The man who can't be moved; Lashton.

di autopilot_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Warnings ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno. ***
Capitolo 3: *** Capitolo due. ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette. ***



Capitolo 1
*** Warnings ***


WARNINGS

Quindi, eccomi tornata con un'altra storia.

A dire il vero questa è stata scritta prima di Pale Blue Eyes, ma, poiché è la pima fanfiction che ho scritto non sapevo se pubblicarla o no, tutt'ora sono un po' riluttante nel farlo, visto che sono bloccata nello scrivere il settimo capitolo, causa? Smut..

A parte ciò, da brava persona ossessionata con i TheScript, ho ascoltato così tanto le loro canzoni che mi è passato per la mente di scrivere una fanfiction basata su una di esse, da persona melodrammatica che sono ho scelto the man who can't be moved, poi, chi se non i Lashton come possibili protagonisti??

Passo subito agli avvertimenti, per il momento il rating della storia sarà arancione, ma dal settimo capitolo in poi sono costretta a cambiarlo, viva i contenuti slash espliciti!
Ovviamente, i capitoli smut (sono tre btw) saranno prima segnati con un asterisco, in caso qualcuno non voglia leggerli.

Special starring: Brendon Urie.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo uno. ***


Pioveva, ma a me non importava, oggi lui sarebbe tornato ed io lo avrei aspettato lì, davanti la caffetteria della signora Margaret che in tutto ciò era l'unica a darmi conforto. Chiusi la porta che oramai non serviva più al mio appartamento quasi del tutto spoglio, non avevo più niente se non la speranza di ritrovare l'unica persona in grado di rendermi felice.
 

Camminai a testa bassa guardando i miei piedi che calpestavano l'acqua nelle pozzanghere sentendo subito i calzini bagnati, ma non mi importava, neanche quando mi sedetti a terra davanti al solito negozio a gambe incrociate con il cielo ancora scuro e le strade poco trafficate, il mio corpo a contatto con il cemento freddo per l'ennesima volta. Anche quel giorno osservai la solita routine: uomini d'affari che mi passavano davanti, donne anziane che cercavano di offrirmi un caffè o dei soldi, ma non avevo bisogno di questo. Mi sarei alzato di li quando avevo fame e sarei andato a mangiare qualcosa, non volevo la compassione della gente, sono solo un ragazzo normale che sta aspettando una persona, cosa c'è di sbagliato? Forse il modo in cui lo sto facendo?
 

Strinsi le ginocchia al mio petto poggiando poi il mento su di esse, sospirai pesantemente sentendo la schiena a pezzi e la pioggia che neanche il piccolo portico riusciva a fermare che mi inzuppava, non avevo un ombrello, non avevo nulla. 
Erano ormai più di tre mesi che non lo vedevo più, aveva detto che ci saremo visti ma era stato un bugiardo. Nonostante ciò continuavo ad aspettarlo, forse aveva avuto qualche imprevisto e non poteva recarsi alla caffetteria, forse era impegnato con la scuola, se invece gli fosse successo qualcosa di terribile? Avevo troppi pensieri nella mia mente, la verità forse era un'altra: si era dimenticato di me.

 

«Ashton, caffè?»
 

Alzai lo sguardo verso l'anziana signora che gestiva da sola quel piccolo locale tranquillo, dove chiunque si sarebbe sentito a proprio agio.
 

Annuii alzandomi dal terreno e camminando verso l'entrata della caffetteria solo per essere fermato dalla mano di Margaret che mi indicava il tappeto posto davanti l'uscio, con un sorriso imbarazzato pulii le mie scarpe bagnate trovando subito il calore accogliente della stufa posta in un angolo; quello non era solo una caffetteria, oltre ad essere anche la casa dell'anziana era dove i miei occhi per la prima volta incontrarono la figura incantevole di un ragazzo biondo, seduto al tavolo a due posti nell'angolo, con un paio di occhiali indosso e qualche foglio dinanzi agli occhi. Il solo ricordarlo mi faceva star male, non capivo come fossi arrivato a tal punto, sentire la mancanza di un semplice essere umano fino alle ossa, il non saper più trascorrere una giornata senza pensarlo.
 

Avevo provato, inizialmente, ad andare avanti, ma come potevo farlo se ero ancora innamorato di lui? Come potevo andare via se lo stavo ancora aspettando? Questo potrebbe non avere senso, ma cosa altro potevo fare? Magari uno di questi giorni guardando una tazza di caffè avrebbe ricordato il luogo in cui aveva detto di incontrarci, sarebbe tornato e avrebbe trovato me ad aspettarlo all'angolo della strada.
 

«Chissà perché ci mette così tanto tempo a tornare a farci visita, eh? Forse dovresti muoverti un po' e non restare qui come un cane.»
 

Per quanto le parole di Margaret mi avessero fatto uno strano effetto, io non potevo muovermi, e se fosse tornato?
Scossi la testa sorseggiando piano il caffè nero bollente appena versato, non mi piace lo zucchero, ma a lui piaceva eccome, riempiva il caffè di zollette di zucchero.

 

«La gente inizia a crederti pazzo.»
 

Sbuffai poggiando il mento sopra il palmo della mia mano, non era di certo una novità questa, dovevo sembrare davvero disperato.
 

«Perché non sanno come stanno realmente le cose, poi, quando gli sbatti la realtà in faccia, ti credono ancor più pazzo.»
 

La mia voce era roca mentre prendevo a parlare con la signora, con una mano grattavo il mio mento ricoperto di un leggero strato di barba mentre con l'altra continuavo a sorseggiare il liquido caldo, sapevo che forse ero stato un po' brusco, ma più di una volta avevo sentito parlare di me in giro per il paese e non erano di certo cose belle.
 

«Capisco il motivo della tua disapprovazione, ma prometti di pensarci un attimo?»
 

«Pensare un attimo a cosa?»
 

«A quello che stai facendo, Ashton! Stai praticamente passando tutti i giorni migliori della tua vita seduto sopra un marciapiede ad aspettare un ragazzino non avendo neanche la certezza che torni davvero, di lui sapevi solo il nome!»
 

Non l'avevo mai sentita così infuriata in tutta la mia vita, neanche quando ruppi due tazzine di seguito, ma l'ultima frase non riuscivo a digerirla per nulla, anche giorni dopo continuavo ad averla per la mente. Non sapevo solo il suo nome, sapevo molto di più; avrebbe compiuto diciassette anni a luglio, pochi giorni dopo di me, aveva due fratelli maggiori, gli piaceva il caramello e ce la metteva tutta per andare bene a scuola.
 

Ma era anche un tipetto complicato.
Non gli piaceva la pioggia, diceva che lo rendeva triste e ogni cosa diventava grigia e cupa, però allo stesso tempo adorava sedersi accanto alla finestra, poggiare la testa contro il vetro ed ascoltare il suono regolare delle gocce che cadevano al suolo, lo rilassava e riusciva ad addormentarsi. Sì perché lui odiava dover dormire, era sempre iperattivo e non voleva sprecare del tempo stando steso sopra un letto a dormire. Se solo sapesse il tempo che io sto perdendo aspettandolo.

 

Gli piacevano le canzoni vecchie, anche se, a detta sua, non esiste età per la musica, diceva che la canzone acquisiva significati man mano che il tempo passava, e ogni qual volta andavi ad ascoltarla ti tornavano in mente ricordi su ricordi.
 

Il suo colore preferito? Neanche lui sapeva dire quale fosse, era indefinito, ma ricordo perfettamente il giorno in cui per la prima volta affrontò il mio sguardo e riuscì a guardarlo negli occhi per più di due secondi, disse poco dopo che il colore delle mie iridi era appena diventato il suo preferito, ed io potevo dire lo stesso del suo, che nelle giornate in cui era triste diventava di un colore blu fiordaliso, mentre di solito si aggirava attorno ad un azzurro.
 

Non sapevo solo il suo nome, dopotutto, la mia memoria è buona, soprattutto quando si parla di un certo ragazzo di nome Lucas, ma che preferisce farsi chiamare Luke, che sto aspettando. 
 

Passarono altri mesi, la stagione calda stava arrivando e il piccolo albero di ciliegio stava iniziando a far germogliare i piccoli boccioli rosa. Amo la primavera perché è come una rinascita, vedere tutti quegli alberi che in inverno sembravano secchi e spogli riprendere vita così, all'improvviso. 
Inoltre, io e Margaret, potevamo finalmente rendere migliore l'aspetto estetico della caffetteria, mettendo altri tavoli all'aria aperta perché a chi non piace passare del tempo fuori? I raggi del sole non erano ancora abbastanza caldi, ma la temperatura era mite e le pulizie di primavera stavano davvero stancando l'anziana. Io cercavo il più possibile di aiutarla, ma nello stato in cui si trovava la mia mente potevo fare ben poco, il mio costante guardarmi attorno alla ricerca del ragazzo era una continua perdita di tempo, me ne rendevo conto, però non potevo farne a meno.

 

Uno strano uomo con una fotocamera si avvicinò a me, un giorno, mentre ero seduto sopra l'asfalto con la schiena poggiata contro il muro. Cercai di ignorarlo, ma il modo in cui puntava l'obiettivo verso di me non faceva altro che innervosirmi.
 

«Uhm, serve qualcosa?»
 

«Certo! Tu sei il ragazzo che non vuole muoversi da qui, giusto? Si sente parlare di te e sono venuto a dare un'occhiata, non ti dispiace se ti faccio un video, no? Tanto sarai abituato ad avere gli occhi puntati contro, no?»
 

Il suo continuo parlare mi faceva venire il mal di testa, ma annuii senza pensarci e infatti subito dopo me ne pentì amaramente. Mi bombardò di domande, chiedendomi chi stessi aspettando, da quanto tempo e per quanto tempo avessi intenzione di aspettare, ovviamente parlai in modo generale, non spiegando che stavo aspettando un ragazzo.
 

Ad ora di pranzo restammo insieme, io, Margaret e l'uomo, il cui nome era Brendon, a parlare di varie cose, scoprii che nonostante il suo blaterare continuo era una persona simpatica e con senso dell'umorismo. Però il mio umore cambiò quando disse di voler scrivere un articolo su di me e pubblicarlo su un giornale, assolutamente no.
 

Io provai a protestare, ma i lati positivi che la cosa avrebbe portato mi fecero cambiare idea, avrei potuto attirare l'attenzione di Luke, magari mi avrebbe riconosciuto e sarebbe tornato. Ma se non fosse stato così? Se, al contrario, avrebbe smesso definitivamente di provare a tornare per la vergogna? Non è che io sia fiero di avere una mia foto sopra un giornale in cui sembro un barbone.
 

Nuovamente, mi ritrovai a discutere con Brendon riguardo all'articolo, finimmo per tenere in sospeso la cosa, avremmo deciso la prossima settimana, anche se la mia risposta sarebbe stata negativa.

==

 

CIAO.
Come ogni mia storia, il primo capitolo è sempre
brutto, storto e malefatto.

Dunque, le recensioni sono ben gradite, anche
se non necessarie per mandare avanti la storia,
ritengo EFP un po' la mia valvola di sfogo, il
luogo dove pubblico ciò che mi passa per la  mente.

Detto ciò, enjoy!

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due. ***


Capitolo noioso.
 

Quella mattina mi svegliai più stanco che mai, un dolore straziante era costantemente presente nella zona delle scapole ed ero più che sicuro di avere un'emicrania.
 

Inoltre oggi dovevo scendere in città con Brendon, che oramai era diventato un cliente abituale della caffetteria e mio amico, perché riteneva che il mio aspetto non fosse adatto alla mia età, sembravo dimostrare quasi trenta anni quando in realtà dovevo compierne ventuno, mi rendevo conto da solo di avere dei capelli troppo lunghi, ma rigorosamente puliti, e la barba, ma non aveva senso per me curare la mia persona esterna poiché non puntavo a far colpo con nessuno, ma l'idea che Luke potesse pensare la stessa cosa di Brendon mi fece acconsentire alla richiesta dell'uomo, e quindi sarei andato in città per comprare qualche vestito nuovo e tagliare barba e capelli.
 

L'unica cosa negativa? Arrivare in città. 
Il paesino in cui vivevo non aveva molto se non qualche negozio di alimentari, farmacie, un piccolo ospedale e qualche altra struttura, ma era molto trafficato come luogo, ogni treno sostava per più di mezz'ora nella nostra stazione prima di andare in città. Quindi sarei dovuto andare con Brendon in auto e lasciare l'anziana, Margaret, sola, cosa che non facevo da tempo.

 

Pensavo che a lei dispiacesse, fu invece la prima a chiedere se mi servissero dei soldi che rifiutai, ovviamente, il mio aspetto era simile a quello di un barbone ma questo non voleva dire che non avevo un soldo in tasca. Una volta avevo un lavoro e fino a qualche mese fa ricevevo del denaro dai miei genitori, che ho risparmiato. Quindi quello era il mio ultimo problema.
 

Il viaggio in macchina con Brendon si era dimostrato molto caotico, con il suo continuo parlare e la musica alta, inoltre si era messo a cantare le canzoni che passavano in radio e, oltre alla sorpresa iniziale causata dalla sua intonazione quasi impeccabile, non potevo negare che mi stavo divertendo. 
 

Mi mancava essere un adolescente che usciva con gli amici e cantava a squarciagola per strada, non importandogli di quel che la gente pensava, era stato un bel periodo anche quello del college, che ovviamente non avevo finito.
 

