A. T. P. (Auror Training Program)

di HadleyTheImpossibleGirl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


3 Agosto 1971

 
“E con questa ho finito” pensò Cordelia imprimendo per l’ultima volta il sigillo del Ministero della Magia sulla ceralacca che chiudeva una delle buste posate sulla sua scrivania in mogano scuro.
La donna si stiracchiò allungando le braccia sopra la testa e ammirò con un sorriso soddisfatto il lavoro appena fatto.
L’indomani un nutrito gruppo di giovani maghi e streghe avrebbe ricevuto un gufo che comunicava l’ammissione alla accademia per Auror.
Quell’anno erano stati parecchi i ragazzi ammessi all’accademia, ma i tempi stavano cambiando e la richiesta di Auror aumentava sempre più esponenzialmente, anche per sopperire ai decessi e alle sparizioni che si stavano verificando da un paio d’anni a quella parte. Il capo degli Auror non era particolarmente preoccupata dalla numerosità dei nuovi ammessi: alcuni non erano abbastanza motivati, parecchi non avrebbero retto alla pressione, altri non avrebbero superato le prove pratiche.  
Era una competizione, quella per diventare Auror.
Solo i migliori ce l’avrebbero fatta.
 
 
 
 
 
Buonsalve gente! Mi presento, I’m the impossible girl ma voi potete chiamarmi Hadley o H.
So che il prologo è corto ed è anche la prima ff che scrivo, quindi abbiate pietà di questa povera giovane (mica tanto) donzella.
L’ispirazione mi è venuta guardando Quantico, non so se qualcuno di voi conosce questa serie tv, altrimenti ve la consiglio.
I vostri OC saranno i nuovi studenti del primo anno dell’accademia per Auror.
Alcune precisazioni:
  • La scheda deve essere mandata via MP entro 2 giorni dal mio ok
  • L’età l’ho lasciata libera perché non ho letto da nessuna parte che si deve essere appena diplomati per iniziare il corso da Auror
  • Potete creare massimo 2 OC ma di sesso diverso
  • Siate fantasiosi, non voglio ritrovarmi con tutti ex-Grifondoro
  • Potete crearvi “personaggi di contorno” del secondo e terzo anno di accademia per eventuali relazioni di amicizia/inamicizia o amorose
 
 
Nome:
Cognome:
*Soprannome:
Data di nascita ed età:
Ex-casa ad Hogwarts:
Aspetto fisico e prestavolto:
Carattere:
Famiglia e stato di sangue: basta qualche accenno
Storia:
*Segreti: non è obbligatorio ma tutti noi abbiamo solitamente qualche scheletro nell’armadio e poi… renderebbero le cose più interessanti
Motivazione: cosa ha spinto il vostro OC a voler diventare Auror?
*Bacchetta:
*Patronus:
Abilità e punti di forza:
Paure e punti di debolezza:
Orientamento Sessuale:
Disponibile per coppia? Se sì, indicare il tipo di partner ideale
Cosa ama/odia:
Amicizie/inamicizie:
*Altro: hobby, abitudini particolari… tutto quello che volete

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Capitolo 2
*** Scelta OC ***


APT Salve gente!
Ho selezionato gli OC. Purtroppo ho dovuto scartare diversi personaggi, soprattutto per quanto riguarda le ragazze perchè ne erano davvero tante. Mi scuso con gli autori degli OC non scelti ma non temete, troverò comunque il modo di inserire il vostro personaggio, anche con una semplice citazione o riferimento.
Detto questo vi annuncio che ho creato un paio di OC anch'io (gli istruttori) e che mi sono permessa di aggiungere qualche personaggio con un ruolo marginale ma con cui i vostri OC potranno avere relazioni d'amicizia o d'amore. Per quanto riguarda le relazioni d'amore potete tranquillamente scrivermi per recensione o messaggio privato che tipo di relazione volete che abbia il vostro personaggio... ma ricordate la scelta finale spetta a me (risata diabolica e mani congiunte)
Byee
H.

ISTRUTTORI
Charlotte Minchum (27 anni) Libera per brevi flirt e/o amore non ricambiato


Richard Pollux (30 anni) Disponibile per brevi flirt



ALLIEVI AL PRIMO ANNO:
Abigail Morgan (18 anni) Disponibile per brevi flirt poi occupata


Elias Corner (18 anni) Libero per relazione


Emily Burkhardt (18 anni) Occupata per relazione


Eveline Richards (22 anni) Libera per relazione


Ezekiel Crouch (21 anni) Libero per relazione


Ezra Hattle (25 anni) Libero per relazione


Federica Foster (23 anni) Libera per relazione


Hayden Fawley (19 anni) Occupato per relazione


James Martin (19 anni) Libero per flirt poi occupato per relazione


Krystal Stevens (19 anni) Libera per relazione


Sadie Morris (18 anni) Libera per relazione


Sean Stuart (19 anni) Libero per relazione


ALLIEVI AL SECONDO ANNO:

Caradoc Dearborn (20 anni) Libero per relazione



ALLIEVI AL TERZO ANNO
Justin Blackwood (20 anni) Occupato per relazione


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Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


capitolo 1

Salve gente, nonostante io sia a casa con l’influenza ho cercato di scrivere qualcosa.
Diciamo che questo capitolo serve un po’ per presentare la storia e i personaggi (che spero di rendere al meglio). Gli OC sono tanti e mi sarebbe piaciuto metterli in stanza insieme ma mi sembrava un po’ irreale dato che gli allievi dell’Accademia all’inizio saranno tanti e poi si ridurranno col tempo.
Tranquilli, non ho intenzione di uccidere tanti personaggi, non mi chiamo George R.R. Martin!
Detto questo, vi lascio alla lettura di questo primo capitolo di cui però non sono molto soddisfatta.
H.

 

 

Quel primo Settembre la pioggia aveva cominciato a bagnare Londra prima ancora che sorgesse il sole ed Eveline Richards malediceva il tipico tempo inglese che, oltre ad averle impedito di andare a correre, la stava costringendo a camminare sotto la pioggia con quello che i babbani chiamavano ombrello per potersi nascondere tra la folla mentre si dirigeva a passo svelto verso l’entrata di servizio del Ministero della Magia.

Arrivata davanti alla porta dei bagni che conducevano al ministero quasi venne travolta da un’altra ragazza che era arrivata correndo.
“Scusami, davvero, scusami tanto!” disse lei alla velocità della luce aggiustandosi gli occhiali al sul naso
“Figurati, non c’è problema” rispose Eveline
“Io comunque sono Emily, Emily Burkhardt”
L’altra stava per rispondere quando una voce dall’altra parte della strada chiamò la sua interlocutrice che si girò e si aprì in un sorriso di pura felicità-
“Abbie! Allora ce l’hai fatta!”
La bionda nel frattempo aveva attraversato la stradina e travolto l’amica in un abbraccio.
“Guarda guarda chi si vede”
Un ragazzo con un sorriso malizioso si era avvicinato. Si tolse il cappuccio rivelando dei capelli biondi molto spettinati.
“James Martin… non sapevo che adesso ammettessero anche i bambini” Abigail cercò di usare un tono piuttosto tagliente ma si lasciò tradire da un mezzo sorriso. Nonostante battibeccassero spesso e nonostante non lo volesse ammettere, Abbie in fondo voleva bene a quel ragazzo che aveva conosciuto quando era solo una bambina ma che il destino aveva allontanato varie volte.
“Abbie Abbie Abbie… sempre più bella e sempre più gentile” E lui ci provava, con la sua voce suadente che aveva fatto capitolare molte delle ragazze di Hogwarts.
Il gruppo era ancora fermo davanti all’entrata quando un ragazzo alle loro spalle le superò con un semplice “Permesso..” detto a bassa voce.
“Hey ma quello non è Corner?”
Emily non rispose ma si limitò ad osservare il suo ex compagno di classe con cui non aveva mai avuto molti contatti.
“Senti Emily, io entro” disse con voce quasi incerta Eveline, che voleva assolutamente asciugarsi prima di entrare al ministero.
Il gruppo seguì l’esempio e si ritrovò, nel giro di un paio di minuti, nell’atrio del ministero dove altri gruppetti di ragazzi si guardavano intorno con aria più o meno sperduta.
C’era chi ammirava la vastità dell’Atrium, chi chiacchierava con qualche amico e chi, come una ragazza con gli occhiali neri, si limitava ad osservare gli altri allievi in silenzio, cercando di carpirne la vera essenza.
Non passò più di qualche minuto prima che una signora sulla cinquantina, dall’area computa ed elegante, si frappose tra i giovani e la fontana dei Magici Fratelli, si puntò la bacchetta alla gola.
“Benvenuti al Ministero della Magia, io sono Cordelia Shields, capo della Sezione Auror. Vi prego di seguirmi fino alla Sala Riunioni che si trova al primo livello”

La Sala Riunioni al era stata allestita per l’occasione come una specie di teatro: comode poltrone di velluto rosso erano pronte ad accogliere i nuovi arrivati e in fondo, su una specie di palco, c’era il Ministro della Magia in persona ad attenderli.
“Benvenuti benvenuti ragazzi! E’ un piacere per me accogliere la nuova classe degli allievi dell’Accademia per Auror”
Nella stanza si diffuse un applauso composto, poi Eugenia Jenkins continuò: “Sarò franca con voi. I tempi stanno cambiando e la guerra si avvicina. Ci sono due opzioni: combattere o scappare. Sono orgogliosa di voi per aver scelto di combattere. La scelta di intraprendere l’arduo percorso per diventare Auror vi fa onore e dimostra che non siete persone qualsiasi. Non posso che esimermi dall’augurarvi tutto il meglio possibile, sperando di rivedere la maggioranza di voi alla cerimonia di Diploma”
Il capo degli Auror salì sul palco e presentò loro gli istruttori. Il primo si chiamava Richard Pollux ed era un ragazzo sulla trentina, vestito con un semplice paio di jeans e una t-shirt che metteva in risalto i pettorali scolpiti e uno sguardo non proprio amichevole. La seconda si chiamava Charlotte Minchum ed era una ragazza che sembrava poco più grande di loro, molto bella, con due occhi azzurri che trasmettevano un certo senso di distacco e un aspetto un po’ austero che derivava forse dal suo abbigliamento elegante
“E’ la figlia del Viceministro” commentò una ragazza piuttosto bassa, seduta in quarta fila.
“Qualcuno ha fatto i compiti a casa” bisbigliò Eveline
“Secondo me ha avuto una spintarella per ottenere il posto” aggiunse il ragazzo seduto alla sua destra. Era esageratamente bello, con due luminosi occhi azzurri e un sorriso ammaliante.
Un altro si intromise nel discorso
“E non è stata l’unica. Guardate quel ragazzo là davanti” e indicò, con un movimento del capo, uno seduto ad un paio di file da loro “Ho sentito dire che è entrato grazie alle raccomandazioni di un altro Auror, un certo Grey” 

Vennero scortati tramite passaporte alla sede dell'Accademia Auror, una delle ville più protette della Gran Bretagna. Era un edificio in stile vittoriano, enorme e dall’aspetto molto austero.
“Benvenuti in Accademia” annunciò Richard conducendo i ragazzi nell’atrio, da dove si snodavano due ali della grande casa.
“Da oggi vivrete qui, la vostra classe sarà la vostra famiglia. Voi starete al primo piano, mentre gli altri sono ai piani superiori.”
I nuovi arrivati vennero condotti a fare una specie di tour guidato dell’Accademia, vennero mostrate loro le aule dove sarebbero stati formati, le stanze dove avrebbero duellato, la biblioteca, la palestra e la piscina.
“Ora, prima che andiate nelle vostre camere, ho un paio di regole per voi” annunciò Charlotte “La sveglia è alle 6:30. Alle 7:30 tutti nell’Aula 1. Chi ritarda riceverà un ammonimento. Al terzo ammonimento siete fuori dal programma. E’ una regola semplice ma crediamo che chi non sia in grado di prendersi un impegno semplice come quello di alzarsi al mattino non sia in grado di prendersi un impegno più gravoso come quello richiesto dalla carriera di Auror. Non c’è un coprifuoco perché probabilmente sarete talmente stanchi che non vedrete l’ora di andare a dormire e se fate tardi è a vostro rischio e pericolo. L’uscita da questa struttura è permessa solo nel week-end e possono accedervi solo Auror e Auror in addestramento quindi…niente accompagnatori” Il suo sguardo saettò su qualche ragazzo che ridacchiava.
“Ora rompete le righe” scherzò Richard.
Come una mandria di bufali impazziti i ragazzi del primo anno si precipitarono su per le scale, per accaparrarsi le camere ma trovarono una (non tanto) bella sorpresa: le camere erano già assegnate, su ogni porta c’era due nomi. Tutte le camere sulla destra erano riservate ai ragazzi mentre tutte le camere sulla sinistra erano destinate ai ragazzi.

Federica entrò nella camera dove trovò una ragazza minuta, che secondo quello che c’era scritto sulla porta si chiamava Krystal Stevens, intenta a sfasciare i propri bagagli.
Sentendo il rumore della porta che si chiudeva Krystal si girò, rivelando all’altra un viso dai lineamenti molto dolci dove spiccavano due luminosi occhi verdi.
“Ciao, io sono Krystal” si presentò lei.
“Federica” rispose l’altra in modo un po’ freddo ma stringendo la mano che era tesa verso di lei.

Il nuovo compagno di stanza squadrava Elias Corner con un misto di diffidenza e sospetto. Quando era entrato si erano a malapena rivolti la parola, non sembrava cattivo ma solo molto timido. Forse col tempo si sarebbe aperto un po’.

Abigail era un po’ dispiaciuta di non trovarsi in stanza con la sua amica Emily ma la sua compagna di stanza non sembrava affatto male, anche se piuttosto anonima. Abbie ne approfittò subito per sistemare sulle mensole i suoi libri preferiti.

Appena salutata Abigail, James entrò nella sua camera e trovò il compagno di stanza sdraiato sul letto a leggere una rivista di Quidditch. Ancora non lo conosceva ma da quel segno aveva già capito che sarebbero andati parecchio d’accordo, vista la sua passione per il Puddlemere United. L’altro alzò lo sguardò su James e sfoderò un sorriso divertito prima di alzarsi e presentarsi come Sean Stuart.

Qualche porta più in là anche Emily stava prendendo possesso della sua nuova stanza posizionando nel cassetto della scrivania la sua personale scorta di cioccorane, di cui era molto gelosa e nel frattempo lanciava qualche occhiata curiosa alla ragazza di origine italiane di nome Giorgia con cui condivideva la camera.

Sadie Morris stava sistemando con qualche colpo di bacchetta le proprie cose dentro l’armadio, cercando di nascondere il disappunto che provava verso la ragazza che, dal lato opposto della camera, la squadrava da capo a piedi. Sadie amava fare nuove conoscenze ma quella ragazza era davvero strana, si erano a malapena presentate poi lei si era seduta sul letto e aveva iniziato a fissarla da dietro il Settimanale delle Streghe.

La finestra che dava su un laghetto distante qualche centinaio di metri aveva attirato subito l’attenzione di Ezekiel Crouch, che già si immaginava le passeggiate che avrebbe fatto, avvolto nella bruna mattutina, proprio come faceva a Hogwarts.

Eveline bussò prima di entrare per la prima volta nella sua stanza. Proprio mentre compiva questo gesto si chiese perché lo faceva dato che quella stanza era sua. Anzi, sua e di un’altra ragazza di nome Nivea, che doveva ancora arrivare.

Quando Hayden Fawley entrò nella sua nuova camera si soffermò a guardare il ragazzo che c’era già all’interno. Se ne stava accovacciato davanti all’armadio, nell’intento di sistemare quella che sembrava una scatola o qualcosa del genere. Sentendosi osservato l’altro si alzò e si voltò; sorrideva nonostante un velo di tristezza gli offuscasse gli occhi.
“Ciao, io sono Ezra” si presentò
“Hayden, molto piacere” rispose l’altro.

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Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


cap2

Buonasera gente!
E' stata una settimana estenuante sul punto di vista universitario e le prossime saranno peggio ma sto provando a scrivere. Spero che i risultati siano decenti e che io stia rendendo bene i vostri OC
Recensioni, consigli e critiche costruttive sono ben accetti
A presto (spero)

H

Quella mattina un timido sole spuntava dietro le colline della campagna inglese e un senso di eccitazione mista ad ansia impregnava Horghbury Hall dove le tre classi di allievi si apprestavano ad iniziare un nuovo anno di addestramento.

Abigail si guardava allo specchio e rimirava, non pienamente convinta, l’abbigliamento che aveva deciso di indossare. Non sapeva cosa avrebbero fatto quel giorno quindi aveva optato per qualcosa di comodo e semplice ma non troppo spartano. Si sistemò la treccia e, dopo un gesto di approvazione, salutò brevemente la sua nuova compagna di stanza e si diresse verso la camera di Emily.
Ad aprirle fu una ragazza mora, dalla carnagione olivastra e il viso incorniciato da un paio di occhiali con la montatura blu.
“Ciao, Emily è qui?” chiese Abbie cercando di sbirciare all’interno della stanza
“Arrivo!” esclamò la diretta interessata uscendo dal bagno con le scarpe ancora in mano e i capelli scuri tirati su con una pinza “Giorgia, vieni con noi?” chiese alla sua compagna di stanza
“Vi raggiungo dopo”
Le due amiche uscirono dalla stanza a braccetto chiacchierando quando vennero raggiunte da un ragazzo molto alto, con gli occhi azzurri e una leggera barbetta. Lui si precipitò da Emily e le diede il buongiorno con un bacio lento ma dolce, quasi rassicurante.
“Buongiorno anche a te, Justin” commentò Abigail sentendosi esclusa
“Scusami Abbie” sorrise malandrino lui “Allora, com’è andata ieri?”
“Abbastanza bene”
“Tu sai come sono i nostri istruttori?” gli chiese Emily, la cui ansia trapelava da ogni gesto
“Ehm sinceramente non ne so molto, so che Pollux ha combinato qualcosa per meritarsi di essere trasferito qui l’anno scorso, l’altra istruttrice che c’era prima è andata in pensione e così quest’anno è arrivata la Minchum. Non ne so molto su di lei ma qualcosa deve aver combinato, insomma, la maggior parte degli Auror non vorrebbe mai rinunciare alla carriera sul campo”
“Oh…capisco”
“Hey belle signore, aspettateci” esclamò James dal fondo del corridoio
I tre si fermarono e si voltarono verso James che, affiancato da un altro ragazzo, camminava verso di loro. Il primo sorrideva e sembrava andare già molto d’accordo con il suo nuovo amico.
“Sean, loro sono Abigail, Emily e il suo ragazzo Justin”
“Molto piacere” sorrise Sean.
“Continuando il discorso di prima… secondo me Jenson è un acquisto totalmente sbagliato per il Puddlemere, insomma guarda che errori che ha fatto la scorsa stagione con i Cannoni di Chudley”
“Secondo me invece, se spostato nella zona giusto, potrebbe essere una buona scelta” aggiunse Justin
Sean sembrò pensarci un attimo “Sono d’accordo, pensa alla Hallis lo scorso anno”
Justin colse la palla al balzo per iniziare insieme a James e Sean tutto un discorso sugli ultimi punteggi delle squadre di Quidditch ed i loro ultimi acquisti.
Intanto le due ragazze camminavano qualche passo davanti a loro commentando, in tono scherzoso, il fatto che i maschi fossero tutti uguali, fissati con lo sport.

 

Quando Federica aprì gli occhi e vide l’ora ebbe un lampo di terrore e quando, qualche istante più tardi, materializzò che l’altro letto nella camera era vuoto scattò in piedi. Era in ritardo. Come al solito.
Indossò velocemente i vestiti che, fortunatamente, aveva preparato la sera prima e si precipitò al piano inferiore per fare colazione.
Era a metà del corridoio su cui si affacciava la sala da pranzo quando vide uscire l’ultima persona che si sarebbe aspettata di vedere.
Passò qualche secondo prima che il ragazzo depositasse i propri occhi azzurri su Federica. Sembrò per un attimo spiazzato e poi si lasciò andare ad un sorriso che aveva un non so che di sadico.
“Il mondo è proprio piccolo…” la buttò lì avvicinandosi.
Federica assottigliò lo sguardo nel tentativo di incenerirlo. Sbuffò, notando che i suoi sforzi erano vani e dopo aver incrociato le braccia al petto gli si rivolse in tono piuttosto acido “Sei qui per torturarmi, Dearborn?”
Caradoc fece qualche passo in avanti. Era vicino, troppo vicino. La ragazza voleva indietreggiare, spostarsi da lì, ma era stata intrappolata da quello sguardo ceruleo e ormai il viso di lui era a circa una decina di centimetri.
Il ragazzo si abbassò e si spostò lateralmente per sussurrarle all’orecchio, con voce suadente “Dipende da cosa intendi per tortura”
Krystal intanto aveva osservato la scena dalla porta della sala dove erano rimasti in pochi a fare colazione. Allora anche lei conosceva qualcuno all’interno dell’Accademia… chissà se aveva avuto un “aiutino” ad entrare… i due sembravano piuttosto in confidenza.
Avendo visto che la ragazza era rimasta sola Krys si avvicinò. “Mi dispiace di non averti svegliata ma sono uscita presto e… non sapevo se facevi colazione” La verità è che Krystal era stata molto più tranquilla praticamente da sola, già il fatto di essersi vestita senza che nessuno la guardasse o di essersi goduta il bagno senza nessuno fuori ad aspettare, l’aveva fatta sentire più rilassata.
Federica scrollò le spalle, con noncuranza “Tranquilla, non fa niente” disse, ma il suo disappunto era evidente.
Si sbrigò a oltrepassare Krystal nella speranza di fare in tempo a mandare giù qualcosa.

Sadie era stata la prima ad arrivare in aula, pronta come non mai. La stanza era vuota eccetto per una cattedra, su muri di mattoni c’erano delle librerie, intervallate da fiaccole che pur facendo poca luce, davano un senso di calore alla stanza. Non era accogliente come la Sala Comune dei Grifondoro ma non sembrava affatto tetra come invece le era sempre parsa l’aula di Pozioni.
Passò qualche minuto girovagando per la stanza, misurandone la lunghezza con i passi. Una cartellina appoggiata sulla scrivania catturò la sua intenzione e accese la sua curiosità. Che ci fosse dentro qualcosa per loro?
“Devo farti da palo?”
La voce alle sue spalle fece trasalire Sadie nonostante il tono fosse stato sarcastico. Ferma sulla porta mezza aperta c’era una ragazza minuta dai capelli biondi e le labbra arricciate in un sorriso.
Vedendo che Sadie cercava di giustificarsi, la ragazza si lasciò sfuggire una risata cristallina.
“Guarda che non farò la spia con nessuno se lo aprirai”
“Noo, io non… comunque io sono Sadie Morris”
“Eveline Richards”

Alle 7:30 in punto i due istruttori entrarono nell’aula 1. Entrambi indossavano un paio di pantaloni grigio scuro e una maglietta bianca sotto cui si intravedevano fisici praticamente perfetti. Le loro braccia erano cariche di vestiti.
“Buongiorno” salutò Richard “Queste sono le vostre nuove divise, la taglia si adatta con la magia. Da domani dovrete indossarle. Potete prenderle alla fine della lezione.” E appoggiò i panni sulla scrivania. “In questi giorni vi eserciterete con Charlotte. Buon lavoro”
Tra gli allievi si diffuse qualche borbottio di ringraziamento, poco convinto a causa del modo di fare sbrigativo e noncurante dell’istruttore.
“Siete quasi cinquanta tra i migliori studenti che Hogwarts abbia sfornato negli ultimi anni. Tutti con ottimi MAGO. Tutti uguali” e cercò di enfatizzare l’ultima parola con un tono di disprezzo che causò non poche lamentele.
Charlotte sembrò compiaciuta dalla reazione che le sue parole avevano suscitato “Bene. Dimostratemi il contrario”
Le labbra dipinte di rosso si piegarono in un sorriso che sapeva di sfida.
“Fuori le bacchette. Oggi si duella”
Gli occhi di molti allievi nella stanza si illuminarono, parecchi di loro non vedevano l’ora di mettersi alla prova, altri volevano semplicemente mettersi in mostra ma c’era anche chi, più che eccitato era agitato.
“La bacchetta è uno strumento molto importante per un mago e come tale può essere il suo più grande vantaggio o la sua più grande debolezza. Ora, passate la vostra bacchetta al compagno alla vostra destra”
“Cosa?”
Charlotte cercò con lo sguardo la fonte di quella domanda e individuò, in seconda fila un ragazzo moro con due abbaglianti occhi azzurri “Ha capito bene, signor…?”
L’istruttrice poté osservare il pomo d’Adamo del ragazzo andare su e giù nel tentativo di deglutire prima di rispondere “Hattle, Ezra Hattle”
“Bene Ezra. Stavo dicendo… passate la bacchetta al compagno alla vostra destra e poi duellerete con lui. Duellerete contro la vostra stessa bacchetta, usando la bacchetta di un perfetto sconosciuto. Non vi sentite più tanto sicuri di voi stessi vero?” Il suo sguardo passò in rassegna tutti i giovani visi davanti a lei, lasciò passare qualche secondo, cercando di capire le emozioni dei presenti. Solo pochi di loro non avevano cambiato espressione durante tutto il tempo, dimostrando una certa faccia da poker.
“Una coppia alla volta, venite avanti e io vi esaminerò. Chi vuole iniziare?”

Sadie Morris fece qualche passo in avanti, seguita subito da un'altra ragazza parecchio più alta di lei. Le due si posizionarono a qualche metro di distanza, si guardarono negli occhi, fecero un piccolo inchino e si prepararono ad attaccare.
“L’obbiettivo è disarmarvi. Quando volete potete iniziare.”
La seconda ragazza non esitò un momento prima di lanciare uno Stupeficium contro Sadie, che lo evitò senza difficoltà e controbatté talmente velocemente con un Incarceramus che la sua avversaria non riuscì ad evocare il sortilegio scudo e finì con le gambe avviluppate in una serie di corde.
Sadie ne approfittò per disarmare la ragazza con un sorriso compiaciuto.
Coppie di allievi continuarono a sfidarsi, a tratti venivano corretti da Charlotte che suggeriva loro il modo più adatto per evocare uno scudo potente, come spostarsi per non lasciare scoperte alcune parti del corpo o come confondere il proprio avversario riguardo le proprie intenzioni.
Ezekiel Crouch si trovò davvero in difficoltà contro il suo avversario, un ragazzo alto ed e atletico che Emily riconobbe come Peter Skylight, ex compagno di casa del suo fidanzato con cui era sempre andata d’accordo. Peter aveva capito subito come sfruttare la bacchetta del primo. E il tutto senza dire una parola. Alla fine dell’estenuante duello, Charlotte commentò “Avete visto come le bacchette di Ontano, come quella di Ezekiel, siano particolarmente adatte per gli incantesimi non verbali”
Dietro, appoggiato al muro, Hayden commentava la lezione con il suo compagno di stanza.
“Sembra piuttosto competente”
Ezra non staccava gli occhi dalla coppia che stava duellando adesso “Già… forse non è raccomandata come dicono” disse, senza pensare che proprio il suo interlocutore era uno di quelli che le voci di corridoio definivano raccomandati.
Qualsiasi incantesimo Elias Corner cercasse di lanciare contro la sua avversaria perdeva di potenza e l’andava a malapena a sfiorare.
Charlotte girava intorno alla coppia, con un sorriso e uno strano luccichio negli occhi. “La sua bacchetta è di frassino, vero Nivea?”
La mora annuì piano “Frassino e crine di unicorno”
“Le bacchette di frassino sono le più fedeli” disse, rivolta alla classe “Solo un mago molto potente può rivoltare una bacchetta di frassino contro il suo proprietario. La cosa diventa ancora più complicata se il nucleo è costituito da crini di unicorno”
“Chi è, la nipote di Olivander?” ridacchiò James, guadagnandosi una gomitata ben assestata da parte di Abigail.
“Smettila di fare l’idiota” gli intimò.
Sean era perplesso. “Ho la netta impressione che l’abbiamo sottovalutata” disse, strusciandosi il mento con una mano.
La sua ex- compagna di classe Krystal sembrava d’accordo. “Io ho sentito che prima lavorava sul campo… potrebbe anche ammazzarci tutti” aggiunse, l’ansia mascherata dietro una risatina nervosa.

Il resto della mattinata trascorse in maniera piuttosto tranquilla. A mezzogiorno in punto l’istruttrice lasciò i ragazzi liberi di andare a pranzo e godersi la pausa di un paio d’ore, prima di continuare con i duelli.
Emily corse subito a raccontare a Justin, che era seduto al suo tavolo, la sua prima giornata di lezioni.
Lui non poteva fare a meno di essere felice a sua volta. Bastava il sorriso di lei a rendere le sue giornate migliori. Era così luminosa, secondo Justin, come il sole che lentamente emerge dietro le nubi. Più la guardava e più quelle labbra lo attiravano. Non poteva esimersi dal baciarla, così, in piedi, davanti a tutti.
Le effusioni non erano sfuggite a Eveline. Mandò giù il boccone di pollo che aveva in bocca e si rivolse a Sadie “Uhh, c’è qualcuno che ci dà dentro…”
“Beh, se vuoi ci diamo dentro anche io e te” si intromise James.
“Il tuo sguardo da conquista… non mi conquista affatto” replicò lei con tono acido, facendo riferimento all’espressione del viso di lui.

 

Il sole era già tramontata quando i duelli terminarono e gli allievi furono liberi di tornare nelle proprie stanze e svagarsi un po’ prima di andare a cena. La giornata era stata lunga e molti non vedevano l’ora di rilassarsi sotto il getto d’acqua calda della doccia per poi stendersi sul letto e prepararsi mentalmente ai giorni che sarebbero venuti.

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Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


capitolo 3

Salve!

Per prima cosa vorrei scusarmi per il ritardo, poi vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito gli scorsi capitoli e/o che hanno inserito la storia tra le seguite o le preferite!
Buona festa della donna per domani a tutte le lettrici

H.
Ps: non ho riletto il capitolo quindi potrebbe esserci qualche errore ;)

 

 

La pioggia che aveva bagnato il Derbyshire durante le prime due settimane di Settembre era finalmente cessata, le temperature erano salite e lo sbalzo termico aveva provocato una fitta coltre di nebbia aveva avvolto tutto il paesaggio.
Sembrava di essere immersi in una specie di sogno. Questo pensava Ezekiel mentre camminava, costeggiando il boschetto a Ovest della grande villa che ospitava l’Accademia. Aveva sempre adorato la quiete che c’era anche ad Hogwarts la mattina presto perché gli permetteva di pensare. Pensare però includeva pensare alla persona di cui sentiva più la mancanza. Nonostante potessero vedersi tutti i week-end era inevitabile per lui sentire la sua mancanza. Si sedette su un tronco d’albero spaccato e si passò una mano tra i capelli, sbuffando e ripetendosi mentalmente che stava facendo la cosa giusta.

Krystal si era svegliata stranamente presto quella mattina. Aveva approfittato del fatto che la sua compagna di stanza dormisse per farsi una doccia e vestirsi e si era diretta verso la sala da pranzo dove tre tavoli di legno chiaro ancora vuoti non aspettavano altro che gli allievi andassero a fare colazione. Decise di uscire a prendere una boccata d’aria.
Il portico era deserto, così come il giardino che circondava la villa eccetto per una figura seduta ad un centinaio di metri di distanza da lei. Si avvicinò piano, sembrava pensieroso ma il rumore dei suoi passi attirò l’attenzione del ragazzo.
“Ciao” la salutò semplicemente lui.
“Ciao” rispose Krystal. Si sentiva in imbarazzo. Poche erano state le volte, anche ad Hogwarts, in cui si era trovata da sola a chiacchierare con un quasi estraneo. Non si aspettava che lui parlasse, dopotutto era stata lei ad invadere la sua privacy ma non poteva neanche rimanere zitta, il silenzio sarebbe stato ancora più imbarazzante.
“Ti godi un po’ di pace?”
“Già” rispose lui. Fece una pausa, indeciso se continuare o meno a parlare.
Krystal si sorprese ad intervenire. “E’ strano trovare qualche altro fuori di testa che si sveglia prima dell’alba”
“Non è poi così strano. Qualche mattina fa ho visto correre Eveline Richards, e anche la nostra istruttrice” disse lui con noncuranza.
“Ah…”
Il ragazzo voltò la testa rivolgendole gli occhi verde scuro “Comunque io sono Zeek” aggiunse.
“Krystal”

Puntuale come un orologio svizzero, Richard Pollux entrò nell’Aula 1 ed osservò gli allievi impazienti di scoprire cosa avrebbe riservato loro la lezione del giorno.
“Buongiorno” li salutò col solito modo autoritario “Oggi vi eserciterete all’aperto. Continueremo con gli incantesimi. Seguitemi”
Tutti gli allievi furono invitati a seguire l’istruttore attraverso i corridoi della grande villa. Il rumore dei passi della cinquantina era attutito dalla moquette. Niente e nessuno li attendeva sul prato a nord di Horgbury Hall.
Richard tracciò con la bacchetta una linea rossa sull’erba. “Posizionatevi dietro la linea, prego”
Gli allievi eseguirono l’ordine tra qualche borbottio poi Richard continuò “Oggi vi eserciterete nel colpire bersagli mobili, dovrete colpire degli uccellini”
Emily ed Abigail, così come molte altre ragazze e qualche ragazzo, inorridirono all’idea di dover colpire degli esserini innocenti e la reazione non passò inosservata a Richard.
“Tranquilli, non sono animali veri” ridacchiò “Si tratta solo di un incantesimo”
Agitò la bacchetta in aria e con un gesto apparvero una decina di uccellini di un rosso scintillante, che risaltavano nonostante la nebbia.
“Uno alla volta verrete qui e colpirete tutti gli obiettivi, e io prenderò i vostri tempi. Quando avrete fatto il primo turno, ricomincerete ma gli uccellini saranno neri e più veloci. Al terzo turno marroni, al quarto grigi come il fumo di Londra e sempre più veloci.”
Il primo a mettersi alla prova fu Sean, certo era abituato a individuare la pluffa anche attraverso il cielo nebbioso o piovoso ma se la cavò egregiamente anche con i colibrì.
Qualche ragazzo, con una mira e una prontezza di riflessi inferiore, ebbe più difficoltà a colpire tutti gli uccellini che svolazzavano nel cielo plumbeo.
Elias osservava il movimento dei pennuti già da un po’ quando arrivò il suo turno. Realizzò il miglior tempo, sotto l’applauso e le occhiate stupefatte dei sui compagni. Il ragazzo che se ne stava sempre zitto e non si faceva notare non andava affatto sottovalutato.
Appena tornò al suo posto, Ezra gli si avvicinò con fare amichevole. “Ma come hai fatto?”.
L’altro si guardò attorno, con sospetto “Si muovono sempre nello stesso modo, quasi come una spirale” disse cercando di farsi sentire da meno gente possibile.

Il secondo turno creò maggiore difficoltà negli allievi. I colibrì erano sempre più veloci, meno visibili e seguivano schemi di volo meno ripetitivi.
Elias riuscì ad ottenere di nuovo uno dei migliori tempi così come Eveline, che migliorò notevolmente i suoi tempi.
Sadie ebbe maggiore difficoltà a individuare gli obiettivi di colpire e Richard lo notò quasi subito. Si posizionò davanti a lei e la fermò con un gesto della mano, nonostante questo la ragazza continuava a scrutare il cielo e l’area circostante.
“Morris!” la richiamò all’attenzione “Non bisogna guardare a dove è stato il colibrì ma a dove sta per andare”.
Con una mano le prese il meno e la forzò a guardare un punto esatto. Passò qualche frazione di secondo prima che Sadie individuasse un movimento appena accennato tra gli alberi alla sua destra e subito ne uscì fuori un uccellino nero come la pece.
“Dovete cercare di stare sempre con i piedi per terra ma proiettati verso il futuro, verso le mosse che il vostro avversario sta per compiere. Dovete cercare di pensare un paio di secondi in avanti. Se sapete cosa aspettarvi, sarete più preparati quando accadrà” aggiunse, rivolto a tutta la classe.

Il terzo e il quarto turno portarono via tutto il resto della giornata alla classe in quanto la maggior parte degli allievi impiegò non poco tempo a individuare tutti gli uccellini che se ne andavano in giro. Nel complesso, Richard rimase molto soddisfatto di come era andata la sua lezione. Era rimasto piacevolmente colpito dallo spirito di osservazione di Elias Corner, dalla tenacia di Abigail Morgan, dalla prontezza di riflessi di Eveline Richards ma anche dalle caratteristiche negative di qualche altro componente della classe.

Mancava ormai poco all’ora di cena, e le tre classi di allievi se ne stavano nel grande salone della villa a rilassarsi. Justin Blackwood se ne stava in piedi, gesticolava e intratteneva un gruppo di amici raccontando chissà quale mirabolante avventura e facendo vergognare a morte la sua ragazza.
Hayden se ne stava seduto su una poltrona in disparte, a gambe incrociate. Sulle gambe teneva un libro, su cui era appoggiato un foglio di pergamena dove stava scrivendo già da qualche minuto.
Dato che era abituato a guardarsi intorno per studiare le persone che lo circondavano notò quasi subito il momento in cui il suo coetaneo, ma non per questo amato, James Martin si avvicinò guardingo e curioso.
Non fece in tempo a nascondere la pergamena, James l’avrebbe visto e avrebbe dedotto che nascondeva qualcosa. Dannazione, era un Grifondoro ma non era affatto stupido anche se a volte faceva di tutto per sembrarlo, comportandosi da bambino e non sfruttando quel cervello che si ritrovava.
“A chi scrivi, Fawley?”
“Mah… solo a mio cugino” Hayden scrollò le spalle, mentendo spudoratamente. La sua espressione non era mutata affatto mentre diceva quella piccola bugia.
“Oh beh, pensavo scrivessi ai tuoi genitori… immagino non siano troppo contenti di saperti qui”
“Immagini bene”
“Non dovresti anche scrivere a chi ti ha permesso di essere qui per…ringraziarlo?”
Anche in questo caso il viso di Hayden non mutò minimamente anche se in realtà avrebbe voluto strozzarlo. Come si permetteva? Sapeva bene i pettegolezzi che giravano ma sbatterglieli in faccia così…
“Hayden, per caso hai visto in giro per la camera la scatola del cibo di Memoire?” chiese Ezra Hattle riferendosi allo scoiattolino giapponese che se ne stava appollaiato sulla sua spalla destra.
Hayden in quel momento gli avrebbe volentieri eretto una statua per averlo tirato fuori da quella scomoda conversazione.
“No, ma ti aiuto volentieri a cercarlo” si propose Fawley alzandosi dalla poltrona, con il libro e la pergamena stretti tra le mani. I due si avviarono verso le scale che conducevano al primo piano, quando furono lontani da occhi e orecchie indiscrete Ezra si voltò verso di lui e disse un “Prego” che lasciò Hayden senza parole.

