Nei tuoi occhi c'ero già

di Rohhh
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 ***
Capitolo 39: *** Capitolo 39 ***
Capitolo 40: *** Capitolo 40 ***
Capitolo 41: *** Capitolo 41 ***
Capitolo 42: *** Capitolo 42 ***
Capitolo 43: *** Capitolo 43 ***
Capitolo 44: *** Capitolo 44 ***
Capitolo 45: *** Capitolo 45 ***
Capitolo 46: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ciao ragazze, sono Sara e questa è la prima storia che pubblico. Premetto subito che non sono una scrittrice e che sono consapevole che la mia storia non è perfetta e priva di errori nella stesura. Però fin da ragazzina mi capitava di immaginare delle storie e di buttare giù qualche riga senza mai riuscire a terminarne una, adesso sto avendo del tempo libero ( ahimè non per mia volontà ma perchè al momento sono rimasta senza lavoro) e così ho deciso di dedicarmi a completarne una anche perchè scrivere mi serve spesso come modo per svagarmi e uscire per un attimo dalla realtà di tutti i giorni. Ecco prendetela un pò così, volevo semplicemente condividere con qualcuno qualche pensiero che ho in mente senza pretesa alcuna. Spero che non sarete troppo severe con me e spero magari che a qualcuna possa piacere almeno un pò la storia! Questo è il primo capitolo. ma a grandi linee ho in mente tutta la trama quindi dovrei riuscire a portarla a termine. Vi saluto e spero di sentirvi!




 
Capitolo 1


La mattina dopo l'ultimo esame prima delle vacanze estive non ci si dovrebbe mai alzare presto. Bisognerebbe rimanersene a letto a dormire fino a tardi, assaporare la dolce sensazione di libertà, riposare la mente e godersi la quiete conquistata duramente.

Questo pensava Ashley, 21 anni, il secondo anno di università in architettura archiviato il giorno prima con l'ennesimo esame superato a pieni voti.

Allora, che ci faceva sveglia alle sette di mattina, con la testa sprofondata nel cuscino, nel vano tentativo di attutire gli schiamazzi che sentiva arrivare dal piano di sotto?

Esasperata si voltò a destra, verso il lato di stanza appartenente a sua sorella maggiore Phoebe: il suo letto era vuoto e ancora disfatto. Ecco spiegata l'origine di tutto quel fracasso mattutino! Quanto poteva essere stridula la sua voce e che diavolo aveva da urlare a quell'orario?

Sbuffò pesantemente e fissò il soffitto.
In ogni caso il sonno era ormai compromesso, tanto valeva alzarsi e dare inizio a quella giornata. Si mise a sedere sul bordo del letto, coi capelli rossi arruffati, gli occhi pesanti e un leggero mal di testa residuo dal giorno prima, che non era riuscita a smaltire come avrebbe voluto. Pazienza, avrebbe dormito nel pomeriggio.

Buttò un'occhiata alla finestra, spostando la tendina color pesca. Il sole aveva già fatto capolino benchè non fosse ancora alto: era Luglio inoltrato e il caldo si faceva sentire già dal mattino presto. Poche persone in giro, probabilmente, si stavano recando al lavoro, attendendo l'agognato periodo di ferie che, invece, alcuni fortunati già stavano trascorrendo in chissà quali posti di villeggiatura. La città cominciava a svuotarsi per le vacanze e tra due giorni sarebbe toccato anche a lei.
In fondo si meritava un po' di relax lontano da quella piccola bolgia infernale che era casa sua, soprattutto in quel periodo.
Phoebe e il suo fidanzato Peter avevano preso la decisione di andare a convivere e stavano sistemando una casetta che avevano comprato insieme. La sorella era a dir poco euforica e tutta presa dai preparativi per rendere accogliente il loro nido d'amore e ormai era la prassi sentirla decantare entusiasta tutti i progetti che avevano. Ashley era contenta per lei, dopotutto Peter era il suo fidanzato da ormai quasi otto anni, erano cresciuti insieme, formavano una coppia perfetta, si erano sempre sostenuti a vicenda e possedevano interessi simili e lei, a 23 anni, lavorava già come estetista, non essendo mai stata portata per lo studio.
Per un momento si chiese cosa si provasse, a quella giovane età, ad avere già sotto controllo la propria vita e il proprio futuro. Per quanto fosse tutto molto lontano dai suoi progetti attuali, pensò dovesse essere comunque una bella sensazione.

Scese le scale sbadigliando e fece il suo ingresso in cucina.

Phoebe arrestò per un secondo il suo flusso continuo di parole per degnarla di uno sguardo: «Oh buongiorno Ashley, mattiniera eh?» cinguettò candidamente

"No, ma scherza, vero?" pensò Ashley furente.
«Non di mia volontà visto che la voce di qualcuno può competere con un martello pneumatico quanto a delicatezza» disse piccata, accomodandosi al tavolo dopo aver afferrato una mela dal cesto della frutta.

«Ah, che esagerata!» sbuffò Phoebe, mentre si riordinava i capelli liscissimi in una coda di cavallo, beccandosi un' occhiataccia dalla sorella minore.

«Scusa tesoro, ti abbiamo svegliata?» le chiese amorevolmente sua madre Nancy, carezzandole una guancia. Era già vestita di tutto punto e stava benissimo nel suo tailleur nero e camicetta rosa pastello. I capelli, castani scuri, li aveva elegantemente raccolti in uno chignon sulla nuca, profumava di vaniglia, la sua fragranza preferita, e sul viso aveva un filo di trucco che le donava e la faceva sembrare ancora più giovane dei suoi quarant' anni. Tra circa un'ora avrebbe cominciato il suo turno di lavoro in una profumeria in centro, la sua occupazione stabile da ormai quasi vent'anni.

Ashley mugugnò infastidita mentre la madre le passava una tazza di succo di frutta. Alla sua sinistra la piccola July, sua sorella minore, ancora nel suo pigiama azzurro con i gattini, la fissava divertita coi suoi occhioni marroni: adorava i battibecchi tra lei e Phoebe. Tornò poi a pasticciare con una matita su un campionario di piastrelle per il bagno che giaceva sul tavolo insieme ad altri suoi simili. Era molto portata per il disegno.

«July, smettila di sporcarli e cancella tutto, sai che devo riportarli in negozio e non voglio rogne, deve essere tutto perfetto!» intimò Phoebe alla piccola con tono severo, mentre sorseggiava distratta un tè con la testa china su tutte quelle mattonelle variopinte, nell'ardua impresa di azzeccare l'abbinamento giusto. Si portò infine le mani tra i capelli stremata e rialzò lo sguardo verso Ashley che sorseggiava il suo succo, completamente estraniata dal contesto.

«E tu, potresti anche essere più collaborativa, non studi forse architettura? Dovresti capirne di queste cose, no?» la additò, puntandole l'indice davanti al naso.

«E infatti studio architettura non faccio l'arredatrice di interni, c'è differenza sai?» le ribattè Ashley, irritata e quasi offesa, spostandole quel braccio accusatorio. Phoebe fece una smorfia di disappunto, July ridacchiò.
« Forse, se avessi dormito di più stamattina, sarei stata un po' più lucida e avrei saputo consigliarti!» le rinfacciò Ashley, ancora delusa dalle sue poche ore di sonno.

Phoebe rise di gusto poi tornò disperata: « Andiamo, Ashley, ma di che ti lamenti? Hai superato un esame col massimo dei voti e tra due giorni te ne vai in vacanza al mare da tuo padre, mentre io rimarrò qui a scervellarmi davanti a questi campionari che sto cominciando anche a sognare la notte!" si lamentò. Riuscì a strapparle finalmente un sorriso.

Già, suo padre.

Phoebe non si era sbagliata: anche se ad a un estraneo le sue parole sarebbero potute sembrare anomale, la realtà era proprio quella. Il padre di Ashley non era il padre di Phoebe e nemmeno quello di July.
Sebbene le tre si considerassero e chiamassero sorelle, in realtà erano sorellastre, Nancy le aveva avute ciascuna da un uomo diverso. In campo sentimentale non le era andata mai molto bene, anzi diciamo proprio che era stato un disastro.

Era sempre stata un tipo impulsivo e ribelle, le bastava poco per lasciarsi trasportare dalle emozioni, dal cuore, e spesso questo la traeva in errore.
Si era ritrovata a 17 anni con la piccola Phoebe, uno scricciolo biondo in braccio a una poco più che bambina. L'aveva cresciuta da sola, con l'aiuto dei suoi genitori, visto che il padre, poco più grande di lei, aveva ben pensato di lavarsene le mani. E la beffa era che Phoebe ne era la copia spiccicata, stessi occhi azzurro chiaro, stessi capelli biondissimi, bello ma immaturo.
Phoebe non aveva avuto un padre, ma aveva avuto una madre straordinaria che non gliene aveva mai fatto sentire la mancanza. Certo, molto avevano fatto anche i nonni, soprattutto economicamente, visto che non avevano potuto abbandonare la loro figlia così giovane in una situazione talmente grande, seppur non la avessero approvata. Nancy divenne forte ma, meno di due anni dopo, commise lo stesso errore.
Conobbe Gregory, di ventisei anni, era un pianista e aveva il fascino dell' artista intellettuale, serio e criptico. Era tutto l'opposto di Nancy, esuberante, energica e allegra, ma fu come se entrambi fossero stati attratti proprio da queste enormi differenze. Dopo poco Nancy si ritrovò incinta, stavolta di Ashley. La gravidanza non era stata chiaramente cercata ma stavolta Gregory se ne assunse la piena responsabilità: amava Nancy e le promise che l'avrebbe sposata.
Così fu. Nancy indossò il suo bell'abito bianco, dal quale si intravedeva appena la pancia gonfia al quinto mese, era raggiante, mentre percorreva la navata, la piccola Phoebe, nel suo abitino rosa confetto, seduta in braccio a sua sorella Rose, in prima fila.
I suoi genitori però non c'erano: stavolta non avevano sopportato un altro errore della figlia. Non le parlarono per mesi. Solo alla nascita di Ashley si presentarono in ospedale, sua nonna prese la neonata in braccio con gli occhi lucidi senza dire una parola. Ci vollero altri due mesi di graduale riavvicinamento prima che i rapporti si ricucissero definitivamente.
Sfortunatamente il matrimonio con Gregory durò due anni e poi, quelle stesse diversità di indole che all'inizio li avevano attratti l'uno verso l'altra, finirono per dividerli. Gregory per Ashley però continuò ad essere un padre molto presente e a passare regolarmente del tempo con lei. Le trasmise la passione per il pianoforte e per il suo ottavo compleanno gliene regalò uno nero, classico, che adesso faceva bella mostra nel salone di casa. I primi tempi Nancy non riusciva a staccarla dallo sgabello, Ashley passava ore ed ore a esercitarsi e sempre meno tempo con la sua mamma.
Nancy preferì poi trascorrere alcuni anni dedicandosi totalmente alle sue bimbe, trovò diversi lavoretti prima di sistemarsi definitivamente come commessa in profumeria. Solo vari anni dopo, quando Phoebe aveva dieci anni ed Ashley otto, si innamorò nuovamente di Mark, un imprenditore del luogo e con lui ebbe poco dopo July, che adesso aveva undici anni. Anche quella relazione era finita e le quattro si erano alla fine ritrovate a vivere da sole in quella casa.
Non era stato facile per Nancy crescere le sue bambine, cercando di farle sentire le più normali possibili. Sapeva che per loro era stato ugualmente difficile, in particolare per Ashley, estremamente diversa da lei nel fisico e nel carattere, con la quale tuttora, nonostante gli sforzi e i progressi, non riusciva a comunicare come avrebbe voluto.

Nancy riprese scherzosamente le figlie:« Sù ragazze, non litigate - poi si rivolse alla minore - tu July comincia a vestirti, devi andare dalla nonna, ti sta aspettando, forza!».

«Uffa, ma devo proprio, sono già grande, posso anche stare da sola e cucinare, ho visto come fai!» si lamentò la moretta, l'unica delle sue figlie che le somigliasse tanto.

« Andiamo, non fare storie, prometto che ci eserciteremo insieme e quando sarai brava starai a casa sola per pranzo!» esortò la piccola, prima di darle un bacio in fronte e vederla salire in camera sua. Poi sparì in camera da letto per riassettarla, si diede un'ultima occhiata allo specchio, infilò le decolletè nere col tacco e scese ad aspettare July, buttando un'occhiata all'orologio per accertarsi di non fare tardi.

« Beh, ragazze, allora io vado, chiudete bene la porta quando uscite, e tu Ashley... – fece rivolgendosi alla rossa mentre si rinnovava per bene il rossetto allo specchio dell'ingresso – hai già chiamato tuo padre per mettervi d'accordo su quando farti venire a prendere dopodomani?»

« Lo farò più tardi mamma, non preoccuparti» le rispose piatta Ashley, con il mento pigramente appoggiato alla mano.

« Perfetto, e ricordati di salutarlo». In fondo i rapporti tra lei e Gregory erano rimasti buoni, nonostante entrambi fossero andati avanti con la propria vita e adesso lui avesse una compagna da quasi un anno. Ashley annuì con un cenno della testa, poi ritornò a sfogliare distrattamente uno dei campionari della sorella: sapeva che era meglio assecondare Phoebe per evitare le sue persecuzioni.

« E tu Phoebe, se decidi di rimanere a dormire da Peter cerca di farmelo sapere stavolta, intesi? » le fece l'occhiolino.
Nancy non aveva mai avuto problemi a parlare con le figlie di certi argomenti che in altre famiglie erano tabù, mettendole però sempre in guardia dal fare sciocchezze e raccomandando loro di viversi gli anni della giovinezza spensierate e magari senza neonati da accudire. Anche se loro erano state il suo tesoro più grande, non negava che averle avute più tardi le avrebbe risparmiato un po' di problemi.
«Certo mamma» le rispose Phoebe calma, accasciata sul tavolo col mento sorretto da una mano e senza più il tono combattivo di prima, che ormai aveva lasciato spazio alla rassegnazione per un mattinata che si preannunciava infruttuosa come le precedenti.

July intanto aveva sceso le scale, portandosi appresso uno zaino pieno di cose per passare il tempo dalla nonna.

Nancy allora salutò le figlie maggiori dando loro un bacio ciascuna, abitudine che non aveva mutato dai tempi in cui erano piccole, poi invitò July a uscire dalla porta e la richiuse alle sue spalle.

In cucina regnò il silenzio per un attimo, smorzato solo da un programma di cucina alla tv che nessuno evidentemente stava seguendo. Ashley scriveva dei messaggi al cellulare e Phoebe aveva lo sguardo perso nel vuoto. All'improvviso la maggiore sembrò ridestarsi da quel torpore.

«Ma, come mai July non pranza qui con te oggi?» chiese.

«Perchè oggi sono fuori fino al pomeriggio, pranzo con Tyler e Sophia, visto che tra due giorni parto e non ci rivedremo che a estate quasi finita.» spiegò Ashley. Era proprio con loro che stava parlando, per decidere dove andare.
Phoebe battè la mano forte sul tavolo, facendo sussultare Ashley. Di sicuro questa storia della convivenza le aveva spostato qualche rotella.
« Si può sapere che ti prende adesso?» le chiese sconcertata la sorella, mentre posava il cellulare sul tavolo.

Phoebe scattò in piedi come se avesse avuto una molla sotto il sedere. « Oddio Ashley, ancora quell'idiota di Tyler!- urlò sotto gli occhi esterrefatti di sua sorella – ma non capisci che è ancora innamorato di te e l'unico motivo per cui siete rimasti tanto amici è che lui spera di riconquistarti e farti sua per sempre!»

Ashley in realtà ne aveva il sospetto, Phoebe non era l'unica che glielo ripeteva, ma anche diverse sue amiche lo avevano notato. Probabilmente faceva finta di non volersene accorgere perché voleva bene a Tyler e spezzargli il cuore avrebbe voluto dire perderlo per sempre e questo le dispiaceva da morire. Era stata la sua prima cotta quando aveva sedici anni e il suo primo bacio. Le aveva fatto battere il cuore al liceo, con quei suoi occhi marroni profondi e i capelli folti e castani, i suoi modi di fare genuini e sinceri e le sue battute. Ben presto si era però accorta che, più che di amore, si trattava di affetto, sentimenti che spesso a quell'età capita di confondere e anche un tipo razionale come lei ci era cascata. Si erano lasciati qualche mese dopo ma avevano deciso di rimanere amici o perlomeno lei era sicura di volerlo solo come amico, mentre Tyler dentro il suo cuore ancora ne era innamorato. Faceva spesso il geloso, si preoccupava sempre per lei e la chiamava ogni giorno come un fidanzato vero, proprio ciò che avrebbe voluto essere per lei. Ashley aveva capito, ma non le mancava il coraggio di tagliare i ponti con lui, pur sapendo che questa sarebbe stata l'unica soluzione netta a quella faccenda. Preferiva comportarsi normalmente da amica, sperando che prima o poi Tyler avrebbe capito da sè. Peccato che, nemmeno quando Ashley, due anni prima, si era fidanzata con Richard, avesse mai desistito. Le ripeteva in continuazione che non era il tipo adatto a lei, che l'avrebbe fatta soffrire, che stava commettendo uno sbaglio e così via. Era anche vero che quelle cose gliele dicevano un po' tutti, e infatti dopo un anno di relazione la storia era miseramente fallita. In ogni caso adesso non le andava di rivangare certi ricordi.

Fece spallucce a Phoebe « Non mi risulta veramente, Tyler mi vuole solo bene e poi sa che per me è niente più che un caro amico» disse tranquillamente, cercando di chiudere il discorso.

Phoebe sospirò, non si spiegava come sua sorella potesse essere tanto ingenua.
« Sei fortunata che ho diversi appuntamenti con le clienti stamattina e non possiamo approfondire l'argomento ma sappi che non finisce qui mia cara!» la ammonì prima di raccattare i campionari, caricarseli e sparire su per le scale.

Ashley rimase per un po' assorta nei suoi pensieri, poi guardò l'orologio che segnava le 9.
Ecco, era adesso che avrebbe dovuto svegliarsi, invece si era già sorbita un paio di urla, fotografie di piastrelle interessantissime e ramanzine sulla sua vita sociale. Le scappò comunque un sorriso. Corse anche lei a vestirsi per incontrare gli amici prima della sua partenza per quelle vacanze estive, che stavolta la impensierivano più del solito.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 

 

« Ragazzi, vi prego, sono esausta – piagnucolò Sophia, trascinandosi a fatica lungo il sentiero polveroso – fermiamoci in un posto qualunque e basta!». Peccato che nessuno dei suoi due compagni avesse intenzione di ascoltarla.

« Coraggio, ancora qualche metro e siamo arrivati, abbi un altro po' di pazienza» la rassicurò Ashley, mentre Tyler sghignazzava. Camminava svelto e non sentiva la stanchezza, dopotutto lui era un tipo sportivo, abbastanza alto, con un fisico asciutto e ben scolpito dai numerosi allenamenti. La sua pelle era leggermente olivastra e quindi non doveva nemmeno pensare al rischio di ustionarsi.

« Se avessi saputo che alla fine saremmo andati a scarpinare qui in mezzo ai boschi, di certo non sarei venuta con le zeppe» si lamentò ancora, asciugandosi il sudore dalla fronte e tentando disperatamente di annodare i capelli castani chiari, ricci e lunghi, che le stavano procurando un gran caldo sulla schiena.
Non aveva tutti i torti in effetti: i tre amici dovevano trascorrere la mattinata e il pranzo insieme per salutare Ashley prima della sua partenza e all'inizio avevano optato per una tranquilla passeggiata in centro e una sosta a mangiare in qualche ristorante carino, seduti comodi e con l'aria condizionata, possibilmente.
E invece alla fine a Tyler era venuta la brillante idea di recarsi in un boschetto nei dintorni, la loro città non dava sul mare e d'estate la zona boschiva nelle vicinanze era meta di pic-nic e scampagnate visto che, dopo un po' di marcia a piedi, si giungeva in un enorme prato verde pieno di alberi dalle grandi chiome che creavano delle piacevoli zone ombrose. Vi era anche un fiumiciattolo per chi avesse voluto rinfrescare le gambe o per i bambini che amavano sguazzarci.

« Non è vero, saresti comunque venuta disorganizzata perchè a te piace sempre fare il contrario di tutto!» la prese in giro l'amico, voltandosi un attimo a guardarla e beccandosi un gestaccio da parte di Sophia non appena portò nuovamente la testa in avanti per continuare la strada.

Ashley rise divertita. «Beh, però Sophia devi ammettere che a volte hai proprio toppato, noi tutti ricordiamo ancora quando ti sei presentata alla partita di calcio di Tyler coi tacchi a spillo e un tubino elegante nemmeno ti trovassi al matrimonio di tuo fratello». Quell'aneddoto veniva raccontato almeno cinque o sei volte l'anno, non appena se ne presentava l'occasione.

Tyler scoppiò a ridere fragorosamente «Oddio, un'enorme folla di ragazzi urlanti,con birre in mano, striscioni e magliette sgualcite e lei agghindata a festa!»

« Non siete per niente divertenti, mi avevano detto che era un evento importante e mi ero preparata di conseguenza, siete proprio stronzi!» tentò di giustificarsi Sophia senza risultati.

Nel frattempo, finalmente, erano giunti alla meta: la zona era piena di persone quel giorno, famiglie con bimbi piccoli che giocavano all'aria aperta, coppiette innamorate che si scambiavano effusioni sotto gli alberi, comitive di giovani rumorosi e festosi, impegnati a stendere teli per terra per mangiare e persino qualche persona di mezza età, situata in qualche angolo più tranquillo per godere un po' di fresco.

« Ringraziando il cielo siamo arrivati - fece teatralmente Sophia, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso - ho bisogno di stendermi e togliermi queste dannate scarpe!». I tre cercarono un angolo libero all'ombra e una volta posati gli zaini a terra, srotolarono i teli da pic-nic e cominciarono a organizzarsi per il pranzo.
Ashley si accomodò incrociando le gambe e aprì il suo zaino per prendere una bottiglia d'acqua: anche se non si era lamentata come Sophia, il caldo lo sentiva eccome. Tyler si sedette accanto a lei, come faceva di solito, guardando il bel viso arrossato di Ashley, per poi stiracchiarsi per bene e socchiudere gli occhi per un attimo. Sophia si accomodò, facendo bene attenzione a non sporgere dal telo e sporcare il suo vestitino bianco a pois, immediatamente si slacciò le scarpe e rimase a piedi nudi sull'erba, trovando subito refrigerio alle sue sofferenze, poi si sventolò un po' il collo con le mani a mo' di ventaglio e sospirò. Finita la sistemazione, il caldo sparì per lasciare il posto a una sensazione di pace e di frescura, grazie a una piacevole brezza e al dolce rumore delle fronde sopra le loro teste che aiutava a rilassarsi.

«Ragazzi che meraviglia, questo posto è il paradiso, come si sta bene!» esclamò Sophia, ormai calma e rilassata, con la schiena beatamente poggiata a un albero.

«Hai visto che ne valeva la pena? - ribadì Tyler con soddisfazione - le mie idee sono sempre vincenti, dovreste saperlo ormai».

«Ok Tyler, ora però non montarti troppo la testa» lo schernì Ashley, sorridendo e posandogli dolcemente una mano sulla spalla, per poi distribuire ai suoi amici i panini che avevano preparato prima di incamminarsi.
Quel tocco ebbe l'effetto su di lui di una scossa elettrica.
Rimase incantato a guardare ogni suo movimento: il suo viso chiaro sul quale risaltavano per contrasto una manciata di lentiggini sul naso e sulle gote, aveva portato dietro l'orecchio sinistro dei ciuffi ribelli, mentre dall'altro lato i capelli rossi e lisci, che ormai da qualche anno a quella parte portava corti sopra le spalle, le ricadevano sulla fronte. Aveva una semplice canotta grigia e un paio di pantaloncini di jeans che le lasciavano scoperte le gambe lunghe. Ashley non era il tipo da agghindarsi o indossare abiti appariscenti ma riusciva comunque a risultare attraente. Aveva preso ad addentare il suo panino mentre scambiava qualche parola con Sophia.
'Quanto è bella Ashley quando sorride' pensò, ricordando i tempi in cui poteva baciare quelle labbra rosate e tenerla abbracciata. Erano solo due ragazzini sedicenni alle prime armi, impacciati e un po' timidi, ma lui non aveva dimenticato l'emozione provata quando aveva sfiorato per la prima volta le sue labbra, la gioia che gli dava averla accanto, sentirla tra le sue braccia.
Non erano mai andati oltre qualche bacio più profondo, perchè la loro storia era finita presto e Tyler non l'aveva mai nemmeno vista nuda. Ashley la sua verginità l'aveva poi persa con Richard, quell'allievo di suo padre che lui aveva visto solo in foto. L'aveva odiato con tutte le sue forze pur non conoscendolo solo perchè si era sentito derubato della sua Ashley, l'unica ragazza che aveva mai sentito davvero vicino, davvero simile a lui.
Con lei non doveva mai pensare a cosa dire o a preoccuparsi di sbagliare perchè sapeva che non l'avrebbe mai giudicato, che l'avrebbe sempre sostenuto. Ci aveva provato a vedere altre ragazze, soprattutto nel periodo in cui Ashley si era fidanzata e tutti i suoi amici lo avevano incoraggiato a farsi una vita e qualche storia l'aveva avuta ma mai niente di serio, le solite avventure provate per cercare di distogliere l'attenzione dal suo pensiero fisso, per tentare quel chiodo schiaccia chiodo che sembrava essere l'unica soluzione possibile per andare avanti.
Invece si era ritrovato a letto con ragazze di cui la mattina dopo non voleva più sapere nulla, vuoto dentro e insoddisfatto. La verità era che, in fondo, lui ancora sperava di poterci tornare con la ragazza dei suoi sogni, era fermamente convinto che continuandola a frequentare, facendo l'amico, alla fine lei si sarebbe accorta che l'unico ragazzo giusto era lui. Finchè questa convinzione non l'avrebbe abbandonato, sapeva che non avrebbe potuto guardare nessun'altra come guardava lei.

Sophia parlava con Ashley ma di sottecchi lanciava delle occhiate fulminee a Tyler: si era accorta perfettamente che l'amico era di nuovo perso a fissare Ashley.
Quel ragazzo era proprio senza speranza!
In un'altra situazione si sarebbe sentita il terzo incomodo ma quel caso era diverso. Il sentimento di Tyler era purtroppo unilaterale e lei lo sapeva benissimo. Conosceva Ashley dalla elementari, quando era ancora una bimba dallo sguardo forse fin troppo serio, ma lei coi suoi modi spontanei e schietti era riuscita a conquistarsi la sua fiducia e a penetrare quella corazza che la circondava, diventando la sua confidente più intima.
Ashley le aveva chiaramente rivelato che per Tyler provava solo una profonda amicizia e Sophia poteva stare certa che quando l'amica diceva una cosa era sicura. Quello che non condivideva era il suo evitare un confronto diretto con lui, dirgli finalmente in faccia la nuda e cruda verità, spezzargli il cuore per permettergli di rinascere.

La riccia sospirò, poi interruppe il silenzio tra loro: « E quindi domani la nostra Ashley starà via per più di un mese al mare, sapessi quanto ti invidio, la spiaggia dorata, le serate in riva al mare a ballare fino a tardi sorseggiando drink, ragazzi fighi poco vestiti, sei proprio fortunata!» disse.

Ashley si portò le ginocchia al petto, fissandosi le punte delle scarpe: non si sentiva poi così tanto fortunata, era una vita che era costretta a spostarsi per trascorrere del tempo con suo padre, l'estate, il Natale e il resto, tutto doveva sempre essere programmato per tempo.
Adesso era adulta e non le pesava poi così tanto, però da bambina ricordava come avesse sempre invidiato le compagnette che avevano una famiglia "normale", con mamma e papà a casa. Le maestre di lei dicevano che era troppo introversa e chiusa e che aveva sempre l'espressione severa di chi fosse costretta a portare su di sè il peso del mondo intero. Stava silenziosa, coperta da una cascata di capelli rossi come a nascondersi e con quegli occhi color miele già cosí adulti.

«Dai, cosa vuoi che sia un po' di mare, la sabbia ovunque, poi tutto quel caldo asfissiante e la gente che si accalca sulla spiaggia, guarda che non a tutti piace!» intervenne Tyler. A lui non andava proprio giù non poter vedere Ashley per tutto quel tempo. Si passò una mano fra i capelli castani e folti e distolse per un attimo lo sguardo triste.

«Vedrete che questo mese volerà, e poi non vedo mio padre da un bel po,' anche per via degli impegni universitari, e sono contenta di poter passare del tempo con lui» li rassicurò Ashley.

«Ma quest'anno non c'è anche la sua compagna?» azzardò Sophia senza riflettere, accorgendosi solo troppo tardi di aver fatto forse una domanda sgradita.
Tyler la fulminò con uno sguardo che voleva dire 'ma che cazzo ti salta in mente di domandare', ma ad Ashley non aveva dato fastidio la domanda.
Lei era felice di sapere che il padre aveva trovato una donna e da come la descriveva, bella, colta e raffinata, sembrava proprio il tipo perfetto per lui. Ovviamente era un po' in ansia perchè non la conosceva e avrebbe dovuto stare un mese in quella casa, con la speranza di piacerle.

« Sì, la conoscerò in quest'occasione, ma mio padre ne sembra entusiasta quindi deve senz'altro essere una bella persona» disse giocherellando con un filo d'erba, cercando di risultare convincente anche a sè stessa.

« Vedrai che andrà tutto bene» la incoraggiò Tyler, cingendole le spalle con un suo braccio scolpito. Sophia la fissò inarcando le sopracciglia come per comunicarle silenziosamente 'hai visto cosa cavolo combina, fà qualcosa', mentre Ashley fece finta di non capire.

Allora Sophia decise di fare la sfacciata ancora una volta:«Speriamo anche che tu possa fare qualche conquista , non so se mi spiego» disse con tono malizioso, prendendo poi una fetta di anguria come niente fosse. Di soppiatto invece, guardò le reazioni degli amici, Ashley era arrossita e Tyler aveva la faccia di chi aveva appena ricevuto un insulto.
Fu soddisfatta: si era presa la sua piccola rivincita per le prese in giro di prima. E dopottutto tra loro tre la stronza poteva essere solo lei.

Il pic-nic trascorse sereno e dopo aver salutato gli amici con la promessa di sentirsi comunque tramite cellulare, nel pomeriggio Ashley rientrò a casa. Erano le 16 e non era ancora tornato nessuno, regnava una piacevole tranquillità in casa ed Ashley ne approfittò per dedicarsi un pò a sè stessa.
Si concesse un bel bagno rilassante, riempì la vasca, si tolse i vestiti e vi si immerse completamente, lasciò che la piacevole sensazione dell'acqua fresca la avvolgesse, piegò la testa all'indietro e chiuse gli occhi.
Ripensò alla domanda di Sophia sulla compagna di suo padre: non aveva mentito, non era preoccupata, solo che lei era fatta così, i cambiamenti non le piacevano e pensare che quell'estate non sarebbero stati solo lei e suo padre la teneva un pò in ansia. Cercò comunque di non pensarci e una volta finito il bagno si asciugò i capelli e decise di concedersi un pisolino per recuperare il sonno perso. Si infilò degli shorts di cotone neri coi bordini verde chiaro e un top bianco e si buttò stanca sul letto.
Si addormentò quasi subito.

Dormì per circa tre ore e quando si svegliò sentì una voce maschile provenire dal piano di sotto: erano rincasati tutti e doveva esserci anche Peter, il ragazzo di Phoebe.

«Ciao a tutti» salutò entrando in cucina. I presenti ricambiarono il saluto. Sua madre stava già preparando la cena e le si affiancò per dare una mano.

« é andato tutto bene oggi, tesoro?» chiese Nancy.

«Sì» fu la risposta monosillabica che ricevette dalla figlia, che non aveva distolto gli occhi dal tagliere su cui stava affettando una cipolla.
Lo sguardo di Nancy si rattristò: avrebbe voluto che Ashley fosse più aperta con lei, che le raccontasse qualcosa, che le aprisse il suo cuore e le confidasse i propri turbamenti così da poterla aiutarla in qualche modo, invece lei rimaneva un mistero. Tutte le volte che aveva provato a scavarle un po' nel cuore si era trovata la porta chiusa. Dopo tanti anni ancora si chiedeva dove avesse sbagliato, perchè quella figlia per lei rimaneva ancora un enigma, perchè non riuscisse a farle capire quanto la amava e quanto la voleva felice.

«Beh, mi fa piacere che vada tutto bene» disse solamente, rivolgendo nuovamente lo sguardo alla pentola.
Non si accorse che Ashley stavolta l'aveva fissata, puntandole addosso i suoi occhi grandi, unico tratto che aveva preso da lei. Era uno sguardo carico di rimorso, perchè si rendeva conto di fare male a sua madre, ma semplicemente non riusciva, sentiva sempre un blocco ogni volta che avrebbe voluto aprirsi con lei, anche semplicemente per raccontarle una stupidaggine o un pettegolezzo, come facevano invece tranquillamente le sue sorelle.
'Perchè non ci riesco, perchè?' si ripeteva in testa continuamente. Schiuse le labbra come a voler dire qualcosa, ma le parole le rimasero morte in gola. Inspirò l'aria profondamente e ritornò alle sue incombenze.

Quando fu tutto pronto si accomodarono a tavola. Phoebe cominciò a parlare ininterrottamente come suo solito, raccontando le disavventure della giornata, mentre Peter la assecondava guardandola con amore. Erano proprio belli insieme quei due.

«E con i lavori per la casa a che punto siete?» chiese Nancy a Peter.

«Piuttosto bene, domani andiamo a scegliere la cucina e nel frattempo stiamo ultimando i lavori per il sistema idraulico» rispose Peter con tono garbato.
Era un ragazzo calmo e pacato e questo suo lato del carattere mitigava l'esuberanza di Phoebe. Aveva venticinque anni e dopo il diploma aveva seguito un corso per fisioterapista e adesso quello era diventato il suo mestiere. Portava i capelli corti, castani chiari e gli occhi erano di un verde scuro. Il suo volto di solito era sorridente e ispirava tranquillità. Phoebe se ne era innamorata perdutamente a scuola e presto i due si erano messi insieme.
Sua sorella era sempre stata molto bella con quei capelli lisci, lunghi e biondissimi e gli occhi di un azzurro intenso, con un taglio che tendeva verso l'alto e le conferiva un'aria ancora più affascinante. Fisicamente era alta e magra e non passava di certo inosservata, aveva una miriade di pretendenti e di ragazzi che le sbavavano dietro ogni volta che passava, ma lei non aveva occhi che per Peter e lui lo sapeva e per questo si fidava di lei e non faceva il geloso.
Sì, all'apparenza a volte poteva sembrare una ragazza frivola o con grilli per la testa, ma chi la conosceva sapeva benissimo che non era così. Più volte alla scuola per estetiste che aveva frequentato le avevano proposto di iniziare una carriera come modella, insistendo che con quel viso angelico e quel fisico avrebbe di sicuro fatto strada, ma Phoebe era una ragazza riservata in fondo e non riusciva a immaginarsi osservata da migliaia di occhi mentre sfilava in abiti succinti, lontana chissà quanto da casa sua e dal suo amore.

«Bene, sono contenta per voi» disse Nancy, sinceramente felice per loro. La sua bimba era cresciuta ormai, lavorava, era indipendente e aveva accanto un ragazzo serio che la amava. Cosa avrebbe potuto desiderare di meglio per lei? Si augurò che quella convivenza fosse per loro una delle tante tappe felici raggiunte insieme e che altre ne sarebbero arrivate di belle ancora.

«Intanto, per la precisione, non abbiamo deciso le piastrelle del bagno, per non parlare dei colori delle stanze, e i mobili, nessuno pensa ai mobili?» esclamò Phoebe, annullando l'aria di positività che aveva invaso la stanza e ingoiando nervosamente un boccone di sformato di patate.

Ashley sospirò: sua sorella ricominciava con gli isterismi.

«Amore, sù, non fare l'esagerata, non è una tragedia e non siamo poi così indietro, devi rilassarti un po'» la confortò Peter, sorridendole.
Ashley approvò istantaneamente. «Finalmente qualcun'altro che glielo dice, non sono solo io l'unica pazza allora!».

«Non accetto critiche da chi non riesce a capire che il suo migliore amico ci sta provando spudoratamente!» le ribattè Phoebe, cercando di sconfiggerla facendo leva su quell'argomento spinoso.
Ashley spalancò gli occhi mentre sua madre sorrideva. «Ma cosa diavolo c'entra ora questo, sei scorretta!» la fulminò con lo sguardo. Phoebe per risposta le fece la linguaccia.

«Quindi, dopodomani Ashley parte e io rimarrò sempre sola con la nonna, non potevo andare anche io con lei a mare?» disse triste July. Con Nancy e Phoebe occupate a lavoro, la piccola rimaneva spesso a casa con Ashley d'estate, quando finiva l'università, ma adesso era costretta a passare sempre le mattinate dai nonni.

«July, sai bene che Ashley non può portarti con sè, e poi tra due settimane anche io prenderò le ferie e ti prometto che ti porterò in piscina ogni volta che vorrai» la tranquillizzò la madre, mentre Ashley le carezzava la testolina.

«Si ma la piscina non è la stessa cosa del mare» protestò la piccola, aggrottando le sopracciglia.

«E va bene, andremo anche a mare un giorno di questi, promesso!» fece Nancy mentre July parve finalmente quietarsi.

«E mi raccomando Ashley, cerca di divertirti, non fare come tuo solito, a stare a fare la noiosa tutto il giorno, esci, vai alle feste, fai amicizia, sempre se sai cosa significhi!»la provocò Phoebe.

«Ma certo che so cosa significa!» rispose irritata. Perchè dovevano sempre darle della noiosa, lei non si sentiva così e non capiva che strana idea avessero loro di divertimento. Certo, non era il tipo da scatenarsi alle feste o ubriacarsi o socializzare con chiunque, ma questo non voleva dire che facesse solo cose noiose.

«Con moderazione, chiaramente, ma ha ragione Phoebe, rilassati e lasciati andare un po' di più,ok?». Ora si ci metteva anche sua madre a dirle di darsi alla pazza gioia, certo che la sua famiglia era proprio strana.

«La state massacrando poverina, lasciatela respirare!» venne in suo soccorso Peter.

«Oh, almeno qualcuno che è dalla mia parte esiste, a quanto pare!» esclamò Ashley.

«Non la assecondare amore, altrimenti crede che sia normale comportarsi così, invece io voglio la mia sorellina bella grintosa!» fece,Phoebe, sollevando le braccia in aria e facendo ridere tutti, tranne Ashley che aveva assunto l'ennesima faccia perplessa.

Finito di cenare, Phoebe e Peter si accoccolarono nel divano a scambiarsi baci e abbracci davanti a un film che non avrebbero visto fino alla fine, mentre July era salita nella sua cameretta e Ashley aveva aiutato sua madre a sparecchiare, per poi salire anche lei in camera, e stendersi sul letto.
Era rimasta un po' nella penombra a fissare il soffitto: l'indomani sarebbe stato un giorno di preparativi tra valigie da fare, telefonate a suo padre, cose da non dimenticare e saluti e voleva essere riposata. Sperò di riuscire a dormire bene quella notte e non farsi travolgere dai pensieri.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

 

Fare una valigia: l'incubo di ogni viaggiatore specialmente se di sesso femminile, la sensazione soffocante del non riuscire a infilare in quel rettangolo troppo stretto tutte le cose necessarie per sopravvivere fuori casa, il desiderio di portare tutto nel dubbio e la disperazione nel prendere coscienza del fatto che non sarà così, infine la rassegnazione, dopo averla chiusa a fatica, compiendo acrobazie e sforzi degni dei migliori atleti circensi, che ormai quasi giunti alla meta, ci si ricorderà di aver dimenticato qualcosa di essenziale.

Ecco, tutte quelle sensazioni erano estranee ad Ashley quasi del tutto. Per lei era sempre stato piuttosto semplice decidere cosa portare, e in particolare quanto portare. Non era una maniaca degli outfit abbinati impeccabilmente, delle borse ciascuna diversa per ogni occasione, delle scarpe perfettamente intonate alle collane o ai bracciali o cose del genere. Preferiva i colori facilmente portabili con tutto come il nero, pochi vestiti per le diverse occasioni e scarpe comode, possibilmente, visto che non era mai stata una grande portatrice di tacchi e infatti normalmente ne inseriva solo un paio di quel tipo. Tutto molto facile, tutto molto veloce, nessun bisogno di consultazione o consiglio da parte di altre persone.

Chissà perchè, invece, le sue sorelle avevano deciso che necessitava del loro parere fondamentale, avevano invaso la sua stanza al pari di un uragano e messo letteralmente a soqquadro ogni angolo del suo armadio, che adesso era ridotto ad un accumulo spiegazzato di abiti.

Ashley sospirò mentre inginocchiata accanto al suo trolley piegava una t-shirt, già precedentemente bocciata da Phoebe in quanto ritenuta, parole sue, 'non concepibile per una vacanza' e faceva attenzione di inserirla senza farsi scoprire. Così si era ridotta, a dover infilare vestiti di nascosto dalle sorelle nella sua valigia. E poi, insomma, nonostante si ostinassero a chiamarla vacanza, stava solo andando a passare del tempo con suo padre, mica alle Maldive!

«Ascolta, Ashley! - cominciò Phoebe con un tono che non prometteva nulla di buono- Come mai non trovo nessun vestitino di quelli stile tubino a fascia, magari senza spalline, molto corto, hai presente il tipo?». Certo che aveva presente e se sua sorella intendeva cercarlo nel suo armadio, poteva anche far notte, visto che non ce ne erano.

«Non ne trovi perchè non ne porto di quel tipo là, sai che non mi ci vedo in quei cosi attillatissimi, preferisco i vestiti più larghi» disse evitando di guardare la sorella e risparmiandosi una sua occhiata a dir poco sconcertata.

Phoebe si fermò per un attimo, lasciando cadere una borsetta dalle mani, mentre July scuoteva la testa con disappunto.

«No, ok, farò finta di non aver sentito! Adesso te ne presto uno dei miei, sono un po' più alta di te ma non dovrebbe essere un problema, altrimenti non vedo cosa potrai mettere per le feste in spiaggia, ne ho uno perfetto da abbinare ad una mega collana che farai un figurone!» esclamò, ritornando pimpante, ma Ashley si premurò subito di spegnere il suo entusiasmo, alzandosi e parandosi davanti a lei per bloccarla.

«Phoebe, non ho intenzione di metterlo, ok? Anche se mi costringerai a infilarlo lì dentro, quello sarà l'unico posto in cui rimarrà, sono stata chiara?- disse facendosi più seria- E ora, se permettete, vorrei poter finire questa cosa velocemente, ho anche altro da fare» dichiarò secca, ritornando a sedersi di fianco al trolley a piegare abiti.

Phoebe guardò July sconsolata. «Pazienza July, ha rifiutato il nostro aiuto, non sa cosa si perde» commentò acida, evidenziando con la voce le ultime parole. «Già» le fece eco la piccola.

Incredibile, Phoebe teneva più in considerazione i gusti di una bambina piuttosto che i suoi!

«Non ti lamentare poi se gli unici ragazzi che avrai intorno saranno dei tipo noiosi come Richard! Dio, era così noioso che persino tu ti sei rotta le palle!» le rinfacciò Phoebe. Non è che lo dicesse per cattiveria, al contrario! Era solo un po' preoccupata per sua sorella, non la vedeva felice con qualcuno da tempo e, per una come lei, impegnata in una relazione stabile ormai da anni, era quasi inconcepibile pensare di sopravvivere senza amore.

Ashley sbuffò pesantemente: perchè sua sorella non poteva semplicemente capire che lei stava bene così?

«Ma chi ti ha detto che io voglia un ragazzo accanto? Tu sei stata fortunata, hai trovato Peter e da allora non hai più avuto a che fare con le storie finite o le delusioni ma non è per tutti così, rassegnati!» le ribatté mentre chiudeva la zip del suo trolley, lasciando fuori più della metà dei vestiti selezionati per lei dalle sorelle.

«E pensi che Peter l'abbia conquistato solo con il mio bel carattere?» le schiaffò in faccia Phoebe, avvicinandosi a lei e fissandola dritta negli occhi con aria di sfida.

«Oh, solo con quello no di certo, sarebbe stato impossibile!» fu la frecciatina che le rifilò Ashley, incrociando le braccia al petto.

«Non litigate, ragazze, comportatevi da persone mature» intervenne saggiamente la più piccola tra loro, assumendo un'aria da adulta. Il tutto si stava facendo sempre più surreale.

«E dimmi, da quanto non fai sesso per essere così acida?» le urlò infine Phoebe, mettendosi le mani sui fianchi e sbeffeggiandola.

«Oddio Phoebe, c'è July qui, te lo sei dimenticato?» sbottò Ashley con gli occhi spalancati, indicando la sorella minore, che nel frattempo se la rideva di gusto.

«Andiamo, è grande ormai»

«Grande? Ha undici anni, per l'amor del cielo!» continuò Ashley, sempre più sconvolta.

«Ne ho quasi dodici» si affrettò a precisare July, cercando di sembrare meno piccola.

«Stai evitando la mia domanda, ok, va bene! - disse, avvicinandosi all'orecchio di Ashley e accostando la mano alla sua bocca per non farsi sentire da July- Non lo fai da un anno non è così?» le sussurrò. Ashley la guardò infuriata, scostandosi rapidamente e voltandole le spalle.

«E anche se fosse? Non vedo dove sia il problema!.» fece tranquillamente.

«Il problema sei tu, infatti! Devi stare più rilassata, sei troppo rigida!» esclamò esausta Phoebe, che non sapeva più come farsi capire. Ottenne solo un silenzio astioso dalla sorella. Rassegnata abbassò il tono della voce e si diresse verso l'uscita della loro stanza. «Comunque sono sincera, non ti farebbe male una sana scop..»

«PHOEBE!» la bloccò Ashley urlando, avendo intuito quale parola volesse dire.

«Ok, va bene. Me ne vado, buona fortuna!» le disse ironica prima di togliere il disturbo.

«Comunque, lo so più o meno cos'è questo sesso di cui parlano sempre gli adulti» aggiunse July, ancora appollaiata sul letto di Ashley, accanto a un cumulo di roba. Era quel 'più o meno' che la preoccupava, ma Ashley era stremata per poter fare una lezione di educazione sessuale a una ragazzina di quasi dodici anni, adesso. Era compito di sua madre quello.

«Ok July, magari ne riparliamo, posso sistemare adesso il casino che avete combinato tu e quella pazza?» chiese, cominciando a raccattare i vestiti sparsi ovunque. July si alzò ridendo, e corse via, lasciandola sola.

Ashley si accasciò sconsolata su un angolo del suo letto. Sarebbe stata lunga quella mattinata.

 

 

Nancy aprì la porta di casa, dopo una giornata di lavoro. Posò per terra le buste della spesa e ripose le chiavi nel cestino all'ingresso per poi allentare la camicetta e alzare le maniche, lasciando che il suo collo e le sue braccia prendessero finalmente aria dopo la fatica della strada percorsa a piedi. Pregustava già la piacevole sensazione di una doccia fredda e della sua freschissima camicia da notte. Recuperò le buste e si avviò in cucina per sistemare gli acquisti del supermercato, quando si fece strada nelle sue orecchie un suono soave. Sorrise: era Ashley che suonava il pianoforte in salotto. Si tolse i tacchi per evitare di fare rumore e lentamente seguì quelle note. Sua figlia aveva un talento naturale per quello strumento, d'altronde nelle sue vene scorreva il sangue del suo ex marito, un bravissimo pianista e affermato insegnante di pianoforte.

Si addentrò fino a che riuscì a scorgere Ashley di spalle, china e intenta ad accarezzare i tasti neri e bianchi con la delicatezza che la contraddistingueva. Per un attimo ebbe la visione di lei da bambina , nella stessa posizione ma con le gambe a penzoloni, che si esercitava ore ed ore testardamente finchè non completava la sequenza senza fare nemmeno un errore.

Sua madre le si avvicinò, approfittando di una pausa. Ashley sollevò lo sguardo, che fino ad allora aveva tenuto fisso sullo strumento, e Nancy potè vedere che i suoi occhi sembravano tristi. Si sedette accanto a lei mentre Ashley le mormorò un flebile 'ciao'. Quanto male le faceva vederla così giù e quanto ancora più male le faceva non poter sapere cosa la turbasse.

«Ciao tesoro, rientrare e sentire la tua dolce musica è sempre meraviglioso» le disse la madre, scostandole una ciocca di capelli e portandogliela amorevolmente dietro l'orecchio, guadagnandosi un suo accenno di sorriso. «Ricordo ancora così bene quanto fosti felice da piccola all'arrivo di questo bestione qui! - continuò Nancy accarezzando delicatamente con le dita la vernice nera del piano- Già, così felice che ti mettesti subito all'opera per imparare da papà, e quanto era orgoglioso lui della sua piccola pianista! » Seguì un breve silenzio, in cui entrambe probabilmente si persero tra i ricordi, poi Nancy proseguì. «E ogni volta che arrivava il momento di andarlo a trovare imparavi sempre un nuovo motivo da fargli ascoltare per stupirlo. Dovevo venire a tirarti giù con la forza, sai, per farti mangiare, altrimenti tu eri tranquillamente capace di non muoverti da qui per ore.» raccontò Nancy con gli occhi persi a guardare un punto fisso davanti a lei, come se in quell'esatto momento stesse guardando quelle immagini passarle davanti su uno schermo, come la pellicola di un film.

«Già, lo ricordo» mormorò Ashley , facendosi malinconica.

«A volte ero anche gelosa di lui - continuò Nancy, quasi sussurrando per colpa di un leggero nodo in gola che le si era formato - perchè passavi più tempo qui che con me».

Ashley strinse i pugni sulle ginocchia a quelle parole dure, perchè sapeva che era tutto dolorosamente vero. Si ostinava però a rinchiudersi a riccio, per la paura di mostrare i suoi sentimenti e di non essere capita, quando sarebbe stato molto più semplice vomitare le parole che si teneva dentro, sfogarsi, confidarle della sua consapevolezza di essere tanto diversa da lei, delle incomprensioni e dei disagi che aveva vissuto da piccola per la sua situazione familiare, delle difficoltà che tutto quello aveva portato nel loro rapporto, dei sensi di colpa che provava per non esserle mai riuscita a dire quanto in realtà le volesse bene, quelle poche parole che sentiva bloccate nel petto. Il suo essere fu scosso da tutte quelle emozioni e dal desiderio finalmente di buttare quella maledetta maschera e corazza che si era costruita per proteggersi, ma che aveva finito per diventare la sua prigione soffocante. Perchè non bastava la forza di volontà? Perchè si sentiva come se dei mostri dentro di lei la costringessero a fare tutto l'opposto di quello che l'avrebbe potuta salvare?

Nancy la vide irrigidirsi e cambiò argomento per smorzare quella tensione, interrompendo bruscamente il flusso dei suoi ricordi.

«Sei pronta per domani? Hai già parlato con papà?» le chiese, cercando di iniziare una conversazione.

«Si, papà mi ha chiamato - rispose lei, richiudendo gli spartiti e cercando di usare un tono di voce che celasse la sua emozione - viene a prendermi domani mattina alle 9. La valigia è già pronta.»

«Bene» rispose Nancy asettica. La stanza piombò nuovamente nel silenzio, eppure nessuna delle due riusciva ad alzarsi dalla panca, come se una forza sconosciuta impedisse loro di farlo.

Nancy fu la prima a parlare, in fondo una madre riesce sempre a mettere da parte l'orgoglio di fronte alla propria figlia. «C'è qualcosa che non va, Ashley? Ti vedo un po' strana, vuoi per caso parlarne con me?» le chiese dolcemente.

Dentro Ashley fu tutto un turbinio frenetico di emozioni, il cuore le cominciò a battere a mille, le mani a sudarle. 'No, non va per niente bene', quello avrebbe voluto dire. Il discorso di prima con Phoebe l'aveva turbata. Continuava a ripeterle che era chiusa, che non si apriva a nuove esperienze, che si stava perdendo tanto restando confinata nella sua area sicura. Perchè non capiva che quello era il suo modo di vedere le cose, che stava bene così? Non amava le novità, le piaceva avere tutto sotto controllo e soprattutto non era sentimentalmente frustrata.

'Io sto bene così', sentì il bisogno di ripetere mentalmente a sè stessa.

Chissà perchè invece di rafforzare le sue sicurezze provò solo una forte ansia e un senso di dubbio che subdolamente le circondò l'anima.

Non poteva sbagliare, aveva sempre valutato ogni cosa nella sua vita nel minimo dettaglio e non era più un'adolescente per potersi lasciare andare a crisi esistenziali a quell'età.

'E se non fosse così - pensò però inevitabilmente - se mi fossi solo convinta di essere soddisfatta, se tutto ciò che ho sempre pensato giusto fosse in realtà una comoda scappatoia per rifugiarmi nella tranquillità e nella prevedibilità?'

Quei pensieri cominciarono ad attanagliarla, le mancò il fiato.

Ripensò a Richard, al fatto che se ne era innamorata perchè lo aveva sentito simile a lei, serio, studioso, ordinato e abituato a programmare e gestire ogni cosa nella sua vita, dal suo futuro professionale a cosa mangiare per cena.

Perchè allora aveva cominciato prestissimo a stancarla e ad annoiarla? Sì, erano proprio quelle le parole adatte per inquadrare la situazione, le stesse identiche parole che spesso a casa usavano per definirla.

Noiosa.

Che fosse così che la vedessero gli altri, proprio come lei aveva percepito Richard? Poteva essere il fidanzato perfetto per lei e invece si era rivelato un fallimento totale.

' Ma, se sono come lui, perchè non è andata? E se fossi diversa da come mi ostino a comportarmi?'

Puntò gli occhi smarriti su sua madre e incontrò i suoi, così dolci, così accoglienti e fu confortante per un attimo specchiarvisi.

Quanto sarebbe stato liberatorio parlarle di come si sentiva? Aveva lacrime arretrate da anni che premevano per uscire e puntualmente venivano rispedite indietro, per non farsi scoprire vulnerabile. Un abbraccio era quello di cui avrebbe avuto bisogno ora, un abbraccio di sua madre, parole di conforto e tante lacrime. Ma gli occhi le rimasero asciutti, come il cuore, quella sera.

«Va tutto bene mamma, sono solo un po' stanca per i preparativi» forzò un sorriso per sembrare credibile.

«Ok» rispose Nancy un po' delusa. Per un momento le era sembrato che sua figlia avesse cercato di stabilire un contatto con lei e invece nulla. Eppure, qualcosa l' aveva scorta nella frazione di secondo in cui si erano guardate negli occhi, ne era certa, e non si poteva mentire a lungo a una madre.

 

 

Phoebe rientrò a casa dopo cena, salì in camera e vi trovò Ashley intenta a sistemare le ultime cose. Passò abbassando lo sguardo, era ancora troppo fresca la loro discussione della mattina.

«Ciao» disse fredda alla sorella, incamminandosi verso il suo letto e lanciando la sua borsa sopra una sedia,

Ashley le fece un cenno del capo come risposta.

Phoebe vagò irrequieta per la stanza per un po', fingendo di prendere e ordinare cose a caso, poi non resistette e si rivolse direttamente alla sorella.

«Senti Ashley - iniziò tentennante, guardandosi attentamente le unghie perfette - per oggi... io non volevo dirti certe cose, ho esagerato, scusami» disse tutto d'un fiato, come se si fosse liberata di un macigno e stesse tornando a respirare.

«Non devi scusarti, Phoebe» fu la reazione pacata di Ashley che la spiazzò e Phoebe le si avvicinò, incuriosita.«È che...– continuò incerta e un po' nervosa - forse non hai del tutto torto».

'Che cosa stanno sentendo le mie orecchie? - pensò Phoebe - Ashley che mi dà ragione?'. Era raro sentirla ammettere uno sbaglio.

La minore ingoiò a fatica, si inumidì le labbra e parlò «Prometto che ci rifletterò su e che cercherò di divertirmi»

Phoebe si gettò ai suoi piedi e le prese le mani.«Brava sorellina, io ti voglio bene e voglio solo che tu sia serena! So che devi affrontare qualcosa dentro di te e che ci proverai, non mi deludere eh?» le disse quasi commossa, fingendo un tono minaccioso.

Entrambe si misero poi a letto e nel buio della stanza Ashley chiamò la sorella: c'era ancora qualcosa che doveva dirle.

Tossì per richiamare l'attenzione di Phoebe «Comunque, volevo dirti...- ruppe il silenzio - quando tornerò, di sicuro i lavori a casa tua saranno arrivati a buon punto e, non te l'ho ancora detto ma - prese un bel respiro – anche se sei una rompiscatole, mi mancherai quando non sarai più qui a dividere la stanza con me».

Phoebe sorrise e sentì gli occhi pizzicare. Lasciare casa sua non sarebbe stato facile anche se rappresentava l'inizio di una vita insieme al suo amore.

«Mi mancherai anche tu, buonanotte». Approfittò dell'oscurità per asciugarsi una lacrima fuggitiva.

«Buonanotte» le rispose Ashley, rigirandosi e riuscendo a prendere sonno, un sonno più rilassato quella notte.

 

 

 

 

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ciao a tutte, la storia è arrivata al capitolo 4 e sto cercando di aggiornare regolarmente ogni due o tre giorni. Volevo ringraziare di cuore chi ha già messo la storia tra le preferite o seguite. Il fatto che sia piaciuta o quanto meno abbia suscitato l'interesse di quacuna di voi mi riempie di gioia, visto che non ho mai scritto niente e ci sto provando! Grazie anche a chi la ha semplicemente letta!
A presto,
Sara


Capitolo 4

 

«Ma, hai bisogno anche dei libri in vacanza?» domandò July, mentre rovistava nel borsone di Ashley, che giaceva nel corridoio insieme al trolley in attesa di essere trasportati al piano di sotto.

«Certo, l'università non è come la scuola, d'estate bisogna comunque studiare per la sessione autunnale» le rispose Ashley la quale, appena uscita dalla doccia avvolta in un grande asciugamano, stava tamponando i capelli ancora bagnati davanti allo specchio della sua stanza.

«Non sono sicura di volerla fare, allora!» esclamò la ragazzina con aria preoccupata, come se avesse dovuto affrontare quella scelta di lì a breve.

Ashley le accarezzò i capelli castani: «Non devi farla per forza, Phoebe non l'ha fatta, dipende da quello che vorrai diventare– la tranquillizzò, sorridendo – e poi sei ancora in prima media, fidati, hai un sacco di tempo per pensarci».

July alzò gli occhi e si ticchettò il mento con un dito mentre rifletteva.

«Devo farla per fare la veterinaria?» chiese poi porgendo il phon ad Ashley ed attendendo la risposta mentre quest'ultima lo attaccava alla presa.

«Direi proprio di sì»

«Cavolo!» esclamò delusa.

Ashley rise, poi cominciò ad asciugarsi i capelli: erano le 7:30 e aveva solo le ultime cose da controllare per accertarsi di non dimenticare nulla. Suo padre l'aveva chiamata poco prima per comunicarle che era già in viaggio e sarebbe arrivato da lei tra circa un'ora e mezza.

Si sentiva molto più serena quella mattina, dopo gli eventi del giorno prima, e convinta che stare un po' lontana da casa le avrebbe fatto bene. Non voleva fuggire dai problemi, anche perchè sapeva benissimo che per quello non sarebbe bastato cambiare luogo, al contrario era determinata ad affrontarli, ma per farlo aveva bisogno di staccare per un po' la spina e riflettere e quella vacanza cadeva a fagiolo.

Una volta asciugati i capelli e pettinate bene le punte in modo che le cadessero nel verso giusto, prese dall'armadio un vestitino nero leggero a fantasia floreale con una cinturina in vita e corto fino a metà coscia, indossò dei sandali color cuoio e scese in cucina per fare colazione.

Sua madre era già lì ma stavolta, essendo domenica, non era vestita e pettinata di tutto punto, i suoi bei capelli non erano stati raccolti, come era solita fare per il lavoro, ma le ricadevano lunghi e morbidi oltre le spalle e indossava ancora una vestaglia leggera.

«Ehi» disse semplicemente Ashley, sedendosi al suo solito posto a tavola.

«Buongiorno cara, tutto pronto per la partenza?- le chiese sua madre col suo consueto vi tono dolce – cosa vuoi per colazione?».

«Prendo uno yogurt, grazie» rispose Ashley mentre sua madre prontamente apriva il frigo e le porgeva il vasetto e un cucchiaino.

La cucina profumava di vaniglia e di dolci, oltre che di aroma di caffè come tutte le mattine. Ashley si inebriò di quell'odore invitante e notò che il forno era acceso e contribuiva ad aumentare la temperatura già calda della stanza. Per questo Nancy aveva azionato il ventilatore il quale però, più che raffreddare la cucina, aveva avuto l'effetto di spargere quell'odorino per tutta la casa. Gli effetti non tardarono a vedersi, dato che in pochi minuti spuntò anche Phoebe, attratta dal profumo.

«Mmm, che bontà mamma, avevo proprio voglia di un bel dolce stamattina!» cinguettò la biondina, avvicinandosi candidamente al forno per aprirlo e dare una sbirciatina.

Sua madre dovette però deludere subito le sue aspettative.«Oh, mi dispiace tesoro, ma quel dolce è per Ashley, l'ho preparato per portarlo a casa di Gregory! Mi sembrava una cosa carina, ci sarà anche la sua nuova compagna e sarà meglio non presentarsi a mani vuote, no?» disse, facendo l'occhiolino ad Ashley mentre sciacquava delle tazze nel lavandino.

Sua madre pensava sempre a tutto, aveva un'energia unica ed era sempre così positiva. Era con quello spirito che aveva affrontato tutte le disavventure della sua vita ed era veramente raro vederla priva del suo inconfondibile sorriso smagliante.

«Grazie mamma, non dovevi» disse timidamente la rossa.

«Ma figurati, tesoro! Adesso vado a vestirmi, tra un po' viene Mark a prendere July - spiegò alle figlie – la porta all'aquapark con suo cugino e gli zii, lei è già in trepidante attesa e tu Ashley sbrigati, sai che tuo padre è sempre puntualissimo».

«E quindi oggi siamo sole solette mammina! Finalmente una giornata solo noi due, da quanto non succedeva?» esclamò Phoebe raggiante. Lei si comportava con sua madre come se fosse una sua amica e in effetti la differenza d'età era poca e con lei si era sempre confidata fin da quando era ragazzina, raccontandole delle prime cotte, i primi baci, persino la sua prima volta. Tutto ciò era inimmaginabile per Ashley che si imbarazzava sempre ed evitava di dire certe cose alla madre anche se, chissà come, Nancy era sempre capace di intuire quando la figlia fosse felice o quando al contrario ci fosse qualcosa che non andava o le stesse nascondendo dei segreti. Doveva essere l'istinto materno, probabilmente, e spesso si chiedeva se, quando sarebbe stata mamma anche lei, avrebbe avuto un rapporto così con i suoi figli.

La casa fu poi un continuo via vai su e giù per le scale e fuori e dentro le stanze, tutte erano impegnate a prepararsi, chi per una cosa, chi per un'altra.

Ashley si guardò allo specchio un'ultima volta, si passò la matita nera agli occhi e un rossetto chiaro sulle labbra, unico trucco che si concedeva quotidianamente, mentre Phoebe accanto a lei ci andava giù pesante di eyeliner, ombretto, fondotinta e quant'altro, anche se era già molto bella al naturale. Dopotutto il trucco era la sua passione nonchè il suo mestiere.

 

Finalmente giunse l'ora ed Ashley, aiutata da Phoebe, portò il trolley e le sue borse all'ingresso, mentre la sua famiglia si schierava come un plotone dell'esercito, pronte per salutarla come si deve.

Sarebbe stata via circa una quarantina di giorni, e sarebbe tornata i primi di Settembre, quando l'estate ormai si accingeva al termine.

Il campanello nel frattempo suonò: era suo padre.

Ashley saluto le sorelle, diede un abbraccione alla piccola July, raccomandandole di fare la brava e un altro a Phoebe, che le sussurrò all'orecchio di divertirsi e di raccontarle per messaggi tutto quello che faceva. Ashley annuì, le chiese di salutarle Peter e si fece promettere dalla sorella di non agitarsi troppo per i lavori della loro casa.

Infine arrivò il turno di sua madre, Ashley la guardò negli occhi, poi la abbracciò. Nancy la strinse forte, carezzandole i capelli.

«Divertiti Ashley e cerca di rilassarti e di non studiare troppo, mi raccomando! Ti voglio bene» le sussurrò piano all'orecchio.

«Ci proverò» rispose lei, rimanendo ancora un attimo stretta in quell'abbraccio, per poi scioglierlo un po' tesa e prendere il suo trolley.

Nancy la accompagnò nel vialetto esterno: scorse la figura di Gregory da lontano, in piedi vicino alla sua auto nera.

Non lo vedeva da circa un anno e non era cambiato per niente, solo la montatura degli occhiali era diversa e le lenti erano leggermente scure, per proteggersi dal sole estivo. Era vestito in maniera impeccabile come sempre, con una polo bianca a maniche corte e dei pantaloni beige chiaro. I capelli, rossi come quelli di Ashley, li portava cortissimi e un leggero accenno di barba ricopriva le sue guance. Gli sembrò in forma e anche piuttosto rilassato in volto: si vedeva che avere di nuovo una donna nella vita gli portava dei benefici. Fu contenta per lui.

Non appena le vide uscire dalla porta, Gregory fece qualche passo in avanti per raggiungerle, si avvicinò a sua figlia e la abbracciò forte per poi fermarsi a guardarla orgoglioso. Sembrava ancora più bella e donna la sua piccola, dopo appena meno di un anno, e per un attimo ebbe la classica gelosia da padre di figlie femmine e l'istinto di volerla proteggere da chiunque le si fosse avvicinato per farla soffrire.

Ashley ricambiò la sua stretta, respirando di nuovo il profumo familiare della colonia usata da suo padre.

«Ciao papà» gli sorrise raggiante, dopo che ebbero sciolto l'abbraccio.

Con suo padre riusciva ad essere spontanea e si sentiva come se entrambi fossero sulla stessa linea d'onda. Non lo vedeva da troppo tempo ed era felice di avere tutti quei giorni a disposizione per stare con lui.

«Ciao piccola mia, sei bellissima» disse fiero Gregory, prima di spostare lo sguardo su Nancy, che osservava emozionata quella piccola riunione di famiglia.

«Buongiorno Nancy» la salutò, baciandole le guance.

«Buongiorno Gregory, ti trovo in forma! – precisò lei, scrutandolo più da vicino - Mi raccomando, ti affido Ashley, vedi di non farla annoiare e lasciala libera di divertirsi, non starle dietro come un segugio, è una donna ormai, intesi?» lo avvertì puntandogli l'indice contro.

«Ma certo, non preoccuparti» le rispose sorridendo. Nancy diede un ultimo bacio alla figlia non prima di averle raccomandato di farsi sentire, poi Gregory prese i bagagli e i due si allontanarono verso l'auto. Aspettò sull'uscio finchè non li vide salire, mettere in moto e sparire dietro l'angolo della strada.

Sospirò.

Le sarebbe mancata Ashley.

Sperò che, in qualche modo, quando sarebbe tornata sarebbe stata più serena, e magari anche più vicina a lei.

 

La città di suo padre distava poco più di tre ore di viaggio dalla sua, Gregory aveva chiuso i finestrini e acceso l'aria condizionata, perchè il sole picchiava forte sull'autostrada e lui non aveva mai granchè sopportato il caldo. Era più il tipo da inverno, vestiti pesanti e magari un bel camino acceso.

«Allora Ashley, come stai? - le chiese mentre stava attento alla guida – che hai da raccontarmi?»

«Beh, va tutto bene, ho da poco dato l'ultimo esame per quest'anno e se tutto va bene il prossimo anno potrò accedere a un tirocinio in un importante studio in città, sarebbe un'ottima esperienza sul campo e devo mettercela tutta per riuscirci!» lo informò la figlia, visibilmente entusiasta per i progetti futuri.

Gregory sorrise soddisfatto. Sua figlia era il suo grande orgoglio, bella, intelligente, brava nello studio e diligente, tutto quello che un padre poteva desiderare. Non era cresciuta insieme a lui dato che, a seguito del divorzio, era andato via da casa quando lei aveva solo due anni, ma doveva riconoscere che Nancy aveva fatto un buon lavoro, nonostante fosse così diversa da Ashley.

«Bravissima tesoro, sono fiero di te...e il piano? - le domandò – lo suoni ancora?»

«Certo papà, mi esercito quando posso, anche se non ho piú molto tempo ormai per via dell'università – Ashley guardò distrattamente dal finestrino il paesaggio che cominciava a cambiare – e tu? Come stai?» chiese al padre.

«Io sto piuttosto bene, il lavoro con gli allievi va alla grande, sto avendo un gran da fare quest'estate tra concerti e serate a cui dovrò partecipare e anzi mi dispiace se spesso sarò impegnato, purtroppo potrò prendere solo due settimane di ferie a metà Agosto» la informò con rammarico.

«Non preoccuparti, ci sono comunque la zia e le cugine, non vedo l'ora di stare un po' con loro.» lo rassicurò Ashley.

Gregory si ricordò che doveva ancora parlare di qualcosa e approfittò di quel momento per farlo. Esitò un attimo ma poi si fece coraggio «Ah, Ashley, come già sai quest'anno con me c'è anche la mia compagna, Monica», iniziò con un lieve imbarazzo nella voce, aveva già accennato qualcosa ad Ashley ma il timore che l'argomento potesse infastidirla non l'aveva abbandonato. Con la coda dell'occhio la vide annuire, le sembrò serena e questo gli diede la spinta per continuare. Si schiarì la voce che l'ansia gli aveva leggermente fatto divenire roca. «Ti ho parlato un po' di lei, lavora nel campo dell'editoria, è una donna di classe e sono sicura che andrete d'accordo».

Ashley aveva percepito il disagio del padre, gli si era arrossato il naso e lei lo conosceva troppo bene per sapere che era quello che gli succedeva quando era nervoso o ansioso. Cercò di tranquillizzarlo subito.

«Sì, non preoccuparti papà, so che sarà così! – gli disse, usando il migliore dei suoi sorrisi – anzi, sono curiosa di conoscerla, da come ne parli sembra proprio una persona interessante».

Ma la parte peggiore per Gregory doveva arrivare. Cominciò a sudare sebbene la temperatura dentro l'auto fosse tutt'altro che calda.

Ashley se ne accorse. Suo padre che sudava freddo non era per niente un buon segno.

Cos'altro c'era ancora?

L'ansia assalì anche lei e disperatamente cercò di stare più rilassata possibile.

«Vedi cara, c'è ancora qualcos'altro che devi sapere... – cominciò nervosamente, Ashley rabbrividì – a casa ci sarà anche un'altra persona – disse a fatica mentre la figlia tratteneva il fiato – si tratta del figlio di Monica, Matt, non te ne ho parlato perchè si è presentato a casa ieri per stare in vacanza con la madre e non aveva avvertito, sai è un po' fatto così ma è un bravo ragazzo, ha quasi due anni più di te e studia anche lui – un rivolo di sudore gli percorse il volto, si passò velocemente una mano sulla fronte, prese fiatò e continuò – spero che questa cosa non sia un problema per te.» disse distogliendo per un nanosecondo lo sguardo dalla strada per indagare l'espressione della figlia.

Ashley rimase un po' spiazzata, dovette ammetterlo, non se l'aspettava e non seppe come prenderla.

Avere un altro estraneo a casa non è che la facesse impazzire di felicità ma era il figlio di Monica e aveva diritto di stare con sua madre tanto quanto lei con suo padre. In fondo, non poteva essere una persona così terribile, pensò. Lei sarebbe stata cortese come sempre e tutto sarebbe andato bene, gli imprevisti bisognava assecondarli e non combatterli, quella era la sua filosofia. Ma sì, suo padre stava solo esagerando.

«Ma no, stai tranquillo, non mi dà fastidio, figurati!» rispose sorridendo.

Gregory tirò un sospiro di sollievo, il suo volto tornò calmo e i muscoli rilassati. Continuò la guida concentrato e visibilmente più rilassato.

Ashley prese il cellulare per controllarlo. Vi erano due messaggi, uno di Sophia che le augurava buon viaggio e l'altro di Tyler, che le scriveva che le sarebbe mancata e di stare attenta. Sbuffò, le doleva dare ragione a sua sorella, ma in effetti l'amico era un po' troppo pesante a volte. Stare attenta a cosa? Stava andando al mare da suo padre, non in un paese sconosciuto e selvaggio!

Decise di rispondere più tardi, quando sarebbe arrivata, ripose il cellulare nella borsa, assunse una posizione più comoda sullo schienale e poggiò la fronte sul finestrino, lasciandosi andare a un sonnellino, conciliato anche dall'andatura del veicolo.

Quando si svegliò, guardò fuori e si accorse che si intravedeva già la costa. Il mare azzurro aveva sostituito la campagna secca e arida per il sole cocente e si perse per un po' ad ammirarlo estasiata. Stavano quasi arrivando e l'ambiente si faceva familiare per lei.

Riconobbe la stradina che portava alla villetta di suo padre non appena egli la imboccò con la macchina. Si diede una sistemata veloce ai capelli usando lo specchietto posto sul parasole davanti a lei e si posizionò la borsa sulle gambe, pronta per scendere.

Poco dopo si stagliò davanti a loro l'abitazione di Gregory: era una villetta a due piani color ocra caldo e con il tetto di tegole arancioni, un bel giardino intorno e una veranda grande in cui era piacevole la sera prendere fresco.

L'auto si fermò sullo spiazzo antistante la porta di casa, dopo aver varcato il cancello in ferro dell' ingresso.

Gregory si premurò di prendere i bagagli della figlia mentre quest'ultima scendeva dalla macchina.

L'aria calda del mattino inoltrato l'avvolse in un lampo, scacciando via la fresca sensazione del condizionatore dell'auto.

Ashley si guardò intorno e impiegò un secondo a riabituarsi al luogo: era il paese d'origine del padre e ci veniva fin da quando era una bambina, specialmente per le vacanze , visto che si trattava di una cittadina di mare molto frequentata nella stagione estiva. Lì viveva anche sua zia paterna Lavinia e le sue cugine Annie e Dorothy, due gemelle sue coetanee. Ricordava ancora i pomeriggi della sua infanzia, passati con loro a giocare e a farsi le trecce a vicenda quando ancora portava i capelli lunghi.

A breve le avrebbe riviste: dalle ultime conversazioni via messaggio aveva appreso che Annie aveva rotto col suo fidanzato storico e non vedeva l'ora di passare la sua prima estate da single. Scosse la testa a quel pensiero.
Si ricordò dell'estate precedente, solita location, lei fidanzata con Richard, conosciuto l' anno prima.
La loro storia era ormai arrivata al capolinea e avevano finito per lasciarsi poco prima del suo rientro a casa.
Non era stato un addio sofferto o disperato, bensì la lucida presa di coscienza della naturale fine di una storia che probabilmente non avrebbe dovuto nemmeno iniziare.
Non aveva sofferto più di tanto, adesso che ci pensava stentava anche a ricordare cosa le fosse piaciuto mai di Richard.

Ashley avanzò, fermandosi dietro suo padre mentre lui cercava le chiavi di casa per aprire la porta. Una leggera ansia la pervase.

Al di là di quella porta avrebbe conosciuto Monica.Il padre le aveva raccontato per telefono che si erano incontrati durante un evento culturale in cui egli aveva eseguito un breve spettacolo al pianoforte e tra loro era subito nata una simpatia, poi sfociata in relazione. Anch'ella era divorziata da vari anni e aveva avuto un unico figlio dall'ex marito. Sapeva della sua esistenza, ma che ci avrebbe dovuto condividere quelle vacanze era stata una novità di un'ora prima.

Finalmente Gregory trovò le chiavi e prima di aprire il portone d'ingresso si voltò verso la figlia, come se avesse intuito quel suo pizzico d'inquietudine.

«Vedrai ,ti troverai bene con Monica, non temere» le disse sorridendo. Era raro vederglielo fare. Ashley gli voleva molto bene e aveva un rapporto meraviglioso con lui, anche se, dopo la storia che aveva avuto col suo allievo, Gregory era diventato forse un po' troppo protettivo con lei. Sembrava essersi accorto troppo tardi che la sua bimba ormai era una giovane donna di 21 anni.

Gli rispose sorridendogli a sua volta. In fondo era solo poco più di un mese e non aveva certo intenzione di comportarsi come se di fronte avesse la matrigna di Biancaneve!

La porta si aprì, Gregory fece passare i bagagli di Ashley e poi entrò. Lei lo seguì.
Tutto era rimasto uguale come ricordava, il parquet ben lucido, il suo adorato pianoforte che si intravedeva dalla stanza sulla sinistra, la veranda sul cortile. Notò però molti fiori sparsi qua e là in grandi vasi che adornavano quasi tutte le superfici.
Evidentemente dovevano essere opera di Monica, doveva amare molto i fiori. Quel particolare in un certo senso parve confortare Ashley: una donna che amava i fiori non poteva che essere di animo buono.

D'improvviso il rumore di un paio di tacchi proveniente dal piano superiore la riscosse e, alzando lo sguardo, dalla scala in legno che portava alle camere da letto vide spuntare Monica.

Ashley la scrutò timidamente, rimanendo seminascosta dietro suo padre.

Era alta e bella, aveva lunghi capelli morbidi e castani scurissimi che le cadevano sulle spalle, gli occhi sembravano altrettanto scuri anche se da quella distanza era difficile capire la reale sfumatura di colore. L'espressione era severa, il volto curato e truccato, indossava un grazioso tubino a fantasia di colori pastello che le arrivava al ginocchio e un giacchino semitrasparente a mezze maniche, color menta. Corrispondeva davvero alla descrizione di donna di classe che aveva fatto suo padre ed Ashley si trovò a pensare che stavolta poteva aver trovato la sua anima gemella. La troppa esuberanza e spontaneitá di sua madre, infatti, era stata una delle cause della fine di un matrimonio che, se Nancy non fosse rimasta incinta di lei a 19 anni, probabilmente non si sarebbe mai arrivati a celebrare.

Monica giunse al termine della scalinata e si avvicinò a Gregory posandogli un bacio a fior di labbra, poi portò lo sguardo oltre le sue spalle e fissò Ashley.

Non fu una semplice occhiata, la scrutò dalla testa ai piedi, ma velocemente, come se le fosse bastato quell'unico sguardo profondo per capire tutto di lei, o almeno questa fu l'impressione che ebbe Ashley.

Si strinse nelle spalle, un po' intimorita e portò le braccia sul ventre, intrecciando le dita delle mani che avevano già cominciato a sudarle. 'Maledizione' – pensò - 'dov'era finito il suo proverbiale spirito di autocontrollo?'.

Monica dal canto suo la aveva osservata, curiosa. Aveva notato che era abbastanza alta e magra, fasciata da un vestitino estivo corto che le lasciava scoperte gran parte delle gambe bianchissime, tipiche di chi non aveva ancora avuto modo di abbronzarsi. Aveva osservato i suoi capelli lisci e corti, le cui punte sfioravano appena le spalle, di un rosso luminoso. Quelli li aveva presi senza dubbio da Gregory, pensò, ma non gli occhi, grandi e color miele.

Quelli dovevano appartenere alla madre.

Il pensiero la infastidì appena: aveva sentito parlare di Nancy e non era buona l'opinione che si era fatta. Una donna che aveva avuto tre figlie da tre uomini diversi, dei quali uno non aveva nemmeno riconosciuto la figlia. Nel suo mondo perfetto era una cosa riprovevole e nemmeno riusciva a immaginare il caos in cui poteva essere cresciuta quella ragazza. Giudicava sempre subito chiunque avesse di fronte ma rapidamente le balenò in mente l'immagine di suo figlio Matt, un ribelle nato che era scappato a sedici anni per andare a vivere col padre, rifiutando qualunque sua attenzione o educazione.

Pensò che forse quella era la pena che doveva scontare per quell'atteggiamento di superiorità, un figlio che ormai la veniva a trovare solo per le vacanze e solo per assolvere un obbligo morale e farsi i fatti propri, un figlio che ormai sentiva di non conoscere più. Si incupì a quei pensieri.

Gregory ruppe il silenzio creatosi in mezzo a quegli sguardi che si studiavano vicendevolmente e indicò la figlia a Monica

«Tesoro,lei è mia figlia Ashley», fece verso la donna, per poi continuare rivolgendosi alla figlia

«Ed Ashley, questa è Monica»

Quest'ultima porse subito la mano alla ragazza,che la strinse timidamente.

«Piacere di conoscerti Ashley, tuo padre mi ha parlato molto bene di te, pare ti adori» disse, sfoggiando un sorriso alquanto finto e tirato.

«Piacere mio...» ricambiò Ashley, in difficoltà perchè non sapeva ancora come rivolgersi alla donna, che però sembrò intuire il suo disagio e le venne in soccorso.« Monica! - la interruppe prontamente - chiamami pure Monica!».

Ashley annuì senza proferire parola. Gelida, era la parola che avrebbe usato per descrivere Monica da quel primo incontro. Immobilizzata la vide allontanarsi con suo padre dopo che quest'ultimo le aveva consigliato di riporre le sue cose al piano di sopra nella sua camera e di riposarsi un po' dal viaggio prima del pranzo. Così Ashley fece.

Giunta l'ora di pranzare scese e si presentò nella sala dove suo padre e Monica avevano già apparecchiato la tavola in maniera perfetta. Chiese se poteva aiutare ma le venne risposto che non ce n'era bisogno, così si sedette su una sedia e aspettò.

Poco dopo udì il rumore della porta di casa. 'Deve essere il figlio di Monica' pensò, mentre una leggera ansia la pervadeva. Si voltò appena e, come previsto, vide spuntare nella stanza un ragazzo. Aveva provato a immaginare come dovesse sembrare il figlio di Monica e, dopo averla conosciuta, si era fatta un'idea, ma quel tipo era quanto di più lontano da quell'idea.

Era alto, aveva i capelli biondi piuttosto lunghi che gli ricadevano fluenti e leggermente scapigliati non oltre la nuca e qualche ciuffo ribelle anche davanti alla fronte, gli occhi erano azzurrissimi e taglienti, portava una t-shirt grigia scura con su stampato un nome che doveva appartenere a qualche gruppo musicale a lei sconosciuto e un paio di jeans strappati in alcuni punti, ai piedi aveva delle converse nere che sembravano aver passato una guerra per come erano ridotte.

Quel ragazzo non poteva essere il figlio della perfettissima e impeccabile compagna di suo padre, doveva trattarsi per forza di qualcuno che gli aveva rubato le chiavi, pensò tra sè e sè, ma la voce glaciale di Monica smentì subito quella sua stramba teoria.

«Matt, non si saluta?» lo rimproverò, lanciandogli un'occhiataccia.

Era proprio lui? Ashley non poteva crederci, non somigliava minimamente a Monica, nè nell'aspetto fisico e nè nello stile o nel modo di porsi. Che fosse stato adottato? Ma suo padre le avrebbe riferito quel particolare.

Monica parve accorgersi dell'aria stranita di Ashley e la sua faccia assunse un'espressione infastidita. Probabilmente le capitava spesso di assistere a quelle reazioni da parte di chi non conosceva suo figlio. Ashley cercò di rimanere indifferente per non farla irritare.

«Scusa Gregory, ciao» fece il ragazzo cordiale, abbandonando per un secondo la sua aria strafottente e appoggiandosi con la spalla sullo stupite della porta, evitando accuratamente di salutare la madre. Poi si voltò verso Ashley, puntandogli addosso quegli occhi freddi e penetranti, che comunque ebbero su di lei l'effetto di una secchiata di acqua gelida, senza proferire nessuna parola.

Gregory, colta l' atmosfera pesante che aleggiava tra tutti i presenti, provò a spezzarla e si premurò dunque di presentare la figlia, facendole cenno di raggiungerlo. Ashley si alzò malvolentieri dalla sedia per avvicinarsi al ragazzo. Lui la scrutò vagamente, per poi puntarle lo sguardo dritto negli occhi, facendola rabbrividire. Erano di un colore mozzafiato, ma in quel momento sembravano quasi apatici e annoiati. Poi le strinse la mano, rapidamente ma con vigore, mollandola subito dopo come se scottasse. Non aggiunse altro, nè un piacere di conoscerti o come va, insomma quelle frasi fatte che si dicono di solito, si passò la mano fra i capelli per allontanare i ciuffi biondi che gli ricadevano in fronte e girò i tacchi, sparendo di sopra per poi tornare poco dopo con una canotta nera e un paio di bermuda, prendendo posto a tavola ed evitando di guardare nè lei nè sua madre. L'unico che sembrava essere degno di ricevere attenzione era Gregory.

Ashley lo osservò di sfuggita un paio di volte. Se era l'indifferenza che voleva, l'avrebbe avuta. Dopotutto a lei non importava socializzare, voleva solo passare quel mese tranquilla con suo padre e i suoi parenti. E così avrebbe fatto.


 


 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

 

Ashley venne svegliata dal suono della sveglia del suo cellulare.

Aprì gli occhi a fatica, sbattendoli più volte prima di abituarsi del tutto alla luce che filtrava dalla tenda della portafinestra semiaperta della camera, che dava su un terrazzino.

Sollevò il busto aiutandosi con le braccia, afferrò il telefono e staccò la suoneria.

Si guardò intorno ancora intontita e per un attimo si domandò dove fosse: la stanza era diversa, era da sola e non c'era il letto di Phoebe accanto al suo.La confusione però durò solo un momento.

Si ricordò di essere da suo padre da ormai due giorni, anche se la mattina ancora le capitava quello scherzetto.

Lentamente si mise a sedere.

La sera prendeva sonno con difficoltà per colpa di quella strana sensazione che a volte si prova quando si dorme in un letto diverso dal proprio, e ci si gira e rigira senza riuscire a trovare la posizione giusta per addormentarsi. Vero che si trattava della sua stanza, ma lo era solo per circa un mese e mezzo l'anno, quindi ogni volta Ashley aveva bisogno di qualche giorno di assestamento per ambientarsi nuovamente.

Sbadigliò e poi abbassò lo sguardo sullo schermo del telefono. Erano le 8.

Aveva messo la sveglia presto perchè tra circa un'ora avrebbe finalmente rivisto le sue cugine e avevano programmato di fare colazione insieme, per poi pranzare a casa loro con i suoi zii, Lavinia, la sorella di suo padre e John, suo marito.

Si stiracchiò, sbadigliando, poi mise le ciabatte infradito ai piedi e si affacciò sul terrazzino.

Respirò profondamente l'aria frizzante del mattino e ammirò il panorama del mare sullo sfondo, che le trasmetteva un senso di pace.

Rientrò e si dedico per un paio di minuti a rispondere a dei messaggi dei suoi amici, per poi chiamare sua madre e dirle che si era alzata e che tra poco sarebbe uscita per passare la mattinata fuori.

Alla sua domanda se a casa andasse tutto bene rispose di si, anche se dentro non è che si sentisse poi così serena.

L'incontro con Monica era stato più freddo del previsto.

Il primo giorno, per tutto il pranzo non aveva fatto altro che lanciarle occhiate severe e qualche sorriso forzatissimo quando i loro sguardi si incrociavano.

Gregory aveva parlato di lei, dei suoi studi, del suo talento, cercando di intavolare una discussione che potesse coinvolgere le due, ma con scarsi risultati.

Monica le aveva rivolto giusto due domande, ma più per far contento Gregory che per un vero interesse nei suoi confronti. Aveva l'impressione che fosse partita prevenuta nei suoi riguardi, come se non la considerasse alla sua altezza.

Dal canto suo Ashley aveva sempre risposto educatamente e persino provato a parlare direttamente con Monica, ricevendo solo risposte secche e rapide, che tranciavano sul nascere qualunque tipo di conversazione più articolata.

Matt era stato un caso ancora più disperato.

Si era seduto a capotavola, leggermente più distante dal resto dei presenti, silenzioso e con lo sguardo perso, come se avesse avuto in testa milioni di cose a cui pensare e avesse dovuto farlo proprio in quel momento.

L'unico a cui aveva rivolto la parola era stato Gregory, a cui di solito rispondeva educatamente e anche piuttosto interessato.

Ashley aveva notato che non parlava con sua madre, se non quando lei lo interpellava esplicitamente, il più delle volte per riprenderlo. Che avessero litigato nei giorni precedenti?

Come per Monica, suo padre si era sforzato di fare intervenire Matt nelle discussioni con Ashley, facendo leva sul fatto che entrambi studiavano all'università.

«Sai, Ashley, anche Matt frequenta l'università, fa ingegneria elettronica» aveva esordito, nella speranza di suscitare un interesse reciproco tra i due ragazzi, interesse che era naufragato miseramente dopo il tentativo di Ashley di chiedergli se quindi fosse più avanti di lei, essendo più grande di circa due anni.

«Sono fuori corso» aveva risposto gelido, guadagnandosi un'occhiata di disprezzo da sua madre, e quelle furono le uniche parole che le rivolse per tutto il pranzo, al termine del quale lo vide uscire in veranda, poggiarsi con la schiena al muro e accendersi una sigaretta, per poi fumarla.

Gregory non si accorse del gelo che aveva regnato in quella tavola, d'altronde era l'unico che riceveva le attenzioni di tutti e probabilmente aveva imputato i pochi dialoghi al fatto che Ashley era spesso timida con chi non conosceva e tendeva a stare più silenziosa. Per Matt e sua madre, beh, quello era un altro discorso.

Insomma, a lui era sembrato tutto nella norma.

Dopo il pranzo ognuno era sparito nella propria stanza ed Ashley non aveva più visto Matt, il quale era uscito prima di cena per poi fare ritorno a notte inoltrata. Aveva il sonno leggero e per questo era stata svegliata dal rumore di qualcuno che rientrava e aveva visto la luce del corridoio accesa dalla fessura tra la porta e il pavimento. Suo padre e Monica erano andati a letto da un pezzo, quindi non poteva che essere lui.

Evidentemente Matt aveva delle amicizie, o magari una ragazza in quella città, Ashley poteva fare solo delle supposizioni perchè di lui sapeva poco e niente, ma di certo non usciva per starsene da solo.

In ogni caso a lei importava poco, si sentiva molto a disagio in sua presenza e a volte aveva avuto la sensazione che la fissasse, anche se non poteva esserne certa visto che aveva evitato accuratamente i suoi occhi, quindi meno lo incrociava per casa e meglio era.

In quei due giorni la situazione non era cambiata per nulla, ma Ashley aveva cominciato a farci già l'abitudine, assecondando Monica nei suoi sorrisi finti ed evitando gli orari scomodi in cui sapeva di poter incontrare Matt, che tanto si limitava a salutarla per poi tornare a farsi gli affari propri .

Aveva passato molto tempo con suo padre, che l'aveva portata alle sue lezioni di musica e ne aveva approfittato per darle una rinfrescatina di teoria musicale. E poi era sempre un piacere vederlo spiegare e suonare il pianoforte con quello sguardo concentrato e carico di amore per il suo lavoro.

Non aveva ancora avuto modo di andare a mare ma le occasioni non sarebbero mancate. Le sue cugine erano state impegnate con il matrimonio di una parente e quella mattina era il primo giorno libero che avevano.

Lasciò stare il cellulare e aprì l'armadio, in cui aveva già ordinatamente sistemato i vestiti, diede una rapida occhiata poi prese un paio di shorts neri, una canotta blu e l'occorrente per farsi la doccia e sgattaiolò in bagno, sperando di non fare spiacevoli incontri in corridoio.

Ebbe fortuna: era deserto.

Prima di entrare in bagno lanciò un'occhiata veloce alla stanza di Matt, che era l'ultima a sinistra, trovandola chiusa: probabilmente dormiva ancora dopo aver fatto le ore piccole quella notte.

Una volta pronta, scese in salone, dove trovò un bigliettino del padre che la informava della sua assenza per alcune lezioni di piano in una cittadina vicina.

Nemmeno Monica era in casa, molto probabilmente anche lei per questioni di lavoro.

'Meglio così', pensò, prese le chiavi e la sua tracolla e uscì .

Aveva appuntamento con le sue cugine proprio sotto casa sua, ma, ritardatarie com'erano di solito, si era preparata psicologicamente a dover aspettare. Fortuna che aveva trovato un angolo all'ombra.

Sfortuna, invece, che dopo circa mezz'ora il cancelletto dietro di lei cigolò e si aprì, rivelando la figura austera di Matt. Ashley non poté che ritrovarselo alle spalle all'improvviso e, colta di sorpresa, sussultò per lo spavento. Ma non stava dormendo?

I suoi capelli biondi al sole si erano illuminati di mille riflessi e sembravano ancora più chiari, conferendogli un'aria angelica che contrastava irrimediabilmente con la maglietta nera che aveva addosso.

«Ciao» le disse semplicemente, per poi farle un cenno con la testa ad indicare il cancello, Ashley intuì e parlò, sperando non si notasse la sua ansia «Ah no, puoi chiuderlo» disse, agitando un po' troppo le mani e dandosi mentalmente dell' imbranata.

Matt lo fece per poi allontanarsi senza aggiungere altro nell'istante in cui arrivò l'auto delle sue cugine, guidata da Annie.

' No, ma che tempismo eh?' - pensò Ashley – fossero arrivate un minuto prima mi sarei risparmiata questa figuraccia' .

Comunque salì in macchina, accolta dalle voci strillanti delle due gemelle. Non erano cambiate per nulla!

«Ashley!» esclamarono in coro, lei si sporse in avanti per farsi dare un bacio sulla guancia da ciascuna.

«Come va ragazze? Quanto tempo!» le accolse mentre si sistemava meglio nel sedile posteriore.

E così le due sorelle le raccontarono un po' tutte le vicende più importanti di quell'anno, Annie che si era lasciata dopo una relazione di quattro anni, ma che continuava abbastanza soddisfacentemente i suoi studi in giurisprudenza, Dorothy che aveva deciso di fare l'accademia delle belle arti, con indirizzo fotografico, dopo due anni di confusione totale sul suo futuro.

Fisicamente non erano cambiate granchè: Annie aveva accorciato giusto un po' i capelli biondi, scuri e ricci, che adesso portava all'altezza delle spalle e che le davano un'aria ancora più sbarazzina, esaltando i suoi occhi verdi, mentre Dorothy era rimasta la stessa, con i suoi lunghissimi capelli castani dai riflessi rossi, della stessa sfumatura dei suoi occhi. Le due gemelle non erano infatti identiche.

Continuarono la loro chiacchierata davanti a un aperitivo al bar.

«Quest'estate voglio proprio divertirmi e non pensare a niente!» dichiarò Annie come una liberazione. Era la classica reazione di chi si è lasciato da poco e ha necessità di dimostrare che è comunque felice. Era stato il suo ragazzo a mollarla e la cosa peggiore era che l'aveva già visto in giro con un'altra, facendole sospettare che in realtà quella tresca potesse essere nata già mentre loro due stavano ancora insieme. Aveva sofferto da morire, ma adesso si era convinta di dover divertirsi a tutti i costi anche lei.

Ashley non la condivideva, secondo lei bisognava viverlo il dolore per superarlo e non fare finta che andasse tutto bene. Evitò però alla cugina quella predica, non voleva guastarle il momento.

«E che pensi di fare? - le cantilenò la gemella – Ashley, per favore diglielo anche tu, mica può pensare di fare baldoria, ubriacarsi e farsi il primo che incontra!» disse visibilmente preoccupata per la sorella, che in effetti non era mai stata quel tipo.

«E se anche fosse?» insinuò maliziosa, mentre Dorothy scuoteva la testa ed Ashley rideva.

Poi si ricordò di una cosa che doveva assolutamente dire alla cugina, bevve un sorso della sua bevanda con la cannuccia e la agitò, facendo rumoreggiare i cubetti di ghiaccio, si avvicinò di più ad Ashley e abbassò leggermente il tono di voce, come per non farsi sentire troppo dai vicini.

«A proposito, si può sapere chi era quel biondino che usciva da casa tua?»

Dorothy si unì alla sorella, sporgendosi anch'essa verso Ashley.

«Ah già, l'abbiamo notato quando siamo venute a prenderti! Non è che devi dirci qualcosa?» disse in tono ammiccante.

Ashley quasi si soffocò con il tè freddo per quell'insinuazione, tossì e si battè una mano sul petto.

Ma erano impazzite, volevano per caso farla morire?

«Ma che andate a pensare? - sbraitò quando si fu ripresa – è che ci abita a casa mia!» proseguì tranquillamente.

Le due sorelle erano più stupite che altro, poi sembrarono ricollegare le cose.

«Aspetta, non mi dire che tuo padre sta con la madre di quel ragazzo?» chiese Annie, anticipando di poco la sorella.

«Esatto»

«Chissà quante ragazze vorrebbero essere al tuo posto!» la informò Dorothy con aria sognante, lei era una inguaribile romantica e non si spiegava come Ashley rimanesse impassibile al fascino del bel tenebroso.

Dato che non ottenevano reazioni, Annie calcò la mano.

«Cioè, ma l'hai guardato bene? Ok che non è il mio tipo – fece pensandoci su e scuotendo la testa - sembra uno di quei rockettari anticonformisti che non mi fanno impazzire ma... oggettivamente è troppo bello!».

Come avesse fatto la cugina a inquadrarlo in una sola occhiata di pochi secondi dall'auto era un mistero. Si vede che adesso che era single aveva riacquistato il suo infallibile radar per ragazzi.

«Beh, non è tutto questo granchè – commentò Ashley con indifferenza, sgranocchiando qualche patatina – e poi nemmeno ci parliamo» concluse freddamente.

Non stava esagerando, era la verità.

Le due sorelle capirono l'antifona e decisero di lasciare correre la cosa e cambiare argomento così la mattinata proseguì volando, come anche il pranzo, e le tre si separarono con la promessa di andare a mare l'indomani mattina.

 

Ashley tornò a casa che ormai si erano fatte le 16.

Aprì la porta e subito venne catturata da un dolce suono: qualcuno stava suonando il pianoforte.

'Deve essere mio padre' pensò.

Richiuse la porta cercando di fare meno rumore possibile per non disturbare e si concentrò su quella musica.

Aggrottò le sopracciglia.

Qualcosa non la convinceva, quello che giungeva alle sue orecchie non aveva per niente l'aria di essere lo stile del padre. Lo sentiva suonare da quando era in fasce e sarebbe stata capace di riconoscerlo tra mille. Il suo stile era classico, lento, accademico, questo invece aveva un guizzo diverso, era scattante, non tendeva a soffermarsi sulla nota, ma passava rapido da una all'altra, conferendo all'intera melodia una freschezza e un ritmo nuovi.

Incuriosita si avvicinò alla stanza, mentre il suono si faceva più forte.

Grande fu il suo stupore quando giunta dinanzi alla soglia vide una chioma bionda e un ragazzo seduto di spalle, intento a suonare.

Spalancò la bocca: era Matt!

Non riusciva a credere ai suoi occhi. Davvero un tipo del genere sapeva suonare il pianoforte così bene? Le sembrava incredibile, forse perchè aveva sempre associato quello strumento a personalità molto calme e posate, un po' come lei.

Lui parve non accorgersi della sua presenza e continuò a suonare.

Quasi mossa da una forza ipnotica, Ashley cominciò ad avanzare verso di lui.

Quando gli fu abbastanza vicina, Matt dovette percepire una presenza dietro di sé e si voltò di scatto, interrompendo bruscamente di suonare.

La magia sembrò spezzarsi: Matt puntò i suoi occhi azzurri su di lei con la solita indifferenza, Ashley si sentì come un ladro colto in flagrante.

«Scusami, non ti avevo sentita - disse apatico - ora vado» e fece per alzarsi ma Ashley con uno scatto in avanti lo bloccò.

Non sapeva nemmeno perchè lo stava facendo ma le era partito naturale.

«No, continua» gli disse, mantenendo i suoi occhi fissi in quelli di lui, riuscendo a sostenerli, stavolta.

Si osservarono per alcuni secondi che ad Ashley sembrarono infiniti e, proprio quando stava per acquistare di nuovo lucidità e scappare via, Matt addolcì lo sguardo e si rilassò, senza smettere di fissarla.

Ashley arrossì a quel cambiamento nei suoi occhi, come se all' improvviso ci avesse visto un altro ragazzo dentro, come se si fosse resa conto che anche lui poteva assumere un'espressione così bella e la cosa la spiazzò.

Abbassò lo sguardo e continuò, tanto valeva ormai andare fino in fondo.

«Mi piaceva» disse flebilmente, tormentandosi le mani imbarazzata.

Matt senza dire una parola ubbidì.

Si sedette e riprese a suonare.

Nuovamente la musica creò un clima magico ed Ashley si accomodò sulla panca accanto a lui.

Lo guardava e ne studiava i movimenti, notò le sue mani affusolate che accarezzavano i tasti con naturalezza, come se l'avessero fatto da sempre, la sua espressione concentrata e leggermente aggrottata, i capelli ricaduti in avanti sulla fronte china sulla tastiera.

Era rimasta incantata ed ebbe l'impressione di avere a fianco un altro ragazzo e non il Matt scontroso e freddo che non le rivolgeva mai la parola.

Ora che lo vedeva in una veste diversa, si accorse per la prima volta di come avessero ragione le sue cugine, di quanto fosse bello il suo profilo e irresistibile il suo sguardo intento a suonare lo strumento.

Dal canto suo Matt, tra una nota e l'altra, con la coda dell'occhio, si era accorto della curiosità sul volto di Ashley, che adesso lo scrutava apertamente con quei suoi occhi grandi e belli.

Non negò che quando era arrivata a casa non aveva avuto la minima intenzione di fare il cordiale con lei, nè tanto meno di approfondirne la conoscenza.

Giorni prima sua madre le aveva fatto notare con asprezza che la figlia del suo compagno era diligente e studiosa, era brava, a 21 anni aveva già dato tutte le materie del secondo anno e rappresentava un orgoglio per Gregory.

Lo aveva detto non per esaltare Ashley, bensì per usarla come strumento di umiliazione per lui, per sminuirlo come ormai faceva sempre.

Quando poi l'aveva conosciuta, tutti avevano continuato a farle i complimenti e lui si era semplicemente stancato, in aggiunta al fatto che Ashley all'apparenza le aveva davvero dato l'idea di essere la solita secchiona che si sente una spanna sopra gli altri.

Era fatto così, se qualcuno a pelle non gli piaceva difficilmente avrebbe mai nemmeno fatto finta di interessarsi. Lui e i convenevoli erano distanti miglia.

Eppure, nonostante la sua indifferenza, lei adesso aveva avuto il coraggio di parlargli e di infrangere quella barriera che si erano posti a vicenda.

Aveva capito che l'antipatia era stata reciproca, ma quella ragazza non era stata chiusa, ferma nell'impressione negativa che sicuramente aveva avuto di lui. Chiunque dopo il suo comportamento odioso avrebbe evitato anche solo la sua vicinanza, invece lei gli aveva dato una chance, cosa che Matt non aveva nemmeno minimamente preso in considerazione di fare con lei.
Non sapeva se l'avesse fatto lucidamente o in un attimo di mancanza di razionalità, eppure adesso erano lì insieme e non si stavano ignorando.
Forse aveva sbagliato a giudicarla.
Terminò il pezzo e si voltò verso di lei: lo stava ancora guardando ma adesso sembrava sciolta e tranquilla.
«Ehi, sei bravo, non sapevo sapessi suonare il pianoforte» gli disse con voce pacata.
Matt sollevò teatralmente un sopracciglio.
«Pensavi che conciato in questo modo non potessi farlo?» fece indicandosi con le mani.
Il suo abbigliamento solito erano magliette scure di band e converse sgualcite.
«Ma no, no! - tentò di scusarsi lei, scuotendo nervosamente la testa, rossa in viso quasi come i suoi capelli - è solo che..» cercò invano di trovare una scusa dato che Matt ci aveva proprio azzeccato.
Il ragazzo allora scoppiò a ridere in maniera genuina, era la prima volta in assoluto che Ashley glielo vedeva fare e ne rimase meravigliata.
«Dai, ma tranquilla, so benissimo che è l'effetto che faccio di solito – disse girandosi verso di lei - comunque ho imparato da piccolo, mia madre me l'ha fatto studiare e devo dire che non mi dispiace, anche se sono passato poi ad altro e ho cambiato genere».
«Ah si?» chiese Ashley curiosa, ormai tra di loro il ghiaccio sembrava sciolto.
Matt annuì col capo «Suono il basso elettrico adesso, hai presente quello che tutti scambiano per una chitarra facendoti sempre imprecare? Insomma sono il tizio che ai concerti sta in un angolo e di solito non se lo fila nessuno, perchè sono tutti impegnati a seguire il chitarrista figo» fece, esagerando una finta espressione delusa.
Ashley sorrise «Si, so cos'è un basso».
«Ho avuto diversi gruppi in passato, sai, cose tipo electro/rock o roba simile» continuò.
«Ah capisco, bello!» esclamò Ashley. In realtà non aveva idea di che genere fosse, non avendolo mai sentito in giro, ma stranamente si trovò interessatissima a quelle novità e mise da parte la sua classica paura di ciò che non riconosceva per ritrovarsi piacevolmente sorpresa di scoprire qualcosa di nuovo, come se una ventata di entusiasmo le fosse piombata di colpo addosso.
Che intendesse quello Phoebe, quando le ripeteva di aprirsi e di essere meno rigida, come era sempre stata finora?
Beh, forse non avevano proprio tanto torto a casa sua a definirla noiosa, pensò per la prima volta.

Mentre continuavano a parlare di generi musicali entrò in casa Monica, che venne subito attratta da quel vociare.
Aggrottò le sopracciglia, pensando si trattasse senza dubbio di suo figlio, magari in compagnia di qualche ragazza raccattata in giro.
Si meravigliò invece quando lo trovò insieme ad Ashley, intenti a conversare tranquillamente come due buoni amici.
Tossì per richiamare l'attenzione.
I due ragazzi smisero di parlare, Matt la guardò torvo in silenzio.
«Ciao Monica» salutò Ashley educatamente.
«Matt, stai dando fastidio ad Ashley per caso?» chiese immediatamente, ignorando il saluto della ragazza e scoccando al figlio un'occhiata sospettosa.
«Ma no! - lo difese subito Ashley - stavamo solo suonando un po', tutto qua!» sorrise ma non ottenne l'effetto sperato di far mutare l' espressione rigida di Monica, mentre Matt continuava a fissarla con sfida, come suo solito.
Ashley era confusa, non riusciva a capire cosa non andasse tra madre e figlio e si era sentita quasi in colpa per essere stata indirettamente la causa di un ennesimo battibecco tra loro.
Monica andò via senza aggiungere una parola.
Ashley evitò di chiedere alcunchè per non sembrare inopportuna, anche se vederli comportarsi tra loro in quel modo la rendeva triste e in parte irrequieta, come se avesse l'effetto di un deja vù.
In ogni caso Matt non aggiunse altro, si alzò dalla panca e si stiracchiò le braccia.
Guardò Ashley, ancora seduta, con un'espressione preoccupata in volto, ma non ritenne di doverle dare spiegazioni.
«Comunque, se ti va stasera c'è una band live in un pub in zona spiaggia».
Ashley alzò lo sguardo stupita. Ma cos'era quello, un invito?
«Visto che mi sei sembrata interessata a questa musica potresti venire ad ascoltare. Scommetto che non sei mai stata a un concerto di questo tipo!»
Beccata.
«Ehm - farfugliò Ashley - no, direi di no»
Matt sorrise «Beh, allora che ne dici? Suona un gruppo di amici miei, non saranno famosi ma sono piuttosto bravini e si fa un bel casino!» disse attendendo una risposta.
Normalmente Ashley avrebbe rifuggito subito un invito del genere, musica che non aveva mai ascoltato, ambiente di certo poco tranquillo, un ragazzo che conosceva appena, eppure, qualcosa dentro lei si era smosso e si sentiva stanca di quella paura di provare che aveva sempre prevalso finora.
Strinse i pugni sulle ginocchia e si decise. «Si, ok va bene».
La risposta meravigliò Matt positivamente. Si era proprio sbagliato su quella ragazza.
«Perfetto, allora vieni con me dopo cena»
Ashley annuì e lo osservò uscire dalla stanza ma, prima di sparire dalla sua vista, Matt si voltò e parlò un'ultima volta « Ah, e mettiti delle scarpe comode, ci sarà un bel po' da pogare».
«Certo!» fece Ashley, alzando un po' la voce per farsi sentire, poi tornò nei suoi pensieri.
Secondo quale meccanismo fino a due giorni prima non si parlavano e adesso quella sera dovevano andare insieme ad un concerto?
' E poi pogare? Ma che diavolo vorrà dire?'
Non aveva mai sentito quella parola e ne ignorava totalmente il significato. A breve lo avrebbe scoperto.

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Scusate, ma ho ricaricato il capitolo perchè mi ero accorta di averlo riportato con spazi e punteggiatura sbagliati e non mi piaceva.  Non sono ancora molto pratica con il sito! Ciao!

Capitolo 6


«Si, mamma, tranquilla, mi sto divertendo!» disse Ashley annoiata al telefono, mentre camminava avanti e indietro per la sua stanza e consapevole di risultare poco convincente.

Le telefonate di sua madre arrivavano puntuali ogni giorno, com'era giusto che fosse, ma le percepiva sempre più come interrogatori assillanti: non amava raccontare i dettagli di tutto ciò che faceva, in particolar modo a lei.

«E stasera che farai? Non mi dire che rimani a casa?» arrivò fastidiosa la domanda di Nancy, preoccupata che la figlia potesse avere la tentazione di riaprire di già i libri e studiare.

Ashley roteò gli occhi esasperata e sospirò.

Ma perchè non poteva avere una madre come tutte le altre, che stanno più tranquille a sapere le figlie a casa?

Si ricordò che quella sera, però, non sarebbe stata a casa. Si bloccò immediatamente nel bel mezzo della stanza e sudò freddo.

«Ma no, stasera esco con Annie e Dorothy e alcuni loro amici»mentì.

Non se la sentiva per niente di raccontare la verità e cioè che nemmeno un'ora prima aveva deciso di andare ad un concerto con il figlio di Monica, col quale prima di quel momento aveva parlato a stento. Senza contare Phoebe, che avrebbe subito cominciato a fare pensieri maliziosi e a stressarla di domande se solo avesse saputo. No, era meglio una bugia.

«Bene, sono contenta, allora divertiti tesoro, ci sentiamo domani, ciao!»

La voce della madre le giunse lontana e confusa, mentre era rimasta immobile a fissare un punto indistinto davanti a lei.

Riuscì solo a mormorare un saluto e a chiudere la chiamata, portando giù il braccio che reggeva il telefono lungo il corpo, come se le pesasse troppo.

Si rannicchiò di fianco sul letto, tentando di trovare in quella posizione un conforto ai mille dubbi che la assillavano.

Era stata così sicura di accettare quell'invito, preda di un momento strano di euforia e di sensazione di libertà, ma adesso la sua parte razionale del carattere, quella che di solito aveva la meglio sul resto, stava prepotentemente ricominciando a farsi spazio, insinuando in lei insicurezze e timori e annullando tutto l'entusiasmo. Dentro di lei si consumava una lotta, ma stavolta non voleva che vincesse la solita Ashley. Stavolta non le avrebbe permesso di imporsi.

Qualcuno bussò alla porta, Ashley si rizzò di scatto, colta di sorpresa in quell'attimo di debolezza.

«Avanti» ordinò con voce tremolante.

Era solo suo padre, per fortuna.

«La cena è quasi pronta, Ashley, puoi cominciare a scendere» le comunicò con un sorriso rassicurante.

Respirò profondamente per darsi la carica e scacciò via quei brutti mostri che le intasavano la mente, almeno per quel momento.

 

A cena si ritrovarono tutti e quattro a tavola. Ashley conversava amabilmente col padre e anche con Monica a tratti.

Matt invece si comportava come al solito, rispondeva solo se esplicitamente interpellato e spesso in monosillabi, come sempre si trovava più a suo agio con Gregory che con sua madre.

Di tanto in tanto lanciava un'occhiata ad Ashley: dopo quella conversazione nel pomeriggio la vedeva con occhi diversi. Le era parso di scorgere una ragazza differente da quello che sembrava in superficie, una ragazza che aspettava solo l'occasione giusta per tirare fuori ciò che aveva dentro. Quel suo essere così seria, ma in fondo attratta da ciò che non conosceva lo intrigava parecchio. Aveva gli occhi avidi di sapere e nello stesso tempo timorosi, spaventati, come una bambina che vede per la prima volta il mondo e ne è terribilmente attratta ma anche terrorizzata.

Insomma, era abituato a ragazze disinibite e sfacciate, che non si facevano alcun tipo di problema per nessuna cosa, che ostentavano il loro essere donne di mondo e vissute e che diventavano per questo noiose e banali.

Invece lei, avvolta in quella sua compostezza e in un certo senso purezza, caratteristiche che vedeva di rado, era come un mistero da scoprire, una tela bianca da colorare.

Non era stupida Ashley e nemmeno la classica ragazza timida o sfigata, era semplicemente cristallizzata in certe sue convinzioni, in un mondo che si era costruita da sè, probabilmente per proteggersi o chissà per quale altro motivo, a lui non era dato saperlo per adesso, ma aveva lasciato uno spiraglio per farvi breccia, gli stava permettendo di entrare.

Tutto quello lo incuriosiva.

Talvolta i loro sguardi si erano incontrati facendola trasalire: gli occhi di Matt erano di un azzurro intenso, di una bellezza rara e così diversi da quelli della madre.

Sembrava che scavassero, che mettessero a nudo e lei ebbe la sensazione di non poter nascondergli nulla o mentirgli perchè tanto l'avrebbero smascherata. Nonostante il pomeriggio passato insieme a palare di musica, cercò di incrociarli il meno possibile.

A cena finita Ashley aiutò Monica a sparecchiare, mentre Gregory e Matt ripulivano la tavola.

Il silenzio fu rotto proprio da suo padre.

«Allora Ashley stasera che fai, esci con le tue cugine?» chiese.

Ashley trasalì, mise giù il bicchiere che stava sciacquando nel lavandino e, anche se stava solo uscendo col figlio di Monica e poteva essere una cosa normalissima, si sentì come un ladro colto con le mani nel sacco.

Che avrebbe dovuto rispondere ora?

In fondo anche se suo padre non avesse domandato, quella sera l'avrebbero comunque vista uscire con Matt, non era una cosa che poteva nascondere.

E poi che male c'era a uscire con lui, è vero che non si erano parlati per qualche giorno, ma ci poteva sempre essere una prima volta, no?

Perchè si sentiva così in ansia?

Le sue mani stavano tremando e sperò con tutto il cuore che nessuno se ne accorgesse. Guardò Matt, sperando in un suo intervento provvidenziale che la togliesse da quella situazione imbarazzante, ma lo vide fare l'indifferente e continuare placidamente a mettere a posto le sedie.

Non ricevendo alcun aiuto da lui, cercò di inumidirsi le labbra, divenute improvvisamente secche e parlò, usando tutta la forza che le era rimasta per controllare il tono di voce.

«Stasera esco con Matt, andiamo a vedere un concerto» asserì, continuando ad asciugare le posate a testa bassa.

La bomba era sganciata.

Monica si bloccò come un pezzo di ghiaccio ed Ashley non potè fare a meno di notarlo, maledicendosi internamente.

Ma insomma, perchè qualunque cosa dicesse o facesse sbagliava sempre con lei? Adesso anche quella. Proprio non riusciva a capire che diavolo ci fosse sotto quelle facce di fastidio e antipatia che le rivolgeva. Non poteva fare nient'altro che aspettare una qualche reazione, che non arrivò.

L'espressione della donna si era fatta glaciale, era una maschera di odio.

Adesso Ashley usciva con suo figlio? Erano già diventati così stretti?

Era questo che aveva cominciato a martellarle in testa.

Non era tanto una preoccupazione per la delicata Ashley o un sospetto malizioso che tra i due stesse nascendo un'attrazione, quanto piuttosto una sorta di gelosia, il fastidio che persino un'estranea fosse riuscita a farsi un varco in quell'intricato groviglio che era suo figlio e lei, che era sua madre, no.

Quando li aveva visti seduti vicini davanti a quel pianoforte, a parlare e ridere, aveva provato invidia nei confronti di Ashley. Lei aveva fallito e se lo vedeva continuamente spiattellato davanti dagli atteggiamenti del figlio, dai suoi sguardi indifferenti, dalle poche parole che le rivolgeva e dagli abbracci che non le dava più da tempi immemori. Non poteva sopportarlo. Sapeva che veniva lì in vacanza solo perchè aveva il suo gruppo di amici, di certo non per lei. Avrebbe voluto provarci a capirlo, a instaurare un qualcosa di almeno simile a un rapporto madre-figlio, ma Matt non era più un ragazzino, aveva 22 anni e indietro non si poteva tornare.

Ogni volta che le puntava quegli occhi azzurri, che vedeva i suoi capelli biondi, lei rivedeva quell'uomo che la aveva tanto delusa, quell'uomo che comunque lui aveva preferito, andandoci a vivere.

Si trattenne a fatica dal fare scatti furiosi anche se tutti i muscoli del suo corpo fremevano in quel momento.

«Un concerto?» chiese Gregory. Sua figlia Ashley non le sembrava il tipo.

«Si» fece lei cercando di apparire convincente. Sembrò esservi riuscita dato che il padre non indagò oltre e Ashley potè tirare un sospiro di sollievo.

In fondo era con Matt e Gregory aveva imparato a conoscerlo. Poteva sembrare un ragazzo senza regole ma lui aveva capito che non era così. Beh, di certo non era il classico bravo ragazzo, ma d'altronde chi è perfetto, soprattutto crescendo in una situazione non regolare? Genitori divorziati in malo modo, una madre con cui non era riuscito a instaurare un rapporto normale, unico punto di riferimento il padre, spesso assente per lavoro..

A volte aveva provato a parlare a Monica di lui, ad aiutarla a capire cosa c'era che non andasse ma lei non ne aveva voluto sapere, le faceva troppo male e ogni volta che si prendeva quell'argomento finivano per litigare, perciò aveva deciso di rispettare la sua volontà. Anche la sua dolce Ashley non aveva avuto una famiglia vera e propria, se non per i primi anni di vita, ma lui aveva fatto di tutto per farle sentire la sua presenza, non le aveva mai fatto mancare niente, aveva costruito un rapporto splendido con lei, e i contatti con Nancy erano rimasti buoni.

Si ritenne fortunato.

«Beh, divertitevi allora ragazzi!».

«Grazie» aveva risposto stavolta Matt, per poi salire al piano di sopra. Ashley l'aveva seguito poco dopo, una volta finito di aiutare in cucina e tirando un sospiro liberatorio, visto che la tensione si era tagliata a fette.

Monica e Gregory rimasero in salone sul divano a vedere un po' di tv.

L'aria più fresca della sera entrava dalla finestra, sollevando leggermente le tende della veranda aperta ed era l'ideale dopo una il pomeriggio afoso. Gregory si rilassò dopo una giornata passata in auto e a lavorare, mentre Monica accanto a lui era rimasta tesa da prima e lui se ne accorse. Le mise un braccio intorno alle spalle e le si rivolse amorevolmente.

«Che c'è che non va, amore? É da poco fa che mi sembri turbata».

Lei sbuffò: «Non sei preoccupato che quei due escano insieme? Insomma, due giorni fa nemmeno si parlavano e adesso?» esclamò nervosa.

Gregory proprio non riusciva a capirla. Non era positivo che i loro due figli andassero d'accordo?

« Non ci trovo niente di male sinceramente, sono ragazzi e poi stiamo parlando di tuo figlio, non di un qualunque sconosciuto».

Monica ghignò beffarda. Era suo figlio, sì, ma di certo non lo conosceva. Sconosciuto era proprio l'appellativo adatto.

«Perchè non ci rilassiamo un po' noi due invece? - le propose avvicinandosi al suo orecchio - approfittiamo del fatto che siamo finalmente soli, no? Che ne pensi?» le sussurrò e a quel punto Monica riuscì davvero a non pensarci, quando era con Gregory si sentiva bene e al sicuro, solo lui riusciva a farle dimenticare i problemi e a tranquillizzarla. Non voleva rovinare il loro rapporto per le sue paranoie, era da troppo tempo che non si sentiva amata.

Sorrise, uno di quei rari sorrisi che ultimamente riservava solo a lui.

«Sì, hai ragione» disse e lo baciò.

 

Nel frattempo Ashley si era chiusa in camera sua.

Poco prima Matt le aveva intimato di farsi trovare pronta alle 22 ed era sparito nella sua stanza più avanti. Peccato che avesse occupato il bagno e le avesse lasciato quel lasso di tempo necessario per farsi venire l'ansia e i ripensamenti.

Non faceva altro che rigirarsi avanti e indietro e chiedersi che cosa stesse facendo.

Si guardò allo specchio: era l'insicurezza fatta persona.

Aveva bisogno di una doccia fredda, senza dubbio. Lo stomaco le si era bloccato nemmeno fosse la mattina di un esame all'università.

No, quello sarebbe stato senza dubbio più facile, almeno si sarebbe presentata preparata su qualcosa di studiato da mesi, adesso invece era tutto un salto nel buio.

'Coraggio' continuava a ripetersi.

Prese dalla valigia un paio di pantaloncini di jeans , un top semplice blu scuro e tenendo a mente le parole di Matt anche un paio di sneakers di tela. Sentì finalmente la serratura del bagno scattare e poco dopo sgattaiolò all'interno. Si tolse i vestiti ed entrò nella doccia, godendosi quel momento di pace prima della tempesta. Si asciugò in fretta e si vestì. Si aggiustò il top, coprendo il più possibile la scollatura e si passò solo un leggero tratto di matita sugli occhi.

Uscì dal bagno, prese la borsa in camera e vi infilò le chiavi e il cellulare.

Sul display figurava un messaggio di Phoebe: «Allora che fai stasera, sempre chiusa in casa?» la prendeva in giro.

Se solo avesse saputo.

Digitò velocemente un semplice «No, stasera esco», senza specificare nulla altrimenti quella curiosona di Phoebe l'avrebbe chiamata per esigere i dettagli e non aveva la minima voglia di spiegare. Era già troppo impegnata a contenere la sua ansia.

All'orario stabilito scese e trovò Matt ad aspettarla.

Lui la scrutò vagamente facendola arrossire.

«Ok, andiamo» le disse semplicemente. Salirono in macchina e dopo 10 minuti di guida arrivarono al pub.

Fuori dal locale vi era una discreta folla di ragazzi dai vent'anni in su che chiacchieravano sorseggiando birra. Dall'interno provenivano solo dei suoni sconnessi di strumenti, probabilmente stavano facendo il soundcheck. Matt scese ed Ashley lo seguì in silenzio.

Lo vide avvicinarsi a uno dei gruppetti che aveva visto prima, formato sia da ragazzi che da ragazze.

Si sentì morire dall'imbarazzo: socializzare non era per niente il suo forte e le mancò il suo amico Tyler, col quale si sentiva sempre a suo agio anche quando erano in gruppo.

I ragazzi del gruppetto, non appena videro Matt, cominciarono a fargli dei cenni con le mani e una ragazza castana lo chiamò a voce alta.

Matt salutò velocemente e poi, notando che tutti gli occhi si erano puntati sulla nuova arrivata, la presentò agli amici. «Lei è Ashley» disse soltanto.

Lei, che nel frattempo stava morendo ad essere così al centro dell'attenzione, balbettò un timido 'Piacere' e strinse le mani che man mano le vennero porte, ricordandosi a malapena la metà dei nomi in quel vortice di presentazioni. Comunque sembravano tutti molto amichevoli e in breve tempo si ritrovò a conversare tranquillamente con qualche ragazza del gruppo.

«Allora, Ashley sei di qui? Non mi pare di averti mai vista prima con Matt.» esclamò Mandy, una moretta dai capelli ricci e lunghi, bassina e dalla carnagione scura.

«No, non sono di qui anche se ci passo le vacanze ogni estate con mio padre visto che i miei sono divorziati. Matt l'ho conosciuto solo quest'anno perchè è il figlio della sua nuova compagna» spiegò, attirandosi un'occhiata ostile da una ragazza dai capelli lunghi e neri.

«Ah, capisco» sorrise Mandy mentre continuò a farle domande su dove venisse, sull'università e su altro ancora, insieme ad altre ragazze del gruppo, mettendola subito a suo agio.

Solo una ragazza era rimasta abbastanza fredda, la stessa ragazza dai capelli neri che poco prima le era parso le avesse rivolto uno sguardo poco amichevole.

Si chiamava Jenny.

Ashley pensò che fosse solo un po' timida e diffidente. Aveva dei lunghi capelli lisci e corvini e gli occhi verde scuro. Vestiva un abito corto nero e un paio di stivaletti coi lacci, inusuali per la stagione.

A tratti Ashley aveva proprio l'impressione che la guardasse di sbieco, ma si convinse di essersi sbagliata.

Ad un tratto la vide avvicinarsi a Matt e mettergli un braccio intorno alla vita, come se tra loro ci fosse una strana confidenza.

Ashley perse un battito: perchè la cosa sembrava darle fastidio?

Jenny continuò a ridere e scherzare con lui e Matt pareva ricambiare, sorrideva pure.

«Siamo alle solite ragazze - fece allora Mandy - Jenny è partita di nuovo all'attacco, è senza speranza!». «Già» fecero coro le altre.

Ma chi era allora quella Jenny?

Intanto la band annunciò che stava per cominciare il concerto.

Matt abbandonò la compagnia dei suoi amici e si avvicinò ad Ashley, che si sentì come rassicurata dalla sua presenza di nuovo accanto a lei, le afferrò la mano e gliela strinse con forza.

«Ehi, tieniti sempre a me o rischi di perderti ok?» le disse all'orecchio.

La sua voce così vicina la fece sussultare.

«Oo-ok», balbettò Ashley ancora confusa per quella stretta improvvisa. Matt le fece un cenno e si incamminarono tra la folla.

La sala all'interno era buia, illuminata solo da alcune luci del palco. Era pienissimo di gente e si faceva fatica a muoversi. Ashley si guardava intorno disorientata e smarrita e strinse ancora più forte la presa alla mano di Matt che le faceva strada, per paura di perdersi tra la folla. Si piazzarono quasi sotto al palco, Matt la fece sistemare davanti a lui in modo da non perderla di vista e anche per proteggerla da scossoni a cui non era abituata durante lo spettacolo. Ashley era leggermente in tensione ma la presenza di Matt, che avvertiva salda dietro di sè, le trasmetteva uno strano senso di calma.

Poi il ragazzo le si avvicinò all'orecchio per parlarle e le mise le mani sui fianchi per tirarla più vicina a sè. Ashley sentì il calore del suo fiato sul suo collo. Ebbe un brivido.

«Tra poco inizieranno, tu rimani qui davanti, tuo padre mi ucciderà se ti succede qualcosa» rise lui.

Ashley si voltò d' istinto e trovò il viso del ragazzo vicinissimo al suo.

Si perse per un attimo a guardare il contorno delle sue labbra, che si muovevano mentre le spiegava qualcosa che non stava comprendendo, distratta com'era da quella potente ipnosi, ma presto fu costretta a riscuotersi.

Che cosa andava a pensare?

Nel buio della sala aveva perso di vista gli amici di Matt, tutto il resto era una massa informe di gente che urlava alla band di uscire.

Non appena il gruppo cominciò a suonare per Ashley fu il delirio totale. Gente che spingeva, che urlava, volumi sparati al massimo, una bolgia infernale che non aveva mai sperimentato in vita sua.

All' inizio le sembrò solo un incubo claustrofobico e provò il desiderio di farsi strada disperatamente verso l'uscita pur di scappare da quel luogo assordante ma piano piano si abituò al ritmo, anzi le piacque anche. Cominciò a saltare anche lei insieme alla folla e scoprì cosa fosse il famoso pogo. La folla saltava avanti e indietro trascinandola come un' onda anche se Matt cercava di pararle un po' i colpi da dietro. Inaspettatamente cominció a divertirsi un sacco e a ridere di gusto, era tutto così pazzesco, liberatorio e divertente.

Si sentì senza nessun pensiero.

Matt la osservava soddisfatto: aveva capito che quella ragazza aveva solo bisogno di lasciarsi andare un pochino e liberarsi.

E infatti Ashley si sentì libera, pensò solo a ridere, alla musica, a saltare, dimenticò per un attimo tutto, lasciò da parte la ragione e si sfogò.

Chiaramente alla fine sembrava uscita da un campo di guerra, era sudata e non osava immaginare in che condizioni pietose avesse i capelli, i piedi e le gambe le aveva doloranti e stanche per via dei salti e dei colpi involontariamente presi per il pogo.

Era però felice.

Sperimentare quell'esperienza nuova non era stato poi così male.

Si erano fatte le 2 di notte e, date le condizioni di Ashley, Matt preferì riportarla già a casa. Salutarono gli amici e si avviarono in macchina.

«Allora, ti è piaciuto?» le chiese lui quando furono da soli in viaggio.

Ashley sentiva le orecchie fischiare, adesso che si trovava in silenzio nell'automobile.

«Si è stato fantastico! Bè, certo, un po' movimentato e diciamo che non ci sono abituata ma... è stata una cosa pazzesca, non l'avrei mai pensato!» esclamò entusiasta, luminosa in volto e distesa.

Già, aveva detto proprio così, doveva aver battuto la testa in mezzo alla mischia.

Matt sorrise «Ci sono tante cose che nemmeno immagini! Te l'avevo detto che ti saresti divertita, ti ci vedevo lì in mezzo a scatenarti, in fondo»

Ashley spalancò gli occhi «Sul serio?» gli chiese. Ormai si rivolgeva a lui senza timori.

«Ma si, certo» rise divertito.

E nonostante la serata stancante e il corpo mezzo dolorante Ashley si sentì bene come mai nella sua vita.

 

Giunti a casa, però, la stanchezza cominciò sempre più a farsi sentire e Ashley non vide l'ora di buttarsi finalmente sul letto e riposare fino al mattino.

Peccato che i suoi piani non andavano bene a qualcuno.

Matt parve leggerle nel pensiero.

«Non mi dirai che vuoi già andare a dormire?» la apostrofò sulle scale che portavano al piano di sopra.

Aveva un tono che non lasciava spazio a risposte positive alla sua domanda.

«No» fece Ashley più rassegnata che convinta.

«Vieni, ci prendiamo una birra in terrazzo, si muore di caldo» disse il biondo, dirigendosi verso la cucina. «Ma» provò debolmente ad opporsi Ashley, Matt si girò e alzò un sopracciglio.

«È che non mi va tutta» provò a giustificarsi.

Matt rise, era difficile potergli rifiutare qualcosa quando rideva così limpido.

«Dai, ce la smezziamo! Ne prendo solo una!» insistette e aprì il frigorifero.

Ecco che la sua schiena poteva anche aspettare.

I loro genitori stavano già dormendo e in casa regnava ormai il buio, interrotto qua e là da qualche spia luminosa di tv o altri affari elettronici.

Uscirono nel terrazzo della stanza da letto di Matt e si sedettero a terra l'uno di fianco all'altra, poggiando la schiena al muro. Non era come un letto comodo, ma Ashley riuscì a trarne comunque beneficio. Rilassò i muscoli e tirò la testa all'indietro.

C'era una leggera brezza piacevole che rinfrescava la serata, il cielo era terso e si potevano vedere nitidamente le stelle ben luminose. Il silenzio regnava tutto intorno.

Matt stappò la birra e se la portò alle labbra, bevve un sorso e poi la passò ad Ashley che fece lo stesso. Rimasero per un po' senza parlare, poi sorprendentemente fu Ashley a rompere il silenzio. «Mi sono divertita stasera» rivelò, guardando le stelle.

Matt di fianco a lei sorrise senza però voltarsi.

«Quando lo saprà mia sorella che sono stata a un concerto rock non ci crederà!» rise, immaginando la faccia sconvolta di Phoebe, al pensiero che lei fosse stata in un posto pieno di gente scalmanata e si fosse persino divertita.

«Pensavo fossi figlia unica – la interruppe Matt - Gregory ha sempre nominato solo te».

Ashley accennò una risata, si stiracchiò e alzò gli occhi al cielo, poi li socchiuse.

«Beh, sì, in un certo senso lo sono o, per meglio dire, sono la sua unica figlia, ma io ho due sorellastre, anche se è un termine che non mi piace usare, per me sono sorelle a tutti gli effetti» racconto la rossa, Matt si girò a osservarla incuriosito.

«Una è più grande di me, Phoebe, e l'altra, July, ha solo 11 anni. Mia mamma ci avute da tre uomini diversi, so che detto così può sembrare che sia una poco di buono, ma ti assicuro che non è vero...è solo che lei è fatta così, pensa col cuore prima che con la testa e spesso non le riesce tanto bene con gli uomini» precisò subito, vagamente malinconica, abbracciandosi le ginocchia e poggiandoci sopra il mento.

Normalmente non dava tutte queste spiegazioni alla gente. Odiava i pregiudizi e gli sguardi straniti che di solito riceveva quando raccontava la sua situazione familiare ma, in un certo senso, sentì che Matt non avrebbe giudicato, che di lui si poteva fidare.

Erano passati già molti anni ma Ashley aveva ben chiari in mente come fosse ieri i ricordi di quando andava a scuola e per via di alcuni compiti o progetti era costretta a parlare di sè.

Era solo una bambina ma ricordava benissimo gli sguardi dei compagni, le battutine dette a bassa voce che lei fingeva di non sentire, la curiosità che nasceva negli altri come se fosse un fenomeno da baraccone e infine il peggio, le occhiate di compassione.

Scacciò quei brutti pensieri.

«Sono sicura che tua mamma è una donna in gamba, non mi sembri venuta fuori male!» azzardò Matt.

La sua voce era confortante, sincera.

«Beh...grazie, ma sai io e lei siamo proprio agli antipodi, a volte non riusciamo a comprenderci e per questo spesso mi chiudo in me stessa. Credo che lei ne soffra ma non riesco a farci niente»

L'aveva detto, che strano effetto faceva sentire per la prima volta quelle parole pronunciate a voce alta! Le aveva tirate fuori e si sentiva già più leggera.

Ma le sue parole furono come una coltellata per Matt. Aveva espresso quello che si portava dentro da anni, da quando aveva scelto di vivere con suo padre, distaccandosi da sua madre e perdendo mano mano sempre di più il rapporto con lei.

Non ricordava bene come è perché fossero arrivati a quel punto, chi avesse la responsabilità più grande, da chi fossero partiti quei silenzi, ma sapeva che era ormai troppo tardi per recuperare, era molto più semplice ignorarsi e fare finta che gli importasse qualcosa, passando ogni tanto le vacanze con lei. Gli sembrò così assurdo che quella ragazza, che all'inizio aveva considerato distante miglia da lui, fosse in realtà così simile.

«Ti capisco» mormorò prima di bere dalla bottiglia.

Ashley sperò che continuasse. Aveva notato già da giorni che lui e sua madre non si parlavano se non per brevi frasi e desiderava saper quale fosse il motivo, come se sentisse la sua situazione in un certo senso vicina alla sua, come se ne avesse bisogno per esorcizzare il suo problema.

Essere compresa finalmente da qualcuno la fece sentire meno sola.

«Sono figlio unico e mia madre mi avrebbe voluto perfetto, ben vestito, serio, un po' come lei insomma. Invece io sono la fotocopia di mio padre, non solo fisicamente, e quando i miei hanno divorziato in me ha sempre rivisto lui e ha finito per odiarmi».

Lo sguardo di Ashley si fece triste: per quanto non mettesse in dubbio le difficoltà del loro rapporto, faticava a credere che una madre potesse davvero odiare il proprio figlio. E poi lui non le sembrava un incubo come si descriveva e senza accorgersene diede fiato ai suoi pensieri.

«Non mi sembri così male, però». Si maledì subito dopo.

Ma che diamine le prendeva? Da dove le uscivano certe cose?

Evitò accuratamente di guardarlo e bevve un sorso di birra, stavolta molto più lungo.

Non vide quindi che Matt aveva sorriso.

Il ragazzo prese poi un pacchetto di sigarette e se ne accese una.

Aspirò per poi rilasciare il fumo lentamente ad occhi chiusi e poggiò la testa sulla spalla di Ashley, facendola sussultare silenziosamente e irrigidire, ma fu una sensazione che durò un attimo e venne sostituita presto da un senso di benessere e serenità.

I capelli chiari e abbastanza lunghi di Matt si sparsero sulla sua pelle, facendole il solletico. «Grazie» disse lui, dopo qualche secondo.

Ashley non sentì più né sonno, né stanchezza. Stava bene con lui, in quella terrazza nascosta al mondo e ci sarebbe rimasta ancora per ore e ore se fosse stato possibile, a passarsi quella birra di mano in mano e di bocca in bocca, in assoluto silenzio.

Si maledì per la seconda volta quella notte per quei pensieri balordi.

Ma quella birra non era eterna e intorno alle 4 si alzarono per andare a finalmente a riposare.

 


 


 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

Il telefono squillava, continuava a squillare.

Ashley, però, dormiva profondamente.

Era andata a letto alle 4 di notte, ma era stato impossibile prendere sonno subito.

Il suo corpo era pervaso dall'adrenalina, dolorante ma vivo, aveva un sorriso ebete in faccia e, per quanto ci avesse provato, la sua mente non ne aveva voluto sapere di cedere al sonno.

Continuava a ripensare alla serata, al concerto, alla gente, al terrazzino di Matt e alla sua testa sulla sua spalla.

Ecco che ricominciava quel batticuore.

Perchè reagiva così?

Ce ne era voluto prima che le sue membra si facessero leggere e la sua testa smettesse di pensare e si arrendesse a Morfeo, facendola sprofondare finalmente in un sonno profondo.

Ma quel cellulare adesso stava rovinando tutto.

Lo sentì in lontananza, sempre più forte, sempre più insistente.

Si domandò, infastidita, chi la disturbasse così presto, con la faccia sprofondata nel cuscino, tentando di riprendere lucidità.

Sporse un braccio nel tentativo di afferrare l'apparecchio, con gli occhi ancora chiusi, tentativo che si rivelò vano. Imprecò mentalmente, mentre giurava odio eterno a chiunque fosse il fautore di quella chiamata molesta.

Quel suono le martellava nella testa confusa e disorientata e non lo sopportava, doveva farlo smettere! In un tentativo più audace, urtò il telefono facendolo volare a terra con un tonfo. La suoneria cessò.

Almeno a qualcosa era servito.

Sollevò la testa, che sentiva pesante come un macigno, ma dovette sorreggerla subito con una mano perchè le girava tutto intorno.

Sbuffò e rimase un attimo ferma per riprendere il controllo della situazione. Lentamente la testa le vorticò di meno ed Ashley ne approfittò per recuperare il povero telefono, augurandosi di non aver provocato danni permanenti.

Lo sollevò da terra e accese il display, funzionava ancora, la luce prodotta la accecò immediatamente, costringendola a chiudere di scatto gli occhi che aveva a fatica aperto poco prima. Arrivò contemporaneamente il suono di un messaggio.

Insomma, ma che avevano tutti da chiamare a quell'ora? Perchè lei era fermamente convinta fosse ancora molto presto. Le sue certezze però crollarono poco dopo, quando guardò l'orario e rimase sconvolta nel leggere che erano le 11 in punto.

Fu come venire colpita da uno tsunami. Freneticamente andò a controllare la chiamata di prima, per la quale adesso aveva dei sospetti su chi fosse l'artefice, sospetti che vennero confermati quando lesse sullo schermo il nome di Dorothy. Si battè una mano sulla fronte, disperata.

Si erano messe d'accordo il giorno prima per andare al mare alle 10:30, ma l'aveva completamente dimenticato.

'Cazzo!' cominciò a ripetersi, balzò giù dal letto, momentaneamente confusa sul da farsi, poi riacquistando un barlume di lucidità richiamò la cugina, aspettandosi una lavata di capo epica.

«ASHLEY!» urlò dall'altra parte della cornetta Dorothy, Ashley la allontanò in tempo dall'orecchio, salvandosi il timpano. «Si può sapere che fine hai fatto? Sei viva? Ti aspettiamo da mezz'ora, non è da te tutto questo ritardo!» continuò la cugina furente.

«Avete ragione, non so come scusarmi, ma – si prese una pausa pensando a cosa dire per fare sembrare la cosa meno equivoca – è che... ieri ho fatto tardi e così, beh, mi sono alzata poco fa» confessò colpevole e mortificata.

Udì la risata di Annie dal cellulare, mentre Dorothy parlò «Tu le ore piccole! – esclamò con incredulità – e con chi?» insinuò poi maliziosa.

Ashley balbettò parole sconnesse dall'altra parte, alimentando i pensieri ambigui delle due cugine e continuando a perdere tempo prezioso.

Dorothy tagliò corto «Ti diamo mezz'ora di tempo solo perchè vogliamo che ci racconti tutto dopo! Ti aspettiamo, ciao!» e troncò la discussione, lasciando Ashley nella disperazione. Già immaginava i commenti delle due. Era il prezzo da pagare per aver perso la testa la notte prima e essersi fatta convincere a fare tardi, sapendo dell'appuntamento. Il karma si stava accanendo su di lei.

In un lampo mise su il costume da bagno e si catapultò in cucina per prendere qualcosa di leggero da mangiare per sostenersi.

Aveva ancora venti minuti e cercò di recuperare la calma, concedendosi quel tempo per sorseggiare un succo di ananas in santa pace.

Si ricordò del messaggino arrivato dopo la chiamata e controllò. Era Tyler, le dava il buongiorno e le chiedeva cosa avesse fatto la sera prima e i programmi per la giornata. Peggio di un fidanzato.

Digitò velocemente le lettere per rispondergli che aveva fatto un po' tardi e che adesso era di fretta per il mare. Se solo avesse saputo che era rimasta fin quasi all'alba a parlare con un ragazzo, sarebbe morto di gelosia. Già se lo immaginava che cominciava a metterla in guardia dai ragazzi, che vogliono tutti solo sesso e via di seguito con i peggiori luoghi comuni. Cominciò a pensare seriamente di seguire i consigli di Sophia e di Phoebe e mettere le cose in chiaro con lui.

Sì, al ritorno da quella vacanza avrebbe dovuto affrontare anche quel problema, era decisa a mettere ordine nella sua vita su tutte quelle questioni che finora aveva evitato.

Aveva appena premuto il tasto di invio che sentì arrivare qualcuno dietro di lei.

Si voltò e vide Matt, senza maglietta addosso e con dei pantaloncini neri, evidentemente appena alzato dal letto, coi capelli leggermente scompigliati e l'espressione rilassata. Aveva dormito più o meno come lei, eppure sembrava fresco come una rosa, senza occhiaie o brutta cera in viso.

Doveva essere abituato a fare tardissimo e dormire poco, immaginò Ashley, mentre abbassava lo sguardo sul suo bicchiere, evitando di farsi scoprire mentre lo osservava.

«Buongiorno» salutò il biondo, avvicinandosi alla tavola, mentre Ashley ricambiò, sforzandosi di sembrare riposata e in perfetta forma e tornando a sorseggiare la sua bevanda.

Il ragazzo poggiò le mani sul tavolo accanto a lei e si abbassò fino ad arrivare col viso all'altezza di quello di Ashley per poterla osservare meglio. La ragazza si ritrovò i suoi occhi indagatori vicini e fingendo indifferenza, sospirò scocciata.

Le labbra di Matt si piegarono fino a formare un ghigno.

«Beh, che c'è da guardare?» esclamò con tono offeso, mentre Matt prendeva del latte e dei cereali e si accomodava di fronte a lei, gettandosi di peso sulla sedia.

«Non hai proprio un bell'aspetto, sicura di stare bene?» la schernì divertito.

Ashley ripensò alle sue occhiaie e alla faccia sbattuta che si era ritrovata quella mattina, per non parlare delle gambe doloranti, che non le permettevano di camminare con la sua solita grazia. Doveva apparire come un mostro, mentre il ragazzo seduto di fronte a lei aveva conservato il solito fascino da bello e dannato, pur essendosi appena alzato dal letto.

Dopotutto era colpa sua se aveva dormito così poco, era stato lui a costringerla a stare sveglia fino a tardi su quel terrazzo a bere birra. Era stata bene, avevano parlato ed era riuscita a tirare fuori sentimenti che non aveva mai avuto il coraggio di ammettere nemmeno a sè stessa. Non capiva come fosse possibile, ma con Matt si sentiva come se lui le leggesse dentro, e tutto ciò era successo nello spazio di un giorno. Si stava sbagliando ed era solo uno scherzo della sua mente, o era davvero così?

In ogni caso era molto più serena da quando avevano cominciato a trattarsi da persone civili e a conversare.

Convinta a non dargliela vinta provò a mentire.

«Sto benissimo» disse lapidaria, ma la faccia di Matt assunse l'espressione di chi non ci sta cascando proprio per nulla e sta per scoppiare a ridere.

Ashley, rassegnata si corresse. Non gli si poteva nascondere niente!

«Ok, ammetto che non ci sono molto abituata...ovviamente esco anche io la sera! – puntualizzò per non sembrare una bacchettona, anche perchè non lo era – solo che non mi capita così spesso di fare le 4 di notte, per non parlare del fatto che ho dolori quasi dappertutto.» Si toccò una gamba per confermare le sue parole.

Matt rise, era così bello quando lo faceva e si toglieva quell'espressione ostile dal viso che portava spesso a casa.

In realtà, Ashley fuori lo aveva visto socievole e sorridente: il suo problema risiedeva a casa e in particolare in sua madre. Non sapeva ancora i dettagli, ma tra i due dovevano esserci dei vecchi rancori e delle incomprensioni mai affrontate. A quanto aveva potuto capire, Matt assomigliava a suo padre, e questo era stato evidente da subito per Ashley, che al primo incontro era stata stupita dal vedere quanto madre e figlio fossero fisicamente diversi. Inoltre non doveva correre buon sangue tra Monica e il suo ex marito, se Matt pensava che lei lo odiasse perchè glielo ricordava. D'un tratto le venne in mente la sua di madre, anche lei somigliava tutta a suo padre tranne che per gli occhi e anche lei come Matt aveva un rapporto difficile con sua madre. Certo, non erano a quei livelli e sua madre non odiava Gregory, tutt'altro, erano sempre rimasti in buoni rapporti, ma nemmeno poteva affermare che fosse tutto rose e fiori.

E se anche sua madre, nel profondo del suo cuore, soffrisse tanto nel vedere sua figlia così diversa e lontana da lei?

In fondo lei era chiusa e dura esattamente come Matt, esattamente come le sue parole la notte prima, e non aveva mai fatto niente per venirle incontro, per comprenderla, per entrare nel suo dolore.

E se il loro rapporto, alle lunghe, sarebbe stato destinato a diventare come quello tra Matt e Monica? Deglutì nervosamente.

No, non voleva che finisse così, doveva fare qualcosa, doveva sbloccarsi.

Non provava pena per la situazione di Matt, solo tristezza. Tristezza perchè non era così che doveva essere tra una madre e un figlio, e non c'entrava l'età, era una cosa innaturale e basta.

Si chiese se apparisse così triste dall'esterno anche il rapporto suo con Nancy.

I suoi occhi castano chiaro si rabbuiarono di colpo, e Matt di fronte a lei se ne accorse e, pur non potendo immaginare il motivo, fu come se si fosse rivisto in quello sguardo. Era uno sguardo che non gli apparteneva più, ma che gli ricordò il Matt di un bel po' di anni più giovane. Sentì empatia con Ashley, come se fossero collegati da un filo invisibile. Ebbe voglia di abbracciarla, senza capirne il perchè.

«Va tutto bene?» le chiese serio. Aveva perso tutta la sua vena ironica.

Quella domanda la riportò alla realtà, Ashley fu distolta dai pensieri e scosse la testa più volte.

«Si, si, - disse, poi guardò l'orologio sul muro e scattò in piedi come una molla – anzi, oddio, devo scappare, sono in ritardo per la seconda volta!» esclamò di colpo, correndo verso la porta.

«Dove vai?» gli urlò Matt.

«In spiaggia, con le mie cugine!» gli rispose Ashley facendo capolino dall'ingresso della stanza e sistemando come meglio poteva le sue cose dentro la borse per il mare.

«Ci vado anch'io più tardi, magari ci incontriamo, sono lì con i ragazzi di ieri!»

«Oh, bene, allora ciao!» strillò Ashley, prima di chiudersi la porta alle spalle.

Matt rimase in silenzio in quella casa vuota, pensieroso.

Nello sguardo di Ashley ci aveva letto il suo, quello di un bambino di 10 anni, solo in una stanza, disperato, abbandonato. L'ennesima sgridata di sua madre perchè invece di fare i compiti aveva suonato tutto il giorno.

Ma lei dov'era stata? Impegnata.

E suo padre? Non c'era più con loro.

Di chi era la colpa? Un bambino di quell'età non lo sapeva e non l'avrebbe mai potuto capire. Tutto quello che capiva era che sua madre non lo abbracciava da quel maledetto giorno e tutto quello che avrebbe voluto avere in quel momento era un abbraccio.

Pian piano quello sguardo si era tramutato in rabbia, in odio, e poi in indifferenza.

A 16 anni era andato a stare da suo padre, aveva cambiato città, scuola e amici, ma con lui aveva ritrovato la comprensione, la complicità, l'amore, forse. Sua madre non aveva nemmeno insistito più di tanto per impedirglielo e Matt non ne aveva sofferto, o almeno di questo si era convinto.

Ma quel vuoto dentro lo accompagnava comunque.

 

«Ashley, muoviti, l'acqua deve essere bellissima!» la esortò Annie, fasciata dal suo bikini nero con gli strass.

«Ragazze, un po' di pazienza, voi siete già belle e abbronzate, io se non mi spalmo per bene questa crema, rischio di finire al reparto ustionati!» rispose pacatamente Ashley, intenta a ungersi di protezione solare in ogni dove. Aveva la carnagione chiarissima e il viso delicatissimo e sapeva per esperienza, che se non avesse svolto meticolosamente quel passaggio si sarebbe trovata quella sera stessa piangere dal bruciore, senza potersi stendere su nessuna superficie.

«Quanto la fai lunga, dai! - insistette Dorothy - gli altri sono già in acqua!» protestó piagnucolando e indicando alcuni loro amici.

Ashley si affrettò e finalmente si avviarono lungo il bagnasciuga.

L'acqua cominciò a lambirle i piedi e si ritrasse leggermente, trovandola ghiacciata ma nello stesso tempo rinfrescante per la sabbia che scottava. Il mare era bellissimo e trasparente quel giorno. Pensò alla sua sorellina July e a quanto sarebbe stata felice di trovarsi lì. Adorava il mare, ma aveva avuto poche occasioni di andarci. Si ripromise di portarla qualche estate, quando sarebbe stata più grandicella e sua madre le avrebbe permesso di lasciargliela per qualche giorno.

Annie cominciò a schizzarle l'acqua per invogliarla ad entrare del tutto in mare, facendola intirizzire dal freddo. Ne seguì una lotta all'ultimo sangue che vide Ashley finire malamente in acqua, in balìa di quelle due pazze.

Si abituò presto alla temperatura, che man mano divenne piacevole.

Annie e Dorothy la accerchiarono come due squali, la cosa non prometteva niente di buono.

«Allora Ashley – cominciò con fare minaccioso Annie – guarda che non ci siamo dimenticate».

Ashley rabbrividì: il terzo grado stava per cominciare.

«Già – venne a dare man forte Dorothy, tirando indietro i lunghi capelli castani e strizzandoli un po' – devi ancora darci delle spiegazioni plausibili per il tuo ritardo!» affermò incrociando le braccia al petto, con l'acqua che le arrivava al bacino.

Non aveva vie di scampo, tanto valeva essere sincere.

«Ieri sono stata ad un concerto e ho fatto tardi, ecco il motivo» disse scrollando le spalle e sistemandosi meglio sul seno il costume a fascia.

«Ad un concerto? - chiese Annie avvicinandosi a lei sempre di più – guarda caso Dorothy, chi è che abbiamo visto che sembrava proprio un tipo rock? Non era forse il figo biondo che vive con lei e che la nostra Ashley ha definito "non un granchè"?» la pressò la cugina, finchè non le fece perdere l'equilibrio, facendola sprofondare sott'acqua.

Annie era terribile quando si trattava di pettegolezzi. Avrebbe dovuto presentarle Phoebe uno di quei giorni, era sicura sarebbero diventate subito amiche quelle due.

Ashley valutò l'ipotesi di rimanersene nei fondali, per evitare l'imbarazzo, ma riemerse.

Si asciugò via l'acqua dal viso e si portò indietro i capelli con le mani, mentre le gemelle ridevano di gusto.

«E va bene, sono stata con lui ad un concerto e fine! Siamo riusciti a intraprendere un rapporto civile ma niente di più!» si giustificò.

«Bene Dorothy, quanto ci scommettiamo che se lo fa prima della fine delle vacanze?» esclamò Annie con nonchalance, pur trovandosi intorno a decine di persone.

Ashley le tappò la bocca sconcertata.

Ma che razza di pensieri si faceva venire? Tra lei e Matt non c'era nulla e mai ci sarebbe stato. Ok, era carino, stavano cominciando a conoscersi, ma era tutto per via del fatto che vivevano sotto lo stesso tetto in quel frangente. Era troppo diverso da lei per poterle interessare da quel punto di vista e per lei il sesso era qualcosa di indissolubilmente legato al sentimento d'amore. Non riusciva nemmeno a immaginare di poter iniziare una relazione solo fisica con un ragazzo.

«Vuoi parlare più piano per favore? Vorrei che la mia vita sessuale rimanesse privata!» raccomandò, parlando a bassa voce.

«Già mi immagino lo zio se dovesse scoprirlo, oddio darebbe di matto come minimo!» continuò Dorothy mentre Annie si ammazzava dalle risate. Ricordavano ancora tutte le sue preoccupazioni e ansie nel periodo in cui Ashley si era fidanzata col suo allievo Richard. Il ragazzo aveva persino preferito cambiare insegnante pur di evitarsi gli interrogatori e le raccomandazioni di Gregory.

I tentativi di Ashley di chiudere quell'argomento colavano a picco come una nave in avaria.

Distratta dagli schiamazzi e dalle risate delle due, Ashley non si accorse di due mani che le si avvicinarono e le cinsero la vita da sott'acqua.

Trasalì e si voltò di scatto per guardare in faccia il maniaco che la stava toccando, quando si trovò davanti due occhi azzurri che ormai avrebbe riconosciuto tra mille.

Matt l'aveva vista da lontano, individuando la sua chioma rossa che al sole brillava ancora di più, non passando inosservata, e aveva deciso di farle prendere un infarto.

Ashley era rimasta di sasso, poi sentì le mani di Matt che ancora premevano sui suoi fianchi nudi e la sua pancia che sfiorava la pelle bagnata del ragazzo. Tremò a quel contatto, e cercò di ignorare una sensazione di piacere che si stava facendo strada in lei, per poi sentirsi le guance avvampare.

«Matt! – urlò – mi hai fatto prendere un colpo!» si affrettò a rompere quel contatto tra loro, allontanandosi e tirandogli via le mani dalla sua vita.

Il ragazzo rise «Beh l'idea era quella!».

Ashley borbottò, poi si girò e vide Annie e Dorothy con due sorrisoni maliziosi in viso, che si allontanavano per lasciarli soli.

Sospirò, si immerse fino al collo per coprirsi quanto più possibile e si rigirò dalla parte di Matt, che stava ancora lì a fissarla compiaciuto.

Lui fece lo stesso e le si avvicinò con uno sguardo che non presagiva nulla di buono se non qualche scherzetto acquatico.

«Non ti azzardare!» gli intimò Ashley, sollevandosi dall' acqua di scatto, facendogli ottenere il suo scopo, cioè guardarla per intero.

Ashley non era volgare, non voleva apparire come certe ragazze che facevano apposta a mettersi in mostra con costumi succinti. Era lì, con le braccia che involontariamente le si erano posizionate davanti al suo corpo per coprirsi, e riusciva comunque ad essere bella e attraente, forse più di altre. E questo Matt non poteva ignorarlo.

Le sorrise «Sono qui coi miei amici» disse indicando dei ragazzi più in là.

Ashley spostò lo sguardo oltre lui e intravide tra gli altri anche le ragazze con cui aveva parlato la sera prima.

Mandy, la moretta simpatica, la vide e corse in acqua per salutarla. Altre ragazze le si avvicinarono ed Ashley chiacchierò un po' con loro. Solo la solita non era venuta a salutarla, anzi, la fissava torva da lontano, e stavolta Ashley fu sicura che fosse vero.

Jenny la guardava male e lei non capiva perchè.

Dopo una decina di minuti decise di ricongiungersi alle sue cugine e salutò il gruppo.

Le ragazze del gruppo di Matt uscirono dall'acqua e si sdraiarono sui teli da mare colorati, stessi sulla sabbia rovente.

Jenny strizzò i lunghissimi capelli neri e sistemò il suo costume provocante, evidenziandone la scollatura, poi rivolse uno sguardo a Matt, che conversava tranquillo con i ragazzi.

Non la guardava, non lo faceva più ormai.

Strinse i pugni con rabbia.

«Non capisco perchè avete salutato quella ragazzina con i capelli rossi – disse poi d'improvviso alle amiche – è solo una sprovveduta, si vede che non ha nemmeno idea di come ci si comporti, ma l'avete vista l'altra sera? Scommetto che era la prima volta che veniva in un posto simile!» sputò fuori.

Mandy fece spallucce «A me non pare così stupida e poi è simpatica, piace anche a Matt!» disse, calcando le ultime parole per provocare la ragazza. Sapeva di toccare un suo tasto dolente, Jenny si ostinava a non capire già da più di un anno ormai, ed era bene che qualcuno la svegliasse.

Il suo voltò si scurì ancora di più.

«Ma figuriamoci se a Matt può piacere una sfigata del genere, se l'è portata dietro solo per fare un piacere a sua madre, visto che è la figlia del suo compagno.» affermò con sicurezza come se fosse stato Matt in persona a dirglielo.

Ilary, un'altra ragazza del gruppo buttò un'occhiata d'intesa a Mandy e prese parola.

«Sarà – disse dubbiosa – e comunque è anche molto carina! Amo il suo colore di capelli, li avessi io così!» sospiró, osservandosi delusa i suoi capelli castani.

Jenny sbuffò per poi girarsi e ignorare le amiche.

Nessuno voleva capire che Matt era solo suo e che stavolta sarebbe riuscita a conquistarlo. Nessuno si sarebbe messo in mezzo, tanto meno una piccola ingenua venuta da chissà dove. Prima o poi si sarebbe innamorato di lei, era solo questione di tempo.

Ci sarebbe andata a letto quell'estate.

Come del resto era già successo tra di loro in passato.

Ma stavolta non sarebbe stato solo sesso.

 

 

 

 

 

 


 


 

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

Incredibile quanto tempo si passasse al telefono quando ci si trovava fuori di casa

Era già trascorsa una settimana dall'arrivo di Ashley da suo padre e il tempo le era sembrato volare.

Le sue giornate erano sempre piene e scivolavano via tra mare, spiaggia, serate con le cugine e i loro amici ed eventi musicali col padre, tanto che non aveva mai avuto ancora il tempo di aprire un libro. Praticamente un record per lei, che ad Agosto dava sempre una sbirciatina per gli esami di metà Settembre.

A casa le cose andavano come al solito con Monica, mentre con Matt procedeva tutto bene.

Qualche volta l'aveva invitata ad uscire con i suoi amici, quando non era impegnata con Annie e Dorothy o con suo padre, e le loro serate si concludevano spesso con quella che sembrava quasi diventata una loro tradizione. Si sedevano la sera tardi nel terrazzo della camera di Matt e stavano ore a parlare, sorseggiando birra.

Durante quelle conversazioni avevano imparato di più l'uno dell'altra.

Ashley gli aveva descritto la sua famiglia e in particolare le sue sorelle, l'eccentrica Phoebe e i suoi problemi con la casa e la piccola July, mentre Matt le aveva parlato del padre, del suo lavoro come fotografo e della città in cui viveva con lui.

Buona parte del tempo che le restava però era speso a parlare al telefono o messaggiare con amici e parenti, che volevano essere a tutti i costi aggiornati su quello che stava facendo, chi per curiosità, chi per interesse e chi anche per un pizzico di masochismo.

E quella era Sophia.

La riccia avrebbe fatto carte false per poter essere al posto dell'amica in quel momento.

Decise di farsi ulteriormente del male e chiamarla per farsi raccontare quanto fosse meraviglioso alzarsi la mattina e andare a mare e la sera uscire in spiaggia, camminarci a piedi nudi, staccare il contatto con la quotidianità e divertirsi. E tutto quello Ashley poteva farlo per più di un mese e soprattutto gratis. Come faceva a non rendersi conto di quanto culo avesse!

Ebbe fortuna, o sfortuna a seconda del punto di vista, perchè Ashley era appena tornata da un giro con le cugine al centro commerciale per fare degli acquisti e si era giusto un attimo sdraiata nella sua stanza per riposare dopo ore e ore di prove di abiti, file alle casse ed eterne indecisioni di Dorothy su quali vestiti comprare.

Il cellulare squillò ed Ashley lo prese subito e dopo aver letto il nome dell'amica rispose felice.

«Ciao Sophia! Come va?» esclamò.

«Razza di fortunella, avanti, forza, spara – disse con enfasi drammatica – fammi del male, raccontami tutte le fantastiche cose che stai facendo!»

Ashley rise rumorosamente: era sempre la solita Sophia.

«Vuoi davvero che te lo dica?» le domandò dandole un'ultima possibilità di evitare quella sofferenza.

«Tanto già lo so! - piagnucolò sconsolata per poi riprendere un tono allegro – comunque scherzo eh, sono felice che ti stia divertendo, te lo meriti dopo tutto quel periodo di studio! E poi so che questa vacanza ti serviva anche per motivi diversi...» disse alludendo ai conflitti interiori che ultimamente l'amica stava affrontando.

«Grazie – mormorò Ashley, un po' pensierosa – e tu che mi racconti?» chiese curiosa.

«Io sono riuscita a rimediare una settimana in campeggio con le mie colleghe dell'università, però in riva a un lago, le signorine non gradivano la sabbia, pensa un po' quanto sono contenta!» disse sarcastica. Era comunque sempre meglio che rimanersene a casa.

