Give me love, Baka-to

di Ray Wings
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Sight ***
Capitolo 2: *** Fammi un'alzata! ***
Capitolo 3: *** Il metodo del mi dispiace ***



Capitolo 1
*** First Sight ***


NDA. (lunghe... chiedo scusa, ma le intro necessitano del loro spazio ahahah)

Tutto nacque quel dì di Luglio in cui mi imbattei nella seguente immagine (vedi sotto) e da allora l'amore e la ship compulsiva nacquero in me, e più tornai in uno stato di sanità mentale.
Poeticismi a parte xD
Era da un po' che desideravo scrivere qualcosa in questo Fandom, ma non ho mai trovato niente che mi ispirasse, anche perché lo yaoi non mi piace *volano torte, pomodori e torte al pomodoro*.
Poi l'illuminazione... quindi, grazie facebook e le tue meraviglie u.u 
(Chiedo scusa ma non conosco la fonte dell'immagine >.<)
Come avrete capito, vi state per imbattere in una... Yukuto... Bokie... Bokuyukie... YukieBo... Va bene, avete capito! Quei due lì!
Ho messo tra gli avvertimenti "raccolta" perché in realtà si tratta di una serie di scenette abbastanza indipendenti tra loro (con forse qualche accenno l'una all'altra), che però comunque seguono tutte lo stesso arco narrativo che partirà da questo primo capitolo e che vedrà protagonisti, appunto, Bokuto e Yukie.
Chiedo scusa da subito se Yukie potrà sembrarvi forse un po' OOC, ma io ho visto solo l'anime, il manga lo leggo da poco perciò le mie fonti sul suo carattere sono un po' scarse (e comunque non mi pare che compaia molto nemmeno nel manga). Andrò molto di fantasia xD
Per quanto riguarda il titolo: Baka-to è una manipolazione fatta al nome "Bokuto", dove semplicemente cambiando le prime vocali l'ho trasformato in "baka" (che, come tutti sappiamo, significa "Stupido", cosa che certamente si addice al nostro gufetto). Inoltre mi piaceva l'assonanza italiana "Baka-to" con "bacato", che in alcuni dialetti si usa sempre per dire "stupido", "bacato di mente" xD
Insomma, invece che "ti amo in tutte le lingue del mondo", al povero Bokuto gli tocca il "sei idiota in tutte le lingue del mondo", però sempre affettuosamente parlando <3
Detto ciò... vi lascio (finalmente) alla storia.
Spero di avervi intrigato (anche perché mi pare sia la prima storia che prende in considerazione questo pairing su questo sito) e che vogliate darmi una chance ;P
Bandino le ciance e ciancino le bande!!! (?)
Buona lettura!

PS. No, ma io non sono mica fissata con Ed Sheeran... no, no!
PPS. Il Font spesso e volentieri mi gioca brutti scherzi. Se non riuscite a leggere/c'è qualche problema non esitiate a contattarmi e vedrò di sistemare le cose in qualche modo :)

 


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First Sight


I’m thinking ‘bout
how people fall in love in mysterious ways
Maybe just the touch of a hand
(Thinking out loud – Ed Sheeran)