Una cosa aveva attirato la mia attenzione, però, alla fine di una canzone un nome familiare risuonò nelle mie orecchie, facendomi alzare lo sguardo verso la radio e zittendo il moro nel sedile del guidatore. Cercai di ascoltare altro, ma dopotutto potevo averlo immaginato, quel nome. Scossi la testa sospirando frustrato dalla mia situazione quasi invalidante e poggiai la testa contro il vetro dell'auto, osservando la strada.
 

«Deve mancarti davvero molto questa persona.»
 

Fu la voce di Brendon ad interrompere i miei pensieri, parlò con un sussurro, quasi temesse di vedermi scendere dal veicolo in corsa da un momento all'altro. Neanche gli rivolsi uno sguardo, sapeva già la risposta.
 

«Non riesco a capacitarmi di come tu possa continuare tutto questo senza stancarti mai..»
 

«Pensi che io non mi sia stancato, Brendon?»
 

Dissi con tono acido, voltai il viso verso di lui, che era impegnato a guardare la strada, forse era meglio così o avrebbe visto per la prima volta la mia espressione del tutto stanca delle continue affermazioni che la gente continuava a fare sul mio conto. Vidi Brendon che stava per riprendere a parlare ma lo interruppi nuovamente con voce ferma.
 

«Il fatto è che mi sono stancato, già da tantissimi mesi, vorrei tornarmene da dove provengo, vedere i miei fratelli, i miei genitori, riprendere a vivere una vita normale. Ma non ci riesco, ed è questo quello che mi da più fastidio. Non riesco ad andare avanti per colpa di un ragazzino che, inconsapevolmente, mi ha fatto innamorare ed ora sembra sparito dalla faccia della terra!»
 

Avevo intenzione di fare quel discorso con tutta la calma possibile ma avevo finito per farlo con un tono di voce piuttosto elevato, che a giudicare dal suo volto, aveva colto Brendon alla sprovvista.
 

«Davvero quello che stai aspettando è un ragazzo?»
 

Fu tutto quello che chiese, gliene ero grato, davvero, forse non ero neanche in grado di rispondergli, fino a quel momento non avevo mai dato volto a colui che stavo aspettando, ma il moro non sembrava sgradire il fatto che fossi innamorato di un ragazzo, anzi, sorrise.
 

Un sorriso sincero, che non vedevo da molto tempo.
 

«Ti spiace se faccio emergere ancora una volta il mio lato da giornalista?»
 

Lo guardai con la coda dell'occhio con un'espressione divertita, ormai rassegnato che in quella giornata mi avrebbe rivolto moltissime domande.
 

«Cambierebbe qualcosa se ti dicessi di no?»
 

Chiesi poco dopo con stupore dell'uomo, che non si aspettava una risposta così ironica, ma ehi, anche io sapevo cogliere il senso dell'umorismo, non c'era nulla di strano.
 

«A dire il vero, no. Ma volevo essere il più gentile possibile visto che sto per invadere la tua privacy.»
 

Mi voltai di scatto verso di lui, guardandolo con un sopracciglio alzato che esprimeva perfettamente tutta la mia confusione, pochi secondi dopo però scoppiò a ridere, talmente forte che per un attimo temetti che potesse perdere il controllo dell'auto.
 

«Brendon, pensa a guidare!» 

 

==

 

«Certo che ti vesti così male, non sai niente della moda giovanile di oggi?»
 

La situazione tra me e Brendon era sfuggita di mano. Sceglievo una felpa da voler provare, finivamo per litigare perché sembravo "un nonno che sta per andare a pagare le bollette alla posta" e poi uscivamo da ogni santo negozio senza neanche un indumento.
 

«Ovviamente, sei così fortunato ad avere me che ti procurerò dei vestiti fantastici e pieni di vitalità!»
 

«Mantieni il tuo lato professionale con me, giornalista, che non devo posare per nessuna rivista di moda.»
 

Un ghigno malefico si dipinse sopra il suo volto e smise di camminare, facendo così fermare anche me per capire cosa gli fosse successo. Aveva il viso rivolto verso un bar ed ero sicuro che stesse guardando una delle persone sedute lì fuori. Così mi avvicinai a lui cercando di immedesimarmi nel suo guardo, ma subito mi scansò indicandomi un ragazzo.
 

«Lo vedi quello con i capelli verdi? È un giovane chitarrista bravissimo! Andiamo a salutarlo? Per favore, dai Ashton, andiamo!»
 

Assottigliai gli occhi verso la figura che mi stava indicando e scossi in fretta la testa, c'era una grande quantità di persone e non ero il tipo di persona più socievole del mondo, quindi non era decisamente di mio gradimento. Usai la scusa del barbiere, poiché, data l'ora, stava per chiudere e non sarebbe riaperto fino alle sedici. Quindi Brendon si rassegnò e mi condusse verso il barbiere, ugualmente affollato, per essere precisi.
 

Dopo quelle che sembrarono essere ore, finalmente il mio taglio di capelli era completato e potei finalmente uscire da quel luogo, litigai anche con il ragazzo moro che voleva assolutamente pagare lui, alla fine vinse, solo perché sperai che non avrebbe più offerto di comprarmi nulla quel giorno.
 

«Non ti senti meglio senza quei ricci incasinati che ti coprono gli occhi? Poi con quella barba non ti potevi proprio vedere, eri un pungo all'occhio!»
 

Ancora una volta passai la mano tra i miei capelli, cercando di abituarmi al fatto che fossero così corti e le mie dita non rimanevano più incastrate tra di essi, per non parlare della barba, non era molta ma, per qualche strano motivo che fatico a capire, Brendon aveva insistito, e così ora le mie guance erano lisce come la pelle di un neonato.
 

Il mio amico stava progettando altre cose di cui non mi importava nulla ma appena la parola "sopracciglia" arrivò alle mie orecchie lasciai uscire tutta la mia disapprovazione.
 

«Non ci pensare neanche, le sopracciglia non sono state create per essere tirate via una per una con delle pinzette, questo è fuori discussione.»
 

Ridacchiò del mio strano modo di ragionare continuando poi a parlare dei suoi progetti futuri, in qualcuno di essi mi rendeva partecipe ed ero costretto ad ascoltare, altrimenti sarei rimasto volentieri a pensare ad un bel niente.  
 

Quella giornata la trascorremmo così, Brendon ad illustrarmi con gioia i suoi piani per il futuro ed io che volevo comprare qualche vestito, non riuscivo però a trascinarlo in nessun altro negozio e questo non mi era di grande aiuto, visto che non avevo speso un solo centesimo in quel giorno. Però, dopo qualche protesta, riuscii a fargli ricordare che eravamo lì per cambiare il mio modo di vestire e non per fare una passeggiata, così tornammo al nostro piano iniziale, finalmente gradendo la compagnia di Brendon che insultava gente a caso che indossava abiti "del tutto fuori moda" non ricordandomi che anche io facevo parte della loro categoria.
 

Quella sera, mentre ero nella mia casa senza alcun tipo di originalità, notai con estremo piacere che i jeans non erano poi così male, feci anche la promessa a me stesso di comprare una nuova televisione.
 

La cosa più importante però accadde il mattino successivo, quando, per la prima volta, arrivai in ritardo al mio solito posto, e la signora Margaret mi annunciò che, poco più di mezz'ora prima, un ragazzo biondo aveva ordinato un caffè, riempiendolo poi di zucchero. 
Come se non bastasse, il sorriso che aveva rivolto all'anziana era uno di quelli che ti fa capire che quella persona la conosci già, che non l'hai dimenticata neanche dopo non averla vista per un lungo periodo di tempo.

 

Quel giorno qualcosa cambiò in me.
 

Brendon cercò di rassicurarmi, dicendo che non era la persona giusta, che gli occhiali da vista di Margaret in quel momento erano fuori servizio. Ma lei conosceva bene il volto del mio Luke, sapevo con certezza che non si era sbagliata.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo tre. ***


Se c'è una cosa che ho capito, è che il mondo non è un posto dove chiunque può vivere ed essere felice. 
È un luogo crudele, a cui non importa quello che dici o fai, lui non ti darà comunque ascolto. E potrai credere di essere importante quanto vuoi, la verità è che non lo sarai mai abbastanza.

 

Per questo non mi aspettavo niente da lui, proprio come lui non si aspettava nulla da me, dopotutto.
L'unica cosa che mi era riuscita perfettamente, era stata donare il mio cuore ad un ragazzino, che, come volevasi dimostrare, non lo sta trattando come dovrebbe.

 

Ero stanco di giustificarlo, lui non sarebbe tornato, o meglio dire, lo avrebbe fatto, ma non per me. Non gli passavo neanche per la mente, o avrebbe aspettato, quella mattina.
Si stava svolgendo una guerra tra i miei pensieri che oramai non facevo altro che avere mal di testa, una parte di me voleva restare ad aspettarlo, che era la cosa che per il momento per abituato a fare, mentre l'altra parte mi diceva di alzarmi e vivere la mia vita, Luke aveva avuto l'opportunità di farne parte, ma ha deciso di uscirne e lasciare al suo posto un enorme vuoto incolmabile.

 

Non sapevo più quale parte di me ascoltare, quindi, nei giorni a seguire quell'episodio, neanche una volta mi diressi nella caffetteria.
 

E Brendon si era quasi rotto un dito del piede cercando di prendere a calci la porta della mia casa, credendo avessi fatto qualche sciocchezza.
In realtà me ne ero rimasto seduto sopra il letto, ad osservare fuori dalla finestra le montagne circostanti, desiderando più volte di essere nato in un altro periodo di tempo.

 

«Ma tu una volta non avevi un lavoro, Brendon?»
 

Gli chiesi quando decise di portarmi una piccola radio, etichettava la mia casa come "troppo silenziosa" e se davvero la sua intenzione era di trascorrere tutti i pomeriggi con me aveva bisogno di musica.
 

Stava cercando di trovare una stazione radio ma era una cosa piuttosto difficile dato il luogo in cui ci trovavamo, se riesci a fare una telefonata è un miracolo.
 

«Il mio lavoro adesso è cercare nuovi artisti musicali e provare a contattarli!»
 

Quindi, la radio serviva in realtà a questo. Astuto, davvero molto.
Lanciò un urlo di vittoria quando finalmente riuscì ad udire un suono chiaramente pulito, quindi si sedette a gambe incrociate sopra il pavimento e poggiò la schiena contro il divano, perché non sedersi direttamente su di esso, allora? È più comodo del pavimento.

 

«Ashton, cosa fai il giorno per divertirti?»
 

«Penso.»
 

«Ecco perché sei triste.»
 

Roteai gli occhi evitando di dire altro o lo avrei offeso pesantemente, sapeva essere davvero molto fastidioso e il tono con cui diceva determinate cose mi faceva davvero perdere la pazienza, ed ero più che sicuro di averne abbastanza, magari anche troppa.
 

Cercavo di ignorarlo quando in radio passavano le sue canzoni preferite e lui cantava a squarciagola, mischiando parole e andando fuori tempo, beh poteva anche essere divertente all'inizio ma dopo un po' iniziavo a stancarmi di sentirlo.
 

Poi abbassò il volume, e dal silenzio che si era creato capii che dovevo voltarmi e vedere cosa gli fosse preso così all'improvviso. Un po' intimorito voltai il capo lentamente vedendo Brendon che mi guardava con un sorrisetto compiaciuto stampato sopra il volto, sapevo che aveva un'idea al dir poco diabolica e non ero pronto ad ascoltarlo. Quindi mi voltai di nuovo verso la finestra.
 

«Stasera verrai con me ad un bel locale poco lontano, è una serata tranquilla quindi non pensare che accadrà come nei film americani in cui la mattina dopo ti esce l'alcol persino dalle orecchie.»
 

Cercai di non ridere per il modo buffo in cui aveva concluso quella frase e scossi la testa subito dopo, rifiutando immediatamente quell'invito, anche se sembrava di più una presa di posizione.
 

E di certo lo sapeva anche Brendon che avrei rifiutato senza neanche pensarci, quindi tirò fuori una carta nascosta che dall'inizio aveva in mente di usare.
 

«Credo che il tuo Luke sia lì.»
 

Mi voltai immediatamente verso di lui con sguardo interrogativo, volevo sapere di più e per quale motivo avesse tirato fuori l'argomento riguardo Luke, visto che non era decisamente il caso. Prima che potessi dire altro però notai nel suo volto un'espressione diversa dal solito.
 

Tuttavia, io avevo bisogno di andare avanti, iniziare una nuova vita daccapo e c'erano buone possibilità che lui non ne avrebbe fatto parte. Quindi ancora una volta rinunciai. Anche se io volevo andarci.
 

«Non mi interessa più di lui.»
 

Dissi più a me stesso che a Brendon, che immediatamente lo sentii ridacchiare, forse per la stupidaggine che avevo appena detto, beh era chiaramente un paradosso poiché mi stavo disperando dietro Luke.
 

«Ti preparerò io per questa sera, vedrai quante persone verranno a chiederti il numero di cellulare e gli darai il mio, ovviamente non è un metodo per sfruttarti, ti sto aiutando!»
 

Non ero del tutto convinto, ma, sdrammatizzando in quel modo, Brendon aveva fatto apparire sul mio volto un sorriso, però ero anche preoccupato per il modo in cui mi avrebbe vestito. Cercai di non pensarci e provai a fidarmi di lui.
 

==

Non ero più abituato ad ascoltare della musica a tutto volume in un luogo chiuso, anzi, non mi era mai piaciuto.
 

E in questo luogo c'era davvero troppa musica, di vario genere per fortuna, almeno qualche canzone era abbastanza gradita.
 

