Draghi, riconoscerli e classificarli.

di Arvo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** -PROLOGO ***
Capitolo 2: *** SEZIONE PRIMA, capitolo 1, Viverne e Lindworm ***
Capitolo 3: *** SEZIONE PRIMA, capitolo 1, Dragoni e Tarasco ***
Capitolo 4: *** SEZIONE PRIMA, capitolo 1, Anfitteri e Piasa ***
Capitolo 5: *** SEZIONE PRIMA, capitolo 2, Lung Ryu e Rong ***



Capitolo 1
*** -PROLOGO ***


PROLOGO


Spesso, al giorno d'oggi, quando si parla di draghi la maggior parte delle persone non ha le idee chiare su queste creature schive e rare. Queste, nei secoli, hanno intrattenuto stretti legami con l'uomo e spesso sono intervenute nelle nostre faccende arrivando a cambiare, in alcune particolari occasioni, persino il corso della storia.  Abbiamo molti riferimenti letterari che attestano i contatti tra uomo e drago: La Bibbia, le Argonautiche di Apollonio Rodio, l'Historia Naturalis di Plinio, le leggende cinesi, gli scritti del grande viaggiatore Veneziano Marco Polo. Tuttavia queste fonti sono spesso inquinate dalla suggestione, dal mito e dalle dicerie. Noto esempio, l'Apocalisse di San Giovanni Apostolo, dove viene descritto un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna che combatte contro Dio e i suoi angeli e insidia la Vergine Maria. I draghi non sono di certo le creature più docili e pacifiche del mondo, ma come voi sapete (o imparerete), sanno essere molto umani e di certo non sono paragonabili alla figura del demonio.
Queste creature sono da sempre state fraintese dalla maggior parte dei popoli e in tutte le epoche: gli orientali considerano tutt'oggi questi esseri infinitamente saggi e docili, mentre gli occidentali li associano a figure demoniache e nemiche dell'umanità. Come sempre la verità sta nel mezzo, dal momento che i draghi (così come gli uomini) sono animali soggetti a istinto e ad umori.
Questo mio saggio vuole essere un chiarimento atto a portare ordine nell'immenso patrimonio letterario e mitico che circonda la figura dei draghi. L'opera, pertanto, si suddividerà in diverse sezioni, organizzate in capitoli, ognuna delle quali sarà consultabile separatamente, in modo da fornire un'accuratissima descrizione biologica e anatomica di queste creature magnifiche:

SEZIONE PRIMA- RAZZE

CAPITOLO 1: draghi occidentali, dove trovarli e come riconoscerli
-Viverna
-Lindworm
-Dragone
-Tarasco
-Drago Nordico
-Anfittero
-Piasa

CAPITOLO 2: draghi orientali, dove trovarli e come riconoscerli
-Lung Cinese
-Rong Vietnamita
-Ryu Giapponese
-Naga Indiano
-Draghi Coreani: Yong e Imoogi

CAPITOLO 3: draghi particolari e misteriosi
-Dragone Anziano
-Salamandra
-Fenice
-Basilisco
-Drago Marino
-Serpente Arcobaleno

SEZIONE SECONDA-ANATOMIA

CAPITOLO 4: movimenti e scheletro
CAPITOLO 5: il fuoco e il veleno

SEZIONE TERZA-BIOLOGIA

CAPITOLO 6: vita, riproduzione, habitat e curiosità.

Nella descrizione delle bestie procederò senza entrare nel merito di termini zoologici e complicati. L'analisi dei draghi sarà quella effettuabile ad occhio nudo da qualsiasi avventuriero abbastanza fortunato da imbattersi in essi.

Dunque signori armatevi di picca, spada e armatura: questo viaggio ci condurrà nelle terre pericolose e lontane dei draghi!
-Sir Nathan Tumhn, 1453, Londra.

