Give me love, Baka-to di Ray Wings (/viewuser.php?uid=60366)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** First Sight ***
Capitolo 2: *** Fammi un'alzata! ***
Capitolo 3: *** Il metodo del mi dispiace ***
Capitolo 1 *** First Sight ***
NDA.
(lunghe... chiedo scusa, ma le intro necessitano del loro spazio
ahahah)
Tutto
nacque quel dì di Luglio in cui mi imbattei nella seguente
immagine
(vedi sotto) e da allora l'amore e la ship compulsiva nacquero in me, e
più tornai in uno stato di sanità mentale.
Poeticismi
a parte xD
Era
da un po' che desideravo scrivere qualcosa in questo Fandom, ma non
ho mai trovato niente che mi ispirasse, anche perché lo yaoi
non mi
piace *volano torte,
pomodori e
torte al pomodoro*.
Poi l'illuminazione... quindi, grazie
facebook e le tue meraviglie u.u (Chiedo
scusa ma non conosco la fonte dell'immagine >.<)
Come avrete capito, vi state
per
imbattere in una... Yukuto... Bokie... Bokuyukie... YukieBo... Va
bene, avete capito! Quei due lì!
Ho
messo tra gli avvertimenti "raccolta" perché in
realtà si
tratta di una serie di scenette abbastanza indipendenti tra loro (con
forse qualche accenno l'una all'altra), che
però comunque seguono tutte lo stesso arco narrativo che
partirà da
questo primo capitolo e che vedrà protagonisti, appunto,
Bokuto e
Yukie.
Chiedo scusa da subito se Yukie potrà sembrarvi forse un po'
OOC, ma io ho visto solo l'anime, il manga lo leggo da poco
perciò le mie fonti sul suo carattere sono un po' scarse (e
comunque non mi pare che compaia molto nemmeno nel manga).
Andrò molto di fantasia xD
Per quanto riguarda il titolo: Baka-to è una manipolazione
fatta al
nome
"Bokuto", dove semplicemente cambiando le prime vocali l'ho
trasformato in "baka" (che, come tutti sappiamo, significa "Stupido",
cosa che certamente si addice al nostro
gufetto). Inoltre mi piaceva l'assonanza italiana "Baka-to"
con "bacato", che in alcuni dialetti si usa sempre per dire
"stupido", "bacato di mente" xD
Insomma,
invece che "ti amo in tutte le lingue del mondo", al povero
Bokuto gli tocca il "sei idiota in tutte le lingue del mondo",
però sempre affettuosamente parlando <3
Detto
ciò... vi lascio (finalmente) alla storia.
Spero di avervi
intrigato (anche perché mi pare sia la prima storia che
prende in
considerazione questo pairing su questo sito) e che vogliate darmi
una chance ;P
Bandino
le ciance e ciancino le bande!!! (?)
Buona lettura!
PS. No,
ma io non sono mica fissata con Ed Sheeran... no, no!
PPS.
Il Font spesso e volentieri mi gioca brutti scherzi. Se non riuscite
a leggere/c'è qualche problema non esitiate a contattarmi e
vedrò di
sistemare le cose in qualche modo :)
First
Sight
I’m
thinking ‘bout
how
people fall in love in mysterious ways
Maybe
just the touch of a hand
(Thinking
out loud – Ed Sheeran)
Primo
giorno di scuola, primo anno di liceo. Un grande passo, eppure Yukie
si sentiva stranamente tranquilla. Non poteva essere tanto diverso
dalle medie, in fondo. Le dispiaceva solo dover affrontare il tutto
da sola. Le sue amiche avevano scelto un'altra scuola, tranne Mayako,
che però era finita comunque in una classe diversa dalla sua.
Sarebbe
stata sola, ma almeno quel primo passo l'avrebbe fatto insieme a una
faccia amica.
Si
fermò fuori dal cancello, un quaderno ben stretto al petto,
la borsa
appesa a una spalla e lo sguardo sperduto intorno a sè.
Molti volti
le passarono accanto e lei si chiese quanti di loro avrebbe rivisto
in quei tre anni e chissà che magari tra quelle facce non si
nascondesse qualche nuova amicizia.
Ok,
forse un po' agitata lo era.
Ma
non poteva essere troppo diverso dalle medie... no?
Si
lasciò andare un leggero sospiro, cercando di ritrovare la
calma e
rilassare i muscoli, mentre le braccia si stringevano ancora di
più
intorno al quaderno ad anelli sul suo petto. Era come un
portafortuna, nei momenti importanti le piaceva tenerlo vicino al
cuore, le infondeva sicurezza e tranquillità.
Lì
dentro c'era tutta se stessa, con centinaia di disegni che aveva
fatto da tre anni a quella parte, dall'istante in cui aveva imparato
a usare una matita. Ogni foglio era una parte di sè e
stringerselo
contro le dava l'impressione di stringere se stessa, abbracciarsi e
darsi calore.
Si
guardò attorno, cominciando a essere scocciata.
Che
fine aveva fatto Mayako? La campanella sarebbe suonata di lì
a poco
e lei
non poteva permettersi di fare tardi il primo giorno. Sbuffando si
voltò a guardare l'enorme orologio della scuola: se
non fosse
arrivata entro due minuti, sarebbe entrata sola.
Cominciò
a saltellare sul posto, scalpitando e scaricando nei piedi la fretta
e l'agitazione.
Guardò
ancora a destra, poi a sinistra, scorrendo tra gli occhi di tutti gli
altri ragazzi che andavano nella sua direzione e poi la superavano,
entrando a scuola.
«Basta!
Mi sono stancata! Io entro!» brontolò infine,
Yukie, ormai
esasperata. Si voltò e stava per farlo quel passo, superando
la
soglia, quando udì una voce amica chiamarla da dietro.
"Era
ora!" pensò, tirando indietro il piede e voltandosi per
vedere
Mayako arrivare. La camicia era tutta disordinata, il fiocco al collo
quasi sciolto e i capelli arruffati.
Mayako
si fermò col fiatone, piegandosi appena in avanti e
poggiando le
mani alle ginocchia, riprendendo fiato.
«Che
ti è successo?» chiese Yukie.