Non sapevo bene in cosa consisteva quella serata: dei giovani presentavano dei loro singoli alla ricerca di pubblico, inoltre Brendon mi aveva detto che quello era il posto migliore in cui un manager poteva scovare dei talenti, che strani eventi riuscivano ad inventare.
 

Tuttavia cercavo ancora di comprendere il motivo per cui avevo accettato a venire in questo posto se la musica non è esattamente la cosa che mi piace di più, magari avrei trovato risposta più avanti, visto che c'era qualcosa che mi aveva convinto.
 

Cercai di concentrarmi su altro e non ai commenti di alcuni uomini riguardo le doti canore di ogni singola persona che saliva su quel piccolo palcoscenico e si esibiva, stavo provando in tutti i modi di pensare ad altro come era mio solito fare, avevo acquisito una certa abilità nell'immergermi totalmente nei miei pensieri, facendomi così scordare di tutto quel che c'era attorno a me.
 

Questa sera però, non ero in grado di farlo. Non perché ci fosse molto rumore, o perché Brendon cercava di mettermi in mezzo a dei discorsi che stava allegramente affrontando con alcuni amici. Qualcosa mi diceva di restare concentrato e osservare tutto quel che accadeva attorno a me, nonostante non me ne importava nulla.
 

In compenso però, avrei potuto rinfacciare a Brendon il fatto che Luke non si trovasse dove pensava lui, questo era un altro punto da risolvere: perché pensava si trovasse qui?
 

Avrei potuto pensarci per tutta la serata e magari non avere risposta, quindi tanto vale non farlo per nulla e provare a rubare qualche informazione dal diretto interessato, infatti era proprio quello che avevo intenzione di fare se solo non avessi visto con la coda dell'occhio qualcosa, meglio dire qualcuno, che conoscevo fin troppo bene.
 

Pensai per un attimo di avere le allucinazioni, perché Luke non poteva davvero essere nello stesso luogo in cui mi trovavo anche io, ma ero più che sicuro che quella sagoma apparsa e scomparsa chissà dove fosse proprio lui.
Naturalmente, il locale era molto affollato e non riuscii a localizzarlo di nuovo con lo sguardo, ma se davvero si trovava lì, lo avrei cercato fin quando non me lo sarei ritrovato davanti, in carne ed ossa.

 

«Uhm Brendon? Sai dov'è il bagno?»
 

Chiesi dopo essermi schiarito la gola mentre mi voltavo verso di lui per poter ottenere la sua attenzione, in tutta risposta inarcò un sopracciglio e il sorriso che era solito ad avere stampato sul viso scomparve.
 

«Ashton, se tra cinque minuti esatti non sei di nuovo seduto su questa sedia giuro sulla mia carriera che con me hai chiuso ogni rapporto.»
 

Ridacchiai per la spiccata ironia che proprio non riusciva a non essere in ogni sua frase, a prescindere dalla situazione, anche se quella suonava come una vera e propria minaccia, ma per sua fortuna non avevo intenzione di scappare, solo perché non sapevo tornare a casa.
 

«Per quanto questa proposta sia allettante, tra meno di cinque minuti sarò di nuovo seduto su questa sedia.»
 

Dopo avermi rivolto un altro sguardo di avvertimento finalmente mi indicò il bagno, ero stato piuttosto stupido a non leggere la scritta verde fluo parecchio evidente, infatti mi presi in giro da solo, probabilmente anche Brendon aveva fatto la stessa cosa senza però farmelo notare.
 

Pensai fosse difficile arrivare al bagno vista la grande quantità di gente che ostacolava il passaggio, invece si rivelò più facile del previsto, non serviva neanche chiedere il permesso, allora esistevano ancora persone gentili, pensavo si fossero estinte parecchi anni fa.
 

Dire che il bagno non era uno dei più puliti forse era un po' riduttivo, ma non mi aspettavo niente di più o niente di meno, era un luogo pubblico ed io dovevo solo sciacquarmi il viso, quindi non avrei avuto la bellissima esperienza di fare una gita in quel luogo dall'odore sgradevole.
 

Dopo aver letteralmente infilato il viso sotto il leggero getto di acqua tiepida mi sentivo meglio, anche se era una cosa apparente. Neanche due secondi dopo sentii la porta aprirsi ma ero davvero troppo impegnato ad asciugarmi il volto con un fazzoletto per prestare attenzione a qualche sconosciuto.
 

Però, ancora una volta, fui distratto dalla voce della persona appena entrata nella stanza, che era familiare e nel suo tono erano racchiuse emozioni di vario tipo, dalla confusione alla felicità, e dire che anche io ero al dir poco incredulo era restrittivo.
 

Con una lentezza quasi disumana mi voltai per accertarmi che non fossi realmente impazzito, ma quando finalmente incontrai un paio di occhi azzurri dimenticai di tutti i mesi in cui avevo aspettato invano, perché alla fine ero riuscito a ritrovare il mio Luke.
 

Mi salutò nuovamente con un sorriso, mentre io ero ancora immobile con un fazzoletto bagnato in mano e il viso umido, per non parlare dei capelli altrettanto bagnati davanti gli occhi.
 

Poi si avvicinò, restando davanti a me per qualche secondo prima di allungare una mano verso i miei capelli e prese un pezzetto di carta che era rimasto incastrato tra di essi probabilmente mentre mi asciugavo il volto.
 

Notai che era diventato quasi più alto di me, non aveva più i capelli piatti sopra la fronte e aveva un piercing nero sotto il labbro inferiore, era cambiato parecchio ma per me era sempre lo stesso, anzi, speravo fosse lo stesso.
 

Ricordando quello che questa mattina avevo pensato accuratamente, mi allontanai da lui, guardandolo con un sopracciglio inarcato e cercando di essere il più scocciato possibile da quella situazione. Notando la mia reazione anche lui fece un paio di passi indietro, rivolgendomi uno sguardo altrettanto confuso.
 

«Perdonami, pensavo fossi un mio amico.»
 

Fu tutto quello che disse, ma non si voltò, anzi, restò a guardarmi a debita distanza. Pensai a quello che potevo dire per salvarmi da quella situazione quasi soffocante, ma non mi veniva in mente nulla di concreto, così lasciai scivolare fuori dalle mie labbra la prima parola che mi venne in mente.
 

«Luke?»
 

Apparve di nuovo un sorriso sopra il suo volto mentre annuiva con vigore alla mia domanda di cui sapevo già la risposta, mi morsi il labbro inferiore mentre guardavo verso le mie scarpe, se avevo voglia di parlare con lui ora avevo cambiato idea e volevo tornarmene da Brendon.
 

«Come stai? È da un po' che non ti vedo.»
 

Sospirai mentre cercavo di non dire cose affrettate che potessero farlo ulteriormente allontanare da me, ma in quel momento non riuscivo a non dirgli come stavano realmente le cose, non ora che lo avevo finalmente davanti e poteva ascoltarmi, quale occasione migliore di questa?
 

«Ti interessa davvero? Perché non credo di essere io quello che è scomparso da un giorno all'altro senza dire nulla.»
 

Smisi di parlare per evitare di dire qualcosa di cui me ne sarei pentito, ma non avrei lasciato che inventasse qualche solita scusa, così ripresi il discorso senza dargli il tempo di dire quel che voleva.
 

«E sai quante volte mi sono chiesto per quale assurdo motivo io sia rimasto ad aspettarti sapendo che non saresti tornato?»
 

L'istante dopo la porta del bagno si aprì di nuovo, rivelando questa volta un Brendon preoccupato. Passai accanto a Luke velocemente dirigendomi con altrettanta velocità fuori dalla stanza, fumante di rabbia.
 

Forse non dovevo incontrarlo, ma non potevo prevedere una cosa del genere, e anche se lo avessi saputo in anticipo avrei fatto la stessa identica cosa.
Dietro di me Brendon cercava di chiamarmi mentre uscivo dal locale, non avevo intenzione di andare chissà dove ma volevo solo prendere una boccata di aria fresca e sperare che tutto questo fosse un sogno, ma questa volta ero consapevole che le cose non sarebbero andate a mio vantaggio.

 

Brendon mi raggiunse poco dopo, ma restò in silenzio a guardarmi mentre cercavo di dare una risposta a tutte le mie domande, quello di cui non mi ero accorto mentre ero nel bagno con il ragazzino biondo, era della sua chitarra poggiata contro il muro, forse quella mi avrebbe aiutato con lo scoprire molte cose.

==

 
Belli i conflitti interiori!!

Non ho pubblicato alcun aggiornamento 
perché il mio computer è andato e sono
rimasta fuori dal mondo...sigh.

Errori grammaticali sicuramente presenti,
una volta scrissi "famigliare" al posto di
"familiare" e che fail allucinante, mi sono
meravigliata da sola...

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro. ***


Di nuovo nella caffetteria.
 

Stavolta seduto ad uno dei tavolini di legno all'interno, con una tazza di tè davanti ai miei occhi. Osservavo come la nuvola di vapore lasciava dell'oggetto e solo dopo mi accorsi che aveva smesso di farlo, il tempo stava passando in fretta e senza che me ne accorgessi era di nuovo giunta l'ora di chiudere e tornare a "casa".
 

Che poi, quella non la sentivo più casa mia.
 

Costrinsi me stesso a bere almeno metà del tè ormai freddo e mi alzai poco dopo dalla sedia, riponendo la tazzina nel lavandino e osservando come Margaret fosse così affezionata a quel piccolo luogo, oramai era suo da tanti anni e il modo in cui ogni mattina preparava con cura i tavoli mi quasi intrigava.
 

Si schiarii la gola mentre con un sorriso mi invitava ad uscire dalla porta secondaria, le augurai una buona notte prima di fare come mi chiedeva e uscire da lì, scontrandomi subito con l'aria ancora abbastanza fredda nonostante fosse giunta ormai la primavera.
 

Decisi all'improvviso che quella sera non sarei rientrato a casa così presto, non volevo stare più a guardare quelle quattro pareti bianche, mi facevano pensare a Luke. Anche se ogni cosa mi faceva pensare a lui. Beh diciamo che non potevo proprio dimenticarlo neanche volendo.
 

Ma per quanto io volessi provare a distrarmi, finii per fare una semplice passeggiata che non mi aiutava per niente, almeno potevo respirare dell'aria fresca e non essere in compagnia di Brendon, che aveva creato un campeggio abusivo nel mio salotto.
 

Sospirai infilando le mani nelle tasche della felpa grigia che indossavo sedendomi sopra il muretto di mattoni osservando le strade deserte. La cosa positiva del vivere in un piccolo paese è che se vuoi stare tranquillo e per i fatti tuoi ti basta uscire dopo la mezzanotte, ogni tipo di negozio o locale è chiuso e nessuno è in giro. Tranne le persone come me, ovviamente.
 

Tuttavia sapevo che presto Brendon sarebbe venuto a cercarmi, quindi mi allontanai solo per poter trovare un luogo più nascosto, e non ci misi molto a trovarlo. Era buio dato che era un vicolo lontano dalla strada, però c'era una luce che proveniva dall'interno di una casa, ed era sufficiente per farmi capire dove mettere i piedi.
 

Poggiando la mia schiena contro il muro umido di una casa iniziai a pensare a qualsiasi cosa pur di non far tornare la mia mente indietro al ragazzo biondo, quindi per un attimo balenò nei miei pensieri l'idea di tornare dai miei genitori e provare davvero a ricominciare la mia vita.
 

Ma Luke non era l'unica cosa a tenermi legato a quel luogo, oramai avevo la mia routine e l'anziana a cui mi ero affezionato, non mi sentivo in grado di abbandonare tutto, come se la mia presenza fosse indispensabile, anche se di fatto non lo era per nulla.
 

Pensandoci, non era necessario che io rimanessi a dar guaio a delle persone a cui magari non importava niente, però lasciare tutto non era esattamente ciò che volevo. In queste situazioni ero piuttosto indeciso, talmente tanto che alla fine non risolvevo mai nulla, infatti anche questa volta tornai sui miei passi, consapevole di essere rimasto in quel luogo molto tempo, anche grazie al cielo che si stava schiarendo, tuttavia quella sembrava proprio una di quelle giornate piovose in cui la cosa migliore da fare è tornare a casa e restarci fino a quando non si ha la certezza che fuori sia tutto finito.
 

Trovai nelle tasche della felpa dei vecchi pezzi di carta, buttandoli a terra con noncuranza, subito dopo però udii una voce alle mie spalle e mi voltai, sapendo già di chi si trattava.
 

«Non mi importa di quanto tu pensi sia giusto o sbagliato gettare a terra la cartaccia.»
 

«A dire il vero ti ho solo dato il buongiorno...»
 

Avrei voluto aggiungere un "come tutti i giorni appena metto piede fuori dalla mia stanza" ma riuscii a trattenermi poiché non volevo in alcun modo essere scortese con Brendon, che fino ad ora si era rivelato più gentile di quanto non lo fosse all'inizio.
 

Voleva portarmi a casa, ma avevo altri progetti, quindi cercai di convincerlo a lasciarmi in pace per almeno un altro paio di ore, almeno il tempo di far colazione.
 

Ci riuscii solo dopo vari tentativi, sentendomi sollevato e incredibilmente appagato nell'essere di nuovo solo con me stesso, beh più o meno, le strade iniziavano ad essere frequentate a questa ora del mattino, anzi, molto.
 

Optai per tornare da Margaret, che probabilmente già era intenta a preparare il suo piccolo locale, e poi se avesse saputo che fossi andato in un'altra parte non mi avrebbe rivolto più la parola.
 

