Raimon High School

di BloodGirl
(/viewuser.php?uid=223204)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1: Mi sei mancata... ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2: Iscrizioni ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3: Notte Bianca ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4: L'esame ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5: Primo Giorno di Scuola ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6: Halloween! ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7: Oh no... ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8: Il torneo invernale ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9: San Valentino ***
Capitolo 10: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1: Mi sei mancata... ***


RAIMON HIGH SCHOOL
 


Capitolo 1: “Mi sei mancata…”
 
Sto riposando profondamente tra le soffici coperte del mio letto, quando sento un suono acuto e irritante: la sveglia. Con ancora gli occhi chiusi la cerco stanca sul comodino, facendo cadere quasi tutto ciò che vi era sopra, compreso quell’aggeggio infernale. Con un tonfo accompagnato dal suono di un campanellino, cade a terra e smette, per mia grande gioia, di suonare.
Ma ormai il danno è fatto: una volta che mi sveglio non c’è modo con cui riesca a riaddormentarmi.
Così, di malavoglia e lentamente, mi metto a sedere. Guardandomi attorno ripenso che, da quando Cammy è partita per le vacanze estive con suo padre, la stanza mi sembra più vuota e monotona.
Sposto il mio sguardo verso gli oggetti caduti sul pavimento. Vi sono un libro, la sveglia, qualche matita e il mio cellulare che  mi affretto a raccogliere.
Ancora sotto al piumone, lo accendo e subito sul display appare la foto mia e di Shawn nel momento del nostro primo bacio (che Silvia ha scattato impropriamente) e sorrido ai ricordi che mi assalgono. La nostalgia del suo sorriso, la memoria delle partite giocate insieme, degli allenamenti e della nostra tecnica speciale, del piano delle ragazze per far confessare i sentimenti di lui; insomma tutti i pensieri riguardanti al FFI, un’esperienza che rifarei altre mille volte.
Decidendo finalmente di alzarmi, rimango paralizzata dal freddo indescrivibile della mia stanza nonostante siano i primi di settembre. Facendo ricorso a tutta la mia volontà, in meno di mezzo secondo, esco dal letto, prendo i vestiti appesi allo schienale della sedia, vicino alla scrivania e mi catapulto in bagno. Fortunatamente, qui è molto più caldo per merito della luce del sole che filtra dalla finestra.
Mentre accendo l’acqua calda del rubinetto per eliminare dal viso la mia espressione spossata, mi cambio, indossando un paio di leggins corti, bianchi, la gonna rossa sopra e la camicia bianca della divisa scolastica.
Poi, metto le mani sotto il getto bollente e me le porto al viso, riscaldandomi e rilassandomi; mi sistemo i capelli legandoli in una treccia con un elastico bianco e sono pronta.
Apro le finestre per far entrare il caldo mattutino. Con aria assonata, mi dirigo verso il letto, chiedendomi il perché avessi deciso di svegliarmi così presto e maledicendo la mia memoria a breve termine. Dunque prendo il cellulare, che avevo precedentemente abbandonato sul cuscino, noto con tristezza che sono solamente le sette e mezza e che sotto alla data, indicante 08/09, vi è l’immagine di un post-it con la seguente scritta: “ Colazione inizio 7:30”. Sbuffo rumorosamente.
Scendo le scale del dormitorio femminile ed esco nel cortile della scuola.
 Durante l’estate qui sono cambiate molte cose. Ad esempio hanno costruito, affianco al preesistente dormitorio e collegato solo da un corridoio, un altro edificio a causa della valanga di iscrizioni per il nuovo anno scolastico, dato che la Raimon ha guadagnato un’altra vittoria mondiale.
 
Per il cortile non vi è anima viva, o meglio non c’è nessuno che io conosca, solo alcuni studenti rimasti per i corsi di recupero dell’estate. Io sono rimasta qui, oltre a non avere un posto dove andare, per il semplice fatto che dovevo recuperare un intero anno. Non è stata un’impresa facile.
Ritornando al presente, mi accorgo che sono inconsciamente arrivata alla mensa. Prendo un vassoio e inizio a servirmi. Anch’essa è stata ristrutturata ed ingrandita. Ora è molto accogliente e più piacevole alla vista.
Mentre sono seduta al tavolo a mangiare un croissant alla marmellata, sento, dagli altoparlanti, una voce che dice:
-Entro le 19:00 di questa sera dovete trasferirvi nelle vostre nuove stanze. Grazie dell’ascolto e buona permanenza alla Raimon High School-.
Bene, come se non avessi già abbastanza impegni. Finita la colazione in completa calma, mi precipito in camera. Senza neanche togliermi le scarpe, inizio ad impacchettare le mie cose nella valigia bianca. Questo momento mi ricorda tanto quando ho lasciato la mia stanza dell’orfanotrofio.
“Aida, non è il momento di vagare nei ricordi!” mi rimprovero mentalmente, deponendo l’ultimo oggetto della camera: una vecchia fotografia della mia famiglia.  Si è formato uno strano eco tombale, spogliando la camera. Esco e, dicendo addio a quella stanza da cui tutto è iniziato, chiudo a chiave la serratura.
Facendo una fatica immane, scendo le scale dell’ala femminile trascinando la valigia.
Esco in cortile e noto che la scuola sta iniziando ad affollarsi di nuove reclute e anche di veterani.
Tra i nuovi acquisti del college, vedo parecchie ragazze con visibili dettagli calcistici: maglie con palloni, fermacapelli a forma di palla, scritte come “W Football!”…
Certo che devo aver creato molto trambusto, partecipando al FFI. Non mi sarei mai aspettata una così grande manifestazione di femminismo calcistico. Cioè, non ho neanche chiesto io di entrare nella squadra. Ma poco importa perché quest’anno ho altri progetti, a partire dal ritirare le chiavi della mia nuova camera.
Giunta in segreteria, mi cascano quasi le braccia a vedere l’immensa fila che si è formata davanti allo sportello, dove una povera segretaria continua a ripetere le stesse cose. E così, imito anch’io gli altri.
Rimango ferma, in piedi per ben venti minuti prima che arrivi il mio turno.
-Buongiorno, sono Aida Hunt. Sono qui per ritirare le chiavi della mia nuova sistemazione-.
La segretaria, visibilmente stanca e irritata, si volta, con la sua sedia girevole, verso un pannello in legno, dopo aver dato una rapida occhiata al monitor del computer. Sul bancone deposita una chiave scialba con inciso il numero 137 e recita:
-Benvenuta alla Raimon High School! Ti auguro un felice anno scolastico!-
Mi esibisco in un piccolo inchino e me ne vado in cerca della mia camera. Intanto numerosi studenti continuano ad arrivare dal cancello principale, e il flusso non pare smettere.
Entro dall’entrata del vecchio dormitorio e mi stupisco quando vedo che, al centro della hall, qualcuno ha sistemato un grande tabellone. Mi avvicino a questo e noto che sono segnati i nomi e i numeri delle stanze, quindi cerco il mio. Purtroppo, questa tabella si ferma al numero cento.
“Quindi dormirò nell’edificio nuovo…”deduco, facendomi strada verso il corridoio che collega i due dormitori. È come un tubo quadrato, fatto interamente di vetro trasparente, che permette di vedere una porzione di cortile. È molto moderno come costruzione.
Giunta nella presunta hall del Nuovo Dormitorio rimango sbalordita e mi fermo un attimo a bocca aperta: è immensa, con i soffitti alti, bianca e lucida; su ogni parete, al centro c’è il simbolo rosso della scuola; più in basso una coppia di righe traslucide porpora attraversano tutta la stanza all’altezza di un metro; al centro vi è un gran bancone scarlatto con davanti il tabellone delle sistemazioni. Mi sento quasi persa in tutto questo candore. Non ho parole per esprimere la grandezza di questa costruzione.
Cercando di concentrarmi sul pannello dei nomi, scopro dove si trova la mia stanza: terzo piano, fantastico.
Salgo le scale a sinistra, trascinando, come possibile, la mia valigia. Arrivata alla seconda rampa, la prima che porta al secondo piano, sento il carico alleggerirsi improvvisamente. Tiro un sospiro di sollievo e, scostandomi una ciocca di capelli dal volto, vedo che il mio salvatore è Axel Blaze.
-Ciao Axel!-
-Ciao Aida. Vedo che rimani la solita imbranata…- dice, posizionando la valigia in equilibrio su un gradino.
-E tu il solito simpatico…- ci mettiamo a ridere. Era da tanto tempo che non ridevo così.
-Ho sentito dire che sei rimasta a scuola per recuperare l’anno scorso…-
-Già, è stato un inferno. E tu?-
-Sono andato in vacanza con mio padre e Julia, niente di che-.
-Ah. Ora, se non ti dispiace, vorrei andare in camera. Ci vediamo in giro…- lo saluto dopo questa breve chiacchierata e ritorno al mio peggior nemico: le scale.
 
Ecco finalmente all’orizzonte la camera 137. Infilo la chiave nella serratura e apro la porta. La stanza è completamente arancione con un letto singolo, una scrivania sotto la finestra e un armadio. Inoltre vi è anche una porta accanto a questo, probabilmente il bagno. La apro ed è così: piuttosto piccolo, color crema, con una doccia, WC e un lavandino. Davvero tenero!
Ritornando allo spazio principale, inizio ad aprire la valigia che avevo abbandonato all’ingresso. Tolgo vestiti, libri, quadri e li dispongo nella stanza.
Dopo dieci minuti, riesco a riconoscerla come mia dimora. Guardo l’orologio. Ho ancora un po’ di tempo per finire il paragrafo di economia domestica che mi manca. Uffa!
Quindi passo l’ultima mezz’ora, prima di andare in mensa, a studiare. E la cosa non è divertente.
 
Finalmente è ora di pranzo!
Non ce la facevo più a rimanere sulle pagine del libro, mi occorre proprio uscire da questo tugurio arancione. Mi stiracchio, respiro profondamente e mi dirigo verso la sala da pranzo.
Non so per quale ragione, ma continuo a controllare il telefono, forse in attesa che accada qualcosa. Ma non saprei dire con certezza cosa.
A mensa noto delle ragazze molto alte, sedersi ad un unico tavolo al centro dello spazio. Sembrano delle snob, con la puzza sotto il naso, anche se non le ho mai viste prima, neanche in giro per il campus. Mi avvicino, cautamente, a una ragazza che conosco di vista e le chiedo:
-Ehi, chi sono quelle?-
-Come?! Non conosci le terribili Rose Rosse della Raimon?- mi domanda stupita. Con ancora il vassoio in mano, mi siedo accanto a lei e scuoto la testa in segno di negazione.
-Fanno parte della squadra di pallavolo della scuola e sono considerate molto brave…-
-E allora perché vengono chiamate Rose Rosse?-
-Perché, è vero che sono tutte molto brave, ma ogni partita giocata hanno… come… massacrato le avversarie. E poi, il loro centrale titolare, è davvero senza pietà. Rose deriva dal fatto che sono ragazze; mentre Rosse… per le sciagure che provocano. Pensa che nel campionato scorso, ho sentito dire, hanno mandato all’ospedale quattro giocatrici, su cinque squadre. E sono casi abbastanza gravi…-
-Ma è una cosa terribile!- sono scioccata. Pensavo che solo nel calcio si potesse arrivare alla violenza per mezzo di pallonate o cose del genere. Sono inorridita a pensare a tutti gli attacchi possibili sulle avversarie, facendo apposta per lo più. Esco una sola volta dal mio buco ed ecco cosa succede.
-Ora vado a dirgliene quattro!..-
-No, ferma! Sono molto forti fisicamente!-
-Anch’io…e non per fare del buonismo, ma non possono fare ciò!-
-Lo so…e per fortuna quest’anno è il loro ultimo torneo alla Raimon…-
Per fortuna delle Rose Rosse, la mia compagna mi ha fermata o altrimenti le avrei addolcite come si deve. Non sopporto la violenza, anche perché ne sono stata vittima, soprattutto se è sportiva. Va contro i principi dell’uomo far del male ai propri simili…uff.
La mia amica si alza e se ne va, mentre si avvicinano Mark e Nathan con i loro vassoi. Si siedono e mi salutano, ma non li ricambio come vorrei e così si affrettano a chiedere:
-Cosa è successo?-
-Niente. Ho scoperto la reputazione delle Rose Rosse…- rispondo a Nathan con sguardo basso mentre sto torturando con la forchetta la mia insalata innocente.
-Se non sbaglio sono del club di pallavolo. Ma a te cosa importa?-
-Si da il caso che vorrei entrare nel loro club. Non voglio più giocare a calcio….-
-Anche tu?!- dice incredulo Mark.
-Come “anch’io”?-
-Anche io non farò più parte della squadra di calcio. Mi dedicherò all’atletica…-.
Assumo un’espressione tra lo scioccato e il confuso. Si sarà, anche lui, stancato di calciare un pallone.
-Perché Nathan?! Sei molto bravo come difensore e non sarebbe più la stessa cosa giocare con un giocatore in meno. Ti prego non lasciare la squadra!- implora il portiere.
Mentre discutono, cercando di far cambiare idea al numero due dell’Inazuma Japan, finisco il mio pasto. Mi alzo dalla panca e salutandoli li lascio alla loro discussione.
 
Ritorno in camera per rilassarmi. Questa giornata è stata già abbastanza piena di sorprese a mio parere. E non ne vorrei altre prima di domani…
Mi sdraio sul letto con le cuffie nelle orecchie e la mia musica preferita. È un buon modo per calmarmi soprattutto dopo che mi sono arrabbiata con quelle snob del club di pallavolo. Ma io non mi faccio ingannare dalle apparenze e sono decisa comunque a partecipare a quel club, costi quel che costi.
Mettendomi su un lato scopro che sono talmente stanca, che mi addormento in pieno giorno.
 
***
 
Dopo quasi un’intera estate sono felice di tornare a scuola, di rivedere i miei compagni, il club di calcio e soprattutto lei.
Io e Hayden varchiamo il cancello principale, dirigendoci verso l’interno della scuola.
-Certo che qui è molto più grande di dove andavo prima. Spero solo che lo studio non sarà proporzionale alla grandezza di questo posto-.
Non do peso alle parole di mio fratello perché ho subito notato un influente cambiamento alla struttura: l’aggiunta di un nuovo edificio.
Continuo a guardarlo mentre ci avviciniamo alla nostra destinazione. Sulla facciata principale vi è una scritta brillante, in netto contrasto con il resto dei muri: Dormitorio Femminile.
E così sono stati divisi più nettamente i confini tra maschi e femmine. Quindi sarò più lontano da lei. Sospiro. Ritornando alla realtà, aumento il passo per evitare che Hayden si perda, seminandomi.
 
Dopo che abbiamo preso le chiavi della nostra camera condivisa, la numero 31, iniziamo la sua ricerca.
Ma la troviamo subito, facilitati dalla presenza di una tabella con indicazioni. Si trova al terzo piano sul lato destro, la vecchia parte riservata alle ragazze.
Entriamo e notiamo che è molto grande e azzurra: ha un letto a castello, due armadi separati su due pareti diversi e una grande scrivania lunga quanto una parete; sulla parete dove vi è solo un guardaroba vi è anche una porta bianca. Poggiando la mia valigia vicino ai letti, vado a vedere che cosa contiene quella stanza e scopro che è un bagno bianco crema, palesemente.
Hayden entra dopo di me nella stanza, avendo fatto fatica a salire le scale per via del pesante bagaglio.
Appena in camera, butta la sua valigia sul letto superiore ed esclama:
-Io prendo quello in alto!-
Non controbatto perché per me è indifferente, anche se non mi dispiaceva dormire in alto.
Non importa perché il mio unico pensiero per ora è rincontrarla. Durante l’estate non ci siamo sentiti perché ho dovuto aiutare mio fratello con il trasferimento da una scuola all’altra. Mi manca tantissimo.
Hayden lo nota e mi fa cenno di andare da lei. Però prima che io esca mi chiede:
-Vado a consegnare le domande per il club di calcio?-
Annuisco e me ne vado di corsa. Proseguo a gran velocità il corridoio di vetro che collega i due edifici e mi fermo solo davanti alla lavagna su cui sono segnate le camere. Leggo velocemente e al numero 137 scorgo il suo nome.
Facendo due gradini alla volta, percorro le sei rampe di scale che occorrono per arrivare al terzo piano e solo ora rallento. Con passo svelto però cerco la camera lungo il corridoio. Finalmente la trovo. Mi fermo per riprendere fiato. Il cuore mi batte forte ma non per la corsa quanto per l’emozione di rivedere il suo viso sorridente e poterla, di nuovo, abbracciare. Sento le guance andare a fuoco e mi imbarazzo ripensando a quel bacio.
Però, non mi perdonerò mai per il modo in cui mi sono comportato dopo quel dolce momento. Sono stato uno stupido…
 
Mi avvicinai a lei lentamente prendendole delicatamente il viso tra le mani e… la baciai dolcemente.
Per un tempo che a me parve infinito le nostre labbra si unirono in quella dolce e armoniosa danza chiamata bacio mentre una stella cadente solcava il cielo con la sua scia luminosa.
Quando ci dividiamo le sussurrai mentre ci unimmo in un abbraccio:
-Ti amo Aida!-
-Anch’io ti amo, Shawn!-
Rimanemmo insieme per molto tempo. Ero imbarazzatissimo e  andavo a fuoco, mentre, mano nella mano, guardavamo le stelle luminose al ritmo tranquillo delle onde del mare. Era molto rilassante e  pareva di essermi tolto un dubbio pesantissimo dal petto. Ma c’era ancora una cosa che le volevo chiedere ma non sapevo come e se avevo il coraggio. Presi un respiro profondo, come mai prima d’ora, e dopo aver formulato la frase nella mia mente e stringendole ancora di più la mano appoggiata sulla sabbia ormai gelida, le chiesi:
-Aida, vorresti essere la mia dolce metà?-
In attesa della risposta il cuore batteva molto forte, più forte di quando ci siamo baciati. Ero sicuro che si vedesse il suo contorno sotto la maglia e che si sentisse anche, se le onde smettessero di scorrere e i miei compagni, nei cespugli, piantassero di fare commenti incomprensibili. Ma la risposta arrivò subito:
-Si, si, si!- era felicissima e ogni “si” era sempre più forte e convincente. Mi schioccò un bacio sulla guancia, abbracciandomi. Ricambiai e restammo uno stretto all’altra per un tempo che a me parse troppo breve.
All’improvviso si sentirono delle urla e gridolini provenire dai cespugli. A volte mi chiedo perché i miei compagni devono essere così ottusi e poco sensibili. Voltandoci verso di loro, vedemmo delle figure balzare fuori. Le prime “rompiscatole” furono le ragazze che arrivarono di corsa e abbracciarono Aida. Erano tutte molto felici ed è stato piacevole vedere il suo volto illuminarsi di un sorriso sincero. D’altro canto, i ragazzi arrivarono non molto dopo e iniziarono a fare commenti maliziosi e di pessimo gusto mentre altri più maturi si complimentavano.
 
Quando andammo a dormire, però, non ci scambiammo alcun saluto o parola che potesse dedurre che fossimo conoscenti. E questo mi turbò molto: non avevo più il coraggio che avevo in spiaggia. Come se fosse finito tutto con quella dichiarazione. Come se non sapessi più parlare.
Anche durante il viaggio in pullman parevamo dei perfetti sconosciuti, tranne per il fatto che eravamo completamente imbarazzati e ci tenevamo per mano.
La cosa però più spiacevole successe dopo.
Giunti alla Raimon, una marea di fans ci sommersero tra foto e autografi. Così non ci siamo potuti salutare e neanche spiegarle che, durante l’estate, non ci saremmo potuti vedere…
 
Scuoto la testa, riportandomi alla realtà. Quel comportamento così freddo da persona insensibile è stato davvero da idioti. Per questo voglio farmi perdonare, con un tocco di romanticismo che non mi credevo capace. Così inserisco, sotto la porta, una lettera color crema e aspetto con ansia. Spero solo che sia in camera…
 
***
 
Sto ancora dormendo quando sento un fruscio provenire esternamente al mio mondo di sogni. Apro gli occhi lentamente, venendo accecata dalla luce del sole. Sbadiglio. La musica è scomparsa perché il cellulare ha cessato di vivere e così, con ancora gli occhi socchiusi, tolgo le cuffie e le avvolgo intorno al telefono. Mettendomi a sedere sul letto e stropicciandomi gli occhi, noto una strana lettera in contrasto col pavimento della stanza. Ancora confusa e assonnata mi alzo e la raccolgo.
La controllo prima da una parte e poi dall’altra. Non vedo nessun segno di mittente o altro. Curiosa come sono è palese che io l’abbia aperta. Inizio a leggere la calligrafia scritta con un inchiostro blu mare. Ma vi è solo una piccola frase con l’autografo del mittente…
 
Ciao, mio piccolo angelo di neve…”
 
Non ho bisogno di leggere la firma per capire chi sia. Il pezzo di carta mi cade dalle mani. Di scatto, come spinta da una forza misteriosa, apro la porta, con gli occhi lucidi. Vedendo i suoi capelli argentati e gli occhi grigi gentili, gli salto al collo. Sono al settimo cielo. Non so neanche spiegare la gioia che mi invade nel petto e nell’anima. So solo che lo abbraccio più forte che posso e singhiozzando anche tra i sorrisi. Mi è mancato tanto. Tantissimo. È come se avessi visto un vero e proprio angelo. Anzi ancora di più…
 
***
 
Mi è mancata tanto. I suoi occhi grigio-verde, i suoi capelli bianchi come la neve, il suo sorriso dolce come quello di un angelo appunto e la sua personalità.
-Mi sei mancata…- le sussurro, ancora avvolti nel nostro abbraccio.
-…anche tu…- sta singhiozzando per l’emozione. Ci sciogliamo e con un dito le asciugo una lacrima che gli riga il volto. Lei sorride. Ci avviciniamo piano, unendoci in un piccolo bacio.
Quando ci dividiamo, ci guardiamo negli occhi. È così bella, rossa come me in viso.
Una piccola risata ci percorre, mentre ci teniamo per mano.
Mi prende per un braccio e mi tira dentro a camera sua, decisamente più calda rispetto alla mia.
Ci sediamo sul suo letto, una davanti all’altro. Per un momento nessuno di noi due sa come iniziare un discorso sensato. Io avrei un miliardo di cose da dirle ma, in questo momento, è come se avessi perso la memoria e non mi ricordassi più nulla.
Finché lei, con il suo sguardo dolce e ancora il sorriso stampato in volto, mi chiede:
-Dove sei stato tutta l’estate?-
Mi sorprendo perché mi immaginavo una reazione diversa da parte sua. Avrei giurato che avesse detto frasi del tipo “Perché non mi hai salutata?” o ancora “Perché mi hai ignorata?”, con uno sguardo da bambina imbronciata.
Mi preoccupo un po’. Spero che il suo carattere non sia cambiato. Mi piace così com’era. Quindi le chiedo visibilmente preoccupato:
-Sei sicura di stare bene?-
-Non si risponde ad una domanda con un’altra…- lo dice con un’aria stranamente seria, ma anche divertita.
-Dai, sono serio. Perché fai così?-
Non dice niente ma scoppia a ridere. E solo ora capisco che mi ha fatto uno scherzo. Prende il cuscino dietro di lei e me lo lancia addosso. Per fortuna riesco a schivarlo. Sempre la solita simpatica.
-Stavo scherzando! Dovresti aver visto la tua faccia, era così seria!-
-Bello scherzo!...ma, ora, passando a cose più tristi. Devo scusarmi…-
Il suo viso si fa pensieroso, mentre si alza a riprendere il cuscino finito sul pavimento.
-E di cosa?-
-Del mio comportamento dell’ultimo giorno che ci siamo visti…sono stato un idiota. Non ti ho neanche salutata…-
-Stai tranquillo. C’era una folla inferocita, è più comprensibile che ci siamo persi…-
Il silenzio si fa ancora partecipe della conversazione. Ci guardiamo entrambi negli occhi e i suoi mi sembrano così limpidi.
Ad un certo punto mi viene in mente che lei, mi pare, sia rimasta qui a scuola a studiare per recuperare l’anno perso e che, forse, non si sia ancora iscritta a nessun club o che non abbia ancora visto in che classe sia. Quindi, le chiedo:
-Ti andrebbe di venire a vedere le classi?-
-Mi sembra un’ottima idea! Solo se…vieni con me a consegnare la domanda di iscrizione al club di pallavolo-.
Rimango totalmente spiazzato. Aida nel club di pallavolo?! Perché?!
-Il club di pallavolo?-
-Si. Ho deciso di lasciare il calcio, almeno per ora. Dopo quello che è successo nell’ultima partita vorrei fare uno sport un po’ più tranquillo…-
-Ma dopo non è troppo noioso?-
-No. Anche perché ho intenzione di rivoluzionare le temibili Rose Rosse…-
Le Rose Rosse?! Ma è impazzita? Cioè, sono come demoni che si abbattono sulle prede per rubare l’anima. Non so come le sia venuta in mente quest’idea pazza ma io la rispetterò. Se è quello che desidera, va bene.
-Ok. Però mi devi fare una promessa…-
-Che genere di promessa?-
-Devi giurarmi di non farti male. Non riuscirei a sopportarlo…-
-Va bene. Te lo giuro-.
Uniamo i mignoli i segno di promessa. Come se fossimo molto più piccoli.
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2: Iscrizioni ***