«E Tyler come sta? L'ho sentito solo via messaggi, cosa combina?». In effetti era strano non l'avesse ancora chiamata, stava facendo passi avanti il ragazzo, almeno così sperava.

«E cosa vuoi che faccia! – sbottò Sophia – mi frantuma le palle dicendo che gli manchi e che non vede l'ora che tu ritorni! Ti giuro Ashley, qua la cosa sta degenerando!»

Ashley si rabbuiò per un attimo e rimase in silenzio. Aveva la sensazione che la loro amicizia fosse davvero arrivata al capolinea.

Sentendola in silenzio Sophia riprese a parlare, stavolta seria.

« Ashley, dico davvero, devi parlargli, gli fai più male così che spezzandogli il cuore».

La rossa sussultò: il pensiero di dover affrontare quel discorso con lui la terrorizzava a morte ma allo stesso tempo sapeva che era arrivato il momento di farlo.

«Tranquilla, non appena torno a casa gli parlo...stavolta davvero» tranquillizzò Sophia, ma non sè stessa, e al contrario ebbe l'effetto di mettersi addosso un'ansia pazzesca, quasi soffocante.

Si sentì mancare l'aria all'idea di quello che l'attendeva e uscì in terrazzo per respirare.

Non era mai stata brava ad affrontare i problemi con gli altri, si teneva sempre tutto dentro e così facendo ingigantiva i danni. Aveva sperato con Tyler che l'amico avesse potuto capire da solo dai suoi comportamenti che tra loro poteva esserci solo amicizia, ma era ormai evidente che fosse necessario un discorso faccia a faccia.

Continuò a conversare con l'amica finchè vide Matt affacciato al suo terrazzo, che si trovava poco più avanti di quello della stanza di Ashley, intento a fumare, coi gomiti poggiati sul parapetto del terrazzo.

Lui si voltò, quasi avesse percepito il peso dei suoi occhi che lo fissavano, e la vide al cellulare.

Le fece solo un cenno col capo, Ashley rispose salutando con la mano libera.

Tra un tiro e l'altro di sigaretta Matt rimase a guardarla, aspettando che finisse la chiamata.

Da lontano le era sembrata sconvolta quando era sbucata fuori, ma adesso la vedeva di nuovo rilassata in volto e sorridente.

«Ok. Ora ti lascio Ashley – si congedò infine Sophia - ,mia madre mi chiama di sotto, ci sentiamo presto! Un bacio!»

«A presto» le fece eco Ashley prima di riattaccare.

Alzò il viso verso Matt che era ancora lì con la sigaretta tra le dita, il sole tramontava da quel lato la sera e in quel momento i suoi capelli sembravano dorati e si confondevano con il colore dei raggi.

Lo vide farle cenno con la mano di venire da lui ed Ashley rientrò in camera per dirigersi verso quella di Matt.

Preferì ignorare quella sensazione di improvvisa adrenalina che la pervase e il cuore, che ribelle cominciava a batterle più forte ogni volta che quel ragazzo le rivolgeva la parola.

Attraversò il corridoio e fece capolino nelle sua stanza. Lo trovò accovacciato a terra accanto a un cumulo di roba indefinita.

«Entra dai, ti va di provare a suonare il basso?» le chiese prima di alzarsi e aprire una lunga custodia nera, che giaceva a terra sepolta da fogli di carta, spartiti e cavi.

Estrasse il basso, di un blu scuro con venature più chiare e la invitò a sedersi sul suo letto.

Aveva strimpellato qualche chitarra quando frequentava le medie, ma un basso non aveva mai avuto modo di suonarlo. Come teoria musicale c'era, ma non aveva idea di come si suonasse.

Si accomodò sul letto, Matt le si avvicinò e le depositò delicatamente tra le braccia il basso, aiutandola a infilare la cinghia sulla spalla.

«Cavolo, è pesante!» esclamò Ashley, che aveva dovuto fare più sforzo del previsto per reggere il peso dello strumento, quando Matt gliel'aveva passato. Afferrò il manico con la mano sinistra, mentre non aveva idea di come muovere la mano destra sulle corde.

Matt si sporse verso di lei, la circondò da dietro con le sue braccia e con le mani prese quelle di Ashley, delicatamente, per aiutarla a sistemarle nel modo corretto.

Ashley rabbrividì allo sfiorarsi delle loro dita, sentiva il viso di Matt vicino al suo collo e il calore del suo corpo che l'avvolgeva.

Era una sensazione piacevole, fu costretta ad ammettere, e per un attimo desiderò che non finisse mai. Nemmeno il suo ex, Richard, era mai riuscito a trasmetterle tanto fisicamente. Certo, gli piaceva altrimenti non avrebbe mai cominciato una storia con lui, ma ricordava che il loro rapporto era più razionale che basato sulle emozioni. Matt era carismatico, schietto e diretto, era pungente, non vestiva alla moda ed era così terribilmente diverso da lei e nello stesso tempo simile, come un paradosso che non riusciva ancora a spiegarsi.

«Ecco, brava è così che si fa!» sorrise, sempre da quella posizione, mentre guidava le mani di Ashley sulle corde del basso, poi si allontanò per osservarla meglio.

«Sai che ti ci vedo bene, le ragazze che suonano sono così sexy.» aggiunse facendo sobbalzare Ashley. Di certo l'aggettivo "sexy" non era esattamente quello che avrebbe usato per descriversi, si riteneva carina, sì, ma non aveva mai pensato che qualcuno potesse vederla in quel modo. Sua sorella Phoebe, lei era sexy, era bellissima e perfetta e tutto ciò che si metteva non faceva altro che esaltare la sua bellezza innata. Da ragazzina la osservava sempre truccarsi allo specchio e diventare ancora più bella, mentre lei al confronto si sentiva il brutto anatroccolo. Sorrise a quei ricordi.

«Oh no, mi piace tanto il suono profondo che produce, ma credo proprio di non essere portata! – rise, osservandosi muovere impacciata le mani – preferisco il pianoforte, con quello mi sono sempre sentita a mio agio»

«Non devi mai limitarti solo a quello che ti fa sentire a tuo agio – sentenziò lui, sfilandole lentamente dal collo la cinghia e riprendendo in mano lo strumento, per poi guardarla negli occhi – magari continuerà a non piacerti, magari invece ne rimarrai sorpresa, ma non lo potrai mai sapere fino in fondo se non fai un salto nel buio» Quella frase parve non riferita solo alla questione della musica, ad Ashley sembrò avesse una portata più generale e per l'ennesima volta ebbe la sensazione che Matt la conoscesse meglio di lei stessa, che avesse capito quella sua diffidenza verso ciò che fuoriusciva dai suoi standard.

Rimase assorta e immersa nei suoi pensieri ad osservarlo suonare, leggermente piegato sul basso, le labbra un po' dischiuse, il naso dritto, gli occhi concentrati ma pieni di passione per quello che faceva. Dopotutto era una ragazza e non poteva negare che fosse estremamente attraente.

Venne riportata sulla terra dal suono acuto della suoneria del suo cellulare, che aveva depositato sopra il letto di Matt poco prima. Prese il cellulare di scatto mentre il biondo aveva smesso di suonare, lesse il nome e impallidì: era Tyler.

Aveva fatto troppo presto prima a pensare che l'avesse risparmiata da una telefonata per sapere i particolari della sua vacanza.

E ora che avrebbe dovuto dirgli? Che parole e che tono avrebbe dovuto usare per non farsi fraintendere, per sembrare solo amica?

Non riusciva più a essere naturale con lui da quando tutti le dicevano di mettere le cose in chiaro.

Tremò leggermente mentre gli squilli incalzavano, mettendole ansia e per di più Matt era accanto a lei e la fissava. Non poteva uscire dalla stanza per rispondere, sarebbe sembrato troppo sospettoso, ma non poteva nemmeno ignorare la chiamata, quello sarebbe sembrato ancora più sospettoso.

Matt notò il cambiamento nel volto di Ashley a causa di quella telefonata misteriosa, ma rimase muto come un pesce.

«Scusa, vado un attimo in terrazzo a rispondere» balbettò insicura, alzandosi dal letto a passi veloci, con le dite serrate su quel cellulare come a volerlo stritolare.

«Pronto» rispose, cercando di non usare un tono di voce troppo forte e fare sentire tutto a Matt ma evitando al contempo di bisbigliare e far pensare a Tyler che si trovasse in qualche situazione ambigua. Attese fremendo la voce dell'amico.

«Ehi Ashley, come va? Non ci sentiamo da un po'!» disse lui pacato dall'altra parte.

In realtà si erano sentiti via messaggio fino al giorno prima, ma per un innamorato quelli erano dettagli trascurabili. Poter sentire la voce della persona amata era tutta un'altra cosa.

«Oh, Tyler, qui va tutto bene... sai, solite cose – cercò di fare l'evasiva per evitare di raccontare dettagli che avrebbero potuto scatenare in lui gelosie o preoccupazioni e quindi prolungare la conversazione – il mare è bello come sempre, ho ritrovato i miei zii e le mie cugine e usciamo insieme quasi ogni giorno! Mi sto rilassando!»

Tyler le raccontò che a breve sarebbe partito per qualche giorno per delle gare di calcio e altre cose che erano successe in città, ma niente di rilevante. Continuarono a parlare per una decina di minuti e Ashley ogni tanto dava un'occhiata all'interno della stanza per controllare che Matt non stesse ascoltando troppo e parve rassicurarsi perchè lo vedeva intento a sistemare il suo basso e mettere un po' d'ordine intorno.

Finalmente la conversazione arrivò al termine.

Tyler prese un bel respiro e si schiarì la voce prima di parlare.

Non era per niente un bel segno, penso Ashley tremante, augurandosi con tutta sè stessa che non avesse intenzione di fare qualche dichiarazione in quel momento via telefono, mettendola in crisi ancora di più.

«Allora ti saluto Ashley – iniziò Tyler, esitò un attimo e poi continuò-– mi manchi sai?» aggiunse con un fil di voce. Non era una dichiarazione esplicita, ma in pratica era come se lo fosse stata. Doveva essere stata dura per lui trovare comunque il coraggio per sussurrare quelle poche ma significative parole.

Ad Ashley si strinse il cuore, gli voleva bene e l'ultima cosa che avrebbe desiderato era farlo soffrire, ma non poteva alimentare inutili speranze, doveva farlo per il suo bene.

«Mi mancate anche voi, ciao!» preferì rispondere piuttosto che un 'anche tu mi manchi', che sarebbe stato interpretato da lui come un'ammissione d'amore e così l'aveva incluso nella cerchia di amici, indicando anche Sophia con quel 'voi', sperando che avesse capito quale fosse il suo posto nel suo cuore. Un amico al pari di Sophia, ecco cosa era per lei.

Chiuse la chiamata di getto, per evitare qualunque replica da parte sua. Non era quello il momento nè il luogo adatto per affrontare la cosa. Avrebbero avuto tempo a casa, si meritava di ricevere un chiarimento di persona.

Rientrò in camera mesta, e Matt l'accolse con una domanda che per poco non la fece schiantare in terra dall'imbarazzo.

«Era il tuo ragazzo?» le chiese, mentre si accendeva una sigaretta e ne buttava fuori il fumo, con una faccia serafica e indecifrabile.

Ashley si pietrificò sul momento, poi spalancò gli occhi ed esplose, diventando bordeaux in faccia.

«Ma no, no, no! – ripetè agitata – era solo un mio amico!»

Che gli saltava in mente di trarre quelle conclusioni?

Matt si alzò per uscire in terrazzo e fumare, passandole vicino e scrutandola, i suoi occhi azzurri avevano di nuovo assunto quell'aria pungente che aveva visto la prima volta che si erano incontrati.

«Sei diventata tutta rossa – osservò, rimanendo calmo – è uno che ti piace, vero?» si appoggiò al muro del terrazzo, socchiudendo gli occhi mentre aspirava il fumo, assumendo un'aria maledettamente sexy.

Ashley gli corse dietro per chiarire, non voleva che qualcuno potesse pensare che le piacesse Tyler, tanto meno Matt.

«No che non mi piace! – si affrettò a spiegare – è un mio caro amico e basta!» terminò, mentre Matt non la guardava nemmeno.

«Ok» rispose solamente ed Ashley non capì bene se avesse davvero accettato la sua versione o stesse covando comunque qualche dubbio in proposito.

In altri casi non avrebbe dato ulteriori spiegazioni alla gente, se ne sarebbe fregata, e si sarebbe risparmiata quel fiato. Ma quella volta qualcosa dentro la teneva in agitazione finchè non avesse chiarito quel punto, come se per lei fosse di vitale importanza che Matt sapesse che Tyler non era un interesse romantico. Si sentiva talmente in subbuglio da non capire cosa fossero di preciso tutte quelle emozioni forti che la scuotevano quando si trattava di Matt.

'Lui non mi piace nemmeno, in fondo. NO?' pensò, cercando di convincersi.

Eppure deglutì nervosamente e si sforzò di trovare le parole.

«Tyler è solo un mio amico, o per meglio dire, è stato il mio primo ragazzo quando avevamo 16 anni – disse fissandosi la punta dei piedi senza il coraggio di alzare lo sguardo e vedere l'espressione di Matt – eravamo piccoli e la cosa è durata un mese, ma ho capito che non lo amavo, gli volevo solo bene. Così l'ho lasciato ma lui mi ha assicurato di voler rimanere in buoni rapporti.»

Matt, accanto a lei sorrideva. Chissà perchè sapere che quel ragazzo misterioso non era niente di più che un amico per lei, gli aveva fatto piacere.

«Tipico comportamento di chi è ancora pazzamente innamorato...cercare di rimanere amici e sperare in un futuro ritorno di fiamma.» la informò schietto, incrociando le braccia al petto.

Era la prima volta in tutti quei giorni che parlavano di un argomento così personale e che riguardasse la sfera sentimentale. Sembrò tutto molto surreale ma nello stesso tempo confortante. Non si sentiva presa in giro, anche se Matt aveva assunto un atteggiamento freddo, a tratti le sembrò che si sforzasse di mantenersi così distaccato, forse per non fare trapelare nessun suo pensiero a riguardo.

Ashley ebbe allora il coraggio di guardarlo, ma non riuscì a decifrare la sua espressione, sempre così criptica. Come avrebbe voluto leggerci un qualche segno di cosa pensava veramente!

«Sì, all'inizio l'ho temuto ma ho sperato che in ogni caso, continuando a comportarmi da amica, se anche avesse avuto un barlume di speranza sarebbe scomparso col tempo – sospirò – evidentemente mi sbagliavo» concluse abbassando lo sguardo, triste.

Matt si staccò dal muro, spense la sigaretta e le si piazzò davanti, sovrastandola.

Ashley lo guardò da vicino, quasi impaurita.

Lui le prese il mento con due dita e lo sollevò appena per incrociare i loro occhi.

«Se vuoi dire qualcosa a qualcuno devi farlo, devi ripeterlo se necessario, solo così potrai essere sicura di evitare malintesi. Bisogna dirle le cose, è semplice, basta farci l'abitudine, anche quelle che fanno male, bisogna dirle comunque» aveva aggiunto a voce bassa, senza mai rompere il contatto visivo.

Il cuore di Ashley fece un paio di capriole.

Quelle poche parole così dirette, semplici e chiare... così era Matt, ti spiattellava in faccia quello che pensava senza buonismi, ma era diretto, arrivava al punto subito e ti scavava dentro con quegli occhi.

Lasciò la presa sul suo mento, facendole ricadere la testa alla posizione originale e allontanandosi da lei.

Ashley restò intontita per un po', poi riflettè su quelle parole.

«Hai ragione, lo farò!» gli disse, infine.

Matt non rispose, com'era prevedibile che fosse, si limitò a farle un cenno di assenso e a infilare dentro la sua tracolla un paio di fogli, il cellulare e le sigarette.

«Beh, io sto uscendo – la informò poi - e tu che fai, stasera riposo?»

«Si, stasera preferisco rimanere a casa, le mie cugine mi hanno fatto camminare per ore e sono un po' stanca.» affermò dirigendosi verso la porta per poi congedarsi da lui e incamminarsi sotto, dove suo padre e Monica stavano conversando sul divano.

Si sedette accanto a loro, Gregory le avvolse amorevole un braccio intorno alle spalle, Monica le rifilò una delle sue occhiate supponenti. .

«Allora Ashley, hai trovato il vestito per il matrimonio di domani?» le chiese suo padre.

Già, quel matrimonio: il giorno dopo si sarebbe sposato un collega del padre dei tempi del conservatorio. Aveva la stessa età di Gregory, 47 anni, e finalmente aveva deciso di mettere la testa a posto e sposare colei che era la sua compagna da ormai sei anni.

Il padre non le aveva comunicato quell'evento per tempo ed Ashley era stata costretta a una ricerca last minute di un abito carino con l'aiuto di Annie e Dorothy.

Era per quel motivo che avevano gironzolato per tutto il giorno al centro commerciale. Erano partite con unico obiettivo, ovvero la scelta del vestito di Ashley ma, com' era prevedibile, le gemelle erano finite a cercare una miriade di cose anche per loro.

Per fortuna che Ashley, in mezzo a quella confusione, era riuscita a trovare un abitino grazioso, semplice ma elegante, che le si addiceva.

Era blu elettrico, senza spalline, con una scollatura a cuore, stretto sotto il seno da una fascia sottile argentata e che cadeva giù morbido fino a metà coscia.

«Si papà , le gemelle mi hanno aiutata e quindi ho risolto il problema» sorrise Ashley, mentre Monica distoglieva lo sguardo. Come facesse quella ragazza a essere sempre così educata e perfetta, nonostante fosse stata cresciuta da una madre che a lei appariva come poco seria e inadatta a educare delle figlie, rimaneva un mistero e la faceva irritare pensare che invece lei, colta e raffinata, aveva tirato su un figlio così selvatico. Non la sopportava.

Nel frattempo scese Matt, pronto per uscire.

«Io esco, ciao» furono le poche parole che rivolse, mentre si avvicinava all'ingresso di casa.

La madre ne approfittò per interromperlo e precisare alcune cose.

«Matt, domani ricordi che abbiamo quel matrimonio, vero?» chiese fredda.

«Certo» rispose lui svogliato, rivolgendole uno sguardo indifferente. Non era vero, l'aveva completamente dimenticato, i matrimoni lo annoiavano a morte, ma era meglio fare finta di nulla se voleva risparmiarsi l' ennesima lezioncina morale di sua madre.

«Spero tu abbia portato un abito consono all'occasione e che per una volta eviti di vestirti come uno straccione» sottolineò Monica con un commento al vetriolo.

Ashley la fissò torva e provò fastidio per il modo in cui Monica aveva parlato a suo figlio. Possibile che quei due non trovassero mai un punto d'incontro?

«Ovvio, per chi mi hai preso» ribatté con un tono durò il ragazzo, per poi sparire.

Un gelido silenzio regnò come al solito e Gregory cambiò subito argomento per evitare di mettere ancora a dura prova i nervi della compagna. Ashley aveva visto Monica sorridente e solare solo quando era da sola con suo padre. L'aveva osservata di nascosto e aveva scoperto un'altra persona. Se con l' uomo che amava cambiava completamente allora doveva essere quella la sua vera natura e lei era certa che Monica con Gregory non fingesse, che fosse vera.

Avrebbe tanto voluto che anche con lei e soprattutto con Matt potesse essere così cordiale e serena, che avessero un rapporto tranquillo, ma d'altronde cosa poteva fare lei? Non aveva ancora osato chiedere altri dettagli a Matt su quella situazione e non era uscito più quell'argomento, forse lui preferiva evitarlo.

Rassegnata abbassò lo sguardo per poi decidere di lasciare ai due un po' di privacy dopo una giornata di lavoro.

«Io vado in camera a sistemare delle cose per domani, ci vediamo per cena!» si era alzata e aveva sorriso anche a Monica, ottenendo una mezza smorfia come risposta e un cenno di saluto.

Salita in camera si era stesa sul letto, con lo sguardo fisso sul soffitto, ma la sua testa si era messa a vagare senza riposo, passando da un argomento all'altro. Le venne improvvisamente in mente quella strana ragazza del gruppo di Matt, Jenny, l'unica che continuava a ignorarla. Si chiese se in quel momento fosse con lui e che cosa stessero facendo. Aveva intuito che tra lei e Matt doveva esserci stato qualcosa, ma non sapeva di preciso cosa. Forse era una sua ex.

Si girò su un fianco e socchiuse gli occhi.

In fondo a lei cosa importava?

Quello che faceva Matt non erano affari suoi e non la riguardava.

Allora, cos'era quell'inquietudine che si sentiva addosso?

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ciao a tutte! Ecco il nuovo capitolo, ne approfitto per ringraziare le ragazze che hanno lasciato una recensione e quelle che hanno aggiunto la storia alle preferite o seguite. Mi fa tanto piacere!
A presto!

Capitolo 9

 

Matt suonò le ultime note della canzone , attese che il batterista completasse con un paio di rullate d'effetto e finalmente si rilassò, posò il basso per terra e si spostò indietro con una passata veloce della mano i capelli dalla fronte sudata per farle prendere aria.

La stanza non era grandissima e si era trasformata in un inferno soffocante, data la mancanza dell'aria condizionata e l'esistenza di un'unica finestra, che ovviamente non bastava.

«Ragazzi, facciamo una pausa e beviamoci una birra congelata, altrimenti mi sa che schiattiamo!» propose il chitarrista, mentre si toglieva la maglietta per il caldo. Gli altri lo imitarono subito.

«Tranquilli, le prendo io! - esclamò Mandy, sorridendo e avviandosi verso il frigorifero – voi cercate di riordinare un po' questo casino di cavi, amplificatori, strumenti e altra roba, altrimenti poi i miei chi li sente!»

La sala dove di solito si riunivano Matt e i suoi amici per suonare era un garage di proprietà dei genitori di Mandy che veniva utilizzato ormai come ripostiglio più che altro, e così qualche volta la ragazza ospitava i suoi amici per fare un po' di musica.

I ragazzi nel frattempo si erano catapultati fuori dal garage per prendere aria, sedendosi su di un muretto, mentre Ilary era corsa dal suo ragazzo Dylan, il chitarrista, e gli si era avvinghiata.

Jenny si staccò dal gruppo delle ragazze, che stavano armeggiando vicino al frigorifero per portare da bere e qualche spuntino, e approfittò della situazione per avvicinarsi a Matt.

Finalmente quella sera non si era portato dietro quella ragazzina sfigata e poteva avere campo libero.

Si accomodò accanto a lui, aggrappandosi alla sua spalla e facendo aderire il più possibile il suo corpo a quello di Matt, poi gli sfilò la sigaretta dalla bocca e ne aspirò un tiro lungo per poi rilasciare il fumo languidamente, cercando di apparire provocante. Con una mano si spostò i capelli lunghissimi da davanti la scollatura, mettendosi ancora più in evidenza. Si guadagnò le occhiate adoranti di buona parte dei ragazzi presenti, ma non quella di Matt.

Lui si era già fatto incantare da Jenny due anni prima, quando aveva vent'anni. Si erano conosciuti nel locale in cui Matt ai tempi suonava con la sua band d'estate e aveva ceduto al suo fascino.

Era single e non ne voleva sapere di storie serie, l'ultima molto lontanamente assimilabile a una relazione risaliva ai suoi diciassette anni, un storiella da liceo che comunque era durata non piú di qualche mese.

Jenny era bella, trasgressiva, ci sapeva fare e tra di loro era nata presto un'attrazione fisica che si era consumata poco dopo.

Avevano fatto sesso un paio di volte, ma Matt era sempre stato chiaro fin da subito sulla natura solo fisica della loro relazione, senza alcuna implicazione sentimentale, e lei aveva accettato.

Jenny era sveglia, le piaceva apparire, mostrarsi sempre perfetta e snobbava chi non riteneva alla sua altezza. Quello che amava fare era non porsi nessun limite, osare sempre e stupire a tutti i costi, e agli occhi di Matt, a lungo andare, era diventata quasi senza personalità per quello, una ragazza vuota e scontata.

Quella relazione era finita con l'estate ma Jenny, al contrario di ciò che sierano ripromessi, si era innamorata perdutamente di lui, fino al punto da andarlo a cercare d'inverno nella città in cui Matt viveva col padre e studiava, ricevendo però il primo rifiuto.

Si era consolata andando subito con altri ragazzi, che comunque non le mancavano, ma non era riuscita a togliersi dalla testa Matt. Era lui che voleva avere e tutti gli altri erano solo ripieghi di cui si stancava presto.

Le ragazze del gruppo avevano provato in ogni modo a farle capire che Matt non l'avrebbe mai amata e che era inutile provocarlo col sesso, perchè non era certo un disperato e nemmeno uno di quei ragazzi che si rimbecillivano non appena vedevano una ragazza disponibile con un bel corpo o una bella faccia. Una ragazza per piacergli doveva essere interessante e intrigarlo, anche se si trattava di sesso. E con Jenny quell'attrazione c'era stata ma adesso era finita e lui non ne voleva sapere e nè intendeva illuderla.

«Sei sempre il più figo di tutti quando suoni» gli aveva sussurrato maliziosamente all'orecchio, mentre una mano aveva cominciato ad accarezzargli il petto e l'altra gli scostava delle ciocche bionde dal collo, per poterglielo scoprire e poggiarci le labbra.

Stava ricominciando. Matt intuì le sue mosse.

«Beh, grazie – le rispose con indifferenza – ora scusami ma vado a rinfrescarmi un po'» e si scostò da lei, approfittando dell'arrivo delle birre per raggiungere gli amici.

Jenny divenne furiosa, maledì le amiche che avevano interrotto il suo momento, rifiutandosi di capire che Matt si sarebbe alzato comunque e aveva usato la prima scusa che gli fosse capitata a tiro. La sua mente non poteva accettarlo.

«Cazzo Matt, non so come fai a resistere a quello schianto di Jenny! – commentò il batterista quando furono abbastanza lontani – per un po' non ti saltava addosso davanti a noi.»

Matt scrollò le spalle, sorseggiando la sua birra.

«Jenny pensa che tra noi possa esserci qualcosa, ma a me non interessa e non intendo alimentare le sue speranze inutilmente, le farei solo del male» rispose tranquillamente.

Le occhiate attonite degli amici si sprecarono.

«Certo che sei strano, un altro al posto tuo non ci avrebbe pensato un attimo a portarsela a letto.» commentò un altro suo amico.

Matt non aggiunse altro e continuò a bere.

«Aspetta, ho capito – se ne uscì fuori un altro ragazzo – è per via della rossa che hai a casa! Te la stai scopando, non è vero? Sembra così pura e delicata, chissà se è così anche a letto» commentò, ammiccando.

Matt fu disgustato a sentire quei discorsi ripugnanti e volgari associati ad Ashley, gli diede fastidio da morire. I suoi occhi si gelarono.

«Ma che ti salta in mente? - sbottò, alzando la voce e facendosi scuro in viso - guarda che è della figlia del compagno di mia madre che stai parlando! – ammonì l'amico - e poi non c'è niente tra me e lei» concluse.

«Non sarà che invece ti piace e anche tanto?» lo provocò Dylan, l'unico fidanzato tra loro e che aveva scorto qualche segnale diverso nel comportamento dell'amico.

«Ho detto di no, possiamo cambiare argomento, mi sta sembrando un cazzo di interrogatorio!» esclamò Matt esasperato e palesemente a disagio, si alzò e si allontanò veloce da quel mucchio di rompipalle.

«Io, comunque, mi sa che ci ho preso» bisbigliò Dylan al batterista senza farsi sentire da Matt per risparmiarsi la sua ira, facendo ridacchiare anche gli altri.

Quella sera Matt si mantenne ben lontano da Jenny, ottenendo solo di farla accanire ancora di più, era troppo presto per lei per gettare la spugna.

 

 

Il pomeriggio seguente Ashley era alle prese con i suoi capelli, armeggiando con fermagli e forcine, per tentare di dare loro una piega che potesse andare bene per il matrimonio a cui erano stati invitati. Li portava corti a sfiorarle le spalle e non erano abbastanza lunghi per provare un'acconciatura decente, quindi doveva accontentarsi di portarli sciolti, ma sperava quantomeno che le punte decidessero di stare un po' al loro posto, invece di avere vita propria.

Sbuffò sconsolata: per una volta nella vita desiderò che Phoebe fosse lì con lei ad aiutarla, avrebbe di certo avuto la soluzione giusta per valorizzare quell'ammasso di capelli insensati.

Riuscì più o meno nell'impresa, indossò il vestitino blu senza spalline che aveva comprato insieme alle cugine e che a detta loro avrebbe attirato l'attenzione persino di Matt, commento questo che avrebbero potuto risparmiarsi, calzò dei sandali argento con un tacco non troppo alto e scese.

Suo padre e Monica erano già pronti ed elegantissimi. Gregory conserva ancora un discreto fascino e non sfigurava al fianco della sua compagna, raffinatissima ed elegante, al punto che Ashley, al confronto si sentiva insignificante.

Ma lo shock più grande lo ebbe quando vide spuntare Matt, con una faccia da funerale, in un vestito nero elegante, con tanto di cravatta. Aveva cercato di sistemarsi i capelli fluenti all'indietro usando un po' di gel, ma qualche ciuffo ribelle scappava comunque, ridandogli quell'aria scanzonata che lo caratterizzava.

Inutile dire che era affascinante e bello anche con quello stile.

Ashley non potè fare a meno di guardarlo.

Peccato che l' espressione del ragazzo fosse quella di chi stava subendo una tortura sul patibolo. Si vedeva lontano un miglio che soffriva rinchiuso in un vestito così perfetto.

Avanzò verso di loro, sua madre lo squadrò dalla testa ai piedi per accertarsi che fosse presentabile, mentre lui le riservava uno sguardo accigliato.

Sembrò essere più o meno soddisfatta, visto che diede l'ok per andare.

La coppia uscì a braccetto da casa, mentre Matt a fianco ad Ashley, le puntò gli occhi addosso, ammirandola. Quella scollatura esaltava le sue spalle chiare, coperte da qualche sparuta lentiggini e metteva in evidenza la schiena scoperta e dovette ammettere che la trovava bella anche in una veste più formale.

La cerimonia si sarebbe svolta con rito civile all'interno di un meraviglioso palazzo antico.

Ashley non amava particolarmente i matrimoni.

A differenza della maggior parte delle ragazze, che fin da piccole sognano quel giorno, immaginandosi dentro uno stupendo abito bianco, mentre raggiungono l'uomo della loro vita, lei, probabilmente influenzata dalla storia di sua madre, che si era sposata ben due volte ed entrambe erano finite male, non era mai riuscita a scorgere niente di romantico nel matrimonio.

Non si immaginava in abito da sposa, nè pensava alla festa, ai parenti e agli amici raggianti intorno a lei o al lancio del bouquet, i fiori, la musica e le foto romantiche insieme al suo futuro sposo.

Per lei il matrimonio era un'inutile cerimonia, spesso ipocrita, che nulla aggiungeva a una coppia e che spesso era solo un'occasione per gli invitati di alimentare pettegolezzi e fare critiche all'organizzazione.

Inoltre non amava stare al centro dell'attenzione per non parlare del fatto che la sua situazione familiare era talmente intricata da farle venire l'ansia solo al pensiero di come gestire il tutto.

Suo padre che non stava con sua madre e che magari avrebbe portato la sua compagna, magari sarebbe stata la stessa Monica e già immaginava la sua contentezza per dover presenziare al suo matrimonio. Situazioni poco piacevoli, parenti che non si parlavano più, i suoi nonni che avrebbero evitato suo padre tutta la serata.

Insomma, proprio nulla di fantastico, aggiungendo anche il piccolo dettaglio che al momento si trovava priva della materia prima, ovvero un ragazzo e una relazione stabile.

Il rito si svolse senza intoppi,i due nubendi diventarono ufficialmente marito e moglie tra gli applausi e le grida di gioia di parenti e amici.

Ashley non si sentì comunque sola: accanto a lei Matt era forse ancora più annoiato e torvo di lei, come aveva immaginato anche lui non doveva essere un tipo da matrimonio e chissà quale sforzo stava facendo per non strapparsi quel vestito di dosso.

Al locale però per Ashley cominciò un incubo peggiore.

Gli invitati erano quasi tutti colleghi del padre e di conseguenza conoscevano bene anche l'ex di Ashley, Richard, che era stato un allievo del padre ed era diventato piuttosto bravo, facendosi notare in quell'ambiente.

Sapevano che tra loro c'era stata una storia e che si erano lasciati e su di lei cominciarono a piovere una miriade di commenti di persone dispiaciute.

La trattarono come se perdere Richard fosse stata per lei la sua sfortuna più grande.

Molti le fecero notare come fossero felici gli sposi e le coppie fidanzate presenti, tutte rigorosamente formate da giovani seri e perfettini, che, a differenza di Matt, si trovavano a loro agio in quella tenuta elegante, abituati a frequentare serate di un certo tipo.

Altre si prodigarono a ricordarle che era comunque un bel bocconcino ed una ragazza seria e rispettabile e che quindi non avrebbe faticato a trovare presto un altro ragazzo come Richard.

Altri ancora avevano assunto una faccia contrita e le avevano rivolto consolazioni non richieste e consigli per non stare giù di morale.

Tutto cominciò a ruotare intorno a Richard, sempre e solo lui, la sua stessa persona cominciò a essere associata esclusivamente a quel nome, come se non avesse un'identità sua.

Ashley cominciò a sentirsi nauseata, sorrideva forzatamente ma stava soffocando, le girò la testa e ebbe voglia di scappare da quel posto.

Tentò di resistere, ma alla prima occasione utile, quando era partita la musica e tutti erano in piedi a ballare o guardare gli sposi, adocchiò un grande terrazzo che cominciava da dietro una porta di vetro enorme.

Si allontanò dalla folla e lo puntò.

Spalancò la grande porta di vetro ed uscì nel terrazzo, lasciando che si richiudesse alle sue spalle.

Finalmente tutto il chiasso assordante della festa diventò nient'altro che un leggero brusio di sottofondo.

Rallentò l'andatura, rilassandosi, e riempì i polmoni di aria fresca, come se per tutto quel tempo fosse stata in apnea.

Un lieve brivido percorse la sua schiena scoperta, a causa della brezza pungente, che stranamente quella sera soffiava e che aveva provocato un abbassamento della temperatura estiva. Si strinse nelle spalle nude, sfregandosi le braccia con le mani. Rimpianse di non aver preso con sè il coprispalle, che aveva previdentemente deciso di portarsi appresso proprio per un'eventualità del genere, ma la fretta di fuggire da quella sala gliel'aveva fatto dimenticare dentro.

Pazienza, l'importante era essere adesso fuori, sola.

Raggiunto il parapetto, poggiò i gomiti e si sporse a guardare un punto indefinito nell'orizzonte. Il panorama da lassù era mozzafiato, la faceva sentire piccola e invisibile, proprio come avrebbe voluto essere in quell'istante.

Le luci delle case apparivano come centinaia di puntini luminosi e tremolanti nel buio della notte e si ricordò di quando da piccola osservava le finestre delle altre case in lontananza dalla sua stanza e le piaceva immaginare che vita facessero i loro abitanti, se fossero felici, o tristi o magari annoiati dentro quegli involucri di cemento. Riflessioni che forse non si addicevano a una bambina di 7 anni.

Sospirò rumorosamente.

Quella serata aveva messo a dura prova i suoi nervi.

Tutta quella gente dispiaciuta della sua rottura con Richard, lo stupore nei loro occhi, parole di conforto non richieste, persino sguardi di compassione, come se una cosa del genere fosse inimmaginabile, con la presunzione di sapere se due persone vanno bene insieme solo guardandoli dall'esterno.

Perchè la dolce e tranquilla Ashley non poteva che stare con uno così e non poteva essere altrimenti.

Una coppia perfetta li avevano definiti, seri, belli, educati, composti.

Nessuno che avesse pensato anche solo per un momento a chiederle se adesso si sentisse libera, perchè lei così si era sentita quando quella storia era finita. Ci aveva messo del tempo ad ammetterlo ma era così.

Cosa volevano saperne tutti di com'era davvero lei?

Era stanca di quei commenti, si era rotta davvero le palle di essere inquadrata dentro una categoria, quando lei stessa non capiva più nulla di quel guazzabuglio che era la sua anima.

E aveva anche dovuto sorridere, quando dentro avrebbe volentieri mandato a quel paese tutti se solo avesse potuto farlo.

Invece no, anche stavolta aveva tenuto chiusa la bocca ed evitato di dire quello che pensava.

Un'ombra dietro di sè la fece sussultare, ridestandola dai suoi pensieri.

Si voltò di scatto e vide Matt, nella penombra del terrazzo i suoi occhi chiari sembravano due fari luminosi nell'oscurità e le infusero un senso di sicurezza.

Era uscito per cercarla? No, impossibile.

Quella sera si era fatto notare, nonostante non avesse resistito più di tanto dentro quel vestito troppo perfetto e si fosse sbarazzato in fretta della giacca e avesse allentato il collo della camicia.

Le ragazze single non avevano fatto altro che lanciargli occhiate lussuriose e le più audaci erano persino riuscite a rivolgergli la parola. Lo aveva visto chiacchierarci con alcune di loro, di tanto in tanto.

E lo avrebbe negato, ma la cosa l'aveva infastidita.

«Che fai qui?» le domandò diretto.

Ashley deviò lo sguardo lateralmente, come faceva involontariamente di solito quando mentiva.

«Avevo caldo» si giustificò, anche se le sue braccia incrociate, strette sui seni, in un evidente tentativo di riscaldarsi, parevano dire il contrario.

Matt lo notò ma fece finta di niente.

Le si affiancò, affacciandosi a sua volta e perdendo lo sguardo nello stesso panorama che aveva ammirato poco prima Ashley.

«Odio i matrimoni» commentò apatico, poco dopo.

«Non mi pare che ti stia annoiando – ribattè un po' acida Ashley – hai molta compagnia a quanto pare» gli fece notare con indifferenza, impegnata a fissarsi attentamente le scarpe. I nervi dovevano averle offuscato la mente, perchè non si rese conto di quello che era sembrata: gelosa.

Matt soffocò una risata.

Avrebbe voluto tanto stuzzicarla, chiedendole se le fosse dispiaciuto che l'avesse trascurata, ma le era sembrata abbastanza incazzata, anzi forse era la prima volta che la vedeva così innervosita.

Stava migliorando, incazzarsi era il primo passo per buttare giù le maschere e fare uscire il proprio vero io.

«E comunque anche io li odio» aggiunse con freddezza, tornando a guardare distratta qualche cespuglio sotto il terrazzo.

«Dai, sul serio?»

«Certo, non sono altro che apparenza per gli altri, altri che di te in realtà se ne fregano! L' amore se c'è non dovrebbe avere bisogno di formalità! – spiegò con fermezza – Fa bene mia sorella a decidere di andare a convivere per adesso, così condividerà questo passo importante solo con il suo ragazzo e le persone che davvero tengono a lei, senza tutta questa farsa»

Matt si mise davanti a lei e si portò una mano sul mento, con l'aria di volerla studiare attentamente . «Mmm, interessante» fece con un'espressione di approvazione sul volto.

«Che cosa?» sbottò Ashley, adorabilmente accigliata.

«Che sei incazzata nera!» esclamò lui, procurandosi un'occhiata perplessa della rossa.

Ashley proprio non lo capiva, cosa c'era di positivo in tutto ciò?

«E quindi? Dovrebbe essere una bella cosa?» chiese, sinceramente confusa.

«Ma certo, quando ti incazzi per qualcosa vuol dire che non lo accetti passivamente, che la smetti di fare finta di niente e ti ribelli – illustrò, mentre Ashley lo guardava con gli occhi sgranati – Fa bene prendersela a morte, fa stare male, è vero, ma ti fa capire quali sono davvero le cose che ti danno fastidio, che non sopporti, che vuoi eliminare dalla tua vita»

Era vero: di solito Ashley cercava di fare l'accomodante con tutto e con tutti e per questo si era spesso trovata a costruirsi un'immagine di sè distorta, creata dalle opinioni che le davano gli altri e aveva finito con l'accettarla senza opporsi. Ma adesso, dentro di sè aveva un tumulto così forte che le aveva permesso di realizzare quanto le facessero schifo tutte quelle voci su di lei e su come era.

«Qualcosa ti ha fatto impazzire, è per questo che sei qua fuori, vero?» le chiese dolcemente, spiazzandola.

I muscoli di Ashley si contrassero, strinse i pugni forte fino a sentire dolore, gli occhi le si inumidirono ma cacciò indietro le lacrime. Erano anni che non piangeva più.

Rimase in silenzio, incerta se confidargli tutta la rabbia di quella sera.

Matt lo intuì «Andiamo, con me puoi parlare! – la incoraggiò – Insomma mi hai visto? Sono a un matrimonio e sono un disastro, non parlo con mia madre e non ho idea di chi siano la metà delle persone lì dentro, compresi gli sposi! – continuò, facendola sorridere – Non sono mister perfezione e neanche mi interessa esserlo e qualunque cosa ti abbia dato fastidio in questa festa, non potrei mai prenderti in giro ma in compenso tu potrai sfogarti e fidati, si sta davvero meglio dopo! Mi sembra un' offerta vantaggiosa, che ne pensi?»

Ashley ci rifletté titubante, poi si fece coraggio. Provare a tirare fuori tutto per una volta non era una cattiva idea e Matt, chissà come, sapeva essere molto convincente.

«Beh – iniziò a bassa voce, torturandosi le mani, mentre Matt si appoggiò di nuovo al parapetto per ascoltarla – è che due anni fa stavo con un ragazzo, lui era un allievo di mio padre, era gentile, serio, studiava e collezionava un successo dopo l'altro. Mi ero convinta di essermi innamorata, e per un po' è andata bene, ma...presto mi sono resa conto che non provavo nessuna emozione travolgente, nessun sentimento forte e... non credo che debba essere così quando si ama una persona. Per quanto fosse tanto simile a me caratterialmente, mi annoiava e mi sentii come se mi fossi accontentata. La scorsa estate ci siamo lasciati e la cosa strana è che non ci ho sofferto neanche più di tanto perchè per me era stata come una liberazione! – abbassò per un attimo gli occhi, poi continuò con ancora più grinta in corpo – Lí dentro, i colleghi di mio padre lo conoscono tutti, lo stimano e lo considerano un ragazzo di successo e promettente, e sono sicura che sia così, ma semplicemente non era quello giusto per me, è tanto assurdo?» vomitò fuori con rabbia, ma non aveva ancora finito.

«Tutta quella gente continua a dirmi che dovevo rimanere con Richard, che lui era perfetto per me, ma nessuno si chiede cosa voglio io davvero, come sono...– la sua voce adesso era rotta, sembrava sull'orlo di una crisi di pianto – a nessuno importa come mi sento, sanno solo sparare giudizi e dirmi che sono una cazzo di ragazza seria e che quelle come me devono stare con quelli come Richard, senza lasciarmi altre alternative, mi hanno già marchiata!»

Il suo respiro si era fatto affannoso dopo aver sputato fuori quel fiume inarrestabile di parole, ma si sentiva anche più leggera.

Era vero, cominciava a sentirsi meglio, più forte.

Matt la fece finire, stando pazientemente in silenzio, poi si staccò dal muro e le si avvicinò.

Le posò le mani sulle spalle e la fissò negli occhi, li vide più determinati, più sicuri anche se immersi ancora nella disperazione.

«Ehi, va tutto bene, ok? Sei stata brava» le sussurrò, carezzandole i capelli, mentre Ashley era paralizzata da tutte quelle emozioni contrastanti.

Poi le braccia di Matt si allungarono verso di lei e in un attimo si ritrovò col viso poggiato sul suo petto, un suo braccio le aveva circondato la schiena e potè sentirlo a contatto con la sua pelle, l'altra mano si era posizionata dolcemente sulla sua testa.

Ashley spalancò gli occhi: la stava abbracciando, la teneva stretta a lui, poteva sentire il calore del suo corpo che riscaldava la sua pelle infreddolita e scossa dai brividi ed ebbe la sensazione che quella fosse l'unica cosa giusta in quel momento, l'unica di cui avesse bisogno.

Si abbandonò a quella dolce sensazione, smise di tremare, ormai rassicurata da quel contatto e lentamente ma con decisione anche le sue braccia lo strinsero a loro volta, aggrappandosi a lui disperatamente, sempre più forte, stringendogli la stoffa della camicia, come fosse l'unico appiglio, l'unica ancora di salvezza a lei rimasta nell'universo.

Socchiuse gli occhi, respirò il suo profumo e ascoltò il battito del cuore di Matt vicino al suo orecchio.

Era regolare, era confortante ed era vicino a lei e per qualche arcano motivo ebbe l'effetto istantaneo di tranquillizzarla.

Due lacrime erano sfuggite e le avevano rigato il viso, ma le ignorò perchè adesso quell'abbraccio aveva annullato tutto il resto, la faceva sentire protetta, capita e al sicuro.

Non ci fu spazio nè per l'imbarazzo, nè per domandarsi il perchè fossero lì, nella penombra, stretti insieme.

Il viso di Matt si abbassò leggermente per avvicinarsi al suo orecchio e le bisbigliò parole di conforto, continuava a dirle che adesso andava tutto bene, che sarebbe stata meglio, e così fu.

«Per me non sei come dicono loro, io vedo solo una ragazza coraggiosa che sta combattendo tutti i suoi mostri e sta facendo a tutti il culo» le disse piano, facendola ridere, finalmente.

Ed Ashley si domandò cosa ci facesse a perdere tempo con lei, quando poteva stare di là a provarci con tutte le ragazze che gli sbavavano dietro.

Riprese lucidità e si ricordò che suo padre si trovava con Monica in quella sala e che, da un momento all'altro, avrebbe potuto assistere a quell'abbraccio.

Lei era fuori ormai da venti minuti e magari aveva notato la sua assenza e la stava cercando.

Non era il caso di fargli venire un colpo, facendosi trovare appiccicata al figlio della sua compagna.

Era stato un abbraccio innocente, per confortarla, ed era stato un gesto molto carino, ma non voleva che venisse frainteso, soprattutto da suo padre, che era diventato molto geloso della sua unica figlia.

Di getto lasciò la presa attorno alla schiena di Matt e si spinse via dal suo petto per guardare terrorizzata l'interno della sala, mentre il ragazzo teneva ancora le mani delicatamente sui suoi fianchi.

Lui capì, si voltò a dare un'occhiata oltre il vetro della porta del terrazzo e la rassicurò subito.

«Tranquilla, lo sposo è completamente ubriaco e sono tutti impegnati a vedere fino a che punto si metterà in ridicolo, per poi probabilmente ricattarlo a vita!» le rivelò, facendola scoppiare a ridere.

Si ritrovò a pensare che Ashley era davvero bella quando rideva così, senza ombre sul viso, distesa.

Prima, quando l'aveva abbracciata, gli si era smosso qualcosa e ne aveva avuto paura.

Era stata come la prova del nove, la conferma ai sospetti che cercava di nascondere a sè stesso e che invece a quanto pare i suoi amici avevano intravisto benissimo.

Era da troppo tempo che una ragazza non lo attraeva come Ashley, e non parlava solo fisicamente, di ragazze bellissime ne aveva avute tante, la maggior parte non erano durate più di qualche giorno.

Alla lunga lo annoiavano, erano aggressive, sfacciate o viceversa troppo banali e scialbe, e lui aveva avuto tante storie ma molto brevi e basate solo sull'attrazione fisica e, passata quella, rimaneva solo il vuoto.

A volte aveva creduto di essere lui il problema, di non riuscire a provare amore perchè cresciuto arido nel cuore a causa della sua infanzia e adolescenza. In un certo senso si era adattato alla cosa e non ne aveva fatto poi tanto un dramma.

Ma lei era diversa, era delicata ma aveva già dovuto combattere molte battaglie per via della sua situazione familiare anomala, e in questo rivedeva sè stesso. Era riservata e faceva entrare nella sua vita solo poche persone. Di lui si stava fidando e sentiva che stava nascendo una confidenza nuova.

Ne aveva paura perchè era quasi nuovo per lui, perchè badava bene dal creare un legame con qualcuno per non subire delusioni o per non fare sì che qualcuno soffrisse solo perchè lui sarebbe stato poi incapace di amare. Nello stesso tempo gli era impossibile reprimere quei sentimenti.

La voce di Ashley lo riportò alla realtà.

«Comunque forse è meglio se rientriamo, tra poco ci sarà la torta e verrebbero a cercarci» gli comunicò, mentre ormai ogni contatto fisico tra loro si era spezzato, portandosi via quella magia che li aveva avvolti solo un attimo prima, come se niente attorno a loro fosse esistito.

«Come vuoi»

Si avviarono verso la porta, Ashley esitò e si fermò un attimo, rimanendo un po' indietro, poi si fece coraggio e lo chiamò.

Matt si girò.

Balbettò un po', in cerca del coraggio, ma poi si decise.

«Grazie per poco fa» mormorò, abbozzando un timido sorriso.

Matt le fece un cenno col capo e continuò a camminare, non permettendole di scorgere il sorriso che era spuntato sulle sue labbra.

La festa si concluse un'ora dopo e al momento dei saluti una donna dell'età circa di suo padre pensò bene di ricordarle la grande sfortuna che aveva avuto nel perdere il suo ex.

«So che è difficile – iniziò – ma ti auguro di trovare un altro ragazzo come Richard»

Ma stavolta Ashley era diversa e si sentiva forte, sentiva di poter cambiare le cose.

«Come Richard, no di sicuro...migliore si però» rispose indossando un sorriso disarmante e lasciando quella poveretta a bocca aperta.

Matt vide la scena e le fece l'occhiolino da lontano.

E ancora una volta Ashley pensò a come quel ragazzo, col quale all'inizio aveva pensato di non avere niente da spartire, la stesse aiutando e nel contempo si stesse facendo sempre più strada dentro di lei.

Prepotentemente e pericolosamente.

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

Ashley si svegliò raggiante quella mattina.

Dopo l'episodio accaduto al matrimonio e quell'abbraccio scambiato con Matt si era sentita un'energia nuova in corpo. Era più sicura, più spensierata e soprattutto più positiva.

Non voleva più farsi influenzare dagli altri nelle sue decisioni e non voleva chiudersi nell'immagine della ragazza perfetta che tutti le avevano affibbiato negli anni.

Le rimaneva ancora poco meno di un mese da trascorrere al mare, quindi il ritorno a casa era piuttosto lontano. Sapeva che quello significava dover affrontare diverse situazioni che aveva cercato di ignorare infilando la testa sotto la sabbia, ma adesso era carica e si sentiva pronta.

Innanzitutto c'era la questione di Tyler da chiarire, e poi anche il rapporto con sua madre. Per quello ci sarebbe stato da lavorarci su, di certo non si poteva aggiustare in un giorno un problema che si era ingrossato sempre più da quando era bambina, ma adesso qualcosa in lei era cambiato.

E in parte quella felicità era dovuta anche alla vicinanza di un certo ragazzo, che le stava sconvolgendo i pensieri positivamente. Al momento non voleva chiedersi cosa provasse per lui, non voleva farsi domande e passare notti insonni a indagare i suoi sentimenti. Voleva solo viversi quei giorni in serenità.

Si alzò di buon mattino, respirò l'aria non ancora afosa, e scese in cucina per fare colazione.

Vi trovò Gregory e Monica, già vestiti e quasi pronti per uscire. Erano gli ultimi giorni di lavoro per suo padre, prima di prendere due settimane di ferie.

Si avvicinò a lui, con un sorriso smagliante.

«Buongiorno papà!» lo salutò con voce allegra, dandogli un tenero bacio sulla guancia.

Non era solita essere così espansiva, ma quel giorno si sentiva in pace col mondo e voleva godersi quella sensazione. Sapeva che la vecchia Ashley avrebbe fatto capolino da un momento all'altro, i cambiamenti hanno bisogno di tempo per consolidarsi.

Gregory ricambiò, piacevolmente stupito da quel gesto d'affetto e dall'umore positivo della figlia.

«Buongiorno Monica!» si rivolse poi sorridendo alla donna, che seduta al tavolo, abbassò la rivista che stava leggendo, alzando un sopracciglio per la meraviglia. Da quando era arrivata in quella casa, Ashley era stata sempre molto seria, educata e formale. Quella mattina, invece, persino lei si era accorta di quanto fosse solare e splendida. Il suo viso era luminoso, gli occhi pieni di vita e un sorriso sincero la adornava. E forse era proprio per quello che i suoi capelli rossi, illuminati dalla luce del sole che man mano saliva sempre più, sembravano ancora più accesi degli altri giorni. Indossava un vestitino rosso, corto, e di un tessuto molto sottile, che le conferiva ancora più leggiadria.

Nonostante non avesse tanto a genio quella ragazzina, dovette ammettere che era adorabile e bellissima quel giorno.

Non potè fare a meno di farsi venire il sospetto che in tutto ciò potesse c'entrare suo figlio.

Prima di essere la donna di successo che era attualmente, realizzata professionalmente, seria e colta, era stata anche lei una ragazza e come tutte aveva sperimentato le gioie e i dolori degli innamoramenti.

Proprio per seguire il cuore si era fatta travolgere dalla passione per Nathan, il padre di Matt. Aveva più o meno l'età di Ashley quando era successo. Lui era bello, era uno spirito libero, amava l'arte e viveva facendo il fotografo e lei ne era rimasta folgorata. Frequentava l'università e si era affrettata a laurearsi per poter andare a vivere con lui. Si era messa contro la sua famiglia, che aveva avuto timore che quella storia l' avesse potuta distrarre dalla sua carriera futura, ma lei aveva ascoltato solo quel sentimento irrazionale. Si erano sposati in fretta e furia, per fare contenti i suoi genitori, che non avrebbero tollerato una sua fuga d'amore, senza che l'unione venisse formalizzata con un matrimonio. Aveva solo 23 anni quando, nemmeno due mesi dopo, aveva scoperto con estrema gioia di aspettare un bambino. Ricordava ancora la felicità di entrambi, le notti passate a immaginare il suo viso, i progetti, poi la scoperta che si trattava di un maschietto, i pomeriggi trascorsi per negozi, a scegliere tutti quei vestitini minuscoli e infine la sua nascita.

Le era sembrato il bambino più bello del mondo, una creaturina perfetta che pareva aver scelto le parti migliori di entrambi, anche se con netta prevalenza di Nathan, così biondo, con quegli occhi azzurri e vispi, tutto suo padre. Da lei aveva ereditato solo qualche dettaglio, come il profilo dritto del suo naso e le labbra.

Per un bel po' di anni erano stati felici, lei era riuscita anche a trovare un lavoro in una casa editrice, all'inizio come stagista, ma si era fatta notare subito per la sua bravura e intelligenza, arrivando a ricoprire sempre più ruoli importanti.

E mentre la sua carriera era in ascesa, il suo rapporto col marito vacillava, fino al punto di rottura.

Avevano divorziato quando Matt era una bambino di soli nove anni, in una fase molto delicata della crescita. Nathan era andato via di casa, trasferendosi in una vicina città più grande, mentre lei era rimasta con Matt, totalmente distrutta e incapace di gestirlo. Da quel giorno non lo aveva più abbracciato, non ne era stata più in grado, forse perchè si sentiva responsabile del fallimento del suo matrimonio o forse, ancora peggio, perchè suo figlio gli ricordava Nathan ogni giorno della sua vita. Matt si era incattivito, era diventato sempre più intrattabile, ribelle e sfacciato, e lei sempre più rassegnata a non poter fare nulla per salvare il loro rapporto. Si era dedicata anima e corpo alla sua carriera per affogare il dolore, finchè suo figlio a sedici anni se ne era andato via da casa per stare da suo padre e da allora veniva solo per le vacanze, ma principalmente per rivedere i suoi amici, più che per stare con lei.

Ed eccolo lì suo figlio.

Era entrato in cucina in quell'istante. Ecco di nuovo quegli occhi sfacciati puntati su di lei.

Se solo avesse saputo dei ricordi che stavano passando nella sua mente in quel momento! Faticava a credere che quel ragazzo fosse lo stesso bimbo che teneva dolcemente in braccio solo una ventina di anni prima. Come erano arrivati a quel punto?

Faceva male, molto male.

Si era seduto accanto ad Ashley, lei adesso gli sorrideva.

Monica spostò i suoi occhi marroni sul figlio e notò con sua grande sorpresa che il suo volto era cambiato.

Stava guardando Ashley e le sorrideva di rimando, i suoi occhi si erano addolciti. Non gli vedeva un'espressione così serena sul viso da tempo.

Che cosa stava succedendo tra loro?

Non era una sprovveduta Monica, in quegli sguardi, in quella complicità, in quei sorrisi, rivide la sè stessa di molti anni prima.

Suo figlio era bello, aveva quel fascino un po' trasgressivo e talento nella musica, doveva essere facile per una ragazza innamorarsi di lui, pensò, anche se aveva capito che Ashley non era il tipo da farsi abbindolare solo dall'aspetto fisico.

Che avesse visto in Matt delle qualità che lei, in tutti quegli anni, non era stata in grado di scorgere, accecata dalla rabbia e dalla delusione per il fallimento della sua relazione?

Solo da quando stava con Gregory aveva trovato un po' di serenità da quel punto di vista.

Puntò lo sguardo sul compagno, stava chiacchierando placidamente con i due ragazzi e non aveva per niente l'aria di aver percepito quelle strane vibrazioni tra loro. Gregory era un tipo un po' sulle nuvole quando si trattava di amore, e di sicuro, ingenuamente, non aveva nemmeno ipotizzato che quei due, continuando a frequentarsi, avrebbero potuto intrecciare una qualche relazione, nè sentimentale, nè tantomeno fisica.

Vedeva sua figlia ancora come una ragazzina pura e indifesa ed era quasi sicura che la credesse illibata, nonostante sapesse benissimo che era stata fidanzata per un anno.

Decise di non mettere la pulce nell'orecchio a Gregory in merito ad Ashley e Matt, per evitare di farlo preoccupare, ma sperò che suo figlio non avesse intenzione di giocare con lei e portare scompiglio in famiglia.

 

Poco dopo Ashley si sistemò in veranda all'ombra, seduta a un tavolino da giardino. Ci aveva depositato sopra un paio di libri e quaderni con appunti e ne aveva aperto uno, cominciando a sottolinearlo.

Va bene che era lì per divertirsi, va bene che mancavano ancora quasi due mesi all'esame, ma se voleva arrivarci preparata per tempo era necessario iniziare a leggere qualcosa. In fondo non le pesava studiare e poi il prossimo anno avrebbe avuto l'opportunità di fare uno stage in un importante studio di architettura della città in cui aveva sede la sua università, e se voleva avere una chance di essere selezionata, doveva dare quanti più esami possibili e mantenere una media alta.

Iniziò a far scorrere il suo evidenziatore giallo tra le righe della pagina, assaporando una leggera brezza che soffiava.

«Non ci credo, stai studiando?» Una voce familiare le fece perdere la concentrazione.

Ashley bloccò la punta dell'evidenziatore e sollevò la testa per guardare il ragazzo biondo, che la fissava con un'espressione facciale tra il divertito e l'attonito.

Con estrema compostezza riprese a sottolineare. «Certo, e dovresti farlo anche tu» rispose serafica, con la testa di nuovo china sul libro.

Matt fece una smorfia di disgusto e si poggiò coi gomiti sul tavolo, coprendo in parte la visuale del libro ad Ashley, che scocciata, sollevò di nuovo il viso, sbuffando. «Dai, non farmi la ramanzina, di madre ne ho già una e ti assicuro che mi basta» le disse annoiato.

Ashley mosse la testa poco convinta e cercò di continuare la sottolineatura, cosa che Matt stava facendo diventando un'impresa.

«E comunque, per la cronaca, io studio, sono solo un po' indietro, tutto qua» ci tenne a informarla. Ashley sospirò sconsolata e posò definitivamente l'evidenziatore. Lo studio doveva aspettare.

«Oh, ma non ne dubito!» lo rassicurò la ragazza, con un tono che però sembrava più una presa in giro.

«Non fare la stronza con me, ragazzina!» la ammonì scherzosamente Matt, mentre sfogliava distrattamente qualche libro di Ashley.

Ashley rise, poi colse l'occasione per fargli presente qualcosa di cui si era accorta la mattina.

Si spostò un ciuffo di capelli che le era finito davanti agli occhi e dischiuse le labbra per parlare.

«Stamattina, sai, tua madre, mi è sembrata strana, come pensierosa – fece una pausa per studiare il viso del ragazzo e capire se stesse prendendo un argomento spinoso – forse dovresti chiederle se c'è qualcosa che non va» azzardò, sperando di non innervosirlo.

Matt corrucciò leggermente la fronte, meravigliato che avesse potuto notare una cosa simile, poi fece spallucce.

«Lei è sempre così, magari era solo per il lavoro» disse con indifferenza, anche se Ashley sembrò scorgere un po' di turbamento nei suoi occhi.

Si inumidì le labbra e tentò ancora, decisa a non lasciare cadere quell'argomento. «Hai mai, ecco... provato a parlarle?» gli chiese, facendosi coraggio.

Matt sollevò lo sguardo assorto verso il cielo per un attimo, poi si stiracchiò le braccia.

«è impossibile parlare con lei in modo civile. Quando non la pensi come lei o quando non ti comporti come vorrebbe non sente ragioni, è stata sempre così, soprattutto da quando mio padre se n'è andato. Tra di noi non si arriverebbe da nessuna parte, è una partita persa in partenza, lei mi odia» concluse freddo.

«Io non credo ti odi – osò Ashley – forse vi siete solo creati un muro, ma magari si può abbattere, no?» provò a proporre.

Lo sguardo di Matt si fece glaciale «No, avevo solo 9 anni quando ha cominciato a comportarsi così...a lei stava bene solo fin quando era felice con mio padre...probabilmente io non dovevo neppure nascere, sono stato solo un errore» dichiarò freddo, rigirandosi tra le mani un pacchetto di sigarette.

Quelle parole così dure colpirono Ashley profondamente, provò il desiderio di aiutarlo, di fare qualcosa per raddrizzare quel rapporto.

«Tu parli con tua madre?» le chiese poi diretto, facendola sussultare.

Cominciò a torturarsi la stoffa del vestito, pensando a cosa rispondere. Ci parlava con sua madre, ma lo stretto indispensabile, non come le sue sorelle. Non riusciva a scherzarci, non riusciva a farsi travolgere dalle sue battute, non riusciva a confidarsi con lei o a raccontarle di più sulla sua vita, sui suoi progetti, sulle sue emozioni.

«Certo che ci parlo» cercò di sembrare sicura, ma Matt, come al solito, non se la bevve.

«Parli o comunichi? C'è differenza – sottolineò destando la curiosità della ragazza – se io ti saluto e tu mi dici che stasera esci o che mangi fuori o che stai andando all'università, quello è parlare, se invece ti chiedo come stai, cosa provi e tu mi racconti un pò di te stessa, ti apri, allora quello è comunicare»

Il volto di Ashley si rabbuiò, non comunicava con sua madre, ne era consapevole e se ne stava rendendo conto adesso e più parlava con Matt, più metteva a nudo angoli di sè stessa che aveva sepolto.

La mano calda di Matt le si posò sulla guancia, sollevandogli appena il viso per portarlo all'altezza del suo. Seduto accanto a lei Matt si era leggermente chinato, essendo più alto di lei.

«Non volevo farti intristire però» le sussurrò.

«Ma no, tranquillo, è che hai ragione» Matt tolse la mano dalla sua guancia con una carezza talmente dolce che Ashley provo il desiderio di riceverne altre così.

Si allontanò da lei e lo vide estrarre dalla tasca dei jeans un accendino. «Per te non è troppo tardi, Ashley – la rassicurò – tu ce la farai...e adesso scusa, ma ho bisogno di fumare» concluse, alzandosi in piedi e accendendosi una sigaretta.

Ashley tornò lentamente sui libri, mentre Matt era rimasto con lei, un po' più distante, a fumare in silenzio, assorto in chissà quali pensieri.

«Più tardi vado in spiaggia con gli altri – esordì qualche minuto dopo – se non hai impegni puoi venire con me» la invitò.

Ashley ci pensò un attimo su: erano solo le 9 del mattino e un paio di ore di studio le sembrarono sufficienti come inizio. Annie e Dorothy erano impegnate quel giorno e lei era libera.

«Ok, vengo» accettò.

«Allora più tardi vengo a disturbarti, buono studio, secchiona» la prese in giro bonariamente prima di sparire dentro.

Finalmente Ashley potè dedicarsi a qualche ora di studio in assoluto silenzio, anche se spesso le tornava in mente la conversazione di prima con Matt. Qualcosa doveva cambiare, e sarebbe cambiato.

Quando Matt la chiamò, corse a infilarsi il costume e prese il suo telo da mare e la borsa.

Salì in macchina con lui e arrivati in spiaggia si diressero dai suoi amici.

Mandy e Ilary, le ragazze con cui aveva legato di più, la salutarono calorosamente e così anche i ragazzi. La solita Jenny le rivolse un cenno con un'espressione a dir poco schifata.

La verità era che, quando l'aveva vista scendere dalla macchina di Matt, era diventata una maschera d'odio. Le bruciava ancora il rifiuto delle sue avances il giorno prima e vederli parlarsi e sorridersi non faceva altro che mettere più sale sulla sua ferita.

Dylan mise un braccio intorno alle spalle di Matt, e lui lo guardò torvo, immaginandosi già quello che poteva voler dire.

«Vedo che ti sei portato la tua coinquilina» gli disse con aria sfottente, provocando delle risate soffocate negli altri ragazzi.

«Giuro che vi uccido se fate le teste di cazzo, ok?» li minacciò il biondo, già irritato.

«Ma figurati! – fece eco un altro amico – Anzi, a me questa Ashley non dispiace affatto, magari posso pure provarci, che ne dici?» lo provocò. Era chiaro che non volesse davvero provarci, lì avevano tutti ormai il sospetto che Matt si fosse preso una bella sbandata per la ragazza dai capelli rossi e da buoni amici si sarebbero comunque tenuti alla larga dal fare casini che avrebbero potuto rovinare la loro amicizia.

La reazione che volevano ottenere arrivò puntualissima. «Che cosa?» sbottò infatti Matt a voce alta, facendo voltare tutto il gruppo, Ashley compresa.

La ragazza giurò di averlo anche visto leggermente arrossito in volto, ma credette più plausibile fosse stata opera del sole, di certo non poteva immaginare che fosse lei l'oggetto della conversazione.

I ragazzi sghignazzarono rumorosamente, mentre Matt cercava di colpirli con l'ombrellone.

«Sono sempre i soliti!» disse Mandy ad Ashley sorridendo, poi le prese la mano e la trascinò con lei, per indicarle un buon punto dove sistemarsi.

Fecero un bagno in acqua e poi si stesero al sole.

Ashley si sedette accanto a Mandy e conversava tranquilla con le ragazze. Jenny era impegnata a ignorarla e a sistemarsi ogni cinque muniti il bikini e sdraiarsi sulla sabbia in modi provocanti, attirandosi gli sguardi di disapprovazione delle amiche, a cui davvero dispiaceva il modo in cui si era ridotta.

Ashley non era stupida e aveva capito che gli sguardi di Jenny erano rivolti tutti a Matt.

Anche se non sapeva che tipo di relazione ci fosse o ci fosse stata tra loro, le pareva evidente che la ragazza non aveva occhi che per lui. D'altronde non poteva darle torto, anche lei ultimamente si sentiva felice e nello stesso tempo scombussolata, quando erano insieme.

All'improvviso però, Jenny le rivolse la parola. Aveva approfittato di un momento in cui Mandy e Ilary si erano allontanate per avvicinarsi, come un predatore con la vittima prescelta.

«E così sei in vacanza qui... stai a casa con Matt e sua madre, vero?» le chiese senza preamboli, come se fosse quella l'unica cosa di lei che le interessasse.

I suoi occhi verdi non erano per niente cordiali e, anche se le stava parlando, Ashley non ci vide nulla di amichevole anzi, le trasmisero un senso di disagio.

«Si» le rispose semplicemente, guardando il mare.

Jenny continuò, ormai era partita all'attacco.

«E di Matt che mi dici? - le chiese brutale – ti piace?»

Ashley spalancò gli occhi, sconvolta, augurandosi con tutto il cuore che le ragazze tornassero presto per toglierla fuori da quella situazione spiacevole. Perché quella domanda cosí diretta? Prima non le parlava e poi di colpo le importava chi le piacesse?

«No – rispose Ashley, visibilmente nervosa, Jenny se ne accorse – è solo il figlio della compagna di mio padre.». Di certo era l'ultima persona alla quale avrebbe rivelato quello che sentiva. E poi non era chiaro ancora nemmeno a sè stessa quello che provava.

«Ci sei stata a letto?» rincarò la dose la mora, osservandola con sfida.

Ashley sentì la bocca prosciugarsi e cominciò a sudare, come se la temperatura fosse salita di almeno venti gradi.

«No» le rispose senza guardarla in viso, infastidita.

«Peccato – le comunicò Jenny, con un'espressione quasi di rammarico – lui ci sa proprio fare, io lo so perchè sono stata con lui parecchie volte» continuò, tirandosi i capelli da un lato e accarezzandoseli maliziosamente.

«E ci andrò di nuovo – aggiunse diretta – a lui piacciono quelle come me»

Aveva pronunciato quelle parole con sicurezza e con determinazione.

Ashley si strinse le ginocchia al petto, quella rivelazione fu come una pugnalata alla schiena. Il pensiero di Matt a letto con Jenny e poi l' allusione che potesse accadere di nuovo...non capì perchè, ma le diedero la nausea, ebbe voglia di scappare e sentì le lacrime premere per uscire.

'Perchè sto così male, perchè?'' continuò a ripetersi in testa.

Non fece in tempo ad accorgersene che Matt era dietro di lei.

«C'è qualcosa che non va?» chiese sospettoso.

Aveva visto da lontano Jenny parlare ad Ashley e non ci vedeva giusto, non avevano mai scambiato due parole fino a quel momento e la cosa lo aveva insospettito. Vide Ashley sconvolta in viso e spostò lo sguardò accigliato su Jenny.

Non si fidava per niente di lei.

«Ma niente, stavamo solo parlando!» disse lei, prima di alzarsi e avvicinarsi agli altri ragazzi.

«è tutto ok, davvero» gli confermò Ashley, forzando un sorriso.

Di certo non poteva ammettere cosa era successo. Come avrebbe giustificato la sua tristezza? Avrebbe dovuto confessare che di Matt gli importava eccome.

Lui nel frattempo si era allontanato dubbioso, mentre Mandy e Ilary ritornavano alle loro postazioni con Ashley.

Per tutto il tempo Jenny, poi, non fece altro che provare a spalmarsi addosso a Matt, sfruttando ogni occasione buona per mettergli le mani addosso, o per avvicinare il viso al suo.

Ashley aveva voltato la testa, non le andava proprio di guardare. Si ricordò dell'abbraccio di Matt, della sua mano sul suo viso quella mattina e, vederlo adesso vicino a quella strega, la faceva soffrire. Fece appello a tutta la sua forza di volontà per riprendere un minimo di lucidità e scacciare via quei pensieri da stupida ragazzina innamorata che non le si addicevano.

Decise di fare un bagno per rinfrescarsi, perchè tutta quell'agitazione l'aveva fatta accaldare il triplo.

Si tuffò e sparì sott'acqua, dove tutto era ovattato e dava la sensazione che nulla più esistesse. Cercò di riprendere il controllo delle sue emozioni e le scacciò via come mosche fastidiose.

Quando riemerse si trovò davanti Matt, immerso dal bacino in giù.

La afferrò delicatamente per un braccio e l'avvicino a lui per parlarle più da vicino. Il cuore di Ashley fece ottomila capriole, ma in un certo senso si stava abituando a quella sensazione, tutte le volte che lui la toccava.

«Tra me e Jenny – iniziò, per poi fare una piccola pausa e Ashley sentì un nodo in gola nel sentire quel nome e al pensiero di come potesse continuare quella frase – insomma, non c'è nulla, ok?» precisò, con gli occhi azzurri fissi in quelli miele di Ashley, con l'intenzione di non spostarli finchè non avesse intravisto in lei un segno che ci credesse.

Non ne capiva bene il motivo, ma aveva sentito improvvisamente l'urgenza di spiegarle come stavano le cose, da quando aveva visto Jenny accanto a lei.

Non sapeva cosa si erano dette, ma non aveva fatto altro che aspettare il momento giusto per dirle che non era interessato a lei, si era sentito fremere dall'ansia. Ora che si trovavano faccia a faccia e la vedeva di nuovo distesa in viso, si era immediatamente sentito meglio.

«Perchè me lo dici?» chiese Ashley, dando voce a quella domanda che si era fatta strada dentro di lui e a cui non riusciva a dare risposta al momento.

Fece finta di niente e scrolló le spalle con indifferenza.

«Così, non mi va che la gente pensi cose che non esistono, visto che mi conosci da poco» provò a giustificarsi, con non molto successo.

«Ok» fu l'unica risposta di Ashley, un po' delusa. Chissá cosa si era aspettata che le dicesse.

«E poi non so che vi siete dette poco fa» continuò, nel tentativo di carpire qualcosa di quella misteriosa conversazione.

«Non ci siamo dette niente di che» mentì Ashley.

«Ok» stavolta fu lui a usare quel monosillabo.

Lentamente Matt fece scivolare via la mano dal suo braccio. Glielo aveva tenuto per tutto il tempo.

«Usciamo, che ne dici? - propose Ashley – comincia a fare freddo» si sfregò le braccia.

Matt annuì e insieme uscirono dall'acqua.

Ashley aveva creduto a Matt, gli era sembrato sincero e in quei giorni con lei stava cominciando a fidarsi di lui. Ma, in fondo, anche se lui e Jenny stessero insieme, a lei cosa importava?

Non poteva negare che quella mattinata le aveva fatto sorgere domande su ció che provava che l'avrebbero tormentata ancora, ne era sicura. Quello di cui non era sicura era se poteva, o meglio voleva, rispondere.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11


«E quindi, ieri, parlo con la mia amica Liz e vengo a sapere che quel lurido del mio ex è andato a dire in giro che io lo trascuravo e che è stata colpa mia se la nostra storia è finita. Ci mancava solo che dicesse che a letto non ero un granchè e il quadro era completo!» sbottò furiosa Annie, sbattendo con forza lo sportello del frigorifero, vittima innocente di quello sfogo.

«Che schifo!» commentò Dorothy, intenta a trasportare una pila di scodelle, ciotole e altri utensili da cucina senza farne cadere nemmeno uno a terra.

«Sai che ti dico, che è stato un bene per te essertene liberata, uno così meglio perderlo che trovarlo!» aggiunse Ashley, piegata in avanti a versare meticolosamente dello zucchero sulla bilancia per raggiungere la giusta quantità.

Era a casa delle cugine e stavano preparando una cheesecake, tra una sfuriata e l'altra di Annie, che era ancora perseguitata dalle conseguenze della sua rottura col fidanzato. Quella sera avrebbe dormito a casa loro, per l'occasione Dorothy si era offerta volontaria per dormire nel divano, lasciando alla cugina il suo letto.

Stare con loro la stava aiutando a distrarsi e a non pensare a quello che era successo il giorno prima in spiaggia, con Jenny. Con Matt poi l'argomento non era più uscito e la cosa sembrava essere caduta lì, anche se Ashley, la notte, non aveva potuto fare a meno di ripensare a quella faccenda e a domandarsi perchè le avesse dato così fastidio.

«Ashley ha ragione – approvò Dorothy, mescolando con cura degli ingredienti in una ciotola – anzi, fossi in te mi concentrerei su quel ragazzo che hai conosciuto una settimana fa, a me sembra un tipo apposto.»

«Mah non so, è carino però, è troppo presto per dirlo, vedremo – disse vaga, mentre osservava attentamente l'operato della sorella – non è troppo liquida la consistenza?»

Dorothy sollevò il cucchiaio per verificare se Annie avesse ragione e scosse la testa «No, va bene, ci aggiungiamo la panna poi, anzi, Ashley, è pronto lo sbattitore?» chiese, passandosi una mano velocemente sui pantaloncini per eliminare qualche traccia di biscotti sbriciolati.

«Eccolo!» ripose prontamente Ashley, porgendoglielo.

Una volta finito il procedimento e ripulito dalle tracce lasciate durante la preparazione, le ragazze infilarono la torta in frigo e si sedettero attorno al tavolo per rilassarsi un po'.

Annie portò una bottiglia di thè freddo e poi si rivolse ad Ashley curiosa «E tu Ashley, come va col biondino? Ci sono progressi?» disse portandosi la cannuccia alla bocca.

Ashley sussultò internamente, poi rispose pacata «Quali progressi? Insomma, va tutto bene, ci parliamo, ogni tanto usciamo insieme coi suoi amici, direi che questa strana convivenza sta trascorrendo tranquilla».

Le cugine esplosero in una risata generale, attirandosi occhiate di odio da parte di Ashley.

«Avanti Ashley, pure un cretino capirebbe che ti piace, abbiamo visto come lo guardi, e poi sei sempre stata un tipo riservato e con lui invece sei riuscita a parlare un po' di tutto, si vede che c'è una certa alchimia fra voi!» le fece notare Dorothy, ottenendo l'approvazione della sorella.

«E invece vi sbagliate – si ostinò a ripetere Ashley, concentrandosi sul bicchiere tra le sue mani – e poi c'è una ragazza del suo gruppo che mi ha fatto capire che potrebbe succedere qualcosa tra loro, come già è stato in passato, quindi anche considerando questa remota possibilità, penso che sarei comunque tagliata fuori».

L'aveva detto.

Aveva bisogno di sfogarsi e le era scappata quella storia, in fondo delle gemelle poteva fidarsi, sapeva che non l'avrebbero tradita.

«E chi sarebbe questa grandissima stronza?» urlò Annie, battendo una mano sul tavolo, facendo tintinnare i bicchieri di vetro.

Il modo in cui lo disse fece sorridere Ashley, nonostante tutto «Una ragazza del suo gruppo, ve l'ho detto, mi ha rivelato di avere fatto.. – esitò a dirlo perchè il pensiero di loro due insieme le dava la nausea – beh, avete capito cosa» abbassò gli occhi.

Le gemelle si guardarono, poi Dorothy sospirò e intrecciò le mani sul tavolo «Il fatto che siano andati a letto in passato non significa che Matt provi qualcosa per lei. So che per te sesso e amore vanno necessariamente insieme, ma non è per tutti così, te lo posso assicurare perchè ci sono passata io stessa» terminò la frase e fissò Ashley, che aveva sbarrato gli occhi per quella rivelazione. Dorothy era sempre stata più tranquilla e razionale rispetto ad Annie e proprio non se l''aspettava.

Si sporse dal tavolo verso di lei «Che? - esclamò, senza nascondere lo sconcerto – ti è capitato?»

«Si, solo una volta qualche anno fa, ho conosciuto questo ragazzo, è scattata un'attrazione fisica tra noi ed è successo, ma non avrei mai iniziato una relazione con lui, non ero innamorata e mai lo sarei stata.» spiegò.

«In ogni caso questo discorso non ha senso perchè quello che fa Matt non sono affari miei e non mi interessa» si affrettó a concludere Ashley, incrociando le braccia al petto.

Annie e Dorothy non insistettero, ai loro occhi la verità era un'altra, ma erano certe che a breve anche Ashley se ne sarebbe accorta.

 

Il pomeriggio dopo Ashley tornò a casa: si era divertita con le cugine, erano uscite la sera e non aveva più pensato a Matt. Erano state fino a tardi a parlare e scherzare, tutte e tre arrampicate su un letto, come i vecchi tempi, quando da ragazzine aspettavano con ansia di poter organizzare qualche pijama party e stare sveglie a giocare o chiacchierare. Erano cresciute, ma la complicità era rimasta la stessa.

Aprì la porta di casa e notò la penombra che l'avvolgeva. Le finestre erano chiuse, il silenzio regnava tutto intorno, chiaro segno che nessuno fosse in casa.

Aveva proprio voglia di un gelato e di oziare sul divano.

Salì in camera e decise di cambiarsi indossando qualcosa di comodo. Ne uscì poco dopo con un top nero e un paio di pantaloncini di cotone celesti. Aprì il freezer e scelse un ghiacciolo alla menta per poi adagiarsi comodamente sul divano in pelle del salone a fare un pò di zapping in tv.

Non c'era nessun programma davvero interessante e lasciò su un canale a caso, mentre rispondeva distratta a qualche messaggio sul cellulare. Uno di Phoebe e uno di Tyler, fortunatamente niente di troppo ambiguo.

«é il tuo spasimante, quel Tyler?» fece una voce dietro di sè, all'improvviso.

Si voltò di scatto e trovò Matt, appoggiato a braccia conserte sulla spalliera del divano, con un ghigno stampato in faccia. Non l'aveva nemmeno sentito entrare col rumore della tv, fosse stato un ladro avrebbe potuto tranquillamente svaligiare la villetta in santa pace.

«Adesso mi spii?» lo provocò Ashley, cercando di riprendersi dallo spavento e osservandolo aggirare il divano per poi accomodarsi accanto a lei.

«Cos'è? Ci ho azzeccato forse?» Si era sporto verso di lei e le aveva soffiato quelle parole sul collo con irriverenza.

Allora lo faceva apposta a provocarla, pensò Ashley, senza osare girare la testa verso di lui e incontrare quei suoi occhi intensi. Non gli rispose, dandogli la conferma di aver indovinato.

Poi le sfilò il telecomando di mano e cominciò a cambiare canali. Era calato il silenzio tra loro, erano soli a casa e lo stomaco di Ashley entrò in subbuglio. Sapeva che quella era l'occasione giusta per chiedergli direttamente di Jenny, sentì il bisogno di farlo, di sapere da lui la verità, cominciò a sudare freddo e a irrigidirsi.

Tirò un lungo respiro, diede uno sguardo di sottecchi a Matt, che stava mangiando delle patatine e tranquillo guardava verso lo schermo della tv, si torturó la stoffa dei pantaloncini con le dita e si sistemò a gambe incrociate.

Puntò gli occhi sulla tv, fingendo interesse per un quiz televisivo.

«Jenny – iniziò diretta, Matt a quel nome si era voltato verso di lei, la sua espressione era mutata e sembrava confusa – è la tua ex?» domandò ansiosa, con il po' di fiato ancora rimastole nei polmoni.

Le labbra di Matt si piegarono in una smorfia che somigliava più a un sorriso nervoso.

Rispose con un'altra domanda. «Ti ha detto questo in spiaggia?». Sapeva che quel giorno Jenny doveva averle riferito qualcosa su di lui, o peggio su di loro.

«Più o meno» rispose Ashley, visibilmente imbarazzata, roteando gli occhi dalla parte opposta a quella di Matt. Evitò di specificare che in realtà le aveva detto di averci fatto sesso.

Matt sbuffò, buttò la testa all'indietro e si mise a fissare il soffitto. Probabilmente stava cercando le parole giuste per spiegare quella situazione ma ad Ashley quell'attese parve interminabile. Era già abbastanza in tensione per avergli domandato qualcosa di così personale senza in realtà averne legittimo motivo e in più non stava riuscendo a capire se la cosa gli avesse dato fastidio e come l'avesse interpretata. Non voleva ficcanasare, era solo che la sua testa le stava implorando di farlo per evitare di impazzire ma allo stesso tempo, perchè Matt avrebbe dovuto darle altre spiegazioni? In fondo lei non era nessuno per lui.

Rimase in silenzio con lo sguardo basso e il cuore che batteva all'impazzata, così forte che le pareva di sentirne i battiti all'esterno del suo petto.

«Jenny non è la mia ex – disse finalmente, la sua voce era normale e questo tranquillizzò Ashley, almeno sapeva di non averlo fatto incazzare – tra noi non c'è mai stata nessuna relazione sentimentale, l'abbiamo fatto solo un paio di volte due anni fa, ma per me la cosa è nata e finita là.» Ashley ricominciò a respirare.

«Era questo che ti aveva detto, giusto?» continuò Matt, avvicinandosi pericolosamente al viso di Ashley, che stavolta aveva avuto l'ardire di guardarlo e ne stava subendo le conseguenze. Si era persa subito in quegli occhi, come quando si guarda il cielo sdraiati col naso all'insù e si viene colti da un senso di vertigine.

Erano troppo vicini, oltre la distanza di sicurezza che permetteva a Matt di controllarsi e lei era così bella con quel leggero rossore che improvvisamente le colorava le guance, gli piacque pensare che ne fosse lui la causa così come di quel tremore che scorse nelle sue mani.

«Non è lei che mi interessa» disse con un fil di voce, sempre più vicino alle sue labbra, che nel frattempo si erano dischiuse per la meraviglia di quell'affermazione. Poteva approfittarne, sentiva l'urgenza di baciarla in quel momento, anche se dopo probabilmente se ne sarebbe pentito perchè stava succedendo tutto così in fretta e lui non capiva ancora bene la natura di quello scompiglio che gli aveva provocato quella ragazza e nello stesso tempo non voleva ferirla, non voleva che fosse come una delle tante. Aveva paura, ma contemporaneamente voglia di lei. Una voglia che stava prendendo il sopravvento, soprattutto perchè Ashley non si stava spostando, non lo stava rifiutando.

La porta d'ingresso si aprì di scatto, facendo trasalire immediatamente i due ragazzi.

Erano i loro genitori che rincasavano.

Matt si era allontanato da lei alla velocità della luce, se solo Gregory li avesse trovati nel bel mezzo di un bacio o anche solo di un tentativo di bacio, poteva anche correre a fare le valigie e andare prima del previsto.

Dal canto suo Ashley aveva voltato la faccia dall'altra parte, diventando bordeaux, sia perchè aveva realizzato quello che stava per succedere, sia perchè ebbe il terrore di quello che avrebbero potuto pensare suo padre e Monica a trovarli così. Erano adulti e vaccinati ormai, ma solo adesso sembrò rendersi conto che una eventuale relazione con Matt avrebbe potuto rompere certi equilibri nella vita di suo padre, e lei non lo voleva.

«Ciao ragazzi» esordì Gregory, salutandoli da lontano con un cenno.

I ragazzi risposero, e Matt poco dopo si alzò dal divano, fece per andarsene ma prima si rivolse un'ultima volta ad Ashley. Sorrise nel vederla sconvolta in viso ma nel senso positivo del termine.

«Visto che ti ho risposto a una domanda scomoda, stasera farai tu qualcosa per me.» le disse con tono che sembrava non promettere nulla di buono.

Ashley trasalì, che cosa significavano quelle parole? Che avrebbe dovuto fare? Ingoiò rumorosamente e aspettò il continuo della frase come una condannata a morte.

«Stanotte andremo in spiaggia e ci tufferemo in acqua» le propose.

Ashley tirò un sospiro di sollievo, chissà perchè il suo cervello aveva pensato a qualcosa di sconcio, come le venivano in mente certe cose a volte non se lo sapeva spiegare.

«Ok» rispose, ma subito dopo analizzò meglio le parole del ragazzo. Tuffarsi in mare, di notte? Era proprio quello che intendeva?

«Aspetta, in che senso, scusa?» domandò per chiarire meglio, con la fronte corrucciata.

Matt sorrise pensando a quanto fosse adorabile quando faceva cosí, mentre si passava una mano fra i capelli.

«Proprio quello che ho detto, andremo in spiaggia e ci faremo il bagno a mare».

L'espressione di Ashley continuava ad essere perplessa. Capì allora che era una cosa nuova per lei e ne fu ancora più felice. Gli piaceva farle sperimentare nuove esperienze.

«Non ci sei mai stata in spiaggia di sera?» le chiese.

«Ma certo – ribattè Ashley quasi offesa di essere stata considerata come una aliena che certe cose non le ha mai fatte – ma non mi sono mai tuffata, insomma, farà freddo e poi è scomodo e ..» ma Matt non la fece terminare, bloccandole le parole sulla lingua.

«Tu vieni stasera e poi mi dirai, intesi?». Ormai conosceva quel tono. Non si poteva rifiutare, e poi in realtà Ashley sentì di nuovo dentro di sè l'adrenalina per la scoperta di qualcosa di mai fatto prima. Se questo comprendeva anche Matt era ancora meglio.

«Intesi» rispose decisa.

Rimase per un attimo sola nel divano, ma presto avvertì una presenza sempre più vicina e a giudicare dal rumore dei tacchi, si sentì di escludere con certezza che fosse suo padre.

Infatti, come temeva, era Monica, si era seduta accanto a lei con garbo, evitando accuratamente di lasciare pieghe antiestetiche sulla sua gonna rosa cipria. Aveva sistemato delicatamente con le mani i capelli leggermente mossi dietro la schiena e accavallato una gamba con grazia. Quella donna trasudava classe da tutti i pori.

Ashley si irrigidì, era davvero molto anomalo che Monica prendesse l'iniziativa di sedersi accanto a lei senza suo padre. Avevano sempre evitato di rimanere da sole, per non dover iniziare qualche discorso solo per riempire un silenzio altrimenti inevitabile.

«E dunque Ashley – cominciò dandole i brividi – stai trascorrendo delle giornate piacevoli qui?» chiese piegando le sue bellissime labbra rosse in un sorriso angelico.

Era una domanda trabocchetto di sicuro, pensò Ashley atterrita. La sua reputazione con lei dipendeva da quali risposte avrebbe dato, si sentì come un imputato interrogato a un processo.

«Si, mi sto davvero divertendo molto, grazie!» rispose educata, sfoderando uno dei suoi migliori sorrisi.

Monica la osservò attentamente, come se cercasse un indizio sul suo corpo per confermare qualche sua teoria, poi diede fiato nuovamente alla sua bocca.

«Mi fa piacere, e inoltre, non ho potuto fare a meno di notare che stai trascorrendo molto tempo con mio figlio» Eccola là la fregatura!

Perchè tutte le conversazioni spiacevoli che stava intrattenendo quell'estate comprendevano sempre una domanda su Matt e su cosa stessero tramando loro due?

'Che stia pensando che tra noi ci sia del tenero e voglia dirlo a mio padre?' pensò terrorizzata.

«Si, ogni tanto usciamo insieme in gruppo, Matt è simpatico» provò a rispondere.

Certo, simpatico. Simpatico era l'unico aggettivo decente che avesse trovato per non sembrare equivoca.

'Complimenti per l'originalità Ashley – si ripetè – sembri più finta di quei dannati fiori all'ingresso!'

Lasciò che i capelli le ricadessero un pò davanti agli occhi per nascondersi. Da bambina, quando li portava lunghissimi, lo faceva spesso per camuffare il viso dopo che aveva pianto e ancora adesso le capitava di ripetere inconsciamente quel gesto quando si sentiva in difficoltà.

«Capisco» fu la fredda e asettica risposta.

Capì che non le avrebbe cavato altre informazioni. Il suo viso era ritornato quello glaciale di sempre.

Si alzò per avviarsi in cucina, ma prima le rivolse un'ultima raccomandazione che ebbe l'aria di suonare come una sentenza.

«Stai attenta a Matt, è un ribelle nato, come puoi notare non parla nemmeno con me e sono la donna che l'ha partorito – gli occhi le si ridussero a due fessure per quanto li aveva stretti per la tensione – non vorrei che ti facesse soffrire, sembri così delicata».

«Non preoccuparti, so cavarmela – aveva allora ribattuto, mossa dal fastidio nel sentirsi etichettata per l'ennesima volta come fragile – e comunque penso che Matt sia un ragazzo straordinario, quando lo si impara a conoscere». Le sue parole colpirono Monica come lame. Ashley si rese conto di avere forse esagerato, ma non aveva sopportato quell'aria di superiorità nel giudicare sia lei che Matt.

Monica le gettò un'occhiata di disprezzo, poi girò i tacchi e per quella giornata non le rivolse più uno sguardo.

Ashley era a dir poco allibita: sembrava che l'universo intero fosse contrario a che lei e Matt si frequentassero. Forse avrebbe dovuto dare ascolto a tutti quei segnali e lasciare perdere. Richiuse la porta della sua stanza e poggiandoci la schena vi scivolò fino a sedere a terra, circondandosi le ginocchia con le braccia.

Si dice che quando tutto sembra andare contro qualcosa allora non è destino e magari era quello il caso.

Poggiò il viso sulle ginocchia e socchiuse gli occhi, lasciando che i capelli le sommergessero un lato della faccia.

Ci fosse stata sua madre le avrebbe sorriso, fatto una carezza e detto che sarebbe andato tutto bene, che qualunque cosa la facesse stare male l'avrebbe sconfitta, perchè era una ragazza forte.

Sorrideva sempre sua madre, anche nelle avversità e a lei aveva sempre dato fastidio quell'atteggiamento, perchè le sembrava inutile e stupido, perchè era convinta che se qualcosa doveva andare storto, ci sarebbe andata comunque. Le rispondeva sempre mettendole il muso e sbuffando.

E invece adesso le mancava tanto, forse per la prima volta l'avrebbe voluta con lei a proteggerla da tutti quegli sguardi malevoli, ad abbracciarla e sussurrarle che le voleva bene. Si sentì così sola.

«Mamma, ho sbagliato tutto con te» disse pianissimo tra sè e sè.

La verità era che in quel momento, buttata a terra come uno straccio, sola in quella stanzetta, sola con le sue emozioni, l'aveva finalmente capito perfettamente.

Che Matt le piaceva, e pure tanto.

Stare con lui, parlarci, stuzzicarsi a vicenda, erano tutte cose che la facevano stare bene, le facevano scordare i problemi, i pensieri, si sentiva persino una persona migliore, capace di affrontare il mondo intero, senza più paure, senza più pregiudizi, libera, ma allo stesso tempo lo conosceva da così poco e tutte quelle sensazioni che la scuotevano la spaventavano a morte. Non le aveva mai provate per nessuno e la spaventavano a morte, eppure erano così diversi loro due che le sembrava impossibile.

Rimase a terra accovacciata per un'ora almeno, finchè qualcuno non bussò alla sua porta: era Matt ovviamente, che veniva a chiamarla per andare in spiaggia.

Era martedì e di notte la spiaggia in alcune zone non era frequentata quasi per niente, tranne che nel fine settimana, il che avrebbe permesso loro di stare tranquilli senza essere disturbati.

Ashley seguì Matt in silenzio e adesso che aveva ammesso a sè stessa quella verità scomoda lo guardava con occhi diversi, con occhi consapevoli.

«Qui va bene, mi sembra tranquillo» affermò lui, esaminando la zona.

Ashley annuì e cominciò a stendere il suo telo, aiutandosi con la luci dei fari della strada, che arrivavano fino alla spiaggia e con una torcia che Matt aveva portato per sicurezza.

«Va tutto bene?» le chiese, notandola un pò pensierosa.

L'acqua del mare appariva nera e davvero poco invitante, ma era con Matt e sentiva che niente di male le poteva succedere. I suoi pensieri erano rivolti ad altro.

'No che non va bene, perchè mi sa che mi sto innamorando di te ed è un casino!' avrebbe voluto urlare, ma ovviamente non poteva.

Lo guardò, e si chiese se anche lui provasse lo sconvolgimento che aveva dentro e perchè adesso fossero lì da soli e sembrasse tutto così perfetto. E perchè era così bello quando le sorrideva e i suoi occhi si piegavano leggermente verso l'alto, illuminandogli il volto.

«Ssi» balbettò e cominciò subito a spogliarsi, ma Matt le bloccò le braccia. Ashley aggrottò le sopracciglia senza capire.

«No, non ti spogliare – poi rise risentendo quanto bizzarra poteva sembrare quella frase detta da un ragazzo – si, so che suona strano che io stia dicendo questo a una ragazza, non mi dispiacerebbe affatto che ti spogliassi – precisò, facendola arrossire e ringraziare che fosse buio intorno e non potesse vederla chiaramente in viso – ma ci tufferemo vestiti, è più divertente!»

«Ma – tentò di ribellarsi – come si fa, cioè, si inzupperanno tutti e poi sarà difficile muoversi e.. » il suo flusso nevrotico di parole venne interrotto da un dito di Matt che le fermò le labbra dal continuare.

«Che ti importa dei vestiti, del disagio, siamo qui adesso e siamo liberi, prova per una volta, buttati!»

Ashley gli sorrise, era vero, doveva lasciare stare quella sua parte rompiscatole e fare una cavolata per una volta.

Matt le prese una mano per guidarla e lentamente si immersero. Al contrario di come pensava lei, l'acqua notturna era tiepida e piacevole e la sensazione di immergersi in quel mare nero era inquietante ma anche suggestiva.

Cominciarono a scherzare e a ridere come niente fosse, nuotando e rincorrendosi, inciampando e finendo sott'acqua e rialzandosi. Finchè, non si sa come, Ashley si ritrovò aggrappata alle sue spalle, mentre i vestiti di entrambi si erano fatti pesanti e si appiccicavano bagnati alla loro pelle, facendola intravedere in trasparenza.

Matt ne approfittò e subito le circondò la schiena con le braccia, stringendosela al petto e cominciando a tracciare col suo naso delle linee sulla pelle bagnata del suo collo, fino a risalire sulla sua guancia e indugiare sul suo viso, con le labbra a un soffio dalle sue.

Ashley gli circondò la vita con le gambe per evitare di perdere l'equilibrio e affondare miseramente in acqua. Non contava più ormai i brividi che le stavano attraversando il corpo da quando Matt aveva cominciato a sfiorarle la pelle con quei tocchi delicati.

Nessuno osava dire nulla, rimanevano così, in assoluto silenzio, con solo il rumore del mare in sottofondo.

Un'onda più potente delle altre riuscì a rompere l'unione tra loro e a costringerli a staccarsi per non perdere l'equilibrio.

Si separarono, ma fu solo per un secondo, Matt le sollevò il viso leggermente, per metterlo in direzione del suo e poggiò le labbra sulle sue, senza lasciarle il tempo di capire quello che stava per accadere.

Erano leggermente socchiuse, umide e salate, per via dell'acqua del mare.

Lei ricambiò, anche se le tremavano le gambe come una ragazzina alla sua prima cotta. Fu costretta ad afferrare la stoffa bagnata della sua maglietta per non sprofondare giù.

Non si aspettava quel bacio ma in un certo senso non ne era rimasta completamente sorpresa.

Matt non approfondì il contatto tra le loro bocche e poco dopo si staccò dal bacio, le loro labbra produssero un lieve schiocco nel separarsi. Lasciò rapidamente il suo mento e si allontanò da lei.

Ashley lo seguì.

L'effetto di quel breve bacio fu sconvolgente.

Per la prima volta nella vita si sentiva libera da tutte quelle domande che era solita farsi e che si era fatta proprio poco prima, su quello che era giusto fare, su quello che bisognava fare e su quello che non si doveva fare.

Non si chiese cosa potesse significare quel bacio, perchè lo aveva fatto e nemmeno perchè le fosse piaciuto.

Non si chiese che implicazioni avrebbe potuto avere nella sua famiglia, né se suo padre si sarebbe arrabbiato se l'avesse saputo.

Si limitò a uscire dall'acqua insieme a lui, prendere le loro cose e risalire a casa, completamente inzuppati.

Era in tutto durato qualche secondo, ma lei sentiva ancora dentro un'adrenalina nuova, guardò Matt accanto, lo vide sfilare una sigaretta, accendersela e fumarla, e poi voltarsi verso di lei e farle un sorriso. «Non ti chiedo se vuoi un tiro perchè so già la risposta» le chiese, ma Ashley, stupendolo, gli sfilò la sigaretta dalla mano e se la portò alle labbra.

Sì, per stasera non voleva pensare, voleva solo godersi quel momento.

Sapeva che la solita Ashley paranoica sarebbe potuta tornare da un momento all'altro, ma non le importava.

Matt le buttò un'occhiata curiosa e poi le mise un braccio attorno al fianco e la strinse a sé.

Non negò a sé stesso che quello che gli passava nella testa era salire a casa e finire a letto con lei, ma per qualche strana ragione sentì che non doveva essere così, che lei non era come Jenny o come le altre.

E per adesso era perfetto così.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


 

Capitolo 12

 

Chissà qual era quella misteriosa ragione per cui, nell'esatto momento in cui le labbra di due persone si incontrano per la prima volta, questo semplice gesto fa nascere tra loro una confidenza nuova, più intima, come se si abbattesse un ulteriore muro, una barriera.

Questo si chiedeva Ashley quella notte, lungo la strada del ritorno, con una mano di Matt che le cingeva il fianco, la presa sicura ma delicata, e lei, che a sua volta lo stringeva, senza più traccia di imbarazzo, solo naturalezza nel sentire la consistenza del suo corpo sotto le sue dita, come se ogni cosa stesse andando come dovesse.

In quel momento si sentiva in equilibrio con sè stessa, con la terra, con i pianeti, le stelle e l'universo intero. Aveva le spalle coperte da un'asciugamano, i capelli gocciolanti stavano lasciando tracce del suo passaggio sull'asfalto, il vestitino che aveva indosso era completamente inzuppato e le si appiccicava alle cosce ogni passo che faceva, rendendola impacciata nei movimenti, e Matt era conciato all'incirca allo stesso modo. I suoi capelli bagnati sembravano più lunghi e si prolungavano oltre la nuca fino al collo, rigandoglielo di acqua salata, che poi arrivava alla sua maglietta nera, bagnata anch'essa. Ogni tanto qualche passante lungo il tragitto li aveva guardati con disapprovazione o con meraviglia, o semplicemente aveva sorriso al vederli in quelle condizioni nel bel mezzo della notte.

Ma la cosa fantastica era che ad Ashley non fregava un emerito accidente.

Che li guardassero pure, che ridessero, che pensassero che erano pazzi, nessun giudizio più contava, quello che importava era come si sentiva lei. Un tempo avrebbe dato importanza a tutti i commenti o gli sguardi, avrebbe corretto i comportamenti giudicati sbagliati, si sarebbe nascosta dietro un'immagine perfetta, ma tutto era cambiato ed era maledettamente bello e appagante.

Si staccarono solo giunti vicino all'auto, Ashley esitò ad entrare, timorosa di bagnare e rovinare sedili e quant'altro, ma vide Matt sistemarsi sereno al posto di guida, sporgersi verso di lei e invitarla dentro «Vai tranquilla, fanculo, l'acqua si asciugherà, non è una limousine!» la incoraggiò. E il bello di lui era proprio quello, che non gli importava dell'apparenza o di avere tutto impeccabile, non gli interessava come alcuni, tra cui il suo ex, fare attenzione per avere la macchina perfetta e curata, lui si viveva le emozioni, anche se sporcano, anche se lasciano tracce, anche se fanno male.

Arrivarono dinanzi la porta di casa che era quasi l' una di notte e straconvinti di trovare la casa buia e silenziosa.

Invece, per loro grande sorpresa, non appena varcata la soglia li accolse il lampadario del salone illuminato a festa e Gregory e Monica, comodamente seduti sul divano insieme a una coppia di amici, altrettanto seri e composti, intenti a discutere e bere vino costoso.

Tutti e quattro si voltarono a osservare sbalorditi i due ragazzi, rincasati in piena notte, fradici dalla testa ai piedi, vestiti compresi.

Matt ed Ashley si bloccarono a loro volta, rimanendo impalati ma per nulla imbarazzati.

«Buonasera, ciao papà» salutò Ashley, rivolgendosi prima agli invitati e poi al padre, con un elegante cenno della testa, che faceva a pugni con il suo aspetto, per nulla ordinato in quel momento.

«Salve a tutti» disse altrettanto candidamente Matt, sollevando una mano.

Monica era diventata una statua di ghiaccio, aveva lo sguardo tra l'inorridito e chi sta per compiere un omicidio. Ashley pensò che in fondo era solo poco peggio di quando la guardava normalmente, pur essendo vestita ordinata, ben pettinata e gentile, tanto valeva sorridere e divertirsi.

«Ciao tesoro – rispose al saluto Gregory – ma cosa vi è successo?» chiese, dando un'ulteriore sguardata a entrambi i ragazzi, raddrizzandosi meglio gli occhiali sul naso.

«Siamo stati in spiaggia e abbiamo fatto un tuffo, l'acqua era splendida!» rispose come fosse la cosa più normale della terra.

«Vestiti?» domandò ancora, con espressione stupita, ma anche con un impercettibile sorriso: non vedeva sua figlia così spontanea e raggiante da tanto tempo e non poteva che esserne felice, da padre. Se quello era anche merito di un po' di pazzia di quel ragazzo, beh, tanto di cappello.

«Certo, è ancora più divertente!» sorrise Ashley, mentre accanto a lei Matt ne fu orgoglioso. Finalmente riusciva ad esternare quello che provava davvero, senza preoccuparsi di chi c'era e di cosa potesse apparire. Era rimasto in silenzio perchè aveva capito che voleva essere lei a prendere parola e a parlare, come una sorta di catarsi.

Gregory non andò oltre, la sincerità di Ashley lo spiazzò e fu in quell'esatto secondo che le ricordò la sua ex moglie, Nancy. Le somigliava tantissimo, spigliata, anche un tantino irriverente e solare. Ne fu comunque contento, sapeva che Nancy aveva problemi nel relazionarsi a sua figlia e chi lo sa se qualcosa stava cambiando ed Ashley avesse scoperto una nuova parte di lei. Magari al ritorno sarebbe migliorato anche il loro rapporto.

«Matthew esigo una spiegazione!» ringhiò Monica, chiamandolo col suo nome intero, il che non era affatto un buon segno. Aveva il viso tirato e pallido, le labbra strette e la fronte aggrottata in un'espressione di odio. Aveva cominciato a battere un piede a terra ritmicamente, come un tic nervoso. Tra quei due c'era qualcosa sotto e quello che più la faceva imbestialire era che Ashley le era sembrata fin dalla prima volta che l'aveva vista, una ragazza fragile, educata, certo, ma solo perchè aveva mantenuto i contatti con Gregory, di certo non degna di particolare nota e invece, era riuscita a insinuarsi nel cuore di suo figlio e poteva vederla davanti ai suoi occhi increduli quella intesa, quei sorrisi, e Matt non sorrideva mai con lei se non per lanciarle qualche ghigno di sfida.

Non aveva ancora dimenticato la sua insolenza di quel pomeriggio nel risponderle a tono. Non appena aveva tentato di metterla in guardia da Matt, l'aveva difeso come fosse la cosa più preziosa al mondo, e aveva persino insinuato che lei, che era sua madre, non lo conosceva.

Ma si sa, spesso ci si arrabbia di più quando la verità viene sbattuta in faccia e non la si vuole accettare.

«è proprio come ha già detto Ashley, non ho nient'altro da aggiungere – rispose calmo – e ora, scusate l'interruzione, ma vado a cambiarmi» concluse, dirigendosi al piano superiore.

Ashley fece un breve inchino verso gli ospiti «Arrivederci e scusate!» esclamò, precipitandosi a seguire Matt sù per le scale, fino a raggiungerlo e sghignazzare con lui per la scenata appena accaduta.

Si sentiva come un fiume in piena che ha rotto gli argini e non riesce più a contenersi, essere così schietta era una sensazione talmente bella che sperava tanto non l'abbandonasse più.

Si fermarono davanti alla porta della stanza di Ashley, Matt fece un passo in avanti verso di lei.

«Mi sei piaciuta un sacco poco fa, sei stata grande!» le disse a bassa voce.

«Ho solo detto quello che volevo davvero, senza filtri – abbassò un attimo gli occhi – credo di non averlo fatto mai, prima d'ora»

«E come ti senti?» le chiese, spostandole dei capelli umidicci davanti alla bocca.

«Una meraviglia, ed è un po' anche grazie a te» gli disse, alzando lo sguardo al suo livello.

Matt ebbe un fremito perchè nella vita pensava di essere sempre stato un fallimento per la maggior parte delle persone che avevano avuto a che fare con lui, un disastro, un caso senza speranza e invece quella ragazza lo stava ringraziando sinceramente, aveva avuto un ruolo nella sua vita e pareva anche fosse stato positivo. Il suo cuore si riscaldò.

«Bene - disse solamente – adesso, siccome sono un gentiluomo, ti lascerò usare il bagno per prima, buonanotte allora» e si diresse verso la sua camera in fondo al corridoio.

«Buonanotte»

Non ci fu alcun contatto fisico tra loro, sebbene entrambi avessero ancora nitido nella mente quello che era successo poco prima in acqua.

Ashley rimase ferma a guardarlo scomparire nel buio, con la voglia di rincorrerlo di nuovo, fermarlo e stare ancora svegli a parlare, a ridere e a tenersi stretti, ma si costrinse a tornare in sè, rientrò in camera e cercò nell'armadio l'occorrente per cambiarsi, farsi una doccia e lavare via le tracce di quella serata così allucinante.

Una volta pulita e coi capelli asciutti e morbidi, si mise a letto, ma non faceva altro che rigirarsi senza sosta, come se sotto di lei il materasso fosse pieno di sassi. Si passò un dito sulle labbra, proprio dove qualche ora prima Matt aveva poggiato le sue.

Già, era successo davvero, non l'aveva sognato.

Era stato un bacio casto e niente più, ma aveva avuto un potere enorme su di lei, l'aveva sconvolta come fosse stato il suo primo bacio in assoluto.

Era forse perchè quel contatto l'aveva desiderato, seppur inconsciamente, da giorni?

Sospirò per l'ennesima volta e voltandosi dal lato in cui il letto incontrava la parete della stanza, si trovò a sfiorare il muro con la mano, pensando che, solo a qualche metro più avanti, oltre quello strato di cemento, ci fosse Matt, sdraiato sul suo letto, e a quel punto i suoi pensieri corsero veloci come un treno, prima che potesse frenarli facendo buon uso della sua razionalità consueta.

Immaginò come dovesse essere trovarsi a letto, insieme a lui.

Di scatto di mise a sedere, spalancando gli occhi e col respiro affannoso, portandosi una mano sul petto per contenere i battiti del suo cuore. Se continuava così rischiava un infarto prima della fine della vacanza.

Per fortuna il suo autocontrollo era intervenuto, anche se in ritardo, per evitare di andare oltre con l'immaginazione.

Afferrò la bottiglia di acqua che teneva sul comodino e si riempì un bicchiere, per poi portarlo alla bocca rapidamente, per trarne sollievo. Era calda ma le sembrò comunque rinfrescante rispetto ai pensieri bollenti che stava avendo.

Riprese il controllo del suo respiro e del battito e si fece aria con le mani sul volto sudato, ripetendosi internamente di smetterla più e più volte, come un mantra.

' Cazzo, ho 21 anni non 16 ' si rimproverò. Non aveva avuto molte esperienze, ma pensava di aver superato da tempo la fase dell'innamoramento selvaggio e incontrollato e invece stava lì, insonne, dopo un bacio da un ragazzo che fino a due settimane prima non aveva nemmeno considerato come persona con cui parlare, figurarsi come oggetto di interesse romantico.

Lentamente si distese nuovamente sul letto, con le mani incrociate sul ventre e gli occhi fissi sul soffitto.

Inaspettatamente balzò in mente un altro pensiero, completamente diverso da quello precedente, ma ugualmente martellante: Monica.

Anche se era stato liberatorio ribatterle per le rime il giorno prima e anche se considerava allettante l'idea di ignorarla del tutto, un po' come faceva suo figlio, sentì un'inquietudine dentro, che le suggeriva come, forse, quella non era esattamente la soluzione giusta.

Innanzitutto, restava comunque la compagna di suo padre e non voleva creare problemi tra loro o comportarsi come le classiche figlie che non sopportano le nuove fidanzate dei padri. Era adulta e non una bambina capricciosa.

E poi, non riusciva a credere che quella donna fosse davvero così, perchè aveva trovato suo padre in forma e sereno e lui non era il tipo da fingere felicità che non esistevano, anzi, quando c'era anche una minima cosa che gli dava fastidio, tendeva subito a indossare un'espressione cupa e seriosa. Non era nemmeno il tipo da necessitare a tutti i costi una donna accanto, al contrario, era molto selettivo e dopo sua madre, le storie con altre donne non raggiungevano neppure tutte le dita di una mano.

Se lui stava con Monica e ci stava bene, voleva dire che la sua vera natura fosse un'altra e che evidentemente lei la mostrava solo a lui, come un lato nascosto, ma che in tal caso era un lato positivo, e questo tormentava Ashley, perchè non comprendeva cosa avesse fatto lei di sbagliato per meritarsi, invece, la sua parte peggiore. Ci doveva essere una spiegazione ed era determinata a scoprirla, anche perchè qualcosa le diceva che avesse a che fare con Matt. Senza dubbio il suo passato non doveva essere stato roseo e spesso non tutti affrontiamo i problemi allo stesso modo, magari quello era l'unico modo che aveva adottato per difendersi da un dolore che si portava dentro da troppo tempo. Non potè evitare il paragone con la sua di madre. Anche lei doveva soffrire parecchio e doveva aver sofferto in passato, a ogni fine delle sue relazioni, ma il suo carattere allegro e esuberante la portava a non abbattersi e a non mostrarsi mai afflitta e soprattutto a non cedere all'orgoglio e chiudersi in sè stessa. Monica era un tipo fortemente orgoglioso e poteva essere stato il suo carattere a renderla fredda e barricata dentro una corazza.

Suonava quasi come un suicidio, ma decise l'indomani di parlarle. Avrebbe tentato, anche a costo di ottenere l'ennesima delusione.

Con quel proposito coraggioso, riuscì finalmente ad addormentarsi.

 

La mattina dopo si alzò ricaricata e con l'obiettivo di riuscire a beccare Monica da sola, in modo da poterle parlare senza nessuno attorno. Doveva essere una conversazione a quattr'occhi.

Scese in cucina e non vi trovò nessuno. Erano le 9 e suo padre, ormai in ferie, doveva essere uscito presto con Monica, per una passeggiata o per il mare. Non era un amante della confusione e della gente stipata a meno di un metro di distanza tra loro in spiaggia, quindi sceglieva sempre le ore meno frequentate per andarci, proprio come quelle prima delle 10 del mattino.

Sbadigliò e si mise comoda sulla sedia, dopo aver preso un pò di frutta per fare colazione.

Poco dopo vide giungere anche Matt, non era raro che i due si ritrovassero la mattina a fare colazione insieme, visto che spesso gli orari in cui si alzavano coincidevano.

Si scambiarono il buongiorno, poi lo osservò armeggiare di spalle con la macchina del caffè, indugiando non poco sulla sua schiena nuda. Si ostinava a non indossare la maglietta quando scendeva la mattina, nonostante i ripetuti richiami di sua madre a usare un po' di decenza, visto che non era solo in casa.

Non che ad Ashley dispiacesse tanto, in fondo.

Una volta versato il caffè in una tazzina, si voltò verso di lei, studiandola nei movimenti, mentre finiva di mangiare gli ultimi acini di uva.

«Quindi, ieri ti è piaciuto?» chiese diretto, riportando l'attenzione sulla macchina del caffè per pulirla e staccarla e dandole nuovamente le spalle.

Ashley rischiò di strozzarsi e tossì di riflesso: che domanda era quella e a cosa si riferiva?

Per caso al bacio? Perchè come prima cosa, invece di pensare alla serata in generale era andata subito a puntare su quel bacio?

Si sentì avvampare, di imbarazzo ma anche di ansia e si maledì per essere sempre così emotiva da arrossire per ogni sciocchezza. Oddio, tanto sciocchezza non era, insomma, quanto meno per lei, lui era abituato sicuramente a fare cose molto più spinte. Che figura da ragazzina che stava facendo, si vergognò da morire. Intanto non era ancora riuscita a spiccicare una parola.

Matt venne in suo soccorso per dissipare ogni dubbio. «Intendo il mare» precisò girandosi verso di lei e trovandola proprio come immaginava, rossa e dolcemente in imbarazzo. Quello che non sapeva Ashley era che lui impazziva per quel suo lato, capace di emozionarsi anche per un bacio, per un semplice abbraccio o persino per una carezza. Perchè faceva apparire ogni gesto come importante, dava loro un peso, un senso, e niente era più scontato, banale o svenduto. Quante ragazze aveva conosciuto che la davano via come niente fosse e nemmeno un barlume di emozione nei loro occhi,nessuna scintilla, come se stessero facendo cosa normalissime, come dormire o mangiare. Come una routine. Anche lui era stato così, superficiale e freddo con i sentimenti, ma con lei stava riscoprendo la magia di non sottovalutare o banalizzare nulla, e ogni volta che l'aveva sentita tremare sotto le sue mani, aveva tremato anche lui dentro, scosso da quei brividi che non provava da secoli.

«Oh – esclamò Ashley, ripresasi dalla confusione mentale – si, era bellissimo, un po' inquietante ma bello!» rispose rilassandosi.

Matt fece il giro del tavolo passandole alle spalle, si abbassò dietro di lei e le scostò i capelli da un lato del collo per scoprirglielo, fino a portarsi vicino al suo orecchio.

«Il bacio so che ti è piaciuto» le soffiò, per poi rimettersi dritto e andarsi a sedere di fronte a lei.

Ashley aveva fatto male ad abbassare la guardia, ed ecco che l'aveva annientata, ancora.

' Che bastardo!' pensò dentro di sè, mentre cercava di darsi un contegno.

«Fossi in te non farei così tanto il gradasso!» cercò di ribattere, assumendo una finta aria offesa, ma risultando semplicemente buffa.

Matt rise, il viso gli si illuminò. «Vuoi dirmi che non è la verità, allora?» la provocò nuovamente.

«Io ho finito, sono di fretta, ho altro da fare!» eluse strategicamente la domanda, alzandosi e correndo subito via, senza soffermarsi più di tanto. Ammettere davanti a lui che era stata la cosa più bella della serata non le pareva il caso.

Si chiuse in camera, aspettando il rientro di Monica e il momento giusto per intraprendere una conversazione con lei. Certo che Matt si ci metteva proprio d'impegno a farle perdere la concentrazione!

Quel momento arrivò dopo pranzo, quando Gregory si era allontanato per riposarsi un po' in camera e Matt non era ancora rincasato dalle prove con la sua band.

Ashley osservò Monica mentre riponeva i piatti in credenza e riordinava la cucina.

Indugiò giusto un attimo. Certo decidere di parlarle proprio il giorno dopo quella figuraccia non era stata forse una grande idea. Fu lì per lì per ripensarci e girare i tacchi, ma poi si disse che doveva provare, che non poteva buttare via tutta quella determinazione che aveva avuto fino a poche ore prima.

Inspirò una bella boccata d'ossigeno e si parò all'ingresso della cucina, con le mani intrecciate dietro la schiena.

Tossì leggermente per informarla della sua presenza, Monicà si voltò e le sferrò un'occhiata gelida, prima di rigirarsi e continuare le sue faccende. Non doveva aver digerito la sfrontatezza della sera prima.

La sicurezza si Ashley vacillò, mentre le mani cominciarono a sudarle, ma continuò comunque ad avanzare, ormai certa di voler andare fino in fondo.

«Monica» richiamò l'attenzione della donna, chiamandola per nome.

Lei si voltò nuovamente, scura in volto e infastidita, ma stavolta interruppe ciò che stava facendo e rimase immobile a fissarla.

«Io volevo chiederti scusa per ieri, forse ho esagerato» iniziò, aspettando pazientemente una risposta.

«Presentarvi in quelle condizioni davanti agli ospiti, direi che avete proprio esagerato!» sbottò, tornando a occuparsi dei piatti.

«Non intendevo quello – continuò Ashley, guadagnandosi una sua occhiata incuriosita – mi riferisco a ieri pomeriggio, quando mi hai parlato di Matt» terminò a fatica.

Gli occhi di Monica lasciarono trapelare una certa meraviglia, non si aspettava che Ashley avesse l'ardire di presentarsi lì e scusarsi per quella conversazione. Abbassò lo sguardo, rimanendo ferma.

L'aria si era riempita di tensione così densa che sembrava di poterle vedere tutte quelle vibrazioni che scuotevano lo spazio tra le due, come scariche elettriche.

«Non intendevo insinuare che tu non conosci Matt, ci mancherebbe altro – proseguì – solo che in questi giorni qui, abbiamo parlato tanto e – fece una piccola pausa, perchè quello che stava per dire la toccava nel profondo – mi ha aiutata ad affrontare problemi che mi portavo dentro da tanto e, non so come abbia fatto e nemmeno perchè sia successo, ma è successo» disse decisa, ma accompagnando quella sicurezza alla fatica a sostenere il suo sguardo. Non voleva vederla in viso, adesso che si stava mettendo a nudo.

Monica non potè negarlo: non si aspettava che quella ragazzina avrebbe avuto il coraggio di affrontarla così e per un attimo perse quell'aria austera e superiore che la caratterizzava. La ammirò, dopotutto, perchè era venuta da lei a parlarle, a chiarire, anche se questo non bastava a cancellare la sua rabbia, non ancora.

«Conosci mio figlio da due settimane – parlò finalmente dopo quel silenzio – io l'ho messo al mondo e ti posso assicurare che non è facile avere a che fare con una personalità forte come la sua, finisci per rimanerne schiacciata e l'unica cosa che ti rimane da fare a quel punto è arrenderti»

Matt aveva una personalità forte, ma non valeva lo stesso per Monica? Ashley riusciva a conquistarlo con le sue maniere dolci e delicate, ma uno scontro tra due caratteri così non poteva che produrre danni e incomprensioni. Doveva essere tutta lì la chiave della rovina del loro rapporto madre-figlio.

«Mi dispiace tanto che tra voi si sia creato questo vuoto, perchè.. - voleva andare avanti e spiegarle che lo capiva bene perchè in un certo senso ci stava passando anche lei con sua madre, anche se in forma meno drastica, ma non ne ebbe il coraggio, sopraffatta dalla pressione di quel momento e dalla paura che nominando sua madre, che era comunque l'ex moglie di Gregory, avrebbe peggiorato la situazione – non è così che dovrebbe essere, ma sono sicura che Matt ti vuole bene, perchè con una mamma non si può fare altrimenti!» concluse stremata, ansimando come se avesse fatto una corsa e fosse finalmente arrivata alla fine.

Monica sbarrò gli occhi, quelle parole la colpirono nel profondo. Davvero stentava a crederci che Matt provasse ancora affetto per lei, ma se davvero Ashley avesse avuto ragione? Non voleva ammetterlo ma quel pensiero le riaccese una speranza nel cuore. I suoi occhi si addolcirono per qualche secondo, al pensiero che quel rapporto si potesse ricucire, ma presto scosse la testa, ritornando seria.

«Sei una ragazza intelligente, mia cara, - si rivolse a lei col solito tono gentile – e apprezzo le tue scuse, ma non puoi capire quello che c'è dietro, mi dispiace, io volevo solo metterti in guardia, perchè Matt è imprevedibile e – si avvicinò di qualche passo a lei, guardandola intensamente negli occhi – tu ti sei innamorata di lui, non è vero?»

Ashley trasalì e fu incapace di proferire più nessuna frase di senso compiuto. Non riuscì nemmeno a negare quell'affermazione perchè qualcosa glielo impedì. L'aveva sconfitta, ancora una volta, o almeno così pensò.

Monica la sorpassò e uscì dalla stanza, senza aggiungere altro.

Ashley l'aveva sorpresa e non negativamente. Sembrava avere colto qualcosa di vero nel loro rapporto, e le era sembrata sinceramente dispiaciuta. Non c'erano doppi fini in lei, non c'era cattiveria nelle sue parole, nè arroganza. Le aveva dato una lezione di umiltà e di coraggio. Che stesse sbagliando a trattarla con così tanta freddezza?

Forse stava davvero sbagliando tutto con quell'atteggiamento, senza nemmeno rendersene conto. Si ritirò in camera sua, i suoi occhi avevano perso ogni traccia di superiorità, adesso erano solo tristi.

 

Dopo quella conversazione terrificante Ashley si era rintanata in salone a suonare il suo adorato pianoforte, che aveva un effetto calmante su di lei ogni volta che era triste o affranta. Accarezzare quei tasti era terapeutico e antistress e riusciva a risollevarle un minimo il morale.

Non era pentita di aver parlato con Monica, anche se aveva sperato in un finale diverso. Non le era sembrato di averla smossa più di tanto, anche se a tratti aveva scorto un cambiamento nei suoi occhi, un ammorbidimento. O forse se l'era solo immaginato.

Pazienza, era meglio aver tentato che avere rimpianti.

«Dove ho già rivisto questa scena?» la interruppe all'improvviso Matt, appena tornato a casa.

Ashley si voltò e sorrise appena, ancora non del tutto ripresasi da quel confronto.

Matt faceva riferimento alla loro prima conversazione, lì davanti al pianoforte, ma a parti inverse. Era stata Ashley a sorprenderlo che suonava e a essersi fatta avanti.

«La prima volta che ci siamo parlati è stato qua» rispose Ashley, ricordando perfettamente, mentre Matt si accomodava accanto a lei.

«Infatti – confermò Matt, posando lo sguardo sulla tastiera – quella volta, sai, non mi sarei mai aspettato da te che arrivassi così e abbattessi il muro che aveva messo sù, non mi ero fatto una bella idea di te, ero come uno dei tanti stronzi che ti avevano giudicata» disse dispiaciuto, con lo sguardo perso nel vuoto.

Ricominciò subito «Ma l'ho capito subito che idiota ero stato, diciamo che mi sono ripreso in corsa» la buttò sullo scherzo, strappando un sorriso ad Ashley.

«Sono contento che quel giorno tu sia venuta qua e che mi abbia rivolto la parola» le confessò, serio.

Da dove veniva tutto quel sentimentalismo se lo chiedeva pure lui, ma stava così bene da fregarsene adesso di analizzare la situazione.

«Anche io lo sono» fu tutto quello che Ashley riuscì a dire. Era stata una giornata che l'aveva messa a dura prova e adesso era stanca, anche se averlo lì vicino e ascoltare quelle parole dolci, fu come una boccata d'aria fresca.

Matt guardò rapidamente a sinistra verso l'entrata della stanza, per accertarsi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, poi si avvicinò al collo di Ashley e ci poggiò le labbra, cominciando a baciarlo dolcemente. Ashley sussultò lievemente, ma più consapevole adesso di quello che stava succedendo, chiuse gli occhi, intenta ad assaporarsi tutti i brividi che quel contatto stava producendo.

Le labbra di Matt risalirono fino a fermarsi sull'angolo della sua bocca, le sentì morbide premere leggermente, probabilmente per accertarsi che Ashley volesse quel bacio come lui, che anche lei lo desiderasse.

E lei non se lo fece ripetere, prese l'iniziativa, lasciandolo piacevolmente sorpreso e spostò la bocca fino a incrociare quella di Matt, nuovamente. Stavolta però non si fermarono a quel bacio delicato, ma proseguirono con altri, sempre più intensi, sempre più profondi, finchè anche le loro lingue finirono per sfiorarsi e incontrarsi.

Matt allora, con una mano dietro la sua testa, la attirò ancora più forte a sè, mentre lei si appoggiò sulle sue spalle.

Si lasciò travolgere da quei baci, dimenticandosi dove fosse e anche che da un momento all'altro potesse vederla suo padre e non avrebbe avuto idea di come giustificarsi, perchè lei stessa non riusciva a spiegare a parole quel turbinio di sensazione che la percorrevano.

Non era di certo il suo primo bacio, ma Matt aveva un ritmo diverso, la incalzava, le toglieva il fiato, non le dava tregua, e non si stancava mai, rispecchiava in pieno il suo carattere forte anche nel modo in cui la baciava.

All'inizio aveva fatto fatica a stargli dietro, ma presto si era abbandonata a lui e ne era entrata in sintonia. Era passionale e ci sapeva fare, cosa che non meravigliò per nulla Ashley, ed era diverso sia da Tyler che da Richard, gli unici ragazzi che avesse mai baciato.

Le loro labbra avevano ormai formato un incastro perfetto, come se si fossero sempre conosciute e la sua mano aveva preso ad accarezzarle la vita e poi la schiena, con sempre più desiderio, facendola rabbrividire di piacere.

Lentamente e contemporaneamente rallentarono, per prendere fiato, stremati, fino a scambiarsi gli ultimi baci e guardarsi dritti negli occhi, fronte su fronte, mentre i capelli di Matt si erano mischiati coi suoi e le solleticavano il viso.

Quegli occhi che ad Ashley adesso, così vicini, così azzurri, sembravano il mare in cui avrebbe voluto perdersi per sempre, e non facevano più paura, non incutevano timore, erano la cosa più bella che avesse mai visto e guardavano lei.

Con le labbra ancora poggiate sulle sue Matt sorrise, poi si staccò per un attimo e la tirò forte a sè, facendole perdere l'equilibrio. Come conseguenza Ashley si aggrappò a lui, abbracciandolo e posando la testa nell'incavo del suo collo. Stava succedendo tutto così velocemente che non le dava il tempo di pensare o di farsi domande, ma la verità era che non ne aveva voglia se dovevano rovinare quel momento.

Non sapeva cosa Matt provasse per lei, nè perchè l'avesse baciata di nuovo, ma sapeva che la faceva stare bene. Troppo spesso si era fatta paranoie sulle relazioni e sui sentimenti e tutto fino ad allora era marciato sempre nel binario della certezza, prima accertarsi dei sentimenti, poi eventualmente agire e iniziare una storia. Semplicemente non le andava più, voleva solo vivere il momento.

All'improvviso sentì che stava allentando la presa sulla sua schiena, ma lei non voleva lasciarlo, non ancora., aveva bisogno di quell'abbraccio. Come risposta lo strinse ancora più forte, e lui si arrese e tornò a stringerla.

Su quella stessa panca in cui solo due settimane prima, si erano seduti da perfetti sconosciuti.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Ciao a tutte! Questo capitolo probabilmente sembra più di passaggio, ma era necessario per non trascurare i personaggi e per il prosieguo della storia. Ringrazio coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite o seguite, non mi aspettavo nemmeno la metà di quante siete e faccio un ringraziamento in particolare a angy_897 ed eleso_ per le loro recensioni che mi hanno dato tanta fiducia!
Alla prossima!

Capitolo 13


Phoebe si accucciò al suo ragazzo sul divano, lasciandosi circondare le spalle dal suo braccio e poggiando la testa sul suo petto. Aveva finito di lavorare solo un'ora prima e voleva godersi il meritato riposo, mentre aspettava sua madre per la cena.

Peter era passato a prenderla da lavoro e insieme erano andati a recuperare July dai nonni, ne aveva approfittato per salire a salutarli e aggiornarli un po' sui lavori della loro casa, visto che con tutti quegli impegni ultimamente li vedeva davvero poco. Erano rimasti per circa 15 minuti, giusto il tempo per farsi ripetere quanto sembrasse sciupata e sorbirsi la manfrina su come sarebbe stato più consono che si fossero sposati, invece di andare a convivere. Phoebe aveva sorriso accomodante: sua nonna aveva 65 anni e una mentalità all'antica, e qualunque sforzo di farle capire che i tempi cambiavano e che adesso era normale che due giovani innamorati optassero per la convivenza, sarebbe stato vano. D'altronde, con sua figlia Nancy aveva avuto un bel po' di guai, da quando a 17 anni era tornata a casa con un test di gravidanza positivo e tutta quella preoccupazione era più che comprensibile. Quello non era però il suo caso, stava con Peter da sei anni, lavoravano e stavano cercando di programmare tutto per tempo.

Sospirò rilassata, mentre con le mani lisciava le ciocche bionde dei suoi capelli lunghi, controllando accuratamente che non ci fossero doppie punte. Peter guardava un telefilm d'azione in tv e di tanto in tanto le dava un bacio sulla fronte, per farle sentire la sua presenza. Si riteneva davvero fortunata ad aver trovato un ragazzo così, carino e dolce.

July si era posizionata sul tavolo di fianco a loro e stava ricopiando su un foglio i personaggi di un qualche manga giapponese di cui Phoebe non aveva alcuna idea.

«Tra un mese compio 12 anni» esordì all'improvviso.

«Lo sappiamo» fece Phoebe, troppo impegnata coi suoi capelli per darle retta.

«Mamma mi ha detto che sto diventando grande e tra poco succederà qualcosa per cui non sarò più una bambina ma diventerò una donnina»

Phoebe si fermò immediatamente, roteò gli occhi esasperata e guardò Peter «No, non mi dire che stiamo per parlare di "quello"!» mentre il suo ragazzo si portava una mano davanti alla bocca per camuffare le risate.

«Si, intendo proprio il ciclo – affermò serena July, riprendendo a disegnare – spero arrivi presto!» esclamò con naturalezza. A quell'età era normale avere ansia di crescere e non essere più considerate piccole e July si sentiva proprio così, non vedeva l'ora che tutti quei cambiamenti la rendessero grande.

«Credo che non la penserai più così, quando arriverà davvero» la informò annoiata Phoebe.

«La cugina di Amy ce l'ha già, ma lei ha 13 anni» continuò July, senza alcuna intenzione di abbandonare quell' argomento. Era in una fase molto delicata della crescita e sperava che, avendo due sorelle maggiori, avrebbe potuto parlarne con loro.

«Mi pare giusto – Phoebe sbuffò, in evidente difficoltà a sostenere quella conversazione – ma dov'è Ashley quando serve? Non è forse lei quella seria della famiglia, dovrebbe toccare a lei questo discorso imbarazzante!» si lamentò.

Ora che ci pensava era qualche giorno che non sentiva sua sorella, se non tramite qualche breve messaggio. Si chiese cosa stava combinando e se si stesse divertendo.

«Ashley è a mare a spassarsela, la vita è ingiusta!» piagnucolò July, incrociando le braccia sul tavolo e poggiandoci la testa sopra, desolata.

«Tuo padre ti ha portato a mare domenica scorsa, tesoro!» cercò di consolarla la sorella maggiore.

«Un giorno solo, non un mese!» quella ragazzina era proprio inconsolabile.

«C'è chi non ha fatto nemmeno questo, vedi me» disse apatica Phoebe, tra lavoro e casa, lei e Peter non avevano avuto nemmeno un attimo di respiro. Per fortuna che tutto stava procedendo bene e presto sarebbe cominciata la loro nuova vita insieme e quel pensiero le dava la forza di stringere i denti e sopportare.

«La cugina di Amy comunque quest'anno ha anche baciato un ragazzo» riprese l'argomento July.

«Non ce la posso fare – sospirò stanca Phoebe, per poi rivolgersi al suo ragazzo, che si stava ammazzando dalle risate accanto a lei, additandolo – e tu non sei di alcuno aiuto, lo sai vero?».

In quel momento si aprì la porta di casa ed entrò Nancy.

«Oh, grazie al cielo, mamma!» esclamò Phoebe, alzando gli occhi al soffitto. Non era più in grado di gestire la sua sorellina e i suoi dubbi da prepubertà.

Nancy fece un gesto con la mano libera, visto che con l'altra stava parlando al cellulare con qualcuno e presto si capì che si trattava di Ashley.

Era stata proprio lei a prendere l'iniziativa di chiamare sua madre.

In quei giorni di cambiamenti e turbinii di emozioni, sia stupende che un po' meno, aveva sentito il forte bisogno di una voce familiare.

Il giorno prima c'era stata quella conversazione con Monica, il suo tentativo di far riavvicinare lei e suo figlio e poi i baci passionali scambiati con Matt davanti al pianoforte, con l'ansia di poter essere scoperti da un momento all'altro, e saltando in aria a ogni rumore che sentivano provenire dalle altre stanze.

Aveva dormito fino a tardissimo, perchè la notte non era stato facile prendere sonno.

Erano state davvero troppe le emozioni e non le aveva certo previste, quando era partita per quelle vacanze, come faceva ogni estate.

Chiaramente non le aveva raccontato niente, per il momento sentiva di voler tenere quegli eventi solo per sè, e poi lei e sua madre avrebbero dovuto fare una bella chiacchierata al suo ritorno. Aveva solo avvertito la necessità di sentire sua mamma, di sentirsi confortata con il suo tono amorevole.

«Phoebe è lì?» chiese alla madre, avendo intuito che fosse rientrata a casa. Le mancava parlare con lei, anche se a volte non facevano altro che stuzzicarsi a vicenda, erano come cane e gatto, ma sua sorella era un pò come se fosse anche la sua migliore amica.

«Certo che è qui, te la passo subito, ciao tesoro, mi manchi tanto!» le disse Nancy, ma le parole di Ashley la sorpresero e commossero.

«Mi manchi anche tu» aveva sussurrato dall'altra parte della cornetta.

Nancy mollò il telefono a Phoebe, che nel frattempo si era precipitata dal divano, abbandonando la presa del suo fidanzato. Rimase per un attimo confusa a fissare la sua borsa, con un sorriso stampato in faccia. Ashley non aveva mai usato parole così dolci con lei, non aveva mai esternato le sue sensazioni. Quella vacanza le stava facendo bene, per qualche motivo che sconosceva.

«Ashley, non sai quanto ci sarebbe bisogno di te, July mi sta facendo impazzire, mi parla di ciclo, di pubertà e di ragazzi, non posso farcela da sola!» le urlò disperata al telefono, facendola ridere, mentre sedeva a gambe incrociate ai piedi del suo letto.

«E tu, come vanno i lavori della tua casetta?» le aveva chiesto.

«Tutto bene, alla fine sono riuscita a decidermi per il bagno, ho optato per il mosaico sui toni dell'azzurro e del color Tiffany, che sai quanto io adori, e non ci crederai – affermò orgogliosa – ma è già quasi finito ed è così stupendo che vorrei dormirci in quel bagno!»

Ashley rise, era sempre la solita esagerata Phoebe!

«Sono contenta!»

«Insomma, la cucina è a metà e dobbiamo ancora girare qualche negozio per scegliere i mobili che mancano, ma penso che ci siamo quasi, per il tuo ritorno dovrei essere quasi pronta per trasferirmi» continuò, facendosi però un po' scura in viso. Abbandonare la casa in cui si è vissuto per anni e la stanza che si è condiviso con la propria sorella, non era comunque facile. Era come lasciare un pezzo di vita, un pezzo di cuore ed era talmente strano sentirsi estremamente felice, ma nello stesso tempo con un nodo alla gola. Già sapeva che avrebbe pianto tanto, quando sarebbe arrivato quel momento.

«Bene, mi fa piacere» anche il tono di Ashley si era leggermente incupito. La sua stanza senza Phoebe sarebbe stata più grande e ordinata, ma anche più vuota.

«E raccontami, invece, che fai di bello lì?» le chiese Phoebe per cambiare argomento e scacciare via quella tristezza.

Ashley impallidì, era tentata di confessare a sua sorella quello che era successo, anche perchè non l'aveva ancora detto a nessuno e sentiva un gran bisogno di sfogarsi.

Con le gemelle non si era ancora incontrata e comunque già immaginava le loro reazioni isteriche e i loro "te l'avevamo detto". Ci voleva una buona preparazione psicologica per affrontare quelle due, ma prima o poi doveva farlo.

La sua amica Sophia meritava di saperlo raccontato di persona, detto al telefono era tutto più sterile e freddo, e poi non era la stessa cosa poter parlarsi dal vivo e guardarsi in viso. Con lei era abituata a confidarsi fin da quando erano ragazzine, e sinceramente non le andava di raccontarle qualcosa di così personale tramite il cellulare. Sapeva che Sophia non se la sarebbe presa per un po' di ritardo. Avrebbe aspettato.

Tyler non era nemmeno da tenere in considerazione. Come poteva dire al ragazzo che la amava che aveva baciato un altro? E che forse se ne era innamorata? Impossibile, l'avrebbe distrutto come un fulmine a ciel sereno. Con lui doveva andarci cauta e fare un bel discorsetto chiarificatorio una volta per tutte.

«Qui va tutto bene, esco, vado al mare, c'è sempre qualcosa da fare, mi sento ricaricata!» rispose Ashley.

«E a casa come va con la fidanzata di tuo padre? E mi avevi detto che c'era anche suo figlio, com'è che si chiamava?» incalzò sua sorella con le domande.

«Matt» pronunciare il suo nome ad alta voce le fece uno strano effetto.

«Ah, giusto, Matt, spero non ti stia dando troppo fastidio averlo intorno, conoscendoti che non ami molto le novità!» aveva proseguito Phoebe, ributtandosi di peso sul divano e appoggiando le gambe sulle ginocchia di Peter.

Ashley esitò un attimo, incerta su cosa rispondere. Fastidio non era esattamente la parola giusta per descrivere quello che era Matt per lei, ma questo non poteva dirglielo, adesso.

Dischiuse le labbra e si preparò a mentire. «Si, tutto normale, non mi lamento» disse, sforzandosi di sembrare convincente. Parve riuscirci perchè Phoebe non indagò oltre.

«Mi fa piacere, beh, adesso ti lascio, ti passo July che vuole salutarti – concluse Phoebe, notando la sorellina che agitava le braccia per ottenere il possesso del cellulare – a presto sorellina!»

Ashley udì una serie di rumori sconnessi e poi la voce acuta di July.

«Ciao Ashley»la salutò allegra.

«Ehi piccola, come stai?» le chiese teneramente Ashley.

«Bene, sono stata anche a mare e poi non vedo l'ora che arrivi il mio compleanno! – esclamò, prima di vedere che sua madre le faceva cenno di sbrigarsi, indicandole che era pronto in tavola – mi fanno fretta qui, ma volevo solo chiederti, visto che Phoebe non mi dà ascolto, ma com'è baciare un ragazzo? É davvero così bello?» chiese ingenuamente.

Per Ashley quella domanda non poteva calzare più a pennello. Sentì sua madre e Phoebe che riprendevano July, facendole notare che non erano cose da chiedere e che era ancora troppo piccola, ma Ashley, con molta calma, rispose «Si – spostò lo sguardo innanzi a lei, sognante – è proprio così, è bellissimo, allora ciao July» e chiuse la telefonata, rimanendo assorta tra i suoi pensieri.

«Si può sapere quanto parli?» le chiese divertito Matt, che passando davanti alla sua stanza non aveva potuto fare a meno di importunarla.

Ashley si voltò verso di lui, vedendolo poggiato con la spalla allo stipite della sua porta. «E tu non origliare, allora!» lo provocò di riflesso, facendo finta di essere incavolata.

«Guarda che stavo studiando, mi hai pure disturbato!» continuò, entrando nella sua stanza e fermandosi davanti a lei, che ancora era accovacciata per terra.

«Non ci credo nemmeno se lo vedo» disse Ashley, con insolenza, osservandolo dal basso.

Matt si abbassò lievemente e allungò una mano aperta verso di lei, per invitarla ad alzarsi. Lei l'afferrò subito e si lasciò tirare sù dalla sua presa salda, fino ad arrivare a un passo dal suo volto.

Le mani di Matt le si posarono ai lati del suo viso, facendola rabbrividire, mentre annegava nei suoi occhi, che nella penombra della stanza apparivano di un blu intenso.

I loro nasi si scontrarono, le labbra a un soffio di distanza.

«Mi sa che qualcuno si sta prendendo un po' troppa confidenza, uh?» le bisbigliò, sorridendo con malizia.

Entrambi ricordavano perfettamente la sera prima e furono tentati dal ricrearla, avvicinando le labbra per annullare i pochi millimetri che le separavano, ma proprio quando si erano appena sfiorate, arrivò squillante la voce di Gregory a chiamarli dal piano di sotto per la cena.

Matt sbuffò scocciato. Inevitabilmente la distanza tra loro aumentò. Ashley tossì, un tantino a disagio, si passò le mani sulla gonna per lisciarne le pieghe e seguì Matt, che non aveva perso la sua aria sicura e impertinente.

Scesero le scale e raggiunsero Gregory e Monica.

Ashley vide suo padre che parlava a fianco a Monica e di colpo le venne un dubbio atroce, un'eventualità a cui non aveva pensato.

E se Monica gli avesse rivelato della loro conversazione del giorno prima e dei suoi sospetti sul fatto che Ashley provasse qualcosa per Matt? Come avrebbe reagito suo padre? Tra lei e Matt in fondo non c'era nulla al momento, solo un'attrazione fisica e un'accozzaglia di sentimenti confusi che aveva paura a decifrare bene. Non stavano insieme e non avevano nemmeno parlato della loro situazione, anche perchè per lei era tutto nuovo.

Tyler e Richard: erano questi i nomi degli unici ragazzi che avesse mai avuto.

Da ragazzina non era mai stata molto espansiva e appariscente e aveva evitato i ragazzi a differenza di sua sorella Phoebe, che già a 14 anni aveva avuto il suo primo fidanzatino, e poi qualche altro meno importante fino ai 16 anni, quando aveva incontrato Peter e da allora non si erano più mollati.

A 16 anni aveva conosciuto Tyler a scuola, si era trasferito da poco, era carino, atletico, aveva degli occhi castani luminosi e sorridenti, amava scherzare ed era il classico bravo ragazzo dai modi gentili, ideale da presentare in famiglia. L'aveva corteggiata come da manuale, e poi le si era dichiarato, Ashley ne era rimasta affascinata e aveva accettato di mettersi con lui. Primo bacio, due mesi circa di storia, niente rapporti fisici perchè non si era sentita pronta. Era stato lei a lasciarlo e le conseguenze si vedevano ancora adesso a distanza di ben 5 anni.

A 19 anni, in vacanza da suo padre, aveva conosciuto Richard, 23 anni, che suonava il pianoforte con Gregory, classico tipo serio e preciso come le melodie che produceva, capelli corti castani e in ordine, occhi grigi che raramente si piegavano per un sorriso, ma ad Ashley era sembrato molto compatibile con lei. Si era iscritta all'università e a quei tempi aveva come unico obiettivo studiare e finire al più presto per realizzarsi professionalmente. Richard l'aveva incoraggiata a perseguire successi, a razionalizzare ogni cosa e presto persino lei si era stancata. Era da lì che erano partite un po' le sue crisi d'identità e su chi fosse davvero. La sua prima volta, però, era stata con lui. Normale la definiva, insomma, una prima volta, niente di che. Il fatto è che nemmeno quelle che erano seguite erano state granchè, tutto molto ordinario, come lui del resto. Ora che ci pensava, fare l'amore con lui non le aveva mai provocato nemmeno la metà dello sconvolgimento che riusciva a darle Matt con un semplice bacio. Poi c'era stata la distanza di mezzo e si erano lasciati l'estate dopo, netto, indolore, ognuno per la propria strada, mai più visti, mai più sentiti.

Aveva compiuto 21 anni ad aprile Ashley e adesso c'era Matt, fascino da bello e dannato, un po' dark, un carattere impulsivo, diretto, sfacciato, ma che per qualche arcano motivo che davvero le era ignoto al momento, era entrato prepotentemente in lei, leggendole l'anima come nessuno mai, e per lei non era stato nemmeno tanto difficile gestire quella sua personalità indomabile, anzi, vi era entrata subito in equilibrio, come se in realtà anche lei possedesse, nascosta da qualche parte, un pizzico di quella sua follia. Con lui niente corteggiamenti classici, niente dichiarazioni d'amore, molti gesti, la travolgeva con la sua fisicità, come una cascata o una valanga, pericolose ma bellissime, senza darle la possibilità di opporsi, togliendole il tempo e anche la voglia di pensare alle conseguenze. Come se il presente fosse l'unica cosa che contava e il futuro poteva anche aspettare un po'.

Nessuno dei due aveva parlato di relazione o di come chiamare il rapporto che si stava instaurando tra loro.

Per adesso andava bene così.

Troppe parole avrebbero rovinato quell'intesa e spiegare a suo padre cosa stava succedendo era un'impresa troppo ardua, soprattutto per chi, di spiegazioni, ne vuole fare a meno.

Ashley studiò suo padre, alla ricerca anche di un solo minimo segnale che potesse metterla in allarme. Era sereno, non sudava, e gli angoli della sua bocca non erano rivolti verso il basso. Sembrava tutto ok e a validare quell'ipotesi si aggiunse anche che stava conversando con Matt di concerti e qualcos'altro sulla musica.

Tirò un sospiro di sollievo: Monica era stronza, ma non così tanto da metterla in difficoltà con suo padre e questo le diede conferma che, in fondo, non era così infida come apparisse.

In verità Monica, la sera prima, era stata tentata di dire tutto a Gregory, ma non l'aveva fatto, perchè Ashley l'aveva colpita, rivelandosi a lei come una ragazza forte e profonda e non come una classica ragazzina di provincia, fragile e sciatta. Era la figlia del compagno che amava e si era sentita in colpa per come la stava trattando, pur essendo ancora un pò gelosa del rapporto privilegiato che stava instaurando con Matt.

Si sedettero per cenare, Gregory a capotavola, Monica alla sua sinistra, Ashley alla sua destra e Matt accanto ad Ashley. I primi tempi era stato solito sedersi all'altro capotavola, notevolmente distante dal resto dei commensali, mentre di recente aveva cambiato posto e si era avvicinato, scegliendo ovviamente di stare a fianco alla rossa.

Un paio di sguardi tesi erano volati tra Monica ed Ashley, l'una di fronte all'altra. I loro occhi infuocati si erano incrociati un paio di volte, prima di ricadere sui rispettivi piatti.

«Ho saputo che la figlia di William ha deciso di lasciare gli studi per raggiungere il fidanzato e andare a vivere con lui – aveva esordito suo padre, improvvisamente - Che enorme peccato, dopo tanti sacrifici, non capisco come alcune ragazze così giovani possano perdere la ragione così per amore!» aveva affermato convinto.

«Queste cose succedono anche nelle migliori famiglie, caro, possono succedere a chiunque» aveva sottolineato le ultime parole, calcando con la voce, per poi alzare lo sguardo verso Ashley, impegnata a bere dell'acqua e verso Matt, beatamente intento a ingurgitare il contenuto del suo piatto, come se fosse sordo ai discorsi che si tenevano a quel tavolo.

«Per fortuna che la mia Ashley è ancora piccola e queste sciocchezze non le interessano per nulla!» aveva poi proseguito, sorridendo fiero.

«Papà» aveva sbottato Ashley, imbarazzatissima per quell'affermazione che la faceva apparire come una bambina e voltandosi d'istinto a cercare il viso di Matt, per verificare che non avesse avuto alcuna reazione strana. Lo trovò che non aveva mosso la testa di un centimetro, ma poteva chiaramente vedere l'angolo della sua bocca, visibile dal lato di Ashley, curvato verso l'alto a formare un ghigno. Arrossì.

Quello che suo padre dimenticava era che, a 21 anni, sua madre aveva già due bambine piccole da crescere e un matrimonio, e anche se la priorità di Ashley al momento non era di certo quella di accasarsi e sfornare dei pargoli, non era ugualmente un buon pretesto per darle della "piccola" davanti alla donna che al momento la snobbava e al ragazzo che le piaceva.

«Credo che ognuno debba essere libero di fare le proprie scelte in santa pace, anche se non corrispondono a quelle che prenderemmo noi»

La voce di Matt risuonò nella stanza, aveva pronunciato quelle parole ancora con lo sguardo chino sul piatto, come frecce dal suo arco, dirette, spiazzanti e persino sagge. Si erano tutti ammutoliti.

«Questo perchè non sempre le scelte che si prendono sono giuste, e se qualcuno può indicarci come non sbagliare dovremmo ascoltarlo, invece di tirare dritto verso il fallimento»

E stavolta la voce fredda e pungente era stata quella di Monica, un'evidente riferimento al figlio, alle sue azioni passate. Lo sguardo di Matt immediatamente si indurì, perchè sapeva dove voleva andare a parare sua madre, ma la cosa che lo fece infuriare fu che non si limitò a quello, ma continuò con quell'accusa.

«Quando a 16 anni te ne sei andato di casa per andare a vivere con tuo padre, che impegnato col lavoro e i suoi continui viaggi di certo non poteva occuparsi di un adolescente, non hai fatto la scelta più idonea, e i risultati sono stati evidenti, hai perso un anno a scuola e non hai imparato la disciplina, nè come ci si comporta!» aveva sputato a voce alta. Solo che più che come un rimprovero, ad Ashley sembrò uno sfogo personale, come se avesse tirato fuori per disperazione accumulata, parole seppellite dentro da anni. Poteva forse considerarlo come un progresso, anche se probabilmente aveva scelto la modalità errata.

Pensò a Matt, al dolore che quelle parole gli dovevano procurare sicuramente, lo vide teso e immobile, gli occhi di ghiaccio puntati contro quelli scuri della madre. Ebbe l'istinto di stringerlo a sè, ma non poteva. Allora lentamente allungò la mano sotto il tavolo verso di lui, per incontrare la sua, che trovò stretta a pugno sulla gamba. Piano racchiuse quel pungo stretto con la sua mano, gliela adagiò sul dorso e lo strinse dolcemente. Il suo cuore sussultò quando sentì il suo pugno distendersi e sciogliersi, vide la sua espressione ammorbidirsi a quel tocco, la fronte meno corrucciata, gli occhi meno gelidi. Dopo un po' fece per sollevare la mano, ma Matt ruotò la sua, fino a portare il suo palmo contro quello di Ashley e intrecciare forte le dita con le sue. Rimasero così per qualche minuto, mentre Gregory invitava Monica a calmarsi e a cambiare argomento e nessuno che potesse vedere quella connessione invisibile tra loro due. Come Matt c'era stato per lei, nei momenti di sconforto, adesso toccava a lei fargli sentire il suo sostegno.

A cena finita, Matt abbracciò stretta Ashley nel suo terrazzo.

«Grazie» le continuava ripetere con la bocca pressata sul suo collo. E lei l'aveva stretto più forte, sarebbero stati solo loro due uniti contro il mondo intero, fosse stato necessario.

«Mi dispiace tanto Matt, si aggiusterà tutto, ne sono sicura» le aveva sussurrato, mentre accarezzava i suoi capelli biondi con una mano, facendoli scorrere fra le sue dita. Si sentiva in colpa perchè gli stava nascondendo di aver parlato di lui con sua madre e per un attimo era stata in procinto di rivelarglielo, ma non le era sembrato il momento giusto. Avrebbe potuto innervosirsi di più e adesso tutto quello di cui aveva bisogno era solo conforto.

«Non mi lasciare – la implorò, mentre ancora appoggiato alla parete del terrazzo, la teneva stretta senza mollarla un secondo – rimani con me, stasera» fu la sua richiesta.

Una sensazione nuova si era fatta strada nel suo cuore, qualcosa di diverso dalla semplice attrazione, qualcosa di più, e lo sentiva forte e chiaro, ma faceva troppa paura chiamarlo col suo vero nome, quel sentimento.

«Certo che rimango» furono le ultime parole di Ashley, prima di chiudere gli occhi e mandare affanculo il resto del mondo per quella sera.

 

Al garage di Mandy, Jenny era in tensione.

Matt doveva venire a suonare quella sera, e invece di lui neanche l'ombra. Buttò un'occhiata rapida all'ingresso per accertarsi se appartenessero a lui quei passi che sentiva, rimanendo delusa nel vedere un altro ragazzo. Imprecò a voce bassa, scendendo dal muretto su cui era seduta con un salto e camminando nervosamente verso gli altri amici.

«Dov'è Matt?» ringhiò, tormentandosi i lunghi capelli neri con le dita.

Dylan allentò la stretta con la sua ragazza Ilary e fece spallucce.

«Non ne ho idea, avrà avuto altro di meglio da fare» disse, provocando i sorrisi maliziosi degli altri ragazzi. Ormai tra loro si vociferava che Matt si fosse preso una cotta pesante per la rossa che abitava in casa con lui. Anche se Matt non aveva rivelato a nessuno i risvolti recenti, gli amici lo conoscevano bene e sapevano che qualcosa bolliva in pentola.

Jenny capì a cosa si stavano riferendo e tremò per la rabbia. Girò i tacchi e corse via, furente. Una mano sulla sua spalla bloccò la sua fuga. Era l'amica Mandy, che l'aveva raggiunta per fermarla.

«Jenny, ti stai facendo solo del male così, lo capisci?» le disse, guardandola seria negli occhi.

La mora si liberò dalla presa con uno strattone forte, la mano di Mandy scivolò via.

«Possibile che non abbiate capito che dovete farvi i cazzi vostri, tu e quelle quattro stupide? - la aggredì verbalmente – vi siete messe contro di me e a favore di quella sciacquetta!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

Mandy abbassò lo sguardo, accigliata. Quella che stava sbagliando tutto era lei, perchè era evidente che Matt non l'avesse mai amata e non glielo aveva mai nascosto, non l'aveva mai illusa. Non era colpa di Ashley, Matt l'avrebbe in ogni caso rifiutata, quindi prendersela con quella ragazza che non c'entrava nulla era proprio una vigliaccata.

«Beh, fai come vuoi allora, noi volevamo solo avvertirti, perchè ci teniamo a te, ma sei cambiata Jenny, non sei più quella di una volta» sibilò Mandy, poi si voltò e si allontanò, lasciandola sola nella sua disperazione.

Jenny la guardò andare via, indifferente.

Avrebbe avuto un'altra occasione con Matt e sapeva anche quando.

Stavolta avrebbe tagliato fuori quella ragazza che voleva portarglielo via e l'avrebbe fatto suo.

 

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 

Gregory chiuse la porta della sua stanza e si sedette sul bordo del suo lato di letto.

Tolse gli occhiali dal naso e li ripulì con attenzione prima di riporli nella loro custodia, poi si passò una mano sulla nuca, massaggiandola. Il suo collo risentiva della sua posizione da pianista, sempre chino sui tasti. Prese il telecomando del condizionatore e impostò la temperatura di qualche grado più alta. A Monica non piaceva soffrire il caldo la notte e a dirla tutta nemmeno a lui, ma non aveva più 25 anni e tutto quel freddo non faceva bene al suo torcicollo.

Si voltò verso la sua compagna, che non aveva aperto bocca da quando erano entrati in camera, aveva indossato la sua camicia da notte azzurrina e una vestaglia leggera sopra e si era seduta davanti allo specchio, intenta a struccarsi il viso.

Abbassò lo sguardo, e corrucciò la fronte.

A cena non aveva approvato il comportamento di Monica, che, per quanto fosse sopraffatta dal dolore, aveva spiattellato in faccia a suo figlio parole durissime davanti a tutti, ferendolo e umiliandolo. Gregory voleva bene a Matt, era stato sempre aperto e cordiale con lui, e nonostante sapesse benissimo che fosse un ragazzo difficile e ribelle, per via del suo passato tormentato, aveva capito che celava un animo buono e soffriva la carenza di affetto subita da piccolo.

Sapeva perfettamente quanto fosse complicato per i figli sopportare le conseguenze della separazione dei genitori, perchè l'aveva provato sulla sua pelle. Quando aveva lasciato Nancy, la sua piccola Ashley era uno scriccioletto indifeso di due anni appena. Ricordava le lacrime e i sensi di colpa che aveva provato per anni all'immagine, che portava nitida in mente, della sua bambina, che dormiva ignara e beata poco prima che lui prendesse le sue cose e si trasferisse.

Quante volte aveva pensato al male che avesse fatto a quell'esserino, che meritava solo amore. Ogni fine settimana rinunciava al suo riposo per guidare fino a casa di Nancy e rivederla, coccolarla e farle capire che il suo papà non l'aveva abbandonata. Ma Ashley da bambina ne aveva risentito eccome, aveva 8 anni e l'espressione seria di un'adulta, perchè anche se in tutti i modi l'affetto non era mancato, il mondo fuori era crudele e pieno di pregiudizi, e da quello non potevano difenderla del tutto.

Poi Nancy si era risposata e aveva avuto un'altra bimba, non gliene aveva fatto di certo una colpa, stava solo cercando di vivere la sua vita, così come lui, ma era stato un altro colpo per Ashley. Per fortuna crescendo, sua figlia era diventata una ragazza normale, un pò chiusa magari, ma faceva parte anche del suo carattere.

Si sdraiò a letto, col busto leggermente rialzato dal cuscino per poter leggere e tirò il lenzuolo fino alla vita. Monica lo raggiunse in silenzio, stendendosi supina accanto a lui, con gli occhi cupi, persi nel vuoto. L'espressione di suo figlio la tormentava. Quello sguardo gelido ma allo stesso tempo ferito, il suo cuore che aveva subito l'ennesima pugnalata dalla persona che più di tutte avrebbe dovuto invece proteggerlo: sua madre. Eppure in quel momento le parole le erano risalite in gola di prepotenza, senza che le avesse potute frenare, senza che la sua coscienza di madre avesse preso il controllo.

Sempre se ne avesse mai avuta una. Dubitava anche di quello ormai.

«Non avresti dovuto parlare così a Matt, stasera» ruppe il silenzio Gregory, il suo tono era serio. Non le parlava mai così, di solito.

«Lo so» si arrese Monica, non voleva giustificarsi stavolta, sapeva di essere indifendibile e meritava tutta la sua disapprovazione.

Gregory capì che stava soffrendo abbastanza e che aveva compreso il suo errore. Le strinse una mano, dolcemente, per farle capire che non voleva accusarla, ma solo aiutarla.

«Vorrei solo riuscire a parlargli per una volta senza che mi punti quegli occhi di ghiaccio, senza che mi faccia capire che mi odia, vorrei poter avere un'altra chance con mio figlio. Aveva solo 9 anni e ho sbagliato tutto, ma ero completamente distrutta, avevo sacrificato molto per Nathan, mi ero messa contro la mia famiglia. Per me è stato come il crollo della mia intera esistenza, e quel bambino è stata solo una vittima innocente del mio orgoglio, la colpa è solo mia se adesso si comporta così, sono io che l'ho trascurato, sono io che non ho tentato di fermarlo quando se n'è andato di casa. » i suoi occhi si riempirono di lacrime. Stava ammettendo tutti i suoi errori, anche se dettati da un'immensa delusione e sofferenza.

«Puoi ancora riuscirci, amore, so che ce la farai, potresti andare anche subito» la incoraggiò Gregory, tenendola stretta a sè.

«No – rispose Monica – adesso sarebbe inutile, e poi so che c'è chi si sta occupando di lui.» disse serena. Aveva la certezza che Ashley fosse lì con lui in quel momento, che ci avrebbe pensato lei, era l'unica che poteva prendersene cura, ormai l'aveva capito.

Le sopracciglia di Gregory si piegarono in un'espressione perplessa.

«Tua figlia Ashley – continuò – è una brava ragazza, sta facendo tanto per Matt, io dovrei scusarmi anche con te, non sono stata molto socievole con lei» confessò apertamente.

Gregory sorrise soddisfatto. Aveva lasciato che le cose facessero il suo corso perchè sapeva che la conclusione sarebbe stata positiva, ne era certo.

Anche se, si domandò cosa c'entrasse Ashley con Matt e perchè Monica li avesse nominati insieme con così tanta sicurezza. Per un brandello di secondo realizzò che erano un ragazzo e una ragazza sotto lo stesso tetto, giovani, belli, almeno di Ashley ne era sicuro, era la sua bambina, ma anche Matt non gli sembrava male e soprattutto con istinti sessuali, in tal caso parlò per Matt, perchè si rifiutò di pensare ad Ashley in quel modo. Era buffo come i genitori spesso si dimentichino di essere stati giovani un tempo e di aver fatto e provato esattamente le stesse pulsioni dei figli, prima di loro.