«La
sveglia...» ansimò Mayako.
«Non
ti è suonata?»
«Ho
dimenticato di metterla» spiegò ancora lei, tra
gli ansimi.
«Che?!
Il primo giorno?»
Mayako
alzò la testa, sorridendo con fare birichino e tirando fuori
la
lingua sghignazzò: «Che sbadata.»
«Andiamo,
è tardi. Meno male che sei comunque riuscita ad arrivare in
tempo»
disse Yukie e si incamminò, facendo quel benedetto primo
passo.
Mayako le stette dietro, cominciando a darsi una rassetata,
legandosi meglio il fiocco al collo.
«Hai
portato i tuoi disegni?» chiese, assorta nel suo lavoro.
«La
scuola ha un bel panorama, magari mi viene l'ispirazione per qualcosa
di nuovo» spiegò Yukie, cominciando a salire lungo
la scalinata che
portava dal cortile esterno all'ingresso. Si
voltò a
guardare l'amica, ancora impegnata a sistemarsi
il fiocco, operazione che a quanto pare non le riusciva molto.
«Queste
nuove divise sono più complicate di quanto
immaginassi» lamentò
Mayako.
«Giralo
dall'altro lato» provò a suggerirle Yukie.
«Non così, verso
sinistr...» ma si interruppe quando, mettendo un altro piede
sullo
scalino successivo, sbattè contro la schiena di qualcuno che
aveva
deciso che restare fermo lì era un'ottima idea.
Dallo
spavento arretrò appena, ma incontrò la fine del
gradino su cui stava prima di
quanto avesse previsto e inevitabilmente perse l'equilibrio.
Allungò
le mani in avanti, cercando qualsiasi appiglio, lasciando volare via
il suo quaderno dei disegni, ma non trovò altro che il vuoto.
«Yukie!»
la chiamò Mayako spaventata quando la vide cadere
giù e provò ad
allungarsi per prenderla, senza successo.
Il
resto fu confuso. Qualche urla, qualche "Ahio", e un
rovesciarsi di immagini senza nesso alcuno, fintanto che non si
fermò, ormai in fondo alla gradinata.
Il
primo pensiero che la colse fu un sorpreso: "Non mi sono fatta
niente!"
Aprì
gli occhi, cercando di capire dove fosse la terra e dove il cielo,
per potersi rialzare quanto prima. Poggiò una mano sotto di
sè e si
sorprese di trovare del morbido e non la dura terra, come s'era
immaginata. Ora che riprendeva lentamente lucidità si
rese
conto che niente sotto di lei sembrava terra.
Portò
rapidamente gli occhi sotto di sè e sorprendentemente vi
trovò steso un ragazzo. Nel cadere l'aveva travolto e se
l'era
trascinato
dietro. Probabilmente per quel motivo non si era fatta niente: lui
aveva attutito la caduta.
Si
sollevò di colpo e arrancando, aggrovigliata e poco stabile
su quel
cuscino d'emergenza, stridulò panica: «Mi
dispiace! Ti sei fatto
male?»
Il
ragazzo, in tutta risposta, alzò improvvisamente una mano
verso il cielo, con
aria
vittoriosa, e scoppiò a ridere orgoglioso nella voce, mentre
mostrava al mondo il quaderno che stringeva tra le dita. Aveva una risata sganasciata, tanto
potente che perfino il petto gli ondeggiava.
«L'ho
preso!» annunciò, mentre un gruppo di ragazzi li
raggiungevano,
allarmati.
«Bokuto!
Stai bene?» chiese uno di loro.
«Yukie!»
fece eco la voce di Mayako, ancora dietro.
Yukie
rimase un attimo perplessa, trovando stravagante che il ragazzo invece
di preoccuparsi della caduta si stesse vantando di essere riuscito a
prendere al volo il suo quaderno. E poi non aveva mai sentito nessuno
ridere in quel modo.
Bokuto pian piano placò la sua potente risata, ma le labbra
gli restarono tirate in un enorme
sorriso, mentre piegava la testa per guardare Yukie appoggiata al suo
petto. Aveva lo sguardo da fesso, ma luminoso come quello di un
bambino.
Senza
scomporsi, restando steso a terra e senza dare cenno di volersi
alzare, le porse indietro la sua proprietà.
«Meno
male che c'ero io a prenderti» rise ancora, fiero di quanto
aveva
appena fatto.
«Ti
è caduta addosso, non l'hai presa tu» gli fece
notare uno dei suoi
amici e questo parve infastidirlo.
«È
pur sempre stato un salvataggio da maestro!»
sbraitò.
Yukie
si tirò in piedi con l'aiuto di Mayako e stringendo di
nuovo il
quaderno al petto si chinò educatamente, mormorando,
dispiaciuta per
l'accaduto: «Grazie mille!»
«Non
c'è di che» rispose Bokuto, alzandosi e colpendosi
i vestiti per
scuotersi dalla polvere e dallo sporco. «Fai più
attenzione la
prossima volta.»
«Detto
da te, Bokuto-kun, non ha credibilità»
ridacchiò un altro dei suoi
amici.
«Che
vorresti dire?» protestò ancora lui.
«Niente,
niente» disse un altro, sventolando una mano davanti al viso
per far
intendere di lasciar correre, ma il sorriso denigratorio
contraddiceva quel suo gesto.
Yukie
restò qualche secondo ad osservarlo, mentre continuava a
bisticciare
con i suoi amici che a quanto pareva non perdevano occasione per
prenderlo in giro. Aveva l'aria da scemo, questo era sicuro, e forse
proprio per quello era vittima di tutte quelle frecciatine. Eppure
qualcosa pareva attorcigliarsi alla bocca del suo stomaco: non poteva
far a meno di pensare che fosse stato estremamente carino nel non
arrabbiarsi con lei per la sua sbadataggine. Ma anzi, aveva perfino
salvato il suo quaderno, che certamente non aveva la
priorità in
tutto quello. E quel suo sghembo sorriso, la risata sganasciata, la
mettevano allegria.
Tornò
a stringere il quaderno al petto, in un dolce gesto istintivo, e
incavò leggermente la testa nelle spalle.
