Attimi Perduti

di Onaila
(/viewuser.php?uid=805282)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome di uno dei personaggi e praticamente vi indicherà il Point of View, ovvero il punto di vista.
Buona lettura.

___________________________________________________________________________________________________

 

LEXA

 

Lexa scostò le lenzuola scendendo dal letto e prima di alzarsi per andare in bagno indossò le pantofole.
La ragazza si passò una mano sotto l'occhio sinistro mentre si osservava allo specchio sbadigliando.
Lexa si svestì togliendosi i pantaloncini neri e la canottiera dello stesso colore, che componeva il suo pigiama, prima di entrare sotto la doccia.
Lasciò che il getto dell'acqua la cullasse, allontanando lentamente il rimanente sonno che ancora l'appesantiva.
Oggi l'attendeva una giornata stressante in ufficio, pensò passandosi il sapone sul corpo.
Avrebbe dovuto acquisire le azioni di una compagnia ostile, che non avrebbe mai voluto una ragazza, figurarsi così giovane, come CEO.
Lexa uscì dalla doccia e si avvolse in un asciugamano, ispriando l'odore di ammorbidente alla lavanda.
Quando Lexa fu pronta indossava un paio di pantaloni gessati color grigio, una canottiera nera con bordi in pizzo sulla scollatura e una camicia bianca leggermente trasparente, corta davanti e lunga dietro, che lasciava intravedere il decolté e infine optò per un paio di plateau dello stesso colore del top, si mise un velo di trucco, sottolineando con la matita gli occhi chiari.
Infine si diresse alla porta dove prese la lunga giacca scura e la propria borsa.

Con un gesto della mano fece cenno ad un taxi che si fermò davanti a lei << 15th Avenue >> comunicò prendendo il tablet per aggiornarsi sulle ultime notizie della borsa e del mondo.
La macchina parcheggiò davanti ad un grattacielo, quindi pagò la corsa, lasciando una piccola mancia prima di scendere.
Lanciò appena uno sguardo alla strada e continuò a camminare scorrendo la lista dei nuovi assunti che le aveva inviato la segretaria << Buongiorno signorina Natblida >> Lexa sorrise all'uomo alla receptions prima di dirigersi all'interno dell'edificio.
Quando le porte dell'ascensore si stettero per aprire Lexa rimise il tablet nella borsa e indossò la maschera che i suoi dipendenti dovevano vedere: Lexa la CEO.
Non appena mise piede nell'ufficio la segretaria l'affiancò cominciando immediatamente ad aggiornarla sui suoi programmi << Allora, oggi deve incontrare il Signor Blake alle 11:00, ma prima ha la riunione con gli addetti al Marketing, per il nuovo prototipo. Dopodiché ha il tempo per un pranzo veloce con il direttore dei piccoli uffici a Boston, pare che abbiano un problema con la sicurezza e subito dopo ad attenderla in sala riunioni ci sarà il rappresentante dell'Azegda Corp insieme ovviamente a Nia Strong >> concluse quell'enorme riepilogo con una piccola nota d'astio verso l'Azgeda Corp e Lexa trattenne una risata. Del resto aveva assunto Allison per la sua fedeltà alla multinazionale, anche se Lexa non aveva mai capito da cosa provenisse << D'accordo Alie, riesci a procurarmi le cartelle del progetto Alpha 456? Avrei bisogno di darli un ultima occhiata prima di consegnarlo nelle mani di Jordan e Green per la progettazione e costruzione. Poi come stanno procedendo le decorazione per l'evento della Costia Foundation? >> << Le porterò il fascicolo immediatamente. Per quanto riguarda l'evento di beneficenza, sono leggermente in ritardo, ma Miss Luna Night mi ha assicurato che sarà tutto pronto entro il fine settimana. Devo portarle alcuni campioni d'abito o ha già un idea di cosa indossare? >> Lexa scosse la testa << No, ma farò da sola per questa volta. Fammi avere quelle cartelle >> fece entrando nel proprio ufficio.
Lexa aveva sempre pensato che fosse troppo grande per contenere una persona sola, ma Costia le aveva detto: Più è imponente l'ufficio e più le persone avranno timore di te.
Lexa scacciò quel pensiero battendo le ciglia più volte, per poi sedersi sull'enorme scrivania in legno.
Dietro di lei si ergeva tutta New York, ma Lexa detestava l'altezza, così non si avvicinava mai alle enormi vetrate, preferiva notevolmente la libreria a lato e i divanetti in pelle di fronte a lei.
Accese il computer cominciando a lavorare e ad annotare ciò che il reparto di ingegneria avrebbe dovuto sistemare o ciò che invece quello di meccanica costruire.
Poco dopo la sua segretaria entrò per portarle il fascicolo che le aveva richiesto, facendole notare che mancava solo un ora alla riunione con il Marketing.

 

CLARKE


La canzone riecheggiava in mezzo alla folla che ballava e saltava a tempo di musica, gridando e intonando il testo e la giovane ragazza dai capelli biondi non era da meno.
La birra nel bicchiere schizzava le persone intorno a lei, ma a Clarke non importava perché anche i bicchieri degli altri la bagnavano.
Il Dj David Borker cominciò a mixare la canzone con un altra introducendola, invitando così le persone a ballare ancora di più rispetto a prima.
Clarke ballava con un paio di amiche quando un ragazzo cominciò a strusciarsi dietro di lei e la ragazza stette al gioco, per poi alzare lo sguardo verso l'amica Octavia che annuì, valutando la bellezza del giovane e solo allora Clarke si permise di voltarsi circondando il suo collo con le braccia.
Rimasero a ballare insieme per tutta la serata, con la musica ad assordar loro le orecchie e Clarke sembrò tirare un sospiro di sollievo quando uscì dalla discoteca, anche se la musica continuava a rimbombarle nella mente << Allora colazione? >> chiese Raven appoggiandosi al muro e apprezzando l'aria fresca che le raffreddava il sudore sulla pelle mentre si passava una mano trai capelli ravvivandoli << Sarebbe il minimo... >> rispose Octavia guardando lo schermo del cellulare che segnava le cinque di mattina << Io tra poco dovrò anche entrare a lavoro quindi per me va benissimo >> fece Clarke togliendosi i tacchi e indossando le ballerine << Andiamo al caffé vicino casa, così dopo ti resta anche il tempo di fare una doccia? >> domandò Octavia dirigendosi alla macchina, visto che era il suo turno alla guida, dopo aver visto l'annuire dell'amica che non appena entrò nel veicolo si abbandonò contro i sedili << Allora il numero glielo hai dato? >> chiese Raven << Assolutamente no >> rispose chiudendo gli occhi e approfittando del viaggio per farsi un piccolo sonnellino.
Fu Octavia a destarla porgendole un bicchiere di carta che molto probabilmente conteneva del caffé e un donut ai frutti di bosco << mmmh >> mugugnò Clarke stiracchiandosi nell'uscire dalla macchina << Che ore sono? >> << Le sette >> le mostrò Raven agitandole il cellulare vicino al volto << Guarda anche con la colazione riesci a farti un lavaggio completo >> aggiunse aprendo la porta del condominio, seguita dalle coinquiline.

Clarke con addosso solo l'intimo si avvicinò all'armadio e indossò la camicia di raso color panna e un paio di Jeans neri per prendere poi il camice ed uscire silenziosamente dall'appartamento, poiché le sue amiche si erano appena addormentate.
Buttò giù l'aspirina insieme al caffé prima di inserire le chiavi nell'Audi parcheggiata nel garage e si crogiolò sui sedili di pelle ringraziando la madre per quel bellissimo regalo di compleanno.
Sorrise nel sentire il rombare del motore, prima di dirigersi verso l'ospedale.
Clarke si era specializzata in chirurgia, nonché orgoglio della madre che era dirigente ospedaliero del Saint Patrick Hospital a Washington, ma Clarke aveva deciso di non lavorare per lei, così da avere una propria carriera al Saint Louis General a New York, in cui lavorava ormai da qualche anno.
Parcheggiò e scese dall'auto, indossando il proprio camice e facendo scattare la portiera << Salve Dottoressa Griffin >> la salutò un infermiera che cominciava il turno a quell'ora << Ciao Harper >> ricambiò Clarke prendendo poi il proprio cellulare e silenziandolo mentre entrava nel suo ufficio, in cui l'attendevano le miriadi di cartelle dei propri pazienti, ne prese un paio cominciando così il turno di visite.

 

LEXA


Non c'era persona al mondo che la irritasse più di Nia Strong, anche se la figlia Ontari non era da meno, per questo ringraziò il cielo che non fosse in sua compagnia per quel giorno << Questa è la mia ultima condizione >> Lexa sorrise all'ennesima proposta assurda della donna, ma lasciò che fosse il suo avvocato Woodsman a parlare << Signora Strong per quanto alla Signorina Natblida piaccia la sua proposta è costretta a rinunciarvi, poiché andrebbe contro i voleri della propria azienda, senza contare che dovrebbe risponderne al bureau >> << Il prezzo non calerà >> ribatté l'avvocato della donna e Lexa avvicinò le labbra alle orecchie di Woodsman che dopo poco tornò a guardare Nia << Non erano questi i termini pattuiti >> le due donne continuavano ad osservarsi senza proferire alcuna parola, se non con i propri rappresentanti che nel frattempo continuavano a delegare per loro << La vostra impresa è già in declino e la Trikru Co. Dovrà sostenere altissime spese per risanare il nome e i debiti dell'Azgeda Corp. >> << Gliela venderemo solo se sarete disposti a pagare quanto richiesto >> Lexa non riuscì più a trattenersi e con una mano toccò il braccio dell'avvocato, invitandolo a fermarsi << Vede avvocato Teles è inutile continuare questo dibattito, poiché alla fine me la venderete al prezzo pattuito da me e sapete perché? Perché l'Azgeda sta morendo e dubito che un nuovo CEO diverso da me, possa restituire fiducia agli azionisti e di certo la reputazione della famiglia Strong non è d'aiuto >> Lexa conosceva molto bene la reputazione da Don Giovanni del figlio Roan e da festaiola della figlia Ontari e vide chiaramente il irrigidirsi dei muscoli di Nia << Quello che voi proponete è un prezzo troppo basso per il valore della mia Azienda >> Lexa sorrise << La tua azienda? Se non ci fosse imballo questo contrattazione l'avresti persa anni fa, quindi che ne dici di smetterla con questa farsa e mi passassi i tuoi problemi? >> ribatté la ragazza rilassandosi contro lo schienale in pelle della sala riunioni.
Vide l'avvocato parlare con lei e ricevere occhiate minacciose, prima di riottenere nuovamente la loro attenzione << Prima di concludere l'acquisizione, toglimi solo un dubbio: Perché tieni tanto all'acquisto dell'Azgeda Corp.? >> Lexa avanzò con il busto e incrocio le mani sul tavolo mentre il suo avvocato estraeva i fogli del contratto << Voi siete la concorrenza e quale potrebbe essere la migliore dimostrazione di forza della Trikru Co. se non l'acquisto della sua rivale? >> Nia serrò i denti e si permise un'ultima lunga occhiata prima di firmare le carte << Sono felice che questo sia il nostro ultimo incontro >> commentò alzandosi e dirigendosi verso la porta << Il piacere è stato tutto mio >> fece Lexa sorridendo nel vederla uscire.
Lexa sospirò grattandosi la fronte per poi voltarsi verso l'avvocato Woodsman che stava salutando il rivale, anche se lei sapeva essere grandi amici << Grazie Lincoln per il tuo aiuto >> ringraziò lei alzandosi e porgendoli la mano << Non essere esagerata e del resto la trattativa si è conclusa anche per merito tuo, l'importante è che mi arrivi l'assegno a casa >> fece scherzoso mentre uscivano dalla sala riunioni << Ci sarai all'evento di beneficenza domani? >> chiese Lexa all'avvocato che ormai conoscevano da troppo tempo perché fossero solo colleghi di lavoro << Immagino di sì, anche se ammetto che sarò senza accompagnatrice >> la ragazza sorrise << Posso farti una domanda? >> domandò lui aspettando l'aprirsi dell'ascensore << Certamente >> << Com'è essere accapo di una delle più grandi Multinazionali al mondo? >> Lexa sorrise poiché lui si stava riferendo di nuovo alla loro vittoria contro l'Azgeda Corp. << Quando sentirò la differenza te lo farò sapere >> rispose lei salutandolo poi, visto che l'ascensore era arrivato.

Lexa stappò una bottiglia di vino quando tornò a casa, assaporandone il gusto fruttato sul divano in pelle.
Quella era stata una giornata molto soddisfacente: era riuscita ad acquisire l'Azgeda, aveva ottenuto un ottimo contratto con le industrie Blake e al reparto Marketing avevano trovato un piano di distribuzione eccezionale.
Per questo aveva deciso di tornare a casa per rilassarsi, così dopo un paio di bicchiere e un dolce al cioccolato, Lexa sprofondò in un sonno profondo.
Intorno a lei non vi era che sangue e odore di metallo pungente.
Lexa si svegliò di soprassalto portandosi una mano al petto e stingendo il tessuto della maglietta tra le mani.
Un incubo...era soltanto un incubo.

CLARKE


Clarke si massaggiò la tempia mentre ascoltava le infermiere lamentarsi dei doppi turni o dell'assenza di un loro collega.
Oggi era stata una giornata molto impegnativa, aveva dovuto effettuare una resezione intestinale e un drenaggio a causa di un malato con un ascesso polmonare, ringraziando di non aver avuto bisogno di una exeresi.
Sorseggiò il suo caffè quando il collega Collins l'affiancò << Giornata pesante? >> chiese chiudendo il fascicolo che stava leggendo << E sono qui da solo sette ore >> commentò Clarke buttando il bicchiere ancora per metà pieno nel cestino << Beh, sei voluta venire tu in un ospedale con solo tre chirurghi e tu sei una dei più bravi, quindi non ti lamentare se sei molto richiesta >> << Te invece? >> chiese lei incamminandosi insieme a lui << Io? Tra vomito, mal di testa e qualche infezione, diciamo che me la sto passando piuttosto bene e di certo meglio di te, del resto è per questo che sono un medico generale e non uno specializzando >> fece divertito, entrando in una stanza << Allora come vanno i dolori hai piedi, Signora Tills? >> disse avvicinandosi all'anziana donna distesa sul letto e Clarke l'osservò per qualche secondo prima di dirigersi verso il suo ufficio in cui l'attendeva un altro paziente.
Prima di entrare Clarke fece un lungo respiro nel sfogliare velocemente la cartella e per l'ennesima volta si chiese perché aveva scelto quel lavoro << Salve, signor Jaha >> guardò l'uomo dalla pelle scura seduto sulla poltroncina << Salve Dottoressa Griffin >> Jaha era il padre di un bambino affetto da una malformazione cardiaca << Wells è un bambino molto forte a cui piace lo sport e è sempre sorridente, ma... >> Clarke si sedette dietro la sua scrivania, ricordandosi come nei primi giorni si sedeva affianco a loro, ma aveva imparato a proprie spese la lezione del distacco professionale << Signor Jaha, suo figlio ha subito un intervento per la Tetrologia di Fallot, ma non è stata sufficiente... >> Clarke non distolse gli occhi dal padre nemmeno quando il suo volto cominciò a rigarsi di lacrime << Ma come è possibile? Dicevano che una volta cresciuto avrebbe avuto bisogno solo di un'altra operazione e invece qualche settimana fa è collassato davanti ai miei occhi! >> gridò e Clarke avrebbe voluto dirgli che il chirurgo che l'aveva operato era stato un completo incapace nell'effettuare lo shunt, che magari se fosse venuto da loro prima suo figlio sarebbe stato bene, ma non lo fece. Si limitò a dire: << Mi dispiace ma non c'è nient'altro che noi possiamo fare >> aspettò che l'uomo si calmasse e che sfogasse la sua ira, per poi accompagnarlo alla porta.
La donna che entrò dopo di lui, aveva subito un bypass coronarico effettuato da lei e nel vederla in piena salute non poté che risollevare un poco lo stato d'animo della dottoressa.

Quando Clarke tornò a casa ringraziò ancora una volta che la sua amica Octavia Blake fosse una ricca ereditiera e che per questo non lavorasse lasciando che fosse il fratello a farle arricchire ancora di più, permettendole così di aver sempre pronta la sua personale valvola di sfogo.
Lasciò che finisse la chiamata proprio con quest'ultimo dirigendosi nella sua stanza per cambiarsi d'abito e indossando qualcosa di più comodo << Che cosa è successo? Ti ho vista entrare e avevi una faccia... >> chiese apparendo sullo stipite della porta << Oggi è venuto il signor Wells >> disse e non servì altro per farle capire, visto che aveva raccontato tutta la faccenda alle sue coinquiline << Hai bisogno di mangiare qualcosa di buono. Che ne dici dei Waffle? >> in realtà Octavia sapeva fare solo quelli poiché erano il suo piatto preferito << Certo >> si finse entusiasta Clarke seguendo l'amica in cucina.
Il loro appartamento era fin troppo grande per tutte e tre, ma l'affitto non era alto anche se in pieno centro e di certo un po' di spazio in più non dispiaceva a nessuna di loro.
L'appartamento era composto da cinque stanze, di cui tre erano le loro camere da letto e le altre due erano diventate una un salotto con un grande schermo che usavano più come area cinema e l'altra una specie di sala giochi che Raven adorava tanto, in più vi erano due bagni e la cucina, che avevano decorato e di cui avevano scelto gli elettrodomestici insieme, anche se Raven si riservava il diritto di cucinare, poiché le altre due non ne erano capaci << E come l'ha presa? >> chiese Octavia avvicinandosi al frigorifero per prendere alcuni ingredienti << Come pensi che l'abbia presa? Suo figlio sta morendo e non può far altro restarlo a guardare >> rispose la bionda facendosi passare una birra << Clarke, non farti coinvolgere >> avvertì Octavia, cominciando a dividere i tuorli dall'albume << Non mi sto facendo coinvolgere >> Clarke ricevette una lunga occhiata dall'amica << Davvero? Devo ricordati le notti passate in bianco in camera da letto, credendo che io e Raven non se ne sapesse niente? >> Clarke si sedette su uno degli sgabelli dell'isola imbarazzata e bevve dalla bottiglia << Non dico che non devi interessarti dei tuoi pazienti, ma non vorrei rivedere la Clarke di un anno fa >> continuò Octavia aggiungendo del burro << Lo so... >> Clarke ripensò all'accaduto e represse un brivido, scacciando immediatamente il groppo che le si era creato in gola << Ciao, sono tornata >> sentirono provenire dall'atrio << Siamo in cucina >> informò la mora prendendo la macchina per i waffle << E che ci fate...i waffle? Che cosa è successo? >> chiese Raven preoccupata mentre si toglieva gli occhiali da riposo che indossava quando lavorava, così da non affaticare gli occhi davanti allo schermo.
Raven aveva costruito la sua impresa nel garage dei suoi genitori e ora era la più grande ideatrice di software di sicurezza del paese << Oggi il signor Wells ha fatto visita a Clarke >> fece Octavia spennellando la piastra con del burro << E tu le fai i waffle? >> Raven si portò una mano sulla fronte scuotendo la testa per poi sciogliere la coda di cavallo in cui aveva legato i capelli << In realtà sta bevendo anche della birra >> si giustificò Octavia, indicandola mentre Clarke stava giusto prendendo un altro sorso << Ragazze sto bene e sono più che sufficienti i waffle di Octavia e la tua birra, Raven >> commentò incrociando le braccia sul tavolo mentre Octavia sformava il primo, ornandolo di fragole e panna prima di darlo all'amica.
Raven si sedette dopo aver preso anche lei una birra << Invece a te come è andata la giornata? >> domandò Clarke, ingoiando il primo morso del dolce.


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


NA: Spero che questo capitolo vi piaccia, anche perché possiamo dire che il punto d'inizio della storia ù_ù
Il funzionamente resta il solito: all'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Poin of View del personaggio, buona lettura

____________________________________________________________________________________________________________

 

LEXA


Lexa indossava un lungo abito nero mono spalla, con una spaccatura che lasciava intravedere le lunghe gambe, i capelli erano stati raccolti con alcune forcine, così che adesso le ricadevano sulla spalla nuda e ad ornare il tutto, vi erano solo dei lunghi orecchini d'argento e un rossetto rosso, ma il resto del trucco era molto semplice, niente di troppo marcato.
Attese l'arrivo della limousine in camera, continuando ad osservarsi allo specchio e chiedendosi se fosse il caso di andare o meno.
Non avrebbe voluto passare la serata a far sì che tutti la biasimassero per la morte della fidanzata, giacché la ferita era ancora aperta, ma dall'altra parte non poteva mancare al primo evento annuale creato dalla fondazione che portava il suo nome e di cui lei era la maggior donatrice, senza considerare che l'avevano invitata come ospite d'onore.
Il cellulare annunciò l'arrivo della limousine e Lexa si permise di soppesare di nuovo i pro e i contro, prima di raccoglierlo insieme alla borsetta e alle chiavi uscendo.

 

CLARKE


Clarke prese il bicchiere di champagne sopra il vassoio che le passava davanti, inoltrandosi di più nella sala come tutti gli invitati della serata.
Era venuta da sola, perché non voleva che le sue amiche sapessero che si trovasse in quel posto, ma non se la sentiva di parlargliene, sopratutto non dopo la discussione del giorno prima.
Loro volevano pensare che stesse bene e effettivamente era così, ma ogni tanto il senso di colpa tornava ad assillarla, come in quel momento.
Con un grande sorso tirò giù metà bicchiere << Sono felice che siate accorsi in molti quest'anno... >> sentì Clarke provenire dal palco e ringraziò di essere abbastanza lontana << ...Quest'anno la Costia Foundation si prenderà la responsabilità di costruire nuovi acquedotti in Africa e di aiutare le scuole pubbliche ad avere nuovi libri e in sufficienza per tutti gli studenti >> dopo quell'annuncio segui un fragoroso applauso che scemò dopo solo qualche secondo e quando Clarke tornò a guardare il palco il nodo allo stomaco che le si era creato per tutta la serata si fece più stretto << Sono molto felice che la Costia Foundation abbia così tanti sostenitori... >> Clarke continuò a fissare la giovane ragazza in abito nero mentre parlava e si chiese se non fosse il momento di andarsene, ma di certo sarebbe saltata all'occhio se fosse stata l'unica ad andarsene in pieno discorso << ...Per questo vorrei ringraziare Miss Night per l'ottimo lavoro svolto anche quest'anno >> segui un altro applauso mentre la ragazza si fece da parte per dare spazio alla donna che prese il microfono.
Clarke fissò la giovane ragazza ancora per qualche secondo sperando che non la notasse in mezzo alla folla.
Non appena finirono le varie presentazioni e gli annunci, Clarke uscì dalla sala dirigendosi dal guardarobiere << Il numero trentatré >> disse porgendoli il foglietto bianco su cui vi era scritto il numero e lo vide scomparire per poi tornare con il soprabito che Clarke indossò immediatamente dirigendosi all'uscita, ma quando si voltò ci furono degli occhi verde chiaro a ricambiarla << E tu che cosa ci fai qui? >> Clarke rimase inerme di fronte allo sguardo pieno di odio di Lexa << M-me ne stavo andando... >> riuscì a dire dopo vari tentativi << Non saresti dovuta venire >> disse e Clarke abbassò lo sguardo scacciando le lacrime che minacciavano di uscire, ma riusciva comunque a percepire i suoi occhi su di lei, così ne sfuggi catapultandosi fuori dalla villa in cui vi era tenuto l'evento e dirigendosi sempre di corsa alla propria macchina.
Quando vi fu dentro guidò fino a raggiungere un parchetto isolato e spense il motore.
Non voleva tornare a casa in quello stato, le sue amiche l'avrebbero sommersa di domande e non aveva voglia di inventare ulteriori bugie o inutili spiegazioni.
Ripensò allo sguardo che le aveva rivoltò e tutto tornò a galla, ogni ricordo, ogni momento dell'anno passato tornò a divorarla.
Non era colpa sua...continuava a ripetersi tra sé e sé alternandolo a grida e pianto.

OCTAVIA


Octavia finse di non notare il letto non disfatto dell'amica quando la vide rientrare da lavoro e con altrettanta impeccabilità finse di non vedere le profonde occhiaie e il suo volto pallido << Raven per cena ha deciso di fare il pollo >> informò Clarke quando le raggiunse in cucina << Pollo? >> entrambe lo detestavano ma era il cibo preferito da Clarke e vedendo lo stato dell'amica avevano deciso di fare un eccezione per quella sera << Eh già sembra che qualcuno oggi sia fortunato >> commentò Raven lanciando un occhiata all'amica complice << Allora come è andato l'appuntamento di ieri sera? >> chiese Raven e Octavia quasi la fulminò con lo sguardo << Niente di speciale, al dire il vero ho lasciato perdere a metà serata e sono andata al cinema >> << Potevi invitarci! >> esclamò Octavia prendendo una mela dal cesto della frutta << Possiamo andarci insieme nel week-end se vi va >> propose Clarke prendendo un bicchiere d'acqua << Certo...sarebb... >> il cellulare di Octavia cominciò a suonare di nuovo interrompendola << Scusate è Bellamy >> informò dirigendosi dopodiché in camera << Si può sapere che cosa vuoi? >> << Ciao sorellina, piacere di sentire che stai bene, come va? >> fece lui divertito << E' da stamattina che cerco di chiamarti >> aggiunse dopodiché e Octavia riuscì a sentire anche una risata femminile che chiamava il nome del fratello << Si può sapere dove ti trovi? >> << Sei ancora troppo piccola per questo >> la ragazza alzò gli occhi al cielo e sospirò << Comunque per cosa mi hai chiamato? >> << Dovrai occuparti per un paio di giorni delle trattative con la Trikru Co., non sarò in città per concluderle e hanno bisogno di uno dei soci maggioritari della Blake Industries >> << Quindi devo firmare dei fogli? >> chiese un poco insicura sul da farsi << Sì, Octavia devi firmare dei fogli... >> fece scocciato lui dall'ignoranza della sorella sugli affari di famiglia << Ti aspettano tra due giorni mettiti d'accordo con la segretaria sull'orario, ti mando il suo numero per messaggio >> aggiunse, salutando la sorella e Octavia riuscì a sentire un: Adesso sono tutto tuo, prima che il contatto si chiudesse e sentì il pranzo risalirle lo stomaco.
<< Octavia è pronto! >> sentì la voce di Raven e raggiunse le amiche che si erano sedute al tavolo della cucina << Niente tv oggi? >> chiese stupita da quel cambiamento << No, niente tv oggi...perché devo darvi una notizia eccezionale >> fece Raven infilzando una patata.

 

LEXA


Anche per chi non fosse intimamente suo amico, riusciva a capire che quel giorno non era per niente di buon umore, infatti Lexa aveva richiesto che la sua allenatrice personale di Ju Jitsu la raggiungesse nella palestra aziendale che su suo ordine era stata completamente sgomberata.
Approfittò dell'ennesimo pugno dell'allenatrice per scaraventarla sul morbido materasso << Vuoi parlarne? >> chiese Anya alzandosi dal terreno, ma un grido di battaglia fu la risposta della ragazza che diresse un calcio che venne parato dall'amica che la catapultò sul terreno per montarvici poi sopra e sferrare un pugno che si fermò ad un centimetro dal volto di Lexa << Perché sembri davvero arrabbiata oggi >> aggiunse alzandosi in piedi e porgendo una mano all'altra per aiutarla ad alzarsi << Non sono arrabbiata! >> mentì ricominciando a sferrare pugni e calci << Davvero? Perché sono quasi certa che tu lo sia >> Anya conosceva Lexa sin dal College, insieme avevano frequentato Harvard e Anya aveva studiato per diventare un avvocato penale.
Lavorava per un ufficio legale molto prestigioso, ma non riusciva mai a rinunciare a del Ju Jitsu e ogniqualvolta che l'amica la chiamava per combattere non resisteva e si catapultava da lei, ignorando qualsiasi altra attività, anche il suo lavoro, ma del resto era diventata un importante avvocato di New York e le persone per cui lavorava non osavano contraddire le sue abitudini,visto le numerose cause che potevano vantare di aver vinto grazie a lei << Lo sai vero che con me puoi parlare? >> fece Anya approfittando dello squilibrio di Lexa per gettarla nuovamente a terra << Non ho voglia di parlarne >> Lexa si alzò da sola questa volta e prese l'asciugamano per pulirsi dal sudore, bevendo poi dell'acqua passando all'amica una bottiglietta << Tu non hai mai voglia di parlarne Lexa, ma poi alla fine parli e ti sfoghi. E sai che ti fa bene parlare >> Lexa osservò la ragazza che si era seduta sul materasso imitandola << Ieri all'evento di beneficenza c'era anche la Dottoressa Griffin >> rivelò liberando i capelli dall'elastico << E giuro Anya che avrei voluto... >> Lexa gridò e strinse le mani a pugno, facendo capire all'amica ciò che non aveva concluso di dire << E invece che cosa hai fatto? >> Lexa si inumidì le labbra e sospirò, scacciando la rabbia che le era tornata dopo tanto tempo << Non ho avuto l'occasione di fare niente...se ne è andata da sola, ha capito che era meglio così >> << Ma cosa ci faceva lì? Insomma non erano invitati solo i donatori e i sostenitori della fondazione ieri? >> chiese e Lexa prese un altro sorso dalla bottiglietta << Forse è uno dei donatori... >> si rispose Anya dicendo a voce alta ciò che Lexa non osava << Non può essere una sostenitrice della Costia Foundation >> << Perché? >> << Perché non può e basta! >> esclamò Lexa alzandosi in piedi e dirigendosi alle docce.

____________________________________________________________________________________________________________

NA: Ciao :) Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, aspetto con ansia le vostre recensioni positive o negative che siano ;)


 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


NA: Il funzionamente resta il solito: all'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
__________________________________________________________________________________________________________________________

 

CLARKE


<< Dobbiamo festeggiare >> esclamò Octavia prendendo del whisky, visto che non possedeva champagne << Complimenti Raven, certo che potevi dirci che ti saresti quotata in borsa >> fece Clarke prendendo il bicchiere che le porse l'amica << Sai come sono superstiziosa, non ho voluto parlarne finché non è accaduto >> spiegò stringendosi nelle spalle << A Raven e alla Arkadia Security Software! >> gridò Octavia alzando il bicchiere imitata subito dalle altre << Però dovresti trovare un nome più corto >> aggiunse la mora dopo aver buttato giù il bicchiere << Ce l'ha già Octavia. A.S.S., ricordi? >> << E' così poco professionale >> rispose disgustata << Invece è perfetto, l'ho inventato quando ancora andavo al college >> Octavia scuoteva la testa del tutto in disapprovazione mentre Clarke sorrideva dell'imminente litigio delle due << Forse funzionava quando ancora eri una figlia dei fiori e un hacker di professione, ma adess...no dico sul serio dovresti cambiare nome >> Raven alzò gli occhi al cielo << Octavia tu non ne capisci l'arte >> Octavia sospirò arrendendosi << Come è andato il turno oggi? >> << Bene anche se adesso credo che andrò proprio a dormire >> rispose Clarke sbadigliando un poco e salutando le amiche prima di dirigersi nella propria camera da letto.

Fu il cerca persone e il suonare incessante del telefono a svegliarla << Pronto? >> rispose con la bocca ancora impastata dal sonno << Incidente sull'intestatale, coinvolti un Tir e tre macchine >> telegrafò il dottor Collins e a Clarke gli ci vollero alcuni secondi prima di assimilarle le informazioni << Sarò lì tra dieci minuti >> informò scendendo dal letto e vestendosi velocemente.
Quando arrivò all'ospedale non faticò ad orientarsi nel caos che era il pronto soccorso, fin troppo abituata al posto per badare alla confusione << Aggiornami >> disse affiancando il Dottor Collins mentre indossava la tuta da sala operatoria << Trauma toracico, frattura prime tre costole >> Clarke osservò per qualche secondo il giovane ragazzo privo di sensi sdraiato sul lettino << E' il più grave? >> chiese analizzando la scheda che le porse uno degli infermieri << Sì, Clarke e la madre è in sala d'attesa che aspetta buone notizie >> fece Collins porgendole la mascherina << Portatelo immediatamente in sala operatoria ho bisogno di un EcoCg e chiama un altro chirurgo non posso effettuare una TC da sola >> ordinò scomparendo insieme alla troupe nella sala operatoria.

Clarke si tolse i guanti gettandoli insieme al camice e alla mascherina, prima di lavarsi lentamente le mani e uscire dalla sala operatoria.
La famiglia del ragazzo era seduta in sala d'attesa e ora Clarke poteva vederli attraverso la porta vetrata, ma fece un lungo respiro prima di entrare << Come sta dottoressa? >> chiese quella che doveva essere la madre << John è un ragazzo molto fortunato >> rispose con un sorriso forzato e i genitori e persino la fidanzata la ringraziarono, abbracciandola molto più del dovuto << Ora devo andare >> annunciò Clarke congedandosi e dirigendosi verso l'altra famiglia la cui figlia non ce l'aveva fatta e era morta mentre Clarke stava effettuando una sutura alla milza, quando il fegato aveva ceduto di fronte ai suoi occhi << Mi dispiace >> Clarke non riuscì a dar loro nient'altro che la spiegazione scientifica del perché non era stata in grado di salvare la figlia dodicenne e si sentiva struggere nel vedere la disperazione dei genitori e del fratello, così si allontanò il più in fretta possibile da tutto quello.
Clarke entrò nel suo ufficio e si lasciò scivolare contro la porta di legno.
Rimase così per alcuni minuti, con le ginocchia al petto, senza piangere continuando ad osservare la propria scrivania piena di fascicoli e carte. Dopodiché prese il cellulare per guardare l'orologio che segnava le undici passate, era riuscita a dormire solo qualche ora e anche la notte scorsa l'aveva passata in bianco e il suo turno sarebbe iniziato tra poco...di certo non poteva lavorare in quello stato.
Si alzò e si diresse all'uscita dell'ospedale quando il Dottor Collins l'affiancò << Andiamo a fare colazione? >> Clarke annuì piuttosto felice di avere compagnia visto che la giornata non era iniziata nei migliori dei modi.