Ebbe l'istinto di alzarsi e spalancare la porta della stanza di Ashley per vedere cosa stesse facendo e e garantirsi che non ci fosse nessun essere di sesso maschile addosso a lei, ma Monica lo abbracciò forte, facendolo desistere da quel proposito.

«Va tutto bene» lo rassicurò, dandogli un bacio e salvando Ashley, senza che lei potesse saperlo.

Non che stessero facendo chissà cosa in realtà.

Erano rientrati dal terrazzo e si erano seduti sul letto di Matt, con la schiena poggiata al muro, anche se, ben presto, Matt si era sdraiato, adagiando la testa sul grembo di Ashley. Le sue mani adesso gli accarezzavano i capelli, rilassandolo e facendolo sentire amato, per la prima volta dopo tanto tempo. L'aveva quasi dimenticata quella sensazione confortante che qualcuno sia lì per prendersi cura di te, il sentirsi importanti per una persona. Socchiuse gli occhi e tornò per un attimo bambino, quel bambino che ne aveva ricevute troppo poche di carezze così.

«Perchè perdi tempo con me?» le chiese all'improvviso.

Sapeva di essere una testa calda, un carattere turbolento e poco incline alle regole, mentre lei gli appariva ora così perfetta, nello stesso tempo dolce e forte, determinata ma capace di fare sciogliere anche il cuore più duro. Ed Ashley si ricordò di qualche giorno prima, quando, al matrimonio del collega di suo padre, Matt era andato a salvarla dallo sconforto in cui era precipitata, afferrandola con un abbraccio che era stato come una rinascita, perchè da allora aveva trovato il coraggio di cambiare.

Era stato il loro primo abbraccio e in quel momento si era chiesta esattamente la stessa cosa.

Che ci faceva Matt con una come lei, quando poteva starsene in mezzo a belle ragazze che non desideravano che un suo sguardo. Che strano, la situazione si era capovolta, adesso, ed era lui a porsi quella stessa domanda.

«Perchè mi va» rispose semplicemente. Spiegare a parole quello che le frullava in testa era davvero impossibile.

Matt si sollevò, facendo leva con le braccia, raggiunse le sue labbra e le unì alle sue, ancora una volta.

No, non c'era bisogno di parole o di frasi che avrebbero reso tutto più banale e scontato. Quello che li legava era già tutto lì, nei loro gesti, nei loro sguardi e anche nei loro cuori.

 

La mattina dopo Ashley camminava avanti e indietro per il piccolo corridoio dell'ingresso.

Aveva appuntamento con le sue cugine per andare un pò in centro in giro per negozi e poi prendere un gelato fuori. L'avevano praticamente obbligata a venire con loro, visto che erano già due giorni che non uscivano insieme e questo le aveva molto insospettite.

Si fermò davanti al grande specchio del mobile all'entrata. Si lisciò le punte dei capelli, costringendole a piegarsi versi l'interno, per poi soffermarsi sul suo viso. Non aveva proprio una bella cera, delle leggere occhiaie facevano capolino al di sotto dei suoi occhi assonnati e non aveva avuto neanche la voglia di provare a coprirle con del correttore. Fece una smorfia di rassegnazione. Aveva fatto tardissimo la notte prima, era andata a letto solo quando si era accertata che Matt aveva ripreso la sua solita irriverenza e dopo una consistente quantità di baci che le avevano tolto abbastanza energia. Baciare Matt era talmente coinvolgente ed emozionante per lei, che alla fine la lasciava spossata al pari di fare una corsa, dal suo punto di vista. La sveglia quella mattina era stata come un macigno piombato sulla sua testa, ma non poteva dare buca a Annie e Dorothy.

Sbadigliò pesantemente.

Il riflesso dello specchiò rimandò l'immagine di una persona dietro di lei: era Monica!

Ashley non si voltò, ma continuò a scavare nella borsa, fingendo di cercare qualcosa. Sinceramente non le andava un altro faccia a faccia con lei, era troppo stanca per poter sostenere quel confronto.

«Lo hai consolato?» chiese diretta la donna, senza specificare nè il soggetto, nè il contesto di quella frase, niente di niente. La sua voce la colpì come una sferzata, non se l'aspettava così immediata. Capì benissimo a chi si stesse riferendo, ma preferì eludere la risposta, voltandosi lentamente verso di lei con uno sguardo severo. Non le faceva più soggezione, adesso.

«Gli sei stata vicina?» incalzò Monica, ansiosa di ottenere una risposta. Sapeva di averlo ferito e voleva accertarsi che avesse comunque avuto qualcuno a sostenerlo.

Ashley non volle prolungare oltre quell'agonia. «Sì» fu la breve risposta. Sosteneva lo sguardo di Monica con fierezza, una nuova fiamma bruciava nei suoi occhi, non era più insicura o spaventata al suo cospetto. Davanti a lei stava una ragazza completamente diversa da quella conosciuta due settimane prima.

Monica abbassò lo sguardo: la domanda che stava per fare le provocava ancora un forte dolore alla bocca dello stomaco.

«Gli ho fatto molto male?» chiese con un nodo in gola che le dava la sensazione di stare per affogare.

«Abbastanza – rispose Ashley, con fredda lucidità, facendo sussultare Monica – ma va bene così»

In che senso andava bene, si chiese Monica disperatamente, lo aveva fatto soffrire e andava bene?

Le sue sopracciglia si contrassero in un'espressione di confusione e incredulità.

«Cosa?»

«L'hai colpito, l'hai distrutto, ma l'ha affrontato finalmente e lo supererà» un lievo sorriso era comparso sul viso di Ashley, un sorriso che in qualche modo rincuorò Monica. Chissà come ma cominciava a fidarsi delle parole di quella ragazzina.

Ashley la osservò per qualche minuto, poi le fece un cenno di saluto e si avviò per uscire di casa.

Monica la chiamò, quando era ormai con la mano sulla maniglia della porta.

«Grazie – mormorò, il suo tono si era addolcito - per quello che fai per lui» aggiunse infine.

Ashley annuì per poi aprire la porta e sparire. Il sole la colpì in pieno viso, illuminandoglielo e facendo brillare i suoi capelli rossi di mille riflessi. Sentiva che tutto stava tornando a posto tra Matt e Monica, avrebbero solo dovuto chiarirsi una volta per tutte, non sapeva quanto ancora ci sarebbe voluto, ma era certa che sarebbe accaduto.

Quando poco più tardi si ritrovò ad un tavolo, circondata dagli occhi indagatori delle gemelle, pensò che avrebbe preferito volentieri affrontare nuovamente Monica, piuttosto che quelle due sanguisughe di pettegolezzi.

Le loro iridi si spostavano velocemente su di lei, aspettando il momento giusto per fare una mossa ed Ashley sapeva che sarebbe arrivato presto.

Annie tormentò il suo gelato col cucchiaino, poi si decise «Ti trovo diversa cuginetta – esclamò con indifferenza – ti è forse successo qualcosa?»

Ashley strabuzzò gli occhi e tremò impercettibilmente.

«In che senso, non capisco» tentò di apparire estranea a qualunque situazione ambigua stessero pensando.

«Beh, sei più radiosa, sorridi, non so, è come se tu fossi sbocciata di colpo!» aggiunse Dorothy, ingoiando subito dopo una cucchiaiata del suo gelato.

Odiava essere messa alle strette e sapeva anche che doveva cedere, altrimenti avrebbe solo prolungato quella tortura.

Annie l'anticipò «é per caso successo qualcosa che dovresti dirci?» domandò pressante, attorcigliandosi un ricciolo biondo scuro con l'indice. Ashley sudò freddo, ma provò un ultimo tenttivo di salvarsi.

«No – rispose agitatissima, ma ricevette come risposta due sguardi poco convinti e allora capì che era arrivato il momento, prese un lungo respiro e corresse la sua affermazione – e va bene, un paio di giorni fa, io e Matt ci siamo baciati»

Un'ondata di urletti isterici le sfondò i timpani e dovette sporgersi in avanti e richiamare le cugine all'ordine prima che l'intera folla del bar si voltasse verso di loro, incuriosita dagli schiamazzi.

«Cara, odiamo dovertelo dire ma – ecco, la frase tanto temuta da Ashley stava arrivando, strinse i denti e si preparò al colpo – te l'avevamo detto!» esclamarono in coro.

E così Ashley raccontò la storia dall'inizio, il primo bacio, quelli a seguire, la situazione di Matt e Monica e i loro abbracci nei momenti difficili. All'inizio aveva temuto di dover esternare le emozioni che sentiva, ma si rese conto, man mano che fuoriuscivano dalla sua bocca, che era liberatorio e le faceva bene al cuore, e soprattutto, ora che lo diceva a voce alta, le sembrò tutto tremendamente reale. Quello che era successo tra loro, i suoi sentimenti verso di lui, era tutto vero e adesso poteva ammetterlo anche a sè stessa: era innamorata persa di lui!

Annie e Dorothy avevano ascoltato tutto con gli occhi raggianti, eravano davvero felici che finalmente la loro adorata cugina avesse riconosciuto quello che loro, con evidente anticipo e anche grazie a uno spiccato intuito femminile, avevano previsto già dai primi giorni.

«Che peccato – disse ironica Dorothy – c'era un amico della nostra comitiva che ti aveva messo gli occhi addosso, mi sa che dovremo dirgli che sei già impegnata!»

Ashley saltò in aria.

Impegnata? Ok che era innamorata, e ok che, da quando era partito il primo bacio, lei e Matt non facevano altro che cercarsi e trovare un angolino tranquillo della casa in cui avvinghiarsi in santa pace, ma non erano niente, non erano impegnati e di certo non poteva dire che ci fosse una relazione tra loro. Era una cosa che la spaventava comunque, soprattutto perchè non riusciva a capire cosa passasse nella testa ribelle di Matt. Quell'argomento tra loro era assolutamente tabù e veniva accuratamente evitato.

«Ehi, frenate un momento, non stiamo insieme, Matt non è il mio ragazzo!» aveva precisato.

Ma le due gemelle scoppiarono in una risata.

«Andiamo Ashley, magari non lo siete ancora, ma mi pare chiaro che a breve succederà, non puoi evitarlo!» aveva sancito Annie.

«No, ti sbagli, potrebbe anche essere solo attrazione fisica!» aveva provato ad argomentare Ashley.

Dorothy giunse le mani e vi poggiò il mento con aria solenne, poi sospirò.

«Allora Ashley, ti spiego come funziona – iniziò seria – partiamo dal presupposto che Matt è un figo, e non stiamo parlando di uno qualunque eh, ha due occhi che ti uccidono e suona il basso in una band, è bello e dannato e direi che questo è più che sufficiente – Ashley roteò gli occhi, ovvio che era cosciente del fascino di Matt, aveva gli occhi anche lei, ma di certo non era stato quello a colpirla di lui, non era mai stata il tipo da fissarsi solo sull'aspetto fisico – quelli come lui non hanno bisogno di tirarsela troppo per le lunghe quando cercano una storia basata solo sull'attrazione fisica perchè, semplicemente schioccando le loro meravigliose dita, potrebbero avere tutte le ragazze che vogliono, ragazze che aprirebbero le loro gambe molto volentieri, te lo assicuro.» Ashley pensò subito a Jenny, e le venne già il vomito.

Dorothy fece continuare la sorella a quel punto «Se come dici tu è già un pò di giorni che continuate ad appiccicarvi come cozze senza andare oltre e lui non ha ancora provato a infilarsi nelle tue mutande, è perchè evidentemente non è quello che gli interessa di te, quantomeno al momento, altrimenti se non gli interessasse del tutto sarebbe un problema in effetti – fece una pausa per verificare che la cugina la stesse ascoltando e stesse capendo cosa voleva dire, ma trovandola perplessa continuò a voce più alta – insomma Ashley, se Matt non ha già tentato di portarti a letto, è perchè non è solo attrazione fisica quella che vi lega, è perchè quello che vuole da te non è solo una squallida scopata ma altro, è innamorato di te tanto quanto lo sei tu. Solo che siete due perfetti imbecilli e non vi decidete ancora ad ammetterlo e a parlarne!» Annie buttò via un sospiro e bevve un sorso d'acqua, quel lungo discorso concitato le aveva prosciugato la bocca.

Ashley rimase imbambolata, in effetti doveva riconoscere che il ragionamento delle cugine non faceva una piega.

Che motivo avrebbe dovuto avere un ragazzo che potrebbe ottenere tutto e subito, a perdere tempo con lei senza provarci?

Nello stesso tempo le pareva davvero così assurdo che tra loro stesse nascendo un qualcosa di lontanamente somigliante all'amore. Il cuore le balzò in gola al pensiero di quella parola.

L'amore.

In fondo nemmeno lei l'aveva mai provato veramente, quindi cosa ne poteva sapere?

«Noi comunque facciamo il tifo per voi, siete così belli insieme, siete una coppia assortita, non siete uguali, cosa che risulterebbe noiosa e lo sai benissimo, mi riferisco al tuo ex, ma nemmeno totalmente diversi, avete trovato una sintonia e un modo di capirvi l'uno con l'altra che è fantastico – sospirò Dorothy, sognante – oddio, a me sembra proprio una di quelle storie che potrebbe davvero funzionare alla grande, magari anche per sempre, magari sarà persino il padre dei tuoi figli!» esclamò, i suoi occhi per poco non erano diventati due cuoricini.

Ashley arrossì violentemente al pensiero di lei per sempre con Matt e che ci faceva dei bambini addirittura, si immaginò a casa con lui, mentre tornava dal suo studio di architettura, e trovava Matt che insegnava a suonare ai loro bambini, rigorosamente con gli occhi azzurri.

Qualunque cosa avesse Dorothy in corpo, doveva essere contagiosa.

Scacciò immediatamente quei pensieri folli dalla testa e si diede della deficiente per un paio di volte. Si scolò un bicchiere di acqua ghiacciata per rinfrescarsi le idee.

«Siete pazze» concluse, fingendo una totale indifferenza ma, anche se faceva la sostenuta, quell'immagine le era sembrata meravigliosa.

 

Rientrò a casa che era ormai pomeriggio inoltrato. Si tuffò sul suo letto per riposare la sua povera schiena, messa a dura prova da quella giornata intensa in giro per la città.

Il sonno l'aveva colta, facendole recuperare giusto un paio di orette di riposo. Le parole delle cugine, però, le rimbalzavano in testa senza sosta.

Sbuffò e si sollevò, giusto in tempo per sentire qualcuno che bussava alla sua porta. Comandò di entrare e apparì l'oggetto dei suoi pensieri.

Si ricordò appena in tempo che non erano soli a casa e che quello di solito era l'orario in cui suo padre si aggirava tra la sua camera e il salotto e poteva trovarsi nei paraggi.

«Sbrigati ad entrare e chiudi la porta!» ordinò preoccupata, rilassandosi solo quando vide il biondo richiudere la porta dietro di sè.

«Cosa c'è – chiese lui, provocante, accomodandosi sul letto accanto ad Ashley – hai paura che tuo padre ci veda insieme e pensi molto male?»

«Certo che sì» rispose Ashley.

Matt si avvicinò pericolosamente. «E pensi che non sarebbe contento se mi vedesse mentre faccio questo?» domandò, poi si fece spazio tra le sue labbra, esigendo quel contatto.

Ashley, senza la minima intenzione di obiettare, le dischiuse permettendogli di rendere quel bacio più profondo.

Matt poi le scostò i capelli che le erano ricaduti sul viso durante il bacio, ammirandola da vicino.

«In fondo non posso dargli torto, sarei così anche io se avessi una figlia come te» disse infine.

Ashley sorrise, poi poggiò il viso sulla sua spalla e gli circondò la vita con le braccia.

Perchè doveva sempre arrendersi a lui in quel modo? Perchè doveva stare così maledettamente bene, stretta a lui?

Rimasero per un pò così, poi Matt la staccò da sè per guardarla in viso.

«Ieri, se non ci fossi stata tu – disse, quasi con imbarazzo, la voce tremante – non so come avrei fatto Ashley, sei stata la mia salvezza»

«Ho fatto solo quello che sono sicura avresti fatto anche tu con me, anzi – si corresse – quello che hai già fatto»

Il cuore di Matt cominciò a battere più forte, lo sentiva vivo in mezzo al petto, come mai prima d'ora e non sapeva quale strana magia le stesse facendo quella ragazza per farlo agitare in quel modo.

Le diede un altro breve bacio a fior di labbra, poi ricominciò a parlare «Domani sera c'è una festa in spiaggia, ci sarà musica dal vivo, si farà casino fino a tardi – spiegò – ti va di venirci con me?» la invitò.

«Certo» rispose sicura Ashley a quello che sembrava suonare come una sorta di appuntamento.

«Bene – fece Matt sorridendo – adesso vado, a dopo» si congedò, non prima di depositarle un bacio veloce, fare attenzione a chi ci fosse nel corridoio e catapultarsi fuori come un lampo.

Ed Ashley rimaneva lì, con un sorriso ebete stampato in viso, e quell'immagine di loro due del futuro, in una casa insieme, che adesso, dopo averlo rivisto, non sembrava più poi così tanto stramba.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 

Sophia parcheggiò lo scooter in un angolino di strada all'ombra e smontò dalla sella. Controllò che il suo mezzo non desse fastidio alla circolazione delle auto, poi si slacciò il casco, liberando la sua cascata di riccioli castano chiaro e scosse la testa per sistemarli dopo il tragitto in moto, che li aveva spettinati e ingarbugliati in alcuni punti.

Si abbassò vicino allo specchietto per controllare che fosse tutto a posto o almeno quasi, e diede una ripulita ai suoi occhiali neri, prima di rimetterseli sul naso.

Era già passata la metà di Agosto e la città si stava lentamente ripopolando, i bar e le strade erano di nuovo abbastanza frequentati e i negozi riaprivano.

Le piaceva quel periodo, vedere come tutto si rimetteva in moto e ritornava alla normalità, odiava l'estate, sia per il caldo, sia soprattutto perchè al momento non disponeva di sufficienti risorse economiche per poter organizzare un viaggio come si deve all'estero. Studiava lingue e il suo sogno era poter vivere un'esperienza fuori dalla solita routine a cui era fin troppo abituata e che prevedeva come massimo spostamento quello dalla piccola cittadina in cui viveva alla città in cui aveva sede l'università in cui studiava, che poi era anche quella frequentata da Ashley.

Purtroppo la sua non era una famiglia ricca, anche se nemmeno disagiata, suo padre faceva l'operaio e sua madre la casalinga, e aveva altri due fratelli più piccoli che frequentavano ancora la scuola. Di certo non poteva permettersi di chiedere ai genitori i soldi per una vacanza lontano, quindi preferiva raccogliere quello che poteva e ripiegare su qualcosa di più abbordabile.

Quell'estate era riuscita a passare una settimana con delle colleghe del suo corso in una zona di montagna in riva a un lago, non troppo distante dalla città, anche se avrebbe di gran lunga preferito il mare. Ma nel suo caso era meglio accontentarsi, per adesso, in vista di un futuro più roseo. Era ambiziosa e sperava di poter conquistare una borsa di studio per trascorrere un periodo all'estero con l'università, per questo si impegnava al massimo con lo studio.

Si incamminò verso un fast food a pochi metri dallo scooter e vi entrò, guardandosi attorno tra i tavoli. La sua attenzione venne catturata dalla voce di un ragazzo che la chiamava. Si voltò nella direzione da cui proveniva quel richiamo e riuscì finalmente a individuare Tyler, che le faceva cenno, sventolando una mano.

Si erano dati appuntamento per pranzare insieme, dato che, tra gli impegni di Tyler con la sua squadra e la breve vacanza di Sophia, da quando Ashley era partita a fine Luglio, non avevano avuto tante occasioni per vedersi.

Si incamminò verso di lui, facendosi spazio tra gli angusti passaggi in mezzo a tavoli e sedie e giunta dinanzi all'amico, gettò la sua borsa su una sedia e gli si avvicinò per dargli un abbraccio.

«Ehilà! - la salutò Tyler, sciogliendo la stretta e mettendosi a sedere al tavolo, così come Sophia – come va?» le chiese.

«Non c'è male, sono tornata due giorni fa dal campeggio e ti dirò, pensavo fosse peggio, invece sono riuscita anche a divertirmi!» rispose Sophia, raccogliendo i capelli e portandoseli su una spalla, mentre si godeva l'aria condizionata del locale.

Tyler rise. «La verità è che ti lamenti sempre e sei disfattista, e invece magari poi scopri che non è tutto così grigio e schifoso come pensi, sei sempre la solita!» la prese in giro, ottenendo un' occhiata poco amichevole. Sophia era un tipo perfezionista e pignola e spesso giudicava un libro solo dalla copertina, per poi scoprire che, in fondo, si sbagliava.

«Non ho detto che è stata la supervacanza della mia vita, solo che non era nemmeno una tragedia, ecco!» si corresse, cercando di cadere in piedi, odiava non avere ragione nelle cose.

Tyler decise di dargliela vinta, era inutile mettersi contro miss perfezione.

«E tu invece, com'è andata la trasferta?» gli chiese, dando un'occhiata distratta al menù.

«Diciamo che poteva andare meglio, siamo arrivati secondi nel torneo, ma è stato comunque un bel piazzamento, ora da Settembre si riprende con gli allenamenti» rispose Tyler, scompigliandosi i capelli castani.

Non frequentava l'università, lo studio non faceva tanto per lui e a fine liceo aveva deciso di dare una mano nell'officina del padre, che faceva il meccanico e, nello stesso tempo, portava avanti la sua passione per il calcio, giocando in una squadra locale, impegno che, periodicamente, lo portava a doveva affrontare gare, tornei e partite anche fuori città.

«Dai, allora non è andata male, vi rifarete sù!» lo esortò Sophia con una pacca amichevole sul braccio.

Ordinarono i loro panini e continuarono a parlare del più e del meno.

«Ed Ashley – inizò poi Tyler, abbassando lo sguardo, Sophia mise giù il panino che stava per addentare – l'hai sentita?» chiese, con non poco imbarazzo.

Sophia era la migliore amica di Ashley fin dai tempi del liceo. Tyler l'aveva conosciuta proprio tramite Ashley, nel periodo in cui si erano messi insieme, poi era andata com'era andata e da coppia di fidanzati erano diventati un trio di amici. Lui però era consapevole del fatto che Ashley si confidava con lei e non gli era difficile immaginare che Sophia dovesse essere al corrente di molti particolari, sia sulla loro vecchia relazione, sia su tutto ciò che era successo dopo. Ne era sicuro perchè spesso l'amica faceva dei discorsi strani, parlando sul generico, ma Tyler ci leggeva fra le righe dei riferimenti a lui e al fatto che dopo un amore è impossibile rimanere amici, per chi è ancora sentimentalmente coinvolto. E Tyler si ci rivedeva sempre perfettamente in quei racconti, solo che non riusciva davvero a uscire da quelle sabbie mobili che lo risucchiavano sempre più in fondo. Sognava Ashley quasi ogni notte e riviveva continuamente flashback dei loro momenti passati. Per questo provava sempre un po' di disagio nel parlare con lei della sua ex e ogni volta che succedeva le pareva di intravedere una certa agitazione anche nell'amica.

Infatti non si sbagliava.

Sophia si sentì tremendamente in difficoltà. Quando l'argomento tra lei e Tyler sfociava in Ashley, era come sentirsi in trappola. Erano entrambi suoi amici e non poteva tradire l'uno per l'altra o viceversa, doveva sempre stare attenta a cosa dire e a come dirlo per non essere troppo dura e non rischiare di rovinare l'amicizia con i due. In pratica stava in mezzo a due fuochi e rischiava di bruciarsi, se non faceva attenzione, per questo cercava sempre di mantenersi sul vago o di dire mezze verità, lasciando al suo interlocutore il compito di decifrare le sue affermazioni.

Sophia sapeva che Ashley non provava nulla per Tyler , ma di certo non poteva dirglielo, non era giusto nei confronti di entrambi, perchè doveva essere Ashley a farlo e Tyler meritava di ricevere il chiarimento che gli avrebbe spezzato il cuore da lei e da nessun altro.

Si schiarì la voce, e continuò a rosicchiare le patatine fritte sul suo piatto.

«L'ho sentita per telefono prima di partire per la montagna, e poi ieri ho incontrato sua sorella Phoebe» rispose con calma, riportando i suoi occhi castani sul ragazzo.

«Capisco – annuì serio – e che ti ha detto?» continuò Tyler, sperando di ricavare qualche informazione in più. Ogni estate era una tortura per lui stare lontano da Ashley e immaginarla da sola a divertirsi chissà con chi, soprattutto da quando, due anni prima, era tornata fidanzata con un damerino di alta classe, gettandolo nello sconforto. Aveva provato a dimenticarla andando con altre, ma con scarsi risultati.

«Beh, insomma, niente di che, aveva sentito Ashley proprio da poco e le sembrava rilassata e allegra, pare che si stia divertendo!» esclamò Sophia, sorseggiando la sua aranciata. Non potè fare a meno di notare che l'espressione di Tyler si era incupita. Invece di essere felice che Ashley si stesse divertendo, come avrebbe fatto qualunque amico, era preoccupato. Non doveva essere un granchè quando la propria felicità dipendeva dalle azioni di un'altra persona, pur se involontariamente.

Sperò tanto che l'amica gli avrebbe finalmente parlato al suo ritorno, come le aveva promesso al telefono, e forse, con un po' di tempo, la situazione si sarebbe normalizzata. Prevedeva comunque un autunno travagliato, di sicuro.

«Capisco, chissà se si sta trovando bene con la compagna di suo padre, era un po' preoccupata, e poi non deve essere facile vivere con loro due assieme, abituata a stare sola con lui» aggiunse, come se volesse necessariamente trovare un qualche aspetto negativo di quella vacanza.

«In realtà so che sono in quattro in quella casa, ho saputo da Phoebe che la compagna di suo padre ha un figlio» precisò Sophia, che aveva detto la verità, era stata davvero la sorella di Ashley a dirle quel particolare che, chissà perchè, la sua amica aveva omesso con lei. Davvero molto strano.

«Un bambino?» domandò Tyler.

«Veramente ha quasi 23 anni, a quanto ho potuto capire, direi che bambino non è la definizione giusta» gli fece notare Sophia, con molta tranquillità, mentre di soppiatto osservava la faccia di Tyler riempirsi di sconcerto.

«Che? - sbottò quasi schifato – e suo padre permette a un ragazzo di condividere lo stesso tetto con Ashley!». Il solo pensiero che un ragazzo di circa la loro età vivesse nella stessa casa con Ashley per tutto quel tempo lo mandò in bestia, ne fu invidioso senza nemmeno conoscerne l'aspetto o l'identità.

«Beh oddio Tyler, Ashley è adulta, non ha mica 10 anni, penso sia capace di gestire la situazione e, a meno che non si tratti di un maniaco o di un serial killer, cosa di cui comunque dubito fortemente, non vedo che problemi le possa dare – affermò Sophia, contrastando la gelosia dell'amico – e comunque lei al telefono mi è sembrata serena, quindi penso che puoi stare tranquillo»

«Quando torna – iniziò Tyler, con determinazione nello sguardo – dovrò parlare con lei»

Sophia sussultò, Tyler non poteva sapere che anche Ashley avesse la stessa intenzione, seppur per il motivo esattamente opposto al suo. Ma non poteva dirglielo, non poteva tradire la confessione della sua migliore amica, quindi restò in silenzio e pregò che, quando sarebbe arrivato il momento, non sarebbe stato tutto troppo doloroso.

 

Monica salì le scale di legno che portavano alle stanze da letto un passo dopo l'altro, e mano mano che si avvicinava alla cima, sentiva come se la forza di gravità diventasse più pesante e le rendesse quella salita sempre più faticosa.

In realtà era quello che la aspettava oltre quella scalinata a renderla nervosa e a farla esitare scalino dopo scalino.

Aveva deciso di parlare con Matt, o quanto meno di provarci, spinta anche dalle parole di Ashley.

Un improvviso slancio di ottimismo le aveva pervaso l'anima e adesso era lì, ad un passo dal riallacciare i rapporti con Matt o perderli per sempre.

Sì, perchè quella era l'ultima occasione che si stava volendo concedere, il suo cuore non avrebbe retto un altro rifiuto. Fallito questo tentativo avrebbe definitivamente chiuso la questione con suo figlio e si sarebbe rassegnata a continuare quella vita di indifferenza reciproca.

Percorse il corridoio col cuore in gola, la sua sicurezza e austerità si erano andate a fare benedire.

Bussò alla porta e attese il suo permesso per aprire, a quel punto afferrò la maniglia e la abbassò, dischiudendo una fessura sufficiente per mostrarsi davanti agli occhi di Matt, che si spalancarono appena per la sorpresa, per poi assottigliarsi nuovamente in quell'espressione di astio che era solito rivolgerle.

«Posso entrare?» chiese.

Matt non le rispose, si tolse la tracolla del basso dalle spalle e poggiò lo strumento sul letto, poi ruotò la testa dal lato opposto e lasciò che i capelli gli coprissero lo sguardo, in modo che non le potesse essere visibile la sua espressione.

Perchè adesso non era solo incazzata, c'era uno spiraglio di curiosità.

«Se sei qui per rinfacciarmi qualcos'altro direi che puoi anche andare» le sparò, glaciale.

Monica capì che le sue parole a tavola erano ancora una ferita aperta, e in effetti riconobbe di meritarsi quel trattamento, almeno stavolta.

Si avvicinò a lui tenendo lo sguardo basso, mentre notava i suoi pugni stretti e la sua postura rigida. Suo figlio era testardo, non avrebbe mollato così facilmente, era proprio come lei, circondato da uno scudo impenetrabile e permetteva solo a chi gli andava a genio di oltrepassarlo.

Lei, purtroppo, non faceva parte di quella categoria.

«Senti Matt, so che mi odi e so che ho sbagliato l'altro giorno a trattarti in quel modo – iniziò, con la voce leggermente rotta, Matt ascoltava in silenzio quell'ammissione di colpa, con stupore negli occhi – ma volevo solo dirti che mi dispiace e che, in tutti questi anni, da quando io e tuo padre ci siamo lasciati, io sono stata accecata dalla rabbia e dal dolore e forse non sono riuscita a essere la madre che avrei dovuto»

Matt era immobile con la testa ancora girata, non la stava guardando in viso e non ne aveva intenzione. Ingoiò a fatica perchè un groppo in gola glielo impediva. Sua madre si stava scusando e gli pareva così impossibile. Chissà quanto le stava costando professarsi colpevole, e rivelare i suoi sentimenti. Solo che, Matt non riusciva a capacitarsi.

Perchè dopo tutti questi anni? Cosa era cambiato? Ma soprattutto, sarebbero bastate un pugno di parole di rammarico per sanare anni e anni di silenzi e indifferenza?

Il buco che aveva nel cuore gli sembrò troppo grande per essere riempito adesso e gli suggeriva una risposta negativa.

Anche se quel gesto l'aveva colto di sorpresa, non era sufficiente, non poteva essere sufficiente.

«Avevo solo 9 anni – le rinfacciò di getto, le parole gli uscirono come mosse da una parte irrazionale di lui – e mi hai cancellato dalla tua vita. Che colpa avevo io?» Quella frase carica di disprezzo raggiunse il cuore di Monica come un proiettile, confermandole quello che, in fondo, immaginava già.

Che certi errori a volte si pagano per tutta la vita, anche se provocati da mancanza di coraggio o dalle troppe sofferenze, o da un carattere troppo orgoglioso e poco incline a sopportare i fallimenti. Lo aveva perso, per sempre.

Si avvicinò a quel ragazzo seduto, che ormai non credeva più di poter considerare suo figlio e poggiò una mano sulla sua spalla.

Matt serrò gli occhi, perchè sua madre non lo sfiorava con un gesto dolce da anni e voleva ignorare la sensazione piacevole che gli dava sentire quel tocco materno, la voleva cancellare con tutte le sue forze.

«Hai ragione, ma – provò a farsi comprendere, aveva solo quella chance e doveva andare fino in fondo, anche se questo significava uscirne completamente sconfitta e in pezzi – ero distrutta, sai che significa vedere tutto quello che hai costruito, tutti i sogni, il futuro che hai progettato, crollare di colpo, trovarsi sola all'improvviso. Io non volevo accettarlo, non ci riuscivo, capisci, ho incolpato tuo padre e non sopportavo di vederti lì, bisognoso di una famiglia che non c'era più. Ho preferito ignorare i tuoi problemi, ignorare i tuoi occhi che mi ricordavano troppo quelli di tuo padre, scappare per sopravvivere!» gli disse disperata, con gli occhi lucidi e la voce tremante.

La stretta sulla sua spalla si fece più forte, quasi volesse trattenerlo lì.

Il respiro di Matt diventò sempre più pesante, si voltò di scatto verso sua madre, e provò un tuffo al cuore a vederla così indifesa ora che aveva buttato giù quei muri, era umana e non più il robot freddo che era stata per tutti quegli anni, era solo una donna triste che cercava di recuperare un figlio.

Ma una domanda, sempre la stessa, continuava a ronzargli in testa.

Bastava tutto quello?

Puntò i suoi occhi chiari in quelli stanchi e affranti di Monica, che parvero calmarsi adesso che lui la guardava.

«L'orgoglio è stata la mia rovina Matt – trovò il coraggio di dirgli – non potevo accettare di aver perso tutto, ma ci sto provando, forse è tardi o forse no, ma dipende anche da te. Potrai anche non somigliarmi, potrai aver preso il talento per la musica e il carattere libero e anticonformista di tuo padre, ma anche tu sei orgoglioso come me, lo sai benissimo, non fare sì che questo ti blocchi, l'ho capito solo ora. Non ti sto chiedendo di andare d'amore e d'accordo subito o di spalancarmi le porte della tua vita, voglio solo che tu mi permetta di ricominciare, un passo dopo l'altro, anche se ci vorranno anni.» concluse sua madre, attendendo il verdetto da suo figlio, come una condannata a morte.

Matt si sentì come perso in mare aperto, sentimenti contrastanti gli impedivano di capire cosa fosse giusto fare o cosa volesse il suo cuore. Era successo tutto troppo all'improvviso e ci aveva perso ormai le speranze che sua madre potesse ancora ammettere i suoi sbagli e preoccuparsi per lui.

Non sapeva se fidarsi, se crederle, perchè faceva ancora male e una seconda volta non l'avrebbe tollerata.

Fu per autodifesa che, alla fine, preferì chiudersi nuovamente in sè stesso.

«Io penso che sia troppo tardi, mamma – quella parola così tenera, in una frase crudele – io non posso farcela» rispose, distogliendo lo sguardo, definitivamente.

Monica arretrò e si arrese.

Era finita, adesso.

Ashley si era sbagliata, suo figlio non l'avrebbe mai perdonata, doveva convivere con quella dura realtà, ma almeno adesso l'avrebbe potuto fare consapevole di aver tentato. Non era una consolazione, ma sempre meglio di come aveva fatto in passato, andando avanti a ignorare i problemi.

Non voleva piangere, sarebbe stato inutile e anche un po' fuori luogo farlo adesso, dopo ben 14 anni.

Silenziosamente indietreggiò, fino a uscire dalla camera di Matt e lasciarlo solo.

Lui rimase per un po' fermo, con l'amaro in bocca, consapevole di aver deciso con quella breve frase il destino del suo futuro rapporto con sua madre.

Non ce l'aveva fatta a dimenticare tutto, non ci era riuscito.

In fondo era vissuto fino ad ora così, senza il calore di una madre e avrebbe potuto farlo anche per sempre. Si passò una mano sulla spalla, dove poco prima c'era stata quella di sua madre. Cancellò quella sensazione a fatica e con ancora più fatica cancellò quell'incontro dalla sua mente.

 

Ashley in camera, era ignara di tutto quello che era successo tra Monica e Matt. Stava pensando a prepararsi per la sera, e c'era qualcosa che la inquietava, o meglio qualcuno: Jenny.

Da quando lei e Matt avevano cominciato quella strana relazione che ancora non aveva ricevuto un nome, non si erano più incontrate, ma immaginava che stasera dovesse essere presente anche lei.

Sospirò e si buttò sul letto: per quanto si sforzasse a ripetersi che lei e Matt non erano una coppia e che lui era libero di fare quello che voleva, il solo pensiero che qualcun altra potesse avvicinarsi a lui, toccarlo, baciarlo o peggio ancora, la mandava in bestia.

Era gelosa, ecco. Bisognava chiamare le cose col proprio nome e quella era vera e propria gelosia.

Guardò svogliatamente l'orologio al muro e si accorse di avere poco tempo.

Mise da parte quei pensieri negativi e si vestì, indossando dei jeans e un top semplice rosso. La festa era molto informale e non aveva certo bisogno nè voglia di agghindarsi.

Matt venne nella sua stanza poco dopo, la accolse tirandosela per i fianchi e baciandole il collo dolcemente.

Ashley la notò quell'espressione pensierosa che aveva in volto. «Va tutto bene?» gli chiese, dubbiosa, non appena Matt si era staccato da lei e aveva potuto guardarlo bene in viso.

«Si – mentì lui, non voleva rovinarle la serata con le sue paranoie – sù andiamo!» la esortò, prendendole la mano e conducendola giù. Non voleva pensare, quella sera.

Matt le tenne la mano fino a quando arrivarono in spiaggia, dove li aspettavano i suoi amici e a quel punto mollò la presa ed Ashley non riuscì a nascondere un'espressione delusa.

Sapeva che era giusto così, che non c'era niente tra di loro e che se li avessero visti mano nella mano sarebbe stato difficile e arduo da spiegare, ma adesso che concretamente lo stava vivendo, fu un duro colpo. La riportò alla realtà, una realtà in cui loro due non esistevano.

Si portò la mano rimasta libera a sistemarsi delle ciocche di capelli dietro l'orecchio, un gesto come un altro per riempire quel vuoto che Matt aveva provocato.

Lui notò la sua espressione triste e si fece schifo da solo.

Avrebbe voluto poterla stringere davanti a tutti, baciarla e tenerla per mano senza nascondersi, ma era stato un codardo e non gli andava di dare spiegazioni e di sopportare gli sguardi indagatori dei suoi amici, le loro domande e le loro battutine. Preferiva tenere segreto quel legame, proteggerlo dal mondo e fare sì che restasse dominio solo di entrambi.

Si avvicinarono per salutare tutti, e infine si mostrò anche Jenny. Stranamente aveva un sorriso smagliante e le strinse la mano calorosamente per salutarla, mentre a Matt riservò un trattamento decisamente più caloroso, gettandosi al suo collo e stampandogli un bacio sulla guancia. Ashley si girò da un' altra parte, Matt se ne accorse e si liberò subito della vicinanza della mora, soprattutto perchè sapeva che Ashley era al corrente di quello che c'era stato tra loro e non voleva per nessun motivo che pensasse che ci fosse ancora dell'interesse. Voleva solo stare il più lontano possibile da Jenny, quella sera.

La spiaggia era molto affollata e si alternarono diversi gruppi a suonare. Si poteva ballare o starsene semplicemente seduti a godersi la musica e il mare o a bere qualcosa in compagnia.

Ashley non rimase incollata a Matt, ma passò del tempo anche con Mandy, Ilary e altre ragazze. Jenny non la guardava torva come al solito, sembrava tranquilla e la cosa insospettiva Ashley.

Era provocante oltre ogni limite, con una minigonna nera cortissima e un top viola che a stento riusciva a contenere il suo seno. Le amiche la guardavano con compassione, è vero, Jenny aveva sempre amato essere appariscente e mettere in mostra il suo bel fisico, ma l'aveva fatto sempre in maniera decente, adesso sembrava solo ridicola e penosa.

Mandy riuscì a intercettare Matt in un momento in cui era solo.

Voleva parlare un po' col suo amico: si conoscevano da anni, avevano condiviso tutte le scuole, fino a quando Matt si era trasferito da suo padre al liceo, ma da allora si erano sempre tenuti in contatto e con gli altri ragazzi trascorrevano l'estate insieme, quando lui ritornava. Per lei era come un fratello.

Gli si avvicinò e gli mise un braccio intorno alle spalle.

«Allora Matt, come va?» gli domandò, urlando un po' per sovrastare la musica.

«Tutto bene – rispose lui, poi cercò Ashley con lo sguardo, non riusciva a vederla – dov'è Ashley?» chiese all'amica.

Mandy sorrise, era bello vederlo così premuroso nei confronti di quella ragazza che, con semplicità, stava facendo uscire il meglio di lui.

«Tranquillo, l'ho lasciata con Ilary e le altre – lo rassicurò – sono contenta che tu l'abbia portata oggi!» aggiunse.

Giurò di aver visto Matt arrossire leggermente, mentre beveva un sorso della sua birra.

«Siete carini insieme» gli confessò all'orecchio.

Matt abbassò lo sguardo «Lei è stupenda» rivelò all'amica, di Mandy si fidava ciecamente.

«E allora? - insistette Mandy – che stai aspettando?» gli chiese.

Matt scosse la testa, pensieroso.

C'era qualcosa che lo bloccava, o meglio, una serie di cose che gli suggerivano che, anche ammettendo i suoi sentimenti, la loro storia non avrebbe mai funzionato, e avrebbe solo fatto soffrire quella ragazza e non se lo sarebbe mai perdonato.

«Non lo so, io... non so davvero cosa fare – ammise confuso – Ashley è arrivata all'improvviso e non avevo messo in conto che tra di noi potesse nascere qualcosa, lei è così perfetta, è così diversa da quello che ho sempre conosciuto e per qualche strano motivo si è attaccata a me, che sono un coglione, ti rendi conto? – Mandy rise, a Matt piaceva sempre buttarsi giù e giudicarsi negativamente, quando invece tutti sapevano quanto fosse pieno di buone qualità – da un lato non riesco a starle lontano, ma dall'altro mi trovo impreparato, non riesco a gestire tutto questo e so che arriverà il momento in cui questa cosa non andrà avanti, fidati, so che arriverà e ho tanta paura del dopo, di come ne uscirò io e ancora di più di come ne uscirà lei.»

Matt si fece estremamente triste. Mandy non capiva bene a cosa si stesse riferendo quando parlava di un momento che sarebbe arrivato, ma anche i suoi occhi si rattristarono.

«Ne soffrirà comunque, mi sembrate entrambi abbastanza presi ormai, forse conviene provarci, arrivati a questo punto, invece di avere un rimpianto?» provò a consigliargli, anche se capiva benissimo che, in questi casi, era meglio lasciare che ognuno prendesse le proprie scelte liberamente.

Gli altri ragazzi li raggiunsero, impedendo a Matt di rispondere, o meglio, salvandolo, visto che non aveva idea di cosa dire.

«Stai attenta a Jenny – riuscì ad avvertirlo Mandy prima di allontanarsi – è cambiata e non mi piace per niente» lo mise in guardia.

Matt annuì, poi raggiunse Ashley, le afferrò un polso e la trascinò via con lui, un po' lontano dal gruppo.

Tutto quel parlare di lei, di una loro eventuale storia che avrebbe fallito, non aveva fatto altro che fargli desiderare ancora di più la sua vicinanza, finchè poteva.

Ashley lo seguì senza fare resistenza, si fermarono più in là, in una zona meno affollata, seduti sulla sabbia, col mare davanti che si infrangeva nel bagnasciuga.

«Ti senti bene?» chiese Ashley, perplessa per quel suo comportamento.

«Ora si» rispose Matt, adesso che era con lei era tornato a respirare e a sentirsi sereno. Lei era la sua cura, la sua medicina e non poteva farne a meno, esisteva solo il presente e i brutti pensieri lo abbandonarono, anche se sarebbero tornati poi e con gli interessi.

Tornavano sempre quei bastardi.

Le prese il mento con le dita e la baciò. Ashley si tirò indietro, allarmata.

«I tuoi amici – disse preoccupata – sono in giro qui intorno, potrebbero vederci» precisò un po' imbarazzata.

«Sai che c'è, che non mi interessa» sentenziò, riprendendo a baciarla, per la prima volta in pubblico. Ashley sorrise sulle sue labbra. Era felice come una bambina messa davanti alla bambola che desidera da tanto. Lo strinse forte, ricambiando i suoi baci.

E infatti Jenny li vide, da lontano.

Li aveva notati allontanarsi insieme e voleva vedere coi suoi occhi quello che aveva ancora solo immaginato. Non provò rabbia, però, perchè sapeva che tra poco li avrebbe separati e Matt sarebbe caduto nella sua rete, perchè per quanto potesse sembrarle innamorato, era un maschio anche lui e nessuno rifiutava per sempre le sue attenzioni.

 

 

 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16

 

Era passata da poco mezzanotte e la spiaggia era ancora piena di ragazzi sparsi in gruppi qua e là e di musica.

Dopo essere rimasti per un po' da soli, Matt ed Ashley erano tornati per raggiungere i ragazzi, che però si erano sparpagliati tra la folla, riuscendo a rintracciare solo Mandy con Dylan e Ilary.

Il ragazzo guardò Matt con un ghigno stampato in faccia.

«Che avete fatto tutto questo tempo soli voi due piccioncini, eh?» insinuò maliziosamente, facendo arrossire violentemente Ashley e beccandosi una gomitata dalla sua ragazza.

«Sei proprio coglione, Dylan!» sbraitò Matt senza mezzi termini, odiava essere al centro dei pettegolezzi.

«Smettila di fare l'idiota e lasciali stare – lo riprese anche Mandy, sorridendo, poi tornò a rivolgersi a Matt – ho sentito che Simon ci ha invitati tutti nella sua villa, tra due giorni parte e voleva salutarci organizzando una piccola festa, ci sarà da bere e da mangiare, credo» lo informò.

Matt fece una faccia perplessa, aveva incontrato Simon pochi giorni prima e non gli aveva accennato nulla. In realtà non era un loro amico strettissimo, era il cugino del batterista della band di Matt e aveva cominciato a uscire con loro, di tanto in tanto, e ad assistere spesso alle loro prove, in quanto anch'egli appassionato di musica rock. Si trovava lì in vacanza nella sua grande villa, i suoi erano benestanti e originari del posto, ma si erano trasferiti per lavoro prima che lui nascesse.

Mandy colse l'espressione stranita dell'amico e proseguì con la spiegazione.

«Sì, lo so, sembra strano, ma mi ha detto che l'ha deciso all'ultimo momento e voleva farci una sorpresa – spiegò mentre vagava con lo sguardo alla ricerca degli altri amici, dispersi tra la folla, e la poca luce che illuminava la spiaggia non aiutava di certo – in ogni caso, voi venite, allora?»

Matt guardò Ashley per sapere se a lei stesse bene continuare la serata da un'altra parte. La ragazza capì e senza bisogno che lui domandasse esplicitamente gli fece un cenno affermativo col capo. «Si, per me va bene» aggiunse per essere più chiara.

«Perfetto! - esclamò entusiasta Mandy, dando una stretta amichevole al braccio di Ashley – beh, adesso vi saluto, andiamo a cercare gli altri, ci vediamo lì più tardi, a dopo!»

Si salutarono e i tre amici sparirono presto in mezzo alla marea di gente, lasciando soli Matt ed Ashley, che cominciarono ad avviarsi verso l'uscita della spiaggia per risalire e dirigersi verso la villa di Simon.

Giunti quasi in cima alla stradina che dal mare riportava al parcheggio, vennero fermati da una voce dietro di loro.

Era Jenny, Ashley trasalì, sapeva che lei non portava niente di buono e il fatto che quella sera l'avesse vista allegra e tranquilla non la convinceva granchè. Era stato un cambiamento troppo brusco e davvero poco credibile.

«Matt!» chiamò a voce alta una seconda volta, per assicurarsi che il ragazzo l'avesse sentita e si fermasse.

Matt si voltò e così fece anche Ashley, che tuttavia avrebbe preferito evitare quell'incontro.

«Ehi, hai saputo della festa di Simon?» annunciò tutta sorridente, rivolgendosi solo a lui, come se la ragazza accanto non esistesse. In effetti così era nella sua testa, per lei Ashley era una nullità, un intralcio che doveva sparire.

«Sì, stavamo andando proprio lì» gli rispose Matt che, senza volerle dare altro conto, si stava già per rigirare e continuare il tragitto.

«Oh, aspetta – lo richiamò Jenny, facendo ondeggiare i lunghissimi capelli scuri – mi dispiace tanto, ma temo che Ashley non sia stata invitata» affermò, con un tono dispiaciuto talmente finto, da risultare grottesco.

Matt aggrottò le sopracciglia, mentre Ashley rimase interdetta, ma non del tutto sorpresa. In un certo senso la sua improvvisa comparsa non le aveva fatto presagire nulla di positivo.

«Che significa che non può venire?» chiese, infastidito. Era uscito con Ashley e non voleva riportarla a casa così, nel bel mezzo della serata.

«Simon mi ha detto che vuole che siano presenti solo i ragazzi della comitiva e nessun altro, altrimenti se chiunque potesse portarsi dietro gente varia – continuò sprezzante, sottolineando come Ashley non fosse che una qualunque – il numero sarebbe cresciuto troppo e la villa si sarebbe riempita e sai come sono fatti i suoi, ci tengono tanto a che non si faccia un macello!»

Quella versione risultava molto credibile. Tutti loro erano al corrente di quanto la famiglia di Simon fosse rigida e all'antica e di quanto fossero maniaci della perfezione e dell'ordine.

«Ma..» tentò di obiettare Matt, ma venne fermato bruscamente da Jenny «Ashley non è dei nostri, mi dispiace» ribattè con voce angelica, ma con un disprezzo che Ashley riuscì a scorgere limpido.

Dentro di sè Jenny era soddisfatta, lanciò un'occhiata ad Ashley per compiacersi dell' espressione delusa che aveva assunto, doveva capire che lei con Matt non c'entrava nulla, che non apparteneva al loro mondo e che doveva ritornarsene da dove era venuta. Non la voleva tra i piedi, specialmente quella sera.

Era stata lei a pregare Simon di organizzare quella festa a casa sua, per creare l'occasione adatta per stare da sola con Matt e giocarsi le sue carte. Ci avrebbe pensato lei a sbarazzarsi di quella rompiscatole e quando non sarebbe stata più tra i piedi, avrebbe avuto campo libero. I suoi metodi sapevano essere molto convincenti con i ragazzi e per questo Simon si era lasciato subito abbindolare, probabilmente con l'illusione di poter andarci a letto.

Era solo ed esclusivamente la prospettiva di quella festa che le aveva fatto dismettere la sua solita espressione rancorosa e rabbiosa dal volto, sostituendola con un'ondata di felicità e ottimismo che ormai non le appartenevano più. Si sentiva viva solo quando pensava a Matt, il suo era un amore malato, morboso e disperato e, arrivata a quel punto, dopo innumerevoli rifiuti da parte del ragazzo che amava, conosceva solo un modo per ottenere ciò che voleva: il sesso. Pensava che con quello si potesse raggiungere qualunque obiettivo, persino conquistare il cuore di una persona.

Ma non c'era niente di più sbagliato.

A Matt non piacque per nulla il tono che Jenny aveva usato per indicare Ashley e aprì la bocca per contrastarla, ma la rossa lo interruppe, afferrandogli un braccio.

Sinceramente non le andava di starsene lì, quasi a dover supplicare per poter andare con loro. Era solo una festa in fondo e nemmeno conosceva bene il ragazzo che l'aveva organizzata, quindi era giusto che andasse Matt da solo coi suoi amici.

Per l'ennesima volta si ricordò che non era la sua ragazza e che Jenny in parte aveva ragione, anche se faceva male ammetterlo. Lei non faceva parte del suo gruppo ed era così che doveva andare.

Il biondo la fissò sconcertato, dopo la sua stretta, cercando con gli occhi una spiegazione a quel gesto.

«Matt, vai, tranquillo - lo rassicurò sorridendogli – in fondo è un tuo amico, io tornerò a casa, non è mica un problema!»

Matt non voleva rassegnarsi, non le sembrava per nulla corretto riportarla a casa così, all'improvviso.

«Ma, ne sei sicura?» le chiese perplesso, per accertarsi che fosse davvero serena.

Ashley annuì con decisione, senza cancellare il sorriso dalle sue labbra.

«Ma certo – continuò a tranquillizzarlo – è già mezzanotte passata e sinceramente è meglio che non faccia tardi, avevo deciso domani mattina di studiare un po', quindi preferirei svegliarmi presto!»

Matt era confuso, da un lato le dispiaceva accompagnarla a casa, dall'altro Ashley le pareva tutto sommato calma e anche le motivazioni erano plausibili, sapeva che studiava per gli esami di Settembre e che ci teneva che andassero bene al primo tentativo.

Esitò un attimo, incerto sul da farsi e con lo sguardo accigliato, si passò una mano sulla fronte per liberarla dai capelli, poi decise. «E va bene – affermò, seppur con poca convinzione, Jenny esultò internamente ma i suoi occhi, divenuti brillanti, rivelarono il suo stato d'animo – ti accompagno a casa allora» le prese la mano e si diresse verso l'auto senza rivolgere parola a Jenny.

«Ma, devi accompagnarla per forza?» osò chiedere Jenny, che ormai, presa da un'euforia incontenibile per aver vinto ed essersi liberata di Ashley, non riusciva ad aspettare nemmeno un minuto in più per vedere realizzato il suo proposito.

Matt si voltò furente, fulminandola con lo sguardo «Certo che l'accompagno» le ribattè.

Il suo tono arrabbiato non toccò minimamente Jenny, era troppo esaltata per dare peso a quelle sottigliezze. Girò i tacchi e si diresse verso casa di Simon, facendo ondeggiare i fianchi e sistemandosi al meglio il trucco con uno specchietto. Doveva essere perfetta e irresistibile.

In macchina tra Matt ed Ashley era calato uno strano silenzio. La ragazza si era poggiata allo sportello, guardando distrattamente la strada che scorreva e che a breve l'avrebbe separata da Matt. Non poteva negare di essere triste, in spiaggia per un attimo aveva quasi sperato che Matt si fosse esposto di più con lei, baciandola in pubblico, ma erano bastate le parole fredde di Jenny per riportarla alla realtà.

Niente la legava a Matt.

Non gli dava nessuna colpa, nemmeno lei era completamente onesta con lui e non gli diceva una volta per tutte quello che sentiva. Era paura di un rifiuto o forse che le parole potessero mettere fine a un rapporto che comunque la sua parte irrazionale cercava con tutta sè stessa, un istinto primitivo che la spingeva a lui perchè il suo corpo e la sua mente in quei momenti stavano in perfetto equilibrio. Non faceva altro che oscillare tra un estremo benessere e ripiombare nell'oscurità, senza un'apparente via d'uscita.

La voce preoccupata di Matt le risuonò nelle orecchie.

«Ashley, ma sei sicura che ti vada bene così? Ti giuro che non lo sapevo di questa festa e mi dispiace un sacco di doverti riaccompagnare, ero stato io a invitarti stasera» si premurò di precisare, ancora non digeriva quello che era successo.

«Ashley gli sfiorò una spalla con la mano, per rassicurarlo.

«Ma certo, ti ripeto che non me la sono presa – disse, sforzandosi di ignorare un nodo alla gola che le si era formato nel frattempo – e poi non mi devi dare nessuna giustificazione per quello che fai» aggiunse amareggiata. Purtroppo non aveva potuto impedire che quella frase uscisse dalle sue labbra.

Matt strinse forte con le mani il volante per la rabbia e sbuffò.

La realtà era che lui, invece, sentiva di dovergliele quelle spiegazioni perchè Ashley era diventata importante e non voleva che lei pensasse di essere una qualunque, una con cui giocava, perchè era esattamente ciò che non avrebbe mai voluto.

Voleva prenderla e urlarglieli tutti i sentimenti che teneva sigillati, stringerla forte e farci l'amore e non solo sesso, come in passato aveva fatto con le sue avventure passeggere.

L'auto giunse sotto la loro casa, Ashley scese e lo salutò «Divertiti!» gli raccomandò col cuore in gola, mentre si avvicinava al cancello.

Matt respirò a fatica e si morse le labbra, voleva parlare, cercava il coraggio, ma le corde vocali non ne volevano sapere di fare il loro dovere.

«Ashley!» gli scappò. La ragazza si voltò, una leggera speranza sul suo viso, che si spense subito.

«No, niente» ci ripensò.

Non ci era riuscito alla fine. Nè con sua mamma e nè con la ragazza di cui credeva essere innamorato.

Ashley era salita velocemente in camera e si era chiusa dentro. Si era spogliata rapidamente e aveva indossata un top grigio e un paio di shorts di cotone che usava per dormire quando faceva molto caldo. Solo che invece di mettersi a letto si era raggomitolata su sè stessa, seduta sul pavimento, come un cucciolo indifeso.

Di dormire non se ne parlava proprio, tutti i suoi pensieri erano rivolti a Matt e a quello che avrebbe fatto a quella festa. Era ormai chiaro che Jenny ci avrebbe provato spudoratamente, e lei era bellissima, provocante, aveva degli occhi che stregavano e un corpo da fare invidia a una modella e cosa peggiore, Matt era già stato a letto con lei in passato e, anche se le aveva spiegato che tra loro c'era stata solo una scappatella e che a lui non interessava, Ashley non vedeva alcuna ragione per cui non dovesse andarci di nuovo. E se non fosse stata Jenny, prima o poi sarebbe arrivata qualcun'altra a portarglielo via, dato il successo che aveva con le ragazze. Era solo questione di tempo. I pensieri negativi la stavano divorando viva.

Si strinse ancora di più le ginocchia al petto, fino a soffocare, ma era così potente il dolore interiore, che quello fisico nemmeno lo percepiva.

Perchè non accettava di perderlo? Perchè le faceva così male il solo pensiero di lui con un'altra?

Alcune lacrime cominciarono a rigarle il volto, come non succedeva da tempo. Non si era mai sentita così disperatamente attaccata a qualcuno e spaventata a morte all'idea di non poterlo avere, e se era davvero quello l'amore di cui tutti parlavano, non era per niente bello, anzi le stava portando troppe sofferenze e guai.

Aveva bisogno di parlare con qualcuno, di un conforto, ma era tardissimo e non poteva chiamare le sue cugine per raccontarle i suoi piagnistei, stessa cosa valeva per Phoebe, che era totalmente ignara della sua cotta per il figlio di Monica e non voleva tediarla con ore di racconti al telefono, mentre lei aveva da pensare alla sua vita e alla sua casa. Anche Sophia era da scartare.

Si sentì disperatamente sola, nel buio della sua stanza, senza nessuno con cui poter sfogarsi, poggiò la fronte sulle ginocchia e si abbracciò le gambe, come a volersi proteggere.

 

Intanto Matt era arrivato alla festa da solo, accolto dalle domande degli amici, meravigliati per l'assenza di Ashley e temendo un loro litigio. Matt spiegò loro la situazione, poi venne letteralmente accalappiato da Jenny, che gli si era attaccato al braccio come una sanguisuga.

Gli offrì ripetutamente da bere, nel tentativo di usare l'alcool per fargli perdere il controllo, ignorando che a Matt non bastavano di certo due bicchierini per essere manipolabile da lei e che comunque quella sera non era per niente dell'umore adatto per lasciarsi andare. Più provava a sfuggire e più si ritrovava il corpo di Jenny appiccicato al suo, e la cosa lo stava innervosendo. Aveva capito che stava approfittando dell'assenza di Ashley per provarci con lui. Quello che lei però non sapeva era che a lui non gliene poteva fregare di meno e questo a prescindere da Ashley. Era già da tempo che respingeva Jenny, ma era testarda all'inverosimile e non si arrendeva. Si stava distruggendo dietro a quell'amore impossibile.

Quando circa tre anni prima erano stati insieme, Matt era da poco ventenne e aveva alle spalle un'adolescenza turbolenta, senza l'amore di una madre e con un padre che l'aveva accolto, ma che per lavoro era spesso assente.

A parte qualche storia insignificante al liceo, l'idea di provare amore per qualcuno o di legarsi a una persona non gli passava per l'anticamera del cervello, ai tempi.

L'esperienza vissuta con i suoi l'aveva segnato nel profondo e gli aveva trasmesso un'enorme sfiducia per quel sentimento, a cui tutti aspiravano e che sognavano. Matt aveva fascino e lo sapeva, e ragazze intorno non gliene erano mai mancate, ma quello che si concedeva era qualche avventura, quando incontrava una ragazza che lo intrigasse.

Nessun coinvolgimento sentimentale anche perchè, spesso, aveva a che fare con ragazze disinibite e disponibili, prive di contenuti e vuote, che lo stancavano presto, com'era prevedibile che fosse. A lui era stato bene così, innamorarsi non sapeva nemmeno cosa volesse dire e anche con Jenny era stata identica la storia.

Adesso però, la conoscenza forzata con Ashley l'aveva cambiato e il suo cuore, creduto per tanto tempo arido, si era rianimato improvvisamente di battiti mai ascoltati. Anche con lei all'inizio c'era stata una curiosità più fisica, Ashley era la classica ragazza delicata e dolce, ma con un lato forte del carattere nascosto, di una bellezza raffinata e non appariscente e lui era rimasto molto colpito da lei, l'aveva desiderata, anche fisicamente. Poi la cosa era degenerata senza nemmeno essersene accorto, pur senza esserci andato a letto e adesso era lì, privo di interesse per qualsiasi ragazza che non fosse Ashley. Non gliene importava niente di quanto fossero attraenti o provocanti, ai suoi occhi non valevano nemmeno la sua metà.

Jenny era partita convinta che l'impresa sarebbe scivolata liscia come l'olio, invece si trovava a fare i conti con quello che non aveva considerato.

L'amore, quando c'era ed era sincero, incondizionato e vero, batteva qualunque cosa, e non era sufficiente un vestito succinto o avere le curve al punto giusto per sconfiggerlo. Ashley si era presa il suo cuore e la cosa assurda era che l'aveva fatto spontaneamente, senza impegnarsi, senza organizzare loschi piani, senza dover svendere il suo corpo o la sua dignità, come stava facendo lei agli occhi di tutti.

Cominciò a vacillare ma non voleva arrendersi, o tutto quello per cui aveva lottato a denti stretti sarebbe stato inutile. Afferrò con forza il braccio di Matt, mentre lui parlava calmo con i suoi amici e lo trascinò vicino a lei. I suoi occhi verdi erano disperati.

«Che cosa vuoi Jenny?» gli chiese Matt, non ne poteva davvero più di lei.

«Devo parlarti» disse di getto la mora. Matt era scocciato da morire ma gli sembrò l'occasione giusta per chiarire definitivamente la situazione con lei.

Jenny lo portò in una delle stanze da letto del piano di sopra e prima che Matt potesse proferire parole gli si gettò al collo e fu solo per un riflesso fulmineo del ragazzo che le labbra della ragazza non riuscirono a centrare in pieno le sue, finendo per poggiarsi sull'angolo della sua bocca. Matt la allontanò, spingendola via dalle spalle.

«Si può sapere che cazzo ti prende?» urlò, esterrefatto.

Jenny prese a slacciarsi il corpetto, mostrando di più il suo seno.

«Avanti Matt, inutile che fai il sostenuto con me, Ashley è a casa e non lo verrà mai a sapere, sono sicura che muori dalla voglia anche tu di passare una notte con me, come i vecchi tempi» lo provocò con voce sensuale.

Matt spalancò gli occhi inorridito. Ecco quale era stato il suo piano, approfittare dell'assenza di Ashley per sedurlo.

«Forse non ti è chiara una cosa Jenny – le spiegò serio – che io non sono innamorato di te e mai lo sarò, e che non sarà di certo facendo la puttana che mi conquisterai, perchè questo non succederà mai!» gridò fuori di sè.

Jenny si era ammutolita e tremava per la rabbia. Non solo la stava umiliando, ma le stava spezzando il cuore per sempre, non c'erano altre possibili interpretazioni a quelle parole e stavolta nemmeno lei aveva la forza di mantenere viva una flebile speranza.

Era finito tutto.

Odiò Ashley e scaricò su di lei la colpa di quel rifiuto.

«Certo, perchè a te adesso importa di quella scialba ragazzetta, non è vero?» urlò tra le lacrime.

Matt scosse la testa «Vedi, quello che non capisci è che, anche se non ci fosse stata lei, ti avrei respinta lo stesso, non ti ho mai illusa, hai sempre saputo che tra noi c'è stata solo attrazione fisica che si è consumata presto – rincarò la dose – e non ti permettere più di nominare Ashley in quel modo, lei è meravigliosa e - esitò perchè quello che stava per dire spaventava lui per primo e probabilmente non avrebbe dovuto dirlo così facilmente, ma non potè più frenare quell'ondata che gli premeva nel petto – IO LA AMO!»

Jenny cadde a terra in ginocchio, completamente annientata. Non c'era più nulla da fare, adesso. Si sentì sporca, stupida e terribilmente sola. Aveva litigato con le sue amiche e si era ridicolizzata per nulla, per essere stata talmente cieca da non volere accettare la realtà già da un bel pezzo.

Matt la sorpassò senza degnarla di uno sguardo e uscì da quella stanza. Respirò profondamente, ancora pervaso dall'adrenalina per quello che aveva finalmente ammesso. Per le scale incontrò Simon che lo fermò, vedendolo un po' scosso.

«Tutto bene?» gli chiese.

«Si, tranquillo» rispose Matt.

«Mi dispiace che non sia venuta la tua amica Ashley, è simpatica e avrei voluto salutarla prima di partire» affermò placidamente.

Matt strabuzzò gli occhi e un dubbio atroce si fece strada «Ma, non avevi detto che non poteva venire per non fare confusione in casa?»

«Chi, io? Ma quando mai – prese a ridere – figuriamoci, più siamo meglio è, no?»

«Già – rispose Matt, che ormai non c'era più con la testa, ma adesso sapeva cosa fare – scusami Simon ma io credo di dover scappare, fai un buon ritorno, amico!» lo abbracciò frettolosamente, sotto il suo sguardo confuso e poi si precipitò fuori per tornare dritto a casa sua.

Quella maledetta stronza gli aveva mentito per fare in modo di escludere Ashley e lui si era anche fatto ingannare come uno stupido.

L'unica cosa che voleva adesso era andare da lei.

Fece la strada correndo, pregando che Ashley si fosse attardata per qualche motivo e fosse ancora sveglia.

Aprì la porta di casa con veemenza e si trascinò sù per le scale con ancora più foga.

Si fermò ansimando per la corsa davanti alla stanza di Ashley, la porta era chiusa e nessuna luce si intravedeva dalle fessure.

Sospirò sconsolato, probabilmente stava già dormendo. Nonostante la voglia di abbattere quella porta, pensò che era il caso di lasciarla riposare ormai, quando all'improvviso, l'uscio si aprì e la testa di Ashley fece capolino dall'oscurità della stanza, come un raggio di luce ai suoi occhi.

Ashley era più che sveglia, in realtà.

Non era riuscita ancora a prendere sonno e poi era balzata in aria, sentendo qualcuno correre e si era anche presa un colpo, non capendo chi fosse. Aveva sentito i passi fermarsi davanti alla sua camera e armata di coraggio aveva aperto con cautela, aspettandosi qualche malintenzionato e trovandosi invece davanti Matt, ansante e rosso in viso.

«Matt, che ci fai qui? Mi hai fatto prendere un colpo! - esclamò portandosi una mano sul petto- Come mai sei tornato così presto?» gli domandò a bassa voce, per non farsi sentire da suo padre e Monica, con un'espressione perplessa. Il suo cuore aveva preso a batterle all'impazzata perchè aveva paura di quello che poteva sentire come risposta.

« Così, mi stavo annoiando» rispose indifferente lui. Un sopracciglio di Ashley si alzò, facendogli intuire che non poteva dargliela a bere così facilmente.

«Ok, va bene, non mi andava di rimanere lì – si avvicinò a lei e le sussurrò all'orecchio sensualmente – mi mancavi stronzetta, ho troppa voglia di te!»

Quelle parole le mozzarono il fiato, Ashley sbarrò gli occhi, incredula a ciò che le sue stesse orecchie stavano sentendo.

Prima che potesse accorgersene Matt l'aveva abbracciata stretta, spinta all'interno della stanza e richiuso la porta.

Aveva cominciato a baciarla disperatamente, facendo scontrare le loro bocche quasi a farle male, non lasciandole spazio per chiedere ulteriori dettagli, facendo aderire i loro corpi e provocando numerosi brividi sù per la schiena di Ashley. Le sue gambe non le ressero più per le emozioni forti che la scuotevano e fu costretta a sedersi sul letto, seguita a ruota da lui.

C'era qualcosa di diverso nel modo in cui Matt la stringeva, come se non volesse più lasciarla andare, come se avesse un bisogno viscerale del contatto col suo corpo, quasi vitale. Si sentì sua e solo sua in quel momento.

«Mi dispiace» le sussurrò, soffiandole sul collo. Ashley non capì a cosa si stesse riferendo, le sembrò alla serata, ma vi colse quasi un senso più profondo, come se si stesse scusando per qualcos'altro.

Le mani di Matt vagavano avide su tutto il suo corpo, poi, lentamente, come a cercare il suo permesso, sollevarono la stoffa del suo top e vi si infilarono con cura, entrando a contatto con la pelle dei suoi fianchi. Era morbida e calda e proprio così l'aveva sempre immaginata, anche se adesso, sentirla finalmente sotto le sue dita era tutta un'altra cosa. Ashley sussultò e non riuscì a trattenere un gemito soffocato a quel tocco. La cosa incoraggiò Matt che risalì lungo la sua schiena, accorgendosi che non portava il reggiseno, particolare che lo infiammò di più.

Salì, fino alle sue scapole, sollevandole involontariamente la maglietta con quei movimenti, fino a riscendere e afferrarle i fianchi, giungendo a sfiorarle la curva morbida dei seni, mentre Ashley si era aggrappata alla sua schiena, che sentiva contorcersi a ogni suo movimento e che la stava eccitando non poco, per non parlare del suo respiro caldo sul collo e delle labbra che non la mollavano un attimo. Decisamente quello che stava provando non aveva niente a che vedere con il suo ex.

Sapevano entrambi a cosa sarebbero arrivati se avessero continuato in quella maniera, lasciandosi guidare dagli istinti e da quel bisogno di sentirsi uniti, una cosa sola, finalmente. Non sesso, ma amore, un amore inconfessato, ma che ormai parlava tramite quei gesti.

La temperatura nella stanza era salita vertiginosamente, a causa del calore che i loro corpi avvinghiati stavano producendo e la loro pelle diventò umida e bollente.

La mente di Ashley si era annebbiata e non rispondeva più a nessuno stimolo razionale, anche se Matt avesse continuato così, fino a ritrovarsi aggrappata a lui a farlo sul suo letto, senza nessun tipo di preavviso o preparazione e con i loro genitori a un passo, lei non avrebbe attuato nessun meccanismo difensivo per evitarlo.

In un momento di pausa per prendere fiato si guardarono, ansimando in cerca d'aria, i visi ugualmente sudati, i capelli appiccicati sulla fronte o sulle guance e gli occhi intensi. Ashley ammirò il volto di Matt e quanto fosse ancora più bello, stremato e pieno di piacere.

«Matt» mormorò annegando nei suoi occhi.

Lui le accarezzò una guancia con la mano, allontanandole dei capelli per farle prendere aria e respirare.

«Quanto sei bella» le confessò, senza alcuna paura.

E perdendosi in quel suo viso chiaro, così puro, così attraente ora che vi leggeva dipinto il desiderio di lui, riuscì a fermarsi e ad acquistare un pò di lucidità.

Ebbe quasi paura di rovinarla, se fosse andato troppo oltre, così lontano da non potersi davvero più fermare, e aveva capito che se fosse successo nemmeno lei si sarebbe fermata. Ne aveva una voglia matta, non poteva negarlo, ma non voleva farla soffrire e in quel momento pensò che lui fosse il male per lei, che non se la meritava.

Ashley continuava a guardarlo con quegli occhi grandi e limpidi e più lo faceva più annullava tutte le sue barriere, e lo stesso valeva per lei quando incrociava i suoi occhi azzurri.

Non poteva farlo, si disse.

Riprese fiato, cercando di regolarizzare il respiro, sentì la mano di Ashley che gli accarezzava il collo e i capelli e socchiuse gli occhi.

Era riuscito a fermarsi per quella volta, si rilassò e osservò Ashley fare lo stesso.

Probabilmente anche lei aveva capito.

«Forse è meglio se ci sdraiamo fuori a prendere un pò d'aria, che ne dici?» le chiese.

«Sì, direi di sì» accettò Ashley, mentre si sistemava, leggermente imbarazzata, la maglietta che Matt aveva tormentato poco prima, il suo corpo ancora devastato dalle sensazioni di prima.

Altro che dormire presto, anche quella notte si preannunciava lunga e, chi se ne fregava, lo studio avrebbe anche potuto aspettare.

 

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Ciao a tutte, questo capitolo doveva ricomprendere più scene, ma è venuto più lungo del previsto e alla fine ne riguarderà solo una che però ritenevo importante. Spero che per questo non risulti noioso. Ringrazio come sempre coloro che hanno aggiunto la storia alle preferite o seguite e che continuano ad aumentare inaspettatamente! Alla prossima!


Capitolo 17

 

Matt non aveva assolutamente idea dell'esistenza o meno di un qualche studio, trattato o libro che stabilisse quando era giusto poter ammettere di amare una persona.

Insomma, in un'era in cui ogni aspetto della vita, della natura, della tecnologia era oggetto di ricerca quasi ossessiva ed esisteva spiegazione per ormai qualunque fenomeno, qualcuno doveva essersi occupato anche di quello, magari uno di quegli psicologi tanto convinti di conoscere alla perfezione i meandri della mente umana, al punto da pretendere di poter insegnare a una persona come vivere la propria vita o come uscire da problemi di cui non sanno un accidente. Oppure qualche scienziato, che avrebbe potuto analizzare la questione da un punto di vista oggettivo, uno di quelli non proprio importanti, non così geniale da trattare di astrofisica o diavolerie nucleari, ma determinato a dare il proprio nome a una qualche ricerca, seppur di minore importanza.

Sempre se il capire di amare qualcuno potesse essere considerato problema di poco conto.

A lui non sembrava così, anzi, immaginava che individuare un algoritmo o una legge scientifica che, una volta per tutte, avrebbe consentito di stabilire con certezza che tipo di sentimento ci si sentiva in corpo, sarebbe stata una scoperta eccezionale.

Quanti dolori, struggimenti, dubbi atroci e notti insonni avrebbe risparmiato a milioni di anime. Magari, a quel punto, sarebbero esistiti meno poesie, meno libri, meno canzoni, meno opere d'arte, che si sa, nei drammi amorosi hanno sempre trovato terreno fertile fin dalla notte dei tempi, ma di sicuro anche meno vite infelici.

Probabilmente. In realtà non era sicuro nemmeno di quello.

Non era molto informato sull'argomento, tutte le sue conoscenze in merito si riducevano al semplice ragionamento logico per cui, non essendo stato cresciuto con amore e non avendolo conosciuto, era incapace di provarlo o di riconoscerlo. Anche perchè, fino ad allora, non è che si fosse sentito scosso da qualcosa che anche lontanamente avrebbe potuto assimilare all'amore. Non aveva stretto legami forti e resistenti nè coi suoi genitori, nè con altre persone, tranne forse per qualche amico ed era abituato a interagire con gli altri senza una vera e propria intenzione di instaurare una relazione che andasse oltre la mera facciata della conversazione superficiale.

Allora, perchè poco prima aveva usato quelle parole per parlare di Ashley a Jenny?

Aveva provato l'istinto di urlarlo e una liberazione piacevole subito dopo. Era sempre stato un tipo istintuale e diretto lui, poco incline a riflettere prima di agire.

Che avesse funzionato male l'apparato del suo corpo addetto a tradurre in parole le emozioni?

Inoltre, una ventina scarsa di giorni non era troppo poco per provare amore?

Qual era il termine minimo ragionevole, passato il quale era legittimo poter dire di amare qualcuno?

Forse venti giorni erano troppo pochi, o forse erano più che sufficienti o forse ne sarebbe bastata anche solo la metà. Chi aveva l'autorità per poter dire quando era il momento giusto?

Osservò Ashley, sdraiata a pancia in sù accanto a lui, su un telo che avevano steso sul pavimento del terrazzo con qualche cuscino per stare un po' più comodi. Guardava il cielo nero sopra di loro ma le sue labbra erano leggermente piegate in un sorriso sereno e le mani morbidamente intrecciate sotto il suo seno. Le sembrò felice e rilassata.

Desiderò fortemente essere lui la causa della sua felicità.

Prima, quando aveva aperto la porta della sua stanza, aveva avuto l'impressione che i suoi occhi fossero rossi di pianto. Ne era stata sempre lui la causa?

Quel pensiero lo turbò. No, non voleva farla soffrire, non voleva che si innamorasse di lui per poi subirne le conseguenze. Era troppo tardi forse, non sapeva cosa Ashley provasse per lui, anche se riusciva a immaginarlo e la gioia irrazionale che gli procurava pensare i suoi sentimenti ricambiati, veniva smorzata senza pietà dalla paura di una relazione senza futuro.

Avrebbe dovuto impedirglielo prima, avrebbe dovuto starle lontano fin quando poteva, ma la verità era che non ci era riuscito perchè non aveva potuto prevedere che il loro rapporto si evolvesse in quella direzione.

Continuò a guardarla e Ashley dovette sentire il peso dei suoi occhi su di lei perchè si voltò e gli sorrise ancora di più, distruggendo tutte le sue difese, i suoi pensieri negativi e quelle domande idiote, il cuore gli balzò nel petto come fosse in gabbia, ogni centimetro del suo corpo vibrò di desiderio. Anche prima, aveva sentito voglia di fare l'amore con lei, ma non come gli succedeva di solito, per il bisogno egoistico di appagarsi, voleva unirsi a lei per sentirla sua, per provare piacere contemporaneamente e reciprocamente, insieme contro tutto anche se per un istante solo.

Se non era amore quello, cosa poteva essere?

Affetto, attrazione, interesse?

Nessuno di quei termini era capace di ricomprendere le sensazioni che lo pervadevano da giorni.

Probabilmente l'amore era paragonabile al mistero sull'origine dell'universo: destinato a essere oggetto di teorie, studi, opinioni, senza arrivare mai alla certezza matematica.

E quindi era meglio non pensarci troppo in fondo e lasciare spazio ad un po' di sana anarchia.

Per quella notte aveva già riflettuto abbastanza, anche più di quanto normalmente fosse abituato a fare e tutte quelle domande senza risposta gli stavano cominciando ad annebbiare il cervello.

Le scacciò via giusto in tempo per assaporarsi il bacio che Ashley gli regalò, prima di rigirarsi e puntare gli occhi nuovamente in alto.

Il pavimento era duro sotto di loro e non bastava di certo un telo ad ammortizzarlo, le loro schiene l'indomani ne avrebbero pianto le conseguenze, ma adesso non c'era spazio per pensare a cose inutili come la salute delle vertebre.

Prese a guardare anche lui l'enorme manto nero che era il cielo notturno, punteggiato qua e là da qualche manciata di stelle, solo che invece di instillargli serenità, come pareva succedere ad Ashley, ebbe l'effetto di iniettargli oscurità e pessimismo.

«Quindi, quand'è che torni a casa tua?» chiese di getto. I suoi occhi si erano chiusi, adesso non vedeva più nemmeno le minuscole luci delle stelle. Solo nero.

Ashley non si aspettava quella domanda, a dire il vero per un attimo fu costretta persino ad analizzarla, come se non ne avesse colto del tutto il significato, molto semplice a dire il vero.

Casa sua.

La casa in cui viveva per il resto dell'anno, la casa in cui c'erano i suoi affetti, il posto a cui apparteneva.

La cosa buffa era che, pur sapendo benissimo di dovervi fare ritorno, pur avendo pensato quasi tutti i giorni a sua madre, a come migliorare il loro rapporto, grazie anche alle parole di Matt, a Tyler e a come anche con lui avesse una questione in sospeso da chiarire, a Phoebe e a quanto era curiosa di vedere la sua casa completata, nello stesso tempo si stava comportando come se questo giorno fosse in realtà astratto, inesistente o comunque molto, ma molto lontano nel tempo.

Si era talmente fatta trascinare dalle vicende che gli stavano capitando da illudersi che la sua quotidianità fosse ormai quella, svegliarsi nella sua stanza da sola, incontrare suo padre, scambiare qualche occhiata con Monica, osservare il mare, vedere Matt, aspettare un suo gesto, emozionarsi con lui, passare le serate in terrazza, stretti a chiacchierare.

Come se quella fosse la sua vita in realtà, come se si trovasse sospesa in una dimensione parallela e il tempo si fosse fermato.

Ma non era così, il tempo scorreva, eccome.

Rabbrividì e il sorriso le morì in viso.

Fu come se quella domanda l'avesse svegliata da un sogno bruscamente, riportandola alla realtà prima che potesse metabolizzarla.

Si inumidì le labbra e fissò il cielo, senza alcuna espressione.

«L' 8 Settembre» ripetè meccanicamente.

Quel giorno lo ricordava benissimo ma, per qualche oscuro motivo, l'aveva momentaneamente rimosso dai suoi pensieri e solo adesso che si era destata da quell'illusione le era sovvenuto nitido nella mente.

Aveva scelto quella data con cura prima di partire: quell'estate voleva trascorrere più tempo con suo padre visto che, per via dello studio intenso e degli impegni universitari, non aveva potuto fare delle capatine occasionali da lui, come faceva di solito ogni tanto durante i weekend e così aveva deciso di rimanere anche per la prima settimana di Settembre, ma non oltre. A partire dalla fine di quel mese, infatti, avrebbe avuto gli esami e voleva rientrare con un anticipo congruo da permetterle di riprendere i suoi ritmi a casa e prepararsi con tranquillità.

Ciò significava che mancavano meno di venti giorni al suo rientro, al suo abbandono di quella vita che l'aveva talmente assorbita da farle dimenticare di essere solo la sua parentesi estiva.

Meno di venti giorni alla separazione da Matt.

Ma anche lui non apparteneva a quel luogo, anche per lui ci sarebbe stato un ritorno in un'altra città, ancora più lontana dalla sua, e d'improvviso Ashley venne colta dall' ansia perchè in tutto quel tempo non si era mai chiesta quando sarebbe successo e poteva essere anche una data anteriore alla sua.

«E tu?» gli domandò, voltandosi a guardarlo atterrita, pregando con tutta sè stessa che almeno non fosse troppo presto.

«Io rientro il 13 Settembre» rispose Matt con apparente tranquillità, mentre si accendeva una sigaretta, rimanendo sdraiato.

La sua domanda era sembrata totalmente casuale ma non lo era stata affatto.

A differenza di Ashley, Matt ci aveva pensato al fatto che l'estate stava finendo e che a breve sia lui che lei avrebbero fatto ritorno nelle loro rispettive città. Non erano delle distanze allucinanti, si trattava di poco più di tre ore di auto, ma il punto era che entrambi avevano le proprie vite e i propri impegni e iniziare una eventuale relazione, di cui tra l'altro non avevano ancora parlato, suonava come un suicidio, perchè per quanto ci potessero essere i sentimenti, questi avrebbero avuto bisogno di essere coltivati, di consolidarsi e di certo cominciare già con una relazione a distanza non era il massimo. Fallivano persino i fidanzamenti storici per colpa della distanza, figurarsi una storia neonata.

Era per quel motivo che Matt non osava intraprendere l'argomento con Ashley, sbilanciarsi con i sentimenti o dichiararsi. L'attrazione per lei non era stato capace di frenarla, aveva agito d'impulso, fregandosene del dopo e godendosi ogni istante, alle prese con un carpe diem malefico, solo che man mano che quelle sensazioni si erano tramutate in qualcosa di più, in qualcosa che a lui era estraneo e che non sapeva come gestire al meglio, ne aveva avuto paura.

Sapeva che la cosa migliore e più saggia da fare era allontanarsi da lei, ignorarla o comunque evitare qualunque contatto fisico, in modo da distaccarsene gradualmente e tagliare lì la cosa.

Ma quant'è difficile staccare la spina quando ti senti finalmente bene, quando quel legame ti coinvolge, riscalda il tuo essere! Come una droga non riusciva a smettere, spegnendo il cervello e riattivandolo solo dopo, quando ormai il misfatto era compiuto.

Ashley sospirò di sollievo, un sollievo amaro. Matt sarebbe andato via dopo di lei, non era che una piccola consolazione. Due settimane o poco più volavano in un soffio, soprattutto adesso che ne era consapevole.

E dopo, che ne sarebbe stato di loro?

Faceva così male osservarsi adesso, così vicini che le loro spalle si sfioravano e pensare che sarebbe arrivato il giorno in cui la sua assenza sarebbe diventata la normalità.

E da lontani, il loro rapporto senza nome si sarebbe dissolto, inevitabilmente. Una storiella estiva, ecco come l'avrebbero ricordata, una di quelle storie che si raccontano ai figli quando sono adolescenti, magari per metterli in guardia dall'iniziare relazioni che sembrano stupende ma che si riveleranno difficili. Niente più di quello, niente più di un ricordo sbiadito.

Non era nuova alle relazioni a distanza, anche Richard l'aveva conosciuto in vacanza, ma con lui non aveva provato quell'angoscia al sapersi lontani, si erano fidanzati quasi subito e accordati sempre minuziosamente sul come, dove e quando vedersi. Erano stati anche mesi senza potersi incontrare, ma Ashley non aveva mai percepito quella lontananza come dolorosa, in un certo senso ognuno si faceva i fatti propri e la cosa andava avanti per inerzia. Ma la loro storia non aveva mai brillato per passione o forte attaccamento ed era finita presto, com'era prevedibile.

Con Matt era diverso, il solo pensiero di stargli lontana e di non vederlo le creava un dolore al petto e un'ansia mai provata. Il loro rapporto si alimentava di attimi, di gesti, di contatti e senza nessuna di queste cose sarebbe servita un'intesa e un impegno enormi e lui, l'avrebbe mai accettato?

La vedeva davvero dura, sempre se avessero optato per stare insieme, e anche lì, nessuno ne parlava e adesso intuiva il perchè. Forse Matt ci aveva già pensato e si guardava bene dal legarsi a lei in maniera più esplicita.

«Cosa farai tornata a casa?» continuò Matt, sembrava davvero deciso a farle più male.

Ashley esitò, in quel momento non capiva più nemmeno chi fosse o che progetti avesse, completamente annullata da quella nebbia di brutti presagi. Poi riordinò le idee lentamente.

«Beh, dovrò studiare per gli esami e poi riprendere a viaggiare per seguire le lezioni all'università – elencò con voce incerta – e teoricamente iniziare un tirocinio, ma questo solo se sarò abbastanza brava».

Già, quell'anno sarebbe stato addirittura più impegnativo del solito per lei, doveva mantenere una media alta per accedere a un importante stage e probabilmente non avrebbe avuto nemmeno tanto tempo per uscire con gli amici o per riservarsi dei giorni di totale libertà. Prima di partire quella prospettiva la entusiasmava e la vedeva come unico obiettivo a cui mirare, il suo successo professionale per il suo futuro. Un futuro in cui non era compreso il ragazzo accanto a lei e che le apparì meno ridente del previsto.

«Ce la farai di sicuro, sei praticamente un genio!» la incoraggiò Matt, ma questo non la fece sentire meglio, anzi.

«Poi avrò da fare per aiutare Phoebe col trasloco, visto che a breve si trasferirà col suo ragazzo nella casa che hanno comprato» ecco un altro evento che contribuiva ad aumentare la stretta in gola.

Sua sorella Phoebe se ne sarebbe andata via poco dopo il suo ritorno, casa sua era quasi pronta e probabilmente al suo rientro avrebbe trovato le sue cose già infilate nelle scatole, pronte ad uscire. Pure sua sorella la stava abbandonando, non avrebbe avuto nemmeno il suo conforto e la sua aria strafottente, che spesso non sopportava, a tirarla sù di morale.

Certo, ci sarebbe stata sua madre, e questa era l'unica nota positiva, sempre se fosse riuscita a risanare il rapporto con lei, cosa che adesso, piena di pensieri negativi, le riusciva anche difficile credere, nonostante il coraggio che le aveva infuso Matt.

La vide che era diventata triste e nemmeno si impegnava per nasconderlo. Era dura, ma era la realtà ed avrebbe fatto meglio ad accettarla in fretta.

«Ti mancherà tua sorella, vero? - chiese, mentre soffiava il fumo fuori dai polmoni – deve essere bello avere dei fratelli, io sono stato solo e ho sempre pensato che, se avessi avuto un fratello o una sorella, avrei condiviso le difficoltà con qualcuno e magari mi sarebbero pesate di meno» affermò con malinconia.

«In realtà da piccola provavo gelosia nei confronti di Phoebe, lei era bellissima, sembrava una bambola e tutti le facevano i complimenti, era solare e vispa, spigliata e disinvolta, mentre io mi nascondevo il viso tra i capelli perchè pensavo di essere brutta paragonata a lei e odiavo stare in mezzo alle persone e sorridere» precisò Ashley, persa nei ricordi.

«Ti ci vedo proprio, sai, piccola e imbronciata a evitare tutti!» commentò Matt con un sorriso.

Ashley rise, era incredibile come anche in un momento simile riuscisse a sdrammatizzare e a farla stare meglio.

«Già, però poi questa fase mi è passata e siamo diventate unite come migliori amiche, anche se ciascuna col proprio carattere e non sono mai mancati dei sani battibecchi. Quando è nata July le abbiamo fatto un po' da mamme insieme ed è stato davvero un bel periodo, ora che ci penso, anche se non abbiamo gli stessi padri, ci siamo sempre volute bene come sorelle a tutti gli effetti» disse Ashley con occhi pieni di affetto. Le sue sorelle erano una delle poche cose positive che le fossero capitate e non poteva negare che il pensiero di svegliarsi e non venire stordita dal buongiorno fragoroso di Phoebe le metteva tanta tristezza.

Matt portò una mano sulla sua e la strinse, per farle sentire che c'era, che per adesso era lì con lei. Ashley la afferrò, forte.

«E che farai con tua madre?» continuò a chiederle.

Ashley ci pensò sù un attimo poi sospirò «Voglio provarci a ricominciare con lei, non voglio più chiudermi e vivere col rimpianto di non averci tentato – poi si rivolse a lui – parlare con te mi ha illuminato e per questo non finirò mai di ringraziarti» gli sorrise.

«Non ho fatto niente io – si sminuì Matt, poi tornò un attimo serio, c'era una cosa che aveva il bisogno di dirle – mia madre, invece, lei è venuta da me oggi»

Ashley sussultò, stentava a crederci, Monica aveva finalmente fatto un passo verso suo figlio, era andata a cercarlo. Allora le sue parole non erano state vane, era riuscita a fare qualcosa nel suo piccolo per loro. Si sentì il cuore pieno di gioia, ma capì che aveva esultato troppo presto, quando Matt continuò a parlare.

«Mi ha chiesto scusa per le sue mancanze in questi anni e altre stronzate, ma dopo tutto questo tempo che valore potevano mai avere le sue scuse? L'ho rifiutata, era ridicolo fingere di fare la madre e il figlio e non me la sono sentita» concluse freddo, spegnendo la sigaretta contro il pavimento.

«Ma come? - domandò delusa Ashley – perchè?» chiese, rizzandosi da terra con le braccia per guardarlo meglio in volto. Matt posò lo sguardo sul suo viso, poi si voltò dalla parte opposta, con aria apatica.

«Te l'ho detto, non mi è andato e basta, sinceramente non so nemmeno da dove le sia venuto di presentarsi in camera mia»

Matt non sapeva delle conversazioni precedenti tra lei e Monica ed Ashley, aveva evitato di dirglielo per il timore che lui non avrebbe approvato.

«Ma Matt, tu puoi darle una possibilità, perchè non le parli e le dici quello che provi, come ti sei sentito in questi anni, mi hai detto tu stesso che bisogna tirar fuori ciò che ci ostiniamo a tenere nascosto!» provò a convincerlo.

«Ma l'ho fatto Ashley, l'ho fatto in passato, poi mi sono rotto e ci ho rinunciato e adesso è troppo tardi, non ne ho più voglia. Discorso chiuso» terminò, lasciando intuire che non avrebbe accettato altri commenti sulla questione.

Ashley si incupì e tornò a poggiare la testa sul cuscino, spargendovi disordinatamente i suoi capelli corti, respirando profondamente. Matt la osservò di soppiatto, notando la delusione sulla sua faccia. Ma non poteva farci niente, ormai aveva deciso, non voleva più soffrire per sua madre.

«E tu invece, che farai una volta ritornato in città?» chiese a Matt, dopo qualche minuto di silenzio, ormai la notte aveva preso una piega a dir poco devastante, tanto valeva distruggersi una volta per tutte.

Il ragazzo incrociò le braccia dietro la testa, pensieroso.

Al contrario di Ashley lui non aveva dei progetti in corso o degli obiettivi ben precisi. Viveva sempre un po' alla giornata e non riusciva per nulla a immaginare cosa avrebbe combinato nei mesi a venire, figuriamoci negli anni.

«A dire il vero non so, credo che riprenderò quello che stavo facendo prima di approdare qua, ricomincerò l'università con i miei soliti ritmi, aiuterò mio padre col suo lavoro di fotografo quando ne avrà bisogno e forse sarà il caso che cominci a cercare qualche lavoretto part time per mantenermi, a Ottobre faccio 23 anni e non mi va di dipendere da qualcuno ancora per molto.» rispose Matt, descrivendo tutto quello che, verosimilmente, sarebbero stati i suoi piani per l'autunno.

«Sarai molto impegnato anche tu, allora» esclamò Ashley, con un sorriso amaro.

Matt non rispose, si limitò a fare un cenno con la testa. Era umano anche lui e il futuro lo spaventava come tutti. Si chiedeva sempre se avrebbe mai combinato qualcosa di buono o se, al contrario, sarebbe stato un fallimento su qualunque fronte. La delusione, i rimpianti, quelli lo terrorizzavano a morte, il ritrovarsi tra molti anni a fare la conta di tutti gli errori, quelli inevitabili e quelli, ancora peggio, evitabili.

«E tuo padre com'è? Mi hai detto solo che fa il fotografo» chiese Ashley, incuriosita, girandosi di fianco, nella sua direzione.

«Mio padre è il classico tipo sulle nuvole, spirito libero, amante delle novità, dei viaggi, sinceramente faccio fatica a immaginare come sia stato possibile che la storia con mia madre sia durata così tanto, sono così diversi, direi proprio gli opposti»

Ashley trasalì: anche loro due erano molto diversi e le statistiche insegnavano che gli opposti si attraggono ma nemmeno più di tanto, era necessario sempre quel punto d'incontro impercettibile che riusciva a tenere salda una coppia. Chissà se loro ce l'avevano quell'anello in comune, si chiese. Ma, alla fine, che senso aveva domandarselo, non erano nemmeno una coppia.

«Lui per me è come un amico, in fondo. Anche dopo il divorzio è stato presente e dopo mi ha accolto da adolescente e non mi ha fatto mancare mai niente, ma il nostro rapporto è più come quello tra due amici che tra padre e figlio, lo chiamo persino per nome e non papà» continuò a raccontare.

«Davvero?» rise Ashley, meravigliata per quel particolare bizzarro. Probabilmente non avrebbe mai conosciuto il padre di Matt, ma intuiva che dovesse essere un tipo fuori dagli schemi, un po' come lui.

Nei minuti a seguire rimasero a fissare il cielo nero, sopra di loro. Era maestoso e sembrava inglobare qualunque cosa attorno, sembrava inghiottire anche loro due in quell'immensità scura.

Adesso che si erano raccontati i progetti, i propositi o semplicemente le idee approssimate che entrambi avevano per l'autunno, ora che li avevano detti a voce alta l'uno all'altra, apparì chiaro e cristallino che quelle vite esistevano davvero al di fuori di quella bolla meravigliosa all'interno della quale si trovavano, ma che ben presto sarebbe scoppiata, catapultandoli fuori senza pietà, distanti, dispersi, da soli ad affrontare le scelte cruciali di un futuro che adesso faceva più paura.

Le loro vite separate, lontane ma reali, piene di cose da realizzare, di orari da rispettare, di impegni che avrebbero ridotto il loro tempo libero, com'era anche giusto che fosse. C'era l'università, le lezioni, lo studio, i tirocini, lavoretti da fare e le giornate avrebbero avuto bisogno di ore in più per bastare. A quell'età bisognava costruire le basi per il proprio avvenire e non ci si poteva permettere distrazioni o perdite di tempo e occasioni. Era dura, davvero tanto.

Ed Ashley non faceva parte della vita di Matt, nè lui della sua.

Doveva accettarlo, era così, sarebbe successo. Adesso sembravano così vicini e indistruttibili, nonostante i mille dubbi, abituati a vedersi ogni mattina e ogni sera, in una dolce routine che sembrava ormai la quotidianità, ma a breve sarebbe finito tutto, ci sarebbero stati di mezzo chilometri, impedimenti, e molto probabilmente si sarebbero rivisti dopo un anno, sempre d'estate, e si sa, in un anno può cambiare qualunque cosa, irrimediabilmente.

«Scommetto che Tyler sarà contento di rivederti» disse beffardo Matt, con un tono agrodolce e anche piuttosto geloso. Non poteva nascondere il fastidio al pensiero che qualcuno gliela potesse portare via, anche se sapeva che sarebbe stata la cosa migliore per lei.

Ashley scattò a sedere, come un fulmine. Aveva accumulato troppa tensione e ansia con tutti quei discorsi che l'avevano scaraventata in una prospettiva futura che fino a quel momento aveva annullato nella sua testa, portandogliela davanti agli occhi di botto, senza potersi abituare gradualmente. Aveva uno squarcio nel petto, ora che realizzava crudelmente la loro appartenenza a due realtà lontane. La gola le faceva male per un nodo che via via era diventato troppo stretto. E ora si ci metteva anche lui, ricordandole di Tyler, di cui non le importava niente, perchè l'unico che voleva era lui e pareva fare di tutto per non capirlo.

Gli occhi le divennero inevitabilmente lucidi, rivelando la sua sofferenza interiore.

«Tyler non mi interessa!»– sbottò con voce spezzata, gli occhi ormai pieni di lacrime. Non riusciva più a contenerle, che figura che avrebbe fatto a farsi vedere così debole in un momento delicato, e stavolta se ne vergognava perchè quei sentimenti riguardavano proprio il ragazzo biondo accanto a lei e tutto ciò che aveva sempre programmato con attenzione si stava andando a far benedire.

Tutte le certezze che aveva avuto finora sul suo percorso, sulla sua carriera, sulle sue emozioni, tutto sembrò vacillare come un castello di sabbia.

Anche Matt si sollevò a sedere e si avvicinò a lei, addolcendo l'espressione dei suoi occhi.

«Vieni qua» la invitò dolcemente, allargando le sue braccia e mostrandole il petto per offrirglielo nuovamente come rifugio, per quello che poteva servire.

Ashley vi si gettò e lui la strinse forte per l'ennesima volta, baciandole la fronte teneramente.

«Se vuoi piangere, fallo, non avere vergogna» la esortò, anche lui avrebbe voluto sfogarsi per una miriade di motivi, ma ormai quel lusso non se lo concedeva più, erano anni che nessuna lacrima gli rigava il volto.

Ashley singhiozzò lievemente, mentre desiderava non staccarsi mai più da quell'abbraccio e da lui. Ma non era possibile, adesso lo sapeva.

«Ho paura – disse flebilmente tra un singhiozzo e l'altro – pensavo di avere tutto sotto controllo, la mia vita, il mio futuro e invece adesso, non so se ce la farò, non so cosa mi aspetta, non so se sarò in grado» pianse.

«Lo so, ti capisco – cercò di confortarla Matt, usando il tono di voce più calmante che conoscesse, poi portò le labbra vicino al suo orecchio – muoio di paura anche io, non sai quanto. Ma in un modo o nell'altro bisogna andare avanti» le sussurrò, stringendosela di più, un gesto che voleva essere protettivo per lei, ma che servì da conforto anche a lui. Avrebbe voluto dirle che le sarebbe mancata da morire, che sembrava affrettato forse, ma sentiva di amarla e che potevano provarci, darle un barlume di certezza, ma non osò fare promesse che non credeva di poter mantenere. Socchiuse gli occhi e rimase immobile lì con lei. Ashley doveva tornare a casa sua e riprendere la sua vita serena, senza casini, senza pensieri, lei era intelligente, aveva un futuro davanti pieno di successi e lui non poteva rovinarglielo. Avrebbero vissuto appieno gli ultimi giorni, tanto ormai il danno era fatto e indietro non si tornava, e poi sarebbe sparito, era la cosa giusta da fare.

Non seppe capire se il cuore era meglio averlo anestetizzato e immune alla delusione o vivo e dolorante.

Probabilmente, al momento, propendeva comunque per la seconda, nonostante tutto.

 

 

 

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

 

 

«Comincia a far freddo» constatò Matt, percependo l'aria più fresca della notte sulla pelle e notando una leggera pelle d'oca sulle braccia scoperte di Ashley e, per quel motivo, aveva cominciato a sfregargliele delicatamente con le mani per procurarle del calore. Le si era rannicchiata sul petto, col viso sprofondato nell'incavo del collo e, a dispetto degli evidenti segni che il suo corpo produceva, sembrava ostinarsi a non sentire il calo della temperatura attorno a loro. Avevano perso ormai il conto del tempo, dovevano essere le 3 o forse le 4 del mattino ma nessuno dei due aveva osato staccarsi da quell'abbraccio così confortante, come se ogni minuto fosse prezioso e andasse sfruttato, ora che la prospettiva della loro separazione futura si era palesata più reale e incombente che mai.

Ashley portava sul viso ancora i segni delle lacrime ormai asciutte, per la seconda volta in una sera, ed era buffo pensare come non esistessero le vie di mezzo. Dopo anni senza spargere una lacrima, adesso si era ritrovata a piangere due volte nella stessa serata e sempre per la stessa persona, quel ragazzo che la stringeva, la causa della sua gioia ma anche del suo dolore. Finchè, però, sentiva il suo odore nelle narici e il dolce movimento del suo torace, che si alzava e abbassava ad ogni respiro sotto il suo seno, andava tutto bene.

Alle parole di Matt, Ashley si staccò da lui prontamente e si alzò per rientrare in camera sua.

«Dovrei avere delle coperte nell'armadio, sempre se mio padre non le ha spostate» disse, aprendo delle ante e cominciando a cercare in mezzo alle cose stipate all'interno.

Matt la seguì, fermandosi sulla soglia della porta del terrazzo, appoggiato al muro a braccia incrociate. Ashley pareva proprio non avere intenzione di mettere fine a quella notte e andare a dormire e in fondo nemmeno lui. La guardò impegnata a scavare nell'armadio, per trovare il modo di allungare il tempo da trascorrere insieme e che il clima voleva ostacolare e i suoi occhi si rabbuiarono.

«Ah, eccone una!» esclamò felice, dopo qualche minuto di ricerca, emergendo con una coperta rossa in pile, e sorridendo debolmente in direzione del ragazzo, per poi accingersi a recuperarne una seconda.

Matt si avvicinò e la fermò. «Ne basta una» le sorrise, poi la prese per mano e ritornarono fuori, afferrò la coperta, si sedette per terra con la schiena contro il muro, allargò le gambe per permettere ad Ashley di accucciarvisi in mezzo e avvolse entrambi con la coperta.

«Si sta bene ora, giusto?» chiese lei, assaporando quel calore piacevole e ritrovando la sua originaria posizione, sul petto del ragazzo. Perchè non poteva essere quello il posto a cui apparteneva?

«Sì, si sta benissimo» rispose Matt, accarezzandole i capelli.

Trascorse ancora del tempo, finchè Matt si accorse che un braccio di Ashley era scivolato in basso come un peso morto. Il sonno doveva aver avuto la meglio su di lei, alla fine.

Facendo moltissima attenzione a non svegliarla, la prese in braccio e la sollevò fino a depositarla sul letto e coprirla con il lenzuolo.

Erano le 5 del mattino.

Le carezzò il viso col dorso della mano e le bisbigliò un 'mi dispiace' prima di uscire dalla stanza, sdraiarsi sul suo letto e provare a dormire qualche ora.

 

Alla festa Jenny era rimasta inginocchiata per terra da quando Matt l'aveva abbandonata lì, scossa dai singhiozzi e col viso martoriato dalle lacrime. Il pesante trucco nero che portava agli occhi si era andato sciogliendo, via via che quelle gocce salate scorrevano senza tregua, rigandole il viso di nero e rendendole gli occhi due pozze scure. Alzò per un attimo il viso e incontrò uno specchio proprio di fronte a lei.

Si guardò: era a dir poco penosa, gettata lì in terra senza più un briciolo di dignità, un mostro orribile col cuore lacerato dal dolore per quell'ennesimo rifiuto. Si guardò i vestiti succinti e le enormi porzioni di pelle che lasciavano intravedere, sentendosi sporca e volgare, come se i suoi occhi si vedessero per la prima volta per com'era diventata davvero.

Si odiò e si fece schifo da sola. Tentò in tutti i modi di coprire la scollatura del suo corpetto, stringendosi le braccia sul seno in uno slancio di pudore e vergogna.

Desiderò che il pavimento la inghiottisse in quel momento e la facesse scomparire per sempre dalla faccia della terra.

Ma come aveva fatto a ridursi così?

E soprattutto, quanto era stata stupida e cieca a pensare che Matt si sarebbe innamorato di lei vedendola in quelle condizioni. I ragazzi venivano attratti da lei, ma l'avevano voluta sempre e solo per passarci una notte e a lei era andato bene per un po' o almeno così si era convinta. Si sentiva viva solo in quel modo, solo quando qualcuno la desiderava e la bramava tra le sue braccia, fosse stato anche solo per sesso. Pensava fosse quello l'unico modo che aveva per attirare l'attenzione, per sentirsi importante per qualcuno, era estremamente insicura di sè stessa e curava il suo aspetto maniacalmente, fino a ritenere che il suo corpo fosse l'unica cosa che aveva da offrire. Poi aveva incontrato Matt e per lui si era presa una sbandata pazzesca, lui era bello, era schietto e a differenza degli altri non era uno stupido e disperato che l'aveva cercata solo per farsela. Si erano parlati, si erano piaciuti ed avevano passato la notte insieme, ma anche se lui era stato chiaro sulla natura di quella relazione, lei non era riuscita a ignorare il sentimento che era nato e si era dichiarata più volte, ricevendo solo rifiuti e il suo allontanamento.

Adesso si era rivelata per quello che era veramente, una patetica ragazza fragile, che pensava di essere soddisfatta della sua vita fatta di eccessi e aveva finito per allontanare tutti i suoi amici per un amore che esisteva solo nella sua testa.

A quel pensiero riprese a piangere con più intensità, mentre non si accorse che qualcuno aveva aperto la porta.

Mandy aveva visto scappare Matt di corsa dalla festa, alla quale si era presentato senza Ashley e si era insospettita. Aveva chiesto un pò agli amici, finchè Simon non le aveva raccontato di averlo visto piuttosto turbato scendere dal piano di sopra e convinto che fosse stato lui a vietare alla sua amica di venire alla serata. Non ci aveva messo più di tanto a fare due più due.

Era salita al piano di sopra alla ricerca di Jenny, quando aveva sentito dei singhiozzi provenire da una stanza.

L'aveva trovata alla fine, riversa su sè stessa, in un mare di lacrime, a tal punto da non sentire il rumore della porta che si apriva.

«Jenny» chiamò piano, per evitare di farle prendere uno spavento.

La mora si voltò con gli occhi sgranati di disperazione verso l'amica, l'espressione le mutò in terrore quando capì di essere stata scoperta in quello stato pietoso da far schifo.

«Vattene Mandy, che cazzo vuoi?»le urlò, voltandosi dall'altra parte per non farsi vedere in viso, ma l'amica avanzò verso di lei, richiudendo la porta alle sue spalle.

«Allora non hai capito – insistette Jenny – devi andartene, non voglio che tu mi veda così, non voglio che nessuno mi veda così!» gridò con la voce rotta dal pianto, prima di ripiegarsi ancora di più verso il pavimento, coi lunghi capelli neri che le sommersero il volto.

Mandy si inginocchiò accanto a lei e le cinse le spalle con un braccio. Jenny non fece resistenza, non ne ebbe la forza.

«Ma cos'è successo?» le chiese dolcemente.

«Non ti riguarda – sbottò amareggiata – perchè non te ne vai?»

«Perchè sei mia amica – urlò Mandy esasperata dal comportamento di Jenny – e mi preoccupo per te» aggiunse addolcendo il tono.

Jenny sollevò il viso, gli occhi spalancati circondati di trucco nero sbavato e rossi per il pianto, su cui spiccavano le sue iridi verdi.

«No, sono solo una povera stronza, ho trattato di merda voi e ho combinato un casino con Matt – ammise con voce tremante – lui mi ha respinta di nuovo, e stavolta l'ho fatta grossa, si è incazzato a morte e scommetto che non vorrà più vedermi!» continuò tra i singhiozzi.

«Sei stata tu a far rimanere a casa Ashley?» chiese Mandy, che ormai aveva capito a cosa si riferiva.

«Si, non la volevo tra i piedi, in spiaggia ho visto Matt che la baciava e pensavo che senza di lei avrei potuto conquistarlo, ma mi sbagliavo, mi ha detto che la ama, capisci, la ama!» gridò con una fitta la cuore. Quanto le aveva fatto male sentire Matt che parlava di amore per un'altra!

Mandy non si meravigliò, aveva intuito i sentimenti dell'amico, ma adesso doveva consolare Jenny e cercare di salvarla.

«Hai fatto tutto questo per amore, lo so, ma l'amore non dovrebbe farci fare cose di cui ci vergogneremo o farci perdere di vista noi stessi, non è così che funziona. Se l'amore ci fa allontanare gli amici, se ci fa diventare persone peggiori, persone che odieremo, se ci fa procurare del male agli altri, allora non è un amore sano, sono sicura che l'hai capito anche tu» la strinse mentre parlava, sentì che i singhiozzi erano cessati.

Jenny si asciugò nervosamente le lacrime e respirò profondamente.

«Perchè io non posso averlo, perchè? - mormorò sconfitta – non lo posso sopportare, mi fa troppo male!»

«Farà malissimo Jenny, un dolore cane, è normale, ci passiamo tutti prima o poi in una delusione d'amore, sembra che tutto sia perduto, che non ci si rialzerà mai più e che non si amerà più nessun altro, odierai il tuo cuore e vorrai strappartelo dal petto, ma questo non farà che renderti più forte, migliore e presto ti accorgerai che c'è tutta la vita che ti aspetta e magari la persona giusta per te è là fuori da qualche altra parte e ti aspetta!» le sorrise, abbracciandola.

Jenny la guardò e un lieve sorriso spuntò sulle sue labbra.

«Sono stata una stronza con voi, con Matt e con Ashley, mi vergogno da morire» confessò.

«Sono sicura che saprai farti perdonare, io so che non sei così Jenny!»

«Grazie» disse solamente, poi accettò la mano di Mandy per rialzarsi e una felpa che l'amica le prestò per coprirsi. Con calma l'aiutò a pulirsi il viso e a darsi una sistemata ai capelli. Con la mano nella mano di Mandy si avviò a raggiungere gli altri.

Dopotutto, quando si tocca il fondo, quando si scava ancora più giù, non si può fare altro che risalire e lei ci era arrivata e adesso la aspettava solo una bella salita per la rinascita.

 

Ashley aprì gli occhi che era mezzogiorno passato. Si guardò intorno per un attimo smarrita, prima di capire che si trovava sul suo letto, coperta fino alla vita dal lenzuolo.

Si mise a sedere, sollevandosi a fatica con le braccia, e si passò una mano sulla fronte, massaggiandosi le tempie che le dolevano ancora per via delle lacrime versate la notte. Anche gli occhi le bruciavano leggermente, ma non c'era da biasimarli, avevano avuto un bel da fare.

Si sentì confusa e le sembrò di aver dormito per ore se non per giorni, poi lentamente mise insieme i pezzi di quel puzzle complicato. Cominciò a ricordare dei discorsi intrapresi con Matt in terrazzo, della tristezza nell'essersi resa conto che non mancava molto al loro ritorno nelle rispettive case e quindi alla loro definitiva separazione. Ricordò il crollo emotivo che era seguito all'idea di non poterlo avere accanto a sè, al pensiero di quello che la aspettava, alla paura di non farcela e di sbagliare tutto.

'Non voglio diventare debole' si ripetè in testa, fermamente convinta che quei sentimenti umani che finalmente provava le fossero solo d'impaccio e la ostacolassero nel suo cammino.

Quello che non ricordava, però, era come ci fosse arrivata dal terrazzo al letto. L'ultima visione nitida che le pareva di conservare era quella della maglietta grigia di Matt su cui poggiava la sua guancia e una sensazione di calore e protezione data da una coperta e dalle sue braccia che la stringevano. Doveva essersi addormentata così e doveva essere stato lui a caricarsela e metterla a letto.

Sospirò e si alzò barcollando, fino a riprendere un certo equilibrio e coordinazione nei movimenti. Fu allora che notò la coperta rossa che avevano usato per coprirsi dal freddo, non l'aveva sognato, era successo tutto davvero. Adesso giaceva appallottolata su una sedia, era lì che Matt l'aveva deposta. Si avvicinò e la prese, stringendosela al petto e saggiandone la morbidezza.

Una vittima, ecco come si sentiva. Una vittima del destino crudele che si era accanito su di lei. Non era stata lei a chiedere di conoscere Matt e nemmeno a volersene innamorare così disperatamente eppure era successo e si sentì come una pedina nelle mani di una forza misteriosa che non poteva controllare. Immaginò il destino beffardo come un vecchio signore che si divertiva a scaraventare poveri innocenti nelle situazioni più disparate per poi ridere delle loro disgrazie senza pietà. Indubbiamente, se doveva dare una personificazione al fato doveva essere per forza quella.

Le apparì tutto così terribilmente ingiusto nei suoi confronti, non c'era un solo lato di tutta quella faccenda che si salvasse o comunque al momento non riusciva davvero a scorgerne, nemmeno fosse un naufrago su un'isola deserta alla disperata ricerca di una nave all'orizzonte.

Possibile che per una volta che il suo cuore le aveva indicato una persona in modo così inequivocabile, doveva essere tutto pieno di problemi! La distanza, la loro situazione familiare anomala, immaginava già le scene isteriche di Monica e di suo padre a una eventuale notizia della loro relazione e poi c'era anche sua madre, come avrebbe potuto reagire al fatto che sua figlia stava col figlio della nuova compagna del suo ex marito?

«Oddio mi scoppia la testa» mormorò esausta, portandosi entrambe le mani sul viso.

Ma si può sapere perchè quei ragionamenti li stava facendo solo adesso?

Non avrebbe potuto pensarci prima di farsi ammaliare da quel ragazzo o il suo autocontrollo era andato di già in pensione?

La prossima volta che le sue sorelle l'avessero etichettata come la razionale della famiglia avrebbe avuto senza dubbio argomentazioni molto solide per contrastarle.

In ogni caso, poteva prendersela col destino o con sè stessa, poteva continuare a rimuginarci sopra o a chiedersi che avesse fatto mai di male, il risultato non sarebbe comunque cambiato.

Diede un'occhiata veloce al calendario sulla parete. Mancavano esattamente 17 giorni all' 8 Settembre.

Accettazione e rassegnazione era le uniche parole del vocabolario che avrebbe dovuto tenere bene in mente in quei giorni restanti. Del resto, come le aveva detto anche Matt, in un modo o nell'altro la vita sarebbe andata avanti, doveva andare avanti per quanto le sembrasse straziante. O che si fosse disperata o che si fosse messa il cuore in pace, il giorno della partenza sarebbe arrivato e tanto valeva godersi quegli ultimi giorni di vacanza, pur con la consapevolezza di altre sofferenze, di altre lacrime, di altre paure.

'No, non sarò debole, sarò forte, uscirò migliore da tutto questo' si disse, e con questo proposito si apprestò a vestirsi per scendere al piano di sotto, era quasi ora di pranzo e di sicuro si stavano chiedendo che razza di fine avesse fatto.

In cucina si sentiva già l'odore del cibo, suo padre leggeva il giornale, mentre Monica aspettava probabilmente che qualcosa finisse di cuocere in forno. Matt era in un angolo del tavolo, silenzioso e intento ad ascoltare della musica assordante con gli auricolari.

Ashley salutò e si sedette al tavolo, quando Matt sollevò gli occhi e la vide lì come materializzata all'improvviso, staccò subito la musica e sfilò gli auricolari. Per tutta la mattina non aveva fatto che chiedersi come stesse dopo quella nottata e adesso la guardava in cerca di qualche indizio. Gli occhi rossi erano normali, ma tutto sommato le sembrava tranquilla, all'apparenza.

«Tesoro, non mi dire che ti sei alzata adesso? - chiese un po' sgomento suo padre – eppure ieri sera sei tornata presto a casa» osservò Gregory, un tantino preoccupato per il comportamento strano di sua figlia.

Logicamente non poteva sapere che, pur essendo tornata a mezzanotte e quindi relativamente presto, era stata sveglia fino alle 5 del mattino in preda allo sconforto e alla depressione.

«Non ho dormito bene stanotte, tutto qua» rispose, sgranocchiando distrattamente delle patatine da un piatto sul tavolo e lanciando un'occhiata involontaria a Matt, che ricambiò subito con un'altra altrettanto eloquente e che le fece capire che lui ricordava perfettamente quello che era successo. Scambio di occhiate che non passò inosservato a Monica.

«Beh, si vede che non reggi i ritmi delle troppe uscite fino a tardi, non sei fatta per queste cose, sei..» aveva iniziato suo padre, ma Ashley non lo fece nemmeno finire perchè sbottò lasciandolo a bocca aperta.

«Sono cosa, papà? Troppo piccola, troppo ingenua? Devi smetterla di considerarmi ancora una bambina, sono cresciuta, sono adulta e ho una marea di cose a cui pensare e di decisioni da prendere!» urlò, scattando in piedi e correndo fuori dalla veranda.

Matt le corse dietro, per raggiungerla. Aveva fatto troppo presto a pensare che le acque si fossero calmate del tutto.

Gregory rimase attonito, incapace di proferire parola. Non aveva mai visto Ashley così irrequieta, così ribelle e così schietta nel dirgli le cose in faccia. Guardò la sua compagna per ricevere delle spiegazioni, Monica continuò le sue faccende come niente fosse, ma poi si fermò e posò una mano sulla sua spalla.

«Ashley ha ragione – disse , prendendo le difese della ragazza – esageri un po' a trattarla ancora come se fosse piccola, ha 21 anni, è una giovane donna, con i propri turbamenti e le proprie crisi e se pensi il contrario non fai altro che sottovalutarla».

Non credette a sè stessa mentre pronunciava quelle parole. Stava difendendo Ashley dal suo stesso padre nonchè il suo compagno. Eppure aveva sentito che era la cosa giusta da fare e che quella ragazza se lo meritava.

Intanto Matt aveva raggiunto Ashley, trovandola col viso basso, coperto dai capelli e rivolto verso il muro.

«Ashley – la chiamò – stai bene?» le chiese mentre le si avvicinava con prudenza, ma non ottenne alcuna risposta.

«Dai, rispondi, avanti – le prese un braccio e tentò di farla voltare senza successo, visto che aveva subito fatto una forte resistenza – vuoi girarti a guardarmi?» aveva insistito.

In un attimo di debolezza si girò, facendo incontrare i suoi occhi corrucciati con quelli di Matt.

«Guarda che non piango stavolta!» lo avvertì, temendo che Matt la credesse nuovamente sull'orlo di una crisi di nervi.

«Lo spero bene, sinceramente vorrei dormire stanotte invece di rischiare una polmonite sul terrazzo della tua camera!» le aveva risposto, per sdrammatizzare.

Ashley scoppiò a ridere, e riuscì a cancellare la tensione accumulata in quei pochi minuti. Guardò i suoi occhi limpidi e si chiese come diavolo potesse fare a disinnamorarsi di lui, se fosse esistito anche uno solo di metodo che funzionava avrebbe pagato oro per averlo, visto che le sembrava un'impresa impossibile, finchè la guardava in quel modo.

«Non ce l'ho con mio padre – lo informò poco dopo – solo che era da tanto che non sopportavo più che mi vedesse in un certo modo e volevo che lo capisse finalmente»

«Allora hai fatto bene, sono sicuro che lui l'abbia capito» le disse prima di baciarla, rischiando di venire scoperti come niente fosse.

«E comunque - riprese Matt, mentre l'accompagnava dentro, arrestandosi un minuto per completare la frase prima di entrare – se solo potessi, prenderei freddo volentieri tutte le sere con te»

Ashley sorrise tristemente. C'era solo una piccola parolina di due lettere che rovinava il tutto ed era quel 'se', nessuna sicurezza, solo incertezze.

Si scusò con suo padre per essere stata così impulsiva con lui e Gregory si scusò a sua volta per non aver capito come si sentiva e aver ignorata i segnali di insofferenza che gli aveva lanciato. Non era stato difficile, alla fine, capirsi e sistemare le cose e sempre più Ashley stava comprendendo che comunicare era importante e poteva salvare i rapporti tra le persone.

Dopo pranzo, mentre era di spalle a riporre dei piatti in credenza, una voce femminile la riscosse.

«Ti sei sbagliata, alla fine» decretò Monica.

Ashley capì immediatamente a cosa si riferisse. Abbassò lo sguardo, anche se lei una speranza l'aveva ancora.

«L'ho saputo ieri da lui stesso, mi dispiace – disse piano, per poi continuare – ma io credo che Matt non pensi davvero che tra voi non ci sia più niente da fare, sono sicura che l'ha detto per orgoglio, ma ci ripenserà, so che lo farà» tentò di persuaderla.

Monica scosse la testa più volte.

«No, non succederà, l'ho guardato bene in viso e beh, lui è uguale in tutto e per tutto a suo padre, anche adesso, non è cambiato» ingoiò a fatica come a cercare la volontà di continuare quel discorso che, evidentemente doveva farle molto male.

Il suo viso divenne contratto, le mani intrecciate nervosamente.

«Ogni volta che guardavo i suoi occhi azzurri rivedevo gli stessi occhi del padre, quegli occhi così indecifrabili, criptici, che non ti permettono di entrare. E sai, sembra orribile sentirlo dire a una madre ma, tutte le volte in cui incrociavo quello sguardo rinunciavo già in partenza, rinunciavo anche solo a provarci perchè sapevo che avrei perso e non l'avrei sopportato». La voce le si era quasi incrinata, aveva perso quel tono di sicurezza che la contraddistingueva.

Eppure anche Ashley aveva guardato tante volte quegli occhi e non ci aveva visto solo chiusura o freddezza, ma anche tanta comprensione e dolcezza. Lei ne era sicura, per Matt e Monica non era tutto perduto, loro avrebbero potuto risolvere tutte quelle incomprensioni, perchè di questo si trattava.

«Ma tu questo non puoi capirlo, immagino» la voce dura di Monica la riscosse da quei pensieri. Allora Ashley trovò dentro di sé un coraggio che pensava di non avere, ignorò i battiti forsennati del suo cuore, lo stomaco che le si attorcigliava, le mani sudate e il viso bollente e la affrontò

«E invece capisco benissimo» disse con asprezza, gli occhi color miele fissi in quelli di Monica, che ora la guardava spiazzata.

Ma Ashley non aveva finito e la sua intenzione non era quella di accusare o aggredire nessuno. Riacquistò la calma dopo essersi liberata di un peso troppo grande con quelle poche parole e continuò dolcemente.

«Io e mia madre siamo molto diverse, lo siamo sempre state. Da piccola ho vissuto sempre come se mi ritenessi una figlia incompleta. Lei mi amava, mi ha cresciuta mettendoci tutta sé stessa anche se era molto giovane, ma io non riuscivo a entrare in sintonia con lei, i suoi modi di fare, di pensare erano così distanti dai miei che mi sentivo un'aliena. Temevo di dover competere con mia sorella maggiore perchè lei era senza padre e bisognava di più cure, e anche quando nacque mia sorella minore e avevo già 10 anni, la vidi così simile a lei ed ebbi paura. Crescendo la situazione migliorò, con le mie sorelle diventammo unite, ma con mia madre ho sempre continuato ad avvertire quella distanza, e la cosa che mi fa più male è che sono io che l'ho sempre creata e anche adesso che lo so e che ho trovato la volontà di cambiare, quando ci penso provo sempre una grande angoscia. Eppure lei mi ama, lo so» sorrise Ashley nonostante tutto, nonostante il suo cuore in quelle poche ore stesse facendo un'enorme fatica per contenere una valanga di emozioni sconvolgenti tutte insieme.

«Sono sicura che anche per Matt è così, ha solo bisogno di un po' di tempo ancora».

Monica era lì, immobile. Chissà perchè non aveva mai immaginato che quella ragazza avesse vissuto un dramma interiore così simile a quello tra lei e suo figlio. L'aveva guardata dall'alto in basso quando le si era presentata in quella casa, troppo presa dai suoi problemi e dallo sforzo di mantenere quella dannata aria altezzosa che non riusciva a scrollarsi di dosso e non si era accorta della sofferenza che portava dentro.

La guardò adesso, serena, pacata, nessuna ombra sul viso, bella di una bellezza particolare, somigliava tantissimo a Gregory.

Sussultò: immaginò le difficoltà di sua madre, che proprio come lei si era trovata sola a gestire una figlia così impenetrabile. Forse per questo Matt si era così attaccato a lei e lei a lui.

Non sapeva cosa ci fosse dietro, cosa fosse già successo tra loro, ma capiva, adesso capiva. E quanto aveva sbagliato a giudicare ancora una volta nella sua vita.

Le si avvicinò lentamente, fermandosi a una passo da lei e le mise una mano sulla guancia.

Percepì un lieve sussulto da parte sua, probabilmente non si aspettava quel contatto fisico. La sentì però subito dopo rilassarsi.

«Sì cara, hai ragione – disse con un fil di voce - si aggiusterà tutto» ed Ashley capì che non stava parlando solo di suo figlio ma anche di lei, che con quel gesto stava cercando di tranquillizzarla.

Si spalancò un sorriso sul suo bel volto.

E Monica si ritrovò a pensare che se mai avesse dovuto immaginare una ragazza al fianco di quel ribelle di suo figlio, quella sarebbe stata senza dubbio Ashley e nessun'altra.

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19

 

Ashley sbuffò per la centesima volta quella mattina, abbandonò con un gesto di stizza la matita sulla scrivania, facendola rotolare miseramente per terra e si lasciò andare sullo schienale della sedia, reclinando la testa all'indietro e chiudendo gli occhi.

Si era alzata presto col nobile obiettivo di recuperare le ore di studio perse il giorno prima, ma ogni suo tentativo di concentrarsi per più di una manciata di minuti sul contenuto del libro si era rivelato inutile. Nella sua testa continuavano a girare vorticosamente i ricordi degli eventi del giorno precedente che le facevano perdere il filo e più volte si era già ritrovata a fissare un punto impreciso davanti a sè senza nemmeno accorgersene, travolta dai pensieri.

Ogni scusa era buona per distrarsi, la tenda del terrazzo che ondeggiava mossa dal vento, il rombo delle auto che passavano di tanto in tanto sotto casa, le grida di qualche bambino capriccioso, tutto era più interessante di quelle righe di parole sotto ai suoi occhi.

Dieci pagine in due ore, era probabilmente il peggior record di tutta la sua vita da studentessa.

Riaprì lentamente gli occhi e li stropicciò con le mani, si abbassò per recuperare la matita dal pavimento e poi avvicinò la sedia alla scrivania, producendo un rumore odioso, prima di chinarsi nuovamente sul libro e riprovare.

L'unica nota positiva di quelle ultime ventiquattro ore o poco più era stata la conversazione con Monica, sentiva che adesso tra loro sarebbe andato tutto per il verso giusto, le aveva persino sorriso e fatto una carezza e finalmente Ashley era riuscita a scorgere il suo lato più intimo, quello che teneva celato e che mostrava solo a pochi, quello che riservava gelosamente a Gregory. Era felice, Monica oltre ad essere la madre di Matt era anche la compagna di suo padre e prima di partire aveva avuto il timore di non riuscire a instaurare un buon rapporto con lei, timore che tra l'altro si era poi rivelato più che fondato. Quello che le lasciava un po' l'amaro in bocca era la situazione di stallo che sussisteva ancora tra Monica e Matt, era sicura che lui volesse solo sembrare indifferente e rassegnato, ma stava imparando a decifrarlo e gliela leggeva negli occhi quella delusione e quella tristezza, tipica di chi cerca solo di convincersi che vada tutto bene. Non voleva arrendersi, lei voleva riprovarci, gli avrebbe parlato.

Un brivido le percorse la schiena, quella prospettiva la spaventava in realtà, sapeva quanto Matt potesse essere testardo e le aveva manifestato chiaramente la sua reticenza ad affrontare per l'ennesima volta quella questione spinosa.

Ecco, si era persa di nuovo.

Non c'era verso, stava solo sprecando tempo e la cosa che la sconvolgeva era che quasi non le importava che mancasse solo poco più di un mese all'inizio degli esami e avesse da finire di sottolineare un libro di oltre cinquecento pagine, come se lo studio avesse perso la priorità che aveva sempre rivestito nella sua vita e fosse stato surclassato dai sentimenti, dalla libertà, dalla ricerca della sua felicità.

Un messaggio sul cellulare le impedì di compiere un'ulteriore strenuo tentativo di studio. Afferrò il telefono e lesse il mittente.

Era da parte di Tyler e quella scoperta la fece raggelare.

Il cuore le balzò tra le costole, mentre con le dita si accingeva più rapidamente possibile a mettere termine a quell'agonia e a svelare il contenuto del messaggio.

"Ciao Ashley, come va? É un po' che non ti fai sentire, mi sono visto con Sophia pochi giorni fa e mi ha detto che ha saputo che ti stai divertendo e che va tutto bene lì. Beh, sono contento, io sono stato in giro con la squadra ma adesso sono di nuovo in officina da papà. Le vacanze stanno finendo e io non vedo l'ora che tu torni qui da noi, qui da me...Ho bisogno di parlare con te. Allora a presto!" lesse Ashley a bassa voce, tutto d' un fiato.

Ingoiò nervosamente alle ultime righe del messaggio. No, lei non vedeva l'ora di tornare perchè avrebbe significato separarsi dal ragazzo di cui si era innamorata, ma questo a Tyler non poteva di certo dirlo, almeno non per ora e non con un asettico sms. Quel pensiero le ravvivò il dolore che ancora non aveva superato, per quanto ci stesse provando a rassegnarsi. I suoi occhi si fecero tristi

E poi, che significava che le doveva parlare? Da come aveva formulato la frase sembrava proprio che dovesse riferirle qualcosa di importante e serio. Forse voleva dichiararsi per una seconda volta? Ashley si sentì sulle spalle una serie di pesi enormi tutti in una volta e non aveva davvero idea di come uscirne fuori. Avrebbe perso Matt, quasi sicuramente anche l'amicizia di Tyler, sua sorella andava via di casa e stava anche cominciando a scarseggiare la sua capacità di concentrazione.

Non andava bene, per niente.

Si sforzò di formulare una risposta che non sembrasse nè troppo fredda, nè troppo calorosa, rendendosi tristemente conto di come si era ridotta a dover ragionare e ponderare parola per parola la risposta al messaggio di un amico.

"Ciao Tyler, scusa se non mi sono fatta sentire, ma qui sono sempre piena di impegni e spesso torno a casa solo molto tardi e quando sono libera studio o riposo! Hai ragione, l'estate sta finendo e a breve ritornerò...Tranquillo, avremo occasione di parlare, ti saluto allora!" Ashley rilesse ciò che aveva scritto una decina di volte, poi si decise e inviò.

Sospirò, allontanando il cellulare sulla scrivania in maniera poco delicata, come a volersene sbarazzare. Si alzò per sgranchirsi le gambe, intorpidite dal troppo stare seduta e prese una boccata d'aria in terrazzo. Non fece nemmeno in tempo a rientrare che sentì il cellulare squillare, tremò di paura al pensiero che potesse essere Tyler e si precipitò a prenderlo, rischiando persino di inciampare sul gradino della porta. Tirò un sospiro di sollievo, era solo Dorothy.

«Pronto» rispose, ancora affannata per lo spavento.

«Buongiorno, la signorina è ancora viva? - l'accolse la voce pimpante della cugina – insomma, ti sembra questo il modo di sparire, è da ieri che ignori tutti i nostri messaggi!» tuonò Dorothy, simulando un tono offeso.

Ashley si battè una mano in fronte, con tutta la baraonda emotiva che aveva dovuto affrontare il giorno prima si era completamente dimenticata di rispondere alle gemelle, che l'avevano cercata insistentemente per sapere com'era andata la festa sulla spiaggia.

«Scusate ragazze, davvero, ma ieri è stata una giornata infernale e sono stata poco bene» si giustificò con poca enfasi, risultando poco credibile.

«Beh, sappiamo che hai un bel da fare col biondino, ma non devi dimenticarti di noi!» esclamò maliziosa la cugina.

«Già, mi dà proprio un gran da fare, direi» disse sarcastica Ashley, ripensando a tutti i casini mentali che stava subendo a causa sua.

«Comunque, ti avevamo chiamato per dirti che abbiamo controllato le previsioni meteo per i prossimi giorni e non sono per niente buone, quindi, dato che oggi splende il sole direi di approfittarne e passare una bella giornata al mare, che ne dici, ci sei?» le propose raggiante.

Ashley non aveva per niente tanta voglia di divertirsi, ma lo studio non procedeva e aveva un dannato bisogno di cambiare aria e uscire da quella maledetta casa.

«Ok, sono dei vostri!» rispose.

«Perfetto, ti passiamo a prendere tra mezz'ora, a dopo!» Dorothy mise giù in fretta.

Ashley riordinò velocemente la stanza, poi indossò il costume e raccattò la borsa del mare, catapultandosi fuori dalla stanza e correndo verso le scale. Quasi si scontrò con Matt che spuntò dall'angolo prima che potesse vederlo. Riuscì a fermarsi in tempo.

«Andiamo di fretta?» la schernì bonariamente.

«Scusami – mormorò Ashley, poi si accorse che Matt la stava squadrando dalla testa ai piedi, probabilmente per capire dove fosse diretta, o forse solo per indugiare sulle sue cosce lasciate scoperte dai pantaloncini corti, arrossì giusto un po' a quel pensiero– sto andando al mare con le mie cugine, avevo bisogno di svagarmi» aggiunse, abbassando lo sguardo. Il riferimento allo scombussolamento del giorno prima era evidente e Matt lo capì subito.

Le sorrise, poi le carezzò una spalla «Fai bene, allora divertiti e non pensare a nulla»

'Come se fosse facile, grazie a te' pensò Ashley torturandosi le mani, poi buttò un'occhiata anche a lui, aveva diritto anche lei a rifarsi gli occhi, no?

Aveva dei jeans strappati e una maglietta verde militare con sù stampato qualcosa di somigliante a un teschio, come nel suo stile, larga sul collo tanto da lasciarglielo ampiamente scoperto e così anche le clavicole. Provò uno strano fremito all'addome, proprio come la sera della festa, quando Matt era tornato da lei ed erano finiti a baciarsi sul suo letto, mentre le carezze si erano fatte sempre più intense e c'era mancato poco arrivassero a fare l'amore. Inaspettatamente era stato lui a bloccarsi e ad Ashley era venuto il dubbio che in realtà Matt non fosse attratto fisicamente da lei, o comunque non così tanto.

Non riuscì a continuare quella riflessione perchè nel frattempo Matt, come se avesse intuito i suoi pensieri si premurò di smentirli, unendo le loro labbra con un movimento repentino ma dolce allo stesso tempo e tenendola attaccata al suo bacino per i fianchi, ed era sensuale, era irresistibile e lei ne era innamorata, un mix che poteva essere letale.

Si staccò da lui a fatica e si liberò della sua stretta giusto in tempo «Sei qui stasera, dopo cena?» gli chiese, aveva intenzione di parlargli di sua madre, ma si rese conto troppo tardi di suonare ambigua.

«Probabilmente, perchè?» domandò curioso.

«Nulla, così! Beh scappo, ci vediamo!» disse in fretta, per poi sgattaiolare giù per le scale.

Si passò una mano sulle labbra, Matt si era portato via il leggero strato di lucidalabbra che aveva messo, ma poco importava, stava andando al mare e non le sarebbe servito più di tanto.

La spiaggia a fine Agosto era ancora abbastanza affollata, ma si percepiva nell'aria un'atmosfera diversa, la frenesia estiva stava scemando lasciando lentamente il posto alla consapevolezza di un nuovo autunno e del riprendere dei normali ritmi della vita, il sole stesso appariva meno luminoso, la gente rientrava dalle ferie e una leggera brezza soffiava a ricordare che tra poco il caldo afoso sarebbe stato solo un dolce ricordo.

Era stata un'estate molto torrida, senza nemmeno un goccio di pioggia e ciò faceva prevedere un brusco cambiamento climatico nei giorni a venire.

«Ah ragazze, ma ci pensate che tra poco ricomincerà l'università, gli esami, le lezioni, che palle, l'estate è sempre troppo breve!» si lamentò Annie, ancora avvolta nel suo telo per tamponare più possibile l'acqua salata dalla sua pelle. Si accomodò poi, sdraiata a pancia in giù accanto alle altre, tentando di mantenere l'abbronzatura dorata sulla schiena.

Dorothy annodò i lunghi capelli con una crocchia dietro la nuca per evitare che le gocciolassero sulle spalle, poi fece una smorfia di disappunto alla sorella.

«Secondo me esageri Annie, io non vedo l'ora di iniziare l'accademia di belle arti quest'anno, una nuova esperienza, nuove amicizie, farò finalmente ciò che amo e non vedo cosa possa esserci di così terribile!» esclamò sognante, eccitata per le novità che l'aspettavano.

Dopo una lunga pausa di riflessione post liceale durata poco più di due anni, aveva capito cosa volesse davvero fare nella vita, cioè occuparsi di arte e fotografia ed era piena di entusiasmo e voglia di sperimentare.

«Lo dici perchè ancora non ci sei dentro, fidati, e poi io studio giurisprudenza e ti assicuro che non è la stessa cosa, i miei libri tutti insieme raggiungono dieci volte il mio peso!- piagnucolò affranta – diglielo anche tu Ashley!» invocò la cugina alla ricerca di un sostegno alla sua opinione, ma Ashley era diventata pensierosa.

«Beh, ognuno fa quello per cui si sente più portato o per cui sente di avere una passione, anche se poi ci vuole una grande determinazione e sicurezza per andare avanti lungo il cammino e spesso non è facile, a volte si riesce a immaginarsi già tra dieci anni perfettamente, altre volte sembra tutto annebbiato» rispose, attirandosi gli sguardi perplessi delle gemelle. Ashley era stata sempre un tipo sicuro sul suo futuro, sullo studio e i suoi successi erano noti in famiglia.

«Cavolo Ashley, è strano sentirti parlare così – disse Dorothy, sollevandosi e portandosi più vicina alla cugina, incuriosita – sei sempre stata così convinta sulla tua carriera, lo zio non fa altro che raccontarci i tuoi successi universitari, è così orgoglioso di te!»

«Ma sono ancora sicura di quello che voglio fare, architettura rimane il mio futuro e ne sono certa – ribattè con fermezza, poi il suo tono si fece più traballante - solo che siamo giovani e la vita è piena di ostacoli e di prove e riconosco che a volte possono capitare degli imprevisti, dei dubbi, penso sia normale, ci vuole molta forza di volontà per affrontarli» affermò, guardando prima Annie e poi Dorothy e inarcando le sopracciglia al vedere le loro facce allibite.

«Wow, sei umana anche tu, allora, certo che quel ragazzo ti sta facendo proprio bene, sono sicura che sia opera sua» rise Annie, ma Ashley sbuffò sonoramente e riprese furiosa a spalmarsi la crema solare sul viso, sebbene fossero ormai passate tre settimane da quando era al mare e la sua pelle bianchissima aveva assunto un colorito leggermente più intenso.

«Vi prego, non parliamo di Matt» borbottò seccata.

«Ehi, perchè quel tono risentito, avete litigato per caso?» chiese preoccupata Dorothy, afferrandole le mani con apprensione, per lei sua cugina e quel tipo dovevano stare assieme a tutti i costi, li vedeva perfetti e compatibili e il suo cuore romantico li aveva già immaginati felici per sempre. Strano che proprio lei, al contrario, fosse single da anni e non riuscisse a trovare la sua anima gemella, ma si sa, spesso è più semplice occuparsi della vita degli altri, mentre con la propria non si riesce a venirne a capo.

«No, ma qualunque 'pseudocosa' ci sia tra noi, non ha futuro, probabilmente non ci saremmo nemmeno dovuti mai baciare – spiegò mesta, ma si accorse che le due avevano delle espressioni totalmente spiazzate in viso e si rese conto che non avevano colto il problema – ma non ci arrivate, tra due settimane torno a casa e lui tornerà nella sua città e tutto questo sarà finito, morto e sepolto» terminò drasticamente, stringendosi le ginocchia al petto.

Annie e Dorothy si guardarono, scambiandosi delle occhiate di intesa da perfette sorelle gemelle, senza bisogno di proferire parola, poi Annie prese l'iniziativa e si rivolse ad Ashley.

«E sarebbe solo la distanza quello che renderebbe impossibile la vostra relazione?» esclamò, enfatizzando esageratamente la parola impossibile per farle notare come stesse drammatizzando troppo.

«Dai, ci sono milioni di persone al mondo che portano avanti relazioni a distanza, non siete mica in due nazioni diverse o in un'era priva di mezzi di comunicazione efficienti, praticamente è la normalità stare insieme anche se lontani, basta sapersi organizzare, magari ci vuole impegno e sacrificio, ma se c'è l'amore si trovo il modo» cercò di incoraggiarla Dorothy, che proprio non voleva accettare che quella storia non decollasse per quell'inezia.

«Non siamo tutti uguali Dorothy, c'è chi riesce a farlo e chi fallisce, e poi non abbiamo nemmeno mai parlato dei nostri sentimenti, e anche se a volte Matt sembra proprio che a me ci tenga, credo che non affronti la questione perchè sa che non riuscirebbe a gestire questa cosa, non si può iniziare una storia già da lontani, con le gelosie, i problemi, gli impegni, io ho un anno pesantissimo all'università e non posso sacrificarlo per qualcosa che non so nemmeno se andrà avanti» concluse, stupendosi da sola per l'enorme freddezza che era uscita dalla sua bocca.

Era davvero così cinica, così pessimista e arrendevole? Evidentemente sì.

«E poi vi state dimenticando che mi è già successo con Richard e sapete benissimo com'è finita!» aggiunse per rinforzare le sue convinzioni.

«Ma Richard era... beh – iniziò Annie cercando di trovare una parola non eccessivamente offensiva per descriverlo, trattandosi comunque del suo ex, ma l'impresa si rivelò impossibile – insomma, era Richard» liquidò la descrizione, gesticolando con una mano e indossando una smorfia di leggero disgusto.

Ashley roteò gli occhi, rassegnata. «E Matt è Matt, invece, il che è ancora peggio, lui è un ragazzo che non passa inosservato e avrebbe troppe occasioni attorno a lui per rimanere legato a una ragazza lontana chilometri – affermò, pugnalandosi con le sue stesse parole crudeli – e io non voglio soffrire, non voglio che finisca in modo orrendo, odiandoci e disprezzandoci, preferisco non provarci affatto» mormorò a voce bassa, impegnandosi a mantenere il suo tono saldo e a non tradire le sue emozioni.

Le gemelle sospirarono, la spiaggia più vuota e quell'aria di fine Agosto contribuirono a rendere il tutto più nostalgico, degno del miglior film romantico struggente e senza lieto fine.

«L'avete già fatto, no?» domandò poi all'improvviso Annie, cercando di riportare l'argomento su qualcosa di più leggero, se così poteva essere considerato.

«Eh?» urlò Ashley, sperando vivamente di aver compreso male.

«Ashley, avete fatto l'amore, hai presente quella cosa che fanno normalmente due persone che si piacciono, hai bisogno di un disegnino?» la prese in giro, mimando il gesto di una penna che scrive su un foglio, mentre Dorothy rischiava di soffocare tra le risate, sorseggiando dell'acqua.

«Ovvio che so che significa – sbottò offesa – e comunque la risposta è no!» continuò, girandosi dalla parte opposta alle cugine per risparmiarsi le loro facce sbalordite.

Peccato che gli urletti di disapprovazione le arrivarono comunque alle orecchie.

«Non ci credo, cioè siete sotto lo stesso tetto e non vi è ancora capitato?» urlò Annie, nel disperato tentativo di capire come non si fossero ancora saltati addosso alla prima occasione buona, mentre Ashley guardava disperatamente chi ci fosse attorno a loro e le intimava con la mano di abbassare subito il volume della sua voce.

«No, è meglio così dopotutto, non avrebbe senso» rispose fredda, anche se dentro di sè non poteva ignorare una sensazione che da un po' si era fatta strada in lei. Nonostante fosse cresciuta con una madre molto aperta sull'argomento e che non aveva mai esitato a parlarne con le figlie, a chiarire i loro dubbi e metterle in guardia dai pericoli, lei era sempre stata restia a parlare di sesso, anche con le sue amiche. Per lei il sesso era qualcosa di estremamente intimo, da condividere all'interno di una coppia che poteva definirsi tale, una coppia che aveva preso un impegno reciproco, come coronamento del rapporto e non approvava chi lo faceva anche al di fuori, per pura attrazione fisica o solo per divertimento, con partner che poi magari nemmeno avrebbero più rivisto.

Non era certo quello il caso di Matt, però nemmeno poteva dire che lui fosse il suo ragazzo nel senso classico del termine, eppure quando stava con lui lo provava quel desiderio, quella voglia di spegnere il cervello e lasciarsi andare alle sensazioni, alla fisicità, era fortemente attratta da lui e si chiese se lo fosse perchè lo amava. Le sembrava davvero così prematuro parlare di sentimenti così forti, anche se in determinati momenti aveva avuto proprio l'impressione che fosse così.

Anche prima a casa, quando lui l'aveva stretta a sè e baciata, l'aveva sentito di nuovo quel formicolio al contatto col suo corpo, quella voglia di non lasciarlo, di sentirlo addosso a lei, e poi le gambe che diventavano molli, il cuore che faceva le capriole e che si inebriava sempre più, sebbene non ci fosse nessuna certezza, nessun giuramento d'amore eterno, solo quei gesti e quelle sensazioni.

Rabbrividì a quel pensiero. Aveva terrore che se avesse raggiunto quel passo con lui, se avesse perso il controllo, sarebbe stato impossibile per lei tornare indietro, dimenticarlo e non avrebbe fatto altro che legare ancora più fortemente la sua vita a quella di Matt. E adesso che era consapevole della loro separazione, non le pareva la scelta più saggia, razionalmente parlando, ovviamente.

Dorothy le circondò dolcemente le spalle «Lasciala stare, è sempre la solita pettegola, devi fare solo quello che ti senti, ma se ti va di viverti un momento, un'emozione, anche fosse solo l'unica che ti rimarrà, ti consiglierei di farlo, perchè anche quando passerà e farà più male saprai di averla con te, di averne il ricordo e non il rimpianto e la porterai sempre nel cuore - le sussurrò – ricordati che non sempre il dolore è negativo ed è da evitare, spesso ci serve per crescere, per superare un problema, e i ricordi di ciò che abbiamo vissuto, ci aiuteranno a capire che non abbiamo sprecato niente, che anche se ci mancano non ci abbandoneranno ma andremo avanti più sicure e più forti» concluse, mentre Annie tendeva l'orecchio per cercare di ascoltare, risentita per essere stata lasciata fuori un secondo dalla discussione.

Ashley le sorrise, anche se le sue cugine erano un uragano insieme ed era costretta a redarguirle in continuazione non poteva negare che il tempo con loro volava piacevolmente e riusciva persino ad ammettere i suoi timori e a ottenerne un conforto, anche se a volte in modo non convenzionale.

 

Rientrata a casa nel tardo pomeriggio, Ashley aveva avuto giusto il tempo di telefonare a casa e scambiare quattro chiacchiere con sua madre e le sue sorelle, sistemare la sua camera che aveva dovuto lasciare in fretta e furia quella mattina e scendere per cenare con suo padre e Monica.

Matt le aveva detto tramite messaggio che era a suonare coi suoi amici e sarebbe tornato direttamente dopo cena.

Già, adesso le mandava anche messaggi per informarla dei suoi spostamenti, non che le dispiacesse, al contrario, ma non voleva illudersi, non voleva che tutto quello prendesse le sembianze di una normale relazione, destinata però a estinguersi nel giro di due settimane.

Fino a pochi giorni prima avrebbe temuto Jenny e il fatto che potesse sedurlo quando lei non c'era, invece, adesso, quel pensiero non la sfiorava nemmeno, il loro vero nemico non era lei, ma era insito in loro stessi e nella situazione in cui si trovavano.

La cena fu la prima in assoluto che trascorse davvero in sintonia e serenità.

Monica le parlava sorridendole, ma stavolta non si trattava dei suoi soliti ghigni falsi, era sincera, era autentica e quel cambiamento insperato non sfuggì agli occhi attenti di Gregory che, da dietro i suoi occhiali, sbirciava le sue due donne più importanti in quel momento andare finalmente d'accordo. A dire il vero non sapeva a cosa doveva quel piccolo miracolo, non era stato mai perspicace nel comprendere i rapporti umani, se poi si trattava di donne ancora peggio, ammetteva di essere un po' tonto in quel campo e si limitò a godere di quella visione celestiale, senza voler indagare oltre.

Andava bene così, finalmente.

Dopo cena Ashley aspettò il ritorno di Matt e uscì dalla stanza non appena lo sentì giungere in cima alle scale. Suo padre e Monica erano giù sul divano a guardare un film e adesso che Monica era dalla sua parte, sapeva che non avrebbe fatto niente per ostacolarla o metterla in difficoltà.

«Ciao» mormorò timida, vedendolo spuntare nella semiombra del corridioio. Nonostante ormai tra loro fosse nata una certa confidenza, a volte si sentiva ancora in soggezione quando Matt si palesava a lei, in tutto il suo splendore.

«Ehi, se mi dai dieci minuti vado a farmi una doccia, sono inavvicinabile in questo momento, non puoi capire che razza di inferno sia il garage di Mandy» le sorrise.

Ashley annuì e poi lo aspettò seduta sul suo letto, coi pugni stretto sulle ginocchia. Era nervosissima perchè sapeva che a Matt non avrebbe fatto piacere toccare quel tasto dolente, ma ormai aveva deciso di tentarci, anche un'ultima volta.

Matt arrivò dopo poco, aveva ancora i capelli umidi, non li aveva asciugati del tutto per non farla aspettare troppo, si sedette accanto a lei e per un attimo Ashley pensò di aver perso l'uso della parola, respirando il suo profumo. Avrebbe voluto lasciar perdere i discorsi e assaporare la sua vicinanza, finchè ce l'aveva a disposizione lì, così vicino.

«Allora?» esordì Matt, spostandole dei ciuffi di capelli dal viso e portando poi la mano sulla sua gamba scoperta, accarezzandogliela con dei movimenti lenti. Si stava mettendo proprio d'impegno per fare degenerare la cosa.

Ashley tentò di eliminare la dolce sensazione che si stava impadronendo di lei e si schiarì la voce.

«Volevo parlarti di una cosa – iniziò cauta, preparandosi alla sua reazione – volevo parlarti di tua madre» ma non fece in tempo a finire che Matt, avendo intuito quella parola si irrigidì e sospirò pesantemente, allontanando la mano dalla sua coscia.

«Ashley, ti prego, pensavo di essere stato chiaro, non mi va più di parlarne, va bene così» ribattè in difesa, ma Ashley voleva andare fino in fondo a tutti i costi.

«No, devi ascoltarmi, le ho parlato!» disse tutto d'un fiato, Matt spalancò gli occhi e poi li corrucciò.

«In che senso le hai parlato, cosa mai dovevate dirvi?» chiese, i suoi occhi la fissavano e non erano più tranquilli. Era forse stato lui l'oggetto della loro discussione?

Ashley tremò debolmente, doveva dirgli la verità, qualcosa che gli aveva tenuto nascosto, anche se per un motivo valido, almeno dal suo punto di vista.

«Mi ha raccontato del suo tentativo di ritrovare un dialogo con te, un rapporto – guardò Matt fissare l'aria davanti a lui e scuotere la testa più volte – è distrutta, c'è rimasta davvero sotto dopo il tuo rifiuto»

«Perchè diamine doveva dirlo a te, mi pareva che anche voi due non eravate in ottimi rapporti, o non era così?» la voce di Matt cominciava ad assumere un tono poco amichevole, un tono che con lei non aveva mai usato. Cominciava a diventare sospettoso.

Ashley si fece forza perchè era conscia che quello che stava per dirgli l'avrebbe turbato.

«In realtà io e tua madre ci siamo parlate diverse volte prima, abbiamo parlato di te» confessò, sentendosi terribilmente in colpa per averglielo nascosto.

«Cosa?» ringhiò Matt, alzandosi di colpo dal letto, si sentì come tradito.

Ashley lo seguì, scattando in piedi a sua volta e tentò di spiegarsi meglio.

«Ti prego, fammi finire» lo implorò, ma lui non ne voleva sapere.

«Perchè non me l'hai detto, che cosa avete detto alle mie spalle?» urlò, si sentiva tradito da una persona di cui aveva cominciato a fidarsi ciecamente, il suo lato impulsivo emerse tutto d'un colpo, gli sembrò di rivivere sulla pelle il trauma che aveva subito da bambino, quando tutti pensavano di sapere cosa fosse giusto per lui, e discutevano della sua vita alle sue spalle, i suoi genitori, gli insegnanti, tutti. Ma anche da Ashley no, non poteva sopportarlo, perchè credeva di amarla e un'altra delusione così forte gli avrebbe sigillato il cuore per sempre.

«Matt non abbiamo tramato contro di te – cercò di farlo calmare prendendogli le mani e cercando un contatto, adesso dopo quella sua reazione non era più ansiosa, aveva una paura immane di averlo ferito e di poterlo perdere, l'ultima cosa che voleva era vederlo soffrire, perchè non capiva che stava facendo tutto quello per lui? - tua madre mi aveva parlato di te e dei problemi che c'erano stati, ho capito dei suoi errori, dell' averti trascurato, ma anche che tua madre era vittima del suo orgoglio, che ha sofferto da morire per il divorzio, le è crollato tutto quello per cui aveva dedicato la vita, non la sto giustificando, sono la prima ad averle detto che doveva scusarsi con te!» continuava a stringergli le mani ma Matt non si muoveva, non ricambiava, il suo sguardo era freddo, deluso, era ritornato quello del primo giorno, azzurro gelido e per Ashley fu un colpo troppo duro da incassare. Dopo tutti quei giorni, dopo che si erano aperti l'un l'altra, dopo che si erano innamorati nonostante le prospettive avverse, non voleva che pensasse che lei lo aveva tradito. I suoi occhi si riempirono di lacrime, ancora una volta.

Matt sussultò al vederle, ma non riuscì a intenerirsi, non accettava di essere rimasto all'oscuro su una questione che lo riguardava direttamente e che ancora scottava nella sua anima, per quanto lo negasse, tanto più se c'era Ashley di mezzo.

Sciolse la stretta con le sue mani con un gesto rapido.

«Avresti dovuto dirmelo» disse solamente, più pungente dell'inverno.

«Non ho potuto, pensavo che avrei peggiorato tutto tra voi e non volevo, io so che anche tu stai soffrendo Matt – quelle parole lo raggiunsero al cuore, sapeva che erano vere, ma preferì ignorarle – io so che avete accumulato anni e anni di silenzi, fraintendimenti e incomprensioni, proprio perchè non c'è stato mai un vero dialogo, ma tua madre adesso l'ha capito, io penso che la meriti un'opportunità, e anche tu meriti di poter riavere indietro tua madre! - Matt non proferiva parola, stava in silenzio con gli occhi bassi – non ti farei mai del male, lo sai, ci tengo troppo a te, lo capisci?» concluse con la voce rotta dall'emozione, il corpo scosso dal tremore per la paura e per l'adrenalina.

Matt tremò insieme a lei per quella confessione, ma proprio perchè anche lui teneva a lei da morire, non riuscì a passare sopra al fatto che le avesse tenuto nascosto qualcosa, anche se per una buona ragione.

Quella paura di essere tradito da chi amava non l'aveva ancora superata, ritornò con prepotenza ed ebbe il sopravvento. Si voltò verso di lei, la guardò con indifferenza mentre Ashley con gli occhi sgranati attendeva un suo segno.

«Hai comunque parlato con lei senza dirmelo, non avresti dovuto intrometterti, sapevi qual era la mia versione e ti avevo detto chiaramente come la pensavo. Con mia madre non c'è speranza e avresti dovuto rispettare la mia decisione!» affermò, sembrava essere regredito in un soffio nel Matt chiuso e impenetrabile dei primi giorni.

«Ma..» provò a difendersi Ashley, terrorizzata all'idea di aver rovinato tutto proprio adesso, ma anche incredula che Matt non riuscisse a capire le sue motivazioni.

«Niente ma, tu non puoi capire!» le sibilò, uno schiaffo in pieno viso avrebbe fatto meno male in confronto.

Ashley diventò una statua di pietra, poteva tollerare tutto, ma non che l'accusasse di non capirlo, non dopo tutti i momenti che avevano trascorso insieme, non dopo tutto quello che li accomunava.. I suoi occhi si incupirono e stavolta fu lei a guardarlo seria e distaccata.

«No, infatti» bisbigliò, profondamente ferita.

Matt capì di avere forse esagerato ma la sua lingua si era mossa quasi senza controllo e non era riuscito a frenarla. Vide gli occhi di Ashley, che di solito lo guardavano sempre allegri e dolci, farsi improvvisamente freddi, come i suoi. Non l'aveva mai fissato in quel modo, aveva rotto qualcosa dentro di lei e si sentì morire al pensiero. Continuò a guardarli finchè non si impressero indelebili nella sua mente, come un'istantanea e allora non riuscì a sopportare ancora, scappò via per interrompere quel contatto visivo e sbattè la porta della camera di Ashley, lasciandola lì, immobile, incapace di riprendersi da quanto appena accaduto.

Avevano litigato, e di brutto anche.

Avanzò lentamente verso il letto e vi si buttò sopra come un peso morto, con gli occhi persi nel vuoto e colmi di lacrime, alcune scesero per la forza di gravità e le rigarono il viso, privo di alcuna espressione. Era successo davvero, si sentiva in colpa per averlo fatto soffrire e fatto sentire tradito, ma le sue ultime parole bruciavano troppo per ignorarle e sinceramente non aveva immaginato una tale fine per quella discussione. Aveva solo agito pensando di fare il suo bene ma aveva combinato un disastro.

Mancava così poco alla sua partenza che pensò che forse, in fin dei conti, era meglio così, sarebbe stato tutto irrecuperabile e forse anche più facile dirsi addio.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 

L'estate si accingeva a giungere al termine anche se faceva ancora abbastanza caldo, al contrario Ashley era piombata nel gelo più totale, da far invidia al Polo Nord.

Si stiracchiò alzandosi dalla sedia su cui si era inchiodata da ore per studiare, guardò l'orario e si meravigliò di come il tempo fosse volato. Era già ora di pranzo.

'Meglio così' si disse, da quando era successa "quella cosa" le ore dentro casa sembravano macigni da spingere in avanti a forza. Uscì dalla stanza e si avviò verso le scale per scendere in cucina. Udì dei passi che salivano e pregò con tutta sè stessa che non fosse lui.

E invece lo era.

Matt stava salendo e non appena la vide, abbassò la testa e si scansò per evitarla accuratamente, lo stesso fece lei. Si incrociarono sulle scale senza degnarsi di uno sguardo o di un cenno di vita. Glaciali.

Nonostante fossero ormai due giorni che andava avanti quella storia, Ashley provò la stessa sensazione di una coltellata al cuore della prima sera. Non si erano più parlati da allora ma, dovendo per forza di cose condividere la stessa casa, era diventato un incubo fare finta di essere invisibili. Per questo avevano cercato il più possibile di evitarsi e le poche volte che si trovavano faccia a faccia, come in quel caso, giravano il viso dall'altra parte.

Con l'umore totalmente sconvolto Ashley si sedette a tavola.

«Matt ha mangiato da solo oggi, come mai?» chiese ingenuamente Gregory, lui ovviamente non poteva sapere. Ashley fu attraversata da un fremito ma si sforzó di rimanere impassibile ed estranea alla cosa.

Monica fissò la ragazza che, completamente indifferente, continuava a mangiare, come se quella domanda non la toccasse.

In realtà lei aveva capito benissimo: Matt non faceva altro che evitare il più possibile le occasioni di ritrovo e, anche se faceva di tutto per nasconderlo, le faceva male quel suo comportamento.

«Ha detto che aveva fretta e che doveva uscire» rispose Monica, senza scollare gli occhi attenti da Ashley, quella era la versione che aveva freddamente dato suo figlio, ma qualcosa non la convinceva. Matt stava spesso saltando i pasti con loro e ,quando raramente li degnava della sua compagnia, aveva ripreso a mettersi distante e a stare zitto e torvo. A lei fu chiaro che i due ragazzi avevano litigato.

Gregory annuì soddisfatto della riposta, Monica pensò che avrebbe dovuto fargli qualche discorsetto sulla sua perspicacia, che pareva davvero scarseggiare.

«Ashley! – chiamò Monica dopo pranzo, quando si fu accertata che il suo compagno fosse a debita distanza e prima che la ragazza si rinchiudesse in camera sua – va tutto bene con Matt?» le domandò, temeva che suo figlio avesse combinato un qualche pasticcio con lei, dato il suo caratterino non proprio docile.

Ashley agitò le mani nervosa, Monica ci aveva proprio visto giusto. «Si, si, siamo solo molto impegnati in questi giorni e pieni di cose da fare» tagliò corto la rossa, Monica capì che non aveva voglia di parlarne e non ritenne di insistere.

«D' accordo, comunque sai che se c'è qualcosa che non va puoi dirmelo» si offrì, come se fosse sua madre.

Ashley sorrise, sinceramente contenta della sua offerta, ma non poteva dirle di Matt, avevano litigato proprio per la sua intromissione nel loro rapporto e così non avrebbe fatto altro che ingrandire il danno.

Si chiuse nella sua stanza e guardò fuori pensierosa.