Primo giorno di scuola, primo anno di liceo. Un grande passo, eppure Yukie si sentiva stranamente tranquilla. Non poteva essere tanto diverso dalle medie, in fondo. Le dispiaceva solo dover affrontare il tutto da sola. Le sue amiche avevano scelto un'altra scuola, tranne Mayako, che però era finita comunque in una classe diversa dalla sua.
Sarebbe stata sola, ma almeno quel primo passo l'avrebbe fatto insieme a una faccia amica.
Si fermò fuori dal cancello, un quaderno ben stretto al petto, la borsa appesa a una spalla e lo sguardo sperduto intorno a sè. Molti volti le passarono accanto e lei si chiese quanti di loro avrebbe rivisto in quei tre anni e chissà che magari tra quelle facce non si nascondesse qualche nuova amicizia.
Ok, forse un po' agitata lo era.
Ma non poteva essere troppo diverso dalle medie... no?
Si lasciò andare un leggero sospiro, cercando di ritrovare la calma e rilassare i muscoli, mentre le braccia si stringevano ancora di più intorno al quaderno ad anelli sul suo petto. Era come un portafortuna, nei momenti importanti le piaceva tenerlo vicino al cuore, le infondeva sicurezza e tranquillità.
Lì dentro c'era tutta se stessa, con centinaia di disegni che aveva fatto da tre anni a quella parte, dall'istante in cui aveva imparato a usare una matita. Ogni foglio era una parte di sè e stringerselo contro le dava l'impressione di stringere se stessa, abbracciarsi e darsi calore.
Si guardò attorno, cominciando a essere scocciata.
Che fine aveva fatto Mayako? La campanella sarebbe suonata di lì a poco e lei non poteva permettersi di fare tardi il primo giorno. Sbuffando si voltò a guardare l'enorme orologio della scuola: se non fosse arrivata entro due minuti, sarebbe entrata sola.
Cominciò a saltellare sul posto, scalpitando e scaricando nei piedi la fretta e l'agitazione.
Guardò ancora a destra, poi a sinistra, scorrendo tra gli occhi di tutti gli altri ragazzi che andavano nella sua direzione e poi la superavano, entrando a scuola.
«Basta! Mi sono stancata! Io entro!» brontolò infine, Yukie, ormai esasperata. Si voltò e stava per farlo quel passo, superando la soglia, quando udì una voce amica chiamarla da dietro.
"Era ora!" pensò, tirando indietro il piede e voltandosi per vedere Mayako arrivare. La camicia era tutta disordinata, il fiocco al collo quasi sciolto e i capelli arruffati.
Mayako si fermò col fiatone, piegandosi appena in avanti e poggiando le mani alle ginocchia, riprendendo fiato.
«Che ti è successo?» chiese Yukie.
«La sveglia...» ansimò Mayako.
«Non ti è suonata?»
«Ho dimenticato di metterla» spiegò ancora lei, tra gli ansimi.
«Che?! Il primo giorno?»
Mayako alzò la testa, sorridendo con fare birichino e tirando fuori la lingua sghignazzò: «Che sbadata.»
«Andiamo, è tardi. Meno male che sei comunque riuscita ad arrivare in tempo» disse Yukie e si incamminò, facendo quel benedetto primo passo. Mayako le stette dietro, cominciando a darsi una rassetata, legandosi meglio il fiocco al collo.
«Hai portato i tuoi disegni?» chiese, assorta nel suo lavoro.
«La scuola ha un bel panorama, magari mi viene l'ispirazione per qualcosa di nuovo» spiegò Yukie, cominciando a salire lungo la scalinata che portava dal cortile esterno all'ingresso. Si voltò a guardare l'amica, ancora impegnata a sistemarsi il fiocco, operazione che a quanto pare non le riusciva molto.
«Queste nuove divise sono più complicate di quanto immaginassi» lamentò Mayako.
«Giralo dall'altro lato» provò a suggerirle Yukie. «Non così, verso sinistr...» ma si interruppe quando, mettendo un altro piede sullo scalino successivo, sbattè contro la schiena di qualcuno che aveva deciso che restare fermo lì era un'ottima idea.
Dallo spavento arretrò appena, ma incontrò la fine del gradino su cui stava prima di quanto avesse previsto e inevitabilmente perse l'equilibrio. Allungò le mani in avanti, cercando qualsiasi appiglio, lasciando volare via il suo quaderno dei disegni, ma non trovò altro che il vuoto.
«Yukie!» la chiamò Mayako spaventata quando la vide cadere giù e provò ad allungarsi per prenderla, senza successo.
Il resto fu confuso. Qualche urla, qualche "Ahio", e un rovesciarsi di immagini senza nesso alcuno, fintanto che non si fermò, ormai in fondo alla gradinata.
Il primo pensiero che la colse fu un sorpreso: "Non mi sono fatta niente!"
Aprì gli occhi, cercando di capire dove fosse la terra e dove il cielo, per potersi rialzare quanto prima. Poggiò una mano sotto di sè e si sorprese di trovare del morbido e non la dura terra, come s'era immaginata. Ora che riprendeva lentamente lucidità si rese conto che niente sotto di lei sembrava terra.
Portò rapidamente gli occhi sotto di sè e sorprendentemente vi trovò steso un ragazzo. Nel cadere l'aveva travolto e se l'era trascinato dietro. Probabilmente per quel motivo non si era fatta niente: lui aveva attutito la caduta.
Si sollevò di colpo e arrancando, aggrovigliata e poco stabile su quel cuscino d'emergenza, stridulò panica: «Mi dispiace! Ti sei fatto male?»
Il ragazzo, in tutta risposta, alzò improvvisamente una mano verso il cielo, con aria vittoriosa, e scoppiò a ridere orgoglioso nella voce, mentre mostrava al mondo il quaderno che stringeva tra le dita.
Aveva una risata sganasciata, tanto potente che perfino il petto gli ondeggiava.
«L'ho preso!» annunciò, mentre un gruppo di ragazzi li raggiungevano, allarmati.
«Bokuto! Stai bene?» chiese uno di loro.
«Yukie!» fece eco la voce di Mayako, ancora dietro.
Yukie rimase un attimo perplessa, trovando stravagante che il ragazzo invece di preoccuparsi della caduta si stesse vantando di essere riuscito a prendere al volo il suo quaderno. E poi non aveva mai sentito nessuno ridere in quel modo.
Bokuto pian piano placò la sua potente risata, ma le labbra gli restarono tirate in un enorme sorriso, mentre piegava la testa per guardare Yukie appoggiata al suo petto. Aveva lo sguardo da fesso, ma luminoso come quello di un bambino.
Senza scomporsi, restando steso a terra e senza dare cenno di volersi alzare, le porse indietro la sua proprietà.
«Meno male che c'ero io a prenderti» rise ancora, fiero di quanto aveva appena fatto.
«Ti è caduta addosso, non l'hai presa tu» gli fece notare uno dei suoi amici e questo parve infastidirlo.
«È pur sempre stato un salvataggio da maestro!» sbraitò.
Yukie si tirò in piedi con l'aiuto di Mayako e stringendo di nuovo il quaderno al petto si chinò educatamente, mormorando, dispiaciuta per l'accaduto: «Grazie mille!»
«Non c'è di che» rispose Bokuto, alzandosi e colpendosi i vestiti per scuotersi dalla polvere e dallo sporco. «Fai più attenzione la prossima volta.»
«Detto da te, Bokuto-kun, non ha credibilità» ridacchiò un altro dei suoi amici.
«Che vorresti dire?» protestò ancora lui.
«Niente, niente» disse un altro, sventolando una mano davanti al viso per far intendere di lasciar correre, ma il sorriso denigratorio contraddiceva quel suo gesto.
Yukie restò qualche secondo ad osservarlo, mentre continuava a bisticciare con i suoi amici che a quanto pareva non perdevano occasione per prenderlo in giro. Aveva l'aria da scemo, questo era sicuro, e forse proprio per quello era vittima di tutte quelle frecciatine. Eppure qualcosa pareva attorcigliarsi alla bocca del suo stomaco: non poteva far a meno di pensare che fosse stato estremamente carino nel non arrabbiarsi con lei per la sua sbadataggine. Ma anzi, aveva perfino salvato il suo quaderno, che certamente non aveva la priorità in tutto quello. E quel suo sghembo sorriso, la risata sganasciata, la mettevano allegria.
Tornò a stringere il quaderno al petto, in un dolce gesto istintivo, e incavò leggermente la testa nelle spalle.
"Meno male che c'ero io a prenderti" ripensò a quelle parole e le guance le si arrossarono appena.
«Yukie-chan, dobbiamo andare» disse Mayako, mettendole una mano sulla spalla e ridestandola. Yukie annuì e tornò a guardare Bokuto. Si inchinò e ringraziò ancora, prima di scappare via e tornare a risalire quella scalinata che prima non era riuscita a completare.
Bokuto stava per fare altrettanto, dopo aver smesso di bisticciare con i suoi amici, quando il suo sguardo venne attirato da un foglietto che svolazzava appena lontano da lui. Incuriosito, lo guardò posarsi nuovamente a terra e gli si avvicinò, raccogliendolo.
Si voltò verso Yukie, intuendo che fosse potuto essere suo, volato dal quaderno forse durante lo scontro, e accennò a richiamarla ma lei era già lontana.
"Glielo ridarò la prossima volta" pensò, prima di dare uno sguardo al contenuto del foglio, curioso di sapere cosa fosse.
Rimase a bocca aperta quando vide il disegno di un giocatore di tennis, intento a lanciarsi contro una pallina, a braccio teso e il volto corrucciato. Lo trovò meraviglioso nelle sue ombre, l'espressione concentrata, i muscoli tesi e i lineamenti sinuosi.