Però inarcai un sopracciglio alla vista della porta principale solo aperta per metà, con i tavolini già posizionati perfettamente fuori. Con la curiosità ad avere la meglio, entrai nella caffetteria, sentendo un lieve chiacchiericcio. Non avevo dubbi che si sfrattassero di Margaret e, ancora una volta, Brendon.
 

«Inizio davvero a pensare che forse sarebbe meglio per lui chiedere aiuto, non può continuare in questo modo.»
 

Inevitabilmente passai la lingua tra le mie labbra per inumidirle, continuando ad ascoltare quella conversazione che iniziava davvero a rendermi nervoso.
 

«Lascialo fare quel che vuole, non ti ascolterà in ogni caso, è una persona ostinata e se ha in mente qualcosa sarà molto difficile che cambi idea.»
 

Ora sapevo con certezza che stavano parlando di me, dal modo in cui mi ero riconosciuto nelle parole dell'anziana e beh, non potevano non parlare di me se Brendon era così serio.
 

Uscii velocemente dalla porta, ma per sbaglio colpii con la punta della scarpa una sbarra di ferro sottile, che procurò un gran dolore al mio piede ed ero stato colto in flagrante mentre origliavo, ma non era di certo colpa mia se la caffetteria a quell'ora doveva essere aperta.
 

Come se non fosse successo nulla, mi sedetti sopra la sedia di plastica verde all'esterno, poggiando entrambe le braccia sopra il tavolino mentre con i palmi delle mani sorreggevo il mio volto, assonnato per non aver dormito affatto.
 

Sbadigliai non curandomi di coprire la bocca come ogni persona farebbe per sembrare più educata e osservai Brendon uscire dalla caffetteria, non mi rivolse neanche uno sguardo ma ero più che sicuro che mi avesse visto.
 

Cercai di ignorare quel suo gesto, nonostante mi sentissi lievemente ferito dal suo comportamento strano, e restai ancora nella medesima posizione. Poi, ormai stanco di poter solo sentire solo l'odore del caffè e dei cornetti, tornai all'interno del locale, dove ero convinto di dover affrontare una nuova discussione con Margaret.
 

Non fu così, perché mi mise immediatamente sotto il naso una tazzina di tè, con mio grande stupore.
 

«Da oggi niente più caffè, ti fa male.»
 

Sbuffai accettando quella sua improvvisa presa di posizione e andai a sedermi al mio solito tavolino nell'angolo, rifiutando di mettere lo zucchero nel liquido.
 

Con il cucchiaino cominciai a giocare con il limone dentro il tè, nonostante non mi piacesse sapevo che senza di esso la bevanda sarebbe stata davvero troppo insopportabile da bere. Tentai di scacciare il pensiero del caffè che avrei bevuto più volentieri e sorseggiai con cautela quel liquido caldo e aspro, strizzando gli occhi di tanto in tanto.
 

Poi però vidi entrare nella stanza quel familiare ragazzino biondo, e improvvisamente tutta la mia attenzione era sulle zollette di zucchero che non avevo intenzione di usare fino a quel momento. Nonostante cercai di ignorare ogni suo movimento, non mi sfuggii di certo l'occhiata che mi rivolse prima di avvicinarsi al tavolo e sedersi sulla sedia davanti ai miei occhi.
 

Cercare di ignorarlo: piano fallito.
 

«Buongiorno.»
 

Mormorò dopo qualche secondo di silenzio lievemente imbarazzante, avrei tanto voluto ignorarlo e andare via, ma non riuscivo a farlo, quindi borbottai un misero "anche a te" senza incontrare mai il suo sguardo.
 

«Pensavo ti piacesse il caffè, vederti con una tazza di tè mi riesce strano.»
 

Mi morsi con forza l'interno guancia alzando finalmente il viso verso il suo, vedendo così il colore dei suoi occhi piuttosto scuro in quella giornata.
 

«Beh, Lucas, ci sono tante cose che cambiano con il passare del tempo.»
 

Alla mia risposta sembrò quasi zittirsi, forse la mia frecciatina lo aveva colpito in pieno e non potevo più che esserne fiero. Rimasi però sorpreso quando, invece di restare in silenzio, prese nuovamente a parlare.
 

«Non ho mai parlato di cambiamenti.»
 

Rinunciai ad avere una conversazione decente con lui e mi alzai, portando la tazzina da Margaret che mi fermò, indicandomi una scatola di cartone bianca.
 

Avvicinandomi vidi che si trattava di un puzzle, totalmente bianco, in pratica difficile da completare. Proprio quando stavo per prendere parola e domandare a cosa servisse, l'anziana parlò.
 

«Considerala una sfida, cerca di finirlo in una settimana.»
 

«Ed io cosa ci guadagno?»
 

Chiesi aprendo la scatola vedendo quei minuscoli pezzi bianchi e rigidi che sembravano tutti uguali tra loro, forse lo erano, forse no.
 

«Almeno perdi tempo a fare qualcosa di concreto.»
 

Roteai gli occhi prendendo l'oggetto e andando a sedermi di nuovo al mio tavolo, con ancora Luke impegnato a mangiare il suo cornetto, e svuotai la scatola, capendo per la prima volta quanto complessa fosse la cosa, era davvero difficile assemblare quei pezzetti tra loro.
 

«Sembra una cosa divertente.»
 

Mormorai tra me e me con ironia mentre cercavo già di incastrare alcuni pezzi, stavo facendo quasi sicuramente la cosa sbagliata e forse avrei dovuto tornare a casa e riposare, infatti era quello che stavo per fare.
 

Salutando solo Margaret, mi avviai verso casa osservando con aria di sfida quel piccolo rompicapo che tenevo tra le mani, non avrei lasciato che un simile giochetto mi rovinasse l'esistenza, c'era sicuramente un trucco per completarlo e lo avrei trovato, da bravo cocciuto che ero.
 

Tornando però a casa, fui sorpreso nel non vedere alcuna traccia di Brendon, oltre la radio ovviamente, ma sembrava che fossi solo. Avrei potuto dormire e non sentire il suo costante canticchiare, almeno una cosa positiva nella giornata poteva esserci.
 

Allo stesso tempo però, volevo sedermi a tavolino e iniziare quel puzzle.
 

Però mi arresi quando i miei occhi non pensavano la mia stessa cosa, chiudendosi così contro il mio volere. Frustrato, mi diressi in camera, non volendo neanche cambiare i vestiti in qualcosa di più comodo, avevo freddo e non era nelle mie intenzioni spogliarmi ed entrare maggiormente a contatto con l'aria fredda della casa.
 

Quindi mi nascosi tra le coperte, tirandole sopra il naso e mettendomi in una posizione fetale, con il viso rivolto verso il muro, sospirando stanco per la nottata passata in bianco. Mi stavo letteralmente lasciando andare, non solo per quanto riguarda il sonno.
 

==

 

Nothing left to say.

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque. ***


Lots of skip time. (****)

 

Per l'ennesima volta mi alzai di scatto dalla sedia mentre cercavo di darmi una calmata e non perdere la pazienza a causa di quel miserabile puzzle immacolato, mi stava dando del filo da torcere. 
 

In mezza giornata ero riuscito a mettere insieme soltanto una piccola parte dei pezzi, e neanche ero certo fossero giusti, tutti erano intagliati quasi nello stesso modo.
 

Decidendomi di prendere una pausa, mi diressi verso il divano dove mi sedetti e nascosi il viso tra i palmi delle mani leggermente sudaticci, chiudendo gli occhi e beandomi del silenzio che avvolgeva quella casa da giorni.
 

Era rilassante il suono del nulla, soprattutto se svuotavi la mente e non pensavi.
 

Tuttavia, non ero quel tipo di persona, e mi ritrovai a pensare a cosa stavo realmente facendo: ero stato ad aspettare Luke per mesi, ed ora che avevo l'opportunità di vederlo e parlargli come desideravo, non volevo più farlo.
 

Non sapevo cosa mi stesse succedendo, ero nuovamente diviso a metà, una parte di me voleva sovrastare l'altra, era una continua lotta scegliere quel che era giusto o no, fino ad ora le mie scelte si erano rivelate sempre sbagliate quindi perché per una volta non provare ad azzardare?
 

Peggio di così non poteva di certo finire.
 

Quindi presi coraggio e mi lasciai alle spalle l'appartamento spoglio, deciso a non rientrare fin quando non avrei dato risposta a molte delle mie domande, anche se già mi immaginavo due ore più tardi di nuovo seduto sopra il mio letto.
 

Mi bloccai però quasi a metà strada, pensando a cosa stessi realmente facendo. In effetti, dove diamine stavo andando così di fretta? Alla caffetteria? Per fare cosa?
 

Che uomo egoista stavo diventando ultimamente, facendo scivolare via dalle mie mani ogni cosa che ero riuscito a costruirmi negli ultimi tempi: la mia quasi amicizia con Brendon, di cui non avevo notizie da un po', lo splendido legame che si era creato tra me e Margaret anche stava pian piano scemando.
 

Come potevo biasimarla? Un giorno ero con lei, magari altri quattro no, chi vorrebbe una cosa del genere? Indipendentemente dalla persona di cui si sta parlando, ogni essere umano ha bisogno di qualcosa di stabile nella vita, ed io ero più che certo di non esserlo.
 

Se c'era qualcosa che riusciva a darmi conforto, era il fatto che ormai, quel che provavo per Luke, stava diventando chiaro.
 

Era stata soltanto una cosa passeggera, la classica stupidaggine che ti fa aprire gli occhi e ti permette di andare avanti e assicurarti di non commettere più quel determinato errore.
 

Ma non sapevo ancora il motivo per cui fosse sparito per così tanto tempo, forse era questo punto interrogativo a trattenermi, che mi faceva in qualche modo pensare di essere legato a lui in qualche modo.
 

Quindi, dove stavo andando così di fretta?
 

Non ci pensai più di tanto, e lasciai prendere alla mia solita routine le redini, ritrovandomi inevitabilmente, una mezz'ora dopo, a ridere per uno strano incidente che quella mattina era successo a Margaret, mentre quest'ultima cercava di riordinare alcuni pacchetti di fazzoletti.
 

«Quindi, hai intenzione di provare a sistemare le cose con il biondino o no?»
 

Arricciai le labbra pensando alla possibile risposta, anche se la sapevo già.
 

«Sì, di solito quando è qui?»
 

Giurai di vedere un sorrisetto sghembo sul viso della signora appena le feci quella domanda, ma cercai di ignorarlo.
 

«In tarda sera, anche se a volte viene di mattina a prendere delle brioche.»
 

Scrollai le spalle e mi offrii di aiutarla nel pulire il locale, tanto per sdebitarmi in qualche modo e non farla affaticare per nulla, a volte mi chiedevo se da qualche parte avesse dei parenti, anche se lei mi aveva sempre detto di no, ero sicuro che ci fosse qualcuno di cui non voleva si sapesse nulla.
 

Suo marito era stato investito circa venti anni prima, vivevano assieme in una grande città e da quel giorno si era ripromessa di non mettere più piede in una metropoli, quindi ora di ritrovava a gestire sola quella caffetteria, potevo sembrare egoista a pensare una cosa del genere, ma il modo quasi casuale in cui erano avvenuti quei fatti mi aveva permesso di incontrare Luke.
 

«Ashton?»
 

Nuovamente interruppe i miei pensieri con un tono di voce quasi preoccupato, evidentemente stavo fissando un punto indefinito e voleva accertarsi che fossi ancora in me.
 

«Anche lui mi ha chiesto la tua stessa domanda.»
 

«E cosa gli hai risposto?»
 

Senza neanche rispondermi mi diede le spalle e tornò a sistemare le tazzine di caffè nelle loro rispettive credenze, ora mi aveva incuriosito e non poteva di certo passarla liscia in quel modo, quindi per il resto della giornata cercai di convincerla a darmi una risposta valida, però non ci riuscii.
 

****
 

«Indovina chi è tornato solo per migliorarti le tue monotone giornate?»
 

Sobbalzai dal divano voltandomi spaventato verso la porta di casa che era stata spalancata all'improvviso da una mano, guardai terrificato verso l'uomo, che si rivelò essere niente di meno che Brendon, e per un attimo fui felice di vedere che fosse lui, mentre il secondo dopo gli stavo quasi urlando contro una serie indefinita di parolacce.
 

«È questo il modo in cui accogli i tuoi amici? Neanche un abbraccio o un "come stai?"»
 

Avevo ancora le mani leggermente tremolanti per lo spavento e mi resi conto di star stringendo il cuscino, quindi lo lasciai andare e presi un grosso respiro.
 

«Dove sei stato?»
 

«Ho un lavoro da mantenere io!» 
 

Disse quasi orgoglioso mentre poggiava le chiavi della macchina sopra il tavolino basso vicino la sua adorata radio, poi si sedette accanto a me con confidenza e accavallò le gambe.
 

«E per farmi perdonare ti ho portato degli Smarties, spero non ti piacciano così posso mangiarli io.»
 

Ridacchiai e afferrai il pacchetto colorato che stava tirando fuori dalla tasca del suo giubbotto lasciando poi uscire quei buonissimi confettini sul palmo della sua mano, nel frattempo avevo già iniziato a mangiarli.
 

«E il puzzle è stata una mia idea, spero ti stia dando da fare per completarlo o me lo riprendo subito.»
 

«Ci sto lavorando, anche se mi sta facendo impazzire, non potevi avere un'idea migliore?»