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Capitolo 2
*** SEZIONE PRIMA, capitolo 1, Viverne e Lindworm ***


SEZIONE PRIMA-RAZZE

 
CAPITOLO 1: draghi occidentali, dove trovarli e come riconoscerli.
 
LA VIVERNA
 
Le Viverne sono tra i draghi più rappresentati nell’araldica, soprattutto in Inghilterra e nella penisola Italiana. In particolare nella zona dell’Umbria sono frequenti gli avvistamenti di questa particolare razza. 
Da ricordare l’esemplare soprannominato Thyrus, che affliggeva gli abitanti del comune Umbro di Terni nel VII secolo e che fu ucciso da un eroico e giovane cavaliere.
Ma come riconoscere una Viverna?
Questa razza di drago è identificabile dalle due sole zampe posteriori, dalla lunga coda serpentiforme che termina a cuneo e dai colori sgargianti o iridescenti, che spaziano tra il bianco, il rosso e il verde.
Il corpo, lungo e slanciato, è coperto di squame e il dorso presenta una vistosa cresta appuntita, solitamente dello stesso colore del corpo e del ventre che invece è ricoperto da piastroni callosi molto resistenti.
Le ali sono molto grandi e tutto l’apparato muscolare alare è sviluppato e massiccio per sostituire le zampe anteriori, mancanti, durante i periodi a terra (in alcune sottospecie particolari, come quella Africana, le zampe posteriori con l’evoluzione non sono scomparse ma si sono assimilate nelle ali).
Il muso è spigoloso e appuntito. Gli occhi, posti ai lati del cranio al termine dell’osso del naso, sono poco sporgenti e spesso di colori tendenti al giallo o al verde.
La Viverna è inoltre caratterizzata dal grande numero di sottospecie sparse nel mondo:
 
Partendo da occidente verso oriente, possiamo trovare la Viverna Artica in Groenlandia e nella Penisola Scandinava (tuttavia in numero nettamente minore rispetto al più noto Dragone Artico) poi quella Italiana e Inglese (quella inglese si riconosce per i colori più tendenti al vermiglio mentre quella italiana tende ai toni boschivi), quella Africana e infine, nell’estremo est, quella Indiana.
 
La Viverna Artica è un esemplare magnifico, dal colore bianco con sfumature azzurre. Essendo la pelle squamosa e lucida, spesso riflette a sua volta i raggi solari rimandati dalla neve e dal ghiaccio. Per questo motivo, durante il giorno, la Viverna Artica sembra essere avvolta da un’aura magica. La coda ricorda un arpione e probabilmente è usata dalla bestia per la pesca del pesce. L’anatomia muscolare è quella di una normale Viverna, ma uno strato di grasso più sostanzioso e una criniera bianca che avvolge il collo gli conferiscono un aspetto piuttosto diverso da quello dei suoi “cugini”. Quando si sente minacciato dalla pelle trasuda acqua che ghiaccia velocemente a causa delle basse temperature del suo habitat, avvolgendolo in una sorta di corazza. Il muso è caratterizzato dalla presenza di lunghe zanne che ricordano quelle dei trichechi, con le quali le Viverne Artiche si aiutano nelle scalate dei ghiacciai e delle scogliere dopo la caccia in mare. Si pensa che questo drago sia anche in grado di nuotare sott’acqua ma non ci sono fonti certe. Gli occhi di questa specie ricordano quelli degli uomini orientali, in quanto sono allungati e a mandorla, probabilmente per difendere le fragili membrane dell’occhio dagli accecanti riflessi della neve.
La Viverna Africana è di colore spesso tendente al marrone-verde con sfumature nere. Questa Viverna ha pochi tratti peculiari ma si distingue per gli arti posteriori sviluppati, le ali che hanno assimilato le zampe anteriori e per le grandi dimensioni. Raggiunge i 49 piedi di altezza muso-terra (circa 15 metri n.d.r) e i 32 piedi dorso-terra (circa 10 metri n.d.r), senza contare la cresta, spesso nera o verde e bassa.
Oltre l’Hindu Kush, nelle terre dove giunse Alessandro magno durante la sua spedizione di otto anni in Asia, vivono le Viverne Indiane.
Si distinguono in due sottocategorie: Drago di montagna Indiano e Drago di Palude Indiano. Il primo è stato avvistato raramente. E’ di indole estremamente socievole e caratterizzato dal colore dorato e dalla criniera rosso vivo. Vive tra le irraggiungibili vette dell’Himalaya e raggiunge anche i pendii dell’Hindu Kush. La sua controparte di palude, invece, è lenta, di colore scuro, schiva e diffidente. Entrambe le sottocategorie hanno ispirato, nei secoli, il “bindu” e il terzo occhio. Difatti sia il vezzo estetico delle donne indiane di apporre un brillante o una piccola pietra sulla fronte, sia il simbolo religioso caratteristico dell’Induismo e del Buddhismo, ricorda proprio la gemma di natura ancora sconosciuta che i draghi Indiani portano tra gli occhi.
 