"Meno
male che c'ero io a prenderti" ripensò a quelle parole e le
guance le si arrossarono appena.
«Yukie-chan,
dobbiamo andare» disse Mayako, mettendole una mano sulla
spalla e
ridestandola. Yukie annuì e tornò a guardare
Bokuto. Si inchinò e
ringraziò ancora, prima di scappare via e tornare a risalire
quella
scalinata che prima non era riuscita a completare.
Bokuto
stava per fare altrettanto, dopo aver smesso di bisticciare con i
suoi amici, quando il suo sguardo venne attirato da un foglietto che
svolazzava appena lontano da lui. Incuriosito, lo guardò
posarsi
nuovamente a terra e gli si avvicinò, raccogliendolo.
Si
voltò verso Yukie, intuendo che fosse potuto essere suo,
volato dal
quaderno forse durante lo scontro, e accennò a richiamarla
ma lei
era già lontana.
"Glielo
ridarò la prossima volta" pensò, prima di dare
uno sguardo al contenuto del foglio, curioso
di sapere cosa fosse.
Rimase
a bocca aperta quando vide il disegno di un giocatore di tennis,
intento a lanciarsi contro una pallina, a braccio teso e il volto
corrucciato. Lo trovò meraviglioso nelle sue ombre,
l'espressione
concentrata, i muscoli tesi e i lineamenti sinuosi.
Yukie
entrò in classe dopo aver salutato Mayako, andando a
cercarsi un
posto. Guardò tra i banchi vicino alla finestra, sperando
che ce ne fosse ancora uno vuoto. Le piaceva poter guardare fuori
quanto si
annoiava, le dava nuovi spunti per i suoi disegni e si perdeva a
indovinare la forma delle nuvole.
Riuscì
per fortuna a trovarne uno e si avvicinò, impossessandosene.
Poggiò
il suo quaderno sul banco e si mise a sedere, concedendosi qualche
istante per trovare la calma che ancora non sembrava voler tornare in
lei.
Il
primo giorno non era cominciato bene, nonostante lo scontro sulle
scale con quel ragazzo non riuscisse a considerarlo totalmente
negativo. Non riusciva a smettere di pensare al suo sorriso luminoso
e quel suo modo di fare tanto gentile e simpatico.
Qualcosa
la portò ad alzare gli occhi, una specie di sesto senso
arrivato
proprio nel momento in cui era tornata a pensare a lui, quando lo
vide vercare la soglia della sua classe.
Si
irrigidì, improvvisamente nervosa, e la sensazione di
attorcigliamento allo stomaco tornò a farsi sentire. Bokuto
diede un
rapido sguardo all'interno dell'aula e anche lui la vide.
Sgranò improvvisamente gli occhi, lanciando
un
leggero urlo sorpreso e questo non aiutò l'agitazione di
Yukie.
«La
ragazza dei disegni!» gridò, correndole incontro.
"Disegni?
Come fa a sapere dei disegni?" si chiese lei, arretrando appena
con la schiena, come se fosse stata impaurita di essere travolta
nell'istante in cui l'aveva visto caricare nella sua direzione.
«Siamo
nella stessa classe!» disse ancora lui, con un pizzico di
gioia
nella voce.
«Mi
dispiace per prima» cercò di dire Yukie,
balbettando, chiedendosi
cosa sarebbe stato giusto dire in un momento come quello.
Bokuto
si affrettò a infilarsi una mano nella tasca dei pantaloni
ed
estrasse un foglio di carta, che aprì con foga. Poi
l'alzò davanti
agli occhi di Yukie, ben serrato tra le dita e quasi a sfiorarle il
naso.
«Questo
l'hai fatto tu?» chiese lui.
«Sì»
balbettò Yukie, sempre più frastornata.
«Ne
fai uno anche a me?» chiese poi Bokuto, togliendole il foglio
da
davanti e puntandosi un dito contro.
«Cosa?»
stridette Yukie.
«L'hai
disegnato nell'attimo di massimo sforzo, questo tizio emette
grandezza da tutti i pori! Ne voglio uno anche io! Voglio anche io
essere fico come lui!»
Yukie
sbattè le palpebre un paio di volte, ancora su di giri,
chiedendosi
se avesse capito bene. Neanche si conoscevano eppure le stava dando
tutta quella confidenza.
«Tu
giochi a tennis?» chiese poi titubante, lei.
Bokuto
negò con la testa, prima di spiegare: «Pallavolo!
Ho il primo
allenamento proprio oggi, dopo le lezioni, puoi venire con me
così
mi guardi giocare e puoi cogliere il mio attimo di
ficagintezza!»
"Ficagintezza
non esiste come parola" pensò Yukie e la cosa le
strappò una risata. Che tipo che era quel Bokuto!
«Allora?
Lo farai? Per favore!» insistè lui, prima di
battersi le mani
davanti al viso e unirle in segno di preghiera.
«Beh,
non ho mai disegnato qualcuno che gioca a pallavolo»
osservò Yukie,
sorridendo intenerita dal suo modo di fare. «Potrebbe
essere
una buona occasione.»
«Mitico!»
esultò lui, alzando i pugni al cielo. «Ora che ci
penso, mi pare di
aver sentito quelli del club che oltre che giocatori cercavano nuove
Manager. Chissà che magari non scopri che ti piace stare tra
noi» disse ancora, per poi scoppiare a ridere
con
quella sua risata sganasciata.
Yukie
non rispose, ma si limitò a sorridere. Stare al suo fianco
le faceva
una strana sensazione, le piaceva, la faceva sentire bene. Lui era
così divertente e così amichevole, che era stato
in grado di farle passare con poche parole l'agitazione da primo giorno.
«A
proposito» si illuminò Bokuto. «Come ti
chiami?»
«Yukie
Shirofuku» rispose lei.
Bokuto
allargò nuovamente il sorriso in viso, illuminandosi come il
sole, e
puntandosi un pollice contro disse tutto orgoglioso:
«Koutaro Bokuto! Diventerò l'Asso della
Fukurodani!»
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Fammi un'alzata! ***
Fammi
un'alzata!
Yukie
raggiunse la palestra che l'allentamento era già cominciato.
