A. T. P. (Auror Training Program) di HadleyTheImpossibleGirl (/viewuser.php?uid=80884)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 25: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
3 Agosto 1971
“E con questa ho finito” pensò Cordelia imprimendo per l’ultima volta il sigillo del Ministero della Magia sulla ceralacca che chiudeva una delle buste posate sulla sua scrivania in mogano scuro.
La donna si stiracchiò allungando le braccia sopra la testa e ammirò con un sorriso soddisfatto il lavoro appena fatto.
L’indomani un nutrito gruppo di giovani maghi e streghe avrebbe ricevuto un gufo che comunicava l’ammissione alla accademia per Auror.
Quell’anno erano stati parecchi i ragazzi ammessi all’accademia, ma i tempi stavano cambiando e la richiesta di Auror aumentava sempre più esponenzialmente, anche per sopperire ai decessi e alle sparizioni che si stavano verificando da un paio d’anni a quella parte. Il capo degli Auror non era particolarmente preoccupata dalla numerosità dei nuovi ammessi: alcuni non erano abbastanza motivati, parecchi non avrebbero retto alla pressione, altri non avrebbero superato le prove pratiche.
Era una competizione, quella per diventare Auror.
Solo i migliori ce l’avrebbero fatta.
Buonsalve gente! Mi presento, I’m the impossible girl ma voi potete chiamarmi Hadley o H.
So che il prologo è corto ed è anche la prima ff che scrivo, quindi abbiate pietà di questa povera giovane (mica tanto) donzella.
L’ispirazione mi è venuta guardando Quantico, non so se qualcuno di voi conosce questa serie tv, altrimenti ve la consiglio.
I vostri OC saranno i nuovi studenti del primo anno dell’accademia per Auror.
Alcune precisazioni:
- La scheda deve essere mandata via MP entro 2 giorni dal mio ok
- L’età l’ho lasciata libera perché non ho letto da nessuna parte che si deve essere appena diplomati per iniziare il corso da Auror
- Potete creare massimo 2 OC ma di sesso diverso
- Siate fantasiosi, non voglio ritrovarmi con tutti ex-Grifondoro
- Potete crearvi “personaggi di contorno” del secondo e terzo anno di accademia per eventuali relazioni di amicizia/inamicizia o amorose
Nome:
Cognome:
*Soprannome:
Data di nascita ed età:
Ex-casa ad Hogwarts:
Aspetto fisico e prestavolto:
Carattere:
Famiglia e stato di sangue: basta qualche accenno
Storia:
*Segreti: non è obbligatorio ma tutti noi abbiamo solitamente qualche scheletro nell’armadio e poi… renderebbero le cose più interessanti
Motivazione: cosa ha spinto il vostro OC a voler diventare Auror?
*Bacchetta:
*Patronus:
Abilità e punti di forza:
Paure e punti di debolezza:
Orientamento Sessuale:
Disponibile per coppia? Se sì, indicare il tipo di partner ideale
Cosa ama/odia:
Amicizie/inamicizie:
*Altro: hobby, abitudini particolari… tutto quello che volete |
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Capitolo 2 *** Scelta OC ***
APT
Salve gente!
Ho selezionato gli OC. Purtroppo ho dovuto scartare diversi personaggi,
soprattutto per quanto riguarda le ragazze perchè ne erano
davvero tante. Mi scuso con gli autori degli OC non scelti ma non
temete, troverò comunque il modo di inserire il vostro
personaggio, anche con una semplice citazione o riferimento.
Detto questo vi annuncio che ho creato un paio di OC anch'io (gli
istruttori) e che mi sono permessa di aggiungere qualche personaggio
con un ruolo marginale ma con cui i vostri OC potranno avere relazioni
d'amicizia o d'amore. Per quanto riguarda le relazioni d'amore potete
tranquillamente scrivermi per recensione o messaggio privato che tipo
di relazione volete che abbia il vostro personaggio... ma ricordate la
scelta finale spetta a me (risata diabolica e mani congiunte)
Byee
H.
ISTRUTTORI
Charlotte Minchum (27 anni) Libera per brevi flirt e/o amore non
ricambiato
Richard Pollux (30 anni) Disponibile per brevi flirt
ALLIEVI AL PRIMO ANNO:
Abigail Morgan (18 anni) Disponibile per brevi flirt poi occupata
Elias Corner (18 anni) Libero per relazione
Emily Burkhardt (18 anni) Occupata per relazione
Eveline Richards (22 anni) Libera per relazione
Ezekiel Crouch (21 anni) Libero per relazione
Ezra Hattle (25 anni) Libero per relazione
Federica Foster (23 anni) Libera per relazione
Hayden Fawley (19 anni) Occupato per relazione
James Martin (19 anni) Libero per flirt poi occupato per relazione
Krystal Stevens (19 anni) Libera per relazione
Sadie Morris (18 anni) Libera per relazione
Sean Stuart (19 anni) Libero per relazione
ALLIEVI AL SECONDO ANNO:
Caradoc Dearborn (20 anni) Libero per relazione
ALLIEVI AL TERZO ANNO
Justin Blackwood (20 anni) Occupato per relazione
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Capitolo 3 *** Capitolo 1 ***
capitolo 1
Salve gente, nonostante io sia a casa con
l’influenza ho cercato di scrivere qualcosa.
Diciamo che questo capitolo serve un po’
per presentare la storia e i personaggi (che spero di rendere al
meglio). Gli
OC sono tanti e mi sarebbe piaciuto metterli in stanza insieme ma mi
sembrava
un po’ irreale dato che gli allievi dell’Accademia
all’inizio saranno tanti e
poi si ridurranno col tempo.
Tranquilli, non ho intenzione di uccidere
tanti personaggi, non mi chiamo George R.R. Martin!
Detto questo, vi lascio alla lettura di
questo primo capitolo di cui però non sono molto soddisfatta.
H.
Quel primo Settembre la pioggia
aveva cominciato a bagnare Londra prima
ancora che sorgesse il sole ed Eveline Richards malediceva il tipico
tempo
inglese che, oltre ad averle impedito di andare a correre, la stava
costringendo a camminare sotto la pioggia con quello che i babbani
chiamavano
ombrello per potersi nascondere tra la folla mentre si dirigeva a passo
svelto
verso l’entrata di servizio del Ministero della Magia.
Arrivata davanti alla porta
dei bagni che conducevano al ministero quasi venne travolta da
un’altra ragazza
che era arrivata correndo.
“Scusami, davvero, scusami
tanto!” disse lei alla velocità della luce
aggiustandosi gli occhiali al sul
naso
“Figurati, non c’è
problema” rispose Eveline
“Io comunque sono Emily,
Emily Burkhardt”
L’altra stava per
rispondere quando una voce dall’altra parte della strada
chiamò la sua
interlocutrice che si girò e si aprì in un
sorriso di pura felicità-
“Abbie! Allora ce l’hai
fatta!”
La bionda nel frattempo
aveva attraversato la stradina e travolto l’amica in un
abbraccio.
“Guarda guarda chi si vede”
Un ragazzo con un sorriso
malizioso si era avvicinato. Si tolse il cappuccio rivelando dei
capelli biondi
molto spettinati.
“James Martin… non sapevo
che adesso ammettessero anche i bambini” Abigail
cercò di usare un tono
piuttosto tagliente ma si lasciò tradire da un mezzo
sorriso. Nonostante
battibeccassero spesso e nonostante non lo volesse ammettere, Abbie in
fondo
voleva bene a quel ragazzo che aveva conosciuto quando era solo una
bambina ma
che il destino aveva allontanato varie volte.
“Abbie Abbie Abbie… sempre
più bella e sempre più gentile” E lui
ci provava, con la sua voce suadente che
aveva fatto capitolare molte delle ragazze di Hogwarts.
Il gruppo era ancora fermo
davanti all’entrata quando un ragazzo alle loro spalle le
superò con un
semplice “Permesso..” detto a bassa voce.
“Hey ma quello non è
Corner?”
Emily non rispose ma si
limitò ad osservare il suo ex compagno di classe con cui non
aveva mai avuto
molti contatti.
“Senti Emily, io entro”
disse con voce quasi incerta Eveline, che voleva assolutamente
asciugarsi prima
di entrare al ministero.
Il gruppo seguì l’esempio e
si ritrovò, nel giro di un paio di minuti,
nell’atrio del ministero dove altri
gruppetti di ragazzi si guardavano intorno con aria più o
meno sperduta.
C’era chi ammirava la
vastità dell’Atrium, chi chiacchierava con qualche
amico e chi, come una
ragazza con gli occhiali neri, si limitava ad osservare gli altri
allievi in
silenzio, cercando di carpirne la vera essenza.
Non passò più di qualche
minuto prima che una signora sulla cinquantina, dall’area
computa ed elegante,
si frappose tra i giovani e la fontana dei Magici Fratelli, si
puntò la
bacchetta alla gola.
“Benvenuti al Ministero
della Magia, io sono Cordelia Shields, capo della Sezione Auror. Vi
prego di
seguirmi fino alla Sala Riunioni che si trova al primo
livello”
La Sala Riunioni al era stata
allestita per l’occasione come una specie di teatro: comode
poltrone di velluto
rosso erano pronte ad accogliere i nuovi arrivati e in fondo, su una
specie di
palco, c’era il Ministro della Magia in persona ad attenderli.
“Benvenuti benvenuti
ragazzi! E’ un piacere per me accogliere la nuova classe
degli allievi
dell’Accademia per Auror”
Nella stanza si diffuse un
applauso composto, poi Eugenia Jenkins continuò:
“Sarò franca con voi. I tempi
stanno cambiando e la guerra si avvicina. Ci sono due opzioni:
combattere o
scappare. Sono orgogliosa di voi per aver scelto di combattere. La
scelta di
intraprendere l’arduo percorso per diventare Auror vi fa
onore e dimostra che
non siete persone qualsiasi. Non posso che esimermi
dall’augurarvi tutto il
meglio possibile, sperando di rivedere la maggioranza di voi alla
cerimonia di
Diploma”
Il capo degli Auror salì
sul palco e presentò loro gli istruttori. Il primo si
chiamava Richard Pollux
ed era un ragazzo sulla trentina, vestito con un semplice paio di jeans
e una
t-shirt che metteva in risalto i pettorali scolpiti e uno sguardo non
proprio
amichevole. La seconda si chiamava Charlotte Minchum ed era una ragazza
che
sembrava poco più grande di loro, molto bella, con due occhi
azzurri che
trasmettevano un certo senso di distacco e un aspetto un po’
austero che
derivava forse dal suo abbigliamento elegante
“E’ la figlia del
Viceministro” commentò una ragazza piuttosto
bassa, seduta in quarta fila.
“Qualcuno ha fatto i
compiti a casa” bisbigliò Eveline
“Secondo me ha avuto una
spintarella per ottenere il posto” aggiunse il ragazzo seduto
alla sua destra.
Era esageratamente bello, con due luminosi occhi azzurri e un sorriso
ammaliante.
Un altro si intromise nel
discorso
“E non è stata l’unica.
Guardate quel ragazzo là davanti” e
indicò, con un movimento del capo, uno
seduto ad un paio di file da loro “Ho sentito dire che
è entrato grazie alle
raccomandazioni di un altro Auror, un certo Grey”
Vennero scortati tramite
passaporte alla sede dell'Accademia Auror, una delle ville
più protette della
Gran Bretagna. Era un edificio in stile vittoriano, enorme e
dall’aspetto molto
austero.
“Benvenuti in Accademia”
annunciò Richard conducendo i ragazzi nell’atrio,
da dove si snodavano due ali
della grande casa.
“Da oggi vivrete qui, la
vostra classe sarà la vostra famiglia. Voi starete al primo
piano, mentre gli
altri sono ai piani superiori.”
I nuovi arrivati vennero
condotti a fare una specie di tour guidato dell’Accademia,
vennero mostrate
loro le aule dove sarebbero stati formati, le stanze dove avrebbero
duellato,
la biblioteca, la palestra e la piscina.
“Ora, prima che andiate
nelle vostre camere, ho un paio di regole per voi”
annunciò Charlotte “La
sveglia è alle 6:30. Alle 7:30 tutti nell’Aula 1.
Chi ritarda riceverà un
ammonimento. Al terzo ammonimento siete fuori dal programma.
E’ una regola
semplice ma crediamo che chi non sia in grado di prendersi un impegno
semplice
come quello di alzarsi al mattino non sia in grado di prendersi un
impegno più
gravoso come quello richiesto dalla carriera di Auror. Non
c’è un coprifuoco
perché probabilmente sarete talmente stanchi che non vedrete
l’ora di andare a
dormire e se fate tardi è a vostro rischio e pericolo.
L’uscita da questa
struttura è permessa solo nel week-end e possono accedervi
solo Auror e Auror
in addestramento quindi…niente accompagnatori” Il
suo sguardo saettò su qualche
ragazzo che ridacchiava.
“Ora rompete le righe”
scherzò Richard.
Come una mandria di bufali
impazziti i ragazzi del primo anno si precipitarono su per le scale,
per
accaparrarsi le camere ma trovarono una (non tanto) bella sorpresa: le
camere
erano già assegnate, su ogni porta c’era due nomi.
Tutte le camere sulla destra
erano riservate ai ragazzi mentre tutte le camere sulla sinistra erano
destinate ai ragazzi.
Federica
entrò nella camera
dove trovò una ragazza minuta, che secondo quello che
c’era scritto sulla porta
si chiamava Krystal Stevens, intenta a sfasciare i propri bagagli.
Sentendo il rumore della
porta che si chiudeva Krystal si girò, rivelando
all’altra un viso dai
lineamenti molto dolci dove spiccavano due luminosi occhi verdi.
“Ciao, io sono Krystal” si
presentò lei.
“Federica” rispose l’altra
in modo un po’ freddo ma stringendo la mano che era tesa
verso di lei.
Il nuovo compagno di stanza
squadrava Elias Corner con un misto di diffidenza e sospetto. Quando
era
entrato si erano a malapena rivolti la parola, non sembrava cattivo ma
solo
molto timido. Forse col tempo si sarebbe aperto un po’.
Abigail era
un po’
dispiaciuta di non trovarsi in stanza con la sua amica Emily ma la sua
compagna
di stanza non sembrava affatto male, anche se piuttosto anonima. Abbie
ne
approfittò subito per sistemare sulle mensole i suoi libri
preferiti.
Appena
salutata Abigail,
James entrò nella sua camera e trovò il compagno
di stanza sdraiato sul letto a
leggere una rivista di Quidditch. Ancora non lo conosceva ma da quel
segno
aveva già capito che sarebbero andati parecchio
d’accordo, vista la sua
passione per il Puddlemere United. L’altro alzò lo
sguardò su James e sfoderò
un sorriso divertito prima di alzarsi e presentarsi come Sean Stuart.
Qualche
porta più in là
anche Emily stava prendendo possesso della sua nuova stanza
posizionando nel
cassetto della scrivania la sua personale scorta di cioccorane, di cui
era
molto gelosa e nel frattempo lanciava qualche occhiata curiosa alla
ragazza di
origine italiane di nome Giorgia con cui condivideva la camera.
Sadie
Morris stava
sistemando con qualche colpo di bacchetta le proprie cose dentro
l’armadio,
cercando di nascondere il disappunto che provava verso la ragazza che,
dal lato
opposto della camera, la squadrava da capo a piedi. Sadie amava fare
nuove conoscenze
ma quella ragazza era davvero strana, si erano a malapena presentate
poi lei si
era seduta sul letto e aveva iniziato a fissarla da dietro il
Settimanale delle
Streghe.
La finestra
che dava su un
laghetto distante qualche centinaio di metri aveva attirato subito
l’attenzione
di Ezekiel Crouch, che già si immaginava le passeggiate che
avrebbe fatto,
avvolto nella bruna mattutina, proprio come faceva a Hogwarts.
Eveline
bussò prima di
entrare per la prima volta nella sua stanza. Proprio mentre compiva
questo
gesto si chiese perché lo faceva dato che quella stanza era
sua. Anzi, sua e di
un’altra ragazza di nome Nivea, che doveva ancora arrivare.
Quando
Hayden Fawley entrò
nella sua nuova camera si soffermò a guardare il ragazzo che
c’era già all’interno.
Se ne stava accovacciato davanti all’armadio,
nell’intento di sistemare quella
che sembrava una scatola o qualcosa del genere. Sentendosi osservato
l’altro si
alzò e si voltò; sorrideva nonostante un velo di
tristezza gli offuscasse gli
occhi.
“Ciao, io sono Ezra” si
presentò
“Hayden, molto piacere”
rispose l’altro.
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 2 ***
cap2
Buonasera gente!
E' stata una settimana estenuante sul punto di vista universitario e le
prossime saranno peggio ma sto provando a scrivere. Spero che i
risultati siano decenti e che io stia rendendo bene i vostri OC
Recensioni, consigli e critiche costruttive sono ben accetti
A presto (spero)
H
Quella mattina un timido
sole spuntava dietro le colline della campagna inglese e un senso di
eccitazione mista ad ansia impregnava Horghbury Hall dove le tre classi
di
allievi si apprestavano ad iniziare un nuovo anno di addestramento.
Abigail si
guardava allo
specchio e rimirava, non pienamente convinta, l’abbigliamento
che aveva deciso
di indossare. Non sapeva cosa avrebbero fatto quel giorno quindi aveva
optato
per qualcosa di comodo e semplice ma non troppo spartano. Si
sistemò la treccia
e, dopo un gesto di approvazione, salutò brevemente la sua
nuova compagna di
stanza e si diresse verso la camera di Emily.
Ad aprirle fu una ragazza
mora, dalla carnagione olivastra e il viso incorniciato da un paio di
occhiali
con la montatura blu.
“Ciao, Emily è qui?” chiese
Abbie cercando di sbirciare all’interno della stanza
“Arrivo!” esclamò la
diretta interessata uscendo dal bagno con le scarpe ancora in mano e i
capelli scuri
tirati su con una pinza “Giorgia, vieni con noi?”
chiese alla sua compagna di
stanza
“Vi raggiungo dopo”
Le due amiche uscirono
dalla stanza a braccetto chiacchierando quando vennero raggiunte da un
ragazzo
molto alto, con gli occhi azzurri e una leggera barbetta. Lui si
precipitò da
Emily e le diede il buongiorno con un bacio lento ma dolce, quasi
rassicurante.
“Buongiorno anche a te,
Justin” commentò Abigail sentendosi esclusa
“Scusami Abbie” sorrise
malandrino lui “Allora, com’è andata
ieri?”
“Abbastanza bene”
“Tu sai come sono i nostri
istruttori?” gli chiese Emily, la cui ansia trapelava da ogni
gesto
“Ehm sinceramente non ne so
molto, so che Pollux ha combinato qualcosa per meritarsi di essere
trasferito
qui l’anno scorso, l’altra istruttrice che
c’era prima è andata in pensione e
così quest’anno è arrivata la Minchum.
Non ne so molto su di lei ma qualcosa
deve aver combinato, insomma, la maggior parte degli Auror non vorrebbe
mai
rinunciare alla carriera sul campo”
“Oh…capisco”
“Hey belle signore,
aspettateci” esclamò James dal fondo del corridoio
I tre si fermarono e si
voltarono verso James che, affiancato da un altro ragazzo, camminava
verso di
loro. Il primo sorrideva e sembrava andare già molto
d’accordo con il suo nuovo
amico.
“Sean, loro sono Abigail,
Emily e il suo ragazzo Justin”
“Molto piacere” sorrise
Sean.
“Continuando il discorso di
prima… secondo me Jenson è un acquisto totalmente
sbagliato per il Puddlemere,
insomma guarda che errori che ha fatto la scorsa stagione con i Cannoni
di
Chudley”
“Secondo me invece, se
spostato nella zona giusto, potrebbe essere una buona scelta”
aggiunse Justin
Sean sembrò pensarci un
attimo “Sono d’accordo, pensa alla Hallis lo scorso
anno”
Justin colse la palla al
balzo per iniziare insieme a James e Sean tutto un discorso sugli
ultimi
punteggi delle squadre di Quidditch ed i loro ultimi acquisti.
Intanto le due ragazze
camminavano qualche passo davanti a loro commentando, in tono
scherzoso, il
fatto che i maschi fossero tutti uguali, fissati con lo sport.
Quando Federica aprì
gli
occhi e vide l’ora ebbe un lampo di terrore e quando, qualche
istante più
tardi, materializzò che l’altro letto nella camera
era vuoto scattò in piedi. Era
in ritardo. Come al solito.
Indossò velocemente i
vestiti che, fortunatamente, aveva preparato la sera prima e si
precipitò al
piano inferiore per fare colazione.
Era a metà del corridoio su
cui si affacciava la sala da pranzo quando vide uscire
l’ultima persona che si
sarebbe aspettata di vedere.
Passò qualche secondo prima
che il ragazzo depositasse i propri occhi azzurri su Federica.
Sembrò per un
attimo spiazzato e poi si lasciò andare ad un sorriso che
aveva un non so che
di sadico.
“Il mondo è proprio
piccolo…” la buttò lì
avvicinandosi.
Federica assottigliò lo
sguardo nel tentativo di incenerirlo. Sbuffò, notando che i
suoi sforzi erano
vani e dopo aver incrociato le braccia al petto gli si rivolse in tono
piuttosto acido “Sei qui per torturarmi, Dearborn?”
Caradoc fece qualche passo
in avanti. Era vicino, troppo vicino. La ragazza voleva indietreggiare,
spostarsi da lì, ma era stata intrappolata da quello sguardo
ceruleo e ormai il
viso di lui era a circa una decina di centimetri.
Il ragazzo si abbassò e si
spostò lateralmente per sussurrarle all’orecchio,
con voce suadente “Dipende da
cosa intendi per tortura”
Krystal intanto aveva
osservato la scena dalla porta della sala dove erano rimasti in pochi a
fare
colazione. Allora anche lei conosceva qualcuno all’interno
dell’Accademia…
chissà se aveva avuto un “aiutino” ad
entrare… i due sembravano piuttosto in
confidenza.
Avendo visto che la ragazza
era rimasta sola Krys si avvicinò. “Mi dispiace di
non averti svegliata ma sono
uscita presto e… non sapevo se facevi colazione”
La verità è che Krystal era
stata molto più tranquilla praticamente da sola,
già il fatto di essersi
vestita senza che nessuno la guardasse o di essersi goduta il bagno
senza
nessuno fuori ad aspettare, l’aveva fatta sentire
più rilassata.
Federica scrollò le spalle,
con noncuranza “Tranquilla, non fa niente” disse,
ma il suo disappunto era
evidente.
Si sbrigò a oltrepassare
Krystal nella speranza di fare in tempo a mandare giù
qualcosa.
Sadie era
stata la prima ad
arrivare in aula, pronta come non mai. La stanza era vuota eccetto per
una
cattedra, su muri di mattoni c’erano delle librerie,
intervallate da fiaccole
che pur facendo poca luce, davano un senso di calore alla stanza. Non
era
accogliente come la Sala Comune dei Grifondoro ma non sembrava affatto
tetra
come invece le era sempre parsa l’aula di Pozioni.
Passò qualche minuto
girovagando per la stanza, misurandone la lunghezza con i passi. Una
cartellina
appoggiata sulla scrivania catturò la sua intenzione e
accese la sua curiosità.
Che ci fosse dentro qualcosa per loro?
“Devo farti da palo?”
La voce alle sue spalle
fece trasalire Sadie nonostante il tono fosse stato sarcastico. Ferma
sulla
porta mezza aperta c’era una ragazza minuta dai capelli
biondi e le labbra
arricciate in un sorriso.
Vedendo che Sadie cercava
di giustificarsi, la ragazza si lasciò sfuggire una risata
cristallina.
“Guarda che non farò la
spia con nessuno se lo aprirai”
“Noo, io non… comunque io
sono Sadie Morris”
“Eveline Richards”
Alle 7:30 in punto i due
istruttori entrarono nell’aula 1. Entrambi indossavano un
paio di pantaloni
grigio scuro e una maglietta bianca sotto cui si intravedevano fisici
praticamente perfetti. Le loro braccia erano cariche di vestiti.
“Buongiorno” salutò Richard
“Queste sono le vostre nuove divise, la taglia si adatta con
la magia. Da
domani dovrete indossarle. Potete prenderle alla fine della
lezione.” E
appoggiò i panni sulla scrivania. “In questi
giorni vi eserciterete con
Charlotte. Buon lavoro”
Tra gli allievi si diffuse
qualche borbottio di ringraziamento, poco convinto a causa del modo di
fare
sbrigativo e noncurante dell’istruttore.
“Siete quasi cinquanta tra
i migliori studenti che Hogwarts abbia sfornato negli ultimi anni.
Tutti con
ottimi MAGO. Tutti uguali” e cercò di enfatizzare
l’ultima parola con un tono
di disprezzo che causò non poche lamentele.
Charlotte sembrò
compiaciuta dalla reazione che le sue parole avevano suscitato
“Bene.
Dimostratemi il contrario”
Le labbra dipinte di rosso
si piegarono in un sorriso che sapeva di sfida.
“Fuori le bacchette. Oggi
si duella”
Gli occhi di molti allievi
nella stanza si illuminarono, parecchi di loro non vedevano
l’ora di mettersi
alla prova, altri volevano semplicemente mettersi in mostra ma
c’era anche chi,
più che eccitato era agitato.
“La bacchetta è uno
strumento molto importante per un mago e come tale può
essere il suo più grande
vantaggio o la sua più grande debolezza. Ora, passate la
vostra bacchetta al
compagno alla vostra destra”
“Cosa?”
Charlotte cercò con lo
sguardo la fonte di quella domanda e individuò, in seconda
fila un ragazzo moro
con due abbaglianti occhi azzurri “Ha capito bene,
signor…?”
L’istruttrice poté
osservare il pomo d’Adamo del ragazzo andare su e
giù nel tentativo di
deglutire prima di rispondere “Hattle, Ezra Hattle”
“Bene Ezra. Stavo dicendo…
passate la bacchetta al compagno alla vostra destra e poi duellerete
con lui.
Duellerete contro la vostra stessa bacchetta, usando la bacchetta di un
perfetto sconosciuto. Non vi sentite più tanto sicuri di voi
stessi vero?” Il
suo sguardo passò in rassegna tutti i giovani visi davanti a
lei, lasciò
passare qualche secondo, cercando di capire le emozioni dei presenti.
Solo
pochi di loro non avevano cambiato espressione durante tutto il tempo,
dimostrando una certa faccia da poker.
“Una coppia alla volta,
venite avanti e io vi esaminerò. Chi vuole
iniziare?”
Sadie Morris fece qualche
passo in avanti, seguita subito da un'altra ragazza parecchio
più alta di lei.
Le due si posizionarono a qualche metro di distanza, si guardarono
negli occhi,
fecero un piccolo inchino e si prepararono ad attaccare.
“L’obbiettivo è disarmarvi.
Quando volete potete iniziare.”
La seconda ragazza non
esitò un momento prima di lanciare uno Stupeficium contro
Sadie, che lo evitò
senza difficoltà e controbatté talmente
velocemente con un Incarceramus che la
sua avversaria non riuscì ad evocare il sortilegio scudo e
finì con le gambe
avviluppate in una serie di corde.
Sadie ne approfittò per
disarmare la ragazza con un sorriso compiaciuto.
Coppie di allievi
continuarono a sfidarsi, a tratti venivano corretti da Charlotte che
suggeriva
loro il modo più adatto per evocare uno scudo potente, come
spostarsi per non
lasciare scoperte alcune parti del corpo o come confondere il proprio
avversario riguardo le proprie intenzioni.
Ezekiel Crouch si trovò
davvero in difficoltà contro il suo avversario, un ragazzo
alto ed e atletico
che Emily riconobbe come Peter Skylight, ex compagno di casa del suo
fidanzato con
cui era sempre andata d’accordo. Peter aveva capito subito
come sfruttare la
bacchetta del primo. E il tutto senza dire una parola. Alla fine
dell’estenuante duello, Charlotte commentò
“Avete visto come le bacchette di
Ontano, come quella di Ezekiel, siano particolarmente adatte per gli
incantesimi non verbali”
Dietro, appoggiato al muro,
Hayden commentava la lezione con il suo compagno di stanza.
“Sembra piuttosto
competente”
Ezra non staccava gli occhi
dalla coppia che stava duellando adesso
“Già… forse non è
raccomandata come
dicono” disse, senza pensare che proprio il suo interlocutore
era uno di quelli
che le voci di corridoio definivano raccomandati.
Qualsiasi incantesimo Elias
Corner cercasse di lanciare contro la sua avversaria perdeva di potenza
e
l’andava a malapena a sfiorare.
Charlotte girava intorno
alla coppia, con un sorriso e uno strano luccichio negli occhi.
“La sua
bacchetta è di frassino, vero Nivea?”
La mora annuì piano
“Frassino e crine di unicorno”
“Le bacchette di frassino
sono le più fedeli” disse, rivolta alla classe
“Solo un mago molto potente può
rivoltare una bacchetta di frassino contro il suo proprietario. La cosa
diventa
ancora più complicata se il nucleo è costituito
da crini di unicorno”
“Chi è, la nipote di
Olivander?” ridacchiò James, guadagnandosi una
gomitata ben assestata da parte
di Abigail.
“Smettila di fare l’idiota”
gli intimò.
Sean era perplesso. “Ho la
netta impressione che l’abbiamo sottovalutata”
disse, strusciandosi il mento
con una mano.
La sua ex- compagna di
classe Krystal sembrava d’accordo. “Io ho sentito
che prima lavorava sul campo…
potrebbe anche ammazzarci tutti” aggiunse, l’ansia
mascherata dietro una risatina
nervosa.
Il resto
della mattinata
trascorse in maniera piuttosto tranquilla. A mezzogiorno in punto
l’istruttrice
lasciò i ragazzi liberi di andare a pranzo e godersi la
pausa di un paio d’ore,
prima di continuare con i duelli.
Emily corse subito a
raccontare a Justin, che era seduto al suo tavolo, la sua prima
giornata di
lezioni.
Lui non poteva fare a meno
di essere felice a sua volta. Bastava il sorriso di lei a rendere le
sue
giornate migliori. Era così luminosa, secondo Justin, come
il sole che
lentamente emerge dietro le nubi. Più la guardava e
più quelle labbra lo
attiravano. Non poteva esimersi dal baciarla, così, in
piedi, davanti a tutti.
Le effusioni non erano
sfuggite a Eveline. Mandò giù il boccone di pollo
che aveva in bocca e si
rivolse a Sadie “Uhh, c’è qualcuno che
ci dà dentro…”
“Beh, se vuoi ci diamo
dentro anche io e te” si intromise James.
“Il tuo sguardo da
conquista… non mi conquista affatto”
replicò lei con tono acido, facendo
riferimento all’espressione del viso di lui.
Il sole era già
tramontata
quando i duelli terminarono e gli allievi furono liberi di tornare
nelle
proprie stanze e svagarsi un po’ prima di andare a cena. La
giornata era stata
lunga e molti non vedevano l’ora di rilassarsi sotto il getto
d’acqua calda
della doccia per poi stendersi sul letto e prepararsi mentalmente ai
giorni che
sarebbero venuti.
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Capitolo 5 *** Capitolo 3 ***
capitolo 3
Salve!
Per
prima cosa vorrei scusarmi per il ritardo, poi vorrei ringraziare tutte
le persone che hanno recensito gli scorsi capitoli e/o che hanno
inserito la
storia tra le seguite o le preferite!
Buona festa della donna per domani a tutte le lettrici
H.
Ps: non ho riletto il capitolo quindi potrebbe esserci qualche errore ;)
La pioggia che aveva
bagnato il Derbyshire durante le prime due settimane di Settembre era
finalmente cessata, le temperature erano salite e lo sbalzo termico
aveva
provocato una fitta coltre di nebbia aveva avvolto tutto il paesaggio.
Sembrava di essere immersi
in una specie di sogno. Questo pensava Ezekiel mentre camminava,
costeggiando
il boschetto a Ovest della grande villa che ospitava
l’Accademia. Aveva sempre
adorato la quiete che c’era anche ad Hogwarts la mattina
presto perché gli
permetteva di pensare. Pensare però includeva pensare alla
persona di cui
sentiva più la mancanza. Nonostante potessero vedersi tutti
i week-end era
inevitabile per lui sentire la sua
mancanza. Si sedette su un tronco d’albero spaccato e si
passò una mano tra i
capelli, sbuffando e ripetendosi mentalmente che stava facendo la cosa
giusta.
Krystal si
era svegliata
stranamente presto quella mattina. Aveva approfittato del fatto che la
sua
compagna di stanza dormisse per farsi una doccia e vestirsi e si era
diretta
verso la sala da pranzo dove tre tavoli di legno chiaro ancora vuoti
non
aspettavano altro che gli allievi andassero a fare colazione. Decise di
uscire
a prendere una boccata d’aria.
Il portico era deserto,
così come il giardino che circondava la villa eccetto per
una figura seduta ad
un centinaio di metri di distanza da lei. Si avvicinò piano,
sembrava
pensieroso ma il rumore dei suoi passi attirò
l’attenzione del ragazzo.
“Ciao” la salutò semplicemente
lui.
“Ciao” rispose Krystal. Si
sentiva in imbarazzo. Poche erano state le volte, anche ad Hogwarts, in
cui si era
trovata da sola a chiacchierare con un quasi estraneo. Non si aspettava
che lui
parlasse, dopotutto era stata lei ad invadere la sua privacy ma non
poteva
neanche rimanere zitta, il silenzio sarebbe stato ancora più
imbarazzante.
“Ti godi un po’ di pace?”
“Già” rispose lui. Fece una
pausa, indeciso se continuare o meno a parlare.
Krystal si sorprese ad
intervenire. “E’ strano trovare qualche altro fuori
di testa che si sveglia
prima dell’alba”
“Non è poi così strano.
Qualche mattina fa ho visto correre Eveline Richards, e anche la nostra
istruttrice” disse lui con noncuranza.
“Ah…”
Il ragazzo voltò la testa
rivolgendole gli occhi verde scuro “Comunque io sono
Zeek” aggiunse.
“Krystal”
Puntuale
come un orologio
svizzero, Richard Pollux entrò nell’Aula 1 ed
osservò gli allievi impazienti di
scoprire cosa avrebbe riservato loro la lezione del giorno.
“Buongiorno” li salutò col
solito modo autoritario “Oggi vi eserciterete
all’aperto. Continueremo con gli
incantesimi. Seguitemi”
Tutti gli allievi furono
invitati a seguire l’istruttore attraverso i corridoi della
grande villa. Il
rumore dei passi della cinquantina era attutito dalla moquette. Niente
e
nessuno li attendeva sul prato a nord di Horgbury Hall.
Richard tracciò con la
bacchetta una linea rossa sull’erba. “Posizionatevi
dietro la linea, prego”
Gli allievi eseguirono
l’ordine tra qualche borbottio poi Richard
continuò “Oggi vi eserciterete nel
colpire bersagli mobili, dovrete colpire degli uccellini”
Emily ed Abigail, così come
molte altre ragazze e qualche ragazzo, inorridirono all’idea
di dover colpire
degli esserini innocenti e la reazione non passò inosservata
a Richard.
“Tranquilli, non sono
animali veri” ridacchiò “Si tratta solo
di un incantesimo”
Agitò la bacchetta in aria
e con un gesto apparvero una decina di uccellini di un rosso
scintillante, che
risaltavano nonostante la nebbia.
“Uno alla volta verrete qui
e colpirete tutti gli obiettivi, e io prenderò i vostri
tempi. Quando avrete
fatto il primo turno, ricomincerete ma gli uccellini saranno neri e
più veloci.
Al terzo turno marroni, al quarto grigi come il fumo di Londra e sempre
più
veloci.”
Il primo a mettersi alla
prova fu Sean, certo era abituato a individuare la pluffa anche
attraverso il
cielo nebbioso o piovoso ma se la cavò egregiamente anche
con i colibrì.
Qualche ragazzo, con una
mira e una prontezza di riflessi inferiore, ebbe più
difficoltà a colpire tutti
gli uccellini che svolazzavano nel cielo plumbeo.
Elias osservava il
movimento dei pennuti già da un po’ quando
arrivò il suo turno. Realizzò il
miglior tempo, sotto l’applauso e le occhiate stupefatte dei
sui compagni. Il
ragazzo che se ne stava sempre zitto e non si faceva notare non andava
affatto
sottovalutato.
Appena tornò al suo posto,
Ezra gli si avvicinò con fare amichevole. “Ma come
hai fatto?”.
L’altro si guardò attorno,
con sospetto “Si muovono sempre nello stesso modo, quasi come
una spirale”
disse cercando di farsi sentire da meno gente possibile.
Il secondo
turno creò
maggiore difficoltà negli allievi. I colibrì
erano sempre più veloci, meno
visibili e seguivano schemi di volo meno ripetitivi.
Elias riuscì ad ottenere di
nuovo uno dei migliori tempi così come Eveline, che
migliorò notevolmente i
suoi tempi.
Sadie ebbe maggiore
difficoltà a individuare gli obiettivi di colpire e Richard
lo notò quasi
subito. Si posizionò davanti a lei e la fermò con
un gesto della mano,
nonostante questo la ragazza continuava a scrutare il cielo e
l’area
circostante.
“Morris!” la richiamò
all’attenzione “Non bisogna guardare a dove
è stato il colibrì ma a dove sta
per andare”.
Con una mano le prese il
meno e la forzò a guardare un punto esatto. Passò
qualche frazione di secondo
prima che Sadie individuasse un movimento appena accennato tra gli
alberi alla
sua destra e subito ne uscì fuori un uccellino nero come la
pece.
“Dovete cercare di stare
sempre con i piedi per terra ma proiettati verso il futuro, verso le
mosse che
il vostro avversario sta per compiere. Dovete cercare di pensare un
paio di
secondi in avanti. Se sapete cosa aspettarvi, sarete più
preparati quando
accadrà” aggiunse, rivolto a tutta la classe.
Il terzo e
il quarto turno
portarono via tutto il resto della giornata alla classe in quanto la
maggior
parte degli allievi impiegò non poco tempo a individuare
tutti gli uccellini
che se ne andavano in giro. Nel complesso, Richard rimase molto
soddisfatto di
come era andata la sua lezione. Era rimasto piacevolmente colpito dallo
spirito
di osservazione di Elias Corner, dalla tenacia di Abigail Morgan, dalla
prontezza di riflessi di Eveline Richards ma anche dalle
caratteristiche
negative di qualche altro componente della classe.
Mancava ormai poco
all’ora
di cena, e le tre classi di allievi se ne stavano nel grande salone
della villa
a rilassarsi. Justin Blackwood se ne stava in piedi, gesticolava e
intratteneva
un gruppo di amici raccontando chissà quale mirabolante
avventura e facendo vergognare
a morte la sua ragazza.
Hayden se ne stava seduto
su una poltrona in disparte, a gambe incrociate. Sulle gambe teneva un
libro,
su cui era appoggiato un foglio di pergamena dove stava scrivendo
già da
qualche minuto.
Dato che era abituato a
guardarsi intorno per studiare le persone che lo circondavano
notò quasi subito
il momento in cui il suo coetaneo, ma non per questo amato, James
Martin si
avvicinò guardingo e curioso.
Non fece in tempo a
nascondere la pergamena, James l’avrebbe visto e avrebbe
dedotto che nascondeva
qualcosa. Dannazione, era un Grifondoro ma non era affatto stupido
anche se a
volte faceva di tutto per sembrarlo, comportandosi da bambino e non
sfruttando
quel cervello che si ritrovava.
“A chi scrivi, Fawley?”
“Mah… solo a mio cugino”
Hayden scrollò le spalle, mentendo spudoratamente. La sua
espressione non era
mutata affatto mentre diceva quella piccola bugia.
“Oh beh, pensavo scrivessi
ai tuoi genitori… immagino non siano troppo contenti di
saperti qui”
“Immagini bene”
“Non dovresti anche
scrivere a chi ti ha permesso di essere qui
per…ringraziarlo?”
Anche in questo caso il
viso di Hayden non mutò minimamente anche se in
realtà avrebbe voluto
strozzarlo. Come si permetteva? Sapeva bene i pettegolezzi che giravano
ma
sbatterglieli in faccia così…
“Hayden, per caso hai visto
in giro per la camera la scatola del cibo di Memoire?” chiese
Ezra Hattle
riferendosi allo scoiattolino giapponese che se ne stava appollaiato
sulla sua
spalla destra.
Hayden in quel momento gli
avrebbe volentieri eretto una statua per averlo tirato fuori da quella
scomoda
conversazione.
“No, ma ti aiuto volentieri
a cercarlo” si propose Fawley alzandosi dalla poltrona, con
il libro e la
pergamena stretti tra le mani. I due si avviarono verso le scale che
conducevano al primo piano, quando furono lontani da occhi e orecchie
indiscrete Ezra si voltò verso di lui e disse un
“Prego” che lasciò Hayden
senza parole.
Federica
stava camminando
nel corridoio che usciva dalla palestra, al pianterreno. Appoggiata al
muro
color tortora c’era la figura di un ragazzo. Era sicura al
99% che fosse
Caradoc Deaborn, anche se lei era senza occhiali e lui era abbastanza
distante.
Aveva sempre cercato di evitarlo, per quanto potesse. Sotto questo
punto di
vista, il fatto che appartenessero a due classi diverse e avessero
quindi orari
completamenti diversi, l’aveva aiutata parecchio ma sapeva
che non poteva
scappare per sempre e ora si trovava ancora una volta in trappola.
Caradoc era
astuto, sapeva che ora lei non avrebbe potuto ignorarlo tanto
facilmente. Si
dipinse un sorriso sfacciato e si diresse verso la ragazza.
“Ti stavo aspettando”
Federica scoppiò in una
risata sprezzante. “Non lo metto in dubbio”
“Allora… ti è piaciuta la
lezione di oggi?”
Federica avrebbe volentieri
preso a sberle lui e quella sua faccia da schiaffi.