Yukie entrò in classe dopo aver salutato Mayako, andando a cercarsi un posto. Guardò tra i banchi vicino alla finestra, sperando che ce ne fosse ancora uno vuoto. Le piaceva poter guardare fuori quanto si annoiava, le dava nuovi spunti per i suoi disegni e si perdeva a indovinare la forma delle nuvole.
Riuscì per fortuna a trovarne uno e si avvicinò, impossessandosene. Poggiò il suo quaderno sul banco e si mise a sedere, concedendosi qualche istante per trovare la calma che ancora non sembrava voler tornare in lei.
Il primo giorno non era cominciato bene, nonostante lo scontro sulle scale con quel ragazzo non riuscisse a considerarlo totalmente negativo. Non riusciva a smettere di pensare al suo sorriso luminoso e quel suo modo di fare tanto gentile e simpatico.
Qualcosa la portò ad alzare gli occhi, una specie di sesto senso arrivato proprio nel momento in cui era tornata a pensare a lui, quando lo vide vercare la soglia della sua classe.
Si irrigidì, improvvisamente nervosa, e la sensazione di attorcigliamento allo stomaco tornò a farsi sentire. Bokuto diede un rapido sguardo all'interno dell'aula e anche lui la vide. Sgranò improvvisamente gli occhi, lanciando un leggero urlo sorpreso e questo non aiutò l'agitazione di Yukie.
«La ragazza dei disegni!» gridò, correndole incontro.
"Disegni? Come fa a sapere dei disegni?" si chiese lei, arretrando appena con la schiena, come se fosse stata impaurita di essere travolta nell'istante in cui l'aveva visto caricare nella sua direzione
.
«Siamo nella stessa classe!» disse ancora lui, con un pizzico di gioia nella voce.
«Mi dispiace per prima» cercò di dire Yukie, balbettando, chiedendosi cosa sarebbe stato giusto dire in un momento come quello.
Bokuto si affrettò a infilarsi una mano nella tasca dei pantaloni ed estrasse un foglio di carta, che aprì con foga. Poi l'alzò davanti agli occhi di Yukie, ben serrato tra le dita e quasi a sfiorarle il naso.
«Questo l'hai fatto tu?» chiese lui.
«Sì» balbettò Yukie, sempre più frastornata.
«Ne fai uno anche a me?» chiese poi Bokuto, togliendole il foglio da davanti e puntandosi un dito contro.
«Cosa?» stridette Yukie.
«L'hai disegnato nell'attimo di massimo sforzo, questo tizio emette grandezza da tutti i pori! Ne voglio uno anche io! Voglio anche io essere fico come lui!»
Yukie sbattè le palpebre un paio di volte, ancora su di giri, chiedendosi se avesse capito bene. Neanche si conoscevano eppure le stava dando tutta quella confidenza.  
«Tu giochi a tennis?» chiese poi titubante, lei.
Bokuto negò con la testa, prima di spiegare: «Pallavolo! Ho il primo allenamento proprio oggi, dopo le lezioni, puoi venire con me così mi guardi giocare e puoi cogliere il mio attimo di ficagintezza!»
"Ficagintezza non esiste come parola" pensò Yukie e la cosa le strappò una risata. Che tipo che era quel Bokuto!
«Allora? Lo farai? Per favore!» insistè lui, prima di battersi le mani davanti al viso e unirle in segno di preghiera.
«Beh, non ho mai disegnato qualcuno che gioca a pallavolo» osservò Yukie, sorridendo intenerita dal suo modo di fare. «Potrebbe essere una buona occasione.»
«Mitico!» esultò lui, alzando i pugni al cielo. «Ora che ci penso, mi pare di aver sentito quelli del club che oltre che giocatori cercavano nuove Manager. Chissà che magari non scopri che ti piace stare tra noi» disse ancora, per poi scoppiare a ridere con quella sua risata sganasciata.
Yukie non rispose, ma si limitò a sorridere. Stare al suo fianco le faceva una strana sensazione, le piaceva, la faceva sentire bene. Lui era così divertente e così amichevole, che era stato in grado di farle passare con poche parole l'agitazione da primo giorno.
«A proposito» si illuminò Bokuto. «Come ti chiami?»
«Yukie Shirofuku» rispose lei.
Bokuto allargò nuovamente il sorriso in viso, illuminandosi come il sole, e puntandosi un pollice contro disse tutto orgoglioso: «Koutaro Bokuto! Diventerò l'Asso della Fukurodani!»

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Capitolo 2
*** Fammi un'alzata! ***


Fammi un'alzata!