 

****

 

Mormorai un "buongiorno" appena entrai nella caffetteria con ancora le luci spente, a volte mi chiedevo il motivo per cui dovevo sempre arrivare in anticipo in ogni parte, insomma, se avessi aspettato un'altra mezz'ora non sarebbe di certo stata la fine del mondo!
 

Ma usavo la scusa di aiutare Margaret, quindi non mi curavo di cercare una nuova risposta, avrei impiegato troppo tempo e non ne avevo voglia.
 

Tra l'altro, neanche potevo dire di lavorare assieme a lei, perché non era affatto vero, c'era una strana situazione tra noi due.

 

Pagai i giornali che avevano appena portato e li poggiai sopra il solito tavolo vicino la porta principale, in modo che fossero bene in vista e chiunque avesse voglia di leggerli avrebbe potuto farlo, dopo portai due scatoloni bianchi piuttosto pesanti nel piccolo "magazzino" e tirai fuori i nuovi pacchetti di zucchero e caffè. Che gentiluomo.
 

«Sto prendendo in considerazione l'idea di darti la paghetta settimanale.» 
 

Disse poco dopo la donna con chiara ironia nella sua voce, aveva le braccia incrociate al petto ed era poggiata con la schiena contro il muro opaco, mentre osservava ogni mio movimento quasi divertita.
 

Scrollai le spalle guardando nel forno dove stavano cuocendo i cornetti e nuovamente mi voltai verso di lei, con un sorriso furbo.
 

«Mi accontento di uno di loro.»
 

Andai fuori subito dopo, sedendomi a terra con le gambe incrociate e la testa poggiata contro il muro, chiudendo gli occhi e beandomi dei raggi del sole caldi di quella mattinata, non era tanto male stare in quel modo, se si ignoravano i clienti della caffetteria che ti passavano davanti in continuazione, bisbigliando.
 

D'altronde, mi conoscevano tutti in quella zona, non dovevano meravigliarsi tanto nel vedermi di nuovo in quel modo.
 

Non sapevo per quanto tempo rimasi seduto a terra, ma appena un'ombra coprì i raggi del sole aprii un occhio per capire chi si fosse fermato davanti a me, e chi poteva essere se non Luke?
 

«Lucertola.»
 

Mi disse poi con un sorriso stampato sul volto, mi portai una mano sopra la fronte per poter vederlo meglio mentre si era allontanato leggermente, facendo così tornare i raggi del sole contro il mio viso.
 

Aveva i capelli nascosti sotto un beanie grigio ma da quel che riuscivo a vedere, erano piuttosto scompigliati, e non potevo negare che la camicia azzurra gli calzasse a meraviglia, in parte perché quello era il mio colore preferito, ma anche perché mi ricordavano i suoi occhi, quasi sempre pieni di luce.
 

Mi porse una mano che accettai volentieri e mi alzai, stando attento a non affidarmi troppo alla sua presa che sembrava davvero fragile, anche se ero più che consapevole di sbagliarmi.
 

Con il passare del tempo poi, era anche diventato più alto, aveva quasi raggiunto la mia altezza e ci portavano ben quattro anni di differenza, anche se la sua corporatura rimaneva molto esile rispetto alla mia.
 

«Cosa hai da fare oggi?»
 

Domandò dopo qualche minuto di silenzio piacevole, in cui ci eravamo scambiati una serie di occhiate.
 

«Nulla, suppongo.»
 

«Allora vieni con me?»
 

Aggrottai la fronte alla sua proposta insolita, poi il mio sguardo si posò sulla chitarra che teneva saldamente dietro la schiena e allora la mia curiosità prese il sopravvento, volevo saperne di più. Quindi annuii e aspettai che mangiasse la sua brioche prima di incamminarsi chissà dove, mentre io al suo fianco lo osservavo con la coda dell'occhio, notando come sprizzasse energia da tutti i pori.
 

Non sapevo dove stesse andando, ma non avevo intenzione di proferir parola, lo avrei semplicemente seguito, anche se dopo un po' mi ero davvero stancato. Non di camminare, ma di non riuscire ad avere una conversazione con lui.
 

Proprio quando stavo per chiedergli quanto mancasse, si fermò vicino ad una panchina di ferro arrugginita, poco prima di sedersi e mettere la chitarra sopra le gambe.
 

Vedendo la mia espressione chiaramente piena di confusione, si affrettò a chiarire la situazione.
 

«Qualche giorno fa sono venuto qui per fare un po' di pratica e stare da solo, ma a quanto pare ho sbagliato posto perché beh, siamo vicino alla stazione dei treni, quindi c'è parecchia gente.»
 

Annuii invitandolo a continuare a parlare, mentre mi ero seduto accanto a lui e gli stavo prestando la mia più totale attenzione.
 

«E ho notato che molte persone restano qui per anche un'ora pur di prendere il treno ed arrivare chissà dove, quindi ho pensato: cosa fanno per passare il tempo?»
 

Si guardò poi attorno, la sua azione mi fece fare lo stesso, ed osservai come in effetti molta gente non stesse facendo un bel niente.
 

«Allora ho iniziato a strimpellare qualche nota alla chitarra, e ho notato come il loro umore si trasformasse, sembravano più tranquilli e il tempo passava più in fretta, qualcuno mi passa accanto e mi augura una buona giornata, altri riconoscono la canzone che sto suonano e iniziano a canticchiarla, mi piace pensare di essere il motivo per il quale la giornata di qualcuno sia migliorata.»
 

Restai in silenzio ad ascoltare ogni sua singola parola con un'interesse che mai avrei pensato di provare, non potevo fare a meno di essere d'accordo con quello che aveva appena detto, con così tanta sincerità poi.
 

«Quello che ho appena detto, potrebbe avere un senso o sono solo un cumulo di futili parole?»
 

Chiese poi con un filo di voce, come se temesse di non essere capito.
Mi alzai e restai davanti ai suoi occhi, mostrandogli un sorrisetto comprensivo, cercando di evitare i suoi occhi che in quel momento mi avrebbero reso più debole di quel che già ero in quel momento.

 

«Ti conviene iniziare, non vorrai farle aspettare troppo.»
 

Stavo per girarmi e andare a sedermi in una delle panchine libere poco lontane, avevo davvero tanta voglia di vedere il modo in cui Luke facesse ciò, come si impegnasse a rendere felice qualcuno.
Però, riuscì a prendere la mia mano, così fui costretto a voltarmi per capire cosa altro volesse.

 

«Però, uhm, tu puoi restarmi vicino? Sempre se vuoi ovviamente, perché non c'è alcun problema se vuoi tornare a casa, ma sì insomma, mi farebbe piacere se restass-»
 

Interruppi il suo parlare continuo con un "va bene" e mi rivolse un sorriso grato, così ancora una volta mi sedetti accanto a lui, che ancora non aveva lasciato andare la mia mano, ma non avevo intenzione di dirglielo, se ne sarebbe accorto presto in ogni caso.
 

E infatti fu così, arrossì terribilmente poggiando la mano sopra le corde della chitarra mentre cercava di far finta di nulla.
 

Mentre aveva preso a suonare e qualche volta cantare, in quel momento, capii che quella non era una cosa passeggera, non c'era modo di sfuggire a quella situazione che ora stava diventando quasi piacevole.
 

Pensai di essermi innamorato della sua voce, dei suoi continui sorrisi tra i vari "buona giornata" che i passanti gli auguravano con frequenza, il modo leggero con lui le sue dita pallide sfioravano le corde della chitarra mi facevano rilassare e non potevo chiedere di meglio, quel giorno.
 

Come se non bastasse, di tanto in tanto, mentre cercava di sistemare l'oggetto, poggiava "accidentalmente" la sua gamba sopra la mia, era strano quel contatto, ma ero anche felice di averlo più vicino.
 

Terminò tutto però, quando iniziò a calare il sole, per quanto volessi continuare a trascorrere tutto il tempo possibile con Luke, sapevo che ben presto ognuno avrebbe preso la propria strada, e da persona poco fiduciosa, non sapevo se lo avrei rivisto domani, proprio come l'ultima volta, sarebbe potuto sparire nel nulla.
 

«Domani torneresti qui con me?»
 

Ed ogni mio dubbio sparì.
Incontrai il suo sguardo speranzoso, e sapevo con certezza che non avrei mai potuto dirgli di no.

 

«Sì.»
 

Con questo, ci incamminammo di nuovo verso la caffetteria, stavolta però fui io a portare la chitarra di Luke perché non volevo farlo stancare troppo, anzi, per niente. Finimmo però per fermarci svariate volte per i suoi capricci, voleva mangiare le patatine e dopo averne mangiate due, aveva improvvisamente voglia di cioccolata calda, quindi non mi meravigliai quando vidi le luci della caffetteria spente, era piuttosto tardi.
 

Sentii quasi un vuoto quando salutai Luke e gli diedi le spalle per poter prendere la strada di casa, dalla parte perfettamente opposta. Ma non c'era da preoccuparsi perché domani, ancora una volta, mi avrebbe incontrato allo stesso punto.

 

==

 

Mancano solo tre capitoli
prima dell'epilogo e boh, prima
di pubblicarli devo rivederli
perché sono assolutamente sicura
di aver combinato un pasticcio..

Anyway, questo capitolo è
stato...strano da scrivere,  ho
provato ad essere sentimentale
ma nulla, si intende chiaramente
che  non lo sono.


 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sei. ***


;)))

Me ne stavo seduto ad ascoltare e a guardare Luke mentre suonava la sua chitarra, quella oramai era diventata una routine, andare in stazione e "rallegrare" le persone del luogo.
 

Per quanto potesse sembrare noioso stare ore ed ore a non fare altro che rimanere seduto, ero estremamente affascinato da quel ragazzo biondo.
 

Inoltre, le cose tra noi due si erano quasi del tutto stabilizzate, anche se cercavo ancora la risposta alla domanda che mi tormentava più di tutte: perché era andato via.
 

Non volevo però domandarglielo direttamente, sapevo che me lo avrebbe detto, prima o poi, anche se per i miei gusti ci stava impiegando decisamente troppo tempo.
 

Inoltre, non sapevo come comportarmi o cosa dire quando Luke mi mostrava affetto, cosa piuttosto frequente ultimamente.
 

Spesso afferrava la mia mano e neanche sembrava accorgersi di averlo fatto, fin quando per un motivo o per l'altro non lo notava, poi sarebbe arrossito come al solito e avrebbe finito per ignorare la cosa.
 

Inizialmente potevo ritenermi offeso dai suoi gesti strani, ma ora avevo capito che aveva bisogno di tempo.
 

Per questo motivo non chiedevo alcun tipo di spiegazione, anche se avrei voluto sapere cosa gli passasse per la mente.
 

«Andiamo a mangiare qualcosa? Inizio ad avere fame!»
 

Non lo biasimavo per nulla, anche io stavo morendo di fame. 
Annuii ma non mi mossi di un millimetro, in parte perché stavo aspettando che lo facesse prima lui, dall'altra perché, beh, mi era completamente sdraiato contro e se mi fossi alzato avrebbe perso il suo equilibrio.

 

«Bene, andiamo!»
 

Ma restò fermo.
 

Aggrottai la fronte divertito dalla situazione e appena sentii il mio stomaco brontolare, mi decisi finalmente ad alzarmi, con grande disapprovazione di Luke, oserei dire.
 

Presi la sua chitarra, in modo che potesse anche lui alzarsi dalla panchina, ben presto capii che non l'avrebbe ripresa, quindi richiamai la sua attenzione con un colpo di tosse, si voltò verso di me con un sorriso e immediatamente gli indicai l'oggetto.
 

«Oh andiamo, non riesco a portarla..»
 

Borbottai parole a caso sistemandola così sopra le spalle, potrei essere sicuro che quello fosse un modo alternativo per dirmi che nella sua vita ero indispensabile per portare lo strumento.
 

«Anche oggi mangiamo schifezze?»
 

Chiese il biondo sembrando visibilmente indeciso se prendere le solite patatine al bar o aspettare che aprisse la pizzeria per poter prendere altro.
 

«Schifezze, non ho ancora assaggiato ogni tipo di patatine.»
 

La risatina che sfuggì dalle sue labbra un secondo dopo fece apparire sul mio volto un sorriso, provavo una grande gioia nel sentire quel suono così genuino.
 

Dopo sentii la sua mano stringermi il braccio, e ben presto era completamente avvinghiato a me, con la fronte poggiata contro la mia spalla. Molto spesso mi mostrava quei suoi gesti improvvisi d'affetto.
 

Però, mentre eravamo lì fermi, il suono di un clacson ci fece sobbalzare entrambi. Spostai lo sguardo verso la strada, e non vidi nientemeno che Brendon nella sua auto con il finestrino aperto che ci salutava con la mano.
 

«O possiamo andare con Brendon che probabilmente sta andando giù in città.»
 

Suggerì poi Lucas, con un cenno della testa acconsentii e mentre ci avvicinavamo all'auto, mi venne un dubbio che mi fece fermare a metà strada.
 

«Conoscevi già Brendon.»
 

A questo punto Luke si girò verso di me con uno sguardo interrogativo, fermandosi.
 

«È una domanda?»
 

«No, Brendon lo conoscevi già.»
 

Dopodiché sospirò passandosi una mano tra i capelli, scansando i ciuffi biondi che gli ricadevano malamente sopra la fronte, arrivando quasi ai suoi occhi.
 

Stava per parlare ma nuovamente Brendon suonò il clacson e lo interruppe, facendolo così sobbalzare e voltarsi verso l'uomo nell'auto.
 

«Te lo spiego in macchina, va bene?»
 