“Come se non sapessi che
detesto i pennuti”
“È per questo che chiedevo”
sorrise lui. La sua espressione aveva ammaliato parecchie ragazze ad
Hogwarts,
così come i suoi modi un po’ provocatori e quegli
occhi azzurri e limpidi come
un cielo totalmente privo di nubi.
La bocca di Federica si
storse in una smorfia carica di astio e i suoi occhi si
assottigliarono.
“Proprio non riesci a
lasciarmi in pace?” sbottò superandolo con passo
svelto ma Caradoc era più
veloce e la raggiunse in un attimo, afferrandole il polso.
Federica si bloccò
all’istante. “Lasciami” gli
intimò, la voce piena di collera.
Il ragazzo alle sue spalle
eseguì l’ordine senza fiatare ma usò
subito la stessa mano per spostarle una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
La ragazza non mosse un
solo muscolo, sembrava totalmente paralizzata, come se fosse sotto
incantesimo.
La verità era un’altra: lo stomaco le si era
contratto appena lui l’aveva presa
per il polso e ogni centimetro di pelle che le mani nodose di Caradoc
avevano
toccato bruciava irradiando brividi lungo tutto il corpo.
“L’altra
volta non mi è sembrato che volessi
essere lasciata in pace” sentì dire dalla voce
scherzosa di Dearborn.
Federica si girò per
tirargli un sonoro ceffone ma si ritrovò con una mano
sospesa in aria. Caradoc
Dearborn era sparito. Non era certa di come avesse fatto, forse
c’era qualche
corridoio o porta nascosta. Di una cosa era certa: lui si divertiva a
torturarla.
Al
piano superiore Eveline
non vedeva l’ora di buttarsi sotto la doccia. Solitamente
andava a correre la
mattina presto ma quel giorno aveva deciso di andarci dopo le lezioni.
La
mattina era sempre tremendamente umido e non lo sopportava. Passando
davanti
alla porta della camera di Sadie Morris rimase colpita dalla porta
socchiusa e
dalla musica a tutto volume che proveniva dall’interno della
stanza.
Aprì appena un po’ la porta
per osservare la sua compagna di classe che ballava scatenata sulle
note
dell’ultimo successo degli Ippogrifi Stonati, una delle band
del momento. I
suoi piedi si muovevano veloci sulla moquette color crema della camera
e teneva
una mano davanti la bocca come se fosse un microfono.
Eveline non potè fare a
meno di sorridere, anche quando Sadie, girandosi verso lo specchio
appoggiato
sopra la scrivania, la vide.
“Che stai facendo?” chiese
la prima
“Mi pare evidente, ballo”
replicò l’altra con una scrollata di spalle.
“Hai visto come mi ha messo in
imbarazzo oggi Pollux? E solo perché non riuscivo a colpire
uno stupido
animale!” La sua voce era un misto di rabbia e di qualcosa di
vagamente
riconducibile ad un lamento. Lei era quella sempre preparata e sicura
di sé e ci
teneva così tanto all’addestramento. Si promise
che quella sarebbe stata
l’ultima volta in cui si sarebbe lasciata cogliere in fallo.
“Avevo bisogno di
sfogarmi”
Il sorriso di Eveline era
enigmatico come al solito, come se avesse capito più di
quello che era staoto
detto a parole “Capisco”
“Dai, vieni a ballare” la
invitò l’altra trainandola all’interno
della camera. Eveline si chiuse la porta
alle spalle e non esitò ad andare ad alzare il volume del
giradischi appoggiato
sopra la scrivania e iniziare a ballare.
“Che
cosa ci fai qui?”
sibilò Charlotte Minchum all’uomo in piedi
all’interno del suo studio.
L’uomo alto circa un metro
e ottanta, si passò una mano sulla barba scura e si
voltò verso la giovane
donna. “Non posso venire a vedere cosa fa mia
figlia?”
Charlotte sbuffò e scosse
leggermente la testa poi si diresse verso la scrivania di mogano scuro
e si
sedette sulla poltrona di pelle nera dietro di essa.
“Sul serio, cosa ci fai
qui? Lo so che non fai niente per niente”
“Mi conosci bene allora”
ridacchiò l’uomo rigirandosi tra le mani un
soprammobile preso dalla mensola
del camino.
“Ti conosco da 27 anni
ormai. Ebbene…cosa vuoi?” domandò lei
in tono scocciato.
Harold Minchum mise il
soprammobile al suo posto e si diresse verso la figlia. Il suo volto
era cupo e
serio come Charlotte aveva visto poche volte in vita sua.
“Sono qui per offrirti una
via d’uscita”.
Il viso di Charlotte mutò
in un’espressione di pura offesa e cercò di
soffocare la rabbia che le saliva,
come acido, su per l’esofago “Una via
d’uscita? Per chi mi hai presa, una senza
spina dorsale?”
“IO TI HO CRESCIUTA PER
ESSERE UNA PERSONA STRAORDINARIA!” tuonò lui
battendo una mano sulla scrivania.
Si ricompose un attimo e continuò “Eri destinata a
diventare capo del
dipartimento dopo Moody! Immaginati la mia delusione quando ho scoperto
che
avevi lasciato il lavoro sul campo per venire a fare cosa, la
maestrina?”
“Pensi che non mi piacesse
stare sul campo? Io amo fare l’Auror, ho lavorato una vita
per diventarlo!”
urlò Charlotte alzandosi in piedi.
“E allora perché sei qui?”
incalzò Harold.
“Lo sai perché sono qui!
Per Jeremy!” sbraitò lei di rimando. Sentiva che
gli occhi iniziavano a
pungerle e il naso a pizzicarle. Non poteva piangere, non di fronte a
lui. Non
voleva mostrarsi debole.
“Io credo che tu l’abbia
fatto per te! Comodo… ti sei trovata un porto sicuro in
mezzo alla guerra”
“Vattene! Vattene prima che
ti schianti…” lo minacciò lei,
puntandogli contro la bacchetta.
Richard Pollux intanto
aveva bussato alla porta e non ricevendo risposta era entrato nello
studio,
sentendo le ultime battute dello scontro.
“Harold, credo che sia
meglio che tu te ne vada” disse con voce distaccata ma
autoritaria. Non
ammetteva replice.
Harold Minchum riprese il
suo mantello blu notte da una delle poltrone dello studio e si
infilò nel
camino per usare la metropolvere.
Charlotte, che ancora
tremava dalla rabbia, vide suo padre sparire avvolto da fiamme
verdognole e in
un gesto di stizza scaraventò a terra i fogli e la lampada
che, come al solito,
occupavano la scrivania. La lampada si infranse in una moltitudine di
pezzi
appena toccò terra.
“Stai bene?” chiese Richard
avvicinandosi
Charlotte non alzò lo
sguardo e si limitò ad annuire. Nel frattempo Richard
metteva tutto a posto con
un incantesimo.
Passò qualche minuto prima
che la donna alzasse la testa e lo guardasse. Tra i due non
c’era più di mezzo
metro di distanza. Richard istintivamente la abbracciò e
Charlotte crollò tra
le lacrime. Erano poche le persone che potevano dire di aver visto
Charlotte
Minchum piangere, poche persone di cui si fidava ciecamente e con cui
poteva
mostrarsi fragile.
“Io sono qui” disse Richard
appoggiando il proprio mento sopra la testa bionda di lei.
“Grazie”
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 4 ***
capitolo4
Buonasera
people! Mi sto sforzando di pubblicare durante il week-end ma
sono stati una decina di giorni allucinanti quindi sono di nuovo in
ritardo e
mi sono ritrovata oggi con solo 3 righe scritte. La scelta era studiare
o scrivere,
e i libri sono ancora lì. Ho scritto tutto il capitolo oggi
di getto, spero di
non avervi deluso.
A
presto.
H.
Ottobre si stava rivelando
un mese estremamente ventoso ma allo stesso tempo piuttosto temperato,
cosa
alquanto inusuale in quella zona del Regno Unito. Via via che passavano
i
giorni, gli alberi del bosco intorno all’Accademia Auror
andavano perdendo le loro
foglie e il prato si andava tingendo di centinaia di sfumature di
rosso,
arancione e giallo.
Quella notte Krystal non
era riuscita a dormire dopo un angosciante incubo su un clown che
l’aveva
terrorizzata alla festa di compleanno per i suoi 7 anni. Si era
svegliata con
la fronte imperlata di un sudore freddo che le scorreva anche lungo la
schiena.
Con stizza aveva calciato via le coperte e si era alzata.
Fortunatamente
Federica dormiva ancora profondamente e non l’aveva prendere
il suo libro di
poesie di Emily Dickinson e uscire. Era già seduta sul prato
quando aveva visto
il cielo rischiararsi e poco dopo le sue orecchie erano state raggiunte
da un
rumore di passi alle sue spalle. Si voltò e sorrise
istintivamente vedendo
arrivare Zeek. Con un po’ di imbarazzo si infilò
una ciocca di capelli dietro
l’orecchio sinistro.
“Buongiorno” lo salutò.
“Non dormi?”
La ragazza mosse
leggermente il capo, in un gesto di diniego. Zeek si sedette
istintivamente lì
accanto e osservò il libro che Krystal teneva appoggiato
sulle gambe.
“Emily Dickinson?”
chiese lui, piuttosto curioso.
“Già. Molti dicono che
fosse una strega”
“Ah si, l’ho sentito dire
sia riguardo lei che riguardo Sylvia Plath ma sai com’era a
quel tempo. Tutte
le persone che i babbani bigotti consideravano un po’ strane
venivano additate
come streghe”
Alla ragazza scappò una
specie di risolino. “Giusto”
Era ormai la quarta o
quinta volta che i due si trovavano a parlare da soli, e dopo un inizio
pieno
di silenzio imbarazzante entrambi sembravano essersi sbottonati un
po’ e ora
parlavano piuttosto tranquillamente.
“Allora, che programmi hai
per il week-end?” chiese Zeek.
Eveline
stava già correndo
intorno alla radura che racchiudeva la villa ormai da
mezz’ora. Quel giorno era
riuscita a coinvolgere nella sua attività anche Sadie, che
aveva bisogno di
sfogare tutte le sue energie dopo che avevano passato una settimana a
studiare
alcune delle creature magiche più pericolose. Stavano
costeggiando la riva nord
del laghetto quando dal lato opposto avvistarono Krystal e Ezekiel
seduti sul
prato.
“Sembrano piuttosto amici”
commentò Sadie osservando i due.
“Magari potrebbero
diventare qualcosa di più” ridacchiò
l’amica
Sadie ridacchiò, sembrò
pensarci per qualche secondo prima di parlare “Mah, non
saprei… lei mi sembra
una ragazza molto timida. Ho provato a parlarci qualche volta ma non
sembra
voler dare molto confidenza a nessuno.”
Il viso di Eveline si stirò
in uno dei soliti sorrisi enigmatici. “Chissà che
il suo non esporsi troppo non
siauna tecnica…”
L’altra rimase leggermente
perplessa. Eveline capì di non essere stata compresa e
allora si spiegò meglio.
“E’ come una gara, no? Siamo 50, hai visto quanti
ce ne sono di studenti al
terzo anno?”
Sadie annuì velocemente
capendo subito dove voleva arrivare la bionda. “Di solito si
diplomano circa
una decina di Auror ogni anno…”
“Esatto… essere
sottovalutati non è sempre un difetto”
Abigail
stava bussando alla
camera di Emily già per la terza, piuttosto spazientita. “Sbrigati Em,
sono le sette e un quindici e
dobbiamo ancora fare colazione!”
Non arrivò nessuna risposta
dall’interno della camera.
“Sette e sedici!” continuò
Abbie
“Smettila di urlare, mi
metto le scarpe e arrivo” rispose, finalmente,
l’amica.
La bionda sbuffò, incrociò
le braccia al petto e si appoggiò con la spalla destra sulla
porta e lo sguardo
diretto verso le scale da cui, qualche istante dopo sbucò un
James Martin
ancora in pigiama.
Il ragazzo camminava, mani
in tasca e l’atteggiamento di chi non potrebbe essere turbato
da nessuna cosa
al mondo. Leggermente irritata dal comportamento di James, Abbie
indirizzò un
“Sette e diciassette!” verso la porta.
James l’aveva raggiunta e
le si rivolse con un sorriso un po’ spavaldo.
“Aspetti Em?”
Abbie rispose con il tono
più acido possibile “Esatto”. Lo
squadrò da capo a piedi prima di continuare a
parlare “Sei andato a fare colazione… in
pigiama?” chiese, con il sopracciglio
alzato in un gesto di scetticismo.
“Io e Sean ci siamo
svegliati tardi e lui ha occupato il bagno. Sono sceso a fare colazione
in
pigiama, altrimenti adesso sarebbe stato troppo tardi”. Le
diede un buffetto
sulla guancia e Abbie non potè fare a meno di lasciarsi
andare ad un sorriso.
James, a sua volta, sfoderò
il più smagliante e sexy dei suoi sorrisi. Ci aveva
ammaliato almeno metà delle
Grifondoro del loro anno con quel sorriso e l’altra
metà, a sua detta, non
capiva niente.
Batté leggermente le nocche
sulla porta della camera dell’amica. “Sette e
venti!”
Emily spalancò la porta, si
stava ancora facendo la coda. “Eccomi”
“Era ora” puntualizzò Abbie
senza perdere il sorriso. Nonostante qualche volta lei e
l’amica si irritassero
a vicenda non si erano mai arrabbiate veramente l’una con
l’altra.
“Justin ti saluta, lui e la
sua classe se ne sono già andati. Oggi si uniscono agli
Auror.”
“Oh, perfetto. Adesso devo
anche stare tutto il giorno preoccupata per lui. Andiamo dai
” concluse
rivolgendosi all’amica.
La mora iniziò ad
incamminarsi, subito seguita da Abigail. “Ce
l’abbiamo ancora il tempo per un
succo di zucca, vero?” chiese improvvisamente in tono
allegro. Lei era così,
non lasciava che l’ansia avesse il sopravvento e le togliesse
il buonumore.
Quando i
primi studenti
entrarono nell’Aula 1, si trovarono davanti a un aula buia,
illuminata solo da
quattro lanterne posizionate ai quattro angoli, vuota eccetto che per
entrambi
gli istruttori e un oggetto posizionato tra di loro. Era raro vedere
sia
Richard che Charlotte fare lezione. Di solito si alternavano in modo
piuttosto
equilibrato per questo se oggi erano in due poteva significare solo due
cose:
un esame, per cominciare a sfoltire la classe o qualcosa di pericoloso
al punto
di richiedere la presenza di due Auror. Tra i due era posizionato un
grande
baule di legno nero finemente intagliato con una serie di ghirigori.
“Bene, ora che siamo più o
meno tutti, possiamo cominciare” annunciò Richard
scrutando gli allievi. Era il
suo quarto anno da istrutto ormai e aveva imparato a contare le persone
presenti con qualche semplice occhiata. “Questa settimana
avete studiato le
creature magiche più oscure. Oggi ne abbiamo una qui con
noi.”
Gli sguardi di tutti si
puntarono sul baule, che si mosse leggermente. Krystal
iniziò a mordersi
involontariamente il labbro inferiore, in una muta espressione
d’ansia. La sua
compagna di stanza, Federica, sembrava piuttosto tranquilla, anzi,
ansiosa di
mettersi alla prova. Il fatto di sapere che si trovavano davanti una
creatura
pericolosa avrebbe destabilizzato un po’ chiunque ma la parte
più razionale del
suo cervello le diceva che non poteva essere qualcosa di eccessivamente
pericolo; dopotutto il ministero non avrebbe permesso che qualche
giovane
aspirante Auror morisse così, no?
Hayden, Elias e Ezra erano
i tre che meno di tutti avevano cambiato espressione durante
l’annuncio da
parte dell’istruttore. In parte si aspettavano qualcosa del
genere, avevano
ascoltato i racconti degli allievi più grandi e li avevano
visti esercitarsi
contro parecchie creature magiche quindi era sottointeso che il
programma
comprendesse il dover imparare a fronteggiare non solo maghi oscuri, ma
anche
altri esseri…oscuri.
“Qui dentro c’è un raro
esemplare di Lethifold o Velo vivente. Esso è solitamente
diffuso ai tropici ma
quest’anno siamo riusciti ad averne un esemplare.”
Buona parte degli sguardi
della stanza si fecero più preoccupati pensando che
lì con loro, a pochi
centimetri di distanza, c’era una creatura letale.
Eveline voltò leggermente
il capo, guardandosi intorno. Notando le espressioni angosciate dei
suoi
compagni non poté fare a meno di tirare su le spalle e
lasciare che le proprie
labbra si piegassero in un sorrisetto di sfida.
“Una metà se la fa sotto.
Non capisco cosa li preoccupi, i Lethifold attaccano le persone che
dormono”
disse una voce alle sue spalle.
Diverse persone si girarono
verso la persona che aveva parlato. Eveline incrociò gli
spettacolari occhi
azzurri di Sean Stuart e notò con soddisfazione che anche
lui non sembrava
affatto spaventato. Un degno avversario.
Anche gli istruttori
avevano sentito le parole del ragazzo. Richard, con un sorriso fece
cenno a
Charlotte verso Sean “E’ il figlio di Caleb Stuart.
Sicuramente da tenere
sott’occhio” sussurrò
all’altra istruttrice.
Charlotte prese parola,
rivolta alla classe. “Il vostro compagno ha ragione. I
Lethifold sono
carnivori, attaccano la propria vittima quando essa dorme; la soffocano
e poi
la ingeriscono, però… c’è un
però… questo esemplare è stato
rinchiuso in questo
baule per diversi giorni, quindi credo che non si farà
problemi ad attaccare
delle vittime sveglie…voi”
Elias si ritrovò a
deglutire piuttosto rumorosamente. Non era mai stato molto abituato
agli
scontri ma di certo non si sarebbe tirato indietro.
“L’unico modo per tenere a
bada questa creatura è un Patronus. Dando per scontato che
tutti voi sappiate
evocarne uno, sappiate che ne servirà uno bello potente per
prevaricare su una
creatura così… affamata”
Richard aveva scelto con
cura l’ultima parola.
“Non morirete. Non oggi”
annunciò Charlotte “Uno alla volta verrete qui,
noi ci posizioneremo alle
vostre spalle, faremo aprire il baule e vi aiuteremo nel caso non
riusciate ad
evocare un Patronus abbastanza potete. Chi vuole essere il
primo?”
Hayden si buttò avanti,
senza esitazioni. Si posizionò davanti al baule e
sentì subito la presenza di
Richard e Charlotte alle sue spalle e vide tutto il resto dei suoi
compagni
ammucchiato sul fondo della classe.
Con un gesto della
bacchetta Richard fece scattare la serratura del baule. Il
coperchiò tremò
leggermente per un paio di secondi e poi si aprì di scatto,
completamente.
La creatura che ne uscì
sembrava in tutto e per tutto un mantello nero, spesso circa un
centimetro. Il
Lethifold si abbassò sul pavimento e prese a scivolare verso
il ragazzo.
Hayden spalancò gli occhi
azzurro-verdi e, dimostrando grande reattività
gridò subito “Expecto Patronum!”
Una volpe argentea uscì
dalla sua bacchetta e con movimenti flessuosi ma determinati si
avventò contro
il manto nero, fino a farlo indietreggiare e tornare, con non poca
fatica,
dentro al baule.
Appena il baule si richiuse
entrambi gli istruttori iniziarono ad applaudire. Tutti gli studenti
seguirono
il loro esempio.
“Bene! Molto molto bene!
Direi che abbiamo iniziato alla grande! Così è
come si respinge un Velo
Vivente” la voce di Richard Pollux lasciava trasparire tutto
il suo orgoglio
per quell’allievo. Quando Hayden si diresse verso i compagni
e passò accanto
all’istruttore, egli gli diede una pacca sulla spalla.
Fu poi il turno di Elias.
Ebbe qualche difficoltà a trovare un ricordo talmente felice
da creare un
Patronus potente ma, appena prima che Charlotte e Richard evocassero i
loro, un
canguro saltò fuori dalla sua bacchetta.
Il ricordo felice di
Krystal apparteneva alla sua infanzia, a quando a quattro o cinque
anni,
durante le vacanze di natale, si sedeva sul tappetto rosso davanti al
camino
insieme ai suoi fratelli e loro le raccontavano di quanto era bella
Hogwarts.
Era un ricordo in cui la ragazza racchiudeva tutto il suo essere,
infatti un
delfino fece capolino dalla sua bacchetta poco dopo che il Lethifold
era uscito
dal baule.
Intanto che l’amica sfidava
il velo vivente, Ezekiel Crouch cercava nella sua mente un ricordo da
scegliere
per evocare il Patronus. Uno tra i tanti felici. Felici, ma ricondotti
tutti ad
una stessa persona.
James invece, per quanto
continuasse a scegliere nella sua mente un ricordo felice non
riuscì a
contrastare in tempo quella creatura così oscura e, per
evitare ogni pericolo,
Charlotte evocò il suo cavallo.
Parecchi furono gli
studenti che ebbero dei problemi. C’era chi ci mise troppo
tempo a fare
l’incantesimo, come James, e chi invece effettuò
sì l’Incanto Patronus, ma
troppo debole, come Emily, il cui lupo fece parecchia fatica a
sconfiggere il
Lethifold, e venne aiutato dall’orso di Richard.
Eveline si pose davanti al
baule con il suo cipiglio fiero e spavaldo. Il suo possente lupo grigio
non
ebbe problemi a rispedire quella sottospecie di mantello nero da dove
era
venuto.
Sean la guardò con un misto
di curiosità e ammirazione. Non capitava spesso di trovarsi
di fronte una
ragazza così particolare.
Quando la
loro esercitazione
si era conclusa il sole era ormai tramontato oltre le colline inglesi.
Alcuni
studenti se ne stavano sui divani in salotto e tra questi Emily, che
aspettava
con ansia il rientro degli allievi del terzo anno.
“Non vieni a cena, Em?” le
chiese Abbie che la scrutava da dietro la sua copia della Gazzetta del
Profeta.
L’altra guardò per l’ennesima
volta verso il grande ingresso, sperando che il pesante portone di
legno scuro
si aprisse da un momento all’altro. Rassegnata disse
all’amica di andare pure
senza di lei, che l’avrebbe raggiunta dopo.
Passò una buona mezz’ora e,
mentre tutti i ragazzi erano a cena, Emily venne raggiunta da Elias. Il
ragazzo
aveva tra le mani un piatto carico di qualche fetta di roastbeef e
patate
arrosto.
“Il tuo ragazzo ne avrà a
male se saprà che non hai mangiato perché eri
preoccupata” disse porgendole il
piatto. Si sedette sul bracciolo della poltrona dove era la ragazza e
le intimò
di mangiare.
Emily lo guardò con un
sorriso carico di riconoscenza. Il suo ex-compagno di casa era
così. Chiuso e
riservato, all’apparenza un po’ freddo, ma sapeva
rivelarsi un grande amico.
Silenzioso e delicato come
era arrivato Elias se ne andò per evitare di essere
lì quando il salotto si
sarebbe riempito di nuovo di allievi a pancia piena. Infatti alle nove
circa
molti degli studenti che avevano cenato si erano radunati nel salotto.
C’era
chi giocava a scacchi, chi leggeva e chi passava il tempo a
chiacchierare con i
propri compagni.
Fu proprio nel mezzo della
confusione che nessuno udì il rumore del portone che si
apriva con il familiare
cigolio che lo connotava ma tutti si zittirono quando gli allievi del
terzo
anno fecero il loro ingresso in salotto. In un attimo molti si
diressero a
salutare i propri amici, Justin andò dritto verso la sua
ragazza che si alzò
dalla poltrona con un sorriso che le arrivava da un orecchio
all’altro e gli
occhi lucidi. Emily si avvicinò al suo fidanzato e con una
mano gli accarezzò
lo zigomo, in corrispondenza di un taglio rosso di sangue.
“Posso baciarti?” chiese
lui, ansioso, appoggiando la fronte a quella di lei. I loro nasi si
sfioravano
in un gesto di dolcezza e intimità.
Alla domanda di lui Emily
aveva lanciato una specie di risolino imbarazzato “Qui di
fronte a tutti? Nah…”
Era
da poco passate le due
di notte. Il corridoio al del secondo sembrava vuoto e silenzioso,
sembrava…
gli studenti addormentati non avevano idea che di lì a pochi
minuti sarebbero
stati svegliati dai loro istruttori che avrebbero bussato ad ogni
singola porta
gridando di svegliarsi e uscire immediatamente dalla villa. Stessa cosa
stava
per succedere agli allievi del terzo anno. Al primo piano Charlotte e
Richard
si erano appostati all’inizio del corridoio, si erano
guardati, decisi a
svegliare anche i più giovani. Iniziarono così a
bussare ad ogni camera. “Tutti
fuori dai letti! Ora!” urlava Richard.
“Sbrigatevi! Andate subito
all’esterno della villa, forza!” gridava Charlotte.
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Capitolo 7 *** Capitolo 5 ***
capitolo 5
Buonasera
gente! Vi premetto che il capitolo è corto ma avevo troppa
voglia
di pubblicare quindi eccomi qui! Come al solito non ho riletto, quindi
spero che non ci siano orrori di qualche tipo, nel caso segnalatemelo
Spero che vi piaccia e spero che riuscirò a pubblicare di
nuovo sotto
Pasqua ;)
A presto
H.
L’atrio
della villa che
ospitava l’Accademia per Auror era zeppo di allievi
più o meno assonnati che
aspettavano con ansia di capire cosa cavolo stesse succedendo.
Federica stava
sbadigliando, accanto alla compagna di stanza Krystal. Era stato
difficilissimo
per entrambe riuscire a vestirsi nel bel mezzo della notte, dopo essere
state
svegliate di soprassalto.
Krystal indirizzò il suo
sguardo verso i presenti. Parecchi di quelli del primo anno aveva il
viso
oscurato da un velo di preoccupazione, quelli del secondo anno erano
piuttosto
tranquilli mentre gli allievi dell’ultimo anno sembravano
più infastiditi che
ansiosi.
Poco distante da loro Abbie
cercava di spingere Emily ad andare a chiedere a Justin cosa stesse
succedendo,
ma Justin stava parlando con i suoi coetanei e lei non voleva
intromettersi.
I sei istruttori delle tre
classi arrivarono tutti insieme. “Seguiteci fuori”
ordinò una donna sulla
cinquantina, con i lunghi capelli ramati tirati su con una pinza.
Uno degli istruttori disse
“Dividetevi di nuovo in classi per favore”.
Gli studenti del primo anno
si radunarono tra loro, mentre seguivano i propri istruttori Caradoc
fece
l’occhialino a Federica, cosa che la imbarazzò
molto.
“Sappi che io non ero
d’accordo” stava dicendo Richard a Charlotte.
Cercava di mantenere
un’espressione seria e corrucciata ma le sue labbra si
piegavano in un sorriso
involontario. Si era lasciato convincere, insieme agli altri cinque
istruttori
a trascinare gli allievi fuori dai letti a quell’ora
improponibile.
La giovane donna si limitò
a fargli un occhiolino e poi si rivolse agli studenti. “Bene,
guardate il
cielo. Luna piena. Sapete cosa vuol dire?”
“Lupi mannari” rispose la
maggioranza di loro. Elias sentì il
proprio
corpo scosso da un brivido di sudore freddo.
James si voltò verso il
compagno di stanza con una risata dipinta sulle labbra “Che
ne dici di una
caccia ai lupi?” Anche a Sean stava per sfuggire una risata
quando Eveline si
intromise nel discorso “Io sarei pronta anche per
quello” dichiarò. La sua bacchetta
era infilata, pronta all’uso, nella tasca posteriore dei
pantaloni che
sottolineavano il fisico tonico della ragazza e il suo sguardo era
puntato
negli occhi azzurri di Sean.
“Fate silenzio per favore”
intimò Richard.
“Ho bisogno del vostro
massimo silenzio. Quello che state per vedere è qualcosa di
estremamente raro e
magnifico e quando saremo fuori il primo che parlerà si
consideri fuori
dall’Accademia prima che dica Accio”
ordinò Charlotte “E ora avvicinatevi tutti
alle passaporte che abbiamo predisposto”.
Un gesto delle bacchette
degli istruttori e una dozzina di calzini colorati (ispirati da
Silente)
comparvero sul prato vicino agli allievi. Dopo tre minuti esatti tutti
gli
allievi posarono una dito su un calzino e nel giro di pochi istanti si
ritrovarono
in una radura in mezzo al bosco.
Charlotte si posò un dito
sulle labbra su cui spiccava un rossetto rosso scuro.
“Seguiteci, e fate più
piano possibile” bisbigliò Richard.
Una cinquantina di studenti
seguì gli istruttori attraverso un percorso tra i grandi
pini che formavano la
selva intorno alla villa. Si addentravano sempre di più tra
le piante e più
andavano avanti più la luce della luna si faceva fievole
dietro alle cime degli
alberi.
Sadie si guardava intorno
curiosa di sapere cosa avessero in mente gli istruttori per tutte e tre
le
classi. Una sfida? Una lezione integrativa?
Al limitare di una radura
li fecero fermare e gli indicarono il centro della radura stessa. La
nuvola che
si ostinava a coprire la luna si spostò, lasciando che la
luce illuminasse
alcune bizzarre creature.
I Mooncalf, delle creature
piuttosto rare e difficilmente osservabili, se ne stavano lì
di fronte a loro,
con i loro piedi piatti, da cui partivano zampe ossute e un fisico
snodato. Nonostante gli occhi
sporgenti non li rendessero le creature più belle del mondo
essi erano
incredibilmente aggraziati mentre si muovevano in una specie di danza,
la danza
che solitamente precedeva l’accoppiamento.
I corpi grigi di quella
specie di animali si strusciavano uno contro l’altro in un
girotondo di passi e
corteggiamenti.
“Sono bellissimi” si lasciò
sfuggire Krystal, sperando che nessuno l’avesse sentita ma
voltandosi verso
destra vide che anche Federica sorrideva, piuttosto incantata da
ciò che
vedeva.
Alle loro spalle anche Ezra
e Hayden se ne stavano in assoluto silenzio ad ammirare quelle magiche
creature
che, ignorando la presenza di esseri umani a osservarle, si muovevano
assolutamente indisturbate.
Passarono circa una
mezz’ora lì, a fare da spettatori e poi gli
istruttori li richiamarono per
tornare alla villa. Arrivati alla villa tutti gli studenti vennero
fatti
radunare in salotto e Charlotte prese la parola. “Questa
piccola uscita può
considerarsi a modo suo una lezione, una lezione di vita. Nonostante la
guerra
che c’è fuori da qui avete potuto vedere come ci
sia anche qualcosa di
spettacolare come l’amore. Buonanotte a tutti e buon
week-end”
Un sorriso sognante fu
quello che rivolse Emily a Justin e venne ricambiata con un occhiolino
che la
fece vistosamente arrossire, scatenando l’ilarità
di Abigail e James.
Piano piano la grande
stanza si svuotò e la maggior parte degli allievi se ne
tornò in camera, per
godersi qualche ora di sonno prima del sabato, quando sarebbero potuti
tornare
a casa ma qualcuno, troppo stanco per deambulare fino ai piani
superiori,
preferì abbandonarsi su uno dei divani grigi che formavano
dei quadrati
all’interno del salone.
“Che ne dici se ci
stendiamo qui?” propose Sadie a Eveline, che
accettò anche se titubante. Fecero
comparire coperte e cuscini e si stesero su due divani opposti.
Si misero a chiacchierare a
bassa voce, ridacchiando come avrebbero fatto se fossero state a
Hogwarts.
Quando Sadie cominciò a non ricevere più risposte
si convinse che l’amica
dormiva e cercò di fare altrettanto. Si girava e rigirava,
cercando una
posizione comoda su quello stupidissimo divano. Quando mai le era
venuto in
mente di dormire sul divano? Ora non riusciva a chiudere occhio
perché le
faceva male la schiena, o la spalla o il collo. All’ennesimo
tentativo calciò
via le coperte e si alzò, piuttosto scocciata.
I suoi passi la guidarono
automaticamente verso le cucine dove trovò, fortunatamente,
già pronti i vassoi
della colazione da cui rubò un muffin al cioccolato bianco e
lamponi, il suo
preferito. Si preparò una tazza di tè,
domandandosi dove fossero gli elfi
domestici che preparavano tutto ciò. Forse avevano un loro
piccolo rifugio o
magari erano semplicemente si disilludevano per girare tranquillamente
all’interno dell’edificio.
Vide che una pioggerellina
fina era cominciata a scendere e decise che non c’era niente
di meglio che
godersi l’odore della pioggia che bagnava i prati e le querce
intorno alla vila
in totale solitudine su una delle poltroncine di vimini disposte lungo
il
portico.
Appoggiò la tazza fumante e
il piattino col dolcetto su uno dei tavolini di vimini e si sporse
sulla
ringhiera di legno bianco un po’ scrostato respirando a pieni
polmoni.
Girandosi un po’ verso la sua sinistra si accorse che non era
sola. A circa un
metro e mezzo di lei Richard Pollux era in piedi, anch’egli
davanti la
ringhiera, ma con lo sguardo fisso, come se fosse totalmente assente,
con la
mente persa in altri pensieri.
Sadie si mise a studiare il
suo istruttore, il suo capelli corti, il fisico atletico,
l’aria sempre un po’
fredda che in quel momento sembrava aver ceduto il posto ad un
ventaglio di
emozioni. La ragazza cercò di fare qualche passetto verso di
lui per poter
scrutare meglio il soggetto ma venne tradita da un alquanto attendibile
asse
cigolante. Un classico, come nei film.
“Dovresti dormire, Morris”
disse lui.
“Non c’è lezione domani”
Richard si lasciò sfuggire,
anche se solo per mezzo secondo, un sorrisetto. Sadie lo
potè vedere dalle
fossette che si erano formate sulle guance di lui.
“Touché” replicò.
La ragazza si avvicinò,
notando che Richard si era immerso di nuovo nelle proprie lucubrazioni
e gli si
affiancò.
“Ha un buonissimo odore la
pioggia”
L’istruttore sembrò
scuotersi e la guardo perplesso, con la faccia di uno che non era stato
per
niente a sentire allora Sadie ripeté di nuovo ciò
che aveva detto ma per la
seconda volta Richard non la ascoltò.
“Può anche smetterla di ignorarmi!”
si impuntò.
“Scusami Morris. Ero
sovrappensiero”. E lo era davvero. Sadie voleva vederci
chiaro. “E comunque tu
potresti anche smetterla di darmi del lei”
Sadie sembrò pensarci su
prima di rispondere “Ok. Allora… a cosa stai
pensando?”
“Sono passati tre anni…”
“Da cosa?” intervenne lei
“Da quando non vedo mia
sorella Amelia”
“Oh…”. La ragazza si trovò
spiazzata. Non sapeva neanche dell’esistenza di una Amelia
Pollux, nonostante
avesse fatto qualche ricerca sui suoi istruttori durante uno dei primi
week-end
liberi.
“Lei… era una persona
adorabile ma…debole. A Hogwarts ha conosciuto un ragazzo, un
certo Travers che
poi si è rivelato uno stronzo e l’ha trascinata
tra i Mangiamorte spingendola a
fare tutto quello che voleva.”
Sadie era rimasta in
silenzio. Non doveva essere semplice avere una sorella tra i
Mangiamorte. Lei
non aveva fratelli quindi non sapeva com’era averne ma sapeva
che se qualcuno
si rifiutava di unirsi a Voldemort difficilmente sarebbe sopravvissuto,
come i
suoi zii. Amelia Pollux aveva scelto la strada più facile, o
era stata accecata
dall’amore.
“Lui l’ha spinta a fare
cose orribili, anche a uccidere. Lui l’ha completa soggiogata
e trasformata… in
una persona che io non riuscivo neanche a riconoscere. L’ho
vista torturare e
ammazzare persone innocenti. È sulla lista del Ministero dei
probabili
Mangiamorte da catturare. Me la sono trovata davanti, tre anni fa, in
uno
scontro. Avrei dovuto catturarla, sarebbe finita condannata al bacio
del
Dissennatore o a passare il resto della sua vita ad Azkaban, nel
migliore dei
casi. Non potevo farle questo. Era mia sorella, è mia
sorella.”
“L’hai lasciata andare…”
“L’ho fatta scappare, l’ho
aiutata a scappare. E lei naturalmente si è portata dietro
suo marito e i suoi
amici. Cinque Mangiamorte ci sono sfuggiti quel giorno. Per colpa mia.
Un Auror
è morto e due maghi sono rimasti uccisi.” Richard
fece una pausa, la sua voce
aveva esitato per un attimo. “Sarei dovuto essere licenziato
o peggio. Il
signor Minchum mi ha aiutato a insabbiare la cosa. La Shields e Moody
non mi
hanno mai perdonato. È per questo che sono relegato
qui.”
D’istinto Sadie aveva
appoggiato la sua piccola mano su quella più grande e forte
di lui che,
altrettanto istintivamente si era ritrovato a stringere.
Si erano girati l’uno verso
l’altra e si guardavano con un’intensità
tale che sembrava di riuscire a percepire
le auree di entrambi. Il muro che Richard si era costruito intorno era
crollato, sceso giù come il sipario di uso spettacolo. Il
muro era crollato
lasciando entrare uno spiraglio di luce: Sadie.
D’istinto lui si avventò su
di lei. Labbra ruvide contro labbra morbide e carnose, in un bacio che
sapeva
di bisogno. Le loro lingue si cercavano e trovavano come due poli
opposti di
due magneti. Le braccia di lei erano intorno al collo di lui,
appoggiate sulle
sue spalle mentre le mani di Richard percorrevano ogni singolo
centimetro del
viso della ragazza.
I loro visi si staccarono,
i due si guardarono, quasi senza fiato. Fu un attimo, un minuscolo
cenno del
capo, simile ad un gesto di consenso. Tornarono così a
baciarsi. Molto
velocemente si spogliarono, mentre lui la spingeva contro uno dei
divanetti di
vimini, dove fecero l’amore, semplicemente e
appassionatamente come due anime
che si erano trovate senza nemmeno cercarsi.
Si erano
addormentati sul
divanetto, coperti con un paio di plaid che Richard aveva fatto
comparire,
quando l’alba li aveva sorpresi. E non solo l’alba.
A Eveline Richards non era
sfuggito che l’amica non c’era al suo risveglio e
l’aveva cercata subito. Pochi
minuti dopo l’aveva trovata così, addormentata tra
le braccia del suo
istruttore. Non avrebbe voluto svegliarla ma l’istinto le
diceva che di lì a
poco sicuramente qualcun altro si sarebbe svegliato e sarebbe sceso per
la
colazione e se li avessero trovati così sicuramente sarebbe
stato imbarazzante
da spiegare. Si avvicinò piano e iniziò a
punzecchiare l’amica sulla spalla che
sbucava nuda da sotto la coperta. Pochi secondi dopo la castana
aprì gli occhi.
“Oh santo Godric. Oh
oh oh…
che casino! Che gran casino!” iniziò a dire lei
tirandosi su di scatto
avvolgendosi uno dei plaid intorno al corpo e lasciando
l’altro su Richard.
Velocemente raccolse da terra la divisa da allieva e si
rivestì poi pensò bene
di svegliare il ragazzo, che aprì gli occhi confusi.
“Svegliati! Sbrigati! Se ci
beccano siamo fregati” lo incitava lei mentre lui si alzava
con movimenti lenti
e pigri.
“A quanto pare siamo già
stati beccati” ridacchiò lui senza staccare gli
occhi da Eveline che se ne stava
in piedi contro una delle colonne del portico. Sorrideva con lo sguardo
di una
che la sapeva lunga ma non aveva detto una parola.
Ancora avvolto nella
coperta Richard si diresse verso la propria stanza, lasciando le due
ragazze lì
fuori.
Eveline aspettò che l’istruttore
fosse sufficientemente lontano e si rivolse all’amica.
“Allora, com’è Pollux a
letto? Voglio tutti i dettagli piccanti”
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Capitolo 8 *** Capitolo 6 ***
Buonasera
gente! Vi preannuncio che il capitolo è corto, ma ho
approfittato
della prima giornata di “vacanze” per scrivere.
Avrei voluto aggiungere altro,
ma dopo il capitolo sarebbe risultato troppo lungo quindi avrete a
breve un
nuovo capitolo.
Vorrei anche ringraziare di nuovo tutte le persone che hanno recensito
o
che hanno inserito la storia nelle seguite o preferite.
Nel frattempo, dato che non credo che riuscirò a pubblicare
prima di
lunedì, vi auguro buona pasqua
H.
Una
mattinata umida e
piovosa aveva svegliato gli allievi dopo le poche ore di sonno che si
erano
potuti godere. La maggior parte aveva già preparato la
propria valigia ed era
pronto a tornare a casa per passare il fine settimana con le rispettive
famiglie.
Erano circa le 8 quando
Richard bussò alla porta dell’ufficio di
Charlotte, non aspettò una risposta ed
entrò direttamente, chiudendosi la porta alle spalle.
“Hey, stavo per andarmene”
disse la donna
Lui sospirò, chiuse gli occhi,
indeciso se andare avanti o meno con quello che aveva da dirle.
“Ho bisogno di
prendermi io il week-end libero, di andarmene da qui per qualche
giorno.”
Lei si voltò, un po’
perplessa. Il suo sguardo scrutò da capo a piedi il collega
cercando un motivo
per quella richiesta. A volte non riusciva proprio a capirlo. Come se
avesse
visto gli ingranaggi del cervello dell’istruttrice muoversi e
avesse
interpretato il tutto come un probabile “no”,
Richard si affrettò a dire “Lo so
che questo week-end tocca a te” ed era vero. Si erano
organizzati in modo da
rimanere in Accademia a week-end alternati. Charlotte conosceva Richard
dai
tempi di Hogwarts, da quando lui era il capitano della squadra di
Quidditch e
lei giocava come cacciatrice e aveva imparato che quando lui faceva
qualche
richiesta di questo genere, qualche cambiamento nei piani,
c’era solo da
preoccuparsi.
