Rieccomi con un nuovo capitolo dalla parte di Jasper questa volta …
commentate, commentate, commentate, non può che farmi piacere!
[…]
Così sperso tra i vimini e le stuoie
grondanti, giunco tu che le radici
con sé trascina, viscide, non mai
svelte, tremi di vita e ti protendi
a un vuoto risonante di lamenti
soffocati, la tesa ti ringhiotte
dell’onda antica che ti volge; e ancora
tutto che ti riprende, strada portico
mura specchi ti figge in una sola
ghiacciata moltitudine di morti,
e se un gesto ti sfiora, una parola
ti cade accanto, quello è forse, Arsenio,
nell’ora che si scioglie, il cenno d’una
vita strozzata per te sorta,e il vento
la porta con la cenere degli astri.
Eugenio Montale, Arsenio
Erano ore che vagavo.
Perso.
Senza una meta.
…
Ricorderò per l’eternità quella tormenta di neve.
Ero giunto a Philadelphia dopo un lungo viaggio. Il
conto dei giorni, o meglio delle notti, di cammino l’avevo del tutto perso.
Avevo lasciato Peter e Charlotte da un paio di giorni.
Ero solo al mondo. E non avevo certo lo spirito del
nomade.
La mia gola bruciava per la sete ma non potevo pensare
di farlo ancora.
…
Sarebbe stato troppo.
…
La mia ultima vittima era stata una donna.
Ogni sua sensazione mi aveva pervaso completamente,
dal fascino che avevo suscitato su di lei,
all’inquietudine, al terrore, al dolore lancinante un attimo prima del suo
ultimo respiro.
Avevo sentito l’inquietudine farsi
strada in lei, strisciante come un serpente.
L’avevo sentita diventare anche mia.
Angoscia, disperazione, morte.
Questo portavo assieme a me,
nel mio cammino, nella mia vita.
Questa la mia maledizione.
…
Cercai la zona più malfamata della città per non dare
nell’occhio.
Quello solo poteva essere il mio posto, tra assassini,
delinquenti e puttane. Un piccolo inferno terrestre.
Come se la mia vita già non lo fosse.
Come se questo, dopo tutte le battaglie, potesse
spaventarmi.
…
Come se questo assomigliasse anche solo vagamente al
mio inferno.
Perché non potevo dimenticare?
...
Non basta essere coraggiosi per apprendere l'arte
dell'oblio.
Un simbolo, una rosa può ferirti. Un accordo di
chitarra straziarti.
Nulla può farti dimenticare.
...
Non sarei mai stato felice.
I miei piedi segnarono un breve sentiero in mezzo alla
neve e mi sedetti a terra.
Sentii i fiocchi contro il viso picchiettare come
tanti piccoli aghi, facendomi socchiudere gli occhi.
I miei capelli erano grondanti e un rivolo d'acqua
gelata mi scese da dietro un orecchio nel collo.
Gli occhi ormai chiusi.
In quel turbinio di vento e neve nemmeno le lacrime
potevano rigarmi le guance. I miei occhi non potevano piangere.
Nemmeno un po’ di calore in quel ghiacciaio che mi
sentivo dentro.
Vidi una piccola locanda. Un posto isolato e malfamato.
Perfetto per non dare nell’occhio. Perfetto per aspettare la
fine della tormenta.
Mi infilai
dentro in fretta e mi diressi verso il punto più buio del locale.
Nessuno sembrava avermi notato. Mi sedetti ad un tavolo, lo sguardo basso, cercando di isolarmi da
tutto il resto.
Ma, come
sempre, era impossibile.
…
… rabbia … vendetta … ira … desiderio …
… rimpianto … paura …
… amore …
…
… amore? …
…
Alzai di scatto la testa in quella direzione.
Non avevo mai sentito quel sentimento. Nemmeno tra
Peter e Charlotte, tanto legati tra loro.
Non era così … puro.
Incondizionato. Irrazionale.
I miei occhi incrociarono i suoi all’istante.
Oro liquido.
Non avevo mai provato nulla di così irresistibile in
più di un secolo di vita.
Sorridendo mi venne incontro, tanto elegante che
sembrava danzasse.
Si fermò a pochi centimetri da me e mi guardò fisso.
… Felicità? … Così si chiamava quello che sentivo
nascere in lei?
“ Mi hai fatto aspettare, pensavo non saresti più
arrivato” disse con sollievo.
…
... Aspettare? …
“ Mi dispiace molto signorina”
“ Non importa Maggiore Jasper Whitlock.”