Quando Clarke rientrò all'ospedale insieme al collega, il buon umore che Collins era riuscito a restituirle scomparve quando gli occhi celesti si scontrarono con quelli verdi della ragazza seduta in sala d'attesa del reparto di chirurgia.
Il Dottor Collins si accigliò nel guardare il congelarsi della donna di fronte alla giovane donna davanti a lui << Salve, Dottor Finn Collins, medico generale >> fece porgendo la mano << Lexa Natblida, piacere di fare la sua conoscenza >> si presentò e solo nel sentire quel nome Collins capì il perché di quel comportamento da parte di Clarke << Io devo andare >> disse mostrando alcune cartelle, volendosi allontanare così da lasciare spazio alle due donne.
Clarke rimase immobile a fissare la ragazza di fronte a lei senza aver coraggio di parlare per alcuni minuti << Io..Credo sia il caso di andare nel mio ufficio >> fece ad un tratto senza però alzare lo sguardo col timore di incontrare quello di lei e si voltò incamminandosi, seguita da Lexa.
Quando aprì la porta e la sentì entrare in quel luogo che per lei era diventato un rifugio si sentì privare della propria sicurezza << Non sono qui per perdere tempo in inutili dispiaceri >> disse immediatamente lei e nel sentire la sua voce così intrisa di astio, Clarke non poté non sentirsi ferita << Ritiri immediatamente la sua iscrizione dalla Costia Foundation >> aggiunse e Clarke scosse la testa togliendosi il camice << Non posso >> << Come? >> Clarke si appoggiò alla scrivania e cercò tutto il coraggio e la sicurezza che le erano rimaste per guardarla negli occhi << Non posso e non lo farò >> la vide serrare le mani a pugno << Forse non ci siamo capite. La mia non era una richiesta >> << E io non obbedirò >> ribatté Clarke incrociando le braccia al petto, non sapendo nemmeno lei da dove provenisse tutta quella forza.
Lexa fece un paio di passi in avanti << Con che coraggio osi farne parte? >> sibilò a denti stretti la ragazza ad un solo passo dalla bionda e la fiducia di poco prima sembrò abbandonare nuovamente Clarke, che abbassò gli occhi << Mi dispiace...ma non lo farò >> sussurrò << Tu sei la causa della sua morte! Sei per caso una sociopatica? Magari uno di quegli assassini che visitano le tombe delle loro vittime? >> Clarke non rispose rimase in silenzio << Ritira immediatamente la tua iscrizione! Non posso vederti a tutti gli eventi, non posso! >> continuò l'altra passandosi una mano tra i capelli << Io ne ho bisogno >> riuscì a dire finalmente Clarke alzando il volto ormai rigato dalle lacrime, che spiazzò per un istante Lexa << Io ne ho bisogno tanto quanto te! Forse lo conosciuta per poco e di certo io non l'amavo, ma è stata sotto le mie cure per un intero anno, pensi che questo non significhi niente?! >> Clarke scaraventò le pile di cartelle che erano sulla sua scrivania per terra senza smettere di guardare la ragazza davanti a lei << Pensi che riuscire a salvare un paziente o vederne morire uno sotto i tuoi occhi non lasci alcun segno?! Beh...ti sbagli! >> Clarke si avvicinò a Lexa fino ad arrivarle abbastanza vicino, ma non il sufficiente da toccarla << Vera Kane, Kyle Wick, Shawn Gillmer, Charles Pike, Gina Martin, Hannah Green e Costia Drein!...Questi sono coloro che sono morti sotto i miei occhi negli ultimi sei anni e so di averne salvati molti di più, so che decine di famiglie mi sono grate perché possono ancora giocare e scherzare con i propri famigliari, ma io continuo a sentirmi a pezzi per coloro che invece non possono, per colpa mia, per un mio errore o perché non c'era sufficiente tempo per salvarli! >> gridò alzando le mani al cielo << Io...io non ritirerò la mia iscrizione...perché forse sarò malata o sociopatica, come hai detto tu, ma è l'unica cosa che mi fa stare bene... >> concluse e strinse le mani a pugno nascondendo il loro tremare dalla rabbia.

 

LEXA


<< ...ma è l'unica cosa che mi fa stare bene... >> Lexa rimase completamente spiazzata da quelle parole così sincere tanto che una parte di lei si sentì un poco in colpa per tutto l'odio che provava nei suoi confronti, ma non cambiò idea su ciò che voleva << Ritiri la sua iscrizione Dottoressa Griffin o la denuncerò all'albo dei medici >> la sentì ridere << Faccia pure con quale accusa? >> << Ne troverò una, posseggo i migliori avvocati di tutta New York, per loro sarà uno scherzò farla buttare fuori dall'ospedale >> la Dottoressa Griffin non riuscì a trattenere la rabbia e la schiaffeggiò.
Lexa rimase sorpresa di quel gesto tanto quanto l'irritazione che crebbe ancor di più << Vattene del mio ufficio e fammi pure causa se lo desideri, ma non ritirerò la mia iscrizione >> ordinò e Lexa si portò una mano alla guancia osservandola attentamente, prima di uscire dalla stanza e poi dall'edificio.
Come aveva osato?
Lexa montò nella berlina nera che l'attendeva nel parcheggio.
Eccome se l'avrebbe sentita, le avrebbe mosso contro tutti gli avvocati che conosceva e l'avrebbe distrutta!
Pensi che riuscire a salvare un paziente o vederne morire uno sotto i tuoi occhi non lasci alcun segno?!
Lexa serrò le mani intorno alla maniglia della porta della macchina e scese nuovamente dirigendosi ancora una volta all'interno dell'ospedale
Quando aprì la porta del suo ufficio, trovò la Dottoressa Griffin intenta a raccogliere le cartelle che aveva lanciato poco prima, ma con copiose lacrime ancora a bagnarle il volto << Perché? >> la dottoressa la guardò accigliata << Perché si odia? >> << Perché anche io sono un essere umano signorina Natblida >> fece la ragazza sedendosi sulla poltrona dietro di lei palesemente esausta << Per un anno l'ho odiata, credendo che si fosse dimenticata e invece ieri ho scoperto che non era così...perché è venuta all'evento di beneficenza? >> << Non è per l'evento che sono venuta... >> la vide asciugarsi il volto << Ma è per i famigliari della Signorina Drein..ho voluto scusarmi personalmente con loro e poi perché mi fa stare bene sapere che in qualche modo il mio fallimento, sta aiutando altre persone nel mondo >> il mio fallimento, solo nel sentire quelle parole Lexa si rese conto di quanto stupida e egoista fosse stata per tutto quel tempo << Non sono in cerca della sua pietà Natblida e non voglio averne, quindi la pregherei di uscire e di lasciarmi lavorare >> fece la dottoressa tornando a raccogliere i fascicoli << Non ho intenzione di provare pietà nei suoi confronti...del resto avete comunque ucciso la donna che amavo >> l'ultima frase uscì quasi in un sussurro, ma fu sufficiente per raggiungere le orecchie dell'altra << Vattene per favore >> fu quasi una supplica e Lexa obbedì lasciandola da sola.

RAVEN


Raven vide Clarke fiondarsi in camera da letto senza proferire parola.
Ancora si chiedeva perché una persona sensibile come lei, aveva scelto come lavoro il medico.
Quando bussò alla porta della sua camera da letto, non sentì alcuna risposta così soppesò se entrare o meno e optò per la prima: Clarke era rannicchiata su se stessa e stava dormendo, ma quando Raven si avvicinò per coprirla, notò il volto ancora bagnato dalle lacrime.
Raven si dispiacque per l'amica e le scostò i capelli dalla fronte, uscendo poi silenziosamente dalla stanza.
Sentì la porta principale chiudersi e i tacchi di Octavia fare rumore contro il pavimento in legno << Toglili! >> gridò sussurrando per essere subito obbedita da una Octavia leggermente impaurita dal volto irritato dell'amica << Perché? >> chiese bisbigliando mentre prendeva entrambi i tacchi con le mani e Raven le faceva segno di seguirla in salotto << Clarke è da poco tornata da lavoro, dopo un'intera notte al pronto soccorso, direi che svegliarsi per colpa dei tuoi tacchi non le farebbe piacere...anche perché sembra che sia stata lei al pronto soccorso più che i suoi pazienti >> spiegò chiudendo la porta della stanza, così da poter parlare normalmente << Pensi che ne abbia perso un altro? >> chiese Octavia sedendosi sul bracciolo di uno dei divanetti marroni << Non lo so, ma si è addormentata piangendo... >> << Credi sia il caso di avvertire Abby? >> Raven scosse la testa bruscamente << Sei matta? Clarke ci ucciderebbe! >> << Effettivamente anche io mi arrabbierei se chiamaste mia madre, ogniqualvolta che sono giù di morale >> << Non è solo per quello, sai com'è Abby verso Clarke, sopratutto dopo la morte del padre >> Octavia si aprì leggermente il colletto della camicia e solo allora Raven notò l'abbigliamento formale dell'amica << Come mai vestita così? >> la ragazza sospirò profondamente << Bellamy è dovuto partire per affari e mi ha lasciato un compito o almeno questo era quello che mi aveva detto al telefono, finché il nostro legale, non mi ha contattato questa mattina e da allora la mia agenda si è completamente riempita... >> spiegò irritata ravvivando i capelli e aprendo le maniche << Comunque che cosa si fa con Clarke? >> Raven si strinse nelle spalle abbandonandosi sul divano << Non lo so e sai come è fatta, sicuramente negherà tutto >> << La portiamo in qualche locale? L'ultima volta si era divertita molto >> propose Octavia decidendo infine di togliersi la camicia e Raven scosse la testa sconvolta e leggermente indignata dall'atteggiamento poco galante dell'amica << Sì, credo che sia una buona idea, così almeno si distrarrà, lascio a te la scelta del posto Octavia >> la sentì applaudire mentre usciva dalla stanza e si incamminava verso la propria camera per fare anche lei una dormita.

 

LEXA
 

Il sole che entrò nella stanza e il suono degli uccelli fecero capire a Lexa che ormai era mattina.
Non aveva dormito.
Non riusciva a dimenticare il volto in lacrime della Dottoressa Griffin.
Non doveva essere lei la vittima in tutto quello?
Io continuo a sentirmi a pezzi...
Lexa gridò nervosamente scostando le coperte e dirigendosi a piedi scalzi in cucina, dove cominciò a prepararsi del thé caldo.
Aspettando che l'acqua si scaldasse prese il laptop, abbandonato dalla sera prima sull'isola della cucina e digitò il nome della Dottoressa Griffin.
Si aprirono varie pagine, in cui le facevano riferimento solo perché figlia della madre e Lexa stava per abbandonare l'inutile ricerca quando venne attirata da un giornale online, di cui il titolo era: FIGLIA VEDE MORIRE IL PADRE.
Lexa si chiese se fosse il caso di continuare a leggere, ma si rese conto di star superando qualche limite così chiuse tutto, scacciando la curiosità.

Lexa si rilassò contro lo schienale della poltrona, massaggiandosi il collo.
Per oggi non le restava che incontrare il secondo socio maggioritario della Blake Industries per mettere le ultime firme sul contratto, dopodiché avrebbe potuto cominciare a usufruire da subito dei loro servizi, ma per qualche ragione stava ritardando, così ne aveva approfittato per avvantaggiarsi con il lavoro, ma aveva finito di controllare perfino i fascicoli sui diritti di proprietà dei prototipi costruiti dall'Azgeda Corp. eppure il socio non si era ancora fatto vedere.
Lexa si alzò in piedi dirigendosi verso la porta quando la segretaria entrò << La Signorina Blake è arrivata >> annunciò e diede il tempo al suo capo di riprendere posto dietro la scrivania prima di farla entrare << Salve sono Octavia Blake e oggi prenderò le veci di mio fratello, con cui sono certa avete già discusso dei vari termini del contratto >> si presentò dopo aver preso posto in una delle sedie poste vicino a Lexa.
Octavia era una ragazza molto giovane, probabilmente aveva la sua stessa età forse qualche anno più piccola.
Per l'occasione aveva raccolto i capelli marrone scuro in una lunga treccia che le arrivava fino a metà busto, gli occhi chiari erano stati sottolineati da una matita nera così da indurire il bel volto e indossava un tubicino nero, insieme ad una giacca bianca con le maniche ad avambraccio e dei tacchi del medesimo colore del vestito, ma Lexa fin troppo abituata ad analizzare le persone, riuscì da subito a capire che non vi era abituata, però non lo fece notare << Salve Signorina Blake, piacere di fare la sua conoscenza. Le Trikru Co., è lieta di avere abbordo una compagnia come la vostra >> la Signorina Blake estrasse dalla propria borsa un fascicolo, probabilmente contenente il contratto << Io ho già messo le mie firme, non restano che le vostre >> nel suo volto non vi era alcun sorriso o cordialità, la sua era pura e semplice formalità << Certo >> fece Lexa prendendo i fogli e cominciando a leggere.
Riusciva a sentire i suoi occhi puntati su di lei e se dapprima fece finta di niente, dopo qualche ora cominciò ad infastidirla << Le ho per caso recato danno in qualche maniera? >> chiese alzando per la prima volta lo sguardo dal contratto che stava leggendo << Come scusate? >> << L'ho offesa in qualche modo? >> Octavia si fece avanti con il busto << Credo di non seguirla >> mentiva era palese che stesse mentendo, ma Lexa finse di non notare anche questo, tornando a leggere, con gli occhi di Octavia di nuovo puntanti su di lei.
Lexa mise l'ultima firma prima di consegnare il contratto alla ragazza che lo prese imbustandolo e sigillandolo << E comunque sì >> Lexa si accigliò << Mi ha chiesto se mi ha offesa >> aggiunse mettendolo nella borsa << E in che modo? >> Octavia sorrise a quella domanda << Speravo che me lo chiedessi >> ecco che si intravedeva la vera ragazza che era << Ha ferito in maniera indelebile una mia cara amica, quindi perdonatemi se non sono del tutto felice di questo affare, ma del resto è mio fratello a gestire l'impresa di famiglia >> << Di chi state parlando? Potrei scusarmi di persona, non vorrei che ciò incidesse sul nostro rapporto lavorativo >> Octavia le rivolse un occhiata acida prima di uscire dall'ufficio.
Lexa chiamò la segretaria subito dopo << Fammi avere una ricerca completa sulle conoscenza della Signorina Blake >> ordinò << Adesso? >> << Adesso >> non poteva di certo lasciare che il rapporto fra di loro fosse così, perché aveva in mente grandi cose con la Blake Industries e se un giorno quella ragazza si fosse svegliata decidendo di chiudere i battenti con la Trikru Co..?
Lexa scosse la testa, no non poteva lasciare tutto in mano al fato, non poteva.

____________________________________________________________________________________________________________________________________________

NA: Ciao carissimi lettori, sarei tanto felice se mi lasciate una recensione su cosa pensate di questo primo e vero incontro tra Lexa e Clarke, giusto per sapere il vostro parere :) E grazie per avermi seguito fino a qui :D! Spero che continuerete a farlo anche con i prossimi capitoli che cercherò di pubblicare il prima possibile.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
________________________________________________________________________________________________________________

CLARKE


Clarke si tolse gli occhiali da lettura per massaggiarsi gli occhi stanchi << Sei sicura di non voler uscire? Octavia a preso un tavolo al Verdant >> << Non sono dell'umore per una discoteca Raven, ma potete anche andare, io ordinerò una pizza >> Clarke si coprì gli occhi con il braccio con cui teneva gli occhiali << Pensi di rimanere sdraiata lì tutto il giorno? >> la bionda si strinse nelle spalle << Forse..non lo so >> rispose dopo poco abbandonandosi ancora di più sul divano << Io e Octavia non andremo da nessuna parte, su sposta questi piedi e fammi spazio >> fece l'amica spingendo le gambe di Clarke e sedendosi accanto a lei, che era rimasta stesa, ma con i piedi fuori << Lo sai che in questa stanza ci sono almeno altri due divanetti e un divano letto, vero? >> chiese sarcasticamente tornando a guardare l'usurpatrice << Certo che lo so, ma questo resta certamente il più comodo in assoluto >> Clarke scosse la testa nel mettersi a sedere << Allora vuoi raccontarmi del perché sei un cadavere ambulante o no? >> Clarke si inumidì le labbra prendendosi il tempo necessario a formulare una frase di senso compiuto << Una...ecco... >> sospirò massaggiandosi gli occhi con il pollice e l'indice << Natblida è venuta da me e...possiamo dire che la conversazione non è stata delle migliori >> rivelò infine incapace a mentire, almeno non nello stato in cui era adesso << Quella Tro...! >> venne fermata dallo sguardo minaccioso con cui la fissava l'amica << Stai scherzando, vero? >> << E' normale che si sia comportata così...in realtà un po' è anche colpa mia >> Raven si accigliò e Clarke le raccontò tutto, anche della cena di beneficenza << Ma sei impazzita? >> esclamò quella quando ebbe finito << So che dovevo allontanarmi da tutto quello, ma... >> << Non ci sono ma o se! Sei finita da un terapeuta per sei mesi Clarke! >> la interruppe Raven alzandosi in piedi << Ommiodio! Io e Octavia sapevamo che ci stavi nascondendo qualcosa, ma questo...?Sei per caso masochista? >> aggiunse e Clarke si abbandonò contro lo schienale del divano << E' per questo che non volevo parlarvene >> << Parlare di cosa? >> Octavia apparve sulla porta e Clarke capì che le cose non potevano che degenerare a quel punto << Clarke è andata ad un evento della fondazione di Costia, senza contare che ha incontrato Lexa e ciliegina sulla torta, quest'ultima è venuta nel suo ufficio, minacciandola di farla scacciare dall'albo dei medici! >> Octavia si morse il labbro, reprimendo un insulto molto probabilmente << Ma che ti passa per la testa? >> fece poi affiancando Raven così che adesso entrambe la fronteggiavano << Ragazze voi non potete capire, ma io stavo bene...quando.. >> << Quando cosa, Clarke? Cosa? >> stavolta fu Octavia ad interromperla avvicinandosi e inginocchiandosi così da poterla vedere in volto << Devi smetterla di farti del male...Vuoi davvero ricaderci Clarke? Perché è questo quello che sembra, sai? >> l'amica rimase a bocca aperta a quelle parole, poco prima che le lacrime tornassero a bagnarle il viso << Io...non voglio... >> fu a malapena un sussurro fra le labbra, ma le amiche riuscirono a sentirlo e si affrettarono ad abbracciarla.
Octavia e Raven si guardarono per un lungo momento.
Abby dovevano chiamare Abby.

 

LEXA


<< Ehi, la vogliamo smettere? >> fece la ragazza che si avvicinò il sufficiente da far ricadere i lunghi capelli neri intorno a loro << Costia lo sai che devo lavorare >> si lamentò l'altra alzando lo sguardo per rispecchiarsi negli occhi blu dell'amata << Non fai altro che lavorare >> Lexa sentì il suo respiro sulle proprie labbra e ringraziò che ci fossero i suoi capelli a circondarle, perché voleva far sì che fosse solo lei a poter vedere il rossore delle sue guance << Lexa...? >> la richiamò quella e l'altra di risposta la baciò, un bacio casto, appena percettibile eppure fu sufficiente a farla allontanare quasi si fosse ustionata << Lo sai che non devi fare così! >> esclamò Costia nascondendosi dietro il libro e tornando ad appoggiarsi contro il bracciolo dell'enorme divano che stavano condividendo << Come sei sciocca >> commentò Lexa posando il tablet e afferrando le gambe della ragazza attirandola a sé e Costia si lasciò sfuggire un gridolino di sorpresa.
Lexa salì sopra di lei appoggiandosi sugli avambracci così da poter ammirare il bel volto dell'amata che distolse lo sguardo imbarazzata << Guardami >> ordinò dolcemente e passarono alcuni secondi prima che fosse obbedita.
Lexa ammirò gli occhi limpidi che le riscaldavano il cuore al solo vederli, gli zigomi perfetti che stavano arrossendo anche in quel momento, i capelli neri che le facevano da manto sotto di lei in perfetto contrasto con la carnagione chiara e infine le belle labbra carnose << Smettila... >> sussurrò Costia distogliendo nuovamente lo sguardo e l'altra si lasciò sfuggire un sorriso per poi baciarle l'incavo del collo che riusciva ad intravedere dalla larga maglia bianca che indossava << Lexa... >> fece Costia fingendo di volerla allontanare, ma quando gli occhi di Lexa tornarono su di lei, Costia prese tra le mani il suo volto e sprofondarono insieme in un lungo bacio.


Lexa si svegliò in preda ancora all'euforia e si voltò cercandola, trovando però la sua parte del letto vuota.
Si appoggiò allo schienale del letto portandosi le coperte fino al petto e scacciando il groppo che le si era creato in gola.
Quando avrebbe cominciato ad abituarsi?
A svegliarsi senza aver quell'istante in cui si dimenticava che Costia non c'era più?
Una lacrima minacciò di versarsi, ma Lexa non la bloccò.
Si portò le ginocchia al petto e pianse, come molte altre volte.
Le mancava, le mancava più di qualsiasi altra persona al mondo...

 

ABIGAIL

Quando Abigail ricevette la chiamata delle due ragazze era insieme al compagno Marcus, che non volendola far partire da sola, l'aveva seguita, così avevano preso il primo aereo per New York e adesso erano seduti nel salotto dell'appartamento della figlia insieme alle due coinquiline e attendevano il suo ritorno << Ma che cosa le è saltato in mente? >> domandò palesemente arrabbiata posando la tazza di thé che aveva preparato Octavia << Le avevamo detto chiaramente di stare il più lontano possibile da tutto quello...e invece >> continuò alzandosi in piedi e dirigendosi alla finestra, ammirando la distesa del parco di fronte a lei.
Passarono alcuni minuti di silenzio finché non sentirono l'aprirsi e poi chiudersi della porta principale.
Abigail si fiondò dalla figlia, facendo segno che nessuno la seguisse.
Quando Clarke la vide rimase sorpresa della visita inaspettata della madre << Mamma che cosa ci fai qui? >> Abigail abbracciò la figlia intensamente prima di tornare a guardarla << Secondo te che ci faccio qui? Le tue amiche si stanno preoccupando >> Clarke sospirò lanciando un occhiata alle coinquiline sedute in salotto << Andiamo in camera a parlare >> suggerì posando la propria roba e togliendosi il giacchetto.
Clarke chiuse la porta della stanza alle sue spalle e fece cenno alla madre di sedersi sul letto << Non è come pensi... >> cominciò la figlia liberando i capelli dallo spiedo con cui l'aveva trattenuti e dirigendosi all'armadio per cambiarsi << Non voglio rivedere quella Clarke, mi hai capito? >> la figlia si fermò un istante e Abigail la vide tremare un poco << E ora spiegami perché ti sei iscritta alla Costia Foundation? Sai che Natblida sarebbe stata presente >> Clarke indossò la canottiera bianca insieme ad un paio di jeans un poco consumati prima appoggiarsi all'enorme scrivania che occupava la sua stanza << Perché penso che mi sia di aiuto >> << Non è quello che ha detto il terapeuta >> << Ma che cosa vuoi che ne sappia lui?! >> gridò Clarke un poco infastidita << E' stato lui a portarti fuori dal tunnel in cui eri finita, Clarke. Quindi se lui dice che devi restare lontana da tutto ciò che riguarda Costia o Natblida, tu ne stai lontana! >> ribatté Abigail strusciando le mani sui pantaloni nervosamente << Vuoi donare soldi per aiutare i più sfortunati? Ci sono altre miriadi di fondazioni in cerca di denaro, perché proprio quella?! >> continuò alzandosi in piedi e ci furono alcuni secondi di silenzio << Perché mi sembra...di aggiustare le cose >> riuscì a dire Clarke e Abigail la guardò un poco confusa << Aggiustare le cose? >> Clarke si avvicinò alla madre << Sì, non saprei come spiegartelo e non so nemmeno se ne sarò capace...ma vedere come la Costia Foundation soccorre i più bisognosi, mi aiuta a credere che non sia morta invano >> Abigail osservò gli occhi della figlia e avrebbe voluto essere l'ultima persona al mondo a distruggere le sue speranze, ma non poteva lasciare che tornasse la Clarke di un anno fa << Clarke, tutto questo è solo una ricaduta e... >> la ragazza si allontanò dalla madre scuotendo la testa nel voltarsi << Perché non volete credermi?! >> gridò guardandola con gli occhi lucidi << Perché quando l'ho fatto, ti ho quasi persa Clarke! >> << Non è la stessa cosa mamma! Sto bene adesso, non è una ricaduta e... >> Abigail la vide cadere in ginocchio in preda alle lacrime << Clarke, se davvero stai bene come dici, non saresti qui a piangere e non passeresti le nottate a distruggerti perché una sgualdrina viziata viene a farti il terzo grado nel tuo ufficio >> si chinò e abbracciò la figlia che però l'allontanò << Non ho una ricaduta! >> gridò alzandosi in piedi con le mani a pugno << Perché dovete continuare a dirmi che sto sbagliando?! >> << Perché è così Clarke! Se resterai vicino a tutto quello, non farà che farti male! >> vide Clarke dirigersi verso l'entrata per prendere le chiavi della macchina << Andate al diavolo! >> fece sbattendo la porta alle sue spalle, uscendo.

 

CLARKE


Non capivano!
Lei non ci stava ricascando...
Si fiondò in macchina ignorando i richiami della madre e mise in moto, uscendo dal garage sotterraneo.
Non aveva una meta, anzi in realtà era tornata a casa perché stanca dai doppi turni, ma litigare con la madre le aveva fatto perdere qualsiasi desiderio di riposare.
Continuò a sfrecciare a tutta velocità sulla strada e senza rendersene conto raggiunse il Washington Cemetery.
Parcheggiò la macchina e si incamminò silenziosamente verso la tomba del padre, dove si mise in ginocchio << E' vero papà? Sto davvero riavendo una ricaduta? >> chiese a niente e nessuno << Scusa...ho dimenticato i fiori... >> continuò sforzando un sorriso << Sai ormai credo di star impazzendo... >> Clarke alzò gli occhi al cielo, cercando di scacciare le ennesime lacrime << Perché una cosa che mi fa stare bene allo stesso tempo dovrebbe distruggermi? >> << Perché forse non è vero che la fa stare bene? >> Clarke si voltò di scatto e scoprì che a parlare era stato un ragazzino dai capelli biondo cenere << Ci conosciamo? >> non poteva avere più di sedici anni << No, ma non sono molte le persone che vengono al cimitero a quest'ora e l'ho sentita parlare...così... >> Clarke si accigliò perché ebbe la sensazione di averlo già visto, ma non ricordava dove << Aiden! Ma che cosa stai facendo? Mi scusi se... >> Clarke si raggelò quando vide Lexa affiancare il ragazzo.
Solo allora riuscì a ricollegare il volto del giovane, era il fratello di Lexa e l'aveva visto una volta di sfuggita insieme alla ragazza.
Aden osservò le due donne che rimasero in silenzio << Va tutto bene, Lexa? >> chiese alzando lo sguardo verso la sorella che annuì senza però distogliere lo sguardo dall'altra << C-credo che sia il caso che me ne vada... >> fece Clarke non avendo né la forza né la voglia di affrontare un altra lite e lanciò un ultima occhiata alla tomba del padre, prima di incamminarsi verso la macchina.
Quando fu al suo interno, prese il cellulare: otto chiamate perse, le ignorò guardando l'ora.
Erano le undici di sera e il suo turno iniziava alle nove, ma non aveva alcuna voglia di tornare a casa, così abbassò lo schienale della macchina e chiuse gli occhi.
Persino le probabilità erano contro di lei...

<< Come si sente oggi Signorina Griffin? >> Clarke attese alcuni secondi prima di rispondere rimanendo ad udire il suono del ventilatore sopra le loro teste << Come pensa che mi senta? >> sua madre le stava pagando il miglior terapeuta di tutta New York, però a Clarke non sembrava di fare progressi << Non lo so, me lo dica lei >> << Mi sento esattamente come tutti gli altri giorni... >> Clarke distolse lo sguardo cercando di nascondere gli occhi umidi << E' suo figlio? >> chiese indicando una cornice che ritraeva un bambino in fasce e il terapeuta annuì << Si chiama Bryan, le piacciono i bambini? >> << Sì >> cominciò a giocare con le dita delle mani senza alzare lo sguardo << Pensa che guarirò mai? >> << Sta già facendo ottimi progressi Signorina Griffin >> non era vero << Dovete solo accettare il fatto che siete umana e che come tutti noi, possiate commettere errori >> aggiunse il Dottor Sinclair posando il blocco note che teneva tra le mani << E come posso farlo? Lei è morta per colpa mia...perché... >> si morse un labbro alzandosi in piedi e passandosi una mano tra i capelli frustrata << Le avevo promesso che l'avrei salvata! >> gridò camminando sul tappeto rosso della stanza << E avete dato il vostro meglio per farlo >> disse lui << Davvero? Ci crede davvero Dottor Sinclair? >> l'uomo annuì e Clarke si arrabbiò ancora di più << Cazzate... >> fece a denti stretti tornando a sedersi << Signorina Griffin, lei fa un lavoro difficile e in molte occasioni si è ritrovata in questa situazione. Quindi non mi resta che da chiederle: Cosa rende la morta di Costia diversa dalle altre? >> quella domanda cadde come un macigno tra i due << Io...non lo so... >> sussurrò Clarke dopo svariati minuti e l'uomo sembrò deluso da quella risposta << Lei conosce la risposta Signorina Griffin e quando sarà disposta ad accettarla, riuscirà a superare tutto questo >>

Clarke venne svegliata da un poliziotto che bussava sul finestrino della macchina << Mi scusi Signora, ma non può sostare qui >> le comunicò con la torcia puntata sugli occhi << Non è che potrebbe... >> << Oh, scusi >> fece lui spegnendo immediatamente la luce << Come le stavo dicendo non può sostare qui >> aggiunse << Certo, me ne vado subito >> l'uomo le sorrise e Clarke lo vide rimontare nell'auto dallo specchietto, ma non mise in moto, molto probabilmente attendeva che lei partisse, così Clarke lo accontentò.
Mancavano ancora due ore all'inizio del suo turno, così si diresse alla sede della Costia Foundation.

________________________________________________________________________________________________________________________________

NA: Ciao bellissime, sono felice che vi sia piaciuto il precedente capitolo e spero che vi piaccia anche questo ;) Che per curiosità che cosa ne pensate della mia Costia?
PS: Non credo che aggiornerò nel fine settimana, se tutto va bene e continuerò a scrivere ci si risente lunedì :)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_______________________________________________________________________________________________________________________

 

LEXA


Quando Lexa finì di leggere l'articolo rimase sconvolta.
Il Signor Griffin era stato assassinato durante una rapina ad un negozio di alimentari e una Clarke di a malapena otto anni l'aveva visto spegnersi davanti ai suoi occhi senza poter far nulla.
I giornalisti riportavano anche una foto in cui era interamente imbrattata con il sangue del padre.
Si ricordò del loro incontro della sera prima, dei suoi occhi privi di emozione e non poté non domandarsi che cosa le era accaduto.
Che ne fosse stata lei la causa?
<< La Signorina Blake la sta attendendo in sala riunioni >> la segretaria richiamò dai suoi pensieri e Lexa si accigliò << Non ho alcun appuntamento con lei questo pomeriggio >> << Dice che non se ne andrà finché non parlerà con lei >> Lexa posò la tazza di caffè che stava bevendo e si alzò per raggiungerla.
<< Ha bisogno di qualcosa? >> domandò, ma lo sguardo che ricevette le fece capire che non era lì per discutere di affari << Non pensi di star esagerando?! >> le gridò contro e Lexa fu grata che quella stanza fosse insonorizzata << Non capisco a cosa ti stai riferendo >> rivelò aggiustandosi i gemelli del completo nero << Farla scacciare dall'albo, davvero? E poi magari portarla anche al suicidio! >> solo con quelle parole Lexa riuscì a capire a chi si stesse riferendo e sembrò che tutto il mondo le crollasse addosso, perchè in un modo o nell'altro finiva sempre con l'incrociarla?
<< La...tua amica..è la Dottoressa Griffin? >> Octavia strinse le mani a pugno << Ommidio... >> la vide sedersi e sbiancare << ...Non lo sapevi >> Lexa scosse la testa << Avevo richiesto una ricerca su di te, così da potermi scusare con la tua “amica”, ma non credevo fosse lei... >> Octavia quasi gongolò per essere riuscita a provocarle quella reazione << E immagino che ora lo farai >> << No.. >> gli occhi cerulei si voltarono verso la ragazza freddi come ghiaccio << Non lo farò...ma non la denuncerò nemmeno all'albo dei medici >> Lexa si rialzò riprendendo il controllo e indossando nuovamente la maschera d'ufficio << Lei sta male per quello che è successo e io sono stanca di vederla in quello stato >> inveì Octavia avvicinandosi minacciosamente alla donna << Non è forse quello che si merita? >> fece l'altra senza distogliere lo sguardo anche se leggermente scocciata dalla troppa vicinanza della ragazza << Davvero lo pensi? >> chiese Octavia con tono di delusione, allontanandosi un poco rattristata << Certo, che lo pensi >> aggiunse non ottenendo alcuna risposta << Perché non dovrei farlo?Non è forse colpa sua se Costia è morta? >> Lexa ricordava ancora chiaramente le parole della Dottoressa Griffin appena uscita dalla sala operatoria << E la stai punendo per questo >> << Si sta punendo da sola, lei si è iscritta alla Costia Foundation, non l'ho costretta io...e fidati se ti dico che era meglio anche per me non rivederla >> il cellulare di Lexa suonò annunciando l'arrivo di un messaggio da parte della Fondazione e senza esitazione lo aprì, ignorando la donna di fronte a lei che invece era rimasta sconvolta da quanto sentito.

Non so come ci siate riuscita Signorina Natblida, ma la Signorina Griffin ha ritirato la propria iscrizione”

Night

Lesse e Lexa si accigliò << Bene, sembra che tutto si sia risolto nei migliori dei modi >> fece poi tornando a guardare Octavia << Perché? >> chiese con un insieme di odio e confusione << Perché la sua amica ha fatto quanto richiesto e ha ritirato la sua iscrizione >> Lexa rimise il telefono in tasca avvicinandosi alla ragazza tendendo la mano << E' stato un piacere parlare con lei >> << Sei un'egoista figlia di puttana! >> insultò Octavia riprendendo la propria giacca prima di uscire, senza salutare.
Era ovvio che Octavia non fosse portata per gli affari e ora cominciava a capire il perché fosse il fratello a capo dell'azienda di famiglia.
Lexa tornò nel suo ufficio, dove la stava attendendo il suo avvocato per discutere delle azioni che l'Azgeda Corp. aveva messo in vendita nel vano tentativo di risanare il proprio debito.

CLARKE


Clarke si sentiva esausta dopo il bypass aorto-coronarico che aveva effettuato, sopratutto perché durante tutta l'operazione aveva dovuto spiegare ogni passaggio agli stagisti che avevano deciso di fare il tirocinio al Saint Louis, così si diresse nel reparto neonati, dove il silenzio era d'obbligo e si sedette per terra, massaggiandosi il collo.
Appoggiò la testa al muro ripensando al volto finto dispiaciuto della fondatrice di qualche settimana fa.
Probabilmente Natblida le aveva parlato di lei, rivelando chi era e condendo il tutto con l'odio naturale che provava nei suoi confronti.
Chiuse gli occhi cercando di rilassarsi contro la parete quando il suo cerca-persone cominciò a suonare incessantemente e con fatica si rialzò in piedi dirigendosi al pronto soccorso.
Un'infermiera era sopra un paziente mentre lo stavano trasportando e continuava a far pompare il sangue << Che cosa è successo? >> << Rapina a mano armata, colpo d'arma da fuoco, penso che abbiano perforato il polmone >> telegrafò scendendo dal lettino, quando il cuore tornò a pulsare << Bisogna drenare il sangue >> informò Clarke prendendo lo strumento e cominciando a testare l'addome del ragazzo privo di sensi, prima di inserire l'ago e dopo poco del copioso liquido rosso cominciò a defluire da lui << Preparate la sala >> ordinò lasciando l'ago in mano ad un infermiere, mentre controllava se ci fossero altri traumi esterni << Clarke se vuoi può occuparsene qualcun altro >> fece il traumatologo Murphy conoscendo il passato della ragazza, ma quest'ultima scosse la testa << Non è la prima volta che lo faccio >> il giovane uomo le si avvicinò il sufficiente da far sì che fosse solo lei a sentire ciò che gli stava per dire << Certo Clarke, ma sai che giorno è oggi, non vorrei che.. >> Clarke si voltò di scatto freddandolo con lo sguardo << Riesco a dividere la vita privata dal lavoro >> ribatté dirigendosi poi in sala operatoria insieme al paziente.
Non c'era bisogno di ricordarle che giorno fosse.