 Federica stava camminando nel corridoio che usciva dalla palestra, al pianterreno. Appoggiata al muro color tortora c’era la figura di un ragazzo. Era sicura al 99% che fosse Caradoc Deaborn, anche se lei era senza occhiali e lui era abbastanza distante. Aveva sempre cercato di evitarlo, per quanto potesse. Sotto questo punto di vista, il fatto che appartenessero a due classi diverse e avessero quindi orari completamenti diversi, l’aveva aiutata parecchio ma sapeva che non poteva scappare per sempre e ora si trovava ancora una volta in trappola. Caradoc era astuto, sapeva che ora lei non avrebbe potuto ignorarlo tanto facilmente. Si dipinse un sorriso sfacciato e si diresse verso la ragazza.
“Ti stavo aspettando”
Federica scoppiò in una risata sprezzante. “Non lo metto in dubbio”
“Allora… ti è piaciuta la lezione di oggi?”
Federica avrebbe volentieri preso a sberle lui e quella sua faccia da schiaffi.
“Come se non sapessi che detesto i pennuti”
“È per questo che chiedevo” sorrise lui. La sua espressione aveva ammaliato parecchie ragazze ad Hogwarts, così come i suoi modi un po’ provocatori e quegli occhi azzurri e limpidi come un cielo totalmente privo di nubi.
La bocca di Federica si storse in una smorfia carica di astio e i suoi occhi si assottigliarono.
“Proprio non riesci a lasciarmi in pace?” sbottò superandolo con passo svelto ma Caradoc era più veloce e la raggiunse in un attimo, afferrandole il polso.
Federica si bloccò all’istante. “Lasciami” gli intimò, la voce piena di collera.
Il ragazzo alle sue spalle eseguì l’ordine senza fiatare ma usò subito la stessa mano per spostarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
La ragazza non mosse un solo muscolo, sembrava totalmente paralizzata, come se fosse sotto incantesimo. La verità era un’altra: lo stomaco le si era contratto appena lui l’aveva presa per il polso e ogni centimetro di pelle che le mani nodose di Caradoc avevano toccato bruciava irradiando brividi lungo tutto il corpo.
“L’altra volta non mi è sembrato che volessi essere lasciata in pace” sentì dire dalla voce scherzosa di Dearborn.
Federica si girò per tirargli un sonoro ceffone ma si ritrovò con una mano sospesa in aria. Caradoc Dearborn era sparito. Non era certa di come avesse fatto, forse c’era qualche corridoio o porta nascosta. Di una cosa era certa: lui si divertiva a torturarla.

 Al piano superiore Eveline non vedeva l’ora di buttarsi sotto la doccia. Solitamente andava a correre la mattina presto ma quel giorno aveva deciso di andarci dopo le lezioni. La mattina era sempre tremendamente umido e non lo sopportava. Passando davanti alla porta della camera di Sadie Morris rimase colpita dalla porta socchiusa e dalla musica a tutto volume che proveniva dall’interno della stanza.
Aprì appena un po’ la porta per osservare la sua compagna di classe che ballava scatenata sulle note dell’ultimo successo degli Ippogrifi Stonati, una delle band del momento. I suoi piedi si muovevano veloci sulla moquette color crema della camera e teneva una mano davanti la bocca come se fosse un microfono.
Eveline non potè fare a meno di sorridere, anche quando Sadie, girandosi verso lo specchio appoggiato sopra la scrivania, la vide.
“Che stai facendo?” chiese la prima
“Mi pare evidente, ballo” replicò l’altra con una scrollata di spalle. “Hai visto come mi ha messo in imbarazzo oggi Pollux? E solo perché non riuscivo a colpire uno stupido animale!” La sua voce era un misto di rabbia e di qualcosa di vagamente riconducibile ad un lamento. Lei era quella sempre preparata e sicura di sé e ci teneva così tanto all’addestramento. Si promise che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui si sarebbe lasciata cogliere in fallo. “Avevo bisogno di sfogarmi”
Il sorriso di Eveline era enigmatico come al solito, come se avesse capito più di quello che era staoto detto a parole “Capisco”
“Dai, vieni a ballare” la invitò l’altra trainandola all’interno della camera. Eveline si chiuse la porta alle spalle e non esitò ad andare ad alzare il volume del giradischi appoggiato sopra la scrivania e iniziare a ballare.

“Che cosa ci fai qui?” sibilò Charlotte Minchum all’uomo in piedi all’interno del suo studio.
L’uomo alto circa un metro e ottanta, si passò una mano sulla barba scura e si voltò verso la giovane donna. “Non posso venire a vedere cosa fa mia figlia?”
Charlotte sbuffò e scosse leggermente la testa poi si diresse verso la scrivania di mogano scuro e si sedette sulla poltrona di pelle nera dietro di essa.
“Sul serio, cosa ci fai qui? Lo so che non fai niente per niente”
“Mi conosci bene allora” ridacchiò l’uomo rigirandosi tra le mani un soprammobile preso dalla mensola del camino.
“Ti conosco da 27 anni ormai. Ebbene…cosa vuoi?” domandò lei in tono scocciato.
Harold Minchum mise il soprammobile al suo posto e si diresse verso la figlia. Il suo volto era cupo e serio come Charlotte aveva visto poche volte in vita sua.
“Sono qui per offrirti una via d’uscita”.
Il viso di Charlotte mutò in un’espressione di pura offesa e cercò di soffocare la rabbia che le saliva, come acido, su per l’esofago “Una via d’uscita? Per chi mi hai presa, una senza spina dorsale?”
“IO TI HO CRESCIUTA PER ESSERE UNA PERSONA STRAORDINARIA!” tuonò lui battendo una mano sulla scrivania. Si ricompose un attimo e continuò “Eri destinata a diventare capo del dipartimento dopo Moody! Immaginati la mia delusione quando ho scoperto che avevi lasciato il lavoro sul campo per venire a fare cosa, la maestrina?”
“Pensi che non mi piacesse stare sul campo? Io amo fare l’Auror, ho lavorato una vita per diventarlo!” urlò Charlotte alzandosi in piedi.
“E allora perché sei qui?” incalzò Harold.
“Lo sai perché sono qui! Per Jeremy!” sbraitò lei di rimando. Sentiva che gli occhi iniziavano a pungerle e il naso a pizzicarle. Non poteva piangere, non di fronte a lui. Non voleva mostrarsi debole.
“Io credo che tu l’abbia fatto per te! Comodo… ti sei trovata un porto sicuro in mezzo alla guerra”
“Vattene! Vattene prima che ti schianti…” lo minacciò lei, puntandogli contro la bacchetta.
Richard Pollux intanto aveva bussato alla porta e non ricevendo risposta era entrato nello studio, sentendo le ultime battute dello scontro.
“Harold, credo che sia meglio che tu te ne vada” disse con voce distaccata ma autoritaria. Non ammetteva replice.
Harold Minchum riprese il suo mantello blu notte da una delle poltrone dello studio e si infilò nel camino per usare la metropolvere.
Charlotte, che ancora tremava dalla rabbia, vide suo padre sparire avvolto da fiamme verdognole e in un gesto di stizza scaraventò a terra i fogli e la lampada che, come al solito, occupavano la scrivania. La lampada si infranse in una moltitudine di pezzi appena toccò terra.
“Stai bene?” chiese Richard avvicinandosi
Charlotte non alzò lo sguardo e si limitò ad annuire. Nel frattempo Richard metteva tutto a posto con un incantesimo.
Passò qualche minuto prima che la donna alzasse la testa e lo guardasse. Tra i due non c’era più di mezzo metro di distanza. Richard istintivamente la abbracciò e Charlotte crollò tra le lacrime. Erano poche le persone che potevano dire di aver visto Charlotte Minchum piangere, poche persone di cui si fidava ciecamente e con cui poteva mostrarsi fragile.
“Io sono qui” disse Richard appoggiando il proprio mento sopra la testa bionda di lei.
“Grazie”

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


capitolo4

Buonasera people! Mi sto sforzando di pubblicare durante il week-end ma sono stati una decina di giorni allucinanti quindi sono di nuovo in ritardo e mi sono ritrovata oggi con solo 3 righe scritte. La scelta era studiare o scrivere, e i libri sono ancora lì. Ho scritto tutto il capitolo oggi di getto, spero di non avervi deluso.

A presto.

H.

 

Ottobre si stava rivelando un mese estremamente ventoso ma allo stesso tempo piuttosto temperato, cosa alquanto inusuale in quella zona del Regno Unito. Via via che passavano i giorni, gli alberi del bosco intorno all’Accademia Auror andavano perdendo le loro foglie e il prato si andava tingendo di centinaia di sfumature di rosso, arancione e giallo.
Quella notte Krystal non era riuscita a dormire dopo un angosciante incubo su un clown che l’aveva terrorizzata alla festa di compleanno per i suoi 7 anni. Si era svegliata con la fronte imperlata di un sudore freddo che le scorreva anche lungo la schiena. Con stizza aveva calciato via le coperte e si era alzata. Fortunatamente Federica dormiva ancora profondamente e non l’aveva prendere il suo libro di poesie di Emily Dickinson e uscire. Era già seduta sul prato quando aveva visto il cielo rischiararsi e poco dopo le sue orecchie erano state raggiunte da un rumore di passi alle sue spalle. Si voltò e sorrise istintivamente vedendo arrivare Zeek. Con un po’ di imbarazzo si infilò una ciocca di capelli dietro l’orecchio sinistro.
“Buongiorno” lo salutò.
“Non dormi?”
La ragazza mosse leggermente il capo, in un gesto di diniego. Zeek si sedette istintivamente lì accanto e osservò il libro che Krystal teneva appoggiato sulle gambe.
“Emily Dickinson?”  chiese lui, piuttosto curioso.
“Già. Molti dicono che fosse una strega”
“Ah si, l’ho sentito dire sia riguardo lei che riguardo Sylvia Plath ma sai com’era a quel tempo. Tutte le persone che i babbani bigotti consideravano un po’ strane venivano additate come streghe”
Alla ragazza scappò una specie di risolino. “Giusto”
Era ormai la quarta o quinta volta che i due si trovavano a parlare da soli, e dopo un inizio pieno di silenzio imbarazzante entrambi sembravano essersi sbottonati un po’ e ora parlavano piuttosto tranquillamente.
“Allora, che programmi hai per il week-end?” chiese Zeek.

Eveline stava già correndo intorno alla radura che racchiudeva la villa ormai da mezz’ora. Quel giorno era riuscita a coinvolgere nella sua attività anche Sadie, che aveva bisogno di sfogare tutte le sue energie dopo che avevano passato una settimana a studiare alcune delle creature magiche più pericolose. Stavano costeggiando la riva nord del laghetto quando dal lato opposto avvistarono Krystal e Ezekiel seduti sul prato.
“Sembrano piuttosto amici” commentò Sadie osservando i due.
“Magari potrebbero diventare qualcosa di più” ridacchiò l’amica
Sadie ridacchiò, sembrò pensarci per qualche secondo prima di parlare “Mah, non saprei… lei mi sembra una ragazza molto timida. Ho provato a parlarci qualche volta ma non sembra voler dare molto confidenza a nessuno.”
Il viso di Eveline si stirò in uno dei soliti sorrisi enigmatici. “Chissà che il suo non esporsi troppo non siauna tecnica…”
L’altra rimase leggermente perplessa. Eveline capì di non essere stata compresa e allora si spiegò meglio. “E’ come una gara, no? Siamo 50, hai visto quanti ce ne sono di studenti al terzo anno?”
Sadie annuì velocemente capendo subito dove voleva arrivare la bionda. “Di solito si diplomano circa una decina di Auror ogni anno…”
“Esatto… essere sottovalutati non è sempre un difetto”

Abigail stava bussando alla camera di Emily già per la terza, piuttosto spazientita.  “Sbrigati Em, sono le sette e un quindici e dobbiamo ancora fare colazione!”
Non arrivò nessuna risposta dall’interno della camera.
“Sette e sedici!” continuò Abbie
“Smettila di urlare, mi metto le scarpe e arrivo” rispose, finalmente, l’amica.
La bionda sbuffò, incrociò le braccia al petto e si appoggiò con la spalla destra sulla porta e lo sguardo diretto verso le scale da cui, qualche istante dopo sbucò un James Martin ancora in pigiama.
Il ragazzo camminava, mani in tasca e l’atteggiamento di chi non potrebbe essere turbato da nessuna cosa al mondo. Leggermente irritata dal comportamento di James, Abbie indirizzò un “Sette e diciassette!” verso la porta.
James l’aveva raggiunta e le si rivolse con un sorriso un po’ spavaldo. “Aspetti Em?”
Abbie rispose con il tono più acido possibile “Esatto”. Lo squadrò da capo a piedi prima di continuare a parlare “Sei andato a fare colazione… in pigiama?” chiese, con il sopracciglio alzato in un gesto di scetticismo.
“Io e Sean ci siamo svegliati tardi e lui ha occupato il bagno. Sono sceso a fare colazione in pigiama, altrimenti adesso sarebbe stato troppo tardi”. Le diede un buffetto sulla guancia e Abbie non potè fare a meno di lasciarsi andare ad un sorriso.
James, a sua volta, sfoderò il più smagliante e sexy dei suoi sorrisi. Ci aveva ammaliato almeno metà delle Grifondoro del loro anno con quel sorriso e l’altra metà, a sua detta, non capiva niente.
Batté leggermente le nocche sulla porta della camera dell’amica. “Sette e venti!”
Emily spalancò la porta, si stava ancora facendo la coda. “Eccomi”
“Era ora” puntualizzò Abbie senza perdere il sorriso. Nonostante qualche volta lei e l’amica si irritassero a vicenda non si erano mai arrabbiate veramente l’una con l’altra.
“Justin ti saluta, lui e la sua classe se ne sono già andati. Oggi si uniscono agli Auror.”
“Oh, perfetto. Adesso devo anche stare tutto il giorno preoccupata per lui. Andiamo dai ” concluse rivolgendosi all’amica.
La mora iniziò ad incamminarsi, subito seguita da Abigail. “Ce l’abbiamo ancora il tempo per un succo di zucca, vero?” chiese improvvisamente in tono allegro. Lei era così, non lasciava che l’ansia avesse il sopravvento e le togliesse il buonumore.

Quando i primi studenti entrarono nell’Aula 1, si trovarono davanti a un aula buia, illuminata solo da quattro lanterne posizionate ai quattro angoli, vuota eccetto che per entrambi gli istruttori e un oggetto posizionato tra di loro. Era raro vedere sia Richard che Charlotte fare lezione. Di solito si alternavano in modo piuttosto equilibrato per questo se oggi erano in due poteva significare solo due cose: un esame, per cominciare a sfoltire la classe o qualcosa di pericoloso al punto di richiedere la presenza di due Auror. Tra i due era posizionato un grande baule di legno nero finemente intagliato con una serie di ghirigori.
“Bene, ora che siamo più o meno tutti, possiamo cominciare” annunciò Richard scrutando gli allievi. Era il suo quarto anno da istrutto ormai e aveva imparato a contare le persone presenti con qualche semplice occhiata. “Questa settimana avete studiato le creature magiche più oscure. Oggi ne abbiamo una qui con noi.”
Gli sguardi di tutti si puntarono sul baule, che si mosse leggermente. Krystal iniziò a mordersi involontariamente il labbro inferiore, in una muta espressione d’ansia. La sua compagna di stanza, Federica, sembrava piuttosto tranquilla, anzi, ansiosa di mettersi alla prova. Il fatto di sapere che si trovavano davanti una creatura pericolosa avrebbe destabilizzato un po’ chiunque ma la parte più razionale del suo cervello le diceva che non poteva essere qualcosa di eccessivamente pericolo; dopotutto il ministero non avrebbe permesso che qualche giovane aspirante Auror morisse così, no?
Hayden, Elias e Ezra erano i tre che meno di tutti avevano cambiato espressione durante l’annuncio da parte dell’istruttore. In parte si aspettavano qualcosa del genere, avevano ascoltato i racconti degli allievi più grandi e li avevano visti esercitarsi contro parecchie creature magiche quindi era sottointeso che il programma comprendesse il dover imparare a fronteggiare non solo maghi oscuri, ma anche altri esseri…oscuri.
“Qui dentro c’è un raro esemplare di Lethifold o Velo vivente. Esso è solitamente diffuso ai tropici ma quest’anno siamo riusciti ad averne un esemplare.”
Buona parte degli sguardi della stanza si fecero più preoccupati pensando che lì con loro, a pochi centimetri di distanza, c’era una creatura letale.
Eveline voltò leggermente il capo, guardandosi intorno. Notando le espressioni angosciate dei suoi compagni non poté fare a meno di tirare su le spalle e lasciare che le proprie labbra si piegassero in un sorrisetto di sfida.
“Una metà se la fa sotto. Non capisco cosa li preoccupi, i Lethifold attaccano le persone che dormono” disse una voce alle sue spalle.
Diverse persone si girarono verso la persona che aveva parlato. Eveline incrociò gli spettacolari occhi azzurri di Sean Stuart e notò con soddisfazione che anche lui non sembrava affatto spaventato. Un degno avversario.
Anche gli istruttori avevano sentito le parole del ragazzo. Richard, con un sorriso fece cenno a Charlotte verso Sean “E’ il figlio di Caleb Stuart. Sicuramente da tenere sott’occhio” sussurrò all’altra istruttrice.
Charlotte prese parola, rivolta alla classe. “Il vostro compagno ha ragione. I Lethifold sono carnivori, attaccano la propria vittima quando essa dorme; la soffocano e poi la ingeriscono, però… c’è un però… questo esemplare è stato rinchiuso in questo baule per diversi giorni, quindi credo che non si farà problemi ad attaccare delle vittime sveglie…voi”
Elias si ritrovò a deglutire piuttosto rumorosamente. Non era mai stato molto abituato agli scontri ma di certo non si sarebbe tirato indietro.
“L’unico modo per tenere a bada questa creatura è un Patronus. Dando per scontato che tutti voi sappiate evocarne uno, sappiate che ne servirà uno bello potente per prevaricare su una creatura così… affamata” Richard aveva scelto con cura l’ultima parola.
“Non morirete. Non oggi” annunciò Charlotte “Uno alla volta verrete qui, noi ci posizioneremo alle vostre spalle, faremo aprire il baule e vi aiuteremo nel caso non riusciate ad evocare un Patronus abbastanza potete. Chi vuole essere il primo?”
Hayden si buttò avanti, senza esitazioni. Si posizionò davanti al baule e sentì subito la presenza di Richard e Charlotte alle sue spalle e vide tutto il resto dei suoi compagni ammucchiato sul fondo della classe.
Con un gesto della bacchetta Richard fece scattare la serratura del baule. Il coperchiò tremò leggermente per un paio di secondi e poi si aprì di scatto, completamente.
La creatura che ne uscì sembrava in tutto e per tutto un mantello nero, spesso circa un centimetro. Il Lethifold si abbassò sul pavimento e prese a scivolare verso il ragazzo.
Hayden spalancò gli occhi azzurro-verdi e, dimostrando grande reattività gridò subito “Expecto Patronum!”
Una volpe argentea uscì dalla sua bacchetta e con movimenti flessuosi ma determinati si avventò contro il manto nero, fino a farlo indietreggiare e tornare, con non poca fatica, dentro al baule.
Appena il baule si richiuse entrambi gli istruttori iniziarono ad applaudire. Tutti gli studenti seguirono il loro esempio.
“Bene! Molto molto bene! Direi che abbiamo iniziato alla grande! Così è come si respinge un Velo Vivente” la voce di Richard Pollux lasciava trasparire tutto il suo orgoglio per quell’allievo. Quando Hayden si diresse verso i compagni e passò accanto all’istruttore, egli gli diede una pacca sulla spalla.
Fu poi il turno di Elias. Ebbe qualche difficoltà a trovare un ricordo talmente felice da creare un Patronus potente ma, appena prima che Charlotte e Richard evocassero i loro, un canguro saltò fuori dalla sua bacchetta.
Il ricordo felice di Krystal apparteneva alla sua infanzia, a quando a quattro o cinque anni, durante le vacanze di natale, si sedeva sul tappetto rosso davanti al camino insieme ai suoi fratelli e loro le raccontavano di quanto era bella Hogwarts. Era un ricordo in cui la ragazza racchiudeva tutto il suo essere, infatti un delfino fece capolino dalla sua bacchetta poco dopo che il Lethifold era uscito dal baule.
Intanto che l’amica sfidava il velo vivente, Ezekiel Crouch cercava nella sua mente un ricordo da scegliere per evocare il Patronus. Uno tra i tanti felici. Felici, ma ricondotti tutti ad una stessa persona.
James invece, per quanto continuasse a scegliere nella sua mente un ricordo felice non riuscì a contrastare in tempo quella creatura così oscura e, per evitare ogni pericolo, Charlotte evocò il suo cavallo.
Parecchi furono gli studenti che ebbero dei problemi. C’era chi ci mise troppo tempo a fare l’incantesimo, come James, e chi invece effettuò sì l’Incanto Patronus, ma troppo debole, come Emily, il cui lupo fece parecchia fatica a sconfiggere il Lethifold, e venne aiutato dall’orso di Richard.
Eveline si pose davanti al baule con il suo cipiglio fiero e spavaldo. Il suo possente lupo grigio non ebbe problemi a rispedire quella sottospecie di mantello nero da dove era venuto.
Sean la guardò con un misto di curiosità e ammirazione. Non capitava spesso di trovarsi di fronte una ragazza così particolare.

Quando la loro esercitazione si era conclusa il sole era ormai tramontato oltre le colline inglesi. Alcuni studenti se ne stavano sui divani in salotto e tra questi Emily, che aspettava con ansia il rientro degli allievi del terzo anno.
“Non vieni a cena, Em?” le chiese Abbie che la scrutava da dietro la sua copia della Gazzetta del Profeta.
L’altra guardò per l’ennesima volta verso il grande ingresso, sperando che il pesante portone di legno scuro si aprisse da un momento all’altro. Rassegnata disse all’amica di andare pure senza di lei, che l’avrebbe raggiunta dopo.
Passò una buona mezz’ora e, mentre tutti i ragazzi erano a cena, Emily venne raggiunta da Elias. Il ragazzo aveva tra le mani un piatto carico di qualche fetta di roastbeef e patate arrosto.
“Il tuo ragazzo ne avrà a male se saprà che non hai mangiato perché eri preoccupata” disse porgendole il piatto. Si sedette sul bracciolo della poltrona dove era la ragazza e le intimò di mangiare.
Emily lo guardò con un sorriso carico di riconoscenza. Il suo ex-compagno di casa era così. Chiuso e riservato, all’apparenza un po’ freddo, ma sapeva rivelarsi un grande amico.
Silenzioso e delicato come era arrivato Elias se ne andò per evitare di essere lì quando il salotto si sarebbe riempito di nuovo di allievi a pancia piena. Infatti alle nove circa molti degli studenti che avevano cenato si erano radunati nel salotto. C’era chi giocava a scacchi, chi leggeva e chi passava il tempo a chiacchierare con i propri compagni.
Fu proprio nel mezzo della confusione che nessuno udì il rumore del portone che si apriva con il familiare cigolio che lo connotava ma tutti si zittirono quando gli allievi del terzo anno fecero il loro ingresso in salotto. In un attimo molti si diressero a salutare i propri amici, Justin andò dritto verso la sua ragazza che si alzò dalla poltrona con un sorriso che le arrivava da un orecchio all’altro e gli occhi lucidi. Emily si avvicinò al suo fidanzato e con una mano gli accarezzò lo zigomo, in corrispondenza di un taglio rosso di sangue.
“Posso baciarti?” chiese lui, ansioso, appoggiando la fronte a quella di lei. I loro nasi si sfioravano in un gesto di dolcezza e intimità.
Alla domanda di lui Emily aveva lanciato una specie di risolino imbarazzato “Qui di fronte a tutti? Nah…”

 Era da poco passate le due di notte. Il corridoio al del secondo sembrava vuoto e silenzioso, sembrava… gli studenti addormentati non avevano idea che di lì a pochi minuti sarebbero stati svegliati dai loro istruttori che avrebbero bussato ad ogni singola porta gridando di svegliarsi e uscire immediatamente dalla villa. Stessa cosa stava per succedere agli allievi del terzo anno. Al primo piano Charlotte e Richard si erano appostati all’inizio del corridoio, si erano guardati, decisi a svegliare anche i più giovani. Iniziarono così a bussare ad ogni camera. “Tutti fuori dai letti! Ora!” urlava Richard.
“Sbrigatevi! Andate subito all’esterno della villa, forza!” gridava Charlotte.

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Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


capitolo 5

Buonasera gente! Vi premetto che il capitolo è corto ma avevo troppa voglia di pubblicare quindi eccomi qui! Come al solito non ho riletto, quindi spero che non ci siano orrori di qualche tipo, nel caso segnalatemelo
Spero che vi piaccia e spero che riuscirò a pubblicare di nuovo sotto Pasqua ;)
A presto
H.

L’atrio della villa che ospitava l’Accademia per Auror era zeppo di allievi più o meno assonnati che aspettavano con ansia di capire cosa cavolo stesse succedendo.
Federica stava sbadigliando, accanto alla compagna di stanza Krystal. Era stato difficilissimo per entrambe riuscire a vestirsi nel bel mezzo della notte, dopo essere state svegliate di soprassalto.
Krystal indirizzò il suo sguardo verso i presenti. Parecchi di quelli del primo anno aveva il viso oscurato da un velo di preoccupazione, quelli del secondo anno erano piuttosto tranquilli mentre gli allievi dell’ultimo anno sembravano più infastiditi che ansiosi.
Poco distante da loro Abbie cercava di spingere Emily ad andare a chiedere a Justin cosa stesse succedendo, ma Justin stava parlando con i suoi coetanei e lei non voleva intromettersi.
I sei istruttori delle tre classi arrivarono tutti insieme. “Seguiteci fuori” ordinò una donna sulla cinquantina, con i lunghi capelli ramati tirati su con una pinza.
Uno degli istruttori disse “Dividetevi di nuovo in classi per favore”.
Gli studenti del primo anno si radunarono tra loro, mentre seguivano i propri istruttori Caradoc fece l’occhialino a Federica, cosa che la imbarazzò molto.
“Sappi che io non ero d’accordo” stava dicendo Richard a Charlotte. Cercava di mantenere un’espressione seria e corrucciata ma le sue labbra si piegavano in un sorriso involontario. Si era lasciato convincere, insieme agli altri cinque istruttori a trascinare gli allievi fuori dai letti a quell’ora improponibile.
La giovane donna si limitò a fargli un occhiolino e poi si rivolse agli studenti. “Bene, guardate il cielo. Luna piena. Sapete cosa vuol dire?”
“Lupi mannari” rispose la maggioranza di loro. Elias sentì il proprio corpo scosso da un brivido di sudore freddo. James si voltò verso il compagno di stanza con una risata dipinta sulle labbra “Che ne dici di una caccia ai lupi?” Anche a Sean stava per sfuggire una risata quando Eveline si intromise nel discorso “Io sarei pronta anche per quello” dichiarò. La sua bacchetta era infilata, pronta all’uso, nella tasca posteriore dei pantaloni che sottolineavano il fisico tonico della ragazza e il suo sguardo era puntato negli occhi azzurri di Sean.
“Fate silenzio per favore” intimò Richard.
“Ho bisogno del vostro massimo silenzio. Quello che state per vedere è qualcosa di estremamente raro e magnifico e quando saremo fuori il primo che parlerà si consideri fuori dall’Accademia prima che dica Accio” ordinò Charlotte “E ora avvicinatevi tutti alle passaporte che abbiamo predisposto”.
Un gesto delle bacchette degli istruttori e una dozzina di calzini colorati (ispirati da Silente) comparvero sul prato vicino agli allievi. Dopo tre minuti esatti tutti gli allievi posarono una dito su un calzino e nel giro di pochi istanti si ritrovarono in una radura in mezzo al bosco.
Charlotte si posò un dito sulle labbra su cui spiccava un rossetto rosso scuro.
“Seguiteci, e fate più piano possibile” bisbigliò Richard.
Una cinquantina di studenti seguì gli istruttori attraverso un percorso tra i grandi pini che formavano la selva intorno alla villa. Si addentravano sempre di più tra le piante e più andavano avanti più la luce della luna si faceva fievole dietro alle cime degli alberi.
Sadie si guardava intorno curiosa di sapere cosa avessero in mente gli istruttori per tutte e tre le classi. Una sfida? Una lezione integrativa?
Al limitare di una radura li fecero fermare e gli indicarono il centro della radura stessa. La nuvola che si ostinava a coprire la luna si spostò, lasciando che la luce illuminasse alcune bizzarre creature.
I Mooncalf, delle creature piuttosto rare e difficilmente osservabili, se ne stavano lì di fronte a loro, con i loro piedi piatti, da cui partivano zampe ossute e un fisico snodato. Nonostante gli occhi sporgenti non li rendessero le creature più belle del mondo essi erano incredibilmente aggraziati mentre si muovevano in una specie di danza, la danza che solitamente precedeva l’accoppiamento. I corpi grigi di quella specie di animali si strusciavano uno contro l’altro in un girotondo di passi e corteggiamenti.
“Sono bellissimi” si lasciò sfuggire Krystal, sperando che nessuno l’avesse sentita ma voltandosi verso destra vide che anche Federica sorrideva, piuttosto incantata da ciò che vedeva.
Alle loro spalle anche Ezra e Hayden se ne stavano in assoluto silenzio ad ammirare quelle magiche creature che, ignorando la presenza di esseri umani a osservarle, si muovevano assolutamente indisturbate.
Passarono circa una mezz’ora lì, a fare da spettatori e poi gli istruttori li richiamarono per tornare alla villa. Arrivati alla villa tutti gli studenti vennero fatti radunare in salotto e Charlotte prese la parola. “Questa piccola uscita può considerarsi a modo suo una lezione, una lezione di vita. Nonostante la guerra che c’è fuori da qui avete potuto vedere come ci sia anche qualcosa di spettacolare come l’amore. Buonanotte a tutti e buon week-end”
Un sorriso sognante fu quello che rivolse Emily a Justin e venne ricambiata con un occhiolino che la fece vistosamente arrossire, scatenando l’ilarità di Abigail e James.
Piano piano la grande stanza si svuotò e la maggior parte degli allievi se ne tornò in camera, per godersi qualche ora di sonno prima del sabato, quando sarebbero potuti tornare a casa ma qualcuno, troppo stanco per deambulare fino ai piani superiori, preferì abbandonarsi su uno dei divani grigi che formavano dei quadrati all’interno del salone.
“Che ne dici se ci stendiamo qui?” propose Sadie a Eveline, che accettò anche se titubante. Fecero comparire coperte e cuscini e si stesero su due divani opposti.
Si misero a chiacchierare a bassa voce, ridacchiando come avrebbero fatto se fossero state a Hogwarts. Quando Sadie cominciò a non ricevere più risposte si convinse che l’amica dormiva e cercò di fare altrettanto. Si girava e rigirava, cercando una posizione comoda su quello stupidissimo divano. Quando mai le era venuto in mente di dormire sul divano? Ora non riusciva a chiudere occhio perché le faceva male la schiena, o la spalla o il collo. All’ennesimo tentativo calciò via le coperte e si alzò, piuttosto scocciata.
I suoi passi la guidarono automaticamente verso le cucine dove trovò, fortunatamente, già pronti i vassoi della colazione da cui rubò un muffin al cioccolato bianco e lamponi, il suo preferito. Si preparò una tazza di tè, domandandosi dove fossero gli elfi domestici che preparavano tutto ciò. Forse avevano un loro piccolo rifugio o magari erano semplicemente si disilludevano per girare tranquillamente all’interno dell’edificio.
Vide che una pioggerellina fina era cominciata a scendere e decise che non c’era niente di meglio che godersi l’odore della pioggia che bagnava i prati e le querce intorno alla vila in totale solitudine su una delle poltroncine di vimini disposte lungo il portico.
Appoggiò la tazza fumante e il piattino col dolcetto su uno dei tavolini di vimini e si sporse sulla ringhiera di legno bianco un po’ scrostato respirando a pieni polmoni. Girandosi un po’ verso la sua sinistra si accorse che non era sola. A circa un metro e mezzo di lei Richard Pollux era in piedi, anch’egli davanti la ringhiera, ma con lo sguardo fisso, come se fosse totalmente assente, con la mente persa in altri pensieri.
Sadie si mise a studiare il suo istruttore, il suo capelli corti, il fisico atletico, l’aria sempre un po’ fredda che in quel momento sembrava aver ceduto il posto ad un ventaglio di emozioni. La ragazza cercò di fare qualche passetto verso di lui per poter scrutare meglio il soggetto ma venne tradita da un alquanto attendibile asse cigolante. Un classico, come nei film.
“Dovresti dormire, Morris” disse lui.
“Non c’è lezione domani”
Richard si lasciò sfuggire, anche se solo per mezzo secondo, un sorrisetto. Sadie lo potè vedere dalle fossette che si erano formate sulle guance di lui. “Touché” replicò.
La ragazza si avvicinò, notando che Richard si era immerso di nuovo nelle proprie lucubrazioni e gli si affiancò.
“Ha un buonissimo odore la pioggia”
L’istruttore sembrò scuotersi e la guardo perplesso, con la faccia di uno che non era stato per niente a sentire allora Sadie ripeté di nuovo ciò che aveva detto ma per la seconda volta Richard non la ascoltò.
“Può anche smetterla di ignorarmi!” si impuntò.
“Scusami Morris. Ero sovrappensiero”. E lo era davvero. Sadie voleva vederci chiaro. “E comunque tu potresti anche smetterla di darmi del lei”
Sadie sembrò pensarci su prima di rispondere “Ok. Allora… a cosa stai pensando?”
“Sono passati tre anni…”
“Da cosa?” intervenne lei
“Da quando non vedo mia sorella Amelia”
“Oh…”. La ragazza si trovò spiazzata. Non sapeva neanche dell’esistenza di una Amelia Pollux, nonostante avesse fatto qualche ricerca sui suoi istruttori durante uno dei primi week-end liberi.
“Lei… era una persona adorabile ma…debole. A Hogwarts ha conosciuto un ragazzo, un certo Travers che poi si è rivelato uno stronzo e l’ha trascinata tra i Mangiamorte spingendola a fare tutto quello che voleva.”
Sadie era rimasta in silenzio. Non doveva essere semplice avere una sorella tra i Mangiamorte. Lei non aveva fratelli quindi non sapeva com’era averne ma sapeva che se qualcuno si rifiutava di unirsi a Voldemort difficilmente sarebbe sopravvissuto, come i suoi zii. Amelia Pollux aveva scelto la strada più facile, o era stata accecata dall’amore.
“Lui l’ha spinta a fare cose orribili, anche a uccidere. Lui l’ha completa soggiogata e trasformata… in una persona che io non riuscivo neanche a riconoscere. L’ho vista torturare e ammazzare persone innocenti. È sulla lista del Ministero dei probabili Mangiamorte da catturare. Me la sono trovata davanti, tre anni fa, in uno scontro. Avrei dovuto catturarla, sarebbe finita condannata al bacio del Dissennatore o a passare il resto della sua vita ad Azkaban, nel migliore dei casi. Non potevo farle questo. Era mia sorella, è mia sorella.”
“L’hai lasciata andare…”
“L’ho fatta scappare, l’ho aiutata a scappare. E lei naturalmente si è portata dietro suo marito e i suoi amici. Cinque Mangiamorte ci sono sfuggiti quel giorno. Per colpa mia. Un Auror è morto e due maghi sono rimasti uccisi.” Richard fece una pausa, la sua voce aveva esitato per un attimo. “Sarei dovuto essere licenziato o peggio. Il signor Minchum mi ha aiutato a insabbiare la cosa. La Shields e Moody non mi hanno mai perdonato. È per questo che sono relegato qui.”
D’istinto Sadie aveva appoggiato la sua piccola mano su quella più grande e forte di lui che, altrettanto istintivamente si era ritrovato a stringere.
Si erano girati l’uno verso l’altra e si guardavano con un’intensità tale che sembrava di riuscire a percepire le auree di entrambi. Il muro che Richard si era costruito intorno era crollato, sceso giù come il sipario di uso spettacolo. Il muro era crollato lasciando entrare uno spiraglio di luce: Sadie.
D’istinto lui si avventò su di lei. Labbra ruvide contro labbra morbide e carnose, in un bacio che sapeva di bisogno. Le loro lingue si cercavano e trovavano come due poli opposti di due magneti. Le braccia di lei erano intorno al collo di lui, appoggiate sulle sue spalle mentre le mani di Richard percorrevano ogni singolo centimetro del viso della ragazza.
I loro visi si staccarono, i due si guardarono, quasi senza fiato. Fu un attimo, un minuscolo cenno del capo, simile ad un gesto di consenso. Tornarono così a baciarsi. Molto velocemente si spogliarono, mentre lui la spingeva contro uno dei divanetti di vimini, dove fecero l’amore, semplicemente e appassionatamente come due anime che si erano trovate senza nemmeno cercarsi.

Si erano addormentati sul divanetto, coperti con un paio di plaid che Richard aveva fatto comparire, quando l’alba li aveva sorpresi. E non solo l’alba. A Eveline Richards non era sfuggito che l’amica non c’era al suo risveglio e l’aveva cercata subito. Pochi minuti dopo l’aveva trovata così, addormentata tra le braccia del suo istruttore. Non avrebbe voluto svegliarla ma l’istinto le diceva che di lì a poco sicuramente qualcun altro si sarebbe svegliato e sarebbe sceso per la colazione e se li avessero trovati così sicuramente sarebbe stato imbarazzante da spiegare. Si avvicinò piano e iniziò a punzecchiare l’amica sulla spalla che sbucava nuda da sotto la coperta. Pochi secondi dopo la castana aprì gli occhi.
“Oh santo Godric. Oh oh oh… che casino! Che gran casino!” iniziò a dire lei tirandosi su di scatto avvolgendosi uno dei plaid intorno al corpo e lasciando l’altro su Richard. Velocemente raccolse da terra la divisa da allieva e si rivestì poi pensò bene di svegliare il ragazzo, che aprì gli occhi confusi.
“Svegliati! Sbrigati! Se ci beccano siamo fregati” lo incitava lei mentre lui si alzava con movimenti lenti e pigri.
“A quanto pare siamo già stati beccati” ridacchiò lui senza staccare gli occhi da Eveline che se ne stava in piedi contro una delle colonne del portico. Sorrideva con lo sguardo di una che la sapeva lunga ma non aveva detto una parola.
Ancora avvolto nella coperta Richard si diresse verso la propria stanza, lasciando le due ragazze lì fuori.
Eveline aspettò che l’istruttore fosse sufficientemente lontano e si rivolse all’amica. “Allora, com’è Pollux a letto? Voglio tutti i dettagli piccanti”

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Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Buonasera gente! Vi preannuncio che il capitolo è corto, ma ho approfittato della prima giornata di “vacanze” per scrivere. Avrei voluto aggiungere altro, ma dopo il capitolo sarebbe risultato troppo lungo quindi avrete a breve un nuovo capitolo.
Vorrei anche ringraziare di nuovo tutte le persone che hanno recensito o che hanno inserito la storia nelle seguite o preferite.
Nel frattempo, dato che non credo che riuscirò a pubblicare prima di lunedì, vi auguro buona pasqua
H.

Una mattinata umida e piovosa aveva svegliato gli allievi dopo le poche ore di sonno che si erano potuti godere. La maggior parte aveva già preparato la propria valigia ed era pronto a tornare a casa per passare il fine settimana con le rispettive famiglie.
Erano circa le 8 quando Richard bussò alla porta dell’ufficio di Charlotte, non aspettò una risposta ed entrò direttamente, chiudendosi la porta alle spalle.
“Hey, stavo per andarmene” disse la donna
Lui sospirò, chiuse gli occhi, indeciso se andare avanti o meno con quello che aveva da dirle. “Ho bisogno di prendermi io il week-end libero, di andarmene da qui per qualche giorno.”
Lei si voltò, un po’ perplessa. Il suo sguardo scrutò da capo a piedi il collega cercando un motivo per quella richiesta. A volte non riusciva proprio a capirlo. Come se avesse visto gli ingranaggi del cervello dell’istruttrice muoversi e avesse interpretato il tutto come un probabile “no”, Richard si affrettò a dire “Lo so che questo week-end tocca a te” ed era vero. Si erano organizzati in modo da rimanere in Accademia a week-end alternati. Charlotte conosceva Richard dai tempi di Hogwarts, da quando lui era il capitano della squadra di Quidditch e lei giocava come cacciatrice e aveva imparato che quando lui faceva qualche richiesta di questo genere, qualche cambiamento nei piani, c’era solo da preoccuparsi.
“Il motivo?” chiese in finto tono angelico.
“Non c’è un motivo” rispose lui scrollando le spalle. Evitava di guardarla.
“C’è sempre un motivo” Charlotte si avvicinò e gli si posizionò esattamente davanti, con le mani puntate sui fianchi. “Spara”
“No, non esiste, non posso dirtelo”
“Oh, smettila di fare il bambino. Sai che a me puoi dire tutto, ma non sei obbligato a farlo” Charlotte si lasciò andare ad un sorriso materno e posò una mano sulla guancia di lui. “Non vuoi parlarne, ma i tuoi occhi non stanno zitti un attimo” lo guardò negli occhi, leggendo che c’era qualcosa sotto ma non poteva costringerlo a parlagliene “Vai pure a casa” aggiunse prima di tornare verso la sua camera, pronta a disfare la valigia.
Richard, sollevato, sorrise e si diresse verso la porta per andarsene ma venne interrotto.
“Hey, Rich!” lo richiamò la donna.
L’istruttore si girò verso la bionda, un paio di secondi dopo lei continuò. “Però rimani tu per la festa di Halloween, la prossima settimana!”
“Affare fatto!”

