Kingdom Hearts W

di Walt96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** This World has been Connected ***
Capitolo 2: *** The Reunion of the Referents ***
Capitolo 3: *** The Other Dark One ***
Capitolo 4: *** Chaos in the Library ***
Capitolo 5: *** Leaving Hogwarts ***
Capitolo 6: *** The Mythical Region of Sinnoh ***
Capitolo 7: *** Rise to the Time ***
Capitolo 8: *** Race against the Clock ***
Capitolo 9: *** The Lost Fantasy ***



Capitolo 1
*** This World has been Connected ***


​Kingdom Hearts W
 



 
Capitolo 0


Prologue 




 
 
Dalla maggior parte delle persone le stelle sono sempre state percepite come semplici puntini luminosi che costellano il cielo, agglomerati gassosi che bruciano a distanza di anni-luce dall’osservatore, ignaro della loro vera natura.
Secoli di scienza hanno tentato di spiegare gli innumerevoli misteri che celano le stelle, senza mai riuscirci. Ed il motivo per cui astronomi e fisici non sono mai riusciti ad andare oltre alla visione puramente naturale del fenomeno è semplice, poiché ciò che mantiene in vita le stelle va molto oltre la pura scienza: è un misto di magia, emozioni, storie, Luci e Oscurità.
Nella realtà più vicina alla nostra, le stelle rappresentano veri e propri mondi, in cui la realtà è ben distinta e spesso molto differente l’uno dall’altro.
In ognuno di questi il tempo trascorre indipendentemente dagli altri e le culture si sviluppano spesso in modo molto differente, in alcuni mondi è presente la magia, altri sono abitati da creature straordinarie, altri ancora racchiudono in se stessi diversi pianeti.
Se vi state chiedendo se gli abitanti di mondi così diversi siano in grado di mettersi in contatto tra loro, beh la risposta è sì! Anche se i mondi sono separati nettamente tra di loro e chiusi da cancelli, esistono diversi metodi per viaggiare tra di essi anche se di solito sono molto rari e complessi da eseguire.
Esistono creature oscure, chiamate Heartless, in grado di viaggiare comodamente tra i mondi; esse sono il frutto di persone che cedono il loro cuore all’Oscurità, e per fortuna sono state debellate qualche anno fa. Ciononostante i sentieri oscuri che uniscono i mondi esistono ancora, anche se largamente poco utilizzati.
I mondi attualmente coesistono in armonia ed è l’equilibrio perfetto tra Luce e Oscurità che permette loro di risplendere nel cielo ogni notte sotto forma di stelle.
Nonostante la maggior parte degli abitanti dei mondi cerchi di vivere nella Luce, è necessario specificare una cosa: più la luce risplende, più l’ombra che proietta è lunga e scura perciò solo l’equilibrio perfetto permette al mondo di prosperare e lasciare trascorrere inalterato il corso degli eventi.
Gli abitanti sono ignari dell’esistenza di più mondi, del fatto che in qualche modo siano raggiungibili e questo li salvaguardia dal diffondersi dell’Oscurità.
L’equilibrio dei mondi è affidato ai Custodi del Keyblade, eori detentori di un’arma a forma di chiave che ha il potere di aprire e chiudere qualunque serratura, come quelle dei cancelli che separano i mondi.
I Custodi sono sempre pronti ad intervenire nel caso in cui un mondo sia in pericolo e rischi di sprofondare nell’Oscurità; ma loro non agiscono sempre da soli, spesso fanno affidamento su alcuni esponenti della Luce nativi del mondo interessato per collaborare, mettendoli al corrente dell’esistenza degli infiniti mondi in modo da confidare in loro anche in futuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Capitolo 1

 
This World has been Connected

 
 
Una leggera brezza faceva muovere le vele della nave in un ritmico gonfiarsi e sgonfiarsi, era una tranquilla sera di fine maggio e tutto l’equipaggio stava per riunirsi sul ponte in attesa di un evento unico.
L’atmosfera di nervosismo era quasi tangibile nell’aria, nessuno aveva mai visto ciò che il loro capitano si apprestava a fare.
«Come credi che sarà?» chiese un ragazzo.
«Sicuramente grandioso» rispose il vecchietto alla sua sinistra.
In realtà nessuno aveva idea di come sarebbe apparso quel fenomeno; era una cosa così strana, anche solo l’idea sembrava improponibile.
Ma il loro capitano era sicuro della sua nuova scoperta: un metodo per viaggiare in un altro mondo, una cosa inaspettata ma anche molto gradita. Ultimamente quella ciurma aveva avuto molti problemi… era ricercata, e non solo dalla Marina, quello era fin poco preoccupante. Erano inseguiti da un altro pirata molto più forte di un viceammiraglio qualunque e i suoi commilitoni: un imperatore.
La ciurma viaggiava ormai da settimane come dei reietti, privi della gloriosa fama che avevano conquistato negli ultimi dieci anni, anche se incutevano ancora molto timore alla maggior parte degli isolani.
L’intero equipaggio si sentiva deluso dalla recente e clamorosa sconfitta. Privi di spirito, avevano perso la loro solita autostima nell’essere tra le più forti ciurme del Nuovo Mondo. Ma come biasimarli? Un discorso carismatico avrebbe avuto ben poca efficacia sui loro animi, bisognava fare qualcosa, assicurarsi un futuro dignitoso nel più breve tempo possibile.
Un’opportunità si era presentata qualche giorno prima, erano approdati in un’isola per fare rifornimento di viveri e si erano fermati in una locanda per bere qualcosa. L’atmosfera era tipica di quei luoghi sinistri, i pirati prendevano da bere e si rintanavano in un angolo per stare tranquilli. Non cercavano risse. Però la conversazione di un viaggiatore attrasse l’attenzione del capitano. Parlava dell’immenso potere che un particolare grappolo di frutti gli aveva dato.
Lui sapeva perfettamente di che frutti si trattasse: Frutti del Diavolo, donano un potere preciso a chiunque ne mangi uno a discapito della capacità di nuotare. Lo sapeva fin troppo bene visto che anche lui, in giovane età, ne aveva ingerito uno.
Però, origliando uno stralcio di conversazione dell’ometto al bancone, rimase molto sorpreso dal potere che descriveva: diceva di poter creare un portale per un altro mondo, così il capitano decise di catturarlo e chiedere di più.
Gli offrì di entrare a far parte della sua ciurma e lui naturalmente accettò. Avrebbero potuto facilmente costringerlo, invece un’offerta del genere era molto più vantaggiosa.
«Quanto manca per superare la Fascia di Bonaccia?» disse il capitano. «Circa dieci minuti, capitano.» rispose una voce dietro di lui.
Mancava poco ormai, mancava poco e il suo piano sarebbe iniziato. Aveva progettato tutto nei più accurati dettagli, visto che solo lui intendeva attraversare il portale e andare nell’altro mondo doveva comunque assicurarsi che la sua ciurma restasse lì, al sicuro, pronta ad accoglierlo al suo ritorno. Però serviva un luogo adatto dove lasciare sia la ciurma che la nave, un luogo abbastanza sicuro da impedire di essere trovati per qualche settimana. Perciò aveva optato per ritornare nel Grande Blu attraversando l’Isola degli Uomini Pesce e oltrepassare la Fascia di Bonaccia: una striscia di mare quasi invalicabile a causa dell'assenza di vento e di correnti, ma era anche estremamente pericolosa a causa della presenza di numerosi mostri marini.
Sì, sarebbero stati al sicuro protetti da questa difesa naturale, e grazie al potere del suo Frutto attraversare questa zona senza né vento né correnti non risultò neanche troppo difficile.
«Posizionate la nave dietro quello scoglio, così sarete più nascosti.» disse il capitano con la sua voce calma come al solito.
La ciurma eseguì l’ordine e fu gettata l’ancora con un plof sordo. Parecchi gabbiani presero il volo, probabilmente percependo il pericolo.
La nave era praticamente tutta coperta dall’enorme scoglio che si ergeva dal mare e anche la ciurma sembrava convinta che quella difesa avrebbe funzionato almeno per qualche tempo, poi sarebbero dovuti andare a fare rifornimento di viveri, ma anche quello non era un problema insormontabile.
Il capitano si alzò dalla sua poltrona, più simile ad un trono, e la ciurma capì che il momento atteso da giorni era arrivato, pian piano tutti si riunirono attorno al ponte cercando di non perdersi neanche un minimo dettaglio di ciò che stava accadendo.
Il capitano era in piedi e si ergeva in tutta la sua statura, con un ghigno stampato sul volto. «Avanti Cytrus, dimmi ciò che devo sapere per attraversare questo portale»
Cytrus era un uomo mingherlino sulla quarantina d’anni, che stava iniziando a perdere i capelli, color verdognolo. Indossava una maglia azzurra e dei pantaloncini arancioni. Stonava molto con il resto della ciurma per via del suo aspetto trasandato, ma c’era una cosa che si notava più dei suoi abiti dai colori così incompatibili, infatti gli tremavano le gambe e la sua voce era spezzata, anche se lui cercava in modo molto evidente di nasconderlo.
«N-Non so molto del potere del mio Frutto… non l’ho mai usato completamente, non ho mai attraversato il portale» disse esitante, «però una cosa ve la posso dire: il portale è di sola andata, non potrò farvi tornare» concluse.
«Si Cytrus, lo sospettavo. Però desidero che tu lo apra comunque, troverò un modo dall’altro lato per tornare in questo mondo.» replicò il capitano, sicuro di sé.
«Come desiderate»
Cytrus tese la mano verso il centro della nave, sempre con il suo fare insicuro. Dopo pochi secondi, un punto nel legno al centro del ponte sembrò lacerarsi verso l’interno della stiva come se fosse un velo, e poco dopo quel taglio si allargò fino a formare una grande voragine circolare. Un forte turbine di vento ne usci fuori e tutta la nave iniziò ad oscillare. Tutti gli abiti e i capelli dei membri della ciurma sbattevano a causa del forte spostamento d’aria e, incuriositi, tentarono di sporgere il collo per vedere cosa celasse quella voragine sbatacchiante, rivelando solo un tetro sfondo nero come la pece.
Cytrus, che era decisamente più magro e leggero di tutti i membri della ciurma, per mantenersi in posizione eretta e con la mano tesa verso il portale dovette puntare le gambe per resistere al forte vento che altrimenti lo avrebbe di sicuro fatto cadere.
Una signora dall’abbigliamento e un acconciatura stravagante, da fare concorrenza a quello di Cytrus, fece un passo avanti e urlò per contrastare il frastuono «Capitano è davvero sicuro di voler affrontare quest’impresa da solo?» la gonna che le sbatteva contro le gambe, il capitano si voltò verso di lei e le appoggiò una mano sulla spalla «Si, tornerò». Si voltò senza darle tempo di aggiungere niente e con un piccolo salto si gettò nel portale. La voce della donna lo seguì per un piccolo istante «La aspetteremo qui Capitanoooo…» e il portale si chiuse.
Poi il nulla. Era completamente solo e stava cadendo senza vedere cosa ci fosse intorno, la sensazione era decisamente quella di cadere in un lunghissimo tunnel vuoto, nero e profondo. Tutti i timori che non aveva avuto fino al salto nel portale sembravano materializzarsi nella sua testa in quel momento. In che mondo sarebbe capitato? Chi lo avrebbe abitato? E se avesse dovuto affrontare persone molto più forti di lui prima di poter tornare sulla sua nave? E se non fosse riuscito affatto a tornare sulla sua nave? I rischi erano tantissimi, ma il suo carattere gli imponeva di ignorarli e vedere cosa sarebbe accaduto. In fondo, pochissimi nel suo mondo potevano vantare di essere più forti di lui, perciò aveva alte probabilità di potersela cavare anche in uno nuovo, in cui nessuno conosceva il suo potere. Però, allo stesso modo, lui non conosceva quello degli altri…
La sua caduta in quel tunnel oscuro sembrava interminabile, e se Cytrus l’avesse imbrogliato? No, impossibile. Parlava di quel fenomeno ancor prima che si fossero incontrati.
Ne approfittò per guardarsi intorno: inizialmente gli sembrò che quel luogo così particolare fosse solo e semplicemente nero, invece strizzando un po’ gli occhi, capì che non era nero ma semplicemente scuro, e notò piccoli puntini luminosi e fiochi sullo sfondo, simili a stelle.
Non poteva essere nello spazio, sarebbe morto soffocato se fosse stato così. Eppure era proprio quello che gli ricordava quel luogo in cui stava cadendo. Quei pochi minuti che trascorsero gli sembrarono ore, poi ad un certo punto sotto di lui, vide una stella più luminosa delle altre.
Man mano si allargò e capì che si trattava di un altro portale identico a quello in cui era saltato.
Quando fu abbastanza vicino vide che presentava però una differenza sostanziale: quello che si vedeva oltre il foro non era il suo mondo, non c’era la minima presenza della nave, della sua ciurma o del mare, piuttosto gli sembrò di vedere qualche albero in lontananza.
L’attimo fu troppo breve e in un istante si ritrovò fuori dal corridoio scuro incastonato di stelle e atterò lentamente sul terreno del nuovo mondo.
La cosa che notò prima di tutte era la sensazione di essere terribilmente fuori luogo in quell’ambiente, non per la sua preferenza degli ambienti marini a quelli continentali, ma proprio nella natura della sua persona, sembrava diverso da tutto quello che gli stava intorno. Il suo intero essere: la sua pelle i suoi vestiti, sembravano decisamente più definiti e di colore più intenso rispetto a tutto il resto, che aveva quella particolare tonalità che a lui ricordò molto quella di un dipinto.
Forse si trattava di un fenomeno naturale, che rendeva leggermente diversi gli abitati di mondi differenti. Anzi più passavano i minuti più sembrava che quella sensazione stesse via via attenuandosi.
Si rese conto di essere ancora in ginocchio sull’erba (una posizione che non si addiceva ad un pirata del suo rango) e subito si alzò, mettendo a fuoco per la prima volta il luogo in cui si trovava.
Era senza dubbio un cimitero, anche se molto più curato ed elaborato di quelli che era abituato a vedere, le lapidi erano molto grandi e spesso consistevano in vere e proprie statue torreggianti sull’erba.
Il cimitero si trovava circondato da basse colline erbose, su cui era presente una grande casa antica con un ampio giardino, isolata dal resto del paese.
Doveva essere tardo pomeriggio come lo era nel suo mondo perché la luce tendeva ad imbrunire, anche se l’aria era decisamente più umida e fresca.
Attrasse la sua attenzione una statua particolarmente grande, quasi interamente coperta dall'edera. Si trovava ad un ventina di metri di fronte a lui. Rappresentava chiaramente la Morte incappucciata, con le ali sulla schiena e in mano una sottile e lunga falce di marmo.
“T.. .ID..E” le lettere erano cancellate dal tempo e ne seguiva la data di nascita e di morte.
Si guardò intorno alla ricerca di qualche passante ma non vide nessuno, l’atmosfera era abbastanza immobile anche se di sicuro dovevano esserci abitanti in quella zona, per via delle case che scorgeva in lontananza.
Decise di andare a cercare qualche informazione in giro, perciò, fece un passo verso il sentiero.
E fu in un lampo di nuovo in ginocchio.
Era come se la forza di gravità lo stesse schiacciando e un dolore acuto e penetrante gli si intromise nella testa, come se un animale gli stesse artigliando il cervello.
Il suo urlo squarciò la calma apparente del cimitero e in automatico il capitano portò le mani alle tempie per reggersi la testa.
Non si sarebbe fatto mettere al tappeto alla prima complicazione, tese il braccio destro verso l’esterno del corpo e dopo un fulmineo movimento della mano una statua poco più in là venne nettamente tagliata in obliquo, come fosse di burro. Ma non resistiva, doveva tenersi la testa con entrambe le mani per riuscire almeno ad aprire gli occhi.
Come in uno scorrere di scene di un film, vide lampi e frammenti della sua vita scorrergli davanti agli occhi. Era sicuro che tutto questo era causato da qualcuno e voleva vedere in faccia il suo aggressore, ma non c’era nessuno nel cimitero.
Era una sensazione tremenda. Divincolandosi alla ricerca del sollievo, come un flash, rivide frammenti della sua infanzia, i suoi genitori e suo fratello, poi d’un tratto si rivide appeso e legato per le mani ad un muro con una folla pronto a farlo fuori. Adesso era davanti al suo Frutto del Diavolo intento ad ingerirlo, ora era un adulto intento a combattere in una guerra e infine rivide la sua disfatta appena accaduta.
Poi tutto insieme com’era arrivato, quel dolore si spense.
Che fosse una prova per affrontare il nuovo mondo? Si rese subito conto di sbagliare, perché la sua mente venne di nuovo invasa, ma questa volta non dal dolore ma da una voce tanto autoritaria quanto velenosa. «Sono incuriosito dal tuo potere…» disse, aveva un nonsoché di serpentesco. La voce risuonò forte nella sua testa ma era sicuro che non vi era alcun suono al difuori, perché sembrava arrivare contemporaneamente da tutte le direzioni.
«Esci dalla mia testa!» gridò il capitano sperando di essere udito, ma la voce risuonò di nuovo «Oh, capirai presto che non hai alcuna autorità per dare ordini al Signore Oscuro.»
La sua testa si liberò dalla presenza estranea ed ebbe il tempo di rimettersi in piedi per vedere finalmente il suo aggressore, che letteralmente “uscì” dalla statua di pietra rappresentante la Morte davanti a lui.
Inizialmente aveva un aspetto fumoso e opalescente ma nel giro di un paio di secondi si concretizzò in un uomo (o almeno così sembrava), alto e scheletrico con la carnagione chiara, il viso simile ad un teschio rigato dalle vene, gli occhi azzurri, il naso piatto come quello di un serpente e due fessure per narici.
La sua veste sembrava fatta dello stesso fumo nero che prima lo avvolgeva, era alto, aveva lunghe e sottili dita e in una mano stringeva un bastoncino bianco.
Se effettivamente doveva affrontare una battaglia con lui non era molto preoccupato, la veste dell’uomo lasciava intuire che non avesse un filo di muscoli in quel corpo serpentesco.
Il capitano era alto tanto quanto lui ma aveva un fisico molto più aitante; sapeva perfettamente di avere ottime probabilità di vittoria in un corpo a corpo contro chiunque non possedesse il potere dei Frutti.
«Tu non appartieni a questo mondo» disse l’uomo che si era presentato come il Signore Oscuro.
«Si nota così tanto?» rispose il capitano con il suo solito ghigno riformatosi in faccia.
L’uomo col mantello si limitò a sorridere poi dopo una breve pausa disse «Scoprirai che io ho diversi modi per ottenere le informazioni, stupido Babbano»
Il capitano non sapeva cosa significasse “Babbano” però dedusse che fosse un insulto dal tono sprezzante con cui venne pronunciato e, accecato dall’indignazione di farsi insultare dal primo che avesse incontrato in un mondo nuovo, tese la mano verso di lui cercando di attaccarlo.
Ma naturalmente il Signore Oscuro se lo aspettava, lo aveva provocato apposta, volveva vedere con i suoi occhi ciò di cui era capace una persona proveniente da un altro mondo.
Tese la bacchetta ed immobilizzò il suo avversario e con un colpo secco lo fece rimbalzare all’indietro e cadere sull’erba.
Il capitano sapeva bene che era incuriosito da lui, altrimenti, approfittando del fatto che non conoscesse il suo potere, l’avrebbe sicuramente ucciso. Perciò nell'atto di rialzarsi, sputò con disprezzo, cercando di mostrare al meglio il suo ghigno.
Il suo nemico parve pervaso da uno stimolo di piacere e disse con tranquillità «Crucio, sempre puntandogli addosso il legnetto.
Una vampata di dolore pervase il corpo del capitano che ritornò a terra, era come se ogni singolo nervo del suo corpo si stesse contorcendo. Si ritrovò a divincolarsi sull’erba sgualcendo la sua giacca di piume rosa. Quella sofferenza era così devastante che se avesse dovuto pensare ad un modo per descriverla gli sarebbe venuto in mente solo la parola “dolore”. Lo stava torturando.
Una volta che la bacchetta di legno non fu più puntata contro di lui, l’estraneo gli si avvicinò quasi scivolando sul terreno.
Il dolore era cessato.
Immobilizzò i fili che uscivano dalle dita della sua vittima con un altro colpo di bacchetta, e disse «Mi piace il tuo stile, sei in cerca di un riscatto con te stesso, dopo quello che ti è successo nel tuo mondo. Ti farò l’offerta di diventare un mio alleato, ma sei uno sciocco se pensi di poter competere con me, Doflamingo.»
E in quel momento, il ghigno tipico di Doflamingo comparve sul volto di Lord Voldemort.
 
 
 
 
 
 
L’articolo della Gazzetta del Profeta era chiarissimo:
 
IL RITORNO DI COLUI-CHE-NON-DEVE-ESSERE-NOMINATO
 
Venerdì notte una breve dichiarazione del Ministro della Magia, Cornelius Caramell ha confermato che Colui-che-non-deve-essere-nominato è tornato ed è di nuovo in azione.
«È con profondo rammarico che devo confermare la ricomparsa fra noi del mago che si fa chiamare Lord… bè, sapete a chi mi riferisco» ha detto Caramell ai cronisti, stanco e sconvolto. «Quasi con pari rammarico dobbiamo informarvi che i Dissennatori di Azkaban si sono rifiutati di proseguire il loro lavoro per conto del Ministero e riteniamo che ora siano passati agli ordini di Lord… Coso.»
«Invitiamo alla vigilanza tutto il popolo magico. Il Ministero sta già preparando guide alla difesa elementare, casalinga e personale, che nel corso del mese prossimo saranno distribuite gratis a tutte le famiglie di maghi».
L’annuncio ha suscitato sgomento e allarme nella comunità magica, che appena mercoledì scorso aveva ricevuto dal Ministro l’assicurazione che non c’era «la minima verità nelle persistenti voci che Voi-sapete-chi sia di nuovo tra noi».
Ancora vaghi sono i particolari degli eventi che hanno condotto a questo spettacolare voltafaccia, ma si nutrono fondati sospetti che giovedì sera Voi-sapete-chi e un gruppo dei suoi seguaci (noti come Mangiamorte) si siano introdotti nello stesso Ministero della Magia.
Albus Silente, reintegrato nella posizione di preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, membro della Confederazione Internazionale dei Maghi e Stregone Capo del Wizengamot, si è finora rifiutato di rilasciare dichiarazioni.
Durante lo scorso anno aveva affermato più volte che Voi-sapete-chi non era morto come tutti avevano sperato e creduto, ma aveva ripreso a reclutare seguaci per tentare nuovamente di impadronirsi del potere. Intanto il Ragazzo-che-è-sopravvissuto…
«Come sta il giovane Potter, Albus?» disse una strega alta e magra. Indossava un elegante mantello nero, un cappello a punta e sul naso portava un paio di occhiali squadrati. Aveva un’aria severa ma estremamente gentile.
«Male Minerva, durante lo scontro tra i Mangiamorte e i membri dell’Ordine della Fenice, Bellatrix Lestrenge ha assassinato Sirius. Sai benissimo quanto Harry fosse affezionato a lui. Io non ero ancora arrivato, non ho potuto fare niente» rispose un mago alto, magro e molto vecchio, a giudicare dall'argento dei capelli e della barba. Indossava una tunica, un mantello color porpora che strusciava per terra ad ogni passo. Dietro gli occhiali a mezzaluna aveva occhi azzurro chiaro, stanchi ma luminosissimi.
«Certo che lo so, povero Potter sarà distrutto, lo hai messo al corrente della profezia?» chiese.
«Ho dovuto farlo, avevo già rimandato la questione troppe volte, il destino di Harry è quello di porre fine alla vita di Voldemort anche se la questione sembra più difficile del previsto» rispose Silente.
I due maghi erano in una stanza circolare con un’antica scrivania in legno posta al centro. Le pareti erano tappezzate da quadri mobili in cui erano raffigurati diversi maghi e streghe del passato, intenti ad ascoltare la loro conversazione.
Addirittura una strega grassoccia, raffigurata davanti a delle tendone di un verde smeraldo, si affacciò troppo e con un capitombolo cadde dalla sua cornice per entrare in quella del suo vicino.
Attraevano l’attenzione gli innumerevoli oggetti d’argento fumanti e tremolanti che riempivano gli scaffali degli armadi scuri.
Un'altra cosa insolita di quell’ufficio era che, poco dietro la sedia di Silente, era appollaiata una fenice di un intenso rosso scarlatto, con le piume della coda e la cresta d’orate, stava becchettando delle briciole di pane.
Minerva McGranitt era seduta di fronte a lui e stringeva ancora tra le mani il giornale intitolato "La Gazzetta del Profeta".
«Hai qualche sospetto sul come fare a neutralizzarlo una volta per tutte, Albus?» chiese con cautela. Forse non era il momento migliore per fargli quella domanda.
«Vedi Minerva, credo che Voldemort abbia corso un enorme rischio ieri sera infiltrandosi di persona al Ministero della Magia, e ne era pienamente consapevole. Infatti ha incontrato me, e sai benissimo che mi ha evitato per tutti i dieci anni in cui ha avuto il potere. Ora ciò che mi chiedo è se per caso ha scoperto un alternativa alla morte tanto efficace da convincerlo che valesse la pena correre un rischio simile» disse Silente lasciando la sua interlocutrice senza parole.
Poi si alzò e a grandi passi si avvicinò ad un armadio alla destra della scrivania, mentre il suo mantello volteggiava ad un paio di dita da terra.
Aprì due ante e ne venne fuori un bacile di pietra, inciso di strane lettere appartenenti ad un alfabeto sconosciuto, sembrava molto antico.
All’interno del bacile di pietra c’era una pozza di quella che poteva sembrare acqua, ma in realtà era una sostanza vagamente fosforescente che sembrava allo stesso tempo sia liquida che gassosa.
Silente gli si avvicinò e si punto la bacchetta alla tempia, questa si illuminò lievemente e sfilò un sottile filo argenteo dalla fronte, che Silente fece cadere dolcemente nel bacile.
Il suo contenuto iniziò a vorticare e si materializzò in quella sostanza azzurrina la scena di un duello tremendo.
Silente lo guardò con interesse pur essendone stato protagonista solo la sera prima. Il suo volto si illuminò prima di rosso e poi di azzurro.
Dopo un paio di minuti la McGranitt interruppe il susseguirsi di pensieri «Cosa farà Caramell adesso?» sempre con un tono piuttosto preoccupato.
Silente che si era completamente dimenticato di essere nel bel mezzo di una conversazione si voltò e tornò a sedersi davanti alla scrivania.
«Credo che, ora che la sua credibilità è crollata, il suo mandato come Ministro sia agli sgoccioli. Non nutro simpatia per Caramell ma almeno mi rendeva partecipe alle questioni più importanti affrontate dal Ministero, e potevo facilmente indirizzarlo sulle scelte giuste»
«Chi credi che potrebbe venire eletto al suo posto?»
«Quello che ha più probabilità credo sia Rufus Scrimgeour, Capo dell’Ufficio Auror. E’ una personalità più energica e seria di Cornelius e non sottovaluta Lord Voldemort, ma credo che perderò la mia influenza sul Ministero».
«Bè credo che, visto il clima in cui ci addentreremo, sia già una conquista»
«Hai pienamente ragione, Minerva» Le rispose Silente con un sorriso che rappresentava in pieno la gratitudine di avere al suo fianco un’amica e collega importantissima per lui.
Lei se ne accorse e gli ricambio un dolce sorriso, «e sai che fine ha fatto Dolores Umbridge? Non l’ho più vista da ieri.» aggiunse la McGranitt un po’divertita.
«Oh, Harry mi ha riferito che un branco di centauri l’ha aggredita nella foresta dopo che lei li ha chiamati “sudici ibridi”» disse Silente con una mezza risata. «Che idiota» aggiunse Minerva e ne seguì un’altra ancor più sonora.
«Credo che per questa notte la lascerò ancora nella foresta, le farà bene, domattina andrò a parlare con i centauri e la farò allontanare da Hogwarts.»
«È il minimo dopo quello che ha fatto.» rispose soddisfatta «però saremo di nuovo con un componente mancante nel corpo insegnanti».
«Lo so, lo so, ho intenzione di chiedere a Horace di riprendere il suo vecchio posto alla cattedra di Pozioni e spostare Severus a quella di Difesa contro le Arti Oscure».
«Horace Lumacorno? Ma è in pensione da anni ormai sei sicuro di…» ma Silente la interruppe «Come ben sai Horace insegnava qui già circa quarant’anni fa e soprattutto anche nel periodo in cui Tom Riddle era ancora uno studente. Era il suo insegnante preferito, sospetto che possegga dei ricordi del giovane Voldemort che possono rivelarsi parecchio utili.» concluse.
«Ah se la questione è questa allora va bene, anche se devo ammettere che non mi piaceva per niente il modo con cui dirigeva la sua Casa. Prediligeva i Serpeverde in tutto quello che...»
In quel momento un rumore di vetri infranti allarmò i due insegnanti e pose fine alla conversazione. Una stretta finestra in alto era appena stata rotta da quella che sembrava una lettera. Nella popolazione magica era molto comune scambiarsi messaggi tramite delle lettere che venivano spedite e consegnate con i gufi. Ma non c’era traccia di nessun gufo né nella stanza né fuori dalla finestra che mostrava solo il cielo scuro e freddo della notte, infatti nessuna civetta avrebbe avuto la forza di infrangere il vetro…
La lettera era entrata volteggiando da sola e alla base della busta cadeva una polvere luminosa, sembrava che fosse quella la forza motrice che le aveva permesso di arrivare a destinazione.
La lettera si librò dritta verso la scrivania e si adagiò direttamente di fronte ad Albus Silente, finendo di emanare quella strana polvere.
Silente e la McGranitt guardarono la scena sbalorditi e sospettosi, nessuno dei due aveva mai visto un simile modo per consegnare un messaggio.
Silente allungò la mano verso la busta ma Minerva lo interruppe «potrebbe essere pericoloso Albus, aspetta».
«Mia cara Minerva, se fosse una lettera maledetta o intinta di magia nera non avrebbe potuto oltrepassare i confini di Hogwarts. Sospetto invece che sia l’esperimento di qualche nostro studente per inventare un modo nuovo di spedire i messaggi. Ingegnoso direi.» disse Silente.
«Ma non può essere certo che non provenga da Lei-sa-chi! Insisto perché la esaminiamo insieme agli altri insegnanti!»
«Sono sicuro che se fosse maledetta sarei in buone mani con lei qui a darmi l’aiuto necessario» disse Silente con un tono gentile ma che non ammetteva repliche.
La McGranitt continuò a guardare la busta con estrema riluttanza e estrasse la bacchetta dalla veste.
Silente con garbo spezzò la ceralacca e la aprì. Estrasse un foglio apparentemente innocuo.
Conteneva solo una frase e la sigla del mittente.
 
 
 
Questo mondo è stato connesso.
 
 
                                                                             R.T.
 
Subito il preside aggrottò la fronte cercando di capire il mittente del messaggio, pensando ad un linguaggio in codice.
Il messaggio non gli diceva niente, o per lo meno niente di sensato da dire a lui in quel momento.
Poi il suo sguardo intercettò nuovamente la busta… fissò un secondo la ceralacca che chiudeva la lettera e con un tocco di bacchetta la ricompose.
Il simbolo impresso era composto da tre cerchi perfetti: uno più grande e due più piccoli adagiati sopra di esso.
E subito comprese.
Il volto di Silente perse colorito e gli si dipinse uno sguardo incerto, la McGranitt se ne accorse subito e oltrepassò la scrivania per leggere il messaggio.
Anche lei ci mise qualche secondo per mettere a fuoco nella mente il vero significato di ciò che era scritto in quella riga e balbettò vagamente qualcosa mentre il suo sguardo cambiava ritmicamente dal messaggio al simbolo sulla ceralacca rossa.
«Oh mio Dio, è quello che penso?» disse Minerva in tono preoccupato ritornando verso la sua poltrona, le tremavano le gambe.
«Credo proprio di sì» rispose Silente «Ciò giustificherebbe anche questa strano metodo di consegna della lettera, ma anche se fosse avvenuto realmente un contatto tra il nostro mondo e un altro ciò non vuol dire necessariamente che sia una cosa malvagia» concluse con un leggero velo di speranza nella voce.
«Ma Albus, non credi che se fosse qualcosa di buono o non minaccioso lo saresti venuto a sapere per primo tu? In fondo sei il Referente del nostro mondo, chiunque sia consapevole di entrare in un mondo estraneo dovrebbe venire a cercarti per dirtelo!» ipotizzo la McGranitt a cui si era già riaccesa la sua innata scintilla di rispetto verso le regole.
«Hai ragione, dobbiamo sospettare quindi che chiunque abbia effettuato il salto nel nostro mondo l’abbia fatto senza esserne consapevole, altrimenti se così non fosse significherebbe che invece di essere venuto da me sarebbe già sotto il controllo dei Mangiamorte o di Lord Voldemort in persona.»
«Lei-sa-chi riesce a percepire le connessioni tra mondi?»
«Non ho idea su questo, ma dubito che chiunque sia arrivato in questo mondo l’abbia fatto per caso e se ne sia stato con le mani in mano, se non l’abbiamo trovato noi o il Ministero è di sicuro nelle grinfie di Voldemort» disse Silente gravemente.
«Attenderemo ulteriori istruzioni» disse, dopo una breve pausa di riflessione.
In effetti anche Minerva aveva molto a cui riflettere, lei era stata messa al corrente dell’esistenza di più mondi quasi da una dozzina d’anni, dopo la prima disfatta del Signore Oscuro. Silente le aveva assicurato fin da subito che era un evento tanto raro quanto temibilmente pericoloso, finché erano persone buone a viaggiare tra i mondi poteva ancora essere tollerato, ma quando si trattava di qualche personaggio oscuro… beh il discorso ovviamente era diverso.
Per sua fortuna Minerva non dovette mai assistere a nulla del genere in vita sua, e da quanto ne sapeva neanche Silente dovette mai scontrarsi con persone provenienti da altri mondi.
Silente era immerso nei suoi pensieri. Ci mancava solo questa, un estraneo proveniente da un altro mondo, potenzialmente già alleato di Voldemort. Se davvero le cose stavano come lui si aspettava allora ciò cambiava tutte le carte in tavola.
Non solo il suo destino ma anche quello di Harry e tutta la comunità magica avrebbe avuto molte più possibilità di soccombere al potere del Signore Oscuro.
Silente era venuto a conoscenza dell’esistenza di altri mondi circa dodici anni prima.
Una bassa figura incappucciata lo incontrò lungo un viale, sembrava che stesse cercando proprio lui.
Gli rivelò dell’esistenza di più mondi, di vie oscure che li connettono tra loro e del loro antico e delicatissimo equilibrio.
Solo alla fine del discorso e dopo averlo nominato Referente del suo mondo si tolse l’impermeabile nero e si presentò per quello che era in realtà.
Si presentò come Re Topolino, e in effetti ricordava molto un topo antropomorfo ma con grosse orecchie rotonde.
Subito Silente rimise in dubbio tutto ciò che gli aveva raccontato, ma capì, frequentandolo qualche giorno e dopo avergli dato dimostrazione delle sue capacità e avergli fatto visitare il mondo su cui governava, che era un re dotato di grande saggezza, coraggio e lealtà.
Silente così partecipò ad un paio di riunioni dei Referenti e conobbe in quelle occasioni altri grandi saggi e potenti combattenti di altri mondi.
La faccenda però era finita così cominciò, in quanto Topolino gli promise di essere corso in suo aiuto nel caso in cui il suo mondo si trovasse in pericolo e da allora non lo rivide più, né lui né gli altri Referenti.
Quell’unico e particolare evento, però, non svanì mai dalla sua mente. Era troppo particolare per essere dimenticato.
Decise che, visto la situazione e l’incombente ritorno delle forze oscure, di confidarsi con due dei suoi alleati e colleghi più fidati: la presente Minerva McGranitt, vicepreside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts; e Severus Piton, professore di Pozioni, spia di Voldemort per l’Ordine della Fenice e il più grande Occlumante della storia. I due insegnanti al racconto del Preside rimasero un po’ increduli e sospettosi, ma alla fine credettero a Silente.
L’atmosfera adesso era piuttosto cupa ma “ulteriori informazioni” non tardarono ad arrivare, visto che, come la prima volta, una seconda lettera svolazzò dentro lo studio del Preside attraverso la finestra, che ormai non rappresentava più un ostacolo.
Con lo stesso polveroso scintillio alla base della busta, la lettera volò dritto verso Silente e si adagiò nello stesso punto in cui si era fermata la precedente, ponendo fine alle fantasie dei due insegnanti su quali orribili timori stessero per prendere forma.
Silente e la McGranitt si scambiarono un occhiata dubbiosa arricchita da un pizzico di preoccupazione. Parve però che entrambi convennero che l’unica cosa possibile da fare era aprire la busta e leggerne il contenuto.
Minerva riprese il suo posto al fianco di Silente per assistere al momento della lettura del messaggio come se stesse vedendo un puledro venire al mondo.
Silente spezzò il sigillo di ceralacca, che riportava lo stesso simbolo coi tre cerchi e tirò fuori la pergamena.
Questa volta il messaggio era più lungo e esplicativo del precedente.
 
 
Arriverò giovedì notte nel tuo mondo per discutere la questione.
Se me lo permetti vorrei organizzare una riunione dei Referenti nel castello di Hogwarts.
Non preoccuparti per me arriverò senza farmi notare.
 
 
                                                                                                                      R.T.
 
                                                                        P.S. La risposta va scritta sul retro.
 
«Ma giovedì è oggi!» sentenziò Minerva con un tono di scontentezza e alzò la schiena prima rivolta alla lettera per mettersi apposto i capelli, raccolti in uno strettissimo chignon, come se si aspettasse di vedere sbattere la porta dell’ufficio del Preside da un momento all’altro ed essere circondata da sconosciuti.
«E’ una questione troppo importante per rifiutare, ed è troppo tardi per rimandare, Topolino sarà sicuramente già in viaggio. Avrà avuto un contrattempo nel cercare di adeguarsi alla nostro modo di spedire le lettere» Silente fece una leggera risatina immaginandosi Topolino cercare di convincere un gufo qualunque a portare la lettera in un altro mondo.
Si sbrigò a voltare il foglio di pergamena e scarabocchiare la risposta che riportava la sua caratteristica calligrafia inclinata.
 
Sarò lieto di ospitarti nel castello tutto il tempo che vorrai e sarò entusiasta di partecipare alla riunione dei Referenti.
 
 
                                                                                                                                      Albus Silente
 
La lettera iniziò a vibrare e si sollevò dalla mano del Preside, gli occhi della McGranitt controllavano la scena ancora un po’ sospettosi. La lettera si richiuse nella busta con un gesto automatico e la ceralacca si riunì ricomponendo lo stemma di Topolino. Poi svolazzò via dalla finestra così come era entrata.
«Sono quasi le nove!» constatò la Vicepreside, «arriverà a momenti.»
Silente si alzò lentamente e disse «Infatti vorrei affidarle il compito di avvisare Hagrid di venire subito nel mio ufficio e far sì che tutti gli studenti di Hogwarts rimangano nei loro dormitori.» poi aggiunse facendole l’occhiolino «anche quelli dotati di Mantello dell’Invisibilità».
«Ma certo, Preside» e andò di gran passo verso l’uscita, con il mantello nero che le svolazzava.
Quando chiuse la porta, l’enorme campana della Torre dell’Orologio rintoccò le nove di sera.







Ecco alcune immagini dei personaggi che sono apparsi:


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Image and video hosting by TinyPic  Donquijotte Doflamingo




Image and video hosting by TinyPic  Albus Silente




Image and video hosting by TinyPic  Minerva McGranitt





Angolo dell'Autore:
Questa introduzione vi ha incuriosito?
Conoscete i fandom che per ora sono stati introdotti? 
Il personaggio di Doflamingo è molto stravagante e particolare, anhce se lo conoscerete meglio nei prossimo capitoli, cosa ve ne pare di lui e del suo potere?
 

