The lion and the wolf.

di HighByTheBeach
(/viewuser.php?uid=81998)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lupa del Nord. ***
Capitolo 2: *** La leonessa di Granito. ***



Capitolo 1
*** La lupa del Nord. ***


Sansa Stark osserva le gelide sale di Grande Inverno, un tempo riscaldate dalle risate degli uomini del Nord, dai loro racconti, dalle loro battute, dalle loro bevute. Sansa rivede anche se stessa, seduta al tavolo principale, con un sorriso di cortesia. Era una ragazzina che sognava di lasciare quel posto, di spiccare il volo e lasciare quel luogo così isolato e freddo.

Come avrebbe potuto sapere, del resto, che il suo sogno, una volta avveratosi, si sarebbe trasformato nel peggiore degli incubi?

E adesso Sansa disprezza quella ragazzina. Vorrebbe schiaffeggiarla, vorrebbe gridarle in faccia di restare a quel tavolo, di non muoversi. Vorrebbe dirle che proprio lì, proprio in quei momenti, aveva tutto. L'amore di una famiglia a riscaldarle il cuore, prima di perdere tutto.

 

Sansa ricorda che, mentre era imprigionata nella gabbia dorata di Approdo del Re, mai avrebbe pensato di rivedere la sua casa. Quando i membri della sua famiglia avevano iniziato a morire o a sparire nel nulla, aveva capito che non c'era più una casa a cui tornare. Aveva capito che, per sopravvivere, non poteva più sperare in un eroico salvataggio da parte di suo fratello Robb. Doveva adeguarsi alle meschine regole della corte, dettate da una Regina dal cuore di ghiaccio e da un Re dal cuore di tenebra. Ogni volta che Sansa doveva piegare la testa e sorridere a Cersei Lannister provava un senso di nausea, doveva trattenere un conato di vomito.

Era una lupa solitaria in quella fortezza di leoni.

 

Sansa adesso osserva fiera il vessillo di casa Stark volteggiare sulla roccaforte un tempo appartenuta a lord Eddard. Da quelle parti, in un angolo, erano stati raccolti tutti i vessilli raffiguranti l'uomo scuoiato dei Bolton, e vi era stato dato fuoco.

Durante il breve periodo vissuto al fianco di Ramsey, Sansa ricorda che Grande Inverno era stata più fredda che mai. Quella era la sua casa, eppure non l'aveva sentita sua. Non c'erano più risate, non c'erano più banchetti. C'era solo un mostro che governava col pugno di ferro, con la forza del terrore. Nella mente di Sansa erano ancora impresse le immagini di quegli uomini scuoiati vivi e lasciati a marcire sulle mura. Quelle immagini non la abbandoneranno mai, così come l'immagine di Ramsey divorato dai suoi stessi cani. Per molto tempo i Bolton avevano tenuto il Nord in ostaggio, ma quando l'Inverno è alle porte un cane non può far altro che soccombere alla forza dei lupi, e questo Sansa lo sa bene. Questa sola consapevolezza, ereditata grazie agli insegmanti di suo padre, le aveva dato speranza, spingendola ad esortare suo fratello Jon a combattere per il Nord.

Sansa non si era mai resa conto di quanto le mancasse Jon. Durante il lungo periodo vissuto lontano da Grande Inverno, la ragazza aveva pensato con malinconia a tutti i membri della propria famiglia, ed era rimasta sorpresa ogni volta che nella sua mente aveva fatto capolino anche il volto di Jon Snow. In un tempo ormai lontano lo aveva sempre considerato un bastardo senza madre, un promemoria del disonore di Lady Catelyn.

Eppure, dopo averlo rivisto alla Barriera dopo tutti quegli anni, Sansa si era resa conto che quel bastardo le mancava tanto quanto le mancavano gli altri suoi fratelli. Sulle loro spalle adesso ricade la responsabilità di tenere alto il nome della famiglia.

 

 

Sansa vorrebbe gioire di questa vittoria a metà. Lei e Jon avevano ripreso Grande Inverno, ma a quale prezzo? Non potranno condividere quella felicità con loro padre o con loro fratello Rickon. Sansa aveva perso anche sua madre.

Sansa guardò al cielo, sperando che Arya e Bran fossero ancora vivi, da qualche parte. Aveva smesso di pregare da tempo, ma in quel momento fu tentata di chiedere agli Antichi di mostrarle la strada da percorrere per ritrovare i fratelli perduti.

 

E' calata la notte su Westeros. Mentre si pettina i lunghi capelli rossi, lady Stark si guarda allo specchio. Le piace ciò che vede? Non è rimasta alcuna traccia di quella ragazzina che era partita alla volta della Capitale. Era cresciuta, era una donna. Ora rivede nel suo volto quello di lady Catelyn, e ripensa alle sue parole. Nonostante fosse una donna del Sud, col tempo sua madre era diventata parte di quel luogo, aveva fatto di Grande Inverno una seconda casa. Sansa si era sempre chiesta come ci fosse riuscita, come potesse apprezzare quel luogo così ostile. Adesso lo aveva capito. Sansa aveva capito. Un mezzo sorriso le spunta sul volto, pensando che sua madre, probabilmente, sarebbe stata fiera della donna che Sansa era diventata. Non vuole deluderla. Prima di morire, Ramsey le aveva detto che lui sarebbe sempre stato parte di lei. Ed il fatto che non abbia provato pietà alcuna mentre i cani sbranavano e dilaniavano le carni del marito, portava Sansa a temere di star diventando anch'ella un mostro. Stava lasciando che l'oscurità iniziasse a pervadere il suo cuore, un tempo caritatevole e gentile. No, non si sarebbe lasciata andare. Voleva essere come sua madre.