Come avete potuto constatare con le Viverne ho dovuto uscire dai confini dell’occidente e scomodare i popoli al di là dell’antica Persia. 
 
IL LINDWORM
 
Il suo nome ci fornisce una descrizione immediata. Lindowrm infatti è una forma anglicizzata dell’antico nome Linnormr, “serpente stritolatore”.
E’ un drago di tipo serpentiforme e, nonostante sia tipico della mitologia norrena, ne è stato individuato dallo stesso Marco Polo un esemplare nelle steppe dell’Asia centrale. E’ rappresentato spesso su pietre runiche  di paesi nordici, ed è strettamente legato alle figure di Odino, Loki, Beowulf e Thor. Nell’antichità è stato spesso chiamato Wyrm (serpente o verme). Dai miei studi, effettuati presso le terre del Nord, posso affermare con assoluta certezza che il Lindowrm può essere di due tipi nettamente distinti tra loro ma accomunati spesso dallo stesso nome:
Il Lindworm serpentiforme, dotato di una struttura ossea, simile ad un serpente ma con due zampe vicino alla testa con le quali si muove rapidamente, e Il Lindworm vermiforme, invertebrato e in grado di sputare acidi corrosivi.
Incontrai questa seconda tipologia nel Götaland. Uno di questi Lindowrm si avvicinò strisciando e fui subito colpito dalla pelle viscida coperta di bava, il puzzo di zolfo e la testa sprovvista di occhi e di corna. Per interesse scientifico mi avvicinai, ma la creatura sputò un liquido nero, che mi finì su uno stivale di cuoio corrodendolo fino alle calze! 
Al contrario, i Lindworm serpentiformi sono creature maestose, spesso di colori scuri, tendenti al nero o al grigio.
Parlando dei miti norreni, sorgono dei dubbi circa l’identità del Miðgarðsormr, il mostro che ucciderà Thor, e che sarà ucciso dallo stesso ai Ragnarǫk (fine del mondo). 
Alcuni sostengono, infatti, che il mostro in questione sia un “serpente marino” (Ne parleremo più avanti). Tuttavia sono molto più propenso a definire il Miðgarðsormr un Lindworm serpentiforme a tutti gli effetti.


DUE LINDWORM SU PIETRA RUNICA


 

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Capitolo 3
*** SEZIONE PRIMA, capitolo 1, Dragoni e Tarasco ***


