Five Times

di marveladdicteed89
(/viewuser.php?uid=919874)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Primo ***
Capitolo 2: *** Capitolo Secondo ***
Capitolo 3: *** Capitolo Terzo ***
Capitolo 4: *** Capitolo Quarto ***
Capitolo 5: *** Capitolo Quinto ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo Primo ***


Lunedì 27 ottobre, ore 9:08

Cinque volte, poi non verrò più da te e mi rifarò una vita. 
Cinque volte, poi andrò da Jamia come ti avevo promesso e le darò amore, tutto l'amore che non ho potuto dare a te.
Cinque volte, poi non verrò nemmeno al tuo funerale e farò come se non ti avessi mai incontrato.
Cinque volte, poi fingeró di non aver nemmeno mai sentito il tuo nome.
Cinque volte, poi cancellerò il tuo numero dalla rubrica e tutti i nostri messaggi, brucerò le lettere che ci eravamo scritti e butteró quella catenina d'argento con la chiave del tuo appartamento che mi avevi dato nella spazzatura.
So che avresti voluto che me ne fossi andato subito. 
Ma dammi ancora cinque volte, Gerard.
Non mi puoi più dare amore e lo so, Dio sa solo quando lo accetteró totalmente ma lo so. 
Ma almeno dammi cinque volte. 
Cinque volte per parlarti, per toccarti ancora e accarezzarti gli zigomi come facevamo la sera, al caldo, nel tuo letto.
Cinque volte per dirti tutto quello che non ti ho mai detto ad alta voce, per la mia cazzo di timidezza.
Cinque volte per farti vedere che io ci sono ancora.
Cinque volte per osservarti in silenzio.
È da anni che sei così.
E adesso i tuoi polmoni stanno cominciando a deperire.
Sai, Gee, ci speravo quasi, che ti svegliassi, all'inizio. Era colpa mia, solo mia. Quel cazzo di alcool, e i tuoi baci, e poi più niente. Uno stridore di gomme, il rumore di uno scontro.
E tu eri lì.
Il risultato della nostra autodistruzione, perfettamente immobile.
Ma respiravi.
In ospedale parlavano di coma.
"Si riprenderà" avevano detto. Non ti potevano operare, per non compromettere gli organi vitali, le sole cose che ti mantenevano in vita.
E io ci credevo.
Come un fottuto idiota.
Ci ho creduto per anni. Ogni giorno controllavo il telefono, ogni giorno mi svegliavo e rimanevo vivo perché forse tu ti saresti svegliato. Ogni giorno mi trascinavo fino alla sera e lavoravo per mettere da parte qualcosa per noi.
Ce l'ho ancora, il barattolo. Sotto i miei occhi, ogni giorno.
C'è scritto "per il nostro amore". Mi ricordo quando lo abbiamo fatto, abbiamo scritto metà frase ciascuno, così le lettere sono diverse. Mi ricordo il bacio che mi hai dato quando ci ho messo i primi dieci dollari. È pieno di soldi. Sarebbero serviti per comprarci una casa. Per vivere insieme, per alloggiare in suite mozzafiato e fare l'amore in posti bellissimi.
Non so perché, lo tengo ancora lì.
Ci ho creduto.
Esattamente fino a ieri.
Mi hanno chiamato, mi hanno detto che i tuoi polmoni erano compromessi, che ti restavano poco più di quindici giorni, in quelle condizioni.
Ho messo giù.
Ho pianto.
Stamattina al lavoro non ci sono andato.
Ho pianto, di nuovo.
Tanto, Gee.
Solo per te.
E poi sono venuto qui.
Ma non voglio rendere tutto difficile, non voglio consumarmi nel dolore. 
E poi te lo avevo promesso.
Me lo avevi fatto dire un giorno. Avevi un'aria seria, eravamo stesi sul tuo letto, stretti e sudati, avevamo appena fatto l'amore. Poi tu mi hai mormorato quelle parole: "Promettimi che se accadrà qualcosa a uno di noi due l'altro si rifará una vita".
Ero rimasto muto e immobile.
"Promettimi" avevi continuato, stringendomi forte la mano come se sapessi già che io avrei dovuto sopportare tutto questo "Che tu andrai da Jamia. Io andrò da Lindsey. Promettimelo, non voglio annegare del dolore".
E te lo avevo promesso, ma subito dopo avevo detto, accarezzandoti il viso e baciandoti teneramente: "Gee, non accadrà niente. Siamo insieme, non ti accadrá niente fino a che ci sono io".
E invece proprio a causa mia tu stai morendo. 
L'unica persona che avrebbe dovuto proteggerti, ti ha distrutto e demolito fino alla morte.
Ma manterrò l'unica vera promessa della mia vita. Manterrò l'unica promessa che ho fatto al mio amore, farò l'unica cosa che posso fare per te, per farmi perdonare.
E andrò da Jamia.
Ti dimenticheró, te lo prometto.
Sarò felice e sorriderò ogni giorno.
La amerò, la amerò tanto.
Ma adesso, amore, lasciami stare ancora qui con te.