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Capitolo 2
*** The Reunion of the Referents ***


Capitolo 2
 
 
 
The Reunion of the Referents

 
 
 
 
Il viaggio parve interminabile, aveva lasciato la Sala del trono del Castello Disney circa tre ore prima… doveva mancare poco ormai.
Topolino era al volante della gummyship, la navicella spaziale in grado di viaggiare tra i mondi. Cip e Ciop lo avevano avvertito che il mondo in cui viveva Silente era distante, ma non si aspettava che fosse davvero così lontano.
Solo la stessa mattina Topolino fu avvertito dal Maestro Yen Sid che il mondo magico che aveva vistato circa dodici anni prima era stato messo in contatto con un altro.
Così, come aveva già fatto diverse volte, partì dal suo castello per raggiungere il luogo indicato; lasciò istruzioni alla Regina Minnie di dirigere il castello al suo posto e a Paperino e Pippo di raggiungerlo appena possibile.
Scrisse inoltre una lettera a Sora, per avvertirlo dell’accaduto e prepararlo ad un’imminente partenza.
Ultimamente Topolino si era abituato alla calma piatta e non gli dispiaceva affatto, ma il compito dei Custodi del Keyblade aveva più importanza, così tirò fuori dall’armadio il suo vecchio impermeabile nero (con il cappuccio cucito su misura per contenere anche le orecchie) e partì per l’avventura.
«Anf…» sospirò mentre virava la cloche della navicella di sedici gradi a sinistra.
Poi uno scossone la fece fermare in mezzo al nulla.
«Vostra Maestà, dovreste saperlo meglio di noi che il carburante della gummyship sono i sorrisi» suonò una voce metallica fuori da un altoparlante affianco ai comandi.
Uno schermetto si accese e Cip e Ciop ci si materializzarono sopra.
«Avete ragione, ragazzi» sospirò con aria mogia, «è che mi dispiace aver lasciato Minnie da sola, di nuovo… era tanto tempo che non capitava un’emergenza del genere» concluse.
«Ma Vostra Maestà, voi state solo adempiendo al compito del Custode, non vorrete mica che accada un pasticcio come quello di due anni fa con Xeanorth» disse Cip.
«Non sia mai!» rispose Topolino.
«E poi la Regina non è sola, c’è Paperina con lei. E non hanno mai corso rischi qui al Castello» aggiunse Ciop.
«Hai ragione…» disse il Re sorridendo. In quel momento l’indicatore del carburante salì fino a metà e la navicella ricominciò a muoversi.
«Quanto manca a destinazione?» chiese Topolino, «ho lanciato quelle lettere circa un’ora fa, saranno sicuramente già arrivate» aggiunse.
«Il mondo che cercate dovrebbe essere dritto davanti a voi, Maestà» disse Cip.
«Lo vedo! Inizio la discesa, vi ricontatterò appena avrò tempo. Salutate Minnie da parte mia» disse Topolino intento a iniziare l’atterraggio.
«Sarà fatto capo!» disse Ciop e lo schermo si spense.
Fu difficile trovare il luogo adatto dove nascondere la gummyship ma alla fine riuscì a trovare una radura nella foresta abbastanza grande per eseguire l’atterraggio con calma e nascondere bene la navicella, da lì riusciva a vedere in lontananza le guglie del castello.
Topolino sembrava incredibilmente piccolo in confronto a tutti gli alberi con i fusti altissimi che lo circondavano. Grazie al suo impermeabile nero e alla sua minutezza riusciva perfettamente a confondersi nello sfondo indefinito della notte.
L’atmosfera era particolarmente umida ed era presente anche una fitta nebbia che rendeva difficile orientarsi, doveva trovarsi ancora ben lontano da un sentiero.
Si addentrò sempre di più nella foresta e la calma sembrava regnare su tutto, i suoi passi non facevano alcun rumore perché erano attutiti da uno spesso strato di muschio sul terreno.
Ad un certo punto delle voci in lontananza ruppero la quiete della foresta. Sembravano voci furenti e si stavano avvicinando, Topolino si acquattò dietro il tronco di un albero, nascosto dall’impermeabile nero era molto difficile da individuare. Tese le orecchie cercando di captare qualche parola dalle voci che stavano indubbiamente avanzando verso di lui.
Capì che quelle non erano l’unico suono che udiva, perché c’era anche un particolare rumore che gli ricordò un branco di cavalli al galoppo. Dopo qualche secondo questi cavalli arrivarono a pochi metri dietro di lui, ma per fortuna non sembravano intenzionati a fermarsi lì.
Il suo pensiero andò alla gummyship, che però era di sicuro lontana dall’essere compresa per la sua reale funzione.
Mentre la mandria arrivava, udì una voce distinta dalle altre per il timbro molto più acuto «Voi non potete farmi questo! Io sono Dolores Jane Umbridge, Sottosegretario Anziano del Ministrooo…» e poi si disperse tra gli alberi. Sembrava piuttosto disperata, ma Topolino sapeva bene che era meglio non interferire negli avvenimenti di un mondo a meno che non fossero determinanti per l’equilibrio della Luce. Così aspettò accovacciato che il frenetico rumore di zoccoli si fosse allontanato e poi si voltò.
Vide un enorme centauro bruno che lo fissava: era imponente e muscoloso, aveva il busto umano e il corpo da cavallo, la barba e i capelli perfettamente in tinta con il manto equino.
Topolino fece un salto indietro di un paio di metri (era molto agile e veloce nonostante le sue dimensioni) e, con un lampo di luce, gli comparve in mano una chiave dorata, enorme, più lunga di lui, al cui manico dondolava il suo stemma composto dai tre cerchi.
Non si sentiva in pericolo, né tanto meno desiderava attaccare il centauro che rimase nella stessa posizione, impassibile, seguendo il suo arco nell’aria con lo sguardo.
«Non sono una minaccia, se è quello che credi» disse il centauro con una voce molto profonda «mi chiamo Cassandro».
Topolino era sospettoso dell’aria impassibile del centauro ma rispose educatamente «Io sono Topolino e mi sto dirigendo al castello, potresti dirmi se sono nella direzione giusta?».
Il centauro si voltò e indicò il sentiero da cui era arrivata la mandria qualche minuto prima.
«Segui quel sentiero. Da qui non manca molto al castello».
«Sei amico degli altri centuri? Sembrava che stessero maltrattando una donna».
«Anche se quella donna se lo meriterebbe, non abbiamo intenzione di farle del male».
Topolino rimase sbalordito dalla noncuranza verso il maltrattamento della signora da parte di Cassandro, che sembrava incredibilmente tranquillo nel dargli quell’informazione, così decise di non rispondere.
«Noi centauri osserviamo le stelle e sappiamo predirne il futuro. Sappiamo chi sei e che cosa sei venuto a fare qui, aspettavamo il tuo arrivo. Ma ti avviso, i tempi da qui in avanti sembrano molto oscuri» disse con la sua voce profonda, lasciando nuovamente Topolino sbalordito; era la prima volta che gli accadeva una cosa simile. Aveva già incontrato dei centauri e conosceva bene anche un satiro (un essere mezzo uomo e mezza capra) ma nessuno aveva mai capito subito chi fosse.
Cassandro si voltò e con un nitrito corse via al galoppo verso il punto in cui erano spariti gli altri centauri, lasciando il Re lì, come se nulla fosse accaduto.
Con un lampo di luce uguale al precedente, la chiave nella mano di Topolino svanì e decise di intraprendere il sentiero fidandosi delle indicazioni di Cassandro. Il silenzio regnava di nuovo sovrano.
Dopo pochi minuti gli alberi si diradarono, il bosco lasciò il posto ad un prato e il castello di Hogwarts sovrastò il paesaggio con le sue torri, bastioni e guglie.
Topolino dedusse di essere nel parco di quest’ultimo, in quanto spiccava agli occhi la presenza di una capanna di legno a pianta circolare di sicuro abitata, visto il rivolo di fumo che ne usciva dal camino e la luce che proiettava fuori dalle finestrelle.
Il prato era in discesa e lui si trovava vicino alla casetta, a metà strada tra il castello e un lago dalle acque nere che rifletteva la luce della luna.
Si voltò verso il castello e iniziò a salire quella distesa erbosa quando una voce roca lo costrinse a fermarsi «Siete voi Topolino?» disse un uomo, o almeno sembrava un uomo enorme, alto almeno quanto due esseri umani adulti e largo tre, con un po’ di pancia e vestito con un vecchio pastrano marrone logoro con molte tasche. Aveva il viso particolarmente coperto di peli, tra barba e capelli, entrambi molto ispidi, ricci e bruni. Topolino gli arrivava sì e no al ginocchio, ma riuscì a vedere comunque il volto gentile che gli sorrideva.
Non ci volle molto per capire che era lui a vivere nella casetta di legno.
«Sì, sono io» disse Topolino con un sorriso di rimando e tendendogli la mano in punta di piedi cercando di allungarsi il più possibile.
L’omone la strinse con aria un po’imbarazzata, come se non fosse abituato a presentazioni del genere.
«E lei è?» chiese Topolino.
«Oh mi scusi! Sono Rubeus Hagrid, Custode delle Chiavi e dei Luoghi di Hogwarts. Il professor Silente sospettava che sareste arrivato dalla foresta, così mi ha mandato a prenderla per darle il benvenuto» spiegò Hagrid.
«Molto gentile da parte sua. Immagino che le abbia spiegato chi sono, allora» disse Topolino mentre si dirigevano insieme verso il castello.
«Ci ha provato! Ma non credo di aver capito molto con tutti quei mondi e cose del genere. Sa, lui si fida molto di me. Un grand’uomo Silente, grand’uomo…» disse Hagrid con aria di sincera ammirazione.
«Signor Rubeus non vorrei essere scortese ma…».
«Oh, mi chiami semplicemente Hagrid».
«Perfetto, allora Hagrid non vorrei sembrare scortese ma non sarebbe opportuno se… insomma… e se qualche studente dovesse vedermi?» chiese Topolino preoccupato, sapeva che se Silente si fidava di Hagrid non c’era alcun rischio ma dubitava del fatto che se un ragazzo l’avesse notato avrebbe tenuto la bocca chiusa.
«Non si deve preoccupare, la professoressa McGranitt ha lanciato un Incantesimo del Sonno sui quattro dormitori; non c’è pericolo che ci siano studenti ancora svegli in giro per i corridoi» disse Hagrid gentilmente.
«Molto bene!» esclamò Topolino.
Attraversarono un arco sovrastato dalla statua di un cinghiale alato e arrivarono ad un maestoso cortile di pietra, al centro del quale c’era una magnifica fontana ornata da gargoyle. Se l’acqua non fosse sgorgata dalle loro fauci e le torce tutt’intorno al cortile fossero state spente l’atmosfera sarebbe apparsa molto più tetra.
Ma Topolino era troppo preso a scrutare l’imponente castello che ormai si ergeva a pochi passi da lui, ne era ammaliato.
Hagrid aprì senza sforzo l’enorme porta di legno che segnava l’accesso alla Sala d’Ingresso, al suo interno, nella penombra, c’era la professoressa McGranitt intenta ad aspettarli.
«Bene il mio compito è concluso, vi auguro una buona permanenza al Castello» disse Hagrid in tono amichevole facendo un cenno alla professoressa.
«Arrivederci Hagrid, grazie» disse Topolino salutandolo con la mano mentre il portone di quercia si chiudeva alle sue spalle.
«Sono Minerva McGranitt, vicepreside di Hogwarts e direttrice della casa di Grifondoro» disse la donna presentandosi e tendendo la mano a Topolino con aria educata.
«Molto piacere, sono Topolino, sovrano del Castello Disney e Custode del Keyblade» disse presentandosi a sua volta e levandosi il cappuccio dell’impermeabile nero dalla testa liberando finalmente le orecchie tonde.
«Immagino che Silente le abbia raccontato tutto» proseguì con garbo Topolino.
«Sì, mi raccontò tutto già dodici anni fa, per prudenza, visto che sono la vicepreside della scuola, e data la situazione attuale aveva già ipotizzato un suo eventuale ritiro dal ruolo di Preside a causa del Ministero, e proprio quest’anno è accaduto. Per fortuna ora è tornato tutto alla normalità» rispose la McGranitt voltando a sinistra in direzione del cortile di Trasfigurazione.
Intanto la curiosità di Topolino era attratta più dagli ambienti che si susseguivano l’un l’altro che dal racconto della McGranitt, il castello gli piacque moltissimo, non solo per la struttura più antica ed elaborata del suo, ma anche per gli arredi magici che lo adornavano: quadri in cui le persone ritratte dormivano e russavano cospicuamente, armature cigolanti posizionate ad ogni nicchia del muro disponibile e di sfuggita gli parve perfino di vedere un fantasma!
La loro breve camminata lungo il castello parve terminare davanti ad un gargoyle di pietra che rappresentava un grifone nell’atto di un balzo.
La McGranitt lo precedette, si posizionò davanti alla statua e disse: «Brioche alla crema!»
Topolino la guardò senza comprendere, poi vide il gargoyle compiere il balzo per lasciare il posto ad una scala a chiocciola e intuì che doveva trattarsi di una parola d’ordine.
Salirono e si ritrovarono davanti ad una porta, Minerva bussò ed entrarono nell’ufficio del Preside.
Silente era seduto sulla sua poltrona ma si alzò subito, andò incontro al nuovo arrivato e gli strinse calorosamente la mano.
«Benvenuto alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts» disse «Spero tu abbia fatto buon viaggio» e con un gesto lo invitò a sedersi sulla poltrona di fronte alla sua mentre Minerva rischiuse la porta per lasciarli soli.
«Discreto Silente, mi fa molto piacere rivederti» disse Topolino accomodandosi, lo sguardo rapito dagli oggetti posti sugli scaffali e dalla splendida fenice intenta a dormire con la testa ripiegata sotto l’ala.
«Devo ammettere che questo castello è davvero bellissimo, molto meglio del mio in effetti! È così elaborato e pieno di arredi meravigliosi» aggiunse Topolino con una sincera aria di ammirazione.
«Oh, ti ringrazio, mio vecchio amico. Posso offrirti una liquirizia?» disse il mago porgendogli una caramellina, «naturalmente sei libero di rimanere quanto vuoi, Topolino, ma devo avvertirti che sarebbe poco prudente aggirarsi per il catello di giorno, se uno studente dovesse vederti sarei costretto a modificargli la memoria, e non è una pratica che mi piace eseguire sui miei ragazzi».
«Non preoccuparti Albus, non mi farò vedere in giro di giorno, per questa notte dormirò sulla mia gummyship, l’ho parcheggiata nella foresta, per domani… beh essendoci la riunione dei Referenti non credo che avremo molto da dormire».
«Avrà luogo qui, nel mio ufficio» disse Silente «quindi è vero, è avvenuto un contatto tra il nostro mondo e un altro? Me lo confermi?» chiese preoccupato.
Topolino stava gustando la sua liquirizia e gli ci volle un secondo per rendersi conto di ciò che Silente gli aveva chiesto e distolse lo guardo da un bollitore d’argento dietro una vetrina
«Purtroppo si… è avvenuto ieri verso le otto di sera, in una cittadina chiamata Little Hangleton e, visto che deduco che nessuno si sia messo in contatto con te, questa persona sia già stata portata in un luogo sicuro, lontano dalla nostra portata, hai qualche idea di chi possa essere stato?»
Silente non aveva alcun dubbio: «Lord Voldemort».
«Il mago oscuro che era morto misteriosamente un paio d’anni prima del nostro ultimo incontro?» chiese Topolino alzandosi in piedi.
«Esattamente» Silente lo guardò tristemente con aria amara e aggiunse «è riuscito a tornare in possesso del proprio corpo circa un anno fa, da allora ha ricominciato a reclutare seguaci in maniera massiccia; per quanto mi riguarda ho tentato di fare lo stesso rifondando immediatamente l’Ordine della Fenice e prendendo le necessarie precauzioni, ma ho avuto parecchia difficoltà a sormontare gli ostacoli posti dal Ministero della Magia. Alla fine ho dovuto ritirarmi dal ruolo di Preside per qualche settimana e gli eventi si sono susseguiti fino all’altra sera: un gruppo di studenti guidati da Harry Potter, il ragazzo che è sopravvissuto, si è diretto al Ministero e ha dovuto affrontare una mezza dozzina di Mangiamorte prima che arrivassi io. Ho dovuto duellare con Lord Voldemort e non ti nascondo che è riuscito a sfuggirmi» spiegò Silente in tono pratico e amareggiato.
Topolino sembrò scosso dalla notizia e tornò a sedersi guardando in basso, «Proprio quello che temevo… sospetto che il personaggio che si è introdotto nel tuo mondo, Silente, sia dotato di grande potere e di grande Oscurità… altrimenti non sarebbe riuscito ad arrivare qui e non sarebbe arrivato proprio sotto il naso di Voldemort».
Ci fu una breve pausa: «Lo temevo anche io» concluse Silente.
«Vista la situazione attuale e l’imminente fine dell’anno scolastico, desidero introdurre la mia collega, la professoressa McGranitt come ulteriore Referente» e fece un breve cenno verso la porta «è suo desiderio unirsi a noi nella battaglia».
«Ma certo non c’è problema!» Topolino accolse questa notizia con entusiasmo «allora domani vorrei che anche lei partecipasse alla riunione, così potrà conoscere gli altri».
«Ma certo» concluse Silente con un sorriso.
«Sarà meglio che ritorni alla gummyship» disse Topolino, «devo contattare Minnie, ci vediamo domani alle nove di sera Albus, gli altri arriveranno qualche minuto dopo».
«Molto bene, Hagrid ti accompagnerà nella foresta» e si alzarono dalle poltrone diretti verso l’uscita.
«Ah!» Topolino si fermò di colpo, «nella foresta ho visto dei centauri che trasportavano una donna, sembrava impaurita» avvisò Topolino.
«Oh non preoccuparti Topolino, i centauri sono tra le più sagge creature del nostro mondo, non le faranno nulla di male. Domani andrò a recuperarla di persona».
Silente lo accompagnò fino alla capanna di Hagrid dove si congedò e lasciò Topolino nelle mani del guardiacaccia.
Si addentrarono nel folto del bosco in direzione della navicella.
Silente tornò al castello deciso che sarebbe stato meglio aspettare l’indomani mattina per avvertire la McGranitt delle nuove informazioni dategli da Topolino.
La situazione stava peggiorando notevolmente: non solo pensava che il Signore Oscuro avesse trovato un modo per sfuggire alla morte ma ora gli era capitata l’occasione di venire a conoscenza della presenza di nuovi mondi e avere un alleato più forte che mai.
Di sicuro avrebbe tentato di impadronirsene e usarlo per ottenere i mezzi necessari per viaggiare tra i mondi, non lo avrebbe fermato nessuno.
Pur ignaro dei poteri di questo “intruso”, Silente non poté fare a meno di pensare che Voldemort con la sua abilità di Legilimanzia avesse già letto tutta la mente dell’ignaro nuovo alleato e avesse già scoperto tutti i suoi segreti.
Il che peggiorava ancora la situazione perché avrebbe anche già scoperto come ha fatto costui ad arrivare in questo mondo…
E, con la testa piena di pensieri, alla fine si addormentò.
 
 
 
 
L’indomani mattina il sole splendeva sul castello e illuminava i prati, perfino la radura dove era nascosta la gummyship sembrava luminosissima.
Gli studenti gironzolavano per il castello e per il parco alla ricerca di un passatempo, tutti allegri per l’imminente fine delle lezioni; alcuni passavano le ore migliori sotto le ombre degli alberi o sulla riva del lago, altri partecipavano a tornei di Gobbiglie nei cortili di pietra, altri ancora rimanevano nelle Sale Comuni a sprofondare nelle poltrone e godersi il meritato riposo.
Ormai tutti credevano al ritorno di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e tra i corridoi non si parlava d’altro. Congetture e ipotesi venivano formulate ogni volta che veniva toccato l’argomento, tutti erano incuriositi dagli eventi di poche sere prima avvenuti al Ministero e quindi, i reali protagonisti di quell’avvenimento venivano bloccati di continuo dai compagni per farsi raccontare di nuovo tutto nei minimi dettagli.
Nessuno poteva immaginare cosa davvero stesse tramando il più grande mago oscuro di tutti i tempi, né tanto meno che ora potesse contare sull’alleato più forte mai avuto: Doflamingo.
La professoressa McGranitt diede i compiti delle vacanze agli studenti e augurò loro buon riposo, aveva un’aria molto sovrappensiero; un paio di volte sbagliò addirittura strada e si ritrovò in corridoi in cui non doveva andare.
Era decisamente presa dagli eventi della sera prima, ma soprattutto dagli eventi che sarebbero avvenuti quella sera stessa!
Una riunione dei Referenti! E lei ne avrebbe fatto parte, acquisendo il titolo e conoscendo quei personaggi leggendari, le loro storie e i loro mondi.
Da un lato non vedeva l’ora, dall’altro aveva timore di quella riunione, perché sapeva che veniva organizzata solo in caso di grave pericolo.
Comunque dovette constatare di essere davvero sovrappensiero quando per sbaglio travolse il piccolo professor Vitious con il mantello.
«Oh, scusami Filuis! Non ti ho proprio visto» disse preoccupata, «Tranquilla Minerva, sono cose che capitano» disse lui rimettendosi in piedi e dirigendosi verso la Sala Insegnanti.
Fortunatamente aveva il compito di organizzare la partenza dei Grifondoro e quindi dovette sorvegliare i dormitori per tutto il resto della giornata, controllando che i novellini del primo anno non dimenticassero nulla e lasciassero tutto in ordine.
«Riceverete i risultati dei G.U.F.O. la prima settimana di luglio» disse rivolta agli studenti del quinto anno, «suvvia, non ti preoccupare Paciock, vedrai che rimarrai sorpreso anche tu dai tuoi risultati» gli disse in tono incoraggiante. Il ragazzo la guardò e assunse un’espressione di dubbio, come se stesse decidendo se rallegrarsi o disperarsi.
Il pomeriggio lasciò il posto alla sera che portò con se nuvoloni scuri, presagio di un imminente tempesta.
La cena di fine anno nella Sala Grande fu ricca come al solito, gli studenti mangiarono a sazietà chiacchierando vigorosamente e il discorso d’addio di Silente non tardò ad arrivare. Il soffitto della Sala Grande rispecchiava le nuvole temporalesche del cielo esterno.
Quando tutti gli studenti si furono avviati verso i loro dormitori, Silente avvertì Hagrid che stavano aspettando non solo la visita di Topolino, ma anche di altri esponenti della Luce provenienti da mondi sconosciuti e quindi di tenere gli occhi aperti, vista l’elevata probabilità che passassero dal parco.
Topolino cenò con calma a bordo della gummyship chiacchierando con Minnie, gli sembrò di vedere di nuovo la mandria di centauri passare affianco alla nave ma non si trascinavano più dietro la donna dalla voce stridula della sera prima.
Cautamente, all’ora prestabilita, scese dalla gummyship e si diresse al castello.
Trovare il sentiero risultò molto più veloce della sera prima ma per sicurezza non si sfilò il cappuccio dell’impermeabile; la foresta, anche se di notte poteva sembrare in uno stato di calma assoluto, era sempre in movimento.
Raggiunse il prato, superò la capanna di Hagrid e raggiunse il portone di ingresso, che fece molto fatica ad aprire vista la differenza di dimensioni.
Dentro la Sala d’Ingresso c’era la McGranitt ad aspettarlo.
«Buonasera Vostra Maestà» lo salutò e si diressero verso l’ufficio di Silente, «Chiamatemi semplicemente Topolino» disse lui sorridendo.
Arrivarono davanti al gargoyle chiacchierando allegramente, anche se dovettero fare una deviazione per evitare il signor Gazza, il custode, e la sua gatta Mrs. Purr che sembrava aver trovato l’odore di Topolino molto interessante.
Silente li accolse entrambi nel suo ufficio, Topolino notò che la fenice questa volta era sveglia, e non era l’unica rispetto al giorno prima.
Infatti, numerosi quadri che Topolino era sicuro di aver visto dormire la sera prima in quel momento erano svegli e lo fissavano incuriositi. Lui non sapeva se presentarsi o meno ma visto che i due insegnanti non parvero considerare la presenza dei ritratti non vi prestò ulteriore attenzione.
Silente si voltò ed estrasse la bacchetta, con un colpo spostò in fondo alla stanza la sua scrivania, lasciando un grosso spazio in centro, poi la agitò in aria e subito si materializzarono un lungo tavolo di legno con otto sedie.
«Adoro il vostro tipo di magia» esclamò Topolino, la McGranitt lo guardò e chiese con aria perplessa «Esistono altri tipi di magia?»
Silente si sedette e osservò la neonata conversazione curioso di riascoltare la storia che Topolino gli aveva raccontato dodici anni prima, perché anche lui, come Minerva aveva reagito nello stesso modo alla scoperta di altri tipi di magia.
«Beh, sì» rispose Topolino, «la vostra è la più elaborata che abbia mai visto» aggiunse entusiasta, «Nella maggior parte dei mondi esiste solo una magia semplice, in grado di utilizzare attacchi usufruendo di alcuni elementi naturali: principalmente ghiaccio, fuoco, fulmine e aria. Esistono molte varianti ovviamente e anche noi dobbiamo pronunciarne l’incantesimo ma non sono molti. Tra poco conoscerai altre persone che usufruiscono del loro potere in modi ancora diversi».
«A proposito» intervenne Silente «è ora che arrivino gli altri» disse voltandosi verso la finestra e scrutando il parco.
«Ah, Albus, devo avvisarti che non ci saremo tutti stasera».
«Accidenti, come mai?» chiese.
«Come ben sai, in dodici anni possono accadere molte cose… e purtroppo il Maestro Sarutobi, il Terzo Hokage del Villaggio della Foglia è stato ucciso. Il suo villaggio è stato colpito da un ninja oscuro e nella battaglia lui ha dovuto dare la vita per neutralizzarlo. Ovviamente sono andato nel villaggio il prima possibile e mi sono messo in contatto con il nuovo Hokage, il quinto. Si chiama Tsunade ed è un ninja medico di immensa abilità, una donna tutta d’un pezzo, non c’è che dire. Ma purtroppo ha lasciato in sospeso la carica di Referente, anche se mi ha assicurato di mantenere il segreto» concluse un po’ deluso di rivivere quel ricordo.
Silente lo guardò tristemente, aveva conosciuto il terzo Hokage dodici anni prima e ci si accomunava parecchio, era un uomo anziano con straordinari poteri al governo del Villaggio della Foglia; non poté fare a meno di pensare a quanto fosse imprevedibile il futuro, soprattutto per una persona della sua età.
«Invece il grand’ammiraglio Sengoku ha dovuto combattere in una battaglia di dimensioni catastrofiche, da cui è difficile capire chi ne è uscito vincitore… ma almeno lui è sopravvissuto» proseguì, «sono andato a trovarlo qualche mese fa, per fortuna l’ho trovato subito. Purtroppo Sengoku non è più il grand’ammiraglio della Marina, ha dato le dimissioni, anche se è ancora un attivo combattente del bene. Non si è unirà con noi stasera perché mi ha riferito che, ora che ha perso il suo posto non ha più la possibilità di abbandonare il suo mondo quando vuole e non è sicuro farlo sparire all’improvviso».
Topolino si sedette e sprofondò nella poltrona accanto a Silente.
«E Mario non sono riuscito a contattarlo. Non l’ho trovato al suo castello, probabilmente era via, ma credo che stia bene, la morte è contemplata in un modo molto singolare nel suo mondo» concluse amareggiato.
Ci fu un boato enorme e le finestre si illuminarono di un blu intenso, subito i tre personaggi si alzarono dalle loro poltrone e si sporsero alla finestra.
Nelle nuvole scure si era aperto un anello di un azzurro elettrico da dove stava uscendo un’astronave a forma di X capovolta.
Il veicolo sembrava molto più realistico rispetto alla gummyship, che era composta semplicemente da parallelepipedi e semisfere rosse o blu.
Il rombo proveniva dai propulsori della navicella: era fatta di acciaio biancastro con alcune strisce arancioni e aveva quattro ali ai lati dell’abitacolo che formavano la croce, qualche luce intermittente di segnalazione ai limiti della sagoma e una plancia di comando in testa.
L’astronave compì un arco nel cielo carico di nuvole e atterrò sul prato, poco distante dalla capanna di Hagrid.
Il guardiacaccia, infatti, era appena uscito, probabilmente allarmato dal grande rombo che echeggiava ancora nelle orecchie di tutti, e lo spostamento d’aria della nave che stava ancora atterrando lo fece cadere all’indietro.
«Hai eseguito anche stasera l’Incantesimo del Sonno, vero Minerva?» chiese Silente senza distogliere lo sguardo dalla navicella.
«Ma certo…» rispose, anche lei con la faccia incollata al vetro.
«Se non sbaglio dovrebbe essere del Maestro Yoda, vero?»
«Esatto» esclamò Topolino rinunciando al tentativo di salire sul davanzale per vedere la scena anche lui, sembrava aver recuperato l’entusiasmo tipico della sua persona.
«Scommetto che questo non piacerà ai centauri» commentò Minerva mentre lei e il Preside tornarono a sedersi.
Attesero l’arrivo del loro ospite, nella speranza che l’Incantesimo del Sonno avesse retto e che nessuno studente si fosse svegliato per vedere quello strano fenomeno.
Dopo qualche minuto qualcuno bussò alla porta dell’ufficio e l’ingombrante sagoma i Hagrid si parò davanti a loro.
«Professor Silente, signori, è arrivato il Maestro Yoda» disse e si scostò dall’uscio. Dietro di lui c’era una figura molto particolare.
Era uno di quegli esempi che non tutti i mondi sono abitati unicamente da esseri umani.
Yoda era sicuramente una qualche forma di alieno, era più piccolo di Topolino e incredibilmente vecchio, aveva la pelle verde e raggrinzita dalle rughe.
Alla professoressa McGranitt parve molto simile ad un elfo domestico misto ad un folletto.
Aveva le orecchie sproporzionalmente lunghe e a punta rispetto al corpicino, la testa quasi calva coperta solamente da un sottile strato di capelli bianchi, quasi trasparenti dai pochi che erano, gli occhi scuri leggermente sporgenti e tre dita per mano.
Il suo aspetto era senza dubbio strano e fuori luogo ma nessuno guardandolo avrebbe mai provato ribrezzo o timore, perché aveva l’aria estremamente buona e gentile.
Nonostante tenesse in una mano un bastoncino da passeggio, era seduto su quella che si poteva definire una “mini-poltrona fluttuante”: un piccolo congegno meccanico volante, concavo, tappezzato di velluto e con un paio di cuscini, in effetti avrebbe potuto contenere soltanto lui, Topolino, per quanto minuto, non sarebbe riuscito ad incastrarcisi.
Indossava dei vestiti su misura per lui e una tunica beige con una cintura in vita.
Silente si alzò e Topolino e la McGranitt lo imitarono.
«Benvenuto nel castello di Hogwarts, Maestro Yoda, mio vecchio amico» e gli strinse la manina verde.
«Un onore trovarmi qui per me è» disse Yoda, la sua voce era molto caratterizzata dal tono anziano.
«Permettimi di presentarmi la mia vicepreside, la professoressa Minerva McGranitt» proseguì Silente lasciandole il posto.
«Buonasera, Maestro Yoda» si presentò lei «Buonasera, madama» rispose lui.
Topolino lo salutò energicamente con la mano «Ciao Yoda!», lui gli sorrise e rispose «Anche per me un piacere rivederti è, Topolino».
Si risedettero ai loro posti (anche se in realtà Yoda si limitò a spostare la sua poltroncina volante sopra la poltrona di fronte alla McGranitt).
Minerva lo guardava incuriosita cercando di classificarlo come una creatura magica del suo mondo, in fondo ce n’erano diverse simili a lui ma nessuna a cui potesse davvero appartenere. Nutriva una certa ammirazione verso quel suo modo strano di parlare.
«Sono dodici anni che non ci vediamo Yoda, come vanno le cose da te?» chiese Silente per dar via alla conversazione.
«Bene non va, i Sith difficili da debellare sono. Il Consiglio dei Jedi il conte Dooku sta cercando, il mio vecchio apprendista passato al lato oscuro» rispose Yoda in tono esplicativo.
«Cosa sono i Sith?» chiese d’istinto Minerva, non aveva capito quasi niente di quello che aveva detto Yoda: Sith, Jedi, conte Dooku?
«Sì, in effetti essendo Minerva una nuova Referente sarebbe meglio se gli spiegassi un po’ il tuo mondo, Yoda» intervenne Silente amichevolmente.
«Ma certo, ma certo» convenne il piccolo alieno verde «ma da dove cominciare?» si chiese aggrottando la fronte.
Poi si illuminò e le sue orecchie a punta ebbero un tremito all’insù. Tese la mano e chiuse gli occhi, concentrato.
Dalla coppa d’argento posta all’estremità della stanza, dove ora si trovava la scrivania di Silente, venne un rumore e la McGranitt si voltò.
Una caramella di liquirizia colorata si sollevò dal mucchio e si diresse volando verso di loro per atterrare sulla mano verde di Yoda.
«Ha utilizzato un Incantesimo di Appello, strano…» osservò Minerva ma Silente le disse «Credo che la cosa sia un po’ più complicata di così, Minerva».
«Ogni cosa in questa stanza» disse Yoda in tono mistico, «la caramella, la poltrona, questo tavolo» e li indicò mentre li elencava «tutto circondato dalla Forza è. La Forza è un’energia creata da tutti gli esseri viventi e tutto avvolge. Non tutti in grado di usarla sono e non tutti usarla nel lato della Luce vogliono. Noi Jedi siamo un consiglio di combattenti e i pianeti dalle forze del lato oscuro proteggiamo. Su un pianeta di nome Coruscant è il nostro Consiglio».
La McGranitt rimase strabiliata, le sembrava abbastanza simile alla magia però il concetto di Forza era più generico e soprattutto sembrava che potesse essere usata tranquillamente, senza nessun oggetto come per loro era la bacchetta, che spesso significava una limitazione.
Yoda si alzò in piedi sulla sua poltroncina e estrasse dalla veste un oggetto che sembrava inizialmente un tubetto d’acciaio, però guardandolo meglio si capiva che dovesse essere qualcosa di più perché era ben decorato e elaborato con uno stile abbastanza futuristico, e presentava qualche bottone.
Yoda lo mostrò e poi premette l’interruttore principale.
Una lama verde luminosa e lunga circa un metro uscì dalla base di quello che ora era chiaramente un manico.
«La spada laser, un’arma dall’antichissimo valore. Qualunque cosa è in grado di tagliare. Per essere l’arma dei cavalieri Jedi è stata scelta» proseguì Yoda ripremendo il pulsante e spegnendo quella meravigliosa spada laser.
«Anche noi dei nemici dobbiamo combattere, i jedi passati al lato oscuro Sith vengono chiamati e comandati da Darth Sidious attualmente sono» concluse Yoda facendo volare la spada laser velocemente sotto la veste e risedendosi.
Minerva si chiese se anche la sua poltroncina volante rimaneva a mezzaria grazie alla Forza.
«La Forza può essere utilizzata solo per far volare gli oggetti?» chiese Topolino.
«No, la Forza mille sfaccettature ha, e in molti modi può essere utilizzata» spiegò «ah, a proposito Topolino, che Darth Sidious non c’entra con questo contatto tra i mondi posso confermarti».
«Molto bene, molto bene davvero» disse Topolino, «Yoda devo avvisarti che Sengoku e Mario non possono partecipare a questa riunione, e purtroppo devo avvisarti della morte del Maestro Sarutobi, il Terzo Hokage, è morto in battaglia».
Le orecchie di Yoda si abbassarono in un inconfondibile segno di dispiacere a quella notizia «Allora la sua morte dovremmo commemorare» disse.
«A questo posso pensare io» intervenne Silente, agitò la bacchetta e quattro bicchieri comparvero davanti agli ospiti, poi si diresse verso un armadio.
Ne tornò con una bottiglia ambrata «Ecco il miglior Whiskey Incendiario disponibile, viene direttamente dai Tre Manici di Scopa» disse allegro e ne versò un po’ nei quattro bicchieri.
«Al Terzo Hokage» disse Silente.
«Al Terzo Hokage!» riposero gli altri Referenti e bevvero.
Solo in quel momento Silente si rese conto del moto vorticoso che avevano intrapreso le nuvole temporalesche fuori dalla sua finestra.
In quel momento, da un ammasso nebuloso che sembrava una grossa goccia, si materializzò un fulmine che illuminò il cielo di una luce abbagliante.
La saetta azzurra però non si diresse verso terra come di consueto ma deviò nettamente verso la finestra dello studio, che infranse (era la seconda volta in due giorni) e colpì il pavimento di pietra dello studio del preside, annerendolo.
Tutti i personaggi si voltarono verso il punto dove si stava scaricando il fulmine, Minerva fece cadere il suo bicchiere, che si infranse, ma nessuno lo udì coperto dall'immenso rombo del tuono che aveva invaso la stanza.
Dopo quei pochi secondi in cui l’ufficio apparve monocromaticamente bianco, nel punto in cui si era scaricato il fulmine c’era un ragazzo giovane, sulla ventina d’anni, alto e moro, vestito con una tunica bianca bordata di strisce di velluto blu, i pantaloni nello stesso stile; aveva anche un paio di baffi bruni anche se un po’prematuri.
Sorrideva e aveva stretto nella mano destra un bastone sottile e alto quasi quanto lui, sembrava una via di mezzo tra uno scettro e una lancia.
Era decorato con solchi sottili lungo tutta la parte centrale, incastonati da piccole schegge di cristallo azzurro mentre le due estremità erano entrambe appuntite: quella in alto era semplicemente a punta, mentre quella in basso zigzagava come una saetta.
«Potevate aspettarmi per l’ultimo saluto al buon vecchio Sarutobi» disse sorridendo e avanzò verso di loro.
«Devi perdonarci Walt, ci siamo fatti trascinare dalla conversazione» disse Silente, «Tranquillo Albus, lo sai che odio gli alcolici, sono amari» disse il giovane molto gioviale stringendo la mano al preside.
«Ben arrivato Walt!» esclamò Topolino agitando la mano.
«È un piacere rivedervi Vostra Maestà» disse e teatralmente fece un inchino, poi si alzò e abbracciò Topolino con vigore, ridendo.
«Maestro Yoda, è un piacere rivedervi» proseguì «siete sempre in una splendida forma» gli disse stringendogli la manina. «Quando novecento anni avrai non più bello sembrerai» lo apostrofò lui sorridendo.
Minerva notò che ad ogni tocco della punta dello scettro sul pavimento corrispondeva un tuono sentito in lontananza.
«E lei dev’essere una nuova Referente» disse rivolto alla McGranitt, Silente intervenne «Si Walt, ti presento Minerva McGranitt, Vicepreside di Hogwarts»
«Molto piacere» disse lui dandole un bacio sul dorso della mano, lei arrossì un po’ dalla galanteria mostrata dal giovane nonostante la sua età.
Le sembrava un personaggio gentile, caratterizzato da quell’immacolato tocco di gioventù che lei ormai aveva perso da anni.
Walt prese posto su una poltrona e con un lampo di luce, simile a quello utilizzato da Topolino per evocare il suo Keyblade, fece svanire il suo scettro.
«Gli altri verranno?» chiese mentre si guardava attorno nel curioso ufficio di Silente, ormai tutti i quadri erano svegli e nessuno si perdeva una scena di quella particolarissima riunione.
«Purtroppo no, Mario non è stato raggiungibile e Sengoku non gode più della sua posizione, anche se è ancora uno dei nostri, risulterebbe troppo difficile andare a prenderlo e riportarlo nel suo mondo, potrebbe essere troppo sospetto» disse Topolino.
«A meno di loro questa volta dovremmo fare, temo» disse Yoda.
«Posso chiedere» interruppe la McGranitt, «quali straordinarie abilità possiedi, Walt, e da dove provieni» chiese gentilmente.
Walt la guardò con un sorriso e evocò nuovamente il suo scettro nella mano, senza distogliere lo sguardo.
«Come forse avrai capito, ho la straordinaria abilità di controllare il Fulmine e i suoi derivati, come l’energia elettrica e i campi magnetici» spiegò, «per quanto riguarda la mia provenienza beh… purtroppo il mio mondo era pieno di opportunità, alcuni abitanti nascevano con il controllo su un elemento. Ma come puoi già aver dedotto un tale squilibrio nella gestione del potere porta all’avidità di averne più degli altri. Fu così che sempre più persone del mio mondo cedettero il proprio cuore all’Oscurità e si trasformarono in Heartless… Alla fine di una sanguinosa battaglia, tutto sprofondò nell’Oscurità e scomparve».
Tutti si ammutolirono a questo racconto, Topolino sembrava in preda ad un brutto ricordo, aveva quasi le lacrime agli occhi.
Minerva si pentì amaramente di averglielo chiesto.
«Io sono l’unico sopravvissuto… vedi Minerva prima non controllavo solo il Fulmine ma avevo anche qualche abilità speciale nel controllo dello Spazio, anche se non era proprio il mio elemento naturale come lo è l’elettricità, persi quel potere insieme al mio mondo e attualmente ho difficoltà a risvegliarla. Mi ritrovai anni dopo nella Città di Mezzo, dove conobbi Topolino.
Da quel giorno sono un Referente di un luogo che ormai non esiste più, ma cerco di fare del mio meglio per recare del bene agli altri» concluse riacquistando il sorriso.
Walt si accorse che, con il suo riassunto, aveva iniettato un po’di tristezza a tutti quanti perciò decise di cambiare argomento.
«Allora, Topolino illuminaci sul perché siamo qui oggi».
«Ma certo. Allora nel mondo in cui ci troviamo è stato aperto un portale, non sappiamo da dove e non sappiamo il perché ma il Maestro Yen Sid mi ha assicurato che un elemento oscuro ha viaggiato al suo interno.
Ieri sera, Silente, mi ha confermato che, non essendo comparso qui a Hogwarts ma nel paesino di Little Hangleton, questo elemento oscuro è già stato probabilmente contattato dal Lord…?»
«Voldemort» confermò Silente.
«Lord Voldemort, e abbiano stretto un’alleanza. Sospetto che questo personaggio non essendo parte di questo mondo sarà molto evidente se lo incontrassimo, a causa delle differenze di definizione dei mondi».
«Chi è questo Lord Voldemort?» chiese Walt.
Topolino fece per rispondere ma Silente si alzò con la mano levata, interrompendolo.
«Forse è meglio se intervengo io, Vostra Maestà» disse con garbo e proseguì «Lord Voldemort è il più grande mago oscuro che il nostro mondo abbia mai conosciuto. Quindici anni fa perse i suoi poteri e cadde in uno stato di semi-vita. Ma dall’estate scorsa è tornato e ormai ho netti sospetti che abbia escogitato un modo per debellare la morte, almeno in apparenza. Comunque sia, chiedo a tutti voi un favore: quando lo incontrerete sul vostro cammino fate la massima attenzione e chiudete la mente, possiede un’abilità straordinaria per confondere la mente e stregarla. E non sottovalutatelo, ha un potere inimmaginabile» concluse amaramente Silente risedendosi.
«Il nemico venuto da un altro mondo sconosciuto rimane. Con la massima cautela dovremo agire, abilità a noi ignote potrebbe avere» aggiunse Yoda.
«Sospetto» disse Walt «che, anche se i nostri nemici sono due, apparentemente, possano aumentare».
«Se ti riferisci ai seguaci di Lord Voldemort, i Mangiamorte, bisogna prestare attenzione anche a loro, ma non hanno neanche la decima parte del potere del loro padrone» disse Silente.
«Temo che Walt non si riferisse ai suoi seguaci, Albus. Si riferiva a certi personaggi di mia conoscenza che riescono a percepire l’Oscurità nelle persone altrui. Sono un po’ la nemesi di noi Custodi del Keyblade, che agiamo nella Luce. Una minaccia simile l’abbiamo debellata pochi anni fa».
«Esistono persone in grado di percepire l’Oscurità altrui?» chiese Minerva. Tutto era nuovo per lei e in tutta sincerità la situazione a lei sembrava ben meno rosea del previsto. Non capiva a cosa potesse servire tale riunione e perché non erano già a dare la caccia al Signore Oscuro, in fondo qualche idea su dove fosse Silente ce l’aveva e di certo non si sarebbe mai aspettato di vedersi tali personaggi alle calcagna.
«Purtroppo sì, Minerva» le rispose il Re, «e ho la netta sensazione che si stiano già muovendo proprio come lo stiamo facendo noi. Vista l’assenza di tre Referenti ho mandato una lettera a Sora, mi ha aiutato parecchio, è un Custode del Keyblade anche lui e non verrà solo, andranno a prenderlo Paperino e Pippo, i miei amici, anche loro dotati di ottimi poteri, non saranno all’altezza di sostituire i Referenti ma…»
«…è molto meglio che niente, no?» concluse Walt ottimista «Ho conosciuto Sora: ha ottime potenzialità e ha il cuore genuino. Paperino e Pippo sanno il fatto loro e saranno un ottimo aiuto, quando arriveranno Topolino?»
«Questo non lo so, però sanno come raggiungermi».
«Cosa consigliate di fare al momento?» chiese Yoda «Uno squilibrio nella Forza di questo mondo anche io percepisco» disse preoccupato.
«Purtroppo non avendo fonti certe su chi sia questa nuova persona e cosa abbia intenzione di fare Voldemort, non possiamo fare altro che aspettare e mantenere il più sicuro possibile questo castello, visto che è sempre stato il suo obbiettivo» concluse Silente.
«Perché non vi fermate qui? Alloggerete nei dormitori degli studenti, intanto domani mattina torneranno a casa, e anche gran parte del corpo insegnanti sarà via» aggiunse gentilmente la McGranitt.
«Sì, è la cosa migliore» convenne Walt dopo un’accurata riflessione, «Almeno potremmo discutere tra noi tranquillamente».
«È deciso allora» disse Topolino, «Yoda, potresti spostare la tua astronave vicino alla mia, nella foresta, così non sarà posizionata sotto occhi indiscreti».
«Certamente».
Silente si alzò e fece scomparire con un tocco di bacchetta tutti i bicchieri, e in automatico tutti si alzarono capendo di essere liberi di andare.
«Minerva, accompagna Walt a dormire nell’ufficio della professoressa Umbridge, lei intanto dormirà in infermeria e se ne andrà domattina con l’espresso di Hogwarts».
«Perfetto».
«Noi ci rivediamo domani a pranzo, allora» disse rivolto a Topolino e Yoda.
«Molto bene, a domani» risposero i due, e con un altro colpo di bacchetta alle loro spalle scomparvero le poltrone rosse e il tavolo.
Minerva fece strada a Walt per i corridoi della scuola, si sentiva leggermente in imbarazzo a stare sola con un baldo giovane come lui, il che la fece sentire contemporaneamente anche ridicola; in fondo lei insegnava a ragazzi di un paio d’anni più piccoli di lui.
Attraversarono il corridoio del settimo piano, anche Walt era attratto dal particolare arredo della scuola, infatti non guardava neanche dove stesse andando ma fissava di continuo gli arazzi drappeggianti, i ritratti e le torce che spuntavano ad ogni angolo. Ad un certo punto disse distrattamente «È molto più fantasiosa della mia vecchia accademia».
«Beh non credere che non siamo severi» disse duramente la professoressa McGranitt.
«Non ne dubitavo, lei cosa insegna?»
«Trasfigurazione»
«Wow» disse lui in tono sognante mentre attraversavano un grosso dipinto in cui un ometto cercava di insegnare a ballare alcuni troll con un tutù rosa.
Arrivarono all’ufficio della Umbridge, era quasi mezzanotte.
«Non credo che gradirai l’arredamento, ma entro domani non ci sarà più, tranquillo», lui non capì a cosa alludesse ma quando aprì la porta trovò lampante a cosa si stesse riferendo.
Le pareti di pietra erano dipinte di una tinta di rosa molto acceso ed erano tappezzate di piatti in cui erano raffigurati un centinaio di gattini che miagolavano rumorosamente.
«Oh, capisco».
«Buonanotte Walt, per sicurezza è meglio se stai qui fino a mezzogiorno di domani, poi potrai raggiungerci nella Sala Grande».
«Ok, buonanotte» ripose evidentemente spiazzato dall'esagerato tocco femminile dato alla stanza.
La McGranitt richiuse la porta e si diresse verso il suo ufficio per ritirarsi, mentre sentì il rombo dei motori della navicella del Maestro Yoda avviarsi, si affacciò alla finestra di un corridoio per vedere quel ferroso oggetto volante ritirarsi nella foresta.
«Di questa faccenda cosa ne pensate, Vostra Maestà?» chiese Yoda subito dopo aver fatto atterrare la sua nave affianco alla gummyship.
«L’unica cosa che riesco a fare adesso, è sperare che l’Oscurità non riesca a diffondersi durante tutta questa faccenda, altrimenti il lavoro di Sora e il mio compiuto negli ultimi anni non sarà servito a niente» disse amaramente.
Le stelle brillavano incontaminate nel cielo sopra le due navi e la calma piatta della foresta sembrava iniettare una sonnolenta sensazione di pace, il fruscio del vento coccolava gli alberi.
 