Non era
in ritardo, lei non lo era quasi mai, ma erano loro in anticipo. Lo
spirito combattivo della Fukurodani era quasi terrificante e forse
proprio quello spirito aveva convinto Yukie a prendere posto come
manager, perché non c'era cosa più bella che
vedere quei ragazzi
gonfiare ogni muscolo per superare i propri limiti.
O
almeno, questo era quello di cui lei voleva convincersi.
L'intera
squadra Fukurodani era a dir poco strepitosa e vederli combattere su
quel campo era eccitante come nient'altro, eppure tutti i disegni di
Yukie, che in quel periodo aveva sfornato con frequenza sempre
maggiore, raffiguravano quasi sempre lo stesso soggetto.
Asami
le andò incontro, salutandola. Era l'attuale manager della
Fukurodani, ma essendo ormai al terzo anno avrebbe presto passato il
testimone.
«Hanno
cominciato prima» osservò Yukie, finendo di
mettersi le scarpe da
ginnastica per entrare in palestra.
«Oggi
sono carichissimi. È un piacere per gli occhi»
disse Asami, prima
di voltarsi a guardare la squadra intenta a schiacciare una serie di
palle oltre la rete.
Yukie
terminò di allacciarsi le scarpe e alzò lo
sguardo, guardando
Bokuto in fila, dietro Washio. Era dritto su se stesso, sempre pieno
di sè, col petto gonfio e lo sguardo combattivo.
Eikichi
fece volare la palla alta, poco distante dalla rete, e Washio la
raggiunse con un salto, dopo una breve corsa. La schiacciò e
corse a
rimettersi in fila dietro.
Bokuto
si illuminò quando finalmente si rese conto che toccava a
lui e il
suo volto si infiammò ancora di più.
«Fammi
una bella alzata, Eikichi-san!» disse poco prima di prendere
la
rincorsa e raggiungere la sua palla, in volo. Gli occhi puntati su di
lei parvero dilatarsi in maniera impressionante, come un predatore
che avvista la cena, e infine la colpì con tutta la forza
che aveva,
facendo rimbombare la palestra.
Quando
atterrò alzò le braccia al cielo, gridando
entusiasta per la buona
riuscita della sua azione.
«Che
colpo eccezionale!» disse, prima di aggiungere:
«Eikichi-san
fammene un'altra!»
«Lascia
il posto a chi viene dopo, Bokuto!» lo rimproverò
Konoha, dietro di
lui.
«Già,
non ci sei solo tu!» sottolineò Sarukui, un paio
di ragazzi più
indietro.
Bokuto
ne rimase turbato, rendendosi conto di essere stato egoista, e
imbronciandosi per essere stato brontolato si fece da parte,
camminando a spalle basse.
"Sì,
è proprio un piacere per gli occhi" sorrise Yukie, divertita
dalla scenetta. Bokuto era così pieno di vita e energia che
a volte
si dimenticava del resto, perfino di avere altri ragazzi dietro di
sè
che aspettavano di giocare. La pallavolo l'assorbiva completamente e
non c'era cosa che amava di più che saltare e schiacciare.
«Puoi
raccogliere quelle palle lì, per favore? Io sto compilando
la
tabella delle percentuali» le disse Asami, distogliendola dai
suoi
pensieri. Yukie annuì e si mise finalmente al lavoro. Stava
imparando molto sui compiti di una manager, anche se in
realtà non
era poi così difficile. Era ancora una novellina,
perciò al momento
i suoi unici compiti erano quelli di stare dietro Asami e fare quello
che lei le diceva.
Raccolse
un paio di palle e corse poi verso il carrello più vicino,
per
posarle all'interno.
Fece
appena in tempo a sentire qualcuno che gridava:
«Attenzione!» che
una palla in piena velocità le attraversò il
campo visivo,
sfiorandole il naso. Un passo più avanti e l'avrebbe presa
in pieno.
Yukie
si irrigidì, un attimo terrorizzata, ma non emise un suono
tenendosi
dentro quell'ondata di panico che per un istante l'aveva travolta.
Ma
mentre lei restò in silenzio, apparentemente come se niente
fosse
successo, Bokuto dall'altra parte della palestra non fece
altrettanto, dando fiato, come al solito, a tutta la sua voce con un
urlo spaventato.
Poi
si voltò rabbioso verso Matsumoto, uno stangone di quasi un
metro e
novantacinque, del secondo anno, con lo sguardo sempre apatico.
«Se
vuoi tirare certe bombe, per lo meno centra il campo invece di
mandarle fuori!» lo rimproverò. «Stavi
quasi per colpire la nostra
preziosissima manager!»
Matsumoto
si limitò a guardarlo contrariato, dall'alto al basso data
la
differenza d'altezza, e si scansò lasciando il posto al
compagno
successivo, senza rispondergli.
«Non
ignorarmi!» gridò ancora Bokuto, contrariato,
prima che Komi
comparisse alle sue spalle sghignazzando: «"Preziosissima"?
Suona un po' ruffiano.»
«È
per via di tutti quei disegni che lei gli fa in cui appare
più figo
di quello che è realmente» spiegò
Konoha, unendosi al duo.
Bokuto
rispose con una fragorosa risata, alzando il mento al cielo e
portandosi le mani ai fianchi.
«Non
sono strepitosi? Proprio degni di un asso!» disse Bokuto.
«Ma
tu non sei ancora asso» osservò Satou, un altro
giocatore del
secondo anno.
«Lo
diventerò!» rispose Bokuto a tono.
«Secondo
me invece l'adula tanto solo perché lei gli ha prestato dei
soldi
più di una settimana fa e lui ancora non glieli ha
riportati» disse
Komi e Bokuto, di fronte a quella dolorosa verità, non
potè far
altro che zittirsi.
"Diamine!
Li ho scordati di nuovo!" pensò sbigottito.
«Smettete
di chiacchierare e tornate in fila!» li rimproverò
Iwata, l'attuale
capitano della Fukurodani.
L'allenamento
proseguì fino a quando il sole non cominciò a
calare, ormai
arrivato a sera. La palestrà iniziò a svuotarsi,
mentre Asami e
Yukie sistemavano le ultime cose.