Le parole di Matt le risentiva in continuazione, risuonavano nella sua testa come una maledizione. Non le poteva accettare, lei era convinta che lui non le pensasse davvero, non poteva essere così, ma nel dubbio non aveva più osato parlargli o confrontarsi con lui. Aveva terrore di prendere un'altra cocente delusione.

Forse l'unica cosa saggia da fare era accettare che tutto si fosse sgretolato e aspettare con calma l'8 Settembre e la sua partenza.

Pochi metri più avanti, Ashley era l'oggetto dei pensieri di Matt.

Non dormiva più serenamente dal loro litigio, ogni notte la sognava, vedeva i suoi occhi duri, che non era più riuscito a cancellare dalla sua mente e che lo perseguitavano. La verità era che gli mancava da morire, che ogni volta che in casa la scorgeva provava l'impulso di correre da lei e abbracciarla per riprendersela, ma poi l'incertezza e l' orgoglio si insinuavano in lui e lasciava perdere. La stava evitando e preferiva sorbirsi quel dolore lancinante piuttosto che affrontarla. Si rigirò nel letto senza tregua, poi, all'improvviso le venne in mente sua madre. Per la prima volta capì come si dovesse essere sentita lei anni prima, quando aveva divorziato da Nathan, perdendo la persona con cui aveva condiviso la giovinezza e il padre di suo figlio. Il paragone era forzato perchè le due situazioni erano molto diverse, lì si trattava addirittura di un matrimonio fallito e di differenze che li avevano allontanati giorno dopo giorno, ma provò ad immaginare il dolore che aveva dovuto sentire, la rabbia, la sensazione di impazzire. Certo, lui era piccolo e non sarebbe dovuto trasformarsi nella sua vittima sacrificale, ma in un certo senso, gli fu tutto più comprensibile.

Sospirò, si alzò di scatto e prese a camminare avanti e indietro per la stanza.

Era innamorato di Ashley e il pensiero di perderla per un litigio stupido lo annientava. Soprattutto perchè lei si era preoccupata per lui, gli aveva letto dentro e capito il suo malessere e lui per tutta risposta l'aveva accusata di averlo tradito. Non finì più di darsi dello stronzo e dello stupido.

La distanza era qualcosa che non dipendeva da loro, ma quello no, non se lo sarebbe mai perdonato. Doveva parlarle, anche a costo di prendersi una porta in faccia, tenersi tutto dentro era inutile e due giorni erano stati già anche troppi. Lo avrebbe fatto quella sera, ma prima c'era un'altra cosa che non poteva e non voleva più rimandare.

 

Monica era chiusa nel suo studio, immersa tra montagne di carte e documenti da controllare. Le ferie per lei non esistevano e anche quando ne poteva godere, passava spesso i pomeriggi ad accorciare il lavoro arretrato.

Dei colpi alla porta la distrassero e ordinò a chiunque fosse di entrare.

Apparì l'ultima persona che avrebbe mai immaginato: suo figlio.

Lo guardo e trasalì.

Lui entrò, poi rimase a debita distanza.

«Era un pomeriggio come questo» esordì, Monica abbandonò i suoi documenti e posò la penna sul tavolo. Sollevò lo sguardo confuso in direzione del figlio, togliendosi i sottili occhiali da lettura, nel vano tentativo di capire a cosa si stesse riferendo con quelle poche parole vaghe.

«C'era il sole, un sole pieno che spaccava le pietre e io volevo uscire a giocare coi miei amici per strada – continuò, mantenendo un tono di voce neutro – quattordici anni fa» aggiunse, rivelando crudelmente il periodo e l'evento del quale stava parlando.

Monica si alzò dalla sedia, la sua espressione dalla sorpresa mutò in desolazione, perchè adesso era indubbio l'argomento del suo monologo.

Matt non si mosse di un passo, e persino il suo viso rimase immobile. Aprì solo la bocca per darle fiato e continuare a rivangare quei tristi ricordi.

«Ma tu mi dicesti che non potevo andare quel giorno, perchè papà stava cambiando città e non era il caso che io giocassi. Io non capii, ti chiesi dove andava papà e perchè e quando sarebbe tornato e perchè non andavamo con lui, una raffica di domande legittime al quale reagisti sbuffando con fastidio, mi afferrasti per le braccia e le liquidasti con un "non torna più da noi", che decretò la fine della mia infanzia a 9 anni.»

Monica tremò a quella frase terribile, ricordava perfettamente la sua freddezza quel giorno, incapace di nascondere la rabbia a quel bambino come avrebbe fatto qualunque altra brava madre. Ma Matt non aveva ancora finito con quella che sembrava la sua vendetta.

«Papà mi salutò calorosamente, mi disse che non mi stava abbandonando, che sarebbe venuto a trovarmi e a prendermi per farmi vedere la sua nuova città e capii che stava lasciando solo te, che i problemi erano tra voi e che forse non avevo fatto molto caso alle vostre discussioni, troppo sicuro nella mia ingenuità che non fossero cose insormontabili. Mi sentii il bambino più sfortunato della terra perchè i miei si separavano e io, con quel sole, ero costretto a casa, come se fosse quello il problema principale, ignorando le conseguenze ben peggiori di quel fatto, perchè quello ero, un bambino, e non potevo capire.» descrisse quei dettagli con precisione, e Monica si rese conto di quanto quel giorno l'avesse segnato per doverseli ricordare con così dovizia di particolari.

«Matt» provò a richiamare la sua attenzione, ma suo figlio sembrò non udirla.

«Da quel giorno sei diventata fredda e scostante, mi evitavi, ti prendevi cura di me come fosse un obbligo che ti ritrovavi per sbaglio, mentre a scuola tutti provavano compassione e si premuravano di rivolgermi finte preoccupazioni e attenzioni. Non avevo colpa ma ero costretto a soffrire e lo trovavo ingiusto, la mia vita era cambiata in un giorno di sole, un giorno che doveva essere felice, normale. Ho cominciato a odiare tutti, a ribellarmi alle regole, a rifiutare i gesti d'affetto perchè io non ne conoscevo più. A 12 anni mi tirasti un ceffone durante una delle nostre frequenti litigate e mi dicesti di non fissarti con quegli occhi e con quell'aria di sfida. "Somigli troppo a tuo padre" aggiungesti. Fu quella volta che decisi che me ne sarei andato di casa appena ne avrei avuto l'occasione, che sarei andato a vivere da papà, che almeno mi parlava, teneva a sapere cosa facessi e come mi sentissi. Tornavo qui solo per passare le vacanze e farmi i fatti miei e anche un po' per farti male – ammise amaramente – ti ho continuato a guardare in quel modo che non sopportavi per vendicarmi e mi illudevo di stare meglio, ma la verità era che dopo non mi sentivo bene affatto» Finì di parlare, si prese una pausa per osservare la figura di sua madre più vicina, aveva gli occhi pieni di lacrime e persino il suo cuore fece un salto.

«Mi dispiace Matt, so che non avrò mai giustificazione per quello che ti ho fatto, sono stata debole, non sono riuscita ad andare oltre la rabbia, ad amarti come avrei dovuto, e mi merito ogni singola parola che hai pronunciato» mormorò affranta, convinta che l'intento di Matt fosse solo quello di rinfacciarle le sue mancanze.

«Non ho finito – ricominciò lui, contraddicendo la aspettative di Monica – è vero, quello che è successo non si può cancellare con un colpo di spugna e gli anni persi non tornano più indietro, ma – chiuse gli occhi per prepararsi a ciò che stava per dire – ci sono ancora tanti anni da affrontare e non voglio più tenerti esclusa dal mio mondo, non voglio continuare a nutrire l'indifferenza e i silenzi» Monica sbarrò gli occhi, credette di sognare per un attimo e che si fosse appisolata sopra la montagna di lavoro arretrato, ma quello scenario sembrava fin troppo reale. Una lacrima le cadde, mentre avanzava verso suo figlio.

«Ciò non vuol, dire che da domani saremo già in confidenza o che scherzeremo come niente fosse, ma possiamo lavorarci sù – sdrammatizzò, accennando un sorriso – ho capito che a volte il dolore per aver perso qualcuno è così forte da farci smarrire il senno e anche se hai sbagliato, non mi sento di condannarti per sempre» concluse, il riferimento ad Ashley e alla loro situazione era evidente.

«Matt – sussurrò Monica, ormai in lacrime, stentava quasi a crederci – ti ringrazio» si avvicinò a lui, lentamente, poi lo guardò in viso e vide che era più disteso, e finalmente i suoi occhi non apparivano colmi di risentimento. D'istinto lo cinse dolcemente con le braccia.

Matt non si oppose ma si irrigidì, non era più abituato all'abbraccio di una madre e provò imbarazzo misto a una sensazione di serenità. Monica lo strinse, non succedeva da quattordici anni e faceva effetto ricordarlo bambino l'ultima volta, il suo corpicino sottile che si perdeva nel suo abbraccio e sentirlo adesso, un giovane uomo, più alto di lei, ma era sempre lui.

Sussultò, Matt stava ricambiando debolmente la stretta. Quanti anni si era persa, il suo bambino era cresciuto ed era diventando uno splendido ragazzo e lei non c'era stata. Ma adesso tutto sarebbe cambiato, gradualmente e a piccoli passi, voleva essere di nuova una madre, sua madre, forse non era troppo tardi.

Sorrise poi sciolse l'abbraccio. Matt la guardò un'ultima volta, prima di salutarla e accingersi ad andare, ma Monica capì che la tristezza in lui derivava anche da altro.

«Quella ragazza, Ashley – iniziò, Matt si voltò di scatto a quel nome – ha carattere, è forte, mi ha affrontato e sai benissimo quanto io incuta timore, e l'ha fatto per te, deve tenerci molto» lo informò, tornando a sedere alla scrivania.

Matt non potè fare a meno di sorridere «Lo so, anche io tengo a lei – confessò senza vergogna – ma non c'è rimasto più molto tempo, ormai» sentenziò, facendosi cupo in volto.

Monica rimase interdetta, lì per lì non riuscì a capire cosa intendesse suo figlio, ma in quel momento voleva solo godersi la gioia di averlo ritrovato e stavolta non avrebbe permesso a sè stessa di perderlo di nuovo.

 

Si era fatta già sera inoltrata, Matt aveva saltato la cena e non aveva per niente fame.

Era stato fuori, da solo, in spiaggia, lontano da voci, da rumori che non fossero le onde del mare. Aveva avuto bisogno di riflettere, di isolarsi, prima di tornare e prepararsi a parlare ad Ashley. Ormai aveva deciso, sembrava una follia, visto che tra due settimane si sarebbero comunque divisi e in buoni o cattivi rapporti, il risultato non sarebbe stato diverso, ma qualcosa dentro gli impediva di accettare che continuasse quell'agonia tra loro, fosse rimasta anche solo un'ora da passare insieme.

Rientrò che la casa era già buia e immersa nel silenzio.

Salì le scale e intravide una flebile luce provenire dalla sua stanza e il brusio indistinto del televisore.

Si fermò, prese un lungo respiro e bussò forte alla sua porta, con decisione.

Ashley all'interno sussultò, erano già le 23 passate e aveva sentito chiaramente suo padre e Monica andare in camera loro e chiudere la porta. Lei si era seduta sul suo letto, con la schiena poggiata al muro e le gambe incrociate e al buio guardava distrattamente un telefilm alla tv. Era già sulla buona strada per crollare dal sonno, quando quei colpi la risvegliarono di soprassalto.

«Avanti» disse alquanto agitata, staccandosi dal muro e mettendosi a sedere sul bordo, all'erta e osservando l'uscio della porta aprirsi.

Chi poteva essere a quell'ora, che fosse successo qualcosa?

Le sue labbra si dischiusero per la sorpresa quando, però, vide comparire Matt, la sua espressione era diversa, sembrava affranta e aveva perso la durezza che l'aveva caratterizzata in quei giorni infernali.

«Matt» pronunciò a bassa voce, incapace di alzarsi dal letto come se, d'improvviso, alle sue gambe fossero legate delle catene pesanti.

Il ragazzo, silenziosamente, entrò e si premurò di richiudere la porta senza farle emettere il minimo rumore, poi, terminata quell'operazione si voltò verso di lei. Passarono una manciata di secondi, secondi che ad Ashley sembrarono interminabili, presa da quella smania di sapere perchè fosse lì e cosa volesse. Il cuore le batteva fortissimo e la bocca le si era seccata, il suo intero corpo era teso perchè dopo giorni quella era la prima volta che si trovavano insieme nella stessa stanza e non comprendeva se fosse la fine di quell'incubo o l'inizio di uno peggiore.

Matt avanzò di alcuni passi verso la sua direzione, poi si fermò, a meno di un metro da lei, mentre Ashley alzò il volto per guardarlo dal basso, senza muovere nessun altro muscolo.

Nessuno di loro due si era preoccupato di accendere la luce e la stanza buia, illuminata solo dai bagliori intermittenti della tv e dalla fioca luminosità che penetrava dalla finestra, contribuiva a rendere l'atmosfera più inquietante che mai.

«Scusa se ti piombo qui a quest'ora senza preavviso» la sua voce risuonò profonda, aveva le sopracciglia aggrottate e la fronte contratta. Anche se alcuni ciuffi di capelli gliela ricoprivano in parte, riusciva comunque a scorgere la sua espressione.

«Oh, non fa nulla» rispose Ashley a disagio, spostando il viso dalla parte opposta, completamente disorientata.

Quant'era diventato difficile guardarlo negli occhi, adesso che si comportavano come due perfetti estranei. Si odiò con tutte sè stessa per quello che erano diventati, era brava solo a costruire muri tra lei e le persone che amava.

Matt strinse i pugni, non sopportava quella stupida formalità a cui erano regrediti per colpa del suo maledetto orgoglio e della diffidenza che si portava dietro da quando era bambino. Di nuovo, come un flashback, le riapparirono alla mente, nitidi, gli occhi di Ashley quella sera dopo il loro litigio, freddi e duri.

Feriti, da lui e dalla sua idiozia.

Quel pomeriggio, dopo l'incontro con sua madre, aveva studiato tutto un discorso da farle, scelto ogni singola parola e ripetuto come si fa con una materia universitaria.

Ma lui non era mai stato bravo con le parole e questa volta non faceva eccezione, se la cavava meglio con i gesti, erano più efficaci e arrivavano diretti al punto.

Se ne andarono in malora tutte quelle ore spese a preparare un modo decente per dirle quanto era stato stronzo e impulsivo e quanto adesso stesse soffrendo al pensiero di aver frainteso le sue intenzioni e di averla ferita con quella frase tagliente, che poi nemmeno pensava davvero.

Si gettò in ginocchio davanti a lei, accasciandosi letteralmente sulle sue gambe e stringendole le mani, che Ashley teneva nervosamente incrociate sul ventre.

Adesso era lui che la guardava dal basso, con lo sguardo implorante, e nonostante la penombra lei vide i suoi occhi lucidi.

Quel gesto disperato, così intenso e carico di significato la spiazzò totalmente, spalancò gli occhi e non potè fare a meno di ricambiare la stretta alle sue mani.

«Perdonami – disse finalmente, stringendo maggiormente le sue mani – sono stato un emerito coglione, ti ho rinfacciato una cosa orrenda e quando ci ripenso mi odio e non so nemmeno come mi sia uscita perchè, se c'è una persona che è riuscita a leggermi dentro e a districarsi in quell'enorme casino che sono io, quella sei tu e nessun altro e tutto quello che hai detto è terribilmente vero – la sua voce tremava, era la prima volta che lo sentiva così fragile e spaventato, prese fiato e continuò con ancor più dolore – solo che ho una ferita ancora aperta che pensavo non facesse più male, ma mi sbagliavo, la stavo solo rattoppando miseramente senza curarla davvero, e tu hai fatto tanto per me che non so come diavolo ho potuto anche per un secondo credere che mi stessi tramando contro!» abbassò la testa sulle sue gambe fino a sfiorare con le labbra le sue mani.

Ashley lo ascoltava incredula, mentre piano piano la distanza e il gelo tra loro si annullavano e quello che sembrava distrutto per sempre stava tornando al suo posto, come se niente fosse e forse più solido di prima.

Aveva creduto che il loro rapporto fosse stato spazzato via da quella tempesta, invece stava avendo la dimostrazione di come dalle macerie si rinasca più forti, più uniti ed era singolare che, pur consci della loro separazione imminente, stessero a combattere per ricucire qualcosa destinato a sciogliersi.

Perchè per adesso erano lì ed erano insieme. Solo quello contava.

«Ma io..» tentò di prendere parola Ashley, ma Matt non aveva ancora finito e doveva farlo, provava il vitale bisogno di cacciare fuori tutto quello che aveva accumulato e che premeva troppo forte.

«Aspetta, ti prego – la supplicò, rialzando la testa - ho parlato con mia mamma oggi, l'ho fatto perchè non è vero, come mi ostinavo a credere, che non mi importasse nulla di lei, anche quando si era presentata da me il mio cuore aveva vacillato, per un attimo avevo immaginato quanto sarebbe stato maledettamente facile lasciarle uno spiraglio per entrare di nuovo nella mia vita, darle un'altra possibilità e poi sono ripiombato nella paura, nell'indifferenza e mi sono trincerato ancora una volta – si sporse leggermente più avanti per avvicinarsi al suo viso – ma tu l'avevi già capito, nonostante la mia freddezza ogni volta che si prendeva l'argomento, e invece di ringraziarti ho dubitato di te. Oggi quella fessura nel mio cuore gliel'ho aperta, lo sai? E anche se ci vorrà del tempo non mi interessa, non voglio più escludere le persone a cui voglio bene solo per orgoglio o per puntiglio e se sono riuscito ad ammetterlo è merito tuo. Questi due giorni in cui camminavamo per casa come due sconosciuti ho pensato di impazzire, il pensiero di averti ferita mi ha tormentato ogni notte!» si fermò un istante per prendere fiato dopo quel fiume inarrestabile di parole, Ashley ne approfittò per estrarre a fatica una mano dalla sua stretta, e portargliela sul volto, sorridendo.

Matt chiuse gli occhi a quel tocco, come fosse la cura a tutti i suoi mali, un senso di pace lo invase, riaprì gli occhi e fissò i suoi, che adesso erano tornati quelli che aveva sempre conosciuto, belli, dolci e confortanti e così desiderò che restassero per l'eternità.

«E soprattutto – riprese con maggiore intensità – non voglio mai più che i tuoi occhi mi guardino come quella sera, mai più, per nessuna ragione al mondo, non lo potrei sopportare!»

Ashley ebbe voglia di piangere, ma stavolta per la gioia, lo osservò ai suoi piedi, quasi a supplicarla di riammetterlo nel suo mondo, ma la verità era che lui dalla sua vita non ci era mai uscito e forse mai l'avrebbe fatto. Quel litigio non aveva fatto altro che riconfermarle quanto stretto fosse diventato quel legame, da non poter essere spezzato da una incomprensione o da uno screzio, per quanto avesse fatto male.

«Non devo perdonarti proprio nulla – riuscì a dire, alla fine, mentre si arrotolava alcuni ciuffi di capelli di Matt tra le dita – ti chiedo scusa per non averti parlato delle conversazioni con tua madre, avrei dovuto dirtelo subito, ma ti giuro che tutto quello che ho fatto è stato per te, per aiutarti, perchè sei importante Matt, voglio che tu lo sappia! Ho avuto così paura di averti deluso e che di me non ne volessi più sapere, che non riuscivo più nemmeno a rivolgerti la parola! » gli confessò commossa, tirandolo a sè per far sì che non stesse più in ginocchio. Matt si sollevò giusto quanto bastava per buttarsi tra le sue braccia e stringerla fortissimo, così tanto da togliersi il respiro a vicenda, soffocando ma allo stesso tempo ridandosi la vita l'un l'altro.

«Mi dispiace per tutto Ashley, anche tu sei importante per me, troppo» le svelò all'orecchio.

Poi allentarono la stretta per guardarsi in viso, felici, distesi e di nuovo complici e bastò un attimo per ritrovare quell'intesa fisica, che adesso, dopo quel temporale che aveva rischiato di spezzarli, si ripresentò più potente e irrefrenabile.

Unirono le loro labbra, così intensamente da perdere l'equilibrio, Ashley fu costretta ad adagiarsi sul letto e Matt finì addosso a lei. Lo sentì tutto il peso del suo corpo gravare sul suo, più esile e piccolo, e avvolgerla, completarla, allargò le gambe per permettergli di sistemarsi in mezzo e poi gli cinse la vita con le stesse.

Matt non si spostò, i loro movimenti da urgenti e disperati si fecero sempre più intensi e consapevoli, Ashley si aggrappò alla sua schiena e senza più timidezza o imbarazzo mosse le sue mani affinchè si insinuassero delicatamente sotto la sua maglietta, incontrando la sua pelle calda e percorrendola con i palmi, puntando lievemente le unghie, come un territorio da scoprire.

Quelle carezze inaspettate sorpresero piacevolmente Matt, che fu costretto a soffocare un gemito di piacere posando le labbra sul suo collo, mentre ricambiava accarezzandole a sua volta la pancia e i fianchi.

Non c'era più timore nei loro tocchi, sostituito da un'intima confidenza e naturalezza, nè incertezza negli sguardi, che si incrociavano pieni d'amore, quando non erano impegnati a stare socchiusi per godere di quelle sensazioni e far sparire il mondo attorno a loro, nè stanchezza nelle labbra, che parevano non averne mai abbastanza della pelle dell'altro, nè paura nel sapere che solo qualche stanza più in là c'erano i loro genitori e che la porta non l'avevano nemmeno chiusa a chiave e sarebbe bastata aprirla per trovarli lì, senza alcuna giustificazione, perchè era troppo evidente quello che stava per succedere e che stavolta non avevano intenzione di fermare.

Quei giorni senza parlarsi o sfiorarsi avevano lasciato il segno e adesso non c'era più tempo per decidere se quella fosse l'estrema manifestazione di un amore che si ostinavano a non dichiarare o solo il bisogno spasmodico di percepirsi uniti, fosse stato anche solamente per quegli ultimi giorni che rimanevano.

Alla fine, quello che avevano provato ad evitare finì per accadere, proprio nella sera in cui si erano ritrovati dopo quello scossone che pareva averli distrutti, e accadde senza preavviso, senza che l'avessero programmato, senza lasciar loro tempo di pensare al dopo e alle conseguenze, bastò solo stringersi e lasciarsi andare, assecondare i movimenti l'uno dell'altra e farsi travolgere, fu naturale, istintivo e meraviglioso.

D'improvviso persino i loro leggeri vestiti estivi cominciarono a infastidirli, sembrarono pesanti e ingombranti, un' inutile barriera da eliminare al più presto, man mano che quella frenesia avanzava.

Matt le sollevò la maglietta, andando sempre più in alto finchè non si fermò, allontanando le mani per guardarla negli occhi e cercare il suo consenso.

Doveva volerlo anche lei, così come lo voleva lui.

Per risposta Ashley lo baciò languidamente, prese le mani di Matt e le riportò a contatto con la sua pelle, sotto la sua t-shirt, dove erano prima e dove voleva continuassero quello che avevano iniziato. Lui le sorrise sulle labbra, mentre si sfilavano quegli inutili vestiti e li lanciavano un po' dove capitava, senza curarsene, l'aria si era fatta bollente intorno a loro e solo una leggera brezza filtrava dalla tenda della finestra che dava sul terrazzo, aperta per metà e sarebbe bastata.

Poi Matt, usando quanta più delicatezza conoscesse, le depose entrambe le mani sul viso, come a racchiuderlo, le loro fronti si unirono mentre la faceva sua, all'inizio lentamente, con i respiri che cominciavano ad affannarsi, le menti annebbiate ma gli occhi ben fissi gli uni negli altri.

Passò quel momento iniziale di assestamento, in cui i loro corpi, ancora estranei, si studiarono e si assecondarono a vicenda per raggiungere coordinazione e sintonia, scoprendosi per la prima volta, tremando, vibrando di desiderio, cercando il loro ritmo per poi trovarlo subito dopo, come se l'avessero sempre fatto e a quel punto non rimase altro che seguirlo, sempre più intensamente.

Ashley non lo ricordava così fare l'amore.

L'ultima volta che le era successo era stato circa un anno prima, era tanto tempo e magari si sbagliava, eppure quel trasporto, quella passione, le mani mai sazie sulla pelle, la sensazione inebriante da perdere la testa, quei gemiti che le sfuggivano prepotenti dalle labbra e che Matt cercava di soffocare con i baci, per evitare che giungessero a orecchie indiscrete in quella casa, lei proprio non riusciva a ricordarli. Era anche vero che, analizzare la questione le veniva un po' complicato al momento, in totale balìa di Matt e delle sue spinte sopra di lei.

Ecco, forse era quello che stava trascurando, c'era lui di diverso e cambiava tutto, totalmente.

Si aggrappò alle sue spalle forti, affondò il viso sul suo collo e sentì come se stesse vivendo il giorno più bello della sua vita, erano finalmente di nuovo insieme e stavano facendo l'amore e non esisteva più niente che potesse turbarla, nè gli esami, nè le sue paranoie, e nemmeno che tutto quello non fosse accompagnato da una dichiarazione d'amore, perchè in cuor suo sapeva che sarebbe stata superflua, i gesti parlavano e non serviva nient'altro.

Matt la guardava sotto di lui, doveva ancora realizzare appieno quello che stava succedendo e come fosse possibile che la mattina si fossero evitati come la peste e adesso fossero a letto insieme. Ma no, non voleva ragionare adesso, voleva solo bearsi della visione del suo viso pieno di piacere, arrossato e sereno e della sensazione della sua pelle nuda appiccicata alla propria.

Era ancora più bella ora che si era mostrata a lui nel suo lato più intimo, ora che si stava donando interamente e Matt sapeva perfettamente che Ashley non era tipo da farlo con leggerezza, che sicuramente stava dando un valore grandissimo a tutto quello e si sentì esplodere di felicità.

Com'è che aveva fatto sesso con diverse ragazze nel corso degli anni, molto più disinibite di lei, selvagge e instancabili, e gli sembrò solo ora di vivere l'esperienza più devastante in assoluto in senso positivo.

Era con la ragazza che amava e stavolta l'amore lo stava facendo anche con la mente e col cuore.

Aveva avuto paura all'inizio di rovinarla, di non essere adatto a lei, di sembrarle troppo animalesco, ma l'aveva stupito, rivelandosi altrettanto passionale e instaurando con lui un'intesa perfetta. Le afferrò le cosce con più foga, mentre ansimavano ormai senza sosta.

Poi quell'onda vorticosa esaurì la sua potenza, e i due si rilassarono, scossi dal piacere.

Matt si accasciò su di lei, i suoi capelli biondi si sparpagliarono sul suo seno, teneva gli occhi chiusi e la bocca leggermente aperta per respirare.

Ad Ashley sembrò un angelo, se non fosse stato per quel bracciale di cuoio nero con le borchie un po' appuntite che aveva al polso, che davvero poco aveva di angelico e che poggiava sulla sua spalla, il metallo le trasmetteva l'unica sensazione di freddo sul suo corpo sudato e bollente. Matt respirava pesantemente e il suo torace si abbassava e alzava, schiacciandola e togliendole il fiato, eppure lei non poteva sentirsi meglio.

Lui però, sembrò capire di crearle qualche difficoltà, perchè le lanciò uno sguardo veloce e si sollevò, le diede un ultimo bacio in bocca e scivolò di fianco a lei, liberandola dalla sua morsa. Ashley si sentì di colpo vuota a causa dell'assenza del suo peso e fu come se si scoprisse nuda ed esposta per la prima volta davanti a lui solo in quell'istante.

Istintivamente si portò le bracca al petto, nonostante fosse tutto buio e solo la tv, imperterrita, avesse continuato a illuminare la stanza.

Matt adorava quella sua riservatezza, che si ripresentava persino dopo aver condiviso ciò che di più intimo potesse intercorrere tra due persone. Se ne accorse e gentilmente le tolse le braccia dal seno per farla girare di fianco verso di lui e stringerla, stavolta fu lei a sprofondare la testa nel suo petto e di nuovo protetta e al sicuro, si accucciò, rilassandosi istantaneamente. Gli occhi le si chiusero da soli, il respiro si fece regolare, così come il battito del cuore.

«Buonanotte» fu l'unica parola che Matt le sussurrò all'orecchio, prima di afferrare il telecomando sul comodino e spegnere la tv, facendo piombare entrambi nell'oscurità e abbandonandosi al sonno, spossato ma felice, su quel letto da una piazza e mezzo, forse troppo stretto per dormirci in due, ma che appariva la cosa più perfetta dell'universo, con lei tra le sue braccia.

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

 

 

Capita spesso di addormentarsi con un umore o uno stato d'animo ben precisi e di svegliarsi l'indomani con i pensieri totalmente capovolti, opposti o diversi, come se, durante il sonno, lo stato di stand- by in cui piomba il cervello sia capace di scombinarne e rimescolarne le idee, fino a far sembrare assurdi propositi, idee o sensazioni che solo la notte prima sembravano perfetti e plausibili.

Matt aprì gli occhi la mattina dopo la sua riconciliazione con Ashley trovandosi nella stessa posizione in cui di solito dormiva, a pancia in giù e con le braccia attorno al cuscino, solo che stava abbracciando un cuscino che non era il suo.

Non gli fu necessario guardarsi intorno per capire dove si trovasse perchè ricordò istantaneamente gli eventi della notte prima. E dopotutto come avrebbe potuto mai essere il contrario, dimenticare era impossibile.

Girò la testa dall'altra parte e dei capelli rossi sparsi su quello stesso cuscino gli solleticarono il naso. La vide, bellissima e serenamente addormentata accanto a lui, racchiusa in posizione fetale sotto le lenzuola, che evidentemente avevano finito per tirarsi sù per via dell'aria più fresca che cominciava a fare la notte, un braccio era morbidamente adagiato sulla sua schiena e gli impediva di muoversi liberamente senza rischiare di svegliarla.

Erano entrambi nudi e a Matt parve per un attimo di rivivere le forti emozioni provate quella notte. Avevano fatto l'amore, era stata una realtà, avevano superato quel limite stupendo ma pericolosissimo.

Era stato tutto perfetto e naturale e aveva assunto un significato ancora più intenso, dato che aveva suggellato la loro riappacificazione dopo quei giorni terribili di indifferenza.

Lo sguardo di Matt però si incupì, mentre continuava a guardarla.

Farlo con lei era stata un'esperienza meravigliosa e sconvolgente, perchè lo aveva desiderato con tutto sè stesso, senza possibilità nè intenzione di frenarsi, come un bisogno disperato di fare l'unica cosa che sembrasse giusta, l'unica che contava. Era stata la prima volta per lui che non si trattava solo di sesso e la sua intera anima si era sentita scossa da vibrazioni nuove, calde e che gli avevano procurato una felicità irrazionale, che sul momento era apparsa come eterna.

Peccato che al risveglio non fosse stato esattamente così.

Non erano mutati i suoi sentimenti nei confronti della ragazza che gli dormiva accanto, anzi, al contrario erano diventati più forti che mai, ma una punta di amarezza si era annidata in lui durante il sonno, guastando l'esaltazione e la gioia che lo avevano pervaso.

Le accarezzò lievemente una guancia con la punta delle dita, Ashley arricciò un po' il naso come riflesso a quel tocco, ma non si svegliò.

Se fino a quel momento aveva raggiunto la consapevolezza che sarebbe stato difficile staccarsi da lei, adesso, dopo quello che c'era stato, realizzò dolorosamente che lo sarebbe stato ancora di più e quella prospettiva gli fece maledire sè stesso, perchè non era stato in grado di controllarsi e si era lasciato andare, come faceva di solito per colpa di quell'impulsività che, nel bene o nel male, lo caratterizzava.

'Potrai mai perdonarmi?' pensò desolato mentre la guardava.

Deglutì nervosamente e sospirò, poi prestò attenzione alla luce che filtrava dalla finestra: fuori doveva essere già sorto il sole, ma non era alto perchè la luminosità era ancora moderata e la temperatura non troppo calda, a occhio e croce stimò che dovessero essere le 6 o giù di lì.

Guardò l'orologio, che confermò le sue previsioni, erano passate le 6 da dieci minuti.

Pensò che avrebbe fatto meglio ad alzarsi e a sparire da quella stanza prima che Gregory e sua madre si fossero svegliati, erano dei tipi mattinieri e, anche se non era mai capitato che curiosassero nelle loro camere ad orari improbabili e le volte che dovevano comunicare qualcosa avevano l'accortezza di bussare, era meglio non sfidare la fortuna per non doversi nascondere mezzo nudo in terrazza, nella peggiore delle ipotesi.

Probabilmente gli era rimasta meno di un'ora per sgattaiolare via ed evitare spiacevoli conseguenze.

Cominciò a muoversi lentamente e spostò con delicatezza il braccio di Ashley che lo bloccava, facendo attenzione a non svegliarla. La ragazza fece dei piccoli movimenti ma rimase addormentata.

Le tirò il lenzuolo fin sopra le spalle, poi si mise a sedere e si passò le mani sul volto per darsi una svegliata, recuperò i vestiti che giacevano sparpagliati sul pavimento e cominciò a rivestirsi.

Gli mancava solo di indossare la maglietta quando udì il fruscio della coperta e percepì dei movimenti dietro di lui.

Si voltò e la vide aprire gli occhi e sbatterli più volte per abituarsi alla luce, con fare piuttosto confuso. Si sollevò, il lenzuolo le lasciò scoperte le spalle ma Ashley lo bloccò subito sul suo petto per impedire che continuasse a scendere, poi lo fissò e sorrise.

Aveva ricordato anche lei.

«Ehi, ti sei svegliata» mormorò Matt, già colpito al cuore da quel sorriso.

«È tardi?» chiese Ashley, aggrottando leggermente le sopracciglia e notando che lui si era già quasi del tutto rivestito.

«No, sono quasi le sei e mezzo – la informò senza smettere di guardarla, come ipnotizzato – ma sarà meglio che esca al più presto da qui, se malauguratamente ci trovano insieme siamo morti, soprattutto io, tuo padre mi uccide sicuro» disse, riportando l'attenzione alla sua maglietta, e armeggiando per svoltarla dal lato giusto e potersela infilare.

Venne interrotto dal contatto improvviso del corpo di Ashley contro la sua schiena, si era sporta verso di lui, fregandosene del lenzuolo, che era miseramente scivolato giù, e lo stava abbracciando, posando le mani sul suo addome. Matt abbassò la testa, sconfitto. Voleva mantenersi lucido e razionale, ma lei si metteva davvero d'impegno per renderglielo un'impresa.

Ashley soffocò una risata sulla sua schiena, le sue labbra morbide gli provocarono un brivido di piacere.

«Dai non esagerare, mio padre non è così terribile!» scherzò, meravigliandosi di come stesse affrontando con leggerezza una situazione che in passato l'avrebbe messa subito in allarme. Lei con una ragazzo, a letto, nella sua stanza, dopo aver passato la notte insieme e suo padre giusto qualche camera più avanti. In un altro momento sarebbe andata in iperventilazione e avrebbe reagito come un'isterica ma adesso non gliene importava, avrebbe volentieri allungato quel momento a costo di rischiare una lavata di capo epocale.

Matt piegò di poco il collo indietro giusto quanto bastò per intravedere con la coda dell'occhio il lato destro del corpo di Ashley unito al suo.

«Ah non lo è? - le domandò con tono provocatorio – vogliamo fare una prova?» propose, ironico.

«Meglio di no, mi sa che non hai tutti i torti» ammise Ashley, rafforzando la stretta al torace di Matt. Incapace di resistere portò le mani su quelle della ragazza e intrecciò le dita con le sue. Respirò profondamente, era giovane e quei pensieri suonavano un po' prematuri e fuori luogo forse, ma non potè fare a meno di desiderare che ogni mattina della sua vita potesse cominciare con un abbraccio come quello.

Quanto sarebbe stato tutto più semplice se quella tra loro l'avesse potuta considerare solo una scopata come le altre, non avrebbe avuto problemi ad andarsene, nè conflitti interiori, nè timori, invece di rimanersene lì a struggersi, diviso tra la consapevolezza di dover mettere un freno a quella relazione e la voglia che durasse per sempre.

Sarebbe bastato anche riuscire a fare finta che fosse stata una cosa di una notte e basta, ma non era in grado di fare nemmeno quello. Non lo meritava lei e, in fin dei conti, non lo meritava neanche lui.

Come se ciò non fosse già abbastanza sufficiente, Ashley che si ostinava a rimanere incollata a lui complicava di non poco le cose. Armandosi di una smisurata forza di volontà, con un gesto risoluto ma gentile, si liberò della sua stretta e indossò la t-shirt, conservando un briciolo di razionalità e spezzando quel contatto prima di cedere e perdersi nuovamente con lei.

Si alzò in piedi senza voltarsi, mentre Ashley restò seduta a letto tra le lenzuola, studiando i suoi movimenti per provare a intuire il suo stato d'animo.

«Allora io vado, ci vediamo dopo» si affrettò a dire, guardandola di sfuggita per non apparire coinvolto. Ashley annuì, poi proseguì a osservarlo aprire la porta senza farle emettere il minimo rumore, controllare furtivamente il corridoio e richiuderla con altrettanta cura.

Lo sguardo di Ashley si era fatto serio. Si soffermò con gli occhi per qualche secondo sulla porta ormai chiusa, prima di gettarsi all'indietro e ricadere sul cuscino.

Matt non le aveva nemmeno dato un bacio o una carezza prima di scappare via. Aveva avuto quasi l'impressione che fosse teso e che si sforzasse di mantenere un certo distacco.

Perchè?

Si era già pentito di quello che avevano fatto? Che cosa aveva significato per lui?

Una serie di domande che pretendevano risposte le affollò la mente. Eppure, quella sera, quando le aveva chiesto perdono le era sembrato sconvolto e i suoi occhi erano stati lucidi. Non poteva essersi sbagliata, le aveva persino detto di essere importante per lui. La sua mente non poteva farle scherzi, non adesso che era così vulnerabile e fragile.

Ma l'amore non doveva rendere forti, capaci di superare ostacoli e prove titaniche?

Lei, invece, si sentiva a pezzi, debole e indifesa. Si girò su un fianco, accarezzando con malinconia il lato del letto disfatto su cui fino a poco prima aveva dormito Matt. Quel momento era arrivato ed era già volato via, gli attimi spensierati duravano sempre troppo poco e lasciavano spazio a tante incertezze e a tanti interrogativi. Ashley chiuse gli occhi e scacciò via quei pensieri opprimenti, consapevole però che non avrebbe potuto continuare all'infinito ad ignorarli, che presto sarebbe arrivato il tempo di affrontarli e dare un finale a tutta quella storia.

 

Monica finì di riordinare il suo letto matrimoniale, sistemando gli innumerevoli cuscini decorativi che lo adornavano, poi ammirò il risultato ritenendosi soddisfatta e spalancò le ante della finestra per permettere ai raggi del sole di illuminare la stanza, facendo luccicare gli intarsi dorati dei mobili.

Si avvolse nella sua vestaglia di seta e davanti allo specchio prese a pettinarsi i soffici capelli castano scuro. Appariva radiosa in volto e il bel sorriso che sfoggiava contribuiva a rafforzare quell'immagine e rifletteva alla perfezione il suo animo.

D'altronde non poteva essere diversamente, il giorno prima era successo qualcosa che aveva del miracoloso. Suo figlio, il suo unico figlio era rientrato a far parte della sua esistenza quando ormai aveva perso ogni speranza e quella sua corazza rigida e impenetrabile si era ammorbidita. Non le interessava se avrebbe dovuto impiegare mesi e forse anni per poter ristabilire un rapporto vero e normale come madre, già quel piccolo passo era la sua grande conquista.

Gregory rientrò in camera dal bagno, già impeccabilmente vestito e pronto per il suo primo giorno di lavoro dopo le ferie. Monica gli si avvicinò sorridendo e gli buttò le braccia al collo, stringendolo, poi lo baciò. In realtà con lui era sempre stata affettuosa e aperta, ma quella luce nuova negli occhi le donava ancora più fascino e a lui non dispiaceva per niente. Ricambiò il bacio, poi la ammirò un'ultima volta prima di organizzare la sua borsa per il lavoro.

«Ti trovo di ottimo umore stamattina, tesoro!» disse, rovistando tra spartiti e brani musicali. La sera prima aveva ascoltato entusiasta il racconto della compagna sulla conversazione avuta con Matt e ne era stato felicissimo. Sembrava che piano piano qualche forza misteriosa stesse mettendo a posto i problemi e le piccole incomprensioni che avevano turbato la sua famiglia e non riuscì a immaginare niente che potesse rovinare quella serenità guadagnata.

«Già, è proprio una bella giornata, tranne per il fatto che riprendi a lavorare oggi, era così bello averti tutto il giorno a casa!» si lamentò appena.

«Sù, tra una settimana ricomincerai anche tu e vedrai che col lavoro sentirai meno la mia assenza» la consolò Gregory, carezzandole il viso.

«Sì, è vero – annuì Monica – adesso scendo, tu finisci di prepararti, ti faccio trovare la colazione sotto!» sorrise e si diresse in cucina.

Con sua grande sorpresa vi trovò già Matt, appollaiato su uno sgabello, curvo davanti a una tazza di caffè.

Il ragazzo si voltò sentendo i passi. «Buongiorno mamma!» la salutò, con un lieve sorriso. Anche quel semplice 'mamma' detto da lui risuonò come musica alle orecchie di Monica.

«Buongiorno Matt – ricambiò, si avvicinò al figlio, era strano che fosse già sveglio alle 7:30 del mattino, normalmente era necessario si facessero almeno le 10 perchè si tirasse giù dal letto – mattinieri oggi?» gli domandò.

Matt scrollò le spalle «Già, non avevo granchè sonno». Non poteva certo dirle di aver dovuto effettuare una fuga alle 6 del mattino dalla stanza di Ashley per non farsi scoprire ad aver passato la notte con lei. Una volta tornato nella sua stanza, poi, non era riuscito a riprendere sonno, un po' perchè era svanito, un po' per i pensieri.

Monica la notò la sua espressione vagamente contratta ma non volle domandare per evitare di risultare indiscreta già da subito. Lo capì, però, che si doveva trattare di problemi di cuore, aveva amato anche lei da giovane, e tanto, i sintomi li riconosceva. Le venne spontaneo un gesto d'affetto, posò la mano sulla sua testa e la passò fra i suoi capelli chiari e morbidi, come per consolarlo, per fargli sentire la sua vicinanza. Per quanto un figlio possa diventare grande, per una madre rimarrà sempre un bambino, in fondo.

Matt alzò lo sguardo e Monica ebbe timore di aver esagerato. Ritirò la mano e si apprestò a preparare la colazione.

«É stata bella – udì poi la voce di Matt – la tua carezza, l'avevo dimenticata» confessò lui, guardandola negli occhi. Monica sorrise, poi tornò ai fornelli.

Sul cellulare di Matt arrivò un messaggio. Era Mandy, gli chiedeva se era libero per potergli parlare.

Matt si domandò che volesse, le rispose che potevano incontrarsi anche quella mattina stessa e si preparò per uscire. Passò davanti alla porta di Ashley che ancora era chiusa, doveva essersi riaddormentata.

 

Mandy lo accolse con un sorriso smagliante.

«Oh, finalmente uno dei ragazzi più belli della città mi concede un appuntamento da soli, farò morire di invidia un bel po' di ragazze!» lo prese in giro, facendogli l'occhiolino.

Matt conosceva Mandy fin da quando era bambina e lei era l'unica che potesse prendersi il lusso di scherzare così con lui senza sembrare maliziosa o ambigua, perchè fra loro c'era sempre stata solo una grande e sincera amicizia e si erano sostenuti a vicenda nei momenti tristi o difficili o semplicemente quando qualcosa andava storto. Le sorrise, poi si accomodò sulla panchina accanto a lei e si preparò per ascoltare quello che aveva da dirgli.

Mandy immaginava che quel discorso non gli avrebbe fatto tanto piacere, ma aveva una promessa da mantenere.

«Allora – incalzò Matt – di cosa dovevi parlarmi?» chiese, aspirando il fumo dalla sigaretta.

Mandy si tormentò le mani «Beh, prima devi promettermi che appena pronuncerò questo nome non farai come al tuo solito e non ti rifiuterai di farmi finire, prima di sbottare» si premunì di precisare.

«Mandy, si può sapere che c'è, mi fai preoccupare» le fece fretta Matt, che odiava stare sulle spine.

«Beh, ecco, si tratta di Jenny, lei..- ma Matt, come aveva previsto Mandy, a quel nome sbuffò spazientito e si voltò dall'altra parte, con l'intenzione di non volere sentire ragioni – ecco lo sapevo, avevi promesso che mi avresti fatto finire!» si lamentò la moretta, incrociando le braccia al petto.

Matt roteò gli occhi sospirando, ma decise di darle una chance, sebbene l'argomento lo avesse già fatto diventare irrequieto «Ok, scusa, parla»

Mandy si ricompose e continuò «Dicevo, la sera della festa, ho capito che era successo qualcosa perchè ti ho visto scappare via, così sono salita e ho trovato Jenny in lacrime e accartocciata su sè stessa. So che ultimamente si era comportata da stronza, ma vederla in quello stato, così distrutta e senza più rispetto per sè stessa, mi ha fatto davvero una gran pena» disse Mandy, cercando con gli occhi qualche reazione in Matt, ma lui non aveva mutato espressione e sembrava totalmente indifferente alla cosa.

«Almeno ti ha detto che cazzo ha combinato quella sera?» sbottò furente, solo a ricordare quella serata aveva il voltastomaco, non solo aveva fatto in modo con un tranello di far rimanere Ashley a casa e l'aveva sminuita e presa in giro, ma ci aveva provato spudoratamente con lui quando era già da un anno che Matt era stato chiaro con lei riguardo alla loro situazione.

Mandy abbassò la testa «Si, mi ha detto tutto, e sia ben chiaro Matt – si affrettò a precisare la ragazza – non la sto giustificando e la condanno per come si è comportata, cosa che ho detto anche a lei, tuttavia, è mia amica e non posso abbandonarla, la conosco e so che l'amore malato nei tuoi confronti le ha completamente fottuto il cervello ma adesso è davvero messa male e ha bisogno di riprendere la propria vita in mano, io non posso lasciare che si distrugga, sono preoccupata, le voglio bene»

Matt la guardò perplesso «E non capisco io cosa debba farci, mi stai per caso chiedendo di innamorarmi di lei?» le domandò scocciato, spegnendo la sigaretta e gettandola a terra con un gesto stizzito.

«Ma no, che diavolo ti viene in mente – lo additò sconcertata per quella idea malsana – solo che lei mi ha confessato che vorrebbe scusarsi con te e anche con Ashley, sa di aver fatto dei casini e per quanto stia soffrendo per la delusione d'amore, è sinceramente dispiaciuta. Non ti chiedo di farlo subito Matt, però promettimi che ci penserai sù, te ne prego, per lei è importante!» lo supplicò, posando una mano sulla sua spalla.

Matt sospirò, scuotendo la testa, Mandy tentò ancora e riprese a parlare «Quello che ha fatto è orribile, ma penso che tu possa capire quanto l'amore può far stare male e perdere la ragione, ti chiedo solo questo!» chiuse il discorso Mandy.

Matt rimase per qualche minuto in silenzio, mentre Mandy accanto a lui aspettava pazientemente il suo verdetto. Lo comprendeva, non era facile perdonare un simile comportamento, ma aveva promesso a Jenny che avrebbe parlato con lui visto che erano molto amici e c'era buone possibilità che a lei avrebbe dato ascolto e non poteva esimersi.

Matt tossì per richiamare l'attenzione di Mandy, che all'istante si voltò nella sua direzione.

«É che, io non lo so, non è un bel momento per me adesso e ho la mente così piena che non riesco a metterci dentro altri problemi» affermò, poggiando i gomiti sulle ginocchia e sorreggendosi la testa con le mani.

«Perchè, c'è qualcosa che non va con Ashley?» chiese allarmata, sporgendosi verso di lui.

«Tra due settimane parte, ecco cosa c'è, se ne va e non posso farci niente» ammise rassegnato, Mandy giurò che fosse la prima volta che lo vedeva così poco combattivo, così sconfitto.

«Oh, mi dispiace – il suo sguardo si oscurò, era sinceramente affranta per l'amico - ma, non potete provarci comunque, rimanere in contatto, insomma, ci sarà un qualche modo, no?» provò a proporgli, non le andava di vedere il bicchiere mezzo vuoto, una soluzione ci doveva pur essere.

«No Mandy, Ashley e io frequentiamo due università diverse e lei soprattutto è brava, è promettente e ha una carriera davanti, non si può permettere distrazioni, come faremmo poi per vederci, dovrebbe necessariamente trascurare i suoi impegni, abbiamo una situazione familiare che è un enorme, colossale casino, cosa dovrebbe raccontare a sua madre, che sta col figlio della nuova compagna del suo ex? Pensi che la prenderebbe bene? Si è decisa finalmente a rinforzare il rapporto con lei e non posso crearle altri problemi.» fu costretto ad ammettere, mentre dentro gli si riformava quel peso al petto che lo soffocava.

«Matt...» mormorò Mandy al suo fianco, trovò così ingiusto dover rinunciare ai propri sentimenti per tutte quelle condizioni avverse.

«Credimi, sai quante volte mi dico ' ok Matt prendila e dille che la ami e che vuoi stare con lei, che vuoi provarci, che potete provarci e che non puoi lasciarla andare così', ma poi mi ricordo chi sono, come sono fatto, che carattere ho e sono certo che finirei per rovinare tutto, che la distanza ci allontanerebbe sempre più o ci porterebbe a distrarci da altri obiettivi importanti, soprattutto lei deve andare avanti senza di me, è giusto così. E alla fine rinuncio a dirglielo, perchè non voglio illuderla, sarebbe più crudele, è molto meglio per lei che ci separiamo subito.» si alzò di scatto, dopo aver tirato fuori tutte le negatività contro cui giornalmente era costretto a combattere senza via d'uscita.

Mandy lo abbracciò affettuosamente, non voleva credere che, per una volta che Matt avesse trovato una persona che era riuscita a intrufolarsi nel suo cuore, a farlo ragionare, a mitigare il suo carattere diretto, dovesse rinunciarvi in questo modo.

«Comunque penserò a quello che mi hai detto per Jenny» le promise, accennando un sorriso.

«Ti ringrazio Matt, davvero»

Faceva il duro, ma Mandy sapeva che nascondeva un cuore che era capace di dare tutto sè stesso per chi amava, anche a costo di sacrificarsi. Dentro di sè continuò a sperare, con l'ottimismo che non l'abbandonava mai, che quella storia sarebbe finita bene, doveva necessariamente concludersi nel migliore dei modi.

 

A casa Ashley si era alzata più tardi. Alla fine, dopo che Matt era sgattaiolato fuori dalla sua camera, il sonno aveva avuto la meglio ed era riuscita a dormire per altre due orette. Quando era scesa per la colazione aveva trovato solo Monica, suo padre era già a lavoro mentre di Matt non c'era nessuna traccia.

Era rimasta a parlare con lei, ascoltandola gioire finalmente per i passi in avanti con Matt. Monica l'aveva ringraziata più volte, sapeva che era merito anche suo se Matt aveva accettato di perdonarla dopo tutti questi anni e non avrebbe mai smesso di esserle grata.

Ashley si era poi fatta una doccia, vestita e recata dalle sue cugine per pranzare insieme ai suoi zii. A loro non aveva voluto raccontare niente per ora delle novità nel suo rapporto con Matt. Voleva tenere quell'evento così intimo e personale ancora un po' solo per lei e non le era andato di condividerlo con qualcuno.

Quando era rientrata a casa aveva dovuto correre lungo il vialetto, perchè il cielo si era annuvolato all'improvviso e dei goccioloni avevano cominciato a cadere dal cielo, nel più classico dei temporali di fine estate.

Quei temporali che da bambina le mettevano un'enorme tristezza addosso, perchè preannunciavano la fine dell'estate e il rientro imminente a scuola e lei odiava la scuola, non tanto per lo studio, quello le era sempre riuscito bene, ma per i compagni e i loro stupidi commenti. Le piaceva stare a casa, protetta, sicura, nessuno poteva farle del male lì, e quando pioveva se ne stava accovacciata per terra col naso appiccicato al vetro della finestra a guardare cadere giù l'acqua e col viso imbronciato a mandare rimproveri silenziosi al cielo, che non si dimenticava mai di sostituire l'estate con l'autunno, mentre Phoebe le ronzava intorno saltellando, cercando di staccarla da lì e prendendola in giro perchè ogni anno non imparava mai che dopo l'estate veniva sempre l'autunno e poi l'inverno e così via e che non poteva fermare le stagioni, passavano e basta.

Già, passavano.

Anche adesso, che non era più bambina, riprovò quella stessa sensazione di impotenza e frustrazione nel non poter fermare il corso del tempo e rendere quell'estate eterna.

Aprì rapidamente la porta e corse dentro. Aveva i capelli qua e là bagnati e anche il vestito blu a maniche corte che aveva indosso, era punteggiato di macchioline più scure per la pioggia.

Matt era sul divano e non appena sentì quei rumori si alzò e andò a vedere chi fosse.

La vide sbraitare tra sè e sè, seccata per essersi bagnata le scarpe e intenta a passarsi le mani tra i capelli per riordinarli.

Ripensò alla mattina, a quanto era stato freddo con lei e a quanto adesso le sembrasse stupenda, mentre imprecava contro la pioggia, ignara che la stesse guardando. Quel tira e molla di sentimenti tornò prepotente a farsi vivo in lui e stavolta non potè trattenersi dal volerla stringere, era irresistibile quella voglia e non la contenne più.

Le andò incontro, Ashley si accorse di lui e arrossì.

«Cavolo, si è messo a piovere all'improvviso, ci mancava poco che mi inzuppassi tutta, maledetta pioggia» si giustificò, pensando di esserle sembrata un po' idiota, lì ferma a parlare da sola.

Matt la prese per la vita e la strinse a sè con fare possessivo, senza darle il tempo di realizzarlo. Ashley si trovò a due centimetri dal suo viso, con le mani poggiate sul suo petto. Si irrigidì, temendo che qualcuno potesse vederli.

«Tranquilla, tuo padre è ancora a lavoro e mia madre è chiusa nel suo studio, la sentiremmo se scendesse» le sussurrò all'orecchio, intuendo le sue paure.

Allora Ashley si addolcì e si abbandonò al calore del suo corpo, alzò il viso verso di lui e attese il suo bacio che non tardò ad arrivare, dolce e profondo, come sempre. Le mani di Matt la stringevano e scivolavano leggere sui suoi fianchi e sulla sua schiena, mentre lei gli allungava le braccia sopra le spalle per circondargliele, per poi scombinargli i capelli con le mani. Le gambe le erano diventate molli e si aggrappò più forte a lui.

I loro movimenti erano diversi, c'era una nuova confidenza, più intimità e nessun imbarazzo nello sfiorarsi e quel cambiamento era dovuto a quella notte, che li aveva completati e resi una cosa sola.

«Stanotte – le confessò tra un bacio e l'altro – è stata la notte più bella della mia vita».

Sentì il bisogno di dirglielo perchè, nonostante i tentativi di allontanarsi e non farsi coinvolgere, alla fine niente era più appagante di vederla sorridere tra le sue braccia.

Ashley tremò a quelle parole, il suo cuore esplose di gioia perchè allora aveva avuto l'impressione giusta, non si era sbagliata.

«Vale anche per me» disse a sua volta, bisbigliando.

Matt la spinse verso il muro, continuando a baciarla, perso in quella girandola di emozioni.

'Dovremmo stare insieme, perchè non possiamo?' pensò amaramente.

«Stanotte, ti dispiacerebbe se rimanessi di nuovo con te?» le propose d'impulso, poggiando il naso contro il suo. Le parole erano fuggite via prima che la sua ragione potesse ingabbiarle.

«No, certo che no» rispose Ashley, a sua volta incapace di opporsi a quella follia, che sapeva avrebbe pagato cara, molto cara.

'Non ora, non ora, vi prego' implorò alle preoccupazioni di sparire e le ubbidirono.

Nonostante la pioggia fuori, le piacque fare finta che l'estate sarebbe stata infinita, almeno per quella sera.

 

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 

Sophia conosceva Ashley da anni, per l'esattezza da 13 lunghi anni.

La prima volta che l'aveva vista nevicava, le maestre avevano eccezionalmente portato i bambini fuori in giardino per giocare, e le classi si erano mescolate tra loro. Il cortile si era presto animato di gruppetti scalmanati che si rincorrevano per tirarsi palle di neve e di bimbe intente a costruire piccolissimi pupazzi di neve.

Sophia passeggiava con delle sue compagnette, alquanto infastidita da quell'entusiasmo dilagante. Odiava il freddo e non ci trovava nulla di divertente in quella cosa bianca, gelida e bagnata. Si era imbacuccata a tal punto che di lei si vedevano solo gli occhiali e i lunghi capelli ondulati castani chiari, che erano il suo vanto.

Ad appena 8 anni in molti la etichettavano come snob e antipatica e forse all'apparenza poteva sembrarlo, non si adattava facilmente alle situazioni scomode e amava la tranquillità e la perfezione. Le piaceva curare i dettagli dei propri vestiti dato che la sua famiglia non navigava nell'oro e sua mamma le aveva insegnato fin da piccola a non doversi sentire inferiore per quello e a crearsi il proprio stile, imparando a cucire e a costruire oggettini e accessori da sè per personalizzarsi e rendersi unica. Era fiera di sè stessa, molto pignola e poco incline ad adattarsi alle situazioni che non le piacevano e forse quello era un aspetto negativo della sua personalità, che negli anni aveva tentato di migliorare, non sempre con ottimi risultati.

Un bambino gli aveva tirato addosso una palla di neve, bagnandole l'orrenda gonna a pieghe della divisa della scuola elementare, che così sembrava ancora più brutta. Aveva sbuffato per la ventesima volta, mentre le sue compagne l'avevano presa in giro, dicendole che esagerava come al solito.

Ad un tratto aveva notato una bambina della sua età, seduta su un gradino, distante da tutti. Giocava distrattamente con un bastoncino, disegnando sulla neve, ma sembrava si trovasse con la mente su un altro pianeta.

Attirò la sua attenzione perchè aveva dei lunghissimi capelli lisci e rossi accesi che l'avvolgevano e non la facevano passare inosservata, sebbene lei, rannicchiata in quell'angolino, pareva proprio voler essere notata il meno possibile. Aveva chiesto alle sue amiche chi fosse e loro le avevano risposto che era una bambina strana, gentile ma noiosa e che aveva una famiglia strampalata, viveva sola con la mamma e una sorella e avevano sentito dire ai loro genitori che avevano due papà diversi. Poi avevano sghignazzato, Sophia aveva guardato male le sue amiche, perchè sparavano sempre giudizi, senza sapere nulla di cosa fossero i sacrifici e le sofferenze degli altri e lei di gente così ne aveva vista anche troppa.

Immaginò che tante volte i bambini dovevano averla presa in giro per quello e che magari adesso non si fidava di nessuno.

Poco dopo si era avvicinata a lei e le aveva rivolto la parola.

«Alcuni bambini sono stupidi, anche io non li sopporto!» aveva detto, come se le avesse letto nel pensiero, facendole alzare lo sguardo.

Aveva gli occhi seri e maturi e non sembrava quasi nemmeno una bambina, bensì un'adulta. Era così diversa dalle altre sue amichette che ne fu incuriosita. Si era seduta accanto a lei e aveva cominciato a parlarle, scoprendo che non era noiosa come dicevano, ma che sorrideva e seppur timorosa, si era dimostrata cordiale.

Le sembrò proprio come un gattino randagio, diffidente e guardingo, che all'inizio sembra non farsi avvicinare e bisogna guadagnarsi la sua fiducia per farselo amico, ma quando poi succede diventa affettuoso e leale. E lei amava i gatti, perchè erano animali selettivi e indipendenti, regalavano la loro amicizia a pochi, ma quando si affezionavano per loro eri speciale e unico. Non sopportava chi si comportava da amico con tutti senza poi esserlo, in fondo, di nessuno.

A poco a poco Sophia si era conquistata la sua amicizia fino a diventare la sua migliore amica, con lei Ashley si era aperta, aveva confessato le sue paure, le incertezze ed erano cresciute insieme, condividendo gioie, amori e dolori, nonostante avessero preso scuole diverse e adesso anche l'università.

Le era sempre stata vicina quando aveva sofferto per la sua situazione familiare e ancor di più dopo la nascita di sua sorella July anche se, su quell'argomento delicato, preferiva non sbilanciarsi troppo a dispensare consigli. Sophia proveniva da una famiglia tradizionalissima, genitori sposati da anni e mai un litigio o una crisi, sapeva che non avrebbe mai del tutto potuto capire quello che aveva provato Ashley fin da piccola e la forza che aveva dovuto trovare per accettarlo.

Sì, dopo quel lungo percorso, poteva davvero dire di conoscerla e anche molto bene.

Per quel motivo non le ci era voluto molto per intuire che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che Ashley non le stava dicendo.

Durante quella vacanza le era sembrata strana, si manteneva vaga e sfuggente al telefono, si era fatta sentire pochissimo di sua spontanea volontà e pareva evitare il più possibile ogni contatto.

Lei non aveva dubbi: Ashley le stava nascondendo qualcosa, quello che non capiva era perchè, ma era sicura che se lo stava facendo doveva essersi sicuramente una ragione.

Sfiorò con le dita i tasti del telefono, indecisa se chiamarla o meno.

Non voleva essere indiscreta, rispettava i suoi silenzi e i suoi tempi e il loro rapporto di amicizia si era sempre basato sul non pretendere di intromettersi negli affari dell'altra, ma lasciare che ciascuna di loro decidesse modi e tempi di condividere i loro pensieri. Sapeva che, quasi certamente, l'amica gliene avrebbe parlato prima o poi, era solo preoccupata perchè Ashley tendeva a chiudersi quando viveva situazioni che la turbavano e spesso rendeva complicato poterla aiutare.

Alla fine si decise, non c'era niente di male a volerla sentire dopo tutti quei giorni, da quando Sophia era tornata dalla sua breve vacanza Ashley le aveva solo mandato un messaggio e aveva il diritto di sapere come stesse la sua amica.

Si portò i lunghi capelli ricci da un lato e avviò la chiamata.

Ashley era seduta in veranda all'ombra, ancora in tenuta da casa e con un libro posizionato sulla pancia.

Dopo il temporale la sera prima, la mattina era ritornato un caldo abbastanza intenso, come se l'estate volesse ancora dare un ultimo segnale della sua presenza, prima di sparire per un anno intero.

Fuori studiare era più piacevole anche se Ashley spesso chiudeva gli occhi e ne approfittava per riposare e non pensare a nulla.

La sera prima lei e Matt avevano deciso di passarla insieme, si erano chiusi in camera di Ashley sempre super attenti a non farsi scoprire e avevano iniziato a vedere un film.

Film che ovviamente non erano riusciti a portare a termine, in quanto ben presto si erano ritrovati a fare altro, com'era prevedibile.

Dopotutto, con i giorni che scorrevano inesorabili, ogni momento era diventato prezioso per loro e non sarebbe tornato indietro.

Quella dolorosa consapevolezza si faceva sempre più tangibile ogni giorno che passava ed Ashley si stupì di come alla disperazione iniziale si stesse sostituendo una sorta di placida accettazione, come se il suo organismo avesse messo in atto dei meccanismi di sopravvivenza alla sofferenza e le stesse permettendo di salvarsi e di poter andare avanti. Un po' quello che succedeva a tutti dopo una delusione o un forte dolore, la vita continuava e non poteva essere altrimenti.

Possibile che fosse già diventato tutto così semplice o era solo una calma apparente, destinata a trasformarsi in inferno all'improvviso? Questo lei non era capace di capirlo, al momento.

Non aveva idea di dove si trovasse lui al momento, ma era meglio che le stesse lontano per un po' o quanto meno a una distanza di sicurezza, almeno per lasciarle il tempo di sottolineare due righe sul libro.

Il rumore fastidioso della suoneria la costrinse ad aprire gli occhi che aveva appena chiuso per riprendersi cinque minuti. Con un mugolio di fastidio afferrò il telefono e lesse il nome di Sophia.

Il suo sguardo si incupì: non l'aveva sentita molto in quella vacanza e il motivo era che la stava evitando perchè non la andava di raccontarle a distanza tutta quella faccenda confusa in cui si era ritrovata, senza nemmeno rendersene conto. A dire il vero, non aveva idea di cosa dirle, perchè spiegare a parole le sensazioni che si portava dentro le risultava quasi impossibile e non voleva essere fraintesa, soprattutto da lei.

Desiderava renderla partecipe di quel momento così delicato per lei, ma voleva farlo nel modo più trasparente e limpido e non era quella l'occasione giusta, la situazione era in evoluzione e non si era ancora compiuta. Solo al suo ritorno ci sarebbe stata una conclusione e a quel punto avrebbe avuto bisogno di Sophia, ne era certa.

Per questo non la chiamava e limitava i contatti a qualche sporadico messaggio. Si sentì in colpa e si chiese cosa stesse pensando l'amica e se avesse già percepito un alone di stranezza nei suoi atteggiamenti. Conoscendola, probabilmente sì.

Prese un lungo respiro. «Ciao Sophia» rispose direttamente, con un tono di voce calmo.

«Ashley – le arrivò la voce squillante di Sophia dall'altra parte – come stai? Ti fai sentire poco, eh?» le rinfacciò amichevolmente subito.

Ashley si tolse il libro di dosso per sollevarsi il busto dallo schienale e concentrarsi su quella telefonata.

«Hai ragione, è che qui ho avuto un bel da fare, un sacco di impegni coi miei parenti e con mio padre, tante cose a cui pensare» cercò di giustificarsi.

«Immagino - disse Sophia, ma Ashley capì subito che non era convinta, si mordicchiò un'unghia per il nervoso, ma l'amica preseguì – hai detto lo stesso anche a Tyler via messaggio, me l'aveva riferito» fece uscire il nome del loro amico nel discorso ed Ashley rabbrividì, ebbe come l'impressione che non lo avesse nominato casualmente, ma che avesse intuito che ciò che nascondeva potesse avere comunque un riflesso anche su di lui.

Tentò di sviare l'argomento, portando l'attenzione sull'amica.

«Già, e tu che mi racconti? Ti sei divertita al campeggio?» le chiese.

Udì Sophia sbuffare leggermente, da quel cambio di oggetto della conversazione improvviso aveva capito che Ashley era in difficoltà. «Sì dai, non mi lamento, è stato piacevole stare in compagnia delle mie colleghe e poi il posto non era male - rispose, con la sua solita aria da 'non è stato perfetto ma va bene' – certo niente a che vedere col posto in cui ti trovi tu, a proposito, hai fatto nuove conoscenze?» tornò alla carica, senza pietà.

Ashley voleva un sacco di bene a Sophia, ma davvero in quel momento desiderò solo che quella chiamata finisse il prima possibile, stava diventando una tortura.

«Sì, abbastanza, sai esco con le mie cugine e stiamo coi loro amici, sono simpatici» cercò di liquidare la domanda palesemente indagatrice.

«Capisco, e comunque avevo incontrato Phoebe un po' di tempo fa e ho saputo da lei che oltre alla compagna di tuo padre c'è anche suo figlio a casa con voi, non me l'avevi detto però!»

Non a caso Sophia aveva aperto quella questione, Ashley le aveva omesso volontariamente quel particolare, era sicura non si fosse trattato di una dimenticanza e le era suonato estremamente strano. L'amica era abitudinaria e tutto ciò che sconvolgeva la sua quotidianità o i suoi programmi la infastidiva e spesso se ne lamentava con lei, e infatti aveva espresso le sue perplessità per l'incontro con la compagna del padre. Avere una persona estranea in più in casa, per un mese, doveva necessariamente rientrare tra le cose che poteva recarle disturbo, eppure non ne aveva fatta menzione, nè con lei, nè con Tyler. Anni e anni a seguire telefilm gialli avevano accresciuto le sue innate capacità indagatorie e niente le sfuggiva facilmente.

C'era qualcosa che collegava tutti quegli eventi alla sua stranezza e alla freddezza con lei e Tyler, anche se al momento non lo inquadrava del tutto.

«Davvero non te l'ho detto? Mi sarà sfuggito evidentemente! - cinguettò pacificamente, mentre dentro di sè imprecava contro Phoebe e la sua boccaccia larga - Comunque niente di che, insomma, va tutto bene!» chiarì, accennando una risata.

Mentire così spudoratamente alla sua migliore amica faceva effetto, soprattutto perchè la sua pelle portava ancora l'odore di Matt addosso.

Sophia ascoltò, poi impiegò una manciata di secondi per farle un'ultima domanda, che era sicura le avrebbe sciolto qualche dubbio. Dopo l'avrebbe lasciata in pace, avrebbe capito.

«Ashley – la richiamò all'attenzione, la sua voce era più seria e questo la fece tremare dall'altra parte della cornetta – tu sei sicura che vada tutto bene?» le domandò a bruciapelo.

Ashley non si stupì più di tanto, non si aspettava mica di poter ingannare una persona che la conosceva da così tanto tempo come niente fosse, era un libro aperto per Sophia e sapeva che con lei era una partita persa in partenza. Tuttavia doveva comprenderla, doveva avere pazienza.

Inizialmente balbettò, le parole le si inceppavano nella lingua. «Ma sì... sì... certo» rispose ma, nonostante la risposta affermativa, stavolta non si curò che il suo tono risultasse sereno, allegro, nemmeno ci provò.

E Sophia capì che quello era l'unico modo che aveva trovato per comunicarle che per adesso doveva desistere e non indagare oltre, che una spiegazione ci sarebbe stata, ma non ora.

«Ok Ashley, beh ora ti lascio andare, ti aspetto, manca poco ormai» si congedò da lei e stava per chiudere la chiamata, quando sentì la voce di Ashley.

«Sophia - aveva pronunciato il suo nome in un soffio, poi aveva esitato come se facesse fatica a parlare, l'amica l'attendeva in silenzio, lasciandole tutto il tempo che le serviva – quando ritornerò, probabilmente avrò bisogno di te» disse infine.

Sophia sorrise «E io ci sarò» la tranquillizzò.

Di qualunque cosa si trattasse, bella, brutta, stupida o importante, lei l'avrebbe sostenuta come era sempre stato e come Ashley aveva fatto con lei, aspettando che si aprisse, senza insistere, senza forzarla, così come la loro amicizia era nata, libera, discreta e rispettosa.

 

Matt sentì un paio di mani poggiarsi vigorosamente sulle sue spalle e dalla forza usata capì che non poteva trattarsi nè di Ashley e nè di sua madre. Per esclusione doveva trattarsi di Gregory.

Si voltò appena ed ebbe la conferma ai suoi sospetti. Era giunto da dietro la spalliera del divano, dove Matt stava placidamente seduto a smanettare con gli spartiti per il suo basso, e gli aveva piantato quella pacca energica così, dal nulla.

'Ok, sono morto' pensò subito il biondo, Gregory doveva aver scoperto della sua storia con sua figlia e adesso era venuto per dargli il benservito.

«Allora Matt, come stai?» gli chiese Gregory, il tono pareva normale, anche piuttosto gentile, probabilmente era una tattica per confonderlo e poi colpire.

«Bene?» la risposta di Matt si colorò involontariamente di un tono interrogativo perchè, a essere sincero, non sapeva se lo sarebbe stato, da quell'attimo in poi.

Gregory tolse le mani e si spostò sul divano accanto a lui. Matt lo osservò furtivamente,senza riuscire e decifrare la sua espressione e rimanendo all'erta. L'uomo controllò attentamente che le lenti dei suoi occhiali fossero ben pulite, poi mosse la testa verso di lui.

«Sai, non ti ho ancora parlato di una cosa – cominciò, sembrava un tantino imbarazzato in realtà e non un padre geloso – volevo dirti che sono felice che tu abbia dato una possibilità a tua madre, vedi lei aveva sempre fatto la sostenuta ma io ero sicuro che portasse un grande dolore dentro, anche se faceva di tutto per occultarlo e adesso che vi siete chiariti è rinata, sembra un'altra donna e questo grazie a te» disse, con un grande sorriso in faccia.

Matt tirò un sospiro di sollievo internamente.

Gregory non sapeva nulla di lui ed Ashley e non ci sarebbe stata nessuna scenata di gelosia per aver violato le grazie di sua figlia. Non ebbe più motivo di essere agitato e così si rilassò, anzi, gli fece piacere sapere che la sua decisione e apertura verso Monica avesse giovato anche a lui.

A Matt piaceva Gregory, lo aveva stimato da subito, era un uomo composto, colto ed elegante, ma non per questo snob o che guardava dall'alto in basso chi aveva uno stile diverso dal suo, come era successo con dei compagni precedenti di sua madre. Era umile e con lui si era dimostrato cordiale e alla mano, nonostante sapesse dei litigi con sua madre e nonostante Matt fosse complicato da gestire e quanto di più lontano dal suo modo di fare o vestirsi, visti i suoi capelli lunghi e scompigliati e il suo abbigliamento non convenzionale e di certo non perfettino, tant'è che non parlava con sua madre ma con Gregory invece si era sempre comportato educatamente e con rispetto e non disdegnava di intrattenersi con lui a conversare di musica, sebbene i loro gusti fossero differenti, o di altri argomenti.

Anche se all'inizio lo avrebbe negato, a lui importava eccome che accanto a sua madre ci fosse un uomo degno di lei e che la amasse sinceramente e Gregory rispecchiava quel prototipo. Che si fosse innamorato di sua figlia era stato un evento che non aveva potuto prevedere o evitare. Era capitato e basta e stava già soffrendo abbastanza come prezzo da pagare per quello che appariva sempre più come un peccato da espiare.

In ogni caso sperava che, nello sventurato caso in cui la loro relazione fosse giunta alle sue orecchie, quello non avrebbe cambiato il rapporto con Gregory. E poi lui ed Ashley erano persone adulte e vaccinate e per come vedeva le cose, quello che accadeva tra loro era una questione che riguardava solo loro due.

«Non devi ringraziarmi, sto meglio anche io adesso, ho capito che stavo combattendo una guerra inutile» affermò con sincerità.

«Sei un bravo ragazzo, Matt, l'ho sempre saputo. Sei giovane e devi goderti quest'età, non si è spensierati per sempre, quindi ci sta che tu sia ribelle, pieno di interessi e con la voglia di sentirti libero e anche se lo studio non va a gonfie vele non devi preoccuparti, prima o poi ingranerai e troverai il tuo posto nel mondo» lo rassicurò poichè sapeva che era un po' indietro con l'università e faceva fatica a studiare senza farsi distrarre da altre passioni.

Matt rimase in silenzio ad ascoltarlo, era vero, lui il suo posto lo stava ancora cercando ma a differenza di quello che diceva Gregory, non si sentiva più così piccolo, pensava anzi di essere già in ritardo e temeva che alla fine non l'avrebbe mai trovato.

«Fidati, io mi sono ritrovato molto giovane con la responsabilità di una figlia non programmata e, per quanto Ashley sia la gioia più grande della mia vita – e gli brillarono gli occhi al nominarla, cosa che a Matt non sfuggì – ammetto che quell'evento ha segnato la fine della mia spensieratezza e mi ha costretto a crescere di colpo e a sposarmi senza indagare a fondo i miei sentimenti. Con la madre di Ashley c'è stata una bella storia d'amore fin quando è durata, ma è finita e se non fosse nata lei probabilmente non ci saremmo mai sposati. Anche tua madre ha sacrificato la sua giovinezza per la fretta di fare gli adulti, spesso l'amore a quell'età non è qualcosa che si riconosce facilmente e può trarre in inganno» disse con un'aria malinconica in viso e lo sguardo perso tra i ricordi.

Matt pensò all'amore che sentiva per Ashley.

Gli sembrava così vero, così autentico, possibile che anche lui si stesse sbagliando?

Non si trovò pienamente d'accordo con Gregory, ogni storia d'amore valeva la pena di essere vissuta, anche a costo di una delusione, anche a costo di soffrire, peccato che a lui venisse negato di viversela la sua storia con Ashley, dei chilometri li avrebbero divisi e contro quelli lui cosa poteva fare? Un rapporto a distanza, senza il contatto quotidiano, poteva sopravvivere? Ne sarebbero stati capaci?

Non ne aveva assolutamente idea.

«Scommetto che tu hai un sacco di ragazze che ti girano intorno no? - la voce di Gregory lo distrasse da quegli interrogativi – pensa a divertirti ora, per il resto ci sarà sempre tempo»

Matt annuì non troppo convinto. In quel momento non aveva più voglia di divertirsi con le altre, l'unica che voleva nella sua vita era proprio sua figlia e forse non l'avrebbe mai avuta. Era davvero così prematuro a nemmeno 23 anni formulare quei pensieri o dei sentimenti nati in giovane età erano per forza destinati a scomparire col tempo, un po' come era successo ai suoi genitori?

In quell'istante Ashley entrò in salone e l'orrore si dipinse sul suo volto: suo padre e Matt erano seduti insieme sul divano e parlavano. Cosa mai avevano da dirsi quei due?

Decisamente quell'accoppiata non suonava bene.

Con uno slancio felino attraversò la stanza con delle ampie falcate per raggiungere prima possibile il divano, mentre si chiedeva se sarebbe arrivata viva alla fine di quella che doveva essere una vacanza rilassante e si stava rivelando il suo peggiore incubo.

Si parò davanti a loro con le mani sui fianchi e i due smisero di chiacchierare per portare la loro attenzione su Ashley.

«Ehi, di cosa state parlando?» domandò fingendo una innocua e disinteressata curiosità.

«Di donne» rispose Matt con estrema tranquillità.

«Di donne?» ripetè Ashley atterrita, producendo una risatina isterica involontaria, poi si gettò sul divano in mezzo ai due, nel tentativo di ridurre la loro vicinanza che faceva esponenzialmente crescere il suo livello di ansia.

Gregory rise, poi portò amorevolmente il braccio attorno alle spalle della figlia. Peccato che in sua presenza la versione dei fatti cambiò totalmente.

«Stavo solo dicendo a Matt che alla vostra giovane età spesso è difficile interpretare i sentimenti e ci si convince di trovare l'amore mentre magari si tratta solo un'attrazione passeggera, quindi sarebbe meglio dedicare le proprie energie ad altro e pensare all'amore quando si è più maturi» disse, evitando accuratamente di parlare del divertirsi senza impegno, adesso che aveva davanti la sua dolce e presunta ingenua figlia.

Ashley si voltò di scatto a guardare la faccia di Matt per trovare un qualche segnale che quel discorso non avesse niente a che fare con loro due e, trovandolo rilassato e anche piuttosto divertito, si sentì sollevata.

«Dedicarsi ad altro, tipo il sesso occasionale?» lo provocò Matt, visto che quella situazione, iniziata come un suo probabile linciaggio, stava prendendo una piega interessante.

Gregory sbiancò al sentire pronunciata quella parola tabù davanti ad Ashley, mentre lei si era completamente pietrificata per poi lanciare un'occhiataccia sconvolta al ragazzo accanto a lei. Riuscì a rifilargli un pizzicotto al braccio di nascosto, senza farsi scorgere da suo padre, sperando che gli facesse capire che non era per niente il momento di fare l'idiota.

«Ma no.. no – cominciò a balbettare Gregory completamente nel pallone – alcuni ragazzi di oggi prendono questa cosa alla leggera, ma il sesso non è un gioco, va accompagnato ai sentimenti e solo in una relazione stabile e duratura, quando si è entrambi convinti e adulti» cercò di raddrizzare il tiro.

Ashley sbuffò, sia per le considerazioni di suo padre, sia per la sfacciataggine di Matt che in altre occasioni l'avrebbe fatta ridere ma adesso non faceva altro che innervosirla.

«Papà non siamo degli adolescenti al campo della chiesa, per favore risparmiaci la ramanzina sul sesso!» sbottò scocciata, meravigliandosi della sua stessa risposta sfacciata, la vicinanza di Matt le faceva uno strano effetto, evidentemente.

Matt dietro di lei scoppiò a ridere senza ritegno, nascondendo la testa sulla spalla di Ashley, facendola rabbrividire perchè il tutto era avvenuto davanti agli occhi di Gregory, che probabilmente e per fortuna, ancora troppo intento a riprendersi dallo shock per l'affermazione della figlia, non si accorse di quella confidenza tra loro.

«Ma tesoro, ho detto solo la verità» riuscì a dire, biascicando le lettere.

«Se fosse la verità io non sarei nemmeno qui perchè non sarei stata nemmeno concepita, o sbaglio?» continuò a rispondergli per le rime, odiava quando i genitori si comportavano come se non fossero mai stati giovani e non avessero mai provato le stesse sensazioni, pulsioni e sentimenti.

Gregory boccheggiò, incapace di proferire parola e di difendersi, le argomentazioni della figlia erano inattaccabili, ma lui era suo padre e quella preoccupazione non poteva farsela passare, solo un genitore poteva comprendere quanto fosse difficile vedere crescere i figli e diventare degli adulti, senza più modo di poterli proteggere, sempre più lontani e indipendenti.

«Comunque se dovessi incontrare una ragazza che comincia a piacermi tanto – prese la parola Matt, in mezzo a quella confusione – se dovessi accorgermi che i miei sentimenti crescono sempre di più, anche se non la cercavo, anche se non l'ho voluto, senza che io possa impedirlo, semplicemente perchè mi entra nel cuore – Ashley si voltò verso di lui, lo guardò negli occhi ma adesso era seria e assorta, totalmente presa da quello che stava uscendo dalla sua bocca – io penso che dovrei ascoltarli, che dovrei viverli, fosse anche solo per un giorno, non ne varrebbe comunque la pena?»

I due ragazzi finirono per perdersi l'uno negli occhi dell'altra, mentre Gregory era in tilt e non si accorse di nulla. Quella mattina stavano avendo una fortuna colossale.

«Credo che valga sempre la pena di vivere un sentimento» intervenne Monica, notando che Matt ed Ashley sembravano già essere salpati verso un'altra dimensione tutta loro.

Com'era bello l'amore quando sbocciava così, si ritrovò a pensare, tra due giovani, in mezzo alle avversità, a caso, e quando meno te l'aspetti. Quegli sguardi, lei sapeva bene cosa significassero.

«Si può sapere che sta succedendo qui?» li richiamò all'attenzione prima che finissero per perdere il controllo e baciarsi lì, davanti a Gregory, facendo scoppiare una baraonda che al momento Monica non aveva proprio intenzione di gestire. Gregory andava preparato con calma a quella bomba atomica ma dovevano lasciarle il tempo di organizzarsi.

Ashley si ridestò e scattò in piedi, seguita da Matt.

«Ashley perchè non mi aiuti a ripetere un po' la materia per l'esame, da solo mi distraggo, tu sei quella intelligente no?» la afferrò per la mano e la tirò sù per le scale, sparendo insieme a lei al piano di sopra.

Monica si sedette accanto al compagno, in evidente stato confusionale e ancora provato per le risposte di Ashley, sempre più si rendeva conto di dover accettare che fosse davvero diventata grande.

«Amore, ma tu ricordi com'eri quando avevi vent'anni o poco più?» gli chiese, osservandosi le unghie smaltate con nonchalance.

Gregory si massaggiò le tempie, un forte mal di testa gli era scoppiato all'improvviso. Scosse la testa pensieroso.

«No, credo che diventare adulto mi abbia provocato delle amnesie, non è così?» cercò il conforto di Monica. Lei lo abbracciò dolcemente e poggiò la testa sulla sua spalla.

«Credo di sì, ma i nostri figli ce lo ricordano, sono loro adesso ad avere quell'età ed è giusto che la vivano per quella che è, non puoi evitare che sia così per Ashley, come non l'hanno potuto evitare i nostri genitori con noi in passato, e come non lo potrà fare lei con i suoi figli quando sarà madre. È la vita e le sue esperienze non faranno altro che renderla la donna che sarà, deve farle e tu non dovrai intrometterti» gli sorrise, dandogli una stretta più forte.

«Già, hai ragione» ammise con un nodo alla gola, non sarebbe stato di certo facile, ma ci avrebbe provato.

 

«Ma ti sei completamente ammattito?» urlò Ashley in camera di Matt, mentre il ragazzo prendeva dei libri da dentro uno zaino, in mezzo a un caotico disordine.

«Perchè?» domandò ingenuamente, come se fosse stato ingiustamente incolpato di un crimine che non aveva commesso.

«Perchè? - ripetè teatralmente Ashley – ti pare normale parlare di sesso così davanti a mio padre, gli stava per venire un colpo!»

Matt ripose lo zaino su una sedia, poi si avvicinò a lei «Dai, ti sei divertita anche tu in fondo e poi – continuò mettendole le mani sui fianchi e stringendola a sè – sei stata grandiosa a rispondergli in quel modo, così schietta, così sfacciata, mi piaci da morire quando fai così» le sussurrò sensuale, baciandole il collo.

La razionalità di Ashley vacillò, ma ripensò alle sue parole su una fantomatica ragazza per cui provava qualcosa e la sua insicurezza le fece dubitare che potesse trattarsi di lei. Si allontanò da lui con uno strattone e si sedette sul suo letto, con l'espressione accigliata e offesa.

Matt sospirò, poi la raggiunse, adagiandosi sul materasso di fianco a lei «La ragazza di cui parlavo – si fermò e le prese la mano, avvicinando il viso al suo – non c'è bisogno che fai la gelosa, sei tu» e la baciò.

Tutta la tensione di Ashley sparì in un attimo e lo abbracciò a sua volta, staccandosi dal bacio e nascondendo il viso sul suo petto perchè sentiva chiaramente che era diventata rossa e non voleva che la vedesse così emotiva.

«Mi rimanesse anche solo un giorno da passare con te, lo vorrei vivere comunque Ashley, tu lo vuoi, per quello che ci resta?» le chiese, i giorni passavano ed era inutile fare finta che avessero la vita davanti, per quanto doloroso fosse, era la realtà.

«Sì» gli rispose sicura, con la testa ancora affondata contro di lui.

«Ora però aiutami a studiare, guarda che non scherzavo prima! Sei tu la secchiona!» la prese in giro.

«Stronzo!» lo insultò scherzosamente e gli diede uno schiaffo sul braccio.

Si misero alla scrivania insieme ed Ashley pensò amareggiata a quanto sarebbe stato fantastico se fosse esistito un universo parallelo in cui quella quotidianità spensierata era la regola, in cui loro appartenevano alla stessa realtà, in cui gli addii non avevano bisogno di esistere.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

 

«E dunque professoressa, è soddisfatta del mio livello di preparazione?» cantilenò Matt alla povera anima misericordiosa accanto a lui, che era stata gentilmente costretta a fargli ripetere una materia di cui non capiva quasi nulla. Chiuse con forza il libro, producendo un tonfo sordo, poi si abbandonò allo schienale della sedia, con le braccia penzoloni e la testa all'indietro.

Una sessione non-stop di tre ore di studio era più sfiancante del suonare a un concerto rock per un'intera serata, dovette ammetterlo, e lui di performance musicali selvagge ne aveva alle spalle.

Ashley, di fianco a lui, si passò le mani sul viso alquanto provato e poi sospirò.

«Beh, direi di sì» gli rispose, altrettanto esausta, accasciandosi a braccia conserte sulla scrivania.

Ascoltarlo ripetere per ore e dover controllare che seguisse il filo logico del libro, pur trattandosi di ostrogoto per lei, non era stata esattamente quella che si definirebbe una passeggiata e grazie al cielo era finita. Ma cosa non si fa per la persona amata!

Matt si passò una mano sulla gola, piegando le labbra in una smorfia di fastidio.

«Credo di non sentirmi più le corde vocali per quanto ho parlato» si lamentò, con la voce roca.

«È perchè non ci sei molto abituato» lo rassicurò Ashley, mentre si alzava dalla sedia mezza intorpidita e cercava di riprendere la completa padronanza dei propri arti, stiracchiandosi un po'.

Al contrario per lei era ordinaria amministrazione affrontare lunghe mattinate o pomeriggi interi chiusa nella sua stanza a ripassare da sola. Era così che era riuscita a mantenere una media alta e a non perdere nessun anno di università fino a quel momento, spesso sacrificando uscite, divertimento e spensieratezza. Si chiese in un baleno se ne fosse sempre valsa la pena o non avesse finito per trascurare qualcosa o qualcuno o, peggio ancora, sè stessa.

«Ho bisogno di fumare» fu distratta dalla voce di Matt, che l'aveva imitata subito, scattando giù dalla sedia e adesso stava scavando all'interno della sua tracolla per recuperare l'accendino e le sue immancabili sigarette. Dopo averli trovati si diresse verso la porta-finestra del terrazzo e si fermò sulla soglia, azionando l'accendino.

Ashley lo raggiunse, la forte luminosità del sole la costrinse in un primo momento a portarsi una mano davanti agli occhi per ripararli.

«Non ti fa male fumare così tanto?» gli domandò, persa a osservare l'orizzonte di fronte a lei e il mare, che luccicava come ricoperto di gemme.

Matt la guardò con la coda dell'occhio, poi si girò verso di lei e poggiò la schiena al muro.

«Mi serve per rilassarmi – la informò, portandosi la sigaretta alla bocca e socchiudendo appena gli occhi – a meno che tu non conosca qualche altro metodo più efficace per farmi sfogare dopo questa mattinata di studio intenso» continuò, sorridendo malizioso e provocante, una nuvola di fumo era fuoriuscita dalla sua bocca mentre parlava e gli aveva annebbiato il bel volto, ma si era dissolta in fretta, mostrando limpidi i suoi occhi azzurri, che adesso la fissavano intensamente.

Ashley si emozionava ogni giorno per i suoi gesti e le sue parole, capaci di arrivarle dritti nell'anima e aveva imparato ad amarlo per il suo modo di fare così fuori dagli schemi e anticonformista che l'aveva travolta come una tempesta, ma in quell'istante non potè fare a meno di ricordarsi che era anche bello da mozzare il fiato e lei era fatta di carne, come tutti.

Arrossì violentemente, per lui e per ciò che quella frase implicava, ma si voltò dalla parte opposta decisa a non dargliela vinta.

Matt sorrise alla sua reazione, poi l'avvicinò leggermente a sè e le diede un bacio sulla guancia e allora Ashley si sciolse come neve al sole.

«Grazie per stamattina, non avrei combinato nulla senza di te» le sussurrò, riportando l'attenzione al mare di fronte a loro.

«Ma figurati, solo che dovresti imparare a studiare così anche da solo» gli consigliò, mentre le sue guance pian piano tornavano del loro colore originale.

Matt aspirò ancora dalla sigaretta «Da solo il mio livello di concentrazione scende ai minimi storici, mi distraggo praticamente per tutto, ogni tanto ripeto coi miei colleghi dell'università, quando c'è qualcuno che mi ascolta va molto meglio » disse.

«Sai che questo tuo atteggiamento potrebbe denotare manie di protagonismo, non te l'ha mai detto nessuno?» lo prese in giro scherzosamente Ashley.

Matt le lanciò un'occhiata poco amichevole «No, sei la prima ad essertene uscita con una teoria idiota del genere, grazie, soprattutto visto che stai parlando a uno che ha scelto di suonare il basso e passare inosservato in un angolo piuttosto che fare gli assoli strafighi di chitarra ed essere osannato dalla folla! » le ribattè, fingendosi seccato, Ashley non potè trattenere una risata, il suo intero viso si illuminò.

Quanto era bella quando rideva, pensò Matt, e quanto lo era ancora di più quando era lui che provocava quelle risate. Sentì dentro una incancellabile voglia di poter essere sempre motivo di gioia per lei e mai di tristezza, anche se gli sembrò un sogno irrealizzabile per come erano destinate ad andare le cose.

«Comunque pensavo fossi messo peggio, a dire il vero!» riprese Ashley, una volta tornata seria, alzò gli occhi e lo vide che spegneva la sigaretta finalmente e infilava le mani nelle tasche della felpa.

Matt inarcò esageratamente un sopracciglio «Ok, questa tua affermazione mi offende, sappilo!»

Era palesemente ironico, ma Ashley volle giustificarsi comunque.

«Ma no, è che tu stesso hai sempre detto di essere scarso nello studio, invece oggi sei andato benissimo!» gli spiegò mentre portava un braccio attorno ai suoi fianchi e si stringeva a lui.

«Il mio problema è che sono poco costante, mi distraggo spesso e ho troppi altri interessi che mi prendono del tempo e rallentano inevitabilmente tutto il resto. C'è la musica, la mia band, la fotografia con mio padre. So che dovrei concentrarmi di più sull'università ma, credimi, a volte mi riesce impossibile.» ammise Matt, purtroppo doveva riconoscere che sarebbe stato molto più vicino a terminare gli studi se non avesse portato con sè la zavorra di mille altri impegni. Ma la sua vita era anche quello, le sue passioni, i suoi hobby e rinunciarci avrebbe significato un po' rinunciare anche alla sua identità, a quello che era e non gli andava di farlo.

L'espressione di Ashley si fece più seria.

Era buffo notare come lei e Matt si trovassero nella situazione diametralmente opposta.

Lei, che da poco si stava interrogando sulle sue priorità e sul peso eccessivo che forse stava assegnando allo studio rispetto ad altri valori o cose ugualmente importanti, lui, al contrario, che trascurava gli impegni universitari per dedicare la maggior parte del tempo a ciò che più lo appassionava.

Si chiese quale dei due diversi modi di approcciarsi alla vita fosse più giusto, in un altro periodo avrebbe risposto senza esitazioni il suo, adesso cominciava a nutrire forti dubbi.

Le dita di Matt le sollevarono il volto per portarlo nella sua direzione e scrutarlo. Doveva aver notato quel cambio repentino di umore nei suoi occhi e non ci aveva pensato due volte a intervenire, come suo solito.

«Che hai?» le chiese senza preamboli inutili.

Ashley scrollò debolmente le spalle «Niente, è che proprio poco fa mi chiedevo se non avessi speso troppo tempo solo per le cose che ritenevo importanti per il mio futuro trascurandone altre e tu invece sembri avere il problema inverso – disse con lo sguardo assorto, il suo mento nel frattempo era scivolato via dalle dita di Matt – basterebbe soltanto riuscire a trovare una via di mezzo e magicamente tutto filerebbe liscio. Perchè deve essere così difficile?» si lamentò.

Matt condivideva i suoi stessi pensieri, quella ricerca di un equilibrio che di colpo mettesse ordine nel caos che percepiva imperante attorno a lui, nelle scelte sbagliate, negli errori o semplicemente dentro di sè, lo tormentava da quando aveva finito il liceo e si era reso conto improvvisamente di dover diventare un adulto, padrone della sua vita e responsabile.

«Se fosse così facile trovare una via di mezzo, il mondo sarebbe un paradiso meraviglioso non credi? Ma non è così. » le fece notare.

Ashley ci penso sù e poi annuì, anche se, in mezzo a tutte quelle domande forse una flebile luce che potesse guidarla l'aveva intuita, come una rivelazione improvvisa.

«Probabilmente la chiave sta nel capire cosa è davvero importante per ciascuno di noi – esclamò decisa - spesso a torto ci convinciamo che qualcosa lo sia e non siamo in grado di vedere oltre, io sono certa che se si riuscisse a stabilirlo con sicurezza sarebbe già un passo avanti. Ogni cosa avrebbe il suo giusto peso, allora.» Poggiò la testa sulla spalla di Matt, sembrò più rasserenata, negli occhi la determinazione di chi sembra aver trovato una guida ed è pronta per rivoluzionare tutto ciò in cui crede, o almeno provarci con coraggio.

Matt avvicinò il viso ai suoi capelli e ne annusò il profumo, dolce e rassicurante.

Si ricordò della sera in cui avevano fatto pace dopo quel tremendo litigio e di quando Ashley gli aveva confessato che lui era importante.

Ma quanto importante? Che posto avrebbe rivestito nelle sue priorità e soprattutto perchè il non poterlo sapere lo teneva così in ansia?

Avrebbe voluto chiederglielo, togliersi quel dubbio che si era annidato nel suo cuore e sapere una volta per tutte, ma le sue labbra non si mossero, rimasero serrate, si limitò a prenderle la mano e intrecciare le dita con le sue.

Si sentì insicuro e fragile e non gli capitava quasi mai, dov'era finito il Matt freddo e cinico che non si faceva fregare dai sentimenti?

«Sì, penso che tu abbia ragione» le rispose, con la mente in subbuglio.

'Sei solo un codardo' pensò tra sè e sè.

Di una cosa però era sicuro: la sua classifica delle cose importanti Ashley la stava scalando alla velocità della luce e non pareva avere intenzione di fermarsi.

 

«Mamma, ti prego aiutami!»

La voce di Phoebe, delicata quanto la sirena di un antifurto, giunse prepotente fino al piano di sotto, dove Nancy stava beatamente leggendo una rivista sul divano, cercando di godersi le sue meritatissime ferie. Evidentemente però qualcuno o qualcosa stava facendo di tutto per sabotare i suoi propositi.

Aveva dovuto svegliarsi presto perchè Mark, il padre di July, era venuto a prendere la figlia per la festa del primo compleanno del cuginetto e lei l'aveva aiutata a prepararsi e ad acconciare i lunghi capelli castani in una treccia elaborata che July aveva visto in televisione, impresa che aveva richiesto vari tentativi e almeno un'ora di preparazione perchè la ragazzina si ritenesse soddisfatta del risultato. Per l'occasione Nancy le aveva permesso di indossare un leggero lucidalabbra rosa pallido, July aveva accolto quella concessione con gioia ed era corsa prontamente a sgraffignarne uno dall'immensa collezione di make up della sorella maggiore. A quasi 12 anni, infatti, stava cominciando ad interessarsi al suo aspetto e a voler sembrare più carina e aveva acquistato quel pizzico di vanità tipico di quell'età di cambiamenti.

Aveva tirato un sospiro di sollievo quando la figlia era uscita di casa, ma si era dovuta dedicare alle pulizie di casa e ad alcune commissioni fuori e poi c'era stato il pranzo e la cucina da riassettare.

Finalmente nel pomeriggio si era illusa di poter assaporare un po' di relax, ma era stata ingenua e non aveva fatto i conti con quell'uragano della sua primogenita, specialmente in quel periodo frenetico in cui doveva pensare alla sua nuova casa e ad organizzare il trasloco, visto che i lavori di sistemazione nel suo nido d'amore erano quasi terminati e soprattutto data l'assenza della sua secondogenita, che di solito condivideva con lei il ruolo di vittima degli isterismi e delle paranoie di Phoebe, che quindi avevano finito per riversarsi tutti sulle spalle di Nancy.

Il messaggio perentorio della ragazza era arrivato forte e chiaro e non avrebbe ammesso risposte negative, Nancy sapeva benissimo che Phoebe non si sarebbe arresa e l'unica cosa che le rimaneva da fare era alzarsi a malincuore da quel divano e andare a vedere quale 'catastrofe irreparabile' richiedesse il suo aiuto, stavolta.

Chiuse la rivista e con un sospiro si apprestò a recarsi dalla figlia.

«Mamma!» chiamò una seconda volta e con ancora più intensità Phoebe, la pazienza certo non rientrava tra le sue doti.

«Sto arrivando Phoebe, santo cielo!» le fece eco un'esasperata Nancy, lungo le scale.

Lo scenario che le si presentò davanti aveva un che di apocalittico.

La stanza delle sue due figlie più grandi era completamente invasa da buste, scatole, oggetti sparsi in ogni dove, vestiti e quant'altro. Non esisteva più un centimetro di pavimento libero, persino il letto e la scrivania di Ashley erano state travolte dalla furia della biondina, che giaceva seduta per terra a gambe incrociate, con addosso una t-shirt larga e sformata, i capelli raccolti in una crocchia disordinata e scomposta e la faccia disperata.

«Oddio tesoro, ringrazia che Ashley non sia qui o sarebbe scoppiata una guerra nucleare molto probabilmente» disse Nancy, impegnata nell'arduo tentativo di raggiungere la figlia, schivando gli oggetti per terra come una ninja.

«Se Ashley fosse stata qui avrebbe dovuto aiutarmi, altro che lamentarsi per un po' di disordine! Ha avuto solo una fortuna sfacciata che sia coinciso con la sua vacanza!» esclamò, spostando una serie di scatole e borse per lasciare un quadratino alla madre e consentirle di sedersi accanto a lei.

Nancy diede una sguardata generale alla camera, poi scosse la testa «Beh, io non lo definirei solo 'un po' di disordine' – osò farle notare, ricevendo un'occhiata storta da Phoebe – ma ormai siamo qui, allora, che problema c'è?»

«Avevo pensato di cominciare a organizzare le mie cose in alcuni scatoloni per essere pronta per il trasloco, ho svuotato cassetti, librerie, armadi e armadietti e adesso non ci sto capendo più nulla! Non so cosa buttare, cosa tenere, cosa è inutile, cosa lasciare qui, insomma mamma, ho bisogno di te, tu sei sempre così pratica e organizzata!» la supplicò Phoebe, asciugandosi la fronte sudata.

Nancy guardò gli occhioni blu da cerbiatto di Phoebe, così bisognosi del suo aiuto e si fece incantare come sempre, dopotutto era sua madre e non poteva di certo lasciare in difficoltà la sua bambina!

Le carezzò una guancia e poi si rimboccò le maniche «Va bene, allora cominciamo!» esclamò, il viso di Phoebe si colorò di nuovo di speranza e felicità e insieme, armate di tanta buona volontà, riuscirono lentamente a dare un ordine a quella confusione. Gli scatoli cominciarono a riempirsi e finalmente il pavimento iniziò a vedere di nuovo la luce.

July rientrò a casa che Nancy e Phoebe erano ancora impegnate con le ultime cose. Fece capolino all'uscio, agghindata a festa col suo vestito verde e la treccia ormai scompigliata e si unì alla madre e alla sorella, più per curiosare che per collaborare ffettivamente con loro.

«Alcune cose che vuoi buttare le prendo io!» affermò poco dopo, rovistando tra i sacchetti e guardando con interesse una borsetta rossa.

«Oh, fai pure – acconsentì Phoebe, poi le lanciò uno sguardò veloce, soffermandosi su un affare che maneggiava la piccola – e quello chi te l'ha dato?» le chiese.

«Me l'ha regalato papà, è il mio cellulare nuovo» rispose distratta, senza sollevare gli occhi dallo schermo del telefono.

«Pensavo che il tuo compleanno fosse tra un mese» commentò Nancy con un lieve disappunto, il padre di July era abbastanza facoltoso e spesso non si risparmiava dal farle dei regalini fin troppo costosi e lei aveva paura che viziasse troppo la bambina, voleva che sua figlia capisse il valore delle cose e che imparasse che bisogna guadagnarsele.

July scrollò semplicemente le spalle.

«Io ho dovuto aspettare i miei 15 anni per avere il primo telefonino, questi ragazzini di oggi sono proprio incorreggibili» disse, continuando a piegare dei vestiti.

«Parli come la nonna» la schernì July, beccandosi all'istante una linguaccia dalla sorella maggiore.

Poi all'improvviso la loro attenzione venne catturata da una scatola che rivelò all'jnterno un piccolo tesoro. Era colma di vecchie fotografie di Phoebe, Ashley, Nancy e persino July quando erano piccole.

Gli occhi di Phoebe si illuminarono «Guardate qua, oddio eravamo piccolissime – strillò di gioia, mentre scorreva le foto tra le mani e le passava poi a sua mamma, anch'essa intenerita dai ricordi – guarda questa, qui c'è anche la nonna, com'era giovane! E qui ci sei tu mamma, e guarda qua, com'ero piccola io ed Ashley che buffa! I nostri capelli sono esattamente l'inverso di come li abbiamo ora!» notò, facendo riferimento al fatto che da piccole era Ashley a portare i capelli molto lunghi, mentre lei li teneva corti e adesso era proprio il contrario.

Nancy guardò le sue due prime figlie così piccole, Phoebe con il sorriso sempre aperto sul viso e gli occhi ridenti ed Ashley, più seria e imbronciata e a tratti buffa per quell'espressione da adulta in un viso così piccolo, per non parlare di July appena nata, in braccio alle sorelline.

La nostalgia la invase, ricordò i momenti in cui le aveva cresciute, cercando di non far mancare loro niente, soprattutto a Phoebe perchè il padre non ne aveva mai voluto sapere di riconoscerla e si era dovuta fare in quattro per lei, ricordò la paura che provava la notte quando si domandava se sarebbe riuscita a renderle delle donne realizzate e felici e le tante volte in cui si era sentita inadeguata o troppo giovane per farcela. Ripensò ad Ashley, che era stata quella a soffrire di più la loro situazione anomala per via del suo carattere chiuso e poco incline ai cambiamenti, si sentì in colpa e si chiese se avesse fatto tutto quello che era nelle sue capacità per alleviarle il disagio e le sofferenze.

Phoebe intuì al volo i sentimenti della madre, la abbracciò di getto.

«Mamma, ti adoriamo per tutto quello che hai fatto per noi nonostante i problemi che ci hanno circondato e ti ameremo sempre, anche se cresceremo e andremo via di casa, anche se a volte sembra che non ti sopportiamo o che facciamo di testa nostra, non dimenticheremo mai i sacrifici che hai fatto e gli insegnamenti che ci hai trasmesso, vale per me ma sono sicura valga anche per Ashley, lei non lo dimostra ma io so che è così» le sorrise.

«Sai, sono un po' in ansia per quando tornerà, io non so se ho avuto un'impressione sbagliata, ma al telefono la sento diversa con me, è più aperta, più affettuosa, ho paura di illudermi e che non sia cambiato niente al suo ritorno» confessò a Phoebe, passando delicatamente il dito sul viso di Ashley in una fotografia in braccio a sua nonna, in una delle rare pose in cui sorrideva.

«Sì mamma, anche io l'ho sentita diversa, secondo me non ci sbagliamo, evidentemente è successo qualcosa che l'ha fatta riflettere, sono sicura che ti ama come tutte noi e te lo dimostrerà presto!» continuò a incoraggiarla Phoebe, accucciandosi a lei.

«Sì, questo lo so»

Nancy ripensò a quegli anni, guardò quei piccoli visi nelle fotografie e poi rivolse l'attenzione al presente, le sue bambine erano cresciute.

Osservò Phoebe e il suo profilo perfetto e sereno, era ormai una donna e tra poco avrebbe lasciato la sua casa e, per quanto quel pensiero le causasse del dolore e un nodo alla gola e l'avrebbe voluta magari ancora qualche anno in più accanto a lei, non poteva negare di essere orgogliosa e felice che fosse pronta e matura per realizzare la sua vita con il ragazzo che amava.

I figli crescevano e volavano via, com'era giusto che fosse. Un genitore poteva solo lasciar loro seguire il proprio cammino, guardarli da lontano e accettare il fatto che fossero individui in grado di stare al mondo soli e che non appartenessero a loro. Era stato per tutti così.

Come leggendola nel pensiero Phoebe aprì bocca «Ti mancherà il casino che combinavo quando sarò andata via, mamma, vero?» le chiese, addolcendo gli occhi. Anche lei pensava con tristezza al giorno in cui avrebbe abbandonato casa e che sempre più si stava avvicinando.

«Certo tesoro, ma sono fortunata, vai a stare a pochi minuti da qui e potrò venirti a trovare quando voglio, e poi ho ancora July che penso mi darà un bel da fare per tanti altri anni ancora, non è così?» si rivolse alla più piccola, che annuì, sdraiata a pancia in giù sul letto di Phoebe.

«C'è anche Ashley, mamma – precisò July – non vedo l'ora che torni, mi manca, lei è gentile con me e non mi prende in giro come quell'antipatica!» indicò Phoebe con tono risentito, e la sorella per tutta risposta afferrò una foto di lei da neonata, facendole notare quanto assomigliasse a un mostriciattolo.

«Anche Ashley sono sicura andrà via presto» disse malinconica a bassa voce, quasi tra sè e sè, celando alle figlie gli occhi lucidi.

Non se lo riusciva a spiegare, ma aveva una sorta di presentimento che a breve anche lei si sarebbe allontanata, era brava e promettente e avrebbe seguito la sua strada chissà dove. Non seppe dire se fosse solo una sensazione dettata dall'istinto materno e non sapeva quando ma sentiva che sarebbe successo meno di quanto pensasse e mentre riponeva quelle preziosissime fotografie di nuovo al loro posto, desiderò ardentemente che potesse avvenire un miracolo prima di quel giorno e che le cose tra loro potessero migliorare sul serio.

 

Nello stesso istante in cui a casa la sua famiglia parlava di lei, Ashley parve percepire una sensazione strana nel petto, un calore, una nostalgia.

Pensò a sua mamma e alle sue sorelle e al fatto che tra poco più di una decina di giorni le avrebbe riviste. Le mancavano tanto e non vedeva l'ora di riunirsi a loro, anche se era consapevole che a quella gioia si sarebbe accompagnata la separazione da Matt.

Alla felicità si accompagna sempre la sofferenza, come due facce della stessa medaglia, ormai questo l'aveva imparato.

«Che combini?» la voce dietro di lei era di Matt e presto le sue mani la avvolsero da dietro, facendola sentire protetta e bene, come una casa, la sua.

Ashley si voltò, Matt la baciò, buttando un'occhiata intorno per accertarsi che fossero da soli.

«Sei libera? Ti va di fare un giro fuori da qui, mi sento osservato dentro questo posto» le propose, accarezzandole la schiena. Era stanco di dover stare sempre attento ai loro genitori o chiusi in camera destando sospetti.

Ashley accettò e in men che non si dica si mise un vestito e raggiunse Matt in macchina.

Vide che il ragazzo aveva preso delle strade che non conosceva e notò che alla spiaggia solita si era sostituito un paesaggio più roccioso.

«Non conosco questa zona, eppure vengo qui da anni ormai» si meravigliò a voce alta.

Matt rise, mentre si inerpicava con l'auto su una stradina scoscesa che stava facendo traballare il veicolo pericolosamente e Ashley si chiese se avrebbe retto o sarebbero stati costretti a chiamare aiuto in quella zona sperduta.

«Stà tranquilla, dimentichi che io ho vissuto qui fino ai miei 16 anni, quindi conosco perfettamente i posti più remoti e solitari, dove poter stare tranquilli e in santa pace» la rassicurò, non distogliendo lo sguardo dalla strada.

«Ci portavi le ragazze?» si fece scappare Ashley in uno stupido impeto di gelosia, maledicendo subito dopo la sua lingua che dava voce alla sua stupidità.

«Mi fai così stronzo da portarti in un posto che frequentavo con le altre?» le domandò mentre con la mano vicina ad Ashley aveva preso ad accarezzarle la coscia, come a ricordarle che adesso c'era lei nei suoi desideri.

«Da te mi aspetto tutto sinceramente» lo provocò, cercando di cadere in piedi da quella figuraccia. Matt nel frattempo aveva fermato l'auto in uno spiazzo terroso con qualche ciuffo di erba qua e là e i due erano scesi.

«Non mi conosci ancora abbastanza, allora» le bisbigliò all'orecchio, passandole vicino e sorpassandola per fare strada per poi porgerle una mano per aiutarla, visto che la strada era abbastanza impervia.

Giunti alla fine, Ashley potè ammirare un paesaggio insolito a cui non era abituata: si trovava su una scogliera a strapiombo sul mare, che si stagliava sotto di loro maestoso e da togliere il fiato. Era un posto meraviglioso e nascosto, poco lontano dalla città ma che Ashley non aveva mai visto durante le sue vacanze.

Gli scogli erano chiari e lisci e ci si poteva facilmente stendere senza soffrire troppo e così fecero. Da lassù potevano godere di una visuale fantastica e come se non fosse già tutto stupendo, il sole stava ormai quasi tramontando, e da lì si poteva cogliere quel momento nella sua grandezza. Tutto si colorò di rosso, i suoi capelli si accesero di colore, mentre quelli di Matt diventarono dorati.

«In realtà venivo qui da ragazzo per stare un po' da solo – le spiegò sdraiandosi accanto a lei e riallacciandosi al discorso avuto in macchina – quando litigavo con mia madre o ero di pessimo umore non mi andava di vedere o sentire nessuno, così avevo scoperto questo posto che di solito non era frequentato neppure d'estate, visto che è problematico scendere a mare da qua a meno che non ci si voglia suicidare» indicò la scogliera che, alta sopra il mare, dava le vertigini se ci si azzardava a guardare sotto.

Matt aveva vissuto lì con i suoi genitori prima e solo con sua madre poi e fino ai 16 anni, prima di trasferirsi nella città di suo padre, perdendo un anno di scuola. Conosceva molto bene ogni angolo di quella città a differenza di Ashley, che veniva solo per le vacanze.

Suo padre, infatti, era nato e vissuto lì, ma si era trasferito per amore di sua madre quando era rimasta incinta nel paese dove lei attualmente viveva, che non era molto esteso e difatti lei era costretta a spostarsi per andare all'università in una vicina città più grande, che per fortuna distava solo mezz'ora di strada con l'autobus.

Ashley si girò di fianco e lo abbracciò, posando la testa sul suo petto. Era bello stare all'aria aperta ma soli, senza essere circondati da voci, persone, rumori, solo loro due e quell'atmosfera da sogno.

«Mi sa che mia madre sa di noi» ruppe il silenzio Matt.

Ashley rimase spiazzata dall'uso di quel 'noi' per definirsi.

Suonava maledettamente bene, dava l'idea di una coppia, di appartenenza l'uno all'altra, di una entità ben definita che comprendeva solo loro e nessun altro. Seppure la loro relazione non fosse stata ufficializzata, di fatto stavano insieme ormai e non potevano più negarlo e quel 'noi' usato da Matt, consapevolmente o meno, le infuse una improvvisa e piacevole sensazione di benessere.

Sorrise sul suo petto «Già, credo proprio che l'abbia intuito» affermò senza pensarci troppo. Dalle discussione avute con Monica aveva avuto modo di capire già da tempo che a lei non erano mai sfuggite le dinamiche del loro rapporto che si era evoluto sempre più, per quanto avessero sempre fatto di tutto per nasconderlo.

«Tuo padre invece no, dopo oggi ne abbiamo avuto la conferma più totale, direi» rise al ricordo dell'episodio della mattina con Gregory e della scena surreale che ne era seguita.

«Mio padre è un tipo più pragmatico e di mente scientifica, la parte sociale della vita non riesce a coglierla alla perfezione, per fortuna» disse Ashley, stringendosi di più a lui e assaporando ogni minuto di quel loro incontro.

«Devo dirti una cosa Ashley – prese la parola Matt, dopo alcuni minuti di silenzio, facendola scattare in allerta, lui percepì che si era irrigidita sopra il suo corpo – ho parlato con Mandy ieri e mi ha riferito che Jenny vorrebbe chiederci scusa»

Ashley assunse un'espressione interrogativa.

Jenny non si era comportata in modo molto amichevole con Ashley per ovvi motivi, ma non vedeva il motivo per cui dovesse chiedere loro scusa.

«Non capisco» disse confusa.

Matt inspirò profondamente «Sai, la sera della festa, quando ti ho riaccompagnato a casa perchè lei ci aveva informato che Simon non voleva troppa gente a casa, ho poi scoperto che era stata una sua tattica per impedirti di venire. Alla festa ci ha provato con me e io l'ho respinta furiosamente, se l'è presa con te convinta fossi tu la causa del mio rifiuto, quando in realtà non è la prima volta che le faccio capire chiaramente che non mi interessa. Così sono corso da te» le raccontò, ricordava ancora nitidamente di aver confessato a Jenny il suo amore per Ashley esplicitamente, ma ovviamente preferì saltare quel particolare.

«Oh, allora è per questo che eri così agitato quella sera» la voce le uscì mesta, al pensiero di Jenny che ci aveva provato con Matt si era incupita, anche se, sapere che lui l'aveva respinta per tornare da lei, le aveva fatto piacere.

«Mandy mi ha pregato di permetterle di scusarsi perchè dice che è distrutta e che ha capito di aver fatto una cazzata abnorme. A detta sua ha bisogno di ricominciare dopo questa tremenda delusione e scusarsi con noi in un certo senso le servirebbe da liberazione e da spinta per cambiare e mettersi alle spalle questo brutto capitolo della sua vita, un po' per sistemare le cose. - spiegò, vagamente scocciato - Tu cosa pensi che dovrei fare?» le domandò, cercando il suo parere su quella questione che in fondo riguardava anche lei.

Ashley socchiuse gli occhi e ci pensò sù un attimo.

Perdere un amore o subire una delusione erano dei dolori molto pesanti da digerire. Non conosceva Jenny abbastanza da sapere se stesse mentendo o meno, ma si fidava di Mandy, che con lei era sempre stata sincera e affettuosa e sapeva che era una vecchia amica di Matt da anni, con la quale lui si confidava e che non lo avrebbe mai tradito. Decise che accettare delle scuse fosse un gesto nobile, soprattutto se poteva servire a una persona per rinascere e salvarsi. Per quanto provasse ancora fastidio al pensiero di Jenny e dei suoi atteggiamenti, una possibilità non andava negata a nessuno.

«Sì, penso che sarebbe corretto accettare le sue scuse» disse infine.

Matt le baciò la fronte «Ne sei sicura?» si accertò, anche lui aveva riflettuto ed era arrivato alla stessa conclusione di Ashley, ma non voleva ferirla e fare qualcosa che la potesse infastidire, visto che era stata coinvolta suo malgrado in quella vicenda spiacevole.

«Certo» lo tranquillizzò, sollevandosi per guardarlo negli occhi e fargli capire che era serena e convinta di quella decisione. Matt le scrutò il viso per non sbagliarsi, poi le carezzò la guancia e annuì, facendole uno splendido sorriso.

Rimasero abbracciati stretti, finchè il sole non tramontò e il cielo si fece più scuro. Si avviarono allora verso l'auto, per sfruttare gli ultimi momenti di visibilità lungo quella strada malandata.

D'un tratto Matt venne distratto da un messaggio al cellulare, rallentò il passo ma dopo averlo letto si bloccò di colpo.

«Ehi, che ti prende?» lo riprese Ashley, che per poco non era rovinosamente finita addosso a lui a causa della sua frenata improvvisa.

Matt si voltò, Ashley lesse nel suo viso una certa preoccupazione, aggrottò le sopracciglia senza capire cosa stesse succedendo.

«Domani conoscerai mio padre» affermò ancora incredulo.

La confusione si dipinse sul volto di Ashley, provò a chiedere spiegazioni ma Matt l'anticipò.

«Viene qua»

Ora a sua madre chi lo diceva?

 

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Ciao a tutte! Sono riuscita a fare i disegni di altri due personaggi della storia e cioè quelli  delle sorelle di Ashley, come al solito trovate qui il link se volete darci un'occhiata! Spero vi piacciano e ringrazio come sempre tutte le ragazze, in particolare quelle che hanno recensito e chi ha aggiunto la storia alle seguite/preferite/ricordate. Mi fate molto felice!
A presto

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Capitolo 24

 

Ashley giaceva a pancia in giù sul letto di Matt, aveva un braccio penzoloni e la sua mano sfiorava il pavimento freddo. Le note calde e profonde del basso che Matt stava suonando, seduto su una sedia al centro della sua camera, le giungevano soavi alle orecchie e avevano un effetto rilassante. Dei brividi le solleticavano la base della testa, un po' come succedeva quando si ricevevano delle carezze sui capelli e gli occhi faticavano a stare aperti. Si sarebbe di certo addormentata lì se non fosse stato per quella questione alquanto ansiogena che era spuntata improvvisamente, come una margherita in un campo in primavera.

Aprì gli occhi, che aveva momentaneamente socchiusi, e guardò Matt alle prese col suo basso, mentre simulava una certa tranquillità, fin troppo sospetta.

Di certo stava evitando il problema o lo stava sottovalutando.

«Quindi cosa hai pensato di fare domani?» decise di affrontare l'argomento, sollevandosi e facendo svanire il torpore che l'aveva avvolta.

Matt fermò le dita sulle corde dello strumento, le ultime vibrazioni si sparsero nell'aria e il suono si dissolse in fretta.

Scrollò le spalle e si sfilò la cinghia del basso per riporlo nella sua custodia nera.

«Niente, farò venire mio padre quando mia mamma e Gregory saranno usciti per andare da quei loro amici e vedrò di aiutarlo per questo servizio fotografico» rispose con una imperturbabilità tale da fare invidia a un monaco buddhista.

Ashley si mise a sedere sul letto e continuò a fissarlo in ogni suo gesto: davvero non riusciva a convincersi che il fatto che suo padre dovesse trovarsi nello stesso luogo della sua ex moglie e ancora peggio forse nella stessa casa che condivideva col suo nuovo compagno non gli destasse neanche un briciolo di agitazione.

Giusto un paio di ore prima aveva giurato di aver percepito della preoccupazione nella sua voce, quando le aveva riferito che Nathan, suo padre, sarebbe arrivato l'indomani in città per svolgere un servizio fotografico in occasione di un evento in spiaggia. Matt gli aveva telefonato subito per ottenere spiegazioni in più, soprattutto perchè suo padre aveva espressamente chiesto la sua collaborazione per quel lavoro, in quanto la consegna delle foto avrebbe dovuto effettuarla necessariamente entro la serata e senza un valido aiutante sarebbe stato quasi impossibile riuscire da solo a rientrare nei tempi. Ciò significava che avrebbe avuto bisogno non solo di Matt, ma anche di disporre della casa per il funzionamento di tutte le apparecchiature elettroniche che utilizzava per la sua attività.

Gli aveva illustrato che si trattava di una commissione troppo importante per poter rifiutare e che gli avrebbe dato molta visibilità anche in altri ambienti e l'unico di cui si fidava per aiutarlo era suo figlio, perchè gli aveva insegnato tutte le sue tecniche fin da quando era più giovane e non voleva affidare quel compito a qualche estraneo, data la sua rilevanza. Aveva bisogno di una persona di fiducia e che fosse abituata ai suoi standard lavorativi e quella poteva essere era solo Matt.

Sarebbe stata questione di un solo pomeriggio ma il rischio di dare origine a una serie di eventi spiacevoli era davvero elevato.

Possibile che lui non stesse pensando a sua madre?

Monica e Nathan non si vedevano da anni e il loro rapporto non era di certo idilliaco, tutt'altro.

La loro storia era finita per le enormi differenze di temperamento che si erano sempre più evidenziate durante gli anni, nonostante un amore travolgente e la nascita di un figlio, e che avevano creato delle crepe sempre più profonde, fino al crollo finale.

Monica lo aveva odiato, anche se era conscia che nella fine di un rapporto spesso la colpa era da ravvisare in entrambi ed era proprio il loro caso, ma aveva reagito di pancia, chiudendosi nel suo orgoglio e addossando a lui tutta la responsabilità della loro rottura, in preda alla rabbia e alla delusione.

I problemi sorti in seguito con Matt non avevano fatto altro che accentuare la loro distanza e ancor di più quando il ragazzo aveva deciso di trasferirsi da Nathan.

Non ci voleva molta fantasia per immaginare che sua madre non sarebbe stata esattamente lieta e festosa di rivedere in casa sua quell'uomo, specialmente adesso che era in compagnia di un'altra persona e si sentiva rifiorita.

Quello che Ashley non temeva, invece, era la reazione di suo padre. Era un tipo molto razionale e cauto nel valutare le situazioni, lui stesso aveva una ex moglie con cui aveva mantenuto dei buoni rapporti e che vedeva sporadicamente per via della figlia e Monica lo sapeva, sarebbe stato un po' incoerente da parte sua nonchè carente di buon senso se si fosse infastidito per quell'incontro.

Matt la raggiunse sul letto e, senza aggiungere altro sull'impegno del giorno dopo, si impadronì delle sue labbra, adagiandosi su di lei e facendola crollare di nuovo sdraiata col suo peso.

Prese a baciarla senza lasciarle fiato, lasciandole intuire che per lui quel discorso era chiuso e sepolto e che voleva dedicarsi a qualcosa di più piacevole insieme a lei, e quella prospettiva non le dispiaceva mica, ma era consapevole che tapparsi gli occhi non era la strategia giusta per prepararsi a ogni evenienza.

Le doleva molto fare la guastafeste, soprattutto adesso che sentiva le sue mani insinuarsi sotto la sua maglietta, ma doveva.

Tra un bacio e l'altro riuscì a spostare la testa di lato e a bloccargli dolcemente il viso tra le mani. «Lo hai detto a tua mamma?» chiese velocemente.

Matt sbuffò e nascose il volto nell'incavo del collo di Ashley. «Dobbiamo davvero ritornare sull'argomento proprio adesso?» domandò di rimando, abbastanza scocciato.

«Beh sì, Matt, non puoi trascurare la cosa» lo ammonì decisa.

Matt si staccò leggermente da lei per guardarla «Ovvio che non l'ho detto a mia madre, avrebbe dato di matto e vorrei evitare, non sarebbe un bello spettacolo per nessuno, basterà coordinarsi e tutto andrà bene, vedrai.» la rassicurò, carezzandole una guancia e ricominciando a baciarla partendo dal collo.

Ashley a fatica lo interruppe per la seconda volta, mettendo a dura prova il suo autocontrollo.

«Ma, ne sei proprio sicuro? Insomma, se dovesse scoprirlo dopo non sarebbe peggio?»

Il biondo sospirò per l'ennesima volta «Ma non succederà, ok? Stai tranquilla Ashley – le baciò la punta del naso – adesso, sempre se ti va, visto che mi stai facendo venire qualche dubbio in proposito, potremmo continuare a fare quello che avevamo iniziato» le propose con un tono così persuasivo che era impossibile rifiutare.

Ashley si convinse, dopotutto Matt non aveva tutti i torti, i loro genitori avevano un appuntamento fuori città e con una buona dose di coordinazione sarebbe riuscito a vedere suo padre, aiutarlo nel lavoro e farlo andare via in tempo. Che poteva succedere di male?

«Certo che mi va di continuare – lo strinse a sè più forte per rafforzare il concetto – e stavolta niente più interruzioni».

 

Il giorno dopo Ashley stava seduta sul divano del salone, era pomeriggio e la tensione si tagliava col coltello. Suo padre e Monica erano appena usciti e Matt non aveva detto niente dell'arrivo di Nathan, come prevedeva il suo piano. Anche lei aveva taciuto a suo padre, dato che ormai era coinvolta a tutti gli effetti in quella losca vicenda.

Si tormentò le mani strette sopra le ginocchia e non solo per l'ansia che qualcosa andasse storto, ma anche e soprattutto per la trepidazione di conoscere il padre di Matt.

Aveva sentito molto parlare di lui e si era fatta l'idea di un tipo singolare e fuori dal comune e da un lato aveva timore di non riuscire a rapportarsi con lui, dall'altro era invasa da una curiosità pazzesca di vederlo. Era con lui che Matt viveva tutto l'anno e non vedeva l'ora di poterlo incontrare di persona e capire di più sul rapporto tra lui e suo figlio.

Matt scese le scale portando con sè dei cavi e il suo computer e dopo averli collegati, passò da lei e le fece una carezza. Anche lui era nervoso e terrorizzato, conosceva Nathan e non era così remota l'ipotesi che potesse fargli fare una figuraccia davanti ad Ashley o sconvolgerla per i suoi modi di fare piuttosto inusuali. Pregò con tutto sè stesso che non si avverasse quella previsione e ignorò un brutto presentimento che lo teneva in allerta.

I due ragazzi scattarono lievemente al suono del campanello.

Matt si precipitò alla porta mentre Ashley saltò dal divano e si diresse verso l'ingresso, assumendo una postura rigida con le braccia innaturalmente conserte sul ventre, in trepidante attesa che l'uscio rivelasse la figura di quell'uomo che aveva aggiunto ulteriore scompiglio a quei giorni già abbastanza movimentati.

«Ciao» sentì pronunciare a Matt, stirò il collo lateralmente per poter sbirciare e intravide una figura maschile e un braccio che piantava una pacca poderosa sulla spalla del ragazzo.

«Ciao Matt» udì la sua voce sicura e profonda che salutava il figlio, poi in un attimo Nathan fece un passo in avanti entrando in casa, carico di borse e zaini ricolmi di attrezzature e finalmente Ashley lo vide interamente e nitidamente.

Spalancò gli occhi: Matt e suo padre si somigliavano in maniera esagerata e capì finalmente cosa intendeva Monica quando descriveva il figlio come la fotocopia del suo ex marito.

In particolare gli occhi erano impressionanti, quasi identici, stesso taglio aguzzo, stessa forma, quasi lo stesso colore azzurro, anche se quello di Matt a un occhio più attento appariva di una gradazione appena più scura.

Nathan era alto e aveva un fisico asciutto, tipico di chi non era di certo sedentario ma al contrario conduceva una vita attiva, portava i capelli abbastanza lunghi, biondi, ma Ashley potè notare qualche striatura di bianco qua e là, che però non stonava, ma anzi gli donava un'aria più affascinante e vissuta e aveva la barba sul mento e sulle guance, di qualche tonalità più scura rispetto al colore dei capelli.

Solo il naso e l'ovale del volto differenziavano padre e figlio: Matt, infatti, aveva il naso più sottile e diritto, mentre quello di Nathan era un tantino più largo e aquilino, particolare che si metteva in evidenza solo di profilo, e inoltre il viso di Matt, ereditato dalla madre, era più allungato, suo padre invece aveva la mascella più squadrata e massiccia.

Ashley continuò a fissarlo ancora stranita, aveva all'incirca l'età di suo padre ma sembrava molto più giovanile e aitante e a rafforzare quell'impressione contribuiva il suo abbigliamento casual e alternativo e i modi di fare poco formali. Insomma, si vedeva lontano un miglio che fosse un soggetto particolare e col proprio stile, il classico artista spirito libero, affascinante e trasgressivo, poco attento alla moda e alle convenzioni e con la testa fra le nuvole. Era esattamente l'opposto di Monica, ma Ashley riuscì a immaginare che ai tempi, quando erano entrambi ragazzi, dovesse essere stato molto semplice per lei rimanere folgorata e innamorarsi di un tipo dalla personalità e carisma così forti, mentre lui doveva aver trovato attraenti i modi raffinati ed eleganti della ormai ex moglie, che mitigavano i suoi più impulsivi.

Matt notò che Ashley era rimasta imbambolata a fissarlo e la cosa in un certo senso lo ingelosì, suo padre era affascinante anche se aveva ormai superato i 40 anni da un po' e aveva un discreto successo con le donne.

Anche suo padre nel frattempo si era accorto della presenza della giovane e così Matt si voltò verso di lei, le afferrò gentilmente un braccio e la avvicinò a sè per poi presentarla all'uomo, sforzandosi di mantenere un'aria indifferente.

«Ah, lei è Ashley» disse semplicemente, senza curarsi di specificare nient'altro su di lei.

«Lieto di conoscerti, Ashley!» le strinse la mano Nathan con aria gentile, la ragazza ricambiò la stretta debolmente, ancora frastornata da quell'incredibile somiglianza, che non avrebbe esitato a definire inquietante, considerando il fatto che aveva quasi l'impressione di trovarsi di fronte un Matt venuto dal futuro.

«Piacere mio, signore» farfugliò, accennando un sorriso.

«Chiamami semplicemente Nathan e dammi del tu, altrimenti mi fai sentire vecchio» le sorrise, poi si soffermò per un attimo a studiarle con interesse il viso, Ashley avvertì una crescente soggezione invadere ogni centimetro del suo corpo, ma cercò di rimanere impassibile, sebbene le mani le stessero sudando a dismisura.

Matt comprese il suo disagio, il suo sguardo si accigliò e fece un passo deciso verso l'uomo.

«Si può sapere che stai facendo?» gli domandò, il suo tono fece trapelare un certo fastidio.

«Hai un bel viso e dei bei capelli, saresti un ottimo soggetto per un ritratto, le ragazze con le lentiggini sono molto particolari» spiegò Nathan, ignorando bellamente il figlio e rivolgendosi direttamente ad Ashley, che arrossì in un lampo.

«Grazie» riuscì a dire timidamente, gettando una rapida occhiata alla sua destra verso Matt, che a sua volta non distoglieva lo sguardo torvo da suo padre. Tirò poi un sospiro di sollievo perchè Nathan spostò finalmente la sua attenzione da lei, per dedicarla ai vari zaini e borse che si era portato dietro e che giacevano ammucchiati a terra, e si inginocchiò, cominciando ad aprirli per accertarsi che la sua attrezzatura non avesse subito danni durante il viaggio.

Ma ovviamente mica poteva essere finita lì la cosa.

«Quindi Ashley è la tua ragazza?» chiese di getto, senza nemmeno alzare lo sguardo e continuando placidamente a smanettare tra le sue macchine fotografiche, ignaro quindi del panico e dell'imbarazzo in cui aveva fatto piombare i due ragazzi.

Ashley ebbe modo di scoprire che Matt aveva acquisito dal padre non solo il suo bell'aspetto, ma anche il suo tipico caratterino diretto e sfacciato. Le sembrò per un secondo di rivivere quell'episodio in cui Matt, dopo che l'aveva vista parlare al telefono con Tyler, le aveva chiesto senza preamboli se fosse il suo ragazzo.

Cominciò a scuotere nervosamente la testa e a balbettare monosillabi insensati, era impallidita e così anche Matt che, bianco come uno spettro, cominciò a tossire come se si fosse strozzato con qualcosa e internamente prese a imprecare contro suo padre e la sua innata capacità di dire sempre la cosa sbagliata al momento meno opportuno, come aveva previsto con lungimiranza.

E cosa c'era di più inopportuno che una domanda sulla loro relazione indefinita posta a entrambi senza possibilità di rifletterci?

Nathan aveva proprio un fiuto inconsapevole per le situazioni scomode e spinose, il suo interrogativo era arrivato con la stessa dolcezza di un violento pugno sulla faccia e li aveva colti impreparati e incapaci di formulare una risposta elementare.

Insospettito dalla quantità di balbettii e suoni inconsulti che la sua apparentemente innocua domanda aveva generato, Nathan sollevò lo sguardo per osservare i due giovani, che trovò in evidente stato di confusione. Si concentrò poi solo su Matt, per ottenere una qualche spiegazione, il ragazzo aprì e richiuse più volte la bocca prima di riuscire a emettere soltanto un paio di parole prive di senso compiuto.

«Ehm, no.. no.. o meglio, diciamo che, insomma..» sudò freddo, anche perchè non sapeva cosa dire, l'idea di considerare Ashley come sua ragazza lo riempiva irrazionalmente di una sensazione piacevole, il pensiero che fosse solo sua, il suono dolce di quelle parole faceva troppo bene al cuore, ma non poteva ammetterlo così, davanti a lei e a suo padre, non senza che ne avessero mai discusso tra loro prima e probabilmente, visti i giorni rimasti, non sarebbe mai successo. Allo stesso tempo non voleva ferirla con una risposta negativa, perchè non corrispondeva ai suoi sentimenti e la sua voce si rifiutava in maniera categorica di pronunciare quel 'no' secco e netto.

Nathan sospirò, davvero non vedeva cosa ci fosse di così complicato nel rispondere a quel semplice quesito.

Due persone sanno se stanno insieme o no, è così che andava di solito, persino per lui, che non amava inserire la realtà dentro categorie assolute e pensare fosse tutto o bianco o nero.

Rimase immobile a fissare il figlio con quegli occhi penetranti, poi un nuovo pensiero gli balenò in testa «Ahhh, ok, credo di aver capito, adesso» disse con un cenno del capo verso Matt, alludendo a una loro probabile relazione di tipo esclusivamente fisico, senza che la cosa lo scandalizzasse nemmeno per sbaglio.

Era un tipo aperto e di larghe vedute, suo figlio era adulto e non trovava quell'ipotesi così oscena come avrebbe potuto fare qualsiasi altro genitore.

Con Matt aveva già in passato parlato tranquillamente di sesso ed era perfettamente a conoscenza delle sue brevi storie fini a sè stesse, sapeva che il ragazzo non aveva mai avuto una relazione seria e duratura e non lo giudicava di certo per quello, la gestione della propria vita sentimentale era affare molto personale e riteneva che nessuno avesse il diritto di sindacare le scelte altrui.

Tuttavia, doveva però ammettere che quando era entrato e l'aveva trovato a casa insieme a quella ragazza deliziosa, così delicata, così discreta, diversa dalla tipologia di ragazze che Matt di solito frequentava, aveva immaginato con piacere che tra i due fosse nato qualcosa di più profondo, che suo figlio avesse finalmente dato spazio a sentimenti che non aveva mai provato e quella domanda gli era sfuggita via spontanea.

Evidentemente si era sbagliato.

La sua insinuazione che Ashley fosse solo una sua 'amica di letto' aveva però inorridito Matt ed era forse un'opzione peggiore che negare che fosse la sua ragazza.

Si fece parecchio scuro in viso «Non hai capito proprio nulla, invece!» ribattè a Nathan alzando la voce e guardandolo con la fronte contratta in un'espressione furente.

Nathan lo osservò più perplesso di prima, era un mistero cosa passasse nella testa di Matt e ci rinunciò, avrebbe eventualmente ripreso l'argomento in un momento più tranquillo.

Ashley allora si rese conto dell'equivoco in cui era incappato il padre di Matt e, anche se era rimasta piacevolmente colpita dalla reazione turbolenta del ragazzo all'allusione che tra loro ci fosse solo sesso, si premurò di chiarire quella stramba situazione.

Tossicchiò per richiamare l'attenzione su di lei e ci riuscì «In realtà io ci abito qui, solo per le vacanze però – iniziò a spiegare con molto garbo – sono la figlia del compagno di Monica»

Nonostante si fosse spesso trovata in circostanze bizzarre a causa della sua situazione familiare fuori dal comune, non riusciva mai ad abituarcisi e ogni volta la prendeva sempre un certo imbarazzo nel dover giostrarsi tra le relazioni assurde che si venivano a creare e che non dipendevano da lei.

«Oh capisco – Nathan si sollevò da terra, passandosi le mani sui pantaloni per togliere della polvere – non ho ancora avuto il piacere di conoscerlo, in realtà non vedo nemmeno la mia ex moglie da anni – precisò, grattandosi la nuca con la mano – ma sono sicuro che deve essere una persona squisita se ha una figlia incantevole come te»

Ashley sorrise, in fondo il padre di Matt sembrava un po' strambo ed eccentrico ma le sue maniere erano impeccabili e furono capaci di cancellare i precedenti attimi di confusione e rasserenarla.

«Non credo che avrai mai il piacere di conoscerlo – sbottò Matt, che, al contrario, adesso mostrava una certa irrequietezza – anzi, sbrigati a collegare le apparecchiature e a passarmi il lavoro da fare, se la mamma ti trova qui sai che succede? Scoppia un casino allucinante, le verrà un infarto!» disse, ansioso.

Nathan gli obbedì e cominciò a collegare il suo computer e le sue apparecchiature per illustrare al figlio come doveva aiutarlo, ma non potè trattenersi dal commentare la sua strana ansia.

«É ammirevole da parte tua preoccuparti così per la salute psichica di tua mamma, da quando hai cominciato a farlo?» gli chiese pungente, da quando lo aveva accolto a casa a 16 anni, forse quella era la prima volta che lo vedeva così apprensivo nei confronti di Monica, normalmente se ne sarebbe fregato, anzi, spesso era proprio lui il primo a provocare i nervi fin troppo sensibili di sua madre.

Matt si mise al computer accanto a lui, abbassò lo sguardo «Beh, le cose sono cambiate, io e la mamma stiamo, ecco.. - cercò di trovare le parole adatte e balbettando per la seconda volta in una solo pomeriggio – abbiamo deciso di provare ad avere di nuovo un rapporto civile, te l'avrei detto al mio ritorno» spiegò, evitando di sembrare emotivamente coinvolto.

Nathan sorrise «Questa è una bella notizia – disse sinceramente felice, a prescindere dal rapporto che aveva con Monica, ormai quasi inesistente in verità, non poteva che fargli piacere che suo figlio avesse fatto rientrare la madre nella sua vita, anche se si chiese come fosse stato possibile, poi si rivolse ad Ashley, che era rimasta indietro per non disturbarli – ti ha raccontato tutta la storia?»

«Si, so tutto e sono molto felice che alla fine le cose si stiano mettendo a posto» disse sorridendo, poi si avvicinò e depositò una mano sulla spalla di Matt, che a quel tocco sollevò la testa per far incrociare i loro sguardi. Quella complicità tra loro non passò inosservata a Nathan, così come gli occhi di Matt che, di solito freddi e severi, si addolcivano misteriosamente quando incontravano quelli della ragazza.

'Non mi prendi per il culo, ragazzo mio' pensò mentre continuava a sistemare delle foto.

L'atmosfera si era finalmente distesa ma, come anche i migliori film insegnano, non bisogna mai abbassare la guardia, perchè è proprio nei momenti di calma e tranquillità che succedono le tragedie peggiori.

E la loro tragedia cominciò dal rumore di una porta che si apriva. Una porta che non avrebbe dovuto aprirsi per delle ore e che invece li colse d'improvviso, senza che potessero pensare a nascondersi o camuffare quello che stava succedendo.

Monica e Gregory avevano avuto dei problemi con la macchina a metà tragitto e così avevano deciso di tornare indietro finchè l'auto andava e pensare a risolverli in città.

La sfiga aveva proprio una mira eccellente.

Ebbero giusto il tempo di saltare in aria per quel rumore familiare e voltarsi di scatto che Monica era già entrata in salone, attirata anche da quella confusione di borsoni per terra, con la convinzione che fossero i compagni di band del figlio, ma rimanendo letteralmente paralizzata e spiazzata alla visione del suo ex, tranquillamente seduto con Matt in quella casa, come se fosse la sua o come se fosse un ospite gradito.

Strizzò gli occhi più volte, convinta fino all'ultimo che non potesse essere la realtà, ma che dovesse trattarsi per forza di una qualche allucinazione dovuta allo stress, ma lo scenario non cambiava. Vide Ashley trasalire e portare entrambe le mani davanti alla bocca spaventata e suo figlio scaraventarsi verso di lei con aria colpevole.

L'unico rimasto beatamente seduto e fresco come una rosa era proprio Nathan, che ebbe persino l'ardire di farle un cenno con la mano come saluto.

«Mamma, posso spiegarti, te lo giuro» provò a farla calmare Matt, ma il suo tentativo colò a picco ancora prima di prendere il largo.

Monica era diventata rossa in viso per la rabbia e lo sconcerto, non distoglieva lo sguardo dalla figura dell'ex, comodamente seduto in casa sua e di Gregory e per quanto cercasse una logica spiegazione la sua mente era talmente annebbiata da impedirglielo.

«Si può sapere che diavolo ci fa lui qui?» urlò dopo essersi ripresa dallo shock quanto bastava per esigere una dannata spiegazione.

Dietro di lei comparve a quel punto anche Gregory, che era accorso attratto dalla voce agitata della compagna trovandola sconvolta e atterrita, e seguendo la direzione in cui puntava il suo sguardo aveva scorto un uomo.

Lo aveva scrutato ammiccando da dietro le sue lenti e non gli ci era voluto molto per azzeccarne l'identità, la somiglianza con Matt era evidente e Monica glielo aveva descritto in passato.

Non poteva che essere il suo ex marito.

La sua espressione si aggrottò impercettibilmente, ma l'occhio di Ashley, che conosceva suo padre da quando era nata, se ne accorse subito e tremò. Gregory non era il tipo da fare scenate senza motivo, ma dopo quello che era accaduto non si sentiva più di escludere nulla.

Nathan vide l'uomo dietro Monica e capì che doveva essere il suo compagno nonché il padre di Ashley. Stavolta si alzò dalla sedia e si avvicinò, i due uomini si studiarono per qualche attimo che parve eterno, mentre Monica prese a sbattere nervosamente il piede.

«Mamma, hai ragione, adesso cerca di calmarti e parliamone, ok?» riprese Matt, in uno strenuo tentativo di farla ragionare.

«Matt stavolta l'hai fatta grossa!» ringhiò al figlio, lanciando un'occhiata preoccupata a Gregory, che si era trovato faccia a faccia col suo ex all'improvviso, e sperando con tutto il cuore che non fosse rimasto turbato da quell'incontro indesiderato.

«Matt non ha fatto niente Monica – intervenì a quel punto Nathan, che fino ad allora era stato in silenzio – se c'è qualcuno con cui devi prendertela sono io, sono stato io a chiedere il suo aiuto per un mio lavoro, lui non c'entra» disse affiancandosi a Matt per difenderlo, abbandonando la sua aria scanzonata e assumendo un'espressione più seria.

Monica lo fissò con odio, strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche, spostò lo sguardo da suo figlio al suo ex senza tregua, poi sentì la mano di Gregory posarsi delicatamente sulla sua spalla. Stava provando a confortarla e sostenerla, nonostante quel momento fosse stato traumatico anche per lui, nonostante fosse certa non dovesse essere stato piacevole entrare e aver dovuto fare la conoscenza di Nathan in quel modo, in casa sua e senza preavviso. Eppure era lì e le stava facendo capire che era vicino a lei, che lo sarebbe sempre stato, anche nei momenti scomodi.

Quella sensazione di calore invase Monica e riuscì nell'insperato compito di farla calmare, anche se solo un poco.

Respirò profondamente per dare aria ai polmoni che sembravano essere stati schiacciati da un peso immaginario che le aveva oppresso il petto. Si girò a guardare il suo uomo e gli scorse in viso la sua solita espressione pacata e confortante, che tante volte l'aveva aiutata quando era stata preda dell'ansia e della disperazione.

Anche i suoi occhi si addolcirono, li riportò in direzione del figlio, stravolto in viso e scosso, visibilmente dispiaciuto e impacciato nel gestire quella situazione. Ne ebbe tenerezza nonostante la collera subita.

Guardò Nathan, che aveva perso la sua solita aria di sfida e irriverente e persino Ashley, rintanata in un angolino, tremante e raggomitolata come a voler scomparire.

Riuscì miracolosamente a ritrovare lucidità e un pizzico di calma.

Portò le mani sui fianchi, ergendosi minacciosamente, poi diede una rapida sguardata a tutti i presenti in quella stanza, i cui visi apparivano più rilasciati e distesi, sebbene ancora preoccupati. Non doveva essere sfuggito loro il suo rilassamento dopo il gesto di Gregory.

Sospirò e poi aprì bocca «Non pensate di averla scampata – li minacciò, ma ormai avevano tutti capito che il peggio, forse, era passato – esigo una spiegazione da voi due – disse indicando il suo ex e Matt – subito!» tuonò e si diresse nei pressi del divano.

Ashley si allontanò per lasciarli soli a discutere, ma venne raggiunta da Gregory che, non altrettanto minaccioso come Monica, aveva comunque intenzione di ottenere la versione dei fatti da sua figlia.

Alzò lo sguardo verso di lui, con i suoi grandi occhi castano chiaro abbastanza provati e colpevoli.

Gregory fu lì per lì per cedere di fronte a quello sguardo, ma andò avanti.

«E tu signorina, vieni con me, dobbiamo parlare un po', mi sa!»

I due gruppetti si separarono, ma decisamente li attendeva un pomeriggio molto, ma molto lungo.

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Capitolo 25
*** Capitolo 25 ***


Capitolo 25

 

 

Matt sedeva sul divano del salone, alternava lo sguardo da sua madre alla sua destra, a suo padre, sulla poltrona alla sua sinistra.

Gli fece un po' strano vedersi lì con i suoi genitori, con quella che doveva essere la sua famiglia, ma che ormai non ne era lontanamente nemmeno più l'ombra da anni.

Si abbandonò con la schiena sull'imbottitura morbida del divano e sospirò. La scena era più o meno sempre quella, i protagonisti erano solamente più invecchiati per colpa del tempo che passava inesorabile.

Monica aveva le braccia conserte in un atteggiamento di chiusura, le labbra severamente piegate in giù in una smorfia di disgusto e gli occhi iniettati di rabbia.

Suo padre era molto più a suo agio, quasi come se quello per lui fosse un problema di ordinaria amministrazione, niente di nuovo, era il suo classico modo di affrontare ogni questione.

Fu proprio lui a rompere il ghiaccio, attirandosi le occhiate di entrambi.

«E dunque, quand'è stata l'ultima volta che ci siamo ritrovati tutti e tre insieme? Se non sbaglio risale al diploma di Matt!» iniziò spavaldo, come se stesse rivangando una piacevole rimpatriata tra amici. Matt sgranò gli occhi e gli scoccò un'occhiata eloquente, se il suo obiettivo era quello di far esplodere sua madre si stava mettendo sulla strada giusta. E infatti gli occhi di Monica si erano ridotti a due fessure per quanto si era accigliata.

Suo padre non si era sbagliato, l'ultima volta che si erano dovuti incontrare era stato alla conclusione del suo ultimo anno di liceo, quattro anni prima all'incirca e l'atmosfera era stata enormemente più tesa rispetto a quella attuale, tanto da fare apparire quell'incontro quasi come una allegra chiacchierata al confronto. Matt si trovava nel pieno del suo conflitto con la madre, se ne era andato di casa tre anni prima e aveva perso un anno di scuola, e Monica ne aveva rintracciato la causa nell'incapacità di Nathan di fare il genitore e di badare a quello scapestrato di suo figlio, e aveva approfittato di quell'occasione per rinfacciarglielo apertamente. Ne era seguita, com'era ovvio che fosse, una diatriba infinita, in cui si erano rinfacciati a vicenda mancanze, colpe, responsabilità, errori ed erano volati insulti e rimproveri.

Insomma, l'inferno sulla terra, ma stavolta Matt non aveva voglia né intenzione di replicarlo e sperò che anche i suoi avessero un po' più di buon senso.

Monica lasciò cadere nel nulla l'intervento di Nathan e lo ignorò senza pietà «Che ci fai tu qui? - ringhiò, impaziente di avere un valido motivo perchè adesso la sua pressione stesse arrivando alle stelle, poi si rivolse al figlio accanto a lei – e perchè non ne sapevo nulla?» chiese.

«Mamma è semplice, papà mi ha chiesto aiuto per un suo lavoro qui in città e non potevo rifiutare, non ti ho detto niente per non farti agitare, non volevo di certo agire o complottare alle tue spalle, l'ho fatto a fin di bene!» tentò di spiegarsi, mentre la gamba di sua madre aveva cominciato a tremare in un tic nervoso che rivelava il suo persistente nervosismo.

Monica posò lo sguardo freddo su Nathan, in attesa della sua versione.

«Matt ha detto la verità, Monica, sono stato io a chiamarlo ieri sera e a pregarlo, non gli ho dato molto tempo per poter riflettere e ha agito come ha ritenuto fosse meglio per salvaguardare la pace in famiglia, nella tua nuova famiglia» sottolineò.

Monica sospirò, vide gli occhi limpidi di suo figlio e li trovò sinceramente dispiaciuti e senza tracce di menzogna o inganno, era da poco che loro due avevano ripreso a parlarsi e non voleva rovinare tutto per un fraintendimento o per una decisione non felice presa senza pensare. Credette alla buona fede di Matt, anche se avrebbe preferito essere avvisata.

«La prossima volta desidererei essere avvertita, però, soprattutto se lui deve usufruire di casa mia e del mio compagno» affermò, evitando di chiamarlo per nome e senza rivolgersi al suo ex direttamente.

Matt annuì, Nathan rinnovò le sue scuse «Hai ragione Monica, avrei dovuto immaginare che potesse darti fastidio, ma ne avevo bisogno, cerca di capire, il mio fine non era certo quello di disturbare la tua quiete, anche se non vuoi credermi»

Seguì un silenzio angosciante, ma gli occhi di Monica avevano perso l'astio iniziale e anche il suo tono di voce rivelò il suo cambio di umore. Si schiarì la voce rumorosamente poi con una lieve riluttanza aprì bocca «Beh, comunque ormai è andata, penso di poter credere nella vostra buona fede, per questa volta, adesso fate quello che dovete e poi rivoglio la mia tranquillità, sono stata chiara?» concesse loro, mantenendo un tono duro, che però risultò meno credibile rispetto a prima.

Matt e suo padre si scambiarono degli sguardi sollevati per lo scampato pericolo e promisero di fare più in fretta che potevano.

 

In cucina Ashley e Gregory attendevano con pazienza che quella riunione terminasse, e speravano possibilmente con un esito favorevole. La ragazza si augurò che quell'incidente non avesse messo a rischio il rapporto tra Matt e sua madre, che da così poco stava rinascendo e sarebbe stato un vero peccato se tutto fosse stato cancellato da quella stupidaggine.

«E così tu eri a conoscenza dell'arrivo del padre di Matt?» le chiese Gregory, facendole svanire quelle preoccupazioni.

Ashley si sentì come presa con le mani nel sacco, ma mentire sarebbe stato inutile, ormai ci era dentro con tutta sé stessa.

«Si, Matt me l'aveva riferito e non potevo tradirlo, papà, mi capisci vero?- puntò gli occhi su Gregory, poi li abbassò - lui ha agito cercando di scegliere l'opzione meno dolorosa per Monica, voleva risparmiarle una collera, l'ha fatto solo a fin di bene, devi credermi!» lo difese a spada tratta, Gregory si chiese per la prima volta da quando sua figlia ci tenesse così tanto a quel ragazzo da giustificarlo con tale forza e com'è che Matt si fidava a tal punto di Ashley da condividere con lei quella situazione delicata. Forse per la prima volta fu vicino a intuire che qualcosa bolliva in pentola.

«Tu e Matt siete diventati molto stretti se sei l'unica persona qui a cui ha rivelato i suoi piani» disse pacatamente, Ashley scattò sull'attenti, che suo padre scoprisse di loro proprio alla fine della vacanza era una sfiga così grossa che non sembrava nemmeno reale.

«Beh, a qualcuno doveva pur dirlo, io sarei stata a casa e avrei visto e sentito entrare suo padre, era inevitabile» provò a minimizzare la cosa.

Gregory si convinse, era una motivazione più che logica e lui comprendeva più quella che i sentimenti.

«Capisco, io credo alle buone intenzioni di Matt, mi piace, è un bravo ragazzo, sono sicuro che anche Monica lo farà» la tranquillizzò.

Ashley poggiò i gomiti sul tavolo e si sostenne il viso con le mani, scrutò suo padre per accertarsi che il fatto che nella stanza accanto ci fosse l'ex marito della sua compagna non lo stesse turbando e giurò di avergli letto in faccia un minimo di inquietudine. In fondo la gelosia era un sentimento forte e anche la persona più razionale del mondo poteva esserne contagiata in un caso del genere.

«Quell'uomo di là, Nathan credo si chiami – cominciò, sforzandosi di mantenere un'aria indifferente – come ti sembra, insomma, quello che intendo è, credi sia un bell'uomo? Io sono un maschio e non posso stabilirlo» chiese infine ad Ashley.

La ragazza rise, era proprio divertente come per le persone di sesso maschile fosse un'impresa impossibile riuscire a giudicare la bellezza di un altro appartenente al loro genere, mentre per le donne era naturale riuscire a esprimere un giudizio estetico su un'altra di loro e ammetttere tranquillamente che fosse bella.

«Bah, direi normale, nella media, diciamo» rispose Ashley, un po' stranita, cercando di rimanere cauta e generica. Era davvero piuttosto assurdo trovarsi a discutere con suo padre sui canoni estetici maschili, anzi, era abbastanza inquietante.

«Beh, somiglia tantissimo a suo figlio e Matt penso sia un bel ragazzo, per quanto ne possa capire io, tu lo trovi carino?» continuò imperterrito a far cadere nell'imbarazzo più totale Ashley.

'Qualcuno mi salvi, ora' supplicò lei, sentendosi avvampare le guance ed emettendo dei balbettii incomprensibili prima di riuscire a rispondere.

«Mah, carino, sì, più o meno» fece con estremo distacco, mentre dentro di lei ogni parte del suo corpo gridava 'Carino? Solo carino? Si vabbe..'

«Scusa, tesoro, forse ti sto mettendo in imbarazzo con queste domande, è che sono un po' nervoso, sai, sono umano anche io» si scusò Gregory con aria impacciata.

Ashley gli sorrise, era comprensibile che si sentisse così, anzi, provare quelle sensazioni era un chiaro indice della sincerità dei suoi sentimenti verso Monica ed era del tutto naturale. Vedere suo padre preda di emozioni così vere le fece piacere in fondo, lo rendeva diverso e spezzava quella sua solita compostezza e serietà che indossava di solito.

In quel momento rientrò Monica, Ashley intravide Matt che le fece il segno dell'ok con la mano per confermarle che era andato tutto bene, facendola sospirare di gioia.

Poi Matt sparì con suo padre per lavorare e ci rimase per delle ore.

 

«Ti chiedo scusa Matt, ti ho messo in una situazione spiacevole con tua madre e mi dispiace, ma avevo davvero bisogno del tuo aiuto e ti ringrazio, sei stato bravo come al solito» disse Nathan, estraendo una sigaretta e portandosela alla bocca, per colpa di quel vizio che condivideva con suo figlio.

Il sole stava ormai tramontando, dipingendo ogni cosa di un rosso caldo e confortante e tutto intorno regnava una pace che avevano creduto un'utopia quel pomeriggio.

Quando si dice la quiete dopo la tempesta.

Padre e figlio si stavano concedendo un minuto di relax dopo il lungo lavoro di post-produzione di quella marea di foto, che era stato ritardato dalla bufera imprevista scoppiata in casa con Monica. Per fortuna avevano finito in tempo ma avevano dovuto intensificare la concentrazione e velocizzare il tutto. Le loro tempie dolenti e gli occhi rossi e affaticati ne stavano pagando le conseguenze, ma tutto sommato andava bene così. Per quello sarebbe bastata una bella dormita.

«Figurati, in fondo è in parte colpa mia, avrei dovuto dirlo alla mamma, probabilmente avrei provocato meno danni, Ashley aveva ragione» fece quella considerazione a voce alta, con gli occhi assorti a guardare lontano, nel punto in cui il sole stava scomparendo nel mare.

Nathan lo fissò, non doveva essere facile per lui barcamenarsi tra due genitori separati che non andavano d'accordo, eppure si stava addossando parte di quella responsabilità. Era maturo suo figlio e scrutandolo di profilo, così serio, gli parve di accorgersi quanto adulto fosse diventato rispetto al ragazzino sedicenne incattivito e incazzato col mondo intero che gli era piombato in casa sette anni prima. Ne fu orgoglioso.

«Sono davvero contento che tu e tua madre abbiate deciso di ricominciare, vi ho visti entrambi più sereni» gli fece sapere, Matt annuì semplicemente col capo ma Nathan riuscì a scorgere un lieve accenno di sorriso.

«E di quella ragazza con i capelli rossi, Ashley – cambiò argomento, facendolo tremare impercettibilmente al suono di quel nome – che mi dici?» gli chiese.

Non aveva dimenticato la reazione violenta del figlio alla sua allusione che tra loro ci fosse una tresca poco seria in corso e nemmeno aveva ignorato quella specie di alchimia che aleggiava ogni volta che si sfioravano. Aveva più o meno la sua età quando si era innamorato perdutamente di sua madre, il suo primo vero amore, la ragazza per cui aveva perso la testa e che aveva sposato senza dubbi a soli 24 anni, una pazzia l'avevano definita in molti e a dire il vero, col senno di poi, di quello si era trattato.

Troppo giovani, troppo precipitosi, ma durante quegli anni era stato sempre fedele a Monica, aveva abbandonato la sua vita di eccessi per lei e rinunciato alla sua giovinezza quando solo un anno dopo era diventato padre di quel ragazzo in cui, adesso, rivedeva molto di sé, con nostalgia.

«In che senso? Cosa vuoi che ti dica?» domandò a sua volta Matt, scendendo giù con un balzo dal muretto della veranda sul quale si era seduto.

«Hai l'aria di chi si è preso una bella sbandata. Ti piace?» pronunciò quelle due parole come domanda, ma avrebbe benissimo potuto evitare l' interrogativo, aveva capito già alla perfezione che la risposta sarebbe stata affermativa.

«Si, anche tanto» ammise infatti Matt, portando lo sguardo dalla parte opposta a Nathan, c'era un che di amaro nella sua voce.

«È la figlia del compagno di tua madre, ti piacciono le situazioni difficili, eh?» lo schernì suo padre, immaginando lo scompenso che avrebbe potuto creare la notizia della loro relazione.

«Dimentichi che ci sono cresciuto nelle situazioni incasinate – rise beffardo, mentre spegneva la sigaretta - ormai sembra sia il mio destino» continuò con un filo di voce.

Nathan abbassò lo sguardo e rivolse le spalle all'ultimo spicchio di sole rimasto ancora visibile. Restò in silenzio per qualche secondo, poi parlò.

«Lei non è come te»

Quelle poche parole dirette fecero sgranare gli occhi a Matt mentre ancora teneva la testa bassa, lentamente la sollevò per guardare il padre, per poi riabbassarla mestamente un'altra volta, i capelli gli ricaddero in avanti sommergendogli la fronte.

«Lo so» confermò, sconsolato.

«Non ho detto che è un male» aggiunse poi Nathan inaspettatamente, e sorrise.

Ancora una volta lo aveva sorpreso con il suo modo di parlare criptico e difficile da decifrare, Matt ricambiò il sorriso, ma presto ritornò cupo in volto, poggiò i gomiti sul muro e perse lo sguardo verso un punto indefinito.

«In ogni caso qualunque cosa ci sia fra noi non ha più molta importanza ormai, tra poco più di una decina di giorni lei se ne tornerà a casa sua e lo stesso farò io, fine della storia» provava sempre lo stesso dolore al petto quando era costretto ad ammettere a sé stesso quella dura realtà.

Nathan vide i suoi occhi colmi di tristezza e rassegnazione, gli occhi di chi sta per andare incontro alla sua prima delusione, quella che ti distrugge, ti fa odiare l'amore e dalla quale pensi di non rialzarti più.

«Ci stai rinunciando» stavolta non glielo stava domandando, era una vera e propria affermazione anche se a Matt suonò più come una provocazione.

Scattò in avanti come una molla, indurendo la sua espressione.

«E cosa dovrei fare – aumentò il volume della sua voce – chiederle di rinunciare a tutto per me e scappare insieme come avete fatto tu e la mamma? E com'è andata a finire poi? Ci conosciamo solo da un mese e, per quanto ci tenga a lei da morire, è davvero troppo presto e la fretta non porta a niente di buono, abbiamo poco più di vent'anni e studiamo entrambi, come pensi che potremmo farcela senza lavorare?» gli ribattè violentemente. Gli errori dei suoi genitori erano una ferita che bruciava ancora e non voleva vivere l'incubo di poterli ripetere.

«Sei troppo drastico» commentò secco Nathan.

«Sono realista!» gli fece eco Matt, spostandosi i capelli dalla fronte accaldata per il suo essersi infervorato.