Vorrei piangere e vorrei amare, ma tutte le mie lacrime sono state usate e quando ti do un bacio sulle labbra tu non reagisci, non c'è nemmeno un sorriso. Le tue braccia non si allungano più per cercarmi. Le tue dita sono morte, molli. Le prendo tra le mie e non danno niente, tranne che un leggero calore che mi assicura che sei vivo e forse mi stai sentendo.

Mi senti?
Puoi sentire quanto ancora ti amo?

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo Secondo ***


Venerdì 31 ottobre, ore 16:45

Ti guardo e non so che fare. 
Vorrei dirti mille cose, baciarti e sentire qualcosa provenire dal tuo petto muto, prenderti le mani e percepire il tuo tocco delicato su di me.
Eppure niente si muove.
Eppure sento solamente la vita che mi strangola piano piano.
Apro la bocca e non esce niente, solo lacrime.
Ti bagnano e tu non reagisci.
Non mi fai nemmeno una carezza per consolarmi.
Una volta ero io che ti aiutavo a rialzarti, Gee. Ti ricordi? Una volta avevi cercato di prendere della droga, e io ti ho dato un pugno nello stomaco così forte che sei crollato a terra. 
Ero io che ti stavo vicino le sere quando piangevi, quando avresti voluto bere e io ti stringevo la mano e ti dicevo di tenere duro, che sarebbe andata meglio, poi.
Mi sorridevi, tra le lacrime.
E poi una di quelle sere è arrivato anche un bacio, appena accennato, quasi timoroso.

Sei debole, si vede. Sei dimagrito, e i tuoi polmoni sono gonfi e tutti rossi. L'ho visto nell'ecografia.
Non possono operarti.
Possono solo lasciarti morire.
E penso che è già la seconda volta, Gee, e che finita questa ne mancheranno solo tre e poi dovró andare avanti, e dovró farcela, per te. Da solo, senza l'aiuto di nessuno.
E dovrò mentire un'intera vita.
Dovrò sopportare ogni singolo giorno, ogni ora sarà un fottuto inferno, ogni mattinata mi verrà la nausea, ogni sera piangerò perché le tue braccia non ci saranno, ogni volta che bacerò Jamia desidererò di baciare te, quando guarderò i miei bambini penserò che con te non li avrei potuti avere ma sarebbe stato cento volte meglio, alla mattina mi alzerò con l'aspettativa di trovarti in cucina, solo in boxer, mentre fai il caffè con una sigaretta tra i denti e invece troverò una persona che non amo, una persona che sto ingannando, e pensare tutto questo mi fa solo venire voglia di andarmene. Con te.
Insieme.
Di nuovo.
Basterebbe poco. Una pillola o due. Un coltello. Una pistola. Una corda. 
Ma te l'ho promesso.
Devo farlo per te, per farmi perdonare di tutto questo, anche se so che non basterà mai.