DRAGONE

Circa un anno fa mi recai presso l’arco Alpino per portare a termine delle ricerche. Una sera, verso il tramonto, invece di tornare direttamente ai miei alloggi cavalcai per un sentiero di montagna lungo il quale sorgevano molte fattorie. Proprio quando ero in procinto di riprendere la via per la città a valle per l’ora tarda, passai davanti ad una piccola fattoria. Vidi due vacche stavano a terra, mangiucchiate e in una pozza di sangue. Riconobbi immediatamente il “modus operandi” del Dragone Alpino. 
Scesi da cavallo e mi avvicinai cautamente alle povere bestie. Avvertii un rumore e mi fermai tendendo l’orecchio: dietro un capanno sentivo sbuffare e masticare. Preso dall’euforica incoscienza di ricercatore corsi fino alla costruzione in legno da dove provenivano i rumori e, incredibilmente, trovai dietro di esso un Dragone che mi dava le spalle, intento a consumare la sua cena. Era di dimensioni molto contenute, probabilmente un esemplare di quattro o cinque anni, alto all’incirca 20 piedi, rosso e marrone. Con le possenti zampe posteriori si teneva saldo al terreno, mentre con quelle anteriori, muscolose ma proporzionate, stringeva la preda. Teneva le ali ripiegate come se dovesse spiccare il volo da un momento all’altro. 
Per timore che sentendomi arrivare mi scambiasse per un cacciatore gli dissi che mi ero avvicinato con il solo intento di guardarlo. 
Il dragone si girò, senza mollare la preda: gli occhi gialli brillavano nel buio, le corna sotto le orecchie a punta parevano una grande corona svettante. Digrignò i denti, rossi di sangue. La coda vibrò. Brutto segno.
Lo ammirai per pochi istanti, poi, inutile dirlo, scappai a gambe levate.
I Dragoni, a differenza della maggior parte delle Viverne, sono molto intelligenti: capiscono perfettamente le parole degli uomini (non interpretano le parole, ma i suoni e le espressioni) e sanno elaborare strategie e pensieri complessi. Sviluppano società patriarcali composta da due o tre nuclei familiari, e sviluppano linguaggi e segni di scrittura. Gli studiosi hanno identificato quattro lingue parlate solo tra i draghi Europei, due delle quali sono state quasi del tutto elaborate e capite da me e alcuni miei colleghi. Riguardo agli alfabeti, ne abbiamo decifrato uno soltanto detto, banalmente, Dragonico.
Tuttavia, a causa della loro diversa anatomia, i Dragoni e altri draghi “superiori” (o la maggior parte di essi) non riescono ad articolare bene il linguaggio degli umani. Infatti le loro lingue, per necessità anatomica, sono improntate sui suoni duri e gutturali. Un discorso a parte sarà fatto per la razza dei Long e per il Dragone Anziano.
Voi adesso vi starete sicuramente chiedendo se il drago che ho incontrato nelle Alpi avesse capito ciò che cercavo di comunicargli.
Ebbene, la risposta è no.
Perché?
I draghi hanno un ciclo vitale piuttosto lungo (i Dragoni raggiungono la maturità sessuale all’incirca intorno ai 12 anni e ne vivono circa 120), quindi il drago con la quale ho erroneamente cercato di interagire era un drago di “appena” cinque anni. Quindi nonostante avesse raggiunto l’indipendenza parziale dalla madre, non era ancora in grado di elaborare e capire il linguaggio.     
Secondo gli studi un dragone esprime e capisce correttamente il linguaggio intorno ai 40’anni.
 
Come abbiamo già detto i Dragoni sono dotati di quattro zampe muscolose e articolate. Le zampe posteriori sono simili a quelle dei leoni, dotate di un metatarso allungato e con l’intero piede che poggia sulle sole falangi. Le “braccia”, poste al termine del collo, ricordano quelle umane e godono di deltoide e bicipite estremamente possenti, e di una mano articolata in 4 o 5 dita, con pollice opponibile. Il corpo è corazzato in  modo del tutto simile alla viverne, con squame ignifughe e resistenti. Il muso del Dragone, invece, è caratterizzato da una muscolatura molto complessa (che consente il linguaggio e una gamma di espressioni assenti in quasi tutti gli animali) e dai tratti molto marcati e spigolosi e, come la Viverna, questa razza si distingue per l’incredibile maestosità ed eleganza. Il colore degli occhi varia dall’azzurro al giallo, passando per le tonalità del verde, e le palpebre di solito sono nere. 
 