«Sono
rimaste solo quelle borracce, le puoi mettere via tu?» chiese
Asami,
caricandosi un borsone in spalla. «Stasera ho un impegno e
non posso
trattenermi troppo»
«Sì,
ci penso io» rispose Yukie, correndo a mettere ordine dove le
era
stato detto.
«Grazie.
A domani» salutò Asami, uscendo dalla palestra,
subito seguita da
altri tre ragazzi. Pian piano, tutti stavano salutando e andando via,
solo Bokuto rimase con una palla in mano e lo sguardo ancora
pimpante.
«Eikichi-san!
Alzamela ancora!» chiese, arrivandogli alle spalle con
irruenza.
«Ancora?»
chiese Eikichi, dopo che si fu ripreso dall'infarto.
«È tardi,
Bokuto. Vai a casa.»
«Se
voglio diventare asso devo allenarmi fino allo sfinimento!»
«Non
è vero, non ti servirà a niente portarti allo
sfinimento. Il riposo
fa parte dell'allenamento.»
«Ma
io non sono stanco!»
«Io
invece sì» rispose secco Eikichi, prima di
voltarsi e andarsene,
lasciando Bokuto solo con la sua delusione. «A domani. Bokuto
vai a
casa» disse prima di uscire.
E
presto la palestra restò quasi deserta, se non per poche
persone che
finivano gli ultimi accorgimenti prima di andarsene.
Tra
queste, Yukie che stava mettendo dentro a un borsone le ultime cose.
«Yukie-chan,
me la fai tu qualche alzata?» gridò Bokuto,
arrivando anche a lei
alle spalle. Yukie si lasciò scappare un urlo terrorizzato,
prima di
voltarsi e chiedergli sconvolta: «Che dici? Io non so
giocare!»
«Non
ci vuole niente, devi solo farla volare alta sopra la rete.»
«Fosse
così semplice allora Eikichi non avrebbe tanto bisogno di
allenarsi,
no?»
E
Bokuto spalancò gli occhi, prima di esclamare:
«È vero!» poi
aggiunse: «Ma sta' tranquilla, hai un futuro asso davanti a
te! Sono
capace di colpire qualsiasi alzata, anche la più
sbilenca»
«Non
sei forse un po' troppo sicuro di te?»
«Sciocchezze!
Vieni!» rispose lui repentino, prima di afferrarle la mano e
trascinarla sottorete.
Per
Yukie quel semplice contatto, anche se senza doppi fini,
bastò a
farle dimenticare ogni sorta di preoccupazione o controreplica. La
mano di Bokuto era calda, più calda rispetto alla sua, anche
se un
po' ruvida forse per le continue schiacciate che la riempivano di
calli, ma era comunque a suo modo delicata. Arrossì
delicatamente,
mentre Bokuto si fermava sottorete e si voltava nuovamente verso di
lei.
«Stai
dritta» spiegò, prima di prenderle i polsi e
sollevarli sopra la
sua testa. «Piega un po' i gomiti. Ecco,
così» e continuò a
muoverla, come fosse stata una bambolina, facendole assumere una
posizione vagamente corretta. Fece un passo indietro e la
osservò
concentrato, tirando fuori la lingua. Dopo una breve pausa
tornò
vicino a lei e le raddrizzò un po' di più la
schiena.
«Così!
Perfetta! Tieni la testa alta e quando vedi arrivare la palla sopra
la tua testa la spingi via con questo movimento» disse
mostrandoglielo.
«Capito?»
chiese poi.
Ma
Yukie ormai aveva fatto tutto tranne che capire. Sentire le mani di
Bokuto su di sè, in quel modo così naturale,
l'aveva mandata un po'
in confusione.
"Che
stupida!" pensò, contrariata dal fatto che provasse quei
sentimenti.
«Così!
Così!» ripetè Bokuto, notando come
Yukie non sembrasse dargli
nessun cenno.
«Ho
capito!» ruggì lei, sentendosi presa per cretina.
«Perfetto!
Vado, allora! Te la passo e tu alzi, ok?» disse Bokuto, senza
aspettarsi una reale risposta. Si mise in posizione e lanciò
la
palla sopra la testa di Yukie, preparandosi poi a prendere la
rincorsa e saltare per schiacciarla.
Yukie
restò immobile nella posa in cui l'aveva messa Bokuto e vide
la
palla arrivarle contro, cadendo dall'alto. Provò a
concentrarsi e si
spostò leggermente per mettersi meglio sotto, poi,
così come le
aveva detto Bokuto, alzò le braccia di colpo nel tentantivo
di
spingerla via.
Ma
la mancò e la palla le cadde dritta sul naso mentre lei
spingeva via
l'aria e il vuoto.
Bokuto
la guardò perplesso qualche istante prima di scoppiare a
ridere ed
esclamare: «Fai proprio schifo.»
Yukie
sentì il fuoco ribollirle nelle vene e mossa dall'istinto e
dal
nervoso prese quella stessa palla e gliela lanciò contro,
colpendolo
dritto in testa. Poi con passi pesanti si avviò verso
l'uscita della
palestra, ingrugnita.
«Idiota»
gridò.
«Aspetta!»
si allarmò Bokuto, vedendola reagire in quel modo.
«Mi dispiace!»
disse, unendo le mani davanti al viso e chinando la testa, mostrando
così a gesti il suo rammarico. «Non te ne andare,
dai, riproviamo!»
insistè, mentre Yukie si sistevama il borsone in spalla e si
avviava
verso l'uscita.
«È
tardi» disse lei. Nonostante fosse tranquilla nel tono,
trasudava
collera da ogni poro. Le spalle rigide e il mento alzato, l'aria da
sufficienza, mettevano ben in evidenza il fatto che si fosse offesa.
«Vado a casa. Ci vediamo domani.»
"Si
è arrabbiata" pensò dispiaciuto Bokuto, "Sono un
disastro." E a testa bassa e lo sguardo depresso ondeggiò
verso
il carrello dei palloni, per posarci all'interno quello che avevano
appena usato.
Yukie
si voltò appena, guardandolo, stupita del fatto che non
avesse
insistito oltre. Insomma, lei glielo aveva detto che non sapeva
giocare, che bisogno c'era di deriderla in quel modo?