Fortunatamente gli studenti del terzo anno potevano godersi delle camere singole, con ampi letti matrimoniali perché Justin e Emily si stavano godendo appieno quel week-end di libertà, a partire da quel piovoso sabato mattina, che erano intenzionati a trascorrere nel tempore e nella confortevole sicurezza delle coperte.
Stavano chiacchierando, avvolti in un abbraccio. “Quindi…andrete in missione con gli Auror tre giorni a settimana?”
La faccia di Emily era una maschera di preoccupazione. Aveva sempre saputo che il mestiere di Auror comportava una buona dose di rischio ma adesso era arrivato il momento di fare i conti con il fatto che una persona a cui teneva particolarmente avrebbe iniziato a svolgere quel mestiere a breve… doveva imparare a sconfiggere la sua ansia, o ad accantonarla, in qualche modo. Non doveva lasciare che le oscurità del mondo uccidessero quella luce che si portava dentro.
Intuendo i suoi pensieri, Justin le tirò su il mento con un dito. Voleva che si guardassero. Le labbra tirate della ragazza lo ferirono come una coltellata. Non fu il gesto in sé, quanto il fatto che lei non stesse bene e il suo primo desiderio era che Emily stesse bene.
“Ascolta…” esordì, elaborando mentalmente le parole da dire “Io ti amo, e ti prometto che eviterò di fare cose stupide, ma ho bisogno che ti fidi di me. Fuori di qui non ci sono protezioni, ma fuori di qui la situazione peggiora di giorno in giorno, e io voglio combattere. Devo farlo. Questo non è un lavoro semplice, non richiede solo il tuo tempo, richiede tutto il tuo essere e a volte richiede la tua vita. Voglio che tu sappia che io so a cosa vado incontro, a cosa andrò incontro ogni giorno. E voglio che tu sappia che farò tutto ciò che mi è possibile per tornare sempre da te, ma ho bisogno che tu ti fidi di me. Perché se non ti fidi di me, perché se vedo di nuovo quella luce nei tuoi occhi, allora potrei fallire. Allora, ti fidi di me?”
Anche nella penombra della camera, Justin poté osservare gli occhi della ragazza brillare.
Emily si sforzò di mandare giù il groppone che aveva in gola e si avvicinò di più al viso di lui. “Certo che mi fido di te” disse con la voce leggermente incrinata, poi lo baciò.

Elias era in camera, approfittava del fatto che il suo compagno di stanza dormisse ancora per poter preparare la valigia in tutta calma. Per ultima cosa mise dentro il suo mantello blu scuro e poi rivolse lo sguardo verso il cielo, oltre la finestra. Aveva smesso di piovere ma le nuvole non se n’erano andate. E pensare che poche ore prima aveva visto la Luna Piena. In tutto quel trambusto che caratterizzava la vita in Accademia aveva per un attimo accantonato il pensiero riguardo Gemma. Non poteva perdonarselo. Avrebbe approfittato di quei due giorni per passare un po’ di tempo con lei. Lei non sarebbe stata in forma splendente ma avrebbe sicuramente apprezzato la compagnia. Chiuse il baule e lo fece lievitare dietro di lui, giù per le scale, verso il piano inferiore dove avrebbe sfruttato la metropolvere del camino di Pollux per tornare a casa. Lungo il corridoio incrociò Ezra Hattle. Il ragazzo, notando la valigia dell’altro mutò l’espressione in un misto di rassegnazione e scocciatura.
“Ma andate tutti a casa?”
Se si fosse trattato di un fumetto il viso di Elias si sarebbe trasformato in un punto interrogativo.
“Zeek va a casa, tu pure… noi ci stavamo organizzando per una bella partita a Quidditch, ragazzi contro ragazze ma noi del primo anno siamo rimasti davvero in pochi”
L’altro fece spallucce. “Mi dispiace, ma anche se fossi rimasto avrei evitato volentieri il Quidditch”
“Vabè, pazienza…”
Nel frattempo anche Hayden era spuntato dal fondo del corridoio. “Immaginavo che te ne saresti andato questo week-end” disse, rivolto a Elias, il quale lasciò trasparire un po’ di preoccupazione. Cosa sapeva Fawley?
“Su andiamo, Ez. Dobbiamo trovare qualcun altro, le ragazze sono già al completo mentre noi siamo solo quattro”
“Ci vediamo lunedì”
I due ragazzi si allontanarono nel verso opposto a quello di Corner. Ezra deviò verso le cucine, per andare a prendersi una tazza di caffè mentre Hayden decise di uscire all’aperto, passando per il portone principale.
“Ciao straniero” lo salutò il ragazzo appoggiato al muro. Era alto, con i capelli castani ricci e scompigliati, e un sorriso malandrino sul volto.
Lo avrebbe riconosciuto senza neanche guardarlo. Avrebbe riconosciuto quel sorriso ovunque. Merlino quanto gli era mancato.
“Nat…che ci fai tu qui?”
Nathan Grey sorrise ancora di più. “Sono un Auror, o te lo sei dimenticato? Posso tornare qui quando voglio! E così… avendo il giorno libero, ho pensato… perché non andare a fare una sorpresa al mio allievo preferito?”
Hayden sorrise e lo abbracciò di slancio. “Non avrei potuto chiedere di meglio”. Il ragazzo si guardò intorno e dato che non c’era nessuno nelle vicinanze si concesse di baciare Nathan.
“Fuga romantica?” propose l’Auror
“Avrei dovuto giocare a Quidditch con gli altri ma direi che posso tranquillamente dargli buca” e lo baciò di nuovo.

“Assolutamente no” stava dicendo per l’ennesima volta Krystal alla richiesta di una compagna di giocare a Quidditch, poi si rivolse a Federica e propose “Perché non giochi tu?”
L’altra sembrava piuttosto in imbarazzo ma alla fine venne convinta a giocare come cercatrice. La squadra delle ragazze era ufficialmente pronta.
Le due squadre si schierarono ai lati del campo improvviso sul prato dietro la villa. Charlotte si pose tra di loro e imitando la sua ex insegnante di volo disse, guardando soprattutto i ragazzi “Giocate pulito” e poi fischiò l’inizio della partita.
James si impossessò subito della Pluffa, la passò al compagno alla sua destra che si diresse dritto verso i tre anelli che erano stati fatti apparire ma la Pluffa gli venne rubata da Eveline, che dribblò un paio di ragazzi e passò la Pluffa a Sadie, la quale segnò il primo punto. Sean si agitò per essersi lasciato sfuggire la Pluffa ma doveva ammettere che quelle ragazze erano davvero veloci.
Federica girava intorno al campo, a cavallo della sua scopa, così come Ezra. Entrambi cercavano di avvistare il Boccino d’oro, ma con scarsi risultati. Nel frattempo Ezra vide i ragazzi pareggiare, ma non riuscì a distinguere chi era stato a segnare.
Sotto di loro Eveline era tornata in possesso della Pluffa ma era braccata da James e da un altro ragazzo, non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi agli anelli. Abigail cercò di indirizzare un bolide verso i due, per riuscire a liberare la compagna, ma James fu più veloce e riuscì a spostarsi. Rivolse alla ragazza un sorriso beffardo. “Sei sempre splendida, Abbie, ma dovresti comprarti un paio di occhiali” commentò
La distrazione di James costò comunque cara alla squadra maschile, visto che Eveline riuscì a passare la Pluffa ad una ragazza che mirò verso l’anello di destra, non riuscendo però a centrarlo.
Un quarto d’ora più tardi erano pari 30-30, e i due cercatori stavano inseguendo il boccino, che si ostinava a cambiare direzione in continuazione, facendo rischiare l’osso del collo sia a Federica, che aveva evitato per un pelo di andare a sfracellarsi al suolo durante una picchiata, sia a Ezra, che aveva rischiato un paio di volte di sbattere contro gli alberi più alti.
Il boccino sembrò sparire di nuovo, mentre James portava in vantaggio la squadra dei ragazzi.
Ad un tratto, fu uno scintillio a colpire Federica. Era il riflesso della luce del sole su una superficie metallica. Ma certo! Il boccino!
Elaborare una strategia fu un attimo, girò verso destra e Ezra la seguì, come prevedibile, sarebbe scesa un po’, senza perdere di vista il Boccino. Voleva confondere l’altro cercatore, ma Ezra non era affatto stupido e non si era fatto imbrogliare e aveva seguito lo sguardo di Federica. Si era diretto verso il Boccino, senza esitazioni. Vedendo l’azione, Sadie fece cenno alla battitrice di dirigere il bolide verso il cercatore della squadra avversaria; la ragazza eseguì ma la palla grigio scuro sfiorò appena la scopa di Hattle. Federica ne approfittò per superarlo e afferrare velocemente il Boccino d’Oro, segnando la fine della partita.
“Per 180 a 50 vincono le ragazze” annunciò Charlotte con un sorriso entusiasta “Bravi tutti ma la prossima settimana vi farò fare qualche esercizio su come sfruttare i sensi diversi dalla vista. Saper utilizzare tutti i sensi è utile anche nel Quidditch”
Entrambe le squadre scesero dalle scope e si diressero, chiacchierando, verso la villa.
“Devo ammettere che sei stata proprio brava, Abbie. Non me l’aspettavo” scherzava James.
“Dovresti saperlo ormai, che io sarò sempre migliore di te” rise l’altra mollandogli un leggero pugno sull’avambraccio.
“Sai, qualcuno una volta mi disse che i pugni sono come baci” replicò lui.
Abigail non replicò, si limitò a scuotere la testa. James non sarebbe cambiato mai, ma non riusciva proprio a smettere di sorridere.

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Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


capitolo 7

Io sono come un uovo di Pasqua, full of surprises!
Quindi eccomi qui con il nuovo capitolo!
Buona Pasqua a tutti coloro che in questo momento stanno leggendo queste parole. E un grazie di nuovo a chi recensisce… siete il mio ossigeno, senza di voi non andrei avanti
H (che tra qualche ora si godrà un bel pranzo in riva al mare)

“Sei convinto di quello che vuoi fare domani?” stava chiedendo un istruttore a Richard, mentre camminavano lungo il corridoio che conduceva dalla sala da pranzo agli uffici.
“Si, hanno bisogno di una bella scossa. Non sono più a scuola, prima lo capiscono meglio è” rispose lui in tono seccato. Non era il primo che aveva polemizzato sulle sue idee. Anche Charlotte si era detta in disaccordo ma alla fine aveva ceduto con un “Fa’ come ti pare”
“Per la festa è tutto pronto?” chiese lui, cercando di deviare il discorso su temi più allegri.
“Sì certo. Sarà una serata memorabile, come ogni anno, del resto” rispose Caroline, l’istruttrice del terzo anno.
“Quindi chi rimane qui, oltre me?” chiese Will, istruttore del secondo anno.
“Noi ci siamo entrambi” rispose Caroline
“Per il primo anno resto io” disse Richard
“Ma come, non doveva restare Charlotte?” chiese Caroline, un po’ dispiaciuta di essere l’unica donna a dover controllare tutta quella gente.
“No, vuole andare a casa… sai, per via di Jeremy”

La mattina seguente Charlotte era appoggiata con la schiena sulla parete in fonda dell’Aula 1 mentre Richard se ne stava seduto sulla cattedra, dal lato opposto della stanza. Entrambi attendevano l’arrivo degli allievi del primo anno. Arrivo che non si fece attendere poi molto.
Entrando gli allievi non si accorsero dell’istruttrice dietro di loro, ma appena le luci vennero accese con un colpo di bacchetta si accorsero del macabro spettacolo che avevano davanti. Dei cadaveri erano sdraiati a terra, uno accanto all’altro. A quella vista una ragazza urlò e un borbottio si diffuse tra la gente.
Gli occhi di Ezra si posarono su un corpo, quello di una donna, talmente insanguinato che ella era irriconoscibile. Istantaneamente la gola gli si chiuse in una morsa che gli impediva quasi di respirare.
“Hey, stai bene? Sembri un fantasma” gli chiese Hayden lì accanto
L’altro cercò di annuire ma era completamente bloccato, come congelato. Ed in effetti era così che si sentiva, come se il sangue nelle sue vene avesse smesso di scorrere. Come se fosse tornato indietro nel tempo, a tanti anni prima. Come se fosse tornato in quel ricordo dai contorni sfumati, ma ancora vivo nel suo cervello.
“Ezra, se vuoi puoi uscire per un po’” gli propose Charlotte, giunta silenziosamente alle loro spalle.
Il ragazzo sembrò pensarci su, di certo tutti l’avrebbero notato se fosse uscito solo lui e non voleva dare l’impressione di essere debole, ma allo stesso tempo rimanere lì gli causava una bruttissima sensazione. Aveva freddo, come se l’aula fosse stata piena di Dissennatori.
Il suo flusso di pensieri venne interrotto dalla voce di Richard.
“Oggi ci occuperemo di scoprire come sono morte queste persone. Naturalmente gli Auror hanno già fatto le dovute indagini ma hanno ripristinato le condizioni di questi corpi, al momento del ritrovamento. Prendetevi un momento per pensare a queste persone, alle loro storie e alla fine di esse. Questa giornata servirà perché… anche dalla peggiore delle situazioni si può imparare qualcosa. Chi non se la sente è libero di uscire, la vostra partecipazione a questa esercitazione non influirà sul vostro giudizio finale”
Più della metà degli allievi si diresse verso la porta, continuando a parlare di quanto fosse assurda quella esercitazione. Tra questi c’era Elias che, da buon osservatore quale era, aveva notato la reazione di Ezra e si era avvicinato all’amico dicendogli “Dai, andiamocene”
Fuori dall’aula i due si ritrovarono in compagnia di Emily. “Non capisco proprio perché ci facciano fare una cosa del genere…” stava dicendo “Ci sono i Guaritori del San Mungo che lo fanno per mestiere”
“Sì, ma quando arrivano sulla scena di solito sono gli Auror a fare i primi rilevamenti” replicò Federica, mentre si chiudeva la porta alle spalle.

All’interno dell’aula gli studenti erano stati suddivisi in piccoli gruppi, ognuno dei quali doveva fare un’indagine superficiale sul corpo per cercare i segni lasciati dalle maledizioni e quindi per cercare di capire la possibile causa della morte.
Sadie, insieme ad altre due ragazze e un ragazzo si stava concentrando sul corpo di un uomo, sulla quarantina, che mostrava tutti i segni di una tortura con la maledizione Cruciatus.
“Si può morire di Cruciatus?” chiese una delle ragazze del gruppo a Charlotte.
“Generalmente no. O si è tanto fortunati di venire uccisi, alla fine, o si rischia di impazzire. Cercate altri segni.”
I vari gruppetti lavorarono tutta la giornata per poi giungere alla conclusione che quattro su dieci erano morti a causa dell’Avada Kedavra, un paio erano morti a causa del Vaiolo di Drago, uno per una botta in testa, dovuta probabilmente a qualche Schiantesimo che l’aveva spedito contro qualcosa, una donna era morta per avvelenamento mentre per gli altri non riuscirono a scoprire la causa del decesso.

Il week-end arrivò velocemente e con esso la tanto attesa festa di Halloween. L’idea di poter passare la domenica sera a festeggiare, senza il pensiero di doversi alzare il mattino dopo, aveva spinto la maggior parte degli allievi a restare in Accademia.
La sala da pranzo era stata svuotata dei grandi tavoli che la arredavano di solito, era stata posizionata una pista da ballo al centro e tutt’intorno c’erano una serie di tavoli rotondi. La cena venne servita a buffet. Dopo cena, vennero fatti sparire tutti i tavoli. Gli istruttori avevano ingaggiato un gruppo piuttosto famoso per suonare, trasformando la sala in una specie di discomeca, o come cavolo la chiamavo i babbani.
Sadie e Eveline avevano già bevuto qualche bicchiere di Whisky Incendiario prima di scendere in pista a ballare, ridendo come matte.
In un angolo della sala Justin cercava di convincere Emily ad andare a conoscere tutti i suoi compagni di corso, ma la ragazza mostrava delle remore, ritenendo la situazione piuttosto strana e imbarazzante.
Abigail stava chiacchierando con un paio di amici, ma non le sfuggì il fatto che James, come al solito ci stesse provando con una ragazza. Si sforzò di ignorare la cosa, ma era talmente palese quello che l’amico stava facendo con un’ochetta bionda che si stupiva di come facesse a non capirlo l’interessata.
Per evitare di assistere oltre si allontanò con una scusa, quella di cercare qualcosa da bere. Fece fatica a farsi strada tra coppiette in amore e gruppetti di amici che scherzavano, già evidentemente alticci.
Dov’erano finiti i gentiluomini di cui aveva letto nei libri di Jane Austen di sua madre? Dov’era il suo signor Bingley?
L’aria fredda le sferzava le gambe lasciate nude dal vestito che aveva deciso di indossare quella sera. Rabbrividì stringendosi le braccia intorno al corpo. In un attimo si trovò una giacca appoggiata sulle spalle. Si girò istintivamente e si ritrovò a guardare un James Zenon in pantaloni scuri e camicia, con le mani infilate nelle tasche e lo sguardo piuttosto annoiato.
“Grazie” sorrise lei.
“Non saresti dovuta venire qua fuori senza cappotto. Fa freddo stasera. Rischi di ammalarti”
Abbie scosse leggermente la testa, continuando a sorridere “Ma in questo modo lo rischi tu”
James scoppiò a ridere. “Io sono forte, non ho bisogno della giacca”
Come al solito. Lui voleva sempre atteggiarsi a indipendente e sicuro di sé. Restarono qualche momento uno accanto all’altra, in piedi, in silenzio.
“Allora, che fine ha fatto la biondina di prima?” chiese Abbie
“Mhh carina, piuttosto provocante ma niente di eccezionale, odiavo la sua voce. Direi che come voto le darei un Accettabile” rispose lui. Si girò verso la ragazza con un sorriso malandrino. “Gelosa?”
“Oh, come potrei essere gelosa di un Accettabile?” scherzò sottolineando l’ultima parola con delle virgolette mimate con le mani, poi continuò “Io cosa sarei?”
“Eccezionale… in tutti i sensi” rispose James, improvvisamente serio nella voce ma con la solita espressione.
Abbie rimase colpita dalla risposta, piegò leggermente la testa per studiare attentamente l’espressione dell’amico. Il luccichio malizioso negli occhi ambrati di James venne male interpretato.
“Ma smettila!” la buttò lì la ragazza, pensando ad uno dei soliti scherzi di lui.
Per una frazione di secondo qualcosa di diverso dal solito sorriso passò sul viso di James, sembrava quasi… delusione.

Federica guardava la sua compagna di stanza venire trascinata sulla pista da Ezekiel e intanto sorseggiava un bicchiere di Acquaviola. Ogni tanto gettava un occhio agli studenti del secondo anno, allo scopo di individuare Caradoc Dearborn, ma nella confusione generale risultava piuttosto difficile individuare qualcuno.
Vedendo l’amica divertirsi decise di andare a farsi un giro, e non passò molto tempo prima che individuò lui.
Stava chiacchierando con degli amici ma sentendosi osservato si girò ed individuò subito Federica, disse qualcosa ad un amico alla sua destra, gli diede una pacca sulla spalla e si diresse verso la giovane.
“Ti piace la festa?” chiese lui, esibendo una notevole faccia da schiaffi.
“Beh, meglio dell’ultima a cui sono stata”
Lui soffocò una risata e le si avvicinò molto, troppo. “Mi pare che all’ultima festa c’era qualcosa…o qualcuno che ti è piaciuto particolarmente”
L’espressione di Federica era di puro sdegno. “Non osare rinfacciarmelo” disse “E’ stato solo un bacio!”
“Solo un bacio? Scommetti che il tuo ragazzo non sarebbe d’accordo? Mi sembrava che tu volessi andare oltre il bacio, molto oltre” puntualizzò Caradoc.
La mano della ragazza si sollevò istintivamente, per tirargli un sonoro ceffone, ma venne bloccata. Caradoc le bloccò il polso e la attirò verso di sé. I loro visi erano vicinissimi ora. Solo pochi centimetri di un’aria carica di palpabile elettricità separavano le loro labbra. Caradoc si avvicinò ancora di più, ma non la baciò, anche se le loro labbra si sfioravano, quasi.
“Passa una buona serata, Forrest” le augurò, poi si staccò, girò sui tacchi e tornò da dove era venuto. Federica rimase lì, immobile come un pesce lesso. Perché le faceva quell’effetto? Gli occhi azzurri, i capelli indomabili e il sorriso malandrino di Dearborn la rendevano infinitamente stupida. Ah, poi c’era il profumo. Morgana santissima, quel profumo la mandava fuori di testa.

Dopo l’ennesimo ballo, alle cinque del mattino, quando ormai la maggior parte degli studenti si era arresa alle braccia di Morfeo, Sadie si era recata di nuovo al tavolo degli alcolici, dove aveva preso un altro bicchierino di Odgen Stravecchio.
Con il senso dell’equilibrio e della proporzione modificato dall’effetto dell’alcool si diresse barcollando verso il giardino sul davanti della villa, dove trovò esattamente chi cercava.
Richard Pollux stava seduto su uno dei gradini di pietra grigia che conducevano al portone principale della villa, gustandosi una sigaretta babbana. Il lavoro di Auror gli aveva insegnato a notare ogni singolo dettaglio, così non gli sfuggirono i passi incerti alle sue spalle.
“Hai finito di scappare”. La voce di Sadie suonò carica di astio.
“Sono qui, non mi sembra che io sia scappato”
La ragazza si sedette sull’ultimo gradino, appoggiandosi con la spalla e la testa sulla colonnina alla sua destra. “Credo che dovremmo parlare di cosa è successo”
“Già… beh, cosa vuoi sapere?” chiese lui “Se sono pentito, se considero la cosa un errore?”
Richard si voltò verso Sadie, ma vide che la ragazza si era appisolata.

Eveline stava girando tra la gente alla ricerca dell’amica sparita una mezz’ora prima. Non riusciva a trovarla da nessuna parte e stava iniziando a preoccuparsi.
“Sean, hai visto Sadie per caso?” chiese al ragazzo che, in quel momento, stava discutendo di Quidditch (chissà che novità…) con altri allievi degli anni superiori.
“No, ma ti aiuto a cercarla”
Insieme continuarono a cercare la ragazza all’interno della villa, poi si spostarono sul portico nel retro dell’edificio. Continuavano a guardarsi intorno alla ricerca di Sadie, sforzando gli occhi ormai stanchi. Essendo distratta, Eveline inciampò malamente in un paio di bottiglie di burrobirra lasciate lì a terra e cadde a terrà graffiandosi una mano.
Sean, che era solo qualche passo più avanti, si girò e le venne subito in soccorso.
“Stai bene?”
"Sì, certo” disse lei alzandosi e cercando di tornare alla sua normale compostezza.
“Vieni”
Sean la condusse al divanetto di vimini più vicino, la fece sedere e con un veloce “Ferula” medicò le ferite sulla pelle di lei. Nel gesto di prenderle la mano ferita con la sua non gli sfuggì la benda che circondava l’avambraccio della ragazza.
“Che ti è successo?”
“Oh no, niente di che” si sbrigò a giustificarsi Eveline, sfruttando la mano libera nascondere il tutto con la manica della camicetta che aveva indossato per l’occasione.
Il ragazzo decise di non indagare oltre, nel frattempo non aveva lasciato andare la sua mano della bionda. Passò qualche secondo, indeciso su cosa fare. Prese coraggio e decise di farlo, di baciarla. Con sua somma sorpresa, Sean non venne respinto o schiaffeggiato bensì ricambiato in un bacio lento e sensuale.
Sean circondò il viso di Eveline con le sue mani e lei, per risposta, immerse una mano nei capelli castani di lui, torturandoglieli un po’.
Una volta staccati, continuarono a guardarsi, finchè non vennero interrotti da James che, insieme ad un gruppo di altri ragazzi e ragazze, propose a Sean di andare con loro a vedere l’alba dalle rive dello laghetto lì vicino.
Sean si rivolse ad Eveline “Allora, che ne dici?”
Lei annuì e il ragazzo la prese di nuovo per mano per condurla al luogo dove avrebbero ammirato il sole sorgere.

Richard Pollux si era caricato Sadie sulle braccia e, sfruttando i passaggi interni che di solito usavano gli elfi domestici, stava portando la ragazza, profondamente addormentata, in camera sua.
Lungo il corridoio dove c’erano gli uffici degli istruttori notò la luce accesa nell’ufficio della Minchum, e naturalmente lei lo vide passare davanti la porta aperta, con un’allieva tra le braccia.
“Rich!” lo chiamò, la voce ridotta ad un sussurro.
“Shh” replicò l’altro.
Charlotte lo seguì prima nell’ufficio di lui e poi attraverso la porta che conduceva alla camera, dove l’istruttore appoggiò Sadie sul letto. Richard uscì dalla camera lasciando la porta socchiusa, poi si sentì spinto dietro la schiena da Charlotte, che continuando a spingerlo lo condusse nell’ufficio di lei.
“Voglio delle spiegazioni. Ora” ordinò la giovane donna prima di chiudersi la porta alle spalle e lanciare un Muffliato sulla stanza. Adesso sì che erano guai.

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Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


“Voglio delle spiegazioni. Ora”
“Non c’è nulla da spiegare” replicò Richard, cercando di dissimulare cosa stava realmente pensando “Ha bevuto un po’ troppo e non mi sembrava il caso di portarla in camera”.
Charlotte si sedette sulla sua sedia, Richard decise di rimanere in piedi, di fronte a lei. Orgoglioso e impenetrabile, come sempre. L’istruttrice lo scrutò, sbuffò leggermente prima di parlare.
“Conosco quella faccia, e non è affatto sincera. Ci conosciamo da quasi quindici anni, credi davvero di potermi mentire senza che io me ne accorga?”
Richard sapeva di essere stato messo alle strette. Tanto valeva sputare il rospo.
“Io… sono stato a letto con lei”
La bocca di Charlotte si aprì in una specie di o. “Tu…cosa? Stasera?”
“No no, non stasera…la scorsa settimana, la notte di luna piena”
“Oh Rich…” si limitò a dire la giovane. Chi non la conosceva bene poteva pensare che il suo tono fosse di compassione ma chi, come Pollux, la conosceva da tempo, sapeva che quella era solo la calma prima della tempesta.
“È successo tutto così in fretta… io ero sconvolto, pensavo a quel discorso che avevi fatto sui Mooncalf e pensavo ad Amelia, a come l’ho persa…”
Lei lo interruppe con un gesto della mano. “Smettila di comportarti come se fossi l’unico che ha perso qualcuno!” sbraitò “Non hai il monopolio della sofferenza!”
Lui incassò il colpo, in silenzio, con lo sguardo basso, cosa che fece irritare ancora di più Charlotte.
“Non comportarti da cane bastonato! Hai idea di cosa succederebbe se Moody lo venisse a sapere? Io non ti salverò le chiappe un’altra volta! Ho una responsabilità verso questi allievi, abbiamo una responsabilità e se non sei in grado di sostenerla vattene!”
Il cervello di Richard si era fermato a sentire il nome di uno degli Auror più potenti di tutto il ministero, destinato a diventare Capo Auror a breve.
“Non dirlo a Moody, ti prego”
Lo guardò seria, a braccia conserte. Sembrava come quando una mamma guarda un bimbo che ha combinato un guaio, per spingerlo a confessare. “Qualcun altro lo sa?”
“La Richards” disse lui a bassa voce
“Siete stati visti?” La voce di Charlotte era diventata acuta e stridula. “Io non ti coprirò” affermò convinta, con un tono di voce e uno sguardo granitici.
“Perché?” replicò lui ad un tono di voce più alto.
Ormai stavano litigando. Non era certo la prima volta che succedeva ma era raro che arrivassero ad urlarsi contro. Questa volta rabbia e frustrazione accumulate da tempo erano venute a galla, anche se entrambi sapevano che non era giusto prendersela con l’altro.
“Ho chiesto già una volta a mio padre di coprirti, e ci ha quasi rimesso il posto! Non metterò a rischio la mia carriera per te!” urlò lei.
“Oh, perché è questo che ti interessa! Metti sempre la tua fottuta carriera al primo posto!” gridò Richard di rimando “Potevi avere l’amore, essere felice, invece hai scelto la tua carriera!”
Ecco. L’aveva ferita. Aveva toccato l’unico tasto dolente del passato di Charlotte Minchum. L’amica non ne parlava, ma lui sapeva che le scelte che aveva fatto le erano costate care e che la facevano soffrire parecchio.
Negli occhi poté leggere la tristezza che l’aveva attanagliata, anche se solo per attimo, perché poi era tornata a guardarlo col suo cipiglio fiero e impassibile.
“Se vuoi continuare a vederti con Sadie Morris mi aspetto il foglio con le tue dimissioni sulla mia scrivania, penserò io ad inoltrarlo al Ministero” disse in tono duro e freddo. La sua rabbia era palpabile anche se non aveva urlato.
Richard si avvicinò e lei si ritrasse. “Charl…” la chiamò ma lei si allontanò ancora di più, lo superò e aprì la porta. Si fermò lì accanto, guardò il ragazzo negli occhi e poi guardò il corridoio come per segnalargli che era ora che se ne andasse.

 Richard entrò lentamente nella sua camera, osservando la ragazza stesa sul letto e le lenzuola bianche stropicciate sotto di essa. Era davvero bella, con i capelli castani che le arrivavano fino al seno, il fisico flessuoso e ben proporzionato, il viso su cui risaltavano gli zigomi alti e le labbra carnose. Era una donna ma adesso, piegata in posizione fetale, sembrava una bambina.
Valeva la pena rischiare tutto per una creatura così bella? Non lo sapeva.
Trasfigurò un paio di magliette in due coperte, una la appoggiò su Sadie e un’altra se la portò con sé sulla poltrona davanti al camino. Era ormai pieno giorno, ma il cielo era oscurato da un ammasso di nuvole grigie, che presagivano una giornata di pioggia.
A mezzogiorno decise che era meglio andare a svegliare la ragazza. Non voleva che altri studenti si insospettissero per la sua sparizione. Si alzò, entrò nella stanza e si sedette sul bordo del letto. Avvicinò una mano per sfiorarle il bracciò. Di scatto Sadie si svegliò e prese il polso di lui con una forza inaudita.
“Però, che riflessi!” si ritrovò a ridacchiare Richard.
“Scusa…” biascicò lei tirandosi su a sedere “Che ore sono?”
“Mezzogiorno…” rispose l’altro “E credo che sia meglio che tu vada, le tue amiche saranno preoccupate per te”
“Già”
“Quando hai fatto, c’è una porta dietro la seconda libreria sul corridoio… passa di lì, arriverai direttamente alle cucine senza essere notata” La voce di Richard era totalmente atona, non lasciava trasparire nessuna emozione. Sadie avrebbe voluto replicare, dire qualcosa, ma si limitò a guardarlo mentre usciva prima dalla camera, poi dallo studio, e forse dalla sua vita.

Gli elfi domestici aveva preparato un brunch per quel giorno, sapendo bene che tutti si sarebbero alzati ad un’ora in cui normalmente avrebbero fatto pranzo, ma con la voglia di fare colazione.
Le tavolate della sala da pranzo erano cariche di ogni ben di dio, dai cornetti alle salsicce, dalle uova strapazzate ai muffin, dal salmone affumicato alla frutta.
Krystal e Zeek, che avevano passato la serata precedente in maniera abbastanza tranquilla, ballando e scherzando, si stavano godendo tutte quelle cibarie. Erano seduti l’uno accanto all’altra sorseggiando un cappuccino.
“Hai i baffi” rise Ezekiel dopo averla guardata.
Krystal mise su una finta faccia offesa. “Non è carino da dire a una ragazza”
Il ragazzo scoppiò in una risata cristallina che fece ridere a sua volta anche lei. Quando smisero di ridere anche Ezekiel fece un sorso di cappuccino in modo tale che anche sopra alla sua bocca comparisse un baffo di schiuma.
“Ecco, adesso siamo in due” disse dolce e serio allo stesso tempo. Sporgendosi poi per baciarla, piano, con delicatezza. E il cervello di Krystal andò in pappa. Durante tutto il tempo in cui le loro labbra furono unite dimenticò che nella stessa stanza c’erano almeno altre venti persone, o se ne fregò, non riuscì nemmeno lei a dirlo. Sapeva solo che in quel momento si sentiva veramente bene.

Sullo stesso tavolo, qualche posto più in giù Abigail e Emily avevano assistito alla scena.
“C’è amore nell’aria” commentò la bionda.
“E non è meraviglioso? Tu piuttosto, non mi hai ancora raccontato com’è andata la tua di serata…”
Emily si sporse di più sul tavolo, appoggiando la mano sotto il mento. “Allora?” incalzò.
“Non c’è niente da raccontare, davvero. Non ho combinato niente con nessuno, sono solo andata a vedere l’alba con James, Sean, Eveline, Chris, Martin e Alice”
L’amica si lascio andare ad un sorrisetto, scansandosi una ciocca di capelli scuri dietro all’orecchio. “James sembra molto interessato a te ultimamente”
Abbie si lasciò tradire dal suo colorito scarlatto. Cercò di rimediare affermando “Sai com’è James… ci prova con tutte”
“Con me non ci ha mai provato!”
“Solo perché sei fidanzata, tesoro”
“Comunque… ieri ho conosciuto qualche compagno di corso di Justin. Ero un po’ titubante all’inizio ma devo dire che sono davvero simpatici! C’erano anche i gemelli del secondo anno! Hai presente chi sono, vero?”
“Certo che ho presente chi sono i gemelli Prewett…” aveva cominciato a dire Abbie, quando l’amica la interruppe.
“Non puoi negare che siano due tipi interessanti e davvero divertenti”
“Non mi sembrano molto maturi”
“Sono maturi a sufficienza da stare qui, mi sembra abbastanza… dai, posso chiedere a Justin di presentarteli, credo che a Fabian piaceresti molto… potremmo fare un’uscita a quattro”
Dopo vari tentennamenti Abigail si lasciò convincere dall’amica a farsi presentare gli amici del fidanzato, ma non avrebbe mai immaginato che Emily la prendesse subito per un braccio e la trascinasse da Justin.

Federica anche aveva assistito al bacio tra Ezekiel e Krystal e aveva deciso che non era il caso di disturbare l’amica. Si sedette così davanti Ezra Hattle e Hayden Fawley e accanto Elias Corner.
“Buongiorno” la salutò cordialmente il primo
“Giorno” salutò il secondo.
Elias si limitò a sbiascicare qualcosa mentre mangiava una ciambella. Federica continuava a pensare di aver trovato qualcuno più timido di lei. Corner era senza dubbio una persona timida, ma più andavano avanti le lezioni più si dimostrava un ragazzo a dir poco intelligente. Lavorava in sordina, ma con ottimi risultati.

Eveline aveva appena salutato Sean con un bacio, un bacio veloce, l’inizio di un’abitudine. L’aveva lasciato a fare colazione, a differenza sua che aveva preso un caffè veloce e un biscotto. Voleva assolutamente andare a correre prima che iniziasse a piovere.
Passando davanti la cucina notò l’amica Sadie, da sola, seduta sul bancone a sorseggiare un tazza di caffè.
“Avrai bisogno di un baule di quello” commentò Evie.
Sadie sollevò lo sguardo verso l’altra. “Scusa, non ti avevo sentita arrivare”
“Oh, allora sentirai questo” disse Eveline con uno sguardo sadico. “Dove cavolo sei finita ieri sera?” urlò “Ti ho cercata ovunque! Ero preoccupata!”
Sadie scese dal bancone e posò le mani sulle spalle della ragazza. “Ti prego, ti prego, ti prego non farlo mai più. Non urlare. Ho un mal di testa allucinante”
“Più che meritato, direi”
“Come se tu non avessi bevuto…”
“Ma io lo reggo l’alcool” controbatté la bionda. “Allora dov’eri?”
“A dormire” rispose semplicemente Sadie, pregando che l’amica non insistesse oltre ma sapeva già che le sue preghiere sarebbero rimaste inaudite.
Eveline, infatti, le rubò dal piatto il muffin che stava mangiando. “Lo riavrai indietro solo se mi dirai cosa ti è successo”
“E va bene…” sbuffò Sadie “Volevo affrontare Richard, ma mi sono addormentata come una cretina. Mi ha svegliata un’ora fa. Credo che mi abbia portata a dormire in camera sua.”
Il viso di Eveline si piegò in una smorfia pensierosa. “Cosa hai intenzione di fare con lui?”
“Non lo so!” rispose Sadie. Si stupì delle sue stesse parole. Adesso che ci pensava era vero, era andata lì per affrontarlo e dirgli cosa? Voleva stare con lui e rischiare di essere additata come una raccomandata o una poco di buono, o lasciare che quell’unica volta venisse contata come un errore da non ripetere? Merlino, però, non potevano scegliere istruttori grassi e brutti?
Un lampo squarciò il cielo, e passarono pochi secondi prima che una pioggia fitta iniziasse a cadere su quella zona d’Inghilterra.
“Perfetto, non posso neanche andare a correre” borbottò Eveline.
“Cioè, fammi capire… per un giorno che non abbiamo lezione, tu volevi comunque andare a correre?”

Nel pomeriggio Hayden si recò alla Voliera per spedire una lettera che aveva preparato per Nathan. Aveva fatto un incantesimo di impermeabilità alla busta e stava cercando di scegliere un gufo abbastanza forte e resistente da riuscire a volare in mezzo al temporale.
Stava legando la busta alla zampa di un volatile dal piumaggio marrone e nero quando sentì la porta aprirsi e vide James Martin, furioso dopo aver visto i gemelli Prewett fare i cascamorti con Abigail e Emily, entrare.
“Scrivi al tuo innamorato?”
C-cosa? Come faceva l’ex Grifondoro a sapere che Nathan Grey era il suo fidanzato? A quel punto non poteva di certo mentirgli come aveva fatto col resto della classe e soprattutto con i suoi genitori. Già ad Hogwarts si era diffuso il pettegolezzo che Fawley fosse gay ma molti non avevano dato peso alla cosa, non avendolo mai visto con un ragazzo ma certamente Martin non era tra questi. Quel ragazzo era maledettamente brillante, più di quanto non desse a vedere. Sì se ne stava sempre a flirtare con le ragazze e non aveva risultati accademici eccellenti, oscurato dal fratello gemello Charles, ma in realtà aveva un cervello niente male, perciò dovette costatare per l’ennesima volta che sarebbe stato inutile mentirgli.
“Fatti gli affari tuoi” sibilò Hayden.
“Non ce l’ho con te perché hai un fidanzato. Se ti ha aiutato a entrare qui dentro, ben venga”
“Rimangiati subito quello che hai detto!” sbraitò puntandogli la bacchetta contro. Al sentire le urla molti dei gufi, delle civette e dei barbagianni lì presenti iniziarono a sbattere le ali, irrequieti e spaventati.
James non aveva perso il suo sorriso beffardo “Vuoi una sfida?”
Il tempismo perfetto di Ezra Hattle lo portò ad aprire la porta della voliera in quel momento esatto.
“Cos’è questo…” iniziò a dire ma si bloccò vedendo i due con la bacchetta puntata l’uno contro l’altro poi terminò la frase “…casino”
Guardò di nuovo i due ragazzi e guardò i volatili che piano piano si stavano calmando. “Che diavolo pensavate di fare? Se vi beccano vi buttano fuori a calci”
James sembrò pensarci su. “Quando hai ragione, hai ragione. Io, a differenza di qualcuno, non posso permettermi di mettere a rischio il mio posto” disse, prima di mettersi il cappuccio del mantello, voltarsi ed uscire dalla Voliera, in un gesto che molti avrebbero definito teatrale.
“Che voleva dire?” chiese Ezra, rivolgendosi all’altro ragazzo rimasto.
Hayden rispose “Crede che io sia un raccomandato perché sto… beh”
“Ho sentito dire che stai con l’Auror Grey” l’aiutò a completare la frase l’amico.
“Per questo crede che io sia stato aiutato ad entrare qui dentro, che non mi meriti questo posto” sputò fuori Hayden, con rabbia
“Allora dimostragli il contrario”

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Ed eccomi qui, con un capitolo un pochettino più corto, ma l’ho scritto stamattina di getto. Non vorrei mettere troppa carne al fuoco ma vi preannuncio che i prossimi 3-4 capitoli saranno densi densi di eventi.
A presto (spero)
H.