“Il motivo?” chiese in
finto tono angelico.
“Non c’è un motivo” rispose
lui scrollando le spalle. Evitava di guardarla.
“C’è sempre un motivo”
Charlotte
si avvicinò e gli si posizionò esattamente
davanti, con le mani puntate sui
fianchi. “Spara”
“No, non esiste, non posso
dirtelo”
“Oh, smettila di fare il
bambino. Sai che a me puoi dire tutto, ma non sei obbligato a
farlo” Charlotte
si lasciò andare ad un sorriso materno e posò una
mano sulla guancia di lui. “Non
vuoi parlarne, ma i tuoi occhi non stanno zitti un attimo” lo
guardò negli
occhi, leggendo che c’era qualcosa sotto ma non poteva
costringerlo a
parlagliene “Vai pure a casa” aggiunse prima di
tornare verso la sua camera,
pronta a disfare la valigia.
Richard, sollevato, sorrise
e si diresse verso la porta per andarsene ma venne interrotto.
“Hey, Rich!” lo richiamò la
donna.
L’istruttore si girò verso
la bionda, un paio di secondi dopo lei continuò.
“Però rimani tu per la festa
di Halloween, la prossima settimana!”
“Affare fatto!”
Fortunatamente
gli studenti
del terzo anno potevano godersi delle camere singole, con ampi letti
matrimoniali perché Justin e Emily si stavano godendo
appieno quel week-end di
libertà, a partire da quel piovoso sabato mattina, che erano
intenzionati a
trascorrere nel tempore e nella confortevole sicurezza delle coperte.
Stavano chiacchierando,
avvolti in un abbraccio. “Quindi…andrete in
missione con gli Auror tre giorni a
settimana?”
La faccia di Emily era una
maschera di preoccupazione. Aveva sempre saputo che il mestiere di
Auror
comportava una buona dose di rischio ma adesso era arrivato il momento
di fare
i conti con il fatto che una persona a cui teneva particolarmente
avrebbe
iniziato a svolgere quel mestiere a breve… doveva imparare a
sconfiggere la sua
ansia, o ad accantonarla, in qualche modo. Non doveva lasciare che le
oscurità
del mondo uccidessero quella luce che si portava dentro.
Intuendo i suoi pensieri,
Justin le tirò su il mento con un dito. Voleva che si
guardassero. Le labbra
tirate della ragazza lo ferirono come una coltellata. Non fu il gesto
in sé,
quanto il fatto che lei non stesse bene e il suo primo desiderio era
che Emily
stesse bene.
“Ascolta…” esordì,
elaborando mentalmente le parole da dire “Io ti amo, e ti
prometto che eviterò
di fare cose stupide, ma ho bisogno che ti fidi di me. Fuori di qui non
ci sono
protezioni, ma fuori di qui la situazione peggiora di giorno in giorno,
e io
voglio combattere. Devo farlo. Questo non è un lavoro
semplice, non richiede
solo il tuo tempo, richiede tutto il tuo essere e a volte richiede la
tua vita.
Voglio che tu sappia che io so a cosa vado incontro, a cosa
andrò incontro ogni
giorno. E voglio che tu sappia che farò tutto ciò
che mi è possibile per
tornare sempre da te, ma ho bisogno che tu ti fidi di me.
Perché se non ti fidi
di me, perché se vedo di nuovo quella luce nei tuoi occhi,
allora potrei
fallire. Allora, ti fidi di me?”
Anche nella penombra della
camera, Justin poté osservare gli occhi della ragazza
brillare.
Emily si sforzò di mandare
giù il groppone che aveva in gola e si avvicinò
di più al viso di lui. “Certo
che mi fido di te” disse con la voce leggermente incrinata,
poi lo baciò.
Elias era
in camera,
approfittava del fatto che il suo compagno di stanza dormisse ancora
per poter
preparare la valigia in tutta calma. Per ultima cosa mise dentro il suo
mantello blu scuro e poi rivolse lo sguardo verso il cielo, oltre la
finestra.
Aveva smesso di piovere ma le nuvole non se n’erano andate. E
pensare che poche
ore prima aveva visto la Luna Piena. In tutto quel trambusto che
caratterizzava
la vita in Accademia aveva per un attimo accantonato il pensiero
riguardo
Gemma. Non poteva perdonarselo. Avrebbe approfittato di quei due giorni
per
passare un po’ di tempo con lei. Lei non sarebbe stata in
forma splendente ma
avrebbe sicuramente apprezzato la compagnia. Chiuse il baule e lo fece
lievitare dietro di lui, giù per le scale, verso il piano
inferiore dove
avrebbe sfruttato la metropolvere del camino di Pollux per tornare a
casa. Lungo
il corridoio incrociò Ezra Hattle. Il ragazzo, notando la
valigia dell’altro
mutò l’espressione in un misto di rassegnazione e
scocciatura.
“Ma andate tutti a casa?”
Se si fosse trattato di un
fumetto il viso di Elias si sarebbe trasformato in un punto
interrogativo.
“Zeek va a casa, tu pure…
noi ci stavamo organizzando per una bella partita a Quidditch, ragazzi
contro
ragazze ma noi del primo anno siamo rimasti davvero in pochi”
L’altro fece spallucce. “Mi
dispiace, ma anche se fossi rimasto avrei evitato volentieri il
Quidditch”
“Vabè, pazienza…”
Nel frattempo anche Hayden
era spuntato dal fondo del corridoio. “Immaginavo che te ne
saresti andato
questo week-end” disse, rivolto a Elias, il quale
lasciò trasparire un po’ di
preoccupazione. Cosa sapeva Fawley?
“Su andiamo, Ez. Dobbiamo
trovare qualcun altro, le ragazze sono già al completo
mentre noi siamo solo
quattro”
“Ci vediamo lunedì”
I due ragazzi si
allontanarono nel verso opposto a quello di Corner. Ezra
deviò verso le cucine,
per andare a prendersi una tazza di caffè mentre Hayden
decise di uscire all’aperto,
passando per il portone principale.
“Ciao straniero” lo salutò
il ragazzo appoggiato al muro. Era alto, con i capelli castani ricci e
scompigliati, e un sorriso malandrino sul volto.
Lo avrebbe riconosciuto
senza neanche guardarlo. Avrebbe riconosciuto quel sorriso ovunque.
Merlino
quanto gli era mancato.
“Nat…che ci fai tu qui?”
Nathan Grey sorrise ancora
di più. “Sono un Auror, o te lo sei dimenticato?
Posso tornare qui quando
voglio! E così… avendo il giorno libero, ho
pensato… perché non andare a fare
una sorpresa al mio allievo preferito?”
Hayden sorrise e lo
abbracciò di slancio. “Non avrei potuto chiedere
di meglio”. Il ragazzo si
guardò intorno e dato che non c’era nessuno nelle
vicinanze si concesse di baciare
Nathan.
“Fuga romantica?” propose l’Auror
“Avrei dovuto giocare a
Quidditch con gli altri ma direi che posso tranquillamente dargli
buca” e lo
baciò di nuovo.
“Assolutamente
no” stava
dicendo per l’ennesima volta Krystal alla richiesta di una
compagna di giocare
a Quidditch, poi si rivolse a Federica e propose
“Perché non giochi tu?”
L’altra sembrava piuttosto
in imbarazzo ma alla fine venne convinta a giocare come cercatrice. La
squadra
delle ragazze era ufficialmente pronta.
Le due squadre si
schierarono ai lati del campo improvviso sul prato dietro la villa.
Charlotte
si pose tra di loro e imitando la sua ex insegnante di volo disse,
guardando
soprattutto i ragazzi “Giocate pulito” e poi
fischiò l’inizio della partita.
James si impossessò subito
della Pluffa, la passò al compagno alla sua destra che si
diresse dritto verso i
tre anelli che erano stati fatti apparire ma la Pluffa gli venne rubata
da Eveline,
che dribblò un paio di ragazzi e passò la Pluffa
a Sadie, la quale segnò il
primo punto. Sean si agitò per essersi lasciato sfuggire la
Pluffa ma doveva
ammettere che quelle ragazze erano davvero veloci.
Federica girava intorno al
campo, a cavallo della sua scopa, così come Ezra. Entrambi
cercavano di
avvistare il Boccino d’oro, ma con scarsi risultati. Nel
frattempo Ezra vide i
ragazzi pareggiare, ma non riuscì a distinguere chi era
stato a segnare.
Sotto di loro Eveline era
tornata in possesso della Pluffa ma era braccata da James e da un altro
ragazzo, non sarebbe mai riuscita ad avvicinarsi agli anelli. Abigail
cercò di
indirizzare un bolide verso i due, per riuscire a liberare la compagna,
ma
James fu più veloce e riuscì a spostarsi. Rivolse
alla ragazza un sorriso
beffardo. “Sei sempre splendida, Abbie, ma dovresti comprarti
un paio di
occhiali” commentò
La distrazione di James
costò comunque cara alla squadra maschile, visto che Eveline
riuscì a passare
la Pluffa ad una ragazza che mirò verso l’anello
di destra, non riuscendo però
a centrarlo.
Un quarto d’ora più tardi
erano pari 30-30, e i due cercatori stavano inseguendo il boccino, che
si
ostinava a cambiare direzione in continuazione, facendo rischiare
l’osso del
collo sia a Federica, che aveva evitato per un pelo di andare a
sfracellarsi al
suolo durante una picchiata, sia a Ezra, che aveva rischiato un paio di
volte
di sbattere contro gli alberi più alti.
Il boccino sembrò sparire
di nuovo, mentre James portava in vantaggio la squadra dei ragazzi.
Ad un tratto, fu uno
scintillio a colpire Federica. Era il riflesso della luce del sole su
una
superficie metallica. Ma certo! Il boccino!
Elaborare una strategia fu
un attimo, girò verso destra e Ezra la seguì,
come prevedibile, sarebbe scesa
un po’, senza perdere di vista il Boccino. Voleva confondere
l’altro cercatore,
ma Ezra non era affatto stupido e non si era fatto imbrogliare e aveva
seguito
lo sguardo di Federica. Si era diretto verso il Boccino, senza
esitazioni.
Vedendo l’azione, Sadie fece cenno alla battitrice di
dirigere il bolide verso
il cercatore della squadra avversaria; la ragazza eseguì ma
la palla grigio
scuro sfiorò appena la scopa di Hattle. Federica ne
approfittò per superarlo e
afferrare velocemente il Boccino d’Oro, segnando la fine
della partita.
“Per 180 a 50 vincono le
ragazze” annunciò Charlotte con un sorriso
entusiasta “Bravi tutti ma la
prossima settimana vi farò fare qualche esercizio su come
sfruttare i sensi
diversi dalla vista. Saper utilizzare tutti i sensi è utile
anche nel Quidditch”
Entrambe le squadre scesero
dalle scope e si diressero, chiacchierando, verso la villa.
“Devo ammettere che sei
stata proprio brava, Abbie. Non me l’aspettavo”
scherzava James.
“Dovresti saperlo ormai,
che io sarò sempre migliore di te” rise
l’altra mollandogli un leggero pugno
sull’avambraccio.
“Sai, qualcuno una volta mi
disse che i pugni sono come baci” replicò lui.
Abigail non replicò, si
limitò a scuotere la testa. James non sarebbe cambiato mai,
ma non riusciva
proprio a smettere di sorridere.
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Capitolo 9 *** Capitolo 7 ***
capitolo 7
Io
sono come un uovo di Pasqua, full of surprises!
Quindi eccomi qui con il nuovo capitolo!
Buona Pasqua a tutti coloro che in questo momento stanno leggendo
queste
parole. E un grazie di nuovo a chi recensisce… siete il mio
ossigeno, senza di
voi non andrei avanti
H (che tra qualche ora si godrà un bel pranzo in riva al
mare)
“Sei
convinto di quello che
vuoi fare domani?” stava chiedendo un istruttore a Richard,
mentre camminavano
lungo il corridoio che conduceva dalla sala da pranzo agli uffici.
“Si, hanno bisogno di una
bella scossa. Non sono più a scuola, prima lo capiscono
meglio è” rispose lui
in tono seccato. Non era il primo che aveva polemizzato sulle sue idee.
Anche
Charlotte si era detta in disaccordo ma alla fine aveva ceduto con un
“Fa’ come
ti pare”
“Per la festa è tutto
pronto?” chiese lui, cercando di deviare il discorso su temi
più allegri.
“Sì certo. Sarà una serata
memorabile, come ogni anno, del resto” rispose Caroline,
l’istruttrice del
terzo anno.
“Quindi chi rimane qui,
oltre me?” chiese Will, istruttore del secondo anno.
“Noi ci siamo entrambi”
rispose Caroline
“Per il primo anno resto
io” disse Richard
“Ma come, non doveva
restare Charlotte?” chiese Caroline, un po’
dispiaciuta di essere l’unica donna
a dover controllare tutta quella gente.
“No, vuole andare a casa…
sai, per via di Jeremy”
La mattina
seguente
Charlotte era appoggiata con la schiena sulla parete in fonda
dell’Aula 1
mentre Richard se ne stava seduto sulla cattedra, dal lato opposto
della
stanza. Entrambi attendevano l’arrivo degli allievi del primo
anno. Arrivo che
non si fece attendere poi molto.
Entrando gli allievi non si
accorsero dell’istruttrice dietro di loro, ma appena le luci
vennero accese con
un colpo di bacchetta si accorsero del macabro spettacolo che avevano
davanti.
Dei cadaveri erano sdraiati a terra, uno accanto all’altro. A
quella vista una
ragazza urlò e un borbottio si diffuse tra la gente.
Gli occhi di Ezra si
posarono su un corpo, quello di una donna, talmente insanguinato che
ella era
irriconoscibile. Istantaneamente la gola gli si chiuse in una morsa che
gli
impediva quasi di respirare.
“Hey, stai bene? Sembri un
fantasma” gli chiese Hayden lì accanto
L’altro cercò di annuire ma
era completamente bloccato, come congelato. Ed in effetti era
così che si
sentiva, come se il sangue nelle sue vene avesse smesso di scorrere.
Come se
fosse tornato indietro nel tempo, a tanti anni prima. Come se fosse
tornato in
quel ricordo dai contorni sfumati, ma ancora vivo nel suo cervello.
“Ezra, se vuoi puoi uscire
per un po’” gli propose Charlotte, giunta
silenziosamente alle loro spalle.
Il ragazzo sembrò pensarci
su, di certo tutti l’avrebbero notato se fosse uscito solo
lui e non voleva
dare l’impressione di essere debole, ma allo stesso tempo
rimanere lì gli
causava una bruttissima sensazione. Aveva freddo, come se
l’aula fosse stata
piena di Dissennatori.
Il suo flusso di pensieri
venne interrotto dalla voce di Richard.
“Oggi ci occuperemo di
scoprire come sono morte queste persone. Naturalmente gli Auror hanno
già fatto
le dovute indagini ma hanno ripristinato le condizioni di questi corpi,
al
momento del ritrovamento. Prendetevi un momento per pensare a queste
persone,
alle loro storie e alla fine di esse. Questa giornata
servirà perché… anche
dalla peggiore delle situazioni si può imparare qualcosa.
Chi non se la sente è
libero di uscire, la vostra partecipazione a questa esercitazione non
influirà
sul vostro giudizio finale”
Più della metà degli
allievi si diresse verso la porta, continuando a parlare di quanto
fosse
assurda quella esercitazione. Tra questi c’era Elias che, da
buon osservatore
quale era, aveva notato la reazione di Ezra e si era avvicinato
all’amico
dicendogli “Dai, andiamocene”
Fuori dall’aula i due si
ritrovarono in compagnia di Emily. “Non capisco proprio
perché ci facciano fare
una cosa del genere…” stava dicendo “Ci
sono i Guaritori del San Mungo che lo
fanno per mestiere”
“Sì, ma quando arrivano
sulla scena di solito sono gli Auror a fare i primi
rilevamenti” replicò Federica,
mentre si chiudeva la porta alle spalle.
All’interno
dell’aula gli
studenti erano stati suddivisi in piccoli gruppi, ognuno dei quali
doveva fare
un’indagine superficiale sul corpo per cercare i segni
lasciati dalle
maledizioni e quindi per cercare di capire la possibile causa della
morte.
Sadie, insieme ad altre due
ragazze e un ragazzo si stava concentrando sul corpo di un uomo, sulla
quarantina, che mostrava tutti i segni di una tortura con la
maledizione
Cruciatus.
“Si può
morire di Cruciatus?” chiese una delle
ragazze del gruppo a Charlotte.
“Generalmente no. O si è
tanto fortunati di venire uccisi, alla fine, o si rischia di impazzire.
Cercate
altri segni.”
I vari gruppetti lavorarono
tutta la giornata per poi giungere alla conclusione che quattro su
dieci erano
morti a causa dell’Avada Kedavra, un paio erano morti a causa
del Vaiolo di
Drago, uno per una botta in testa, dovuta probabilmente a qualche
Schiantesimo
che l’aveva spedito contro qualcosa, una donna era morta per
avvelenamento
mentre per gli altri non riuscirono a scoprire la causa del decesso.
Il week-end
arrivò
velocemente e con esso la tanto attesa festa di Halloween.
L’idea di poter
passare la domenica sera a festeggiare, senza il pensiero di doversi
alzare il
mattino dopo, aveva spinto la maggior parte degli allievi a restare in
Accademia.
La sala da pranzo era stata
svuotata dei grandi tavoli che la arredavano di solito, era stata
posizionata
una pista da ballo al centro e tutt’intorno c’erano
una serie di tavoli
rotondi. La cena venne servita a buffet. Dopo cena, vennero fatti
sparire tutti
i tavoli. Gli istruttori avevano ingaggiato un gruppo piuttosto famoso
per
suonare, trasformando la sala in una specie di discomeca,
o come cavolo la chiamavo i babbani.
Sadie e Eveline avevano già
bevuto qualche bicchiere di Whisky Incendiario prima di scendere in
pista a
ballare, ridendo come matte.
In un angolo della sala
Justin cercava di convincere Emily ad andare a conoscere tutti i suoi
compagni
di corso, ma la ragazza mostrava delle remore, ritenendo la situazione
piuttosto strana e imbarazzante.
Abigail stava
chiacchierando con un paio di amici, ma non le sfuggì il
fatto che James, come
al solito ci stesse provando con una ragazza. Si sforzò di
ignorare la cosa, ma
era talmente palese quello che l’amico stava facendo con
un’ochetta bionda che
si stupiva di come facesse a non capirlo l’interessata.
Per evitare di assistere
oltre si allontanò con una scusa, quella di cercare qualcosa
da bere. Fece
fatica a farsi strada tra coppiette in amore e gruppetti di amici che
scherzavano, già evidentemente alticci.
Dov’erano finiti i
gentiluomini di cui aveva letto nei libri di Jane Austen di sua madre?
Dov’era
il suo signor Bingley?
L’aria fredda le sferzava
le gambe lasciate nude dal vestito che aveva deciso di indossare quella
sera. Rabbrividì
stringendosi le braccia intorno al corpo. In un attimo si
trovò una giacca
appoggiata sulle spalle. Si girò istintivamente e si
ritrovò a guardare un
James Zenon in pantaloni scuri e camicia, con le mani infilate nelle
tasche e
lo sguardo piuttosto annoiato.
“Grazie” sorrise lei.
“Non saresti dovuta venire
qua fuori senza cappotto. Fa freddo stasera. Rischi di
ammalarti”
Abbie scosse leggermente la
testa, continuando a sorridere “Ma in questo modo lo rischi
tu”
James scoppiò a ridere. “Io
sono forte, non ho bisogno della giacca”
Come al solito. Lui voleva
sempre atteggiarsi a indipendente e sicuro di sé. Restarono
qualche momento uno
accanto all’altra, in piedi, in silenzio.
“Allora, che fine ha fatto
la biondina di prima?” chiese Abbie
“Mhh carina, piuttosto
provocante ma niente di eccezionale, odiavo la sua voce. Direi che come
voto le
darei un Accettabile” rispose lui. Si girò verso
la ragazza con un sorriso
malandrino. “Gelosa?”
“Oh, come potrei essere
gelosa di un Accettabile?” scherzò sottolineando
l’ultima parola con delle
virgolette mimate con le mani, poi continuò “Io
cosa sarei?”
“Eccezionale… in tutti i
sensi” rispose James, improvvisamente serio nella voce ma con
la solita
espressione.
Abbie rimase colpita dalla
risposta, piegò leggermente la testa per studiare
attentamente l’espressione
dell’amico. Il luccichio malizioso negli occhi ambrati di
James venne male
interpretato.
“Ma smettila!” la buttò lì
la ragazza, pensando ad uno dei soliti scherzi di lui.
Per una frazione di secondo
qualcosa di diverso dal solito sorriso passò sul viso di
James, sembrava quasi…
delusione.
Federica
guardava la sua
compagna di stanza venire trascinata sulla pista da Ezekiel e intanto
sorseggiava
un bicchiere di Acquaviola. Ogni tanto gettava un occhio agli studenti
del
secondo anno, allo scopo di individuare Caradoc Dearborn, ma nella
confusione
generale risultava piuttosto difficile individuare qualcuno.
Vedendo l’amica divertirsi
decise di andare a farsi un giro, e non passò molto tempo
prima che individuò lui.
Stava chiacchierando con
degli amici ma sentendosi osservato si girò ed
individuò subito Federica, disse
qualcosa ad un amico alla sua destra, gli diede una pacca sulla spalla
e si
diresse verso la giovane.
“Ti piace la festa?” chiese
lui, esibendo una notevole faccia da schiaffi.
“Beh, meglio dell’ultima a
cui sono stata”
Lui soffocò una risata e le
si avvicinò molto, troppo. “Mi pare che
all’ultima festa c’era qualcosa…o
qualcuno che ti è piaciuto particolarmente”
L’espressione di Federica
era di puro sdegno. “Non osare rinfacciarmelo”
disse “E’ stato solo un bacio!”
“Solo un bacio? Scommetti
che il tuo ragazzo non sarebbe d’accordo? Mi sembrava che tu
volessi andare
oltre il bacio, molto oltre” puntualizzò Caradoc.
La mano della ragazza si
sollevò istintivamente, per tirargli un sonoro ceffone, ma
venne bloccata.
Caradoc le bloccò il polso e la attirò verso di
sé. I loro visi erano
vicinissimi ora. Solo pochi centimetri di un’aria carica di
palpabile
elettricità separavano le loro labbra. Caradoc si
avvicinò ancora di più, ma
non la baciò, anche se le loro labbra si sfioravano, quasi.
“Passa una buona serata,
Forrest” le augurò, poi si staccò,
girò sui tacchi e tornò da dove era venuto.
Federica rimase lì, immobile come un pesce lesso.
Perché le faceva quell’effetto?
Gli occhi azzurri, i capelli indomabili e il sorriso malandrino di
Dearborn la
rendevano infinitamente stupida. Ah, poi c’era il profumo.
Morgana santissima,
quel profumo la mandava fuori di testa.
Dopo
l’ennesimo ballo, alle
cinque del mattino, quando ormai la maggior parte degli studenti si era
arresa
alle braccia di Morfeo, Sadie si era recata di nuovo al tavolo degli
alcolici,
dove aveva preso un altro bicchierino di Odgen Stravecchio.
Con il senso dell’equilibrio
e della proporzione modificato dall’effetto
dell’alcool si diresse barcollando
verso il giardino sul davanti della villa, dove trovò
esattamente chi cercava.
Richard Pollux stava seduto
su uno dei gradini di pietra grigia che conducevano al portone
principale della
villa, gustandosi una sigaretta babbana. Il lavoro di Auror gli aveva
insegnato
a notare ogni singolo dettaglio, così non gli sfuggirono i
passi incerti alle
sue spalle.
“Hai finito di scappare”.
La voce di Sadie suonò carica di astio.
“Sono qui, non mi sembra
che io sia scappato”
La ragazza si sedette sull’ultimo
gradino, appoggiandosi con la spalla e la testa sulla colonnina alla
sua
destra. “Credo che dovremmo parlare di cosa è
successo”
“Già… beh, cosa vuoi
sapere?” chiese lui “Se sono pentito, se considero
la cosa un errore?”
Richard si voltò verso
Sadie, ma vide che la ragazza si era appisolata.
Eveline
stava girando tra
la gente alla ricerca dell’amica sparita una
mezz’ora prima. Non riusciva a
trovarla da nessuna parte e stava iniziando a preoccuparsi.
“Sean, hai visto Sadie per
caso?” chiese al ragazzo che, in quel momento, stava
discutendo di Quidditch
(chissà che novità…) con altri allievi
degli anni superiori.
“No, ma ti aiuto a cercarla”
Insieme continuarono a
cercare la ragazza all’interno della villa, poi si spostarono
sul portico nel
retro dell’edificio. Continuavano a guardarsi intorno alla
ricerca di Sadie,
sforzando gli occhi ormai stanchi. Essendo distratta, Eveline
inciampò
malamente in un paio di bottiglie di burrobirra lasciate lì
a terra e cadde a
terrà graffiandosi una mano.
Sean, che era solo qualche
passo più avanti, si girò e le venne subito in
soccorso.
“Stai bene?”
"Sì, certo” disse lei
alzandosi e cercando di tornare alla sua normale compostezza.
“Vieni”
Sean la condusse al
divanetto di vimini più vicino, la fece sedere e con un
veloce “Ferula” medicò
le ferite sulla pelle di lei. Nel gesto di prenderle la mano ferita con
la sua
non gli sfuggì la benda che circondava
l’avambraccio della ragazza.
“Che ti è successo?”
“Oh no, niente di che” si
sbrigò a giustificarsi Eveline, sfruttando la mano libera
nascondere il tutto
con la manica della camicetta che aveva indossato per
l’occasione.
Il ragazzo decise di non
indagare oltre, nel frattempo non aveva lasciato andare la sua mano
della
bionda. Passò qualche secondo, indeciso su cosa fare. Prese
coraggio e decise
di farlo, di baciarla. Con sua somma sorpresa, Sean non venne respinto
o
schiaffeggiato bensì ricambiato in un bacio lento e sensuale.
Sean circondò il viso di
Eveline con le sue mani e lei, per risposta, immerse una mano nei
capelli
castani di lui, torturandoglieli un po’.
Una volta staccati,
continuarono a guardarsi, finchè non vennero interrotti da
James che, insieme
ad un gruppo di altri ragazzi e ragazze, propose a Sean di andare con
loro a
vedere l’alba dalle rive dello laghetto lì vicino.
Sean si rivolse ad Eveline “Allora,
che ne dici?”
Lei annuì e il ragazzo la
prese di nuovo per mano per condurla al luogo dove avrebbero ammirato
il sole
sorgere.
Richard
Pollux si era
caricato Sadie sulle braccia e, sfruttando i passaggi interni che di
solito
usavano gli elfi domestici, stava portando la ragazza, profondamente
addormentata, in camera sua.
Lungo il corridoio dove c’erano
gli uffici degli istruttori notò la luce accesa
nell’ufficio della Minchum, e
naturalmente lei lo vide passare davanti la porta aperta, con
un’allieva tra le
braccia.
“Rich!” lo chiamò, la
voce ridotta ad un sussurro.
“Shh” replicò l’altro.
Charlotte lo seguì prima
nell’ufficio di lui e poi attraverso la porta che conduceva
alla camera, dove l’istruttore
appoggiò Sadie sul letto. Richard uscì dalla
camera lasciando la porta socchiusa,
poi si sentì spinto dietro la schiena da Charlotte, che
continuando a spingerlo
lo condusse nell’ufficio di lei.
“Voglio delle spiegazioni.
Ora” ordinò la giovane donna prima di chiudersi la
porta alle spalle e lanciare
un Muffliato sulla stanza. Adesso sì che erano guai.
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Capitolo 10 *** Capitolo 8 ***
“Voglio delle
spiegazioni.
Ora”
“Non c’è nulla da spiegare”
replicò Richard, cercando di dissimulare cosa stava
realmente pensando “Ha
bevuto un po’ troppo e non mi sembrava il caso di portarla in
camera”.
Charlotte si sedette sulla
sua sedia, Richard decise di rimanere in piedi, di fronte a lei.
Orgoglioso e
impenetrabile, come sempre. L’istruttrice lo
scrutò, sbuffò leggermente prima
di parlare.
“Conosco quella faccia, e
non è affatto sincera. Ci conosciamo da quasi quindici anni,
credi davvero di
potermi mentire senza che io me ne accorga?”
Richard sapeva di essere
stato messo alle strette. Tanto valeva sputare il rospo.
“Io… sono stato a letto con
lei”
La bocca di Charlotte si
aprì in una specie di o. “Tu…cosa?
Stasera?”
“No no, non stasera…la
scorsa settimana, la notte di luna piena”
“Oh Rich…” si limitò a dire
la giovane. Chi non la conosceva bene poteva pensare che il suo tono
fosse di
compassione ma chi, come Pollux, la conosceva da tempo, sapeva che
quella era
solo la calma prima della tempesta.
“È successo tutto così in
fretta… io ero sconvolto, pensavo a quel discorso che avevi
fatto sui Mooncalf
e pensavo ad Amelia, a come l’ho persa…”
Lei lo interruppe con un
gesto della mano. “Smettila di comportarti come se fossi
l’unico che ha perso
qualcuno!” sbraitò “Non hai il monopolio
della sofferenza!”
Lui incassò il colpo, in
silenzio, con lo sguardo basso, cosa che fece irritare ancora di
più Charlotte.
“Non comportarti da cane
bastonato! Hai idea di cosa succederebbe se Moody lo venisse a sapere?
Io non
ti salverò le chiappe un’altra volta! Ho una
responsabilità verso questi
allievi, abbiamo una responsabilità e se non sei in grado di
sostenerla
vattene!”
Il cervello di Richard si
era fermato a sentire il nome di uno degli Auror più potenti
di tutto il
ministero, destinato a diventare Capo Auror a breve.
“Non dirlo a Moody, ti
prego”
Lo guardò seria, a braccia
conserte. Sembrava come quando una mamma guarda un bimbo che ha
combinato un
guaio, per spingerlo a confessare. “Qualcun altro lo
sa?”
“La Richards” disse lui a
bassa voce
“Siete stati visti?” La
voce di Charlotte era diventata acuta e stridula. “Io non ti
coprirò” affermò
convinta, con un tono di voce e uno sguardo granitici.
“Perché?” replicò lui ad un
tono di voce più alto.
Ormai stavano litigando.
Non era certo la prima volta che succedeva ma era raro che arrivassero
ad
urlarsi contro. Questa volta rabbia e frustrazione accumulate da tempo
erano
venute a galla, anche se entrambi sapevano che non era giusto
prendersela con
l’altro.
“Ho chiesto già una volta a
mio padre di coprirti, e ci ha quasi rimesso il posto! Non
metterò a rischio la
mia carriera per te!” urlò lei.
“Oh, perché è questo che ti
interessa! Metti sempre la tua fottuta carriera al primo
posto!” gridò Richard
di rimando “Potevi avere l’amore, essere felice,
invece hai scelto la tua
carriera!”
Ecco. L’aveva ferita. Aveva
toccato l’unico tasto dolente del passato di Charlotte
Minchum. L’amica non ne
parlava, ma lui sapeva che le scelte che aveva fatto le erano costate
care e
che la facevano soffrire parecchio.
Negli occhi poté leggere la
tristezza che l’aveva attanagliata, anche se solo per attimo,
perché poi era
tornata a guardarlo col suo cipiglio fiero e impassibile.
“Se vuoi continuare a
vederti con Sadie Morris mi aspetto il foglio con le tue dimissioni
sulla mia
scrivania, penserò io ad inoltrarlo al Ministero”
disse in tono duro e freddo.
La sua rabbia era palpabile anche se non aveva urlato.
Richard si avvicinò e lei
si ritrasse. “Charl…” la
chiamò ma lei si allontanò ancora di
più, lo superò e
aprì la porta. Si fermò lì accanto,
guardò il ragazzo negli occhi e poi guardò
il corridoio come per segnalargli che era ora che se ne andasse.
Richard
entrò lentamente
nella sua camera, osservando la ragazza stesa sul letto e le lenzuola
bianche stropicciate
sotto di essa. Era davvero bella, con i capelli castani che le
arrivavano fino
al seno, il fisico flessuoso e ben proporzionato, il viso su cui
risaltavano
gli zigomi alti e le labbra carnose. Era una donna ma adesso, piegata
in
posizione fetale, sembrava una bambina.
Valeva la pena rischiare
tutto per una creatura così bella? Non lo sapeva.
Trasfigurò un paio di
magliette in due coperte, una la appoggiò su Sadie e
un’altra se la portò con
sé sulla poltrona davanti al camino. Era ormai pieno giorno,
ma il cielo era
oscurato da un ammasso di nuvole grigie, che presagivano una giornata
di
pioggia.
A mezzogiorno decise che
era meglio andare a svegliare la ragazza. Non voleva che altri studenti
si
insospettissero per la sua sparizione. Si alzò,
entrò nella stanza e si sedette
sul bordo del letto. Avvicinò una mano per sfiorarle il
bracciò. Di scatto
Sadie si svegliò e prese il polso di lui con una forza
inaudita.
“Però, che riflessi!” si
ritrovò a ridacchiare Richard.
“Scusa…” biascicò lei
tirandosi su a sedere “Che ore sono?”
“Mezzogiorno…” rispose
l’altro “E credo che sia meglio che tu vada, le tue
amiche saranno preoccupate
per te”
“Già”
“Quando hai fatto, c’è una
porta dietro la seconda libreria sul corridoio… passa di
lì, arriverai
direttamente alle cucine senza essere notata” La voce di
Richard era totalmente
atona, non lasciava trasparire nessuna emozione. Sadie avrebbe voluto
replicare, dire qualcosa, ma si limitò a guardarlo mentre
usciva prima dalla
camera, poi dallo studio, e forse dalla sua vita.
Gli elfi
domestici aveva
preparato un brunch per quel giorno, sapendo bene che tutti si
sarebbero alzati
ad un’ora in cui normalmente avrebbero fatto pranzo, ma con
la voglia di fare
colazione.
Le tavolate della sala da
pranzo erano cariche di ogni ben di dio, dai cornetti alle salsicce,
dalle uova
strapazzate ai muffin, dal salmone affumicato alla frutta.
Krystal e Zeek, che avevano
passato la serata precedente in maniera abbastanza tranquilla, ballando
e
scherzando, si stavano godendo tutte quelle cibarie. Erano seduti
l’uno accanto
all’altra sorseggiando un cappuccino.
“Hai i baffi” rise Ezekiel
dopo averla guardata.
Krystal mise su una finta
faccia offesa. “Non è carino da dire a una
ragazza”
Il ragazzo scoppiò in una
risata cristallina che fece ridere a sua volta anche lei. Quando
smisero di
ridere anche Ezekiel fece un sorso di cappuccino in modo tale che anche
sopra
alla sua bocca comparisse un baffo di schiuma.
“Ecco, adesso siamo in due”
disse dolce e serio allo stesso tempo. Sporgendosi poi per baciarla,
piano, con
delicatezza. E il cervello di Krystal andò in pappa. Durante
tutto il tempo in
cui le loro labbra furono unite dimenticò che nella stessa
stanza c’erano
almeno altre venti persone, o se ne fregò, non
riuscì nemmeno lei a dirlo.
Sapeva solo che in quel momento si sentiva veramente bene.
Sullo
stesso tavolo, qualche
posto più in giù Abigail e Emily avevano
assistito alla scena.
“C’è amore
nell’aria”
commentò la bionda.
“E non è meraviglioso? Tu
piuttosto, non mi hai ancora raccontato com’è
andata la tua di serata…”
Emily si sporse di più sul
tavolo, appoggiando la mano sotto il mento.
“Allora?” incalzò.
“Non c’è niente da
raccontare, davvero. Non ho combinato niente con nessuno, sono solo
andata a
vedere l’alba con James, Sean, Eveline, Chris, Martin e
Alice”
L’amica si lascio andare ad
un sorrisetto, scansandosi una ciocca di capelli scuri dietro
all’orecchio. “James
sembra molto interessato a te ultimamente”
Abbie si lasciò tradire dal
suo colorito scarlatto. Cercò di rimediare affermando
“Sai com’è James… ci
prova con tutte”
“Con me non ci ha mai
provato!”
“Solo perché sei fidanzata,
tesoro”
“Comunque… ieri ho
conosciuto qualche compagno di corso di Justin. Ero un po’
titubante all’inizio
ma devo dire che sono davvero simpatici! C’erano anche i
gemelli del secondo
anno! Hai presente chi sono, vero?”
“Certo che ho presente chi
sono i gemelli Prewett…” aveva cominciato a dire
Abbie, quando l’amica la
interruppe.
“Non puoi negare che siano
due tipi interessanti e davvero divertenti”
“Non mi sembrano molto
maturi”
“Sono maturi a sufficienza
da stare qui, mi sembra abbastanza… dai, posso chiedere a
Justin di
presentarteli, credo che a Fabian piaceresti molto… potremmo
fare un’uscita a
quattro”
Dopo vari tentennamenti Abigail
si lasciò convincere dall’amica a farsi presentare
gli amici del fidanzato, ma
non avrebbe mai immaginato che Emily la prendesse subito per un braccio
e la
trascinasse da Justin.
Federica
anche aveva
assistito al bacio tra Ezekiel e Krystal e aveva deciso che non era il
caso di
disturbare l’amica. Si sedette così davanti Ezra
Hattle e Hayden Fawley e
accanto Elias Corner.
“Buongiorno” la salutò
cordialmente il primo
“Giorno” salutò il secondo.
Elias si limitò a
sbiascicare qualcosa mentre mangiava una ciambella. Federica continuava
a
pensare di aver trovato qualcuno più timido di lei. Corner
era senza dubbio una
persona timida, ma più andavano avanti le lezioni
più si dimostrava un ragazzo
a dir poco intelligente. Lavorava in sordina, ma con ottimi risultati.
Eveline
aveva appena
salutato Sean con un bacio, un bacio veloce, l’inizio di
un’abitudine. L’aveva
lasciato a fare colazione, a differenza sua che aveva preso un
caffè veloce e
un biscotto. Voleva assolutamente andare a correre prima che iniziasse
a
piovere.
Passando davanti la cucina
notò l’amica Sadie, da sola, seduta sul bancone a
sorseggiare un tazza di
caffè.
“Avrai bisogno di un baule
di quello” commentò Evie.
Sadie sollevò lo sguardo
verso l’altra. “Scusa, non ti avevo sentita
arrivare”
“Oh, allora sentirai questo”
disse Eveline con uno sguardo sadico. “Dove cavolo sei finita
ieri sera?” urlò “Ti
ho cercata ovunque! Ero preoccupata!”
Sadie scese dal bancone e
posò le mani sulle spalle della ragazza. “Ti
prego, ti prego, ti prego non
farlo mai più. Non urlare. Ho un mal di testa
allucinante”
“Più che meritato, direi”
“Come se tu non avessi
bevuto…”
“Ma io lo reggo l’alcool”
controbatté
la bionda. “Allora dov’eri?”
“A dormire” rispose
semplicemente Sadie, pregando che l’amica non insistesse
oltre ma sapeva già
che le sue preghiere sarebbero rimaste inaudite.
Eveline, infatti, le rubò
dal piatto il muffin che stava mangiando. “Lo riavrai
indietro solo se mi dirai
cosa ti è successo”
“E va bene…” sbuffò Sadie
“Volevo
affrontare Richard, ma mi sono addormentata come una cretina. Mi ha
svegliata
un’ora fa. Credo che mi abbia portata a dormire in camera
sua.”
Il viso di Eveline si piegò
in una smorfia pensierosa. “Cosa hai intenzione di fare con
lui?”
“Non lo so!” rispose Sadie.
Si stupì delle sue stesse parole. Adesso che ci pensava era
vero, era andata lì
per affrontarlo e dirgli cosa? Voleva stare con lui e rischiare di
essere
additata come una raccomandata o una poco di buono, o lasciare che
quell’unica
volta venisse contata come un errore da non ripetere? Merlino,
però, non
potevano scegliere istruttori grassi e brutti?
Un lampo squarciò il cielo,
e passarono pochi secondi prima che una pioggia fitta iniziasse a
cadere su
quella zona d’Inghilterra.
“Perfetto, non posso
neanche andare a correre” borbottò Eveline.
“Cioè, fammi capire… per un
giorno che non abbiamo lezione, tu volevi comunque andare a
correre?”
Nel
pomeriggio Hayden si recò
alla Voliera per spedire una lettera che aveva preparato per Nathan.
Aveva
fatto un incantesimo di impermeabilità alla busta e stava
cercando di scegliere
un gufo abbastanza forte e resistente da riuscire a volare in mezzo al
temporale.
Stava legando la busta alla
zampa di un volatile dal piumaggio marrone e nero quando
sentì la porta aprirsi
e vide James Martin, furioso dopo aver visto i gemelli Prewett fare i
cascamorti
con Abigail e Emily, entrare.
“Scrivi al tuo innamorato?”
C-cosa? Come faceva l’ex
Grifondoro a sapere che Nathan Grey era il suo fidanzato? A quel punto
non
poteva di certo mentirgli come aveva fatto col resto della classe e
soprattutto
con i suoi genitori. Già ad Hogwarts si era diffuso il
pettegolezzo che Fawley
fosse gay ma molti non avevano dato peso alla cosa, non avendolo mai
visto con
un ragazzo ma certamente Martin non era tra questi. Quel ragazzo era
maledettamente brillante, più di quanto non desse a vedere.
Sì se ne stava
sempre a flirtare con le ragazze e non aveva risultati accademici
eccellenti, oscurato
dal fratello gemello Charles, ma in realtà aveva un cervello
niente male,
perciò dovette costatare per l’ennesima volta che
sarebbe stato inutile
mentirgli.
“Fatti gli affari tuoi”
sibilò Hayden.
“Non ce l’ho con te perché hai
un fidanzato. Se ti ha aiutato a entrare qui dentro, ben
venga”
“Rimangiati subito quello
che hai detto!” sbraitò puntandogli la bacchetta
contro. Al sentire le urla
molti dei gufi, delle civette e dei barbagianni lì presenti
iniziarono a
sbattere le ali, irrequieti e spaventati.