Nessuno di loro osò riprendere la parola, rimasero in silenzio, finchè Nathan guardò l'orologio e fece leva con le braccia per staccarsi dal muretto su cui aveva poggiato la schiena. Matt lo segui con lo sguardo.

«Si è fatto tardi, sarà meglio che vada, non voglio sfidare i nervi di tua madre e inoltre devo consegnare il lavoro di oggi» disse, raccogliendo i capelli in un codino e riprendendo il suo zaino da terra.

«Già» Matt si avvicinò a lui.

«Beh, allora, ci vediamo tra un po' di giorni, ti aspetto!» si congedò da Matt, non prima di avergli scompigliato vigorosamente i capelli, il ragazzo fece una smorfia di fastidio e serrò gli occhi per riflesso.

Quando li riaprì, però, vide Nathan sorridergli: nonostante tutti gli sbagli e le conseguenze che avevano avuto sulla sua esistenza, rimaneva sempre suo padre e gli voleva bene, non poteva fare altrimenti.

«Sì, a presto» lo salutò e anche gli angoli delle sue labbra si piegarono verso l'alto.

 

Matt aiutò suo padre a caricare tutta la sua roba in macchina, poi rientrò in casa insieme a lui. Monica era anch'essa all'ingresso, con le braccia incrociate al petto, le labbra strette e l'espressione tirata ma più rilassata rispetto a qualche ora prima, in attesa che Nathan lasciasse casa sua. Rivederlo le aveva riacceso vecchi rancori ma doveva riconoscere che si sentiva più tranquilla rispetto all'ultima volta che si erano incontrati, forse perchè, come si suol dire, il tempo cura le ferite o forse perchè adesso aveva ritrovato la felicità e suo figlio. Non seppe di preciso a cosa imputarlo, ma di fatto era stato così.

«Se permetti vorrei scusarmi con Gregory per oggi» le chiese Nathan. Monica annuì senza aprire bocca, poi gli indicò con un braccio la stanza accanto. Nathan gli fece un cenno con la testa per ringraziarla, poi si diresse nella direzione che Monica gli aveva mostrato.

Gregory era seduto a leggere degli spartiti, ma sentì i passi, alzò gli occhi e vide spuntare l'uomo.

La sua espressione rimase serena e cordiale.

Non era ostile, era un uomo intelligente e aveva reagito con una calma invidiabile a una situazione che avrebbe fatto saltare qualche rotella a chiunque. Nathan lo ammirò davvero e in un certo senso fu felice che la sua ex avesse al fianco un uomo del genere.

Gli porse la mano «Ti chiedo perdono per la mia intrusione in casa tua oggi, spero di non averti causato troppo fastidio, non era mia intenzione e sono mortificato per come sono andate le cose» si scusò, guardandolo negli occhi.

Gregory gliela strinse senza astio, a parte l'iniziale shock per averlo trovato in casa e per aver dovuto riuscire nell'impresa di tranquillizzare Monica, non aveva davvero nessun motivo per avercela con lui, rimaneva pur sempre il padre di Matt e sapeva benissimo cosa significava trovarsi in quei panni, gli era capitato con Nancy, quando lei si era risposata e lui andava a trovare Ashley.

«Non c'è bisogno di scusarsi, va tutto bene, buon ritorno a casa» gli augurò, sorridendo.

«Grazie, sei in gamba – gli disse, mentre si accingeva a dirigersi verso l'uscita, poi si voltò – magari un giorno ci ritroveremo nella parentela o, chissà, condivideremo dei nipoti, chi può dirlo?» fece l'occhiolino, profetizzando una futura unione dei loro rispettivi figli, prima di sparire.

Gregory rimase interdetto a quelle parole, piegò le sopracciglia in un'espressione tra il confuso e lo sconcertato e non riuscì lì per lì a coglierne il senso. 'Parenti, nipoti, ma di che parla?' ci riflettè per un attimo, ma proprio non gli sovvenne nulla, pensò di aver sicuramente capito male, poi scrollò le spalle e tornò ad occuparsi dei suoi impegni.

Nathan intanto era di nuovo all'ingresso e vi aveva trovato, oltre a Monica e Matt, anche Ashley.

Si avvicinò proprio alla ragazza per salutarla.

«Allora Ashley, è stato un piacere conoscerti e scusa per il disturbo» le si rivolse, tendendole una mano.

Ashley sorrise garbatamente e la afferrò. «Il piacere è stato mio e nessun disturbo – si affrettò a precisare – buon viaggio, allora!». Nathan la ringraziò, poi si girò per controllare dove si trovasse Matt e vedendolo distante insieme a Monica continuò, abbassando la voce e parlando vicino all'orecchio della ragazza «Grazie per sopportare quella testa calda di mio figlio» bisbigliò.

La sentì sussultare appena e dal fatto che evitò il suo sguardo capì che si era imbarazzata, i sentimenti di suo figlio erano ricambiati, evidentemente.

«Beh, ma non c'è nulla da sopportare, Matt è .. è – cominciò a balbettare, lottando tra la sua timidezza e l'istinto di voler dire quello che provava, poi trovò il coraggio, alzò gli occhi decisa – lui è un ragazzo stupendo» era quasi affannata dopo aver tirato fuori quelle parole, sentì il bisogno di recuperare il fiato.

Nathan le sorrise, non si era sbagliato. «Comunque ti aspetto per quel ritratto fotografico, devi farmi da modella, ricordi?» si riferì a quello che le aveva detto appena l'aveva vista quel pomeriggio ed era rimasto colpito dal suo viso pulito e particolare.

«Ma, io non credo che...» Ashley aveva cominciato a parlare per spiegargli che, molto probabilmente, sarebbe stato impossibile rivedersi in verità, ma la voce spazientita di Matt la interruppe.

«Ehi, allora?» aveva richiamato l'attenzione di suo padre, insospettito da quella conversazione con Ashley più lunga del previsto e preoccupato che potesse raccontarle qualcosa della loro recente discussione.

«Arrivo, arrivo – lo tranquillizzò Nathan, poi riportò l'attenzione su Ashley e le posò una mano sulla spalla – ho l'impressione che ci rivedremo presto» le rivelò, la ragazza spalancò gli occhi e lo osservò andare via, scambiare un mezzo abbraccio con Matt e uscire dalla porta seguito da Monica.

Matt venne verso di lei, Ashley se ne accorse e provò a ricomporsi per evitare di sembrare scombussolata. Il ragazzo attese che i suoi genitori non fossero più all'interno, poi le prese il viso con le mani e la baciò con passione, come se avesse un bisogno disperato di lei, dopo tutto lo stress e la tensione accumulata, Ashley ricambiò e strinse con forza la stoffa della sua maglietta per tirarlo di più a sé.

Quando si staccarono Matt le passò una mano delicatamente su una guancia e la guardò intensamente in viso «Che ti ha detto mio padre poco fa?» le chiese, curioso.

Ashley scosse la testa e si preparò a mentire «Niente di che, solo si scusava per oggi» evitò tutta la parte su di lui e sul fatto che suo padre aveva previsto che si sarebbero rivisti, cosa che aveva fatto sognare Ashley per un attimo perchè avrebbe significato che lei e Matt sarebbero stati insieme, anche se ormai lo credeva irrealizzabile.

Matt sembrò convinto, poi le prese la mano e insieme salirono al piano superiore, consci che probabilmente Gregory e Monica avrebbero voluto stare un po' soli per riprendersi in santa pace da quel pomeriggio infernale.

 

«Le mie scuse te le ho ampiamente fatte, mi dispiace davvero per oggi, non intendevo turbare la tua tranquillità» Nathan rinnovò la sua desolazione a Monica per quello spiacevole incontro mentre lei lo accompagnava fuori da casa.

«Già, tu sei sempre stato così, agisci prima di pensare, ma è passata, per fortuna» gli scagliò un'ultima frecciatina, anche se meno velenosa del solito.

«Sì, è una mia caratteristica in effetti, e tu sei sempre stata poco amante delle sorprese, non è così?» le ribattè Nathan, ma il suo tono era calmo.

«Credo di sì» ammise Monica, mettendo da parte il suo orgoglio.

«Comunque sono contento che tu e Matt abbiate ritrovato un po' di serenità, sei sua madre ed era giusto così, farà bene a te, a lui e un po' a tutti» ci tenne a farle sapere, in passato Nathan, nonostante il conflitto con la ex moglie, aveva sempre esortato Matt a ricucire i rapporti con lei, anche se senza grandi successi.

Monica annuì e stavolta sorrise.

Nathan era stato il suo primo amore e faceva sempre uno strano effetto vedere come si era trasformato e deteriorato il loro rapporto, ma forse con gli anni stava imparando a mettere da parte tutto quell'astio e a cercare di liberarsene. A più di 4 anni dal loro ultimo confronto tante cose erano cambiate e in meglio e chissà, magari era arrivato anche il momento di smetterla di comportarsi come una ragazzina ferita e crescere, accettando che le storie iniziano e possono anche finire e che da quelle ceneri si rinasce più forti, così come stava capitando a lei.

«Gregory è davvero un tipo in gamba e ti auguro di essere finalmente felice con lui» disse sincero prima di allontanarsi.

«Grazie e buona vita anche a te, Nathan» Monica riuscì a pronunciare il suo nome senza sentirsi ribollire il sangue. Faceva progressi.

Nathan si voltò un'ultima volta «Dimenticavo, fai qualcosa, se puoi, per quei due ragazzi – alluse a Matt ed Ashley – è davvero un peccato che debbano rinunciare a viversi il loro amore, nessuno dovrebbe rinunciare a provarci».

«Vedrò che posso fare» gli promise, poi fece un cenno con la mano per salutarlo e rientrò in casa, mentre Nathan mise in moto l'auto e sparì lungo il viale.

Monica richiuse la pesante porta dietro di sé e tirò un lunghissimo sospiro di sollievo: aveva creduto di morire per la rabbia solo poche ore prima e, ringraziando il cielo, si era concluso tutto nel migliore dei modi. Ora l'unica cosa che voleva era fiondarsi da Gregory e farsi cullare dalle sue braccia, stare con lui e non pensare più a nulla. Aveva bisogno della sua protezione, della sua vicinanza e del suo amore nella sua vita e, mai come in quel momento, ne ebbe la conferma.

 

«Sono distrutto!» esclamò Matt con tono drammatico, gettandosi di peso sul letto e affondando la testa nel cuscino. Ashley si sedette accanto a lui, e abbassò il viso per portarlo al suo livello e controllare il suo livello di stanchezza.

«Hai gli occhi tutti rossi» notò, osservandolo da vicino e appurando che faceva fatica anche a tenerli aperti.

«Ho anche un terribile mal di testa» aggiunse Matt, portandosi una mano in fronte. Decisamente le urla di sua madre e tutto quel lavoro al pc erano stati un'accoppiata micidiale.

«Allora ti risparmierò il mio 'te l'avevo detto' sul casino di oggi – Matt le rifilò un'occhiataccia, ma Ashley non si fece intimorire - stanotte ti conviene riposare per bene, ti sei stressato e affaticato troppo» gli consigliò poi premurosa, mentre aveva cominciato ad accarezzargli i capelli per alleviare un poco le sue sofferenze.

«Così va già molto meglio» Matt socchiuse gli occhi alle sue carezze dolcissime e si lasciò andare a una rilassatezza tanto desiderata.

«E mi sa che ho anche una fame da morire» aggiunse dopo un rumore inequivocabile che proveniva dal suo stomaco.

«Credo che dovremo arrangiarci stasera, tua madre e mio padre avranno bisogno di un po' di tempo da passare tranquilli da soli» affermò Ashley, senza smettere di giocare con le sue ciocche.

«Già, potremo ordinarci una pizza, se ti va, che ne dici?» le propose.

Ashley annuì, poi le ritornarono in mente i momenti di panico vissuti.

«Se ripenso al momento in cui ho sentito quella maledetta porta che si apriva, oddio, mi sembra ancora di rivivere quell'incubo» rise, adesso la prendeva alla leggera, ma solo qualche ora prima si era presa uno spavento non indifferente.

«Non dirlo a me - commentò Matt a fatica, mentre si sollevava a sedere, lasciando scorrere via a malincuore la mano di Ashley dalla sua testa – ma potrò mai avere una cazzo di normalità prima o poi, è una vita che sono circondato da situazioni strane e al limite della sopportazione» si lamentò ma con un tono più scherzoso che seriamente depresso. Dopo tutti quegli anni aveva imparato a prendere le cose con più filosofia rispetto al bambino che era un tempo.

Ashley si lasciò andare a una risata, il tono di Matt era stato così melodrammatico da non riuscire a trattenersi e poi in fondo lo capì, si rivide troppo nelle sue parole.

«Come ti capisco alla perfezione!» si unì al suo stato d'animo.

Si guardarono fissi negli occhi.

Dopo una vita passata a schivare gli sguardi di compassione, derisione o stupore della gente, adesso nei suoi occhi aveva trovato la comprensione, la pace. Perchè nessuno più di lui avrebbe mai potuto capire come si sentiva e cosa aveva passato.

In fondo a loro bastava uno sguardo per intuire le sensazioni l'uno dell'altra, anche quelle più complicate da spiegare ad un estraneo, anche quelle che non si aveva la forza di raccontare. Avevano vissuto una vita intera travolti dalle loro situazioni familiari non convenzionali che, sebbene in forma diversa, li avevano segnati nel profondo e quelle esperienze li accomunavano e li legavano come un filo invisibile.

Ormai erano legati, ecco cos'era successo.

Per questo riuscivano così facilmente a comprendersi, a leggersi nell'anima, a decifrare i loro dolori o sentimenti solo guardandosi negli occhi, come nessun altro prima era stato mai capace di fare in maniera talmente intima. Avevano instaurato un legame forte ed esclusivo e la ragione era che loro, in fondo, erano tanto diversi, ma anche tanto simili e ogni volta che si abbracciavano sembrava di poter percepire le emozioni dell'altro e nello stesso tempo di ricevere conforto, reciprocamente.

Non si giudicavano, si sostenevano a vicenda ed era nato tutto spontaneamente e senza nemmeno sforzarsi di farlo e così sarebbe sempre stato, anche in mezzo ai problemi, anche lontani.

E si amavano, inevitabilmente.

«Lo sai Ashley, averti incontrato è l'unica cosa bella che sia mai venuta fuori da tutto questo dannato, enorme e terribile casino» le sussurrò a un soffio dalle sue labbra.

Ashley rabbrividì, il suo cuore cominciò a battere senza controllo e gli occhi avevano tanta voglia di inumidirsi di lacrime per l'emozione. Gli si gettò tra le braccia, aggrappandosi alle sue spalle sicure, nascondendo il viso sul suo collo e respirando il suo odore, ormai così familiare per lei. Si sentì avvolgere dalle sue braccia e aveva un groppo in gola così stretto che le impedì di dirgli che per lei valeva lo stesso, che non riusciva più a immaginare la sua vita senza di lui, anche se doveva farlo. Ma non ci fu bisogno di parole, anche quella volta si capirono senza parlare, come solo loro sapevano fare, solo stando uniti e perdendosi l'uno nel calore dell'altra.

 

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Capitolo 26
*** Capitolo 26 ***


 

 

Capitolo 26

 

Ashley si mosse, in stato di dormiveglia, per cercare una posizione più comoda su quel letto che, da un po' di tempo a quella parte, pareva essersi ristretto. Era di fianco, aveva un lato del corpo intorpidito, la sua schiena premeva insofferente contro il muro freddo e quella sensazione opprimente stava diventando insopportabile.

Emise un suono simile a un mugolio di fastidio e provò a ruotarsi per permettere alla sua povera colonna vertebrale di trovare del ristoro sul materasso morbido, ma i suoi movimenti incontrarono subito un ostacolo.

No, non era colpa del letto che, ovviamente, non si era rimpicciolito a causa di chissà quale sortilegio, bensì del ragazzo che dormiva accanto a lei e che ne occupava una porzione abbondante, forse fin troppo. Matt tendeva ad espandersi decisamente tanto durante il sonno, finendo per relegarla in un angolo involontariamente, ma il peggio era che non lo svegliavano nemmeno le bombe, quindi ogni tentativo di Ashley di riconquistare la sua parte di letto non andava mai in porto.

Dopotutto non era colpa di nessuno di loro se erano costretti a dividersi un lettino per una sola persona in due, ma quello c'era e dovevano farselo bastare.

E poi, in fondo, si era quasi abituata a quella scomodità notturna, dopo che lei e Matt facevano l'amore era così bello e rilassante rimanere insieme, abbracciati, che finivano per addormentarsi e se qualche inconveniente di spazio era il prezzo da pagare, Ashley lo faceva più che volentieri. Svegliarsi la mattina dopo, aprire gli occhi e trovarselo lì, adagiato vicino a lei, a guardarla con quegli occhi azzurri meravigliosi le faceva dimenticare qualunque disagio.

Lo spintonò con la spalla per provare a farsi spazio, ma il suo corpo rimase immobile come un macigno e, come previsto, aveva il sonno talmente pesante che quel movimento non lo scosse di una virgola.

Ashley sospirò rassegnata, riuscì a fatica a ritagliarsi uno spazietto e si tirò il lenzuolo fin sopra le spalle, abbandonandosi nuovamente al torpore.

Non era presto, dovevano già essere passate le 10 del mattino, ma la sera prima era stata a dir poco devastante per tutti con l'arrivo del padre di Matt e l'ira di Monica nell'averlo scoperto per caso senza essere stata avvisata. La stanchezza e lo stress accumulato alla fine avevano avuto il sopravvento, Gregory e Monica si erano chiusi in stanza per riprendersi da quel pomeriggio e per accertarsi a vicenda che tutto andasse bene, i due ragazzi non avevano interferito con la loro privacy, avevano mangiato una pizza direttamente in camera di Ashley e poi si erano lasciati andare sul letto, in particolare Matt che, in aggiunta all'ansia, era stremato per il lavoro svolto con suo padre e si era addormentato per primo, tra le braccia di Ashley, cullato dalle sue carezze e dai suoi baci.

Proprio per quel motivo era ancora profondamente immerso nel mondo dei sogni e non intenzionato ad abbandonarlo a breve e anche Ashley non stava disdegnando trattenersi qualche ora in più tra le coperte, di solito era piuttosto mattiniera, ma ogni tanto faceva bene al corpo e alla mente una sana e lunga dormita rigenerante.

Le imposte della finestra erano chiuse quasi interamente, e facevano filtrare solo una minima luminosità, attenuata anche dal clima del giorno, non particolarmente splendido e piuttosto autunnale, col cielo coperto da grossi nuvoloni grigi, che nascondevano il sole per la maggior parte del tempo, salvo qualche timido raggio, che faceva capolino di rado attraverso delle piccole chiazze di cielo terso tra una nube e l'altra. Probabilmente in tarda mattinata o nel pomeriggio avrebbe piovuto.

Il grigiore esterno contribuiva a dare l'illusione che fosse ancora molto presto e a far loro ragionevolmente credere di potersi crogiolare tra le lenzuola ancora per un bel pezzo, a dispetto dell' orario reale.

Quella dolce quiete era garantita anche dalla posizione strategica della camera, il cui terrazzo dava su una stradina interna frequentata solo dai pochi residenti e per quel motivo davvero poco trafficata e silenziosa.

D'un tratto quell'atmosfera paradisiaca venne spezzata da un suono, quel suono che, allo stesso modo di quello snervante di una sveglia gracchiante, era capace di buttare giù dal letto o quanto meno di far saltare i nervi e parte della salute mentale anche ai dormitori più incalliti, accendendo istinti omicidi e voglie di spaccare in mille pezzi l'apparecchio origine di quel rumore infernale: la suoneria insistente e acuta di un cellulare, quello di Ashley in tal caso.

La sfortunata proprietaria del telefono sobbalzò e aprì gli occhi in fretta.

Se li stropicciò alla buona mentre il suo cervello analizzava quel suono e lo attribuiva al suo cellulare. Sollevò la testa sbuffando, si aiutò coi gomiti a ruotare il busto goffamente e fece per raggiungere il comodino, ma si accorse di essere troppo lontana, Matt stava proprio in mezzo e le impediva di arrivarci.

Ashley lo guardò, era sdraiato a pancia in giù, non riuscì a capire se fosse sveglio perchè aveva il viso sprofondato nel cuscino e rivolto dalla parte opposta alla sua e tutto ciò che vedeva chiaramente era solo la sua massa di capelli biondi. Cercò di allungarsi più che poteva, facendo attenzione a non finirgli addosso, finchè non lo vide muoversi: quel rumore e tutto il suo contorcersi sul letto dovevano averlo disturbato.

Matt sporse, dunque, il braccio sinistro verso il comodino, la sua schiena nuda si inarcò mentre a tastoni recuperava il suo cellulare senza sollevare la testa dal cuscino e glielo porgeva.

Ashley lo afferrò, poi si mise a sedere e lesse il nome sul display.

«Cazzo!» esclamò.

La sua reazione colorita attirò l'attenzione di Matt, Ashley non era solita usare certi termini con frequenza, voltò finalmente la testa verso di lei e aprì un occhio a fatica per scrutarla.

«Non rispondi?» le chiese con la voce roca, ancora presa dal sonno, sia per curiosità e sia perchè non ne poteva davvero più di quel suono che gli stava fracassando i timpani e non pareva voler cessare. Chi chiamava doveva avere una gran premura di sentirla!

Ashley saltò in aria, aveva gli occhi fissi sul display e Matt ebbe l' impressione di vederle tremare le mani, così sospirò e si sollevò per portarsi alla sua altezza e capire che stesse succedendo.

«É.. è.. Tyler – spiegò, infine, Ashley timorosa, per un attimo ebbe l'impressione di aver scorto del disappunto negli occhi di Matt – io ho paura, insomma, che cosa devo dirgli?» gli chiese in cerca di conforto, era terrorizzata di sentirlo, mentirgli le faceva male e parlare con lui la metteva un po' a disagio, soprattutto adesso, con un ragazzo nel suo letto, il ragazzo che amava.

Matt assunse un'espressione infastidita, non potè negare che sentire quel nome lo avesse ingelosito. «Scusa, stai per caso chiedendo a me un parere su cosa dire al ragazzo che è innamorato di te da anni?» le domandò, piegando le sopracciglia con aria sarcastica, riuscendo perfettamente nell'impresa di far suonare come assurda la sua richiesta di aiuto.

«Già, hai ragione» ammise imbarazzata, dandosi mentalmente dell'idiota per un paio di volte.

Nel frattempo la chiamata si era interrotta, ma il telefono aveva ricominciato a squillare nemmeno un minuto dopo. Caspita, era proprio asfissiante!

«Se non hai intenzione di staccarla, almeno rispondi o metti il silenzioso, quella maledetta suoneria mi sta uccidendo!» la avvertì e si rigettò di peso sul letto, schiacciandosi il cuscino sull'orecchio per enfatizzare il concetto.

Certo che quella chiamata lo aveva messo proprio di cattivo umore, sembrava più acido di una zitella e non faceva altro che far aumentare il nervosismo di Ashley.

«Vaffanculo» gli rivolse sottovoce la rossa, completamente senza freni, complice la situazione ma anche la confidenza che ormai era nata tra loro due.

«Ti ho sentito» la ammonì Matt con la voce attutita dal cuscino, che aveva però comunque fatto trasparire un tono divertito.

Ashley lo ignorò, troppo presa dalla preoccupazione, poi decise di togliersi quel pensiero, così, netto e indolore.

«Pronto Tyler» rispose, mostrando sicurezza.

«Ehi Ashley, come stai? Stavo andando agli allenamenti e ho del tempo libero prima di entrare in campo, così avevo pensato di chiamarti visto che non ci sentiamo da un po' – esordì l'amico, col suo solito tono allegro – spero di non averti disturbato, stavi per caso dormendo?» si premurò di chiederle subito, avendo sentito la sua voce un tantino bassa.

«Oh no, no, tranquillo, è che sono un po' raffreddata, sai gli sbalzi di temperatura, e comunque non mi disturbi affatto!» mentì spudoratamente, in effetti alle 10 passate di mattina era più che normale che Tyler la pensasse sveglia e attiva.

Matt accanto a lei alzò la testa leggermente per guardarla e un ghigno beffardo si dipinse sul suo volto. Si beccò un'occhiataccia istantanea di odio da Ashley, ovviamente.

«Ah meno male, allora, sei pronta a riprendere coi ritmi frenetici dell'università? Manca ormai poco al tuo ritorno, no?»

Ashley stentò a rispondere, non era per niente pronta e mai lo sarebbe stata, se avesse potuto arrestare il tempo in qualche modo lo avrebbe di certo fatto. Scivolò di nuovo sdraiata, stringendosi il lenzuolo come volesse proteggersi.

«Ah sì, è vero, beh sì certo, si dovrà ricominciare» rispose vaga, come se lo stesse ripetendo a sé stessa, il suo tono era del tutto cambiato, si era fatto triste e sembrava carico di preoccupazione e rammarico e questo all'orecchio attento di Tyler non sfuggì.

Cambiò argomento e continuarono a chiacchierare del più e del meno, mentre Matt, stanco di fare il terzo incomodo in quella telefonata, che per giunta era colpevole di aver fatto svanire il suo beatissimo sonno, si avvicinò pericolosamente ad Ashley e prese a carezzarla e lasciarle dei languidi baci sul collo e sulle spalle, facendola rabbrividire e balbettare.

La ragazza cercò di minacciarlo usando lo sguardo più cattivo che le riuscisse in quel momento, ma risultò come una caricatura comica per niente spaventosa. Era ormai sempre più difficile portare avanti quella conversazione in quelle condizioni e anche Tyler si rese conto che Ashley faceva fatica a rispondere.

«C'è qualcosa che non va?» le chiese, contraendo la fronte.

«No, è che mio padre mi fa cenno di raggiungerlo e mi sa che devo staccare, ci vediamo presto Tyler, ciao!» lo liquidò alla svelta, riattaccando alla velocità della luce.

Tyler rimase per qualche secondo col rumore del segnale della linea chiusa nell'orecchio, poi allontanò il cellulare dall'orecchio e abbassò lo sguardo.

C'era qualcosa di strano in Ashley quell'estate, era fredda, distaccata, non scherzava con lui come era suo solito. Sì, a fine estate le prendeva sempre un filo di malinconia, ma era una fase che durava poco e che comunque non l aveva mai abbattuta più di tanto, anzi, veniva subito sostituita dall'entusiasmo di riprendere le attività che la facevano sentire realizzata e viva.

Che fosse cambiato ciò che la faceva sentire in quel modo? Che ci fosse altro adesso nella sua esistenza?

Aveva un brutto presentimento in quei giorni, come se si aspettasse una forte delusione, forse perchè, in fondo, dentro di sé lui già la verità la conosceva, solo non voleva accettarla perchè gli procurava troppo dolore.

Udì le voci dei cuoi compagni che lo chiamavano in campo e si ridestò.

«Arrivo!» urlò a gran voce, mentre riponeva il cellulare e si avviava correndo, sempre più consapevole ma convinto di andare ormai oltre, di tentare il tutto e per tutto.

 

«Sei proprio uno stronzo! - esclamò Ashley, facendo la finta offesa e divincolandosi dalla stretta di Matt - ma ti pareva il momento di comportarti in quel modo?» lo accusò, ripensando alle sue effusioni che le avevano annebbiato la lucidità mentre parlava con Tyler.

«Andiamo, so che ti è piaciuto – la provocò - altrimenti non avresti avuto difficoltà a continuare la chiamata!»

Ashley arrossì, sbuffò e distolse lo sguardo. Matt ci aveva preso, ma non poteva mica ammetterlo!

Il biondo scoppiò a ridere, poi avvicinò il viso al suo e fece scontrare i loro nasi.

«Visto, ci ho azzeccato, ormai ti conosco troppo bene!» disse d'impeto, rendendosi conto troppo tardi del peso e dell'importanza di quelle parole.

Restarono a fissarsi senza dire nulla, mentre Matt aveva perso la sua aria irriverente per assumerne una più seria e insicura. Aveva paura di aver osato troppo con quell'affermazione così intima, che dava per scontato quanto ormai loro due fosse entrati in connessione, senza sapere però se anche per Ashley fosse lo stesso. I suoi timori furono spazzati via perchè la vide sorridere e finchè lei sorrideva per lui andava tutto bene.

«La verità è che eri geloso» lo punzecchiò.

Matt fece un verso di dissenso «Ma figuriamoci, geloso di quel Tyler, che ti salta in mente?» si affrettò a negare, ruppe il contatto tra loro e si alzò, cominciando a rivestirsi e dandole le spalle per evitare che Ashley lo vedesse in viso e scoprisse che invece era proprio così. Quel sentimento era nuovo per lui e lo confondeva, prima d'ora non aveva mai tenuto così tanto a qualcuno da soffrire o infastidirsi al pensiero di vederselo portato via.

«Parlerò a Tyler di sicuro, appena sarò a casa – ritenne di informarlo Ashley, come se la questione riguardasse anche lui – è giusto che sappia che non provo niente di più che amicizia, ricordi? Sei stato tu a dirmi che anche le cose spiacevoli vanno dette»

«Già» rispose mestamente Matt.

Se lo ricordava benissimo, ma lui era il classico esempio di chi predicava bene e razzolava male, o quanto meno, nella sua vita era solito essere diretto e spiattellare ciò che pensava in faccia, ma quando si trattava delle persone che amava, lì diventava tutto più difficile e si teneva un magone dentro.

Anche adesso, anche con lei, c'erano tante di quelle cose che avrebbe dovuto dirle, che avrebbe voluto urlarle e invece non ci riusciva, per paura, per codardia, per insicurezza. Come tutti anche lui aveva una parte debole, un tallone d'Achille e nel suo caso erano i sentimenti, capirli, esprimerli, comunicarli.

Forse perchè non ci era stato abituato o forse perchè aveva subito troppe delusioni, o forse entrambi i motivi, ma dei progressi c'erano stati e chissà che un giorno sarebbe stato in grado di aprirsi anche lui e di esternare appieno ciò che provava.

«Io vado, a dopo!» la salutò, poi poggiò l'orecchio sulla porta per accertarsi che non ci fosse nessuno in corridoio e uscì.

Peccato che nello stesso istante anche sua madre stesse uscendo dalla sua camera e lo colse in flagrante. Fortuna che Matt era abituato a uscire da situazioni imbarazzanti da una vita intera, senza scomporsi o perdersi d'animo infilò la testa nella stanza di Ashley, che lo guardò sbigottita e parlò «Ah, grazie ancora per quei chiarimenti, adesso posso continuare a studiare!» disse, sgranando gli occhi verso la ragazza e rivolgendole un cenno con la testa per farle intuire che vi era un pericolo nel corridoio e che doveva stare al gioco.

«Tranquillo, è stato un piacere!» esclamò lei a voce alta, fingendo una tranquillità che faceva a pugni con l'espressione atterrita del viso.

Matt richiuse la porta, Monica era ferma nel corridoio con un sopracciglio già ben inarcato e le braccia conserte in atteggiamento di forte sospetto. Certe volte si domandava perchè non potesse essere tonta come Gregory invece di avere fiuto per le situazioni losche. Certo si sarebbe risparmiata un bel po' di seccature.

«Buongiorno, mamma!» la salutò suo figlio, sfoggiando un sorriso smagliante.

«Non ti ho visto prima, dove sei stato?» gli chiese Monica, squadrandolo dalla testa ai piedi.

«A studiare in camera, non sono uscito da lì da quando mi sono svegliato, ho chiesto ad Ashley dell'aiuto, quella ragazza è un fottuto genio, capisce anche le mie materie!» le raccontò con una convinzione tale che in effetti risultava credibile.

Poi si diresse in camera sua senza aggiungere altro, Monica restò un attimo immobile, lo osservò attenta finchè non lo vide sparire oltre la porta. Sentiva puzza di bruciato, decisamente, e pensò che urgeva al più presto un bel discorsetto da fare a quei due.

 

«Odio la burocrazia!» sbottò Dorothy, mentre armeggiava con un cumulo di carte e documenti che non ne volevano sapere di starsene ordinati nella sua cartelletta.

«Benvenuta nel club» la schernì annoiata la sorella, Ashley soffocò una risata coprendosi le labbra con la mano.

Ashley aveva deciso di dedicare quel pomeriggio alle cugine, le aveva trascurate in quei giorni e visto che tra poco sarebbe andata via e le avrebbe riviste forse solo per Natale, aveva conservato del tempo libero per loro. Erano state ad accompagnare Dorothy nella sede della sua futura Accademia per sbrigare tutte le incombenze sull'iscrizione e l'enorme quantità di fogli e documenti da produrre aveva già disorientato la novellina dell'ambiente, mentre aveva lasciato perfettamente indifferenti le altre due, già avvezze a quel tipo di rogne.

«Basta, adesso catapultiamoci a farci una passeggiata, ho bisogno di sgranchirmi!» propose Dorothy, facendo ondeggiare i suoi lunghi capelli ramati.

Sul lungomare il selciato era bagnaticcio e umido a causa della pioggia che era caduta intorno a ora di pranzo, come preannunciato dal cielo uggioso della mattina. L'aria si era di conseguenza rinfrescata e il mare si infrangeva sulla sabbia violentemente, ribollendo di spuma e scoraggiando chiunque avesse anche solo avuto l'infelice idea di provare a farci un tuffo. Mancavano solo un paio di giorni e Agosto avrebbe chiuso il sipario di quell'estate.

Annie si strinse tra le spalle, pentendosi amaramente di aver indossato quel misero vestitino a maniche corte, nella speranza che dopo la pioggia il sole avesse di nuovo fatto la sua comparsa.

«Brrr, fa freddo, maledizione!» imprecò per l'ennesima volta, invidiando la sorella e la cugina, che previdentemente aveva indossato rispettivamente una felpa e un maglioncino di cotone leggero.

«Conviene andare, o ti prenderai un malanno» le consigliò Ashley premurosa.

«Ma no, posso resistere e poi non voglio rovinare la passeggiata a voi!» si ostinò, cercando di sistemare i capelli ricci, ingarbugliati dal venticello con una mano e con l'altra di tenersi la gonna che si gonfiava, rischiando di farle fare una figuraccia.

Ashley e Dorothy si guardarono negli occhi. «Dai su, andiamo a casa, siamo già state fuori abbastanza e poi con questo tempo è così bello stare al chiuso, lo adoro!» cinguettò Dorothy entusiasta, lei all'estate preferiva il tempo uggioso, una bella coperta e un film o un libro da leggere.

Alla fine riuscirono a convincere la testarda Annie a rincasare e nemmeno mezzora dopo erano spaparanzate sul divano, al calduccio. La temperatura si era davvero abbassata.

«Non posso crederci che stiamo bevendo della cioccolata calda!» si lamentò Annie, osservando con perplessità la sua tazza fumante e sentendosi in pieno Gennaio.

«Smettila di rovinare l'atmosfera Annie, ci stava proprio, mi sento così rilassata!» disse tutta esaltata Dorothy, soffiandoci sopra, mentre Annie faceva un gesto inequivocabile ad Ashley per indicare che la sorella doveva avere qualche rotella fuori posto.

«Che tristezza che tra dieci giorni te ne vai, Ashley» continuò Dorothy, rigirandosi la tazza calda tra le mani.

Ashley si scurì in viso.

«Già – si accodò Annie – ci mancherai, lo sai»

«Anche voi mi mancherete, ma sapete benissimo che potete venirmi a trovare quando volete, anzi lo esigo – le minacciò sorridendo – adesso che mia sorella Phoebe si trasferisce ho un sacco di spazio in più in camera e posso ospitarvi tranquillamente» le invitò, dopotutto le avrebbe fatto tanto piacere stare con loro e sua madre e July sarebbero state più che felici di ospitarle, a loro piaceva avere gente attorno e confusione in casa, soprattutto adesso che la mancanza di Phoebe avrebbe pesato.

«Oh magari – esclamò raggiante Dorothy – ricordo che tua madre è troppo simpatica, ci organizzeremo di sicuro, magari verso Novembre, così poi tu tornerai un po' qui per Natale e sembrerà di non essere state distanti troppo a lungo!»

Le promesse di rivedersi erano belle, erano rassicuranti, facevano sembrare tutto meno difficile e i distacchi meno pesanti da sopportare.

Era una vita che Ashley viveva di promesse, di arrivederci, di partenze e di ritorni infiniti, di saluti con la mano dal finestrino della macchina o sulla soglia di casa a persone a lei care. Le aveva affrontate fin dalla tenera età, e ai pianti disperati di una bambina troppo piccola per capire, si era sostituita mano mano una sensazione di vuoto e spaesamento, tipica di quando si lascia indietro qualcuno. Avrebbe dovuto ormai esserne immune, eppure ogni volta le si formava sempre lo stesso groppo in gola, non ci si abituava mai.

«Sai che ho conosciuto il batterista del tuo Matt? Si chiama Michael, è carino e ci siamo parlati per caso grazie a te!» la informò poco dopo Annie, passando ad argomenti più frivoli, al suo fianco Dorothy roteò gli occhi con aria di sufficienza.

«Eh? Grazie a me? Non capisco!» fece dubbiosa Ashley, aggrottando le sopracciglia.

«Ma sì, mi ha incontrata fuori e si è ricordato di avermi vista più volte insieme a te e così mi ha fermato per chiedermi se sapessi qualcosa in più su come andassero le cose tra te e Matt. Diceva che lo vedono tutti cambiato, con la testa fra le nuvole, insomma innamorato perso!» confessò candidamente.

Ashley si strozzò con la cioccolata e per poco non ruzzolò giù dal divano, Dorothy andò in suo soccorso ridendo, dandole dei colpetti sulla schiena.

«Che cavolo dici? Ma sei seria?» le domandò quando fu di nuovo in grado di proferire parola.

«Serissima, ormai penso sia evidente a tutti – le buttò un'occhiata distratta mentre sorseggiava con gusto la bevanda che prima aveva fortemente disprezzato – comunque è carino, ci siamo scambiati il numero e ci parliamo ogni tanto, ha degli occhi verdi stupendi! Magari chi lo sa, finiremo a fare delle uscite in quattro!» scherzò Annie, come se fosse la cosa più normale della terra.

Ashley rischiò di strozzarsi per la seconda volta, mentre Dorothy scuoteva la testa rassegnata.

«Ma non avevi detto che i 'rockettari' o come li chiami tu, non ti piacciono?» le chiese la rossa, sempre più shockata.

«Ho detto che non sono il mio tipo, ma non ho mai detto che non possa interessarmi qualcuno che non sia il mio tipo standard!» affermò con naturalezza Annie, fissandosi le unghie della mano destra.

Ashley tentò di aprire bocca più volte nel tentativo arduo di esprimersi su quel ragionamento contorto che davvero non riusciva cogliere, ma Dorothy le poggiò una mano sulla spalla.

«Tranquilla, ti capisco, io ci ho rinunciato da un pezzo a capirla e ci sono nata assieme!» la confortò.

«Dai Ashley, non fare quella faccia, sinceramente neanche io ti avrei mai immaginata innamorata di uno che va in giro scapigliato e con magliette nere con scritte improponibili sopra, eppure guardatevi, è capitato, siete perfetti insieme, la vita è bella per questo, quando meno te l'aspetti ti sorprende e capovolge tutto quello in cui hai sempre creduto e che pensavi fosse l' unico modo che avevi di vedere il mondo! Sì, a volte fa paura per questo, ci si sente disorientati, senza certezze e punti fermi, ma è terribilmente emozionante quando alla fine ci si lascia andare!» affermò Annie, rivelando una saggezza inaspettata.

Ashley ci pensò sù e dovette riconoscere che non aveva tutti i torti: tante cose stavano cambiando nella sua vita e ne aveva una paura folle, ma forse era così che doveva andare, per crescere e diventare migliore, più forte. Avrebbe dovuto affrontare tanti cambiamenti e chissà quante altre prove l'aspettavano nel corso della sua vita e quante volte avrebbe dovuto mettere in discussione sé stessa, come aveva cominciato a fare quell'estate per la prima volta, ma la sfida era proprio quella, riuscire a cavare il buono dalle novità, diventare flessibile, aperta ai cambiamenti e solo così non si sarebbe spezzata.

«Mi stupisci Annie, non ti facevo così sensibile! - la prese in giro, poi si fece di nuovo seria e un po' impacciata – io e Matt, sapete, alla fine è successo» confessò a bassa voce, stringendosi nelle spalle, le cugine capirono subito a cosa si riferiva. Ashley aveva preferito aspettare del tempo, ma adesso le era sembrato il momento adatto per condividerlo con loro.

La attorniarono, circondandole le spalle con affetto e rischiando di farle rovesciare il resto della cioccolata sul divano, con buona collera di sua zia Lavinia.

«Oh tesoro, e come ti senti ora?» le chiese Dorothy, stringendole una mano.

«Meravigliosamente, sai è stato tutto così naturale e mi sono lasciata trascinare dalle emozioni, come avevi detto anche tu, bisogna saper capire quando qualcosa vale la pena di essere vissuta» le sorrise, ricevendo un abbraccio da Dorothy.

«E alla fine che avete deciso di fare?» domandò Annie, posando la tazza sul tavolo e raggomitolandosi sul divano.

«Abbiamo intenzione di viverci questi ultimi giorni che ci rimangono, senza stabilire se stiamo insieme o no, così separarci sarà meno doloroso, almeno non dovremo essere costretti a dire che ci stiamo 'lasciando' - le tremò per un attimo la voce, ma se la schiarì e andò avanti - credo sia giusto così ed è la cosa migliore per tutti e due, sono anni troppo cruciali per entrambi ed é difficile gestire una relazione a distanza, almeno in questo modo ci porteremo dentro dei ricordi positivi, invece che una storia che lentamente sfiorisce.» spiegò.

Dorothy le carezzò i capelli. «Se ne sei convinta va bene così» cercò di incoraggiarla, la sua voce era dolce e lo stesso i suoi occhi nocciola.

«Sì, certo, ne sono convinta» confermò Ashley ma le sue stesse parole le risuonarono come false e di circostanza, non riuscì a percepirle come totalmente sincere.

'Come sarà l'ultimo giorno che passeremo insieme? Sarò abbastanza forte da non crollare?' pensò, all'improvviso una strana ansia la pervase, deglutì nervosamente e con la scusa di portare le tazze in cucina rimase da sola per qualche minuto. La stanza sembró cominciare a girare, si appoggiò d' istinto al tavolo con le braccia e abbassò la testa, sotto i suoi occhi la tovaglia a scacchi rossi e bianchi e qualche post it vecchio dimenticato dalle gemelle, ma lei non vedeva nulla.

Ansimò sempre più forte, come preda di un attacco di panico.

«Io ce la farò – mormorò - ti dimenticherò, mi dimenticherai, va tutto bene, va tutto bene» continuò a ripetere.

Si calmò, il respiro ritornò regolare, il battito normale e i muscoli distesi.

«Andrà tutto bene, deve farlo» disse un'ultima volta a sé stessa, sicura.

 

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Capitolo 27
*** Capitolo 27 ***


Capitolo 27

 

«Piove, ancora» mormorò cupa Ashley, rannicchiata da sola per terra su di un cuscino, con le braccia attorno alle ginocchia e la fronte poggiata sulla vetrata della veranda, sulla quale avevano iniziato a schiantarsi sempre più forte dei goccioloni.

D'un tratto fece una smorfia di dolore e si passò una mano sull'addome, producendo un leggerissimo gemito strozzato.

Le era appena venuto il ciclo e non sapeva se fosse quella la causa o l'orrido cielo grigiastro che scatenava la sua metereopatia più acuta o i soliti pensieri deprimenti che faceva spesso, o più probabilmente la somma di tutte e tre le cose, ma si sentiva davvero di merda, fisicamente ma soprattutto moralmente. Non c'era altro termine per descrivere quanto giù si sentisse in quel momento.

Si strinse ancora di più le gambe e sospirò, il vetro si appannò ma Ashley cancellò subito con la mano le tracce della condensa e vide riapparire il riflesso del suo viso, che si fondeva con l'ambiente esterno.

Guardò i suoi occhi spenti e la sua bocca inespressiva e odiò l'immagine di sé che ne risultava.

Solo il giorno prima si era ripetuta di essere forte, di farcela ad affrontare le difficoltà che l'attendevano e adesso invece aveva voglia solo di stare accucciata a terra in un angolo, con l'umore a pezzi, a fissare il grigiore esterno, lo stesso colore che si portava dentro.

Si sentiva impotente, frustrata e senza volontà di fare nulla.

Lunatica, ecco cos'era diventata e per quanto si sforzasse di porsi buoni propositi e obiettivi per il futuro, un giorno non era mai come un altro e tutto ciò che sembrava realizzabile la sera, il mattino dopo appariva impossibile. Aveva ancora molto da lavorare sulla sua determinazione e fermezza.

Era domenica e la casa era silenziosa, suo padre e Monica dormivano ancora dopo una settimana di lavoro e levatacce mattutine, Matt era uscito con i suoi amici la sera prima, visto che ultimamente passava la maggior parte del tempo con lei e aveva ricevuto diverse lamentele e simpatiche minacce sul fatto che li stesse trascurando e di sicuro giaceva immerso in un sonno profondo. Lei al contrario era stata svegliata dai dolorini alla pancia e dall'irrequietezza e non era più riuscita a prendere sonno, così aveva pensato bene di alzarsi, vestirsi e ammirare quel paesaggio spettrale.

Proprio un bel modo di iniziare un giorno che, in teoria, dovrebbe essere festoso e spensierato.

Si allungò le maniche della felpa fin sopra il dorso delle mani e si portò le braccia sul ventre, come conforto.

Una mezzora dopo udì dei passi farsi più vicini, ma non si degnò nemmeno di guardare chi fosse.

«Ashley, che ci fai qui? Ho visto la tua camera ancora con le imposte chiuse ma tu non eri più a letto – Matt l'aveva scorta per terra e, senza alzare la voce per non svegliare gli altri, si avvicinò alla ragazza, che però rispose solo con un mugolio flebile – si può sapere che hai? Stai male per caso?» le chiese preoccupato, piegandosi sulle ginocchia per guardarla meglio e posandole una mano sulla fronte per accertarsi che non scottasse.

«Non ho la febbre, sto solo un po'.. così...diciamo» cercò di rassicurarlo senza successo, Matt rimase infatti a osservarla dubbioso e non intenzionato a mollare finchè non avesse capito cosa la turbasse.

«Ho solo le mie.. cose.. ecco, tutto nella norma insomma» confessò allora Ashley, girandosi dall'altra parte, con un leggero imbarazzo nella voce. Matt notò solo allora le sue braccia strette sulla pancia e capì immediatamente.

«Oh, scusami – le disse, poi le sollevò il viso per il mento, vide i suoi occhi tristi, e si domandò se fosse per il malessere o se stesse covando una sofferenza diversa, si accigliò impensierito – però non mi piace che stai qui per terra, sù vieni con me» le ordinò, ed Ashley capì che non avrebbe accettato un rifiuto perchè si sentì prendere in braccio di peso e non potè fare altro che aggrapparsi al suo collo e farsi condurre da lui.

Matt si sedette sul divano con lei addosso, e se la strinse al petto. «Non si sta più comodi qui?» le domandò, Ashley sorrise e lo guardò, i suoi occhi acquistarono istantaneamente luce, bastavano la sua vicinanza e i suoi gesti per raddrizzare anche la giornata più nera.

Sentì il suo braccio che la cingeva protettivo, una sua mano le stava carezzando la pancia per provare a darle sollievo, e rabbrividì al pensiero di tutte quelle attenzioni per lei.

«Va molto meglio, adesso» lo rassicurò, dandogli un bacio.

«Cos'è che ti turba Ashley?» le chiese senza girarci troppo attorno.

Sapeva che quella domanda sarebbe arrivata, non poteva esserne sicura al cento per cento, ma aveva il sospetto che Matt si sentisse in parte responsabile ogni volta che lei faceva trasparire angoscia o tristezza e causa dei suoi sbalzi di umore ed Ashley non poteva negare che fosse così, almeno per una buona percentuale. Parlargliene, però, non avrebbe cambiato il risultato e avrebbe forse avuto l'effetto di peggiorare quell'agonia.

Scosse la testa e prese a giocare con la stoffa della maglietta di Matt.

«Niente di che, è una di quelle classiche giornate 'no', in cui sembra tutto un disastro irreparabile e ti senti un fallimento su tutti i fronti, a te non capita mai?» gli chiese.

«Se mi capita? Lo fa continuamente, sono più che abituato a questa sensazione, direi» rise di sé stesso.

«E cosa fai di solito per fartelo passare?» gli domandò curiosa, lei in quei momenti si lasciava sopraffare dai brutti pensieri passivamente.

«Non me lo faccio passare, semplicemente – le illustrò, Ashley lo fissò meravigliata, non riusciva a credere che la soluzione fosse crogiolarsi nella depressione e nelle negatività e rimase in ascolto in attesa di un ulteriore chiarimento – mi spiego meglio, il dolore, la rabbia, l'insofferenza esistono e sono sentimenti esattamente come altri, se li ignorassi, fingendo che tutto vada bene, non farei altro che metterli da parte, soffocarli e farli crescere a dismisura fino a esplodere, allora io me li vivo, mi incazzo, mi dò dell'idiota, analizzo tutti i motivi che mi fanno sentire in un determinato modo e poi cerco di farli fluire, mi sfogo, faccio qualcosa, esco, suono, perchè sono consapevole che nemmeno il più schifoso dei momenti durerà per sempre, è così, tutto cambia in continuazione, anche noi, non saremo gli stessi di adesso mai più».

'Cambierò anche io, è inevitabile' pensò Ashley, le parole di Matt l'avevano colpita nel profondo e anche spaventata se doveva essere sincera, il senso drastico del 'non essere mai più quelli che siamo ora' le aveva fatto sentire una fitta al cuore.

Cambiamento era la parola che più le girava nella testa in quel periodo e la ossessionava e lui aveva azzeccato il suo problema in pieno, come sempre. Non doveva scappare, doveva avere fiducia in ciò che sarebbe mutato, doveva accettarlo ma senza farsi trascinare totalmente e soccombere e anche se i momenti di scoraggiamento sarebbero tornati, non li avrebbe dovuti temere, li avrebbe dovuti vivere come parte di quella ruota frenetica che era la vita.

«Non sapevo ci fosse anche della saggezza lì dentro» lo prese in giro, picchiettandogli in testa.

«Forse ti preferisco depressa, sai? - fece Matt, fingendosi offeso, poi la luce del sole li raggiunse, illuminando e accendendo i colori attorno a loro e su di loro, con sempre maggiore intensità – visto? Il sole è già tornato, usciamo fuori, ti va?» le propose, aprendosi in un ampio sorriso.

Ashley non potè rifiutare,uscì in giardino, respirando a pieni polmoni il piacevole profumo di terra umida che rimaneva subito dopo un temporale, l'aria frizzante che solleticava il naso e ritemprava i muscoli, il sole che si insinuava prepotente tra le nuvole diradate, la metafora della rinascita, e si sentì rinvigorita, si stiracchiò e sollevò il viso al cielo, spostando tutti i capelli all'indietro per lasciarsi invadere pienamente da quelle nuove vibrazioni.

Poi osservò Matt che, con la schiena poggiata al muro, la guardava soddisfatto, illuminato anch'esso da quell'ondata di colori e gli si lanciò tra le braccia, baciandolo.

Monica e Gregory si erano appena alzati, avevano preferito rimanersene un po' a letto, approfittando della domenica e di quell'aria fresca ma non troppo, che rendeva così gradevole attardarsi tra le lenzuola. I primi raggi di sole li avevano convinti ad abbandonare quell'atmosfera da sogno per dare inizio alla giornata e Monica aveva riordinato i suoi capelli folti, indossato una vestaglia e spostato la lunga tenda che celava la finestra, per poi spalancare le imposte, e abituare gli occhi alla luminosità esterna.

E fu dopo averli riaperti che li vide, suo figlio insieme ad Ashley, avvinghiati a baciarsi, proprio sotto la loro finestra.

Non fu una sorpresa sconcertante, ma solo la conferma visiva a ciò che aveva ormai da tempo intuito.

Rimase qualche secondo immobile a osservarli: si comportavano come se attorno a loro non esistesse nient'altro, le loro labbra si cercavano senza sosta e si stuzzicavano con una estrema confidenza, come se si conoscessero da una vita, le loro mani si desideravano, scorrendo sui visi, tra i capelli, lungo i fianchi, alternavano ai baci dei lunghi abbracci, e notò con quanta delicatezza e protezione la mano di Matt si depositava sui capelli di Ashley e manteneva la sua testa poggiata sulla sua spalla come a volerla sentire solo sua, e con quanta dolcezza Ashley aveva incrociato le sue braccia attorno alla schiena di lui, abbandonandosi a quel contatto. Entrambi avevano gli occhi socchiusi ma quando li aprivano per guardarsi si illuminavano più di quanto potesse fare il sole ed entrambi sorridevano.

Non aveva mai visto suo figlio, di solito freddo e poco incline a dimostrare le emozioni col contatto fisico, così capace di gesti colmi di amore e cura nei confronti di qualcuno e adesso, dopo quella scena, non avrebbe esitato ad affermare che quei due erano proprio innamorati.

Le apparvero così belli, presi da quell'amore a tal punto da non essersi accorti di trovarsi sotto la loro finestra, esposti e indifesi, incoscienti e imprudenti come solo quel sentimento fa diventare quando esplode e non lo si può più contenere e non importa dove ci si trovi e quanti rischi si corrano, il bisogno di stringersi e di sentirsi uniti diventa vitale e più importante di tutto.

Le sue labbra si piegarono involontariamente in un sorriso e Gregory si accorse di quel particolare. Monica era rimasta come ipnotizzata alla finestra e sembrava rapita da un qualche spettacolo e così provò a chiamarla, mentre indossava gli occhiali da vista per correggere la sua miopia e mettere a fuoco quella visione.

«Monica, che ti prende? Cosa hai da guardare?» la riscosse, avvicinandosi pericolosamente a lei e di conseguenza alla finestra.

Monica sobbalzò, non poteva permettere che Gregory scoprisse in maniera così diretta cosa stava succedendo e per la salvezza dei suoi nervi e anche dei due sconsiderati là sotto, si mise in azione come un angelo custode, arrestò l'incedere del suo compagno e gli impedì di raggiungere la finestra, serrando nuovamente le tende.

«Ma niente, è tutto così splendido quando torna il sole dopo un diluvio che mi ero incantata a fissare la natura – disse, posizionando le mani sul suo petto e spingendolo con decisione indietro – adesso che ne dici se scendiamo a fare colazione? Avanti, andiamo!» gli prese poi la mano e lo tirò a sé verso l'uscita della stanza.

Per stavolta l'avevano scampata, ma Monica pensò che quel discorso che doveva fare ai due ragazzi non poteva più essere rimandato, mica poteva fare sempre la supereroina, pronta in qualunque istante a tirarli fuori dai guai!

Sapeva quanto Gregory tenesse a sua figlia e quanto fosse iperprotettivo e onestamente non riusciva a valutare se il fatto che la controparte amorosa di Ashley fosse Matt, ovvero il figlio della sua compagna, potesse essere un fattore negativo o positivo.

Monica sapeva con certezza che Gregory aveva stima di Matt, più di una volta glielo aveva fatto presente già dai tempi in cui lei stessa era in conflitto col figlio, e temeva che, proprio per questo motivo, potesse prendere come una sorta di tradimento il suo essersi invaghito di sua figlia e a tutto ciò si aggiungeva l'aggravante che i due folli si ostinavano testardamente a tenere tutto segreto quando ormai persino i muri avevano capito la verità.

Possibile che la distanza facesse loro così paura al punto da rinunciare a stare insieme, uscire allo scoperto e ufficializzare finalmente la loro unione?

In ogni caso, di fatto, finchè Gregory sarebbe stato all'oscuro di tutto, dovevano necessariamente darsi una regolata, visto che per forza di cose condividevano lo stesso tetto, e il rischio di alterare gli equilibri perfetti nella loro famiglia era troppo elevato.

 

A fine pranzo, Gregory fu costretto ad abbandonare la tavola di fretta per recarsi a un evento musicale in un paese vicino e Monica approfittò di quell'occasione per intavolare quella conversazione delicata.

Con nonchalance preparò il caffè e lo servì,come faceva sempre, tenendo d'occhio i due ragazzi, che ignari del suo fine, chiacchieravano normalmente, appollaiati sugli sgabelli.

Continuò con le solite, quotidiane azioni tipiche del post- pranzo, poi prese un lungo respiro e decise che fosse giunto il momento giusto per parlare. Tergiversare era inutile, bisognava andare diretti al punto, una bella doccia fredda li avrebbe svegliati per bene, o per meglio dire traumatizzati.

«E comunque la prossima volta state più attenti quando decidete di amoreggiare in veranda, all'aria aperta!» li spiazzò mentre, senza nemmeno guardarli e simulando indifferenza, sparecchiava la tavola e trasportava bicchieri e piatti nel lavandino della cucina.

L'ampio campo visivo di cui era dotata le permise di intravedere le reazioni dei due ragazzi sebbene avesse il viso chino sulle stoviglie e, come aveva facilmente previsto, erano state differenti.

Ashley aveva sussultato vistosamente e le sue guance si erano subito colorate di rosso per l'imbarazzo al pensiero che Monica, o peggio ancora suo padre, li avessero visti baciarsi, al contrario di Matt, il quale non si era scomposto di una virgola, se si escludeva una leggera espressione accigliata, ma dovuta più alla previsione che da quell'affermazione sarebbe venuta fuori una gran rottura di scatole che da un'effettiva paura o pudore. Non era avvezzo a dover rendere conto degli affari propri agli altri, soprattutto se si trattava di comportamenti che non nuocevano a nessuno e assolutamente naturali, come baciare la ragazza che gli piaceva.

«Ma.. mio padre...» balbettò Ashley con un soffio di voce, aveva gli occhi sgranati per il timore di ciò che poteva sentirsi dire.

«Tranquilla, non ha visto nulla, grazie al cielo l'ho fermato prima che si affacciasse» la tranquillizzò, ma Ashley si portò comunque entrambe le mani davanti alla bocca in segno di paura, alla sola idea che ci fosse andata davvero così vicina stavolta.

Tirò un mezzo sospiro di sollievo, alla fine: tra i due mali meglio il minore e, se proprio qualcuno doveva scoprire la prova evidente della loro relazione, meglio Monica, che già aveva intuito da un pezzo che tra i due c'era più che una semplice amicizia e pareva averla presa bene e accettata, piuttosto che Gregory, totalmente ignaro, alla quale quella visione sarebbe precipitata addosso come un televisore dal decimo piano di un palazzo.

Ashley fece scivolare via dal viso le mani, riacquistando un barlume di calma, poi portò lo sguardo su Matt, che fresco come un fiore, continuava placido a giocherellare con un cucchiaino, tracciando cerchi immaginari dentro la tazzina, con il volto sorretto scompostamente da una mano.

Quanto invidiava la sua capacità di prendere con filosofia e imperturbabilità certe situazioni che a lei invece procuravano estremo disagio, amava quella sua aria da ' non me ne frega un accidente' che sfoggiava spesso in modo sfacciato e sicuro, senza tenere in considerazione il giudizio o peggio ancora il pregiudizio degli altri.

Sobbalzò, distratta, quando sentì una mano sulla sua spalla «Tranquilla Ashley, non dirò niente a tuo padre, non l'ho fatto tempo fa, a maggior ragione non lo farò adesso – era Monica che, prevedendo quella sua preoccupazione, aveva deciso di rassicurarla e garantirle il suo silenzio – spetta a voi il compito di informarlo, quando e se riterrete opportuno, ovviamente» sottolineò, marcando quelle ultime parole, poi passò oltre e si accomodò su uno sgabello insieme a loro, sorseggiando una meritata tazza di caffè e rilassandosi dopo aver finito di riordinare la cucina.

La sua domanda non ottenne risposta, però, facendo piombare la stanza in un sinistro gelo, Monica attese qualche altro secondo, poi allontanò la tazzina dalle labbra e sollevò contemporaneamente lo sguardo verso i due ragazzi che, con gli occhi rivolti in direzioni opposte, trasmettevano il chiaro messaggio di non voler proseguire oltre in quel discorso scomodo.

Emise un sonoro sospiro di rassegnazione, poi si asciugò con garbo le labbra con un tovagliolo, evitando di far sbavare il suo rossetto, steso in modo impeccabile.

Aveva promesso a Nathan di aiutare quei due a far chiarezza sul loro rapporto ma si mettevano proprio d'impegno a renderlo impossibile e non poteva mica costringerli ad ammettere che si amavano e che dovevano portare avanti quella storia. Con quei pochi giorni a disposizione, poi.

«Vi raccomando almeno di usare un minimo di discrezione per evitare spiacevoli incidenti, per esempio fate molta attenzione a dove vi appartate, o chiudetevi a chiave quando dormite assieme» disse, poi inforcò i suoi occhiali da lettura e prese a sfogliare distrattamente le offerte di un volantino pubblicitario, ma fu costretta a interrompere la lettura perchè la voce di suo figlio iniziò a colorarsi del suo solito tono di sfida.

«E chi ti ha detto che dormiamo insieme, ci hai spiati?» la provocò, quella intromissione nella sua sfera privata lo stava cominciando a infastidire parecchio.

«Senti Matt, odio doverlo ripetere e risultare noiosa e scontata, ma sono stata ventenne anche io – vide il figlio alzare gli occhi al cielo e sbuffare annoiato, evidentemente aveva già immaginato che quella conversazione sarebbe andata a parare lì e quel suo atteggiamento ribelle la spinse ad alzare di più la voce – non ho bisogno di spiarvi per sapere come funzionano certe cose, siete giovani, vi piacete e probabilmente siete anche innamorati» concluse decisa, e finalmente vide morire sulla faccia di suo figlio quella sua espressione di sufficienza e sicurezza e lo osservò vacillare sotto il peso di quei sentimenti così potenti da avere la meglio persino su di lui.

I suoi occhi si smarrirono, notò che come saette veloci si erano spostati per una frazione di secondo a guardare Ashley, come se avessero un bisogno disperato di cercare delle conferme in lei, nel suo viso, nella piega delle sue labbra, nello sguardo o in un gesto, ma la trovarono paralizzata, non osava né parlare, né alzare gli occhi dalle sue mani che, tremanti sopra il tavolo, non avevano rintracciato niente di meglio che un fazzoletto di carta da torturare per sfogare quell'improvviso panico che la aveva colta.

E no, lei gli occhi non li spostò, non ne ebbe il coraggio, perchè aveva paura che se avesse incontrato quelli di Matt e ci avesse letto dentro indifferenza o freddezza, si sarebbe sentita morire e non era pronta. Aveva creduto di esserlo, ma non lo era affatto.

Monica capì che se solo invece i loro sguardi si fossero incrociati, forse avrebbero finalmente compreso quanto amore avevano da darsi ma soprattutto da dirsi e invece si chiudevano in quel mutismo incomprensibile.

Non si era sbagliata e nemmeno Nathan, che a volte riusciva ad essere davvero stronzo e irritante, ma con i sentimenti ci aveva sempre visto giusto, grazie anche in parte all'animo da artista che si ritrovava e che lo faceva partire avvantaggiato nel decifrarli.

«Non vi sto facendo una predica, vi sto solo dicendo di non comportarvi da incoscienti e di essere cauti, non siete da soli, fino a prova contraria vivete qui con noi per adesso, non vi sto vietando nulla, non ne avrei l'autorità, siete adulti e vaccinati, ma abbiate almeno del buon senso, vista la situazione – cercò di smorzare i toni per toglierli da quel pesante silenzio, si sfilò gli occhiali, massaggiandosi la base del naso e mise da parte il volantino pubblicitario – ah, e siate responsabili, sono ancora troppo giovane per diventare nonna!» raccomandò loro, alzandosi dallo sgabello e premurandosi di scongelare qualcosa per la cena.

«Cazzo, mamma, capisco che ti sia persa quella parte della mia vita, ma non ho più 16 anni da un pezzo, credo di essere in possesso delle nozioni di base, so come non mettere incinta una ragazza, o vuoi farmi una lezioncina con le api e i fiori?» ribattè senza mezzi termini Matt, indeciso tra incazzarsi sul serio o scoppiare a ridere per l'assurdità di quel dialogo.

«Beh, sei cresciuto con tuo padre, io qualche dubbio lo avrei, ad essere sincera!» rispose a tono Monica, nonostante il disagio Ashley non riuscì a trattenere una risatina, che soffocò a stento con la mano.

Per un attimo le sembrò di tornare indietro nel tempo, quando sua mamma diventava quasi asfissiante con lei e Phoebe per metterle in guardia dal ripetere gli errori che aveva fatto in gioventù e le esortava a parlare apertamente di qualunque dubbio o di raccontarle le loro esperienze per poter dar loro dei consigli, cosa che Ashley si era sempre ben guardata dal fare a causa del suo carattere troppo riservato e chiuso.

In fondo i genitori non potevano fare a meno di amare i figli e cercare di proteggerli da sbagli che ben conoscevano per averli provati in prima persona, anche suo padre era così, e lei non avrebbe mai voluto per nessuna ragione dargli un dolore o una delusione. E se quella mattina al posto di Monica si fosse trovato lui, forse sarebbe rimasto ferito per aver dovuto fare quella scoperta così, e non se lo meritava, solo che era difficile essere sinceri con gli altri, quando non lo si è con sé stessi e con la persona amata, e lei di questo era consapevole, ma non riusciva a cambiare le cose.

Accarezzò un braccio di Matt dolcemente e gli si rivolse, sorridendogli «Dai, tua madre ha ragione – lo calmò, portando poi la mano giù a trovare la sua, stringendogliela forte sotto il tavolo e quel tocco ebbe il potere di annientare tutta la sua irruenza e di mitigarlo, poi portò l'attenzione su Monica – saremo prudenti, non voglio che mio padre soffra o si prenda un colpo, capisco benissimo la situazione» la tranquillizzò, aveva inquadrato perfettamente ciò che la donna voleva dire, una loro distrazione avrebbe potuto causare incomprensioni, screzi e persino mettere in pericolo il rapporto tra Monica e Gregory e lei quello non se lo sarebbe mai potuto perdonare.

Monica sorrise alla ragazza, di certo molto più mansueta e ragionevole di suo figlio, Matt si limitò a sbuffare e si arrese alle sue parole.

«Certo che tra te e Gregory ce la mettete proprio tutta per metterci in imbarazzo! Non avete pensato a un altro passatempo, magari? Che ne so, il giardinaggio, il collezionismo, la lettura? - disse piccato, in un ultimo guizzo di fastidio, poi saltò giù dalla sedia, si caricò sulle spalle il basso e si apprestò a uscire – io vado a suonare con i miei amici, ci vediamo dopo» avvisò scocciato, avvicinò il viso di Ashley al suo e le depositò un bacio leggero sulle labbra per salutarla, proprio davanti a Monica, si staccò da lei e buttò un'ultima occhiata pungente a sua madre. Ormai sapeva di loro, nascondersi e fingere era inutile e anche stancante.

Monica rimase da sola con Ashley, udì il rumore della porta che si chiudeva e sospirò.

«Mi dispiace di avervi messo a disagio, tesoro, ma devi cercare di capirmi, lo faccio anche per voi – le parlò usando un tono delicato e amorevole – sono dalla vostra parte e sinceramente pensarti accanto a mio figlio mi rende felice, sei una ragazza splendida Ashley e non potrei desiderare di meglio per lui – si avvicinò a lei e le accarezzò una guancia come fosse sua figlia – ma finchè Gregory non saprà nulla siete una mina vagante e non voglio che poi diventi tutto più difficile e tragico, se dovesse scoprirlo in modo traumatico» le spiegò, Ashley provò una gioia grandissima a quelle parole, ma non potè evitare di rabbuiarsi in viso.

Che senso aveva parlare con suo padre se tanto erano destinati a separarsi?

«Io però tra pochi giorni parto e non ci sarà più motivo per preoccuparsi» confessò amaramente, poi si allontanò e sparì velocemente in camera sua, lasciando bruscamente Monica e impedendole di bloccarla per continuare quel discorso. La donna si accasciò mestamente su una sedia, non sapeva davvero cosa inventarsi ma sperò almeno di avere evitato un incidente diplomatico in casa.

 

Matt giunse alle prove più scazzato del solito, per via della recentissima discussione con sua madre. Odiava dover rendere conto della sua vita privata e non vedeva l'ora di lavorare per poter ottenere la sua indipendenza. Non era un insensibile o uno stupido, capiva alla perfezione che si stavano comportando scorrettamente a non dire nulla, rischiando di essere scoperti da un momento all'altro, ma dovevano anche cercare di comprendere in che razza di situazione schifosa si trovassero, costretti a dirsi addio e a separarsi, ognuno perso in città diverse, in mezzo a mille impegni e problemi differenti e incerti sul futuro.

«Matt che hai? Litigato con la tua ragazza?» chiese Dylan, vedendolo scuro in volto e stranamente silenzioso, mentre armeggiava con i cavi dell'amplificatore.

«No – rispose Matt, senza fare commenti sul termine 'ragazza' che il suo amico aveva utilizzato dandolo per scontato e che in fondo era quello che Ashley sarebbe stata per lui se solo il loro rapporto non avesse una scadenza fissata a circa dieci giorni – mia madre ha fatto la rompiscatole oggi» precisò subito dopo.

«Ah, lo sai che mi sto sentendo con la cugina di Ashley?» intervenne Michael, facendo capolino da dietro i piatti della batteria.

«Quale delle due?» domandò Matt, ancora chinato sul suo basso.

«Annie, la ricciolina, è carina e sembra una tipa tosta, mi piace!» disse, allontanando i lunghi capelli neri dal viso.

«Beh, sono contento per te» commentò Matt, senza tanta voglia di approfondire la questione al momento. Voleva solo suonare e sfogarsi per un attimo.

Finite le prove Matt avvicinò Mandy, si ricordò di doverle ancora dare una risposta.

«Per quella faccenda, ricordi? - le chiese riferendosi a Jenny, Mandy annuì vigorosamente con la testa, facendo ondeggiare i suoi ricci scuri – ne ho parlato con Ashley e anche lei è d'accordo, accetteremo le sue scuse, se questo può servirle per ricominciare» la informò, il volto della ragazza si accese, prese le mani di Matt nelle sue e cominciò a stritolargliele.

«Oh, grazie ragazzi, ve ne sono grata e anche Jenny lo sarà, se vi va bene, domani sera siamo tutti in spiaggia, potete fare un salto! Io lo dirò a Jenny e ci possiamo incontrare!» gli propose, Matt sorrise ed annuì, poi la salutò e si diresse a casa.

Bussò alla porta di Ashley per informarla di Jenny e la trovò seduta sul letto con un libro sulle gambe.

«Scusa se ti disturbo, faccio in un attimo»le disse Matt, pensando di essere di intralcio.

«Non mi disturbi, puoi restare» e gli fece cenno di sedersi accanto a lei, battendo una mano sul letto.

Matt le obbedì e la raggiunse. «Ho parlato con Mandy per quella cosa di Jenny e, se ti va bene, possiamo fare domani sera, sono tutti in spaggia e nel frattempo possiamo fare un giro anche noi, ti va?» le parlò mentre prendeva posto al suo fianco.

«Si, certo, non c'è problema!» sorrise Ashley.

«Mia madre oggi ha proprio esagerato con tutte quelle paranoie» cominciò dopo un minuto di silenzio, incrociando le braccia dietro la nuca. Proprio non riusciva a digerire quello che era successo.

«Non essere troppo duro con lei, io posso capirla, ha paura che si possa rovinare qualcosa e che possiamo combinare danni, in fondo metterci in imbarazzo è il loro compito, forse ti è nuovo perchè non hai avuto molto a che fare con una madre, ma ti assicuro che la mia, per quanto abbia una mentalità molto aperta e moderna, ha esagerato spesso con me e mia sorella, e la piccola subirà lo stesso destino!» scoppiò a ridere a quel pensiero e alla piccola July tra qualche anno e adolescente. Tra il suo caratterino e quello di Nancy, ci sarebbero state scintille di sicuro.

Matt rimase assorto ad ascoltarla, capì che non aveva ancora terminato.

«Loro hanno solo paura che possiamo fare qualcosa di cui ci pentiremo, sai quante volte da ragazzina ho sofferto pensando di essere solo il frutto di un errore tra i miei genitori e per quanto loro mi abbiamo sempre amato incondizionatamente, talvolta non riuscivo a fare a meno di ricordarmi che fossi solo uno sbaglio, qualcosa di capitato ma non voluto. Forse tu non puoi capirlo perchè, in fondo, i tuoi si erano sposati e probabilmente sei stato cercato e desiderato, ma ti garantisco che non è stata una bella sensazione» abbassò lo sguardo, ma Matt la costrinse immediatamente ad alzarlo e a incrociare il suo.

«Ma tu non sei un errore Ashley, per me sei la cosa più bella e giusta del mondo, magari tutti gli sbagli fossero meravigliosi come te! - il cuore di Ashley accelerò, dischiuse le labbra per lo stupore e Matt ne approfittò per baciarla – meno male che i tuoi sono stati poco attenti 21 anni fa, se questo è stato il risultato!» aggiunse, facendola ridere di gusto.

«Dai, smettila di prendermi in giro!» lo colpì con un cuscino per nascondere l'emozione che aveva provocato in lei.

«Ma io sono sincero, sei proprio stronza allora, mi tratti malissimo!» si lamentò scherzando e parando i leggeri colpi che Ashley gli stava infliggendo.

Si fermarono dopo un po', col fiato corto per le risate.

«Senti, posso restare qui, stanotte?» le chiese, all'improvviso.

Ashley non si aspettava quella domanda, balbettò appena «Ma.. non ricordi, io stasera non posso fare... insomma..» cercò di spiegargli, visibilmente a disagio.

«Certo che mi ricordo – si affrettò a toglierla dall'impiccio Matt – ma non posso voler semplicemente stare con te, guardare la tv e poi addormentarci insieme?» le spiegò con una spontaneità disarmante.

«Sì, ovvio che puoi, mi piacerebbe tanto!» rispose timidamente, stringendosi tra le spalle.

Matt era tutto quello che avrebbe mai voluto avere accanto, e ogni giorno di più le stava dimostrando quanto tenesse a lei e quanto tra loro esistesse ormai un legame forte e questa cosa la faceva scoppiare di felicità e nello stesso tempo la spaventava a morte.

«Non ti stai dimenticando di una cosa?» lo richiamò all'attenzione, parandosi di fronte a lui con le mani sui fianchi.

Matt la guardò perplesso e confuso, poi un'illuminazione amara gli attraversò la mente.

Con un tono misto fra il rassegnato e lo scocciato si premurò di risponderle.

«Ok, chiuderemo a chiave quella dannata porta!» e si avviò a farlo, mentre Ashley scoppiava a ridere e di nascosto scorgeva un sorriso anche in lui che, nonostante la sua ribellione e nonostante non lo avrebbe mai ammesso, aveva colto appieno il senso delle parole di sua madre.

 

 

 

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Capitolo 28
*** Capitolo 28 ***


Capitolo 28

 

Jenny infilò una felpa nera, troppo grande per il suo corpo esile, e pettinò i lunghissimi capelli corvini.

Si guardò allo specchio prima di uscire e aspettare che Mandy passasse a prenderla: aveva smesso di truccarsi pesantemente e i suoi occhi verdi spiccavano di più, circondati solo di un leggero filo di matita e non sommersi da ombretti e eyeliner scuri. Storse un po' la bocca, non si era ancora abituata a quella nuova immagine di sé, semplice e pulita, ma aveva toccato il fondo coi suoi vecchi atteggiamenti ed era determinata a chiudere quel capitolo buio della sua vita e per farlo era necessario modificare anche la parte esterna, quello che era stato il suo look esagerato e grottesco.

Uscì di casa e aspettò Mandy sul vialetto, ondeggiò per un paio di volte coi piedi tra tallone e punta, era leggermente nervosa e non riusciva a stare ferma. Guardò l'orario dal cellulare e prese un profondo respiro.

Quella sera l'attendeva una prova difficile, ma era certa che, se l'avesse superata, tutto sarebbe stato in discesa per lei. Socchiuse gli occhi e si diede internamente la carica.

Poco dopo l'auto di Mandy si fermò sotto casa sua e l'amica le fece cenno di salire.

Da quella maledetta sera Jenny aveva ricominciato a coltivare le sue amicizie sane, a uscire con le amiche, a divertirsi anche solo passando una notte intera a chiacchierare con loro. Aveva smesso, invece, di essere ossessionata dal suo aspetto fisico, con la voglia di piacere e di sedurre e di usare il sesso come strumento per ricevere attenzioni.

Certo, erano cambiamenti radicali nel suo stile di vita che avrebbero richiesto molto più di qualche giorno per stabilizzarsi ed era consapevole del rischio di qualche ricaduta, ma ce la stava mettendo tutta per ricominciare, anche grazie a quell'angelo dai capelli ricci che era Mandy.

Un tassello importante mancava ancora, però, ma a breve l'avrebbe affrontato.

Chiedere scusa a Matt e ad Ashley era l'unico modo di saldare i conti col passato e chiudere definitivamente quella porta. Ma tra il dire e il fare c'era di mezzo un enorme oceano, anche se aveva accettato di non essere ricambiata da Matt e si stava concentrando su altro, era perfettamente conscia che un amore così forte non si scordava certo da un giorno all'altro. Era letteralmente terrorizzata da come avrebbe potuto reagire nel vederli insieme, felici e uniti e dubitava della sua capacità di affrontarli.

Le mani le tremavano vistosamente, Mandy tolse una delle sue dal volante per stringergliele.

«Andrà tutto bene, vedrai» la rassicurò, Jenny le fece un mezzo sorriso, ma l'ansia non le svanì.

E arrivata in spiaggia, li intravide da lontano, Matt era bello come sempre, con quel cipiglio scanzonato, gli vide fare il suo consueto gesto di portarsi indietro i capelli lunghi dalla fronte, che si rivelava vano, perchè poco dopo gli ricadevano nuovamente in avanti coprendogliela e il suo cuore per un attimo accelerò i battiti, non poteva di certo pretendere che l'attrazione verso di lui si volatilizzasse come nulla. Continuò a fissare il suo viso calmo, poi spostò lo sguardo in basso e notò che si tenevano per mano, non nascondevano più a nessuno quella relazione, dovevano aver fatto passi avanti nel frattempo. Poi vide che Matt lasciò la mano di Ashley per avvolgere il braccio sui suoi fianchi e con un gesto spontaneo e delicato, avvicinò la testa della ragazza a sé e le diede un bacio sui capelli. Quella visione la spiazzò e per un attimo le fece perdere tutto il coraggio che aveva racimolato. Matt non era mai stato tipo da smancerie o da attenzioni e premure, ma adesso sembrava così diverso, in quel bacio depositato così dolcemente ci lesse tanto amore, quello che non aveva mai provato per lei e quel pensiero la turbò.

Si bloccò e indietreggiò, convinta di non potercela fare, di non essere ancora pronta.

«Io, non.. non ce la faccio» balbettò, ma una mano la afferrò, Mandy le sorrise e le diede tutto il suo supporto.

«Jenny, Matt è felice con Ashley, è così che doveva andare, la ama e sai benissimo che non si può decidere chi amare, non l'ha fatto lui, non l'hai fatto nemmeno tu. Lascialo andare, solo così potrai goderti tutta la meravigliosa vita che ti aspetta da ora in poi – la incoraggiò – e poi dai, Matt non è mica l'unico ragazzo sulla terra, scommetto che ne troverai uno migliore e che amerà solo te!»

Jenny annuì decisa, ormai non c'era più tempo per tirarsi indietro.

Mandy chiamò Matt e gli spiegò che Jenny era lì e che voleva vederli.

Ashley non vedeva Jenny dalla sera della festa, ma quando le fu davanti le parve che fosse passato davvero molto più tempo perchè la ragazza di fronte a lei non somigliava più quasi per niente al ricordo che possedeva.

Sembrava ringiovanita, aveva acquistato una freschezza tipica dei suoi 23 anni, il suo bel viso ovale era pulito e privo di trucco in eccesso e i lineamenti si scorgevano più dolci e nitidi. Era bella Jenny, anche quando si copriva sotto uno strato di fondotinta e ombretto, ma così, nella sua semplicità, la sua bellezza risultava ancora più esaltata e le donava una purezza nuova, che sapeva di rinascita. I lunghi capelli scuri le incorniciavano il viso diafano e le ricadevano lisci fino a sotto il seno, che non era più evidente e messo in mostra come mercanzia. Dovette ammettere che aveva subito un cambiamento radicale e inaspettato e si accorse che anche Matt doveva esserne rimasto sbalordito, glielo lesse negli occhi.

Jenny teneva gli occhi bassi e le braccia incrociate sul petto, era evidente che fosse terribilmente in imbarazzo e in difficoltà. Capì che doveva essere uno sforzo enorme per lei affrontare il ragazzo che amava e che aveva scelto un'altra e la ammirò per quello e per la forza che ci stava mettendo.

«Ragazzi, scusate se vi ho chiesto di vedermi, so che probabilmente mi odiate e ne avete anche dei buoni motivi, ma – iniziò con voce incerta, rivelando tutta la sua insicurezza – avevo bisogno di chiedervi scusa per le cose orrende che vi ho fatto e di cui sono sinceramente pentita, dovete credermi» disse, poi alzò lo sguardo in direzione di quello di Matt, che trovò serio e per un attimo la destabilizzò, ma andò avanti e si rivolse a lui direttamente.

«Matt, ti chiedo scusa per averti assillato e tormentato e per non aver capito che non ricambiavi i miei sentimenti. Sono stata stupida e ti ho messo in situazioni scomode. So che è presto per chiederti di poter essere di nuovo mio amico e capisco se non vorrai mai più farlo, ma l'amore rende così ciechi a volte e me ne vergogno» terminò, tormentandosi la stoffa della felpa.

Matt addolcì lo sguardo, le sembrava sincera Jenny, la conosceva e non c'era malizia né inganno nella sua voce, stavolta era lei, la vera lei.

«Accetto le tue scuse Jenny, siamo tutti umani e le cazzate si fanno, soprattutto per amore. L'amicizia tra noi può tornare, ma solo quando sarai davvero convinta di volere solo quello da me. Se pensi di riuscirci, io sono qua.» sottolineò Matt, lasciandole uno spiraglio aperto per ricostruire un rapporto di amicizia.

«Hai ragione Matt, ti ringrazio – disse Jenny, poi portò l'attenzione ad Ashley, per la parte del discorso che più la preoccupava, perchè si era accanita contro di lei gratuitamente senza che avesse fatto alcunchè per meritarlo – e tu Ashley, ti prego di perdonarmi per le cattiverie che ti ho detto e che ho pensato su di te, non c'entravi niente, non avevi colpa e io invece ho fatto la carogna, non ho davvero giustificazioni ma ti assicuro che ho compreso ogni mio singolo sbaglio e permettermi di scusarmi con te è stato un gesto molto carino da parte tua, non so se ci sarei mai riuscita al posto tuo e per questo ti ringrazio doppiamente. Per me significava davvero tanto poterlo fare» abbassò gli occhi, in attesa di una qualche reazione di Ashley, che arrivò presto.

«Va tutto bene Jenny, ti perdono, l'importante è capire i propri errori e, non ti conosco bene ma, ho già notato dei cambiamenti positivi in te e mi fa piacere, sono sicura che da ora in poi andrà tutto meglio» le sorrise, Jenny spalancò gli occhi, non si aspettava quel bell'augurio da parte sua, Ashley si era dimostrata una ragazza molto saggia e comprensiva e riuscì a immaginare come mai Matt ne fosse rimasto così attratto.

«Grazie, io spero tanto che possiate essere felici insieme, ve lo auguro davvero – si rivolse infine a entrambi, non sentiva più quel peso sullo stomaco e le sembrò di essersi scrollata di dosso delle pesanti catene – beh, adesso vi lascio, magari ci becchiamo in giro, a presto ragazzi e grazie ancora!» li salutò, poi corse via, leggera, una donna nuova e adesso che aveva sistemato quell'ultimo dettaglio, era pronta per la sua risalita e niente l'avrebbe più oscurata, non l'avrebbe più permesso. Abbracciò stretta Mandy, respirando a pieni polmoni l'aria salmastra, felice e fiduciosa del futuro e di ciò che l'attendeva.

Il passato era andato e non l' avrebbe più resa una persona orribile, una persona di cui vergognarsi,

 

«Jenny sembrava sincera, non credi?» chiese Matt ad Ashley, mentre seduti sulla sabbia sorseggiavano un birra, lontani dal chiasso della confusione.

«Sì, l'ho trovata davvero diversa, in meglio, spero che possa trovare la sua strada e la sua serenità» affermò, poggiando la testa sulla sua spalla.

Matt si chiese come faceva ad augurare tutto il bene possibile a qualcuno che con lei era stato così crudele e spietato, ma forse era anche per quello che Ashley gli piaceva così tanto, perchè non era drastica, lasciava una porta aperta a tutti, un'occasione di riscatto. Ammetteva che si potesse sbagliare e che non per quello bisognava essere condannati a vita. Glielo aveva dimostrato anche durante la vicenda di sua madre e gliene era davvero grato.

Matt bevve l'ultimo sorso dalla bottiglia, poi affondò entrambe le mani nella sabbia fredda, assaporando quella piacevole sensazione tra le dita e tirò la testa all'indietro. Sopra di lui il cielo sconfinato, reso più fumoso e meno stellato dalla presenza di grossi nuvoloni minacciosi. Quel tempaccio non accennava a voler smettere, a quanto pareva.

Qualche onda più violenta e fragorosa delle altre si allungava, invadendo il bagnasciuga e dava l'impressione di poterli raggiungere, facendo loro ritirare istintivamente le gambe ma, alla fine, si rivelava sempre un falso allarme.

Matt si voltò a guardare Ashley, stava con le ginocchia strette al petto e gli occhi fissi verso un punto imprecisato del mare. La sua espressione era vagamente corrucciata, sembrava pensierosa.

D'un tratto provo l'impeto di porle una domanda, una di quelle che lo spaventava ma che , chissà per quale ragione, non riuscì più a trattenere.

«E dimmi, ti mancherò quando sarai tornata a casa tua?».

Pronunciò quelle parole di getto, come per paura che se ci avesse impiegato troppo tempo, la sua parte razionale le avrebbe frenate e fatte morire sul nascere.

Non osò girarsi ma con la coda dell'occhio fu in grado di percepire un lieve movimento da parte di Ashley, probabilmente si era abbracciata ancor di più le gambe. Finalmente ebbe il coraggio di voltarsi e ne trovò la conferma.

Quella domanda doveva averla irrigidita e si era richiusa maggiormente su sé stessa.

«Mah, un po'» rispose evasiva dopo qualche secondo, deviando lo sguardo lateralmente.

Matt sorrise. «Hai mentito» sentenziò.

«Eh? Ma che dici?» gli chiese Ashley con voce stridula, quasi nervosa: l'aveva beccata in pieno. Adesso si era sporta verso di lui, in preda all'ansia di capire come avesse fatto a smascherarla.

«Quando menti di solito devi lo sguardo dalla parte opposta al tuo interlocutore – la informò, rivelando una capacità di osservazione dei segnali del corpo degna di un acuto detective – l'hai fatto anche adesso» disse con estrema calma, riportando la sua attenzione alle onde.

Ashley non provo nemmeno a smentirlo, si limitò a stare in silenzio, cacciandosi dietro le orecchie delle ciocche di capelli che la brezza marina si ostinava a scompigliare e approfittando di quel gesto per nascondere seppur di poco il suo volto, timorosa che Matt, adesso, fosse capace di leggerci molto altro.

«Quindi – la riscosse nuovamente la voce pacata del ragazzo – o non ti mancherò per niente, o ti mancherò tantissimo» trasse le sue logiche e inattaccabili conclusioni. E se da un lato il suo cuore sperava fortemente nella seconda opzione, dall'altro non poteva fare a meno di augurarsi che non avrebbe sentito la sua mancanza, che non avrebbe sofferto per lui.

Ma Ashley non sembrava intenzionata a sciogliergli quel dubbio, a dire il vero pareva aver perso la capacità di usare la parola, la sua espressione, dopo la meraviglia iniziale per la perspicacia del ragazzo accanto a lei, si era fatta ancora più assorta e concentrata.

Terribilmente seria, per certi versi.

«Tu mi mancherai» ammise Matt, travolto da uno slancio di sincerità disarmante, che gli aveva fatto perdere ogni difesa o scudo contro i suoi stessi sentimenti.

Ashley perse un battito, ma una improvvisa freddezza ebbe il sopravvento in lei, come se si fosse attivato un meccanismo di autodifesa dal dolore e un crudele cinismo si impadronì del suo essere. I suoi occhi rimasero gelidi e fissi davanti a lei, deglutì amaramente e si inumidì le labbra secche per parlare.

«E invece non dovrei mancarti» ribattè glaciale, scattando in piedi, con le braccia tese lungo i fianchi e i pugni stretti. Matt spalancò gli occhi a quella sua inaspettata reazione, si alzò a sua volta, la osservò, immobile, con il capo chino e i capelli che le coprivano il volto e con cautela provò ad afferrarle un braccio per scuoterla, ma ricevette in cambio uno strattone che gli fece perdere la presa, lasciandolo spiazzato e sconcertato.

Ashley non voleva essere toccata da lui, non poteva permetterglielo, perchè sapeva che altrimenti avrebbe ceduto di nuovo, era quello l'effetto che Matt aveva su di lei ogni volta che la sfiorava, ogni volta che la stringeva. E adesso non poteva lasciarsi andare, doveva imporsi, doveva essere forte, non si era detto così?

Che senso aveva parlare di mancanze, usare tutte quelle parole dolci, illusorie che avrebbero lasciato comunque un enorme vuoto tra pochi giorni, un vuoto incolmabile.

Provò tanta rabbia, delusione, impotenza e stavolta non voleva essere consolata, non voleva perdersi in un altro abbraccio, uno dei pochi che rimanevano da scambiarsi, voleva soltanto essere lasciata in pace, sola. Non voleva più essere una principessa da salvare, voleva salvarsi da sé.

Matt si sentì perso quando la sua mano venne strattonata via a forza da Ashley, qualcosa in lui si incrinò e per la prima volta si rese conto di una verità che lo lasciò disorientato.

Era diventato dipendente da Ashley, da quella ragazza che sembrava così fragile ma che in meno di un minuto lo aveva gettato nello sconforto rifiutando il suo contatto, rivelando una determinatezza inattesa, mentre lui, che si supponeva fosse quello forte e controllato, stava lì come un cretino, scosso e distrutto da quel gesto.

La afferrò per le spalle, costringendola a guardarlo in faccia, Ashley rabbrividì quando vide i suoi occhi blu disperati, ma non voleva vacillare. Li guardò il meno possibile.

«Ti prego Ashley, dimmi cosa devo fare per non vederti così, se c'è qualcosa che posso cambiare, se c'è un modo io lo farò, dimmelo!» la implorò, stringendo le mani più forte sulle sue spalle.

Ashley sussultò e capì in quell'istante che in realtà non c'era proprio nulla che lui potesse fare e la ragione era semplice: non era colpa sua né di nessun altro se si trovavano bloccati in quella situazione infelice, magari avesse potuto attribuirgli una responsabilità, avrebbe potuto odiarlo in quel caso e sarebbe stato tutto facile, rapido e invece no, lo amava, anche se la sua espressione pareva dire il contrario.

Nessuno poteva fare niente per loro, non c'era nessuno con cui prendersela e forse era proprio quello che la faceva imbestialire di più.

E poi con quale faccia poteva chiedergli di fare dei sacrifici, pretendere che fosse lui a trovare la soluzione quando lei stessa non era sicura di come agire, di come comportarsi, era tutto così nuovo e grande e quel salto nel vuoto la terrorizzava, si sentiva talmente inadeguata e imbranata.

«Non c'è niente che tu possa fare, Matt – sospirò sconsolata – non è colpa tua, non lo so neanche io di chi è la colpa di tutto questo» poi posò le sue mani su quelle di Matt, ancora saldamente ancorate alle sue spalle e delicatamente se le tolse di dosso, lui non fece opposizione, le permise di farlo, immobile come una statua, sconfitto.

La osservò voltarsi e abbassarsi a raccogliere la sua tracolla, infilarsela e scrollarsi qualche residuo di sabbia dai vestiti.

«Sono stanca, voglio andare a casa» le sentì dire.

«Va bene, andiamo» disse Matt, ma Ashley lo fermò immediatamente «No – esclamò, poi abbassò la voce - vado da sola» e cominciò ad avviarsi a passo spedito.

«Aspetta – la chiamò Matt, correndole dietro e afferrandola per un polso – vengo anche io, non puoi andare sola!»

«Lasciami – mormorò Ashley con una stretta allo stomaco e abbassando lo sguardo, quanto dolore le provocava usare quel tono con lui – ho detto che vado da sola, non ho bisogno di essere protetta, posso farcela anche senza di te, o pensi che non ne sia capace?» alzò la voce, forse anche di più di quanto intendesse farlo per buttare fuori quelle parole, che nascondevano un senso che andava oltre il suo semplice tornare a casa quella sera.

'Posso farcela anche senza di te'.

Quella frase colpì Matt come una coltellata.

Non voleva che Ashley fosse infelice senza di lui, al contrario desiderava con tutto sé stesso che potesse continuare la sua vita serenamente, ma sentirselo dire da lei, diretto come uno schiaffo, gli provocò un dolore forse un po' egoista e si chiese se non fosse lui a non riuscire più a fare a meno di lei.

Si arrese, mollò di colpo il suo polso e glielo vide ricadere morbidamente lungo il fianco.

«Scusa, non volevo dire questo, non l'ho mai pensato» disse a bassa voce, mentre non spostava lo sguardo dalla sua mano, rimasta aperta e vuota.

Ashley tremò, non solo per il freddo, si strinse di più nella sua maglia di cotone per ripararsi dal vento, poi gli voltò le spalle e si avviò, camminando più veloce che poteva per lasciarsi dietro i suoi occhi delusi il prima possibile.

Attraversò la spiaggia per un bel pezzo, le caviglie le facevano male per lo sforzo di camminare nella spiaggia così velocemente e spesso aveva rischiato di prendersi una bella storta, ma aveva tirato avanti finchè il dolore era diventato insopportabile.

A quel punto aveva rallentato fino a fermarsi, il respiro era affannoso, non solo per la stanchezza ma anche per un forte senso di oppressione che le stritolava il petto e le rendeva pesante prendere aria.

La figura di Matt che aveva lasciato lì da solo le tornò prepotentemente davanti agli occhi, facendoglieli pizzicare. Si guardò attorno sperando di vederlo, ma di lui non c'era traccia.

Tutta la risolutezza di prima era andata scemando e adesso faceva i conti con la sua coscienza.

'Che cosa ho fatto?' pensò, consapevole di aver agito d'impulso senza ragionare e di aver ferito Matt inutilmente.

L'aveva trattato davvero come una stronza e nemmeno se lo meritava.

Zoppicando riprese a camminare, quando fu fermata da Annie, che l'aveva scorta grazie alla sua vista perfetta e l'aveva raggiunta, insospettita per averla vista sola e apparentemente in difficoltà. Ashley le spiegò a grandi linee quello che era successo e la cugina la convinse a unirsi con loro per non farla tornare da sola, con la promessa che l'avrebbero riaccompagnata loro a casa.

Si unì alla comitiva delle cugine, sebbene non avesse un briciolo di voglia di stare in compagnia, un ragazzo la affiancò e si sedette accanto a lei: era un amico delle gemelle e sapeva che aveva un interesse per lei.

Cominciò a parlarle, a chiederle di lei, a impegnarsi per risultare interessante o divertente con battute squallide, ma non fece altro che darle il voltastomaco.

Si rese conto di quanto riuscisse a stare bene solo quando era con Matt e come nessun altro le interessasse in quel momento, perchè nessuno era come lui. Tutto quello a cui riusciva a pensare era Matt e alla reazione sconsiderata che aveva avuto nei suoi confronti quella sera. Le venne in mente la sua dolcezza, il suo modo schietto di dirle le cose, tutte le volte che gli era stato accanto nei momenti di difficoltà e si sentì una povera stupida.

Più volte Matt le aveva confessato quanto fosse importante per lui, l''aveva fatta sentire unica, speciale, amata, aveva esternato i suoi sentimenti più di quanto fosse riuscita a fare lei e conoscendolo non doveva essere stato facile. E lei? Cosa aveva fatto per lui?

Non era stata sincera, era stata solo capace di accettare passivamente tutte le attenzioni che lui le aveva rivolto, senza avere le palle di dirgli quello che lei provava, senza ricambiare.

La paura, sempre la stessa che la frenava, lei era la sua nemica e la sua rovina e anche quella sera si era chiusa in sé stessa per non aver avuto la forza di dirglielo che le sarebbe mancato da morire.

Non voleva andarsene senza averlo fatto, non voleva che di lei gli rimanesse il ricordo di una ragazza chiusa e arida e per nulla in grado di esprimergli il suo amore.

Sentì una mano poggiarsi sulla sua, ma non era quella di Matt e fu la goccia che fece traboccare il vaso.

«Mi stai ascoltando?» chiese quel tipo, Ashley non aveva sentito una parola di ciò che aveva blaterato per mezzora e nemmeno le interessava. Scattò in piedi e si liberò della sua stretta.

«Mi dispiace, ma sono già impegnata» gli disse all'improvviso, con un debole sorriso, poi si armò di tutta la resistenza che conosceva e corse via, ignorando il dolore alle caviglie e riprendendo quella strada scomoda sulla spiaggia, alla ricerca di Matt, che sperava di trovare insieme ai suoi amici.

Sempre più affannata e dolorante arrivò finalmente nel punto in cui di solito stazionava la comitiva di Matt, con lo sguardo lo cercò in mezzo alla folla, vagando come uno zombie, con le gambe che sempre meno riuscivano a sorreggerla.

Il dolore fisico e quello interiore la stavano distruggendo e sentì salirle la nausea.

Non lo vedeva, non c'era e la testa cominciò a girarle come su una barca in alto mare, incontrava i visi di gente attorno a lei e nessuna di queste era Matt, arrancava trascinandosi e inciampando più volte, voltandosi a destra e sinistra forsennatamente, alla ricerca dei suoi occhi.

Non riuscì più a orientarsi mentre si sentiva dentro a un incubo, vulnerabile e sola. Si fermò barcollante e senza meta, persa in mezzo a quella confusione senza sapere dove andare e cosa fare.

All'improvviso si sentì afferrare bruscamente da dietro, in una maniera che non riconosceva appartenere a Matt. Si voltò e infatti trovò uno sconosciuto, la osservava con un ghigno poco raccomandabile e non accennava a voler allentare la presa su di lei.

«Ehi piccola, che hai, ti sei persa? Ti vedo girare qui da un po'» biascicò quel tipo, Ashley lo guardò infastidita, poi cercò di liberarsi dalla sua stretta, che cominciava a farle male, ma non ci riuscì.

«Lasciami andare» gli intimò allora con voce ferma, nonostante non si sentisse forza nella gambe e avesse la testa frastornata.

«Sei sola? Sù, non fare la difficile, posso farti compagnia io» insistette lui con un tono schifosamente malizioso, avvicinando la bocca al suo orecchio, Ashley approfittò di quella sua debolezza per divincolarsi, ma aveva troppo dolore e non riusciva a correre, e così lo scocciatore le si affiancò di nuovo, provando a circondarle la vita con un braccio.

«Ti ho detto di lasciarmi andare, capito?» gridò Ashley, allontanandolo con una spinta, ma quel tipo sembrava non demordere.

Ashley sbuffò, odiava i ragazzi insistenti e arroganti, che non riuscivano a capire di non essere graditi e continuavano a infastidire le ragazze che avevano preso a tiro e a quello si aggiungeva anche l'irrequietezza per non aver trovato Matt. Le veniva da piangere per il nervoso, ma non era davvero il momento per farlo.

Continuò a camminare per farlo desistere e ad evitare che la toccasse quando, improvvisamente, delle braccia forti intervennero e le staccarono con violenza il molestatore di dosso.

Avvenne tutto così rapidamente che Ashley non riuscì subito a individuare l'identità del suo salvatore, dapprima serrò gli occhi di riflesso e si portò le mani sul volto per proteggersi, ma quando li riaprì provò un tuffo al cuore nel riconoscere il profilo di Matt.

Il suo volto era diventato una maschera di odio, aveva scaraventato a terra il ragazzo e con uno sguardo gelido lo stava puntando.

Di colpo si sentì libera da ogni dolore o ansia, le sensazioni negative stavano fluendo via dal suo corpo e si sentì invadere da una pace irrazionale, lui era lì e non aveva bisogno di altro, l'incubo era finito.

«Si può sapere che cazzo stavi cercando di fare, brutto pezzo di merda? Non l'hai sentita, ti ha detto di toglierti subito dalle palle!» lo udì ringhiare, fuori di sé dalla rabbia, la sua voce era dura e minacciosa, come mai l' aveva sentita.

«Va bene, calmati, non volevo mica fare niente di male» cercò penosamente di giustificarsi quell'essere viscido. Matt si abbassò verso di lui e lo afferrò per il collo della maglietta.

«Se non te ne vai subito ti spacco quella faccia di cazzo che ti ritrovi, capito?» continuò Matt, il ragazzo perse subito tutta la spavalderia che aveva usato prima con Ashley e con la coda in mezzo alle gambe si affrettò ad alzarsi e sparire.

Matt si affrettò a rintracciare Ashley con lo sguardo, la trovò dietro di lui, con le mani giunte sul petto, lo guardava con i suoi occhi nocciola chiaro che sembravano ancora più grandi e luminosi.

Si precipitò, e le prese il volto tra le mani, accarezzandoglielo ripetutamente per tranquillizzarla.

Un suo amico gli aveva riferito di aver visto una ragazza tra la folla che sembrava proprio lei, e senza pensarci due volte era corso immediatamente a controllare e quando aveva visto quel ragazzo che le metteva le mani addosso non aveva capito più niente, si era preso uno spavento terribile e aveva agito d'istinto.

«Come stai? Ti ha fatto qualcosa quel coglione?» le chiese, ancora ansimante per prima. Il solo pensiero di cosa sarebbe potuto succederle se non fosse intervenuto gli faceva ribollire il sangue nelle vene.

Ashley scosse la testa «No, sto bene - mormorò fissandolo negli occhi, e trovandoci la salvezza – era solo un idiota, me la sarei cavata comunque, di cretini così è pieno qua fuori» gli disse, decisa a non sembrare debole o bisognosa del suo intervento.

«Non ne dubito, ma non ci ho più visto dagli occhi, credevo fossi in difficoltà» Matt si allontanò da lei, irrigidendosi un po'.

Gli tornò alla mente solo in quell'istante la loro discussione di prima e non sapeva come comportarsi, non capiva se volesse ancora stargli lontano.

«Comunque grazie» mormorò Ashley, era ritornata tesa e impacciata dopo aver notato il cambiamento nel viso di Matt, evidentemente si era ricordato.

«Se non mi vuoi intorno posso anche andare» mormorò lui a testa bassa, per poi voltarsi e cominciare a camminare.

«In realtà – lo fermò Ashley, a voce alta – ero venuta a cercarti» le gambe ricominciarono a tremarle e, in barba al clima fresco, prese a sudare e sentire caldo. Matt si arrestò e ritornò a guardarla.

«Volevo dirti che mi dispiace per come mi sono comportata prima, sono stata stupida e mi sento uno schifo per come ti ho parlato e trattato – si scusò subito, Matt mosse dei passi verso di lei – è solo che sono stata travolta dalla rabbia e ho pensato di dover essere forte e fredda, ma non è questo il momento di essere forti, arriverà, certo, ma non è questo.» fece una pausa per prendere fiato e cercare dentro di sé le parole migliori per esprimere ciò che sentiva e stavolta senza filtri.

«Adesso è il momento di vivere, di lasciarmi andare, di smetterla di cercare di avere tutto sotto controllo, e di pensare a te» la voce le si incrinò e le uscì un gemito strozzato, ogni parola stava diventando sempre più pesante da buttare fuori, ma era determinata a farlo.

«Ashley, non c'è bisogno che tu..» provò ad aiutarla Matt, che già l'aveva perdonata, anche perchè in realtà non ce l'aveva mai veramente avuta con lei, capiva perfettamente come si sentiva, ma Ashley gli portò un dito sulle labbra per chiedergli il silenzio ancora un po'.

«Aspetta, c'è ancora qualcosa che devo dirti e devo farlo ora» si schiarì la voce e prese un lungo respiro, Matt attese con pazienza, lasciandole il tempo che le serviva.

«Da quando ti ho conosciuto tu mi hai cambiata Matt – cominciò – certo, all'inizio mi sei sembrato un grandissimo stronzo – entrambi sorrisero e l'atmosfera si alleggerì – ma sei subito riuscito a leggermi dentro meglio di quanto avessi mai fatto io. Prima ero chiusa, mi accontentavo di chiudermi nella mia zona sicura, rinunciavo a capire gli altri, non osavo mettere in discussione me stessa e le cose che avevo attorno, le accettavo passivamente e mi convincevo fossero giuste per me senza chiedermelo davvero. Sì, forse provavo meno ansie, meno paure e meno sconvolgimenti, ma ti giuro – lo guardò fisso negli occhi, ormai a un passo dai suoi – non mi sono mai sentita così viva come adesso, come da quando conosco te» scandì quelle parole una per una, perchè la loro importanza era fondamentale per lei e voleva che lui lo capisse, delle lacrime le si formarono agli angoli degli occhi e una cominciò a scorrerle sulla guancia. Matt la asciugò con un dito, poi non resistette più, ciò che Ashley gli stava dedicando era vita per lui, la medicina per la sua anima.

La strinse fortissimo, ed Ashley si abbandonò a lui, sentì gli effetti di tutta quella serata abbattersi di colpo sul suo corpo, le gambe non la ressero più, la scarica di adrenalina avuta prima la abbandonò lasciandole una sensazione di mollezza e debolezza, le caviglie le dolevano.

Matt la sentì cedere sotto le sue braccia e scivolare giù, la afferrò e la sorresse, temendo che stesse per perdere i sensi.

«Stai male, Ashley?» le chiese apprensivo ma Ashley paradossalmente non poteva stare meglio, adesso che era riuscita a dirgli quello che si era tenuta dentro per tutti quei giorni. Il malessere fisico non era nulla in confronto alla sofferenza che aveva provato al pensiero di averlo ferito.

«Non più – gli sorrise - sono solo un po' stanca, mi sono fatta male correndo sulla sabbia» lo tranquillizzò. Matt la aiutò a mettersi in piedi e la strinse per aiutarla a camminare.

«Sei tu che hai cambiato me Ashley, il mio cuore era atrofizzato, morto, pensavo di non poter conoscere il calore di un sentimento, non davo peso ai piccoli gesti, ai momenti, ma con te è tutto diverso. Mi sento una persona nuova, migliore.» la baciò dolcemente, tra loro c'era una consapevolezza maggiore adesso che si erano aperti l'uno all'altra.

«Mi mancherai da morire Matt, questa è la risposta alla tua domanda, quella che avrei dovuto darti prima» gli rivelò, senza alcun timore.

Il ragazzo strinse i pugni «Vorrei che tu non te ne andassi più, vorrei che io non debba andarmene, vorrei che potessimo restare qui insieme, vorrei che non fosse tutto così complicato e non so cosa fare» ammise, mettendosi a nudo, fragile, confuso, mentre la sorreggeva e la aiutava a camminare con lui. Quella rabbia e impotenza che Ashley gli aveva confessato di provare, lui la conosceva più che bene.

«Lo so Matt, non c'è bisogno che tu dica altro – gli accarezzò dolcemente una guancia – ora che ne dici se andiamo a casa – gli propose, ancora aggrappata alla sua vita – insieme» aggiunse, sorridendo.

«Certo, però conviene che tu salga – si abbassò e gli indicò la sua schiena per invitarla a farsi trasportare – mi sembri messa maluccio e di questo passo arriveremo domani mattina!» la schernì bonariamente.

«Va bene» accettò Ashley, poi si adagiò sulla sua schiena e gli cinse le spalle con le braccia, poggiando la testa su di lui e socchiudendo gli occhi, lasciandosi cullare dal calore del suo corpo e dal ritmo dei suoi passi, finalmente serena.

 

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Capitolo 29
*** Capitolo 29 ***


Ciao a tutte! Ho dovuto spezzare in due questo capitolo perchè sarebbe venuto troppo lungo, così parte di questo sarà nel prossimo. La storia comunque si sta avviando verso la parte finale, anche se manca ancora un po'. 
Ringrazio sempre tanto chi continua a seguirla e chi magari la segue da poco!
Alla prossima!

Capitolo 29

 

Il tempo non scorreva sempre uguale, Ashley lo sapeva bene.

Era una delle sue più ferme convinzioni insieme al fatto che il destino si divertisse a mettere la gente in situazioni a dir poco assurde per poi farsi delle grasse risate e alle strade che si allungavano quando eri in ritardo e si accorciavano quando eri in anticipo.

Era così che andava: quando si voleva che qualcosa di terribilmente noioso o fastidioso passasse in fretta, il tempo andava a rilento, era interminabile, quando al contrario si desiderava che qualcosa di bello e di piacevole durasse di più ecco che l'infame accelerava a più non posso.

I giorni stavano passando velocemente, portandosi ciascuno un pezzetto del sorriso di Ashley e dell'irriverenza di Matt, sotto gli occhi impotenti di Monica e quelli adesso più attenti di Gregory.

Ne mancavano ormai solo cinque alla partenza di Ashley. Un numero infinitamente esiguo, così pochi che lei già si sentiva persa.

Quella sera erano stati invitati al compleanno di un amico di Matt: una cosa tranquilla, in casa, una pizza, un po' da bere e della musica.

Lei veniva ormai considerata dal suo gruppo la sua ragazza e quindi veniva automaticamente inclusa quando c'era qualche uscita o come in quel caso, un compleanno.

Non aveva molta voglia di vedere gente, in realtà, ma aveva accettato per fare un piacere a Matt e anche perchè sentiva il bisogno di uscire da quella casa che le ricordava ogni secondo che avrebbe dovuto abbandonarla a breve.

Aveva indossato un vestito nero semplice e corto a metà coscia e delle ballerine rosse comode.

Stava cercando nell'armadio un cardigan bordeaux da portarsi dietro per l'aria più fresca della sera quando Matt fece capolino all'uscio.

«Sei pronta?» le domandò entrando.

«Sì, stavo solo cercando un'ultima cosa» gli rispose Ashley, interrompendo la sua ricerca per guardarlo.

«Stai bene?» domandò Matt, un po' allarmato dall'espressione dei suoi occhi.

«Sì, certo tranquillo» accennò un sorriso lei, Matt la scrutò da vicino poi le diede un bacio sulla guancia.

«Ok, allora ti aspetto sotto» e la lasciò sola, Ashley lo guardò sparire, poi tornò pensierosa.

Si sentiva strana quella sera.

Alla festa tutto si svolse tranquillamente, c'era anche Jenny ed Ashley, dimostrando un riguardo ammirevole nei suoi confronti, evitò per gran parte del tempo di scambiarsi effusioni o semplici gesti affettuosi con Matt, poteva immaginare quanto dovesse scottare ancora i primi tempi vedere la persona che amavi in atteggiamenti amorosi con un'altra. Le venne in mente il suo amico Tyler e quanto potesse stare male in una situazione del genere a causa sua e quel pensiero le squarciò il cuore, perciò usò la stessa delicatezza che avrebbe adottato se al posto di Jenny ci fosse stato lui.

Quasi a fine serata Matt non resistette e la baciò davanti a tutti, molte ragazze che lo avevano puntato tutto il tempo sgranarono gli occhi per la sorpresa e guardarono con odio e invidia Ashley.

«Con questo bacio ti sei giocato una chance con una buona parte delle ragazze qui dentro – lo informò serafica e un pizzico gelosa – qualcun' altra probabilmente non demorderà in ogni caso» aggiunse, mettendo in dubbio i costumi morali di alcune di loro.

«Sai quanto me ne importa di quelle - sbuffò scocciato lui, mettendole un braccio intorno alle spalle – tu piuttosto ti stai divertendo? Ti vedo strana, stasera» non riuscì a trattenersi dal farglielo notare.

«Dici?Ma no, va tutto bene, è una bella festa!» gli sorrise, ma Matt per quanto si sforzasse non accennava a bersela.

Quando i primi cominciarono a lasciare la casa era all'incirca mezzanotte, molti dovevano lavorare l'indomani e molti altri studiare, ormai l'estate era quasi un ricordo e la quotidianità aveva ripreso il sopravvento.

Presto anche loro decisero di andare, salutarono tutti e uscirono sul vialetto esterno. Ashley camminava lentamente, un po' più indietro rispetto a Matt, le sue gambe parevano intorpidite e incapaci di muoversi. L'irrequietezza che aveva provato tutto il giorno a casa e che aveva messo da parte con abbastanza convinzione alla festa le ricadde addosso con ancora più veemenza. Osservò Matt che avanzava inesorabilmente verso la sua auto, giocando con il suo portachiavi metallico e producendo un rumore ritmico.

Sospirò pesantemente e sentì il panico invaderla sempre più man mano che si avvicinavano alla macchina. Non ce la faceva, proprio no.

Raggiunse Matt con uno scatto veloce in avanti e gli afferrò la maglietta, arrestando il suo cammino.

Il biondo si voltò sorpreso e incontrò il suo volto scuro e angosciato. Si arrestò di colpo.

«Non voglio tornare a casa» mormorò Ashley, le dita ancora serrate intorno a un lembo della sua t-shirt e gli occhi bassi.

Matt tornò indietro e le si avvicinò, sollevandole il viso con l'indice e il medio L'intensità dei suoi occhi lo fulminò, così liquidi, così imploranti e bisognosi di quella folle richiesta.

«In che senso Ashley, che vuoi fare? Dove vuoi andare?» le chiese, con un filo di preoccupazione nella voce, accarezzandole le guance.

«Non lo so, Matt, non lo so – gridò, afferrando entrambe le braccia del ragazzo con così forza da lasciargli i segni delle sue unghie sulla pelle chiara, poi allentò la presa e il suo tono si ammorbidì, diventò quasi una supplica – ma ti prego, non riportarmi a casa, non mi va, io... voglio restare fuori con te, solo per stasera.» il fremito nella sua voce spazzò via qualunque dubbio di Matt, senza esitazione la strinse a sé.

«Tranquilla, stai tranquilla – la rassicurò, cullandola tra le sue braccia – non torniamo a casa»

 

«Santo cielo, Matt, è mezzanotte passata, è forse successo qualcosa?» la voce metallica di Monica giunse al suo orecchio dopo qualche squillo.

Era inquieta, come lo sarebbe stata quella di qualunque madre che riceve una chiamata dal figlio a tarda ora, ma non sembrava assonnata: come aveva previsto l'aveva beccata sveglia, sapeva che non era solita prendere sonno prima di una certa ora.

Smise di fare avanti e indietro sull'asfalto della piazzola su cui sostavano e si appoggiò al cofano posteriore della macchina.

«Ma no.. no.. stai calma» pronunciò lentamente, prendendosi del tempo per organizzare un discorso decente e plausibile e nonostante avesse deciso consapevolmente di fare quella telefonata, in realtà non aveva la più pallida idea di come spiegarle quella situazione senza farla allarmare.

«Volevo solo informarti che io ed Ashley stanotte non rincaseremo, torneremo in mattinata, ok?»continuò deciso, dall'altra parte seguì un silenzio inquietante.

«Matthew- tuonò minacciosa sua madre, il ragazzo roteò gli occhi esasperato, non poteva vederla ma immaginava esattamente come dovesse essersi trasformato il suo viso – si può sapere cosa avete in mente di fare? Guai a te se..» ma Matt la bloccò subito, intuendo dove volesse andare a parare.

«Frena mamma, non abbiamo intenzione di fare una fuga d'amore ed espatriare con dei passaporti falsi se è questo che stai pensando – Monica non ribattè, Matt ci aveva azzeccato, più o meno – e poi ti ho già detto che mi metti i brividi quando mi chiami in quel modo!» cercò di sviare l'argomento.

«Non cambiare discorso mio caro e scusa se, passaporti a parte, mi sembra un'opzione credibile pensare che vogliate scappare insieme, vista la vostra situazione» sbottò Monica, aumentando il volume della voce, Matt fu costretto ad allontanarsi l'apparecchio dall'orecchio.

«Non urlare, c'è Gregory lì con te?» chiese preoccupato.

«No, tranquillo, è di sopra a sistemare del lavoro – fece Monica, guardandosi intorno per sicurezza – ma non mi hai ancora spiegato cos'è questa storia che non tornate!» tornò all'attacco.

Matt sospirò, ruotò il busto e intravide il profilo di Ashley che sbucava dal finestrino anteriore, con lo sguardo perso all'orizzonte, abbassò la voce per non farsi sentire da lei.

«Ashley ha espresso il desiderio di rimanere fuori stanotte, si sente soffocare a casa e non le va proprio di rientrare, cerca di capirla, mamma - le spiegò, Monica percepì un cambiamento nel suo tono, pareva serio e in apprensione, adesso che parlava di quella ragazza – e a proposito di Gregory...» riprese esitando, Monica non gli fece nemmeno finire la frase.

«Lo sapevo – sospirò, portandosi una mano sulla fronte e massaggiandosi le tempie – Matt non puoi chiedermi di mentirgli quando c'è di mezzo sua figlia, te ne rendi conto?» si stava davvero spazientendo adesso, quei due ragazzi stavano mettendo a dura prova i suoi nervi, ok che erano giovani e innamorati, ma quello era davvero troppo.

«Non ti sto chiedendo di mentirgli, quanto meno non del tutto, ti sto solo pregando di coprirci con lui, non so, inventati qualcosa, che aspettiamo l'alba con degli amici, cose normalissime insomma, non possiamo sbucare domattina insieme come niente fosse e nemmeno può sapere che è da sola con me, o mi ucciderà, è esageratamente protettivo con Ashley!» supplicò la madre, sperando che capisse.

«Sinceramente sto valutando se lasciarglielo fare, sai?» ammise Monica, stanca di trovarsi in quella posizione scomoda di conflitto di interessi tra suo figlio e il suo compagno.

«Ti prego mamma, avrei potuto mentire anche a te, dirti una qualunque stupidaggine ma non l'ho fatto proprio perchè c'è lei di mezzo! Ashley è con me, non le succederà niente te lo garantisco, tengo a lei più che alla mia stessa vita, ormai – Monica sussultò, aveva pronunciato quelle parole così importanti senza esitazione alcuna, con sicurezza e convinzione, il suo viso si addolcì di riflesso – tra cinque giorni, anzi quattro - si corresse, dato che nel frattempo si era fatta mezzanotte - lei se ne andrà e ci separeremo e chi lo sa che ne sarà di noi, se ci rivedremo o se non succederà mai più quindi, per favore, fidati di me, ho fatto cazzate peggiori in passato che rimanere con una ragazza in spiaggia fino all'alba, domattina saremo a casa sani e salvi, te lo prometto» insistette, senza perdersi d'animo ma stava sudando sette camicie per l'agitazione.

Monica rimase muta per qualche minuto, nella sua testa cominciarono a vorticare tanti pensieri e preoccupazioni e soprattutto l'ennesima gran faccia tosta che avrebbe dovuto indossare con Gregory per evitare ai due piccioncini una bella lavata di capo.

Per un attimo dentro di sé pensò che no, stavolta non li avrebbe aiutati, non li avrebbe assecondati in quel capriccio da ragazzini immaturi, non potevano costringerla a mentire all'uomo che amava.

Ma poi si ricordò di quanto spesso l'amore si nutre di momenti, di attimi, spesso percepiti come necessari e vitali, provò a mettersi nei loro panni, a immaginare quanto dovesse essere dolorosa la prospettiva di un distacco proprio nel momento in cui la loro storia stava fiorendo più bella e fresca che mai.

Quel momento in cui non ci si stanca mai di stare ore a parlare e a raccontarsi, a scoprirsi, a ridere, a trovarsi simili ma anche molto diversi, a sentirsi perfetti così come si è.

Lo stesso in cui non si è mai sazi dei baci, delle carezze, in cui, non si sa come, ma ci si ritrova spesso abbracciati stretti, in cui si vive della pelle dell'altro, del suo odore, delle mani intrecciate, dei battiti del cuore accelerati.

E per loro quel momento era iniziato da poco e stava già finendo.

Realizzò come ogni secondo fosse prezioso per loro, diventasse un'esigenza, forse l'unica per andare avanti, per metabolizzare la futura perdita e di colpo non le parve più un'idea tanto balorda quella di voler passare una notte fuori, annullando il mondo esterno, i problemi, la realtà, per sentirsi da soli, eterni, infiniti.

«Va bene, mi inventerò qualcosa – disse alla fine, arresa e sconfitta – ma questa è l'ultima volta che mi coinvolgete, sono stata chiara?» concluse, impegnandosi di suonare autoritaria ma risultando poco convincente.

Matt tirò un lungo sospiro di sollievo «Certo, grazie mille, stà tranquilla e... – si arrestò perchè il cuore gli aveva suggerito delle parole che non pronunciava da secoli ormai, ma che adesso erano saltate fuori all'improvviso e provò timore ma anche una forte urgenza di dirle, deglutì e continuò con voce sommessa – ti voglio bene, mamma»

Monica allontanò per un secondo il cellulare dal suo orecchio, la sua bocca si dischiuse involontariamente e gli occhi si spalancarono.

L'ultima volta che suo figlio le aveva rivolto quelle parole la sua vocina era sottile, era quella di un bimbo spensierato e solare e sentirle dopo anni, da un ragazzo adulto e consapevole e che fino a un mese prima le rivolgeva a stento la parola, fu un'emozione che la trovò impreparata.

Si riscosse non senza difficoltà e riavvicinò il telefono «Ti voglio bene anche io, Matt, state attenti» gli raccomandò, infine, e quando chiuse la chiamata, un grande e luminoso sorriso le adornava il volto.

Matt si infilò il cellulare nella tasca dei pantaloni, ancora scosso per quel 'ti voglio bene' che era sfuggito alle sue labbra proprio nel momento in cui aveva sentito sua madre davvero così vicina a lui e a quello che stava provando, pronta a sacrificarsi per la sua felicità anche se significava infilarsi in una situazione spinosa, come solo una madre sa fare, come non avveniva da molto tempo.

In fondo era arrivato nel momento giusto, era riuscito ad esprimerlo inaspettatamente e a quel primo momento di perplessità si sostituì in un lampo una confortante serenità.

Aprì lo sportello dell'auto, Ashley si voltò immediatamente verso di lui, con gli occhi avidi e ansiosi di sapere com'era andata.

«Allora?» gli chiese, Matt si era abbassato, intento a scavare in un paio di tracolle e in qualunque vano di quella caotica vettura alla ricerca di qualcosa, poi rialzò la testa vittorioso con una sigaretta in mano, aveva decisamente bisogno di rilassarsi. La accese e la aspirò socchiudendo gli occhi, mentre abbassava il finestrino per far uscire fuori il fumo, il suo viso apparve già più disteso.

«Sei in debito con me da qui all'eternità, ragazzina» la ammonì poco dopo, poi girò la chiave e mise in moto, Ashley rise. «Scusami» disse, con la mano gli accarezzò un braccio.

«Figurati, questo è niente in confronto a certe bravate che ho combinato quando ero un adolescente problematico e turbolento, non ero certo quello che si può definire un figlio modello, ma è stata solo una fase, ormai sono un santo in confronto» commentò Matt, con un occhio alla strada e uno allo specchietto retrovisore e riflettè sul fatto che quella sera si era comportato davvero da persona responsabile, si meravigliò di sé stesso.

O stava invecchiando di brutto o quella ragazza lì a fianco aveva un effetto sbalorditivo sulla sua indole non proprio docile.

«Quindi l'ha presa bene tua madre?» gli domandò ancora Ashley, con la borsa stretta nervosamente sulle gambe scoperte e mezze infreddolite per colpa dell'aria gelida che Matt stava facendo entrare

«Bene è forse eccessivo come termine, ma diciamo che è andata per stavolta, non dirà a tuo padre che sei da sola con me ma che siamo con amici, così lui stanotte non si prenderà un infarto non sentendoti rientrare e io mi salverò la pelle» la informò, mentre gettava via il mozzicone e si decideva a chiudere il finestrino, con grande gioia di Ashley e della sua pelle d'oca. Il rumore dell'auto in movimento sulla strada e del vento si attutì di colpo e un silenzio ovattato li avvolse piacevolmente.

Ashley si rilassò, scivolando più giù sullo schienale «In ogni caso potevi anche non avvertirla, mio padre non si sarebbe accorto di niente e sarebbe bastato rientrare con cautela domani mattina» gli fece presente dopo qualche minuto di riflessione.

«Ne sei sicura? Perchè sai, tuo padre mi sembra proprio il tipo da dormire con un occhio aperto la notte finchè non sente il rumore della porta che lo informa che sua figlia è rientrata e solo allora abbandonarsi al sonno» si affrettò a ribattere, con valide argomentazioni.

Ashley dovette a malincuore dargli ragione ma si premurò di trovare altre motivazioni a sostegno della sua tesi. «Beh, comunque non sono più una ragazzina, posso anche decidere di restare una notte fuori senza dover chiedergli il permesso, dovrebbe rassegnarsi al fatto che sono cresciuta»

Matt sorrise a quel suo slancio di ribellione un po' tardiva, ma non sentì di condannare totalmente Gregory.

«Da un lato lo capisco tuo padre, però. Sei cresciuta lontano da lui, non ti ha potuto vivere come voleva e probabilmente si sente responsabile, per lui sei rimasta sempre la sua bambina da proteggere e tu stessa gliel'hai sempre permesso, non ti sei mai ribellata o opposta perchè in fondo ti stava bene così, non ti dava fastidio, non ti ostacolava nelle tue esperienze e lui si è convinto che il suo atteggiamento nei tuoi confronti fosse positivo. Forse solo ora stai entrando nella consapevolezza di dover pretendere la tua indipendenza nelle scelte di tutti i giorni, non è così?» le fece notare Matt, ruotando leggermente la testa per guardarla con la coda dell'occhio.

Ashley abbassò lo sguardo e si rese conto che era esattamente come aveva illustrato lui.

Aveva sempre assecondato suo padre in quella sua iperprotettività in parte perchè non voleva deluderlo e in parte perchè non aveva mai sentito il bisogno di rivendicare il suo diritto di prendere le decisioni in completa autonomia, anche se non coincidevano con quelle che avrebbe preso Gregory. Solo ora che stava cambiando punto di vista si rendeva conto di quanto sentisse la necessità di essere trattata da adulta libera e responsabile della propria vita.

Non rispose a Matt, ma il ragazzo capì che silenziosamente gli aveva dato ragione.

«Tornando a noi – cambiò argomento per smorzare la pesantezza di quel discorso - dove ti piacerebbe andare?» domandò, l'orologio sul cruscotto del veicolo segnava già quasi l' 1 di mattina di un anonimo giovedì di inizio Settembre.

La gente che veniva in quel luogo per il periodo di vacanza era già quasi tutta rientrata nelle proprie città per riprendere la quotidianità lavorativa, eccezion fatta per i pochi per cui le ferie iniziavano in questo periodo o per chi preferiva la tranquillità di fine estate. La città si era svuotata e la differenza si notava pesantemente, le strade erano deserte durante i giorni feriali e ancora peggio le spiagge di notte, prive di musica e di quei tavolini e sedie traballanti affossati nella sabbia dei pub allestiti lì d'estate e che già avevano smontato baracca e burattini e si erano ritrasferiti nelle proprie location abituali in centro città, il lungomare appariva quasi spettrale.

«Non saprei, mi basta un posto dove poter stare tranquilli senza scocciatori intorno, solo io e te» aggiunse con un fil di voce, quasi si vergognasse perchè suonava un po' troppo romantico.

«Ok, hai preferenze, vuoi guidare tu?» le chiese.

«Ehm.. no, io » cominciò a farfugliare, Matt intuì un certo imbarazzo, sollevò un sopracciglio incuriosito. «Non sai guidare?» la interruppe.

«Beh, ho la patente ma non guido quasi mai, insomma non ne ho avuto mai un granchè bisogno finora, sai all'università vado con l'autobus e il mio paese è piccolo, si può girare a piedi o coi mezzi e poi la usa quasi sempre mia sorella per lavorare, perciò...» provò a giustificarsi e in realtà era vero, la sua vita trascorreva tranquilla e sempre uguale e non le era mai servito spostarsi più di tanto da sola o viaggiare. Tutto quello che la riguardava era a due passi da lei e non si era mai spinta al di fuori di quell'area sicura.

Matt rise «Ho capito non sai guidare – Ashley arrossì sentendosi una perfetta imbranata – ma se l'avessi saputo ti avrei fatto esercitare qui, in un mese saresti diventata brava con me come insegnante. E comunque dovresti rimediare, altrimenti come farai a venirmi a trovare nella mia città, c'è un bel po' di strada» pensò bene di ricordarle, Ashley spostò lo sguardo verso il finestrino, fingendo un improvviso interesse per il panorama, per evitarlo. Calò uno strano silenzio tra loro.

«Ti va bene se stiamo in spiaggia? Conosco una zona qui vicino più tranquilla e a quest'ora e di Settembre non dovrebbe esserci nessuno.» le propose infine, mentre si allontanava sempre più dal centro abitato.

«Sì, va benissimo» accettò Ashley, lì intorno le spiagge erano l'unico posto tranquillo dove poter stare comodi quindi non c'erano altre alternative e dopotutto a lei non importava del posto.

Una volta arrivati parcheggiarono e scesero dall'auto.

«Sei fortunata, ho delle coperte qui nel portabagagli, almeno staremo più caldi» la informò Matt, riemergendo dal cofano e osservando le gambe nude di Ashley che, ovviamente, aveva indosso ancora il vestito corto della festa e un misero giacchino che non sarebbero di certo stati sufficienti a ripararla dall'umidità della notte.

Si avviarono e si sistemarono accanto ai resti di quella che doveva essere una costruzione, probabilmente una struttura di un ex lido, i cui muri mezzi distrutti contribuivano a ripararli in parte dal venticello e a farli sentire meno esposti.

Una volta sistemate le coperte si accucciarono sulla sabbia ed Ashley abbracciò finalmente Matt, sentendosi nell'unico posto in cui voleva essere. Il suo animo si quietò all'istante, l'irrequietezza di prima, la paura di dover tornare tra quelle pareti soffocanti, l'avevano abbandonata e finalmente stava bene.

Tutto intorno era buio pesto e l'unica luce che permetteva loro di orientarsi era la mezzaluna che splendeva chiara nel cielo. Il mare produceva un rumore soave e ad Ashley parve di trovarsi in un sogno bellissimo e non voleva svegliarsi se non all'alba, che sperò non arrivasse troppo presto, vista la brutta abitudine che aveva il tempo di scorrere più velocemente quando si passavano dei momenti felici.

«Come stai? Ti piace qui?» Matt le carezzò il viso, mentre la stringeva sotto quelle coperte.

«Non potrei stare meglio» disse sincera la ragazza, sollevandosi a guardare i suoi occhi, dei quali riusciva a scorgere solo il brillio messo in evidenza dalla luna.

«E quindi hai fatto molte pazzie quando eri un ragazzino?» domandò Ashley, sdraiata sul suo petto, riferendosi a quello che aveva detto prima in macchina.

«Qualcuna ma niente di che, le solite cose, un bel po' di sbronze tra amici, nottate passate fuori senza avvisare, andare dall'altra parte della nazione per un concerto e fare ritorno la mattina dopo, niente di troppo grave.» raccontò Matt distratto, col viso in sù a guardare le stelle.

«Io non mi sono mai ubriacata, non ho mai fatto nessuna follia o nessuna trasgressione, nemmeno innocente» osservò Ashley, come se stesse riflettendo ad alta voce.

Immaginò quanto diversi fossero state le loro adolescenze e stili di vita e quanto adesso fossero vicini nonostante le loro enormi differenze e come tutto quell'equilibrio tra loro sembrasse perfetto, forse anche irreale, quasi un prodigio.

Matt si mise di fianco, rivolto verso di lei, qualche granello di sabbia si appiccicava di già addosso o entrava fastidioso negli occhi, ma non gliene importava un accidente, le accarezzò la schiena, della quale intuiva appena il contorno.

«Fare pazzie non è sempre giusto, a volte si fanno per colmare dei vuoti o per soffocare delle sofferenze – osservò con tono malinconico – e comunque non è mai troppo tardi per lasciarsi andare, va bene anche a 50 anni e tu oggi ne hai appena fatta una, visto?» le diede un bacio leggero sulle labbra, provocandole un brivido, Ashley intrecciò le gambe alle sue per riscaldarsi.

«Chissà che faccia avrà mio padre domani mattina» non potè fare a meno di chiedersi, colta da quel pizzico di ansia tipica di chi infrange le regole per la prima volta.

«Sa che sei con me e con altri amici, in fondo io a lui piaccio mi pare di capire» Matt si chiese se in fondo non stessero esagerando a preoccuparsi così tanto per Gregory.

«Tutti piacciono ai padri finchè non mettono le mani sopra le proprie figlie – osservò Ashley, poi corrucciò lo sguardo - in effetti è un po' maschilista come idea a pensarci bene, voi figli maschi non avete di questi problemi di solito, questa cultura che ci portiamo appresso è ingiusta e per quanto fingiamo di essere moderni ed evoluti, abbiamo ancora tanta strada da fare da quel punto di vista» si lamentò.

«Purtroppo è vero anche quello ma, so che sembra strano che lo dica proprio io che con i miei ho avuto sempre dei rapporti complicati e spesso li ho criticati per le loro scelte, fare i genitori non è per niente facile, non so se ne sarei capace» dovette ammettere lui.

«A chi lo dici, non so se vorrò mai avere figli, e poi nemmeno mi piacciono i bambini»

«Che? Eppure ti facevo un tipo materno, mi stupisci!» esclamò Matt, che si era sbagliato e si rese conto di quante cose ancora non sapesse di lei e di quanta voglia avesse di poterne scoprire ogni minimo particolare, anche quello apparentemente più insignificante o superfluo.

«Ma chi, io? - rise Ashley, il pensiero di lei con l'istinto materno era talmente buffo che non si trattenne - non riesco nemmeno a parlare ai bambini, a fare quelle vocette stupide, a giocare con loro, mi sento così idiota, però magari con i miei sarebbe diverso, magari in futuro, quando sarò realizzata professionalmente, mi piacerebbe averne con la persona che amo – la sua voce tremò, mentre la sua espressione divenne intensa e ringraziò il buio perchè fu solo per quello che Matt non riuscì a cogliere nitidamente il mutamento nel suo volto al pensiero che quella persona potesse essere lui – sarebbe bello, credo» fece giusto in tempo a scandire quelle parole perchè Matt si fiondò sulle sue labbra e la baciò, senza sapere nemmeno il motivo di quell'improvvisa voglia di lei.

Poi si mise a sedere di scatto, con la testa bassa, pensando a quanto sarebbe stata fortunata la persona che sarebbe stata al suo fianco e che gli appariva sempre più arduo potesse essere lui.

Si sentì cingere la vita dalle sue braccia e udì la sua voce dolce chiamare il suo nome.

«Scusami» provò l'impulso di dirle.

«E di cosa?» mormorò Ashley con le labbra pressate sulla sua schiena.

«Perchè ti ho baciata mentre pensavi al tuo futuro, alla tua vita, a chi ti amerà, ti ho rovinato il momento» sussurrò.

Ashley sciolse la stretta e con un movimento un po' impacciato per via della loro sistemazione precaria tra coperte e sabbia dappertutto, riuscì a sgattaiolare e a posizionarsi di fronte a lui, con un espressione tirata.

«Non pensarlo nemmeno per scherzo» gli ordinò, poi imitò il suo precedente gesto e si gettò sulle sue labbra, facendogli perdere per una attimo l'equilibrio, costringendolo a reggere anche il suo peso e a evitare loro una rovinosa caduta all'indietro.

Non poteva vederlo bene in viso per il buio fitto, doveva solo affidarsi al tatto, al contatto col suo corpo e con la sua bocca, al suo odore, per percepire la sua presenza, per sentirlo, per riconoscerlo. Si abbandonò a quella fisicità in carenza del senso della vista, e si concentrò su sensazioni che conosceva ormai, ma che adesso riusciva ad assaporare come amplificate.

Passò le mani sul suo torace fino ad arrivare alle spalle, toccando con i polpastrelli ogni sua curva o rilievo del corpo per saggiarla e memorizzarla attentamente, strinse il corpo al suo per misurarne il calore e per goderne appieno, con il naso e con le labbra sfiorò il suo collo, ne riconobbe l'odore e la consistenza liscia della sua pelle, mentre percepiva il suo respiro caldo sempre più intenso, sempre più frequente, affondò le dita tra i suoi capelli morbidi.

Infine sollevò lo sguardo verso il suo volto scuro e grazie a un raggio di luna scorse finalmente il contorno delle sue labbra, le accarezzo con le dita facendogliele dischiudere e poi ci poggiò sopra le sue, morbidamente, usando la lingua per approfondire il contatto, per incontrare la sua e giocarci. Non era la prima volta che entrava in contatto fisico col suo corpo, ma in quel luogo, con quell'atmosfera, con l'oscurità che li avvolgeva e tutti gli altri sensi amplificati escluso quello della vista, fu come un'esperienza del tutto nuova, forte, intima, sensuale ma non volgare. A sua volta Ashley rabbrividì nel sentire le mani di Matt che ricambiavano i suoi tocchi e si creò tra loro una connessione profonda e pura, basata su quelle sensazioni istintuali, sui respiri e sui silenzi e cresceva sempre più forte.

Ashley sentì il suo corpo rispondere sempre più inequivocabilmente a lui, le sue membra si erano fatte leggere e tutto il suo essere era scosso interamente da brividi e formicolii. Provò l'urgenza di averlo lì, in quel momento, di farci l'amore con un desiderio ancora nuovo, più umano, più diretto e quasi si meravigliò di quelle emozioni e di quanto si sentisse donna in modo consapevole forse per la prima volta e intenzionata a prendere l'iniziativa.

Matt non ignorò quel cambiamento in lei e lo assecondò volentieri, finchè la ragazza si fermò e si avvicinò al suo orecchio «Ho voglia di te, adesso» gli sussurrò, la voce tradì un leggero imbarazzo o forse più una sorpresa, per quelle parole che mai aveva pronunciato a qualcuno fino a quel momento.

Matt sorrise sulla sua pelle, e quella fu la sua risposta, mentre riprendeva a occuparsi di lei.

Ashley si ritrasse un attimo, una lieve paura per quella novità e per il posto in cui si trovavano, si impossessò di lei.

«Tu.. l'hai mai fatto..sulla spiaggia?» gli chiese poggiando la fronte sul suo petto.

«Sì, mi è capitato, ma in passato, anni fa - specificò, come se il fatto che fosse un evento vecchio potesse risultarle più facile da digerire – e tu?»

«No, figuriamoci, per Richard non esistevano che il letto e orari prestabiliti, programmava tutto» sbottò annoiata. E poi in realtà nemmeno lei aveva mai pensato di poter aver voglia di farlo in posti non convenzionali.

«É illegale?» chiese poi, ingenuamente.

Matt soffocò una risata, era così dolce, così perfetta «Un po' sì, credo – ammise – ma, siamo seri, un'altissima percentuale di persone dovrebbe essere etichettata come criminale allora – non la vide ma sentì che aveva riso – non c'è anima viva qui nel raggio di chilometri e siamo così al buio che non riesco nemmeno a vedere che espressione buffa stai facendo ora, so che è buffa – le puntualizzò – potrebbe essere solo un po' scomodo, sai, per terra, la sabbia»

«Tra quattro giorni sarò andata via, sai che cazzo me ne frega di qualche granello di sabbia» affermò convinta e diretta.

A Matt non servì altro, le sue parole lo convinsero più di quanto già non fosse, la afferrò e se la portò in braccio a cavalcioni, avvolgendo entrambi con la coperta. Si ricordò che portava il vestito e cominciò a sollevarglielo, facendo scorrere le mani sulle sue gambe, sempre piú in alto. «Con questo sarà anche più facile del previsto» le soffiò all'orecchio, facendola sorridere.

E poi furono solo loro, il cielo sconfinato e le stelle sopra le loro teste, il vento sulla pelle, che arrivava piacevole quando il calore era troppo, la sensazione di essere da soli contro il mondo intero, sconfinato, aperto, il rumore del mare in sottofondo come colonna sonora, quell'adrenalina nell'essere in un luogo diverso, esposto.

Ad Ashley fu però subito chiaro che quelle emozioni che condivideva per la prima volta con lui avrebbero creato un ricordo meraviglioso ma anche troppo doloroso nei giorni in cui non sarebbero stati più insieme, l'avrebbe perseguitata la notte e forse anche il giorno, le avrebbe stretto il cuore e tolto il respiro e fatta piangere, tanto. Lo sapeva già nello stesso istante in cui lo viveva ma lo voleva con tutte le sue forze, per il dopo ci sarebbe stato tempo, avrebbe trovato la forza in qualche modo, ma ora era lì, con lui, e solo quello contava.

Rimasero stretti, Ashley sul suo petto, il cielo ancora nero, la notte ancora lunga.

«Come stai?» le domandò Matt, coprendole le spalle di più con la coperta.

«Benissimo» rispose semplicemente, anche perchè esprimere a parole come si sentiva era proprio impossibile.

«Era davvero la prima volta che lo facevi in un posto così?» continuò a chiederle.

«Sì, certo, sei stato il primo» confermò Ashley, mentre giocava con la sabbia tra le dita.

«Ti ho mentito, anche per me era la prima volta»

Ashley sollevò la testa stupita, in cerca di una spiegazione che arrivò puntuale.

«Avevo fatto sesso in passato – fu la sua premessa – l'amore l'ho fatto solo con te» la spiazzò.

«Che idiota» borbottò Ashley, nascose il viso nella sua maglietta d'istinto, pur sapendo che non poteva vedere il sorriso ebete che era spuntato.

Ma le vere parole che avrebbe voluto dire erano altre, erano sempre due, ma erano altre, decisamente.

 

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Capitolo 30
*** Capitolo 30 ***


Capitolo 30

 

Monica salì le scale con quel fardello mentale che le era stato gentilmente sganciato da suo figlio.

Portava ancora i vestiti dell'ufficio, una camicetta chiara e una gonna nera lunga fino al ginocchio, perchè aveva fatto gli straordinari quella sera ed era rientrata tardi e con l'unica voglia di cenare e crogiolarsi nell'ozio più totale.

Gregory, adorabile come suo solito, le aveva fatto trovare la cena pronta e, approfittando dell'assenza di Matt ed Ashley, fuori per un compleanno, erano riusciti a ritagliarsi quel momento di intimità, seduti a tavola da soli, evento quello alquanto raro nell'ultimo periodo.

Avevano mangiato senza fretta, lentamente, raccontandosi le rispettive giornate, assaporando il silenzio rassicurante della casa, scambiandosi romantiche effusioni senza dover subire gli sguardi di disapprovazione o semi disgusto dei figli che, da che mondo e mondo, parevano incapaci di accettare che l'amore e i suoi gesti non fossero solo un privilegio della gioventù ma che spettassero anche ai loro genitori.

Poi Gregory era salito nel suo studio per terminare degli spartiti per le lezioni del giorno dopo e Monica aveva riassettato la cucina e, una volta terminate le faccende domestiche, si era abbandonata sul divano con la tv accesa sul suo telefilm giallo preferito, le luci soffuse e una tazza di tisana calda fra le mani da sorseggiare.

Ma figurarsi se le era consentito dopo una giornata intensa di lavoro poter spegnere il cervello e non pensare a nulla!

Ovviamente no ed era arrivata la telefonata di suo figlio e tutto ciò che ne era seguito a far collassare miseramente il suo meritato relax.

Ancora immersa nel flashback di quell'infelice serata, si ritrovò in cima alle scale e si affacciò lungo il corridoio buio, allungando in avanti le mani per raggiungere a tastoni l'interruttore del lampadario, ma non ce ne fu bisogno: dallo studio di Gregory proveniva la luce della sua lampada da tavolo ed era sufficiente a consentirle di attraversare il corridoio senza inciampare su qualche mobile e imprecare in sette lingue diverse.

Aveva immaginato di trovarlo già a letto e invece evidentemente stava esagerando col lavoro, come faceva spesso a causa della sua pignoleria e precisione eccessive..

Si incamminò tentennante, col senso di colpa che già la attanagliava, ma cercò di concentrarsi solo sul buon fine della bugia che avrebbe di lì a poco dovuto dirgli.

«Ancora qui? Pensavo fossi già in camera» lo ridestò dalle sue carte, entrando nella stanza e sforzandosi di mantenere il suo tono usuale.

«Ho quasi finito, stavo revisionando l'ultimo foglio e sarei andato» la informò lui, senza sollevare lo sguardo concentrato dagli spartiti ma sorridendole.

Monica intrecciò le mani dietro la schiena e fece qualche passo in avanti verso la scrivania, prendendosi del tempo per elaborare il modo meno traumatico per intraprendere quel discorso.

Dischiuse le labbra ma Gregory non la vide, ancora impegnato a scrivere e così l'anticipò.

«E poi così aspetto di sentire che Ashley sia ritornata» aggiunse infatti, Monica colse subito l'occasione al volo.

«A tal proposito, caro, poco fa mi ha chiamato Matt e mi ha riferito che con i ragazzi hanno deciso di passare l'intera nottata in spiaggia ad aspettare l'alba, sai un po' per chiudere la stagione e per approfittare di questa serata limpida dopo gli ultimi giorni di pioggia» disse, cercando di far risultare la sua voce la meno apprensiva possibile.

Gregory, che fino ad allora era rimasto sempre chino e assorto verso le sue incombenze, stavolta si fermò istantaneamente, corrucciò la fronte e puntò i suoi occhi verdi scuri sulla figura della sua povera compagna.

«Come scusa?» chiese, sperando vivamente di aver capito male per colpa della sua distrazione.

«Insomma, non torneranno prima di domani mattina» liquidò la cosa Monica, augurandosi che quella spiegazione gli bastasse.

«Ma fuori dove? E con chi? Cosa c'è da fare fino all'alba in una spiaggia?» fu invece la serie continua di domande che seguì, la tisana rilassante di prima era già diventata acqua fresca per i nervi tesi di Monica.

Si avvicinò a lui e da dietro cominciò a fargli dei leggeri massaggi alle spalle, sempre troppo affaticate dalla sua classica postura da pianoforte, con la speranza che potessero servirgli a calmarsi e ad accettare meglio quella notizia.

«Tesoro, rilassati, sono solo un gruppo di ragazzi in spiaggia» sussurrò dolcemente, cercando di tranquillizzarlo, sebbene i suoi muscoli rigidi e tesissimi sotto le sue mani che lo massaggiavano la informarono che stava fallendo in quell'obiettivo.

«E appunto, dei ragazzi, soli, una notte intera! Potrebbero succedere delle cose orribili, potrebbero farla bere e ubriacare, approfittarsi di lei o trovarsi in situazioni poco raccomandabili, non so se mi spiego!» prese ad elencare senza prendere fiato nemmeno una volta, rosso in viso e agitando le braccia in maniera frenetica.

Monica notò che parlava di sua figlia come di un burattino nelle mani degli altri, privo di forza e di capacità di difendersi o, peggio ancora, come fosse una sorta di essere angelico, libera di qualunque istinto o desiderio terreno e continuamente sottoposta a tentazioni oscene da parte di quelle creature mostruose che erano i suoi coetanei.

«Gregory ascoltami – disse Monica esasperata dopo un lungo sospiro, ripetendo più volte a sé stessa di rimanere calma mentre toglieva le mani dalle sue spalle e si sedeva di fronte a lui per guardarlo dritto negli occhi – Ashley è una ragazza intelligente e matura, capace di ragionare con la propria testa e sono sicura che è perfettamente in grado di valutare le situazioni e allontanarsi eventualmente dai pericoli, anche se, se proprio devo essere schietta, sono tra amici e non tra avanzi di galera, credo che tu stia facendo una tragedia per nulla!» ammise infine.

Anche se stava in parte mentendo e sapeva che non erano in spiaggia con altri ragazzi, Monica cominciava a non tollerare il suo atteggiamento eccessivamente protettivo nei confronti della figlia, aveva 21 anni e spesso la trattava come una quindicenne inesperta e ingenua.

Era fastidioso e ridicolo e per quanto potesse comprendere le sue motivazioni, tuttavia non riusciva ad accettarlo. Si era creato un circolo vizioso per cui più lui esagerava con le preoccupazioni, più Ashley avrebbe cominciato a tenergli nascoste le cose, anche quelle più naturali come avere una storia con un ragazzo, che poi era anche il motivo principale per via del quale adesso lei era costretta a raccontargli frottole.

Insomma, quel suo comportamento aveva indirettamente ripercussioni su tutti.

Certo, Monica non poteva considerarsi degna del premio come miglior mamma del decennio e in passato aveva più volte cercato di imporre il suo modo di essere a Matt, ma proprio per quello aveva appurato a sue spese che non si può costringere un figlio a diventare ciò che noi vorremmo o pretendere di controllarlo ed evitargli di fare le proprie esperienze, altrimenti non si otterrebbe altro che provocare l'effetto contrario, scatenare conflitti, silenzi e allontanarsi sempre più. L'unica cosa che un genitore poteva fare era fornire le giuste basi e permettere ai figli di diventare degli individui sempre più autonomi e indipendenti.

Ma questo Gregory pareva far fatica ad accettarlo: per lui non era stato facile stare lontano da sua figlia in tutti quegli anni, vederla solo alcuni momenti dell'anno, non poterla seguire in tutti i suoi progressi e nei traguardi quotidiani, trovarla ogni anno di colpo sempre più cresciuta.

Si portava dentro un gran senso di colpa e il terrore di vederla soffrire o prendere strade sbagliate che compensava con l'impeto di proteggerla, di sentire che stava facendo il possibile per lei.

Adesso però era giunto il tempo di lasciarla andare e doveva capirlo, per il bene di Ashley ma anche per il suo, perchè si meritava di liberarsi di tutta quella responsabilità che portava sulle spalle e che non aveva senso di esistere, era stato un padre esemplare e presente nonostante le ovvie difficoltà, non aveva nulla da recriminarsi ed era ora che si concedesse quella pace.

Monica vide che le pieghe sulla sua fronte non scomparivano, piuttosto aveva tolto gli occhiali e si stava strofinando le palpebre con una mano, come se provasse di colpo una forte stanchezza o bruciore agli occhi.

«E poi c'è Matt con lei, stai tranquillo» aggiunse quindi, posando una mano sulla sua e stringendola forte per dargli conforto.

Sperava che il pensiero di saperla con qualcuno di cui si fidava e molto vicino a lui lo avrebbe rassicurato in un certo senso, ma la sua risposta la stupì.

«Matt è pur sempre un ragazzo – commentò gelido, Monica sollevò lo sguardo, i suoi occhi marroni rimasero all'erta, per un attimo trattenne il respiro – non sono stupido, credi che non mi sia accorto di come la guarda?»

La sua voce ferma rimbalzò nella piccola stanza, Monica tremò internamente, poi abbassò lo sguardo in silenzio, senza la forza di contrastare quella verità.

Gregory fu investito da una forte delusione.

Aveva sperato fino alla fine in una sua reazione che potesse smentirlo, fargli capire che si era sbagliato, che era stata solo una sua errata impressione, ma quel contegno suonò come una tacita e inequivocabile conferma delle sue parole.

Sentì la stretta della mano di Monica allentarsi e scivolare via dal dorso della sua, spezzando quel tenero contatto. Trasalì e si pentì del tono duro che non era riuscito a evitare.

Si trattava pur sempre del figlio della donna che amava e doveva andarci cauto, non voleva che si creassero attriti tra loro per quel motivo.

Provò tanta confusione e incertezza su come affrontare quella delicata situazione.

«Sai, quando mi hai detto che dovevo provare a ricordare i miei vent'anni e a guardare determinate cose con quegli occhi – riprese poco dopo, addolcendo la voce – beh io l'ho fatto e... - provò a deglutire nonostante la bocca secca – questo è quello che ho notato»

Monica non parlò per una manciata ancora di secondi, ad un tratto le sue sopracciglia si piegarono in un'espressione concentrata, come se stessero riflettendo su qualcosa, mentre Gregory sudava freddo nell'attesa spasmodica che si decidesse finalmente a fare uscire la voce e toglierlo da quella tortura infernale.

Improvvisamente parve riscuotersi, rivolse lo sguardo al compagno in evidente stato confusionale e dischiuse le labbra rosse per parlare. «Capisco, però... non dovresti concentrarti solo su Matt – gli fece notare con estrema serietà – dovresti fare caso anche ad Ashley e a come lei guarda mio figlio, forse allora avresti un quadro più completo» terminò, si rese conto di aver involontariamente calcato su quel 'mio figlio', presa da una sorta di istinto materno di protezione verso di lui che non credeva più di poter possedere.

Si alzò e si diresse verso Gregory, assorto nel decifrare il significato nascosto tra le righe di quella sua frase. Lo amava e soffriva nel vederlo così preoccupato e invischiato in una faccenda che probabilmente lo aveva colto alla sprovvista. Senza esitazione e prima che egli potesse accorgersene, gli afferrò entrambe le mani, giunte sulla scrivania e le tirò verso di sé, esortandolo ad abbandonare quella sedia.

«Sù, adesso andiamo a letto, siamo entrambi molto stanchi e non si ragiona bene quando non si ha la mente lucida, non credi?» gli sorrise.

Gregory si voltò verso di lei, il sorriso di Monica riuscì alla fine dove tutti gli altri metodi avevano fallito, lo rasserenò subito e gli fece dimenticare quella piccola discussione tra loro.

«Sì, hai ragione» si arrese, cancellando dal volto quell'espressione corrucciata che aveva mantenuto fino ad allora e si lasciò guidare da Monica fuori dalla stanza, stringendo forte la sua mano.

 

Ashley giaceva sul petto di Matt, che non aveva smesso nemmeno per un attimo di tenerla stretta sotto quelle coperte sgualcite e ormai piene di sabbia che li riparavano dal freddo della notte e li riscaldavano insieme ai loro respiri.

Sotto l'orecchio avvertiva il dolce rumore del battito del suo cuore, che scandiva il tempo e le infondeva un forte senso di sicurezza. Non stavano controllando l'orario, non ne avevano bisogno, ci avrebbe pensato il colore del cielo sempre più chiaro e il sole a informarli dell' arrivo del nuovo giorno.

Una mano di di Matt le sfiorò i capelli con una carezza, prima di depositarsi nuovamente sulla sua schiena. Ashley sentì un brivido attraversarla a quel tocco e si contrasse appena, il ragazzo percepì quel movimento sopra di lui e lo scambiò per una reazione al calo della temperatura.

«Hai freddo?» si preoccupò subito di chiederle, rompendo il silenzio.

Ashley scosse la testa per quel poco che quella posizione le permetteva «No, sto bene, e tu?» domandò a sua volta.

«Benissimo» rispose Matt in un soffio.

La realtà, i problemi, le paranoie, tutto sembrava solo un ricordo lontano in quell'angolo di paradiso che si erano ritagliati e una immensa rilassatezza li aveva sommersi, trasportandoli in una dimensione tutta loro, dove il tempo era immobile e il mondo esterno un luogo a cui non appartenevano. Un'illusione dorata, ma pur sempre un'illusione, destinata a scomparire.

Gli occhi di Ashley si fecero pesanti, ogni tanto le sue palpebre si chiudevano senza che potesse controllarle, ma le riapriva di scatto.

Non voleva addormentarsi, voleva viversi ogni singolo secondo di quella notte, di lui, fino alla fine, senza rimedio.

La stanchezza poteva e doveva aspettare.

«Rimarrei qui per sempre» sussurrò, persa in quella sensazione di benessere.

«Già – rispose Matt, stranamente diventato poco loquace e piuttosto taciturno – ma non si può» concluse con una vena amara nella voce, come se dell'inquietudine fosse riuscita a guastargli l'atmosfera.

Ashley si sollevò per guardarlo e gli accarezzò una guancia.

«Ho paura di tornare a casa» gli confessò, senza timore di mostrarsi vulnerabile a lui.

«Devi promettermi che non ne avrai» le ribattè con dolcezza ma deciso. Quel momento tanto temuto stava arrivando e l'ultima cosa che voleva era che Ashley perdesse di vista i suoi obiettivi e il suo futuro per colpa sua, anche se faceva male da morire.

Ashley sbarrò gli occhi e il sonno l'abbandonò. Come poteva chiedergli di essere tranquilla come se niente fosse dopo che era arrivato lui e le aveva sconvolto tutti i piani?

«Non posso, Matt, sta cambiando tutto troppo velocemente e io... sarò sola» esclamò. Aveva usato il termine 'sola' ma era ovvio per entrambi che con quello intendesse dire senza di lui.

Matt si fece serio, in quel momento aveva la necessità di sentirle dire che sarebbe stata bene, fosse stata anche solo una menzogna, una pura illusione. Aveva bisogno di sentirglielo promettere, rafforzò la stretta delle braccia intorno alla sua vita esile, facendola sussultare.

«Dimmi che lo farai, Ashley, promettimelo!» ripetè fino allo sfinimento.

«Tu lo farai?» gli rigirò abilmente la questione.

«Cosa?» fece finta di non capire, evitando a sua volta di rispondere. Sembrava che si stessero rincorrendo senza mai riuscire a prendersi, eludendo ciascuno le richieste dell'altro.

Ashley sbuffò «Insomma, sei contento di ritornare a casa tua, di riprendere la vita che conducevi prima, di pensare al futuro» spiegò, un po' infastidita dalla piega che aveva preso la discussione e che stava rovinando la serenità conquistata a fatica.

«No, ma di me non devi preoccuparti, io me la caverò in qualche modo, ci ho fatto i calli ormai a essere masticato e sputato da questa vita di merda» disse amaramente, il suo tono era disilluso, come di chi non si aspetta più nessuna svolta positiva e si è rassegnato all'ennesimo schiaffo in faccia.

«E invece non è vero, tu ce la farai, io lo so, io credo in te» lo contraddisse Ashley, prima di cercare le sue labbra e riempirle con un bacio.

Matt provò un'improvviso e piacevole calore dentro di sé, quando lo diceva Ashley sembrava tutto così possibile, semplice e reale che quasi ci credeva davvero di poter combinare qualcosa di buono. Sentì che forse ci poteva riuscire, che se solo ci fosse stata lei al suo fianco a incitarlo ce l'avrebbe fatta, nulla avrebbe più contato e niente l'avrebbe fermato, le paure, la sua poca fiducia nelle sue capacità, il suo scarso impegno nello studio.

Tutto si sarebbe ridotto a nient'altro che un cumulo di stupidaggini paragonato alla forza che avrebbe scovato dentro di sé e alla gioia che avrebbe provato nel poterla vedere e raccontarle la sua giornata e ridere delle sfortune capitate o di qualche ingiustizia subita.

La normalità, era quella che desiderava, quella che non aveva mai avuto e che adesso stava toccando per la prima volta.

Ed Ashley era quello per lui, la sua oasi di salvezza, una ventata di aria fresca in mezzo all'inferno, la pace che pensava di non poter mai trovare nella sua anima travagliata.

Era la vita ed era lì, a due passi da lui, e voleva amarla con tutto sé stesso.

La strinse a sé, con forza pressò di più le labbra contro le sue, facendole quasi male, con disperazione e così intensamente che Ashley riuscì a cogliere il suo dolore come se lo provasse direttamente, come se le loro anime fossero collegate.

In passato, quando sentiva le sue amiche parlare dell'anima gemella e di quanto sognassero di poterla trovare, aveva sempre considerato quei discorsi delle stucchevoli smancerie prive di senso e degne al massimo del più scadente e poco realistico film romantico. Era un tipo poco incline a pensieri sdolcinati e zuccherosi e l'idea dell'esistenza nel mondo di qualcuno di quasi 'predestinato', la propria metà smarrita chissà dove e a cui appartenere per sempre, non poteva fare a meno di reputarla una grossa cretinata.

Buffo che invece adesso anima gemella fosse l'unica espressione che avesse giudicato adatta a descrivere ciò che sentiva per lui.

Matt la completava, la arricchiva con le sue differenze e allo stesso tempo per lui provava empatia, vicinanza, appartenenza. D'improvviso pensarlo la sua anima gemella non parve più la fantasia di una ragazzina troppo sognatrice, ma una realtà, la sua.

Rise sulle sue labbra, Matt si stupì di quel cambiamento di umore ma, come contagiato inevitabilmente, anche gli angoli delle sue labbra si piegarono in sù.

Si staccò da lei intenzionato a soddisfare la sua curiosità «Che ti prende?» le chiese.

Ashley si nascose nell'incavo del suo collo, poi prese a passare il palmo della sua mano sul suo torace.

«Niente, è che pensavo a quando ti ho conosciuto un mese fa e a dove siamo adesso e che probabilmente eri l'ultima delle persone con cui avrei mai immaginato di trovarmi – iniziò, lievemente imbarazzata nel dover confessargli i propri vaneggiamenti – eppure siamo qua, l'avresti mai detto? Non è incredibile?» la spontaneità e freschezza con cui lo disse furono l'antidoto istantaneo all'oscurità che si era impossessata di lui prima.

«Già, è pazzesco – ammise sereno, sentì l'intero corpo di Ashley rilassato a contatto col suo e bastò quello per cancellare ogni tristezza o brutto pensiero dal suo cuore – e sentiamo, come mai ti sembrava così strano poter finire con me? Cosa hai pensato la prima volta che mi hai visto, sono curioso!» la esortò, con la sua solita aria scanzonata.

«Beh, la prima volta mi eri sembrato un tizio a caso che aveva trovato le chiavi di casa davanti alla porta» confessò candidamente, Matt aggrottò le sopracciglia a quell' affermazione bizzarra.

«Eh? E perchè mai?» le domandò.

«Perchè non somigliavi per niente all'idea che mi ero fatta sull'aspetto e i modi di fare del figlio di Monica» disse Ashley. Ricordava benissimo lo stupore che aveva provato quando Matt era sbucato in cucina quella mattina.

«Ti aspettavi di trovare un damerino tutto in tiro e ordinato, dai modi raffinati e che ti facesse il baciamano?» le domandò Matt, ironico.

«Sì, più o meno – rise Ashley – e poi i tuoi occhi – continuò teatralmente – i tuoi occhi mi mettevano i brividi, mi impressionavano!» affermò con veemenza, come se stesse parlando di un mostro terrificante.