Scossi la testa, volevo saperlo in quel preciso istante e a giudicare da come mi guardava il biondo non avrebbe parlato.
 

«Ashton, ti muovi? Devo fare una cosa importante per il lavoro!»
 

Rivolsi uno sguardo a Brendon e ripensai al suo lavoro, inevitabilmente nella mia mente apparvero una serie di pensieri che potevano essere il motivo per cui Luke era andato via.
 

«Andate voi, io torno da Margaret.»
 

Tolsi la chitarra dalle mie spalle dandola nuovamente a Luke, che mi stava guardando confuso ma anche un po' intristito.
 

Prese lo strumento con un po' troppa fatica e mi allontanai dall'auto, ignorando Brendon che mi stava chiamando.
 

Forse avevo capito il motivo per cui Luke se ne era andato, ma se avevo ragione non c'era alcun motivo di dover nascondere la verità.

 

==

 

«Quindi tu credi che sia questo il motivo per cui il tuo ragazzo conosceva già Brendon?»
 

Fu l'ennesima domanda di Margaret dopo averle spiegato quel che pensavo, era inutile inoltre farle capire che Luke non era il mio ragazzo, quindi oramai non la correggevo più.
 

«Sì, potrebbe avere senso?»
 

Annuì con enfasi mentre serviva un signore piuttosto anziano, era instancabile quella donna, nonostante avesse una certa età.
 

Quando anche l'ultimo cliente pagò e andò via, la signora mi guardò con un sorriso furbo, sapevo che stava per chiedermi qualcosa di scomodo.
 

«Quindi state insieme?»
 

Scossi la testa.
 

«Non vi siete ancora baciati?»
 

«No!»
 

Risposi in fretta guardandola per la prima volta negli occhi scuri.
 

«Quel no sta per "no, ci siamo baciati" oppure-»
 

«Significa no.»
 

Detto ciò sbuffò e tornò a lavare i piatti, alzando il volume della radio e canticchiando una canzone che in quel momento stavano trasmettendo.
 

Mi accorsi dopo di Brendon che stava entrando nella caffetteria, anzi, lo vidi soltanto quando poggiò una mano sopra la mia spalla.
 

Alzai lo sguardo verso di lui con un sopracciglio inarcato, chiedendogli cosa volesse.
 

«Il tuo ragazzo sembrava giù di morale oggi, insomma, gli ho fatto conoscere un chitarrista famosissimo e non lo ha neanche guardato in faccia! Inoltre penso di aver intercettato un po' di flirt, cercava di farlo parlare e-»
 

Smisi di ascoltarlo dopo aver udito la parola "flirt", nessuno, neanche un chitarrista ultra miliardario poteva flirtare con il mio Luke.
 

«Quello con i capelli verdi che incontrammo già?»
 

«Ora li ha rossi i capelli, comunque sì, è lui. Ti conviene stare attento perché ti darà del filo da torcere.»
 

Sbuffai irritato e proprio quando stavo per controbattere molto freddamente la voce di Margaret impedì che ciò accadesse.
 

«Non ti preoccupare, il biondino ha occhi e cuore solo per il nostro Ashton. Hai visto come cerca sempre di stargli vicino?»
 

Sia Margaret che Brendon si sedettero poi al mio stesso tavolino, uno difronte all'altro. Il moro teneva la mano stretta in un pugno sotto il mento, tenendo così la testa in alto, la signora invece teneva le braccia incrociate al petto.
 

Iniziai a mangiucchiarmi le unghie già corte, non sopportando il silenzio che si era creato.
 

Dopo si diffuse nella stanza il suono di un messaggio, chiaramente proveniente dal cellulare di Brendon, e infatti poco dopo rivolse l'attenzione a me.
 

«È Luke, chiede se sto con te.»
 

Mi disse poi con un ghigno e subito dopo una luce era diretta verso di me, riconobbi subito il flash del cellulare e mi coprii gli occhi con una mano. Dopo qualche secondo capii anche che non era una foto quella che stava facendo.
 

«Che stai facendo?»
 

Sbottai irritato dalla luce e cercai di prendere l'aggeggio dalle mani del moro, che purtroppo per me si allontanò.
 

«È un video, andiamo Ashton, sorridi un po'!»
 

Smisi di inseguire il cellulare e sorrisi leggermente, senza davvero avere voglia di farlo e senza neanche far intravedere i denti.
 

Finalmente il flash scomparve, quindi aveva smesso di riprendere, questo significava che potevo vedere di nuovo.
 

«Perché mi hai fatto un video?»
 

Chiesi dopo un po', vedevo Brendon scrivere qualcosa al cellulare e non capivo cosa stesse facendo.
 

«Perché Luke mi ha chiesto cosa stessi facendo.»
 

«E giustamente hai deciso di farmi un video!»
 

Andai di nuovo a sedermi al mio posto accanto a Margaret, picchiettai sul legno del tavolino e ricordai di dover dire alcune cose a Brendon riguardanti Luke, lui sapeva qualcosa.
 

Volevo che fosse il ragazzo biondo a dirmelo, quindi decisi di fare qualche domanda a Brendon, sperando che mi rispondesse.
 

Aspettai pazientemente, fin quando non si sedette nuovamente e mi schiarii la gola, parlando casualmente.
 

«Potevi anche dirmelo. Che conoscevi già Luke intendo.»
 

Alzò lo sguardo verso do me e capii che non si aspettava una domanda del genere, ma con mia grande sorpresa mi rispose.
 

«Ascolta, se potessi dirti tutto lo farei, ma penso sia meglio che Luke lo faccia al posto mio, anche perché è la sua storia e non la mia.»
 

A questo ci ero già arrivato.
 

Quella sera tornai a casa prima del previsto, non feci alcuna passeggiata notturna e appena entrai nel salotto vidi immediatamente il puzzle bianco sopra il tavolo.
 

Gli lanciai un'occhiata di sfida e trascorsi tutta la notte a cercare di completarlo, negli ultimi giorni avevo trascurato parecchio quel giochino, ma quando non avevo nulla da fare mi piaceva cercare di completarlo.
 

Mi accorsi che era un po' come la mia vita: difficile provare a trovare i pezzi giusti e incastrarli con gli altri, forse era per questo che Brendon mi aveva imposto di farmelo completare.

 

==

Quando il mattino successivo Brendon bussò alla mia porta dicendomi di sistemare la casa, non capii il motivo per cui dovessi farlo.
Ma dopo disse che stava venendo Luke, e andai in panico.

 

«Come puoi aver invitato Luke nel mio appartamento!»
 

Dissi ad alta voce mentre sistemavo il divano disordinato e Brendon spruzzava il deodorante per ambienti nelle stanze, un verso di disgusto lasciò le sue labbra una volta entrato nella cucina.
 

«Ma chi diamine cucina e non lava i piatti?»
 

«Tu hai cucinato l'ultima volta, cinque giorni fa!»
 

Ribattei alzando gli occhi verso il soffitto, controllai che ogni cosa fosse a posto e per qualche strano motivo vedere Brendon lavare con disgusto i piatti mi faceva ridere più del dovuto. 
 

Aprii la porta di casa per vedere se avesse qualche ammaccatura causata dai calci del moro e con mia grande sorpresa trovai Luke con una mano alzata, pronto per bussare.
 

«Uhm, toc toc?»
 

Disse poi e ridacchiai invitandolo ad entrare, si guardò attorno e stava per dire qualcosa, ma la voce di Brendon lo interruppe, come al solito.
 

«Oddio Ashton bleah! Ho toccato con l'indice un pezzo di cibo mentre lavavo i piatti ed ora andrò in ospedale per farmelo amputar-ciao!»
 

Si interruppe appena svoltò l'angolo e vide il biondo, con un sorriso imbarazzato e si stava asciugando le mani bagnate sopra i jeans neri.
 

Sia io che Luke lo guardavamo quasi divertiti, dopotutto era un uomo simpatico, e parlava anche troppo.
 

«Vado a prendere il pranzo, non fate niente di-»
 

«Brendon!»
 

Lo avvertii e dopo aver alzato le mani in segno di resa uscì di casa. Sospirai voltandomi verso di Luke, che aveva le guance rosse come due peperoni.
 

Mi poggiò una mano sopra la spalla e si sporse verso di me, dandomi così un bacio a stampo sopra la guancia, ed ero più che sicuro che ora fosse rossa.
 

Appena fece un passo indietro mi rivolse un sorriso che inevitabilmente ricambiai. 
Andammo a sederci sopra il divano, sperando che non sentisse la carta vuota delle patatine sotto il cuscino.

 

I suoi occhi si posarono sulla piccola radio e dopo su di me.
 

«È di Brendon, gli serve per il suo "lavoro".»
 

Gli spiegai con calma e all'improvviso ricordai di dover ricevere da lui delle spiegazioni. Aprii la bocca pronto a fargli la fatidica domanda quando la sua voce venne fuori prima della mia.
 

«Sì, conoscevo già Brendon perché mi ero rivolto a lui per poter provare a fare una cosa, ecco..»
 

Beh, questa risposta mi confondeva di più. Alzai un sopracciglio e continuò a parlare, con tono di voce calmo e pacato.
 

«Non mi piaceva il modo in cui la mia vita stava proseguendo. Tutto il giorno a studiare per poter solo prendere un diploma che non mi servirà a nulla una volta capito quel che voglio fare davvero.»
 

«Sì ma avere un diploma è importante.»
 

«È una perdita di tempo, o almeno dal mio punto di vista.»
 

Poggiai la testa contro lo schienale del divano mentre Luke aveva appena poggiato con noncuranza una gamba sopra le mie. In altre circostanze un gesto del genere mi avrebbe fatto infuriare, ma con lui era diverso.
 

«E quindi cosa c'entra Brendon?»
 

Chiesi infine volendo arrivare a capire di più, a questo punto non lo avrei biasimato se si fosse alzato e se ne fosse andato, lo stavo pressando davvero molto.
 

«Volevo che mi aiutasse, quindi mi ha consigliato di andare in quel local-»
 

«Ma quindi vuoi cercare di diventare un...cantante?»
 

A questo punto annuì, distogliendo lo sguardo dal mio.
Non capivo perché si vergognasse tanto di questo suo sogno, in fondo non era così male.

 

«Per questo me ne sono andato, mio padre vive in un'altra città e pensavo che lì le mie possibilità di farmi notare sarebbero state più alte, invece mi sbagliavo.»
 

Stava stringendo i pugni così forte che pensai davvero che potesse rompersi una mano, le sue nocche erano diventate bianche.
 

Poggiai la mia mano sopra quella di Luke, accarezzandogli il dorso e lui in tutta risposta sciolse il pugno, lasciando così intrecciare le mie dita con le sue.
 

«Perché non mi hai detto che saresti stato assente per un periodo? Non era necessario che mi spiegassi il motivo, ma sono stato ad aspettarti per tanto tempo.»
 

«Perché penso che questo mio sogno sia stupido.»
 

Scossi la testa mentre continuavo ad accarezzare il suo dorso cercando di rassicurarlo.
 

«Invece sei bravo.»
 

Gli angoli della bocca del biondo si sollevarono leggermente ma solo per un attimo, tant'è che pensai di essermelo immaginato.
 

«Dopo però finirei per stare troppo tempo lontano da casa, e da te.»
 

Borbottò togliendo la gamba da sopra le mie, quella mancanza improvvisa di contatto mi fece storcere il naso ma subito dopo avvolse un braccio attorno al mio petto, solleticandomi leggermente un fianco.
 

Infine poggiò il mento sopra la mia spalla, e appena sentii le sue labbra contro la mia mandibola sobbalzai, ma evidentemente era un gesto prevalentemente affettivo.
 

«Sei stato lontano da casa e da me per tanto, non dovrebbe essere diverso.»
 

Ribattei irrigidendomi poiché Luke aveva appena lasciato un altro bacio, stavolta proprio sopra il collo.
 

Mi allontanai in modo da poter interromperlo visto che quello non erano il tipo di attenzioni che in quel momento avrei voluto ricevere, soprattutto sapendo che con ogni probabilità Brendon sarebbe rientrato da un momento all'altro.
 

«Invece è diverso!»
 

Rispose spostando le labbra sopra la mia guancia, fortunatamente per entrambi. Non feci in tempo a chiedergli il perché, mi interruppe subito.
 

«Perché mi piaci, e non come un amico.»
 

Le varie sensazioni che quelle parole mi fecero provare mi quasi spaventarono, non pensavo di poter provare delle emozioni del genere.
 

Pensai di avere una tachicardia, perché il battito del mio cuore accelerò di parecchio, per non parlare del "vuoto" improvviso che sentii nello stomaco, facevo fatica a dare una definizione ben precisa a ciò che quelle parole mi fecero provare.
 

Dalla mia bocca non uscì una sola parola, neanche un suono, ero letteralmente congelato sopra quel divano, neanche notai che Luke aveva allontanato il volto dal mio.
 

«Ashton?»
 

Mi voltai di scatto con ancora un'espressione indecifrabile ad adornare il mio viso, anche il biondo aveva più o meno la stessa espressione, forse si era pentito di averlo detto, magari intendeva dire un altra cosa ma ho frainteso io.
 

Perché, insomma, da quanto tempo aspettavo che quelle parole uscissero fuori dalla sua bocca? Dovevo averlo immaginato, soprattutto dato il contesto in cui ci trovavamo.
 

Tornai alla realtà non appena al mio fianco sentii un sospiro pesante, quasi di delusione, seguito immediatamente da un'infinità di scuse.
 