James non aveva perso il
suo sorriso beffardo “Vuoi una sfida?”
Il tempismo perfetto di
Ezra Hattle lo portò ad aprire la porta della voliera in
quel momento esatto.
“Cos’è questo…”
iniziò a
dire ma si bloccò vedendo i due con la bacchetta puntata
l’uno contro l’altro poi
terminò la frase “…casino”
Guardò di nuovo i due
ragazzi e guardò i volatili che piano piano si stavano
calmando. “Che diavolo
pensavate di fare? Se vi beccano vi buttano fuori a calci”
James sembrò pensarci su. “Quando
hai ragione, hai ragione. Io, a differenza di qualcuno, non posso
permettermi
di mettere a rischio il mio posto” disse, prima di mettersi
il cappuccio del
mantello, voltarsi ed uscire dalla Voliera, in un gesto che molti
avrebbero
definito teatrale.
“Che voleva dire?” chiese
Ezra, rivolgendosi all’altro ragazzo rimasto.
Hayden rispose “Crede che
io sia un raccomandato perché sto… beh”
“Ho sentito dire che stai
con l’Auror Grey” l’aiutò a
completare la frase l’amico.
“Per questo crede che io
sia stato aiutato ad entrare qui dentro, che non mi meriti questo
posto” sputò
fuori Hayden, con rabbia
“Allora dimostragli il
contrario”
|
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Capitolo 11 *** Capitolo 9 ***
Ed
eccomi qui, con un capitolo un pochettino più corto, ma
l’ho scritto
stamattina di getto. Non vorrei mettere troppa carne al fuoco ma vi
preannuncio
che i prossimi 3-4 capitoli saranno densi densi di eventi.
A presto (spero)
H.
Erano
giorni ormai che
Sadie cercava di parlare con Pollux, ma il suo istruttore risultava
sfuggente
come il fumo. Faceva lezione e poi scappava subito, senza darle
possibilità di
avvicinarlo. L’unico modo che le era rimasto era andare
direttamente
nell’ufficio di lui. E così fece quella mattina,
presto, prima dell’inizio
delle lezioni. Era arrivata a un metro circa dalla porta
dell’ufficio di lui
quando sentì delle voci provenire dall’interno. Si
disilluse per poter stare lì
ad ascoltare. Distinse la voce di Charlotte e quella di Richard,
stavano
discutendo.
“Devi parlarle, prendere
una posizione!”
“Non ci riesco… non so che
fare” diceva Richard
Charlotte alzò ancora di
più la voce “Hai lottato tanto per tenerti questo
posto di lavoro, e lo vuoi
buttare via così?”
“No! Tu hai lottato, per
farmi restare un Auror, anche se di basso livello! Pensi che a me
piaccia stare
qui? Ma ci sto, perché io non sono un guerriero
perfettamente razionale e privo
di emozioni come te”
“Non osare mai più parlarmi
così” stavolta la voce di Charlotte era ferma ma
fredda come il marmo “Non
costringermi a ricordarti che sono due livelli sopra di te, anche se
sono qui.
Non sei più il capitano della squadra.” Erano
parole sputate fuori come veleno.
Sadie rimase lì, immobile.
Sentiva di aver combinato un gran casino. Se la Minchum era venuta a
sapere di
loro significava che se le girava male la notizia sarebbe potuta
arrivare al
ministero e lei avrebbe rischiato il suo posto in Accademia.
Quando la sua istruttrice
uscì dall’ufficio, Sadie decise di non andare
più da Pollux ma di andare a
comunicare la sua decisione direttamente alla Minchum.
Aspettò qualche secondo,
prima di bussare e venne invitata subito a entrare.
“Sadie, accomodati” disse
Charlotte. Non sembrava affatto sorpresa di vederla
“Io… vorrei parlarle…”
esordì la ragazza.
Indugiò ma vide
l’istruttrice alzarsi, e prendere un fascicolo dal secondo
cassetto del grande
mobile-schedario che era posizionato all’angolo sinistro
della stanza, vicino
alla porta. Charlotte tornò a sedersi con un incedere deciso
ma elegante al
tempo stesso.
“Ho letto più volte il tuo
fascicolo… davvero impeccabile. Voti eccellenti, prima
Prefetto poi
Caposcuola…una carriera invidiabile”
Sadie la guardava
perplessa. Cosa voleva dire, con quelle parole? “Oh
beh… grazie”
“Anch’io ero come te. Ho
lavorato duramente per diventare un Auror come hai fatto e stai facendo
e,
lasciatelo dire, sei un’ottima allieva. Tutto questo per
dirti che quello che è
successo potrebbe avere delle conseguenze pesanti, soprattutto se
deciderete di
approfondire la cosa.”
“Lo so”
“Molte persone vorrebbero
essere al tuo posto… lascia che ti dia un consiglio: non
sprecare
quest’occasione.”
“Io avevo già deciso che…
quello che è successo non si ripeterà”
Charlotte cercò di non dare
a vedere il sospiro di sollievo che aveva tirato. Voleva bene a Richard
e
voleva il meglio per lui ma così le cose sarebbero state
più semplici.
Infinitamente più semplici.
“E’ una saggia decisione… e
credimi so quanto possa costare sacrificare qualcuno per fare
ciò che è giusto”
Charlotte era tremendamente
seria e si vedeva, come se ci fosse solo un vetro, che la sua mente
stava lavorando.
“Gliene parlerò oggi
stesso” disse Sadie. Era quello che voleva fare sin da quando
aveva varcato il
corridoio.
“Bene… solo una cosa: cerca
di essere delicata, ti prego” disse, con sincerità.
Sadie
uscì dall’ufficio un
po’ abbacchiata. Si sentiva strana, come se avesse avuto un
peso sullo stomaco.
Entrando nella sala da pranzo, dove quasi tutti stavano facendo
colazione si
rallegrò alla vista dell’amica Eveline e corse
dietro di lei. Le mise le mani
sugli occhi ed esclamò: “Buon
compleanno!”
“Grazie!” esclamò l’altra,
piuttosto sorpresa “E tu come lo sai?”
“Io so tutto cara” sorrise
l’altra, poi guardò Sean e ammiccò
“Vi lascio da soli, piccioncini”
Il ragazzo rivolse i propri
occhi azzurri verso Eveline e chiese “Perché io
non sapevo che oggi è il tuo
compleanno”
“Perché non lo sa nessuno,
o almeno questo credevo”
“Evie…credo che noi
dovremmo cominciare a dirci un po’ di cose…cose su
di noi” disse lui un po’
titubante.
Eveline tirò fuori un
sorrisetto sprezzante, buttò giù un sorso di
succo di zucca e rispose con
un'altra domanda. “Tipo?”
“Beh, abbiamo chiarito
quand’è il tuo compleanno… il mio
è ad Agosto, il 10. Hai fratelli o sorelle?”
La ragazza sembrava più
divertita che irritata da quella specie di interrogatorio che Sean le
stava
propinando.
“Ho una sorella che è una
specie di vulcano, ha preso tutto da mia madre. Definire la mia
famiglia come
invadente è riduttivo”
Sean sorrise dolcemente
pensando alla sua di famiglia e a quanto gli mancavano i suoi fratelli.
“Scommetto, però, che è piena di
calore”
“Sì” ammise lei. Non era
una famiglia perfetta ma era la sua famiglia.
Come
ogni giorno all’orario
stabilito la porta dell’Aula 1 si aprì e Charlotte
Minchum entrò e si posizionò
dietro la cattedra.
“Buongiorno a tutti. La
lezioni di oggi potrà risultare per molti di voi piuttosto
noiosa. Vi
immaginate tutti il lavoro di Auror come carico di adrenalina, ma
c’è anche una
parte decisamente più tranquilla ed è tutta
quella che riguarda la Legge
Magica. Ad esempio, nel caso dobbiate condurre un interrogatorio,
dovete sapere
quali sono i capi d’accusa e fin dove potete
spingervi”
La giornata trascorse in un
clima che si potrebbe definire sonnolento. I minuti scivolavano via
lentamente
come se il tempo avesse deciso di scorrere al rallentatore. Arrivati a
metà
pomeriggio Charlotte si accorse, mentre stava spiegando in quali casi
era
ammissibile usare il Veritaserum, che buona parte degli allievi si era
accasciata sul banco, qualcuno si ciondolava sulla sedia e solo pochi
reduci
continuavano a prendere appunti. Per un momento si sentì
come il professor
Collum, il suo ex insegnante di Aritmazia, un uomo decisamente anonimo
e decise
di terminare lì la lezione e concedere il resto della
giornata libero a tutti.
Soprattutto a se stessa. Era stata una settimana difficile.
“Allora,
dove mi stai
portando?” chiese una Eveline bendata al ragazzo che la stava
conducendo
attraverso il prato dietro la villa. Non amava particolarmente le
sorprese ma
Sean aveva insistito per coprirle gli occhi.
“Aspetta e lo vedrai” ridacchiò
il ragazzo, aiutandola a scavalcare una radice che spuntava dal terreno.
“Basta che non mi mandi a
sbattere contro un albero…” sbuffò lei.
Erano 10 minuti buoni che stavano
camminando, anche se a causa della sua momentanea cecità
procedevano lentamente,
e lei si stava stufando.
“Siamo quasi arrivati”
replicò lui, più pazientemente.
Un altro paio di minuti e
si fermarono. Sean le tolse la benda dagli occhi per permetterle di
vedere la
piccola sorpresa che aveva preparato. Aveva steso un plaid a terra e
sopra
c’era un cestino da pic-nic.
“Non è niente di che, sono
solo panini. Non sono riuscito ad ottenere niente di meglio dagli elfi
domestici”
Sean si passò una mano tra
i capelli. Improvvisamente si sentiva imbarazzato e patetico, come un
adolescente alla sua prima cotta.
Eveline notò il suo
imbarazzo e si alzò leggermente sulle punte per baciarlo.
“Non sapevo che era un
romanticone, signor Stuart” scherzò dopo che si
ritrasse.
Fu una serata speciale. I
due mangiarono insieme, godendosi le luci gialle e rosse del tramonto.
Il tempo
fu clemente al punto che Sean e Eveline si decisero a passare la notte
lì,
semplicemente dormendo, abbracciati.
Dopo cena,
Sadie si era
decisa ad andare a parlare con Richard. Era ferma lì,
davanti alla porta, con
la mano pronta a bussare, ma esitava. Non poteva tornare indietro e non
riusciva ad andare avanti.
Prese un respiro profondo
prima di battere per un paio le nocche contro la porta.
“Avanti” disse la voce all’interno
dello studio.
La ragazza prese un altro
respiro prima di entrare con passo lento e incerto.
“Ciao” lo salutò cercando
di sfoggiare un tono di voce neutro.
“Ciao, siediti”. Richard la
invitò ad accomodarsi indicando le sedie posizionate davanti
la scrivania.
“Veramente… preferirei
restare in piedi. Ho cercato nei di parlarti in questi giorni e, non ci
sono
mai riuscita”
Richard la guardò in quei
luminosi occhi chiari che l’avevano affascinato fin dal primo
giorno. “Hai
ragione, non sono stato corretto con te”
Sadie abbozzò un mezzo
sorriso. Anche se conosceva poco Richard Pollux le era stato subito
evidente
che sotto all’ammasso di muscoli e all’aria da duro
si nascondeva un animo
sensibile e ferito.
“Non deve più succedere
quello che è successo tra noi” esordì
lei. Il suo sguardo era fermo, deciso ma
il peso che attribuiva a ogni parola era come un macigno che le premeva
sulla
bocca dello stomaco.
“Stai prendendo una
decisione per entrambi” commentò Richard.
“Uno di noi due deve farlo”
“Ascolta, io mi prenderei
le mie responsabilità se…”
iniziò a dire l’istruttore, ma venne subito
interrotto dalla ragazza.
“No, no. Non pensare solo
alle conseguenze che potrebbe avere sulla tua carriera o ai
pettegolezzi perché
di quelli me ne frego. Perché credi che sia venuta qui? Per
me!”
Pollux sospirò. Un velo di
delusione gli aveva appannato gli occhi. Voleva che Sadie continuasse a
parlare
e strappare via questo cerotto.
“Voglio frequentare quest’accademia
e voglio farlo bene. Voglio diplomarmi e fare l’Auror. E non
posso fare tutto
questo se la mia testa è occupata da una persona che
è totalmente sbagliata per
me. Non posso perdere tutto quello per cui ho lavorato”
Sadie aveva parlato tutto d’un
fiato. Non ebbe il coraggio di guardare Richard, perciò si
voltò verso la porta
e la aprì.
“Spero che tu lo capisca”
disse prima di andarsene.
La mattina
seguente vide un
James Martin che strapazzava ancora di più le sue uova
strapazzate mentre osservava
i gemelli Prewett che si erano seduti al loro tavolo. Fabian Prewett si
era
accomodato accanto ad Abigail e Gideon di fianco ad Emily. Entrambi i
ragazzi
stavano raccontando un qualche aneddoto divertente, facendo facce buffe
e l’imitazione
di un uomo baffuto grazie ad una fetta di bacon.
Non era tanto il fatto che
Abigail, così come Emily, ridesse ai racconti dei due a dare
fastidio a James
quanto più lo sguardo languido che le lanciava Fabian quando
lei non se ne
accorgeva.
Era talmente concentrato
sui due che non sentì nemmeno Ezekiel che gli diceva che
stava schizzando cibo
ovunque.
Il suo umore venne
leggermente sollevato dall’arrivo di Justin Blackwood, nella
speranza che il
ragazzo avrebbe cacciato i gemelli, anche se era amico di entrambi.
Anche Justin aveva
osservato la scenetta dall’arco della porta, e aveva deciso
di averne
abbastanza. Non voleva certo sembrare maleducato o geloso quindi si
recò verso
il gruppetto da quattro con un sorriso smagliante.
“Un buongiorno a tutti”
disse piegandosi verso il gruppo. “E soprattutto un
buongiorno alla mia ragazza”
aggiunse mentre Emily si voltava a guardarlo e nel contempo la sorprese
con un
bacio. Un bacio tranquillo, di quelli che usavano per salutarsi, ma
sufficiente
a ribadire la sua posizione.
Non la fregò. Emily lo
conosceva meglio di tutti e sapeva benissimo che se l’aveva
baciata lì, tra
tutti gli allievi, c’era un motivo. Justin sapeva quanto lei
odiasse le
smancerie in pubblico.
“Vieni un attimo fuori con
me?” chiese Emily al ragazzo, cercando di suonare il
più dolce e adorabile
possibile ma i suoi occhi sembravano sparare scintille.
Justin la seguì appena
fuori dalla sala da pranzo, pronto alla sua probabile morte.
“Cos’era quello?” chiese la
ragazza a braccia incrociate, tamburellando con il piede destro sul
pavimento.
Justin si passò una mano
tra i capelli con non-chalance e rispose “Quello?
Niente”
La ragazza inclinò
leggermente il capo verso destra “Ah, niente? A me
è sembrato tanto che
marcassi il territorio, come i cani”
“Io…” Justin stava
iniziando a balbettare. Era raro che perdesse le parole. La cosa non
poté far a
meno di far sorridere Emily che si avvicinò al viso di lui.
“Sbaglio o noto un po’ di
gelosia?” chiese con un pizzico di maliziosità
nella voce.
Lui resse il gioco e
sfoderò un tono di voce ancora più suadente
“E come potrei non essere geloso di
una fidanzata così?” e la baciò,
stavolta più piano, e più dolcemente. Erano
solo loro due, immersi nella loro piccola bolla di felicità.
|
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Capitolo 12 *** Capitolo 10 ***
Il mese di Novembre
scivolò
via in giornate caratterizzate da una pioggerellina quasi perenne,
tipica del
Nord dell’Inghilterra in quel periodo dell’anno. Il
clima non aiutava certo a
tenere alto il morale degli allievi dell’Accademia per Auror.
Solo l’arrivo di un altro
week-end aveva rallegrato gli animi. Il caso volle che
quell’anno il compleanno
dei gemelli Prewett cadesse proprio di sabato e i due non vollero
risparmiare
sui festeggiamenti per i loro 20 anni. Per la sera stessa avevano
organizzato
un party a cui era stata invitata tutta l’Accademia,
istruttori compresi.
Corruppero gli elfi
domestici per far servire una cena a buffet. Due lunghe tavolate erano
sistemate ai lati opposti della grande sala da pranzo. Su un tavolo
c’era
qualsiasi cibo immaginabile mentre l’altro era pieno di
bevande, sia
analcoliche che alcoliche. La predominanza delle ultime sulle prime
lasciava
presagire una serata memorabile.
Gideon aveva invitato una
biondina del terzo anno mentre Fabian aveva invitato Abigail alla festa
e non
avendo nessun altro accompagnatore, la ragazza aveva acconsentito.
Alle due di notte erano
tutti abbastanza brilli. Sadie aveva fatto promettere ad Eveline che
non
l’avrebbe persa di vista. Stavolta voleva evitare di fare
cazzate. Il
divertimento non le mancò comunque, ballò fino
allo sfinimento e si concesse
qualche bicchiere di idromele.
Zeek e Krystal uscivano
insieme ormai da un mese. I due passarono con Ezra, Hayden e Federica
la
serata. Il gruppetto si godette la serata ballando e partecipando ai
vari
giochi che i gemelli avevano organizzato, la maggior parte dei giochi
prevedeva
penitenze che consistevano nel bere un bicchierino di Whisky
Incendiario.
Alle due di notte erano
ormai stanchi, perciò il gruppo decise, di comune accordo di
ritirarsi per la
notte. Ezekiel si offrì di accompagnare Krystal in camera. La
ragazza si affacciò
e vide che la compagna di stanza non era ancora tornata.
“Beh, devo dire che quei
due sanno davvero come organizzare una festa”
commentò Zeek.
“Eh si, devo ammetterlo”
sorrise lei “Beh buonanotte”
“Buonanotte” rispose il
ragazzo. Posò dolcemente le proprie labbra su quelle di
Krystal mentre con una
mano le infilava una ciocca di capelli neri dietro
l’orecchio. Il bacio, che
era partito dolce e lento, scatenò la foga in entrambi. Le
loro labbra e le
lingue si cercarono in maniera famelica. Zeek spinse leggermente
Krystal
all’interno della stanza e si chiuse la porta alle spalle. I
due continuarono a
baciarsi, si spogliarono. Zeek prese in braccio Krystal e la
posò delicatamente
sul letto. Con le mani percorse ogni primo centimetro della pelle di
lei, senza
smettere di guardarla in quegli occhi scuri che brillavano nella
penombra della
stanza. I loro respiri si fecero più lenti e pesanti quando
lui la penetrò ed
iniziarono a fare l’amore.
Al piano
terra la festa
continuava, anche James aveva esagerato con l’alcol. Vedeva
continuamente
davanti ai propri occhi Abigail e Fabian Prewett. Non riusciva a non
pensare a
quanto lei fosse bella quella sera, con i capelli biondi mossi
acconciati in
uno chignon da cui scendeva qualche ciuffo ribelle, lo sguardo
enfatizzato da
una riga di eye liner e un vestito a portafoglio blu, la cui scollatura
ne accentuava
il seno.
Aveva buttato giù un altro
paio di bicchierini di Odgen Stravecchio prima di andare a provarci con
una
ragazza dai capelli rosso fuoco e gli occhi azzurri. La
lasciò perdere solo
quando vide Abigail uscire dal salotto insieme al suo accompagnatore.
Seguì la
coppia con lo sguardo, pregando mentalmente che non si dirigessero
verso le
camere da letto. Quando vide che la ragazza era rimasta sola la
raggiunse.
“Allora, ti ha lasciata
sola il tuo belloccio?”
Abigail lo guardò, con una
certa perplessità negli occhi. “James…
che vuoi?”
Il ragazzo appoggiò una
mano sul muro dove lei era appoggiata, a pochi centimetri del suo viso
e la
guardò. “Perché non sei venuta alla
festa con me?”
Lei percepì subito nell’alito
di lui l’odore dell’alcool. “Sei ubriaco
per caso?”
“Perché non sei venuta alla
festa con me?” ripeté James, a voce più
alta “Stai con lui adesso?”
“Non mi sembra che tu mi
abbia invitata!” scoppiò lei, arrabbiata
“Che vuoi da me, eh?”
James la guardò negli
occhi. Per Godric, in quel momento sarebbe morto dalla voglia di
baciarla ma
sapeva che sarebbe servito solo a guadagnarsi un sonoro ceffone.
Non sentì arrivare qualcuno
da dietro e prenderlo per le spalle, per allontanarlo bruscamente da
lei. “Lasciala
stare!”
James si voltò di scatto,
ritrovandosi faccia a faccia con uno dei gemelli ma in quel momento non
era
certo di chi si trattasse. “Non ti immischiare,
Prewett” gridò.
Il ragazzo lo spinse
leggermente, ma James interpretò la cosa come una
provocazione e non esitò a
contrattaccare con un pugno sul naso. I due iniziarono a prendersi a
botte,
attirando lo sguardo di molti dei presenti. Abigail sotto shock urlava
loro di
smetterla. Passò qualche minuto fino a che anche
l’istruttrice del secondo anno
venne attirata sulla scena.
“Signori! Smettetela
immediatamente!” ordinò loro. Gideon Prewett
posò una mano sulla spalla del
fratello. Sean cercò, con molti sforzi di calmare
l’amico.
“Signor Martin, l’accompagno
dalla signorina Minchum. Quanto a lei, signor Prewett, mi segua nel mio
ufficio”
Emily, che era accorsa
quando aveva sentito che due persone si stavano prendendo a botte per
Abigail,
si rivolse all’amica. “Cosa credi che
succederà?”
Abigail guardava con
delusione il proprio amico d’infanzia seguire
l’istruttrice verso gli uffici. “Ho
paura che li espelleranno” disse, un paio di lacrime le
solcavano lentamente il
viso.
L’istruttrice
del secondo
anno conferì con Charlotte. Uscì dallo studio
lanciando uno sguardo inceneritore
a James. Si sentiva frastornato e avrebbe voluto solo vomitare, cosa
che
precipitò a fare appena prima di entrare.
“Entra James, entra”
Il ragazzo si accomodò,
sotto lo sguardo severo di lei.
“Come ti senti?”
“Uno schifo” sbuffò lui
tirando la testa all’indietro con aria insofferente.
“Bene. Caroline mi ha detto
ciò che è successo. Il tuo comportamento
è stato decisamente inappropriato.
Dovrei espellerti”
“Sarebbe meglio” borbottò
lui. E in quel momento lo pensava davvero. Non si sentiva abbastanza.
Come si
era sempre sentito. Il gemello era quello intelligente, e aveva scelto
Magigiurisprudenza. Lui era quello immaturo e donnaiolo e in quel
momento si
sentiva esattamente come era stato sempre giudicato.
“James… ascoltami bene, per
favore. Io non ti butterò fuori, non oggi. Non ti
offrirò questa scappatoia,
sarebbe troppo facile dire che non ce l’hai fatta
perché io ti ho mandato via”
Il ragazzo continuava a
tenere la testa all’indietro e a guardare il soffitto.
“Non merito di stare qui”
biascicò.
“E invece credo che sia
proprio quello che ti meriti. Resterai qui finché non ti
diplomerai e
dimostrerai al mondo che sei più intelligente e maturo di
quello che vuoi far
credere”
Sentendolo sbuffare,
Charlotte continuò. “Come ti è sembrata
prima Abigail?”
James si ritrovò a
rispondere senza pensarci “Bellissima”. Sorrise
stupidamente e per un attimo
anche Charlotte sorrise.
“Ok. A parte quello?”
“Delusa”
“Esatto. E sai perché” Non
era una domanda. Era un’affermazione. Si stupì di
come quella donna avesse
capito molto di lui, pur essendo un’insegnante e conoscendoli
solo da qualche
mese.
“Lei crede in me” rispose
James sentendo leggermente il naso pizzicargli.
Charlotte si alzò e gli
posò una mano sulla spalla, guardandolo in viso.
“Dalle tempo di sbollire, poi
scusati con lei e parlale dei tuoi sentimenti”
“Io non posso…”
“Sì che puoi”
Il giorno
dopo Abigail non
si fece vedere a colazione quindi James raccolse il suo coraggio e
andò verso
camera sua. Sapeva che la compagna di stanza di lei, fortunatamente,
era
partita per il week-end quindi Abigail sarebbe stata sola.
Bussò, passarono
circa 10 secondi prima che lei rispose da dentro.
Quando James entrò vide che
la ragazza se ne stava sdraiata sul letto, a pancia sotto. La ragazza
si girò e
si stupì quando vide lui.
“Credevo fosse Em”
“Abbie, ti prego, possiamo
parlare?” chiese lui avvicinandosi al letto.
La ragazza si mise seduta,
con la schiena appoggiata alla testiera di legno chiaro e le gambe
raccolte con
le braccia. Abbassò lo sguardo per un po’, poi
spostò una mano e la batté sul
letto per fare cenno a James di sedersi vicino a lei.
Ora si guardavano. Faccia a
faccia. James notò la piega innaturale delle sue labbra, i
capelli sciolti e
leggermente scomposti che scivolavano lungo il viso e la schiena di
lei, fin
quasi a toccare le coperte.
“Ieri sera è stato un
disastro” disse Abbie. Il suo tono non era arrabbiato, ma
più amareggiato.
“Già… sono stato un vero e
proprio coglione” ammise James. In risposta Abigail
annuì.
“Prewett sta bene, vero?”
“Sì… Fabian sta bene. Noi
ci siamo messi insieme” disse con un certo imbarazzo.
Per James fu come se il
corpo venisse trafitto da mille lame e sentì qualcosa
spezzarsi dentro. In quel
momento credette di capire cosa si prova a essere sottoposti alla
maledizione
Cruciatus. I suoi occhi ambrati si spostarono sui lacci delle proprie
scarpe,
su cui si focalizzò per cercare di nascondere il proprio
dolore.
“Capisco…” si limitò a
rispondere.
“Jam” lo chiamò.
Il ragazzo la guardò
intensamente prima di parlare con una dolcezza e una
maturità che raramente
Abbie aveva visto “Abbie, io tengo davvero tanto a te e
voglio che tu sia
felice… e se con Prewett sei felice, per me va bene.
Imparerò ad accettarlo.”
Abbie sorrise, anche se era
un sorriso un po’ triste. Si spostò per mettersi
in ginocchio e si sporse per
dargli un bacio sulla guancia. “Sono contenta che non ti
abbiano espulso”
Il
lunedì mattina Charlotte
stava uscendo dalla sala da pranzo, sorseggiando ancora il suo
caffè da una
tazza risalente a quando era bambina. Richard veniva verso di lei a
passo
svelto. Dalla questione Sadie il loro rapporto non era stato
più lo stesso, non
tanto per il fatto in sé quanto più per come lui
l’aveva ferita con le proprie
parole. Nonostante questo continuavano però a rispettarsi e
a volersi bene,
anche se un po’ più da lontano.
“Charl”
“Dimmi”
“C’è qualcuno per te nel
tuo ufficio”
“Chi?”
Richard la guardo negli
occhi chiari in un modo che solo loro conoscevano. Bastò
infatti una frazione
di secondo prima che un pensiero attraverso la mente della donna,
sconvolgendola al punto che le sue mani lasciarono cadere a terra la
tazza.
Charlotte superò un Richard
intento con un paio di incantesimi a sistemare la tazza e ripulire, e
si recò a
passò svelto verso il suo ufficio. Attraverso la porta di
vetro vide la figura
seduta sulla poltrona.
L’avrebbe riconosciuto tra
mille, quel profilo così familiare eppure così
nuovo, quella figura di cui
conosceva ogni singolo dettaglio.
Prese un respiro e abbasso
la maniglia. L’altra persona non si scompose minimamente
così lei, ancora a
pochi passi dall’uscio disse: “Chi pensa che il
passato è passato e come tale non
può più tornare si sbaglia di grosso”
Volevate un capitolo nuovo e velocemente? Ed io vi sorprendo! Questo e
i
prossimi capitoli saranno un po’ più focalizzati
degli altri, nel senso che non
ci saranno tutti i personaggi ma ci si focalizzerà solo su
alcuni. Avevo in
mente un ordine di eventi diverso ma mi è stato richiesto il
passato di
Charlotte quindi ho cambiato e cambierò l’ordine
delle cose.
H.
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Capitolo 13 *** Capitolo 11 ***
Charlotte lo superò e
si
sedette al suo posto, guardando quel viso che conosceva così
bene.
“Sei cambiato…ma sei sempre
tu” constatò con un mezzo sorriso.
“E’ come è giusto che
sia…”
disse lui
Charlotte si decise che
quella farsa, quei convenevoli non servivano a niente e chiese in modo
diretto:
“Che ci fai qui, Adam?”
“Avevate richiesto un
Curatore per le lezioni di Medimagia, ed eccomi qui” sorrise
come se nulla
fosse. Tornò subito serio notando la faccia scettica di lei
e alla fine ammise.
“Sono tornato, per sempre”
“Oh”. Era rimasta
evidentemente spiazzata.
“La scorsa settimana sono
passato in ufficio da mio fratello. Quando mi ha detto che te
n’eri andata sono
rimasto sotto shock. Non mi aspettavo che abbandonassi il
campo.”
“Comunque io intendevo cosa
ci fai qui, nel mio ufficio”
“Volevo rivedere la donna
che mi ha spezzato il cuore” la voce di Adam McKinnon
vacillò.
Charlotte incassò il colpo
in silenzio. Era vero, ne era assolutamente consapevole.
“Dì qualcosa!” la incitò.
“Cosa vuoi che ti dica? Sei
venuto qui per scaricarmi addosso i miei errori?” chiese, con
voce gelida.
“Esattamente cinque anni fa
ti ho chiesto di sposarmi e tu mi hai detto di no! Hai detto che
c’era un
altro, ti lascio immaginare come sono stato quando ho scoperto un anno
e mezzo
dopo che ti stavi per sposare con un babbano e che stavi per avere un
bambino!
C’è sempre stato lui, eh?”
L’uomo sputò fuori le parole con rabbia e rancore
represso da anni.
Gli occhi di Charlotte si
erano riempiti di lacrime che si rifiutavano di scendere e in un impeto
di foga
si era alzata in piedi. “Non ti permettere. Ho fatto tanti
errori, ma non ti
avrei mai tradito! Ti amavo troppo!”
Gli occhi scuri di Adam
McKinnon si puntarono su di lei, cercando di carpirne i pensieri.
Quando vide
gli occhi azzurri cerchiati di rosso capì che non stava
mentendo.
“Parlami. So che non ne hai
parlato con nessuno ma ti prego, dimmi cosa è successo.
Qualunque cosa.”
La donna si diresse verso
il mobile bar e ne prese una bottiglia di Acquaviola. Erano solo le
sette di
mattino ma ne aveva decisamente bisogno.
“Quando mi hai chiesto di
sposarti… devo ammettere che me
l’aspettavo”
“Stavamo insieme da 6 anni,
non riuscivo più a pensare alla mia vita senza di
te” replicò lui.
“Non potevo dirti di sì. Il
tuo sogno era andare a scoprire chissà quali piante magiche
in Thailandia e io
non potevo seguirti, appena diventata Auror”
“Sarei rimasto qui per te!”
protestò Adam.
“E’ proprio questo il
punto!” esclamò lei in tono accorato
“Non volevo che rinunciassi al tuo sogno
per me! Per questo ti ho detto che avevo un altro, così
saresti partito”
“Mi hai coperto di bugie…
ho passato anni a convincermi delle tue bugie”
“Mi dispiace”
“Dispiace di più a me”
disse lui alzandosi, riprese il suo mantello ed uscì.
Charlotte rimase lì
immobile, con le lacrime che ancora le pungevano agli angoli degli
occhi.
“Buongiorno
a tutti”
Richard salutò gli allievi del primo anno che erano entrati
in aula. “Da questa
settimana fino alle vacanze di Natale avremo come ospite un guaritore
che vi
aiuterà con lezioni relative a incantesimi e pozioni
curative. Vi presento Adam
McKinnon” disse voltandosi verso il giovane uomo alla sua
sinistra. Adam
McKinnon era un uomo piuttosto alto, con capelli corvini e occhi
altrettanto
scuri ma dolci ed espressivi.
“Oggi ci occuperemo di una
pozione piuttosto semplice ma molto importante: la Rimpolpasangue. Vi
dividerete in coppie per prepararla”
Formò le coppie: Sadie si
ritrovò in coppia con Ezra, Emily con un ragazzo molto alto
e nerboruto, Abbie
con un altro ragazzo, Sean con Krystal, Eveline con la sua compagna di
stanza,
Elias con Federica, Ezekiel con una ragazza dai capelli rossi e Hayden
con
James, per la gioia di entrambi.
“Io non piaccio a te e tu
non piaci a me, Martin” esordì Hayden
“Per una volta mi trovo
completamente d’accordo con te” rispose
l’altro
“Ma dobbiamo riuscire in
questa cosa, quindi attiva il tuo cervellino visto che se non sei stato
espulso
è solo per grazia divina”
“Mettiamoci al lavoro
allora: vai a prendere gli occhi di tritone” gli
ordinò James
A qualche
tavolo di
distanza Sadie e Ezra erano già al secondo passaggio.
“A questo punto va
aggiunto il sangue di Manticora” stava dicendo la ragazza
“Potresti andare tu a
prenderne una fiala?” chiese il ragazzo
Sadie lo guardò un po’
sospettosa. “Hai paura del sangue, Hattle?”
“Sì, cioè no…” si
impappinò
lui “Non ho un rapporto idilliaco col sangue, tutto
qui”
“Posso chiederti come mai?”
“Preferisco non parlarne,
veramente”
“Ok…”
Elias
guardava la sua
compagna che cercava di spremere una radice di Mandragola allo scopo di
ricavarne la linfa. Federica sbuffò spazientita.
“Insomma, non si riesce a
tagliarle o spremerle, come Merlino pensano che noi riusciamo a
ricavarne la
linfa?”
“Aspetta, lascia provare
me”
Il ragazzo si spostò per
mettere la radice su un tagliare, prese un coltello e poso la lama per
orizzontale sopra la radice stessa.
“Sei sicuro di sapere cosa
stai facendo?” si intromise Federica.
“Sì che sono sicuro”. Detto
questo Elias batté forte con la mano sulla lama. Un colpo
secco e la radice si
spaccò.
“Ma come hai fatto?” chiese
la ragazza stupita.
Per lui era piuttosto
scontata la cosa, ma dagli occhi scuri sgranati che guardavano a
intervalli
regolari lui e il banco capì che evidentemente tanto
scontato non era. Anche a
Hogwarts era stato così, lui spesso capiva le cose prima
degli altri ma non
andava mai a sbandierarlo molto in giro. Non aveva bisogno di
dimostrare di
essere intelligente, si vedeva comunque dai risultati che otteneva alla
fine.
“E’ come una noce di cocco,
è molto dura, quindi devi dare una botta secca per
spaccarla” prese la radice
in mano e con la punta del coltello ne estrasse la linfa facendola
cadere
dentro al calderone. “Ecco fatto”
“Non credo che io ci sarei
mai arrivata, quindi grazie”
La pozione
stava
sobbollendo da ormai mezz’ora. Hayden e James la guardavano,
sempre più stufi. Quella
dannata pozione non ne voleva sapere di diventare viola.
“Non ne posso più di stare
qui ad aspettare” si lamentò Martin
“Rassegnati, c’è scritto
che deve bollire fino a che non diventa viola”
James sembrò pensarci su un
po’, continuando a dondolarsi sulla sedia. Si
scervellò per qualche minuto
cercando di ricordare cosa cavolo aveva letto sulla velocità
delle pozioni. Ma
certo! Si tirò su di scatto e si diresse verso il mobile a
scaffali dove
c’erano tutti gli ingrediente. Scorse le boccette
finché non trovò quello che
cercava e tornò verso il calderone.
“Che hai intenzione di
fare?”
“Fawley, Fawley, Fawley…sempre malfidato
eh?” James
sfoggiò il suo sorriso più strafottente
mentre versava qualche goccia di lacrima di fata nella pozione.
L’altro lo guardò
esterrefatto, come se avesse fatto la più grande cazzata di
sempre. Sapeva che
loro due non andavano d’accordo, ma rovinare così
una pozione su cui lavoravano
da tutta la mattina era troppo. Tirò un sospiro di sollievo
quando vide che il
tutto non era esploso.
Nel frattempo, notato il
comportamento di James, Adam McKinnon si era avvicinato per osservare
meglio
quello che avrebbe fatto il ragazzo. Quando dopo minuti vide la pozioni
di
color melanzana sorrise compiaciuto.
“Bene, ascoltatemi tutti
per favore. Abbiamo i primi vincitori, se così si possono
definire. Hanno
accorciato notevolmente i tempi. Mano a mano che finite, chiamatemi e
io verrò
a dare un’occhiata alla vostra pozione”
Rivolse lo sguardo ad
Hayden e James “Complimenti ragazzi, potete andare a pranzo e
godervi il resto
della giornata libera, come premio”.
Mentre i due si recavano
verso la porta dell’aula Hayden disse “Mi hai
stupito davvero Martin”
“Avevo fame, tutto qui”
sorrise lui superandolo e dirigendosi verso le cucine.
La giornata
passò lenta e
Charlotte non riuscì a fare a meno di pensare ad Adam.
Capiva la sua rabbia ma
anche lei era stata male, se solo lui avesse saputo quanto…
Passò il pomeriggio sopra a
delle pratiche da compilare. Fortunatamente c’era ancora
qualcosa che riusciva
a fare anche se non perfettamente concentrata. Vide il sole tramontare
e
l’orologio scoccare le sei del pomeriggio. Il primo giorno di
lezioni con il
Guaritore ed era stato un disastro, come avrebbe resistito fino a
Natale?
Con lo sguardo verso il corridoio
vide proprio il centro dei suoi pensieri arrivare. Non
aspettò che lui bussasse
e gli aprì la porta con uno sventolio di bacchetta.
“Ciao, Charl”
“Adam”
Lui si sedette e la guardò
meglio. Era serio e costernato. “Mi dispiace per questa
mattina. Ti ho
attaccato e… non è stato giusto”
“No, non lo è stato”
concordò lei.
“Parlami di lui, di tuo
marito”
“Ex-marito. Abbiamo
divorziato lo scorso maggio, sono in pochi a saperlo.”
Adam tradì un briciolo di
piacevole sorpresa che si impossessò di lui. “Ok,
dimmi di lui”
“Era una delle mie prime
missioni nel mondo babbano. Sorveglianza al matrimonio di non ricordo
quale
politico. È andato tutto bene, il matrimonio era finito e
volevamo tutti
festeggiare. Siamo andati nella sala dei festeggiamenti e lì
ho conosciuto
Micheal. Poi è andata così… un bar
vuoto, una bottiglia di champagne e poco
tempo ho scoperto di essere incinta”
Adam deglutì rumorosamente
ma lei non ci badò troppo e continuò
“Ci siamo sposati perché era giusto
così e
poi è arrivato Jeremy. Ti giuro, è la cosa
più bella che mi sia mai capitata.
Credevo di aver rovinato la mia vita ma ho capito che alla fine non era
tutto
da buttare. Il matrimonio è stato difficile, Micheal
è un babbano, non capisce
il nostro mondo o il mio lavoro. Si lamentava del fatto che io fossi
assente
per troppo tempo e che il mio lavoro fosse troppo pericoloso,
così alla fine mi
ha dato un ultimatum: lui o il lavoro”
“Ma hai lasciato il
lavoro…”
“Ho lasciato lui. Mi sono
resa conto che sarei stata una madre single, una madre che deve poter
tornare a
casa da suo figlio.”
Adam rimase colpito e
allungò una mano sulla scrivania per raggiungere quella di
lei, la sfiorò
appena per valutare la reazione della ragazza. Vedendo che Charlotte
non si
ritraeva intrecciò la mano con la sua, come faceva quando
erano fidanzati e
andavano a cena fuori.
“Mi dispiace” sussurrò lui
con voce dolce, cercando con lo sguardo i suoi occhi chiari.
“Non hai niente di cui
dispiacerti”
“Ho passato così tanto
tempo a incolparti di tutti quello che provavo, ti odiavo. Ti ho
scritto così
tante lettere e tu non mi hai mai risposto”
“Giusto, le lettere…”
La donna aprì un cassetto
della scrivania e ne tirò fuori alcuni mucchi di lettere
legate con un nastro
di raso arancione. Erano tutte ancora sigillate, con la ceralacca
intatta.
“Non le hai mai lette”
constatò Adam “Perché?”
“Sapevo già quello che c’era
scritto. Se le avessi lette… avrei preso la prima passaporta
per raggiungerti e
avrei rovinato tutto, di nuovo”
L’uomo davanti a lei
sospirò. Charlotte guardava il ragazzo che aveva tanto amato
senza riuscire a
vederlo veramente. Non era più il ragazzo a cui aveva
rinunciato quando aveva
22 anni, adesso era un uomo e ne aveva passate tante, molte per colpa
sua.
“Cosa succederà adesso?”
“Andremo avanti. Troveremo
un modo” sussurrò Adam, stringendole di
più la mano.
Buongiorno
gente!
Ora finalmente avete più o meno chiaro il passato di
Charlotte…
Vi avviso che prima di sabato non riuscirò a riprendere in
mano il pc,
quindi non aspettatevi qualche altra improvvisata
|
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Capitolo 14 *** Capitolo 12 ***
Salve
gente! Ci tengo a scusarmi di nuovo per il ritardo con cui arriva
questo capitolo che, per inciso, è cortino e piuttosto
schifosetto. E’ un
capitolo un po’ di passaggio, ma al momento non ho tempo e
modo di focalizzarmi
su cose importanti: vi anticipo che nei prossimi capitoli ci saranno i
duelli,
una festa di natale, le relative vacanze e poi…un evento (di
cui non posso
dirvi niente).