«Di solito mi dicono che sono il mio punto forte, ma lo prendo comunque come un complimento?» commentò divertito per via di quell'insolita opinione sul suo sguardo. Era consapevole di avere degli occhi magnetici, da bambino tutti rimanevano incantati dai suoi occhioni azzurri e crescendo parecchie ragazze avevano sospirato, perse a guardare quel pezzo di cielo che si ritrovava al posto dell'iride, ma nessuno mai li aveva definiti 'da brividi'.

Senza dubbio era stato il commento più originale e strambo che avesse mai ricevuto.

Ashley scoppiò a ridere, poi si premurò di specificare ciò che intendeva, prima di ledere il suo lato vanitoso «Non ho mica detto che sono brutti, anzi, però era il modo in cui fissavi la gente che mi inquietava, sembravi trafiggere tutti con quello sguardo, come una spada. Era così gelido e pungente e pareva non voler permettere a nessuno di decifrarlo, di leggerti dentro, mentre tu con quegli stessi occhi scavavi, ferivi, mettevi a nudo senza pietà – Ashley fece una pausa, mentre Matt ascoltava attento quell'accurata descrizione di come appariva dall'esterno il suo sguardo – non volevo guardare dentro ai tuoi occhi, non riuscivo a sostenerli quando per caso capitava che li incrociassi coi miei. Avevo paura che tu potessi scrutare dentro di me, mi facevano sentire esposta, ecco, fragile.» pronunciò quell'ultima parte a voce bassa, quasi non volesse perchè era qualcosa che apparteneva al passato, ormai e in cui non si rivedeva più.

Matt rimase per un po' pensieroso, la verità era che Ashley ci aveva proprio preso su tutto.

«E cos'è cambiato, poi?» continuò a chiederle, deciso a sapere cosa l'avesse spinta verso di lui.

«Non so dirlo di preciso ma, quella sera quando suonavi ho provato qualcosa di strano, può sembrare stupido e forse lo è, ma è stato come se vederti accarezzare i tasti nello stesso modo in cui facevo io, stare chinato sul pianoforte con la stessa concentrazione, osservare compiere tutti quei gesti che facevano così parte del mio essere, del mio mondo provenire da qualcuno che reputavo talmente distante da me, diverso, quasi all'opposto direi, ha fatto crollare in un secondo ogni mia più ferma convinzione. Mi sono chiesta come fosse possibile una cosa del genere e se non mi fossi sbagliata tante volte a tenere fuori dalla mia vita cose o persone a me vicine ma che ritenevo lontane. Avevo già dei dubbi a tal proposito prima di partire, delle crisi d'identità se così le vogliamo chiamare, ma quell'episodio è stato come illuminante, una rivelazione e da lì è stato tutto un fiume inarrestabile che mi ha travolta fino a qui, fino a te» concluse, poggiando la fronte sul suo petto, il suo rifugio.

Il cuore di Matt fece un balzo. Fu come guardarsi a uno specchio ascoltare la descrizione di Ashley. Lui era freddo, non badava ai sentimenti e raramente ne sentiva, non si preoccupava degli altri e spesso li guardava con quella che poteva sembrare arroganza o presunzione ma era solo autodifesa e indifferenza. Cercava di scrutarli per capire se avrebbero potuto fargli del male, partendo già prevenuto.

Ma Ashley era andata oltre quella sua barriera. La sua purezza, la sua voglia di scoprire il mondo, di dargli fiducia l'avevano intrigato e colpito al cuore quasi subito. Poi si era aggiunta la sua dolcezza e quella delicatezza mai intraviste in nessuna delle persone che frequentava e che gli avevano scaldato il cuore e fatto scoprire quanto anche solo un abbraccio può dare quando proviene dalla persona che ami, quanto si può vivere tramite un bacio o una carezza o semplicemente una parola, quanta cura doveva usare nel pensare anche ai sentimenti e alle emozioni degli altri nel suo agire, tutte cose che non aveva mai considerato.

«Sarò sincero con te Ashley e non userò mezzi termini, la prima volta che ti ho vista mi sei stata subito sul cazzo – le raccontò diretto, lei trasalì a sentire quella verità anche se apparteneva a un passato non troppo lontano ma che ormai appariva remoto per l'elevato numero di cambiamenti ed eventi che erano successi in quell'arco di tempo – tutti parlavano di te come di un essere eccelso in qualunque campo, ti lodavano, decantavano i tuoi successi. E poi ti ho vista, sembravi esageratamente perfetta, con quel bel visino, così composta, intelligente e brava nello studio, il classico tipo snob che ti guarda dall'alto in basso. E tu non mi guardavi nemmeno, anche se solo adesso probabilmente ne capisco il motivo, ma ai tempi sbagliando pensai che fosse perchè mi schifavi, perchè quelle come te trovavano ripugnanti quelli come me e io avevo deciso di ripagarti come facevo di solito, con la mia indifferenza. Poi quella sera ti sei presentata lì, non ti sentivi superiore, al contrario eri impacciata ma curiosa, interessata a me e a quello che facevo, non eri spocchiosa ma gentile e non eri così perfetta come pensavo. Ho percepito della sofferenza in te, un tormento che ti affliggeva e che ancora non capivo cosa fosse, per qualche strano motivo mi ha ricordato me stesso. Non c'era traccia in te di niente di tutto ciò che ti avevo affibbiato e mi hai fatto sentire un perfetto stronzo. Ti ho guardata per la prima volta attentamente solo quella sera al pianoforte, mi sono accorto allora di quanto eri bella anche fuori, ti ho desiderata subito e tanto perchè ero abituato in quel modo con le altre ragazze, ma tu eri diversa e non era così che doveva andare. Ti ho messa alla prova la sera del concerto, per vedere se avresti accettato, se l'impressione che avevo era giusta e da lì è stato tutto un crescendo e siamo qui, adesso» terminò quel monologo così come aveva fatto lei, ripercorrendo quel mese e arrivando a quella notte. Ashley ascoltò ogni singola parola con un nodo in gola per l'emozione. Era la prima volta che si rivelavano le rispettive prime impressioni e ora che ci pensava era avvenuto nel momento giusto, in quella notte così intima e intensa e non poteva essere più perfetto di così.

Rimasero stretti per un po', poi Matt si staccò leggermente per guardarla in viso.

«Ti fanno ancora paura i miei occhi?» le chiese.

Ashley li fissò, il loro colore era falsato dal buio e dalla luce lunare ma li avrebbe riconosciuti tra milioni. Non la spaventavano più, adesso non poteva vivere senza. Più ci si specchiava e più si sentiva viva, protetta e quasi privilegiata nel poterlo fare. Non aveva timore che potesse leggerle dentro perchè voleva che lo facesse, voleva che conoscesse tutto di lei, che fosse solo sua. E il pensiero di non poterli più guardare così lucidi e vicini la distruggeva.

«No, adesso non posso più farne a meno – gli confessò – mi danno serenità, gioia, a volte ho come l' impressione di conoscerli da sempre, sembra una cretinata, lo so» si scusò per quel pensiero forse un po' troppo infantile.

«Non lo è invece, forse è davvero così, ti stavano aspettando Ashley, forse era proprio con i tuoi occhi che dovevano incrociarsi» sussurrò a un passo dal suo viso, prima di annullare completamente la distanza tra loro.

Non solo i loro occhi, ma anche le loro vite si erano incrociate e si erano cambiate, migliorate, confrontate e ne erano uscite persone migliori sotto vari aspetti. Perchè quando la diversità non blocca, quando si va oltre quell'apparenza, quella distanza, ecco che arricchisce, completa e ci si scopre spesso più simili di quanto si pensava all'inizio.

 

La notte trascorse serena, e pian piano il cielo passò dal nero al blu scuro e via via sempre più chiaro, finchè il sole non esplose in una bellissima alba. E fu allora che Matt ed Ashley decisero di porre fine a quel meraviglioso e lungo momento e tornare a casa.

Ashley, stanca e non abituata a stare sveglia per così tante ore, crollò poco dopo in un sonno profondo sul sedile, durante il viaggio di ritorno.

Giunti a casa Matt provò a svegliarla, scuotendola dolcemente ma l'unico effetto che sortì fu qualche mugolio indistinto e dei piccoli movimenti.

Decise allora di caricarsela in braccio, e così la estrasse dall'auto, richiudendo lo sportello con un calcio.

Trafficò parecchio davanti alla porta per riuscire ad aprirla con la ragazza in braccio, poi finalmente riuscì nell'impresa e si avviò all'interno, sperando di non incrociare sua madre o peggio ancora Gregory. Ma si sa, la sfiga ci vede benissimo ed eccoli entrambi ben svegli e schierati lì come se li stessero aspettando.

Matt si fermò subito, un rumore assordante di sedie che stridevano gli squarciò il timpano ma parve non avere alcun effetto sulla bella addormentata tra le sue braccia, che proseguiva ignara nel suo beato sonno.

Il rumore era stato provocato da Gregory e Monica, che si erano precipitati verso di loro alla vista di Ashley priva di sensi, Gregory preoccupatissimo per la figlia, Monica probabilmente per ammazzarlo, pensò Matt.

«Ashley! Che le è successo?» urlò Gregory, ma prima che potesse andare oltre in quella crisi isterica da genitore apprensivo Matt lo arrestò.

«Tranquillo, sta solo dormendo, giuro che non ha assunto nulla né è ubriaca, si è solo addormentata in macchina per la stanchezza» disse Matt a voce bassa, l'unico che si preoccupava di adottare quella misura per non disturbare Ashley, buttò un'occhiata di intesa a sua madre per tranquillizzarla che fosse tutto ok e la vide sospirare di sollievo sommessamente.

Gregory spostò velocemente lo sguardo dal viso rilassato di Ashley a quello di Matt con sospetto e agitazione, ma il ragazzo, intuendo la persistenza delle sue perplessità e dei dubbi sullo stato di salute della figlia provò a rassicurarlo nuovamente.

«Fidati di me, sta solo dormendo, se fosse ubriaca te ne accorgeresti dall'alito, si sentirebbe»

Gregory parve finalmente credergli, ma poi fu attirato dall'immagine di sua figlia tra le braccia di Matt, il ragazzo se la teneva stretta al petto con naturalezza, la testa rossa di Ashley poggiava sulla sua spalla delicatamente e il vestito nero della festa, già piuttosto corto, gli aveva scoperto di più le gambe per via della posizione in cui si trovava e gli occhi di Gregory si soffermarono sulla mano di Matt che poggiava proprio sulla sua coscia nuda per reggerla. Ripensò al discorso della notte prima con Monica e ai suoi sospetti che parevano essere stati confermati, la sua solita gelosia si impadronì di lui.

«Beh, allora la porto a letto» disse Matt, rendendosi conto troppo tardi di quell'infelice scelta di parole, imprecò mentalmente mentre vide Gregory assumere un'espressione sconcertata e sua madre, dietro di lui, pronunciare qualcosa come 'sei un cretino' col labiale.

«Non ti preoccupare Matt, la porto io nella sua camera» disse serio Gregory, poi si avvicinò e, fissandolo severamente negli occhi, le strappò via Ashley di dosso, lasciandolo lì, impalato e senza riuscire a dire nulla.

Aspettò di vederlo sparire sù per le scale, poi si gettò di peso su una sedia accanto a sua madre, sospirò sonoramente e si accasciò sopra il tavolo, poggiando la fronte sulla tovaglia di plastica coi girasoli, immobile e distrutto.

«I tuoi capelli sono davvero diventati lunghi – osservò placidamente Monica – dovresti tagliarli» continuò sorseggiando un thè e divertendosi a sbeffeggiare il figlio, un po' per vendicarsi della serata da incubo che le aveva riservato.

Matt sollevò la testa sconvolto «Ma ti pare il momento di pensare ai miei capelli? Non hai visto come mi ha guardato Gregory? Stavolta mi sa che ha capito qualcosa» piagnucolò.

Monica non negò né annuì a quell'affermazione. Vide il figlio portarsi le mani sul viso e strapazzarselo per cercare di riprendersi, doveva essere molto stanco anche lui e magari non era il caso di prendere quell'argomento.

«Vi siete divertiti stanotte, almeno?» gli chiese.

«Sì, è andato tutto bene» rispose Matt, un sorriso gli si dipinse sul volto nonostante tutto.

«Immagino» commentò maliziosa Monica, Matt la fulminò con lo sguardo, troppo esausto per rispondere, poi si alzò dalla sedia, intenzionato a buttarsi sul letto e recuperare un po' di sonno. Era umano anche lui e aveva bisogno di dormire come tutti.

«Vaffanculo mamma – si congedò da lei cordialmente – io vado a a dormire» e sgattaiolò subito con l'eleganza e l'agilità di uno zombie.

 

Gregory era salito con Ashley in braccio e si era accertato che stesse bene: il respiro era regolare, il viso disteso, l'espressione rilassata.

Matt doveva avere ragione, si era solo addormentata per la stanchezza. Facendo attenzione a non prendere scossoni sulle scale si diresse verso la sua camera.

Mentre camminava sentì Ashley muoversi leggermente, si fermò e la sentì parlare nel sonno e il nome che pronunciò lo fece rabbrividire: era quello di Matt.

La depositò sul letto, la coprì amorevolmente con il lenzuolo e si soffermò a guardare pensieroso il suo viso. Sembrava quello di una bambina, adesso che dormiva tranquilla eppure aveva già 21 anni anche se a Gregory piaceva dimenticarlo spesso. Si chiese perchè quel nome fosse uscito dalle sue labbra durante il sonno, che significato avesse per lei e che ruolo stesse giocando Matt nella sua vita. Tante, troppe domande che lo assillavano e aveva quasi paura di scoprire le risposte.

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Capitolo 31
*** Capitolo 31 ***


Capitolo 31

 

L'orologio a pendolo della cucina segnava le 8.

Il suo ticchettio regolare era l'unico rumore che spezzava quel pesante silenzio e che faceva compagnia a Monica, rimasta da sola dopo l'uscita di scena di Gregory e di suo figlio.

A breve avrebbe dovuto recarsi al lavoro e sapeva di avere bisogno del suo quarto d'ora canonico di trucco e messa in piega dei capelli e che quindi avrebbe dovuto sbrigarsi ad alzarsi e scattare se non voleva rischiare di fare tutto di fretta, ma il suo cervello era rimasto come ipnotizzato da quel suono ritmico e incessante. E forse un po' anche dagli ultimi avvenimenti.

L'avanzare di alcuni passi giù per le scale la riscosse da quello stato di trans, si sgranchì le spalle con un movimento rotatorio e raddrizzò la schiena, che si era curvata sul tavolo sotto il peso della forza di gravità. Voltò la testa nella direzione da cui provenivano e come aveva immaginato vide Gregory scendere, la sua espressione era severa e piuttosto turbata.

Senza emettere una sola parola, lo osservò con la coda dell'occhio accomodarsi accanto a lei, puntare i gomiti sul tavolo e poggiare il mento sulle mani chiuse a pugno. Rimase così, con lo sguardo perso davanti a lui, come se una marea di pensieri gli stessero affollando la mente.

Monica bevve un ultimo sorso di the, ormai ghiacciato e poco invitante, poi lo mise via, allontanando la tazza.

Avrebbe voluto concedere a Gregory tutti i minuti e, se necessario, le ore di cui aveva bisogno per quella che sembrava una profonda riflessione, ma il tempo era tiranno e doveva velocizzare.

Fece un leggero colpo di tosse, coprendosi le labbra con la mano, poi si decise.

«Tutto a posto con Ashley? Sta dormendo?» gli chiese.

Gregory annuì, producendo unicamente un verso gutturale ma senza modificare la sua posizione e senza muovere gli occhi.

«Bene» Monica sospirò, delusa dalla sua immobilità e anche irrequieta, perchè si stava davvero facendo tardi, adesso. Cominciò a fremere sulla sedia, poi fece per arrendersi e alzarsi, quando udì finalmente la voce di Gregory.

«Ashley ha pronunciato il suo nome» disse con ancora la sua attenzione rivolta a un punto di fronte a lui. Pareva che lo stesse ripetendo più a sé stesso che alla donna accanto a lui.

«Cosa?» domandò Monica, confusa. Doveva essere la fretta, pensò, ma non riusciva proprio a capire di cosa stesse parlando.

«Mentre dormiva, lei ha chiamato il nome di tuo figlio» le confessò con un briciolo di incredulità nella voce e senza il coraggio di nominarlo.

Monica tacque, si limitò ad alzarsi e a far sparire i residui della colazione.

«Perchè proprio lui? Lo stava sognando? Lo pensava?» cominciò a chiedere a raffica, era diventato di colpo loquace.

«Si pensano miliardi di cose per miliardi di motivi diversi, amore» provò a minimizzare l'episodio la sua compagna, sebbene se in cuor suo avesse già ben capito.

«Non fraintendermi, considero Matt un ragazzo in gamba, è intelligente, educato, sensibile anche se fa di tutto per nasconderlo, gli voglio bene come a un figlio ormai – si affrettò a premettere, preoccupato di non ferire Monica – è solo che...non so..lui mi sembra così diverso da Ashley nei suoi gusti, nei modi di fare, in tutto, è difficile da spiegare ma non avrei mai lontanamente immaginato che tra loro potesse nascere un'attrazione! Hanno vissuto un mese sotto lo stesso tetto e io non ho nemmeno mezza volta considerato quest'eventualità e adesso... – esitò, abbassando lo sguardo, pensieroso e disorientato - mi ha colto così, di sorpresa, si tratta di mia figlia e di tuo figlio, insieme, e non so come prenderla, è tutto molto... strano» terminò a voce bassa, passandosi una mano sulla fronte. Gli stava costando davvero tanto riuscire a mettere insieme quelle parole per esprimere la confusione che sentiva in testa.

La verità era che provava tante emozioni contrastanti ma forse quella che prevaleva era la paura. Paura che se fosse nata una relazione tra loro avrebbe potuto non funzionare per la distanza, per le diversità, o per altro e che di conseguenza quell'evento si sarebbe riflettuto anche su di lui e su Monica, era probabile che lui stesso avrebbe finito per cambiare opinione su Matt, per guardarlo male inevitabilmente e non voleva che succedesse. Oltre alla normale e consueta preoccupazione per la figlia si aggiunse l'ansia per la sorte del rapporto con quel ragazzo, che ormai per forza di cose faceva parte della sua famiglia e al quale si era affezionato.

Non voleva che le cose cambiassero, che quei delicati equilibri si incrinassero.

E cosa peggiore, non potè evitare di pensare che avrebbe preferito si trattasse di qualunque altro ragazzo ma non di Matt, non lui. Perchè tra tutti doveva succedere proprio con lui?

Si vergognò per quel tremendo pensiero egoista e per la facilità con cui l'aveva formulato.

«Anche se fosse che quei due si piacciono – intervenne Monica, fermandosi dietro di lui e posando le mani sulle sue spalle – non vedo dove sia il problema, o vuoi continuare a intrometterti nella vita sentimentale di Ashley come hai fatto anche col suo ex? - gli ricordò, lei ai tempi non era ancora presente ma Gregory le aveva raccontato delle sue angosce per quella che era la prima storia più seria di sua figlia - e poi dimentichi che c'è anche sua madre e non credo che lei sarebbe d'accordo col tuo comportamento, sappilo.» Gregory la fissò con meraviglia, non si aspettava tanta serenità da parte sua nell'affrontare quell'argomento né tanto meno che nominasse Nancy senza mostrare segni di gelosia o astio. Si chiese se non fosse lui l'unico a non essere cambiato e ad essere rimasto radicato a certe mentalità retrograde.

Scosse la testa poi si sforzò di dare voce ai suoi pensieri «Non lo so, è che due anni fa Ashley conobbe quel mio allievo, Richard, la sua prima storia seria a quanto ne so. Lui era un tipo perfetto, serio, formale e in un certo senso, nonostante la mia gelosia, lo vedevo bene accanto a mia figlia, pensavo avesse scelto il ragazzo ideale per l'immagine che avevo io di lei. E invece Ashley non sembrò poi tanto felice con lui, si lasciarono ed ebbi paura che ne uscisse spezzata. Invece non ne risentì più di tanto e io tirai un sospiro di sollievo – cominciò a raccontare, mentre Monica ascoltava, ormai rassegnata a dover scegliere tra arrivare a lavoro in ritardo ma impeccabile o in orario e trasandata – ma Matt... io non credevo potesse mai interessarle, non lo vedo come il suo tipo e se davvero fosse così, se davvero se ne fosse innamorata...mi chiedo cosa esattamente so io di mia figlia! La conosco davvero? O forse dovrei dire l'ho mai conosciuta? Insomma, mi sono sempre interessato dei suoi studi, dei suoi hobby, della sua salute, ma ora che mi sono fermato a riflettere mi rendo conto che non so altro di lei, non so cosa le piace, non so come si sente, cosa prova, non so quali sono le sue paure, le sue incertezze, le sue gioie. Mi è crollato il mondo addosso, pensavo di avere un rapporto privilegiato con lei rispetto a sua madre e invece scopro di non sapere quasi nulla» disse amareggiato, il viso di Monica si intristì nel vederlo così depresso, lei comprendeva benissimo cosa si provava nel pensare al proprio figlio come un estraneo, ne portava le cicatrici tuttora anche se qualcosa stava mutando lentamente.

«Non devi colpevolizzarti troppo, spesso si cerca di fare il meglio per i figli, perchè non manchi loro niente, perchè crescano sani e lontani dai pericoli, ma più ci si impegna nel farlo più si rischia di perdere di vista i loro sentimenti, ciò che davvero vogliono, ciò che sono – lo confortò, portando il viso al suo livello e carezzando la sua guancia ispida per la barba che ricresceva cortissima – il fatto che tu te ne sia accorto è già un passo importante, secondo me dovresti parlare con lei, chiederle come sta, cosa prova e lasciare che ti faccia entrare nel suo mondo poco per volta, senza pretendere di voler conoscere tutto ma accontentandoti della porzione che vorrà concederti» Monica si fermò per studiare l'espressione di Gregory che adesso stava prendendo consapevolezza delle sue parole e si stava distendendo. Fece il giro del tavolo e si avviò verso l'uscita della cucina, ma prima di andare volle completare il discorso. Si avvicinò a lui un'ultima volta e gli prese la mano.

«I figli non ci appartengono, Ashley ha diritto alla propria privacy e a condividere con te solo quello che riterrà, senza forzature, deve essere un rapporto basato sulla libertà. E soprattutto, nel caso in cui ci fosse qualcosa tra lei e Matt di qualunque natura, questo non dovrà influenzare i rapporti tra noi, ok? Io continuerò a volere bene ad Ashley a prescindere da quello che succederà tra lei e mio figlio, siamo tutti troppo cresciuti per dividerci in fazioni e farci la guerra non ti pare? Mi prometti che ci penserai?» tentò di spronarlo, era così rassicurante che i nervi e le ansie di Gregory si dissolsero immediatamente, le fece un cenno affermativo col capo e finalmente un sorriso spuntò sul suo volto, già fin troppo scombussolato di prima mattina.

«Ora scappo se non voglio guadagnarmi un licenziamento in tronco e dovresti farlo anche tu!» esclamò prima di dargli un bacio e volatilizzarsi sù per le scale, correndo sui tacchi e rischiando più volte di inciampare.

 

Ashley aprì gli occhi di scatto, preda di un'insolita fame di aria che le aveva arrestato il sonno all'improvviso.

Respirò affannosamente per un po', le mancava il fiato e una sensazione di caldo soffocante la stava torturando. Si ritrovò nel suo letto, coperta dal lenzuolo e senza la più pallida idea di che ora o che giorno fosse.

Una gran confusione le occupava la testa e sentiva la bocca arsa e una sete allucinante.

Fuori il sole era alto e potente, la temperatura doveva aver subito un'impennata anomala per il periodo e i raggi che penetravano nella sua stanza l'avevano resa una prigione bollente.

Si passò una mano sulla fronte umida emettendo un gemito di insofferenza e scoprì il petto per trovare ristoro da quell'afa, portando la stessa mano di prima sul collo: fece una smorfia di fastidio, era sudata e appiccicaticcia e qualcosa di ruvido le solleticava il palmo. Ruotò la mano per osservarlo e vi trovò dei granelli di sabbia.

Cominciò allora a ricordare, freneticamente allontanò del tutto il lenzuolo dal suo corpo e si accorse, come immaginava, di avere ancora addosso il vestito della festa, ridotto in condizioni pietose, sporco e spiegazzato.

Le ritornò in mente tutto, il compleanno, il panico che l'aveva assillata, la decisione di passare la notte fuori con Matt e loro due soli sulla spiaggia.

Sorrise al ricordo di quello che era successo e per un attimo non sentì più il disagio del caldo e della sua pelle sudata, né la sua testa dolorante.

Fu solo un secondo, però. Il malessere ebbe di nuovo la meglio su di lei, d'istinto cercò la bottiglia dell'acqua che teneva sul comodino e si riempì un bicchiere. Lo portò alla bocca e bevve con foga, quasi rischiando di soffocarsi, come se quel liquido nemmeno troppo fresco fosse la bevanda più dissetante del mondo. Si inumidì le labbra secche e approfittando di quel piccolo refrigerio, fu in grado di alzarsi dal letto e afferrare il cellulare per leggere l'orario.

Spalancò gli occhi, erano già le due del pomeriggio e lei si sentiva ancora frastornata come se avesse un sacco di sonno arretrato da recuperare. Barcollò e avanzò di qualche passo ma il suo stomaco si ribellò subito, facendosi sentire con diversi brontolii: non mangiava dalla sera prima e se temporeggiava ancora avrebbe finito per saltare non solo la colazione ma anche il pranzo.

Sospirò, portandosi indietro i capelli corti per liberarsi il viso e spalancò la finestra per fare entrare quanta più aria possibile. Respirò a pieni polmoni, affacciandosi davanti alla soglia del terrazzo e per abitudine voltò lo sguardo a destra, verso quello di Matt. Si chiese se fosse a casa o se stesse ancora dormendo.

Ora che si concentrava meglio, analizzò che le mancava ancora un tassello per ricostruire la nottata. Non ricordava in nessun modo di essere tornata a casa e di essersi messa a letto così, ancora vestita. I suoi ricordi erano fermi alla spiaggia, al sole che sorgeva e all'auto di Matt, che percorreva le strade semi deserte del mattino. Poi il buio.

'Che mi sia addormentata lungo il viaggio?' pensò sbadigliando, poi sussultò.

Se aveva dormito, chi l'aveva portata lì? Era stato Matt? E suo padre? Li aveva beccati rincasare?

Rientrò di corsa nella stanza, un fiume in piena di domande la investì e aveva bisogno di sapere com'era andata, se Matt era stato vittima da solo delle paranoie di suo padre o dei suoi isterismi o se al contrario se li era risparmiati.

Prima però aveva un bisogno vitale di farsi una doccia e togliersi di dosso la sabbia e l'umidità dell'intera notte passata fuori. Si sentiva sporca e a disagio e ciò contribuiva a peggiorare la sua condizione già abbastanza scombussolata.

Con un rapido slancio aprì le ante dell'armadio e vi tirò fuori una maglietta e dei pantaloncini per stare in casa, poi si fiondò fuori dalla camera e si chiuse in bagno.

Solo quando l'acqua fresca cominciò a scorrere sulla sua pelle e sui suoi capelli potè emettere un sospiro di sollievo, i muscoli si risvegliarono dal torpore, si sentì rinvigorita e rinata, socchiuse gli occhi per godere quella sensazione di benessere e anche il suo cervello riacquistò la solita lucidità.

Accarezzò la sua pelle di nuovo liscia e fresca con soddisfazione, poi indossò i vestiti alla velocità della luce e si catapultò in corridoio con ancora i capelli bagnati.

L'urgenza di sapere come si era svolto il loro rientro a casa non si era placata e adesso che si sentiva di nuovo a suo agio con il proprio corpo non poteva più rimandare.

L'idea che Matt potesse ancora trovarsi nel bel mezzo di una sana dormita non la sfiorò nemmeno di striscio quando decise di abbattere la sua porta senza nemmeno usare l'accortezza di bussare.

E infatti lo trovò addormentato in maniera scomposta sul letto, mezzo nudo e con la coperta attorcigliata alle gambe, doveva averci litigato parecchio durante il sonno per il caldo che avanzava. Si era letteralmente spalmato, occupando tutto il materasso come era solito fare e ad Ashley scappò un sorriso perchè a sue spese in quei giorni aveva avuto modo di scoprire quella sua abitudine notturna e la sua comodità spesso ne aveva sopportato le conseguenze.

Richiuse con cura la porta, evitando di fare altri rumori oltre al primo iniziale botto quando l'aveva spalancata e che comunque non l'aveva svegliato o scosso di una virgola.

Avanzando nella penombra notò i suoi vestiti della notte prima che giacevano a terra disordinatamente e immaginò che se li fosse tolti e gettati a casaccio, sopraffatto dalla stanchezza e come dargli torto!

Si chinò e li raccolse, rivoltandoli dal lato giusto e li appoggiò su una sedia, poi si avvicinò al letto e piegandosi sulle ginocchia si abbassò per raggiungere l'altezza del suo viso.

Dormiva beatamente ed era bello come un angelo, così disteso e rilassato nel sonno, un braccio era intrappolato sotto il suo volto, celato in parte da alcuni lunghi ciuffi di capelli che gli ricadevano sulla fronte e sulle palpebre chiuse. La sua pelle chiara era illuminata in alcuni punti da qualche raggio di sole che filtrava dalla finestra socchiusa.

Era arduo non incantarsi a guardarlo ed Ashley si ritrovò ben presto a fissarlo sognante, con la testa poggiata sulle braccia incrociate accanto al suo cuscino. Il suo sguardo si fece triste quando ripensò al fatto che a breve non avrebbe più potuto ammirarlo così da vicino come in quel momento, nessuno di quei secondi sarebbe più tornato indietro ed era l'amara realtà. Improvvisamente provò l'impulso di toccarlo, finchè poteva, finchè era lì con lei e reale, non un sogno malinconico o un lontano ricordo.

Allungò un braccio e con la mano gli spostò delicatamente dei capelli dalla guancia, poi col dorso gliela sfiorò, facendo attenzione come se fosse un oggetto prezioso e fragile e avesse paura di romperlo o graffiarlo.

Le sue labbra si contrassero per il solletico che evidentemente gli aveva provocato e in un baleno i suoi occhi si aprirono per poi sbarrarsi quando videro il viso di Ashley a qualche centimetro dal suo.

«Ashley? Che ci fai... da quanto sei qui?» farfugliò a fatica, non del tutto sveglio, mentre si stropicciava gli occhi e si allontanava i capelli dal viso.

Solo qualche tempo prima Ashley si sarebbe sentita imbarazzata nell'essere sorpresa intenta a osservarlo, ma ora era diverso, adesso tra loro c'era una confidenza troppo profonda per farla impallidire per una sciocchezza simile.

Senza scomporsi e rimanendo inginocchiata gli sorrise. «Mah, non da molto, scusami se ti ho svegliato» rispose a bassa voce, per non disturbare troppo i suoi timpani che da poco stavano riprendendo il contatto col mondo.

«Beh, è piacevole svegliarsi con una tua carezza – ammise, gettandole un'occhiata rapida per godere della sua espressione felice a quell'affermazione – ma è comunque inquietante che mi stessi fissando mentre dormivo, e poi avresti potuto bussare, potevo essere in condizioni impresentabili, che so, magari nudo» continuò, mentre si sollevava e si stiracchiava le braccia e le spalle.

«Se è per quello, non sarebbe stato niente di nuovo da vedere» lo provocò maliziosa, Matt non potè fare a meno di sorridere, notando che aveva risposto proprio come molto probabilmente avrebbe fatto lui «Touchè, la mia vicinanza ti fa decisamente male, mia cara» commentò divertito, mentre l'avvicinava a sè e le faceva poggiare la testa sulla sua spalla, bagnandosela a causa dei capelli che Ashley non aveva ancora asciugato.

Dopo qualche minuto di silenzio assaporando il contatto con lui, Ashley si riscosse e si ricordò del motivo principale per cui aveva effettuato quell'assalto nella sua camera.

«Comunque sono piombata qui per un motivo serio, volevo sapere come diamine sono finita nella mia stanza! Mi ci hai portato tu? E mio padre ci ha visti? Non ricordo granchè!» chiese, incontrando i suoi occhi.

Matt si accigliò leggermente al pensiero di quella mattina. «Ti sei addormentata in macchina, ti ho portata in casa io, ma tecnicamente, a essere precisi, è stato tuo padre a metterti a letto» prese a spiegarle, portando la testa all'indietro e fissando la parete dietro di lui.

«Cosa? Ma allora ci ha visti! E come ha reagito?» domandò allarmata, sporgendosi verso di lui e torturandogli un braccio.

«Sì ci ha visti e anche mia madre, erano lì in cucina. Lui si è spaventato nel vederti in braccio a me, pensava fossi drogata o qualcosa del genere ma l'ho rassicurato, solo che all'improvviso mi ha guardato storto, si è fatto freddo e mi ha detto che ti portava lui in camera, fine del racconto - Matt fece una pausa, come se stesse rivedendo ancora in mente l'espressione di Gregory – forse mi sbaglio, ma mi è sembrato che avesse intuito qualcosa stavolta» dichiarò infine, con lo sguardo perso nel vuoto.

Ashley rabbrividì ma decise di non pensarci per il momento, era stufa di farsi paranoie, non c'era più tempo, ormai. Si tuffò tra le sue braccia, facendogli perdere l'equilibrio e finendo insieme a lui sopra le lenzuola, poi lo baciò come a ribadirgli che non voleva ci fosse niente di cui preoccuparsi o che li impensierisse.

Matt si staccò dopo un po' «C'è qualcuno in casa?» un insolito timore si era fatto strada in lui adesso che si era sentito come colto in flagrante ed era diventato più prudente. Quello sguardo serio di Gregory gli aveva fatto male, era stato uno dei pochi ad essere sempre gentile con lui e comprensivo dal primo momento e non voleva che si rovinasse tutto solo perchè si era innamorato di sua figlia.

«No – scosse la testa Ashley – siamo soli, sono tutti a lavoro» lo informò, Matt si rilassò e affondò il viso sul suo seno, respirando il suo dolce profumo e ricordandosi invece di quanto lui si trovasse in uno stato pietoso.

«Non è giusto però, tu ti sei lavata e profumata, io mi faccio schifo, sento la sabbia dappertutto» si lamentò, cercando di allontanarsi da Ashley per non sporcarla, ma la ragazza fece resistenza, contrastandolo e stringendolo ancora più forte, finchè lui si arrese.

«Ma figurati che mi importa – disse, accarezzandogli la schiena – però so quanto fastidio dia, quindi se vuoi puoi darti una sistemata, io mi asciugo i capelli e comincio a prepararci qualcosa da mangiare, non so tu, ma io sto morendo di fame» confessò, portandosi le mani sullo stomaco, poi si alzò e Matt la seguì in fretta.

«Faccio subito, così ti aiuto» le sussurrò all'orecchio prima di sfiorarle le labbra con un bacio leggero.

«Ok, ti aspetto sotto, allora» disse Ashley, ancora quasi incollata alla sua bocca, poi arrossì involontariamente pensando a come sembrassero una coppia normale che vive insieme e a come suonasse tutto terribilmente bello ed esaltante. Era così giovane e finora, pur cercando di lavorare di fantasia, non era mai riuscita a mettersi nei panni di sua sorella Phoebe, che a soli due anni più di lei già stava per iniziare la sua vita da sola col suo ragazzo, eppure adesso, immaginarsi con lui a condividere una casa, non le pareva più una prospettiva tanto folle o affrettata. In un certo senso si sentì una perfetta idiota innamorata, persa a sognare e a fare castelli in aria, così distante dal suo pragmatismo e dalla concretezza che l'aveva sempre contraddistinta.

Non fu in grado di valutare molto bene se fosse una cosa positiva o meno, specialmente a pancia vuota, quindi lasciò stare quei pensieri e si avviò fuori dalla stanza di Matt per mettere finalmente qualcosa sotto ai denti, dopo tutto quel tempo.

 

Quando Gregory tornò a casa da lavoro erano le 19, si incamminò sul vialetto poco illuminato adesso che le ore di luce cominciavano inesorabilmente ad accorciarsi. Entrò in casa e trovò Monica in cucina che preparava la cena, passò da lei a darle un bacio e a informarsi rapidamente sulla sua giornata, ma la sua attenzione era rivolta ad Ashley.

Aveva rimuginato tanto durante le sue lezioni su quell'argomento e aveva dovuto fare uno sforzo non indifferente per rimanere concentrato sul pianoforte e gli capitava veramente di rado lottare per non distrarsi a lavoro, di solito solo quando aveva in testa qualcosa di davvero importante.

E cosa c'era di più importante per lui se non la felicità di sua figlia?

La trovò in salone e si fermò a osservarla da lontano per qualche secondo: era seduta sul divano a sfogliare un libro e a sottolineare qualche riga di tanto in tanto, l'espressione era assorta e immersa totalmente in quello che studiava, i capelli rossi, che aveva ereditato proprio da lui, le ricadevano in avanti disturbandola e più volte era costretta a riportarli indietro, sbuffando. Ogni tanto le vedeva aprire la bocca e parlare a bassissima voce per ripetere i concetti che forse faceva più difficoltà a memorizzare. L'impegno era il solito che aveva sempre messo nello studio, ma si chiese se dietro quella facciata da studentessa diligente ci fosse altro che nascondeva abilmente, un qualche turbamento, una sofferenza.

Bussò lievemente alla stipite della porta per attirare la sua attenzione.

«Posso o disturbo?» le chiese.

«Ma no papà, entra pure» rispose Ashley, pacata come sempre.

Gregory si accomodò accanto a lei, guardò per un attimo il libro che teneva sulle ginocchia, poi posò gli occhi sul suo viso, che trovò come in attesa di qualcosa. Forse quella sua entrata le aveva suscitato della curiosità mista a stupore.

«Allora come stai Ashley, va tutto bene?» ruppe il ghiaccio, sorridendo nervosamente.

Ashley scrutò suo padre con circospezione, aveva trovato un po' strano il modo in cui si era presentato da lei, quasi con imbarazzo e impacciato e, dopo quello che le aveva riferito Matt la mattina, si era messa in agitazione.

«Sì, stavo studiando per l'esame» lo informò, mostrandogli le pagine del manuale.

Gregori annuì, anche se quella risposta concisa non lo soddisfaceva, poi si schiarì la voce.

«E per il resto che mi racconti?» provò ad insistere, tradendo una leggera ansia.

Ashley abbassò lo sguardo, poi scrollò le spalle con indifferenza.

«Niente di che, a fine Settembre ho quest'esame e poi ad Ottobre un altro, ricominceranno le lezioni e sarà il mio penultimo anno. Se riesco a mantenere una media alta e a dare un buon numero di esami potrò accedere a uno stage in uno studio di architettura, sarebbe una buona opportunità, tutto qua» gli elencò con entusiasmo moderato, come previsto da Gregory la figlia citò solo esami, università, studio, ma lui già era a conoscenza di tutte quelle cose, fino a quel momento la sua preoccupazione principale era stata il futuro universitario e professionale di Ashley, ma ora non gli bastava più, ora voleva chiederle altro.

«Capisco, ma io non intendevo l'università – Ashley si voltò di scatto a guardarlo, spiazzata dalle sue parole e da ciò che significavano – volevo sapere come stai, se va tutto bene nella tua vita in questo frangente... se sei felice, ecco» riuscì a dire, prima che il fiato gli morisse in gola.

Ashley riportò lo sguardo alle sue mani intrecciate sulle ginocchia, che adesso avevano cominciato a tremare e che si sforzava di tenere più ferme possibile per evitare che suo padre le notasse. Diventò rigida e tesa.

Quella domanda, se fosse felice, Gregory non gliel'aveva mai posta, le fece piacere ma anche paura, perchè era incerta se essere sincera o mentirgli per non farlo preoccupare.

«Beh.. se sono felice.. sì, direi di sì» mormorò flebilmente, ma la sua poca convinzione nel dirlo trasparì tutta per intero e Gregory si incupì per non essersi mai accorto di nulla.

«Sei sicura?» le domandò, posandole una mano sulla spalla.

Ashley avrebbe potuto fingere e dire che sì, andava tutto alla meraviglia e sfoderare un sorriso finto che chiudesse lì la questione ma per qualche strana ragione non ci riuscì, non volle mentire più a suo padre.

«No – smentì la sua precedente affermazione – ma sai com'è, è il periodo, la fine delle vacanze, il ritorno alla vita di tutti i giorni» continuò a giustificarsi sempre più cupa, sempre più triste in volto.

Gregory capì subito che c'era dell'altro, anche gli anni passati Ashley aveva fatto rientro a casa ma mai l'aveva vista reagire in modo tanto drammatico . Quell'estate doveva essere stata diversa per lei e pian piano tutti i pezzi di quel puzzle stavano andando al loro posto.

«Ti mancherà qualcuno?»

Ashley rabbrividì, un nodo alla gola le si formò immediatamente e deglutì con dolore, strizzando gli occhi, che nel frattempo sentiva pizzicare e appannarsi. Ebbe solo la forza di annuire silenziosamente a testa bassa perchè non sarebbe stata in grado di parlare nemmeno se l'avesse voluto con tutte le sue forze.

Non aveva rivelato di chi stesse parlando, poteva essere chiunque, un amico, un'amica, qualunque altra persona, ma Gregory non ebbe bisogno di altro per capire.

La persona che le era venuta in mente si materializzò lì per una strana coincidenza.

Matt entrò di corsa nel salone, ma si arrestò subito, non aspettandosi di trovare Ashley e suo padre intenti a parlare. Non capì se fu per l'espressione di Ashley o per la strana aria che si respirava, ma percepì che non fosse un semplice, ordinario dialogo, bensì qualcosa di diverso, di più intenso e si sentì mortificato di avere interrotto quella particolare conversazione.

«Scusate, non sapevo che foste qui.. devo solo prendere un cavo, faccio subito» si scusò, affrettandosi a recuperare ciò che gli serviva e lanciando un'occhiata veloce ad Ashley insieme a un mezzo sorriso che la ragazza non potè fare a meno di ricambiare.

Gregory esaminò gli occhi di sua figlia che, improvvisamente splendenti, si erano posati sulla figura di Matt e la sua espressione era cambiata del tutto, adesso era serena, sorridente, luminosa.

Sembrava proprio innamorata e le venne in mente in quell'istante il consiglio di Monica di soffermarsi a fare caso anche al modo in cui Ashley guardava Matt. Non ebbe più nessun dubbio.

«Beh, a dopo» disse Matt, scomparendo in fretta e lasciandoli soli. Ashley lo seguì con lo sguardo finchè non lo vide scomparire, poi riportò l'attenzione a Gregory.

«Senti Ashley – riprese suo padre, dopo quell'interruzione provvidenziale che gli aveva rivelato molto – so che la nostra situazione familiare è stata difficile e che hai dovuto crescere in fretta per affrontarla. Mi sono sentito sempre responsabile per questo e ho cercato di fare di tutto il possibile perchè desideravo il meglio per te e la tua felicità. Forse in questi anni, però, mi sono concentrato su altre cose che ritenevo più importanti, come lo studio e la tua carriera futura e so di essere stato un padre pesante e fin troppo protettivo, ma ho capito tardi che non posso proteggerti da tutto, che devi fare le tue esperienze e devi farle autonomamente – la voce di Gregory cominciò a vacillare nel momento in cui sanciva l'addio alla sua Ashley bambina e di riflesso gli occhi della ragazza si fecero più lucidi, sentire suo padre dirle quelle cose in un momento così fragile per lei la fece diventare emotiva – non so cosa ti turba e non voglio che tu me lo dica, sappi soltanto che anche se non posso evitarti il dolore che stai provando, ti starò accanto se lo vorrai per aiutarti a superarlo. Qualunque scelta farai nella vita, in qualunque ambito, sappi che io ti appoggerò sempre e ti incoraggerò perchè so che sei una ragazza stupenda e forte e sai meglio di chiunque altro cosa è giusto per te, quindi sentiti libera di prendere la strada che più ti fa sentire felice e realizzata perchè questo è quello che conta per me, la tua felicità, ti voglio bene più della mia stessa vita fin da quando ti ho vista per la prima volta» concluse quel discorso con le lacrime agli occhi e la voce roca, Ashley si voltò verso di lui, una lacrima le sfuggì dispettosa e le macchiò la maglietta, producendo un alone scuro.

Non volle più trattenersi, forse aveva bisogno proprio di questo, di potersi sfogare con qualcuno che la amava incondizionatamente e così senza pensarci troppo, lo abbracciò, ritornando bambina per un secondo, sicura e protetta nel petto dell'uomo di cui sapeva potersi fidare da sempre e per sempre e che non l'avrebbe mai abbandonata.

«Grazie papà» disse con la voce che le tremava, Gregory la strinse e si sentì come se fosse diventato padre per la seconda volta.

Adesso era consapevole che sua figlia era adulta e che doveva scegliere da sola che direzione prendere, nello studio, nel lavoro ma anche nella sua vita affettiva e qualunque questa fosse stata, l'avrebbe accolta con gioia, permettendole di decidere da sé.

Monica aveva ragione: niente avrebbe potuto spezzare l'equilibrio che li legava tutti ormai, e adesso non avrebbe più avuto paura di quei cambiamenti.

 

Monica vide entrare Matt in cucina e accomodarsi accanto a lei.

Sembrava pensieroso e un tantino nervoso. Preferì non indagare, in ogni caso, sapeva quanto a suo figlio facesse storcere il naso la sua intromissione nei suoi affari. Se ne avesse avuto voglia,, sarebbe stato lui a parlarne.

Si meravigliò però quando lo fece per davvero.

«Pare che di là sia in corso una riunione di famiglia» parlò, ritenendo di dover condividere con lei quella notizia. Monica capì che ciò che Gregory ed Ashley potevano dirsi lo preoccupava e che quello era il suo modo per farle capire che aveva bisogno di qualcuno di fidato con cui aprirsi.

«Già. Sembra proprio così» disse semplicemente, guardandolo di soppiatto e trovandolo accigliato e occupato a sgranocchiare nervosamente delle arachidi.

La sua espressione seria era così buffa nel complesso che fece fatica a trattenere una risatina.

Matt si voltò perplesso a guardarla. «Che c'è di così divertente, ora?» borbottò con l'aria di chi non ha proprio intenzione di scherzare.

«Nulla, tu piuttosto, come mai così serio?» gli domandò, alle prese con l'olio bollente di una padella.

«Sono sempre così, non ricordi?» rispose lui, annoiato.

Monica spense il fuoco sul fornello e prese posto accanto al figlio, per dedicargli il tempo che implicitamente stava chiedendo.

«Hai paura di quello che si stanno dicendo di là? Hai paura che possano parlare di te?» lo centrò diretta nel nocciolo del problema.

Matt fece spallucce, simulando indifferenza «Tanto ho capito che Gregory sa di me, sembra un po' sulle nuvole ma non è un cretino. Spero solo che la cosa non vi crei problemi, anche perchè tra pochi giorni sarà finito tutto e non ne varrebbe la pena» confessò amaramente, dandosi una pugnalata al cuore.

Monica aggrottò la fronte, contrariata. Si ostinava ad apparire una statua di bronzo impassibile, ma a lei questo non andava giù.

«Matt, anche tu tra poco tornerai da tuo padre. Sei certo che starai bene? Con l'università come va?» continuò in quello che a Matt cominciò a sembrare un interrogatorio, la pressione che sentiva addosso prese ad aumentare.

«Come vuoi che vada, a rilento, come in tutto quello che faccio ma tranquilla, prima o poi la prendo la laurea, se è questo che ti interessa» commentò gelido, senza degnarla di uno sguardo. Pareva di nuovo essersi trincerato dietro un muro alto per proteggersi, per sentirsi forte e insensibile a ciò che aveva intorno.

In passato Monica avrebbe dato di matto, accusandolo di non studiare, di non pensare al suo futuro, alla sua vita, ma stavolta aveva capito che era inutile, che quello che le importava davvero era la sua serenità.

«E Ashley?» osò chiedere, nel tentativo di provocare una reazione in lui che infrangesse quella barriera, ma anche stavolta fallì.

«Mi passerà,come tutto» rispose, infatti, senza espressione, come un automa programmato per ignorare i sentimenti. Ma Monica sapeva che stava fingendo, che voleva solo fare la parte del duro.

Gli afferrò di getto un braccio, costringendolo a girarsi verso di lei, poi gli strinse le spalle con le mani e lo scosse forte, rivelando una forza che non credeva di avere.

Matt impallidì, sorpreso dal comportamento di sua madre, non fu in grado nemmeno di opporsi e rimase imbambolato a fissarla negli occhi.

«Devi smetterla, hai capito? Devi finirla di chiuderti in questa corazza da duro, di dire che tutto va bene e che incasserai l'ennesimo colpo senza battere ciglio, senza permettere a nessuno di starti vicino, di poterti aiutare – cominciò a urlargli, senza mollare la presa su di lui – sono tua madre e ho sbagliato tanto con te, ma ti prego, adesso smettila di dire che sei un fallimento, che non vali nulla, sei la cosa più bella che ho mai avuto nella vita e sei il mio orgoglio anche se non te l'ho mai detto, Matt – il suo tono si fece più disperato mentre gli occhi di suo figlio si addolcivano, assaporando il dolce suono di quelle parole e arrendendosi a quello sfogo materno – lascia che ti aiuti, abbandonati a me, sfogati, ma ti prego, non chiuderti in te stesso!» lo implorò, mentre la sua stretta si allentava e senza neanche sapere come si ritrovò a stringersi al petto suo figlio, che non fece opposizione, si arrese proprio come gli aveva chiesto poco prima. La abbracciò stretta mentre Monica gli carezzava i capelli commossa.

«Non sono pronto, mamma – mormorò ancora tra le sue braccia – non sono pronto a lasciarla andare, ma devo» confessò, disperato.

Matt non piangeva ma avrebbe tanto voluto farlo, e nell'abbraccio di sua madre ritrovò la sensazione confortante di poter essere fragile per una volta, indifeso ma al sicuro e capì che abbandonarsi ai sentimenti non era una debolezza come più volte aveva pensato. Era spesso l'unico modo che si aveva per sopravvivere e per rinascere più forti di prima, morire per ricominciare.

E in due stanze diverse, due genitori contemporaneamente avevano capito che non era mai troppo tardi per riparare un ingranaggio rotto e avevano riscoperto un rapporto nuovo coi propri figli, e ora li abbracciavano per dare loro la forza che non trovavano e che speravano sarebbe bastata, perchè in fondo tutti sapevano che la prova più dura doveva ancora venire per quei due giovani cuori e quel giorno era sempre più vicino.

 

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Capitolo 32
*** Capitolo 32 ***


Ciao a tutte!
Mi scuso per il capitolo forse un po' più lungo del solito, ma è stato davvero difficile scrivere questo in particolare e spero di esserci riuscita in maniera decente e che sia di vostro gradimento!
Grazie a coloro che continuano ad aggiungere la storia tra le seguite o preferite e a chi è stato così carino da lasciare anche una recensione!
Alla prossima!

Capitolo 32

 

«Ti supplico, dimmi che era l'ultimo!» sospirò Phoebe stremata, asciugandosi la fronte sudata sotto la lunga frangia e dando una riordinata alla sua ormai spettinata e informe coda di cavallo.

Ai suoi piedi l'origine del suo sfinimento, uno scatolone incerottato alla bene e meglio che, insieme al suo ragazzo Peter, avevano appena finito di trasportare nella loro futura camera da letto.

Era uno dei tanti di una lunga serie di scatoloni pieni zeppi di loro cose, effetti personali e oggetti di vario tipo e utilità che, armati di buona lena, avevano cominciato a trasferire nella casa nuova fin dal mattino presto.

«Buone notizie, era proprio l'ultimo, sembra incredibile ma abbiamo finito!» la informò soddisfatto Peter, mentre si massaggiava il collo e si sgranchiva le spalle e le braccia facendole ondeggiare.

«Grazie al cielo! - esclamò la sua ragazza, roteando gli occhi verso l'alto – sono esausta, mi fa male tutto!» si lamentò, strofinandosi una mano sulla povera schiena affaticata per darle un po' di sollievo.

«Ti avevo detto che potevo pensarci io da solo, non c'era bisogno che ti prendessi un giorno di ferie dal lavoro per aiutarmi!» le disse Peter premuroso, per poi abbracciarla dolcemente.

Phoebe si rilassò immediatamente non appena quelle braccia la strinsero.

«Sù smettila, l'ho fatto con piacere e poi volevo collaborare anche io, abbiamo sempre affrontato tutto insieme e così continuerà ad essere» gli sorrise circondandogli la vita a sua volta. I loro nasi si sfiorarono e si persero l'una negli occhi dell'altro, nonostante stessero insieme ormai da tanti anni quegli attimi di tenerezza fra loro non avevano perso l'intensità delle prime volte, quando erano solo dei ragazzini.

«Ti amo» sussurrò Peter, Phoebe gli fece eco subito «Ti amo anche io» poi le loro labbra si unirono e tutta la stanchezza patita parve avere un senso, ogni cosa valeva la pena di essere fronteggiata se il premio finale era un bacio come quello.

Quando spezzarono il contatto, Phoebe passò le mani sul petto di Peter, lo guardò amorevolmente coi suoi occhi azzurrissimi e poi spostò lo sguardo alla camera in cui si trovavano.

Si staccò da lui e con le mani sui fianchi osservò entusiasta e meravigliata ogni piccolo angolo di quello che sarebbe stato il loro nido d'amore tra circa due settimane o poco più.

I suoi occhi brillarono, la stanza non era del tutto arredata e molte cose le avrebbero aggiunte col tempo quando ci sarebbe stata più disponibilità economica, per non parlare di tutte quelle scatole a terra da svuotare, ma le parti essenziali erano già sistemate e la camera aveva pian piano preso forma ogni giorno di più.

Ogni centimetro di quella casa era stata frutto dei loro sacrifici e ciò rendeva ancora più magico e romantico il pensiero della vita che li aspettava.

Avevano rinunciato a tanti piccoli piaceri per realizzare quel sogno, a fare vacanze costose, a vestiti o oggetti superflui, a mangiare spesso fuori e ad accontentarsi piuttosto di una pizza sul divano e un film e c'erano stati talvolta dei momenti difficili o in cui lo sconforto aveva avuto il sopravvento, ma il legame tra loro non era stato mai intaccato e anzi li aveva aiutati a superare quei piccoli intoppi.

Vedere adesso materialmente concretizzato il risultato di quegli anni era un'emozione grandissima e ripagava interamente l'impegno che avevano sempre messo per raggiungere quell'obiettivo, che tante volte era stato criticato dai loro amici e coetanei., impegnati a passare da una storia a un'altra senza mai prenderle sul serio.

Avevano fatto l'abitudine ai commenti degli altri, che trovavano impensabile avere alle spalle una relazione tanto lunga con la stessa persona alla loro giovane età e consideravano insolito ed esagerato pensare così seriamente a una vita insieme, invece che al divertimento spensierato. Loro avevano sempre sorriso e risposto gentilmente, senza mai dubitare un attimo di ciò che stavano portando avanti.

Non capivano cosa ci fosse di tanto sbagliato o folle nel rimanere accanto alla persona che si amava e nel volerci fare dei progetti, invece che accontentarsi di qualche avventura che lasciava alla fine vuoti. Non criticavano quel diverso modo di concepire le relazioni ma onestamente spesso era fastidioso sopportare tutte quelle accuse nei loro confronti, soprattutto perchè ognuno doveva poter essere libero di gestire il proprio futuro come credeva.

Per fortuna invece le loro famiglie li avevano sempre appoggiati e supportati e quel piccolo successo lo dovevano anche alla loro presenza costante e ai loro incoraggiamenti.

Sebbene si sentisse la ragazza più felice della terra in quel momento e non vedesse più l'ora di abitare quella casa insieme a Peter, gli occhi di Phoebe di incupirono vagamente.

«Beh, ho proprio bisogno di qualcosa di fresco, che ne dici se andiamo in cucina, dovrebbe esserci qualcosa in frigo» propose a Peter, cercando di nascondere quell'improvvisa malinconia.

Il ragazzo annuì ma non potè non notare la sua espressione.

Phoebe aprì il frigo e estrasse due bottiglie di vetro poco dopo, poi si voltò trionfante verso Peter sguainandole in alto «Guarda, lussuosissime birre del discount qui vicino, proprio l'ideale per brindare a noi e a questa proficua mattinata» esclamò ironica, facendolo ridere.

«Direi che è proprio nel nostro stile» commentò lui, ripensando al fatto che non navigavano nell'oro e al momento quella era la cosa più decente che potessero permettersi, ma andava bene così.

Phoebe si sedette sul divano ancora incelofanato, producendo un rumore antipatico di plastica accartocciata, poi passò una bottiglia al fidanzato, e la fece scontrare con la sua, per accennare un brindisi.

Il suo sguardo però aveva mantenuto quell'aria un po' cupa e Peter non riuscì più a fare finta di niente.

«Che hai Phoebe? Sembri triste, sei sicura di volere ancora tutto questo?» chiese timoroso.

Phoebe sussultò alle sue parole, non avrebbe desiderato di meglio e si affrettò a smentirlo.

«Ma certo amore, è tutto così bello che nemmeno ci credo, è un sogno che si avvera!» provò a liquidare la cosa, ma darla a bere a Peter era difficile.

«Phoebe ti conosco da quasi otto anni, so quando c'è qualcosa che non va» ribadì il ragazzo. In tutti quegli anni aveva imparato a decifrare ogni sfumatura del suo bellissimo viso e sapeva di non sbagliarsi.

«É solo che – esitò la bionda qualche secondo e abbassò lo sguardo, rigirandosi la bottiglia tra le mani – è difficile da spiegare ma oltre a una immensa gioia non posso fare a meno di provare anche altrettanta tristezza, è come se si stesse chiudendo un'era della mia vita, capisci, un periodo fondamentale per me e mi viene un po' un magone a pensarci. Sai quanto sono affezionata a mia mamma e alle mie sorelle, persino a quella dispettosa di July e il pensiero che tutto questo stia cambiando mi fa venire della nostalgia pazzesca, capita anche a te?» chiese per ricevere una conferma che fosse tutto normale.

Peter le circondò le spalle e sorrise «Certo che mi capita, è normale, mia mamma si commuove quasi tutti i giorni da quando sa che manca poco al trasferimento, anche se giurerei di aver visto mio fratello esultare, visto che finalmente avrà la stanza tutta per sé - la rassicurò Peter, Phoebe riacquistò un'aria distesa e serena – e poi domani torna Ashley, non sei felice?» le domandò, cercando di farle pensare a qualcosa di positivo.

«Certo che lo sono, mi manca tanto e non sai quanto non vedo l'ora di poter condividere tutto questo con lei, anche se siamo spesso come cane e gatto è una delle persone più importanti della mia vita – affermò sicura per poi rabbuiarsi – anche se mia mamma dice di averla sentita strana al telefono questi ultimi giorni, come se non fosse così contenta di tornare, è preoccupata e lo sono anche io sinceramente, Ashley non ha mai fatto così prima d'ora» Phoebe rimase assorta tra i suoi pensieri, aveva una sorta di presentimento e stava aspettando con ansia il ritorno di sua sorella per capire se il suo sesto senso aveva ragione o meno.

«Secondo me state esagerando, vedrai che non è niente di che, magari è solo un po' più ansiosa del solito perchè quest'anno sarà molto pesante per lei, tutto qua» le carezzò una guancia, Phoebe guardò i suoi occhi verdi, pacati e dolci come suo solito e sorrise inevitabilmente.

«Sì, deve essere così»

Poi si accucciò sul suo petto e rimase con lui in silenzio, ad ammirare quella nuova realtà tutta loro che li circondava e che ben presto sarebbe diventata la loro quotidianità.

 

Ashley prese posto a tavola svogliatamente a pranzo.

Il giorno che aveva sempre temuto e che in fondo le era sembrato tanto lontano, alla fine era arrivato inesorabile e non lo stava prendendo per niente bene.

Gli ultimi giorni erano stati orribili, tutto un susseguirsi di saluti, arrivederci, ultime volte, con amici vecchi e nuovi, cose che aveva sempre odiato fare ma che quell'estate stava affrontando con uno stato d'animo ancora più nero del solito.

A niente servivano le parole di conforto di Monica o le carezze di suo padre e ancor peggio la vicinanza di Matt, che non faceva altro che ricordargli che presto non ci sarebbe stato, tanto che, paradossalmente, si erano mantenuti più distanti e avevano limitato i contatti tra loro, sia fisici che verbali.

Monica e Gregory si scambiavano occhiate preoccupate e meste, consapevoli della loro impotenza di fronte alla decisione dei due ragazzi di separarsi senza nemmeno tentare di portare avanti una relazione a distanza.

L'accumulo di quelle emozioni negative si stava facendo sentire proprio quell'ultima giornata e non c'era niente che potesse tirarla sù di morale. Anche se si era convinta di poter superare tutto con forza e convinzione, adesso che si ci trovava immersa totalmente capì che non sarebbe stata un'impresa così facile.

Matt raggiunse gli altri a tavola per ultimo, si sedette al suo solito posto accanto ad Ashley, anch'esso con lo sguardo perso nel vuoto, dissociato dalla realtà.

Un inquietante silenzio riempiva la stanza e a nulla valsero i tentativi dei loro genitori di intavolare discussioni sul tempo, sull'università, su qualche stupido programma in tv o pettegolezzo, i due ragazzi rispondevano solo con qualche monosillabo o cenno del capo.

Ashley mangiò qualche boccone, poi lo stomaco le si chiuse e non riuscì ad andare avanti, non aveva fame e non le andava più di rimanere lì, al centro dell'attenzione, sotto gli occhi apprensivi di tutti. Giocò con la forchetta per un po', rigirandola nel piatto e tracciando dei segni immaginari, poi la mise via.

«Scusate, ma non mi va» disse a voce bassa.

«Ma non ne hai mangiato neanche metà, sei sicura di stare bene?» domandò Gregory, che non riusciva proprio a guardare sua figlia ridotta così senza intervenire.

«Sì, sto bene papà, solo che non ho tanto appetito, scusate ancora» disse prima di alzarsi e scappare via per scomparire da quella cucina.

Matt poggiò subito le sue posate e smise di mangiare a sua volta, lanciò un'occhiata rapida a sua madre e si alzò senza giustificarsi per correre dietro ad Ashley, senza nemmeno vergognarsi di ciò che Gregory poteva pensare di lui, dopo gli ultimi avvenimenti che avevano raffreddato il loro rapporto.

L'uomo fece per abbandonare il suo posto e seguirli a sua volta, ma Monica lo fermò saldamente.

Gregory si voltò a guardarla stranito, con uno sguardo interrogatorio.

«Lascia che vada lui – gli intimò decisa, fissandolo negli occhi – è giusto così»

Gregory si arrese e tornò a sedersi.

Matt trovò Ashley fuori in veranda, in piedi sotto il tiepido sole di Settembre, i suoi capelli rossi erano accesi dai raggi e contrastavano con l'espressione scura che aveva in volto.

Si avvicinò con cautela e la abbracciò senza chiederle il permesso, lei glielo lasciò fare, ma le sue braccia rimasero ferme lungo i fianchi.

«Stai male? O è solo per...» provò a chiedere, senza tuttavia riuscire a trovare la parole giusta per definire la loro situazione.

«É per quello» rispose lei, conscia che Matt avrebbe capito a cosa si riferiva.

Incapace di dire nulla che potesse consolarla Matt si limitò a tenerla tra le sue braccia sperando che bastasse e le baciò la fronte ed Ashley a quel punto lo strinse forte, al pensiero che esattamente a quell'ora, il giorno dopo, loro due sarebbero stati già lontani chilometri e chilometri.

 

Quando si fece sera, Ashley rientrò in camera per un'operazione che aveva rimandato troppe volte in quei giorni, riducendosi all'ultimo momento.

La sua valigia stava in piedi in un angolo accanto al suo armadio, esattamente nella stessa posizione in cui l'aveva lasciata il giorno del suo arrivo, dopo averla disfatta.

Avrebbe dovuto organizzarla per tempo nei giorni precedenti, cominciando a raccattare le cose sparse qua e là per casa come faceva di solito, ma qualcosa dentro di lei si era rifiutato di farlo.

Per quanto sembrasse un gesto ordinario e banale, preparare la valigia era la realizzazione concreta della sua partenza, il simbolo del distacco che tra poco l'attendeva e semplicemente non ci era riuscita.

Guardò fuori dal terrazzo, il cielo ormai scuro, il tempo che era volato e che adesso stringeva, la sveglia l'indomani puntata presto.

Non poteva più rimandare.

Con uno scatto nervoso scaraventò il trolley sul pavimento e lo aprì in fretta e furia. Spalancò le ante dell'armadio e lanciò a terra tutto ciò che le apparteneva e che dova riportare con sé. Una montagna disordinata si formò ai suoi piedi, non aveva mai fatto così la valigia e di certo non era il modo corretto, ma non si seppe spiegare che le prendeva.

Non riusciva a organizzarsi, a ragionare, in quel momento avrebbe volentieri fatto volare via dalla finestra tutto e basta.

Si inginocchiò accanto al mucchio e provò a mettere mano a quel disordine, senza però cavare un ragno dal buco.

'Che mi prende?' si interrogò, stringendo forte i pugni sulle gambe.

D'un tratto una voce familiare la fece sobbalzare, non se l'aspettava e non ebbe bisogno di voltarsi per capire di chi si trattava. Il suo cuore accelerò come riflesso.

«Alle prese con la valigia?» chiese Matt, appoggiato allo stipite della porta della sua camera, abbozzando un sorriso davvero poco convincente.

Ashley non rispose e non si voltò a guardarlo, continuò a combattere con il cumulo di vestiti e oggetti accanto a sé, muovendo freneticamente le braccia nel tentativo di piegarli e farli entrare dentro quel contenitore che pareva essersi ristretto, rispetto all'arrivo poco più di un mese prima.

Niente, non ci riusciva, stava solo peggiorando la situazione, riducendo tutto a una confusionaria accozzaglia di vestiti spiegazzati e gonfi, che non volevano proprio saperne di occupare ordinati il loro spazio e fare ritorno nel posto da cui provenivano.

Un po' come la loro proprietaria, in fondo.

E dire che lei era sempre stata un portento nell'organizzare le valigie, era stata costretta a farlo fin da piccola e col tempo aveva perfezionato una tecnica infallibile, tanto che a casa quando qualcuno doveva partire o semplicemente quando c'era necessità di infilare un mucchio consistente di cose in uno spazio ristretto, la sua presenza era sempre rigorosamente richiesta e lei stessa si vantava spesso di non aver mai avuto bisogno di sdraiarsi e contorcersi sopra una valigia per farla chiudere.

Le sue lo facevano da sole e perfettamente, ciò che contenevano stava a posto, ordinato e immobile,come se riflettesse la sua personalità, controllata, ferma, fin troppo.

Anche ora, quella montagna disastrata e malridotta corrispondeva a quello che provava, a pensarci bene.

Il problema forse non era aver perso quella dote frutto di anni di allenamento, il problema era lei.

Lei, che non vedeva più il senso di sforzarsi per riportare indietro le sue cose, quando il pezzo più importante, l'unica cosa che davvero contava adesso, lì dentro non ci entrava, non poteva piegarlo o infilarlo in un angolo nascosto, non poteva nemmeno chiederglielo.

Lui non poteva portarlo con sé.

Esaurita e fuori di sé dalla rabbia, sbuffò rumorosamente e gettò con stizza un vestito in cima alle altre cose, tirandosi indietro i capelli spettinati e facendosi aria con la mano sul collo sudato a causa della fatica e del nervosismo.

Pensò a quanto brutta e disperata dovesse sembrare in quel momento e se ne vergognò da morire, voltò la testa dalla parte opposta a quella del ragazzo, così da celarsi il viso.

Matt la osservò serio col cuore stretto in una morsa e si odiò perchè sapeva essere colpa sua se adesso lei versava in quelle condizioni, il pensiero di quanto stesse soffrendo non lo faceva respirare ma lui non poteva permettersi di farsi sopraffare dalle emozioni.

Era vietato abbattersi, fare trasparire ciò che provava e lasciarsi travolgere dal dolore o l'avrebbe trascinata a fondo insieme a lui. Doveva essere forte anche per Ashley, per cercare di limitare i danni che ormai erano stati fatti e farle accettare che c'era tutta una vita che la aspettava a casa anche senza di lui, che in fondo non era che uno in mezzo ai tanti e nemmeno il migliore che lei potesse avere.

Avanzò e si sedette a terra accanto a lei, incrociando le gambe.

«Se vuoi posso darti una mano, ma ti avverto, di solito ho bisogno di due energumeni seduti ai lati della valigia per chiuderla, quindi non so quanto possa servirti» si impose di sorridere per alleggerire la tensione che però rimase tale e quale, allora fece per prendere uno degli abiti di Ashley ma lei lo bloccò, afferrandogli il polso.

«Non c'è bisogno – finalmente lo guardò, Matt vide i suoi occhi tristi, le labbra le tremavano impercettibilmente, suggerendo che era molto prossima al pianto ma che stava facendo di tutto per trattenerlo – è che adesso mi secca, è ancora troppo presto» disse con voce spezzata, spingendo via con un debole calcio il suo trolley.

Matt evitò di farle notare che erano le 9 di sera e l'indomani mattina sarebbe già dovuta essere in viaggio abbastanza presto e che quindi in realtà era in serio ritardo, ma capì esattamente cosa stesse cercando di fare: tentava disperatamente di allungare quel poco tempo ormai rimasto per illudersi che non fosse ora, non ancora.

Approfittò del contatto con la mano di Ashley che lo aveva fermato per far scivolare la sua e intrecciare le loro dita. Anche se la ragazza non lo stava guardando più, avvertì che stava ricambiando la stretta.

Poco dopo però il respiro le diventò affannoso e Matt notò che la sua schiena curva aveva iniziato a sussultare lievemente. Stava fallendo nell'ignorare la voglia di piangere e forse la sua mano non aveva fatto altro che peggiorare le cose.

Le prese il viso e la costrinse a guardarlo, aveva gli occhi lucidi e pieni di lacrime e una se ne era già formata all' angolo di un occhio, le sue labbra erano dischiuse per il bisogno di aria che la affliggeva.

«Ashley – la implorò, come se fosse una preghiera – ti prego, non piangere, avevamo detto di essere forti quando sarebbe arrivato questo momento» continuò, sforzandosi di mantenere un tono rassicurante e tranquillo, un tono che le potesse infondere coraggio e determinazione.

Ma si sbagliava.

«Non me ne frega un cazzo di quello che avevamo detto, lo capisci? - gridò inaspettatamente, in preda alla rabbia e delusa, perchè, al contrario, vederlo così apparentemente controllato e calmo chiederle di fare finta di nulla, le stava spezzando il cuore una seconda volta – ma evidentemente a te non interessa un accidente di me, di noi» un tremolio nella voce le scappò su quell'ultima parola per ciò che rappresentava, sembrò rassegnata e ferita.

Matt aveva giurato a sé stesso di rimanere impassibile e più distaccato possibile, ma non potè evitare di reagire a quell'accusa, di lei gli importava eccome, forse non era in grado neppure di quantificarlo e l'ultima cosa che desiderava era che pensasse il contrario.

Se solo avesse potuto aprirsi il petto in due le avrebbe fatto vedere in che condizioni stava il suo cuore, che per la prima volta aveva provato il calore e il senso di pace che dà avere qualcuno da amare e che a sua volta si prende cura di te, ti sta vicino anche quando pensi di non valere niente, ti fa sentire importante.

Ne stava uscendo distrutto e dubitava fortemente che avrebbe mai più permesso a qualcuno di entrare in maniera così profonda in lui, ma non era di sé stesso che si preoccupava, per quello avrebbe avuto tempo.

Quello che gli premeva adesso era di assicurarsi che lei si rimettesse in piedi, che elaborasse la realtà dei fatti e si dimenticasse di lui al più presto, riprendendo ciò che aveva messo in stand by prima di arrivare lì, prima di lui. Solo quello contava, che potesse essere felice ancora, come per qualche misterioso motivo che ancora gli veniva difficile spiegarsi, lo era stata con lui.

Quindi, come poteva rimanere indifferente all'affermazione che di lei non gli importava nulla?

Le prese le guance con le mani e la avvicinò al suo volto, che adesso si era trasformato, perdendo quella maschera di tranquillità, sciolta come cera al sole e rivelando le sue vere emozioni: era inquieto, agitato e tutto preso da un urgente bisogno di smentire quella sua tremenda frase.

«No, questo non puoi dirlo, non te lo lascio fare – le ribattè con voce dura e ferma, mentre la fissava con gli occhi spalancati, facendola rabbrividire per quel suo repentino cambiamento – se c'è qualcuno a cui tengo più che a me stesso quella sei tu Ashley, hai scavato un solco troppo profondo dentro di me in così poco tempo che ne ho quasi terrore perchè non ho mai consentito a nessuno di avvicinarsi così a me, di farmi coinvolgere emotivamente e fisicamente tanto intensamente com'è successo con te – ammorbidì il suo tono e cominciò ad accarezzarle tutto il viso e i capelli senza fermarsi, mentre lei cedeva sempre di più al suono di quelle parole e ai suoi tocchi – se sto cercando di apparire distante è perchè non posso sopportare che tu soffra a causa mia, non voglio che tu veda come sarei se mi lasciassi andare al dolore che sento, non voglio che ti porti dietro quest'immagine di me, che ti possa tormentare quando sarai a casa. So già che non potrò mai dimenticarmi di te perchè mi sei rimasta dentro, non ti sei limitata alla mia facciata esterna ma hai visto la mia anima sporca, la parte peggiore che ho, e comunque non ti sei fermata, non ti ha spaventata, anzi mi hai aiutato a combattere i fantasmi del mio passato e a farli svanire e per questo non smetterò mai di ringraziarti» si fermò un attimo per prendere fiato, senza interrompere il contatto visivo con lei. Ashley vide i suoi occhi lucidi e la sua espressione devastata e si pentì di quello che aveva detto prima, accecata dalla sofferenza.

In fondo non aveva mai pensato davvero che per Matt lei non significasse niente, gliel'aveva dimostrato tante volte e quei momenti decisero di passarle nella mente come un lungo film di cui era protagonista, le lacrime ferme agli angoli degli occhi si gonfiarono e caddero, troppo pesanti ormai, rigandole il viso. Matt gliele asciugò con i baci, poi posò le labbra sulle sue, si strinsero forte mentre ancora erano seduti sul pavimento freddo.

Ashley si aggrappò alle sue spalle, che spesso le avevano infuso protezione e coraggio e che erano state la sua ancora di salvezza negli attimi di sconforto, con l'amara consapevolezza che si trattasse di una delle ultime volte che lo faceva.

«Mi dispiace – gli sussurrò all'orecchio, ancora abbracciata a lui – non lo pensavo sul serio, è che avevo immaginato più volte questo giorno ma viverlo è diverso, è tutto diverso, io non volevo essere debole» si scusò.

Matt le accarezzò la schiena e i capelli, godendo della dolce sensazione del corpo sinuoso di Ashley contro il suo per memorizzarla più che poteva.

«Lo so, lo so. Tranquilla, non lo sarai, andrà tutto bene» si affrettò a rassicurarla e stavolta risultò così reale, così convincente che per un attimo Ashley ci credette davvero che sarebbe stato così.

Si staccarono lentamente, Ashley si passò rapida una mano sul viso sfatto e provato, per asciugare in fretta i residui umidi delle lacrime.

«Come fai a essere sicuro che sarà così? Io non voglio tornare alla mia vita monotona e noiosa di sempre, non voglio essere la persona che ero prima, mai più!» si lamentò.

«E allora non esserlo! - la spronò Matt, alzando la voce forse in maniera un po' troppo brusca, poi ebbe timore di avere esagerato, le prese entrambe le mani con delicatezza, si sistemò meglio di fronte a lei e poggiò la fronte contro la sua – allora ti dico io cosa puoi fare, per esempio – ricominciò più dolce, armandosi nuovamente di tutta la sua migliore forza d'animo, perchè quello che stava per dire lo avrebbe ridotto in pezzi – domani tornerai a casa tua e riabbraccerai tua madre, che sono sicuro non vede l'ora di rivederti. Le parlerai come mi hai promesso e tutti i vostri dissapori svaniranno, ricostruirete il vostro rapporto e sarà fantastico perchè, da come me l'hai sempre descritta, deve proprio essere una persona stupenda. Riabbraccerai le tue sorelle, aiuterai Phoebe col trasloco e gioirai con lei per casa sua e per la vita che l'aspetta col suo ragazzo e sopporterai July nelle crisi adolescenziali che presto avrà – Ashley ascoltava in silenzio la descrizione di ciò che l'attendeva, socchiudendo gli occhi per immaginarlo e non negò che, almeno quella parte, le sembrò un quadro meraviglioso – poi ricomincerai l'università, gli esami, che sicuramente andranno benissimo come è sempre stato, collezionerai un successo dopo l'altro e riuscirai ad accedere a quel tirocinio tanto importante per te, e che ti avvicinerà un passo in più alla tua carriera futura – Matt avvertì il respiro di Ashley farsi più pesante e capì che stava riprendendo a vacillare, portò rapidamente le mani sulle sue spalle e gliele strinse forte, scuotendola in modo delicato per non far sì che si facesse sopraffare dall'ansia – diventerai bravissima, ne sono sicuro, nel frattempo riprenderai i contatti coi tuoi amici e compagni dell'università, ricomincerai a uscire, a conoscere gente e ti accorgerai che io sarò diventato solo un ricordo, lo devi fare, capito? - la scosse, mentre i suoi occhi si erano inesorabilmente riempiti di lacrime, perchè stavolta non riuscì più a pensare a quella prospettiva come reale, non voleva immaginarsi senza di lui, il panico l'avvolse serrandogli i polmoni e le mancò il fiato sempre più, Matt continuò crudele, ma anche la sua voce si stava incrinando – riprenderai la tua vita e sarà bellissima, piena di gioie, successi, amore» tremarono entrambi, ma Ashley cominciò a singhiozzare violentemente, le lacrime caddero una dopo l'altra e presero a scorrerle copiose senza vergogna, il petto era sconquassato da quei singhiozzi inarrestabili.

Matt si sentì morire ma doveva continuare, piangere era l'antidoto giusto in quei casi e doveva farla ritornare alla realtà per quanto dura potesse apparire, perchè dall'indomani lui non ci sarebbe stato ed era meglio che si sfogasse subito e si rassegnasse così come si sarebbe sforzato di fare lui.

Le prese il viso tra le mani. «Guardami Ashley e ascoltami bene – le intimò, perchè non perdesse il contatto con la realtà e il filo del discorso, poi deglutì dolorosamente per via di un groppo in gola, adesso veniva la parte peggiore – troverai un ragazzo che ti ama e che non ti farà piangere come sto facendo io, come ho fatto troppe volte finora, ti innamorerai di lui magari, e ti darà la serenità e la felicità che io non sono stato capace di darti – una lacrima bagnò anche il suo viso e ringraziò il cielo che Ashley non stesse guardando, pressò la guancia contro il viso di lei, le lacrime abbondanti della ragazza gliela inzupparono tutta ma non gliene fregava niente, mentre lei continuava a scuotere la testa per rifiutare tutte le sue predizioni – e magari, se per caso ci rivedremo in futuro, sarai tu stessa a raccontarmi tutte queste cose, e io gioirò con te, ne sono sicuro» concluse, aveva esaurito il fiato e il coraggio di parlare, era troppo anche per lui adesso.

Lasciò che il silenzio tornasse a fare da padrone e che Ashley si sfogasse sulla sua spalla, bagnandogli la maglietta e sorreggendola fisicamente in quello sconforto che la stava privando di ogni energia.

Solo il rumore dei suoi flebili singhiozzi riempì l'aria, ma anche questi, man mano, diminuirono di intensità e frequenza, fino a quando si arrestarono del tutto, la sentì solo tirare sù col naso un paio di volte, visto che non poteva vederle il volto, ancora nascosto nell'incavo del suo collo e poi calmarsi definitivamente.

Se la tenne così fino a che non fu lei a decidere di rompere quel contatto. Lo fissò con gli occhi rossi ma più sereni, il respiro era regolare e Matt capì che aveva buttato fuori un bel po' di quel malessere e stava meglio.

Accennò persino un sorriso, come se avesse compreso finalmente il senso del suo discorso e lo avesse accettato, a malincuore.

«Promettimi solo che non mi penserai troppo spesso - aggiunse Matt - potrei proporti di sentirci ogni tanto, di tenerci in contatto ma credo sia solo inutile e dannoso. Non siamo amici Ashley e, anche se non abbiamo mai parlato esplicitamente di noi, penso che su questo siamo d'accordo, e dubito che potremo mai esserlo. Sentirci prolungherebbe solo l'agonia, che ne pensi?» le chiese.

Ashlei annuì, stranamente tranquilla, il suo sguardo era tornato di nuovo quello di sempre, solo forse un po' più consapevole e colmo di accettazione per quel punto di non ritorno.

«Allora è finita, giusto? É un addio questo?» domandò, senza scomporsi, come una statua.

«Sì, Ashley, è un addio» rispose Matt, altrettanto granitico.

«Va bene» fu la sua unica reazione, nessuna lacrima usciva più dagli occhi, che non diventarono nemmeno un po' lucidi.

Seguì qualche secondo di silenzio tra i due, si scambiarono alcune occhiate furtive, poi Matt sentì di doverle dire un'ultima cosa prima di andare via.

«Grazie per tutto quello che hai fatto per me, e buona vita Ashley, ti auguro tutto il bene di questo mondo, di realizzare i tuoi sogni e di essere felice, ti prego sii felice» le raccomandò.

«Grazie a te, per avermi aiutato a capire un po' più di me stessa e, non sottovalutarti più, riuscirai anche tu in quello che vuoi, ne sono certa» gli disse convinta, Matt si sporse verso di lei un'ultima volta e le diede un bacio sulle labbra, indugiò vari secondi, come se non volesse abbandonarle e volesse conservarne il sapore più a lungo possibile, poi si alzò e fece per andarsene.

Ashley rimase pietrificata a guardarlo avvicinarsi alla porta, aveva l'impressione di sentire amplificato su di sè il peso della forza di gravità che la schiacciava e la opprimeva e le impediva di fare qualunque movimento o di reagire.

Lo stava lasciando andare senza fare nulla e si sentì una povera stupida.

All'improvviso si riscosse, senza sapere nemmeno perchè.

«Matt, aspetta!» lo chiamò, il ragazzo si arrestò proprio poco prima di afferrare la maniglia della porta per uscire, ma non si voltò.

Percepì dei rumori e capì da questi che Ashley si era messa in piedi.

Il suo cuore fece delle capriole quando sentì che stava muovendo dei passi verso di lui.

Prese un lungo respiro perchè per quanto fingesse di potercela fare era ancora troppo coinvolto da lei per restare indifferente.

«Resta, stanotte»

La voce di Ashley gli giunse con l'intensità di niente più che un flebile soffio di vento.

Strinse i pugni e rimase zitto, incerto sul da farsi, perchè la testa gli consigliava di non indugiare e di abbandonare immediatamente quella stanza per non rendere più arduo quel distacco dopo una notte insieme, ma il cuore non poteva ignorare quella sua richiesta e dentro di lui prese a infuriare un conflitto. Fu Ashley a decretare il vincitore.

Si avvicinò ancora di più, Matt sentì le sue braccia che lo cingevano da dietro e si intrecciavano sul suo addome, in un dolce tentativo di bloccarlo.

Poggiò la fronte sulla sua schiena e Matt tremò «Ti prego – lo supplicò – domani sarà tutto finito, ma stanotte, resta»

Sarebbe bastato un nulla per spezzare la presa delle braccia sottili di Ashley e scappare via da lei, non rivederla mai più, ma Matt non capì più niente che non fosse il desiderio di lei per un'ultima volta.

Si girò senza alcun dubbio, ritrovandosela vicina, troppo, così bella e attraente anche col viso provato dalla sofferenza e dalle lacrime e gli occhi gonfi e tutta la freddezza sfoderata prima per quell'addio glaciale se ne andò a quel paese.

La baciò disperatamente con tutta la passione che aveva in corpo, stringendola forte mentre con le mani si cercavano e si toccavano freneticamente.

Indietreggiarono e Matt sollevò Ashley e la depose delicatamente sul letto, poi si adagiò sopra di lei e si lasciò circondare dalle sue braccia.

Trapelavano disperazione e tristezza da ogni loro movimento frenetico e quasi aggressivo e, anche se avevano fatto l'amore ormai tante volte, nessuna delle precedenti era stata intensa e carica di significato come quella, perchè entrambi sapevano che era l'ultima volta che si amavano, che potevano sentirsi una cosa sola e fu assurdo e paradossale quanto piacere e quanto male provassero nello stesso tempo.

Le loro labbra si cercavano, si baciavano, mordevano, mentre i loro corpi spendevano fino all'ultima goccia di energia che possedevano per viversi quell'estremo istante a loro concesso.

Quando finalmente raggiunsero l'apice, Matt si abbandonò esausto su Ashley, senza spostarsi e senza avere cura di non gravare troppo su di lei, completamente annientato da quell'ondata di sensazioni contrastanti e dal canto suo Ashley non ebbe più la forza di muovere un muscolo.

Quella giornata l'aveva messa a dura prova sotto qualsiasi punto di vista e fu come se ne stesse ricevendo la somma di tutti gli effetti solo in quel momento, e il suo fisico e la sua mente non ressero più.

Era stremata, distrutta, aveva impiegato le blande energie rimaste per quell'ultimo atto d'amore e adesso si sentiva svuotata e a pezzi.

Giaceva immobile come una bambola di pezza strapazzata, le gambe, che ancora circondavano i fianchi di Matt, le diventarono molli, gli occhi le bruciavano per il troppo pianto e riusciva a tenerli solo socchiusi, le tempie dolevano in modo insopportabile e respirava affannosamente, così come lui, nel tentativo di riprendere fiato.

Il peso del ragazzo che, esattamente come lei, si era accasciato e non accennava a voler muoversi, le provocava un senso di soffocamento ma, vittima di uno slancio di masochismo, l'unico gesto che obbligò alle sue braccia stanche di compiere fu, al contrario, quello di stringerlo a sé ancora di più.

Rimase ferma a fissare il soffitto buio della sua stanza, con le dita aggrovigliate tra i capelli di Matt, senza alcuna espressione e con i pensieri annebbiati e confusi, quasi increduli su quello che era appena successo e su quello che sarebbe stato il domani.

Nessuno dei due parlò, si erano già detti abbastanza quella sera e ogni parola in più sarebbe stata solo un'inutile ripetizione di cose già fin troppo discusse e non avrebbero avuto più la lucidità né la voglia per affrontarle un'ennesima volta.

Solo a un certo punto Matt provò l'impeto di rivelarle il suo amore, si allungò su di lei fino a raggiungere il suo orecchio e dischiuse le labbra, ma nessun suono uscì alla fine: dire adesso quelle parole non avrebbe fatto altro che rendere più dolorosa la loro separazione e oltre tutto sarebbe stato completamente inutile e privo di senso. Ci rinunciò e le bisbigliò un 'perdonami' al quale Ashley rispose solo chiudendo gli occhi e abbozzando un sorriso, come se, in fondo, avesse capito.

Matt a quel punto si staccò da lei e la liberò del suo corpo, Ashley subito si rannicchiò lateralmente verso di lui, i suoi occhi non riuscivano più a rimanere aperti, erano diventati pesanti come macigni e la vista le si era sfocata.

Lentamente il mondo intorno a lei cominciò a svanire e gli occhi azzurri di Matt, belli e confortanti, furono l'ultima immagine che riuscì a distinguere ben nitida e luminosa prima di cedere sfinita alla stanchezza e crollare, addormentandosi.

 

 

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Capitolo 33
*** Capitolo 33 ***


Capitolo 33

 

Quando Ashley si risvegliò la mattina dopo, al suono della sveglia, Matt non c'era più.

I suoi occhi appena aperti vagarono per qualche secondo lungo quella parte di letto vuoto e vi si soffermarono come se avessero bisogno di rendersene conto, di realizzare che fosse tutto vero e non frutto della sua immaginazione o di un sogno.

Era proprio così, lui non c'era, se n'era andato.

L'aveva lasciata.

In realtà, Ashley non ne fu meravigliata o quanto meno non avrebbe dovuto esserlo, era prevedibile, anzi, scontato era il termine più adatto.

Era stata lei stessa a chiedergli quell'ultima notte insieme prima che fosse finita tra loro, l'aveva accettato e ne aveva preso coscienza senza opporsi e lui non aveva fatto altro che agire secondo quel loro accordo, secondo una logica schiacciante e ineccepibile, così come doveva andare.

Allora cos'era quella sensazione che aveva cominciato ad attanagliarle il petto?

Amarezza? Tristezza?

O forse delusione?

Si sollevò dal cuscino e si strinse il lenzuolo al petto, rimanendo seduta e spaesata sopra quel letto troppo disfatto.

La verità era che, per quanto si fosse convinta di essersi rassegnata alla dura realtà e anzi, al contrario, ritenesse quella scelta l'unica saggia e razionale per loro, troppo giovani e troppo impegnati per potersi impantanare in una logorante storia a distanza, una piccolissima, sperduta e recondita parte del suo cuore non si era mai arresa, aveva sperato fino alla fine, fino all'ultimo secondo, fino all'immagine di quel letto vuoto che lui le avesse detto che potevano farcela, che non dovevano per forza lasciarsi, che ci sarebbe stato un modo, anche un solo dannato modo perchè non dovesse finire con loro due che si separavano nelle rispettive città.

Per questo aveva rimandato fino all'ultimo di affrontare quel discorso, di prepararsi per partire. Pensava di aver accettato la situazione con maturità ma in realtà non l'aveva fatto per niente. Segretamente, e forse un po' anche inconsciamente, aveva continuato a crederci in un finale differente, in quel colpo di scena tanto agognato che sembra insperato ma che alla fine arriva puntuale a risollevare le sorti di ciò che sembrava perso.

Ma come le era saltato in mente di pensare che si trovasse in una favola o in uno di quei film dove tutto magicamente va a posto e qualunque difficoltà svanisce come d'incanto?

Adesso quella speranza, quella voce dentro di lei, si era infranta, era morta per mano della sua stessa passività, per aver infilato sempre la testa sotto la sabbia e fatto finta che i problemi si risolvessero da soli e per l'incapacità di prendere l'iniziativa e lottare per chi amava e per la sua felicità.

Adesso era finita, davvero.

Una povera illusa, ecco come si sentiva e anche una stupida, perchè aveva aspettato che fosse lui a ribaltare le carte in tavola, a decidere per entrambi un destino diverso senza agire e mettersi in gioco in prima persona.

La paura di osare, di rischiare e di buttare fuori ciò che provava l'aveva fregata, aveva avuto la meglio come faceva di solito e per quanto durante quella vacanza avesse capito che fosse la sua nemica più acerrima e stava tentando di sconfiggerla, ancora una volta le aveva dimostrato che la strada da percorrere era lunga e piena di ostacoli.

Con alle spalle già una storia a distanza fallita aveva avuto il terrore di ripetere quell'esperienza, soprattutto adesso che si trattava di un ragazzo troppo importante per lei e per cui provava dei sentimenti così sconosciuti e forti da non meritare di essere calpestati e ridotti come tutti gli altri. Per di più si sentiva inadeguata, aveva sempre vissuto tra la sua piccola città, l'università e la città di suo padre per le vacanze e si era sempre crogiolata in quella sicurezza e normalità, il mondo fuori, al di là di ciò che conosceva, la spaventava e forse solo adesso ne stava prendendo coscienza.

Non aveva viaggiato più di tanto, non guidava e non aveva nemmeno idea di come raggiungere la città di Matt, dieci volte più grande della sua, e di certo non poteva chiedergli ogni volta che fosse lui ad accollarsi tutti i sacrifici, anche lui doveva studiare, lavorare con suo padre e coltivare i suoi interessi, come la musica. Di sicuro sarebbero stati costretti a passare lunghi periodi senza vedersi e Matt era un tipo troppo interessante, carismatico e bello per passare inosservato, aveva tante ragazze che gli ronzavano intorno e spesso si era chiesta per quanto tempo, a dispetto dell'amore, può resistere un ragazzo lontano dalla sua fidanzata e circondato da tutte quelle tentazioni.

Non avrebbe sopportato la gelosia, il pensiero di essere dimenticata, sostituita, che il loro rapporto si potesse sgretolare e che l'odio e i rimorsi avrebbero distrutto e sporcato quel legame speciale.

Tutto quello l'aveva bloccata, resa insicura e condotta dove si trovava ora, sola e disperata.

Il coraggio che sentiva di aver trovato per ricucire il rapporto con sua madre o per affrontare il suo amico Tyler le era mancato per Matt, proprio per quel ragazzo così diverso da lei, che aveva messo a nudo i suoi punti più deboli e le aveva spalancato gli occhi su tante scomode verità e che amava ma evidentemente non fino al punto da farle tentare quel salto nel vuoto.

Strinse forte i pugni, tormentando la stoffa del lenzuolo, e si ripiegò su sé stessa, come se sulla schiena portasse di colpo il peso dei suoi errori.

Capire di aver sbagliato era già qualcosa, ma non sarebbe stato sufficiente, purtroppo.

Lentamente scivolò verso il bordo del letto e poggiò i piedi sul pavimento.

La sveglia cominciò a suonare per la seconda volta, visto che l'aveva ignorata prima, presa da quei pensieri, e il suono martellante stavolta la colpì fastidioso, con uno scatto si allungò scompostamente sul comodino e la zittì.

Si guardò intorno e notò la valigia vuota e il cumulo di vestiti che giacevano ancora disordinati, così come li aveva lasciati. Li fissò assorta, ricordando la scena della sera precedente e rivedendo per un attimo lei abbracciata a Matt, per terra.

Scosse la testa per liberarsi di quell'immagine e raccattò i vestiti che lui aveva sparso in giro, un po' qua e un po' là, per la foga, quando l'aveva spogliata quella notte e l'ennesimo colpo al cuore la fece trasalire.

Si rivestì e uscì in corridoio: avrebbe dovuto dirigersi giù in cucina, ma le sue gambe si mossero come comandate da una forza a cui non poteva opporsi e la condussero verso la stanza di Matt.

Forse c'era una possibilità, forse poteva ancora rimediare alla sua vigliaccheria e prendersi il rischio di qualcosa per una sola fottuta volta.

Le sue deboli aspettative vennero deluse non appena si avvicinò all'entrata della camera.

La porta era socchiusa e si intravedeva una certa penombra all'interno, la aprì di più e vide il letto perfettamente rifatto e il basso di Matt che vi poggiava sopra. Non doveva averci dormito dopo la notte passata con lei e il tempo in quella stanza pareva essersi fermato al giorno prima.

Niente era stato spostato, i libri sulla scrivania, i fogli con i testi delle canzoni, tutta la sua strumentazione per suonare e persino la finestra era socchiusa, come se nessuno si fosse curato di aprire le imposte per fare entrare la luce del sole che splendeva quella mattina.

Tutto faceva supporre che Matt non avesse fatto ritorno nella sua camera.

Ma dov'era allora?

Ashley non voleva arrendersi, non ora, sembrava aver ritrovato tutta la grinta che le era mancata fino ad allora, sperò solo che non fosse troppo tardi e si precipitò di sotto, col fiatone per l'ansia.

Vagò per le stanze, per il giardino, cercò in ogni angolo ma di lui non trovò traccia, finchè rimase da controllare solo la cucina, la sua ultima speranza, vi si avvicinò con esitazione per la paura di rimanere delusa, poi con uno scatto deciso vi fece ingresso.

Due paia di occhi si volsero, sorpresi, verso di lei, ma non erano quelli che stava cercando.

Lui non era a casa, era scappato, probabilmente per non doverla incrociare più, il mondo le crollò addosso tutto in una volta, non aveva più alternative adesso e anche quell'ultima illusione si spense per sempre. Rimase immobile come una statua di ghiaccio, senza più luce negli occhi.

Monica e Gregory guardarono la ragazza che era entrata all'improvviso nella stanza, facendoli sussultare e notarono subito il suo turbamento.

«Tesoro, cercavi qualcosa?» chiese teneramente Monica, con aria preoccupata.

Si era accorta dell'assenza di suo figlio, non aveva idea di dove si fosse cacciato quell'incosciente e tratteneva a stento una certa agitazione. Poteva solo immaginare il dolore che stesse provando adesso quella ragazza.

«No» rispose Ashley, pallida come un fantasma.

«Vieni Ashley, siediti con noi, la colazione è pronta» provò a invitarla suo padre, ma la ragazza scosse subito la testa con fermezza.

«Devo fare una cosa prima, arrivo tra poco» dichiarò fredda, poi sparì, lasciando la coppia a scambiarsi delle eloquenti occhiate sconsolate, che parlavano da sé.

Ashley ripercorse in salita e a testa bassa le stesse scale che solo poco prima aveva sceso di corsa, spinta da un'ondata di forza e speranza che si era esaurita presto, come il bagliore di un lampo.

Salì con andatura regolare e decisa gradino dopo gradino.

Non c'era più molto da fare, provò a dare la colpa ancora una volta al destino che, così come li aveva fatti incontrare per una strana casualità, adesso li separava, ma quell'alibi cominciava a non essere più tanto solido.

'Vuol dire che era destino che andasse così', era la frase che si diceva di solito quando qualcosa non seguiva i piani o li deludeva e lei stessa ne aveva più volte fatto uso, ma stavolta l'unica da biasimare era sé stessa e ne era del tutto consapevole.

Era troppo comodo accusare il destino quando non si aveva la volontà di addossarsi le proprie responsabilità, le mancanze, o la paura di cambiare le cose, era la scusa più comune e più confortante per sentirsi a posto con sé stessi e immuni da qualunque critica, ma in quel caso non reggeva più.

Rimaneva poco da fare e lo sapeva.

Entrò nella camera di Matt e frugò freneticamente sulla sua scrivania, sollevando fogli e altre cianfrusaglie sparse lì sopra a casaccio, l'ordine non era esattamente una virtù del ragazzo.

Finalmente riuscì vittoriosa nel suo intento, estraendo da sotto un libro una penna, poi aprì un quaderno a caso e dall'ultima pagina strappò un pezzo di carta. Si chinò quanto bastava per poterci scrivere sopra e velocemente fece scorrere la punta della penna sul foglietto bianco, lasciandoci impresse poche parole.

Una volta finito lo rilesse con gli occhi appena lucidi, poi lo piegò in due senza pensarci troppo e lo posizionò tra le corde del basso di Matt, dove era certa che lui non avrebbe potuto non notarlo.

Indietreggiò, restando un minuto immobile a fissare quella stanza per l'ultima volta, ricordando ogni singolo momento passato con lui, poi abbassò lo sguardo sospirando e uscì, socchiudendo la porta così come l'aveva trovata.

Rientrò in camera sua, il tempo ormai stringeva e doveva fare in fretta, non c'era più spazio per i sospiri, per le lacrime, per i nodi alla gola e per i ripensamenti.

Fissò le sue cose sul pavimento, si gettò in ginocchio e cominciò rapidamente a infilare tutto in valigia con poca cura, interessata solo a farle entrare più in fretta possibile e liberarsi di quell'incombenza fastidiosa.

Tirò un sospiro di sollievo e si passò una mano sulla fronte soddisfatta solo dopo aver richiuso la zip con un po' di sforzo, visto che la valigia pareva più gonfia rispetto al suo arrivo a causa del modo goffo e frettoloso in cui aveva piegato i i vestiti.

Raccolse i suoi libri, che giacevano ancora aperti sulla scrivania e il suo astuccio e li ripose in un borsone, eliminando anche quel problema.

In preda a quell'iperattività improvvisa, si voltò verso il letto e decise di sfogarsi anche su di lui. Osservò le lenzuola spiegazzate che ancora portavano i segni della loro passione e per un momento la sua espressione si tramutò in malinconica, ma si ridestò in fretta e senza più remore le tolse via dal materasso così come fece con la federa del cuscino per poi accantonarle appallottolate in un angolo, con l'intenzione di portarle sotto e metterle in lavatrice.

Doveva sparire qualsiasi cosa che portasse il ricordo di loro da quella stanza e, seguendo quel proposito, estrasse dall'armadio delle lenzuola pulite e rifece il letto di sana pianta.

Quando ebbe finito si abbassò e immerse la testa nel cuscino: non portava più l'odore di nessuno di loro due, ma solo un profumo di fresco e di pulito le invase le narici.

Fu soddisfatta, tutto stava diventando asettico e stava ritornando come il primo giorno, quando la loro relazione non esisteva, ed era giusto che fosse così.

Mancava solo un'ultima cosa all'appello.

Prese i suoi vestiti, dei jeans e una maglietta a maniche corte e corse in bagno.

Si spogliò e con una certa urgenza direzionò il getto dell'acqua sulla sua pelle, senza nemmeno attendere che fosse diventata calda. Il freddo iniziale la fece sussultare e intirizzirsi appena, ma durò giusto qualche secondo.

Afferrò il bagnoschiuma e cominciò a versarlo sulle sue mani per poi frizionare tutto il suo corpo con energia.

Doveva togliere a tutti i costi l'odore di Matt dalla sua pelle, non poteva portarlo con sé a casa, doveva sparire e subito e quella che doveva essere una semplice doccia assunse per lei un significato più simbolico.

Le sue mani strofinarono la pelle senza tregua e con un'intensità e un trasporto tale che in alcuni punti le unghie lasciarono dei temporanei segni rossi al loro passaggio, che spiccavano sulla sua carnagione chiara. Non sentirlo più addosso a lei, eliminare qualunque segno del contatto fisico tra i loro corpi diventò un bisogno spasmodico e vitale e il suo respiro cominciò a farsi più pesante anche per ciò che tutto quello rappresentava.

Non poteva toglierselo dalla testa, sarebbe stato impossibile e al momento non era capace neanche di immaginare quando e addirittura se sarebbe mai successo, bruciava tutto ancora troppo intensamente per poter razionalmente pensare a quell'eventualità e lei era umana e soffriva, lo stava scoprendo a sue spese quanto dolore poteva causare una delusione d'amore così potente per la prima volta e quella era la fase peggiore da affrontare, quando si crede di non potersi più rialzare.

Se era impossibile allontanarlo dai suoi pensieri, poteva almeno cancellarlo dalla sua pelle e illudersi che andasse già meglio.

Si calmò solo quando il profumo vanigliato del bagnoschiuma fu l'unico odore che percepì intorno a lei, ritornò a respirare normalmente e i suoi movimenti si fecero più dolci e rallentarono fino ad arrestarsi.

Sciacquò il viso con l'acqua fredda, vi passò più volte le mani per svegliarsi e si vestì, per poi guardarsi allo specchio per accertarsi di apparire quanto meno decente e non una condannata a morte. Nonostante delle occhiaie spaventose e il viso un po' più smunto a causa di ciò che stava patendo, ritenne che potesse andare e si avviò di sotto.

 

Gregory si sentiva ribollire dall'agitazione, non riusciva a togliersi dalla mente il viso triste della figlia, pallido e sconsolato ed era veramente preoccupato per lei e per le conseguenze di quel malessere. Per di più stava per tornare a casa e non avrebbe potuto accertarsi di persona delle sue condizioni e l'unica cosa che lo teneva relativamente tranquillo era saperla nelle amorevoli mani della sua ex moglie, che sarebbe stata in grado di consolarla e di starle accanto più di come avrebbe potuto fare lui. Era pur sempre sua madre ed una donna e certe dinamiche le capiva di sicuro meglio di lui.

Nonostante tutte le buone intenzioni e i discorsi già affrontati con Monica, non potè fare a meno di pensare che se Ashley stava così era anche colpa di Matt e, da buon padre protettivo, provò la voglia di dargli un bel ceffone per aver calpestato i sentimenti di sua figlia, anche se, in realtà, lui non sapeva esattamente come fossero andate le cose tra quei due ragazzi.

L'unica cosa che comprendeva era che aveva una figlia ridotta a uno straccio e di lui, invece, non c'era nessuna traccia, era sparito senza nemmeno salutarla un'ultima volta e lo interpretò come un gesto di totale indifferenza e menefreghismo.

Se solo avesse saputo quanto si stava sbagliando e quanto a sua volta lui era ridotto in pezzi di certo avrebbe cambiato idea sul volerlo picchiare.

«Però tuo figlio sarebbe anche potuto rimanere a casa per salutare Ashley, non capisco cosa aveva di tanto urgente da fare!» non si trattenne dal dire a Monica, prima di accingersi a prepararsi per accompagnare la ragazza a casa.

Monica lo guardò accigliata, aveva tenuto suo figlio tra le braccia e completamente distrutto solo pochi giorni prima e non le andava che Gregory lo pensasse sereno a divertirsi in giro.

«Guarda che Matt sta soffrendo esattamente come Ashley, sono sicura che se non è qui ci sarà un valido motivo e poi avranno già avuto modo di salutarsi ampiamente, suppongo» lo informò senza esitazione e con un tono abbastanza sostenuto.

Gregory aggrottò le sopracciglia a quell'allusione strana «Che vuoi dire, scusa?» le domandò.

«Forse è meglio che tu non lo sappia, fidati! - la faccia di Gregory cambiò colore quando capì a cosa stava facendo riferimento la sua compagna e si rifiutò di crederlo, aprì la bocca per ribattere qualcosa, ma Monica lo zittì con un tempismo perfetto – e poi avevamo promesso di non intrometterci nelle loro scelte e di non far sì che avessero conseguenze anche su di noi, quindi per favore, calmati. Ashley non è la prima né l'ultima ragazza a subire una delusione, le passerà, ne sono sicura, si cresce anche così» disse, carezzandogli una spalla per tranquillizzarlo.

Gregory sbuffò, sconfitto, poi si allontanò e si diresse al piano di sopra.

«Io comunque questi giovani di oggi non li capisco» borbottò, sembrando molto più vecchio dei suoi quarantasette anni.

Monica sorrise, poi però abbassò gli occhi.

Si sforzava di apparire indifferente alla cosa, ma anche lei ci era rimasta molto male che alla fine quei due avessero deciso di separarsi, anche se all'inizio il loro rapporto non era stato dei migliori, col passare dei giorni si era affezionata tanto ad Ashley e la vedeva davvero bene accanto a suo figlio. Un po' di amarezza la provava anche lei, soprattutto nel vederli entrambi soffrire in quel modo. Ripensò alla promessa di aiutare i due ragazzi a non rinunciare fatta al suo ex, Nathan, quel giorno assurdo in cui era piombato in casa sua e pensò con rammarico di non esserci riuscita a mantenerla.

Nemmeno due minuti dopo che Gregory aveva lasciato la cucina, dei passi lenti e delicati richiamarono la sua attenzione.

Era Ashley, già vestita e pronta, la vide prendere l'occorrente per prepararsi dei cereali da mangiare e poi sedersi al tavolo.

Ne prese un paio di cucchiaiate ma il suo stomaco si chiuse presto, intimandole di smetterla o le avrebbe fatto rimettere tutto. Ashley gli ubbidì e Monica la osservò buttare via il residuo e sciacquare la tazza.

Fece finta di nulla per non stressarla e infierire oltre, poi le si avvicinò e le accarezzò una guancia.

«E così oggi ci salutiamo» iniziò, sorridendole debolmente.

Ashley ricambiò con un sorriso altrettanto poco convincente, poi annuì.

«Mi raccomando, prenditi cura di te Ashley, e non fare stare in pensiero tuo padre, altrimenti poi dovrò sopportarmelo io – esclamò in tono buffo, strappandole una risata, finalmente – e poi voglio vederti in forma quando ci rivedremo a Natale, prometti che verrai a trovarci?» le chiese, portandole le mani sulle spalle.

«Sì, penso di poter fare un salto» rispose Ashley.

Monica poi la fissò più intensamente, sapeva di doverle ancora dire qualcosa.

«Ascolta Ashley, so che mi sono comportata da vera stronza con te i primi tempi e mi dispiace tantissimo, ma ho scoperto una ragazza stupenda in te e mi sono davvero affezionata come se tu fossi mia figlia. Hai fatto tanto per me e soprattutto per Matt e ti ringrazio per essertene preso cura e per essergli stata vicina in alcuni momenti difficili. Se adesso io e lui ci parliamo di nuovo dopo anni è anche grazie a te e questo ha significato tanto» le rivelò, fallendo nel nascondere la commozione mentre parlava.

«Non devi ringraziarmi, mi mancherai anche tu e adesso che ti ho conosciuta sono sicura che mio padre ha accanto la persona che merita e che lo rende felice e questo mi fa stare tranquilla. Sono stata bene qui con te, Monica» le disse, a quelle parole la donna la cinse in un tenero abbraccio ed Ashley si lasciò andare, forse era proprio quello di cui aveva bisogno in quel momento e la strinse ancora più forte, poggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi.

«Tesoro, mi dispiace per Matt, sono dispiaciuta per la sua assenza e non ho idea di dove sia, ma so che non l'ha fatto perchè di te non gli importa, probabilmente non se l'è sentita di vederti andare via, sai, lui è abbastanza sensibile agli addii anche se non lo dà a vedere» sentì di doverle dire Monica, mentre le accarezzava i capelli rossi.

Non poteva tacere su suo figlio perchè sapeva quanto dolore avesse sopportato, anche in passato, nel vedere persone a lui care uscire dalla porta e andarsene, lasciandolo solo e confuso.

Ashley rabbrividì al pensiero che Matt stesse soffrendo, poi sciolse l'abbraccio e guardò Monica in volto.

«Lo so, Matt non ha nessuna colpa, e poi ne abbiamo parlato e abbiamo fatto le nostre scelte. Non ho niente di cui rimproverarlo» concluse.

Monica le carezzò i capelli un'ultima volta, poi lasciò che la ragazza andasse a salutare il padre.

Gregory prese tra le mani il viso sciupato di sua figlia, una stretta al petto si irradiò immediatamente.

Gli occhi grandi e belli di Ashley, che la ragazza aveva ereditato dalla sua ex moglie, apparivano meno luminosi del solito e spenti, ma per lui rimanevano comunque i più eccezionali del mondo anche così. Li osservò inumidirsi appena quando portò la sua valigia accanto alla porta, pronta per uscire.

Stava davvero per terminare quella vacanza che le aveva scombussolato la vita in tanti modi diversi che mai avrebbe immaginato al suo arrivo.

Al di là di quella porta l'avrebbe attesa la sua vita, quella nuova, piena di incognite, di tristezza ma anche di gioie. La voce soave e familiare di Nancy al telefono poco prima l'aveva fatta emozionare e il pensiero che l'avrebbe rivista tra poco, insieme alle sue sorelle era uno spiraglio di sole in quell'oscurità che era adesso la sua anima.

Per il resto non aveva idea di come si sarebbe sentita o di come avrebbe fatto per sopravvivere. Probabilmente avrebbe vissuto giorno per giorno, sperando che la mancanza di Matt le sarebbe pesata sempre meno. Era tutto così surreale che ancora stentava a crederci.

Gregory l'abbracciò forte «Ricordati che puoi venire a trovarmi quando vuoi, ok? Mi mancherai, piccola mia, cerca di non abbatterti troppo, ok?» le disse semplicemente.

«Certo papà, anche tu mi mancherai» sussurrò la ragazza.

Ashley sapeva che con suo padre era solo un arrivederci, lui non la stava abbandonando, era così ogni anno e anche se faceva sempre una certa impressione separarsi dopo più di un mese, in un certo senso sapeva che per lei ci sarebbe sempre stato, anche se lontano. Faceva di sicuro meno male di un addio.

Dopo quei saluti, Ashley uscì fuori, il sole la riscaldò e si voltò a guardare la casa prima di lasciarsela alle spalle.

Gregory cominciò a mettere il suo bagaglio in auto e lei stava sistemando il borsone coi suoi libri, quando Monica la informò che una ragazza la cercava.

Ashley rimase stupita, aveva salutato già tutti nei giorni scorsi, Annie, Dorothy, i suoi amici e quelli con cui aveva legato di più del gruppo di Matt. Davvero non riusciva a capire di chi potesse trattarsi.

Si avviò verso il cancello perplessa, ma di certo la meraviglia superò qualsiasi livello quando si trovò davanti una massa di capelli lunghi e corvini.

Jenny stava lì, davanti al cancello, con un'aria inquieta e le mani che giocavano nervosamente con un portachiavi.

Si morse il labbro prima di parlare, mentre Ashley era rimasta senza fiato.

Insomma, cosa poteva mai volere Jenny da lei, a un minuto dalla sua partenza?

«Scusami Ashley se ti disturbo proprio ora – cominciò a farfugliare, senza il coraggio di guardarla negli occhi – ma volevo solo dirti che, beh, secondo me siete due idioti!» urlò l'ultima frase con convinzione, tutta rossa in viso per l'ardore con cui aveva appena parlato.

Ashley sbarrò gli occhi, sia per le sue parole, che per il modo in cui le aveva pronunciate.

«Di che stai parlando?» le chiese accigliata e anche piuttosto infastidita da quella sua accusa, così, di punto in bianco e senza un'apparente motivazione.

Jenny sbuffò in modo forse un po' troppo eccessivo, la pazienza non era mai stata il suo punto forte, in particolar modo quando si trovava in situazioni che la facevano stare a disagio, ma aveva deciso coscientemente di fare quell'improvvisata e ormai ci era dentro.

Mandy le aveva riferito che Matt e Ashley avevano deciso di lasciarsi a causa della distanza. In un altro periodo avrebbe esultato a una notizia del genere e si sarebbe subito catapultata a cercare di sedurre Matt per consolarlo, ma le cose erano cambiate, adesso non le interessava rimanere intrappolata in un amore non corrisposto, né accontentarsi di una notte di sesso, adesso si stava prendendo cura di sé stessa e solo quello contava.

Non seppe dire bene perchè, ma in certo senso si sentì in dovere di fare qualcosa per quei due, per equilibrare il karma dopo tutto il male che aveva provocato loro.

Si tirò i capelli liscissimi e lucidi indietro, la sua folta chioma ondeggiò e si sistemò perfetta a metà della sua schiena.

«Ma di voi, di te e Matt, ecco di chi sto parlando, cos'è questa storia che vi state lasciando?» le domandò, sotto gli occhi sempre più attoniti di Ashley.

Jenny che si lamentava perchè Matt, che fino a poco tempo prima era l'oggetto dei suoi desideri, si stava separando da un'altra, era davvero bizzarro. Quella ragazza aveva subito un cambiamento davvero ammirabile e tuttavia non riuscì a capire dove volesse andare a parare.

«Sto tornando a casa mia e tra pochi giorni anche lui farà ritorno alla sua città, abbiamo solo scelto ciò che era più giusto, e poi tecnicamente non siamo mai stati insieme come una vera coppia» aggiunse, amaramente, abbassando lo sguardo.

La voce stridula di Jenny glielo fece rialzare di scatto.

«Ah, ma che stronzata! - esclamò in maniera colorita, com'era nel suo stile – sarebbe solo questo il problema? Ho rinunciato a Matt perchè ho capito tardi che non gli piacevo e tu che puoi averlo che fai? Te lo fai scappare così? Guarda che non ci sto!» sbottò al pari di una bambina capricciosa.

Ashley era indecisa se apprezzare quel suo interesse o cominciare a infastidirsi. Si stava già facendo tardi e non voleva più perdere tempo. Ogni minuto che rimaneva ancora lì le faceva sempre più male.

«Beh, la decisione l'abbiamo presa entrambi, non solo io e va bene così, è carino da parte tua preoccuparti, ma credimi, è tempo perso ormai, adesso ti saluto Jenny» le spiegò calma, voltandosi per ritornare vicino all'auto.

Jenny strinse i pugni e battè un piede a terra con stizza, mentre osservava Ashley di spalle.

«Ma lo capisci che lui ti ama, l'ha detto a me quella sera della festa! - le gridò dietro, facendola arrestare di botto – ti amava già allora, ero mezza nuda davanti a lui e non mi ha toccato con un dito perchè per lui esistevi solo tu, esisti solo tu!» disse tutto d'un fiato, ansimando sconvolta, perchè parlare di quella brutta serata le faceva rivivere un ricordo oscuro della sua vita.

Ashley spalancò gli occhi, rimanendo di spalle, un tremore la scosse al pensiero che Matt avesse detto davvero quelle parole a Jenny. In fondo che motivo aveva lei di mentire, di dover raccontare una balla che si ritorceva contro di lei e la umiliava.

A lei però non le aveva mai dette, forse non ne aveva avuto mai la forza perchè sapeva che l'epilogo non sarebbe cambiato, così come, in fondo, aveva fatto anche lei.

Esisteva solo lei per Matt, così aveva detto Jenny.

Si voltò a guardarla per rendersi conto se stesse dicendo una cavolata qualunque, ma i suoi occhi verdi la fissavano terribilmente seri e non parevano avere voglia di scherzare, chissà quanto le stava costando stare lì e rivelarle tutti quei particolari.

Fece di nuovo dei passi verso di lei e addolcì la sua espressione.

«Ti ringrazio davvero Jenny per quello che mi hai detto, ma in ogni caso ormai è andata così, le parole non cambieranno questo» le sorrise, poi la salutò, lasciandola immobile e sconcertata dietro il cancello e si incamminò verso suo padre.

«Non vi capisco, che stupidi!» la udì borbottare in lontananza, e non riuscì a darle tutti i torti.

 

Matt spense sulla sabbia un'altra sigaretta, l'ennesima.

Aveva ormai perso il conto di quante ne avesse fumate senza sosta da quando si era accampato lì in spiaggia, fin dal primo mattino.

Era troppo nervoso e si sentiva a pezzi, aveva un mal di testa allucinante e non aveva mangiato nulla, si portò le mani sulla fronte e si strinse i capelli, rimanendo fermo con i gomiti poggiati sulle ginocchia.

Aveva lasciato Ashley sola su quel letto dopo averci fatto l'amore per l'ultima volta, comportandosi come un perfetto pezzo di merda, solo perchè non aveva avuto il coraggio di guardarla mentre se ne andava via da quella casa, mentre lo abbandonava.

Odiava vedere le persone che lo abbandonavano, era qualcosa che l'aveva segnato fin da piccolo e di cui non riusciva a sbarazzarsi. Aveva preferito lasciarla così, in silenzio e risparmiarsi quelle sceneggiate patetiche, i baci, gli abbracci, le frasi di circostanza.

Le aveva dato un bacio leggero sulle labbra e poi era sparito, osservandola per l'ultima volta così bella mentre dormiva.

E l'immagine del suo viso, disteso e ignaro del suo abbandono lo stava tormentando da quando si era rifugiato lì, in spiaggia, da solo, non passava minuto che non la rivedesse e non si schifasse di sé stesso.

Un vigliacco fino in fondo, quello era stato e nient'altro.

Incapace di dirle che l'amava, incapace di fermarla, incapace di impedirle di andare via e di garantirle che in un modo o in un altro potevano stare insieme, che la voleva nella sua vita, che potevano essere una coppia, così come erano stati anche se non se l'erano mai detti.

Ma spesso certe cose bisognava avere le palle di dirle quando era il momento giusto, non bastava affidarsi ai gesti, sperare che l'altro capisse, certe cose andavano dette chiare e limpide e lui questo non l'aveva fatto, come un povero cretino.

Si meritava di soffrire così adesso, aveva lasciato andare la cosa più preziosa che avesse trovato e il peggio era che l'aveva fatto coscientemente e volontariamente e per quanto nobili fossero stati i suoi propositi, non darle distrazione, non intralciare il suo futuro, non sconvolgerle la quotidianità, non poteva evitare di sentirsi un vigliacco.

Guardò l'orario, erano già le 10 e a quest'ora Ashley doveva essere già in viaggio, era già lontana, non era più lì.

Non era più sua.

Quel pensiero lo sconvolse, si gettò indietro sdraiato sulla sabbia, incurante di sporcarsi o del sole che gli trafiggeva gli occhi e glieli faceva bruciare senza pietà.

Non era niente paragonato alle fitte che sentiva nel petto.

Qualche chiamata senza risposta di sua madre lampeggiava sul display del suo cellulare, ma non aveva voglia di richiamare, non voleva sentire, né parlare con nessuno.

Solo il mare aveva scelto come compagno discreto della sua disperazione, quell'enorme distesa azzurra che tante volte, fin da quando era bambino, era stato testimone delle sue tristezze e delusioni, che sapeva ascoltare e calmare col suono dolce delle onde, col suo inarrestabile andirivieni sulla sabbia.

Era lì che andava quando stava male, quando qualcosa lo assillava o semplicemente quando si sentiva giù e non lo aveva mai deluso.

Non era solo acqua, riusciva a infondere pace e tranquillità nel più tempestoso degli animi e lui lo sapeva bene, ci era cresciuto col mare, ci aveva trascorso l'infanzia e l'adolescenza e ne aveva sofferto quando aveva dovuto lasciarlo per trasferirsi da suo padre.

Era una sensazione che non tutti potevano cogliere, un legame speciale che si instaurava probabilmente solo con chi era nato e vissuto in un posto di mare e nelle cui vene scorreva sangue e acqua salata.

E lui era uno di quelli, eppure in quel momento neppure il mare riusciva a tirarlo sù di morale, poteva solo alleviare il suo dolore ma non cancellarlo.

Qualche ora dopo decise di rientrare, era ora di pranzo e Ashley doveva già essere quasi a casa sua, se non già arrivata.

Aprì la porta con un nodo alla gola perchè sapeva che al di là non ci avrebbe trovato lei, seduta sul divano, o chiusa a studiare come faceva sempre, beccandosi le sue prese in giro. Non avrebbe potuto abbracciarla e baciarla e stare ore e ore a a parlare in terrazzo come loro abitudine, seduti per terra senza bisogno della comodità, accontentandosi di qualche doloretto il giorno dopo piuttosto che rinunciare a stare insieme.

La casa era vuota come immaginava, sua madre era a lavoro e anche Gregory doveva andarci direttamente dopo aver accompagnato Ashley a casa, probabilmente era ancora in viaggio visto che c'erano più di due ore di strada.

Sul tavolo della cucina trovò un biglietto e riconobbe la scrittura di sua madre prima ancora di leggere il messaggio e capire che fosse opera sua.

Gli chiedeva di informarla quando fosse tornato e gli faceva sapere che c'era qualcosa di pronto in frigo e che doveva mangiarlo.

Matt fece come scritto, prese una porzione irrisoria di cibo e la ingurgitò di fretta, senza assaporarla, solo per evitare di svenire per la debolezza.

Quel silenzio surreale lo assordava, cominciò a non sopportarlo così salì in camera, ma per raggiungerla dovette passare dinanzi alla porta di quella di Ashley.

Era chiusa, allungò una mano per afferrare la maniglia e aprirla, ma non appena sentì il freddo del metallo sul suo palmo si bloccò.

Non era pronto per vedere quella stanza vuota e priva degli oggetti e della presenza di Ashley, spoglia e fredda. Ci aveva passato troppi momenti lì dentro in sua compagnia e non ce la faceva, non avrebbe sopportato quell'ulteriore botta.

Velocemente passò oltre e si allontanò da quella porta, per poi entrare nella sua camera e spalancare le imposte ancora chiuse che la rendevano buia e deprimente.

Armeggiò con i suoi vestiti gettati disordinatamente sulla sedia e ne ripiegò qualcuno, poi si sedette sul letto e fece per spostare il basso, quando la sua attenzione fu catturata da qualcosa tra le corde, un foglietto di carta.

Non l'aveva messo lui, ma allora chi era stato?

Un pensiero gli balenò in testa, con la mano tremante lo prese e vide che era piegato in due.

Deglutì nervosamente e lo aprì con cautela, come se avesse paura di sgualcirlo.

Le poche parole che vi lesse gli si conficcarono dentro istantaneamente.

«Perdonami per aver avuto paura di osare» c'era scritto, con inchiostro blu, nessuna firma ma sarebbe stata superflua, era ovvio fosse stata Ashley, la scrittura era la sua, era incerta e irregolare, come se avesse avuto fretta o difficoltà nello scriverla.

Se la immaginò lì dentro, intenta a lasciargli quell'ultima scusa per qualcosa di cui non aveva nessun motivo per farlo.

Non era colpa sua, sarebbe dovuto essere lui a fermarla, a decidere di tentare, di rischiare, ma aveva preferito seguire la ragione piuttosto che il cuore, come era sempre stato abituato a fare.

Sferrò un pugno al muro, pieno di rabbia e frustrazione, rischiando di rompersi qualche osso, e col respiro affannato.

Poi richiuse con delicatezza il foglio e si gettò sul letto senza più forze, a fissare il soffitto apatico, con la mano che stringeva quel piccolo pezzo di carta poggiata sul petto, proprio sopra al suo cuore martoriato, per sentirla ancora un po' vicina a lui, in qualche modo.

 

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Capitolo 34
*** Capitolo 34 ***


 

Capitolo 34

 

Tyler sbuffò deluso e sferrò con stizza un calcio a un sasso che intralciava il suo cammino, mentre allontanava il cellulare dall'orecchio e con lui l'insistente suono degli squilli, ai quali non era seguita la voce che sperava.

Sophia, al suo fianco, osservò imperterrita quel sassolino innocente rotolare verso il bordo del marciapiede e poi si voltò impercettibilmente, per lanciare un'occhiata furtiva all'amico ed evitare che lui se ne accorgesse.

Le bastò un attimo per capire che, in ogni caso, anche se in quel momento gli avesse sventolato una mano davanti alla faccia, Tyler non ci avrebbe minimamente fatto caso.

Camminava con la testa china sul suo telefono, talmente assorto da sembrare immerso in un'altra dimensione, le sue sopracciglia erano contratte e gli conferivano un'aria fin troppo seria e drammatica, eccessiva per la situazione, e le labbra, serrate, si erano assottigliate in un'espressione tesa.

Con un rapido gesto delle dita, mise fine a quella chiamata infruttuosa, il nome di Ashley scomparve in fretta dal display e solo allora si rassegnò a mettere via il cellulare e infilarlo in tasca. Sophia sapeva che non ci sarebbe rimasto dentro troppo a lungo, comunque, di sicuro nel giro di dieci minuti o giù di lì, l'avrebbe di nuovo tirato fuori per riprovare.

Con lui, quando si trattava di Ashley, la parola rassegnazione non esisteva e purtroppo non solo per una banale telefonata.

«Non capisco, è la terza volta che chiamo ma non risponde! – esordì finalmente, ristabilendo un contatto col mondo intorno a lui – è strano!» aggiunse, scompigliandosi i capelli castani con una mano e mantenendo uno sguardo piuttosto pensieroso ma che almeno adesso degnava di attenzione la strada che stava percorrendo.

Sophia non si scompose di una virgola, al contrario continuò il suo incedere aggraziato.

«Non dovresti perdere così tanto tempo al cellulare quando cammini, ne va della tua incolumità, ho letto delle statistiche interessanti sull'aumento del numero degli incidenti a causa dell'utilizzo eccessivo dei telefoni per strada.» si limitò a informarlo, glissando abilmente l'argomento principale della precedente affermazione di Tyler.

«Solo tu puoi leggere delle idiozie simili! – le ribattè infastidito, piantandole addosso i suoi occhi accigliati e anche piuttosto offesi, visto che l'amica continuava a ignorare la sua preoccupazione – e poi vedo benissimo dove vado, stai tranquilla!»

«Buon per te, allora!» cinguettò Sophia con voce allegra e sorridendo luminosa, senza degnarlo di uno sguardo.

Tyler cominciava a essere stufo del suo atteggiamento troppo spensierato e apparentemente disinteressato alla faccenda, la osservò proseguire la sua andatura perfetta, col quel cipiglio sicuro, la testa alta e il profilo altezzoso su cui spiccava il suo nasino alla francese, sul quale poggiavano degli occhiali definiti dallo stesso Tyler 'ridicolmente grandi', ma che lei si ostinava a non voler cambiare perchè, diceva, le davano quel tocco da intellettuale. I suoi capelli ondulati e lunghi, che il sole aveva illuminato di riflessi castano-dorato, molleggiavano morbidamente a ogni passo che faceva, senza spettinarsi e persino le pieghe del suo vestito volteggiavano con garbo, conferendo alla sua figura una certa leggiadria.

L'appellativo di 'miss perfezione', che gli amici le avevano affibbiato affettuosamente, le calzava davvero a pennello.

Teneva stretti sotto braccio dei libri universitari troppo grandi per entrare nella sua borsetta a tracolla e il ragazzo si chiese perchè diamine si accontentasse di portarli così scomodamente invece di munirsi di una borsa più capiente ma meno alla moda.

Forse era lui che non ne capiva nulla o forse era troppo abituato a usare come metro di paragone Ashley, che com'era noto a chi la conosceva bene, non badava a quei dettagli o alle ultime tendenze modaiole. E lui la amava anche per quello, perchè non le piaceva apparire o stare al centro dell'attenzione e non si vergognava della sua semplicità, che al contrario la rendeva ancora più affascinante e irresistibile.

Il pensiero che a breve l'avrebbe rivista lo riempiva di gioia ed euforia, ma anche di una tremenda ansia.

Aveva deciso di rivelarle i suoi sentimenti, ci aveva riflettuto a lungo ed era arrivato alla conclusione che non era più possibile rimandare, non ce la faceva a rimanere suo amico, a passare ore ed ore al suo fianco, ascoltando la sua risata cristallina, respirando il suo profumo e osservando le linee delicate del suo viso, col ricordo dei vecchi tempi che lo tormentava e la voglia di abbracciarla e baciarla che non riusciva più a reprimere.

Le avrebbe aperto il suo cuore per la seconda volta anche a costo di perderla e quel momento stava arrivando.

La sua mente era così annebbiata da quelle preoccupazioni che non si rendeva conto di risultare esagerato agli occhi degli altri, Sophia compresa.

«Sembra quasi che non ti importi che Ashley stia tornando!» sbottò dopo un po', incapace di contenersi.

Sophia rallentò per un attimo il passo a quell'affermazione e si voltò a guardarlo, la sua espressione si indurì.

Conosceva Ashley da una vita, da prima di lui, e di certo non poteva incassare un colpo così senza reagire, perchè anche se la loro amicizia poteva risultare fredda all'apparenza, in realtà nascondeva un equilibrio perfetto e una comprensione tra le due ragazze così profonda da non avere bisogno di manifestazioni esagerate di affetto o di intromissioni indiscrete nella vita l'una dell'altra.

A loro spesso bastava anche solo un silenzio per capirsi o un semplice scambio di sguardi.

«Ma che cavolo dici? Ovvio che mi interessa, solo che non credo che stressarla con un sacco di telefonate proprio nel momento in cui sarà occupata a prepararsi, a fare gli ultimi saluti e a non dimenticare nulla, sia una mossa molto intelligente! Magari avrà il cellulare sepolto in fondo a chissà quale borsa e nemmeno lo sente! Secondo me dovremmo aspettare almeno domani prima di farci sentire, oggi arriverà stanca, avrà da disfare le valigie e risistemare le sue cose e suppongo vorrà stare un po' con la sua famiglia, visto che è più di un mese che manca, non credi?» gli domandò, sperando di infondere almeno un grammo di sale in zucca a quel testone di Tyler, troppo preso dai suoi sentimenti per ragionare con lucidità.

«Beh, io vorrei comunque sentirla solo un attimo, per sapere a che punto è, niente di più» si ostinò l'amico, lo vide infilare la mano in tasca per afferrare ancora una volta il cellulare, come previsto, ma stavolta non riuscì più a rimanere indifferente al suo comportamento testardo e impaziente.

«Senti Tyler, tu sei ancora innamorato di Ashley, non è così?»

Sophia si bloccò dopo aver pronunciato quelle parole, Tyler compì qualche passo in avanti, superandola ma, non appena realizzò appieno il significato di ciò che aveva appena udito, anche le sue gambe si arrestarono.

Si voltò verso la riccia, i suoi occhi nocciola lo fissavano seri da dietro quelle lenti enormi e sembravano far risuonare quella domanda quasi come un'accusa nei suoi confronti.

Non rispose, ma si fece scuro in viso, colpito nel profondo in un segreto che, ingenuamente, aveva creduto non potesse trapelare all'esterno.

Si chiese se anche Ashley si fosse accorta di ciò che provava di nuovo per lei, o per meglio dire, di ciò che non aveva mai smesso di provare, per quanto ci avesse tentato con tutto sé stesso in quegli anni, e se si limitasse a fare l'amica gentile perchè non ricambiava o per non ferirlo con una delusione netta.

No, lui non voleva la sua compassione o la sua semplice amicizia e stavolta non sarebbe tornato indietro nei suoi passi.

O avrebbe ottenuto il suo amore, o l'avrebbe persa anche come amica.

Non c'erano altre alternative fattibili.

«Devo parlarle» rispose deciso, senza affermare o negare la domanda di Sophia, ma suggerendo così quale fosse la verità in modo indiretto.

Sophia rabbrividì, non aveva mai visto Tyler così determinato ed ebbe la triste consapevolezza che il loro trio non sarebbe sopravvissuto più di una settimana al massimo.

Una folata di vento improvviso le scombinò dei riccioli e le fece entrare della polvere negli occhi, costringendola a chiuderli per il bruciore.

Quando li riaprì Tyler aveva già ripreso a camminare e Sophia dovette fare qualche saltello veloce per raggiungerlo ed affiancarlo.

Si strinse i libri al petto, aveva perduto la sua aria spavalda e sicura, lo sguardo era basso e cupo e l' andatura si era fatta trascinata e pesante e anche Tyler si accorse di quell'improvviso cambiamento in lei.

Poteva immaginare cosa le stesse frullando in testa, la realtà era dura da accettare anche per lui.

Nessuno dei due aprì più bocca durante quell'ultima parte di tragitto.

«Sono arrivata alla fermata, ci sentiamo allora» lo informò Sophia qualche decina di metri più avanti, fermandosi sotto una tettoia, in attesa dell'autobus che l'avrebbe portata all'università, dove doveva parlare con un professore.

Un po' fu sollevata di essere arrivata a destinazione, era calato un gelo imbarazzante dopo quella breve discussione e non era riuscita più a recuperare il suo buonumore né a spiccicare parola con Tyler, facendo finta di niente.

L'amico annuì, poi sollevò un braccio per salutarla e Sophia rispose con un lieve cenno della mano.

Lo guardò allontanarsi e proseguire lungo il viale finchè si confuse con le altre persone e non riuscì più a distinguerlo. Da dietro la visione della sua schiena robusta e ampia, tipica di chi era avvezzo ad allenare il fisico come lui, non riuscì comunque ad annullare in Sophia l'impressione di fragilità e vulnerabilità che sembrava emanare la sua figura.

Sospirò e prese posto su una panchina, in attesa, con i libri poggiati sulle ginocchia, concentrata sulla copertina rossa del suo manuale di letteratura, ma con i pensieri già proiettati oltre, molto oltre.

 

La vibrazione del cellulare, proveniente dall'interno della borsa, solleticò il palmo della mano di Ashley, appoggiato mollemente su di essa.

La ragazza si riscosse dal torpore in cui era piombata nell'auto che la stava conducendo a casa, staccò la fronte dal finestrino giusto quanto le bastò per aprire la zip, frugare due secondi fra le poche cose presenti e stringere il telefono.

Lesse il nome di Tyler e ripetè gli stessi gesti effettuati per le sue precedenti chiamate ovvero ignorarlo e gettare il cellulare di nuovo in fondo alla borsa per poi richiuderla.

Non aveva la forza di sentire nessuno in quel momento, in particolar modo lui.

Scivolò qualche centimetro più giù sul sedile, inclinandosi leggermente di lato per appoggiare la guancia al finestrino e osservare con sguardo totalmente assente il panorama esterno, che scorreva come una saetta.

Non faceva altro da quando si era messa in viaggio con suo padre, circa un'ora prima e niente faceva intendere che avesse voglia di cambiare passatempo.

Il vento che filtrava e rumoreggiava dal vetro, abbassato di qualche centimetro, le scompigliava violentemente qualche ciuffo di capelli, spargendoglielo in viso, ma lei non si prendeva nemmeno la briga di spostarseli, completamente annullata da quello stato di catalessi.

Stava lì a fissare ipnotizzata la linea bianca dell'autostrada che scorreva sotto le ruote veloci dell' auto, che metro dopo metro la stavano allontanando sempre di più dal ragazzo che amava, inesorabili e senza pietà.

Il paesaggio cominciava a mutare intorno a lei e sempre più prendeva le sembianze di quello tipico delle sue zone. Il mare era ormai un dolce ricordo, l'avevano lasciato indietro già da una mezz'ora piena e la lacrima che Ashley si era asciugata quando non l'aveva scorto più era stata di sicuro dovuta a qualche moscerino trasportato dal vento, non di certo alla sua stupida tristezza.

Il cielo sopra di lei era terso e di un azzurro abbagliante che le ricordava in maniera insopportabile quello degli occhi di Matt.

'Perchè dovevano essere proprio di quel colore?' si chiese, quando realizzò che adesso, anche un gesto rilassante e bello come contemplare un meraviglioso cielo sereno, le avrebbe riaperto una ferita troppo dolorosa. Si domandò per chissà quanto tempo non avrebbe più potuto sollevare lo sguardo per fissarlo senza che quell'azzurro sconfinato glielo facesse ritornare in mente più vivido che mai.

In molti l'avrebbero di certo presa per pazza, ma si augurò ardentemente che quell'autunno avrebbe portato tante giornate grigie e nuvolose, così da farla soffrire un po' di meno.

Al posto di guida Gregory distoglieva spesso per una frazione di secondo lo sguardo dalla strada per controllare l'atteggiamento della figlia, senza purtroppo scorgere mai dei segnali di ripresa.

Tra di loro era calato un silenzio surreale e lui non aveva avuto la forza di spezzarlo perchè qualsiasi argomento le sembrava fuori luogo e inadatto paragonato allo stato d'animo grigio di Ashley e si sentì impotente e inadeguato a gestire quella situazione così delicata.

Il suo viso era teso e le dita delle mani contratte attorno alla plastica del volante, quasi volessero stritolarlo.

«Manca poco più di un'ora all'arrivo – disse d'un tratto in un goffo tentativo di strapparla all'isolamento nel quale si era chiusa – hai avvertito tua madre che stai per arrivare?» le chiese, con non poco imbarazzo nella voce.

Ashley non aprì bocca, si limitò a emettere un mugolio di assenso e a fare oscillare lievemente il viso per annuire. Aveva mandato un messaggio a sua madre poco prima, incapace persino di parlarle per telefono.

Si odiò per come si stava comportando, stava tornando da lei e dalle sue sorelle che non vedeva da più di un mese, sarebbe dovuta essere felice, le immaginava in quel momento tutte riunite ed euforiche ad aspettarla, sua madre magari le aveva preparato un pranzo coi fiocchi per farla sentire di nuovo a casa, Phoebe l'avrebbe stritolata con uno dei suoi soliti abbracci troppo espansivi per i suoi gusti e le avrebbe urlato nell'orecchio, facendola diventare sorda per qualche minuto, July avrebbe cominciato a parlare senza sosta per raccontarle tutto ciò che aveva combinato e chiederle della vacanza. Poteva già immaginarsi l'atmosfera gioiosa che l'aspettava e lei ci stava andando incontro con una faccia degna al massimo di un funerale.

Non poteva essere così egoista e abbandonarsi alla sua tristezza, sarebbe stato più opportuno fingere e nascondere la vera sé stessa, come era sempre stata abituata a fare in passato ma le riusciva così difficile da quando Matt aveva abbattuto tutte le sue difese e i suoi muri, da quando le aveva fatto scoprire quanto era inutile farlo e quanto invece era liberatorio esprimere ciò che si provava, anche se faceva male.

Gregory parve leggerle nel pensiero «Tua madre sarà dispiaciuta di vederti con quel visino triste» disse, accennando una risata per sdrammatizzare.

«Lo so» mormorò Ashley, senza distogliere lo sguardo dal panorama fuori dal finestrino e rimanendo rannicchiata di fianco, con le braccia incrociate sulla borsa che teneva stretta sul grembo. «Pensi davvero a... a lui?» domandò timidamente Gregory, balbettando e non avendo il coraggio di pronunciare quel nome perchè non era abituato e un po' si rifiutava di associarlo alla vita sentimentale di sua figlia, nella sua testa era ancora fortemente convinto che l'avesse sedotta e abbandonata e per quanto mettesse le migliori intenzioni nel provare a credere alle parole di Monica, che invece difendevano a spada tratta il figlio, gli ultimi comportamenti del ragazzo gli suggerivano il contrario.

Ashley, comunque, non rispose né produsse alcun movimento.

«É solo un ragazzo – provò a sminuire la cosa suo padre – fuori è pieno di ragazzi e tu sei così speciale che scommetto non farai fatica a trovare qualcun altro che ti faccia battere il cuore».

Gregory parlava in buona fede, lo faceva solo per consolarla, per cercare di alleviare il suo dolore, da padre non poteva certo dirle di consumarsi di pianto o di tormentarsi nel ricordo di lui, sarebbe stato innaturale ed Ashley aveva capito le sue intenzioni, tuttavia quelle parole sortirono l'effetto contrario in lei.

Trovare qualcun altro. Qualcun altro.

Non c'era nessun 'altro' possibile nel suo cuore, nessuna alternativa a cui avrebbe voluto pensare, semplicemente non voleva e non poteva farlo e non le importava nulla di stare da schifo come in quel momento ma questo non poteva dirglielo o l'avrebbe fatto preoccupare e stare in pensiero a causa sua.

Con uno sforzo sovrumano piegò le labbra verso l'alto per accennare un sorriso, poi si voltò verso suo padre. Lo vide agitato e nervoso e si convinse che doveva farlo per lui.

«Certo papà, stai tranquillo – disse con un soffio di voce – solo non prendertela con lui, non ha colpe» si premurò di specificare, aveva intuito dal tono del padre e dai suoi atteggiamenti che avesse cambiato opinione su Matt e lo credesse unico responsabile della sua sofferenza, ma di certo non era così e Ashley lo sapeva bene e non voleva che a farne le spese dovesse essere lui, per niente al mondo.

Gregory spalancò gli occhi meravigliato e si sentì come smascherato perchè non si aspettava che sua figlia potesse leggere così chiaramente i suoi pensieri, le sembrò così matura e adulta forse per la prima volta. Ritornò serio e annuì debolmente.

Sinceramente non sapeva se avrebbe potuto mantenere quella promessa.

 

«Allora, quando arriva Ashley?» chiese per la milionesima volta July, facendo capolino in cucina.

Phoebe emise un verso di fastidio e lanciò un'occhiata minatoria alla sorella minore che non lasciava presagire nulla di buono.

«Non ti sopporto più July, sono tre ore che continui a fare la stessa domanda, guarda che Ashley non usa il teletrasporto, dalle il tempo del viaggio, e che cavolo!» esclamò stremata Phoebe, mentre aiutava sua madre a pelare delle patate in cucina.

July fece una linguaccia alla sorella, poi con una faccia delusa e mezza imbronciata scivolò verso il tavolo e si accomodò su una sedia, incrociando le braccia e poggiandoci sopra la testa.

«É che non vedo l'ora che torni, chissà quante cosa avrà da raccontare e poi devo spiegarle tutti i preparativi per il mio compleanno fra dieci giorni e non sto più nella pelle!» si lamentò la ragazzina,se con Phoebe aveva un rapporto abbastanza movimentato e le due spesso non facevano altro che stuzzicarsi a vicenda, Ashley era per lei la sorella comprensiva, quella che la difendeva e che la ascoltava, un po' il suo rifugio e le era davvero mancata la sua presenza durante quel periodo. Nancy le si avvicinò e le fece una carezza sui capelli castani.

«Anche noi la aspettiamo con ansia tesoro, abbi pazienza, ormai sarà quasi arrivata, è questione di qualche minuto, ne sono sicura!» le sorrise, rassicurandola. Riusciva a nasconderlo perfettamente, ma anche lei era preda di una certa ansia, Ashley non la convinceva al telefono, le sembrava spenta e apatica e non capiva perchè. Aveva giurato di averla sentita entusiasta e felice le prime settimane di permanenza e non poteva di certo dimenticare quel 'mi manchi anche tu' che le aveva regalato qualche tempo prima. Aveva paura che sua figlia non fosse più contenta di tornare, che forse si fosse trovata così bene da suo padre e con la sua nuova compagna, un tipo di classe e raffinata da come le era stato raccontato e più nelle corde di Ashley, da non essere contenta di riabbracciarla e quel pensiero la terrorizzava.

«Mamma, tu sei sempre troppo accondiscendente con quella marmocchietta!» borbottò Phoebe, impegnata a controllare di non avere rovinato nessuna delle sue unghie perfette in mezzo a una montagna di bucce.

«Guarda che sto per compiere dodici anni, hai capito?» ribattè offesa July, per la quale quel traguardo pareva davvero significare molto.

Phoebe non ebbe nemmeno il tempo di controbattere che un rumore di auto che si fermava lì vicino attirò l'attenzione delle tre. July si catapultò giù dalla sedia, mentre Phoebe gettava sul tavolo il grembiule da cucina e la seguiva a ruota, le due si accalcarono alla finestra per sbirciare all'esterno e finalmente si resero conto di non essersi sbagliate, fuori c'era la macchina del padre di Ashley, era arrivata.

«Mamma, mamma, c'è Ashley!» urlò July, per poi precipitarsi alla porta e socchiuderla, in attesa che sua madre andasse ad accogliere la sorella.

Nancy raggiunse le figlie, poi si affacciò fuori e vide il suo ex uscire dall'auto e dirigersi nel retro per aprire il portabagagli ed estrarre la valigia di Ashley.

E poi vide anche lei, da lontano riconobbe i suoi capelli rossi, forse un po' più lunghi di quando era partita ma non riuscì a vederla bene in viso.

Uscì e andò incontro ai due e fu a quel punto che Ashley sollevò lo sguardo e incontrò quello della madre.

Il suo cuore sussultò, rivedere il suo viso dopo tutti quegli eventi per un attimo fu un'oasi di pace in mezzo a quella desolazione. I suoi occhi dolcissimi la fissavano emozionati e le sue labbra formavano un meraviglioso sorriso.

Ashley non potè più frenare la sua parte emotiva, che mai come allora era venuta fuori e che non pensava di poter possedere. Abbandonò sul marciapiede il suo borsone e trattenendo le lacrime si fiondò verso la madre, che l'accolse a braccia aperte e la strinse al petto.

Quante volte aveva dato per scontati quegli abbracci, li aveva accettati con freddezza, come un rituale inutile e invece adesso furono come linfa vitale per la sua anima.

«Mamma – sussurrò mentre ancora si beava di quel suo dolce profumo familiare – mi sei mancata» disse senza pensarci due volte.

Nancy non controllò una lacrima che sfuggì e venne assorbita dalla maglietta di Ashley, che ancora nascondeva la testa sulla su spalla.

Ashley non era scontenta di vederla, anzi al contrario era stata più espansiva che mai, anche più di quanto potesse mai aspettarsi.

«Amore mio, bentornata» le disse, cercando di occultare i suoi occhi lucidi.

La sua preoccupazione però non svanì quando, dopo aver sciolto l'abbraccio, sollevò il mento della figlia per guardarla bene in viso dopo tutto quel tempo e ciò che vide non le piacque affatto.

Provò subito una morsa al cuore, Ashley era pallida, sembrava dimagrita e aveva due profonde occhiaie come se non riposasse da giorni, anche il suo corpo sembrava più esile e i suoi grandi occhi castano chiaro sembravano tristi e smarriti, senza luce.

Che diavolo era successo a sua figlia?

«Ehi, ma stai mangiando Ashhley? - le chiese preoccupata, facendo scorrere i suoi occhi attenti su tutta la sua figura per cercare di capire cosa ci fosse che non andava – ti senti male, per caso?»

Ashley scosse la testa «Sono solo un po' stanca, tutto qua» la tranquillizzò.

Nancy rimase immobile con un'espressione di angoscia in viso che non se ne andò nemmeno dopo quella sua rassicurazione, poi i suoi occhi si spostarono oltre le spalle della ragazza e intravidero arrivare Gregory con il bagaglio.

«Beh, tu vai a salutare le tue sorelle, non sai quanto sono eccitate di rivederti, qua ci penso io, sù» la convinse, dandole un buffetto sulla guancia, Ashley fece un cenno affermativo col capo, diede un ultimo abbraccio al padre e poi sparì dietro Nancy.

«Buongiorno» salutò Gregory, cordialmente, mentre si abbassava sulle ginocchia per sistemare la valigia ai suoi piedi senza farla ribaltare per il peso delle cose al suo interno.

Non si aspettava di certo un abbraccio o un gesto di affetto, fuori luogo ormai tra i due, ma nemmeno di essere afferrato per il colletto dalle mani della ex moglie con così tanta irruenza da fargli quasi perdere l'equilibrio. Adesso era veramente curioso di sapere il motivo di quella sua aggressione.

«Si può sapere cose succede a mia figlia? - ringhiò, cercando comunque di non alzare troppo il tono della voce per evitare di farsi sentire dalle ragazze – ha qualcosa che non va? Sta male? Ma l'hai vista com'è ridotta, non te l'ho consegnata in queste condizioni!» continuò, non era mai stata il tipo da lanciare accuse o da rivolgersi in modi poco gentili al suo ex, con il quale aveva sempre mantenuto degli ottimi rapporti, ma il viso sconvolto di Ashley le aveva fatto perdere la testa, non si ricordava di averla mai vista ridotta in uno stato così pietoso e si rifiutava di credere che lui non si fosse accorto di nulla.

Gregory sospirò, poi con calma prese la mano di Nancy e la scostò delicatamente dalla sua camicia, si sistemò gli occhiali sul naso, fatti traballare dalla presa energica della donna e fissò i suoi occhi scuri e rabbiosi.

«Nancy, calmati, Ashley fisicamente non ha nulla, è sana, se è di questo che ti preoccupi» la informò serio, aggiustandosi il colletto malandato.

Gli occhi di Nancy si assottigliarono di più, di certo non si accontentava di una simile scialba spiegazione.

«Quindi tu vuoi dirmi che la vedi in forma, che non ti sembra strana? Ma come puoi dirmi che sta bene?» prese a tempestarlo di domande.

«Ascolta, ciò che ha Ashley non è un problema fisico, ma non posso essere io a dirtelo, deve essere lei a decidere se farlo, spero che tu mi capisca. Non preoccuparti, sono cose che capitano a quell'età» le spiegò, continuando con quel tono pacato e serafico.

Nancy aggrottò le sopracciglia, senza comprendere appieno, ma si fidò del suo ex, sapeva quanto fosse legato ad Ashley e che sarebbe stato il primo ad allarmarsi se avesse avuto qualcosa di grave. Il suo atteggiamento controllato, che all'inizio le aveva dato i nervi, dopo la aiutò a calmarsi.

Ashley aveva qualcosa che non andava ma evidentemente lui non voleva tradire la figlia confessando qualcosa che le apparteneva nel profondo.

«Scusami, ma mi ero preoccupata, non la vedo da tanto e mi manca» ammise, mortificata per quel suo gesto impulsivo e affrettato.

«Va tutto bene, ti capisco. Stalle vicina, allora, è ora che io vada, sono già in ritardo» disse Gregory, poi le diede un abbracciò.

«Certo, lo farò, grazie di averla riportata» lo tranquillizzò lei, prima di salutarlo con la mano e guardarlo rientrare in auto.

In casa Ashley era stata letteralmente travolta dalle sorelle, che le si erano lanciate addosso, sommergendola e stritolandola con baci e abbracci. Nonostante stesse a pezzi, non potè fare a meno di sorridere spontaneamente alla loro affettuosa impetuosità, mentre le sue orecchie venivano invase da migliaia di informazioni tutte in una volta.

Phoebe cominciò a raccontare della sua casa e del trasloco, July del suo compleanno e di tutte le gite che aveva fatto quell'estate, ben presto la sua testa, già abbastanza provata da quei giorni, cominciò a entrare in confusione a girarle sempre più.

Si sedette sul divano, con gli occhi che vagavano da una sorella all'altra, sentendo una sorta di mal di mare farsi strada in lei.

«Ashley ma che hai? Tutto bene?» le chiese finalmente Phoebe, che adesso che che quel fiume di euforia era fluito stava cominciando a notare qualcosa di strano nella sorella.

Le carezzò una guancia e poi scrutò bene il suo viso, quasi inespressivo, spento. La sua espressione si contrasse, ora che la osservava bene non le sembrava neanche lei quella ragazza che si trovava di fronte. D'istinto le portò una mano sulla fronte per controllare che non scottasse, si avvicinò così tanto che i suoi occhi azzurri, troppo vicini e troppo simili a quelli di Matt, le provocarono un tonfo al cuore. Rapidamente portò via la mano di Phoebe dalla sua fronte e si allontanò d'istinto da lei, alzandosi come una molla.

«Sto bene, tranquilla» disse, ma Phoebe non riuscì a crederle.

«Però non hai una bella cera sorellina, dovresti mangiare un po', per fortuna ci ha pensato la mamma» la informò July sorridendo. Ashley ricambiò quel sorriso debolmente, poi osservò sua madre rientrare e parve scorgere in lei un'aria diversa rispetto a prima, le sembrò preoccupata e si chiese se suo padre non le avesse rivelato qualcosa.

Sperò vivamente di no, non era pronta per parlare di lui, non ancora.

«Ehi ragazze, lasciate stare Ashley, è stanca per il viaggio, fatela respirare ok?» venne in suo soccorso, riprendendo le figlie, mentre si dirigeva in cucina ad apparecchiare la tavola per il pranzo.

July, troppo piccola per sospettare qualcosa, trotterellò in cucina con sua madre, continuando a vociare animatamente, mentre Phoebe rimase ferma a osservare sua sorella con apprensione. Era assente, fisicamente si trovava in quella stanza, con loro, ma con la mente, col pensiero, sembrava lontana miglia, persa in chissà quale angoscia.

Conosceva troppo bene Ashley per non accorgersi che qualcosa in lei fosse sbagliato e fu sicura che anche sua madre l'avesse fatto, ma che stesse fingendo indifferenza per non pressare la figlia e farla sentire sotto scacco, cosa che lei odiava e che sapeva l'avrebbe fatta chiudere a riccio.

A tavola Ashley conversò come niente fosse, raccontò qualche episodio successo al mare, provò a essere simpatica, a sorridere e a dimostrarsi interessata alle cose attorno a lei.

Era a casa sua, circondata dalle persone che più le volevano bene al mondo, eppure si sentiva staccata dal contesto, come se non vi appartenesse. Una parte consistente di lei, il suo cuore, era rimasto insieme a quel ragazzo e non poteva farci niente, finse finchè potè, ma lentamente gli occhi le si annebbiarono e l'appetito si spense sempre più mentre le veniva quasi da vomitare, costringendola a interrompere di pranzare.

Il rumore delle sue posate, che violentemente impattarono contro il piatto di ceramica, rimbombò più del dovuto in quella stanza, costringendo tutti al silenzio.

«Mamma, io ho finito, era tutto buonissimo non mi va più» affermò a testa bassa, pulendosi le labbra con un tovagliolo e poggiando le mani sulle sue gambe.

Gli occhi di Phoebe e di Nancy si incrociarono per un nanosecondo con complicità.

«Ma ne hai preso pochissimo, come fai a non avere fame a quest'ora?» domandò ingenuamente July, per lei sua sorella era strana ma non poteva certo capire il reale peso di quella situazione.

«Sono solo stanca, ecco tutto. Stamattina mi sono alzata presto e poi c'è stato il viaggio in macchina, mi sento solo scombussolata e ho un po' di nausea. Ho bisogno di farmi una bella dormita e sarà tutto passato vedrete!» si rivolse alle tre, che la fissavano poco convinte.

«Allora vai in camera, tesoro, è un po' cambiata sai, Phoebe sta cominciando a portar via le sue cose, ma il tuo letto è sistemato come si deve e puoi usarlo.

«Grazie» mormorò Ashley, poi spostò la sedia, e si alzò, scomparendo su per le scale.

Phoebe guardò sua madre perplessa e vide che anche lei aveva un'espressione turbata, avrebbe voluto chiederle cosa fosse successo ad Ashley, ma non voleva farlo davanti a July. Temeva che la ragazzina avrebbe potuto riferire qualcosa senza riflettere e loro volevano evitarlo.

Nancy ricambiò l'occhiata di Phoebe e le fece un impercettibile cenno di assenso, poi riprese a mangiare e a conversare tranquillamente, fingendo che fosse tutto a posto.

 

Ashley fece ingresso in camera sua e provò una strana sensazione al petto.

Tutto era cambiato, la stanza appariva più vuota e spoglia e la maggior parte delle cose di Phoebe non c'erano più o giacevano dentro degli anonimi scatoli beige di cartone sul pavimento.

Quasi non la riconobbe e il suo stato emotivo già abbastanza provato, vacillò ulteriormente.

Un bisogno di piangere premeva ma lei si ostinò a ignorarlo.

Si buttò di peso sul suo letto, la diversa consistenza del materasso e del cuscino le dava la consapevolezza di non essere più a casa di suo padre, di non essere più con lui.

La stanchezza ebbe comunque il sopravvento e Ashley cadde in un sonno profondo per alcune ore.

Il suono del suo telefono la risvegliò di soprassalto, Ashley ancora mezza stordita lo afferrò, decisa a ignorare la chiamata, immaginando dovesse essere per l'ennesima volta Tyler, ma il nome che lesse le fece perdere più di un battito.

'Non può essere' si ripetè, mentre le mani cominciarono a tremarle e il cuore le saltò in gola, impedendole di respirare con facilità.

Eppure quel nome continuava a lampeggiare e nonostante si strofinasse più volte gli occhi non cambiava.

Era Matt.

Ma non aveva detto che non dovevano mai più sentirsi?

Cercando di contenere i battiti forsennati del suo cuore, rispose alla chiamata.

«Pronto» pronunciò con incertezza e con la voce roca a tremolante.

«Ehi, sono io» la voce di Matt arrivò al suo orecchio, ma era strana al telefono, era la prima volta che lo usavano per parlarsi, prima di quel momento non ne avevano mai avuto bisogno, avevano condiviso lo stesso tetto e persino lo stesso letto nell'ultimo periodo e non era stato necessario comunicare a quel modo, tutto ciò che avevano dovuto dirsi l'avevano fatto sempre di presenza, occhi negli occhi.

Quasi non lo riconobbe, e le sembrò tutto così bizzarro e triste allo stesso tempo. Rimase in silenzio, incapace di dire alcuna parola, in attesa che continuasse.

«Scusa se ti disturbo, ma volevo solo sapere se fossi arrivata a casa e se stessi bene, sai tuo padre non è ancora rientrato» proseguì, la sua voce non era sicura e irriverente come al suo solito, le sembrò giù, quasi a disagio nel sentirla.

Ashley tremava ma dovette rispondere «Sì, sono a casa adesso. Tutto ok» sussurrò lievemente, sentire la voce di Matt provenire dal cellulare, senza vederlo accanto a sé come facevano fino al giorno prima, senza poterlo stringere o sentire il calore del suo respiro, del suo corpo, o guardarlo negli occhi, come se non esistesse più per lei le fece malissimo, perchè le riconfermò l'amara realtà, quella che doveva accettare ma che in fondo si rifiutava di fare.

Lui non c'era più, era solo una lontana voce metallica, non apparteneva più alla sua vita, era lontano chilometri e così sarebbe rimasto.

Sussultò mentre realizzava ancora una volta il loro destino, quando era partita l'aveva lasciato dietro di sé con la consapevolezza di non doverlo sentire più, eppure quella telefonata le aveva fatto riesplodere quei sentimenti di colpo, come una flebile speranza condannata a morte, le aveva ricordato che lui esisteva da qualche parte lì fuori, ma non per lei.

«Va bene - continuò lui dopo quei secondi di silenzio, poi richiamò la sua attenzione – ah Ashley – la chiamò, la ragazza trasalì nel sentire pronunciare il suo nome come tante volte aveva visto fare direttamente dalle sue labbra – non ti incolpare più, per favore, non ce n'è bisogno»

Ed Ashley capì che Matt aveva trovato il suo messaggio e forse per quello aveva sentito di doverla chiamare, per avvertirla che non doveva stare lì a torturarsi per lui, che doveva andare avanti e dimenticarlo, quella era davvero la loro ultima occasione per sentirsi, poi il nulla.

Si sentì morire ancor più di prima, un nodo in gola talmente stretto le impedì di rispondergli ancora, restò in silenzio col respiro affannato finchè d'istinto chiuse la chiamata, totalmente distrutta e senza la forza di salutarlo.

Il cellulare le cadde dalla mano, rimbalzando sul letto e finendo per terra, Ashley lo ignorò e non lo raccolse, il buio del tardo pomeriggio aveva invaso la sua camera ma non voleva accendere la luce, non voleva alzarsi, si gettò sul letto, piegata su sé stessa e senza che potesse impedirlo dei singhiozzi violenti cominciarono a scuoterla, si abbandonò ad un pianto disperato e che esplose come risultato della somma delle emozioni di tutta l'intera giornata che inutilmente aveva provato a reprimere.

Affondò la faccia nel cuscino, inzuppandolo di lacrime, senza riuscire a fermarsi e così coinvolta da non sentire nemmeno il rumore della porta che si apriva e i passi di sua sorella Phoebe.

La ragazza accese la luce e si trovò davanti a quella scena sconvolgente.

Spalancò gli occhi e terrorizzata si precipitò dalla sorella, preoccupata che si sentisse male.

La scosse fortemente chiamandola per nome più volte ma lei sembrava sorda, continuava a piangere disperata.

«Ti prego Ashley, dimmi che hai, mi stai facendo morire dall'ansia» gridò, riuscendo a ruotarla e a scoprirle il viso, rosso e bagnato dalle inarrestabili lacrime.

Continuò imperterrita a scuoterla, decisa a ottenere una risposta, non poteva vederla ridotta così, doveva sapere per aiutarla.

«Sù tesoro, vuoi dirmi cosa c'è che non va, sono tua sorella, a me puoi dirlo lo sai» cercò di convincerla e parve riuscirci perchè la testa rossa di Ashley si sollevò, la fissò per poi stringerla in un abbraccio.

«Mi manca – disse tra i singhiozzi – sto cercando di fare finta di niente, ma non ce la faccio!»

Phoebe si chiese chi le mancava, poteva essere chiunque, suo padre, un'amica, anche se quella reazione troppo violenta glielo faceva dubitare.

«Chi ti manca Ashley?» le chiese dolcemente, cullandola tra le braccia e accarezzandole i capelli.

«Lui» rispose semplicemente.

«Lui chi?» insistette Phoebe, sempre più confusa.