Oggi è il mio compleanno, sai?
No. Non lo sai. Scommetto che non sai un bel niente.
O forse no, forse mi senti e vorresti parlarmi, vorresti baciarmi e ti ricordi ogni cosa ma sei lì, i tuoi polmoni sono una fottuta merda e stai per morire e io sono solo egoista a pensare di essere l'unico a soffrire.
Insomma, respiri.
Lo sento, il tuo respiro.
E anche il tuo cuore, a volte appoggio la testa al tuo petto per percepirlo di nuovo, come se tu mi stessi abbracciando.
E se respiri, perché non dovresti riuscire a pensare e a sentire?
Immaginare che forse senti tutto questo mi fa venire voglia di baciarti e basta, mi fa venire voglia di piangere, perché non mi potrai mai dire niente, non mi potrai mai dire "ti amo" o "è stato bellissimo" prima di morire. 
E io continuo a parlarti.
Come un idiota ipocrita.
Forse vorresti parlare anche tu.
Ma non ho niente da perdere.
Te l'ho detto.
Cinque volte.
E una è già andata.
E poi più niente, come avresti voluto tu.
Spero che tu ricordi tutto. Spero che tu riesca ancora a rivivere tutti i momenti che abbiamo passato insieme.
Ti ricordi la mattina del mio compleanno dell'anno scorso?
Mi avevi lasciato un biglietto sul comodino, eri uscito a prendere gli ingredienti per le pancakes alle sette e mezzo del mattino per farmi una sorpresa: "Buongiorno, amore. Torno appena posso con la prima sorpresa e tanti baci da darti".
Lo tengo ancora lì.
Lo leggo ogni mattina.
Come se tu fossi solamente uscito e stessi per ritornare da un momento all'altro per stringermi forte.
E io chiuderei gli occhi e respirerei il tuo odore, spingerei il mio naso contro il tuo.
Tu mi accarezzeresti i fianchi, lo so, lo facevi sempre perché sono basso e ti piaceva allungare le braccia, e poi perché avevi paura che sparissi come un miraggio, tanto ero bello. 
Me lo dicevi ogni volta. Io non ci credevo mai, ma arrossivo, ed ero felice.
E invece oggi guardami, è passato un anno e tu sei qui, in ospedale, e stai per morire, mentre io ho bevuto e puzzo di alcool, il mondo gira e sta per precipitare.
Cado sul pavimento, in lacrime, qui davanti a te. 
Sono debole, Gee, senza di te sono solo un cuore rotto.
Chi l'avrebbe mai detto, quel giorno, che saremmo finiti così?
Chi l'avrebbe mai detto? Tutto quell'amore ci stordiva, ci rinchiudeva in una dimensione sicura e protetta. Eravamo insieme.
Cosa avrebbe potuto andare storto?
Già, cosa?
Cosa, se non noi stessi?
Tutto per colpa di questo alcool.
Ci siamo distrutti con le nostre mani.
E so che non dovrei bere.
Tu morirai tra pochi giorni, per questo.
Ti prometto che oggi è l'ultima volta che prendo in mano una lattina di birra per ubriacarmi.
Ma oggi lasciami.
Lasciami scivolare in un mondo nel quale ci sei ancora.
Lasciami venire tra le tue braccia per piangere, lascia che ti dica quanto ti amo mentre ogni cosa sembra crollare.
Lasciami annegare nel dolore, lasciami mentre mi disintegro in una serenità superificiale e momentanea.
So che dopo starò male.
So che dopo starò peggio.
Ma adesso, amore... adesso è così bello, averti ancora vivo, accanto a me... è così bello, mentre ti vedo, mentre tocco le tue labbra...
E so che non è vero, infatti piango mentre lo faccio - come potrebbe essere vero?
Ma mi piace.
Lasciami mentire.
Lasciami credere che tu sia qui e che non mi stia lasciando nel tuo assordante silenzio.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo Terzo ***