Però
alla fine Bokuto era una mente semplice, questo l'aveva capito da
tempo, e probabilmente non l'aveva fatto col chiaro intento di
umiliarla. Osservò le spalle chine e il viso rattristato del
ragazzo. Sembrava proprio un bambino certe volte e ciò che
la faceva
più incazzare era il fatto che sembrasse uno di quei bambini
adorabili che quando mettono il broncio sembrano orsacchiotti che
chiedono un abbraccio.
Si
corrucciò appena, infastidita da quei suoi stessi sentimenti
che ora
tanto si avvicinavano al senso di colpa.
"Non
è cattivo, non l'ha fatto apposta. Forse ho sbagliato ad
arrabbiarmi
così" pensò continuando a sentire quel sentimento
di tristezza
crescerle dentro e invaderla.
Alla
fine lui voleva solo giocare un altro po', ci teneva tanto, e nessuno
dei suoi compagni l'avevano voluto accontentare.
"Diamine,
perché mi deve fare così tenerezza?" si
innervosì e scosse la
testa, come se così facendo sarebbe riuscita a far uscire
dalla sua
mente quei pensieri.
"Stupido
Bokuto!" sospirò, alla fine vinta, facendo cadere a terra il
borsone e tornando sui suoi passi.
«E
va bene» sospirò. «Ci riprovo.»
Bokuto
si raddrizzò improvvisamente, guardandola con uno dei suoi
sguardi
più entusiasti e corse di nuovo al suo posto, urlando di
gioia.
«Ma...»
lo freddò Yukie con una calma che metteva i brividi.
«Se ridi
ancora ti faccio diventare pelato.» E sorrise, come se avesse
appena
detto una carineria.
Bokuto
sentì un brivido corrergli lungo la schiena, terrorizzato,
poi annuì
vigorosamente.
Yukie
si rimise al posto dell'alzatore e provò a riassumere la
posizione
che Bokuto le aveva fatto vedere.
«Così
va bene?» chiese conferma.
«Aspetta!»
disse lui, correndole incontro. Le si mise dietro e di nuovo
afferrò
con delicatezza i suoi polsi. Le sistemò mani e braccia
sopra la
testa e cercò di spiegarle meglio quello che avrebbe dovuto
fare,
parlandole da sopra la spalla, a pochi centimetri dall'orecchio.
Il
cuore di Yukie prese a battere un po' più forte del normale
nel
sentire la presenza del ragazzo così vicino a sè.
Il fiato che
quasi le sfiorava i capelli, le dita delicatamente avvolte sui propri
polsi, le braccia allungate insieme alle sue, a sfiorarsi, e il petto
che toccava la sua schiena ad alcuni movimenti, mentre cercava di
guidarla, simulando insieme a lei un'alzata.
«Ti
abbassi leggermente, tocchi e spingi» spiegò lui,
guidando le sue
mani verso l'alto, e nell'allungarsi schiacciò completamente
il
proprio petto contro le spalle della ragazza davanti a sè.
Yukie
sentì lo stomaco attorcigliarsi nella pancia, mentre
guardava le sue
mani strette in quelle di Bokuto, entrambe spinte verso l'alto, quasi
a toccare il cielo.
Avrebbe
voluto restarsene così per sempre, a sentire il suo calore
avvolgerla.
«Tutto
chiaro?» chiese conferma lui, sempre da sopra la sua spalla.
Yukie
si voltò a guardarlo, pronta ad annuire per dargli conferma,
ma il
trovarsi il viso di Bokuto così pericolosamente vicino al
suo le
fecero per un istante mancare il fiato.
"Pessima
mossa" pensò, capendo come forse sarebbe stato meglio se
fosse
rimasta ferma, senza voltarsi a cercarlo.
Le
guance le si arrossarono e lei pregò che non fossero
così evidenti,
mentre il tamburellare del suo cuore non le dava tregua.
Si
sforzò di sorridere comunque e annuì con la
testa, già consapevole
che non avrebbe potuto fare affidamento sulla sua voce.
Bokuto
le sorrise di rimando e quello fu il colpo di grazia.
Distolse
lo sguardo, non riuscendo più a sostenerlo, ormai al limite
dell'emozione.
Bokuto
ne rimase un attimo sorpreso, chiedendosi cosa le fosse preso, ma poi
non gli diede peso e si allontanò a grandi passi, tornando
nella sua
posizione.
«Avanti!
Te la passo! Fammi una bella alzata, Yukie!»
Note:
Sì,
non c'è Akaashi xD
Ora spiego tutto quello che c'è da spiegare.
Bokuto e Yukie sono del terzo anno ai tempi di Haikyuu, mentre
Akaashi è del secondo, questo vuol dire che loro sono un
anno più
grande dell'alzatore. Queste prime scenette/storielle le sto
ambientando al momento durante il loro primo anno, indi per cui...
non c'è Akaashi, ma arriverà.
Ovviamente,
Eikichi, Iwata, Asami, Matsumoto e Satou sono tutti di mia fantasia.
Mi
sto rendendo conto, inoltre, che per le idee che mi stanno venendo
questa raccolta potrebbe trasformarsi più in un "Bokuto e i
suoi anni del liceo", piuttosto che una pura romanticheria su
lui e Yukie xD
Più
avanti andrò probabilmente a toccare i momenti salienti
della sua
vita tra cui il giorno in cui è diventato Capitano, l'arrivo
di
Akaashi e, sì, anche il primo incontro con un certo
Bro-Gatto xD e
chissà che non mi venga altro ancora in mente...
MA!
Il titolo è "Give me love, Baka-to" perciò il
Love sarà
sempre al centro di ogni pensiero (almeno in quello della povera
Yukie).
Felice
di aver avuto la vostra approvazione, vi ringrazio delle
visualizzazioni e sopratutto delle recensioni, spero che quest'altra
OS sia stata di vostro gradimento, io vi saluto e spero di risentirvi
presto :3
Miao
miao.