Yukie raggiunse la palestra che l'allentamento era già cominciato. Non era in ritardo, lei non lo era quasi mai, ma erano loro in anticipo. Lo spirito combattivo della Fukurodani era quasi terrificante e forse proprio quello spirito aveva convinto Yukie a prendere posto come manager, perché non c'era cosa più bella che vedere quei ragazzi gonfiare ogni muscolo per superare i propri limiti.
O almeno, questo era quello di cui lei voleva convincersi.
L'intera squadra Fukurodani era a dir poco strepitosa e vederli combattere su quel campo era eccitante come nient'altro, eppure tutti i disegni di Yukie, che in quel periodo aveva sfornato con frequenza sempre maggiore, raffiguravano quasi sempre lo stesso soggetto.
Asami le andò incontro, salutandola. Era l'attuale manager della Fukurodani, ma essendo ormai al terzo anno avrebbe presto passato il testimone.
«Hanno cominciato prima» osservò Yukie, finendo di mettersi le scarpe da ginnastica per entrare in palestra.
«Oggi sono carichissimi. È un piacere per gli occhi» disse Asami, prima di voltarsi a guardare la squadra intenta a schiacciare una serie di palle oltre la rete.
Yukie terminò di allacciarsi le scarpe e alzò lo sguardo, guardando Bokuto in fila, dietro Washio. Era dritto su se stesso, sempre pieno di sè, col petto gonfio e lo sguardo combattivo.
Eikichi fece volare la palla alta, poco distante dalla rete, e Washio la raggiunse con un salto, dopo una breve corsa. La schiacciò e corse a rimettersi in fila dietro.
Bokuto si illuminò quando finalmente si rese conto che toccava a lui e il suo volto si infiammò ancora di più.
«Fammi una bella alzata, Eikichi-san!» disse poco prima di prendere la rincorsa e raggiungere la sua palla, in volo. Gli occhi puntati su di lei parvero dilatarsi in maniera impressionante, come un predatore che avvista la cena, e infine la colpì con tutta la forza che aveva, facendo rimbombare la palestra.
Quando atterrò alzò le braccia al cielo, gridando entusiasta per la buona riuscita della sua azione.
«Che colpo eccezionale!» disse, prima di aggiungere: «Eikichi-san fammene un'altra!»
«Lascia il posto a chi viene dopo, Bokuto!» lo rimproverò Konoha, dietro di lui.
«Già, non ci sei solo tu!» sottolineò Sarukui, un paio di ragazzi più indietro.
Bokuto ne rimase turbato, rendendosi conto di essere stato egoista, e imbronciandosi per essere stato brontolato si fece da parte, camminando a spalle basse.
"Sì, è proprio un piacere per gli occhi" sorrise Yukie, divertita dalla scenetta. Bokuto era così pieno di vita e energia che a volte si dimenticava del resto, perfino di avere altri ragazzi dietro di sè che aspettavano di giocare. La pallavolo l'assorbiva completamente e non c'era cosa che amava di più che saltare e schiacciare.
«Puoi raccogliere quelle palle lì, per favore? Io sto compilando la tabella delle percentuali» le disse Asami, distogliendola dai suoi pensieri. Yukie annuì e si mise finalmente al lavoro. Stava imparando molto sui compiti di una manager, anche se in realtà non era poi così difficile. Era ancora una novellina, perciò al momento i suoi unici compiti erano quelli di stare dietro Asami e fare quello che lei le diceva.
Raccolse un paio di palle e corse poi verso il carrello più vicino, per posarle all'interno.
Fece appena in tempo a sentire qualcuno che gridava: «Attenzione!» che una palla in piena velocità le attraversò il campo visivo, sfiorandole il naso. Un passo più avanti e l'avrebbe presa in pieno.
Yukie si irrigidì, un attimo terrorizzata, ma non emise un suono tenendosi dentro quell'ondata di panico che per un istante l'aveva travolta.
Ma mentre lei restò in silenzio, apparentemente come se niente fosse successo, Bokuto dall'altra parte della palestra non fece altrettanto, dando fiato, come al solito, a tutta la sua voce con un urlo spaventato.
Poi si voltò rabbioso verso Matsumoto, uno stangone di quasi un metro e novantacinque, del secondo anno, con lo sguardo sempre apatico.
«Se vuoi tirare certe bombe, per lo meno centra il campo invece di mandarle fuori!» lo rimproverò. «Stavi quasi per colpire la nostra preziosissima manager!»
Matsumoto si limitò a guardarlo contrariato, dall'alto al basso data la differenza d'altezza, e si scansò lasciando il posto al compagno successivo, senza rispondergli.
«Non ignorarmi!» gridò ancora Bokuto, contrariato, prima che Komi comparisse alle sue spalle sghignazzando: «"Preziosissima"? Suona un po' ruffiano.»
«È per via di tutti quei disegni che lei gli fa in cui appare più figo di quello che è realmente» spiegò Konoha, unendosi al duo.
Bokuto rispose con una fragorosa risata, alzando il mento al cielo e portandosi le mani ai fianchi.
«Non sono strepitosi? Proprio degni di un asso!» disse Bokuto.
«Ma tu non sei ancora asso» osservò Satou, un altro giocatore del secondo anno.
«Lo diventerò!» rispose Bokuto a tono.
«Secondo me invece l'adula tanto solo perché lei gli ha prestato dei soldi più di una settimana fa e lui ancora non glieli ha riportati» disse Komi e Bokuto, di fronte a quella dolorosa verità, non potè far altro che zittirsi.
"Diamine! Li ho scordati di nuovo!" pensò sbigottito.
«Smettete di chiacchierare e tornate in fila!» li rimproverò Iwata, l'attuale capitano della Fukurodani.
L'allenamento proseguì fino a quando il sole non cominciò a calare, ormai arrivato a sera. La palestrà iniziò a svuotarsi, mentre Asami e Yukie sistemavano le ultime cose.
«Sono rimaste solo quelle borracce, le puoi mettere via tu?» chiese Asami, caricandosi un borsone in spalla. «Stasera ho un impegno e non posso trattenermi troppo»
«Sì, ci penso io» rispose Yukie, correndo a mettere ordine dove le era stato detto.
«Grazie. A domani» salutò Asami, uscendo dalla palestra, subito seguita da altri tre ragazzi. Pian piano, tutti stavano salutando e andando via, solo Bokuto rimase con una palla in mano e lo sguardo ancora pimpante.
«Eikichi-san! Alzamela ancora!» chiese, arrivandogli alle spalle con irruenza.
«Ancora?» chiese Eikichi, dopo che si fu ripreso dall'infarto. «È tardi, Bokuto. Vai a casa.»
«Se voglio diventare asso devo allenarmi fino allo sfinimento!»
«Non è vero, non ti servirà a niente portarti allo sfinimento. Il riposo fa parte dell'allenamento.»
«Ma io non sono stanco!»
«Io invece sì» rispose secco Eikichi, prima di voltarsi e andarsene, lasciando Bokuto solo con la sua delusione. «A domani. Bokuto vai a casa» disse prima di uscire.
E presto la palestra restò quasi deserta, se non per poche persone che finivano gli ultimi accorgimenti prima di andarsene.
Tra queste, Yukie che stava mettendo dentro a un borsone le ultime cose.
«Yukie-chan, me la fai tu qualche alzata?» gridò Bokuto, arrivando anche a lei alle spalle. Yukie si lasciò scappare un urlo terrorizzato, prima di voltarsi e chiedergli sconvolta: «Che dici? Io non so giocare!»
«Non ci vuole niente, devi solo farla volare alta sopra la rete.»
«Fosse così semplice allora Eikichi non avrebbe tanto bisogno di allenarsi, no?»
E Bokuto spalancò gli occhi, prima di esclamare: «È vero!» poi aggiunse: «Ma sta' tranquilla, hai un futuro asso davanti a te! Sono capace di colpire qualsiasi alzata, anche la più sbilenca»