Domenica 2 novembre, ore 19:32

La tua voce.
Mi manca la tua voce.
Me ne sono accorto ora, in questo silenzio che mi lascia una strana amarezza in bocca.
Mi manca la tua voce che alla mattina mi svegliava e mi diceva che il caffè è pronto. Quando non ero da te, mi chiamavi sempre alle otto in punto, e mi dicevi "ciao, amore, passa una bella giornata" e io ti chiedevo quando sarei potuto venire ancora da te, e tu mi rispondevi "presto, fai il bravo", come se ci fosse bisogno di dirmelo. E io mi mettevo ad aspettare che i tuoi genitori e Mikey se ne andassero da casa, anche per poche ore, poi inventavo una scusa per i miei e correvo da te.
Mi manca la tua voce che mi sussurrava qualcosa nell'orecchio, mi manca la tua voce di quando piangevi al telefono e io prendevo la macchina mandando a fanculo il mondo solo per te. 
Mi manca la tua voce, quando mi cantava quelle canzoni piene d'amore, piene di noi, quando esprimeva quelle emozioni sottili che solo tu sembravi in grado di mettere sotto forma di parole.
Mi manca la tua voce persino di quando mi urlavi addosso, di quando eri triste e litigavamo, di quando capivo che non avrei mai potuto salvarti ma sceglievo di starti accanto.
Mi manca la tua voce di quando sussurravi il mio nome nel buio, sorridevi, e poi io sentivo quel caldo piacere che dilagava nel mio petto, e restavamo un groviglio di corpi che si muovevano dolcemente per tutta la notte.
Mi manca la tua voce quando eri ubriaco e mi chiedevi se avevo casa libera con quel sorriso dannatamente provocante.
Mi manca la tua voce disperata, quando stavi per prendere le pillole e mi telefonavi e io correvo lì da te e ti portavo via dal buio.
Mi manca la tua voce che mi teneva sano di mente e bastava per rendermi la giornata migliore.
Mi manca la tua voce che mi diceva di stare fermo, se volevo che il ritratto venisse bene.
Mi manca la tua voce che mi invitava a spogliarmi.
Mi manca la tua voce di quando avevi la tosse e si abbassava di tono, diventava più profonda.
Mi manca la tua voce di quando mi abbracciavi da dietro e mi mormoravi qualcosa all'orecchio, appoggiando il mento sulla mia testa.

Respiro.

Riesco ancora a sentirla.
Ogni notte.
Ogni giorno.
Ogni ora.
Ogni volta che ti penso, sei lì con me. Ma quando allungo le mani per toccarti davvero, per averti con me, ti disintegri in mille pezzi.
Se le mie dita ti raggiungono, ti distruggono.
È quello che è successo in fin dei conti, no? 
Ti ho fatto morire io.
E adesso mi sbriciolo di nuovo nel pianto, anche io.
Di te rimane solo l'odore.
Su ogni cosa.
La mia macchina, i miei vestiti, il mio letto, il mio salotto. I miei capelli, la mia doccia, dove tante volte ci eravamo nascosti insieme e tu mi avevi accarezzato, la mia chitarra, i miei libri, i miei cd. È tutto impregnato di te.
Credo di impazzire.
Un giorno sono fuggito e sono andato a piangere sotto la pioggia, non potevo più sentire quell'odore. Non volevo più andare a casa, avrei solamente voluto scappare da te. Era straziante.
Poi ho ricordato quanto amavi la pioggia. Come la guardavi, quando cadeva fuori dalla finestra.
E mi sono accorto che non potevo andarmene da te. Non c'era nascondiglio, per me.
Tu eri e sei e sarai per sempre il mio mondo, Gee. Che ti piaccia o no. Che tu lo voglia o no.
Non puoi obbligarmi a cambiare pianeta.
Apparterró per sempre a te solo.
Distrutto te, rimane solo una menzogna.
Jamia.
La mia vita felice.
I bambini.
Avrò sempre malinconia del tuo corpo, della tua pelle, delle tue parole. Anche se andassi in un altro luogo, più bello, più accogliente, più pulito e felice, tu sei dove le mie radici stanno, tu sei la mia terra.

Sai, Gee, ti ho detto una bugia.
La scorsa volta ti avevo detto che non avrei bevuto più, che era l'ultima volta.
Non era vero.
Ho bevuto anche oggi.
Gira tutto, come una giostra infernale che adesso mi porta vicino a te e mi fa baciare di nuovo le tue labbra, ma che dopo so che mi strapperá violentemente da te di nuovo.
Mi dispiace di essere così debole.
Mi dispiace di non saper andare avanti da solo.
Mi dispiace di non essere in grado di mantenere tutte le promesse che ti faccio.
Non c'è nessuno, adesso.
Non ci sei tu, a portarmi via dall'oscuritá come facevo io.
Gee, andrò da Jamia, questo lo farò perché te lo devo.
E smetteró anche di bere, smetterò di cercare di avvicinarmi al tuo spettro. Mi sto ingannando da solo, mi sto facendo male.
Per questo smetterò.
Lo giuro.
Per dimenticarti, come avresti voluto, devo farlo.
Oggi però rimango qui.
Crollo su di te, scuoto il tuo corpo e grido.
Piango e ti bagno delle mie lacrime.
Puoi sentirmi?
Sei qui, vicino?
Tesoro, ti prego, resta accanto a me.
Se rimani sarò perdonato.
Puoi sentirmi?
Possiamo ancora fare finta e incontrarci di nuovo, far collidere le nostre labbra per l'ultima volta?
Cado sul tuo corpo.
Rimango in questo gelido abbraccio.
E ti amo, ti amo.
Non so più come urlarlo, non so più come dimostrarlo.
Vorrei andare avanti con la mia vita.
Se saresti qui dimenticherei ogni paura.
Potrei andare avanti con la mia vita.
Ma ti cerco più di quanto ti cercavo ieri.
Oh, sei così lontano.
Ti importa ancora di me?
Mi senti?
Riesci a sentirmi, riesci a sentire che piango per te?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo Quarto ***