Non volevo lasciarvi senza niente per troppo tempo quindi oggi ho
sacrificato un paio d’ore allo studio per voi (ok, nel
frattempo guardavo serie
tv)
Alla prossima
H.
PS: volevo chiarire che Adam McKinnon è lo zio di Marlene
McKinnon e poi
volevo togliermi una curiosità: secondo voi, in che casa ad
Hogwarts erano
Richard e Charlotte?
Quel
week-end, il secondo
di Dicembre, le temperature erano decisamente rigide e la neve aveva
finalmente
imbiancato buona parte del Regno Unito.
L’abbondante nevicata della
sera prima permise a James di alzarsi con l’umore al massimo
quel giorno,
ricordandosi della tradizione sua e di Abigail. Ogni anno, a Hogwarts,
approfittavano della prima nevicata dell’anno per una sfida a
palle di neve che
coinvolgeva solitamente l’intero dormitorio. Voleva che
quell’anno non fosse
diverso. Scese di corsa e fece alcune palle di neve incantate in modo
da non
sciogliersi e le fece lievitare dietro a lui mentre si recava a
svegliarla.
Era appena sbucato
all’inizio del corridoio del primo piano, quando tra le facce
di gente che
andava e tornava dalle camere vide Justin e Emily mano nella mano
venirgli
incontro.
“Buongiorno!” lo salutò
allegramente Justin. Anche Emily lo salutò e sorrise,
finché non notò ciò che
il ragazzo nascondeva dietro la schiena, allora la sua espressione
cambiò.
“Stavi andando da Abbie?”
James annuì.
“Lei…è scesa già di sotto a
fare colazione con Fabian e Gideon”
James Martin sentì le
braccia afflosciarsi lungo il corpo, così come il cuore, che
in quel momento
sembrava un palloncino sgonfio dopo una festa.
“Mi dispiace” Emily gli
lanciò un sorriso confortante ma James se ne andò
comunque abbacchiato.
Finita la
colazione Abbie
decise di approfittare del salotto deserto per appollaiarsi su una
poltrona di
velluto verde scuro, la treccia di capelli biondi che le ricadeva lungo
il lato
destro del collo, e un libro appoggiato sulle gambe. Stava leggendo
ormai da
una mezz’ora abbondante e nessuno si era ancora visto, tutti
troppo occupati a
godersi il pallido sole che si rifletteva sul manto bianco che
ricopriva tutta
l’area intorno alla villa.
Un bussare alla porta già
aperta la spinse ad alzare lo sguardo, che incrociò quello
della sua migliore
amica.
“Ancora con quel librone?”
Abbie mosse leggermente la
testa in segno d’assenso.
“I Prewett?”
“Torneo di gobbiglie”
rispose l’altra come se fosse la cosa più ovvia
del mondo.
“Stai bene con lui…”
“Sì, è simpatico e dolce”
“Anche James lo è sai?
Vederlo così…”
Abbie sorrise leggermente.
Era vero. Anche James sapeva essere premuroso e dolce quando voleva,
senza
perdere il suo solito sorriso. Vide l’espressione sul volto
di Emily.
“Tesoro smettila di
sentirti in colpa per avermi presentato Fabian! Io sono
felice!”
“Lo so” replicò la castana
“Ma non posso fare a meno di pensare che forse un
giorno…”
“Non potrebbe essere niente
di diverso, altrimenti lo sarebbe stato”
“Era così mogio quando gli
ho detto che eri a colazione stamattina con i gemelli”
Emily non riusciva a
smettere di sentirsi in colpa per averti fatto conoscere i due. Aveva
sempre
sospettato che sotto il comportamento di James, il suo provarci con
tutte e la
sua immaturità nascondessero i sentimenti che provava verso
Abbie. La sua
migliore amica era un po’ di coccio, sotto questo punto di
vista e continuava a
dire che fosse impossibile che James fosse innamorato di lei, ma dalla
sera
della festa di compleanno dei gemelli Prewett le cose sembravano essere
cambiate.
Solo in quel momento
Abigail materializzò che quella era la prima nevicata
dell’anno e si maledisse
per aver dimenticato della battaglia a palle di neve. Come aveva potuto?
Molti
degli allievi,
soprattutto le ragazze, avevano deciso di approfittare dei due giorni
di
libertà per andare a fare qualche acquisto di Natale.
Krystal, Federica e altre
tre ragazze avevano optato per un’uscita a Diagon Alley. Dopo
un prelievo alla
Gringott si erano date allo shopping selvaggio. Krystal aveva comprato
un
mantello nuovo per sua madre da Madama McClan e stava aspettando che la
commessa le preparasse un pacchetto regalo quando Sophia la
chiamò e le indicò
qualcosa attraverso il vetro.
“Hey ma quello non è il tuo
ragazzo?”
Krystal si voltò verso la
vetrina e vide dall’altra parte del vetro, lungo la strada,
Ezekiel camminare
avvolto in un pesante mantello nero e una sciarpa grigio scuro.
“Perché non lo seguiamo?”
le propose l’amica
“No dai, non mi va… starà
andando a comprare qualcosa, o a casa. So che abita qui
vicino”
Non era mai stata quel
genere di ragazza paranoica e gelosa, neanche con Tom, il suo primo
ragazzo. Le
amiche insistettero e sfruttarono la sua curiosità per
spingere Krystal ad
appostarsi e seguire Zeek, con la scusa di scoprire quale regalo di
natale le
avrebbe comprato.
Krystal camminò, insieme al
gruppo di amiche per qualche via, attenta a non farsi cogliere in
fragrante. Si
fermò quando vide Zeek bussare alla porta di una casa a
mattoncini grigio
scuro.
Si tranquillizzò pensando
che quella dovesse essere casa sua, finchè Gilly non le
indicò una finestra
della casa. Le ragazze si spostarono dietro ad un muretto e osservarono
il
ragazzo prendere in braccio un bambino dai capelli corvini e dirigersi
verso
una ragazza, anch’ella con i capelli scuri e donarle un
affettuoso bacio sulla
guancia.
Krystal si sentì mancare la
terra sotto ai piedi. Non riusciva a credere a ciò che aveva
visto. Zeek, il
ragazzo dolce e gentile che aveva conosciuto era dolce e gentile anche
con qualcun’altra.
Si maledisse per aver creduto a tutte quelle belle parole, per aver
abbassato
le proprie difese e per essersi lasciata convincere a pedinare il
proprio
fidanzato.
Se ne andò a passo di
marcia, senza dare ascolto alle voci femminili che la chiamavano.
Appena
raggiunto un punto ben nascosto si smaterializzò pregando di
ricomparire dentro
all’Accademia, tutta intera e con l’intenzione di
passare il resto delle
week-end da sola.
Abigail
corse a perdifiato
verso la camera di James, bussò un paio di volte senza
ricevere risposta.
Spazientita bussò ancora più forte e la porta
venne aperta da un seccato e
alquanto assonnato Sean. Quando il ragazzo aprì la porta,
Abbie riuscì a
scorgere la figura di Eveline Richards ancora addormentata nel letto di
lui.
“James non c’è vero?”
chiese Abbie, vergognandosi un po’.
“No, credo sia in giardino.
E’ uscito presto stamattina”
La ragazza lo ringraziò
velocemente e si diresse di nuovo di sotto, precisamente nel giardino
semideserto, dove non ebbe difficoltà ad individuare James
Martin che parlava
tranquillamente con qualche altro loro compagno di corso.
Raccolse una manciata di
neve dal terreno e la strofinò tra i palmi delle mani
arrossate dal freddo per
formare una piccola palla. Sentendosi osservata alzò lo
sguardo e incrociò gli
occhi di Elias Corner, che in quel momento faceva parte del gruppetto
di
persone con cui parlava James. La ragazza appoggiò
l’indice della propria mano
sinistra sulla bocca per invitare il coetaneo al silenzio, poi prese la
mira e
lanciò la palla di neve sulla schiena di James Martin.
Il ragazzo si voltò
stupefatto. Quando vide chi era stato a colpirlo il suo viso si
rilassò e si
lasciò andare in un’espressione di pura
felicità.
“Ah è così che la metti?”
ridacchiò prima di rispondere al colpo dell’amica
con una palla che la colpì
sulla spalla destra.
I due iniziarono a lottare,
dopo pochi minuti si unì a loro Emily al grido di
“Tra i due litiganti la terza
gode!” e in seguito Sean, Eveline, Sadie, Justin, perfino
Elias e qualche altro
allievo.
James guardava Abigail, le
sue labbra carnose, la pelle arrossata, i capelli ora sciolti, sferzati
dal
vento e pieni di neve e non poté fare a meno di pensare a
quanto fosse stata
bella e leggera in quel momento. Solo che non era sua.
Nessuno si accorse né di
Charlotte che li guardava divertita dal portico, né degli
occhi nocciola di
Fabian Prewett che osservavano la scena da una finestra al secondo
piano.
Il
lunedì mattina, prima
dell’inizio delle lezioni Richard Pollux incontrò
Adam McKinnon dentro alle
cucine.
“Buongiorno McKinnon”
“Buongiorno” salutò il
ragazzo moro, passandosi una mano tra i capelli. “Chi viene
oggi a lezione?”
“Entrambi” rispose l’altro
con freddezza.
“Bene…Charlotte è stata
piuttosto sfuggente per tutta la scorsa settimana”
Richard lo sguardò, la sola
presenza era bastata ad irritarlo, non perché era lui ma
perché era lì.
“Credi che sia facile per
lei? Charlotte ha imparato a bastarsi da sola. Non è stato
un periodo facile
per lei e si sta rialzando. Non ti permetterò di buttarla
giù”
“E’ una minaccia?”
“E’ una promessa”
Quando
i ragazzi arrivarono
a lezione videro che ad attenderli c’erano entrambi gli
istruttori più il
guaritore McKinnon.
“Buongiorno a tutti” li
salutò Richard “Oggi sarete divisi in 3 gruppi.
Ciascuno membro del primo
gruppo sfiderà a duello un membro del terzo gruppo, senza
esclusione di colpi.
Allo stesso tempo avrete bisogno di fidarvi l’uno
dell’altro perché saranno i
vostri compagni, i membri del secondo gruppo, a curarvi. Naturalmente
Adam vi
aiuterà. Ma prima osserverete me e Charlotte
combattere”
I due istruttori si
guardarono con un sorrisetto divertito ma di sfida, prima di
posizionarsi uno
di fronte all’altro.
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Capitolo 15 *** Capitolo 13 ***
Salve
gente!
Finalmente ce l’ho fatta a buttare giù qualcosa e
mi sono accorta di essere
un po’ una frana nel raccontare i duelli. Cooooomunque,
vorrei avvisarvi che i
capitoli saranno un pochino più corti, per permettermi di
pubblicare più spesso
;)
Poi… che altro volevo dirvi? Ah volevo proporvi
un’idea che mi bazzica nel
cervello da un po’. Mi piacerebbe raccontare la storia di
Adam e Charlotte in
una specie di spin-off, che potrei rendere un’altra
interattiva ma non so se
riuscirei poi a stare dietro ad entrambe, considerando che la sessione
estiva
si avvicina impietosamente. Voi che ne dite? Volete sapere altro? Ha
indovinato chi ha posizionato Charlotte e Richard nei Serpeverde,
ammetto che quando ho iniziato a scrivere non li immaginavo
così, anche se nella mia mente Charlotte è sempre
stata una Testurbante
Spero di riuscire ad aggiornare di nuovo in tempi non biblici
H.
Prima di sfoderare la
bacchetta Charlotte si infilò un paio di guanti neri in
pelle di drago, poi
puntò la propria arma contro l’altro istruttore.
Richard sorrise beffardo e
fece un piccolo inchino verso la donna, appena si tirò su le
lanciò un potente
incantesimo di Disarmo che lei non ebbe problemi ad evitare
semplicemente
chinandosi. Charlotte si sentì gli occhi
dell’amico puntati addosso. Appoggiò
appena i palmi delle mani, e quindi la bacchetta al pavimento, come
avrebbe
fatto se si fosse sbilanciata. In realtà aveva lanciato un
incantesimo al
pavimento che iniziò a traballare sotto a Richard.
L’uomo ebbe qualche
difficoltà a mantenere l’equilibrio, non cadde ma
diede il tempo all’avversaria
di lanciargli un Tarantallegra che Richard riuscì a parare
per un soffio.
Alla vista dello sguardo
corrucciato dell’amica, lui sfoderò un sorriso
beffardo e disse “Ti conosco
troppo bene…”
“Allora smettila di andarci
leggero” lo sfidò lei.
Richard la prese in parola
e le lanciò una raffica di incantesimi interminabile, i
primi riuscì a
schivarli facilmente o ad invocare un sortilegio Scudo, poi la
stanchezza
sembrò avere il sopravvento, quando venne schiantata contro
il muro dietro di
lei. Si rialzò con un braccio pieno di graffi a cui
sembrò non fare neanche
caso.
Lo sguardo di Charlotte
sembrava lanciare fiamme, ma sul suo volto non era ancora scomparso il
sorriso.
Lanciò un Confrigo contro uno specchio nelle vicinanze di
Richard il quale
esplose in mille schegge di vetro che andarono a ferire leggermente il
suo
avversario.
I due continuarono ad
attaccarsi a vicenda per quello che sembrò un tempo
lunghissimo ed entrambi
erano feriti. L’angolo destro della bocca di Charlotte
sanguinava vistosamente
e la gamba sinistra di Richard era piegata in maniera del tutto
innaturale.
Nonostante questo lui riuscì ad approfittare di un momento
di distrazione
dell’amica per disarmarla.
Lo sguardo della giovane
tradì una certa sorpresa, ma nonostante questo
andò tranquillamente a stringere
la mano di lui.
La prima a
combattere fu
Federica, contro un ragazzo piuttosto gracile. Riuscì a
schiantarlo senza
troppa difficoltà ma lui conservò comunque la
bacchetta nel pugno e si rialzò
anche se un po’ intontito.
Il ragazzo rispose
scagliandole contro dei libri che si trovavano sugli scaffali. I libri
la
colpirono violentemente sulle braccia che aveva istintivamente usato
per
coprirsi il viso. Nel gesto lasciò inavvertitamente cadere
la bacchetta, di cui
il suo avversario si impossessò in un attimo, decretando la
fine del duello.
Le sfide
continuarono, nel
frattempo nella saletta accanto Adam aveva curato Richard, che era
tornato
subito in classe e aveva iniziato con un Ferula a bendare il braccio di
Charlotte. Mentre la classe iniziava a curare i compagni che finivano
di duellare
lui si dedicò a disinfettare con un batuffolo di cotone
imbevuto di pozione, il
labbro di Charlotte.
“Mi è sempre piaciuto
vederti combattere. Te la sei cavata bene”
commentò lui imbevendo di nuovo il
batuffolo.
Charlotte gli rivolse, in
risposta, uno sguardo scettico. “Ho perso”
“Ma sei stata grande”
“Non importa. Il risultato
è sempre lo stesso” disse con un tono di voce
piuttosto duro.
Adam appoggiò delicatamente
il batuffolo sul labbro di lei ed iniziò a tamponare. Senza
volerlo, con un
dito sfiorò la sua pelle candida. Charlotte
sembrò paralizzarsi a quel tocco, e
la cosa fece sentire Adam a disagio.
“Scusami”
“Lascia, faccio da sola”
Charlotte prese il cotone e continuò a medicarsi de sola. Lo
aveva allontanato
ma in realtà non avrebbe affatto voluto. La presenza di lui
la inquietava un
bel po’, si sentiva di nuovo come se avesse avuto di nuovo
quindici anni. Il
suo tocco, il suo sorriso, le sue movenze erano nuove eppure
così familiari.
In aula le
coppie
continuavano a fronteggiarsi. Il caso aveva voluto che fosse proprio
Krystal a
sfidare Zeek. Lo aveva evitato per tutto il resto del week-end e ora si
trovava
faccia a faccia con lui. La sola idea che si era fatta fregare, che lui
le
stesse nascondendo qualcosa, non importa cosa, l’aveva fatta
arrabbiare a
morte.
Non ebbe problemi quindi a
sfogare la propria frustrazione su di lui, che all’inizio si
limitò a
difendersi poi le urlò “Si può sapere
che hai?”
Krystal non rispose ma
continuò a lanciargli contro una sfilza di incantesimi.
Ezekiel però aveva cominciato
a contrattaccare anche se evitava accuratamente di farle del male.
Zeek notò il piccolo
tremolio di incertezza che accompagnò la ragazza nel lancio
di uno Stupeficium
e sfruttò la sua velocità per disarmarla.
Krystal uscì dall’aula con
passo svelto e deciso, Zeek fece per seguirla ma venne bloccato da
Pollux, che
lo spedì a curarsi un brutto taglio sullo zigomo.
Coppie di
duellanti
continuarono a sfidarsi senza sosta, c’era chi vinse
più facilmente e chi
dovette lottare di più. Tra questi ultimi c’era
Emily a cui era toccato, come
avversario Hayden Fawley.
Hayden era scaltro e veloce
nell’evitare gli incantesimi lanciati dalla ragazza. Emily
non si era mai
giudicata troppo brava in queste cose ma nei mesi passati non aveva
potuto fare
a meno di notare che nonostante Fawley fosse un bravo ragazzo, peccasse
leggermente di maliziosità.
Emily si decise che era
arrivato il momento di rischiare e di provare qualcosa di nuovo: la
fattura
Orcovolante. Sapeva che c’era bisogno di grande
concentrazione perciò fisso i
propri occhi in quelli verde-azzurro del ragazzo. Non staccò
lo sguardo da lui
nemmeno mentre evitava un sortilegio che Hayden le aveva lanciato.
Quando sentì
di aver trovato il giusto livello di concentrazione, Emily
esclamò “MOSTRUM!” e
la stanza si riempì di piccoli esseri svolazzanti, simili a
spettri, che si
diressero verso il suo avversario.
Hayden cercò di scacciare
tutti quei mostriciattoli in ogni modo ma i suoi tentativi sembravano
non far
altro che peggiorare la situazione, facendoli avvicinare ancora di
più al suo
viso, come se volessero attaccarcisi; oltretutto gli offuscavano pure
la vista,
impedendogli di difendersi in modo efficace.
Non passò molto, infatti,
che Emily riuscì, mentre ancora faceva effetto la fattura
Orcovolante a
disarmarlo con un sorriso entusiasta.
Non riusciva a crederci.
Corse subito nella stanza adibita ad Infermieria perché non
vedeva l’ora di
dare la buona notizia all’amica Abbie.
La trovò impegnata insieme
ad Ezra Hattle a spalmare una specie di intruglio su delle ustioni al
polpaccio
di una ragazza. La travolse con il proprio abbraccio, trillando
allegramente “Ho
vinto! Ho vinto! Ho vinto!”
A quelle parole anche Abigail
si lasciò sfuggire un urletto. “Contro
chi?”
“Hayden Fawley”
Abbie le passò una mano tra
i capelli, sopra la testa, come si fa con i cuccioli di cane e le disse
in tono
materno “Sono orgogliosa di te!”
Emily in risposta mise su
il broncio e incrociò le braccia al petto. “Eddai
Abbie, non mi trattare come
il tuo animaletto domestico”
L’amica stava per scoppiare
a ridere quando venne richiamata all’attenzione da Ezra che
chiedeva aiuto perché
la pasta medica che avevano preparato sembrava non voler funzionare.
“Non capisco perché non
funzioni” sbottò, spazientito.
Abigail si avvicinò e prese
di nuovo un po’ di pasta dalla ciotola che avevano preparato.
Se la passò tra
il pollice e l’indice per valutarne la consistenza e
sembrò non notare difetti
di sorta.
Visto che sembravano in
difficoltà, Adam McKinnon mandò in loro aiuto
Eveline. La ragazza ripetè lo
stesso gesto fatto dalla Morgan, solo che avvicinò il naso
anche per sentire l’odore
della medicazione.
Eveline storse il naso. “Non
ci avete messo abbastanza foglie di castagno. Abigail, vanne a tritare
una
manciata”
Abbie, obbedì
malvolentieri. Non sopportava molto il fatto che le venissero dati
ordini, e
soprattutto non le era andato molto a genio il tono usato da Eveline
Richards.
“Io non le sopporto queste
cose. Sono proprio negato. Preferirei molto di più stare di
là a combattere”
protestò Ezra.
Un sorriso malizioso si
dipinse sulla bocca di Eveline “Vediamo, allora”.
Tirò fuori la bacchetta e
lanciò improvvisamente un incantesimo contro Hattle, che
però riuscì ad una
velocità impressionante, ad evocare un sortilegio Scudo.
“Però…complimenti” dovette
ammettere la ragazza.
Entrambi si sbrigarono a
rimettere le bacchette al proprio posto, dopo aver ricevuto
un’occhiata di
ammonimento dal Guaritore.
Era ormai
sera quando
finalmente Zeek riuscì a rintracciare Krystal che se ne
stava seduta su un
divano, nell’angolo più remoto del grande salotto.
Nonostante avesse sentito i
passi nella sua direzione Krystal sembrò non alzare lo
sguardo dal libro che stava
leggendo anche se nel suo campo visivo erano entrate le gambe del
ragazzo in
piedi di fronte a lei.
“Posso?” chiese Zeek.
“È un mondo libero” replicò
lei in tono acido.
Il ragazzo cercò di non
fare caso al modo in cui lei aveva risposto e si sedette.
“Si può sapere perché sei
arrabbiata con me?”
“Chi è quella ragazza?”
“Quale ragazza?” chiese
immediatamente lui
“L’altro giorno ti ho
seguito, ti ho visto entrare a casa e abbracciare una
ragazza” ammise lei
sentendosi improvvisamente in colpa per ciò che aveva fatto
Zeek rimase interdetto. “Tu
mi hai seguito? Perché?”
Krystal si morse il labbro
inferiore, incapace di rispondere alla domanda.
“E’ mia
sorella”
“E il bambino?” domandò
Krystal.
Il ragazzo sembrò pensarci
su. Sospirò, si puntellò con i gomiti sulle gambe
e si passò entrambe le mani
tra i capelli. Esitò ancora un momento prima di rispondere
“E’ Lucian, mio
figlio”
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Capitolo 16 *** Capitolo 14 ***
E in ritardissimissimo
arrivo anche io!
Chiedo perdono in
ginocchio, ma giovedì ho avuto un esame e in questo periodo
sto facendo un
progetto che doveva essere consegnato l’8 maggio ma si sta
rivelando più lungo
del previsto
Comunque spero di farvi
cosa gradita con un capitolo più lungo (originalmente
dovevano essere due)
Alla prossima
H.
Zeek le aveva lasciato il
tempo di metabolizzare la cosa e la libertà di reagire come
più riteneva
opportuno e Krystal passò i primi giorni arrovellandosi su
cosa implicava la
presenza di Lucian nella vita del ragazzo. Naturalmente sapeva che
avere un ragazzo
con un figlio piccolo era un impegno non indifferente e lei era
giovane, ma
lasciarlo per lo stesso motivo le sembrava davvero stupido. E
così i giorni
passarono senza che lei prendesse le distanze da Ezekiel.
I due continuavano a stare insieme anche se si trattava di un rapporto
un
po’ più freddo rispetto a quello che avevano
vissuto fino a quel momento.
Sicuramente le vacanze invernali sarebbero servite da banco di prova
per la
coppia.
L’avvicinarsi del Natale
comportava anche l’avvicinarsi della festa che si
teneva ogni anno in Accademia, prima della partenza per le vacanze
invernali. Il
clima era particolarmente frizzante, il fuoco scoppiettava in ogni
camino e gli
elfi domestici si adoperavano per decorare tutte le stanze della grande
villa.
Al centro del grande salone troneggiava un albero di natale alto fino
al
soffitto e decorato con sfere luminose auto-levitanti. Sullo stipite di
ogni
porta era appeso un rametto di vischio, nel caso qualcuno volesse
approfittarne
per farci uscire un bacio.
Quel venerdì si svolgeva l’ultima
lezione del 1971 e Richard Pollux aveva previsto, per gli allievi,
degli
scontri ad armi impari.
“Quando duellate contro il
nemico dovete metterci in conto che le persone non sono sempre leali,
tutt’altro.
Vi potreste trovare nella situazione di affrontare più di
una persona, oppure
potreste anche venire attaccati da un nemico che nemmeno vedete. In
ogni caso
dovrete essere pronti a reagire prontamente. È finita
l’epoca dei duelli
semplici che avete visto finora”
Passò a rassegna l’intera
classe con lo sguardo, per valutarne le reazioni. C’era chi
sembrava
leggermente più preoccupato, chi sfoderava tutta la propria
poker face e chi
invece sembrava piuttosto contento di iniziare a fare sul serio.
La classe venne divisa a
metà. I componenti della parte destra della classe avrebbero
dovuto
disilludersi e poi attaccare l’avversario appartenente
all’altra metà della
classe.
La prima a scendere in
campo fu Sadie, che doveva fronteggiare un ragazzo alto e piuttosto
magrolino
di cui il suo cervello si ostinava a non voler ricordare il nome.
Si appoggiò contro il muro
per praticare a se stessa l’incantesimo di Disillusione,
bastò un tocco e vide
il proprio corpo confondersi perfettamente con i mattoni grigiastri
alle
proprie spalle e diventare praticamente invisibile.
“Spostati davanti alla
libreria, vediamo se l’incantesimo funziona bene”
le ordinò l’istruttore.
Sadie eseguì e si spostò
davanti agli scaffali pieni di libri, e il proprio corpo
iniziò a prendere il
colore di tutte le varie copertine. Si guardò soddisfatta.
Certo che quello era
decisamente più entusiasmante rispetto
all’Archeologia babbana che le sarebbe
piaciuto studiare.
Si parò esattamente davanti
al suo avversario e gli lanciò un incantesimo di Disarmo non
verbale, ma la
concentrazione che ci mise nell’evocare il nuovo incantesimo
fece perdere forza
al precedente e la ragazza tornò visibile.
“Hai disarmato il tuo
avversario ma non sei riuscita a mantenere
l’incantesimo… direi che come inizio
va comunque bene” commentò l’istruttore
Successivamente
vennero
chiamati a sfidarsi Elias e James. Toccò al secondo
disilludersi. James aveva
capito, dai duelli precedenti, che non sarebbe riuscito a restare
invisibile e
allo stesso tempo a lanciare incantesimi non verbali. Provò
a iniziare con un
Tarantallegra ma Elias non ebbe difficoltà a capire da dove
provenisse la voce
e ad evocare, in risposta, un sortilegio scudo.
Lo spirito da osservatore
di Elias gli permise di capire come l’altro ragazzo
continuasse a girargli
incontro, cercando di confonderlo ma con scarsi risultati. Bastava,
infatti,
che James iniziasse a pronunciare l’incantesimo per
individuarlo.
James si guardò intorno,
sforzandosi di farsi venire in mente un’idea altrimenti si
sarebbe trovato in
una strada senza uscita. Passando in rassegna ancora una volta i vari
suppellettili della stanza, il suo sguardò si
fermò sulla cattedra posizionata
su una pedana rialzata. Ma certo!
Cercando di fare meno
rumore possibile il ragazzo si arrampicò e si mise in piedi
sopra alla cattedra
di mogano scuro.
“Andiamo Corner, perché non
attacchi?” provocò il suo avversario. Peccato che
il resto della classe non
potesse vedere il sorriso malandrino dipinto sul suo volto.
Elias si lasciò attirare
dalla voce di James, non se lo fece ripetere due volte e
scagliò un incantesimo
verso il ragazzo. La scia azzurrina andò a colpire
però la cattedra e James
approfittò del momento di distrazione per disarmare
l’avversario e prendere al
volo la sua bacchetta.
Tornò visibile al resto
degli studenti e saltò giù dalla cattedra sotto
l’applauso ammirato di
qualcuno, compresi Sean, Abbie e Emily.
Elias guardava seccato il
vincitore che si andò comunque a congratulare con lui per il
duello appena
terminato.
Il duello
successivo fu
tutto al femminile e vide contrapposte Krystal ed Eveline. Krystal ebbe
qualche
difficoltà a disilludersi, ma quando ci riuscì
era più determinata che mai.
Odiava perdere.
Anche Evie non ebbe
difficoltà a seguire la voce della sua avversaria,
così le due ragazze
iniziarono a combattere senza esclusione di colpi. Eveline sembrava non
esercitare il minimo sforzo nello scagliare incantesimi verso quello
che
sembrava il vuoto, non perdeva neanche il suo solito sorrisetto
sarcastico. La
cosa non fece altro che irritare di più Krystal.
Fu un momento di pausa a
lasciarla perplessa, lei aveva appena subito un attacco che
l’aveva mandata a
sbattere con la schiena contro un mobile contenente delle ampolle di
vetro, le
quali si erano infrante al suolo con notevole rumore, eppure Eveline
non la
stava attaccando di nuovo. Cosa cavolo stava tramando? Non si sarebbe
di certo
fatta fregare.
Krystal si tirò su di
scatto, e corse velocemente affianco l’altra ragazza. Il
tempo che Eveline si
accorgesse dei capelli lunghi e perennemente sciolti di Krys che le
avevano
sfiorato il viso, il tempo di voltarsi e in un attimo la sua avversaria
le
aveva fatto volare la bacchetta dall’altro lato della stanza.
A
metà pomeriggio erano
rimaste ormai poche coppie a doversi fronteggiare. Emily tremava al
pensiero di
dover affrontare la propria migliore amica, ma più la gente
diminuiva più si
autoconvinceva che sarebbe andata così e che anche quello
era un passo da
affrontare.
Non passò molto tempo prima
che Richard Pollux chiamò le due amiche a fronteggiarsi.
Conoscersi bene,
conoscere i punti di forza e debolezza reciproci potevi risultare un
arma a
doppio taglio. Si giocava a carte completamente scoperte.
Emily si disilluse
velocemente, confondendosi come un camaleonte con l’ambiente
che la circondava,
senza dimenticarsi di lanciare prima uno sguardo eloquente ad Abigail.
Lo
sguardo che le due si erano scambiate era un’espressione di
piena intesa,
voleva dire che erano amiche ma che non per questo avrebbero dovuto
andarci
leggere.
Abigail si sforzò subito di
individuare un modo per smascherare l’amica, farla parlare
non servì a molto se
non a permetterle di evitare gli incantesimi che Emily le lanciava.
Passarono dieci minuti
abbondanti in quelle condizioni, e Abigail si sentiva sempre
più impotente e
incapace di controllare la situazione.
Emily si sentì
terribilmente in colpa quando si decise a sfruttare una delle
più grandi
debolezze dell’amica e lanciare un incantesimo che
lasciò la stanza
completamente immersa nel buio.
Abigail girò su se stessa
cercando di individuare la collocazione dei mobili o delle persone, ma
non
riusciva a distinguere niente in quella oscurità.
Improvvisamente aveva paura e
la paura la paralizzava. Nonostante i suoi occhi si stessero abituando
alla
scarsità di luce, non riusciva a evocare nessun sortilegio,
neanche un misero
Lumos. Sentiva dei passi avvicinarsi, e immaginava che fosse Emily
pronta ad
attaccarla.
Una mano strinse la sua
mano libera. “Punta alle due e venti, leggermente in basso,
illumina i passi di
Emily. Ce la puoi fare” Avrebbe riconosciuto quella voce
ovunque: James.
Prese coraggio e fece ciò
che il ragazzo le aveva suggerito. L’incantesimo
andò a buon fine,
permettendole di vedere i piedi dell’amica, e quindi
l’amica stessa.
Abigail riuscì a disarmare
Emily, che cadde a terra. Nello stesso momento in cui la ragazza perse
la sua
bacchetta la stanza tornò luminosa come era prima.
Lo sguardo di Abbie si
saettò attraverso l’aula, alla ricerca
dell’amico che non era più al suo fianco
ma non c’era l’ombra di James. Sembrava essersene
andato come avevano fatto
molti degli alunni che avevano già combattuto.
Abigail si allontanò dal
centro dell’aula e venne subito seguita da Emily.
“Mi dispiace, mi dispiace, mi
dispiace per prima” iniziò a farneticare
“Non sapevo più cosa fare ed è
l’unica
cosa che mi è venuta in mente, anche se so che non
è giusto. So che sei
arrabbiata e mi dispiace tanto tanto, ma hai comunque vinto”
“Em, frena. Non sono
arrabbiata” la interruppe la bionda
“Non sei arrabbiata…
davvero?” chiese l’altra, esitante
Abbie fece spallucce “No. È
una cosa che dovevo affrontare”
Emily l’abbracciò di
slancio. “Brava la mia Ciambellina”
scherzò usando il nomignolo che utilizzava
anche la madre di Abigail.
Il giorno
dopo i
preparativi per la festa erano praticamente terminati. Ogni allievo
aveva
ricevuto un biglietto con cui poteva essere invitata una persona
esterna all’Accademia
e molti lo avevano utilizzato per far partecipare i rispettivi
fidanzati o
amici.
Federica si stava
preparando per andare alla festa con il suo ragazzo, cercando di
raccogliere i
propri capelli mossi in uno chignon ma essi si rifiutavano di
collaborare. Alla
fine si arrese e li lasciò sciolti, come al solito. Si
guardò allo specchio della
camera e ammirò il proprio vestito blu scuro, soddisfatta
del look che aveva scelto.
Nella stessa camera anche Krystal si stava vestendo e aveva optato per
un abito
lungo fino al ginocchio, in stile vintage.
Quella sera la grande villa
era davvero stracolma di gente, per l’occasione erano
presenti anche gli Auror,
o almeno chi non doveva lavorare, e qualche funzionario del Ministero.
Abigail scese le scale
sottobraccio con Fabian Prewett che, d’accordo con il
gemello, aveva ceduto il
biglietto d’ingresso a sua sorella Molly e al marito Arthur.
I giovani Weasley
avevano affidato per una sera, e non senza remore, il piccolo Bill ad
una
babysitter e avevano deciso di godersi una serata fuori.
Elias aveva pensato di
cedere il biglietto supplementare a sua sorella Gemma, per spingerla a
svagarsi
un po’ ma ella aveva rifiutato categoricamente e
così, visto che non aveva
invitato nessuna, si ritrovava insieme a qualche altro amico a
sorseggiare
Acquaviola seduto su uno dei divani.
Dall’altra parte della sala
sia James che Sean avevano abbandonato le loro accompagnatrici per
andare a
conoscere un famoso ex-giocatore di Quidditch.
Hayden si era vestito di
tutto punto ed era sceso a piano terra per mangiare qualcosa in attesa
dell’arrivo
di Nathan, che aveva fatto tardi a lavoro.
Ezra si era deciso invece
ad invitare Susie Cotton, sua cotta storica dei tempi di Hogwarts e ora
apprendista alla Gazzetta del Profeta. La ragazza si rivelò
essere divertente e
spigliata, arguta e maliziosa senza però scadere nella
cafoneria. Era
praticamente perfetta per lui, nonostante questo non riusciva a fare a
meno di
essere con la mente altrove. Sembrava che non la stesse neanche a
sentire, e
ben presto lei se ne accorse. Dopo averlo richiamato varie volte, se ne
andò
stizzita a metà serata.
Erano ormai
le undici di
sera e Andrew propose a Federica di uscire un po’ sul portico
ad ammirare la
neve che brillava sotto la luce di uno spicchio di luna.
Anche il portico si rivelò
abbastanza affollato e la cosa mise fine a ogni romanticismo, ma i due
decisero
in ogni caso di starsene un po’ lì, almeno per
prendere un po’ di respiro dall’aria
consumata che regnava all’interno.
Un gruppo di ragazzi si
stava avvicinando, tra gli ultimi c’era un Caradoc Dearborn
piuttosto brillo
che si fermò vicino alla coppia.
“Oh guarda guarda, la
coppietta felice…non eravate tanto felici
all’ultima festa o sbaglio?”
“Dearborn che vuoi?” chiese
una visibilmente irritata Federica
“Oh niente, mia cara”
rispose lui avvicinandosi e passandole una mano sotto al mento.
Andrew, che non conosceva
minimamente il ragazzo lo scansò in malo modo, invitandolo a
lasciare in pace
Federica
“Hai bisogno del cavaliere
dall’armatura lucente? Non mi sembrava che tu ne avessi
bisogno l’altra volta”
Andrew fece una faccia
stranita e confusa, e rivolse i propri occhi in quelli grandi della
ragazza e
ne vide il terrore all’interno. “Cosa vuol
dire?”
“Esatto, cosa vuol dire?”
echeggiò Caradoc
“TU STA ZITTO!” urlarono
entrambi a Caradoc. Il ragazzo alzò le mani in segno di resa
e si voltò per
andarsene, lasciando i due a discutere. Federica fu costretta a sputare
il
rospo sul bacio, non esattamente casto anzi decisamente spinto e
prolungato,
che c’era stato all’ultima festa a cui lei aveva
partecipato con Andrew.
Tuttavia, non accennò minimamente a ciò che aveva
provato, in quei mesi, ogni
volta che Dearborn le si era avvicinato.
“Perché non me l’hai detto
prima?”
“Io…non lo so”
Andrew strinse i pugni,
livido di rabbia. “Mi hai mentito…”
“Mi dispiace, Andrew. Tu
sei il mio ragazzo, avevo paura che mi lasciassi”
cercò di giustificarsi lei
“Tranquilla, non sono più
il tuo ragazzo” disse prima di abbandonarla lì. A
nulla valsero i richiami di
Federica, che scoppiò a piangere, indecisa se essere
più arrabbiata con Andrew,
con Caradoc o con se stessa.
Si sedette su un divanetto
di vimini, abbracciandosi le gambe con le braccia, nel tentativo di
scaldarsi.
Passò solo qualche minuto prima che un aeroplanino di
pergamena le si posasse
sulle ginocchia. Lo aprì e lesse:
E’
uno stupido se ti lascia per così poco. Ti va di dargli un
motivo vero
per lasciarti? C.
Abigail se
ne stava
appoggiata allo stipite di una porta, con un bicchiere di spumante in
mano.
Fabian e Gideon avevano appena condotto Molly e Arthur a fare un giro
completo
della villa e lei era rimasta lì.
Era un po’ ormai che
guardava come Clara Montgomery, una ragazza del secondo anno dai
capelli rosso
scuro e un fisico da far invidia a molte, flirtasse deliberatamente con
James e
venisse, altrettanto deliberatamente assecondata.
“È carina” irruppe Emily
alle sue spalle
Abbie si finse disinteressata
“Beh se ti piace il tipo… troppo alta per essere
una ragazza”
“Tu sei gelosa…” insinuò la
mora
“Gelosa io? Ma che vai a
farneticare? Hai bevuto decisamente troppo…dovrò
dire a Justin di darti una
controllata”
“Tu farnetichi! E poi…da
quando in qua essere alta è un difetto? Guarda che
gambe!” esclamò Emily
puntando il bicchiere verso il loro oggetto di conversazione.
“Sto solo dicendo che è
troppo alta per lui”
Emily fece la faccia di chi
aveva capito tutto “Ohhh, ma certo… e tu saresti
perfettamente dell’altezza
giusta per Jamie”
“Cosa stai insinuando?”
“Io? Assolutamente nulla”
La festa
passò in maniera
piuttosto tranquilla e il giorno dopo tutti gli studenti si adoperarono
per
preparare i bagagli, prima di godersi due settimane di riposo.
Ezra era intento ad
estrarre il carillon dal fondo dell’armadio, per poterlo
mettere nel baule
quando Hayden uscì dal bagno. Il ragazzo cercò di
nasconderlo ma Fawley lo
aveva notato subito.
“Dovresti nasconderlo
meglio se non vuoi che qualcuno lo veda” commentò
Ezra sospirò di
rassegnazione e infilò la scatola di ceramica tra i vestiti
piegati male e i
libri che aveva deciso di studiare per migliorare con le pozioni
curative.
“E’ da ieri che non dici
una parola… si può sapere cos’hai?
Pensi ancora alla Cotton?”
L’altro si limitò a
compiere un gesto di diniego con la testa, mentre continuava a mettere
via
roba.
“Ci credo che se ne è
andata, se ti comporti così”
Hayden aveva gettato l’esca
e Ezra abboccò subito.
“Ho i miei problemi, ok?”
“Ed hanno a che fare con
quella scatola” Non era una domanda, era
un’affermazione.
Ezra si voltò verso il
compagno di stanza che se ne stava seduto sul letto a frizionarsi i
capelli con
un asciugamano. “Se io te ne parlo…. Non
dovrà uscire da questa stanza”
“Per Salazar, cosa nascondi
Hattle?”
“Oggi… è l’anniversario del
giorno in cui mia madre è morta, o meglio, si è
suicidata…per questo ieri non
ero molto in vena di fare festa”
Hayden si fece serio e
scuro in volto “Capisco…e il carillon cosa
c’entra?”
“Ho tenuto la lametta con
cui si è tagliata le vene”
Prima della
partenza per le
vacanze Krystal andò a bussare alla camera di Zeek.
“Hey…” la salutò lui
“Hey… sono venuta a
salutarti, prendo la passaporta delle undici”
“Credevo che avresti preso
quella dopo”
“Lo so, ma la valigia è
pronta e…non vedo l’ora di rivedere i miei
fratelli”
“D’accordo… scrivimi e…
pensa a quello che ti ho detto, ok?” chiese lui un
po’ titubante
“Ok… dammi solo un po’ di
tempo. È tutto quello che ti chiedo”
Le vacanze di Natale
passarono più velocemente del previsto e il 7 Gennaio tutti
gli allievi
tornarono all’Accademia per Auror.
Il primo giorno di lezione
iniziò subito in modo tutt’altro che leggero, da
quel momento avrebbero passato
il resto dei due mesi successivi a concentrarsi sulla Occlumanzia che
li
avrebbe portati al cercare di respingere anche la maledizione Imperius.
Un
inizio semestre tutt’altro che leggero.
La giornata non lasciò
respiro agli studenti che non ebbero il tempo nemmeno di chiacchierare
un po’
delle proprie vacanze, almeno fino alla sera a cena.
Tutto sommato, sembrava una
serata tranquilla. Ma era solo la quiete prima della tempesta.