«Non sei forse un po' troppo sicuro di te?»
«Sciocchezze! Vieni!» rispose lui repentino, prima di afferrarle la mano e trascinarla sottorete.
Per Yukie quel semplice contatto, anche se senza doppi fini, bastò a farle dimenticare ogni sorta di preoccupazione o controreplica. La mano di Bokuto era calda, più calda rispetto alla sua, anche se un po' ruvida forse per le continue schiacciate che la riempivano di calli, ma era comunque a suo modo delicata. Arrossì delicatamente, mentre Bokuto si fermava sottorete e si voltava nuovamente verso di lei.
«Stai dritta» spiegò, prima di prenderle i polsi e sollevarli sopra la sua testa. «Piega un po' i gomiti. Ecco, così» e continuò a muoverla, come fosse stata una bambolina, facendole assumere una posizione vagamente corretta. Fece un passo indietro e la osservò concentrato, tirando fuori la lingua. Dopo una breve pausa tornò vicino a lei e le raddrizzò un po' di più la schiena.
«Così! Perfetta! Tieni la testa alta e quando vedi arrivare la palla sopra la tua testa la spingi via con questo movimento» disse mostrandoglielo.
«Capito?» chiese poi.
Ma Yukie ormai aveva fatto tutto tranne che capire. Sentire le mani di Bokuto su di sè, in quel modo così naturale, l'aveva mandata un po' in confusione.
"Che stupida!" pensò, contrariata dal fatto che provasse quei sentimenti.
«Così! Così!» ripetè Bokuto, notando come Yukie non sembrasse dargli nessun cenno.
«Ho capito!» ruggì lei, sentendosi presa per cretina.
«Perfetto! Vado, allora! Te la passo e tu alzi, ok?» disse Bokuto, senza aspettarsi una reale risposta. Si mise in posizione e lanciò la palla sopra la testa di Yukie, preparandosi poi a prendere la rincorsa e saltare per schiacciarla.
Yukie restò immobile nella posa in cui l'aveva messa Bokuto e vide la palla arrivarle contro, cadendo dall'alto. Provò a concentrarsi e si spostò leggermente per mettersi meglio sotto, poi, così come le aveva detto Bokuto, alzò le braccia di colpo nel tentantivo di spingerla via.
Ma la mancò e la palla le cadde dritta sul naso mentre lei spingeva via l'aria e il vuoto.
Bokuto la guardò perplesso qualche istante prima di scoppiare a ridere ed esclamare: «Fai proprio schifo.»
Yukie sentì il fuoco ribollirle nelle vene e mossa dall'istinto e dal nervoso prese quella stessa palla e gliela lanciò contro, colpendolo dritto in testa. Poi con passi pesanti si avviò verso l'uscita della palestra, ingrugnita.
«Idiota» gridò.
«Aspetta!» si allarmò Bokuto, vedendola reagire in quel modo. «Mi dispiace!» disse, unendo le mani davanti al viso e chinando la testa, mostrando così a gesti il suo rammarico. «Non te ne andare, dai, riproviamo!» insistè, mentre Yukie si sistevama il borsone in spalla e si avviava verso l'uscita.
«È tardi» disse lei. Nonostante fosse tranquilla nel tono, trasudava collera da ogni poro. Le spalle rigide e il mento alzato, l'aria da sufficienza, mettevano ben in evidenza il fatto che si fosse offesa. «Vado a casa. Ci vediamo domani.»
"Si è arrabbiata" pensò dispiaciuto Bokuto, "Sono un disastro." E a testa bassa e lo sguardo depresso ondeggiò verso il carrello dei palloni, per posarci all'interno quello che avevano appena usato.
Yukie si voltò appena, guardandolo, stupita del fatto che non avesse insistito oltre. Insomma, lei glielo aveva detto che non sapeva giocare, che bisogno c'era di deriderla in quel modo?
Però alla fine Bokuto era una mente semplice, questo l'aveva capito da tempo, e probabilmente non l'aveva fatto col chiaro intento di umiliarla. Osservò le spalle chine e il viso rattristato del ragazzo. Sembrava proprio un bambino certe volte e ciò che la faceva più incazzare era il fatto che sembrasse uno di quei bambini adorabili che quando mettono il broncio sembrano orsacchiotti che chiedono un abbraccio.
Si corrucciò appena, infastidita da quei suoi stessi sentimenti che ora tanto si avvicinavano al senso di colpa.
"Non è cattivo, non l'ha fatto apposta. Forse ho sbagliato ad arrabbiarmi così" pensò continuando a sentire quel sentimento di tristezza crescerle dentro e invaderla.
Alla fine lui voleva solo giocare un altro po', ci teneva tanto, e nessuno dei suoi compagni l'avevano voluto accontentare.
"Diamine, perché mi deve fare così tenerezza?" si innervosì e scosse la testa, come se così facendo sarebbe riuscita a far uscire dalla sua mente quei pensieri.
"Stupido Bokuto!" sospirò, alla fine vinta, facendo cadere a terra il borsone e tornando sui suoi passi.
«E va bene» sospirò. «Ci riprovo.»
Bokuto si raddrizzò improvvisamente, guardandola con uno dei suoi sguardi più entusiasti e corse di nuovo al suo posto, urlando di gioia.
«Ma...» lo freddò Yukie con una calma che metteva i brividi. «Se ridi ancora ti faccio diventare pelato.» E sorrise, come se avesse appena detto una carineria.
Bokuto sentì un brivido corrergli lungo la schiena, terrorizzato, poi annuì vigorosamente.
Yukie si rimise al posto dell'alzatore e provò a riassumere la posizione che Bokuto le aveva fatto vedere.
«Così va bene?» chiese conferma.
«Aspetta!» disse lui, correndole incontro. Le si mise dietro e di nuovo afferrò con delicatezza i suoi polsi. Le sistemò mani e braccia sopra la testa e cercò di spiegarle meglio quello che avrebbe dovuto fare, parlandole da sopra la spalla, a pochi centimetri dall'orecchio.
Il cuore di Yukie prese a battere un po' più forte del normale nel sentire la presenza del ragazzo così vicino a sè. Il fiato che quasi le sfiorava i capelli, le dita delicatamente avvolte sui propri polsi, le braccia allungate insieme alle sue, a sfiorarsi, e il petto che toccava la sua schiena ad alcuni movimenti, mentre cercava di guidarla, simulando insieme a lei un'alzata.
«Ti abbassi leggermente, tocchi e spingi» spiegò lui, guidando le sue mani verso l'alto, e nell'allungarsi schiacciò completamente il proprio petto contro le spalle della ragazza davanti a sè.
Yukie sentì lo stomaco attorcigliarsi nella pancia, mentre guardava le sue mani strette in quelle di Bokuto, entrambe spinte verso l'alto, quasi a toccare il cielo.
Avrebbe voluto restarsene così per sempre, a sentire il suo calore avvolgerla.
«Tutto chiaro?» chiese conferma lui, sempre da sopra la sua spalla.
Yukie si voltò a guardarlo, pronta ad annuire per dargli conferma, ma il trovarsi il viso di Bokuto così pericolosamente vicino al suo le fecero per un istante mancare il fiato.
"Pessima mossa" pensò, capendo come forse sarebbe stato meglio se fosse rimasta ferma, senza voltarsi a cercarlo.
Le guance le si arrossarono e lei pregò che non fossero così evidenti, mentre il tamburellare del suo cuore non le dava tregua.
Si sforzò di sorridere comunque e annuì con la testa, già consapevole che non avrebbe potuto fare affidamento sulla sua voce.
Bokuto le sorrise di rimando e quello fu il colpo di grazia.
Distolse lo sguardo, non riuscendo più a sostenerlo, ormai al limite dell'emozione.
Bokuto ne rimase un attimo sorpreso, chiedendosi cosa le fosse preso, ma poi non gli diede peso e si allontanò a grandi passi, tornando nella sua posizione.
«Avanti! Te la passo! Fammi una bella alzata, Yukie!»