Martedì 4 novembre, ore 17:23

Oggi è la penultima volta.
Di già.
Non ce la faccio a mollarti, Gee.
Non so se ce la faccio.
So che lo farò.
Te l'ho promesso. 
Ma adesso, per un attimo, permettimi di dire che non ce la faccio.
Poi ricadró nel buio, poi sorriderò e non ti penserò mai più, poi non potró più lasciarmi annegare nel dolore e nella paura.
Però oggi posso ancora toccarti, posso ancora parlarti. Posso ancora mostrare tutta la mia debolezza, posso ancora mostrare tutto l'amore che ho provato per te.

Dovrei dire tutto quello che non ti ho mai detto, forse. 
Lo so.
Non sono bravo con le parole.
Hai sempre parlato tu.
E il fatto che tu sia lì così, steso e immobile, rende tutto immensamente più difficile.
Perché tu mi stai ascoltando ma non potrai mai rispondermi. Non potrai mai guardarmi con gli occhi che luccicano, non potrai mai dirmi "oh, Frankie" e poi baciarmi come so che faresti se fossi qui accanto a me.
Ma va bene, è colpa mia.
E adesso ti dirò tutto quello che per la mia cazzo di timidezza non ti ho mai detto ad alta voce, e che ogni volta che ti guardavo continuavo a pensare, mentre ti sorridevo impacciato.
Ecco, avrei sempre voluto dirti che il tuo sorriso è stata la cosa a cui mi sono aggrappato per vivere per tutti questi anni. Che appena le tue labbra si increspavano io stavo bene, perché sentivo come che l'intero universo girava dalla parte giusta.
Che hai degli occhi fantastici, e quando si illuminavano di lacrime erano ancora più belli, li avrei baciati per sempre e, merda, facevi commuovere persino me quando si riempivano di pianto, perché ormai eri e sei il mio respiro, il mio cuore.
Che ogni volta che mi stringevi a te avevo un brivido di emozione, perché la creatura più bella della terra aveva bisogno solo di me per stare bene.
Che ho guardato le foto di quando eri ragazzo e, dannazione, dicevi di essere orribile e grasso, dicevi di essere un mostro e invece eri meraviglioso.
Che mi facevi sentire importante e forte, mi facevi sentire amato e in grado di amare. Mi facevi sentire come un protettore, tu stesso, nella tua debolezza, mi davi la forza per continuare a difenderti dalle tenebre che ogni giorno ti circondavano.
Che, cazzo, quando piangevi al telefono e mi chiedevi di venire da te perché stavi male io avrei piantato lì ogni cosa, ogni singola cosa, solamente per correre da te e abbracciarti, baciarti, dirti che andava tutto bene e io c'ero, ed eri al sicuro.
Che è vero quello che dicevi, il mondo è bruttissimo, ma io avevo trovato il suo unico, grande, miracolo, l'unico avvenimento per il quale valeva la pena vivere: tu. 
Che eri tutto.
E adesso che non ci sei è il vuoto.
È il vuoto ovunque: in casa, nel letto, sul divano, tra le mie braccia, nell'aria che accarezza le mie labbra, sul tavolo della cucina, nel mio mattino e nella mia sera, in macchina, nel sedile di fianco a me... mi dicevi sempre di guidare piano, ricordi?
E io ridevo.
Però rallentavo.
Solo per te.
Già.
Ma quella sera eravamo ubriachi.
Quella sera nessuno dei due aveva intenzione di rallentare.
Dovevamo fare l'amore, ti ricordi? Stavi già allungando le tue labbra verso le mie.