Erano giorni ormai che Sadie cercava di parlare con Pollux, ma il suo istruttore risultava sfuggente come il fumo. Faceva lezione e poi scappava subito, senza darle possibilità di avvicinarlo. L’unico modo che le era rimasto era andare direttamente nell’ufficio di lui. E così fece quella mattina, presto, prima dell’inizio delle lezioni. Era arrivata a un metro circa dalla porta dell’ufficio di lui quando sentì delle voci provenire dall’interno. Si disilluse per poter stare lì ad ascoltare. Distinse la voce di Charlotte e quella di Richard, stavano discutendo.
“Devi parlarle, prendere una posizione!”
“Non ci riesco… non so che fare” diceva Richard
Charlotte alzò ancora di più la voce “Hai lottato tanto per tenerti questo posto di lavoro, e lo vuoi buttare via così?”
“No! Tu hai lottato, per farmi restare un Auror, anche se di basso livello! Pensi che a me piaccia stare qui? Ma ci sto, perché io non sono un guerriero perfettamente razionale e privo di emozioni come te”
“Non osare mai più parlarmi così” stavolta la voce di Charlotte era ferma ma fredda come il marmo “Non costringermi a ricordarti che sono due livelli sopra di te, anche se sono qui. Non sei più il capitano della squadra.” Erano parole sputate fuori come veleno.
Sadie rimase lì, immobile. Sentiva di aver combinato un gran casino. Se la Minchum era venuta a sapere di loro significava che se le girava male la notizia sarebbe potuta arrivare al ministero e lei avrebbe rischiato il suo posto in Accademia.
Quando la sua istruttrice uscì dall’ufficio, Sadie decise di non andare più da Pollux ma di andare a comunicare la sua decisione direttamente alla Minchum.
Aspettò qualche secondo, prima di bussare e venne invitata subito a entrare.
“Sadie, accomodati” disse Charlotte. Non sembrava affatto sorpresa di vederla
“Io… vorrei parlarle…” esordì la ragazza.
Indugiò ma vide l’istruttrice alzarsi, e prendere un fascicolo dal secondo cassetto del grande mobile-schedario che era posizionato all’angolo sinistro della stanza, vicino alla porta. Charlotte tornò a sedersi con un incedere deciso ma elegante al tempo stesso.
“Ho letto più volte il tuo fascicolo… davvero impeccabile. Voti eccellenti, prima Prefetto poi Caposcuola…una carriera invidiabile”
Sadie la guardava perplessa. Cosa voleva dire, con quelle parole? “Oh beh… grazie”
“Anch’io ero come te. Ho lavorato duramente per diventare un Auror come hai fatto e stai facendo e, lasciatelo dire, sei un’ottima allieva. Tutto questo per dirti che quello che è successo potrebbe avere delle conseguenze pesanti, soprattutto se deciderete di approfondire la cosa.”
“Lo so”
“Molte persone vorrebbero essere al tuo posto… lascia che ti dia un consiglio: non sprecare quest’occasione.”
“Io avevo già deciso che… quello che è successo non si ripeterà”
Charlotte cercò di non dare a vedere il sospiro di sollievo che aveva tirato. Voleva bene a Richard e voleva il meglio per lui ma così le cose sarebbero state più semplici. Infinitamente più semplici.
“E’ una saggia decisione… e credimi so quanto possa costare sacrificare qualcuno per fare ciò che è giusto”
Charlotte era tremendamente seria e si vedeva, come se ci fosse solo un vetro, che la sua mente stava lavorando.
“Gliene parlerò oggi stesso” disse Sadie. Era quello che voleva fare sin da quando aveva varcato il corridoio.
“Bene… solo una cosa: cerca di essere delicata, ti prego” disse, con sincerità.

Sadie uscì dall’ufficio un po’ abbacchiata. Si sentiva strana, come se avesse avuto un peso sullo stomaco. Entrando nella sala da pranzo, dove quasi tutti stavano facendo colazione si rallegrò alla vista dell’amica Eveline e corse dietro di lei. Le mise le mani sugli occhi ed esclamò: “Buon compleanno!”
“Grazie!” esclamò l’altra, piuttosto sorpresa “E tu come lo sai?”
“Io so tutto cara” sorrise l’altra, poi guardò Sean e ammiccò “Vi lascio da soli, piccioncini”
Il ragazzo rivolse i propri occhi azzurri verso Eveline e chiese “Perché io non sapevo che oggi è il tuo compleanno”
“Perché non lo sa nessuno, o almeno questo credevo”
“Evie…credo che noi dovremmo cominciare a dirci un po’ di cose…cose su di noi” disse lui un po’ titubante.
Eveline tirò fuori un sorrisetto sprezzante, buttò giù un sorso di succo di zucca e rispose con un'altra domanda. “Tipo?”
“Beh, abbiamo chiarito quand’è il tuo compleanno… il mio è ad Agosto, il 10. Hai fratelli o sorelle?”
La ragazza sembrava più divertita che irritata da quella specie di interrogatorio che Sean le stava propinando.
“Ho una sorella che è una specie di vulcano, ha preso tutto da mia madre. Definire la mia famiglia come invadente è riduttivo”
Sean sorrise dolcemente pensando alla sua di famiglia e a quanto gli mancavano i suoi fratelli. “Scommetto, però, che è piena di calore”
“Sì” ammise lei. Non era una famiglia perfetta ma era la sua famiglia.

 Come ogni giorno all’orario stabilito la porta dell’Aula 1 si aprì e Charlotte Minchum entrò e si posizionò dietro la cattedra.
“Buongiorno a tutti. La lezioni di oggi potrà risultare per molti di voi piuttosto noiosa. Vi immaginate tutti il lavoro di Auror come carico di adrenalina, ma c’è anche una parte decisamente più tranquilla ed è tutta quella che riguarda la Legge Magica. Ad esempio, nel caso dobbiate condurre un interrogatorio, dovete sapere quali sono i capi d’accusa e fin dove potete spingervi”
La giornata trascorse in un clima che si potrebbe definire sonnolento. I minuti scivolavano via lentamente come se il tempo avesse deciso di scorrere al rallentatore. Arrivati a metà pomeriggio Charlotte si accorse, mentre stava spiegando in quali casi era ammissibile usare il Veritaserum, che buona parte degli allievi si era accasciata sul banco, qualcuno si ciondolava sulla sedia e solo pochi reduci continuavano a prendere appunti. Per un momento si sentì come il professor Collum, il suo ex insegnante di Aritmazia, un uomo decisamente anonimo e decise di terminare lì la lezione e concedere il resto della giornata libero a tutti. Soprattutto a se stessa. Era stata una settimana difficile.

 “Allora, dove mi stai portando?” chiese una Eveline bendata al ragazzo che la stava conducendo attraverso il prato dietro la villa. Non amava particolarmente le sorprese ma Sean aveva insistito per coprirle gli occhi.
“Aspetta e lo vedrai” ridacchiò il ragazzo, aiutandola a scavalcare una radice che spuntava dal terreno.
“Basta che non mi mandi a sbattere contro un albero…” sbuffò lei. Erano 10 minuti buoni che stavano camminando, anche se a causa della sua momentanea cecità procedevano lentamente, e lei si stava stufando.
“Siamo quasi arrivati” replicò lui, più pazientemente.
Un altro paio di minuti e si fermarono. Sean le tolse la benda dagli occhi per permetterle di vedere la piccola sorpresa che aveva preparato. Aveva steso un plaid a terra e sopra c’era un cestino da pic-nic.
“Non è niente di che, sono solo panini. Non sono riuscito ad ottenere niente di meglio dagli elfi domestici”
Sean si passò una mano tra i capelli. Improvvisamente si sentiva imbarazzato e patetico, come un adolescente alla sua prima cotta.
Eveline notò il suo imbarazzo e si alzò leggermente sulle punte per baciarlo.
“Non sapevo che era un romanticone, signor Stuart” scherzò dopo che si ritrasse.
Fu una serata speciale. I due mangiarono insieme, godendosi le luci gialle e rosse del tramonto. Il tempo fu clemente al punto che Sean e Eveline si decisero a passare la notte lì, semplicemente dormendo, abbracciati.

Dopo cena, Sadie si era decisa ad andare a parlare con Richard. Era ferma lì, davanti alla porta, con la mano pronta a bussare, ma esitava. Non poteva tornare indietro e non riusciva ad andare avanti.
Prese un respiro profondo prima di battere per un paio le nocche contro la porta.
“Avanti” disse la voce all’interno dello studio.
La ragazza prese un altro respiro prima di entrare con passo lento e incerto. “Ciao” lo salutò cercando di sfoggiare un tono di voce neutro.
“Ciao, siediti”. Richard la invitò ad accomodarsi indicando le sedie posizionate davanti la scrivania.
“Veramente… preferirei restare in piedi. Ho cercato nei di parlarti in questi giorni e, non ci sono mai riuscita”
Richard la guardò in quei luminosi occhi chiari che l’avevano affascinato fin dal primo giorno. “Hai ragione, non sono stato corretto con te”
Sadie abbozzò un mezzo sorriso. Anche se conosceva poco Richard Pollux le era stato subito evidente che sotto all’ammasso di muscoli e all’aria da duro si nascondeva un animo sensibile e ferito.
“Non deve più succedere quello che è successo tra noi” esordì lei. Il suo sguardo era fermo, deciso ma il peso che attribuiva a ogni parola era come un macigno che le premeva sulla bocca dello stomaco.
“Stai prendendo una decisione per entrambi” commentò Richard.
“Uno di noi due deve farlo”
“Ascolta, io mi prenderei le mie responsabilità se…” iniziò a dire l’istruttore, ma venne subito interrotto dalla ragazza.
“No, no. Non pensare solo alle conseguenze che potrebbe avere sulla tua carriera o ai pettegolezzi perché di quelli me ne frego. Perché credi che sia venuta qui? Per me!”
Pollux sospirò. Un velo di delusione gli aveva appannato gli occhi. Voleva che Sadie continuasse a parlare e strappare via questo cerotto.
“Voglio frequentare quest’accademia e voglio farlo bene. Voglio diplomarmi e fare l’Auror. E non posso fare tutto questo se la mia testa è occupata da una persona che è totalmente sbagliata per me. Non posso perdere tutto quello per cui ho lavorato”
Sadie aveva parlato tutto d’un fiato. Non ebbe il coraggio di guardare Richard, perciò si voltò verso la porta e la aprì.
“Spero che tu lo capisca” disse prima di andarsene.

La mattina seguente vide un James Martin che strapazzava ancora di più le sue uova strapazzate mentre osservava i gemelli Prewett che si erano seduti al loro tavolo. Fabian Prewett si era accomodato accanto ad Abigail e Gideon di fianco ad Emily. Entrambi i ragazzi stavano raccontando un qualche aneddoto divertente, facendo facce buffe e l’imitazione di un uomo baffuto grazie ad una fetta di bacon.
Non era tanto il fatto che Abigail, così come Emily, ridesse ai racconti dei due a dare fastidio a James quanto più lo sguardo languido che le lanciava Fabian quando lei non se ne accorgeva.
Era talmente concentrato sui due che non sentì nemmeno Ezekiel che gli diceva che stava schizzando cibo ovunque.
Il suo umore venne leggermente sollevato dall’arrivo di Justin Blackwood, nella speranza che il ragazzo avrebbe cacciato i gemelli, anche se era amico di entrambi.
Anche Justin aveva osservato la scenetta dall’arco della porta, e aveva deciso di averne abbastanza. Non voleva certo sembrare maleducato o geloso quindi si recò verso il gruppetto da quattro con un sorriso smagliante.
“Un buongiorno a tutti” disse piegandosi verso il gruppo. “E soprattutto un buongiorno alla mia ragazza” aggiunse mentre Emily si voltava a guardarlo e nel contempo la sorprese con un bacio. Un bacio tranquillo, di quelli che usavano per salutarsi, ma sufficiente a ribadire la sua posizione.
Non la fregò. Emily lo conosceva meglio di tutti e sapeva benissimo che se l’aveva baciata lì, tra tutti gli allievi, c’era un motivo. Justin sapeva quanto lei odiasse le smancerie in pubblico.
“Vieni un attimo fuori con me?” chiese Emily al ragazzo, cercando di suonare il più dolce e adorabile possibile ma i suoi occhi sembravano sparare scintille.
Justin la seguì appena fuori dalla sala da pranzo, pronto alla sua probabile morte.
“Cos’era quello?” chiese la ragazza a braccia incrociate, tamburellando con il piede destro sul pavimento.
Justin si passò una mano tra i capelli con non-chalance e rispose “Quello? Niente”
La ragazza inclinò leggermente il capo verso destra “Ah, niente? A me è sembrato tanto che marcassi il territorio, come i cani”
“Io…” Justin stava iniziando a balbettare. Era raro che perdesse le parole. La cosa non poté far a meno di far sorridere Emily che si avvicinò al viso di lui.
“Sbaglio o noto un po’ di gelosia?” chiese con un pizzico di maliziosità nella voce.
Lui resse il gioco e sfoderò un tono di voce ancora più suadente “E come potrei non essere geloso di una fidanzata così?” e la baciò, stavolta più piano, e più dolcemente. Erano solo loro due, immersi nella loro piccola bolla di felicità.

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 10 ***


 

Il mese di Novembre scivolò via in giornate caratterizzate da una pioggerellina quasi perenne, tipica del Nord dell’Inghilterra in quel periodo dell’anno. Il clima non aiutava certo a tenere alto il morale degli allievi dell’Accademia per Auror.
Solo l’arrivo di un altro week-end aveva rallegrato gli animi. Il caso volle che quell’anno il compleanno dei gemelli Prewett cadesse proprio di sabato e i due non vollero risparmiare sui festeggiamenti per i loro 20 anni. Per la sera stessa avevano organizzato un party a cui era stata invitata tutta l’Accademia, istruttori compresi.
Corruppero gli elfi domestici per far servire una cena a buffet. Due lunghe tavolate erano sistemate ai lati opposti della grande sala da pranzo. Su un tavolo c’era qualsiasi cibo immaginabile mentre l’altro era pieno di bevande, sia analcoliche che alcoliche. La predominanza delle ultime sulle prime lasciava presagire una serata memorabile.
Gideon aveva invitato una biondina del terzo anno mentre Fabian aveva invitato Abigail alla festa e non avendo nessun altro accompagnatore, la ragazza aveva acconsentito.
Alle due di notte erano tutti abbastanza brilli. Sadie aveva fatto promettere ad Eveline che non l’avrebbe persa di vista. Stavolta voleva evitare di fare cazzate. Il divertimento non le mancò comunque, ballò fino allo sfinimento e si concesse qualche bicchiere di idromele.
Zeek e Krystal uscivano insieme ormai da un mese. I due passarono con Ezra, Hayden e Federica la serata. Il gruppetto si godette la serata ballando e partecipando ai vari giochi che i gemelli avevano organizzato, la maggior parte dei giochi prevedeva penitenze che consistevano nel bere un bicchierino di Whisky Incendiario.
Alle due di notte erano ormai stanchi, perciò il gruppo decise, di comune accordo di ritirarsi per la notte. Ezekiel si offrì di accompagnare Krystal in camera. La ragazza si affacciò e vide che la compagna di stanza non era ancora tornata.
“Beh, devo dire che quei due sanno davvero come organizzare una festa” commentò Zeek.
“Eh si, devo ammetterlo” sorrise lei “Beh buonanotte”
“Buonanotte” rispose il ragazzo. Posò dolcemente le proprie labbra su quelle di Krystal mentre con una mano le infilava una ciocca di capelli neri dietro l’orecchio. Il bacio, che era partito dolce e lento, scatenò la foga in entrambi. Le loro labbra e le lingue si cercarono in maniera famelica. Zeek spinse leggermente Krystal all’interno della stanza e si chiuse la porta alle spalle. I due continuarono a baciarsi, si spogliarono. Zeek prese in braccio Krystal e la posò delicatamente sul letto. Con le mani percorse ogni primo centimetro della pelle di lei, senza smettere di guardarla in quegli occhi scuri che brillavano nella penombra della stanza. I loro respiri si fecero più lenti e pesanti quando lui la penetrò ed iniziarono a fare l’amore.

Al piano terra la festa continuava, anche James aveva esagerato con l’alcol. Vedeva continuamente davanti ai propri occhi Abigail e Fabian Prewett. Non riusciva a non pensare a quanto lei fosse bella quella sera, con i capelli biondi mossi acconciati in uno chignon da cui scendeva qualche ciuffo ribelle, lo sguardo enfatizzato da una riga di eye liner e un vestito a portafoglio blu, la cui scollatura ne accentuava il seno.
Aveva buttato giù un altro paio di bicchierini di Odgen Stravecchio prima di andare a provarci con una ragazza dai capelli rosso fuoco e gli occhi azzurri. La lasciò perdere solo quando vide Abigail uscire dal salotto insieme al suo accompagnatore. Seguì la coppia con lo sguardo, pregando mentalmente che non si dirigessero verso le camere da letto. Quando vide che la ragazza era rimasta sola la raggiunse.
“Allora, ti ha lasciata sola il tuo belloccio?”
Abigail lo guardò, con una certa perplessità negli occhi. “James… che vuoi?”
Il ragazzo appoggiò una mano sul muro dove lei era appoggiata, a pochi centimetri del suo viso e la guardò. “Perché non sei venuta alla festa con me?”
Lei percepì subito nell’alito di lui l’odore dell’alcool. “Sei ubriaco per caso?”
“Perché non sei venuta alla festa con me?” ripeté James, a voce più alta “Stai con lui adesso?”
“Non mi sembra che tu mi abbia invitata!” scoppiò lei, arrabbiata “Che vuoi da me, eh?”
James la guardò negli occhi. Per Godric, in quel momento sarebbe morto dalla voglia di baciarla ma sapeva che sarebbe servito solo a guadagnarsi un sonoro ceffone.
Non sentì arrivare qualcuno da dietro e prenderlo per le spalle, per allontanarlo bruscamente da lei. “Lasciala stare!”
James si voltò di scatto, ritrovandosi faccia a faccia con uno dei gemelli ma in quel momento non era certo di chi si trattasse. “Non ti immischiare, Prewett” gridò.
Il ragazzo lo spinse leggermente, ma James interpretò la cosa come una provocazione e non esitò a contrattaccare con un pugno sul naso. I due iniziarono a prendersi a botte, attirando lo sguardo di molti dei presenti. Abigail sotto shock urlava loro di smetterla. Passò qualche minuto fino a che anche l’istruttrice del secondo anno venne attirata sulla scena.
“Signori! Smettetela immediatamente!” ordinò loro. Gideon Prewett posò una mano sulla spalla del fratello. Sean cercò, con molti sforzi di calmare l’amico.
“Signor Martin, l’accompagno dalla signorina Minchum. Quanto a lei, signor Prewett, mi segua nel mio ufficio”
Emily, che era accorsa quando aveva sentito che due persone si stavano prendendo a botte per Abigail, si rivolse all’amica. “Cosa credi che succederà?”
Abigail guardava con delusione il proprio amico d’infanzia seguire l’istruttrice verso gli uffici. “Ho paura che li espelleranno” disse, un paio di lacrime le solcavano lentamente il viso.

L’istruttrice del secondo anno conferì con Charlotte. Uscì dallo studio lanciando uno sguardo inceneritore a James. Si sentiva frastornato e avrebbe voluto solo vomitare, cosa che precipitò a fare appena prima di entrare.
“Entra James, entra”
Il ragazzo si accomodò, sotto lo sguardo severo di lei.
“Come ti senti?”
“Uno schifo” sbuffò lui tirando la testa all’indietro con aria insofferente.
“Bene. Caroline mi ha detto ciò che è successo. Il tuo comportamento è stato decisamente inappropriato. Dovrei espellerti”
“Sarebbe meglio” borbottò lui. E in quel momento lo pensava davvero. Non si sentiva abbastanza. Come si era sempre sentito. Il gemello era quello intelligente, e aveva scelto Magigiurisprudenza. Lui era quello immaturo e donnaiolo e in quel momento si sentiva esattamente come era stato sempre giudicato.
“James… ascoltami bene, per favore. Io non ti butterò fuori, non oggi. Non ti offrirò questa scappatoia, sarebbe troppo facile dire che non ce l’hai fatta perché io ti ho mandato via”
Il ragazzo continuava a tenere la testa all’indietro e a guardare il soffitto.
“Non merito di stare qui” biascicò.
“E invece credo che sia proprio quello che ti meriti. Resterai qui finché non ti diplomerai e dimostrerai al mondo che sei più intelligente e maturo di quello che vuoi far credere”
Sentendolo sbuffare, Charlotte continuò. “Come ti è sembrata prima Abigail?”
James si ritrovò a rispondere senza pensarci “Bellissima”. Sorrise stupidamente e per un attimo anche Charlotte sorrise.
“Ok. A parte quello?”
“Delusa”
“Esatto. E sai perché” Non era una domanda. Era un’affermazione. Si stupì di come quella donna avesse capito molto di lui, pur essendo un’insegnante e conoscendoli solo da qualche mese.
“Lei crede in me” rispose James sentendo leggermente il naso pizzicargli.
Charlotte si alzò e gli posò una mano sulla spalla, guardandolo in viso. “Dalle tempo di sbollire, poi scusati con lei e parlale dei tuoi sentimenti”
“Io non posso…”
“Sì che puoi”

Il giorno dopo Abigail non si fece vedere a colazione quindi James raccolse il suo coraggio e andò verso camera sua. Sapeva che la compagna di stanza di lei, fortunatamente, era partita per il week-end quindi Abigail sarebbe stata sola. Bussò, passarono circa 10 secondi prima che lei rispose da dentro.
Quando James entrò vide che la ragazza se ne stava sdraiata sul letto, a pancia sotto. La ragazza si girò e si stupì quando vide lui.
“Credevo fosse Em”
“Abbie, ti prego, possiamo parlare?” chiese lui avvicinandosi al letto.
La ragazza si mise seduta, con la schiena appoggiata alla testiera di legno chiaro e le gambe raccolte con le braccia. Abbassò lo sguardo per un po’, poi spostò una mano e la batté sul letto per fare cenno a James di sedersi vicino a lei.
Ora si guardavano. Faccia a faccia. James notò la piega innaturale delle sue labbra, i capelli sciolti e leggermente scomposti che scivolavano lungo il viso e la schiena di lei, fin quasi a toccare le coperte.
“Ieri sera è stato un disastro” disse Abbie. Il suo tono non era arrabbiato, ma più amareggiato.
“Già… sono stato un vero e proprio coglione” ammise James. In risposta Abigail annuì.
“Prewett sta bene, vero?”
“Sì… Fabian sta bene. Noi ci siamo messi insieme” disse con un certo imbarazzo.
Per James fu come se il corpo venisse trafitto da mille lame e sentì qualcosa spezzarsi dentro. In quel momento credette di capire cosa si prova a essere sottoposti alla maledizione Cruciatus. I suoi occhi ambrati si spostarono sui lacci delle proprie scarpe, su cui si focalizzò per cercare di nascondere il proprio dolore.
“Capisco…” si limitò a rispondere.
“Jam” lo chiamò.
Il ragazzo la guardò intensamente prima di parlare con una dolcezza e una maturità che raramente Abbie aveva visto “Abbie, io tengo davvero tanto a te e voglio che tu sia felice… e se con Prewett sei felice, per me va bene. Imparerò ad accettarlo.”
Abbie sorrise, anche se era un sorriso un po’ triste. Si spostò per mettersi in ginocchio e si sporse per dargli un bacio sulla guancia. “Sono contenta che non ti abbiano espulso”

Il lunedì mattina Charlotte stava uscendo dalla sala da pranzo, sorseggiando ancora il suo caffè da una tazza risalente a quando era bambina. Richard veniva verso di lei a passo svelto. Dalla questione Sadie il loro rapporto non era stato più lo stesso, non tanto per il fatto in sé quanto più per come lui l’aveva ferita con le proprie parole. Nonostante questo continuavano però a rispettarsi e a volersi bene, anche se un po’ più da lontano.
“Charl”
“Dimmi”
“C’è qualcuno per te nel tuo ufficio”
“Chi?”
Richard la guardo negli occhi chiari in un modo che solo loro conoscevano. Bastò infatti una frazione di secondo prima che un pensiero attraverso la mente della donna, sconvolgendola al punto che le sue mani lasciarono cadere a terra la tazza.
Charlotte superò un Richard intento con un paio di incantesimi a sistemare la tazza e ripulire, e si recò a passò svelto verso il suo ufficio. Attraverso la porta di vetro vide la figura seduta sulla poltrona.
L’avrebbe riconosciuto tra mille, quel profilo così familiare eppure così nuovo, quella figura di cui conosceva ogni singolo dettaglio.
Prese un respiro e abbasso la maniglia. L’altra persona non si scompose minimamente così lei, ancora a pochi passi dall’uscio disse: “Chi pensa che il passato è passato e come tale non può più tornare si sbaglia di grosso”

 
Volevate un capitolo nuovo e velocemente? Ed io vi sorprendo! Questo e i prossimi capitoli saranno un po’ più focalizzati degli altri, nel senso che non ci saranno tutti i personaggi ma ci si focalizzerà solo su alcuni. Avevo in mente un ordine di eventi diverso ma mi è stato richiesto il passato di Charlotte quindi ho cambiato e cambierò l’ordine delle cose.
H.

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Capitolo 13
*** Capitolo 11 ***


Charlotte lo superò e si sedette al suo posto, guardando quel viso che conosceva così bene.
“Sei cambiato…ma sei sempre tu” constatò con un mezzo sorriso.
“E’ come è giusto che sia…” disse lui
Charlotte si decise che quella farsa, quei convenevoli non servivano a niente e chiese in modo diretto: “Che ci fai qui, Adam?”
“Avevate richiesto un Curatore per le lezioni di Medimagia, ed eccomi qui” sorrise come se nulla fosse. Tornò subito serio notando la faccia scettica di lei e alla fine ammise. “Sono tornato, per sempre”
“Oh”. Era rimasta evidentemente spiazzata.
“La scorsa settimana sono passato in ufficio da mio fratello. Quando mi ha detto che te n’eri andata sono rimasto sotto shock. Non mi aspettavo che abbandonassi il campo.”
“Comunque io intendevo cosa ci fai qui, nel mio ufficio”
“Volevo rivedere la donna che mi ha spezzato il cuore” la voce di Adam McKinnon vacillò.
Charlotte incassò il colpo in silenzio. Era vero, ne era assolutamente consapevole.
“Dì qualcosa!” la incitò.
“Cosa vuoi che ti dica? Sei venuto qui per scaricarmi addosso i miei errori?” chiese, con voce gelida.
“Esattamente cinque anni fa ti ho chiesto di sposarmi e tu mi hai detto di no! Hai detto che c’era un altro, ti lascio immaginare come sono stato quando ho scoperto un anno e mezzo dopo che ti stavi per sposare con un babbano e che stavi per avere un bambino! C’è sempre stato lui, eh?” L’uomo sputò fuori le parole con rabbia e rancore represso da anni.
Gli occhi di Charlotte si erano riempiti di lacrime che si rifiutavano di scendere e in un impeto di foga si era alzata in piedi. “Non ti permettere. Ho fatto tanti errori, ma non ti avrei mai tradito! Ti amavo troppo!”
Gli occhi scuri di Adam McKinnon si puntarono su di lei, cercando di carpirne i pensieri. Quando vide gli occhi azzurri cerchiati di rosso capì che non stava mentendo.
“Parlami. So che non ne hai parlato con nessuno ma ti prego, dimmi cosa è successo. Qualunque cosa.”
La donna si diresse verso il mobile bar e ne prese una bottiglia di Acquaviola. Erano solo le sette di mattino ma ne aveva decisamente bisogno.
“Quando mi hai chiesto di sposarti… devo ammettere che me l’aspettavo”
“Stavamo insieme da 6 anni, non riuscivo più a pensare alla mia vita senza di te” replicò lui.
“Non potevo dirti di sì. Il tuo sogno era andare a scoprire chissà quali piante magiche in Thailandia e io non potevo seguirti, appena diventata Auror”
“Sarei rimasto qui per te!” protestò Adam.
“E’ proprio questo il punto!” esclamò lei in tono accorato “Non volevo che rinunciassi al tuo sogno per me! Per questo ti ho detto che avevo un altro, così saresti partito”
“Mi hai coperto di bugie… ho passato anni a convincermi delle tue bugie”
“Mi dispiace”
“Dispiace di più a me” disse lui alzandosi, riprese il suo mantello ed uscì. Charlotte rimase lì immobile, con le lacrime che ancora le pungevano agli angoli degli occhi.

“Buongiorno a tutti” Richard salutò gli allievi del primo anno che erano entrati in aula. “Da questa settimana fino alle vacanze di Natale avremo come ospite un guaritore che vi aiuterà con lezioni relative a incantesimi e pozioni curative. Vi presento Adam McKinnon” disse voltandosi verso il giovane uomo alla sua sinistra. Adam McKinnon era un uomo piuttosto alto, con capelli corvini e occhi altrettanto scuri ma dolci ed espressivi.
“Oggi ci occuperemo di una pozione piuttosto semplice ma molto importante: la Rimpolpasangue. Vi dividerete in coppie per prepararla”
Formò le coppie: Sadie si ritrovò in coppia con Ezra, Emily con un ragazzo molto alto e nerboruto, Abbie con un altro ragazzo, Sean con Krystal, Eveline con la sua compagna di stanza, Elias con Federica, Ezekiel con una ragazza dai capelli rossi e Hayden con James, per la gioia di entrambi.
“Io non piaccio a te e tu non piaci a me, Martin” esordì Hayden
“Per una volta mi trovo completamente d’accordo con te” rispose l’altro
“Ma dobbiamo riuscire in questa cosa, quindi attiva il tuo cervellino visto che se non sei stato espulso è solo per grazia divina”
“Mettiamoci al lavoro allora: vai a prendere gli occhi di tritone” gli ordinò James

A qualche tavolo di distanza Sadie e Ezra erano già al secondo passaggio. “A questo punto va aggiunto il sangue di Manticora” stava dicendo la ragazza
“Potresti andare tu a prenderne una fiala?” chiese il ragazzo
Sadie lo guardò un po’ sospettosa. “Hai paura del sangue, Hattle?”
“Sì, cioè no…” si impappinò lui “Non ho un rapporto idilliaco col sangue, tutto qui”
“Posso chiederti come mai?”
“Preferisco non parlarne, veramente”
“Ok…”

Elias guardava la sua compagna che cercava di spremere una radice di Mandragola allo scopo di ricavarne la linfa. Federica sbuffò spazientita. “Insomma, non si riesce a tagliarle o spremerle, come Merlino pensano che noi riusciamo a ricavarne la linfa?”
“Aspetta, lascia provare me”
Il ragazzo si spostò per mettere la radice su un tagliare, prese un coltello e poso la lama per orizzontale sopra la radice stessa.
“Sei sicuro di sapere cosa stai facendo?” si intromise Federica.
“Sì che sono sicuro”. Detto questo Elias batté forte con la mano sulla lama. Un colpo secco e la radice si spaccò.
“Ma come hai fatto?” chiese la ragazza stupita.
Per lui era piuttosto scontata la cosa, ma dagli occhi scuri sgranati che guardavano a intervalli regolari lui e il banco capì che evidentemente tanto scontato non era. Anche a Hogwarts era stato così, lui spesso capiva le cose prima degli altri ma non andava mai a sbandierarlo molto in giro. Non aveva bisogno di dimostrare di essere intelligente, si vedeva comunque dai risultati che otteneva alla fine.
“E’ come una noce di cocco, è molto dura, quindi devi dare una botta secca per spaccarla” prese la radice in mano e con la punta del coltello ne estrasse la linfa facendola cadere dentro al calderone. “Ecco fatto”
“Non credo che io ci sarei mai arrivata, quindi grazie”

La pozione stava sobbollendo da ormai mezz’ora. Hayden e James la guardavano, sempre più stufi. Quella dannata pozione non ne voleva sapere di diventare viola.
“Non ne posso più di stare qui ad aspettare” si lamentò Martin
“Rassegnati, c’è scritto che deve bollire fino a che non diventa viola”
James sembrò pensarci su un po’, continuando a dondolarsi sulla sedia. Si scervellò per qualche minuto cercando di ricordare cosa cavolo aveva letto sulla velocità delle pozioni. Ma certo! Si tirò su di scatto e si diresse verso il mobile a scaffali dove c’erano tutti gli ingrediente. Scorse le boccette finché non trovò quello che cercava e tornò verso il calderone.
“Che hai intenzione di fare?”

“Fawley, Fawley, Fawley…sempre malfidato eh?” James sfoggiò il suo sorriso più strafottente mentre versava qualche goccia di lacrima di fata nella pozione.
L’altro lo guardò esterrefatto, come se avesse fatto la più grande cazzata di sempre. Sapeva che loro due non andavano d’accordo, ma rovinare così una pozione su cui lavoravano da tutta la mattina era troppo. Tirò un sospiro di sollievo quando vide che il tutto non era esploso.
Nel frattempo, notato il comportamento di James, Adam McKinnon si era avvicinato per osservare meglio quello che avrebbe fatto il ragazzo. Quando dopo minuti vide la pozioni di color melanzana sorrise compiaciuto.
“Bene, ascoltatemi tutti per favore. Abbiamo i primi vincitori, se così si possono definire. Hanno accorciato notevolmente i tempi. Mano a mano che finite, chiamatemi e io verrò a dare un’occhiata alla vostra pozione”
Rivolse lo sguardo ad Hayden e James “Complimenti ragazzi, potete andare a pranzo e godervi il resto della giornata libera, come premio”.
Mentre i due si recavano verso la porta dell’aula Hayden disse “Mi hai stupito davvero Martin”
“Avevo fame, tutto qui” sorrise lui superandolo e dirigendosi verso le cucine.

La giornata passò lenta e Charlotte non riuscì a fare a meno di pensare ad Adam. Capiva la sua rabbia ma anche lei era stata male, se solo lui avesse saputo quanto…
Passò il pomeriggio sopra a delle pratiche da compilare. Fortunatamente c’era ancora qualcosa che riusciva a fare anche se non perfettamente concentrata. Vide il sole tramontare e l’orologio scoccare le sei del pomeriggio. Il primo giorno di lezioni con il Guaritore ed era stato un disastro, come avrebbe resistito fino a Natale?
Con lo sguardo verso il corridoio vide proprio il centro dei suoi pensieri arrivare. Non aspettò che lui bussasse e gli aprì la porta con uno sventolio di bacchetta.
“Ciao, Charl”
“Adam”
Lui si sedette e la guardò meglio. Era serio e costernato. “Mi dispiace per questa mattina. Ti ho attaccato e… non è stato giusto”
“No, non lo è stato” concordò lei.
“Parlami di lui, di tuo marito”
“Ex-marito. Abbiamo divorziato lo scorso maggio, sono in pochi a saperlo.”
Adam tradì un briciolo di piacevole sorpresa che si impossessò di lui. “Ok, dimmi di lui”
“Era una delle mie prime missioni nel mondo babbano. Sorveglianza al matrimonio di non ricordo quale politico. È andato tutto bene, il matrimonio era finito e volevamo tutti festeggiare. Siamo andati nella sala dei festeggiamenti e lì ho conosciuto Micheal. Poi è andata così… un bar vuoto, una bottiglia di champagne e poco tempo ho scoperto di essere incinta”
Adam deglutì rumorosamente ma lei non ci badò troppo e continuò “Ci siamo sposati perché era giusto così e poi è arrivato Jeremy. Ti giuro, è la cosa più bella che mi sia mai capitata. Credevo di aver rovinato la mia vita ma ho capito che alla fine non era tutto da buttare. Il matrimonio è stato difficile, Micheal è un babbano, non capisce il nostro mondo o il mio lavoro. Si lamentava del fatto che io fossi assente per troppo tempo e che il mio lavoro fosse troppo pericoloso, così alla fine mi ha dato un ultimatum: lui o il lavoro”
“Ma hai lasciato il lavoro…”
“Ho lasciato lui. Mi sono resa conto che sarei stata una madre single, una madre che deve poter tornare a casa da suo figlio.”
Adam rimase colpito e allungò una mano sulla scrivania per raggiungere quella di lei, la sfiorò appena per valutare la reazione della ragazza. Vedendo che Charlotte non si ritraeva intrecciò la mano con la sua, come faceva quando erano fidanzati e andavano a cena fuori.
“Mi dispiace” sussurrò lui con voce dolce, cercando con lo sguardo i suoi occhi chiari.
“Non hai niente di cui dispiacerti”
“Ho passato così tanto tempo a incolparti di tutti quello che provavo, ti odiavo. Ti ho scritto così tante lettere e tu non mi hai mai risposto”
“Giusto, le lettere…”
La donna aprì un cassetto della scrivania e ne tirò fuori alcuni mucchi di lettere legate con un nastro di raso arancione. Erano tutte ancora sigillate, con la ceralacca intatta.
“Non le hai mai lette” constatò Adam “Perché?”
“Sapevo già quello che c’era scritto. Se le avessi lette… avrei preso la prima passaporta per raggiungerti e avrei rovinato tutto, di nuovo”
L’uomo davanti a lei sospirò. Charlotte guardava il ragazzo che aveva tanto amato senza riuscire a vederlo veramente. Non era più il ragazzo a cui aveva rinunciato quando aveva 22 anni, adesso era un uomo e ne aveva passate tante, molte per colpa sua.
“Cosa succederà adesso?”
“Andremo avanti. Troveremo un modo” sussurrò Adam, stringendole di più la mano.

 
Buongiorno gente!
Ora finalmente avete più o meno chiaro il passato di Charlotte…
Vi avviso che prima di sabato non riuscirò a riprendere in mano il pc, quindi non aspettatevi qualche altra improvvisata

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Capitolo 14
*** Capitolo 12 ***


Salve gente! Ci tengo a scusarmi di nuovo per il ritardo con cui arriva questo capitolo che, per inciso, è cortino e piuttosto schifosetto. E’ un capitolo un po’ di passaggio, ma al momento non ho tempo e modo di focalizzarmi su cose importanti: vi anticipo che nei prossimi capitoli ci saranno i duelli, una festa di natale, le relative vacanze e poi…un evento (di cui non posso dirvi niente).
Non volevo lasciarvi senza niente per troppo tempo quindi oggi ho sacrificato un paio d’ore allo studio per voi (ok, nel frattempo guardavo serie tv)
Alla prossima
H.
PS: volevo chiarire che Adam McKinnon è lo zio di Marlene McKinnon e poi volevo togliermi una curiosità: secondo voi, in che casa ad Hogwarts erano Richard e Charlotte?

