei loro papà o delle loro mamme.
Ben si stava sempre più emozionando e la cosa lo fece un po’ sorridere: stava diventando quasi ansioso nei confronti della piccola. Se lo avesse visto Semir in quel momento, lo avrebbe sicuramente canzonato per un bel po’.
L’emozione però svanì per fare spazio a uno stato d’agitazione.
Erano scesi tutti.
Tutti tranne Livyana.
Ben salì con il cuore in tumulto sul treno e percorse il piccolo corridoio della carrozza dove era seduta la classe della bambina e fu lì che la vide, con accanto una delle maestre.
“Ben!” urlò di gioia la piccola appena lo vide.
“Livyana, ma dove eri finita, mi stavo preoccupando” replicò sollevato il giovane nel vederla.
“La piccola aveva urgenza di andare in bagno, ma quando il treno non è in movimento le toilette sono fuori servizio e le porte si chiudono…” delucidò la maestra.
“Credevo che dentro ci fosse qualcuno, così mi sono messa ad aspettare…fortuna che la maestra è venuta a chiamarmi…” ribatté un po’ imbarazzata la piccola.
“Dai coraggio scendiamo” la incoraggiò Ben “Prendo io la valigia, tu se vuoi vai pure tranquillamente in bagno, ti aspetto vicino al grande orologio che c’è all’entrata della stazione”
La piccola non se lo fece ripetere due volte e a passo svelto si diresse verso i bagni pubblici presenti all’interno del maestoso edificio.

“Buon pomeriggio” salutò la piccola incrociando una donna che usciva dalla toilette per dirigersi verso un lavandino per lavarsi le mani.
“Ciao piccola” ricambiò il saluto la donna.
Livyana quindi entrò dentro la toilette.
Passò un minuto quando…
“Ehi ragazzi, ma non lo avete visto il cartello? Non sapete leggere?” sbottò la donna intenta a lavarsi le mani vedendo entrare due uomini.
“Questo è il bagno delle signore e voi non mi sembrate delle donne” continuò acida sempre senza voltarsi.
“Non ti preoccupare, usciamo subito” replicò sprezzante uno dei due sbarrano la porta con una sedia trovata all’interno mettendola sotto la maniglia per impedire l’accesso a chiunque, mentre l’altro prese dalla tasca un cappuccio mettendolo in testa alla donna.
La giovane cercò di divincolarsi, ma il cappuccio le impediva di urlare, inoltre l’uomo che la teneva ferma era molto forte. Poi improvvisamente la stessa cadde a terra senza vita. Il complice con un colpo secco e deciso le aveva reciso la carotide con un coltello.
Nessuno dei due uomini nelle concitate fasi dell’omicidio fece caso a Livyana che sentendo dei strani mugugni aprì appena la porta per spiare cosa stesse succedendo. Per sua fortuna nessuno dei due l’aveva vista entrare, e nessuno si accorse che la piccola stava assistendo alla terribile e agghiacciante scena.
Impaurita la piccola rientrò subito nel bagno. E d’istinto si chiuse nuovamente dentro stando attenta a non fare il minimo rumore. Si tappò con entrambe le mani la bocca, avrebbe voluto gridare chiamare ad alta voce Ben.
Uno dei due uomini si mise a frugare nelle tasche della donna e ne estrasse un cellulare, poi prese il piccolo zainetto che aveva con se, la borsetta con all’interno il portafogli e i vari documenti. Nessuno l’avrebbe identificata, almeno non subito.
L’altro invece si lavò accuratamente le mani sporche di sangue.
“Andiamocene, svelto” ordinò asciugandosi le mani.
“Sì, ma aspetta un attimo, meglio essere sicuri, vedo se ha con se qualche altro documento o altro…tu intanto controlla che non ci sia nessuno all’interno dei bagni”
“Non c’è nessuno.. dai filiamocela…” quasi urlò l’altro.
“Un attimo meglio controllare…” replicò severo.
L’uomo cominciò ad aprire ad una ad una le porte dei bagni. La piccola era impietrita dalla paura, ma ebbe lo stesso la forza di allungare una mano per controllare che la serratura fosse chiusa bene.
Intanto uno dei due assassini continuava ad aprire le porte, fino a che una gli resistette. Dietro ad essa c’era la piccola Livyana.
L’uomo estrasse quindi una pistola vi montò velocemente il silenziatore dopo di che con un calcio scardinò la porta. Se dietro ci fosse stato qualcuno lo avrebbe freddato seduta stante.
Vuoto.
Il bagno era vuoto.
“Qui non c’è nessuno, usciamo” disse poi.
L’uomo fortunatamente non si chiese il perché della porta chiusa e riponendo la pistola nella fondina uscì con il suo complice dalla toilette della stazione.
La piccola li sentì uscire. Si era salvata dalla furia dell’uomo armato rotolando nel bagno accanto attraverso il divisorio che non arrivava a toccare terra.

Nel frattempo Ben stava aspettando Livyana sotto il grande orologio della stazione.
Non voleva passare per una persona apprensiva, ma secondo lui Livyana ci stava mettendo un ‘eternità.
Stava quasi per raggiungerla quando la vide correre verso di lui impaurita e ansimando.
“Livy…ma…” quasi balbettò Ben vedendola arrivare di corsa e in quello stato.
La piccola non disse nulla, ma il ragazzo capì subito che qualcosa di grave era accaduto e quando lo accompagnò nei bagni delle signore i suoi sospetti ebbero una terribile conferma.
In un lago di sangue giaceva a terra il cadavere di una donna.
 
N.D.A Questa storia è nata dopo l’ennesima visione di un film che appartiene alla mia giovinezza. Alla fine vi dirò il titolo e non ora in quanto potrei ‘rovinarvi la sorpresa’ visto che sono presenti alcune analogie. Tra l’altro oltre al preziosissimo aiuto della mia Amica Beta MATY, in questa nuova FF ho avuto la collaborazione di mia madre nella ricerca dei titoli che rammentano film/libri (mia madre che non manca mai di rimproverarmi e rimproverarci per come trattiamo il povero Ben, a detta sua ormai vicino all’assomigliare a Frankenstein!). Bene dopo questa doverosa precisazione…
Angolino musicale: Canzone ispirata da …Maty/Semir (Paradiso, ‘il nostro’, non quello di Dante…cap. 2) Michael Bublè ‘Home’ (Casa).
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=lbSOLBMUvIE
Un altro giorno d'estate È arrivato ed è andato via A Parigi e a Roma Ma io voglio andare a casa Forse circondato da Milioni di persone io Mi sento ancora solo Voglio solo andare a casa Mi manchi, lo sai…Sto bene piccola, tu come stai? ...ma voglio andare a casa Devo andare a casa  Lasciami andare a casa Sono troppo lontano Da dove sei tu Voglio andare a casa E sento come se stessi vivendo  La vita di un altro è come se me ne fossi andato Quando tutto stava andando bene E so perché tu non potresti venire con me Questo non era il tuo sogno Ma tu hai sempre creduto in me...Andrà tutto bene  Sarò a casa stasera Sto tornando a casa …
 
 

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Capitolo 2
*** il silenzio degli innocenti ***


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Il silenzio degli innocenti

Appena Ben vide il corpo della donna riverso sul pavimento in mezzo ad un’enorme pozza di sangue d’istinto le tastò il polso, anche se immaginava che ormai per lei  non c’era più nulla da fare. Constatato il decesso, pietosamente le chiuse gli occhi.
“Livyana…stai bene?” domandò preoccupato alzandosi e mettendole delicatamente le mani sulle spalle, ma la piccola non distolse lo sguardo dal cadavere, nemmeno dopo l’avvicinarsi di Ben.
Il giovane ispettore ne rimase turbato, una bambina della sua età avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per lasciarsi andare a pianti o ad urla isteriche, invece Livyana mostrava un sangue freddo fuori dal comune. E quello che gli disse dopo qualche secondo di riflessione fu quasi la stoccata finale.
“Ben, ho visto chi è stato” disse con tono calmo, ma deciso.
“Cosa?” il giovane era sconcertato da quella rivelazione.
“Sì o almeno ho visto uno dei due” ribadì sicura la bambina distogliendo lo sguardo dal cadavere e puntando i suoi profondi occhi in quelli nocciola di Ben.
“Che dici se usciamo e vediamo se è ancora nei paraggi?” propose il giovane poliziotto, ma non riuscì a finire la frase, che la piccola era già fuori dalla toilette e stava letteralmente perlustrando l’edificio.
Livyana guardò meticolosamente ogni angolo dell’enorme atrio della stazione. Vide i suoi compagni di classe con i genitori che alla spicciolata si dirigevano verso il grande parcheggio antistante all’edificio, passeggeri che andavano e venivano dalle biglietterie, gruppi di persone che parlavano davanti ai tabelloni degli arrivi e delle partenze. Stava quasi per dire al suo giovane amico che dell’assassino non c’era più traccia, quando indicò a Ben un uomo con accanto un altro individuo. Entrambi stavano scendendo le scale mobili avviandosi verso un’uscita secondaria della stazione.
“Ben non ne sono sicura al cento per cento, ma dai vestiti che indossa, il fisico e il colore dei capelli, potrebbe essere lui quello accanto non saprei, non l’ho visto” indicò ancora la piccola.
Ben si mise subito a correre, valeva la pena fare un tentativo.
Il giovane poliziotto li vide salire e subito partire a bordo di un’Audi nera e istintivamente ne memorizzò la targa. La piccola lo raggiunse nello stesso istante in cui Ben prendeva dalla tasca dei jeans il cellulare.
“Avverto subito Semir” disse più a se stesso che alla piccola che gli era accanto “Non riusciremmo mai a raggiungere un’auto ed inseguirli, sembrano diretti verso la tangenziale, magari abbiamo fortuna e Semir li incrocia per strada.
“Ehi, socio” esordì Semir in vivavoce dopo un paio di squilli “Senti già la mia mancanza…” subito fu interrotto dal collega.
“Semir per favore, zitto e ascolta” quasi ordinò Ben “Qui in stazione è appena avvenuto un omicidio”
“Cosa??? Ma…” farfugliò il piccolo ispettore.
Ben lo interruppe di nuovo.
“L’auto dei potenziali assassini è un’Audi nera targata ‘K-TB 7826’, sembra si stia dirigendo verso la tangenziale in direzione nord, magari è nei tuoi paraggi…io intanto avviso la polizia ferroviaria”
“Ok socio, io avviso anche il comando, ma senti…tu…Livy…state bene?” chiese preoccupato l’ispettore più anziano.
“Livyana ha assistito ad un omicidio, gli assassini non si sono accorti di lei…”
“Mapporca…e lei come sta?” il tono di Semir era a dir poco agitato.
Prima di rispondere il ragazzo si allontanò qualche passo da Livyana, che era come incantata a guardare le auto presenti nel parcheggio.
“Per ora sembra che stia bene, ma non so quando se ne renderà conto…questa non ci voleva, l’anno scorso in questo periodo Guillaume mi ha sparato…speriamo che Livyana…insomma, è piccola è continua a vedere sangue e cadaveri…”
“Ben, vedrai che …Wow questo sì che è un colpo di fortuna…ho l’Audi nera davanti a me, mi ha appena superato” quasi esultò Semir “Ora mi avvicino e la faccio accostare…”
“Stai attento socio, sono armati e da quello che ho potuto constatare sono senza scrupoli e decisamente pericolosi” sentenziò Ben.
“Non ti preoccupare socio” lo rassicurò con voce ferma Semir, facendo i fari all’Audi che procedeva davanti a lui e nel contempo sporgendo dal finestrino la paletta.
“Mapporcamiseria altro che fermarsi, stanno accelerando. Ben mi lancio all’inseguimento e chiamo subito i rinforzi”
“Prendili Semir, non farteli scappare” il timbro di voce di Ben sembrava un ordine perentorio.
“Agli ordini” fu la secca risposta del collega che conclusa la comunicazione con Ben, accese sirene e lampeggianti, quindi chiamò la centrale operativa per chiedere rinforzi.
“Polizia autostradale, sono Susanne Konig” rispose dall’altro capo del telefono l’efficiente segretaria.
“Susanne sono Semir”
“Ti ascolto”
“Sto inseguendo un’Audi nera targata ‘K-TB 7826’ , sta entrando sull’A57, all’altezza dello svincolo di Colonia nord, direzione Düsseldorf, mandami rinforzi”
“Semir non so se arriveranno, c’è stato un maxitamponamento in un altro tratto autostradale,  la circolazione stradale è bloccata in vari punti della città, inoltre il commissario ha mandato tutte le pattuglie disponibili…”
“E ti pareva!” imprecò il piccolo ispettore “Ok, vedrò di cavarmela da solo, tu intanto guarda a chi appartiene la targa”
Pochi istanti dopo aver chiuso la conversazione, lo chiamò Andrea.
“Ciao Andrea” rispose Semir cercando di avvertirla che quello non era un buon momento per conversare, ma la donna non gli lasciò nemmeno il tempo d’iniziare la frase.
“Semir mia madre ha chiesto se passiamo il weekend da lei” chiosò civettuola la donna.
All’improvviso l’auto che stava inseguendo sterzò , facendo sbandare un autoarticolato.
“NOOOO!!!” urlò Semir vedendo che a causa della brusca manovra un altro veicolo andò a schiantarsi contro il guardrail.
“Come no? E comunque non c’è bisogno di urlare” sbottò la donna.
“No …no…” balbettò Semir sempre con gli occhi incollati alla strada.
“Allora è un sì?” domandò imperterrita Andrea.
“Andrea…NOOO!!!Mapporcamiseria…” Semir riuscì per un soffio ad evitare una moto.
“Semir!!!” replicò quasi infastidita Andrea “Allora è un sì o un no?”
“Andrea scusa, ma sto cercando d’inseguire un criminale” e con questo troncò la conversazione “Ma guarda tu…” sbuffò il piccolo ispettore.
Semir aveva quasi raggiunto l’auto dei malviventi, mirò alle gomme, ma nello stesso istante una mano armata di pistola si sporse dall’Audi colpendo le gomme di un grosso Tir a cui si era affiancata. L’autista perse il controllo del mezzo cominciando a sbandare e travolgendo alcune auto. Ciò innescò una serie di tamponamenti a catena e Semir restò bloccato in mezzo ad esso.
Fortunatamente uscendo illeso dall’auto vide in lontananza l’Audi nera allontanarsi a velocità sostenuta per poi sparire definitivamente dalla sua visuale.
“Ma-porca-miseria…” urlò Semir sbattendo violentemente le mani sul volante ad ogni parola.

Intanto Ben e la piccola fecero ritorno alle toilette dove era stato commesso l’omicidio, qualcuno aveva scoperto il cadavere ed aveva già informato la polizia ferroviaria dell’accaduto.
“Aspettami seduta qui un momento…va bene? ” disse affettuosamente Ben alla piccola indicandole una panchina “Non mi allontano promesso, vado solo a parlare con i colleghi della polizia ferroviaria”
La piccola annuì con la testa, si sedette e Ben per un momento non ebbe più il coraggio di allontanarsi da lei.
“Livyana” chiese inginocchiandosi davanti a lei appoggiandole le mani sulle ginocchia “Lo so che è una domanda stupida…ma come ti senti, sei sicura di stare bene? Te la senti di restare qualche minuto qui da sola?”
La piccola annuì di nuovo con la testa, dalla sua bocca però non uscì nessun suono.
Ben le accarezzò dolcemente il piccolo viso, poi si diresse verso colui che gli sembrò l’ufficiale più alto in grado.
“Chiedo scusa, sono l’ispettore Ben Jager, polizia autostradale” esordì esibendo il tesserino.
“Qui non ci sono autostrade, moccioso…le rotaie sono tutt’altra cosa” gli rispose sarcastico l’ufficiale.
“Mi scuso non volevo essere invadente…” Ben per un attimo restò spiazzato, ma poi riconobbe nell’uomo un suo vecchio istruttore di quando frequentava l’Accademia.
“Che mi venga un colpo…Charly Weissman…beh, ti sei stancato di stare dietro ad una cattedra?”
“Ehi moccioso, ti ricordo che il mio ruolo d’istruttore era solo temporale, meglio sul campo, come vedi ho un omicidio da risolvere, quindi mi dispiace dovertelo dire , ma gira al largo” rispose l’ufficiale indicando la scena del delitto prima e l’atrio della stazione dopo.
Ben a quella risposta abbozzò un sorriso, il tono di Weissman era rude, per alcune persone avrebbe potuto rasentare quasi la maleducazione, ma non per lui che lo conosceva bene. All’ex istruttore piaceva essere diretto, senza tanti giri di parole.
“Senti Charly la piccola che vedi seduta su quella panchina ha assistito all’omicidio…” confidò Ben al collega sottovoce.
“Cosa? Vuoi dire che…è una testimone oculare? Scusa, ma tu che ne sai?” replicò sbigottito Weissman.
“La ragazzina è stata affidata a me, è una storia lunga. Comunque per farla breve era andata in bagno, ha assistito, non vista, all’omicidio”
“Caspiterina, povera piccola”  il suo sguardo si posò su Livyana.
“Senti lei ha visto uno dei due in faccia, la porterò al nostro commissariato per un identikit” propose cauto Ben.
“Ben la giurisdizione è nostra, siamo in una stazione ferroviaria, non sull’A57 o sull’A59” sbottò Weissman.
“Già a proposito li avevo visti salire…” ma il giovane fu interrotto ancora da Weissman.
“Visti??? Come sarebbe a dire visti??? Mi hai appena detto che li aveva visti solo lei”
“Sì la piccola dice che erano in due, ha visto in volto solo uno, io invece entrambi, ma solo di spalle, me li ha indicati lei”
“E dicevi che li hai visti salire” domandò curioso Weissman “Su un’auto…”
“Sì un’Audi nera che il mio socio sta inseguendo sull’57” ribadì Ben.
“Bene, vedo che voi dell’autostradale siete già all’opera, ma ripeto qui la competenza è nostra”
“Collaboriamo?” suggerì Ben con un mezzo sorriso.
“Certo, prendiamo in custodia la piccola e quando il tuo socio avrà preso gli assassini faremo un confronto…” propose Weissman.
“Calma Charly” lo interruppe bruscamente Ben “La ragazzina ne ha viste troppe…se deve fare un riconoscimento facciale o hai bisogno d’interrogarla o altro, devo essere presente se non io almeno la psicologa che la segue da mesi”
“Sì scusami hai ragione mi sono fatto prendere la mano. A proposito…come sta la piccola?” chiese di nuovo preoccupato l’ex istruttore.
“Penso sia sconvolta, anche se non lo dà a vedere, ne ha viste di peggio, te lo posso assicurare”
“Commissario Weissman” chiamò un agente avvicinandosi ai due “La donna non ha documenti, non ci sono borse, portafogli, l’identificazione per il momento non è possibile”
“Eseguite tutti i rilievi necessari, transennate tutto, mandate via curiosi e tutti quelli che possano essere d’intralcio, fotografate ogni angolo, repertate qualsiasi cosa vi sembri utile, fate attenzione ad impronte digitali, tracce lasciate da scarpe, fossero  anche parziali, dovrà essere fatto tutto con la massima cura. E’ un luogo molto frequentato ci saranno decine e decine di persone da identificare. Dobbiamo subito sapere chi è la donna assassinata, quindi fate subito un confronto…potrebbe essere schedata, magari abbiamo fortuna,  altrimenti sarà compito del medico legale risalire all’identità. Fate le cose con estrema precisione, accuratezza e calma. Prendetevi tutto il tempo necessario, qualche cosa per trovare quegli assassini salterà fuori. Ricordate il delitto perfetto non esiste”
Ben in quelle parole riconobbe il suo vecchio istruttore: meticoloso, attento, preciso, nulla doveva essere lasciato al caso e mentre assisteva in disparte ai vari rilievi, telefonò alla dottoressa Elise Kladden, la psicologa che seguiva la piccola, purtroppo la giovane era fuori città per un convegno e quindi impossibilitata a raggiungerli.
La psicologa aveva proposto una sostituta temporanea, ma Ben aveva detto che avrebbe atteso il suo arrivo, un’estranea che non era a conoscenza di come fosse il tutore di Livyana era l’ultima cosa che voleva per la piccola. Avrebbe dovuto spiegare molte cose e riportare a galla dolorosi ricordi, sia per la piccola che per lui, quindi tanto valeva aspettare.

Nel frattempo Livyana  come per ingannare l’attesa si guardò un po’ attorno, prestando molta attenzione a tutto ciò che accadeva attorno a lei. Osservava l’incessante via vai di persone, alcune spingevano piccoli carrelli carichi di bagagli, altre pesantissime valigie, le scappò un mezzo sorriso vedendo una corpulenta signora inciampare sulle scale mobili mentre cercava di issare su di esse un elegante trolley. Nessuno sembrava fare caso a lei, anzi tutti guardavano con curiosità il capannello di agenti davanti all’entrata delle toilette per signore. Ogni tanto incrociava lo sguardo di Ben, intento a conversare con qualcuno al cellulare, vedendolo molto preoccupato.
Passò quasi un’ora quando alla stazione dei treni sopraggiunse un trafelato Semir.
“Ehi piccola” si avvicinò il piccolo ispettore vedendola.
“Ciao zio Semir” salutò triste la piccola “Ben è là” indicando col dito.
Ben notò subito l’arrivo del socio facendogli cenno di avvicinarsi.
“Vado da Ben…” e scompigliando i capelli a Livyana, Semir raggiunse il socio.
“Mi spiace, ma non sono riuscito a raggiungerli e comunque la targa…la macchina risulta rubata…” esordì un amareggiato Semir appena raggiunse il collega.
“Lì prenderemo, vedrai” lo confortò Ben, poi vedendo Weissman che si avvicinava fece le presentazioni.
“Charly, ti presento il mio socio, l’ispettore capo Semir Gerkhan”
“Molto piacere” rispose Semir stringendo la mano all’uomo.
“E lui” continuò Ben “E’ Karl Weissman un mio istruttore all’Accademia, ma quando ti parlo di lui lo chiamo Charly…”
“Sì ora ricordo,  Ben ogni tanto mi parla di lei” confermò Semir.
“Bene” disse Weissman ”Adesso che abbiamo espletato le presentazioni direi che possiamo autorizzare il trasporto del cadavere all’obitorio, cercheremo d’identificarlo, se per voi va bene porterei la piccola al nostro commissariato qui in stazione per fare un identikit o un’eventuale identificazione se gli assassini sono schedati…”
“Sì, direi che può andare” ribatté Ben rivolgendo contemporaneamente lo sguardo verso Livyana.
Il ragazzo quindi si avvicinò alla piccola “Livy, se ti chiedessi di andare al comando di polizia presente qui in stazione, per fare un identikit o per guardare delle foto segnaletiche…te la sentiresti?”
La piccola annuì convinta.

Pochi minuti dopo Ben, Semir e Livyana erano seduti nell’ufficio del commissario Weissman.
“Ho chiamato l’addetto agli identikit, sarà qui fra poco…mi ha informato che è rimasto bloccato nel traffico…”
“Ben” chiamò piano la piccola “Mi accompagni in bagno…”
“Certo, scusate torniamo subito” e alzandosi la prese per mano uscendo dalla stanza.
“Ben è molto cambiato, all’Accademia lo ricordo bene era un ottimo allievo, il migliore che abbia mai avuto, l’ho sempre considerato un valido elemento è fortunato ad averlo come collega…” raccontò Weissman a Semir ingannando l’attesa.
“Gli eventi lo hanno decisamente cambiato” replicò serio Semir.
“Già lo penso anche io. E’ sempre stato, come dire,  sopra le righe, ma adesso lo vedo più serio. Inoltre tutto lo avrei immaginato, ma tutore di una bambina…mi perdoni la frase, ma quando lo conobbi io, era un impenitente dongiovanni,  faceva il filo a tutte le reclute di sesso femminile. Comunque mi fa piacere che sia cambiato. E vedo che ha fatto carriera, lo dicevo io che avevo tra le mani un diamante da sgrezzare…”
“Vedo che lo conosce bene” concluse Semir.
“Immagino che sia a conoscenza che Ben non ha mai avuto un padre degno di quel nome, ma penso sappia a cosa, anzi a chi mi riferisco, io sono stato per certi versi simile ad una figura paterna per lui…” Weissman lasciò poi perdere il discorso, in ogni caso Semir sapeva benissimo a chi si riferiva l’ex istruttore. Se Ben nella vita non aveva avuto un ‘vero’ padre, ne aveva avuto più di uno di ripiego.

Intanto Ben aprì la porta delle toilette del commissariato per far entrare la piccola. Livyana però si fermò sulla soglia.
Ben la guardò accigliato e prima ancora che potesse dire qualcosa la piccola lo anticipò cercando anche di abbozzare un mezzo sorriso “Se tu dopo il primo incidente avessi deciso di non guidare più, saresti a piedi da un pezzo. Mica ci devono essere in ogni bagno che vado degli assassini…e poi qui siamo alla polizia, giusto???”
“Giusta osservazione” fu l’unica cosa che riuscì a replicare il giovane.
“Questa ragazzina” pensò “E’ così piccola, ma forte come una roccia. Spero che sia l’ultima volta che debba assistere a crudeltà del genere”
Poco dopo i due uscirono dirigendosi nuovamente verso l’ufficio del commissario Weissman.
Nel corridoio i due incrociarono un giovane agente in divisa “Ispettore Jager, che sorpresa che ci fa da queste parti?”
“Peter che piacere rivederti” e i due si diedero delle vigorose pacche sulle spalle.
Ben scambiò due chiacchere con il ragazzo che era stato un suo allievo durante un corso di guida sicura.
Livyana vedendo che il giovane agente non aveva nessuna intenzione di lasciare andare Ben, si mise a guardare le pareti del corridoio.
Attaccati al muro c’erano degli articoli di giornale corredati da foto ed uno in particolare attirò l’attenzione della piccola; riguardava un poliziotto che aveva avuto dei riconoscimenti speciali e anche degli encomi. Per qualche secondo la piccola ebbe quasi la sensazione di non riuscire a respirare, quasi scioccata da quello che vide.
Subito cercò con lo sguardo Ben, ma il ragazzo era intento a chiacchierare con l’altro poliziotto. Diede un’altra occhiata alla foto dell’articolo, poi cercò di nuovo lo sguardo di Ben.
Il ragazzo ora la stava guardando e il suo volto divenne scuro. Aveva visto negli occhi della piccola la paura, quindi salutò velocemente  il collega avvicinandosi a Livyana che non disse nulla, ma senza che nessuno altro al di fuori di Ben la vedesse puntò il dito indice verso una foto.
Non ci fu bisogno di dire nulla, l’espressione della piccola era eloquente.
Ben fece cenno di sì con la testa, la prese per mano dirigendosi questa volta velocemente verso l’ufficio di Weissman.
“Aspettami qui arrivo subito, promesso. Ce ne andiamo immediatamente” poi entrò nell’ufficio.
“Semir dobbiamo andare, subito” disse rivolto al socio.
“Ma Ben” sbottò Weissman “Abbiamo un riscontro sul cadavere, era una collega dell’antidroga”
Ma Ben non lo ascoltò nemmeno.
“Charly, mi dispiace, ma Livyana è in preda ad una crisi isterica, rimandiamo l’identificazione …per favore…vieni Semir” replicò secco Ben.
“Ma…” Semir non capiva, ma lo sguardo che gli rivolse Ben fu significativo, quel giorno non ci sarebbe stato nessun identikit.
“Ma Ben si può sapere che hai” gli disse Semir appena furono usciti dal commissariato della polizia ferroviaria.
Ben lo stava letteralmente trascinando fuori dalla stazione.
“Ti spiego dopo al nostro commissariato”
I due ispettori salirono ognuno sulla propria auto di servizio diretti verso la sede della CID sotto lo sguardo vigile e accigliato del commissario Weissman.