RAIMON HIGH SCHOOL


CAPITOLO 2: ISCRIZIONI

Camminiamo tranquillamente per il campus. Una fianco all’altro. Sarei troppo imbarazzata a stringergli la mano. E lui lo sa bene, perché è come me in questo genere di cose. Solo ora noto che indossa i pantaloni rossi e la camicia bianca, con le maniche rivoltate all’indietro, della divisa. Gli dona molto il rosso. Gli dona un pizzico di eleganza.
Ma passando a cose meno importanti, sono proprio felice di incontrare di nuovo tutti i componenti dell’Inazuma Japan. Però sono meno contenta che ricominci la scuola.
Ci dirigiamo verso la hall dove hanno messo un tabellone con le varie classi. Questo posto è pieno di tabelle!
Ci dividiamo e iniziamo a esaminare l’enorme pannello. Noto che ci sono un sacco di prime, con tantissime ragazze. Mi viene quasi da ridere. Forse ho iniziato una nuova moda calcistica. Sarebbe troppo forte.
Le classi seconde sono leggermente più in alto e sono, decisamente, di meno. La mia classe è la IIB.
-Dove sei Shawn?-
-Nella sezione B, come te- sorrido.
Evviva! Almeno non sarò sola come una  lebbrosa. Leggo un po’ l’elenco dei miei futuri compagni. Sono tutti maschi! E per giunta è (quasi) l’intera nazionale!
Quasi svengo. Sia per la sorpresa sia per la disperazione. Spero proprio di farcela a sopportare 13 ragazzi tutti fissati con il calcio. Ma almeno ci sarà qualcuno di simpatico. Sicuramente.
-Cavoli…-
-Cos’hai?- è la prima volta che sento Shawn imprecare. Spero che non sia stato contagiato dal suo gemello.
-Nella nostra classe non ci sarà Hayden. Non sarà felice…-
-Che peccato!- spero che non si sia sentita la nota di sarcasmo. Suo fratello non riesce a starmi simpatico. È un po’ eccentrico, scorbutico, altezzoso e troppo agitato per i miei gusti. Non che non sia una brava persona è che non credo di andarci d’accordo. Forse abbiamo caratteri simili. Boh, non lo so…
-Invece, con chi sarà in classe?-
-Con Nelly, Silvia e Cammy-.
-Almeno farà nuove amicizie!-.
-Anche quello è vero. Bene! Ora andiamo a iscriverti al club di pallavolo- esclama mentre, rosso in viso, mi porge la mano per uscire. L’accetto volentieri, con l’animo un po’ più in pace. Forse ero in ansia per le persone con cui sarei stata in classe. Ma non so neanche questo. Bocciatemi…
La scuola inizia ad affollarsi un po’ troppo, secondo me. In lontananza vedo entrare dai cancelli David e Jude, mentre parlano amichevolmente, in vesti quotidiane.
Dal poco che sono stata nella squadra, non credo che farà piacere al regista sapere che nella sua stessa classe ci sarà anche Caleb. Da quello che ho capito, si odiano a morte, o peggio.
All’improvviso, mentre sono distratta, sento una persona saltarmi sulle spalle. Silvia!
-Ciao Aida!-
-Ciao Silvia!-
Quasi subito arrivano anche le altre: Nelly e Cammy. Immediatamente vi è un rito di abbracci e saluti, quasi commovente.
-Come state ragazze?!-
-Non c’è male. Così ricomincia la scuola. Spero che quest’anno sia divertente-.
-Credo che sarà molto divertente per voi, Nelly- si inserisce Shawn nella conversazione.
-Perché?- chiede Cammy, un po’ preoccupata. Inizio a ridacchiare. È molto buffa e la situazione è quasi assurda.
-Avrete mio fratello in classe- rivela l’albino, sorridendo anche lui. Le ragazze sono quasi sbiancate e hanno un’espressione tra il divertito e il preoccupato.
Mentre una risata di gruppo prende vita, guardo distrattamente l’orologio. È tardissimo!
Strattono Shawn per il braccio ed esclamo:
-Dobbiamo muoverci! Tra meno di dieci minuti chiude la sede!-
-Ci dispiace, ma dobbiamo scappare…-
-Nulla. Vorrà dire che ci vedremo durante gli allenamenti di calcio…-
-Non credo proprio Silvia. Ho deciso di cambiare club…è una lunga storia, ve la racconterò un altro giorno! Ciao!-
E mentre le ragazze ci salutano agitando la mano, in un espressione alquanto confusa, iniziamo a correre verso la meta. Spero solo di fare in tempo.  Per fortuna siamo molto veloci, modestamente.
Arriviamo all’imponente sede del club. È una struttura quasi totalmente rossa e composta da un paio di piani. Alle sue spalle si vede la palestra: un edificio alto quasi un dinosauro di medie dimensioni e interamente dipinta di arancione.
Entriamo e noto con mio stupore (neanche tanto) che non è che ci sia molta gente ad iscriversi.
Ci avviciniamo alla cattedra in mezzo alla stanza, circondata da qualche divano rosso.
Vi è seduta una donna abbastanza giovane con i capelli blu, a caschetto e una tuta abbastanza aggressiva. Probabilmente sarà l’allenatrice. Bene, non mi pare una molto dolce.
Il tavolo è abbastanza alto e a malapena ci arrivo. Questo è un segno evidente di razzismo verso le persone basse. Inizia già a starmi antipatica questa sede.
-Buongiorno, sono Aida Hunt. Vorrei inscrivermi nella squadra di pallavolo…-e presento la mia domanda di iscrizione, che mi sono ricordata all’ultimo momento di compilare.
Mentre la “segretaria” mi squadra dall’alto in basso e svolge le questioni burocratiche, Shawn a bassa voce mi dice:
-Strano che una squadra potente come le Rose Rosse non faccia delle selezioni per i propri membri…-
-Hai ragione. Ma magari si smistano nel corso degli allenamenti. Sinceramente non lo so-.
Sono proprio un caso perso. Mi sento quasi inutile. Comunque, la “segretaria” alza lo sguardo e consegnandomi una specie di pass verde (che non si intona minimamente ai colori della scuola) con un numero stampato sopra, mi dice:
-Il prossimo esame d’ammissione sarà tra sei giorni, in palestra, dalle 13:00 alle 16:30. Mi raccomando sii puntuale e presentati-.
Quello che temevo. Sono rassegnata. Quest’anno sembra che sia contro di me. Ma poco importa perché sarò insieme alla persona che amo. Si lo so, sono sdolcinata. Mi faccio pena da sola.
Comunque, ha detto tra sei giorni?! Ma tra sei giorni inizia la scuola e devo ancora ripassare velocemente tutto il programma dell’anno scorso?!
Probabilmente compaio molto tesa, e anche un po’ pallida, visto che Shawn mi circonda le spalle con un braccio e mi sussurra un “va tutto bene” dolcissimo. Adoro quando mi consola.
Con un pochino di coraggio in più rispondo all’allenatrice:
-Certo! Ci sarò!-
Mi sono fatta impressione da sola per come l’ho detto. Ma comunque spero proprio di passarlo.
Mentre usciamo dalla sede odiosa, a Shawn suona il cellulare. Lo capisco perché ha come suoneria, me che suono una sonata con il violino. Non ricordo di averla suonata, però. Altrimenti sarà un pezzo di Ice Road. È piuttosto famosa, anche se me la cantava mia madre.
-Pronto?... Ah, grazie. Quando iniziano gli allenamenti?... Come?! … Arrivo subito!-
Ok. Devo ammettere che, di solito, capisco più o meno con chi la gente parla al telefono. Ma questa volta non ne ho la minima idea. E sono più confusa di prima.
-Chi era?-
-Hayden. Ha dimenticato di avvisarmi che gli allenamenti di calcio iniziano oggi…-
Sia io che Shawn, credo, ci chiediamo dove abbia la testa quel ragazzo. Mi pare sempre più impossibile che quei due siano fratelli. Sono così diversi. 
Però, non ha intenzione di andarsene. Mi sembra che stia aspettando qualcosa. All’improvviso diventa rossa come i suoi pantaloni e la mia gonna.
Mi si avvicina e mi bacia delicatamente sulla guancia. Rimango totalmente spiazzata da quel gesto. Non mi pare il tipo di ragazzo così sciolto da baciare facilmente. Comunque, l’ho apprezzato moltissimo. È stato dolce. Tenero.
Dopo di che, si allontana, salutando con la mano e dirigendosi verso il campo da calcio.
Sorrido. E mi dirigo verso camera mia, come se non fosse successo nulla.
 
***
 
Cammino abbastanza velocemente. Direzione: campo da calcio, per gli allenamenti che Hayden si era scordato di dirmi. Spero solo di non essere così mostruosamente in ritardo.
Arrivo a destinazione e mi infilo negli spogliatoi. Ci sono quasi tutti, a parte i soliti ritardatari.
-Oh, eccoti finalmente- esclama Hayden, come se nulla fosse successo. Mentitore.
-Scusate, ero con Aida…e ho fatto tardi-.
-Ah, hai capito il lupo dei ghiacci. Adesso ha la fidanzata e si permette si saltare gli allenamenti- dice malizioso Axel. Per fortuna che non ho lo stesso carattere di mio fratello. Altrimenti sarebbe già morto. Scuoto la testa e mi vado a sedere su una panca.
Ridiamo e scherziamo, finché non arriva l’allenatore e ci esorta, molto delicatamente, a muoverci.
Arrivati in campo notiamo che non ci siamo solo noi, membri dell’Inazuma Japan, ma anche giocatori nuovi che si sono aggiunti quest’anno.
Siamo in 25 più o meno, abbastanza per formare due squadre. E credo che sia proprio questo ciò che su cui punta il mister. Ci raduna tutti intorno a sé.
-Bene, ragazzi. Ora vi allenerete tutti insieme. Mentre io guarderò il livello a cui siete. Ovviamente alla fine di oggi, si formeranno due squadre. La prima, di livello più alto, e una seconda, di livello inferiore. Potete iniziare con i tiri in porta…-
Dopo averci dato le istruzioni, iniziamo. Spero soltanto di non essermi dimenticato come si conclude. E di rimanere con i miei vecchi compagni di squadra. Anche se non mi dispiace l’idea di fare qualche nuova amicizia. Dopotutto, trovare è sempre meglio che perdere.
 
L’allenatore ci fa allenare in tutti i ruoli, tranne quello da portiere, nonostante ci abbia detto che dobbiamo essere pronti a cambiare posto. In poche parole, devi essere capace di fare tutto ed essere un giocatore completo. Sinceramente questa idea non mi piace tanto. Perché se uno è bravo a fare un certo compito, non vedo il motivo per assegnarlo a qualcos’altro.
Comunque sia, finiti gli esercizi, ci raduna e ci ordina di metterci in riga, come una vera e propria selezione.
Accanto a me ci sono mio fratello e Xavier. Se penso alla figuraccia che ha fatto qualche minuto fa Hayden, in difesa, mi viene da ridere. Senza cattiveria.
-Bene. Ho deciso le squadre…-
Cioè la Inazuma Japan rimane così com’è. E i rimanenti fanno parte della seconda squadra, in cui vi è anche mio fratello. Fine della giornata di allenamenti.
Oggi è stata molto leggera per essere la prima volta. Giunti negli spogliatoi, riprendiamo a scherzare. Ma l’obbiettivo principale sono io.
-Ehi, Shawn, come vanno le cose con Aida?-
-Tutto bene, David. Perché?-
-Te la sei già portata a letto?- posso picchiare, anzi uccidere a pallonate, Caleb? No, ditemelo. Perché se posso non esito neanche un attimo.
-No, Caleb. E tu sei un maniaco…- dico a bassa voce l’ultima frase. Non vorrei mai finire peggio del pallone sgonfio fuori, ancora incastrato nella porta. Alcune volte si comporta come un folle.
-Non farci caso. Ormai lo conosci…- fa Xavier, avvicinandosi e mettendomi una mano sulla spalla.
-Non preoccuparti. So che carattere ha…- e dopo la mia affermazione, un coro di risate si alza nella stanza, mentre il diretto interessato mette il broncio, facendo l’altezzoso.
Ma, Caleb a parte, mi sembrano rimasti i soliti compagni di sempre. Un po’ spiritosi ma grandi appassionati di calcio.
 
Mentre, con il borsone in spalla, io e Hayden usciamo dagli spogliatoi, mi viene da pensare proprio ad Aida.
Spero proprio che questo anno scolastico con la sua compagnia funzioni. E che ritorni a giocare a calcio insieme a me. Perché è così brava ed è un peccato che non sfrutti questo suo potenziale.
Le auguro, con tutto il bene che le voglio, di lasciare o non riuscire a passare l’esame del club di volley. Quella squadra porta solo dolore.
Non lo dico solo per il suo bene, ma anche, forse, per il mio egoismo. Per passare un po’ più di tempo insieme a lei e al suo sorriso.
Comunque sono felicissimo di averla in classe. Non vedo l’ora che arrivi il giorno di inizio scuola. Sinceramente non la vedo come un’alunna modello. Sono proprio curioso.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3: Notte Bianca ***


RAIMON HIGH SCHOOL
 
CAPITOLO 3: Notte Bianca…


Ore 01:00 di notte.
L’ora in cui ogni normale studentessa dovrebbe dormire in preparazione a un certo esame di pallavolo per cui si è allenata ogni precedente giorno e ha i muscoli a pezzi.
Bé, non sono una di loro. Perché il mio letto non mi è mai parso così scomodo in tutta la mia vita. Neanche quando ho dormito in campeggio!
Continuo a girarmi e rigirarmi tra le coperte, che mi sembrano fatte di cartone o di qualche altro materiale “comodissimo”. 
E inizia anche il cuscino a starmi antipatico.
È una sensazione spiacevolissima. Quando hai voglia di dormire ma non riesci in nessun modo. Neppure se prendi un sonnifero. Non vuol dire che io l’abbia preso, chiaro!
Però è da più di mezz’ora che fisso il soffitto. Mi sto quasi stufando.
Perciò, prendo il cellulare e lo accendo. Così almeno per un’ora sarò impegnata. E invece no.
Non c’è nulla di interessante su internet e mi annoio. In più sto morendo di sonno.
Provo a mettere la testa sotto il cuscino. Nei film funziona. Ma peccato che sia la vita reale. E che questo metodo sia un fallimento totale. Mi provoca solo caldo e stress.
Quindi scosto le coperte con una certa violenza e mi metto a sedere. La stanza è buia e non vi è nessuna luce che riesce a trapassare le persiane della finestra. Ma fa troppo caldo.
Mi alzo e accendo una flebile luce, dall’abaut-jour sulla mia scrivania. Decido anche di aprire la finestra. Subito una piacevole e rinfrescante brezza notturna mi investe facendo svolazzare le tende ritmicamente. Come se fossero animate da una melodia suonata al violino.
Mi affaccio sul davanzale e rimango come incantata a vedere il meraviglioso paesaggio. Le stelle provocano un timido bagliore, illuminando i campi sportivi completamente bui. E in lontananza questa luce gioca con le ombre sulle deboli colline della città, risaltando il colore verdognolo dell’erba e la calma dei dintorni.
Una calma rilassante.
Però, un qualcosa inizia a farmi salire l’ansia.
Mi immagino a un concerto, mentre sto suonando un brano composto da me. All’improvviso mi accorgo che nello spartito vi sono alcuni errori. Ma non vi do importanza. Peccato che tra il pubblico ci siano alcuni importanti critici. E che uno di loro salga sul palco mentre sto ancora suonando.
Ribalta il leggio e, parlando al microfono, dica che sono una nullità e cose del genere, facendomi sentire a terra. Anzi sotto terra.
Tuttavia un’altra immagine si sovrappone a questa. Quella di me all’esame di volley. La stessa scena, gli stessi errori.
Il terrore inizia a salire sempre più. Insieme all’ansia da palcoscenico. Che ironia della sorte…!
E anche una strana forza comincia a prendere il sopravvento su di me. Mi dirigo verso l’armadio, lasciando la finestra aperta. Prendo la divisa della nazionale e la indosso. Come se questo gesto potesse darmi un po’ di importanza e farmi sentire potente. Mi lego i capelli nella mia abituale treccia e sono pronta per la battaglia.
Come una ninja, esco dalla camera e dal dormitorio, diretta verso il primo campo da calcio più vicino. Spero solo che abbiano lasciato dei palloni in giro.
 
È davvero tutto buio. Non posso di certo accendere le luci. Per prima cosa sveglierei tutta la scuola e non mi pare il caso. Secondo: che spiegazione darei al preside?!
Perciò mi arrangio e gioco nell’oscurità. Che non mi aiuta visto che devo cercare qualcosa di sferico. Che sia un pallone, un mappamondo, una palla fatta di carta non fa nessuna differenza. L’importante che ci si possa giocare o sfogare la propria ansia.
Aggirandomi tra le zone della porta, noto un pallone da calcio. Per un momento mi si illuminano gli occhi. Ma si spengono subito perché è bucato e sgonfio. La mia solita fortuna!
 
Dopo parecchi minuti di ricerche, decido che è tempo di rientrare, sconfitta da un’insulsa palla. Però, quando sto per uscire dal cancello metallico, vedo in mezzo agli alberi qualcosa di bianco e nero. Nonostante sia buio riesco a vedere le sue forme, nitide e più o meno chiare.
Mi avvicino lentamente. Prima che qualche ladro esca allo scoperto.
Prendo in mano la sfera ed è proprio un pallone! Evviva!
Ritorno al campo e inizio a palleggiare, in sovrappensiero. Eseguo anche delle piccole esibizioni gratuite, facendo qualche evoluzione.
Penso all’esame, all’inizio della scuola, se riuscirò quest’anno a sopravvivere,…
Ma soprattutto rifletto sul primo.
Mi chiedo se sarò in grado di superarlo. E mi domando anche come sarà. Facile? Difficile? Mortale? Angelico? Faticoso?
Uffa! Detesto queste domande da strizza-cervelli. Non le sopporto!
Come sfogo inizio anche a tirare in porta, con tiri normali. Come se potesse essermi di qualche aiuto. Insomma, mi devo sfogare contro qualcosa, o no?!
Calcio alla cieca, senza neanche concentrarmi sulla porta o la direzione in cui voglio far andare la palla. Colpisco il pallone, ogni volta, cercando di incrementare la mia potenza. Mi pongo come obbiettivo l’immagine della palla informe sgonfia che si trova ancora impigliata nella porta alle mie spalle.
A questo punto occorrerebbe una di quelle musiche rock che esprimono grandezza o superiorità. Ma anche cose come il coraggio o la fiducia non ci starebbero male.
A proposito di quest’ultimi, mi viene voglia di provare la mia tecnica, “Angelo di Neve”, perché un po’ mi manca. E non la eseguo da un sacco di tempo.
Così, mi piazzo al centro del campo e cerco di concentrarmi. Inizia finalmente a nevicare. Dopo solo qualche secondo, io e il pallone veniamo inglobati in un bocciolo composto da candidi fiocchi di neve e morbide piume bianche. Una barriera di energia color verde smeraldo racchiude in un millisecondo la palla, che sfreccia fuori dalla crisalide. Rotea intorno a me, lasciando l’orbita color dell’energia. Infine, il bocciolo sboccia in delle meravigliose ali d’angelo. Sono sospesa a mezz’aria e la sfera orbita ancora intorno. Finché non si ferma davanti a me. Meccanicamente  eseguo un gesto diagonale con il braccio e il polso, dal basso verso l’alto.
La palla sfreccia verso la porta immersa nell’energia bianca e verde, segnando un pieno goal. Il pallone si sgonfia e io sorrido compiaciuta.
Mentre ricado, delicatamente, noto una figura che mi osserva. Indossa dei pantaloni blu di una tuta e una maglia grigio-bianca, come i suoi capelli. Lo riconosco e mi chiedo allo stesso tempo perché sia qui.
-Shawn?!-
 
***
 
-Sapevo di trovarti qui…-
Ci sediamo sulle panchine a bordo campo. Il suo tiro è stato davvero potente. Quasi più forte della prima volta che l’ha utilizzato.
-Come mai sei venuta ad allenarti?- so benissimo perché si trova qui. Quando è nervosa o in sovrappensiero, il suo metodo per scaricare la tensione è distruggere qualcosa. In questo caso, un povero pallone smarrito.
L’ho seguita con lo sguardo fin da quando ha trovato il pallone. E mentre stava eseguendo la sua tecnica micidiale ho deciso di andare da lei e confortarla.
-Certo che mi conosci molto bene. Sono tesa per il test di domani. Ho paura di non riuscire a superarlo…-
-Posso chiederti, se non sono troppo diretto, perché questo timore? Cosa succede se non riesci a entrare nel club?-
-Sinceramente non lo so. Non ho mai fallito nulla nella mia vita e credo di non riuscirci questa volta…- i suoi occhi iniziano a brillare di minuscole gocce d’acqua. È molto sensibile e dolce. Per questo e mille altre ragioni la amo.
-Ehi, non preoccuparti. Vedrai che andrà tutto bene…- le dico, mentre con un braccio le cingo le spalle e l’attiro a me.
Un pesante silenzio cade su di noi, dopo che Aida annuisce. Io alzo lo sguardo al cielo. Le stelle sono meravigliose questa notte. Così luminose, così immense e lontane. Delle piccole lucciole nell’immensità dell’universo. Sono attaccate al manto nero-blu dell’atmosfera. Sembrano quasi ricamate o addirittura stampate.
Mentre lei guarda a terra, con gli occhi fissi al suolo e la treccia che le cade su una spalla. Il suo sguardo è pensieroso. Molto pensieroso.
Purtroppo non sono in grado di indovinare su ciò che le persone riflettono. Ma posso sicuramente immaginare che non sia una cosa piacevole o tranquilla.
Così, per toglierla dai suoi pensieri, mi viene in mente un’idea simpatica.
Mi alzo e le porgo la mano. Aida alza il volto. Mi guarda ancora più confusa e mi chiede:
-Che cosa stai architettando Frost?-
-Adesso ti sei messa a parlare come i miei compagni?- iniziamo a ridacchiare. Per fortuna sono riuscito a strapparle un mezzo sorriso. È davvero bella.
-Vieni con me. Vorrei portarti in un posto…-
Accetta la mia mano e si lascia trasportare. Attraversiamo il campus, nel più completo silenzio ed oscurità. Per fortuna che conosco bene la scuola altrimenti ci saremmo già schiantati contro qualche palo.
Lasciando alle nostre spalle anche il campo di baseball, arriviamo a destinazione. Non si vede proprio nulla. Sarà perché è notte, ma è anche in una zona un po’ abbandonata della scuola. Qui la squadra titolare si allena solo d’estate. E non è che facciano molti allenamenti.
Tirò fuori il mio cellulare e lo uso per sperare di vedere qualcosa.
Il volto di Aida è parecchio confuso. Non credo che abbia mai visitato questa zona esterna. Mi pare di vedere anche un tocco di rabbia nella sua espressione.
Le lascio per un momento la mano e corro ad accendere i fari, per illuminare il campo. Ci metto qualche tempo perché, non conoscendo la zona, ho dovuto cercare il pannello elettrico. Ma, comunque, sono riuscito ad accendere la luce.
Ritorno dalla mia amata. Si guarda spaesata. Come una bambina piccola al centro commerciale.
Guarda soprattutto le linee disegnate per terra e quando mi vede arrivare esclama:
-Ma sei pazzo ad accendere le luci?! E se ci scopre il Preside?!-
-Stai tranquilla. Il preside è a casa sua a circa due isolati da qui e il custode dorme dall’altra parte del campus. Dove ci sono in campi nuovi, come quello dove eri tu prima…-
-Quindi mi hai portata qui per evitare che venissi scoperta?- è quasi vicina alla soluzione, ma non del tutto. E spero vivamente che non le dispiaccia questa mia sorpresa.
-Non esattamente…- mi allontano verso un angolo del campo, dove sono perennemente depositati dei palloni in una cesta. Più precisamente, palloni da pallavolo. Ne prendo uno.
Quindi mi riavvicino ad Aida e glielo lancio. Lei lo prende al volo, un po’ titubante. Se lo rigira tra le mani e lo fissa. Intanto io mi faccio in quattro per montare la rete di volley. Certo che è molto complicata la pallavolo.
Finiti tutti i preparativi, mi posiziono da una parte del campo. Aida si trova nell’altra, con la palla in mano.
-Iniziamo!-
-Che cosa?! Vuoi giocare?- mi dice sbigottita, indicando la palla. Io annuisco, convinto. Anche se non ho mai giocato a pallavolo, credo di saper almeno far rimanere la palla in aria quel tempo che basta per non essere impedito. Di certo, non giocherò come lei o come qualche altro principiante. Ma a volte a ginnastica ci facevano giocare e, più o meno, riuscivo.
Anche lei annuisce e si dirige verso la fine del campo. Si mette in posizione ed inizia. Lancia il pallone in aria e con un movimento deciso del braccio e della spalla, lo colpisce, mandandolo nel mio campo. È molto veloce e anche abbastanza potente. Metto le mani in posizione di palleggio, un po’ impacciato, e riesco a prenderla e rimandarla dall’altra parte. Però gli ho alzato la palla molto alta e ovviamente lei coglie l’occasione. Come un ghepardo, bello e veloce, corre verso la rete. Si ferma neanche un secondo e compie passi precisi. Piede sinistro, destro e infine ancora sinistro. Si alza in aria e attacca con tutte le sue energie. È inutile dire che non vedo neanche la palla che finisce in campo e rimbalza via. Sono sorpreso. Tanto sorpreso.
-Credo che tu mi debba dare qualche ripetizione…- dico, ancora in stato di shock. Non la credevo così forte. Perché non credevo neanche che nella pallavolo si potesse essere potenti.
-Oh, scusa. Vuoi che smettiamo?-
-No di certo. Mi sono appena scaldato-.
E così continuiamo a “giocare” a quello strano sport per tutta la notte. È abbastanza divertente. Anche se preferisco di certo il calcio. È meno individualista. E anche più caotico. Divertente, insomma.
La riaccompagno in camera. Cerchiamo di fare il meno rumore possibile. Anche se siamo molto affaticati e la stanchezza non aiuta a mantenere lucidi. Arriviamo alla sua stanza e, come una spia, apre la porta.
-Shawn, grazie per l’aiuto. Ora mi sento molto più sicura-.
-Di nulla. Sei vuoi ci sono sempre-.
-Oh, grazie ancora-.
-Non devi ringraziare- le sussurro. Però non so che cosa mi sia preso e la saluto, baciandola sulle labbra, dolcemente. Un bacio corto ma comunque tenero, che lei accetta volentieri. Quando ci dividiamo, più rosso che mai, le dico, salutandola:
-Ti vengo a prendere per l’ora di pranzo…-
-Ok…- e chiude la porta anche lei un tantino imbarazzata. Devo ancora farci l’abitudine. Non ho mai avuto una fidanzata e questa è la prima volta. Non so, quasi, come comportarmi.
Ma non importa un granché, perché posso fidarmi ciecamente di lei. E lei sa che può fare lo stesso.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4: L'esame ***


RAIMON HIGH SCHOOL


CAPITOLO 4: L’esame

Come mi era stato detto il giorno precedente, vado a prendere Aida per l’ora di pranzo. Giungo davanti alla porta della sua stanza e mi spavento un po’ dai rumori di cose che cadono provenire dall’interno.
Busso alla porta. Dopo aver detto chi sono, sento un debole e arrabbiato “Entra pure!”. Giro la maniglia e faccio come mi ha ordinato la voce.
 