 
 
 
Nello stesso momento a distanza di tantissimi mondi, Malefica entrava in corridoio oscuro.
 
 
 



Angolo dell'autore:
Critiche, condigli e nuove idee sono sempre ben accetti!
Chissà se qualcuno ha capito da chi è ispirato il personaggio di Walt ;)

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Capitolo 3
*** The Other Dark One ***


Capitolo 3
 
 
The Other Dark one
 
 
 
I due uomini apparvero dal nulla, a pochi metri di distanza, nel viottolo illuminato dalla luna. Per un istante rimasero immobili, la bacchetta puntata l’uno contro il petto dell’altro; poi si riconobbero, riposero le bacchette sotto i mantelli e si avviarono rapidi nella stessa direzione.
«Tu sei riuscito a vederlo? Quel personaggio che si dice prenderà parte alla riunione di stasera?» disse la prima figura.
«No Mulciber, lo vedrò oggi per la prima volta» rispose Severus Piton con la più totale neutralità.
Il viottolo era delimitato da entrambi i lati da due siepi altissime molto curate, che occultavano la vista del paesaggio, i mantelli svolazzavano attorno alle loro caviglie.
I tratti rozzi di Mulciber venivano segnati sul suo volto ogni volta che oltrepassavano un palo della luce.
Voltarono a destra lungo il viale e l’alta siepe svoltò con loro, sparendo in lontananza oltre i poderosi battenti di ferro di un cancello finemente decorato che sbarrava la strada.
Nessuno dei due si fermò: levarono la bacchetta verso l’alto e, nella più completa tranquillità, oltrepassarono le inferriate del cancello come se fossero di fumo nero.
L’erba attutiva il rumore dei loro passi mentre si dirigevano verso l’ingresso della casa, ad un certo punto un rumore allarmò Mulciber che sfoderò la bacchetta sopra la testa del compagno.
Ma la fonte del rumore si rivelò un candido pavone bianco che passeggiava sul prato, «Pavoni… si è sempre trattato bene, Lucius» disse varcando la porta d’ingresso con lo sguardo ancora perso verso l’uccello.
La villa era in un favoloso stile architettonico inglese, attraversarono un ampio ingresso e si diressero verso il salotto.
Li attendeva un lungo tavolo nero con attorno una ventina di sedie altrettanto scure, tutte occupate tranne le loro.
Ciò che saltò subito all’occhio dei due fu un personaggio seduto alla destra del Signore Oscuro: era alto, biondo e indossava dei vestiti molto stravaganti tra cui una giacca di piume rosa e degli occhiali da sole molto vistosi e particolari; non sembrava aver degnato di uno sguardo i nuovi arrivati.
«Severus siediti qui, vicino a me. Tu Mulciber prenderai il posto di Lucius» disse Voldemort, e loro eseguirono senza indugi.
«Come procede l’infiltrazione al Ministero, Yaxley?» chiese l’Oscuro Signore ignorando il fatto che gli sguardi di tutti erano posati sul suo nuovo braccio destro, a loro ancora sconosciuto.
Un Mangiamorte distrasse lo sguardo e rispose «Bene Mio Signore, ora che salirà in carica Scrimgeour, abbiamo deciso di imporre la maledizione Imperius a Pius O’Tusoe, che lo sostituirà come Direttore dell’Ufficio Auror».
«E quando io farò fuori Scrimgeour, O’Tusoe diventerà Ministro giusto?»
«Sì, è questo il piano, Mio Signore» disse Yaxley con un alone di dubbio nella sua voce, di sicuro dentro di se pregò perché avesse successo.
«Severus…» continuò Voldemort, «ora che la tua presenza non è più richiesta ad Hogwarts vorrei che ti trasferissi qui per qualche giorno, così avremo modo di parlare delle tue nuove mansioni».
«Ma certo Mio Signore» rispose lui mellifluamente.
Il fuoco del camino alle spalle di Voldemort scoppiettava e emanava un calore rilassante, Doflamingo non aveva idea di tutte quelle cose che stavano organizzando.
Dopo l’incontro al cimitero di Little Hangleton era stato portato in quella casa, “Villa Malfoy”, e gli era stata data una camera.
Voldemort si ripresentò la mattina dopo e gli ripeté l’offerta di diventare un suo alleato e offrirgli i suoi servigi, in cambio di un trattamento di favore una volta conquistata Hogwarts e fatto fuori un certo Harry Potter.
Non aveva altra scelta che accettare, dopotutto in quella posizione avrebbe goduto delle più forti difese che sembravano essere disponibili.
Per tutto il resto della giornata, Doflamingo non aveva pensato ad altro che alla sua ciurma, nascosta dietro quello scoglio nella Fascia di Bonaccia, sarebbero stati al sicuro fino al suo ritorno?
Jolla avrebbe di sicuro insistito per rimanere lì ad aspettarlo, invece Trebol avrebbe dato il suo ritorno come una cosa impossibile.
D’un tratto la sua mente fece ritorno al presente e capì subito perché: l’attenzione era stata attratta da un movimento sulla moquette.
Un enorme serpente stava strisciando nella stanza attraverso la porta, si contorse tra le gambe della sedia di Voldemort, salì e si appollaiò sulla sua spalla.
Lui l’accarezzò dolcemente con le sue lunghe dita bianche con aria completamente distratta, come se non ci fosse nessuno.
Poi parve accorgersi che la precedente conversazione era finita e disse «Molti di voi si staranno chiedendo chi è questo nuovo personaggio e perché non è un Mangiamorte come voi» proseguì senza attendere assenso «vi presento Doflamingo. È un pirata proveniente da un altro mondo, e possiede un potere che piace molto al vostro Signore Voldemort».
«Non si fidi di lui, Mio Signore!» disse ad alta voce una donna dai lunghi capelli ricci e neri. Ne seguì un mormorio da parte dei presenti.
«Sei molto indisposta verso il nostro ospite, Bellatrix» disse Voldemort accennando con la mano verso la sua destra.
«Lui è diverso da noi! Non si deve fidare! E se è vero che ha un potere a noi sconosciuto…» ma questa volta il Signore Oscuro la interruppe: «credi che io non lo sappia tenere a bada?».
Bellatrix diventò di un bianco candido e il suo volto fu invaso dall’imbarazzo di aver fatto un grave errore. Il suo sguardo in automatico ricadde su Piton, verso il quale provava una scarsa fiducia proprio come per il nuovo arrivato, poi si ritrasse nella sedia come per rimpicciolire.
«Molto bene» concluse Voldemort, «Vorresti raccontarci com’è il tuo mondo, Doflamingo, e da dove deriva il tuo potere?».
Lui sentì una sorta di imbarazzo, non si immaginava di dover descrivere il suo mondo in quattro e quattr’otto al manipolo di schiavetti che lo circondava, però si schiarì la voce e disse: «Beh il mio mondo è quasi tutto ricoperto dal mare, perciò molti prendono il largo con l’istinto di diventare pirati o membri della Marina. Esistono ovviamente molti personaggi che solcano gli oceani ma il potere è manipolato dal Governo Mondiale, che sguinzaglia la Marina contro noi pirati».
Voldemort ascoltava con interesse mentre continuava ad accarezzare il capo dell'enorme serpente nero sul suo braccio.
«Per quanto riguarda il potere, come voi avete la magia nel mio mondo crescono dei frutti particolari, chiamati Frutti del Diavolo, che conferiscono a chi li mangia un’abilità particolare. Nessuno può ingerirne più di uno e il proprio Frutto si rimaterializza solo dopo la morte del suo ultimo proprietario, in un luogo a caso. Il mio potere…» e così dicendo unì le dita di una mano insieme e nel separarle mostrò a tutti che erano unite l’una all’altra con dei sottilissimi fili, «è quello di poter creare e manipolare sottili ma resistentissimi fili, in grado di essere molto affilati» e mentre pronunciò l’ultima frase con un fulmineo movimento del dito medio tagliò in due una candela posta sulla mensola sopra il camino.
Gli sguardi di tutti erano di nuovo incollati su Doflamingo e sull’incredibile potere del suo frutto che descrisse come Frutto Ito Ito.
Voldemort era compiaciuto dalla piccola esibizione del suo nuovo compagno e sembrava essere davvero convinto che avrebbe fatto grandi cose con lui.
Piton lo guardava con aria schifata, la sua mente lavorava febbrile: Silente andava avvisato di questo nuovo ambiguo personaggio, ma sapeva bene che non avrebbe avuto alcun modo di comunicare con lui da lì ai prossimi giorni.
«Lasciateci soli» ordinò Voldemort senza nessun sentimento nella voce e subito la maggior parte dei Mangiamorte si alzarono e con un sonoro crac, si smaterializzarono lasciando dietro di loro solo la poltrona vuota, il resto si dileguò fuori dal salotto. Rimasero solo Voldemort e Doflamingo.
«Non crescono frutti del genere in questo mondo, vero?» chiese.
«Non credo».
«Come temevo…» e si alzò dalla poltrona iniziando a fare avanti e indietro per il salone rimanendo nascosto da Doflamingo, che invece non si era alzato.
«Come hai fatto ad arrivare qui, hai detto di aver attraversato un portale ma come lo hai aperto?» chiese, rallentando un po’ il passo. Nagini, il boa gigante che prima era salito sulla sua spalla ora gli strisciava dietro, descrivendo traiettorie curvilinee.
«Esiste un Frutto, che si chiama Frutto World World, chi lo mangia acquisisce la capacità di aprire quei portali. È molto particolare anche nel mio mondo, perché è l’unico frutto di cui ne esistono sei copie identiche e perciò può essere posseduto da sei persone contemporaneamente, una di queste ha aperto il varco per me. Per quanto ne so, il portale è di sola andata e gli altri possessori del frutto potrebbero già essersene andate per sempre».
«Ho da affidarti una missione, Doflamingo, di vitale importanza, e se la eseguirai come si deve, sarà la prova che potrò davvero definirti un mio alleato. Vedi, il mio desiderio più grande, oltre a uccidere il ragazzo Potter, è prendere il controllo della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. È la scuola in cui ho studiato, e mi permetterebbe di imporre le Arti Oscure a tutti i giovani maghi e streghe per il mio esercito. Il che mi renderebbe invincibile e allora potrei espandere il mio dominio ad altri mondi, apprendere altri tipi i magia e altri poteri, magari anche mangiare uno dei tuoi Frutti del Diavolo... Ma per fare questo, necessito dell’abilità di viaggiare tra i mondi, e deduco che anche tu ne abbia bisogno, visto che il canale che non hai modo di andartene».
«…Esattamente».
«Sospetto che Silente abbia in qualche modo percepito la tua presenza, visto che Severus mi ha riferito che per tutta la serata di ieri non è uscito dal suo studio… vedi, Silente è un mago abile e potente quasi quanto me e protegge la scuola con incantesimi difensivi impenetrabili, ma visto che tu sei un Babbano non credo che avrai alcun problema a superarli. La missione che ti affido è semplice: devi infiltrarti nel castello senza farti vedere, entrare nella biblioteca, nel reparto proibito e prendere un libro per me. Il titolo è “De potentissimis Incantesimus”.
Lo lessi in giovane età, quando ancora frequentavo Hogwarts, e sono sicuro che in questo libro ci fosse la spiegazione di un potente incantesimo oscuro che permetteva di varcare le dimensioni e l’esistenza».
«Devo semplicemente prendere il libro e tornare indietro?» chiese Doflamingo sospettoso che il compito fosse così facile.
«Esattamente. Io ti aspetterò al di fuori dei confini del castello».
Voldemort appoggiò una mano sulla spalla di Doflamingo e lui capì che non ammetteva un “no” alla sua proposta di affidargli quella missione.
«Quando?»
«Domani notte. Non preoccuparti il castello è grande ma immetterò nella tua mente la strada, così saprai dove andare» dicendo così si voltò, la sua sottile veste nera volteggiò nell’aria e in un attimo era fuori dal salotto.
Nagini si fermò, guardò l’intruso di quel mondo come pronta a morderlo.
Doflamingo per la prima volta da quando si era seduto a quella tavola voltò la testa e puntò le dita verso il boa posizionandole a mo’ di pistola.
Sottovoce disse «Tamaito», e un proiettile formato da un paio di fili schizzò a velocità immane verso la testa del serpente, che stava sibilando.
Il colpo però non andò a segno, quando sarebbe dovuto avvenire il contatto con la pelle del serpente il proiettile deviò di lato e andò a colpire la moquette.
Doflamingo sorrise «Sei molto importante per lui, vero?».
 
 
 
 
La sera stessa, Voldemort lo convocò in un salotto privato nel retro di villa Malfoy per discutere i dettagli del piano, il serpente era aggrovigliato su se stesso in un angolo.
Il stanza era più piccola di quella della mattina ma fondamentalmente era identica, solo la tappezzeria era più rossiccia e rifletteva di più il bagliore del fuoco acceso.
Non sembrava troppo difficile, una volta conosciuta la posizione della biblioteca avrebbe dovuto semplicemente recuperare il libro e sperare di non incontrare nessuno. Ovviamente il rischio c’era ma non si fece scoraggiare.
«Molto bene, allora domani sera a quest’ora ci smaterializzeremo da qui e compariremo ai confini della scuola, da lì dovrai proseguire da solo» concluse Voldemort.
Fece per voltarsi ed andarsene quando un rumore alle sue spalle attrasse l’attenzione di entrambi.
Nell’angolo opposto a quello in cui si trovava Nagini, era comparso uno strano alone nero, come se la moquette stesse bruciando.
Voldemort aveva la bacchetta bianca stretta in mano e la puntava contro quel denso fumo senza la minima espressione in volto, Doflamingo invece si era alzato dalla poltrona e puntò la mano pronto a colpire ma senza capire bene cosa stesse succedendo, di sicuro se Voldemort era allarmato da ciò che stava accadendo davanti ai loro occhi voleva dire che non era opera dei suoi Mangiamorte e neanche sua.
L’alone nero si mosse, si avvinghiò, si contrasse per poi ricomparire più nitido e netto e consolidarsi in un ovale nero verticale, come una porta.
Voldemort strinse con più forza la bacchetta nella mano.
La prima cosa che uscì dall’alone nero ormai divenuto un apertura fu la punta di un lungo bastone di legno, che toccò il terreno.
Uscendo completamente, entrambi capirono che era più di un bastone di legno, era uno scettro alto quasi un metro e mezzo con in cima una meravigliosa sfera di cristallo verde scuro.
La pelle della mano che reggeva lo scettro era anch’essa di uno strana sfumatura verdognola, decorata con lunghe e affilate unghie rosse; era chiaramente di una femmina.
Con straordinaria eleganza dalla porta oscura uscì una donna vestita di un lungo mantello nero con l’interno viola, aveva il colletto aderente e finiva a punta verso l’esterno.
Aveva il viso e tagliente con le labbra rosse e gli occhi decorati con ombretto viola in pendant con il resto dell’abbigliamento.
La cosa che saltava più all’occhio oltre allo scettro era il paio di corna ondulate sul capo della donna, benché fosse un elemento ambiguo, su di lei erano particolarmente naturali.
Voldemort e Doflamingo fissarono la donna stupefatti e indubbiamente entrambi notarono che anche lei aveva quell’aspetto fuori luogo e con una definizione diversa da tutto il resto: veniva da un altro mondo.
La strega (perché proprio così appariva) sembrava perfettamente a suo agio e non sembrò neanche notare la presenza degli altri due nella stanza, anzi, osservava con molto interesse l’arredamento.
Voldemort, come aveva fatto con il pirata, tentò di invadere la mente della donna. Ma con incredulità non ci riuscì, avverti solo un grande sfondo nero senza alcun informazione disponibile: effettivamente era dentro la sua testa, ma non riusciva comunque a vedere niente, come se avesse spento le luci e abbassato le tende per mantenere la privacy.
Lei alzò infine gli occhi verso di loro «Che imbarazzante situazione» disse appoggiando la mano libera sulla sfera dello scettro.
«Credevo di trovarti solo, Tom» disse rivolta a Voldemort.
Doflamingo non comprese perché l’avesse chiamato “Tom” ma evidentemente aveva ottenuto l’effetto desiderato perché fece arrabbiare parecchio il mago
«Come osi chiamarmi così? Avada Kedavra!» disse il mago ad alta voce e con un movimento della bacchetta scagliò un lampo di luce verde verso la donna.
Lei incrociò fulmineamente lo sguardo di Voldemort, spostò leggermente il suo scettro e assorbì il fiotto di luce letale nella sua sfera, che si illuminò dello stesso verde, per poi rispegnersi.
Voldemort era senza parole. Era la seconda volta nella sua vita che una persona neutralizzava l’effetto del suo Anatema che Uccide.
Doflamingo percepì la preoccupazione di Voldemort ma decise di non intervenire, probabilmente sarebbe servito a ristabilizzare un po’ la gerarchia.
«Chi sei?» chiese lentamente il Signore Oscuro senza abbassare la bacchetta, Nagini sibilava.
«Mi chiamo Malefica. E voglio quello che vuoi tu Tom, che conquisti questo mondo, ma, in cambio, dovrai dare una mano a me quando ne avrò bisogno» disse lei.
Lui la guardò di traverso, con sguardo indagatore, non rinunciando al tentativo di utilizzare la Legilimanzia per penetrargli la mente.
«Non voglio il tuo aiuto» disse Voldemort disprezzandola con la voce.
«Oh, ma tu ne hai bisogno. Hai metà dei Referenti alle calcagna già in questo momento».
«Chi?» chiese.
«I più potenti difensori del bene e della giustizia di ogni mondo disponibile, al momento sono già in quattro contro di voi, e vi stanno cercando».
Voldemort non riusciva ancora a immaginarsi altri personaggi provenienti da altri mondi, l’idea era ancora estranea per lui.
Fu lei a rompere di nuovo il silenzio «So cosa sei capace di fare, e mi affascina il tuo tipo di magia. Sono qui per offrirti il mio aiuto e spiegarti come fare a conquistare comodamente il tuo mondo, in cambio del tuo per conquistarne un altro».
«Di che mondo parli?» chiese secco Voldemort.
«Del Castello Disney».
«Cos’ha di speciale per volerlo conquistare?» interruppe Doflamingo, gli altri due sembrarono essersi dimenticati della sua presenza.
«Vedi» iniziò a rispondere Malefica «il Castello Disney racchiude nelle sue fondamenta la più grande fonte fisica di Luce esistente, che se trasformata a dovere in Oscurità diventerebbe la mia dimora ideale, grazie alla quale otterrei la mia adorata vendetta contro i Custodi del Keyblade» spiegò lei.
«E quale piano avresti in mente per conquistare questo mondo?».
«Lo saprete a tempo debito, ma ho bisogno delle capacità di entrambi per metterlo in atto».
«Mhuhuhuh! Accetto» confermò Doflamingo senza pensare altro, l’alleanza con un altro elemento come Malefica, che fosse o no più forte di Voldemort, significava maggiore protezione e maggiore possibilità di tornare nel proprio mondo.
Il Signore Oscuro parve doverci pensare di più, «Dimmi il tuo piano e poi valuterò se accettarti come mia sottoposta» disse.
«Ho detto che lo saprai a tempo debito, quello che ti posso dire finora è che avevi ragione, serve quel libro per poterti insegnare a spostarti tra i mondi, e procurarcelo è la prima cosa da fare» confermò Malefica.
«Perché non puoi aprire un passaggio per noi come il tuo?» chiese Doflamingo con un tono di indisposizione.
«Voi non siete come me, per quanto siate malvagi non potete attraversare il corridoio, l’Oscurità vi ucciderebbe, è necessario quell’incantesimo. E mentre voi due tenterete di recuperarlo, io andrò a reclutare il nostro ultimo alleato per quest’impresa».
La conferma della prima fase come l’aveva già pensata parve rassicurare Voldemort sulle intenzioni della strega e chiese «Chi sarà?»
«Ha una cosa in comune con te Tom: possedeva un nome e l’ha cambiato in un altro. Prima si chiamava Erik Lehnsherr, ma ora si fa chiamare Magneto».






Angolo dell'autore:
Critiche, consigli e nuove idee sono sempre ben accetti! Cosa ne pensate di questa alleanza di cattivi? Voldemort avrà fatto bene a fidarsi? Quali sono le vere intenzioni di Malefica? Perché proprio Magneto? Fatemi sapere le vostre idee !

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Capitolo 4
*** Chaos in the Library ***


​Capitolo 4
 
 
Chaos in the Library
 
 
 
 
  
Nei giorni seguenti il castello fu molto tranquillo, quasi vuoto, data la mancanza dei centinaia di studenti che la mattina dopo la riunione partirono con l’Espresso di Hogwarts verso Londra.
Anche la maggioranza degli insegnanti lasciò il castello quello stesso pomeriggio per godersi le meritate vacanze, rimasero solo Hagrid, la professoressa McGranitt e il preside. La compagnia però non mancava, infatti i Referenti, che ora potevano passeggiare tranquillamente per la zona, si ritiravano solo per la notte.
Topolino e il maestro Yoda insistettero per mantenere le navicelle nascoste nella foresta e ogni sera tornavano lì a contattare casa.
Il re era sempre preoccupato per Minnie, che regnava da sola al suo castello, però ogni giorno riceveva buone notizie e nessun allarme, anzi, aveva appena saputo da Cip e Ciop che Paperino e Pippo erano già partiti per andare a prendere Sora.
Provava un grande affetto per quel ragazzo, gli aveva dato un aiuto fondamentale nella lotta contro gli Heartless, gli dispiaceva davvero doverlo chiamare per farsi dare una mano con questa nuova minaccia.
Quella mattina Topolino e Walt insistettero per poter visitare meglio il resto del castello, mentre il maestro Yoda aggiornava Silente sulle ultime vicende del suo mondo.
Così, accompagnati da Hagrid, girarono in lungo e in largo per tutti i corridoi della scuola: visitarono la Sala Grande, i dormitori degli studenti, le cucine (dove degli eccitatissimi elfi domestici tentarono di offrir loro molto più di quello che sarebbero riusciti a mangiare), la Torre di Astronomia, la Biblioteca, i cortili e i sotterranei.
Mentre attraversarono i corridoi chiacchierando allegramente con Hagrid, i quadri rivolsero loro un cordiale saluto e conobbero anche due fantasmi: il Frate Grasso e Nick-Quasi-Senza-Testa.
Il castello era senza dubbio molto grande ma Walt non immaginava di dover camminare così tanto, allora  propose di fare un giro nel parco, visto che si avvicinava l’ora del thè, ma in realtà sperava di trovare una comoda panchina.
Si avviarono verso le ondulate colline verdi ai piedi del castello e si sedettero all’ombra di un faggio.
«Ci sarà davvero una guerra?» chiese Hagrid dopo un lungo silenzio, si notava dalla voce che era proprio ciò che lo preoccupava di più.
Temeva che il Signore Oscuro ricominciasse come l’ultima volta, mettendo in pericolo amici e persone care.
Topolino e Walt si guardarono ma fu il secondo a parlare.
«Anche se è possibile non vuol dire che accada, Hagrid. E poi devi stare tranquillo, noi vinciamo sempre alla fine» disse e gli fece l’occhiolino.
Topolino era preoccupato che la faccenda fosse un po’ più complicata di così.
«È probabile che il primo bersaglio sia la scuola, vero?» chiese ancora Hagrid anche se sembrò leggermente più su di morale.
«Non devi preoccuparti del castello: già normalmente è impenetrabile, in più noi Referenti abbiamo capacità difensive notevoli, sarà difficile anche solo scalfire un singolo mattone della scuola» replicò Walt sempre in tono gioviale.
Ovviamente anche lui, dentro di sé, provava la stessa preoccupazione che aveva ammutolito Topolino, ma Walt era un personaggio particolare, credeva che far sentire bene gli altri fosse il compito fondamentale di tutti, soprattutto tra amici.
Aveva quel tratto in comune con Sora, si affezionava subito alle persone e le trattava quanto prima come amici fedeli, era già così sia con Hagrid che con la professoressa McGranitt.
Il Guardiacaccia sembrò rincuorato dalle parole del giovane e baffuto Referente, che sembrava così sicuro di sé e descriveva difese indistruttibili anche da parte del Signore Oscuro.
Passarono qualche minuto a sorseggiare il thè preparato da Hagrid.
La riva del lago era scurissima ma rifletteva le luminose nuvole rosa sopra di loro, in lontananza, però, erano ancora visibili cumuli burrascosi.
L’acqua si increspò di colpo e ne emerse un enorme e lunghissimo tentacolo bianco, Topolino e Walt si allarmarono e subito si alzarono in piedi, il tentacolo fece un cenno verso di loro e poi si rimmerse negli abissi; la cosa strana del fenomeno fu che Hagrid non parve minimamente in allerta, anzi, con la coda dell’occhio Topolino lo vide rispondere al “saluto” della bestia marina.
L’omone si accorse dopo qualche secondo che i due nuovi arrivati non avevano compreso l’accaduto e si sbrigò a spiegare: «Oh, la piovra gigante nacque l’anno in cui arrivai a Hogwarts. È sempre stata gentile con me, e adesso che sono Guardiacaccia le porto gli avanzi della cucina quando il fiume porta pochi pesci. Creature incomprese le piovre giganti» disse Hagrid.
Walt tornò a sedersi e senza farsi sentire bisbigliò all’orecchio di Topolino «Chissà mai perché».
La sera prese il posto del pomeriggio e le nuvole nere si premurarono di coprire interamente il cielo.
I Referenti cenarono insieme al personale della scuola, nella Sala Grande, e parlarono tanto animatamente che le loro voci echeggiavano nel grosso spazio vuoto.
I quattro tavoli degli studenti erano stati lasciati lì, ma i presenti a malapena riempivano quello degli insegnanti.
«Allora Preside, ha estorto al Maestro Yoda i segreti della Forza?» chiese scherzosamente Walt, Yoda rise.
«Diciamo che ha disprezzato talmente tanto la mia burrobirra che non me li ha voluti rivelare» rispose Silente.
«A parte gli scherzi» proseguì ancora ridacchiando «Yoda, è possibile che la Forza si manifesti anche agli appartenenti ad un altro mondo?»
Yoda, che era sempre sulla sua poltroncina volante, appoggiò sul tavolo la forchetta a cui ancora era infilzata un’oliva e rispose «Come l’altra sera vi ho spiegato, la Forza non ha confini, tutto è e tutto circonda. Quindi sì, manifestarsi essa può, ma difficile piegare la Forza alla propria mente risulta», concluse e mangiò l’oliva.
«Nonostante la mia veneranda età, mi piacerebbe proprio imparare» concluse Silente e Minerva intervenne «Beh, io credo che per un mago del suo calibro, non sia troppo difficile imparare ad usare la Forza».
«L’abilità del mago alcunché c’entra. Solo una mente e una volontà superiore saprebbero…» ma Hagrid batté la manona sul tavolo e disse a voce alta «Sciocchezze! Il professor Silente è il più grande mago della storia!»
«Hagrid!» disse il preside alzando innocentemente una mano, ma parve non essere udito.
«Il miglior preside che questa scuola abbia mai avuto! Altro che mente superiore…»
«HAGRID!» disse Silente stavolta alzando la voce e Hagrid subito si ammutolì, «Non credo che il Maestro Yoda stesse sminuendo la mia persona».
«Infatti» disse Yoda che non parve minimamente offeso, invece sembrò ammirare la lealtà che il guardiacaccia aveva appena dimostrato.
«Mi scusi…» disse Hagrid diventando tutto rosso, Walt era molto divertito dalla scena e si voltò a guardare la McGranitt, sorprendendola in uno sguardo di rimprovero con labbra sottilissime rivolto ad Hagrid.
«Lezioni private potrei darti Albus, verificare la tua sensibilità alla Forza potremmo».
«Mi farebbe molto, molto piacere» rispose lui e, conclusa la frase, le pietanze scomparvero dai piatti facendo apparire al loro posto montagne di dolci deliziosi.
Walt, che adorava i dolci, assunse un’espressione di estremo piacere quando proprio davanti a lui si era materializzata una montagna di bignè ai frutti di bosco ricoperti di cioccolato.
Finirono di cenare e una volta che i piatti furono di nuovo lustri Silente si rivolse alla McGranitt: «Minerva è meglio che mi sbrighi, ho un appuntamento con il Ministro e credo che andrà per le lunghe, sai, devo aggiornarlo su un intero anno di negligenza. Ho lasciato a Topolino dei ricordi da vedere nel mio ufficio» poi si alzò, salutò tutti e si smaterializzò, lasciando la grande poltrona dorata vuota.
Walt rimase un po’ offeso dal fatto che Topolino lo escludesse dalla visita dei ricordi di Silente ma deviò il suo pensiero sul fatto che forse non erano affari suoi…
I rimanenti commensali rimasero a chiacchierare ancora qualche minuto, poi si congedarono: Hagrid tornò nella sua capanna, Yoda accettò di mostrare a Walt alcune apparecchiature di addestramento dei giovani Jedi sulla sua navicella, Topolino salì nell’ufficio del preside e la McGranitt andò ad archiviare gli ultimi voti degli studenti.
Le nuvole scure ormai avevano ricoperto il cielo che solo qualche ora prima era splendidamente sereno, ma nonostante tutto sembrava una serata piuttosto tranquilla.
 
 
 
 
Un pendolo di legno rintoccò le nove di sera.
Malefica li aveva lasciati, aveva detto di essere andata a reclutare il loro ultimo alleato, ma per sicurezza Voldemort non disse nulla ai suoi Mangiamorte, né di Malefica né dello sconosciuto che sarebbe arrivato di lì a poco.
Passeggiava nervosamente nella stanza con Nagini che lo seguiva.
Referenti? Possibile che ci fossero altre minacce per la conquista del potere? Anche provenienti da altri mondi? Lo aveva pensato, naturalmente, ma non credeva che questa possibilità si avverasse in così poco tempo.
Il ticchettio dell'orologio nel salone di Villa Malfoy era incredibilmente fastidioso.
Doflamingo era seduto su una delle sedie intorno al lungo tavolo, il Signore Oscuro aveva dato ordine di lasciarli soli poco prima e da allora il solo rumore che interferiva con la loro presenza era l’incessante orologio e lo strisciare vellutato dell'enorme boa.
Il pirata stava attendendo che succedesse qualcosa, tra poco sarebbe partito per compiere la sua missione, ma non era molto preoccupato.
Dopo interminabili minuti, Voldemort si fermò e con un cenno di bacchetta fece esplodere l’antico pendolo di mogano che aveva osato echeggiare troppo nella sua testa.
«Non aspetteremo lei. Andiamo ora» disse, sembrava aver rimuginato su quando dire quella frase fino a quel momento. Voldemort disprezzava Malefica ma da un lato sapeva che era una brillante strega con cui confrontarsi.
«Come vuoi tu…» disse calmo Doflamingo e si alzò, il mago gli porse il braccio come se dovesse essere accompagnato all’altare, lui non capì.
«Avanti! Dovremo smaterializzarci. Tu non sei capace a volare con la scopa e non si può utilizzare ancora una passaporta, il Ministero saprebbe subito dove sono».
Ancora ignorando il significato del termine “smaterializzarsi” Doflamingo appoggiò la mano sull’avambraccio di Voldemort, sicuro che l’avrebbe scoperto presto.
Infatti, in un lampo velocissimo, la sua mano si incollò magicamente al tessuto della veste nera del Signore Oscuro e si sentì come compresso in un tubo di gomma ma, nello stesso momento, aveva anche la sensazione che un gancio l’avesse arpionato all’ombelico e lo stesse facendo roteare.
Poi come iniziò, tutt’un tratto, il movimento finì e con un tonfo cadde sulla solida terra.
Gli girava ancora la testa e vedeva tutto annebbiato, ma bastava per capire di aver appena lasciato il caldo salotto della villa e di trovarsi in tutt’altro posto.
Erano su una collinetta erbosa: sulla destra c’erano degli alberi che davano vita ad una foresta, mentre a sinistra altre colline, alla cui base si vedeva un enorme lago.
Ma ciò che attrasse l’attenzione di Doflamingo non furono questi dettagli bensì l’enorme castello gotico che si stagliava davanti a lui.
Era bellissimo: torri, bastioni e guglie si ergevano di tanto in tanto ed era tutto pieno di finestrelle.
«Eccola lì, la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. Il luogo che gode della più grande protezione magica dell’Inghilterra» spiegò Voldemort e proseguì «Io non posso avvicinarmi più di così, c’è un incantesimo che respinge tutte le fonti di magia oscura, ma tu, tu invece puoi. Per quanto oscuro tu possa essere non possiedi il dono della magia e grazie al mio incantesimo che ti ha permesso di conoscere il castello non sei comunque totalmente un Babbano» disse compiaciuto.
«Prendo il libro e torno?» chiese freddamente Doflamingo.
«Esattamente» rispose altrettanto freddamente Voldemort.
«Lascia fare a me».
Fece un passo indietro e voltò lo sguardo al cielo, le nuvole adesso ricoprivano tutto, cariche di pioggia.
Puntò le mani verso l'alto e mosse le dita a scatti, la sua espressione non parve cambiare, come se stesse agendo da distante.
Poi, rapidamente, fece un balzo e volò via verso il castello sotto lo sguardo indagatore del Signore Oscuro.
Come da lui predetto non trovò intoppi, le difese del castello non si attivarono e nessuno sapeva che fosse lì; volteggiava liberamente ad una ventina di metri da terra, i suoi fili erano agganciati saldamente alle nuvole, che gli permettevano di volare come se nulla fosse.
Era una tecnica molto illusoria, la gente avrebbe creduto che fosse in grado di librarsi in aria ma non era così, era tutto grazie alla straordinaria versatilità del suo Frutto; ad ogni movimento delle dita riceveva un nuovo sbalzo in avanti.
Il vento gli scompigliava i capelli e gli faceva volteggiare la giacca di piume rosa sulla sua schiena. Sorvolò gran parte del lago, i suoi flutti scuri gli fecero venire in mente che se per caso ci fosse caduto dentro avrebbe perso i suoi poteri e, visto che lì nessuno sarebbe andato a salvarlo, sarebbe sicuramente morto.
Deviò la sua traiettoria, per sicurezza, e si diresse verso la foresta ammirando l’immenso castello davanti a lui. Non era abituato a vedere castelli nel Nuovo Mondo, l’unico che conosceva a memoria era il suo palazzo reale a Dressrosa.
Il pensiero si concentrò subito sulla sua sconfitta, il fastidioso ragazzo di gomma che lo metteva K.O. e liberava Dressrosa dal suo governo. No. Non doveva pensarci, era per quello che si era avventurato in un nuovo mondo, era per quello che aspirava a nuovi poteri e nuovi alleati.
Tagliò la punta di un albero che gli intralciava la strada senza alcuna fatica e si avvicinò al castello.
Come aveva detto Voldemort, sembrava molto vuoto, deserto a dir la verità. Di sicuro non poteva essere così, gli aveva spiegato che anche d’estate qualche insegnante rimane al castello, per essere sicuri che non venga penetrato dalle forze oscure.
Un ultimo movimento dell’indice e con un balzo atterrò in un cortile di pietra quadrato in cui al centro si ergeva una possente statua in ghisa rappresentante un cavallo rampante.
Il luogo era illuminato dalla luce lunare, mentre invece il porticato che lo circondava era molto buio, le torce erano spente.
Fortunatamente sapeva dove andare, la biblioteca era lì vicino: aprì una porta di legno e imboccò un corridoio altrettanto scuro, per evitare di fare rumore continuò a volteggiare a pochi centimetri da terra sostenendosi al soffitto con i suoi fili.
Quando oltrepassò un’armatura quella sferragliò un pochino, cambiando posizione ma non lo preoccupò molto, non c’era nessuno nelle vicinanze.
Voldemort lo aveva avvertito che in quel mondo e particolarmente in quella scuola i quadri erano vivi, perciò fece attenzione a non farsi vedere da nessuno dei personaggi dipinti nelle cornici e arrivò all’ingresso della biblioteca.
La stanza era molto ampia, con tre grosse file di scaffali piene di libri: due ai lati ed una centrale, era anche presente una scrivania, strategicamente posizionata in modo da poter vedere tutta la sala, la targhetta recitava: “Madama Pince - Bibliotecaria”.
Attraversò le file di banchi che separavano gli armadi colmi di vecchi volumi di Incantesimi, Erbologia e Pozioni e si diresse senza indugi nel reparto proibito.
Era chiuso da un grosso lucchetto che bloccava le inferriate di un cancello interno, in ferro battuto, ma non fu un problema: con la mano tesa piegò il dito medio e il lucchetto si spezzò.
Entrò all’interno della sezione ristretta della biblioteca e da lì iniziò la parte più impegnativa della missione: trovare il libro “De Potentissimis Incantesimus” nel minor tempo possibile e uscire senza farsi vedere.
Voldemort non sapeva l’esatta posizione del volume perciò non poté infonderla nella sua mente.
Iniziò a leggere i titoli scritti sui bordi delle copertine nella speranza di essere fortunato ma, dopo una ventina di minuti di insuccesso, intravide un libro la cui copertina attrasse avidamente la sua attenzione: era azzurra e aveva disegnato uno scorcio di un paesaggio di mare durante una burrasca, in alto a destra era raffigurato una piccola mela con un sacco di ghirigori sulla buccia. Il titolo era scritto in lettere che non riuscì a decifrare ma lo aprì comunque ad una pagina a caso.
I libro era sicuramente molto antico e la pagina a cui Doflamingo aveva aperto aveva disegnata un’immagine che raffigurava una grandissima nave metallica con tutto attorno la spiegazione in quelle antiche e ambigue lettere. Eppure era sicuro di averle già viste da qualche parte…
«Non perdere tempo!» la voce di Voldemort rimbombò nella sua testa.
Lui fece uno scatto di panico e lasciò il libro aperto sulla scrivania.
Un orologio rintoccò le dieci di sera facendo rimbombare tutto.
Ritornò a cercare facendo scorrere l’indice sulle copertine dei polverosi libri, un paio di volte gli sembrò perfino di udire dei rumori ma dopo ulteriore minuto lo trovò su uno scaffale in alto: “De Potentissimis Incantesimus” un libro nero e sottile senza alcun disegno o effige, non sembrava contenere nulla di importante
Soddisfatto tornò a posare gli occhi sul libro con il mare in copertina e, sempre più convinto che avesse qualcosa a che fare con il suo mondo, continuò ad esaminarlo.
Ma stavolta fu una porta aperta in lontananza che lo allarmò ancor più della voce di Voldemort. In fretta, tentò di riporre il libro in ordine con gli altri.
Lasciò la sezione proibita e si diresse velocemente fuori dalla biblioteca, sempre volando grazie ai suoi fili, ripercorse i corridoi scuri al contrario evitando di farsi vedere dai ritratti.
Arrivò nel cortile di pietra e sentì dei passi arrivare in quella direzione, ormai era tardi per evitare lo scontro, la priorità era far arrivare il libro nelle mani di Voldemort, avrebbero riconosciuto subito che era un intruso che aveva eluso le difese magiche del castello e naturalmente avrebbero tentato di togliergli il libro o addirittura di distruggerlo.
Si diresse al limite del porticato ancora nascosto dall’ombra, i passi erano sempre più vicini, con un gesto repentino del dito medio lanciò un sottilissimo filo nel cielo, in direzione del punto in cui Voldemort l’aspettava e vi agganciò il libro.
Una pila di fogli caddero dalle mani di Minerva McGranitt, pietrificata da ciò a cui stava assistendo.
«Sei tu! Sei l’intruso arrivato nel nostro mondo!» gli urlò contro, sempre immobilizzata, nella speranza di fraintendere ciò che stava vedendo, che fosse un sogno, che si fosse appisolata mentre registrava gli ultimi esami e non stesse andando in biblioteca ad archiviarli.
Doflamingo di rimando non diede alcun minima reazione, ora i loro volti erano illuminati dalla luce della luna, continuò il suo compito con assoluta indifferenza come se nulla fosse, il libro era ben fissato al filo.
«Che cosa ci fai qui!? Cosa stai facendo?» disse Minerva estraendo la sua bacchetta d’abete.
Doflamingo non rispose e, come se il filo fosse un grosso elastico, ritrasse leggermente il libro verso di sé e poi lo lasciò volare via nella notte.
Si voltò con l’attenzione tutta rivolta verso la professoressa McGranitt e disse solennemente «Muhuhuhu…Il Signore Oscuro non è più la vostra unica minaccia».
Minerva tentò di rispondere ma non ci riuscì, le sue labbra farfugliarono qualcosa ma non ne uscì alcun suono.
Ma sapeva ciò che andava fatto.
Anche se in preda allo sgomento, gli puntò la bacchetta contro, tremante, e ad ogni ripetitivo movimento del polso, rispettivamente, grossi petali di fuoco volarono verso Doflamingo, il suo mantello volteggiava a ritmo degli attacchi.
Il pirata incassò solo il primo colpo, poi, resosi conto che erano semplici veli di fuoco, iniziò velocemente a tagliarli e deviarli, facendoli scontrare contro le pareti.
La McGranitt intuì che quell’incantesimo non era più efficace, allora nel momento in cui Doflamingo urlò «Overhito!» e un‘enorme corda incandescente gli spuntò dal palmo della mano, lei descrisse un cerchio nell’aria con la bacchetta e rispose con un incantesimo di un blu luminoso.
Questa volta il contrasto tra i due attacchi durò più a lungo: la corda rossa dal calore si disintegrava contro il flusso magico uscito dalla bacchetta della professoressa.
Dopo alcuni secondi interminabili, però, il nemico decise di creare un diversivo e fece schiantare quel contatto tra i due attacchi sul soffitto che crollò facendo schizzare frammenti di pietra dappertutto.
Ma la McGranitt, dopo quarantanove anni di servizio a Hogwarts passati a cercare di scovare i piani dei Serpeverde, si aspettava una mossa subdola come quella e infatti non si lascò distrarre, con un incantesimo scudo si parò dalle schegge di pietra e con un’abilità degna della professoressa di Trasfigurazione, diede vita all’enorme statua del cavallo che si stagliava in centro alla piazza.
Il cavallo si animò, i suoi occhi divennero rossi come se si fossero accesi, lasciò il suo piedistallo e bloccò la via di fuga di Doflamingo.
Una vena di rabbia si gonfiò sulla fronte del pirata, corse verso la McGranitt cogliendola di sorpresa grazie alla sua immensa velocità e con un calcio tentò di colpirla, fracassando la parete rocciosa e rispedendo macerie in tutte le direzioni.
La McGranitt, però, scomparve un attimo prima di venire colpita, al suo posto un gatto soriano dall’incredibile eleganza fuggi dal punto in cui la pietra era di nuovo esplosa.
Il cavallo metallico si interpose nuovamente tra loro, e dietro di lui la professoressa riprese sembianze umane, notò con stupore che la gamba dell’avversario con cui aveva sferrato il calcio era diventata stranamente nera e lucida.
Doflamingo si ritrovò quindi a fronteggiare la statua che respirava gravemente davanti a lui: era troppo vicino per poterlo colpire con i fili, allora fece diventare nera la mano destra e mentre la bestia scalciava e Minerva lanciava incantesimi esplosivi gli conficcò le dita nel petto estraendo un cuore di metallo incandescente e luminoso, che ancora pulsava.
Con una plateale solennità, l’ormai deceduta statua si accasciò al suolo.
Ormai erano soli, nessuno sembrava essersi accorto dello scontro che stava avendo luogo in quel cortile.
Questa volta fu Doflamingo ad attaccare, lanciando fili contro l’insegnante che puntualmente richiamava un sortilegio scudo per proteggersi.
Neanche i proiettili di filo andarono a segno, allora il pirata tentò con la tecnica dei nidi di ragno.
Ragnatele di fili uscirono dal palmo delle sue mani, era un attacco tanto offensivo quanto difensivo, perché così tanti fili intrecciati tra di loro erano sia difficile da essere neutralizzati sia difficili da scalfire.
«Diffindo!» urlò la McGranitt e dopo un paio di tentativi i fili si sgualcirono permettendole di attaccare nuovamente.
Doflamingo doveva andarsene, doveva creare un diversivo e scappare: si concentrò un attimo e la sua avversaria parve fare lo stesso.
Con un gesto veloce di entrambe le mani, il pirata scatenò una di tempesta di fili uscenti vorticosamente e velocemente da ogni parte del suo corpo; numerose colonne vennero colpite e schegge di roccia volarono ovunque.
Era difficile vedere bene con tutto quell’alone biancastro semitrasparente di lacci e fili.
La veste della McGranitt venne stracciata in pochissimo tempo, le vennero slegati i capelli che iniziarono a vorticare anche loro, mossi dall'aria, sottili ma profonde ferite le vennero inferte sul viso, braccia e gambe.
Ma ad un certo punto le venne in mente l’incantesimo giusto e, accorgendosi che fortunatamente la sua fidata bacchetta era ancora intatta, pronunciò: «Protego Inversum
I fili non si fermarono, anzi, sembrò che nel panico Doflamingo li stesse agitando ancor più veloci; ma il sortilegio scudo andò a buon fine, era un incantesimo inverso perciò invece di creare uno scudo attorno all’utilizzatore lo creò intorno all’avversario in modo da rinchiuderlo in uno spazio limitato.
La magia stava richiedendo molta concentrazione e molto sforzo da parte della McGranitt, a causa dell’incessante attacco dell’avversario che spingeva verso l’esterno.
Passò qualche secondo mentre Minerva teneva a fatica la bacchetta puntata verso l’avversario, sempre chiuso in quella bolla di fili furiosi e volteggianti ma poi, come un lampo, accadde qualcosa sopra i duellanti.
Il vetro di una finestra si ruppe e una figura nera, roteando molto velocemente, cadde verso di loro per poi definirsi meglio in Topolino con uno sguardo arrabbiatissimo, intento ad evocare il proprio Keyblade.
Nessuno dei due sembrò accorgersi della scena finché Topolino non fece qualche passo avanti e si affiancò alla professoressa McGranitt che stava ancora tentando di mantenere rinchiuso Doflamingo e il suo attacco.
«Riesci a trattenerlo ancora per qualche secondo?» urlò Topolino per farsi sentire sopra il frastuono dell’attacco.
«Ma certo!» rispose fiera la professoressa, e Topolino continuò «Allora io cerco di bloccare i suoi movimenti, quando ci sarò riuscito lo libererai e lo dovremmo attaccare insieme, d’accordo?».
«D’accordo».
A quel segno di assenso Topolino avanzò davanti a lei, si mosse con una velocità quasi incompatibile con le sue dimensioni, saltò puntando il Keyblade dorato verso il cielo e urlò «STOPGA!» e con un pown che riecheggiò in tutto il castello si creò un’ulteriore bolla che sovrastò tutto il cortile, ma non fu quello che colpì la McGranitt bensì l’effetto che produsse, in quanto bloccò all’istante tutti i fili che fino ad un momento prima stavano tentando violentemente di uscire, e uccidere.
Topolino indietreggiò e tornò al suo fianco, capì di dover lasciare andare l’incantesimo scudo inverso e appena la bacchetta non fu più puntata sul pirata tutti i fili che erano rimasti sospesi a mezzaria ricaddero per terra formando una matassa ad anello con al centro Doflamingo ancora immobilizzato, con le dita contorte.
«Insieme adesso, Minerva. Appena attaccheremo la mia magia svanirà e dobbiamo essere sicuri che non fugga» spiegò Topolino, lei annuì, tremante, con una goccia di sangue che le colava da un taglio sulla guancia.
Topolino puntò la sua chiave verso Doflamingo e Minerva fece lo stesso con la sua bacchetta, rispettivamente un sottile raggio di Luce intensa e un incantesimo rosso fuoriuscirono dalle due armi e colpirono il pirata in pieno petto, mandandolo a sbattere contro il muro.
Non ci fu il tempo di aspettare che la polvere si fosse diradata che un sonoro crac alle loro spalle li fece sobbalzare, e subito Albus Silente apparve dall’ombra, con uno sguardo durissimo e la bacchetta sfoderata nella mano destra.
«State bene? Minerva?» le chiese senza distogliere lo sguardo dal punto in cui si intuiva dovesse essere l’intruso.
«Oh Albus, se solo fossi stata più pronta avrei potuto impedirgli di rubare quel libro», Silente si rese conto subito dopo dell’importanza dell’informazione che Minerva gli aveva riferito, «Un libro? Ha rubato un libro?» chiese analizzando con lo sguardo il campo di battaglia.
«Sì, non sono riuscita a vedere che libro fosse ma lo ha fatto volare via prima che lo attaccassi».
«Non preoccuparti Minerva, sei già stata brava a neutralizzarlo, aveva un potere sconosciuto a tutti, direi» si intromise Topolino gioviale.
«Concordo, Vostra Maestà» disse Silente avanzando, «e ora vediamo un po’ di fare conoscenza con il nostro caro intruso. Lumos!» e una forte luce fuoriuscì dalla sua bacchetta, irradiando il cortile.
Si avvicinarono con cautela alle macerie, facendosi strada tra i grovigli di fili… quello che però videro nel punto in cui ci sarebbe dovuto essere il corpo dell’intruso li sconcertò.
Gran parte della testa e del busto del nemico si era tramutata in fili.
«Una copia di se stesso» intuì Silente.
«Una c-copia?» chiese la McGranitt «ho combattuto, e quasi perso, contro una semplice copia?» con un tono totalmente incredulo nella voce.
«Temo di sì, Minerva. Hai detto che ha fatto volare il libro nell’aria e non hai visto dove fosse diretto, credo che Lord Voldemort gli abbia spiegato bene come fare a entrare e ad uscire dalla biblioteca ma non poteva far nulla per aiutarlo nel caso avesse incontrato qualcuno e, presupponendo che avesse addirittura incontrato me, probabilmente non avrebbe più fatto ritorno. Deve avergli suggerito di mandare una copia di se stesso, sembra molto abile a manovrare i fili come un burattinaio, non deve essere stato un problema per lui» concluse Silente.
A Topolino però, facendo mente locale, venne in mente una cosa «Però noi lo abbiamo visto! Sono sicuro di poterlo riconoscere! Devo andare subito alla gummyship ho degli archivi in cui sono raccolti gli individui più pericolosi di molti mondi, sono sicuro di aver già visto questa giacca di piume rosa…»
«Manderò Hagrid ad avvertire il maestro Yoda e Walt, arriveranno presto, farò apparire i tuoi archivi nel mio ufficio» disse Silente e proseguì «Beh, ormai lui non ci può più dare le informazioni che ci servono, è meglio sbarazzarsene e mettere tutto a posto» così dicendo fece evanescere il manipolo di fili che fino a poco tempo prima era una perfetta copia di Doflamingo e la McGranitt aggiustò il cortile riportandolo alla normalità.
Salirono le scale e si incrociarono con Walt e Yoda nella Sala Grande, erano entrambi preoccupati e si immersero nel racconto di Minerva su quello che era appena successo.
 