Angolino musicale: I commenti li lascio a voi…e se qualcuno vuole unirsi alla schiera dei recensori è Ben accetto…
Depeche modePrecius’ (prezioso)
Per ascoltarla:  https://www.youtube.com/watch?v=8yn3ViE6mhY
Le cose preziose e fragili Hanno bisogno di mani speciali Dio mio cosa ti abbiamo fatto Abbiamo sempre provato a dividere la più tenera delle attenzioni Ora guarda cosa ti abbiamo portato ad affrontare Le cose si danneggiano Le cose si rompono Io credevo che noi saremmo riusciti a controllarle Ma le parole non dette Ci hanno lasciati cosi fragili c'era rimasto così poco da dare Gli angeli con le ali d'argento Non dovrebbero conoscere la sofferenza Io vorrei poter allontanare il dolore da te Se Dio ha un piano per noi che solo lui può capire Io spero che lui guardi attraverso i tuoi occhi Io prego affinché tu possa imparare ad avere fiducia Abbi fede in noi due E tieni una stanza per noi due nel tuo cuore…



 

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Capitolo 3
*** Angeli e demoni ***


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Angeli e demoni

I due ispettori si stavano recando, ognuno a bordo della propria auto di servizio verso la sede della CID.
Ogni tanto lungo il tragitto Ben, attraverso lo specchietto retrovisore, osservava Livyana.
Voleva valutarne lo stato d’animo e nel contempo riordinare un po’ le proprie idee. Sicuramente appena arrivati in sede Semir gli sarebbe letteralmente saltato addosso chiedendo spiegazioni per la sua ‘ quasi fuga’ dal commissariato della polizia ferroviaria.
“Come stai?” chiese alla fine Ben notando che la piccola guardava sì fuori dal finestrino, ma aveva lo sguardo assente, dando l’impressione di essere lì solo fisicamente mentre la mente era altrove.
Infatti la piccola neppure rispose.
Ben quindi riformulò la domanda, stavolta alzando leggermente il timbro di voce.
“E secondo te come dovrei stare?” rispose stizzita la piccola distogliendo lo sguardo dalla strada per puntargli addosso i suoi profondi occhi scuri e incrociando le braccia con un movimento brusco.
“Quelli che dovrebbero comportarsi meglio di tutti, dare il buon esempio, difendere la giustizia, i cittadini, le persone per bene…’siete’ degli assassini!!!”
Per un attimo Ben la guardò sbigottito attraverso lo specchietto retrovisore, poi tornò a guardare la strada; pensò di non aver capito bene, quella frase per lui fu peggio di una coltellata al cuore.
“Ha davvero detto ’siete’?” pensò tra sé e sé “Come sarebbe a dire ’siete’?” domandò come per aver l’ulteriore conferma che quello che le aveva appena detto Livyana fosse una cosa che non pensava realmente.
La piccola non rispose era tornata a guardare un punto indefinito fuori dal finestrino, mentre Ben dando una rapida occhiata ai sedili posteriori, gli sembrò che stesse piangendo.
“Livyana, capisco che tu possa avere qualche dubbio, quello che hai visto oggi, tenuto conto che chi ha ucciso i tuoi genitori e ferito me erano uomini di legge, poliziotti, ma dire che siamo tutti uguali…” replicò il giovane dispiaciuto nel sentire quelle parole, ma la piccola non lo lasciò finire.
“Cosa credi??? Pensi che non sappia leggere??? Quello che ha ucciso la donna nel bagno della stazione è uno ‘sbirro’ come te!!!”
‘Siete assassini’ e adesso pure ‘sbirro’, questo era davvero troppo per le sue orecchie.
Ben stava quasi per risponderle a tono quando ebbe un repentino ripensamento, sicuramente quelle parole era dettate più dalla paura e dalla rabbia del momento, non l’aveva mai sentita parlare così, ma in cuor suo ne capiva il motivo e per questo non replicò.
Passarono altri minuti, la piccola continuava a piangere silenziosamente, mentre Ben cercava di trovare le parole giuste per spiegarle il suo punto di vista, ma quando stava per aprire bocca…
“Scusa Ben” disse asciugandosi col dorso della mano le lacrime e tirando su col naso “Lo so che tu e zio Semir non siete…” ma non riuscì a concludere la frase.
“Lo so piccola, anche nel nostro apparato ci sono persone…”
“Quelle che zio Semir chiamerebbe ‘mele marce’?” ipotizzò la piccola.
“Già” confermò con voce ferma, ma dolce Ben “Purtroppo non siamo tutti ‘buoni’ e tu ne hai visto più di uno, subendone le conseguenze”
“Però pensandoci bene ho anche conosciuto te e i tuoi colleghi” e si sporse verso il giovane abbozzando un sorriso “Perdonami Ben, non volevo essere cattiva con te, non lo meriti, per me hai fatto tanto…e anche zio Semir”
“Dai adesso vediamo di catturare i ‘cattivi’, io e Semir risolveremo il caso e quando la scuola sarà finita, ci prenderemo qualche giorno di vacanza per andare in qualche posto lontano solo io e te, va bene?”
“Va bene, pace?” disse porgendo la manina a Ben.
“E’ tutto a posto…so che sei arrabbiata e hai ragione, lo sarei anche io al tuo posto. E anche se non me lo vuoi dire per non farmi preoccupare, so che hai anche paura”

Pochi istanti dopo Ben arrivò alla sede della CID parcheggiò la Mercedes e scese, poi fu letteralmente investito ‘dall’uragano Semir’ sceso dalla sua auto a una velocità supersonica dopo aver parcheggiato la BMW nell’apposito spazio che gli era stato assegnato quasi vent’anni prima.
“Si può sapere che cosa è successo nei venti minuti in cui sei stato in bagno con Livy?” chiese quasi furioso “Penso che esigere delle spiegazioni sia il minimo”
“Calmati Semir” rimbeccò l’altro “Livyana ha riconosciuto l’assassino della donna…”
“Cosa? E dove? Al commissariato? E chi è?” Semir era un fiume di domande.
“Vieni mettiamo al corrente la Kruger così non dovrò ripetere le stesse cose due volte non perdiamo tempo, prima però chiedo a Susanne di trovare tutte le informazioni possibili su l’uomo che ha identificato Livyana”
“Zio Semir si chiama Hans Gruber” disse con fare saccente la piccola.
“Il nome mi ricorda…” ragionò pensieroso Semir lasciando poi cadere il discorso.
“Beh a quanto ho potuto leggere velocemente nell’articolo…” continuò imperterrita.
“Aspetta un attimo Livy, credo di essermi perso qualcosa” la bloccò Semir.
“Vieni, seguimi e ascolta, poi capirai” tagliò corto Ben facendo cenno a tutti di entrare velocemente in sede.
Ben diede alcune istruzioni a Susanne, mentre Semir affidò Livyana alle cure di Dieter e Jenny, poi entrambi gli ispettori entrarono nell’ ufficio del commissario per metterla al corrente di quello che per loro era diventato un nuovo spinoso caso.

“Dunque se non ho capito male lei mi sta dicendo che un rispettato e pluridecorato vicecommissario della polizia ferroviaria è implicato in un caso di omicidio?”
La Kruger era sbigottita dopo il resoconto fattogli dal suo collaboratore più giovane e con lei anche Semir.
“E perché non ha fatto rapporto al suo ex istruttore?  Weissman è attualmente il superiore di Gruber, a meno che non nutra dei sospetti anche sul commissario?” chiese seria appoggiandosi allo schienale della poltrona e incrociando le braccia davanti a se.
“No commissario, è solo che avevo il timore che qualcun altro al commissariato fosse coinvolto…se ci avessero sentito o visto…Livyana era lì con me…avevo paura per la sua incolumità…e…” Ben si bloccò un istante.
“E?” lo incoraggiò la Kruger.
“Volevo essere sicuro di alcune cose prima di mettere al corrente Weissman”
I tre stavano ancora parlando quando dopo aver bussato alla porta entrò Susanne.
“Ho chiamato la dottoressa Brenner all’obitorio come mi avevate suggerito e quando le ho detto che seguite il caso dell’omicidio avvenuto alla stazione dei treni mi ha subito anticipato alcune cose riguardo l’esame autoptico che sta eseguendo sulla vittima” disse rivolgendosi soprattutto ai due ispettori “La donna è stata identificata quasi subito”
“Di già? Che velocità” sentenziò Semir visibilmente compiaciuto.
“Purtroppo la vittima era una collega dell’LKA e la dottoressa aveva avuto a che fare con lei in passato”
“Caspita, penso che l’ultima cosa che un patologo vuole fare sia un’autopsia su un conoscente” disse Ben passandosi una mano tra i capelli.
“La dottoressa Brenner è una donna molto professionale e indubbiamente una delle migliori patologhe in circolazione, se dovessi lasciarci le penne vorrei fosse lei a…”
“Semir per favore” sbottò Ben, facendo il classico gesto di scongiuro.
“Susanne non badi a questi due e vada avanti per favore” ribatté il commissario riportando all’ordine i due ispettori.
“Sì, dunque la vittima si chiamava Paula Renner, 45 anni, nubile. La causa della morte è un profondo taglio alla gola, il decesso è stato quasi immediato, nessun segno di difesa, la Renner non ne ha avuto il tempo. Secondo la Brenner inoltre alla donna non restava molto da vivere, era malata di cancro”
Mentre Susanne riportava ciò che la patologa le aveva detto, Ben immaginò la scena, dell’omicidio, cruda e agghiacciante specie per una bambina, e alzando un attimo gli occhi al cielo si augurò che Livyana avesse solo visto l’uomo e non l’omicidio vero e proprio.
“Ho fatto anche alcune telefonate” continuò Susanne “La Renner lavorava spesso sotto copertura, ma se lo fosse anche al momento del suo omicidio nessuno ha saputo darmi notizie in merito. Era sparita, ma sapete anche voi che a volte chi lavora sotto copertura può volatilizzarsi per mesi”
“E di Hans Gruber che mi dici?” chiese Semir alla giovane segretaria.
“Poliziotto integerrimo, un ottimo elemento era nell’LKA prima di approdare alla polizia ferroviaria”
“Fu trasferito o chiese lui il trasferimento?” domandò Ben.
“Questo non ve lo so dire, dalle informazioni che ho attualmente non risulta, comunque uno dei suoi casi più brillantemente risolti riguardò un ingente sequestro di armi, ne furono confiscate di ogni genere e tipo. Gruber guidò personalmente quell’operazione che risale a circa cinque anni fa, a quel tempo era ispettore capo, successivamente ebbe la promozione, divenne vicecommissario. Poi approdò alla polizia ferroviaria sotto il comando dell’attuale commissario Karl Weissman”
“Ma sì come ho fatto a non ricordarmi, rammento quel caso” disse seria la Kruger rizzandosi dalla poltroncina e poggiando i gomiti sull’enorme scrivania “Successe poche settimane prima che fossi assegnata qui all’autostradale, il fidanzato di allora me lo raccontò, era della narcotici, ma la voce si sparse”
Ben e Semir si guardarono per un attimo compiaciuti, ma la Kruger con un’occhiataccia li riportò subito all’ordine. La donna proseguì nel suo racconto.
“Se non ricordo male l’allora ispettore Gruber aveva ricevuto una soffiata da un informatore e con la sua squadra aveva fatto irruzione in un capanno dove arrestarono dei grossi trafficanti d’armi, il valore sul mercato della merce sequestrata ammontava a diversi milioni di euro. Successivamente le armi vennero inviate nei loro magazzini per essere distrutte, ma non arrivarono mai. Scattò subito l’allarme. Il furgone che trasportava la merce venne trovato incendiato e abbandonato in un campo alla periferia di Colonia. All’interno c’erano i cadaveri degli agenti addetti al trasporto”
“Quindi l’operazione venne diretta da Gruber? Scusi capo, ma a nessuno venne in mente che potesse centrare qualcosa? Nessuno sospettò di lui? Nessuno gli fece rapporto? Sarò anche uno che vede complotti ovunque, ma la cosa mi sembra quasi ovvia” domandò Semir.
“Non tutti vedono complotti, Gerkhan e se anche fosse non c’erano prove, tutto venne dimenticato in pochi mesi” rispose la donna.
“Insabbiato vorrà dire” replicò secco Ben.
“Jager, stiamo parlando di uno dei più stimati poliziotti di Colonia”
“Ma Livyana dice di avere visto lui” continuò imperterrito Ben.
“Jager per favore…e poi la piccola potrebbe essersi sbagliata” replicò il commissario. “A parte che dubito che Livyana si possa essere sbagliata, ma le telecamere di sorveglianza? Potrebbero aver visto qualcosa” disse sicuro Ben “Le sta visionando Dieter, ho chiesto ad Hartmut di…scavalcare un po’ di burocrazia”
“Jager, sempre sopra le regole vero? E lei Gerkhan lo lascia fare”
“Commissario io…” farfugliò Semir in sua difesa.
“Ad ogni modo anche il commissario Weissman vi avrà detto che il caso è di competenza della polizia ferroviaria” la Kruger si stava visibilmente alterando.
“Commissario una bambina sta seriamente pensando che il corpo di polizia sia corrotto dal primo all’ultimo agente, senza contare che se questo Gruber venisse a conoscenza che Livyana è stata una testimone oculare dell’omicidio…secondo lei si farebbe problemi ad eliminarla? Quell’uomo ha tagliato la gola ad una donna come se…” ma fu interrotto bruscamente dal commissario.
“Jager, ma siamo davvero sicuri che la bambina abbia visto Gruber? Se invece il vero assassino fosse uno che gli assomiglia?”
“Beh in questo caso le telecamere a circuito chiuso ci daranno la conferma…” sentenziò il giovane.
Passarono alcuni minuti quando qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” ordinò la Kruger.
“Commissario” disse con fare compito Dieter “Abbiamo visionato i filmati della stazione…”
“Venga al sodo Bonrath” sbottò la donna.
“Purtroppo i malviventi sapevano il fatto loro, sono stati attenti a non farsi riprendere in viso, le telecamere non coprono tutto lo spazio della stazione e tantomeno i bagni pubblici”
“Professionisti o almeno persone che sapevano come non farsi riprendere” ragionò Semir.
“Direi di aggiornarci” concluse la Kruger “La piccola in ogni caso va messa sotto protezione e lei Jager informi il commissario Weissman, le ripeto che il caso è di loro competenza, noi tenuto conto chi è il testimone ci limiteremo a proteggerla, chiederemo ai colleghi…” ma Ben interruppe la donna.
“Commissario per quanto riguarda Livyana della sua protezione mi occuperò io. Ho già in mente un posto sicuro e meno gente estranea vede meglio è. Ritengo opportuno che salti qualche giorno di scuola, fino a che l’indagine non sarà conclusa, non possiamo permetterci che qualcuno nel tentativo di avvicinarsi a lei possa risultare pericoloso per i ragazzini che frequentano lo stesso istituto”
“Sì direi di sì…risolviamo presto la faccenda, i bambini non dovrebbero vivere reclusi e tanto meno saltare le lezioni scolastiche. Voglio la massima collaborazione tra voi e la polizia ferroviaria…”
I due ispettori quindi uscirono dall’ufficio.

Semir immediatamente prese per un braccio il suo socio trascinandolo dentro al loro ufficio comune e senza tanti giri di parole formulò la domanda che sicuramente avrebbe fatto infuriare il collega.
“Ben ti fidi di Weissman?” chiese ruvido.
“Scusa socio, ma che vuoi dire?” Ben guardò il suo partner aggrottando la fronte.
“Francamente a me Weissman non  piace, è vero mi ha parlato bene di te, di quando eri all’Accademia, di cosa e chi è stato per te, ma se fosse implicato nella storia anche lui? Scusa, ma trovo strano che Gruber subito dopo quell’azione con LKA venga trasferito guarda caso alla polizia ferroviaria. Insomma se era così ‘blasonato’ perché non alla narcotici o insomma qualcosa di più meritevole. Aspettiamo a metterlo al corrente, almeno finché non siamo sicuri…ti chiedo solo di aspettare un po’…”
“Il fatto che Weissman non ti piaccia non vuol dire che sia corrotto, Charly non si farebbe mai coinvolgere in storie simili” sbottò infastidito Ben.
“Senti mentre tu chiedevi a Susanne informazioni su Gruber, io ho chiesto a Dieter…”
“Aspetta un po’? Hai chiesto a Bonrath…santo cielo Semir potevi chiederle a me!”
“Scusa, ma non ti vedo molto lucido, tanto meno imparziale e poi ho scoperto che…”
“Certo e tu sei saltato subito alle conclusioni. So di Charly e del suo vizio per il gioco, ma ha chiuso, da un pezzo, so che frequenta i ‘giocatori anonimi’. La disciplinare lo ha costretto a frequentarli. Ora è fuori dal giro e ti posso assicurare che lui in questa storia non ha nulla a che fare, oltretutto ti ripeto che Charly non si farebbe mai corrompere”
“Ben posso capire, ma come fai ad esserne così sicuro?” replicò a tono l’amico maledicendo la cocciutaggine del socio.
“Perché anche mio padre cercò di corromperlo, ma lui non …” la voce di Ben si fece quasi roca dall’emozione, ma nonostante tutto continuò il discorso.
“Weissman avrebbe dovuto bocciarmi agli esami, mio padre lo avrebbe ricompensato profumatamente, io non sarei diventato un poliziotto e quindi l’unica soluzione sarebbe stata l’azienda di famiglia. Ma lui non accettò e io divenni ciò che sono ora. Devo molto a Charly”
Semir non replicò e tanto meno ci provò. Sapeva che non sarebbe servito a nulla dirgli che aveva uno strano presentimento, ciò nonostante accettò la decisione del suo collega.
“Come vuoi” disse alla fine Semir “E’ che questa faccenda non mi piace e…beh lo sai che a volte mi comporto come una ‘mamma-chioccia’ nei tuoi confronti”
“Lo so Semir, e credimi quando ti dico che non cambierei una sola virgola di te, non sei solo il mio ‘grillo parlante’, sei la mia famiglia, tieni molto a me come io a te”
“Senti la piccola…dove la portiamo?” chiese poi Semir cambiando decisamente discorso.
“Per adesso non lo so, anche se una mezza idea c’è l’ho, prima informo Weissman, poi deciderò, mio padre possiede molte proprietà e io ho tutte le chiavi…”
“Quando pensi di andare da Weissman, è sera ormai…”
“Senti, prima lo avvisiamo prima avremo la possibilità d’incastrare Gruber, sono sicuro che Charly ci aiuterà” disse convinto Ben “Come sono sicuro che lo ha visto e riconosciuto Livyana”
“Certo con un ‘padre’ e uno ‘zio’ come noi, ma ricorda che ci servono prove”
“Certamente è per quello che chiederemo aiuto a Charly” concluse Ben.
“Vuoi che Livyana stia con me questa notte? Verrai a prenderla domani mattina, poi decideremo cosa fare”
“Sì socio mi sembra una buona idea”
I due ispettori uscirono dal loro ufficio, Ben si avvicinò a Jenny che stava mostrando alcune foto decisamente buffe presenti sul suo profilo facebook a Livyana.
“Livy” la chiamò dolcemente Ben “Ora dobbiamo andare”
“Certo Ben, ciao Jenny” salutò la bambina.
“Ciao Livyana, a presto” ricambiò la giovane poliziotta.

I tre quindi s’incamminarono verso le loro auto, Livyana stava per salire sulla Mercedes di Ben quando Semir la chiamò.
“Passerai la notte da me, Ben deve risolvere una questione” le disse Semir.
La piccola guardò accigliata Ben, poi senza fiatare salì sulla BMW, ma prima di chiudere la portiera lo chiamò:
“Metti dieci sveglie, senza di me ti prenderai a letto domani mattina!”
“Lo farò piccola, a domani” e la salutò con la mano.
Prima di salire Semir si fermò un attimo richiamando l’amico che stava salendo sulla sua auto.
“Mi raccomando, stai attento e per qualsiasi cosa chiama”
“Ci puoi giurare socio” rispose Ben.
“Ah Ben” lo richiamò di nuovo Semir “Sai mi è venuto in mente chi è Hans Gruber, quello che rammentavo io, è il cattivo di  ‘Die hard - trappola di cristallo’ ”
“Già è vero, sai socio, ti ci vedo a fare il ‘Bruce Willis turco’ ” lo canzonò Ben.
“Spiritoso, dai risolviamo il caso che è meglio, ci sentiamo domani”
E ognuno salì sulla propria auto; Semir per far ritorno a casa sua con Livyana e Ben per andare a casa del commissario Weissman.

Angolino musicale: ‘quelli che dovrebbero essere buoni’ …questo è solo l’inizio…Bacio e grazie di cuore a tutti
Giorgia ‘Gocce di memoria’
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=Gft81t8xqQc
Sono gocce di memoria Queste lacrime nuove Siamo anime in una storia Incancellabile Le infinte volte che Mi verrai a cercare nelle mie stanze vuote Inestimabile E' inafferrabile la tua assenza che mi appartiene Siamo indivisibili Siamo uguali e fragili E siamo già così lontani Con il gelo nella mente Sto correndo verso te Siamo nella stessa sorte Che tagliente ci cambierà Aspettiamo solo un segno Un destino, un'eternità E dimmi come posso fare per raggiungerti adesso, per raggiungere te Siamo gocce di un passato Che non può più tornare Questo tempo ci ha tradito, è inafferrabile Racconterò di te Inventerò per te quello che non abbiamo Le promesse sono infrante Come pioggia su di noi Le parole sono stanche, ma so che tu mi ascolterai Aspettiamo un altro viaggio, un destino, una verità E dimmi come posso fare per raggiungerti adesso, per raggiungere te.

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Capitolo 4
*** nella tana del serpente ***


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Nelle tana del serpente
 
“Buona notte piccola mia” disse tra sé e sé Ben nel medesimo istante in cui vide scomparire, attraverso lo specchietto retrovisore, l’auto di Semir con a bordo Livyana. Quella sera la bimba non avrebbe dormito nell’appartamento di Ben, luogo che finalmente la piccola cominciava a considerare anche casa sua.
Ben aveva ritenuto opportuno, nonostante il parere contrario di Semir, ma con quello favorevole del suo capo, di informare il commissario Weissman dei recenti sviluppi del caso e per questo si stava dirigendo verso la sua abitazione situata nei sobborghi di Colonia.
Il ragazzo lo ricordava sempre con molto affetto, aveva ancora presente come se fosse accaduto ieri le interminabili chiacchierate che facevano durante i weekend, quando la maggior parte delle reclute tornavano in famiglia, mentre lui per evitare discussioni e litigi con il padre preferiva restare in Accademia.
In una di quelle conversazioni divenute per il ragazzo una sorta di sfogo, Charly gli confidò che era molto dispiaciuto per lui, non capiva come un padre potesse essere così ostile verso il figlio come lo era stato Konrad Jager.
Sapeva che la professione che avrebbe intrapreso Ben era per certi versi pericolosa, ma per il ragazzo quello di diventare un poliziotto era molto più di un sogno da realizzare.
Secondo Weissman il ‘moccioso’, come affettuosamente lo chiamava era già nato con la divisa e il distintivo in mano.
Il commissario Weissman, quando lo conobbe Ben, non era sposato e a distanza di anni non lo era neppure ora.
Ben era a conoscenza che Charly letteralmente viveva per fare  il poliziotto, mestiere che per lui rappresentava tutto; non gli importava altro nella vita, sapeva quando usciva di casa, ma non se e quando sarebbe rincasato e anche per questo non voleva legami di nessun tipo, il pensiero che qualche suo collega potesse andare da un’ipotetica moglie, figli o parenti per comunicargli che lui era morto durante un’operazione gli risultava insopportabile. E anche per questo non aveva mai voluto costruirsi una propria famiglia. Legami , soprattutto di tipo familiari per Weissman sarebbero stati impossibili. Non aveva neppure tenuto contatti con i pochissimi parenti rimasti in vita,  la sua ‘vera’ famiglia e i suoi amici erano il corpo di polizia.
L’unico vizio, che gli era costato non poco, sia finanziariamente che dal punto di vista professionale e disciplinare fu il gioco.
Senza volerlo, diventò un ludopatico, complice un caso in cui si era dovuto fingere un giocatore incallito di poker.
Fortunatamente durante il periodo in cui frequentò i ‘giocatori anonimi’ gli fu proposto di insegnare all’accademia e Weissman accettò di buon grado.

Ben scendendo dall’auto ripensò anche ad un’altra cosa che gli aveva insegnato Charly: “Cercate di non affezionarvi mai ai colleghi di lavoro “, cosa che lui non era riuscito a fare dopo l’essere approdato all’autostradale e soprattutto dopo aver conosciuto Semir.
“Tra voi ci sia rispetto, fiducia, dedizione” era solito ripetere “Ma non affezionatevi mai e poi mai ai colleghi, se un giorno doveste perderli per voi sarebbe come perdere un figlio, un padre, un fratello” anche se il primo a infrangere quella regola fu proprio Weissman diventato per Ben e altre reclute una specie di padre.
Il giovane ispettore parcheggiò davanti al piccolo cancello della villetta, scese dall’auto, suonò il campanello guardando l’orologio che aveva al polso “Sarebbe ora di cena, ma ormai sono qui…”
La casa era buia, le serrande erano tutte abbassate.
“Sarà ancora alla stazione di polizia, il solito stakanovista” pensò tra sé, ma quando stava per andarsene si accese una luce sopra l’entrata della villetta, la porta si aprì e sull’uscio apparve il volto di Weissman.
Pochi istanti dopo erano entrambi seduti sul divano del piccolo salotto.
“Ben che ci fai qui a quest’ora? E’ successo qualcosa?” Charly era visibilmente stupito nel vedere il ragazzo.
“La piccola ha identificato l’assassino” lo informò Ben senza tanti preamboli. “Cosa??? E chi sarebbe?” chiese curioso Weissman.
“Il vicecommissario Hans Gruber” e prima di aggiungere altro Ben aspettò la reazione di Charly che non tardò ad arrivare.
“Cosa??? Gruber??? Ma tu sei completamente fuori di testa. Sei fuori strada. Stai insinuando che uno dei miei più fidati uomini…per non parlare della brillante carriera che ha alle spalle, Ben, ma ti rendi conto???  Non capisco neanche come tu possa credere che…” Weissman era letteralmente sconvolto “E poi ne sei sicuro?” lo incalzò ancora  “La testimone…quella bambina…potrebbe aver scambiato Gruber per un altro” ma Ben lo interruppe bruscamente, Charly non poté fare a meno di notare che il ragazzo aveva gli occhi che scintillavano. Il ‘moccioso’ aveva una pista e mai e poi mai avrebbe mollato o lasciato perdere, lo conosceva fin troppo bene. In fin dei conti lo aveva forgiato lui.
“Ascolta, lei ne è sicura e io le credo, non può essersi sbagliata, sta diventando…beh come me…”
“Da come ne parli le sei molto affezionato, scusa se te lo dico, ma ritengo che se anche ti dicesse che ha visto Babbo Natale, Harry Potter volare su una scopa o gli extraterrestri…” Ben accennò un mezzo sorriso, ma lo bloccò di nuovo.
“Aspetta un attimo e ascoltami” lo stuzzicò il giovane “Ma prima di tutto, sai chi è la donna morta in stazione?”
 “Mi hanno appena chiamato dall’obitorio, purtroppo era una collega, lavorava spesso sotto copertura, era in forza all’LKA”
Solo allora Ben ebbe come una folgorazione e alla mente gli affiorarono altri ricordi.
Prima dell’arrivo in stazione di Livyana una donna aveva attirato la sua attenzione e per pochi istanti i due si erano guardati negl’occhi.
“Ecco perché quando ci siamo incrociati alla stazione mi ha guardato come se ci conoscessimo, appena diplomato fui assegnato all’LKA, eravamo colleghi, magari lei mi conosceva” rammentò Ben.
“Comunque il motivo della tua visita mi interessa più della tua vita passata” lo incalzò Charly.
“Sì , dunque, ascoltami attentamente. Gruber cinque anni fa era all’LKA”
Weissman mise subito le mani avanti:
“Calma, calma ‘moccioso’. So dove vuoi arrivare, la storia del carico d’armi scomparso e dei cadaveri nel furgone adibito per il trasporto. Ben non ci sono mai state prove che Gruber fosse implicato, solo supposizioni, anzi io direi illazioni belle e buone, magari provenienti da colleghi a cui rodeva il fegato che Gruber fosse più bravo e scaltro di loro e comunque il caso fu archiviato quasi subito. Lui ne soffrì molto, si sentì infamato, infangato. Gruber rischiò una crisi di nervi, chiese il trasferimento e io lo accolsi. Era stato un mio allievo qualche anno prima di te”
“Ascolta e se l’LKA o meglio la disciplinare avesse cercato delle prove contro Gruber, a sua insaputa mettendogli alle costole la Renner? Gruber potrebbe averla uccisa perché la donna aveva scoperto qualcosa” insistette Ben.
“Sono solo supposizioni ‘moccioso’, guardi troppi film e telefilm americani” sbottò Charly “Gruber non farebbe mai una cosa simile era ed è come te. Vi ho forgiato nella stessa scuola, nella stessa maniera, i migliori li vedo a distanza e lui era uno dei migliori e come avrai potuto provare anche tu sulla tua pelle a volte l’invidia i più meritevoli li mette a durissima prova. Mi ricordo che una cosa simile una volta è successa a te, il commissario Bohm ti accusò di aver ucciso una giovane procuratrice, Saskia Ehrbach ”
“Come dimenticarlo”  pensò Ben, oltretutto Saskia era da qualche tempo la sua fidanzata, ma il ragazzo scacciò quei tristi ricordi non lasciandosi abbindolare dalle belle parole di Charly.
“Nel dubbio che ne dici se lo teniamo d’occhio per un po’? Tu sei il suo superiore, ti sarà abbastanza facile, potresti…” e volutamente lasciò il discorso a metà.
“Ben sei uno che non molla, eh? Non lo hai mai fatto e non penso lo farai ora”
“Lo prendo come un sì? Ci aiuterai?” chiese conferma il giovane ispettore.
“Lo terrò d’occhio, ma secondo me sei completamente fuori pista, stai prendendo un granchio colossale” replicò secco Charly.
“Se è così sarò il primo a chiedere scusa a te e al tuo vice” replicò Ben.
Charly si alzò dal divano sotto lo sguardo vigile del giovane collega, mettendosi a gironzolare per la stanza, poi fermandosi davanti a Ben propose:
“D’accordo, ti aiuterò, anche se non penso che Gruber sia coinvolto, ma è anche vero che a volte i ‘traditori’ si celano dietro a persone cui ci si fida di più, però ad una condizione…” ribadì Weissman.
“Spara” ribatté Ben.
“Dovremmo assolutamente evitare fughe di notizie, nessuno deve sapere, in questi casi meno persone sono a conoscenza dei fatti meglio è, e poi potrebbe non aver agito da solo”
“Giusto” asserì convinto Ben.
“Quanti sanno dei tuoi sospetti su Gruber?” chiese il commissario.
“Solo io e Semir” confermò Ben, mentendo spudoratamente visto che anche il suo capo lo sapeva, ma voleva evitare i soliti discorsi sulle varie competenze.
“E la piccola testimone che lo ha identificato giusto?” puntualizzò il commissario.
Ben fece un cenno affermativo con la testa.
“La testimone non è con te? Immagino sia con il tuo collega ‘nanerottolo’, non penso che tu l’abbia lasciata in mani di sconosciuti”
Ben non fu sorpreso da quell’interessamento e nemmeno dall’affermazione che arrivò subito dopo. A quanto sembrava anche a distanza di anni lui per Weissman era ancora un libro aperto. Gli dette solo un po’ fastidio l’appellativo che aveva dato a Semir, ma quello che lo fece per un attimo tentennare fu la domanda su dove si trovasse ora Livyana e con chi fosse.
“E’ al sicuro in una struttura protetta” troncò subito Ben cercando di non far trapelare altro.
“Meglio” ribatté Weissman.
“Bene ora vado, ci vediamo …e se ci sono novità…” concluse Ben alzandosi anche lui dal divano.
“Ti terrò informato, ma anche tu okay?” replicò Charly.
“Certo”
Ben uscì dall’abitazione di Weissman facendo ritorno a casa. Per strada ripensò alla conversazione avuta poco prima e in particolare alla domanda su dove fosse Livyana.
Puro interesse per saperla protetta o altro?
“Semir mi stai contagiando” pensò ad alta voce “Charly vuole solo il bene della piccola, se ha identificato un agente corrotto, vuole che arrivi sana e salva al processo. Charly ha sempre odiato le ‘mele marce’ e saperne una tra le sue fila, aver ‘allevato una serpe in seno’ un traditore a cui ha dato fiducia, una seconda possibilità…andrebbe fuori di testa!”