Una regina.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La leonessa di Granito. ***


Cersei Lannister osserva la sala del Trono.

I suoi occhi verdi come l'Altofuoco che aveva utilizzato per distruggere i suoi nemici studiavano attentamente le facce che la circondavano.

Ricorda perfettamente che, quando sul Trono di Spade erano seduti Robert o suo figlio Joffrey, quella sala era molto più luminosa ed affollata.

Quei pochi volti che osservano la neo-Regina sono colmi di soggezione, e la sala è cupa, illuminata da poche fiamme morenti.

La leonessa di granito, dall'alto del suo Trono, sa bene che i suoi sudditi non la amano. Ma sapeva altrettanto bene che del loro amore non sapeva cosa farsene. Non era stato l'amore a condurla su quel Trono. Erano stati il sangue, il terrore, l'ira a condurla lì.

Cersei non ha bisogno di amore, nemmeno da parte di suo fratello, non più. Lo sguardo di Jaime era valso più di mille parole per la regina. Cersei sapeva che il fratello non l'avrebbe mai perdonata per quanto accaduto a Tommen, l'unico figlio che gli era rimasto. Adesso Cersei non ha più nulla da perdere, nulla da amare. Ed è proprio in situazioni come questa che si mantiene il potere.

 

Cersei aveva schiacciato tutti i suoi nemici. Le rose Tyrell erano state estirpate per sempre, ed i passeri erano stati abbattuti. La morte di Tommen non era giunta inaspettata per la Regina. La profezia di Maggy la rana risuona ancora nella sua testa. "D'oro saranno le loro corone, e d'oro saranno i loro sudari."

La profezia si era avverata. I figli di Cersei erano caduti uno dopo l'altro, in un'incessante cascata di morte.

 

Nella vittoria, Cersei aveva perso tutto. Non le restava che il potere, rappresentato da quel Trono formato dalle spade di uomini vissuti molto tempo fa. I pensieri della Regina si rivolgono a suo padre, il grande lord Tywin, il leone dell'Ovest, l'uomo che, pur non essendo mai stato re, assoggetava chiunque incontrasse il suo sguaro color smeraldo. Cersei si chiede se ora egli sarebbe fiero di lei, di quella figlia a cui mai aveva riservato la stessa considerazione riservata a Jaime. Cersei si era sforzata di essere all'altezza di Tywin, sempre. E cosa aveva avuto in cambio? Era stata regalata a Robert Baratheon come fosse un oggetto, come pegno di un'alleanza fragile già nel principio. Era dunque questa la considerazione che il lord di Castel Granito aveva della figlia?

Se fosse ancora vivo, Cersei pensa che anch'egli dovrebbe inchinarsi di fronte a lei, avvolta in quel vestito nero come le tenebre che ormai da tempo immemore si erano fatte strada nel suo cuore.

 

Un sorriso si fa strada tra le labbra sottili della Regina alla vista dei sudditi che si inchinano timorosi ogni volta che incrociano il suo sguardo. Cersei sa che il popolo di Approdo del Re la odia. Sa che quei poveracci la considerano una puttana, un'incestuosa fornicatrice, un'assassina. Ed hanno ragione. Cersei non ha più bisogno di nessuno, ormai. Non esiste più neanche un concilio ristretto. Non ha bisogno di accerchiarsi di inutili leccapiedi che la pugnalerebbero alle spalle alla prima occasione. Qyburn è tutto ciò che le serve. Non ha bisogno nemmeno di Jaime. Lo sguardo accusatore del gemello era stato sufficiente durante l'incoronazione. Lui non capisce. Non capisce. Non capirà mai. Cersei è costretta ad ammettere, con amarezza, che se l'uomo che un tempo aveva amato dovesse decidere di ostacolarla, non potrà che disfarsi di lui.

In realtà, la Regina non era neanche più sicura di averlo amato. Ma ormai non è più importante. L'amore è debolezza, e l'unico amore che si può provare è quello per i propri figli. Essendo questi ultimi morti, Cersei non ha più alcun legame con la propria umanità. Non ha più motivo di essere misericordiosa. Intende instaurare un governo di terrore, lì nella Capitale. E intende far udire il proprio ruggito a chiunque osi sfidarla, come è capitato quel giorno, nel tempio di Baelor.

 

Cersei Lannister si affaccia sul terrazzo della Fortezza Rossa. Osserva Approdo del Re, i fumi dovuti all'esplosione sono ancora nell'aria. Poi il suo sguardo passa oltre, e si perde nell'orizzonte. Nella testa della Regina si susseguono le immagini di Dorne, dell'Altopiano, della Valle, dell'Ovest, del Nord. I Sette Regni di Westeros, così lontani tra loro e così diversi, tutti nelle sue mani.

E allora la Regina non può che sorridere di gusto, mentre si porta alle labbra l'ennesimo calice di vino.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3491760