Sussurrò timida, con un sorriso, scandendo piano il mio nome.
…
Come lo conosceva?...
“ Ci siamo già incontrati per caso?” le chiesi confuso.
“ No. Ma io ho sempre saputo che saresti stato tu. So chi sei
dalla notte dei tempi. Eri tu nel buio, sei tu nella luce.”
…
Dolce e rassicurante.
Ma rimasi
di stucco a quest’informazione.
Dovevo aver a che fare con una vampira squilibrata.
Sicuramente. Che creatura bizzarra.
Capelli corti, scuri. Minuta. Minuscola a dire il
vero. Un viso da folletto.
“ Non mi chiedi nemmeno come mi chiamo? Dove sono finite le tue buone maniere da giovanotto
del sud?” mi interruppe ridendo, maliziosa.
Una risata cristallina. Meravigliosa.
“ Perdonatemi signorina, qual è il vostro nome?”
“ Alice.” disse in un bisbiglio.
…
… Alice.
Musica. Questo fu per il mio cuore privo di vita.
Se solo avesse potuto, avrebbe ricominciato a battere.
Era felice. Era il primo essere felice dopo più di
cent’anni di terrore, angoscia e rabbia cieca.
Chi era? Come poteva provare cose simili?
…
“ Sapevo che avresti reagito così ma non pensavo di
poterti spaventare!” esclamò.
“ Perdonatemi signorina, sono solamente stanco. Volete sedervi qui con me?”
“ Sì grazie.
Ah, so che tenterai di nascondere le tue cicatrici, non è necessario, non mi
spaventi.”
…
Come poteva aver notato la fitta trama di cicatrici di
guerra sul mio corpo col mantello a coprirmi e quel buio? …
Come sapeva che il mio pensiero era di coprirle il più
possibile?
…
Si sedette di fronte a me con un gesto aggraziato e
fluido, in un attimo. I suoi occhi continuavano a guardarmi come se fossi stato
un vecchio parente, ritornato dopo un lungo viaggio.
Come se sapesse tutto, pensai. E rabbrividii, cosa mi
saltava in mente? non l’avevo mai vista prima.
…
Ascoltai più a fondo. Davvero non c’era paura in lei.
“ Una signorina come voi, sola, non dovrebbe
frequentare posti come questo, soprattutto durante la notte.”
“ Saresti arrivato, lo sapevo.” rispose sibillina.
“ Saperlo?”
“ Sì, l’ho visto. Era così nella mia testa…”
…
… Ecco, una vampira spostata con le visioni!
“ … poi mi avresti guardata
con un’espressione confusa e mi avresti chiesto cos’ altro avessi visto. Sbaglio?” continuò imperterrita.
“ … no, non vi sbagliate …”
“ Tanto vale parlarne subito di modo da toglierci il
pensiero: ho fatto chilometri per arrivare fin qui
questa notte ed incontrarti. So tutto di te. So che non ucciderai più e mi
seguirai. So che ci sarai. So quello che stai cercando. Quello che potrai diventare. Quello che sarai per me.”
“ Ma io non so di cosa…”
“ Non interrompermi Jasper. Sei la sola cosa che possiedo. Non ti lascerò
scappare. Sei la mia vita, lo sarai. Fidati di me.”
…
Come potevo non darle ascolto? …
Mettere a tacere la speranza che proveniva da lei e
poco a poco mi pervadeva completamente?…
Il senso di fiducia da cui mi lasciavo inconsapevolmente
invadere.
…
Bellissima. Ecco cos’era questa creatura.
Alice.
“ Seguimi, voglio farti vedere una cosa.” mi interruppe di nuovo, prendendomi per mano senza
preavviso.
Sobbalzai a quel contatto. Non ero abituato a tanta vicinanza
con quelli della mia specie, a tanta delicatezza.
Calore. La sua mano morbida a
stringere la mia.
Mi condusse verso la porta della locanda, superando
vari avventori del locale.
Aprì la porta.
Fu come un flash.
Conservavo pochi ricordi della mia vita umana a parte
la notte in cui Maria mi aveva trasformato.
Una mattina, quando ancora ero bambino, mi ero
svegliato e il solito paesaggio che vedevo sempre dalla finestra era diventato
simile, in una sola notte, a quei biglietti natalizi che si spediscono per le
feste.
Non avevo mai visto la neve, non era usuale dalle mie
parti.
Ero corso giù per le scale di casa e avevo spalancato
la porta.
Estasiato nel vedere il giardino coperto da una coltre
di neve immacolata, mi ero bloccato.