Il giovane ispettore parcheggiò l’auto nei garage sotterranei, poi vedendo la tarda ora non provò nemmeno a chiamare Semir; sicuramente le bambine, forse anche lui e Andrea stavano già dormendo e non voleva disturbarli.
Avrebbe rivisto il suo socio l’indomani.
Salì quindi al suo appartamento.
Entrando il cuore gli si strinse per alcuni secondi, senza la piccola la casa gli sembrò non solo vuota, ma fredda e soprattutto troppo silenziosa.
Si era piacevolmente abituato ad essere accolto dalla piccola che appena lo vedeva letteralmente gli saltava al collo oppure dallo stereo che ‘sparava’ a tutto volume le canzoni di Tom Beck.
Si spogliò e dirigendosi verso il bagno si fece una rilassante doccia.
Una volta uscito decise di andare a letto, non aveva tanta voglia di mangiare, e poi senza Livyana…

Il mattino dopo di buon’ora Ben sentì, stranamente, subito la sveglia, ma era un suono glaciale, atono, senza sentimento, abituato com’era da un anno a quella parte ad essere svegliato dalle canzoni di Tom Beck messe come suoneria da Livyana sul suo cellulare.
La canzone scelta dalla ragazzina in quel periodo era  ‘So wie es ist’ e Ben, rammentando il testo pensò che, visto come era la situazione in quel momento, di perfetto non c’era proprio niente.
Aveva immaginato che, dopo aver avuto in affido Livyana, tutto sarebbe stato tranquillo, perfetto, ma forse l’unica cosa imperfetta era lui, o meglio il lavoro che tanto amava e che faceva con tanta passione e dedizione, ma troppo pericoloso per una bambina che ne aveva già viste troppe.
“Giuro che quando questa storia sarà finita, farò in modo che tutto sia perfetto”  si disse il ragazzo alzandosi dal letto avviandosi verso il bagno.
Davanti allo specchio si soffermò per un istante a pensare, quanto avrebbe voluto che la dottoressa Elise Kladden fosse a Colonia e non ad un convegno chissà dove. Sicuramente sarebbe stata un’alleata preziosa in quel momento e avrebbe saputo consigliarlo sul da farsi.
Mentre si lavava e vestiva sorrise al pensiero della piccola, di quanto insisteva perché lui trovasse il coraggio di invitarla a cena.
“Chissà magari una volta passata questa ennesima disavventura la inviterò ad uscire, potrei chiamarla con il suo nome, chiederle se le andrebbe di assistere a un mio concerto, potrei farla ‘sciogliere’ mentre le suono al pianoforte solo per lei ‘Fur Elise’…” poi sospirando “Sì sogna, Ben, sogna…una così bella ragazza, intelligente, seria, sarà già fidanzata con qualche bell’avvocato o manager…” si disse mettendo la pistola nella fondina e senza fare colazione si diresse verso i garage sotterranei del palazzo dove viveva.
“La piccola mi sgriderà, sarà opportuno che prepari la sceneggiata e menta nel migliore dei modi, ieri a letto senza cena, stamattina niente colazione, me le vado a cercare le rogne, meglio che non sappia niente altrimenti chi la sente e Semir mi dirà che senza di lei non so più fare niente…cosa che tra l’altro per certi versi è pure vera”

La luce del mattino appena sorto filtrava fioca attraverso le piccole finestrelle presente nei sotterranei del palazzo.
Ben stava per aprire la portiera della macchina con il comando a distanza, quando si ricordò che avrebbe dovuto usare la chiave;  aveva dimenticato di sostituire la piccola batteria all’interno del piccolo telecomando.
Stava per inserirla nella serratura, quando sbadatamente la chiave gli scivolò dalle mani cadendo a terra e finendo sotto la macchina.
“Ma guarda che sf…” imprecò il ragazzo accucciandosi per raccoglierla. Quando si alzò davanti a lui a venti metri di distanza c’era Hans Gruber con la pistola spianata davanti a lui.
Ben vide che il vicecommissario stava impercettibilmente esercitando una pressione sul  grilletto e quindi tentò l’impossibile, estrasse la pistola e cominciò a sparare, ma Hans sparò prima di lui.
Ne seguì uno scontro a fuoco.
Ben si mise dietro alla sua auto rispondendo al fuoco, mentre Gruber, dietro ad un pilone, faceva altrettanto cercando di colpire Ben.
Dopo parecchi colpi ci fu un attimo di silenzio, poi uno stridore di pneumatici e Ben uscendo allo scoperto ebbe solo l’attimo di vedere Hans Gruber che scappava a bordo di un’auto.
Al ragazzo erano restati ancora alcuni colpi nel caricatore, si mise a sparare all’auto, ma purtroppo non riuscì a fermarla.
“Maledetto bastardo” gli urlò dietro Ben con tutto il fiato che aveva, ritrovandosi a guardare le macchine attorno alla sua e quelle vicine all’uscita dello stabile “Che disastro” si disse ansimando e con il cuore che furioso gli batteva nel petto.
I condomini si sarebbero a dir poco infuriati, ma per fortuna nessuno di essi si trovò nei paraggi.
Quasi in affanno il ragazzo si avvicinò alla portiera della Mercedes.
“Maledizione questa non ci voleva” imprecò costatando che due ruote dell’auto erano state colpite, così pure il lunotto posteriore.
Poi sentì un forte dolore al fianco e istintivamente si appoggiò con una mano al cofano dell’auto mentre con l’altra alzò la giacca.
Subito non si era reso conto di essere stato colpito, troppo impegnato nella sparatoria per rendersi conto di altro, troppa adrenalina in circolo in quei concitati momenti per provare dolore, ma ora era lancinante e Ben stava sanguinando copiosamente.
Senza pensarci due volte comprimendo la ferita, prese l’ascensore e salì di nuovo nel suo appartamento, fortunatamente non incrociò nessuno.
I condomini molto probabilmente erano usciti prima o erano troppo spaventati da restare chiusi a chiave nei loro appartamenti.
Appena entrato nel suo si diresse verso il bagno.
Come levò la mano dalla ferita macchie di sangue caddero sul pavimento.
Velocemente prese all’interno di un mobiletto dei piccoli asciugamani , poi con delle bende e con del nastro adesivo cercò di tamponare la ferita alla meno peggio.
Il dolore cominciava ad essere insopportabile “Maledizione, non ho tempo per sanguinare “ si disse sapendo oltretutto che non poteva andare in ospedale; le ferite da arma da fuoco dovevano essere denunciate dal personale medico e sarebbe stato pericoloso anche per lui recarsi là. Gruber avrebbe potuto e sicuramente voluto finire la sua ‘opera’.

Mentre cercava di rivestirsi e sistemarsi pensò alla piccola, la sua vita era di nuovo in pericolo, così come quella di Semir e della sua famiglia.
Se Gruber era venuto a cercare lui, sarebbe andato anche a cercare Livyana e tutti quelli che erano a conoscenza dei fatti, il bastardo voleva eliminare tutti i testimoni.
Doveva subito portarla via di là, anche per l’incolumità di tutta la famiglia Gerkhan; Ora era sicuro di essere in presenza a dei criminali senza scrupoli; se avessero visto la piccola con Andrea, Semir o le bambine non avrebbero esitato a fare una strage.
Ben uscì di casa nuovamente, non prima di aver preso dalla cassaforte tutti i caricatori per la sua pistola, neanche perse tempo a richiuderla.
Mentre scendeva con l’ascensore verso i garage sotterranei in lui cominciò a montare una rabbia quasi incontrollabile, se fosse servito a qualcosa, se avesse avuto fiato avrebbe spaccato qualsiasi cosa gli fosse capitata  a tiro, urlando e imprecando.
Ma la cosa che lo fece imbestialire di più era che ancora una volta l’istinto di Semir aveva avuto ragione, ma lui cocciuto non gli aveva dato retta, eppure pensandoci bene e col senno di poi i segnali c’erano stati tutti.
Troppo interessamento da parte di Weissman sul dove e chi avrebbe protetto Livyana, la difesa a spada tratta del suo vicecommissario.
“Che idiota sono stato, maledizione a te Charly, come hai potuto?” pensò al colmo delle lacrime Ben ”Sei caduto nuovamente nella trappola del gioco? Avevi bisogno di soldi? Ti sei fatto corrompere! Tanti anni di servizio, di belle parole, di lealtà al corpo di polizia, potevi chiedere a me, eravamo amici, ti avrei aiutato come tu avevi…Maledetto bastardo hai mandato a casa mia Gruber per uccidere la piccola, per eliminarmi, non ti saresti fatto scrupoli, al diavolo ciò che siamo stati l’uno per l’altro! Giuro che quando ti…” le porte dell’ascensore si schiusero e Ben asciugandosi con il dorso della mano il sudore della fronte e le lacrime uscì dalla porticina che dai garage portava direttamente in strada.
Non prese nessuna delle sue auto private, a priori escluse la moto; senza essere visto forzò la serratura di un’Opel Agila nera trovata in strada che apparteneva all’anziano inquilino del piano di sopra, una piccola utilitaria sarebbe passata abbastanza inosservata.
“Mi dispiace signor Martin “Pensò tra sé il giovane ispettore “Gliela restituirò appena possibile… le farò anche il pieno”
Vi salì, controllando che non ci fosse nessun rivelatore GPS e dopo aver collegato alcuni fili l’avviò dirigendosi verso la casa di Semir.

Angolino musicale: adesso sappiamo chi sono i buoni e chi sono i cattivi e lo sa anche Ben, ma non crediate che tutto si risolva a breve…
Keane ‘If it any wonder’ (c’è da meravigliarsi?)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=fVe_KVzBFOo
Io ho sempre pensato di sapere Che avrei avuto il diritto Di vivere nel regno del buono e del vero e così via Ma ora penso che mi stavo sbagliando E tu ne stavi ridendo E ora mi sento un pazzo perché pensavo che tu fossi dalla mia parte C’è da meravigliarsi che sono stanco? C’è da meravigliarsi che mi sento teso? C’è da meravigliarsi che non so cosa è giusto? Qualche volta è difficile capire dove sto È difficile capire dove sono O forse è un puzzle che non riesco a comprendere Qualche volta ho la sensazione di essere Arenato nel tempo sbagliato Dove l’amore è solo una strofa in un ritornello per bambini, un frammento di suono Oh in questi giorni! Dopo tutta la sofferenza causata C’è da meravigliarsi che ho paura? C’è da meravigliarsi che mi sento tradito?

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Capitolo 5
*** la grande fuga ***


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La grande fuga

Ben parcheggiò davanti alla casa di Semir, e dopo aver dato una rapida occhiata alla ferita scese lentamente dall’auto, ma prima di suonare il campanello cercò di dipingersi in faccia l’espressione più tranquilla che in quel momento potesse fare.
Ad aprigli arrivò Andrea.
“Ciao tesoro” gli disse la donna appena lo vide.
“Ciao Andrea…Semir è in casa?” chiese subito.
“No…” rispose la donna un po’ stupita da tanta fretta e freddezza, abituata ai calorosi saluti di Ben accompagnati come sempre da magnifici sorrisi.
“Ma sarà qui a momenti, è andato a prendere le brioches per la colazione, è presto per portare le piccole a scuola, ma su entra…” insistette Andrea.
“Livyana è sveglia?” domando il ragazzo troncando il discorso e facendola preoccupare ancora di più “Devo portarla subito via…”
“Sì certo Semir me lo aveva accennato, ma Ben…sei strano è successo qualcosa? E poi sei sicuro di stare bene? Mi sembra…” ma il ragazzo la interruppe nuovamente.
“Senti chiama Livyana, devo sparire, anzi dobbiamo sparire, se qualcuno chiede di me o della piccola tu e Semir non sapete nulla, nemmeno dove siamo…digli che aveva ragione e di non fidarsi di nessuno” disse tutto d’un fiato cercando di mantenere la lucidità che il dolore al fianco cominciava a minare.
“Ma Ben…che succede, aspetta Semir, dai, sarà qui a minuti se hai bisogno…ti può aiutare…” replicò spaventata da tanta fretta.
“Mi farò vivo io, adesso devo mettere in salvo la piccola, riordinare le idee. Ti prego” ripeté di nuovo “Dì a Semir di stare attento, di guardarsi le spalle. Siete in pericolo e meno gente sa dove andiamo meglio è…”
Livyana fece la sua comparsa dietro le spalle di Andrea. Aveva sentito lo scambio di battute tra i due, si era vestita velocemente e ora era pronta per andare via con il giovane.
“Ben aspetta…” insistette ancora Andrea cercando di trattenerlo, ma il giovane ispettore fece salire la piccola sull’auto e dopo aver guardato negli occhi Andrea sgommando se ne andò.

“Ben, che succede dove stiamo andando” chiese un po’ spaventata la piccola una volta allacciate le cinture di sicurezza.
“Prendi il mio cellulare e anche il tuo, togli la batteria, la Sim card e gettali dal finestrino” la ragazzina fece come le aveva detto, poi guardò Ben con uno sguardo interrogativo attraverso lo specchietto retrovisore.
“Non ti preoccupare, sistemerò tutto…devi fidarti” disse con voce roca Ben, infondendo coraggio alla piccola e anche a se stesso.
“Lo faccio sempre Ben, ma ho paura”
Ben non rispose, avviandosi verso un luogo sicuro che aveva in mente.

“Come sarebbe a dire che se ne è andato senza dire niente??? E perché adesso il suo cellulare risulta irraggiungibile??? Perché li hai lasciati andare???” Semir era furioso e frustrato allo stesso tempo.
“Semir che potevo fare, era così determinato, lo sai che quando Ben decide una cosa difficilmente cambia idea. Mi ha raccomandato di guardarti le spalle, di stare attento…e che avevi ragione a non fidarti…Semir…che cosa sta succedendo? In che guaio vi siete cacciati?” Andrea mentre parlava aveva la voce che le tremava ed era preoccupatissima, per lei, per le figlie, per il marito, la piccola Livyana e per Ben che la donna ormai considerava come un figlio.
Semir non rispose subito, doveva ragionare.
“Ascolta Andrea” le disse dopo qualche secondo poggiandole delicatamente le mami sulle spalle “Prendi le piccole e vai da tua madre, aspetta una mia telefonata prima di ritornare qui, ho paura che Ben si sia cacciato in un grosso guaio…quel testone, cocciuto…porca miseria perché non ho insistito…” sbottò maledicendosi “Ho uno strano presentimento e se quello che penso è vero, Ben e la piccola sono in serio pericolo”
 
L’immensa villa paterna di Ben si trovava in mezzo alla campagna a pochi chilometri dal centro di Düsseldorf ed Helga Masferrer ne era da tantissimi anni la corpulenta governante.
La donna aveva quasi settant’anni e viveva nella dependance antistante all’edificio, delegando gran parte delle sue mansioni al fidatissimo personale decisamente più giovane di lei. Non si era mai sposata, non aveva parenti e anche per questo considerava il personale di servizio e soprattutto i ‘ragazzi’ Jager la sua famiglia. Helga quando non si occupava delle faccende inerenti alla villa, amava coltivare e prendersi cura personalmente delle rose che adornavano l’immensa aiuola davanti alla scalinata del maestoso edificio,  piacevole passatempo che in quel periodo le risultava abbastanza facile da svolgere visto e considerato che il padrone di casa, il signor Konrad Jager, era lontano per affari da alcuni giorni e lo sarebbe stato per alcune settimane.
Nella villa quindi a parte lei, il custode e il giardiniere al momento non viveva nessun altro.
La donna stava levando delle erbacce attorno alle rose quando con la coda dell’occhio vide una piccola utilitaria all’ingresso del vialetto.
Helga vide scendere dall’auto una bambina e in essa riconobbe subito la piccola Livyana.
Con il telecomando che portava sempre con sé la donna aprì l’enorme cancellata, Ben entrò nel cortile, parcheggiando l’auto sotto la grande scalinata della villa.
Il ragazzo però non scese dalla macchina.
“Ciao zia Helga” salutò la bimba correndole incontro.
“Ciao piccola” ricambiò la governante, abbracciandola affettuosamente e baciandola in fronte, poi rivolgendosi a Ben “Ragazzo mio non scendi?”
“Helga devi farmi un favore…” rispose il giovane ansimando, senza nemmeno salutare.
La donna si avvicinò al finestrino abbassato della macchina.
“Ben sei sicuro di star bene? A me sembra di no, sembra tu abbia la febbre…gli occhi stanchi” lo interruppe.
Helga conosceva Ben da troppo tempo per non capire che se il ragazzo era così lapidario era perché qualcosa non andava e il volto quasi sfigurato ne era un’ulteriore conferma.
Ben non diede risposta alla governante, ma quello che le disse fu pari ad una supplica.
“Torno a Colonia…se qualcuno ti chiede di Livyana tu dì che non sai niente, neanche se dovesse chiamare Semir, ti prego Helga, promettimelo…nessuno deve sapere che lei è qui”
Ma la donna non si lasciò abbindolare, aveva uno strano presentimento. Con fare deciso aprì la portiera e fu allora che vide l’enorme chiazza di sangue che aveva Ben al fianco.
“Mio Dio Ben, ma tu sei ferito…chiamo subito un’ambulanza” disse faceta Helga.
“Come ferito? “ chiese Livyana avvicinandosi preoccupata “Ben…ma…”
“Non è niente piccola…” la rassicurò Ben con un mezzo sorriso, poi rivolgendosi ad Helga con aria sempre  più sofferente “Non posso chiamare nessuno, nemmeno Semir, per il momento nessuno deve sapere dove sono. Non posso andare in ospedale, le ferite d’arma da fuoco devono essere denunciate, i medici devono fare rapporto alla polizia. Se mi trovano…troveranno anche Livyana…la uccideranno…”
Ben non continuò la frase un dolore lancinante al fianco lo fece quasi urlare, dopo di che perse conoscenza.
“Ben…” quasi urlò la piccola disperata, ma Helga non si lasciò prendere dal panico.
“Livyana” la esortò decisa mettendole le mani sulle spalle “Vai a chiamare Jorge, sta potando la siepe lungo il viale della villa, digli di venire subito qui è urgente” disse risoluta la donna.
Livyana non se lo fece ripetere due volte, corse più che poté e andò a chiamare il giardiniere; dopo un paio di minuti insieme a Jorge, raggiunse Ben ed Helga.
“Helga, che succede???” chiese Jorge spaventato, poi vedendo Ben esanime sul sedile dell’auto “Santo cielo, che è successo al ragazzo?”
“Portiamolo dentro, poi ti spiego” disse decisa la governante.
Ben fu portato dentro alla dependance dove abitava Helga e adagiato su un comodo letto.
“Jorge per favore vai subito dal dottor  Henning, se serve imploralo, digli di venire qui subito, che è urgente, non accennare a Ben, ma fa in modo di essere convincente e che arrivi qui il prima possibile” quasi ordinò Helga.
“Ma…ma Helga…Max è un veterinario…”replicò titubante il giardiniere.
“Lo so, ma se chiamassimo il dottor Faust farebbe rapporto, sai anche tu com’è non infrangerebbe mai le regole, neanche per salvare il ‘nostro’ ragazzo. Ben è stato ferito da un proiettile, ha detto che lui e la piccola sono in serio pericolo e di non avvisare nemmeno Semir…”
Jorge non fece ulteriori domande, aveva capito benissimo la drammatica situazione e presa l’auto si avviò verso il centro di Düsseldorf.
“Speriamo faccia presto…” pregò tra sé e sé la donna, dando un’occhiata alla ferita.
Livyana assisteva impotente alla scena, cercando di arrestare le lacrime che continuavano a rigarle il viso. Helga allora la guardò con tenerezza.
“Ben è forte…c’è la farà,  stai tranquilla…”
“Sono una disgrazia per lui” cominciò a farfugliare tra i singhiozzi la piccola “E’ la seconda pallottola che prende per difendermi…sono sicura che ha incrociato… insomma chi gli ha sparato…” ma era troppo disperata per continuare a parlare.
Helga l’avvicinò a sé stringendola in un abbraccio.
“Sai cosa mi disse una volta Ben?”
Livyana scrollò la testa.
“Mi confidò che sei la cosa più bella che gli sia capitata. E lo dice a tutti, non devi sentirti in colpa, lo direbbe anche lui, va bene?” le disse dolcemente l’anziana donna.
La piccola annuì tirando su con il naso.
“Bene ora nell’attesa puliamo la ferita, ma è meglio che tu stia fuori dalla stanza, non è il caso che tu veda certe cose” continuò con voce materna la governante.
“Ho visto Ben in condizioni peggiori…” replicò la ragazzina.
“Lo so, me lo ha detto Ben, ma so anche che non vorrebbe che tu vedessi di nuovo…vero?”
“No, lui direbbe che un conto è…per sbaglio come quella volta che persi i genitori e gli spararono in ospedale, un conto è restare ad assistere” e dopo aver dato un ultimo sguardo a Ben la piccola uscì dalla stanza per sedersi sul divano della piccola sala.
“Coraggio ragazzo mio, resisti fra un po’ arriverà…” rifletté Helga bloccandosi a metà col discorso, al solo pensiero che invece di un dottore arrivasse un veterinario la faceva impazzire. Sarebbe stato in grado di prestargli le dovute cure?
“Zia Helga” chiamò Livyana dopo un po’distogliendola da quei brutti pensieri “E’ arrivato il dottore…”

Il dottor Henning entrò tutto trafelato nella stanza dove giaceva Ben in preda ad un autentico delirio.
Seduta vicino al letto stava Helga.
“Max, lo so che non è…insomma ci siamo capiti, ma il ragazzo non può ricorrere alle cure di un ospedale…ti prego aiutalo”
Il dottor Henning guardò la donna con affetto.
L’uomo restato vedovo da un paio d’anni , conosceva Helga da sempre. Erano cresciuti insieme, poi gli eventi li aveva portati a prendere strade diverse, lei aveva cominciato a lavorare per la famiglia Jager, mentre il dottore aveva intrapreso la carriera di medico veterinario che lo aveva portato lontano da Düsseldorf. Il medico si sposò,  ebbe dei figli, ma quando diventò vedovo preferì ritornare nella sua città natale. Qui aveva rincontrato Helga che venuta a conoscenza della sua vedovanza lo aveva aiutato a reagire alla perdita della moglie, rinstaurando quella profonda amicizia che a distanza di decenni non era mai venuta meno.
“Helga, non sono un medico vero e proprio, ma conosco Ben, se non ha voluto essere trasferito in una struttura adeguata avrà le sue ragioni. Farò tutto il possibile per farlo stare meglio, questo posso garantirtelo”
Helga gli rivolse uno sguardo pieno di gratitudine, poi si alzò dalla sedia per fare spazio a Max.
Il dottore tolse le bende che aveva messo Helga e cominciò ad esaminare la ferita.
“Avrò bisogno del tuo aiuto Helga, dobbiamo subito estrarre la pallottola” facendo notare a Helga che non c’era foro d’uscita “ Il proiettile non dovrebbe aver leso niente d’importante, ma questo potremmo appurarlo meglio una volta…operato”
“Max, Ben è svenuto…è come se fosse anestetizzato?” chiese spaventata la donna. Il solo pensiero che Ben potesse sentire qualcosa durante l’estrazione della pallottola la faceva a dir poco rabbrividire.
Il dottore le abbozzò un sorriso “Non ti preoccupare Helga, ho con me del cloroformio, non sentirà nulla” rispose, poi dopo averle dato precise istruzioni cominciò il suo intervento.
L’uomo procedeva con calma e tranquillità, aveva la mano ferma e decisa, e dopo pochi minuti estrasse la pallottola.
Ben non si mosse nemmeno, la sua incoscienza aveva facilitato l’intervento del medico.
“Adesso disinfettiamo la ferita. Applicherò anche qualche punto di sutura e gli somministrerò qualcosa per farlo stare meglio…purtroppo per ora non posso fare di più…caso mai dopo vado a prendere qualcosa…adatto ad un…insomma…ci siamo capiti”
“E’ già molto Max, te ne sarò grata in eterno” gli rispose Helga mettendogli una mano sulla spalla, poi continuando il discorso “Ti prego Max per la tua e nostra incolumità…” ma il medico la interruppe.
“Io sono venuto qui perché …Furia il vostro cavallo aveva…insomma qualcosa mi inventerò, magari sono solo venuto a vedere come stanno i vostri cavalli, una semplice visita di controllo. Tornerò domani per cambiargli la fasciatura e per vedere come sta, la temperatura dovrebbe restare alta, il suo corpo sta reagendo alla ferita…e comunque per ogni evenienza non farti scrupoli a chiamarmi”
Il dottore prima di andarsene diede altre istruzioni a Helga, poi dopo averla salutata venne riaccompagnato da Jorge al suo ambulatorio veterinario.
 
Angolino musicale: il nostro Benuccio malconcio (che novità)…fortuna che può contare sull’aiuto di molte persone…
Cherry Ghost ‘People Help The People’(Le Persone Si Aiutano)
Per ascoltarla  https://www.youtube.com/watch?v=XYGOLzMgI88
…Dio sa cosa quegli occhi deboli e infossati nascondono un'ardente schiera di angeli in sordina che danno amore senza volere nulla in cambio le persone si aiutano e se hai nostalgia di casa, dammi la tua mano e io la stringerò, le persone si aiutano e niente ti trascinerà verso il basso e se avessi un cervello, sarei freddo come un sasso e ricco come uno stupido loro si voltano alla vista di quei cuori buoni Dio sa cosa quel mondo di poca importanza nasconde dietro alle lacrime, dentro le bugie un migliaio di tramonti lenti che muoiono Dio sa cosa quei cuori deboli e ubriachi nascondono immagino che la solitudine venga a bussare nessuno ha bisogno di stare da solo, salvami…

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Capitolo 6
*** Presunto colpevole ***


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Presunto colpevole

Semir entrò tutto trafelato nella sede della CID, passò davanti alle scrivanie dei colleghi che cordialmente lo salutarono, ma lui non li degnò nemmeno di uno sguardo.
La sua ovviamente non era maleducazione, ma preoccupazione.
Quella brutta sensazione allo stomaco che gli diceva, anzi gli urlava che Ben era nei guai.
Durante il tragitto aveva più volte tentato di richiamare il socio, ma il suo cellulare risultava sempre irraggiungibile.
Il piccolo ispettore  aprì la porta dell’ufficio comune quasi in apnea nella vana speranza che all’interno ci fosse Ben.
“Mapporca” imprecò vedendo la sua postazione vuota “Dove ti sei cacciato? Perché non mi hai chiamato? Si era detto…non cambierai mai, sempre di testa tua e io idiota che ti lascio fare”
Sconsolato si lasciò cadere nella sua poltrona e alzando la cornetta del telefono chiamò la scientifica.
Appena sentì dall’altro capo del telefono la voce di Hartmut senza tanti preamboli chiese:
“Einstein ho bisogno di rintracciare subito Ben, dammi la posizione del cellulare, del GPS delle sue macchine private, dell’auto di servizio, dell’Harley tutto e anche il cellulare di Livyana…ti inoltro il numero”
“Ma…Semir…cosa è successo? Ben…gli è accaduto qualcosa?” chiese preoccupato il tecnico appena Semir gli diede il tempo di parlare.
“Per favore, non ora…appena sai qualcosa chiamami immediatamente, ti prego muoviti…” e bruscamente chiuse la comunicazione.
Non fece nemmeno in tempo a poggiare la cornetta che il telefono squillò di nuovo.
“Dimmi Susanne” rispose vedendo sul display il nome.
“La Kruger ti vuole immediatamente nel suo ufficio…”
Semir alzò gli occhi al cielo, poi sbuffando s’incamminò verso l’ufficio del commissario, bussò ed entrò.

Appena la donna  lo vide, non lo lasciò nemmeno aprire bocca.
“Entri Gerkhan e chiuda la porta” ordinò severa con un tono che non presagiva nulla di buono, poi cominciò la sua ramanzina.
“Si può sapere in che razza di ‘casini’ si è cacciato il suo collega? Avevo detto di andarci cauti, ma a quanto pare voi due fate sempre di testa vostra!”
Semir restò un attimo interdetto dal gergo usato dal commissario, la Kruger era decisamente incazzata.
“Commissario…le giuro…non so di cosa…” tergiversò il piccolo ispettore.
“Lasci da parte queste idiozie, non sono nata ieri… ha visto il telegiornale? Ha sentito l’ultima ora? La procuratrice Schrankmann ha già diramato un ordine d’arresto per il suo collega! Gerkhan Jager è in guai molto seri ed io non posso fare niente…nella fattispecie ho le mani legate”
Semir che fino a quel momento era restato in piedi, si sedette sulla sedia davanti alla scrivania della Kruger.
“Capo…le assicuro…non ne so nulla…” Semir era sconvolto e dall’espressione della donna il piccolo ispettore capì che era vero.
La donna inspirò profondamente poi poggiando i gomiti sulla scrivania informò il suo agente.
“Il suo collega è stato accusato di essere l’autore dell’omicidio della donna alla stazione di Colonia, di aver preso in ostaggio una bambina e di aver tentato di resistere all’arresto sparando ad un collega…e sa chi è questo collega?”
Semir aveva il cuore in tumulto, gli sembrava di non riuscire nemmeno a respirare e il suo cervello era momentaneamente in tilt.
“Il suo collega ha ingaggiato uno scontro a fuoco con Hans Gruber” proseguì Kim Kruger “E c’è di più, per l’ora del delitto della donna, Gruber ha un alibi di ferro: era in servizio con un altro collega. Questo c’è l’ha confermato anche il commissario Weissman”
“Ma per favore capo” sbottò Semir ritrovando un po’ di lucidità “Questo lei lo chiama alibi??? Al diavolo,  là dentro sono tutti corrotti, non ci vuole un genio a capirlo” ribatté ironico Semir, poi mentalmente si augurò che la Kruger capisse il suo stato d’animo, le parole che gli uscivano dalla bocca non erano quelle più appropriate per rivolgersi ad un superiore.
“Gerkhan non faccia il sarcastico con me e poi la smetta le sue sono solo supposizioni Gruber potrebbe farvi rapporto e Weissman…” ma Semir la bloccò.
“Capo, mica crederà davvero che Ben sia un assassino? Lo conosce da anni, lo sa anche lei che è un’assurdità, senza contare che secondo loro avrebbe rapito Livyana, perché la bambina…si tratta di lei vero?”
Kim fece cenno di sì col capo.
“Perfetto, questa sì che è buona! Ben che rapisce Livyana…per cosa poi? Coprirsi la fuga? Commissario lo sappiamo entrambi che la ragazzina è sotto la sua custodia …è lampante…lo stanno incastr…”
Ma la Kruger non lo lasciò finire:
“Gerkhan trovi il suo collega prima di loro e lo arresti. Questi non sono solo i miei ordini, se è innocente non avrà nulla da nascondere” tuonò la Kruger.
“Cosa??? Arrestarlo??? E con che prove? Con che accusa” Semir era furibondo, la faccenda stava decisamente prendendo una brutta piega.
“Gerkhan esegua gli ordini e basta!” e il tono della donna non ammetteva dinieghi.
“Se lo scordi” replicò secco il piccolo ispettore.
“Gerkhan, non mi sfidi, non le conviene, la situazione è già abbastanza esplosiva” “Mi spiace commissario, ma non lo farò, mi faccia rapporto, mi tolga il distintivo, ma non mi dica di trovarlo per poterlo arrestare. Già una volta l’ho messo dietro le sbarre, non lo farò di nuovo. E poi sappiamo benissimo entrambi che un poliziotto in galera…” il commissario non lo lasciò finire.
“Gerkhan le ripeto che questo è un ordine che viene ‘dall’alto’, non è una proposta. Se sa dov’è lo porti qui” replicò imperiosa, poi addolcendo un po’ il tono “Posso assicurarle che se per Jager si dovessero aprire le porte del carcere, faremo in modo che non gli accada niente…e verificheremo la sua innocenza”
“Verificheremo? Capo non c’è niente da verificare, Ben è innocente punto e basta, glielo ripeto lo stanno…” ma nel volto della Kruger Semir non vide nessun segnale di ripensamento.
La donna aveva già deciso.
Semir non ebbe più la forza di controbattere, neanche finì la frase era troppo arrabbiato e preoccupato per le sorti del suo collega e della piccola, quindi si alzò e uscì dall’ufficio della Kruger senza nemmeno proferire parola sbattendo la porta, sotto lo sguardo attonito di tutti i colleghi che avevano sentito l’accesa discussione tra i due, poi nel parcheggio si sentì un’auto che sgommando lasciava la sede della CID.