La camera è completamente a soqquadro. Il letto è sfatto, con il cuscino per terra. Sulla scrivania ci sono diversi libri e penne sparsi come se fossero stati in una tazza e qualcuno l’avesse rovesciata. Per terra ci sono sparsi dei vestiti, più che altro magliette e pantaloni di tute.
Aida si trova all’interno dell’armadio, tra le due ante aperte, che butta all’indietro vestiti su vestiti. Si sporge momentaneamente e mi saluta con la mano. Sono molto confuso e credo che la mia espressione lo riporti fedelmente. Mi guardo attorno un po’ incredulo. Non credevo che fosse una ragazza disordinata. Mi era parsa piuttosto normale. Ha pregi e difetti come tutti. Ma non mi pare che il disordine sia uno di quest’ultimi.
-Posso sapere che cosa è successo?-
-Mi sono alzata solo dieci minuti fa. E devo preparare ancora tutto…!- esclama ansiosa mentre si dirige verso la scrivania a cercare qualcosa nei cassetti. Noto solo ora che è ancora in camicia da notte.
Il corto abito le lascia scoperte interamente le gambe. Ha anche una pronunciata scollatura sul davanti. Mi sento andare a fuoco all’istante. Letteralmente. Credo che le mie guance, e il resto del viso, siano diventate rosse. Quel rosso accesso, difficilmente ignorabile. Sono troppo imbarazzato.
-Vuoi che aspetti fuori?- domando mentre si ridirige verso l’armadio.
-Oh, grazie mille!- mi ringrazia e lancia in aria qualche altro capo d’abbigliamento.
Nel mentre in cui abbasso la maniglia, però, mi ferma da dietro e mi abbraccia forte. Avvampo ancora di più. Decido di voltarmi. La guardo negli occhi. Sembra che mi voglia dire qualcosa, ma non trova le parole.
-Ehm…posso…posso chiederti una cosa?-
-Certamente- le rispondo con tono fraterno. È così dolce quando è insicura e sembra una bambina che ha bisogno di protezione.
-Mi…mi…p-presenteresti…u-un paio di…tuoi pantaloncini di calcio?- è rossa in viso.
Rimango un po’ spiazzato da questa domanda. Non so cosa pensare. Se essere spaventato o semplicemente sorpreso. Ma, comunque, le rispondo affermativamente, annuendo.
Quasi, quasi mi viene da ridere.
 
***
Dopo aver finalmente preparato tutto l’occorrente per questo pomeriggio e aver pranzato, io e Shawn, andiamo alla sede del club di pallavolo. Dire che sono agitata, è poco. Sento il cuore che ormai mi esce dal petto. Ho le mani fredde e inizio a sudare freddo. È la prima volta che sono in agitazione per un qualche esame e devo dire che non è piacevole come sensazione. Però devo farmi comunque coraggio e affrontare questa sfida. Come tutte le cose, anche questa passerà.
-Allora, sei pronta?- mi chiede il mio ragazzo. Mi fa piacere averlo accanto in queste situazioni.
-Bé, non tanto…- rispondo con le mani che sembrano due pezzi di ghiaccio.
-Vedrai che andrà a meraviglia. Sei molto brava in tutti gli sport e riuscirai ad entrare in questo club- mi rassicura. È proprio tenero.
Mi saluta con un piccolo e dolce bacio sulla guancia, per poi andare verso gli spalti della palestra. Prendo un profondo respiro davanti alla porta degli spogliatoi. Spero solo che le mie avversarie non siano così spaventose e alte come si dice.
Indosso lo sguardo più fiero che posso, ed entro, spalancando la porta. Mi guardano tutte dall’alto al basso, come se avessi qualcosa che non va. O che non avessero mai visto una persona più bassa di loro giocare a volley.
Perché si, son tutte delle spilungone. Nulla contro le persone alte. Anzi, magari anch’io fossi qualche centimetro in più. Però se sei una ragazza un pochino più alta di un metro e mezzo e ti ritrovi davanti delle giocatrici alte quasi due metri, ti senti per forza una nana. Solo per questo, preferisco il calcio.
Ma ormai sono qui e non intendo tirarmi indietro. Sistemo la mia borsa su una panca deserta, in un angolo della grande sala. Lo so che il mio comportamento sembra un tantino ambiguo e preferisco non dare nell’occhio, ma non posso di certo sedermi tra la squadra titolare.
 
Mi vesto il più velocemente possibile. Non devo sprecare neanche un secondo di questa esperienza. Voglio andare a prendere un pallone e sfogarmi contro qualche compagna.
Indosso una maglia verde smeraldo e i pantaloncini neri che mi ha gentilmente prestato Shawn. Sono un po’ grandi, ma comodi e mi arrivano al ginocchio, andando a coprire le mie ginocchiere bianche. Se non le avessi potrei dire addio alle mie ginocchia. Allaccio le scarpe da ginnastica più strette che posso. Ma, mentre sistemo la stringa delle scarpe all’interno, entra, a tutta velocità, una ragazzina, probabilmente del primo anno. Ha lunghi capelli neri, occhi dello stesso colore ed è bassa. Molto bassa. Quasi più bassa di Scott, giusto per fare un paragone.
E mi sembra molto strano che una ragazza così piccola voglia giocare a questo sport dove l’altezza è fondamentale.
Si siede vicino a me, e si cambia freneticamente, senza neanche guardarsi intorno. La guardo perplessa e mi sfugge un commento:
-Guarda che la palestra non scappa. Manca ancora un po’ prima che inizi la selezione…-
Si volta verso di me e inizia a ridacchiare, subito dopo essersi un po’ spaventata. Anch’io ridacchio. In seguito a qualche istante, lei scuote la testa e spiega:
-No, è che ho un, diciamo, “appuntamento” con delle ragazze del club…- la sua voce è così calma e flebile al contrario di lei.
-Oh. Allora ti lascio andare. Ci vediamo in giro, magari…-
-Va bene!-
Fa per prendere la sua bottiglia d’acqua e andare, quando mi chiede:
-Sei una matricola che deve fare le selezioni?-
Io annuisco. Anche lei. Mi saluta con un gesto della mano e scompare, dietro alla porta. È una curiosa ragazza. Spero tanto di rincontrarla prima o poi. E di diventare sua amica.
 
Mentre concludo di prepararmi, legando i capelli in una coda di cavallo abbastanza comoda, entra all’improvviso l’allenatrice-segretaria che ho incontrato qualche giorno fa all’entrata della sede.
Solo che ora indossa una canotta arancione, con il fulmine, simbolo della scuola, all’altezza del cuore.
-Avvicinatevi tutte e disponetevi in fila indiana. Ora farò l’appello. Voglio che mi rispondiate dicendo “Pronta!” ad alta voce-.
Mi inizia già a stare antipatica e, se mai mi dovessero prendere in squadra, non credo di riuscire a sopportarla per un anno intero. Già al solo pensarci mi passa la voglia di giocare a pallavolo.
Chiama qualche ragazza prima di arrivare al mio nome. Quando mi chiama rispondo il più velocemente e sicura possibile. Però tutte le giocatrici presenti mi fissano un po’ allibite e alcune scambiano anche qualche sussurro tra loro.
Alla mister (peccato che sia un’allenatrice di pallavolo) non piace molto questa situazione. Quindi zittisce immediatamente tutte. Una ragazza, di qualche decimetro più alta di me, mi chiede:
-Sei la famosa Aida Hunt, dei mondiali di calcio giovanile?-
Io annuisco, fiera. Mi rende estremamente felice il fatto di essere diventata un pochino famosa. Mi sento quasi importante. Ma spero di non montarmi la testa.  
 
Finito l’appello, durato meno di due minuti, procediamo in fila indiana, guidate dall’allenatrice, verso la palestra. Varco la porta, respirando profondamente e cercando di farmi forza. Alzo lo sguardo e mi stupisco della grandezza: il soffitto è alto come non mai, sembra attaccato al cielo; le pareti sono bianche mentre per terra vi è posizionato un parquet, color nocciola. Sembra grande quanto uno stadio a vederlo così, ma so che non è possibile. Altro che campo da calcio della finale, qui sembra di esserne in uno di seria A.
Anche le altre mie compagne sembrano tutte con gli occhi spalancati dallo stupore. Camminiamo ancora qualche istante su noi stesse, estasiate dallo spettacolo. Io noto anche Shawn seduto sugli spalti. Mi affretto a salutarlo con la mano. Lui subito mi “lancia” un bacio di incoraggiamento. Che dolce!
 
Subito, però, l’allenatrice ordina di disporci in fila, come dei perfetti soldatini giocattolo. Solo ora noto che sono la più bassa. Sai che novità!
Davanti a noi, affiancate da un ragazzo biondo di circa vent’anni, si trovano delle giocatrici mostruosamente grandi e potenti, con indosso la divisa scarlatta di pallavolo della scuola: ecco le temibili Rose Rosse. Tutte sull’attenti, canotta e pantaloncini rosso sangue, ginocchiere bianco cadaverico, quasi dei robot. Fanno impressione.
Sono così concentrata sulle mie rivali che noto solo dopo qualche minuto la giocatrice con la divisa bianca e le ginocchiere rosse, la numero 18. Probabilmente sarà il libero, ossia il giocatore specializzato nei fondamentali di difesa e ricezione, un po’ come nel calcio. Guardandola meglio, però, mi ricorda qualcuno che ho incontrato recentemente.
Ora la riconosco: è la ragazza che ho incontrato prima negli spogliatoi! Ecco perché andava così di fretta, gioca nella squadra! E capisco anche perché giochi a pallavolo: per essere libero non conta l’altezza. Forse ho una minima possibilità…
 
***
 
Dopo qualche minuto che sono a rigirarmi in pollici, finalmente la vedo entrare. È rimasta incantata subito da quanto sia grande la palestra. E in effetti anche io ne sono rimasto sorpreso.
Cerco di farmi notare, scuotendo il braccio per salutarla. Lei mi nota quasi subito e la incoraggio mandandole un piccolo bacio. Spero solo che mi abbia visto.
Mi rimetto seduto e aspetto che inizi il fatidico test.
In seguito a una breve spiegazione che non sono riuscito minimamente a sentire, la squadra titolare si dispone in campo.
Sono tutte con le ginocchia piegate, come pantere pronte a scattare verso la preda. Tutte attente verso l’altra metà campo, dove si è posizionata una ragazza molto alta dai capelli ricci. Sembra impacciata.
L’allenatrice lancia la palla verso la numero 2 delle Rose Rosse in contemporanea al fischio di un ventenne biondo.
Questa la prende senza il minimo interesse né fatica, passandola precisamente a una sua compagna vicino alla rete. La numero 6, completamente di spalle, riceve il passaggio e manda velocemente la palla dietro di sé. In neanche due secondi la giocatrice numero 4 esegue un attacco che va a segno, passando oltre alla rete.
La povera recluta cerca di prenderla, lanciandosi verso un’estremità del campo, con il braccio teso. Però il pallone le arriva in viso con una potenza e una velocità mai viste, neanche in una partita di calcio.
Si rialza un po’ traballante, mentre l’arbitro fischia e l’allenatrice urla “la prossima!”.
 
Per i seguenti dieci minuti si alternano ragazze negate. Poi magari sono anche delle discrete giocatrici, ma per le Rose Rosse non valgono nulla. Solo una è stata subito presa nella squadra. È riuscita a tenere testa all’intera squadra. Molto brava.
 
Quando, finalmente, arriva il turno di Aida.
Entra in campo, guardando di sbieco la squadra. Devo ammettere che fa paura. Spero che terrorizzi anche l’altra parte.
Si posiziona al centro e assume un’espressione che concentrata è dir poco.
L’allenatrice lancia la palla alle titolari. Le Rose Rosse eseguono la stessa azione fatta per la prima vittima.
Però, al contrario di questa, Aida è più veloce e riesce a toccare la palla un attimo prima che cada a terra. Realizza un palleggio, mandandola in alto. Quando inizia a ricadere, esegue gli stessi passi di ieri sera. La colpisce con tutta la forza che possiede.
La numero 18 riesce a ricevere il pallone, senza espressione, quasi annoiata. Ma, questa volta, invece che passarlo alla giocatrice più vicina alla rete, lo passa a una giocatrice posizionata a un estremo del campo. Effettua un palleggio. La palla vola a filo della rete, per raggiungere, una ragazza che in un batter di ciglia la ferisce. Per fortuna Aida non si arrende facilmente. Colpendo il ginocchio a terra, riesce a prenderla. Ma il pallone va accidentalmente al centro dell’altra parte di campo.
La giocatrice numero 4, con uno slancio fulmineo, salta e piazza la palla dalla parte opposta di campo dove si trova Aida.
Lei prova a scattare, ma ricade a pancia in giù sul pavimento. Le avversarie la guardano superiormente.
L’urlo dell’allenatrice la risveglia. Lei era l’ultima.
Mi affretto a uscire dalla palestra, per andare dalla mia ragazza. Spero che non si sia fatta tanto male al ginocchio…
 
***
 
Sono arrabbiata, va bene!
Sono alquanto irritata che quelle prostitute mi abbiano battuta e che mi abbiano guardato così, come se fossero sulla cima del mondo. Ma non sono solo altro che delle baldracche che si credono tanto potenti solo perché sanno eseguire degli attacchi che ti saprebbero spaccare il naso. Se solo le affrontassi in una partita di calcio, romperei io qualcosa a loro con la mia tecnica micidiale. Prepotenti, ecco cosa sono!
E per finire in bellezza, mi hanno pure spinto a sbattere un ginocchio. Mi fa un male cane, anche se riesco a camminare. Credo che se non vado subito in infermeria, potrebbe peggiorare. Ho bisogno del ghiaccio.
 
Mi affretto a buttare violentemente le mie cose dentro al borsone e uscire vestita di tutto punto con la divisa della scuola. Trovo subito Shawn, con un sorriso comprensivo sul volto. L’ho visto che mi osservava per tutta la durata del mio test e gliene sono eternamente riconoscente. Altrimenti non mi sarei neanche presentata.
Fa sempre piacere avere qualcuno che ti supporta.
 
Ricambio il sorriso, sorridendo a mia volta. Mi prende la borsa dalle mani e se la carica in spalla, prendendomi per mano.
Ci avviamo via da quell’inferno, mentre mi chiede un po’ esitante:
-Allora? Come è andata?-
-Bé, poteva andare peggio…-
-Ti fa tanto male il ginocchio?-
-Non tantissimo. Ma vorrei andare in infermeria, prima che si gonfi…-
-Ti ci accompagno-.
-Grazie mille Shawn!-  e sorrido, mentre usciamo dalla sede di quell’orribile club.
 
Ora, però, devo cercare qualche altra attività extra-scolastica da praticare. Il problema è che non ne ho la minima idea. Ovviamente potrei starmene comodamente in stanza a fare nulla. Ma l’idea di passare gran parte del mio tempo libero davanti ai libri mi terrorizza. Meglio trovare un club alla svelta.
 
Dopo essermi medicata in infermeria, Shawn è dovuto andare agli allenamenti, mentre grossi nuvoloni pieni di acqua iniziavano ad arrivare.
Io sto salendo in camera, per farmi un rinfrescante doccia. E subito ha iniziato a piovere. Detesto quando piove. È una cosa che mi infastidisce. Ma a volte aiuta anche a pensare.
E domani inizia la scuola. Uffa, che barba!
 
Appena arrivata in camera, mi precipito sotto il getto caldo della doccia. E subito inizio a pensare a quale club sia adatto a me.
Giusto per essere in tema, mi viene in mente il club di nuoto. Domanda: esiste un club di nuoto alla Raimon?
Io non credo, e comunque non l’avrei scelto, visto e considerato che non ho mai messo piede in una piscina. Potrei affogare persino in una vasca con il livello dell’acqua che arriva alle caviglie.
Però, visto che sono abbastanza veloce, opterei per quello di atletica, così farei anche compagnia a Nathan. Ma non credo che mi diverta.
Io ho bisogno di qualcosa che mi porti nel suo mondo e mi ci lasci. Invece correre, libera la mente e fa riflettere sui misteri della vita. Quindi mi farebbe solo venire un continuo mal di testa.
Il club di tennis sembra adatto a me. Velocità e concentrazione, perfetti. Però, c’è un piccolo problema: non so da che parte si tiene la racchetta. Ops!
Bé, visto che ho anche avuto esperienze con il karate, potrei provare con quello di arti marziali. Ma se volevo farmi picchiare a sangue, potevo benissimo chiedere a qualche squadra violenta di calcio. Oppure alle Rose Rosse, quelle…!
Passando alle attività non sportive, vorrei provare il club di lettura. A me piace molto leggere, ma solo quello che voglio io. E non credo che il “capitano” di questo mi lasci leggere qualche cosa misteriosa e macabra.
Il club di musica mi alletta molto. Ma non lo trovo adatto a me. Cioè, non mi ci vedo con un violino su qualche palcoscenico, a un saggio, con l’attenzione di tutti puntata su di me. Sarebbe stressante. Anche se un pensierino me lo farei…
Quindi direi che sono punto e a capo. Sarò costretta a tornare a giocare a calcio, di nuovo. Sembra quasi una maledizione.
 
Quando finisco di rinfrescarmi e rilassarmi, mi butto a peso morto sul letto.
Incrocio le braccia dietro alla nuca, dove i capelli ancora umidi mi fanno il solletico. Sospiro più volte. Mi sto annoiando a morte. Nessuna attività interessante da fare, nessun pensiero che mi richieda concentrazione.
Così, mi viene una brillante idea.
Prendo l’ombrello ed esco dalla stanza. Mi avvio verso il campo da calcio, riparandomi dall’acquazzone con il mio parapioggia grigio-cenere.
Intanto che cammino, rifletto sulla mia presunta decisione… non so minimamente che cosa scegliere.
 
Arrivo al campo, mentre le due squadre di calcio si stanno affrontando in un’amichevole, sotto la pioggia. 
O meglio, quando il primo tempo è finito e i ragazzi si avvicinano alle panchine, dove ci sono anche le menager riparate.
-Ciao a tutti!- saluto, esibendo un sorriso a trentadue denti e scuotendo un poco la mano.
-Aida!- esclamano le ragazze.
-Che cosa ci fai qui?- chiede, poi, Nelly.
-Mi annoiavo e sono venuta a vedere…- spiego alzando le spalle e facendo ondulare un po’ il mio ombrello.
Sposto lo sguardo e vedo Shawn tutto bagnato, che si sta riposando, sempre sotto la pioggia. La sua maglia è decorata di tante e minuscole gocce d’acqua; i suoi capelli sono leggermente rivolti verso il passo, mentre, ogni secondo, piccole crisalidi trasparenti gli disegnano scie di acqua sul volto… wow!
Non sembra avermi notata.
Quindi, mi avvicino furtiva, cercando di non farmi notare. Solo che vengo fermata spesso per salutare e così, perdo il mio vantaggio tattico. Ma che sto dicendo?!


Mentre sono voltata e sto parlando con Xavier, visto che mi ha chiesto come è andata l’estate, sento qualcuno toccarmi una spalla.
Non faccio neanche tempo a voltarmi che mi ritrovo abbracciata da dietro. Shawn!
Appena apro bocca per dire qualcosa, mi scocca un piccolo e fresco bacio sulla guancia.
-Ciao anche a te Shawn…-
-Che c’è? Non sei felice di vedermi?-
-Certamente. Ma sei tutto bagnato…- dico un po’sarcastica e diventando leggermente rossa.
-Mi serviva un riparo- risponde sorridendomi dolcemente.
Subito una sonora risata riempie questo giorno di pioggia.
I miei futuri compagni di classe hanno visto tutta la scena e hanno anche sentito. Che imbarazzo!
Ma, a pensarci bene, che me ne importa. Ormai lo sanno tutti.
Quando le risa iniziano ad affievolirsi, il mio ragazzo, ancora abbracciato a me, un po’ preoccupato, mi domanda:
-Hai deciso cosa fare ora?-
Ovviamente si riferisce alla faccenda club. Sinceramente non ne ho idea. Ma vorrei anche io una risposta. Così, intanto che gli altri gli chiedono spiegazioni e lui racconta, la mia mente va a mille per prendere una decisione.
Quindi, prendo un grosso respiro e, sotto lo sguardo stupito di (quasi) tutti, rispondo:
-Torno nel club di calcio…!-



Angolo Autrice:
Salve a tutti! Mi scuso immensamente per il ritardo dovuto a questo capitolo! Ho avuto da fare e quindi non ho potuto pubblicare il capitolo prima di oggi ^^
Scusate!!!!^^
Ad ogni modo, il capitolo eccolo qui e spero infinitamente che vi sia piaciuto ^^
Ci vediamo il prossimo mese, puntuale, per il prossimo capitolo ^^
Ciao!

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5: Primo Giorno di Scuola ***


RAIMON HIGH SCHOOL
 

Capitolo 5: Primo Giorno di Scuola

Ed ecco! Finalmente è arrivato il primo giorno di scuola. Sono quasi le otto.
Prima io e Shawn abbiamo fatto colazione insieme. Mi ha detto che la notizia di ieri gli ha fatto molto piacere e che potremmo scontrarci anche un giorno, visto che c’è una speciale squadra calcistica femminile. Sono felice di aver fatto la scelta giusta!
 
Ora, però, ci stiamo dirigendo verso le aule. Mano nella mano. La cerimonia di apertura si terrà tra un paio di ore. E, per tutto questo tempo, non ci possono lasciare a fare nulla, tipo dormire.
No, ovviamente. Dobbiamo andare nelle nostre aule e iniziare a “fare amicizia” con i nostri compagni. Come se non li conoscessi già… uffa, io volevo stare a letto…!
 