«Io lo amo, Phoebe!» gridò alla fine, stremata, senza sollevare lo sguardo o staccare il viso dal suo petto, gemendo ancora.

Phoebe sbarrò gli occhi per la sorpresa, ma subito dopo li addolcì perchè aveva capito di che tipo di male si trattava.

Sua sorella era innamorata di qualcuno, e adesso ci avrebbe pensato lei a prendersene cura, per quanto avrebbe potuto.

«Va tutto bene Ashley, ci sono qui io adesso» la tranquillizzò, senza abbandonarla un secondo e lentamente anche i suoi singhiozzi diminuirono.

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Capitolo 35
*** Capitolo 35 ***


Capitolo 35

 

Matt non aveva deciso di chiamare Ashley in un momento di debolezza e nemmeno per assecondare il bisogno di risentire la sua voce, fosse stato anche solo per qualche minuto.

No, non era stato quello che l'aveva spinto verso un gesto che chiunque avrebbe considerato pericoloso e da autolesionisti, ma giurò che, nel momento esatto in cui le aveva sentito pronunciare quelle quattro o cinque parole che in totale gli aveva rivolto, aveva desiderato solamente che avesse continuato a parlare, che il suono della sua voce avesse potuto risuonare ancora per molto, e poco importava che gli arrivasse tramite un asettico telefono e che risultasse leggermente distorta rispetto a come era abituato a sentirla di presenza.

Aveva riconosciuto subito ogni minima sfumatura, dall'incertezza mista a paura e ad un pizzico di curiosità del suo 'pronto' iniziale, al lieve tremore quando aveva risposto alla domanda sul suo arrivo a casa.

Matt l' aveva intuita la sua strategia di utilizzare brevi e concise parole proprio per evitare di dilungarsi troppo e fare così trapelare le sue emozioni, Ashley lo faceva sempre quando si ostinava a voler nascondersi, quando il lato riservato del suo carattere si imponeva sul resto, attuando una specie di autodifesa, ed erano quelli i casi in cui lui finiva per stringersela in un abbraccio, anche senza una ragione precisa, solo perchè sentiva di doverlo fare.

E lei lo aveva compreso presto che da lui non aveva bisogno di difendersi, poteva mostrarsi così com'era, anche se a volte si sentiva fragile e vulnerabile, e quando si perdeva tra le sue braccia alla fine di parole ne uscivano tante e sempre meno incerte e timorose.

Perchè lui non era come gli altri per Ashley.

Anche al telefono, quando aveva udito quel sussulto nella sua voce, aveva provato lo stesso impulso di abbracciarla e aveva stretto forte il pugno della sua mano libera nel rendersi conto che quella era la prima volta in cui non avrebbe potuto farlo.

Si chiese dove fosse in quell'istante, se alzata in piedi contro il vetro di una finestra o magari rannicchiata sul letto con le ginocchia al petto, come tante volte l'aveva sorpresa nella sua camera, assorta tra i suoi pensieri prima che gli rivolgesse un sorriso quando si accorgeva di lui.

Non poterla vedere o toccare, non sapere che espressione avesse il suo viso, che aveva imparato a decifrare alla perfezione durante quella convivenza forzata, lo rendeva irrequieto e disperato e lo faceva sentire solo, soprattutto. Maledettamente solo.

Lui, che per una vita intera si era circondato solo di quei quattro amici fedeli, come un lupo solitario, trovandosi spesso più a suo agio quando era in compagnia di sé stesso, adesso soffriva la solitudine.

Com'era buffa la vita!

La voce di Ashley, però, non esaudì i suoi desideri, non continuò a parlare, Matt potè sentire solo il suo respiro pesante alla fine, e poi il nulla.

Aveva staccato la chiamata di botto, senza salutarlo.

Matt rimase seduto sul bordo del letto, curvo, coi gomiti poggiate sulle gambe e la testa bassa a fissare il pavimento sotto di lui, deluso e smarrito.

I capelli gli erano ricaduti davanti agli occhi e gli intralciavano in parte la visuale. Aveva ragione sua madre, forse stavano diventando troppo lunghi e doveva accorciarli, come gli ripeteva instancabilmente da quando era solo un ragazzino, ma lui non ci aveva mai fatto attenzione all'aspetto fisico o al look. A differenza di molti suoi coetanei tutti in tiro, odiava perdere tempo a sistemarsi per compiacere gli altri, a lui bastava passarsi le dita tra le sue ciocche bionde e scompigliarle un po' per sentirsi a posto, li aveva sempre lasciati crescere scapigliati e al vento, liberi e un po' ribelli, la metafora di ciò che, in fondo, era anche lui.

Le sue mani erano ghiacciate e ancora più pallide rispetto al colore della sua pelle, già molto chiara, come se il suo cuore avesse rallentato di colpo i battiti e stesse pompando meno sangue lungo il corpo. Una reggeva ancora il telefono, l'altra non aveva mollato per un secondo quel piccolo pezzo di carta, l'unica traccia che gli era rimasta di lei ed il vero motivo per cui aveva deciso di rischiare e di chiamarla.

Le poche parole scritte a penna, dove si incolpava di non aver osato, avevano continuato a martellargli in testa fino a fargliela scoppiare.

Continuava a pensare che Ashley l'aveva cercato quella mattina e lui non si era fatto trovare, era scappato come un codardo per risparmiarsi il dolore di vederla partire sotto ai suoi occhi, senza che potesse fare nulla.

Immaginava la delusione nei suoi occhi davanti alla sua stanza vuota, a quanto altro male doveva averle procurato e al coraggio che aveva tirato fuori nel fargli avere quella frase, con cui addirittura invece di insultarlo, come avrebbe meritato, si addossava la responsabilità della loro situazione senza speranza.

D'improvviso si era sollevato dal cuscino, risvegliandosi dallo stato di catalessi in cui era piombato, aveva rovesciato il contenuto della sua tracolla sul letto freneticamente, cercando in mezzo alle altre cose il suo telefono, che non usava spesso e che non teneva mai a portata di mano.

Quando l'aveva recuperato aveva cercato col cuore in gola il suo nome e senza riflettere oltre aveva premuto il tasto verde.

Non sopportava pensare che Ashley si stesse tormentando, dandosi colpe che non esistevano, doveva intervenire se voleva togliersi quell'ossessione dalla testa e aveva agito d'istinto.

Ma lei aveva riattaccato, gli aveva sbattuto il telefono in faccia e Matt doveva ancora decidere come prenderla.

Di sicuro lo odiava, provava disgusto per lui, e come darle torto?

Quante volte, durante le loro interminabili chiacchierate, le aveva detto di buttare sempre fuori ciò che pensava, di affrontare i problemi e di comunicare, anche quando si trattava di dire delle verità che facevano male o spaventavano e lui che cosa aveva fatto?

Il contrario di tutto!

Non le aveva detto che la amava finchè ne aveva avuto la possibilità e anche se era stato per proteggerla, per evitarle di soffrire di più in quella relazione senza futuro, questo non lo faceva stare meglio.

'Coglione, non era questo quello che volevi?Che ti odiasse e ti dimenticasse?' una voce prese a risuonargli in testa, di continuo.

Sì, lo voleva, ma non aveva fatto i conti col suo dolore o quanto meno, non pensava avrebbe fatto così male. E dopotutto che ne poteva mai sapere lui di amore, ne era stato immune per anni e adesso si era fatto fregare come un cretino, si era indebolito e aveva abbassato tutte le sue difese.

Mandò affanculo in un istante tutti quelli che continuavano a ripetere che l'amore rendeva forti e capaci di sollevare le montagne, mentre lui stava uno schifo e non riusciva neanche a rialzare la testa.

Avrebbe voluto stordirsi, anestetizzare la mente e il fisico da quella sofferenza insopportabile, una bella sbronza, ecco quello di cui avrebbe avuto bisogno, una di quelle colossali che ti distruggono e non ti fanno pensare più a nulla e che non si prendeva da un bel po' ormai, e l'avrebbe di sicuro fatto se solo fosse riuscito a muoversi da quella stanza buia, illuminata solo dalla sua lampada sulla scrivania, ma il suo intero corpo era come immobilizzato.

Anche piangere forse sarebbe andato bene, ma i suoi occhi, completamente asciutti, non si ricordavano più nemmeno come si faceva.

Il rumore della chiave che girava nella serratura della porta d'ingresso gli fece debolmente sollevare lo sguardo verso il corridoio.

Non aveva nemmeno il coraggio di incontrare Gregory, non dopo il comportamento miserabile di quella mattina nei confronti di sua figlia, chissà che opinione meschina si era fatta di lui, era riuscito a rovinare anche quello, alla fine.

Il rumore dei tacchi di sua madre gli fece tirare un sospiro di sollievo, li sentì muoversi veloci e farsi sempre più vicini, doveva avere una gran fretta di raggiungerlo perchè non stava nemmeno passando dalla sua camera per posare la borsa e mettersi delle scarpe più comode, come sua abitudine.

Infatti la vide poco dopo affacciarsi alla porta, trafelata e un po' ansante per le scale appena salite, con ancora indosso la giacca e la borsa: il suo primo pensiero era stato suo figlio.

Monica aveva fatto i conti con l' ansia tutto il giorno a lavoro. Matt non le aveva risposto al telefono e non aveva idea di dove si fosse cacciato con quello stato d'animo pietoso. Nonostante lui avesse quasi 23 anni non poteva fare a meno di preoccuparsene come quando di anni ne aveva 15, e lo aspettava sveglia, convincendosi che fosse rabbia la sua e non apprensione per quel figlio scapestrato e indomabile, che non voleva ammettere di amare più di sé stessa.

I suoi occhi sgranati per l'angoscia si addolcirono immediatamente quando lo vide lì, tutto intero e all'apparenza tranquillo.

«Matt, santo cielo, sei qui! - esclamò sollevata, portandosi una mano sul petto e tentando di riprendere fiato, allentando il colletto della camicia – non hai risposto alle mie chiamate, si può sapere dove eri finito, stamattina?» gli domandò, entrando e accendendo la luce del lampadario.

«Sai che non guardo quasi mai il telefono, sono solo stato un po' in giro» fu la sua semplice risposta.

Monica gli si avvicinò, gettò la borsa sul suo letto e si abbassò lievemente per guardarlo in viso, Matt la fissò con uno sguardo sospettoso e vagamente infastidito, probabilmente non aveva voglia di subire un interrogatorio, ma lei era preoccupata ed era sicura che quella calma apparente celasse in realtà un tormento.

«Proprio quando Ashley doveva partire» aggiunse, mentre prendeva posto accanto a lui.

Matt non rispose, ma con un gesto rapidissimo nascose il foglietto che aveva in mano nella tasca dei jeans.

Monica gli pose un braccio intorno alle spalle e gliele accarezzò con amore, osservò il suo profilo serio e accigliato, la linea dritta del suo naso e la curva delle labbra, particolari entrambi che aveva preso da lei, gli unici sul suo viso in mezzo a colori che non le appartenevano e il suo istinto materno esplose, insieme a quello di proteggerlo.

«Hai mangiato?» gli chiese, notando la sua aria un po' dismessa.

«Qualcosa» rispose distratto, senza nemmeno guardarla, continuando a fissare quel pavimento così attentamente, nemmeno fosse un'opera d'arte.

Monica si guardò intorno disorientata, suo figlio sembrava aver perso tutti i progressi fatti in quel mese ed essere regredito al Matt scontroso e freddo, difficile da gestire come un animale selvatico, solo che stavolta non ce l'aveva con lei, probabilmente solo con sé stesso o con le circostanze.

Sospirò e gli carezzò un braccio, indecisa su cosa dire o come comportarsi in quell'occasione, timorosa di rompere in mille pezzi quel cristallo troppo delicato se avesse calcato eccessivamente la mano.

«E senti...insomma – cominciò a balbettare, rigirandosi le mani sudate l'una nell'altra – come ti senti? Intendo, dopo che Ashley, dopo che lei...» provò a chiedere ma Matt le troncò il discorso sul nascere.

«Non mi va di parlarne» ribadì schietto, facendole intuire che non avrebbe accettato ulteriori domande.

«Ok – si rassegnò Monica, gli diede un'ultima stretta sulla spalla, poi si alzò e si diresse verso l'uscita – allora ci vediamo sotto per la cena» gli raccomandò.

«Non scendo, mangio qualcosa direttamente qui» la informò, senza scomporsi.

Monica si voltò allarmata. «Perchè no? Matt non puoi isolarti!» ribattè, era proprio quello che temeva, che si rinchiudesse nella sua tristezza proprio in quegli ultimi giorni che gli erano rimasti da trascorrere lì per poi partire, e lei non l'avrebbe rivisto per mesi e mesi e non voleva che andasse via in quelle condizioni orribili, voleva prima accertarsi che si fosse ripreso, almeno un po'.

«Invece posso, non mi va di cenare con voi, e poi scommetto che Gregory non sarebbe felice di vedermi» spiegò lui, Monica abbassò lo sguardo, avrebbe voluto negare quell'affermazione ma non ci riuscì del tutto.

«Ma cosa dici...» provò a smentirlo con voce flebile, ma il suo debole tentativo non fu per nulla convincente e lui se ne accorse.

«Ha ragione comunque, me lo merito dopo quello che ho fatto stamattina» ammise duramente.

Monica indietreggiò, poi si tirò dietro la porta per chiuderla ma prima lanciò un'ultima occhiata a Matt, che era rimasto seduto nella stessa posizione, con gli occhi sempre bassi.

«Io so perchè non c'eri oggi quando Ashley se n'è andata, e ti capisco, vedrai che lo capirà anche lui» lo rassicurò prima di andarsene, Matt sollevò finalmente la testa e stavolta Monica parve scorgerci una luce, poi chiuse la porta.

Rimase assorto altri interminabili minuti, poi si sdraiò nuovamente a letto.

Non riusciva a reagire per adesso, non sapeva davvero da dove cominciare per uscirne.

 

«Ehi Phoebe, cosa c'è?» la voce di Peter giunse all'orecchio della sua fidanzata con il consueto tono pacato, ma la bionda ci riconobbe anche una leggera sorpresa. Si erano sentiti nemmeno un quarto d'ora prima ed evidentemente non si aspettava un'altra sua telefonata a così breve distanza di tempo.

«Amore, ascolta, mi dispiace tanto, ma stasera non posso venire a cenare da te, c'è stato un cambiamento di programma, diciamo» lo informò Phoebe, mentre appoggiava la schiena al muro del corridoio, poco distante dalla sua camera.

Peter notò che parlava a voce bassa come se non volesse farsi sentire da qualcuno, inoltre il suo tono era quasi mesto e la cosa lo insospettì parecchio, Phoebe normalmente era un vulcano di positività ed energia e spesso aveva messo a dura prova i suoi timpani quando rispondeva al cellulare.

«Cos'è successo?» chiese, non nascondendo una punta di preoccupazione.

Phoebe tossicchiò per schiarirsi la voce «Si tratta di Ashley» disse, e risultò così melodrammatica da fare allarmare Peter.

«Che ha? Sta male? Mi avevi detto che era arrivata a casa e che era tutto ok!» prese a chiedere, agitato.

Phoebe per fortuna lo tranquillizzò all'istante.

«Non sta male in quel senso, solo che – cercò le parole adatte per spiegare qualcosa che, in realtà, non aveva ben chiara nemmeno lei – credo che abbia subito una delusione d'amore o qualcosa del genere ed è distrutta, credimi non l'ho mai vista ridotta peggio di così» affermò infine, coprendosi con la mano la bocca mentre parlava, per evitare che qualcuno, o la stessa Ashley potesse sentire il modo in cui l'aveva descritta.

Peter rimase in silenzio per qualche secondo, davvero per quanto si stesse sforzando non riusciva a immaginare Ashley che soffriva amaramente per amore, la conosceva da quando era una ragazzina e gli era noto il suo distacco nell'affrontare le poche situazioni sentimentali in cui si era trovata coinvolta. Solo un anno prima ricordava di non averle visto mostrare nemmeno un briciolo di dispiacere o tristezza per la fine della sua storia con Richard e, anche se lei era maestra nel dissimulare le sue emozioni, non ci sarebbe comunque riuscita fino a tal punto.

«Ma, sei sicura?» le domandò, lasciando trasparire interamente la sua perplessità.

Phoebe sospirò «Sì, lo so, ti giuro che sembra assurdo anche a me, ma a quanto pare è proprio così! - gli confermò, allungando il collo verso la rampa di scale per controllare che non ci fosse nessuno – credimi, l'ho trovata in un mare di lacrime, non riusciva a smettere e solo a fatica sono riuscita a estorcerle qualche informazione e tra i singhiozzi ha accennato a un ragazzo!»

«Ok, a chi devo spaccare la faccia?» provò a suonare minaccioso Peter, atteggiandosi a fratello maggiore geloso e protettivo.

In effetti per lui Ashley era come la sorella minore che non aveva ed era sinceramente affezionato a lei, pensarla in lacrime per colpa di qualcuno che aveva calpestato i suoi sentimenti lo faceva infuriare, ma chi lo conosceva bene sapeva che era una persona talmente mite e tranquilla da non essere capace di fare male a una mosca.

Per quel motivo il suo goffo tentativo di risultare intimidatorio fu talmente poco credibile da costringerla a soffocare le risate.

«Non credo ci sia bisogno di arrivare a tanto, tranquillo – lo rassicurò, col sorriso ancora sulle labbra – però non posso abbandonarla in questo stato, devo starle vicino stasera, quindi purtroppo non posso venire a casa tua, amore» lo informò dispiaciuta.

«Non fa niente Phoebe, ci vediamo praticamente tutti i giorni e tra poco abiteremo sotto lo stesso tetto. Adesso pensa a tua sorella, e fammi sapere come sta, va bene?» le disse, dolce e confortante come al solito.

Phoebe sorrise, riusciva sempre a farla sciogliere quando le parlava così «Grazie Peter, ti amo» gli sussurrò, aspettò che anche lui ricambiasse e poi staccò la chiamata.

Ritornò in camera, ansiosa di sapere cosa ci fosse sotto la disperazione di sua sorella.

La trovò lì, che si abbracciava le ginocchia, col viso di una bambina smarrita e ferita. Davvero era rimasto poco della Ashley seria e imperturbabile che ricordava.

Le fece davvero così tanta tenerezza da non poter resistere.

Si sedette accanto a lei e le accarezzò una guancia, poi allontanò i lunghi capelli dal viso, incrociò le braccia al petto e si mise in posizione di ascolto.

«Allora, sorellina, adesso puoi raccontarmi tutto!» esclamò.

Ashley abbassò lo sguardo, tremendamente in imbarazzo.

Non era riuscita a tenersi tutto dentro, era esplosa perchè quel fardello che portava era troppo pesante e la stava soffocando. Quando si era trovata davanti Phoebe e aveva sentito il suo abbraccio dolce e familiare aveva ceduto, rivelando il suo segreto per colpa di quel tremendo bisogno di sfogarsi, ma adesso non sapeva da dove cominciare.

«Non c'era bisogno che annullassi il tuo appuntamento con Peter, io me la cavo» farfugliò, con le labbra poggiate sulle ginocchia.

«Ma la vuoi smettere? Sei mia sorella e ti voglio così bene da non sopportare di vederti così a pezzi, oltre a romperti le scatole il mio compito è anche quello di aiutarti, no?» prese le mani di Ashley e gliele strinse calorosamente e finalmente sul viso della sorella vide spuntare un accenno di sorriso.

«Quindi ti sei innamorata?» le chiese cauta, consapevole di dover essere delicata con Ashley quando ci si inoltrava nel territorio inesplorato dei suoi sentimenti.

Ashley non rispose ma arrossì vistosamente, rendendo più colorato il suo viso, già strapazzato dalle lacrime e dalle sue mani che le avevano asciugate via con poca cura.

«E chi sarebbe il fortunato o forse dovrei dire lo stronzo che ti ha ridotta così?» sbottò, anche se cercava di rimanere impassibile, la sua solidarietà verso la sorella le impediva di affrontare la vicenda in maniera totalmente imparziale.

«Non è uno stronzo! - scattò immediatamente Ashley, pronta a difenderlo da quell'accusa perchè Matt con lei non si era mai comportato così e forse, se l'avesse fatto, quella separazione le sarebbe risultata più semplice da accettare – è una storia piuttosto lunga, in realtà» disse poi, abbassando nuovamente la voce e anche lo sguardo.

Phoebe alzò entrambe le sopracciglia, stupita dalla reazione della sorella, poi le si accucciò a fianco e continuò a pungolarla con le sue domande.

«Abbiamo tutto il tempo, tranquilla! E dunque, chi è questo ragazzo?» insistette.

Ashley arrossì forse più di prima e si strinse nelle spalle, a disagio, come se volesse sprofondare.

Phoebe contrasse la fronte: ma davvero era così difficile per lei dire chi fosse, pensò tra sé e sé, mentre si rassegnava a dover aspettare chissà quanto per ottenere l'identità di quel misterioso tipo.

«Beh, però non giudicarmi, ok? E soprattutto non dire niente alla mamma per ora, intesi?» ci tenne a premettere prima di rivelare l'oggetto dei suoi desideri.

«Oddio Ashley, che ansia! Non sarà mica uno più grande di te di qualcosa come 20 anni? O forse un avanzo di galera, un delinquente?» cominciò a tempestarla di domande, seriamente sconcertata.

«Ma no, no! – la rassicurò Ashley, vide Phoebe tirare un sospiro di sollievo – è solo che non so come potrebbe prenderla la mamma»

«E perchè mai? Lo sai che è di mentalità molto aperta, anche se si trattasse di un tipo strambo non si scandalizzerebbe mica!» cercò di incoraggiarla, sinceramente non ce la faceva più con tutta quella suspance e tra poco avrebbe distrutto le sue unghie lunghe, mangiucchiandole, se continuava così.

«Il fatto è che... vedi lui è... - poi finalmente Ashley prese un lungo respirò e usò tutta l'aria di getto per formulare quella frase – lui è il figlio della fidanzata di mio padre, ti avevo detto che abitava con noi»

Ashley si fermò a osservare la sorella, la vide rimanere interdetta per qualche secondo, poi spalancare i suoi occhi azzurri e fare una smorfia di incredulità con le labbra.

«Wow, cavoli! Matt, no? É così che si chiamava?» le domandò Phoebe, facendo appello a tutta la memoria che si ritrovava, Ashley annuì, senza più forza di parlare.

Phoebe cercò di farsi tornare in mente le poche informazioni che Ashley aveva dato su quel ragazzo e dalla descrizione che si ricordava non avrebbe mai e poi mai immaginato che a sua sorella sarebbe potuto interessare da quel punto di vista, ma evidentemente nella vita tutto era possibile.

«Beh, forse è una situazione un tantino poco comune, ma dai, niente di così sconvolgente, Ashley! La mamma è rimasta in buoni rapporti con Gregory, perchè mai dovrebbe prenderla a male anche se fosse il figlio della sua nuova compagna?»

Ashley abbassò lo sguardo, poi aprì la bocca.«A proposito della mamma, devo parlarle, sono stata troppo ingiusta con lei in tutti questi anni, le ho negato il mio affetto, non le ho mai permesso di avvicinarsi davvero a me e voglio che tutto questo cambi! Però adesso mi sento così male che non riesco ad affrontarla, non sono pronta e... non voglio che si preoccupi di nuovo dei miei silenzi, delle mie facce tristi, possiamoi8 andare via da qui, da qualche altra parte?» le chiese supplichevole.

Phoebe sorrise: le era già venuta in mente un'idea.

«Che ne dici di una bella cenetta solo io e te? Ti ricordo che ho una casetta nuova di zecca da farti vedere e, che ne dici di approfittare e passare una serata da sole, senza scocciatori?» le propose, raggiante in viso, Ashley annuì convinta.

Phoebe poi andò a prendere i suoi trucchi migliori per occultare le chiazze rosse che il pianto aveva lasciato sul viso di Ashley in modo da non destare sospetti nel resto della famiglia e una volta finita quell'operazione le due sorelle scesero a informare Nancy della loro serata e uscirono, lasciandosi dietro le lamentele della povera July, zittite solo dalla promessa di Ashley di dedicarle tutta la mattina, il giorno dopo.

 

«É meravigliosa, Phoebe, complimenti! Sono felicissima per voi due, davvero!» commentò Ashley, dopo aver ammirato la casa di Phoebe e Peter, nella quale a breve si sarebbero trasferiti.

Non era invidiosa di lei, era impossibile esserlo, però provò per un attimo a mettersi nei suoi panni e a pensare quanto dovesse essere terribilmente bella la prospettiva di iniziare la vita con la persona che si amava, mentre lei l'aveva già persa ancor prima di poterla cominciare.

«Innanzitutto spegni questo, non vogliamo scocciatori e sì, sto parlando proprio di quella spina nel fianco di Tyler – affermò Phoebe, afferrando il suo telefono e staccandolo senza pietà, la sua antipatia verso l' eterno spasimante di sua sorella era nota a chiunque e la bionda, dal canto suo, non faceva nulla per nasconderla – e adesso voglio che mi racconti tutto dall'inizio, sfogati! - la esortò, mentre insieme iniziavano a preparare la cena, impegnate tra pentole padelle e ricette da seguire.

Ashley lo aveva creduto impossibile, ma aiutata dai sorrisi contagiosi di Phoebe, e distratta dalle tante cose da fare con lei e anche da qualche sua battuta che alleggeriva l'atmosfera, riuscì a togliersi quell'aria sconsolata dalla faccia e a tirare fuori tutto il racconto della loro storia senza scoppiare di nuovo a piangere.

Fu come una liberazione in un certo senso, e mano mano che andava avanti nei particolari, si sentiva più leggera, come se stesse gettando fuori dal suo corpo dei pesi invisibili.

Erano talmente tante le cose che erano successe in quel lasso di tempo che le due ragazze cucinarono, cenarono, lavarono i piatti e pulirono la cucina e ancora Ashley non aveva finito di raccontare.

Ormai era un fiume inarrestabile di parole e Phoebe la ascoltò pazientemente, come forse non era mai successo, e le vide brillare gli occhi tutte le volte in cui lo nominava e illuminarsi di luce propria.

Giurò di non avere mai visto così viva ed entusiasta Ashley, sembrava quasi un'altra persona e capì che quel ragazzo le aveva sconvolto davvero la vita e che lei lo amava intensamente, e trovò molto ingiusto che alla fine avessero dovuto separarsi in quel modo.

Lei proprio non riusciva ad accettare che finisse così, un po' come quando guardava quei film strappalacrime che tanto le piacevano e finiva per piangere a dirotto quando non c'era il lieto fine sperato, senza riuscire a rassegnarsi e finendo per imprecare contro il regista. Sua sorella le sembrò la protagonista di uno di quei film e la cosa suonava estremamente romantica ma anche tanto deprimente.

Quando Ashley terminò il suo racconto erano passate delle ore e le due si erano accoccolate sul divano.

«Però non è giusto, Ashley! Insomma, avrei potuto accettare che vi foste lasciati per incompatibilità di carattere, perchè era stata solo un'avventura estiva o per qualsiasi altro motivo, ma non per la distanza. Cioè, non sentivo una storia più triste dai tempi di Romeo e Giulietta, forse?» dichiarò seria Phoebe, facendo ridere Ashley per il modo drammatico in cui l'aveva detto e per quel paragone illustre e anche un po' azzardato con gli innamorati più famosi della storia.

«Mi manca da morire Phoebe, non so come fare, non riesco a credere che adesso sia da qualche parte ma non con me, io proprio ci provo ma..» scosse la testa, senza riuscire a finire la frase perchè le parole le rimasero incastrate in gola.

La maggiore le sollevò il viso e glielo accarezzò.

«Magari non è ancora finita, tesoro, magari potete ripensarci» cercò di darle una speranza.

«No, non c'è più niente da fare, oggi lui mi ha chiamata e io... non sono stata capace di dirgli niente, gli ho chiuso il telefono in faccia, ti rendi conto? Sono stata una stupida senza coraggio e chissà adesso cosa sta pensando di me! Magari mi odia e forse sai, è meglio così, in fondo» si rabbuiò.

«Sù, non fare così!» la consolò Phoebe, accarezzandole i capelli.

«Ti ricordi quando prima di partire mi hai dato dell'acida, consigliandomi di fare più sesso? Beh, l'ho fatto ma non mi pare che sia cambiato tanto, anzi sono peggiorata, direi proprio che ti sbagliavi!» rinfacciò Ashley alla sorella, che per tutta risposta scoppiò a ridere al ricordo di quella specie di battibecco tra loro due, e poi la squadrò dalla testa ai piedi.

«Invece avevo ragione, mi sembri molto più aperta, ti sei persino confidata con me, prima non l'avresti mai fatto se non dopo miliardi di miei tentativi – le disse, perdendo lo sguardo davanti a sé, per poi passarle una mano sulla guancia – e poi hai anche la pelle più liscia, visto?»

Ashley scoppiò a ridere di cuore senza neanche accorgersene, Phoebe sorrise soddisfatta.

«Ma smettila, che stupidaggini dici?» riuscì a dire, quando le risate si furono calmate.

«A proposito, non mi hai ancora detto com'era a letto!» le sussurrò maliziosa, avvicinandosi pericolosamente a lei.

«E non ho intenzione di farlo!» urlò Ashley, rossa fino alla punta dei capelli, su certe cose era davvero esageratamente riservata.

A quel punto Phoebe le si buttò letteralmente addosso e prese a punzecchiarla facendole il solletico, minacciandola di non smettere se non le avesse risposto finchè, tra risate e grida generali, finirono entrambe giù dal divano.

Ashley aveva il fiatone per la finta colluttazione con la sorella e per il troppo ridere.

Si fermò a prendere fiato e si accorse che grazie a Phoebe aveva acquistato un po' di buonumore. Con la sua spensieratezza ed euforia era riuscita a infonderle allegria e a farle passare dei momenti felici, nonostante tutto.

Era presto per dire di stare meglio e di essersi lasciata alle spalle Matt, decisamente troppo presto, ma si chiese se non fosse quella la maniera giusta per iniziare, concentrarsi su altro, stare in compagnia e parlare, sfogarsi.

Il pensiero di doverlo dimenticare, come si fa con le mode, le mise addosso una tristezza immane, ma sapeva di non avere altra scelta.

Quando le due sorelle tornarono a casa era già notte e Nancy e July dormivano.

Ashley si affacciò dalla finestra della sua stanza prima di coricarsi, fuori il vento soffiava freddo, nel suo paese le temperature erano nettamente inferiori rispetto a quello di suo padre e la differenza si percepiva eccome.

Si strinse nelle braccia e le strofinò un po' per procurarsi del calore, ma lasciò che il vento le carezzasse il volto e le scompigliasse i capelli. Guardò il cielo nero, punteggiato di stelle e una morsa al petto insinuò quel barlume di serenità a fatica ritrovata.

Inevitabilmente le venne in mente lui, pensò a cosa stesse facendo in quell'esatto momento, se fosse con qualcuno, se fosse arrabbiato, triste o se non gliene importasse già più nulla di lei.

Si chiese se Monica fosse accanto a lui e se suo padre stesse riuscendo a trattarlo come se non fosse successo niente.

Lei aveva accanto le sue sorelle, sua madre e Sophia, con cui ancora non aveva avuto modo di sentirsi ma che avrebbe contattato al più presto. Ma lui?

Sapeva che tendeva a isolarsi, a chiudersi in sé stesso, peggio di quanto fosse abituata a fare lei, ed ebbe paura che rimanesse solo, senza nessuno a pensare a lui.

Quel pensiero la sconvolse e le tolse il fiato per un attimo. Provò l'istinto irrefrenabile di sentirlo, di vederlo, di sapere che stesse bene e realizzare di non poterlo fare la fece sentire un inutile e misero puntino nell'universo.

Il nero sconfinato del cielo cominciò a pesarle troppo, si sentì quasi mancare e chiuse di getto la finestra, tirando la tenda per non vedere più nulla.

Due braccia gentili la sorressero da dietro, si voltò e vide Phoebe, che le sorrideva.

Chissà come, doveva avere intuito quel suo piccolo attacco di panico.

«Va tutto bene, Ashley» la confortò e lei ricambiò appena quel sorriso e sperò che anche Matt in qualche modo fosse riuscito a trovare un sorriso così che lo confortasse.

Giunse segretamente le mani al petto e pregò.

Si infilò sotto le coperte, per passare la prima notte lontana da lui, in un letto che sembrava troppo grande e vuoto adesso che non doveva dividerlo con nessuno, non contò più le volte in cui si girò e rigirò senza pace, col pensiero fisso a lui, senza sapere che anche Matt stava facendo la stessa identica cosa.

Non era uscito dalla sua stanza se non per prendere qualcosa da mangiare, aveva incrociato Gregory che gli aveva solo fatto un cenno con la testa, senza parlargli, come se fosse diventato un estraneo per lui e quel particolare gli aveva fatto tanto male e si aggiungeva al dolore che già provava per aver perso Ashley.

Non sopportava più quella casa, non sopportava più di passare davanti alla sua stanza e vederla chiusa, ogni luogo lì dentro gliela ricordava tremendamente e a volte aveva avuto le allucinazioni, rivedendola in giro, come se fosse un fantasma.

Si era richiuso subito in camera sua e dopo aver fumato un paio di sigarette, le uniche che parevano calmarlo almeno un poco, aveva preso la sua decisione.

Non avrebbe aspettato quei pochi giorni in più che mancavano, l'indomani se ne sarebbe andato, sarebbe tornato da suo padre, nella sua caotica ed enorme città, dove era facile perdersi e confondersi tra la folla e diventare nessuno.

E così voleva essere, nessuno, solo un numero in mezzo a tanti, invisibile, voleva perdersi, annullarsi e allontanarsi del tutto da lei e da ciò che gliela ricordava.

Era l'unica scelta razionale per sopravvivere, al momento.

 

 

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Capitolo 36
*** Capitolo 36 ***


Capitolo 36

 

Ashley fece scorrere con precisione la forbice lungo la linea a matita della sagoma di una farfalla, perfettamente simmetrica e finemente colorata, finchè anche l'ultimo contatto tra la figura e il resto del foglio di cartoncino venne meno, e gli inutili contorni bianchi si ripiegarono su sé stessi mentre cadevano sul tavolo.

Ad Ashley rimase in mano il disegno, lo osservò attentamente qualche secondo, poi mosse con rapidità gli occhi sul tavolo, pieno zeppo di cartoncino già ritagliato e da buttare e di altre decorazioni, complicate e piene di dettagli, che le ricordavano un po' i mandala indiani da colorare, e che attendevano il loro turno sotto le forbici. Erano davvero belle, pensò Ashley, e subito puntò lo sguardo sull'autrice di quelle piccole meraviglie.

July, con un'espressione estremamente assorta, stava curva sopra un foglio, per ultimare la colorazione di un fiore variopinto.

Si era legata i folti capelli scuri in una alta coda di cavallo per evitare che la disturbassero durante quel lavoro, anche se ogni tanto quest'ultima le cadeva in avanti, oscurandole la visuale e, sbuffando, era costretta a scostarla con la mano libera. Ashley notò che si mordeva leggermente il labbro inferiore, come faceva quando era concentrata su qualcosa di importante e la sua mano, ancora non del tutto cresciuta, scorreva sul foglio con padronanza dei movimenti, lasciando delle bellissime sfumature di colore, davvero notevoli per una ragazzina della sua età.

July aveva un talento innato per il disegno a mano libera, anche se, a dire la verità, tutte e tre le sorelle avevano ereditato una certa attitudine artistica, anche se in ambiti diversi: Phoebe era bravissima nel creare dei make up favolosi, mischiando sapientemente ombretti, rossetti e quant'altro, chiunque passasse dalla sue mani stilose diventava per forza di cose più bella, Ashley aveva sviluppato l'aspetto più tecnico, si trovava molto a suo agio con righelli, squadre e compassi e per quel motivo aveva scelto la facoltà di architettura, mentre July era la personalità più creativa ed estrosa, capace di dare vita a delle piccole opere d'arte utilizzando oggetti comuni ed eccelleva anche nella pittura e nelle illustrazioni a matita. A lei piaceva ricollegare il dono artistico di cui era dotata al suo ascendente zodiacale, i Gemelli, il segno associato agli artisti e alla creatività.

Involontariamente Ashley sorrise, guardandola così attenta e piena di passione verso quello che faceva e immaginando con quanto orgoglio, il giorno della sua festa, li avrebbe indicati dicendo a tutti che erano opera sua.

«Sei diventata bravissima!» si complimentò, July le sorrise senza distogliere lo sguardo dal disegno e senza interrompere i suoi movimenti.

«Grazie – esclamò, poi gettò una rapidissima occhiata alla sorella, che era rimasta immobile e la esortò a non oziare – puoi continuare, ce ne sono altri lì»

«Agli ordini!» si riscosse Ashley, afferrando le forbici e prendendo un altro disegno dal mucchio.

La sera prima aveva promesso alla sorellina di dedicarle l'intera mattinata ad aiutarla con le decorazioni per la sua festa per non farla sentire trascurata a causa della sua fuga con Phoebe e lo stava facendo con piacere. L'impegno e l'attenzione che stava riponendo in quei disegni così importanti per July, le avevano occupato totalmente la testa, evitando che i suoi pensieri si rivolgessero tutti a un certo ragazzo.

La nottata non era stata delle migliori, si era svegliata spesso, sobbalzando nel sonno tra gli incubi, e la cosa peggiore era che il viso di Matt non le era venuto in soccorso nemmeno una volta, pareva essere ormai così lontano da non poterla raggiungere neppure nei sogni.

Si era alzata molto presto, perchè il sonno non le era più ritornato, e poco dopo anche sua madre e le sue sorelle l'avevano seguita, poi Phoebe era andata a lavorare e così anche Nancy, e lei era rimasta da sola con la più piccola.

“ La piccolina”, così era solita riferirsi a July, ma sua sorella avrebbe compiuto 12 anni tra una settimana e si stava allontanando sempre più da quel periodo spensierato e magico che era l'infanzia.

Persino il suo viso stava cominciando ad acquisire dei tratti più maturi e meno da bambina, anche se sarebbero serviti ancora molti anni prima che i cambiamenti fisici l'avrebbero trasformata in una ragazza e poi in una donna.

Ashley ripensò alla sua di infanzia, l'aveva affrontata troppo seriamente e già carica di preoccupazioni e crucci, ma adesso che era adulta si rese conto di quanto ai tempi avesse ingrandito certi problemi e di quanto facesse molto più paura guardare ora al futuro.

La sensazione era simile a quella che si prova ad affacciarsi da un precipizio altissimo soffrendo di vertigini, con l'impressione di venire risucchiati giù senza alcuna possibilità di salvezza, soprattutto adesso che non c'era più lui a tenerle la mano, sull'orlo di quel burrone.

«Se vuoi facciamo una pausa, Ashley – la vocina di July la ridestò da quell'angoscia, si era fermata a sua volta e la guardava preoccupata – mi sembri un po' stanca» commentò, dopo aver scrutato il volto della maggiore e averci intravisto una strana espressione.

«Sì, forse è meglio» accettò Ashley con aria confusa, appoggiando delicatamente davanti a sé il disegno che aveva appena iniziato a ritagliare e sorreggendosi la testa con una mano.

«Non hai dormito bene stanotte?» le chiese July, mentre riordinava meticolosamente i suoi colori e i disegni sparsi senza un ordine preciso sul tavolo e si stropicciava gli occhi, divenuti un po' rossi per averli fatti lavorare troppo.

«Già – rispose Ashley, sbadigliando – sai com'è, devo ancora riabituarmi al mio letto e alla stanza dopo tutti questi giorni» si giustificò, senza tuttavia rivelarle l'origine principale della sua insonnia.

July la osservò di soppiatto, poi abbassò lo sguardo e le sue labbra si piegarono in un broncio.

«Mi trattate come se non capissi quello che succede, ma io non sono più una bambina, so benissimo che hai qualcosa che non va! – mormorò la moretta attirando l'attenzione di Ashley, che adesso la fissava stupita – per caso non sei più contenta di stare con noi? Ti sei forse stancata? É per questo che sei così triste da quando sei tornata?» domandò July, battendo le mani sul ripiano del tavolo e spalancando i suoi occhioni castani, diventati lucidi.

Ashley tremò nel vedere le conseguenze del suo comportamento egoista, era tutta presa dal suo dolore da non accorgersi di quanto questo potesse essere travisato e frainteso dalle persone che le volevano bene. Si alzò dalla sedia di scatto e si inginocchiò accanto alla sorella, prendendole le mani.

«Ma che dici, tesoro, vi voglio un mondo di bene, a te, a Phoebe e anche alla mamma – pronunciò quell'ultima parola con un lieve tremore nella voce, doveva ancora parlare con lei e non era ancora riuscita a trovare il momento giusto, né la forza necessaria – quello che ho non ha niente a che vedere con voi, è.. è una cosa mia...riguarda solo me, capito?» disse dopo qualche esitazione, lottando contro un nodo alla gola, che inevitabilmente le si era formato.

July a quel punto sorrise: la sua confessione doveva averla convinta subito, e quel sorriso rincuorò Ashley.

«Stai male per amore?»

Sua sorella era più perspicace del previsto.

«Sì – ammise, abbassando il tono della voce – ma non farci caso, mi passerà, tranquilla, è normale» mentì, per non farla preoccupare, accarezzandole i capelli e abbozzando un sorriso.

«Sai, ero tanto impaziente di diventare grande perchè così tu e Phoebe mi avreste considerato una di voi, avremmo condiviso i segreti e e i pettegolezzi come si fa tra sorelle! – le confessò, torturando un pezzo di cartoncino di scarto sulle sue ginocchia – ma la verità è che ho tanta paura di crescere e di quello che mi aspetta, certo ho le mie amiche e anche loro ci stanno passando, ma voi siete le persone di cui mi fido di più e – si fermò un attimo per trovare il coraggio di rivelare i suoi timori, che finora aveva tenuto nascosti dentro di sé – Phoebe adesso andrà via e prima o poi lo farai anche tu e io non voglio essere abbandonata» disse infine, con la voce rotta dall'emozione, Ashley trasalì quando le sentì nominare l'abbandono, in quel periodo era fin troppo sensibile a quella parola e avvertì le lacrime formarsi ai suoi occhi.

Provò anche un senso di colpa, perchè non si era mai fermata a riflettere e a chiedersi come si potesse sentire July in quel periodo delicato della sua vita e non aveva mai pensato che la grande differenza di età che le separava la potesse fare sentire così sola e distante da loro. Non aveva idea di cosa le riservasse il futuro e di dove sarebbe finita, ma una cosa ormai era certa: non aveva più intenzione di trascurare i suoi affetti per chiudersi nel suo mondo o per dedicarsi solo allo studio, adesso voleva rallentare, godere di tutti i bei momenti che le venivano regalati con i propri cari, vivere le emozioni anche quelle che facevano più male, concentrarsi sulle sensazioni e apprezzare ogni giorno senza darlo mai per scontato con freddezza. Aveva imparato che bisognava approfittare di ogni secondo a disposizione con chi amava perchè certi attimi non tornavano e sarebbe stato più doloroso un rimpianto piuttosto che un ricordo.

Guardò negli occhi sua sorella e le afferrò le spalle forte, per farle sentire la sua presenza.

«I cambiamenti spaventano July, lo fanno anche con me che sono più grande di te e sarà così a ogni età, ma tu potrai sempre contare su di noi. Anche se Phoebe non abiterà più qui, anche se un giorno andrò via anche io, non ti abbandoneremo mai, ci saremo sempre quando avrai bisogno di noi, fosse anche solo con una parola di conforto, te lo prometto - le sussurrò addolcendo gli occhi e con un tono così confortante da farla distendere subito e dimenticare tutti i suoi turbamenti - e poi dimentichi che c'è la mamma, sarà una gran rottura di scatole durante la tua adolescenza, questo te lo garantisco – le puntualizzò subito, per prepararla alle sue ramanzine e ai suoi famosi discorsi imbarazzanti, July scoppiò a ridere – ma non ti tradirà mai e sarà sempre con te, anche quando tu non vorrai o sarai troppo impegnata per accorgertene» concluse, tradendo dell'emozione perchè aveva messo un po' di sé stessa in quelle ultime parole.

July si alzò dalla sedia e si fiondò tra le braccia della sorella, stringendola. Adesso si sentiva più forte.

Il rumore della porta che si apriva le fece voltare contemporaneamente verso l'entrata di casa giusto in tempo per vedere una testa bionda entrare furiosamente e farsi avanti con l'agilità di un elefante incavolato e una borsa volare in aria e atterrare con una parabola perfetta sul divano. Ben presto non solo la loro vista ma anche il loro udito fu deliziato da quell'improvviso invasore.

Phoebe sbuffò con poca grazia, le degnò di un mezzo sguardo e poi diede fiato alla sua bocca.

«Cosa sono tutte queste smancerie – urlò alla viste delle due sorelle abbracciate – togliete subito questi scarabocchi dal tavolo e cominciamo a preparare il pranzo, sto letteralmente crepando di fame, non so se mi spiego!» sbottò nervosa, guadagnandosi un'occhiataccia da July per aver definito 'scarabocchi' le sue opere d'arte e uno sguardo a metà tra il perplesso e lo sconvolto di Ashley.

«E tu pensi che sia facile liberarti di questa qui?» bisbigliò all'orecchio di July, indicando Phioebe con un cenno veloce del capo, riferendosi alla loro precedente conversazione.

July ridacchiò di gusto mentre Phoebe drizzò le orecchie sentendosi chiamata in causa.

«Dico a te, signorina coi capelli rossi, mi fa piacere che tu abbia riacquistato un minimo di vitalità, ma fossi in te farei meno la spiritosa, mentre rientravo ho visto Tyler e credo proprio che si stia dirigendo qui. Scommetto che sarà entusiasta di sapere che te la sei spassata durante queste vacanze!» disse con tono malizioso, mentre rovistava dentro il frigorifero per cercare qualcosa da mettere sotto i denti.

Ashley impallidì, non le andava proprio di affrontare Tyler adesso, gli aveva mandato un messaggio per avvisarlo che era tornata ma che stava poco bene, ma di certo non poteva immaginare che volesse farle visita per verificare di persona.

La situazione stava diventando decisamente troppo soffocante.

«Ma che fine ha fatto la Phoebe comprensiva e amorevole di ieri sera? Qualcuno le ha mandato un incantesimo?» si rivolse alla maggiore, accigliata e contrariata dalle sue frecciatine.

«Tesoro la modalità 'fata turchina' non è disponibile al momento, per adesso dovete sorbirvi la modalità 'stronza', ho avuto due clienti pazze ed esaurite che mi hanno fatto saltare i nervi, perdonatemi!» si giustificò con naturalezza, continuando ad armeggiare con pentole e fornelli.

Ashley la guardò torva, poi si chiese quanti minuti avesse ancora per decidere cosa fare, ma si rese conto di non avere in realtà più nemmeno un secondo quando il suono del campanello la fece saltare in aria.

«July, ti mando in missione visto che vuoi essere coinvolta nelle nostre faccende, vai ad aprire e dì a Tyler che non sono a casa, ok?» ordinò con la velocità della luce alla più piccola che sorrise, felicissima di fare da complice ad Ashley e si avviò alla porta, mentre Phoebe scuoteva rassegnata la testa.

«Se qualcuno mi avesse ascoltata tanto tempo fa adesso non si troverebbe in questa situazione del cavolo!» rinfacciò ad Ashley.

Phoebe era stata una delle prime a capire che Tyler provava ancora dei sentimenti per lei e a metterla in guardia dal troncare l'amicizia con lui per evitare di trovarsi in un grosso guaio dopo, ma la sorella non le aveva voluto dare ascolto e adesso stava pagando la sua testardaggine nell'aver sottovalutato il problema.

«Phoebe non è il momento!» mormorò a bassa voce, facendole segno di abbassare anche la sua e attendendo in silenzio, col fiato sospeso.

Smise di tremare e potè tirare un sospiro di sollievo solo quando udì chiudere la porta e vide la sagoma di July ritornare e sventolare la mano facendo il segno della vittoria.

Non aveva scampato il pericolo, lo aveva solo rimandato e non si sentiva fiera del suo comportamento, ma era ancora troppo frastornata per poter risolvere quel pasticcio con lucidità.

Nel pomeriggio avrebbe dovuto necessariamente sentire Sophia, aveva bisogno del suo supporto e da lei non voleva nascondersi.

 

«Si può sapere cosa sta succedendo qui?» esclamò Monica, sgomenta, in piedi sull'uscio di quella che una volta era la camera di suo figlio ma che adesso sembrava solo un campo di battaglia.

Lo aveva chiamato più volte prima, ma lui non si era degnato di risponderle e così era salita per controllare con i suoi occhi cosa stesse facendo di tanto importante da ignorarla e quello che aveva visto le stava togliendo anche la voglia di varcare quella soglia.

L'intera stanza era stata messa sottosopra, come se ci fosse passata un'orda di vandali, il letto era ricoperto da vestiti e tutto ciò che stava nell'armadio o sui mobili era stato scaraventato a terra.

Sul pavimento Matt, chino davanti a una valigia, era intento a riempirla, come prima capitava, di vestiti e altri oggetti, lottando per farli entrare tutti, i suoi gesti erano nervosi e lasciavano trapelare anche una certa fretta.

Non rispose alla sua prima richiesta di spiegazioni, pareva essere di colpo diventato sordo, Monica lo giustificò pensando che alla fine tutta quella musica assordante a cui era abituato gli avesse fatto calare l'udito, e così provò una seconda volta, aumentando sensibilmente il volume.

«Matt, mi hai sentito? Cosa stai facendo?» ripetè, sgranando ancora di più gli occhi.

«Me ne vado» rispose lapidario lui, mentre continuava ad agitarsi in mezzo a quella confusione.

«Ma.. che cosa?» chiese Monica disorientata, avanzando di qualche passo verso di lui.

«É proprio come hai capito, mamma, me ne torno a casa mia!» ribadì con determinazione, continuando a non sollevare la testa.

Monica allora coprì la poca distanza rimasta tra loro con due ampie falcate, poi gli afferrò violentemente un braccio, unico modo che trovò per costringerlo a fermarsi e ad alzare lo sguardo verso di lei, anche se per rivolgerle un'occhiata ostile, come non gliene vedeva fare ormai da settimane.

«Cos'è questa storia? Mancano ancora alcuni giorni al tuo rientro!» gli fece presente la donna, ma Matt continuò a fissarla con quell'espressione astiosa, non intenzionato a cambiare atteggiamento.

«E allora? Ho deciso di anticipare, non ho più niente da fare qui! E poi Gregory non mi sopporta e io non sono più un ospite gradito!» sbottò e con uno strattone si liberò della presa di sua madre.

«Ma non è vero Matt, però cerca di capire! Non gli hai spiegato perchè non eri a casa la mattina della partenza, ha visto Ashley distrutta e pensa che tu l'abbia presa in giro, io ho provato a spiegargli ma tu mi smentisci coi tuoi atteggiamenti chiusi e ostili. Dovreste parlare e chiarire!» cercò di convincerlo, ma il ragazzo non ne volle sapere.

«Ormai ho deciso» disse, chiudendo ogni spiraglio di dialogo.

Monica rimase per un attimo scossa, non era pronta a salutarlo così all'improvviso e non voleva farlo, anche se rimanevano pochi giorni voleva trascorrerli con lui e assicurarsi che si fosse ripreso e addirittura sperava di convincerlo a fare un altro tentativo con Ashley, non si era rassegnata.

Ma vederlo partire in quelle condizioni, con quel morale autodistruttivo, proprio non riusciva ad accettarlo.

Si buttò in ginocchio accanto a lui con disperazione e gli prese il viso con entrambe le mani, le dita si insinuarono tra i capelli di Matt e tirarono un po', procurandogli dolore, la fronte del ragazzo si contrasse come riflesso, mentre i suoi occhi stupefatti rimasero fissi in quelli di Monica. Non si era aspettato un gesto così risoluto da lei.

«Non farlo Matt, ti prego – lo implorò con le lacrime agli occhi – ti ho ritrovato da poco, non mi privare di questi ultimi giorni rimasti, ti chiedo solo questo!»

Il cuore di Matt perse un battito, non ce la faceva a vedere sua madre supplicarlo in quel modo e per quanto non vedesse l'ora di andarsene da quella casa che le ricordava Ashley in maniera insopportabile, l'impeto furioso che l'aveva acceso tutta la notte e mosso la mattina, cominciò a svanire, era diventato troppo sensibile e remissivo quando si trattava di sentimenti per colpa di quella ragazza, i suoi muscoli si rilassarono e l'espressione si addolcì.

Annuì semplicemente senza emettere suono e Monica lo strinse a sé.

«Grazie» gli sussurrò all'orecchio senza sciogliere quell'abbraccio.

«Mi sono indebolito, l'amore mi ha reso fragile e vulnerabile» mormorò, col viso ancora sepolto sulla spalla di sua madre.

«Invece ti sbagli, e te ne accorgerai» lo contrastò Monica, nelle sue parole c'era una sicurezza e un ottimismo che lui proprio non riusciva a cogliere al momento.

Quando sua madre uscì dalla stanza rimase lì per terra, a fissare il pavimento coi pensieri troppo opprimenti, poi si passò una mano fra i capelli per liberarsi la fronte e sospirò pesantemente. Guardò fuori dalla finestra e lentamente riuscì a trovare la forza per alzarsi.

 

Dopo aver pranzato e sopportato il chiasso delle sorelle, Ashley salì in camera sua, si chiuse la porta alle spalle, sentendo il vocio dal piano di sotto attutirsi fino quasi ad annullarsi, si arrampicò sul suo letto e approfittò del silenzio che regnava lì dentro per chiamare la sua amica Sophia.

A lei avrebbe potuto raccontare qualcosa e magari l'avrebbe anche aiutata e consigliata sulla questione in sospeso con Tyler. E poi le mancava e voleva sentirla dopo tutto quel tempo.

Il telefono produsse alcuni squilli prima che la voce cristallina di Sophia le giungesse all'orecchio.

«Bentornata cara! Finalmente ci sentiamo! - esordì l'amica, Ashley sorrise nel riconoscere il suo timbro gioioso, ma non fece in tempo a rispondere che la sua voce incalzò - ho saputo che stai male ma che stamattina non eri a casa, si può sapere com'è possibile?» le chiese, evidentemente Tyler doveva già averle riferito dell'episodio di quella mattina e Sophia nascondeva a fatica una certa curiosità e impazienza di scoprire che diavolo prendesse alla sua amica o per meglio dire, per confermare una certa ipotesi che le frullava nella testa da quando lei era ancora in vacanza dal padre.

«So che può sembrare che io stia dicendo un mucchio di cavolate e magari in parte è vero, ma che sto male è la verità, solo non nel senso che ho una malattia, diciamo così!» tentò maldestramente di spiegarsi.

Un gemito di sgomento le arrivò dall'altra parte della cornetta, facendole piegare le sopracciglia in un'espressione perplessa.

«Oh mio Dio Ashley, sei incinta!» urlò sconvolta l'amica.

«Non sono incinta! Ma che vai a pensare?» ribattè Ashley, rischiando di strozzarsi per la foga di smentire quell'affermazione.

Davvero quella ragazza era allucinante!

«Oh, meno male – esclamò Sophia, enfatizzando il rumore di un sospiro di sollievo – in effetti non era plausibile, ciò avrebbe implicato la presenza di una controparte maschile» la provocò, usando il suo solito linguaggio colto che spesso le attirava le antipatie della gente.

Ashley rimase interdetta, indecisa se considerarsi offesa.

Era davvero così assurda l'idea che un ragazzo avesse fatto ingresso nella sua vita? La consideravano tutti veramente così chiusa e disinteressata ai sentimenti o all'attrazione verso il sesso opposto?

«Beh, magari invece l'ho avuta una controparte maschile!» borbottò, scimmiottando le stesse parole usate da Sophia e trovando così anche un modo rapido e alquanto indolore per confessare il suo segreto.

Un ghigno di compiacimento si dipinse sul viso di Sophia e per fortuna Ashley non potè vederlo dal telefono.

L' aveva portata proprio dove voleva, ormai conosceva Ashley e i suoi punti deboli così bene da riuscire a smascherarla nell'arco di qualche minuto.

«Lo immaginavo, comunque, e volendo azzardare un' ipotesi, direi che si tratta del tipo che abitava con te, giusto?» le domandò.

Ashley rabbrividì, Sophia era proprio inquietante quando si ci metteva.

«Ma come... sei proprio incredibile! Dovresti guardare meno gialli, non capisco perchè ti sei iscritta a lingue e non hai fatto la criminologa o l'investigatrice privata!» dichiarò in lieve imbarazzo.

«Sei tu che sei troppo prevedibile, avevi omesso quel piccolo particolare e pensavi che non me ne accorgessi! E dimmi, è una cosa seria? Ci sei dentro quanto?» le chiese.

«Abbastanza, direi che ci sono proprio sprofondata e adesso non riesco più a risalire, sto malissimo Sophia, non so proprio come uscirne» la voce di Ashley si incrinò inevitabilmente e perse quel tono all'apparenza tranquillo che aveva avuto prima.

Sophia notò quel cambiamento in lei e capì che doveva intervenire.

«Che ne dici se faccio un salto da te, così mi racconti meglio?» le propose senza esitazione.

«Sì, ti aspetto»

Così Ashley fece il riassunto della sua storia con Matt a Sophia, e l'amica capì finalmente come mai in quel lungo mese era stata così distaccata e fredda e per quale motivo si era tenuta tutto dentro. Ashley le sembrava davvero innamorata e non ricordava di averla mai vista così presa da qualcuno prima d'ora, di certo non sarebbe stato facile per lei superare quella delusione, il primo vero grande amore era sempre difficile da dimenticare.

Ovviamente le venne in mente Tyler e qualche brivido le attraversò la schiena.

Quella situazione avrebbe di certo complicato tutto e temeva che quel momento sarebbe arrivato presto.

«Tyler non sarà molto contento di sapere che sei stata con qualcuno quest'estate! Sapessi quante volte mi ha parlato di te e quanto era agitato perchè non ti stavi facendo sentire in questi giorni! Certo adesso capisco anche perchè l'hai fatto, con quel dolore non doveva essere facile riuscire a focalizzarti sul resto» le accarezzò una guancia con la mano.

«Tyler non è il mio ragazzo e di chi sono innamorata o con chi vado a letto non dovrebbero essere affari suoi, o per meglio dire, non dovrebbe interessargli più di quanto farebbe un amico!» dichiarò, incrociando le braccia al petto con fermezza.

Sophia sospirò «E allora perchè lo stai evitando? Se pensi che sia solo un amico perchè non gliene parli tranquillamente come stai facendo con me! - la spiazzò, facendole abbassare lo sguardo che adesso si era accigliato – la verità è che sai benissimo che tu per lui non sei un'amica e non lo sarai mai e hai paura di ferirlo!»

Sophia non voleva fare del male ad Ashley, soprattutto adesso che era così vulnerabile, ma sapeva che se avesse prolungato quell'agonia avrebbe solo peggiorato le cose.

La vide deviare lo sguardo dalla parte opposta alla sua e rimanere in silenzio, probabilmente le stava dando ragione ma non aveva il coraggio di ammetterlo.

Le pose una mano sulla sua delicatamente e provò ad ammorbidire i toni. «So che per te non è facile, ma Tyler ha intenzione di parlarti, Ashley! Me l'ha detto più volte e non potrai farti negare a casa per sempre! Devi essere onesta con lui.»

«Lo so, mi ero ripromessa di sistemare diverse questioni una volta che sarei tornata a casa, ma Matt... lui mi ha scombussolata e ho la testa così piena e confusa che tutti i miei piani stanno andando in frantumi! A volte mi pare di sentirlo, ho la sensazione che sia nella stanza accanto e quando mi rendo conto che non è così mi sento vuota! Ecco, vuota è la parola giusta per descrivere quello che provo. Vorrei tanto poter trovare la forza, quando lui era con me sentivo di poter spaccare il mondo e adesso...mi faccio solo pena» ammise, delle lacrime le volarono giù dagli occhi, finendo sulle sue gambe, Sophia le circondò le spalle e la abbracciò forte.

«Ma la troverai la forza, sono sicura che ce la farai! E poi non perdere la speranza, magari si aggiusterà tutto quando meno te l'aspetti!» la incoraggiò, sperando di infonderle con la sua vicinanza un poco di coraggio, mentre rimasero abbracciate per un po'.

 

Matt aveva imparato col tempo a saper riconoscere quando faceva un cazzata e ciò che aveva appena fatto rientrava di diritto sotto quella definizione.

Una cazzata e anche bella grossa.

Non ricordò nemmeno più quale forza l'aveva spinto a varcare quella soglia e perchè adesso fosse seduto sul letto di Ashley con la testa fra le mani.

Era stato più forte di lui, come preso da un istinto masochista si era trovato a fermarsi davanti alla porta della stanza della ragazza e la sua mano tremante aveva afferrato la maniglia. Stavolta però non si era fermato, l'aveva abbassata. La porta si era aperta senza fare resistenza, non era stata chiusa a chiave, per sua sfortuna.

E così l'aveva sentita forte e chiara la fitta al cuore nel vedere quanto anonima e spenta risultasse ora.

Non sembrava più la sua stanza, il loro rifugio, qualunque traccia di loro due era sparita.

Non c'erano i suoi libri aperti sulla scrivania, né i suoi vestiti sulla sedia o la finestra del terrazzo socchiusa per rinfrescarla dalla temperatura afosa. Il letto non profumava più di lei ma di un odore piatto e asettico che non riconosceva.

Eppure ricordava benissimo tutte le volte che ci avevano fatto l'amore e ci era rimasto a dormire, togliendole spazio nel sonno senza che lei se ne lamentasse. Tutte quelle scene cominciarono a vorticargli in testa una dopo l'altra, senza interruzione, facendogliela girare e sentì la nausea pervaderlo. Si strinse le tempie più forte, come se volesse arrestare i pensieri, ma questi continuavano a scorrere senza pietà.

Com'era possibile che tutto quello che avevano fatto e provato lì dentro fosse sparito come se non fosse mai esistito, spazzato via come polvere senza lasciare traccia? Quel pensiero lo fece impazzire, avrebbe voluto toglierselo dalla testa, dimenticare, ma non ci riusciva, come avrebbe mai potuto?

La voleva con sé, più di prima, voleva che tutti quegli attimi tornassero indietro ma più si rendeva conto che era impossibile più gli veniva voglia di sbattere la testa sul muro per smettere di ricordare.

Che stupido che era stato a entrare lì dentro! Pensava di poterlo affrontare, che fosse già pronto e invece non aveva fatto altro che peggiorare le cose.

Adesso l'unica cosa che voleva era non pensare più, distrarsi, spegnere il cervello o sarebbe esploso.

Abbandonò quella stanza correndo e tornò nella sua, prese il basso e se lo mise sulle spalle. Rilesse il messaggio dei suoi amici che lo invitavano a suonare quella sera e senza pensarci due volte uscì di casa, prima che i polmoni si rifiutassero ancora di respirare.

Suonò per ore, senza sentire la stanchezza, per farsi male, per sfinirsi, finchè il caldo non divenne insopportabile e le gambe cominciarono a non reggerlo più.

Non era solo la fatica fisica che lo stava indebolendo ma anche l'alcool.

Aveva preso a bere, come non faceva forse da anni, quando la sua situazione a casa era stata così pesante da sopportare che alcune sere non riusciva a reggerla e si era lasciato andare a qualche brutta sbronza, finendo per stare più male di prima.

Sapeva che non avrebbe risolto nulla, ma voleva staccare la spina, fosse stato solo per una notte.

Guardava i visi della gente rivolti a lui mentre suonava e nessuno di quelli apparteneva a lei, i suoi occhi grandi, castani chiari non c'erano a sorridergli e più lo realizzava più beveva per dimenticarlo.

Quando la vista cominciò ad appannarsi fu felice perchè almeno non distingueva più nessuno, poteva persino illudersi che Ashley fosse lì, con lui.

Mandy lo tenne d'occhio tutta la sera, con un'espressione severa e preoccupata. Le ritornò in mente come un deja vù il Matt sedicenne, sbandato e senza punti di riferimento, solo ad affrontare i suoi dolori, convinto che annegandoli in quel modo fosse una soluzione.

Per fortuna non era capitato spesso, ed era da quei tempi che non lo vedeva intenzionato a farsi così male.

Jenny accanto a lei la vide fremere: avevano ascoltato i commenti delle ragazze, si era sparsa presto la voce che Matt avesse lasciato la ragazza di quell'estate e che fosse di nuovo sulla piazza e un paio di loro erano già partite all'attacco, anche se lui non le aveva degnate di uno sguardo.

Non gli interessava rimpiazzare Ashley con una qualunque, e di certo non era alla ricerca di un'avventura senza senso. L'unica ragazza che avrebbe voluto accanto, che avrebbe voluto baciare e abbracciare era troppo lontana ormai e delle altre non gli importava.

Non voleva sedurre nessuna, era in uno stato pietoso e con un'espressione accigliata e astiosa che avrebbe scoraggiato chiunque eppure riusciva a risultare bello e attraente anche così, non gli serviva impegnarsi o darsi delle arie da figo, anche in quel momento in cui rimorchiare era l'ultima cosa che voleva ottenere.

Mandy lo osservò posare il basso e con lo sguardo assente dirigersi fuori per prendere aria, mentre si passava una mano sulla fronte, e sbandava leggermente. Qualche ochetta gli andava dietro ridendo ma probabilmente lui non ci stava badando nemmeno per sbaglio.

«Vai a recuperare quell'idiota!» ordinò Jenny a Mandy, leggendo nella mente dell'amica, che non se lo fece ripetere due volte e si catapultò a raggiungerlo.

Lo trascinò via a fatica da un gruppo di ragazze, beccandosi una serie di insulti da quattro soldi, e riuscì a trovare un angolo tranquillo.

Adesso Matt stava anche fumando, barcollava e non riusciva a guardarla negli occhi. La sua espressione sembrava vuota e spenta.

«Cosa vuoi?» chiese lui bruscamente, provando a divincolarsi, ma la presa di Mandy era più forte dei suoi muscoli intorpiditi dall'alcool.

«Pensavo non avessi più sedici anni – gli comunicò fredda, facendogli intendere che aveva ancora chiari in mente i periodi in cui doveva riaccompagnarlo a casa dopo che aveva bevuto troppo - Temevo facessi qualche stronzata. Come cazzo ti sei ridotto?» gli domandò poi a voce alta, tremendamente seria, senza mollare la presa sul suo braccio.

Matt sbuffò, poi scoppiò a ridere beffardo. «Pensavi che volessi farmi una di quelle? Eri preoccupata di questo? - prese a rinfacciarle, puntandole gli occhi in faccia – non mi interessa un cazzo di loro, e comunque ti ricordo che non sono impegnato, non ho nessun legame ed Ashley è lontana e anche lei è libera, capito?» urlò, ma non lo disse con soddisfazione bensì con dolore, nonostante la mente annebbiata riuscì a ricordare con lucidità Tyler e immaginò che adesso potesse esserle vicino, mentre lui non poteva più farlo.

«Matt so che stai soffrendo ma non è questa la soluzione. Non voglio vederti reagire così! Ti voglio bene lo sai» gli disse, addolcendo gli occhi e la voce.

Mandy era una delle poche persone di cui Matt sapeva potersi fidare ciecamente e sebbene volesse stare solo e rinchiudersi nella sua sofferenza, provò il bisogno di sentirsi protetto e compreso e improvvisamente si gettò tra le braccia dell'amica, cercando il suo conforto come un ragazzino sperduto.

Mandy barcollò e per poco non rischiò di finire a terra, Matt non stava bene in equilibrio e non controllava il suo corpo e il suo peso sembrava raddoppiato, lei era alta meno di un metro e sessanta e lui la sovrastava di molto.

Lentamente e a fatica lo sorresse e lo abbracciò, accarezzandogli i capelli come tante volte aveva fatto anni prima.

«Non riesco nemmeno a piangere, ci credi? So solo che mi manca da morire e stasera volevo non pensare a nulla, volevo liberarmi di lei anche solo per qualche ora, è così sbagliato?» si sfogò, aveva troppo bisogno di farlo e inutilmente si era convinto di potersela cavare da solo.

«Non lo è, ma così ti fai solo del male. Se la vuoi vattela a riprendere. Và da lei, cazzo!»

Matt spalancò gli occhi a quelle parole crude, quel pensiero sfiorò la sua mente come una dolce carezza e per un attimo credette di poterlo fare davvero, di poterla rivedere e stare con lei, ma poi l'oscurità si impadronì di nuovo di lui.

«Non posso, non posso, non voglio ripiombare nella sua vita e sconvolgergliela, sarebbe ancora più inutile adesso. Io non...» ma non riuscì a finire la frase perchè il suo corpo cedette, le forze lo abbandonarono e la voce gli morì in gola. Gli effetti della sua alzata di gomito gli arrivarono tutti in una volta e Mandy fu costretta a farsi aiutare dai loro amici per sorreggerlo e riaccompagnarlo a casa quando fu di nuovo in grado di camminare.

«Mi raccomando, ce la fai?» chiese Dylan dalla sua auto, accertandosi che fosse in grado di salire a casa sua.

«Si tranquilli, potete andare» li rassicurò Matt, ma la sua testa continuava a girare e girare, con molta difficoltà aprì la porta di casa e la richiuse, poi le chiavi gli caddero per terra, emettendo un tonfo metallico abbastanza forte. Si appoggiò al muro per evitare di sbandare e urtare qualcosa, facendo svegliare sua madre, eventualità che voleva evitare a tutti i costi. Non voleva che si preoccupasse e men che meno che lo vedesse in quelle condizioni, non ora che stavano ricostruendo quel rapporto tormentato.

Lentamente strisciò sul muro, alla ricerca dell'interruttore della luce, non ricordava più esattamente dove fosse e le sue mani si aggrappavano alla parete senza successo, alla fine sentì le gambe cedere.

In quel momento la luce si accese, ma non erano state le sue dita a schiacciare il pulsante o almeno così gli era sembrato, ma poteva anche essersi sbagliato data la sua attuale poca percezione del mondo.

Invece era proprio così e davanti a lui si stagliò la figura di Gregory: si era alzato per andare in bagno e poi aveva sentito dei rumori sospetti provenire da sotto ed era andato a controllare.

Di certo non si aspettava però di trovarsi di fronte Matt, completamente ubriaco.

Il ragazzo ebbe solo il tempo di ammiccare con gli occhi e riconoscerlo che crollò in ginocchio sul pavimento, con la testa china, pesante come un masso.

Gregory si avvicinò a lui in fretta e si piegò per sorreggerlo, gli sollevò la testa e vide i suoi occhi assenti ed estraniati.

«Matt, ma stai male? - gli chiese allarmato, poi osservando meglio capì che il problema era diverso – tu sei... ubriaco?» esclamò incredulo, tentando di rimetterlo in piedi, visto che Matt non collaborava.

«Tranquillo ce la faccio – provò a rassicurarlo, ma senza successo – sto bene, ho già vomitato fuori, quindi...» continuò, ancora troppo incosciente per rendersi conto di ciò che diceva.

Gregory rimase spiazzato, non sapeva bene come comportarsi, con Ashley non gli era mai capitato di trovarsi in una situazione simile e anche se da giovane qualche volta aveva esagerato un po' con gli amici, non ricordava di essere mai arrivato a stare così male.

Si chiese cosa avesse spinto quel ragazzo a ridursi in quello stato, era la prima volta che lo vedeva così devastato.

«Ma, perchè l'hai fatto? Che ti è preso?» gli chiese, mentre posizionava un braccio di Matt sulle sue spalle per alzarlo e riuscire a portarlo quanto meno a sedere in cucina.

«Vuoi sapere perchè? Lo vuoi sapere davvero? - prese a chiedergli Matt, senza il controllo della sua lingua – perchè mi sono innamorato di tua figlia, la amo da morire!» gli confessò, senza freni o inibizioni, troppo annebbiato per capire che stava rivelando i suoi sentimenti al padre della ragazza che amava. Forse fu solo una sua impressione, ma gli parve di sentirsi un poco meglio, più leggero, dopo avere gridato quelle frasi.

Gregory trasalì, si fermò e per un pelo non rischiò di far scivolare Matt per terra.

Quella confessione lo colpì come un fulmine a ciel sereno, si era convinto che Matt avesse giocato coi sentimenti di sua figlia, ma adesso che lo teneva tra le braccia gli sembrò tutto tranne che qualcuno che si era divertito ad approfittare dell'amore di una ragazza.

Sembrava lui la vittima e non il carnefice, debole, annientato e disperato.

Lo guardò senza riuscire a dire nulla, ma Matt lo tolse da quell'imbarazzo, riprendendo a parlare.

«So che mi odi e so che mi sono comportato da vero stronzo ieri, scappando senza nemmeno salutarla, ma devi sapere che l'ho fatto perchè non sopportavo di vederla andare via anche se dovevo lasciarla libera! Ashley è stupenda, è intelligente ed è tutto quello che non sono io, non può perdere tempo con me, deve andare per la sua strada e io l'avrei solo rallentata! So che soffre e mi maledico ogni giorno per come sono andate le cose, ma l'ho fatto per il suo bene, credimi! Mi dispiace tanto Gregory!» e prima che potesse accorgersene delle lacrime colarono sul suo viso, le aveva cercate da tanto ma erano state latitanti per anni.

Gli rigarono calde il viso ed era bello, per la prima volta dopo anni ne assaporò la sensazione dolce sulla pelle, il sapore salato di quelle che si insinuavano tra le sue labbra, la liberazione che portarono col loro arrivo, e si abbandonò al pianto, senza vergognarsi, senza pensare che un uomo non dovrebbe mai piangere, fregandosene alla grande di tutti quei pregiudizi o che si trovasse davanti a Gregory.

Lui a sua volta, dopo la meraviglia iniziale per ciò che aveva appena sentito provenire da quel ragazzo, che tanto ingiustamente aveva accusato, capì quanto si era sbagliato e dopo un primo imbarazzo per la situazione a cui non era preparato, lo abbracciò e gli permise di sfogarsi.

«Va tutto bene, non ti odio Matt, scusa se ti ho fatto pensare questo, non avevo idea di quanto stessi soffrendo» gli mormorò all'orecchio.

Dopo un po' Matt riprese coscienza e gli effetti della sbronza cominciarono a scomparire, lasciandolo solo abbastanza malandato e con un mal di testa epico.

«Ti preparo un caffè, ti farà stare meglio» si offrì Gregory, avvicinandosi alla macchina e prendendo l'occorrente dagli scaffali della cucina.

Matt era seduto e stava accasciato sul tavolo, con le braccia incrociate e la faccia poggiata sopra.

Il mal di testa lo stava distruggendo e non riusciva a tenerla dritta, per non parlare della figuraccia che aveva appena fatto con Gregory. Adesso che ragionava si ricordò delle cose che gli aveva rivelato poco prima e, anche se non se ne pentiva, lo colse un forte imbarazzo al punto da non essere capace di guardarlo.

Giurò a sé stesso che quella sarebbe stata l'ultima volta che si ubriacava.

Gregory di tanto in tanto si voltava per osservarlo, ma l'unica immagine che vedeva era sempre lui curvo sulla sedia e la sua testa bionda riversa sul tavolo.

«Ti prego non dire niente a mia madre» la sua voce gli giunse attutita, perchè il ragazzo aveva parlato col viso ancora nascosto dalle braccia.

«Tranquillo, non lo farò. Tu però adesso cerca di riprenderti»

Matt sollevò appena il viso, attratto da profumo del caffè e vide Gregory, seduto accanto a lui che gli porgeva una tazza.

«Grazie» sussurrò e la prese, portandosela alle labbra, il liquido nero scottava e lo costrinse ad allontanarla subito.

Gregory gli sorrise e Matt si sentì un poco meglio e meno a disagio. Almeno non era stato un totale disastro, era riuscito a salvare il rapporto con lui e quello era già un miracolo.

I due passarono almeno un'altra ora a parlare e quella nottata si rivelò più lunga del solito e fortunatamente, tutto sommato, ebbe un esito positivo.

Quando Matt si mise a letto era quasi mattina, si infilò sotto le coperte e chiuse gli occhi, cercando di dormire, ma una voce voleva impedirglielo.

'Vattela a riprendere'

Continuava a ronzargli in testa eppure adesso non era più ubriaco.

'Và da lei'

Le parole di Mandy erano rimaste scolpite dentro di lui e non ne volevano sapere di stare in silenzio. 

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Capitolo 37
*** Capitolo 37 ***


Capitolo 37

 

Ashley salì sull'autobus affollato, colmo di studenti diretti verso la sua stessa meta: l'università.

Non era un viaggio lungo, distava solo mezz'ora dal suo paese ed era perfettamente abituata a compiere quel tragitto, come faceva ormai da tre anni, ma quel senso di smarrimento era la prima volta che lo provava.

Osservò i visi degli studenti, qualcuno era annoiato, altri assonnati, altri ancora intenti a chiacchierare col vicino e ne salutò qualcuno che conosceva con un cenno del capo e un sorriso forzato.

Finalmente tra le file scorse una mano che cercava forsennatamente di attirare la sua attenzione e poi riconobbe il volto di Sophia. L'amica la chiamò e spostò la borsa che aveva poggiato sul sedile per conservarle il posto.

Le baciò le guance e le sorrise amichevolmente, provando a farla ridere e attaccando a parlare a ruota libera di una miriade di argomenti diversi.

Tutti tranne quello.

Sophia aveva intrapreso una tattica spietata,l'unica che riteneva utile in quei casi: semplicemente non parlare più di lui, cercare di farla distrarre, allontanare i suoi pensieri da quel ragazzo e far sì che li concentrasse su altro.

Come se fosse facile, comunque!

Erano ormai quattro giorni che Ashley era ritornata e per lei quello significava quattro giorni senza Matt.

Non era qualcosa a cui si ci abituava come niente fosse e lei non l'aveva ancora fatto. Continuava a pensarlo e a chiedersi cosa stesse facendo, ma la vita era crudele e andava avanti e lei questo non poteva impedirlo.

Aveva ripreso lentamente a mangiare e a sorridere di più, aveva riaperto i libri per gli esami di fine mese e aveva provato a mettere piede fuori casa, anche solo per una passeggiata.

Spesso erano gesti che compiva per non fare preoccupare o insospettire la gente intorno a lei. Quello che le faceva più male era vedere come il mondo continuasse, ignaro della sua sofferenza. Non faceva altro che osservare la gente, chi studiava, chi andava a lavoro, i bambini che giocavano, tutto scorreva come aveva sempre fatto, mentre lei era rimasta ferma a quel giorno maledetto.

Annuì con poca convinzione a una lamentela di Sophia sul suo professore, poi voltò per un attimo la testa verso il finestrino, osservando il paesaggio, senza espressione.

All'università le lezioni non erano ancora cominciate, ma aveva dovuto fare un salto per accertarsi della data di un esame e per incontrare dei colleghi e scambiarsi del materiale per lo studio.

Un paio di sorrisi, di convenevoli, di 'come stai' e di risposte vaghe e poi era andata.

Il viaggio di ritorno lo fece sola e ne approfittò per prepararsi psicologicamente a ciò che la aspettava.

Aveva deciso di passare dall'officina del padre di Tyler, dove anche lui lavorava, per farsi viva durante una sua pausa. Non aveva potuto ignorarlo e il giorno prima lo aveva chiamato spiegandogli che era stata male per via dello sbalzo di temperatura dalla città di mare di suo padre alla loro e lui pareva averci creduto.

Gli aveva proposto di vedersi dieci minuti al ritorno dall'università. Sperava che in un tempo così piccolo non avrebbe potuto intraprendere qualche discorso imbarazzante e avrebbe guadagnato del tempo per prepararsi al loro futuro e inevitabile confronto.

L'autobus accostò alla fermata ed Ashley scese, prese un respirò profondo e si avviò.

Cinque minuti dopo era già arrivata, fece capolino e scorse Tyler impegnato a trasportare dei grossi scatoloni, impresa quasi impossibile per molti ma che lui affrontava come un gioco da ragazzi, visto il fisico allenato che si ritrovava.

Rimase in silenzio, in attesa che lui la notasse e questo avvenne poco dopo.

Gli occhi di Tyler si illuminarono nel riconoscere la figura di Ashley. Poggiò il carico a terra e si avvicinò a lei.

Era bella come sempre, forse aveva i capelli più lunghi che gli ricordavano il periodo in cui erano stati insieme, quando ancora li portava così, e sembrava più sciupata, deperita ma lo attribuì al malessere di stagione. Teneva stretta la cinghia della sua tracolla e aveva l'aria di essere quasi impaurita di vederlo.

Tyler non resistette più, la raggiunse e la abbracciò stretta, Ashley tremò a quel contatto e si limitò ad appoggiare le braccia sulla sua schiena, senza stringere la presa.

«Finalmente ci vediamo! - esclamò lui, non sembrava cambiato, i suoi occhi castani erano sempre allegri, forse ancora di più adesso che la vedevano e i capelli un po' più corti.

«Già» disse Ashley, impegnandosi di risultare convincente e ricambiare la felicità che lui sembrava sprizzare da tutti i pori.

«Facciamo una passeggiata, ti va?» propose Tyler, Ashley annuì, e insieme si diressero verso un parco lì vicino.

Il ragazzo la osservò camminare accanto a lui, sembrava triste, angosciata e cominciò a dubitare che fosse per il raffreddore. Il suo sguardo si accigliò e una certa preoccupazione e ansia lo invasero.

Forse non doveva più aspettare, doveva togliersi quel dubbio adesso.

Si sedettero su una panchina, Ashley poggiò la borsa sulle ginocchia e se la strinse al grembo, in un atteggiamento di chiusura che Tyler non si spiegava.

«Sei strana» affermò dopo qualche minuto perso a parlare delle solite cose che si chiedono quando non ci si vede da un po'.

Ashley sussultò e di riflesso strinse i pugni attorno al tessuto della tracolla.

Cosa avrebbe dovuto rispondere ora?

«In che senso?» domandò, sperando di riuscire a tergiversare.

«Non lo so, sembri assente, diversa»

«Forse lo sono, non stiamo forse crescendo e cambiando tutti?» rispose, con un tono forse troppo freddo, che meravigliò anche sé stessa.

Tyler rimase in silenzio, poi guardò le fronde degli alberi sopra la loro testa, muoversi scosse dal vento e il vialetto del parco che si inoltrava e si ramificava andando avanti.

«Ti ricordi, venivamo spesso qui da ragazzini – iniziò, con l'intenzione di rivangare il passato – è qui che ci siamo dati il primo bacio»

Ashley cominciò a diventare sempre più nervosa, non voleva che la discussione andasse a finire lì, aveva sperato che almeno in quel loro breve incontro non sarebbe successo, ma Tyler sembrava troppo determinato e forse era stato preso dalla fretta di sapere.

«Sì, è stato il mio primo bacio - affermò, anche se adesso era a disagio con lui, non potè negare che fosse un ricordo piacevole quello, ma le cose erano cambiate e lui doveva accettarlo – ma è stato tanto tempo fa, adesso è tutto diverso»

«Forse sì – mormorò lui - o forse no»

Le ultime tre parole le pronunciò così piano che Ashley preferì fare finta di non averle sentite, scattò in piedi, controllando l'orario, poi si voltò verso il ragazzo, ancora seduto sulla panchina.

«Si è fatto tardi, se non vai ti beccherai una ramanzina da tuo padre, sai come se la prende quando fai il lavativo a lavoro» balbettò, in evidente imbarazzo.

Tyler abbassò lo sguardo rassegnato, poi la seguì.

«Che ne dici se ci vediamo di nuovo da soli uno di questi giorni, ho bisogno di parlarti con calma» la informò, serio ma anche un po' spaventato.

«Va bene, anche io devo parlarti» ribattè Ashley, in uno slancio di coraggio.

Poi Tyler fece per salutarla ma avvicinandosi al suo viso provò l'istinto irrefrenabile di baciarla, le circondò la schiena con un braccio e provò ad avvicinarsi alle sue labbra, ma Ashley riuscì a intuire le sue intenzioni e si scansò, porgendo la guancia, come in un normale saluto.

Poi corse via, frastornata. La sensazione di altre braccia che la circondavano che non fossero quelle di Matt l'aveva nauseata, la testa le aveva cominciato a girare e aveva iniziato a correre per tornare il prima possibile a casa. Il viso di Tyler così vicino al suo l'aveva terrorizzata, lei non voleva essere baciata, né toccata, voleva solo stare da sola.

L'unico che avrebbe voluto accanto e al quale avrebbe permesso di fare tutte quelle cose era Matt e per l'ennesima volta sentì crollare l'equilibrio che tanto difficilmente stava cercando di ricostruirsi.

'Lo amo, lo amo, non posso farci niente, perchè deve fare così male?» continuò a ripetere mentre il respiro le si affannava per la corsa, finchè non fu costretta ad appoggiarsi a un muro e fermarsi, affranta e in preda alla disperazione.

 

 

Monica aprì la porta a Mandy e la fece accomodare al piano di sopra, dove Matt la stava aspettando.

Si sentiva un po' più serena adesso, per qualche strana ragione che nessuno le aveva voluto spiegare, suo figlio e Gregory avevano ricominciato a parlarsi come se il loro rapporto non fosse mai stato incrinato da quell'incidente di percorso. Aveva provato più volte a farsi dare dei chiarimenti ma quei due erano stati delle tombe. Alla fine se ne era fatta una ragione, l'importante era che almeno tra loro le cose fossero tornate alla normalità.

Mandy ringraziò cortesemente Monica e poi fece capolino nella stanza di Matt.

Lo salutò e si sedette sul suo letto, strimpellando un po' il basso del ragazzo, negli anni le aveva insegnato qualche accordo e qualche giro di base.

Era venuto a salutarlo perchè Matt sarebbe partito il giorno dopo e non si sarebbero rivisti se non forse tra un'altra estate e in più era preoccupata per quello che era successo due sere prima. Voleva accertarsi che l'amico stesse meglio e soprattutto che avesse riflettuto sulle sue parole, sperava almeno di averlo scosso.

«Mi hai fatto prendere un colpo due sere fa, brutto cretino!» sbottò all'improvviso, mettendo giù lo strumento.

Matt rise, poi si accasciò su una sedia e fissò l'amica imbronciata.

«Scusami se ti ho dato pensiero, sono stato un idiota, ma quella sera stavo così male che avevo solo voglia di annullare quel dolore, e non ho ragionato più» si giustificò.

«E adesso come va? - chiese Mandy, arricciandosi i capelli tra le dita – hai deciso cosa fare?»

«Non capisco cosa intendi» ribadì Matt indifferente, facendo finta di non aver colto dove l'amica volesse andare a parare. Non poteva certo dirle che da quando aveva sentito le sue parole queste gli risuonavano in testa ininterrottamente, tentandolo. E lui non aveva ancora capito qual era la cosa giusta da fare.

«Andiamo Matt, non fare il finto tonto con me, sai che non mi inganni! Parlo di Ashley e del fatto che penso che dovresti tornare con lei, e anche tu sai che è così che dovrebbe andare» gli intimò, sventolandogli un dito minaccioso davanti al naso.

Matt sbuffò infastidito, poi si girò dall'altra parte.

«Tornare con lei implicherebbe che siamo stati insieme prima, ma non è stato mai così tra di noi!» tentò di arrampicarsi sugli specchi miseramente per evitare quell'argomento, ma ottenne solo di fare infuriare Mandy, come mai era successo prima.

La ragazza si alzò dal letto e si portò di fronte a lui, lo afferrò per la maglietta e gli lanciò un'occhiata terrificante.

«Ancora con questa cazzo di storia che non stavate insieme! Vuoi che ti prenda a schiaffi Matt? Guarda che lo faccio, perchè mi stai facendo incazzare tanto! - urlò, fuori di sé dalla rabbia, Matt era amico suo ma quando faceva così, quando si ostinava a fare l'indifferente e a sminuire i problemi lo avrebbe volentieri picchiato – ok, se per te Ashley non è stata niente abbi almeno le palle di ammetterlo, guardami negli occhi e dimmi adesso che è stata solo una delle tue scopate! Forza dimmelo! Dimmi che te la sei solo scopata come hai fatto con le altre, che mi hai detto un mucchio di stronzate quest'estate e che per te conta meno di niente!» prese a provocarlo senza dargli tregua, ferendolo con quelle insinuazioni terribili.

Matt si portò le mani tra i capelli, avrebbe voluto tapparsi le orecchie per non sentire più nulla, chiuse gli occhi e si arrese, senza essere in grado di ribellarsi e di dire altro.

Mandy allora abbassò il volume della voce e gli parlò come avrebbe fatto una sorella.

«Non c'è niente di male ad ammettere quando si ama qualcuno, e se pensi che l'amore ti abbia reso una nullità e un debole non hai ancora capito niente. Non hai idea di quanta forza ti darà da ora in poi per lottare e per affrontare le prove che vi aspetteranno, ma io so che ce la farete, tu e lei insieme! Ma prima devi andare da Ashley e dirle quello che provi!» disse Mandy, poi si abbassò, gli prese il viso tra le mani e sorrise, lui era ammutolito come aveva previsto e aveva lo sguardo severo e accigliato, sconvolto da tutti quei discorsi.

Mandy allora lo abbracciò e decise di lasciarlo solo per riflettere, ma in cuor suo sapeva che Matt non l'avrebbe delusa, che alla fine avrebbe fatto la scelta giusta.

 

 

Ashley spalancò la porta di casa e si precipitò dentro, con un gesto rapido della mano la spinse indietro per richiuderla ma lo fece con così tanto impeto, da farla sbattere troppo violentemente e produrre un tonfo più rumoroso del normale.

Era stata impaziente di fuggire dal mondo esterno, dalla gente chiassosa, dalle luci delle auto, dal frastuono generale che le rimbombava in testa, e desiderosa di un po' di pace e serenità e finalmente si sentì sicura e protetta da quelle mura familiari.

Il panico provato prima abbandonò lentamente il suo corpo e assaporò il silenzio che adesso regnava.

Si fermò qualche secondo nella penombra dell'ingresso per riprendere il fiato che la corsa e i suoi pensieri soffocanti le avevano rubato, deglutì rumorosamente, prese un ultimo lungo respiro e proseguì decisa verso la cucina, dalla quale sentiva provenire il suono debole della tv accesa.

Lì Nancy, nel frattempo, aveva distolto l'attenzione dal telefilm che stava seguendo e voltato di scatto la testa in direzione del corridoio, distratta dal fragoroso rumore della porta.

Aveva allontanato di qualche centimetro la schiena dal divano per sporgersi in avanti e cercare di captare eventuali strani movimenti, ma alla fine si rilassò quando riconobbe il suono dei passi di Ashley.

Era capace persino di fare quello, di riconoscere le sue figlie anche solo sentendole camminare.

Capì di essere stata nuovamente infallibile quando vide spuntare la figura esile di Ashley, stretta dentro il suo giubbino, con il volto pallido e lo sguardo timoroso e inquieto di chi sta ancora lottando contro chissà quali mostri.

Sua figlia all'apparenza sembrava aver ripreso la vita di tutti i giorni ed essere tornata la ragazza di sempre, ma lei aveva capito che non era così, che c'era qualcosa che la turbava e di cui non riusciva a liberarsi.

Avrebbe tanto voluto aiutarla ma sapeva che doveva essere Ashley a permetterglielo, erano giorni che attendeva pazientemente che accadesse con la triste consapevolezza che potesse anche non succedere mai, così come era sempre stato in tutti quegli anni.

Lei non si era mai arresa, comunque. Continuava a sperarci.

«Mamma» mormorò Ashley, puntandole addosso quegli occhi disperati, mentre cercava di lisciarsi i capelli, sparpagliati dal vento.

Nancy si rizzò in piedi, mossa da quella richiesta di aiuto implicita, e le venne incontro, Ashley non indietreggiò ma si fece raggiungere.

«Tesoro che succede? Va tutto bene?» le domandò, accarezzandole lievemente il viso col dorso della mano e sistemandole una ciocca di capelli fuori posto.

«No»

La voce roca e spezzata di Ashley la spiazzò, era forse la prima volta che ammetteva l'esistenza di un problema, che non si nascondeva dietro una finta facciata rassicurante ma al contrario confessava una sua debolezza e fragilità.

La prima volta che mostrava di volersi aprire con lei.

Qualcosa era diverso in Ashley da quando era tornata da quella vacanza e non si trattava solo del suo stato d'animo, senza dubbio sconvolto e ferito, ma di qualcosa di più.

C' era un cambiamento nel suo modo di porsi in casa, era come se avesse perso quella sua maschera fredda e distaccata e cercasse un contatto o un modo per comunicare, mandando delle richieste di aiuto.

Lo aveva fatto con gli occhi, con i gesti e adesso anche con le parole.

Nancy rimase senza parole, le sue labbra si dischiusero per la meraviglia di quella risposta e anche per l'apprensione di conoscere cosa stesse logorando la sua bambina.

Vide che si torturava le mani, come quando era fortemente agitata, e che stava cercando di buttare fuori ancora qualcos'altro, così attese in silenzio, col cuore in gola.

«Io... ho bisogno di parlare con te» riuscì a bisbigliare Ashley in un soffio, senza abbassare lo sguardo.

Nancy sussultò, era da una vita che sognava di sentirsi dire quelle poche parole e si era ormai quasi rassegnata che quel suo desiderio non si sarebbe avverato mai.

Il suo cuore aumentò i battiti e le labbra le si piegarono immediatamente in un dolce sorriso.

«Ma certo – le rispose, poi si voltò e si diresse verso la credenza, aprì uno sportello e cominciò a frugarvi dentro – che ne dici di una bella cioccolata calda? Quando si è giù prendere qualcosa di dolce fa sempre bene all'umore!» esclamò gioiosa mentre si voltava di nuovo verso di lei dopo aver estratto le bustine col cacao.

«Sì, grazie!» fece Ashley, l'espressione calma e pacata della madre le aveva già trasmesso un piacevole calore e un senso di benessere, come una medicina buona e miracolosa.

Un po' come quando stava con la testa poggiata sul petto di Matt e poteva ascoltare il ritmo rasserenante del battito del suo cuore sotto l'orecchio, che le conciliava il sonno e la faceva sentire protetta.

Si accucciò sopra una poltrona che stava accanto alla piccola vetrata che dava sul cortile esterno, niente a che vedere con il giardino della casa di suo padre, ma Ashley amava quel piccolo angolo da cui riusciva a dare uno sguardo al mondo esterno pur rimanendo dentro casa, nella sua zona sicura. Da bambina era solita passare ore rannicchiata davanti a quel vetro col naso all'insù a guardare il cielo o la pioggia cadere, o degli uccellini di passaggio e quando era più fortunata persino qualche gatto e le piaceva immaginare e fantasticare, inventando storie e creandosi tutto un suo mondo nel quale a nessuno era consentito entrare.

Una decina di minuti dopo sua madre le si avvicinò, porgendole una tazza fumante.

«Attenta, scotta!» la avvisò, sorridendole.

Era bello il viso di sua madre, quegli occhi così simili ai suoi, l'espressione amorevole di chi ti vuole più bene di ogni altra cosa al mondo.

Chissà perchè se ne accorgeva solo ora.

Prese la tazza dalle mani di sua madre e ne respirò il profumo dolce, sentendosi già meglio e più rilassata. Il vapore caldo le colorò le guance di un bel rosa, eliminando il pallore precedente.

Nancy non si sedette, rimase in piedi davanti alla finestra, con lo sguardo perso in un punto imprecisato davanti a lei e il fumo della sua cioccolata che appannava il vetro.

Un silenzio imbarazzante scese tra loro: Ashley aveva così tante cose in testa da dirle che non riusciva a capire da quale fosse più opportuno cominciare.

Provò a bere un sorso della sua bevanda per impegnare ancora un po' il tempo ma era troppo calda e si scottò la gola, tossendo di conseguenza.

«Non c'è nessuno in casa?» domandò poi, per cercare di iniziare una conversazione in modo non troppo traumatico.

Nancy soffiò sulla tazza, poi rispose, scuotendo la testa.

«No, Phoebe è da Peter, dovevano passare da casa loro e poi avrebbero cenato insieme, July è con suo padre e non tornerà prima di sera. Siamo sole, nessuno farà irruzione disturbandoci» la rassicurò.

Ashley spostò rapidamente lo sguardo verso sua madre, poi lo abbassò, esitò ancora qualche minuto, si inumidì le labbra e parlò.

Mamma io...quando ero bambina e anche dopo, quando sono cresciuta... insomma da sempre...credo di averti fatto molto male col mio atteggiamento» trovò il coraggio di rivelare subito, a sangue freddo, Nancy spalancò gli occhi perchè non si aspettava proprio una simile ammissione di colpa da parte sua come inizio del discorso.

L'aveva buttata fuori di getto, dandole l'impressione che in realtà fosse un peso che si portava dietro da tanto tempo e adesso non ce la facesse più a sostenerlo.

«Ma che stai dicendo, Ashley?» Nancy si voltò verso di lei e si affrettò a sminuire quella triste verità, per quanto in tutti quegli anni avesse sofferto per la distanza tra lei e sua figlia, non poteva ammetterlo e caricare una colpa simile sulle spalle di Ashley, le voleva troppo bene per farlo.

«Mi sono sempre comportata da vittima, di continuo. Pensavo che la mia situazione familiare fosse una punizione per qualcosa che non avevo compiuto, odiavo gli sguardi di derisione o compassione degli altri e non facevo che domandarmi 'perchè proprio a me?', come se fossi la bambina più sfortunata della terra, come se mi mancasse qualcosa e così facendo non mi accorgevo che invece avevo tanto amore attorno – Ashley strinse le mani attorno alla tazza, i suoi occhi rimanevano fissi sul suo contenuto, senza avere la forza di guardare altrove – Ti ho anche incolpata dentro di me perchè se tu e papà non vi foste lasciati saremmo stati una famiglia normale e io non avrei subito tutta questa situazione. Più vedevo le mie sorelle vivere serenamente senza dare peso ai problemi che invece mi ponevo io, più mi innervosivo e mi chiudevo, non volevo accettare di essere io in realtà a crearli, di essere io il problema. La verità era che non riuscivo a essere ottimista come te, non mi andava di ridere alle tue battute o per le piccole gioie che avevamo, non sopportavo il tuo entusiasmo e la tua voglia di rialzarti sempre dopo le cadute e di rimboccarti le maniche per noi e per la nostra felicità, per non farci mancare niente. Io volevo vedere solo tutto nero. Mi sembrava di vivere un'enorme ingiustizia ogni giorno che passava e mi sentivo distante da te, troppo diversa e pensavo fosse un difetto, un ostacolo insormontabile. - Ashley fece una pausa, ma Nancy rimase in silenzio perchè la sua espressione era ancora tesa e concentrata e capì che non aveva finito, con la coda dell'occhio la vide aprire la bocca e cercare di fare uscire la voce – so che può sembrarti difficile da credere ma...quest'estate ho capito che le differenze non devono per forza dividere o allontanare, possono arricchire, migliorarci e farci scoprire più vicini di quanto potessimo immaginare con chi credevamo distante. Possono unire, a volte anche per sempre.» terminò a fatica quel discorso, quell'ultima parte era stata una dura prova per lei, aveva pensato a Matt e a quanto, nonostante fossero molto diversi, era nato tra loro un legame fortissimo che aveva lasciato molte cicatrici non ancora rimarginate.

La sua voce si era spezzata e le ultime parole furono quasi un soffio, per la difficoltà che ebbe nel pronunciarle. Le provocava troppo dolore ripensare a quei giorni con lui.

Poggiò per un attimo la sua cioccolata su un tavolino e si strinse le ginocchia al petto.

Anche volendo non sarebbe riuscita a dire più nulla per il momento, la sua gola era stretta in un nodo soffocante, tremava e, anche se non voleva darlo a vedere, sentiva le lacrime premere per uscire.

Nancy non ebbe bisogno di guardarla e farla sentire ancora più esposta, adesso che aveva messo a nudo tutti i suoi sentimenti e le aveva aperto il suo cuore.

Non doveva perdonarle niente, a lei andava già benissimo così e quello era il regalo più meraviglioso che le avesse potuto mai fare. Si sentì scoppiare d felicità e commozione, ma cercò di mantenersi calma per dare a sua figlia il tempo di riprendersi dopo quell'atto di coraggio e amore.

«Quando ho scoperto di aspettare te, per me fu una sorpresa. - cominciò all'improvviso, sempre intenta a guardare il cielo fuori, che adesso si era coperto con qualche nuvola grigia – ero giovane, avevo Phoebe ancora piccolissima e stavo con tuo padre da poco tempo. Ai tempi ero solo una ragazzina impulsiva e imprudente e mi ero innamorata follemente di lui, dei suoi modi raffinati, del suo fascino d'altri tempi. Litigai con i tuoi nonni che non accettarono quel mio secondo passo falso eppure dal primo momento in cui seppi che c'eri tu io mi sentii forte e felice. Con tuo padre, sai, scherzavamo, giocavamo a immaginare a chi avresti assomigliato di più – Nancy rise, persa tra quei ricordi teneri – io ero sicura che avresti avuto i capelli rossi come tuo padre, ne ero fermamente convinta, mentre lui continuava a ripetere che era improbabile, che il rosso non era un carattere dominante e altre robe scientifiche, come suo solito, sai com'è no? - Ashley abbozzò un sorriso, non potè darle torto, suo padre era un tipo fin troppo razionale e logico – e poi quando sei nata fu proprio come avevo previsto io, avevi i capelli di tuo padre. Io spesso lo prendevo in giro per quel colore, non perchè non mi piacesse, al contrario, ma perchè a volte gli conferiva un'aria buffa, che contrastava con la sua serietà quasi perenne – si voltò finalmente verso Ashley, gli occhi pieni di orgoglio – ma su di te, oh, su di te quel rosso splendente brillava di mille riflessi e ti rendeva luminosa come una piccola stella e io non facevo che guardarti sognante e pensare che quella piccola meraviglia l'avevo fatta io, era così diversa da me ma era mia, il mio piccolo gioiello»

Ashley si strinse di più le ginocchia alle parole toccanti e cariche di tenerezza di sua madre. Un misto di malinconia e sensi di colpa si fecero strada nel suo cuore perchè ancora più fortemente si rese conto, di fronte all'amore di sua madre, di quanto fosse stata dura e poco comprensiva con lei.

Nancy le si avvicinò, rimanendo in piedi. Adesso era tornata seria.

«Più tardi mi resi conto che la differenza con me non si fermava solo all'aspetto fisico, ma riguardava anche il carattere. Ho cercato di fare del mio meglio con te, Ashley, per riuscire a colmare quei silenzi tra noi, per far sorridere il tuo volto sempre troppo serio e per alleggerire i fardelli che sembravi portarti sempre appresso e mi dispiace per le mie scelte sbagliate che hanno influito anche sulla tua vita, però sappi che ti ho amato da subito e ti amo tantissimo, e che non hai nulla da farti perdonare, piccola mia, ti ringrazio molto per quello che mi hai confessato oggi, non sai quanto mi senta felice in questo momento!» le rivelò piena di gioia e commossa.

Ashley cominciò a imprecare dentro di sé, mentre osservava la figura di sua madre davanti a lei, perchè quelle dannate lacrime, che sentiva ormai pizzicare in maniera fastidiosa, non avevano la minima intenzione di arretrare.

Se soltanto ci fosse stato Matt lì con lei riusciva a immaginare come sarebbero andate le cose.

Probabilmente le avrebbe sollevato il mento senza chiederle il permesso, per guardarla dritto negli occhi e le avrebbe detto 'se vuoi piangere, allora fallo' con quel suo tono deciso ma allo stesso tempo confortante, per poi abbracciarla dopo e a lungo, ma lui non c'era, non ci sarebbe più stato e a quel punto non riuscì a contenere una lacrima, che le rigò il viso.

Si affrettò ad asciugarla nervosamente con un dito, sperando che sua madre non se ne accorgesse, ma molte altre la seguirono e non riuscì ad occultarle, mentre qualche singhiozzo cominciò a scuoterla.

Nancy si abbassò per arrivare al livello di Ashley, ancora rannicchiata sulla poltrona, poi le sorrise e allargò le sue braccia.

Senza più pensare, Ashley si strinse a sua madre, non ricordava di averlo mai fatto con un tale trasporto, e pianse a dirotto, rassicurata dal suo profumo dolce che la riportò all'infanzia.

Le parve di essere ritornata bambina e si lasciò andare, facendosi cullare senza più freni o barriere.

«Ti voglio bene, mamma. Mi dispiace» disse tra i singhiozzi.

«Non devi scusarti di nulla, tesoro. É tutto a posto» la rassicurò, accarezzandole i capelli lisci ed Ashley stavolta provò la certezza che fosse davvero così come diceva.

In quel momento tanto intimo con sua madre ebbe la sensazione di capire come si dovesse essere sentito Matt quando finalmente si era riconciliato con Monica, l'aveva solo immaginato finora ma le loro situazioni erano molto simili e adesso toccava a lei viverlo in prima persona e quest'esperienza la fece sentire più vicina a lui anche se adesso si trovavano distanti chilometri e chilometri, lo percepì dentro di lei, come se le loro anime fossero unite da un filo invisibile che non si spezzava.

 

Quando Ashley smise di piangere e si fu sfogata, liberandosi di quel macigno pesante tonnellate, lei e sua madre si accoccolarono sul divano per finire le loro cioccolate, ormai intiepidite e quasi fredde, mentre fuori una leggera pioggerella più simile al nevischio aveva cominciato a venire giù.

Non c'era niente di meglio che stare in casa al sicuro a sorseggiare una bevanda calda a guardare piovere, era una delle cose che più al mondo riusciva a rilassarla e anche stavolta, sebbene il suo animo fosse tutt'altro che sereno, riuscì ad avere un effetto calmante.

«Era solo questo che dovevi dirmi?» domandò Nancy con cautela, dopo alcuni minuti di silenzio.

«No – rispose Ashley, riscuotendosi dal piacevole torpore in cui era piombata e rigirandosi la tazza tra le mani – in realtà c'era dell'altro» mormorò, infine.

Nancy annuì, quella risposta non la sorprese, aveva intuito molto prima che qualcosa turbava Ashley, e le tornarono in mente le parole di Gregory quando l'aveva riaccompagnata a casa. Doveva essere una vicenda successa in vacanza e in quei giorni sapeva che Ashley si era confidata con Phoebe e la cosa l'aveva tranquillizzata, almeno era stata certa che avesse avuto qualcuno accanto a sostenerla.

«Poco fa, prima che rientrassi, ero stata da Tyler e lui...ha cercato di baciarmi – disse, stringendosi nelle spalle, timidamente – non l'ha fatto in maniera esagerata o prepotente, ma ho capito cosa volesse fare e l'ho scansato» concluse, a bassa voce.

Nancy si girò a osservare la figlia, di Tyler sapeva solo che era stato il suo primo amore a 16 anni, ma non aveva mai saputo nient'altro sulla loro storiella, né il motivo per cui fosse finita. Ai tempi Ashley era schiva e restia a raccontarle quello che faceva durante la sua giornata, figurarsi la sua vita sentimentale.

Il fatto che adesso le stesse rivelando quel particolare le riconfermò che davvero era cambiata e aveva intenzione di instaurare con lei un rapporto più profondo.

«Vi siete lasciati tanto tempo fa, non è così?» le chiese con delicatezza, Ashley annuì.

«A quanto pare lui prova ancora qualcosa per me, dopo tutti questi anni» commentò, la sua espressione si fece tesa e ansiosa.

Nancy le portò una mano sulla spalla, e la carezzò lievemente. «E tu, sei innamorata?» continuò a interrogarla non per metterle ancora più fretta, ma per aiutarla a tirare fuori quella verità, visto che aveva notato l'enorme fatica che stava facendo per riuscirci.

«No – rispose netta, con sicurezza, Nancy comprese che non doveva essere semplice per lei gestire quella situazione, dove amicizia e amore si erano mescolati, ma quando Ashley continuò capì che era tutto ancora più complicato – non di lui» rivelò, infatti, spiazzandola.

«Oh! – non trattenne quell'esclamazione di stupore – direi che questo è un bel problema» le sorrise, cercando di smorzare la tensione.

«Già – ammise sconsolata Ashley, poi bevve un sorso e tirò un sospiro – in vacanza da papà ho conosciuto un ragazzo, all'inizio non pensavo davvero potesse interessarmi ma poi, non so spiegarlo, è successo tutto così velocemente e prima che me ne rendessi conto mi sono trovata catapultata in questo sentimento forte e che non avevo mai provato - confessò, gesticolando per cercare di spiegare meglio qualcosa che era davvero arduo poter tradurre in parole – una volta siamo perfino andati in spiaggia di notte e ci siamo tuffati in acqua vestiti! Sono tornata a casa completamente inzuppata, avresti dovuto vedere la faccia di papà! – Ashley rise a quel ricordo, gli occhi le brillavano e Nancy giurò di non averla vista mai così spontanea, poi il suo tono si addolcì, diventò quasi malinconico – quella sera ci siamo baciati per la prima volta, lo ricordo come fosse ieri. Sai, è stato in buona parte per merito suo se ho capito quanto stavo sbagliando con te. In qualche modo è riuscito a leggere il mio disagio e quando parlavamo, da subito, è stato come se ci fossimo sempre conosciuti, riuscivo a dirgli tutto e a non sentirmi imbarazzata o giudicata... è assurdo vero?» pensò che dovesse suonare proprio stupida con quei sentimentalismi banali, che lei per prima aveva sempre disprezzato, ma che nel suo caso si erano rivelati terribilmente veri. Incrociò gli occhi impauriti con quelli di sua madre, in cerca di un sostegno, di un appoggio che non tardò ad arrivare.

«Niente è assurdo in amore! Credo a ogni parola che hai detto, Ashley anzi, se questo ragazzo ti ha aiutato con i tuoi problemi e ha contribuito a chiarirti le idee su di me, allora non posso che essergli debitrice!» la confortò, ma vide che i suoi occhi rimanevano tristi e si chiese cosa fosse successo di preciso tra loro, a vederla così non lasciava presagire nulla di buono.

«E.. poi com'è andata? Lui dov'è ora?» si convinse a domandare, incerta se aver osato troppo nel chiederle direttamente qualcosa che poteva farle riaffiorare dei brutti ricordi.

Ashley fece un rapido conto dei giorni e trasalì nel realizzare che per Matt quello era l'ultimo giorno che avrebbe trascorso in vacanza. Si chiese in un lampo che cosa stesse provando in quell'istante.

«Domani tornerà anche lui nella sua città – rispose, senza comunque rivelare la vera identità di Matt e cioè che fosse il figlio della fidanzata di suo padre, era un particolare superfluo, in fondo loro due non si sarebbero più rivisti quindi era inutile entrare nei dettagli – abbiamo vissuto insieme tanti bei momenti, sempre con l'ombra della mia partenza che ci soffiava sul collo, e alla fine abbiamo deciso che era meglio non sentirsi più, abitiamo in città diverse e sarebbe stato difficile, con tutti gli impegni che abbiamo, frequentarci normalmente. Lo abbiamo stabilito in comune accordo, a tavolino, come se stessimo programmando un piano di studi o una settimana di lavoro, come se ciò che c'era stato tra noi fosse ridotto a quello.» commentò amaramente, accorgendosi di quanto stupida fosse stata a rinunciare, ad accontentarsi che finisse così.

«Sarebbe stato difficile sicuramente, ma non impossibile magari! Certo, sarebbero stati tanti i sacrifici da fare e i cambiamenti nelle abitudini e tutta la quotidianità in cui hai sempre vissuto sarebbe stata stravolta, ma... pensi che non ne sarebbe valsa la pena?»

Ashley rabbrividì, la paura l'aveva frenata e adesso forse era troppo tardi per ripensarci, ma non ebbe dubbi sulla risposta da dare a sua madre.

«Sì, ne sarebbe valsa eccome, ora lo so» abbassò gli occhi, le sue mani erano di nuovo ghiacciate e pallide.

Nancy le circondò le spalle con un braccio e la scosse leggermente.

«A volte la vita ci regala una seconda chance, non credi?» le sussurrò.

Ashley scosse la testa dubbiosa, era diventata così pessimista da non voler più sperare in nulla.

«Proprio non lo so, mamma» sospirò, poi alzò lo sguardo verso il viso di Nancy, pieno di speranza e luminoso e anche se dentro si sentiva più scura della giornataccia che imperversava fuori, sorrise.

Quella notte dormì con sua madre, passarono ore a parlare e a raccontarsi, come se volessero recuperare il tempo perduto.

«Ma Ashley non è troppo grande per dormire con la mamma?» aveva chiesto July a Phoebe, ma la maggiore aveva ben capito quello che doveva essere successo.

«Non è mai troppo tardi per certe cose» le aveva risposto, col cuore pieno di gioia, al pensiero che finalmente e dopo tutto quel tempo, sua sorella avesse ritrovato una madre e Nancy una figlia che credeva ormai di dover perdere.

Ashley aveva provato un disperato bisogno di qualcuno accanto che non la facesse sentire sola.

Il pensiero che Matt l'indomani sarebbe partito, allontanandosi ancora di più da lei, le squarciava il petto. La presenza di sua madre accanto a lei la rassicurava, ma nel buio della stanza strinse forte le lenzuola e serrò gli occhi.

'Amore mio, come vorrei che fossi qui con me' pensò, prima di abbandonarsi al sonno.

 

Matt osservò le valigie pronte davanti alla porta e il suo basso ben sigillato dentro la custodia nera.

Era tutto pronto, tutto tranne lui.

Continuava a sentirsi irrequieto, a fremere e a camminare avanti e indietro per la stanza senza tregua.

A breve avrebbe dovuto mettersi in viaggio verso suo padre, verso casa sua, ma si sentiva più come un leone in gabbia in quel momento.

C'erano dei pensieri che non lo avevano abbandonato per un secondo dopo la sera della sua sbronza, insieme all'orrenda sensazione di avere rinunciato alla cosa che più lo aveva fatto stare bene nella vita, così, senza lottare, come un perdente.

Dentro sentiva esplodere una guerra, era un tormento difficile da sopportare e quel tumulto si rifletteva esternamente, nei suoi movimenti, nel suo viso stravolto e nei gesti nervosi.

Si fermò a guardarsi davanti a uno specchio, e vide il volto di un debole, di chi si era arreso per non aver trovato la forza di tentare. Sapeva già che non se lo sarebbe mai perdonato e che quel rimpianto l'avrebbe perseguitato per il resto della sua vita.

Si passò velocemente le mani sul viso, per darsi una svegliata.

Non gli piaceva quel riflesso di lui, spento e arrendevole e lo odiò.

Tante volte negli anni era stato impulsivo e aveva creato un mare di danni e di sofferenza e allora perchè adesso, per l'unica cosa per cui valesse la pena di combattere e agire d'istinto, avesse assunto quell'atteggiamento passivo e codardo?

Certo, forse perchè Ashley per lui era così preziosa da aver paura di fare un casino con lei! Ma non l'aveva comunque persa? E per cosa, poi?

Per proteggerla da lui? O forse era la scusa che aveva trovato inconsciamente per non accettare di non avere avuto il coraggio di buttarsi in quell'avventura nuova che lo terrorizzava a morte?

All'improvviso una sensazione diversa nacque nel suo cuore, i suoi occhi mutarono espressione divennero seri e determinati.

No, non poteva accettare quell'immagine pessima di sé, sentì i muscoli risvegliarsi e una forza crescere senza sosta.

Amava Ashley e la sua mancanza lo stava distruggendo e quella era l'unica cosa certa, l'unico punto fermo in mezzo a quella confusione. Adesso ciò che doveva chiedersi era quanto fosse disposto a sacrificare per quell'amore, quanto rischio fosse in grado di prendersi anche a costo di una delusione. Si spostò e il suo sguardo finì casualmente sopra il foglietto che Ashley gli aveva lasciato prima di partire.

'Perdonami per aver avuto paura di osare» rilesse quelle parole e di colpo tutto gli fu chiaro, come una rivelazione che era arrivata tardi, ma forse non così tanto, forse non era ancora tutto perduto.

Osare, quel verbo che tanto aveva spaventato entrambi da portarli a rinunciare senza tentare.

Non erano dei supereroi ma solo dei ragazzi poco più che ventenni che si conoscevano da poco e quella paura era stata comprensibile, più che normale.

Così come altrettanto comprensibile era adesso la voglia di commettere una follia, di fare un ultimo estremo tentativo, che Matt sentiva forte finalmente e non voleva ignorare.

Non voleva tornarsene a casa con la coda tra le gambe, sconfitto e con la consolazione di averlo fatto per il bene di Ashley.

Si sarebbe fatto carico di tutti i sacrifici lui, avrebbe trovato un modo, non le avrebbe fatto pesare nulla a costo di viaggiare ogni santo fine settimana per venirla a trovare e di trascorrere metà della sua vita in auto. Lo avrebbe di certo fatto se fosse servito per fargli trascorrere l'altra metà con lei, qualcosa si sarebbe inventato, e adesso ne era certo, adesso sentiva di poterlo fare.

Forse non era tutto perso, il timore di ottenere un rifiuto, di scoprire che lei era già andata avanti con la sua vita o che lo odiava e non voleva più saperne di lui era ugualmente alto e gli procurava un'ansia tremenda ma anche un'adrenalina che non poteva più arrestare.

Velocemente raccattò le ultime cose rimaste sulla scrivania e decise.

Sarebbe andato da lei, ci avrebbe provato un'ultima volta prima di rassegnarsi, avrebbe rischiato.

Nessun ripensamento, nessuna indecisione. Poteva sembrare una pazzia e forse lo era, ma sentì che era l'unica cosa giusta da fare.

La voce di sua madre lo riscosse da quella frenesia e lo fece bloccare per poi voltarsi verso di lei.

Era in piedi sulla soglia della sua camera e lo guardava perplessa. Forse era evidente la sua agitazione e premura.

«Matt, sei pronto?» domandò Monica, dando una rapida occhiata ai bagagli e a suo figlio, nei cui occhi osservò una luce strana, diversa da quella dei giorni passati. Trattenne il respiro.

«Sì - esclamò lui – vado da lei»

Le labbra di Monica si piegarono in un mezzo sorriso, aveva capito e a fatica trattenne la gioia, perchè voleva avere la conferma, voleva sentirglielo dire chiaramente.

«Cosa? Non capisco» finse di cadere dalle nuvole.

«Vado da Ashley. Non posso perderla senza fare niente, mamma. La amo e non voglio passare il resto della mia vita a pensare di non aver fatto il possibile, di essermi arreso. Sono pronto a tutto, anche a una delusione, ma devo farlo, ora lo so!» le confessò, Monica guardò il suo viso, finalmente lo vide di nuovo pieno di vitalità e di coraggio, forte e determinato e pregò con tutta sé stessa che tutto si sistemasse.

Gli sorrise emozionata, comunicandogli con lo sguardo tutto il suo appoggio e Matt ricambiò.

Fece per correre verso il corridoio ma si sentì tirare per la maglietta, si voltò e vide sua madre che lo tratteneva.

Le lanciò un'occhiata interrogativa e Monica sospirò pesantemente. Suo figlio rimaneva comunque il solito tipo impulsivo e poco previdente.

«Dove credi di andare?» gli chiese, mollando la stoffa della sua t-shirt e incrociando le braccia al petto, con aria di sufficienza.

Matt sollevò le sopracciglia con aria perplessa, possibile che sua madre non avesse capito?

«Ma te l'ho detto vado da...» ma non riuscì a terminare perchè Monica lo interruppe parlando a sua volta, sovrastandolo col volume della sua voce.

«Questo lo so! Ma sai dove andare? Insomma, dove pensi di cercare Ashley? Sai dove abita?» incalzò con le domande.

Matt si fermò e roteò gli occhi, passandosi una mano dietro la nuca, un po' imbarazzato.

Effettivamente quel piccolo dettaglio non gli aveva sfiorato nemmeno l'anticamera del cervello e, va bene che il paese di Ashley era abbastanza piccolo, ma bussare porta per porta non era di certo un'opzione ragionevole.

Cominciò a farfugliare qualcosa di incomprensibile, non voleva credere che una cavolata come quella potesse davvero far sfumare la sua determinazione.

In preda a quelle congetture si sentì afferrare il polso da Monica, che poi lo ruotò, aprì il palmo della sua mano e ci mise sopra un pezzetto di carta.

Matt fissò sua madre dubbioso, poi si portò quel foglio vicino agli occhi e lesse.

C' era scritto sopra un indirizzo e il cognome di Ashley.

Di scatto sollevò lo sguardo verso sua madre e cominciò a balbettare.

«Ma.. questo è..è.. l'indirizzo di Ashley? - Monica annuì senza parlare, Matt rimase stranito ma felice di aver superato l'ultimo ostacolo che lo separava da lei – ma come hai fatto... io..» provò a dire, ma sua madre le mise un dito sulle labbra per farlo stare zitto.

«L'ho chiesto a Gregory, gli ho detto che mi serviva per inviare una sorpresa ad Ashley – gli raccontò tranquillamente – ovviamente non ho accennato che la sorpresa fossi tu»

Matt spalancò gli occhi, un turbinio di emozioni lo invasero tutte in una volta e non sapeva quale ascoltare per prima.

«Beh, ma come facevi a sapere che avrei deciso di andare? É successo qualcosa come dieci minuti fa!» chiese, totalmente spiazzato.

«Perchè ti conosco meglio di quanto tu possa immaginare. E sapevo che l'avresti fatto, ero sicura che non avresti rinunciato a lei, alla fine, perchè sei testardo, proprio come me! – gli rispose, sforzandosi di ignorare una forte commozione – come vedi non siamo poi così tanto diversi» fece in tempo a dire, prima che suo figlio si gettasse tra le sue braccia, abbracciandola così forte da stritolarla e farle male, era minuta in confronto a lui, adesso che non era più un bambino.

Una lacrima sfuggì inevitabilmente al suo controllo, ma poco importava.

«Grazie mamma, di tutto – le sussurrò all'orecchio, mentre ancora la teneva stretta – ti voglio bene, non sarà più come prima tra noi, te lo prometto!»

«Lo so, ma adesso vai, và da lei – disse, sciogliendo l'abbraccio e guardando i suoi begli occhi azzurri, ancora più luminosi e chiari del solito – non farla più aspettare!» lo incoraggiò, poi gli diede un bacio sulla guancia e con una leggera pacca sulla spalla lo spinse verso l'uscita della camera.

«Non lo farò» rispose Matt dal corridoio, poi afferrò le valigie e si catapultò giù per le scale, diretto verso la pazzia più grossa che probabilmente aveva mai deciso di fare.

 

 

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Capitolo 38
*** Capitolo 38 ***


Capitolo 38

 

«Stamattina, dici?» biascicò Ashley da sotto le coperte, si girò di fianco e avvicinò le ginocchia al petto, rannicchiandosi e affondando la guancia nel cuscino.

«Ma sì, dai!» la voce squillante di Sophia martellò nel suo orecchio dal cellulare, Ashley fu costretta ad allontanarlo ed emise un verso strozzato di fastidio mentre serrava gli occhi e si massaggiava la fronte con un delicato movimento delle dita.

Il mal di testa la stava già uccidendo e la sua giornata non era ancora cominciata.

Quella notte era stata orribile, nonostante la presenza rassicurante di sua madre, non era riuscita granchè a chiudere occhio, i suoi pensieri volavano sempre a Matt e al fatto che l'indomani sarebbe partito e il sonno non era venuto in suo soccorso, purtroppo. Quando finalmente, stremata, era riuscita ad addormentarsi, l'orologio segnava già le cinque del mattino e appena qualche ora dopo era arrivata la telefonata di Sophia, soave come una cannonata.

Sospirò e rimase in silenzio, anche parlare le riusciva difficoltoso soprattutto adesso che si sentiva come scaraventata lì per sbaglio da un altro pianeta e per di più senza paracadute, ma Sophia non pareva voler accettare che qualcuno osasse spegnere il suo entusiasmo e quel mutismo proprio non lo gradì.

«Ashley, ma ci sei? - la richiamò, mostrando chiari segni di insofferenza – Sveglia! É Sabato e fuori sembra essere tornata l'estate! C'è un sole che spacca le pietre e le temperature si sono alzate rispetto alle medie del periodo! Ma non hai visto?» le domandò euforica.

Ashley accennò malvolentieri un movimento con la testa verso la finestra per controllare.

In realtà, per quanto la riguardava, poteva anche nevicare o esserci un tempo da isola tropicale fuori e non se ne sarebbe comunque accorta, le imposte della stanza erano ancora ben chiuse e non lasciavano trasparire alcun indizio sulle condizioni meteorologiche esterne.

Non che le interessasse molto a dire il vero, giaceva sepolta con le coperte tirate fin sopra al naso, intontita dal tepore che producevano, e stava cercando, con scarso impegno, di racimolare un po' di forza di volontà per alzarsi da quel letto, al quale sembrava inchiodata.

La sensazione opprimente che le sue gambe e braccia e l'intero corpo pesassero almeno il triplo, non la aiutava per nulla, anzi contribuiva a farla indugiare in quello stato di immobilità.

«Ah.. sì, certo che me ne sono accorta» mentì, provando a sollevarsi con un gomito e a ristabilire un contatto con il mondo circostante.

Sophia, dall'altra parte, aggrottò le sopracciglia e indossò un'espressione di estremo disappunto.

Il tono annoiato di Ashley non la convinceva per niente, odiava vedere la sua amica ridotta a un vegetale senza più voglia di reagire e non avrebbe accettato un rifiuto, anche a costo di andare lei stessa a casa sua, sequestrarla e tirarla fuori con la forza da quelle mura.

Non riusciva del tutto a capirla, l'amore non era tra le sue priorità del momento, desiderava viaggiare e conoscere culture e posti diversi e il suo obiettivo attuale era dare il massimo per poter vincere una borsa di studio che le avrebbe permesso di trascorrere un'esperienza all'estero e per questo una relazione stabile e duratura non era esattamente ciò che stava cercando. Non vedeva l'ora di poter andare via da quel paesino che tanto le stava stretto e dal quale non aveva potuto evadere per via delle sue condizioni economiche non proprio agiate.

In ogni caso, in campo sentimentale, in passato aveva dimostrato una personalità molto forte ed era stata sempre lei a chiudere le sue storie, senza remore o indecisioni. Non aveva sperimentato la sofferenza in amore e non concepiva il logorarsi per una persona, facendosi del male.

Ecco perchè proprio non riusciva ad accettare che Ashley ci mettesse tanto a farsene una ragione e a riprendere in mano la sua vita.

«Ashley, non dirmi che sei ancora a letto, vero? Ti sento strana dalla voce, sembri rintronata!» le disse con tono sospettoso e senza usare giri di parole. Erano ormai le 9 e la sua amica era sempre stata un tipo mattiniero, eppure il suo sesto senso le suggeriva che qualcosa era andato diversamente.

«Ma che dici? Sono già alzata da un pezzo, ci mancherebbe!» esclamò Ashley, rizzandosi di colpo a sedere sul bordo del letto e abbandonando il dolce conforto delle lenzuola. Il repentino cambio di temperatura la fece rabbrividire e i suoi muscoli si contrassero involontariamente per qualche secondo prima che si abituasse.

La domanda di Sophia le aveva conferito un insolito slancio, dovuto più che altro al timore che potesse scoprirla anche a distanza.

Da lei c'era da aspettarsi di tutto, ed Ashley aveva, ovviamente, dovuto dirle una bugia. Sapeva che si sarebbe arrabbiata a saperla apatica e passiva e non era dell'umore giusto per sorbirsi una delle sue ramanzine su quanto stesse esagerando e su come dovesse reagire e lasciarsi alle spalle quel ragazzo.

La facevano tutti facile, ma viverlo era diverso, era peggio di quanto potessero immaginare.

«Mmm... ok – mormorò Sophia, ancora un po' scettica, poi riprese a cinguettare allegra – allora sù, che ne dici? É la mattinata ideale per fare un giro e mangiare qualcosa all'aperto, oggi che si può!» le propose raggiante. Il tempo nelle loro zone non avrebbe retto ancora per molto con le temperature tiepide e ben presto avrebbe fatto ingresso un rigido inverno, perciò quella insolita giornata calda era una rarità e bisognava approfittarne.

Ashley riuscì miracolosamente a soffocare uno sbadiglio imminente che l'avrebbe tradita, poi riflettè qualche secondo, con lo sguardo intento a fissare il pavimento.

«Non lo so, veramente dovrei studiare, ci sono gli esami tra due settimane e sono un po' indietro» provò a trovare una scusa plausibile, si stiracchiò un braccio, tendendolo verso l'alto e inarcò la schiena per sgranchirla.

Le sue motivazioni non erano del tutto false, avrebbe dovuto sostenere davvero un esame tra poco o almeno ci avrebbe provato, visti gli ultimi accadimenti che l'avevano distratta inevitabilmente e impedito di prepararsi a dovere, ma la verità era che non aveva la minima voglia di uscire, stare in mezzo alla gente, sforzarsi di ridere e di fare la socievole quando il suo umore era più nero di una notte senza stelle.

Sophia sbuffò pesantemente ed Ashley udì forte e chiaro il suo mugolio di disapprovazione: era evidente che non l'avrebbe passata liscia così facilmente.

«Ma non puoi studiare di Sabato, persino io non lo faccio! Non possiamo sprecare questa giornata, sù Ashley, ti prego! E poi non penserai mica che il principe azzurro ti piombi direttamente a casa! Devi uscire, conoscere gente, vivere!» provò a esortarla, buttandola sullo scherzo e cercando di farle capire che doveva scrollarsi di dosso quell'aria funerea e deprimente e ritornare la sua amica di sempre.

Ashley roteò gli occhi esasperata. «Sophia...» la ammonì seria, augurandosi che l'amica comprendesse che la prospettiva di dover ripiegare su qualcun altro così presto non era di certo la tattica migliore per dimenticare Matt.

Non le interessava avere un ragazzo, non era mai andata alla ricerca spietata di conquiste, a differenza di altre sue coetanee.

Era abituata a stare sola, a contare esclusivamente sulle proprie forze e a non dover dipendere da nessuno, per lei l'amore era un sentimento che doveva aggiungere qualcosa a un individuo già perfettamente in equilibrio con sé stesso, e non colmare lacune o insicurezze.

In lui ci era inciampata senza volerlo, era entrato per caso nella sua vita e l'aveva migliorata, arricchita e non aveva bisogno di un sostituto.

Non voleva un fidanzato, un compagno per non restare sola, lei voleva Matt.

«Ashley, lo so che non ti va di pensare già a trovare un altro ragazzo e posso capirti, ma ti assicuro che non ti ho organizzato nessun appuntamento al buio e non ti sto proponendo di andare in giro a rimorchiare il primo che capita, ti sto solo chiedendo di passare una mattinata insieme e cercare di non pensare a nulla per qualche ora!» la supplicò e stavolta riuscì a smuovere qualcosa in lei e a convincerla. Sophia parlava per il suo bene e in effetti stare chiusa in casa non era una soluzione o la panacea a tutti i suoi mali.

«Ok, mi arrendo, usciamo!» dichiarò, infine, alzandosi definitivamente dal letto e dirigendosi verso la finestra per sbirciare fuori.

In effetti il sole era alto e luminoso, le accecava gli occhi con i suoi raggi prepotenti e adesso che era emersa da sotto le coperte, ne percepiva anche il calore sulla pelle. Spalancò le ante, lasciando che dell'aria pulita e fresca invadesse la camera.

«Perfetto! Sono contenta! - gioì Sophia, poi il suo tono si fece per un attimo preoccupato – ah, l'ho detto anche a Tyler e... mi ha detto che ci sarà, spero che per te non sia un problema. Ho saputo che ieri vi siete visti e ho pensato fosse tutto a posto. É così?» le chiese titubante, preoccupata di aver compiuto un passo sbagliato.

Ashley sussultò e il suo sguardo diventò scuro.

Ripensò al pomeriggio precedente, al viso di Tyler troppo vicino al suo in quel tentativo di baciarla e tentennò qualche secondo, indecisa se rivelarlo o meno a Sophia.

Stabilì alla fine che non era il caso di infastidirla con le sue paranoie più di quanto non avesse già fatto negli ultimi giorni e di rovinare la sua spensieratezza.

«Sì, va tutto bene, nessun problema se c'è anche lui!» si sforzò di risultare convincente e serena e parve essere riuscita nel suo intento perchè Sophia tirò un sospiro di sollievo.

«Meno male, pensavo di aver commesso un errore a invitarlo! - disse con una punta di amarezza nel rendersi conto di quanto i rapporti nel loro trio fossero diventati tesi e complicati - E gli hai già parlato? Gli hai raccontato di.. di lui?» domandò timidamente, evitando di pronunciare quel nome, che sapeva avere l'effetto di una pugnalata su Ashley.

«Non ancora, dobbiamo vederci in questi giorni per chiarire- abbassò lo sguardo - e comunque non credo che gli parlerò di quello che è successo quest'estate, lo farei solo soffrire di più e non ha senso...quella storia è finita, ormai» confessò all'amica, mentre si allontanava dalla finestra, la luce smise di illuminarla facendola ricadere nell'ombra.

Ci aveva riflettuto ed era arrivata alla conclusione che fosse inutile rivelare a Tyler di essere innamorata di un altro e di averci avuto una relazione. Il risultato non sarebbe cambiato, lei non lo amava e non lo avrebbe mai amato e questo a prescindere dall'esistenza di Matt, per questo non voleva ferirlo più di quanto fosse già obbligata a fare.

«Capisco»

Sophia perse gran parte dell'euforia che l' aveva animata prima, uno strano presentimento non l'abbandonava, veniva sempre in superficie e non la faceva stare tranquilla quando si prendeva quell'argomento spinoso. Aveva come la sensazione che qualcosa sarebbe andato storto e il presagio di dover trovarsi nel bel mezzo di due fuochi la spaventava.

Come avrebbe dovuto comportarsi se tra Ashley e Tyler fosse finita male? Le sue doti da mediatrice erano ottime, la comunicazione era il suo forte e ci sapeva proprio fare con le parole, ma sarebbe bastato quello per evitare una rottura drastica tra i suoi amici?

Era abbastanza preoccupata ma non le andava di darlo a vedere, per adesso voleva godersi quella giornata, scosse la testa come per voler spazzare via quei pensieri negativi.

Riprese a parlare con Ashley e dopo aver stabilito il luogo di incontro e il programma della mattinata le due ragazze si salutarono.

Ashley frugò tra i suoi cassetti, recuperò una maglietta a maniche corte, larga e comoda e la indossò , poi si sciacquò il viso con dell'acqua gelata, che la aiutò a svegliarsi definitivamente e legò i capelli in una piccola coda per quanto le fosse possibile, visto che erano corti e qualche ciocca sfuggiva sempre, ricadendole ai lati della faccia.

A passi lenti scese in cucina e vi trovò Phoebe e Peter, accoccolati sul divano a scambiarsi effusioni come al solito. Era incredibile come, nonostante stessero insieme da quasi otto anni, avessero ancora voglia di amoreggiare come una coppia di neofidanzati alle prime esperienze.

La coppietta si irrigidì immediatamente alla vista di Ashley, Phoebe sciolse l'abbraccio che la legava a Peter e i due si staccarono, assumendo delle posture artefatte e tese.

Ashley li salutò pacificamente, lanciando loro un'occhiata sospetta mentre passava accanto al divano per raggiungere il frigorifero e prendere uno yogurt per fare colazione.

Si accomodò al tavolo e, con fare piuttosto scocciato, cominciò a mangiare in silenzio.

Phoebe e Peter la osservarono senza muovere un muscolo, poi si scambiarono delle occhiate preoccupate che non sfuggirono ad Ashley.

Sembrava distratta e assorta ma, al contrario, era stata molto attenta a ciò che era accaduto al suo arrivo.

I due fidanzati non aveva smesso di tubare per pudore o riservatezza, anzi, normalmente non si curavano delle persone attorno a loro fino a risultare fastidiosi e a beccarsi qualche battutina acida o rimprovero bonario da parte degli abitanti della casa, perchè smettessero con quelle smancerie e le risparmiassero per i momenti in cui erano soli.

Era la prima volta che usavano questo tatto con lei, ed Ashley capì che la vera ragione per cui l'avevano fatto era evitare di ferirla e di ricordarle che lei non aveva più nessuno da amare.

Per quanto il loro intento fosse nobile e premuroso nei suoi confronti, non riuscì a digerirlo, non voleva che provassero compassione o pena per lei.

Lanciò loro un'ultima occhiata furtiva e li vide ancora rigidi e accuratamente separati, sembravano più due amici che una coppia di fidanzati.

«Comunque potete riprendere a fare i piccioncini come sempre, nessuno si offende» proferì, mentre finiva il suo yogurt e lo metteva via.

Phoebe sussultò, poi guardò Peter in cerca di aiuto, il ragazzo si passò una mano tra i capelli castani chiari, nervoso, e cercò di rimediare a quella gaffe.

«Ehm... ti sbagli Ashley, ci stiamo solo godendo un po' di relax, non dobbiamo per forza stare appiccicati!» provò a spiegare, guadagnandosi solo uno sguardo di Ashley per niente convinto.

«E poi non è vero che stiamo sempre a baciarci!» aggiunse Phoebe, incrociando le braccia al petto, con il tipico atteggiamento di chi, colto in fallo, si ostina a negare anche l'evidenza.

«Invece sì, siete disgustosi con tutte quelle smancerie, mi fate venire il diabete! - ribattè July, che aveva fatto irruzione in quell'istante e aveva captato le ultime frasi del discorso – per non parlare dei baci con la lingua, bleah!» esclamò, assumendo un'espressione schifata talmente buffa da strappare un sorriso persino ad Ashley.

«Ne riparliamo tra un paio di anni, ranocchietta quasi dodicenne, mi ricorderò di questa affermazione!» la prese in giro, ricordandole che tra due giorni sarebbe stato il suo tanto atteso compleanno.

July le fece una linguaccia, poi abbracciò Ashley per cercare la sua protezione e complicità.

«Scommetto che Ashley non le fa queste cose!» affermò con sicurezza, Phoebe scoppiò a ridere, mentre Peter le dava una leggera gomitata per farla smettere dato che la rossa aveva assunto un' evidente espressione di disagio.

«Le fa, eccome se le fa, non è vero Ashley?» sottolineò Phoebe divertita, ignorando palesemente i tentativi del suo ragazzo di farle notare il rossore sul viso di sua sorella.

«Si può sapere perchè si finisce sempre a parlare di cose imbarazzanti?! » sbottò scarlatta in viso, prima di scattare in piedi, eludendo la domanda e facendo sbellicare ancora di più Phoebe dalle risate.

Un sorriso le si era dipinto sulle labbra, però, in fondo quel siparietto con le sue sorelle le aveva risollevato il morale e adesso si sentiva molto più sveglia e attiva.

«Consolati Ashley, oggi cucino io a pranzo! Ti preparerò tante cose buonissime!» disse, raggiungendola e cingendole i fianchi.

«Oggi pranzo fuori con Sophia, mi dispiace» fu costretta a deluderla.

«Che? Allora non puoi venire con me e la mamma? Dobbiamo fare le ultime compere per la mia festa!» si lamentò July, si era convinta che almeno Ashley le avrebbe fatto compagnia, visto che Phoebe era impegnata con Peter.

«Lasciala stare July, Ashley fa bene a uscire e svagarsi con una giornata così bella!» la zittì Phoebe, lanciandole un'occhiata eloquente per farle capire che non doveva insistere. Era felice di sapere che sua sorella usciva e non rimaneva sigillata a casa a piangersi addosso.

Poco dopo Ashley era già pronta, faceva così caldo che era riuscita a indossare un vestito corto e un paio di sneakers leggere, accantonando per quel giorno le maglie pesanti che, da quando era tornata lì, aveva già dovuto tirare fuori dall'armadio.

Nancy la adocchiò mentre scendeva per accompagnare July in giro per negozi, le accarezzò i capelli e le sorrise.

«Esci?» chiese dopo aver notato che era già pronta e vestita.

«Sì, pranzo fuori con degli amici, mi dispiace di non poter venire con te e July» si scusò.

«Tranquilla, cerca di divertirti piuttosto, ok?» le raccomandò, accarezzandole il mento con la mano, le labbra di Ashley formarono un sorriso.

Era davvero liberatorio riuscire ad essere finalmente spontanea e naturale con sua madre.

Finito coi saluti, Ashley si diresse verso l'uscita di casa per aspettare che Sophia la passasse a prendere.

«Non dirmi che c'è anche Tyler!» le urlò dietro Phoebe alla quale quel pensiero era balzato in testa all'improvviso.

«Non sono affari tuoi!» le rispose malamente Ashley, spiazzandola e richiudendosi dietro la porta.

«Mia sorella è senza speranza!» borbottò mentre si gettava tra le braccia del suo fidanzato, che la strinse sorridendo, ormai fin troppo abituato a quelle scene.

 

«Papà... mi senti adesso?» riprovò per la terza volta Matt, dopo aver impostato il vivavoce al suo cellulare e averlo collocato sul cruscotto dell'auto, dove finalmente rimase fermo invece di cadere rovinosamente come le due volte precedenti. Ne erano seguite una serie abbastanza lunga di imprecazioni poco carine da parte del biondo e il bisogno impellente di fumarsi una sigaretta, al quale avrebbe subito provveduto se solo non fosse impegnato a controllare la mappa dal navigatore del telefono.

«Sì, non benissimo ma ti sento. Sei in viaggio? Non prende il telefono?» chiese Nathan, dall'altra parte della cornetta. Sentiva un forte rumore di vento e di auto in movimento e aveva intuito che suo figlio dovesse trovarsi per strada.

Matt ringraziò il cielo, almeno quel problema era risolto, poi abbassò il finestrino e lasciò che il vento gli rinfrescasse la fronte e gli scompigliasse i capelli.

Non aveva ancora avvisato suo padre del suo cambiamento improvviso di rotta e stava cercando di farlo da almeno mezzora se solo il suo telefono si fosse degnato di collaborare.

«Sì, più o meno, è proprio per questo che ti chiamavo. Volevo dirti che non sto tornando a casa, in realtà – poi si soffermò un attimo prima di rivelare la verità a suo padre, temendo una sua reazione che l'avrebbe messo in imbarazzo – sto andando da Ashley, nella sua città» mormorò infine, quasi sperando che non lo avesse sentito.

«Finalmente sei rinsavito e hai smesso di fare l'idiota! Meglio tardi che mai! - fu il commento di suo padre, Matt sospirò rassegnato, Nathan non sarebbe mai cambiato – comunque, scherzi a parte, sono felice che tu abbia capito che grande errore stavi commettendo, Ashley è una ragazza d'oro e se si è innamorata di uno scapestrato come te è meglio che non te la lasci scappare, sono sicuro che la distanza non vi farà più paura e vi auguro tutto il meglio, ragazzo mio» disse Nathan, non ci aveva quasi più sperato, ma evidentemente qualcosa nel cuore freddo di suo figlio era finalmente mutato e non poteva che fargli piacere. Gli venne in mente Monica e fu sicuro che anche lei la pensasse esattamente nello stesso modo e che adesso fosse contenta tanto quanto lui.

«Vaffanculo!» urlò Matt per tutta risposta.

«Beh, mi aspettavo un grazie papà, ma mi farò andare bene anche questo, sei mio figlio e mi prendo le mie responsabilità sulla tua educazione!» sentenziò Nathan, spiazzato da quell'esclamazione colorita.

«Non ce l'ho con te papà, ho sbagliato di nuovo strada, maledizione! - sbottò Matt, sapeva di dover stare attento, erano due ore ormai che viaggiava ed era sempre più vicino alla meta, ma quelle strade non le aveva mai percorse e continuava a confondersi mentre l'ansia di rivederla cresceva – grazie per le parole che hai appena detto, ti voglio bene, non sentirti troppo solo senza di me, tornerò presto!» lo rassicurò, mentre cercava disperatamente di raccapezzarsi e riprendere la giusta direzione.

«Non pensare al tuo vecchio, stà attento a dove vai e cerca di non perderti!» gli raccomandò, poi chiuse la chiamata.

Matt passò gli occhi dallo schermo del cellulare per controllare la mappa alla strada e ai cartelli, pregando di non sbagliare più.

Dovette ammettere di essere un po' nervoso e quello stato d'animo lo stava distraendo e facendo rallentare per via di tutti quegli errori di percorso. Serrò le dita sul volante e cercò di concentrarsi per evitare altre perdite di tempo.

Era partito da casa determinato e sicuro, ma più si avvicinava a lei, più saliva la voglia di rivederla mischiata all'ansia di non essere ben accetto e di venire respinto. Anche se all'inizio si era ripromesso di essere coraggioso, quella paura aveva preso man mano a insidiarlo, minando tutta la sua sicurezza.

Non poteva arrendersi, non ora, avrebbe affrontato quella prova e nel peggiore dei casi almeno non avrebbe potuto incolparsi di non aver fatto il possibile. Doveva essere forte e superare quel momento.

Sospirò pesantemente, poi i suoi occhi tornarono seri e caparbi.

Era sempre più vicino e ce l'avrebbe fatta.

 

Circa due ore e qualche altra distrazione dopo, Matt giunse finalmente nel paese di Ashley.

Era riuscito a rilassarsi solo quando ne aveva letto il nome sul cartello stradale e si era reso conto di aver superato ormai il grosso della fatica, anche se il momento più emotivamente duro doveva ancora arrivare.

Era stanco e accaldato dopo quattro ore di viaggio in auto sotto il sole di Settembre, ci aveva impiegato più del tempo previsto per colpa dei suoi numerosi errori che l'avevano costretto ad altrettante deviazioni, ma finalmente era arrivato.

Si arrotolò le maniche della sua maglietta grigia fino al gomito per il caldo, poi scese dalla macchina e cercò di orientarsi tra quelle strade sconosciute.

La città di Ashley sembrava minuscola rispetto alla sua, caotica, enorme e piena zeppa di gente sempre indaffarata e in movimento e la tranquillità e lentezza che si respirava in un certo senso ebbe un effetto calmante sui suoi nervi tesi.

Non ci mise molto a trovare la via, chiedendo a qualche passante e poco dopo si ritrovò davanti a un portone. La casa era semplice e non troppo grande, molto diversa dalla villa di Gregory.

Controllò l'indirizzo dal foglietto che le aveva dato sua madre e per essere sicuro di non sbagliare si avvicinò alla porta e lesse il cognome: era quello della madre di Ashley e tirò un sospiro di sollievo.

Non aveva sbagliato, si trovava proprio davanti alla porta della casa della ragazza che amava ed era l'unica barriera esistente tra loro due. Lei era lì, dietro quel muro e ad un passo da lui.

Quel pensiero lo incoraggiò e gli diede la spinta per non esitare e decidersi a bussare, sperando di trovarsi di fronte proprio Ashley.

Le sue aspettative furono però deluse quando, qualche secondo dopo, la porta si aprì, rivelando una ragazza alta e biondissima, dal viso angelico e con gli occhi azzurri, di un colore molto simile al suo, pesantemente truccati.

Dopo un primo momento di sorpresa Matt capì.

Doveva essere Phoebe, la sorella maggiore di Ashley, gliene aveva parlato spesso e la descrizione che ricordava corrispondeva alle fattezze della ragazza in piedi sulla soglia di casa.

Matt rimase un attimo interdetto, Phoebe alzò un sopracciglio per lo stupore, poi credendolo uno scocciatore, tentò di liquidarlo, senza nemmeno dargli il tempo di spiegare.

«Ah no, mi dispiace, non ci interessa nulla, qualunque cosa sia!» esclamò, con un finto sorriso smagliante, poi con aria di sufficienza fece per sbattergli la porta in faccia.

Matt la bloccò giusto in tempo, 'certo che Ashley aveva ragione' pensò, sua sorella aveva proprio un bel caratterino!

«Ma no! - si affrettò a ribattere, tenendo ferma la porta con una mano e attirando nuovamente l'attenzione della ragazza – non voglio venderti niente, cercavo tua sorella Ashley!» continuò, fissandola bene in viso.

Phoebe sgranò gli occhi teatralmente: un ragazzo cercava sua sorella?

«Eh?» la faccia della bionda diventava sempre più confusa e meravigliata, Matt sospirò rassegnato, la sua impresa si stava rivelando più difficile del previsto, abbassò lo sguardo e poi lo rialzò, facendo incrociare i suoi occhi con quelli altrettanto azzurri di Phoebe.

La ragazza rabbrividì per l'intensità di quello sguardo e parve avere finalmente un'illuminazione.

I suoi occhi si assottigliarono, come se si stesse di colpo concentrando, e cominciarono a scrutare attentamente la sua figura. Osservò i suoi capelli lunghi e scompigliati, quegli occhi così penetranti, il suo abbigliamento scuro e poco alla moda, che le ricordava un po' quello dei musicisti rock, notò la sua bellezza particolare e fuori dall'ordinario che non passava di certo inosservata e subito le vennero in mente i racconti di sua sorella su quel fantomatico ragazzo che tanto la stava facendo soffrire. Sembravano corrispondere esattamente al tipo che stava lì davanti a lei e che, guarda caso, aveva chiesto proprio di Ashley.

Improvvisamente la sua espressione cambiò radicalmente e da dubbiosa si fece agitata e sconcertata. La vide battersi una mano in fronte e spalancare la bocca, per poi gesticolare furiosamente senza tuttavia riuscire ad articolare parole di senso compiuto.

«Ma tu, non sarai per caso Matt?» chiese infine, quando parve essersi ripresa dalla shock.

Il ragazzo si aprì in un sorriso meraviglioso. Ashley doveva aver parlato di lui e la cosa lo riempì di gioia.

«Sì, sono io» ammise, finalmente.

«Oh cazzo! - esclamò Phoebe, incurante del suo linguaggio poco raffinato e cominciò ad agitarsi vistosamente e a diventare inquieta per poi assumere un'espressione disperata – mia sorella non è in casa, ma aspetta, so dov'è! Devi andare nella piazza principale, è qui vicino, non puoi sbagliarti! C'è un bar all'aperto con dei padiglioni gialli orribili, non puoi non notarlo!» gli urlò, ancora in preda a quell'isteria incontrollata.

«Grazie mille!» le sorrise Matt, prima di salutarla e voltarsi per correre via e cercare il luogo che le aveva indicato Phoebe.

«Ehi Matt!» si sentì chiamare quando già stava per imboccare una strada laterale. Si girò indietro e vide Phoebe, ancora sulla porta di casa, con le mani giunte al petto come in preghiera.

«Ti prego, trovala!» lo supplicò, gridando da lontano.

Matt le fece un cenno e rise, per poi sparire dietro l'angolo.

Phoebe rientrò in casa e rimase per un attimo con la schiena poggiata alla porta, chiuse gli occhi e sospirò.

'Sorellina mia, spero che tu possa essere felice!' pensò, il cuore le batteva a mille per l'ansia. Immaginò la faccia di Ashley quando lo avrebbe incontrato e pregò con tutta sé stessa che ogni cosa si sarebbe aggiustata, che non dovesse più stare male.

Peter la raggiunse, insospettito dalla sua lunga assenza e la trovò lì, immobile e pensierosa.

«Chi era alla porta?» le chiese, curioso.

«Un miracolo, forse!» rispose Phoebe sorridendo e gettandosi tra le braccia del suo ragazzo, che la strinse a sé con uno sguardo attonito, in attesa di qualche spiegazione in più.

 

Matt chiese qualche indicazione per strada e dopo aver percorso alcune strade secondarie, si ritrovò su un viale alberato molto più largo e alla fine di questo, riuscì già a intravedere un grande slargo.

Quella doveva essere la piazza di cui parlava Phoebe.

Senza poter controllare le sue gambe, si ritrovò a correre forsennatamente, era quasi arrivato, stavolta l'avrebbe vista e una marea di emozioni contrastanti imperversarono dentro il suo animo.

Provava una gioia incontenibile al pensiero di poterla rivedere, toccare, sentire la sua voce e respirare il suo profumo, ma anche un forte terrore che lei non volesse nemmeno parlargli o sentire ciò che aveva da dirle, che fosse già in compagnia di qualcun altro, magari proprio di quel Tyler. Dopotutto lui era innamorato di Ashley e poteva averla consolata in quei giorni, e chissà, anche riconquistata.

Forse non aveva fatto in tempo, forse era stato tutto inutile e si sarebbe incolpato a vita di averla lasciata andare, senza dirle quello che provava davvero, per quella stupida paura di sé stesso,di rovinare tutto, della distanza.

Il respiro gli diventò affannato, non solo per la corsa ma per quel nodo in gola che gli si era formato e che lo soffocava.

Ashley era l'unica ragazza che lo avesse mai aiutato a capire sé stesso, che avesse creduto in lui e non si fosse fermata alle apparenze esteriori e lui la amava e ora voleva gridarlo al mondo se solo fosse stato possibile.

Un'altra chance era ciò che desiderava, solo quello gli bastava, non chiedeva altro.

La strada giunse al termine e davanti a lui si spalancò la piazza. Matt si guardò intorno mentre cercava di riprendere fiato, cercò con la vista i padiglioni gialli di cui aveva parlato Phoebe e non ci mise molto a individuarli, come gli aveva anche detto la ragazza, era impossibile sbagliarsi.

Si avviò correndo e vide i tanti tavoli del bar pieni di gente e tra quella doveva esserci anche Ashley.

Si fermò al centro della piazza per riprendere fiato e tentare di rintracciarla tra la folla.

Ashley intanto era seduta con Sophia e Tyler, chiacchierava con loro ma aveva un'aria distratta e pensierosa. Tyler la osservava quasi in continuazione, puntandole i suoi occhi castani che lei cercava di evitare, soprattutto dopo l'episodio del giorno prima. Sapeva che si sarebbero dovuti incontrare di nuovo prossimamente e la cosa la teneva un po' in ansia anche se ormai aveva deciso di affrontarla senza ripensamenti.

«E quindi alla fine sono dovuta tornare tre volte prima di poter parlare col professore, ma vi rendete conto? Tre volte! Nemmeno fosse il Presidente di chissà quale nazione!» si lamentò Sophia, Tyler commentò con qualche battuta, Ashley annuì svogliatamente poi alzò lo sguardo, senza avere intenzione di guardare un punto preciso, ma la sua attenzione fu attratta da una figura in lontananza che le sembrava terribilmente familiare.

Smise all'istante di prestare ascolto alle parole dei suoi amici e allungò istintivamente il collo per osservarla meglio, accorgendosi che si faceva sempre più vicina.

Matt l'aveva scorta alla fine, i capelli rossi di Ashley, illuminati dal sole che splendeva quella mattina non erano stati poi così difficili da individuare e così aveva preso ad avanzare verso la sua direzione.

Ashley sgranò gli occhi e li tenne fissi su quella sagoma, adesso distingueva un ragazzo e il cuore le fece un tuffo così violento che per un attimo credette di morire.

La gente intorno a lei scomparve come per magia e le orecchie le si attutirono, facendolo giungere i rumori e le voci come distanti e ovattate.

No, era impossibile, si disse. Doveva per forza essersi sbagliata o avere le allucinazioni.

Eppure quel giovane si avvicinava sempre di più e sembrava proprio lui, sembrava Matt.

Ashley cominciò a tremare senza controllo, si chiese se quella non fosse la volta buona che la sua sanità mentale l'avesse abbandonata e fosse andata a quel paese definitivamente e adesso vedesse anche Matt in giro per strada. Ci mancava solo quello e già si immaginava in qualche reparto psichiatrico da film dell'orrore a fare da cavia a uno strizzacervelli senza scrupoli.

Si stropicciò gli occhi più e più volte, fino a tormentarseli e sperare che quella visione sparisse, ma ogni volta che li riapriva quel ragazzo era lì, sempre più vicino e sempre più nitido.

Il sole lo illuminava per intero, i suoi capelli chiari splendevano e sembrava affaticato, stanco.

Adesso si era fermato. Non sembrava Matt, lo era.

La fissava con gli occhi spalancati, non i suoi soliti, sicuri e pungenti, piuttosto sembravano impauriti e smarriti, ma Ashley li avrebbe riconosciuti tra milioni.

Ancora incredula, nonostante l'evidenza, scattò in piedi come una molla, facendo trasalire i suoi amici.

«Ashley ma che ti prende?» fece Sophia, che si era persino portata una mano sul petto per lo spavento.

Ma Ashley non sentiva più nulla, rimaneva con lo sguardo fisso sul presunto Matt, che adesso le sorrideva.

Senza indugiare oltre e fregandosene di sembrare una pazza, Ashley abbandonò il tavolo e scattò in avanti, facendo zig zag tra i tavoli, mentre le gambe le erano diventate così molli da non sentirle e aveva l'impressione di galleggiare in aria. I battiti accelerati del cuore la scuotevano ma lei continuava a correre verso quel ragazzo e i suoi occhi si inumidirono involontariamente.

Sophia e Tyler, completamente esterrefatti dal comportamento dell'amica, guardarono entrambi nella direzione in cui stava correndo e la videro fermarsi a pochi metri da un ragazzo biondo che non avevano mai visto prima.

Tyler aggrottò le sopracciglia: chi era quel tipo e perchè Ashley aveva reagito in quel modo appena l'aveva visto? La gelosia cominciò ad assalirlo.

Sophia, invece, continuava a fissare quella scena e un sospetto si fece strada dentro di lei.

Ashley raggiunse Matt, adesso gli era talmente prossima da poterlo toccare se solo avesse compiuto qualche altro passo, lo vide abbassarsi e poggiare le mani sulle ginocchia per riprendere fiato e quando rialzò lo sguardo i suoi occhi la colpirono.

Erano proprio i suoi, non si era sbagliata, sembravano reali e così vicini a lei.

Forse stava sognando e tra poco si sarebbe risvegliata, sì, doveva essere proprio così.

Non aveva il coraggio di avvicinarsi e sfiorarlo, perchè se si fosse accorta che non era vero ma solo un' illusione il suo cuore non avrebbe tollerato di perderlo una seconda volta, non lo avrebbe sopportato.

Matt si passò velocemente una mano fra i capelli per allontanarli dagli occhi e godere appieno della sua immagine. Era bellissima come al solito, con i suoi capelli ramati luminosi e gli occhi, dolci e luccicanti, forse per colpa delle lacrime che li stavano invadendo.

In quel momento avrebbe solo voluto abbracciarla e baciarla e non farla mai più andare via. Sperò solo che per lei non fosse una sorpresa sgradita e cercò disperatamente qualche segnale sul suo viso che glielo facesse capire.

Ashley stava ferma immobile, aveva le mani giunte sul petto, come se volesse trattenersi il cuore per paura che le saltasse fuori e si chiese perchè non gli si avvicinasse, perchè non si fosse gettata tra le sue braccia e i suoi occhi apparissero così tristi.

Una tremenda inquietudine lo avvolse e temette che la peggiore delle sue ipotesi si stesse materializzando davanti a lui, come un incubo che prende vita.

«Matt? - mormorò finalmente Ashley, la sua voce era spezzata e quasi impercettibile – ma tu... che...» balbettò, incapace di formulare una domanda decente.

«Ashley, mi dispiace, non ce l'ho fatta – cominciò a parlare affranto, mentre lei lo ascoltava, immobile come una statua – mi mancavi da morire e ho capito solo ora quanto vigliacco sono stato con te. Ti ho fatto andare via senza impedirlo, nascondendomi dietro paure e scuse senza senso, ferendoti e comportandomi da idiota. La verità è che troppo spesso ho avuto terrore dei sentimenti e delle loro conseguenze, nella mia vita ho solo combinato un casino dopo l'altro con le persone a cui tenevo e...non volevo farlo anche con te ma...nel tentativo di proteggerti ti ho fatto del male e ho distrutto la cosa più bella che mi fosse capitata. Io ti giuro che se non vuoi, se mi odi e non ne vuoi più sapere di me, lo capisco e sparirò, non mi intrometterò nella tua vita e non mi vedrai mai più, ma se deciderai di darci una seconda possibilità, ti prometto che non la sprecherò, farò l'impossibile per starti accanto – Ashley tremava, la voce rotta di Matt le arrivò dritta nell'anima e quasi non credette a ciò che le sue orecchie stavano sentendo, guardò i suoi occhi, deboli e sinceri e i suoi si riempirono di lacrime – puoi starne certa perchè... io ti amo Ashley, perdonami se non te l'ho detto prima.» confessò Matt, e nonostante l'ansia di sapere quale sarebbe stato il suo responso, si sentì già più leggero e libero. Non aveva più paura di quel sentimento e sentire la sua voce che lo diceva apertamente fu musica per le sue orecchie.

Ashley spalancò la bocca, le braccia, ancora strette sul petto, le caddero pesanti lungo i fianchi e le sembrò che il tempo attorno a loro si fosse fermato. Una gioia irrefrenabile si impadronì del suo cuore, curò all'istante tutti i suoi dolori e le sue ansie e prima che se ne rendesse conto aveva già colmato la distanza fra loro e gli si era buttata tra le braccia, stringendolo forte.

Riconobbe il suo corpo, il suo odore familiare e il battito del cuore di Matt, fortissimo come il suo, che le risuonava di nuovo nell'orecchio, e si sentì nell'unico posto a cui appartenesse davvero.

Le distanze, le strade, le città, non contavano più niente e non sarebbero più state un ostacolo finchè avrebbe sentito che quello era il suo posto, con lui e soltanto con lui.

Sentì le sue braccia forti che gli cingevano a loro volta la schiena e una mano le si posò morbidamente sulla testa, tenendola salda e accarezzandole i capelli. Capì solo in quel momento che in realtà non si erano mai lasciati davvero, che quello che c'era tra loro andava oltre ogni stupida difficoltà e provó la sensazione che tutto sarebbe stato possibile, ora ne era certa, sentì una nuova forza nascerle dentro e riscuoterla dall'apatia e dal torpore in cui era sprofondata.

«Non ti azzardare ad andartene, stupido – sussurrò, senza mollare la presa attorno ai suoi fianchi – certo che ti voglio, non ho mai smesso di farlo» gli rivelò, col volto ancora affondato contro il suo petto.

Matt sorrise felice e la strinse più forte, abbassò il viso verso di lei e le poggiò le labbra sul collo, delicatamente, facendola rabbrividire.

Quando si staccarono, entrambi si guardarono negli occhi, che adesso avevano perso qualunque ombra o tristezza, ma quelli di Ashley erano pieni di lacrime e alcune le avevano già segnato le guance. Matt le prese il viso con le mani e le asciugò con attenzione.

«Ti prego, non voglio più vederti piangere per me» disse Matt, Ashley gli sorrise e scosse la testa.

«Sono lacrime di felicità queste, e comunque anche io sono stata un'idiota con te – ammise, portandogli le braccia al collo e infilando le dita tra i suoi capelli – e anche io ti amo!»