Alcuni minuti dopo il telefono di Semir squillò: era Hartmut.
“Dimmi Einstein” rispose quasi con voce isterica Semir.
“Il cellulare di Ben è irrintracciabile così pure quello della bambina” disse senza tanti giri di parole Hartmut capendo al volo la situazione.
“Mapporca…e delle auto private di Ben che mi dici?”
“Tutte nel garage così pure la Mercedes e l’Harley”
“Grazie lo stesso Einstein, in ogni caso faccio un salto a casa sua…”
“Ci troverai i colleghi della polizia scientifica, lì  è avvenuto lo scontro a fuoco…ho saputo che Ben…” farfugliò il tecnico, ma Semir troncò la conversazione senza che Hartmut potesse finire la frase.
Con il cuore in gola si avviò verso lo stabile dove era situato l’appartamento di Ben e una volta arrivato a destinazione parcheggiò la BMW davanti all’entrata dei garage sotterranei, entrandovi a piedi.

Gran parte dell’aera era delimitata dai nastri rosso e bianco, e diversi uomini in tuta bianca stavano facendo i rilievi in quella che era sicuramente la scena del crimine.
Uno di essi si dava un gran da fare a fotografare la Mercedes di Ben crivellata dai colpi, mentre un altro stava raccogliendo dei campioni che a Semir in lontananza parvero gocce di sangue, un altro ancora con un pennellino cercava impronte digitali sulla portiera della macchina di Ben.
“Che cosa sperano di trovare a parte le impronte di…” ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da una voce roca alle sue spalle.
“Ispettore Gerkhan, se sta cercando il suo collega, sappia che non è qui” Semir si voltò e davanti a lui comparve un uomo alto, di corporatura robusta, che squadrò Semir da cima a fondo con un’espressione quasi schifata.
 “Hans Gruber, immagino…” chiese il piccolo ispettore.
“Sì, vedo che mi conosce, coraggio mi dica dov’è il suo collega” chiese ruvido Gruber.
Semir avrebbe voluto saltargli al collo e strozzarlo, come era riuscito quel bastardo a far incastrare Ben di un omicidio il cui colpevole, forse, era proprio davanti a lui?
Il piccolo ispettore non mosse un muscolo, guardava il suo interlocutore come si guarda un viscido verme.
“Gerkhan la smetta di guardarmi in quel modo, avermi contro non gioverà né a lei né al suo collega” continuò imperterrito Gruber vedendo che Semir lo guardava ancora in malo modo.
Il vicecommissario tentò quindi una mediazione “Lo so cosa sta pensando ispettore, ma ragioni, come potrei essere l’assassino della Renner, a quell’ora era in servizio con un  collega…”
“Vedo che il commissario Weissman l’ha subito informata e per quanto riguarda l’ora dell’omicidio…già ha un bel alibi di ferro…e poi sarei io il complice…” ironizzò Semir.
“Senta Gerkhan” continuò mellifluo Gruber “La veda da un altro punto di vista. Il commissario Weissman mi ha detto che Jager conosceva la vittima e che si sono visti alla stazione, magari hanno parlato e poi lui l’ha uccisa”
“Scusi e il movente?” domandò Semir alzando un sopracciglio mettendo le mani sui fianchi.
“Il famoso carico d’armi scomparso cinque anni fa” replicò secco Gruber.
“Non vedo cosa c’entri con Ben” confutò Semir.
“Con il passare del tempo si è venuto a sapere che la Renner, la donna uccisa alla stazione, fu l’autrice della soffiata,  lavorava  sotto copertura ed era in servizio all’LKA e guarda caso il suo collega lavorava all’LKA. Jager può aver sentito dell’imminente operazione dalla Renner o da altri. Visto che poi dopo poche settimane approdò all’autostradale, perché non essere lui l’autore di quel massacro e della sparizione delle armi? Al mercato nero valevano svariati milioni di euro. La Renner potrebbe esserne venuta a conoscenza, magari lo ricattava, lui all’inizio ha pagato il suo silenzio, ma poi forse avrà voluto troppo, Jager non poteva più permettersi di pagare il suo silenzio gli ha dato appuntamento alla stazione dei treni e l’ha uccisa”
“Però le inventa bene le storie, ma sa una cosa? Avrei supposto la stessa cosa…ma con lei nelle vesti di assassino. Ascolti me ora” lo sfidò Semir “Una testimone l’ha vista , lei ovviamente sa chi è tenuto conto che Weissman l’avrà sicuramente informata perché a questo punto penso che in questa storia centri anche lui…sa che se trova  Ben trova anche lei…” ma Gruber non gli lasciò finire il discorso.
“Senta vediamo se le piace anche questa di teoria, la testimone ha visto due uomini, ma uno era il suo ‘eroe’…magari erano pure d’accordo. Se Jager finisse in galera, la ‘mocciosa’ verrebbe sbattuta  in una casa famiglia se non in un riformatorio, con conseguente addio a privilegi e capricci di ogni genere. Però pensandoci bene per essere un poliziotto il suo collega vive nel lusso, avrebbe potuto addirittura permettersi dei sicari che facessero il lavoro sporco al posto suo” ribatté Gruber.
“Via lo sanno tutti che Ben è figlio di un imprenditore molto facoltoso, non aveva bisogno di altri soldi, bastava chiederli al padre…”
“L’avidità è una gran brutta bestia…”
“Allora mi tolga una curiosità” lo incalzò Semir “Cosa era venuto a fare qui?”
“Sono venuto qui per parlagli, Weissman mi ha detto che era meglio risolver la questione subito, prima di innescare altre accuse senza senso. Io sono innocente, non c’era nessuna prova allora è nemmeno adesso. Lui per tutta risposta mi ha sparato contro è un miracolo se non mi ha colpito” poi puntando un dito contro a Semir sbottò “Per lei questo cos’è se non una conferma ai miei sospetti? Sa penso che fu lui che diede inizio a tutti i sospetti che caddero su di me dopo la sparizione del carico d’armi. Tentò di incastrarmi allora e anche adesso” Gruber ora stava quasi urlando.
“Mi spiace che non l’abbia presa” pensò tra se Semir, poi tentò l’ultima carta.
“Ben innanzitutto è un ottimo tiratore, mi stupisce che non l’abbia colpita, ma forse lei è stato così vigliacco da sparagli alle spalle” poi puntandogli lui questa volta un dito contro replicò “E mi dica come mai non ha chiamato rinforzi? Lei non era venuto per arrestarlo o semplicemente per parlargli, lei gli ha teso un’imboscata, ma Ben è stato più in gamba di lei…E lei codardo è scappato…” Semir si stava visibilmente alterando, era sicuro di avere davanti a sé l’assassino della Renner e non solo. Purtroppo non aveva prove, Gruber aveva un alibi e le spalle coperte dal commissario Weissman e fino a prova contraria per il momento restava innocente.
“Stia attento alle sue parole Gerkhan…”sibilò Gruber.
“No stia attento lei Gruber” tuonò Semir “Sono sicurissimo che lei sia venuto qui per uccidere Ben, magari pensava di trovare anche la bambina. Sicuramente il mio collega ha trovato qualcosa che io non so ancora, ma come lo ha scoperto lui lo scoprirò anche io . Spero solo che Ben sia ancora vivo, perché se gli ha fatto qualcosa, se anche solo gli ha torto un singolo capello…giuro che l’ammazzerò con le mie stesse mani” gli disse puntandogli ancora un dito contro.

Semir aveva appena finito di parlare quando accanto a Gruber apparve il commissario Weissman e per il piccolo ispettore quello fu davvero troppo, appena lo vide lo prese per il bavero.
“Lurido bastardo, come ha potuto, Ben si fidava di lei, lei lo ha tradito, lo ha incastrato, ha mandato il suo tirapiedi per  eliminarlo…” sbottò tutto d’un fiato il piccolo ispettore.
“Mi levi subito le mani di dosso ispettore o sarò costretto a farla arrestare per insubordinazione o peggio ancora per complicità” lo minacciò Weissman.
Con un gesto stizzoso Semir mollò la presa.
Il suo migliore amico era stato tradito da colui che in gioventù aveva considerato molto più di un padre, di questo ne era certo, come era certo che Ben fosse innocente.
Purtroppo il ragionamento di Gruber non faceva una grinza e l’ultima cosa che in quel momento voleva Semir era essere sospeso dal servizio, aveva bisogno di tutta la libertà d’azione.
Si promise calma, ma anche vendetta.
Senza nemmeno degnare nessuno dei due di uno sguardo, Semir si avviò verso gli ascensori del palazzo.
Voleva dare un’occhiata anche all’appartamento di Ben.

“Tieni il ‘nanerottolo’ sotto controllo, non ci darà tregua finché non troverà il suo amichetto. Mettigli alle costole Ritter, anzi meglio ancora, quello è nella polizia autostradale, va spesso in autostrada, ad alte velocità. Togliamocelo di torno una volta per tutte, fuori gioco lui il ‘moccioso’ tornerà allo scoperto, lo conosco bene, vorrà vendetta. Elimineremo tutti e due e così non avremo più nessuno che ci possa dare fastidio, per quanto riguarda la ragazzina, senza quei due non nuocerà più a nessuno, in caso contrario elimineremo anche lei”
 “Ho capito, informo subito Ritter” rispose con un sogghigno Gruber.
Ma  prima di lascarlo andare via Weissman  chiese ancora una cosa “Che ne è stato del cellulare e del portatile che abbiamo sottratto alla Renner?”
“Ritter, con quei ‘gingilli’ si è dato da fare” rispose l’altro “Ha detto che sia sul cellulare che sul piccolo computer non ha trovato niente. La Renner aveva formattato tutto, quindi è stato impossibile ricavarne qualcosa. Non abbiamo potuto ricorrere a gente più esperta, e quindi non sappiamo se dentro ci fossero cose compromettenti per noi. Comunque se avesse spedito mail o altro…beh a quest’ora non saremmo a piede libero, non trovi?”
“Sì, ma stiamo attenti e guardiamoci le spalle, troviamo Jager è l’unico che ci può smascherare, la sua parola vale molto, potrebbero credere alla sua versione…non possiamo correre rischi ci sono in ballo troppi affari” E con questo troncò ogni discorso e lo lasciò andare via.

Semir dopo l’accesa discussione con Weissman e Gruber aveva i nervi a fior di pelle, non poté prendere l’ascensore, uomini della scientifica al suo interno stavano facendo dei rilievi.
“Meglio così” pensò Semir salendo le numerose rampe di scale che portavano all’appartamento dell’amico si sarebbe ‘sbollito’ un po’.
Durante la salita ripensò all’accesa discussione che aveva avuto con i due funzionari della polizia ferroviaria, quei due non gli piacevano prima ed ora ancora di più, avevano l’aria di nascondere qualcosa e sicuramente si coprivano a vicenda. Pensò anche a Ben, chiedendosi come mai il ragazzo non lo avesse ancora chiamato o si fosse fatto vivo in qualche modo.
Quando uno dei due era nei guai o in pericolo tra loro c’era una sorta di regola non scritta: avvisare o quantomeno farsi trovare dall’altro.
Semir cominciò a porsi una miriade di domande : dov’era, come stava, dando per scontato che fosse ancora vivo. E Livyana? La piccola era al sicuro con lui? E se quei maledetti avessero trovato e ucciso Ben, avrebbero avuto pietà di una bambina?
Purtroppo pensando a come era stata uccisa la Renner la risposta a quest’ultima domanda era una sola.
Per i testimoni, quei bastardi, non avrebbero avuto pietà.
Decisamente.

Angolino musicale: Semir in questo capitolo ha mostrato il suo lato più ‘emotivo’ per non dire ‘sanguigno’, passi il botta e risposta con i ‘cattivi’, ma con la Kruger , non vorrei averla ‘dipinta’ un po’ antipatica; difende Ben, ma ‘a modo suo’ evitando, se possibile, di infrangere regole e ordini superiori. Le vostre osservazioni sono sempre ‘Ben’ accette, come sempre (a proposito un capitolo senza Ben…chiedo scusa, so che sarebbero bastate due righe…). Ringrazio come sempre tutti e scusate se aggiorno con ‘scarsa’ frequenza, ma il lavoro mi porta…in Giro…Bacioni. CBJ.
Hooverphonic ‘Anger Never Dies’ (La Rabbia Non Muore Mai)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=2P78nxoE_JY
Guarda le foglie come cadono giù lente Coprendo il prato giallo e verde come prova di ciò che è stato e ciò che sarà Godono delle luci confuse di un primo tramonto Non è bello provarci e fallire La rabbia non muore mai E’ parte della vita E’ parte di te La fine spegnerà il fuoco E ci farà accettare Cosa siamo propensi a perdere Guarda come cadono le lacrime Coprendo la convinzione con vuoti giuramenti Come prova di ciò che è stato e ciò che sarà…




 
 
 

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Capitolo 7
*** Piombo e sangue ***


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Piombo e sangue

Dopo l’accesa discussione avvenuta nei garage sotterranei con Gruber e Weissman Semir cercò di entrare nell’appartamento di Ben, purtroppo un agente della scientifica con addosso la tuta bianca, gli occhiali e la mascherina gentilmente lo bloccò sulla soglia.
Il piccolo ispettore lo guardò in malo modo, avrebbe voluto mangiarselo vivo all’istante, doveva per forza entrare, dare un’occhiata all’appartamento, costasse quel che costasse.
“Mi spiace Semir, ma non posso farti entrare” disse cortesemente l’uomo sbarrandogli la strada con un braccio, prevedendo che Semir non si sarebbe facilmente lasciato convincere.
“Scusi, ma lei chi è?” chiese quasi scostante Semir intuendo che il tecnico della scientifica sapeva benissimo chi era lui e non viceversa.
“Sono Rob Lindemann ti ricordi? Ben ci presentò un paio di mesi fa, suoniamo nella stessa band”
Semir fece mente locale, e il ragazzo per facilitargli le cose si levò la mascherina e gli occhiali dando modo così a Semir di riconoscerlo.
“Scusa Rob, non ti avevo riconosciuto...e non volevo essere maleducato e che…” cercò di scusarsi il piccolo ispettore.
“Non ti preoccupare con questo ‘armamentario’ addosso sarebbe stato difficile anche per mia madre riconoscermi, comunque posso immaginare perché tu sia qua” rispose comprensivo il ragazzo.
Robert, che tutti chiamavano affettuosamente Rob, era attualmente il più giovane agente nelle fila della polizia scientifica. Si era diplomato da pochi mesi e subito, grazie alle sue capacità intuitive e intellettive era entrato nella KTU. Ben lo aveva conosciuto alcuni anni prima durante un’audizione per giovani talenti  restandone piacevolmente  impressionato da proporgli immediatamente di entrare a far parte della sua band.
Il ragazzo però confidò a Ben che suonare era solo un piacevole passatempo e un espediente per poter racimolare qualche soldo, in modo da poter gravare il meno possibile sul bilancio familiare. Il suo sogno infatti era quello di entrare una volta diplomato a far parte della polizia scientifica.
Fu così che Ben ‘assunse’ Rob nella sua band, gli fece conoscere Hartmut diventandone quasi una specie di ‘clone’, ma decisamente più sveglio in campi non lavorativi. Robert instaurò subito un buon rapporto d’amicizia con Hartmut che con preziosi consigli e qualche dritta lo aiutò a superare gli esami con il massimo dei voti.
 “Semir non posso farti entrare, sai che se dipendesse da me lo farei…” chiosò comprensivo Robert.
“Dai Rob, fammi dare solo un’occhiata…” supplicò l’ispettore.
“Semir lo sai che sono nuovo…vuoi farmi perdere il posto? E poi lì dentro c’è un sacco di gente…” replicò contrito il giovane.
Passò qualche secondo in cui Semir non distolse mai lo sguardo dal giovane tecnico che alla fine capitolò.
“Uff, così non vale, tu e Ben siete impossibili quando vi mettete” sbuffò alzando gli occhi al cielo e prendendolo per un braccio condusse Semir in un luogo un po’ defilato.
Appena furono lontani da occhi e orecchie indiscreti, Rob cominciò ad informarlo su quanto era stato fatto e trovato nell’appartamento dell’amico.
“Ascolta dai primi rilievi che ho effettuato c’è del sangue, soprattutto in bagno. Ben è sicuramente ferito, ho avuto un riscontro nel database, ci sono degli asciugamani sporchi di sangue nel lavandino, confezioni vuote di garze, e del nastro adesivo. Sulla porta d’entrata, specie sulla maniglia ci sono tracce ematiche, sono presenti alcune gocce sullo zerbino, qualcuna nell’ascensore, sono certo che è stato ferito nei sotterranei, e il ‘casino’ che c’è là sotto ne è un’evidentissima conferma. Direi che è salito per medicarsi o perlomeno per cercare di arrestare l’emorragia” parlava piano, sottovoce e nel tono traspariva la preoccupazione, anche se cercava di mascherarla cercando di essere il più professionale possibile.
“Quanto sangue ha perso secondo te?” chiese Semir non riuscendo a tenere la voce ferma.
“Oddio…non poco di certo, ma così a prima vista direi neppure tanto da…” Robert non voleva essere troppo crudo e quindi lasciò in sospeso la frase.
“Non tanto da morirne dissanguato?” concluse al posto suo Semir “E’ questo che stai cercando di dirmi, Rob?”
“Sì”
“Altro?” chiese il piccolo ispettore e mentre formulava la domanda pensò a quanto avrebbe voluto scendere nei garage sotterranei e piantare un colpo in testa a Weissman e a Gruber. Si sentiva arrabbiato, frustato e disperato allo stesso tempo come mai lo era stato in vita sua, ma si promise di nuovo la calma, facendo dei respiri profondi e stringendo così forte i pugni quasi da conficcarsi le unghie sui palmi.
La cosa non sfuggì a Rob, che decise di non chiedere nulla a Semir proseguendo con le informazioni che fin lì aveva raccolto.
“Sono stati raccolti molti proiettili, il loro calibro è molto comune…li ha in dotazione la polizia ferroviaria, l’autostradale, la criminale”
“Ok ho capito, poi?” lo interruppe Semir.
“La cassaforte a muro nella camera da letto è aperta, dentro c’è una scatola vuota, potrei supporre che abbia preso tutti i caricatori che aveva a disposizione” poi la voce del giovane cominciò a incrinarsi “Da come la vedo io Ben aveva molta fretta…Semir” chiese preoccupato “Ben è nei guai?”
“A questo punto penso proprio di sì” e poggiandogli una mano sul braccio cercò di rassicurarlo “Non preoccuparti lo troverò prima che sia troppo tardi, anzi troverò sia lui che la bambina…” ma fu interrotto dal giovane agente.
“E’ scomparsa anche Livyana?” chiese quasi sbiancando il tecnico.
Robert era incredulo, conosceva molto bene la piccola, diventata una specie di mascotte per il loro gruppo. Livyana era riuscita col tempo a conquistare tutti i ragazzi della band, in particolare proprio Robert. Essere il membro più giovane del gruppo ed avere gli stessi gusti musicali aveva facilitato molto le cose.
“Senti ora vado, se ci sono novità chiamami ti prego” lo supplicò Semir.
“Certo, anche se dubito che dentro l’appartamento si possa trovare altro per poterti aiutare a trovarli” concluse Rob.
Semir fece un cenno col capo, stava per scendere le scale quando il giovane agente lo chiamò.
“Semir un’ultima cosa…i colleghi, nei sotterranei, non hanno trovato nessun proiettile sporco di sangue…sai cosa vuol dire vero?”
“Sì che Ben potrebbe averlo ancora…” il piccolo ispettore non concluse nemmeno la frase, il solo pensiero gli faceva venire la nausea.
Semir diede una pacca sulla spalla di Robert, poi scese le sale dirigendosi verso la sua auto.

“Susanne” chiamò Semir attraverso la radio di servizio.
“Dimmi Semir” rispose l’efficiente segretaria che in quel momento aveva accanto il commissario.
“Ho bisogno di sapere l’indirizzo della Renner”
“Gerkhan” intervenne la Kruger sentendo la richiesta “L’appartamento della Renner è sotto sequestro…ci sono i sigilli…”
“Senta capo, da quello che ho potuto dedurre Ben è sicuramente ferito, a casa sua hanno trovato del sangue, molto sangue. Gruber o Weissman potrebbero averlo ferito ed ora lo stanno braccando” Semir in quel momento non sapeva come meglio descrivere la situazione.
“Senta commissario per quel che ne sappiamo, potrebbe essere anche morto e per come ho potuto constatare parlando con quei due la cosa potrebbe far loro solo che piacere, quindi o mi fa avere l’indirizzo da Susanne o me lo trovo da solo!”
“Gerkhan non penso che andare a casa della Renner possa aiutarla a trovare Jager”
“Capo la prego, farei fatica anche io a spiegarglielo, la chiami intuizione, lo chiami sesto senso, ma se fosse andato là a cercare qualche indizio? Potrebbero averlo seguito, magari Ben ha scoperto qualcosa ”
Susanne era visibilmente imbarazzata mentre ascoltava lo scambio acceso di battute tra Semir e il commissario. Avrebbe voluto fornire subito l’indirizzo a Semir, ma non poteva nemmeno mettersi contro il suo superiore.
“Senta il fatto che ci sia nell’appartamento di Jager del sangue…” replicò severa la Kruger.
“La scientifica mi ha detto che appartiene a lui…” ribatté secco Semir.
“Comunque questo non dimostra niente, non abbiamo prove solo supposizioni e il caso non è di nostra competenza, le ripeto che abbiamo ordini precisi in merito”
“Senta capo la scientifica ha trovato una serie di proiettili che appartengono allo stesso calibro…”
“Le ripeto se anche fosse dello stesso calibro della pistola che ha in dotazione qualcuno alla polizia ferroviaria senza una prova balistica…”
“Commissario non hanno trovato nessun proiettile sporco di sangue” sbottò Semir con i nervi a fior di pelle.
Possibile che nessuno capisse la gravità della situazione?
“Capo la prego, mi ascolti, Ben potrebbe essere chissà dove, con un proiettile in corpo con il rischio di fare setticemia e crepare da un momento all’altro…lo sa anche lei che non può rivolgersi ad un ospedale senza che...”
“Gerkhan le ripeto lei sta facendo solo supposizioni e senza prove…” ma venne interrotta bruscamente da Semir.
“Quindi dovrei continuare a fare verbali per eccesso di velocità in autostrada e fregarmene di Ben e della piccola?” sbottò di nuovo frustrato e disperato Semir.
“Gerkhan non ho detto questo !” rimbottò Kim, poi ci fu qualche secondo di gelido silenzio.
Semir cercò di stemperare l’atmosfera, era stato impulsivo e scortese con il commissario, che in fin dei conti doveva, suo malgrado sottostare agli ordini provenienti dalla procuratrice Schrankmann.
“Capo la prego, mi lasci almeno tentare, lo sa che Ben per me è molto di più di un semplice collega”
“Commissario” intervenne Susanne sapendo che poteva incappare anche lei nelle ire del commissario che mal tollerava essere contraddetta.
“Gli dia fiducia, la prego, lo faccia per Ben e anche per la piccola”
Kim Kruger alzò gli occhi al cielo.
Anche a lei stava molto a cuore le sorti del suo agente e della bambina, ma la posizione in cui era la costringeva a seguire più le regole che il cuore.
“D’accordo, spero almeno che lei sappia quello che fa” si augurò la Kruger.
“Grazie commissario”
“Semir l’indirizzo è Kölner Straße 78…” lo informò la segretaria.
“Grazie Susanne”
“Gerkhan” intervenne la Kruger “Appena sa qualcosa mi avverta, anche se non lo do molto a vedere, ho a cuore le sorti del suo collega e della ragazzina…”
“Lo so capo, li troverò”

Semir si diresse subito verso la casa di Paula Renner.
Era pomeriggio inoltrato e un forte vento si stava alzando.
In lontananza si vedevano i bagliori di un imminente temporale che si stava avvicinando.
Semir scese dalla macchina parcheggiata dall’altro lato della strada dove si trovava l’abitazione della donna: una villetta con un piccolo giardino.
Senza dare troppo nell’occhio forzò il cancelletto.
Quando fu davanti alla porta d’entrata ebbe una sgradita sorpresa: i sigilli erano stati forzati.
Il primo pensiero fu che il responsabile di tale effrazione fosse il socio che intuendo qualcosa fosse andato lì per cercarla, ma le precauzioni in quei casi non erano mai troppe, quindi  prima di varcare l’entrata estrasse la pistola dalla fondina togliendone la sicura , aprì la porta  accese la piccola torcia che aveva con se ed entrò chiedendosi la porta alle spalle.
Dopo aver perlustrato tutto le stanze ed essersi assicurato di essere solo Semir mise i guanti e visto che le imposte erano chiuse accese la luce. Nessuno fuori si sarebbe accorto della sua presenza.
Erano quasi le sei di pomeriggio, anche quella sera avrebbe fatto tardi.
L’unica consolazione era che Andrea e le bambine erano a casa della madre di lei e quindi il piccolo ispettore non avrebbe sentito le solite ramanzine della moglie sul fatto che lui rincasava sempre a orari improponibili.
L’appartamento era stato buttato all’aria.
C’erano cassetti svuotati del loro contenuto, credenze aperte, sembrava fosse passato un tornado.
Nella camera da letto tutti i cassetti con dentro la biancheria erano stati rovesciati sopra il letto e gli armadi erano stati rovistati.
Libri e faldoni erano stati guardati e buttati a terra e la scrivania aveva tutti i collegamenti per un computer portatile che presumibilmente era stato portato via.
“Sembra che qualcuno si sia dato un gran da fare per cercare qualcosa, e aveva molta fretta, ma cosa stava cercando?”
Semir continuò a guardarsi in giro, spulciò libri per vedere se tra le pagine ci fosse qualcosa, aprì barattoli che risultavano svuotati del loro contenuto finito a terra o sopra i banconi della cucina e in bagno diede un’occhiata anche alla vaschetta dello sciacquone.
Ma anche chi era passato prima di lui aveva rovistato nei medesimi posti.
“Sicuramente non è stato Ben, non avrebbe mai fatto una cosa simile, lo conosco troppo bene, non erano nemmeno ladri, visto cosa hanno lasciato” pensò tra se mentre guardava i portagioielli aperti e il loro contenuto rovesciato “Ma allora chi erano e cosa cercavano? A meno che…Gruber…”
Ormai erano più di un paio d’ore che Semir stava rovistando la casa, quando sconsolato decise di andarsene.
“Niente…non ho trovato niente che possa aiutarmi a trovare quel benedetto ragazzo” pensò tra se estraendo le chiavi dell’auto dalla tasca dei jeans, che sbadatamente gli caddero per terra sul parquet.
Semir le raccolse, poi le fece ricadere, poi ripeté l’operazione un po’ più in là.
“Mapporca…il pavimento sembra…” imprecò estraendo dalla tasca il coltellino che portava sempre con sé.
Fu facile sollevare le assi del parquet, e sotto di esse trovò un piccolo nascondiglio. All’interno del piccolo pertugio c’era con una scatola, l’aprì e all’interno trovò una busta.
“E questa che cos’è?” disse sbalordito vedendo cosa c’era all’interno e preso il cellulare chiamò subito il distretto.
“Poliz…” ma Susanne fu subito interrotta.
“Sono Semir passami la Kruger, subito” disse senza tanti preamboli.
“Subito…” rispose la giovane donna.
“Mi dica Gerkhan” rispose il commissario dopo qualche secondo.
“L’appartamento della Renner è stato violato prima di me, ho trovato i sigilli rotti, tutto è stato buttato per aria, a prima vista direi che manca un computer, ma potrebbe essere stato portato via dalla scientifica, ma ci sono ancora i gioielli…questo mi fa pensare che chi è entrato non gli interessavano, non è stata una rapina, cercavano qualcosa di preciso, potrebbe essere passato Ben, ma non avrebbe messo a soqquadro la casa e avrebbe fatto in modo di non romper i sigilli, magari entrando attraverso il lucernario, capo secondo me…insomma sa come la penso”
“Se è tutto venga fuori…” ordinò il capo interrompendolo “Immediatamente, mi ha sentito?”
“Sì, anche perché ho trovato delle foto e una chiavetta USB che sicuramente chi è passato prima di me non ha trovato e forse cercava. Erano nascoste sotto le assi del parquet. Commissario sono foto schiaccianti, ritraggono Gruber e Weissman  in compagnia di personaggi legati allo spaccio di droga…e chissà cosa continente la chiavetta ”
“Venga subito al commissariato, Gerkhan” lo incalzò la Kruger “Poi avviseremo la Schrankmann…forse è il caso che l’indagine passi a noi…”
Semir mise le foto nella tasca interna del giubbotto, mentre d’istinto mise la chiavetta USB nella tasca segreta che aveva all’interno della fodera della giacca.
Era un vecchio trucco che aveva imparato in gioventù e che aveva insegnato anche a Ben.
Già Ben…chissà dov’era quel benedetto ragazzo e come stava. Ammesso che fosse ancora vivo.
“Se Ben fosse morto…lo saprei…” si disse convinto Semir “Verrebbe in versione ‘fantasmino’ e mi direbbe di trovare Livyana…perché…perché di sì ecco!” Scrollando la testa scacciò dalla mente quei strani e tristi pensieri, chiuse tutte le luci, aprì la porta e uscì dall’appartamento dirigendosi verso la sua BMW.

Intanto non molto distante dalla casa della Renner un uomo a bordo di un’ Audi  fece una telefonata.
“Sì capo, sono Ritter, il ‘nanerottolo’ è uscito ora dall’appartamento della Renner, è stato lì un bel pezzo, noi non abbiamo trovato nulla, dubito che lui abbia trovato qualcosa…sì fra un po’ non potrà più nuocere a nessuno…sì controllo… se dopo è ancora vivo…sì lo finisco…”
“Assicurati che sia così, non mi deludere” rispose Weissman dall’altro capo del telefono.
Pochi istanti dopo l’Audi partì seguendo a debita distanza l’auto di Semir.