<< Stavolta ho ricordato i fiori >> fece posandoli sulla lapide << Scusami per quella sera, ma non ero in me... >> la ragazza si inumidì le labbra nel mettere le mani nelle tasche del giacchetto nero << Tra poco dovrò tornare a lavoro...sai credo che mamma avesse ragione >> Clarke si passò una mano tra i capelli ravvivandoli << Credi che riuscirò mai a superarlo? >> fece un lungo sospirò prima di depositare un piccolo bacio con la mano sulla tomba del padre << Prometto che ti farò visita più spesso >> disse ricordandosi come da piccola avesse il terrore di avvicinarsi temendo che “gli uomini in nero” potessero farle del male.
Si stava incamminando verso la macchina quando notò una berlina nera parcheggiata vicino ad essa, da cui vide scendere Natblida.
Clarke la ignorò dirigendosi verso l'auto quando l'altra le si parò davanti << Ho ritirato la mia iscrizione come hai richiesto! >> fece stanca alzando gli occhi al cielo e indietreggiando di un passo << Non sono qui per parlare di questo >> la ragazza si accigliò << Ho bisogno che tu mi venda le azioni che hai acquistato qualche anno fa >>.

 

LEXA


Non era possibile che dovesse farlo << Scordatelo Lincoln! Non andrò da lei a supplicarla di vendermi le sue azioni, non lo farò mai! >> esclamò Lexa maledicendo ancora una volta le incapacità di Nia Strong negli affari << Se non lo farai, non avrai mai il cinquantuno percento >> << Ma io ho acquistato l'Azgeda! Dovrei già avercelo! >> Lincoln scosse la testa << L'Azgeda ti ha promesso la percentuale più alta fra gli azionisti >> Lexa si massaggiò lentamente le labbra nel voltarsi sulla sedia appoggiando il braccio sulla scrivania << Va bene, vedrò cosa posso fare >> fece infine mentre il ragazzo cominciava a raccogliere i documenti che aveva sparso sul tavolo << Potresti comunque dirigere l'Azgeda anche senza quelle azioni >> << Sì, ma non smontarla >> ribatté infastidita dal fatto che la sua strada dovesse continuare ad intrecciarsi con la Dottoressa Griffin << D'accordo, fammi sapere cosa avrai deciso alla fine >> concluse Lincoln alzandosi e dirigendosi alla porta << Arrivederci >> salutò lui ricambiato da un gesto vago dell'amica, troppo intenta a macchinare chissà che piano.
In realtà Lexa non sapeva che cosa fare, del resto l'aveva trattata male perché mai avrebbe dovuto venderle le sue azioni?
E sopratutto perché proprio lei doveva avere quelle che le servivano?
Si alzò in piedi dirigendosi al piano-bar per prendere un bicchiere di scotch liscio, che buttò giù tutto d'un fiato, seguito subito da un altro, per poi sedersi sui divanetti dell'ufficio.
Non poteva andare da lei, non poteva!
Non sei capace di dividere i sentimenti dal lavoro.
Le diceva sempre Costia e pensò a quanto aveva ragione e a quanto la conoscesse.
Lei avrebbe voluto che riuscisse a realizzare i suoi sogni e solo e soltanto per quello adesso era di fronte alla dottoressa Griffin << Ho bisogno che tu mi venda le azioni che hai acquistato qualche anno fa >> la vide prima divenire sorpresa e poi sorridere << Tu non hai proprio idea di quando sia il caso di fermarsi, non è vero? >> non voleva una risposta perché la sorpassò dirigendosi alla macchina << Io ne ho bisogno, del resto lei non se ne fa niente >> << Ti sei chiesta di cosa magari o bisogno io? >> ribatté tornando indietro fronteggiandola << O sei davvero la persona egoista e superficiale che credo? >> la dottoressa Griffin era così vicina che Lexa riuscì ad intravedere le profonde occhiaie e gli occhi umidi << Non ti venderò quelle azioni >> concluse infine tornando alla macchina e mettendo in moto.
Lexa non ebbe nemmeno l'occasione di discutere, troppo sorpresa dalla reazione della donna per riuscire a ribattere in qualsiasi modo.

 

OCTAVIA


Quando quella sera Clarke era tornata a casa dicendo di voler uscire, Octavia e Raven ne furono felici, ma vederla nella pista da ballo mentre un paio di ragazzi le si strusciavano addosso, dopo un paio di bicchieri di troppo la fecero pentire.
<< Credo sia il caso di tornare a casa >> suggerì Raven << Vado a prenderla >> aggiunse dirigendosi verso l'amica e portandola via quasi di peso << Oooh..Raven stai rovinando la festa >> Octavia guardò l'amica completamente ubriaca e se ne dispiacque << Siete fin troppo sobrie! >> gridò e se non ci fosse stata Raven, probabilmente sarebbe caduta a terra << Andiamocene >> fece prendendo la borsetta e l'amica mentre Raven si dirigeva verso la macchina.
Ringraziò che il giorno dopo sarebbe stata di riposo, perché non poteva immaginare di vederla lavorare nello stato in cui era.
Clarke era sempre stata una ragazza a cui piacevano le feste, ma si concedeva solo due o tre bicchieri di birra al massimo e raramente l'avevano vista ubriaca.
La distese in macchina per poi sedersi sul sedile del passeggero affiancando Raven << Nemmeno Abby è servita a qualcosa >> fece l'amica che si mise alla guida chiudendo la portiera << Almeno adesso non è più triste? >> disse sarcasticamente Octavia cercando di sminuire la situazione, ma ricevendo soltanto un'occhiataccia << Dovrebbe prendersi una vacanza >> << Octavia, sai che non lo farebbe mai >> la ragazza lanciò un'occhiata con la coda dell'occhio all'amica bionda distesa nei sedili posteriori << Hai parlato con Natblida? >> Octavia schioccò la lingua << Quella è soltanto una stronza, non dovremmo perderci tempo >> rispose appoggiando la testa al finestrino << Allora cosa facciamo? >> Octavia si strinse nelle spalle << Non lo so... >> << Niente? >> sussultarono nel sentire la sua voce << Clarke.. >> << Ragazze non sono vostra amica perché mi guardiate con quegli occhi >> la videro alzarsi e portarsi una mano alla tempia << Clarke non volevamo... >> << So che non volevate >> interruppe avvicinandosi con il busto << Ma vorrei che la smetteste, anche perché mi sono ritirata dalla Costia Foundation quindi non ci sarà più nessun motivo per cui dovrei vederla >> aggiunse facendole cenno di passarle la bottiglia d'acqua che le era di fronte, bevendone poi grandi sorsi << Eppure perché mi sembra che tu non ti stia riprendendo? >> chiese Raven lanciandole a malapena uno sguardo tornando a guardare la strada << Perché è così? Penso che sia inutile dirvi che non ci penso a quello che è successo un anno fa, perché vi mentirei... >> disse tornando a sdraiarsi coprendosi il volto con il braccio << E cosa pensi di fare? >> toccò a Octavia stavolta domandare << Aspettare? >> entrambe le amiche la videro dallo specchietto.
Aspettare cosa?
Pensarono entrambe senza però aggiungere niente.

_______________________________________________________________________________________________________________________________

NA: Eccoci dopo il nostro breve fine settimana, spero che anche questo capitolo vi piaccia e grazie per tutti coloro che continuano a seguirmi e per chiunque la stia leggendo :D

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_____________________________________________________________________________________________

CLARKE


Buttò giù l'aspirina che le aveva lasciato Octavia sul comodino prima di dirigersi in bagno.
Si spogliò della camicia che usava per dormire e si mise sotto la doccia.
Lo scrosciò dell'acqua la rilassò, ristorandola un poco e allontanando la stanchezza accumulata in quei giorni e il mal di testa causato dalla sbornia della sera prima.
Quando uscì si guardò allo specchio, avvolta solamente dal lungo asciugamano bianco e con le mani si strizzò i capelli sul lavandino, fissando poi le enormi occhiaie che ormai minacciavano di non volersene più andare dopodiché tornò in camera, indossò l'intimo, un paio di pantaloncini e una t-shirt nera che le aveva regalato Raven per natale.
Clarke lasciò che i capelli bagnati le ricadessero sulla schiena e prese il libro che stava leggendo, dirigendosi in cucina per prendere una mela, prima di stendersi in salotto.
Stava aprendo il libro quando sentì suonare al campanello e andò ad aprire con il frutto morsicato tra le mani.
Non ci poteva credere: Natblida era di fronte a lei, con la serietà e la freddezza che la caratterizzavano, anche se Clarke aveva conosciuto molti altri lati di lei, si chiese comunque se fosse il caso di chiudere la porta e non permetterle di parlare.
Fallo.
Mandala via, il più lontano da te, così che tu possa riprenderti.
Fallo!

Le diceva la mente, ma Clarke le fece cenno di accomodarsi, allontanando il buon senso << Se sei qui per le azioni non le venderò >> comunicò dirigendosi nella cucina per prendere un bicchiere d'acqua << Perché? >> chiese la ragazza seguendola nella stanza << Non credo che ti riguardi >> << Se è un dispetto lo posso capire >> la bionda sorrise portandosi il pollice al labbro inferiore per pulire una goccia d'acqua << Un dispetto? Ho quelle azioni da un sacco di tempo e in molti mi hanno chiesto di comprarle, ma la risposta è e sarà sempre la solita: No >> fece appoggiandosi con i bracci all'isola << Ma di certo non posso negare che tutto questo non sia divertente >> aggiunse prendendo un altro morso della mela << Pensi che sia un gioco? >> << Un gioco? No, certo che no, ma non te le venderò ugualmente, Natblida...sono certa che tu possa trovare un altro modo per fare ciò che vuoi >> Clarke la sorpassò per andare in salotto, visto che era decisamente un posto più comodo per quella che si prospettava una lunga discussione.
Natblida indossava semplicemente una maglietta bianca dai bordi neri e dei pantaloncini del medesimo colore che mostravano le lunghe gambe, insieme alla giacca marrone chiaro, eppure anche mentre si sedeva sembrava che tutto il mondo fosse ai suoi piedi << Questo è l'unico modo...quindi vendimele, sono disposta anche a scambiarle con altre azioni, magari con qualcuna di più proficua >> Clarke alzò gli occhi al cielo << Con che coraggio vieni qui a chiedermi una tale cosa, dopo quello che mi hai detto? >> << Gli affari sono affari >> rispose accavallando le belle gambe e giocando con il braccialetto che aveva al polso << Beh..allora puoi continuare a fare i tuoi affari fuori da casa mia >> la voce di Raven risuonò nella stanza come un trombettista in una chiesa << Tutto ciò non la riguarda signorina Reyes >> Raven non sembrò chiedersi come la conoscesse o perché e si avvicinò semplicemente all'amica << Mandala via o giuro Clarke che oggi te ne pentirai davvero >> le sussurrò ad un orecchio con occhi pieni di delusione << Lo sa che non è educato bisbigliare all'orecchio? E comunque io e la signorina Griffin stiamo discutendo di affari...che cosa vuole in cambio? >> << In cambio di cosa? >> domandò irritata Raven spostando lo sguardo da l'una all'altra << Vuole comprare le mie azioni >> << Vattene via subito! >> inveì l'amica, conoscendo molto bene quanto fosse forte il senso di colpa di Clarke e non dando il tempo a quella vipera di potersene rendere conto << Almeno hai idea a chi appartenessero quelle azioni, prima di venirle a chiedere una cosa del genere?! >> aggiunse mentre Lexa si alzava in piedi e si dirigeva alla porta << Signorina Reyes, sono certa che con il suo recente debutto nel mondo della borsa inizierà a comprendere il senso degli affari, Dottoressa Griffin >> salutò infine voltandosi verso l'uscita.
Raven tornò a guardare l'amica più furiosa che mai, quando Lexa uscì dall'appartamento << Si può sapere cosa diavolo ti passa per la testa in questi giorni? Prima dici di volerti allontanare e poi la fai entrare in casa? >> Clarke non osava alzare lo sguardo, si sentiva troppo abbattuta per farlo << Ti fisso immediatamente un appuntamento con il dottor Sinclair >> l'amica la fermò per un braccio << Non farlo, per favore... >> << Clarke, non posso, ma non lo capisci che ti stai facendo del male? >> << Non ho preso alcuna pillola né...Non ricommetterò gli stessi errori...te lo prometto >> Raven la osservò ancora per qualche secondo << Non le avresti mai vendute, vero? >> l'amica si stava riferendo alle azioni e Clarke scosse la testa << Mai, nemmeno se mi avesse offerto il mondo >>.

 

LEXA


Lexa pagò il conto del bar e quando uscì l'autista si affrettò a coprirla sotto l'ombrello.
Erano passati svariati giorni dopo l'ultimo incontro con la dottoressa Griffin e non avendo ricevuto sue notizie, aveva cominciato a optare per un'altra soluzione, anche se molto più difficile da attuare.
Lasciò che l'autista le aprisse la porta della macchina e quando vi fu al suo interno suonò il cellulare << Lexa non è che potresti venire a casa? Indra dice di volerti parlare >> probabilmente si era accorta di ciò che voleva fare << D'accordo dille che sarò a casa tra un paio di minuti >> << Va bene >> Aiden sembrava molto scocciato al telefono e sapeva che in qualche modo c'entrava la tutrice << A casa Gustus >> comunicò all'autista, facendo ricadere i capelli sulla spalla destra, ammirando l'esterno del finestrino e le persone che correvano sotto la pioggia.
Indra era diventata il loro tutore legale dopo la morte della madre, ma non era mai riuscita a considerarla tale, nonostante fosse sua zia << Va tutto bene signorina Lexa? >> chiese Gustus sentendola sospirare << Sì, va tutto bene >>.
Gustus oltre ad essere il suo autista personale era anche la sua guardia del corpo << Lavora troppo, signorina >> lui forse era la presenza più costante di tutta la sua vita, sua madre glielo aveva messo affianco quando aveva compiuto sedici anni e dall'allora non l'aveva mai abbandonata << L'azienda non si mantiene da sola >> commentò aprendo la giacca e lasciando intravedere il decolté della lunga camicia beige che le arrivava a metà coscia.
L'uomo la vide abbandonarsi e far scivolare il telefono sui sedili in pelle, per appoggiare le mani sulle gambe << Avvertimi quando siamo arrivati >> fece prima di chiudere gli occhi << Certamente signorina Lexa >>.

Quando arrivò a casa, posò la giacca un po' bagnata sull'appendiabiti, togliendosi anche gli scomodi tacchi che le permettevano di mantenere lo sguardo con gli uomini più alti di lei << Finalmente sei arrivata >> commentò Aiden, che prese la ragazza del momento, Fox, tra le mani dirigendosi in camera dopo averla squadrata.
Probabilmente Indra gli aveva fatto un discorso di chissà quanto tempo << Salve >> salutò la tutrice con un gesto della mano aprendo il frigo per prendere del succo d'arancia << Mi ha chiamato Lincoln aggiornandomi su l'Azgeda >> la ragazza bevve dal bicchiere passandosi poi la lingua tra le labbra << So già di cosa vuoi parlare >> << E' un grave sbaglio voler distruggere l'Azgeda, sai più di me che potrebbe dare alla Trikru un alto profitto >> Lexa si versò un altro bicchiere ma senza berlo, rimanendo ad osservarne il contenuto arancione e girandolo << Indra, so che ti preoccupi degli affari di famiglia, ma siamo arrivati fino a qui senza l'aiuto di nessuno >> prese un sorso << E di certo non lascerò che la nostra rivale entri a far parte della mia società. Del resto Nia Strong ha ancora delle azioni su l'Azgeda e se la smonto, come ho intenzione di fare, le sue azioni diverranno della Trikru e avremo comunque un rientro >> Indra scosse la testa mentre la ragazza la osservava da oltre il bicchiere << Un profitto unico non perpetuo >> << Indra non cambierò idea >> << Perché vuoi fare questa pazzia? >> Lexa rise alzando gli occhi al cielo << Per divertimento? Immagina la faccia della famiglia Strong quando lo scopriranno >> sorrise divertita e Indra alzò gli occhi al cielo << Sei esattamente come tuo padre...anche lui pensava che tutto fosse un gioco >> Lexa rise ancora per qualche secondo, poi ripensò al padre e il sorriso le morì sulle labbra << Sei venuta qui solo per questo? >> chiese prendendo il bicchiere e incamminandosi verso il secondo piano << Sì, solo per questo. Comunque dovresti parlare con tuo fratello o almeno digli di usare delle precauzioni >> << Sono certa che già lo fa >> commentò salutandola nel salire le scale che la portavano al piano superiore e poi verso la sua stanza, chiudendo la porta alle sue spalle.
Posò il bicchiere di succo sopra la scrivania e con un gesto della mano si scostò i capelli dal volto prima di stendersi sul morbido letto a pancia in su.
Sei davvero la persona egoista e superficiale che credo?
Lexa chiuse gli occhi voltandosi di lato e rannicchiandosi su se stessa.
Era davvero diventata una così cattiva persona?
Sapeva che il suo cuore si era indurito con la scomparsa di Costia, ma come poteva essere altrimenti?
Sospirò prendendo un cuscino e mettendolo sotto la testa.
Ripensò alla sera in cui l'aveva incontrata al Washington Cemetery e poi al litigio nel suo ufficio.
Pensi che riuscire a salvare un paziente o vederne morire uno sotto i tuoi occhi non lasci alcun segno?!
Quella frase le era rimasta impressa nella mente senza avere alcuna intenzione di andarsene.
Si massaggiò gli occhi stanchi.
Ma cosa doveva fare? Perdonarla?
Lexa scosse la testa nel mettersi a sedere.
No, che non poteva!
Si diresse all'armadio mentre si apriva la lunga camicia.
Sei un'egoista figlia di puttana!
Era davvero lei ad essere nel torto?
Sospirò optando infine per una maglietta grigia di cotone che lasciava spoglie le spalle e dei pantaloni della stessa stoffa ma bianchi.
Raccolse i lunghi capelli in una coda, prese il bicchiere e si diresse in cucina.
Sicuramente Fox avrebbe cenato con loro, così Lexa prese il telefono appeso al muro e digitò il numero della pizzeria più vicina, dopodiché si sedette in salotto accendendo il televisore, coprendosi con il piccolo plaid che lasciavano sempre abbandonato lì.
Cercò di distrarsi dai quei continui pensieri con i vari talk-show e quiz, ma invano.
Gli occhi in preda alle lacrime della dottoressa Griffin e quelli accusatori delle sue amiche non volevano abbandonarla.
Stava andando tutto bene prima di quel maledettissimo evento di beneficenza!
Pensò alzandosi infuriata e dirigendosi alla porta, prendendo il cappotto e avvertendo il fratello che sarebbe uscita, ricevendo uno stanco “ok”, come risposta.

ANYA


Quando aprì la porta non fu tanto sorpresa nel vedere l'amica completamente fradicia sull'uscio << Che cosa è successo stavolta? >> le chiese facendola accomodare e andando a prendere un asciugamano ricomparendo poco dopo << Che pensi che sia successo? La dottoressa Griffin è entrata nella mia testa! >> esclamò afferrando l'asciugamano e cominciando a frizionarsi i capelli << Cominci ad avere dei sensi di colpa? >> si incamminarono verso la stanza degli ospiti, visto che il salotto era occupato dagli ennesimi tirocinanti che erano venuti ad aiutarla in qualche caso << Perché dovrei averli, non pensi che sia strano? >> rispose Lexa mentre l'amica chiudeva la porta alle sue spalle e si sedeva sul letto << Perché dovrebbe esserlo? >> l'altra si accigliò sedendosi accanto ad Anya << Quello che sto cercando di dirti Lexa, è che magari l'hai incolpata per troppo tempo per qualcosa di cui lei si incolpa già da sola... >> << Ma non è forse così? Insomma è colpa sua se Costia è morta, lei stessa mi ha detto di aver commesso un errore durante l'operazione >> << Non è propria andata così, sai che ero presente >> Lexa rimase a guardarla in silenzio per qualche minuto non sapendo bene che dire << Lexa, Costia ha avuto un collasso durante l'intervento e.. >> << Causato dalla dottoressa Griffin >> << Che stava operando a torace aperto... >> Lexa si morse un labbro alzandosi in piedi grattandosi la fronte << Quindi secondo te, dovrei perdonarla? >> Anya si strinse nelle spalle, portandosi una ciocca dietro i capelli << Non è questo quello che ho detto...Costia era comunque anche mia amica e posso capire che è difficile perdonare colei che avrebbe dovuto salvarla, quindi stai chiedendo alla persona sbagliata >> rispose osservando la reazione dell'altra che si posò una mano sulla fronte e una su un fianco << Ma perché ti importa tanto? >> aggiunse avvicinandosi all'amica che cominciò a piangere << Perché sto impazzendo...non riesco a dormire, ma la cosa peggiore è che Costia avrebbe voluto che io la perdonassi...ma..non posso >> fece ricambiando l'abbraccio e piangendo << Mi manca Anya, mi manca davvero tanto >> continuò sfogandosi contro la sua spalla.
 

CLARKE


Quel giorno Clarke non si sentiva affatto bene, si era addormentata sopra il dossier di un paziente che aveva bisogno di un bypass gastro-intestinale perciò quando bussarono alla porta non se ne rese minimamente conto.
Natblida si avvicinò cautamente non sapendo bene che fare così la chiamò, una, due e infine tre volte; solo allora la dottoressa aprì gli occhi arrossati.
Le ci vollero qualche secondo per collegare la figura davanti a lei ad un nome e quando ci riuscì cercò di riprendere un contegno, aggiustandosi i capelli e il camice sopra la salopette nera di cotone che indossava << Che cosa ci fai qui? >> chiese alzandosi in piedi e pentendosene immediatamente perché un forte capogiro la costrinse a risedersi << Se non si sente bene posso tornare >> Clarke scosse la testa aprendo il cassetto e prendendo un aspirina << Sarà solo un po' di influenza, che cosa vuoi? >> << Che mi parlaste dell'intervento di Costia >> l'altra sgranò gli occhi a quella richiesta << Voglio capire cosa andò storto >> Clarke scosse la testa bruscamente << Non posso... >> sussurrò nervosamente, cominciando a chiudere le cartelle dei pazienti << Perché? Me lo devi del resto >> la ragazza scoppiò a ridere << Sì, è vero, te lo devo, ma hai idea di cosa vorrebbe dire per me? >> non sembrava minimamente interessata a ciò che avrebbe provocato in lei rivivere quel momento << Maledizione Natblida! >> esclamò alzandosi in piedi e portandosi una mano alla testa per il forte dolore che quel gesto le causò << Credo che sia il caso che ripassi un altro giorno è evidente che non sta bene >> fece dirigendosi alla porta << Aspetta... >> la fermò Clarke con un nodo alla gola.
Non lo fare!
Clarke prese la giacca e si avvicinò alla ragazza.
Maledizione, perché lo stai facendo?
La osservò << Posso farlo, ma avrei bisogno di una buona tazza di thé >> disse aprendo poi la porta e facendole segno di passare per essere subito accontentata.
Perché vuoi percorrere tutto di nuovo?Perché?


Clarke osservò la giovane ragazza distesa sul lettino palesemente impaurita da tutta quella strumentazione intorno a lei e cominciò ad accarezzarle la testa << Andrà tutto bene Costia, uscirai di qui e potrai abbracciare la tua fidanzata >> le disse facendole indossare la mascherina da cui fuori usciva l'anestetico << Ho bisogno che tu conti fino a dieci >> << Uno, due..tre... >> gli occhi della paziente si chiusero, ma Clarke attese comunque qualche secondo.
Costia era sotto le sue cure da quasi un anno, quando la sua fidanzata l'aveva portata al pronto soccorso tra le braccia, poiché era svenuta in bagno e da lì era cominciato l'inferno di Lexa.
Costia aveva una grave malformazione al cuore a cui solo un trapianto poteva rimediare, erano rimaste in lista d'attesa per molto tempo e finalmente, quando il loro e il suo cerca-persone aveva suonato, Clarke si era ritrovata a ringraziare il cielo << Bisturi >> ordinò per essere subito obbedita dagli assistenti e la dottoressa fece un taglio perfetto nel torace della giovane e lasciò andare il respiro che aveva trattenuto per tutto il tempo.
Vide i vari colleghi applicare il divaricatore e aprire la ferita, fino a lasciar spazio al cuore pulsante.
Recise le arterie e le vene direttamente collegate all'organo quando un'infermiera ripuliva dal sangue mentre una macchina continuava a mantenere in vita Costia.
Un collega le passò l'organo sano quando lei posò quello deforme della giovane paziente, ricollegò tutto e fece una piccola pressione sul cuore che cominciò a battere, ma quando la staccarono dalla macchina che continuava a pompare sangue, per provare il nuovo organo l'elettroencefalogramma cominciò a suonare << Che diavolo succede? >> << La pressione sta calando velocemente >> la informarono e la dottoressa cominciò a guardare il torace alla ricerca di qualche perdita, ma senza trovarne << La stiamo perdendo >> le dissero mentre in preda al panico, cercava dove avesse sbagliato quando notò una piccola lacerazione sul cuore che le aveva appena messo.
Non andava bene! Non andava bene!
Cercò invano di effettuare nuovamente tutta l'operazione e di restituire l'organo malaticcio alla ragazza, ma Costia non riaprì più gli occhi.
Maledizione!
La dovettero allontanare con la forza dal corpo inerme della giovane mentre continuava inutilmente a far battere il cuore.
Voleva dare la colpa agli addetti agli organi, che le avevano dato un cuore difettoso, ma non era nient'altro che sua, lei doveva accorgersene!
Scivolò contro la porta della sala operatoria che dava sui lavabi e si toccò la fronte con il dorso della mano.
Pianse mentre fissava il sangue di Costia che ancora imbrattava i suoi guanti cominciando a chiedere scusa a niente e nessuno.
Con che coraggio sarebbe andata a dire ai genitori e alla fidanzata che aveva fallito?
Le aveva promesso che sarebbe andato tutto bene e invece...
Si alzò togliendosi il camice, la mascherina e i guanti della sala operatoria per gettarli nell'immondizia, lavandosi freneticamente e quasi con ossessione le mani, sciacquandosi poi il volto.
Clarke si osservò per un lungo momento allo specchio, cercando di controllarsi, ma sapendo che fuori attendevano che lei uscisse.
Non voleva uscire, non voleva andare da loro e distruggere tutte le loro speranza, non voleva!
Dalla vetrata che dava alla sala operatoria vide un infermiera coprire il corpo inerme di Costia e segnare l'ora del decesso e Clarke si voltò nuovamente, dando le spalle a tutto quello.
Era la prima volta che conosceva così affondo una paziente.
Clarke le era stata accanto per tutta la terapia, l'aveva potuta conoscere, ci aveva persino scherzato e anche pianto...
Ricacciò le lacrime che volevano di nuovo uscire.
Glielo doveva!
Lo doveva a lei e a Lexa!
Non potevano essere delle infermiere a comunicarle che era morta, non poteva permetterlo.
Raccolse tutto il coraggio che le era rimasto e uscì.

____________________________________________________________________________________________________________

NA: Eccoci qui, dopo aver letto cosa è successo a Costia nella sala operatoria, come reagirà Lexa? Ovviamente è tutto nel prossimo capitolo, altrimenti come vi lascio sulle spine?

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_______________________________________________________________________________________

LEXA


La Dottoressa Griffin era completamente in lacrime << Mi dispiace... >> sussurrò asciugandosi il volto con il palmo della mano << Ho fatto quanto in mio potere per rimediare >> aggiunse palesemente distrutta, ma Lexa non parlò continuò a fissarla in silenzio.
Anche dopo ciò che le aveva raccontato, anche se sapeva che in parte non era colpa sua, Lexa non riusciva a perdonarla, allora si cominciò a chiedere, se non le servisse solo qualcuno da incolpare.
<< H-ho bisogno di qualcosa di più forte >> fece infine facendo cenno al cameriere che si avvicinò immediatamente << Scotch, doppio e liscio >> telegrafò avvicinandosi con il busto al tavolo e incrociando le mani << Ti prego dì qualcosa... >> la sua voce uscì come una supplica, ma Lexa non riusciva a sollevare lo sguardo << Cosa vuoi che dica, dottoressa Griffin? >> l'altra si alzò mentre Lexa tirava giù l'ordinazione << Hai ragione non c'è niente che tu possa dire >> fece incamminandosi verso l'uscita.
Sapeva di doversi alzare e fermarla, ma non ne ebbe il coraggio, in realtà non voleva farlo.
Sapeva di aver probabilmente riaperto una porta che la Dottoressa Griffin aveva ben sigillato, ma non gli importò, perché alla fine era ciò che si meritava.
Ma lo pensava davvero?


Lexa gettò la giacca del completo sul letto, aprendo poi la zip del lungo tubicino blu scuro che indossava.
Odiava tutto quello!
Odiava sentirsi così dannatamente confusa!
Odiava doversi confrontare con la Dottoressa Griffin e con i suoi sentimenti!
Odiava ricordare quel giorno!
Bevve l'ennesimo bicchiere, sedendosi sulla scrivania con indosso solo il pigiama e la vestaglia.
I capelli le ricadevano sul viso, scontrandosi con la montatura bianca degli occhiali da lettura.
Doveva lavorare.
Quello era l'unico modo che le era rimasto per distrarsi dai sentimenti e dai problemi.
Era riuscita a raccogliere sufficienti petizioni dagli azionisti minoritari dell'Azgeda Corp, facendo sì di aver il consenso per distruggerla, ovviamente tutto questo in cambio di altre azioni con maggior reddito, ma a Lexa non importava, tanto i soldi non le mancavano.
Lesse con molta attenzione il contratto inviatole da Lincoln e sottolineò ciò che andava cambiato o le trattative non pattuite.
Si fece molto tardi quando finì anche il lavoro che si era portata a casa, così si distese sul letto.

<< E' solo un po' di mal di stomaco >> la sentì dire mentre si spogliava << Sei sicura? Vuoi che vada a prenderti qualcosa? >> chiese preoccupata avvicinandosi all'amata dal volto pallido che scosse la testa << No, tranquilla vedrai che una doccia mi farà tornare il sorriso >> fece baciandola prima di entrare nel bagno.
Lexa ripensò a quel momento mentre attendeva in sala d'attesa, ricordandosi come l'aveva trovata e di come la paura l'aveva divorata, la stessa paura che l'attanagliava in quel momento.
I signori Drein, coloro che non l'avevano mai accettata erano seduti di fronte a lei adesso, mano nella mano.
Costia era la loro unica figlia e perderla sarebbe stato devastante.
Lexa non era mai stata credente e di certo non poteva cominciare ora, ma pregò comunque qualcuno che la fidanzata si salvasse.
Voleva rivedere i suoi occhi e voleva risentirla ridere.
Stavano insieme ormai da cinque anni e anche se non le aveva mai chiesto di sposarla e non erano diventate coniugi si sentivano comunque tali.
Costia ci era sempre stata in quei cinque anni, era diventata un pilastro fisso della sua vita. Se le accadeva una cosa bella era la prima persona a cui gliela voleva raccontare e anche se fosse stata brutta, perché insieme affrontavano tutto.
I suoi pensieri vennero interrotti quando vide avvicinarsi la dottoressa Griffin e Lexa si affrettò ad asciugarsi il volto << Allora? >> le chiese il padre.
C'era qualcosa di strano in lei, come se tutto il suo corpo volesse scappare, come se lei stessa non volesse essere lì in quel momento << Mi dispiace, la Signorina Drein non ce l'ha fatta >> solo quando glielo sentì dire Lexa capì.
Crollò a terra mentre l'amica Anya le si avvicinava, ma non pianse, non subito almeno.
La sua mente doveva ancora assimilare la notizia e solo quando capì di non poter più rivedere i suoi occhi, il suo sorriso e di non poterla più abbracciare, Lexa gridò dal dolore e pianse.
Lacrime calde le bagnavano il volto mentre la dottoressa Griffin spiegava cosa fosse successo << Il cuore che doveva esserle trapiantato era difettoso >> la sentì dire eppure sembravano solo scuse, menzogne << Quando ce ne siamo accorti, abbiamo cercato di rimediare >> Lexa si alzò in piedi e la schiaffeggiò.
La vide portarsi una mano alla guancia mentre due infermiere la trattenevano dalle braccia << Lasciatela >> ordinò e solo allora la liberarono << Avevi promesso di salvarla!Me l'avevi promesso! >> gridò avvicinandosi minacciosamente alla dottoressa << Mi dispiace...ho fatto il possibile.. >> la sentì dire e la rabbia crebbe ancora di più << Non sembra...Costia si fidava di te! Io mi fidavo di te, ma tu me l'hai portata via! >> le urlò con i capelli che le ricadevano sul volto << Tu non hai ucciso solo lei in quella sala operatoria! >> aggiunse infine prima che l'amica Anya la riportasse a sé per abbracciarla.

 

CLARKE
 

Clarke inginocchio osservava il tagliacarte che aveva lanciato sul pavimento insieme a tutto il resto.
Quando tornò dall'incontro con Natblida i sensi di colpa e la tristezza tornarono a torturarla, facendole scaraventare tutto ciò che era sopra la scrivania della camera da letto, facendo finire il taglierino sul pavimento ai piedi della ragazza.
Un semplice taglio e tutto sarebbe finito, ogni senso di colpa, ogni dolore o tristezza nella sua miserabile vita sarebbero scomparsi.
Non ci sarebbero più state Costia o Natblida.
Non ci sarebbero più state famiglie o fidanzate che la odiassero.
Afferrò il tagliacarte tra le mani.
Cosa stai facendo?
Posalo!
Supererai anche questo momento, sei una ragazza forte.

Ripensò ai suoi incontri con il dottor Sinclair e a cosa le avesse detto in caso di cedimenti.
Ricordati dei tuoi cari.
Octavia, Raven, la mamma, a loro sarebbe mancata.

Clarke si strinse nelle spalle, ma come poteva vivere con tutto quello?
Posò la lama sul polso e represse un brivido nel sentirne il contatto con la pelle.
Non voglio rivedere quella Clarke, mi hai capito?
Sua madre...come avrebbe reagito sua madre?
Aveva già perso il marito...
Con le mani tremanti gettò la lama il più lontano possibile da sé, portandosi le ginocchia al petto.
Non andava affatto bene...