Quel week-end, il secondo di Dicembre, le temperature erano decisamente rigide e la neve aveva finalmente imbiancato buona parte del Regno Unito.
L’abbondante nevicata della sera prima permise a James di alzarsi con l’umore al massimo quel giorno, ricordandosi della tradizione sua e di Abigail. Ogni anno, a Hogwarts, approfittavano della prima nevicata dell’anno per una sfida a palle di neve che coinvolgeva solitamente l’intero dormitorio. Voleva che quell’anno non fosse diverso. Scese di corsa e fece alcune palle di neve incantate in modo da non sciogliersi e le fece lievitare dietro a lui mentre si recava a svegliarla.
Era appena sbucato all’inizio del corridoio del primo piano, quando tra le facce di gente che andava e tornava dalle camere vide Justin e Emily mano nella mano venirgli incontro.
“Buongiorno!” lo salutò allegramente Justin. Anche Emily lo salutò e sorrise, finché non notò ciò che il ragazzo nascondeva dietro la schiena, allora la sua espressione cambiò.
“Stavi andando da Abbie?”
James annuì.
“Lei…è scesa già di sotto a fare colazione con Fabian e Gideon”
James Martin sentì le braccia afflosciarsi lungo il corpo, così come il cuore, che in quel momento sembrava un palloncino sgonfio dopo una festa.
“Mi dispiace” Emily gli lanciò un sorriso confortante ma James se ne andò comunque abbacchiato.

Finita la colazione Abbie decise di approfittare del salotto deserto per appollaiarsi su una poltrona di velluto verde scuro, la treccia di capelli biondi che le ricadeva lungo il lato destro del collo, e un libro appoggiato sulle gambe. Stava leggendo ormai da una mezz’ora abbondante e nessuno si era ancora visto, tutti troppo occupati a godersi il pallido sole che si rifletteva sul manto bianco che ricopriva tutta l’area intorno alla villa.
Un bussare alla porta già aperta la spinse ad alzare lo sguardo, che incrociò quello della sua migliore amica.
“Ancora con quel librone?”
Abbie mosse leggermente la testa in segno d’assenso.
“I Prewett?”
“Torneo di gobbiglie” rispose l’altra come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Stai bene con lui…”
“Sì, è simpatico e dolce”
“Anche James lo è sai? Vederlo così…”
Abbie sorrise leggermente. Era vero. Anche James sapeva essere premuroso e dolce quando voleva, senza perdere il suo solito sorriso. Vide l’espressione sul volto di Emily.
“Tesoro smettila di sentirti in colpa per avermi presentato Fabian! Io sono felice!”
“Lo so” replicò la castana “Ma non posso fare a meno di pensare che forse un giorno…”
“Non potrebbe essere niente di diverso, altrimenti lo sarebbe stato”
“Era così mogio quando gli ho detto che eri a colazione stamattina con i gemelli”
Emily non riusciva a smettere di sentirsi in colpa per averti fatto conoscere i due. Aveva sempre sospettato che sotto il comportamento di James, il suo provarci con tutte e la sua immaturità nascondessero i sentimenti che provava verso Abbie. La sua migliore amica era un po’ di coccio, sotto questo punto di vista e continuava a dire che fosse impossibile che James fosse innamorato di lei, ma dalla sera della festa di compleanno dei gemelli Prewett le cose sembravano essere cambiate.
Solo in quel momento Abigail materializzò che quella era la prima nevicata dell’anno e si maledisse per aver dimenticato della battaglia a palle di neve. Come aveva potuto?

 Molti degli allievi, soprattutto le ragazze, avevano deciso di approfittare dei due giorni di libertà per andare a fare qualche acquisto di Natale.
Krystal, Federica e altre tre ragazze avevano optato per un’uscita a Diagon Alley. Dopo un prelievo alla Gringott si erano date allo shopping selvaggio. Krystal aveva comprato un mantello nuovo per sua madre da Madama McClan e stava aspettando che la commessa le preparasse un pacchetto regalo quando Sophia la chiamò e le indicò qualcosa attraverso il vetro.
“Hey ma quello non è il tuo ragazzo?”
Krystal si voltò verso la vetrina e vide dall’altra parte del vetro, lungo la strada, Ezekiel camminare avvolto in un pesante mantello nero e una sciarpa grigio scuro.
“Perché non lo seguiamo?” le propose l’amica
“No dai, non mi va… starà andando a comprare qualcosa, o a casa. So che abita qui vicino”
Non era mai stata quel genere di ragazza paranoica e gelosa, neanche con Tom, il suo primo ragazzo. Le amiche insistettero e sfruttarono la sua curiosità per spingere Krystal ad appostarsi e seguire Zeek, con la scusa di scoprire quale regalo di natale le avrebbe comprato.
Krystal camminò, insieme al gruppo di amiche per qualche via, attenta a non farsi cogliere in fragrante. Si fermò quando vide Zeek bussare alla porta di una casa a mattoncini grigio scuro.
Si tranquillizzò pensando che quella dovesse essere casa sua, finchè Gilly non le indicò una finestra della casa. Le ragazze si spostarono dietro ad un muretto e osservarono il ragazzo prendere in braccio un bambino dai capelli corvini e dirigersi verso una ragazza, anch’ella con i capelli scuri e donarle un affettuoso bacio sulla guancia.
Krystal si sentì mancare la terra sotto ai piedi. Non riusciva a credere a ciò che aveva visto. Zeek, il ragazzo dolce e gentile che aveva conosciuto era dolce e gentile anche con qualcun’altra. Si maledisse per aver creduto a tutte quelle belle parole, per aver abbassato le proprie difese e per essersi lasciata convincere a pedinare il proprio fidanzato.
Se ne andò a passo di marcia, senza dare ascolto alle voci femminili che la chiamavano. Appena raggiunto un punto ben nascosto si smaterializzò pregando di ricomparire dentro all’Accademia, tutta intera e con l’intenzione di passare il resto delle week-end da sola.

Abigail corse a perdifiato verso la camera di James, bussò un paio di volte senza ricevere risposta. Spazientita bussò ancora più forte e la porta venne aperta da un seccato e alquanto assonnato Sean. Quando il ragazzo aprì la porta, Abbie riuscì a scorgere la figura di Eveline Richards ancora addormentata nel letto di lui.
“James non c’è vero?” chiese Abbie, vergognandosi un po’.
“No, credo sia in giardino. E’ uscito presto stamattina”
La ragazza lo ringraziò velocemente e si diresse di nuovo di sotto, precisamente nel giardino semideserto, dove non ebbe difficoltà ad individuare James Martin che parlava tranquillamente con qualche altro loro compagno di corso.
Raccolse una manciata di neve dal terreno e la strofinò tra i palmi delle mani arrossate dal freddo per formare una piccola palla. Sentendosi osservata alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di Elias Corner, che in quel momento faceva parte del gruppetto di persone con cui parlava James. La ragazza appoggiò l’indice della propria mano sinistra sulla bocca per invitare il coetaneo al silenzio, poi prese la mira e lanciò la palla di neve sulla schiena di James Martin.
Il ragazzo si voltò stupefatto. Quando vide chi era stato a colpirlo il suo viso si rilassò e si lasciò andare in un’espressione di pura felicità.
“Ah è così che la metti?” ridacchiò prima di rispondere al colpo dell’amica con una palla che la colpì sulla spalla destra.
I due iniziarono a lottare, dopo pochi minuti si unì a loro Emily al grido di “Tra i due litiganti la terza gode!” e in seguito Sean, Eveline, Sadie, Justin, perfino Elias e qualche altro allievo.
James guardava Abigail, le sue labbra carnose, la pelle arrossata, i capelli ora sciolti, sferzati dal vento e pieni di neve e non poté fare a meno di pensare a quanto fosse stata bella e leggera in quel momento. Solo che non era sua.
Nessuno si accorse né di Charlotte che li guardava divertita dal portico, né degli occhi nocciola di Fabian Prewett che osservavano la scena da una finestra al secondo piano.

Il lunedì mattina, prima dell’inizio delle lezioni Richard Pollux incontrò Adam McKinnon dentro alle cucine.
“Buongiorno McKinnon”
“Buongiorno” salutò il ragazzo moro, passandosi una mano tra i capelli. “Chi viene oggi a lezione?”
“Entrambi” rispose l’altro con freddezza.
“Bene…Charlotte è stata piuttosto sfuggente per tutta la scorsa settimana”
Richard lo sguardò, la sola presenza era bastata ad irritarlo, non perché era lui ma perché era lì.
“Credi che sia facile per lei? Charlotte ha imparato a bastarsi da sola. Non è stato un periodo facile per lei e si sta rialzando. Non ti permetterò di buttarla giù”
“E’ una minaccia?”
“E’ una promessa”

 Quando i ragazzi arrivarono a lezione videro che ad attenderli c’erano entrambi gli istruttori più il guaritore McKinnon.
“Buongiorno a tutti” li salutò Richard “Oggi sarete divisi in 3 gruppi. Ciascuno membro del primo gruppo sfiderà a duello un membro del terzo gruppo, senza esclusione di colpi. Allo stesso tempo avrete bisogno di fidarvi l’uno dell’altro perché saranno i vostri compagni, i membri del secondo gruppo, a curarvi. Naturalmente Adam vi aiuterà. Ma prima osserverete me e Charlotte combattere”
I due istruttori si guardarono con un sorrisetto divertito ma di sfida, prima di posizionarsi uno di fronte all’altro.

 

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Capitolo 15
*** Capitolo 13 ***


Salve gente!
Finalmente ce l’ho fatta a buttare giù qualcosa e mi sono accorta di essere un po’ una frana nel raccontare i duelli. Cooooomunque, vorrei avvisarvi che i capitoli saranno un pochino più corti, per permettermi di pubblicare più spesso ;)
Poi… che altro volevo dirvi? Ah volevo proporvi un’idea che mi bazzica nel cervello da un po’. Mi piacerebbe raccontare la storia di Adam e Charlotte in una specie di spin-off, che potrei rendere un’altra interattiva ma non so se riuscirei poi a stare dietro ad entrambe, considerando che la sessione estiva si avvicina impietosamente. Voi che ne dite? Volete sapere altro? Ha indovinato chi ha posizionato Charlotte e Richard nei Serpeverde, ammetto che quando ho iniziato a scrivere non li immaginavo così, anche se nella mia mente Charlotte è sempre stata una Testurbante
Spero di riuscire ad aggiornare di nuovo in tempi non biblici

H.

Prima di sfoderare la bacchetta Charlotte si infilò un paio di guanti neri in pelle di drago, poi puntò la propria arma contro l’altro istruttore.
Richard sorrise beffardo e fece un piccolo inchino verso la donna, appena si tirò su le lanciò un potente incantesimo di Disarmo che lei non ebbe problemi ad evitare semplicemente chinandosi. Charlotte si sentì gli occhi dell’amico puntati addosso. Appoggiò appena i palmi delle mani, e quindi la bacchetta al pavimento, come avrebbe fatto se si fosse sbilanciata. In realtà aveva lanciato un incantesimo al pavimento che iniziò a traballare sotto a Richard.
L’uomo ebbe qualche difficoltà a mantenere l’equilibrio, non cadde ma diede il tempo all’avversaria di lanciargli un Tarantallegra che Richard riuscì a parare per un soffio.
Alla vista dello sguardo corrucciato dell’amica, lui sfoderò un sorriso beffardo e disse “Ti conosco troppo bene…”
“Allora smettila di andarci leggero” lo sfidò lei.
Richard la prese in parola e le lanciò una raffica di incantesimi interminabile, i primi riuscì a schivarli facilmente o ad invocare un sortilegio Scudo, poi la stanchezza sembrò avere il sopravvento, quando venne schiantata contro il muro dietro di lei. Si rialzò con un braccio pieno di graffi a cui sembrò non fare neanche caso.
Lo sguardo di Charlotte sembrava lanciare fiamme, ma sul suo volto non era ancora scomparso il sorriso. Lanciò un Confrigo contro uno specchio nelle vicinanze di Richard il quale esplose in mille schegge di vetro che andarono a ferire leggermente il suo avversario.
I due continuarono ad attaccarsi a vicenda per quello che sembrò un tempo lunghissimo ed entrambi erano feriti. L’angolo destro della bocca di Charlotte sanguinava vistosamente e la gamba sinistra di Richard era piegata in maniera del tutto innaturale. Nonostante questo lui riuscì ad approfittare di un momento di distrazione dell’amica per disarmarla.
Lo sguardo della giovane tradì una certa sorpresa, ma nonostante questo andò tranquillamente a stringere la mano di lui.

La prima a combattere fu Federica, contro un ragazzo piuttosto gracile. Riuscì a schiantarlo senza troppa difficoltà ma lui conservò comunque la bacchetta nel pugno e si rialzò anche se un po’ intontito.
Il ragazzo rispose scagliandole contro dei libri che si trovavano sugli scaffali. I libri la colpirono violentemente sulle braccia che aveva istintivamente usato per coprirsi il viso. Nel gesto lasciò inavvertitamente cadere la bacchetta, di cui il suo avversario si impossessò in un attimo, decretando la fine del duello.

Le sfide continuarono, nel frattempo nella saletta accanto Adam aveva curato Richard, che era tornato subito in classe e aveva iniziato con un Ferula a bendare il braccio di Charlotte. Mentre la classe iniziava a curare i compagni che finivano di duellare lui si dedicò a disinfettare con un batuffolo di cotone imbevuto di pozione, il labbro di Charlotte.
“Mi è sempre piaciuto vederti combattere. Te la sei cavata bene” commentò lui imbevendo di nuovo il batuffolo.
Charlotte gli rivolse, in risposta, uno sguardo scettico. “Ho perso”
“Ma sei stata grande”
“Non importa. Il risultato è sempre lo stesso” disse con un tono di voce piuttosto duro.
Adam appoggiò delicatamente il batuffolo sul labbro di lei ed iniziò a tamponare. Senza volerlo, con un dito sfiorò la sua pelle candida. Charlotte sembrò paralizzarsi a quel tocco, e la cosa fece sentire Adam a disagio.
“Scusami”
“Lascia, faccio da sola” Charlotte prese il cotone e continuò a medicarsi de sola. Lo aveva allontanato ma in realtà non avrebbe affatto voluto. La presenza di lui la inquietava un bel po’, si sentiva di nuovo come se avesse avuto di nuovo quindici anni. Il suo tocco, il suo sorriso, le sue movenze erano nuove eppure così familiari.

In aula le coppie continuavano a fronteggiarsi. Il caso aveva voluto che fosse proprio Krystal a sfidare Zeek. Lo aveva evitato per tutto il resto del week-end e ora si trovava faccia a faccia con lui. La sola idea che si era fatta fregare, che lui le stesse nascondendo qualcosa, non importa cosa, l’aveva fatta arrabbiare a morte.
Non ebbe problemi quindi a sfogare la propria frustrazione su di lui, che all’inizio si limitò a difendersi poi le urlò “Si può sapere che hai?”
Krystal non rispose ma continuò a lanciargli contro una sfilza di incantesimi. Ezekiel però aveva cominciato a contrattaccare anche se evitava accuratamente di farle del male.
Zeek notò il piccolo tremolio di incertezza che accompagnò la ragazza nel lancio di uno Stupeficium e sfruttò la sua velocità per disarmarla.
Krystal uscì dall’aula con passo svelto e deciso, Zeek fece per seguirla ma venne bloccato da Pollux, che lo spedì a curarsi un brutto taglio sullo zigomo.

Coppie di duellanti continuarono a sfidarsi senza sosta, c’era chi vinse più facilmente e chi dovette lottare di più. Tra questi ultimi c’era Emily a cui era toccato, come avversario Hayden Fawley.
Hayden era scaltro e veloce nell’evitare gli incantesimi lanciati dalla ragazza. Emily non si era mai giudicata troppo brava in queste cose ma nei mesi passati non aveva potuto fare a meno di notare che nonostante Fawley fosse un bravo ragazzo, peccasse leggermente di maliziosità.
Emily si decise che era arrivato il momento di rischiare e di provare qualcosa di nuovo: la fattura Orcovolante. Sapeva che c’era bisogno di grande concentrazione perciò fisso i propri occhi in quelli verde-azzurro del ragazzo. Non staccò lo sguardo da lui nemmeno mentre evitava un sortilegio che Hayden le aveva lanciato. Quando sentì di aver trovato il giusto livello di concentrazione, Emily esclamò “MOSTRUM!” e la stanza si riempì di piccoli esseri svolazzanti, simili a spettri, che si diressero verso il suo avversario.
Hayden cercò di scacciare tutti quei mostriciattoli in ogni modo ma i suoi tentativi sembravano non far altro che peggiorare la situazione, facendoli avvicinare ancora di più al suo viso, come se volessero attaccarcisi; oltretutto gli offuscavano pure la vista, impedendogli di difendersi in modo efficace.
Non passò molto, infatti, che Emily riuscì, mentre ancora faceva effetto la fattura Orcovolante a disarmarlo con un sorriso entusiasta.
Non riusciva a crederci. Corse subito nella stanza adibita ad Infermieria perché non vedeva l’ora di dare la buona notizia all’amica Abbie.
La trovò impegnata insieme ad Ezra Hattle a spalmare una specie di intruglio su delle ustioni al polpaccio di una ragazza. La travolse con il proprio abbraccio, trillando allegramente “Ho vinto! Ho vinto! Ho vinto!”
A quelle parole anche Abigail si lasciò sfuggire un urletto. “Contro chi?”
“Hayden Fawley”
Abbie le passò una mano tra i capelli, sopra la testa, come si fa con i cuccioli di cane e le disse in tono materno “Sono orgogliosa di te!”
Emily in risposta mise su il broncio e incrociò le braccia al petto. “Eddai Abbie, non mi trattare come il tuo animaletto domestico”
L’amica stava per scoppiare a ridere quando venne richiamata all’attenzione da Ezra che chiedeva aiuto perché la pasta medica che avevano preparato sembrava non voler funzionare.
“Non capisco perché non funzioni” sbottò, spazientito.
Abigail si avvicinò e prese di nuovo un po’ di pasta dalla ciotola che avevano preparato. Se la passò tra il pollice e l’indice per valutarne la consistenza e sembrò non notare difetti di sorta.
Visto che sembravano in difficoltà, Adam McKinnon mandò in loro aiuto Eveline. La ragazza ripetè lo stesso gesto fatto dalla Morgan, solo che avvicinò il naso anche per sentire l’odore della medicazione.
Eveline storse il naso. “Non ci avete messo abbastanza foglie di castagno. Abigail, vanne a tritare una manciata”
Abbie, obbedì malvolentieri. Non sopportava molto il fatto che le venissero dati ordini, e soprattutto non le era andato molto a genio il tono usato da Eveline Richards.
“Io non le sopporto queste cose. Sono proprio negato. Preferirei molto di più stare di là a combattere” protestò Ezra.
Un sorriso malizioso si dipinse sulla bocca di Eveline “Vediamo, allora”. Tirò fuori la bacchetta e lanciò improvvisamente un incantesimo contro Hattle, che però riuscì ad una velocità impressionante, ad evocare un sortilegio Scudo.
“Però…complimenti” dovette ammettere la ragazza.
Entrambi si sbrigarono a rimettere le bacchette al proprio posto, dopo aver ricevuto un’occhiata di ammonimento dal Guaritore.

Era ormai sera quando finalmente Zeek riuscì a rintracciare Krystal che se ne stava seduta su un divano, nell’angolo più remoto del grande salotto.
Nonostante avesse sentito i passi nella sua direzione Krystal sembrò non alzare lo sguardo dal libro che stava leggendo anche se nel suo campo visivo erano entrate le gambe del ragazzo in piedi di fronte a lei.
“Posso?” chiese Zeek.
“È un mondo libero” replicò lei in tono acido.
Il ragazzo cercò di non fare caso al modo in cui lei aveva risposto e si sedette.
“Si può sapere perché sei arrabbiata con me?”
“Chi è quella ragazza?”
“Quale ragazza?” chiese immediatamente lui
“L’altro giorno ti ho seguito, ti ho visto entrare a casa e abbracciare una ragazza” ammise lei sentendosi improvvisamente in colpa per ciò che aveva fatto
Zeek rimase interdetto. “Tu mi hai seguito? Perché?”
Krystal si morse il labbro inferiore, incapace di rispondere alla domanda.
“E’ mia sorella”            
“E il bambino?” domandò Krystal.
Il ragazzo sembrò pensarci su. Sospirò, si puntellò con i gomiti sulle gambe e si passò entrambe le mani tra i capelli. Esitò ancora un momento prima di rispondere “E’ Lucian, mio figlio”

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Capitolo 16
*** Capitolo 14 ***


E in ritardissimissimo arrivo anche io!
Chiedo perdono in ginocchio, ma giovedì ho avuto un esame e in questo periodo sto facendo un progetto che doveva essere consegnato l’8 maggio ma si sta rivelando più lungo del previsto
Comunque spero di farvi cosa gradita con un capitolo più lungo (originalmente dovevano essere due)
Alla prossima
H.

 

 

Zeek le aveva lasciato il tempo di metabolizzare la cosa e la libertà di reagire come più riteneva opportuno e Krystal passò i primi giorni arrovellandosi su cosa implicava la presenza di Lucian nella vita del ragazzo. Naturalmente sapeva che avere un ragazzo con un figlio piccolo era un impegno non indifferente e lei era giovane, ma lasciarlo per lo stesso motivo le sembrava davvero stupido. E così i giorni passarono senza che lei prendesse le distanze da Ezekiel.
I due continuavano a stare insieme anche se si trattava di un rapporto un po’ più freddo rispetto a quello che avevano vissuto fino a quel momento. Sicuramente le vacanze invernali sarebbero servite da banco di prova per la coppia.

L’avvicinarsi del Natale comportava anche l’avvicinarsi della festa che si teneva ogni anno in Accademia, prima della partenza per le vacanze invernali. Il clima era particolarmente frizzante, il fuoco scoppiettava in ogni camino e gli elfi domestici si adoperavano per decorare tutte le stanze della grande villa. Al centro del grande salone troneggiava un albero di natale alto fino al soffitto e decorato con sfere luminose auto-levitanti. Sullo stipite di ogni porta era appeso un rametto di vischio, nel caso qualcuno volesse approfittarne per farci uscire un bacio.
Quel venerdì si svolgeva l’ultima lezione del 1971 e Richard Pollux aveva previsto, per gli allievi, degli scontri ad armi impari.
“Quando duellate contro il nemico dovete metterci in conto che le persone non sono sempre leali, tutt’altro. Vi potreste trovare nella situazione di affrontare più di una persona, oppure potreste anche venire attaccati da un nemico che nemmeno vedete. In ogni caso dovrete essere pronti a reagire prontamente. È finita l’epoca dei duelli semplici che avete visto finora”
Passò a rassegna l’intera classe con lo sguardo, per valutarne le reazioni. C’era chi sembrava leggermente più preoccupato, chi sfoderava tutta la propria poker face e chi invece sembrava piuttosto contento di iniziare a fare sul serio.
La classe venne divisa a metà. I componenti della parte destra della classe avrebbero dovuto disilludersi e poi attaccare l’avversario appartenente all’altra metà della classe.
La prima a scendere in campo fu Sadie, che doveva fronteggiare un ragazzo alto e piuttosto magrolino di cui il suo cervello si ostinava a non voler ricordare il nome.
Si appoggiò contro il muro per praticare a se stessa l’incantesimo di Disillusione, bastò un tocco e vide il proprio corpo confondersi perfettamente con i mattoni grigiastri alle proprie spalle e diventare praticamente invisibile.
“Spostati davanti alla libreria, vediamo se l’incantesimo funziona bene” le ordinò l’istruttore.
Sadie eseguì e si spostò davanti agli scaffali pieni di libri, e il proprio corpo iniziò a prendere il colore di tutte le varie copertine. Si guardò soddisfatta. Certo che quello era decisamente più entusiasmante rispetto all’Archeologia babbana che le sarebbe piaciuto studiare.
Si parò esattamente davanti al suo avversario e gli lanciò un incantesimo di Disarmo non verbale, ma la concentrazione che ci mise nell’evocare il nuovo incantesimo fece perdere forza al precedente e la ragazza tornò visibile.
“Hai disarmato il tuo avversario ma non sei riuscita a mantenere l’incantesimo… direi che come inizio va comunque bene” commentò l’istruttore

Successivamente vennero chiamati a sfidarsi Elias e James. Toccò al secondo disilludersi. James aveva capito, dai duelli precedenti, che non sarebbe riuscito a restare invisibile e allo stesso tempo a lanciare incantesimi non verbali. Provò a iniziare con un Tarantallegra ma Elias non ebbe difficoltà a capire da dove provenisse la voce e ad evocare, in risposta, un sortilegio scudo.
Lo spirito da osservatore di Elias gli permise di capire come l’altro ragazzo continuasse a girargli incontro, cercando di confonderlo ma con scarsi risultati. Bastava, infatti, che James iniziasse a pronunciare l’incantesimo per individuarlo.
James si guardò intorno, sforzandosi di farsi venire in mente un’idea altrimenti si sarebbe trovato in una strada senza uscita. Passando in rassegna ancora una volta i vari suppellettili della stanza, il suo sguardò si fermò sulla cattedra posizionata su una pedana rialzata. Ma certo!
Cercando di fare meno rumore possibile il ragazzo si arrampicò e si mise in piedi sopra alla cattedra di mogano scuro.
“Andiamo Corner, perché non attacchi?” provocò il suo avversario. Peccato che il resto della classe non potesse vedere il sorriso malandrino dipinto sul suo volto.
Elias si lasciò attirare dalla voce di James, non se lo fece ripetere due volte e scagliò un incantesimo verso il ragazzo. La scia azzurrina andò a colpire però la cattedra e James approfittò del momento di distrazione per disarmare l’avversario e prendere al volo la sua bacchetta.
Tornò visibile al resto degli studenti e saltò giù dalla cattedra sotto l’applauso ammirato di qualcuno, compresi Sean, Abbie e Emily.
Elias guardava seccato il vincitore che si andò comunque a congratulare con lui per il duello appena terminato.

Il duello successivo fu tutto al femminile e vide contrapposte Krystal ed Eveline. Krystal ebbe qualche difficoltà a disilludersi, ma quando ci riuscì era più determinata che mai. Odiava perdere.
Anche Evie non ebbe difficoltà a seguire la voce della sua avversaria, così le due ragazze iniziarono a combattere senza esclusione di colpi. Eveline sembrava non esercitare il minimo sforzo nello scagliare incantesimi verso quello che sembrava il vuoto, non perdeva neanche il suo solito sorrisetto sarcastico. La cosa non fece altro che irritare di più Krystal.
Fu un momento di pausa a lasciarla perplessa, lei aveva appena subito un attacco che l’aveva mandata a sbattere con la schiena contro un mobile contenente delle ampolle di vetro, le quali si erano infrante al suolo con notevole rumore, eppure Eveline non la stava attaccando di nuovo. Cosa cavolo stava tramando? Non si sarebbe di certo fatta fregare.
Krystal si tirò su di scatto, e corse velocemente affianco l’altra ragazza. Il tempo che Eveline si accorgesse dei capelli lunghi e perennemente sciolti di Krys che le avevano sfiorato il viso, il tempo di voltarsi e in un attimo la sua avversaria le aveva fatto volare la bacchetta dall’altro lato della stanza.

A metà pomeriggio erano rimaste ormai poche coppie a doversi fronteggiare. Emily tremava al pensiero di dover affrontare la propria migliore amica, ma più la gente diminuiva più si autoconvinceva che sarebbe andata così e che anche quello era un passo da affrontare.
Non passò molto tempo prima che Richard Pollux chiamò le due amiche a fronteggiarsi. Conoscersi bene, conoscere i punti di forza e debolezza reciproci potevi risultare un arma a doppio taglio. Si giocava a carte completamente scoperte.
Emily si disilluse velocemente, confondendosi come un camaleonte con l’ambiente che la circondava, senza dimenticarsi di lanciare prima uno sguardo eloquente ad Abigail. Lo sguardo che le due si erano scambiate era un’espressione di piena intesa, voleva dire che erano amiche ma che non per questo avrebbero dovuto andarci leggere.
Abigail si sforzò subito di individuare un modo per smascherare l’amica, farla parlare non servì a molto se non a permetterle di evitare gli incantesimi che Emily le lanciava.
Passarono dieci minuti abbondanti in quelle condizioni, e Abigail si sentiva sempre più impotente e incapace di controllare la situazione.
Emily si sentì terribilmente in colpa quando si decise a sfruttare una delle più grandi debolezze dell’amica e lanciare un incantesimo che lasciò la stanza completamente immersa nel buio.
Abigail girò su se stessa cercando di individuare la collocazione dei mobili o delle persone, ma non riusciva a distinguere niente in quella oscurità. Improvvisamente aveva paura e la paura la paralizzava. Nonostante i suoi occhi si stessero abituando alla scarsità di luce, non riusciva a evocare nessun sortilegio, neanche un misero Lumos. Sentiva dei passi avvicinarsi, e immaginava che fosse Emily pronta ad attaccarla.
Una mano strinse la sua mano libera. “Punta alle due e venti, leggermente in basso, illumina i passi di Emily. Ce la puoi fare” Avrebbe riconosciuto quella voce ovunque: James.
Prese coraggio e fece ciò che il ragazzo le aveva suggerito. L’incantesimo andò a buon fine, permettendole di vedere i piedi dell’amica, e quindi l’amica stessa.
Abigail riuscì a disarmare Emily, che cadde a terra. Nello stesso momento in cui la ragazza perse la sua bacchetta la stanza tornò luminosa come era prima.
Lo sguardo di Abbie si saettò attraverso l’aula, alla ricerca dell’amico che non era più al suo fianco ma non c’era l’ombra di James. Sembrava essersene andato come avevano fatto molti degli alunni che avevano già combattuto.
Abigail si allontanò dal centro dell’aula e venne subito seguita da Emily. “Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace per prima” iniziò a farneticare “Non sapevo più cosa fare ed è l’unica cosa che mi è venuta in mente, anche se so che non è giusto. So che sei arrabbiata e mi dispiace tanto tanto, ma hai comunque vinto”
“Em, frena. Non sono arrabbiata” la interruppe la bionda
“Non sei arrabbiata… davvero?” chiese l’altra, esitante
Abbie fece spallucce “No. È una cosa che dovevo affrontare”
Emily l’abbracciò di slancio. “Brava la mia Ciambellina” scherzò usando il nomignolo che utilizzava anche la madre di Abigail.

Il giorno dopo i preparativi per la festa erano praticamente terminati. Ogni allievo aveva ricevuto un biglietto con cui poteva essere invitata una persona esterna all’Accademia e molti lo avevano utilizzato per far partecipare i rispettivi fidanzati o amici.
Federica si stava preparando per andare alla festa con il suo ragazzo, cercando di raccogliere i propri capelli mossi in uno chignon ma essi si rifiutavano di collaborare. Alla fine si arrese e li lasciò sciolti, come al solito. Si guardò allo specchio della camera e ammirò il proprio vestito blu scuro, soddisfatta del look che aveva scelto. Nella stessa camera anche Krystal si stava vestendo e aveva optato per un abito lungo fino al ginocchio, in stile vintage.
Quella sera la grande villa era davvero stracolma di gente, per l’occasione erano presenti anche gli Auror, o almeno chi non doveva lavorare, e qualche funzionario del Ministero.
Abigail scese le scale sottobraccio con Fabian Prewett che, d’accordo con il gemello, aveva ceduto il biglietto d’ingresso a sua sorella Molly e al marito Arthur. I giovani Weasley avevano affidato per una sera, e non senza remore, il piccolo Bill ad una babysitter e avevano deciso di godersi una serata fuori.
Elias aveva pensato di cedere il biglietto supplementare a sua sorella Gemma, per spingerla a svagarsi un po’ ma ella aveva rifiutato categoricamente e così, visto che non aveva invitato nessuna, si ritrovava insieme a qualche altro amico a sorseggiare Acquaviola seduto su uno dei divani.
Dall’altra parte della sala sia James che Sean avevano abbandonato le loro accompagnatrici per andare a conoscere un famoso ex-giocatore di Quidditch.
Hayden si era vestito di tutto punto ed era sceso a piano terra per mangiare qualcosa in attesa dell’arrivo di Nathan, che aveva fatto tardi a lavoro.
Ezra si era deciso invece ad invitare Susie Cotton, sua cotta storica dei tempi di Hogwarts e ora apprendista alla Gazzetta del Profeta. La ragazza si rivelò essere divertente e spigliata, arguta e maliziosa senza però scadere nella cafoneria. Era praticamente perfetta per lui, nonostante questo non riusciva a fare a meno di essere con la mente altrove. Sembrava che non la stesse neanche a sentire, e ben presto lei se ne accorse. Dopo averlo richiamato varie volte, se ne andò stizzita a metà serata.

Erano ormai le undici di sera e Andrew propose a Federica di uscire un po’ sul portico ad ammirare la neve che brillava sotto la luce di uno spicchio di luna.
Anche il portico si rivelò abbastanza affollato e la cosa mise fine a ogni romanticismo, ma i due decisero in ogni caso di starsene un po’ lì, almeno per prendere un po’ di respiro dall’aria consumata che regnava all’interno.
Un gruppo di ragazzi si stava avvicinando, tra gli ultimi c’era un Caradoc Dearborn piuttosto brillo che si fermò vicino alla coppia.
“Oh guarda guarda, la coppietta felice…non eravate tanto felici all’ultima festa o sbaglio?”
“Dearborn che vuoi?” chiese una visibilmente irritata Federica
“Oh niente, mia cara” rispose lui avvicinandosi e passandole una mano sotto al mento.
Andrew, che non conosceva minimamente il ragazzo lo scansò in malo modo, invitandolo a lasciare in pace Federica
“Hai bisogno del cavaliere dall’armatura lucente? Non mi sembrava che tu ne avessi bisogno l’altra volta”
Andrew fece una faccia stranita e confusa, e rivolse i propri occhi in quelli grandi della ragazza e ne vide il terrore all’interno. “Cosa vuol dire?”
“Esatto, cosa vuol dire?” echeggiò Caradoc
“TU STA ZITTO!” urlarono entrambi a Caradoc. Il ragazzo alzò le mani in segno di resa e si voltò per andarsene, lasciando i due a discutere. Federica fu costretta a sputare il rospo sul bacio, non esattamente casto anzi decisamente spinto e prolungato, che c’era stato all’ultima festa a cui lei aveva partecipato con Andrew. Tuttavia, non accennò minimamente a ciò che aveva provato, in quei mesi, ogni volta che Dearborn le si era avvicinato.
“Perché non me l’hai detto prima?”
“Io…non lo so”
Andrew strinse i pugni, livido di rabbia. “Mi hai mentito…”
“Mi dispiace, Andrew. Tu sei il mio ragazzo, avevo paura che mi lasciassi” cercò di giustificarsi lei
“Tranquilla, non sono più il tuo ragazzo” disse prima di abbandonarla lì. A nulla valsero i richiami di Federica, che scoppiò a piangere, indecisa se essere più arrabbiata con Andrew, con Caradoc o con se stessa.
Si sedette su un divanetto di vimini, abbracciandosi le gambe con le braccia, nel tentativo di scaldarsi. Passò solo qualche minuto prima che un aeroplanino di pergamena le si posasse sulle ginocchia. Lo aprì e lesse:

E’ uno stupido se ti lascia per così poco. Ti va di dargli un motivo vero per lasciarti? C.

Abigail se ne stava appoggiata allo stipite di una porta, con un bicchiere di spumante in mano. Fabian e Gideon avevano appena condotto Molly e Arthur a fare un giro completo della villa e lei era rimasta lì.
Era un po’ ormai che guardava come Clara Montgomery, una ragazza del secondo anno dai capelli rosso scuro e un fisico da far invidia a molte, flirtasse deliberatamente con James e venisse, altrettanto deliberatamente assecondata.
“È carina” irruppe Emily alle sue spalle
Abbie si finse disinteressata “Beh se ti piace il tipo… troppo alta per essere una ragazza”
“Tu sei gelosa…” insinuò la mora
“Gelosa io? Ma che vai a farneticare? Hai bevuto decisamente troppo…dovrò dire a Justin di darti una controllata”
“Tu farnetichi! E poi…da quando in qua essere alta è un difetto? Guarda che gambe!” esclamò Emily puntando il bicchiere verso il loro oggetto di conversazione.
“Sto solo dicendo che è troppo alta per lui”
Emily fece la faccia di chi aveva capito tutto “Ohhh, ma certo… e tu saresti perfettamente dell’altezza giusta per Jamie”
“Cosa stai insinuando?”
“Io? Assolutamente nulla”

La festa passò in maniera piuttosto tranquilla e il giorno dopo tutti gli studenti si adoperarono per preparare i bagagli, prima di godersi due settimane di riposo.
Ezra era intento ad estrarre il carillon dal fondo dell’armadio, per poterlo mettere nel baule quando Hayden uscì dal bagno. Il ragazzo cercò di nasconderlo ma Fawley lo aveva notato subito.
“Dovresti nasconderlo meglio se non vuoi che qualcuno lo veda” commentò
Ezra sospirò di rassegnazione e infilò la scatola di ceramica tra i vestiti piegati male e i libri che aveva deciso di studiare per migliorare con le pozioni curative.
“E’ da ieri che non dici una parola… si può sapere cos’hai? Pensi ancora alla Cotton?”
L’altro si limitò a compiere un gesto di diniego con la testa, mentre continuava a mettere via roba.
“Ci credo che se ne è andata, se ti comporti così”
Hayden aveva gettato l’esca e Ezra abboccò subito.
“Ho i miei problemi, ok?”
“Ed hanno a che fare con quella scatola” Non era una domanda, era un’affermazione.
Ezra si voltò verso il compagno di stanza che se ne stava seduto sul letto a frizionarsi i capelli con un asciugamano. “Se io te ne parlo…. Non dovrà uscire da questa stanza”
“Per Salazar, cosa nascondi Hattle?”
“Oggi… è l’anniversario del giorno in cui mia madre è morta, o meglio, si è suicidata…per questo ieri non ero molto in vena di fare festa”
Hayden si fece serio e scuro in volto “Capisco…e il carillon cosa c’entra?”
“Ho tenuto la lametta con cui si è tagliata le vene”

Prima della partenza per le vacanze Krystal andò a bussare alla camera di Zeek.
“Hey…” la salutò lui
“Hey… sono venuta a salutarti, prendo la passaporta delle undici”
“Credevo che avresti preso quella dopo”
“Lo so, ma la valigia è pronta e…non vedo l’ora di rivedere i miei fratelli”
“D’accordo… scrivimi e… pensa a quello che ti ho detto, ok?” chiese lui un po’ titubante
“Ok… dammi solo un po’ di tempo. È tutto quello che ti chiedo”

 

 

Le vacanze di Natale passarono più velocemente del previsto e il 7 Gennaio tutti gli allievi tornarono all’Accademia per Auror.
Il primo giorno di lezione iniziò subito in modo tutt’altro che leggero, da quel momento avrebbero passato il resto dei due mesi successivi a concentrarsi sulla Occlumanzia che li avrebbe portati al cercare di respingere anche la maledizione Imperius. Un inizio semestre tutt’altro che leggero.
La giornata non lasciò respiro agli studenti che non ebbero il tempo nemmeno di chiacchierare un po’ delle proprie vacanze, almeno fino alla sera a cena.
Tutto sommato, sembrava una serata tranquilla. Ma era solo la quiete prima della tempesta.
Erano da poco passate le nove quando irruppe Moody, il capo degli Auror, nel salone dove stavano seduti la maggior parte degli studenti e degli allievi.
“E’ in corso un attacco a Liverpool, si parla di una cosa catastrofica, centinaia di babbani morti. Ho convogliato tutti gli Auror lì. Ho bisogno anche di voi” annunciò l’uomo
Subito tutti gli istruttori si alzarono in piedi. “Pollux, tu rimani di guardia ai ragazzi” abbaiò Alastor “Gli altri seguitemi”
Gli istruttori si avviarono a passo svelto verso una passaporta, Sean li seguì di corsa e con lui anche Eveline.
“Dove pensi di andare?” gli gridò
“Mio padre è là fuori. Voglio combattere al suo fianco”
“Allora vengo anche io!”
“No, è fuori discussione”
I due si agganciarono alla passaporta appena prima che questa si attivasse, sotto gli occhi increduli degli istruttori.
“Non ti lascerò in pericolo da solo” disse Eveline mentre veniva risucchiata dal vortice.