Angolino musicale: Semir quando si mette è ‘tosto’, e a quanto pare il suo intuito non sbaglia mai, nessuno lo fermerà più…o forse sì??? Ben…ecco avevo promesso sue notizie, sono arrivate da un amico ‘molto speciale’…so che così non ho accontentato chi voleva notizie…dalle sue labbra (se mi è permessa l’espressione), ma spero di farmi perdonare con ‘un paragrafo Matyosissimo’ nel prossimo capitolo…
M people ‘search for hero’ (cerca l’eroe)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=ntuqTuc6HxM
A volte il fiume scorre, ma niente respira Un treno arriva ma non parte mai E’ una vergogna Oh, la vita, l’amore che se ne va dalla porta E’ così una vergogna essere ricco o essere povero. Ma è allora, allora che la fede arriva Per farti sentire almeno vivo Ed è per quello che dovresti continuare a mirare alto Cerca te stesso e brillerai Devi cercare l’eroe dentro te stesso Cerca i segreti che nascondi Cerca l’eroe dentro te stesso Finché non trovi la chiave per la tua vita In questa vita, per quanto lungo e difficile possa sembrare Vivi come se vivessi un sogno Mira così alto Continua a far brillare la fiamma della verità Il tesoro perduto che devi trovare Perché tu e solo tu da solo Puoi costruire un ponte sul fiume Tessi il tuo incantesimo nel ricco arazzo della vita Il tuo passaporto per un sentimento supremo
 
 
 

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Capitolo 8
*** Autostrada per l'Inferno ***


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Autostrada per l’inferno
 
Erano ormai le nove di sera, su Colonia si stava abbattendo un violentissimo nubifragio. I tergicristalli dell’auto di Semir che percorreva l’autostrada, facevano quasi fatica a mantenere una discreta visibilità, ma nonostante questo l’ispettore non si fermò.
Doveva subito far visionare al commissario Kruger e ai colleghi della scientifica cosa aveva trovato a casa della Renner. 
Decise seppur con molta cautela di proseguire, doveva  trovare il suo amico, lo voleva accanto a sé seduto sul sedile e le foto e la chiavetta USB di cui ora era in possesso avrebbe forse facilitato il suo ritrovamento.
E sicuramente con le prove che aveva trovato la procuratrice Schrankmann avrebbe istituito un’indagine parallela, affidandola alla polizia criminale, forse anche alla disciplinare, magari se la Kruger avesse insistito un po’ anche a loro, in ogni caso non sarebbe stata più solo e soltanto competenza della polizia ferroviaria.
“Ti troverò ragazzo, dovessi setacciare tutto il mondo palmo a palmo, ti conosco, posso immaginare dove puoi esserti nascosto in attesa che le acque si calmino un po’…”
Mentre formulava ipotesi, tutt’ad un tratto ebbe come una folgorazione, gli vennero in mente le parole che Ben aveva detto ad Andrea, le aveva detto che sarebbe andato in un posto sicuro.
“E se si fosse rifugiato nella casa del padre? Tentar non nuoce” pensò tra se e con i comandi presenti nel volante compose un numero telefonico. Semir era certo che per Ben la villa a Düsseldorf del padre poteva rappresentare un posto più che sicuro.
“Casa Jager” rispose dall’altro capo del telefono una pacata Helga.
“Helga, sono Semir” rispose il piccolo ispettore avvertendo che i suoi battiti cardiaci cominciavano a farsi decisamente più frequenti.
“Ha notizie di Ben?” chiese con tono preoccupato senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, il ‘suo’ ragazzo le aveva detto di non dire a nessuno dov’era, neanche a Semir, quindi la domanda era stata posta per sviare ogni sospetto. Tutti i telegiornali infatti avevano dato la notizia che Ben era ricercato per omicidio, sottraendosi all’arresto dopo aver sparato ad un poliziotto.
“Helga la prego…mi dica: Ben è lì? Sta bene?” chiese pieno di speranza, saltando i convenevoli.
“No ispettore” disse con voce triste la governante che di fatto non gli aveva proprio mentito del tutto, viste le condizioni in cui si trovava il ragazzo.
Ma Semir insistette, perché nella voce della governante percepì…troppa sicurezza. “Helga la supplico, mi dica solo se è lì, non verrò a cercarlo glielo giuro, mi assicuri che è lì e che sta bene…e anche Livyana” quasi implorò l’ispettore.
Quanto avrebbe voluto dirgli la verità, ma aveva promesso a Ben…
“Semir, se Ben fosse qui, se stesse bene, se ci fosse anche la piccola. Vorrei tanto dirle che è qui, che il mio ragazzo e Livyana stanno bene…purtroppo…” e scoppiò a piangere.
Semir non insistette e dopo averla salutata riattaccò.
Le sue speranze di avere almeno la certezza di sapere dov’era Ben e che stava, malgrado fosse ferito, abbastanza bene si sgretolarono come un castello di carte.
Mesto, sotto il diluvio che si stava abbattendo ancora su Colonia proseguì per la sua strada.

Helga poggiò il cordless sul comodino accanto al letto dove Ben, febbricitante continuava a delirare.
Ogni tanto la donna gli cambiava la pezza che aveva sulla fronte per rinfrescarlo un po’e con un’altra gli tamponava il viso madido di sudore.
“Mamma…mamma dove sei… ti prego non ce la faccio più, aiutami” farfugliava Ben.
Nel vedere il ragazzo così sofferente, Helga si sentì morire. Ben continuava a chiamare la madre defunta e lei non poteva fare nulla per farlo stare meglio.
D’istinto gli prese una mano, era caldissima sembrava che bruciasse, come tutto il corpo, ma il dottore che lei aveva di nuovo chiamato gli aveva confermato che era la normale reazione del corpo, non era in pericolo di vita e gli antibiotici somministrati stavano dando i risultati sperati.
“Ben, figliolo sono qui…” disse tra le lacrime Helga non riuscendo più a trattenerle.
“Mamma…non mi lasciare” disse Ben stringendo la mano della donna.
Helga ebbe un nuovo tuffo al cuore. Non lasciò la mano di Ben fino al giorno dopo, quando la piccola di corsa entrò nella stanza spaventatissima.
“Livyana, piccola mia…cosa…” la bimba entrando l’aveva quasi fatta sobbalzare nella poltrona.
“Helga…è…è successo una cosa spaventosa” balbettò tra le lacrime Livyana.

Semir aveva appena riattaccato il telefono, Ben non era dal padre e se lo fosse stato Helga glielo avrebbe fatto capire anche senza dirglielo apertamente, ma nelle sue parole la governante non fece supporre nulla che inducesse Semir a pensare che fosse lì, anzi era sicuro che la donna dicesse la verità.
Quindi sconsolato cercò di ragionare su un altro possibile nascondiglio.
“La sala prove!” esclamò, ma poi pensandoci bene “No troppo banale. E se invece fosse la casa dei genitori di Livyana? Chi andrebbe a cercarlo là?”
Decise quindi di tentare, sarebbe uscito dall’autostrada e avrebbe preso la direzione opposta a quella per raggiungere la sede della CID. Avrebbe impiegato solo una ventina di minuti, per raggiungere l’abitazione dei Karpov poco tempo, ma forse avrebbe trovato Ben e quindi valeva la pena andare a vedere di persona.
Improvvisamente sentì un rumore sordo proveniente dall’auto, l’istinto fu subito quello di frenare, ma i fremi non risposero ai suoi comandi.
“Mapporca…” imprecò tentando di fermare il mezzo anche con il freno a mano, ma neppure quello funzionò.
Pochi metri davanti a lui si presentò una curva , non riuscendo a frenare l’affrontò ad una velocità elevatissima. Semir non riuscì neppure a sterzare, sembrava che tutto ad un tratto la macchina non rispondesse a nessun comando. La BMW sfondò il guardrail volando giù dalla scarpata. L’auto si fermò contro un grosso albero dopo una serie che a Semir risultò infinita di carambole fermandosi in fondo al dirupo.
Mentre precipitava il piccolo ispettore sentì una serie infinita di colpi, gli airbag che gli scoppiavano in faccia, le cinture di sicurezza che lo strattonavano da bloccargli quasi il fiato. Poi uno colpo violentissimo alla testa e per Semir fu tutto nero.

Pochi istanti dopo sul ciglio della strada lontano dal punto d’impatto della BMW con il guardrail, si fermò un’Audi nera.
Le altre macchine non fecero caso né al guardrail sfondato né all’uomo che scendeva dall’auto e che con una piccola torcia elettrica si dirigeva verso il fondo della scarpata.
Pioveva a dirotto e i veicoli di passaggio prestavano più attenzione alla strada che ad qualsiasi altra cosa.

Gedeon Ritter faceva fatica a tenersi in piedi, ma doveva raggiungere l’auto del poliziotto e assicurarsi che fosse morto, se non fosse stato così doveva finire il lavoro.
I tuoni e i lampi illuminavano la scena e l’uomo vide finalmente la carcassa dell’auto.
Con la torcia illuminò l’interno dell’abitacolo, Semir era ancora legato con la cintura di sicurezza e aveva il volto coperto di sangue.
“Adesso manca solo il moccioso” pensò malefico Ritter.
Stava per tastagli il polso per assicurarsi che fosse davvero morto quando fu attratto da una busta gialla che usciva dalla tasca interna del giubbotto.
“Ehi laggiù…c’è qualcuno?” gridò qualcuno sul ciglio della strada all’altezza del guardrail sfondato.
Appena udì quei richiami Ritter, senza neppure guardarne il contenuto mise la busta nella tasca della propria giacca e contemporaneamente spense la torcia.
Poi si allontanò nell’oscurità, risalendo la scarpata, mentre l’automobilista che si era fermato andava verso la sua auto in cerca di una torcia elettrica.

Christian Adelscott faceva quella strada ogni volta che andava a casa della sua ragazza ed era sicuro che, il giorno prima il guardrail fosse integro.
Spinto dalla curiosità e non solo aveva accostato la macchina sul ciglio della strada , anche se in cuor suo si chiedeva chi glielo avesse fatto fare visto il diluvio che si stava abbattendo sull’autostrada in quel momento.
Una volta sceso dall’auto si sporse al limite della scarpata e gli sembrò di vedere una luce in fondo al burrone.
Chiamò a gran voce, ma non ricevette risposta, quindi tornò alla sua auto per prendere una torcia.
Il ragazzo cominciò con molta cautela e con non poca difficoltà a scendere verso il fondo del dirupo, mentre Ritter approfittando della situazione salì sull’Audi e partì.

Intanto alla sede della CID l’attesa si stava facendo insostenibile.
“Susanne” chiamò dall’ufficio la Kruger “Gerkhan non è ancora qui e non risponde al cellulare, lo chiami via radio per favore”
“Commissario” chiamò dopo qualche minuto Susanne “Semir non risponde nemmeno alla radio…”
“Rintracci subito il GPS dell’auto…questo silenzio non mi piace”
Susanne stava per attivarsi quando una sconvolta Jenny corse incontro alle due donne.
“Commissario…è successo una cosa tremenda…Semir…ha avuto un incidente…lo stanno portando all’ospedale…è grave…”
La donna senza pensarci due volte prese il soprabito e si avviò verso l’uscita.
“Vado all’ospedale, voglio sincerarmi personalmente delle condizioni di Gerkhan” poi rivolta a Jenny e a Dieter “Voi due recatevi subito sul luogo dell’incidente e lei Susanne chiami subito Hartmut voglio che faccia subito i rilievi del caso”
“Capo” domandò sbigottita la segretaria “Non penserà che si sia trattato di…” ma la giovane donna non riuscì a finire la frase. Kim la interruppe passandole accanto.
“Dovevo fidarmi subito, dovevo dar retta a Gerkhan, rischio di perdere i miei uomini migliori in un sol giorno”

Kim Kruger si riteneva una donna tutta d’un pezzo. Dal suo staff era ritenuta una donna gelida e a volte quasi priva di sentimenti, ma il suo comportamento era consono al ruolo che ricopriva. Considerava i suoi uomini non solo dei semplici sottoposti , ma persone fidate ed efficienti e perché no la sua nuova famiglia. Molte volte li aveva rimproverati, per il loro modo d’agire, per le auto di servizio distrutte e utili solo per lo sfasciacarrozze, ma non si era mai pentita di aver dato loro la massima fiducia.
Spesso aveva avuto screzi con i suoi due ispettori, molte volte avrebbe voluto punirli severamente per aver agito sopra le regole e senza il suo consenso. Ma sapeva che Gerkhan e Jager non avrebbero mai agito in maniera sconsiderata e questo la faceva stare abbastanza serena.
Ora mentre si apprestava a percorrere gli ampi corridoi dell’ospedale aveva il cuore che le batteva come fosse impazzito. L’idea di restare anche senza Semir le risultava insopportabile.
La donna si ritrovò davanti alla sala d’attesa della rianimazione e in quel momento fu raggiunta anche da Andrea. La donna era sconvolta ed aveva gli occhi rossi e gonfi per le lacrime versate.
“Come sta?” chiese disperata Andrea vedendo il commissario.
“Sono appena arrivata...” le rispose andandole incontro Kim.
Dopo una lunga attesa in una piccola saletta attigua alla sala operatoria uscì un medico.
“Siete i parenti dell’ispettore Gerkhan?”
Vedendo che Andrea era troppo distrutta dal dolore per parlare Kim prese la parola.
“Sono il commissario Kim Kruger e sono il diretto superiore dell’ispettore Gerkhan e questa signora è la moglie” disse facendo le dovute presentazioni.
“Dottore, mio marito?...” riuscì poi a balbettare sottovoce la donna tra i singhiozzi.
Il medico senza tanti convenevoli arrivò subito al dunque.
“Suo marito nell’incidente ha riportato svariate contusioni, nessuna lesione interna per fortuna, ma quello che ci preoccupa maggiormente è la forte commozione cerebrale. Purtroppo allo stato attuale non possiamo valutarne le conseguenze. Avremmo un quadro più chiaro quando si sveglierà, ma non è detto che questo accada presto, potrebbe anche non riprendere più conoscenza”
“Come??? Come sarebbe a dire che …” Kim era sconvolta.
“Posso vederlo ?” chiese quasi con un sussurro Andrea.
“Certo adesso lo stanno portando in reparto, lì potrà stare tranquilla” rispose il medico.
Kim Kruger rimase in piedi a fissare un punto indefinito davanti a lei, mentre un’infermiera accompagnava Andrea ai reparti.
Non osava minimamente pensare che l’uomo avrebbe potuto non svegliarsi mai più. Nella sua mente si aprirono scenari quasi apocalittici. Forse aveva ‘perso’ Ben, non voleva ‘perdere’ anche Semir.
Mesta uscì dall’ospedale per far rientro al commissariato.
Quella notte l’avrebbe passata lì in attesa di eventuali sviluppi.



Angolino musicale: altro che coppia d’oro, coppia decisamente malconcia, ma al peggio non c’è mai fine, come diceva il buon Tom Kranich…
Jaselli - The End (la fine)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=QpGmKEDx-js
Questa forse non è Forse questa non è Questa è la fine oh la fine Siamo perduti in un oceano di devozione ai nostri fantasmi appesi alle peggiori parti della nostra natura è un parte di ciò che stiamo passando e di ogni cosa e stiamo al gioco senza lamentarci siamo attori che recitano parti e copioni che non abbiamo mai letto e stiamo al gioco senza lamentarci, ma nel profondo so che siamo diretti verso l’abisso forse questa non è questa è la fine oh la fine il suo è un addio non ci sarà una prossima volta sai che a volte anche i momenti più belli hanno bisogno di finire…

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Capitolo 9
*** giorni difficili ***


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Giorni difficili

I giorni che seguirono furono giorni difficili per tutti.
Semir fortunatamente si era svegliato il giorno dopo e ora, seppur lentamente, si stava riprendendo, ma il commissario Kruger aveva preferito tenere la notizia all’oscuro di tutti, per non dar modo a chi aveva tentato di uccidere il suo ispettore di finire il lavoro.
Semir era stato quindi dichiarato morto il giorno stesso dell’incidente ed ora era registrato sotto falso nome. Solo i medici e i pochi infermieri che avevano a che fare con lui, Andrea e naturalmente Kim conoscevano le reali condizioni del piccolo ispettore.
Il giorno seguente all’incidente Hartmut aveva lavorato alacremente sui rottami della BMW  e aveva scoperto che la macchina era stata sabotata.
Al distretto regnava la tristezza più assoluta; i colleghi di Ben e Semir ne piangevano la scomparsa. Solo il pensiero e la speranza di trovare almeno Ben vivo li spronava a proseguire nelle indagini.
L’atmosfera che aleggiava nella sede dell’autostradale era funerea e anche molto tesa, quasi elettrica, bastava un nonnulla per far saltare gli animi già duramente provati. Un giorno un agente giunto da una sede vicina a dar man forte al comando aveva candidamente consigliato alla Kruger di inoltrare al comando generale la richiesta di altro personale, scatenando la furia della donna. Non ci sarebbe stata nessuna nuova assunzione fino a che non si fosse trovato Ben.
O almeno il suo corpo.

Intanto nella casa paterna di Düsseldorf Ben si stava riprendendo, la febbre cominciava a scendere e la ferita che veniva esaminata giornalmente dal dottor Henning era in via di guarigione.
Livyana passava i giorni a leggere nella grande biblioteca della villa, ad aiutare Jorge nella cura del grande parco o Albert in quella dei cavalli, a suonare una vecchia chitarra di Ben di quando era bambino e ogni tanto andava anche dal ragazzo per fargli un po’ di compagnia.
Helga invece si occupava quasi a tempo pieno di Ben.
Verso sera la donna entrò nella sua stanza per portagli la cena. Ben se ne stava pensieroso disteso sul letto guardando un punto indefinito fuori dalla finestra; per tutto il pomeriggio non aveva mai dormito ed ora che cominciava a stare meglio essere costretto a letto diventava sempre più pesante. Avrebbe voluto suonare un po’la chitarra, ma il dolore della ferita ancora non del tutto guarita lo bloccava dopo pochi accordi. Alzarsi e sedersi al pianoforte della madre poi, sarebbe stata una missione impossibile visto e considerato che il dottor Henning gli aveva caldamente consigliato il riposo quasi assoluto.
Ben appena sentì la porta aprirsi si voltò verso la donna incrociando il suo sguardo.
“Ciao ragazzo mio, come stai” domandò affettuosa la governante.
“Nelle tue mani sto sempre bene” replicò lui con un filo di voce.
“Sei il solito ruffiano” sentenziò abbozzando un sorriso la donna.
“Grazie per quello che stai facendo per me, per Livyana”
“Ben quante volte devo dirtelo che per me sei come un figlio”
“Lo so e non smetterò mai di ricordarmelo e di ringraziarti abbastanza” replicò con dolcezza il ragazzo.
“Ti ho portato la cena” disse poggiando un vassoio sul comodino.
“Quella non ha l’aria di essere una costata con le patatine” cercò di sdrammatizzare il ragazzo.
“Lo so che non ti piacciono le minestrine, ma abbi pazienza ancora un po’…”
“Helga” chiamò piano “Da quando sono qui…Semir…mi ha cercato?”
“Semir mi ha telefonato il giorno dopo il tuo arrivo, ma io gli ho riferito che non eri qui, ho fatto come mi avevi chiesto, nessuno sa che tu e la piccola vi nascondete qui, a parte Jorge, Albert e Max” e alla donna vennero i brividi, poteva essere l’ultima persona ad aver sentito Semir prima del fatale incidente, ma naturalmente questo non lo disse a Ben.
“Ero certo che Semir mi avrebbe cercato” continuò Ben ritornando a guardare fuori dalla finestra il cielo color cobalto “Quello che trovo strano è che non sia venuto di persona, il mio socio starà impazzendo e mi dispiace farlo star male per colpa mia, ma prima devo mettermi in sesto, ordinare un po’ le idee. Se Semir è tenuto sotto sorveglianza, se viene qui…saremmo tutti in pericolo”
“Già, ma ora che ne dici di mangiare un po’? Devi rimetterti in forze” consigliò con fare materno la governante.
“Helga” chiamò di nuovo Ben ritornando a guardarla negli occhi.
“Dimmi tesoro…”
“Mentre ero in preda…insomma mentre deliravo…ho sognato la mamma…era come se fosse presente, qui accanto a me”
“Una madre sta sempre vicino ai propri figli, anche se è in cielo” disse con tenerezza Helga, e quelle parole Ben le conosceva bene; spesso le aveva sentite da piccolo da sua madre prima che morisse e da Helga dopo la sua morte.
“Però era diverso, mi teneva la mano, mi parlava, mi confortava”
Ben studiò per un attimo la reazione di Helga, e a fatica si mise a sedere sul letto “Ma eri tu, lo so che eri tu…ti ho sempre considerato una seconda mamma, lo sai vero?”
E senza rendersene conto si ritrovò a piangere tra le sue braccia.
“Mi manca Helga, mi è sempre mancata e in questi giorni mi manca ancora di più”
Helga strinse a sé il ragazzo. Secondo lei anche se non lo dava a vedere non si era mai ripreso dal tutto dalla morte della madre, presente sempre nei suoi pensieri. Come poteva ora dirgli che anche il suo migliore amico era morto? Che Ben non avrebbe più rivisto Semir?
Già Livyana aveva pianto molto la perdita dello ‘zio’, ma era riuscita a non dire niente al ragazzo, ignaro di ciò che era accaduto. Nella sua stanza infatti non c’era un televisore e Ben non aveva mai fatto richiesta di un computer o altro.
La governante dopo qualche minuto in cui lo lasciò sfogarsi un po’, con gli occhi lucidi sciolse quell’abbraccio, poi gli porse il vassoio con la cena.
“Ora mangia un po’ torno più tardi è ora di preparare la cena anche per gli altri”
“Certo e scommetto che per loro non c’è la minestra” replicò Ben cercando di far ritrovare il sorriso ad Helga.
“Tra qualche giorno mangeremo tutti assieme promesso e niente minestrina” stette allo scherzo la governante dopo di che uscì dalla stanza.
Appena chiusa la porta alle sue spalle il sorriso sul suo volto si spense, e silenziosamente cominciò a piangere.

Nel frattempo una stanza dell’ospedale di Colonia era divenuta una specie di succursale della sede della CID.
Il commissario Kruger si recava da Semir ogni giorno verso tarda sera, l’orario ideale per fare il punto della situazione visto e considerato che per i corridoi del nosocomio c’era poco personale, giravano pochissimi pazienti e non c’era nessun visitatore.
Questo per evitare il più possibile sospetti o fuga di notizie.
“Capo” chiese per l’ennesima volta Semir.
“No Gerkhan purtroppo nulla…” rispose triste la donna.
Questa scambio di battute era diventato ormai una sorta di saluto, appena Semir vedeva Kim le chiedeva se c’erano novità sulla scomparsa di Ben e purtroppo la risposta era sempre la stessa: del ragazzo e della piccola ancora nessuna traccia.
“Ho parlato con la procuratrice Schrankmann, mi ha detto che senza prove non possiamo incriminare nessuno come era logico supporre, il fatto che Jager sia scomparso, che la piccola abbia riconosciuto Gruber e poi sia scomparsa anche lei, le foto che lei ha visto a casa della Renner e che purtroppo son scomparse…purtroppo abbiamo le mani legate, e non possiamo fare niente…” delucidò sconsolata Kim seduta sulla poltroncina accanto al letto di Semir.
“Lo sa che se Ben è ancora vivo e venisse a sapere che sono morto…”
“Lo so e non glielo nascondo…a volte voi due mi fate paura. Jager cercherà e vorrà vendetta, come l’ha voluta lei quella volta dopo i fatti di Berlino…”
Tutto ad un tratto nella testa di Semir si accese la classica lampadina.
“Che idiota che sono…come ho fatto a non ricordarmi…sicuramente è colpa della botta in testa…” disse schioccando le dita.
Kim Kruger aggrottò la fronte perplessa.
“Quando sono uscito dalla casa della Renner non avevo solo le foto, avevo anche una chiavetta USB, dubito che chi mi ha buttato fuori strada l’abbia trovata, perché l’ho messa nella tasca segreta che ho all’interno della fodera della giacca”
“I suoi effetti personali sono ancora alla scientifica” confermò Kim.
“E allora come è possibile che Hartmut non l’abbia trovata???” replicò scocciato Semir.
“In verità a nessuno è venuto in mente di esaminare i suoi effetti, a me per prima. Il giorno successivo all’incidente alla scientifica c’è stato molto da fare, oltretutto avevo dato priorità di visionare la carcassa della sua auto, le telecamere presenti in città, vicino alla casa della Renner, qualcuno avrebbe potuto seguirla, sabotare la macchina, seguirla in autostrada, magari potevamo avere qualche riscontro…”
Mentre parlava Kim si alzò dalla poltroncina e facendo avanti e indietro per la stanza telefonò subito al numero privato di Hartmut che in quel momento visto la tarda ora era a casa sua.
“Pron…” Hartmut non fece nemmeno in tempo a finire la parola che il commissario, lo incalzò subito.
“Freund avete esaminato gli effetti personale dell’ispettore Gerkhan?” chiese imperiosa senza tanti giri di parole.
Hartmut si stupì di quella domanda.
“Certamente capo, ma non vi abbiamo trovato niente di interessante…” replicò il tecnico.
Kim guardò accigliata Semir facendo cenno di no con il capo.
“Non può essere” sussurrò Semir “Gli dica di guardare meglio, gli accenni la tasca segreta”
“Siete sicuri?” insistette il commissario “Anche il giubbotto che portava al momento dell’incidente? Gerkhan vi aveva creato all’interno una tasca segreta…”
“Oddio adesso che mi fa pensare, forse non l’abbiamo visionata con le dovute cure del caso. Domani quando vado…” farfugliò il giovane tecnico.
“NON DOMANI ORA!!!” tuonò con un tono che non ammetteva repliche la Kruger, poi ritrovando la calma “Mi scusi Hartmut…non volevo essere sgarbata”
“Commissario” capendo lo stato d’animo in cui versava il suo capo “Mi dia il tempo di arrivare allo stabile della scientifica, controllerò immediatamente il giubbotto e la richiamerò appena finito di esaminarlo”
“Grazie Freund” ringraziò la donna chiudendo la telefonata.
Kim sospirò, era esausta e Semir lo notò subito. Ormai tutti si sentivano appartenenti ad una unica e grande famiglia, e quando un componente era in pericolo, tutti si davano da fare secondo le loro capacità. Ciò però portava ad un dispendio di energie fisiche e soprattutto mentali. E la lucidità a volte veniva meno. Anche quella di una donna posata come la Kruger.
“Capo vedrà Einstein troverà la chiavetta, troveremo Ben, la piccola e incastreremo Weissman e i suoi scagnozzi”
“Lo spero Semir, lo spero davvero, mi secca ammetterlo perché mi considero, anzi voi mi considerate una donna di ferro, ma mi mancate, mi mancano le vostre ‘bravate’ e tutto il resto” concluse la donna abbozzando un sorriso come per farsi coraggio.
Infine si sedette nella poltrona vicino al letto di Semir in attesa di una telefonata da parte di Hartmut.
 
Angolino musicale: ‘moribondi a distanza’ sarebbe stato perfetto come titolo (Grande Furia!)…Semir è tornato a fare ciò che gli viene meglio, mentre Ben…per adesso ‘vegeta’, ma nei prossimi capitoli…avete presente la classica quiete prima della tempesta?
Great White ‘The angel song’(la canzone dell’angelo)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=-2_4C4WSzrw
Angelo caduto strappato e contuso Pensa ai giorni migliori La vita è dura, ti tratta male Strappa via le tue ali Alza i tuoi occhi alla stella e al cielo Credi nel volare lontano Prendi i tuoi sogni, i tuoi schemi rotti E spazza via il passato trascorso Vola angelo solitario In alto sopra queste strade Vola angelo solitario Lontano dal folle desiderio Il sogno era chiaro E le notti profumate Ma come dovresti sapere Le strade sono difficili Loro sono malvagi e impauriti Dove solo le pazzie trovano l’oro Vola angelo solitario Apri le tue ali in un altra direzione Vola angelo solitario Trova una strada migliore Un giorno migliore…
 
 

 
 
 

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Capitolo 10
*** Fast and Furious ***


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Fast and Furious

Era notte inoltrata, ma alla scientifica Hartmut stava ancora lavorando alacremente.
Aveva impiegato pochissimo ad arrivare alla sede del KTU ed era certo di aver oltrepassato i limiti di velocità in più punti del tragitto, ma più delle multe il giovane tecnico aveva paura delle sfuriate del suo capo. Se lo aveva tirato giù dal letto e mandato al laboratorio un motivo c’era, e richiedeva risposte immediate.
Hartmut con fare professionale aprì le luci del suo laboratorio e dopo aver indossato il camice e i guanti in lattice prese da un armadio uno scatolone con all’interno dei sacchetti di plastica trasparente: erano gli effetti personali di Semir, raccolti dopo l’incidente.
Il giovane tecnico li prese disponendoli con cura quasi maniacale ad uno ad uno in fila sopra un grande tavolo. Per un attimo fu scosso da un brivido di freddo mentre estraeva da una busta la giacca macchiata di sangue di Semir.
Quanto gli mancavano le sue sfuriate, le sue battute sulla sua goffaggine e le sue ramanzine quando si dilungava troppo su delucidazioni o spiegazioni varie. Ne avrebbe sentite ancora, sicuramente da altri colleghi o dal commissario Kruger, ma non più da Semir e forse neanche da Ben. I suoi amici in quel momento gli mancavano tantissimo e purtroppo, pensò lui, niente sarebbe stato più come prima.
“Caspiterina quanto sangue” esclamò ad alta voce dispiegando l’indumento “Dai coraggio Hartmut, sei uno scienziato, non farti prendere dalle emozioni. Fallo per Semir…per Ben…” quindi, inspirando profondamente, cominciò ad esaminare il giubbotto con la massima attenzione, aiutandosi con l’enorme lampada provvista di lente che perdeva dal soffitto.
Ci mise qualche minuto, il commissario Kruger aveva parlato di una tasca segreta, quasi introvabile ed effettivamente se non avesse saputo della sua esistenza sarebbe stato quasi impossibile trovarla.
“E bravo Einstein!” esclamò appena la trovò, come se a dirlo fossero stati i suoi due amici scomparsi. E questo ‘auto complimento’ gli provocò una fitta al cuore. Il compiaciuto sorriso appena  apparso in volto si spense immediatamente.
Con calma e cautela aprì la tasca, all’interno vi era qualcosa: una chiavetta USB.
Il tecnico se la rigirò attentamente tra le dita, poi la infilò sul computer cominciando a visionarla.
“Grande Giove…è criptata…” imprecò poi, senza farsi prendere dal panico, si mise immediatamente all’opera per decriptarla riuscendo a visionarne il contenuto dopo una buona mezz’ora.
Prima di telefonare e informare il commissario passò altro tempo, il capo avrebbe fatto domande e preteso risposte, quindi doveva essere sicuro di ciò che aveva scoperto ed essere il più preciso possibile.