Quando si svegliò era in mezzo al caos, con attenzione si incamminò verso il bagno, schivando i cocci di vetro del vaso che aveva frantumato la sera prima.
Stava uscendo dalla doccia, quando sentì l'amica Raven urlare.
Che cosa era successo?
Sì vestì in fretta e uscì dalla stanza raggiungendo l'amica << Io la uccido! >> non aveva litigato con Octavia, perché quest'ultima cercava di tranquillizzarla anche lei palesemente appena sveglia << Che è successo? >> chiese Clarke asciugandosi i capelli << Vuoi sapere che cosa è successo? Quella troia di Natblida ha acquistato le azioni maggioritarie dell'A.S.S.! E così adesso devo rispondere a lei delle mie azioni! >> spiegò sedendosi sul divano << Ma non dovresti essere tu il capo? >> domandò Octavia non capendo molto di finanza come l'altra amica << Sì o almeno di facciata, come in tutte le aziende quotate in borsa, ma devo comunque rispondere agli azionisti >> Raven si passò una mano tra i capelli nervosamente << Ma perché fare una cosa del genere? Lei che cosa ci guadagna? La sua impresa non tratta software di sicurezza >> chiese Octavia affiancando Raven e posandole una mano sulla gamba cercando di tranquillizzarla << E' per come l'hai trattata l'altro giorno >> fece Clarke sedendosi sulla poltrona per fronteggiare le amiche << Ti riferisci a quando è venuta qui a chiederti di venderle le azioni di tuo padre? >> la dottoressa annuì << Beh..allora non me ne pento affatto >>.
Clarke sapeva che stava mentendo e sapeva anche che era colpa sua.
Lei aveva riportato Natblida nelle loro vite e a pagarne il prezzo era l'amica Raven << Tra poco devo andare a lavoro, quindi.. >> << Certo >> le fece Octavia affiancandola mentre si incamminava verso la scarpiera << Pensi di poter fare qualcosa? Ci andrei io a parlare con quella lì, ma mio fratello è tornato e me lo ha severamente vietato >> Clarke si inumidì le labbra mentre indossava le scarpe da ginnastica << Non lo so, Octavia...diciamo che non è che io e Natblida siamo migliori amiche, ma vedrò cosa posso fare >> fece prendendo le chiavi e salutando le sue amiche per un ultima volta.

 

LEXA


Stappò la bottiglia di Champagne e versò un po' del contenuto nei bicchieri di Anya e Lincoln, che erano venuti con lei al suo pub preferito, per celebrare la disfatta dell'Azgeda Corp., il cui annunciò di smantellamento era partito quella mattina << Ce l'hai fatta >> fece Lincoln tirando giù il bicchiere << Ce l'ho fatta >> ribatté Lexa sedendosi in uno dei divanetti rossi << E adesso? >> le domandò Anya, ringraziando ancora una volta che fossero nel privé vista la musica che riusciva a raggiungerli comunque << Non lo so, vedrò cosa fare. Green e Jordan mi hanno parlato di un nuovo progetto che sembra davvero molto interessante >> Lexa prese un sorso sorridendo << Non hai paura che gli altri azionisti possano infuriarsi per la perdita delle loro quote? >> la donna si strinse nelle spalle << La colpa è loro. Hanno fatto un pessimo investimento >> Lincoln rise a quella battuta che non lo era più di tanto << Sei perfida! Prima o poi ti spareranno! >> << Che ci provino! >> esclamò seguita da una fragorosa risata e da altri bicchieri.

Prese dalle labbra il gommina che stava tenendo e concluse la coda, prima di prendere la ventiquattr'ore e dirigersi all'uscita << Il volo atterrerà al Washington-Dulles per le dieci, dove vi sarà una macchina pronta ovviamente con i finestrini oscurati come da lei richiesto >> telegrafò Alie mentre Lexa chiamava l'ascensore << Cercheremo di calmare le acque qui, ma crede che sia sufficiente? >> aggiunse un poco preoccupata e ancora una volta Lexa si chiese da dove provenisse quell'affetto << Starò per un po' da mia zia a Washington, ma continuerò a seguire la vicenda da là, fai sì che al mio ritorno il progetto di Jordan e Green sia pronto per il lancio >> fece entrando nell'ascensore mentre la segretaria annuiva.
L'annuncio dello smantellamento dell'Azgeda Corp. aveva fatto infuriare gli azionisti, come del resto loro avevano previsto, ed era proprio per quello che Lexa stava partendo.
Gustus l'affiancò non appena uscì dall'edificio, allontanando i giornalisti in cerca di notizia fino a raggiungere la berlina parcheggiata li fuori e solo allora Lexa riuscì a respirare di nuovo << Pessima idea uscire dalla porta principale >> commentò stirando pieghe inesistenti del vestito << Non si preoccupi Signorina, è al sicuro finché è con me >> Gustus stava per partire quando un uovo raggiunse la finestra, seguito da altri << Spero che tu marcisca all'inferno! >> sentirono dall'esterno e anche se la giovane si voltò alla ricerca del vandalo vi era troppa folla per riuscire a distinguerlo << Parti >> ordinò nascondendo la paura che aveva provato il suo cuore per un secondo.

Ringraziò il cielo di avere un jet privato, così la folla non avrebbe potuto raggiungerla fino a lì.
Quando salì si abbandonò contro i sedili in pelle e aprì la giacca nera << Saremo pronti a partire tra venti minuti >> annunciò il pilota tornando nella cabina di pilotaggio subito dopo averla salutata.
Lexa prese la bottiglia di liquore di fronte a lei e si versò un bicchiere mentre Gustus prendeva posto un poco più indietro.
Non si aspettava tutto questo movimento per la distruzione dell'Azgeda Corp, sopratutto perché era già in pieno fallimento e il profitto degli azionisti minoritari non era di così tanta rilevanza.
Si portò il bicchiere alle labbra, annusando l'odore dolciastro e fruttato dello scotch, il suo sguardo era rivolto agli addetti che stavano finendo di riempire il serbatoio, prese un sorso << Gustus sei riuscito a piazzare quelle azioni? >> chiese senza però voltarsi a guardarlo << Certamente Signorina >>.
Prese il cellulare e chiamò Aiden << Pronto? >> sentì dall'altra parte della cornetta << Come stai? >> chiese sorseggiando lo scotch << Mi chiedi come sto?Potevi anche avvisarmi, prima di farti odiare da tutti!Si può sapere che cosa hai combinato e del perché i giornalisti mi seguono ovunque? >> sentì sbattere una porta, probabilmente era tornato a casa << E' una cosa da poco, tra qualche giorno si calmerà tutto, ma nel frattempo non ti allontanare per nessuna ragione da Tristan e Emerson >> erano le sue guardie del corpo, Lexa gliele aveva affiancate subito dopo la morte della madre << Va bene...invece te come stai? I giornalisti non lasciano le porte della Trikru co. >> << Sono sul Jet per Washington, penso che me ne starò lontana anche io finché non si calmeranno le acque >> il giovane rise << Hai paura? >> << Paura di parlare troppo e di rovinare la reputazione dell'impresa di famiglia >> anche Lexa venne contagiata dal divertimento del fratello << Beh...ora ti saluto, l'aereo sta per decollare >> << Ok..ci si sente dopo >> sembrava triste << Va tutto bene? >> chiese ancora prima di chiudere << Sì, va tutto bene sono solo stanco..su ora stacco >> Lexa non ebbe tempo di replicare, ma era ovvio che c'era qualcosa che non andava, lo avrebbe chiamato non appena atterrata.

 

CLARKE


<< Mi dispiace, la signorina Natblida non è in ufficio, ma se vuole lasciare un messaggio >> Clarke scosse la testa prima di salutare la segretaria e uscire in mezzo ai giornalisti.
Come poteva averlo fatto?
Oltre ad acquistare le azioni dell'A.S.S., aveva fatto sì che lei perdesse le sue.
Aveva faticato molto per riprenderle dopo la morte del padre e adesso le aveva perse per sempre.
Clarke stava camminando senza alcuna meta ben precisa, cercando di allontanare la frustrazione di non poter fare niente.
Era nella stessa situazione di molti altri azionisti rimasti fregati dalla Trikru Co. e anche lei avrebbe voluto protestare e arrabbiarsi di fronte agli uffici, ma per cosa?
Conosceva abbastanza Natblida da sapere che in realtà non le importava niente né di lei né delle persone di fronte alla Trikru.
Si fermò ad un chiosco e prese un caffé stringendosi nel cappotto mentre attendeva << Non ci posso credere! Quelle azioni le avevo acquistate con il risparmio di una vita e adesso? Come pagherò il college a mia figlia? >> sentì da una passante che parlava al telefono.
Natblida era come tutti gli uomini e donne di quel mondo, non si accorgevano dei danni che potevano causare con le loro azioni.
Pagò e tornò a camminare, stavolta verso l'ospedale per recuperare la macchina.
Decise di passare da “Ching Li”, il ristorante cinese preferito da Octavia per prendere qualche Take away, visto che Raven sarebbe rimasta in ufficio tutta la sera e quando tornò a casa trovò Bellamy, il fratello di Octavia << Ciao Clarke >> la salutò lui mentre lei posava le buste sul tavolo << Ciao Bellamy, non credevo saresti venuto a trovare Octavia >> fece estraendo il cibo e prendendo dei piatti per suddividerlo << Nemmeno io, ma con quello che è successo alla Trikru dovevo discutere con lei di alcune faccende >> << Non lo manteniamo il contratto! >> esclamò lei imitando il fratello e avvicinandosi all'isola << O., ne abbiamo già parlato, non ci conviene recedere, perché anche se nei giornali ne parlano male, in borsa la Trikru continua ad avere azioni altissime >> la sorella scosse nervosamente la testa << Se continuerai con questo tuo modo di fare non potrò mai lasciarti a capo di niente, lo vuoi capire o no? Non puoi sempre seguire i tuoi sentimenti! >> aggiunse lui innervosito dal suo comportamento << E chi dice di volerlo essere? Solo che non voglio più far affari con Natblida >> si spiegò lei prendendo un involtino di primavera sotto gli occhi indignati dell'amica che stava ancora servendo << Octavia, Bellamy ha ragione, anche se Natblida è davvero una persona difficile >> commentò Clarke sedendosi su uno degli sgabelli per cominciare a mangiare, anche se alla fine non aveva molta fame, ma si costrinse comunque a mandare giù qualche boccone << Persona difficile? Proprio tu lo dici? >> la bionda dopo solo qualche forchettata guardò il cibo con disgusto << Octavia tu la odi solo per come si è comportata nei miei confronti, altrimenti la tratteresti come tutti gli altri vostri clienti, cioè lasceresti fare a tuo fratello >> prese il proprio piatto per sciacquarlo << Come puoi parlare così? Non sei arrabbiata perché ti ha fregato come tutti gli altri azionisti? >> << Certo che sono arrabbiata, ma non posso permetterlo Octavia! >> esclamò Clarke infastidita dall'amica che continuava a ricordarle tutto << Perché quando io mi arrabbio finisco solo col farmi del male e pensi sul serio che a lei freghi qualcosa? >> aggiunse afferrando il cellulare << Dammi il suo numero! Vuoi scommettere che non cambierà niente? Anche dopo che mi sarò sfogata? >> lo gettò sul tavolo prendendo la giacca e uscendo dall'appartamento.

Non sapeva da quanto stette camminando e del perché si stesse dirigendo alla Trikru, dove erano state allestite delle tende in cui i protestatari alloggiavano per la notte << Venga mia cara >> Clarke venne attirata da un uomo sui trenta forse quarant'anni intento a bere, seduto su una sedia di plastica << L'ho vista anche questo pomeriggio da queste parti, anche lei è stata presa in giro? >> si sedette sulla sedia libera affianco a lui e annuì << E' davvero una brutta storia, pensa che con quelle azioni mi avevano concesso il mutuo della casa e adesso chissà cosa succederà >> le porse un bicchiere e Clarke si stupì di trovarci della cioccolata calda << Mia figlia è voluta venire con me e di certo non potevo rischiare di portare del whisky >> si spiegò lui sorridendo nel vedere il volto sorpreso della donna << E lei invece? Per cosa le utilizzava? >> Clarke bevve un sorso prima di guardare l'uomo << Erano di mio padre... >> disse soltanto, ma l'uomo sembrò capire << Comunque sono Cage, Cage Wallace >> si presentò << Clarke Griffin >> pensò che avesse davvero un bel sorriso e si dispiacque per la sua situazione.
Rimase a parlare con lui tutta la sera e per la prima volta riuscì ad allontanare Natblida dai suoi pensieri, il che era davvero strano visto che era proprio accanto al suo ufficio.

L'odore di disinfettate era quasi insopportabile così come l'ago che aveva conficcato nel braccio.
Socchiuse leggermente gli occhi per poi aprirgli lentamente << Clarke? >> la chiamò la madre posando il libro che teneva tra le mani << O mio dio sei sveglia! >> esclamò abbracciandola e stringendola forte sé trattenendo le lacrime << Si può sapere perché l'hai fatto? >> le chiese una volta scostatasi, aiutandola a mettersi a sedere.
Clarke guardò le fasce sui polsi e si chiese come potesse essere ancora viva, non era ancora giunto il suo momento?
Deglutì a fatica e con vergogna sollevò lo sguardo sulla madre << Non volevo... >> mentì tornando a guardare le lenzuola << Se Raven non fosse tornata prima dal lavoro... >> << Non volevo mamma, davvero >> la interruppe Clarke inumidendosi le labbra << E' stato solo un momento di debolezza, ma sto bene adesso >> << Ti ho fissato un appuntamento con un terapeuta, non appena uscirai da qui andrai a farli visita >> non voleva parlare con nessuno di quello che le stava accadendo, ma evidentemente sua madre non ne voleva sapere << Ti ho preparato una macedonia, so quanto ti piace >> << Non si meriterebbe la macedonia, ma forse un bello schiaffo >> Raven era entrata nella stanza e le si era seduta accanto << Che diavolo Clarke! Hai idea di quanto mi hai fatto preoccupare? >> l'abbracciò talmente forte che la bionda credette di soffocare << Grazie per avermi trovato >> le sussurrò in un orecchio << Mi ci vorranno mesi e mesi di terapia per dimenticare quella scena >> disse l'amica senza però staccarsi dall'abbraccio.
Stava piangendo?
Clarke si ritrovò a consolare l'amica e fece cenno alla madre di lasciarle un attimo da sole << C'era così tanto sangue...e tu immersa nella vasca... >> diceva tra un singhiozzo e l'altro << Perdonami >> si scusò Clarke, pentendosi di aver sconvolto tanto l'amica << Non volevo che mi trovassi così >> << Meglio così che morta Clarke! >> esclamò l'altra tornando a guardarla << E poi cos'era quel biglietto? Sul serio pensi che dieci righe di scuse e spiegazioni ti avrebbero fatto perdonare? >> aggiunse furiosa pulendosi il volto con la manica della felpa nera << Ma perché? Perché l'hai fatto? >> le chiese e Clarke le doveva una spiegazione, ma di quelle vere non le solite frasi fatte e così le raccontò tutto.
Lì raccontò di Costia e dei sensi di colpa, dei suoi errori come medico e del fallimento che continuava a sentirsi << Clarke...perché non me ne hai parlato prima? >> le chiese passandole poi un fazzoletto così che potesse asciugarsi le lacrime << Perché mi sentivo così...non volevo che nessuno lo sapesse, ma poi è diventato tanto, troppo e... >> Raven l'abbracciò nuovamente << Non dovrai più affrontare tutto questo da sola, capito? Prometti di raccontarmi tutto, anche i momenti peggiori della tua vita, così che io non abbia più il timore di trovarti in una vasca di sangue, mai più >> << Raven.. >> << Promettimelo! >> << Te lo prometto >>.


Come quella volta anche Raven adesso era al suo fianco, non la lasciava un attimo, si era sdraiata nel suo letto insieme ad Octavia con la pretesa di guardare un film tutte insieme e Clarke non poteva far altro che assecondarle, visto che l'avevano imprigionata fra loro, ma non le dispiaceva, del resto erano andate a vivere insieme proprio per supportarsi nei momenti più difficili << Che cosa si guarda? Non un film horror come l'altra volta >> fece Octavia stiracchiandosi e afferrando il telecomando sul comodino << Un film d'azione? >> propose Raven passando i pop-corn a Clarke che era in mezzo << Va bene, ma niente di troppo violento, magari qualcosa che faccia ridere >> la bionda sgranocchiava gli snack mentre le altre due stavano decidendo << Facciamo così, accendiamo la tv e la prima cosa che troviamo interessante la guardiamo >> annuirono all'unisono senza chiedere il parere di Clarke, sapendo bene che non sarebbe stata d'aiuto.
_________________________________________________________________________________________________________________
NA: Ciao carissime, spero che questo capitolo non vi abbia deluso. So che molte/i di voi si aspettavano che Lexa la perdonasse, ma non è giunto ancora il momento, se possiamo dirla così...Ho in mente un piano ben preciso e spero che continuerete a seguirmi anche dopo questo capitolo :) Anche perché nel prossimo le cose cominciano a farsi davvero interressanti, ci toglieremo da questo punto di stallo...

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
______________________________________________________________________________________

 

RAVEN


Aveva il terrore di lasciare la sua amica da sola, per questo aveva ordinato a Octavia di non perderla di vista.
Temeva che il passato potesse ripetersi, sopratutto dopo lo stato in cui aveva trovato la stanza di Clarke, per questo non si accorse dell'arrivo di Lincoln nel suo ufficio.
L'impresa di Raven era situata in piccolo quartiere nella periferia di New York, lontana dalle grandi multinazionali, era un palazzo di dieci piani in cui all'ultimo risiedeva il suo ufficio.
L'arredamento era moderno, ma niente di troppo lussuoso, un divano, un tavolo in vetro, un piano bar e la sua scrivania, però alle pareti vi erano una decina di schermi di tutte le dimensioni, così come alle sue spalle, tutti collegati a varie telecamere e ad hardware dell'edificio, che le permettevano di avere accesso limitato a qualsiasi informazione desiderasse.
Ovviamente anche se poteva, non violava mai la privacy delle persone, almeno non più, non dopo aver creato tutto quello << Sono qui come rappresentate della signorina Natblida >> erano passate due settimane da quando si era creato il putiferio dell'Azgeda Corp o come la chiamavano i giornalisti la tempesta di ghiaccio e Natblida non si faceva vedere da all'ora << Salve >> gli fece cenno di accomodarsi su una delle sedie riposte vicino alla sua scrivania << Arriviamo dritti al punto: come le ho già comunicato per telefono, vorremmo che la Trikru Co. concedesse il laboratorio di ricerca e creazione all'A.S.S., per l'utilizzo di un nuovo software, ovviamente sotto la supervisione di un esperto >> aggiunse Raven chiudendo i fascicoli dei loro progetti << Ovviamente >> commentò lui, abbassandosi un attimo sotto la scrivania per ricomparire con dei fogli << Ne ho già parlato con la signorina Natblida ed è disposta a concedervelo per tre settimane, né una di più né una di meno. Questo è il contratto che dovete firmare prima dell'utilizzo mentre questi sono i fogli che dovete sottoscrivere ogni giorno fino alla conclusione della vostra sperimentazione. Possiamo sapere di cosa si tratta? >> Lincoln ricevette un sorriso a trentadue denti << No, ma grazie mille per la collaborazione, farò analizzare il contratto dal mio avvocato prima di firmarlo se per voi non è un problema >> l'uomo annuì alzandosi e chiudendo la giacca del proprio completo << Non c'è bisogno di tutto questo astio, signorina Reyes >> << Sì invece, avvocato Woodsman >> gli strinse la mano e lasciò che raccogliesse la propria borsa prima di vederlo scomparire dietro la porta.

Quando Raven tornò a casa, fu la voce di Clarke a raggiungere le sue orecchie prima della sua figura << Davvero Raven?! >> le gridò contro << Cosa? >> << Davvero la Trikru ti ha assorbito? >> Raven lanciò uno sguardo di sfuggita all'amica Octavia che si morse un labbro << Ho cercato di non dirle niente, ma...la scoperto, mi ha sentito parlare con Bellamy... >> si giustificò quella mentre Clarke attendeva una conferma che lo sguardo di Raven le aveva già dato << Sì, ma non volevo che lo venissi a sapere...almeno non ora >> Clarke si passò una mano tra i capelli furiosa << Non dovevo riportarla nella nostra vita >> << Non è colpa tua >> << Ma perché non me l'hai detto prima? >> chiese guardandola con occhi pieni di rabbia << Perché so che te ne saresti data la colpa, quando in realtà non è così >> rispose Raven togliendosi gli occhiali e il cappotto << Ci eravamo promesse di dirci tutto e di non avere segreti fra di noi e adesso mi trattate come una bambola di porcellana col timore che mi spezzi? >> Octavia e Raven si scambiarono un paio di sguardi prima di tornare a guardare l'amica << Perché non è forse così Clarke? Hai tentato il suicidio un anno fa per una colpa non tua, ti stavi a malapena riprendendo ed ecco che riappare di nuovo quella troia e tu cominci di nuovo con gli stessi pensieri, cominci di nuovo a distruggere le cose, ti manca solo un passo Clarke...solo uno e ricaderai di nuovo nella fossa, da cui ti abbiamo tirato fuori con tanta fatica >> ribatté Octavia stanca anche lei di nascondere all'amica quanta paura avessero di perderla << Non accadrà di nuovo... >> << E cosa ce lo fa credere? Non c'è niente in te che ci faccia rassicurare Clarke, niente! >> toccò a Raven parlare adesso << Non ho ricominciato né a bere né a prendere farmaci, non faccio straordinari extra per distrarmi dalla merda che è la mia vita e non sono andata a far visita alla sua tomba! >> Clarke prese fiato e tornò a guardarle << Vuoi chiedermi se ho avuto istinti suicidi in queste settimane? Sì, Raven, sì..più di una volta ho pensato a come togliermi di mezzo, più di una volta ho afferrato qualche lama e me la sono portata alle vene, ma non l'ho fatto! E sai perché? Per voi teste rapa! Per voi sto sopportando tutto questo! Per voi e voi soltanto e non posso lasciare che Natblida vi faccia soffrire per una mia colpa, non posso e basta! >> fece Clarke con le lacrime a bagnarle il volto << Quindi smettetela di trattarmi come una bambina e ditemi le cose come stanno, perché non lo sopporto... >> Raven si pentì di aver nascosto all'amica tutto quello che era accaduto e si affrettò ad abbracciarla << Non lo farò più te lo prometto... >> piangeva anche lei adesso << Ti ridarò la tua azienda Raven te lo prometto >> fece Clarke attirando a sé Octavia che aveva gli occhi lucidi e che molto probabilmente sarebbe scoppiata a piangere da lì a poco.

 

LEXA
 

Alla fine se ne era andata dalla casa di Indra, fin troppo affollata da vicini curiosi di conoscere la famosa nipotina Lexa Natblida e dall'altra colleghi troppo indaffarati a pensare ai loro affari che a curarsi delle persone che non appartenevano all'azienda di Indra.
Così aveva preso una camera in un piccolo cottage lontano dalla città, ma abbastanza vicino da avere il wifi.
A quest'ora Reyes aveva già scoperto dell'acquisizione e chissà se ne aveva già parlato con la dottoressa Griffin.
Spense il televisore che continuava a parlare della folla sotto la Trikru e si sedette sulla terrazza con indossò solo l'accappatoio, assaporando la colazione servita.
Prese il succo d'arancia inumidendosi le labbra con il sapore dolciastro e poco aspro delle arance, per poi fiondarsi sul toast con della marmellata ai lamponi.
Aveva deciso che quella fuga sarebbe stata anche una vacanza, visto che era da po' che non ne prendeva.
Stava per dare un morso ad una tartina al cioccolato quando il suo cellulare prese a suonare, non si diede nemmeno la briga di guardare lo schermo rispose e basta << Signorina Natblida credo sia il caso che sposti la residenza, vada in un hotel, pare che i giornalisti abbiano trovato l'indirizzo di sua zia >> Lexa sorrise tra sé e sé << Tranquilla non alloggio più da lei, come procedono le cose con Jordan e Green? A quando la prima prova? >> la sentì fare un respiro di sollievo << Stanno sistemando le ultime cose, ma sarà sicuramente pronto al suo ritorno >> << Hai idea di quando potrò tornare? >> certo, la vacanza era bella, ma cominciava anche un po' ad annoiarsi << I telegiornali ingigantiscono la cosa molto più di quanto in realtà lo sia, tra un paio di giorni e potrà tornare a lavorare >> Lexa posò il dolce e si abbandonò contro lo schienale pulendosi la bocca con il tovagliolo appositamente ripiegato sopra il tavolo << Invece l'A.S.S.? Sta facendo un ottimo lavoro? >> << Non le saprei dire, hanno occupato il piano di ricerca e creazione e non permettono a nessuno di accedervi >> la ragazza si accigliò alzandosi in piedi << Come sarebbe a dire? E' il mio laboratorio e io decido chi entra e chi esce, che fine ha fatto l'esperto che gli abbiamo affiancato? >> << Beh...la Signorina Reyes lo ha umiliato pubblicamente, facendolo passare per un completo idiota e adesso nessuno è disposto a supervisionare la situazione >> Lexa si morse un labbro nervosamente << Quella ragazza sarà anche un genio ma...tienimi aggiornata Alie e trova qualcuno che gli affianchi nel lavoro >> << Certamente Signorina >> .

Anche se lontana da New York c'era comunque qualcuno che riusciva a riconoscerla e qualche maleducato l'additava persino, ma si sentiva completamente al sicuro vicino a Gustus che non la lasciava un attimo, nemmeno adesso che stava semplicemente camminando per la città.
Non sapeva quanto tempo avesse ancora a disposizione prima che i giornalisti potessero venire a sapere di lei, ma era del tutto decisa a comprare qualcosa a Aiden, giusto per tirarlo su di morale dopo la rottura con Fox.
Dopo l'ennesimo negozio deludente si diresse ad una caffetteria per fare una pausa, stava ordinando il suo frappè al mirtillo quando una donna dai capelli castani l'affiancò << Tu... >> disse soltanto, ma Lexa la scambiò per l'ennesima azionista in bancarotta e fece cenno a Gustus di avvicinarsi << Non hai la più pallida idea di chi io sia, non è vero? >> la ragazza si accigliò mentre pagava il conto << Dovrei? >> << Lascia che mi presenti: Sono Abigail Griffin, la madre di Clarke Griffin >> le mani di Lexa tremarono per un secondo.
Come poteva perseguitarla fino a lì?
Rimasero immobili per un lungo momento, Abigail ad osservare la donna che stava rovinando la vita alla figlia e Lexa ad osservare la madre della donna che aveva rovinato la sua << Che cosa vuole? >> fece ad un tratto Lexa rompendo il silenzio e dirigendosi all'esterno, sapendo che l'avrebbe seguita << La smetta immediatamente di torturare Clarke e le sue amiche >> << Io non sto torturando proprio nessuno e se si sta riferendo all'acquisizione dell'A.S.S. Non è affar suo ciò che la Trikru fa o non fa >> ribatté sedendosi su uno dei tavolini all'esterno del locale << Tu non hai idea di ciò che provochi non è vero?Hai smantellato l'Azgeda Corp e preso in giro delle persone che hanno lavorato sodo per ottenere quelle azioni, persone come mia figlia Clarke eppure non sembri affatto pentita ne tanto meno dispiaciuta >> << E perché mai dovrei esserlo? Ho fatto a sua figlia la stessa proposta fatta agli altri azionisti più furbi di lei, ma la dottoressa Griffin non ha voluto accettarla e ora ne paga il prezzo come tutti gli altri >> Lexa posò il bicchiere sul tavolo, facendosi avanti con il busto << Quello che sto cercando di dirle è che tutto quello che è successo non c'entra niente con ciò che provo nei confronti di sua figlia o delle sue amiche, ma sono soltanto affari. Ho acquistato l'Arkadia Security Software perché lo ritengo un ottimo investimento per i miei prototipi mentre ho smantellato l'Azgeda Corp. perché mio padre desiderava farlo molto tempo fa...Quindi non pensiate nemmeno per una volta che tutto questo vi riguardi >> << Non cambia però il fatto che hai ferito molte persone per un tuo ritorno personale >> << Danno collaterale >> la vide stringere i pugni << Mi chiedo se sia sempre stata così o se lo sia diventata dopo la morte della tua fidanzata signorina Natblida >> fece Abigail alzandosi in piedi << Credo che sia il caso che se ne vada o... >> non finì la frase che un orda di giornalisti investì Lexa che la vide scomparire in mezzo alla folla.
Gli aveva chiamati lei?

 

OCTAVIA


Con indosso un paio di jeans e una camicetta bianca con un gilé, Octavia si stava dirigendo tutta impettita verso l'ufficio del fratello << Come hai potuto farlo?! >> esclamò ignorando l'altro uomo dalla pelle scura seduto di fronte a Bellamy << Che cosa ho fatto adesso? >> chiese incrociando le mani sul tavolo e chiedendo scusa all'ospite per il comportamento della sorella << Che cosa hai fatto, mi chiedi davvero che cosa hai fatto? >> Octavia adesso gli era di fronte << Hai venduto i miei prototipi di carbonio alla Trikru >> << Sono i migliori che la Blake Industries ha in dotazione >> << Non ho studiato ingegneria bio-medica perché tu la usassi in questo modo >> << Sono certo che la Trikru Co. userà i suoi prototipi nei migliori dei modi >> disse il bel ragazzo che era rimasto ad assistere in silenzio << E tu saresti? >> fece Octavia palesemente irritata dall'intromissione << Sono Lincoln Woodsman, rappresentate legale della Signorina Natblida e lei deve essere Octavia Blake, il secondo socio maggioritario delle Blake Industries >> si presentò lui porgendole la mano che Octavia guardò disgustata tanto da farla ritirare al giovane avvocato << Perdonala Lincoln non conosce le buone maniere >> si scusò il fratello guardando sconvolto la sorella << Non è che non le conosca, ma mi piace usarle solo con le persone che le meritano >> fece mandando un ultimo sguardo al fratello prima di dirigersi alla porta << Davvero un bel caratterino >> riuscì a sentire dall'avvocato prima che la sbattesse.

Quando uscì dall'edificio e si incamminò per la città, fu molto sorpresa di trovare l'amica seduta di fronte alla Trikru Co. intenta a chiacchiere con un uomo << Clarke? >> la chiamò avvicinandosi e la bionda si voltò con ancora il sorriso stampato sul volto << Octavia! >> esclamò alzandosi in piedi per salutarla << Che cosa stai facendo? >> la ragazza tornò a sedersi senza smettere di ridere << Mi tengo in compagnia con il mio caro amico Cage Wallace, l'ho conosciuto qualche giorno fa.. >> disse presentandoli << E poi ha dell'ottima cioccolata calda dovresti provarla >> << C'è posto anche per me? >> chiese e l'uomo in risposta le porse una sedia << Quindi non sei qui protestare? >> domandò Octavia dopo aver preso il bicchiere che Cage le aveva dato << No, assolutamente, no o meglio io no, ma Cage sì...purtroppo sta perdendo la casa, ma non è una persona che demorde >> spiegò l'amica prendendo un sorso della bevanda << Te invece che ci fai da queste parti? Non è che gli affari ti fanno invecchiare velocemente? >> fece Clarke conoscendo molto bene l'amica << Diciamo che di solito me ne tengo lontana, ma stavolta Bellamy ha esagerato! Hai presente il mio modello in carbonio, quello che gli avevo fatto promettere di vendere solo ad aziende che ritenesse buone e giuste? Ecco lui l'ha venduto alla Trikru Co. e a me è salita una rabbia...se non fosse stato per Raven non l'avrei mai saputo >> rispose irritata e furiosa << Bevi la cioccolata >> disse l'uomo e la ragazza si accigliò << Clarke suppone che sia magica perché scaccia via ogni pensiero, prendine un sorso >> aggiunse e lei obbedì.
Era davvero buona, come non ne aveva mai bevute << Complimenti, ma cosa c'è dentro? >> i due si guardarono con occhi di intesa prima di scoppiare a ridere << Fidati Octavia se ti dico che non lo vuoi sapere >> fece Clarke sorridendo e bevendone un altro po'.
Sembrava stesse bene, effettivamente da quando Natblida era partita, Clarke sorrideva più spesso, ma che fosse merito anche del suo “nuovo amico”?.
<< Hai un altro turno o hai finito per oggi? >> chiese facendosi versare un altro bicchiere << No, per oggi ho finito, ovviamente sempre se non ricevo una chiamata d'urgenza, ma non credo. Perché, cosa avevi in mente? >> la mora si strinse nelle spalle << Non lo so, andiamo da qualche parte stasera? >> << Per me va bene >> .

 

CLARKE


Si sentiva meglio, certo aveva perso le azioni del padre e ancora i sensi di colpa ogni tanto tornavano, ma cominciava davvero a sentirsi meglio o lo diceva soltanto per convincersene?
Clarke scosse freneticamente la testa scacciando quel pensiero.
No, stava davvero meglio.
Posò i fascicoli che aveva preso per il giro delle visite e andò a pranzare.
Detestava la mensa dell'ospedale, per questo insieme al Dottor Collins andava alla paninoteca di fronte.
Stava ordinando il solito panino con tacchino e maionese, quando sentì al telegiornale l'annuncio del ritorno della CEO Natblida.
Cage si era arreso?
Aveva davvero lasciato la sede dell'ufficio?
Beh...del resto era passato quasi un mese e la Trikru, non sembrava avere alcuna intenzione di restituire le azioni perse dagli azionisti nelle trattative con l'Azgeda Corp.
Ringraziò la commessa e attese che il collega ordinasse mentre continuava a seguire la faccenda.
Natblida indossava dei grandi occhiali da sole, un paio di pantaloni neri gessati e una camicetta di lana color panna.
Se non fosse stata così stronza con lei, si sarebbe potuta dispiacere, ma cominciava a conoscerla per quello che era << Andiamo? >> Clarke annuì, lanciando un ultimo sguardo al televisore.

Cominciava ad essere stanca, ormai era in sevizio da diciassette ore poiché un autobus di turisti si era rovesciato sulla strada.
Si contavano venti feriti, di cui tre con ferite mortali a cui aveva dovuto effettuare una exeresi, una trasfusione di sangue e sostituzione.
Con un lungo sospiro si abbandonò sul divano che aveva in ufficio e chiuse gli occhi.
Voleva solo riposare, voleva solo riposare, ma il suo cerca-persone non ne voleva sapere, si alzò tornando immediatamente al pronto soccorso << Che cosa succede? >> chiese nel veder entrare carrellate di persone completamente imbrattate di sangue << Una rapina in una banca >> si avvicinò al primo paziente che era cosciente, ma in stato di shock << Mia figlia...Suzette... >> ansimò volendo scendere dal letto, ma Clarke lo fermo << Ok, va bene, la troverò adesso stia fermo >> un proiettile aveva perforato la gamba e i paramedici l'avevano soccorso appena in tempo applicando un elastico emostatico << Da quanto è stato messo? >> chiese al paramedico che l'aveva portato sin lì indicando l'elastico << Da almeno dieci minuti >> rispose con il fiatone tornando all'ambulanza insieme ad un collega << Va bene portatelo in sala operatoria >> << Suzette... >> fece lui afferrandola per un braccio e Clarke annuì << D'accordo signor Robinson >> si allontanò dall'uomo dirigendosi di nuovo da un'infermiera che aveva catalogato i nomi dei feriti << C'è una Suzette Robinson? >> chiese indossando il camice della sala operatoria mentre la collega scorreva velocemente i nomi << Sì, è in sala operatoria insieme al dottor Jackson, ha un collasso polmonare >> spiegò e Clarke si morse un labbro nel tornare dal padre << L'abbiamo trovata Signor Robinson è con un mio collega, adesso lasci che la operi >> l'uomo la osservò ancora per qualche secondo prima di annuire e rilassarsi un poco contro il lettino.