 
 
 
Corsero a grandi passi nell'ufficio del preside, dove ora diversi grandi cumuli di fogli ingialliti ricoprivano la scrivania. La finestra alla destra della stanza era rotta nuovamente. «Mi dispiace per la finestra, Albus, ma dovevo fare in fretta».
«Oh, tranquillo Topolino, hai fatto la cosa giusta» gli rispose il preside sorridendo, e con un colpo di bacchetta, riaggiustò il vetro «Ti prego di sederti sulla mia scrivania con la professoressa McGranitt e impegnarvi al massimo per riconoscere l’intruso che ha osato violare la mia scuola» e gli fece cenno con la mano verso i fogli, mentre con l’altra fece apparire le stesse poltrone rosse della sera prima per se stesso, Yoda e Walt.
Il re e la professoressa si misero subito a scartabellare i volti sui diversi fogli.
«Preoccupante questo attacco è stato, le nostre intuizioni giuste erano» ruppe il silenzio il maestro Yoda «Ma la domanda che mi preme è: perché si è reso necessario? Di che libro si trattava?» concluse.
Silente fece cadere un filo di ricordo nel pensatoio e tornò a sedersi con loro, poi prese la parola «Sono andato in biblioteca a controllare, sono stati toccati solo due libri: quello che è stato rubato è “De Potentissimis Incantesimus”, un libro di magia antichissima che rivela come eseguire l’incantesimo del salto in un altro mondo, probabilmente Lord Voldemort ha rivelato al nostro nuovo nemico il contenuto del libro e gli ha spiegato come fare a prenderlo, visto che lui non è in grado di entrare a Hogwarts».
Topolino scartò la prima colonna di fogli esaminati.
«E il secondo libro?» chiese Walt.
«È questo, l’ha lasciato qui» e Silente mostrò loro il libro con la copertina decorata dal paesaggio marinaresco «è un libro scritto in antiche rune, non tutti sono capaci di leggerlo, spiega l’esistenza di tre armi ancestrali che…»
«Eccolo! Lo abbiamo trovato!» esclamò Topolino saltellando sul posto.
Portò il foglio di carta giallastra sul tavolo, in vista per tutti e spiegò: «Si chiama Donquijote Doflamingo, il pirata possessore del Frutto Ito Ito e proveniente dal mondo di Sengoku! Questo spiega i fili, il suo potere».
Il foglio mostrava un’illustrazione di un uomo molto alto e biondo che indossava vestiti eccentrici, tra cui una giacca rosa fatta di piume ed occhiali da sole con le lenti viola. Sotto il nome del pirata c’era una taglia di 340.000.000 berry, le monete del mondo di appartenenza.
«Potrebbe spiegare il perché si sia interessato a questo libro» e Silente indicò il piccolo volume rimasto sul tavolo «spiega l’esistenza di tre armi antichissime e devastanti… probabilmente del suo mondo. Deve aver riconosciuto qualcosa. Fu confinato qui, lo trovò il preside Dippet molti anni fa e lo mise incautamente nella sezione proibita» disse Silente.
«Perché Lord Voldemort vuole andarsene da questo mondo ciò che non torna è» disse amareggiato Yoda.
«Magari vuole impadronirsi di un Frutto del Diavolo!» rispose Walt.
«Forse c’è qualcun altro che gli sta dicendo cosa fare» ipotizzò Topolino, rimembrando gli avvenimenti passati.
«Sono tutte ipotesi plausibili, bisogna stare all’erta e monitorare tutto quello che accade» disse Silente, «Minerva ti prego di andare in infermeria, manderò un gufo a Madama Chips perché torni immediatamente a Hogwarts per prestarti le migliori cure che io non sono in grado di darti».
«Non ti preoccupare Albus, sono perfettamente in grado di curarmi da sola, non c’è bisogno di Chips» rispose Minerva, «Ma se non vi dispiace io mi ritiro nelle mie stanze a riposare» e così dicendo non attese neanche i saluti e oltrepassò la porta dell’ufficio.
«Ah Minerva, non le è mai piaciuto sottoporsi alle cure di Chips» ansimò il preside riconoscendo in quel comportamento il vero carattere della sua insegnante di Trasfigurazione.
«Sono preoccupato, dobbiamo aspettarci altri attacchi?» chiese Walt impaziente di vendicare la sua nuova collega.
«Non credo Walt, hanno ciò che vogliono. Adesso rimane da scoprire dove vogliono andare» rispose Silente.
 
 
 
 
Il vero Doflamingo attese nella foresta l’arrivo del libro, lo afferrò e volò via volteggiando tra gli alberi.
Voldemort lo attendeva nel punto in cui si erano separati.
«Ce l’hai?» chiese freddamente.
«Eccolo» e glielo porse «ma ho dovuto lasciare una mia copia a combattere, mi hanno visto» gli riferì come sommario di un rapporto della missione.
«Non c’è da preoccuparsi, intanto avrebbero notato certamente la mancanza del libro entro pochi giorni, e l’incantesimo che contiene necessita di un tale quantitativo di magia che dubito che Silente non se ne accorga» e gli porse il braccio.
Doflamingo stentò un po’ ma alla fine vi si appoggiò e di nuovo venne schiacciato in tutte le direzioni, arpionato all’ombelico per poi ricadere a terra sulla moquette del salotto deserto di villa Malfoy.
L’orologio, per quanto distrutto sul pavimento, segnava adesso mezzanotte.
 
 
 
 
I dodici rintocchi delle campane fecero volare via uno stormo di corvi da un albero al limitare della foresta.
Topolino e il Maestro Yoda superarono la capanna di Hagrid, dirigendosi verso le loro navicelle con un andamento piegato dall’amarezza della vicenda.
«Quale la nostra prossima mossa sarà?» chiese ad un certo punto Yoda.
«Non saprei Maestro, l’unica cosa su cui siamo sicuri è che Voldemort si sia alleato con Doflamingo, ed entrambi sono nemici temibili, credo che ci convenga concentrarci a proteggere il castello finché il portale dell’incantesimo non viene aperto» rispose il re guardando a terra mogio.
Si immersero nel folto degli alberi, la poltroncina di Yoda sembrava aver scaricato le batterie da quanto avanzava pigramente per tenere il passo di Topolino.
Ad un certo punto un croc fece rinvigorire immediatamente entrambi, che si fermarono, le orecchie di Topolino tese in allerta.
«Buona sera, Vostra Maestà».
Da dietro un albero poco più avanti di loro uscì una strega dalla pelle verdognola, con due corna sulla testa e un magnifico scettro.
Topolino scattò all’indietro, e evocò nuovamente il suo Keyblade, Yoda capì al volo la situazione e con incredibile agilità e velocità (che stonavano completamente con la sua età) fece un salto con capriola all’indietro abbandonando la poltroncina fluttuante e accendendo la sua spada laser verde.
«Malefica! Allora ci sei tu dietro tutto questo!» gli urlò contro il re.
«Ma che perspicace che siete» pronunciò con evidente disprezzo.
«Cosa hai in mente, Malefica?» chiese Topolino.
«Non sono di certo venuta qui per rivelarti il mio piano, topo, né a te né al tuo amico verde. Il vostro Tempo è agli sgoccioli e a quel punto nessun Custode del Keyblade o Referente che sia sarà in grado di fermarmi! Hahahah!».
In quel momento Topolino le puntò il Keyblade contro e lo stesso raggio di Luce, sottile ma densissimo, che aveva colpito la copia di Doflamingo venne scagliato contro la strega. Yoda invece, che non poteva utilizzare la spada laser per lanciare raggi, puntò la manina verde contro di lei da cui ne fuoriuscì un fulmine di un blu intenso: il Fulmine della Forza.
Malefica non era una sprovveduta e aveva affrontato fin troppe volte il genere dei “buoni” per non aspettarsi una cosa del genere e rispose con una potente fiammata verde da ogni mano che contrastò i due attacchi dei Referenti.
Ridendo e facendo echeggiare la propria voce negli alberi scomparve avvolta nelle sue stesse fiamme.
Dietro il punto da lei occupato, Yoda e Topolino, videro le loro due navicelle distrutte.





















 

Angolo dell'autore:
Critiche, consigli e nuove idee sono sempre ben accetti! Doflamingo è riuscito a prendere il libro! Vi aspettavate una battaglia del genere? Come vi è sembrata ?
Fatemelo sapere in un commento!

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Capitolo 5
*** Leaving Hogwarts ***


 

Capitolo 5
 
 
Leaving Hogwarts
 
 
 
 
Un’ aura di cupidigia avvolse Villa Malfoy, Voldemort percepì la presenza di Malefica nel giardino, così, senza dire niente, si diresse subito verso l’ingresso; Doflamingo si sbrigò a seguirlo, intuendo la situazione.
Il Signore Oscuro non voleva attendere oltre, non gli interessava del nuovo alleato e non voleva conoscerlo; per lui era solo un ulteriore intralcio alla sua ascesa al potere, un altro stolto a cui badare… e poi d’altronde il più forte di tutti era lui, non aveva alcun dubbio al riguardo.
Uscirono dalla porta di legno nero e videro che Malefica stava camminando verso di loro facendo oscillare il suo scettro, apparentemente sola.
«L’avete preso?» chiese.
«Sono riuscito a prendere il libro ma ho dovuto dar battaglia» rispose Doflamingo, tuttavia la notizia non sembrò turbare la strega che continuò a camminare verso di loro.
«Felice che tu sia ancora vivo, ci metteremo subito a lavorare per eseguire l’incantesimo. Ma prima, vi voglio presentare il nostro ultimo alleato» e così dicendo raggiunse la porta e si voltò «Vi presento un mio vecchio conoscente, un mutante con molte storie da raccontare: Magneto».
Malefica fece un cenno verso l’alto e solo allora videro un uomo sospeso sopra il cancello della villa, a mezz’aria.
Indossava un vestito nero e un elegante mantello bordeaux che svolazzava.
Mosse la mani verso l’esterno e iniziò ad avvicinarsi a loro, il suo aspetto divenne più nitido e il suo volto si definì: non era molto giovane, aveva una sessantina d’anni, i capelli grigi, il naso tondo e lo sguardo duro. Indossava un sottile casco magenta in acciaio.
«Buona sera a tutti, sono un mutante di livello quattro, controllo i metalli e i campi magnetici» si presentò lui.
Voldemort era dubbioso, lo insospettiva un alleato così vecchio, allora, come con il pirata e la strega, tentò di penetrargli la mente e visionare i suoi ricordi.
Si trovò nuovamente schermato fuori dalla sua testa: era diverso rispetto a Malefica, che bloccava col suo potere le entrate, lì non c’era proprio possibilità di accesso.
Magneto sembrò accorgersene.
«Stai cercando di entrare qui dentro?» disse rivolto al mago, indicandosi la fronte e proseguì «Questo casco è stato progettato appositamente per tenere a bada il più grande telepate del mio mondo e credo proprio che sia talmente efficiente da funzionare anche qui».
Voldemort percepì la sfida nel suo tono di voce e, con un gesto della bacchetta, fece volare via il casco di Magneto.
Con un movimento molto veloce Magneto si voltò e puntò il palmo della mano nella direzione del casco, quest’ultimo si fermò a mezzaria e volò repentinamente dal suo proprietario che lo indossò in un attimo.
Il tempo dell’azione fu brevissimo ma bastò a far vedere al Signore Oscuro il momento più brutto dell’infanzia della sua vittima: rinchiuso, e separato dalla madre. In preda alla rabbia e alla paura sviluppò il suo potere.
Entrambi sapevano ciò che era appena accaduto, si guardarono intensamente, incuriositi l’un l’altro ma non commentarono ulteriormente l’accaduto.
«Che potere straordinario» disse ammirato Doflamingo.
«Mi fa piacere che ti piaccia…» rispose Magneto sorridendo, alzò la mano con aria esplicativa e subito una discreta quantità di polvere grigiastra uscì dalla sua tasca e iniziò a volteggiare e a prendere ogni genere di forma al di sopra della sua mano.
Infine si consolidò in una sfera perfetta dall’apparenza inconfondibilmente solida.
Con un impercettibile gesto, Magneto la fece volteggiare lentamente davanti a Doflamingo e chiese «…e il tuo?» con aria indagatrice.
Il pirata non rispose ma tese la propria mano verso la sfera e, piegando il dito medio, un filo sottilissimo la tagliò nettamente a metà lasciandola svolazzare verso il padrone, che rivelò di nuovo la sua consistenza per rimettersela in tasca.
«Mi farebbe comodo uno come te nel mio esercito» disse.
«Muhuhu… devi scusarmi ma non sono fatto per essere sottomesso» rispose il capitano.
Fu Malefica a intromettersi: «Se abbiamo finito con le presentazioni sarebbe meglio entrare in casa. Abbiamo un piano da pensare e un incantesimo da eseguire».
Voldemort si voltò ed entrò in casa seguito dagli altri, la porta si richiuse in automatico e la serratura scattò da sola al passaggio di Magneto.
 
 
 
 
 
 
«Malefica?» esclamò Walt incredulo «pensavo fosse scomparsa!»
«Lo credevo anche io… Ma a quanto pare si era solo presa una pausa per escogitare un nuovo piano in mondi più complessi e distanti del solito» rispose Topolino.
Dopo l’attacco di Malefica a Yoda e Topolino, i Referenti si erano riuniti nuovamente nell’ufficio del preside. Minerva McGranitt stava recuperando bene le forze dopo lo scontro e li aveva raggiunti per ascoltare le ultime novità, aveva delle fasciature su braccia e gambe e un grosso cerotto sulla guancia.
«Fatemi capire bene Vostra Maestà» intervenne Silente «Questa donna è una strega che ha escogitato un’alleanza con Voldemort e Doflamingo e un piano per distruggere la mia scuola?» chiese.
«Non esattamente. Intanto credo che non sia esatto intenderla una strega come siete abituati qui, ha poteri magici differenti: riesce a controllare la natura, il fuoco, l’Oscurità e chissà cos’altro. Per quanto riguarda i suoi intenti… non credo che si limitino a distruggere la scuola. Ha detto che il nostro Tempo è agli sgoccioli… Questa frase continua a rimbombarmi nella testa come se avesse un doppio significato; personalmente credo che la distruzione della scuola sia solo un modo per assicurarsi l’alleanza con Voldemort e poi proseguire per uno scopo più grande».
«Che cosa ci conviene fare, allora?» chiese Walt.
Silente alzandosi dalla sua poltrona e camminando avanti e indietro con fare pensieroso disse: «Malefica ha sottolineato il fattore del Tempo… Esistono pochissime forme di magia che permettono di intromettersi nel Tempo, tutte estremamente difficili, molto oscure, molto potenti».
«Nel mio mondo dovremmo andare. Al tempio dei Jedi, nella Sala delle Reliquie, un antico marchingegno proveniente da un altro mondo, l’equilibrio Spazio-Tempo indica. Se questa la nostra preoccupazione è farli una visita dovremmo» intervenne Yoda dopo una lunga riflessione nei ricordi.
«Mi sembra una buona idea per iniziare» convenne Walt.
«Ma senza la gummyship e la navicella del Maestro Yoda andremo in ben pochi posti mi sa…» replicò amaramente Topolino.
«Oh! A questo penso io» rispose il preside «Minerva sarei lieto se tu rimanessi qui a difendere il castello, so che sarà in buone mani, dubito che ci saranno altri attacchi prima del nostro ritorno»
«Ma certo, Albus».
«Seguitemi pure».
Percorsero i corridoi del castello a passo spedito e con un tocco di bacchetta Silente aprì l’imponente portone che cigolò, pesante.
Si indirizzarono verso la foresta, era una notte calma, oltre i passi della combriccola di Referenti non si sentiva alcun suono.
Ad un certo punto Topolino si fermò, aveva la netta sensazione che qualcuno lo stesse osservando e rimase indietro.
Ne era certo, poteva esserci chiunque nascosto nel folto della foresta, poteva anche essere Malefica o Doflamingo.
Stava per avvertire gli altri, che si dirigevano verso la capanna di Hagrid, quanto vide un centauro al limitare degli alberi che lo fissava, si sforzò di vederlo meglio e, mettendolo a fuoco sotto la luce della luna, riconobbe Cassandro.
Topolino non sapeva che fare, si limitò a fargli un cenno; il centauro da parte sua continuò a fissarlo e poi voltò il suo sguardo al cielo e si mise a osservare le stelle.
Silente andò a bussare alla capanna di Hagrid che venne ad aprire dopo qualche minuto, evidentemente appena sveglio.
«Professor Silente, signori, cosa vi porta qui nel cuore della notte?» chiese strofinandosi l’occhio con la sua manona.
«Dopo questo attacco, Hagrid, è giunto il tempo che io e gli altri Referenti ci mettiamo in marcia per indagare più a fondo, starò via per qualche giorno. Le difese del castello sono attive e la professoressa McGranitt resterà qui con te».
«Sentiremo la vostra mancanza» disse l’omone quasi piangendo «saremo pronti al vostro ritorno» e tutti si salutarono educatamente.
Ripresero il sentiero nella foresta e, dopo qualche minuto di silenzio interrotto solo dal suono dei rametti rotti sotto i loro passi, arrivarono alla radura; lo spettacolo che si presentò loro fu tanto devastante da bloccarli tutti: gli scheletri delle due navicelle erano ancora lì, uno rosso e uno grigiastro, ma la radura era ricoperta di macerie e detriti di ogni tipo, la metà perfettamente scomposta in solidi, cubi e piramidi rosse o blu, e l’altra metà, invece, erano lamiere metalliche, fili elettrici e vetri.
Silente avanzò di qualche passo rispetto agli altri, estrasse la sua bacchetta dalla veste con la punta leggermente illuminata, la tese in avanti e descrisse silenziosamente un arco davanti a se; gli spettatori rimasero immobili in attesa del risultato.
Partendo dai frammenti più piccoli, iniziò una coreografia di movimenti e volteggi dei vari detriti che piano piano si separarono, si avvicinarono alle rispettive navi, si unirono e si risaldarono.
Le ali e gli alettoni si ricomposero, i vetri degli abitacoli ripresero vita dalle infinite schegge di vetro disperse per il prato, le luci si assemblarono e tutti gli elementi che ricoprivano la radura ripresero il loro posto.
Dopo qualche minuto di contemplazione dell’incantesimo di riparazione, le due navicelle sovrastavano di nuovo la radura come nuove; Silente si voltò soddisfatto verso gli altri Referenti «È stato divertente» disse.
«Adoro la vostra magia!» disse Walt sbalordito.
«Aha! Molto bene» affermò Topolino «Maestro Yoda, ci faccia strada con la sua nave, noi la seguiremo a ruota».
La navicella di Yoda era monoposto e su misura, perciò ci salì da solo e attivò i motori, mentre il resto dei Referenti andò a bordo della gummyship, che ospitava comodamente più persone; Topolino si sedette al posto di guida poi voltò la sedia verso i suoi compagni di viaggio «Mi raccomando, ricordatevi che il carburante della gummyship sono i sorrisi, quindi niente facce tristi!» poi sorrise si voltò e accese i propulsori della navicella.
Walt e Silente si guardarono un attimo in cerca di conferma, per essere sicuri di aver capito bene, poi sentendo che i motori stavano perdendo potenza si sbrigarono a sorridere. Un inconfondibile aumento di energia invase la gummyship che si alzò subito da terra.
L’astronave del Maestro Yoda li raggiunse subito dopo e li precedette verso il cielo scuro della notte, ad un certo momento si materializzò davanti a loro un foro che squarciava il cielo: le due navi entrarono una dietro l’altra; Silente guardò per un’ultima volta il castello di Hogwarts, mentre spariva sotto di lui.
Il tunnel dimensionale che intrapresero era diverso da quello creato da Cytrus, probabilmente a causa del metodo di apertura differente. Infatti questo era sempre un tunnel ma di un blu elettrico con lampi bianchi che scorrevano attorno a loro.
Silente era sbalordito dal fenomeno, non aveva mai partecipato ad una missione tra i mondi e disse a se stesso che nonostante l’età non si smette mai di imparare qualcosa di nuovo.
La voce metallica del maestro Yoda uscì dal piccolo altoparlante posto sul cruscotto della navicella «Tutto bene la dietro?»
Topolino rispose «Sì Maestro, dove siamo diretti esattamente?»
«Su Coruscant, il pianeta dove il Tempio dei Jedi e il Senato della Repubblica si trovano. Tra poco arrivati saremo».
«Molto bene, faccio rapporto al mio castello» disse riagganciando e accendendo un piccolo schermetto in cui si materializzarono due scoiattoli.
«Salve Vostra Maestà, la Regina iniziava a essere preoccupata di non ricevere vostre notizie» disse Cip.
«Lo so ragazzi ma c’è stato un attacco, il nemico si è manifestato e ahimè si tratta di nuovo di Malefica, con dei nuovi alleati, più forti dell’ultima volta. Avvisatela che sto lasciando Hogwarts insieme agli altri Referenti e stiamo andando su Coruscant, al tempio Jedi».
«Sarà fatto Vostra Maestà!» dissero in coro e Ciop corse via dall’inquadratura per andare ad avvisare Minnie.
«Ci sono novità da parte del Referente Sengoku, Vostra Maestà!» continuò Cip, Topolino distolse per la prima volta lo sguardo dalla navicella di Yoda che li precedeva e si voltò a guardare lo schermetto.
«Davvero?! Uno dei nostri nemici viene proprio dal suo mondo!».
«Sengoku ha lanciato un messaggio al castello dicendo che si è attivato proprio per questo motivo. Ha abbandonato momentaneamente le sue mansioni per inseguire la ciurma pirata che attendeva il ritorno del proprio capitano errante tra i mondi. Sengoku li sta inseguendo, perciò è impossibile che aprano il portale nel posto prestabilito e finché gli rimane alle calcagna sarà difficile che possa effettuare il salto tra i mondi».
«Ma questa è una notizia magnifica!» intervenne Walt.
«Davvero! Rispedisci un messaggio a Sengoku e digli che appena cattureremo Doflamingo lo porteremo nel suo mondo personalmente. Ci sono notizie da Paperino e Pippo?».
«Purtroppo no, Vostra Maestà. Non abbiamo più notizie da qualche giorno ma non si preoccupi, sanno quello che fanno».
«Speriamo bene, allora vi ricontatterò al più presto ragazzi».
«Arrivederci Vostra Maestà» e il collegamento si chiuse.
Il tunnel iniziava a diventare più luminoso quando la voce del Maestro Yoda confermò ciò che avevano pensato tutti «Stiamo arrivando!».
D’un tratto un’immensa luce inondò la gummyship e i suoi passeggeri dovettero chiudere gli occhi per non rimanere abbagliati, poi come arrivò, la luce svanì e attraverso il vetro dell’abitacolo della navicella assistettero ad un meraviglioso e insolito paesaggio.
Lo sfondo era diventato nuovamente scuro, tempestato di stelle lontane e luminose.
Un suono vuoto riempì il silenzio dovuto dallo stupore di tutti e la piccola gummyship fu superata da una mastodontica nave spaziale triangolare, che avanzava placidamente spinta dagli altrettanto grossi propulsori.
I Referenti erano fissi col naso all’insù per ammirare l’incrociatore incombente su di loro; la differenza di dimensioni era tale che la grossa astronave parve non accorgersi minimamente della piccola nuova arrivata, proprio sotto di lei.
Durante il passaggio di quest’ultima, i passeggeri della nave di Topolino colsero un ulteriore particolare che rendeva spettacolare la vista da quel punto dello spazio: erano usciti dal portale proprio davanti ad un enorme pianeta.
Era di un colore ambrato, la sua superficie sembrava “decorata” con linee e cerchi luminosi, immensi, che collegavano un po’dappertutto la superficie del pianeta.
«Di fretta non andavamo?» chiese la voce metallica di Yoda dall’altoparlante.
«Certo, ti raggiungiamo» confermò Topolino riportando i passeggeri alla realtà.
Walt si alzò dal suo posto e si avvicinò al microfono per parlare «Maestro, cosa sono quei cerchi luminosi sul pianeta?» chiese garbatamente a nome di tutti.
La voce di Yoda rispose «Su Coruscant vi do il benvenuto. Quelle che vedi sono i canyon in cui il calore interno del pianeta viene trasformato in energia, e a soddisfare i bisogni della città viene inviata».
«Ho capito bene, c’è un'unica città su Coruscant?».
«Bene hai capito. Da centinaia di anni questo pianeta è al centro delle principali rotte mercantili, e questo fatto molta ricchezza ai suoi abitanti ha portato. Le metropoli che prosperavano sulla sua superficie si sono allargate talmente tanto da unirsi in unica città su tutta la superficie di questo mondo».
Walt non rispose nel tentativo di immaginarsi una città ampia come un intero pianeta, ma non dovette aspettare molto per vederla con i suoi occhi.
Iniziarono ad avvicinarsi alla superficie di Coruscant ed effettivamente videro un'enorme metropoli scorrere sotto di loro.
Gli edifici dall’aspetto abitativo erano tutti grattacieli in acciaio e vetro, talmente alti da non poter vederne la base o le strade che li separavano; in effetti le strade dovevano essere state facilmente dimenticate visto che tra i palazzi scorrevano fiumi di navicelle spaziali da una manciata di posti, simili a automobili volanti.
«Prepararci per l’atterraggio dobbiamo, al Tempio dei Jedi stiamo arrivando».
I grattacieli si diradarono per lasciare il posto ad un’enorme piattaforma d’atterraggio sovrastata da un massiccio edificio rettangolare, sempre in metallo, da cui si ergevano quattro torri laterali e una centrale.
Le navicelle atterrarono dolcemente una affianco all’altra e subito una piccola truppa di soldati accorse sulla pista formando un corridoio tra le due aperture.
Gli uomini non erano proprio in divisa, più precisamente indossavano un’armatura bianca che gli copriva interamente il corpo e li rendeva ognuno uguale all’altro.
I passeggieri scesero e subito il Maestro Yoda si rivolse all’unico soldato che invece di indossare una tuta bianca ne portava una grigia «Io per loro garantisco, generale».
«Molto bene, ben tornato Maestro Yoda» rispose lui con una voce elettronica che probabilmente usciva da un dispositivo nel casco.
I Referenti si stavano guardando intorno incuriositi poi si sbrigarono a seguire Yoda che stava volando con la sua poltroncina verso la porta d’entrata.
Silente lo affiancò preoccupato «Maestro crede sia prudente che così tante persone ci vedano?».
«Preoccuparti non devi, Albus. Per abitanti alieni vi prenderanno».
Silente si fermò e si fece raggiungere dagli altri ancora più preoccupato e perplesso di prima ma quando l’enorme porta automatica in metallo si aprì e loro entrarono nell’ atrio, tutto fu più chiaro.
Non era molto affollato ma videro davanti a loro un alieno apparentemente femminile con un gruppo di bambini tra cui erano presenti esseri umani e alieni dalle più strane forme.
L’adulta aveva un viso striato di blu, bianco e rosso, con due grandi corna sul capo, si voltò verso di loro e subito rivolse a Yoda un sorriso gentile.
Sia lei che i bambini indossavano una veste bianca con sopra una tunica marrone.
«Ben tornato, Maestro!» disse lei.
«Lezione all’aperto oggi, ragazzi?».
«Ci alleniamo alla piattaforma roteante Maestro» rispose un bambino preso dall’evidente emozione di rivolgersi a Yoda.
«Molto bene, molto bene. Alla Maestra Shaak-Ti obbedite, arrivederci».
«Arrivederci» risposero in coro.
Il gruppo di studenti si allontanò verso una navicella-scuola mentre il gruppo dei Referenti si addentrò nel Tempio.
Attraversarono un lungo corridoio e si ritrovarono in un’enorme sala circolare da cui partivano cinque ascensori, le persone andavano e venivano ma il tutto era circondato da un’immacolata calma.
«Il Consiglio nella torre centrale si riunisce, ma noi in quella a nord siamo diretti: alla Sala delle Reliquie» spiegò Yoda tra un saluto e un altro ai vari passanti.
Entrarono nell'ascensore di vetro e salirono verso la torre mentre ammirarono la vista sulla splendida e operativa città sotto di loro.
«Le reliquie provengono da altri mondi?» chiese Topolino incuriosito mentre arrivarono al piano.
«Precisamente. I Jedi per secoli visitarono altri mondi alla ricerca di bambini sensibili alla Forza, per poterli addestrare. Spesso vennero messi a conoscenza di segreti e fatti troppo rilevanti per i mondi, perciò agire nel nome del bene dovevano. Preservarono antichi oggetti, spesso potenti, per mantenere la pace, per evitare che l’abilità di viaggio tra i mondi cadesse nelle mani del lato Oscuro quella pratica dovemmo smettere di insegnare. L’unico in possesso di quell’abilità sono rimasto» spiegò il Maestro.
«Non c’è nessuno di cui vi fidate abbastanza da insegnargli questa tecnica?» chiese Silente, evidentemente preoccupato, data la sua anima di professore.
«Un Jedi membro del consiglio come allievo ho scelto, ma del suo padawan fidarsi non si può. Ancora troppa paura nella sua anima percepisco».
«Capisco» concluse Silente quando arrivarono davanti ad un’enorme porta d’acciaio.
Yoda chiuse gli occhi, si concentrò e con un movimento della mano aprì le porte che si rivelarono alquanto massicce.
«Benvenuti nella Sala delle Reliquie» disse lo Jedi, facendo cenno agli altri di entrare prima di lui.
Walt fu il primo a lasciarsi incuriosire dall’interno del salone, si sollevò un po’ da terra rimanendo sospeso in aria e ammirando le reliquie una a una.
La Sala era immensa e conteneva teche e piedistalli di ogni forma e dimensione, il tutto su una base circolare della stanza, con tutte le pareti vetrate: erano in cima alla torre più a nord.
Silente, Topolino e Yoda si divisero e si misero anche loro ad osservare i vari oggetti provenienti da tantissimi mondi diversi.
Era presente davvero di tutto: armi, libri, statue, oggetti magici e dalla natura sconosciuta; tutti erano impegnati a contemplare quei meravigliosi pezzi della storia di altri mondi e il silenzio era totale.
Fu Silente ad interromperlo, passando davanti ad una piccola teca che conteneva tre oggetti: una collana con un prisma di cristallo azzurro come ciondolo, un anello con una pietra nera incastonata e un ultimo oggetto che sembrava un pugnale ondulato e finemente decorato di nero; ma il suo sguardo si blocco subito sull’anello e disse: «Maestro Yoda, questo proviene dal mio mondo!»
Gli altri nella stanza parvero non aver neanche sentito, solo Yoda accorse dal preside.
«Purtroppo negli anni la provenienza delle reliquie persa è stata, sicuro tu sei?».
«Si, riconosco l’incisione su quella pietra, non ho dubbi».
In effetti la piccola pietra nera e quadrata portava una leggera incisione al suo interno, sembrava un occhio triangolare con una lunga pupilla verticale.
«Se ne sei sicuro, prenderla puoi. In buone mani sono sicuro che sarà» disse lui e con la Forza mosse l’anello attraverso il vetro (che non si infranse) e Silente lo prese con la mano destra ringraziando l’amico.
Topolino stava continuando la sua esplorazione tra le teche a cui arrivava, data la sua minuta statura; si era soffermato parecchio su di una che attrasse la sua attenzione, in fila erano esposti: un elmo dotato di due piccole ali, un forziere da cui si sentiva provenire un ritmico suono pulsante, una sfera di vetro arancione con all’interno cinque stelle, un’ulteriore sfera viola e rossa con una grossa M rossa incisa e infine uno strano frutto verde tutto ricoperti da strani ghirigori.
Walt, che aveva finito il giro turistico, aveva lo sguardo fisso su quella che sembrava una clessidra, alta quasi quanto lui, e dopo poco il Maestro Yoda lo raggiunse chiamando a raccolta gli altri.
«Questa la reliquia che ci interessa è».
Quella che a Walt ricordava una strana clessidra presentava un’esile struttura di legno a cui erano agganciate diverse sfere di colori e dimensioni diverse.
Yoda spiegò agli altri la struttura dello strano marchingegno: la sfera centrale era fissa e verde, rappresentava l’universo conosciuto, ovvero l’insieme di tutti i mondi; le due sfere che orbitavano attorno ad essa, una blu e una rosa, rappresentavano il Tempo e lo Spazio; invece l’ultima, quella grigia e grossa, era posizionata sotto tutte le altre e Yoda disse che rappresentava un universo parallelo, inverso a quello esistente, e che lo sorreggeva.
«L’andamento dello Spazio e del Tempo è regolare?» chiese Walt incuriosito.
«Sempre intorno alla nostro universo orbitano e mai si incontrano» confermò Yoda.
«Osservate le sfere però, quella blu ha qualcosa che non va» osservò Silente.
«Ha ragione! È come se al suo interno stesse bruciando una fiamma verde».
«I nostri sospetti giusti erano, la strega, il mago e il pirata contro la stabilità del tempo stanno agendo».
«Il problema è: come ci stanno riuscendo?» pose la questione il preside.
Topolino era rimasto in silenzio fino a quel momento un po’ ammutolito da ciò che lo strumento stava mostrando, visto che confermava i suoi sospetti sulle intenzioni di Malefica. In che modo stava agendo? Come avrebbe potuto intaccare lo scorrere del tempo?  Non esiste magia simile in nessun mondo…
E gli venne in mente.
Era vero che non esisteva magia simile in nessun mondo, ma era anche vero che anni prima di allora il Re era andato ad allenarsi nell’uso della magia in un mondo in cui gli elementi erano schiavi di creature straordinarie; e proprio in quel viaggio era venuto a conoscenza che la religione degli abitanti venerava due divinità che incarnavano e controllavano il Tempo e Spazio. Sì, non c’erano dubbi, come prossima mossa sarebbe stato necessario indagare su questi miti, nella speranza che si trattassero solo di antiche leggende.
Immerso nei suoi pensieri Topolino decise di rivelare la propria intuizione agli altri che furono ben lieti di udire.
«Vostra maestà di che mondo si tratta? Come è possibile che un molteplice numero di creature possano utilizzare gli elementi naturali a proprio favore, senza controllo?» chiese Silente, a nome della curiosità di tutti.
«Il mondo di cui vi parlo è il mondo dei Pokemon: i Pokemon sono, appunto, creature meravigliose e straordinarie che possono controllare gli elementi a loro affini. Ne esistono moltissime specie e proprio in quel mondo, secondo le leggende, ne esistono due in grado di controllare il Tempo e lo Spazio. Forse il piano di Malefica è proprio sottrarre il controllo del Tempo da questa divinità» spiegò il Re affannandosi nel non sovrapporre troppe idee nella testa e continuò «I Pokemon vivono in armonia con la natura, quindi non utilizzano mai i propri poteri per fini malvagi».
Il cielo si dipinse di un meraviglioso arancione innaturalmente intenso a causa della diversa posizione del pianeta rispetto al sole, Walt fece qualche passo avanti e raggiunse l’immensa vetrata guardando il meraviglioso paesaggio sottostante, pensieroso.
Gli altri parlottavano sul da farsi e lui, contemplando il panorama, era semplicemente in pace, a volte si perdeva molto nei suoi pensieri e quei momenti significativi contribuivano a creargli nostalgia di casa.
In quel tramonto profondo stava già pensando ad ogni tipo di Pokemon che riusciva a immaginare per poi fantasticare sulla possente creatura che controllava il tempo… i pensieri si susseguirono l’un l’altro: all’imminente battaglia che avrebbe combattuto contro Malefica e i suoi alleati, e quando anche l’ultimo bagliore rosso scese oltre all’orizzonte e il cielo si riempiva di un blu sempre più intenso, gli venne in mente casa sua, il suo mondo, la sua battaglia… i suoi amici.
«Vi siete mai chiesti... perché il tramonto è rosso?» sussurrò distrattamente fra sé e sé.
La sagoma di Topolino fu il motivo del suo ritorno alla realtà, si rese conto di non aver più seguito il discorso, quindi si affrettò a chiedere: «Allora Vostra Maestà, qual è la prossima mossa?»
«Si parte per Sinnoh» rispose Topolino.
«Molto bene» disse il ragazzo con un sorriso voltandosi e raggiungendo gli altri.
Topolino si fermò a fissare il punto in cui Walt aveva guardato per quei dieci minuti, poi si rese conto di sapere benissimo a cosa stesse pensando il suo amico, e quello giustificava anche la lacrima che gli aveva visto sul volto.
 