Nella mia mente avevo pensato a due possibili cose da fare, con tanto di conseguenze:
 

la prima, avrei fatto finta di nulla continuando a credere che quelle parole fossero frutto della mia immaginazione, giocandomi così l'ultima possibilità di stare con Luke nel modo in cui volevo.
 

La seconda, forse la più conveniente ma rischiosa, potevo accettare la realtà ed esporre i miei sentimenti, in questo modo poteva ritenersi una cosa reciproca, no? In questo modo forse avrei finalmente potuto avere Luke.
 

Stavo provando a trovare una soluzione in fretta quando il ragazzo seduto precedentemente al mio fianco si alzò, sapevo che se non lo avessi fermato subito sarebbe andato via insieme alla mia ultima possibilità di stare insieme a lui.
 

Perciò anche io mi alzai e con due passi veloci riuscii a raggiungerlo prima che aprisse la porta. A quel punto gli afferrai il braccio con delicatezza, non volevo tenerlo fermo, volevo solo fargli capire che non c'era motivo di andarsene.
 

Ma sembrò non funzionare.
Con uno strattone liberò il braccio e, in un disperato tentativo di non farlo uscire di casa, lasciai ai miei sentimenti l'opportunità di uscire allo scoperto.

 

«Anche tu mi piaci.»
 

Dirlo ad alta voce mi faceva uno strano effetto, ma allo stesso tempo mi ero liberato di un peso.
 

Luke si voltò verso di me con gli occhi spalancati, probabilmente cercando di assimilare quel che avevo detto.
 

«Davvero? Non lo stai dicendo per compassione, vero?»
 

Scossi la testa.
 

Per un attimo mi passò davanti l'intera scena, sembravamo, letteralmente, due bambini alle prese con la prima cotta.
 

Con un po' di titubanza mi avvicinai a lui, prendendogli la mano per poterlo di nuovo invitare a sedersi sopra il divano.
 

Appena si sedette il suono del pacchetto vuoto di patatine sembrò rimbombare nella stanza, mentalmente mi feci i complimenti per essere nato così tanto pigro da non avere avuto voglia di buttare quella cartaccia.
 

Arricciai il naso lievemente una volta che Luke alzò il cuscino rivelando così la fonte del rumore. Non mi aspettavo che ridesse, invece mi sbagliavo.
 

Meno di un secondo entrambi stavamo ridendo, anche se avevo appena fatto una figuraccia la trovavo una cosa piuttosto buffa, in fondo bisogna saper ridere di se stessi, no?
 

Nonostante il tempo che stavo passando con la persona che avevo tanto aspettato, sentivo come se mi mancasse qualcosa.
 

«Ho fame, quando torna Brendon?»
 

Luke interruppe poi il silenzio confortante che si era creato.
 

«Sarà qui a momenti, nel frattempo cerchiamo di trovare una stazione radio decente, va bene?»
 

Gli chiesi notando il suo evidente interesse verso il piccolo aggeggio elettronico davanti a noi, annuì energicamente e mi seguì sul pavimento, ci sedemmo entrambi a terra mentre cercavo di capire come funzionasse quella radio.
 

«Andiamo, non credo che Brendon abbia i superpoteri.»
 

Borbottai tra me e me riuscendo solo a capire dove si accendesse, il problema era trovare un canale radio, uno qualsiasi, l'importante era trovarlo.
 

Premetti insieme quasi tutti i bottoni e solo dopo cominciai a dar la colpa del poco segnale all'antenna bassa, anche se Brendon non ne aveva mai avuto bisogno.
 

Stavo per rinunciare a quell'impresa quasi impossibile per me quando riuscii a sentire a tratti una lieve melodia, quindi in un batter d'occhio girai di nuovo uno dei pulsanti e pian piano il suono si faceva sempre più udibile.
 

«Vedi? Nessuna impresa è impossibile per me.»
 

Dissi ad un certo punto ironico e proprio in quel preciso istante il suono della musica venne interrotto da altri fastidiosi suoni.
 

«Certo, come no!»
 

Sentii Luke al mio fianco brontolare quelle parole e in seguito spense la radio, almeno potevo dire di averci provato.
 

Stavo per commentare il fatto che lui non avesse neanche provato ad aiutarmi, appena aprii bocca però qualcosa si poggiò sopra il mio ginocchio, abbassando lo sguardo vidi appunto che era la mano del biondo, e cercai così di ignorarlo.
 

Dopo si sporse verso di me e le sue labbra si poggiarono sulla mia guancia leggermente ricoperta da uno strato di barba e trasalii a quel contatto improvviso.
 

Tuttavia restai fermo poiché ben presto le mie guance erano ricoperte di baci e avevo Luke quasi addosso, potevo dire che la cosa mi piaceva più del previsto.
 

Tenevo una mano sopra il pavimento, esattamente dietro di me, per mantenere l'equilibrio e non finire a terra, sarebbe stato piuttosto imbarazzante.
 

Spalancai gli occhi quando le labbra del ragazzo biondo si poggiarono all'angolo della mia bocca, non me lo aspettavo di certo e se credevo di vedere un qualche tipo di reazione da parte di Luke mi sbagliavo di certo.
 

Allo stesso tempo provavo emozioni contrastanti, ero felice delle attenzioni che mi stava rivolgendo, ma se il suo scopo era quello di restare tutto il tempo a sbaciucchiarmi il viso e mancare il vero bersaglio, no, non andava bene.
 

«Non capisco, prima mi hai detto che ti piaccio e ora mi dai baci sulle guance?»
 

Borbottai osservando poi le guance di Luke diventare di un color rosso acceso, probabilmente il discorso lo imbarazzava, in qualche modo, quindi decisi di stuzzicarlo ancora.
 

«Aw sei arrossito, ti imbarazza questo discorso?»
 

Aggrottò la fronte e mi diede un pugno amichevole sul petto che mi fece ridacchiare perché sì, era davvero un discorso che avrebbe voluto sviare.
 

«Forse perché mi sembra avventato fare una cosa del genere visto che sei stato un quarto d'ora in silenzio dopo avertelo detto?»
 

Sbuffai subito dopo pizzicandogli un fianco scherzosamente, il mio gesto lo fece sobbalzare e in tutta risposta anche lui mi diede un pizzico sopra la spalla, con la differenza che il suo era tutt'altro che amichevole.
 

«Mi hai fatto male.»
 

Gli feci notare mentre lui si divertiva a ridere del mio dolore.
 

«Prima dicevi che ti sembrava avventato prendere l'iniziativa, se invece lo facessi io?»
 

Dissi dopo aver osservato tutti i dettagli del suo volto mentre rideva di cuore, il suono della sua risata era senza dubbio il suono migliore che avessi mai sentito.
 

Notai anche come arrossì di nuovo alle mie parole e non riuscii ad impedire ad un sorriso di formarsi sul mio viso.
 

«Beh se proprio insisti, chi sono io per impedirtelo?»
 

Gli rivolsi uno sguardo divertito ma allo stesso tempo ero terrorizzato, chi non lo è quando stai per dare per la prima volta un bacio alla persona per la quale hai sempre provato qualcosa?
 

Mi morsi il labbro inferiore mentre guardavo gli occhi azzurri di Luke che mi guardavano con curiosità e anche impazienza, perché dovevo sempre perdermi nei pensieri?
 

Mentre avvicinavo il mio volto al suo chiusi gli occhi perché se avessi fatto eventuali figuracce avrei dato la colpa di tutto a gli occhi chiusi, fortunatamente però riuscii comunque a poggiare perfettamente le labbra sopra quelle del biondo.
 

Era solo un contatto lieve, ma quello che provai in quel preciso istante no, non era affatto lieve.
 

Le sue labbra ben presto iniziarono a muoversi contro le mie, sapevano di qualcosa di dolce, come zucchero o meglio ancora di caramelle, non ero affatto sorpreso perché a lui piacevano molto i dolci.
 

Portai una mano sopra la sua schiena notando solo in quel momento quanto fosse davvero piccolo ed ingenuo quel ragazzino in confronto a me, nonostante in altezza fosse quasi più alto, era decisamente più gracile e debole.
 

Non sapevo da quanto tempo eravamo impegnati a baciarci finché non sentimmo entrambi aprire la porta e ci voltammo verso di essa, vedendo Brendon con una busta di plastica in mano che lasciò cadere a terra.
 

Restò sulla soglia della porta con un'espressione indecifrabile e Luke, cercando di prendere in mano la situazione, si alzò dal pavimento e raccolse la busta che conteneva il pranzo, portandola sopra il tavolo.
 

Brendon nel frattempo era immobile e con lentezza alzò un braccio, indicandomi incredulo ed ora potevo dire che sembrava quasi felice di aver visto quella scena.
 

Appena lo vidi pronto a dire qualsiasi cosa lo interruppi.
 

«Non dire una parola.»
 

«Una parola!»
 

Mi alzai anche io dal pavimento cercando di non ridere per la stupidità dell'uomo e andai verso il biondo, che ora era seduto sopra una sedia.
 

Gli dissi sottovoce di ignorare ogni domanda che probabilmente Brendon gli avrebbe posto, ma fu tutto inutile perché cinque minuti dopo i due stavano parlando di quello che era successo poco prima e non avevo neanche il coraggio di controbattere, l'ultima cosa che volevo era far pensare a Luke di non voler davvero baciarlo.
 

«La prossima volta spero di non beccarvi mentre fate altro, altrimenti potrebbe essere davvero molto imbarazz-»
 

«Oppure potresti registrare.»
 

Sia io che Brendon ci voltammo scioccati verso di Luke che stava mangiando, scrollò le spalle ignorando i nostri sguardi increduli e poco dopo Brendon scoppiò a ridere.
 

Però, come al solito, qualcosa dentro di me mi diceva di stare in allerta.


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Oh hey!!

 

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Capitolo 8
*** Capitolo sette. ***


Chiamiamolo capitolo pre-smut...
 

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«Margaret! Sai Ashton e il biondino cosa hanno fatto? Si sono b-»
 

Interruppi Brendon poggiando una mano sopra la sua bocca e dal suono che provocò tale azione potevo capire di avergli fatto male.
 

Infatti poco dopo mi morse il palmo della mano, pessima idea quella di esporre in quel modo una mia parte del corpo ai suoi denti.
 

Lanciai un verso di dolore scuotendo la mano per liberarmi della bava che in seguito aveva aggiunto e pochi secondi dopo vidi Brendon parlare all'anziana con molta euforia nella voce.
 

Vidi anche l'espressione della donna tramutarsi da annoiato per colpa del lavoro a quasi gioioso, e dopo stava aspettando che io confermassi quello che era accaduto.
 

Inizialmente ero arrabbiato, perché Brendon poteva anche regolarsi e aspettare il mio consenso per dirlo, ma in fondo ero felice di avere qualcuno a cui importava sapere le mie esperienze.
 

«Quindi, sto aspettando la tua versione dei fatti!»
 

Esclamò Margaret poggiando i gomiti sopra il bancone e mi guardava con occhi curiosi, ero quasi intimorito ad essere onesto.
 

Indugiai un po' su quello da voler dire poiché Brendon aveva visto solo una minima parte dell'atto in questione.
 

«Tralascio i dettagli e dico solo che Brendon ha già detto tutto..»
 

Soltanto il giorno prima avevo appunto per la prima volta baciato Luke e non sapevo come comportarmi, insomma, non ne avevamo più parlato per il resto della serata.
 

«Parlando del diavolo.»
 

Alzai gli occhi verso la donna che era impegnata a guardare fuori dalla finestra, seguii il suo sguardo, poggiandolo subito sulla figura di Luke accompagnato da qualcuno.
 

Doveva avere la sua stessa età, più o meno, ma era più basso e con i capelli scuri, certamente non erano parenti in alcun modo possibile.
 

«Comportatevi in modo naturale, presto!»
 

Urlò Brendon che stava afferrando nel frattempo un giornale e si affrettava a sedersi ad uno dei tavoli, Margaret prese delle tazzine pulite e iniziò a lavarle di nuovo.
 

Certamente, molto naturale.
 

Appena il biondo entrò nella caffetteria, l'altro ragazzo lo seguì, e diamine se iniziai ad essere infastidito.
 

«Ciao Ashton!»
 

Mi salutò dopo Luke con un gesto della mano, ma non era abbastanza, lui di solito mi dava un abbraccio, un bacio sulla guancia o quant'altro, ma mai un semplice e insignificante gesto della mano.
 

Potei giurare di vedere Brendon squadrare da capo a piedi l'altro ragazzo, aveva uno sguardo accigliato e le labbra arricciate, tipico di quando qualcosa non lo convinceva.
 

A dire il vero provavo la stessa cosa, non mi piaceva la presenza di quella nuova persona.
 

«Biondino, non ci presenti il tuo nuovo amico?»
 

Chiese Brendon dopo qualche secondo di silenzio pieno di tensione, dopodiché Luke ci presentò il ragazzo, si chiamava Calum e il suo sorriso sembrava così falso che era visibile a distanza di chilometri.
 

Oppure ero semplicemente io ad avere una vista eccellente.
 

Tuttavia, sembrava un semplice giovane ragazzo che giocava a carte con il suo amico, rideva e scherzava e questa cosa mi rendeva quasi invidioso.
 

Perché lui riusciva a stare accanto a Luke, a farlo ridere e divertire, io invece poche volte ero stato in grado di farlo.
 

E se Luke avesse detto una bugia? Se in realtà non gli piacevo davvero? Magari per una scommessa aveva dovuto dirmelo e vedere la mia reazione.
 