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Capitolo 17
*** Capitolo 15 ***


Vennero catapultati nel bel mezzo di un sobborgo di Liverpool che, tutto sembrava, fuorché la stessa città conosciuta da molti. Parecchie abitazioni erano state rase al suolo, la neve che imbiancava le strade era macchiata di rosso sangue e ovunque echeggiavano le urla della gente.
“Ma cosa diavolo vi è venuto in mente?” sbraitò Alastor Moody ai due giovani allievi
Eveline e Sean si guardarono prima di rispondere, ma l’Auror non diede neanche il tempo di replicare e con una specie di ringhio si rivolse a Charlotte.
“Tuoi gli allievi, tua la responsabilità”
Detto questo Alastor Moody si diresse verso un vicolo sulla destra, seguito da un auror alto e riccio, che faceva da istruttore ai ragazzi dal terzo anno. Anche gli altri istruttori presero ognuno una direzione diversa, immediatamente, senza esitazioni, come se avessero sempre saputo cosa fare.
“Fuori le bacchette” ordinò la bionda istruttrice ai suoi due studenti “Non intralciate e, per l’amor di Merlino, non fatevi ammazzare”
I due seguirono l’istruttrice lungo un dedalo di viuzze fino ad arrivare ad una piazzetta che sembrava essere il centro dello scontro.

In accademia parecchi allievi si erano ritirati nelle proprie camere per dormire, o almeno per cercare di farlo, ma molti altri erano rimasti nel salone. Inutile negare che la maggior parte delle menti era rivolta allo scontro che stava accadendo ad una manciata di chilometri di distanza. Per convocare anche gli istruttori la situazione doveva essere molto grave.
L’unico istruttore se ne stava appoggiata al bancone della cucina vuota, con una tazza di caffè appena svuotata in mano. Ce ne sarebbero volute parecchie di quelle, per arrivare alla mattina indenne.
Il suo compito sarebbe dovuto essere quello di tranquillizzare gli altri studenti ma non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che lui non era lì con gli altri auror, in quello che doveva essere il suo posto. Tutti gli auror stavano combattendo e lui scontava ancora la sua punizione.
Era talmente immerso nei suoi pensieri che non alzò minimamente lo sguardo neanche quando sentì la porta della cucina aprirsi.
“Ti ho cercato ovunque”
Sadie si chiuse la porta alle spalle, si avvicinò all’uomo e si appoggiò anche lei al bancone, a distanza di circa un paio di metri di lui.
“Mi dispiace che Moody non ti abbia convocato”
Richard Pollux si lasciò andare ad un sorrisetto sarcastico. “Non gli è mai andata giù che non mi abbiano licenziato”
La ragazza gli lanciò lo sguardo più comprensivo e dolce che riusciva a fare in quel momento, ma i suoi occhi tradivano un cuore in subbuglio. La cosa non sfuggì all’istruttore.
“Sei preoccupata per la tua amica?”
“Come posso non esserlo? Si è buttata nella fossa dei leoni… una perfetta idiota” commentò lei
Richard tornò con la mente al fascicolo della Richards, che aveva letto diversi mesi premi. “Credo che sappia quello che fa”
“Lo spero davvero”

Sedute sul morbido tappeto Abigail e Emily cercavano di fare un’innocente partita a scacchi, giusto per ingannare il tempo ma la prima sembrava piuttosto distratta.
“Ho capito che James che accarezza la sua nuova fiamma è interessante, ma non credevo che fosse più interessante della tua migliore amica” borbottò la mora, stufa di aspettare che l’altra muovesse la propria pedina.
La bionda distolse subito lo sguardo dal ragazzo seduto sul divano che accarezzava i capelli della giovane fanciulla lunga con la testa appoggiata su di lei. Dopo che aveva finalmente realizzato i sentimenti di James verso di lei, Abbie stessa si era ritrovata a pensare quanto in realtà James fosse dolce, simile e allo stesso tempo diverso da Fabian.
Fabian era un bravo ragazzo, divertente, gentile, leale e coraggioso fino a sfociare nello spericolato.
James era spesso infantile e combinava cazzate una dietro l’altra ma lo faceva in modo incredibilmente tenero, un po’ come in realtà era lui: più dolce e maturo di come voleva apparire. Bastava pensare a tutte le belle cose che aveva fatto per lei nel corso degli anni.
Chissà se avesse scelto James quella sera come sarebbero andate le cose
“Se non provi non lo saprai mai”
Ed ecco la sua migliore che sembrava, come capitava spesso, averle letto nel pensiero. Alzò lo sguardo su Emily dopo aver mosso il cavallo e si trovò un sorriso strafottente davanti.
No, si disse Abbie, se lei aveva scelto Fabian un motivo c’era e stava bene con lui quindi perché cambiare?

Su una poltrona accanto al camino Zeek stava leggendo un libro ma il suo cervello continuava a vagare. Non riusciva proprio a focalizzarsi su niente.
Krystal si avvicinò in camicia da notte e ciabatte e si sedette sul bracciolo di stoffa scura, per poi rivolgersi al ragazzo. “Non riesci a dormire?” chiese
Zeek si limitò a negare con un cenno piuttosto sconsolato del capo.
“Nemmeno io” disse Krystal
La ragazza lo osservò mentre guardava le pagine del libro senza leggerle davvero, e dopo uno sbuffo che sapeva più di frustrazione che di irritazione gli prese il libro dalle mani con dolcezza per appoggiarlo su un tavolinetto da caffè lì vicino.
“Sai… ho pensato alla storia che mi hai raccontato, di Lucian…” accennò, ottenendo subito l’attenzione del fidanzato.
“Tu mi hai detto che sono anni che non vedi la madre di Lucian e che lui non l’ha mai conosciuta… ecco, a me non sembra giusto”
“E’ stata lei ad andarsene” ribatté lui, in un tono piuttosto brusco che per un attimo sembrò aver ferito Krystal. La ragazza sembrò raccogliere il coraggio e la calma necessari a continuare il discorso.
“Non se la sentiva… lo so, lo so…Quello che voglio dire è che io so come ci si sente a crescere con un solo genitore, neanche me lo ricordo, mio padre. E lo odio, lo odio perché non si è preso le sue responsabilità e perché non c’era mai a Natale, al mio compleanno, o quando mi è arrivata la lettere da Hogwarts. Adoro i miei fratelli, non fraintendermi, ma è come se mi sentissi…”
Krys non riuscì a terminare la frase in quanto fu Ezekiel a finirla per lei “… un puzzle con un pezzo mancante”
“Già” sospirò lei “un piccolo pezzo, un pezzo a cui non vorrei somigliare mai ma comunque un pezzo della mia famiglia”
Zeek la guardò in un modo così profondo che la ragazza si sentì quasi a disagio. Da quegli occhi sembrava trasparire l’anima del ragazzo che aveva davanti. Anzi no, non era un ragazzo bensì un giovane uomo che anni prima si era fatto carico di un peso più grande di lui, con grande coraggio e grande dignità. Krystal sentì che stargli accanto significava aver accettato anche Lucian, un pacchetto completo. L’accademia non le aveva regalato solo un ragazzo ma anche un bambino a cui sentiva di voler già bene. Detto così sembrava assurdo visto che lei non era la madre di Lucian, né l’aveva mai incontrato ma voleva che quel bambino non si sentisse solo, con un membro della famiglia mancante, come si era sentita lei o come si sentivano una miriade di altri bambini nel mondo.
“Cosa dovrei fare?” chiese Zeek, la voce leggermente incrinata da un velo di incertezza.
“Non lo so” replicò Krystal “Forse parlarle. Magari negli anni è cambiata. Magari vorrebbe rientrare nella vita di Lucian ma non sa come fare”
“E tuo padre?”
“Lui non ci ha mai provato a tornare da noi. Mai” puntualizzò carica di una rabbia che teneva repressa in un angoletto del suo cuore.



Hayden se ne stava in un angolo, lo sguardo fisso oltre il vetro della finestra davanti a lui. Sperava inconsciamente di vedere emergere qualcosa o qualcuno dal buio che avvolgeva la villa, magari un gufo o un patronus. Aveva bisogno di notizie, quel clima di attesa lo stava uccidendo. Sapere che tutti gli Auror erano fuori a combattere e non sapere come stava Nathan lo stava distruggendo.
Erano circa le tre di notte e ormai erano rimasti pochi gli studenti che si aggiravano all’interno del grande salone con aria afflitta. C’era Monique Kirsch, una del terzo anno il cui fratello stava combattendo, così come la fidanzata di Jacob York, il padre di Daniel Matthews e la cugina di Susan Veil, che non era un’Auror ma una semplice abitante di Liverpool. Tanti erano nella sua stessa situazione, in quella specie di limbo, ma solo due suoi compagni di classe avevano avuto la malsana idea di imbucarsi nella mischia.
Qualcuno li avrebbe definiti coraggiosi, ma secondo lui erano semplicemente due idioti che mettevano a rischio la propria vita.
Voltò il capo in direzione della porta della cucina che si era appena aperta, e incrociò gli occhi di un Ezra Hattle in pigiama, che stringeva tra le mani una tazza.
“Vai a letto?” gli chiese
L’altro ragazzo fece spallucce. “Stare qui non è di nessuna utilità per nessuno, tanto vale cercare di dormire, ma ti capisco…”
Hayden fece un sorriso mesto e l’amico subito cercò di rincuorarlo “Sta tranquillo… appena si avranno notizie le riceveremo”

A Liverpool Sean e Eveline avevano partecipato a un paio di scontri uscendone piuttosto bene, con solo qualche graffito e una bruciatura sulla gamba di Sean. In tutte le vie che aveva percorso Sean aveva cercato suo padre, ma in mezzo a tutto quel casino era impossibile trovarlo.
Stavano perlustrando un isolato del quartiere magico dietro a Charlotte quando Eveline gli battè sul braccio.
“Le senti queste urla?”
Il ragazzo tese le orecchie e in effetti riuscì a percepire delle urla in lontananza. Anche la loro istruttrice doveva aver udito qualcosa perché gli intimò di fare silenzio e disilludersi.
La giovane donna rimase visibile e li guidò verso un edificio circolare che sembrava un ufficio postale, il cui piano terra iniziava a essere lambito dalle fiamme. La porta era stata buttata giù quindi i tre entrarono senza problemi. Notarono subito che molti dei gufi e dei barbagianni che solitamente trasportavano pacchetti e lettere erano morti, intrappolati in quella che era la loro casa e molti altri erano inermi, storditi dal fumo acre.
Charlotte lanciò un Aguamenti verso le scale, per creare loro un passaggio verso il piano superiore, da cui provenivano le urla. Prima di andare pregò i due ragazzi di tornare visibili.
“Non sappiamo qual è la situazione di sopra, quindi massima allerta, restate dietro di me finché potete…” disse a bassa voce, ma con il tono più sicuro che riuscì a trovare in quel momento “Buona fortuna”
Appena il gruppetto a salire le lunghe scale di pietra a chiocciola, si trovarono davanti il corpo di un uomo che avrà avuto una cinquantina d’anni, brizzolato, con gli occhi nocciola spalancati. Era morto.
Sean ci mise qualche secondo per riconoscerlo, a causa del buio ma era sicuro che quello era Wilfred Corby, il partner di suo padre. Quindi Caleb Stuart era con tutta probabilità di sopra, poteva essere ferito, torturato o peggio: deceduto.
Sean si infervorì e corse lungo le scale, superando sia Eveline che Charlotte.
“Sean, fermo!” urlò Evie, gli occhi sbarrati dal panico.
Il ragazzo aveva già raggiunto la grande stanza al primo piano.
“Adesso basta!” aveva urlando iniziando a scagliare incantesimi verso il Mangiamorte che stava cruciando suo padre.
Il Mangiamorte schivò il tutto senza troppe cerimonie, ma per farlo fu costretto a interrompere la maledizione sull’uomo, che venne subito soccorso da Eveline.
Anche Charlotte si scagliò contro la figura incappucciata che sembrava riuscire a fronteggiare entrambi. Il Mangiamorte cercò di colpire Sean, che ormai stanco faceva fatica a difendersi e a contrattaccare ma l’incantesimo venne fermato dal sortilegio Scudo evocato dall’istruttrice.
Il Mangiamorte grugnì di rabbia e scagliò Charlotte giù per le scale, verso le fiamme che stavano risalendo prima di attaccare Sean con un temibile “CRUCIO!”
Il ragazzo iniziò a contorcersi a terra, facendo di tutto pur di non urlare. Eveline non riuscì a resistere a vedere il suo fidanzato così e si accanì a sua volta contro il Mangiamorte, lanciandogli incantesimi uno dietro l’altro. L’uomo venne colpito con una forza inaudita, ogni incantesimo lo fece indietreggiare sempre di più, fino a che un colpo più forte dei precedenti lo mandò contro al muro di pietra. Il corpo dell’uomo scivolò a terra, lasciando sulla parete una scia di sangue fuoriuscito dal suo cranio.
Eveline osservò la scena inorridita, con la bacchetta ancora sollevata. Nemmeno si accorse che Caleb e Sean Stuart, dietro di lei si erano rialzati.
L’Auror si avvicinò al Mangiamorte, mise due dita sul suo collo e ne constatò il decesso. Nel frattempo Charlotte era riemersa dall’androne delle scale, piena di graffi.
“Fuori di qua, le fiamme sono fuori controllo” tossì.
L’unica via di fuga dalla torre era una finestra, da cui dover saltare.
“Coraggio” li invitò Caleb Stuart ancora un po’ acciaccato.
L’uomo fece passare prima suo figlio, che tese una mano ad Eveline. La ragazza, ancora sotto schock, non proferì parola e si limitò a prendere la mano che le era stata porta.
“Spero che la neve attutisca la caduta” pregò Sean prima del salto.
La preghiera venne esaudita e i due non si fecero tanto male, anzi, riuscirono a rialzarsi piuttosto in fretta. Qualche attimo dopo anche i due Auror li raggiunsero.
Tutto il gruppo si ridiresse verso il centro del quartiere magico, dove lo scontro sembrava essere finito, dove era il momento di contare le perdite.
Charlotte si diresse a passo svelto verso gli altri istruttori, che stavano facendo capannello, mancava solo l’istruttore del secondo anno.
“Ti accompagno al San Mungo” disse Sean
“No, voi tornate tutti in Accademia. Non voglio sentire ragioni. Tua madre sarà lì e ne morirebbe sapendo che c’eri pure tu di mezzo.”
Charlotte tornò verso il gruppo. “Stai bene, Caleb?” chiese all’uomo
“Non c’è male. Ti affido il mio ragazzo e quest’altra bella signorina” disse facendo un cenno ad Eveline.
“Non ti preoccupare, ci medicheremo tutti in Accademia. Solo Markus è stato portato al San Mungo”
“Grazie” le disse lui e i due si strinsero la mano, poi Caleb strinse il figlio in un abbraccio. Poi il gruppo si riunì con gli altri diretti in Accademia.

Erano ormai quasi le cinque, quando un sonoro pop fece comparire il gruppo di insegnati più i due allievi nell’atrio dell’Accademia. Chi era sveglio venne attirato dal suono e si precipitò lì. Sadie si tuffò ad abbracciare l’amica.
“Grazie a Morgana stai bene!” disse la Morris dopo essersi staccata e aver osservato l’amica dalla testa ai piedi alla ricerca di eventuali danni.
Anche Richard Pollux sembrava sollevato nel veder tornare gli istruttori. “Com’è andata?” domandò
A rispondere fu l’istruttore del terzo anno. “Abbiamo perso tre auror: Blake, Condram e Finnegan ma siamo riusciti a prendere cinque di loro. Alastor li ha scortati ad Azkaban”
Ognuno dei feriti venne condotto in una piccola stanzetta dell’Infermeria dell’Accademia per venire medicato. Charlotte si pulì velocemente i graffi poi si dedicò alla brutta ustione al polpaccio di Sean che stava seduto su una specie di barella, con l’aspetto un po’ abbattuto.
“Evie non ha detto una parola” commentò mentre l’istruttrice gli disinfettava la ferita.
“Non è facile per lei”
“Com’è? Uccidere qualcuno, intendo” precisò dopo un’occhiata curiosa da parte della donna.
“È come sembra, è quello che bisogna fare” rispose fredda.

Nel suo ufficio silenzioso Richard stava porgendo un bicchiere di vino elfico a Eveline Richards.
“Tieni, ti aiuterà un po’”
Finalmente Eveline si scosse a sentire quella voce e realizzò dove si trovava. Come diavolo ci era arrivata lì? Il suo cervello si era fermato a “Morto” pronunciato dal padre di Sean.
Fece qualche sorso di vino e poi si rivolse all’istruttore. “Lei ha mai ucciso qualcuno?”
“Mentre ero auror? Sì, tre volte. Non è mai semplice, specialmente la prima volta. Togliere la vita a qualcuno non è mai una cosa bella, ma a volte non c’è scelta”
Un bussare alla porta li interruppe. “Ah Sadie” la accolse Richard “Accompagneresti Eveline in camera”
Le due se ne andarono in silenzio e si rintanarono nella camera della Morris. Sedute sul letto, Sadie chiese all’amica “Allora, mi vuoi dire cosa è successo?”
La testa di Eveline si riempì di flash di quello che era successo: Sean cruciato, lei che attaccava il Mangiamorte, la testa dell’uomo che impattava violentemente contro la parete e lui che crollava a terra, morto.
Gli occhi della ragazza iniziarono a riempirsi di lacrime, che cercò di ricacciare indietro in tutti i modi ma con scarsi risultati. Sadie l’abbracciò di slancio. Dopo qualche minuto scossa dai singhiozzi Eveline riuscì a dire “Ho ucciso un uomo”

L’alba di un nuovo giorno si affacciò un’ora più tardi, risvegliando un edificio in cui veramente poche persone sembravano essersi fatte una notte di sonno decente. Chi si diresse al piano terra venne accolto da un cartello che annunciava che le lezioni del giorno erano annullate. Nella stanza di Sadie, al primo piano le due ragazze erano rimaste per tutto il tempo sedute sul letto, in silenzio. Poco più tardi vennero raggiunte da Sean.
Per tutto il tempo Eveline non aveva detto una parola, nonostante le domande del ragazzo teneva gli occhi incollati al pavimento. Lei era quella sempre forte e impenetrabile, ma ora si sentiva come un ammasso di macerie.
“Perché non mi parli?” chiese per l’ennesima volta Sean, stavolta però si era accovacciato sul pavimento e abbassato al suo stesso livello. Era costretta a guardarlo negli occhi.
“Cosa dovrei dirti?” Non capendo Sean la guardò confuso, cosa che fece scattare la rabbia in Eveline. La ragazza scattò in piedi e Sean la imitò.
“Cosa vuoi sentirti dire?”
“Voglio sapere come stai” disse serio lui
“Come sto? Come vuoi che stia? Ho ucciso un uomo!”
“Un mangiamorte” puntualizzò Sadie
“Ho ucciso qualcuno! Non so poi così diversa da loro…” dichiarò tristemente

Buonasera
Non è il capitolo migliore del mondo ma è un periodaccio. Sono a 5 esami dalla laurea, di cui 4 da dare di qui a un mese quindi dovrei studiare! Colgo l’occasione per annunciarvi anche che il prossimo capitolo arriverà tra un mesetto circa
Scusate davvero, ma a differenza della cara Signorina Granger, io ci metto una vita a scrivere un capitolo quindi abbiate pazienza e segnalatemi eventuali errori, in quanto non ho riletto il capitolo
H.




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Capitolo 18
*** Capitolo 16 ***


La notizia dell’attacco a Liverpool era finita su tutti i giornali ma era stata notevolmente ridimensionata; il tutto era stato descritto come l’attacco di un paio di anarchici contenuti solo grazie all’intervento degli Auror. La morte dei tre Auror era stata descritta come un effetto collaterale dello scontro, suscitando non poca indignazione in chi era a conoscenza della realtà dei fatti.
Il week-end passò in modo piuttosto lento, Sadie aveva ottenuto da Richard di far spostare lei e Eveline nella stessa camera ma l’amica sembrava restare più passiva che mai. Eveline sentiva il proprio corpo pesante come un macigno, non riusciva a alzarsi dal letto indebolita anche da un sonno e una nausea pressoché costanti. Tra una dormita tormentata e un altro sonnellino vedeva le figure di Sadie e Sean alternarsi in modo di non lasciarla mai da sola. Cosa pensavano, che si sarebbe suicidata? Ma se riusciva a stento ad alzarsi per andare in bagno.
Il lunedì era arrivato inesorabile e la mattina Sadie si era alzata e diretta in bagno, curiosa di come sarebbero andate le lezioni sull’Occlumanzia. Quando dopo essersi lavata, vestita e pettinata vide la compagna nel solito posto che occupava da qualche giorno si mise le mani sui fianchi, pronta a farle una bella ramanzina, poi rifletté che forse non era la cosa più indicata e decise in silenzio di recarsi a lezione.

Al tavolo della colazione Emily sfogava la sua ansia sul proprio ragazzo, tempestandolo di domande riguardo l’Occlumanzia e riguardo le prossime lezioni.
“Dai dai, dimmi cosa ci faranno fare” lo pregò per l’ennesima volta. La ragazza era un misto di curiosità e preoccupazione. Sarebbe stato interessante? E soprattutto, lei sarebbe stata all’altezza?
Justin mandò giù un boccone di brioche con un po’ di succo di zucca poi parlò “La prima lezione sarà puramente teorica, quindi smettila di preoccuparti” sghignazzò
“E poi?” incalzò l’altra
“Poi vi faranno iniziare ad esercitarvi a bloccare la penetrazione della mente. Sarà l’istruttore stesso a farlo… vedrà cosa c’è nella tua mente, i tuoi ricordi più profondi…belli o brutti che siano”
Justin lasciò cadere la frase, non aveva bisogno di dirlo…sapeva già che Emily aveva capito subito che lui era stato costretto a rivivere i pensieri legato al padre e alla sua morte.
La ragazza infatti aveva capito subito, vedendo il lampo di tristezza e delusione che era passato negli occhi chiari di lui. Smise di fare domande e osservò Justin servirsi una frittella con una finta indifferenza.

La bocca di Federica Forrest era appiccata a quella di Caradoc Dearborn da qualche minuto ormai, suscitando un certo disagio nei suoi due amici che stavano facendo colazione davanti a loro.
Elias si schiarì leggermente la voce, cercando di far notare ai due piccioncini che non era il caso di lasciarsi andare a eccessive effusioni nella mensa dell’accademia. Il suo tentativo andò a vuoto, nessuno dei due sembrava averlo notato.
Ezra spazientito si alzò in piedi, nel gesto spostò il piatto davanti a lui che andò a cozzare contro il bicchiere, il tintinnio prodotto sembrò attirare vagamente la ragazza.
“Già andate via?” chiese Federica prima di guardare l’orologio. “Oh Merlino, è davvero così tardi?”
I due ragazzi difronte a lei incrociarono le braccia e annuirono, accompagnati da un “Mh mh”

Quando gli allievi arrivarono in Aula trovarono entrambi gli istruttori ad attenderli.
“Buongiorno” iniziò a parlare Richard “Oggi inizieremo ad occuparci della branca dell’Occlumanzia. L’Occlumanzia è un ramo della magia ancora poco conosciuto. L’Occlumante è colui che impedisce a un Legilimens di penetrare la sua mente ma abbiamo iniziato a notare che potrebbe essere utile anche nel caso della maledizione Imperius”
Nel frattempo Charlotte scorreva i presenti con lo sguardo. Aveva notato subito l’assenza di Eveline Richards.
“Per poter impedire a qualcuno di leggere la vostra mente, dovete svuotarla da ogni pensiero e cercare di rilassarvi il più possibile” continuava Richard “La parte destra dell’aula svolgerà l’esercizio con Charlotte mentre la parte sinistra con me. Prego, dividetevi”
Al gesto sbrigativo dell’istruttore, la classe si divise in modo piuttosto composto in due blocchi.
Charlotte si rivolse al suo gruppo con un sorriso “Bene, mettetevi in fila indiana. Uno alla volta verrete avanti, io cercherò di entrare nella vostra mente e voi, naturalmente, dovrete cercare di impedirlo”
“Lo dice come se fosse la cosa più semplice del mondo” sussurrò un ridacchiante James ad Abigail. La ragazza si lasciò andare ad un sorriso, anche se scuoteva la testa.
Dopo averli tranquillizzati sul fatto che non sarebbe andata troppo infondo ai loro pensieri e ricordi, il primo a buttarsi avanti fu Hayden.
“Mi raccomando, tieni la mente il più possibile vuota”
Il ragazzo annuì e puntellò gli occhi in quelli dell’istruttrice. Cercò di liberare la propria mente da ogni pensiero, ma il cervello continuava a dirgli di impedire a Charlotte di vedere i suoi ricordi con Nathan, i suoi ricordi più privati.
“Non è andata male come prima volta” disse Charlotte all’improvviso “Esercitati a svuotare la mente”

Al lato opposto dell’aula, il primo a voler provare a praticare l’Occlumanzia fu Sean, ma i suoi risultati non furono così brillanti come si aspettava. Richard si trovò catapultato in una serie di ricordi flash: un piccolo Sean che giocava con i suoi fratelli, la sua prima partita di Quidditch, risate e studio con gli amici, una serata con Eveline e infine quello che era successo pochi giorni prima, a Liverpool. A quel punto l’istruttore decise di fermarsi, sentiva che era un pensiero che turbava il ragazzo.
Dopo di lui volle tentare l’esercizio Krystal. La ragazza si impegnò con tutta se stessa per impedire all’istruttore di penetrare la sua mente. Richard si complimentò con la ragazza, in quanto l’unica cosa che era riuscito a vedere erano brevi istanti della giornata, tutti di poco conto.

Elias non era riuscito a bloccare Charlotte, ma almeno aveva impedito che l’istruttrice vedesse tutti i pensieri legati a sua sorella Gemma e alla sua condizione.
Quando fu il turno di Abbie, la ragazza sorrise a James che le stava facendo l’occhiolino e avanzò verso l’istruttrice con passo un po’ incerto.
“Pronta?” chiese Charlotte
“Pronta” rispose Abbie
La ragazza lasciò che i penetranti occhi azzurri dall’istruttrice la fissassero, mentre cercava di chiudere il cervello, di non pensare. Ma come si fa a non pensare? Come faceva a non pensare a Fabian? Il viso perfettamente delineato, il sorriso sghembo, gli occhi luminosi…vide un occhio chiudersi come successo poco prima…il viso che si trovava davanti non era più quello di Fabian, era quello di James. Era fottuta. Ormai la sua mente era confusa così come il suo cuore. No, non poteva essere. Era tutto uno scherzo dovuto all’occhiolino che il ragazzo le aveva fatto poco prima.

Alle 12:30 i ragazzi vennero mandati a fare pausa pranzo. Mentre gli allievi uscivano dall'aula Richard si rivolse a Charlotte.
“Mancava la Richards stamattina”
“Lo so”
“Bisognerebbe andare a chiamarla, sono lezioni importanti queste”
“Non vorrai andarci tu?!?”
Richard la guardò leggermente stupito “Perché no?”
La donna lo guardò con un sopracciglio alzato, come se fosse l’uomo più stupido del mondo “Pensi di poter entrare nella camera di una ragazza? Una ragazza che è evidentemente traumatizzata?”
L’istruttore sembrò pensarci un istante prima di dire “Ok, forse è meglio che vada tu ma non essere troppo dura con lei”
Charlotte annuì e si diresse anche lei verso la porta dell’aula e poi al primo piano. Entrò nella camera della ragazza senza neanche bussare.
Eveline Richards se ne stava lunga sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto. Quando udì la porta aprirsi per poi chiudersi non fece una piega, sicura che fosse Sadie o al massimo Sean. La voce che la richiamò all’attenzione fu però diversa, e la sorpresa fu tale da spingerla a tirarsi su a sedere e a mettere le gambe fuori dal letto.
“Bene…non sei in punto di morte o incredibilmente malata quindi non c’è ragione che spieghi la tua assenza alla lezione di oggi”
Eveline abbassò lo sguardo. Possibile che nessuno capisse quello che provava? Aveva ucciso un uomo e per quanto quell’uomo possa essere stato spregevole e malvagio ora c’era una famiglia che piangeva per lui.
L’istruttrice prese la sedia davanti la scrivania e la spostò in modo di potersi mettere seduta di fronte alla ragazza.
“La morte fa parte del nostro lavoro, specialmente in questo periodo. Non è mai bello, ma a volte devi scegliere tra uccidere o essere ucciso. Anche veder soffrire persone che amiamo è un modo di essere uccisi.”
Eveline si passo una mano tra i lunghi capelli biondo cenere. Non sapeva cosa rispondere così aspettò che l’istruttrice continuasse.
“La differenza tra noi e loro è che noi non uccidiamo perché vogliamo, perché ci piace o perché siamo convinti che il sangue di alcune persone valga meno del sangue di altre, per noi uccidere è l’estrema ratio”
“Io volevo ucciderlo, per un attimo quando ero lì ho pensato che ucciderlo avrebbe solo migliorato il mondo, che così ci saremmo salvati” la voce di Eveline era spezzata dai singhiozzi “Ho paura che tornerò a essere come prima”
Charlotte fece un mezzo sorriso comprensivo. “Abbiamo letto i vostri fascicoli per filo e per segno. Hai avuto un periodo difficile e ne porti la cicatrice. Non potrai mai dimenticare, ma non ti avremmo mai ammesso in Accademia se non fossimo stati più che certi che saresti stata in grado di superare la cosa. Comprendi?”
Il tono dell’istruttrice era dolce ma fermo. In qualche modo le ricordava la professoressa di Trasfigurazione che aveva avuto negli ultimi due anni ad Hogwarts, una donna algida e severa ma che aveva un gran cuore, si vedeva lontano un miglio.
“Dopo la pausa pranzo verrai a lezione. Non mandare tutto a puttane o non te lo perdonerai mai”
Alle due in punto Eveline era in aula. Quando Sean entrò rimase di sasso nel vederla lì, in piedi, leggermente più pallida e spenta, ma era lì. Fece per parlarle, ma lei lo interruppe subito.
“Non ne voglio più parlare, per favore”

Gli studenti impiegarono tutto il resto della settimana nello studio e nella pratica dell’Occlumanzia, con risultati più o meno brillanti.
Sean non poté fare a meno di notare quanto Eveline era diventata distante da lui. Non erano stati più insieme da soli, e lei sembrava essere diventata allergica al ragazzo. Era sempre fredda. Spesso le parlava e lei non rispondeva o lo faceva in tono scocciato e insofferente.
Non era l’unica coppia che sembrava avere problemi nell’ultimo periodo: da quando erano rientrati dalle vacanze di Natale, Justin sembrava non avere un momento libero per stare con Emily.
La ragazza all’inizio aveva accettato la cosa, pensando che fosse più che normale che uno studente del terzo anno fosse più impegnato di uno del primo, ma vedeva spesso in giro i suoi amici e a quel punto la cosa aveva iniziato a pesarle. Aveva provato a fare qualche domanda a Justin stesso ma lui era sempre sfuggente e riusciva abilmente a deviare su altri discorsi. A volte odiava il suo essere così bravo con le parole!
Non le era mai passato per la mente che lui potesse tradirla, ma non sapeva cosa cavolo stava combinando il suo ragazzo per non parlagliene?

Quel week-end in cui un timido sole si era affacciato nel cielo della Scozia, Krystal aveva deciso di assaporare la frizzantina aria invernale gustandosi un tè sulla veranda. Sentendo dei passi alzò lo sguardo e sorrise istintivamente vedendo Zeek.
“Eccoti qui, ti ho cercata ovunque”
Il ragazzo si sporse leggermente per darle un bacio a stampo e poi si sedette lì accanto. “Volevo dirti una cosa”
“Dimmi” rispose tranquillamente Krys
“Ho pensato a quello che mi hai detto e ho contattato qualche amico. So dov’è Rose, domani andrò da lei”
“Ok…” rispose incerta la ragazza. Guardò meglio Zeek. In quel momento ne traspariva tutta la sua fragilità. Aveva bisogno di tutto il suo appoggio, e Krystal di certo non si sarebbe tirata indietro.
“Vuoi che ti accompagni?” gli propose, pur sapendo che era assurdo accompagnare il proprio fidanzato a trovare la sua ex fiamma nonché madre di suo figlio.
“No, è una cosa che devo fare da solo”
Questa volta fu il turno di Krystal di sporgersi per baciarlo. Le loro labbra si incastrarono dolcemente, come se fossero sempre state fatte per unirsi.
Ezekiel Crouch si sentiva incredibilmente fortunato.

 

Buonasera gente!
Dopo la fine di un’interattiva a cui partecipavo (posso fare pubblicità? La meriterebbe davvero) oggi mi sono sbloccata e ho deciso di scrivere. Questo è un capitolo un po’ di passaggio, cioè in origine doveva essere un capitolo ma poi ho deciso di farne due, per non lasciarvi a secco per troppo tempo…
Sono poco ispirata ultimamente e credo che la cosa si veda, chiedo venia ma gioite con me del mio aver fatto due esami in 10 giorni (Sì lo so che non ve ne frega niente)
Vabè, mi sto dilungando
Il prossimo capitolo arriverà presto
Baci
H.

ps: per chi non l'avesse capito l'insegnante a cui mi riferisco quando parlo del tono di Charlotte è la McGranitt

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Capitolo 19
*** Capitolo 17 ***


Buonasera gente! Dato che in questi paio di giorni ho i lavori in caso (quindi di studiare non se ne parla) ho deciso di scrivere un po’. Il capitolo non è molto lungo ma sinceramente preferisco optare per capitoli più brevi ma pubblicati più spesso anche se non raggiungerò mai la velocità di certe autrici ehm ehm (e si schiarisce la voce).
Una precisazione: Roydon è un piccolo villaggio che si attraversa se si va da Londra centro a Stansted con lo Stansted Express, tutto il tragitto è carino e lo consiglio, ma questo posto mi è rimasto impresso, così come Bishop Stotford
Grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo e scusate se non vi ho ancora risposto! Mi scuso ufficialmente anche con Nene perché devo ancora trovare il tempo di leggere e commentare il suo ultimo capitolo (anche se è passata una settimana)
Ultimamente commento velocemente solo 2-3 interattive perché se non commento subito la sua autrice (la cara Signorina Granger) pubblica altri mille mila capitolo e io mica voglio perdere il titolo che ho acquisito!
Bando alle ciance o ciancio alle bande vi lascio al capitolo
H.

 

 

Ezekiel Crouch camminava per le stradine di Roydon, un minuscolo villaggio babbano nell’Essex.
La pavimentazione era coperta dal ghiaccio e il ragazzo aveva già rischiato un paio di volte di scivolare, imprecando a bassa voce. Non c’era un’anima in giro, con quel freddo polare ma doveva ammettere che il paesino era carino, pittoresco.
C’era molto verde, un grande parco, e sul fiume erano attraccate delle strane barche, sembravano quasi delle case. Certo che i babbani sono strani forte pensò Zeek.
Arrivato alla piazza, Zeek individuò subito la sua meta. Era un negozio che i babbani chiamavano “erbrosteria” o qualcosa del genere, ma lui non sapeva cosa vendessero.
Prese un respiro profondo, incerto su quello che stava facendo. Spingerla a rientrare nella sua vita o chiudere quella porta per sempre? Non sapeva neanche lui che cosa fare. Non sapeva neanche se avrebbe riconosciuto la persona che si sarebbe trovato davanti.
Prese coraggio e avanzò verso il negozio, entrò e venne subito accolto da un mix di profumi e odori diversi. Su tutti spiccava la cannella, con qualche nota di arancio, miele e vaniglia. Gli occhi vennero subito catturati dal bancone in legno grezzo, scuro ma caldo allo stesso tempo. Non c’era nessuno dietro al bancone e il ragazzo fu tentato per un attimo di tornare sui propri passi e andarsene ma la voce proveniente dal retro bottega lo bloccò.
“Arrivo subito!”
Ecco, non poteva più scappare. Iniziò a guardarsi intorno, tamburellando con un piede. Il piccolo locale era pieno di librerie e scaffalature su cui c’erano boccette di ogni forma e grandezza, e altri piccoli contenitori con coperchio. Zeek non poté fare a meno di pensare che quel posto gli ricordava l’armadietto degli ingredienti dell’aula di Pozioni.
Passò un minuto circa quando una figura femminile comparve dietro il bancone. Rose Mulligan era bella esattamente come la ricordava, con i lunghi capelli neri raccolti in uno chignon disordinato e i dolcissimi occhi castani.
Quando vide il ragazzo la sua espressione divenne sorpresa ma non troppo, come se avesse saputo che quel momento prima o poi sarebbe arrivato.
“Come mi hai trovata?”
Zeek sorrise, scrollando leggermente le spalle, come a voler dire: non lo sai? Era già una risposta.
“Ti sei nascosta bene” constatò il ragazzo guardandosi di nuovo intorno.
“Non potevo fare altrimenti. La mia famiglia mi odia, credevo mi odiassi anche tu” disse Rose con un sorriso sarcastico. Nel frattempo era passata davanti al bancone e ci si era appoggiata leggermente.
“Non potrei odiare la madre di mio figlio neanche se volessi. Ci ho provato, ci ho provato davvero ad odiarti quando sei scappata…” la voce di Zeek tradiva quel pizzico di rancore che ancora ribolliva nelle sue viscere.
“Avevo paura” cercò di giustificarsi lei
“Anche io avevo paura!” ruggì lui “Ho paura ogni giorno! Non credo che potrò mai dire di essere il padre migliore del mondo, ma faccio quello che posso”
Rose era ancora lì, alta e fiera. Le parole l’avevano colpita, scalfita ma non piegata. “Avevamo 18 anni… non sapevo quello che volevo dalla mia vita… non ero pronta a fare la madre”
“Hai idea di come io mi sia sentito quando mi sono alzato una mattina e ho scoperto che te ne eri andata, lasciando un bambino di sei mesi e me, che ti amavo e avrei fatto qualsiasi cosa per aiutarti!”
“Ti chiedo scusa”
Tipico, pensò Zeek. Tu la accusi, le urli contro e lei ti risponde con lo stesso tono con cui leggerebbe la lista della spesa.
Il tono con cui parlò il ragazzo fu glaciale “Non mi interessano le scuse. Lucian ha bisogno di una mamma. Tu sei sua madre, ora voglio chiederti…vuoi essere la sua mamma?”
“Zeek, Lucian è ancora piccolo, se io venissi a trovarlo una volta ogni tanto non capirebbe. Rischiamo solo di traumatizzarlo…magari tra qualche anno…” iniziò a dire Rose ma venne interrotta dal ragazzo
“Ti ho fatto una domanda semplice, che esige una risposta semplice”
Sulle labbra pitturate di color prugna della ragazza spuntò un sorriso amaro, allungò una mano ad accarezzare il viso di Zeek “Non c’è niente di semplice in tutto questo”
Il ragazzo sembrò calmarsi un po’. “Voglio solo che Lucian sia felice”
“Anch’io, perché credi che l’abbia lasciato con te altrimenti?”
“Io ho bisogno di definire questa situazione. Non posso vivere immaginando che magari un giorno tornerai e vorrai inserirti nella vita di Lucian, per questo ti chiedo di scegliere: dentro o fuori”
Rose prese un respiro. “Hai ragione… non voglio più ferirti. Sono sicura che troverai il modo migliore di occuparti di Lucian.”
“Un giorno quando sarà più grande capirà”
“Ne sono sicura” sorrise lei alzandosi sulle punte per dare un bacio in fronte al ragazzo.
Si guardarono per un attimo in silenzio, leggermente imbarazzati. Se si fosse trattato di un flim babbano lui sarebbe uscito di scena teatralmente, invece lei gli chiese cosa faceva ora e passarono il pomeriggio a chiacchierare del più e del meno, come non facevano da tanto. Lei gli raccontò come era arrivata in quel paesino sperduto, e come aveva tramutato la sua passione per le pozioni e l’erbologia in un lavoro babbano mentre lui le parlò dell’accademia e di Krystal, fino a che al tramonto lei chiuse il negozio e lui si smaterializzò a casa.