Le sottospecie di questa razza sono molte, sparse soprattutto per L’europa, come il Dragone Artico, il Dragone Alpino e il Dragone Siberiano. Quest’ultima sottospecie non è da confondere con il Dragone Artico, infatti la variante Siberiana è caratterizzata da un colore grigio a chiazze bianche e dalla presenza di pelliccia nera e calda sul petto e sul collo.
 
Un discorso a parte va fatto per i famosi “Dragoni Elementari”. Non esistono in realtà varianti in possesso di particolare poteri o in grado di dominare gli elementi. Tuttavia è stato avvistato un Dragone “vulcanico”, di colore nero intenso, ricoperto da una corazza che gli permetterebbe di sopravvivere nelle zone magmatiche. Del dragone Artico si può pensare invece che “domini” le acque e i ghiacci, e lo stesso vale per la specie Alpina, che si muove agilmente tra le rocce ed è caratterizzato dalla corporatura massiccia che ricorda la fisionomia di una montagna.
 
N.d.r
Si dice che nel 1779 alcuni marinai, membri della spedizione comandata dall’inglese James Cook presso le Hawaii, avvistarono un Dragone Vulcanico. Purtroppo lo scrittore Nathan Tumhn, all’epoca della scoperta, era morto da diversi secoli.
 
TARASCO
 
Spostiamoci in Francia, più precisamente nella Provenza. Il drago caratteristico di questo luogo è la Tarasque (o Tarasca/Tarasco).
Secondo le leggende questo animale ebbe origine nella Penisola Anatolica, più precisamente nella Galazia, terra dei Galati.
Si dice sia nata dall’unione tra il mitico Onachus e il Leviatano, e che giunse in Provenza stabilendosi nel letto del fiume Rodano.
Ovviamente non sappiamo quali fossero le origini, e oggi sappiamo che non si tratta di un esemplare unico. Seppur rara, la Tarasca vive nella Provenza, e nella penisola Anatolica, dalla quale è giunta nel sud Francia in circostanze misteriose. 
Il Tarasco è rappresentato sullo stemma della città di Tarascona, l’antica Nerluc. La leggenda cristiana narra di come la bestia fu ammansita da Santa Marta che con la sola preghiera fece ridurre di dimensioni la Tarasca fino a renderla innocua, per poi portarla proprio a Nerluc.
 
IL drago in questione è una creatura molto massiccia e ricorda, a livello di fisionomia, una tartaruga. E’ dotata di un carapace protetto da aculei rossi, sotto il quale spuntano sei zampe massicce con quarto dita ciascuna. La coda è lunga e termina in una protuberanza a forma di punta di lancia. la testa, collegata al corpo con un collo rugoso e corto, ricorda quella di un leone, o comunque di un felino, sebben non presenti alcun tipo di peluria. Gli occhi sono gialli e sotto al muso cresce una barba rossa o nera.

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Capitolo 4
*** SEZIONE PRIMA, capitolo 1, Anfitteri e Piasa ***


L’ANFITTERO

N.d.r
Questo paragrafo è stato scritto nel 1792 da un Inglese appassionato agli studi di Tumhn, che ha voluto completare, appunto, l’opera dell’autore medievale, inserendo le razze scoperte solo dopo la colonizzazione delle americhe.
siamo giunti ora ad uno dei draghi più particolari e scientificamente interessanti, l’Anfittero, o meglio Amphitere Messicano. Infatti esso ci mostra quanto sia sottile il confine tra uccelli e rettili, e quindi tra volatili piumati e draghi. 
L’Amphitere è presente nella fitta mitologia dei popoli indigeni dell’America Latina, e in essa occupa un ruolo privilegiato. 
Tra gli Aztechi era detto Quetzalcoatl (serpente piumato) ed era considerato dio del vento, dell’alba, dei mercanti, dei mestieri e della sapienza. Assume spesso le sembianze di Ehecatl, lo spirito del vento. 
Si dice che proprio nella forma di spirito del vento donò la possibilità di amare a tutti gli uomini, affinché una bella umana, Mayahuel, potesse ricambiare il suo amore. 
 