Note:

Sì, non c'è Akaashi xD
Ora spiego tutto quello che c'è da spiegare. Bokuto e Yukie sono del terzo anno ai tempi di Haikyuu, mentre Akaashi è del secondo, questo vuol dire che loro sono un anno più grande dell'alzatore. Queste prime scenette/storielle le sto ambientando al momento durante il loro primo anno, indi per cui... non c'è Akaashi, ma arriverà.
Ovviamente, Eikichi, Iwata, Asami, Matsumoto e Satou sono tutti di mia fantasia.
Mi sto rendendo conto, inoltre, che per le idee che mi stanno venendo questa raccolta potrebbe trasformarsi più in un "Bokuto e i suoi anni del liceo", piuttosto che una pura romanticheria su lui e Yukie xD
Più avanti andrò probabilmente a toccare i momenti salienti della sua vita tra cui il giorno in cui è diventato Capitano, l'arrivo di Akaashi e, sì, anche il primo incontro con un certo Bro-Gatto xD e chissà che non mi venga altro ancora in mente...
MA! Il titolo è "Give me love, Baka-to" perciò il Love sarà sempre al centro di ogni pensiero (almeno in quello della povera Yukie).
Felice di aver avuto la vostra approvazione, vi ringrazio delle visualizzazioni e sopratutto delle recensioni, spero che quest'altra OS sia stata di vostro gradimento, io vi saluto e spero di risentirvi presto :3
Miao miao.