Domenica sera Sean tornò in Accademia. Dopo che sua madre gli aveva scritto che il padre era stato dimesso dal San Mungo non aveva più sentito i suoi genitori e, complice la situazione fredda e insostenibile con Eveline, aveva deciso di tornare a casa per il week-end ma adesso era il momento di tornare alla realtà.
Svuotò la valigia, e si diresse verso la camera della ragazza, sperando di poter recuperare la situazione. Bussò e dopo un po’ di tempo ad aprirgli uno spiraglio di porta appena accennato fu Sadie.
“Hey, c’è Evie?” chiese il ragazzo
“No, mi dispiace…ha detto che cercava un posto tranquillo per studiare perché io faccio troppo casino” l’ultima frase la pronunciò con un po’ di offesa.
Sean fece per sorridere anche se un po’ abbacchiato, si cacciò le mani in tasca e si voltò per andarsene.
“Mi dispiace!” gli urlò dietro Sadie. Resto a guardarlo percorrere tutto il corridoio poi chiuse la porta.
“Quel ragazzo non si merita affatto questo trattamento”
“Devo allontanarlo” disse Eveline Richards seduta sul tappeto per terra, con la schiena appoggiata al letto.
Sadie si accomodò anche lei sul tappeto e prese un biscotto dal piatto che aveva appoggiato a terra. “Perché non gli dici tutta la verità?”
“Lui mi ha sempre messa su un piedistallo…se gli dico la verità non mi guarderà più neanche in faccia…”
“Tesoro, se continui così non ti guarderà più in faccia comunque…immagina come sta soffrendo con la sua ragazza che si sta allontanando in questo modo…”
“Non so proprio cosa fare” disse Eveline con la voce rotta dal pianto.

Sean era rientrato in camera sbuffando, dopo aver dato un calcio alla valigia vuote si buttò sul letto. Dal bagno riemerse James già in pigiama.
“Non c’era?” chiese all’amico mettendosi seduto sul letto e frizionandosi i capelli con un asciugamano.
“Ma certo che c’era, ma non voleva vedermi… Sadie Morris è una pessima bugiarda” sospirò “A te come è andato il finesettimana?”
“Io e Gabrielle ci siamo lasciati. Ha detto che ho la testa da un’altra parte”
“O su un’altra ragazza…” ridacchiò Sean. James in tutta risposta gli tirò il cuscino.
“Non negare che pensi sempre ad Abigail”
James si fece cupo “Abbie è felice con Prewett, è giusto che io stia un passo indietro”
I due restarono un po’ in silenzio poi James ebbe un colpo di genio ed estrasse da sotto il letto una bottiglia di Odgen Stravecchio. “Qui ci vuole un goccetto” annunciò prima di far comparire davanti a sé due bicchieri che riempì con il liquido ambrato. Sean lo raggiunse e preso uno dei bicchierini.
“Alle ragazze che ci fottono il cervello” brindò James
“Alle ragazze che ci fottono il cervello” lo imitò l’altro

Il lunedì mattina gli studenti si presentarono puntuali in Aula, ma Richard li condusse immediatamente verso l’esterno dove Charlotte li attendeva davanti a una specie di tenda da campeggio.
“Buongiorno a tutti. Oggi affronterete uno alla volta un percorso a ostacoli. Dentro la tenda dovrete attraversare dieci stanze. Chi otterrà il miglior punteggio, vincerà un buono per dieci gelati gratis da Florian Fortebraccio” annunciò con un sorriso.
“Chi vuole cominciare?” chiese Richard
Il primo a farsi avanti fu Hayden. Entrò nella tenda con la bacchetta già pronta e si ritrovò in una stanza piena di specchi, tra gli specchi si muoveva una specie di bersaglio a forma di corvo. Doveva colpirlo per poter passare alla stanza successiva. Con tutti quegli specchi fu parecchio difficile riuscire a capire dove era il vero corvo e dove si trattava, invece, di un riflesso. In aggiunta bisognava anche calcolare che se avesse colpito lo specchio di fronte a lui, l’incantesimo gli si sarebbe rivoltato contro.

Dopo aver superato la stanza degli specchi, appena aprì la porta della stanza successiva Ezra precipitò in una specie di piscina o lago, non riuscì neanche lui a capirlo, ma l’acqua era torbida quindi dedusse che non si trattava di una piscina. Fortunatamente ebbe la prontezza di riflessi necessaria per praticare un incantesimo Testabolla, in modo da respirare sottacqua.
Stava nuotando verso la porta successiva, sapeva che era troppo facile infatti si guardava attorno in attesa di essere attaccato da una qualche oscura creatura, ma così non avvenne. Quando arrivò alla porta successiva si accorse però che essa era chiusa. Cercò con lo sguardo la chiave, finchè non vide brillare qualcosa sul fondo.
Avvicinandosi al fondo non venne attaccato da Sirene ma dalle piante che ricoprivano il fondale. Le alghe cercavano di avvolgerlo per impedirgli di afferrare la chiave o di praticare un nuovo incantesimo Testabolla una volta che il primo fu finito.

Mentre aspettavano fuori dalla tenda Sean cercò di nuovo di avvicinarsi ad Eveline.
“Possiamo parlare?” disse deciso stringendo con la mano il braccio sinistro di lei.
“Non è il caso, non ora” rispose lei in modo piuttosto disinteressato, continuando a guardare la tenda. Finora la persona che aveva fatto il punteggio migliore era stato proprio il primo, Hayden Fawley.
“Evie ti prego”
“Devo andare” disse la ragazza dirigendosi verso la tenda, da cui era appena uscito James Martin

Dato che gli allievi erano molti e il tempo invece scarseggiava, una metà degli studenti venne invitata a svolgere l’esercizio il giorno dopo.
Le lezioni erano finite ormai per tutti e Emily stava percorrendo la villa in lungo e in largo, alla ricerca di Justin. Una ricerca senza risultati.
Entrando nel salotto si mise a sedere davanti ad Abbie e ai gemelli Prewett.
“Ho cercato Justin ovunque! Devo capire dove cavolo sparisce ogni pomeriggio” sbuffò
“Magari va a studiare in qualche parte” buttò lì Gideon Prewett
“Justin che si isola per studiare? Mai!” ridacchiò Abbie
“Tutti i suoi amici sono qui, ha sempre studiato con i suoi amici.” Confermò Emily
Fabian si sporse leggermente in avanti per appoggiare sul tavolino da caffè la carta della cioccorana che aveva appena scartato e parlò “Perché non glielo chiedi direttamente?”
Le due ragazze lo guardarono come se si fosse bevuto il cervello ma entrambi i gemelli concordarono che loro donne erano troppo complicate e che si facevano troppi problemi. Se volevano qualcosa era infinitamente più semplice parlare in modo diretto. Furono talmente convincenti che persino Emily iniziò a valutare l’idea.

Il giorno dopo si svolse l’altra metà delle prove. Alla settima stanza Krystal si era decisamente stufata, aveva sprecato molto tempo nel cercare di superare il drago a due teste quindi ormai era certa che non avrebbe vinto, superò le altre stanze quasi svogliatamente per poi concludere il percorso e lasciare il posto a qualcun altro.
Alla fine il miglior studente risultò essere proprio Hayden, al secondo posto arrivò James solo per qualche manciata di secondi e al terzo posto Eveline.
Mentre i tre vincitori marciavano verso l’entrata della villa Eveline rivolse al moro un’occhiata. “Devo ammettere che sei stato veramente bravo, non so come tu abbia fatto a fare un tempo del genere”
Questa volta anche James si trovò a complimentarsi col ragazzo. “Complimenti davvero Fawley… forse non sei così raccomandato come dicono”

Quando tornò in camera quella sera Federica tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la lettera che aveva ricevuto dalla madre quella mattina e che non aveva avuto il tempo di leggere.
Nell'atto di leggere le parole vergate con inchiostro nero la ragazza rimase con la bocca leggermente dischiusa, e le mani iniziarono a tremarle visibilmente.

 

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 18 ***


Tre settimane erano passate e Federica non sapeva ancora come dire a Caradoc che se ne sarebbe andata. I suoi genitori avevano deciso di partire verso l’America perché nel Regno Unito la situazione diventava sempre più pericolosa e le avevano chiesto in modo accorato di seguirli. Federica si era arrabbiata e aveva pianto, tanto, prima di decidere di rispettare il loro volere. Aveva lottato tanto per arrivare dove era ora ma la sua famiglia era importante, più importante.
Il giorno per cui la sua famiglia aveva prenotato la passaporta si avvicinava in modo inesorabile e aveva parlato della questione solo ai suoi amici e agli istruttori. Non una parola al suo fidanzato, non finchè non avesse trovato la forza di dirgli addio. Ezra le aveva suggerito una relazione a distanza ma per Federica era inconcepibile: che senso aveva se non potevano abbracciarsi o baciarsi?
Il baule era pronto ormai. Aveva messo dentro tutto, dai libri ai vestiti, tranne la divisa da Allieva dell’Accademia. Le era dispiaciuto non poterla portare via con lei, ma queste erano le regole.
Si sdraiò sul letto a leggere un manuale di Occlumanzia, argomento che le era particolarmente piaciuto. Non seppe dire da quanto dormisse quando venne svegliata di soprassalto da un incessante bussare alla porta.
Si alzò svogliatamente, buttando un occhio al letto di Krystal ancora vuoto e alla sveglia sul comodino che segnava mezzanotte e un quarto.
“Perché è dovuta venire Krystal a dirmi che domani mattina te ne saresti andata?” esordì un Caradoc infuriato come una biscia
“Io…” iniziò a dire la ragazza
“Pensavi di fuggire così, senza dirmi nulla? Solo perché sarebbe stato più facile? Beh sai che ti dico? Vattene pure! Arrivederci e grazie!” sputò fuori lui prima di voltarsi e andarsene.
Federica gli corse dietro, con uno scatto lo fece girare e lo baciò con passione. Caradoc rispose subito al bacio con un trasporto smisurato. La spinse verso la sua camera, senza staccarsi da lei.
Una volta entrati in camera la fece accomodare sul letto e iniziò a spogliarla, a baciarla sul collo, sulla clavicola e poi sempre più giù.
Federica si svegliò che fuori era ancora buio, pensando quasi di aver sognato il suo incontro con Caradoc. Ebbe la conferma che era tutto vero la mattina successiva, quando dopo aver salutato i suoi amici si apprestò ad allontanarsi a piedi dall’Accademia per raggiungere la zona dove si sarebbe potuta smaterializzare. Gettò un’occhiata alla finestra di Caradoc, al secondo piano, e lo trovò lì a osservarla, con una mano alzata in cenno di saluto.

Quel giorno di metà febbraio sembrava che la tempesta di neve tanto preannunciata dai giornali e le radio fosse arrivata nella zona in cui si trovava l’Accademia. Gli studenti si svegliarono infreddoliti nonostante la villa fosse riscaldata, e scesero al piano terra ancora più svogliati del solito.
James sbuffava sonoramente sopra al suo caffè, rimpiangendo il tepore delle coperte. Accanto a lui Sean sembrava non essere da meno, e lui il freddo lo sentiva anche dentro. Nonostante Eveline fosse seduta soltanto a un paio di posti di distanza la sentiva lontana anni luce. Doveva assolutamente trovare il modo di parlare con lei, anche se lei continuava a fuggire.
Sadie si era accorta di come Sean continuava a guardare l’amica. Nemmeno lei poteva più sopportare quella situazione di limbo in cui quei due si trovavano e di cui soffrivano più o meno palesemente.
Sean era palesemente triste e abbattuto, solo in compagnia degli amici sembrava il solito ragazzo scherzoso e simpatico.
Quanto a Eveline, beh, lei non avrebbe mai lasciato trasparire la sua sofferenza. Si atteggiava a stronza fredda e indifferente ma in realtà stava male più di quanto desse a vedere.
Emily e Justin stavano facendo colazione insieme ad Abbie, ai fratelli Prewett e a qualche altro loro amico. La mora non poteva smettere di pensare a cosa potesse nascondere Justin, eppure quando stavano insieme lui si comportava come se niente fosse. Lei aveva persino provato a sondare il terreno facendo qualche domanda ma Justin era stato abilissimo a giustificare ogni sua sparizione e ogni suo comportamento.

Maledezione! pensò Emily, inforcando il pancake con gocce di cioccolato che aveva nel piatto.
Quel giorno gli allievi del primo vennero invitati a seguire l’istruttrice Charlotte fuori, proprio nel bel mezzo della bufera. Al centro del giardino, il gruppo di maghi e streghe iniziò a guardarsi stralunato.
“Bene, ci siete tutti. Oggi le bacchette non vi serviranno, farete un po’ di esercizio fisico” annunciò la donna.
La bocca di alcuni studenti rimase mezza aperta, e molti altri avevano gli occhi fuori dalle orbite. C’era quattro gradi sotto lo zero e almeno dieci centimetri di neve sul terreno, come cavolo avrebbero fatto ad allenarsi?
Ezra si rivolse a Elias sussurrandogli “Questa è pazza”
“Secondo me vuole vedere quanti ne muoiono assiderati” scherzò Hayden
L’istruttrice li fermò “Non siate melodrammatici, qualche ora al freddo non ha mai ucciso nessuno. Vi scalderete correndo per un’ora lungo il perimetro della villa, poi si passerà ad altri esercizi come il salto agli ostacoli ed esercizi di equilibrio. Dopo l’allenamento, questo pomeriggio duellerete”
“Che cosa?” sfuggì a una ragazza bionda
“Beh, non penserete che quando andrete a in mezzo a un combattimento sarete tutti belli freschi e riposati…oggi sarete un po’ temprati, e io potrò valutare la vostra resistenza” disse con un sorriso sardonico.
Sbuffando e imprecando gli studenti iniziarono a eseguire gli ordini e a correre.
Eveline non aveva problemi a correre, lo faceva spesso ma Sadie faticava a starle dietro e la pregava di rallentare almeno un po’.
A metà del gruppo né James né Sean sembravano troppo turbati dal fatto di dover correre in quelle condizioni, anzi il primo sembrava in qualche modo divertirsi.



Alle sei di sera gli allievi vennero finalmente lasciati liberi di riposare. La maggior parte optò per una doccia calda e un po’ di relax, dopo la giornata estenuante che avevano passato. I duelli li avevano definitivamente messi al tappetto.
Eveline stava camminando nel corridoio che dal salotto portava alle scale, passando davanti a una delle sale lettura della biblioteca sentì qualcosa afferrarle il braccio e trascinarla dentro.
Sean chiuse la porta e la guardò, i luminosi occhi azzurri erano diventati improvvisamente severi.
“Sono stanco di doverti correre dietro”
“Cosa vuoi, un premio?” chiese lei lapidaria, accomodandosi su una delle poltroncine di velluto verde bottiglia. Non si era stupita più di tanto del gesto di Sean, erano giorni che praticamente non si parlavano. Evie sapeva che prima o poi avrebbe dovuto affrontare il ragazzo, anche se continuava a posticipare il più possibile la cosa. Era rimasta leggermente spiazzata dal gesto di lui, ma in fondo doveva aspettarselo: lui era il tipico ex Grifondoro, ostinato e impulsivo.
“Ce la fai per un solo secondo a smetterla di comportarti da stronza? Ultimamente non hai fatto altro che allontanarmi… Io capisco che hai passato un periodo difficile ma sai cosa? Anche io!”
Sean aveva urlato. Questo Eveline non se lo aspettava di certo, la sorpresa dipinta sul suo viso non era certo passata inosservata al ragazzo.
“Non ti è mai passato per la testa che anche per me possa essere stato difficile, vero? Beh, ti do una notizia: lo è stato! Mio padre ha rischiato di morire e io sono stato sotto Cruciatus e ti posso assicurare che non è piacevole ma ero lì a preoccuparmi di come potevi stare tu, e tu invece non hai fatto altro che scansarmi!” le parole pronunciate a una velocità incredibile erano come piccole frecce o pugnali che colpivano Eveline.
La ragazza sentì il proprio cuore stringersi in una sorta di morsa dolorosa, una cosa che non aveva mai provato prima. Dovette ammettere a se stessa di essere stata cieca ed egoista, troppo presa dal suo dolore, non si era accorta di quello altrui.
Se la sua natura era davvero questa, se era davvero una persona così meschina, aveva fatto bene ad allontanare Sean, sarebbe stato senz’altro meglio senza di lei.
“Io capisco come ti senti”
“No, non puoi capire” il tono di Eveline era freddo e ostile. Si stava parando dietro ad un muro, dietro al muro che aveva pazientemente costruito negli ultimi anni.
“Se non posso capire è solo perché tu me lo impedisci!” la accusò Sean “Perché lo fai?”
La ragazza incrociò le braccia al petto e con uno sbuffo cacciò via una ciocca di capelli che le copriva gli occhi “Fidati, è meglio così”
“Allora forse è meglio che me ne vada”
“Vattene se vuoi andartene” rispose prontamente Evie
“Me ne vado se tu vuoi che me ne vada”
La ragazza reagì come se stesse discutendo con un bambino. “Non sei un elfo domestico, sei un uomo libero, fai quello che vuoi”
“E va bene!” esclamò spazientito lui “Hai fatto di tutto per farti lasciare! Complimenti, ci sei riuscita!”

Quella sera Eveline non scese a cena, a dire il vero furono diversi gli allievi del primo anno a mancare. Molti di loro erano crollati di stanchezza. Emily mangiò solo qualche boccone e poi si spostò in salotto dove trovò Elias che sorseggiava una cioccolata calda davanti al camino.
“Hey” lo richiamò “Come mai non c’eri a cena?”
“Ho più sonno che fame a dire la verità, finisco questa e me ne vado in camera” rispose il ragazzo alzando leggermente la tazza che aveva in mano “Tu hai già mangiato?”
“Si… Justin non c’era… sai, continua a sparire e io francamente non ne posso più… secondo i Prewett dovrei parlare direttamente con lui, ma secondo me loro sanno qualcosa e non vogliono dirmelo”
“Se vuoi saperlo anche io credo che dovresti parlare con lui a quattr’occhi. State insieme da anni, non è giusto non mostrarsi a pieno”
“In che senso?” chiese la ragazza leggermente perplessa.
“Lui dovrebbe dirti quello che combina e tu non dovresti fare finta di niente quando siete insieme, dovreste discuterne, di qualsiasi cosa si tratti” disse Elias bevendo un ultimo sorso di cioccolata calda.
“Forse hai ragione” ammise Emily.
L’amico si pulì la bocca su un tovagliolo di carta che appoggiò insieme alla tazza sulla mensola di legno che sovrastava il grande camino di marmo.
“Buona fortuna” le augurò, depositandole un leggero bacio sulla fronte.
Emily rimase una decina di minuti buoni lì, ad osservare il danzare delle fiamme rossastre e a cercare il coraggio di affrontare Justin. Lei non era certo una codarda ma non si era mai trovata in una situazione del genere. Non aveva mai avuto grossi problemi con Justin, ma giorno dopo giorno il dubbio aveva fatto breccia nel suo animo. Cosa stava nascondendo di così grande da non dirle nulla?
Quando raggiunse la camera del ragazzo non si meravigliò affatto del fatto che lui non fosse lì, ma lo conosceva abbastanza bene da sapere dove nascondeva la chiave di riserva.
Entrò nella stanza e si sedette sul letto, accarezzando la coperta di morbido tessuto blu. Rimase un po’ lì a guardarsi intorno, poi iniziò a misurare la stanza con i propri passi. Più aspettavo più la stanchezza e i pensieri la rendevano nervosa.
Justin rientrò alle undici di sera e la trovò di spalle, in piedi davanti la finestra.
“Em… che ci fai qui?”
La ragazza rispose con una domanda, andando dritta al punto “Dove sei stato?”
Justin non si fece cogliere impreparato e rispose con nonchalance “Esercitazione supplementare… sai, gli esami si avvicinano”
Emily alzò gli occhi al cielo cercando di ricacciare indietro le lacrime che già le pungevano gli occhi.
“Siamo arrivati a questo punto?”
“Quale punto?”
“Il punto in cui mi menti così spudoratamente”
Justin sembrò offeso. “Io non ti sto mentendo, si tratta davvero di un esercitazione supplementare”
“Dimmelo se mi stai tradendo, ti prego dimmelo perché io non posso passare le serate a domandarmi dove o con chi sparisci dopo le lezioni” Il tono di Emily era talmente accorato che il ragazzo andò ad abbracciarla e lei si aggrappò istintivamente al suo petto.
“Smettila di dire idiozie” disse teneramente accarezzandole la testa
Emily alzò lo sguardo e il ragazzo si fece più serio “Ti ho nascosto una cosa è vero…vuoi sapere cosa faccio dopo le lezioni?”
Quando la ragazza annuì, Justin si scostò e in un attimo il corpo del ragazzo mutò, si piegò a quattro zampe e in effetti le sue gambe non erano umane, erano proprio zampe, con tanto di zoccoli e dal suo fondoschiena fuoriusciva una coda, il resto del corpo era coperto da una fitta e corta peluria marrone. Solo la testa era rimasta normale.
“Un cavallo?” chiese lei confusa
Il ragazzo fece un notevole sforzo per tornare alla sua forma umana. “Sto studiando per diventare Animagus, non ho detto niente a nessuno perché non sarebbe proprio legale ma il mio istruttore mi dà una mano. Ecco cosa faccio quando sparisco”
“Io… non so che dire” balbettò Emily.
Justin tornò a circondarle la vita con le braccia, attirandola a sé. Posò la sua fronte su quella di lei, in modo che i loro nasi si sfiorassero appena.
“Davvero hai pensato che potrei tradirti? Dovrei ritenermi offeso” ridacchiò.
Emily si ritrovò a sorridere a sua volta, sentendosi un po’ sciocca. I due si baciarono dolcemente, sentendosi molto più leggeri di come si sentivano mezz’ora prima, come se si fossero tolti un grosso peso dallo stomaco.
Dopo il bacio Emily si rivolse a Justin “Mi prometti che non mi nasconderai più niente?”
“Promesso” rispose lui prima di baciarla di nuovo velocemente.

Sadie rientrò in camera presto quella sera, alla ricerca di Eveline.
"Hey" le disse appena entrata nella camera "Sean mi ha detto che vi siete lasciati, come stai?"
Eveline scrollò le spalle. "Sto bene. Non ho bisogno di lui, o di altri fidanzati. Sto bene così, senza legami, da sola" pronunciò le parole soppesandole una ad una, ma convinta di quello che diceva.
"Tu non sei sola" disse Sadie prima di abbracciarla.

Salve gente!
3 capitoli in pochi giorni…mi sento produttiva ù.ù Purtroppo nei prossimi giorni non credo che sarò altrettanto produttiva perché lunedì ho l’esame per il Goethe-Zertifikat (certificazione per la lingua tedesca) e quindi sarò un po’ impegnata.
Cooomunque, veniamo alla storia. Ho eliminato Federica…perché? La sua autrice è sparita, mi dispiace ma questa è la dura legge delle interattive.
Piccola nota: siamo ormai a pochi capitoli dalla fine. Questa storia che era nata come una sfida con me stessa, essendo la prima storia che pubblico, era stata inizialmente concepita per coprire tutti e 3 gli anni in Accademia, ma verrebbe un mattone/odissea/epopea quindi si concluderà alla fine del primo anno degli OC, mi sembrava giusto avvertirvi di questo
Alla prossima ;)

H.

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Capitolo 21
*** Capitolo 19 ***


L’inverno aveva lasciato il posto ad una insolitamente tiepida primavera. Le lezioni in Accademia diventavano sempre più faticose e difficili, ma la fine dell’anno si avvicinava e quindi gli istruttori pretendevano sempre di più dai propri allievi.
Eveline sembrava aver reagito alla rottura con Sean in modo stoico, anzi ad occhi esterni sembrava non aver reagito affatto. Sadie però la vedeva che dentro soffriva e la sentiva piangere di notte qualche volta. Non ne aveva mai parlato con la diretta interessata perché sapeva quanto lei fosse orgogliosa ma vederla così le faceva male…non erano amiche da molto ma avevano legato in fretta e in maniera profonda, come se fossero sempre state destinate ad essere amiche. Doveva fare qualcosa.

Da un paio di giorni ormai stavano lavorando sulla trasfigurazione umana. Charlotte si era occupata di spiegare agli allievi tutta la parte teorica, comprensiva di una lunga lista di problemi e effetti collaterali in cui sarebbero potuti incorrere. Ora Richard si sarebbe occupato della parte pratica, cioè di come effettivamente provare a trasformarsi in un attaccapanni o in un altro pezzo di arredamento, per potersi mimetizzare nel modo migliore possibile.
L’istruttore decise di fare una specie di gioco e di far estrarre a caso, a ogni allievo, una carta con disegnato sopra l’oggetto in cui si sarebbero dovuti trasfigurare. Molti si avvicinarono a dita incrociate, sperando in qualcosa di non troppo difficile, Zeek esultò quando vide il manichino per negozi sulla sua carta, mentre altri si adoperarono subito per cercare qualcuno con cui fare cambio.
“Ora cercate tutti di concentrarvi il più possibile. Figuratevi nella vostra mente l’oggetto che avete trovato sulla carta. Più sarete distratti, più sarà facile sbagliare”
In effetti ci furono non pochi “incidenti”. Pochi furono quelli come Ezra, Sadie ed Elias che riuscirono ai primi tentativi a trasfigurarsi rispettivamente in un lampione stradale, una poltrona e una libreria senza grosse difficoltà. Emily riuscì solo al quinto tentativo a tramutarsi in un ottomano e quando tornò normale sorrise tutta soddisfatta a Abbie che, pur essendo riuscita a trasformarsi in una plafoniera era risultata una lampada con un po’ troppi capelli in cima.
Sean e James ridevano mentre si confrontavano ed entrambi cercavano di trasformarsi in due comodini, coinvolsero anche le ragazze per far giudicare loro quale fosse il comodino più bello.
“Dai Em, ammettilo che io ero oggettivamente più carino” rideva James. Abbie si era già rifiutata, dopo essere leggermente arrossita, di giudicare i due.
“Sei un povero ignorante, Martin” lo apostrofò Sean “Tutti sanno che il legno scuro è più elegante di quello chiaro”
La piccola faida venne interrotta dall’istruttore. “E voi due sarete due ex-allievi se non vi levate subito dalle Pluffe” li esortò a spostarsi dal centro della stanza dove Krystal stava avendo qualche problema a tornare umana dopo essersi trasformata in una cassetta della posta. Tutti gli arti erano tornati normale ma il suo viso aveva conservato un leggero colorito rosso. Zeek, non riusciva a smettere di sorridere, pensando che buona parte del rossore fosse dovuta all’imbarazzo di stare lì impalata di fronte a tutti.
L’istruttore rassicurò la ragazza sul fatto che sarebbe tornata normale nel giro di un paio d’ore e lei, ritornando tra gli altri allievi fulminò Zeek con lo sguardo.
“Togliti quel sorrisetto dalla faccia”
“Ma dai, sei così tenera!” ridacchiò lui prendendole le guance con le gli indici e i medi di entrambe le mani. Lei cercò di tenere il broncio ma si sciolse nel giro di pochi secondi.
Nel frattempo, dopo Eveline che riuscì solo dopo molti tentativi a trasfigurarsi in un albero decente, fu il turno di Hayden che nonostante riuscì subito a diventare un cassonetto dell’immondizia quando tornò in forma umana non riusciva proprio a far andare via le ruote e far tornare i suoi piedi.
Richard lo indirizzò verso l’infermeria della Villa. “Bene, per oggi basta danni. Tenete presente comunque quanto possa essere utile la trasfigurazione umana in caso di appostamenti o di pericolo. Continueremo domani”
Gli allievi uscirono dalla classe alla spicciolata, Sadie rimase volutamente indietro.
“Posso parlarti?” chiese all’istruttore quando ormai tutti se ne erano andati.
“Certo”
L’uomo evocò due poltroncine di velluto verde scuro e la invitò ad accomodarsi.
“Vedi…sono preoccupata per Eveline. Da quando è successo quello che è successo a Liverpool è cambiata… è fredda, apatica, non so come spiegarlo… Lei cerca di allontanare tutti, si è fatta persino lasciare da Sean!”
Lui sembrò pensarci e cercare di parlare con il maggior tatto possibile. “Capisco che tu le voglia bene ma se ha lasciato il suo ragazzo saranno fatti suoi, avrà avuto i suoi motivi…”
“Non è stata lei a lasciare Sean. Sean ha lasciato lei e lei ci sta male, anche se non lo vuole dare a vedere” puntualizzò Sadie
“Ok… ma io che c’entro?”
“C’è un motivo se lo ha allontanato…mi ha raccontato una cosa che le è successa, una cosa non tanto piacevole, non so neanche se potrei dirtelo…”
“Aspetta” la bloccò.
Uscì dalla stanza senza dire una parola. Sadie rimase lì interdetta, non si mosse ma si mise a tamburellare impaziente sul pavimento con il piede destro. L’istruttore tornò una manciata di minuti più tardi con un fascicolo per le mani.
“Cos-” provò a esordire Sadie ma venne azzittita con un gesto della mano. Quando Richard finì di leggere alzò di nuovo gli occhi sulla ragazza.
“Allora, facendo un breve riassunto: al quinto anno ha iniziato ad avvicinarsi alle arti oscure ma ha finito per farsi del male da sola, per questo motivo porta sempre una fascia sull’avambraccio. Naturalmente è stata solo una breve parentesi”
Sadie voleva chiedergli come facevano loro ad avere tutte quelle informazioni ma dovette mordersi la lingua quando le tornò in mente il colloquio per l’ammissione in Accademia. Le era stato fatta firmare una liberatoria in cui autorizzava l’esaminatore a utilizzare il Veritaserum. Certo! Prima di creare dei possibili Auror dovevano indagare sul passato dei futuri allievi.
“Sì, Evie mi ha raccontato tutto. A Liverpool si è spaventata. Non credeva di essere in grado di uccidere”
“Capisco… ha ucciso quell’uomo per salvare il suo ragazzo”
“Ma ha detto che lo ha fatto con cognizione di causa… secondo me ha voluto allontanare Sean perché è diventato così importante da portarla a fare azioni di cui non si credeva capace ma così non fa altro che farsi del male. Ha paura di raccontare tutto a Sean perché crede che lui non vorrebbe più neanche vederla ma secondo me si sbaglia di grosso. Sean voleva solo starle vicino e lei l’ha allontanato. Secondo te dovrei raccontare a Sean la verità sul perché l’ha allontanato?”
Sadie aveva sputata fuori tutto ad una tale velocità che Richard era rimasto spiazzato quando lei aveva concluso con quella domanda.
“Io non saprei…è una cosa importante di certo” Richard era completamente a digiuno su questi temi, perlomeno da quando era diventato istruttore.              Da 4 anni a quella parte la sua vita amorosa era stata costellata solo da brevi flirt.
“Credo che se lei non ne ha voluto parlare dovresti rispettare la sua decisione” continuò lui
“Ma così è infelice! Dovresti vederla… cioè insomma l’hai vista oggi, non rende più bene nemmeno a lezione e lei era una delle migliori della classe!”
Richard non poté dalle torto, alla fine si arrese e le disse di fare come più riteneva opportuno. Non sapeva che risvolti avrebbe preso la situazione ma forse, se serviva a fare stare meglio Eveline era il caso che ne parlasse con Sean.

 

Dopo la lezione Ezra ed Elias andarono a trovare Hayden in infermeria dove una Curatrice cercava di mettere a posto i suoi piedi. I due si avvicinarono al letto dove il ragazzo se ne stava lungo a braccia conserte, con l’espressione visibilmente irritata.
“Che odio non riuscire a sistemare la situazione!” sbuffò
“Guarda il lato positivo, con queste ti sposteresti molto più velocemente” ridacchiò Ezra
“Ahahah molto divertente, Hattle. Complimenti”
“Vuoi che ti aiuti in altro modo?” lo provocò l’altro puntandogli la bacchetta sui piedi
“No no per carità!” esclamarono Elias e Hayden all’unisono sapendo quanto era negato il ragazzo con tutto quello che aveva a che fare con la Medimagia.
“Così sì che alimentate la mia autostima! Begli amici che siete!”

 

Una sera dopocena Emily se ne stava appollaiata su una poltrona. Ogni tanto lanciava uno sguardo furtivo oltre la sua copia di Trasfigurazione Oggi per scrutare James, Abbie, Elias e Sean che studiavano insieme. Non aveva mancato di notare gli sguardi che si riservavano i suoi due amici, specialmente quando pensavano la stessa cosa.
Justin tornò dalle cucine con un paio di cioccolatini e ne porse uno alla ragazza, e ne seguì lo sguardo verso il gruppo di studio.
“Mi sa che gli unici che non si sono accorti che Abbie ama James e James ama Abbie sono proprio James e Abbie”
“Fidati, se ne sono accorti ma sono troppo testoni per fare un passo avanti”
“Lei sta ancora con Fabian infatti, però vedendoli quasi mi dispiace averglielo presentato”
“Figurati a me…”
Emily sospirò. Tornò con gli occhi sulla pagina del giornale ma non sembrava prestargli più di tanto attenzione. Dopo un minuto buono alzò la testa all’improvviso.
“E se…”
“No, no assolutamente no” la fermò Justin
“Non sai cosa stavo per dire!”
“Oh si che lo so. Vorresti far mettere insieme Abbie e James, ma è una pessima idea”
Emily mise su il broncio e protestò adducendo al fatto che sarebbero stati così carini insieme.
“Ma se tu ti immischi e poi va a finire male la colpa sarà tua. Se sono destinati a stare insieme troveranno il modo”
Dovette ammettere che il ragazzo aveva ragione. Come solito, in poche parole se l’era rigirata come un calzino e l’aveva convinta a desistere.

 

Nella settimana successiva gli studenti vennero divisi in gruppi che avrebbero lavorato su particolari piante da cui era possibile ricavare infusi e unguenti curativi, ciò costrinse la maggior parte degli allievi del primo anno a restare in Accademia per tutto il weekend.
Hayden aveva disdetto un appuntamento con Nathan e Elias era stato costretto a rinunciare al proposito di andare a trovare sua sorella perché il loro gruppo doveva ancora riuscire a creare quella crema da applicare ai tagli che doveva essere di un delicato bianco perla e invece si ostinava a restare verde menta.
Elias si consolava pensando che le vacanze di Pasqua erano ormai vicine e lui sarebbero potuto tornare a casa.

 

L’idea di poter tornare dalle rispettive famiglie e di potersi rilassare per una settimana aveva reso la fine di Marzo più allegra per tutti. Erano relativamente pochi gli allievi che avevano deciso di rimanere in Accademia per studiare o proprio per sfuggire alla famiglia.
Sean si godeva il piacere di avere la camera tutta per sé dato che James era partito la sera precedente. Si era fatto una bella doccia calda e rilassante quando uscendo dal bagno sentì che qualcuno stava bussando alla porta.
“Alla buon’ora!” esclamò Sadie appena lui aprì. L’occhio le cadde inevitabilmente sull’asciugamano che il ragazzo portava avvolto intorno alla vita ma sembrò essere indifferente mentre invece lui appariva piuttosto imbarazzato.
“Stai partendo?” le chiese cercando di superare il momento di vergogna.
“Sì ma prima devo parlarti” rispose lei decisa. Alla fine si era convinta che l’unico modo per far tornare quei due insieme fosse parlargli del passato di Eveline e di ciò che l’aveva spinta a prendere le distanze.
“Allora…posso entrare?” Sadie alzò un sopracciglio.
Sean era rimasto leggermente perplesso fino a che non si accorse che aveva lasciato la ragazza sulla porta “Sì…certo”
Il ragazzo si fece da parte e la fece passare, gettò uno sguardo veloce al corridoio deserto e poi rientrò chiudendosi la porta alle spalle.

 

Buon pomeriggio people!
Eccomi qua con un nuovo capitolo…non sapevo se inserire anche tutte le vacanze di pasqua ma ho deciso che gli dedicherò un capitolo a parte, che arriverà nel week-end (credo) o al massimo lunedì quindi non disperate.
Mi è stata messa la pulce nell’orecchio quindi ho deciso che finita questa storia, farò delle drabble o OS dedicate ai vari OC, nel frattempo ho scritto anche il prologo di una nuova interattiva di altro genere (che sto cercando di trattenermi dal pubblicare ma il mio masochismo è alto alto alto)
Vabè vi saluto altrimenti rischio di diventare prolissa
Grazie ancora a chi recensisce e a chi ha inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite
La vostra H.

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Capitolo 22
*** Capitolo 20 ***


“Perchè non me lo hai detto?” esordì Sean appena Eveline aprì la porta, dopo che il ragazzo l’aveva quasi sfondata a forza di bussare.
La ragazza lo guardò accigliata ma preoccupata allo stesso tempo. Non aveva mai visto Sean così, il suo sguardo era scuro, cupo. Istintivamente indietreggiò di un passo, permettendo al ragazzo di entrare.
“Detto cosa?”
Sean la afferrò per il braccio che teneva fasciato, sotto la maglietta a maniche lunghe dell’Accademia. Alzò il braccio della ragazza fino a sventolarglielo davanti agli occhi “Di questa!”
Eveline cercò di ritrarsi, pur sapendo bene quanto era forte la presa che quelle mani dalle dita nodose stavano esercitando. Sembrava quasi un animale in trappola e impaurito.
“So che sai scappare, che vorresti fuggire un’altra volta, ma non te lo permetterò” il tono di Sean era fermo e irremovibile.
Gli occhi di Eveline si fecero lucidi e un groppo le si formò in gola ma fece di tutto per ricacciare in dentro le lacrime.
Sean, vedendola così sconvolta, si calmò. “Avresti dovuto dirmelo, avresti dovuto raccontarmi tutto”
“E’ stata Sadie vero?” fu tutto quello che la ragazza riuscì a dire
Sean annuì.
“Incredibile. Gli ho chiesto di tenere per sé una cosa. Una.” Si arrabbiò Evie.
“No. Ha fatto bene” disse lui, prendendo la ragazza per le spalle esili mentre lei non riusciva ad alzare lo sguardo.
“Se solo tu mi avessi detto tutto prima…” il tono di Sean era accorato “Io volevo solo starti accanto”
Le mani del ragazzo si spostarono sul viso pallido della giovane, ormai inconsciamente solcato da una serie di silenziose lacrime.
“Io…non volevo… essere una delusione per te” sussurrò Evie
“Oddio Evie, come potresti mai essere una delusione? Insomma guardati! Sei la persona più bella, forte, sarcastica e maliziosa che io abbia mai conosciuto e ti amo, ti amo da impazzire”
Sean sorrideva mentre le dichiarava il suo amore per la prima volta. Eveline alzò lo sguardo e sorrise a sua volta, anche se era un sorriso triste. Si rifugiò a piangere nel petto del ragazzo.
“Non ti permetterò mai più di tenermi lontano” le promise mentre le accarezzava i capelli.
In quel momento il pensiero di Eveline volò a Sadie, una delle pochissime persone con cui aveva condiviso il proprio segreto. Una parte di lei era arrabbiata perché l’amica non aveva mantenuto il segreto poi pensò che tutto ciò che doveva fare, appena sarebbe rientrata dalle vacanze, era ringraziarla.