Vengo risvegliata dai miei pensieri da Shawn, che mi chiede, mentre saliamo la scalinata che porta al piano della nostra classe:
-Non sarà un po’ troppo presto? I corridoi sono deserti…-
-Forse hai ragione…- affermo, mentre do un’occhiata all’orologio e verso i corridoi che ci siamo lasciati alle spalle.
-Ma guarda il lato positivo…- continuo- possiamo scegliere i posti che vogliamo senza che nessuno si lamenti- esclamo sorridendo verso il suo viso.
Lui ricambia. Però, una volta giunto in cima alle scale, sembra che gli sia venuta un’idea. Dopo l’ultima sua trovata, non so che cosa possa inventarsi.
Quando anch’io supero l’ultimo gradino, mi dice tutto contento:
-Chiudi gli occhi-.
Faccio come mi ha ordinato. Il mondo davanti a me si fa buio.
Sento i suoi passi lenti andare dietro di me.
-Ehm, Shawn…- dico un po’ esitante e intimorita. Scommetterei anche che sono rossa come un pomodoro.
-Non sbirciare…- mi rassicura. Sono proprio curiosa di che cosa si sia inventato.
Sento che mi slega i capelli e sfila il nastro rosso, molto alto che avevo usato per legare la treccia. Poi, me lo lega davanti agli occhi molto delicatamente. Se non ci fosse tutta questa calma, non sentirei la sua leggerezza. Ha il tocco di un angelo.
Sento i suoi passi ritornare di nuovo davanti a me per poi prendermi per mano.
-Ora seguimi…-
Mi faccio trasportare dolcemente, seguendo piano i sui passi riecheggiare nel vuoto corridoio. Camminiamo per qualche metro. È piacevole non pensare a dove stai andando e lasciare che qualcun altro pensi per te.
Con una brusca deviazione percepisco che mi sta portando in un’aula.
Facendo attenzione ai banchi, mi porta fino a uno di questi. Mi fa sedere dolcemente. Poi, con la massima finezza, mi leva il nastro da davanti agli occhi e lo rilega alla base della mia treccia che, non so per quale mistero divino, è ancora intatta.
Appena il pezzo di stoffa lascia il mio viso, apro gli occhi. Vedo davanti a me una grossa lavagna nera, lunga tutta la parete. Su di essa v’è scritto “Benvenuti” a caratteri cubitali, con un gessetto bianco.
Mi guardo intorno e noto che, da qui, ho un’ampia visuale su tutta la stanza. Dopotutto, sono in ultima fila. E anche dalla parte opposta alla porta.
Con lo sguardo ancora vagante, appendo la mia borsa sotto al banco, meccanicamente. Però mentre compio questo gesto, scopro una grande finestra vicino ai nostri due banchi.
E ora ricordo!
Questa è la stessa postazione del primo giorno che sono arrivata qui, a scuola. È stato proprio romantico e dolce a portarmi qui. Lo amo!
-Shawn…- dico piano, voltandomi verso di lui.
-Ti ricordi?-  ribatte lui speranzoso.
-Certo!- rispondo con il cuore che mi batte a mille. Sono troppo felice!
Infatti, subito, mi fiondo tra le sue braccia che mi accolgono in un caldo abbraccio. Mi siedo sulle sue gambe, mentre lui si scosta dal banco con la sedia.
Mentre sono ancora accoccolata tra le sue ali, con la testa appoggiata su una sua spalla, sento un leggero profumo di vaniglia farsi largo tra l’odore del disinfettante e del gesso. È così piacevole…!
Shawn inizia ad accarezzarmi la testa, piano. E il tempo scorre via, lontano dai nostri sentimenti e dalle nostre emozioni…
 
Dopo qualche minuto o secondo, non saprei dirlo con certezza, sento una voce alla mie spalle, molto divertita e anche maliziosa:
-Siamo in un luogo pubblico, piccioncini!-
Mi stacco dal petto di Shawn e mi rivolgo verso chi ha detto quella cattiveria. Vedo Xavier e Jordan entrare in classe. Ovviamente l’ho riconosciuta la voce e il primo si è beccato subito dopo una gomitata tra le costole da parte del verde.
-Xavier, Jordan! Da quanto tempo!-esclamo mentre mi alzo dalle gambe dell’albino per sedermi sul mio banco, rivolgendo la schiena verso la lavagna.
-Già, tutta l’estate- risponde Jordan mentre prende posto nella coppia di banchi accanto alla nostra.
-Come state?- chiede Shawn, con un sorriso stampato in volto. Non lo credevo così entusiasta per l’inizio della scuola.
-Tutto bene. Ci ha sorpreso molto che Aida sia l’unica ragazza nella nostra classe- osserva Xavier, mentre anche lui si mette al suo posto, di fianco al pistacchio.
-Anche a me ha sorpreso…- dico, facendo oscillare le gambe avanti e indietro, come se fossero un pendolo.
Non facciamo in tempo a continuare il discorso che sentiamo delle voci molto vivaci, e familiari, provenire dal corridoio. Ci giriamo verso la porta e all’istante compare un trio: Nathan, Mark e Axel.
-Buongiorno ragazzi!- esclama Mark, sorridendo nel suo modo buffo e vivace.
-Buongiorno anche a voi!-  ricambio il saluto. Però, non mi pare così strano essere in una classe di soli maschi. Almeno, così credo, dai nomi che ho visto sul tabellone. Ce n’era solo uno che non conosco. Chissà di chi sarà…
Axel prende posto davanti a me e Shawn, mentre gli altri due si accomodano davanti al rosso e al verde. Ora che ci penso, però, Nathan mi sembra un po’ diverso. E anche Mark. È leggermente triste. Poi, mi viene in mente la conversazione dell’altro giorno, in mensa. Così, mentre gli altri discutono del più e del meno, di come sono passate le vacanze ecc.; scendo dal banco, sotto gli sguardi pensierosi di tutti, e mi dirigo verso il turchese. Fissa il banco, dove non vi è nulla.
Quindi, batto le mani sul tavolo e lo fisso a mia volta, cercando la sua attenzione. Alza lo sguardo e io sbotto:
-Si può sapere perché non sei più nel club di calcio?!-
È rimasto molto sorpreso, non troppo, dalla mia domanda che ha rivolto tanti occhi verso di me. Continuo a guardarlo fissa. Sono pronta a fargli il terzo grado. Non me ne andrò fin quando non mi dirà una scusa accettabile che io ritengo vera. Solo allora lo lascerò in pace con questa storia.
-Bé, ecco… - sospira sconsolato – non mi piace più giocare a calcio…-
Mark lo guarda basito e triste. Sembra in lutto nazionale. Neanche io posso credere a questa insulsa scusa. Dì piuttosto che vuoi cambiare sport, che i tuoi non vogliono più che giochi a pallone, che non hai voglia, ma non una cosa del genere. Ha fatto quasi piangere Mark. Povero…
Però, non faccio in tempo a rispondergli che sento delle voci piuttosto arrabbiate provenire dal corridoio. Sono anche piuttosto familiari, ma non riesco a capire di chi siano.  
-Che cosa ci fai tu qui?!-
-Si da il caso che sono in classe con te!-
-Impossibile!-
-Ma stai zitto idiota!-
Anche Shawn si alza e insieme ci dirigiamo verso la porta spalancata. Mi affaccio sulla soglia.
Jude e David stanno inveendo contro Caleb, vicino alla porta. Probabilmente al regista non gli è andata giù la faccenda del suo nuovo compagno di classe. Io l’avevo detto.
Ridacchio, molto divertita. E anche gli altri ridono, capendo quello che sta succedendo. Secondo me non è possibile che quei due, amiconi come sono, ogni volta che si vedono devono insultarsi a vicenda.  È umanamente impossibile.
Stanno venendo verso di noi. Meglio filarsela.
 Io e Shawn ci fiondiamo verso i nostri posti e gli altri fanno finta di niente. Ma appena entrano tutti e tre, una fragorosa risata scoppia tra i banchi mentre ci guardano in cagnesco e un po’ spaesati.
-Ehi, Jude! Non hai visto i tabelloni?- esclama Axel, prendendolo in giro fra le risate.
-No, ma dovevo… - ribatte prontamente il regista, mentre io mi spancio dal ridere.
Non riesco più a fermarmi anche se tra poco arriverà il professore. Non riesco. È più forte di me. Sono troppo divertenti!
Jude si siede vicino a David, accanto ai banchi di Nathan e Mark. Caleb invece lancia la sua cartella nel banco in fondo, vicino alla parete, dietro ai due amiconi. Immaginavo, anzi, me lo sentivo che si sarebbe messo lì. È il posto preferito dai casinisti. Quindi, so già che tipo sarà Stonewall in classe. Ci sarà da divertirsi, come se non abbiamo riso abbastanza.
Smettiamo di deridere il trio e torniamo ai discorsi molto importanti.
Non è vero. Ci mettiamo solo a chiacchierare. Io parlo con Shawn e Axel, che ha ancora, di fianco a sé, un banco libero.
-Secondo me, quest’anno ci sarà un nuovo professore di inglese. Quello dell’anno scorso se n’è andato a metà anno…-
-Tu dici Shawn?-
-Si anche io lo credo. Mi pareva alquanto intimorito-.
-Comunque, credo che questa sia la migliore classe di cui io abbia fatto parte-.
-Hai ragione Aida – conclude Axel, rivolgendosi verso la porta.
Proprio in quel momento, entrano Archer, non ci ho mai rivolto la parola, Thor e il Bullo Effeminato, Kevin. Il primo si siede accanto a Caleb, anche se non li ho mai visti tanto amici. Ma credo che sia perché sono i posti più nascosti agli occhi del professore. Il secondo invece si siede in prima fila, da solo. Roteo gli occhi vedendo Kevin che si viene a sedere vicino ad Axel. Che scocciatura!
-Bene, bene. Abbiamo Miss Candeggina in classe-.
-Bene, bene. Abbiamo il giullare di corte in classe- abbaio, con un tono talmente stizzito da far paura a una vecchia insegnate zitella.
-Smettetela voi due. Siete noiosi… - fa notare Axel. Guardo Shawn negli occhi e, dopo che ha annuito serio, scoppia a ridere. Così io, Axel e il Bullo Effeminato ci aggiungiamo alle risa.
Finché non vediamo un flash color salmone affacciarsi alla nostra classe e urlare un forte e vivace “Ciao!”. Per poi scomparire e lasciarci basiti e ancora più ridenti. Sbatto il palmo della mano sulla fronte. “Hayden…” penso sconsolata e divertita al tempo stesso.
Purtroppo, però, la pacchia viene interrotta da un adulto che entra in classe contemporaneamente al suono della campanella. Il professore inizia a parlare e noi ci sediamo tutti composti, chi più chi meno.  Dopo un po’ che parla, mi viene quasi da dormire. Così, rivolgo lo sguardo da un’altra parte. Passo in rassegna i miei compagni. Sono tutti visibilmente annoiati dalle moine dell’insegnante, e non li posso biasimare. Tutti i posti sono occupati, tranne uno. Mi domando il perché. È impossibile che abbiano sbagliato a contare. Comunque sia, ritorno ad “ascoltare”  l’adulto. È così noioso!
Circa venti minuti dall’inizio della tortura, bussano alla porta, in un modo vagamente familiare.
Infatti, appena il professore dà il permesso per entrare, ci alziamo in piedi per salutare il Preside, quel vecchio bastardo, che è venuto a farci visita.
-Ragazzi, sono venuto a presentarvi un vostro nuovo compagno!- esclama tutto felice. Mi pare la stessa scena di quando sono stata trasferita. Povero nuovo studente, deve essere passato in tutte le altre seconde prima di arrivare alla sua classe. Come lo capisco…!
-Prego entra!- dice poi, rivolgendosi verso la porta, ora aperta e scrivendo il suo nome alla lavagna.
Dall’entrata entra un ragazzo, credo. Lo riconosco solo per la divisa maschile che indossa. Perché altrimenti lo avrei scambiato sicuramente per una ragazza: ha lunghi capelli biondi, setosi e occhi scarlatti. I miei compagni iniziano ad agitarsi. Ma che diavolo gli prende? Sono rimasti perplessi anche loro circa il suo sesso?
-Mi raccomando. Siate gentili con lui. Buon proseguimento!- ed infine si eclissa, sbattendo la porta alle sue spalle.
Il ragazzo credo si chiami Byron Love, un nome alquanto insolito. Mai sentito nulla del genere. E poi, il Preside ha una scrittura simile a quella dei medici, non si capisce nulla!
Mark, basito come gli altri per motivi che a me sono ignoti, si alza e, con gli occhi spalancati come tutti, esclama:
-Byron?!-
Il professore gli ordina subito di fare silenzio e rimettersi seduto. Lui fa come richiesto, ancora un po’ pensieroso. Magari Shawn ne sa qualcosa. Quindi, dopo la presentazione del nuovo studente, gli sfioro il braccio e gli sussurro:
-Ma tu lo conosci questo tipo? E perché sembrate molto sorpresi?-
Non fa in tempo a rispondermi perché  altri sussurri si sono levati nell’aula e l’insegnante ha “gentilmente” urlato di fare silenzio, mentre Byron si siede accanto a Thor.
Non lo sopporto già più quel professore!
Il resto delle ore lo passo in silenzio ad ascoltare la presentazione dei mie compagni. Non dicono granché, solo il nome, il cognome e lo sport preferito. Cose che ovviamente già so. E ho solo scoperto che anche a Byron piace giocare a calcio. Sai che novità… questa è una classe di calciatori!
L’intervallo l’abbiamo saltato per la stupida cerimonia di apertura, un’altra noia assoluta.
Alla pausa pranzo, però, stranamente, tutta la classe si siede in un unico grande tavolo. Non ho mai visto dei compagni così affiatati. Non è strano conoscendo i soggetti, però, non so. Mi aspettavo che fin subito si formassero dei piccoli gruppi.
Io mi siedo accanto a Shawn, ovviamente, verso la fine del tavolo. Non mi piace essere al centro, meglio stare sui lati. Davanti a me si siede il misterioso ragazzo che non ho ancora scoperto il motivo per cui gli altri lo conoscono. Anche Shawn vedo che ci parla normalmente.
Mentre tutti chiacchierano, io mi alzo e chiedo a gran voce, indicando Byron:
-Qualcuno mi può spiegare perché lo conoscete?!-
Anche l’interessato si stupisce, come tutti, della mia domanda. Delle piccole risate cominciano a levarsi dal tavolo. Però, se nessuno mi dà una spiegazione è ovvio che poi io mi arrabbio e attiri l’attenzione.
Shawn mi fa sedere con calma e poi, inizia a spiegare, sotto lo sguardo divertito di tutti:
-Si è unito per un breve tempo nella squadra di calcio della Raimon, per sconfiggere gli alieni. E poi, l’abbiamo anche incontrato nello scorso FFI, nella nazionale coreana-.
-L’abbiamo anche sfidato quando faceva parte della Zeus, una squadra geneticamente modificata da Ray Dark, un uomo spregevole che odia il calcio- aggiunge serio Jude, mentre tortura il suo riso.
-Ah, quindi, sono l’unica a non averlo mai visto…- concludo, pensando a quello che mi hanno detto.
-Esatto!- esclama tutta la classe, per poi scoppiare definitivamente a ridere sotto lo sguardo basito degli altri compagni di scuola.
Mentre riprendiamo a mangiare, con le idee più chiare nella mia testa, Mark, seduto qualche posto più in là, gli chiede:
-Byron, ma come mai ti sei trasferito in questa scuola? Non vivevi in Corea?-
-Si. Però mio padre è stato trasferito e quindi eccomi qui, a Tokyo- risponde semplicemente, per poi addentare una pesca. Non mi ricordavo che nella presentazione di questa mattina avesse una voce così piacevole. E poi, appena lo avevo visto, me l’aspettavo più femminile.
-Quindi non sei giapponese?- gli domando, cascando dal pero e indicandolo con la forchetta. Lui scuote la testa. Però, parla bene il giapponese. Boh, per me è strano.
Continuiamo la conversazione, che si fa sempre meno seria, finché non arrivano Silvia, Cammy e Nelly, accompagnate da una ragazza leggermente più bassa, con capelli blu e occhiali. Quest’ultima mi pare di non averla mai vista.
-Ciao a tutti!- saluta sorridente Silvia.
-Vi unite a noi?-
-No grazie, abbiamo già pranzato. Vedo che l’Inazuma Japan è al completo in questa classe…- nota Nelly, tenendo le braccia incrociate sul petto.
-Si! E abbiamo una novità!- esclama stupidamente Mark.
E così, anche loro, essendo state le manager della squadra, si stupiscono della presenza del biondo. Così inizia, per la seconda volta, la serie di spiegazioni estenuanti per i miei poveri neuroni.
Una volta finito di chiarire le idee alle ragazze, domando a quella che non ho mai visto:
-Come ti chiami?-
-Oh, giusto, che sbadata. Sono Celia Hills e sono del primo anno- è molto gentile, vedendo la sua espressione. Credo che anche lei sia stata compagna di Silvia e le altre, notando il feeling che c’è tra loro. Bé, meglio così. Almeno ci sarà qualche altra ragazza che conosco.
-Piacere sono Aida Hunt. Chiamami semplicemente Aida –le sorrido, presentandomi.
-È la sorella di Jude –puntualizza Nelly, mettendo i puntini sulle i, come alle elementari.
Aspetta… Jude ha una sorella?! Da quando?! E perché io non ne sapevo nulla?!
Naturalmente rimango un po’…  molto, sorpresa. Sposto lo sguardo da Jude a Celia e da Celia a Jude, per un po’ di volte. Non si assomigliano per niente.
Scusate, ma il cognome di Jude non è Sharp? E quello di Celia è Hills? Ma…?
Non faccio in tempo a chiedere spiegazioni, anche se immagino quale siano, che un uragano azzurro che trascina di peso una ragazza dai capelli rosa, arriva al nostro tavolo, unendosi al vocio di gente.
 
***
 
Vedo Aida che sta per chiedere qualcosa, molto pensierosa, ma all’improvviso arrivano Suzette che trascina di peso Victoria. Che cosa ci fanno qui? Possibile che si siano trasferite anche loro? Mi sembra alquanto strano…
-Salve a tutti! Vi siamo mancate?- esclama tutta entusiasta l’azzurra, mentre Victoria, dietro di lei, tira un sospiro di sollievo. Anche gli altri paiono abbastanza sorpresi di vederle, tranne per le ragazze. Credo che siano in classe con mio fratello.
Ma, tralasciando il piccolo dettaglio, Suzette, sempre allegra, sta guardando curiosa Aida, che non mi pare molto a suo agio. Bé, posso capirla: l’azzurra è a pochi centimetri dal suo viso con un espressione pensierosa, come se stesse per farti il terzo grado. Alla fine, dopo un’accurata osservazione, sbotta:
-Chi sei tu?-
-Sono Aida, molto piacere…- si presenta subito, chiedendo a sua volta il nome della ragazza, nel suo modo insolito di lasciare in sospeso la frase.
-Suzette Hartland in persona. E lei è Victoria. Siamo delle vecchie compagne di squadra della tua classe- le risponde prima indicandosi e poi rivolgendosi alla rosa, che ha iniziato una conversazione con Silvia e Celia su quanto sia fastidiosa Suzette. Non la posso biasimare…
-Sei nuova anche tu?- continua l’azzurra.
-No. Ho giocato con loro nell’ultimo FFI…-
-Ah quindi li conosci già. E dimmi, chi ti piace?- domanda ansiosa. Ecco Suzette in azione. Però, mi viene da ridacchiare e divento anche un po’ rosso. Modestamente, conosco già la risposta.
-Veramente, sono la “fidanzata” di Shawn- risponde Aida, colorandosi di rosso. Suzette assume uno sorrisetto malizioso, mentre Celia e Victoria rimangono basite. Mi pare minima come reazione.
-Non mi dite che vi siete trasferite anche voi in questa scuola?- cade dal pero Mark. Credo che sia piuttosto ovvia come cosa.  Ma mi chiedo, perché proprio questa scuola…
-Già! È fantastica, stupenda, magnifica, enorme, l’ho già detto fantastica?!- Suzette è molto contenta di essersi trasferita, non mi pare che gli manchi molto la sua città.
-Ma, Shawn, toglici una curiosità…- inizia Victoria, che si è intromessa nella conversazione, con tono pacato e assorto.
-Chi diamine è quel ragazzo che dice di chiamarsi Hayden Frost?!- conclude l’azzurra, indicandolo in fondo alla sala, in compagnia di alcuni suoi compagni.
-Mio fratello…- rispondo abbastanza intimorito. Lo so, è parecchio strana la cosa.
Suzette, però, non del tutto convinta, si dirige verso Hayden e lo porta di peso qui.  
-Che mi sono perso?- dice un po’ spaesato.
-È vero che sei il fratello di Shawn?!- gli chiede Suzette. Anche Byron sembra abbastanza sorpreso. Oggi mi sa che è la giornata delle novità e delle spiegazioni.
Hayden annuisce, poco convinto della situazione, che pare sempre più ridicola. Ma, dopo le dovute spiegazioni ai nuovi arrivati, ci mettiamo animatamente a chiacchierare del più e del meno. Scopriamo che Aida sarà nella squadra di calcio insieme a Suzette e a Victoria, il capitano. E, inoltre, Byron, che anche lui ha deciso di unirsi al club di calcio, sarà nella seconda squadra, insieme a mio fratello.
Spero che vadano d’accordo. Anche se, conoscendo Hayden, sarà molto difficile.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6: Halloween! ***


RAIMON HIGH SCHOOL

CAPITOLO 6: HALLOWEEN!

Caro Diario,
è da molto tempo che non ci parliamo. Come stai? (sembro una ritardata, seriamente)
Qui alla Raimon il tempo passa in un lampo. Siamo già alla fine di ottobre (cioè Halloween!) e questi due mesi mi sembrano volati. I giorni sono passati veloci tra allenamenti, scuola e ore di “studio” quando ci ritroviamo in biblioteca per fare i compiti.
Con la mia classe non ci si annoia mai, ogni giorno c’è sempre qualcosa di nuovo. Anche se sono tutti maschi, sono felice di essere capitataci. E poi anche durante gli allenamenti di calcio mi diverto un sacco.
Si, li ho ripresi alla fine. Volevo abbandonarlo ma per brutti complotti del destino sono ritornata a giocare a pallone. Strano vero?
Comunque sia, sono in squadra con Suzette, che ho scoperto essere alquanto esaltata per tutto e anche molto vivace (a volte troppo), e con Victoria, il capitano. Credo anche di sapere come mai il mister l’abbia scelta: ha lo stesso carisma di Mark, solo un po’ meno eccitata per ogni partita, con lo stesso modo di incoraggiare la squadra. Si vede che è stata nello stesso Team di Evans.
Per il resto, le altre mie compagne sono davvero odiabili. Non mi spreco neanche ad imparare i loro nomi. Sembrano le Rose Rosse versione calcistica. Hanno la puzza sotto il naso e sono tremendamente snob. Secondo me sono uscite da una fabbrica di bambole per nobili. Le odio! E loro odiano me! Fantastico!
Soprattutto una: la numero 10, l’attaccante di punta. Si comporta sempre da superiore, crede di sapere sempre tutto, si vanta quando fa un goal ma non esulta. Semplicemente rimane a vedere la porta e incrocia le braccia sul petto, come per sfidare il portiere. Ma chi si crede di essere?!
Snob a parte, è davvero divertente giocare a calcio, al contrario di quel che pensassi. Finora abbiamo disputato in un piccolo torneo cittadino. Siamo arrivate seconde, anche se io non ho giocato quasi mai per il livello fisico (molto basso) a cui sono. Mi manca la resistenza… riesco a correre solo per mezz’ora, poi muoio a terra.
 Nonostante il loro comportamento, le mie compagne sono davvero brave giocatrici. Hanno delle tecniche davvero potenti e il nostro portiere potrebbe anche superare Mark, un giorno. Ovviamente scherzo, ma sono molto modesta.
Inoltre, il nostro mister ha indetto un torneo tra le squadre della nostra scuola, previsto per le vacanze invernali. Una sorta di mini-mini-torneo. In pratica ci sfideremo tra di noi. Ma i dettagli sono ancora top-secret. Non vedo l’ora!
Per dire due parole sulle altre squadre e sui miei compagni, posso solo dire che sono gli stessi del FFI. Credevo che una volta iniziata la scuola avrebbero cambiato in parte il loro comportamento. E invece no. Nella mia classe il primo in classifica nello studio è Jude, su questo non si discute. Neanche un miracolo mi farebbe ottenere il suo posto. Non è antipatico. Neanche sua sorella. È gentile e simpatica, come Silvia, solo che Celia ha un pizzico di, come dire, trasgressione nelle vene. Cosa che Jude non ha minimamente.
Per parlare ancora delle persone che ho conosciuto all’inizio della scuola, Byron è un tipo simpatico, anche se un po’ strano e a volte altezzoso. Non ho molto da dire su di lui visto che non gli rivolgo la parola molto spesso. Per il resto, va tutto bene, come sempre.
Come vanno le cose con Shawn? Molto bene!
Credevo che questa faccenda dei fidanzatini intaccasse il nostro rapporto di profonda amicizia. Invece mi sbagliavo. Ogni fine settimana usciamo da soli o in compagnia ed è sempre un piacere stare con lui. Ovviamente, altrimenti non avrei accettato la sua dichiarazione. Che scema che sono!
C’è solo un piccolo difettuccio nella nostra relazione: sono estremamente gelosa, anche se cerco di nasconderlo meglio che posso…
Con questo non dico che non mi fido di lui. È che non mi fido delle altre ragazze. Perché ho notato che il mio “ragazzo” fa molto scalpore tra le ragazze. E per di più è anche una stella del calcio. Quindi, dimmi un po’ tu…
Shawn, però, questo mio piccolo difetto, l’ha notato e mi ha già rassicurato nel suo modo dolce e affettuoso che non c’è motivo per cui io sia gelosa e che non andrebbe mai con nessun’ altra ragazza. È stato un momento molto romantico!
Mi disgusto da sola… sono proprio fuori stasera!
Ora finisco qui. Ho sonno. Per poco non mi addormento sulla penna, rischiando alla mattina di ritrovarmi il segno rosso in mezzo alla fronte. Comunque, alla prossima (che non so quando sarà visto i miei numerosi impegni).
Addio!
 
P.s.: è così mostruosamente tardi che è quasi presto!
 