 
 
 
 
 
Doflamingo e Magneto stavano dando sfogo alle loro abilità e mostrando le proprie mosse ai danni del giardino dei Malfoy: la cancellata, i tombini e i pali della luce erano già stati sradicati da Magneto mentre le povere siepi e alberi avevano fatto una brutta fine a causa dei fili taglienti del pirata.
Per quanto l’atmosfera fosse in continuo movimento a causa dei due duellanti, c’era chi aveva bisogno di quiete per concentrarsi: infatti Voldemort e Malefica erano intenti a studiare il piccolo libro che avevano sottratto alla biblioteca del castello.
“L’Incantus Mundi permette di creare un portale di unione tra due mondi, può essere attraversato da chiunque ma solo chi lo ha aperto può chiuderlo. Per essere eseguito, l’incantesimo necessita della magia di due prescelti dal destino, dall’egual potere ma incongruenti l’un l’altro.”
L’unica descrizione riguardante l’incantesimo era particolarmente poco prolissa, quando Voldemort la lesse rimase perplesso «L’ultima parte è poco chiara, cosa vuol dire due prescelti dal destino dall’egual potere ma incongruenti l’un l’altro?».
«Significa che deve essere eseguita da due individui dallo straordinario potere…» rispose Malefica.
«Io sono straordinario» disse Voldemort con tono accusatorio.
«Fammi finire».
Gli sguardi tra i due erano molto penetranti.
«L’incongruenza tra due individui non vuol dire un’incompatibilità a livello caratteriale ma significa che i due non dovrebbero coesistere».
«Perciò intendi una persona proveniente da un altro mondo?».
«Esattamente».
«Cosa intende con “legati dal destino”» chiese l’Oscuro Signore che non volveva che nessuno potesse avere alcun legame con lui di nessun tipo.
«Il fato è una cosa che nessuno può controllare, se siamo qui vuol dire che questo era predetto dal destino e quindi dovrebbe essere una condizione soddisfatta» spiegò la strega.
«E chi mai potrebbe eguagliarmi? Sentiamo».
«Ma io naturalmente, mio caro. Perché credi che sia venuta qui se non avessi potuto aprire questo portale con te?».
«Allora cosa stiamo aspettando ad aprirlo?» disse l’Oscuro Signore indicando con la bacchetta il punto di prato vuoto davanti a se.
Malefica gli sorrise, fece un passo avanti e si rivolse agli altri due che ancora si stavano dando battaglia: «Venite, siamo pronti a partire».
Loro si bloccarono a mezz’aria, i fili di Doflamingo ancora volteggiavano semisospesi nel vuoto, Magneto planò verso di loro e atterrò dietro Voldemort mentre il pirata si diresse verso Malefica.
La strega alzò il suo scettro verso l’alto e la sua sfera si illuminò di un verde smeraldo quando pronunciò «tre…due…uno…».
Voldemort tese il braccio con la bacchetta puntata davanti a se e pronunciò «Incantus Mundi» mentre lei colpiva il terreno con lo scettro.
Nessuna luce né colore scaturì dai loro colpi ma il terreno sprofondò e in un vorticoso attimo loro vennero schiacciati contro un nuovo terreno asfaltato.
«Dove siamo?» chiese Magneto rialzandosi e crogiolandosi nella meravigliosa sensazione di percepire tutti quei corpi metallici nel nuovo mondo in cui si trovava.
«È il posto giusto?» chiese Voldemort all'orecchio di Malefica
«Si, è il posto giusto» disse lei sorridendo.
Sopra di loro torreggiava un cartellone che portava la gioiosa scritta “Benvenuti nella città di Giubilopoli”.
 











Angolo dell'autore:
Critiche, commenti e nuove idee sono sempre ben accetti!
Siete riusciti a intuire quali sono gli oggetti conservati nella Sala delle Reliquie? Aprono un sacco di possibilità interessanti ;)
Fatemelo sapere in un commento :)

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Capitolo 6
*** The Mythical Region of Sinnoh ***


Capitolo 6
 
 
The Mythical Region of Sinnoh
 
 
 
 
L’incantesimo fu particolarmente forte e l’arrivo dei nuovi bizzarri personaggi nell’angolo della strada principale attrasse l’attenzione di molti passanti.
Le persone iniziarono a fermarsi e fissarli, mentre loro dovevano ancora capire se effettivamente fossero arrivati nel posto giusto.
Malefica e gli altri non poterono non notare la folla in aumento così lei si sbrigò a spiegare «Effettivamente la nostra meta era un po’più a sud, però qui va bene lo stesso, non siamo troppo lontani. Voldemort, pensa tu alla gente ma non uccidere nessuno».
«Che terribile spreco…» Voldemort estrasse la bacchetta bianca la puntò in alto e sussurrò a bassa voce «Oblivion», subito le persone che stavano iniziando a parlottare tra loro smisero, il loro sguardo parve perdersi nel vuoto e meccanicamente ripresero il loro cammino come se nulla fosse accaduto.
«Cosa gli hai fatto?» chiese perplesso Magneto che ancora non era abituato a vedere in azione la magia.
«Incantesimo di memoria», si affrettò a spiegare l’Oscuro Signore, «mi permette di modificare i ricordi altrui e di inserirne di nuovi a mio piacimento. Loro hanno solo dimenticato di vederci uscire da un buco nel pavimento, e perciò sono tornati sulla loro strada».
Magneto rimase perplesso e subito si portò la mano alla nuca per controllare di avere sempre indosso il suo speciale casco che proteggeva la sua mente da penetrazioni esterne, poi fece mente locale e mormorò tra sé e sé: «Una cosa del genere non piacerebbe per niente a Charles».
A riportarlo alla realtà fu un movimento furtivo di Malefica che si diresse verso un casotto molto simile alle entrate delle metropolitane, tutti la seguirono.
«Siamo ancora troppo riconoscibili e particolari per poter viaggiare tranquillamente nelle strade di questo mondo. Perciò, per ora, useremo i sotterranei», tutti annuirono.
Scesero una lunga scalinata verde e si ritrovarono in un tunnel illuminato ma privo di persone, si fermarono e controllarono di non essere seguiti.
«Non credi sia arrivato il momento di spiegarci un po’il tuo piano, Malefica?» chiese Voldemort.
«Già perché proprio questo mondo?» chiese Doflamingo.
Malefica sorrise, spostò il suo sguardo verso l’alto e attese qualche secondo poi rispose: «Credo che il motivo si stia per presentare da sé».
In quel momento si sentì un suono molto metallico «Magnemite… mag…nemite».
Tutti e tre si voltarono e videro volteggiare sul soffitto una particolarissimo oggetto.
L’aspetto era quello di una palla di acciaio di circa venti centimetri con due magneti ai lati, un occhio rotondo e una vite sulla testa.
Le loro espressioni inebetite giustificavano l’assenza di parole mentre la sfera metallica continuava ad avvicinarsi come se nulla fosse.
Fu Magneto a muoversi per primo, attraendo nella mano l’incompresa palla che continuava a ripetere “Magnemite”.
«Cos’è quest’affare?» chiese in automatico.
«Questo non è un “affare”, è una creatura vivente proprio come noi, con abilità speciali e molto particolari» spiegò Malefica.
«Sono peculiari di questo mondo?» chiese Doflamingo mentre il povero Magnemite continuava a volteggiare sopra la mano di Magneto.
«Esattamente, anche se esistono mondi con creature simili, quelle che vivono qui sono le più forti e versatili in assoluto».
«Non si direbbe…» disse Magneto.
«A guardare questo qui no, hai ragione, ma lui è solo un esempio. Esistono moltissime specie e evoluzioni di queste creature e noi siamo qui proprio per indagare sulle più forti tra di esse» continuò a spiegare Malefica «Creature tanto forti da mettere in difficoltà persino noi».
«Pft» disse Voldemort voltandosi in tono scettico.
«Avrai la tua conferma Tom, tranquillo».
«E cosa dovremmo fare con questa palla?».
«Con quello niente. Siamo ancora troppo ignoranti su queste creature, abbiamo bisogno di raccogliere informazioni e scoprire quello che ci serve».
Magneto lasciò andare via quel Magnemite che se ne volteggiò sul soffitto come se nulla fosse accaduto.
Malefica batté un colpo in terra con il suo scettro, che si illuminò brevemente.
«Adesso potremmo passare inosservati, credo che la cosa migliore sia rapire una persona che ci spieghi tutto ciò che c’è da sapere su queste creature e quello che sono in grado di fare».
«Chi di preciso?» chiese Doflamingo.
«Prima di andare nel mondo di Magneto ho fatto un salto qui; c’è un professore che studia queste creature e il loro modo di evolversi in natura. Vive nella cittadina a sud di qui e credo che sappia parecchie cose che ci possono interessare. Tiene una conferenza in questa città stasera, pensavo di catturarlo al rientro a casa ma anche qui va benissimo» spiegò Malefica.
«Dove si terrà questa conferenza?» chiese Magneto.
«Al Centro Nazionale di Trasmissione Televisiva: la Giubilo-TV. Ci penserete voi a catturarlo, io e Magneto vi aspetteremo alle porte della città per portarlo nel suo laboratorio a Sabbiafine sano e salvo. La conferenza si conclude tra mezz’ora, andate».
Si separarono.
Fortunatamente i sotterranei di Giubilopoli fornivano bene la città e portavano quasi ovunque: un’uscita era direttamente sul lato opposto della strada dove si ergeva la Giubilo-TV.
Incrociarono solo un paio di ragazzi e una vecchietta che sembrarono non notare minimamente la presenza dei due estranei che si aggiravano di soppiatto (l’incantesimo di Malefica evidentemente era permanente), però incrociarono diversi altri tipi di “creature” che osannava tanto la strega… come potevano essere tanto potenti? Un paio di loro effettivamente aveva manifestato delle abilità mentre le incrociarono, ma non erano nulla di speciale: una specie di pipistrellino tentò di succhiar loro il sangue ma Doflamingo lo mise subito K.O. e una palla bianca e rossa, quando li vide, disse «Voltorb!» ed esplose da sola…
Per il resto, il tempo trascorse tranquillo e senza troppi intoppi si appostarono all’uscita del sotterraneo davanti al loro obiettivo.
L’edificio era molto tecnologico: oltre alle porte scorrevoli, sulla facciata, aveva un enorme schermo televisivo che trasmetteva pubblicità, e sul tetto si ergevano tre grossi ripetitori con ben sette antenne paraboliche.
Alle dieci di sera un enorme quantità di persone iniziò a uscire dalla porta principale: «La conferenza deve essere finita» disse Doflamingo ma Voldemort rimase immobile e rispose: «Aspetteremo che se ne siano andati tutti, probabilmente lui uscirà per ultimo».
Gli invitati alla conferenza si diramarono parlottando in tutte le direzioni, un paio di signore imboccarono anche i sotterranei e i due cattivi ascoltarono con attenzione un frammento della loro conversazione: «Infatti io da bambina, a Memoride, avevo trovato una Luxrayite… finalmente so come usarla!», il resto si perse nel rimbombo della galleria.
«Presto andiamo, è quasi il momento».
I due insoliti colleghi attraversarono la strada che si liberava anche dagli ultimi ritardatari e si appostarono in un vicolo a fianco alla Giubilo-TV.
Attesero una decina di minuti, poi udirono fischiettare e videro uscire una figura paffutella in camice bianco, portava una grigia barba elaborata e aveva una valigetta ventiquattr’ore sotto il braccio.
«Deve essere lui» sussurrò Doflamingo.
Voldemort con un movimento fulmineo estrasse la bacchetta dalla veste, la puntò sul professore e disse: «Imperio».
Subito il professore smise di fischiare e si bloccò sul posto, poi venne dritto verso il vicolo e si fermò davanti a loro; aveva lo sguardo vacuo e un’espressione leggermente intontita ma compiaciuta.
«Ci pensi tu adesso, no?» disse l’Oscuro Signore.
Doflamingo, ormai abituato a non chiedersi gli effetti delle magie di Voldemort mosse le dita delle mani e il professore divenne immediatamente la sua marionetta, iniziarono a camminare uno di fronte all’altro in direzione della fine della città.
Quasi nessuno notò la strana scena dei tre viaggiatori in fila indiana e arrivarono tranquillamente al luogo dove li aspettavano gli altri.
«Professor Rowan è un piacere conoscerla, ahahahaha! Presto andiamo!» disse Malefica con la sua risata malvagia.
«Salite qui» disse Magneto indicando una lastra metallica quadrata sottilissima. Voldemort sbuffò, si lanciò in aria come una nube nera, e li precedette verso sud, gli altri salirono sullo strano mezzo.
Si sedettero su quel velo d’acciaio, l’unico in piedi era Magneto che apri le braccia verso l’esterno, come in preghiera, e muovendo i palmi delle mani verso l’alto si sollevò anche il metallo sotto di loro e iniziarono a volare sopra gli alberi del bosco.
Il viaggio fu breve ma videro diversi uccelli strani volargli a fianco, lungo brevi tratti. Magneto era serissimo sempre immobile nella posizione assunta prima, Malefica invece era molto compiaciuta.
Sotto di loro scorsero un paio di percorsi con numerosi alberi e creature della notte, un paio di volte a Doflamingo sembrò di scorgere un ombra nera volteggiare lungo i sentieri, strano, visto che quella era una notte senza luna e non c’erano lampioni in giro, ma non ci diede troppo peso.
Videro nuovamente la nube nera, ferma sopra una piccolissima città con poche case e un laboratorio bianco ancora con le luci accese.
Scesero a terra, Voldemort si ricompose in forma umana e la lastra metallica venne spezzata da Magneto in un piccolo mucchietto di polvere di acciaio che finì nella sua scorta personale.
«Ha famiglia?» chiese Doflamingo.
«No, solo un assistente. Ci penso io» rispose Malefica.
Il paesino era molto tranquillo, in giro non c’era nessuno e sembrava privo anche di creature strane vaganti.
Entrarono nel laboratorio seguiti da un professor Rowan sempre vittima dei fili e dell’incantesimo e, quando chiusero la porta, una voce femminile squillò da una stanza secondaria: «Professore è tornato? Come è andata la conferenza sulle nuove scoperte di Platan? Non ha idea di quanto mi manchi, era così bello!» la povera assistente dai fluenti capelli blu arrivò nell’ingresso e si ritrovò esattamente davanti a Malefica che, con un soffio sulla sua mano, le fece respirare un alito di fumo dorato che la addormentò e la fece iniziare a fluttuare nella stanza.
«Che ragazzina pettegola» disse la strega.
Subito dopo però, dalla stanza dove provenne la ragazza, arrivò correndo una specie di pinguino azzurro che puntò dritto verso la gamba di Magneto e iniziò a prenderla a testate, non gli arrivava neanche al ginocchio.
Il piccolo animaletto probabilmente stava tentando di vendicare la sua amica ma, a furia di tirare testate, gli venne un forte dolore al capo.
«E con questo pinguino cosa dovrei fare»? chiese Magneto infastidito dalla situazione, «Sciò!».
Malefica si abbasso e guardò la creatura che sembrava morire dal terrore e gli ripeté lo stesso incantesimo di prima, facendolo fluttuare in aria insieme alla sfortunata assistente.
«Molto bene, è il momento di svegliare il nostro amico professore e farci dire tutto quello che sa sui Pokemon leggendari».
Gli altri tre si guardarono incuriositi.
Malefica colpì il terreno con il suo scettro e subito il professore sembrò destarsi dal lungo stato di trance in cui era imprigionato, sulla sua faccia comparve un’espressione prima disorientata e poi spaventata dalla presenza degli estranei di fronte a lui.
«Chi diavolo siete voi?!» chiese ad alta voce.
Fu Magneto a farsi avanti e rispondere «Credo che tu possa considerarci come esploratori venuti da molto lontano, che non conoscono nulla di questo posto».
Fu in quel momento che la sagoma fluttuante dell’assistente volteggiò sopra di loro e il professore non poté non notarla «Luçinda!» gridò in preda alla paura e alla disperazione «Cosa le avete fatto? Cosa volete? Andatevene!» disse, ma al contrario di ciò che pronunciò fu lui che, colto dal panico, si alzò dalla sedia e tentò di raggiungere la porta d’ingresso.
L’indice di Doflamingo si piegò.
Il professore rimase immobile in mezzo alla stanza ancora fermo nell’atto di correre via.
Stavolta cosciente, tentò di guardarsi intorno per capire cosa gli stesse trattenendo il corpo.
«Mhuhuhuhu» sogghignò il pirata facendosi avanti sempre mantenendo il dito medio piegato «Adesso tu ti siedi e ci racconti cosa sono i Pokemon e quali sono i loro poteri» e mentre diceva questa frase mosse le dita e il corpo del professore tornò indietro e si andò a riposizionare sulla sedia.
Voldemort gli si avvicinò e, terrorizzandolo dalla paura visto il suo aspetto serpentesco, gli sussurrò «Vedi, vecchio, tu… non hai scelta».
E Malefica concluse «Cosa sono i Pokemon e quali sono i poteri di quelli leggendari?»
Lui si rese conto di non avere scampo e, nella speranza che qualcuno venisse a salvarlo, decise di cedere temporaneamente alle richieste dei suoi aguzzini.
«Voi non sapete cosa sono i Pokemon?» chiese, aveva deciso di rendere la conversazione la più lunga possibile nel tentativo di salvarsi.
«No, vecchio, non lo sappiamo» rispose violentemente Voldemort.
«Beh, i Pokemon sono le creature che abitano questo pianeta no? Vi sarà capitato certamente di vederne alcuni, ecco quello che sta volando insieme a Luçinda è il suo Piplup»
«Quello non è un pinguino?» chiese incuriosito Magneto.
«No, è un Pokemon. Si chiama Piplup ed è un Pokemon d’acqua tipico della regione di Sinnoh…» Malefica intervenne «Ecco, l’acqua, questo è un argomento che ci interessa, è vero quindi che questo Pokemon può piegare l’acqua al proprio volere?» chiese
«Non esattamente, i Pokemon d’acqua come lui possono imparare ed eseguire mosse che si basano sull’acqua, spesso possono crearla dal nulla e il loro habitat naturale è l’acqua, ma non può manipolarla come vuole» rispose il professore.
«A quali altri elementi possono essere affini?» chiese il Signore Oscuro.
«Di solito si dice di che “tipo” sono i Pokemon. Piplup è un Pokemon d’acqua ma non è l’unico tipo esistente, in tutto sono diciotto: il normale, il fuoco, l’acqua, l’erba, il ghiaccio, il coleottero, la terra, l’acciaio, la roccia, il volante, la lotta, l’elettro, lo psico, il veleno, il buio, lo spettro, il folletto e il drago».
Magneto e Doflamingo si scambiarono uno sguardo increduli dell’enormità di potere contenuto in quel semplice elenco, ma fu Malefica a mantenere attiva la conversazione «E cosa ci sa dire dei Pokemon leggendari?» chiese con una nota di emozione nella sua voce malvagia.
«I Pokemon leggendari sono un gruppo di Pokemon incredibilmente rari o unici, e spesso molto potenti, di solito hanno un ruolo nei miti e nelle leggende delle diverse regioni del mondo. Pochissime persone possono dire di averne davvero visto qualcuno».
«Io credo che in questo posto ci sia un Pokemon leggendario in grado di controllare il Tempo, ti risulta?»
Il professor Rowan rimase spiazzato da questa domanda, a giudicare dall’aspetto e dalle strane capacità dei suoi rapitori, non avrebbe mai detto che fossero abitanti della sua stessa regione. Eppure quella era un'informazione che sapevano in pochi, ma dovette rispondere per forza «Sì… ti riferisci a Dialga il leggendario Pokemon che governa il Tempo»
«Dicci tutto quello che sai di lui» ordinò Malefica.
«I più recenti avvistamenti di Dialga risalgono ad un paio di anni fa, quando Cyrus, il comandante del team Galassia, volle invocarlo insieme a Palkia per conquistare il Mondo distorto. Un allenatore di Duefoglie salvò la regione e restituì a Dialga e Palkia la libertà»
«Cos’è in grado di fare?» chiese questa volta Doflamingo, molto interessato dalla faccenda.
«Beh, Dialga è un Pokemon di tipo acciaio-drago perciò ha una grande resistenza fisica, è in grado di utilizzare mosse come Dragobolide, Cannonflash e la sua mossa peculiare: Fragortempo, la mossa che colpisce e distorce il tempo dell’avversario».
A queste ultime parole l’espressione sulla faccia di Malefica parve compiacersi più che mai, non sembrò neanche accorgersi che l’assistente del professore iniziava ad agitarsi in preda agli incubi nel sonno che ella stessa le aveva imposto.
Finalmente stava per mettere le mani sul potere che cercava.
«Quindi ci sono anche altri Pokemon leggendari? E che potere ha ognuno di loro?» chiese di nuovo Doflamingo eccitato anch’egli dalla scoperta dei queste creature meravigliosamente potenti, che lui avrebbe potuto comandare a bacchetta grazie ai suoi fili.
«Non ci serve conoscere gli altri» rispose Malefica al posto del professore «Con la maledizione Imperius di Voldemort, il controllo sull’acciaio di Magneto e le tue abilità di manipolazione avremo il controllo sullo scorrere del Tempo!» concluse Malefica ridendo, «Dove si trova Dialga?».
«Noi siamo convinti che abiti una sua propria dimensione… ma a volte compare in cima al Monte Corona» rispose Rowan amareggiato di dover dare quell’informazione ora che Malefica aveva rivelato i suoi piani.
«Molto bene» disse la strega «Partiremo subito per raggiungere la cima di questa montagna, Magneto ci dovremmo…»
Ma Magneto non la stava ascoltando, lui e Voldemort si erano girati verso la porta d’ingresso e subito anche lei capì cosa aveva attratto la loro attenzione.
Un ombra nera stava scivolando sotto l’uscio e stava iniziando a uscire dal terreno consolidandosi.
Lucinda e Piplup ormai erano in preda agli incubi.
Un Pokemon dal corpo nero, con una specie di cresta bianca e vaporosa e con un occhio di un azzurro vivissimo si era posto innanzi a loro.
Anche il professore era terrorizzato.
Fu allora che il Pokemon parlò con voce cupa e gridò, attaccando, «Andate via!».
 
 
 
 
Dopo aver consultato la clessidra nella Sala delle Reliquie, i Referenti decisero di partire per il mondo dei Pokemon, in particolare per la regione di Sinnoh, luogo in cui le leggende popolari parlavano di un particolare Pokemon leggendario in grado di controllare il Tempo.
Questa volta viaggiarono tutti insieme sulla gummyship, Walt era in fremito per l’imminente conoscenza dei Pokemon; Topolino aveva spiegato loro che ne esistevano di diversi tipi e lui si era già innamorato del tipo elettro, affine anche a lui e non vedeva l’ora di vederne qualcuno.
Silente, per quanto sorridente per alimentare la gummyship, era pensieroso. Non riusciva a capire il modo col quale Malefica avrebbe potuto imporre il suo controllo su un'entità tanto forte come il Tempo; aveva chiesto a Topolino se Malefica fosse in grado di controllare la mente ma dopo la sua risposta negativa l’unica idea che gli era venuta in mente era quella di far usare a Voldemort la maledizione Imperius.
Se avesse avuto ragione e questo Pokemon fosse stato colpito dall’incantesimo… l’unico modo per destarlo dall'ipnosi sarebbe stato o sconfiggere lui o Voldemort stesso… due ipotesi molto ardue da realizzare.
Neanche Topolino era di buon umore vista l’incontrovertibile prova dello squilibrio nell’andamento del Tempo. Era un fattore che non avevano mai affrontato fino ad ora. Quali sarebbero state le conseguenze se non fossero riusciti a fermarli? Beh immedesimandosi in un cattivo la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stata quella di tornare indietro nel tempo a reclutare i più grandi nemici sconfitti. E quello non era un bene, non solo per Xheanorth ma soprattutto per il mondo di Walt e i nemici che lui stesso aveva affrontato… No. Non potevano fallire. E come mai Sora non dava ancora sue notizie?
Il tunnel nero che avevano intrapreso dal mondo di Yoda si stava restringendo e la fine luminosa era vicina.
Furono inondati da un cielo sereno di un azzurro tenue, doveva essere mattina, e stavano sorvolando un boschetto.
«Troviamo un luogo isolato dove poter atterrare» disse Topolino a scopo informativo, intanto superarono una piccola cittadina e in lontananza videro le rive di un lago.
E proprio in mezzo alle fronde degli alberi vicino alla riva nascosero la Gummyship, Silente eseguì un incantesimo di disillusione per mimetizzare perfettamente la navicella con l’ambiente.
I quattro Referenti si guardarono intorno, il paesaggio era tranquillo e bellissimo in quella mattina primaverile, il lago era rotondo e non troppo esteso, al centro si notava un piccolo atollo in cui c’era l’ingresso per una caverna.
Un rumore attrasse la loro attenzione, proveniva dall’acqua.
Si avvicinarono e videro una lontra arancione con un collare giallo che giocava con un pesciolino blu.
«Così questi sono i Pokemon?» chiese Silente per tutti quanti.
«Esatto, se non ricordo male quello arancione si chiama Buizel ed è un Pokemon d’acqua» rispose Topolino affidandosi alla memoria.
«Hey! Venite a vedere qui! C’è un gattino bellissimo!» li chiamò Walt che si era separato un attimo dal gruppo.
Gli altri si avvicinarono e videro che Walt stava coccolando un micino azzurro e nero con qualche disegno giallo sul corpo, sembrava molto piccolo.
«Quello è uno Shinx» disse Topolino.
«Guardate è un tipo elettro!» disse Walt tutto contento; in effetti il piccolo gattino gli trotterellò tra le mani per prendere i grattini e iniziò a fare le fusa scaricando elettricità dal corpo che Walt assorbì con la mano senza risentirne.
«Me lo voglio tenere» disse Walt ma subito Yoda intervenne «Molto piccolo sembra, forse con la madre è meglio lasciarlo» consigliò.
«Uffa» rispose il ragazzo amareggiato e lasciò andare lo Shinx che tornò negli alberi.
«Capire dove siamo ci converrebbe» consigliò nuovamente Yoda.
«Laggiù c’è un cartello» affermò Silente che lo aveva notato già in precedenza.
Walt si alzò e, sollevandosi di un paio di dita da terra, volò verso il cartello posto sulla riva del lago e lesse: «”Lago Verità. Uno dei laghi simbolo della ricchezza d'acqua della regione di Sinnoh. A questo è associata una strana leggenda.” Chissà di che leggenda si tratta».
«Magari lo scopriremo nel nostro viaggio» disse Silente in tono ottimistico, gli interessavano molto i miti e le leggende che Topolino aveva avuto modo di conoscere proprio in quel luogo.
I Referenti intrapresero un sentiero che si inoltrava nel bosco, era l’unica via che si allontanava dal lago perciò prima o poi sarebbero dovuti sbucare in una città.
La via era contornata dagli alberi e la quiete regnava sovrana, ebbero l’occasione di incontrare altri Pokemon lungo il tragitto: un paio che assomigliavano a dei castori e una piccola colonia di cespuglietti che si dondolavano dai rami degli alberi.
Proseguirono il loro cammino per una decina di minuti e finalmente incontrarono il primo abitante umano di quel mondo, era un ragazzino tra i dodici e i tredici anni, indossava una maglietta gialla, un paio di jeans corti e un berrettino azzurro tirato all’indietro.
Subito li guardò incuriosito, poi però venne verso di loro con aria decisa.
Il primo della fila era Walt, perciò fu lui a presentarsi al ragazzino.
«Ciao! Mi chiamo Walt, posso chiederti se stiamo andando nella direzione giusta per la prima città?».
«Io mi chiamo Gennaro, sono un bullo! Se vuoi la tua informazione, prima dovrai battermi in una sfida!» disse il ragazzino.
Tutti rimasero spiazzati dall’affermazione, Walt si girò trattenendo le risate e con un’espressione interrogativa chiese agli altri cosa avrebbe dovuto rispondere.
 Silente avrebbe di gran lungo preferito evitare uno scontro, soprattutto per il povero Pokemon che avrebbe dovuto affrontare Walt, però non fece in tempo a dirlo che il ragazzino precedette tutti.
«Forza ti sfido in una battaglia! Usa quel Pokemon lì, non l ho mai visto, sono curioso» disse indicando Topolino.
«Ehi! Io non sono un Pokemon» gli urlò dietro il re in evidente imbarazzo.
«E va bene ragazzino. Sembri un po’ troppo esaltato per i miei gusti, iniziamo questa battaglia e facciamola finita una volta per tutte» disse Walt annoiato dall’evento che si era dimostrato assai ben poco utile.
Il ragazzino si dimostrò per la prima volta contento, si allontanò un po’ da Walt e lanciò in aria una sfera bianca e rossa dicendo «Vai Bibarel!».
Quest’ultima si aprì a mezz’aria e ne uscì un castoro più grande di quelli che avevano incontrato lungo la strada.
«Dovrei combattere contro di lui? Ne sei sicuro?» chiese Walt dubbioso, non aveva intenzione di fare del male a quella povera creatura.
«Sì, esatto. Avanti Bibarel usa Iperzanna!» e all’ordine del suo padroncino, il castoro scattò in avanti e tentò di mordere la caviglia di Walt.
Al giovane Referente bastò fare un balzo in aria per schivarlo, poi si avvicinò con la mano a Bibarel, gli puntò contro il dito indice e lo colpì con una piccola e sottile scossetta.
Il castoro evidentemente subì comunque un danno importante perché si accasciò a terra esausto, «Ma dai, Bibarel! È impossibile che tu sia così scarso…» imprecò il ragazzo lanciandogli nuovamente addosso la sfera che riassorbì il Pokemon al suo interno.
Walt era spiazzato, aveva utilizzato il minimo di energia possibile eppure sembrava aver ottenuto una vittoria schiacciante con una singola mossa.
Il ragazzo gli si avvicinò e gli tese la mano senza incrociare lo sguardo del vincitore, gli stava porgendo del denaro; Walt ovviamente non comprese e non si osò a prenderlo.
«Forza, avanti prendi la tua vincita e vai via» disse Gennaro.
«Sta a sentire…» iniziò a rispondere Walt accovacciandosi sulle ginocchia per essere all’altezza del ragazzino «Io non voglio il tuo denaro, tienitelo e usalo per curare il tuo Bibarel, intesi?» e gli rivolse un sorriso gentile, «fammi solo il piacere di indicarci la via più breve per arrivare in città».
Il bulletto era rimasto lì con la mano tesa, poi si riprese il denaro e, quasi commosso, indicò ai Referenti il sentiero da cui era venuto «Seguite quella strada, alla fine del percorso 201 si trova Sabbiafine» e quando finì di pronunciare la frase se ne andò correndo verso il lago Verità.
Walt si grattò la nuca «Che ragazzino strano…» disse riflettendo, «Beh almeno adesso abbiamo un percorso da seguire» aggiunse Topolino allegro, e tutti ripresero il loro cammino verso la città di nome Sabbiafine.
Ci vollero altri dieci minuti buoni prima che gli alberi iniziassero a diradarsi, passarono il tempo commentando la “battaglia” appena avvenuta e cercando di capire le meccaniche del mondo dei Pokemon.
Intravidero il primo edificio della città quando Silente li bloccò «Signori, scusatemi, ma ritengo necessario eseguire un incantesimo di disillusione su tutti noi. Sarà il modo migliore per evitare equivoci come quello di prima con Topolino, grazie all’incantesimo nessuno noterà in noi qualcosa di… ehm “estraneo”. Saremo esattamente come loro si aspettano».
«Concordo, paura probabilmente farei» disse Yoda e Topolino confermò a sua volta «Ma certo, non voglio essere scambiato per un Pokemon».
Allora Silente agitò la bacchetta in aria e un biancastro velo tiepido calò su di loro.
Nessuno avvertì alcun cambiamento, anzi si guardarono tra loro e videro esattamente lo stesso aspetto di cinque secondi prima, però Silente sembrò soddisfatto, così non dissero nulla e proseguirono per l’ormai vicinissima città.
Il percorso di campagna finì e un altro cartello uguale a quello presente sulla riva del lago dava il benvenuto in citta.
Intrapresero un vialetto di mattonelle color crema e contornato da aiuole ben curate, ma li sorprese la moltitudine di persone che bloccava il passaggio pochi metri più avanti.
«Chissà cos’è successo?» si chiese Walt ad alta voce, «Avviciniamoci, senza dare nell’occhio» gli rispose Albus e subito si mescolarono tra la folla.
Il luogo dove si erano ammassate le persone era la fine del vialetto che portava alla strada principale della citta, era chiuso da un nastro rosso e due agenti di polizia controllavano la zona cercando di calmare la gente.
«Signori vi prego state calmi, la città è ancora da mantenere inaccessibile ma stiamo lavorando per risolvere al più presto il problema, numerosi agenti sono impegnati nelle ricerche» disse un signorina agente: era giovane con ricci capelli blu e la tipica divisa della polizia, era affiancata da un Pokemon simile ad un cagnolino rosso.
Walt notò che la seconda agente era davvero molto simile a lei… che fossero sorelle?
La situazione sembrava in stallo, non si capiva cosa stesse trattenendo bloccato l’accesso alla città, decisero di consultarsi.
«La situazione è molto sospetta» concluse Walt, Silente si grattò la barba e disse «I nostri amici hanno fatto un salto in questa cittadina, temo».
«Lo stesso sospetto ho avuto, eventi oscuri qui sono avvenuti» confermò il maestro Yoda.
Discussero sul da farsi e decisero di entrare comunque in città eludendo la sorveglianza, si sentivano in dovere di aiutare la polizia a risolvere la situazione, visto che probabilmente era causata dagli intrusi che non avevano fatto in tempo a raggiungere.
Si avvicinarono di nuovo alle due agenti che controllavano il passaggio, Yoda avanzò un passo più degli altri e la poliziotta, sul cui cartellino c’era scritto “Jenny”, lo notò e disse gentilmente «Mi spiace, ma l’accesso alla città non è ancora sicuro».
Yoda la guardò, mosse la manina verde di fronte al viso dell’agente Jenny e disse «Noi quattro possiamo passare», lei in automatico si affrettò a slegare il nastro che impediva l’entrata e ripeté meccanicamente: «Voi quattro potete passare».
Così i Referenti ottennero il via libera e passarono. Walt prima di raggiungere gli altri si fermò ad accarezzare un po’ il Pokemon dell’agente Jenny che sembrò gradire, aveva il pelo bello caldo.
Entrarono nella strada principale di Sabbiafine, aumentarono inconsciamente il passo, la città era completamente deserta… che stessero tenendo prigionieri gli intrusi da qualche parte?
Si guardarono intorno, il paesaggio ricordava molto quelle città in quarantena, con nessuno per la strada o negli edifici, c’era solo il vento che muoveva qualche cespuglio ai margini dei viali.
Erano preoccupati.
Ci fu un bagliore rosso, uno scoppio e un'esplosione. «Di là!» disse Topolino, che evocò il suo Keyblade e iniziò a correre in direzione del pericolo.
Gli altri lo seguirono a ruota, voltarono l’angolo e videro solo una ragazza dai lunghi e fluenti capelli biondi con una giacca nera che le arrivava fino alle ginocchia.
Era affiancata dal più grande Pokemon che avessero mai visto, era alto quasi due metri, assomigliava ad uno squalo martello, bipede, prevalentemente con squame blu e rosse.
I Referenti si erano bloccati, avevano seguito il bagliore dell'esplosione e si trovavano di nuovo ai confini della città, pochi passi dietro la ragazza, infatti, iniziava già il boschetto.
Fu il Pokemon ad accorgersi dei nuovi arrivati per primo, in quanto si voltò e li guardò incuriosito.
«Cosa c’è Garchomp? Dobbiamo stare all’erta per essere sicuri di non farcelo sfuggire… E voi chi siete?» chiese la ragazza, voltandosi a guardare cosa stesse fissando il suo Pokemon chiamato Garchomp.
«Ciao! Io sono Walt ed è un piacere conoscerti» si presentò il ragazzo, non sapeva bene perché però le ispirava una netta autorità.
«Piacere mio, sono Camilla, la campionessa della Lega Pokemon di Sinnoh» disse lei.
Era la conferma che aspettavano, anche se non sapevano esattamente che ruolo coprisse un campione della Lega Pokemon della regione, era di sicuro la persona più adatta a cui affidare la verità, per ora.
I Referenti si guardarono e si annuirono l’un l’altro, così Walt proseguì «Per quanto riguarda chi siamo… forse è meglio parlarne con calma» disse ammiccando.
Walt presentò anche i suoi colleghi e tutti insieme cercarono di spiegare al meglio tutta la storia dei diversi mondi, dei Referenti, della Luce e dell’Oscurità.
Lei subito sembrò un po’diffidente, ma dopo che Silente tolse l’incantesimo di disillusione e insieme mostrarono le loro abilità, Camilla si convinse.
Solo una cosa non riusciva a spiegarsi «ok effettivamente sembrate un po’alieni, è vero… ma ciò che non capisco è il collegamento con l’apparizione di Darkrai?»
I Referenti rimasero perplessi.
«Chi è Darkrai?» chiese Topolino che non riusciva a ricollegare quel nome a nessun Pokemon che ricordasse.
«Darkrai è un Pokemon leggendario, la sua peculiarità è quella di addormentare le persone e farle avere gli incubi, per questo abbiamo fatto spostare tutta la cittadinanza nel centro Pokemon del paese, ieri notte. Era comparso Darkrai e infuriava battaglia.
Purtroppo gli abitanti o erano in preda agli incubi o tentarono di scappare, nessuno è riuscito a capire la causa scatenante. Fatto sta che Darkrai è ancora in città ma sembra che i suoi avversari se ne siano già andati».
«Non c’è nessun sospetto su quale sia il motivo del suo arrivo qui?» chiese Silente.
«Purtroppo no, l’unica cosa insolita che abbiamo notato è che stranamente il professor Rowan soffre di una forte amnesia riguardo a ieri sera. Ha un vuoto dal momento in cui ha lasciato la Giubilo tv a stamattina» raccontò la campionessa.
«La situazione è molto sospetta, in che modo Malefica e gli altri c’entrerebbero con la sparizione della memoria di un professore?» rifletté Walt.
«Sono in grado di farlo?» si preoccupò Camilla.
«Oh, sì» rispose Silente «Il signor Rowan è stato vittima di un loro agguato, temo. Vostra maestà siete a conoscenza del fatto che Malefica sia mai stata in questo mondo prima dei recenti avvenimenti, per caso?».
«Non dovrebbe essere mai venuta qui, no».
«Allora credo che l’abbiano rapito per sapere l’informazione fondamentale di questo mondo: cosa sono i Pokemon e i loro poteri. Altrimenti non avrebbe potuto attuare il suo piano, no?» chiese conferma il preside del suo ragionamento. Ma in quel momento, dall’ombra degli alberi poco distanti dal punto in cui i Referenti stavano parlando, uscì velocissimo un Pokemon completamente nero a parte una vaporosa cresta bianca e urlò: «Andate via!».
La bolla nera che tratteneva tra le mani fu scagliata verso di loro, Walt volò a mezz’aria con le gambe divaricate, per schivarla, ma il colpo andò a segno comunque perché colpì in pieno il maestro Yoda che apparentemente svenne sulla sua poltroncina la quale si spense e cadde a terra.
L’azione fu talmente veloce che solo dopo la caduta di Yoda Topolino evocò il suo Keyblade e Silente sfoderò la bacchetta.
«È lui, è Darkrai!» confermò Camilla, il suo Garchomp era pronto a combattere.
Darkrai si alzò in aria, all’altezza di Walt.
«Vuototetro!».
Era velocissimo.
Questa volta molteplici bolle scure uscirono dai suoi palmi e si diressero un po’dappertutto.
«Garchomp usa Fossa!» disse pronta Camilla che si aspettava quell’attacco, Silente intuì la pericolosità e creò uno scudo davanti a sé, su cui una sfera rimbalzò rivelando una consistenza solida, Topolino ne schivò un’altra saltando all’indietro.
«Voi non dovreste essere qui! Andate via!» urlò Darkrai e questa volta utilizzò Neropulsar.
Walt fu veloce tanto quanto lui, intercettò il colpo e l’elettricità gli uscì dalle dita e dai palmi delle mani, i suoi fulmini contrastavano l’attacco di Darkrai, tenendolo impegnato.
Garchomp saltò fuori dal terreno con una forza strepitosa ma il conflitto tra i fulmini di Walt e l’attacco del Pokemon era appena terminato con un'esplosione, perciò Darkrai ebbe il tempo di schivarlo, poi si buttò a terra e scomparve fondendosi con le ombre degli alberi.
«Garchomp usa Dragobolide» il Pokemon della campionessa sputò, a qualche metro da terra, un globo incandescente che si scompose e ricadde come tanti piccoli meteoriti, l’attacco piacque molto a Walt.
I piccoli asteroidi precipitarono e colpirono molti punti sul terreno in ombra, fu allora che uno di questi sembrò “farsi male”.
Da quel punto riemerse Darkrai che, con lo stupore da parte di tutti, si moltiplicò in numerosissime copie di se stesso.
«Ha usato Doppioteam!» commentò Camilla, «Solo uno è quello vero fate attenzione!»
Allora tutti iniziarono a colpire la più cospicua quantità possibile di copie, Topolino saltava da una parte all’altra attraversandoli con il Keyblade e Walt schivava di continuo colpi avversari, illuminando la scena con i suoi fulmini.
I colpi di Silente erano una meravigliosa combinazione di finezza distruttiva ed eleganza: un paio di alberi si disintegrarono e scomparvero, uno prese fuoco, un altro si ritrovò abbracciato da pesanti catene ma alla fine Silente mosse la bacchetta come una frusta e una sottile linea luminosa riuscì ad arpionare l’unica copia solida di Darkrai.
Il preside avanzò in avanti continuando a danneggiare Darkrai con i colpi della sua magica frusta, i quali sembrarono particolarmente efficaci.
Fu Topolino però a dargli il colpo di grazia, in un momento in cui Darkrai stava facendo resistenza e Silente faticava a tenerlo fermo, lui saltò in aria e gli puntò il Keyblade contro, dal quale uscì il sottile raggio di Luce che lo colpì in pieno e lo fece sbattere contro un albero; il Pokemon, esausto si fuse nuovamente con l’ombra delle fronde ma tutti videro nitidamente una macchia più scura fuggire via.
«Ti ringrazio, Topolino, non avevo più la forza di trattenerlo, ormai sono un vecchio…» disse Silente.
«Oh ma non è vero Albus» gli rispose il re cortesemente.
«Credo che non si farà più rivedere, andiamo a dare l’ordine che la città può essere riaperta Garchomp, voi aspettatemi qui per favore, e svegliate il vostro amico, ormai non dovrebbe più subire l’influenza di Darkrai» disse Camilla, poi salì in groppa al suo fidato Pokemon e si diressero verso l’ingresso della città.
«Yoda, ti senti bene?» chiese Topolino svegliandolo.
«Perso qualcosa mi sono?» chiese Yoda ritornando a sedere sulla sua poltroncina che ricominciò a fluttuare in aria.
«Abbiamo combattuto contro Darkrai e l’abbiamo allontanato dalla città, scommetto che ieri sera si trovava nei paraggi, avrà sentito la presenza oscura di Malefica o Voldemort e li ha attaccati per salvare la città» ipotizzò Topolino.
«Credo di poter affermare anche che il Pokemon li abbia sorpresi durante il loro interrogatorio al povero professore» disse Silente, sicuro delle sue capacità deduttive.
«Camilla è la campionessa della Lega di Sinnoh, non so esattamente cosa comporti ma sembra un’onorata organizzazione regionale, magari conosce la leggende e ci può suggerire qualcosa» disse Walt improvvisando una mossa utile in quel momento.
I Referenti decisero quindi di attenderla per chiederle informazioni, intanto il maestro Yoda raccontò agli altri i terribili effetti del cadere vittima del sonno, pieno di incubi, di Darkrai.
Le persone iniziarono ad arrivare e a fluire per le strade della città, iniziarono a muovere anche macchine e autobus.
Si intuiva che in quel mondo fossero abituati ad emergenze del genere e la società le tollerava bene, perché nessuno sembrava ne impaurito ne ansioso del ritorno del Pokemon. Probabilmente anche grazie all’influenza di Camilla, che sembrava molto popolare e ben rispetta.
Quando arrivò e i Referenti gli posero le loro domande sulla mitologia di Sinnoh lei li invitò ad accompagnarla nel laboratorio del professor Rowan.
Percorsero così qualche viale assieme e Walt chiacchierò allegramente con lei chiedendole quali fossero i Pokemon di tipo elettro e le loro caratteristiche; scoprì infatti che ce n’erano tantissimi, la maggior parte molto veloci e letali.
Arrivarono al laboratorio e trovarono Luçinda che portava al professore una borsa del ghiaccio da mettere sulla testa.
«Volete sapere qual è il Pokemon che governa il Tempo e dove si trova?» ripeté Rowan per essere sicuro di aver capito.
«Sì esatto professore, se non le dispiace le chiederei in prestito un volume sulla mitologia dei Pokemon» rispose Silente che non riusciva a frenare la sua voglia di conoscenza.
«Oh non c’è problema, la biblioteca di Canalipoli me ne spedisce copie in continuazione, gliene regalo una volentieri, d’altronde avete sconfitto Darkrai, ve lo meritate» disse Rowan e si alzò posando la borsa del ghiaccio sul comodino.
«Per quanto riguarda al Pokemon che governa il Tempo, vi riferite a Dialga, un Pokemon acciaio-drago. Mettersi contro di lui è una follia, si rischia di danneggiare irreparabilmente l’intero ecosistema dell’universo. Il tempo potrebbe iniziare a scorrere in negativo, non so se mi spiego» disse mentre si chinava per controllare gli scaffali delle sue librerie.
«È molto pericoloso, ma è anche da sciocchi. Non esiste un metodo per fare in modo che Dialga si sottometta ai voleri di qualcuno, con una ball qualunque in commercio nessuno riuscirebbe mai a catturarlo, sempre che si riesca ad incontrarlo. L’unica ball infallibile è scomparsa dalla circolazione molti anni fa… ecco qui il suo volume, professore. Un giorno mi piacerebbe molto visitare la sua scuola» disse Rowan porgendo il libro a Silente che gli rispose amichevolmente cercando di non far capire che la sua era una scuola di magia.
«E per quanto riguarda il luogo in cui si trova Dialga?» si intromise Topolino, Rowan si andò a risedere e si rimise il ghiaccio in testa.
«Camilla lo sa bene, vero?» e gli fece l’occhiolino «due anni fa aiutò un giovane allenatore a fermare il piano di Cyrus, lì furono coinvolti sia Dialga che Palkia, il Pokemon che governa lo Spazio. Beh, nessuno sa dove vivano, si ipotizza che dimorino in una dimensione solo loro, ma se invocati in cima al monte Corona la leggenda dice che appariranno dinnanzi agli uomini» disse Rowan e prese dalla tasca un sigaro che si accese con un accendino.
«Professore! Quante volte le ho detto di non fumare in casa?» arrivò la voce di Luçinda dalla cucina che probabilmente aveva sentito il rumore dell’accendino.
Un boato.
La casa iniziò a vibrare, i vetri traballarono, dalla cucina arrivò il rumore di un bicchiere infranto, i presenti si guardarono allarmati, poi cessò tutto.
Fu il professore a parlare per primo «È tornato Darkrai?» si chiese allarmato, ma Topolino aveva un bruttissimo presentimento, corse subito fuori di casa, gli altri lo seguirono; si vedeva un grosso muro di fumo sollevarsi in un punto indeterminato a nord-est della città.
«Camilla, cosa c’è in quel punto?»
Lei aveva gli occhi vitrei, quasi terrorizzata, come se i suoi timori si stessero avverando tutti insieme «Il monte Corona».
 