Erano da poco passate le
nove quando irruppe Moody, il capo degli Auror, nel salone dove stavano
seduti
la maggior parte degli studenti e degli allievi.
“E’ in corso un attacco a
Liverpool, si parla di una cosa catastrofica, centinaia di babbani
morti. Ho convogliato
tutti gli Auror lì. Ho bisogno anche di voi”
annunciò l’uomo
Subito tutti gli istruttori
si alzarono in piedi. “Pollux, tu rimani di guardia ai
ragazzi” abbaiò Alastor “Gli
altri seguitemi”
Gli istruttori si avviarono
a passo svelto verso una passaporta, Sean li seguì di corsa
e con lui anche
Eveline.
“Dove pensi di andare?” gli
gridò
“Mio padre è là fuori.
Voglio combattere al suo fianco”
“Allora vengo anche io!”
“No, è fuori discussione”
I due si agganciarono alla
passaporta appena prima che questa si attivasse, sotto gli occhi
increduli
degli istruttori.
“Non ti lascerò in pericolo
da solo” disse Eveline mentre veniva risucchiata dal vortice.
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Capitolo 17 *** Capitolo 15 ***
Vennero catapultati nel bel mezzo di un sobborgo di Liverpool che,
tutto sembrava, fuorché la stessa città
conosciuta da molti. Parecchie abitazioni erano state rase al suolo, la
neve che imbiancava le strade era macchiata di rosso sangue e ovunque
echeggiavano le urla della gente.
“Ma cosa diavolo vi è venuto in mente?”
sbraitò Alastor Moody ai due giovani allievi
Eveline e Sean si guardarono prima di rispondere, ma l’Auror
non diede neanche il tempo di replicare e con una specie di ringhio si
rivolse a Charlotte.
“Tuoi gli allievi, tua la responsabilità”
Detto questo Alastor Moody si diresse verso un vicolo sulla destra,
seguito da un auror alto e riccio, che faceva da istruttore ai ragazzi
dal terzo anno. Anche gli altri istruttori presero ognuno una direzione
diversa, immediatamente, senza esitazioni, come se avessero sempre
saputo cosa fare.
“Fuori le bacchette” ordinò la bionda
istruttrice ai suoi due studenti “Non intralciate e, per
l’amor di Merlino, non fatevi ammazzare”
I due seguirono l’istruttrice lungo un dedalo di viuzze fino
ad arrivare ad una piazzetta che sembrava essere il centro dello
scontro.
In accademia parecchi allievi si erano ritirati nelle proprie camere
per dormire, o almeno per cercare di farlo, ma molti altri erano
rimasti nel salone. Inutile negare che la maggior parte delle menti era
rivolta allo scontro che stava accadendo ad una manciata di chilometri
di distanza. Per convocare anche gli istruttori la situazione doveva
essere molto grave.
L’unico istruttore se ne stava appoggiata al bancone della
cucina vuota, con una tazza di caffè appena svuotata in
mano. Ce ne sarebbero volute parecchie di quelle, per arrivare alla
mattina indenne.
Il suo compito sarebbe dovuto essere quello di tranquillizzare gli
altri studenti ma non riusciva a pensare ad altro se non al fatto che
lui non era lì con gli altri auror, in quello che doveva
essere il suo posto. Tutti gli auror stavano combattendo e lui scontava
ancora la sua punizione.
Era talmente immerso nei suoi pensieri che non alzò
minimamente lo sguardo neanche quando sentì la porta della
cucina aprirsi.
“Ti ho cercato ovunque”
Sadie si chiuse la porta alle spalle, si avvicinò
all’uomo e si appoggiò anche lei al bancone, a
distanza di circa un paio di metri di lui.
“Mi dispiace che Moody non ti abbia convocato”
Richard Pollux si lasciò andare ad un sorrisetto sarcastico.
“Non gli è mai andata giù che non mi
abbiano licenziato”
La ragazza gli lanciò lo sguardo più comprensivo
e dolce che riusciva a fare in quel momento, ma i suoi occhi tradivano
un cuore in subbuglio. La cosa non sfuggì
all’istruttore.
“Sei preoccupata per la tua amica?”
“Come posso non esserlo? Si è buttata nella fossa
dei leoni… una perfetta idiota”
commentò lei
Richard tornò con la mente al fascicolo della Richards, che
aveva letto diversi mesi premi. “Credo che sappia quello che
fa”
“Lo spero davvero”
Sedute sul morbido tappeto Abigail e Emily cercavano di fare
un’innocente partita a scacchi, giusto per ingannare il tempo
ma la prima sembrava piuttosto distratta.
“Ho capito che James che accarezza la sua nuova fiamma
è interessante, ma non credevo che fosse più
interessante della tua migliore amica” borbottò la
mora, stufa di aspettare che l’altra muovesse la propria
pedina.
La bionda distolse subito lo sguardo dal ragazzo seduto sul divano che
accarezzava i capelli della giovane fanciulla lunga con la testa
appoggiata su di lei. Dopo che aveva finalmente realizzato i sentimenti
di James verso di lei, Abbie stessa si era ritrovata a pensare quanto
in realtà James fosse dolce, simile e allo stesso tempo
diverso da Fabian.
Fabian era un bravo ragazzo, divertente, gentile, leale e coraggioso
fino a sfociare nello spericolato.
James era spesso infantile e combinava cazzate una dietro
l’altra ma lo faceva in modo incredibilmente tenero, un
po’ come in realtà era lui: più dolce e
maturo di come voleva apparire. Bastava pensare a tutte le belle cose
che aveva fatto per lei nel corso degli anni.
Chissà se avesse scelto James quella sera come sarebbero
andate le cose
“Se non provi non lo saprai mai”
Ed ecco la sua migliore che sembrava, come capitava spesso, averle
letto nel pensiero. Alzò lo sguardo su Emily dopo aver mosso
il cavallo e si trovò un sorriso strafottente davanti.
No, si disse Abbie, se lei aveva scelto Fabian un motivo
c’era e stava bene con lui quindi perché cambiare?
Su una poltrona accanto al camino Zeek stava leggendo un libro ma il
suo cervello continuava a vagare. Non riusciva proprio a focalizzarsi
su niente.
Krystal si avvicinò in camicia da notte e ciabatte e si
sedette sul bracciolo di stoffa scura, per poi rivolgersi al ragazzo.
“Non riesci a dormire?” chiese
Zeek si limitò a negare con un cenno piuttosto sconsolato
del capo.
“Nemmeno io” disse Krystal
La ragazza lo osservò mentre guardava le pagine del libro
senza leggerle davvero, e dopo uno sbuffo che sapeva più di
frustrazione che di irritazione gli prese il libro dalle mani con
dolcezza per appoggiarlo su un tavolinetto da caffè
lì vicino.
“Sai… ho pensato alla storia che mi hai
raccontato, di Lucian…” accennò,
ottenendo subito l’attenzione del fidanzato.
“Tu mi hai detto che sono anni che non vedi la madre di
Lucian e che lui non l’ha mai conosciuta… ecco, a
me non sembra giusto”
“E’ stata lei ad andarsene”
ribatté lui, in un tono piuttosto brusco che per un attimo
sembrò aver ferito Krystal. La ragazza sembrò
raccogliere il coraggio e la calma necessari a continuare il discorso.
“Non se la sentiva… lo so, lo so…Quello
che voglio dire è che io so come ci si sente a crescere con
un solo genitore, neanche me lo ricordo, mio padre. E lo odio, lo odio
perché non si è preso le sue
responsabilità e perché non c’era mai a
Natale, al mio compleanno, o quando mi è arrivata la lettere
da Hogwarts. Adoro i miei fratelli, non fraintendermi, ma è
come se mi sentissi…”
Krys non riuscì a terminare la frase in quanto fu Ezekiel a
finirla per lei “… un puzzle con un pezzo
mancante”
“Già” sospirò lei
“un piccolo pezzo, un pezzo a cui non vorrei somigliare mai
ma comunque un pezzo della mia famiglia”
Zeek la guardò in un modo così profondo che la
ragazza si sentì quasi a disagio. Da quegli occhi sembrava
trasparire l’anima del ragazzo che aveva davanti. Anzi no,
non era un ragazzo bensì un giovane uomo che anni prima si
era fatto carico di un peso più grande di lui, con grande
coraggio e grande dignità. Krystal sentì che
stargli accanto significava aver accettato anche Lucian, un pacchetto
completo. L’accademia non le aveva regalato solo un ragazzo
ma anche un bambino a cui sentiva di voler già bene. Detto
così sembrava assurdo visto che lei non era la madre di
Lucian, né l’aveva mai incontrato ma voleva che
quel bambino non si sentisse solo, con un membro della famiglia
mancante, come si era sentita lei o come si sentivano una miriade di
altri bambini nel mondo.
“Cosa dovrei fare?” chiese Zeek, la voce
leggermente incrinata da un velo di incertezza.
“Non lo so” replicò Krystal
“Forse parlarle. Magari negli anni è cambiata.
Magari vorrebbe rientrare nella vita di Lucian ma non sa come
fare”
“E tuo padre?”
“Lui non ci ha mai provato a tornare da noi. Mai”
puntualizzò carica di una rabbia che teneva repressa in un
angoletto del suo cuore.
Hayden se ne stava in un angolo, lo sguardo fisso oltre il vetro della
finestra davanti a lui. Sperava inconsciamente di vedere emergere
qualcosa o qualcuno dal buio che avvolgeva la villa, magari un gufo o
un patronus. Aveva bisogno di notizie, quel clima di attesa lo stava
uccidendo. Sapere che tutti gli Auror erano fuori a combattere e non
sapere come stava Nathan lo stava distruggendo.
Erano circa le tre di notte e ormai erano rimasti pochi gli studenti
che si aggiravano all’interno del grande salone con aria
afflitta. C’era Monique Kirsch, una del terzo anno il cui
fratello stava combattendo, così come la fidanzata di Jacob
York, il padre di Daniel Matthews e la cugina di Susan Veil, che non
era un’Auror ma una semplice abitante di Liverpool. Tanti
erano nella sua stessa situazione, in quella specie di limbo, ma solo
due suoi compagni di classe avevano avuto la malsana idea di imbucarsi
nella mischia.
Qualcuno li avrebbe definiti coraggiosi, ma secondo lui erano
semplicemente due idioti che mettevano a rischio la propria vita.
Voltò il capo in direzione della porta della cucina che si
era appena aperta, e incrociò gli occhi di un Ezra Hattle in
pigiama, che stringeva tra le mani una tazza.
“Vai a letto?” gli chiese
L’altro ragazzo fece spallucce. “Stare qui non
è di nessuna utilità per nessuno, tanto vale
cercare di dormire, ma ti capisco…”
Hayden fece un sorriso mesto e l’amico subito
cercò di rincuorarlo “Sta tranquillo…
appena si avranno notizie le riceveremo”
A Liverpool Sean e Eveline avevano partecipato a un paio di scontri
uscendone piuttosto bene, con solo qualche graffito e una bruciatura
sulla gamba di Sean. In tutte le vie che aveva percorso Sean aveva
cercato suo padre, ma in mezzo a tutto quel casino era impossibile
trovarlo.
Stavano perlustrando un isolato del quartiere magico dietro a Charlotte
quando Eveline gli battè sul braccio.
“Le senti queste urla?”
Il ragazzo tese le orecchie e in effetti riuscì a percepire
delle urla in lontananza. Anche la loro istruttrice doveva aver udito
qualcosa perché gli intimò di fare silenzio e
disilludersi.
La giovane donna rimase visibile e li guidò verso un
edificio circolare che sembrava un ufficio postale, il cui piano terra
iniziava a essere lambito dalle fiamme. La porta era stata buttata
giù quindi i tre entrarono senza problemi. Notarono subito
che molti dei gufi e dei barbagianni che solitamente trasportavano
pacchetti e lettere erano morti, intrappolati in quella che era la loro
casa e molti altri erano inermi, storditi dal fumo acre.
Charlotte lanciò un Aguamenti verso le scale, per creare
loro un passaggio verso il piano superiore, da cui provenivano le urla.
Prima di andare pregò i due ragazzi di tornare visibili.
“Non sappiamo qual è la situazione di sopra,
quindi massima allerta, restate dietro di me finché
potete…” disse a bassa voce, ma con il tono
più sicuro che riuscì a trovare in quel momento
“Buona fortuna”
Appena il gruppetto a salire le lunghe scale di pietra a chiocciola, si
trovarono davanti il corpo di un uomo che avrà avuto una
cinquantina d’anni, brizzolato, con gli occhi nocciola
spalancati. Era morto.
Sean ci mise qualche secondo per riconoscerlo, a causa del buio ma era
sicuro che quello era Wilfred Corby, il partner di suo padre. Quindi
Caleb Stuart era con tutta probabilità di sopra, poteva
essere ferito, torturato o peggio: deceduto.
Sean si infervorì e corse lungo le scale, superando sia
Eveline che Charlotte.
“Sean, fermo!” urlò Evie, gli occhi
sbarrati dal panico.
Il ragazzo aveva già raggiunto la grande stanza al primo
piano.
“Adesso basta!” aveva urlando iniziando a scagliare
incantesimi verso il Mangiamorte che stava cruciando suo padre.
Il Mangiamorte schivò il tutto senza troppe cerimonie, ma
per farlo fu costretto a interrompere la maledizione
sull’uomo, che venne subito soccorso da Eveline.
Anche Charlotte si scagliò contro la figura incappucciata
che sembrava riuscire a fronteggiare entrambi. Il Mangiamorte
cercò di colpire Sean, che ormai stanco faceva fatica a
difendersi e a contrattaccare ma l’incantesimo venne fermato
dal sortilegio Scudo evocato dall’istruttrice.
Il Mangiamorte grugnì di rabbia e scagliò
Charlotte giù per le scale, verso le fiamme che stavano
risalendo prima di attaccare Sean con un temibile
“CRUCIO!”
Il ragazzo iniziò a contorcersi a terra, facendo di tutto
pur di non urlare. Eveline non riuscì a resistere a vedere
il suo fidanzato così e si accanì a sua volta
contro il Mangiamorte, lanciandogli incantesimi uno dietro
l’altro. L’uomo venne colpito con una forza
inaudita, ogni incantesimo lo fece indietreggiare sempre di
più, fino a che un colpo più forte dei precedenti
lo mandò contro al muro di pietra. Il corpo
dell’uomo scivolò a terra, lasciando sulla parete
una scia di sangue fuoriuscito dal suo cranio.
Eveline osservò la scena inorridita, con la bacchetta ancora
sollevata. Nemmeno si accorse che Caleb e Sean Stuart, dietro di lei si
erano rialzati.
L’Auror si avvicinò al Mangiamorte, mise due dita
sul suo collo e ne constatò il decesso. Nel frattempo
Charlotte era riemersa dall’androne delle scale, piena di
graffi.
“Fuori di qua, le fiamme sono fuori controllo”
tossì.
L’unica via di fuga dalla torre era una finestra, da cui
dover saltare.
“Coraggio” li invitò Caleb Stuart ancora
un po’ acciaccato.
L’uomo fece passare prima suo figlio, che tese una mano ad
Eveline. La ragazza, ancora sotto schock, non proferì parola
e si limitò a prendere la mano che le era stata porta.
“Spero che la neve attutisca la caduta”
pregò Sean prima del salto.
La preghiera venne esaudita e i due non si fecero tanto male, anzi,
riuscirono a rialzarsi piuttosto in fretta. Qualche attimo dopo anche i
due Auror li raggiunsero.
Tutto il gruppo si ridiresse verso il centro del quartiere magico, dove
lo scontro sembrava essere finito, dove era il momento di contare le
perdite.
Charlotte si diresse a passo svelto verso gli altri istruttori, che
stavano facendo capannello, mancava solo l’istruttore del
secondo anno.
“Ti accompagno al San Mungo” disse Sean
“No, voi tornate tutti in Accademia. Non voglio sentire
ragioni. Tua madre sarà lì e ne morirebbe sapendo
che c’eri pure tu di mezzo.”
Charlotte tornò verso il gruppo. “Stai bene,
Caleb?” chiese all’uomo
“Non c’è male. Ti affido il mio ragazzo
e quest’altra bella signorina” disse facendo un
cenno ad Eveline.
“Non ti preoccupare, ci medicheremo tutti in Accademia. Solo
Markus è stato portato al San Mungo”
“Grazie” le disse lui e i due si strinsero la mano,
poi Caleb strinse il figlio in un abbraccio. Poi il gruppo si
riunì con gli altri diretti in Accademia.
Erano ormai quasi le cinque, quando un sonoro pop fece comparire il
gruppo di insegnati più i due allievi nell’atrio
dell’Accademia. Chi era sveglio venne attirato dal suono e si
precipitò lì. Sadie si tuffò ad
abbracciare l’amica.
“Grazie a Morgana stai bene!” disse la Morris dopo
essersi staccata e aver osservato l’amica dalla testa ai
piedi alla ricerca di eventuali danni.
Anche Richard Pollux sembrava sollevato nel veder tornare gli
istruttori. “Com’è andata?”
domandò
A rispondere fu l’istruttore del terzo anno.
“Abbiamo perso tre auror: Blake, Condram e Finnegan ma siamo
riusciti a prendere cinque di loro. Alastor li ha scortati ad
Azkaban”
Ognuno dei feriti venne condotto in una piccola stanzetta
dell’Infermeria dell’Accademia per venire medicato.
Charlotte si pulì velocemente i graffi poi si
dedicò alla brutta ustione al polpaccio di Sean che stava
seduto su una specie di barella, con l’aspetto un
po’ abbattuto.
“Evie non ha detto una parola” commentò
mentre l’istruttrice gli disinfettava la ferita.
“Non è facile per lei”
“Com’è? Uccidere qualcuno,
intendo” precisò dopo un’occhiata
curiosa da parte della donna.
“È come sembra, è quello che bisogna
fare” rispose fredda.
Nel suo ufficio silenzioso Richard stava porgendo un bicchiere di vino
elfico a Eveline Richards.
“Tieni, ti aiuterà un po’”
Finalmente Eveline si scosse a sentire quella voce e
realizzò dove si trovava. Come diavolo ci era arrivata
lì? Il suo cervello si era fermato a
“Morto” pronunciato dal padre di Sean.
Fece qualche sorso di vino e poi si rivolse all’istruttore.
“Lei ha mai ucciso qualcuno?”
“Mentre ero auror? Sì, tre volte. Non è
mai semplice, specialmente la prima volta. Togliere la vita a qualcuno
non è mai una cosa bella, ma a volte non
c’è scelta”
Un bussare alla porta li interruppe. “Ah Sadie” la
accolse Richard “Accompagneresti Eveline in camera”
Le due se ne andarono in silenzio e si rintanarono nella camera della
Morris. Sedute sul letto, Sadie chiese all’amica
“Allora, mi vuoi dire cosa è successo?”
La testa di Eveline si riempì di flash di quello che era
successo: Sean cruciato, lei che attaccava il Mangiamorte, la testa
dell’uomo che impattava violentemente contro la parete e lui
che crollava a terra, morto.
Gli occhi della ragazza iniziarono a riempirsi di lacrime, che
cercò di ricacciare indietro in tutti i modi ma con scarsi
risultati. Sadie l’abbracciò di slancio. Dopo
qualche minuto scossa dai singhiozzi Eveline riuscì a dire
“Ho ucciso un uomo”
L’alba di un nuovo giorno si affacciò
un’ora più tardi, risvegliando un edificio in cui
veramente poche persone sembravano essersi fatte una notte di sonno
decente. Chi si diresse al piano terra venne accolto da un cartello che
annunciava che le lezioni del giorno erano annullate. Nella stanza di
Sadie, al primo piano le due ragazze erano rimaste per tutto il tempo
sedute sul letto, in silenzio. Poco più tardi vennero
raggiunte da Sean.
Per tutto il tempo Eveline non aveva detto una parola, nonostante le
domande del ragazzo teneva gli occhi incollati al pavimento. Lei era
quella sempre forte e impenetrabile, ma ora si sentiva come un ammasso
di macerie.
“Perché non mi parli?” chiese per
l’ennesima volta Sean, stavolta però si era
accovacciato sul pavimento e abbassato al suo stesso livello. Era
costretta a guardarlo negli occhi.
“Cosa dovrei dirti?” Non capendo Sean la
guardò confuso, cosa che fece scattare la rabbia in Eveline.
La ragazza scattò in piedi e Sean la imitò.
“Cosa vuoi sentirti dire?”
“Voglio sapere come stai” disse serio lui
“Come sto? Come vuoi che stia? Ho ucciso un uomo!”
“Un mangiamorte” puntualizzò Sadie
“Ho ucciso qualcuno! Non so poi così diversa da
loro…” dichiarò tristemente
Buonasera
Non è il capitolo migliore del mondo ma è un
periodaccio. Sono a 5 esami dalla laurea, di cui 4 da dare di qui a un
mese quindi dovrei studiare! Colgo l’occasione per
annunciarvi anche che il prossimo capitolo arriverà tra un
mesetto circa
Scusate davvero, ma a differenza della cara Signorina Granger, io ci
metto una vita a scrivere un capitolo quindi abbiate pazienza e
segnalatemi eventuali errori, in quanto non ho riletto il capitolo
H.
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Capitolo 18 *** Capitolo 16 ***
La notizia dell’attacco
a
Liverpool era finita su tutti i giornali ma era stata notevolmente
ridimensionata; il tutto era stato descritto come l’attacco
di un paio di
anarchici contenuti solo grazie all’intervento degli Auror.
La morte dei tre
Auror era stata descritta come un effetto collaterale dello scontro,
suscitando
non poca indignazione in chi era a conoscenza della realtà
dei fatti.
Il week-end passò in modo
piuttosto lento, Sadie aveva ottenuto da Richard di far spostare lei e
Eveline
nella stessa camera ma l’amica sembrava restare
più passiva che mai. Eveline
sentiva il proprio corpo pesante come un macigno, non riusciva a
alzarsi dal
letto indebolita anche da un sonno e una nausea pressoché
costanti. Tra una
dormita tormentata e un altro sonnellino vedeva le figure di Sadie e
Sean
alternarsi in modo di non lasciarla mai da sola. Cosa pensavano, che si
sarebbe
suicidata? Ma se riusciva a stento ad alzarsi per andare in bagno.
Il lunedì era arrivato
inesorabile e la mattina Sadie si era alzata e diretta in bagno,
curiosa di
come sarebbero andate le lezioni sull’Occlumanzia. Quando
dopo essersi lavata,
vestita e pettinata vide la compagna nel solito posto che occupava da
qualche
giorno si mise le mani sui fianchi, pronta a farle una bella ramanzina,
poi
rifletté che forse non era la cosa più indicata e
decise in silenzio di recarsi
a lezione.
Al tavolo
della colazione
Emily sfogava la sua ansia sul proprio ragazzo, tempestandolo di
domande
riguardo l’Occlumanzia e riguardo le prossime lezioni.
“Dai dai, dimmi cosa ci
faranno fare” lo pregò per l’ennesima
volta. La ragazza era un misto di
curiosità e preoccupazione. Sarebbe stato interessante? E
soprattutto, lei
sarebbe stata all’altezza?
Justin mandò giù un boccone
di brioche con un po’ di succo di zucca poi parlò
“La prima lezione sarà
puramente teorica, quindi smettila di preoccuparti”
sghignazzò
“E poi?” incalzò l’altra
“Poi vi faranno iniziare ad
esercitarvi a bloccare la penetrazione della mente. Sarà
l’istruttore stesso a
farlo… vedrà cosa c’è nella
tua mente, i tuoi ricordi più profondi…belli o
brutti che siano”
Justin lasciò cadere la
frase, non aveva bisogno di dirlo…sapeva già che
Emily aveva capito subito che
lui era stato costretto a rivivere i pensieri legato al padre e alla
sua morte.
La ragazza infatti aveva
capito subito, vedendo il lampo di tristezza e delusione che era
passato negli
occhi chiari di lui. Smise di fare domande e osservò Justin
servirsi una
frittella con una finta indifferenza.
La bocca di
Federica
Forrest era appiccata a quella di Caradoc Dearborn da qualche minuto
ormai,
suscitando un certo disagio nei suoi due amici che stavano facendo
colazione
davanti a loro.
Elias si schiarì
leggermente la voce, cercando di far notare ai due piccioncini che non
era il
caso di lasciarsi andare a eccessive effusioni nella mensa
dell’accademia. Il
suo tentativo andò a vuoto, nessuno dei due sembrava averlo
notato.
Ezra spazientito si alzò in
piedi, nel gesto spostò il piatto davanti a lui che
andò a cozzare contro il
bicchiere, il tintinnio prodotto sembrò attirare vagamente
la ragazza.
“Già andate via?” chiese
Federica prima di guardare l’orologio. “Oh Merlino,
è davvero così tardi?”
I due ragazzi difronte a
lei incrociarono le braccia e annuirono, accompagnati da un
“Mh mh”
Quando gli
allievi
arrivarono in Aula trovarono entrambi gli istruttori ad attenderli.
“Buongiorno” iniziò a
parlare Richard “Oggi inizieremo ad occuparci della branca
dell’Occlumanzia.
L’Occlumanzia è un ramo della magia ancora poco
conosciuto. L’Occlumante è colui
che impedisce a un Legilimens di penetrare la sua mente ma abbiamo
iniziato a
notare che potrebbe essere utile anche nel caso della maledizione
Imperius”
Nel frattempo Charlotte
scorreva i presenti con lo sguardo. Aveva notato subito
l’assenza di Eveline
Richards.
“Per poter impedire a
qualcuno di leggere la vostra mente, dovete svuotarla da ogni pensiero
e
cercare di rilassarvi il più possibile” continuava
Richard “La parte destra
dell’aula svolgerà l’esercizio con
Charlotte mentre la parte sinistra con me.
Prego, dividetevi”
Al gesto sbrigativo
dell’istruttore, la classe si divise in modo piuttosto
composto in due blocchi.
Charlotte si rivolse al suo
gruppo con un sorriso “Bene, mettetevi in fila indiana. Uno
alla volta verrete
avanti, io cercherò di entrare nella vostra mente e voi,
naturalmente, dovrete
cercare di impedirlo”
“Lo dice come se fosse la
cosa più semplice del mondo” sussurrò
un ridacchiante James ad Abigail. La
ragazza si lasciò andare ad un sorriso, anche se scuoteva la
testa.
Dopo averli tranquillizzati
sul fatto che non sarebbe andata troppo infondo ai loro pensieri e
ricordi, il
primo a buttarsi avanti fu Hayden.
“Mi raccomando, tieni la
mente il più possibile vuota”
Il ragazzo annuì e puntellò
gli occhi in quelli dell’istruttrice. Cercò di
liberare la propria mente da
ogni pensiero, ma il cervello continuava a dirgli di impedire a
Charlotte di
vedere i suoi ricordi con Nathan, i suoi ricordi più privati.
“Non è andata male come
prima volta” disse Charlotte all’improvviso
“Esercitati a svuotare la mente”
Al lato
opposto dell’aula,
il primo a voler provare a praticare l’Occlumanzia fu Sean,
ma i suoi risultati
non furono così brillanti come si aspettava. Richard si
trovò catapultato in
una serie di ricordi flash: un piccolo Sean che giocava con i suoi
fratelli, la
sua prima partita di Quidditch, risate e studio con gli amici, una
serata con
Eveline e infine quello che era successo pochi giorni prima, a
Liverpool. A
quel punto l’istruttore decise di fermarsi, sentiva che era
un pensiero che
turbava il ragazzo.
Dopo di lui volle tentare
l’esercizio Krystal. La ragazza si impegnò con
tutta se stessa per impedire
all’istruttore di penetrare la sua mente. Richard si
complimentò con la
ragazza, in quanto l’unica cosa che era riuscito a vedere
erano brevi istanti
della giornata, tutti di poco conto.
Elias non era riuscito a
bloccare Charlotte, ma almeno aveva impedito che
l’istruttrice vedesse tutti i
pensieri legati a sua sorella Gemma e alla sua condizione.
Quando fu il turno di
Abbie, la ragazza sorrise a James che le stava facendo
l’occhiolino e avanzò
verso l’istruttrice con passo un po’ incerto.
“Pronta?” chiese Charlotte
“Pronta” rispose Abbie
La ragazza lasciò che i
penetranti occhi azzurri dall’istruttrice la fissassero,
mentre cercava di chiudere
il cervello, di non pensare. Ma come si fa a non pensare? Come faceva a
non
pensare a Fabian? Il viso perfettamente delineato, il sorriso sghembo,
gli
occhi luminosi…vide un occhio chiudersi come successo poco
prima…il viso che si
trovava davanti non era più quello di Fabian, era quello di
James. Era fottuta.
Ormai la sua mente era confusa così come il suo cuore. No,
non poteva essere.
Era tutto uno scherzo dovuto all’occhiolino che il ragazzo le
aveva fatto poco
prima.
Alle 12:30
i ragazzi vennero
mandati a fare pausa pranzo. Mentre gli allievi uscivano dall'aula
Richard si
rivolse a Charlotte.
“Mancava la Richards
stamattina”
“Lo so”
“Bisognerebbe andare a
chiamarla, sono lezioni importanti queste”
“Non vorrai andarci tu?!?”
Richard la guardò leggermente
stupito “Perché no?”
La donna lo guardò con un
sopracciglio alzato, come se fosse l’uomo più
stupido del mondo “Pensi di poter
entrare nella camera di una ragazza? Una ragazza che è
evidentemente
traumatizzata?”
L’istruttore sembrò
pensarci un istante prima di dire “Ok, forse è
meglio che vada tu ma non essere
troppo dura con lei”
Charlotte annuì e si
diresse anche lei verso la porta dell’aula e poi al primo
piano. Entrò nella
camera della ragazza senza neanche bussare.
Eveline Richards se ne
stava lunga sul letto, lo sguardo fisso sul soffitto. Quando
udì la porta
aprirsi per poi chiudersi non fece una piega, sicura che fosse Sadie o
al
massimo Sean. La voce che la richiamò
all’attenzione fu però diversa, e la
sorpresa fu tale da spingerla a tirarsi su a sedere e a mettere le
gambe fuori
dal letto.
“Bene…non sei in punto di
morte o incredibilmente malata quindi non c’è
ragione che spieghi la tua assenza
alla lezione di oggi”
Eveline abbassò lo sguardo.
Possibile che nessuno capisse quello che provava? Aveva ucciso un uomo
e per
quanto quell’uomo possa essere stato spregevole e malvagio
ora c’era una
famiglia che piangeva per lui.
L’istruttrice prese la
sedia davanti la scrivania e la spostò in modo di potersi
mettere seduta di
fronte alla ragazza.
“La morte fa parte del
nostro lavoro, specialmente in questo periodo. Non è mai
bello, ma a volte devi
scegliere tra uccidere o essere ucciso. Anche veder soffrire persone
che amiamo
è un modo di essere uccisi.”
Eveline si passo una mano
tra i lunghi capelli biondo cenere. Non sapeva cosa rispondere
così aspettò che
l’istruttrice continuasse.
“La differenza tra noi e
loro è che noi non uccidiamo perché vogliamo,
perché ci piace o perché siamo
convinti che il sangue di alcune persone valga meno del sangue di
altre, per
noi uccidere è l’estrema ratio”
“Io volevo ucciderlo, per
un attimo quando ero lì ho pensato che ucciderlo avrebbe
solo migliorato il
mondo, che così ci saremmo salvati” la voce di
Eveline era spezzata dai singhiozzi
“Ho paura che tornerò a essere come
prima”
Charlotte fece un mezzo
sorriso comprensivo. “Abbiamo letto i vostri fascicoli per
filo e per segno.
Hai avuto un periodo difficile e ne porti la cicatrice. Non potrai mai
dimenticare, ma non ti avremmo mai ammesso in Accademia se non fossimo
stati
più che certi che saresti stata in grado di superare la
cosa. Comprendi?”
Il tono dell’istruttrice
era dolce ma fermo. In qualche modo le ricordava la professoressa di
Trasfigurazione che aveva avuto negli ultimi due anni ad Hogwarts, una
donna
algida e severa ma che aveva un gran cuore, si vedeva lontano un miglio.
“Dopo la pausa pranzo
verrai a lezione. Non mandare tutto a puttane o non te lo perdonerai
mai”
Alle due in punto Eveline
era in aula. Quando Sean entrò rimase di sasso nel vederla
lì, in piedi,
leggermente più pallida e spenta, ma era lì. Fece
per parlarle, ma lei lo
interruppe subito.
“Non ne voglio più parlare,
per favore”
Gli studenti impiegarono
tutto il resto della settimana nello studio e nella pratica
dell’Occlumanzia,
con risultati più o meno brillanti.
Sean non poté fare a meno
di notare quanto Eveline era diventata distante da lui. Non erano stati
più
insieme da soli, e lei sembrava essere diventata allergica al ragazzo.
Era
sempre fredda. Spesso le parlava e lei non rispondeva o lo faceva in
tono
scocciato e insofferente.
Non era l’unica coppia che
sembrava avere problemi nell’ultimo periodo: da quando erano
rientrati dalle
vacanze di Natale, Justin sembrava non avere un momento libero per
stare con
Emily.
La ragazza all’inizio aveva
accettato la cosa, pensando che fosse più che normale che
uno studente del
terzo anno fosse più impegnato di uno del primo, ma vedeva
spesso in giro i
suoi amici e a quel punto la cosa aveva iniziato a pesarle. Aveva
provato a
fare qualche domanda a Justin stesso ma lui era sempre sfuggente e
riusciva
abilmente a deviare su altri discorsi. A volte odiava il suo essere
così bravo
con le parole!
Non le era mai passato per
la mente che lui potesse tradirla, ma non sapeva cosa cavolo stava
combinando
il suo ragazzo per non parlagliene?
Quel
week-end in cui un
timido sole si era affacciato nel cielo della Scozia, Krystal aveva
deciso di
assaporare la frizzantina aria invernale gustandosi un tè
sulla veranda. Sentendo
dei passi alzò lo sguardo e sorrise istintivamente vedendo
Zeek.
“Eccoti qui, ti ho cercata
ovunque”
Il ragazzo si sporse
leggermente per darle un bacio a stampo e poi si sedette lì
accanto. “Volevo
dirti una cosa”
“Dimmi” rispose
tranquillamente Krys
“Ho pensato a quello che mi
hai detto e ho contattato qualche amico. So dov’è
Rose, domani andrò da lei”
“Ok…” rispose incerta la
ragazza. Guardò meglio Zeek. In quel momento ne traspariva
tutta la sua
fragilità. Aveva bisogno di tutto il suo appoggio, e Krystal
di certo non si
sarebbe tirata indietro.
“Vuoi che ti accompagni?”
gli propose, pur sapendo che era assurdo accompagnare il proprio
fidanzato a
trovare la sua ex fiamma nonché madre di suo figlio.
“No, è una cosa che devo
fare da solo”
Questa volta fu il turno di
Krystal di sporgersi per baciarlo. Le loro labbra si incastrarono
dolcemente,
come se fossero sempre state fatte per unirsi.
Ezekiel Crouch si sentiva
incredibilmente fortunato.
Buonasera gente!
Dopo la fine di
un’interattiva
a cui partecipavo (posso fare pubblicità? La meriterebbe
davvero) oggi mi sono
sbloccata e ho deciso di scrivere. Questo è un capitolo un
po’ di passaggio,
cioè in origine doveva essere un capitolo ma poi ho deciso
di farne due, per
non lasciarvi a secco per troppo tempo…
Sono poco ispirata
ultimamente e credo che la cosa si veda, chiedo venia ma gioite con me
del mio
aver fatto due esami in 10 giorni (Sì lo so che non ve ne
frega niente)
Vabè, mi sto
dilungando
Il prossimo capitolo
arriverà presto
Baci
H.
ps: per chi non l'avesse
capito l'insegnante a cui mi riferisco quando parlo del tono di
Charlotte è la McGranitt
|
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Capitolo 19 *** Capitolo 17 ***
Buonasera
gente! Dato che in questi paio di giorni ho i lavori in caso
(quindi di studiare non se ne parla) ho deciso di scrivere un
po’. Il capitolo
non è molto lungo ma sinceramente preferisco optare per
capitoli più brevi ma
pubblicati più spesso anche se non raggiungerò
mai la velocità di certe autrici
ehm ehm (e si schiarisce la voce).
Una precisazione: Roydon è un piccolo villaggio
che si attraversa se si va da Londra centro a Stansted con lo Stansted
Express, tutto il tragitto è carino e lo consiglio, ma
questo posto mi è rimasto impresso, così come
Bishop Stotford
Grazie a chi ha commentato lo scorso capitolo e scusate se non vi ho
ancora
risposto! Mi scuso ufficialmente anche con Nene perché devo
ancora trovare il
tempo di leggere e commentare il suo ultimo capitolo (anche se
è passata una
settimana)
Ultimamente commento velocemente solo 2-3 interattive perché
se non
commento subito la sua autrice (la cara Signorina Granger) pubblica
altri mille
mila capitolo e io mica voglio perdere il titolo che ho acquisito!
Bando alle ciance o ciancio alle bande vi lascio al capitolo
H.
Ezekiel Crouch camminava
per le stradine di Roydon, un minuscolo villaggio babbano
nell’Essex.
La pavimentazione era
coperta dal ghiaccio e il ragazzo aveva già rischiato un
paio di volte di
scivolare, imprecando a bassa voce. Non c’era
un’anima in giro, con quel freddo
polare ma doveva ammettere che il paesino era carino, pittoresco.
C’era molto verde, un
grande parco, e sul fiume erano attraccate delle strane barche,
sembravano
quasi delle case. Certo che i babbani
sono strani forte pensò Zeek.
Arrivato alla piazza, Zeek
individuò subito la sua meta. Era un negozio che i babbani
chiamavano
“erbrosteria” o qualcosa del genere, ma lui non
sapeva cosa vendessero.
Prese un respiro profondo,
incerto su quello che stava facendo. Spingerla a rientrare nella sua
vita o
chiudere quella porta per sempre? Non sapeva neanche lui che cosa fare.
Non
sapeva neanche se avrebbe riconosciuto la persona che si sarebbe
trovato
davanti.
Prese coraggio e avanzò
verso il negozio, entrò e venne subito accolto da un mix di
profumi e odori
diversi. Su tutti spiccava la cannella, con qualche nota di arancio,
miele e
vaniglia. Gli occhi vennero subito catturati dal bancone in legno
grezzo, scuro
ma caldo allo stesso tempo. Non c’era nessuno dietro al
bancone e il ragazzo fu
tentato per un attimo di tornare sui propri passi e andarsene ma la
voce
proveniente dal retro bottega lo bloccò.
“Arrivo subito!”
Ecco, non poteva più
scappare. Iniziò a guardarsi intorno, tamburellando con un
piede. Il piccolo
locale era pieno di librerie e scaffalature su cui c’erano
boccette di ogni
forma e grandezza, e altri piccoli contenitori con coperchio. Zeek non
poté
fare a meno di pensare che quel posto gli ricordava
l’armadietto degli
ingredienti dell’aula di Pozioni.
Passò un minuto circa
quando una figura femminile comparve dietro il bancone. Rose Mulligan
era bella
esattamente come la ricordava, con i lunghi capelli neri raccolti in
uno
chignon disordinato e i dolcissimi occhi castani.
Quando vide il ragazzo la
sua espressione divenne sorpresa ma non troppo, come se avesse saputo
che quel
momento prima o poi sarebbe arrivato.
“Come mi hai trovata?”
Zeek sorrise, scrollando
leggermente le spalle, come a voler dire: non lo sai? Era
già una risposta.
“Ti sei nascosta bene”
constatò il ragazzo guardandosi di nuovo intorno.
“Non potevo fare
altrimenti. La mia famiglia mi odia, credevo mi odiassi anche
tu” disse Rose
con un sorriso sarcastico. Nel frattempo era passata davanti al bancone
e ci si
era appoggiata leggermente.
“Non potrei odiare la madre
di mio figlio neanche se volessi. Ci ho provato, ci ho provato davvero
ad
odiarti quando sei scappata…” la voce di Zeek
tradiva quel pizzico di rancore
che ancora ribolliva nelle sue viscere.
“Avevo paura” cercò di
giustificarsi lei
“Anche io avevo paura!”
ruggì lui “Ho paura ogni giorno! Non credo che
potrò mai dire di essere il
padre migliore del mondo, ma faccio quello che posso”
Rose era ancora lì, alta e
fiera. Le parole l’avevano colpita, scalfita ma non piegata.
“Avevamo 18 anni…
non sapevo quello che volevo dalla mia vita… non ero pronta
a fare la madre”
“Hai idea di come io mi sia
sentito quando mi sono alzato una mattina e ho scoperto che te ne eri
andata,
lasciando un bambino di sei mesi e me, che ti amavo e avrei fatto
qualsiasi
cosa per aiutarti!”
“Ti chiedo scusa”
Tipico, pensò Zeek. Tu la
accusi, le urli contro e lei ti risponde con lo stesso tono con cui
leggerebbe
la lista della spesa.
Il tono con cui parlò il
ragazzo fu glaciale “Non mi interessano le scuse. Lucian ha
bisogno di una
mamma. Tu sei sua madre, ora voglio chiederti…vuoi essere la
sua mamma?”
“Zeek, Lucian è ancora
piccolo, se io venissi a trovarlo una volta ogni tanto non capirebbe.
Rischiamo
solo di traumatizzarlo…magari tra qualche
anno…” iniziò a dire Rose ma venne
interrotta dal ragazzo
“Ti ho fatto una domanda
semplice, che esige una risposta semplice”
Sulle labbra pitturate di
color prugna della ragazza spuntò un sorriso amaro,
allungò una mano ad
accarezzare il viso di Zeek “Non c’è
niente di semplice in tutto questo”
Il ragazzo sembrò calmarsi
un po’. “Voglio solo che Lucian sia
felice”
“Anch’io, perché credi che
l’abbia lasciato con te altrimenti?”