Uno squillo di telefono svegliò dal loro torpore Semir e Kim che nell’attesa si erano appisolati.
“Mi dica Freund” esordì la donna senza i soliti convenevoli, mettendolo in viva voce.
“Commissario aveva ragione, all’interno della giacca c’era una tasca segreta, ho trovato una chiavetta USB e la sto ancora visionando…”
Kim fece un sorriso verso Semir alzando un pollice. L’avevano trovata e ora forse, avevano in mano qualcosa per poter incastrare Weissman e Gruber.
“Si può sapere perché ci ha messo così tanto? Era una giacca non un tendone da circo…” sbroccò la donna.
“Beh ecco ho dovuto decriptare la chiavetta, ho usato un sistema di mia invenzione per non rovinarne la memoria nel caso ci fosse un dispositivo di autodistruz…”
Semir stava per sbottare, ma tenuto conto che la conversazione si svolgeva col vivavoce per non farsi scoprire, si morse la lingua mimando platealmente il gesto, cosa che non fece la Kruger.
“Freund per cortesia arrivi al sodo!”
“Sì certo…certo capo…” farfugliò il tecnico.
“Dunque all’interno ci sono delle cifre con delle lettere maiuscole vicino…”
“Tipo?” chiese curiosa.
“Dunque ad esempio…10.000 HG…”
“10.000 HG? Che può significare HG?” e si rivolse anche a Semir che alzò le spalle.
“Dunque HG potrebbe essere il simbolo chimico del mercurio” cominciò ad elencare il tecnico “Oppure il simbolo dell’ettogrammo, la targa automobilistica del circondario di Hochtaunus…”
“Oppure?” incalzò il commissario sentendo il frenetico picchiettio delle dita del giovane sulla tastiera.
“Aspetti sto facendo una verifica…” e mentre Hartmut cercava furiosamente una probabile corrispondenza la Kruger tolse il vivavoce.
“Che cosa potrà mai significare?” chiese Semir pettinandosi il pizzetto con una mano.
“Non saprei, vediamo se Hartmut trova qualche cosa…” replicò la donna, poi rimise il cellulare in vivavoce.
“Dunque HG …secondo ‘Wikipedia’ potrebbe essere…Hlinkova Garda  un’organizzazione paramilitare slovacca, un codice ISO rumeno, l’acronimo di ‘Hunter Games’ un libro scritto da Suzanne Collin …anche il codice degli aerei…“

Ma mentre Hartmut sciolinava le varie corrispondenze Semir ebbe una folgorazione.
“Che idiota” disse Semir ad alta voce, non ricordandosi che era in vivavoce con il tecnico “HG…non potrebbero essere le iniziali di un nome? Hans Gruber per esempio…”
“Einstein” chiese Semir preso dall’ eccitazione del momento “Ci sono altre sigle, altre iniziali?”
Ma il giovane tecnico era troppo sconvolto ed incredulo per rispondere subito alla domanda.
“Ma… ma…Semir??? Capo lì… con lei…Semir…tu sei…morto, cioè…non mi sembra, insomma…” farfugliò confuso il tecnico.
“Sì, sono io a dopo i convenevoli Einstein ” troncò come al suo solito il piccolo ispettore “Adesso ti prego rispondi alla mia domanda. Ci sono altre iniziali o sigle?”
“Sì…sì” balbettò Hartmut euforico nel sentire almeno il piccolo ispettore “Ci sono ad esempio:15.000 KW …8.000 GR…”
“KW potrebbe stare per Karl Weissman…ma GR, non saprei, a meno che non siano immischiati altri agenti” ragionò Semir.
“E quindi i numeri potrebbero essere cifre corrispondenti a soldi, mazzette o tangenti” ipotizzò la Kruger.
“Un ricatto?” suppose il piccolo ispettore.
“Perché no…” affermò il commissario.
“C’è altro Hartmut?” chiese ancora Semir.
“Beh c’è uno schema, altri numeri…dalla grafica, se poniamo come ipotesi che possano essere cifre per un ricatto o simile…potrebbero essere varie somme versate in varie date e conti bancari…aspettate che controllo….”
E attraverso il telefono si sentì nuovamente il velocissimo picchiettare delle dita di Hartmut sulla tastiera.
“Wow, questa si che potrebbe essere una cosa interessante” disse Hartmut accompagnando l’affermazione con un schiocco delle dita “Secondo voi il proprietario di questa chiavetta potrebbe essere stato un ricattatore?”
“Perché?” risposero all’unisono gli altri due interlocutori.
“Le cifre corrispondono a dei bonifici bancari presso le isole Cayman…e anche le date”
“Capo” intervenne Semir “Forse abbiamo il movente…la Renner ricattava Weissman e i suoi uomini…Ben potrebbe averlo scoperto…”
“Se anche fosse, non è una prova, la chiavetta potrebbe essere stata creata appositamente per poter scagionare Jager. Molte persone sono a conoscenza di quanto Jager significhi per ‘noi’, sanno che faremmo qualsiasi cosa per scagionarlo. La Schrankmann ci farebbe a pezzi, per non parlare degli avvocati che prederebbero le difese di Weissman o di Gruber” replicò pensierosa la Kruger.
“Semir” chiese quasi con reverenza Hartmut “Avete pensato alle conseguenze…”
“Quali conseguenze Einstein?” chiese il piccolo ispettore.
“Ben…insomma cosa succederà se Ben viene a sapere che tu sei morto…se lui è ancora vivo, magari ne è già a conoscenza”
Semir aveva spesso pensato a questa possibilità.
“So cosa vuoi dire Hartmut. Ben non avendo niente da perdere cercherà vendetta, sicuramente riterrà Weissman colpevole del mio incidente, oltretutto è stato tradito da colui che si fidava di più. La sua vendetta non tarderà ad arrivare se …se…se è ancora vivo. Per questo il commissario ha chiesto ai colleghi di sorvegliare Weissman e i suoi uomini, ma sono troppi, non sappiamo nemmeno quante persone siano coinvolte. Spero solo che Ben non venga allo scoperto senza un piano o almeno non si lanci tra le braccia di quei criminali”
“Semir se hai bisogno…insomma stiamo rischiando con la vita di Ben, perché diamo per scontato che sia ancora vivo vero?” Hartmut era contemporaneamente perplesso e spaventato.
“Hai fatto già molto, se avrò bisogno ti chiamerò. Ah Einstein” lo richiamò il piccolo ispettore.
“Dimmi Semir”
“Io sono morto, ci siamo intesi???”
“Certo …certo…”balbettò il tecnico chiudendo la telefonata, poi sprofondò nella sua poltrona e sospirò alzando gli occhi divenuti lucidi al cielo, almeno uno dei suoi amici era ancora vivo.

Regnava il silenzio più assoluto a ‘Villa Jager’.
Ben ormai non c’è la faceva più a stare a letto, si alzava solamente con l’aiuto di Helga e solo per andare in bagno, ma finalmente il giorno dopo sarebbe giunto il momento in cui avrebbe potuto alzarsi da solo e provare a fare qualche passo, come gli aveva preannunciato nel pomeriggio il dottor Henning che era venuto per la consueta visita giornaliera.
Ancora sveglio, Ben accese il piccolo abatjour che stava sopra il comodino accanto al  letto dando una rapida occhiata alla sveglia: era mezzanotte e undici minuti.
“Siamo a ‘domani’!” esultò sottovoce “E Max questo pomeriggio mi ha detto ‘domani’, quindi posso alzarmi”
Con calma e molta cautela, come se si movesse a rallentatore, buttò le gambe fuori dal letto, poi lentamente si alzò. Stette per un qualche secondo in piedi immobile con gli occhi chiusi in attesa di vedere qualche stellina o puntini luminosi.
“Niente, sembra che stia bene e non mi pare di avere giramenti o altro…”
Decise quindi di uscire dalla sua stanza avviandosi verso lo studio della governante, dove si sarebbe seduto sulla sua comoda poltrona a dondolo e guardato un po’ di televisione.
Mentre si dirigeva a passi lenti verso lo studio passò davanti alla piccola stanza dove dormiva Livyana.
La piccola era abbracciata ad un grande orsacchiotto bianco di peluche che Ben riconobbe subito. Era Roby uno degli ultimi regali che gli aveva fatto la madre Elisabeth prima di morire.
“Una volta avrei potuto uccidere chiunque si fosse avvicinato a Roby senza il mio permesso, figuriamoci portarselo a letto, comunque adesso è in buone mani…”
Proseguì arrivando davanti alla stanza dove dormiva Helga, la luce dell’abatjour era ancora accesa, la donna, semi seduta sul letto, dormiva pacifica russando sonoramente, aveva ancora gli occhiali sul naso e un  libro aperto appoggiato sul petto.
Ben si avvicinò al letto.
Con molta delicatezza prese il libro dalle sue mani posandolo sul comodino e con altrettanta sensibilità le sfilò gli occhiali, richiudendoli nella sua custodia.
“Ci credo che ti sei addormentata, bel mattone…’Delitto e castigo ’ di Dostoevskij è quasi peggio di ‘Guerra e pace’ di Tolstoj” sogghignò ben sapendo che gli scrittori russi erano i preferiti di Helga che continuava a leggere e rileggerne le opere.
Stava per spegnere la piccola luce quando il suo sguardo cadde  sopra al grande comò dove vi erano delle foto; raffiguravano lui e Julia con i genitori, lui nel giorno in cui si diplomò all’Accademia, Julia vestita da sposa, lui vestito da testimone con una raggiante Helga accanto.
“E sì cara Helga, sei proprio stata, anzi sei una mamma per tutti noi” poi chiuse la luce uscendo dalla stanza accostando leggermente la porta.
Nessun altro dormiva nella dépendance, il resto del personale, Jorge il giardiniere ed  Albert il custode riposavano negli alloggi preposti al personale di servizio della villa.

Il ragazzo un po’ in affanno finalmente arrivò allo studio di Helga, accese la piccola applique che vi era all’entrata e raggiunta la poltrona vi si lasciò letteralmente cadere. Accanto a lui sopra un piccolo tavolino c’era il telecomando del televisore.
L’accese e cominciò a fare un po’ di zapping. Dopo vari canali selezionati incappò nell’ennesima replica di un telefilm poliziesco.
“Che è…Squadra Speciale… Colonia? Stoccarda? Lipsia? Vienna? Uff…No non ci posso credere…ci sta Tom Beck pure qua? Ma è un’ossessione…” sbuffò Ben che con un gesto stizzoso cambiò subito canale.
Approdò su un canale italiano.
“Anche qui trasmettono repliche…’Il commissario Montalbano’…che peccato questa puntata me la ricordo, so già chi è il colpevole”
Il ragazzo quindi spense la televisione, si guardò un po’ attorno e la sua attenzione cadde sul computer di Helga presente sopra l’enorme scrivania.
Con un po’ di fatica si alzò dalla poltrona per sedersi su quella della scrivania, poi accese il computer.
Era un apparecchio un po’ antiquato, la donna avrebbe potuto benissimo chiederne uno nuovo al padre, magari un portatile o almeno uno con lo schermo piatto.
Dopo quello che a Ben sembrò un tempo infinito finalmente la macchina si accese.
“Vediamo cosa è successo a Colonia mentre io ero tra ‘Incubi e deliri’ parafrasando il ‘buon’ Stephen King, dunque…” Ben si sentiva in quel momento di buon umore.
Cominciò a visionare tra le pagine del principale quotidiano di Colonia: il ‘Kölner Stadt Anzeiger’, decidendo di leggere subito la cronaca visionando le notizie a ritroso.
“Omicidi, rapine, furti, violenze di vario genere…sì direi che in questi giorni Colonia e dintorni non è cambiata…ma…cosa …Semir…”

‘Fatale incidente per l’ ispettore Gerkhan della polizia autostradale’

Ben per un attimo si sentì mancare il fiato, per qualche secondo pensò addirittura di essere vittima di un infarto, tanto lo aveva scioccato la notizia o meglio il titolo dell’articolo che alla velocità della luce si mise a leggere.

“L’ispettore  capo della polizia Autostradale Semir Gerkhan è stato vittima la scorsa notte di un gravissimo incidente stradale…uscito all’altezza del chilometro 25 dove l’autostrada A57 presenta una  pericolosa curva… il poliziotto a causa dell’alta velocità e dall’asfalto reso viscido dalla pioggia è uscito di strada sfondando il guardrail…finito in fondo alla scarpata…trasportato…numerose ferite…”

Ben sentì che il panico si stava impadronendo di lui, man mano che proseguiva nella lettura.

 “…l’uomo è morto poche ore dopo il ricovero in ospedale…per un improvviso arresto cardiaco…”

Ben cercò altri articoli inerenti all’accaduto pubblicati dallo stesso giornale nei giorni seguenti.

“…le esequie si sono svolte in forma strettamente privata per volere della famiglia Il caso è stato archiviato come incidente dopo un’accurata indagine…procuratrice Schrankmann…”

“Nossignore!” esclamò sbattendo i pugni sul tavolo “Questa non me la bevo”
Ben parlava allo schermo come se fosse un suo interlocutore “Semir era troppo esperto per affrontare quella curva a velocità folle, con un nubifragio in corso. Ma dannazione, possibile che a nessuno sia balenata per la testa l’idea che possa essere accaduto altro? Perché sono l’unico a pensare che tra l’incidente, il mio ferimento, la Renner morta non ci sia un collegamento? Quell’incidente è avvenuto dopo la sparatoria nei garage di casa mia…dopo la mia scomparsa…possibile che…maledizione!!!”
Con rabbia Ben batté nuovamente i pugni sopra la scrivania, ma con più violenza facendo sobbalzare tutto ciò che vi stava sopra, ma in quel momento era troppo arrabbiato per piangere la scomparsa di Semir.
Ben in quel momento era furioso oltre ogni limite.
Furioso con Semir che molto probabilmente era morto per colpa sua, per averlo coinvolto nell’ennesimo ‘casino’ in cui si era immischiato o per un’imprudenza che tra l’altro Ben per primo non credeva.
Furioso con la procuratrice Schrankmann che sicuramente dopo le classiche quarantotto ore aveva fatto archiviare il caso come incidente.
Furioso con il commissario Kruger rea, secondo lui, di non aver svolto le indagini in modo approfondito e di aver dato retta alla procuratrice facendo chiudere il caso.
Furioso con Jenny, Susanne e Dieter che non avevano proseguito le indagini, magari per conto proprio, dopo l’ordine della Kruger di sospendere ogni investigazione.
Furioso con Hartmut, considerato che pioveva non avrà nemmeno guardato ciò che restava dei rottami della BMW o forse cosa per Ben molto probabile, gli avevano detto che trattandosi di un incidente non occorreva fare esami approfonditi e il ragazzo, purtroppo, quando si trattava di ordini provenienti dall’alto non prendeva mai l’iniziativa.
Furioso con la patologa, la dottoressa Brenner; per non aver preteso di eseguire un esame autoptico sulla salma di Semir. Eppure si conoscevano da anni possibile che avesse considerato Semir vittima di un banalissimo incidente?
E visto che c’era era decisamente furioso anche con Helga e Livyana;  la donna  soprattutto non poteva non saper nulla e deliberatamente  non lo aveva informato dell’accaduto.

Ben alzò lo sguardo dallo schermo e fu allora che la vide, sulla soglia della porta.
La governante lo guardava stringendo a se i lembi della vestaglia come per farsi coraggio. Davanti a se non aveva una persona disperata, aveva un uomo deluso, furioso e arrabbiato fino all’inverosimile che la guardava con ostilità.
“Helga perché non mi hai detto che Semir…”  volutamente non finì la frase.
La voce di Ben non era triste, né disperata; era dura, quasi feroce e Helga ne ebbe quasi paura, gli occhi del ragazzo privi di ogni emozione, occhi di ghiaccio.
La donna non riuscì a proferire parola, cercò di aprire bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito.
Ben si alzò a fatica, le passò accanto senza nemmeno degnarla di uno sguardo, ed Helga si sentì morire.
Colui che le era appena passato accanto non aveva minimamente l’aspetto del ragazzo dolce e premuroso che aveva conosciuto, cresciuto e amato.
La governante lo vide uscire dalla dépendance, solo allora trovò il coraggio di parlare.
“Ben dove stai andando?” chiamò Helga tra le lacrime.
“Non sono cose che ti riguardano, non più…” le urlò contro il ragazzo.
E si diresse verso l’entrata secondaria della villa.
Non era mai accaduto che il ragazzo le rispondesse così.
Mai.
Quella frase suonò alle orecchie della donna come un addio, fu come essere trapassata da parte a parte da una spada.
Ben a passo incerto si stava dirigendo verso l’entrata della maestosa villa, dietro di lui sulla soglia della dépendance Helga piangeva.
Pochi istanti dopo la governante fu raggiunta da Livyana. La piccola stringeva a sé l’enorme orsacchiotto bianco.
“Zia Helga ho sentito delle grida…ma tu stai piangendo…e quello è Ben…dove sta andando” chiese innocente, ma con un tono preoccupato.
“Vieni piccola rientriamo…torniamo a dormire…è tutto a posto…” rispose abbozzando un sorriso per rassicurarla e asciugandosi le lacrime con una manica della vestaglia.
Ma la bambina non credette minimamente alle parole della ‘zia’, ciononostante rientrò e tornò a letto come le aveva chiesto.

Angolino musicale Cantami, o Diva del teutonico Ben l’ira funesta. Decisamente sopra le righe il nostro ispettore, ma direi che non ha tutti i torti…Speriamo solo che Semir arrivi prima di altri…sempre se riesce a trovarlo. Due parole vorrei spenderle anche per Helga, personaggio (creato da Maty) che ho ‘piacevolmente’ adottato. Tra lei e Ben c’è un rapporto speciale, che sarà messo a dura prova…quindi per lei:
Kelly Clarkson ‘Cry’ (Piangere)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=Wju3VyXRz44
…Ogni volta che ti vedrò Manderò giù il mio orgoglio E mi morderò la lingua Fingerò che vada tutto bene Mi comporterò come se non ci fosse niente che non va E' già tutto finito? Posso aprire gli occhi? Davvero non diventerà peggio di così? E' questo che si prova a piangere per davvero A piangere? Se qualcuno me lo chiederà Dirò che ci siamo semplicemente allontanati Cosa mi importa Se mi crederanno o no? Ogni volta che sentirò Che il tuo ricordo mi starà spezzando il cuore Fingerò che vada tutto bene Mi comporterò come se non ci fosse niente che non va Sto parlando a vuoto Sto mentendo, loro lo sanno Perché tutto questo non finisce e basta?



 

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Capitolo 11
*** Il fuoco della vendetta ***


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Il fuoco della vendetta

Ben si stava dirigendo un po’ zoppicando verso l’entrata secondaria della villa. I suoi recettori del dolore erano stati azzerati da una collera quasi incontrollabile.
Rabbioso e furioso come non mai quando fu sulla soglia della porta sferrò un improvviso pugno allo stipite, accompagnando il gesto con un grido di dolore, come fosse un animale ferito a morte.
Il suo eco risuonò per tutto il parco, silenzioso a quell’ora di notte, giungendo anche alle orecchie di una disperata Helga, che nella sua stanza continuava a piangere e che, udito quel disperato urlo, cominciò a pregare Elisabeth, la madre defunta di Ben, affinché potesse in qualche modo farlo ragionare o perlomeno calmare un po’.
In quello stesso istante, come se le sue preghiere fossero state in qualche modo ascoltate, prima di entrare nella casa, quando aveva già un dito sopra la combinazione della porta, Ben si impose un minimo di calma facendo alcuni respiri profondi.
Con gli occhi chiusi, la fronte poggiata allo stipite si ritrovò a pensare al volto sorridente di Semir che non avrebbe mai più rivisto, ai volti tristi di Andrea e delle bambine e dei colleghi che avevano perso ‘un membro della famiglia’.
“Ti vendicherò Semir, gliela farò pagare a quei bastardi…te lo giuro, fosse l’ultima cosa che faccio al mondo…” e un altro pensiero cominciò a torturagli la mente.
Il suo socio aveva perso tanti amici, colleghi; anche a distanza di anni Semir soffriva ancora nel ricordarli.
Lui invece aveva detto addio solo a Herzberger , sentendone ancora la mancanza anche se erano passati già alcuni anni.
Il giovane ispettore sapeva che ricordare Otto, Chris, André e soprattutto Tom per Semir era come buttare sale su una ferita aperta, mai avrebbe immaginato di provare la stessa sensazione sulla propria pelle.
Aveva ancora nelle orecchie la voce di Semir che una volta ricordando Tom gli disse che fino a quando non succede a te non puoi sapere come ci si sente veramente, lo puoi solo immaginare, e non è la stessa cosa.
Oltretutto il suo migliore amico se ne era andato senza sapere se era ancora vivo o no.
Riaprì gli occhi, fece un altro profondo respiro dopo di che digitò la combinazione  staccando di fatto tutti i sistemi d’allarme, quindi entrò nella villa avviandosi verso lo studio del padre.
Appena aprì la porta della stanza, ricordi della sua infanzia gli affiorarono alla mente come fossero accaduti ieri.

“Papà” esordì un piccolo Ben “Zia Helga ha preparato la cena, io e Julia stiamo andando a mangiare, vieni dai, stiamo insieme un po’, ti raccontiamo della scuola, lo sai che Julia ha fatto il saggio di danza? E io suonavo il piano,  la maestra era entusiasta, ha detto che la mamma sarebbe stata…”ma il piccolo fu bruscamente interrotto.
“Non ora Ben, non ho tempo per queste sciocchezze, ho da fare, dì a Helga di tenere la mia cena in caldo, arriverò tra un po’”
“Ma papà…”insistette innocente il bambino.
“Ben per favore” tuonò il padre “Ti ho detto che ho da fare”


La stessa storia si ripeté per parecchie sere fino a che Ben decise di non chiamare più il padre e sia lui che Julia piuttosto che mangiare nel grande salone da soli preferirono di gran lunga la compagnia del personale di servizio ormai divenuti per loro una nuova e accogliente famiglia.
“Almeno prima c’era la mamma” pensò Ben a distanza di anni entrando nell’enorme studio del padre, arredato in stile antico, ma dotato di tutte le tecnologie più avanzate.
Infatti sopra l’enorme scrivania faceva bella mostra un computer che sembrava appena uscito da un laboratorio della NASA.
Tuttavia rimase piacevolmente stupito nel vedere sopra un grande schedario una foto che ritraeva lui e Julia da piccoli in compagnia dei genitori.
Accanto un telefono e fu proprio con quello che Ben dopo aver trovato il numero di casa di Karl Weissman chiamò.
Diede una veloce occhiata al grande orologio a pendolo appeso dietro di lui, erano quasi le due di notte, ma buttare giù dal letto Charly era l’ultimo dei suoi problemi.
“Pronto…” rispose Weissman con una voce che sembrava provenire dall’oltretomba.
A quel ‘pronto’ il cuore di Ben cominciò a battere all’impazzata.
Stringeva tra le mani la cornetta così forte che se non si fosse imposto un minimo d’autocontrollo l’avrebbe disintegrata nel giro di pochi minuti.
“Ti ho svegliato lurido bastardo? Posso però assicurarti che la cosa non mi dispiace, anzi…” la voce di Ben era dura.
Sfortunatamente Weissman non stava dormendo e nemmeno era solo. Con lui in casa c’era Hans Gruber.
“Ben sapessi che piacere sentirti…” rispose ironico schioccando le dita richiamando l’attenzione di Gruber.
“E’ Jager” disse coprendo con una mano il microfono della cornetta “Fai intercettare immediatamente la telefonata, Ritter è ancora al comando”
“A me no, il solo sentire la tua voce mi fa venire il voltastomaco” rispose di rimando Ben “Avrei volentieri fatto a meno di sentirti Charly, ma volevo che sapessi una cosa…” ma fu interrotto da Weissman.
“Vedo che sei astuto, mi chiami a casa così non posso intercettare la telefonata? Ho notato che hai  fatto in modo che non vedessi il numero…vediamo…stai usando un satellitare? Stai facendo rimbalzare la telefonata per tutti e quattro i continenti?”
“Fortuna che eri un insegnante, te ne sei scordato qualcuno” lo sfottè Ben.
“E chi se ne frega” rimbeccò Weissman “ Ma tornando a noi…dove ti stai nascondendo a Honolulu?” ribatté ironico.
“Charly risparmiami le battute del cavolo” replicò sprezzante Ben” E comunque  dove sono non ti interessa, ma sappi che appena le forze me lo permetteranno, sarò io che ti verrò a cercare e ti ammazzerò come si ammazza un verme schifoso come te, ti giuro che la prossima autopsia che farà la Brenner  sarà la tua” continuò secco
“Hai sulla coscienza la Renner, i poliziotti morti cinque anni fa e sono certo che dietro la morte di Semir ci sei tu e i tuoi tirapiedi”
“Il ‘nanerottolo’ è uscito di strada, moccioso, non sapeva guidare, sicuramente dagli esami autoptici risulterà  che era ubriaco o drogato, ma per l’autostradale avere tra le fila uno simile, insabbierete tutto”
“Non mi provocare Charly” ringhiò il ragazzo “Sai che non ti conviene”
“Perché non è mica vero? Sai ho visto come eravate affiatati. Me lo immagino distrutto dal dolore per averti perso. E’ finito giù per la scarpata. Punto e basta” Weissman voleva tenere al telefono il più possibile Ben, per consentire a Ritter di rintracciare la telefonata.
“Non ti azzardare a parlare così di Semir, era un ottimo pilota, il migliore che abbia mai visto e conosciuto” sbottò Ben.
La rabbia si stava impadronendo di lui e inconsapevolmente stava facendo il gioco di Weissman “Non avrebbe mai affrontato quella curva a quella velocità, sotto un nubifragio. Cosa gli avete fatto? Avete bloccato il pedale dell’acceleratore? Tagliato il tubo dell’olio dei freni, sparato alle gomme…dai dimmi lurido bastardo…”
“Io non ho fatto niente” disse con calma serafica Weissman “Tu piuttosto, scommetto che hai ucciso la Renner, magari pure i poliziotti di quella famosa sparizione…”
“La bambina ha visto il tuo tirapiedi e io le credo, avete le ore contate, questo te lo posso assicurare” e detto questo chiuse la comunicazione sbattendo il telefono, poi si sedette sulla poltrona incrociò le braccia sulla scrivania poggiandovi la testa sopra.
“Mi manchi Semir, mi manchi da morire…questa situazione…per me è…è come se fosse la fine del mondo, niente sarà più come prima. Io per primo non sarò più l’uomo che hai conosciuto, ma ti posso giurare che quel bastardo la pagherà…”
Respirava affannosamente e sudava come non mai per la tensione nervosa e aveva il cuore che gli batteva furioso nel petto, poi finalmente si lasciò andare ad un liberatorio, quanto disperato pianto.
Passarono diversi minuti in cui il ragazzo diede sfogo a tutto il suo dolore , infine asciugandosi gli occhi con il dorso delle mani uscì dall’ufficio del padre.
Ma il Ben che vi uscì non era quello che vi era entrato .
Ora i suoi occhi erano diventati di ghiaccio, mentre si avviava verso la rimessa della villa pensò che adesso non era più tempo per piangere e pensare a Semir.
La sua mente ora era tutta impegnata a trovare un modo per eliminare una volta per tutte Weissman e i suoi scagnozzi.

“Allora? Lo avete rintracciato?” chiese Weissman a Gruber una volta riagganciato l’apparecchio telefonico.
“Purtroppo telefonava con un satellitare…Ritter forse potrà  ristringere il campo con l’aiuto dei nostri tecnici, ma ci vorrà qualche ora..”
“Richiamalo e digli che appena sa qualcosa di chiamarci immediatamente, se scopriamo dove sta, lo ammazzeremo oggi stesso. Lui e anche la piccola mocciosa, così non avremo più testimoni e questa volta il caso sarà archiviato una volta per tutte e a nostro favore. Poi ce ne andremo via dalla Germania, ci goderemo i nostri soldi in qualche posto e nessuno saprà  più niente di noi. Abbiamo denaro a sufficienza per vivere duecento anni tra campagne, caviale e belle donne” sogghignò mellifluo.
“E Ritter?” chiese perplesso Gruber.
“Ritter sarà l’ennesima vittima della follia omicida del ‘moccioso’”
“Non mi è mai stato un granché simpatico” replicò diabolico Gruber.

Erano le otto di mattina quando il telefono di casa Weissman suonò di nuovo.
“Pronto” rispose brusco Weissman.
“Sono Ritter,  abbiamo circoscritto una zona nei dintorni di Düsseldorf, purtroppo non possiamo essere più precisi…”
“Non ti preoccupare Ritter, so dove potrebbe essere. A Düsseldorf c’è la villa del padre. Andremo a dare un’occhiata e se è lì ha le ore contate. Adesso raggiungici immediatamente, porta l’artiglieria, quella pesante, ci siamo capiti vero?” parlò Weissman esibendo un sogghigno quasi malefico.
Poi rivolgendosi a Gruber “Lo abbiamo beccato Hans, Jager sarà morto prima di mezzogiorno, lui e anche la mocciosa e se ci saranno altri che vorranno intralciare i nostri piani”
“Faremo fuori anche loro” concluse Gruber.
“Esatto. Regola numero uno: testimoni zero” ribatté Weissman.

Ben non aveva più chiuso occhio quella notte, aveva gironzolato per la proprietà fino all’alba e quando la luce glielo aveva permesso, era andato nell’autorimessa dove Jorge aveva parcheggiato l’auto che aveva usato per arrivare fino alla villa.
Tutto nel cassetto del cruscotto era rimasto come lo aveva lasciato.
La sua pistola d’ordinanza e due caricatori da otto colpi ciascuno. Con i restanti proiettili presenti ancora nella pistola aveva un totale di 21 colpi.
“Figo” pensò sarcastico Ben “Come la canzone dei Green Day”
Decise quindi di darle una pulita. La sua SIG SAUER era inutilizzata da qualche giorno, non voleva rischiare che si inceppasse sul più bello.
Si sedette su una sedia vicino ad un piccolo ripiano e con cura cominciò a smontare e a pulire l’arma.

Dietro di lui, poco dopo, apparve Helga, in mano una tazza di caffè fumante che appoggiò vicino al ragazzo.
Ben non la salutò nemmeno, non la degnò neanche di uno sguardo, tantomeno la ringraziò per avergli portato il caffè.
“Che stai facendo Ben?” chiese la donna cercando di instaurare un minimo di conversazione, un contatto.
“Pulisco la mia pistola, mi pare che la cosa sia evidente” rispose acido.
“Lo vedo, forse dovevo essere più precisa e chiederti cosa hai in mente” replicò la governante.
“Ti ho già detto che non sono affari tuoi”  sibilò Ben sempre senza alzare lo sguardo dalla pistola.
“E da quando non sono affari miei?” sbottò Helga mettendosi le mani sui fianchi.
Helga non ricevette risposta, ma le bastò guardare i segnali che gli mandavano i gesti bruschi del ragazzo nel pulire l’arma d’ordinanza.
“Ben” riprovò a chiamare la donna infondendo dolcezza al timbro della voce “Stai cercando vendetta? Tu non credi all’incidente, pensi di saper chi è stato a…” la donna trasse un profondo respiro per riuscire a finire la frase, l’emozione stava rendendo tutto così difficile e la sua voce era quasi roca “Semir non vorrebbe vendetta…lo sai come la pensava specie dopo gli avvenimenti di Berlino che vi ha visto coinvolti…”
“So chi è stato! Semir è morto per colpa mia, dannazione!” sbottò quasi inferocito Ben “Lui mi aveva avvertito, mi aveva detto di non fidarmi di Charly e io non l’ho ascoltato, dovevo fidarmi del mio migliore amico e invece…quei maledetti lo hanno ucciso! Gli hanno sabotato la macchina…Semir non avrebbe mai affrontato quella curva…” ora la guardava dritta negl’occhi,  i suoi erano pieni di lacrime, lacrime di rabbia e frustrazione per non essere riuscito ad evitare che Weissman e i suoi complici assassinassero il suo migliore amico.
“Ben andare da loro, farsi giustizia da solo, cercare vendetta…” Helga respirò profondamente, poi lo incalzò di nuovo “Senti  non sono fatti miei, hai ragione, ma ti prego ascoltami…se tua madre…”
Ben la bloccò e le parole che uscirono dalla sua bocca furono stilettate al cuore per Helga.
“Mia madre è morta trent’anni fa …e tu non sei lei, nessuna sarà mai come lei, quindi smettila di farmi la predica! Vattene e lasciami solo!”
Helga ancora una volta non riuscì a replicare.
Aveva paura, solo tanta paura che il ragazzo si mettesse nei guai.
Sapeva che quello che le aveva appena detto Ben erano parole dettate dagli eventi accaduti e in quel momento niente e nessuno avrebbe potuto fargli cambiare idea.
E purtroppo l’unico che avrebbe potuto farlo ragionare e proteggerlo soprattutto da se stesso era morto sull’A57.
 