E poi siamo finiti in un bagno di sangue.
E quello è stato il tuo ultimo bacio.
Non ce ne sono stati altri, per te.
Chissà come sono le labbra di Jamia, Gee. Devo ancora imparare a conoscerle. Chissà se sono calde come le tue, chissà se mi daranno lo stesso amore, la stessa gioia per tutta la mia vita...
No.
Non potrebbero mai farlo.
Sono un'orribile bugia.
Una bugia che mi porterà una vita serena e felice... ma a quale prezzo?
Non riesco a immaginare una vita senza di te...
Sarebbe solo nulla.
E a questo sono destinato.
Nulla.
Un nulla infernale.
E pieno di consapevolezza.
Come farò ogni giorno?
Piangerò.
Piangerò per il resto della mia esistenza.
E non potrò fare niente.

Sai, amore, oggi ho mantenuto la mia promessa.
Non ho bevuto.
Eppure le mani mi tremano.
E cerco le tue labbra più di prima.
E piango ancora.
Le mie lacrime cadono sul tuo viso.
Sono salate.
Sono disperate.
Ma tu sei di pietra.
Le senti?
Le sentirai fino alla fine?
Oppure ti sei già spento, pronto a morire in un modo totalmente insignificante?
Forse vorresti piangere anche tu.
Eppure hai gli occhi chiusi.
Sei bello, così, con le labbra sottili immobili e appena schiuse, e i capelli scuri del tuo colore naturale.
Sembri congelato in una perfetta serenità.
È buffo, proprio tu che nella vita la serenità non l'hai avuta.
Ti accarezzo una guancia.
È tiepida.
E tu sei immobile.
Quasi mi aspetto che tu allunghi un braccio e ricambi.
Mi illudo, con un sorriso tra le lacrime.
Ogni giorno.
Fino alla fine.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo Quinto ***


Mercoledì 5 novembre, ore 20:14

Oggi è l'ultima volta, Gee.
Sai, non mi aspettavo finisse così.
Un giorno come un altro.
Un 5 novembre tra altri tanti 5 novembre della mia vita.
Chi lo avrebbe mai detto che saresti finito nel nulla, in una sera così insignificante, ma che io ricorderò per sempre? Chi lo avrebbe mai detto, amore mio, che anche tu saresti finito nel grande dimenticatoio dell'universo, come un qualcosa di passato che mai e mai sarà di nuovo ancora qui?

Sai, mi sposo con Jamia dopodomani. 
È molto contenta.
L'ho baciata, la baciavo da un po' da quando tu sei qui, perché mi ricordavo di quello che mi avevi detto. Di rifarmi una vita, con lei. Da un paio di mesi, forse. Solo, non avevo il coraggio di dirtelo.
Ma l'altra volta non ti ho mentito, quando ti ho detto che dovevo ancora imparare a conoscere le sue labbra.
All'inizio non sapevo descrivere nemmeno le tue.
Erano della stessa profondità di una galassia, sapevo solo questo.
Le sue non mi sembra.
Ma non saprei.
Non che non abbia sentito niente, in quel contatto.
Ma la mia mente era troppo lontano.
Tutto quello era troppo falso, per poterlo esprimere in un'altra parola che non fosse "falsità". Come una maschera vuota.
Il nulla.
Il bianco.
Qualcuno dice che il bianco dà serenità. Non sono d'accordo. A me il bianco fa paura.
Forse è così che è la sua bocca.
Bianca.

Tanto non succederà niente. So che non ti sveglierai. Forse l'ho sempre saputo ma non l'ho mai voluto credere veramente.
Non sai quanto mi ha fatto male, non sai quanto mi fa male.
Ti resta un giorno di vita, e io sto sprecando la mia unica occasione oggi. Occasione di dirti che ti amo, occasione di rimanerti accanto fino alla fine, occasione di fare qualcosa.

L'ho promesso, poi non verrò più.

Nemmeno al tuo funerale.

Non guarderò mentre ti seppelliscono, mentre ti chiudono in una bara scura e tutti piangono e gettano una rosa rossa o bianca sulla tua tomba.

Quando avrò sceso le scalinate di questo ospedale, non ci dovrà essere più posto per te nella mia mente. I nostri baci saranno cancellati, le nostre notti saranno solo parte di un mondo immaginario e perfetto al quale non avrò mai accesso. Non ricorderò più il sapore della sua bocca, il tocco delle tue mani, il modo speciale in cui pronunciavi il mio nome, le nostre giornate insieme, le tue carezze.