Ray

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Capitolo 3
*** Il metodo del mi dispiace ***


Il metodo del "mi dispiace"


Yukie uscì dalla scuola abbastanza irritata e infastidita. Bokuto, finite le lezioni, era fuggito via ignorando il suo imperativo richiamo, e lei era stufa di doverlo rincorrere. Stava cominciando a sospettare che lo facesse apposta, e non fosse frutto di "dimenticanze" come lui diceva. Altrimenti non si spiegava come mai ultimamente fosse così irreperibile.
«Domani non mi sfuggirà» disse fra sè e sè, mentre usciva dal cancello e imboccava la strada verso casa. Ma si fermò in quell'stante, puntando gli occhi a pochi metri da lei. Accucciato, con la schiena appoggiata al muretto dietro, c'era proprio l'oggetto dei suoi pensieri. Sopra di lui, con un gomito poggiato a quello stesso muretto, si trovava anche Satou. Quest'ultimo guardava interessato e incuriosito la console portatile che Bokuto teneva tra le dita, occupato a premere i tasti in maniera convulsiva. Era concentrato: sopracciglia incurvate, fronte corrucciata, leggero sorriso e lingua fuori. Ogni tanto si agitava nella sua bizzarra posizione, sventolando la console qua e là, come se quello gli avesse reso più forza e capacità nel gioco elettronico in cui era impegnato.
Nell'istante in cui Yukie gli si avvicinò, Bokuto cacciò indietro la testa, chiudendo gli occhi e urlando contrariato.
«Non ce l'hai fatta neanche questa volta» lo canzonò Satou.
«Accidenti, c'ero quasi!» gracchiò di rimando, l'amico.
«Che state facendo?» chiese armonica Yukie, cercando di sorridere e risultare serena. Sul volto sembrava sparito ogni segno di irritazione, ma la sua era solo apparenza: dentro di lei stava per esplodere un vulcano di urla e insulti.
«Ciao, Yukie! Stavo provando a battere il record di Satou-san al suo videogioco! È complicatissimo!» spiegò Bokuto, mostrando la console alla ragazza.
«No, non così tanto. È che tu non sei capace» continuò a prenderlo in giro Satou, beccandosi in tutta risposta un'occhiataccia da parte del diretto interessato.
«Il gioco» annuì Yukie, col solito finto sorriso stampato in faccia. «Capisco.»
«Vuoi provarlo?» chiese gentilmente Bokuto.
«No, grazie. È meglio che torni a casa. Sai, per studiare...» disse, scoccando la prima freccia e sperando che quello bastasse a far accendere la lampadina al ragazzo. In fondo, bastava guardarla in volto per capire che quel suo sorriso non era altro che un vago tentativo di trattenere l'istinto omicida. Satou lo capì subito, ma per Bokuto non fu così intuitivo.
E restò silenzioso, a guardarla, chinando la testa da un lato come un vero gufo confuso. Probabilmente aveva cominciato ad accorgersi del comportamento strano di Yukie, ma il motivo di quel suo modo di fare era ancora un mistero.
«Tu non studi, Bokuto?» chiese ancora Yukie.
«Studiare?» sbuffò lui, già annoiato alla sola parola.
«Ci sono gli esami di fine trimestre, ricordi?» e solo allora Bokuto spalancò la bocca, lasciandosi sfuggire un gridolino raccapricciato. Finalmente stava cominciando a capire e soprattutto a ricordare.
«Gli esami...» mormorò con un filo di voce.
«Te li sei dimenticati, vero?» continuò Yukie.
«Devo studiare tutto! Non ce la farò mai!» si sollevò da terra e cominciò a dimenarsi in preda a una vera e propria crisi di panico.
«Come hai fatto a dimenticarli?» chiese Satou, inarcando un sopracciglio.
«C'erano gli allenamenti e io devo diventare Asso, perciò...»
«Riesci a pensare ad altro oltre che la pallavolo?» lo interruppe Satou, contrariato dal suo modo di fare.
«Tu hai studiato?» chiese Bokuto.
«Certo che ho studiato e sto continuando a studiare! Per chi mi hai preso?»
«Aiutami! Senpai...» ma Satou l'anticipò, strappandogli la console di mano e allontanandosi velocemente, diretto a casa.
«Senpai!» provò a richiamarlo Bokuto, invano, allungando una mano nel vuoto. Era stato abbandonato. Non lo rincorse solo perché sentiva di avere un altro asso nella manica: «Yukie-chan! Mi aiuterai tu? Vero?» chiese cercando di sorriderle dolcemente.
«Certo!» sorrise Yukie, ma ancora una volta Bokuto non riuscì a cogliere il sarcasmo nella sua voce.
«Davvero?» chiese illuminandosi.
«Sicuro! Se solo potessi...» aggiunse infine, prima di spiegare: «Sai, i miei appunti sono stati presi in prestito circa un mese fa e ancora non mi sono stati restituiti. Tu non ne sai niente, Bokuto?» e solo a quel punto una lampadina si accese nella mente del ragazzo, lasciandolo quasi in fin di vita.
Boluto si paralizzò, a malapena riusciva a respirare, di fronte a quell'enorme dimenticanza che ancora una volta gli era stata fatta notare.
«Tu non ne sai niente, Bokuto?» chiese ancora Yukie, ma questa volta non risultava nè carina nè sorridente. La voce gli gracchiava dalla rabbia e lo sguardo, se ne avesse avuto il potere, l'avrebbe trapassato uccidendolo seduta stante. Se avesse bocciato gli esami per colpa di quell'idiota che ancora una volta si dimenticava di riportarle indietro le sue cose, era la volta buona che l'avrebbe ucciso. E non ci sarebbero stati occhi dolci a salvarlo!
«Eh? Bokuto?» insistè lei, scandendo sempre più il suo nome, come un serpente che gusta la propria preda con la punta della lingua.
«È tardi! Ci vediamo domani!» disse lui tutto d'un fiato prima di scattare e correre via.
«Fermo! Farabutto!» gridò Yukie, provando a lanciarsi in avanti per afferrarlo ma lui fu decisamente più veloce e nel giro di pochi secondi era già sparito dalla circolazione.
«Ti faccio a pezzetti! Bokuto!» gridò infine Yukie, sfogando la rabbia nel suo nome.
Mai più! Non gli avrebbe più prestato neanche un solo foglietto o un solo centesimo! Da quel momento si sarebbe scordato ogni sorta di gentilezza e carineria da parte sua. Non l'avrebbe più passata liscia!