“Io ho bisogno di definire
questa situazione. Non posso vivere immaginando che magari un giorno
tornerai e
vorrai inserirti nella vita di Lucian, per questo ti chiedo di
scegliere:
dentro o fuori”
Rose prese un respiro. “Hai
ragione… non voglio più ferirti. Sono sicura che
troverai il modo migliore di
occuparti di Lucian.”
“Un giorno quando sarà più
grande capirà”
“Ne sono sicura” sorrise
lei alzandosi sulle punte per dare un bacio in fronte al ragazzo.
Si guardarono per un attimo
in silenzio, leggermente imbarazzati. Se si fosse trattato di un flim babbano lui sarebbe uscito di scena
teatralmente, invece lei gli chiese cosa faceva ora e passarono il
pomeriggio a
chiacchierare del più e del meno, come non facevano da
tanto. Lei gli raccontò
come era arrivata in quel paesino sperduto, e come aveva tramutato la
sua
passione per le pozioni e l’erbologia in un lavoro babbano
mentre lui le parlò
dell’accademia e di Krystal, fino a che al tramonto lei
chiuse il negozio e lui
si smaterializzò a casa.
Domenica
sera Sean tornò in
Accademia. Dopo che sua madre gli aveva scritto che il padre era stato
dimesso
dal San Mungo non aveva più sentito i suoi genitori e,
complice la situazione
fredda e insostenibile con Eveline, aveva deciso di tornare a casa per
il
week-end ma adesso era il momento di tornare alla realtà.
Svuotò la valigia, e si
diresse verso la camera della ragazza, sperando di poter recuperare la
situazione. Bussò e dopo un po’ di tempo ad
aprirgli uno spiraglio di porta
appena accennato fu Sadie.
“Hey, c’è Evie?” chiese il
ragazzo
“No, mi dispiace…ha detto
che cercava un posto tranquillo per studiare perché io
faccio troppo casino”
l’ultima frase la pronunciò con un po’
di offesa.
Sean fece per sorridere
anche se un po’ abbacchiato, si cacciò le mani in
tasca e si voltò per
andarsene.
“Mi dispiace!” gli urlò
dietro Sadie. Resto a guardarlo percorrere tutto il corridoio poi
chiuse la
porta.
“Quel ragazzo non si merita
affatto questo trattamento”
“Devo allontanarlo” disse
Eveline Richards seduta sul tappeto per terra, con la schiena
appoggiata al
letto.
Sadie si accomodò anche lei
sul tappeto e prese un biscotto dal piatto che aveva appoggiato a
terra. “Perché
non gli dici tutta la verità?”
“Lui mi ha sempre messa su
un piedistallo…se gli dico la verità non mi
guarderà più neanche in
faccia…”
“Tesoro, se continui così
non ti guarderà più in faccia
comunque…immagina come sta soffrendo con la sua
ragazza che si sta allontanando in questo modo…”
“Non so proprio cosa fare”
disse Eveline con la voce rotta dal pianto.
Sean era
rientrato in
camera sbuffando, dopo aver dato un calcio alla valigia vuote si
buttò sul
letto. Dal bagno riemerse James già in pigiama.
“Non c’era?” chiese all’amico
mettendosi seduto sul letto e frizionandosi i capelli con un
asciugamano.
“Ma certo che c’era, ma non
voleva vedermi… Sadie Morris è una pessima
bugiarda” sospirò “A te come
è
andato il finesettimana?”
“Io e Gabrielle ci siamo
lasciati. Ha detto che ho la testa da un’altra
parte”
“O su un’altra ragazza…”
ridacchiò Sean. James in tutta risposta gli tirò
il cuscino.
“Non negare che pensi
sempre ad Abigail”
James si fece cupo “Abbie è
felice con Prewett, è giusto che io stia un passo
indietro”
I due restarono un po’ in
silenzio poi James ebbe un colpo di genio ed estrasse da sotto il letto
una
bottiglia di Odgen Stravecchio. “Qui ci vuole un
goccetto” annunciò prima di
far comparire davanti a sé due bicchieri che
riempì con il liquido ambrato.
Sean lo raggiunse e preso uno dei bicchierini.
“Alle ragazze che ci
fottono il cervello” brindò James
“Alle ragazze che ci
fottono il cervello” lo imitò l’altro
Il
lunedì mattina gli
studenti si presentarono puntuali in Aula, ma Richard li condusse
immediatamente verso l’esterno dove Charlotte li attendeva
davanti a una specie
di tenda da campeggio.
“Buongiorno a tutti. Oggi
affronterete uno alla volta un percorso a ostacoli. Dentro la tenda
dovrete
attraversare dieci stanze. Chi otterrà il miglior punteggio,
vincerà un buono
per dieci gelati gratis da Florian Fortebraccio”
annunciò con un sorriso.
“Chi vuole cominciare?”
chiese Richard
Il primo a farsi avanti fu
Hayden. Entrò nella tenda con la bacchetta già
pronta e si ritrovò in una
stanza piena di specchi, tra gli specchi si muoveva una specie di
bersaglio a
forma di corvo. Doveva colpirlo per poter passare alla stanza
successiva. Con
tutti quegli specchi fu parecchio difficile riuscire a capire dove era
il vero
corvo e dove si trattava, invece, di un riflesso. In aggiunta bisognava
anche
calcolare che se avesse colpito lo specchio di fronte a lui,
l’incantesimo gli
si sarebbe rivoltato contro.
Dopo aver
superato la
stanza degli specchi, appena aprì la porta della stanza
successiva Ezra
precipitò in una specie di piscina o lago, non
riuscì neanche lui a capirlo, ma
l’acqua era torbida quindi dedusse che non si trattava di una
piscina.
Fortunatamente ebbe la prontezza di riflessi necessaria per praticare
un
incantesimo Testabolla, in modo da respirare sottacqua.
Stava nuotando verso la
porta successiva, sapeva che era troppo facile infatti si guardava
attorno in
attesa di essere attaccato da una qualche oscura creatura, ma
così non avvenne.
Quando arrivò alla porta successiva si accorse
però che essa era chiusa. Cercò
con lo sguardo la chiave, finchè non vide brillare qualcosa
sul fondo.
Avvicinandosi al fondo non
venne attaccato da Sirene ma dalle piante che ricoprivano il fondale.
Le alghe
cercavano di avvolgerlo per impedirgli di afferrare la chiave o di
praticare un
nuovo incantesimo Testabolla una volta che il primo fu finito.
Mentre
aspettavano fuori
dalla tenda Sean cercò di nuovo di avvicinarsi ad Eveline.
“Possiamo parlare?” disse
deciso stringendo con la mano il braccio sinistro di lei.
“Non è il caso, non ora”
rispose lei in modo piuttosto disinteressato, continuando a guardare la
tenda.
Finora la persona che aveva fatto il punteggio migliore era stato
proprio il
primo, Hayden Fawley.
“Evie ti prego”
“Devo andare” disse la
ragazza dirigendosi verso la tenda, da cui era appena uscito James
Martin
Dato che
gli allievi erano
molti e il tempo invece scarseggiava, una metà degli
studenti venne invitata a
svolgere l’esercizio il giorno dopo.
Le lezioni erano finite
ormai per tutti e Emily stava percorrendo la villa in lungo e in largo,
alla
ricerca di Justin. Una ricerca senza risultati.
Entrando nel salotto si
mise a sedere davanti ad Abbie e ai gemelli Prewett.
“Ho cercato Justin ovunque!
Devo capire dove cavolo sparisce ogni pomeriggio”
sbuffò
“Magari va a studiare in
qualche parte” buttò lì Gideon Prewett
“Justin che si isola per
studiare? Mai!” ridacchiò Abbie
“Tutti i suoi amici sono
qui, ha sempre studiato con i suoi amici.”
Confermò Emily
Fabian si sporse
leggermente in avanti per appoggiare sul tavolino da caffè
la carta della
cioccorana che aveva appena scartato e parlò
“Perché non glielo chiedi
direttamente?”
Le due ragazze lo
guardarono come se si fosse bevuto il cervello ma entrambi i gemelli
concordarono che loro donne erano troppo complicate e che si facevano
troppi
problemi. Se volevano qualcosa era infinitamente più
semplice parlare in modo
diretto. Furono talmente convincenti che persino Emily
iniziò a valutare l’idea.
Il giorno
dopo si svolse l’altra
metà delle prove. Alla settima stanza Krystal si era
decisamente stufata, aveva
sprecato molto tempo nel cercare di superare il drago a due teste
quindi ormai
era certa che non avrebbe vinto, superò le altre stanze
quasi svogliatamente
per poi concludere il percorso e lasciare il posto a qualcun altro.
Alla fine il miglior
studente risultò essere proprio Hayden, al secondo posto
arrivò James solo per
qualche manciata di secondi e al terzo posto Eveline.
Mentre i tre vincitori
marciavano verso l’entrata della villa Eveline rivolse al
moro un’occhiata. “Devo
ammettere che sei stato veramente bravo, non so come tu abbia fatto a
fare un
tempo del genere”
Questa volta anche James si
trovò a complimentarsi col ragazzo. “Complimenti
davvero Fawley… forse non sei
così raccomandato come dicono”
Quando
tornò in camera
quella sera Federica tirò fuori dalla tasca dei pantaloni la
lettera che aveva
ricevuto dalla madre quella mattina e che non aveva avuto il tempo di
leggere.
Nell'atto di leggere le
parole vergate con inchiostro nero la ragazza rimase con la bocca
leggermente
dischiusa, e le mani iniziarono a tremarle visibilmente.
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Capitolo 20 *** Capitolo 18 ***
Tre settimane erano passate
e Federica non sapeva ancora come dire a Caradoc che se ne sarebbe
andata. I
suoi genitori avevano deciso di partire verso l’America
perché nel Regno Unito
la situazione diventava sempre più pericolosa e le avevano
chiesto in modo
accorato di seguirli. Federica si era arrabbiata e aveva pianto, tanto,
prima
di decidere di rispettare il loro volere. Aveva lottato tanto per
arrivare dove
era ora ma la sua famiglia era importante, più importante.
Il giorno per cui la sua
famiglia aveva prenotato la passaporta si avvicinava in modo
inesorabile e
aveva parlato della questione solo ai suoi amici e agli istruttori. Non
una
parola al suo fidanzato, non finchè non avesse trovato la
forza di dirgli
addio. Ezra le aveva suggerito una relazione a distanza ma per Federica
era
inconcepibile: che senso aveva se non potevano abbracciarsi o baciarsi?
Il baule era pronto ormai.
Aveva messo dentro tutto, dai libri ai vestiti, tranne la divisa da
Allieva
dell’Accademia. Le era dispiaciuto non poterla portare via
con lei, ma queste
erano le regole.
Si sdraiò sul letto a
leggere un manuale di Occlumanzia, argomento che le era particolarmente
piaciuto. Non seppe dire da quanto dormisse quando venne svegliata di
soprassalto da un incessante bussare alla porta.
Si alzò svogliatamente,
buttando un occhio al letto di Krystal ancora vuoto e alla sveglia sul
comodino
che segnava mezzanotte e un quarto.
“Perché è dovuta venire
Krystal a dirmi che domani mattina te ne saresti andata?”
esordì un Caradoc
infuriato come una biscia
“Io…” iniziò a dire la
ragazza
“Pensavi di fuggire così,
senza dirmi nulla? Solo perché sarebbe stato più
facile? Beh sai che ti dico?
Vattene pure! Arrivederci e grazie!” sputò fuori
lui prima di voltarsi e
andarsene.
Federica gli corse dietro,
con uno scatto lo fece girare e lo baciò con passione.
Caradoc rispose subito
al bacio con un trasporto smisurato. La spinse verso la sua camera,
senza
staccarsi da lei.
Una volta entrati in camera
la fece accomodare sul letto e iniziò a spogliarla, a
baciarla sul collo, sulla
clavicola e poi sempre più giù.
Federica si svegliò che
fuori era ancora buio, pensando quasi di aver sognato il suo incontro
con
Caradoc. Ebbe la conferma che era tutto vero la mattina successiva,
quando dopo
aver salutato i suoi amici si apprestò ad allontanarsi a
piedi dall’Accademia
per raggiungere la zona dove si sarebbe potuta smaterializzare.
Gettò
un’occhiata alla finestra di Caradoc, al secondo piano, e lo
trovò lì a
osservarla, con una mano alzata in cenno di saluto.
Quel giorno
di metà
febbraio sembrava che la tempesta di neve tanto preannunciata dai
giornali e le
radio fosse arrivata nella zona in cui si trovava
l’Accademia. Gli studenti si
svegliarono infreddoliti nonostante la villa fosse riscaldata, e
scesero al piano
terra ancora più svogliati del solito.
James sbuffava sonoramente
sopra al suo caffè, rimpiangendo il tepore delle coperte.
Accanto a lui Sean
sembrava non essere da meno, e lui il freddo lo sentiva anche dentro.
Nonostante Eveline fosse seduta soltanto a un paio di posti di distanza
la
sentiva lontana anni luce. Doveva assolutamente trovare il modo di
parlare con
lei, anche se lei continuava a fuggire.
Sadie si era accorta di
come Sean continuava a guardare l’amica. Nemmeno lei poteva
più sopportare quella
situazione di limbo in cui quei due si trovavano e di cui soffrivano
più o meno
palesemente.
Sean era palesemente triste
e abbattuto, solo in compagnia degli amici sembrava il solito ragazzo
scherzoso
e simpatico.
Quanto a Eveline, beh, lei
non avrebbe mai lasciato trasparire la sua sofferenza. Si atteggiava a
stronza
fredda e indifferente ma in realtà stava male più
di quanto desse a vedere.
Emily e Justin stavano
facendo colazione insieme ad Abbie, ai fratelli Prewett e a qualche
altro loro
amico. La mora non poteva smettere di pensare a cosa potesse nascondere
Justin,
eppure quando stavano insieme lui si comportava come se niente fosse.
Lei aveva
persino provato a sondare il terreno facendo qualche domanda ma Justin
era
stato abilissimo a giustificare ogni sua sparizione e ogni suo
comportamento.
Maledezione!
pensò
Emily, inforcando il pancake con gocce di cioccolato che aveva nel
piatto.
Quel giorno gli allievi del
primo vennero invitati a seguire l’istruttrice Charlotte
fuori, proprio nel bel
mezzo della bufera. Al centro del giardino, il gruppo di maghi e
streghe iniziò
a guardarsi stralunato.
“Bene, ci siete tutti. Oggi
le bacchette non vi serviranno, farete un po’ di esercizio
fisico” annunciò la
donna.
La bocca di alcuni studenti
rimase mezza aperta, e molti altri avevano gli occhi fuori dalle
orbite. C’era
quattro gradi sotto lo zero e almeno dieci centimetri di neve sul
terreno, come
cavolo avrebbero fatto ad allenarsi?
Ezra si rivolse a Elias
sussurrandogli “Questa è pazza”
“Secondo me vuole vedere
quanti ne muoiono assiderati” scherzò Hayden
L’istruttrice li fermò “Non
siate melodrammatici, qualche ora al freddo non ha mai ucciso nessuno.
Vi
scalderete correndo per un’ora lungo il perimetro della
villa, poi si passerà
ad altri esercizi come il salto agli ostacoli ed esercizi di
equilibrio. Dopo
l’allenamento, questo pomeriggio duellerete”
“Che cosa?” sfuggì a una
ragazza bionda
“Beh, non penserete che
quando andrete a in mezzo a un combattimento sarete tutti belli freschi
e riposati…oggi
sarete un po’ temprati, e io potrò valutare la
vostra resistenza” disse con un
sorriso sardonico.
Sbuffando e imprecando gli
studenti iniziarono a eseguire gli ordini e a correre.
Eveline non aveva problemi
a correre, lo faceva spesso ma Sadie faticava a starle dietro e la
pregava di
rallentare almeno un po’.
A metà del gruppo né James né
Sean sembravano troppo turbati dal fatto di dover correre in quelle
condizioni,
anzi il primo sembrava in qualche modo divertirsi.
Alle sei di sera gli
allievi vennero finalmente lasciati liberi di riposare. La maggior
parte optò
per una doccia calda e un po’ di relax, dopo la giornata
estenuante che avevano
passato. I duelli li avevano definitivamente messi al tappetto.
Eveline stava camminando
nel corridoio che dal salotto portava alle scale, passando davanti a
una delle
sale lettura della biblioteca sentì qualcosa afferrarle il
braccio e
trascinarla dentro.
Sean chiuse la porta e la
guardò, i luminosi occhi azzurri erano diventati
improvvisamente severi.
“Sono stanco di doverti
correre dietro”
“Cosa vuoi, un premio?”
chiese lei lapidaria, accomodandosi su una delle poltroncine di velluto
verde
bottiglia. Non si era stupita più di tanto del gesto di
Sean, erano giorni che
praticamente non si parlavano. Evie sapeva che prima o poi avrebbe
dovuto
affrontare il ragazzo, anche se continuava a posticipare il
più possibile la
cosa. Era rimasta leggermente spiazzata dal gesto di lui, ma in fondo
doveva
aspettarselo: lui era il tipico ex Grifondoro, ostinato e impulsivo.
“Ce la fai per un solo
secondo a smetterla di comportarti da stronza? Ultimamente non hai
fatto altro
che allontanarmi… Io capisco che hai passato un periodo
difficile ma sai cosa?
Anche io!”
Sean aveva urlato. Questo
Eveline non se lo aspettava di certo, la sorpresa dipinta sul suo viso
non era
certo passata inosservata al ragazzo.
“Non ti è mai passato per
la testa che anche per me possa essere stato difficile, vero? Beh, ti
do una
notizia: lo è stato! Mio padre ha rischiato di morire e io
sono stato sotto
Cruciatus e ti posso assicurare che non è piacevole ma ero
lì a preoccuparmi di
come potevi stare tu, e tu invece non hai fatto altro che
scansarmi!” le parole
pronunciate a una velocità incredibile erano come piccole
frecce o pugnali che
colpivano Eveline.
La ragazza sentì il proprio
cuore stringersi in una sorta di morsa dolorosa, una cosa che non aveva
mai provato
prima. Dovette ammettere a se stessa di essere stata cieca ed egoista,
troppo
presa dal suo dolore, non si era accorta di quello altrui.
Se la sua natura era
davvero questa, se era davvero una persona così meschina,
aveva fatto bene ad
allontanare Sean, sarebbe stato senz’altro meglio senza di
lei.
“Io capisco come ti senti”
“No, non puoi capire” il
tono di Eveline era freddo e ostile. Si stava parando dietro ad un
muro, dietro
al muro che aveva pazientemente costruito negli ultimi anni.
“Se non posso capire è solo
perché tu me lo impedisci!” la accusò
Sean “Perché lo fai?”
La ragazza incrociò le
braccia al petto e con uno sbuffo cacciò via una ciocca di
capelli che le
copriva gli occhi “Fidati, è meglio
così”
“Allora forse è meglio che
me ne vada”
“Vattene se vuoi andartene”
rispose prontamente Evie
“Me ne vado se tu vuoi che
me ne vada”
La ragazza reagì come se
stesse discutendo con un bambino. “Non sei un elfo domestico,
sei un uomo
libero, fai quello che vuoi”
“E va bene!” esclamò
spazientito lui “Hai fatto di tutto per farti lasciare!
Complimenti, ci sei
riuscita!”
Quella sera
Eveline non
scese a cena, a dire il vero furono diversi gli allievi del primo anno
a
mancare. Molti di loro erano crollati di stanchezza. Emily
mangiò solo qualche
boccone e poi si spostò in salotto dove trovò
Elias che sorseggiava una
cioccolata calda davanti al camino.
“Hey” lo richiamò “Come mai
non c’eri a cena?”
“Ho più sonno che fame a
dire la verità, finisco questa e me ne vado in
camera” rispose il ragazzo
alzando leggermente la tazza che aveva in mano “Tu hai
già mangiato?”
“Si… Justin non c’era… sai,
continua a sparire e io francamente non ne posso
più… secondo i Prewett dovrei
parlare direttamente con lui, ma secondo me loro sanno qualcosa e non
vogliono
dirmelo”
“Se vuoi saperlo anche io
credo che dovresti parlare con lui a quattr’occhi. State
insieme da anni, non è
giusto non mostrarsi a pieno”
“In che senso?” chiese la
ragazza leggermente perplessa.
“Lui dovrebbe dirti quello
che combina e tu non dovresti fare finta di niente quando siete
insieme,
dovreste discuterne, di qualsiasi cosa si tratti” disse Elias
bevendo un ultimo
sorso di cioccolata calda.
“Forse hai ragione” ammise
Emily.
L’amico si pulì la bocca su
un tovagliolo di carta che appoggiò insieme alla tazza sulla
mensola di legno
che sovrastava il grande camino di marmo.
“Buona fortuna” le augurò,
depositandole un leggero bacio sulla fronte.
Emily rimase una decina di
minuti buoni lì, ad osservare il danzare delle fiamme
rossastre e a cercare il
coraggio di affrontare Justin. Lei non era certo una codarda ma non si
era mai
trovata in una situazione del genere. Non aveva mai avuto grossi
problemi con
Justin, ma giorno dopo giorno il dubbio aveva fatto breccia nel suo
animo. Cosa
stava nascondendo di così grande da non dirle nulla?
Quando raggiunse la camera
del ragazzo non si meravigliò affatto del fatto che lui non
fosse lì, ma lo
conosceva abbastanza bene da sapere dove nascondeva la chiave di
riserva.
Entrò nella stanza e si
sedette sul letto, accarezzando la coperta di morbido tessuto blu.
Rimase un po’
lì a guardarsi intorno, poi iniziò a misurare la
stanza con i propri passi. Più
aspettavo più la stanchezza e i pensieri la rendevano
nervosa.
Justin rientrò alle undici
di sera e la trovò di spalle, in piedi davanti la finestra.
“Em… che ci fai qui?”
La ragazza rispose con una
domanda, andando dritta al punto “Dove sei stato?”
Justin non si fece cogliere
impreparato e rispose con nonchalance “Esercitazione
supplementare… sai, gli
esami si avvicinano”
Emily alzò gli occhi al
cielo cercando di ricacciare indietro le lacrime che già le
pungevano gli
occhi.
“Siamo arrivati a questo
punto?”
“Quale punto?”
“Il punto in cui mi menti
così spudoratamente”
Justin sembrò offeso. “Io
non ti sto mentendo, si tratta davvero di un esercitazione
supplementare”
“Dimmelo se mi stai
tradendo, ti prego dimmelo perché io non posso passare le
serate a domandarmi
dove o con chi sparisci dopo le lezioni” Il tono di Emily era
talmente accorato
che il ragazzo andò ad abbracciarla e lei si
aggrappò istintivamente al suo
petto.
“Smettila di dire idiozie”
disse teneramente accarezzandole la testa
Emily alzò lo sguardo e il
ragazzo si fece più serio “Ti ho nascosto una cosa
è vero…vuoi sapere cosa
faccio dopo le lezioni?”
Quando la ragazza annuì,
Justin si scostò e in un attimo il corpo del ragazzo
mutò, si piegò a quattro
zampe e in effetti le sue gambe non erano umane, erano proprio zampe,
con tanto
di zoccoli e dal suo fondoschiena fuoriusciva una coda, il resto del
corpo era
coperto da una fitta e corta peluria marrone. Solo la testa era rimasta
normale.
“Un cavallo?” chiese lei
confusa
Il ragazzo fece un notevole
sforzo per tornare alla sua forma umana. “Sto studiando per
diventare Animagus,
non ho detto niente a nessuno perché non sarebbe proprio
legale ma il mio
istruttore mi dà una mano. Ecco cosa faccio quando
sparisco”
“Io… non so che dire”
balbettò Emily.
Justin tornò a circondarle
la vita con le braccia, attirandola a sé. Posò la
sua fronte su quella di lei,
in modo che i loro nasi si sfiorassero appena.
“Davvero hai pensato che
potrei tradirti? Dovrei ritenermi offeso”
ridacchiò.
Emily si ritrovò a sorridere
a sua volta, sentendosi un po’ sciocca. I due si baciarono
dolcemente,
sentendosi molto più leggeri di come si sentivano
mezz’ora prima, come se si
fossero tolti un grosso peso dallo stomaco.
Dopo il bacio Emily si
rivolse a Justin “Mi prometti che non mi nasconderai
più niente?”
“Promesso” rispose lui
prima di baciarla di nuovo velocemente.
Sadie
rientrò in camera presto quella sera, alla ricerca di
Eveline.
"Hey" le disse appena entrata nella camera "Sean mi ha detto che vi
siete lasciati, come stai?"
Eveline scrollò le spalle. "Sto bene. Non ho bisogno di lui,
o di altri fidanzati. Sto bene così, senza legami, da sola"
pronunciò le parole soppesandole una ad una, ma convinta di
quello che diceva.
"Tu non sei sola" disse Sadie prima di abbracciarla.
Salve
gente!
3 capitoli in pochi giorni…mi sento produttiva
ù.ù Purtroppo nei prossimi
giorni non credo che sarò altrettanto produttiva
perché lunedì ho l’esame per
il Goethe-Zertifikat (certificazione per la lingua tedesca) e quindi
sarò un po’
impegnata.
Cooomunque, veniamo alla storia. Ho eliminato
Federica…perché? La sua
autrice è sparita, mi dispiace ma questa è la
dura legge delle interattive.
Piccola nota: siamo ormai a pochi capitoli dalla fine. Questa storia
che
era nata come una sfida con me stessa, essendo la prima storia che
pubblico,
era stata inizialmente concepita per coprire tutti e 3 gli anni in
Accademia,
ma verrebbe un mattone/odissea/epopea quindi si concluderà
alla fine del primo
anno degli OC, mi sembrava giusto avvertirvi di questo
Alla prossima ;)
H.
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Capitolo 21 *** Capitolo 19 ***
L’inverno aveva lasciato
il
posto ad una insolitamente tiepida primavera. Le lezioni in Accademia
diventavano sempre più faticose e difficili, ma la fine
dell’anno si avvicinava
e quindi gli istruttori pretendevano sempre di più dai
propri allievi.
Eveline sembrava aver
reagito alla rottura con Sean in modo stoico, anzi ad occhi esterni
sembrava
non aver reagito affatto. Sadie però la vedeva che dentro
soffriva e la sentiva
piangere di notte qualche volta. Non ne aveva mai parlato con la
diretta interessata
perché sapeva quanto lei fosse orgogliosa ma vederla
così le faceva male…non
erano amiche da molto ma avevano legato in fretta e in maniera
profonda, come
se fossero sempre state destinate ad essere amiche. Doveva fare
qualcosa.
Da un paio di giorni ormai
stavano lavorando sulla trasfigurazione umana. Charlotte si era
occupata di
spiegare agli allievi tutta la parte teorica, comprensiva di una lunga
lista di
problemi e effetti collaterali in cui sarebbero potuti incorrere. Ora
Richard
si sarebbe occupato della parte pratica, cioè di come
effettivamente provare a
trasformarsi in un attaccapanni o in un altro pezzo di arredamento, per
potersi
mimetizzare nel modo migliore possibile.
L’istruttore decise di fare
una specie di gioco e di far estrarre a caso, a ogni allievo, una carta
con
disegnato sopra l’oggetto in cui si sarebbero dovuti
trasfigurare. Molti si
avvicinarono a dita incrociate, sperando in qualcosa di non troppo
difficile,
Zeek esultò quando vide il manichino per negozi sulla sua
carta, mentre altri
si adoperarono subito per cercare qualcuno con cui fare cambio.
“Ora cercate tutti di
concentrarvi il più possibile. Figuratevi nella vostra mente
l’oggetto che
avete trovato sulla carta. Più sarete distratti,
più sarà facile sbagliare”
In effetti ci furono non
pochi “incidenti”. Pochi furono quelli come Ezra,
Sadie ed Elias che riuscirono
ai primi tentativi a trasfigurarsi rispettivamente in un lampione
stradale, una
poltrona e una libreria senza grosse difficoltà. Emily
riuscì solo al quinto
tentativo a tramutarsi in un ottomano e quando tornò normale
sorrise tutta
soddisfatta a Abbie che, pur essendo riuscita a trasformarsi in una
plafoniera
era risultata una lampada con un po’ troppi capelli in cima.
Sean e James ridevano
mentre si confrontavano ed entrambi cercavano di trasformarsi in due
comodini,
coinvolsero anche le ragazze per far giudicare loro quale fosse il
comodino più
bello.
“Dai Em, ammettilo che io
ero oggettivamente più carino” rideva James. Abbie
si era già rifiutata, dopo
essere leggermente arrossita, di giudicare i due.
“Sei un povero ignorante,
Martin” lo apostrofò Sean “Tutti sanno
che il legno scuro è più elegante di quello
chiaro”
La piccola faida venne
interrotta dall’istruttore. “E voi due sarete due
ex-allievi se non vi levate
subito dalle Pluffe” li esortò a spostarsi dal
centro della stanza dove Krystal
stava avendo qualche problema a tornare umana dopo essersi trasformata
in una
cassetta della posta. Tutti gli arti erano tornati normale ma il suo
viso aveva
conservato un leggero colorito rosso. Zeek, non riusciva a smettere di
sorridere, pensando che buona parte del rossore fosse dovuta
all’imbarazzo di
stare lì impalata di fronte a tutti.
L’istruttore rassicurò la
ragazza sul fatto che sarebbe tornata normale nel giro di un paio
d’ore e lei,
ritornando tra gli altri allievi fulminò Zeek con lo sguardo.
“Togliti quel sorrisetto
dalla faccia”
“Ma dai, sei così tenera!”
ridacchiò lui prendendole le guance con le gli indici e i
medi di entrambe le
mani. Lei cercò di tenere il broncio ma si sciolse nel giro
di pochi secondi.
Nel frattempo, dopo Eveline
che riuscì solo dopo molti tentativi a trasfigurarsi in un
albero decente, fu
il turno di Hayden che nonostante riuscì subito a diventare
un cassonetto dell’immondizia
quando tornò in forma umana non riusciva proprio a far
andare via le ruote e
far tornare i suoi piedi.
Richard lo indirizzò verso
l’infermeria della Villa. “Bene, per oggi basta
danni. Tenete presente comunque
quanto possa essere utile la trasfigurazione umana in caso di
appostamenti o di
pericolo. Continueremo domani”
Gli allievi uscirono dalla
classe alla spicciolata, Sadie rimase volutamente indietro.
“Posso parlarti?” chiese
all’istruttore quando ormai tutti se ne erano andati.
“Certo”
L’uomo evocò due
poltroncine di velluto verde scuro e la invitò ad
accomodarsi.
“Vedi…sono preoccupata per
Eveline. Da quando è successo quello che è
successo a Liverpool è cambiata… è
fredda, apatica, non so come spiegarlo… Lei cerca di
allontanare tutti, si è
fatta persino lasciare da Sean!”
Lui sembrò pensarci e cercare
di parlare con il maggior tatto possibile. “Capisco che tu le
voglia bene ma se
ha lasciato il suo ragazzo saranno fatti suoi, avrà avuto i
suoi motivi…”
“Non è stata lei a lasciare
Sean. Sean ha lasciato lei e lei ci sta male, anche se non lo vuole
dare a
vedere” puntualizzò Sadie
“Ok… ma io che c’entro?”
“C’è un motivo se lo ha
allontanato…mi ha raccontato una cosa che le è
successa, una cosa non tanto
piacevole, non so neanche se potrei dirtelo…”
“Aspetta” la bloccò.
Uscì dalla stanza senza
dire una parola. Sadie rimase lì interdetta, non si mosse ma
si mise a
tamburellare impaziente sul pavimento con il piede destro.
L’istruttore tornò
una manciata di minuti più tardi con un fascicolo per le
mani.
“Cos-” provò a esordire
Sadie ma venne azzittita con un gesto della mano. Quando Richard
finì di
leggere alzò di nuovo gli occhi sulla ragazza.
“Allora, facendo un breve
riassunto: al quinto anno ha iniziato ad avvicinarsi alle arti oscure
ma ha
finito per farsi del male da sola, per questo motivo porta sempre una
fascia
sull’avambraccio. Naturalmente è stata solo una
breve parentesi”
Sadie voleva chiedergli
come facevano loro ad avere tutte quelle informazioni ma dovette
mordersi la
lingua quando le tornò in mente il colloquio per
l’ammissione in Accademia. Le
era stato fatta firmare una liberatoria in cui autorizzava
l’esaminatore a
utilizzare il Veritaserum. Certo! Prima di creare dei possibili Auror
dovevano
indagare sul passato dei futuri allievi.
“Sì, Evie mi ha raccontato
tutto. A Liverpool si è spaventata. Non credeva di essere in
grado di uccidere”
“Capisco… ha ucciso quell’uomo
per salvare il suo ragazzo”
“Ma ha detto che lo ha
fatto con cognizione di causa… secondo me ha voluto
allontanare Sean perché è
diventato così importante da portarla a fare azioni di cui
non si credeva
capace ma così non fa altro che farsi del male. Ha paura di
raccontare tutto a
Sean perché crede che lui non vorrebbe più
neanche vederla ma secondo me si
sbaglia di grosso. Sean voleva solo starle vicino e lei l’ha
allontanato.
Secondo te dovrei raccontare a Sean la verità sul
perché l’ha allontanato?”
Sadie aveva sputata fuori
tutto ad una tale velocità che Richard era rimasto spiazzato
quando lei aveva
concluso con quella domanda.
“Io non saprei…è una cosa
importante di certo” Richard era completamente a digiuno su
questi temi,
perlomeno da quando era diventato istruttore.
Da
4 anni a quella parte la sua vita amorosa era stata costellata solo da
brevi
flirt.
“Credo che se lei non ne ha
voluto parlare dovresti rispettare la sua decisione”
continuò lui
“Ma così è infelice!
Dovresti vederla… cioè insomma l’hai
vista oggi, non rende più bene nemmeno a
lezione e lei era una delle migliori della classe!”
Richard non poté dalle
torto, alla fine si arrese e le disse di fare come più
riteneva opportuno. Non sapeva
che risvolti avrebbe preso la situazione ma forse, se serviva a fare
stare
meglio Eveline era il caso che ne parlasse con Sean.
Dopo la lezione Ezra ed
Elias andarono a trovare Hayden in infermeria dove una Curatrice
cercava di
mettere a posto i suoi piedi. I due si avvicinarono al letto dove il
ragazzo se
ne stava lungo a braccia conserte, con l’espressione
visibilmente irritata.
“Che odio non riuscire a
sistemare la situazione!” sbuffò
“Guarda il lato positivo,
con queste ti sposteresti molto più velocemente”
ridacchiò Ezra
“Ahahah molto divertente,
Hattle. Complimenti”
“Vuoi che ti aiuti in altro
modo?” lo provocò l’altro puntandogli la
bacchetta sui piedi
“No no per carità!”
esclamarono Elias e Hayden all’unisono sapendo quanto era
negato il ragazzo con
tutto quello che aveva a che fare con la Medimagia.
“Così sì che alimentate la
mia autostima! Begli amici che siete!”
Una sera dopocena Emily se
ne stava appollaiata su una poltrona. Ogni tanto lanciava uno sguardo
furtivo
oltre la sua copia di Trasfigurazione Oggi per scrutare James, Abbie,
Elias e
Sean che studiavano insieme. Non aveva mancato di notare gli sguardi
che si
riservavano i suoi due amici, specialmente quando pensavano la stessa
cosa.
Justin tornò dalle cucine
con un paio di cioccolatini e ne porse uno alla ragazza, e ne
seguì lo sguardo
verso il gruppo di studio.
“Mi sa che gli unici che
non si sono accorti che Abbie ama James e James ama Abbie sono proprio
James e
Abbie”
“Fidati, se ne sono accorti
ma sono troppo testoni per fare un passo avanti”
“Lei sta ancora con Fabian
infatti, però vedendoli quasi mi dispiace averglielo
presentato”
“Figurati a me…”
Emily sospirò. Tornò con
gli occhi sulla pagina del giornale ma non sembrava prestargli
più di tanto
attenzione. Dopo un minuto buono alzò la testa
all’improvviso.
“E se…”
“No, no assolutamente no”
la fermò Justin
“Non sai cosa stavo per
dire!”
“Oh si che lo so. Vorresti
far mettere insieme Abbie e James, ma è una pessima
idea”
Emily mise su il broncio e
protestò adducendo al fatto che sarebbero stati
così carini insieme.
“Ma se tu ti immischi e poi
va a finire male la colpa sarà tua. Se sono destinati a
stare insieme
troveranno il modo”
Dovette ammettere che il ragazzo
aveva ragione. Come solito, in poche parole se l’era rigirata
come un calzino e
l’aveva convinta a desistere.
Nella settimana successiva
gli studenti vennero divisi in gruppi che avrebbero lavorato su
particolari
piante da cui era possibile ricavare infusi e unguenti curativi,
ciò costrinse
la maggior parte degli allievi del primo anno a restare in Accademia
per tutto
il weekend.
Hayden aveva disdetto un
appuntamento con Nathan e Elias era stato costretto a rinunciare al
proposito
di andare a trovare sua sorella perché il loro gruppo doveva
ancora riuscire a
creare quella crema da applicare ai tagli che doveva essere di un
delicato
bianco perla e invece si ostinava a restare verde menta.
Elias si consolava pensando
che le vacanze di Pasqua erano ormai vicine e lui sarebbero potuto
tornare a
casa.
L’idea di poter tornare
dalle rispettive famiglie e di potersi rilassare per una settimana
aveva reso
la fine di Marzo più allegra per tutti. Erano relativamente
pochi gli allievi
che avevano deciso di rimanere in Accademia per studiare o proprio per
sfuggire
alla famiglia.
Sean si godeva il piacere
di avere la camera tutta per sé dato che James era partito
la sera precedente.
Si era fatto una bella doccia calda e rilassante quando uscendo dal
bagno sentì
che qualcuno stava bussando alla porta.
“Alla buon’ora!” esclamò
Sadie appena lui aprì. L’occhio le cadde
inevitabilmente sull’asciugamano che
il ragazzo portava avvolto intorno alla vita ma sembrò
essere indifferente
mentre invece lui appariva piuttosto imbarazzato.
“Stai partendo?” le chiese
cercando di superare il momento di vergogna.
“Sì ma prima devo parlarti”
rispose lei decisa. Alla fine si era convinta che l’unico
modo per far tornare
quei due insieme fosse parlargli del passato di Eveline e di
ciò che l’aveva
spinta a prendere le distanze.
“Allora…posso entrare?”
Sadie alzò un sopracciglio.
Sean era rimasto leggermente
perplesso fino a che non si accorse che aveva lasciato la ragazza sulla
porta “Sì…certo”
Il ragazzo si fece da parte
e la fece passare, gettò uno sguardo veloce al corridoio
deserto e poi rientrò
chiudendosi la porta alle spalle.
Buon pomeriggio people!
Eccomi qua con un nuovo
capitolo…non sapevo se inserire anche tutte le vacanze di
pasqua ma ho deciso
che gli dedicherò un capitolo a parte, che
arriverà nel week-end (credo) o al
massimo lunedì quindi non disperate.
Mi è stata
messa la pulce
nell’orecchio quindi ho deciso che finita questa storia,
farò delle drabble o
OS dedicate ai vari OC, nel frattempo ho scritto anche il prologo di
una nuova
interattiva di altro genere (che sto cercando di trattenermi dal
pubblicare ma
il mio masochismo è alto alto alto)
Vabè vi
saluto altrimenti
rischio di diventare prolissa
Grazie ancora a chi
recensisce e a chi ha inserito la storia tra le
seguite/ricordate/preferite
La vostra H.
|
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Capitolo 22 *** Capitolo 20 ***
“Perchè non
me lo hai
detto?” esordì Sean appena Eveline aprì
la porta, dopo che il ragazzo l’aveva
quasi sfondata a forza di bussare.
La ragazza lo guardò
accigliata ma preoccupata allo stesso tempo. Non aveva mai visto Sean
così, il
suo sguardo era scuro, cupo. Istintivamente indietreggiò di
un passo,
permettendo al ragazzo di entrare.
“Detto cosa?”
Sean la afferrò per il
braccio che teneva fasciato, sotto la maglietta a maniche lunghe
dell’Accademia.
Alzò il braccio della ragazza fino a sventolarglielo davanti
agli occhi “Di
questa!”
Eveline cercò di ritrarsi,
pur sapendo bene quanto era forte la presa che quelle mani dalle dita
nodose
stavano esercitando. Sembrava quasi un animale in trappola e impaurito.
“So che sai scappare, che
vorresti fuggire un’altra volta, ma non te lo
permetterò” il tono di Sean era
fermo e irremovibile.
Gli occhi di Eveline si
fecero lucidi e un groppo le si formò in gola ma fece di
tutto per ricacciare
in dentro le lacrime.
Sean, vedendola così
sconvolta, si calmò. “Avresti dovuto dirmelo,
avresti dovuto raccontarmi tutto”
“E’ stata Sadie vero?” fu
tutto quello che la ragazza riuscì a dire
Sean annuì.
“Incredibile. Gli ho
chiesto di tenere per sé una cosa. Una.” Si
arrabbiò Evie.
“No. Ha fatto bene” disse
lui, prendendo la ragazza per le spalle esili mentre lei non riusciva
ad alzare
lo sguardo.
“Se solo tu mi avessi detto
tutto prima…” il tono di Sean era accorato
“Io volevo solo starti accanto”
Le mani del ragazzo si
spostarono sul viso pallido della giovane, ormai inconsciamente solcato
da una
serie di silenziose lacrime.
“Io…non volevo… essere una
delusione per te” sussurrò Evie
“Oddio Evie, come potresti
mai essere una delusione? Insomma guardati! Sei la persona
più bella, forte,
sarcastica e maliziosa che io abbia mai conosciuto e ti amo, ti amo da
impazzire”
Sean sorrideva mentre le
dichiarava il suo amore per la prima volta. Eveline alzò lo
sguardo e sorrise a
sua volta, anche se era un sorriso triste. Si rifugiò a
piangere nel petto del
ragazzo.
“Non ti permetterò mai più
di tenermi lontano” le promise mentre le accarezzava i
capelli.