Non appena concluse la sutura si tolse il camice e ne indossò uno nuovo spostandosi nell'altra sala << Che cosa ci fai qui? >> le chiese il dottor Jackson nel vederla entrare << Sono venuta a dare una mano >> l'uomo annuì facendo cenno ad un tirocinante di allontanarsi e farle spazio << Ho già effettuato le due incisioni >> informò passandole lo strumento per poi inserire la telecamera a fibra ottica sulla prima apertura << Riesci a vederla? >> le chiese mentre spostava la camera all'interno del polmone << Fermo! Torna indietro >> ordinò e il dottor Jackson obbedì immediatamente << Eccola... >> Clarke osservando lo schermo inserì la strumentazione all'interno della seconda incisione e cominciò a “riparare” il danno creatosi nel polmone, causandone il collasso.
Ringraziò che la paziente rimase stabile per tutto il processo e anche dopo la cucitura << Ottimo lavoro dottoressa Griffin >> << L'abbiamo salvata insieme dottor Jackson >> raramente lavoravano insieme, ma a Clarke faceva sempre piacere poter lavorare con un chirurgo, anche perché non aveva bisogno di spiegare che cosa dovesse fare.
Uscì dalla sala sorridente, felice di poter andare dal signor Robinson e dirgli che la figlia era sana e salva, ma i suoi occhi incrociarono quelli chiari dell'amica Octavia << Clarke non credi che sia ora di tornare a casa? >> le fece fermandola << Ormai è un intero giorno che lavori >> aggiunse e solo allora la bionda si accorse che era mattina << Ma..come? >> << Sei stata un sacco di tempo in sala operatoria, sai? >> si incamminarono insieme nel suo ufficio << Su andiamo, prendi le tue cose e torniamo a casa, credo che tu debba farti una bella dormita >> Clarke annuì raccogliendo la propria borsa e il cellulare dove trovò una chiamata persa della madre, ripromettendosi di richiamarla subito dopo essersi riposata.

Clarke si era appena svegliata e si stava lavando quando ripensò a Natblida e a quello che aveva fatto all'amica Raven, così decise che quel pomeriggio sarebbe passata per il suo ufficio, costringendola a restituire l'azienda all'amica, anche se non aveva la più pallida idea di come.
Stava salendo la scalinata che portava all'ingresso quando la vide uscire: indossava un lungo spolverino bianco, sopra il vestito nero che le arrivava a metà coscia e dei plateau dello stesso colore, camminava senza guardare la strada, il suo sguardo rivolto al telefono.
Clarke era a soli pochi passi da lei, quando vide Cage Wallace avvicinarsi minacciosamente, senza il bel sorriso che lo caratterizzava estrarre una pistola << Mi hai rovinato la vita! >> esclamò.

__________________________________________________________________________________________________
NA: Ciao care lettrici ;) Eccoci arrivati al punto di svolta scusate per il
cliffhanger, ma sapete che adoro lasciarvi in sospeso ;) Ci sentiamo nel prossimo capitolo, ma nel frattempo fatemi sapere che cosa ne pensate :) Siate sincere come sempre :)
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
______________________________________________________________________________________

LEXA


Vedi di arrivare in tempo per cena”
Aiden


Quel ragazzino sapeva sempre come farla impazzire.
Stava rispondendo al messaggio del fratello, quando accade tutto.
I tre suoni forti la raggiunsero subito dopo che finì sul terreno e quando Lexa alzò lo sguardo per capire chi l'avesse spinta trovò la dottoressa Griffin in piedi al suo posto.
Che cosa era successo?
Spostò lo sguardo da lei all'uomo che ancora brandiva l'arma tra le mani per poi tornare su di lei o meglio sul sangue che fuori usciva da lei.
Vide l'uomo scappar via mentre la dottoressa Griffin ricadeva al suolo << O mio dio che cosa hai fatto?! >> esclamò soccorrendola e togliendosi lo spolverino per tamponare la ferita << Gustus! >> chiamò con le lacrime agli occhi << Chiama un ambulanza, subito! >> ordinò senza toglierle lo sguardo di dosso << Rimani sveglia, ti prego rimani sveglia >> fece Lexa mentre il sangue continuava ad uscire dall'addome della dottoressa Griffin che si contorceva tra le sue braccia per il dolore, ma lei non sapeva che fare tranne che costringerla a stare ferma << Non avresti dovuto farlo! >> esclamò completamente nel panico << Tieni gli occhi aperti ti prego! >> la vedeva battere le ciglia pesantemente << Ti perdono! Ti perdono! Ma ti prego...resta con me >> aggiunse quasi in supplica, ma la dottoressa Griffin chiuse gli occhi comunque.
Lexa sentiva le sirene dell'ambulanza avvicinarsi e pregò che facessero in tempo.
Continuava a controllare che respirasse << Ti prego...ti prego... >> implorava mentre le accarezzava il volto e cercava invano di fermare il sangue che usciva copioso.
Era fredda, era dannatamente fredda e ringraziò il cielo che l'ambulanza fosse arrivata e che i paramedici l'avessero caricata.
Solo quando la lasciarono lì, da sola, con le mani imbrattate del sangue della dottoressa Griffin, Lexa scoppiò a piangere.
Perché l'aveva fatto?
Continuava a fissarsi le mani e a tremare senza sosta << Signorina Lexa... >> la chiamò per la terza volta la guardia del corpo e Lexa si alzò furiosa verso di lui << Dov'eri quando è accaduto tutto?! >> sapeva che non doveva prendersela con lui, del resto chi poteva mai sapere che un uomo come quello potesse brandire una pistola, ma lei...lei lo aveva capito.
Il volto della dottoressa Griffin e le sue lacrime mentre cercava di salvarla, tornarono a tormentarla.
O mio Dio!
Si piegò su se stessa piangendo e cercando di respirare, ma sembrava che i suoi polmoni non volessero collaborare.
Era nel panico, era nel panico come quel giorno!
I suoi occhi osservarono la pozza di sangue lasciata dal corpo della dottoressa Griffin e la paura che potesse morire cominciò ad attanagliarla << Dobbiamo...dobbiamo andare all'ospedale >> riuscì a dire dopo vari tentativi e Gustus l'aiutò a raggiungere l'auto.
Non poteva morire!
Non poteva morire!
Aveva sempre pensato che meritasse la morte per quello che aveva fatto a Costia, ma adesso, ora che lei la rischiava davvero, si rese davvero conto di quanto infantile fosse stata.
Era stata così spietata nei suoi confronti eppure lei aveva preso quei proiettili al suo posto, senza esitare un attimo.
Perché?
Di certo non se lo meritava...
Gustus parcheggiò di fronte al pronto soccorso e Lexa si catapultò senza preoccuparsi del sangue che ancora imbrattava le sue mani e i suoi vestiti, ma solo quando l'infermiera le negò le informazioni sulla dottoressa Griffin si rese conto di non essere nessuno per lei.
Dov'era la sua famiglia?
L'avevano già contattata o no?
Stava realizzando quei pensieri quando vide comparire la signorina Blake nella sala d'attesa insieme all'amica Reyes.
Le lanciarono a malapena un occhiata mentre andavano a parlare con la stessa infermiera.
Avevano entrambe il volto pallido e Lexa anche se sapeva che non lo meritava si avvicinò comunque alle due donne << C-come sta? >> chiese e probabilmente le risposero solo perché notarono lo stato in cui era << E' grave Natblida, ti basti sapere questo >> fece la signorina Blake sedendosi nella sala d'attesa insieme all'amica << G-grave quanto? >> Reyes l'affiancò << Credo sia il caso che tu vada in bagno a lavarti, vieni >> Lexa annuì freneticamente mentre si faceva accompagnare.

 

RAVEN


Era la prima volta che la vedeva in quello stato.
La stava aiutando a pulirsi le mani, quando le lacrime cominciarono a bagnarle il viso << N-natblida? >> Raven era sconcertata e la vide indietreggiare << Mi dispiace... >> fece portandosi il dorso della mano alla fronte << E' tutta colpa mia, se non avessi distrutto l'Azgeda...non sarebbe successo tutto questo e lei... >> Raven avrebbe voluto dirle che non era così, ma perché mentirle?
Non se lo meritava e adesso la sua amica rischiava di morire di nuovo per colpa sua << Credo che sia il caso che tu te ne vada...non sono sicura che Abby sarebbe felice di trovarti qui, non dopo quello che hai fatto passare a Clarke e se la prenderebbe con te per quello che è successo, rischiando di dire parole che non pensa >> fece e Natblida annuì freneticamente << Hai ragione...non dovrei essere qui >> sussurrò prima di uscire dal bagno.
A Raven in quel momento non le importava molto di Natblida...
Clarke stava combattendo per la vita e le informazioni che l'infermiera le aveva dato, non erano delle migliori: un proiettile aveva colpito un arteria causando un'emorragia interna, mentre degli altri ancora non si sapeva molto, ma avevano supposto che avessero colpito qualche organo vitale, visto la quantità di sangue perso da Clarke.
Perché l'aveva fatto?
Raven raggiunse Octavia che era rimasta seduta dove l'aveva lasciata con la testa tra le mani << Ho appena parlato con Abby... >> informò con il volto bagnato << Ha detto che prenderà il primo aereo per New York che riesce a trovare >> aggiunse facendo un lungo respiro << Ce la farà, vero Raven? >> avrebbe voluto dirle di sì, avrebbe voluto dirle che la loro amica sarebbe uscita sana e salva, ma cominciò a piangere senza rendersene conto << R-raven..? >> Octavia l'abbracciò stringendola forte sé.

 

LEXA


Entrò nella sala operatoria con il terrore di vederla, ma doveva farlo...o non avrebbe mai potuto credere che fosse morta.
Con il respiro trattenuto spostò il lenzuolo con cui l'avevano coperta e nel vedere il volto pallido di Costia, Lexa ricominciò a piangere e ringraziò che Anya l'avesse accompagnata all'interno.
Spostò una ciocca che era sulla fronte dell'amata per poi depositarvi un bacio << Ti amerò sempre... >> sussurrò per poi affondare il volto tra i suoi capelli << Perdonami Costia...perdonami... >>.


Lexa si svegliò di soprassalto con il cuore che batteva forte.
Cercò di riprendere il controllo, ma gli avvenimenti di quel pomeriggio tornarono alla mente.
La dottoressa Griffin distesa a terra, il suo sangue tra le sue mani e i suoi occhi...
Spostò le calde coltri e si alzò da letto dirigendosi al piano di sotto, dove prese il capotto e le chiavi della macchina.

Quando arrivò all'ospedale trovò la madre della dottoressa Griffin intenta a parlare con un medico e poi vederla rovinare sul terreno in preda alle lacrime.
Non poteva essere morta...non...
Si avvicinò con le mani tremanti, ma non parlò con la paura di sentire << E' in coma... >> sentì alle sue spalle e a ricambiarla c'era il volto pallido di Reyes << C-coma? >> la ragazza annuì mentre aiutava la madre ad alzarsi per poi passarla ad un uomo dai capelli scuri << Ha perso molto sangue...e.. >> << La colpa è tua! >> esclamò Blake sconvolta come tutti in quella stanza << Che cosa ci fai qui? Speri che muoia? >> Lexa scosse la testa e serrò i pugni nascondendo il tremore e il volto rigato dalle lacrime << Io... >> << Sono certa che la signorina Natblida è qui solo per sapere come sta Clarke, Octavia >> fece la madre e Lexa si chiese il perché di quella premura, del resto lei non aveva trattato la figlia nello stesso modo << O forse mi sbaglio? >> Lexa scosse la testa freneticamente << No, signora... >> le sorrise a stento, prima che il dottore si avvicinasse per portarli nella stanza della dottoressa Griffin.
Lexa deglutì a fatica quando la vide: vari apparecchi erano collegati al suo corpo, tra qui uno di quelli che le permettevano di respirare, ma ciò che la sconvolse più di tutte era il pallore della sua pelle, uguale a quello di lei, di Costia.
Mentre tutti entravano per avvicinarsi all'amica e figlia, Lexa rimase in piedi davanti all'uscio pietrificata.
Che cosa aveva fatto?
_________________________________________________________________________________________________________

NA: Eccoci arrivati al punto di svolta, eccoci arrivati al punto focus, ma sono l'unica eccitata? Spero di no ;) Fatemi sapere che cosa ne pensate e che cosa vi è passato per la testa :) Aspetto con impazienza le vostre recensioni :D!

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
________________________________________________________________________________________

CLARKE

 

Cosa era successo?
Ricordava Natblida e Cage...

<< Ehi Clarke, ormai sono passati due giorni non credi sia il caso di svegliarsi? >>.
Era Octavia?
Perché doveva svegliarsi?
Stava dormendo?

<< Sai, Natblida non è riuscita più a tornare....credo che se ne stia facendo una colpa >>.
O mio dio...
Ora ricordava..
Cage, la pistola e il sangue...il suo sangue che si riversava sul terreno..e..e gli occhi di Natblida...


<< Ciao cara, oggi ho fatto le lasagne, so quanto ti piacciano, se ti svegli fai ancora in tempo a mangiarle.... >>
Stavolta era sua madre, cominciava ad abituarsi a quel senso di dormi-veglia, ma sentire il pianto di sua madre e i suoi singhiozzi la facevano impazzire!

<< Sai credo che adesso possa bastare Clarke, anche perché Natblida mi ha restituito l'A.S.S., quindi credo che il tuo piano abbia funzionato, però devo ammettere che sto continuando a collaborare con la Trikru Co. e per questo Octavia è molto arrabbiata con me >>
Raven...
Quanto le mancava, in realtà le stavano mancando tutte.
Svegliati! Dannazione aprì quegli occhi!


Il silenzio era la parte che più detestava, quando non c'era nessuno che parlasse con lei...era il momento che più odiava il silenzio...
Sapeva di non poter piangere, ma in qualche modo le sembrò di farlo...

<< Salve dottoressa Griffin >>
Era Natblida?
<< So che avrei dovuto farle visita una settimana fa, ma non ne avevo il coraggio... >>
La sentiva sorridere anche se non capiva come
<< Non avrebbe dovuto prendere quelle pallottole al posto mio >>
Sentì uno strano tepore alla mano, l'aveva presa tra le sue?
<< Non me lo meritavo, non dopo quello che le ho fatto passare >>
Le voleva ritrarre, non voleva che le vedesse...che vedesse le sue cicatrici
<< Le ha fatte per colpa mia non è vero? L'ho portata davvero al suicidio... >>
Stava piangendo?
<< E' colpa mia...tutto questo è colpa mia... >>
Maledizione svegliati!
Svegliati e digli che non è colpa sua ti prego!

LEXA

 

Sapeva che i suoi famigliari e i suoi amici le facevano visita di giorno e per questo lei vi andava la notte, con la speranza di non incontrarli mai.
Non sarebbe riuscita a sopportare i loro sguardi giudicatori...
Quando aprì la porta della stanza, fece la solita routine: aprì la finestra per far entrare aria fresca, cambiò l'acqua ai fiori che le aveva portato qualche giorno prima e si sedette, prendendo la sua mano.
<< Come stai oggi? >> aveva imparato a non aspettarsi nessuna risposta e a non sperare più di riceverne << Spero che quando aprirai gli occhi tu riesca a concedermi una cena per parlare...diciamo che te lo sei meritata >> rise di sé inumidendosi le labbra prima di tornare a parlare << Sai ieri ho visto un riadattamento di Biancaneve a teatro e mi sei venuta in mente >> non sapeva quando con precisione aveva cominciato a darle del tu né quando aveva smesso di chiamarla dottoressa Griffin << Chi è l'amore della tua vita Clarke? Chi è che può risvegliarti con un bacio? >> rise di nuovo dandosi della sciocca e sbattendo le ciglia per scacciare le lacrime << Non me lo meritavo davvero...Sarei dovuta essere io al tuo posto >> le scostò una ciocca di capelli dal volto << Oggi ho portato un libro, spero che ti piaccia >> Lexa prese il volume dalla borsa e lo aprì << Premetto che non l'ho mai letto a voce alta, quindi non prendermi in giro >> accavallò le lunghe gambe e cominciò a leggere.

 

CLARKE


Perché le stava accadendo tutto quello?
Odiava quel silenzio, lo odiava con tutta se stessa e avrebbe fatto qualsiasi cosa perché qualcuno parlasse...
Dove erano tutti quando si sentiva così sola?

<< Oggi ho visto un uomo tornare a camminare >>
Era lei?
Era di nuovo Natblida?

<< Mi ha ringraziato troppo e avrei voluto acchetarlo, ma quello che lui non sapeva era che è stato selezionato, ed è stato fortunato come tester... >>
Il prototipo di cui le avevano parlato Octavia e Raven, aveva funzionato?
<< Clarke ma tu riesci davvero a sentirmi? >>
Sì, ti sento!
E vorrei gridare in questo momento per dirti quanto ti sento, ma...

<< Penso che non smetterò mai di chiederti scusa...almeno fino a che non raggiungo il numero di volte che tu l'hai chiesto a me >>
C'era di nuovo silenzio...
Ti prego parla, parla...

<< Ormai stanno per passare due settimane Clarke...e tu non sembri migliorare affatto... >>
Stava piangendo?
<< Non avrei mai creduto che una persona che odiassi tanto, potesse diventare così fondamentale nella mia vita...Devi tornare ad aprire gli occhi così che io possa odiarti! >>
Rideva?
Sì, stava ridendo...aveva davvero una bella risata

<< Sai oggi stavo camminando per la città e dei musicisti stavano suonando una canzone molto bella >>
Le stava mettendo una cuffia?
<< Gli ho pagati perché la suonassero di nuovo, così da poterla registrare e fartela ascoltare >>
C'erano dei violini?
Era davvero bella...

<< Sai ho riflettuto molto in questi giorni e mi sono resa conto di essere veramente cambiata dopo la morte di Costia...mi nascondevo dietro un muro per proteggermi e quando tu hai minacciato di romperlo...io...beh, sappiamo tutte e due come è andata a finire >>
Piangeva di nuovo...
Quanto avrebbe voluto farla smettere e dirle che non era colpa sua...

<< Quindi quando ti sveglierai, ti farai portare a cena fuori, così da mostrarti chi sono veramente, ok? >>
Avrebbe voluto dire di sì, anzi glielo avrebbe voluto gridare...ma le sue labbra non si mossero.

<< Ciao Clarke, come stiamo? >>
Era Octavia, veniva a farle visita tutti i giorni
<< Sai comincio a credere che Natblida non si farà mai vedere >>
Non lo sapeva?
<< Secondo te è senza cuore? >>
Non è così
<< Come può ignorare quello che è successo? >>
Non è...così!
Cominciava a sentirsi strana...debole...

<< Dottore! >>

<< Ehi! E' vero? Davvero hai avuto un collasso? >>
Era lei...
Sembrava avesse il fiatone, aveva corso?

<< Non farmi più prendere colpi del genere, hai capito? >>
Sentì qualcosa di caldo toccarle la fronte...era un bacio?
E poi qualcosa di umido...
Perché continuava a piangere?

<< Non farlo mai più...ti prego Clarke >>
Le stava stringendo la mano e non sembrava volerla lasciare
<< Oggi non ho portato niente da farti sentire...ho avuto la notizia quando ero in piena riunione e dire che sono scappata è dir poco >>
Rise e era felice che stesse ridendo, le piaceva quando rideva
<< Penso che i miei azionisti avranno di che ridire, ma sai cosa? Non mi importa >>

 

LEXA


Lexa era sotto la doccia e lasciava che l'acqua calda le scorresse lungo la schiena.
Che cosa le stava prendendo?
Non riusciva a toglierla dalla mente, era perennemente nei suoi pensieri...
Erano sensi di colpa o altro?
Strizzò i lunghi capelli prima di uscire e si avvolse nell'enorme asciugamano, dirigendosi poi allo specchio.
Guardava il suo riflesso nel cercare di allontanare ciò che le aveva detto il dottore: << La Signorina Griffin non sembra migliorare, e a questo punto dobbiamo considerare l'eventualità che non si risvegli mai più >>.
Lacrime incontrollate cominciarono a solcarle il viso.
Quel pomeriggio aveva testimoniato contro il Signor Wallace e l'avevano condannato all'ergastolo, ma non si sentiva meglio...non si sentiva meglio perché la colpa era sua...lei e soltanto lei aveva causato tutto quello.
Tu non hai idea di ciò che provochi non è vero?
La madre di Clarke le l'aveva detto e lei l'aveva ignorata, come aveva ignorato tutto e tutti dopo la morte di Costia...
Si vestì, ma non per andare a letto, come ogni sera si vestì per andare a trovarla.
Ancora non si era abituata al fatto che andarle a fare visita la facesse stare così bene.
Raccolse l'ipod con le musiche che le avrebbe fatto ascoltare e si incamminò verso il garage.
Non si faceva accompagnare da nessuno, non voleva che nessuno sapesse che cosa faceva, così aprì la portiera della mercedes e mise in moto.
Ogni volta quel tragitto era un vero inferno per lei, aveva il terrore di arrivare e trovare il letto rifatto e Clarke....
Sfrecciava in mezzo alla strada, accelerando quando le era possibile e quando raggiunse l'ospedale, prese l'ascensore che la portava al piano della sua stanza e fece un lungo respiro prima di abbassare la maniglia.
Molti dei macchinari a cui l'avevano collegata erano scomparsi, rimaneva soltanto l'elettrocardiogramma che continuava a mostrare i battiti della bionda distesa sul letto.
Le lanciò uno sguardo mentre apriva la finestra: aveva ripreso un po' di colore dall'ultimo collasso che aveva avuto e Lexa si ricordava fin troppo bene la paura che l'aveva invasa quando l'aveva saputo.
Si era catapultata lì ignorando la riunione più importante dell'anno, sperando che i nuovi investitori comprendessero.
E solo allora si rese conto che la Trikru era scesa in secondo piano nelle sue priorità ed era accaduto solo una volta, con Costia.
Per quello aveva lasciato che negli ultimi giorni fosse sua zia Indra a concludere le trattative in corso.
Pensava a quello mentre tornava in camera con l'acqua fresca per i fiori e rimase ferma per qualche secondo quando vide Abigail in piedi che teneva la mano alla figlia << Allora non è vero che sei senza cuore >> << Se vuole posso andarmene >> fece Lexa posando il vaso sul comodino mentre la donna scuoteva la testa << Non dica idiozie...è ovvio che sta cercando di farsi perdonare e Clarke attendeva questo momento da molto tempo, toglierlo sarebbe peggio... >> stava male per la figlia, ogni parte del suo corpo lo diceva << Dovrei scusarmi anche con lei e con ciò che le ho fatto passare... >> Lexa abbassò lo sguardo guardando Clarke per non guardare la madre << Non ce né bisogno... >> la vide baciare la fronte della figlia << Sono felice che Clarke non sia sola la notte >> aggiunse prima di sorriderle e uscire.
Era davvero una donna stupenda, la trattava con gentilezza anche se non lo meritava.
Lexa si sedette senza togliere la mano che la legava a quella di lei << Non ti chiederò come stai, perché è inutile e stupido... >> posò la testa sul materasso osservando l'alzarsi e abbassarsi del petto di Clarke << Avevo portato della musica da farti ascoltare, ma credo che mi sia passata la voglia... >> si asciugò il volto dall'ennesima lacrima << Sono stanca Clarke e se penso che ti ho fatto passare tutto questo per un intero anno io... >> sospirò tornando ad appoggiarsi allo schienale, ma senza separarsi da quel contatto così naturale, ma così intimo nello stesso momento << Sono passati quasi due mesi Clarke e tu non sembri aver intenzione di aprire gli occhi... >> Lexa batté le ciglia scacciando il groppo in gola << Lo stai facendo per punirmi non è vero? >> scosse la testa sorridendo << No, non sei il tipo di persona che punisce...quella sono io >> si portò la sua mano alle labbra depositandovi un piccolo bacio << Sai perché non riesco a separarmi dal tuo tocco? >> guardò la mano di Clarke << Perché l'ultima volta eri così fredda...e sentire il caldo che trasmetti mi fa avere speranza.. >> sussurrò posandola di nuovo sul materasso << Lo so che è sciocco e sicuramente tu sapresti spiegarmi il perché e se ci penso molto probabilmente lo saprei trovare anche io, ma non voglio... >> le accarezzò i capelli districando un piccolo nodo << Ti prego svegliati Clarke, mostra a quel dottore che si sbaglia... >> adesso non scacciò le lacrime, non riusciva più a farlo << Apri quegli occhi! >> gridò e sapeva di non doverlo fare, ma non riuscì a trattenersi << Ti prego aprili e odiami! Odiami per un intero anno! Odiami per sempre, ma svegliati...ti prego! >> urlò portandosi la sua mano alla fronte piangendo << Odiami...perché io già mi odio...è colpa mia è solo colpa mia... >>.

 

CLARKE


Era così stanca in quei giorni, ma ascoltare le loro voci la distraevano.
Ma li sentiva davvero o era frutto della sua immaginazione?
Continuava a domandarselo ormai da giorni...ma erano davvero giorni?
O mio dio...quante domande...
Cominciava ad avere davvero un forte mal di testa...
Quando era stata l'ultima volta che gli aveva sentiti?
Non se lo ricordava...
I silenzi che odiava erano diventati molto più frequenti e lunghi...
L'avevano dimenticata?
No, come potevano averlo fatto?
NO!NO!NO!
Non voleva crederlo, non poteva...
Il mal di testa era così insopportabile.
Cominciava a stancarsi di tutto quello...
Le mancavano troppo le litigate con Raven e Octavia, i rimproveri della madre e...lei, Natblida...
Da quanto non sentiva la sua voce?
Forse fra tutti era quella che le mancava di più...il che era molto strano considerando i trascorsi.
Aveva cominciato a capirla, aveva cominciato a capire il perché dei suoi comportamenti...era ferita.
Ma non lo eravamo tutte?
No, Costia era stata il centro della sua vita e lei...lei glielo aveva portato via...
Odiava quel mal di testa! Lo odiava con tutta se stessa!

<< Apri quegli occhi! >>
Era lei?
<< Ti prego aprili e odiami! Odiami per un intero anno! Odiami per sempre, ma svegliati...ti prego! >>
Come poteva odiarla?
<< Odiami...perché io già mi odio...è colpa mia è solo colpa mia... >>.
Non ti odio!
<< Come po
trei odiarti? >> fece Clarke aprendo gli occhi sulla stanza << C-clarke? >> la donna si alzò e vide il volto in lacrime della ragazza << M-mamma? >> Abigail si affrettò ad abbracciarla.
Non era Lexa?
Clarke non ricambiò l'abbraccio della madre, ancora completamente disorientata << Vado a chiamare il dottore, ti prego resta sveglia! Ti prego! >> avvertì uscendo dalla camera.
Era stato un sogno?
Cercò di mettersi dritta, ma invano, il suo corpo non sembrava voler reagire ai suoi comandi.
No, li sentiva!
Lei l'aveva sentita!
Sua madre tornò e Clarke a malapena riuscì a riconoscere il medico davanti a lei, prima di scoppiare a piangere << C-clarke? >> la chiamò Abigail preoccupata << E' piuttosto normale non appena svegli, le dia il tempo di riabituarsi >>.
Normale?
Era normale sentirsi così confusi?
Stava tremando come una foglia e anche se la madre la stava abbracciando, lei voleva Lexa...non sapeva il perché e quando aveva cominciato a volerle così bene, ma voleva lei...e nessun altro.
Non poteva essersi immaginata tutto.
Abigail la stava cullando tra le sue braccia quando Octavia e Raven apparvero << Ehi... >> dissero avvicinandosi e abbracciandola anche loro...
Ma dove era lei?
Non riusciva a smettere di piangere, anche se lo voleva con tutta se stessa non ci riusciva.
Non poteva essere stato tutto un lungo sogno.
Salve dottoressa Griffin
Non poteva averla immaginata!
Oggi ho portato un libro, spero che ti piaccia
Non poteva aver creato la sua voce non poteva!
Gli ho pagati perché la suonassero di nuovo, così da poterla registrare e fartela ascoltare
Quella musica esisteva davvero?
Quindi quando ti sveglierai, ti farai portare a cena fuori, così da mostrarti chi sono veramente, ok?
La sua risata..no no no
___________________________________________________________________________________________________________
NA: Ciao carissime, come già sapete non ho pubblicato nel fine settimana, perché l'ho utilizzo per avvantaggiarmi ;) Spero che non mi abbiate odiato per questo. Comunque ho preferito inserire tutta la fase del coma in un singolo capitolo, così da non rallentare troppo la storia e che ne pensate? Vi è piaciuto? Fatemi sapere, che aspetto con molto voglia le vostre recensione, che mi fanno sempre piacere :)

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
___________________________________________________________________________________________________


ABIGAIL


Alla fine si era addormentata piangendo.
Che cosa le era successo?
Era stato davvero così traumatico tornare da loro?
Quando aveva avvisato Natblida del suo risveglio, aveva ricevuto un “Ah” come risposta.
Quella ragazza veniva surclassata dai suoi sentimenti e nemmeno se ne rendeva conto.
Era venuta tutte le notti da Clarke, facendole compagnia quando loro non potevano e adesso che si era svegliata e che potevano parlare, non aveva il coraggio di farsi vedere.
Guardò la figlia, memorizzandone ogni particolare.
L'aveva quasi persa e ringraziò Dio che fosse di nuovo tra loro.
Non sarebbe riuscita a sopportare anche la sua morte.
Lei era la cosa più importante della sua vita e vederla scomparire l'avrebbe distrutta.
Il medico aveva detto che sarebbe dovuta rimanere in osservazione ancora per un altro paio di settimane, dopodiché sarebbe potuta tornare a casa...per il lavoro doveva ancora aspettare, del resto le ferite non erano ancora guarite del tutto, senza considerare il trauma.
Quando aveva sentito che le avevano sparato, aveva temuto che la storia si ripetesse davvero << E' sveglia? >> sentì mentre Natblida entrava cautamente nella stanza << No, si è appena addormentata >> rispose e solo allora la vide riacquistare un po' di sicurezza << Lo sai vero che prima o poi dovrai incontrarla ad occhi aperti >> aggiunse facendole spazio sul divano, ma la vide solo annuire e avvicinarsi a Clarke << Come è stato per lei risvegliarsi? >> chiese accarezzandole a malapena la fronte << Difficile...ha pianto fino ad addormentarsi, perché non sei venuta? >> << Mi sono appena liberata >> stava mentendo, ma Abigail non le disse che se ne era accorta << Immagino che te ne andrai via prima che si sveglia >> Lexa si inumidì le labbra allontanandosi lentamente, come se in realtà desiderasse non farlo << Credo che sia il caso che io vada... >> sussurrò << Perché? >> la sentì ridere << Non ho la forza di affrontarla...non adesso almeno... >> Lexa si passò una mano tra i capelli << Sì, è meglio che io vada... >> annuì tra sé e sé dirigendosi all'uscita << Comincia a pensare cosa sia meglio per Clarke, Lexa >> le disse prima di vederla andarsene.

Quando Clarke riaprì gli occhi non parlò molto.
Continuava a fissare la poltrona accanto a lei, senza proferire alcunché << Cara, va tutto bene? >> << Sì >> monosillabi, ecco come rispondeva da quella mattina, in monosillabi << Se hai bisogno di qualcosa basta che chiedi >> << Lo so >> non sapeva se la preoccupasse o la innervosisse e basta, così Abigail prese un libro e cominciò a leggere.
Dopo poco sentì la figlia singhiozzare << Clarke... >> posò il libro e si avvicinò cingendola a sé << Mi dispiace io... >> sussurrò Clarke ricambiando la stretta della madre << Va tutto bene...tranquilla...il dottore ha detto che è normale sentirsi un poco scossi dopo il risveglio >> Clarke si scostò asciugandosi il volto << N-non mi sento normale... >> sussurrò stringendo le lenzuola tra le mani << Che cosa ti preoccupa Clarke? >> << Tutto! Ho paura che non sia reale...che... >>.

 

CLARKE


<< Tutto! Ho paura che non sia reale...che... >> sussurrò abbassando lo sguardo << Clarke ti posso assicurare che tutto questo è vero, non è un sogno >> le fece la madre.
Non capiva!
Non avrebbe mai capito!
Nessuno avrebbe mai capito!
Voleva andarsene, voleva uscire da quell'ospedale e andare da lei e chiederglielo, chiederle se era vero, avere conferma di tutto, ma sapeva che il suo corpo non avrebbe retto...sarebbe caduta sul pavimento ancora prima di mettere i piedi fuori dalla porta.
Odiami...perché io già mi odio...è colpa mia è solo colpa mia...
Voleva andare da lei e dirle che non la odiava e costringerla a non odiarsi.
Voleva dirle che non aveva colpa, che tutto quello che era successo non era colpa sua...
Strinse di più le mani cercando di allontanare la rabbia e tutto ciò che da essa scaturiva.
Ma più di tutto voleva vederla...
Non sapeva perché e quando era diventata così...fondamentale...

L'avevano dimessa dopo due settimane e adesso stava tornando a casa, ma non rimase molto sorpresa della festa di bentornata delle sue amiche.
C'erano tutti: il suo collega Collins e Jackson, qualche infermiera con cui aveva fatto amicizia, sua madre e persino il suo terapeuta era presente..tutti tranne lei...
Perché la persona che desiderava incontrare non c'era?
Trattene il fiato mentre si sedeva sul divano, mordendosi il labbro per il dolore dei punti che tiravano << Allora Signorina Griffin come si sente? >> Sinclair si era seduto accanto a lei << Stiamo facendo una seduta? >> l'uomo rise scuotendo la testa << Era solo una domanda innocua, giuro che non la sto analizzando >> la ragazza rise cercando di trovare una posizione più comoda << Ha avuto fegato a fare quello che ha fatto >> commentò e lei lo guardò stranita << In realtà non saprei nemmeno dirle come ho fatto...diciamo che il mio corpo si è mosso senza dare retta alla testa >> sorrise arrendendosi e sopportando il dolore << Ma non cambia il fatto che è stata molto coraggiosa >> Clarke annuì chiudendo gli occhi e ascoltando il proprio respiro, finché non sentirono suonare al campanello.
Chi era?
Voltò lo sguardo verso la porta, sperando che fosse lei, ma quando Raven aprì ad entrare fu Kane, il compagno della madre.

 

LEXA


La signorina Reyes l'aveva informata del ritorno a casa di Clarke e della festa a sorpresa.
In realtà non sapeva che cosa fare in tutta quella situazione.
Non era più andata a trovarla da quando si era svegliata, eppure adesso era di fronte alla porta e il suo dito aveva appena suonato il campanello.
Deglutì a fatica e la paura ricominciò a corrompere i suoi pensieri.
No, non era il caso!
Lexa strinse le mani a pugno e tornò sui propri passi, uscendo dall'edificio.