 
 
 
Le Isole del Destino erano illuminate dal tramonto, sulla spiaggia le onde si infrangevano placide smuovendo la sabbia e le conchiglie portate a riva dalle correnti.
Un fruscio di vento faceva ondeggiare le fronde delle palme e una zattera legata ad un paletto nella rena, una bottiglia di vetro andò a toccarla.
«Ronf… ronf…».
«Ma è mai possibile che trascorri le giornate a dormire sulla spiaggia?» disse un ragazzo alto e magro con lunghi capelli argentati, era affiancato da una ragazza minuta con i capelli castani e una dolce espressione.
«Yawn! È mai possibile che tu mi svegli sempre, Riku?» disse scherzosamente l’amico castano, che fino a qualche istante prima stava sonnecchiando.
Era più basso ma aveva dei luminosi occhi azzurri e i capelli molto spettinati, dei vestiti neri con molte cerniere e tasche e un paio di grosse scarpe gialle.
«Avanti Sora, non dovevate allenarvi? È già da un po’ che non fai altro che appisolarti qui» disse la ragazza, «Kairi ha ragione» sostenne Riku.
«E va bene, se proprio vuoi che ti sconfigga… Hey! Che cos’è quella?!» si interruppe Sora indicando la bottiglia di vetro che galleggiava sul pelo dell’acqua.
«Non dirmi che è quello che penso!» intervenne Riku andandola a recuperare.
Sora la prese in mano, la stappò e fece uscire l’ormai famigliare foglio con disegnato il simbolo di Topolino.
«È un messaggio del re… sembra che abbia bisogno di una mano, Paperino e Pippo stanno venendo a prendermi» riassunse Sora.
«Credo che siano già arrivati» disse Kairi fissando un punto nel cielo.
Effettivamente una gummyship identica a quella di Topolino stava arrivando da lontano, si avvicinò provocando un forte vento e atterrò sulla spiaggia.
I tre amici si avvicinarono, il boccaporto si aprì e ne uscirono un papero e un cane antropomorfi.
Sora corse subito ad abbracciarli «Ragazzi quanto tempo! Mi fa piacere vedervi!» disse.
«Yuk! Anche per noi Sora» disse Pippo tutto contento.
«Hai ricevuto la lettera del re?» disse starnazzando Paperino mentre salutavano gli altri.
«Si, sapete dirmi qualcosa di più preciso?» chiese Sora già euforico per la nuova imminente avventura.
«Purtroppo no, conosci anche tu Topolino, rimane sempre vago. Quando abbiamo ricevuto l’incarico di venirti a prendere lui era già partito per un mondo molto distante, c’è stata una connessione» spiegò Paperino.
Sora sembrava pensieroso, sperava che le forze oscure non riprendessero a muoversi tra i mondi, ma se Topolino riteneva di dover mobilitare sia lui che Paperino e Pippo, non prevedeva niente di buono.
«Va bene, partiamo subito!».





Angolo dell'autore:
Critiche, commenti e nuove idee sono sempre ben accetti!
Le intenzioni dei cattivi sono state svelate! Come riusciranno a sottomettere Dialga?
I Referenti riusciranno a raggiungerli in tempo? Camilla si unirà a loro?
Cosa ci fa Gennaro bullo a Sinnoh? Come mai è apparso Darkrai ? Vi è piaciuta la battaglia?
Siete contenti dell'apparizione di Sora?
Fatemi sapere cosa ne pensate in un commento :)

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Capitolo 7
*** Rise to the Time ***


Capitolo 7
 
 
Rise to the Time
 
 
 
 
La polvere provocata dal colpo iniziò a diradarsi e cadere lentamente, non si vedeva niente e, nel caos, anche qualche Pokemon era scappato dai dintorni.
Non si capiva bene come mai l’entrata principale della caverna fosse stata murata e poi ricoperta di terra, forse per evitare che qualche losco figuro con cattive intenzioni raggiungesse la Vetta Lancia, cosa che stava proprio accadendo.
«Coff!... Coff! È possibile che devi sempre usare questi incantesimi invasivi?» chiese Malefica coprendosi il viso col suo mantello per evitare di respirare la polvere, era rivolta a Voldemort, che qualche momento prima aveva deciso di sua spontanea volontà che la loro discussione sul “ci sarà sicuramente una seconda entrata” li stava facendo perdere troppo tempo.
«Forse perché sono troppo potente per usare incantesimi deboli» rispose lui con superiorità.
«Mhuhuhuhu… In effetti io avrei potuto tagliare il cumulo di terra senza alzare un granello di polvere ma… di certo hai preferito farti notare» disse Doflamingo che si era sdraiato comodamente su un masso a prendere il sole.
Voldemort si avvicinò velocemente a lui con la bacchetta nella mano destra e la bocca semiaperta in un ansimo «Stai attento a quello che dici… pirata».
Lui non aveva cambiato minimamente la sua espressione, con un sorriso stampato in faccia, attualmente era molto a suo agio.
Ormai si era abituato all’idea di altri mondi e altrettanti straordinari poteri, ma dopo la scoperta dei Pokemon, e in particolare dei Pokemon leggendari iniziò a macinare idee molto interessanti.
«Smettetela voi due!» disse Malefica, sbatté il suo scettro a terra e tutta la nube di polvere scese immediatamente giù come spinta da una forza di gravità aumentata.
Il Signore Oscuro smise di puntare la bacchetta contro Doflamingo e tornò indietro, «Quanto ci vuole prima che torni Magneto?» disse spazientito.
«È laggiù» rispose la strega indicando un punto all’orizzonte.
Magneto arrivò fluttuando come al solito e anch’egli aveva un’aria compiaciuta, aveva momentaneamente abbandonato il gruppo per andare a fare scorta di oggetti metallici, in vista dell’imminente viaggio verso Hogwarts. Non sapendo se ne avesse trovato nel mondo dei maghi decise di rifornirsi lì, così partì alla volta di una città e, coperto dall’incantesimo di Malefica, fece razzia di numerosi oggetti metallici che compresse e chiuse nella sua sacca personale.
«Lo sapete che vi si è visto fino dalla città in cui ero? C’è stato come un piccolo terremoto» commentò il mutante appena toccò terra, Voldemort guardò storto tutti quanti.
«Molto bene allora, andiamo? Probabilmente il topo è già sulle nostre tracce, non sappiamo quanto ci metteremo a trovare Dialga, potrebbero raggiungerci» disse Malefica entrando nella grotta, gli altri la seguirono.
Proseguirono a passo spedito nel profondo dell’anfratto, la temperatura scese notevolmente e il buio era quasi totale.
Voldemort ogni tanto lanciava incantesimi di illuminazione per trovare la prosecuzione del percorso; quest’ultimo infatti pur essendo molto contorto era ben scolpito nella pietra e sembrava essere stato utilizzato per molto tempo prima di allora.
I Pokemon non mancavano neanche lì dentro, infatti ne incontrarono numerosi e riuscirono ad identificarli grazie ad uno strumento rubato nel laboratorio del professor Rowan.
Il “Pokedex” (così recitava la scritta sopra la custodia) si attivava ogni volta che veniva puntato contro un Pokemon e ne identificava il nome, la specie, i suoi tipi e le caratteristiche.
Incontrarono numerosi Zubat, Golbat e Geodude, mentre nei laghetti sotterranei videro di sfuggita un paio di Feebas e Finneon.
Voldemort si irritava ogni volta che quell’aggeggio si metteva in funzione.
Era Doflamingo ad averlo preso e controllava l’identità di ogni specie che incontrava come se fosse alla ricerca di qualcuno in particolare.
Stufo di sentire la voce preregistrata di Zubat, Doflamingo si rivolse a Malefica: «Perché non hai lasciato raccontare al professore il potenziale degli altri Pokemon leggendari? Potevano essere anche più interessanti di Dialga».
«Ne dubito…» disse la strega «… e poi lui controlla il Tempo, perciò nessuno riuscirà a contrastarlo, ed è l’unico Pokemon che noi riusciremmo a controllare pienamente».
«Perché è l’unico che potremmo controllare pienamente?» chiese Magneto.
«Ma, mio caro, te lo spiego subito: Voldemort gli scaglierà la maledizione Imperius, e in questo modo avrà il controllo sulla sua mente, Doflamingo con i suoi fili avrà il controllo sui suoi movimenti, e tu, tu piegherai il suo corpo d’acciaio al tuo volere, no?» concluse retoricamente.
«E invece tu, Malefica?» chiese Magneto.
«Beh non hai mai sentito che per battere un drago si ha bisogno di un altro drago? Ecco, quello è il mio ruolo, così sarò sicura che nessuno di voi tre si metterà contro di me» concluse con una logica ferrea.
«Come sei malvagia, mia cara» disse il mutante accarezzandole dolcemente il viso.
«Un nome, una garanzia vero?» commentò Voldemort in un misto di sarcasmo e disgusto.
Malefica non ci diede volutamente peso e proseguirono il loro cammino nelle viscere della montagna. Percorsero tunnel, scale, salite e discese ma non c’era un accenno all’uscita della caverna, e se fosse stato un vicolo cieco?
I dubbi non mancavano, anche perché era più di un’ora che vagavano lì dentro.
«Guardate, forse quella è l’uscita!» disse Magneto indicando un corridoio dal quale iniziava a provenire una piccola dose di luce.
Accelerarono il passo aspettandosi di trovarsi all’esterno, invece arrivarono ad una specie di crocevia di sentieri all’interno della montagna. C’era una differenza sostanziale con tutti gli altri percorsi però, infatti erano tutti ben illuminati da delle torce appese alle pareti e molto più nuovi e ben levigati, come se quello da dove provenivano loro fosse effettivamente abbandonato.
«Ci conviene proseguire verso l’alto» disse Malefica imboccando l’unico tunnel che saliva.
I quattro compagni proseguirono in silenzio e senza parlare… c’era una sorta di tensione in quel momento: Voldemort non sopportava più l’idea di avere dei propri pari con cui confrontarsi e ancor meno di doversi sottomettere alle decisioni di Malefica, per non parlare dell’insolenza del pirata. La strega di per sé era troppo eccitata per darci peso, finalmente era a pochi minuti dalla conquista del suo obiettivo, e una volta ottenuto… lei sarebbe divenuta pressoché invincibile.
Doflamingo invece aveva la testa totalmente altrove, è vero che anche lui non vedeva l’ora di mettere le proprie mani su Dialga, ma stava elaborando un piano tutto suo, voleva sbarazzarsi degli altri e tornare in quel meraviglioso mondo per far sue le creature più potenti che sarebbe riuscito a raggiungere e con loro al suo comando… beh il dominio su Dressrosa in confronto era una banalità.
Magneto invece era l’unico alleato a voler proseguire l’alleanza, in fin dei conti nel suo mondo aveva il suo esercito di mutanti a mantenere viva la ribellione contro il governo umano e Mystica stava coprendo perfettamente la sua assenza.
Proseguirono ulteriormente all'interno della montagna, questa volta sembrava che avessero intrapreso la strada decisiva perché avanzavano indubbiamente verso l’alto.
Arrivarono alla base di una lunga scalinata che percorsero spediti, convinti inconsciamente di essere arrivati alla meta, ma così non fu.
In cima alla scalinata trovarono un enorme masso cubico, sembrava particolarmente pesante e chiaramente bloccava l’accesso ad una porta, o magari all’uscita sulla Vetta Lancia.
Voldemort senza proferire parola sguainò la bacchetta ma Malefica gli mise una mano sulla spalla per fermarlo.
«Osi toccare l’Oscuro Signore?» chiese lui disprezzando il semplice gesto che era appena avvenuto.
«Sì» rispose lei con aria superba.
«È meglio che ci pensi io questa volta» disse Doflamingo camminando verso la pietra con entrambe le mani nelle tasche dei suoi pantaloni bianchi striati di rosa «Non vorrei che il soffitto ci crollasse addosso, non so se mi spiego» concluse con un ghigno sulla faccia.
Sorpassò i due maghi e si posizionò in piedi davanti all’ostacolo, tese il braccio destro verso l’esterno con le dita tesissime e, con un’incredibile velocità, descrisse una falcata con la mano e cinque tagli netti attraversarono la roccia tagliandola in blocchi lucidi e levigati che scivolarono a terra.
«Ecco fatto, prego» disse e fece cenno agli altri di passare per il buco che era effettivamente nascosto dalla pietra.
Entrarono uno dietro l’altro, ma non trovarono l’uscita tanto attesa.
La piccola apertura nella parete rocciosa dava accesso ad un’enorme sala in cui confluivano diversi percorsi come il loro; il soffitto era molto alto, tanto che le labirintiche stradine che la percorrevano si sviluppavano su due piani, era presente anche un ponte di legno.
«Meno male che possiamo spostarci senza camminare, altrimenti per percorrere questa sala ci metteremmo un paio d’ore» commentò Magneto.
«Infatti, dobbiamo sbrigarci» disse Malefica quando però fu interrotta da un fattore inaspettato.
Da una collinetta all’interno della grotta (che costituiva il secondo piano della stessa) rimbombarono delle voci.
Spuntarono tre ragazzi che chiacchieravano animatamente tra loro, dovevano sicuramente essere lì dentro da un bel po’, visto che stavano per attraversare il ponte di legno che li avrebbe portati nella prossima parte del Monte Corona.
I tre amici avevano un aspetto molto giovane, intorno ai sedici anni, vestivano in maniera simile: portavano una T-shirt leggera bianca e avevano i pantaloni di colore differente, blu, rosso e verde.
Erano ancora immersi nelle loro chiacchere quando iniziarono ad attraversare il ponte ma a metà della campata il ragazzino con i pantaloni verdi notò il gruppetto di persone sottostante e tentò, con scarso successo, di attrarre l’attenzione degli amici con delle gomitate.
«Ragazzi ci sono delle persone laggiù» disse alla fine a bassa voce, gli altri si fermarono e guardarono verso il basso alla ricerca dei nuovi arrivati.
Fu quello rosso, il più vanitoso, a sporgersi un po’e a gridare verso il gruppetto con aria di superiorità: «Ehi voi laggiù! Vi sfido in una lotta Pokemon! Il Monte Corona non è un luogo per pivelli!»
Voldemort si smaterializzò.
L’urlo del ragazzino rosso squarciò la sala, cadde a terra terrorizzato dalla paura e cercò a tentoni i compagni dietro di lui.
L’Oscuro Signore era comparso proprio affianco a lui «Credi davvero che noi quattro siamo dei pivelli? Sai, si sa che i ragazzini vanitosi sono sempre i più codardi, ti darò una lezione che non scorderai mai nella tua inutile vita» disse Voldemort particolarmente irritato.
«No, Tom. Accettiamo la sfida invece» si intromise Malefica comparendo anche lei da un alone nero sopra il ponte, proprio dietro al ragazzino.
«Combatteranno loro tre contro i vostri tre Pokemon, ok?» disse rivolta al giovane.
Lui non stava capendo niente era terrorizzato e voleva solo andarsene da lì.
«Blaze, vieni» disse il ragazzo in blu riferendosi all’amico in modo da levarlo dal pavimento in maniera degna.
Blaze allora si alzò andò di fretta dietro di lui, tutt’un tratto la sua indole di dimostrarsi superiore era scomparsa.
Magneto estrasse una pallina di polvere di ferro dalla sacchetta appesa alla cintura, la plasmò in un sottilissimo disco di una trentina di centimetri, ci salì sopra e, con le mani giunte dietro la schiena, volò sul ponte anche lui.
«Mhuhuhuhu sarà un ottimo riscaldamento per dopo» ridacchiò Doflamingo dandosi una spinta con la mano e anche lui volò sul ponte; per gioco atterrò proprio vicino a Blaze e lo fissò da vicino attraverso i suoi occhiali da sole con un sorriso quasi sadico, solo per farlo tremare di nuovo di terrore, poi gli disse indicando Voldemort con il pollice «Ha ragione, sai?».
I ragazzi si disposero da un lato del ponte lasciando un po’ di spazio per far combattere i loro Pokemon, rispettivamente erano: il ragazzo verde difronte a Magneto, il ragazzo blu difronte a Doflamingo e Blaze di fronte a Voldemort che gli sorrideva malvagio; presero una pokeball e la lanciarono.
Doflamingo, armato di Pokedex identificò i loro tre Pokemon: Torterra, Empoleon e Infernape: una grossa testuggine di tipo erba-terra, un pinguino acqua-acciaio e una scimmia fuoco-lotta.
Malefica se ne stava in disparte dietro i suoi tre combattenti e analizzava l’inizio della battaglia in silenzio.
«Empoleon usa Cascata!» le tre battaglie iniziarono: l’enorme pinguino corazzato venne ricoperto dall’acqua e si lanciò violentemente contro Doflamingo che con i cinque fili della mano tentò di boccare la sua spinta.
Magneto aveva creato un muro d’acciaio davanti a lui ma nonostante questo le foglielama di Torterra per poco non attraversavano il metallo lasciando la propria sagoma sulla superficie lucida, nel frattempo Voldemort lanciava un incantesimo giallo contro il lanciafiamme di Infernape.
Magneto concretizzò due travi di acciaio e le usò per colpire Torterra, quest’ultimo le bloccò con le liane che gli uscivano dalla corazza. Non potendolo più attaccare Magneto allora usò il suo potere per sollevare le travi a cui era legato il Pokemon, si sollevò anch’esso e poi lo fece riappoggiare a terra capovolto, in modo da non potersi più muovere.
«Infernape usa Calvinvolo!» disse Blaze, la scimmia infuocata compì un grande balzo in alto ma a mezz’aria Voldemort la incantò «Immobilus», il Pokemon si bloccò dov’era e il Signore Oscuro la fece sbattere contro la parete di roccia retrostante facendolo poi cadere a terra esausto.
«Perforbecco!» gridò il ragazzo vestito di blu al suo Empoleon, quest’ultimo saltò in aria e scese in picchiata verso Doflamingo roteando vorticosamente su se stesso evidenziando il becco affilato.
Doflamingo lo schivò saltando via all’ultimo, poi si fermò «Overhito!» gridò e la stessa lunga corda incandescente che aveva utilizzato a Hogwarts si formò nella sua mano e la usò come frusta verso il basso.
L’impatto fu molto più forte del previsto, distrusse completamente il ponte e gran parte della collina che ne sorreggeva un’estremità, scaraventando detriti ovunque e facendo sparire i tre ragazzini e i loro Pokemon nella nuvola di polvere.
Magneto volteggiò verso il versante opposto, dove si trovava l’anfratto di uscita, Malefica si era già posizionata lì prima che il pirata sferrasse quel colpo, e Voldemort ci si era appena materializzato.
«Era davvero necessario?» chiese la strega con aria quasi di rimprovero quando il pirata si appoggiò al suolo, «Ti ricordo che abbiamo i Referenti alle calcagna, non ti conviene lasciare tracce del tuo passaggio» concluse e così dicendo si voltò e andò dritta verso la nuova sala, seguita da Magneto.
Voldemort si avvicinò Doflamingo, lo sorpassò e poco prima di sparire nel cunicolo disse «Vedi di non farti notare, Doffy».
Il tunnel che intrapresero fu incredibilmente più breve degli altri, forse segno che si stavano avvicinando sempre di più alla meta, fatto sta che invece di sbucare sulla vetta si ritrovarono in una nuova sala, questa volta più piccola della precedente ma molto squadrata. Al suo interno era presente una sorgente d’acqua situata in un punto in alto, il fiumiciattolo che creava si divideva in due e in un punto di dislivello elevato formava due cascate. Questa scena era molto mistica e suggestiva, infatti le due cascate finivano in un laghetto comune e sembravano incorniciare tutta la parete rocciosa.
C’era una piccola penisola che si inoltrava nel laghetto sotterraneo, tutto era avvolto da una fitta nebbiolina prodotta dalla discesa delle cascate.
«Questa sala sembra creata su misura» disse Malefica commentando lo spettacolo naturale, intanto si diresse istintivamente verso le sponde dello specchio d’acqua «Sento una fonte di potere» disse scrutando le due cascate alla ricerca di qualcosa.
Gli altri compagni la seguirono verso l’acqua cercando di percepire qualcosa anche loro.
La strega continuò a camminare percorrendo il sottile promontorio sull’acqua.
«Hey, venite qui!» disse dopo qualche minuto di silenzio, gli altri si guardarono tra loro poi la seguirono nel mezzo del laghetto.
La trovarono ferma, come sempre appoggiata con una mano al suo scettro, che però questa volta presentava la sfera illuminata.
«Qui ci sono due fonti di potere» e indicò al suo esterno.
Effettivamente la piccola striscia di terra si biforcava in due parti per un paio di metri e alla fine di ognuna era presente un piccolo altare di pietra.
I due piedistalli portavano delle incisioni ma quello che attrasse l’attenzione di tutti fu ciò che sostenevano.
Sull’altare di sinistra c’era un’enorme sfera perlacea che rifletteva la luce della grotta sulla sua superficie opaca.
Sull’altare di destra invece c’era una grossa pietra grezza semitrasparente, anch’essa sbrilluccicava di mille colori.
Lo scettro di Malefica reagiva con i due oggetti, infatti si illuminava più intensamente ogni volta che lo avvicinava.
Tutti quanti si accostarono e a turno visionarono le due antiche pietre, sembravano di enorme valore.
«Questo è un diamante» disse Doflamingo analizzando da vicino la pietra grezza, «Mentre quella invece è una perla enorme» continuò «nel mio mondo contrabbandavo anche antichi tesori come questi oltre alle armi e ai frutti del diavolo artificiali».
«Frutti del diavolo artificiali?» chiese Voldemort di conferma, che non aveva abbandonato l’idea di voler mangiare uno di quei mistici frutti.
«Sì, li producevo prima che… beh… ora non li produco più. Rimangono quelli naturali che spesso sono anche più forti» continuò Doflamingo.
«Non ci conviene appesantirci troppo» disse Malefica fra sé e sé «E bisogna sbrigarsi prima che il topo…».
«Intendi prenderne una?» la interruppe Magneto.
Lei sembrò rendersi conto solo in quel momento di aver parlato a voce alta ma si sbrigò a confermare «Si, sembrano oggetti molto potenti, devono avere intrinseca una strana forma di magia… Me ne porto uno dietro per esaminarlo, se mi dovesse servire anche l’altro saprò dove trovarlo, scelgo il diamante, si addice di più a me» scelse la strega, così mosse il suo scettro verso l’alto e illuminandolo ancor di più avvolse il grosso diamante grezzo di un alone verde, questo lentamente si sollevò e andò a posizionarsi nella borsa in cui Magneto aveva rimpicciolito gli oggetti metallici.
«Molto bene, andiamo, sbrighiamoci» disse esortando gli altri a muoversi a raggiungere delle scalette laterali.
Le percorsero e finalmente l’ultima grotta li fece sbucare all’aria aperta.
Si dovettero un attimo coprire il volto a causa della forte luce che inondava quel luogo, avevano superato l’altitudine delle nuvole, perciò il sole illuminava tutto senza ostacoli.
Un altro fattore che contribuiva a rendere splendente quella vista era che in cima al monte era tutto bianco, ma non di neve, era tutto di marmo.
La Vetta Lancia ricordava particolarmente un antico tempio ormai in rovina, di cui erano rimaste in piedi solo alcune colonne e del soffitto non c’era neanche l’ombra. Qualche detrito era ancora presente qua e là, per il resto solo lo scheletro di quel tempio era sopravvissuto.
Non vi era alcun rumore oltre al fruscio del vento.
«Questo sì che è un luogo degno del Pokemon che stiamo cercando» disse Doflamingo ad alta voce, in effetti quella suggestiva ambientazione sembrava donare un senso di antichissimo potere a tutti, convinse brevemente anche Voldemort.
«Bene! Avanziamo!» esortò Malefica che percepiva anche il tempo stringere, oltre alla magnificenza del posto.
Camminarono in avanti, visto che ai loro lati dopo qualche metro di pavimento marmoreo era presente l’inconfondibile burrone che delimitava la cima del monte.
Attraversarono ciò che centinaia di anni prima doveva essere un altissimo atrio bianco e si diressero verso il centro della vetta, vi erano inoltre numerose statue ormai distrutte. Raggiunsero così una grossa piattaforma sempre in marmo.
«Eccoci il posto deve essere questo» disse Malefica convincendosi da sola, si fermò e gli altri fecero altrettanto.
«Abbiamo un modo per farlo comparire?» chiese Voldemort ritornando suscettibile.
«Prova ad invocarlo» suggerì Magneto.
Così Malefica disse schiarendosi la voce e alzando il suo scettro verso l’alto «Io ti invoco, Dialga, signore del Tempo!» e poi lo batté a terra.
Attesero qualche momento.
Non accadde nulla.
«Non servirà magari qualche formula che il vecchio non ci ha detto» ipotizzò l’Oscuro Signore.
«Non siamo neanche sicuri che questo sia il luogo giusto» disse Doflamingo.
«E se fossero solo leggende?» continuò Magneto.
Malefica si stava arrabbiando.
Non solo perché gli altri mettevano il dito nella piaga coi loro commenti ma perché era sicura dell’esistenza di quel Pokemon, era sicura del potenziale di successo del suo piano e adesso si ritrovava di fronte ad uno stupidissimo errore di percorso.
La terra iniziò a vibrare e il suo scettro si illuminò.
Non ci vedeva più dalla rabbia, avrebbe distrutto tutto, magari così sarebbe venuto a vedere cosa stesse succedendo.
Ora la terra stava vibrando notevolmente come colpita da un terremoto e la strega si illuminava di un alone verde.
«Malefica, cosa stai facendo?» chiese preoccupato Magneto vedendo che le vibrazioni ormai erano diventate nettamente più forti, alcune colonne si scheggiarono e i detriti più piccoli iniziavano a ballare sul pavimento.
«Forse vedremo finalmente il potenziale di quella strega» commentò Voldemort nel fragore delle scosse.
Magneto aveva fatto cadere a terra la sua sacca andando a cercare di svegliare Malefica dal suo stato di trans dovuto alla rabbia.
«Mhuhuhuhuh, mhuhuhahahahah» Doflamingo rise, rise di quel potere, rise della distruzione che stava iniziando; quanto si sentiva di nuovo vivo e pronto a riconquistare tutto ciò che aveva perso!
L’aura malvagia di Malefica si espanse in fuoco verde e nero, portò nuovamente lo scettro al cielo e alle scosse di terremoto se ne aggiunsero di nuove provenienti dai fianchi della montagna.
Da lì infatti stavano crescendo a dismisura delle enormi piante di rovi, possenti e scure, pronte a servire la loro padrona, pronte a spegnere la luce abbagliante di quel luogo.
Ma in quel momento, un particolare la distrasse.
Le scosse si fermarono e i rovi smisero di crescere, fortunatamente non avevano ancora raggiunto la Vetta Lancia.
L’aura verde attorno alla strega si spense e lei si voltò ignorando Magneto davanti a lei.
Il diamante contenuto nella sacca del mutante era caduto a terra e stava emanando impulsi di luce azzurra.
Voldemort ebbe un’intuizione, gli puntò la bacchetta contro e, come aveva fatto Malefica nella sala precedente, lo sollevò e lo posizionò proprio al centro dell’altare di marmo.
Tutti osservarono la scena coi nervi a fior di pelle.
Delle nuove scosse ripresero, non per mano loro, e pochi secondi dopo una intensissima luce blu scaturì da un punto nel vuoto di fronte all’altare.
Riuscirono a intravedere un enorme foro aprirsi, poi il nulla, la luce era troppo forte.
Però una cosa udirono: due tonfi pesanti.
La luce si spense e loro aprirono gli occhi.
Davanti a loro, sull’altare di marmo, si era materializzato Dialga.
Era alto più di cinque metri ed era simile ad un dinosauro quadrupede: principalmente blu scuro con alcune parti grigio lucente, al centro del petto aveva incastonato un enorme diamante blu; inoltre aveva una cresta sulla schiena simile a delle costole ulteriori, possedeva anche due corna sulla sommità del capo e lunghi artigli in acciaio sulle zampe.
Si sentiva il ritmico battito del suo cuore che scandiva i secondi trascorsi.
Aveva un’aria semplicemente maestosa, questa volta sì che tutti quanti erano ammaliati dalla potenzialità dei Pokemon.
«È lui, ed è meraviglioso» commentò Malefica… poi velocemente illuminò il suo scettro, descrisse un cerchio in aria e lo sbatté a terra.
I rovi crebbero istantaneamente e avvolsero Dialga da quattro punti diversi.
Il Pokemon leggendario iniziò a divincolarsi ed emise un ruggito meraviglioso seppur disperato.
«Magneto!»
«Sì» rispose lui serio.
Dialga aveva già iniziato a strappare i rovi e tentò di volare via, infatti era già a più di un metro dal suolo, ma Magneto intervenne.
Si posizionò di fronte all’altare, guardò Dialga serissimo, gli puntò una mano contro e l’altra la allungò dietro la schiena.
Subito l’enorme Pokemon rallentò i suoi movimenti. Si sentì il rumore del metallo stridente, ruggì nuovamente e venne attratto verso terra.
Magneto stava facendo un enorme sforzo per tenerlo fermo tant’è che aveva chiuso gli occhi in un’espressione di assoluta concentrazione, una goccia di sudore gli scese dalla fronte.
Il Pokemon non riuscì più a divincolarsi, anzi compiva a fatica ogni movimento, fu però quando la forza magnetica lo costrinse a inginocchiarsi che Doflamingo compì un salto altissimo.
Rimase sospeso qualche momento in aria sopra all’altare, con tutti gli arti divaricati e la sua giacca di piume rosa svolazzante, ridendo.
Poi ritornò verso terra atterrando in groppa a Dialga e, con la mano e con i suoi fili, bloccò a Dialga qualunque movimento.
Il Pokemon leggendario fece l’unica cosa che non aveva ancora tentato di fare per liberarsi: attaccare.
Il suo ruggito raggiunse ogni angolo della montagna, il suo corpo iniziò ad emanare delle onde blu, il tempo iniziò a scorrere diversamente, a distorcersi.
Le nuvole si muovevano a scatti: calò la sera per poi ritornare pieno pomeriggio.
Dialga aprì la bocca e un’enorme sfera di fuoco gli si materializzò dentro.
«Tom, ora!» gli urlò Malefica.
Mancavano pochissimi secondi al lancio di quel getto di fiamme ma Voldemort aveva già estratto la bacchetta con il nucleo di fenice, la puntò verso il Pokemon e pronunciò «Imperio».
Tutto si bloccò.
Le nuvole e il sole tornarono al loro posto e Dialga smise di opporre resistenza a Magneto e Doflamingo, spense il globo di fiamme e si rimise in piedi senza accenno di disobbedienza.
«HAHAHAHAHAHA! Finalmente!» rise malvagiamente Malefica «Abbiamo il controllo sul Tempo! Salitegli in groppa, presto!» ordinò.
Tutti raggiunsero Doflamingo e si aggrapparono alle enormi costole di Dialga, lui mosse la mano e quest’ultimo fece un balzo verso l’alto, compì un arco nel cielo e si immerse nel tunnel blu da cui era provenuto: la dimensione del tempo che, insieme a quella dello spazio, collega tutti i mondi.
La risata di Malefica si spense sopra gli occhi increduli dei Referenti, appena sbucati sulla Vetta Lancia.
 
