I dieci passi di Levy e Gajil

di Sophie_moore
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo passo: Primo incontro. ***
Capitolo 2: *** Secondo passo: Incrociare gli sguardi. ***
Capitolo 3: *** Terzo passo: Primo appuntamento ***
Capitolo 4: *** Quarto passo: Primo bacio ***



Capitolo 1
*** Primo passo: Primo incontro. ***


Ten Steps


Step one: Primo incontro.


Loha era molto confusa. Non era sicura di quello che le chiedeva la professoressa, e neanche voleva sapere perché si era messa in testa di far fare a lei e alla sua classe quella ricerca insensata.

Che utilità c'era nel chiedere ad una coppia come si erano conosciuti e tutte quelle altre balle?

Si sedette al tavolo con un'aria imbronciata che neanche avesse avuto sei anni, e subito sua madre se ne accorse.

«Che succede tesoro?» le domandò Levy, passandole una mano sulla testa.

«Devo fare una ricerca per la scuola su una coppia,» Levy annuì, incitandola ad andare avanti, «Devo chiedervi delle cose.»

«A me e papà?»

Loha si accasciò sul tavolo, mugugnando una risposta tra i denti.

«Gajil, vieni qui! Tua figlia ha bisogno di te!» urlò la giovane donna, sventolando il mattarello a mo di bandiera.

«Che hai sempre da urlare tu…»

Gajil si alzò stancamente dal divano, sbadigliò e si passò le mani tra i capelli lunghi ed ispidi.

«Cosa c'è?»

«Puoi fare un favore a tua figlia, ogni tanto, no?» lo rimbeccò la donna, dandogli uno scappellotto sula nuca.

«Credo che mia figlia abbia voglia quanto me…» sghignazzò, dando un'occhiata a Loha che pigolò una specie di risposta.

Levy si sedette elegantemente sulla sedia di fianco a suo marito, si mise composta e spalancò gli occhioni nocciola. Quelle ricerche la divertivano sempre un sacco, senza contare che poteva prendere in giro Gajil e divertirsi a farlo imbarazzare, che era un'occasione imperdibile.

«Procedi pure, tesoro,» fece un gesto con la mano e Loha tirò fuori un foglio dalla tasca della divisa scolastica.

«Com'è stato il vostro primo incontro?»

*-*-*-*-*-*-*-*

Levy non aveva così tanta voglia di giocare. Preferiva di gran lunga starsene seduta sul prato a guardare i suoi fratelli scorrazzare come anime in pena e leggere qualche pagina del suo libro, stretto tra le braccia.

Aveva sette anni ed era minuscola, per quello i suoi fratelli dovevano sempre tenerla d'occhio.

Jet e Droy cercavano di fare il possibile per proteggerla, ma c'era sempre un ragazzino che andava a tormentarla, quando erano nel giardino della scuola: Gajil.

In due, bene o male, sapevano gestire tutti quanti, e poi in pochi andavano ad infastidire Levy, tranne Gajil, che trovava sempre il modo per farle dei dispetti.

«Ehi gamberetto!»

Levy rabbrividì ed alzò lo sguardo: il sole era coperto da viso spigoloso e freddo di Gajil, che come al solito era arrivato per importunarla.

«Non chiamarmi gamberetto!»

«Che leggi?»

«Fatti gli affari tuoi!»

Ma la piccola Levy non poteva fare molto: lui le prese il libro dalle mani e lo alzò in modo che lei non riuscisse ad arrivarci neanche in punta di piedi.

«Oh ma che cose noiose! Lo sai che diventi scema a leggere tutto il giorno?» la prese in giro, facendole la linguaccia e lanciandole il tomo metri più in là. Aveva solo un paio d'anni in più di Levy, ma era decisamente alto e forte, sembrava quasi un adolescente. E poi aveva quel maledetto orecchino che neanche le maestre erano riuscite a togliergli.

A Levy faceva una rabbia che si sentiva bruciare persino le ossa. Avrebbe voluto dargli una lezione, una buona volta, anche perché non riusciva mai a farlo stare al suo posto e prendeva in giro i suoi fratelli senza ritegno. Doveva fare qualcosa. Doveva fare qualcosa.