Forse vedevo semplicemente troppi film.
 

Guardai Brendon che ancora stava squadrando Calum e dopo me.
Stavo cercando qualcuno che mi dicesse cosa fare, l'unico che era pieno di idee era impegnato in una scansione generale di un ragazzo.

 

Però il sorriso che apparve sul viso di Brendon mi lasciava capire che aveva qualcosa in mente.
 

Cercavo di chiedergli silenziosamente cosa avesse intenzione di fare ma ad un tratto si alzò dalla sedia sulla quale era scompostamente seduto e si avvicinò a me.
 

Feci un passo indietro ma Brendon prese la mia mano e, dopo aver capito di dover fingere chissà cosa, ci dirigemmo entrambi fuori.
 

«Giochiamo a fare i fidanzatini?»
 

Scossi la testa ridacchiando per la sua continua infantilità ma a quanto pare stava dicendo sul serio.
 

«Scusa, perché mai dovremmo fare una cosa del genere?»
 

«Perché anche lui sta facendo la stessa cosa!»
 

Ribatté Brendon scuotendo la testa, io stavo ancora cercando di capire il suo piano insensato.
 

«Ma non lo sta facendo di sua spontanea volontà.»
 

«Basta sembriamo discutere, abbracciamoci.»
 

Stavo per dire che effettivamente stavamo discutendo ma le sue braccia mi avvolsero in un abbraccio quasi caloroso, e dopo aver bisbigliato qualcosa riguardò l'inutilità di quell'azione, feci anche io la stessa cosa, un po' titubante però.
 

«Va bene, ed ora come facciamo? Una carezza sul viso?»
 

Chiese Brendon contro la mia spalla e scoppiai a ridere, facendolo così sciogliere l'abbraccio e fare due passi indietro, mentre sorrideva.
 

Il moro andò poi verso l'interno della caffetteria, lo seguii fino ad arrivare alla soglia della porta, tanto per vedere Luke.
 

«Questa sera io e Ashton cuciniamo! Siete tutti invitati.»
 

E rivolse uno sguardo fulminante verso Calum; in fondo stavo provando un po' di pena per lui, stava ricevendo così tante occhiatacce.
 

«Posso aiutarvi?»
 

Chiese Luke a Brendon ma in quel momento aveva lo sguardo fisso su di me, che nel frattempo stavo facendo la stessa cosa.
 

«Certamente, vuoi anche venire con noi a fare la spesa?»
 

«No!»
 

Rispose ridacchiando, sapevo che odiava cose del genere. 
Brendon gli fece un cenno di saluto con la mano, mentre io dissi un "ciao" generale, rivolto a tutti quelli presenti nella stanza.

 

Seguii Brendon a passi svelti per poter raggiungerlo e non restare indietro, e una volta arrivato al suo fianco il suo braccio si poggiò sulla mia spalla.
 

«Facciamo che tu sistemi casa ed io faccio la spesa.»
 

Sbuffai infastidito poiché pulire casa non era mai stata una cosa che mi riesce meglio, di solito mi limitavo a nascondere la sporcizia e non a pulirla, ma questa volta non avevo scampo.
 

Allora mi allontanai da Brendon, entrando in un vicolo che ritenevo la strada più semplice e veloce per arrivare a casa, anche se odiavo quelle piccole stradine chiuse e talvolta sporche.
 

Fortunatamente la mia tortura non durò a lungo, anche grazie al mio passo veloce riuscii ad arrivare in fretta a casa, non ancora psicologicamente pronto per ciò che avrei dovuto fare.
 

Infatti, nascosti negli angoli dove l'occhio umano non può arrivare facilmente, erano nascoste settimane di frettolosa pulizia.
 

In parole povere mi capitava di trovare sotto i mobili qualche cartaccia e centimetri di polvere, non sapevo come ero diventato un uomo del genere considerando che fino ai miei diciotto anni avevo vissuto con delle persone talmente ordinate da farmi venire il voltastomaco.
 

Evidentemente avevano affievolito la mia natura da sfaticato.
 

Dopo aver soltanto liberato i mobili dalla polvere ero già stanco, ma avevo finalmente deciso di dare una pulita a quella casa e neanche la mia pigrizia poteva impedirmelo.
 

Certo, di riordinare i vestiti nell'armadio o pulire il pavimento non mi passava neanche per la mente, lo avrebbe fatto Brendon.
 

Parlando del diavolo, quando entrò in casa con le buste della spesa completamente piene restai un po' interdetto.
 

«Potevi anche impegnarti di più..»
 

Commentò Brendon mentre osservava i piatti sistemati male ed il divano sfatto.
 

Sbuffai dando un'occhiata all'orologio, ricordando al moro che mancavano più di due ore per la cena e che si stava agitando per poco, prima di ricominciare a pulire.
 

Anche se era una spina nel fianco, a volte riuscivo a trascorrere delle giornate piacevoli con Brendon.
 

==

 

«Quindi, Calum, mi pare di capire che anche tu suoni la chitarra.»
 

La situazione era piuttosto imbarazzate e la tensione era facilmente percepibile, nonostante Brendon cercasse di aprire un discorso.
 

«Diciamo di sì, anche se non sono bravo come Luke, ho iniziato da poco.»
 

Lo stesso Luke che mi stava fissando da più di cinque minuti, pessima idea quella di sedermi a capotavola.
 

Era seduto alla mia destra, teneva le mani in grembo e, non so se fosse un gesto voluto o meno, la punta della sua scarpa toccava la mia.
 

Mentre Brendon e Calum conversavano "allegramente" attraverso il silenzio, non li stavo ascoltando minimamente, troppo impegnato ad ignorare lo sguardo insistente del biondo, era come se stesse aspettando di incrociare il mio.
 

Forse capendo un po' in ritardo che non avrei ceduto a quella sua silenziosa richiesta, toccando la mia caviglia con il suo piede.
 

Anche questa volta cercai di ignorarlo, ma pochi minuti dopo le sue gambe erano praticamente avvolte attorno alla mia, mentre un sorriso sbarazzino si faceva largo sul suo volto ogni qual volta deglutivo.
 

«O mi sbaglio, Ashton?»
 

La voce di Brendon mi fece voltare di scatto verso di lui, che forse aveva capito qualcosa di quella silenziosa conversazione.
 

«Che cosa?»
 

Chiesi cercando di essere il più naturale possibile, anche quando c'era Luke che con la caviglia mi stava accarezzando una gamba.
 

«Che sei un pessimo cuoco, quindi ti dispiace se mi faccio aiutare da Calum?»
 

Scossi la testa alzandomi subito dopo Calum, che stava seguendo Brendon in cucina.
 

Quando sentì chiaramente la presenza di Luke accanto a me camminai verso la mia camera, volevo davvero vedere fino a che punto si fosse spinto.
 

Forse rimasi un po' deluso quando non mi seguì, quindi mi sedetti sopra il letto, sospirando pesantemente.
 

Però quando la porta si aprì di poco e Luke fece capolino da dietro di essa dovetti ripetermi più volte di contenere la mia postura.
 

«Non si bussa più?»
 

Tentai di aprire un discorso mentre ora il ragazzo era entrato nella stanza e stava chiudendo la porta.
 

«In realtà speravo di vederti nudo o qualcosa di simile.»
 

Disse ridendo flebilmente subito dopo essersi seduto accanto a me, forse troppo vicino.
 

Se non mi fosse stato così appiccicato forse anche io avrei finito per ridere, ma con lui così terribilmente vicino non potevo fare altro che stare in silenzio, o quasi.
 

«Stamattina mi hai quasi del tutto ignorato.»
 

Cominciai a parlare, avevo già il discorso scritto nella mente.
 

«Ma ora non lo sto facendo.»
 

Anche se la cosa mi insospettiva parecchio lasciai perdere quel discorso, forse un po' troppo facilmente considerando che volevo discutere con Luke di quello che aveva intenzione di fare.
 

Tuttavia non dissi nulla, neanche quando mi lasciò un bacio a stampo sulla guancia, come al solito.
 

Ma subito dopo poggiò nuovamente le sue labbra sul mio viso, questa volta però leggermente più in basso, proprio sulla mia mandibola ricoperta di un leggero strato di barba che forse gli dava fastidio, poiché il terzo bacio lo posò proprio sopra il mio collo.
 

Avrei voluto che continuasse, ma si fermò, con mio disappunto.
 

Se non fossi stata una persona così timida e quasi riservata avrei preso volentieri l'iniziativa per la seconda volta e lo avrei baciato, ma per una volta avrei voluto che fosse lui a farlo.
 

Però qualcosa mi diceva che Luke stava aspettando che io facessi la prima mossa, forse era davvero troppo timido.
 

Quindi misi da parte tutto quanto e fui io a poggiare la mano sopra la sua guancia, in modo da farlo voltare verso di me e anche per fargli capire che lo avrei baciato da un momento all'altro, se non avrebbe voluto si sarebbe scansato, nel profondo del mio cuore speravo non lo facesse.
 

Infatti fu così, anzi, dal suo sguardo potevo capire che non aspettava altro, quindi, come diceva sempre lui, chi ero io per negarglielo?
 

Quando lasciai unire le nostre labbra provai delle sensazioni del tutto nuove, anche se quello era il nostro secondo bacio credetti fosse anche migliore del primo, ero così confuso.
 

Proprio come l'ultima volta, le nostre labbra si muovevano all'unisono e dovetti inclinare la testa più volte a causa dell'euforia che Luke stava provando, proprio un adolescente era.
 

Senza allontanarsi di un millimetro dalle mie labbra riuscì in qualche modo a sedersi sulle mie gambe, accettai volentieri quel suo gesto e in tutta risposta poggiai entrambe le mani sopra i suoi fianchi piccoli e magri, se fosse stato possibile averlo più vicino lo avrei fatto, ma eravamo già appiccicati e stretti l'uno all'altro.
 

Sentendo chiaramente che il ragazzo biondo voleva di più gli morsi il più delicatamente possibile il labbro inferiore per chiedere silenziosamente l'accesso alla sua bocca.
 

Non sapevo se me lo negò o meno, poiché appena un gemito abbandonò le sue labbra rosse a causa di quel bacio frenetico mi allontanai dal suo volto, capendo solo in quel momento che almeno uno dei due avrebbe dovuto mantenere un pizzico di controllo.
 

Pensai di non essere io quel qualcuno, visto che poco dopo ero impegnato a far scivolare le mani sotto la maglia di Lucas, mentre quest'ultimo ansimava e tirava piano i miei capelli sempre a causa mia, o meglio, della scia di baci umidi che avevo involontariamente iniziato a lasciare lungo la pelle lattea del suo collo.
 

Non appena il ragazzo seduto in modo scomposto sopra le mie gambe mosse il bacino verso il mio dovetti fare appello a tutte le mie forze per non gemere, ma non fu lo stesso per Lucas.
 

Fortunatamente il mio autocontrollo fece sì che al secondo movimento del biondo le mie labbra si allontanarono dal suo collo, questo gesto forse sorprese un po' Lucas, che allontanò le mani dai miei capelli, le mie invece non si sarebbero mosse da sotto la sua maglia, era una sensazione piacevole sentire la sua pelle scaldarsi a contatto con le mie mani.
 

«Troppa euforia, colpa mia.»
 

Disse Luke dopo alcuni minuti in cui non avevamo fatto altro che sorriderci a vicenda e riprendere fiato.
 

«Magari un'altra volta.
 

Dissi scherzando mentre gli sorridevo con furbizia. In tutta risposta mi guadagnai uno schiaffo amichevole sul braccio, seguito da una risatina.
 

Perdemmo altro tempo scambiandoci baci e parlando del più e del meno, fin quando non mi tornò in mente una cosa.
 

«È vero che un chitarrista miliardario flirtava con te?»
 

Non sapevo il motivo per cui gli avessi fatto quella domanda, ma le parole di Brendon mi rimbombavano nella mente.
 

«Quello con i capelli colorati? Michael? Fa così con tutti, ha persino poggiato una mano sulla coscia di Calum.»
 

Luke ancora non sapeva che persona gelosa sapevo essere.
 

«Devo scambiare quattro chiacchiere con questo Michael, non mi convince affatto.»
 

Borbottai senza però essere realmente serio, ma se avesse continuato ad importunare il mio Luke gli avrei davvero parlato.
 

Forse vedendomi pensieroso, il biondo mi morse la guancia con un po' troppa forza, facendomi portare una mano sul punto dolorante.
 

«Adesso mi spunterà un livido, sei contento?»
 

Gli chiesi vedendolo piuttosto soddisfatto del suo gesto e anche del segno rosso che adesso avevo.
 

«Almeno se ti chiedono perché hai un livido dovrai raccontare di me.»
 

Detto ciò mi fece un occhiolino, alzandosi dal mio corpo e cercando di non arrossire per il rigonfiamento più che evidente nei suoi jeans.
 

A quella vista sorrisi malizioso, avvicinandomi al suo orecchio, dandogli un bacio poco più in basso.
 

«Se ti chiedono perché hai un'erezione dovrai raccontare di me.»
 

Ed anche io gli feci un occhiolino, allontanandomi da lui e dirigendomi verso il salotto, osservando Luke mentre camminava imbarazzato.

 

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Non è smut? Non è smut!!

Tbh, avevo scritto un bell'angolo
autrice ma dopo aver selezionato tutto
ho incollato qualche strano simbolo
e ne ho dette un bel po' di parole...

Il prossimo capitolo sarà smutty smut,
ma devo ancora finire di scriverlo,
quindi niente, spero di recuperare
la mia fantasia.


 

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