***
 
Detesto con tutta me stessa svegliarmi tardi alla mattina. E lo odio ancora di più se ti svegli e mancano solo cinque minuti prima che suoni la campanella e il professore che detesti entri in classe.
Infatti è questa la situazione in cui mi trovo. Credo di sembrare un’idiota mentre corro con un toast in bocca e mi allaccio la piccola cravatta della divisa. I capelli non ho avuto nemmeno il tempo di legarli come si deve, quindi sono sciolti e selvaggi. E sto sudando manco fossi a un allenamento!
Shawn, questa mattina, non mi è passato a prendere come fa di solito, perché doveva andare a prendere chissà che cosa in biblioteca. Non dico che sia colpa sua, è solo che così avevo un pretesto per puntare la sveglia, cosa che ieri sera mi sono dimenticata.
Arrivo con tre minuti d’anticipo davanti alla porta della mia classe, così ne approfitto per tirare un sospiro di sollievo e sistemarmi un po’ in modo da essere presentabile. Mi sistemo la divisa e finisco di consumare la mia “colazione”.
Mi affaccio sulla porta, come se stessi per entrare e vicino alla finestra opposta alla porta vedo Jude e Caleb che stanno litigando animatamente (anche troppo) per una tapparella. Ma si può essere più infantili di quei due?
Mentre mi porgo questa domanda rimango sulla soglia, con un sopracciglio alzato e abbastanza pensierosa sull’età di quei due. Sono o no dei bambini di due anni o poco meno?
Non importa, però, perché si sa: alla mattina siamo tutti un po’ fuori di testa. Me compresa… a volte, sia chiaro.
Appena metto un piede in classe non mi accorgo nemmeno, assorta come sono da comportamento ambiguo di quei due, di Jordan che è nascosto accanto alla porta, in modo che chi è fuori, dov’ero prima io, non lo possa vedere. Quindi, appena salta fuori dal suo nascondiglio urlandomi un sonoro e forte “Buh!”, faccio un salto di qualche “metro” per lo spavento. Giuro che lo uccido con le mie mani!
-Jordan!!!- urlo dopo essermi ripresa dal trauma. Mentre la classe si diverte e ride come un branco iene in uno zoo. Maledetti!
Come se non avessi corso già abbastanza, mi metto a inseguirlo, dopo aver lanciato la mia borsa sul mio banco. Se lo prendo lo concio peggio di un tacchino spennacchiato!
Ma la mia ira funesta viene interrotta dal suddetto professore odioso, che ci ordina all’istante, manco fossimo in una caserma militare, di sederci ognuno ai propri posti. Gli ordini sono ordini, anche in questo caso. E non voglio un due…
Mi accomodo vicino a Shawn, ancora ridente per il mio salto da olimpiadi. Gli do una gomitata e più o meno riesci a contenersi, anche se è molto divertito. E, si sa, una risata tira l’altra e così mi metto a ridacchiare anch’io, evitando gli sguardi minacciosi dell’insegnante.
Poi, prendo un foglietto di carta e iniziamo a parlare così, passandoci il bigliettino. Inizio io scrivendo:
“Spero che l’idea dello scherzo non sia tua…”
Glielo passo. Dopo poco ritorna…
“Certo che no. Ha organizzato tutto Xavier”.
“Xavier?! Ne sei sicuro?
 “Giuro. Quando sono arrivato avevano già in mente tutto”.
“Sarà…”
“Sei buffa quando ti spaventi…!”
“Non è vero!”
Passo l’ultima risposta a Shawn. Dopo averla letta mi annuisce trattenendosi dal ridere. E io metto il broncio, facendo la finta offesa. Anche se non sono molto brava e quindi finisco per sorridere anch’io.
 
Nel corso della giornata mi fanno tanti altri scherzi, e io ci casco ogni volta come un pollo. Da una parte è irritante, ma dall’altra è molto divertente.
Arrivata l’ora di pranzo, mi siedo con le ragazze per una volta. Ma non sto tanto ad ascoltare i loro discorsi, e origlio cosa dicono i ragazzi nel tavolo dietro di me. Stanno pensando di organizzare una festa, visto che oggi è Halloween.
-Aida, ti vedo molto offesa. Cos’hai? - mi chiede Celia, accanto a me. Probabilmente si è accorta che non sto ascoltando e che sto torturando la mia povera insalata.
-Nulla in particolare. Sto pensando a un modo per vendicarmi dei miei compagni…- rispondo affondando la forchetta in un pomodoro.
-Come mai? - fa Cammy.
-Semplice. Visto che oggi è il 31 ottobre, hanno pensato bene di spaventarmi in ogni modo possibile. E io ci casco ogni volta-.
Le ragazze si mettono anche loro a ridacchiare, meno forte di come hanno fatto i miei compagni la mattina. Ma comunque stanno ridendo…
-Hai già qualche idea? -
-No, Silvia. Purtroppo nessuna…-
Le rispondo. Nemmeno il tempo di due secondi, che Mark si affaccia al nostro tavolo e ci comunica la grande novità:
-Ragazze, stasera abbiamo organizzato un pigiama-party per Halloween. Guarderemo un film horror e ci racconteremo storie di paura e cose così. Voi vi unite? -
-Se avete il coraggio…- aggiunse quell’insopportabile di Caleb.
A quel punto mi viene un’idea geniale di vendetta. Perfetto! Rispondo subito si, anche per le ragazze e chiedo dove e a che ora. Alle dieci e mezza in camera di Jude. Perfetto!
Le ragazze mi guardano un po’ sorprese e perplesse. Ma sono sicura che si divertiranno anche loro con il piano che ho in mente.
Perciò, dato che nessuna delle nostre classi ha lezione nel pomeriggio e gli allenamenti sono sospesi per oggi, visto che è Halloween e il mister aveva previsto questo genere di feste, colgo la palla al balzo e raduno Cammy, Silvia, Celia e Nelly nella mia camera.
Appena si siedono comodamente sul mio letto e sulla mia sedia, chiudo la porta a chiave in modo che nessuno possa intromettersi. Mi piazzo al centro della stanza, con le braccia puntate sui fianchi ed esclamo:
-Ho trovato il modo per vendicarmi! -
-E come? Sono curiosa…- dice Nelly, un tantino sarcastica. Deve essere convinta che sia una cosa tremendamente infantile.
-Li faremo spaventare come non mai, nella loro vita!- dico, facendo dei gesti con le mani come se fossero dei fantasmi.
Le ragazze si misero sull’attenti. Più curiose che mai. Visto Nelly? Non ti pare così ridicola come idea.
-Che cosa hai in mente Aida? -
-Lo vedrete. Vi dirò tutto per tempo. Ora dobbiamo prendere l’occorrente. Ci servono: un vestito bianco, dei trucchi rossi e neri, lenti a contatto rosse, e tinta rossa. E anche oggetti scenografici…-
Che inizi lo spettacolo!
 
***
Ci siamo radunati alle dieci in mezza in camera di Jude, come stabilito. Ci siamo tutti tranne le ragazze. Sono in ritardo già di venti minuti. D’accordo che sono un po’ lunghe a prepararsi, ma non credo così tanto. Spero che non sia capitato nulla di grave. Oppure la sorveglianza le ha beccate lasciare il dormitorio. Non so, sono preoccupato, come Jude, del resto. Tra le ragazze c’è anche sua sorella, non lo posso biasimare.
Le stiamo aspettando tutti impazientemente, chi seduto per terra, chi sul letto di Jude che è stato scambiato per un divano, chi, come me, in piedi che gira per la stanza.
-Ehi, Shawn, rilassati! Sai come sono le donne…! - mi dice Axel, mentre inizia a mangiare i pop-corn di nascosto.
-Si, lo so… però…-
-Scommetto che hanno rinunciato per la paura…-
-Caleb, piantala- si impose Jude, anche lui preoccupato per la sorella.
All’improvviso qualcuno inizia a cantare. Una melodia appena udibile e molto acuta. Ovviamente è Caleb. Chi altri altrimenti…?
-Caleb, smettila! - disse Jordan, dandogli una gomitata dritta nelle costole.
-Ma io non sto facendo nulla! -
-Si certo, e io sono Superman- disse sarcastico Byron che si è appropriato del televisore e sta facendo zapping in cerca di qualche film dell’orrore.
-Ma è vero! - insiste Caleb, cercando di parlare sopra alle risate scoppiate a causa della battuta di Byron.
Io non ho proprio voglia di ridere. Sono preoccupato per le ragazze e soprattutto per Aida. Se le fosse successo qualcosa non me lo perdonerei. Passeggio avanti e indietro lungo il perimetro della stanza, cercando di calmarmi, mentre gli altri iniziano visibilmente ad annoiarsi. Qualcuno si è messo pure a giocare a carte. Passano altri dieci minuti e l’ansia e la noia si fanno pesanti nella stanza.
Come dal nulla, si sente ancora Caleb cantare quell’irritante musichetta. Jude prova a zittirlo ma Stonewall afferma che non è lui a fare quei suoni così macabri e inquietanti.
Passano altri minuti e si sente di nuovo quella melodia così fastidiosa.  Tutti siamo sicuri che sia Caleb, ma è proprio lui a sbottare:
-La sento anch’io. Quindi zitti. E chiunque sia la smetta subito! -
Ma nessuno fa in tempo a spiegare perché le luci si spengono all’improvviso. La stanza si fa subito buia e all’istante tiriamo fuori i cellulari, per far luce e riaccenderla.
-Kevin, io te l’ho detto di non appoggiarti sull’interruttore… - fa notare Nathan, tenendo il cellulare puntato sul volto di Kevin.
Peccato che questo sia diametralmente opposto all’interruttore e che non sia stato lui a spegnere la luce. Così Xavier, il più vicino, lo preme.  Tutti ci aspettiamo che la luce sfarfalli per poi accendersi completamente. Ma la stanza rimane uguale a prima, completamente buia.
-Probabilmente sarà saltata la corrente…- fa David. E infatti sembra la spiegazione più razionale, se non fosse che il televisore è perfettamente acceso e funzionante.
Iniziamo a preoccuparci seriamente. Quello che sta succedendo in questa stanza non sembra essere, da nessun punto di vista, logico.
Proviamo ad aprire la porta, ma questa è chiusa a chiave, dall’esterno!
-Bé, aspettiamo che ritorni la luce… magari stanno facendo qualche lavoro…-
-Ma Mark, se fossi come dici tu, non pensi che anche la corrente manchi? - nota Jude, armeggiando con il suo cellulare, forse per fare più luce.
Dopo qualche secondo sentiamo una porta cigolare, ma non è quella della camera di Jude. Pare che provenga dall’esterno. Nessuno fiata e anche la TV si spegne. Da sola.
Con un forte botto, la porta che abbiamo sentito prima si chiude. Tutti noi ci spaventiamo leggermente da questo rumore improvviso anche se nessuno lo dà a vedere molto.
Io ho il cuore che sta per arrivarmi alla gola, anche se non mi spavento facilmente.
Un pesante silenzio piomba su di noi, facendo risaltare l’oscurità che ci avviluppa come in una morsa. La situazione si fa sempre più lugubre, con diversi rumori di porte che si aprono e poi sbattono, melodie sinistre e acute e anche, qualcuno che urla in modo disumano; come se stesse soffrendo le più crudeli torture. Solo a pensarci mi vengono i brividi lungo la schiena.
All’improvviso, dopo qualche lungo minuto di silenzio tombale, si spalanca la finestra.
Ovviamente, ci voltiamo verso questa ed un’oscura ombra appare, comodamente seduta sul davanzale, con la luce della luna che la illumina da dietro alle spalle. Direi che ci spaventiamo… e anche molto…!
Tutti arretriamo verso la porta, con il cuore ormai in gola e il fiato corto per l’ansia.
L’ombra si mette in piedi e si avvicina sempre più, mentre noi ci appiattiamo contro la parete opposta alla finestra, per sfuggire agli artigli di quella oscura figura. La luce dei cellulari è troppo debole per rivelarne l’identità…
Quando si allontana dalla finestra, questa si richiude con un colpo secco. Come un osso che si spezza.
Le figure sono confuse, ma tutti noi notiamo che estrae qualcosa da dietro la schiena. Ipotizzo le peggiori possibilità, come un pugnale, una forbice, una mannaia…
Ma invece è solo una potente torcia che ci punta contro. Poi la lascia cadere a terra. Ancora accesa.
E si avvicina.
Ancora e ancora.
Sempre di più.
Quando arriva alla stessa altezza della torcia a terra, la luce di questa rivela l’aspetto sanguinario dell’ombra: una ragazza, con lunghi capelli neri insanguinati, occhi rossi, labbra scarlatte; indossa una tunica bianca, come la sua pelle, incorniciata da chiazze color porpora e strappi ovunque e un ciondolo nero che sembra provenire da un rituale satanico, per quanto è intrecciato e grande. Esattamente un cadavere che cammina e respira.
Oddio, non so neanche io dove sia finito il mio cuore per la paura che sto provando. Riesco quasi a sentire anche quello dei miei compagni accanto a me.
Quella situazione macabra e agonizzante continua in eterno. Finché, la ragazza non si mette a ridere, molto divertita.
La porta che fino a quel momento era stata chiusa dall’esterno si apre, facendo scansare alcuni miei compagni. Entra Celia, vestita da notte che ride tenendo in mano il suo portatile. Ha lo stesso modo di ridere folle e divertito della ragazza al centro della stanza.
Si accendono le luci e vedo i volti spaventati e confusi dei miei compagni. Inoltre, vicino alla finestra, vestito di scuro, compaiono Nelly e Silvia che ridono anche loro. Cammy, invece, si trova in un angolo della stanza lontano da noi mentre si tiene la pancia per il troppo ridere e con l’altra tiene una specie di tubo di cartone.
Ora capisco. Era un loro scherzo!
-Non c’è nulla da ridere! - dicono a turno Kevin e Caleb, offesi e anche irritati.
Devo ammettere che, adesso che ci ripenso, deve essere stata una scena davvero esilarante vista da fuori. Ma posso assicurare che non è la stessa cosa vista da dentro!
La ragazza al centro della stanza sta ancora ridendo tenendosi la pancia per non scoppiare.
-E invece sì! Dovevate vedere le vostre facce! - esclama in risposta a quello che avevano precedentemente detto i due. Ma non riesco ancora a capire chi sia…
Mentre si asciuga le lacrime dal troppo ridere, si toglie la parrucca nera sporca di “sangue” per rivelare dei lunghi capelli bianchi. Aida?!
È molto… diversa versione demone-ragazza!
-Possiamo fargli vedere le loro reazioni. Ho registrato tutto! - dice Celia verso l’amica mentre digita qualcosa su sul portatile.
-E come…? -
-Semplice Nathan. Vedete l’amuleto che porta al collo Aida? Bene, lì dentro c’è una telecamera che ha registrato tutto l’accaduto sul mio pc-.
Aida si avvicina all’amica e le domanda se può farci vedere la registrazione. Ovviamente può quindi, ci appostiamo dietro alle spalle di Celia e cominciamo a vedere il filmato. Siamo esilaranti, oserei dire!
Nel frattempo in cui le ragazze finiscono di spanciarsi dalle risate, noi scegliamo il film da guardare. L’hanno scelto Caleb e Byron, quindi non so che razza di film possano aver selezionato. In tutti i sensi.
 
La serata passa piacevolmente tra squartamenti e spaventi. E anche storie del terrore e risate.
Dopotutto è Halloween! 


Angolino autrice occupata(?)
Ecco qui il sesto capitolo. Wow! Di già? 
Ad ogni modo, spero vi sia piaciuto e ricordo di farmi sapere che ne pensate con qualche piccola recensione ^^
La vostra opinione è importante per me ^^
Tanti saluti

BloodGirl
 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7: Oh no... ***


RAIMON HIGH SCHOOL
 

CAPITOLO 7: Oh, no…

Vedo tutto nero, buio. Ovunque mi volti vedo solo oscurità sconfinata. Faccio un passo. E un altro. Non succede nulla. L’aria è opprimente. Mi manca il respiro. Come se fossi morto.
All’improvviso, dal nulla, compare una piccola macchiolina bianca poco lontana da me. Inizio a camminare per andare via da quelle tenebre così opprimenti.
Poi corro, non riuscendo a raggiungerla. Il nero angosciante mi ingoia sempre più, non permettendomi di raggiungere la mia unica fonte di salvezza.
Finché, una forza misteriosa e prepotente mi fa fermare in mezzo al nulla, molto lontano dalla luce bianca. Questa però, inizia ad avvicinarsi lentamente. Ma con una luce così abbagliante che sono costretto a chiudere gli occhi quando è a poca distanza da me.
Tutto quel candore mi investe, come se fossi al centro di una valanga. Quando riapro gli occhi, tutto intorno a me è bianco. Troppo bianco.
Sono solo. Troppo solo. Intorno a me c’è il nulla.
I miei occhi riescono ad abituarsi facilmente a tutta quella luce. Ma quando provo a muovere un passo, non riesco. Il mio corpo è paralizzato. Io sono paralizzato. In un universo totalmente bianco e accecante.
Inizia a girarmi la testa.
Lo scenario ridiventa nero e scuro e opprimente, con una cascata di frammenti di vetro.
Poi bianco.
Nero.
Bianco.
Nero. E così via. In un ciclo continuo di tortura e sofferenza.
Fino a quando, il bianco diventa sfumato di azzurro, come in un cielo scialbo, privo di vita…
Sento qualcuno che mi chiama. Ma è distante. Quasi come se fosse un eco invisibile.
La voce mi è familiare. Purtroppo però non riesco a capire di chi sia…
 
-Shawn…! -
Apro gli occhi. Ma li richiudo subito. Ho sonno e voglio solo dormire altri dieci minuti.
-Shawn…! -
Sento qualcuno che chiama il mio nome. Riconosco la voce di Hayden. Mi sta anche scuotendo per le spalle.
Secondo me è ancora presto, anche se è inusuale che sia lui a svegliarmi. Di solito è il contrario. Lentamente alzo le palpebre e vedo il muro azzurro di camera mia.
Mi tiro le coperte fin sopra alla testa e mugolo:
-Altri cinque minuti…-
-Shawn è tardi! -
-Altri due minuti…-
-Shawn, muoviti! Devi andare a prendere Aida…! -
Giusto. È vero. Devo andarla prendere per poi fare colazione insieme. Però, ho una strana voglia di dormire. Non mi era mai capitato. Sarà che si sta avvicinando l’inverno… ma io oggi di alzarmi non ne ho voglia. E poi, domani, iniziano le vacanze natalizie quindi anche se perdo un giorno, non morirò mica. Però mi devo alzare, altrimenti farò preoccupare Aida. E poi oggi viene l’esperto dei disastri naturali e non voglio farmi passare gli appunti. Quindi scosto le coperte e dico con la voce ancora impastata:
-Va bene…-
Mi stropiccio gli occhi ancora sdraiato. Appena mi metto a sedere, un forte giramento di testa mi prende alla sprovvista. Ricado sul cuscino. Cerco di calmarmi e aspetto che ritorni a vedere normalmente. Gli occhi chiusi e un braccio sulla fronte.
-Shawn, va tutto bene? -
Hayden se n’è accorto. Sospiro. E rispondo, tranquillamente:
-Si, va tutto bene-
Riprovo ad alzarmi e questa volta non c’è nessuna fitta di dolore a sorprendermi. Solo un lieve mal di testa mattutino. Mi preparo il più velocemente possibile per non essere in ritardo. O altrimenti, Aida si preoccupa. Oppure si ingelosisce…
Purtroppo però, mentre mi sto sistemando la cravatta rossa della divisa, un altro giramento mi sorprende. Devo reggermi al bordo del lavandino per non cadere.
Dura solo qualche secondo e mio fratello pare non essersene accorto.
-Shawn, io vado. Ci vediamo in giro! -
-Ok! Ciao – rispondo dal bagno, prima di sentire la porta sbattere e lui correre nel corridoio.
Finisco di sistemarmi ed esco anch’io. Il dolore alla testa si fa sempre più prepotente.
Credo di aver bisogno d’aria. Oppure di riposo. Ma sono sicuro che tutto questo sia dovuto al fatto che ho dormito male stanotte. Almeno, spero.
 
***
Mi sto sistemando la treccia, davanti allo specchio del mio bagno. È un disastro! Come tutte le mattine. Non importa… la farò andar bene. E poi, oggi è l’ultimo giorno prima delle vacanze natalizie! Evviva!
Ho aspettato tanto questo momento. Finalmente potrò dormire fino alle undici e non studiare!
Inoltre, domani ci sarà il torneo di calcio che ci aveva detto il mister!
Non vedo l’ora!
Chiederò alle mie compagne di farmi giocare e, se anche non accettassero, entrerò lo stesso in campo per sfidarmi contro i miei compagni. Che bello!
Mentre sono assorta nei miei pensieri, sento bussare alla porta. Probabilmente sarà Shawn che è venuto a prendermi e poi andare insieme a fare colazione, come ogni giorno.
Mi dirigo verso la porta, sciogliendo la mia orribile treccia per lasciare i capelli sciolti. Nel tragitto afferro anche a cartella.
Apro la porta e saluto subito Shawn con un sonoro e risvegliante “Buongiorno!”
Lui però si limita a scuotere la mano, per ricambiare. Solitamente mi saluta affettuosamente. Ma oggi no.
-Tutto ok? -
-Si, non ho dormito bene stanotte…- si certo, lo conosco fin troppo bene. È pallido e ha gli occhi spenti. È impossibile che abbia passato una semplice notte in bianco.
-Sicuro? -
-Si… bene. Proseguiamo- mi prende per mano e ci dirigiamo verso la mensa, come se nulla fosse successo.
 Ma io non ci casco così facilmente. È troppo bianco e si vede dall’espressione dei suoi occhi che c’è qualcosa che non va. Spero vivamente che mi faccia partecipe. Non voglio avere segreti con lui.
Proseguiamo lungo i corridoi e finalmente giungiamo in mensa, dove c’è sempre una gran confusione.
Prendiamo i vassoi con la colazione e ci accomodiamo ad un tavolo posto in un angolo, solo per noi due.  Così abbiamo il nostro momento “Noi” giornaliero.
Shawn, però, non è vivace come gli altri giorni. Cioè era calmo ma sempre con il sorriso sulle labbra. Oggi è quasi depresso, turbato da qualcosa.
-Shawn, c’è qualcosa che non va? -
-No, nulla. Sono solo un po’ stanco. Ma non parliamo di me, come stanno andando gli allenamenti? -
-Shawn, me l’hai già chiesto ieri. Davvero, dimmi cos’hai… magari posso fare qualcosa…-
-No, lascia. Ho solo un po’ male alla testa… è solo stanchezza-
Non rispondo. Ma secondo me è qualcosa di più che una semplice emicrania. Continuiamo a parlare normalmente, come se non stesse soffrendo. Un po’ mi dispiace perché non so quanto dolore stia provando e temo di forzarlo a chiacchierare.
Quando, vedo entrare in mensa Victoria. Proprio lei cercavo!
Devo chiederle i dettagli per il torneo perché io non so nulla. Strano vero. Sembra che non faccia parte della squadra. Ma io sono spesso con la testa fra le nuvole. Basta guardarmi in classe.
-Puoi scusarmi un attimo? -
Lui annuisce. E io mi allontano sempre più preoccupata nel profondo per lui.
 
***
Questo mal di testa mi farà impazzire. Non riesco a pensare a nulla. A malapena riesco a parlare delle solite cose con Aida.
Devo resistere, almeno per le prime due ore di lezione. Poi posso anche spegnere il cervello. Oggi in quelle due ore ho un’interrogazione abbastanza importante e vorrei alzare la media prima di iniziare le vacanze.
Mentre per le altre sono solo materie noiose. Come il progetto che non seguirò.
Sto fissando il posto vuoto davanti a me. Quello lasciato libero da Aida.
Non voglio farla preoccupare inutilmente.
Come se fossero passate delle ore da quando lei si è alzata, sento una mano sulla mia spalla.
Mi volto e vedo Axel.
-Ciao-
-Ciao Shawn! Come va? -
-Tutto bene, grazie. Tu? -
-Bene. Sei pronto per il torneo di domani? Scommetto che non vedi l’ora di scontrarti con la tua ragazza…- dice un po’ malizioso. Ma non ho proprio voglia di ridere o pensare oggi.
Perché non riesco. Non gli rispondo e mi limito ad annuire, come se ci stessi effettivamente pensando. E invece sto solo sopportando il dolore.
Non riesco proprio a pensare ad altro.
I minuti passano veloci e nello stesso momento molto lenti. Riprendo veramente conoscenza solo quando arrivo in classe ed il professore entra.
Sembra che abbia compiuto i gesti in automatica per arrivare qui. Come se fossi abituato a comportarmi ed eseguire i passi per arrivare qui. Come se tutto il tempo che ho precedentemente trascorso sia passato in un lampo. Come se le lancette dell’orologio fossero saltate a questi istanti.
Questo mal di testa mi farà diventare matto. O forse, sono solo in ansia per l’interrogazione che può cambiare la mia media.
Ma non mi pare che la scuola sia così importante per me. Cioè anche a me importa di essere promosso, ma non quanto a Jude.
Mentre il professore esegue le solite questioni scolastiche, mi metto a guardare fuori dalla finestra. In un certo senso allieva il dolore, ma non fa passare del tutto l’emicrania. Sento come se la testa mi stesse per scoppiare, infilzata da migliaia di aghi affilati.
Sono assorto nel mio dolore atroce. Ho la testa appoggiata sulle braccia incrociate sul banco e la mente sgombra da tutti i pensieri che irritano il mio mal di testa. Mi sento caldo e anche stanco. La stessa sensazione di questa mattina.
Sta peggiorando e spero di riuscire a resistere. Aida, accanto a me, mi accarezza dolcemente i capelli. Il suo tocco è così delicato. È così tranquillizzante! Mi lascio coccolare nel suo affetto… finché:
-Shawn Frost, alla lavagna! -
Mi alzo subito dalla sedia. Non scattando o cercando di fare il più veloce possibile. Ma semplicemente rispondo immediatamente al richiamo. La classe intera mi fissa. E la testa inizia a pulsarmi più insistentemente. Perché proprio adesso…?
 