Prese il coraggio a due mani e si lanciò contro il ragazzino, spingendolo a terra ed iniziando a tirargli i capelli lunghi, menando le manine come se ne valesse della sua vita. Quella volta aveva passato il limite!

Gajil non ne sembrava particolarmente turbato. Gli bastò spingerla di lato con una mano sola per farla cadere e rotolare giù per la debole discesa.

Solo che, appena la bambina toccò il prato, sentì un rumore sordo e inquietante al polso. Poi venne pervasa dal dolore, tanto forte che scoppiò a piangere come una disperata.


Dopo una giornata intera al pronto soccorso, Levy aveva un bel gesso bianco al polso destro: si era rotto, avevano detto i dottori, ma non avevano una faccia tanto strana per cui decise di non preoccuparsi. Sentiva solo tanto male, ad essere sincera.

Quando tornò a scuola non vide più Gajil e poté finire i suoi giorni delle elementari senza essere tormentata, anzi, essendo quasi venerata dagli altri bambini che l'avevano presa come un'eroina. Non si era mai vista una bimba così piccola reagire ad un ragazzino così grande, era stata davvero coraggiosa!







Sophie's space_____

Buonasera e buon anno!

Era da un po' che non scrivevo sulla mia bellissima OTP, e ho visto questa challenge… beh, cosa potevo fare?

Questo è un regalo di buon inizio anno per tutti voi, che mi avete sostenuta e riempita d'affetto.

Vi voglio bene e vi auguro ogni bene <3

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Capitolo 2
*** Secondo passo: Incrociare gli sguardi. ***


Step two: Incrociare gli sguardi.

«Quindi papà era un bullo!»
Loha sbatté le palpebre sconvolta. Si era sempre immaginata suo padre come uno di quei ragazzini sempre da soli e appartati, di certo non si aspettava che fosse uno di quelli che infastidivano gli altri senza un motivo.
«Era?» ridacchiò amabilmente Levy, inclinando la testa di lato.
«Non sono più così!» Gajil arrossì leggermente e sgranò gli occhi color dei rubini, indeciso se iniziare a giustificarsi o lasciar cadere l'argomento.
«Certo, certo… comunque non era poi così fastidioso,» continuò la donna a raccontare, sorridendo allegra.
«Ma se ti ho rotto il polso!»
«Non l'hai fatto di proposito. E, comunque, è stato perché sono caduta, non per altro,» Levy alzò leggermente il mento con aria altezzosa.
Gajil fece per ribattere, alzò il dito, aprì la bocca, ma poi scosse la testa e tornò a braccia conserte e con la fronte corrugata, come s'addiceva ad un perfetto orso bruno.
«Avete sempre litigato, quindi.»
«Sempre,» annuì l'uomo, esasperato ed orgoglioso allo stesso tempo. Si divertiva a far impazzire sua moglie, soprattutto perché anche lei si divertiva a far impazzire lui. Era un rapporto molto alla pari, il loro.
«Non c'è stato un giorno in cui non abbiamo bisticciato,» completò il discorso lei, appoggiando il mattarello sul tavolo e congiungendo le mani.
Loha roteò gli occhi al soffitto e lesse la domanda seguente con tono annoiato.
«Il primo incrocio di sguardi… dai ma che domanda è, mica è la patente!»