L'ho promesso.

Oggi i tuoi occhi si scontrano contro i miei per un'ultima volta, come due macchine, come quella sera. 
Riesco ancora a sentire le tue labbra che sfiorano le mie e poi si staccano bruscamente.
La cintura che sfrega sul mio fianco e mi tiene incollato al sedile.
E vedo i tuoi occhi, come quelli di un cervo spaventato da fari troppo luminosi. 
E poi lo schianto: rumore, fumo, vetro. Sangue.
Oggi il mio mondo crolla e entra nelle spoglie di una menzogna, una menzogna felice.
Oggi ti ricordo per un'ultima volta, ti lascio un bacio su quella bocca ancora tiepida.
Oggi ti abbraccio ancora, oggi piango e ti scuoto, cercando disperatamente di svegliarti, ti grido addosso "amore, devi alzarti!".
Inutilmente.
Oggi le mie illusioni crollano.

Non sono capace di asciugare le mie lacrime da solo, ti prego, Gee, torna. Non riesco a essere forte, non ho nessuno ora che sei sparito.
Non riesco a rialzarmi.
Non riesco a dimenticare...

Chiudo gli occhi.
Tengo stretto il respiro, lo rilascio nell'aria solamente quando ne ho bisogno, come se potessi donare un po' di ossigeno anche a te, per farti tornare.

Perché mi hai chiesto questo?
Stringo forte il tuo braccio, e rimani immobile, e io mi prendo la testa tra le mani, stringo i denti per non urlare e mettermi a piangere di nuovo, anche se lo sto già facendo.
La tua ultima volontà, al buio. Nessuno dei due sapeva che quella sarebbe mai stata la nostra ultima notte.
Ero sicuro, sicuro che avrebbe potuto andare tutto bene...
Eppure mi sbagliavo: insieme eravamo troppo dolore.
Avevamo bisogno di aiuto, e ci sembrava che ognuno lo desse all'altro, ma ci stavamo annegando a vicenda.
Ma stavamo bene.
Gee, saremmo annegati insieme.
Fino alla morte.
Insieme.
Tu sei andato a fondo troppo in fretta.
E mi hai spinto a galla, lasciandomi riemergere, in un sacrificio disperato.
Ho cercato così a lungo le tue braccia per stringerti di nuovo e tornare a riva insieme, ma tu non c'eri.
Sono rimasto in mezzo all'oceano.
Muto.
Incapace di affondare, incapace di stare a galla nel modo giusto. Incapace di scomparire.
Mi sono lasciato trasportare dalla marea.
A volte il tuo spettro mi appare ancora, nella notte, tra le onde di questa vita orribilmente gelida da quando non ci sei.
Ho vagato così per giorni.
Mi è sembrata un'eternità, senza te, ma con il tuo ricordo ben impresso nella testa, che mi faceva impazzire lentamente.

E adesso la vedo, la riva (finalmente?).
Sembra felice.
Moglie, figli.
Una casa.
Una famiglia.
Sembra felice ed è una splendida bugia.
Vedo la riva e tu sei ancora sotto.

Oggi volto la testa l'ultima volta, per vedere se rimani lì e non sei dietro di me, cercando di raggiungermi. Per vedere se davvero sei morto.

Volto la testa e le onde si infrangono per gli ultimi istanti sul mio petto, agitate, penetrano la mia carne e le sento nel cuore.
Un turbine di emozioni che mi fanno vomitare l'anima.
Dovrei nuotare? Smettere di respirare e lasciarmi andare, raggiungerti? O semplicemente sparire?

Mi volto.

Per un istante penso di annegare.

Poi mi ricordo la promessa.
Sorrido.

Piango.

Come faccio, come faccio a lasciarti andare?

Jamia è già lì.

Stringo la tua mano, il tuo spettro.

Un'ultima immagine, una sola. Da imprimermi nella mente per dimenticarla subito dopo.

La mia testa, lentamente, si gira di nuovo. Verso la spiaggia.

Amore, vorrei che fosse stato per sempre.

Lascio la tua mano.

E poi corro.

Corro, corro via.

Fuori da questa camera d'ospedale.