In quel momento il pensiero
di Eveline volò a Sadie, una delle pochissime persone con
cui aveva condiviso
il proprio segreto. Una parte di lei era arrabbiata perché
l’amica non aveva
mantenuto il segreto poi pensò che tutto ciò che
doveva fare, appena sarebbe
rientrata dalle vacanze, era ringraziarla.
Zeek stava ancora facendo i
bagagli quella mattina. Ormai il baule era pieno a metà di
vestiti che Krystal
gli aveva precedentemente piegato, con la scusa che se fosse stato per
lui li
avrebbe buttati dentro ammassati in un unico groviglio. “Ma
se sono sporchi!”
aveva protestato lui
“Non importa…se tu li metti
dentro in quel modo, te ce ne entreranno meno della
metà”
Mentre il ragazzo si
apprestava ad aggiungere al bagaglio i libri, le fialette per le
pozioni e
altre cianfrusaglie, Krystal lo guardava appoggiata allo stipite della
porta.
“Sei sicura di voler
restare qui? Di non andare dalla tua famiglia?”
“Te l’ho detto, voglio
prepararmi per l’ultimo periodo. Mancano solo due mesi alle
fine dell’anno…
avrò l’estate per riposarmi”
“Sai che se non fosse per
Lucian starei qui anche io…”
La ragazza sorrise e si
avvicinò per avvolgergli il collo in un abbraccio.
“Sì che lo so. Non ti
preoccupare, starò bene anche senza di te”
scherzò.
Zeek si girò e notando il
sorrisetto divertito di Krystal decise di stare al gioco della ragazza.
“Ah ma
davvero? Credevo che adesso…sai in camera da
sola…”
Il ragazzo ammiccò con fare
malandrino.
“Signor Crouch! Come si
permette?!? Io sono una ragazza del tutto rispettabile”
ridacchiò lei mentre si
baciavano teneramente.
Elias aveva già
preparato
con cura il proprio baule il pomeriggio precedente, pertanto la mattina
gli era
stato sufficiente aggiungervi lo spazzolino da denti e il pigiama. Era
andato a
fare colazione mentre il suo compagno di stanza ancora dormiva. Si era
seduto
davanti a Emily ed Abigail, le quali stavano discutendo sul fatto che
l’ultima
avesse deciso di rimanere in Accademia. Abigail sembrava neanche
rispondere all’amica,
mentre sbadigliava mescolando la sua tazza di latte e cereali.
Emily ci rinunciò e rivolse
l’attenzione al ragazzo di fronte a lei.
“Allora, tutto pronto?”
chiese
Elias annuì, col viso
nascosto dietro una tazza di tè nero bollente.
“Devo solo passare a chiamare
Hayden e Ezra, sperando che siano riusciti a dare una sistemata a
quella camera”
Emily sorrise immaginando
quanto potesse essere confusionaria la camera di due
ragazzi…certo che anche la
camera con due ragazze non era meglio!
“Prendi la passaporta delle
10?” le chiese Elias.
“No, aspetto Justin e
prendo quella dopo”
Quando gli zuccheri
entrarono in circolazione nel corpo di Abbie anche lei si
unì alla
conversazione e i tre parlarono del più e del meno
finché Elias, finito di fare
colazione decise di andare a vedere com’era la situazione al
piano di sopra.
“Beh, se non ci vediamo
buone vacanze allora” augurò alle ragazze
“Buone vacanze” rispose
Abbie
“Buona pasqua e fai gli
auguri anche ai tuoi” disse Emily
Il ragazzo sorrise
timidamente e ringraziò prima di tornare al primo piano.
Bussò ma la porta era
aperta, quindi entrò gettando un’occhiata ai due
ragazzi che cercavano di
districarsi tra i vestiti dell’uno e dell’altro.
Hayden era già vestito nel
suo solito modo piuttosto elegante, con un paio di pantaloni beige e
una
camicia bianca, felice come un bambino che anche Nathan avesse qualche
giorno
libero, mentre Ezra era ancora in pigiama.
Il ragazzo sbuffò. “Basta
non ce la faccio più, abbiamo bisogno di una mano. Mi
andresti a chiamare Elise
Willis?”
Elise Willis era una
biondina in classe con loro per cui Ezra sembrava essersi preso una
cotta, e in
poco tempo i due si erano avvicinati diventando quasi amici.
“Ohh Eliseeee” gli fece il
verso Hayden guadagnandosi un’occhiataccia da parte del
coinquilino.
Elias, essendo abbastanza
timido e non amando andare a parlare con persone con cui non era
particolarmente in confidenza, chiese “Perché
io?”
“Io ho da fare!” si
giustificò Hayden
“Io sono in pigiama”
“E allora?” controbatté
Elias “Devi solo attraversare il corridoio. È la
tua amichetta, non la mia”
Ezra mise su una specie di
broncio e sorpassò il ragazzo, che nel frattempo si
scambiava uno sguardo
divertito con Hayden.
La fine delle vacanze pasquali
aveva visto
l’Accademia ripopolarsi di studenti sempre più
agitati per la fine dell’anno.
Non che ci fossero particolari esami all’orizzonte, solo gli
studenti del terzo
anno avrebbero dovuto superare delle prove mentre la valutazione degli
altri
avrebbe riguardato l’intero anno accademico, però
tutti sapevano che le ultime
lezioni erano importanti per decidere se sarebbero stati ammessi o meno
all’anno
successivo.
Il tempo era abbastanza clemente quella
mattina, piuttosto umido nonostante il sole ma la temperatura era
gradevole,
talmente gradevole che Charlotte aveva deciso di condurre gli allievi
all’esterno.
Dovevano aspettarselo, che non era una
trovata per rendere loro la lezione più gradevole. No,
decisamente no. Infatti,
Richard Pollux li attendeva al limitare del laghetto melmoso sul retro
della
villa.
Sulle labbra di Sean nacque un sorriso di
sfida, sapeva che se c’erano entrambi gli istruttori sarebbe
stata una lezione
niente male. Rivolse uno sguardo d’intesa a James. Anche lui
sembrava piuttosto
divertito all’idea della lezione che doveva svolgersi, mentre
accanto a lui
Abbie e Emily sembravano leggermente preoccupate.
“Buongiorno a tutti. Oggi lavorerete in
acqua. Abbiamo messo nello stagno un Kelpie. Come sapete i Kelpie
possono
cambiare forma anche se spesso prendono la forma
di…?”
“una specie di cavallo con giunchi di
palude al posto della criniera” rispose prontamente Eveline
“Esatto” disse l’istruttore “Il
kelpie più
famoso ha assunto però la forma di serpente, vive a Loch
Ness ed è molto amato
dai babbani”
“Il kelpie è stato classificato dal signor
Scamander come una creatura altamente pericolosa, perché
attira le sue vittime
e poi le trascina in fondo al lago. L’unico modo per
sfuggirgli è imbrigliarlo
con un incantesimo Imposium” spiegò Charlotte
In seguito Richard declinò le difficoltà
riscontrabili nell’evocare quel particolare incantesimo e
spiegò che lui
avrebbe sorvegliato e guidato gli allievi che stavano fuori dal lago
mentre
Charlotte si sarebbe immersa con loro per osservarli e intervenire in
caso di estrema
necessità.
Il primo scelto per provare fu
Ezra. Il
ragazzo si avvicinò alla riva del laghetto con passo sicuro.
“Ricorda: devi essere molto concentrato e
mantenere il sangue freddo”
Lui annuì in risposta e si tuffò. Ci mise
qualche secondo per riuscire ad aprire gli occhi sott’acqua
poi lo vide, quel
cavallo. Era maestoso. Gli nuotò incontro e si sedette sul
suo dorso. Subito le
sue gambe vennero avvolte da alghe che partivano dalla criniera
dell’animale.
Ezra fece appena in tempo a gettare un’occhiata
all’istruttrice che li guardava da una distanza di circa
dieci metri prima che
la creatura lo trascinasse verso il fondo. Un attimo si
trovò spiazzato ma si
sforzò di mantenere la calma.
Il problema era che il Kelpie lo portava
sempre più giù e a lui iniziava a mancare
l’aria. Doveva sbrigarsi.
Era quasi il turno di Abbie ormai.
Dopo
aver visto un ragazzo che era stato aiutato dall’istruttrice
perché non
riusciva a domare la creatura e stava per affogare si era leggermente
spaventata.
“Vedrai che andrà tutto bene” le disse
Emily che se l’era già cavata con un ottimo
risultato.
“Se lo dici tu…” mormorò
“Non è così difficile come sembra,
cerca
di trattenere più aria possibile e di stare calma. Sono
sicuro che ce la farai”
la tranquillizzò James
Abbie prese un grosso respiro e camminò
verso la riva fino ad immergersi nell’acqua e venne subito
attirata da quel
cavallo. Era bellissimo. Temibile certo, ma bellissimo.
Dopo un istante si ricordò che doveva
essere il più veloce possibile, salì sul cavallo
con la bacchetta già sguainata
e appena lui iniziò a trascinarla giù lei si
sforzò di evocare l’incantesimo.
Non riuscì subito a farlo, così cercò
di
isolarsi come aveva fatto per l’Occlumanzia e il suo secondo
tentativo fece
centro. Il Kelpie era improvvisamente diventato mansueto e
l’aveva condotta a
pelo d’acqua, in modo che la ragazza potesse respirare
agevolmente.
Mentre
Sadie attendeva in fila il suo
turno l’istruttore le passò accanto.
“Paura?” le chiese
“Paura? Chi ha paura?” Sadie gli rivolse
un sorriso di sfida
“Ricorda di concentrarti”
La ragazza si guardò un attimo intorno per
assicurarsi che nessuno prestasse attenzione a loro, poi
parlò “Tu di certo non
mi rendi le cose più facili”
Buonasera gente!
Spero che il capitolo vi
sia piaciuto anche se di passaggio. Vi
annuncio che questo è il terzultimo capitolo, quindi siamo
agli sgoccioli
gente!
Come ho scritto a
qualche autrice, se
volete mandarmi qualche info sul vostro OC, su cosa vorreste che gli
succedesse
fate pure! Potrei anche usare qualcosa, ma non vi garantisco nulla ;)
A presto
H.
|
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Capitolo 23 *** Capitolo 21 ***
capitolo 21
Anche Maggio stava
scorrendo ad una velocità incredibile, o perlomeno Sadie
aveva questa
impressione mentre si godeva il pomeriggio libero sdraiata sul prato.
Accanto a
lei Eveline se ne stava sdraiata a pancia sotto a leggere un libro
sulle erbe
dell’Amazzonia.
Alla fine del capitolo la
ragazza chiuse il libro e si girò sulla schiena.
“Allora, hai deciso cosa
farai per le vacanze?” chiese a Sadie
“Beh, ammesso e concesso che
riesca a passare al prossimo anno, mi rilasserò,
leggerò, farò delle belle
passeggiate e mi godrò un po’ di tempo con la mia
famiglia”
“Sola? Nessun ragazzo
all’orizzonte?”
Sadie arrossì
improvvisamente “Beh, veramente Andrew McGuinnes mi ha
chiesto di uscire ma…”
“Ma cosa?” Eveline la
guardò meglio poi aprì la bocca stupita.
“Non mi dire che pensi ancora a
Pollux!?!”
“Sì, cioè no, no
assolutamente” rispose frettolosamente Sadie
“Cioè… il ragazzo più
carino del terzo anno ti chiede di uscire e tu pensi ancora a quel
coglione?
Scusami tanto tesoro ma tu non stai bene”
“E’ che non riesco a
levarmelo dalla testa, mi sembra una questione non conclusa. E da come
si
atteggia sembra che non sia una cosa chiusa neanche per lui”
“E allora parlaci! Chiudi
la questione”
“Il problema è che non so
se voglio chiudere la questione”
“Una volta volevi chiudere
la questione. L’accademia viene prima, no?”
Era un
mercoledì mattina,
la quiete avvolgeva l’Accademia mentre il sole sorgeva oltre
le verdi colline
della campagna inglese. Elias Corner era appena rientrato dopo aver
passato un
lungo week-end a casa. Aveva ormai raggiunto il primo piano, per poter
rientrare prima che tutti si fossero alzati. Sul pianerottolo
incrociò Emily
che scendeva le scale.
“Elias Corner che rientra
di soppiatto alle cinque del mattino… non credevo che avrei
assistito a questo
momento” scherzò Emily
“Beh mi sembra che anche tu
sei stata da qualche altra parte” ammiccò il
ragazzo sapendo benissimo che
l’amica aveva passato la notte dal suo fidanzato.
I due si incamminarono
lungo il corridoio che ospitava le camere degli allievi del primo anno.
“Ultimamente mi sembra che
tu sparisca un po’ troppo spesso. Cosa nascondi?”
ridacchiò
“Io? Assolutamente niente”
mentì spudoratamente il ragazzo
“Dai dimmelo”
“Scordatelo Burkhardt”
Quando voleva chiudere la
questione la chiamava sempre per cognome.
“Chiamami di nuovo per
cognome e ti affatturo, Corner” lo minacciò la
ragazza puntandogli contro il
dito indice, con una finta espressione arrabbiata.
Quella
mattina a colazione
Hayden ascoltava piuttosto irritato la conversazione di James Martin
con i
propri amici. L’ex-Serpeverde avrebbe voluto fare colazione
in pace, ma il
gruppetto seduto a qualche posto di distanza faceva una confusione tale
che era
difficile da ignorare. Ancora una volta il ragazzo si stupì
di come facesse
l’ex-Grifondoro ad essere così allegro e loquace a
quell’ora.
Lo aveva sentito dire che
avrebbe passato l’estate nella casa dei suoi nonni, nel
sobborgo di Boston. Sia
suo fratello gemello, che la sua sorellina, la quale stava per
diplomarsi a
Hogwarts avevano già invitato un paio di amici, ma lui no,
doveva fare il
solito pavone e perciò stava invitando praticamente
metà del primo anno.
“Mi sembra un’idea
grandiosa” aveva detto Sean, poi si era girato verso Eveline
per sapere cosa ne
pensasse la ragazza.
“Perché no?” sorrise. Il
pensiero di passare tutta l’estate lontana da Sean la
rattristiva e questa
sembrava una buona occasione per stare un po’ con lui e con i
suoi compagni di
classe. Durante il periodo di Hogwarts non aveva mai passato un periodo
di
vacanze da qualche amica, il suo carattere intransigente spaventava
molta
gente, si era fatta solo poche amiche ma le loro strade si erano
allontanate
con la fine della scuola. Questa era l’occasione perfetta per
fraternizzare un
po’.
Emily aderì volentieri,
convinta che anche a Justin sarebbe piaciuto staccare un po’
la spina prima di
iniziare a lavorare sul serio. E poi, la prospettiva di una gita a New
York era
così eccitante.
Abigail sembrava
leggermente a disagio e indecisa su cosa fare. Certo l’idea
di andare in
America le piaceva un bel po’ ma come fare con Fabian? Il suo
ragazzo non
sarebbe stato molto contento di quel viaggio e lei non voleva
raccontargli
nessuna bugia.
La faceva sentire ancora
più a disagio il fatto che sembrava che tutti stessero
aspettando una sua
risposta, in particolar modo la sua migliore amica.
“Io…ehm…non saprei”
balbettò imbarazzata
“Oh, dai Abby, non farti
pregare” la esortò Emily
“Puoi portare anche Prewett
se vuoi…” aggiunse James. Era evidente che la cosa
non gli andava propriamente
giù ma avrebbe fatto di tutto per permettere anche
all’amica di esserci.
“Gliene parlerò” disse
Abigail leggermente rincuorata ma ancora incerta sul da farsi. E la
sera dopo
cena lo fece, e sorprendentemente ebbe da Fabian una risposta positiva.
La stessa
sera Zeek chiese
a Krystal perché lei avesse rifiutato la proposta di James
di unirsi a loro per
un paio di settimane da trascorrere negli Stati Uniti.
La ragazza si strinse nelle
spalle, scuotendo leggermente la testa, come se la sua risposta fosse
una cosa
di poco conto. “Beh… tu non ci saresti…
e le altre saranno tutte accoppiate”
“Sadie è fidanzata? Non lo
sapevo”
“No non lo è, vabè lei è
l’unica single per il momento…che cosa facciamo
lì in due, reggiamo il
moccolo?”
Zeek scoppiò
involontariamente a ridere.
“Non volevo dire questo,
scusami. Semplicemente non voglio che tu ti faccia condizionare nelle
scelte
dalla mia assenza o presenza, tutto qui”
Krystal fece una faccia
intenerita. “Non ti devi preoccupare per me”
sorrise a Ezekiel, accarezzandogli
leggermente una guancia.
Lui aggrottò le
sopracciglia e rispose “Certo che mi devo preoccupare per te,
sei la mia
ragazza”
“Sono la tua ragazza”
ribadì lei
“Sì e per questo ho deciso
che, ad Agosto, io e te ce ne andremo una settimana nel sud della
Francia”
Il sorriso di Zeek nel
pronunciare quelle parole andava da un orecchio all’altro.
“E Lucian?”
“Ma come, io ti offro una
vacanza e tu la prima cosa a cui pensi è mio
figlio?”
Il ragazzo si finse offeso,
anche se non smetteva di ridere e Krystal si finse ancora
più offesa di lui,
assottigliò gli occhi e arricciò la bocca.
“Scusa tanto se mi
preoccupo per lui!”
Zeek si avvicinò al divano
dove la ragazza se ne stava sdraiata, si mise seduto sul bordo del
cuscino
grigio scuro e si sporse verso il viso della giovane.
“È per questo che ti amo”
sussurrò strofinando il naso con quello di lei “E
comunque Lucian starà una
settimana con i miei genitori”
Krystal si alzò a sedere,
questa volta più seria. “Potremmo portarlo con
noi…mi piacerebbe conoscerlo lo
sai”
Anche Zeek sembrava
improvvisamente meno giocoso, anzi aveva un aspetto quasi irritato.
“Te l’ho
detto: è troppo presto. Lucian ha solo 3 anni e si affeziona
molto facilmente.
Non vorrei che poi lui ci rimanesse male se le
cose…”
“Stai forse insinuando che
le cose tra noi non andranno bene?”
La ragazza si era tirata su
in piedi, e aveva messo le mani sui fianchi.
“Non volevo dire questo!”
ribatté Zeek “E’ solo per
precauzione”
Era sincero, non avrebbe
mai voluto che qualcosa ferisse Lucian. Una donna era già
uscita dalla sua
vita, anche se lui non poteva ricordarlo. Non doveva verificarsi di
nuovo.
Il ragazzo aveva allungato
le braccia verso la vita della ragazza, l’afferrò
per attirarla a sé.
“Cerca di capirmi”
Il viso di Krystal si
distese in un’espressione più serena, mentre si
lasciava attirare verso di lui.
Le
settimane seguenti
vennero utilizzate per esercitazioni che riguardavano incantesimi di
memoria e
un’intera lezione venne dedicata al Voto Infrangibile, uno
degli incantesimi
più potenti, un incantesimo che per certi versi era
associato alla magia
oscura. Si credeva infatti che esso venisse utilizzato dal Signore
Oscuro sui
propri fedeli, o almeno su quelli più fidati e
più vicini a lui. Era naturale
volere assicurarsi la fedeltà di chi conosceva
più segreti.
La fine dell’anno
accademico era ufficialmente arrivata e come ultima lezione, o meglio
come
ultima prova, tutti e sei gli istruttori si erano messi
d’accordo e avevano
organizzato dei giochi a partecipazione volontaria, per gli allievi di
tutti e
tre gli anni.
“Che ne dici, andiamo?”
propose Elias a Ezra
“Noo” si lamentò lui
“E’
troppo caldo per fare queste cose, e poi ho promesso ad Elise che
più tardi
sarei andato a fare il bagno con lei”
“Sii, fare il bagno, chi
vuoi che ci creda” fece Hayden “Comunque io ci sto!
Anche se spero di non
sudare come un animale”
I due amici si alzarono e
si avviarono verso il capannello di studenti che si era formato, fin
tanto che
erano a portata d’orecchio Ezra augurò loro
“Buon divertimento” anche se aveva
l’impressione che forse lui si sarebbe divertito di
più.
Prima di unirsi al gruppo
Justin provò a convincere Fabian e Gideon Prewett a
partecipare ma i due
sembravano più interessati a starsene in panciolle sulle
sedie a sdraio che
erano state posizionate sul prato e in qualsiasi zona d’ombra
disponibile.
“Vorrà dire che farò il
beato tra le donne” sorrise prendendo sotto braccio Emily e
Abbie, quest’ultima
mentre camminava si voltò per fare la linguaccia al proprio
fidanzato.
Alla fine si trovarono a
giocare solo in una trentina poiché molti preferirono
sfuggire a quella strana
calura di fine Maggio facendo un tuffo nella piscina
dell’Accademia.
“Bene, pochi ma buoni,
spero” sorrise l’istruttrice del terzo anno
“Venite qui uno alla volta e
pescate un cartoncino colorato. Quella sarà la squadra a cui
siete assegnati”
La donna evocò un sacchetto
di velluto nero ed i partecipanti si avviarono a estrarre la loro
squadra:
rosso, giallo o verde.
Justin era stato tra i
primi a unirsi alla squadra rossa, e poco dopo di lui Emily era andata
a
pescare il suo cartellino con le dita incrociate, sperando di capitare
nella
stessa squadra.
Quando tirò fuori dal
sacchetto un cartoncino di colore giallo ci rimase un po’
male ma si rincuorò
vedendo che anche Elias e un paio di ragazze amiche di Justin facevano
parte
della sua stessa squadra.
Quando James si rese conto
di dover giocare nella squadra verde, stessa squadra di Hayden Fawley,
fece
un’espressione parecchio contrariata, che suscitò
l’ilarità delle due amiche.
Emily e Abbie si scambiarono uno sguardo d’intesa, entrambe
speravano che
magari uccidendosi avrebbero fatto automaticamente fuori la squadra
verde.
Le tre squadre sarebbero
state trasportate, attraverso passaporta, nei boschi che circondavano
l’Accademia
e da lì sarebbe partito il loro percorso di ritorno. Lungo
la strada avrebbero
trovato vari ostacoli da superare. La prima squadra a tornare in
Accademia
avrebbe vinto.
La squadra
rossa si ritrovò
a dover affrontare subito una prova di logica, che consisteva in 10
indovinelli.
Dovevano indovinarne almeno 8 per andare avanti. Grazie
all’intelligenza di
alcuni Corvonero non ebbero grossi problemi a superare la prova.
A circa un chilometro di
distanza la squadra verde stava cercando in tutti i modi di eliminare
una
pianta che impediva il loro passaggio. Era una specie di rovo, ma molto
più
grosso, con rami che si muovevano velocemente nel tentativo di
aggredirli. Quei
tentacoli rosso scuro erano a loro volta pieni di aculei.
“Smettila di guardarla… non
è che se la guardi cambia qualcosa” disse James a
Hayden
“Allora fatti venire in
mente qualcosa, genio!” ribattè l’altro
Un ragazzo del terzo anno
li bloccò “O la smettete di battibeccare o do voi
in pasto alla pianta”
I due si zittirono ma
continuarono a guardarsi in cagnesco.
Alla fine una ragazza
riuscì a ricordarsi che si trattava di Tentacula velenosa, e
di conseguenza
riuscì anche a capire come andare avanti.
La squadra gialla invece
si trovò
a fronteggiare un vasto
incendio, e a dover mediare con un branco di centauri per poter
proseguire
lungo il percorso. Si dimostrarono una squadra unita, andavano
più o meno d’accordo
e riuscirono a raggiungere il limitare del bosco prima delle altre
squadre.
Arrivati nella radura che
ospitava l’Accademia gli istruttori andarono a congratularsi
con loro ma gli
occhi dei ragazzi si puntarono su una figura che era appena comparsa
all’esterno
della villa. Era un uomo di media altezza, con i capelli tenuti un
po’ lunghi.
Sembrava quasi un leone.
Istintivamente anche gli
istruttori si voltarono.
“Capo!” lo salutò un
istruttore
“Ti unisci a noi, Alastor?”
chiese l’istruttrice del secondo anno
L’uomo era tremendamente
serio. Si avvicinò e disse semplicemente “Minchum
seguimi”
L’istruttrice impallidì ma
lo seguì in silenzio, senza esitazione.
Hallo!
Oggi mi sento molto crucca ahahhaha
Siamo arrivati al penultimo capitolo (che avrei voluto pubblicare ieri ma non ho fatto in tempo a finire)… ci sarà il
prossimo, poi l’epilogo e
poi una specie di sequel
Spero di riuscire a pubblicare tutto in tempi brevi, anche se domani dubito che potrò scrivere ;)
Grazie ancora per le recensioni
Baci, anzi liebe Grüße
H.
|
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Capitolo 24 *** Capitolo 22 ***
Erano passati un paio di
giorni da quando la Gazzetta del Profeta aveva riportato la notizia
dell’incendio
a Villa dei Pini, la residenza dei Minchum. Nell’incendio
erano morti la
signora Minchum ed il nipote Jeremy.
Dietro all’incidente c’era
però molto più. Si trattava di un attacco di
Mangiamorte diretto al
viceministro Harold Minchum, non avendolo però trovato in
casa, come avevano
previsto, si erano accaniti, evocando l’Ardemonio, sulle
uniche due persone che
erano presenti in quel momento: un bambino di nemmeno quattro anni e
sua nonna.
Ora che tutte le lezioni
erano ufficialmente finite, i ragazzi si preparavano a lasciare
l’accademia per
godersi le vacanze estive. Gli studenti del terzo anno avevano
completato anche
gli esami per diventare Auror e aspettavano di prendere il diploma.
Emily non aveva chiuso
occhio a causa dell’ansia per i tabelloni che sarebbero stati
esposti il
pomeriggio stesso. E se non era stata promossa? Cosa avrebbe dovuto
fare? E se
Justin non aveva passato gli esami?
Era talmente elettrica
quella mattina che aveva rinunciato volentieri al caffè, al
contrario di Abbie
che beveva in modo placido dalla sua tazza.
“A che ora hanno detto che
esporranno i risultati?” chiese per l’ennesima
volta all’amica.
La bionda grugnì una
risposta senza nemmeno alzare lo sguardo, e Emily si rispose da sola
“Alle tre,
devo trovare qualcosa da fare fino alle tre”
Accanto alla ragazza si
sedette Krystal, che si servì un cornetto e del succo di
zucca.
“Preparato i bagagli, Krys?”
le chiese Abigail
“Sì, è stata dura riuscire
a mettere dentro tutto” sbuffò la ragazza con il
viso che lasciava trasparire
tutta la stanchezza per aver passato la sera precedente e la mattina
stessa per
mettere dentro i suoi libri, con cui aveva fatto una specie di fondo su
cui
appoggiare i vestiti.
“Sei proprio sicura di non
voler venire con noi a Boston?” chiese Emily
La ragazza annuì. “Voglio
passare un po’ di tempo con la mia famiglia. Mio fratello
Daniel si sposa a
Ottobre, quindi voglio godermelo ancora per
un’estate”
“Capito” rispose Emily
ricordando il leggero senso di vuoto che aveva provato quando si era
sposato
suo fratello maggiore, con cui aveva sempre condiviso la camera a
casa…Hogwarts
l’aveva aiutata sotto questo punto, a staccarsi da lui.
Sadie stava preparando il
proprio baule, nello appoggiare un paio di jeans sul mucchio di vestiti
che
teneva appoggiati sulla sedia della scrivania fece cadere tutto.
Imprecò e
cercò di raccogliere il tutto. Senza rendersene conto, si
ritrovò a sorridere
quando le capitò tra le mani la camicetta che aveva
indossato all’appuntamento
con Andrew. Alla fine Eveline l’aveva praticamente costretta
ad accettare e non
se ne era affatto pentita. Lui l’aveva portata a cavalcare un
Ippogrifo ed era
stato decisamente l’appuntamento più strano e
divertente che avesse mai
vissuto. Quando l’aveva raccontato a Eveline lei se ne era
uscita con un “Visto?
Te l’avevo detto”
Una parte del suo cuore non
poteva fare a meno di pensare a Richard. Aveva continuato a ricevere
segnali
contrastanti dall’uomo, un attimo sembrava interessato a lei
e l’attimo dopo la
ignorava completamente. Decise che era il momento di mettere la parola
fine a
quel tira e molla.
Si alzò e si diresse a
passo svelto verso l’ufficio dell’istruttore, prima
di avere il tempo di
cambiare idea. Arrivata davanti alla porta bussò ed
entrò senza aspettare la
risposta proveniente dall’interno.
L’uomo davanti a lei
indossava un completo nero, con la giacca sopra. Non si poteva negare
che
vestito in modo così elegante stesse molto bene.
Allo sguardo leggermente
perplesso della ragazza, rispose “Funerale”
Sadie annuì in modo quasi
impercettibile. Aveva scelto il momento sbagliato ma ormai era troppo
tardi per
tornare indietro.
“Io…avrei bisogno di
parlarti”
“Dimmi tutto”
“Io ti piaccio?” chiese in
modo diretto avvicinandosi a lui.
L’uomo si passò una mano
sui capelli cortissimo e quasi imbarazzato disse “Certo che
mi piaci”
“Ma non vuoi stare con me”
“Non posso stare con te” la
corresse lui “Sono il tuo insegnante e un insegnante non
può stare con una sua
allieva”
“E dovrei aspettarti in
eterno?” chiese leggermente arrabbiata “Io odio
aspettare. Non sono una che
aspetta. Non sei l’unico interessato a me, sai?”
“Sadie…” poi le prese le
mani tra le sue “Non ti posso chiedere di aspettarmi, hai
solo 18 anni ed è il
momento più bello che tu possa vivere. Goditi
l’estate”
Detto questo le lasciò le
mani. Un ombra di delusione passò sul viso di Sadie, ma poi
la ragazza prese un
bel respiro e si recò verso la porta. E se ne
andò. Senza guardarsi indietro.
Il pomeriggio un istruttore
per ogni classe si avvicinò alla bacheca ed appese i
risultati finali. Ci fu
parecchia calca per poter sbirciare, soprattutto tra gli studenti del
primo
anno, molto più numerosi rispetto alle altre due classi.
Hayden tirò un sospiro di
sollievo quando capì di essere stato promosso
all’anno successivo, anche se
qualche faccia intorno a lui sembrava molto più mogia. Poco
dopo di lui anche
Ezra riuscì a penetrare tra la folla, e un grande sorriso
gli illuminò il
volto, poi si girò verso Elias, che aveva preferito rimanere
un po’ in disparte
ed alzò i pollici di entrambe le mani, a significare la
promozione di entrambi.
Emily, Krystal e Abbie
erano rimaste un po’ indietro. Cercavano di alzarsi sulle
punte per leggere la
lista ma alcun di loro si comportavano come bambini e si azzuffavano
pur di
vedere qualcosa.
A un certo punto Sean e
Eveline emersero dal mucchio di gente, entrambi con le facce
soddisfatte.
“Allora?” chiese Abbie
“Promossi” sorrise Sean.
Era a dir poco radioso. Si era tolto un bel peso. Aveva il terrore di
non
riuscire a ripagare le aspettative della sua famiglia, di suo padre in
particolare.
“Anche voi tutte e tre
promosse” aggiunse Eveline.
Le altre ragazze si
abbracciarono di slancio. Solo dopo essersi accertata del suo
risultato, Abbie
si girò verso i gemelli Prewett. Fabian e Gideon stavano
festeggiando con i
propri amici. Qualcuno aveva tirato delle scintille del signor
Filibustier e le
stava sparando in tutto l’ingresso.
Emily aveva intravisto
Justin prima di sapere dei risultati, in seguito l’aveva
cercato con lo sguardo
ma tutti gli allievi del terzo anno sembravano essere spariti.
La ragazza percorse le
scale per il terzo piano lentamente. Era preoccupata, estremamente
preoccupata.
Il corridoio era riempito dalla gioia di chi era riuscito a diventare
Auror ma
ancora del ragazzo nessuna traccia.
Come diavolo faceva a
sparire così bene?
Trovò la porta della camera
socchiusa, entrò e lo chiamò.
“Bagno!” rispose la voce
del ragazzo
Emily aspettò in piedi
davanti la porta del bagno. Quando Justin aprì la porta di
scatto, Emily si
portò entrambe le mani sul viso, appoggiate sul naso. Era
senza parole.
Justin indossava il
doppiopetto azzurro con gli alamari d’argento, parte della
divisa da Auror.
“Allora, sei fiera del tuo
uomo?” chiese lui tutto sorridente.
La ragazza annuì e si tuffò
per stringerlo tra le sue braccia.
La serata trascorse in modo
tranquillo per tutta l’accademia. Dopo un pomeriggio di
festeggiamenti, la
stanchezza e il pensiero di doversi svegliare per tornare a casa presto
spinse
quasi tutti gli studenti ad andare a letto ad un orario decente.
La mattina seguente tutta l’Accademia
era in fermento. C’era gente che andava e veniva lungo i
corridoi, alla ricerca
dei propri averi o dei propri amici da salutare.
Il gruppo diretto alla casa
dei nonni di James si era accordato per trovarsi in giardino e prendere
tutti
la stessa passaporta.
Abbie era salita per andare
a chiamare Fabian. Quando entrò nella camera lo
trovò ancora seduto sul letto,
con il baule aperto e pieno solo a metà.
“Non sei ancora pronto?”
chiese con le mani appoggiate sui fianchi e il fare da sergente.
“Non vengo”
Due parole erano bastate a
far crollare le braccia alla ragazza.
“Come sarebbe a dire che
non vieni?”
Fabian si alzò e si
avvicinò a lei, posando le mani sulle sue spalle.
“Smettiamola di prenderci in
giro, Abs” disse “Tu non mi ami, puoi essere
innamorata di me, ma sicuramente
non mi ami. Ami qualcun altro, e sappiamo entrambi di chi si tratta,
no?”
Abbie provò a rispondere ma
le parole le morirono in gola. Vedendo il tentativo di parlare della
ragazza,
sul viso del giovane Prewett si dipinse un sorrisetto triste.
“Si dice che se ami
qualcuno devi lasciarlo libero… quindi vai, vai prima che
sia troppo tardi” la
esortò.
Abbie riuscì solo a dargli
un veloce bacio sulla guancia e a sussurrargli un
“grazie” prima di correre di
sotto.
Appena sbucò all’esterno
vide che erano tutti pronti. James le sorrise e
appena
si avvicinò chiese “E Fabian?”
La bionda scosse la testa
e, nonostante gli occhi lucidi, sorrise dicendo “Siamo solo
noi”
Buonasera!
Ed è canon (o
quasi)!!!
Non ho altro da dirvi se
non grazie grazie grazie e… l’epilogo
arriverà presto ;)
H.
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Capitolo 25 *** Epilogo ***
Venerdì
7 Agosto 1981
Aveva appena firmato
l’ultima delle lettere dirette ai future allievi
dell’Accademia
per Auror.
Charlotte McKinnon
Si sarebbe mai abituata a firmare
con il cognome da sposata? Certo, era già
stata sposata ma quando si era trattato di Micheal non aveva preso il
suo
cognome. Con Adam era stato diverso, la sua famiglia era più
tradizionalista,
sarebbe stato irrispettoso mantenere il cognome da nubile. E poi,
doveva
ammettere che “signora McKinnon” non suonava
affatto male.
Chiusa anche l’ultima
busta e alzò lo sguardo verso il grande stanzone che
ospitava la sua squadra. Già, la sua squadra.
Quando nel 1974 aveva diplomato
l’unica classe a cui avesse mai insegnato e
aveva espresso la volontà di formare con quelle stesse
persone una sua squadra,
molti l’avevano presa per pazza.
Una squadra di novellini…non si era mai vista! Solitamente i
neo-Auror
venivano inseriti in squadre già collaudate e funzionati,
dove magari mancava
qualche membro.
E invece lei aveva pregato il padre di farle fare
quell’esperimento. Era
sicura che se la sarebbero cavata. L’uomo fece qualche giro
di conoscenze e
riuscì a farle ottenere ciò che voleva.
Aveva anche apportato qualche
modifica all’ambiente. Un grande spazio
aperto al posto dei soliti cubicoli.
Le piaceva riuscire a vedere tutta la squadra. O meglio, tutti i
presenti
al momento.
Qualcuno si era perso per strada.
Hayden Fawley, appena diplomato,
aveva preferito unirsi alla squadra in cui
lavorava il suo Nathan Grey, il suo fidanzato. Nonostante le fosse
dispiaciuto
perdere un valido membro non aveva obiettato più di tanto.
Almeno sarebbero
stati pari, per poter suddividere la squadra in coppie.
Spostando lo sguardo verso la
finestra vide Elias Corner, che compilava il
rapporto relativo alla missione della sera precedente, quando era stato
di
guardia, insieme a Ezekiel Crouch, a un maniero che doveva essere il
presunto
covo di un gruppo di Mangiamorte.
Il suo amico Zeek intanto stava
seduto di fronte a lui e sbadigliava, tra
un sorso e un altro di caffè. Era sfinito, erano rientrati
in ufficio alle
cinque del mattino e non avevano cavato un ragno dal buco.
Entrambi avevano in qualche modo
“perso” il loro partner.
Ezra Hattle era morto in un
piovoso Novembre di sei anni prima, in uno
scontro avvenuto nei pressi di Edimburgo. Un mangiamorte gli aveva
scagliato contro
l’Anatema che Uccide, e per quello non c’era via di
scampo.
Emily Burkhart, che aveva lavorato
in coppia con Elias, era in maternità
per la seconda volta in cinque anni. In fondo era stato un bene che non
fosse
in ufficio quando, tre mesi prima, Abigail Morgan, sua migliore amica
da una
vita, era scomparsa in circostanze misteriose.
Il pensiero della recente
scomparsa di Abigail la portò a cercare con lo
sguardo la persona che sembrava averne sofferto di più:
James Martin. I due si
erano sposati la notte di Capodanno e a Maggio, dopo un piccolo scontro
con i
Mangiamorte avvenuto a Upper Flagley, si era persa ogni traccia della
ragazza.
Fin da subito furono tutti certi del rapimento. Da quel giorno James
non si era
dato pace.
Eveline Richards, sua partner di
lavoro e fidanzata del suo caro amico
Sean, lo aiutava volentieri nelle ricerche, senza però
lasciare indietro il
lavoro. La ragazza era un vulcano, non si era più lasciata
abbattere da niente.
Lei e Sean non si erano sposati, né avevano avuto figli, ma
affermavano di
stare bene così.
Sean si era ritrovato a lavorare
in coppia con Sadie e i due avevano
formato un team estremamente preparato ma anche affiatato. Si
intendevano alla
perfezione, cosa che spaventava Eveline, soprattutto quando
architettavano
qualcosa contro di lei.
Sadie invece si era sposata
quattro anni prima con Andrew McGuinness, auror
di due anni più grande di lei. La donna si era rifiutata di
prendere il cognome
del marito, troppo irlandese per i suoi gusti. I due avevano una
bambina di tre
anni: Ruby.
Lo sguardo di Charlotte si
spostò su un'altra scrivania vuota, quella di
Krystal Stevens. Lei, che adorava i bambini, non era riuscita ad averne
e così
aveva cresciuto Lucian, il figlio di Zeek, come se fosse stato il suo.
Dopo un paio di anni da Auror aveva colto l’occasione di un
pensionamento,
per prendere il posto di istruttrice in Accademia. Charlotte non poteva
vederci
persona più indicata.
La donna gettò
un’occhiata al proprio orologio. Doveva assolutamente
andare, altrimenti avrebbe fatto tardi. Quel week-end tutta la famiglia
McKinnon si sarebbe riunita per festeggiare l’ottantesimo
compleanno di Edward,
il padre di Adam.
Tutta la famiglia…detto così sembrava che ne
fossero molti ma in realtà
erano solo in otto: lei, Adam, suo fratello Daniel con la moglie Mary e
i figli
Josh e Marlene e i capostipiti Edward e Ruth. Al massimo si sarebbero
uniti i
fidanzati di Josh e Marlene ma vedeva la cosa alquanto improbabile.
Approfittò di Ezekiel
Crouch che si era avvicinato per lasciargli le
direttive per quei giorni in cui sarebbe stata assente.
Raccolse poi le sue cose e salutò tutti con un “Ci
vediamo lunedì”
Non sapeva che quella sarebbe
stata l’ultima volta che avrebbe messo piede
in ufficio.
FINE
Ci
siamo gente…abbiamo finito
Ok, è un finale un po’ triste ma sono voluta
essere coerente con la trama.
Dalla lettera di Lily a Sirius e dalla foto dell’Ordine della
Fenice originale
sappiamo che l’intera famiglia McKinnon è stata
sterminata e la cosa è successa
poco dopo il primo compleanno di Harry quindi la data che ho scelto mi
è parsa
appropriata.
Mi è dispiaciuto uccidere Ezra e far sparire Abbie
perché sono due
personaggi che mi sono piaciuti molto, come tutti del resto, ma le
esigenze di
trama sono quelle che sono. È la guerra, non può
essere tutto rose e fiori.
Spero che la strada percorsa fin qui vi sia piaciuta. E se vi dispiace
che
sia finita, non disperate troppo, presto arriverà qualcosa
che colmerà i quasi
10 anni di vuoto temporale tra l’ultimo capitolo e
l’epilogo. Nel frattempo
scriverò anche un'altra interattiva, perché sono
masochista, che ci volete
fare.
Siamo arrivati al momento dei ringraziamenti: vorrei ringraziare le 5
persone che hanno inserito la storia tra le preferite, le 13 persone
che l’hanno
inserita tra le seguite e chi l’ha inserita tra le ricordate.
Più di tutto vorrei ringraziare chi mi ha donato questi
splendidi
personaggi. È stato un onore per me occuparmi di loro.
Qui si conclude la mia prima storia pubblicata, la mia prima
interattiva.
Sono fiera di aver scritto una delle pochissime interattive arrivate
alla fine.
Ora vi saluto altrimenti mi viene più lungo questo pezzo che
l’epilogo.
Baci
H.
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