Angolino musicale:direi che Ben in questo capitolo è piuttosto antipatico, certo è inc…arrabbiato, ma insomma povera ‘mamma’ Helga…Capitolo senza Semir (povero come ti tratto male, ma prometto che mi farò perdonare…).
Simple Plan ‘Untitled’ (senza titolo).
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=ZQ7oqmikZDQ
Apro i miei occhi Cerco di vedere ma sono accecato dalla luce bianca Non riesco a ricordare come Non riesco a ricordare perché Sono steso qui questa notte E non riesco a sopportare il dolore E non riesco a farlo andare via Come è potuto accadere a me Ho fatto i miei sbagli Non so dove scappare La notte va avanti nello stesso modo in cui io svanisco Sono stanco di questa vita Voglio solo urlare Come è potuto accadere a me E non riesco a cancellare le cose che ho fatto No, non posso…




 

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Capitolo 12
*** I Cavalieri dell'Apocalisse ***


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I Cavalieri dell’Apocalisse

Gedeon Ritter arrivò a casa di Weissman verso le nove.
Dopo aver suonato il campanello ad aprigli arrivò Gruber che, senza tanti complimenti, lo incalzò subito.
“Confido che tu abbia portato tutto il necessario. Non vorrei che dovessimo impallinare Jager con una scacciacani”
“Ovvio” rispose un po’ stizzito Ritter che mal tollerava il sarcasmo di Gruber ”Ho un bel po’ di caricatori e due mitragliette, sono nel portabagagli dell’auto, questa volta Jager non avrà scampo” replicò sicuro l’altro.
“Molto bene la casa del padre si trova ad una cinquantina di chilometri da qui, ci impiegheremo tre quarti d’ora…più o meno, poi come sempre dipende dal traffico e poi sarà meglio non dare troppo nell’occhio, con l’autostradale…meglio essere cauti”
Qualche istante dopo Weissman uscì da una stanza e raggiunse i due uomini.
“Bene ragazzi” esordì il commissario “Visto che ci siamo tutti facciamo un po’ il punto della situazione, oltretutto è meglio se diamo un’occhiata a questa “ E sopra ad un tavolo distese un foglio “Ho chiamato un amico che lavora al catasto e mi ha inviato la planimetria della villa del padre di Jager, dobbiamo trovare  un accesso alla villa che non dia troppo nell’occhio. Purtroppo non sappiamo cosa aspettarci e il ragazzo non è un pivello, l’ho addestrato io, so come si muoverà, ma conosco anche il suo punto debole: gli affetti”
“Come sarebbe a dire” replicò aggrottando la fronte Ritter.
“Se non riusciamo ad arrivare a lui direttamente lo faremo attraverso la mocciosa o il padre o chiunque altro abiti in quella casa”
“E i sistemi d’allarme? Cani che gironzolano per la villa” chiese Gruber.
“So che non hanno cani da guardia, un modo lo troveremo per entrare il muro di cinta è alto, ma non invalicabile”

Un paio d’ore dopo, verso le undici, Kim Kruger entrò nella stanza di Semir come fosse un uragano di classe 5.
Il piccolo ispettore seppur dolorante, si era ripreso velocemente e niente e nessuno gli aveva impedito di firmare la sua uscita.
“Gerkhan” tuonò la Kruger “Mi ha chiamato il primario, mi ha detto che ha intenzione di uscire da qui anche contro il suo parere, non mi sembra molto prudente”
“Senta capo, non me ne starò qui a trastullarmi. Ben è nei guai, sono sicuro che è ancora vivo, me lo sento…e forse so anche dov’è ” disse il piccolo ispettore, mentre allacciava la cintura dei pantaloni e infilava la giacca che si era fatto portare nei giorni precedenti da Andrea.
“Come sa dov’è” chiese sbigottita il commissario.
“Beh ecco non ne sono sicuro al cento per cento, ma ascolti…quando sono uscito dalla casa della Renner ho telefonato a casa di suo padre a Düsseldorf, mi ha risposto Helga, la governate”
“E con questo?” la Kruger era perplessa, ma molto interessata “Sono curiosa di sapere dove vuole andare a parare, Gerkhan”
“ Al telefono ho chiesto a Helga, se Ben fosse lì. Lei mi ha risposto…aspetti le testuali parole sono state ‘se Ben fosse qui, se stesse bene, se fosse in compagnia della piccola’…”
“Scusi, ma non la seguo” replico aggrottando la fronte la donna.
“A mio parere Helga ha usato troppi ‘se’. Helga voleva dirmi che Ben è lì! Che sta bene, che è al sicuro e che con lui c’è anche la piccola. Helga non voleva mentirmi e contemporaneamente non voleva infrangere la promessa del silenzio più assoluto che le avrà sicuramente imposto Ben”
“Ma perché non contattaci, perché non chiamare lei, me, i colleghi?” chiese allora il commissario.
“Forse si starà organizzando, starà facendo delle indagini…e poi io ‘sono morto’ e non si chiamano i defunti, semmai si pregano” ragionò il piccolo ispettore, allacciandosi a fatica le scarpe.
“Ma noi, ammesso che sia a conoscenza della sua morte, avrebbe potuto contattarci, sa che lo avremmo aiutato. Mi chiedo cosa abbia in mente sempre che…” alla Kruger vennero a mancare le parole.
“Ho paura che Ben abbia perso la fiducia nelle autorità e, purtroppo, anche in noi” continuò triste Semir “Capo le ricordo che è stato tradito e incastrato dal suo istruttore d’Accademia, colui che gli ha insegnato cosa vuol dire fiducia nelle istituzioni e poi il mandato d’arresto a suo carico. Magari aveva paura che lei…insomma non sarebbe stata la prima volta, si ricorda quella volta che si spacciò per una spia…”
“Touché” rispose la Kruger alzando le mani “Forse ha ragione lei che lo conosce meglio di chiunque altro. Mi sembra valga la pena fare un tentativo, prendiamo la mia auto e andiamo alla villa del padre, lei si metta quel ridicolo berretto in testa e tenga le presto gli occhiali scuri…”
La donna quindi si stava avviando verso l’uscita della stanza quando delicatamente Semir l’afferrò per un braccio.
“No commissario, vado da solo, lei resterà qui o meglio se ritorna al comando, potrei aver bisogno di rinforzi” consigliò l’ispettore.
“Non vedo perché vedendoci assieme Jager possa anche minimamente pensare…” ma la donna fu interrotta nuovamente da Semir.
“Capo se ci vede insieme penserà che siamo venuti ad arrestarlo, potrebbe scappare, non lo ritroverei mai più…o…a volte Ben mi fa paura perché non so mai che reazione possa avere in certe circostanze” poi non sapendo che altro dire “Capo la prego…insomma… mi lasci andare da solo”
La Kruger non osò ribadire, prese le chiavi dalla borsa e le consegnò a Semir.
“Le prometto che le riporterò a casa l’auto senza un graffio” disse abbozzando un sorriso prendendo le chiavi dalle mani della donna.
“Non vorrei sembrarle maleducata, ma me ne frego di come riporterà a casa la mia auto. Riporti a casa Ben”
‘Ben’ raramente il commissario li chiamava per nome e ogni volta a Semir venivano i brividi.
Era sintomo che la situazione in cui si trovavano era disperata, se non tragica.
“Lo farò” detto ciò uscì dalla stanza.

Nello stesso istante il cellulare della Kruger vibrò.
“Commissario Weissman è uscito circa dieci minuti fa da casa sua con altri due uomini, sono su un SUV nero targato K-CH 8266, li stiamo pedinando” comunicò Jenny.
“Lei e Bonrath continuate a seguirli, ma mi raccomando tenetevi a distanza…e non perdeteli di vista”
I due agenti fecero ciò che aveva ordinato il capo, accodandosi al SUV.
“Mantieni la distanza Dieter, sono poliziotti, potrebbero accorgersi che li stiamo inseguendo, sono anche loro del mestiere, abbiamo rischiato di farci scoprire passando con il rosso…”
Purtroppo un passaggio a livello fu per loro fatale.
Il SUV passò quasi a filo, mentre le tre auto che precedevano i due agenti si fermarono bloccando l’inseguimento della macchina con a bordo Weissman e i suoi scagnozzi.
“Maledizione no!” imprecò Dieter sbattendo le mani sul volante.
“Questa non ci voleva” replicò Jenny che chiamò tempestivamente il comando.
 
“Capo” esordì  Ritter rivolgendosi a Weissman e dando un’occhiata ai tabelloni luminosi presenti sopra l’entrata dell’autostrada “Sono segnalate delle code sull’A57, forse è meglio se cambiamo strada, ci impiegheremo qualcosa di più, ma eviteremo ingorghi e soprattutto un sacco di gente in divisa messa a dirigere il traffico…”
“Okay, reimposta il navigatore, voglio mandare all’inferno Jager il prima possibile, magari prima di mezzogiorno, almeno pranziamo…leggeri”

Semir stava percorrendo di nuovo l’A57 e dopo qualche chilometro sentì come un piccolo brivido lungo la schiena pensando a quello che gli era successo in quello stesso tratto d’autostrada pochi giorni addietro.
Ciò nonostante guidò a velocità abbastanza sostenuta e a sirene spiegate, scacciando dalla mente i brutti pensieri sperando che il suo istinto non lo tradisse nemmeno questa volta.
“Ben è vivo, e quando mi vedrà gli farò una bella ramanzina…anche se io dovrò sorbirmi la sua, nel caso sia a conoscenza della mia finta dipartita” pensò tra sé.
Poco dopo il suo telefono squillò.
Era il numero privato della Kruger.
“Mi dica” rispose informale.
“Weissman è uscito di casa, ma lo abbiamo perso…” rispose telegrafica la donna.
“Questa non ci voleva, dove erano diretti?”
“Stavano attraversando la città…lei dov’è”
“Sto percorrendo l’A57…ma porca lavori in corso…anche un incidente…che iella nera…capo mi sa che impiegherò un po’ ad arrivare alla villa del padre di Ben…rintracciate Weissman…ci aggiorniamo”
E chiuse la comunicazione, poi guardò l’ora le undici e mezzo.

Nello stesso istante Weissman, Gruber e Ritter parcheggiarono il SUV vicino ad un boschetto nei pressi di ‘villa Jager’.
Attorno sembrava non ci fosse nessuno, oltretutto il maestoso edificio era decisamente isolato rispetto ad altre abitazioni.
I tre quindi scesero dall’auto e imbracciate le armi si diressero verso il muro di cinta della villa.
“E adesso come entriamo” chiese Ritter rivolgendosi agli altri.
Weissman si guardò attorno, poi un sogghigno malefico apparve sul suo volto “Vedrai sarà più facile di quanto pensavamo e speravamo”

Pochi istanti dopo il cancello principale  della villa si aprì.
“Mi raccomando Jorge non dimenticarti il concime per le rose” gli ricordò Helga vedendolo salire a bordo di un piccolo furgoncino.
“Sì certo Helga, tranquilla”  e detto questo si diresse lungo il viale che portava verso l’uscita della villa.
Jorge non aspettò che dietro di lui il cancello si chiudesse e questo fu un fatale errore.

Weissman e i suoi silenziosamente si addentrarono lungo il vialetto, la fortuna fu dalla loro parte, nessun cane a fare da guardia, nessun a vegliare gli ingressi.
 
Era quasi ora di pranzo, Helga era in cucina con la piccola, mentre il custode stava preparando la tavola.
“Livyana, vai a chiamare Ben per favore, digli che è pronto…”
“Vado zia…” rispose avviandosi.
Ben era nell’autorimessa quando dietro di lui comparve la ragazzina.
“Ben Helga dice che è pronto da mangiare, vieni altrimenti si fredda tutto”
“Non ho fame” rispose atono senza nemmeno degnarla di uno sguardo.
“Si può sapere che hai?” chiese mettendo il broncio e parlando con un tono quasi arrabbiato.
“Lo sai benissimo cos’ho…” rispose in malo modo il ragazzo.
“Semir manca a tutti, non manca solo a te…oltretutto ti ricordo che io ho perso da poco i genitori, ma almeno non mi sto comportando male con tutti quelli che mi stanno attorno, sei ingiusto, soprattutto con zia Helga. Sei vivo grazie a lei e non merita di essere trattata così…”
“Ehi ragazzina non accetto prediche da te ok?” sbottò Ben girandosi verso di lei, guardandola con uno sguardo che per alcuni istanti le fece paura.
Quello sfogo, quel puntarle gli occhi addosso come se fosse una preda da azzannare per Livyana  fu davvero troppo, senza tanto pensarci su replicò:
“Ti odio Ben, quando finirà questa storia è meglio se torno alla casa famiglia! Sai penso che oltre a zio Semir sia morto il ‘Ben’ che l’anno scorso si è preso al posto mio una pallottola in pieno petto…” la piccola era troppo arrabbiata e delusa per finire la frase e con le lacrime agli occhi uscì di corsa dalla rimessa per rifugiarsi tra le braccia sicure e accoglienti di Helga.

Ben restò spiazzato, non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere.
La sua sete di vendetta forse lo stava rendendo poco lucido, permaloso e bastava un nonnulla per farlo scattare.
“Maledizione, ma che cavolo avete tutte…” quasi urlò, buttando a terra lo straccio che aveva usato per pulire la pistola.
Poi traendo un profondo respiro si alzò dalla sedia pensando che probabilmente non erano le sue ‘donne’ a comportarsi male, forse era lui.
Stava per uscire dalla rimessa per andare a mangiare o per lo meno per chiedere scusa quando, arrivato sulla soglia della rimessa vide tre uomini armati fino ai denti che uscivano dalla terrazza della villa.
“Dannazione, questa non ci voleva…” imprecò sottovoce Ben.
Incurante del dolore al fianco il giovane rientrò velocemente nella rimessa, prese la pistola, si infilò in tasca i caricatori dirigendosi verso la dépendance.
Non fece nemmeno a tempo ad entrare in cucina che subito ebbe gli occhi di tutti i presenti addosso.
“Sono qui…sono venuti a prenderci…dobbiamo difenderci…” disse risoluto.
Non ci fu bisogno di ulteriori spiegazioni, Helga, Livyana e Albert, avevano capito benissimo a cosa e a chi si stava riferendo Ben.
“Albert, sei armato?” chiese il ragazzo rivolgendosi al custode.
“Nello scantinato dovrebbe ancora esserci il fucile da caccia di tuo padre, vado a prenderlo”
“Sì , fai veloce non so quanto tempo abbiamo…”
Helga nel frattempo aveva sollevato il telefono.
“Ben” disse spaventata la donna “Il telefono è muto”
“Qualcuno ha un cellulare?” chiese.
“Sì” rispose Albert e lo porse al ragazzo, mentre correva a prendere il fucile.
Ben per un secondo restò a fissare l’apparecchio il dito sospeso a mezz’aria, poi compose il numero del suo distretto, nella speranza che nessuno lo avesse abbandonato e avesse ancora fiducia in lui, ma dopo un paio di squilli il telefono si spense.
“Maledizione questa è una congiura…la batteria è scarica” inveì il ragazzo.
Poco dopo fece la ricomparsa Albert con il fucile in mano.
Ben consegnò il cellulare a Helga “Per favore riprova, magari si riattiva quel tanto che ci basta per chiamare il distretto” poi brandendo l’arma che aveva trovato Albert diede un’occhiata al caricatore.
Avevano a disposizione solo tre colpi.
“Munizioni?” chiese Ben.
“Nessuna”
“Se arriverai a trovarteli di fronte dovrai avere una buona mira Albert”
“Cercherò di averla Ben, anche se non ho mai sparato in vita mia”
Ben riconsegnò il fucile ad Albert  incrociando lo sguardo preoccupato e spaventato di Helga che stringeva a se la piccola Livyana.
“Mi dispiace Helga e chiedo scusa anche a te Livyana, non volevo dirvi quelle parole…” Ben si sentiva malissimo, oltretutto rifugiandosi nella villa del padre aveva messo in serio pericolo anche lei, Jorge e Albert.
Helga lo guardò con affetto, mentre Livyana lo guardava ancora con fare arrabbiato.
“Ora vado a stanarli, cercherò di prenderli alle spalle…qualcosa mi inventerò. E’ l’unica possibilità che abbiamo per uscirne vivi” disse cercando di infondere coraggio a se e agli altri.
Stava uscendo quando Helga lo chiamò.
“Ben…”
Il ragazzo questa volta si girò guardandola dritta negli occhi.
“Helga io…so di averti ferito, mi dispiace, non ho mai pensato veramente…”
Ma fu interrotto dalla donna.
“Lo so. Ma ti prego, stai attento ragazzo mio…” disse con affetto e tenerezza.
“C’è la caveremo vedrai”  e con lo sguardo cercò di nuovo Livyana.
“Ben…io…non…volevo…scusa” balbettò la piccola.
“Lo so, anche io” poi uscendo dalla dépendance Ben diede un veloce sguardo al cielo “Ehi socio dai un’occhiata tu a loro vero?”
Poi come se avesse ricevuto una risposta positiva da ’lassù’ abbozzò un sorriso, trasse un profondo respiro, tolse la sicura alla pistola e andò incontro al suo Destino.

Angolino musicale: nel prossimo capitolo ci aspetta il classico ‘Mezzogiorno di fuoco’.
Ben sarà solo…forse che sì, forse che no…dipende dal traffico. Intanto Ben è tornato ad essere il ‘Ben’ che più mi piace…e nel caso andasse male almeno ha fatto pace con le ‘sue donne’…

Stereophonics  ‘Maybe Tomorrow’(forse domani)

Per ascoltala https://www.youtube.com/watch?v=Rc_8Y46zJyE
Sono stato abbattuto e mi sto chiedendo il perché Quelle piccole nubi nere mi girano attorno, girano con me Perdo tempo, ma tutto sommato mi sento bene…Così forse domani troverò la mia strada di casa Guardo attorno a questa bella vita Sono stato sul gradino più basso; sono stato dentro ciò che era fuori…




 

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Capitolo 13
*** Mezzogiorno di fuoco ***


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MEZZOGIORNO DI FUOCO

Semir era ancora imbottigliato nel traffico autostradale, quando il commissario lo chiamò al cellulare.
Nessuno ancora al distretto era stato informato che il piccolo ispettore era vivo.
“Dove si trova?” domandò preoccupata la Kruger chiusa nel suo ufficio.
“Mi sto muovendo … fra mezz’ora o poco più sarò a casa del padre di Ben”
“Capo lei mi ha chiamato per dirmi altro vero? Ha novità?” chiese speranzoso e al contempo preoccupato. Sicuramente c’erano notizie , bisognava solo scoprirne l’entità.
“Susanne mi ha appena informato che ha ricevuto un paio di chiamate provenienti da uno stesso numero nell’arco di pochi minuti, ma quando rispondeva alla chiamata la comunicazione si interrompeva bruscamente. La cosa le è sembrata strana e così per scrupolo ha controllato il numero e ha provato a richiamare, ma il numero risultava sempre non raggiungile. Passavo in quel momento dietro di lei, per controllare il traffico sull’A57… le ho chiesto che ricerca stesse effettuando…per farla breve il numero proviene dalla villa del padre di Ben e il numero è intestato ad un certo Albert Einstein…”
“Porca miseria sono in pericolo! Capo chiami subito la SEC, la mandi a ‘Villa Jager’ Albert Einstein è il custode…”
Dopo di che Semir innescò la marcia accelerando ancora di più.
Ormai ne era certo: Ben era vivo e aveva bisogno d’aiuto.

Ben cominciò ad aggirarsi guardingo per la grande proprietà.
All’interno del perimetro non c’era solo la magnifica villa, la dépendance e la rimessa, ma anche un enorme capanno degli attrezzi, una cantina e una piccola stalla dove c’erano due bellissimi cavalli neri.
Il giovane ispettore vide un uomo armato di mitraglietta entrare nel capanno, non gli sembrava Weissman e nemmeno Gruber, ma di una cosa era certo, purtroppo non era la cavalleria tenuto conto che nessuno sapeva che era là.
Ritter entrò nel magazzino perlustrando l’intera struttura tenendo ben salda l’arma davanti a lui, col dito sopra il grilletto pronto a sparare.
All’interno dell’enorme capanno vi era un trattorino per tagliare l’erba, scope, rastrelli, badili.
Appoggiato ad una parete un piccolo tavolo da falegname, con una morsa e la classica cassetta degli attrezzi.
C’erano anche delle cesoie e forbici di varie misure, sacchi enormi di terra erano incastellati in un angolo così pure una catasta di legna per i caminetti che abbellivano l’intera proprietà.
L’uomo si fermò vicino al trattorino, si guardò attorno e fu allora che attraverso uno specchietto retrovisore vide Ben che lentamente stava entrando nel capanno, cercando di sorprenderlo alle spalle.
Ritter si girò di scatto e cominciò a sparare all’indirizzo di Ben.
Il giovane fece appena in tempo a togliersi dalla linea di tiro. Si riparò dietro all’enorme mucchio di legna cercando di rispondere al fuoco con gli ultimi proiettili che gli erano rimasti nel vecchio caricatore, poi alla velocità della luce levò quello vuoto mettendone uno nuovo.
Ritter che aveva trovato riparo dietro al piccolo trattore continuava a sparare verso la catasta di legno, schegge di legno cominciarono a colpire Ben al volto.
Il ragazzo non riusciva a tenere gli occhi aperti, quindi, facendo appello a tutte le sue forze e al suo coraggio si mise a sparare in direzione dell’uomo.
Purtroppo gli otto colpi del suo caricatore finirono in un lampo. Ritter allora decise di venire allo scoperto.
“Jager vieni fuori, ti assicuro che avrai una morte veloce e indolore”
“Mi spiace, Charly avrebbe dovuto informarti che sono quel tipo di poliziotto che non si arrende facilmente, dovrai venirmi a prendere, bastardo…” rimbeccò lui mentre caricava la pistola con l’ultimo caricatore che gli era rimasto.
“Come vuoi” e cominciando di nuovo a sparare in direzione della catasta di legno Ritter si diresse verso il ragazzo, conscio che Ben non sarebbe riuscito a rispondere al fuoco di una mitraglietta avendo a disposizione solo una semplice pistola.
Una pioggia di proiettili colpirono la catasta  di legno e da essa si levarono in tutte le direzioni una quantità enorme di schegge.
“O la va o la spacca” pensò Ben “Non finirò impallinato come un fagiano, senza lottare fino alla fine” cercò malgrado la tragica situazione di sdrammatizzare e al contempo infondersi coraggio e così senza vedere nulla, affidandosi alla buona sorte, al cielo, a Dio e perché no anche a Semir, sporse il braccio armato, scaricando l’intero e ultimo caricatore nella direzione di Ritter.
Furono secondi in cui si scatenò l’inferno.
Poi tutto tacque.
Ben aspettò qualche secondo, poi aprì gli occhi.
Per qualche secondo non vide assolutamente niente, l’ intero capanno appariva invaso come da una coltre di nebbia che odorava di  polvere da sparo e legno bruciato. Con cautela si alzò,  la pistola scarica in pugno, spianata davanti a lui, ma Ritter non lo sapeva e mai lo avrebbe saputo.
A pochi metri davanti a lui giaceva il corpo senza vita di Ritter.
“Hai visto, razza di imbecille, credevi di aver a che fare con un pivello. Lo sai che non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo? Altro che ‘moccioso’ quando voglio sembro ‘Terminator’…’Hasta la vista, baby’ e adesso sistemerò anche i tuoi soci” disse con un mezzo sogghigno accucciandosi vicino al cadavere per raccogliere la mitraglietta.
La esaminò ed ebbe l’ennesima sgradita sorpresa. Non era rimasto nessun colpo. Frugò allora nelle tasche, ma non vi trovò nessun caricatore e nemmeno una pistola.
Ben si alzò da terra e con un gesto stizzoso diede un calcio alle costole del cadavere.
“Razza di idiota, non potevi portarti dei caricatori di scorta? Una pistola di riserva? Oggi non me ne va bene una, maledizione”

Nel frattempo Weissman entrò nella dépendance, assieme a Gruber.
I due decisero di separarsi. Gruber sarebbe sceso nello scantinato, mentre Weissman avrebbe  perlustrato l’intera dépendance.
Gruber che teneva a tracolla la mitraglietta, ma in pugno aveva la pistola d’ordinanza accese la luce e scese le scale con circospezione. Albert lo vide scendere uscì allo scoperto, prese la mira e sparò.
Purtroppo lo mancò e Gruber forte dell’esperienza acquisita sul campo rispose al fuoco colpendolo ad una spalla e disarmandolo.
Helga che aveva assistito alla scena cercò di prendere il fucile, ma l’uomo sparò un colpo a pochi passi da lei fortunatamente senza colpirla.
La donna istintivamente alzò le mani.
“Dov’è la mocciosa?” sibilò Gruber con la pistola spianata davanti a lui.
Vedendo che nessuno gli dava risposta si avvicinò ad Helga e la prese per i capelli.
“Dimmi dov’è la mocciosa, altrimenti finirò il tuo amichetto”
“Sono qui…non farle del male…” e la piccola uscì dal nascondiglio.
“Tranquilli, per ora resterete ancora vivi” disse con cattiveria Gruber  “Ci servite vivi, così Jager verrà allo scoperto, sempre che Weissman o Ritter non lo abbiano già trovato e ucciso, forza salite e niente scherzi”
Mentre salivano le scale Gruber chiamò Weissman.
“Capo ho qui tre ostaggi, non c’è Jager…”
“Non importa” rispose Weissman quando se li trovò davanti “ Abbiamo la bambina…il ragazzo si farebbe ammazzare per lei”
“Ben se ne è andato…mentre voi cercavate noi…sarà già lontano…non lo troverete mai” disse fiera Livyana ostentando sicurezza.
“Non credo, lo conosco troppo bene e ho visto come parlava di te, è un sentimentalone e questo lo porterà alla tomba”
“Sei un ver…” la piccola stava per rimbeccare, quando Gruber gli puntò la pistola alla testa.
“Se non la finisci ti ammazzo subito, e adesso fuori” intimò.
I tre uscirono dalla dépendance, Helga e un dolorante Albert furono fatti sedere per terra contro il muro.
“Li eliminerai appena troverò il ragazzo, per ora tienili sotto tiro nel caso arrivi, si arrenderà, tiene molto anche a questi due…in particolare alla vecchia”
Weissman quindi cominciò a girare per  la proprietà  in cerca di Ben, portandosi dietro come ostaggio Livyana.

Nel frattempo Semir arrivò vicino alla villa, e parcheggiò l’auto della Kruger vicino al SUV nero. 
Mentre scendeva dall’auto il piccolo ispettore sentì una serie infinita di colpi di arma da fuoco provenienti dall’interno della proprietà.
Subito estrasse la pistola dalla fondina, diede una rapida occhiata al caricatore,  le levò la sicura e si avvicinò al muro di cinta.
Il muro era molto alto, ma per fortuna Semir era ancora molto agile, e lo scavalcò, piombando dall’altro lato in relativa tranquillità visto che era a conoscenza che non vi erano cani  che potesse da un momento all’altro spuntare da chissà dove per azzannarlo ad uno stinco. Subito si addentrò in mezzo al piccolo boschetto vicino alla dépendance.
“Mapporca” imprecò “Che gran bastardo…”
Subito telefonò al commissario Kruger.
“Mi dica” il tono sempre informale.
“Capo la SEC fra quanto sarà qui?” sussurrò al telefono.
“Minimo ci vorrà mezz’ora” confermò Kim.
“Cosa? Temo che qui non possiamo permetterci di aspettare trenta minuti, la situazione è seria…Gruber tiene in ostaggio Helga e il custode,  non vedo Ben ne la bambina e nemmeno Weissman”
“Gerkhan …io…non so nemmeno cosa dirle… pensa di riuscire a liberare gli ostaggi? La situazione lo permette?”
“Non saprei, Gruber sembra solo, forse posso fare un tentativo”
“Se vede che è rischioso aspetti SEC…” ma Kim non ricevette risposta, Semir aveva già chiuso la comunicazione.
Semir con circospezione si avvicinò alla dépendance.
La fortuna sembrava essere dalla sua parte, ma la sua mente razionale no.
Gruber era a venti metri da lui, gli dava le spalle e lui mai e poi mai avrebbe sparato ad un nuovo che gli voltava le spalle e oltretutto era troppo vicino agli ostaggi. Avrebbe potuto colpirli per sbaglio. Ne dubitava essendo un ottimo cecchino, ma non se la sentiva di giocare con la vita di Helga e di Albert.
Pensò di intimargli il classico ‘Polizia autostradale, getta la pistola, arrenditi o sparo ’, ma Gruber aveva la pistola troppo vicino alla testa di Helga.
Decise quindi di venire allo scoperto e chiamarlo, magari lui d’istinto si sarebbe girato, gli avrebbe sparato e la sua coscienza e parte razionale sarebbe stata accontentata.
Stava quasi per aprire bocca, quando il piccolo ispettore entrò nel campo visivo di Helga.
“SEMIR???” urlò sorpresa nel vedere il piccolo ispettore e strabuzzando gli occhi.
“Cosa…???” rispose Gruber che abbassando leggermente la pistola e l’attenzione si girò leggermente.
E’ per lui questa disattenzione fu fatale.
Appena Semir ritenne che non era più di spalle gli sparò. Se non lo avesse fatto lui, lo avrebbe fatto sicuramente Gruber.
Lo ferì ad una gamba, ma Gruber non mollò la pistola, si voltò dal tutto e tentò di sparare nuovamente a Semir,  ma il poliziotto si era velocemente avvicinato, sparò un altro colpo colpendolo in pieno petto.
Gruber con gli occhi sbarrati stramazzò al suolo.
Semir si avvicinò ai due e chiese subito delle loro condizioni. Albert lo rassicurò che era solo un graffio, mentre Helga era ancora incredula nel trovarselo davanti, vivo, vegeto e tutto intero.
“Semir, ma…ma…” balbettò la donna.
“Sì lo so, Ben quando mi vedrà mi scorticherà vivo” cercò di confortarla Semir. “Perché Ben è vivo vero?” chiese il piccolo ispettore che voleva l’assoluta conferma.
“Sì è qui …sono arrivati …Ben parlava di tre uomini…uno non so chi sia, l’altro, questo qui” e indicò il cadavere di Gruber “Lo chiamava Weissman. Si è portato dietro la piccola. Semir deve trovarlo…lo ucciderà…e poi…la piccola…” e cominciò a singhiozzare.
“Lo troverò…glielo giuro, fosse l’ultima cosa che faccio” rispose Semir sicuro. Un ultimo controllo al caricatore, poi andò in cerca del suo migliore amico, sperando non fosse troppo tardi.