 

CLARKE


Avevano suonato di nuovo e Raven stava andando ad aprire, ma non vi era nessuno alla porta.
Clarke si accigliò << Sarà lo scherzo di qualche ragazzino >> commentò Octavia tornando a sorseggiare la bibita che aveva tra le mani.
No..non era uno scherzo...
Clarke si alzò in piedi, sopprimendo il dolore che quel gesto le aveva causato e si diresse alla porta << Clarke! >> ignorò la madre catapultandosi sulla strada.
Guardò a destra e poi a sinistra e poi di nuovo a destra, stavolta con più attenzione e fu allora che scorse i suoi capelli.
La chiamò, la chiamò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, sperando che la sentisse, perché non aveva più forze per raggiungerla, in realtà non aveva più forze per molto altro.
Con il fiatone la vide voltarsi, in cerca di chi l'avesse chiamata e non appena si accorse di lei, la vide tornare indietro il più in fretta possibile << C-che cosa stai facendo? >> le sussurrò agitata, aiutandola a sedersi sulla scalinata del palazzo << I-io devo chiederti una cosa >> la vide analizzarla da testa ai piedi << Sto bene >> fece Clarke e il volto di Lexa si riempì di lacrime << S-scusami.. >> disse affrettandosi ad asciugarsi << Cosa volevi chiedermi? >> aggiunse tornando a guardarla << Grazie al cielo sei qui, ma cosa ti è saltato in mente? >> Abigail apparve sul portone e quando notò Lexa si sorprese che fosse lì << Ah...eri tu, sei con lei...credo allora che sia il caso che vada ad avvisare gli altri che stai bene >> Clarke annuì e ringraziò ancora una volta che sua madre fosse così perspicace.
Fece un lungo respiro prima di voltarsi e rispecchiarsi negli occhi verdi dell'altra << Mi avevi promesso una cena, ricordi? >> fece sperando con tutta se stessa che fosse vero e nel vedere il sorriso timido di Lexa capì che non era stata tutta una creazione della sua testa << Quindi davvero riuscivi a sentirmi? >> Clarke annuì << Allora voglio che tu sappia che è tutto vero Clarke, sono stata una completa egoista in quest'ultimo anno e anche se sapevo che avrei dovuto chiederti scusa, non ci riuscivo...avevo bisogno di incolpare qualcuno..e tu eri perfetta >> la bionda scosse la testa << Non ti odio e giuro che avrei voluto dirtelo tutte le volte che lo dicevi...Non è colpa tua se Cage mi ha sparato...non è assolutamente colpa tua >> solo quando disse quella frase Clarke sembrò rendersi conto di essere in pieno c'entro con il via e vai di perfetti sconosciuti e cominciò a tremare << Clarke? >> << P-possiamo tornare dentro? >> chiese alzandosi in piedi e mettendo le mani in tasca << Certamente, ma va tutto bene? >> fece mentre stavano entrando e Clarke annuì senza però alzare lo sguardo.
No, che non andava bene.
Ascoltava l'accelerarsi dei suoi battiti e il suono irregolare del suo respiro, cercando di riprendere il controllo << Però non mi sembri stare affatto bene >> << Basta che arrivi a casa...e starò bene >> riuscì a dire, raggiungendo finalmente il portone e dirigendosi con lei nella sua stanza, ignorando gli occhi curiosi che le osservavano.

 

LEXA


La vide passarsi una mano tra i capelli e inumidirsi le labbra prima di sedersi accanto a lei sul letto << Puoi parlarne con me sai...credo che dopo tutto quello che è successo, potrei capirti >> Clarke scosse la testa << Non c'è niente di che parlare >> Lexa sospirò decidendo di assecondarla << Ok, allora visto che ti devo una cena, decidi te quando e dov... >> << A casa tua >> la interruppe immediatamente e Lexa si accigliò << O a casa mia...non un posto troppo affollato >> aveva il fiatone anche se non aveva corso e le mani sudate.
Aveva paura, ecco cosa le stava succedendo << Va bene, allora vada per casa mia. Preferisci pollo o carne o...sei vegetariana? >> doveva distrarla e le venivano in mente solo i numerosi piatti che poteva cucinarle << Vegetariana?Io? >> Clarke scosse la testa sorridendo << Preferisco il pollo >> aggiunse e sembrava più tranquilla di quando erano entrate << Allora vada per il pollo...oppure preferisci il pesce... >> ricordandosi solo allora di non averlo menzionato, facendola ridere ancora di più << No, va bene il pollo >> << Giusto...ah quasi dimenticavo >> dalla borsa prese un libro << Non ho finito di leggertelo e nel caso volessi sapere come finisce... >> Clarke sorrise nel leggere il titolo del libro che le porse << Grazie per avermi parlato anche se non dovevi >> << Era il minimo che potessi fare Clarke... >> abbassò lo sguardo quando le tornò in mente il corpo pieno di sangue della ragazza << Lexa? >> la chiamò e si alzò in piedi << Scusami, ma credo che sia davvero il caso che io vada... >> la vide rabbuiarsi << Certamente, ti accompagno alla porta >> sarebbe voluta rimanere e parlare con lei, ma non riusciva a dimenticare che era successo tutto quello per colpa sua.
La salutò un ultima volta prima di uscire.

 

AIDEN


Da quando Lexa era tornata da lavoro non si era fermata un attimo, aveva indossato il grembiule e aveva cominciato a cucinare la cena.
Ogni tanto la sentiva inveire o insultarsi perché qualcosa non andava come avrebbe voluto.
Aiden scosse la testa mentre la raggiungeva e la vide portarsi un dito alla bocca << Hai bisogno di una mano? >> chiese posando il cellulare sull'isola e sopprimendo una risata nel vedere la sorella mordersi un labbro mentre tirava fuori una sfoglia un poco bruciacchiata << No! >> esclamò bagnandosi la mano, probabilmente si era scottata << Lo sai che non devi cucinare te per forza, potevi chiedere a Esmeralda di farlo >> del resto era da sempre la loro domestica ad occuparsi di quelle cose << Ho detto che ce la faccio >> fece cominciando a sbucciare le patate e alcune carote << Quindi la dottoressa Griffin verrà a cena da noi...come devo comportarmi? >> chiese Aiden prendendo una mela << Che razza di domanda è? >> fece lei voltandosi e guardando il fratello un poco confusa << Beh, qualche mese fa la odiavamo, no? Me l'hai spiegato te, quando l'abbiamo incontrata al cimitero e adesso invece l'hai invitata a casa? >> << Non la odiamo più >> disse soltanto tornando alle verdure << Ok, su fammi spazio >> fece lui affiancando la sorella dopo aver preso un pela patate << Con questo si fa molto prima >> aggiunse togliendo alla sorella il coltello con cui le stava torturando << E da quando in qua sapresti cucinare? >> chiese lei cominciando a preparare il sugo per la pasta << Da quando mi sono lasciato con Fox...Esmeralda ha fatto lo stesso che ha fatto con te >> si stava riferendo a quando Costia era morta e Lexa per distrarsi aveva cominciato a cucinare << Crede che abbia il cuore a pezzi >> << E non è forse così? >> ribatté lei e Aiden si pentì ancora una volta di essersi fatto beccare mentre piangeva << Come vuoi che le tagli? >> domandò evitando la domanda << A rondelle e mettici un poco d'olio >> stava infornando il pollo quando sentì suonare al campanello << Aiden puoi aprire tu? Io vado un attimo a cambiarmi che sono un disastro >> disse scappando al piano di sopra, e non poteva non biasimarla visto i quintali di farina che aveva sui pantaloni.
Assaggiò la salsa ai funghi con un crostino andando poi ad aprire << Benvenuta in casa Natblida, signorina >> fece scherzoso e la dottoressa Griffin rimase un attimo scettica << Lexa sarà qui tra qualche minuto >> aggiunse mentre lei entrava << Ciao... >> salutò palesemente poco a suo agio togliendosi il capotto e porgendolo al ragazzo che lo mise sull'attaccapanni.
Sembrava agitata << Vuoi qualcosa da bere? >> << A-acqua o succo >> annuì mentre l'accompagnava in salotto e tornava in cucina per prendere le bibite << Come mai niente alcool? >> le chiese una volta tornato con i due bicchieri << Abbiamo un turno extra questa sera? >> aggiunse affiancandola mentre lei sorrideva << No, solo che prendo degli antidolorifici e non sarebbe il caso di mescolarli con l'alcool >> spiegò lei bevendo << Fammi indovinare l'ha detto il medico >> Clarke lo guardò di sottecchi << Fammi indovinare trattieni sempre gli ospiti con queste battute >> Aiden abbassò gli occhi prendendo un sorso << Beh...non saprei di che parlare, insomma è strano averti a casa >> fece lui << E' strano anche per me essere qui >> sussurrò e il ragazzo si voltò a guardarla << Sai non ho mai pensato che fosse colpa tua, ma ho assecondato mia sorella, quindi alla fine non mi dispiace che abbiate risolto >> la fece sorridere di nuovo << Quando mi ha detto che saresti venuta a cena da noi, sono scoppiato quasi a ridere...Insomma non è cosa da tutti i giorni per Lexa, sai una volta ho dovuto chiederle scusa per un mese >> << Avevi spaccato il mio violino Aiden! >> lo interruppe lei apparendo in salotto, con indosso una vestito marroncino che le arrivava poco sopra le ginocchia << Violino? Le hai rotto il violino >> fece Clarke divertita << E' stato un errore, non lo volevo fare di proposito >> << Ci mancava che fosse premeditato >> si rese conto che Lexa ne stava facendo un problema per far ridere la dottoressa così l'assecondò << Adesso è diventato un omicidio? >> stavolta toccò alla mora ridere mentre gli prendeva il bicchiere dalle mani sedendosi poi in mezzo a loro << Ovviamente, ma mi sono dimenticata delle buone maniere, come stai? >> Aiden scosse la testa arrendendosi al fatto di non riavere più la sua bibita << Bene, i punti tirano un poco, ma per il resto me la cavo >> rispose la bionda mordendosi poi un labbro << Mi sarà possibile sentirti suonare? >> << Forse, un giorno, ma di certo non oggi >> si alzò nuovamente << Vado a controllare un attimo di là in cucina >> fece scomparendo dietro un muro << E' da quando è tornata da lavoro che cucina, sai? >> le spiegò Aiden che riprese possesso del proprio bicchiere << Davvero? Non credevo che avrebbe cucinato lei >> il ragazzo annuì << Ha imparato un anno fa, è stata la domestica ad insegnarle >> spiegò e la vide rabbuiarsi un poco << Ovviamente Lexa è una perfezionista, quindi i suoi piatti sono sempre meravigliosi >> continuò sperando di distrarla dai suoi pensieri prima del ritorno della sorella << Oggi ha preparato pollo con salsa hai funghi e pasta con besciamella e verdure >> informò alzandosi in piedi e dirigendosi al lettore musicale << Sembra che oggi mangerò come una regina >> commentò la dottoressa e la sentì ridere << Credo di avere un cd della sua ultima esibizione >> fece lui cercandolo e porgendolo alla ragazza << Lexa non vuole che qualcuno lo senta, sai è una di quelle cavolate da persona riservata o timida, ma comunque è davvero brava e non lo dico solo perché sono suo fratello >> aggiunse facendole promettere poi di mantenere il segreto prima che Lexa tornasse << Allora di cosa parlavate? >> << Noi? Niente >> rispose la dottoressa e Aiden annuì scambiando occhiate di intesa << Sarà pronto tra qualche minuto >> informò lei guardandoli con diffidenza.

Erano a tavola adesso e la serata stava procedendo meravigliosamente.
Lexa non le toglieva mai gli occhi di dosso, un po' perché divertita dalle facce della dottoressa nell'assaggiare il cibo e forse un po' perché, almeno secondo lui, non le dispiaceva, ma del resto come biasimarla?
La dottoressa Griffin era davvero una bella donna: Indossava una maglietta bianca con dei temi in nero che lasciavano intravedere il decoltè, dei jeans neri che delineavano le sue gambe e dei tacchi corvini. I capelli biondi le ricadevano sulle spalle e colpivano i lunghi orecchini celesti che facevano risaltare gli occhi blu.
<< Vado a prendere il dolce >> annunciò Lexa ad un tratto destandolo dai suoi pensieri << Sei stato molto silenzioso >> fece lei mentre si puliva con il tovagliolo << Non vedevo Lexa così allegra da tempo >> non sapeva il perché l'avesse detto, ma ormai era troppo tardi << Mi dispiace... >> quella ragazza tendeva a chiedere scusa più del dovuto << Credo che dovrò ringraziarla a fine serata >> lei gli fece spallucce << Mi attribuisci un merito che non ho >> lui si accigliò << Sono quasi certa che Lexa, abbia superato il lutto a modo suo, da sola...io non c'entro niente >> la videro tornare con in mano il vassoio in cui vi era il tiramisù << Avverto che non l'ho fatto io, questo l'ho comprato >> spiegò sorridendo e Aiden sorrise di riflesso << Sono certo dottoressa che lei sia davvero un ottimo medico >> commentò riferendosi alla conversazione di poco prima << Di che cosa stavate parlando? >> si strinse nelle spalle << Di niente, sentite che ne dite di fare un gioco da tavola dopo cena? >> cercò di deviare la conversazione conoscendo molto bene i punti deboli della sorella, uno tra tanti i giochi da tavola << Certo!Sarebbe fantastico >> esclamò Lexa campeggiata da Clarke.
Lexa attese che Clarke assaggiasse il dolce prima di cominciare anche lei a mangiarlo.
Un occhio non esperto avrebbe potuto scambiarlo per educazione o per un modo di fare, ma gli occhi di Aiden, che conoscevano molto bene Lexa, sapevano che non era niente di tutto ciò.
Le piaceva, era palese che le piacesse, ma molto probabilmente non se ne rendeva nemmeno conto.

Stavano giocando a sharada quando Clarke indovinò per l'ennesima volta << Sei fin troppo brava! >> esclamò lui mentre Lexa le passava il pennarello guardandola più del dovuto << Gioco molto a sharada in pediatria >> si spiegò ricevendo però solo occhiatacce prima di cominciare a disegnare.
Lexa si stava concentrando cercando di scoprire che disegno stava facendo, quando il suo cellulare suonò e per la prima volta dopo la morte di Costia, la vide zittirlo senza guardare lo schermo.
Rimase sorpreso di quel comportamento e anche se una parte di lui né fu felice l'altra temeva che la sorella potesse rimanere scottata, ma avevano giudicato fin troppo Clarke in quegli anni, quindi non avrebbe continuato a farlo.
Si alzò quando si rese conto di star perdendo miseramente << Credo che sia proprio il caso che io vada a letto >> fece sbadigliando e salutando la dottoressa prima di andare in camera.
Avrebbe davvero voluto che sua sorella si rimetteste dopo tanto tempo e se avessero avuto bisogno della dottoressa Griffin, tanto meglio.

 

LEXA


Adesso che Aiden era andato a letto, erano rimaste solo loro due << Allora come sta andando il progetto di te e Raven? >> le ci vollero alcuni minuti per ricordarsi di avergliene parlato quando era in coma << Bene, in realtà benissimo >> rispose prendendo un sorso del thé che aveva preparato e cercando di distrarsi dal suo sorriso << Aiden è davvero una persona dolcissima >> fece e Lexa sorrise nel sentir parlare del fratello in quel modo << Lo adoravo anche quando ero in coma >> la mora si accigliò << Il tuo sorriso...anche se non potevo vederlo, riuscivo a sentirlo e ho sempre pensato che fosse bello. E sono felice di sapere che non mi sbagliavo >> si spiegò rilassandosi di più contro lo schienale del divano << G-grazie.. >> Lexa si portò una ciocca dietro l'orecchio arrossendo << O mio dio sei diventata paonazza! >> esclamò Clarke facendola arrossire ancora di più << Di certo sai come mettere a disagio le persone >> commentò sarcastica Lexa abbassando lo sguardo << Scusami, ma è così strano...e dolce >> << Strano? >> fece accigliandosi nel guardarla << Insomma è strano vederti arrossire, non è da Lexa >> la mora rise divertita << Non è da Lexa? Ma cosa...su allora cosa sarebbe da Lexa? >> domandò incuriosita dall'idea che si era fatta di lei << Beh, tu dovresti essere una donna tutta d'un pezzo, una di quelle che ha sempre la risposta pronta e che sopratutto non cucina! >> esclamò sorridendo dandole un buffetto sul ginocchio << Il fatto che io cucini ti ha sconvolto tanto? >> scosse la testa << E comunque non sono così... >> aggiunse inumidendosi le labbra sempre con il sorriso << E te invece che idea ti eri fatta di me? >> << Non lo vorresti sapere >> fece posando la tazza sul tavolo di vetro << E' così pessima? >> << E' così poco azzeccata...tu sei completamente diversa da come ti avevo immaginato >> Clarke abbassò lo sguardo divertita << Sembra che io non sia l'unica a disagio adesso >> << Non sono a disagio! >> fece portando le gambe sopra il divano dopo essersi tolta i tacchi, imitandola << Ti hanno già detto quando potrai tornare a lavoro? >> << Forse tra un mese...ma dipende tutto dalle analisi >> Clarke bevve un sorso di thé mordendosi poi il labbro inferiore << Posso chiederti una cosa? >> << Certamente >> era diventata seria e questo la fece preoccupare un poco << Quando ero in coma ho sentito una cosa...e vorrei tanto che non fosse così >> non riusciva proprio a comprenderla, per lei le persone erano sempre state un libro aperto, ma Clarke, come Costia, era un enorme punto interrogativo << Davvero ti odi per quello che è successo? >> la stava guardando adesso e i suoi occhi erano pieni di tristezza, come non gli aveva mai visti in nessuno << I-io...ecco, come potrei non odiarmi Clarke? Sarei una stupida a non incolparmi per quello che è successo >> << Io vorrei che tu non lo facessi...per nessuna ragione vorrei che tu ti odiassi >> lo sguardo di Lexa si posò istintivamente sui polsi di Clarke << So cosa voglia dire odiarsi e non è bello, non porta nessun piacere e non aiuta >> aggiunse nascondendo le mani, ma Lexa la fermò << Smetterò di odiarmi se tu smetterai di nasconderle...non è una cosa di cui vergognarsi >> adesso erano abbastanza vicine da potersi rispecchiare le una negli occhi dell'altra << N-non è la stessa cosa Lexa >> sussurrò Clarke abbassando lo sguardo << Invece sì, io non mi incolpo solo di quello che è successo con Cage, ma anche di questo e delle mille pene che ti ho fatto passare...Quindi non puoi incolparti e vergognarti di qualcosa che invece ho fatto io >> Clarke la guardò confusa e Lexa le girò il polso delicatamente rivelando la cicatrice del tentato suicidio << A tenere quelle lame ero io quel giorno, non tu, quindi non hai niente di cui vergognarti >> la vide socchiudere la bocca e poi lacrime cominciare a percorrerle il viso abbracciandola.

Era stata davvero una bella serata e quasi si dispiacque quando la vide montare in macchina.
Il sorriso minacciava di non volersene andare, nemmeno dopo che si cambiò e si mise a letto.
Avrebbe voluto allontanarla dai suoi pensieri, ma più ci provava e più si ricordava dei momenti di quella sera.
Clarke era davvero una persona stupenda.
Ma lei davvero la meritava?

_________________________________________________________________________________________________________________
NA: La cena \(*^*)/ finalmente siamo arrivati alla cena! Che ne pensate? Vi è piaciuta? Ho voluto coccolarvi con un capitolo più lungo del solito, anche perché non mi sono resa conto di aver scritto così tanto ahahahahahah Mi raccomando fatemi sapere i vostri pensieri e le vostre emozioni, positive o negative che siano ;)

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_______________________________________________________________________________________

CLARKE


Non riusciva a dormire, il ricordo del coma era ancora troppo vivido nella sua mente per dimenticarsi di quel silenzio e adesso che tutti si erano addormentati...le sembrava di rivivere tutto.
Rimase ad osservare il soffitto per qualche minuto, immobile come i bambini che hanno paura che l'uomo nero possa venire a prenderli, dopodiché tese la mano verso il cellulare sul comodino.
Ormai era quasi l'alba e non sembrava che il suo corpo volesse dormire, così dopo aver perso un paio d'ore sui social network si alzò incamminandosi verso la cucina.
Aveva davvero passato una bella serata e Lexa era una persona così squisita, così come suo fratello, ma quando Aiden le si era accostato per farla entrare, aveva avuto un brivido lungo la schiena.
Scosse la testa mentre metteva il bollitore sulla fiamma.
Doveva trovare un modo per superare quella stupida fobia, altrimenti sarebbe finita col rinchiudersi in casa.
Stava versando l'acqua calda nella tazza quando il cellulare vibrò:

Sei sveglia? Se non è così, scusami per averti svegliato”
                                                                        Lexa 07:30


Solo allora si accorse che era già mattina

Tranquilla non ho dormito molto, avevi bisogno di qualcosa?”
                                                                              Clarke 07:32


Si sedette in salotto e prese il telecomando, accendendo la tv così che riempisse il silenzio della stanza.

Sei libera per pranzo?”
                        Lexa 07:40


Fece zapping fino a cercare uno di quei canali di televendita che nessuno ascoltava realmente e prese un sorso di thé.

Sì, che avevi in mente?”
                         Clarke 07:45


Ti andrebbe di venire a pranzo con me?”
                                                 Lexa 08:00


Clarke osservò lo schermo del cellulare per qualche minuto, valutando se accettare o rifiutare.

Pranzeremo nel mio ufficio”
                                Lexa 08:05


Sembrava sapesse che cosa la turbasse e Clarke decise di mettersi alla prova.

D'accordo, a che ora?”
                       Clarke 08:15


Ti andrebbe bene per le 13:00? Scusami per i miei folli orari, ma riesco a liberarmi solo a quell'ora”
                                                                                                                                       Lexa 08:19


Sorrise, non riuscendo ancora a capire come quella Lexa, potesse essere la stessa Lexa che qualche mese fa la odiava.

Non ho problemi di orari. Allora ci si vede per pranzo”
                                                                   Clarke 08:21


Adesso devo scappare. A dopo”
                                   Lexa 08:23


Clarke si fece cullare dal rumore del televisore e dopo poco si addormentò con Margaret che annunciava un moscio di ultima generazione.

<< Clarke! >> la voce di Octavia la svegliò, facendole aprire gli occhi immediatamente << Che succede?! >> esclamò scattando a sedere e la ragazza scoppiò a ridere << Sei solo esagerata! Non ho gridato così forte... >> si sedette sempre con il sorriso sul volto << Certo come no... >> la bionda sbadigliò mentre faceva spazio all'amica sul divano << Tieni >> le porse una tazza di caffé e posò un pacchetto di biscotti sul tavolo << La sveglia del tuo telefono stava impazzendo, così ti ho svegliato >> Clarke batté le ciglia un paio di volte e si passò una mano tra i capelli, cercando di svegliarsi << Che ore sono? >> << Mezzogiorno...devi andare da qualche parte? >> la ragazza annuì alzandosi in piedi e andando in cucina per prendere un bicchiere d'acqua << E dove di bello? >> Octavia era entrata in modalità da investigatrice << Non credo che ti piacerà la risposta >> fece e la vide rabbuiarsi << Stai andando da lei, non è vero? >> Clarke annuì di nuovo aprendo il frigorifero per prendere dell'acqua fresca << Io non riesco proprio a capirvi! Né te né Raven...come fate a parlarle? Dopotutto quello che ti ha..ci ha fatto passare? >> la mora incrociò le braccia al petto << Insomma hai dovuto farti sparare perché ti perdonasse >> aggiunse senza distogliere lo sguardo dall'amica << Ha fatto quello che ha fatto perché era ferita e poi mi ha chiesto scusa >> << Non è nemmeno venuta a farti visita in ospedale >> Clarke stavolta si voltò e divenne seria per un istante << Non è così Octavia...lei è venuta tutte le sere >> sussurrò sorpassandola e andando in camera per farsi una doccia << E l'hai perdonata per questo? >> sentì mentre si stava spogliando in bagno << Io non ho bisogno di perdonarla perché non l'accuso di niente >> Clarke osservò le cicatrici sul suo corpo e represse l'ennesimo brivido.
Va tutto bene, si disse entrando nella doccia e allontanando il ricordo della sparatoria prima che potesse diventare ancora più vivido.

Clarke strinse le mani intorno al volante.
Devi solo uscire dalla macchina e fare quelle scale dannazione.
Si continuava a ripetere, ma senza avere alcuna vera intenzione di uscire e di camminare in mezzo a quelle persone.
Da quando Cage le aveva sparato aveva cominciato ad aver paura di tutti coloro che non conosceva, con il timore che potessero estrarre una pistola da un momento all'altro.
Sapeva che era sciocco e anche folle, ma non riusciva togliersi quel stupido pensiero dalla mente.
Stava facendo tardi, ormai era di fronte al suo ufficio da un paio di minuti e ancora non aveva avuto il coraggio di uscire.
Ma perché ti sei voluta mettere alla prova? Sei impazzita?
Scosse la testa e mise in moto quando sentì qualcuno bussare al finestrino: era Lexa con indosso un lungo cappotto nero << Posso salire? >> chiese dopo che Clarke ebbe abbassato il finestrino << C-certo >> la vide montare al posto del passeggero e tirare un sospiro di sollievo << Oggi fa davvero freddo, non credi? >> fece togliendosi i guanti << N-non dovevamo pranzare nel tuo ufficio? >> << Cambio di programma, scegli te dove andare a pranzo. Posso? >> Clarke annuì e la vide alzare il riscaldamento << Allora dove andiamo? >> << N-non lo so >> si strinse nelle spalle mentre l'altra si puntellava il mento << Conosco un locale poco lontano con la particolarità di avere un privé >> << D'accordo >> l'altra le sorrise mentre partiva << Spero ti piaccia la cucina mexicana, sai fanno solo quello >> fece spallucce svoltando a destra come le aveva indicato << E come mai questo cambio di programma improvviso? >> << Non avevo molta voglia di pranzare in ufficio, così quando ho visto la tua macchina ne ho approfittato >> parcheggiò di fronte a “La Vida mexicana” e pensò che fosse un nome veramente strano.
Indossò la giacca e seguì la ragazza all'interno << Salve signorina Lexa >> la salutò un uomo ispanico dall'accento marcato << Ciao Ramon >> lo abbracciò e Clarke rise stupendosi ancora una volta << Siete in compagnia, un tavolo per due? >> << Il privé Ramon >> ribatté lei togliendosi il capotto << Ah, allora sono solo affari... >> commentò dispiaciuto mentre superavano i numerosi tavoli in legno, con tovaglie rosse << Ecco qua >> fece sempre lui, aprendo una stanza con un divano nero e un tavolo in legno con la stessa tovaglia degli altri << Grazie >> ringraziò lei entrando e mettendosi a sedere, imitata subito da Clarke << I menù arriveranno tra poco, Signorina Lexa >> lei gli sorrise mentre Clarke si guardava intorno e notava alcune foto di attori famosi appese al muro << Che posto è mai questo? >> fece poi togliendosi la giacca e continuando a guardarsi curiosa << L'avevamo scoperto tempo fa io e Costia... >> la frase le morì in gola e Clarke le prese una mano << Se vuoi possiamo andare in un altro posto >> Lexa scosse la testa e tornò a sorridere quando arrivarono i menù << Ci credi se ti dico che è la prima volta che mangio mexicano? >> << Cosa? Allora mi sa che devo aiutarti a scegliere >> Clarke a risposta chiuse il menù << Sai che ti dico? Scegli per tutte e due, tanto non ci sto capendo un granché >> Lexa rise ancora mentre i suoi occhi scorrevano la lista.
Aveva degli occhi bellissimi, come Clarke non ne aveva mai visti, alle volte erano persino ipnotizzanti, così come la sua voce.
Sorrise mentre la sentiva canticchiare la canzoncina che proveniva dagli altoparlanti << Allora hai deciso? >> lei la guardò con uno sguardo finto-arrabbiato << Sembri un bambino >> commentò poi tornando a sfogliare il menù << Come mai hai dormito poco? >> chiese riferendosi ai messaggi di quella mattina << E' così da quando sono uscita dal coma, il dottore dice che è normale >> << Secondo me dovresti cambiarlo...ti ha dato per spacciata solo dopo due mesi >> si ricordava di sua madre, di come l'aveva sentita piangere e di come cominciasse a perdere le speranze dopo quello che le aveva detto il medico << Non è così male, è solo un po' pessimista >> la vide chiudere il menù con soddisfazione e fare cenno al cameriere << Due Sopes, due tacos e ovviamente la salsa guacamole >> ordinò mentre il giovane ragazzo, anche lui ispanico, segnava tutto nel suo blocchetto << Da bere? >> si voltò per guardarla << Acqua >> << Allora una bottiglia d'acqua >> lo vide uscire e chiudere la porta << Pessimista? >> scosse la testa e a Clarke le ci vollero un paio di secondi per capire che aveva ripreso il discorso prima dell'ordinazione << Io sono pessimista, lui è senza speranza >> << Non è vero che sei pessimista >> ribatté Clarke versandosi l'acqua che avevano portato << Cambiando discorso, volevo dirti che ti ho fatto reintegrare nella Costia Foundation, adesso riesco a capire che cosa significhi per te >> << Non serviva Lexa e non ho bisogno ne voglio che tu faccia altro, non è così che voglio basare la nostra amicizia >> << Così come? >> Clarke si massaggiò il collo << Te che cerchi di fare cose come queste per farti perdonare. E' stato sufficiente restituire l'azienda a Raven >> Lexa abbassò lo sguardo infastidita probabilmente per essere stata beccata << Mi dispiace averti fatto perdere le azioni di tuo padre >> << Ma allora?! Vogliamo smetterla o no?! >> esclamò Clarke fingendosi arrabbiata e poco divertita << Ti ho detto che non importa... >> aggiunse e attesero che il cameriere se ne andasse dopo aver servito le pietanze prima di continuare il discorso << Ma sei davvero reale o è solo finzione? >> le chiese Lexa prendendo un po' di salsa insieme ai nachos << Molto carino da parte tua dire così >> Clarke guardò tutti quei piatti con un po' di diffidenza e si distrae quando Lexa le porse una patatina con una strana salsa verdognola, probabilmente era la guacamole << Assaggia >> le fece portando un tovagliolo sotto la sua mano così che non si sporcasse, visto che dopo sarebbe dovuta tornare a lavoro.
Con un po' d'esitazione morse il nachos e Lexa rise quando la faccia di Clarke fu sorpresa dal gusto forte e saporito << E' buonissima! >> esclamò con ancora la bocca piena, facendo ridere ancora di più la mora << Mangiare con te è divertentissimo >> commentò Lexa che prendeva un po' di quella che doveva essere la sopes e passandone un po' anche nel piatto di Clarke che cominciò a mangiare con piena fiducia.

 

LEXA


Lexa salutò la bionda e si diresse al suo ufficio << La Signorina Niylah ritarderà di qualche minuto a causa del traffico >> la informò Alie mentre Lexa buttava i sacchetti del cibo indiano che aveva ordinato << Riesci a farla coincidere con il Signor Vie? Vorrei che si incontrassero mi va benissimo anche in sala d'attesa >> la ragazza si accigliò mentre Lexa prendeva posto dietro la sua scrivania << Come mai? Sa benissimo che si detestano >> Lexa sorrise accendendo il pc << Lo so, ma mi diverte farla arrabbiare visto quanto la pagò >> si spiegò indossando gli occhiali e facendo cenno ad Alie di uscire.
Stava scorrendo la lista dei nuovi addetti assunti da Green quando vide Niylah entrare irritata << Mi hai fatto attendere inutilmente! Non c'era nessuna riunione ne nessun presunto cliente! >> esclamò sedendosi sulla sedia << E per giunta c'era anche quel Vie! Ma si può sapere perché non l'hai licenziato? >> Lexa scosse la testa inumidendosi le labbra e togliendosi gli occhiali, per poi alzare lo sguardo su di lei << Niylah sai perché sei qui >> la ragazza alzò gli occhi al cielo e prese i fascicoli che teneva nella borsa << Tieni ho controllato ogni singola cosa che riguardasse la Water See, ma perché ti interessa? Non hanno alcun progetto bio-medico in corso ne tanto meno inerente ai lavori della Trikru >> Niylah era la sua investigatrice privata e non aveva mai fallito nei suoi incarichi, ma era anche una sua cara amica << Voglio solo acquistarne qualche azione, ho letto dei loro piani di restauro delle baie e della pulizia ambientale... >> << E vuoi ricostruire la tua immagine >> la interruppe Niylah accavallando le gambe sui braccioli << Non è così >> << Certo è ovvio che non è così, sopratutto non dopo il trambusto con l'Azgeda >> << Non è così davvero >> replicò nuovamente Lexa divertita adesso << Le voglio acquistare per un'amica, tutto qua e voglio che siano di un'azienda pulita >> << Ah...beh allora buon per lei >> fece alzandosi in piedi << Questa è l'ultima volta che mi fai aspettare insieme a quel viscido di Vie >> Vie non era né viscido né una brutta persona, ma per qualche strana ragione non andava molto a genio a Niylah << Allora ci sentiamo >> fece uscendo dalla porta e Lexa mise i fascicoli nel cassetto.

Non appena fu a casa si abbandonò sul divano esausta, non si sentiva un granché.
Allora come è andata la giornata?
Chiuse gli occhi immaginandosi Costia e le sue mille domande, ma apparve Clarke nei suoi pensieri.
Che cosa stava succedendo?
Scattò a sedere, giocando con il braccialetto che aveva al polso.
Perché vedeva Clarke e non Costia?
Si massaggiò gli occhi con pollice e indice, scacciando le lacrime.
Non voleva dimenticarla...
Deglutì sbattendo le ciglia un paio di volte prima di alzarsi.
Voglio che tu sia felice con o senza di me.
Glielo aveva detto prima di entrare in sala operatoria e Lexa le aveva promesso che non avrebbe smesso di vivere, ma aveva mentito...almeno fino ad adesso...
Buttò giù un aspirina per allontanare il mal di testa, cominciando a non sentirsi per niente bene.
Salì verso la sua stanza e si mise sotto lo coperte con ancora gli abiti del lavoro.
Non avrebbe voluto dimenticarla, ma Clarke non sembrava voler lasciare i suoi pensieri.
<< Voglio che tu sia felice con o senza di me >> ripeté prima di addormentarsi.