Ray
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Il metodo del mi dispiace ***
Il
metodo del "mi dispiace"
Yukie
uscì dalla scuola abbastanza irritata e infastidita. Bokuto,
finite
le lezioni, era fuggito via ignorando il suo imperativo richiamo, e
lei era stufa di doverlo rincorrere. Stava cominciando a sospettare
che lo facesse apposta, e non fosse frutto di "dimenticanze"
come lui diceva. Altrimenti non si spiegava come mai ultimamente
fosse così irreperibile.
«Domani
non mi sfuggirà» disse fra sè e
sè, mentre usciva dal cancello e
imboccava la strada verso casa. Ma si fermò in quell'stante,
puntando gli occhi a pochi metri da lei. Accucciato, con la schiena
appoggiata al muretto dietro, c'era proprio l'oggetto dei suoi
pensieri. Sopra di lui, con un gomito poggiato a quello stesso
muretto, si trovava anche Satou. Quest'ultimo guardava interessato e
incuriosito la console portatile che Bokuto teneva tra le dita,
occupato a premere i tasti in maniera convulsiva. Era concentrato:
sopracciglia incurvate, fronte corrucciata, leggero sorriso e lingua
fuori. Ogni tanto si agitava nella sua bizzarra posizione,
sventolando la console qua e là, come se quello gli avesse
reso più
forza e capacità nel gioco elettronico in cui era impegnato.
Nell'istante
in cui Yukie gli si avvicinò, Bokuto cacciò
indietro la testa,
chiudendo gli occhi e urlando contrariato.
«Non
ce l'hai fatta neanche questa volta» lo canzonò
Satou.
«Accidenti,
c'ero quasi!» gracchiò di rimando, l'amico.
«Che
state facendo?» chiese armonica Yukie, cercando di sorridere
e
risultare serena. Sul volto sembrava sparito ogni segno di
irritazione, ma la sua era solo apparenza: dentro di lei stava per
esplodere un vulcano di urla e insulti.
«Ciao,
Yukie! Stavo provando a battere il record di Satou-san al suo
videogioco! È complicatissimo!» spiegò
Bokuto, mostrando la
console alla ragazza.
«No,
non così tanto. È che tu non sei
capace» continuò a prenderlo in
giro Satou, beccandosi in tutta risposta un'occhiataccia da parte del
diretto interessato.
«Il
gioco» annuì Yukie, col solito finto sorriso
stampato in faccia.
«Capisco.»
«Vuoi
provarlo?» chiese gentilmente Bokuto.
«No,
grazie. È meglio che torni a casa. Sai, per
studiare...» disse,
scoccando la prima freccia e sperando che quello bastasse a far
accendere la lampadina al ragazzo. In fondo, bastava guardarla in
volto per capire che quel suo sorriso non era altro che un vago
tentativo di trattenere l'istinto omicida. Satou lo capì
subito, ma
per Bokuto non fu così intuitivo.
E
restò silenzioso, a guardarla, chinando la testa da un lato
come un
vero gufo confuso. Probabilmente aveva cominciato ad accorgersi del
comportamento strano di Yukie, ma il motivo di quel suo modo di fare
era ancora un mistero.
«Tu
non studi, Bokuto?» chiese ancora Yukie.
«Studiare?»
sbuffò lui, già annoiato alla sola parola.
«Ci
sono gli esami di fine trimestre, ricordi?» e solo allora
Bokuto
spalancò la bocca, lasciandosi sfuggire un gridolino
raccapricciato.
Finalmente stava cominciando a capire e soprattutto a ricordare.
«Gli
esami...» mormorò con un filo di voce.
«Te
li sei dimenticati, vero?» continuò Yukie.
«Devo
studiare tutto! Non ce la farò mai!» si
sollevò da terra e
cominciò a dimenarsi in preda a una vera e propria crisi di
panico.
«Come
hai fatto a dimenticarli?» chiese Satou, inarcando un
sopracciglio.
«C'erano
gli allenamenti e io devo diventare Asso,
perciò...»
«Riesci
a pensare ad altro oltre che la pallavolo?» lo interruppe
Satou,
contrariato dal suo modo di fare.
«Tu
hai studiato?» chiese Bokuto.
«Certo
che ho studiato e sto continuando a studiare! Per chi mi hai
preso?»
«Aiutami!
Senpai...» ma Satou l'anticipò, strappandogli la
console di mano e
allontanandosi velocemente, diretto a casa.
«Senpai!»
provò a richiamarlo Bokuto, invano, allungando una mano nel
vuoto.
Era stato abbandonato. Non lo rincorse solo perché sentiva
di avere
un altro asso nella manica: «Yukie-chan! Mi aiuterai tu?
Vero?»
chiese cercando di sorriderle dolcemente.
«Certo!»
sorrise Yukie, ma ancora una volta Bokuto non riuscì a
cogliere il
sarcasmo nella sua voce.
«Davvero?»
chiese illuminandosi.
«Sicuro!
Se solo potessi...» aggiunse infine, prima di spiegare:
«Sai, i
miei appunti sono stati presi in prestito circa un mese fa e ancora
non mi sono stati restituiti. Tu non ne sai niente, Bokuto?»
e solo
a quel punto una lampadina si accese nella mente del ragazzo,
lasciandolo quasi in fin di vita.
Boluto
si paralizzò, a malapena riusciva a respirare, di fronte a
quell'enorme dimenticanza che ancora una volta gli era stata fatta
notare.
«Tu
non ne sai niente, Bokuto?» chiese ancora Yukie, ma questa
volta non
risultava nè carina nè sorridente. La voce gli
gracchiava dalla
rabbia e lo sguardo, se ne avesse avuto il potere, l'avrebbe
trapassato uccidendolo seduta stante. Se avesse bocciato gli esami
per colpa di quell'idiota che ancora una volta si dimenticava di
riportarle indietro le sue cose, era la volta buona che l'avrebbe
ucciso. E non ci sarebbero stati occhi dolci a salvarlo!
«Eh?
Bokuto?» insistè lei, scandendo sempre
più il suo nome, come un
serpente che gusta la propria preda con la punta della lingua.
«È
tardi! Ci vediamo domani!» disse lui tutto d'un fiato prima
di
scattare e correre via.
«Fermo!
Farabutto!» gridò Yukie, provando a lanciarsi in
avanti per
afferrarlo ma lui fu decisamente più veloce e nel giro di
pochi
secondi era già sparito dalla circolazione.