L’interrogazione non è andata bene come speravo. Ed è colpa di questo stupido mal di testa.
In questo momento stiamo aspettando l’esperto dei disastri naturali. Sono sicuro che sarà come i soliti che arrivano nelle scuole a pretendere di insegnare qualcosa a ragazzi che non hanno mai visto. Farà vedere qualche filmato di qualche città distrutta per poi interromperlo ogni cinque secondi e spiegare ogni singolo, noioso dettaglio.
Il solo lato positivo, è che adesso posso anche far finta di ascoltare. Poi all’intervallo andrò in infermeria. Non riesco a resistere fino alla fine della giornata.
Devo ancora pazientare…un altro po’.
 
***
 
Povero Shawn. Sono molto preoccupata per la sua salute. Non deve essere bello tenere un’interrogazione con un forte mal di testa. Perché si, si vede a perdita d’occhio che sta male.
Mi dispiace molto per lui. Purtroppo non sono brava a curare la gente, neanche se sono i miei migliori amici o i miei familiari.
Mi sento impotente. L’unica cosa che posso fare è stare in silenzio e non sforzarlo a parlare.
Ogni minuto che passa lo vedo sempre più pallido. Forse è soggezione, anche se non credo.
Sono ancora assorta nei miei pensieri quando entra con un tonfo l’esperto per il fantomatico progetto sui disastri naturali. Un uomo sulla quarantina, con occhiali e camicia a quadri da secchione, pantaloni neri e una giacca anch’essa pece, un po’ trasandata.
Mi pare il classico sfigato nella vita che non ha trovato lavoro migliore che passare la sua intera esistenza sui libri. Nulla da obbiettare a proposito, ma un po’ più di eleganza non gli guasterebbe. Anzi, diciamo una ripulita.
Da quanto faccio anche la consulente di moda? Ogni tanto mi faccio paura da sola.
Dopo aver sbattuto fragorosamente la porta e appoggiato con poca delicatezza la sua ventiquattrore sulla cattedra, urlò tutto ad un fiato:
-Silenzio branco di bambini! -
La classe si ammutolisce subito e si mette all’ascolto di quel pazzo, menomato mentale. Mi sta già antipatico e ha detto solo quattro parole. Figuriamoci sopportarlo per tre ore intere. Perché si, la lezione durerà tre ore di tortura profonda. E io non voglio essere torturata.
-Bene! Tanto per cominciare, vedete di stare attenti altrimenti vi mando direttamente in presidenza. Io non sto simpatico a voi e voi non state simpatici a me, chiaro? Quindi cercate di collaborare e nessuno si farà male- iniziò a rompere quello. Giuro che alla fine del progetto gli consiglio un medio se continua a fare l’antipatico. Anche se so che non lo farei mai. Ma è giusto per dire…
Numerosi sussurri iniziano ovviamente a sollevarsi tra i banchi. Di questo non ne dubitavo. Il professore, se così possiamo chiamarlo, visto che è Hitler in persona, pesta violentemente un povero righello che non ha fatto nulla di male. Ottenne così il silenzio, ma non contento urlò comunque.
-Silenzio! Iniziate a scrivere i cognomi su dei cartelli in modo da potervi richiamare- ordina quell’antipatico. Ma chi si crede di essere?!
-Bene. Signor Dragonfly, signor Foster, andate a prendere immediatamente il proiettore! -
Poveretti. Devono eseguire gli ordini di quello. E poi che cos’è sta cosa del “signor”? Siamo solo in seconda superiore e non credo che qualcuno sia già sposato. Ma che cosa si è fumato questo stamattina?! Io credo qualcosa di pesante.
Appena arrivano i due con il proiettore, l’esperto lo istalla, attaccandolo alla presa e puntandolo sulla lavagna nera. Per poi annunciare:
-Per cominciare inizieremo col vedere un filmato di un disastro poco preso in considerazione…-
Xavier alza la mano, probabilmente vuole scappare ai servizi prima della noiosa tortura. Oppure vuole rispondere alla presunta domanda che non ha fatto e temo che si arrabbierà parecchio.
-No, non potete, per nessun motivo, lasciare l’aula! Ora state zitti e ascoltate- io l’avevo detto che si sarebbe arrabbiato. Povero Xav, secondo me non se l’aspettava.
-Questo filmato sarà sulle valanghe! - continua tutto contento. Ma nessuno si aspettava che questo fosse l’argomento di questa prima ora.
Sento accanto a me Shawn irrigidirsi. Tutta la classe si volta verso di lui, visibilmente preoccupati. Vedo l’albino sbiancare più di quanto non lo fosse già e sudare freddo.  
Ma continua a tenere la testa sul banco e non muoversi. Probabilmente non vuole vedere la causa della fine dei suoi genitori. Mi dispiace…
 
***
 
Oh, no. Tutto tranne che questo. Non riesco, non posso.
Lo so che ho già superato quel trauma e che mio fratello è vivo, ma si tratta comunque della morte dei miei genitori. Non…no!
Sento il rumore della valanga, di quella valanga, ancora nitido nella mia mente e negli incubi peggiori. Non possono farmi questo…!
Perché ce l’hanno tutti con me oggi?! Non potevano lasciarmi in pace in un angolo a soffrire prima dell’intervallo?! Devono anche aggiungerci questo!
Almeno spero di non essere costretto a guadare. Spero con tutto me stesso che a quell’antipatico abbiano detto del mio spiacevole incidente. Davvero, lo spero, perché non ce la faccio.
Continuo a tenere la testa sul banco e fingere che l’esperto non parli a vanvera su quanto siano pericolose e sottovalutate. Lo so benissimo!
Gli occhi di tutta la classe sono rivolti verso di me, lo sento. Ma fingo che non ci siano e neanche le urla del professore di rivolgergli attenzione.
-Signor Frost, desidererei avere anche la sua attenzione-.
No, è impossibile. Non mi sta davvero chiedendo uno sforzo del genere. Il cuore mi si chiude in una morsa, all’istante.
Provo a non sentire e continuo a tenere gli occhi chiusi e la testa sul tavolo.
Ma non mi accorgo che è arrivato fino a davanti al mio banco, fino a quando Aida non mi dà una leggera gomitata. Ora capisco di essere spacciato…
-Signor Frost!!! È per caso sordo?!- mi urla nelle orecchie. E devo per forza alzare la testa e sentire di nuovo quel dolore pulsare nel mio cervello. Con lo sguardo basso, scuoto la testa.
-E allora faccia attenzione quando le parlo! -
-Ma…io…- cerco di protestare. La mia voce è spezzata, poco più di un sussurro.
-Niente ma! Ora si concentri sul video! Signor Love, faccia partire il filmato! -
Perché? Perché tutto questo? Io non l’ho chiesto!
Non posso neanche fingere di non vedere la marea di neve che scorre sullo schermo, con un rombo assordante. Il professore è dietro di me e sento il suo sguardo glaciale sulle mie spalle farsi pesante.
Sento salire le lacrime agli occhi. Vedo comparire le figure dei miei cari tra tutto quel bianco...
 
***
Oddio! Quel professore è proprio un verme!
Ma non vede che sta male? Non vede che trema e ha gli occhi lucidi? Ma è scemo?
Come può far vedere un filmato così crudo a un ragazzo che ha subito un forte trauma da piccolo e ha perso i genitori in quell’incidente?
Lo sente, cavolo! Sta respirando profondamente, cercando di non piangere. Ma i suoi respiri sono interrotti, deboli. Non può fare una cosa così prepotente!
Con gli occhi pieni di odio, lo guardo con la coda dell’occhio e vedo che sta fissando Shawn con rabbia. È proprio antipatico!
Quando per un instante è distratto, prendo per mano Shawn e cerco di tranquillizzarlo come posso, in silenzio. Lui guarda prima la sua mano stretta nella mia, e poi con un piccolo sorriso mi sussurra: “Grazie”.
Io gli rispondo: “Di nulla”.
 
Il filmato è stato veramente duro. Anche per chi non è stato travolto da una valanga in prima persona. Shawn ha cercato di resistere per tutta la durata del filmato e quando è finito ha emesso un lungo sospiro.
Il professore si sta dirigendo verso la cattedra mentre spiega approfonditamente il video appena visto. Quando si volta, rivolgendo lo sguardo alla classe, rimane interdetto dal gesto di Shawn: alza la mano, con lo sguardo basso e spento.
-Si, Frost? -
-Potrei… andare in infermeria? Non mi sento bene…-
-Sì, vai. Per caso ti ha impressionato il video? - lo prende in giro, questo stronzo. Che rabbia!
Shawn non ribatte, né protesta. Si limita ad alzarsi e a uscire dalla porta, in silenzio, come se non potesse parlare.
 
L’ora finisce mentre sono ancora arrabbiata per quel brutto pezzo di fossile! Appena suona la campanella dell’intervallo, mi fiondo fuori dalla classe. Mentre sto scendendo le scale, vado a sbattere contro Hayden. Ne approfitto per dargli la brutta notizia, velocemente. Per poi correre verso l’infermeria, mentre tutti mi guardano perplessi.
Sono preoccupata per lui, molto preoccupata!
Spalanco la porta bianca della stanza e vedo Shawn sotto a una coperta bianca, in un letto in un angolo. Sta riposando, povero cucciolo.
Mi avvicino piano, senza che l’infermiera se ne accorga. Mi metto inginocchiata davanti al volto di Shawn. È così carino quando dorme.
Gli accarezzo piano i capelli, cercando di non svegliarlo. Non voglio disturbarlo.
Rimango lì a coccolarlo per ben cinque minuti, quando con un gemito apre i grandi occhioni grigi.
-Ciao Shawn…- gli sussurro, mentre continuo ad accarezzarlo. Lui non si muove di un centimetro, sempre sotto alle coperte, con la testa sul cuscino bianco.
-Ciao…-
-Come stai? -
-Non tanto bene… ho la febbre molto alta. Così dice l’infermiera…- risponde sempre sussurrando, emettendo un leggero sospiro.
Con la mano gli vado a toccare la fronte ed è vero: è bollente. Mi dispiace così tanto!
Non parliamo più, mentre gli vado ad accarezzare le guance e il viso. E lui si lascia coccolare. Deve soffrire molto.
Rimango lì fino alla fine dell’intervallo. Quando suona la campanella, ci spaventiamo entrambi e scorgo sul suo viso il primo vero sorriso della giornata.
-Ora riposa, vengo durante l’ora di pranzo per vedere come stai …- concludo mentre mi alzo.
Ma prima di andare via, mi avvicino al suo viso e gli bacio calorosamente la fronte. Lui sorride ancora e, accoccolandosi tra le coperte, mi sussurra dolcemente:
-Ti amo…-
-Anch’ io…-
 
 
  
 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8: Il torneo invernale ***


RAIMON HIGH SCHOOL

CAPITOLO 8: Il torneo Invernale

DRRRRRRRIIIIIIIIIIIIIIIIIIN!
Con uno schiaffo faccio cadere la sveglia dal mio comodino e finalmente smette di suonare. Che ore saranno? Sicuramente è molto presto, la camera è completamente buia. Anche se ci sono le tende a coprire la finestra…
Così mi giro verso il muro e riprendo a dormire. Mi copro fin sopra alla testa con la pesante coperta e sospiro, crogiolandomi nel calore del letto.
Con la mente inizio a divagare, in qualsiasi campo possibile. Aspetta…campo…. la partita! Che scema!
 
Scatto fuori dal letto e afferro velocemente la maglia numero 3 della divisa, che ho espressamente richiesto.  La indosso velocemente, ma realizzo che l’ho infilata sopra al pigiama. Idiota!
Dopo diversi tentativi per riuscire a indossare la divisa, con imprecazioni a parte, finalmente mi sveglio del tutto.
In meno di due secondi preparo la borsa per la partita. Anche se preparare è una parola grossa, perché ho solo buttato dentro in malo modo tutto quello che mi serve, rischiando più volte di rompere la borraccia e creare un lago nella mia sacca.
Mentre mangio, per colazione, una brioche che ho comprato ieri mi infilo la tuta, gli indumenti sopra alla divisa da partita. Sembra così impossibile che non so neanche io come faccio. Ma comunque, a distanza di cinque minuti dal mio risveglio, sono pronta e più o meno scattante.
Esco dalla mia camera sbattendo la porta. Mi fiondo sulle scale.
Poi però mi accorgo di aver lasciato le chiavi della stanza dentro e quindi, torno indietro. Apro la porta e afferro le chiavi. Chiavi sbagliate, ho preso quelle dell’armadietto dello spogliatoio. Comunque mi servono! Ma non posso chiudere la porta della mia stanza con queste!
Mi metto a cercare le fantomatiche chiavi e le trovo solo dopo un “anno” sul comodino dove prima c’era la sveglia.
Ora posso finalmente uscire dalla camera, augurandomi di avere tutto il necessario. Spero di non aver dimenticato anche la capacità di giocare a calcio, allora si che sarebbe un bel problema.
 
Correndo peggio di un maratoneta, arrivo al campo già distrutta. Le altre si stanno già riscaldando e ovviamente io sono la ritardataria.
Entro negli spogliatoi completamente pieni e abbandono sulla mia panchina deserta la borsa e la tuta. Infilo scarpini e parastinchi. Ma come faccio a mettere i parastinchi se ho già messo le scarpe?!
Oddio, il mio cervello se n’è andato. Speriamo che ritorni per la partita. Sono già in ritardo e per di più sono elettrizzata di giocare. Non vedo l’ora!
 
Quando finalmente sono pronta, e questa volta per davvero, esco e inizio a correre intorno al campo per riscaldarmi. E solo dopo potrò andare con le altre ad allenarmi.
E così inizio a saltare con il pensiero da un argomento all’altro, mentre mi perdo nel conteggio dei giri da fare. Ovviamente.
Per un quarto d’ora abbondante, rifletto sui nostri avversari: la seconda squadra maschile. In questa ci sono Byron e Hayden. Ma che io sappia, nessuno dei due è capitano. Byron non è capace di incitare i compagni e mi pare anche un tipo che in campo, come ovunque, si dà un sacco di arie, come la mia compagna numero dieci. E Hayden è Hayden. Oppure come mi piace chiamarlo, “Il Corallo”, anche se detesta quel soprannome. Ma io mi diverto così tanto a chiamarlo così!
Sono curiosa di scoprire le tecniche micidiali di Byron. Non l’ho mai visto allenarsi, anche se a volte passo per il loro campo quando sono in ritardo o quando gli allenatori, Mr. Trevis per la prima squadra, Mr. Hillman per la seconda e la signorina Shiller per la femminile, che ho scoperto essere la sorella di Xavier, organizzano qualche allenamento di gruppo.
Chissà… sono proprio curiosa!
Finisco la mia corsa e mi aggiungo alle altre per l’ultimo quarto d’ora prima della partita. Evviva!
Mi alleno nei passaggi con una delle poche che mi sta un pochino simpatica, la numero due, un difensore.
Finito tutte le questioni burocratiche, Victoria ci chiama per dirci la formazione.
Sicuramente in questo tempo non ci sarò, magari nel secondo. Mi sposto la treccia dalle spalle e sospiro, andandomi a sedere in panchina.
Ma invece mi sbagliavo. Faccio solo in tempo a sentire “In attacco: Aida Hunt…” e poi scollego il cervello per la felicità.
Finalmente giocherò anch’io!!!
Scatto in campo accompagnata dalle mie compagne, meno esaltate di me, e dal fischio dell’arbitro che non sento nemmeno, tanto sono felice.
Mi posiziono al centro. Siamo noi in possesso di palla e il calcio di inizio non sarò io a farlo, ma Suzette, l’altro attaccante, numero undici. La numero dieci è il terzo, nonché asso nella manica della squadra.  Un ottimo schema, devo ammetterlo. Ma credo che non sarà una passeggiata.
In attacco sono schierati proprio quei due: Byron, numero non lo so, i suoi capelli sono troppo lunghi per poterlo vedere, e Hayden, numero dieci. Ahia, se è l’attaccante principiale, la vedo molto dura parare la sua “Tormenta Glaciale”!
Rivolgo a entrambi uno sguardo di sfida, nello stesso modo della mia compagna numero dieci. Poi, l’arbitro fischia.
Suzette mi passa la palla che io passo dietro. È un trucco che ho imparato da Shawn, in una partita. Mi dispiace molto che lui non potrà giocare perché ha l’influenza. Ci tenevo tanto a sfidarmi contro di lui.
Sarà per un'altra volta, ora devo concentrarmi sulla partita.
Corro verso la porta avversaria, lungo la fascia, come dice lo schema. Però vengo subito marcata dal numero tre avversario, un tipo abbastanza grosso.
La palla è ai piedi di Victoria che è avanzata a centro campo. La passa al numero due dietro di lei che esegue un pallonetto e la passa al numero dieci che è marcata da Byron. Brutto passaggio, decisamente. Però la numero dieci ha buone capacità atletiche. Avrà tenuto conto di questo nel passaggio.
Lei salta per prendere la palla, ma anche Byron fa lo stesso e arriva lui più in alto, cercando di intercettare il passaggio. Ma neanche lui arriva perché, solo ora ho capito, è indirizzata a me. Mi smarco il più velocemente possibile e corro verso la palla, che prendo abilmente.
Appena mi giro, con la palla tra i piedi, Hayden arriva in scivolata. Una scivolata molto violenta che se avesse preso la mia caviglia, avrei potuto dire addio al calcio.
Mi ruba la palla e la passa a Byron. Noi attaccanti e i difensori ci restringiamo in difesa. Non deve segnare, in nessun modo.
Victoria prova a fermarlo con la sua “Torre Inespugnabile” ma, previdente, Byron passa la palla a un suo compagno dietro di lui, il numero cinque che è corso lì, lungo la fascia, indisturbato.
Questo la tiene soltanto due secondi per poi passarla al numero dodici sull’altra fascia, un passaggio davvero preciso e incredibile.
Ma peccato che sono li vicino e posso tranquillamente intercettarlo. Infatti, con un fulmineo scatto, riesco a prendere la palla prima che tocchi i piedi dell’avversario. Vado verso la porta avversaria.
Poco distante da me, vedo Suzette e Victoria che sono avanzate velocemente per poter eseguire la loro super tecnica. Quindi la passo alla prima.
Eseguono il “Volo della Farfalla”, ma non segnano. Il “Muro di Metallo”, facilmente deducibile di che cosa si tratti, del portiere avversario lo ferma.
Rimette la palla in gioco e ricominciamo a fare confusione in mezzo al campo, con dribbling e scivolate ovunque. Finché il pallone non arriva ai piedi di Byron.
Io e Victoria ci guardiamo per qualche istante e poi scattiamo verso di lui. Eseguiamo una doppia scivolata.
Senza nessuna fatica, riesce a saltarci. E si dirige verso i due nostri difensori. La numero due e la numero quattro.
Corrono verso di lui. Byron smette di correre e schioccando le dita esclama “Salto Temporale”. In un batter di ciglia compare alle spalle delle difensori. Quando riprende a correre, una specie di tromba d’aria prende vita e scaraventa le mie compagne ai bordi del campo.
Così ha la strada libera per segnare!
Al limite dell’area di rigore, si ferma. Tre paia di ali, di diverse dimensioni, gli compaiono sulla schiena mentre si libera in aria. Le spalanca nella loro apertura massima mentre la palla si inonda di energia. Per poi calciarla con forza verso la nostra porta.
Il “Colpo Supremo” riesce a distruggere la parata del portiere e fare goal. 1-0. Dobbiamo recuperare! Ha copiato il mio tiro! Non va bene! Cioè è molto simile, ma non va bene lo stesso!
Dopo il fischio dell’arbitro riprendiamo a giocare.
La palla è in possesso della numero dieci che si dirige verso la difesa dell’altra squadra prepotentemente, facendo tutto da sola. Ecco la snob che dicevo.
Peccato che gli avversari abbiano capito che cosa vuole fare e la marcano in tre. Io sono poco distante da lei, separata dalla presenza di Suzette, che è marcata a uomo.
Per fortuna fa la scelta più saggia e la passa a me, che sono libera.
Ed è il mio momento. Il momento di eseguire “L’Angelo di Neve”.
Immersa nella neve e nelle piume bianche eseguo un magnifico goal. Mentre ritorno al mio posto batto il cinque alla numero dieci, per ringraziarla del bellissimo passaggio, anche se mi sta antipatica come poche.
Il doppio fischio dell’arbitro annuncia che il primo tempo è terminato e io sono distrutta.
Però devo ammettere che sono riuscita e resistere quarantacinque minuti.
Mi fiondo a prendere la mia bottiglia e a bere. Poi mi lascio cadere a terra, morta dalla stanchezza.
Guardo il cielo. Mi chiedo come stia Shawn…
 
***
 
Un timido raggio di sole penetra tra le tende della finestra dell’infermeria. Strizzando gli occhi, mi sveglio un po’ bruscamente e la testa inizia a farmi male. Mi volto dall’altra parte, con gli occhi aperti. La stanza è completamente deserta, non c’è nessuno. L’infermiera è nell’altra sezione probabilmente, a fare qualche test di vario tipo.
Mi metto a sedere, scostando di poco le coperte. Sospiro. Mi sento caldo. Porto una mano alla fronte e per poco non mi scotto. Non ci voleva proprio.
Oggi volevo giocare alla partita contro Aida, se mai vincesse contro la seconda squadra. Ma sto male. Mi sento un caldo indecifrabile in tutto il corpo e la testa mi pulsa violentemente.
Mi lascio cadere sul cuscino, guardo il soffitto bianco. Sospiro di nuovo. Cosa faccio ora?
Che ore sono? Che giorno è?
Il tempo mi pare che non esista più, solo il dolore alla testa e il bruciore della febbre in tutto il corpo.
Decido di alzarmi dal letto e affacciarmi alla finestra. Faccio un po’ fatica a causa di un improvviso giramento che duro poco meno di cinque secondi.
Mi sento la maglia bianca a maniche corte pesarmi sulle spalle e un senso di pesantezza totale mi assale all’improvviso. Ritornerei volentieri sotto le coperte, ma ormai sono a metà strada.
Mi appoggio sul davanzale della finestra e guardo il cielo, limpido, cristallino, senza nemmeno una nuvola, nonostante sia ormai inverno e la neve minaccia di cadere sulla città da un momento all’altro.
Attraverso i vetri dell’infermeria vedo la pista di atletica. Qualcuno si sta allenando nonostante sia domenica e sia vacanza.
Giurerei che sia Nathan. Riconosco i suoi capelli azzurri e la sua velocità. Anche se non riesco a pensare a nulla. Ma credo che sia lui. Non ne sono sicuro. Ma credo sia lui.
Chissà perché si allena anche oggi? Non mi pare che fosse tanto interessato alla corsa prima di quest’anno. Ma magari mi sbaglio. Questo mal di testa continua a pulsarmi nella mente e non riesco neanche a formulare il più banale dei pensieri.
Ritorno a letto. Solo quando ho la testa appoggiata sul cuscino sento meno il dolore e il calore. Mi giro un po’, crogiolandomi tra il tepore delle coperte. Noto che c’è un grosso orologio bianco e nero sopra e accanto al mio letto.
Mi metto a sedere e leggo l’ora. Le 12:50. Sono così malato che ho dormito così tanto. Adesso quelli che sono rimasti a scuola saranno in mensa a pranzare. Io non ho fame. Neanche sete. Solo un gran caldo e il desiderio che questo mal di testa sparisca.
 