CLARKE


Era stata una sciocca!
Perché diavolo era uscita?
Le persone le passavano affianco, ma lei non si muoveva, completamente paralizzata.
Fai un passo dannazione!
Ordinò a se stessa e dopo vari tentativi si catapultò dentro un vicolo, mettendosi in ginocchio e cominciando a piangere come una bambina terrorizzata.
Non uscire!
Non sarebbe uscita da lì da sola...ma non voleva che qualcuno sapesse...
Con le mani tremanti estrasse il cellulare e cominciò a scorrere la rubrica.
Chi poteva chiamare?
Octavia era con il fratello a Baltimora per un convegno e Raven era a lavoro, ma la chiamò comunque.
Passarono svariati squilli, ma non rispose, tentò nuovamente: Stesso risultato.
Vuoi smetterla di tremare?
Si colpì la mano contro il ginocchio, ma perché era uscita?
Eppure le era sembrata una così buona idea uscire in pieno giorno...
Strinse le mani a pugno cercando di alzarsi, ma si ritrovo a stringere le ginocchia al petto ancora di più.
Doveva chiamare qualcuno, ma chi?
Di chi altri poteva fidarsi?
Solo nel formare quel pensiero si rese conto di avere un'altra persona e digitò il numero di Lexa.
Rispondi, rispondi, rispondi....
Continuava a pregare mentre sentiva gli squilli << P-pronto? >> aveva la voce impastata dal sonno, stava dormendo? << L-lexa... >> riuscì a dire con la voce un poco roca per il pianto << Clarke? Stai bene? >> scosse la testa anche se sapeva che non poteva vederla << N-no, potresti venire tra la 5th avenue e Broodway? >> << Certo, arrivo subito >> << G-grazie >> riuscì a dire senza smettere di piangere << Aspettami lì >> tanto non si sarebbe potuta muovere neanche a volerlo.
Passarono svariati minuti, ma Lexa era rimasta tutto il tempo con lei al telefono e Clarke le aveva spiegato il suo folle piano << Ma sei impazzita? >> alzò lo sguardo quando la vide di fronte a lei, con indosso l'enorme capotto nero e le pantofole << Vieni >> le porse una mano che Clarke prese come se fosse la sua unica ancora di salvezza << Ho parcheggiato proprio qui di fronte >> informò indicando la macchina e solo quando furono al suo interno Clarke notò il viso arrossato e gli occhi lucidi della mora << Stai bene? >> le chiese Lexa mentre metteva in moto << Ora sì... >> la vide alzare il riscaldamento e reprimere un brivido << Ma non si direbbe lo stesso di te >> Lexa uscì dal parcheggio improvvisato e imboccò la strada << Sto benissimo è solo un raffreddore >> fece gesticolando con la mano mentre l'enorme suv svoltava verso la sua casa << A me non sembra soltanto un raffreddore >> << Ma si può sapere che cosa ti è saltato in mente? Non puoi affrontare le tue paure da sola >> Clarke si porse in avanti toccandole la fronte e Lexa gli tolse subito la mano << Sei calda >> commentò la bionda << Avresti dovuto dirmi che non potevi >> << E lasciarti in preda la panico? In effetti è la cosa più ovvia e poi ti ho già detto che è solo un raffreddore >> Clarke alzò gli occhi al cielo << Ti ricordo che sono un medico >> << Un medico abbastanza stupida da uscire in piena festività natalizia quando è agorafobica >> Clarke rimase a bocca aperta sconvolta di tutto quel cinismo << Questa è cattiveria gratuita >> << Ma non è forse così? >> le chiese mentre parcheggiava nel garage << Su andiamo dentro hai bisogno di un thé >> aggiunse indicando le mani ancora tremanti.

La vide mettere l'acqua sul fuoco e posare due tazze sull'isola della cucina << Dovresti stare a letto >> Lexa annuì distrattamente mentre prendeva due bustine di thé << Dovresti affrontarla piano, piano, magari prima con una piccola folla e poi con calma cominci a riabituarti. Insomma non puoi affrontare direttamente tutte quelle persone >> la stava ignorando e non c'era cosa peggiore di un paziente che ti ignora << Almeno hai preso qualcosa? >> Lexa si accigliò spegnendo il fuoco e versando l'acqua nelle tazze << Vieni andiamo in salotto >> fece e Clarke obbedì, ma non andarono allo stesso dell'altra sera, quello dove la portò era un poco più piccolo con un singolo divano e alcune poltrone.
La vide sedersi sul divano e prendere il plaid posato lì << Dovresti dormire Lexa >> << D'accordo dottoressa Griffin, ma adesso che ne dice di sedersi? >> << Mi stai ignorando >> << E non stai facendo lo stesso? Insomma il tuo è di certo un problema più grave del mio raffreddore >> starnutì portandosi una mano davanti al naso, per poi prendere un fazzoletto dal pacchetto di fronte a lei << Facciamo così, che ne dici di dormire e quando ti sveglierai parliamo del mio di problema? Tanto non posso scappare, visto che abiti in pieno centro >> Lexa la osservò ancora per un lungo momento e Clarke era divertita dal suo comportarsi così da dura, anche se era palese che stesse veramente male e che di certo un bel sonno non le avrebbe fatto che bene << D'accordo...ma non faccia scorribande per la casa >> Clarke sorrise a quell'avvertimento così all'antica per poi vederla stendersi e coprirsi.
Non le ci volle molto prima che si addormentasse.
Clarke la osservò ancora qualche secondo prima di prendere il lettore musicale e il libro che le aveva regalato.
Era diversa, era dannatamente diversa da come se l'era immaginata.
Non avrebbe mai potuto credere che Lexa sarebbe uscita malata per soccorrerla né che si sarebbe preoccupata così per lei.

Stava leggendo un nuovo capitolo quando la vide sollevarsi e guardarsi intorno << Lexa? >> chiamò Clarke avvicinandosi a lei e attirando la sua attenzione toccandole una spalla << Va tutto bene è stato soltanto un incubo >> le fece, ma non sembrava ascoltarla, continuava a guardarla negli occhi con sguardo triste << Perché...? >> sussurrò poi senza abbassare lo sguardo << Perché cosa? >> aveva le guance rosse e quando Clarke le tastò la fronte la trovò bollente << Devi prendere assolutamente qualcosa >> si alzò, ma Lexa l'afferrò per un braccio costringendola a tornare al suo posto << Perché hai preso quei proiettili al posto mio? >> Clarke alzò gli occhi al cielo << Che domanda stupida...non lo so, l'ho fatto e basta >>.

 

LEXA


<< Che domanda stupida...non lo so, l'ho fatto e basta >> Lexa non riusciva a smettere di guardarla << Sei... >> si avvicinò lentamente fino a poter sentire il suo respiro sulle sue labbra e il proprio fiato mancare.
Fermati!
La sua bocca era leggermente socchiusa e attese un millesimo di secondo prima di sfiorarle le morbide labbra.
Lexa fermati!
Potresti rovinare tutto!

Clarke la scostò delicatamente allontanandosi dal suo bacio con delicatezza << Devi riposare >> le disse e Lexa tornò a rispecchiarsi nel blu dei suoi occhi prima di annuire << Sarai qui quando mi sveglierò? >> le chiese senza lasciare il braccio che teneva nella mano con il timore che potesse sfuggirle via << Sarò qui >> le rispose abbassando un poco lo sguardo.
Era in imbarazzo, probabilmente aveva rovinato tutto.
Tornò a stendersi con il timore di non trovarla di nuovo lì al suo risveglio.
Aveva rovinato tutto.
Perché diavolo l'aveva baciata?

 

CLARKE


Clarke si alzò e d'istinto si diresse alla porta, ma poi si voltò e la osservò ancora per qualche secondo.
Che stava facendo?
Scosse la testa dirigendosi al piano superiore alla ricerca di un bagno e quando lo trovò dopo vari tentativi e aver scoperto la stanza di Aiden, vi si chiuse all'interno, scivolando contro la porta.
Perché l'aveva baciata?
Si sfiorò la bocca con le dita, come a richiamare quel momento.
Avrebbe potuto ritirarsi, gliene aveva dato l'occasione eppure non l'aveva fatto.
Si alzò andando al lavabo per sciacquarsi il volto.
Non le era mai passato per la mente di poter stare con una donna, ma la verità era che non le era dispiaciuto quel bacio.
Non l'aveva trovato strano o diverso, anzi era stato bello.
Si ritrovo a sorridere e si diede della sciocca, coprendosi la bocca, ma riusciva ad intravedere comunque la felicità che traspariva dai suoi occhi.
Che cosa doveva fare adesso?
_______________________________________________________________________________________________________________
NA: Eccoci qua con un nuovo capitolo :) Che ne pensate? E sopratutto che cosa accadrà da adesso in poi? *piccolo segreto*

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_____________________________________________________________________________________________
 

LEXA


Quando si svegliò si sentì peggio di quando si era addormentata, il mal di testa era insopportabile e il ricordo del bacio non aiutava.
Scosse la testa chiudendo gli occhi nel mettere i piedi fuori dal divano e si sorprese di trovarla intenta a leggere il libro seduta sulla poltrona dove l'aveva lasciata << Ben svegliata >> le fece una volta accortasi del suo risveglio << C-che cosa...? >> Clarke le sedette accanto chiudendo il volume << Dove tieni i medicinali? >> le chiese e Lexa si accigliò << Parleremo di quello che è successo dopo che avrai preso qualcosa contro la febbre >> aggiunse alzandosi in piedi << Sono in cucina, mobiletto a destra >> la vide annuire e scomparire dietro il muro che portava alla cucina.
Era rimasta?
Scosse la testa, quasi con frustrazione...Perché era rimasta?
Hai paura di affrontarla di nuovo?
Allora facevi meglio a non baciarla!

Avvolte pensava che quei pensieri si prendessero gioco di lei << Ecco qua >> le porse un bicchiere dal contenuto arancione e una pillola << Contro la febbre e il raffreddore >> le stava sorridendo e il cuore di Lexa fece un balzo.
Oddio che cosa avrebbe fatto adesso?
Cercò di guadagnare tempo bevendo, ma ben presto anche il medicinale finì e posò il bicchiere sul tavolo << Se vuoi possiamo far finta che non sia successo niente >> le sentì dire e si voltò a guardarla << NO! >> esclamò e Clarke rise << D'accordo, d'accordo >> era divertita da quella situazione e Lexa quasi la odiò per questo << Perché l'hai fatto? >> le chiese e scosse la testa << Non lo so...ho voluto farlo e l'ho fatto, ma mentirei se ti dicessi che non ti pensavo già da giorni >> prese un lungo respiro << Non riesco a smettere di pensare a te da quando sei entrata in coma, non saprei spiegarti come e quando, ma è come se mi fossi entrata dentro e non fossi più uscita...non credo di amarti o almeno non sto provando la stessa cosa che provavo con Costia... >> le prese le mani stringendole fra le sue << Ma non posso ignorare quello che sento nei tuoi confronti...vorrei averti qui tutto il tempo e parlare con te, ma se non provi lo stesso posso capirlo >> i suoi occhi erano stupendi così come tutto nel suo sguardo << I-io non so cosa provo nei tuoi confronti, in realtà non mi sono mai immaginata con una donna, figurarsi con te...ma non potrei mentire a me stessa dicendomi che non mi è piaciuto...perché è stato bello >> perché sentiva che ci sarebbe stato un però? << Però non saprei come comportarmi... >> Lexa sorrise abbassando lo sguardo << Però ti è piaciuto... >> Clarke sorrise un poco divertita dalla voce incerta dell'altra << Mi è più che piaciuto >> attirò il suo sguardo e stavolta fu lei a rispecchiarsi nei suoi occhi << M-ma non ho la più pallida idea di come comp... >> Lexa si avvicinò nuovamente baciandola ancora e prendendo il suo viso tra le mani.


CLARKE


Sentiva il suo cuore esplodere e non riusciva a capire le miriadi di emozioni che stava provando in quel momento.
Le labbra di Lexa erano calde a causa della febbre e le provocavano delle piccole scosse, ma non si ritrasse, assaporò le sua bocca come sapeva fare, con la lingua e con i denti e quando si scostò da lei e tornarono a respirare l'una l'aria dell'altra non le staccò gli occhi di dosso.
O mio dio, era bellissima...aveva gli occhi pieni di gioia e un sorriso timido a delinearle il viso, le afferrò una mano attirando a sé quello sguardo, godendo di quella visione a pieno << D-devi riposare.. >> non avrebbe voluto dire quello e sicuramente Lexa se ne accorse dalla sua faccia perché scoppio a ridere e fu una delle più belle risate che le aveva mai sentito << Sei tutta rossa >> commentò e Clarke si voltò nascondendo il volto con i capelli, facendoli ricadere intorno a lei << Ora però devi davvero dormire >>.
Perché continuava a dire quelle cose?
Lexa rise ancora e si alzò << Prima ti riporto a casa >> Clarke tornò a guardarla con occhi sgranati << Se esci ora i medicinali non faranno alcune effetto >> << Ma è praticamente sera... >> << Non importa, basterà che avvisi Raven >> Lexa si inumidì le labbra come sempre, ma stavolta Clarke pensò che ci fosse malizia in quel suo sorriso << D'accordo, ma non appena mi sveglio ti riporto a casa >> la bionda annuì e Lexa tornò a stendersi mettendo la testa sulle ginocchia dell'altra << Allora hai pensato a come superare la tua paura? >> le chiese mentre Clarke le scostava una ciocca dalla fronte umida << No, ero troppo preoccupata per te >> Lexa chiuse gli occhi e Clarke se ne rammaricò un poco e fu felice come una bambina quando rivide le iridi verdi << Possiamo andare in un ristorante, magari uno di quelli poco conosciuti >> cominciava a capire quando era preoccupata davvero << Non lo so, dopo l'esperienza di oggi, non credo che avrò molta voglia di uscire >> stava giocando con una sua ciocca << Non dire idiozie, sappiamo entrambe che puoi superare tutto, anche questo >> Clarke scosse la testa bruscamente << Non questo...ho il terrore di uscire fuori di nuovo >> Lexa alzò lo sguardo per vederla distraendosi dai suoi capelli << Ce la farai Clarke, del resto hai preso tre proiettili in pieno petto e sei sopravvissuta, cosa vuoi che sia mai la piccola folla di un ristorante? >> si sollevò un poco per depositarle un altro bacio, ma più casto rispetto al precedente << Affronteremo questa cosa insieme >> le sussurrò praticamente sulle labbra, prima di tornare a stendersi e chiudere gli occhi, lasciandosi cullare dalle carezze di Clarke.
Dov'era la Lexa che la odiava?
Come potevano essere la stessa persona?

 

OCTAVIA


Era appena tornata da Baltimora e si stava frizionando i capelli quando sentì l'aprirsi della porta e la risata di Clarke raggiungere le sue orecchie.
Posò l'asciugamano sul letto e si diresse nell'atrio << Non hai mica intenzione di farla entrare >> fece guardandola con sguardo minaccioso << V-va tutto bene Octavia? >> si morse il labbro abbassando lo sguardo e cercando di allontanare la rabbia invano << Non lo so, dimmelo tu... >> stavolta guardò Natblida ancora sull'uscio con lo sguardo basso << Che ti prende? >> << Lei non entra, questo è quanto >> Clarke cominciava ad arrabbiarsi, ma non le importava << Ma sei impazzi... >> << Lascia stare, va bene anche così. Ci si sente dopo, ok? >> le disse prima di salutarla con un piccolo bacio.
Disgusto, era semplicemente disgustoso.
Scosse la testa e andò in cucina per prendere qualcosa da mangiare, visto che non aveva ancora mangiato niente da quando era tornata << Ma si può sapere che diavolo ti è preso? >> Octavia fece spallucce nell'aprire il frigorifero << Faccio quello che dovresti fare tu, ma come al solito tendi a farti del male >> << Tu non sai niente Octavia! >> esclamò chiudendo la porta dell'elettrodomestico, facendosi guardare adesso << Io non so niente?! Davvero Clarke? Perché a differenza di te e Raven io ancora ricordo benissimo ciò che ci ha fatto passare! >> stavolta toccò a lei gridare << Raven ha perso la sua azienda, io ho quasi perso la mia creazione e tu...beh, tu sei quella che ha fatto soffrire più di tutti eppure sembri disposta perdonarla! O mio dio Clarke! Sei davvero così cieca?! >> aggiunse sorpassandola, ma l'amica l'afferrò per un braccio << Non hai alcun diritto di dirmi che cosa posso o non posso fare >> << Invece sì, ma sei che ti dico, continua così...però non chiamare aiuto quando sarai di nuovo in una vasca di sangue! >> non avrebbe voluto dire quell'ultima frase, anzi se ne pentì immediatamente, ma non lo diede a vedere, si liberò dalla presa e si diresse in camera.
Come facevano a perdonarla?
Si vesti decidendo di non voler rimanere lì ancora un altro secondo.
Non le importava con chi uscisse, non le era mai importato, ma Natblida l'avrebbe soltanto distrutta e non poteva sopportare di vederla di nuovo in un letto d'ospedale.
Prese la borsa e il telefono precipitandosi alla porta << E ora esci? >> le chiese Clarke e Octavia si voltò con uno sguardo più arrabbiato di quanto avrebbe voluto << Sì Clarke, ora esco, perché non riesco a sopportarti in questo momento, figurarsi sopportare te e Raven, mi fate solo ribrezzo! >> esclamò sbattendo la porta e dirigendosi alla bmv blu scura che gli aveva prestato suo fratello per tornare a casa.
Non aveva una meta, ma voleva solo dell'alcool o comunque un posto dove nascondersi.

Stava bevendo un Martini quando lui le si sedette affianco << Sembra che siamo costretti a incontrarci ancora una volta >> la giornata non poteva peggiorare più di così << Avvocato Woodsman se ne vada >> ordinò, ma lui non sembrò avere alcuna intenzione di obbedire << Suvvia signorina Blake, non vuole un po' di compagnia? >> lei scosse la testa alzandosi, ma lui l'afferrò per una mano << Voglio solo parlare >> << E io non ho alcuna intenzione di intrattenermi con te >> << Maledizione Octavia ti vuoi sedere? >> inveì lui costringendola a sedersi << Mica perché lavoro per Natblida non devi parlarmi, possiamo essere amici, sai? >> lo vide tornare a sedersi e aprire la giacca del completo << Non ho intenzione di esserti amica >> << Non sembravi della stessa idea qualche giorno fa a Baltimora >> Octavia alzò gli occhi al cielo << E' stato un momento di debolezza >> << Direi più di uno >> ribatté lui sorridendo e prendendo un po' del Martini della giovane, prima di tornare ad appoggiarsi allo schienale del divanetto << Sai da allora non ho smesso di pensarti >> << Io invece non ho avuto alcuna difficoltà >> Lincoln la osservò di sottecchi per qualche secondo << Sono certo che non è così...quindi che ne dici di uscire uno di questi giorni? >> << E' un invito questo? >> lui sorrise per poi annuire << Forse un giorno, ma non adesso >> lo vide alzarsi in piedi e richiudere la giacca prima di prendere la borsa << Hai il mio numero fammi sapere quando cambierai idea >> le sorrise di nuovo, mostrando i bei denti bianchi prima di andarsene e uscire dal locale.
Non era vero che era stato un momento di debolezza.
Lincoln aveva ascoltato tutti i suoi deliri e l'astio che provava verso Natblida, senza criticarla o giudicarla.
Dopo avevano passeggiato e parlato del più o del meno e aveva davvero passato con lui dei momenti indimenticabili in camera da letto.
Era diverso dagli altri uomini, lui sapeva ascoltare e consigliare.
Senza rendersene conto si ritrovo a scriverli un messaggio.

Hai vinto, decidi l'ora e il luogo”
                                       Octavia 18:09


D'accordo, domani, al Plaza per le 19:00”
                                                Lincoln 18:12

 

LEXA


Raccolse i capelli in un elastico, spostò le ciocche che le erano sfuggite dietro le orecchie e prese il violoncello.
Fece un lungo e profondo respiro, assaggiando con le dita le corde, prima che con l'archetto, si grattò la fronte e poi cominciò a suonare.
Non le importava quali note stava producendo, ma lasciò che la mente si svuotasse, riempiendosi solo di musica.
Aveva smesso di suonare dopo la morte di Costia, perché ogni movimento gliela ricordava e anche adesso mentre le mani scivolano sulle corde i suoi orecchi si riempivano della sua risata.

<< Non è così! >> esclamò fermandola e indicandole le note dello spartito facendola sorridere << Io ti ho sentito suonarla ieri, perché adesso fai così!? >> si imbronciò e Lexa rise posando il violoncello e alzandosi per attirarla a sé << Perché preferisco mille volte la tua risata >> le sussurrò in un orecchio, affondando poi il volto tra la clavicola e la spalla per depositarvi un bacio << Avvolte sei così infantile che ti metterei in punizione >>.

Ben presto il volto di Lexa si bagno di lacrime.

<< Sei stata meravigliosa! >> esclamò venendole incontro e abbracciandola forte << Non esagerare, tutta l'orchestra è stata grandiosa >> Costia la baciò fino a farla diventare paonazza e Lexa abbassò lo sguardo per non affrontare quello dei colleghi musicisti.

Più suonava e più i ricordi affioravano.

<< Hai pensato a cosa sarebbe successo se non ci fossimo mai incontrate? >> Lexa rabbrividì solo al pensiero << Ringrazio ancora tutti i giorni di essermi iscritta ad Harvard >> Costia alzò gli occhi al cielo << Gioca con me! >> esclamò togliendole il libro di mano << Che lavoro staremmo facendo adesso e soprattutto con chi staremmo? >> Lexa l'assecondò e si tolse gli occhiali da lettura << Probabilmente starei facendo lo stesso lavoro, ma non sarei fidanzata con nessuna >> Costia si accigliò << Perché ti aspetterei >> sorrise dandole poi un buffetto << Sei così noiosa >>.

Lasciò cadere il violoncello e gettò l'archetto il più lontano da lei.
Perché?!
Con le lacrime a bagnarle il viso, lanciò la sedia contro la porta, seguita da un vaso << Perché?! >> gridò con tutto il fiato che aveva scaraventando il leggio << Ehi... >> sentì la voce di Clarke e rovinò a terra mentre l'altra l'abbracciava << Perché?! >> ripeté stringendosi a lei continuando a piangere << Non voglio...io non voglio... >> non voleva dimenticare Costia, non voleva, ma più passava il tempo con Clarke e i ricordi di Costia si facevano sempre meno chiari.
Si strinse ancora di più, cominciando a gridare contro la spalla della bionda.
Prima aveva lei da incolpare, poteva prendersela con lei, ma adesso?
Adesso non aveva più nessuno con cui sfogarsi...
Si ricordò del bacio della sera prima e di come si era sentita felice, ma perché adesso invece sentiva come se avesse perso qualcosa?
La sua voce...solo Dio sapeva quanto le mancasse la sua voce.
Quando si scostò da Clarke cercò di parlare, ma invano, non aveva nemmeno il coraggio di guardarla.
Lei l'aveva baciata, lei aveva creato tutto quello e adesso perché credeva di star sbagliando?
Deglutì a fatica asciugandosi il volto, senza alzare lo sguardo continuando a fissare il pavimento << Dobbiamo fare qualcosa per quei tagli >> la sentì dire e si stava riferendo alle sue braccia che probabilmente si erano ferite con i cocci del vaso << Su vieni >> la vide alzarsi e tenderle una mano.
Meritava davvero di prenderla?
Amava ancora Costia, ma provava qualcosa anche per Clarke...si potevano amare due persone contemporaneamente?
Con esitazione la prese facendosi issare in piedi e la seguì fino alla sua camera, dove la fece sedere sul letto dirigendosi poi al piano inferiore.
Perché credeva di tradire Costia?
Era morta!
Pensare quello le costò molto e nascose le mani tramanti quando la vide rientrare.
La stava medicando in silenzio, lasciandola piangere senza chiederle o dire niente.
Aveva capito, Clarke non era una persona stupida, ma non parlò comunque, nemmeno dopo che Lexa smise di piangere o finita la medicazione.
Rimase seduta accanto a lei con le gambe accavallate, lasciando che si sfogasse << P-perdonami >> sussurrò Lexa una volta riacquistato un poco di controllo << Non c'è niente di cui farsi perdonare >> fece Clarke voltandosi a guardarla << L'importante è che tu stia bene >> aggiunse prendendole il volto tra le mani << Asciugherò il tuo volto e pulirò le tue ferite ogni volta che ne avrai bisogno >> continuò passandole il palmo della mano sul viso per pulirla dalle lacrime << Non è giusto >> disse e Clarke le sorrise, ma non era felice vi era qualche nota di tristezza << Non puoi comandare i tuoi sentimenti Lexa, anche tu sei un essere umano... >> adesso fu lei a distogliere lo sguardo << Ma io sento di provare qualcosa per te è solo che... >> << Fa male >> concluse Clarke facendola annuire << Mi sembra di tradirla e è folle quasi... >> << Non è per niente folle >> rialzò lo sguardo seria come non l'aveva mai vista << Tu l'amavi Lexa, l'amavi forse più di te stessa e è normale sentirsi a pezzi di tanto in tanto, ma ti rivelerò un piccolo segreto >> le si avvicinò all'orecchio << Non migliora e non passa, ci si comincia solo a fare l'abitudine >> le sussurrò tornando poi a rispecchiarsi nei suoi occhi << Quindi non ti amerò mai? >> chiese impaurita << Oh, no, assolutamente no...tu mi amerai perché me lo devi, ma non devi smettere di amare Costia per farlo...puoi amarci entrambe >> Lexa si accigliò non comprendendo quelle parole << Ma come è possibile? >> Clarke si alzò in piedi strofinandosi le mani contro i pantaloni << Non assopire i tuoi sentimenti per lei, lascia che scorrano in te come un fiume in piena e fai lo stesso con i miei >> le si inginocchiò di fronte abbassando lo sguardo e sorrise un poco prima di tornare a guardarla << Perché io farò lo stesso con te Lexa, non permetterò a nessuno di ostacolarmi >> non distolse gli occhi da lei nemmeno per un istante, avvicinando poi il suo volto a quello dell'altra toccandole la fronte << Io voglio che tu sia felice Clarke, non voglio darti metà del mio cuore >> le sussurrò cingendola a sé, senza però rompere il legame << E' quello che puoi darmi adesso, magari in un futuro ti avrò tutta per me, ma adesso non posso costringerti a rinunciare a lei...non sei ancora pronta >> Lexa memorizzò quella frase, memorizzò il suo volto e il suo profumo << Ma non ferirmi ti prego...quello non lo sopporterei >> le sussurrò prima di baciarla.

Si erano distese sul letto entrambe di lato, così da potersi guardare.
Clarke stava giocando con una sua ciocca << Come mai sei venuta? >> le chiese mentre le faceva dei piccoli ghirigori sul palmo della mano che stava tra loro << Ero venuta per scusarmi del comportamento di Octavia...è stata la donna di servizio ad aprirmi >> era bellissima, anche adesso che non stava facendo niente << Sono esausta... >> sussurrò avvicinandosi con la testa e Lexa notò solo allora le profonde occhiaie << Perché non riesci a dormire? >> Clarke si avvicinò ancora di più fino a toccarle il petto con la fronte << Non potresti capire... >> sussurrò un poco assonata chiudendo gli occhi << Mettimi alla prova >> fece assaporando il suo profumo di pesca << E' per colpa del silenzio che viene con la sera... >> Lexa si accigliò e Clarke sollevò lo sguardo tornando a guardarla << Quando ero in coma c'erano dei momenti in cui nessuno mi parlava o dove non vi sentivo e...avevo paura...gli chiamavo silenzi e ora non riesco a dormire con il timore di ritrovarmi di nuovo lì >> Lexa poté vedere solo per un attimo i suoi occhi prima che Clarke abbassasse lo sguardo << Ne hai parlato con il terapeuta? >> la bionda scosse la testa << E hai intenzione di farlo? >> negò nuovamente.
Lexa si abbassò fino a raggiungere la stessa altezza << E quindi? Che intendi fare? >> le accarezzò il naso facendole aprire gli occhi << Sei fastidiosa >> commentò e Lexa le sorrise prendendo poi delle cuffie e un lettore multimediale dal cassetto del comodino << Tieni >> se ne mise una in un orecchio porgendo l'altra alla bionda.
La vide sorridere, probabilmente si era resa conto che era la stessa canzone che le aveva fatto ascoltare in coma << Ora vedi di dormire >> l'altra sbuffò chiudendo gli occhi e dopo poco dormiva profondamente.
Spostò delle ciocche che le erano cadute sul viso per poterla vedere meglio.
Come poteva essere così...così rassicurante?
Non si era arrabbiata quando le aveva detto di provare ancora qualcosa per Costia e nemmeno quando aveva capito di essere in secondo piano rispetto a lei.
Fece una smorfia e Lexa si chiese che cosa stesse sognando.
Scosse la testa ricordandosi del perché fosse venuta lì, se la sua amica non riusciva a perdonarla, chissà come sarebbe stata sua madre.
Ascoltò il respirare di Clarke e per un po' si divertì cercando di regolarsi al suo, poi si alzò e prima di scendere le mise anche la sua cuffia.
Arrivata in cucina prese il telefono e digitò il numero di “Francie's Patisserie”, prenotando un tavolo per due.
___________________________________________________________________________________________________________________________
NA: Ciao carissime/i lettori che cosa ne pensate vi è piaciuto o no? Fatemi sapere cosa vi è passato per la mente :) E al prossimo capitolo :D!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_______________________________________________________________________________________________

 

OCTAVIA


Quando tornò a casa trovò solo Raven intenta a guardare la televisione, ma si alzò quando la vide entrare << Finalmente!Si può sapere dove eri finita? >> le chiese preoccupata mentre si stava togliendo i tacchi << Sono uscita a bere qualcosa >> la sorpassò incamminandosi verso la camera << So della litigata tra te e Clarke >> << E allora? >> ribatté voltandosi a guardarla mentre si apriva il tubicino rosso << Lasciala stare ne ha passate tante >> Octavia si finse sorpresa << E indovina un po' chi né è la causa, ma non credere che tu sia da meno >> indossò un paio di pantaloncini neri e una canottiera bianca, raccogliendo i lunghi capelli corvini in una crocchia improvvisata << E io cosa avrei fatto? >> chiese Raven divertita seguendola in cucina << Non dovresti continuare ad avere rapporti con lei, potrebbe fregarti da un momento all'altro >> << Non hai di che preoccuparti, sono in una botte di ferro >> ribatté sarcastica l'altra ricevendo solo un'occhiata feroce << Come è andato il Convegno a Baltimora? >> domandò cercando di cambiare discorso << Bene >> prese la macedonia che era in frigorifero e due forchette << Bene e basta? >> << Ci ho incontrato l'avvocato Woodsman, doveva rappresentare Natblida >> Raven si fece più curiosa portandosi una fetta di ananas alla bocca << E...? >> << E è andata come è andata >> le aveva già detto che lo aveva trovato attraente, ma lavorava per Natblida quindi fino ad allora era stato Off limits << Immagino... >> Octavia scosse la testa divertita dalla reazione dell'amica che aveva palesemente intuito tutto << E te invece che hai fatto in questi giorni? >> << Lavoro, lavoro e lavoro >> fece alzando tre dita imitando un ordine che non c'era << Dovresti prenderti una vacanza >> Raven annuì << Già dovrei proprio >> scoppiò ridere fingendo di rattristarsi in fondo << Che ne dici se usciamo domani sera? Io, te e Clarke, come ai vecchi tempi? così che possiate fare pace >> Octavia soppesò un po' l'idea per poi annuire << Ma solo noi tre >> Raven le fece il giuramento da scout e Octavia sapeva per certo che non ne aveva mai fatto parte.
 

CLARKE


Quando riaprì gli occhi si svegliò nella buio della stanza e per un attimo il suo cuore sussultò, ma poi scorse la luce del piano inferiore e tornò a rilassarsi contro i cuscini.
Si tolse le cuffie che ancora mandavano la musica e si issò a sedere, reprimendo un brivido quando i piedi toccarono il pavimento freddo.
Batté le ciglia un paio di volte e ancora in stato di dormi-veglia rimase a fissarsi le punte dei piedi.
Non chiamare aiuto quando sarai di nuovo in una vasca di sangue!
Stava davvero sbagliando?
Eppure Lexa era così dolce e...diversa.
Si passò una mano nei capelli alzandosi in piedi e dirigendosi al piano inferiore dopo aver preso le scarpe da ginnastica che aveva abbandonato al bordo del letto.
No, era Octavia che non capiva, però perché dentro di lei era nata quella vocina che le diceva di andarsene?
La vocina a cui non dava mai retta e che aveva sempre ragione?
Si trovò a fermarsi sull'inizio della scalinata e a spiarla mentre sfogliava una rivista nel piccolo salotto.
Era seduta sul divano, abbandonata contro lo schienale e i capelli le ricadevano tutti su una spalla. Aveva la testa un poco inclinata sorretta da una mano mentre con l'altra sfogliava le pagine.
Sei davvero così cieca?
Scosse la testa, cercando di allontanare il dubbio che le aveva instillato l'amica, ma invano, ormai l'aveva insinuato e Clarke non sapeva che cosa fare per scacciarlo.
Lexa sbadigliò un poco dopodiché la vide prendere il cellulare e scrivere un messaggio.
Che cosa stava facendo?
Si diede della sciocca per quei pensieri, ricordandosi di lei e delle visite in ospedale, delle sue paure e delle sue confessioni.
Scese le scale in silenzio cingendola da dietro sorprendendola e facendola sorridere.
Che stupida che era stata.
Il suo sorriso, era stato il suo sorriso a farla impazzire e Octavia non lo poteva sapere, lei non c'era quando Lexa le parlava riempiendo il silenzio di cui tanto aveva paura, Octavia non c'era quando era venuta a recuperarla in centro anche con la febbre e non c'era nemmeno quando Lexa mostrava la vera se stessa.
La vide accigliarsi << Va tutto bene? >> annuì freneticamente spostandosi di fronte a lei << Hai dormito bene? >> Clarke la baciò, con trasporto affondando nel suo profumo << Non che non mi dispiaccia, ma sei sicura che vada tutto bene? >> le chiese una volta tornate a guardarsi e Clarke si rispecchiò negli occhi verdi dell'altra << Sicurissima >> Octavia non avrebbe mai potuto capire il loro legame e po' le dispiacque, ma non avrebbe più dubitato dei sentimenti di Lexa.
Si sedette al suo fianco e lasciò che le prendesse la mano
Sai perché non riesco a separarmi dal tuo tocco?
Sorrise ricordandosi di quel momento << Sei arrabbiata per quello che è successo con Octavia? >> le chiese appoggiandosi alla sua spalla con la schiena << No, posso capirla è protettiva nei tuoi confronti e io non sono stata una così brava persona >> rispose chiudendo la rivista << Stai mentendo >> la sua risata le solleticò l'orecchio << Non è vero, hai fame? >> domandò ancora un poco divertita << Perché ho prenotato da Francie's Patisserie, è una pasticceria molto carina e fanno anche dei sandwich squisiti >> Clarke rabbrividì al solo pensiero di dover uscire << E è anche poco frequentata a quest'ora della notte >> aggiunse ancora e la bionda chiuse gli occhi sospirando e voltandosi per poterla affrontare << Devo proprio? >> Lexa annuì depositandole un bacio sulla mano << Andrà tutto bene vedrai >> Clarke stava già cominciando ad aver paura.