In quel momento non ero riuscito a muovere un solo
passo e a profanare il miracolo, rovinare una cosa tanto bella.
Ora, un’altra volta, non era possibile vedere nulla
che non fosse interamente coperto dalla neve.
La tempesta si era placata, finalmente.
Il solo rumore che si poteva percepire, a volte, era
un leggero fruscio e subito dopo un lieve tonfo per quella che, in eccesso,
cadeva dalle grondaie, dai cornicioni, dai davanzali delle finestre delle case.
Per il resto regnava il silenzio.
Il silenzio che solo la neve crea, innaturale e unico,
che avvolge tutto.
Il silenzio che toglie la parola.
Che ferma le chiacchiere e le sciocchezze di tutti i
giorni.
Che isola.
Fa tacere ma dice tutto.
Di fronte a quello spettacolo dovetti star zitto o
avrei sentito la mia voce far eco dentro di me.
Avrei udito, pensai, un'eco
nel vuoto.
Mi sentivo vuoto, completamente vuoto.
Poi fu un attimo. Quel vuoto fu riempito dal suo
amore.
Mi voltai verso di lei che, tenendomi la mano, mi
guardava.
Occhi negli occhi.
…
Immensamente Alice.
“ Siete l’essere più meraviglioso che abbia mai
incontrato nel mio cammino” sussurrai ormai stregato.
Lei si fece più vicina con un passo.
Guardai in fondo a quell’oro.
Non sapevo nulla di lei. Né chi fosse né da dove
venisse.
Mi fissò, trapassandomi l’anima, sempre che ne avessi
una.
Ma il suo sguardo mi disse che sì, ce
l’avevo ancora da qualche parte. Sentivo affiorare sentimenti mai
provati.
“ Sapevo che ti avrei trovato … Jasper … avrei atteso
secoli di silenzio per una tua parola .. avrei
riconosciuto il tuo volto tra altri mille …” disse a pochi centimetri dal mio
viso.
…
Si alzò sulle punte dei piedi per arrivare alla mia
altezza, mi abbracciò in modo leggero e posò le sue labbra sulle mie.
Un soffio.
Il tempo di un
battito d’ali.
La sua bocca calda come la vita, gli occhi diamanti
del mattino.
Ammaliato. Affascinato.
Suo.
Ad un
tratto suo. Speranza. L’ombra di un sogno che non osavo immaginare ormai più.
…
“ Andiamo, avremo tempo per parlare, camminiamo un po’
…” mormorò sulle mie labbra.
Amore.
Dentro di me ogni cosa prese
posto e riemersi da quel limbo dorato.
Dopo un secolo, pensavo che gli abiti che indossavo
fossero ormai sudici di guerra. Che non avrei mai più potuto lavare la mia
anima. Che fosse troppo tardi.
Sempre straniero, mai innocente. A vivere una continua
violenza. Terribile, perché silenziosa e fredda.
E’ inutile provare a spiegare la crudeltà.
Si finisce per ignorare i propri compagni, uniti nello
stesso destino ma tenuti lontani perché, in ogni caso saremmo destinati a
perderli.
Morti per espiare colpe che non erano loro. Per ideali
inesistenti. Per gli interessi di pochi sui molti.
Morti ovunque, per un fazzoletto di terra che non
sarebbe nemmeno bastato a seppellire tutti quei corpi.
Dopo un secolo, desideravo solo che fosse la morte a
baciarmi, a condurmi lontano.
Senza memoria, senza peccato. Cieco. Forse finalmente
felice.
Ma la
morte ignora giustizia e non mi avrebbe preso con sé. Nemmeno lei, credevo, potesse
desiderarmi.
…
Ma questa
creatura …
Strinsi il suo esile corpo in un abbraccio, posando le
mie mani sui suoi morbidi fianchi.
Nascosi il viso nel suo collo, chinandomi verso di
lei, annegando nel suo dolce profumo.
Baciai il suo collo di porcellana, inspirando
profondamente.
Mi allontanai un poco, dopo un attimo che era durato un’eternità.
Mi sorrise, felice, e con la punta dell’indice tracciò
sulla mia pelle la rete dei miei segni di guerra, guardandoli come se fossero
la cosa più bella del mondo. Una scia di fuoco.
Accarezzò la mia guancia e scese con la mano sul
collo, fino ai bottoni del mio mantello.
Delicata.
…
E semplicemente la seguii. La sua mano nella mia.
Piccola viandante sconosciuta, chi potevi essere se
non la donna della mia vita?