Sento qualcuno bussare. Non dico nulla, non rispondo. L’infermeria entra. Una donna sulla quarantina con i capelli biondi legati in una crocchia e un paio di occhiali rettangolari sul viso.
-Come ti senti caro? -
Non rispondo ancora. Non me la sento di parlare. Alzo solo le spalle e mi tengo la testa, prima di ricadere a peso morto sul materasso.
-Alzati che ti devo visitare-.
Mi dice secca, iniziando ad avvicinarsi con uno stetoscopio al collo.
Mi fa togliere la maglia e un brivido mi percorre la schiena. Inizia a visitarmi come i comuni medici, con le loro teorie e i loro metodi. Fortunatamente è delicata questa donna. Sono stato molto fortunato, non come ieri.
Infine mi misura la temperatura. Dice solo che sono vivo per poco. È molto alta, quasi a 40 gradi. Ecco perché la mia testa sembra che stia scoppiando, torturata da un martello pneumatico.
Mi rivesto e mentre mi copro con le coperte, l’infermeria mi ordina di riposare. Poi aggiunge:
-C’è una visita per te…-
E se ne esce dalla porta, che rimane leggermente aperta. Dopo qualche secondo vedo l’intera squadra di calcio entrare e invadere la camera. Speravo che fosse Aida, ma probabilmente è ancora a disputare la partita contro mio fratello.
-Come stai Shawn? - mi chiede Mark.
-Male…- dico la verità. Ormai è inutile mentire.
-È tanto grave? - domanda Axel.
Dal comodino prendo il termometro. Gli mostro il valore che indica il mercurio.
-È molto alta…- aggiungo. Sospiro, rimettendo l’oggetto dov’era. Un silenzio tombale invade la stanza, interrotto solo dallo sfarfallare di una luce al neon, molto fastidiosa.
Nessuno parla, neanche io. Mi sento troppo pesante per dire anche solo una parola in più.
Dopo le solite raccomandazioni, che si sono disturbati di fare prima che l’infermeria li cacciasse, rimango di nuovo solo. Ma un lampo, un’idea, uno strano desiderio, una domanda più che desiderio mi viene in mente.
Facendo appello a tutte le mie forze, scosto le coperte e mi fiondo fuori dalla stanza, a piedi nudi, sul freddo pavimento di pietra. Fermo i miei compagni prima che escano definitivamente dalla mia visuale. Gli chiedo con un filo di voce, mentre la testa mi pulsa ancora:
-Chi ha vinto? -
Capiscono subito a che cosa mi stia riferendo. E spero con tutto il cuore che sia lei ad aver vinto.
-La squadra femminile- conclude Jude, un po’ nascosto dalla testa di Mark.
-Vi prego, fatemi giocare! - esclamo, rivelando la mia voce che credevo scomparsa.
-Ma Shawn, hai la febbre molto alta…- nota Xavier, con gli occhi verde-acqua piegati in un’espressione preoccupata.
-Non mi importa! Voglio giocare! - li supplico. Spero tanto che le mie suppliche li facciano prendere la decisione che spero e che voglio.
Perché voglio giocare contro di lei. Con lei. Insieme a lei. Non importa come, ma voglio ancora rincorre la palla in sua compagnia, perché io la amo e non c’è cosa peggiore che rimanere confinati in quella stanza per giorni senza vederla.
Mark guarda un po’ titubante gli altri compagni. Poi si rivolge a me, con la determinazione ma anche la compassione negli occhi. Infine dice…
 
***
 
Non c’è nulla di meglio che un buon pranzo per riprendere le forze dalla partita che abbiamo vinto. Li abbiamo stracciati i maschi: 2-1. Bé, non proprio distrutti ma abbiamo vinto comunque, è questo che conta. Nel secondo tempo non ho giocato perché ero troppo morta per la stanchezza per mettere piede in campo e così sono rimasta in panchina. Ma almeno ho giocato il primo tempo e questo mi basta. Quando è iniziato il secondo è iniziata a farsi monotona la partita: gli avversari rubavano la palla a noi e viceversa. Solo agli ultimi cinque minuti la numero dieci è riuscita a segnare e così abbiamo vinto.
 
Sto ritornando al campo per la seconda partita, quella con la prima squadra maschile. Secondo me non saranno molto forti. Ho già giocato con loro e se è vero che non sono cambiati, non sarà neanche difficile questa partita. Almeno, lo spero.
Cammino fino al campo dove abbiamo giocato questa mattina. È completamente vuoto. Il che significa che sono arrivata in orario. Meno male, così non dovrò fare le cose di fretta.
Entro negli spogliatoi, in spalla la borsa sportiva. Mi siedo sulla mia panca, mentre le altre si stanno cambiando e chiacchierando animatamente.
Intanto che io mi cambio, loro escono già e io le raggiungo poco dopo.
Fuori fa decisamente più freddo rispetto a questa mattina ed è strano che, nonostante sia dicembre, non abbia ancora nevicato.
Ci alleniamo nei dribbling e nei tiri di porta, finché non arrivano i nostri avversari. La Inazuma Japan è al completo: manca solo Shawn. Mi spiace veramente tanto per lui, e spero che ci siano altre occasioni.
 
Ora mi devo concentrare e sperare che mi inseriscano in campo.
Victoria ci raduna e, mentre gli avversari finiscono il loro allenamento di riscaldamento, ci dice la formazione per questa partita.
Purtroppo nel primo tempo non ci sono. E devo dire che un po’ me l’aspettavo. Mi siedo in panchina. All’istante un brivido mi percorre la schiena. Fa veramente freddo oggi!
Prendo la felpa della tuta e me la metto sulle spalle, per evitare di ammalarmi. Che ironia della sorte…!
L’arbitro fischia e comincia la partita. Seguo attentamente ogni movimento sia della mia squadra che avversario e ogni tanto impreco a causa di sbagli banalissimi delle mie compagne.
La palla è sempre in possesso della squadra maschile, soprattutto degli attaccanti: Axel e Kevin.
Sono veramente forti, rispetto all’altra squadra. C’è un salto di livello non indifferente.
Dopotutto la seconda squadra ha Mr. Hillman ad allenarla e quindi, paragonato a Mr. Trevis, non mi pare che sia molto d’aiuto. Anche se non lo conosco, posso affermare che non c’è allenatore migliore di Percival Trevis.
Però… la difesa mi pare vuota e spenta senza Shawn. Mi perdo qualche minuto ad osservala. Ogni momento che passa mi sembra sempre priva di vita. Anche se non serve molto agli avversari, visto che le mie compagne non riescono neanche a superare il centrocampo.
 
Il primo tempo finisce 2-0 a favore dell’altra squadra. Grazie ai goal di Axel, con la tecnica micidiale “Tormenta di Fuoco”, e a Kevin, con “Drago Alato”.
Le mie compagne non hanno avuto nemmeno il tempo di applicare qualche schema, li prevedeva tutti Jude, il migliore regista che io abbia mai visto, con l’aiuto di Caleb, talvolta.
In difesa c’erano solo Archer e Hurley, nonostante questo non sia in classe con me, ma è di un anno più grande. Faceva sempre parte della Inazuma Japan!
 
Victoria annuncia la formazione per il secondo tempo e, sorpresa, ci sono anch’io!
Mi levo la felpa e faccio un po’ di riscaldamento. Non vedo l’ora di affrontare i miei vecchi compagni di squadra!
Entriamo in campo e ci disponiamo sotto le direttive dateci dall’allenatrice e da Victoria. Ma, appena occupo la mia posizione in attacco, scorgo, nell’altra metà campo, un ragazzo dai capelli argentei. Mi volto per vederlo meglio. È in difesa. È Shawn!
Che bello c’è anche lui! Sono felicissima!
Ma, aspetta… che ci fa in campo Shawn?! Mica stava male? E anche molto?!
 
Non faccio in tempo a dare una risposta logica a queste domande che l’arbitro fischia e la partita inizia. La numero dieci avanza con la palla direttamente verso la porta, con me dietro che la seguo a ruota.
Però, a centrocampo, viene marcata da Jude che riesce a soffiarle la palla.
E quindi, torniamo verso la nostra difesa che è impegnata a tenere marcati gli attaccanti avversari.
Jude avanza con la palla. Viene affiancato da Caleb e David e intuisco subito quale tiro vogliono usare: il “Pinguino Imperatore N°3”, con cui fanno un incredibile goal che fa avanzare il loro punteggio: 3-0.
Stiamo perdendo molto male e non va assolutamente bene!
Riprendiamo posizione e ricominciamo ma non c’è partita. Gli avversari sono tutti nella nostra metà campo e hanno tutti tecniche potentissime. Le nostre, invece, non sono neanche lontanamente simile alle loro.
 
Dopo al riavvio del quinto goal, sono da sola con la palla, in mezzo al campo. Stanno arrivando David e Xavier per prendermi la palla, e intorno a me non c’è nessuna mia compagna.
Mentre continuo a correre, quei due si avvicinano sempre più, pericolosamente. Pensa Aida! Pensa! Non mi pare che abbiano tecniche micidiali di difesa quindi ho forse una minima possibilità di superarli e riuscire a raggiungere la difesa.
Con un balzo al tempo giusto, riesco a superare la scivolata di Xavier, che va completamente a vuoto. David invece è molto più complicato, arriva da dietro e non riesco bene a capire cosa voglia fare, così cerco di aumentare il mio ritmo di corsa.
Riesco più o meno a seminare David. Ma devo misurarmi con la difesa, ora. E soprattutto con Shawn.
Pian piano che mi avvicino vedo che sta ancora male: indossa la felpa della tuta e ha il viso pallidissimo, gli occhi incassati e spenti.
Quindi, se sta ancora male, significa che l’hanno obbligato a giocare oppure ha voluto giocare. Se è la seconda è stato un incosciente. Potrebbe peggiorare! E così ci vorrà più tempo per riprendersi!
 
Avanzo velocemente verso di lui. Non voglio fargli sprecare inutilmente le poche forze che ha. Così, senza pensarci, passo la palla dietro. Una mossa davvero stupida, perché non c’è nessuno dietro di me, nessuna mia compagna che possa ricevere il passaggio.
Quindi ritorno nuovamente verso la nostra difesa, seguendo Axel che ne ha approfittato.
Mentre corro, però, un’ombra mi sorpassa. Un’ombra proveniente dalla difesa. Shawn…
Sta correndo verso Axel. Appena lui lo vede, gli passa la palla e l’albino esegue il “Richiamo del Lupo”. Ma così si farà del male da solo!
È una tecnica a cui occorrono tutte le energie per eseguirla!
Però, nonostante abbia la febbre molto alta, riesce a segnare. Non esulta, sorride soltanto. 6-0. Ci stanno stracciando, distruggendo. E siamo già al trentesimo minuto di gioco.
Guardo Shawn preoccupata. È completamente privo di forze a vederlo così e sta soffrendo molto, lo capisco dagli occhi.
Quando si avvia, per riprendere la sua posizione in difesa, si tiene la testa. Gli fa male, lo so.
Ma il peggio succede quando mi viene un tuffo al cuore, vedendolo che crolla. È svenuto.
-Shawn!!!- grido, quasi disperata.
Corro subito da lui. Ha bisogno di me!
Intanto che lo raggiungo urlo agli altri di chiamare l’infermiera.
 
Come in un film molto vecchio, la mia mente ha rimosso le scene di quando l’hanno portato in infermeria. Ricordo solo di averlo preso tra le braccia e di essermi seduta accanto a lui, appena lo hanno deposto nel letto.
Mi ritrovo qui, con le mie mani strette sulla sua. Lui che dorme profondamente.
“Shawn, hai fatto una pazzia. Non dovevi esporti così al freddo, alla fatica, all’aria aperta. Così hai solo peggiorato la tua situazione…” penso, guardando preoccupata il suo volto così pallido.
 
Finché, non apre lentamente gli occhi e mi viene da piangere per la felicità. E infatti le lacrime iniziano a scendere lungo le mie guance. So che sono un po’ esagerata, ma mi preoccupo talvolta per niente.
-Shawn…- sussurro. Sperando che mi possa sentire.
-Aida…-
-Tranquillo, ci sono qui io. Devi solo riposare…-
-Non… volevo… farti preoccupare…mi spiace- afferma con un filo di voce.
Io scuoto la testa e gli accarezzo la mano.
Non diciamo più nulla, perché uno sguardo vale più di mille parole.
Sto in sua compagnia, in silenzio. Non mi accorgo che sta calando il sole. E la neve inizia a cadere con calma quasi glaciale, ricoprendo il paesaggio di bianco. Devo andare o l’infermiera se la prenderà con me. Prima, però, Shawn mi sussurra:
-Tranquilla, è solo febbre…-
-Mi raccomando, riposati e non fare pazzie-gli sorrido dolcemente. È davvero un cucciolo indifeso!
Mi avvicino al suo volto e gli bacio le labbra delicatamente. Lui ricambia. Non mi importa se prenderò anch’io la febbre. Io lo amo e non importa quello che succederà. I miei sentimenti non cambiano. “Ti amo Shawn!” penso durante il bacio.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9: San Valentino ***


RAIMON HIGH SCHOOL
 

Capitolo 9: San Valentino…

Oggi è San Valentino!
Chi ha trovato la propria anima gemella, si ricorderà sicuramente di questo giorno per fare un regalo alla persona amata. Cosa che ho fatto anch’io. Spero che ad Aida piaccia il mio piccolo regalo: un piccolo pensiero incartato in una scatolina blu. All’inizio volevo solo regalarle delle semplici rose. Ma poi mi è venuta in mente questa trovata. Voglio anche ringraziarla per essermi stata vicina ogni giorno mentre stavo male.
Se ci penso a lungo, mi sembra inverosimile che sia già febbraio. Sono passate le vacanze di Natale trascorse in malattia e un mese e mezzo di scuola in un lampo. Sembra impossibile!
Anche se, pensandoci bene, non è successo nulla di interessante a parte allenamenti spacca-ossa e le verifiche o le interrogazioni di fine quadrimestre che si sono ripetute come un mantra per tutti i giorni trascorsi.
Salgo le scale del dormitorio femminile con lo zaino in spalla. Mi rigiro fra le mani il regalo per Aida. Spero vivamente che le piaccia.
Arrivo in cima, percorro il lungo corridoio e mi fermo davanti alla sua porta. Mi infilo la scatolina nella tasca dei pantaloni. Quindi busso alla porta. Non si sente nessun rumore provenire dalla camera. Spero che non stia ancora dormendo, altrimenti sarò costretto a fare irruzione e svegliarla. Ma ecco che sento la sua voce allegra.
-Chi è?
-Sono Shawn! -
-Solo un attimo…! - dice infine.
Evidentemente è ancora in pigiama e si deve cambiare. Cioè significa che si è appena svegliata. Tipico.
Dopo un minuto scarso, apre di poco la porta, si affaccia e mi dice seria ma anche dolce:
-Chiudi gli occhi-
-Perché? -
-Fallo e basta! E non sbirciare! - esclama. Faccio come richiesto. Aida mi prende per le mani e mi porta in camera. Sono fredde ma morbide. Chiude la porta e mi lascia andare. Sento che fruga con dei fogli. Scommetto che sono tutti spiegazzati e alla rinfusa sulla scrivania.
Mi prende ancora le mani e me le avvolge intorno a un pezzo di carta, in modo da prenderlo solo per gli angoli in alto.
-Tieni questo e non muoverti. Rimani con gli occhi chiusi finché non senti dei suoni…-
Dopo di che la stanza rimane in totale silenzio. Percepisco che lei si sta muovendo intorno, ma non riesco a capire in quali punti. Quando sento il dolce suono di un violino. Apro gli occhi e vedo Aida, in piedi, che con in spalla il suo strumento bianco esegue la più bella melodia che abbia mai sentito. Fissa con gli occhi socchiusi il foglio che sto tenendo in mano, mentre la sua musica mi arriva fino in fondo al cuore. È romantica in un certo senso, ma anche allegra e spiritosa. È semplicemente stupenda.
Mi lascio cullare dalle note del violino per qualche minuto…
-Shawn, buon San Valentino…! - dice, mentre finisce di suonare l’ultima nota della sua melodia.
Lancio il foglio sul suo letto. E mentre cade dolcemente per terra, mancando le coperte, mi avvicino ad Aida e l’abbraccio. L’abbraccio come se fosse l’ultimo della mia vita. Dio, quanto la amo.
-Grazie mille Aida…- le sussurro. Sento le sue esili braccia ricambiare e avvolgermi come se fossero delle piccole ali di angelo.
-Ora ho io una sorpresa per te…- le dico.
Mi sciolgo a malincuore da lei. Metto una mano in tasca, per assicurarmi che ci sia ancora la scatolina. Poi prendo un profondo respiro.
-Chiudi gli occhi- le dico sorridendo.
 
***
-Va bene- rispondo e con le mani, mi copro gli occhi, ma non li chiudo. Sono troppo curiosa quindi lascio uno spiraglio fra le dita per sbirciare.
Ma dal mio spioncino, però, non riesco a vedere molto. Anzi, quasi nulla. Non vedo neanche la sua figura. Quando, sento le sue mani sfiorarmi il collo e avvolgerlo ad un filo, forse di metallo, e freddo. Quasi un brivido mi percorre la schiena. Mi sistema i capelli delicatamente sulle spalle. Che cos’è? Spero non un collare. “Dimmi di aprire gli occhi! Non ci vedo più dalla curiosità!”
-Puoi aprire gli occhi! -
Tolgo le mani dal mio viso e le porto al collo, il più velocemente possibile. È una piccola collanina metallica e fine. Rivolgo lo sguardo al suo regalo e vedo che è davvero un bellissimo dono: una collana con un ciondolo color argento e a forma di mezzo cuore. Vi è la sua iniziale sopra. S.
Ma che cosa tenera! È il più bel regalo che abbia mai ricevuto! Quasi mi vengono le lacrime agli occhi…
-Grazie mille Shawn! - dico mentre gli salto al collo, cingendoglielo con entrambe le braccia. Gli bacio la morbida guancia pallida, per ringraziarlo. Posso sentire il suo calore a questa distanza. Ed è piacevole.
Lui ricambia l’abbraccio, cingendomi la vita, trasmettendomi tutto il suo affetto.
-Che ne dici se andiamo in classe? Credo che siamo già in ritardo…- dice, quasi in un sussurro, forse timoroso di rompere questa magica atmosfera che si è venuta a creare.
Mi sciolgo dall’abbraccio e annuisco, guardandolo fisso negli occhi.
Spero che sarà un bellissimo giorno di San Valentino! …
 
Saliamo, mano nella mano, le scale che portano al piano dove si dovrebbe trovare la nostra classe. Io e Shawn parliamo dei compiti difficili che quella “bella signora” della professoressa di inglese ci ha assegnato. O cose del genere.
Quando arriviamo al piano, svoltiamo l’angolo e rimaniamo abbastanza interdetti. Alzo un sopracciglio, abbastanza perplessa della situazione che mi si para davanti.
Guardo Shawn, per vedere se ne sa qualcosa. Ma anche lui ha la stessa espressione perplessa e basita che credo di avere anch’io.
Perché non mi pare assolutamente normale che una folla di sole ragazze, di tutte le età, grandi e piccole, sia accanto alla porta della nostra classe. E direi che sono anche parecchio agitate, dai gridolini di emozione che sento. Ok, che succede?
Shawn mi strattona piano, incitandomi a continuare. Anche se sarei un po’ spaventata da quella situazione decisamente fuori luogo. A meno che qualche compagno della nostra classe non abbia piantato uno stand con scritto “Baci Gratis per San Valentino”. Allora tutto avrebbe un senso. Forse.
Percorriamo il restante corridoio che ci separa dalla folla, e scorgo tra la massa una testolina dai capelli azzurri: Suzette. Mentalmente mi spalmo cinque dita sulla faccia. Scommetto che tutto quello è opera sua.
Strascinandomi dietro Shawn, mi affianco alla suddetta azzurra. Le tocco una spalla per ottenere la sua attenzione.
-Ciao Aida! Devi vedere che gran pezzo di ragazzo che hai in classe! Secondo me è nuovo! - mi dice tutta elettrizzata e parlando ad una velocità disumana. Dopo aver recepito quello che ha detto rimango piuttosto basita.
-Tu ne sapevi nulla? - chiedo a Shawn, mentre entriamo in classe. Lui scuote la testa.
-Non avevo idea che fosse arrivato un nuovo studente…- risponde, mettendo un braccio intorno alla mia vita.
Una volta entrati in classe, vedo il nuovo arrivato, anche se ha un aspetto piuttosto familiare. Ha occhi scarlatti e capelli biondi e corti. Sta tranquillamente seduto al suo banco e riordina i libri. Mi avvicino, non sapendo se dargli il benvenuto o salutarlo normalmente. Ma sembra che sia lui a iniziare il discorso.
-Oh, ciao Aida! - dice radioso, voltandosi. Guardandolo meglio però…. ma è Byron!
-C…ciao Byron, che diamine hai fatto hai capelli?!- domando completamente esterrefatta.
-Li ho tagliati, no? Non mi dire che non mi avevi riconosciuto! - ridendo chissà per quale assurdo motivo. Sono basita, non ci posso credere. Byron con i capelli corti non è una cosa ammissibile!
Però, mi viene subito in mente un pensiero malizioso.
-Non sarà che ti sei tagliato i capelli per far cadere le ragazze ai tuoi piedi? - con un sorrisino che intende tutto.
-Può essere…- risponde vago. Questo tipo, che nervi!
Mi allontano, dirigendomi verso Shawn già seduto al banco. Mi siedo al suo fianco e mi accozzo a lui, ancora grata per il regalo che mi ha fatto.
Non faccio in tempo a dire nulla che entra il professore e iniziamo a far lezione.
Le ore passano a rilento e anche l’intervallo non è dei migliori. L’unica cosa diversa dalla monotonia succede a metà della penultima ora di lezione mattutina, quando un bidello entra in classe e lascia una lettera sulla cattedra del professore.
Questi smette di spiegare e la prende in mano. Uff, sarà una lettera dove il preside gli assegna una supplenza.
Invece, con mia grande sorpresa: -Aida, c’è una lettera per te. È urgente-
Conclude, posandomela sul banco. Sorrido per ringraziare e lui torna alla sua lezione. Ma non ho voglia di leggerla ora, lo farò stasera. Quindi la ripongo nella cartella.
-Non la leggi ora? - mi chiede sussurrando Shawn. Io scuoto semplicemente la testa e continuo a fingere di ascoltare la spiegazione.
 
Qualche ora dopo, passata l’ora di pranzo, le lezioni pomeridiane e gli allenamenti, sono in camera a prepararmi per uscire con Shawn. Ho il cuore che batte a mille, emozionatissima, mentre lancio in giro i vestiti perché non so cosa mettermi. Non riesco a concentrarmi!
-Calma Aida, concentrati e scegli qualcosa da mettere! - mi dico da sola ad alta voce, anche se sembro una pazza. Ma è comunque un metodo di auto convincimento.
Alla fine, ripiego la mia decisione su una maglia verde, con le maniche a pipistrello e un paio di pantaloni bianchi. Ma ora, è il momento del grande ostacolo: i capelli. Mi dirigo in bagno e mi fisso allo specchio, cercando un solo lato positivo nella massa informe che ho in testa. E che cavolo! Non stanno come voglio io!
Dopo una mezz’ora abbondante, li lascio a caso, sciolti sulle spalle il più ordinati possibili. Anche se non è una vera e propria soluzione, ma meglio di niente. Sospiro e sento bussare alla porta.
Esco dal bagno e guardo l’ora sul cellulare: puntuale come sempre. Sorrido, prendendo la borsa e il cellulare. Apro la porta e mi ritrovo davanti chi mi aspettavo: Shawn.
Però a momenti rischio di sbavare: indossa una camicia bianca e un paio di pantaloni blu. Nulla di che lo ammetto ma, prendendo le parole di una certa azzurra di mia conoscenza, è un “gran pezzo di ragazzo” vestito così.
-Vogliamo andare? - mi domanda gentile, con un enorme sorriso. Io ricambio e annuisco, chiudendo la porta della mia stanza dietro di me.
 
Mentre usciamo dal territorio scolastico, tenendoci per mano, chiacchieriamo amabilmente del più e del meno. Finché non mi chiede:-Dove vuoi andare oggi? -
Assumo un’aria pensierosa, intanto che ci dirigiamo verso il centro della città. Di andare a fare shopping non se ne parla proprio: lo detesto come poche cose.
-Magari potremmo andare da qualche parte a mangiare qualcosa! - propongo sorridendo –Non conosco molto bene la città, quindi mi affido a te! -
Shawn sembra rifletterci su, poi il suo sguardo gli si illumina.
-Ho un posto bellissimo dove possiamo andare! - mi stringe la mano e mi trascina con un sorriso adorabile e dolcissimo sul viso. Io mi lascio trasportare ridacchiando.
Dopo circa una decina di minuti, arriviamo davanti ad un locale completamente bianco, con un’insegna argentata: “Ice Café”.
-Entriamo? -
Annuisco a Shawn ed entriamo. All’interno l’ambiente mi è familiare, sembra quasi un paesaggio invernale di Hakkaido: i tavoli sono bianchi e le sedie sono azzurre ed è un ambiente molto arioso. È stupendo!
Prendiamo un tavolo per due.
Ora che guardo più da vicino sui tavoli ci sono delle scritte bianche in rilievo. Poi noto un cartello vicino al muro e lo leggo ad alta voce, in modo da farlo sentire anche a Shawn: “Prendi il pennarello magico e lascia il tuo ricordo in questo locale, scrivendo sul tavolo il tuo pensiero e fissandolo con lo spray speciale che puoi richiedere!” Ma è una trovata geniale! -
-Sapevo che ti sarebbe piaciuta! - dice sorridendo, prendendo poi il menù.
-Lo facciamo anche noi?!- esclamo entusiasta, è una cosa originale mai vista prima!
-Certamente, ma prima prendiamo qualcosa. E poi, ci sarà un’altra sorpresa! -
Non sto più nella pelle! Chissà cosa mi avrà riservato! Questo appuntamento è un sogno per me! Che nessuno osi svegliarmi, voglio andare fino in fondo.
Comincio a leggere il menù e decidiamo di prende un drink che si chiama “Frozen Angel” e una fetta di cheesecake ai mirtilli. Mi viene già l’acquolina in bocca!
Quando arriva il nostro ordine ha un aspetto meraviglioso e finiamo tutto senza lasciare neanche una briciola.
Poi prendiamo i pennarelli e scriviamo sul tavolo. Io scrivo una semplice frase, ma spero che rimanga per sempre: “Io Amo Shawn, il ragazzo più meraviglioso che abbia mai conosciuto”. Mi imbarazzo un po’ se penso che altre persone leggeranno quello che ho scritto.
-Hai fatto? - chiedo all’albino, vedendo che sta scrivendo molto.
Chiude il pennarello con il tappo e annuisce.
-Tu? -
-Anch’io ho fatto…- rispondo rossa in viso. Mi sporgo sul tavolo, incuriosita da cosa abbia scritto Shawn. Prima che l’inchiostro si asciughi, riesco a leggere:
Oggi sono uscito con una persona molto speciale. Il suo nome è Aida ed è la migliore amica, nonché fidanzata, che io abbia mai avuto. Ogni volta che sono accanto a lei mi sento felicissimo, come se fossi in Paradiso. Il suo sorriso rischiara le mie giornate e non riesco a essere triste al suo fianco. La amo con tutto me stesso e vorrei stare con lei per sempre” con un cuore alla fine.
Oh mio Dio! È una cosa tenerissima che ha scritto! Sento che a momenti il cuore mi esplode nel petto oppure mi sciolgo prima!
-Sei tenerissimo…! - gli dico quasi sussurrando.
-Anche tu…- sorridendo. Poi si sporge sul tavolo e mi dà un bacio sulla guancia.
-Adesso che facciamo? -
-Ho un’altra sorpresa per te! - esclama entusiasta, alzandosi in piedi e porgendomi la mano. Io l’afferro e mi faccio guidare. È così calda!
 In fondo al locale ci sono delle porte di vetro opaco. Non sono di certo quelle della cucina perché sono adornate con decorazioni argentate.
Shawn apre la porta, facendomi entrare per prima ed ecco che mi si para davanti una delle mie più grandi passioni.
-Una pista di pattinaggio?!- sono sbigottita.
-Che c’è, non ti piace? -
-Certo che mi piace! Facciamo un giro! - sono entusiasta. Questo è il più bel appuntamento a cui abbia mai partecipato!
Ci mettiamo i pattini, lui neri e io bianchi, e ci fiondiamo in pista.
 