Gajil sbadigliò sonoramente e si grattò la nuca, aggirandosi come un'anima in pena per i corridoi semideserti della scuola.
Si era addormentato durante la lezione e così si era perso il suono della campanella. Quando aveva aperto gli occhi erano già tutti nel cortile sul retro a schiamazzare e a giocare a qualcosa, facendo un baccano infernale.
Scrollò le spalle e si legò i capelli lunghi, per poi far scrocchiare tutte le ossa del corpo. Era un tic particolarmente snervante, ma a lui che importava, tanto avevano paura in ogni caso.
Spalancò la porta che dava sul cortile e venne investito letteralmente da tutte quelle grida che prima erano attutite e da un sacco d'altri rumori fastidiosi, come pallonate sui muri, scricchiolii di scarpe, canzoni cantate in modo pessimo e tanto tanto altro.
D'altronde era l'ultimo giorno di scuola, non poteva pretendere che se ne stessero tutti in silenzio solo perché a lui dava fastidio la confusione.
Ad un certo punto, però, sembrò come se tutto si attutisse. Sentì una vocina allegra, minuta come la ragazzina che la portava. Si voltò di scatto, come se quella voce gli ricordasse qualcosa, e vide solo più dei capelli celesti ed un cerchietto giallo canarino indosso ad una minuscola ragazzina dalla pelle bianca.
Chissà perché aveva avuto quella reminiscenza, eppure non l'aveva mai vista.
«Levy-chan, non credi che sia più bello starsene all'aria aperta?»
«Sai come la penso, Lu-chan… non mi piace molto questo fracasso.»
Gajil fece per fare qualcosa, era pronto, doveva capire cosa gli ricordava, ma venne interrotto da una pallonata che gli arrivò dritta nella bocca dello stomaco.
«Oh, ma allora sei vivo!» un ragazzino dai capelli rosa ed un sorriso a cui mancava un dente rivendicò il misfatto, richiedendo indietro il pallone da basket che giaceva ai piedi di Gajil.
«Nanerottolo, ti disintegro!»
Il ragazzino scoppiò a ridere ed in quel momento Gajil guardò oltre di lui, dove scorse un paio di occhi nocciola che lo fissavano intensamente.
Non riusciva a staccarsi da quell'ancoraggio così potente, era come se quelle iridi color del cioccolato fossero tutto e niente.
«Ti vuoi muovere?»
Venne di nuovo riscosso dallo stesso ragazzino, che aveva iniziato a lanciargli pietroline e piccoli sassi addosso per attirare la sua attenzione.








Sophie's space___
Buongiorno bella gente!
Io ho dei problemi con i progetti periodici, non ce la faccio a rispettare scadenze, e nelle raccolte anche peggio…
Ma mi sto impegnando duramente a completare questa challenge, perché ci tengo un sacco. Quindi supportatemi, yey!
Detto questo fuggo, prima che mi lanciate pomodori marci e cose simili… a presto!
Spero.
Love ya all,
Sophie

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Capitolo 3
*** Terzo passo: Primo appuntamento ***


Step Three: Primo appuntamento.

Levy cercava disperatamente di non piangere, di trattenersi, ma sentiva di non riuscirci troppo bene.
Era il suo uomo dopotutto, non poteva non commuoversi! Nonostante avesse sentito quella storia decine e decine di volte, la sapeva a memoria ormai, non smetteva di farsela raccontare e di emozionarsi sempre.

«Mamma, sei imbarazzante,» l'informò Loha, facendo una smorfia schifata.
«Non essere così dura, lo sai che la mamma è una piagnona…» la prese in giro Gajil allora, attento comunque a non incrociare il suo sguardo. Lui l'aveva sempre saputo, alla fine. Aveva sempre saputo che sarebbe finito con quello scricciolo dai capelli celesti, fin da quando l'aveva rivista nel cortile della scuola e non aveva smesso di osservarla. Lui lo sapeva!
E l'aveva ammesso solo di recente, a lei e a se stesso.
«Un giorno mi capirai, tesoro,» Levy si asciugò gli occhi con le maniche della felpa, tirando su col naso e prendendo dei profondi respiri.
«Sì, ma magari no,» mormorò la ragazzina, scivolando sulla sedia.
«Vedrai,» la madre le prese la mano e le diede un leggero bacio sopra, iniziando poi ad accarezzarlo affettuosamente. Sperava davvero che sua figlia potesse essere felice come lo era lei.
«Sì… va beh, terzo punto. Primo appuntamento.»

«Sei sicura che debba venire anche io?» si lamentò per l'ennesima volta Levy, buttandosi con fare teatrale sul letto della sua migliore amica.
«Certo che devi venire.»
«Ma è il vostro appuntamento. Io non vorrei che venisse qualcun altro al mio appuntamento…» ci provò di nuovo. Non che avesse qualche speranza in più, ma sperava di intenerirla o impietosirla e quindi che la lasciasse fuori da quella giornata. Provare non costava nulla, no?
Lucy si voltò di scatto con un'espressione omicida, «Tu vieni,» asserì, ponendo fine a quella discussione che andava avanti da delle ore, ormai. Quando Lucy aveva quello sguardo si poteva solo accettare la sua versione senza fare domande o avere reazioni di qualsiasi tipo.