La mattina dopo Yukie corse verso la sua classe, già pronta a divorare il ragazzo e farlo a fettine. Da lì non sarebbe potuto scappare, non ancora. Era in trappola e lei aveva raggiunto il limite.
Fece il primo passo all'interno dell'aula, aprendo la bocca, già pronta a urlare con tutto il fiato che aveva, ma un quaderno quasi non le si spiaccicò in faccia. Si fermò appena in tempo, osservando la copertina a pochi millimetri dal suo naso.
«Mi dispiace!» urlò la voce di Bokuto dietro di esso.
I suoi appunti, quella mattina, si era ricordato di portarglieli. Finalmente.
Yukie tirò un sospiro di sollievo e l'afferrò, cercando il volto del ragazzo davanti a sè. Nonostante l'avesse fatta disperare per tutto quel tempo, era bastato così poco a farle passare ogni sorta di arrabbiatura. Era inutile, riusciva sempre ad avere la meglio.
L'osservò, corrucciato, inchinato e rigido, mentre stringeva le palpebre, aspettandosi chissà quale ramanzina.
Ancora una volta sembrava solo un cucciolo troppo vivace.
Dov'era finita tutta la rabbia?
«E va bene» sospirò Yukie, ritornando in sè. «Se vuoi, a questo punto, posso anche aiutarti a studiare.»
«Sul serio?» si illuminò Bokuto, afferrandole improvvisamente le mani e avvicinandosi pericolosamente al suo viso, puntando i propri occhi da gufo in quelli della ragazza. Lei arrossì con tale violenza che il sangue arrivato troppo velocemente alla testa le provocò un capogiro, e si ritrovò di colpo a balbettare, sorpresa da quel contatto improvviso.
«Grazie, Yukie!» continuò a piagnucolare Bokuto, commosso e felice della gentilezza della sua amica. «Oh! Apri il quaderno!» si illuminò poi improvvisamente.
«Eh? Aprirlo?» chiese Yukie, non capendo: cosa doveva trovarci dentro?
Bokuto annuì e lei, staccando di malavoglia la propria mano da quella del ragazzo, obbedì.
Sulla prima pagina, proprio sopra la sua scrittura accurata nello spiegare e schematizzare la prima lezione di biologia, c'era l'enorme disegno di un gufo che con un fumetto diceva: "Mi dispiace. Sono un idiota"
«Hai scritto sul mio quaderno!» strillò Yukie, colta da un guizzo di nervosismo e terrore. I suoi appunti... rovinati.
«Non è venuto benissimo? Certo, non come i tuoi disegni, ma comunque sono stato bravo, no?»
«Ma sei un bambino di sei anni, che scrivi sul quaderno altrui?» gli gridò in faccia Yukie, per niente contenta della "sorpresa".
«Non ti piace?» chiese stupito Bokuto, tornando a corrucciarsi dispiaciuto. Non riusciva proprio a capire dove avesse sbagliato. Il suo voleva essere solo un gesto carino e simpatico. In fondo, aveva messo nero su bianco il fatto che lui fosse stato un idiota e lei meritava delle enormi scuse. Era stato più che gentile nei suoi confronti! Che aveva da arrabbiarsi, ora?
«No, no» sospirò Yukie, socchiudendo gli occhi e sforzandosi di respirare normalmente. Non doveva arrabbiarsi. In fondo aveva riavuto i suoi appunti, poteva comunque ricavarci qualcosa tra quegli scarabocchi, non era la fine del mondo. E poi, ancora una volta, Bokuto l'aveva fatto innocentemente. Non era stato cattivo, solo tanto scemo.
Non doveva arrabbiarsi. Avrebbe sorvolato e avrebbe ripreso con lui un classico e innocente rapporto d'amicizia. E poi si sarebbero visti per studiare insieme, era come un appuntamento e la cosa non poteva che essere splendida. Solo loro due, in una stanza, vicini sul proprio quaderno. Doveva pensare solo a quello e a quanto sarebbe stato romantico. E chissà che magari tra loro non sarebbe finalmente scattata la famosa scintilla.
Sì, doveva pensare solo a quello.
«È molto carino. Grazie» si sforzò di sorridere.
«Meno male che ti piace, perché ce ne sono altri!» disse Bokuto entusiasta più che mai.
«Che cosa?» strillò Yukie, spalancando gli occhi, prima di cominciare a sfogliare istericamente il proprio quaderno. Non c'era una sola pagina che si fosse salvata da quel trattamento. Gufi ovunque, ognuno con un fumetto diverso, che ripeteva quanto lui fosse stupido e quanto Yukie invece fosse grandiosa e un'ottima amica, riempiendola di compliementi di ogni sorta.
«Non sono stupen...?» chiese Bokuto, sorridendo felice, ma la sua domanda venne interrotta dall'urlo incontrollabile di Yukie che gli dava dell'idiota.
«Cretino!» ribadì, prima di sbattergli il quaderno in faccia con una tale forza da fargli restare il segno rosso sulla fronte per le prossime due ore. «E scordatelo che ti aiuto a studiare!» aggiunse, infine, raggiungendo il suo banco.
«Ma perché adesso sei arrabbiata?» piagnucolò lui, disperato nella sua incomprensione.
Non avrebbe avuto risposta nè quel giorno nè i successivi.
Non avrebbe avuto nessun tipo di parola da Yukie, per un bel po' di tempo.
Fino a quando non sarebbe riuscito a farla ridere di nuovo.

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