***
 
Io e Aida pattiniamo un po’ mano nella mano, facendo numerose volte il giro della pista. Di sottofondo le canzoni variano ogni volta, da quelle più lente a quelle un po’ più movimentate. E noi prendiamo il loro ritmo per pattinare. Però non facciamo coreografie o cose particolari. Pattiniamo solo.
Quando un’ennesima canzone finisce e parte la successiva, Aida mi prende ambedue le mani e si mette davanti a me, pattinando all’indietro.
-Ti va di provare qualche figura insieme? - mi chiede dolcemente, guardandomi negli occhi.
-Certo. Quale vuoi fare? -
-Doppio Axel in coppia-
Aspetta, ma questa è una figura difficilissima da eseguire. In singolo penso di riuscire ma non in coppia.  E non so neanche bene la tecnica da applicare per farla.
-Ne sei sicura? Io non so bene come eseguirla- le spiego un po’ preoccupato.
-Certo! Mi fido di te! E poi… massimo cadiamo! - controbatte sorridendomi.
Mi ha convinto.
Le prendo la mano e cominciamo a pattinare, aspettando che la pista si liberi un po’ per evitare di andare a sbattere contro le persone.
Dopo circa dieci minuti vi è abbastanza spazio per eseguirla. Guardo Aida per chiederle conferma. Lei annuisce convinta. I suoi occhi, grigio e verde, sono decisi e mi ci perdo un istante che pare infinito.
Aumentiamo la velocità del pattinaggio, mano nella mano.
Poi mi metto davanti a lei, prendendola per la vita e incrociando il suo sguardo così dolce ma allo stesso tempo coraggioso e pieno di vitalità.
Facendo forza sulle braccia la lancio in aria. Lei rotea, facendo un solo giro su sé stessa, incrociando le braccia al petto. Mentre vola, sembra un angelo bianco. Il mio angelo bianco…
Per fortuna riesco a riafferrarla al volo. Solo che perdo l’equilibrio e finiamo a terra, lei sopra alla mia pancia.
-Tutto bene? - le domando preoccupato. Io non mi sono fatto nulla. Ma la sento così fragile a volte che mi pare sia fatta di porcellana.
Lei si mette a ridere, scostandosi dal mio ventre. La sua risata è talmente contagiosa che mi metto a ridere anch’io. Non smettiamo per cinque minuti abbondanti.
Poi mi rialzo e l’aiuto, rischiando ancora di scivolare e cadere.
-Credo che questo equivalga ad un si- deduco sorridendole.
-Ora sono tutta bagnata! - si lamenta come una bambina, facendo cenno ai vestiti.
-Su, su, per un po’ di ghiaccio! -  le prendo la mano e ci dirigiamo verso l’uscita della pista.
-Lo so ma uffa! - dice scherzando.
Usciamo dalla pista, ridando i pattini presi in prestito al noleggio. Poi attraversiamo le porte opache e torniamo nel locale. Andiamo alla cassa e paghiamo il tutto. Dopo di che usciamo in strada e prendiamo a passeggiare per le vie, con le mani unite.
Verso sera, all’ora di cena ci fermiamo in un piccolo ristorante dove fanno ramen: uno di quelli caratteristici, dove vi è la scritta fuori “ラメン” (Ramen) e pochi tavoli. Se si vuole si può anche mangiare al bancone.
Noi decidiamo di sederci e consumare ad un piccolo tavolino, situato in un angolo del locale. Ci rilassiamo e ceniamo con tutta calma, mangiando la nostra porzione di ramen.
Infine decidiamo di ritornare a scuola, sperando che non ci siano già i cancelli chiusi. E la fortuna ci assiste per una volta.
Mentre camminiamo nel campus verso i dormitori, Aida mi chiede, rossa in viso: -Ti va … di dormire insieme questa … notte? -
Questa proposta fa avvampare pure me e sento molto caldo, nonostante sia metà febbraio. Improvvisamente mi sento nervoso. Mi piacerebbe tanto stare con lei però ho il timore che ci scoprano e ci puniscano. Non voglio che anche lei vada di mezzo.
-Non ti va …? - domanda, visto che è da un po’ che non parlo. Prendo un bel respiro e, senza badare al nervosismo, annuisco.
-Si, vorrei … dormire con te questa notte- dico tutto ad un fiato, stringendole involontariamente la mano. Dalla sua espressione, più rilassata ora, deduco che abbia tirato un sospiro di sollievo. Forse temeva in un rifiuto.
Andiamo in camera sua visto che è singola, dopo che sono passato nella mia per prendere il pigiama: una maglia grigia e un paio di pantaloni blu. Però appena entro mi sento a disagio. Non so perché. Forse poiché non è camera mia…? Non lo so. So solo che sono nervoso. Ecco.
-Non essere così rigido…! - mi rimprovera Aida, mentre prende dei vestiti sotto il cuscino.
-Io vado a mettermi la camicia da notte. Puoi pure cambiarti qui se vuoi- sorride, con le gote un po’ arrossate e si infila nel bagno.
Io credo di essere nella sua stessa situazione. Mi sento rosso ed imbarazzato. Nonostante questo, però, decido di cambiarmi: prima mi metto i pantaloni del pigiama e poi la maglia. Solo che, dopo che ho tolto la maglietta, quando sono a dorso nudo, Aida esce dal bagno.
Distolgo subito lo sguardo, decisamente imbarazzato, e credo che anche lei lo sia. Mi metto la maglia e poi mi siedo sul letto.
-Scusa, dovevo bussare…- si scusa, sedendosi al mio fianco. Le metto una mano intorno alla vita e la tiro più vicina a me.
-Di nulla- le rispondo gentile.
Solo ora mi accorgo che indossa una camicia da notte che le arriva alle ginocchia e con le maniche lunghe, color verde acqua, con qualche fiocco all’altezza del seno. È davvero bellissima!
-E ora che facciamo? -
-Cosa diceva la lettera che ti hanno consegnato oggi…? - mi viene in mente. Non me ne ha parlato quindi deduco che non l’ha ancora letta. Spero che non fosse qualcosa di importante o di urgente.
-Oh, giusto! Me ne ero scordata! - si alza con un balzo e si avvicina alla scrivania cercando la presunta lettera. Avevo indovinato comunque. “Ma quanto è sbadata la mia Aida?” penso sorridendo leggermente.
-Eccola! - esclama estraendola e cominciando ad aprirla e leggerla. Io rimango seduto sul letto.
Mentre la legge il suo viso si fa serio, quasi triste. I suoi occhi si muovono a destra e a sinistra leggendo le varie parole. Finché, questi occhi così belli nella loro diversità, si riempiono di lacrime. Velate lacrime.
Subito balzo in piedi preoccupato.
-No! - grida mentre il suo corpo viene scosso sa singhiozzi violenti.
-Che c’è? Che succede?!- mi affretto ad andarle accanto, con il cuore che mi batte nel petto e un brutto presentimento.
Lei mi porge la lettera e si copre il viso con le mani, piangendo un po’ di più.
Afferro il foglio di carta con una certa irruenza e comincio a leggerlo.
 
Cara Aida Hunt
Dopo un periodo di divisione con l’orfanotrofio a cui appartieni a causa dell’incendio avvenuto qualche anno fa, sono lieta di annunciarle la completa riabilitazione della struttura.
Infatti questa è stata interamente ricostruita sopra le macerie di quella precedente, con un sistema di educazione e regolamentare ancora più rigido di quello vecchio.
Pertanto, le ordiamo di comunicarci la sua attuale posizione, nonostante noi ne siamo già in possesso per aggiornare gli archivi anch’essi andati perduti durante il tragico fatto.
Una macchina con una nostra collaboratrice verrà a prenderla il giorno 16/02 alle ore 8:30 per riportarla all’orfanotrofio da cui proviene. La prego di essere puntuale come la nostra disciplina le ha imposto.
Distinti saluti
La Direttrice
 
Le lacrime si sono impossessate anche dei miei occhi e le mani mi tremano.
-Quindi te ne devi andare per sempre…? - chiedo, quasi in un sussurro.
La sua voce è spezzata dai singulti e le guance rigate dalle lacrime che escono dai suoi occhi non migliora la sua situazione. Risponde flebilmente.
-Si…-
 
 
 
 
Angolo Autrice
Salve a tutti !^-^
Scusate per l’immenso ritardo di questo capitolo è solo che ho avuto problemi con la scuola e famiglia e quindi non ho avuto molto tempo per correggerlo e pubblicarlo.
Giuro che il prossimo capitolo uscirà esattamente tra un mese, avete la mia parola!
Ora, non uccidetemi per l’alto contenuto diabetico in questo capitolo ma dovete sapere che sono una tenerona ^-^
E mi scusi con tutti coloro che praticano pattinaggio sul ghiaccio: io non sono un’esperta, anzi tutt’altro e quindi ho cercato più informazioni possibili sulla figura che eseguono. Ovviamente se qualcuno sa il nome preciso di quel salto sarò disponibile a cambiarlo subito ^-^
 
Beh, spero vi sia piaciuto il capitolo e magari lasciate una recensione anche piccolina mi va bene ^^
Un abbraccio
 
BloodGirl

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Epilogo ***


RAIMON HIGH SCHOOL
 

EPILOGO
 
Shawn entra in classe, senza farsi né vedere né ascoltare. Non ha voglia di sentire discorsi futili e divertenti, poiché il suo umore non è dei migliori.
Non è arrabbiato, solo molto deluso. Si aspettava una vita scolastica rosea come i fiori di ciliegio. Invece in una sera, con una semplice lettera, il suo mondo “roseo” divenne grigio all’improvviso.
Forse era un po’ eccessivo per un trasferimento.
Ci sono i mezzi di comunicazione moderni per permettere una relazione a distanza. Ma non è la stessa cosa vedere la persona amata attraverso uno schermo o sentirne solo la voce.
Inoltre, nonostante i telefoni e Internet, una relazione a distanza sarebbe stata difficile da portare a termine. Soprattutto per la sua dolce metà.
Camminando piano si siede al suo posto, guardando fuori dalla finestra.
È una bella giornata quella di oggi. Peccato che non lo sia per lui e Aida. Non dopo quella lettera.
 
Una macchina con una nostra collaboratrice verrà a prenderla il giorno 16/02 alle ore 8:30 per riportarla all’orfanotrofio da cui proviene. La prego di essere puntuale come la nostra disciplina le ha imposto.
 
Quelle ultime due righe gli avevano cambiato in un attimo la serata e non poteva ancora credere che Aida, la sua Aida, se ne sarebbe andata la mattina seguente. Solo altre ventiquattro ore per stare con lei.
Mentre è immerso nei suoi pensieri, sente distrattamente un discorso abbastanza importante per un suo compagno.
-Ragazzi ho una brillante notizia da darvi: mi hanno preso nei campionati nazionali di atletica leggera! -
-Ma Nathan, è una notizia sensazionale! - esulta Mark.
-Sarai al settimo cielo! -osserva Axel, felice per il suo amico.
-Si, moltissimo! - dice quasi piangendo di gioia.
-Ecco perché hai lasciato il club di calcio…! - piagnucola il portiere.
Shawn si sente in debito. Deve andare a dargli le sue più sentite congratulazioni, anche se in quel momento non è esattamente su di morale.
Raccoglie tutte le forze e la buona volontà, nello stesso tempo in cui tutti gli altri vengono a conoscenza della notizia e si congratulano con l’azzurro.
Si alza dalla sedia e si dirige verso Nathan. Con il sorriso più sincero che possa fare, nascondendo dietro la sua maschera tutta la tristezza, gli mise una mano sulla spalla.
-Congratulazioni Nathan. Spero che vincerai l’oro ai campionati-
-Grazie Shawn! - molto felice.
Rimane lì ad ascoltare i suoi compagni, cercando di non far trasparire nessun sentimento negativo.
Ma qualcuno purtroppo lo nota.
Quando l’entusiasmo generale si attenua, Axel prende Shawn da parte e gli chiede: -C’è qualcosa che non va? -
-Nulla, va tutto bene…- gli risponde, cercando di rassicurarlo. Ma non ha recitato in modo impeccabile.
-Non me la bevo- sospira- che succede? Hai litigato con Aida? -
L’albino scuote la testa abbassando il viso. Prende un grosso respiro, e rivela in un sussurro: -Aida domani se ne va… per sempre-
-Cosa?!-
La (s)fortuna volle che in quel momento vi era silenzio in classe e così tutti i suoi compagni udirono le sue parole, anche se appena accennate.
Mark, subito preoccupato, fu il primo ad avvicinarsi all’albino: -Come sarebbe a dire che se ne va per sempre?!-
-Proprio così…- rispose Shawn, con gli occhi che gli pizzicavano. Non credeva di potercela fare a ripeterlo un’altra volta. Era stato pesante anche per lui, oltre che per la ragazza, la sera precedente, mandar giù quel boccone tanto amaro.
-Non è possibile che di punto in bianco decida di andarsene…- fece osservare Jude, poi gli venne in mente la lettera del preside –E’ per via della lettera vero? -
-Quale lettera? - chiese confuso il portiere. Jude si spalmò cinque dita in fronte e lo prese da parte per spiegarglielo.
Nathan, che fino a qualche minuto prima era immensamente felice, ora si ritrovava dispiaciuto per l’amico e compagno. Quindi il minimo che potesse fare era mettergli una mano sulla spalla e sussurrargli: -Mi spiace…-
Come tutti del resto.
 
 
Quel giorno Aida non si presentò a lezione e i professori non parvero preoccuparsene. Non segnarono l’assenza nemmeno sul registro. E ciò mandò Shawn nella depressione più totale, senza contare l’insistente banco vuoto al suo fianco.
Le mancava già.
Le mancava il suo profumo, i suoi occhi diversi e curiosi, la sua risata e la sua voce. Al sol pensare che non l’avrebbe mai più rivista volle scappare.
Finite le lezioni se ne andò in camera, sbattendo fragorosamente la porta alle sue spalle. Buttò la borsa a tracolla con i libri in un angolo della camera, per poi stendersi sul letto e guardare in alto, con la mente completamente vuota. Sembrava come se fosse un manichino senza più una ragione di vita.
Si diede persino dell’idiota: non poteva reagire così se quella che stava male più di tutti era Aida. Però al sol pensiero di vederla solo per poche ore, lo faceva raggomitolare ancora di più su se stesso.
Rimase ancora nel suo angolino depressivo per un po’, finché Hayden non entrò in camera.
-Ecco dove ti eri cacciato! - chiude la porta dietro di sé –Ti stanno aspettando tutti per gli allenamenti. Il mister mi ha mandato a chiamart-
-Riferiscigli che non sto molto bene…-interrompe l’albino, voltandosi su un fianco rivolgendosi al muro, onde evitare di guardare il fratello.
Questi, d’altro canto, sospira e gli si siede accanto a gambe incrociate: -Ho saputo di Aida e mi dispiace tanto… ma pensa come sta lei ora. Sarà ancora più distrutta-
-Lo so però… se la vedo di nuovo rischio di impazzire… non voglio dirle addio…- mugugna guardando il muro.
-E infatti non le dirai addio, ma arrivederci! - esclama il gemello con un sorriso.
Shawn si volta e si mette a sedere, guardandolo confuso e interrogativo, un tacito invito ad andare avanti a parlare.
-Certo, ci saranno sempre i telefoni! Vi potrete contattare via mail, messaggi e quant’altro! - lo sguardo dell’albino pare accendersi di una strana felicità appena sentite le parole del fratello –non dirmi che non ci avevi pensato?- lo guarda basito Hayden.
-Per niente! - dice abbastanza motivato ora, alzandosi dal letto. Poi prese il cellulare e se lo mise in tasca, andando ad aprire la porta.
-Dove vai ora? - chiede sorridente il fratello.
-Da lei! - per poi correre via verso la sua amata Aida.
 
 
Dalle sue piccole labbra esce un ennesimo sospiro, mentre ripone nella sua valigia un’altra maglietta, la decima. Per impegnarsi la mente e non pensare a cose dolorose, conta quanti singoli indumenti mette via, per portarli via per sempre da quella stanza.
Si avvicina di nuovo all’armadio e prende un altro indumento. Uno degli ultimi.
“Per fortuna” cominciò a pensare “non ho molti vestiti, così posso finire velocemente”. Sospira di nuovo, come se stesse patendo un profondo dolore interiore che le attanaglia le viscere dal profondo, facendo chiudere il suo stomaco e pesare i polmoni.
Sembra quasi che sia in procinto di piangere.
Ma nessuna lacrima ancora scende lungo le sue guance.
Finché i suoi pensieri non furono interrotti da un violento bussare alla sua porta.
Aida ripone malamente la maglia che stava cercando di piegare sul letto, accanto alla valigia e si dirige verso la porta. Appena la accosta un poco vede gli occhi di Shawn e la spalanca totalmente, sentendo le lacrime premerle sugli occhi.
-Shawn…? - chiese con un fil di voce.
-Scusa, non sono riuscito a venir prima…- rispose con il fiatone, evidentemente aveva corso parecchio per arrivar lì il prima possibile.
-Perché sei qui? - gli chiese con voce atona.
-Volevo stare gli ultimi istanti con te. Non voglio sprecare nemmeno un minuto…- spiega e le sorride, nell’unico modo in cui le fa battere forte il cuore per l’emozione. E ­quelle lacrime minacciarono ancora di rigarle gli zigomi. Ma ricaccia indietro tutto e accennando un sorriso dice: -Puoi aiutarmi a fare la valigia allora-
Shawn annuisce, sorridendo triste questa volta. Entra nella camera di lei, richiudendosi la porta alle spalle. All’improvviso la camera gli pare subito vuota. Tutti i suoi quaderni, che di solito erano malamente sparsi sulla scrivania, non vi sono più. E anche tutte quelle matite colorate che ad Aida piacciono tanto, sono come sparite, come se non sono mai esistite.
Scuote la testa per non farsi prendere dallo sconforto e aiuta la ragazza albina a riporre le ultime cose nella sua abbastanza piccola valigia.
 
Passarono forse un paio di ore, nel silenzio più totale, interrotto solo poche volte per consigli di Aida rivolte al ragazzo, come “metti questo qui, così non si stropiccia” e cose del genere, di nessuna importanza.
E così la camera della ragazza fu completamente svuotata di ogni suo avere personale.
Chiusero insieme la valigia e Shawn la ripose sul pavimento vicino alla porta della camera.
Dopo di che si sedettero entrambi sul letto in silenzio. Un silenzio carico di tensione e sentimento, prevalentemente tristezza.
Finché non fu Shawn a spezzarlo.
-Senti… se vuoi possiamo scambiarci gli indirizzi e-mail, così possiamo tenerci in contatto anche mentre sarai…- non riesce a concludere la frase, sperando che sia meglio lasciarla sospesa, piuttosto che dire qualche parola in più, che certamente ad Aida farebbe male.
Questa sospira, guardando in basso. L’albino la guarda interrogativo.
Gli occhi diversi di Aida si rivolgono subito in quelli color del ghiaccio del ragazzo. Questi ci legge solo una tristezza infinita.
-Ascolta Shawn, devo parlarti seriamente- dice seria mentre si tocca il dorso di una mano con il pollice.
-Dimmi, ti ascolto-
-Io… vorrei che smettessimo con questa relazione…- continua guardando in basso, sentendo il suo petto farle male.
Il cuore di Shawn perse un battito. E dopo qualche secondo ne perse un altro.
-C-come? Vuoi… dire che ci stiamo lasciando…? - domanda l’albino, insicuro e con gli occhi lucidi. Aida annuisce.
-Secondo me è la cosa… migliore- anche se si poteva capire benissimo, che non ci credesse nemmeno lei nelle sue stesse parole. L’unica cosa in cui lei crede è che non vuole far soffrire la persona che ama: e una relazione a distanza e così forzata non era esattamente la cosa migliore.
Tutto questo Shawn poteva capirlo benissimo. Eccome se lo capiva.
Abbassa lo sguardo sulle coperte andando involontariamente a sfiorare le dita di Aida. Dopo di che annuisce.
-D’accordo…lo capisco… posso solo farti un’ultima richiesta? - disse con gli occhi sempre più colmi di lacrime. La ragazza annuisce.
-Posso baciarti un’ultima volta? -
Aida non se lo fece ripetere due volte e gli prese il colletto della camicia, attirandolo in un profondo bacio. Chiusero gli occhi e subito sul volto di entrambi scivolarono le prime di infinite lacrime.
 
 
La mattina seguente non vi è scuola dato che è domenica. Una terribile domenica 16 febbraio.
Tutti i suoi compagni di calcio, nonché di classe andarono a salutarla e a dirle addio. A capeggiare il gruppo vi è naturalmente Shawn, la persona che ama di più al mondo.
Mentre lei dà le spalle a tutti, guardando il cancello di ingresso della scuola e tenendo in mano la sua valigia, la stessa che l’ha portata in quella scuola due anni prima.
La macchina, nera come la pece, arriva puntuale alle 8.30, l’ora scritta sulla lettera maledetta. Per un attimo pensa che se non avesse mai letto quella comunicazione, ora non sarebbe lì in piedi a dire addio a tutti.
Il mezzo si ferma davanti ai ragazzi e ne esce un signore sulla quarantina che Aida riconosce come il vicedirettore del suo orfanotrofio. Subito la aiuta a caricare il bagaglio in macchina.
Infine Aida si rivolge verso i suoi amici con un sorriso tirato sulle labbra.
-Grazie mille a tutti per le avventure che abbiamo trascorso in questi due anni- e mentre dice queste parole guarda negli occhi ognuno di loro, soffermandosi poi su quelli di Shawn, lucidi e ancora un poco arrossati. Come i suoi del resto.
A turno ognuno di loro la saluta con parole gentile e di incoraggiamento.
Quando arriva il turno dell’albino, l’ultimo, questi l’abbraccia di slancio. Aida ricambia dolcemente, poggiando le sue mani sulla schiena di Shawn. Poi gli sussurra in orecchio: -Ti prego, non dimenticarmi…-
-Non potrei mai, ti amo tantissimo…- sussurra in risposta, lasciandola poi andare.
Aida subito, senza mai voltarsi indietro, sale sulla macchina nera. Il vicedirettore chiude il bagagliaio e si va a sedere al posto del guidatore. Dopo di che parte piano, attraversando il cortile della scuola.
 
-Addio Aida…-
 

 
 
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice
Ed eccoci qui alla fine anche di questa long. In un certo senso mi spiace che sia finita così, ma pensandoci meglio era la soluzione più logica tra tante ^-^
Lo so che siete arrabbiati con me, ma mi dispiace! *si nasconde in un rifugio nucleare*
Ringrazio tutti quelli che hanno recensito tra cui, in particolare:
Lily_ Rose_Potter
Elisachan
risep4
Charlotte Jones_
Shine2002
Poi ringrazio anche pandoraart che ha inserito la mia storia tra le “preferite”, ringrazio ancora risep4 che l’ha inserite nelle “ricordate” e ringrazio Dreamer_10, kettaeli130020MatsuokaRin e Pandina9 che l’hanno inserite nelle “seguite”.
Grazie a tutti di cuore!!!
 
BloodGirl
 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3219511