Due ore dopo erano immerse letteralmente nell'odore nauseante di zucchero filato, frittura di ciambelle e puzza di giostrai ormai non proprio più giovanissimi.
Stavano sedute sulla panchina, una che si guardava intorno sul chi va là, l'altra che accarezzava il dorso della copertina del suo libro, quello che teneva sempre in borsa per ogni evenienza. Stava ponderando se fosse più opportuno aprirlo ora o tenerlo per i momenti più bui del pomeriggio, magari quando l'amico di Natsu avrebbe iniziato a parlare di qualcosa di assolutamente noioso e sarebbe dovuta rimanere ad ascoltarlo… sì, decise di aspettare il momento buio propizio.
«Sono arrivati!»
Lucy saltò in piedi come una molla e si lisciò la gonna bianca con le mani per essere perfetta, mentre Levy la imitava con un brio decisamente diverso.
«Yo, Lucy! Levy!» le salutò Natsu agitando la mano e sorridendo come un bambino.
Anche le due ragazze ricambiarono il sorriso, finché la luce del ragazzo non venne oscurata da un'ombra imponente, più grande di lui.
«Lui è Gajil, è venuto per Levy,» spiegò Natsu come se nulla fosse, facendo spallucce.
Levy sgranò gli occhi e sbatté le palpebre. Appena mise a fuoco di chi si trattava per un attimo non ebbe un cedimento alle gambe.
«Tu mi hai rotto il polso!» strillò, la voce che quasi non le morì in gola.
«Ha fatto brutte cose, in passato, ma ora è diverso, vero?» Natsu gli diede un paio di poderose pacche sulla spalla, spingendolo in avanti.
«Stai zitto idiota.»
«Levy-chan…?» Lucy si voltò verso la sua amica, confusa e dispiaciuta allo stesso tempo.
«Va bene, va bene. Vediamo, allora,» Levy scrollò le spalle e sorrise come meglio poteva. Per Lucy sarebbe passata oltre, assolutamente.
«Bene! Iniziamo! Andiamo a prendere qualcosa da mangiare, Lucy?»
La rampolla della ricca famiglia annuì entusiasta, diede un bacio sulla guancia alla sua migliore amica e raggiunse il ragazzo, sussurrando un “Grazie”.
«Credo che non andremo d'accordo.»
«Sono d'accordo,» rispose lui, sospirando.
«Mi romperai di nuovo un polso?»
«No, non picchio più le ragazze.»
Levy sorrise e gli diede una fugace occhiata, constatando che era diventato un ragazzo molto attraente. Non che lo rendesse più interessante, certo.
«Ne sono contenta. Ma comunque non credo diventeremo amici,» decretò. Aveva sempre il suo libro, nel caso le cose fossero andate storte.







Sophie's space___
Buongiorno bella gente!
L'estate mi uccide. Non so voi, ma a me ciuccia via le energie che è una meraviglia.
E mi ciuccia via anche la voglia di scrivere lo spazio autrice...
Perdonatemi!
Vi adoro, a prestissmo <3
Sophie



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Capitolo 4
*** Quarto passo: Primo bacio ***


Step four: Primo bacio.


Loha strabuzzò gli occhi, passando lo sguardo da uno all'altro genitore, confusa su cosa pensare. Forse quella ricerca non era stata così pessima, ma era comunque terribilmente spaesata.
«Voi vi odiavate!» strillò, strozzandosi con la sua stessa saliva.
«Odiarsi è una parola grossa, sai… diciamo che non ci piacevamo, quello no,» chiarì Levy, ridacchiando in imbarazzo. Quel primo appuntamento l'avevano passato a bisticciare per qualsiasi cosa, ma davvero qualsiasi cosa, che fosse stata una cintura, una frittella, un sorriso, una mossa di una mano… ogni pretesto era buono per alzare la voce e dare spettacolo, eppure non era tornata a casa arrabbiata, anzi. Non vedeva l'ora di rifarlo.
«Non ci eravamo molto simpatici,» ammise Gajil, lanciando un'occhiata a sua moglie che sghignazzava. Le cose non erano cambiate, continuavano a litigare ogni giorno, ma sapevano che sarebbero andati a dormire insieme, e tutto sarebbe finito lì.
«Non credo di poter continuare questa cosa, è imbarazzante,» Loha si alzò e scosse la testa, «Non potete essere normali come i genitori dei miei amici? No? Dovete essere per forza così strani?»
«Strano è bello! E senza questo,» Levy indicò se stessa e Gajil con le mani, «tu non ci saresti. E non saresti così come sei.»
«Normalità… mpf,» fece il marito, scuotendo la testa.
«Come fate a sapere che non litigherete definitivamente? Cioè, come sapete che non sarà l'ultima volta?»
I due genitori si guardarono, poi lei prese la mano di lui.
«Per quanto vorrei spaccargli la testa, sono più le volte che lo amo, e non perderei una persona che amo neanche sotto tortura.»
Loha rimase in silenzio, poi si mise di nuovo a sedere. Non avrebbe mai capito i suoi genitori, questo era poco ma sicuro.
«Il primo bacio… e siate brevi.»