 
 
 
 Tutti quanti accorsero fuori dal laboratorio del professor Rowan preoccupati, alzando lo sguardo verso l’alto poterono ammirare la preoccupante colonna di polvere che si stava innalzando dalla base di un enorme massiccio montuoso.
Camilla prese mano immediatamente al telefonino, digitò qualche tasto e si mise l’apparecchio all’orecchio, in attesa, poi prese a camminare freneticamente avanti e indietro.
«Hanno un paio d’ore di vantaggio» concluse Walt dopo qualche secondo di silenzio mentre la campionessa finalmente riceveva una risposta.
La colonna opaca di pulviscolo cadde improvvisamente senza lasciare traccia nel cielo limpido, «Quella è opera della magia» intervenne Silente commentando lo strano fenomeno gravitazionale.
«Se dovete andare al Monte Corona tutti insieme, posso aiutarvi io!» disse il professor Rowan appoggiato all’uscio della porta del suo laboratorio, «Recentemente ho iniziato ad allevare Pokemon da trasporto, so che è un metodo innovativo per gli allenatori e ad Alola ne usufruiscono già da parecchio tempo. Ho contattato la Lega Pokemon e il Comitato delle Pensioni e abbiamo stipulato un piano di inserimento del Pokepassaggio anche a Sinnoh. Ho uno stormo di Staraptor pronti al decollo».
«Sarebbe di grande aiuto in effetti, eviteremmo di farci notare con la gummyship» rispose Topolino all’offerta.
Camilla riagganciò il telefono e tornò verso i Referenti «Ho brutte notizie, la polizia di Cuoripoli ha già sorvolato la zona e mi confermano che è avvenuta un’esplosione nella vecchia entrata del Monte Corona, purtroppo non è riconducibile a dei Pokemon selvatici», disse riferendo le novità appena acquisite.
«Loro sono, raggiungerli immediatamente dobbiamo» disse il maestro Yoda.
«Venite pure sul retro!» li invitò il professore apparentemente entusiasta di sperimentare il suo stormo operativo.
Rientrarono nello studio, Luçinda stava pulendo dove aveva rotto il bicchiere aiutata dal suo energico Piplup, il professore introdusse l’argomento mentre entravano in un corridoio dietro la sala del laboratorio «Erano anni che ero invidioso del sistema di trasporto presente ad Alola, soprattutto perché quella è una regione ancora così inefficiente a livello tecnologico… così proposi al Comitato delle Pensioni di poter iniziare ad allevare Pokemon in vista dell’inserimento di questo servizio così utile anche qui» continuò mentre attraversarono un paio di stanze da letto, poi, alla fine del corridoio vi era una porta che dava sul prato nel retro: «Immaginate!» disse mentre la apriva con vigore e mostrava orgoglioso il suo allevamento di Staraptor, dei Pokemon simili ad aquile alte quanto un uomo «Immaginate di poter abbandonare tutte le MN che gli allenatori si portano dietro, il servizio di Poketrasporto vi aiuta, se dovete volare da qualche parte non c’è più bisogno di avere un Pokemon capace in squadra, vi basta una telefonata e uno Staraptor vi verrà subito a prendere!» disse orgoglioso.
I Referenti non avevano capito bene la meccanica del servizio però non dissero educatamente niente.
Luçinda arrivò di corsa e sbucò con la testa dalla porta: «Professore! La vogliono al telefono per un’intervista sull’attacco di Darkrai!» lo informò la giovane assistente.
«Vogliono me? Camilla non sarebbe il caso se andassi tu?» disse Rowan aggrottando la fronte.
«La ringrazio professore ma preferisco accompagnare loro in questo viaggio, magari gli serve qualche ulteriore chiarimento sui Pokemon».
«Capisco, allora io vado, scegliete pure gli esemplari che preferite. Loro torneranno qui da soli, buona fortuna!» disse seguendo Luçinda in casa.
Si presero qualche minuto di concentrazione per capire quale rapace sarebbe stato meno complicato da cavalcare… effettivamente per Topolino e Yoda la differenza di dimensioni era notevole.
Anche Walt era un po’diffidente verso quei Pokemon, senza dubbio erano in grado di trasportare una persona ma l’aspetto selvatico lo indirizzò verso la scelta del volare seguendo gli altri, dato che lui era in grado di farlo.
Fu Silente a salire in groppa per primo, con stupore di tutti, rimembrando i giorni da domatore di Thestral nel parco della scuola, quando era ancora uno studente.
«È più facile di quanto possa sembrare» disse il preside afferrando le piume sulla nuca del Pokemon.
Walt fluttuò in aria senza dire nulla, sperando che sembrasse naturale il fatto che lui non prendesse in considerazione di cavalcare un aquila gigante per spostarsi.
Camilla aiutò Yoda e Topolino, che optarono per dividersi un esemplare tra loro, dato che ci stavano comodamente entrambi.
La campionessa scelse il suo e presero tutti il volo verso il Monte Corona.
Il forte attrito con l’aria sbatacchiava la lunga barba, i capelli candidi del preside e anche la sua elegante veste turchese, ma non fu abbastanza per evitargli di aprire il gruppo verso la meta.
Walt volteggiava allegramente intorno a Camilla, era da tanto tempo che non volava in quel modo nel cielo aperto, davvero tanto tempo che non si sentiva così libero.
La campionessa per tutta risposta iniziò anche lei a volteggiare e compiere qualche capriola con il suo Staraptor, si vedeva che era davvero un’abile allenatrice.
Sorvolarono una città che scoprirono chiamarsi Mineropoli e intravidero una lunga pista ciclabile rialzata.
«Il Monte Corona è stato chiuso due anni fa in seguito al tentativo di un team malvagio di impadronirsi della regione!» disse Camilla ad alta voce per contrastare il rumore del vento, tutti le si avvicinarono per sentire la storia.
«Cyrus mise in grave pericolo non solo Sinnoh ma il mondo intero, visto che entravano in gioco i tre Pokemon leggendari con il potere più importante di tutti. Aiutai un giovane allenatore a sconfiggerlo e a salvare il mondo e da allora la Lega Pokemon di Sinnoh ha deciso di chiudere l’accesso alla montagna» continuò «Negli ultimi periodi alcuni allenatori hanno creato una nuova entrata nel fianco del monte, sono andata ad esaminarla ed effettivamente fa risparmiare molto tempo per raggiungere la vetta, quindi ci conviene entrare da lì» propose.
«Ma certo Camilla, guidaci tu!» rispose Walt.
Gli Staraptor volavano molto veloci e spediti nel cielo, Walt si adeguava alla loro velocità per non perdere il gruppo, anche i suoi vestiti bianchi a strisce azzurre sbattevano al vento.
Arrivarono nel punto in cui era avvenuta l’esplosione e istintivamente rallentarono per dare un’occhiata.
Effettivamente sembrava che un grosso cumulo di terra fosse saltato in aria e si vedeva anche una piccola entrata nella montagna, ma loro non si fermarono e iniziarono a costeggiare il pendio boscoso.
«La nuova entrata è laggiù, seguitemi» informò la campionessa che iniziò la discesa seguita dagli altri.
Videro un piccolo sentiero che dal folto del bosco compiva diversi tornanti per arrivare fino ad una grotta. Loro atterrarono direttamente lì davanti, in un prato.
Scesero dai Pokemon, che li salutarono e ripresero il volo verso casa.
«Qui dovremmo essere già numerosi piani più in alto rispetto all’entrata principale» confermò ulteriormente Camilla.
«Beh, non ci resta che entrare» disse Albus addentrandosi per primo nell’anfratto, illuminò la punta della bacchetta senza dire nulla e tutti insieme iniziarono a seguirlo.
Incontrarono già lì numerosi Pokemon che però sotto consiglio dell’esperta in materia lasciarono stare, per evitare di perdere tempo.
Salirono numerosi gradini e attraversarono diverse sale, quando si trovarono ad un crocevia.
«Dove ci conviene andare?» chiese Topolino.
«Nel sentiero che va verso l’alto…» stava dicendo la ragazza quando, improvvisamente, un boato immenso echeggiò lungo le pareti rocciose.
«…ma cosa diavolo è stato?» finì la frase.
«Sembra che i nostri amici abbiano trovato un intoppo» disse Silente nella preoccupazione generale e si sbrigò a intraprendere il corridoio che saliva.
Dopo una decina di minuti di corsetta si ritrovarono la strada sbarrata da dei detriti.
«Questa frana qui non c’era!» disse Camilla nettamente più preoccupata, era vero che lì non ci sarebbe dovuto più andare nessuno ma gli dispiaceva profondamente che una meraviglia della natura della sua regione venisse intaccata dalle mani di indegni provenienti da altri mondi.
«Vai Garchomp!» disse lanciando una ball che si aprì a mezz’aria per liberare il Pokemon, «Usa fossa e vai dall’altra parte dei detriti per aiutarci a liberare il passaggio» gli ordinò, e lui si tuffò nel terreno scomparendo.
«Molto bene, noi da questo lato impegnarci dovremo» disse Yoda scendendo dalla poltroncina e concentrandosi.
Iniziò a muovere le manine verdi e piano piano fece fluttuare via un masso dopo l’altro; anche Silente iniziò a compiere semplici incantesimi di levitazione sui massi più grandi per spostarli via.
Walt tentò inutilmente di sollevarne un paio a mano.
L’operazione non era veloce viste le numerose rocce ma da vedere era uno spettacolo, perché sia Silente che Yoda compivano rispettivamente dei movimenti con la bacchetta e con le mani molto eleganti e apparentemente senza fatica.
Il processo durò quei minuti necessari e dopo poco riuscirono a raggiungere Garchomp che scavava dall’altra parte.
La situazione però, non fu delle migliori.
«Ma qui è crollato tutto!» gridò preoccupato Topolino che appena ci fu un varco abbastanza grande da infilarcisi lo oltrepassò per entrare nella sala.
Effettivamente era vero, c’erano detriti ovunque ma si capiva nettamente da dove provenne il colpo che aveva causato tutto.
Quasi al centro della grotta infatti c’era un taglio netto, da cui si diramavano tutte le macerie, probabilmente era presente anche una costruzione di legno, ce n’erano pezzi ovunque e alcuni bruciacchiavano.
«Venite ad aiutarmi, ci sono dei ragazzi qui!» chiamò Topolino.
Gli altri Referenti e Camilla accorsero immediatamente verso il re e trovarono un orribile spettacolo: Blaze e il suo amico dai pantaloni verdi erano seduti affianco ad un cumulo di rocce sotto cui era incastrato il terzo ragazzo con i pantaloni blu, svenuto.
Affianco a loro c’era l’Infernape di Blaze cha si agitava verso i nuovi arrivati chiedendo aiuto e indicando i ragazzi che probabilmente aveva tirato fuori dalle macerie.
Camilla si avvicinò al Pokemon e cercò di calmarlo mentre Silente controllava che tutti e tre i ragazzi fossero vivi e non avessero riportato ferite o fratture gravi.
«Per fortuna» disse Walt cercando di sollevare un masso che ostacolava l’uscita del ragazzo svenuto.
Yoda gli venne in aiuto usando la Forza in maniera molto più efficiente.
Il preside puntò la bacchetta contro le ferite del primo ragazzo, mormorò una formula magica e le sue lacerazioni iniziarono a rimarginarsi istantaneamente.
Poco dopo Blaze si svegliò di soprassalto.
«Oh mio Dio!» disse aprendo gli occhi senza mettere a fuoco ciò che in realtà succedeva.
«Calma, calma, va tutto bene, è tutto finito» disse Silente in tono molto capace, lui sembrò non comprendere ma poi si rese conto di ciò che era successo e iniziò a raccontare lacrimando.
«Sigh… li ho voluti sfidare… sembravano degli stranieri… ma poi hanno attaccato i nostri Pokemon, li hanno sconfitti subito…» e li si mise a piangere cospicuamente, «È tutta colpa mia! Dovevo stare zitto! Non sarebbe successo niente a Travers!» disse nascondendosi il volto tra le mani.
Silente, ma anche tutti gli altri, capirono che la cosa migliore fosse farlo sfogare un po’, d'altronde piangere gli avrebbe fatto solo che bene.
Il preside allora si mise a curare le ferite degli altri ragazzi visto che nel frattempo Yoda e Garchomp avevano liberato l’ultimo, che avevano appena scoperto chiamarsi Travers.
Ci fu un rumore.
Dei detriti erano rotolati via dalla parte opposta della montagnola dove si trovavano loro.
I Referenti si guardarono tra loro e Walt volò subito dall’altra parte compiendo un arco in aria a testa in giù.
Alcune pietre si spostarono e ci fu un altro rumore di spaccatura, uscirono due liane e le ultime pietre schizzarono via.
L’enorme Pokemon testuggine si era liberato dalla roccia, Walt lo guardò incuriosito, lui lo fissò qualche secondo, poi decise di ignorarlo e uscire lentamente dal cumulo.
Con ulteriori due liane trascinò fuori un terzo Pokemon simile ad un pinguino.
Camilla accorse seguita a ruota dall’Infernape di Blaze.
«Ma è un Torterra!» disse vedendolo; il Pokemon era evidentemente sfinito, infatti appena fu libero ritirò le sue liane e si appoggiò a terra a dormire.
«Questo Empoleon è gravemente ferito, ha bisogno di cure mediche» constatò la campionessa esaminandolo da vicino.
In effetti anche gli altri notarono un’enorme bruciatura che lo percorreva su tutto il corpo, nonostante fosse un Pokemon d’acqua.
Camilla iniziò a dire «Bisogna portarlo subito in un Centro Po…»
Iniziò un fortissimo terremoto.
Le scosse stavano facendo vibrare tutto, i Referenti si guardarono preoccupati, in quel momento numerosi frammenti di roccia caddero dal soffitto.
Yoda li vide, chiuse gli occhi e puntò le mani verso l’alto, le rocce rallentarono e si fermarono sopra le loro teste.
Poi, con un gesto, le lasciò cadere di lato ma intanto il terremoto cresceva sempre di più e il soffitto continuava a cedere, bisognava andarsene.
«Aiuto! Aiutatemi!» gridò Balze in preda al panico, anche Torterra si era risvegliato e si agitava insieme a Infernape.
Numerose radici nere iniziarono a sfondare le pareti laterali della sala crescendo a dismisura.
«Malefica!» gridò Topolino evocando il Keyblade e correndo verso la porta di uscita della sala.
Poi tutt’un tratto il terremoto smise, Topolino si fermò e si guardò intorno in cerca di spiegazioni, perché tutto quanto si era fermato? Era forse troppo tardi?
«Dobbiamo sbrigarci, forza! O non li raggiungeremo mai!» incitò Walt.
«Voi andate!» intervenne Camilla «Voi andate, io resto e porto questi ragazzi e i loro Pokemon al sicuro»
«Ma potrebbe essere pericoloso! E se iniziasse di nuovo a caderti il soffitto sulla testa?» disse Walt insistendo per rimanere con lei, almeno finché gli altri non fossero tornati.
«Stai tranquillo, io ho Garchomp» disse lei sorridendo e facendo rientrare i tre Pokemon nelle loro sfere «E non dimenticatevi che sono la Campionessa della Lega di Sinnoh, è il mio compito» concluse.
Walt e gli altri si convinsero «Allora buona fortuna, campionessa, ci rivedremo».
«Aspettate! Nella prossima sala troverete due antiche reliquie: la Splendisfera e l’Adamasfera. Prendetele, sono estremamente connesse a Dialga e Palkia, non voglio che le reliquie della mia regione cadano in mano di quei farabutti» concluse mentre Garchomp prendeva in spalla i due ragazzi ancora svenuti.
«Sarà fatto» dissero in coro i Referenti e si addentrarono nell’anfratto.
Percorsero quelle scale molto velocemente, le scosse erano ricominciate in maniera decisamente più flebile ma sentivano che il tempo scarseggiava davvero.
Mentre correvano, Yoda li avvertì che percepiva un’enorme quantità di potere sopra di loro, molto probabilmente Dialga aveva fatto la sua comparsa.
Arrivarono nella sala con le cascate, alcuni detriti erano caduti anche lì a causa delle forti scosse ma fondamentalmente il paesaggio era comunque mistico e surreale.
Ma accadde qualcosa di strano quando Walt entrò lì dentro.
La stanza si illuminò improvvisamente di una fitta aura rosa molto opaca, tutti rallentarono notevolmente il passo a causa di quel fenomeno.
Dal centro del lago, una sfera perlacea schizzò velocemente verso Walt e si mise a fluttuare davanti a lui.
Istintivamente la toccò con il palmo della mano, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
Quel contatto provocò una notevole reazione, tutta quell’aura rosa fu assorbita dal corpo di Walt che si guardò intorno, incredulo, sotto gli occhi di tutti gli altri.
La scena durò qualche secondo poi quando finì Walt rimase sospeso a una decina di centimetri da terra con il palmo leggermente staccato dalla Splendisfera che ancora galleggiava davanti a lui.
Aveva avvertito come una fortissima concentrazione di energia scorrergli dentro, sembrava che un suo vecchio potere fosse ritornato.
Un ruggito fortissimo li riportò tutti alla realtà.
«Dobbiamo andare!» disse Walt stesso, ancora con un’espressione piena di incredulità ma anche di curiosità di voler provare a riutilizzare quella vecchia abilità, per vedere se aveva ragione.
Salirono le scale di fretta e sbucarono nella luminosissima Vetta Lancia: alzando lo sguardo videro Dialga scomparire in un cerchio blu seguito dall’ancora echeggiante risata di Malefica.
«È troppo tardi…» disse Topolino automaticamente, e aveva ragione.
A tutti si dipinse sulla faccia un’espressione di delusione.
Walt addirittura si lasciò cadere su un blocco di marmo.
Gli altri avanzarono verso il centro della vetta, per cercare indizi e ne trovarono uno importante.
Al centro della piattaforma di marmo era presente l’Adamasfera, che tutti si erano dimenticati dopo l’evento ambiguo avvenuto con la gemella.
Tant’è che alla vista del diamante gigante tutti si aspettavano che sarebbe successo qualcosa, ma nulla accadde così Silente la prese con sé.
«Dobbiamo sbrigarci, saranno diretti a Hogwarts!» constatò il preside facendo mente locale e sentendo la preoccupazione che lo avvinghiava sempre più, «Non posso smaterializzarvi tutti quanti insieme, dovrò fare più viaggi per raggiungere la gummyship» concluse.
«Siamo troppo lenti! Con la gummyship ci metteremo più di due ore ad arrivare!» disse Topolino aggravando la situazione.
Walt aveva iniziato a far volteggiare la Splendisfera tra le mani, non sapeva proprio perché ci stesse riuscendo.
 «Un modo più veloce trovare dobbiamo» incitò Yoda pensieroso.
Ci fu qualche secondo di silenzio in cui il vento soffiava e ululava tagliato in due dalla presenza della montagna.
Poi a Walt gli venne un’idea.
«Ma certo!» disse andando a posizionare la Splendisfera nel punto in cui avevano trovato la sorella «Abbiamo bisogno di Palkia!» esclamò lasciando gli altri nello stupore.
Quando si accorse che nessuno aveva compreso le sue intenzioni si affrettò a spiegare: «Invocheremo Palkia e gli chiederemo di portarci a Hogwarts! Se è il Pokemon che governa lo Spazio deve pur saperlo fare!»
«Ma Walt…» iniziò Topolino «… non è detto che lui ci ascolti e esaudisca le nostre richieste. Non sappiamo le sue intenzioni. Tu che ne dici, Albus?»
«Concordo…»
«Oh bene allora dobbiamo tornare».
«… con Walt» concluse il preside.
Topolino si fermò e Silente si abbassò per mettergli una mano sulla spalla «Vostra Maestà non solo la mia scuola è in pericolo in questo momento ma anche le vite di Minerva e di Hagrid, e credo che il discorso possa essere esteso a tutti i mondi. Perciò non ci resta che raggiungerli nella maniera più veloce possibile» disse convincendo Topolino.
Poi si alzò raggiunse l’altare e invocò il Pokemon: «Palkia, leggendario Pokemon dello Spazio, noi ti supplichiamo, abbiamo bisogno del tuo aiuto».
La Splendisfera iniziò a emanare impulsi di luce rosa e la terra ricominciò a tremare mettendo tutti in allarme.
Un vento ben più forte del normale si scagliò contro di loro e una fortissima luce rosa li abbagliò.
Da un portale ne uscì il Pokemon che avevano invocato e si appoggiò sull’altare.
Anche Palkia era grande e maestoso, a differenza della sua controparte  lui era bipede, aveva un corpo bianco ornato da numerose strisce fucsia, dalla base del collo si estendevano due ali ed era dotato di una lunga coda, sulle spalle aveva due enormi perle.
Il silenzio era tornato tombale, tutti i Referenti ammiravano quella creatura di fronte a loro ma fu Walt a farsi avanti: «Palkia, ti prego, i mondi sono in grave pericolo, devi portarci da Dialga! A Hogwarts!»
Palkia non mutò la sua espressione dura e seria ma guardò il ragazzo con interesse.
«Ti prego…» disse lui disperatamente.
Palkia guardò l’Adamasfera in mano a Silente e decise.
Le perle sulle sue spalle si illuminarono di un rosa acceso, la terra tremò un’ultima volta, divaricò le braccia emettendo un ruggito molto più particolare di quello di Dialga ma che incarnava pienamente l’essenza dello Spazio e delle dimensioni.
E per i Referenti, tutto sparì nel rosa.
 
 
 
 
Lo spazio profondo era sempre stato uno spettacolo interessante, si vedevano mondi così strani, Sora ricordava ancora il giorno in cui furono inghiottiti da una balena, e quel pensiero lo fece sorridere.
Però effettivamente non era mai stato in un mondo così distante, era già da un po’che viaggiavano.
«Manca ancora molto?» chiese distrattamente mentre tentava di appisolarsi sul sedile, con le gambe appoggiate ad un altro per stare più comodo.
«No, non molto, si vede già in lontananza» lo informò Paperino.
«Si può sapere di che razza di mondo si tratta? Perché qualcuno sarebbe dovuto venire così distante?».
«Sembra che sia il mondo da cui è nata la magia» gli ripose Pippo «anche nei nostri archivi al castello abbiamo poche informazioni, non ci siamo mai stati nemmeno noi».
«Credo che pure il re ci sia stato una volta sola» aggiunse Paperino impegnato alla guida «Yen Sid lo ha avvisato che sarà un nemico più forte dei precedenti».
«Più forte di Xheanort?» chiese il ragazzo, molto dubbioso di quella possibilità.
«Non lo sappiamo ma Topolino ha indetto una riunione dei Referenti» aggiunse Paperino.
«I Referenti!? È tantissimo che non li vedo, anzi non li ho mai visti, ho conosciuto solo Walt. Mi ricordo che il re li elogiava molto per le loro abilità».
«Yuk! E su quello non sbaglia mai!».
Sora iniziò a pensare che forse Yen Sid avesse esagerato, i Referenti costituivano l’alleanza delle persone più forti dislocate nei vari mondi, non erano stati mobilitati neanche contro Xheanort; possibile che questa volta i nemici fossero così potenti?
«Iniziamo la discesa» avvisò Paperino mentre la navicella si avvicinò al mondo della magia.
Scesero di quota e si ritrovarono a sorvolare un fitto bosco.
Era già buio, probabilmente dovevano essere le dieci di sera, il cielo era carico di nuvole.
Attraversarono un lago nero e poi videro il meraviglioso castello di Hogwarts stagliarsi all’orizzonte.
«Wow è meraviglioso! Sarà intricatissimo, mi piacerebbe visitarlo» disse il ragazzo ammaliato alla vista della scuola, ma ignaro della sua reale funzione.
«Che ne dite di atterrare laggiù?» chiese Paperino iniziando la manovra senza aspettare una risposta.
Così la gummyship si avvicinò al suolo, spostando le fronde degli alberi a causa dell’aria prodotta dai motori, e atterrò alla base di una collinetta vicino al lago.
Scesero dal boccaporto e ammirarono la sagoma del castello da lontano, non si trovavano molto distanti dai confini della scuola, anche se non erano a conoscenza di quel particolare.
Sora si andò a sdraiare sulla sponda del lago, si mise le mani dietro la testa e si limitò a guardare il cielo plumbeo.
Paperino e Pippo erano un po’più preoccupati e cercarono qualche informazione utile lì intorno perlustrando l’area, poi si convinsero che non c’era nulla di troppo rilevante.
Si andarono ad unire a Sora, Paperino dondolava le zampe sulla riva e Pippo si era seduto incrociando le gambe.
«Dite che ci converrebbe andare al castello a chiedere informazioni?» chiese Sora dopo una decina di minuti.
«Forse sarebbe opportuno, sì… però sembra disabitato, non è così tardi e non c’è neanche una luce accesa» mise il dubbio Pippo.
Ma in quel momento una luce si accese.
Un intensissimo bagliore blu investì il paesaggio lì intorno, loro si voltarono allarmati per vedere cosa la provocasse, ma la fonte era nascosta.
La luce proveniva da sopra la collina, un punto in cui la vista sul castello era perfetta.






















Angolo dell'autore:
Critiche, commenti e nuove idee sono sempre ben accetti!
Vi è piaciuto questo capitolo?
Siete pronti per vedere i Referenti davvero in azione? Camilla e i ragazzi si saranno salvati? Cosa sarà successo a Walt nella sala con la Splendisfera?
Fatemi sapere cosa ne pensate in un commento :)

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Capitolo 8
*** Race against the Clock ***


Questo capitolo è particolare! Per renderlo al meglio vi consiglio di immaginarlo, oltre a leggerlo, e vi invito ad ascoltare la canzone "Disfigure - Blank" di Alan Walker, la trovate comodamente online; ve lo dico perchè la battaglia è nata proprio ascoltando molte volte questa canzone!  
  


 
Capitolo 8
 
 
Race against the Clock
 
 
 
 
Il viaggio in groppa a Dialga fu incredibilmente breve, quello a cui aveva accennato il professor Rowan era vero: la sua dimensione avvolgeva tutti i mondi perciò era molto comodo viaggiarci attraverso per raggiungere qualunque destinazione.
Era un luogo interamente blu in cui la luce faceva strani scherzi geometrici, sembrava sempre di essere circondati da diamanti che si confondevano con lo sfondo.
Dopo circa cinque minuti Dialga spezzò lo spazio davanti a loro creando un portale circolare, identico a quello da cui era uscito sulla Vetta Lancia ed approdarono fuori i confini di Hogwarts, in cima ad una collina da cui si poteva ammirare tutto il castello.
Era sera inoltrata e il cielo plumbeo, tipico del clima inglese, rendeva la temperatura abbastanza umida ma tiepida.
Scesero dalla groppa del Pokemon, a parte Doflamingo che rimase sopra, in piedi; si disposero in linea orizzontale formando un fronte: a destra c’era Voldemort, poi Doflamingo su Dialga, Magneto e Malefica.
Si alzò una leggera brezza che iniziò a far sventolare le vesti di tutti e quattro i componenti di quell’insolita alleanza.
La sensazione di avercela fatta, di conquista e di potere era tangibile tra di loro, gli altri non sarebbero mai riusciti a raggiungerli in tempo per salvare la scuola.
Fu in quel momento che però questo comune pensiero sembrò rivelarsi sbagliato.
Un ragazzo stava correndo verso di loro.
«Woa!» esclamò fermandosi appena vide Dialga, immobile, privo di volontà, «Ma cosa diavolo è quello?!».
«Sora!» lo richiamò Paperino evocando il suo scettro e puntandolo contro la strega.
«Malefica! Cosa ci fai qui? Ci sei dietro tu anche stavolta?».
«Ahahahahaha! Buonasera, prescelto del Keyblade» disse lei educatamente facendo anche un gesto di presentazione con la mano per poi rispondere alla sua domanda «No, qualcuno… di molto più in alto» disse indicando verso l’alto con il suo indice verdognolo e smaltato di rosso.
Doflamingo intervenne, anzi, interruppe la loro conversazione come se quest’ultima non fosse proprio avvenuta, era l’unico a non aver degnato neanche di uno sguardo il ragazzo che era arrivato lì correndo, pur rappresentando una possibile minaccia.
Si alzò in piedi sulla groppa di Dialga, divaricò le braccia verso l’esterno e con il suo consueto ghigno sulla faccia ridacchiò «Mhuhuhuhuhuhuhu! Guardate! Un misero castello, l’inizio della fine. La scoperta dell’esistenza di mondi ulteriori al nostro è stata una cosa magnifica! Noi stiamo scrivendo la storia, anzi, la stiamo vivendo. La guerra per il potere più forte è appena cominciata!».
Un evento al di sopra della volontà del pirata pose fine al suo discorso.
Quattro luci rosa illuminarono la collina in punti diversi.
Qualcosa di piccolo e nero fece un incredibile balzo in avanti con capriola e atterrò davanti a Dialga.
«Sora! Ragazzi! Siete arrivati finalmente! Siete pronti a combattere, spero!» disse Topolino evocando il suo Keyblade identico a quello di Sora ma dorato.
«Certo, Vostra Maestà!» dissero loro in coro portandosi la mano alla fronte.
Yoda arrivò davanti a Magneto camminando lentamente, fece cadere il suo bastoncino di legno che usava per camminare, scostò la tunica e con la Forza attrasse nella manina la sua spada, da cui uscì il laser verde che gli illuminò soffusamente il volto.
Silente si materializzò davanti a Malefica estraendo la bacchetta.
«Mhuhuhuhuhu» rise ancor di più Doflamingo «La situazione si fa interessante» disse passandosi la lingua sul labbro superiore.
Nella brevissima scena che si poté ammirare subito dopo un intensissimo fulmine, proveniente dall’ammasso di nuvole più denso, si abbatté al suolo, così Walt comparve davanti a Lord Voldemort.
Fu proprio Voldemort ad attaccare per primo.
La battaglia iniziò.
«AVADA KEDAVRA!» urlò puntando la sua bacchetta bianca contro Walt, da cui ne fuoriuscì un flusso di luce verde; Walt era velocissimo e contrastò subito l’incantesimo con i suoi fulmini. Il livello dei due attacchi però non era scontato, infatti il contatto tra l’anatema che uccide e le saette del ragazzo durò diversi secondi.
Dal punto di incontro tra i due attacchi, infatti, venne prodotto un fortissimo vento che costrinse i due duellanti a stringere le palpebre.
Intanto tutto il campo di battaglia si era acceso e gli attacchi volavano da tutte le parti in luci e suoni oltre il limite
Voldemort digrignò i denti, intento a intensificare ancor di più il suo potente incantesimo che si schiantava continuamente contro l’energia elettrica del nemico, squagliandosi a terra.
Walt invece era impassibile, non trasudava alcun emozione dal suo viso, sentiva l’elettricità fluirgli fuori dal corpo come un sentimento, amava il suo elemento ed era in perfetta simbiosi con esso; ma fu in quel momento che decise di provare a movimentare un po’ di più il suo duello.
Si concentrò sui fulmini principali che generava dalle mani e, incurvando la traiettoria verso il basso, fece schiantare il suo attacco e quello di Voldemort a terra fracassando il suolo.
Ci sarebbe stata una nuvola di polvere a separarli ma, contro ogni legge della fisica, Walt si tramutò in elettricità (un mezzo che utilizzava per muoversi istantaneamente da un punto all’altro) per ricomporsi a due metri da terra con la gamba a pochi centimetri dal viso dell’Oscuro Signore.
Voldemort si trovò davvero in difficoltà: nessuno si era mai avvicinato a lui così tanto e ad una velocità così elevata.
«Hai mai ricevuto un calcio alla velocità della luce?» chiese ironicamente Walt non facendo trapelare alcun briciolo di ironia dal suo volto.
Sferrò il calcio, che si presentò luminoso e sfrigolante di energia.
Ma l’Oscuro Signore aveva ancora parecchie risorse, infatti il calcio lo trapassò da parte a parte rivelando una consistenza fumosa assunta dal suo corpo appena in tempo; Walt arretrò altrettanto velocemente in modo da difendersi da eventuali attacchi a tradimento, così il corpo di Voldemort ebbe il tempo di compiere qualche movimento in aria per poi ricomporsi e rivelarsi di nuovo solido.
Nel frattempo anche gli altri incominciarono a combattere, Silente lanciò velocissimi incantesimi mentre stava camminando lentamente verso Malefica, mettendola psicologicamente in svantaggio.
La magia di impatto si andarono a schiantare contro uno scudo invisibile davanti alla strega.
Lei rideva sadicamente: illuminò il suo scettro di un verde acceso e ne uscì una potente fiammata del medesimo colore che si diresse automaticamente verso il preside.
Silente descrisse un cerchio in aria con la bacchetta e rispose all’attacco con un Expelliarmus, intento a disarmare la strega del suo scettro.
Ciò non avvenne perché i due colpi intercettandosi si esaurirono in un’esplosione, però Albus questa volta fu più veloce e con incredibile maestria evocò l’acqua (proprio come aveva fatto con Voldemort al Ministero della Magia) che risalì dal terreno intorno alla strega poi, al movimento della bacchetta, la rinchiuse in una bolla vorticante a mezz’aria.
Malefica perse il fiato a causa dalla velocità dell’azione e nuotò dentro l’acqua nel tentativo di riprendersi il suo scettro che seguiva il moto della corrente interna alla sfera.
Silente stava faticando per mantenere compatta la bolla, e intanto cercava di comprimerla sempre di più.
Lei riuscì ad agguantare la sua arma e ne seguì un’esplosione verde che illuminò l’acqua dall’interno e spezzò l’incantesimo di Silente.
A fianco a loro, che ripresero a colpirsi con magie davvero avanzate, Yoda si era posizionato davanti a Magneto.
Il mutante sganciò la sua sacca che cadde a terra con un tonfo pesantissimo, incrinò perfino il terreno e poi si alzò in volo.
Il maestro Jedi era pronto a usare la spada laser, ma Magneto sollevò alcuni oggetti dalla sua sacca, sembravano piccole macchinine giocattolo.
Ma, in un secondo, ripresero le loro reali dimensioni e le scagliò contro Yoda provocando un violento impatto sul terreno.
L’alieno, agilissimo, saltò sulla prima macchina e si diede così lo slancio per saltare sulla seconda e da lì balzò sulla terza ancora in volo, accese nuovamente la sua spada e compì una capriola lasciando in aria la scia luminosa del laser verde.
Magneto sarebbe stato colpito dal fendente del Maestro ma un muro di metallo li separò: la spada laser di Yoda si conficcò nel muro che, con grande stupore di quest’ultimo, iniziò a tagliare molto lentamente, lasciandolo lì appeso mentre la lama della spada scendeva verso il basso sciogliendo l’acciaio (normalmente le spade laser tagliavano gli oggetti senza alcuna fatica).
«Non conosci l’Adamantio, vero, omino verde?» gli disse Magneto, e approfittando del fatto che Yoda era obbligato a rimanere lì aggrappato per evitare di perdere la spada, allargò le mani e spinse magneticamente il muro semitagliato a terra tentando di schiacciarci sotto il piccolo avversario.
Il Maestro, però, quando si avvicinò al suolo, puntò la mano verso terra e fermò la sua discesa con la Forza.
Il muro si bloccò sotto lo sguardo dubbioso di Magneto, Yoda spense la spada e, perdendo l’appiglio, cadde a terra senza danni, visto che ormai era a pochi centimetri.
Si agganciò la spada alla cintura, poi si girò con sguardo fermo e rispedì il muro contro Magneto ad un’incredibile velocità.
Alla vista di tutti quei nemici anche Doflamingo scese dalla groppa di Dialga e attese il suo sfidante.
«Ragazzi! Voi cercate di distrarre Dialga, io mi occupo di lui» ordinò Topolino a Sora e gli altri che si diressero verso il Pokemon attaccandolo nella tentativo di svegliarlo dalla sua ipnosi.
«Muhuhuhu avrei preferito il tuo amichetto verde, sembra ancora più patetico» commentò Doflamingo, muovendo le dita e consequenzialmente i suoi fili, creando un'altra copia di se stesso davanti a sé, insieme alla quale attaccò il re.
I fili tagliavano continuamente il terreno mentre Topolino schizzava da una parte all’altra saltando velocemente per evitare di essere colpito.
La situazione sembrava in netto vantaggio per il pirata in quanto non lasciava al re né lo spazio né l’occasione di attaccare.
Ma Topolino dopo un’ultima capriola decise di utilizzare una magia, puntò il suo Keyblade verso l’alto e disse «Graviga!» e subito tutti i fili di Doflamingo vennero attratti verso il basso da un’eccessiva forza di gravità.
Così, essendosi creato un varco, Topolino avanzò e con un colpo micidiale tagliò in due la copia di fili del pirata separandole il busto dalle gambe.
Si diresse verso il Doflamingo reale che ancora aveva le dita ancorate verso il suolo e tentò di colpirlo con il suo Keyblade senza però riuscirci: il pirata, schivò tutti i colpi del re con una velocità e percezione sovrumana.
L’incantesimo dopo qualche minuto svanì e finalmente Doflamingo fu in grado di attaccare il suo nemico con le sue cinquine di fili.
Poi decise di cambiare obiettivo: creò due ragnatele di fili dal palmo delle mani che scaraventò contro Topolino obbligandolo a difendersi con il Keyblade, Doflamingo approfittò proprio di quel momento per avvolgere il Keyblade del re, strappandoglielo e avvicinandolo a sé, tentando di farlo a pezzi stringendo la sua presa.
Topolino fece un balzo indietro e fissò il suo nemico con lo sguardo indagatore, poi, come tutti i custodi del Keyblade sanno fare, fece scomparire la spada dai fili di Doflamingo per farla rimaterializzare nella propria mano in un lampo di luce.
«Riconosce il padrone… un’arma davvero interessante» disse il pirata compiaciuto.
Malefica aveva bruciato gran parte del terreno introno a Silente che riusciva sempre a deviare i suoi colpi o a contrastarli efficacemente, allora decise di cambiare tattica: fece una cosa inaspettata, utilizzò la sua magia e di colpo le ombre dei suoi alleati si allungarono a dismisura sul versante erboso della collina.
Voldemort, Doflamingo e Magneto non si accorsero di nulla, visto che erano impegnati a combattere, ma le loro ombre si allungarono inconfondibilmente e andarono a unirsi a quella di Malefica, che sembrò “assorbirle”.
Il suo scettro questa volta si illuminò di nero.
Un’onda d’urto oscura e fortissima scoppiò dalla sfera di Malefica, il boato andò a coprire le sue urla isteriche.
Il colpo fu durissimo: Silente cadde a terra all’indietro a causa della troppa spinta e anche Sora Paperino e Pippo vennero spostati verso l’esterno.
Approfittando quindi dell’assenza del preside, la strega fece una magia sul terreno e gli inconfondibili rovi giganti iniziarono a crescere e ad affondare le loro radici nel suolo, allungandosi verso il loro nemico nel tentativo di stritolarlo.
Le piante nere come il carbone erano già più alte di Dialga stesso ma Silente si alzò il più rapido possibile e gridò: «Diffindo» contro la prima pianta che si andò a tagliare in tantissimi pezzetti di legno.
«Reducto!» continuò il preside verso la seconda pianta che si vaporizzò all’istante in un mucchio di polvere; e così fecero anche le altre piante di rovi che tentavano di ucciderlo.
Silente aveva ancora da combattere.
Intanto dal lato opposto della battaglia Walt non lasciava scagliare a Voldemort nessun incantesimo efficace.
«Confringo!» urlò arrabbiato l’Oscuro Signore e così generò tre intense esplosioni contro Walt.
Il ragazzo aveva previsto una mossa del genere in quando in quell’attimo dalla bacchetta di Voldemort non uscì nessun lampo di luce. La prima esplosione la schivò, poi creò una barriera istantanea, fatta di elettricità compressa in una superficie sottile, che neutralizzò la seconda e la terza esplosione.
L’Oscuro Signore però era astuto, la magia agisce in maniera particolare rispetto agli elementi naturali e lo sapeva, perciò utilizzò un nuovo incantesimo, anche se la barriera elettrica era ancora attiva: «Impedimenta» disse e il corpo di Walt ne venne investito in pieno.
Lo schermo protettivo svanì.
Non era immobilizzato ma il suo corpo e i suoi movimenti erano completamente rallentati, quasi nulli, non poteva fare niente di utile per difendersi adesso.
Voldemort fu percosso da un brivido di adrenalina che fece sorridere sadicamente anche lui, e poi lo lanciò.
Un nuovo e potente Avada Kedavra venne prodotto dalla sua bacchetta, e stava per raggiungere il ragazzo quando qualcosa si interpose tra loro
Sora, Paperino e Pippo, dopo essere stati sbalzati dal colpo di Malefica compresero che era inutile attaccare Dialga, perciò si lanciarono ad aiutare Walt e proprio Pippo, con il suo Scudo Reale si prese in pieno la magia di Voldemort.
L’anatema che uccide colpì lo scudo in pieno centro, era verde e nero con al centro l’emblema di Topolino, lui lo tenne saldamente contro l’incantesimo che lo fece arretrare affondandogli le scarpe nel terreno.
Quando il mago capì quello che era successo urlò dalla rabbia e iniziò a scagliare incantesimi ovunque.
Paperino e Sora avanzarono contro il Signore Oscuro e iniziarono a combatterlo.
Paperino gli lanciò addosso sfere di fuoco e gemme di ghiaccio in modo da contrastare i suoi incantesimi. Sora dovette per forza avvicinarsi per tentare di colpirlo con il Keyblade.
Ovviamente loro tre erano consapevoli di non poter competere con l’Oscuro Signore, infatti il loro obbiettivo era di prendere tempo finché l’incantesimo su Walt non si fosse esaurito.
Fu così che Voldemort intraprese un duello con i tre amici: Paperino scagliava le sue magie contro l’avversario, i cui colpi erano intercettati e bloccati da Pippo mentre Sora tentava di colpirlo fisicamente.
Fu l’ultima goccia.
Dover combattere contro quei tre era indegno per il Signore Oscuro, fu in quel momento che decise di sbarazzarsene una volta per tutte.
«Ardemonio» il fuoco magico, sacro, che non lascia scampo, uscì dalla sua bacchetta sovrastando la scena e prendendo le sembianze di un enorme serpente di fuoco.
Il fuoco combatteva a suo comando e fece allontanare subito Sora, Paperino e Pippo che non potevano fare nulla di efficace.
L’erba della collina sotto l’incantesimo divenne completamente carbonizzata e tutta la scena si stava facendo incandescente.
Ma ormai il tempo era trascorso.
Walt era davanti al serpente di fuoco che avanzava verso di lui ansioso di arderlo vivo.
L’incantesimo di ardemonio prese una decisione, piegò il collo indietro per caricare il colpo e una fiammata uscì dalle fauci del rettile e illuminò tutti i presenti.
Un fulmine cadde dal cielo nelle mani di Walt che, veloce come il suo elemento, lo indirizzò verso la fiammata.
I due colpi si contrastarono ma quello di Voldemort sembrò non perdere potenza neanche dopo diversi secondi.
Fu allora che Walt cambiò tattica, si tramutò in elettricità e in quel modo riuscì a evitare che il fuoco lo facesse fuori e si rimaterializzò sopra il serpente che lo stava ingenuamente cercando a terra.
Il ragazzo decise di utilizzare uno degli attacchi più potenti: inizialmente sembrò puntare l’indice semplicemente verso il basso, in realtà concentrò l’energia elettrica in un singolo dito e poi lanciò un raggio sottilissimo ma devastante che andò a colpire l’ardemonio.
Walt descrisse una linea col dito e il raggio, seguendo la sua traiettoria, tagliò in due l’incantesimo lasciando anche un profondissimo solco netto nel terreno, un’esplosione di fiamme seguì subito dopo.
Voldemort era fuori di sé, nessuno aveva mai battuto il suo ardemonio, era il più potente incantesimo di fuoco che si potesse creare.
Allora prese una decisione, puntò la bacchetta contro Dialga e iniettò nella sua mente un comando.
Walt era già sceso a terra vicino a Paperino, Pippo e Sora che stava amichevolmente tentando di attrarre la sua attenzione per salutarlo, quando si rese terribilmente conto di quello che era appena successo.
Con il terrore dipinto sugli occhi di tutti, Dialga si era posizionato sulle zampe posteriori, rampante, per poi ricadere e ruggire più forte che mai, illuminando le strisce azzurre che gli percorrevano il corpo.
Aveva lanciato un Dragobolide.
Ma non era una mossa qualunque come quella utilizzata dal Garchomp di Camilla, era la mossa primordiale, l’originale.
Mentre la battaglia infuriava, una decina di meteoriti avevano bucato lo spesso strato di nubi e si dirigevano velocemente verso la scuola e loro; Voldemort rideva soddisfatto mostrando la lingua biforcuta.
Walt ragionò in fretta, si sentiva in parte responsabile di quello che stava accadendo, ma forse una mossa sepolta nei suoi ricordi avrebbe potuto dimostrarsi efficace.
Si voltò verso Paperino e Pippo ignorando Sora: «Ragazzi, ho bisogno che lo teniate occupato ancora per qualche minuto, so che ce la potete fare» disse, poi senza aspettare risposta si voltò a guardare quei meteoriti che avanzavano verso terra.
I tre ragazzi iniziarono nuovamente il duello contro Voldemort che era sia infastidito che incuriosito da ciò che stava per fare il ragazzo.
La polvere intorno al punto in cui si trovava Walt venne spazzata via e lui iniziò a volare verso i meteoriti a velocità supersonica, semitramutato in elettricità.
Era un colpo che non vedeva da tantissimo tempo, un tempo che aveva voluto a tutti i costi dimenticare, non era sicuro che l’attacco sarebbe venuto nel modo giusto.
Doveva concentrarsi, anche se risultava difficile in quella situazione di particolare pericolo e a quella velocità con tutti i vestiti spazzati via dall’aria.
Doveva raggiungere il punto giusto, la terra e il castello si allontanavano sotto di lui, rimpicciolendosi, ormai era impossibile distinguere i combattenti, si vedevano solo dei lampi di luce ogni tanto, mancava poco e sarebbe arrivato.
Caricò tutto il suo potere nella mano destra e poi sferrò un pugno: non contro un meteorite, ma contro l’aria, come se in quel determinato punto del cielo ci fosse stato un muro, ma da quel contatto, l’aria parve spezzarsi in una decina di intense saette che si divaricarono facendosi strada nell’aria, e, uno dopo l’altro, ogni folgore andò a colpire in pieno un meteorite
Gli enormi asteroidi si frantumarono uno dopo l’altro trafitti dai fulmini e andandosi a polverizzare in ormai innocui frammenti.
Il ricordo di Walt di quel colpo era leggermente diverso, ma non ci diede peso visto che era comunque riuscito a neutralizzare l’attacco di Dialga, che era ritornato immobile al suo posto.
La scena dal campo di battaglia fu spettacolare, ma quasi nessuno riuscì a vederla per intero, troppo intenti a rimanere concentrati sul nemico, comunque tutti udirono l’immenso rombo di tuono che ne seguì.
Doflamingo fece un incredibile salto in alto, scese con la gamba tesa, sferrando un calcio micidiale.
Frantumò il terreno ma per fortuna Topolino schivò il colpo, non si poté dire lo stesso delle intenzioni del pirata: lui infatti sapeva che lo avrebbe mancato ma era l’occasione per cogliere il re in un momento di distrazione e attaccargli addosso un filo.
Sottile e praticamente invisibile, il filo rimase passivamente attaccato al re mentre combatteva contro Doflamingo e in un paio di minuti si ritrovò completamente legato, non aveva scampo.
«Mhuhuhuh è finita, topo» gli disse il pirata avvicinandosi a lui con le braccia divaricate mentre lo legava con ulteriori fili, ormai Topolino non aveva più la capacità di muovere il corpo, era avvolto e stretto in quella morsa micidiale da sotto il mento fino ai piedi, il Keyblade era inutile.
Magneto estrasse dalla sacca un oggettino nero mentre Yoda saltava le ultime macchine che gli aveva scagliato addosso.
Gli restituì le dimensioni reali, e si tramutò in un’enorme locomotiva a vapore, scura e pesantissima; il rumore di metallo stridente echeggiò nella valle.
Magneto la fece ruotare in modo da avere il muso appuntito in direzione dello Jedi per non lasciargli scampo e poi la lanciò a tutta velocità.
Yoda chiuse gli occhi e puntò entrambe le mani contro la locomotiva nera che rallentò la sua corsa fino a fermarsi a mezz'aria.
Doveva raggiungere la concentrazione totale per riuscire a vincere la forza di Magneto, una cosa difficile in quella situazione.
Il grosso mezzo a vapore era schiacciato da entrambe le parti verso la direzione opposta e tremava terribilmente; alcune viti saltavano via e i bulloni si svitavano lentamente a causa della forte pressione a cui erano sottoposti.
Anche Magneto pareva in difficoltà nessuno era mai riuscito a fermare un oggetto scagliato con il suo potere.
Il terreno sotto i piedi di Yoda si spezzò formando crepe innaturali, rivelando l’enorme gioco di forze che era in atto in quel momento apparentemente statico.
Altre viti schizzarono via dalla parte centrale del treno che iniziò a comprimersi, spezzarsi e contorcersi senza però favorire nessuna delle due parti che lo stavano contendendo.
Le due bielle che collegano le grandi ruote si piegarono e schizzarono via, il fumaiolo si piegò all’indietro e andò a comprimersi con la caldaia in un ammasso di ferri ormai irriconoscibili.
Yoda aveva ancora gli occhi chiusi ma attraverso la Forza percepiva tutto ciò che stava accadendo: il metallo che si comprimeva, le bielle che saltavano via, Magneto che tentava di schiacciarlo sotto quelle tonnellate di ferro… poi però percepì anche Topolino, avvolto dai fili che stava per essere ucciso da Doflamingo poco più a sinistra di lui.
E fu quell’attimo di distrazione verso il suo compagno che costò a Yoda lo scontro di forze con Magneto. Quell’istinto d’aiuto verso il suo amico fu troppo forte, così lasciò che il mutante scaraventasse a terra la locomotiva mentre lui compì un salto a sinistra, accese la spada laser e tagliò tutti i fili di Doflamingo come se fossero di burro, ritrovandosi direttamente davanti a lui.
Magneto si sbrigò ad ingrandire due enormi travi di acciaio pronto ad usarle. Topolino si liberò velocemente dai fili recisi.
Il pirata rise della scena e tentò di catturare anche Yoda come aveva fatto con il re.
Ma il Maestro Jedi bloccò immediatamente tutti i fili indirizzati verso di lui con il movimento della mano: «Sciocco da parte tua sottovalutarmi è stato», e scagliò gli stessi fili di Doflamingo contro le travi che Magneto aveva appena lanciato facendole tagliare in innocue striscioline.
Allora anche il mutante decise di agire come il Signore Oscuro, puntò la mano contro Dialga, la loro arma più potente, che si mosse al suo comando.
Il Pokemon aprì la bocca, e iniziò ad aspirare l’aria intorno a sé creando un forte risucchio; l’interno delle fauci iniziò a risplendere di un bagliore luminoso.
Dialga era pronto ad attaccare, Yoda, con la Forza, bloccò Magneto e Doflamingo lì dov’erano, mentre Topolino indietreggiava verso il castello.
Dalla bocca del Pokemon leggendario fuoriuscì un raggio di un bianco luminoso, come se fosse un’energia proveniente dal riflesso del metallo lucido, puntando verso il castello. Topolino intercettò il colpo, saltò in aria e urlò una magia: «Reflexaga!» e uno scudo trasparente composto da esagoni perfettamente allineati comparve davanti al re.
Lo schianto del Cannonflash di Dialga contro la magia di Topolino causò un grosso fragore in tutta la valle su cui sorgeva Hogwarts, numerosi esagoni della barriera si creparono e persero alcuni frammenti, la magia manteneva anche Topolino sospeso in aria dietro il suo scudo.
Dopo qualche secondo però Dialga esaurì il suo colpo ritornando alla posizione iniziale e il re fu sbalzato all’indietro a causa della forte concentrazione di energia assorbita dalla barriera.
«Maledizione!» esclamò Magneto liberandosi dalla presa del Maestro.
Lo scontro tra Silente e Malefica era andato avanti, con incantesimi sempre più forti e complessi, senza che nessuno dei due prevalesse sull’altro.
Dopo l’ultimo scontro tra magie differenti, Malefica abbandonò il suo scettro che cadde a terra, lasciando Silente sbalordito e in allerta.
La strega lo fissò convinta di aver vinto ormai, fiduciosa del suo asso nella manica: il suo mantello nero si agitò al vento e lei iniziò a diventare più grande, più grossa, il collo le si allungò, la pelle le diventò nera e ricoperta di squame, le spuntarono due grosse ali nere sulla schiena… si era trasformata in un drago.
Silente era spaventato, durante la trasformazione bisbigliò: «È un animagus!», senza ragionare sul fatto che nessuno avrebbe comunque capito il suo riferimento.
Aveva già combattuto con dei draghi da giovane ma ormai non lo era più, e quello era un drago con coscienza e deciso a farlo fuori.
Malefica-drago ruggì e assunse la stessa espressione che la strega umana aveva durante una delle sue sadiche risate, poi si riconcentrò sul suo nemico, aprì la bocca similarmente a come aveva fatto Dialga e sputò un’intensa fiammata contro Silente.
La mossa era prevedibile, infatti il preside utilizzò un incantesimo di taglio e biforcò la fiammata che venne deviata sui suoi fianchi bruciando tutto e sciogliendo gran parte dei detriti metallici che Magneto aveva utilizzato come arma.
Finite le fiamme, il drago puntò con gli artigli dove si trovava il preside e sfondò il terreno affondandoci le unghie. Silente si era smaterializzato pochi metri più indietro, salvandosi.
Affianco a loro Magneto spediva contro Yoda gli ultimi pezzi di metallo a sua disposizione nel disperato tentativo di colpirlo.
Il suo potere era immenso ed estremamente versatile effettivamente, ma purtroppo si ritrovava a combattere contro un personaggio avente un potere molto simile, Magneto controllava il metallo, ma con la Forza si puossono controllare tutti i materiali.
Infatti, a costo di un’immane concentrazione, nessun detrito scagliatogli contro andò a toccare Yoda, vennero tutti deviati intorno a lui.
Magneto decise allora di tentare una nuova strategia, estrasse dalla sacca la sua polvere di ferro, bastava che Yoda ne respirasse un po’per neutralizzarlo dall’interno.
Gliela spruzzo contro in un flusso continuo, sembrava di essere in una tempesta di sabbia nera, Yoda intuì la sua intenzione e trattenne il respiro, deciso a mettere fine al duello.
Dalle sue manine verdi generò il Fulmine della Forza, una scarica elettrica di un blu intensissimo e, con uno sguardo durissimo, intensificò la scossa che andò a propagarsi attraverso la polvere di ferro e andò a colpire Magneto.
L’attacco del mutante cessò immediatamente e tutto il pulviscolo di metallo cadde a terra mentre Yoda gli saltava addosso folgorandolo con la Forza, il colpo fu decisivo.
Magneto cadde a terra svenuto, il suo casco gli rotolò via dalla testa, ancora carico di elettricità e lui rimase lì privo di sensi mentre lo Jedi tornava vicino ai suoi alleati camminando lentamente, anch’egli sfinito.
Sora, Paperino e Pippo erano andati ad aiutare il re nel suo duello e la situazione sembrava essere a loro favore grazie alla superiorità numerica.
Sora e Topolino attaccavano Doflamingo da vicino tenendolo occupato a parare i loro fendenti mentre Paperino lanciava contro di lui le magie, protetto da Pippo.
Mentre combatteva Sora pensò al motivo per cui Walt l’avesse ignorato di proposito, si erano conosciuti tanto tempo prima e non si vedevano da molto, proprio non capiva.
Doflamingo bloccò un suo fendente con un braccio divenuto stranamente nero e i loro sguardi si incrociarono, Sora era arrabbiato, lui invece particolarmente felice; spostò il suo keyblade con il braccio e tentò di tagliarlo ma lui balzò all’indietro e lo schivò.
Fu Topolino a cambiare le sorti, mentre Doflamingo tentava di tagliare Sora lui lo colpì con un raggio di Luce sottile che evocò da suo keyblade dorato, lo prese in pieno petto e lo scaraventò all’indietro, ai piedi di Dialga. Ma non subì molti danni.
Alla loro destra Silente stava ancora combattendo contro Malefica-drago in una situazione di stallo: lei utilizzava attacchi a grossa area ma il preside era nettamente più veloce e difficile da colpire rispetto a lei.
Si stava per ripetere la scena: lei inclinò il capo verso l’alto e aprì le fauci, caricò il colpo e le fiamme arsero verso il preside.
Ma Silente ebbè un’idea all’ultimo secondo, e invece di tagliare la fiammata come la volta precedente, corse il rischio di rimanere carbonizzato e pronunciò un altro incantesimo «Artis Tempurus» formulò e iniziò a roteare la bacchetta in aria sopra la testa.
Le fiamme seguirono il moto della sua bacchetta e iniziarono a circondarli in un cerchio di fuoco che il drago alimentava sempre più.
Il vento generato dal moto vorticoso delle fiamme fece volare via il copricapo di silente e così capelli e barba iniziarono a scuotersi; la temperatura aumentava e solo allora Malefica si fermò e guardò attonita attorno a sé vedendo l’imponente cerchio di fiamme che li avvolgeva.
Silente continuava a far roteare la bacchetta e adesso alimentava le fiamme lui stesso, si stava creando un vortice sempre più alto.
Mentre il calore iniziava a far distorcere la vista dei due duellanti, Silente indietreggiò e uscì dal vortice di fiamme attraverso un buco di evidente natura magica.
Da fuori lo spettacolo era significativo, Silente poteva far volteggiare la bacchetta in sicurezza ora che le fiamme avvolgevano la strega e ulteriori attacchi le avrebbero solamente alimentate ancor di più.
Dopo qualche attimo il vortice di fuoco acquisì l’aspetto di un vero e proprio uragano di fiamme che si stringeva sempre di più attorno alla strega.
Si vide chiaramente che tentò di uscire artigliando il muro di fuoco ma senza successo, allora Silente decise di stringere la morsa ancor di più per costringere Malefica a ritornare in forma umana e mettere fine allo scontro.
La colonna di fuoco raggiunse il cielo e illuminò le nuvole di un rosso cremisi ovattato, assottigliandosi sempre più.
Arrivò il momento decisivo: Silente finì di agitare la bacchetta e il fuoco si spense a spirale dal basso verso l’alto.
Non vide neanche se Malefica era ancora lì dentro oppure no ma lanciò comunque un incantesimo incarcerante che confermò l’avvenuta mutazione in forma umana.
Era in ginocchio con il suo scettro a qualche metro da lei, incatenata con una speciale catena magica bianca e luminosa, quasi svenuta a causa delle scottature.
Dall’altro lato del campo di battaglia anche Walt e Voldemort si stavano dando da fare con incantesimi e colpi sempre più potenti, dopo l’ardemonio, il Signore Oscuro provò a uccidere Walt decine di volte senza riuscirci a causa dei suoi fulmini che sembravano incontrastabili.
Tentò anche di torturarlo, era una pratica che gli piaceva utilizzare, ma tramutandosi in elettricità Walt riusciva ad annullare anche quell’incantesimo.
Il ragazzo si mise in una posizione nuova: divaricò le braccia verso l’esterno con i palmi delle mani rivolti verso l’alto e si sollevò in aria attraendo dietro di se tutti i rottami che aveva utilizzato Magneto.
I detriti di metallo iniziarono a vorticare sopra la sua testa formando un cono rovesciato e le nuvole sopra di lui iniziarono a seguire questo moto.
Voldemort attese, il ragazzo era troppo distante per essere colpito. Le nuvole dense e nere iniziarono a ruotare e vorticare assieme ai metalli, era uno spettacolo spaventoso: sembrava un tornado che finiva a mezz’aria, proprio qualche metro sopra Walt ancora fermo nella posizione iniziale.
Alcuni piccoli fulmini iniziarono a attraversare le nuvole, seguendo anch’essi il moto vorticoso, erano rapidi ma intensi, il loro rombo era un continuo tuono.
Walt sempre serissimo preparò il colpo con sicurezza e meticolosità, ogni pezzo di metallo era controllato da lui, similarmente a come faceva Magneto ma l’essenza era diversa: Magneto controllava il metallo mentre Walt controllava i campi magnetici ed elettrici che muovevano il metallo.
E poi lo eseguì: «Gigantesco Lampo» sussurrò il ragazzo e tutti i piccoli fulmini si incanalarono nella punta del cono, unendosi in un fulmine mastodontico che andò a scagliarsi verso Voldemort.
L’Oscuro Signore urlò con tutto se stesso e lanciò un incantesimo azzurro particolarmente intenso, anch’esso molto più spesso del normale, che andò a colpire il Gigantesco Lampo di Walt.
I due colpi quando si scontrarono causarono un’enorme bolla di energia che poco dopo esplose e provocò un’onda d’urto nel cielo allontanando Walt dal punto in cui era.
Un dettaglio però attrasse l’attenzione di tutti i partecipanti alla battaglia e li distrasse dai loro rispettivi avversari.
Doflamingo, dopo il colpo di Topolino, era risalito in groppa a Dialga e lo stava manovrando con i suoi fili.
Lo sguardo del Pokemon sembrava disperato e ruggì selvaggiamente quando la terra iniziò a tremare.
Improvvisamente il suo corpo iniziò ad emettere onde blu, circolari, che si estendevano fino a qualche metro di distanza; le campane di Hogwarts iniziarono a suonare senza controllo, sembravano impazzite, come se tutte le ore si stessero sovrapponendo l’una all’altra.
Le costole d’acciaio sul dorso di Dialga si allargarono e il diamante incastonato nel petto si illuminò di un blu acceso: lui allargò la bocca e iniziò a caricare un attacco, il suo attacco peculiare: il Fragortempo.
La sua bocca iniziò ad assorbire dall’aria piccole particelle blu scuro puntinate di bianco che concentrandosi iniziarono a vibrare a causa dell’incontenibile energia che si stava per sprigionare.
E fu il momento.
L’unica cosa che si sentì sopra il costante suono delle campane impazzite fu il suo verso, Dialga liberò il raggio del Fragortempo verso la scuola sotto gli occhi increduli di tutti.
Silente ci si materializzò davanti, era la sua scuola e lui la doveva proteggere.
«Protego Horribilis!» urlò e evocando un nuovo scudo bianco semitrasparente continuamente alimentato dalla punta della sua bacchetta.
Quando il Fragortempo arrivò l’impatto fu devastante, lo spinse all’indietro di parecchi metri e la barriera iniziò a rimpicciolirsi per aumentare la difesa solo nell’area in cui era colpita dall’attacco.
Il bagliore dell’impatto impedì ai sui alleati di aiutarlo e alcune dita della mano con cui veniva tenuta la bacchetta iniziarono ad annerirsi, come se attraverso lo scudo il tempo stesse scorrendo all’impazzata e andando a danneggiare il suo ostacolatore.
La Bacchetta di Sambuco vibrò terribilmente nelle mani del più grande mago del mondo.
Trascorsero alcuni secondi che parvero interminabili a tutti quanti, poi l’attacco di Dialga si concluse e Silente cadde a terra, apparentemente nulla e nessuno aveva ricevuto danni sostanziali.
Voldemort era ancora nel punto in cui si era fermato dopo il Gigantesco Lampo e si guardò attorno, Malefica era incatenata dalla magia di Silente, Magneto di stava risvegliando dallo svenimento proprio ora e Doflamingo sembrava crogiolarsi alla vista del potere di Dialga, anche se non era riuscito a concludere il suo Fragortempo.
Invece, a parte Silente che si stava rialzando a fatica con la mano in grembo, i Referenti sembravano tutti pronti a continuare la battaglia, così, mentre Walt tornava a terra con lo sguardo fisso su di lui, Lord Voldemort si smaterializzò senza lasciare traccia.
Nel momento in cui l’Oscuro Signore se ne andò in automatico tutti i Referenti si voltarono per vedere se fosse ricomparso da qualche parte, e fu allora che Magneto si rese conto di ciò che era successo: Malefica era stata neutralizzata, Doflamingo aveva iniziato a ridere e sogghignare in groppa a Dialga che aveva appena riottenuto il controllo dei suoi pensieri e ora erano in netto svantaggio.
Si rimise il casco sulla testa e decise anche lui di fuggire, anche se non aveva la minima idea di come tornare a casa senza Malefica.
Si alzò in aria e Yoda lo fissò con molta cattiveria ma quando si diresse volando verso la Foresta Proibita lo Jedi non fece nulla, era deciso a mettere fine alla battaglia, anche se avesse dovuto rinunciare a catturarlo.
«Mhuhuhuh ho la netta sensazione che nessuno abbia utilizzato il cento per cento del proprio potere, vero?» disse rivolgendo lo sguardo soprattutto verso Walt, anche se i suoi occhi erano nascosti dagli occhiali da sole «Il potere dei Pokemon è una cosa straordinaria, non solo Dialga controlla il Tempo ma ne abbiamo incontrato un altro in grado di farti addormentare e nutrirsi dei tuoi incubi… credo che sarà una cosa meravigliosa diventare il re dei pirati» disse passandosi nuovamente la lingua sopra il labbro.
Dialga perse anche l’influenza di Magneto e quindi inizio a muoversi, Doflamingo lo arpionò con i suoi fili e insieme si alzarono in volo, troppo veloci per essere raggiunti entrarono in un portale blu nel mezzo del cielo.
Alcuni eventi seguirono velocemente, senza alcuna logica.
L’atmosfera sembrò cambiare di colpo e si incupì improvvisamente, un corridoio oscuro si aprì a qualche metro di distanza da Malefica, ancora incatenata, tutti si misero in allarme.
Il buio della notte sembrò aumentare a dismisura e una voce rimbombò nelle orecchie di tutti, era una voce maschile sembrava essere anche abbastanza giovane «… Hai s-sbagliato, Walt… fare l’eroe n-non b-basterà a redimere i tuoi errori…» e subito gli occhi di Walt sgranarono, sembrava aver riconosciuto l’interlocutore, oppure un frammento della conversazione, una vena di rabbia gli si gonfiò sul collo.
Anche Topolino ebbe una reazione, sebben diversa da quella di Walt era altrettanto intensa, uno sguardo di intenso sospetto gli si dipinse sul volto.
«Vostra Maestà cosa succede!?» gli chiese Paperino che, accanto a lui, aveva notato l’espressione, ma il re non rispose, troppo impegnato ad ascoltare la conversazione.
La voce continuò: «Senza di te non sarebbe accaduto, s-sarebbero ancora vivi».
Fu troppo, Walt aveva un’espressione furiosa, alcuni sottilissimi fulmini avvolsero inconsciamente il suo corpo e poi schizzò in volo verso il corridoio oscuro, sembrava quasi posseduto da un’altra persona.
«Walt! No!» gridò Topolino allungando la mano verso di lui che stava per raggiungere il portale.
Silente intuì il pericolo e agì d’istinto «Arresto Momentum!» disse a tutta gola e il ragazzo si bloccò in volo a pochissimi centimetri dal portale, nella posizione perfetta di chi sta per sferrare un pugno aereo con tutte le sue forze.
Resosi conto di quanto successo, iniziò a trasudare elettricità da tutto il corpo proprio come se la rabbia non riuscisse a essere contenuta. Sora corse verso di lui per aiutarlo.
Walt era deciso, non se lo sarebbe fatto scappare e allora, seppur bloccato dalla bacchetta di Silente si tramutò in elettricità e riuscì così ad entrare nel portale scomparendo nell’Oscurità.
«Sora no!» urlò nuovamente il re, ma non fece in tempo a raggiungerlo che anche Sora corse a Keyblade sguainato, dentro il corridoio oscuro, che si richiuse dietro di lui senza lasciare traccia.
Silente, Yoda, Paperino e Pippo erano stupefatti da ciò che era accaduto, dove portava il corridoio oscuro? Di chi era quella voce? E come mai aveva fatto emergere quella rabbia sepolta dentro Walt?
Topolino era terribilmente triste, Silente gli si avvicinò e gli appoggiò la mano sulla spalla, fissando le tre dita annerite dal colpo di Dialga.
Dall’altra parte invece Malefica iniziò a ridere, a ridere come una matta, lentamente le catene che gli aveva imposto Silente scivolarono e si slegarono, lei si ritramutò in drago, ma era ferita e in evidente svantaggio numerico, quindi optò per la fuga.
Allargò le sue enormi ali nere e con una piccola rincorsa spiccò il volo verso il castello, aumentò la sua velocità con qualche battito e poi avvenne una cosa altrettanto strana.
Andò letteralmente a sbattere contro la barriera dei confini di Hogwarts che manifestò la sua invisibile presenza solo allora. Così Malefica fu costretta a cambiare direzione, scomparendo nella notte.
Sotto il punto in cui aveva sbattuto un inconfondibile Hagrid, accompagnato dalla professoressa McGranitt, stava correndo verso i Referenti.
 