«Ti
faccio a pezzetti! Bokuto!» gridò infine Yukie,
sfogando la rabbia
nel suo nome.
Mai
più! Non gli avrebbe più prestato neanche un solo
foglietto o un
solo centesimo! Da quel momento si sarebbe scordato ogni sorta di
gentilezza e carineria da parte sua. Non l'avrebbe più
passata
liscia!
La
mattina dopo Yukie corse verso la sua classe, già pronta a
divorare
il ragazzo e farlo a fettine. Da lì non sarebbe potuto
scappare, non
ancora. Era in trappola e lei aveva raggiunto il limite.
Fece
il primo passo all'interno dell'aula, aprendo la bocca, già
pronta a
urlare con tutto il fiato che aveva, ma un quaderno quasi non le si
spiaccicò in faccia. Si fermò appena in tempo,
osservando la
copertina a pochi millimetri dal suo naso.
«Mi
dispiace!» urlò la voce di Bokuto dietro di esso.
I
suoi appunti, quella mattina, si era ricordato di portarglieli.
Finalmente.
Yukie
tirò un sospiro di sollievo e l'afferrò, cercando
il volto del
ragazzo davanti a sè. Nonostante l'avesse fatta disperare
per tutto
quel tempo, era bastato così poco a farle passare ogni sorta
di
arrabbiatura. Era inutile, riusciva sempre ad avere la meglio.
L'osservò,
corrucciato, inchinato e rigido, mentre stringeva le palpebre,
aspettandosi chissà quale ramanzina.
Ancora
una volta sembrava solo un cucciolo troppo vivace.
Dov'era
finita tutta la rabbia?
«E
va bene» sospirò Yukie, ritornando in
sè. «Se vuoi, a questo
punto, posso anche aiutarti a studiare.»
«Sul
serio?» si illuminò Bokuto, afferrandole
improvvisamente le mani e
avvicinandosi pericolosamente al suo viso, puntando i propri occhi da
gufo in quelli della ragazza. Lei arrossì con tale violenza
che il
sangue arrivato troppo velocemente alla testa le provocò un
capogiro, e si ritrovò di colpo a balbettare, sorpresa da
quel
contatto improvviso.
«Grazie,
Yukie!» continuò a piagnucolare Bokuto, commosso e
felice della
gentilezza della sua amica. «Oh! Apri il quaderno!»
si illuminò
poi improvvisamente.
«Eh?
Aprirlo?» chiese Yukie, non capendo: cosa doveva trovarci
dentro?
Bokuto
annuì e lei, staccando di malavoglia la propria mano da
quella del
ragazzo, obbedì.
Sulla
prima pagina, proprio sopra la sua scrittura accurata nello spiegare
e schematizzare la prima lezione di biologia, c'era l'enorme disegno
di un gufo che con un fumetto diceva: "Mi dispiace. Sono un
idiota"
«Hai
scritto sul mio quaderno!» strillò Yukie, colta da
un guizzo di
nervosismo e terrore. I suoi appunti... rovinati.
«Non
è venuto benissimo? Certo, non come i tuoi disegni, ma
comunque sono
stato bravo, no?»
«Ma
sei un bambino di sei anni, che scrivi sul quaderno altrui?»
gli
gridò in faccia Yukie, per niente contenta della "sorpresa".
«Non
ti piace?» chiese stupito Bokuto, tornando a corrucciarsi
dispiaciuto. Non riusciva proprio a capire dove avesse sbagliato. Il
suo voleva essere solo un gesto carino e simpatico. In fondo, aveva
messo nero su bianco il fatto che lui fosse stato un idiota e lei
meritava delle enormi scuse. Era stato più che gentile nei
suoi
confronti! Che aveva da arrabbiarsi, ora?
«No,
no» sospirò Yukie, socchiudendo gli occhi e
sforzandosi di
respirare normalmente. Non doveva arrabbiarsi. In fondo aveva riavuto
i suoi appunti, poteva comunque ricavarci qualcosa tra quegli
scarabocchi, non era la fine del mondo. E poi, ancora una volta,
Bokuto l'aveva fatto innocentemente. Non era stato cattivo, solo
tanto scemo.
Non
doveva arrabbiarsi. Avrebbe sorvolato e avrebbe ripreso con lui un
classico e innocente rapporto d'amicizia. E poi si sarebbero visti
per studiare insieme, era come un appuntamento e la cosa non poteva
che essere splendida. Solo loro due, in una stanza, vicini sul
proprio quaderno. Doveva pensare solo a quello e a quanto sarebbe
stato romantico. E chissà che magari tra loro non sarebbe
finalmente
scattata la famosa scintilla.
Sì,
doveva pensare solo a quello.
«È
molto carino. Grazie» si sforzò di sorridere.
«Meno
male che ti piace, perché ce ne sono altri!» disse
Bokuto
entusiasta più che mai.
«Che
cosa?» strillò Yukie, spalancando gli occhi, prima
di cominciare a
sfogliare istericamente il proprio quaderno. Non c'era una sola
pagina che si fosse salvata da quel trattamento. Gufi ovunque, ognuno
con un fumetto diverso, che ripeteva quanto lui fosse stupido e
quanto Yukie invece fosse grandiosa e un'ottima amica, riempiendola
di compliementi di ogni sorta.
«Non
sono stupen...?» chiese Bokuto, sorridendo felice, ma la sua
domanda
venne interrotta dall'urlo incontrollabile di Yukie che gli dava
dell'idiota.
«Cretino!»
ribadì, prima di sbattergli il quaderno in faccia con una
tale forza
da fargli restare il segno rosso sulla fronte per le prossime due
ore. «E scordatelo che ti aiuto a studiare!»
aggiunse, infine,
raggiungendo il suo banco.
«Ma
perché adesso sei arrabbiata?»
piagnucolò lui, disperato nella sua
incomprensione.
Non
avrebbe avuto risposta nè quel giorno nè i
successivi.
Non
avrebbe avuto nessun tipo di parola da Yukie, per un bel po' di
tempo.
Fino
a quando non sarebbe riuscito a farla ridere di nuovo.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=3488567
|