Avevano resistito esattamente otto minuti e mezzo prima di iniziare a punzecchiarsi. Otto minuti e mezzo, era un record, e anche uno di quelli importanti!
Al ristorante li avevano presi per pazzi, in effetti, ma a loro poco importava.
Stavano camminando per Magnolia a debita distanza, soffiando qualche insulto ogni tanto.
Gajil si sentiva costretto in quel vestito che aveva preso dall'armadio di suo padre, sembrava una camicia di forza e lui odiava sentirsi obbligato, rinchiuso.
Ma a chi voleva darla a bere, la verità era che era confuso. Aveva chiesto a Levy di uscire così, quasi per gioco e lei aveva accettato senza battere ciglio. Come doveva fare con lei? Avrebbe dovuto essere gentile, comportarsi da gentiluomo, ma non pensava ad altro che a baciarla e a vedere cosa ci fosse sotto quell'abito svolazzante e leggero, troppo leggero.
Di certo, comunque, non poteva dirlo a lei o sarebbe scappata a gambe levate. E quindi, non poter dire cosa pensava, non potersi comportare come si sentiva, quel maledetto vestito che lo faceva sentire una mummia, lo avevano portato ad essere anche più scorbutico del solito.
Levy era bellissima quella sera, era bellissima anche con le guance rosse e gonfie e gli occhi che mandavano scintille.
E voleva baciarla.
Ma non poteva. E no che non poteva, non si dava un bacio al primo appuntamento. Gliel'aveva detto suo padre, al primo appuntamento era la donna a condurre le danze. Gajil però non ci riusciva a farsi condurre, aveva la testa troppo dura per poter permettere ad una donna di portarlo avanti.
Ecco, ora gli stava anche venendo mal di testa.
«Puoi anche non accompagnarmi, so badare a me stessa,» ringhiò Levy, sbuffando.
«Non ci penso neanche,» rispose lui, ficcandosi le mani nelle tasche dei pantaloni con forza.
«Sei preoccupato?»
«Per te?» fece una pausa per soppesare le parole, come se ci stesse pensando davvero, poi continuò: «Neanche un po'. Chi vuoi che ti dia corda, con il carattere che hai.»
«Sei un becero buzzurro incapace!» squittì la ragazza, fermandosi di scatto.
«Che fai?»
«Questa è casa mia, addio!» strillò, entrando in casa e chiudendosi la porta alle spalle.
Gajil si passò le mani sulla faccia, esausto. Non doveva andare a finire proprio così… tornò indietro, si fermò davanti a quella porta che aveva sbattuto così forte prima e rimase immobile.
Non se ne accorse quasi, Levy sbucò di nuovo fuori e gli diede un bacio sulle labbra, facendogli quasi perdere l'equilibrio per lo slancio.
«Che cosa…?»
«Era quello che volevi fare, no?» ruggì, completamente rossa in volto lei, col fiatone.
Lui sbatté le palpebre, poi sogghignò e le prese il viso tra le mani, dandole un bacio meno arrabbiato e un po' più ponderato. Era così morbida, non avrebbe voluto staccarsi mai.








Sophie's space___
Buongiorno bella gente!
Aiuto, mi sono persa il giorno dell'aggiornamento. Benissimo, yuppi.
Sono terribilmente pessima, eh sì... ma mi volete bene anche per questo!
Io lo so u.u
Vi adoro anche io, comunque ^^
Spero che questo capitolo vi piaccia, io fuggo!
A presto!! <3

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