  



 
 
 
   
 
                                    
Angolo dell'autore:
Critiche, commenti e nuove idee sono sempre ben accetti!
Come vi è sembrata questa battaglia? Rivivendola con la musica vi è piaciuta maggiormente? Avreste fatto scontrare i personaggi in modo diverso ? Che tecniche, abilità o magie vi sarebbe piaciuto vedere?
Perchè Walt si è arrabbiato così tanto con quella voce balbettante? Chi era?
Fatemi sapere cosa ne pensate e se avete teorie al riguardo!

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Capitolo 9
*** The Lost Fantasy ***


Capitolo 9
 
The Lost Fantasy
 
 
 
 
«Avete combattuto contro un mostro in grado di controllare il Tempo?!» chiese Minerva, allarmata sempre più ad ogni dettaglio rivelato dal gruppo «Questo spiegherebbe perché, durante il terremoto, le campane della Torre dell’Orologio hanno iniziato a suonare all’impazzata, senza controllo» rifletté tra sé e sé.
Dopo che Malefica e i suoi alleati, in un modo o nell’altro, erano fuggiti, i Referenti furono scortati da Hagrid e dalla professoressa McGranitt all’interno del castello, nell’ufficio del preside, dove li attendevano Severus Piton e Madama Chips, pronta con le più avanzate cure mediche disponibili.
Il maestro Yoda e Silente avevano subito gravi danni fisici, dovuti sia al troppo sforzo per la loro età, sia per i violenti impatti subiti; mentre invece Topolino aveva riportato solamente qualche taglio a causa dei fili, ma facilmente curabile dalle mani esperte dell’infermiera.
La calma ora era piatta, Paperino e Pippo si erano lasciati cadere in una poltrona, stanchi; nessuno di loro aveva voglia di parlare, ma allo stesso modo i loro soccorritori avevano voglia di sapere.
«Cos’è successo Albus? Puoi raccontarcelo? Severus ha tenuto d’occhio i Mangiamorte per tutta la vostra assenza, è arrivato al castello solo qualche minuto prima di voi».
«Ma certo, Minerva, è giusto che voi sappiate» disse Silente porgendo il braccio con la mano semi annerita a Piton in modo che la esaminasse.
«Dopo il dialogo con Malefica e il furto del libro dalla biblioteca del castello, decidemmo di andare nel mondo del Maestro Yoda e grazie ad uno speciale marchingegno notammo che l’andamento dello Spazio-Tempo era corrotto; come suggerito da Topolino raggiungemmo un mondo abitato da creature particolarmente potenti: i Pokemon, dove speravamo di poter trovare una mitologica divinità famosa tra gli abitanti del luogo per la sua abilità di controllo del Tempo» poi si fermò e fece un respiro profondo chiudendo gli occhi.
«Dopo aver scoperto dove poter trovare questo Pokemon leggendario, abbiamo avuto la conferma che i nostri nemici erano davanti a noi, e ci sono sfuggiti per un pelo, venendo qui; solo grazie ad un idea di Walt siamo riusciti a raggiungerli evitando la catastrofe» concluse Silente, poi con la mano sana si appoggiò la sua bacchetta alla tempia ed estrasse un lungo filamento argenteo che andò a fluttuare nel pensatoio, aperto vicino alla parete.
«Doflamingo era arrivato il giorno prima della riunione dei Mangiamorte» disse Piton, «Nessuno era contento del suo arrivo, anzi, la maggior parte lo disprezzava, neanche l’Oscuro Signore si fidava di lui, ma credeva di averne il pieno controllo finché non è arrivata l’altra strega. A quel punto tutto sembrò cambiare, non ci fu nessuna riunione per presentarla, la maggior parte di loro fu mandata via da Villa Malfoy, credo che solo io e quella curiosa di Bellatrix siamo riusciti a vederla».
«Credo che Voldemort fosse incuriosito dal potere di entrambi» rispose il preside «ma che considerasse Doflamingo come un sottoposto e invece Malefica come una pericolosa rivale».
«Sì, è molto probabile».
«Cosa credi che farà Voldemort adesso, Albus?» chiese Topolino, le cui ferite erano svanite dopo un colpo di bacchetta di Madama Chips.
«Ora che è a conoscenza dell’esistenza degli altri mondi? Non ne ho idea… potrebbe tentare di andarsene e portare i suoi Mangiamorte con sé, oppure potrebbe voler acquisire qualche potere in più per conquistare questo mondo, l’unica cosa certa è che ora è molto più pericoloso di prima…».
«Per quanto riguarda Doflamingo, sarebbe opportuno riferirlo a Sengoku, e chiedergli aiuto, sicuramente potrebbe intuire le sue intenzioni meglio di noi. Era in groppa a Dialga quando è fuggito, potrebbe anche essere tornato nel loro mondo. Paperino! Pippo! Se state bene e non avete più bisogno di cure sarebbe necessario che voi raggiungiate il grand’ammiraglio e lo informaste della situazione».
«Yuk! Certo, Vostra Maestà! Vieni Paperino, partiamo subito!».
«Ma io volevo dormire un po’…» rispose l’amico assonnato con la faccia sonnecchiante appoggiata alla poltrona.
«Dormirai durante il viaggio!» lo rimproverò Pippo, a quel punto Topolino corse a stringere i suoi amici con un grande abbraccio «Vi voglio bene ragazzi!» gli disse «Non preoccupatevi farò io un salto a casa per raccontare tutto a Minnie e Paperina, le saluterò anche da parte vostra».
Così anche Paperino si alzò ed entrambi si misero sull’attenti: «Grazie, Vostra Maestà!» dissero in coro.
«Hagrid, saresti così gentile da accompagnarli fino alla loro gummyship?» chiese Silente.
«Oh sì, ma certo, seguitemi pure» disse gentilmente il guardiacaccia che si stava assopendo anche lui, così tutti e tre insieme uscirono dall’ufficio del preside.
«È una ferita molto grave. Il potenziale magico che l’ha inferta era altissimo. Ti avrebbe annientato se non ti fossi difeso… si spargerà, Albus» disse Piton finendo di esaminare le due dita annerite di Silente.
«Purtroppo è proprio vero, non si possono rallentare i segni del tempo…» disse con ironia il preside guardandosi anch’egli la mano.
«E l’ultimo membro di quella squinternata alleanza chi sarebbe?» chiese la McGranitt ancora avida di sapere.
Silente stava per dire di non saper rispondere alla sua domanda, ma Yoda parlò al posto suo, non aveva ancora detto nulla da quando erano arrivati al castello.
«L’ultimo allievo preso in considerazione dal Conte Dooku egli è» disse spiazzando tutti, poi continuò «L’unico in possesso dell’abilità di viaggio tra i mondi sono rimasto, solo io ricordarmi di lui potevo. Osservato per giorni da me e Dooku nella sua infanzia è stato, dopo giorni ci accorgemmo che di Forza non si trattava e rinunciarci dovemmo, Dooku contrario fu. Un potere enorme Magneto possiede» disse Yoda e poi bevve un sorso di pozione che gli aveva dato Madama Chips per rinvigorirlo.
«Da quello che è sembrato era in grado di controllare il metallo, vero?» chiese Topolino incuriosito da quel personaggio sconosciuto.
«Esatto» confermò Yoda.
«Per quanto ne sappiamo non è in grado di attraversare i mondi, e quindi dovrebbe essere intrappolato qui… sarà compito tuo, Albus, trovarlo e catturarlo. Poi procederemo a riportarlo a casa sua, non possiamo fare altrimenti» disse Topolino con voce chiara.
«Ma certo Vostra Maestà, mi prendo la responsabilità della sua cattura» confermò il preside alzandosi in piedi e andando a guardare il pensatoio, «bisogna prendere provvedimenti anche per i Pokemon… Bisogna avvisare che Doflamingo potrebbe essere lì e che ha intenzioni ostili».
«Di nominare la Campionessa della Lega di Sinnoh una Referente io propongo» suggerì Yoda precedendo il pensiero degli altri.
«Sì ci avevo pensato anche io» rispose Topolino «Il Maestro Yen Sid non ha mai nominato il mondo dei Pokemon per un eventuale Referente» disse aggrottando la fronte e portandosi le dita sul mento «Però credo che Camilla se lo sia meritato pienamente, ricordiamoci che ha portato in salvo i tre ragazzi nella grotta nonostante la nostra immediata partenza».
«Sarai tu ad occuparti di questa faccenda, Topolino?» chiese Silente.
«Sì, ritornerò nel mondo dei Pokemon il prima possibile, devo parlare con lei degli ultimi avvenimenti» rispose il Re organizzandosi il da farsi.
«Giusto, io visionerò questo» disse ancora tirando fuori un grosso volume rilegato in pelle, che andò a posare sulla sua scrivania.
«Sono riuscito a darci un occhiata, sembra che effettivamente il mondo dei Pokemon non sia affatto piccolo, anzi, noi ne abbiamo visitato solamente una parte ed esistono diverse regioni in cui la mitologia locale è legata in particolar modo a dei Pokemon leggendari forti e potenti, la esaminerò attentamente» concluse.
«Molto bene, io tornare nel mio mondo devo, il momento di parlare con Obi-Wan è arrivato, insegnargli a dominare il passaggio nei mondi devo, non disponibile per un po’ sarò» intervenne il Maestro Yoda per aiutare nell’organizzazione del imminente futuro.
«Signor preside, vorrei suggerirle di mandarmi in incognito dai Mangiamorte per fare rapporto sui piani dell’Oscuro Signore» disse il professor Piton alzandosi in piedi.
«No Severus, è troppo pericoloso. Se Voldemort trovasse un modo per partire alla volta di un altro mondo tu saresti costretto ad andartene, e dubito che lui ti dia il tempo di tornare qui. Ricordiamoci che ora possiede il libro sul viaggio nei mondi e non sarà un problema tecnico a fermarlo» gli rispose Silente sicuro della sua decisone, «Andrai solo se sarai convocato da lui in persona. Minerva manda un gufo a Grimmauld Place, e avverti l’Ordine che Harry va sorvegliato di continuo, anche se adesso è tornato dai Dursley, bisogna prendere in considerazione che lui rientri comunque nei piani di Voldemort» concluse il preside e subito la McGranitt si mise a scrivere su un foglio di pergamena.
Piton allora uscì dall’ufficio, era un po’ deluso che Silente non gli affidasse una missione di tale importanza come quella, era sicuro che Voldemort avrebbe tentato di andarsene nuovamente.
L’atmosfera era tesa, e nessuno aveva una gran voglia di parlare, l’ufficio di Silente era sempre uguale, con tutti i ritratti (stavolta ben svegli) che ascoltavano la conversazione sotto di loro, anche la fenice sul suo trespolo era attenta a tutti i movimenti nella stanza.
Madama Chips aveva finito di medicare tutti i combattenti e si era ritirata in infermeria, Silente aveva congedato lei e Hagrid conscio dell’argomento che stava per essere affrontato.
«Bene non siamo messi, Magneto in fuga ed in trappola qui è, Voldemort a conoscenza dei mondi è venuto, Malefica scomparsa, e Doflamingo l’accesso alla dimensione del tempo ha momentaneamente ottenuto, ovunque può andare, difficile ritrovarlo sarà».
«Yoda ha ragione» proseguì Silente «E noi abbiamo perso due validissimi elementi. Vostra Maestà… cosa è successo a Walt?» chiese avvicinandosi al re con garbo, accucciandosi per essere alla sua altezza nella poltrona e guardandolo fisso negli occhi.
Topolino si ammutolì all’improvviso, probabilmente non era pronto a fornire quelle informazioni, o semplicemente non voleva rivivere determinati pensieri.
«Già qualcuno mi sa dire dov’è finito Walt?» aggiunse Minerva alzando la testa dalla lettera, preoccupata, sembrò accusare il colpo della scomparsa del ragazzo tutto insieme, come se fino a quel momento l’avesse voluto reprimere dentro di sé.
«Non so dove sia finito…» disse il re con voce tremolante, «Posso solo ipotizzare che Walt abbia riconosciuto la voce che ha rimbombato dal portale oscuro».
Ma Silente, come tutti gli altri, non era soddisfatto e voleva sapere di più, si alzò in tutta la sua statura, non voleva spaventare Topolino ma voleva fargli capire che sia lui che gli altri avevano tutta l’autorità per sapere che cosa fosse successo: «Hai qualche idea di chi possa essere stato? Perché ha avuto quell’impulsivo e irrefrenabile istinto di doverlo raggiungere a tutti i costi? Non è facile eludere l’incantesimo che gli ho scagliato» aggiunse, sottolineando che aveva dato del suo meglio per trattenere il loro amico.
Topolino aveva assorbito tutti i significati sottointesi dal movimento di Silente e, sentendosi in dovere di rispettarlo sia come amico che come collega Referente, decise di dire tutto ciò che sapeva, dall’inizio.
«Sospetto che si trattasse di qualcuno del suo mondo…» disse distogliendo lo sguardo a causa dell’insicurezza.
«…Ah… questo spiega molte cose…» la mente di Silente lavorava febbrile «Topolino non credi che sia venuto il momento di raccontarci cosa è successo esattamente nel mondo di Walt?»
Topolino prese coraggio e cercò di ordinare i ricordi nella testa, e poi si decise: «Il mondo di Walt non era un mondo qualunque… era un immenso e da quel poco che mi ha raccontato sono riuscito a capire che, i suoi abitanti vivevano in armonia e dalla nascita ognuno di loro sviluppava un’affinità verso un determinato elemento, come il nostro Walt che controlla il Fulmine. Ma ciò che alimentava questo potere nelle persone era una capacità primordiale, un’energia racchiusa in ognuno di loro, talmente forte che non poteva essere contenuta, perciò gli abitanti sviluppavano naturalmente un metodo per utilizzarla.
Questo motore naturale era chiamato Fantasia.
Non nel senso di creatività, Fantasia serviva per indicare questa energia che permetteva agli abitanti di sviluppare il proprio potere, di solito affine anche a due elementi.
Andando avanti negli anni un grosso problema attanagliò la città di Walt: i giovani che riuscivano a sviluppare la Fantasia erano sempre meno, ma sempre più potenti.
È pensiero del Maestro Yen Sid che Walt possa essere il ragazzo dotato di più Fantasia che sia mai nato, per questo fu l’unico che riuscì a salvarsi dalla catastrofe. Ma è solo una sua ipotesi».
Poi Topolino si prese qualche momento per asciugarsi le lacrime che quella storia gli stava provocando.
«Vostra Maestà quale catastrofe?».
«Non ne sono certo perché lui non ne parla mai ma nel mondo di Walt come nei nostri vigeva comunque la sovranità della Luce e dell’Oscurità; per quanto chi governava quel mondo riuscì a mantenerlo nella Luce, l’aumento considerevole di Fantasia in alcuni ragazzi iniziò a far sviluppare in molti di loro una grande sensazione di vanità; la consapevolezza di essere più forti li fece cedere all’Oscurità e uno dopo l’altro fecero cadere l’intero mondo nell’abisso più profondo non lasciandone, per quanto ne sappiamo, alcuna traccia. È pensiero mio e di Yen Sid che avvenne una sorte di apocalisse finale di cui Walt non proferisce parola.
Fino a qualche ora fa pensavo che nessun abitante di quel mondo fosse sopravvissuto oltre a lui, ma a quanto pare mi sbagliavo… deve essere stato un duro colpo.
Non so di chi fosse quella voce, ma di sicuro non era un amico di Walt, altrimenti non avrebbe reagito in quel modo.
Quando lo incontrai andava e veniva di continuo dalla Città di Mezzo, il mondo in cui si ritrovano ancora oggi gli abitanti dei mondi scomparsi, ed è sempre stato solo. 
Fu il maestro Yen Sid a percepire la sua grande luce e mi incaricò di cercarlo per formare i Referenti, ero appena diventato Maestro del Keyblade. Da allora Walt è un Referente che viaggia per i mondi liberamente, probabilmente sente un po’di casa in ognuno di loro» concluse tristemente Topolino con le orecchie abbassate.
«Davvero una storia molto triste questa è» disse Yoda con la voce strozzata, anche a lui aveva abbassato le orecchie.
«Walt sa il fatto suo, non si è mai mostrato abbattuto dal suo passato, anzi ha sempre cercato di infondere ottimismo agli altri. Anche se non si allena più da anni, ha un potere spaventosamente enorme, forse in gran parte inconscio, dentro di lui» aggiunse Topolino ricordandosi cosa gli aveva detto Yen Sid quando lo avvertì su Walt.
«Sora al sicuro con lui è» disse il Jedi a metà tra l’affermazione e l’interrogazione.
«Sì, ne sono certo» disse il re riacquistando il sorriso «anche Sora è un gran ottimista e ha una storia molto simile a quella di Walt; lo ammira tanto, mi ha confessato più volte di voler diventare forte come lui, non so perché Walt non gli abbia mai dato troppa confidenza» rimuginò pensieroso; in effetti erano anni che Topolino li aveva fatti conoscere e Walt chiedeva sempre di Sora ogni volta che ne aveva l’occasione, eppure nonostante gli instancabili e genuini tentativi di quest’ultimo di farci amicizia, Walt restava sempre freddo nei suoi confronti.
«Credo che la cosa giusta da fare sia concentrare le nostre forze per mettere a posto le cose» disse Albus cercando di allontanare l’attenzione di tutti su quel triste racconto.
«Yoda, tu ritornerai nel tuo mondo e contatterai il Maestro Obi-Wan per insegnargli ad attraversare i mondi» iniziò a dire elencando le decisioni prese «Io concentrerò le mie attenzioni sulla cattura di Magneto, è la priorità assoluta, appena lo avrò in pugno contatterò voi, Maestà, per riportarlo nel suo mondo; inoltre cercherò di scoprire le intenzioni di Voldemort, c’è la possibilità che non abbia più voglia di viaggiare tra i mondi anche se ne dubito fortemente. Minerva ho bisogno che mandi un altro gufo: contatta il professor Lumacorno e riproponigli la sua vecchi cattedra di pozioni, digli che riceverà una mia visita tra un paio di mesi, a fine estate; inoltre scrivi alla figlia del preside Dippet, vediamo se riusciamo a racimolare qualche informazione su quel libro che Doflamingo voleva leggere».
Minerva, che aveva smesso di scrivere la lettera per l’Ordine della Fenice già da un po’, sembrò tornare alla realtà e ricominciò subito a scribacchiare con la piuma sulla pergamena sommersa dal lavoro.
«Paperino e Pippo sono andati ad avvisare Sengoku e a dirgli che contiamo sul suo aiuto, speriamo di vederlo all’opera al più presto. E voi Vostra Maestà, che farete adesso?» chiese garbatamente Silente per concludere l’immaginaria lista di cose da fare.
«Prima di tutto andrò al Castello Disney a dare delle disposizioni generali, poi andrò di nuovo nel mondo dei Pokemon e restituirò l’Adamasfera a Camilla e le proporrò la nomina di Referente. Recupererò la gummyship nel frattempo attenderò notizie da te Albus, sulla cattura di Magneto».
«Magnifico», commentò il preside che aveva iniziato a fare avanti e indietro nella stanza cercando di frenare la sua impulsiva voglia di andare a cercare Magneto immediatamente per velocizzare i tempi.
«Cercherò di contattare anche Mario il prima possibile, al massimo gli farò visita nel suo mondo, delle mani in più ci potrebbero fare comodo, in vista del futuro» aggiunse il re.
«Concordo pienamente, e gli dica di smetterla di saltare sulle tartarughe una buona volta» rispose Silente che sentiva di nuovo salire lo spirito di avventura.
«E poi? Che faremo?» chiese Topolino tornando di nuovo ad ammutolirsi, convinto che dopo non ci sarebbe stato più nulla da fare.
«E poi?» ripeté Silente «E poi andiamo a cercare Walt e Sora naturalmente! Saranno in difficoltà, non sappiamo che nemico stiano affrontando e potrebbero aver bisogno di una mano».
Topolino era felicissimo della notizia, non si sarebbe mai osato a costringere gli altri Referenti a seguirlo nel in un avventura alla cieca, ma lo spirito di iniziativa di Silente lo stava coinvolgendo e non vedeva l’ora di partire alla ricerca dei loro compagni.
«Molto bene Albus, allora parto subito!» disse e si mise addosso il suo impermeabile nero, facendo spuntare anche le orecchie dal cappuccio.
«Buona fortuna Topolino, come ti contatto quando avrò trovato Magneto?»
«Spediscimi una lettera, lei saprà dove trovarmi» rispose il re mentre anche Yoda si preparava ad andare.
«Un onore combattere con voi è stato, al più presto cercherò di raggiungervi. Ah! Se novità su Darth Sidious ci sono subito vi informerò» disse il maestro avviandosi appoggiato al suo bastoncino.
«Molto bene. Spero di rivedervi entrambi presto, buona fortuna» disse Silente mentre li accompagnava verso l’uscita del suo ufficio.
«Arrivederci Maestri! La prossima volta combatterò al vostro fianco!» Li salutò la professoressa McGranitt stringendogli la mano.
Topolino e Yoda percorsero i corridoi in silenzio, ormai conoscevano la strada per uscire da quel labirintico castello e raggiunsero in fretta il parco.
La capanna di Hagrid era ancora debolmente illuminata e uno rivolo di fumo saliva su per il comignolo.
«Questo un arrivederci è, amico mio» disse Yoda pronto a partire; entrambi non avevano più mezzi di trasporto propri, la navicella di Yoda era rimasta su Coruscant e la gummyship di Topolino era rimasta sulle rive del lago Verità, e doveva essere recuperata al più presto.
«Ma certo Maestro, ci rivedremo presto» rispose il re, poi si abbracciarono e si allontanarono un pochino: il maestro Yoda chiuse gli occhi e dopo qualche secondo fu avvolto da un alone azzurro, quasi bianco da quanto era luminoso, poi d’un tratto scomparve, lasciando sotto di lui un cerchio di erba piegata e il paesaggio tornò a essere buio.
Topolino frugò nel borsello che aveva alla vita ed estrasse un Frammento di Stella, un oggetto a forma di stella di cristallo, piccolino e scheggiato da una punta.
Lo puntò in alto e iniziò a brillare intensamente, poi iniziò a schioccare e scoppiettare trascinando Topolino per aria e facendolo scomparire in un lampo di luce.
«Credi che questa storia possa avere una fine? O credi che, anche se trovassimo Walt, prima o poi Tu-Sai-Chi riuscirà a trovare un modo per raggiungere gli altri mondi, o Doflamingo avrà causato guai altrove?» chiese Minerva ad Albus appena ebbe finito di spedire le lettere da lui richieste.
«Credo che questa storia sia più lunga del previsto» rispose Silente «Se davvero Walt è potente come dice Topolino si deve ipotizzare che i suoi nemici lo siano altrettanto, se non più di lui. Bisogna agire con cautela. Abbiamo appena scoperto che i nostri nemici non si fermano a loro due» concluse avvicinandosi alla finestra.
Da lì vide i suoi due colleghi scomparire in un lampo di luce, proprio come fece un’antica stella sopra di loro.















Angolo dell'autore:
Ci sono state molte rivelazioni! Cosa ne pensate del passato di Walt?
Chi potrebbe essere l'ignoto personaggio che lo ha portato via dai suoi compagni?
Ora che avete scoperto il nome dell'abilità da cui deriva il potere di Walt, vi viene in mente da chi potrebbe essere ispirato questo personaggio?
Fatemelo sapere quello che pensate in un commento!
E' vero che questo è l'ultimo capitolo e che la storia risulterà "completa" ma la storia prosegue con il titolo di "Kingdom Hearts 2W", la trovate nel mio profilo autore.  
Ricordo che, per quanto riguarda il mondo di Hogwarts, è tutto basato sui fatti e sulle notizie inerenti solo e unicamente i film, non perché non abbia letto i libri ma perché altrimenti non sarei stato in grado di farci incastrare un'altra storia. 

Vi prego di commentare la mia storia, sono gradite sia critiche positive che negative e soprattutto sono curioso di sapere le vostre idee sulla storia e di sentire le vostre proposte per il futuro.
A presto!

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