UN’ALTRA STORIA DI MAYAHUEL
Secondo un’altra storia, quando Ehecatl fu mandato in cerca di Tzitzimitl, trovò al suo posto la nipote Mayahuel. Le chiese di venire con lui sulla terra. All’inizio la fanciulla era riluttante, ma in seguitò acconsentì e decise di seguire la personificazione di Quetzalcoatl.
Quando se ne accorse, Tzitzimitl si infuriò e, dopo aver chiamato le Tzitzimime per assisterla, si mise alla ricerca della nipote. I due innamorati allora, per nascondersi, divennero due rami di una pianta. 
Le Tzitzimime trovarono il ramo della fanciulla e lo spezzarono, uccidendola. Ehecatl invece rimase impietrito, per il dolore.
Gli dei provarono pietà verso la povera ragazza, così la trasformarono in Agave, una pianta dalla quale si ricavavano fibre e la pluque.
 
Digressioni a parte questo drago esiste davvero, e vive sopratutto nelle zone del Messico e quindi di gran parte dell’America Latina. 
A livello di fisionomia è del tutto particolare: non presenta zampe in alcuna parte del corpo. Quando non è in aria (dove passa gran parte della sua vita), l’Anffittero striscia oppure semplicemente riposa acciambellato. Non è in grado di sputare fuoco, ma è un grande predatore di uccelli e piccoli animali. 
Il corpo è serpentiforme e ricoperto da piume, così come le ali (del tutto simili a quelle degli uccelli) e la testa. Gli occhi sono allungati e a mandorla, di colore scuro, tendente al nocciola o all’ambra. 
Parlando di misure, la lingua raggiunge l’incredibile lunghezza di 6 piedi e mezzo, mentre l’apertura alare arriva a 29!
Il colore del piumaggio è magnifico: verde smeraldo con sfumature gialle ocra.

PIASA

Rimaniamo nel contesto delle Americhe ma ci spostiamo a Nord, lungo le rive del Mississippi. Qui il prete francese Jaques Marquette avvistò, nel 1673, i primi due Piasa di cui abbiamo notizie. Lui e il suo compagno Louis Joliet scorsero infatti due creature alate che definirono “grottesche”, con corna di cervo, barba di tigre, occhi rossi e uno sguardo terrificante. Il volto ci viene descritto come del tutto simile a quello degli uomini. 
Il nome “Piasa” è stato attribuito alla creatura dalla tribù indiana degli Algonchini e significa “uccello che divora gli uomini”.
In realtà il piana non è affatto una “chimera”, frutto del miscuglio di vari animali. E’ classificato come drago. Il corpo ricoperto di squame e le ali lo fanno infatti entrare di diritto nella grande famiglia dei rettili alati.
La testa del Piasa in realtà non è quella di un uomo, ma la ricorda incredibilmente. Infatti il muso è schiacciato così come il naso, simile a quello di una scimmia. La bocca presenta delle zanne che spuntano dalla mascella, tanto lunghe da uscire dalla bocca. Ciò gli conferisce un aspetto “spaventoso”. Sotto il muso cresce una barba che può arrivare ad esser molto lunga, di un colore chiaro, ed effettivamente le corna lunghe e articolate ricordano quelle di un cervo adulto. La coda è lunghissima, e arriva ad avvolgere completamente il corpo.

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Capitolo 5
*** SEZIONE PRIMA, capitolo 2, Lung Ryu e Rong ***


LUNG, RONG E RYU

Il drago più evoluto e più in simbiosi con l’essere umano è senza dubbio il Lung cinese. In realtà questa famiglia è diffusa in tutta la zona dell’estremo est asiatico (Cina, Giappone, ma anche Corea) e, nonostante venga chiamato con molti nomi a seconda della zona (Imoogi, Rong, Ryu, Yong, Lung), si parla pressoché dello stesso animale, fatta eccezione per alcune differenze molto sottili.