Nuoto, nuoto veloce, verso la riva.

Mentre lo faccio piango.

Poi, appena tocco la sabbia, mi impongo di smetterla.
Mi asciugo il viso.

Te l'ho promesso, non ti avrei più pensato.

Alzo la testa.

Jamia mi aspetta. Eccola lì, raggiante e luminosa. Bellissima.

- Frank, vieni? Dobbiamo ancora scegliere la torta.

Vado da lei. 
Le prendo la mano.
E la bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Epilogo ***


Eccomi qui, amore mio.

Ho mantenuto la mia promessa.

Adesso sono vecchio, sai? Ho i capelli bianchi e candidi come la neve, gli occhi verdi vissuti, provati da una vita senza di te, la pelle segnata da qualche ruga. Dei nipoti. Una moglie che mi vuole bene. Tre figli. Due femmine e un maschio.

È strano dirlo, vero?

Però sono sicuro che ti sarei piaciuto anche così. Dicevi sempre che ero bellissimo, dicevi sempre che mi saresti stato accanto per sempre.

E ora guardati, sono passati anni e sei solo una lapide grigia con dei fiori secchi sopra. Lindsey ti ha completamente oltrepassato, la donna che avresti dovuto sposare se fossi stato io al tuo posto si è completamente dimenticata di te e adesso è felice e non si cura nemmeno di venire a trovarti. Giurava di amarti, ma adesso per lei sei solo passato.

Su questa riva felice è rimasto solamente un monumento piccolo, per te. Non si nota nemmeno, tra tutte le tombe che ci sono qui.

Ti cambio i fiori io, oggi. In silenzio.

Non sono potuto venire prima di adesso.
Sai, per la promessa.

Sono passati anni, ma me la ricordo bene.

E l'ho rispettata.
Per tutti questi giorni ho stretto i denti, ho sopportato un inferno, non ho pianto, ho sorriso e ho fatto finta che la mia vita fosse perfetta.
Se mi avessero chiesto "Ehi, tu sai chi era Gerard Way?", io avrei risposto "No, mi spiace. Non l'ho mai sentito in vita mia". 
Ogni mattina mi sono guardato allo specchio e ho cercato di non pensare alla vita che avremmo avuto insieme.
Ogni mattina mi sono alzato con il cuore in gola.
Ogni mattina ho baciato mia moglie e i miei figli.
Ogni mattina sono andato al lavoro, ho bevuto il caffè e ho messo in scena il mio spettacolo.
Un bel sorriso.
Un buon guadagno.
Una famiglia felice.

Ma adesso sto per dimenticare.

Mi hanno diagnosticato una malattia terribile, Gee. Alzheimer.

Serro le labbra e guardo in basso, quando lo dico. Ne ho paura.

Adesso non sarà uno spettacolo.

Adesso ti dimenticheró per davvero.

Sono vecchio, ho ottantasette anni. Probabilmente non mi resta molto da vivere, potrei pensare che dimenticando totalmente quello che mai avrò, il mio unico amore, potrò passare almeno questi ultimi anni sereno. La mia famiglia verrebbe a trovarmi. Tutto andrebbe a meraviglia. Sarei sereno.

Ricordare è un dolore, in effetti.
Ma insieme la cosa più dolce che io possa fare.

L'ho evitato per tutti questi anni.
Eppure inevitabilmente tu eri lì, nell'angolino della mia mente. Sempre presente.
Nascosto, aspettavi venisse il momento.
Il momento giusto.
Per rimembrarti.

Ecco, questo è il momento.

Perderò la memoria gradualmente. Me lo hanno spiegato i medici.
Prima i ricordi di quando ero bambino, poi quelli di quando ero un ragazzo, e così via.

E adesso, prima di chiudermi dentro l'ospedale aspettando la morte e il deperimento, mi chino verso la tua tomba.

Mi metto in ginocchio. La ghiaia mi fa male, ma non importa.

Scricchiolo tutto, sono vecchio.

Ma mi allungo. E ti bacio. Bacio la tua foto, a lungo. Con amore.

Ti bacio perché è questa l'ultima cosa che voglio dimenticare.

Solo, aspettami, amore mio.
Sono stato bravo. 
Ho mantenuto la promessa.
Arriverò da te, amore. Andrò in paradiso. E lì mi abbraccerai finché non ricorderò.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3487546