N.D.A. ‘non c’è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo’ (Bud Spencer - Chi trova un amico trova un tesoro)  ‘Hasta la vista, baby’ ( Arnold Schwarzenegger -Terminator)
Angolino Musicale: povera Helga a momenti le prende un colpo, e che dire di Semir...il ‘mio’ turchino non sparerebbe mai alle spalle  di qualcuno…
Green Day ’21 Guns’ (21 pistole/colpi)
Per ascoltarla https://www.youtube.com/watch?v=r00ikilDxW4
Sai per cosa vale la pena lottare Quando non vale la pena morire? Ti toglie il fiato e ti senti soffocare? Il dolore pesa sull’orgoglio? E cerchi un posto dove nasconderti? Qualcuno ha rotto il tuo cuore all’interno? Sei in rovina. Uno, 21 pistole Abbassa le armi Abbandona la lotta Uno, 21 pistole Alziamo le braccia al cielo Tu ed io…



 

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Capitolo 14
*** La resa dei conti ***


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La resa dei conti 

Nel medesimo istante in cui Semir scavalcò il muro di cinta , Ben uscì dalla rimessa dirigendosi verso il grande capanno degli attrezzi.
Gli sembrò di sentire qualcuno che si aggirava all’interno e, quindi, con molta circospezione si addentrò.
Purtroppo fu notato da Weissman.
“Vieni mocciosa, ora facciamo uscire allo scoperto il tuo amichetto” e la strattonò in avanti.
“Ben” chiamò ad una decina di metri dall’entrata Weissman.
Il giovane all’interno del capanno si voltò di scatto e si nascose dietro ad una enorme credenza.
“Ben” chiamò di nuovo Weissman “Lo so che sei lì dentro”
“Allora perché non vieni a prendermi?” rispose sarcastico controllando il caricatore, nell’assurda speranza che come per magia fosse restato almeno un proiettile.
Era vuoto.
Desolatamente vuoto.
L’unica consolazione era che lo sapeva solo lui.
“Ben ho la bambina con me, decidi tu: o esci allo scoperto con le mani alzate  o le sparo alla testa” replicò quasi divertito Weissman.
“Ben non uscire...ti ucciderà…” gridò sicura la piccola.
“Sì la ragazzina ha ragione, farai la stessa fine del tuo collega ‘nanerottolo’” confermò ironico.
“Maledetto bastardo…” pensò tra sé. Adesso ne aveva la conferma era stato proprio lui a uccidere Semir o quantomeno a provocarne il fatale incidente.
“Esci subito Ben…ti do due secondi…uno, due…”
Poi si udirono due spari.
“Nooo” urlò Ben.
E con la pistola in pugno uscì dal capanno degli attrezzi.
Davanti a lui a una decina di metri vide Weissman che puntava alla tempia di Livyana una pistola.
“Bene vedo che sei uscito, ma gli spari che hai udito…Gruber avrà fatto fuori la vecchia e l’altro”
“Sei un maledetto bastardo, un pazzo…Semir aveva ragione, non dovevo fidarmi di te” la voce dura, sprezzante.
“Sì Gerkhan aveva ragione e adesso lo raggiungerai”
“Tutte quelle belle parole…i tuoi insegnamenti…che fine ha fatto ‘l’incorruttibile’ Charly?” e nella voce si sentì sempre più il tono del disprezzo più che della delusione.
Weissman premette di più la pistola alla tempia della piccola, che urlò.
“Butta l’arma…ti do la possibilità di morire prima di lei” disse maligno.
“Weissman lasciala andare, puoi avere me…lei…lei dirà che sono stato io a uccidere la Renner e potrai anche addossarmi gli omicidi degli agenti, di Semir, di chi vuoi, ne uscirai pulito, ma lasciala vivere, ti prego”
E queste ultime parole le disse con le lacrime agli occhi.
Livyana piangeva silenziosamente, non guardava però Ben, non voleva vederlo morire.
Questa volta Ben non sarebbe sopravvissuto, le avrebbe salvato di nuovo la vita e purtroppo sarebbe morto invano,  consapevole che questa volta Semir non sarebbe arrivato in tempo per salvarla. L’uomo che le puntava la pistola alla testa non avrebbe esaudito l’ultimo desiderio di Ben. L’unico pensiero che in qualche modo la consolava era che forse lo avrebbe rivisto… anche mamma e papà.
“Buttala” urlò di nuovo Weissman, ma Ben non si decideva a gettarla, anzi la stringeva sempre più forte.
“Butta quell’arma Ben…Gruber sarà qui a momenti…posso darti la possibilità di morire prima della ragazzina…che dici?”
“Dico che sei un verme schifoso, almeno dammi una ragione per tutto questo…”
“Come vuoi, ti accontento andrai all’inferno con l’ultimo desiderio esaudito…” replicò beffardo.
“La Renner fu l’autrice della soffiata, Gruber sapeva che se quell’operazione  fosse andata a buon fine sarebbe stato sequestrato un ingente carico d’armi, ma ciò che nessuno seppe mai, anche un ingente somma di denaro. Gruber mi propose l’affare per scherzo, io poi accettai anche perché avevo bisogno di denaro, fece la stessa proposta anche a Ritter”
“Pensavo che con il gioco avessi smesso, dovevo dare retta a Semir, lui aveva visto giusto e io non l’ho ascoltato. Mi fai schifo Charly…” quasi urlò Ben sempre più disgustato.
“Piantala moccioso, io mi sono spaccato le ossa per anni, ho rinunciato a tutto e per cosa? Il nostro stipendio fa schifo…”
“Quindi alla fine ti sei fatto corrompere” Ben scosse la testa sempre più deluso.
“Purtroppo dopo la sparizione del carico e gli omicidi la Renner cominciò ad indagare. Gruber passato sotto il mio comando si fece fotografare con persone note alla polizia per essere dei trafficanti d’armi”
“Fammi capire” disse Ben “La Renner autrice della soffiata…vi ricattava…e ci avete messo cinque anni per farla fuori?”
“All’inizio si mise in affari con noi, avevamo legami con i più grossi trafficanti d’armi della zona, la Renner inoltre ci propose anche dell’altro.  Aveva accesso ad informazioni segrete, ci avvisava se ‘i colleghi’ erano sulle tracce di qualche pezzo grosso del ‘cartello’. Lei avvisava noi e noi loro, che ricambiavano pagandoci profumatamente. Inoltre aveva accesso ai magazzini dove veniva stoccata la merce sequestrata ai narcotrafficanti prima di essere distrutta, lei era furba, ogni occasione era buona per ricavare qualcosa, riusciva a sostituire con del semplice bicarbonato la cocaina purissima…ti immagini, ma poi due anni fa rischiò di essere scoperta. Scoprirono lo scambio e lei dovette sparire, e quindi cominciò a ricattarci. Avrebbe spifferato tutto. La cosa per noi diventò pericolosa, soprattutto perché lei cominciò a diventare avida, ma era brava…si sceglieva delle ottime coperture, impossibile trovarla. Finché un giorno casualmente Gruber e Ritter non la videro entrare alla stazione di Colonia. La riconobbero subito. L’occasione che stavamo aspettando…il resto lo puoi immaginare”
“No non lo immagino…” Ben cercò di prendere tempo per farsi venire qualche idea, una via di scampo per lui e soprattutto per Livyana.
“La mocciosa lo ha visto e il tuo amico nanerottolo ha trovato delle foto in casa della Renner. Sarebbe stata la loro parola contro la nostra,  ma anche se le foto sono state distrutte, saremmo stati sorvegliati a vita, i nostri movimenti, i conti bancari…ci sarebbero state delle indagini della disciplinare. Meglio eliminare tutti. Ma adesso basta chiacchere. Getta subito la pistola o la faccio fuori seduta stante, potrei valutare l’ipotesi di lasciarla andare, ma tu no”
Il giovane ispettore era sicuro che non avrebbe lasciato vivere la bambina, ma confidava nell’ultimo briciolo di cuore di Charly, quindi lentamente si accucciò per poggiare l’arma a terra.
Weissman levò la canna dalla tempia della piccola.
Appena il ragazzo si fosse rialzato lui gli avrebbe sparato.

Ci sono momenti nell’arco della vita che possono cambiarla per sempre.
Momenti in cui prendi decisioni delicate, che potrebbero essere fatali per le persone che ami, che cerchi di salvare o proteggere.
Devi decidere cosa fare nell’arco di pochi secondi, nel medesimo istante in cui vedi di spalle  il tuo migliore amico che poggia a terra la pistola in attesa di essere probabilmente ucciso.
Semir si trovò in uno di quei momenti.
Prendere in un nanosecondo una delle decisioni più importanti della vita.
Sparare a Weissman e nel contempo sperare di non colpire Livyana, per non consentire al commissario di sparare al suo migliore amico.
Semir prese la sua decisione, affidandosi a Dio o chi per esso, alla sua abilità di cecchino e perché no anche alla buona sorte.

In quei stessi istanti in cui il piccolo ispettore prendeva la mira, Ben lentamente si rialzava dopo aver messo a terra la sua pistola.
Pensò che non voleva morire, non in quel modo e soprattutto non davanti alla piccola, almeno non avrebbe dovuto assistere alla sua di morte, ma era una magra consolazione.

Nemmeno Livyana voleva morire, aveva solo 13 anni l’aspettava una lunga vita da vivere, ma l’avrebbe sacrificata, se questo fosse bastato per salvare quella di Ben, lui l’aveva fatto in più occasioni, senza tanto pensarci su.

Weissman voleva eliminare tutti i testimoni, se ne sarebbe andato dalla Germania con un cospicuo gruzzolo visto che aveva intenzione di eliminare anche Gruber dopo che quest’ultimo avesse eliminato Ritter.

Ben si alzò da terra, un ultimo splendido sorriso alla piccola.
“Mi dispiace Ben” furono le ultime parole che sentì il ragazzo.
Poi nell’aria echeggiò un colpo.

Angolino musicale: non fatevi ingannare dal banner…niente messa in scena alla ‘uno contro l’altro”…Come finirà? Lo saprete nel prossimo ed ultimo capitolo.
Elisa Swan (cigno)
Per ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=bctVT-8oFcw
Camminando da sola nel freddo, freddo inverno avvolta nel tuo cappotto come se fosse una coperta magica dici: "Non importa dove vado sembrano tutti degli estranei" vedi, il mondo sembra solo la favola che non è Continua a sognare, continua a sognare non c'è niente di sbagliato se continui a sognare di essere un cigno Ma so che tu stai pensando...E adesso stai guardando il cielo parlando al tuo angelo magari lui potrebbe trasformare questa sporca strada in un tappeto volante? Ma poi dici: "Non ho paura di niente" ed è una bugia silenziosa come la neve che sta cadendo…





 

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Capitolo 15
*** Fine dei giochi ***


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Fine dei giochi

Il mondo per Semir si fermò per un istante. 
Perfino gli uccelli che volavano in cielo sembravano immobili, come le foglie degli alberi che fino a un attimo prima si muovevano al vento.
Solo un’impercettibile goccia di sudore sulla fronte di Semir sembrava muoversi.
Il mondo riprese vita nello stesso istante in cui un proiettile partì dalla Walther del piccolo ispettore colpendo Weissman di striscio ad una spalla.
Nonostante fosse ferito, il commissario cominciò a sparare verso i due ispettori fortunatamente con scarsa mira dando tempo e modo ad entrambi di mettersi al riparo.
Semir non poté rispondere al fuoco in quanto Weissman indietreggiava, facendosi scudo con la piccola ed essendo in movimento ora sarebbe stato più difficile colpire il commissario senza correre il rischio di ferire Livyana.
Weissman quindi tentò l’impossibile, sapeva che Ben non lo avrebbe lasciato andare e ora c’era anche il suo collega ‘nanerottolo’. Preso dal panico indietreggiò fino a che non arrivò al grande cancello rimasto aperto.
Scaraventò letteralmente la piccola per terra, poi corse verso il SUV per cercare di sfuggire ai due poliziotti.
Ben e Semir gli corsero dietro in tempo per vederlo sfrecciare via verso la città.
“Piccola…stai bene?” si avvicinò di corsa Ben, mentre Semir si dirigeva verso l’auto della Kruger.
Ma Livyana lo zittì.
“Prendi quel delinquente, corri dai…che aspetti”
Tra i due ci fu un sorriso d’intesa.
“Ehi socio” urlò Semir “Ti va come ai vecchi tempi?”
Ben non se lo fece ripetere due volte e insieme partirono all’inseguimento.
In quel momento non c’era tempo per le smancerie o per un metaforico mezzo infarto di uno dei due soci nel vedere l’altro vivo e vegeto.
Weissman stava scappando e la loro priorità era quella di prenderlo e consegnarlo alla giustizia. Per le ramanzine reciproche ci sarebbe stato tempo dopo.
“Ma tu non dovevi essere morto?” gli disse Ben, una volta salito a bordo dell’auto “A momenti mi prendeva un colpo, pensavo di aver visto un fantasma”
“Sì come quello della rimessa…naaaaaa…ci vuole altro per farmi fuori e prima che tu me lo chieda Helga ed Albert stanno bene”
“Gruber?”  domandò con l’animo sollevato Ben.
“Seccato ” rise con una punta di malizia Semir.
“Ehm , ma che termini sono…”
“Dai sfaticato, la vacanza è finita chiama i rinforzi” lo rimproverò Semir.
Ben prese la radio, ma prima di chiamare il distretto si rivolse al socio:
“Ma questa è l’auto della Kruger?” chiese sbigottito il ragazzo.
“Eh sì” ribadì l’altro.
“Attento a non strisciarla altrimenti il capo ti ammazza…”
“Un’altra volta???” e tra i due ci fu un altro sorriso d’intesa.
Poi Ben prese il microfono della radio.
“Cobra 11 a comando…”
“Come…prego???” Susanne dall’altra parte pensò di avere le allucinazioni…uditive.
“Susanne sono Ben, io e Semir …”
“Cosa??? Semir???”  la segretaria era sempre più sconvolta.
“Ciao Susanne” si intromise Semir.
“Susanne per favore, lasciami parlare…” ma in cuor suo era felice di sentire la ragazza e rassicurala che lui e Semir stavano bene.
“Stiamo inseguendo Weissman su un SUV nero targato ‘K-LK 4284’ ci stiamo dirigendo verso l’A57…direzione Colonia…mandaci rinforzi…”
“Gerkhan, Jager…la SEC sarà alla villa fra cinque minuti…la situazione???” intervenì il capo, sentendo la voce concitata di Susanne. Attorno a loro l’intero distretto era basito, ma felice di poter sentire di nuovo le voci dei due colleghi.
“Dunque abbiamo Ritter e Gruber morti. Weissman si è portato dietro solo loro due, dica alla SEC che troverà  vicino alla dépendance una donna anziana, Livyana , il custode della villa ferito, chiami anche un’ ambulanza…”

I due ispettori entrarono nell’autostrada, dando inizio ad un pericoloso inseguimento.
L’autostrada in quel momento era particolarmente trafficata e sia il SUV che i due poliziotti proseguivano a zig-zag tra le auto.
Dietro cominciarono i primi tamponamenti causati volutamente da Weissman per farsi largo tra il traffico e bloccare i due ispettori.
“Socio se ti avvicini gli sparo alle gomme, ma mi serve una pistola…” lo informò Ben.
“Cosa??? Mica mi stai dicendo che ti sei presentato davanti a Weissman disarmato? Che razza di incosciente”
“Embè, tanto lui mica lo sapeva” rimbeccò il socio.
“Vabbè lasciamo perdere, certo che ne hai di coraggio…no…sei incosciente. Punto e basta, non vorrei essere il tuo angelo custode…dovrei fare sempre gli straordinari”
Semir consegnò la sua pistola a Ben, poi cercò di avvicinarsi all’auto di Weissman quel tanto che bastava per consentire al socio di sparare alle gomme senza colpire altre vetture di ignari automobilisti.
Il giovane poliziotto esplose un paio di colpi verso il SUV, ma non riuscì a colpirlo.
“Ma che mira del cavolo hai…” lo rimproverò Semir.
“Grazie tante, stai andando a zig –zag…“sbottò Ben.
Semir accelerò ancora di più e con la sua consueta maestria si ritrovò quasi a fianco dell’auto che stavano inseguendo. Ben e Weissman per un attimo si guardarono negli occhi. Il commissario cercò di tamponare la fiancata dell’auto dei due ispettori, ma Semir frenò quel poco che bastava per non farsi sopraffare. Ben trovatosi il SUV davanti sparò  due colpi centrando in pieno una delle due gomme posteriori.
Weissman immediatamente perse il controllo dell’auto, e il destino volle che l’uomo uscì di strada nell’identica curva in cui una settimana prima era stato vittima Semir.
Il piccolo ispettore si fermò di colpo, accostò l’auto nella corsia d’emergenza poi con Ben scese velocemente verso la scarpata.
“Semir” disse il giovane quando fu vicino alla carcassa del SUV  “Sbrighiamoci a tirarlo fuori, qui sta per saltare tutto”
Senza tanti complimenti i poliziotti estrassero Weissman dai rottami dell’auto, allontanandosi pochi istanti prima che saltasse in aria.
Una volta tornati sul ciglio della strada Ben si rivolse sarcastico a Weissman che era decisamente ‘ammaccato’, ma cosciente.
“E poi sarebbe il mio socio quello che non sa guidare…” lo sbeffeggiò Ben.
“Ha detto questo di me? Che gran bastardo…” lo guardò torvo Semir, poi prese le manette dalla tasca dei jeans e rivolgendosi a Ben “Vuoi farlo tu socio?”
Ben prese le manette ed ammanettò Charly con le mani dietro la schiena. Pochi istanti dopo furono raggiunti dall’auto di Dieter e Jenny.
“Ragazzi che bello rivedervi” disse Dieter.
“Lo è anche per noi” rispose Ben, poi mentre faceva salire sull’auto dei colleghi Weissman disse:
“Una volta un mio istruttore dell’Accademia mi disse che nel nostro lavoro non bisogna mai affezionarsi troppo ai colleghi e di non fidarsi mai di nessuno, beh sai una cosa? Aveva torto e anche no. Mi sono affezionato a più di un collega e anche ad una serpe come te, e soprattutto mi sono fidato di te. Ho fatto l’errore di non dar retta a Semir, e quasi per colpa mia ci rimetteva la pelle. Marcirai in galera Charly, questo te lo posso giurare”

Ben stette a guardare Charly che si allontanava, mentre Semir guardava il suo giovane collega.
“Mi dispiace Ben” disse alla fine il socio avvicinandosi e mettendogli una mano sulla spalla.
“Sono stato un idiota, dovevo darti retta…è successo tutto per colpa mia” gli disse triste voltandosi verso l’amico “Ho messo in pericolo la vita di Livyana, di Helga, degli ‘zii’, la tua famiglia…e soprattutto per colpa mia a momenti ci rimettevi la vita. Mi dispiace tanto Semir, davvero, se arrivassi ad odiarmi…se decidessi di non voler più lavorare con me…essere il mio partner…ti capirei, ho fatto un errore madornale non fidandomi di te e gli errori, questo tipo di errori si pagano” ma Semir lo zittì.
“Che non ti passi neanche per l’anticamera del cervello di consegnarmi la pistola e il tesserino” disse serissimo Semir intuendo i pensieri di Ben “E adesso ascoltami e non interrompermi. Weissman per te non era solo un collega, è stato il tuo insegnate all’Accademia, era un amico e tu ti sei giustamente fidato di lui, lo avrei fatto anche io se fossi stato al tuo posto, ti ricordi di André Fux?”
Ben trasse un profondo respiro, in quel momento non era capace di dire niente se non un :
“Grazie Semir” disse con voce roca.
”Dai torniamo alla villa…Helga, Livyana…ci staranno aspettando”

Una volta saliti sull’auto il ragazzo chiese a Semir:
“Toglimi una curiosità, ma tu come hai fatto a trovarmi? E perché hai inscenato la tua morte?”
 “Mi sono finto morto per fare uscire allo scoperto Weissman e i suoi tirapiedi. Ti conosco troppo bene Ben, sapevo che li avresti cercati, come loro cercavano te. E anche tu come loro saresti uscito allo scoperto perché avresti cercato vendetta, e ti confesso che la cosa a volte mi fa paura”
“Astuto, ma non lo fare mai più, altrimenti la prossima volta ti ammazzo io, sono stato malissimo…” puntualizzò Ben.
“Comunque ti ho trovato grazie a Helga” replicò Semir.
“Dunque alla fine te lo aveva detto, ma quando?” Ben era curioso.
“Beh non me lo ha detto esplicitamente, ha usato …troppi ‘se’. All’inizio non ci ho fatto caso, poi mi è venuto in mente una scena del film ‘Assassinio sul Nilo’…”
“Vero Helga non è solo un’appassionata di libri di autori russi, ma adora anche Agatha Christie…me la immagino, lei non voleva mentirti, e al contempo tradire la mia fiducia. Povera Helga le ho urlato contro cose cattive, il fatto che mi avesse tenuta nascosta la tua morte…”
“Figurati lei povera donna. E’ stata l’ultima persona a sentirmi…vivo” confermò Semir.
“Sono stato …beh dire sgarbato è un eufemismo. Lei è stata e sarà sempre una madre per me. Se non mi volesse più …” ma Semir lo interruppe.
“Una madre perdona sempre i propri figli, anche quelli più scapestrati, impulsivi e imprudenti come te”
“Mi sa che non ho solo una madre ‘bis’, ho anche un padre ‘bis’. Bentornato dall’aldilà socio” e gli porse la mano.
“Bentornato anche a te socio” e nell’abitacolo si sentì un sonoro schiocco.
“Promettimi che non morirai più, credevo di impazzire…io non sono abituato a cambiare partner”
“Vedrò di accontentarti ragazzo, ora torniamo dalla tua ‘famiglia’ ci staranno aspettando”
 
“Ben, zio Semir! ” urlò la piccola appena vide il giovane scendere dall’auto insieme al suo socio.
“Ciao piccola, come stai?”
“Bene…” rispose la piccola e dietro di lui comparve Helga e Albert con una vistosa benda alla spalla.
Dietro di loro gli uomini della SEC.
“Ispettori, abbiamo messo in sicurezza la villa” confermò un agente.
“Molto bene” rispose Semir “Grazie”
“Dovere, ispettore”
“Ehi signorina” disse poi il ragazzo “Domani si torna a scuola”
“Mmmm” borbottò lei, poi aggiunse “Che giustificazione darai alla preside?”
“Beh le diremo la verità…” azzardò Ben.
“Certo come nel film ‘Leon’…mi vedo già la scena…’Hanno sparato a Ben e così siamo scappati, poi ci hanno trovati, mi hanno puntato una pistola alla tempia e per poco non ci hanno uccisi tutti. Poi per fortuna è arrivato lo zio Semir che insieme a Ben hanno fatto fuori due uomini e arrestato un terzo…beh ovviamente con un gran dispendio di pallottole e armi…poi finalmente ho potuto far ritorno a scuola’ Che dici capirà? O crederà che la sto prendendo per…”
“Livyana, moderiamo il linguaggio…” la rimproverò Ben.
“Ma se non mi hai neanche lasciato finire la frase” rimbeccò lei.
I presenti erano allibiti mentre con fare saccente la piccola raccontava la storia di quella che poteva essere la giustificazione, tra l’altro molto realistica.
“Beh direi che forse è meglio di no…la verità mi sembra peggio di una bugia…qualcosa mi inventerò…” replicò Ben grattandosi la testa.
“Ah zio Semir” disse poi la piccola “Lo sai che Ben è stato curato dal dottor Henning? E’ un veterinario!”
Semir cercò di restare serio, mentre Ben accanto a lui arrossiva vistosamente.
“Beh sai…Ben è…un cavallo di razza, un ottimo partner e un ottimo amico…”
“Sì ok, abbiamo capito, basta con le smancerie ‘Stallone turco’ “ troncò il discorso Ben.

Passarono un paio di giorni, Livyana era tornata a scuola, Ben era stato scagionato da tutte le accuse ed ora era nel suo ufficio di fronte a Semir. Entrambi stavano redigendo il rapporto che aveva portato all’arresto di Weissman e alla morte dei suoi due complici.
 “Che hai Ben?” chiese Semir vedendolo visibilmente triste.
Ben lo guardò.
“Weissman non verrà mai accusato per l’omicidio della Renner, se la caverà…non abbiamo prove che sia stato il mandante. Sarà incriminato per il nostro tentato omicidio, ma un buon avvocato…” il ragazzo si fermò a metà discorso era amareggiato e Semir non seppe cosa rispondergli.
“Livyana sarà chiamata al processo a testimoniare, dirà che ha visto Gruber uccidere la Renner, lei è eccitata, fa la spavalda…ma a me la cosa non piace” concluse poi abbassando di nuovo gli occhi sulla tastiera del  PC e continuando a redigere il rapporto di quell’infernale settimana.
Dopo un po’ si rese conto che la cartella della posta lampeggiava.
Il ragazzo l’aprì e cominciò a leggere il messaggio, il mittente era Paula Renner.

‘Ispettore Jager, forse lei non saprà chi sono io, ma sappia che io so benissimo chi è lei. Cercherò di essere chiara e concisa. Dovevo trovare qualcuno che fosse al di fuori dell’LKA, della narcotici e della polizia ferroviaria. Quindi quando l’ho vista alla stazione di Colonia mi sono ricordata di lei che ho avuto modo di conoscere di sfuggita all’LKA. Mi è sembrata la persona adatta. In allegato a questa lettera troverà delle foto che testimoniano come il commissario Karl Weissman, il vicecommissario Hans Gruber e l’ispettore Gedeon Ritter della polizia ferroviaria di Colonia, abbiano rapporti con il principale cartello della droga della Vestfalia e abbiano contrabbandato armi. Sono anche i mandanti dell’omicidio dei due agenti messi di scorta al trasporto di un grosso quantitativo di armi di cinque anni fa avvenuto fuori Colonia in aperta campagna il 25 di Agosto. Sotto un’asse del parquet  di casa mia troverà anche un piccolo nascondiglio. Dentro troverà una chiavetta USB. Il codice per leggere senza danneggiare il file è anno mese e giorno di quando mi sono diplomata all’Accademia. Le preannuncio già che quando lei aprirà questa missiva e l’allegato io me ne sarò già andata. Non sono innocente, ho avuto parte a questa storia, ma mi rimane poco da vivere e Weissman e i suoi mi danno la caccia da troppo tempo e comincio ad essere stanca. Quindi me ne andrò dalla Germania, vivendo gli ultimi giorni che mi restano in relativa tranquillità, ma prima attuerò, come dire ,la mia vendetta’

Ben aprì i file e appena vide le foto spalancò la bocca.
Semir lo vide.
“Ehi socio, sembra tu abbia visto un fantasma…”
“Beh è meglio che vieni qui, forse non sei finito giù per la scarpata per niente…”
“E queste come le hai avute? Sono le foto che ho trovato a casa della Renner…Gruber, Weissman, Ritter…vedi questi sono narcotrafficanti e guarda questo è uno dei trafficanti d’armi più ricercati…”
 “Vedo…questo è Zolder…l’Interpol lo cerca da anni, sa dei suoi affari…ma non riescono mai ad incastrarlo, queste foto potrebbero porre fine alla sua ‘carriera’…”
Ben fece leggere la lettera anche a Semir e dopo aver fatto rimbombare nella stanza un fragoroso cinque a passo di carica si diressero verso l’ufficio del commissario Kruger, consapevoli che ora Weissman forse sarebbe stato incriminato anche per essere il mandante dell’omicidio della Renner e per essere complice di trafficanti di droga e armi.
 
Epilogo e Angolino musicale: come sempre tutto è bene quel che finisce bene…e se vi state già chiedendo se ci sarà un’altra avventura della coppia d’oro + 1 vi dirò di sì, ma non la prossima.
Ho deciso di…invertire i ruoli…Semir nei guai e Ben a ‘sbrogliare’ la matassa, il che per me è una sorta di novità. Livyana quindi non ci sarà, ma la serie prevede altre storie future.
Ed eccomi ai ringraziamenti: un grazie immenso ai miei recensori che non mi fanno mai mancare il loro supporto e affetto, che ancora una volta, magari senza saperlo, sono fonte di ispirazioni. Bacione enorme a Liviana, Elisa e Maty.
Menzione speciale alla mia Beta che in questo periodo per me fa gli straordinari, visto che la mia testa viaggia più veloce delle dita e ultimamente per strada perdo non solo le virgole.
Ringrazio tutti i lettori e grazie a chi ha inserito la storia in una delle liste.
Infine il film che ha ispirato questa storia, Maty, la mia Beta lo ha capito subito, ma forse è questione…d’età…Witness - Il testimone film del 1985 diretto da Peter Weir e interpretato da Harrison Ford e Kelly McGillis.
Vi lascio all’ultima canzone di questa f.f. e se vorrete…arrivederci a presto!
ChiaraBJ.
Laura Pausini ‘un amico è così’
Per ascoltarla : https://www.youtube.com/watch?v=VRY1aAODjzk
È facile allontanarsi sai Se come te anche lui ha i suoi guai Ma quando avrai bisogno sarà qui Un amico è così Non chiederà né il come né il perché Ti ascolterà e si batterà per te E poi tranquillo ti sorriderà Un amico è così E ricordati che finché tu vivrai Se un amico è con te non ti perderai In strade sbagliate percorse da chi Non ha nella vita un amico così Non ha bisogno di parole mai Con uno sguardo solo capirai Che dopo un no lui ti dirà di sì Un amico è così E ricordati che finché tu vorrai Per sempre al tuo fianco lo troverai …Se un amico è con te non tradirlo mai Solo così scoprirai che Un amico è la cosa più bella che c'è E ricordati che finché tu vivrai Un amico è la cosa più vera che hai È il compagno del viaggio più grande che fai Un amico è qualcosa che non muore mai…
 
 

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