Erano di fronte al locale e Lexa era seduta accanto a lei che la vedeva prendere dei lunghi respiri, dopodiché scese dall'auto e le aprì la portiera << Vieni >> le disse porgendole la mano che Clarke strinse tra la sua senza avere alcuna intenzione di lasciarla.
Tremò un poco e chiuse gli occhi, costringendo la mora a fermarsi quando un ragazzo le passò accanto << Va tutto bene >> le sussurrò accarezzandole la guancia con la mano libera.
Clarke alzò lo sguardo trovando gli occhi di Lexa a ricambiarla << Ce la puoi fare >> la bionda scosse la testa rimanendo ferma e stringendo ancora più forte la mano della giovane << Clarke sono piuttosto sicura che tu ce la possa fare >> era terrorizzata a morte del via vai delle persone << N-no... >> riuscì a dire dopo vari tentativi << D'accordo... >> fece senza alcun tono di delusione o disappunto, tornò semplicemente sui propri passi, ma nel voltarsi si scontrò contro una ragazza che non stava guardando la strada << S-scusi >> << Non si preoccupi >> rispose Lexa tornando a guardare Clarke che aveva cominciato a tremare come una foglia << Ehi...va tutto bene >> si affrettò a dirle prendendole la mano mentre cercava invano di scacciare le lacrime << O mio dio Clarke sei fredda come marmo >> aggiunse mentre gli occhi terrorizzati della bionda sfrecciavano in mezzo alla folla << Perdonami non avrei dovuto... >> continuò scortandola nuovamente alla macchina.
Era andata di nuovo nel panico.
Strizzò gli occhi scacciando le lacrime, rifiutandosi di piangere ancora.
La vide montare dal lato del guidatore e voltarsi verso di lei << Andrà tutto bene, ok? >> Clarke annuì e Lexa messe in moto, sfrecciando per le strade di New York.
Non si stava dirigendo a casa e nemmeno al suo appartamento, dopo poco si fermò di fronte ad uno di quei chioschi aperti fino a tardi che davano sulla strada, la vide smontare e dirigersi verso di esso per poi tornare con due pretzel porgendogliene uno << Spero ti piacciano >> fece strappandole un sorriso << Mi è venuta un idea per aiutarti, ma se non ti piace basta che me lo dici, ok? >> aggiunse mettendosi la cintura di sicurezza e dandole anche il suo pretzel così da tenerglielo mentre guidava, facendosi passare un pezzo di tanto in tanto << D-dove stai andando? >> si strinse nelle spalle << Quando sei in macchina ti senti al sicuro, vero? >> << Sì >> sorrise pulendosi con il pollice il bordo della bocca << Allora che ne dici del cinema all'aperto? >> Clarke si accigliò e si chiese come le potesse essere venuta in mente un idea del genere << Oggi so che proiettano un film d'azione, ma non mi ricordo il titolo, ti piacciono? >> << Sì, ma.. >> << Niente ma >> la interruppe prendendo una strada che portava ad un enorme giardino in cui vi erano parcheggiate numerose macchine, pagò il biglietto per entrambe e si inoltrò all'interno, fermando l'auto abbastanza vicina da poter vedere il film e sufficientemente distante da farla sentire al sicuro << Visto c'è la folla e tu non tremi >> commentò chiudendo le portiere e facendola sorridere ancora << Ti hanno mai detto che sei folle? >> prese dalle sue mani il rimanente del dolce dopo aver abbassato il sedile, sicuramente non le interessava nemmeno il film che stavano trasmettendo << Sì, più volte di quanto tu possa immaginare >> << Bene, allora non mi toccherà ripetertelo >> la imitò cominciando a mangiare anche lei.
La vide stringersi nella giacca e si diede della sciocca ricordandosi solo allora che il giorno prima aveva avuto la febbre << Forse sarebbe il caso che tornassimo a casa >> Lexa si accigliò << Hai paura? >> Clarke sorrise di quella premura << No, è solo che non dovresti restare fuori per troppo tempo, non sei ancora guarita del tutto... >> << La febbre è passata, sto bene tranquilla >> aveva imparato che era inutile discutere con lei quando usava quel tono, così rimase a guardarla mentre le parlava del più e del meno, dimenticandosi di tutto e di tutti.

<< Salve Dottoressa Griffin >> vide il dirigente prendere posto nella scrivania con il suo fascicolo tra le mani << Ormai è passato quasi un mese da quando è uscita dall'ospedale e le analisi che le abbiamo fatto sono risultate positive >> un sorriso automatico si espanse nel suo viso, portando l'uomo ad imitarla << E saremmo lieti di riaverla tra noi con l'inizio dell'anno nuovo >> << Grazie Dottor Dax >> fece Clarke raccogliendo le proprie cose e porgendoli la mano << Grazie a lei, Dottoressa Griffin e buone vacanze >> salutò lui ricambiando il gesto, prima di lasciarla uscire.
Clarke ringraziò ancora una volta che quella parte dell'ospedale fosse poco affollata a quell'ora del mattino e si diresse al parcheggio sotterraneo dove aveva lasciato l'auto.

Stava mangiando dei cereali quando Octavia e Raven la raggiunsero in cucina, la prima non le rivolse la parola andando direttamente al frigorifero mentre la seconda le fece un cenno con la mano mentre con quell'altra si copriva la bocca per l'ennesimo sbadiglio << Come è andato il colloquio? >> non si sorprese più di tanto di sentire la sua voce, del resto il loro rapporto era bello proprio per quello: potevano litigare per ore e poi parlare fra di loro come se non fosse successo niente << Bene, tornerò a lavorare per l'anno nuovo >> informò mettendo la ciotola nel lavabo << Ottimo! >> esclamò Raven che prese un bicchiere del caffè pronto da quella mattina << Allora andiamo a festeggiare? Al Verdant? >> chiese Octavia sedendosi sulla sedia dell'isola degustandosi lo yogurt << A-al Verdant? >> Clarke tremò appena nell'immaginarsi in mezzo a tutta quella gente << Hai da fare? >> avrebbe voluto mentir loro, ma non ne aveva il coraggio << No, è solo che...una serata a casa tutte insieme? >> le due ragazza si accigliarono << Da quando sei uscita dall'ospedale sei diventata così sedentaria... >> Clarke abbassò lo sguardo a quel commento dell'amica << E' solo che non ho molta voglia di uscire, tutto qua >> le vide scambiarsi un occhiata per poi tornare a guardarla << D'accordo, allora pizza e film? >> fece Raven bevendo dalla tazza con un sorriso che nascondeva molto del suo vero pensiero << Certo >> si scambiarono ancora un occhiata e Clarke si irritò un po', ma non disse niente, andò in camera da letto per farsi una doccia.

 

LEXA


Lexa si massaggiò gli occhi stanchi << Che cosa vuol dire che non hai il permesso di effettuare la transizione? >> chiese arrabbiata camminando nell'ufficio << Dovevi fare il bonifico almeno tre ore fa Lincoln >> aggiunse portandosi una mano sul fianco alzando la testa al cielo << La banca vuole che sia tu a firmare, ho già spiegato loro di avere la delega, ma non ne vogliono sapere >> fece dall'altra parte della cornetta << Maledizione Lincoln non ti pago per non fare niente! >> esclamò arrabbiata chiudendo il contatto, sapendo che l'avvocato non se la sarebbe presa conoscendo molto bene il suo carattere.
Afferrò il lungo cappotto e la borsa, dirigendosi alla porta << Ha bisogno di qualcosa signorina Natblida? >> ignorò Alie incamminandosi verso l'ascensore.
Come poteva arrivare in banca in tempo?
Aveva ancora mezz'ora prima che l'accordo saltasse.
Scosse la testa mentre Gustus le apriva la portiera della macchina << Alla Banca Gustus >> ordinò montando in auto e prendendo il cellulare che non smetteva di squillare << Pronto? >> fece spostando i capelli dal viso a causa del vento << Ciao Lexa, sono Clarke...senti per caso sei libera non è che potremmo vederci? >> sospirò picchiettandosi il ginocchio con le dita della mano << Posso richiamarti, non è il momento migliore... >> vide Gustus imboccare la strada che portava alla banca << Certo >> aveva la voce rattristata << Scusami davvero >> fece prima di salutarla e chiudere il contatto.
Si sarebbe fatta perdonare, ma non poteva perdere quell'acquisto, soprattutto considerando che il cliente era disposto a vederla ad una azienda che avrebbe creato dei seri problemi alla Trikru se il pagamento non si fosse fatto quel giorno.
Fece la scalinata della Washington Bank tutta di corsa, sorpassando la porta girevole e dirigendosi all'ufficio del direttore << Oh, salve Signorina Natblida >> si tolse i guanti per aprire il capotto << Ho bisogno di un favore >> lo vide sorridere e tornare a sedersi sulla sua enorme poltrona marrone << Mi dica >> era una di quelle persone così irritati << Lo so che i server ormai sono chiusi, ma ho bisogno di effettuare una transizione >> << Questo le costerà caro >> si morse un labbro per poi tornare a guardarlo con lo sguardo che usava per gli affari << Sai che sono disposta a pagarti, quindi che ne dici di aiutarmi? >> l'uomo si passò lentamente una mano sulla bocca e gli occhi di Lexa si spostarono sull'orologio posto sopra di lui << Non ho tutto questo tempo Gerald, vanno bene diecimila dollari? >> aggiunse infastidita sapendo benissimo che avrebbe accettato e che le stava facendo perdere solo tempo << Vanno più che bene, ho bisogno del conto corrente del destinatario e i suoi dati personali >> fece cominciando a digitare sulla tastiera.
Odiava i banchieri e anche se non credeva in Dio sapeva che c'era un posto tutto per loro all'inferno.

Una volta uscita dalla banca, aveva avvisato il cliente e lui si congratulò con lei con la stessa ipocrisia di tutti gli uomini di quell'ambiente, dopodiché digitò il numero di Clarke << Ciao >> fece una volta che sentì la sua voce << Scusa se prima ti ho praticamente chiuso in faccia, ma avevo davvero un problema con la banca che dovevo risolvere, di che cosa volevi parlarmi? >> chiese salendo in macchina e abbandonandosi contro i sedili << Potresti venire da me? Sarebbe meglio se te ne parlassi di persona >> << Sarò da te, tra venti minuti >>.

Quando le aprì la porta, non l'abbracciò né la bacio e questo le sembrò molto strano, soprattutto dopo che l'aveva fatta accomodare in salotto senza proferire alcunché << Potresti dirmi che succede? >> chiese aggiustandosi il collo del maglione bianco che indossava << Si tratta di mia madre >> Lexa si accigliò facendosi avanti con il busto e prendendole le mani tra le sue << Ha visto una nostra foto su una rivista o su un giornale e...mi ha chiesto di andare da lei per le vacanze... >> tornò a rilassarsi e quasi stette per ridere << Hai un idea dello spavento che mi hai fatto prendere? >> Clarke si accigliò stupita << Guarda che è una cosa seria! Lei non ne sapeva niente e sicuramente vorrà delle spiegazioni >> << Sono quasi certa che la Signora Griffin capirà tutto >> << E da dove proviene tanta sicurezza? >> Lexa non avrebbe mai potuto dimenticare le sue premure durante la notizia del coma di Clarke e delle sue visite << Sesto senso >> << Quindi non avrai problemi ad accompagnarmi >> la mora sussultò nel sentire quella frase << C-cosa? >> << Non avrai mica intenzione di mandarmi da sola, vero? >> deglutì a fatica terrorizzata dal dover incontrare la donna << No, certo che no... >> fece con una sicurezza che non le apparteneva << Bene... >> << Però come hai intenzione di andarci? Di certo l'aereo o anche solo l'aeroporto per te sono off limits >> << Macchina? >> le sorrise e Lexa scosse la testa per l'ingenuità della ragazza << Andiamo con il mio jet >> << Hai un Jet? >> scoppiò a ridere nel vedere lo sguardo sorpreso della bionda << Quando dobbiamo partire? >> incrociò le mani sul grembo, sospirando un po' per la stanchezza << Ci aspetta per la vigilia >> rispose Clarke sedendosi accanto a lei adesso << Tu proprio non ascolti >> la voce dell'amica raggiunse le sue orecchie facendola irrigidire << Octavia per favore... >> sussurrò l'altra e Lexa vide la signorina Blake avvicinarsi minacciosamente << Ascoltami bene, non so che tipo di legame malato vi leghi o se è un tuo modo per estirpare i tuoi sensi di colpa, ma Clarke è una mia cara amica e posso assecondare le sue pazzie come questa, però se la vedrò piangere anche solo volta o sentirti alzare la voce su di lei, sappi che non mi importerà quanto tu sia forte o potente, io ti distruggerò >> non provò rabbia nei suoi confronti dopo aver sentito quelle parole, ma il contrario, quasi la stimava per l'affetto che provava per l'amica e le sorrise anche se sapeva che l'avrebbe solo fatta infuriare di più, ma non riuscì a trattenersi << Va bene >> fece e l'altra rimase ad osservarla ancora per qualche secondo prima di guardare anche Clarke per altrettanto tempo, decidendo infine di uscire dalla stanza << WOW! >> esclamò la bionda passandosi una mano tra i capelli << E' simpatica >> commentò Lexa invece << Penso che tu abbia un concetto diverso dal mio di simpatia >> rise a quel commento, voltandosi poi per baciarle delicatamente le labbra << Sei calda >> << Non sono calda >> ribatté Lexa togliendosi il capotto e sdraiandosi, posando la testa sulle ginocchia di Clarke e le gambe fuori dal divano << Invece sì, non sei ancora guarita e sei andata a lavoro comunque >> Lexa alzò gli occhi al cielo prendendo poi la mano di Clarke e posandosela sulla fronte << Vedi? >> << Sei calda >> sorrise arrendendosi all'evidenza e chiudendo gli occhi.
La senti coprirla con la coperta dietro di loro e accarezzarle i capelli che tanto adorava << Lo sai vero che se continui così non guarirai mai del tutto... >> annuì stancamente con la testa cominciando ad abbandonarsi al tepore delle coperte << Dopo che ti sveglierai chiamerò il tuo ufficio dicendoli che non lavorerai >> << Sì, mamma >> sentì un colpetto sul capo << Sono seria >> lo sapeva che era seria, ma la ignorò accoccolandosi contro la sua pancia << Ehi... >> sentì i suoi capelli solleticarle il viso, probabilmente si era inchinata << Smettila di farmi preoccupare >> le sussurrò depositandole un bacio sulla guancia ricevendo come risposta un mugolio.


OCTAVIA


Lo stava osservando dalla vetrata ormai da qualche minuto, così alla fine decise che fosse giunto il momento di entrare.
Lincoln indossava una giacca blu scura, sopra la polo grigia insieme ai jeans, che rendevano l'abbigliamento meno formale, dai suoi soliti completi.
Lei invece aveva optato per un abito nero senza spalline, indossando dei tacchi dello stesso colore con strisce diamantate sui bordi << Ciao >> fece lui alzandosi per salutarla e per farla accomodare << E' da molto che aspetti? >> chiese una volta sedutasi e preso il bicchiere di vino che le riempì << Non molto, come è andata la giornata >> Octavia si bagnò le labbra con il liquore << Non voglio essere cattiva Lincoln, ma che ne dici di saltare i convenevoli? >> lui sorrise mentre lei si toccò la collana d'argento << Mi pare più che giusto >> commentò lui prendendole la mano, intrecciando le dita con quelle di lei << E' questo che mi piace di te, diretta e precisa >> aggiunse aprendo poi il menu imitato da lei << Dicono che il pesce sia ottimo >> << Passiamo direttamente al dessert? >> chiese Octavia guardandolo intensamente negli occhi << Giornata pesante? >> << Natblida >> una sola parola che racchiudeva una miriade di significati << Lo sai vero che vorrei essere di più che una tua semplice valvola di sfogo, vero? >> stavolta toccò a lei ridere << Lo sei già >> fece avanzando in avanti per baciarlo e lui subito la ricambiò << Te l'ho già detto che sei bellissima? >> lei gli sorrise praticamente sulle labbra prima di tornare a sedersi << Quindi il pesce >> commentò distraendolo dal suo arrossire << Già, ma forse hai ragione te ed è meglio partire direttamente dal dessert >> << Non prendermi così alla lettera >> avvertì lei dopo aver deciso cosa ordinare << Peccato... >> fece lui malizioso facendola sorridere << Cosa prendi? >> aggiunse divertito << Non sai cosa scegliere? >> << Che cosa te lo fa credere? >> Octavia rise passandosi la lingua sulle labbra divertita << Beh, non l'hai nemmeno letto >> << Avevo già scelto prima che tu venissi >> rise sapendo benissimo che stava mentendo << Un insalata >> fece appoggiandosi sul tavolo << Non sei una ragazza da insalata >> si accigliò << Hai ragione non sono una ragazza da insalata >> commentò arricciando il naso ritirandosi << Linguine con salmone e panna >> rivelò bevendo un po' di vino << Alla fine hai scelto il pesce >> << Alla fine ho scelto il pesce e invece tu? >> Lincoln rise abbassando appena lo sguardo << Linguine con salmone e panna >> sussurrò facendole l'occhiolino << Dicono che siano ottime >> commentò lei cominciando a dimenticarsi della rabbia accumulata quella mattina.

Sentiva le sue mani inoltrarsi sotto l'abito mentre la sua bocca era piena della sua.
Avevano appena consumato la cena e lui l'aveva invitata nella sua stanza, visto che risiedeva nel Plaza, cominciando a baciarla nell'ascensore, così che adesso mentre cercava di chiudere la porta della camera lui si insinuava con le dita << L-lincoln >> gemette lei mentre la voltava per aprirle la cerniera dell'abito senza smettere di baciarle il collo.
La sollevò dopo aver fatto ricadere il vestito sul pavimento per poi farla cascare sul soffice letto, lo vide spogliarsi della giacca e della polo e ammirarla da sopra di lei.
Fece forza sui gomiti attirando a sé il suo volto, costringendolo ad abbassarsi per poterla baciare.

 

LEXA


Sarebbero partiti quella mattina per questo Clarke era venuta a dormire da lei e adesso si stava lavando nella sua doccia.
Di tanto in tanto la sentiva canticchiare qualcosa e la fece sorridere saperla finalmente tranquilla nei riguardi della madre, ma ancora la preoccupava la sua paura.
Certo poteva averle evitato la folla dell'aeroporto, ma sarebbe tornata a lavoro da lì a qualche giorno e non era ancora riuscita a superare l'agorafobia.
Stava pettinando i lunghi capelli castani quando Aiden apparve sulla porta << Quindi non passerai con noi il Natale? >> chiese palesemente dispiaciuto e Lexa si alzò per affiancarlo, chiudendo la porta alle sue spalle << No, ma ho già parlato con Indra, andrai da lei per le festività >> schioccò la lingua << Sai che non mi diverto a Washington! Non conosco nessuno >> << Non posso lasciarti solo a casa >> << Non sono mai solo! Tristan e Emerson sono sempre fuori dalla porta >> ribatté lui alzando le mani al cielo << Ti prego >> la supplicò e lei sospirò profondamente << V-va bene, ma niente feste! >> sapeva che ne avrebbe data una comunque << Certo prometto! >> bugiardo patologico.
L'abbracciò prima di tornare nella sua stanza e Lexa già cominciava a sentire le chiamate dei vicini che si sarebbero lamentati.
Quando tornò in camera trovò Clarke in pantaloncini e reggiseno con in mano una canottiera.
I suoi occhi cominciarono a memorizzare ogni cosa e si fermarono più del dovuto sulle tre cicatrici che aveva in pieno petto e quando la bionda se ne accorse fece per indossare la maglietta, ma venne fermata da Lexa << A-aspetta... >> sussurrò e senza volerlo le toccò, soffermandosi su ognuna per qualche secondo << L-lexa.. >> la chiamò Clarke un poco a disagio e quando Lexa tornò a rispecchiarsi nei suoi occhi si ritrovò ad affondare nelle sue labbra.
La baciò con intensità come a volerla far diventare un tutt'uno con se stessa, assaporò il sapore di menta della sua lingua e i capelli bagnati con le mani, ma quando tornò a guardarla non disse niente, non parlò rimase a guardarla e lei a ricambiarla con il volto un poco arrossato << Vestiti >> sussurrò ad tratto facendola sussultare << Dove andiamo? >> le sorrise prendendole ancora una volta il volto tra le mani e baciandola di nuovo << Fidati di me >>.


CLARKE


<< No >> fece scuotendo la testa freneticamente << Clarke ti prego >> l'abbracciò stringendola forte a sé << Ti prego... >> le sussurrò mentre cominciava a singhiozzare.
L'aveva seguita fino a lì, le aveva voluto credere e ci aveva quasi creduto quando aveva camminato qualche passo stringendole forte la mano, sorprendendosi persino di quanto si distanziò dalla casa, ma quando le persone aumentarono e cominciarono a toccarla si era pietrificata, non riuscendo più a fare alcun passo << No...per favore >> strizzò forte gli occhi cercando di non vedere ciò che la circondava << Va tutto bene, non ti succederà niente, non può succederti niente... >> le disse in un orecchio cominciando ad accarezzarle la testa << Non è vero...lui... >> la sentì scostarsi da lei << Lui non c'è più Clarke, nessuno ti farà ancora del male te lo prometto >> in preda alle lacrime riaprì lentamente gli occhi e trovò quelli umidi di Lexa a ricambiarla << Vedi? Non sta succedendo niente >> aggiunse e la bionda quasi con paura cominciò a guardarsi intorno << Nemmeno si accorgono che siamo ferme qui da almeno venti minuti >> continuò senza togliere le mani che la legavano a lei << Sei forte Clarke, sei la persona più forte che conosca e so, lo so come i sentimenti che provo nei tuoi confronti, che riuscirai a superarlo >> si accorse di cominciare a calmarsi piano piano e riacquistare il controllo sul proprio corpo, riabituandosi con calma al via vai delle persone.
Non sapeva il perché l'avesse costretta a venire lì o perché avesse voluto farlo proprio ora, ma gliene fu grata << G-grazie >> fece accennando a malapena un sorriso, ancora un poco impaurita << No, sono io che devo ringraziarti >> Clarke non fece in tempo a parlare che le labbra di Lexa erano di nuovo sulle sue.
In quel momento non pensò agli occhi curiosi delle persone che camminavano fra loro o agli sguardi di genitori scandalizzati, pensò solo a lei e a Lexa, a lei e alla sua lingua, a lei e a loro e basta.
__________________________________________________________________________________________________________
NA: Ciao carissime/i scusate per lo stramega ritardo nel pubblicare, ma ho avuto dei problemi con la connessione :) Come vi sarete accorte anche voi stiamo giungendo al termine della fanfic, infatti questo sarà il penultimo capitolo, di conseguenza quello dopo sarà l'ultimo :) Comunque fatemi sapere che cosa ne pensate di questo capitolo ;) che mi fa sempre piacere leggere i vostri pareri.
PS: Ma non disperate ho già in mente altre belle idee che mi divertirò a pubblicare e ovviamente spero che continuerete a seguirmi :D!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


NA: All'inizio di ogni paragrafo troverete il nome del Point of View del personaggio, buona lettura
_____________________________________________________________________________________________
 

LEXA


La Signora Griffin viveva lontana dalla città, Clarke le aveva rivelato che suo padre aveva comprato quella casa con i risparmi di una vita, solo perché all'età di sedici anni l'aveva promessa alla moglie.
La casa in cui era cresciuta Clarke era un enorme villa bianca, con dei grandi pilastri sul porticato e un altrettanto vasto giardino << Clarke! >> esclamò la donna venendo incontro alla figlia che stava scendendo dalla macchina, seguita da Lexa che nel frattempo continuava a guardarsi intorno, scorgendo una piccola altalena adesso circondata dalla neve << Come è stato il viaggio? >> sentì avvicinandosi e non sapendo bene come comportarsi, ma non ci fu bisogno di alcuna presentazione, perché la madre di Clarke l'abbracciò e ancora una volta Lexa rimase sorpresa << Il viaggio è andato benissimo il Jet privato di Lexa è bellissimo >> fece la bionda entrando all'interno seguita dalla Signora Griffin.
Con la valigia ancora in mano, osservò la sedia a dondolo insieme ai tavoli messi sulla veranda e sfiorò con le dita le piante ben curate << Lexa?! >> Clarke la stava chiamando, probabilmente si era accorta della sua assenza perché la vide tornare indietro verso di lei << Va tutto bene? >> annuì seguendola.
Anche all'interno c'era la stessa atmosfera dell'esterno, ogni cosa in quella casa era curata e ben posta, ma sopratutto si poteva percepire il bene che la Signora Griffin volesse alla figlia.
Al muro vi erano appese foto di Clarke all'asilo, al parco con un amico, con le vesti del diploma e persino della laurea; in un angolo vi erano le sue sculture e alcuni premi di chissà quale gara, ma oltre a quello c'era anche aria di festa, niente a che vedere con la casa Natblida, il cui senso di festa era invitare personaggi noti o fare un evento di beneficenza per i meno fortunati, no, a casa Griffin c'era l'albero di Natale personalizzato con i dolci e foto, c'erano le calze appese al camino e festoni per la rampa di scale << Lexa? >> si sentì toccare un braccio e nel voltarsi trovò gli occhi preoccupati di Clarke a ricambiarla << S-si? >> la vide sorridere << E' da più di cinque minuti che continuo a chiamarti >> scosse la testa prendendole la valigia che aveva ancora tra le mani << Vieni ti mostro la stanza >> Lexa la seguì al piano superiore continuando ad ammirare le varie decorazione come la ghirlanda appesa ad ogni porta, compresa la sua << Purtroppo abbiamo le stanze separate >> la informò aprendo la sua camera, la cui aria natalizia non mancava, viste le coperte con le renne disegnate e la finta neve posata sul camino spento << Su dimmi cosa succede >> le disse una volta posata la valigia e cingendole la vita << Perché dovrebbe succedere qualcosa? >> Clarke alzò gli occhi al cielo sempre sorridente per poi aprirsi il cappotto.
Indossava semplicemente un maglioncino grigio e dei pantaloni bianchi, ma agli occhi di Lexa parve bellissima << E' da quando siamo arrivate che non parli e sembri tra le nuvole >> fece aprendole il cappotto come si fa con i bambini, probabilmente perché continuava a distrarsi << No, è solo che è diverso qui >> si spiegò tirando la manica della maglia nera abbassando lo sguardo << Diverso? >> la vide mettere le giacche dentro un armadio, molto sicuramente alla fine avrebbero condiviso la stanza << Sì, non sono abituata a quest'atmosfera >> si sedette sul letto strusciando le mani contro i pantaloni beige cercando di scaldarle << Perché di solito come festeggiate? >> Clarke si diresse al camino accendendolo con una valvola, probabilmente era una di quelli che funzionava a gas << Non così, cioè non è che il nostro modo mi dispiaccia, ma così è più bello, intimo quasi >> la bionda si accigliò porgendole una mano per issarla in piedi << Beh, allora è una buona cosa, no? >> Lexa annuì stringendole la mano nella sua mentre tornavano al piano di sotto << Avete fame? >> chiese la madre senza far passare inosservato lo sguardo che rivolse alle loro mani intrecciate << Ma prima dobbiamo parlare >> aggiunse facendosi seguire in cucina, dove vi erano numerosi tipi di biscotti e crostate.
Clarke sembrava tranquilla, cioè l'esatto opposto di lei che non osava alzare lo sguardo e ancora una volta ringraziò di aver lasciato i capelli sciolti, così che almeno potessero nasconderla un poco << Io non ho niente in contrario a tutto questo e voglio che voi lo sappiate >> la vide tagliare delle fette di torta al cioccolato e posarle in quattro piatti differenti << E riesco in parte a capire cosa possa averti legato a lei Clarke, ma invece che cosa lega te a mia figlia? >> la donna posò il coltello a la stava guardando senza distogliere lo sguardo nemmeno per un attimo << Mamma... >> << Il dolore >> la interruppe Lexa alzando lo sguardo e liberandosi dal tocco di Clarke per avvicinarsi meglio alla madre << E' stato il dolore a legarmi a Clarke, perché è con la morte di Costia che l'ho conosciuta la prima volta e il dolore che mi ha causato è stato devastante, ma a mia volta io sono stata la causa del suo. Vorrei dirle che la nostra relazione si sia basata sulla bellezza e sull'amore, ma sarebbero solo menzogne. Ho portato sua figlia al suicidio e me alla pazzia, ho causato dolore alle persone che mi circondano e a quelle che circondano Clarke, ma non le direi mai di essermi pentita di tutto questo, perché non è vero. Certo, una parte di me non avrebbe mai voluto che le sparassero, ma l'altra parte ne è felice perché mi ha permesso di comprendere quanto per me sua figlia sia importante >> si fermò per riprendere fiato ed osservare la reazione della donna che però rimase in attesa con le braccia al petto << Ma come le ho detto il nostro legame non è basato sull'amore, ma sul sostenersi a vicenda, sul comprendere le debolezze l'una dell'altra e ciò porta inevitabilmente ad affezionarsi e ad amarsi. Quello che sto cercando di dirle è che ciò che mi lega a Clarke è qualcosa di più della semplice attrazione >> sentiva che ogni parte del suo corpo avrebbe voluto scappare, ma rimase lì ferma a sostenere lo sguardo della Signora Griffin che dopo poco annuì lentamente << Bene >> esclamò prendendo due piatti << Allora posso fidarmi, andiamo? >> le fece incamminandosi fuori dalla cucina.
Tutto qui?
Non che le dispiacesse, ma del resto che cosa si poteva aspettare da lei?
Già in ospedale l'aveva trattata con premura e quasi sicuramente si era resa conto dei suoi sentimenti molto prima di lei, forse si era resa conto persino di quelli della figlia << Sei stata meravigliosa >> le disse Clarke baciandola castamente prima di prendere gli altri piatti rimanenti e la sua mano trascinandola con lei.

Alla fine l'aveva costretta a fare una passeggiata con lei nel loro giardino, così adesso stavano passando sotto una coltre di alberi e Lexa non riusciva a non notare l'incisione su uno di essi: CxJ << Che cos'é? >> chiese indicandolo e sfiorandolo con le dita << Beh è stato il mio primo amore...l'ha fatta mio padre, prima lì c'era una casa sull'albero, era il nostro rifugio >> le rivelò mettendosi le mani in tasca per il freddo << Infatti se noti bene c'è ancora qualche asta di legno >> Lexa alzò lo sguardo e riuscì a scorgere qualche barra e chiodo << Come mai non c'è più? >> domandò ancora tornando ad affiancarla per riprendere il cammino << Era vecchia e il vento l'ha tirata giù >> la sua voce aveva esitato un poco << Io non ho mai avuto una casa su un albero >> le fece stringendola forte a sé << Cosa? >> esclamò indignata l'altra << Beh, non amo molto l'altezza >> << Ma vivi in un palazzo! >> Lexa alzò gli occhi al cielo superandola per raccogliere un ramoscello << Non è la stessa cosa e poi non mi avvicino alle finestre >> si giustificò portandosi dietro i capelli che le erano ricaduti sul volto << Non hai idea di quello che ti sei persa >> disse facendola ridere << Come mai sei voluta venire qua fuori? >> chiese poi tornandole vicino << Volevo rimanere da sola con te >> le sussurrò intrecciando nuovamente le dita con le sue per voltarla e baciarla.
Le labbra di Clarke erano morbide e sapevano di burro di cacao, quel pensiero la fece ridere tra un bacio e l'altro mentre riprendeva fiato.
Si chiese che cosa aveva fatto per meritarla, ricordandosi come l'aveva ferita e odiandosi anche solo per averla fatta piangere in passato << L-lexa? >> si staccò da lei e la guardava preoccupata << Stai piangendo? >> di riflesso si portò una mano sulla guancia rendendosene conto solo allora << H-ho fatto qualcosa di sbagliato? >> Lexa scosse freneticamente la testa prendendole nuovamente il volto tra le sue mani << No >> rise facendola sorridere con lei << Assolutamente no >> aggiunse baciandola ancora.
Niente, non aveva fatto niente per meritarla, ma avrebbe fatto di tutto per tenerla stretta a sé.

 

CLARKE


Lexa era stata strepitosa con sua madre era riuscita a conquistarla e per un attimo aveva avuto davvero paura del contrario.
Stava prendendo i piatti dal mobiletto in alto quando sentì le sue braccia cingerla << Ehi >> le sussurrò in un orecchio prendendo le stoviglie dalle sue mani e posandole sull'isola << Che ci fai qui? >> << Abigail mi ha mandato ad aiutarti e poi cominciavano ad annoiarmi >> rivelò sottraendosi al suo sguardo per prendere la torta dal frigorifero << Dove sono le posate? >> le chiese, ma Clarke rimase ad osservarla aprire i cassetti rimanendo immobile e sperando che non si girasse.
Amava i suoi lunghi capelli e represse l'impulso di toccarli << Clarke? >> probabilmente notò il suo viso arrossato e il suo imbarazzo per essere stata scoperta, così si portò una ciocca dietro l'orecchio inumidendosi le labbra, abbassando lo sguardo << S-sono nel terzo cassetto del primo mobiletto >> stava ridendo, lo sentiva anche se non la vedeva << Va tutto bene? >> eccola, ecco la voce maliziosa che adorava e che le usciva ogni volta che la scopriva a guardarla << S-sì >> mentì percependo il suo avvicinarsi senza avere né il coraggio né la forza di affrontare i suoi meravigliosi e languidi occhi verdi.
Le cinse i fianchi con le belle mani e stavolta fu impossibile evitare il suo sguardo.
Era bella, era bella come la prima volta che le aveva permesso di vederla per quello che era: i capelli castani le ricadevano sulla schiena e qualche ciocca sulla spalla, facendo risaltare ancora di più quel sorriso che tanto la faceva impazzire, ma ciò che la ipnotizzò più di qualsiasi altra cosa erano i suoi occhi pieni di desiderio e le sue labbra umide che si posarono su di lei, pretendendolo come un comandante con il suo soldato.
Sentì la sua lingua dentro di lei come non l'aveva mai sentita, non la stava baciando, ma divorando perché era esattamente quello che stava facendo nel spingere la sua bocca contro la sua con la mano che aveva risalito il suo corpo fino a raggiungere il collo.
La costrinse ad indietreggiare senza smettere di baciarla << L-lexa >> sussurrò non riconoscendo la propria voce in quel suono e stavolta fu lei a baciarla con più vigore, mordendo un poco il suo labbro mentre la sua mano finiva sotto la sua maglietta.
Doveva smetterla, sua madre la stava aspettando, avrebbe dovuto smetterla, ma non ci riusciva.
Le labbra di Lexa si spostarono sulla gola, assaporandola con la lingua e con i denti mentre la mano di Clarke si intrecciava intorno al suo collo << L-lexa... >> mormorò mordendole la pelle per non gridare quando la sentì toccarla.
Le sembrava che tutto il corpo andasse a fuoco, inarcò la schiena appoggiandosi con le mani all'isola e annaspando sentendo l'aria mancarle << Clarke? >> la voce di sua madre le giunse alle orecchie così come i suoi passi che si avvicinavano.
Ancora ad oggi Clarke non riesce a spiegarsi come Lexa sia riuscita a ricomporsi quando a lei le ci volle più tempo di quanto aveva a disposizione e ancora ad oggi non si ricorda quale scusa sciocca e stupida abbia inventato a sua madre quel giorno, ma di certo si ricordò ciò che accade subito dopo...<< Clarke? >> la voce di Lexa la stava chiamando dal salotto << Clarke! >> adesso era nella loro stanza << Si può sapere che cosa stai facendo? >> le chiese sedendosi accanto a lei << Niente >> si affrettò a dire chiudendo il pc << Stai ancora scrivendo di noi? >> la bionda scosse la testa per poi annuire << Sei così stupida! Andiamo che è pronta la cena >> le disse scompigliandole i capelli.
Clarke riaccese il computer: Ma di certo si ricordò ciò che accade subito dopo: lei e Lexa rimasero sempre unite e sarebbe una bugia dire che non hanno avuto i loro alti e bassi, ma sono riusciti a superarli insieme, litigando e amandosi.
Digitò quell'ultima parola sorridendo << Clarke! La cena! >> Lexa la chiamò nuovamente e con il sorriso che minacciava di non volersene andare scese le scale << Arrivo! >>.

_______________________________________________________________________________________________
NA: Ciao carissime/i eccoci giunti alla fine di questa fanfic, che ne pensate? Avete apprezzato il finale o vi aspettavate altro? Mi raccomando recensite tutti i vostri pensieri positivi o negativi e sopratutto grazie per avermi seguito fino alla fine :)

PS: In giornata dovrei riuscire a pubblicare la nuova fanfic Clexa 2.0 mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate devo premettere però che è un mode completamente diverso ;)

 

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3489006