Il Lung è senza dubbio il drago più “famoso” e noto della mitologia e della storia. Vive soprattutto in Cina, solo in grotte in laghi o fiumi con l’acqua più limpida e pura.
Questo drago non può volare, ma è infinitamente agile grazie alle quattro zampe molto articolate e sviluppate. L’esemplare detto “Lung” ha cinque dita per zampa mentre il corrispettivo Giapponese, il Ryu, ne ha quattro. 
La testa del Lung e delle varie sottospecie  è del tutto particolare e notevole: alla base del cranio cresce una folta criniera solitamente verde che arriva fin sotto il mento. Il naso presenta due grosse narici ai lati delle quali crescono due antenne a baffo molto sensibili e in grado di captare informazioni di svariato genere. Spesso sotto il naso presenta anche folti baffi di colore verde o bianco. 
Gli occhi sono grandi e rotondi, di colore giallo intenso. La fronte invece culmina in due corna simili a quelle del cervo, corte o anche molto lunghe, poste sopra le orecchie. 

Il corpo, solitamente di colore verde smeraldo, invece è serpentiforme e non presenta irregolarità per tutta la lunghezza (fatta eccezione per le quattro zampe e la cresta gialla).Tuttavia utilizzando gli arti come punto di riferimento possiamo distinguere tre sezioni del corpo:  collo (tra la testa e gli arti anteriori), corpo  vero e proprio (tra gli arti anteriori e quelli posteriori) e coda.
La struttura muscolare, suddivisa in tre gruppi (primo gruppo dei movimento laterali di ondulazione del corpo, secondo gruppo costituito dai muscoli costocutanei superiori e inferiori e il terzo gruppo formato dai piccoli muscoli che permettono il movimento delle squame e degli scudi ventrali), ricorda quella dei comuni Ofidi. 

Tuttavia la cosa che più lo distingue dai serpenti, dagli altri rettili e perfino dalla maggior parte dei draghi, è la presenza di una fittissima rete di muscoli facciali che permettono a questa specialissima razza di articolare quasi perfettamente sia il linguaggio degli uomini si quello dei draghi, e anche di increspare il volto in espressioni talvolta estremamente umane.
Infatti sia il Lungo che tutte le sottospecie, nei secoli e nei millenni hanno sempre intrattenuto relazioni frequenti con gli umani. 
Si pensa che i draghi cinesi abbiano molto a cuore gli uomini, che tuttavia giudicano (a ragione) una razza inferiore e bisognosa di aiuti.
Famosa è la leggenda dai quattro Re Dragoni, ovvero il Drago Nero, Il Drago Lungo il Drago di Perla e il Drago Giallo. 
Questi esseri vivevano nel Mare D’Oriente quando in Cina non esistevano né fiumi né laghI. Si dice in fatti che in quel periodo i raccolti dipendevano solo dalla pioggia e che L’Imperatore Di Giada, per capriccio, non facesse piovere da giorni e giorni. I draghi, nel vedere molti uomini affamati e imploranti si fecero ricevere dall’Imperatore, che tuttavia li scacciò con false promesse. Allora gli esseri fecero piovere tantissima acqua presa dal Mare D’Oriente e sfamarono tutti gli uomini. L’Imperatore si infuriò e fece così confinare i quattro draghi su quattro monti forniti dallo stesso dio delle montagne, uno per ogni regione della Cina. I draghi, allora, si trasformarono nei quattro principali fiumi della Cina, per permettere a tutti gli abitanti di coltivare senza più carestie.

In conclusione i Lung sono in grade di parlare, esprimersi ed elaborare e capire sentimenti complessi, e vegliano sull’uomo dalla notte dei tempi.

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