 

 

Zeek stava ancora facendo i bagagli quella mattina. Ormai il baule era pieno a metà di vestiti che Krystal gli aveva precedentemente piegato, con la scusa che se fosse stato per lui li avrebbe buttati dentro ammassati in un unico groviglio. “Ma se sono sporchi!” aveva protestato lui
“Non importa…se tu li metti dentro in quel modo, te ce ne entreranno meno della metà”
Mentre il ragazzo si apprestava ad aggiungere al bagaglio i libri, le fialette per le pozioni e altre cianfrusaglie, Krystal lo guardava appoggiata allo stipite della porta.
“Sei sicura di voler restare qui? Di non andare dalla tua famiglia?”
“Te l’ho detto, voglio prepararmi per l’ultimo periodo. Mancano solo due mesi alle fine dell’anno… avrò l’estate per riposarmi”
“Sai che se non fosse per Lucian starei qui anche io…”
La ragazza sorrise e si avvicinò per avvolgergli il collo in un abbraccio. “Sì che lo so. Non ti preoccupare, starò bene anche senza di te” scherzò.
Zeek si girò e notando il sorrisetto divertito di Krystal decise di stare al gioco della ragazza. “Ah ma davvero? Credevo che adesso…sai in camera da sola…”
Il ragazzo ammiccò con fare malandrino.
“Signor Crouch! Come si permette?!? Io sono una ragazza del tutto rispettabile” ridacchiò lei mentre si baciavano teneramente.

 

Elias aveva già preparato con cura il proprio baule il pomeriggio precedente, pertanto la mattina gli era stato sufficiente aggiungervi lo spazzolino da denti e il pigiama. Era andato a fare colazione mentre il suo compagno di stanza ancora dormiva. Si era seduto davanti a Emily ed Abigail, le quali stavano discutendo sul fatto che l’ultima avesse deciso di rimanere in Accademia. Abigail sembrava neanche rispondere all’amica, mentre sbadigliava mescolando la sua tazza di latte e cereali.
Emily ci rinunciò e rivolse l’attenzione al ragazzo di fronte a lei.
“Allora, tutto pronto?” chiese
Elias annuì, col viso nascosto dietro una tazza di tè nero bollente. “Devo solo passare a chiamare Hayden e Ezra, sperando che siano riusciti a dare una sistemata a quella camera”
Emily sorrise immaginando quanto potesse essere confusionaria la camera di due ragazzi…certo che anche la camera con due ragazze non era meglio!
“Prendi la passaporta delle 10?” le chiese Elias.
“No, aspetto Justin e prendo quella dopo”
Quando gli zuccheri entrarono in circolazione nel corpo di Abbie anche lei si unì alla conversazione e i tre parlarono del più e del meno finché Elias, finito di fare colazione decise di andare a vedere com’era la situazione al piano di sopra.
“Beh, se non ci vediamo buone vacanze allora” augurò alle ragazze
“Buone vacanze” rispose Abbie
“Buona pasqua e fai gli auguri anche ai tuoi” disse Emily
Il ragazzo sorrise timidamente e ringraziò prima di tornare al primo piano. Bussò ma la porta era aperta, quindi entrò gettando un’occhiata ai due ragazzi che cercavano di districarsi tra i vestiti dell’uno e dell’altro.
Hayden era già vestito nel suo solito modo piuttosto elegante, con un paio di pantaloni beige e una camicia bianca, felice come un bambino che anche Nathan avesse qualche giorno libero, mentre Ezra era ancora in pigiama.
Il ragazzo sbuffò. “Basta non ce la faccio più, abbiamo bisogno di una mano. Mi andresti a chiamare Elise Willis?”
Elise Willis era una biondina in classe con loro per cui Ezra sembrava essersi preso una cotta, e in poco tempo i due si erano avvicinati diventando quasi amici.
“Ohh Eliseeee” gli fece il verso Hayden guadagnandosi un’occhiataccia da parte del coinquilino.
Elias, essendo abbastanza timido e non amando andare a parlare con persone con cui non era particolarmente in confidenza, chiese “Perché io?”
“Io ho da fare!” si giustificò Hayden
“Io sono in pigiama”
“E allora?” controbatté Elias “Devi solo attraversare il corridoio. È la tua amichetta, non la mia”
Ezra mise su una specie di broncio e sorpassò il ragazzo, che nel frattempo si scambiava uno sguardo divertito con Hayden.

 

La fine delle vacanze pasquali aveva visto l’Accademia ripopolarsi di studenti sempre più agitati per la fine dell’anno. Non che ci fossero particolari esami all’orizzonte, solo gli studenti del terzo anno avrebbero dovuto superare delle prove mentre la valutazione degli altri avrebbe riguardato l’intero anno accademico, però tutti sapevano che le ultime lezioni erano importanti per decidere se sarebbero stati ammessi o meno all’anno successivo.
Il tempo era abbastanza clemente quella mattina, piuttosto umido nonostante il sole ma la temperatura era gradevole, talmente gradevole che Charlotte aveva deciso di condurre gli allievi all’esterno.
Dovevano aspettarselo, che non era una trovata per rendere loro la lezione più gradevole. No, decisamente no. Infatti, Richard Pollux li attendeva al limitare del laghetto melmoso sul retro della villa.
Sulle labbra di Sean nacque un sorriso di sfida, sapeva che se c’erano entrambi gli istruttori sarebbe stata una lezione niente male. Rivolse uno sguardo d’intesa a James. Anche lui sembrava piuttosto divertito all’idea della lezione che doveva svolgersi, mentre accanto a lui Abbie e Emily sembravano leggermente preoccupate.
“Buongiorno a tutti. Oggi lavorerete in acqua. Abbiamo messo nello stagno un Kelpie. Come sapete i Kelpie possono cambiare forma anche se spesso prendono la forma di…?”
“una specie di cavallo con giunchi di palude al posto della criniera” rispose prontamente Eveline
“Esatto” disse l’istruttore “Il kelpie più famoso ha assunto però la forma di serpente, vive a Loch Ness ed è molto amato dai babbani”
“Il kelpie è stato classificato dal signor Scamander come una creatura altamente pericolosa, perché attira le sue vittime e poi le trascina in fondo al lago. L’unico modo per sfuggirgli è imbrigliarlo con un incantesimo Imposium” spiegò Charlotte
In seguito Richard declinò le difficoltà riscontrabili nell’evocare quel particolare incantesimo e spiegò che lui avrebbe sorvegliato e guidato gli allievi che stavano fuori dal lago mentre Charlotte si sarebbe immersa con loro per osservarli e intervenire in caso di estrema necessità.

 

Il primo scelto per provare fu Ezra. Il ragazzo si avvicinò alla riva del laghetto con passo sicuro.
“Ricorda: devi essere molto concentrato e mantenere il sangue freddo”
Lui annuì in risposta e si tuffò. Ci mise qualche secondo per riuscire ad aprire gli occhi sott’acqua poi lo vide, quel cavallo. Era maestoso. Gli nuotò incontro e si sedette sul suo dorso. Subito le sue gambe vennero avvolte da alghe che partivano dalla criniera dell’animale.
Ezra fece appena in tempo a gettare un’occhiata all’istruttrice che li guardava da una distanza di circa dieci metri prima che la creatura lo trascinasse verso il fondo. Un attimo si trovò spiazzato ma si sforzò di mantenere la calma.
Il problema era che il Kelpie lo portava sempre più giù e a lui iniziava a mancare l’aria. Doveva sbrigarsi.

 

Era quasi il turno di Abbie ormai. Dopo aver visto un ragazzo che era stato aiutato dall’istruttrice perché non riusciva a domare la creatura e stava per affogare si era leggermente spaventata.
“Vedrai che andrà tutto bene” le disse Emily che se l’era già cavata con un ottimo risultato.
“Se lo dici tu…” mormorò
“Non è così difficile come sembra, cerca di trattenere più aria possibile e di stare calma. Sono sicuro che ce la farai” la tranquillizzò James
Abbie prese un grosso respiro e camminò verso la riva fino ad immergersi nell’acqua e venne subito attirata da quel cavallo. Era bellissimo. Temibile certo, ma bellissimo.
Dopo un istante si ricordò che doveva essere il più veloce possibile, salì sul cavallo con la bacchetta già sguainata e appena lui iniziò a trascinarla giù lei si sforzò di evocare l’incantesimo.
Non riuscì subito a farlo, così cercò di isolarsi come aveva fatto per l’Occlumanzia e il suo secondo tentativo fece centro. Il Kelpie era improvvisamente diventato mansueto e l’aveva condotta a pelo d’acqua, in modo che la ragazza potesse respirare agevolmente.

Mentre Sadie attendeva in fila il suo turno l’istruttore le passò accanto.
“Paura?” le chiese
“Paura? Chi ha paura?” Sadie gli rivolse un sorriso di sfida
“Ricorda di concentrarti”
La ragazza si guardò un attimo intorno per assicurarsi che nessuno prestasse attenzione a loro, poi parlò “Tu di certo non mi rendi le cose più facili”

 

 

Buonasera gente!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se di passaggio. Vi annuncio che questo è il terzultimo capitolo, quindi siamo agli sgoccioli gente!
Come ho scritto a qualche autrice, se volete mandarmi qualche info sul vostro OC, su cosa vorreste che gli succedesse fate pure! Potrei anche usare qualcosa, ma non vi garantisco nulla ;)
A presto
H.

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Capitolo 23
*** Capitolo 21 ***


capitolo 21

Anche Maggio stava scorrendo ad una velocità incredibile, o perlomeno Sadie aveva questa impressione mentre si godeva il pomeriggio libero sdraiata sul prato. Accanto a lei Eveline se ne stava sdraiata a pancia sotto a leggere un libro sulle erbe dell’Amazzonia.
Alla fine del capitolo la ragazza chiuse il libro e si girò sulla schiena.
“Allora, hai deciso cosa farai per le vacanze?” chiese a Sadie
“Beh, ammesso e concesso che riesca a passare al prossimo anno, mi rilasserò, leggerò, farò delle belle passeggiate e mi godrò un po’ di tempo con la mia famiglia”
“Sola? Nessun ragazzo all’orizzonte?”
Sadie arrossì improvvisamente “Beh, veramente Andrew McGuinnes mi ha chiesto di uscire ma…”
“Ma cosa?” Eveline la guardò meglio poi aprì la bocca stupita. “Non mi dire che pensi ancora a Pollux!?!”
“Sì, cioè no, no assolutamente” rispose frettolosamente Sadie
“Cioè… il ragazzo più carino del terzo anno ti chiede di uscire e tu pensi ancora a quel coglione? Scusami tanto tesoro ma tu non stai bene”
“E’ che non riesco a levarmelo dalla testa, mi sembra una questione non conclusa. E da come si atteggia sembra che non sia una cosa chiusa neanche per lui”
“E allora parlaci! Chiudi la questione”
“Il problema è che non so se voglio chiudere la questione”
“Una volta volevi chiudere la questione. L’accademia viene prima, no?”

Era un mercoledì mattina, la quiete avvolgeva l’Accademia mentre il sole sorgeva oltre le verdi colline della campagna inglese. Elias Corner era appena rientrato dopo aver passato un lungo week-end a casa. Aveva ormai raggiunto il primo piano, per poter rientrare prima che tutti si fossero alzati. Sul pianerottolo incrociò Emily che scendeva le scale.
“Elias Corner che rientra di soppiatto alle cinque del mattino… non credevo che avrei assistito a questo momento” scherzò Emily
“Beh mi sembra che anche tu sei stata da qualche altra parte” ammiccò il ragazzo sapendo benissimo che l’amica aveva passato la notte dal suo fidanzato.
I due si incamminarono lungo il corridoio che ospitava le camere degli allievi del primo anno.
“Ultimamente mi sembra che tu sparisca un po’ troppo spesso. Cosa nascondi?” ridacchiò
“Io? Assolutamente niente” mentì spudoratamente il ragazzo
“Dai dimmelo”
“Scordatelo Burkhardt”
Quando voleva chiudere la questione la chiamava sempre per cognome.
“Chiamami di nuovo per cognome e ti affatturo, Corner” lo minacciò la ragazza puntandogli contro il dito indice, con una finta espressione arrabbiata.

Quella mattina a colazione Hayden ascoltava piuttosto irritato la conversazione di James Martin con i propri amici. L’ex-Serpeverde avrebbe voluto fare colazione in pace, ma il gruppetto seduto a qualche posto di distanza faceva una confusione tale che era difficile da ignorare. Ancora una volta il ragazzo si stupì di come facesse l’ex-Grifondoro ad essere così allegro e loquace a quell’ora.
Lo aveva sentito dire che avrebbe passato l’estate nella casa dei suoi nonni, nel sobborgo di Boston. Sia suo fratello gemello, che la sua sorellina, la quale stava per diplomarsi a Hogwarts avevano già invitato un paio di amici, ma lui no, doveva fare il solito pavone e perciò stava invitando praticamente metà del primo anno.
“Mi sembra un’idea grandiosa” aveva detto Sean, poi si era girato verso Eveline per sapere cosa ne pensasse la ragazza.
“Perché no?” sorrise. Il pensiero di passare tutta l’estate lontana da Sean la rattristiva e questa sembrava una buona occasione per stare un po’ con lui e con i suoi compagni di classe. Durante il periodo di Hogwarts non aveva mai passato un periodo di vacanze da qualche amica, il suo carattere intransigente spaventava molta gente, si era fatta solo poche amiche ma le loro strade si erano allontanate con la fine della scuola. Questa era l’occasione perfetta per fraternizzare un po’.
Emily aderì volentieri, convinta che anche a Justin sarebbe piaciuto staccare un po’ la spina prima di iniziare a lavorare sul serio. E poi, la prospettiva di una gita a New York era così eccitante.
Abigail sembrava leggermente a disagio e indecisa su cosa fare. Certo l’idea di andare in America le piaceva un bel po’ ma come fare con Fabian? Il suo ragazzo non sarebbe stato molto contento di quel viaggio e lei non voleva raccontargli nessuna bugia.
La faceva sentire ancora più a disagio il fatto che sembrava che tutti stessero aspettando una sua risposta, in particolar modo la sua migliore amica.
“Io…ehm…non saprei” balbettò imbarazzata
“Oh, dai Abby, non farti pregare” la esortò Emily
“Puoi portare anche Prewett se vuoi…” aggiunse James. Era evidente che la cosa non gli andava propriamente giù ma avrebbe fatto di tutto per permettere anche all’amica di esserci.
“Gliene parlerò” disse Abigail leggermente rincuorata ma ancora incerta sul da farsi. E la sera dopo cena lo fece, e sorprendentemente ebbe da Fabian una risposta positiva.

La stessa sera Zeek chiese a Krystal perché lei avesse rifiutato la proposta di James di unirsi a loro per un paio di settimane da trascorrere negli Stati Uniti.
La ragazza si strinse nelle spalle, scuotendo leggermente la testa, come se la sua risposta fosse una cosa di poco conto. “Beh… tu non ci saresti… e le altre saranno tutte accoppiate”
“Sadie è fidanzata? Non lo sapevo”
“No non lo è, vabè lei è l’unica single per il momento…che cosa facciamo lì in due, reggiamo il moccolo?”
Zeek scoppiò involontariamente a ridere.
“Non volevo dire questo, scusami. Semplicemente non voglio che tu ti faccia condizionare nelle scelte dalla mia assenza o presenza, tutto qui”
Krystal fece una faccia intenerita. “Non ti devi preoccupare per me” sorrise a Ezekiel, accarezzandogli leggermente una guancia.
Lui aggrottò le sopracciglia e rispose “Certo che mi devo preoccupare per te, sei la mia ragazza”
“Sono la tua ragazza” ribadì lei
“Sì e per questo ho deciso che, ad Agosto, io e te ce ne andremo una settimana nel sud della Francia”
Il sorriso di Zeek nel pronunciare quelle parole andava da un orecchio all’altro.
“E Lucian?”
“Ma come, io ti offro una vacanza e tu la prima cosa a cui pensi è mio figlio?”
Il ragazzo si finse offeso, anche se non smetteva di ridere e Krystal si finse ancora più offesa di lui, assottigliò gli occhi e arricciò la bocca.
“Scusa tanto se mi preoccupo per lui!”
Zeek si avvicinò al divano dove la ragazza se ne stava sdraiata, si mise seduto sul bordo del cuscino grigio scuro e si sporse verso il viso della giovane.
“È per questo che ti amo” sussurrò strofinando il naso con quello di lei “E comunque Lucian starà una settimana con i miei genitori”
Krystal si alzò a sedere, questa volta più seria. “Potremmo portarlo con noi…mi piacerebbe conoscerlo lo sai”
Anche Zeek sembrava improvvisamente meno giocoso, anzi aveva un aspetto quasi irritato. “Te l’ho detto: è troppo presto. Lucian ha solo 3 anni e si affeziona molto facilmente. Non vorrei che poi lui ci rimanesse male se le cose…”
“Stai forse insinuando che le cose tra noi non andranno bene?”
La ragazza si era tirata su in piedi, e aveva messo le mani sui fianchi.
“Non volevo dire questo!” ribatté Zeek “E’ solo per precauzione”
Era sincero, non avrebbe mai voluto che qualcosa ferisse Lucian. Una donna era già uscita dalla sua vita, anche se lui non poteva ricordarlo. Non doveva verificarsi di nuovo.
Il ragazzo aveva allungato le braccia verso la vita della ragazza, l’afferrò per attirarla a sé.
“Cerca di capirmi”
Il viso di Krystal si distese in un’espressione più serena, mentre si lasciava attirare verso di lui.

Le settimane seguenti vennero utilizzate per esercitazioni che riguardavano incantesimi di memoria e un’intera lezione venne dedicata al Voto Infrangibile, uno degli incantesimi più potenti, un incantesimo che per certi versi era associato alla magia oscura. Si credeva infatti che esso venisse utilizzato dal Signore Oscuro sui propri fedeli, o almeno su quelli più fidati e più vicini a lui. Era naturale volere assicurarsi la fedeltà di chi conosceva più segreti.
La fine dell’anno accademico era ufficialmente arrivata e come ultima lezione, o meglio come ultima prova, tutti e sei gli istruttori si erano messi d’accordo e avevano organizzato dei giochi a partecipazione volontaria, per gli allievi di tutti e tre gli anni.
“Che ne dici, andiamo?” propose Elias a Ezra
“Noo” si lamentò lui “E’ troppo caldo per fare queste cose, e poi ho promesso ad Elise che più tardi sarei andato a fare il bagno con lei”
“Sii, fare il bagno, chi vuoi che ci creda” fece Hayden “Comunque io ci sto! Anche se spero di non sudare come un animale”
I due amici si alzarono e si avviarono verso il capannello di studenti che si era formato, fin tanto che erano a portata d’orecchio Ezra augurò loro “Buon divertimento” anche se aveva l’impressione che forse lui si sarebbe divertito di più.
Prima di unirsi al gruppo Justin provò a convincere Fabian e Gideon Prewett a partecipare ma i due sembravano più interessati a starsene in panciolle sulle sedie a sdraio che erano state posizionate sul prato e in qualsiasi zona d’ombra disponibile.
“Vorrà dire che farò il beato tra le donne” sorrise prendendo sotto braccio Emily e Abbie, quest’ultima mentre camminava si voltò per fare la linguaccia al proprio fidanzato.
Alla fine si trovarono a giocare solo in una trentina poiché molti preferirono sfuggire a quella strana calura di fine Maggio facendo un tuffo nella piscina dell’Accademia.
“Bene, pochi ma buoni, spero” sorrise l’istruttrice del terzo anno “Venite qui uno alla volta e pescate un cartoncino colorato. Quella sarà la squadra a cui siete assegnati”
La donna evocò un sacchetto di velluto nero ed i partecipanti si avviarono a estrarre la loro squadra: rosso, giallo o verde.
Justin era stato tra i primi a unirsi alla squadra rossa, e poco dopo di lui Emily era andata a pescare il suo cartellino con le dita incrociate, sperando di capitare nella stessa squadra.
Quando tirò fuori dal sacchetto un cartoncino di colore giallo ci rimase un po’ male ma si rincuorò vedendo che anche Elias e un paio di ragazze amiche di Justin facevano parte della sua stessa squadra.
Quando James si rese conto di dover giocare nella squadra verde, stessa squadra di Hayden Fawley, fece un’espressione parecchio contrariata, che suscitò l’ilarità delle due amiche. Emily e Abbie si scambiarono uno sguardo d’intesa, entrambe speravano che magari uccidendosi avrebbero fatto automaticamente fuori la squadra verde.
Le tre squadre sarebbero state trasportate, attraverso passaporta, nei boschi che circondavano l’Accademia e da lì sarebbe partito il loro percorso di ritorno. Lungo la strada avrebbero trovato vari ostacoli da superare. La prima squadra a tornare in Accademia avrebbe vinto.

La squadra rossa si ritrovò a dover affrontare subito una prova di logica, che consisteva in 10 indovinelli. Dovevano indovinarne almeno 8 per andare avanti. Grazie all’intelligenza di alcuni Corvonero non ebbero grossi problemi a superare la prova.

 
A circa un chilometro di distanza la squadra verde stava cercando in tutti i modi di eliminare una pianta che impediva il loro passaggio. Era una specie di rovo, ma molto più grosso, con rami che si muovevano velocemente nel tentativo di aggredirli. Quei tentacoli rosso scuro erano a loro volta pieni di aculei.
“Smettila di guardarla… non è che se la guardi cambia qualcosa” disse James a Hayden
“Allora fatti venire in mente qualcosa, genio!” ribattè l’altro
Un ragazzo del terzo anno li bloccò “O la smettete di battibeccare o do voi in pasto alla pianta”
I due si zittirono ma continuarono a guardarsi in cagnesco.
Alla fine una ragazza riuscì a ricordarsi che si trattava di Tentacula velenosa, e di conseguenza riuscì anche a capire come andare avanti.

 
La squadra gialla invece si  trovò a fronteggiare un vasto incendio, e a dover mediare con un branco di centauri per poter proseguire lungo il percorso. Si dimostrarono una squadra unita, andavano più o meno d’accordo e riuscirono a raggiungere il limitare del bosco prima delle altre squadre.
Arrivati nella radura che ospitava l’Accademia gli istruttori andarono a congratularsi con loro ma gli occhi dei ragazzi si puntarono su una figura che era appena comparsa all’esterno della villa. Era un uomo di media altezza, con i capelli tenuti un po’ lunghi. Sembrava quasi un leone.
Istintivamente anche gli istruttori si voltarono.
“Capo!” lo salutò un istruttore
“Ti unisci a noi, Alastor?” chiese l’istruttrice del secondo anno
L’uomo era tremendamente serio. Si avvicinò e disse semplicemente “Minchum seguimi”
L’istruttrice impallidì ma lo seguì in silenzio, senza esitazione.

 

Hallo!
Oggi mi sento molto crucca ahahhaha
Siamo arrivati al penultimo capitolo (che avrei voluto pubblicare ieri ma non ho fatto in tempo a finire)… ci sarà il prossimo, poi l’epilogo e poi una specie di sequel
Spero di riuscire a pubblicare tutto in tempi brevi, anche se domani dubito che potrò scrivere ;)
Grazie ancora per le recensioni
Baci, anzi liebe Grüße
H.

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Capitolo 24
*** Capitolo 22 ***


Erano passati un paio di giorni da quando la Gazzetta del Profeta aveva riportato la notizia dell’incendio a Villa dei Pini, la residenza dei Minchum. Nell’incendio erano morti la signora Minchum ed il nipote Jeremy.
Dietro all’incidente c’era però molto più. Si trattava di un attacco di Mangiamorte diretto al viceministro Harold Minchum, non avendolo però trovato in casa, come avevano previsto, si erano accaniti, evocando l’Ardemonio, sulle uniche due persone che erano presenti in quel momento: un bambino di nemmeno quattro anni e sua nonna.
Ora che tutte le lezioni erano ufficialmente finite, i ragazzi si preparavano a lasciare l’accademia per godersi le vacanze estive. Gli studenti del terzo anno avevano completato anche gli esami per diventare Auror e aspettavano di prendere il diploma.

 

Emily non aveva chiuso occhio a causa dell’ansia per i tabelloni che sarebbero stati esposti il pomeriggio stesso. E se non era stata promossa? Cosa avrebbe dovuto fare? E se Justin non aveva passato gli esami?
Era talmente elettrica quella mattina che aveva rinunciato volentieri al caffè, al contrario di Abbie che beveva in modo placido dalla sua tazza.
“A che ora hanno detto che esporranno i risultati?” chiese per l’ennesima volta all’amica.
La bionda grugnì una risposta senza nemmeno alzare lo sguardo, e Emily si rispose da sola “Alle tre, devo trovare qualcosa da fare fino alle tre”
Accanto alla ragazza si sedette Krystal, che si servì un cornetto e del succo di zucca.
“Preparato i bagagli, Krys?” le chiese Abigail
“Sì, è stata dura riuscire a mettere dentro tutto” sbuffò la ragazza con il viso che lasciava trasparire tutta la stanchezza per aver passato la sera precedente e la mattina stessa per mettere dentro i suoi libri, con cui aveva fatto una specie di fondo su cui appoggiare i vestiti.
“Sei proprio sicura di non voler venire con noi a Boston?” chiese Emily
La ragazza annuì. “Voglio passare un po’ di tempo con la mia famiglia. Mio fratello Daniel si sposa a Ottobre, quindi voglio godermelo ancora per un’estate”
“Capito” rispose Emily ricordando il leggero senso di vuoto che aveva provato quando si era sposato suo fratello maggiore, con cui aveva sempre condiviso la camera a casa…Hogwarts l’aveva aiutata sotto questo punto, a staccarsi da lui.

 

Sadie stava preparando il proprio baule, nello appoggiare un paio di jeans sul mucchio di vestiti che teneva appoggiati sulla sedia della scrivania fece cadere tutto. Imprecò e cercò di raccogliere il tutto. Senza rendersene conto, si ritrovò a sorridere quando le capitò tra le mani la camicetta che aveva indossato all’appuntamento con Andrew. Alla fine Eveline l’aveva praticamente costretta ad accettare e non se ne era affatto pentita. Lui l’aveva portata a cavalcare un Ippogrifo ed era stato decisamente l’appuntamento più strano e divertente che avesse mai vissuto. Quando l’aveva raccontato a Eveline lei se ne era uscita con un “Visto? Te l’avevo detto”
Una parte del suo cuore non poteva fare a meno di pensare a Richard. Aveva continuato a ricevere segnali contrastanti dall’uomo, un attimo sembrava interessato a lei e l’attimo dopo la ignorava completamente. Decise che era il momento di mettere la parola fine a quel tira e molla.
Si alzò e si diresse a passo svelto verso l’ufficio dell’istruttore, prima di avere il tempo di cambiare idea. Arrivata davanti alla porta bussò ed entrò senza aspettare la risposta proveniente dall’interno.
L’uomo davanti a lei indossava un completo nero, con la giacca sopra. Non si poteva negare che vestito in modo così elegante stesse molto bene.
Allo sguardo leggermente perplesso della ragazza, rispose “Funerale”
Sadie annuì in modo quasi impercettibile. Aveva scelto il momento sbagliato ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
“Io…avrei bisogno di parlarti”
“Dimmi tutto”
“Io ti piaccio?” chiese in modo diretto avvicinandosi a lui.
L’uomo si passò una mano sui capelli cortissimo e quasi imbarazzato disse “Certo che mi piaci”
“Ma non vuoi stare con me”
“Non posso stare con te” la corresse lui “Sono il tuo insegnante e un insegnante non può stare con una sua allieva”
“E dovrei aspettarti in eterno?” chiese leggermente arrabbiata “Io odio aspettare. Non sono una che aspetta. Non sei l’unico interessato a me, sai?”
“Sadie…” poi le prese le mani tra le sue “Non ti posso chiedere di aspettarmi, hai solo 18 anni ed è il momento più bello che tu possa vivere. Goditi l’estate”
Detto questo le lasciò le mani. Un ombra di delusione passò sul viso di Sadie, ma poi la ragazza prese un bel respiro e si recò verso la porta. E se ne andò. Senza guardarsi indietro.

 

Il pomeriggio un istruttore per ogni classe si avvicinò alla bacheca ed appese i risultati finali. Ci fu parecchia calca per poter sbirciare, soprattutto tra gli studenti del primo anno, molto più numerosi rispetto alle altre due classi.
Hayden tirò un sospiro di sollievo quando capì di essere stato promosso all’anno successivo, anche se qualche faccia intorno a lui sembrava molto più mogia. Poco dopo di lui anche Ezra riuscì a penetrare tra la folla, e un grande sorriso gli illuminò il volto, poi si girò verso Elias, che aveva preferito rimanere un po’ in disparte ed alzò i pollici di entrambe le mani, a significare la promozione di entrambi.
Emily, Krystal e Abbie erano rimaste un po’ indietro. Cercavano di alzarsi sulle punte per leggere la lista ma alcun di loro si comportavano come bambini e si azzuffavano pur di vedere qualcosa.
A un certo punto Sean e Eveline emersero dal mucchio di gente, entrambi con le facce soddisfatte.
“Allora?” chiese Abbie
“Promossi” sorrise Sean. Era a dir poco radioso. Si era tolto un bel peso. Aveva il terrore di non riuscire a ripagare le aspettative della sua famiglia, di suo padre in particolare.
“Anche voi tutte e tre promosse” aggiunse Eveline.
Le altre ragazze si abbracciarono di slancio. Solo dopo essersi accertata del suo risultato, Abbie si girò verso i gemelli Prewett. Fabian e Gideon stavano festeggiando con i propri amici. Qualcuno aveva tirato delle scintille del signor Filibustier e le stava sparando in tutto l’ingresso.

 
Emily aveva intravisto Justin prima di sapere dei risultati, in seguito l’aveva cercato con lo sguardo ma tutti gli allievi del terzo anno sembravano essere spariti.
La ragazza percorse le scale per il terzo piano lentamente. Era preoccupata, estremamente preoccupata. Il corridoio era riempito dalla gioia di chi era riuscito a diventare Auror ma ancora del ragazzo nessuna traccia.
Come diavolo faceva a sparire così bene?
Trovò la porta della camera socchiusa, entrò e lo chiamò.
“Bagno!” rispose la voce del ragazzo
Emily aspettò in piedi davanti la porta del bagno. Quando Justin aprì la porta di scatto, Emily si portò entrambe le mani sul viso, appoggiate sul naso. Era senza parole.
Justin indossava il doppiopetto azzurro con gli alamari d’argento, parte della divisa da Auror.
“Allora, sei fiera del tuo uomo?” chiese lui tutto sorridente.
La ragazza annuì e si tuffò per stringerlo tra le sue braccia.

 

La serata trascorse in modo tranquillo per tutta l’accademia. Dopo un pomeriggio di festeggiamenti, la stanchezza e il pensiero di doversi svegliare per tornare a casa presto spinse quasi tutti gli studenti ad andare a letto ad un orario decente.
La mattina seguente tutta l’Accademia era in fermento. C’era gente che andava e veniva lungo i corridoi, alla ricerca dei propri averi o dei propri amici da salutare.
Il gruppo diretto alla casa dei nonni di James si era accordato per trovarsi in giardino e prendere tutti la stessa passaporta.
Abbie era salita per andare a chiamare Fabian. Quando entrò nella camera lo trovò ancora seduto sul letto, con il baule aperto e pieno solo a metà.
“Non sei ancora pronto?” chiese con le mani appoggiate sui fianchi e il fare da sergente.
“Non vengo”
Due parole erano bastate a far crollare le braccia alla ragazza.
“Come sarebbe a dire che non vieni?”
Fabian si alzò e si avvicinò a lei, posando le mani sulle sue spalle. “Smettiamola di prenderci in giro, Abs” disse “Tu non mi ami, puoi essere innamorata di me, ma sicuramente non mi ami. Ami qualcun altro, e sappiamo entrambi di chi si tratta, no?”
Abbie provò a rispondere ma le parole le morirono in gola. Vedendo il tentativo di parlare della ragazza, sul viso del giovane Prewett si dipinse un sorrisetto triste.
“Si dice che se ami qualcuno devi lasciarlo libero… quindi vai, vai prima che sia troppo tardi” la esortò.
Abbie riuscì solo a dargli un veloce bacio sulla guancia e a sussurrargli un “grazie” prima di correre di sotto.
Appena sbucò all’esterno vide che erano tutti pronti. James le sorrise e appena si avvicinò chiese “E Fabian?”
La bionda scosse la testa e, nonostante gli occhi lucidi, sorrise dicendo “Siamo solo noi”

 

Buonasera!
Ed è canon (o quasi)!!!
Non ho altro da dirvi se non grazie grazie grazie e… l’epilogo arriverà presto ;)
H.

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Capitolo 25
*** Epilogo ***


Venerdì 7 Agosto 1981

Aveva appena firmato l’ultima delle lettere dirette ai future allievi dell’Accademia per Auror.

Charlotte McKinnon

Si sarebbe mai abituata a firmare con il cognome da sposata? Certo, era già stata sposata ma quando si era trattato di Micheal non aveva preso il suo cognome. Con Adam era stato diverso, la sua famiglia era più tradizionalista, sarebbe stato irrispettoso mantenere il cognome da nubile. E poi, doveva ammettere che “signora McKinnon” non suonava affatto male.

Chiusa anche l’ultima busta e alzò lo sguardo verso il grande stanzone che ospitava la sua squadra. Già, la sua squadra.

Quando nel 1974 aveva diplomato l’unica classe a cui avesse mai insegnato e aveva espresso la volontà di formare con quelle stesse persone una sua squadra, molti l’avevano presa per pazza.
Una squadra di novellini…non si era mai vista! Solitamente i neo-Auror venivano inseriti in squadre già collaudate e funzionati, dove magari mancava qualche membro.
E invece lei aveva pregato il padre di farle fare quell’esperimento. Era sicura che se la sarebbero cavata. L’uomo fece qualche giro di conoscenze e riuscì a farle ottenere ciò che voleva.

Aveva anche apportato qualche modifica all’ambiente. Un grande spazio aperto al posto dei soliti cubicoli.
Le piaceva riuscire a vedere tutta la squadra. O meglio, tutti i presenti al momento.
Qualcuno si era perso per strada.

Hayden Fawley, appena diplomato, aveva preferito unirsi alla squadra in cui lavorava il suo Nathan Grey, il suo fidanzato. Nonostante le fosse dispiaciuto perdere un valido membro non aveva obiettato più di tanto. Almeno sarebbero stati pari, per poter suddividere la squadra in coppie.

Spostando lo sguardo verso la finestra vide Elias Corner, che compilava il rapporto relativo alla missione della sera precedente, quando era stato di guardia, insieme a Ezekiel Crouch, a un maniero che doveva essere il presunto covo di un gruppo di Mangiamorte.

Il suo amico Zeek intanto stava seduto di fronte a lui e sbadigliava, tra un sorso e un altro di caffè. Era sfinito, erano rientrati in ufficio alle cinque del mattino e non avevano cavato un ragno dal buco.

Entrambi avevano in qualche modo “perso” il loro partner.

Ezra Hattle era morto in un piovoso Novembre di sei anni prima, in uno scontro avvenuto nei pressi di Edimburgo. Un mangiamorte gli aveva scagliato contro l’Anatema che Uccide, e per quello non c’era via di scampo.

Emily Burkhart, che aveva lavorato in coppia con Elias, era in maternità per la seconda volta in cinque anni. In fondo era stato un bene che non fosse in ufficio quando, tre mesi prima, Abigail Morgan, sua migliore amica da una vita, era scomparsa in circostanze misteriose.

Il pensiero della recente scomparsa di Abigail la portò a cercare con lo sguardo la persona che sembrava averne sofferto di più: James Martin. I due si erano sposati la notte di Capodanno e a Maggio, dopo un piccolo scontro con i Mangiamorte avvenuto a Upper Flagley, si era persa ogni traccia della ragazza. Fin da subito furono tutti certi del rapimento. Da quel giorno James non si era dato pace.

Eveline Richards, sua partner di lavoro e fidanzata del suo caro amico Sean, lo aiutava volentieri nelle ricerche, senza però lasciare indietro il lavoro. La ragazza era un vulcano, non si era più lasciata abbattere da niente. Lei e Sean non si erano sposati, né avevano avuto figli, ma affermavano di stare bene così.

Sean si era ritrovato a lavorare in coppia con Sadie e i due avevano formato un team estremamente preparato ma anche affiatato. Si intendevano alla perfezione, cosa che spaventava Eveline, soprattutto quando architettavano qualcosa contro di lei.

Sadie invece si era sposata quattro anni prima con Andrew McGuinness, auror di due anni più grande di lei. La donna si era rifiutata di prendere il cognome del marito, troppo irlandese per i suoi gusti. I due avevano una bambina di tre anni: Ruby.

Lo sguardo di Charlotte si spostò su un'altra scrivania vuota, quella di Krystal Stevens. Lei, che adorava i bambini, non era riuscita ad averne e così aveva cresciuto Lucian, il figlio di Zeek, come se fosse stato il suo.
Dopo un paio di anni da Auror aveva colto l’occasione di un pensionamento, per prendere il posto di istruttrice in Accademia. Charlotte non poteva vederci persona più indicata.

La donna gettò un’occhiata al proprio orologio. Doveva assolutamente andare, altrimenti avrebbe fatto tardi. Quel week-end tutta la famiglia McKinnon si sarebbe riunita per festeggiare l’ottantesimo compleanno di Edward, il padre di Adam.
Tutta la famiglia…detto così sembrava che ne fossero molti ma in realtà erano solo in otto: lei, Adam, suo fratello Daniel con la moglie Mary e i figli Josh e Marlene e i capostipiti Edward e Ruth. Al massimo si sarebbero uniti i fidanzati di Josh e Marlene ma vedeva la cosa alquanto improbabile.

Approfittò di Ezekiel Crouch che si era avvicinato per lasciargli le direttive per quei giorni in cui sarebbe stata assente.
Raccolse poi le sue cose e salutò tutti con un “Ci vediamo lunedì”

Non sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe messo piede in ufficio.

 

FINE

 

 

Ci siamo gente…abbiamo finito
Ok, è un finale un po’ triste ma sono voluta essere coerente con la trama. Dalla lettera di Lily a Sirius e dalla foto dell’Ordine della Fenice originale sappiamo che l’intera famiglia McKinnon è stata sterminata e la cosa è successa poco dopo il primo compleanno di Harry quindi la data che ho scelto mi è parsa appropriata.
Mi è dispiaciuto uccidere Ezra e far sparire Abbie perché sono due personaggi che mi sono piaciuti molto, come tutti del resto, ma le esigenze di trama sono quelle che sono. È la guerra, non può essere tutto rose e fiori.
Spero che la strada percorsa fin qui vi sia piaciuta. E se vi dispiace che sia finita, non disperate troppo, presto arriverà qualcosa che colmerà i quasi 10 anni di vuoto temporale tra l’ultimo capitolo e l’epilogo. Nel frattempo scriverò anche un'altra interattiva, perché sono masochista, che ci volete fare.
Siamo arrivati al momento dei ringraziamenti: vorrei ringraziare le 5 persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 13 persone che l’hanno inserita tra le seguite e chi l’ha inserita tra le ricordate.
Più di tutto vorrei ringraziare chi mi ha donato questi splendidi personaggi. È stato un onore per me occuparmi di loro.
Qui si conclude la mia prima storia pubblicata, la mia prima interattiva. Sono fiera di aver scritto una delle pochissime interattive arrivate alla fine.
Ora vi saluto altrimenti mi viene più lungo questo pezzo che l’epilogo.
Baci
H.

 

 

 

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