Matt sorrise, avrebbe voluto baciarla, sentire le proprie labbra unite alle sue e il loro sapore, ma vide che Ashley aveva voltato leggermente la testa e ancora una volta non ebbe bisogno che lei parlasse per capire, non aveva perso il dono di leggerle dentro.

Non era da sola quel giorno e probabilmente un bacio in quel momento l'avrebbe messa in imbarazzo o in qualche situazione spiacevole.

«Tranquilla, abbiamo tutto il tempo che ci serve per recuperare, non c'è più fretta, adesso» la rassicurò.

«Grazie» mormorò Ashley.

«Se hai da fare non voglio disturbarti, sono piombato qui così senza avvertirti e mi dispiace, ma posso fare un giro! Ci vediamo dopo magari, quando hai finito» la informò, cercando di non farle pesare la sua presenza in quel momento.

Ma Ashley non voleva lasciarlo andare, non ora che l'aveva ritrovato, gli prese la mano e gliela strinse forte.

«Non ce n'è bisogno, ti voglio con me» gli ordinò, poi lo tirò lievemente e lasciò che lui la seguisse.

Prese un bel respiro perchè quello che la aspettava non era facile e di certo non poteva tornare al tavolo e dire a tutti chi era quel ragazzo e cosa fosse appena successo tra loro. Pensò a Tyler e a quello che sicuramente aveva appena visto, non si erano baciati ma anche un cretino avrebbe intuito la situazione. Non era stata colpa sua, non aveva potuto prevedere che Matt sarebbe spuntato lì all'improvviso e si ripromise di spiegargli tutto e cercare di salvare il salvabile, se mai ci fosse riuscita.

Lo sguardo di Tyler era gelido, quella scena lo aveva letteralmente pietrificato.

Erano abbastanza lontani, ma non gli erano sfuggite le carezze che quel ragazzo aveva fatto ad Ashley sul suo viso, né il modo in cui l'aveva stretta a sé, facendo unire i loro corpi e passando le mani lungo i suoi fianchi, con una confidenza e naturalezza disarmanti, come se l'avesse già fatto prima, come se conoscesse quel corpo alla perfezione e quella cosa lo fece infuriare internamente. Di sicuro Ashley le aveva tenuto nascosto qualcosa e non aveva ben chiaro cosa ci fosse tra loro. Sophia gli aveva rivolto uno sguardo pieno di preoccupazione.

Quando aveva visto Ashley abbracciare in quel modo quel ragazzo non aveva avuto più dubbi e i suoi sospetti erano stati confermati. Era felice che la sua amica e il suo amato si fossero ricongiunti ma era conscia delle conseguenze devastanti che quell'avvenimento avrebbe avuto sulla loro amicizia.

Ashley nel frattempo si avvicinò a loro, nella sua mano stringeva ancora quella di Matt e quel particolare non sfuggì agli occhi di Tyler, che lo squadrò con odio dalla testa ai piedi.

«Scusate ragazzi, ma... - Ashley iniziò ma si rese conto troppo tardi di non essersi preparata una scusa o una giustificazione per la presenza di Matt in città – lui è Matt, è... il figlio della fidanzata di mio padre e.. » si bloccò, non riuscendo più a continuare, la sua mente si era svuotata e non fu in grado di improvvisare.

«Sono venuto a riportarle una cosa importante che aveva dimenticato, scusate l'intromissione» le venne in soccorso Matt, con naturalezza, rendendo estremamente plausibile quella spiegazione.

Senza volerlo, però, non era andato molto lontano dalla verità: le aveva riportato indietro il cuore che Ashley aveva lasciato a lui, prima di partire.

 

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Capitolo 39
*** Capitolo 39 ***


Ciao a tutte!
Come al solito comincio a scrivere e mi accorgo che il capitolo diventerebbe troppo lungo se continuassi, così sono costretta a dividere in due parti questo! Non mi andava di tagliare dei pezzi, come ho detto ad alcune di voi, non mi piace essere troppo frettolosa o riassuntiva e spero capirete!
Colgo l'occasione per ringraziare di cuore tutte coloro che stanno seguendo la storia, sia chi l'ha aggiunta alle varie preferite/ricordate/seguite, sia chi lo fa in silenzio!
Un ringraziamento in particolare lo devo alle ragazze che hanno recensito o stanno recensendo, lasciandomi le loro impressioni sulla storia, e che mi hanno dato un forte incoraggiamento per continuare!
Alla prossima!


Capitolo 39

 

Sophia tirò un sorso veloce della sua aranciata dalla cannuccia, poi posò il bicchiere di vetro accanto al suo piatto e riprese a fare ciò che aveva interrotto per soddisfare la sua sete, ovvero osservare di soppiatto colui che, a quanto pareva, dopo gli abbracci intensi a cui aveva appena assistito, era diventato il ragazzo della sua amica. In verità lo era di fatto già da un mese ma quei due erano stati talmente impegnati a farsi prendere dalla paura e dalle insicurezze da non essere riusciti ad ammetterlo fino a quel momento.

La curiosità e lo spirito indagatore erano due delle caratteristiche principali di Sophia, insieme alla sua pignoleria e non appena Ashley aveva introdotto Matt al tavolo con loro, le si era presentato un ottimo terreno fertile per metterle in pratica.

Adorava provare a leggere nella mente delle persone, scrutarle e cercare di intuire la loro personalità, i loro sentimenti o timori anche solo analizzando il linguaggio del corpo, i gesti e tutti quegli atteggiamenti e movimenti facciali involontari che sarebbero sfuggiti a qualunque occhio disattento ma non al suo. Sapeva che rivelavano molto del vero carattere di ciascuno e se ne serviva spesso per decifrare la gente intorno a lei, capire chi le mentiva ed evitare chi non le aggradava.

Alcuni avrebbero detto che così era giocare sporco, che si perdeva tutto il bello di conoscere una persona pian piano, ma per lei era normale, le veniva naturale e ormai lo faceva senza nemmeno farci caso. Se si fosse sforzata di non stare attenta sarebbe stato come possedere un senso e non usarlo, un po' come costringersi a chiudere gli occhi e orientarsi per strada, semplicemente inutile.

Eppure quel ragazzo a lei sconosciuto stava mettendo davvero a dura prova il suo dono e la stava alquanto innervosendo.

Non riusciva con certezza a capire chi fosse o cosa gli passasse per la testa, il suo viso sembrava indecifrabile e il suo corpo non lasciava trasparire alcun indizio rilevante.

Già dal primo istante, solo guardando il suo aspetto, le era sembrato un contrasto vivente, possedeva un qualcosa che disorientava, che spiazzava.

Di certo era uno di quei tipi che facevano voltare quasi tutte le ragazze al loro passaggio, anche Sophia fu costretta ad ammetterlo, sebbene il fatto che fosse legato sentimentalmente ad Ashley le impediva anche solo di poter formulare pensieri poco casti su di lui e lo faceva somigliare più ad un essere asessuato che a un oggetto di apprezzamento.

Il suo viso era bello e lineare, i capelli biondi piuttosto lunghi, resi ancora più chiari dal sole di quella mattina e gli occhi, di un azzurro così intenso da togliere il fiato quando li si fissava, gli conferivano un'aria angelica ed eterea, ma quei colori delicati cozzavano irrimediabilmente col suo stile e col suo modo di vestire e lo allontanavano molto dalla definizione di belloccio perfetto a cui lui evidentemente non aspirava.

Il suo abbigliamento infatti, in contrasto con le sue fattezze fisiche, era composto da toni molto scuri, portava dei jeans neri scoloriti e una semplice maglietta grigia, ai polsi aveva dei bracciali di cuoio scuri, alcuni con delle borchie metalliche, per non parlare dei capelli, lasciati scompigliati e fluenti, tipici di chi si alzava e non perdeva di certo tempo davanti allo specchio a pettinarsi.

L'insieme di quei dettagli, che contrastavano così tanto fra loro, gli donava involontariamente un fascino non ordinario e ribelle, ma lui non sembrava farlo apposta, nemmeno si sforzava di apparire attraente, era così e basta.

Quello era il quadro che si era fatta di lui esteriormente e fin lì riusciva ad arrivarci, ma intravedere tutto quello che aveva dentro, tutto ciò che non poteva mostrare, le risultò un'impresa ardua da portare a termine.

Di una cosa però fu certa e l'averlo notato la tranquillizzò parecchio.

Quando parlava con Ashley, quando la guardava, i suoi occhi pungenti si modificavano, si addolcivano in un baleno, diventavano come un mare in cui solo a lei era permesso specchiarsi senza paura, una luce diversa li attraversava, apparivano vulnerabili e sinceri e quando sorrideva si piegavano verso l'alto con naturalezza.

Sophia capì senza alcun dubbio che a lei si rivelava per come era veramente, senza filtri o barriere, non si celava dietro uno scudo, si metteva a nudo anche a costo di risultare fragile ed esposto. E soprattutto ogni muscolo del suo viso trasmetteva tutta la felicità che stava sentendo in quel momento e l' amore vero che provava verso di lei.

A Sophia non sfuggì che, di tanto in tanto, la mano sinistra di Ashley e la destra di Matt, confinanti tra loro, sparivano sotto il tavolo e rimanevano celate per un po', probabilmente si tenevano per mano in quel modo per evitare che qualcuno se ne accorgesse.

Perfino lei, che notoriamente non era ciò che si può definire un tipo romantico, trovò assai tenero quel particolare.

In fondo non le serviva sapere altro, le bastò essersi accertata che lui non si stesse prendendo gioco della sua migliore amica e che provasse per lei sentimenti sinceri. Si fidava ciecamente delle sue intuizioni e per quel motivo non ebbe bisogno di continuare oltre con le sue scrupolose indagini.

Un po' di conversazione però le andava eccome.

«E quindi sei venuto in auto dalla città del padre di Ashley?» chiese a Matt, sporgendosi un po' in avanti per scansare Ashley, che sedeva tra loro due, e poterlo guardare in faccia.

«Già, è la prima volta che vengo qui, ci ho impiegato quattro ore» affermò Matt con tranquillità, prima di dare un morso al suo panino.

«Quattro ore?» esclamò sconvolta Ashley, era quasi più del doppio del tempo che solitamente impiegava suo padre per percorrere la stessa distanza. In effetti non avevano ancora avuto modo di parlarsi da soli e non conosceva i dettagli del suo viaggio e nemmeno come erano andate esattamente le cose. Aveva così tanto da domandargli e da farsi raccontare che riusciva già a immaginare la lunga nottata insonne che li aspettava. Lo guardò con apprensione e pensò che dovesse essere molto stanco, anche se non lo dava a vedere come suo solito, e il pensiero che si fosse avventurato in quel paese che non conosceva solo per riaverla nella sua vita le riscaldò il cuore.

Matt intanto annuì con un gesto lento del capo «Mi sono perso un paio di volte prima di beccare la strada giusta, era pieno di bivi e incroci e non mi era mai capitato di venire dalle vostre parti prima d'ora» spiegò, mantenendo un tono calmo e sereno. Adesso che aveva ritrovato Ashley e che lei aveva ricambiato il suo amore, aveva dimenticato tutte le tribolazioni affrontate per raggiungerla e si sentiva bene e in pace con sé stesso come mai prima.

«Mi dispiace, sarai esausto!» udì la voce carica di preoccupazione di Ashley e si voltò per incrociare i suoi occhi nocciola chiaro, che lo fecero sciogliere all'istante.

«Tranquilla, questo non è niente! Ho fatto di peggio in passato, una volta ho guidato per una notte intera al ritorno da un concerto e avevo solo 19 anni, in confronto questa è stata solo una passeggiata!» la rassicurò, sorridendole e accarezzandole i capelli dolcemente, con un gesto spontaneo e affettuoso che non sfuggì agli occhi gelidi di Tyler.

Da quando Matt si era seduto con loro non aveva fatto altro che stare in silenzio e osservarlo con astio.

Non serviva l'arguzia di Sophia per capire che tra lui ed Ashley c'era qualcosa di più che una semplice amicizia, anzi, non era difficile percepire una forte attrazione e complicità, che gli risultava inspiegabile.

Più li scrutava insieme e più quella visione lo confondeva: non riusciva a trovare un punto in comune tra loro due che giustificasse quella strana alchimia.

Ashley era talmente diversa da lui, sembravano appartenere a due mondi opposti e distanti e se Tyler aveva trovato assurda la sua precedente storia con Richard, un damerino noioso e fin troppo serio, pensarla insieme a quel ragazzo era qualcosa di davvero inconcepibile.

Se solo si fosse trovato davanti un'altra persona, qualcuno più simile a lei nell'aspetto o nel modo di comportarsi, forse sarebbe riuscito ad accettarlo più in fretta, ma quel tipo ribelle e anticonformista proprio non ce la faceva a immaginarlo al fianco della sua amata.

Per quanto fosse un pensiero piuttosto infantile, non potè fare a meno di chiedersi che cosa ci avesse trovato Ashley di tanto speciale. Cosa in più di lui?

Lo guardò, in fondo doveva avere più o meno la sua stessa età, forse era solo uno o due anni più grande, e da come parlava sembrava non aver avuto un passato esattamente da bravo ragazzo. Era affascinante e carismatico e immaginò che dovesse avere abbastanza successo con le ragazze. Magari anche Ashley ne era rimasta intrigata e lui se ne stava solo approfittando per divertirsi un po' per poi stufarsi e spezzarle il cuore.

Era l'unica spiegazione che riusciva a darsi o forse l'unica a cui voleva credere.

«E cosa aveva dimenticato Ashley di tanto importante da spingerti a fare questo viaggio per riportargliela?» domandò Sophia, scaltra come una volpe.

Aveva intuito che la sua venuta non aveva niente a che vedere con qualche fantomatico oggetto indispensabile per la sopravvivenza di Ashley e si voleva giusto un po' divertire a stuzzicarli.

«Il libro che le serviva per l'esame di questo mese, suo padre mi ha chiesto cortesemente di farlo visto che lui è impegnato col lavoro» rispose subito Matt, senza scomporsi e senza fare una piega, facendo sfoggio della sua migliore capacità di improvvisazione.

Ashley rabbrividì e lanciò un'occhiata furibonda a Sophia. Odiava quando la riccia si divertiva a metterla in imbarazzo, ma la sua amica non si fece intimorire.

«Che strano, Ashley mi aveva detto di aver già ripreso a studiare per quella materia!» la provocò, accennando un ghigno malefico.

«Infatti, ma devo studiare da due libri e l'altro lo avevo dimenticato da mio padre!» si giustificò la rossa con un tono nervoso e stridulo, premurandosi di mollare un calcio nemmeno tanto gentile alla sua amica da sotto il tavolo, per intimarle di smetterla, facendole emettere un piccolo lamento e sghignazzare, subito dopo. In ogni caso il suo avvertimento andò a buon fine perchè Sophia decise di non infierire oltre e di ritenersi soddisfatta così.

Ashley era arrossita ed era diventata visibilmente agitata, Matt se ne accorse, le sorrise e le poggiò una mano sulla coscia, carezzandola lievemente per farle sentire il suo conforto e calmarla, ma quel tocco ebbe su di lei un effetto tutt'altro che rilassante.

La sua mano, sopra la stoffa sottile del vestito, stuzzicò la sua pelle e le provocò dei brividi di piacere lungo la schiena che non provava da quell'ultima notte trascorsa insieme.

Si rese conto in quell'attimo che aveva un disperato bisogno non solo del suo amore 'spirituale' ma anche di quello fisico, ed era stato grazie a lui che Ashley aveva preso più confidenza con quell'aspetto di un rapporto, ugualmente importante, e aveva imparato a non vergognarsene e a viverlo appieno, lasciandosi trasportare dalle sensazioni che il proprio corpo le trasmetteva.

Sollevò istintivamente lo sguardo verso il viso di Matt e lo colse mentre si passava la lingua sulle labbra per inumidirle, un gesto che aveva fatto senza l'obiettivo di provocarla ma che involontariamente la fece avvampare. Si ricordò che non aveva ancora potuto baciarlo e che ne aveva un desiderio folle come anche di riassaporare le sue carezze e i suoi abbracci e di avere le sue mani che vagavano su di lei.

Voleva sentirlo suo completamente e quella voglia la colse, improvvisa, in quel momento poco opportuno e il solo pensiero la fece diventare ancora più rossa in faccia, soprattutto perchè con loro c'era anche Tyler e lei si sentiva già troppo in colpa nei suoi confronti.

A quel punto Matt, perspicace come sempre, parve accorgersi di quello che le stava succedendo e per tutta risposta rafforzò la presa sulla sua gamba e cominciò a scorrere sempre più in alto, godendosi di soppiatto la visione del suo bel viso arrossato per lui.

'Che stronzo' pensò Ashley, sopraffatta da quelle sensazioni finchè non fu costretta, a malincuore, ad arrestare il pericoloso avanzare della sua mano e a lanciargli un'occhiata allarmata che gli fece piegare le labbra in un sorriso malizioso.

Ashley tracannò un bicchiere di acqua ghiacciata per placare i suoi bollenti spiriti, poi cercò di deviare la discussione per portarla a un argomento qualunque che non fosse Matt, il quale stava subendo un vero e proprio interrogatorio e lei sapeva quanto poco gradisse sentirsi sotto pressione.

«Allora, sono buoni i vostri panini?» provò a chiedere ma il suo tentativo fu un buco nell'acqua perchè dopo qualche breve commento la discussione tornò di nuovo al biondo forestiero.

«Abiti nella città del padre di Ashley?» chiese Sophia, sempre più appassionata alla conversazione, ignorando bellamente gli sguardi minacciosi dell'amica.

«No, ci ho vissuto con mia madre ma solo fino ai 16 anni, dopo mi sono trasferito da mio padre in un'altra città più grande, ed è lì che vivo attualmente – la informò Matt, mentre frugava nella sua tracolla per poi tirarne fuori l'accendino e una sigaretta, Ashley capì subito che doveva avere un gran bisogno di rilassarsi – trascorro con mia madre solo le vacanze estive, visto che è una città di mare, e da un anno lei sta col padre di Ashley per questo motivo ci siamo conosciuti e abbiamo vissuto insieme il mese scorso – dichiarò, attirandosi un'occhiata di odio da parte di Tyler che Matt fece finta di non notare, poi si portò la sigaretta tra le labbra e rivolse lo sguardo ai presenti – scusate, vi dà fastidio se fumo?» chiese loro, alternando lo sguardo tra Sophia e Tyler. Non aveva potuto fumare durante il tragitto con la macchina e adesso ne sentiva una voglia quasi impellente.

«Ma no, tranquillo, fai pure!» lo autorizzò Sophia, aggiustandosi gli occhiali sul naso, Tyler si limitò a scrollare le spalle e voltarsi dalla parte opposta, Ashley sospirò a quella scena.

Matt si accese la sigaretta e gettò fuori una nuvola di fumo, rilassandosi sullo schienale e apparendo già più disteso. Sebbene Ashley non approvasse quel suo vizio, sapeva benissimo che fumare lo aiutava a distendere i nervi e quell'occasione era abbastanza pesante da tollerare senza un piccolo aiuto.

«Allora sei qui di passaggio? Avrai qualcosa da fare nella tua città, no?»

Tyler formulò quella domanda con spietata freddezza, Matt si voltò a guardarlo negli occhi, mentre Sophia li sgranò ed Ashley trattenne il fiato.

Era la prima volta che Tyler rivolgeva la parola a Matt e lo aveva fatto con una domanda che sembrava casuale ma nel suo caso non lo era.

Aveva intuito quale fosse il punto debole della loro relazione e stava girando il coltello nella piaga. Matt non apparteneva a quel luogo e la sua vita si svolgeva altrove, prima o poi avrebbe salutato Ashley, sarebbero stati lontani e qualsiasi cosa ci fosse tra loro avrebbe resistito?

Ashley abbassò lo sguardo mentre Matt continuò a fissare Tyler senza segni di irrequietezza.

«Certo che ho da fare, studio ingegneria elettronica all'università, suono in una band e aiuto mio padre col suo lavoro da fotografo» rispose, sul viso di Tyler si dipinse uno strano sorriso.

«Sono un bel po' di cose, ti prenderanno molto tempo» commentò.

Matt non era stupido e colse il riferimento al fatto che probabilmente sarebbe stato faticoso conciliare tutti i suoi impegni con Ashley, ma lui non aveva più paura, non voleva essere pigro e apatico come un tempo e vivere solo alla giornata, sentiva una nuova energia scorrergli nelle vene.

«Già, non è facile, ma per fortuna so organizzarmi» ribattè, senza alterarsi o alzare il tono della voce, Tyler rimaneva pur sempre un amico di Ashley, lei pareva tenerci e Matt non voleva litigare con lui o comportarsi da stronzo.

Tyler, comunque, detestò la maniera sicura con cui l'aveva detto insieme ai suoi occhi pacati, che riflettevano la serenità di chi sa di avere in ogni caso vinto.

Perchè Ashley era sua e lui non poteva fare niente per cambiare la situazione, per far mutare i sentimenti della ragazza, che non lo ricambiava da anni. Ci aveva provato per tanto tempo e adesso non gli rimaneva che accettare la sconfitta.

«Ero sicura che fossi un musicista, ci avrei giurato, guardandoti lo si capisce subito! - esclamò Sophia, provando a smorzare la tensione che si era creata e ad aiutare Ashley, che non aveva idea di come comportarsi per mediare tra il ragazzo che amava e il suo amico innamorato di lei e per questo riservò all'amica un'occhiata colma di gratitudine – che strumento suoni?» continuò a chiedere.

«Il basso principalmente, ma so suonare anche il pianoforte» rispose Matt e mentre l'atmosfera si alleggeriva e la discussione virava verso il campo musicale, lo sguardo di Tyler si soffermò casualmente sulle mani di Matt e sulle sue dita affusolate, tipiche di chi suona.

Immaginò quante volte quelle stesse mani avessero sfiorato o toccato Ashley in chissà quanti modi mentre a lui non era concesso e quel pensiero lo fece impazzire di gelosia per l'ennesima volta benchè adesso un barlume di rassegnazione cominciò a fare la sua comparsa.

Pensare Ashley tra le braccia di quel ragazzo faceva male, ma c'era una cosa che lo faceva ancora di più ed era vedere come il suo umore fosse cambiato radicalmente nell'esatto momento in cui Matt aveva fatto irruzione da loro.

Sembrava aver riacquistato vitalità e colore, arrossiva, gli occhi erano pieni di gioia e risentì la sua risata cristallina e spensierata. Se non l'avesse visto coi suoi occhi avrebbe stentato a credere che lo stato d'animo di una persona potesse modificarsi così nettamente in così breve tempo e la causa era stata l'arrivo di quel tipo.

Aveva il potere di influenzare il suo umore, di renderla felice e di farla sorridere. Ashley era innamorata di lui ed era fin troppo evidente.

Tyler quel potere non l'avrebbe mai avuto e forse era servito vedere con i propri occhi come Matt fosse stato capace di fare in un minuto quello che lui non sarebbe riuscito a fare nemmeno in tanti anni, perchè mettesse una pietra definitivamente sopra i suoi sentimenti.

Adesso era finita, sul serio.

Ashley vide Matt passarsi una mano sulla fronte e socchiudere per un attimo gli occhi.

Era stanco, all'improvviso le strinse la mano e lei la interpretò come una richiesta d'aiuto silenziosa e gli carezzò un braccio.

«Forse è meglio se adesso andiamo, devi essere esausto!»

Matt annuì debolmente, la stanchezza di quelle ore di viaggio e tutte le chiacchiere cominciavano a pesare sulla sua testa.

Senza esitare Ashley salutò gli amici, riservò un'occhiata a metà tra il dispiaciuto e l'imbarazzato a Tyler, e poi sparì con Matt.

 

Tyler e Sophia li imitarono subito dopo e si avviarono verso casa.

Lui non proferiva parola e Sophia immaginò il perchè.

«Tyler! - lo chiamò, senza ottenere risposta – Tyler!» riprovò, aumentando il volume della voce.

«Che c'è?» rispose stavolta il ragazzo, senza però voltarsi e continuando a camminare.

«Beh, come stai?» domandò timidamente Sophia.

«Perchè mi chiedi come sto? Come dovrei stare, scusa?» ribattè in maniera un po' brusca. Aveva capito benissimo il perchè di quella domanda ma non voleva la compassione di nessuno.

«Sai, io non so se l'hai capito, ma... suppongo che quel ragazzo... io penso che lui ed Ashley stiano insieme» balbettò a fatica.

«Lo supponi o lo sai?» domandò con poca gentilezza Tyler, stavolta si fermò e si girò a guardarla.

Sophia rabbrividì, non sapeva fin dove potesse spingersi nel raccontarle ciò che Ashley le aveva rivelato. «Non ne ho la certezza, ma con molta probabilità è il suo ragazzo» ammise.

Tyler strinse i pugni «Se è così avrebbe fatto meglio a dirlo invece di nascondersi»

«Ashley non si trova in una bella situazione e la colpa è anche tua, Tyler! - trovò il coraggio di accusarlo – lei non ti ha mai fatto credere di provare qualcosa per te che non fosse amicizia ma tu ti sei illuso e l'hai messa in una posizione scomoda!»

Il silenzio calò tra loro, Tyler non osò ribattere, Sophia aveva perfettamente ragione ma a lui non andava di confessarlo, non in quel momento che lo aveva indebolito e messo a dura prova.

«In ogni caso lui si sta solo divertendo con Ashley, si è fatta abbindolare dal suo bel faccino e scommetto che se ne è approfittato portandosela a letto e così continuerà a fare finchè non la farà soffrire, come in questi giorni!» affermò con rabbia. Non voleva accettare che tra quei due ci fosse un sentimento vero, era qualcosa che non era pronto ad ammettere.

«Come puoi dire questo? Ashley non è mai stata una stupida e non è il tipo da farsi calpestare così! E poi pensi che uno come Matt abbia bisogno di farsi quattro ore di strada in macchina sotto il sole per un po' di sesso? Quello che dici non ha senso ed è anche irrispettoso nei confronti di Ashley! - urlò Sophia, poteva tollerare tutto, ma non quelle offese gratuite contro la sua amica – e poi io l'ho guardato negli occhi e ho visto che è sincero con lei. Sai che non mi sbaglio e che ti piaccia o no penso che faccia sul serio con lei!» aggiunse, col fiato ormai corto.

«Comunque a me non interessa più, non ne voglio sapere e adesso me ne vado!» la liquidò Tyler, dopo averla sorpassata e lasciata indietro.

C'era tanta amarezza nelle sue parole e quella rabbia era comprensibile in fondo, ma Sophia era certa che l'avrebbe smaltita e alla fine sarebbe riuscito a superare quella delusione.

 

«Spero che non ti abbiano dato troppo fastidio tutte quelle domande, Sophia è fatta così ma non è una cattiva ragazza, è una delle poche persone di cui mi fido!» disse Ashley mentre si allontanava dalla piazza insieme a Matt, le loro dita intrecciate.

«Ma no, tranquilla, è normale che volesse saperne di più!» le sorrise Matt.

Ashley ricambiò il sorriso e continuò a camminare accanto a lui.

Ancora non credeva che fosse tutto vero, fino a quella mattina era immersa nella tristezza e nella rassegnazione e adesso era insieme a lui e stavolta poteva davvero credere che fossero diventati una coppia. Matt le si era dichiarato e aveva intenzione di lottare per loro e lei non voleva essere da meno. Sapeva che non sarebbe stato tutto facile e che molti cambiamenti e sacrifici la attendevano e non poteva negare di esserne un po' spaventata, ma era pronta a fronteggiarli se la ricompensa sarebbe stata lui.

Si sentì in un bel sogno dopo quella serie di incubi terribili e quasi aveva paura di svegliarsi e rendersi conto che fosse tutto un'illusione.

Presero una strada laterale e all'improvviso Ashley si arrestò, la sua mano era ancora stretta in quella di Matt e questo lo costrinse a fermarsi a sua volta.

«Qualcosa non va?» le chiese, sorpreso, contraendo la fronte.

Ashley non rispose, si mise davanti a lui e lo guardò intensamente, il suo cuore cominciò a martellare e un lieve tremore la scosse, poi lo afferrò per la maglietta e lo tirò a sé, Matt spalancò un po' gli occhi, ma non ebbe il tempo di chiederle nulla che lei lo baciò, gettandogli le braccia al collo.

Non aveva più resistito e non le importava di essere nel bel mezzo della strada, in quel piccolo paese dove la gente mormorava e scene come quelle venivano guardate storte dalla maggior parte delle persone. I giudizi degli altri non le interessavano più, se ne era liberata una volta per tutte. Matt ricambiò il suo bacio, lo rese più profondo e le prese il volto con le mani.

Lentamente la spinse verso il muro, imprigionandola col suo corpo e continuò a giocare con le sue labbra, fino a incontrare la sua lingua e rincorrerla, assaporando quel bacio tanto desiderato e insperato.

Nessuno di loro due pensava di poter riprovare quella dolce sensazione una volta ancora e ciò rese quel contatto ancora più prezioso e intenso.

Si stringevano forte fino a farsi male, il fiato cominciò a scarseggiare ma nessuno di loro due aveva intenzione di fermarsi. Era troppo inebriante l'emozione di sentirsi di nuovo uniti dopo aver creduto di essersi detti addio per sempre e quel desiderio cresceva sempre di più. Le mani di Matt presero ad accarezzarle i fianchi e la schiena, la attiravano a sé senza tregua travolgendola ed Ashley si sentì tremendamente bene sovrastata dal suo calore e un piacere fortissimo la invase.

A fatica riuscì a riprendere un po' di lucidità e a ricordarsi che si trovasse in un luogo pubblico e non poteva perdere il controllo.

Allontanò il viso dal suo e gli posò le mani sul petto: lo sentiva andare su e giù freneticamente mentre respirava, evidentemente anche lui era affannato per la troppa foga.

«Mi mancava tutto questo, mi mancavi tu, Matt» gli sussurrò all'orecchio, alzandosi leggermente sulle punte per stringerlo di nuovo con delicatezza.

«Mancava anche a me, non sai quanto, ma adesso è tutto finito, non ti lascio più» le promise, baciandole il collo e risalendo fino a incontrare nuovamente la sua bocca e ricominciare, instancabilmente.

«Sarà meglio andare» propose Ashley poco dopo, approfittando di un momento di pausa tra un bacio e l'altro e cercando di ricomporsi.

Matt si staccò da lei dopo averle sfiorato le labbra un'ultima volta e riprese a camminare.

«Già, a proposito, non è che conosci qualche posto dove posso rimanere a dormire stanotte?» le chiese.

Ashley lo osservò accigliata e perplessa. «Cosa? Stai scherzando? É ovvio che starai a casa mia!» si affrettò a mettere in chiaro la ragazza.

«Non vorrei dare disturbo, sono arrivato qui all'improvviso!» disse Matt, scompigliandosi i capelli.

«E non smetterò mai di ringraziarti per averlo fatto – Ashley gli si aggrappò a un braccio, poi prese la sua mano e lo trascinò ancora più forte – ma non voglio sentire scuse, starai da me! Hai presente mio padre? Beh, dimenticalo, mia madre è totalmente diversa, ama la confusione e avere gente intorno, a casa mia non regna mai il silenzio, c'è casino a tutte le ore e le mie sorelle sono due uragani! Ti accorgerai che saranno loro a dare disturbo a te e non viceversa!» le spiegò ridendo, ormai i musi lunghi e gli occhi mesti erano solo un brutto ricordo.

«Sembra divertente! Ok, mi hai convinto!» accettò Matt, poi vide Ashley addolcirsi in viso.

«Sai, alla fine ho parlato con mia mamma e... si è sistemato tutto, non pensavo potesse essere così bello riaverla nella mia vita!» gli raccontò, Matt le cinse i fianchi con un braccio per avvicinarla a sè, poi le depositò un lieve bacio sulla fronte.

«Sono davvero felice per te, sembra che alla fine ogni cosa stia andando a posto, non credi?»

Ashley scosse la testa, avrebbe voluto rispondergli con entusiasmo ma non le era ancora possibile.

«Già, ma manca ancora qualcosa» disse, facendosi scura in volto.

«Parli di Tyler? - indovinò Matt – credo che abbia tentato più volte di incenerirmi con lo sguardo oggi»

Ashley soffocò una risata con la mano. «Beh, cerca di capirlo, non deve essere facile per lui» provò a giustificarlo.

«Lo so, ma io non rinuncio a te, soprattutto dopo aver rischiato di perderti» pronunciò serio.

Il cuore di Ashley ebbe un sussultò a quelle parole, poi sentì la sua mano sul fianco che la stringeva ancora di più forte.

«Guai a te se lo fai» lo minacciò, scherzando.

In quel momento giunsero davanti alla porta di casa di Ashley.

La ragazza infilò la chiave nella serratura ma fece giusto in tempo ad entrare che un rumore di sobri passi da elefante la accolse. Sembrava che una mandria impazzita si stesse catapultando all'ingresso. Invece si trattava solo di sua sorella Phoebe, come immaginava.

La vide spuntare trafelata e con la faccia stravolta, la guardava con gli occhi sbarrati e parve tranquillizzarsi solo quando la figura di Matt comparve dietro di lei.

Ashley fece per aprire la bocca e chiederle che diamine avesse stavolta, ma la sorella la anticipò, urlando con la sua proverbiale soavità.

«Oh, grazie al cielo siete insieme tesoro, sono stata così in pensiero!» esclamò, gettando le braccia al collo di una Ashley sempre più stranita, poi si staccò da lei e si rivolse a Matt, che la guardava con aria indifferente.

«Matt, è andato tutto bene vero? Dimmi di sì, insomma, state assieme giusto?» attaccò a domandargli, ignorando sua sorella, che adesso non ci capiva proprio più niente.

«No, scusate, voi due vi conoscete? Qualcuno per favore mi vuole spiegare che cavolo sta succedendo?» sbottò, con un'espressione a dir poco allucinata stampata in viso.

Perchè certe scene assurde dovevano capitare sempre a casa sua?

«Scusami Ashley, mi sono dimenticato di dirti che, prima di venire a cercarti in piazza, ero passato da casa tua, mia madre era riuscita a procurarsi l'indirizzo chiedendolo a tuo padre. Tu non eri a casa e mi ha aperto tua sorella, è stata lei a dirmi dove potevo trovarti» le spiegò con calma Matt.

In effetti, ora che Ashley ci pensava meglio, si spiegava anche perchè Matt si fosse recato proprio in quel luogo come se sapesse con certezza di poterla rintracciare.

Phoebe annuì con forza.

«Già, è proprio così sorellina – le confermò, poi la sorpassò e si piazzò davanti a Matt, allungando una mano – anzi, prima non ho avuto modo di presentarmi in modo decente ma adesso rimedio, piacere, io sono Phoebe, la sorella maggiore di Ashley, ma questo l'avevi capito!» cinguettò al settimo cielo.

Matt le strinse la mano, Ashley roteò gli occhi esasperata, 'nemmeno il tempo e già sua sorella si era fatta conoscere per la pazza esaltata che era', pensò sospirando.

«Ah, scusami se il nostro primo incontro è stato un po' turbolento, di solito non sono così» si premurò di precisare Phoebe, dopo le presentazioni.

«In che senso? Che cosa avresti fatto?» chiese Ashley, lanciandole un'occhiata sospetta.

«Mi ha quasi sbattuto la porta in faccia» dichiarò Matt, serafico.

«Posso spiegare, mi sembrava un venditore porta a porta, adesso li prendono carini per fare colpo sulle casalinghe e invogliarle a comprare le loro diavolerie!» tentò di spiegare l'equivoco, rivolgendosi alla sorella, che però sospirò per l'ennesima volta quella mattina e si coprì la faccia con una mano, completamente rassegnata.

Poi, non contenta, si avvicinò a Matt e gli sbandierò un dito davanti alla faccia.

«E tu, biondino, fai poco lo spiritoso, guarda che se fai stare di nuovo male mia sorella dovrai vedertela con me!» lo minacciò, ma non avrebbe spaventato nemmeno un cucciolo indifeso.

«Tranquilla, è l'ultima cosa che voglio» le rispose, ma invece di guardare Phoebe i suoi occhi si soffermarono su Ashley, come per ricordarle che era convinto e che non voleva più che soffrisse per colpa sua. Lei gli sorrise, quel sentimento era reciproco e anche lei avrebbe fatto di tutto per non deluderlo e provocargli altro dolore.

«Phoebe hai finito con le tue sceneggiate? Lascia stare in pace Ashley e quel povero ragazzo!» esordì Peter, facendo il suo ingresso e unendosi a quel trio.

«Meno male che ci sei tu, almeno riesci a fare rinsavire Phoebe!» rise Ashley, poi si rivolse a Matt per presentargli il ragazzo di sua sorella.

«Matt, lui è Peter, il fidanzato di Phoebe, nonché il santo che tra poco ci andrà a convivere!»

Matt lo guardò, era un ragazzo sui 25 anni, dai modi pacati e tranquilli e sembrava davvero l'opposto di quella furia. Cominciava sempre più a pensare che non era tanto insolito che due persone molto diverse riuscissero a trovare un equilibrio perfetto e sperò che anche tra lui ed Ashley sarebbe andata così.

«Ora per favore Phoebe, potresti smetterla di urlare e lasciarci un po' da soli? Matt è stanco e ha bisogno di tranquillità» la ammonì, spingendo delicatamente il suo ragazzo verso il salone e chiudendo la porta alle loro spalle. Finalmente un silenzio paradisiaco li avvolse e ogni rumore sparì.

Lo fece distendere e poggiare la testa sulle sue gambe, Matt chiuse gli occhi e si abbandonò a quel piacevole languore.

«Mio padre sa che sei qui?» chiese poi, intenta a lisciare i capelli di Matt, sparsi sulle sue gambe, con dei movimenti delicati delle dita.

«Non credo, mia madre gli ha estorto il tuo indirizzo con una scusa, voleva evitare di farlo stare in agitazione, sai come diventa pesante da sopportare quando è in ansia – la informò, parlando senza aprire gli occhi per lasciarli riposare – ma non preoccuparti, con lui le cose si sono sistemate, ormai, credo che ci darà la sua benedizione» affermò sereno, Ashley rise per quella sua affermazione quasi da medioevo che risuonò estremamente buffa.

Matt fece un leggero movimento con la testa sulle gambe di Ashley: fremeva perchè era indeciso se raccontarle o meno qualcosa che lo faceva vergognare di sé stesso, ma alla fine decise che non voleva tenerla all'oscuro di nulla.

«Quando te ne sei andata, mi ero chiuso di nuovo in me stesso, non facevo che stare in camera mia e parlare poco, tuo padre mi odiava perchè credeva che mi fossi preso gioco di te e non potevo dargli torto. Un giorno decisi di entrare nella tua stanza e...vederla così vuota, priva della tua presenza e delle tue cose fu un colpo troppo duro da digerire – iniziò a raccontare, Ashley stava in silenzio, ansiosa di sentire il continuo – quella sera mi sono ubriacato perchè non sopportavo più quel dolore, volevo solo che finisse anche se per poche ore. Per fortuna Mandy e gli altri mi hanno aiutato, ma quando sono tornato a casa non riuscivo ancora a reggermi in piedi e tuo padre mi ha trovato. Ero sotto l'effetto dell'alcool, gli ho confessato che ti amavo e poi ho pianto addosso a lui, ti immagini la scena patetica, no?» aggiunse Matt abbozzando un sorriso amaro, ma Ashley si era bloccata.

Il ragazzo allora ruotò la testa e la vide immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.

Le parole di Matt continuavano a rimbombargli in testa, si era fatto del male per colpa sua e lei non era stata capace di agire. Pensò che se lui non avesse preso l'iniziativa di raggiungerla forse sarebbe ancora a piangersi addosso senza combinare nulla e un alone di oscurità la circondò.

Matt si sollevò e la riscosse dolcemente ma senza grandi risultati.

«Mi dispiace Matt, tu hai fatto tanto per me e io non sono stata in grado nemmeno di combattere per riaverti» mormorò.

«Non è vero, tu eri venuta a cercarmi quella mattina, quando mi hai lasciato il biglietto, ma io ero scappato perchè non avevo il coraggio di vederti partire – le disse, poggiando la fronte con la sua – abbiamo solo avuto un pessimo tempismo, tutto qua! - la confortò, accarezzandole le guance e sorridendole – e poi le tue parole su quel foglio di carta sono state la spinta per convincermi a venire stamattina, quindi smettila di dire che non hai fatto niente, ok?»

La vide annuire e poi fece unire le loro labbra, ma poco dopo un rumore li costrinse a interrompere quel bacio.

Una voce squillante ma più sottile di quella di Phoebe risuonò per la casa, sembrava quella di una ragazzina.

Ashley saltò in aria e così anche Matt.

«Ah, che palle, deve essere tornata mia sorella July, te l'ho detto che qui da me non si sta mai un attimo in pace!» esclamò infastidita, mentre Matt rideva e capiva sempre più perche si fosse sempre definita la diversa della famiglia. Sembravano essere tutte molto chiassose ed esuberanti, a parte lei.

A dire la verità a lui tutto quel casino piaceva, per un'intera vita era stato più solo che in compagnia e il silenzio aveva rappresentato spesso il suo unico compagno.

Quella casa così piena di voci e rumori era qualcosa di insolito per lui e a cui non era abituato ma non gli dispiaceva, anzi, in qualche modo lo faceva stare bene.

E poi Ashley era adorabile quando metteva il broncio e faceva finta di arrabbiarsi, perchè lui lo sapeva che dietro quel suo sbuffare e incavolarsi celava in realtà tutto l'amore che provava per la sua famiglia.

Non fecero in tempo a uscire da quella stanza che una ragazzina dai lunghi capelli castani scuri spalancò la porta senza bussare, sorprendendoli in piedi davanti al divano.

«Ashley che ci fai chiusa qui – strillò, poi si accorse della presenza di un ragazzo e assunse un'aria meravigliata – con.. lui?» domandò.

«July, lui è Matt e..» ma sua sorella non la fece finire, si era già piazzata davanti al ragazzo e lo stava squadrando con un'espressione sospetta in viso.

«Tu chi sei? Sei il ragazzo di Ashley?» gli chiese, senza peli sulla lingua.

Ashley fu colta dall'imbarazzo, anche se ormai avevano palesato i loro sentimenti non era sicura se potesse già definirlo così, se lui fosse d'accordo. Non ne avevano parlato e Matt era nuovo a una situazione del genere e magari non avrebbe gradito. Stava già cominciando a farsi tutte quelle paranoie quando ci pensò proprio lui a toglierla da quell'empasse.

«Sì, sono il suo ragazzo» rispose con estrema tranquillità, mentre si abbassava al livello di July e le stringeva la mano.

Ashley trasalì, si voltò a guardarlo mentre sorrideva alla sua sorellina, come ipnotizzata.

«Wow, sembri il principe azzurro, solo in versione cattiva!» esclamò July, dando un'occhiata al modo in cui Matt era vestito e strappandogli una risata.

«July ma che dici? Sei incorreggibile!» la riprese Ashley ridendo, poi incrociò i suoi occhi con quelli di Matt e non ci fu bisogno di altre parole tra loro per esprimere la gioia che finalmente meritavano di provare.

 

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Capitolo 40
*** Capitolo 40 ***


Capitolo 40

 

«E dunque quanti anni hai?» domandò July a Matt, appollaiata alla poltrona coi gomiti poggiati sulle ginocchia, il mento sul dorso delle mani e gli occhi vispi ben puntati su quell'ospite inaspettato che le aveva acceso una improvvisa curiosità.

Matt era stato letteralmente preso in ostaggio da quella ragazzina che lo stava tempestando di domande e non lo mollava un attimo e per quel motivo era stato costretto a sedersi nuovamente sul divano, dove stazionava piantonato ormai da più di dieci minuti.

«Quasi 23» rispose pazientemente Matt, assecondandola.

«Perchè quasi? Quando li compi?» insistette lei, aggrottando leggermente le sopracciglia con aria estremamente concentrata.

Matt sbuffò lievemente, facendo attenzione che July non se ne accorgesse per non risultare maleducato, e si chiese come mai la sua ragazza l'avesse salvato dalle urla di sua sorella maggiore poco prima e adesso, invece, lo stesse lasciando tra le spietate grinfie della sua sorellina, che non mostrava alcuna intenzione di voler terminare a breve quell'infinito questionario.

Si voltò verso Ashley, nella speranza di ricevere un qualche aiuto, e vide che era rimasta in piedi con la schiena poggiata al muro, intenta a rosicchiarsi le unghie, cosa che faceva davvero molto di rado e di solito solo quando era attanagliata da un forte nervosismo.

Il suo sguardo era rivolto a sinistra, verso il corridoio che portava all'ingresso di casa, e non accennava a spostarsi da quella direzione, la sua mente pareva essersi totalmente estraniata dalla realtà, come invasa da chissà quali preoccupazioni, che le avevano fatto distogliere l'attenzione da ciò che succedeva in quella stanza.

Fremeva vistosamente e le sue gambe molleggiavano, non riuscivano a stare ferme un secondo.

Matt capì che qualcosa la turbava e le aveva causato quel repentino cambiamento di stato d'animo e prese a chiedersi di cosa potesse trattarsi.

«A Ottobre, tra poco più di un mese» rispose alla domanda di July, mentre con la coda dell'occhio continuava ad osservare Ashley.

«Sei dello stesso anno di Phoebe, allora, solo che lei è un po' più grande di te, è nata a Gennaio – commentò la ragazzina, la vide parlare sottovoce tra sé e sé, impegnata a gesticolare come se stesse facendo dei calcoli, per poi illuminarsi – e sei dello Scorpione, giusto?» lo additò, aspettando di sapere se ci aveva azzeccato.

«Ci hai preso, ragazzina!» le confermò, un sorriso spuntò sul viso di July.

«Devo dire che ti calza, i nati sotto il segno dello Scorpione hanno una personalità attraente e magnetica, a occhio e croce sembri averla – lo informò, mentre gli dava nuovamente una rapida squadrata – Ashley è nata il 5 Aprile, è dell'Ariete, devo controllare com'è l'affinità amorosa tra i vostri due segni» aggiunse poi, seria e professionale.

La fissa di July con i segni zodiacali era nota all'intera famiglia e nessuna di loro si era potuta sottrarre alle sue dettagliate analisi su personalità, carattere, inclinazioni, e affinità, degne del migliore oroscopo.

«Sembri molto informata, cosa sei, una piccola astrologa in erba?» gli chiese Matt, divertito, per un attimo si concentrò solo sulla ragazzina di fronte a lui.

July scoppiò a ridere «Sei simpatico! Comunque no, semplicemente mi piace credere che parte di quello che siamo provenga dalle stelle nel momento in cui nasciamo, come se fosse il nostro destino, è un'ipotesi affascinante!» gli spiegò, con gli occhi color cioccolato sempre più interessati alla discussione.

«July, dov'è la mamma?» si intromise Ashley, che, finalmente, parve essersi ricordata di non essere sola in quel salone.

Matt la guardò, continuava imperterrita a osservare il corridoio e capì che quella domanda non era per niente casuale ma al contrario doveva avere a che fare con la sua stranezza.

«É andata a parcheggiare la macchina e poi doveva passare dai nonni per lasciare loro delle cose, non sono andata con lei perchè la nonna mi stressa con tutte quelle domande su papà, se mi dà abbastanza soldi, se mi trascura, quante volte mi viene a prendere... – rispose annoiata e piuttosto infastidita per essere stata interrotta in uno dei suoi argomenti preferiti, poi si voltò verso Matt e si premurò di dargli dei chiarimenti – io ed Ashley non abbiamo lo stesso padre, suona un po' strano vero? In ogni caso per me lei è comunque mia sorella. Lo sapevi questo?»

«Sì, mi ha raccontato tutto» le sorrise Matt, era bello vedere come fossero tutte e tre molto legate tra loro nonostante avessero in comune solo la madre.

July, a dispetto della sua giovane età, aveva raccontato quel particolare con grande tranquillità dimostrando una elevata maturità, spesso rara da riscontrare nei suoi coetanei e Matt comprese che probabilmente quella situazione l'aveva fatta crescere più in fretta, un po' come era stato per Ashley, con la differenza che lei non l'aveva presa con così tanta filosofia, ai tempi. C'erano voluti molti più anni perchè riuscisse ad accettarla del tutto.

Proprio lei, nel frattempo, aveva debolmente annuito alle informazioni ricevute su sua madre, per poi ritornare con la testa fra le nuvole, rapita dai pensieri.

«E tu, perchè avevi lasciato mia sorella e adesso hai cambiato idea?» gli domandò candidamente July, infine, spiazzandolo e facendolo cadere in un profondo imbarazzo. La loro storia era complicata da spiegare a chiunque e ancora di più a una curiosa e sfacciata dodicenne e lui proprio non era abituato ad avere a che fare con i ragazzini.

Cominciò a balbettare dopo aver realizzato che, neanche in quel caso, Ashley sarebbe venuta in suo soccorso, ma con sua grande sorpresa ci pensò Phoebe a tirarlo fuori da quella trappola.

Irruppe nella stanza come una furia e a grandi passi raggiunse la sorellina in un batter di ciglia.

«July, vuoi venire subito qua? Hai lasciato un macello, l'ingresso è pieno di buste e non ho intenzione di toglierle io!» la sgridò mentre la afferrava per un braccio, obbligandola ad alzarsi dalla poltrona e a seguirla.

«Ma..ma.. lasciami! Stavo parlando con Matt!» si lamentò la minore, contorcendosi nel tentativo di liberarsi dalla presa ferrea di Phoebe.

«Appunto, smettila di importunarlo, non ti sarai mica presa una cotta per lui?! Guarda che è il fidanzato di tua sorella e poi sei ancora troppo piccola per queste cose, quante volte devo dirtelo?» la prese in giro, facendola arrossire come un peperone e riuscendo nell'obiettivo di farla stare zitta.

Matt si voltò a guardare la sua salvatrice, mimandole con le labbra un 'grazie', Phoebe gli strizzò un occhio in risposta, poi abbandonò definitivamente la stanza insieme a una July ancora imbronciata.

Rimasto solo con Ashley, Matt si alzò e le si avvicinò, prendendole delicatamente un braccio, quel tocco improvviso la fece sussultare sotto la sua mano.

«Oh, Matt, mi hai spaventata!» esclamò confusa.

«Sei tornata su questo pianeta o sei ancora in un universo parallelo in cui io non esisto?» le domandò sorridendo e tirandola a sé per i fianchi.

«Scusami, è solo che...» iniziò, cercando di pescare le parole adatte per descrivere il motivo che l'aveva resa così pensierosa, ma Matt l'anticipò. «Hai paura di presentarmi a tua madre, non è così?»

Ashley trasalì e pensò che Matt dovesse essere dotato per forza di un qualche dono che gli permetteva di leggerle nella mente, altrimenti proprio non si spiegava come ogni volta riuscisse sempre ad indovinare cosa la assillava.

Guardò i suoi occhi limpidi e subito l'attraversò il sospetto che potesse aver pensato che si vergognasse di lui o che non fosse certa dei suoi sentimenti. Non voleva per nulla al mondo che un tale dubbio potesse insinuarsi dentro di lui perchè era quanto di più lontano dalle sue vere motivazioni e si affrettò a precisarglielo.

«Matt non fraintendermi, ti prego! Tu sei stupendo, ti amo e non sono mai stata più sicura di qualcosa nella vita come adesso! - gli disse, poggiando le mani sulle sue spalle e stringendogliele dolcemente, lui la baciò, facendole capire che le credeva senza ombra di dubbio – è solo che...avevo parlato di te a mia mamma e di come ci fossimo separati per la distanza...ma non le ho raccontato come ci siamo conosciuti. Insomma, lei non sa chi sei» arrivò dritta al punto, abbassando lo sguardo, presa dai sensi di colpa per aver omesso quel dettaglio che adesso le stava creando quelle ansie.

Matt rimase un attimo in silenzio a osservarla, in effetti anche lui in passato aveva pensato che quel particolare avesse potuto portare scompiglio a casa di Ashley, ma poi era stato talmente travolto dall'amore per lei da averlo messo totalmente nel dimenticatoio.

«Ho capito, pensi che possa costituire un problema per lei sapere chi è mia madre?» le domandò pacato, sollevandole il viso con una mano.

«Beh, non credo, in fondo mia madre e mio padre sono sempre rimasti in ottimi rapporti e non hanno mai avuto screzi a causa delle loro successive relazioni con altre persone. Poi lei ha una mentalità molto aperta e sarebbe strano se si facesse condizionare da una simile sciocchezza...- scosse la testa e provò a riacquistare la calma - sai che ti dico? Lascia stare, è che stavo correndo un po' troppo oltre con l'immaginazione e... – si fermò ed evitò di continuare quella frase mentre un lieve rossore, che non passò inosservato a Matt, aveva colorato il suo volto – sono solo una stupida, non farci caso!» lo tranquillizzò, accarezzandogli una guancia.

Matt aprì la bocca per ribattere, ma il suono del campanello attirò l'attenzione di entrambi.

«Deve essere proprio lei! - commentò Ashley, con un tono vagamente nervoso, poi si girò verso Matt e gli afferrò la mano – vieni su!» gli sorrise, facendo trasparire comunque un pizzico di inquietudine e agitazione.

Ashley odiava stare al centro dell'attenzione, avere gli occhi di tutti puntati su di lei e la presentazione di quel ragazzo, per il quale fino al giorno prima versava fiumi di lacrime, come suo fidanzato, rientrava di diritto nelle situazioni assurde e imbarazzanti che le facevano desiderare di sprofondare sotto il pavimento all'istante.

Sapeva anche, però, che doveva farlo, sarebbe stato il primo segnale di cambiamento nella sua vita e inoltre lo doveva a Matt, che si era avventurato per ritrovarla senza nemmeno avere la certezza di essere ancora ricambiato. Affrontare le sue paure e affermare il suo amore senza timori era il minimo che potesse fare per lui e per ripagare il suo gesto.

Phoebe lanciò un'occhiata rassicurante ad Ashley per infonderle coraggio e farle sentire il suo sostegno, poi aprì la porta e accolse sua madre, togliendole dalle mani dei pacchi pesanti per alleggerirla e facendosi aiutare da Peter a trasportarli in cucina.

Nancy, libera dai pesi, fece il suo ingresso in casa, era ormai pomeriggio inoltrato e il cielo cominciava a imbrunire, così accese la luce del corridoio e appese la sua borsa sull'appendiabiti.

«Phoebe siete tutte a casa? É già tornata Ashley?» chiese, mentre si toglieva la giacca e sistemava i capelli leggermente scompigliati dal venticello serale, ma la maggiore delle sue figlie non fece in tempo a ritornare dalla cucina per risponderle che Ashley sbucò dal salone, precedendola.

«Sì, sono a casa, mamma» le rispose, Nancy notò che sembrava rigida ed estremamente tesa in volto e assottigliò gli occhi per scrutarla meglio.

Era ancora molto preoccupata per Ashley e per il suo umore di quei giorni e anche se non voleva darglielo a vedere, cercava di stare molto attenta a ogni suo anche più impercettibile cambiamento per accertarsi che non si deprimesse troppo.

Si avvicinò a lei ma, quando Ashley fece un ulteriore passo in avanti, si accorse che non era sola e che teneva per mano una persona, che si rivelò presto essere un ragazzo.

Nancy si arrestò, osservò il giovane accanto a sua figlia, il suo viso le era sconosciuto e il suo aspetto era abbastanza insolito, soprattutto accostato ad Ashley, ma lei non era mai stata il tipo da farsi influenzare dalle apparenze o dai pregiudizi. Non le ci volle molto a capire chi fosse e cosa stesse succedendo anche se quella svolta inattesa la stupì non poco.

I suoi occhi si addolcirono immediatamente.

«Mamma, lui è ...Matt, è il ragazzo che ho conosciuto in vacanza e di cui ti avevo parlato in questi giorni – cominciò a spiegarle, la sua voce era tremolante e quasi un sussurro, i suoi occhi carichi di tensione vagavano come saette dal pavimento a quelli di Nancy, senza tuttavia avere la forza di soffermarvisi, in faccia diventò rossissima, preannunciando già con quel colorito l'entità di ciò che stava per rivelare – lui è venuto da me stamattina e...» cercò di andare avanti, ma Matt si rifiutò di farle fare tutta la fatica da sola. Strinse più forte la sua mano per farle sentire la sua presenza ma anche per trarne incoraggiamento e la interruppe, guardò fisso negli occhi Nancy con determinazione e parlò.

«La amo e voglio stare con lei, per questo sono qui. Spero di non essere una sorpresa sgradita» disse, senza distogliere lo sguardo nemmeno una volta.

Ashley spalancò la bocca e lo guardò meravigliata ma colma di gratitudine, lui ricambiò regalandole uno stupendo sorriso.

Nancy sgranò gli occhi per l'intensità con cui quel ragazzo aveva pronunciato quelle parole e per come la aveva fissata, sembrava sicuro e sinceramente innamorato e non potè fare a meno di credergli, soprattutto dopo aver notato gli sguardi di intesa che lui e sua figlia si erano scambiati.

Ashley sembrava rifiorita e serena adesso che aveva sganciato anche quel peso dalle sue spalle, sorrideva come non le aveva mai visto fare in quei giorni, se non addirittura mai nella vita, e Nancy ringraziò il cielo che quel ragazzo fosse lì in quel momento e che tra loro le cose fossero tornate a posto, benchè non conoscesse ancora i dettagli di quella vicenda.

«Ma certo che no, sono lieta di conoscerti, Matt!» le porse una mano, che il ragazzo strinse subito, poi accarezzò il viso di sua figlia, navigava ancora nell'imbarazzo ma adesso appariva più sollevata.

Matt invece si soffermò ad osservare Nancy: era impressionante quanto sembrasse più la sorella di Ashley che sua madre.

Era giovanissima, ricordò dai racconti di Ashley che la aveva avuta quando non era ancora ventenne e facendo un rapido calcolo stabilì che dovesse avere circa 40 anni, almeno sei anni meno di sua madre, visto che lui invece era nato quando Monica di anni ne aveva 23.

Portava i capelli lunghi e castani scuri, leggermente ondulati sulle punte, la sua espressione era allegra e positiva, ispirava gioia e calore e faceva sentire subito a proprio agio, come un porto sicuro.

Dal portamento e dal modo in cui si muoveva e gesticolava sembrava molto giovanile e dinamica, uno di quei tipi attivi e instancabili, che difficilmente si scoraggiano, e non ci trovò tutta la formalità e compostezza tipica di sua madre e anche di Gregory. Doveva essere al contrario una persona molto alla mano e spontanea.

E poi gli occhi erano quelli di Ashley, identici.

«C'è una cosa che non ti avevo detto – la voce sottile di Ashley risuonò in quel corridoio, lo richiamò alla realtà e catturò l'attenzione di Nancy per una seconda volta – Matt l'ho conosciuto a casa di papà, perchè lui è il figlio di Monica, la sua compagna» dichiarò e stavolta lo fece con decisione, non vi era più traccia in lei dell'insicurezza che l'aveva fatta vacillare prima.

Nancy dischiuse le labbra per la sorpresa, se doveva essere onesta con sé stessa, quella era una notizia che proprio non si aspettava, Ashley le aveva accennato durante l'estate della presenza di quel ragazzo a casa di Gregory, ma non avrebbe mai potuto prevedere il verificarsi di un risvolto simile.

La sua meraviglia, comunque, durò mezzo secondo e non di più, la storia con Gregory era finita da anni, entrambi erano andati avanti per le rispettive strade, anche sentimentalmente, ma si rispettavano e avevano stima reciproca e non vedeva per quale bizzarro motivo la sua opinione su quel ragazzo sarebbe dovuta cambiare solo perchè sua madre era la nuova compagna del suo ex marito.

Nancy era di certo l'ultima persona capace di farsi turbare da una simile rivelazione, aveva condotto una vita non esattamente 'normale' e piuttosto disordinata, soprattutto in campo affettivo, ed era più che abituata a gestire situazioni fuori dal comune o alquanto anomale in famiglia, con tre figlie avute da tre relazioni differenti.

Davanti ai suoi occhi vedeva semplicemente un ragazzo, il ragazzo che sua figlia aveva scelto e che amava e lui la ricambiava, almeno stando a quanto aveva avuto modo di intuire, e per lei era più che sufficiente.

Del resto, delle chiacchiere, dei pregiudizi bigotti della gente che non faceva altro che giudicare, non le interessava un accidente.

Quello che contava era solo la felicità di Ashley, non le importava sapere altro.

Ashley passò dall'essere rossa al diventare pallida, tratteneva il respiro dopo la scarica di adrenalina che l'aveva aiutata a parlare e il suo cuore faceva le capriole già da qualche minuto, in attesa di una reazione da parte di sua madre, che però pareva abbastanza tranquilla.

«In realtà non vivo con mia madre da anni, io ed Ashley ci siamo conosciuti per una fortunata coincidenza, abito con mio padre in un'altra città e stavo proprio per fare ritorno lì, prima di decidere di rimediare allo sbaglio più grande che stavo per commettere. - precisò Matt, circondando le spalle di Ashley e stringendola a sé - Mi dispiace solo di essere piombato qui senza preavviso» si scusò poi, i suoi modi gentili ed educati, furono solo la conferma per Nancy che non bisognava mai fermarsi alle apparenze. Le venne in mente il pomeriggio passato con Ashley, quando le aveva aperto il cuore per la prima volta e si ricordò le parole di sua figlia nell'ammettere che era stato anche grazie a quel ragazzo se era riuscita a capire di aver sbagliato e di volere ricostruire il rapporto con lei.

Se anche Nancy avesse avuto un solo dubbio, sarebbe stato in ogni caso spazzato via.

«Capisco, avrete dato di sicuro filo da torcere a Gregory, conoscendolo! - rise, alludendo a quanto geloso fosse il suo ex nei confronti della figlia e immaginando il suo disorientamento quando aveva intuito che tra loro due fosse nata un'attrazione - Spero che potrai fermarti qui, almeno per stasera!» gli propose infine, Ashley tornò a respirare e si aggrappò al braccio del suo ragazzo.

Nel frattempo anche July, Phoebe e Peter si erano uniti al resto della famiglia.

«Mi farebbe molto piacere, se non è approfittare troppo» disse Matt, e subito ricevette una potente pacca sulla spalla da parte di Nancy.

«Ma stai scherzando? Non c'è nessun problema, anzi, adoro avere ospiti a casa, più siamo meglio è no?» insistette, convincendolo definitivamente.

«Ci sarai per il mio compleanno, allora?» strillò raggiante July.

Matt lanciò una rapida occhiata d Ashley, poi si rivolse alla ragazzina.

«E quando sarebbe?»

«Dopodomani, ho organizzato una festa!» gli fece sapere, i suoi occhi brillavano per l'impazienza che arrivasse quel giorno, si vedeva che doveva tenerci molto.

«July, Matt ha da fare, non so se può restare così tanto» intervenne Ashley, il suo tono deluso non gli sfuggì. Non avevano ancora avuto occasione di stabilire quanto si sarebbe trattenuto in città ed entrambi erano ben consapevoli di doversi separare.

La distanza non era stata annullata, quel problema avrebbe continuato ad esistere ma entrambi avevano deciso di rischiare e di sfidarla.

Matt l'aveva ritrovata da poche ore e il pensiero di dovere già pensare alla sua partenza di certo non lo rallegrava e l'espressione cupa di Ashley, che rifletteva il suo stesso stato d'animo, non lo fece più dubitare.

«Allora non posso perdermela, rimarrò qualche giorno qui, sempre se vorrete sopportarmi!» dichiarò, July esultò per avere un invitato in più alla sua festa ed Ashley abbracciò Matt, fregandosene di essere sotto gli occhi della sua intera famiglia, sempre più sbalordita ma felice di vederla maggiormente incline a manifestare le sue emozioni.

«Grazie» gli bisbigliò all'orecchio, evitando di essere sentita dai presenti, Matt le baciò una guancia.

«Sapete che vi dico? - la voce di Phoebe tuonò e costrinse i due a staccarsi e a guardarla – ne ho parlato con Peter e anche lui è d'accordo. Abbiamo deciso che anticiperemo il nostro trasferimento, Matt avrà bisogno di un posto in cui dormire e non mi va che finisca sul divano, lui ed Ashley hanno già sofferto abbastanza e hanno bisogno di un po' di tranquillità e privacy, avranno tanto da dirsi – la sua espressione si fece poi pericolosamente maliziosa – e da fare!» concluse ammiccando.

«Phoebe!» la riprese Ashley, che era saltata in aria per l'imbarazzo e si era fatta nuovamente rossa in viso. Quella sera, per colpa di tutte quelle emozioni e ansie, non riusciva a rimanere più di dieci minuti col suo solito colorito.

Persino Matt, di solito indifferente e abituato a battute e insinuazioni di quel tipo, apparve un po' a disagio.

Era davanti alla madre di Ashley e, anche se ormai aveva capito che fosse l'opposto di Gregory e fosse avvezza a parlare di qualunque argomento con le figlie, non la conosceva e ci teneva a non dare un'impressione sbagliata.

Nancy sorrise «Phoebe, non mettere in imbarazzo Ashley! - rimproverò bonariamente sua figlia, che se la rideva di gusto, specialmente dopo la reazione della sorella - Comunque se avete deciso così, io sono d'accordo, mi sembra una soluzione più che ragionevole» approvò.

«Davvero, non c'è bisogno che tu lo faccia, non voglio scombinare i vostri programmi! Andrà benissimo il divano!» provò ad opporsi Matt ma Phoebe fu irremovibile.

«Andiamo, non voglio di certo fare la terza incomoda fra voi due, fidati mi ringrazierai! E poi avevamo comunque stabilito di trasferirci subito dopo il compleanno di July, due giorni più o due giorni meno non fanno mica la differenza!» ribadì la bionda, intenzionata a non accettare altre opposizioni. Matt alla fine si arrese.

«Allora ragazzi, voi organizzate tutto per la vostra sistemazione, io corro a preparare la cena, tu July vieni ad aiutarmi, per favore!» esclamò Nancy, prima di sparire insieme alla minore delle tre in cucina.

«Ho ancora le valigie e le mie cose in macchina, vado a prenderle, allora» disse Matt ad Ashley, la ragazza lo accompagnò alla porta, assicurandosi che ricordasse la strada anche senza di lei e poi raggiunse Phoebe, che nel frattempo aveva mandato il suo ragazzo a casa loro per trasportare le ultime cose.

La biondina, inarrestabile come un tornado, trascinò Ashley sù per le scale, per sistemare quella che da quel giorno avrebbe cessato di essere la loro stanza in comune per trasformarsi in quella esclusiva di Ashley.

«Davvero, non dovevi Phoebe, non era necessario che anticipassi tutto così' all'improvviso!» continuò a ripeterle per l'ennesima volta, mentre spostavano il letto della maggiore e lo univano al suo per formarne uno intero a due piazze.

Phoebe si passò una mano sulla fronte, soddisfatta del lavoro e ammirò il risultato.

«Ti ho detto di smetterla, a me sta bene e poi non negare, so che non vedete l'ora di darvi da fare sotto le lenzuola!» la provocò, godendosi la sua faccia sconvolta.

«Phoebe, di nuovo! Quando la smetterai di dire certe cose?» si lamentò Ashley, nascondendo il viso con dei ciuffi di capelli e girandosi dalla parte opposta, con la scusa di recuperare un cuscino e delle coperte.

«Dai, dopo tanto tempo ti imbarazzi ancora per le mie battute piccanti? Pensavo ci avessi fatto l'abitudine!» ridacchiò, poggiando entrambe le mani sui fianchi con fierezza.

«E invece no, lo sai che sono fatta così!» ribattè Ashley, le sue labbra formarono un broncio davvero poco convincente.

Lo sguardo beffardo di Phoebe si intenerì immediatamente. Aggirò il letto e si riunì alla sorella, che stava in piedi dall'altra sponda, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo ancora semi offeso per la sua allusione spinta.

«Lo so, certo che lo so, e sono felice che tu sia rimasta così - le disse, addolcendo il tono della voce rispetto al suo solito, squillante e acuto – tante cose stanno cambiando in fretta, ma altre non cambieranno mai, ricordatelo sempre, sorellina!»

Phoebe guardò con dolcezza sua sorella: è vero, si stava trasferendo e non avrebbero condiviso più la stanza e la casa, ma il posto nel suo cuore sarebbe rimasto immutato, le avrebbe voluto bene anche di più e ci sarebbe sempre stata per lei.

Il viso di Ashley però rimaneva triste e malinconico, la vide muovere gli occhi attorno a sé come disorientata e confusa, come se non riconoscesse più quel luogo.

«Ehi, ma si può sapere cos'è questa faccia? - provò a riscuoterla, sollevandole il viso e costringendola a guardarla negli occhi – da ragazzina ti lamentavi spesso di non avere una tua camera e del fatto che combinavo sempre una confusione atroce ed eri costretta a studiare in cucina, non ricordi? Per non parlare di quando stavo con Peter e ti obbligavo a rinchiuderti nella cameretta di July! Beh, effettivamente un po' stronza lo sono stata!» ammise, alzando gli occhi al soffitto, Ashley non trattenne una risata a quei ricordi.

Ai tempi si arrabbiava tanto per quelle stupidaggini che sembravano problemoni e ingiustizie gravi, e adesso ne rideva e addirittura quasi le mancavano.

«Adesso avrai la tua stanza e quando Matt verrà a trovarti lo ospiterai senza problemi e potrete avere la vostra intimità – riprese Phoebe, contenta di averle strappato almeno una risata – e sono sicura che accadrà spesso, seriamente, quel ragazzo è innamorato perso di te! Avresti dovuto vedere la sua faccia stravolta quando ha bussato qui per cercarti, gliele si leggeva negli occhi tutta la paura e l'ansia nel pensare di averti persa!» le rivelò, accarezzandole i capelli per confortarla.

In realtà capiva benissimo cosa stava provando Ashley e anche lei stava nascondendo un bel magone. Lasciare casa sua, il luogo in cui aveva trascorso la sua infanzia e adolescenza e che era stato un po' il suo rifugio in tutti quegli anni non era certo una cosa facile e segnava comunque un momento cruciale nella sua vita. Adesso però non era il caso di lasciarsi andare a piagnistei e lacrime.

«Lo so, e sono felicissima, non puoi immaginare quanto, davvero ancora non riesco a credere che sia successo, che lui sia qui con me! – il suo intero viso si illuminò mentre parlava di Matt, ma subito dopo abbassò lo sguardo – è solo che...mi sembra ieri che gironzolavamo qui dentro da bambine, che non smettevi mai di parlare al buio quando invece io volevo dormire...a volte litigavamo e tu strillavi, ma tante altre ci siamo confidate e aiutate e pensare che questo periodo sia finito...mi mette solo un po' di tristezza, tutto qua» ammise timidamente.

Phoebe era un vulcano di energia mentre lei era sempre stata più calma e riflessiva e quando le loro due personalità si scontravano erano sempre scintille ben note al resto della famiglia e spesso Nancy era dovuta intervenire per fare da paciere tra le sue figlie per le loro più o meno serie discussioni, ma era altrettanto vero che nei momenti bui o di difficoltà si erano sempre sostenute e Phoebe lo stava facendo anche in quel frangente.

A volte era una rompiscatole allucinante ma non poteva negare di volerle un gran bene.

«Tesoro ti capisco e ci penso anche io, ma sto solo andando a stare qualche isolato più in là, sai che la mia porta sarà sempre aperta per te e poi passerò a trovarvi tutti i giorni, mica potete sbarazzarvi così facilmente di me! - le puntò il dito contro, simulando una minaccia e alterando il suo tono di voce per risultare spaventosa - Sinceramente ero tanto in pensiero per te e non volevo lasciarti sola in queste condizioni, ma adesso che le cose tra te e Matt si sono aggiustate so che sei in buone mani e felice e questo mi fa stare tranquilla.» le sorrise, prima di stringerla in un forte abbraccio.

Ashley ricambiò la stretta, indugiando tra le braccia di sua sorella per un po'.

Quando si staccarono avevano entrambe gli occhi umidi, Phoebe si asciugò qualche lacrima agli angoli, cercando di minimizzare l'accaduto e di evitare che il suo eyeliner sbavasse.

«Sù, ora smettila di farmi commuovere o mi rovinerò il trucco e cerchiamo di finire di preparare questo letto o stasera non saprete dove dormire!» scherzò, costringendola a riportare l'attenzione alle lenzuola, che giacevano ancora scombinate sul materasso.

«Da oggi in poi la tua vita cambierà Ashley, i tuoi ritmi, la tua quotidianità, tutto ciò a cui eri abituata verrà travolto e devi essere pronta!» le raccomandò poi Phoebe in uno dei suoi rari ma intensi attimi di serietà.

«Lo sarò» ribadì decisa, senza incertezze o dubbi nella voce.

 

Matt staccò la chiamata e ripose il cellulare nella tasca dei jeans.

Per la fretta di incontrare Ashley, quella mattina l'aveva dimenticato in auto e non appena era riuscito a recuperarlo aveva trovato almeno una trentina di chiamate perse da parte di sua madre.

L'aveva prontamente richiamata, sorbendosi una dozzina di rimproveri e di urla per l'ansia in cui l'aveva abbandonata senza farle avere notizie, e l'unica cosa che riuscì a calmarla fu sapere che con Ashley era andato tutto bene e che erano diventati una coppia. Matt giurò che le fosse sembrata persino commossa dalla voce. Adesso mancava solo di informare Gregory e Monica gli suggerì che forse sarebbe stato più corretto se fossero stati entrambi a dirglielo di presenza.

Gregory era più tradizionalista e ci teneva a queste cose e dopo gli avvenimenti degli ultimi giorni, che li avevano avvicinati molto, anche Matt ritenne che meritava più di un semplice 'stiamo insieme' detto asetticamente dalla cornetta di un telefono.

Promise a sua madre che ne avrebbe parlato con Ashley, certo comunque che anche lei sarebbe stata d'accordo, e che presto avrebbero fatto un salto da loro per comunicarglielo.

Raccattò la sua valigia, si mise alle spalle la custodia del basso e lentamente cominciò a dirigersi verso casa di Ashley, facendo attenzione a orientarsi tra quelle stradine che non aveva ancora avuto il tempo di memorizzare a dovere.

Il caso volle che proprio lungo una di quelle vie si trovasse anche Tyler, che ritornava a casa dopo un allenamento.

Fosse successo nella sua grande città avrebbe pensato a una sfortunata coincidenza, ma il paese di Ashley era piccolo e probabilmente non doveva essere così inconsueto per gli abitanti incontrarsi per strada.

I due ragazzi si riconobbero, ma furono obbligati a incrociarsi.

Matt sollevò lo sguardo e gli fece un cenno con la mano, Tyler lo guardò fisso negli occhi ma non ricambiò il saluto.

Si fermò e lo vide passare, notò che si trascinava una valigia e quel particolare gli procurò una fitta al cuore. Avrebbe passato la notte a casa di Ashley e ciò non faceva che confermare il sospetto che lui fosse veramente legato a lei. Il solo pensiero di loro due insieme gli diede il voltastomaco, si irrigidì e strinse i pugni talmente forte da farsi male le nocche.

Dovette trattenersi dalla voglia di sferrargli un colpo in pieno viso, su quelle stesse labbra che chissà quante volte si erano unite a quelle della ragazza che amava e quanto ancora lo avrebbero fatto, ma sarebbe stato del tutto inutile e avrebbe peggiorato la situazione. Grazie al cielo in corpo gli era ancora rimasto un soffio di razionalità.

Matt lo sorpassò, Tyler rimase immobile ma la sua bocca non riuscì a frenarsi.

«Io non l'avrei mai fatta andare via» gli sparò, gelido e diretto, come un proiettile.

Non conosceva i dettagli ma non ci voleva granchè a indovinare la dinamica delle cose: gli era chiaro che si fossero separati a fine vacanza e che poi lui ci avesse ripensato e fosse tornato a riprendersela e, agli occhi di Tyler, Matt stava solo giocando con lei, come se fosse un premio da vincere per soddisfare il suo ego. Non poteva certo sapere quanto lontano fosse dalla verità.

Quelle parole colpirono Matt, erano le stesse che continuava a ripetersi dentro di sé, lui stesso era il primo a non darsi pace per quello che aveva rischiato e anche adesso, che aveva ottenuto una seconda possibilità, era arduo liberarsi di quella orrenda sensazione.

Non poteva dargli torto, si incolpava proprio per quello stesso motivo e aveva ammesso i suoi sbagli, ma non riusciva ad accettare di essere giudicato da chi non lo conosceva, da chi non aveva idea di quello che avesse sofferto nella vita e di come quelle esperienze lo avessero inesorabilmente segnato.

Ashley aveva stravolto e messo in discussione tutto il suo mondo e lui era solo un ragazzo, aveva creduto di non essere all'altezza di quel sentimento, di poterle fare del male, di contaminare la sua serenità. Aveva semplicemente avuto paura, l'emozione primordiale più comune nella storia dell' umanità, quella che blocca, ma che spesso salva la vita e dà la spinta per cambiare e ribaltare ogni cosa.

«Non lo dubito – gli rispose, altrettanto freddo e schietto – ma non si dovrebbe parlare di ciò che non si conosce»

Tyler rabbrividì ma preso dalla rabbia non si rassegnò a uscire sconfitto da quel confronto.

«La farai soffrire, è solo sesso per te, come con le altre, immagino» riprese ad accusarlo, Matt stavolta si voltò, i suoi occhi chiari si erano fatti terribilmente seri e minacciosi.

«Ti sbagli, è stato amore, sempre – affermò senza timore – e lei non è mai stata come le altre e mai lo sarà»

Tyler rimase lì, incapace di pronunciare altro di fronte a quella schiacciante confessione.

Pensava di potere essere l'unico ad amarla intensamente, che nessun altro gli avrebbe mai tolto quel primato, ma quel ragazzo sembrava aver fatto crollare tutte le sue certezze come un castello di carte al suo passaggio e a lui rimaneva solo un mucchio di macerie dentro al petto.

 

«Finalmente siamo soli! - esclamò Ashley sospirando mentre richiudeva la porta della sua stanza e raggiungeva il suo ragazzo, seduto sul bordo del letto, un piacevole silenzio regnava finalmente – mi dispiace per tutta la confusione, ti avevo avvertito che mia mamma e le mie sorelle sono rumorosissime» si scusò, abbracciandolo e poggiando la testa sulla sua spalla.

Avevano finito di cenare con tutta la sua famiglia, poi Phoebe e Peter erano andati via, tra saluti e abbracci, per la loro prima notte da conviventi e dopo un po' di conversazione davanti alla tv anche loro due avevano deciso di salire in camera. Era stata una giornata davvero piena di emozioni e di novità e la stanchezza cominciava a farsi sentire.

Matt la strinse «Non scusarti, a dire il vero mi piace essere circondato da tutto questo casino, ho vissuto una vita intera da solo, prima con mia madre, poi con mio padre che era spesso in giro per lavoro. Tutto questo è... piacevole, rassicurante» ammise sinceramente, Ashley sorrise poi spostò le labbra sul suo collo.

«Tua madre ci permette di dormire nella stessa stanza? Già la adoro!» scherzò Matt.

«Mia madre è di mentalità aperta e realista. É perfettamente consapevole che sarebbe inutile tenerci separati – rise lei, circondandogli il collo con le braccia - Invece preparati! Mio padre continuerà a farci dormire ognuno nella propria stanza quando torneremo da lui!»

«E noi continueremo a fare finta di farlo, allora!» le suggerì, poi la tirò a sé fino a portarsela a sedere sulle sue gambe. Ashley scoppiò a ridere, come da tanto non accadeva.

«É così bello che tu sia qui» gli sussurrò, aggrappata alle sue spalle, persa a guardare il viso di Matt così vicino al suo. Lui annullò quella poca distanza, baciandola con trasporto, poi le solleticò il collo col naso e avvicinò le labbra al suo orecchio.

«A cosa stavi pensando, oggi?» le bisbigliò.

«Eh? Quando?» chiese Ashley aggrottando le sopracciglia, non aveva ben capito a cosa si stesse riferendo.

Matt si allontanò da lei e fece scontrare le loro fronti.

«Prima che arrivasse tua madre, quando eri in ansia, avevi iniziato a parlare e poi sei arrossita – le chiarì, facendole ritornare in mente il momento a cui si stava riferendo – a cosa pensavi?» ripetè.

Ashley diventò nuovamente rossa e si staccò da lui, facendo leva con le mani sul suo petto per spingersi via.

«Ma niente..era un cretinata, lascia stare, davvero!» provò a insabbiare la questione, ma la sua reazione nervosa fece aumentare il desiderio di Matt di non desistere.

«No, adesso voglio saperlo!» insistette, divertito. Adorava vederla così imbarazzata e in difficoltà.

«Non se ne parla, ti ho detto che ero stata solo stupida!» farfugliò, cercando di resistere e di allontanarsi da lui, ma Matt rafforzò la presa salda attorno alla sua vita e le impedì di sfuggirgli.

«Allora vediamo, magari provo ad indovinare – le propose, con un tono furbo che preoccupò Ashley – scommetto che stavi pensando alla nostra situazione familiare ingarbugliata e a come sarà difficile gestirla in tutte quelle situazioni in cui saremo costretti a riunire le nostre famiglie, tipo il nostro matrimonio o i compleanni dei nostri bambini, non è così?»

Ashley divento bordeaux in viso e a Matt bastò quello per capire che anche stavolta ci aveva azzeccato.

«Matrimonio?... Bambini?... ma sei pazzo? Che ti salta in mente? - si affrettò a negare, balbettando e spalancando gli occhi – come si fa a pensare a queste cose così presto? E poi io nemmeno mi voglio sposare, capito? E i bambini non mi piacciono! Chiaro?» prese a difendersi freneticamente e ad assumere una faccia così buffa da farlo scoppiare a ridere.

«Ok, ok, come vuoi tu! Non ti arrabbiare! - riuscì a dire Matt, ancora tra le risate – ti amo Ashley» le sussurrò poi, abbracciandola e facendole sprofondare il viso nel suo petto, lei si consolò, almeno da lì non riusciva a vederla in faccia e a decifrare le sue emozioni.

«Io invece ti odio!» ribattè convinta, ma le sue mani, che strinsero più energicamente la stoffa della maglietta di Matt in quell' abbraccio, parevano contraddirla.

Le parole dure di Tyler risuonarono per un istante nella testa di Matt, il ragazzo si staccò da lei e le prese le mani, di colpo era diventato serio ed Ashley ebbe il dubbio che avesse preso sul serio la sua ultima affermazione. Si ipnotizzò a guardarlo, in attesa di qualcosa.

«Senti Ashley, c'è qualcosa che devo dirti, volevo farlo da stamattina ma non ne avevo avuto ancora occasione – fu la sua premessa, Ashley si irrigidì appena, sembrava tutto così solenne, all'improvviso l'atmosfera leggera di prima era svanita – vedi, io non ho mai avuto una relazione seria, non so come ci si comporta e non sono esattamente il classico ragazzo romantico da cena al lume di candela e mazzi di fiori, ma questo forse l'avevi già capito – accennò un sorriso, adesso sembrava lui quello a disagio e imbarazzato - non so se dovremmo fissare un giorno in cui festeggiare l'anniversario e probabilmente non utilizzerò mai nomignoli sdolcinati per chiamarti. Per me è tutto nuovo e tu sei così meravigliosa che mi sento come se avessi tra le mani una statua di cristallo troppo delicata per me e ho davvero tanta paura di romperti. É stato anche per questo che non ho avuto subito il coraggio di fermarti e non perchè non ti amavo. - Ashley provò il bisogno di intervenire e dirgli che gli anniversari e i fiori e tutto il resto a lei non interessavano ma Matt le strinse più forte le mani per farle comprendere che non aveva ancora finito di parlare – non posso assicurarti che andrà tutto bene, non posso prevedere quanto durerà la nostra storia, se qualche mese, se anni o se per sempre, ma ti posso giurare che darò tutto me stesso perchè questo non finisca, perchè tu sei la mia pace e la mia serenità e, da quando ci sei, qui dentro c'è un battito nuovo e mi fa stare bene» concluse, prendendole la mano e poggiandosela sul petto, in direzione del cuore.

Ashley rimase a fissarlo senza riuscire a parlare, commossa e colpita nel profondo dalle sue parole, ma si sforzò di farlo perchè lo voleva e non c'era momento migliore per farlo.

«La paura, quella stessa di cui parlavi tu, l'ho provata anche io, perchè finora sono vissuta sempre dentro una bolla sicura, chiusa nelle mie abitudine e nei miei luoghi confortevoli, e pensavo di non essere in grado, di rovinare tutto e non volevo perchè quello che sento per te non l'ho mai sentito per nessun altro – gli confessò, accarezzandogli il viso - ma adesso basta, voglio crescere, ti ho fatto soffrire e non me lo perdonerò mai, ma sento una forza dentro di me e sei stato tu a trasmettermela. In un certo senso è tutto nuovo anche per me e non ho idea di cosa ci aspetta, è come fare un tuffo in un mare profondo ed è terrificante, ma sono pronta se tu mi terrai la mano. Anche io da ora in poi farò il possibile perchè tra di noi funzioni Matt, non sei solo e non lo sarai più.» Ashley tornò a respirare solo dopo aver visto gli occhi di Matt sorridere e rasserenarsi e si perse in un lungo bacio.

«Ti confesso un segreto, visto che qui qualcuno si vergogna di ammettere di pensare al futuro – la provocò, mordicchiandole un orecchio – quella notte che abbiamo passato in spiaggia, quando hai detto che non sapevi se avresti mai voluto dei figli ma che forse, tra molti anni, magari con la persona che amavi, ti sarebbe piaciuto averne – iniziò, poi fece una pausa – ho desiderato essere io quella persona» le rivelò, pareva essere la sera delle confessioni, quindi tanto valeva buttarsi a capofitto.

Ashley sorrise, poi si prese di coraggio, lo guardò negli occhi e parlò a sua volta.

«Ok, sarò sincera anche io. Quella volta, quando ho parlato di quella persona... in realtà pensavo a te» ammise, le sue guance si colorarono comunque di un lieve rossore, meno intenso del precedente.

Sì, forse era presto pensare a tutte quelle cose, immaginarsi tra mesi, tra anni, ma a loro non fregava più nulla. La felicità di essere di nuovo insieme era troppa, incontenibile e quelli erano anche gli effetti che produceva.

«Ora però basta parlare!» lo sorprese lei, provocandogli dei brividi lungo la schiena quando infilò le mani sotto la sua maglietta, passandole sulla sua pelle per sfilargliela del tutto.

«Vuoi farmi morire? Stai attenta a provocarmi o potrei non controllarmi più» le soffiò all'orecchio, mentre con una mano sollevava il suo vestito e stavolta Ashley non l'avrebbe fermato come era successo al bar.

«Non aspetto altro» rincarò la dose, lasciandosi sopraffare dal suo peso e compiacendosi di trovarsi distesa sul letto con lui addosso.

Finalmente non ci fu disperazione nei loro baci o negli abbracci, le loro mani si intrecciavano per poi sciogliersi per accarezzarsi a vicenda, Ashley ricordava perfettamente la sua schiena forte a cui aggrapparsi e Matt la sua pelle morbida e i fianchi rotondi che adorava afferrare.

Si assaporarono con la bocca, con le lingue, e al freddo che li aveva costretti ad avvinghiarsi sotto le coperte si sostituì presto il calore prodotto dai loro corpi, dai movimenti frenetici, dalle spinte sempre più intense, dai loro respiri affannati e dai gemiti, che erano costretti a soffocare coi baci o l'uno sulla pelle dell'altra.

Ma soprattutto stavolta sorridevano, perchè sapevano che, quando avrebbero finito di amarsi avrebbero potuto abbandonarsi al sonno, l'uno tra le braccia dell'altra e non li attendeva l'incombente prospettiva della fine, ma la dolce e reale promessa di un domani, insieme.

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Capitolo 41
*** Capitolo 41 ***


Capitolo 41

 

Ashley dischiuse gli occhi nella penombra della stanza, la tenda copriva del tutto i vetri della finestra ma riuscì comunque a percepire la presenza di luce all'esterno: era già mattina.

Si girò a pancia in sù e stiracchiò le braccia, che sporsero fuori dalle coperte. La temperatura non proprio mite la costrinse a ritirarle subito e riportarle al caldo. Dei brividi di freddo la percorsero e la fecero rannicchiare su sé stessa, provocandole il desiderio di rimanere lì sotto ancora per molto tempo.

Con aria piuttosto frastornata, voltò la testa alla sua destra e si rilassò immediatamente nel vedere accanto a lei Matt, o per meglio dire i suoi capelli sparsi sul cuscino, l'unica parte di lui visibile al momento.

Era completamente rintanato sotto le coperte, il freddo durante la notte doveva aver colpito anche lui.

Sorrise d'istinto.

Non aveva sognato, era successo davvero, Matt si trovava lì con lei e quella era la realtà. I suoi occhi assonnati ripresero luce e vitalità subito mentre il suo corpo sembrò risvegliarsi dal torpore e acquistare energia ed era bastata quella visione perchè accadesse.

Le sarebbe piaciuto indugiare approfittando del tepore, stringersi a lui e accarezzare la sua pelle calda, metterla a contatto con la propria e godere di quella seducente sensazione, soprattutto adesso che disponevano di un letto grande e il senso di ristrettezza e soffocamento provato quando dormivano insieme da suo padre era solo un ricordo, ma c'era una cosa che aveva in mente di fare.

Si accertò che Matt fosse ben immerso nel sonno, scostandogli lievemente il lenzuolo e scoprendo il suo viso per osservarlo. Era disteso e rilasciato, il suo respiro regolare e capì che non si sarebbe destato a breve.

Ne approfittò e si sollevò, facendo attenzione a non fare movimenti troppo bruschi o rapidi per evitare di svegliarlo, poi agguantò i suoi vestiti alla velocità della luce e li indossò, strofinandosi un paio di volte la braccia per riscaldarle.

Diede un'ultima occhiata al suo ragazzo dormiente e si premurò di risistemare le coperte, che aveva allontanato per scendere dal letto, e accostargliele per coprirlo meglio.

Uscì dalla camera, richiudendo la porta delicatamente e si avviò quasi in punta di piedi giù per le scale.

Erano le 8 del mattino di Domenica, July avrebbe di sicuro dormito fino a tardi, la scuola era cominciata quella settimana e alzarsi presto in quei giorni era stato traumatico per lei dopo le vacanze estive, mentre Phoebe dalla sera precedente non abitava più con loro, perciò la casa risultava stranamente silenziosa.

Ashley però sapeva con certezza che la persona che cercava era già sveglia e in azione, non aveva bisogno di vederlo con i suoi occhi, la conosceva a tal punto da poterci scommettere qualunque cosa sopra.

E infatti eccola lì Nancy, girata di spalle col grembiule allacciato alla vita e i capelli raccolti in una coda bassa. Le sue braccia si muovevano veloci davanti ai fornelli, probabilmente stava preparando qualcosa di buono per la colazione.

«Buongiorno mamma» la salutò mentre faceva il suo ingresso in cucina.

Nancy si voltò sorridendo «Buongiorno Ashley, dormito bene?» le chiese, riprendendo a mescolare degli ingredienti in una ciotola.

«Sì, grazie» rispose lei, appoggiandosi a braccia incrociate sul frigorifero, proprio accanto a sua madre.

«Sei sola? E Matt?» continuò, dopo aver distolto per un attimo gli occhi dalle sue faccende per sincerarsi di non aver preso un abbaglio e che il ragazzo fosse invece presente.

«Sta ancora dormendo, ieri è stata una giornata intensa e pesante, soprattutto per lui, e ho preferito lasciarlo riposare» le spiegò, mantenendo un tono di voce leggero e tenero, da cui trasparì tutta la premura che stava rivolgendo a quel ragazzo.

Nancy annuì, poi si piegò sulle ginocchia per aprire uno sportello ed estrarne uno stampo per dolci, Ashley seguì con gli occhi tutti i suoi movimenti e si strinse nelle spalle, quasi volesse farsi più piccola e invisibile.

Quell'atmosfera tranquilla e intima che si era creata in cucina la rendeva giusto un po' a disagio, il suo carattere chiuso e riservato spesso la tradiva, con la differenza che adesso non gli permetteva di farla soccombere, non scappava ma lo affrontava per vincerlo.

Fece un passo in avanti verso Nancy, i suoi occhi vagavano insicuri per tutta la stanza, come alla ricerca di qualcosa, come se le riuscisse impossibile tenerli fermi in un punto fisso.

«E... va tutto bene?» chiese poi sua madre, senza entrare nello specifico ed evitando di fare l'impicciona come Phoebe, finendo per metterla in imbarazzo con troppe domande e con allusioni più o meno velate su ciò che fosse successo tra loro dopo che si erano chiusi in camera.

«Adesso sì» mormorò Ashley, sincera, aprendosi in un sorriso genuino e così vero da non lasciare dubbi sull'autenticità di ciò che aveva appena affermato.

Nancy non potè non cogliere quel particolare, insieme a quel misto di imbarazzo e innocente felicità che era la sua espressione in quel momento e che rifletteva come uno specchio il turbinio di emozioni che doveva aver provato la sera precedente.

«Sono veramente contenta per te, amore mio, te lo meriti davvero!» affermò con gioia, girandosi a guardarla.

Dopo quei giorni di estrema preoccupazione, in cui non aveva potuto nascondere una forte apprensione nei suoi confronti, il lieto fine inaspettato di quella vicenda amorosa aveva fatto tirare un sospiro di sollievo anche a lei. Era un balsamo per la sua anima vedere sua figlia così luminosa e serena, finalmente libera dalla tristezza e dal grigiore.

«Fai un dolce?» le domandò poco dopo, sporgendosi verso il ripiano sul quale Nancy stava lavorando, nel tentativo di trovare un debole spunto per intavolare una conversazione. Un avvolgente aroma di cacao si cominciava a spargere per la stanza, contribuendo a donare all'ambiente una dolce nota profumata.

«Sì, pensavo di fare una ciambella al cioccolato – la informò, intenta a versare il composto nello stampo con l'aiuto di un cucchiaio - a Matt piace?»

«Beh...non saprei, credo di sì» farfugliò mentre si portava alle labbra il cucchiaio appena utilizzato per assaggiare i residui dell'impasto, una vecchia abitudine che conservava da quando era bambina e sua madre permetteva a lei e sua sorella di leccare e mangiucchiare i resti di creme e cioccolata dalle fruste dello sbattitore o dalle varie ciotole, momento che entrambe attendevano sempre con trepidazione.

«Dovresti saperlo, non avete vissuto insieme per più di un mese? Avrai visto quello che mangia, no?» continuò Nancy, con tono scherzoso.

Ashley sobbalzò e cominciò a tormentarsi le mani. Sua madre non aveva certo detto quella frase per lanciarle un'accusa mascherata da battuta, la sua era stata un'ingenua osservazione senza nessun doppio fine e nemmeno stava ripensando più al fatto che sua figlia avesse omesso di raccontarle quel dettaglio, ma lei provava ancora un netto senso di colpa per quella faccenda e le parole di Nancy accentuarono quella sua impressione.

Era proprio per chiarire quel punto che aveva rinunciato a rimanere a letto con Matt e aveva deciso di approfittare di uno dei rarissimi momenti di pace in casa per trovarla da sola e poterle parlare.

«A tal proposito, mamma – prese a balbettare – ci tenevo a farti sapere che non ti avevo nascosto in mala fede il fatto che Matt fosse figlio di Monica. Io non avevo la minima idea che avesse deciso di venire da me e...semplicemente non avevo ritenuto fosse un'informazione importante. In questi giorni ho avuto la testa così confusa e piena di pensieri che a stento riuscivo a ricordarmi di mangiare e di studiare e c'erano tante cose che avrei voluto raccontarti e non ho potuto... Spero che non ti abbia dato troppo fastidio» terminò, abbassando lo sguardo.

Monica smise di fare tutto ciò che la stava tenendo impegnata e si concentrò su sua figlia. Si avvicinò a lei e le afferrò le spalle con decisione, guardandola negli occhi.

«Rispondi solo a questa semplice domanda – le raccomandò, usando un tono così solenne da farla rabbrividire – sei felice con lui?» chiese.

«Sì, tanto» ammise senza dubbio, era stato fin troppo facile risponderle.

Nancy sorrise «Questa è l'unica cosa che conta – le sussurrò per poi allontanarsi e badare al forno, già attivo da una ventina di minuti, e infilarci la sua ciambella – e comunque non ci stavo nemmeno più pensando Ashley, smettila di farti tutte queste paranoie, per me è già tanto che tu adesso ci tenga a rendermi più partecipe della tua vita, non è necessario che sappia ogni piccolo dettaglio, sei sempre stata un tipo riservato e discreto e non voglio che ti sforzi di diventare tutt'altro o non saresti più tu! Non ho creduto nemmeno per un secondo che l'avessi fatto per farmi un torto, quindi tranquillizzati!» la rassicurò, sperando che le bastasse e che non si torturasse ancora troppo il cervello.

Ashley prese un lungo respiro e buttò fuori l'aria con grande sollievo, godendosi nuovamente quella sensazione liberatoria che si prova quando ci si toglie un peso da dentro o quando si mettono in chiaro determinate questioni spinose. Aveva fatto passi da gigante da quel punto di vista e si rendeva conto sempre più di quanto il suo benessere fisico e psichico stesse aumentando considerevolmente da quando riusciva con maggior facilità ad esternare agli altri le proprie emozioni o a parlare di un problema cercando il confronto, senza tenersi chiusi nel cuore i dubbi e i sentimenti.

Ecco perchè le mancava ancora un ultimo tassello che non intendeva più lasciare in sospeso e si trattava di Tyler, ma a quello avrebbe pensato dopo, sempre sperando che lui le avesse voluto ancora dare retta, dopo quello che era successo la mattina precedente.

«E adesso che intenzione avete di fare?»

L'interrogativo più che legittimo di sua madre la riscosse da quei pensieri, ma fu così generico che non riuscì a comprendere a cosa si stesse riferendo.

«Cosa?» domandò, contraendo la fronte per la confusione.

«Intendo tu e Matt – specificò Nancy – come pensate di organizzarvi da ora in poi?»

Ashley pensò di essersi sbagliata ma le era parso di aver percepito una sfumatura di apprensione nella voce di sua madre e non poteva certo biasimarla.

Avrebbe davvero voluto darle una risposta chiara ma la verità era che quell'argomento non lo avevano ancora affrontato, sarebbe stata la parte più dura ma anche quella più inevitabile e stava cominciando a riflettere e ad interrogarsi su come sarebbe cambiata la sua vita e su ciò che era disposta a sacrificare per quella storia.

Ripensò a come aveva vissuto fino a quel momento, a quelli che erano stati i suoi sogni, le sue aspettative e i suoi progetti e lo confrontò a quello che era diventata adesso, a quello che voleva e qualcosa dentro di lei cominciò a smuoversi, come quando le nubi si diradano dopo un violento temporale, lasciando spazio al sereno.

«In realtà non ne abbiamo ancora parlato – dichiarò, scrollando le spalle con aria pensierosa – ma presumo che ci verremo a trovare a vicenda e magari qualche volta ci incontreremo a metà strada da papà e da sua madre, come quest'estate. Abbiamo entrambi l'università da frequentare e non possiamo di certo abbandonarla.»

Nancy le fece cenno di aver capito col capo, poi si voltò per evitare che la figlia notasse che la sua espressione si era rasserenata e che le labbra le si erano piegate in un sorriso.

Non voleva che la fraintendesse, che pensasse che i sacrifici che la aspettavano e le difficoltà che una relazione a distanza comportava la facessero ridere, al contrario ne era ben consapevole e già pronta a incoraggiarla e a farle sentire tutto il sostegno possibile, soprattutto nei momenti di sconforto che purtroppo sarebbero arrivati, ma non era stata capace di negare a sé stessa un sentimento materno un po' egoista.

Aveva temuto che Ashley se ne sarebbe andata via con il suo fidanzato, facendosi trascinare dall'impulsività che spesso accompagna i sentimenti forti, talmente all'improvviso da non lasciarle il tempo di prepararsi psicologicamente a quell'abbandono, ma sua figlia si era riconfermata la ragazza giudiziosa e intelligente quale era sempre stata.

Nancy si sentì quasi stupida per aver dubitato delle sue qualità, forse perchè lei per amore cazzate ne aveva fatte troppe e la maturità dimostrata dalle figlie in quel campo la stupiva sempre ma la rendeva anche orgogliosa di loro.

Certo, sapeva che se le cose tra Ashley e Matt avrebbero proceduto per il verso giusto, come si augurava fortemente, nel giro di pochi anni anche lei avrebbe preso il volo e lasciato il suo nido, ma riponeva una fiducia cieca in lei e poteva stare sicura che avrebbe fatto la scelta più giusta e opportuna quando sarebbe arrivato quel momento.

Posò lo sguardo sul suo viso, era concentrato e le labbra, lievemente imbronciate, la facevano apparire più giovane di quanto non fosse, si stava tormentando delle ciocche di capelli con le dita e i suoi occhi erano fissi al pavimento. Evidentemente quel discorso sul futuro doveva averla impensierita e a Nancy fece un'enorme tenerezza vederla combattere con problemi ed emozioni che fino a poco tempo prima non erano lontanamente nei suoi programmi.

Le si avvicinò con discrezione e le carezzò una guancia, facendole sollevare lo sguardo da terra.

«Non preoccuparti, andrà tutto bene, sei una ragazza forte! - la incoraggiò, svolgendo per l'ennesima volta alla perfezione il suo compito di mamma, come faceva ormai da anni – ho piena fiducia in te e so che prenderai le scelte più sagge per gestire questa situazione e per questo io ti appoggerò sempre, qualunque cosa tu decida di fare!» si affrettò a farle sentire la sua vicinanza e il suo totale sostegno.

«Grazie mamma, per me è molto importante» le ribadì la ragazza, riacquistando ottimismo e positività, poi chiacchierò con lei per qualche altro minuto e alla fine decise di risalire in camera per controllare se Matt stesse ancora dormendo.

Quando aprì la porta lo trovò seduto sul letto, aveva addosso una maglietta a maniche corte che chiaramente era inadatta per le temperature fresche tipiche della sua città, a cui Matt pareva proprio non essere abituato.

Il ragazzo alzò gli occhi per incontrare quelli di Ashley, pareva abbastanza intirizzito e rigido, aveva spostato di poco la tenda dalla finestra per fare entrare qualche timido raggio di sole nella speranza di riscaldarsi.

«Ehi, buongiorno» gli sussurrò dolcemente mentre si sedeva accanto a lui e gli circondava la vita con le braccia, dandogli un bacio sulla guancia.

Matt si avvinghiò subito a lei, per approfittare del calore del suo corpo e trovare del ristoro.

«Fa un freddo cane qua» borbottò con le labbra poggiate sulla sua spalla.

«Non esagerare, non siamo nemmeno in inverno! Cosa farai quando verrai qui tra un paio di mesi e troverai la neve alta fuori!» lo prese in giro, stringendolo più forte.

«Se ci pensi tu a riscaldarmi come si deve potrei anche decidermi a fare questo sforzo» scherzò a sua volta, sorridendo sulla sua pelle con fare malizioso per poi sollevare la testa e guardarla.

«Sei più carino quando sei assonnato – commentò Ashley, allontanandogli con la mano dei ciuffi di capelli da sopra la fronte per guardare meglio i suoi occhi – e infreddolito» aggiunse ridendo.

Matt la osservò perplesso «Si può sapere che ti sei fumata stamattina? - le domandò col suo solito tono ironico, abbozzando un sorriso – e soprattutto, perchè sei sgattaiolata così presto da sotto le lenzuola, che avevi di più importante da fare che stare abbracciata a me al caldo?»

«Avevo bisogno di parlare un po' con mia madre, come hai potuto notare è difficile beccarla in un momento tranquillo e ho pensato di approfittarne» ammise, sciogliendo l'abbraccio e alzandosi dal letto per riassettare la stanza.

«Capisco – sorrise Matt, notando con piacere come Ashley non fosse più a disagio nel parlare di sua madre, poi si abbassò per recuperare la sua valigia, finita sotto il letto, e prese a scavare con poca grazia tra i suoi vestiti – quindi dove mi porti stamattina?» continuò poi, senza sollevare la testa.

Ashley si fermò e lo guardò con aria stralunata «Cosa? Non ne ho idea, se vuoi facciamo un giro, ma il mio paese è davvero noioso, non c'è granchè da vedere. Di sicuro la tua città è molto più bella e movimentata e non voglio che ti annoi» disse abbassando lo sguardo, quasi mortificata.

Matt le puntò addosso i suoi occhi azzurri, poi si sollevò dal pavimento e le venne accanto, stringendole le mani.

«Che stai dicendo? Certo che mi interessa! Voglio vedere dove vivi, dove sei andata a scuola, scoprire dove giocavi da bambina o dove hai dato il tuo primo bacio! - le sorrise, poi posò il naso contro il suo – voglio sapere tutto di te Ashley, anche se ci stiamo prendendo un impegno bello grosso insieme, ci conosciamo comunque da poco e sono sicuro che ci sono ancora una marea di cose che non sappiamo l'uno dell'altra e non vedo l'ora di scoprire qualcosa in più di te. Non sono qui per fare il turista o per divertirmi nei locali, sono qui per te, ok?» le precisò con dolcezza, baciandola sulle labbra subito dopo che Ashley annuì.

«Ora, se me lo consenti, vorrei tornare a cercare qualcosa da mettermi che mi impedisca di beccarmi un raffreddore colossale che ti farà venire voglia di starmi a una certa distanza di sicurezza! Non sarei per niente un bello spettacolo, te l'assicuro!» la informò, riprendendo la sua disperata ricerca in un guardaroba da vacanza estiva a mare davvero poco fornito e adatto a quel clima.

«Sicuro di avere qualcosa? Purtroppo a casa mia siamo solo donne, ma se vuoi posso chiedere a Peter di prestarti qualcosa, dovreste portare più o meno la stessa taglia» gli propose, piegandosi sulle ginocchia e affiancandosi a lui per dare un'occhiata.

«Tranquilla, non lo disturbare, ho qualche felpa che avevo portato per le serate in spiaggia, me la farò bastare! - disse, mentre finalmente ne estraeva una nera dal mucchio, vittorioso, poi si alzò – allora mi faccio una doccia e scendo, va bene?»

Ashley gli diede l'ok, poi lo osservò uscire dalla stanza e rimase da sola a rifare il loro letto. Quando ebbe finito vi si sedette sopra e prese tra le mani il suo cellulare.

Sospirò pesantemente. continuò a fissarlo e se lo rigirò tra le dita una decina di volte, le sue sopracciglia erano piegate in un'espressione contratta e dubbiosa ma all'improvviso con uno scatto risoluto parve decidersi e rapidamente selezionare il nome di Tyler dalla rubrica.

Portò l'apparecchio con la mano tremante all'orecchio e ascoltò pazientemente gli squilli che seguirono, fino a sentirli interrompersi bruscamente, come se qualcuno avesse chiuso la chiamata.

Ingoiò a fatica al pensiero che il suo amico non volesse più parlarle ed ebbe terrore di averlo ferito irrimediabilmente. Avrebbero dovuto incontrarsi proprio in quei giorni, era stata lei stessa a garantirglielo ma poi l'arrivo di Matt aveva scombinato tutti quei piani e aveva complicato le cose in maniera inaspettata.

Armandosi di coraggio riprovò più e più volte ma il risultato fu sempre lo stesso, finchè si rassegnò, smise di tentare e optò per una soluzione diversa. Digitò velocemente sulla tastiera il testo di un messaggio.

“Tyler, ho provato a chiamarti ma non rispondi. Volevo solo dirti che avrei bisogno di parlarti al più presto, ti prego, fammi sapere quando puoi! Ci sentiamo!» scrisse semplicemente, poi ripose il cellulare sul comodino e lo fissò, sperando invano che si illuminasse.

Il rumore della porta che si apriva la distolse da quello schermo, Matt era rientrato ed Ashley rivolse a lui la sua attenzione, provando a scacciare via l' inquietudine che la assaliva, e insieme si diressero in cucina per fare colazione.

 

Nancy non voleva essere di certo indiscreta, ma per quanto si impegnasse, non riusciva a non soffermarsi con lo sguardo sulla coppia di fronte a lei.

Se qualcuno le avesse chiesto, si sarebbe certo giustificata dicendo che da madre voleva accertarsi che quel ragazzo avesse intenzioni serie con sua figlia, ed in parte era vero, ma per la maggiore si trattava di pura curiosità.

Quei due ragazzi insieme formavano un'accoppiata davvero ben assortita e la scelta di Ashley confermava l'attitudine delle donne della loro famiglia ad essere attratte da persone molto diverse, quasi complementari.

Nancy scosse impercettibilmente la testa: a lei purtroppo non era andata mai molto bene, ma sua figlia Phoebe era fidanzata da sette anni con un ragazzo che stava a lei come la notte sta al giorno e avevano sempre funzionato alla grande. Per Ashley era davvero troppo prematuro fare delle valutazioni o delle previsioni, ma auspicò che il futuro potesse essere roseo anche per loro, ovviamente.

Con Richard, il suo ex fidanzato, abbastanza simile a lei, non era andata molto bene, la loro relazione a distanza non aveva mai ingranato e i due si erano accontentati subito di non vedersi anche per lungo tempo senza sentire la rispettiva mancanza, e quello era già stato un sentore di quanto in realtà non fosse mai scattata una forte attrazione o sintonia tra i due.

Matt, invece, sembrava accenderla, darle quel tocco in più che le mancava, si completavano a vicenda e non riuscivano evidentemente a stare lontani l'uno dall'altra per molto tempo, proprio per questo stavano vivendo il problema della distanza in quel modo drammatico. Più si tiene a qualcuno e più è naturale volerlo avere accanto il più possibile.

Un tratto però pareva accomunarli e renderli simili ed era la riservatezza e la discrezione con cui interagivano tra loro e manifestavano il loro affetto in presenza di altre persone e ne stavano dando prova anche quella mattina.

Nancy era abituata a Phoebe e a Peter e alla loro spesso eccessiva tendenza a dimostrare in pubblico il loro amore, lasciandosi andare a baci più o meno profondi, abbracci, carezze e smancerie varie. Spesso venivano ripresi da tutti proprio per quell'abitudine smielata e invitati a cercarsi un posto appartato e lontano da occhi indiscreti se proprio non riuscivano a non stare appiccicati.

Al contrario Nancy finora non aveva mai assistito ad un bacio nemmeno casto tra Ashley e Matt, i due stavano seduti composti senza dare spettacolo, chiacchieravano e sorridevano ma non indulgevano in effusioni di alcun tipo, eccezion fatta per un gesto soltanto, che riassumeva e faceva trasparire in maniera evidente tutto l'affetto e l'attaccamento che provavano reciprocamente.

Da quando avevano iniziato a fare colazione insieme, infatti, non si erano mai lasciati le mani, che giacevano intrecciate sopra il tavolo, in bella vista e Nancy non aveva potuto fare a meno di notarlo. Di tanto in tanto cambiavano modo di stringersele, passando da una stretta più blanda a un intreccio fitto e talvolta Matt le carezzava il dorso della mano con dei delicati movimenti circolari del pollice ma, per quanto dovesse risultare loro scomodo mangiare utilizzando una mano sola, nessuno dei due aveva mollato la presa, continuavano imperterriti a tenersi in quel modo e quel particolare bastò a far crollare l'immagine, ad un primo impatto fredda, che davano di loro come coppia.

Nancy non si meravigliò più di tanto, la riservatezza era una caratteristica tipica di Ashley, se non quella prevalente, ma evidentemente anche il suo ragazzo doveva essere un tipo poco incline a manifestare in pubblico le sue emozioni e in quello si somigliavano molto.

A osservarlo bene, infatti, dava l'impressione di essere freddo, distaccato, a tratti indifferente al mondo circostante, colpevole un po' anche il modo che aveva di guardare e il taglio appuntito dei suoi occhi, nonché il loro colore freddo. Il suo sguardo era davvero molto bello e magnetico, ma a volte era così intenso da intimorire e rendere arduo reggerlo per più di qualche secondo.

Ad un certo punto Matt dovette sentire il peso degli occhi di Nancy su di lui, perchè sollevò quello stesso sguardo e lo puntò su di lei con fare interrogatorio, cogliendola alla sprovvista e costringendola a spostare l'oggetto della sua attenzione ad alcune cianfrusaglie sparse sul tavolo.

«Era tutto molto buono, grazie signora» gli sentì dire poco dopo, col suo solito tono educato.

Si portò di fronte a lui e sbattè le mani sul tavolo forse con un po' troppo di enfasi perchè vide gli occhi di Matt sgranarsi lievemente con stupore.

«Non ti azzardare a chiamarmi signora! – rise scherzosamente, simulando un tono offeso – guarda che sono ancora giovane eh? Chiamami Nancy e basta, va bene?» gli sorrise poi, abbassando il volume della voce.

Matt glielo promise, si voltò a guardare la sua ragazza che soffocava qualche risata con una mano accanto a lui e ancora una volta sentì di non aver sbagliato, che si trovava al posto giusto e con la persona giusta come mai nella sua vita.

Una voce dall'esterno, fin troppo familiare, li costrinse tutti a voltarsi verso l'ingresso. La porta si aprì subito dopo rivelando la figura di Phoebe, che a passi veloci si precipitò in cucina, trascinandosi dietro Peter.

La bionda si fiondò sulla coppia di innamorati e circondò loro le spalle, piazzandosi proprio al centro dei due.

Matt roteò gli occhi, sospirando, mentre Ashley si accigliò e le lanciò un'occhiata poco amichevole: di certo Phoebe non prometteva niente di buono e il suo sorrisetto furbo stava già preannunciando la sua intenzione di non lasciarli in pace.

«Allora? Come stanno i miei piccioncini preferiti? Vi siete divertiti ieri sera?» li provocò, facendo loro un occhiolino malizioso. Prima che Ashley potesse sbuffare e richiamarla all'ordine ci pensò Matt a risponderle a tono.

«Esattamente come avrai fatto tu, immagino!» la punzecchiò, lasciandola a bocca aperta per qualche secondo per poi sentirla scoppiare a ridere.

«Bravo, i miei complimenti, così si fa! Sei tosto eh? - esclamò compiaciuta, battendogli una mano sulla spalla - Ashley dovresti prendere esempio da lui per zittirmi all'istante! Mi conosce da meno di ventiquattro ore e riesce già a tenermi testa!» si rivolse poi alla sorella, che se la rideva sotto i baffi, finalmente soddisfatta che qualcuno fosse riuscito a controbattere alle sue allusioni invadenti.

«Noi comunque stiamo uscendo! - annunciò nel frattempo ai presenti, mentre scendeva giù dalla sedia, imitata subito da Matt, colse al volo la bocca della sorella, che si era dischiusa per commentare, e la anticipò – da soli!» si sbrigò a precisare, facendo spuntare un'espressione delusa sul viso di Phoebe.

«Ma come? Domani però usciamo tutti insieme, non ci sono scuse! Altrimenti poi Matt se ne va e chissà quando ricapiterà un'altra occasione»

Phoebe aveva parlato ingenuamente, provava un sincero desiderio di uscire con sua sorella e il suo fidanzato ed era felicissima per lei. Non era certo sua intenzione portare alla luce un argomento scomodo, tuttavia non si rese conto dell'effetto delle sue parole su Ashley e Matt.

I due si scambiarono un'occhiata mesta, poi Ashley si sforzò di sorridere, salutò tutti e uscì di casa insieme a Matt.

Per qualche metro non parlarono, rimasero in silenzio tenendosi per mano, poi Matt si voltò verso di lei e si schiarì la voce, cercando di trovare le parole adatte per affrontare quel discorso che non si poteva più rimandare.

«Senti Ashley, riguardo a quello che ha detto prima tua sorella – iniziò, entrando direttamente nel nocciolo del problema, senza girarci inutilmente attorno – se sei d'accordo pensavo di partire tra due giorni ma prima dovremmo passare dai nostri genitori per parlare con tuo padre, credo che sia il minimo dopo tutti i colpi che gli abbiamo fatto prendere!» provò a sdrammatizzare, passandosi distrattamente una mano dietro la nuca.

«Certo, mi va benissimo» concordò Ashley e gli sorrise debolmente.

«E per il resto, non devi assolutamente preoccuparti, verrò sempre io ogni fine settimana, tu non devi trascurare niente di ciò che facevi prima, i tuoi impegni, lo studio, lascia fare tutto a me! Ormai ho imparato la strada per arrivare qui e vedrai che la prossima volta ci impiegherò molto meno tempo!» dichiarò con decisione.

Ashley lo guardò ma non con l'espressione entusiasta che Matt avrebbe voluto, anzi sembrava carica di apprensione e non totalmente in accordo con quanto sentito.

«Matt...» tentò di ribattere ma il ragazzo non volle sentire storie.

«Dico sul serio, uno dei miei crucci più grossi era quello di poter essere un ostacolo per i tuoi obiettivi, una distrazione o qualcuno che potesse rallentarti e non voglio che succeda, non lo permetterò. Hai detto che dovevi fare un tirocinio importante e che ti serviva studiare sodo per potervi accedere, giusto?» le domandò.

Ashley non rispose subito, in testa riaffiorò un pensiero che aveva cominciato ad elaborare da quando Matt era ritornato per lei: ciò che era disposta a sacrificare.

Abbassò lo sguardo «Sì, ma...» provò ad obiettare ma lo fece usando una voce così flebile che Matt non la udì.

«E allora non preoccuparti, ce la farai!» la incalzò, senza darle il tempo di spiegare.

«Sì ma tu? - lo afferrò per il braccio, obbligandolo a fermarsi – a quello che vuoi fare tu, ci pensi?» gli chiese decisa, fissandolo.

Matt rimase di sasso, non si aspettava quella domanda e lo colse impreparato.

Era abituato a non pensare mai a sé stesso e al suo bene o a cosa volesse davvero fare.

Per un attimo riflettè su cosa stesse combinando nella vita, su quanto prendesse alla leggera i suoi studi e tutto il resto, come se non fossero questioni importanti, come se lui non fosse importante.

Per Ashley però lo era adesso, lo guardava con quei suoi occhi dolci e preoccupati e forse realizzò per la prima volta che era arrivato il momento di pensare anche al suo di futuro, se aveva intenzione di intrecciarlo con quello della ragazza a fianco a lui.

«Beh, a me non devi pensarci, non sono promettente come te e in un modo o nell'altro riuscirò a tirare avanti come ho sempre fatto!» provò a giustificarsi, ma il suo tono apparì debole dopo quello che gli era appena passato nella testa e che lo aveva sconvolto.

Ashley si accigliò e si parò davanti a lui puntandogli i pugni sul petto, aveva un'espressione seria ma buffa nello stesso tempo.

«E invece certo che ci penso a te! Lo vuoi capire che sei importante per me e che non voglio più sentirti dire che non vali nulla?» gli ribattè, con gli occhi fissi nei suoi, li sosteneva senza timore e senza accennare a voler cedere.

Matt la strinse d'impulso, abbracciandola e tenendole la testa stretta nell'incavo del suo collo, poi la allontanò e le baciò le labbra.

Forse era davvero il momento di cambiare e di riprendere in mano la sua vita.

«Guarda un po' chi si vede!» una voce squillante li costrinse a staccarsi e interruppe quel momento tra loro, Ashley si voltò e saltò in aria.

«Sophia!» strillò, rossa in viso.

L'aveva beccata mentre si baciava con Matt e, anche se sapeva che la sua amica avesse già intuito tutto, non potè fare a meno di sentirsi in tremendo imbarazzo. Ciò che aveva visto lasciava ben poco all'immaginazione o a qualche altra interpretazione.

«Buongiorno ragazzi! Vedo che state bene! - li stuzzicò malvagiamente – o era il tuo modo di ringraziarlo per il libro che ti ha gentilmente riportato fino a qui?» continuò, sorridendo candidamente.

«Sophia, avrei dovuto chiamarti ma non ho avuto il tempo...» accennò Ashley, lanciandole uno sguardo minatorio.

«Non ne ho dubbi, sarai stata molto impegnata!» commentò, spostando rapidamente lo sguardo verso il ragazzo biondo davanti a lei che, al contrario di Ashley, continuava a stare in piedi tranquillamente senza fare una piega.

«Esatto, e lo sono ancora adesso, quindi se non ti dispiace, togliamo il disturbo!» si affrettò a liquidarla per evitare di sentirsi sotto pressione ancora per molto.

«Ma certo, non vi trattengo oltre, a presto Ashley!» li salutò la riccia.

«Sophia a volte è terribile!» borbottò Ashley, poi come se si fosse ricordata all'improvviso di qualcosa di molto importante, frugò nella borsa e prese il cellulare con ansia, lo controllò, fece una smorfia di delusione e lo ributtò dentro.

Non era la prima volta che ripeteva quel gesto quella mattina e Matt se ne accorse.

«Qualcosa non va?» azzardò a chiederle.

Ashley scosse la testa per rassicurarlo «No, no, solo che avevo provato a rintracciare Tyler per potergli parlare... sai prima che venissi tu avevo deciso di chiarire con lui una volta per tutte ma poi.. beh è andata così e adesso temo non voglia più saperne» mormorò desolata.

«Mi dispiace, non volevo rovinare i tuoi piani» si scusò Matt, dovette ammettere di sentirsi in colpa per averla cacciata involontariamente in quella situazione spiacevole con quel ragazzo, a cui comunque lei teneva e anche molto.

«Non ti scusare Matt, non potevi saperne niente tu!» lo rassicurò con forza, riprendendo la sua mano e sorridendogli con amore.

Matt lasciò cadere l'argomento, ma in cuor suo si chiese se non ci fosse qualcosa che poteva fare per rimediare.

 

«Ho dimenticato una cosa in macchina, vado un attimo a prenderla e torno!» dichiarò Matt, cercando di sembrare più veritiero possibile. Era l'unica scusa plausibile che le era venuta in mente per giustificare un suo allontanamento da casa di Ashley da solo. La sua ragazza non aveva indagato troppo e si era limitata ad annuire, anche perchè July l'aveva praticamente sequestrata per aiutarla con gli ultimi preparativi della sua festa, e al momento era alquanto impegnata, anche se non proprio di sua volontà

Matt ne aveva approfittato e adesso camminava in pieno tardo pomeriggio nelle stradine di quella città, stretto nella sua felpa troppo leggera, con le mani, ridotte a due pezzi di ghiaccio, sepolte dentro le tasche, nel tentativo di riscaldarle.

La gente lo guardava con circospezione nemmeno avessero davanti un criminale, forse perchè un viso nuovo riceveva sempre quel trattamento nei paesi piccoli o forse perchè, curvo e incappucciato in quella felpa nera mentre camminava, guardandosi in giro per evitare di sbagliare strada, non doveva essere una visione esattamente rassicurante.

Imprecò mentalmente contro sé stesso un paio di volte per aver preso quella maledetta decisione che sembrava degna di un pazzo o di un ubriaco, ma lui era perfettamente lucido e sobrio e stava andando a cercare Tyler.

Il suo obiettivo era parlargli e provare a convincerlo ad accettare di vedere Ashley ma, avendo bene a mente il modo simpatico in cui Tyler gli aveva rivolto la parola la sera prima, non escludeva di poter fare ritorno a casa con un occhio nero nella migliore delle ipotesi. Aveva anche già pensato a giustificarsi con Ashley utilizzando la scusa di un tentativo di rapina, ma non era informato sul tasso di criminalità di quel tranquillissimo paesino e forse cominciava a constatare che non fosse una scusa credibile.

Mentre era impegnato in quei vaneggiamenti, forse sollecitati dal freddo che gli stava raffreddando fin troppo il cervello, giunse davanti a quello che sembrava essere proprio un campo da calcio. Non era un tipo sportivo, anche se avrebbe sfidato chiunque a non considerare attività fisica il suonare un concerto rock di tre, quattro ore, magari anche in pieno Agosto, ma riusciva comunque a riconoscere quel luogo.

Con qualche trucchetto e qualche domanda apparentemente disinteressata, era stato capace di estorcere ad Ashley un paio di informazioni su dove si potesse trovare Tyler quel pomeriggio e la ragazza gli aveva rivelato che si allenava sempre con la sua squadra in un campo nei dintorni, così aveva deciso di fare un tentativo.

In fondo era stata anche per causa sua se Ashley adesso era triste e a lui non piaceva vederla così, e se il prezzo da pagare era rischiare un cazzotto dal ragazzo che probabilmente lo odiava a morte, l'avrebbe fatto.

Aspettò qualche minuto, poi fortunatamente vide uscire una folla di ragazzi con alle spalle tracolle e borsoni e scrutò tra le file per intravedere Tyler.

Alla fine lo notò, gli si avvicinò e tolse il cappuccio della felpa dalla testa per rendersi più riconoscibile ai suoi occhi.

«É andato bene l'allenamento?» gli chiese, giungendo alle spalle del moro, il ragazzo si voltò e inizialmente trasalì, ma dopo avergli gettato una rapida occhiata e averlo riconosciuto, la sua espressione divenne furente.

«Che cazzo ci fai tu qui? Ti sei perso?» domandò sprezzante, sorpassandolo e continuando a camminare con passo più lesto, per lasciarselo dietro.

Matt corse e lo raggiunse per affiancarlo. «No, veramente cercavo te» disse serio.

«Mi prendi per il culo? Non ho tempo da perdere con te e ora vattene!» gli ringhiò, dandogli uno spintone per allontanarlo che però non scoraggiò Matt.

«Vuoi aspettare un attimo?» continuò, mentre con un balzo in avanti riuscì ad arrestare il suo avanzare.

Tyler sbuffò infastidito e incrociò i suoi occhi scuri con quelli di ghiaccio del ragazzo di fronte a lui.

«Se sei venuto per sbeffeggiarmi o per schiaffarmi che ieri ti sei scopato Ashley, guarda che stai giocando con la persona sbagliata» lo minacciò, facendogli intuire che in un confronto fisico sarebbe stato lui ad avere la meglio, visti gli allenamenti a cui si sottoponeva.

«Non dire stronzate, non sono qui per te o per me, sono qui per Ashley! - lo vide abbassare lo sguardo quando il nome della ragazza uscì dalle sue labbra e parve calmarsi un po' – so che mi odi e ti capisco, ne hai tutto il diritto, ma non ti sto chiedendo di diventare mio amico. Continui a non rispondere ad Ashley e volevo solo chiederti, per favore, di farlo, di accettare di vederla perchè possiate parlarvi.» gli parlò, spiegandogli il motivo di quell'intrusione.

Tyler rimase un attimo zitto, poi sospirò e riprese a camminare come niente fosse.

«Non sono affari tuoi, non intrometterti» rispose gelido.

«Invece mi intrometto perchè non sopporto di vederla così depressa e desolata! - urlò, facendolo bloccare, stavolta di sua spontanea volontà – non è stata colpa sua se sono spuntato all'improvviso quel giorno, non era sua intenzione ferirti e non c'è stato nessun complotto contro di te, se è questo quello che pensi! Lei ci tiene a te, magari non nel modo in cui vorresti, ma ti vuole un gran bene e sta davvero male per quanto è successo, chiede solo di poterti parlare e di raccontarti come stanno le cose, tutto qui! Permettile di farlo, dalle questa possibilità se anche tu tieni a lei!» concluse, il freddo nemmeno lo sentiva più, tutto quel parlare e il fervore con cui lo aveva fatto lo avevano fatto surriscaldare anche troppo, al punto da costringerlo ad abbassare la zip della felpa per prendere aria.

Tyler rimase immobile, per quanto odiasse con tutto sé stesso quel tipo e lo detestasse dal profondo della sua anima, le sue parole lo colpirono e non potè ignorarle. L'unica colpa di Ashley era non vederlo nient'altro che come il suo primo amore e un caro amico. Niente di più, niente di meno.

Sempre se potesse considerarla una colpa, anzi, la risposta a quel quesito dentro di sé già la conosceva.

Non si fidava di Matt, non poteva farlo e per quanto sembrasse amarla davvero e l'aveva dimostrato anche venendolo a cercare lì solo per chiedergli di incontrarla, non riusciva a togliersi di mente l'impressione che la stesse solo usando.

Ciò che aveva urlato però era tristemente giusto e lui era stato troppo accecato dalla rabbia e dalla delusione per rendersene conto.

Si voltò verso il biondo e gli venne incontro, il suo viso sempre contratto e disgustato. Quando gli fu abbastanza vicino, tanto da poterlo guardare dritto negli occhi, lo afferrò per il colletto della felpa con violenza.

Matt non si mosse, né fece resistenza, non distolse per un attimo il suo sguardo da quello di Tyler, così incazzato e pieno di odio: non voleva sfidarlo però, era calmo e non c'era traccia in lui di voler reagire al suo gesto rude.

In un certo senso quella sua tranquillità spiazzò Tyler e gli diede forse ancora più fastidio. Pensò che Matt si sentisse superiore a lui, che magari fosse abituato a fare il galletto con tutti con quella faccia da schiaffi che si ritrovava e non lo sopportò.

«Non permetto agli stronzi come te di dirmi cosa devo o non devo fare, capito?» gli soffiò,gli era talmente vicino da riuscire a sentire il suo fiato sulla faccia, ma Matt continuò a non scomporsi, né ad abbassare lo sguardo.

Esasperato dal suo atteggiamento, Tyler lo mollò di colpo, strattonandolo, poi si voltò e andò via.

«Vaffanculo!» gli urlò a gran voce, facendo voltare qualche signora sconvolta nei paraggi, che già temeva qualche lite tra teppisti.

Matt non rispose, giurò di aver visto qualcosa nei suoi occhi e sperò di non essersi sbagliato.

Si affrettò a ritornare perchè la sua assenza non diventasse troppo sospetta e si scusò con Ashley del ritardo, raccontandole di essersi confuso e di aver perso la strada del ritorno, anche se lei stavolta parve dubitare un attimo di lui, per poi tornare serena e non dare tanto peso a quell'episodio.

 

Ashley si svegliò di soprassalto, si chiese se non avesse sognato quel suono che l'aveva distolta dal sonno ma il display illuminato del suo telefono smentì la sua ipotesi.

Ancora mezza addormentata si allungò sul comodino per prenderlo e lo portò davanti ai suoi occhi, ma la luce troppo intensa dello schermo la costrinse a serrarli di riflesso.

Pian piano li dischiuse e riuscì ad abituarsi alla luce e ancora sotto le coperte cercò di leggere il mittente di quel messaggio.

Rabbrividì quando lesse il nome di Tyler, erano già le due di notte e la sua camera era immersa nel buio più totale, Matt dormiva al suo fianco.

Con uno scatto si tirò a sedere per leggere meglio, mentre il cuore cominciò a batterle più forte.

Aprì il messaggio con ansia, aspettandosi magari di essere mandata a quel paese, ma ciò che lesse la incoraggiò.

“Se vuoi possiamo vederci domani mattina” recitava semplicemente.

Sembrava piuttosto freddo ma almeno era un segnale, le stava dando la possibilità di spiegarsi.

Sorrise e si sentì subito più tranquilla, un fruscio le fece voltare lo sguardo di lato, Matt sembrava essersi svegliato e si era sollevato sui gomiti per capire meglio cosa stesse succedendo.

«Che succede?» le chiese, con la voce roca presa dal sonno.

«Niente, era solo il telefono.. Tyler ha deciso di vedermi... domani» gli sussurrò a bassa voce, per non fare troppo rumore.

Era buio pesto intorno a loro ed Ashley non potè vedere il sorriso che si era formato sulle labbra di Matt.

«Capisco – disse lui, senza commentare – adesso però torniamo a dormire» la invitò, per poi trascinarla in un abbraccio sotto le coperte e prendere a baciarla per un po', prima di rilassarsi nuovamente e lasciare che il sonno avesse la meglio su di loro.

 

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Capitolo 42
*** Capitolo 42 ***


Capitolo 42

 

«Mamma, è già uscita July?» urlò Ashley mentre si precipitava correndo giù per le scale, rischiando un paio di volte di inciampare e fare una brutta caduta. L'agilità non era mai stata il suo forte.

Nancy udì la sua voce stranamente stridula e agitata e il rumore della sua corsa frenetica e si voltò giusto in tempo per vederla spuntare, trafelata, con gli occhi sbarrati e ancora in tenuta da notte.

«Sono le otto e mezza, cara, July è già uscita per andare a scuola!» la informò rammaricata, poi con la coda dell'occhio vide arrivare con calma Matt, che evidentemente non aveva avuto la sua stessa fretta nello scendere. Il suo viso era tranquillo come sempre, la salutò educatamente, poi lo vide affiancarsi alla sua ragazza, che sbuffò delusa.

«Cavoli, volevo fare gli auguri a July prima che andasse a scuola e invece ci siamo svegliati troppo tardi!» si lamentò, incrociando le braccia al petto con un gesto di stizza.

«A dire il vero io ero sveglio da tempo, ma ho preferito lasciarti dormire. Sai com'è, stanotte è stata un po' movimentata e pensavo volessi recuperare sonno.» si giustificò senza accorgersi di quanto ambigua fosse risultata quell'affermazione alle orecchie di Nancy, che sollevò le sopracciglia e li guardò stupita per poi assumere un sorriso sornione.

«M..ma che dici?...- balbettò nervosa, dopo aver intuito dall'espressione di sua madre, l'equivoco in cui era incorsa – non è per niente come lo sta facendo sembrare! - si difese gesticolando furiosamente e lanciando a Matt un'occhiataccia prima di premurarsi di rifilargli un pizzicotto di avvertimento al braccio, ma più che una smorfia di dolore sul viso del giovane si disegnò un sorrisetto divertito – è che stanotte sono stata svegliata da un messaggio di Tyler e...» si affrettò a spiegare a Nancy come fossero andate davvero le cose, il suo atteggiamento goffo e imbarazzato fece sorridere la donna.

«E ha svegliato anche me» la interruppe bruscamente Matt, aveva preso posto nel frattempo sopra uno sgabello, con le braccia conserte sul tavolo.

Sembrava molto più a suo agio e aperto rispetto ai giorni precedenti, parlava con disinvoltura, si concedeva persino delle battute ed era evidente che stesse lentamente prendendo confidenza con l'ambiente e con gli abitanti della casa.

In realtà era stato più facile del previsto per lui: all'inizio tutta quella confusione gli era apparsa come nuova, non era abituato al vociare, alle risate o al sentire sempre qualcuno gironzolare in casa e neppure avrebbe mai immaginato di potersi trovare bene in un'ottica del genere, eppure quella novità gli aveva trasmesso una inaspettata sensazione positiva di calore che man mano si era trasformata in piacevole quotidianità e alla fine aveva scoperto di avere un enorme bisogno di quella rumorosa normalità..

Tutti quegli anni di solitudine e rancore li aveva considerati il suo habitat naturale, l'unico scenario che gli calzasse a pennello, ma la verità era che si ci era dovuto adattare per sopravvivere, sebbene nel cuore portasse indelebili i ricordi legati alla sua infanzia felice, quando poteva ancora dire di avere una famiglia unita.

I genitori di Ashley si erano lasciati quando lei aveva solo due anni e per via della sua tenerissima età, non aveva potuto percepire il cambiamento che quella decisione aveva attuato nella sua vita. I suoi per lei erano sempre stati separati, così li ricordava e non aveva mai potuto avere un'immagine di loro come famiglia, per quel motivo la sua infanzia era stata segnata dal sentirsi diversa dagli altri, incompleta e ciò l'aveva fatta chiudere in un atteggiamento di rifiuto della sua situazione. Matt, al contrario aveva ricevuto quel trauma quando aveva 9 anni ed era stato catapultato con più violenza da un periodo di spensieratezza a uno totalmente opposto. Lui ricordava perfettamente la differenza tra il periodo pre-separazione e quello successivo e aveva continuato a farne il paragone per un po', incattivendosi e portandosi dentro una grande rabbia. Poi crescendo si era rassegnato e convinto di non avere bisogno di nessuno oltre che di sé stesso.

Ashley gli aveva fatto involontariamente quell'ulteriore regalo, grazie a lei aveva riscoperto la bellezza di avere qualcuno accanto, di poter contare anche sugli altri quando le proprie forze scarseggiano senza per questo sentirsi deboli o sconfitti, il suo cuore era vivo e non poteva fare a meno di amarla e di esserle grato.

Si voltò a guardare la sua adorabile espressione corrucciata per essere stata interrotta dal suo intervento e sorrise d'istinto.

«Hai il sonno pesante di solito, non è colpa mia se ieri non era così! - ribattè Ashley, sollevando la testa, indispettita, in maniera buffa – in ogni caso avresti dovuto svegliarmi stamattina!» continuò, prendendo posto a tavola accanto a lui.

Nancy li guardava battibeccare di soppiatto e sorrideva: sembravano proprio una di quelle coppie rodate che hanno già una profonda confidenza e spesso risultano quasi comiche da osservare.

«Non preoccuparti Ashley, July non ci è rimasta male, era talmente euforica per i preparativi della festa che a stento ha dato retta a me! - la tranquillizzò mentre finiva di lavare le ultime stoviglie – quindi Tyler che voleva?» domandò poi, cambiando il soggetto della conversazione.

Ashley le aveva rivelato giorni prima che il suo ex fidanzatino del liceo era ancora innamorato di lei e con l'entrata in scena di Matt non le ci volle molto per immaginare che la situazione si fosse ingarbugliata notevolmente.

Ashley sobbalzò sulla sedia, poi smise di mangiare e si diresse verso le scale.

«A proposito devo controllare il cellulare!» gridò da lontano, Matt e Nancy la osservarono attoniti sparire rapidamente, si scambiarono un'occhiata di intesa, poi tornarono alle rispettive occupazioni.

«Glielo dici anche tu che dovrebbe rilassarsi più spesso, no?» chiese qualche secondo dopo al ragazzo, dopo aver terminato le sue faccende e sedendosi di fronte a lui.

Matt sollevò lo sguardo verso Nancy, accennò una risata e le fece un cenno di approvazione. «Sta facendo dei grandi progressi, però» le fece notare.

«Già, forse anche grazie a te» pensò bene di specificargli, scrutando poi attentamente la sua reazione. Lo vide sorridere e scrollare le spalle, quasi ritenesse di non potersi prendere quel merito.

«Lo dice spesso anche lei, ma io non ho fatto niente di che» ammise, passandosi una mano tra i capelli chiari.

«Hai deciso di starle accanto, quello è già qualcosa, non credi? - disse, poi lo guardò fisso negli occhi e assunse un tono un po' più serio – Ashley è una ragazza straordinaria, è piuttosto diffidente e introversa e si apre con pochi e per questo quando succede ti fa sentire più speciale. Guarda che te la sto affidando, è una delle cose più preziose che ho, abbine cura, ti prego» gli raccomandò, il suo sguardo era dolce e lasciava trasparire tutto l'amore di una madre per sua figlia.

Matt rimase immobile a fissarla, in quel momento gli occhi di Nancy le ricordarono in modo impressionante quelli di sua mamma e ripensò all'ultima volta che si erano visti e allo sguardo che gli aveva rivolto prima che partisse.

L'espressione era identica: lo aveva guardato come fosse la sua cosa più preziosa al mondo e se ne stava accorgendo solo ora.

Dischiuse le labbra per rispondere a Nancy, ma la voce di Ashley richiamò entrambi e li fece voltare verso di lei. Era ritornata e stringeva tra le mani il cellulare.

«C'era un messaggio, stamattina ha avuto un imprevisto quindi mi ha chiesto di vederci nel pomeriggio» dichiarò mentre si riaccomodava accanto al suo ragazzo.

Il suo viso era tirato e un sorriso sforzato stava facendo fin troppa fatica a sembrare naturale.

Matt capì che, anche se non lo ammetteva, era molto nervosa e preoccupata per quell'incontro, forse consapevole che avrebbe comunque determinato un cambiamento inevitabile in quell'amicizia.

Cercò la sua mano sotto il tavolo e gliela prese, Ashley la strinse subito e forte, come se non facesse altro che aspettare quel contatto e non ci fu bisogno di aggiungere altro, nemmeno a parole.

«Senti Ashley, anche se io sono qui tra i piedi, puoi studiare visto che hai la mattinata libera» propose poi il ragazzo, non aveva dimenticato la promessa che le aveva fatto il giorno prima di non ostacolare il suo percorso e non voleva costituire una distrazione.

Ashley cominciò a sudare freddo, quello era un argomento che in quei giorni la stava tenendo abbastanza in tensione, ma in mezzo alla confusione imperante nella sua testa era riuscita a giungere a una conclusione e doveva comunicargliela prima o poi e forse era arrivato il momento.

Decise di cogliere quell'occasione e approfittare che il discorso fosse naturalmente caduto sui suoi studi e sul peso che avevano nella loro relazione.

«Tranquillo, voglio godermi questi giorni con te, per il resto so come fare» provò a convincerlo ma Matt prese ad agitarsi inspiegabilmente.

«Ma no, devi pensarci invece! - sbottò con un po' troppa veemenza, sotto gli occhi meravigliati della ragazza, che rimase pietrificata a fissarlo - Ashley hai gli esami, le lezioni, la media alta da mantenere, ti serve tutto questo per quel tirocinio, l'avevi detto anche tu!» prese a elencare con foga, sporgendosi dallo sgabello verso di lei col rischio di perdere l'equilibrio e finire rovinosamente per terra.

Ashley lanciò una rapidissima occhiata a sua madre e Nancy intuì che quei due dovevano intraprendere un discorso da soli, così trovò immediatamente una scusa per allontanarsi dalla stanza.

«Devo controllare il bucato fuori, scusate» mormorò frettolosamente per poi dileguarsi.

Ashley la vide sparire, poi riportò l'attenzione a Matt, che intanto fremeva e aveva cominciato a muovere nervosamente una gamba.

«Si può sapere che ti prende?» gli chiese con apprensione, notando il suo stato d'animo irrequieto.

Matt per tutta risposta saltò giù dallo sgabello, facendola sussultare appena e cominciò a muoversi scompostamente per la stanza.

«C'è che ne avevamo parlato Ashley e ti avevo detto chiaramente che non voglio essere un intralcio per te, io non posso farlo, altrimenti siamo al punto di partenza!» iniziò a ripetere, sembrava aver perso tutta la sua serenità e che fosse in balìa di un grave tormento.

Ashley si alzò in piedi a sua volta e lo raggiunse, cercando di stare dietro ai suoi movimenti.

«Matt...» pronunciò decisa il suo nome nel tentativo di fermarlo e di intervenire in quello che aveva tutta l'aria di voler essere un monologo, ma il ragazzo non glielo permise, parve non averla nemmeno sentita tutto preso dalle sue preoccupazioni. Riprese a parlare forse con ancora più foga, Ashley vide i suoi occhi spalancati iniettati di paura.

Sì, sembrava proprio spaventato, ma di cosa?

Forse che tutto andasse a rotoli, che non fosse all'altezza della situazione?

«Ma non capisci? Era proprio questo che volevo evitare, diventare un peso per te, ostacolarti! La tua vita deve procedere esattamente come prima, mi sono ripromesso che se fossi tornato da te avrei fatto l'impossibile perchè la mia presenza non ti facesse perdere di vista le cose importanti e non permetterò che succeda il contrario!»

La voce di Matt continuava a risuonare per la cucina, era un fiume inarrestabile di parole e niente sembrava calmarlo. Parlava e parlava ed Ashley non riusciva a controbattere, venne travolta da quel suo flusso di paure e la sua testa cominciò a girare.

Era stufa di sentirgli dire sempre che tutto dipendeva da lui, che lei doveva solo stare buona a pensare all'università e al suo futuro come una stupida viziata, mentre lui si sobbarcava tutto il resto.

Perchè non capiva che non era da solo in quel rapporto, la loro unione era formata da due metà e perchè tutto funzionasse e rimanesse in equilibrio era necessario che fossero alla pari, che si prendessero la stessa parte di responsabilità e di sacrifici. Altrimenti quella bilancia precaria avrebbe finito per pendere irrimediabilmente verso un solo lato e il risultato sarebbe presto stato un disastro.

Non si rendeva conto che in quel modo la sottovalutava, non la credeva capace di poter fare le sue scelte e di poter assumersi dei rischi?

Amava tantissimo Matt ma non ne poteva più di sentirgli dire quelle idiozie, sentì che sarebbe esplosa se lo avesse lasciato proseguire in quei vaneggiamenti, si portò le mani alle tempie e serrò gli occhi.

«Vuoi stare zitto un attimo, cazzo?» urlò fuori di sé, un silenzio invase di colpo le sue orecchie mentre teneva gli occhi ancora ben chiusi. Quando li riaprì Matt era fermo davanti a lei, con le labbra leggermente dischiuse per la sorpresa e lo sguardo smarrito.

Non si era aspettato quella reazione violenta da lei, ebbe il timore di averla esasperata o infastidita in qualche modo e in realtà non era molto distante dalla verità.

Ashley sospirò alleggerita, poi si avvicinò maggiormente a lui e gli prese le mani delicatamente.

Addolcì l'espressione e anche il tono di voce. «Posso dire anche io la mia su questa faccenda o non mi è concesso?» domandò seria, ma senza risultare troppo infastidita o dura.

Matt abbassò la testa, i capelli gli ricoprirono la fronte e occultarono in parte i suoi occhi.

«Scusami» mormorò mortificato. Stavolta aveva esagerato, non era riuscito a contenere la sua dannata impulsività, ma Ashley era troppo importante per lui e voleva che la sua vita scorresse più serenamente possibile e senza intoppi o incidenti di percorso.

«Bene. Adesso ascoltami – gli intimò, scostandogli qualche ciocca di capelli dalla fronte perchè la guardasse meglio, il tocco gentile delle sue dita riuscì a calmare Matt, le sue spalle tese si abbassarono rilassandosi – ho pensato tanto in questi giorni, da quando ci siamo ritrovati e stiamo insieme ufficialmente e ho deciso una cosa – fece una pausa, aveva le mani congelate ancora racchiuse in quelle di Matt, che parevano voler fare a gara con le sue su quali fossero più fredde, fissò il pavimento, poi il soffitto e infine riportò lo sguardo in quello del suo ragazzo, sembrava sulle spine in attesa di sapere quale fosse quella misteriosa decisione ed Ashley pensò fosse meglio non farlo attendere oltre, con coraggio riempì i polmoni di aria e aprì la bocca.

«Ho deciso di non fare quel tirocinio!» sputò fuori, alla fine, ci era riuscita, gliel'aveva detto.

Matt aggrottò le sopracciglia e cominciò a scuotere la testa con enorme disappunto.

«Cosa?... Ma..perchè? Non capisco, era importante per te...tu.. devi ripensarci assolutamente!» cercò di farla ragionare, non voleva accettare di essere lui la causa di quello che a lui appariva come un colpo di testa.

«Mi dispiace, non cambio idea» lo informò Ashley sorridendo, la sua espressione era sicura, serena, come se avesse semplicemente deciso cosa mangiare per cena o che vestito indossare per la festa di sua sorella.

Vide che il ragazzo era rimasto senza più parole, si guardava intorno come spaesato e lesse anche una certa delusione sul suo viso. Gli prese il volto con le mani e lo avvicinò al suo.

«Matt, per favore stammi a sentire! - lo implorò, costringendolo a guardarla negli occhi – non ho detto che ci ho rinunciato e non ho intenzione di farlo, ho solo detto che non voglio ora! - vide la sua espressione distendersi un po' e tirò un piccolo sospiro di sollievo – vedi, finora ho sempre messo davanti a ogni altra cosa lo studio, l'università, la mia carriera futura e so benissimo che sono cose fondamentali e non sto pensando certo di abbandonarle. É solo che mi sono resa conto di aver trascurato spesso altre cose altrettanto importanti, la spensieratezza, i sentimenti, la mia famiglia, i miei affetti e adesso ci sei anche tu. Ero chiusa in queste mie convinzioni e pensavo fosse giusto così, senza essere in realtà davvero felice ma finalmente l'ho capito – gli sorrise, accarezzandogli le guance, Matt rimaneva in silenzio per permetterle di finire ma cominciava a comprendere il senso del suo discorso – ho solo 21 anni e sono di gran lunga più avanti della stragrande maggioranza dei miei colleghi universitari e...credo sia arrivato il momento di rallentare, di dedicarmi anche a un'altra dimensione della mia vita.»

Ashley spostò le sue mani dal viso di Matt ai suoi fianchi, strinse la stoffa della sua felpa e lo attirò a sé, facendo entrare a contatto i loro corpi, lui le cinse le spalle amorevolmente ed entrambi ripresero a respirare regolarmente, immersi in quella nuova pace che stava nascendo. La rossa si staccò lievemente e riprese a parlare poco dopo.

«Voglio viverti Matt, voglio pensare a te adesso, come hai detto anche tu, ci siamo infilati in una relazione seria abbastanza presto e magari il fatto di aver vissuto insieme un mese ha accelerato questo processo, ma ci sono ancora tante cose che non sappiamo l'uno dell'altra e... il prossimo semestre avrò un'altra possibilità per provare quel tirocinio, sei mesi in più non faranno di certo la differenza nel mio brillante percorso universitario, ma possono essere vitali per la nostra storia che è appena nata e adesso ha la priorità. Purtroppo partiamo già in salita per colpa della distanza, se ci mettiamo anche a creare problemi inutili non ne usciamo più, non credi?» gli sorrise, guadagnandosi un abbraccio, così travolgente da farle quasi perdere l'equilibrio. Si aggrappò alle sue spalle che quel giorno apparivano ancora più bisognose del suo sostegno.

«Mi dispiace Ashley, non volevo farti pensare che non ho fiducia in te e nelle tue scelte, ero solo preoccupato perchè ti amo e non voglio farti del male» si scusò Matt, col viso ancora poggiato sui capelli della ragazza.

Ashley lo strinse più forte e carezzò la sua schiena. «Vedrai andrà bene!» lo rassicurò, spesso era stato lui a darle forza e conforto ma aveva capito che stavolta i ruoli si erano invertiti e toccava a lei fargli sentire tutta la sua vicinanza e appoggio.

Quella era la sua idea di equilibrio perfetto. Esserci l'uno per l'altra, senza differenze.

«E un'ultima cosa, siamo una coppia, e le cose si fanno in due, quelle belle ma anche quelle meno piacevoli. Non puoi accollarti tutti i sacrifici, voglio dare anche io la mia parte, sono stanca di essere passiva e guardare il mondo che mi scorre davanti. Sono rimasta ferma nella mia parte di universo sicura per troppo tempo, adesso voglio uscire, muovermi, venirti a trovare da sola, voglio che mi insegni a guidare così che presto potrò essere autonoma! So che sarà dura all'inizio e che tutti i miei ritmi saranno scombussolati ma... ti amo e non mi sono mai sentita così forte!» affermò con sicurezza.

Le sue parole colpirono Matt nel profondo, non solo perchè lo riempì di gioia sapere che Ashley lo amasse a tal punto da volersi mettere in gioco, ma anche per via di alcuni pensieri che aveva cominciato a formulare il giorno prima, quando lei gli aveva chiesto cosa volesse nella vita.

Era ora di fare decisamente un po' di ordine.

«Ashley se tu rallenterai, io invece voglio accelerare! Ho perso fin troppo tempo a crogiolarmi e a distrarmi, ero apatico e svogliato, ma cambierò! Devo centrare i mie obiettivi e portare a termine tutto ciò che ho iniziato, per te, ma soprattutto per me. L'ho capito piuttosto tardi, ma sempre meglio che mai.» ammise, giocando coi suoi capelli ma non appena la vide illuminarsi in viso non resistette e la baciò con passione, Ashley ricambiò, dopo quel chiarimento si sentivano ancora più uniti e forti.

Ancora una volta si lasciarono la realtà alle spalle, vittime di quel desiderio crescente che alimentavano con i baci e le carezze e che esigeva sempre più, ma non era quello il momento, né il luogo adatto e ci pensò Nancy a riportarli sul pianeta Terra in tempo.

Era rientrata, aveva lasciato loro del tempo ma si era fatto tardi e doveva andare al lavoro.

Tossì per richiamare la loro attenzione, sentì le loro labbra staccarsi producendo un lieve schiocco perchè in realtà stava evitando di guardare per non mettere in imbarazzo sua figlia, che comunque avvampò ugualmente e spinse via Matt con poca cura, come se all'improvviso non lo trovasse più attraente, lui rise, per nulla offeso dal suo gesto.

«Beh, scusate per l'interruzione, ma devo andare a lavoro» disse, mentre recuperava la borsa e si avviava verso l'ingresso.

«Nessuna interruzione!» - si affrettò a precisare Ashley, mentre si passava le mani nervosamente sul viso, sui capelli e sui vestiti per darsi una sistemata dall'euforia di prima.

«Ora siamo davvero soli però, giusto?» le sussurrò Matt all'orecchio dopo aver sentito il rumore della porta che si chiudeva, con le braccia le cinse la vita in maniera sensuale e prese a sfiorarle il collo con le labbra.

«Sì in teoria, ma devo ancora comprare il regalo di compleanno a July con Phoebe, dovevamo andarci di pomeriggio ma visto che Tyler ha spostato l'appuntamento sono costretta a farla venire tra un'ora e mezza circa!» riuscì a dire a con voce tremante, il respiro di Matt e le sue mani che si intrufolavano sotto i vestiti rendevano parlare in modo normale un'impresa ardua.

«Ce la faremo bastare» le propose, era talmente convincente che era impossibile rifiutare.

Ashley rispose solo con un sospiro strozzato, poi si voltò gli prese una mano e lo trascinò su in camera, pregando che sua sorella Phoebe non decidesse di arrivasse in anticipo a casa.

 

 

«É inutile, non ce la possiamo fare! Giriamo da più di un'ora e non abbiamo concluso nulla! - piagnucolò affranta Phoebe, nel bel mezzo della strada – trovare un regalo per July è un'impresa quasi impossibile, quella ragazzina ha praticamente tutto! Cioè avete visto il suo telefono? É persino migliore del mio, e lei ha solo 12 anni!» si lamentò, aggrappandosi al braccio del suo fidanzato, senza curarsi di controllare il volume della sua voce e facendo voltare incuriositi un paio di passanti.

Entrambe le sorelle conoscevano bene Mark, il padre di July, e la sua tendenza a viziarla, riempiendola di regalini anche piuttosto costosi, forse per rimediare al fatto di non poter essere sempre presente nella sua vita come avrebbe voluto. Era facoltoso e poteva permetterselo, ma il suo atteggiamento allarmava non poco Nancy, preoccupata che potesse nuocere a sua figlia e farle perdere di vista il valore del denaro, e per quel motivo cercava di limitarlo.

Ashley rivolse un'occhiata astiosa alla maggiore, poi afferrò un lembo della sua maglia per richiamarne l' attenzione.

«Vuoi smetterla di urlare? Ci guardano tutti!» la ammonì a bassa voce, per poi incrociare gli occhi di Peter e scuotere la testa con disapprovazione, come per comunicargli che sua sorella era proprio senza speranza.

Peter sorrise, a volte Phoebe poteva sembrare chiassosa e petulante, ma la sua energia e il suo entusiasmo travolgenti riuscivano a dare una scossa al suo carattere, a tratti cupo e fin troppo realista, soprattutto nei momenti difficili, e lo aiutavano a ritrovare la grinta e l'ottimismo apparentemente persi. Tutto il resto erano effetti collaterali facilmente sopportabili.

«Amore non preoccuparti, qualcosa troveremo! Ricordi? Anche l'anno scorso non riuscivamo a deciderci e invece all'ultimo momento abbiamo pescato l'idea vincente!» cercò di rassicurarla, sorridendole.

«Che diavolo le abbiamo regalato l'anno scorso?» domandò Phoebe con la fronte corrucciata, voltandosi a guardare prima Peter e poi sua sorella in cerca di aiuto, la sua memoria era più passeggera di un alito di vento.

«Un puzzle da 2000 pezzi, ci siamo ricordati che aveva spesso espresso il desiderio di volerne fare uno! - le rispose Ashley, che al contrario aveva ancora bene in mente quel particolare - Ha passato mesi impegnata a scervellarsi sopra quel coso, la mamma ci ringrazia ancora adesso!» si rivolse poi a Matt, il ragazzo sorrise. Si era accorto presto che la minore della casa era una ragazzina iperattiva e piena di interessi e immaginò che dovesse dare un bel da fare a casa, specialmente a sua madre.

«Allora, cose tecnologiche le escludo, il nostro budget non ce lo consentirebbe, vestiti ne ha a bizzeffe, per i giochi è ormai troppo grande! Visto che non ne usciamo più?» Phoebe riprese con i piagnistei, ormai il suo cervello sembrava essere andato in tilt.

«Ragazzi dovremmo sbrigarci però, il tempo scorre e se non facciamo presto saremo costretti a ritentare nel pomeriggio» fece notare Peter, che nel frattempo aveva dato un'occhiata all'orologio.

«Di pomeriggio non si può perchè qualcuno qui è impegnata!» commentò acida Phoebe, indicando Ashley accanto a lei, la rossa per tutta risposta le riservò uno sguardo gelido.

«Mi dispiace, ma non posso annullare l'appuntamento con Tyler, è già un miracolo che abbia accettato di vedermi, e voglio chiarire questa situazione, non posso davvero rimandare!» affermò con aria decisa, ma il suo tono di voce tradì comunque una certa ansia.

Matt si voltò leggermente a guardarla, non le aveva rivelato di aver incontrato Tyler il giorno prima e non poteva stabilire con certezza se il ragazzo avesse accettato di vederla proprio grazie al suo intervento o se la sua decisione fosse nata spontaneamente. In entrambi i casi era felice che Ashley si stesse per togliere quell'ultimo peso dalle spalle.

Phoebe sbuffò pesantemente e borbottò qualcosa di incomprensibile mentre usava una vetrina per specchiarsi e controllare che la lunga treccia nella quale aveva acconciato i capelli, fosse ancora in buone condizioni.

Ashley osservò sua sorella, il suo atteggiamento disfattista e poco collaborativo le faceva venire i nervi ma allo stesso tempo non poteva darle tutti i torti. Lei stessa era a corto di idee e si stava facendo tardi, se avessero temporeggiato ancora per molto i negozi avrebbero finito per chiudere e loro per comprare la prima cosa che veniva a tiro e quell'opzione non le piaceva per niente.

Il quartetto sembrava davvero aver raggiunto un punto di stallo quando Matt decise di intervenire e dare il suo contributo a quella mattinata, altrimenti destinata a terminare con un grosso buco nell'acqua.

«Scusate, magari dovreste concentrarvi sugli hobby di July, a me ha detto che le piace disegnare e per quello avrà già delle attrezzature, ma magari potrebbe sperimentare qualcos'altro di simile, che ne so, la pittura per esempio» pronunciò con tranquillità.

Tre paia di occhi lo fissarono incantati, come se avessero visto in lui la luce che cercavano da ore.

«Ma certo, come ho fatto a non pensarci? July adora queste cose e so che una volta a scuola li avevano fatti dipingere e lei ne era stata entusiasta! Potremmo prenderle un set per iniziare!» esclamò Ashley, raggiante, battendosi una mano in fronte, Phoebe le si accodò, luminosa in viso, i suoi occhi azzurri sembravano ancora più splendenti adesso.

«Sì, è perfetto! Le serviranno le tele, i pennelli, un paio di colori e tutte quelle cose lì, insomma! - strillò piena di gioia, finalmente riusciva a scorgere la parola 'fine' in quella giornata che aveva messo a dura prova la sua pazienza, poi si parò davanti a Matt – tu..sei..un..genio!» scandì bene ogni singola parola.

Matt la guardò perplesso, poi non trattenne una risata.

Qualche giro dopo erano già sulla via del ritorno, soddisfatti e vittoriosi.

«É incredibile che sia stato proprio tu, Matt, che conosci July da soli due giorni, a tirarci fuori da quest'incubo! Sei davvero sveglio e perspicace!» commentò Phoebe, visibilmente più serena e rilassata, trotterellando sotto il sole.

«Già, sei stato di grande aiuto, grazie mille!» gli sussurrò Ashley, stringendosi a lui mentre camminavano.

«Ma figurati, per così poco!» le rispose, dandole un lieve bacio sui capelli.

Era così bello poter condividere con lui non solo gli attimi romantici e intensi, ma anche quei momenti semplici e quotidiani, che Ashley pensò a quanto sarebbe stato meraviglioso potersi vedere ogni giorno, senza difficoltà o stranezze, come facevano la maggior parte delle coppie e invece a loro non era concesso. La loro storia doveva alimentarsi di ore, giorni, e attese e, se da un lato questo le faceva apprezzare ogni minimo secondo trascorso con lui senza mai darlo per scontato, dall'altro le procurava tanta tristezza e le dava la consapevolezza sempre più tangibile di dover armarsi di forza di volontà e tanta caparbia per superare gli ostacoli.

Intrecciò le dita della mano con quelle di Matt più intensamente, dopo aver formulato quei pensieri, perchè per adesso era lì e voleva goderselo appieno.

«Questo è perchè siamo biondi, abbiamo una marcia in più! » dichiarò Phoebe con orgoglio, mentre si accarezzava con fierezza e un po' di vanità la chioma dorata.

«Ma che c'entra, quella è genetica con un pizzico di casualità! E poi non mi pare che oggi il tuo contributo sia stato fondamentale... » ribattè Ashley, sconcertata dalle assurdità della sorella.

«Ashley la smetti di essere così cinica? Sembri tuo padre quando dici queste cose! Sogna, lasciati andare! - cominciò a provocarla, poi si accostò a Matt nel tentativo di creare una sorta di strampalata comunella con lui basata sul colore dei loro capelli – vedi? Ci hanno ingiustamente etichettati come stupidi, ma noi dimostriamo sempre il contrario!» esclamò con enfasi, come se stesse recitando una parte drammatica.

Matt rimase indifferente e deluse in fretta le sue aspettative.

«Beh, parla per te, a me hanno rivolto diversi insulti nel corso degli anni, in effetti, ma ancora nessuno mi ha dato dello stupido!» osservò con naturalezza, appena un giorno prima si era beccato uno 'stronzo' da parte di Tyler che si aggiungeva alla lista.

«Ehi, non sei per niente gentile! - lo additò Phoebe, assumendo una buffa espressione malefica, poi scrutò con sospetto la capigliatura del ragazzo – non è che in realtà sono tinti?» ipotizzò, dopo la sua risposta antipatica, che aveva distrutto la loro alleanza.

«Perchè mai dovrei tingermi i capelli? - chiese sempre più allibito e sconcertato - È già un miracolo se ogni tanto mi ricordo di tagliarli! Ovvio che sono naturali» dichiarò, riportando l'attenzione sulla strada davanti a lui.

«Phoebe vuoi lasciarlo in pace?» intimò, infine, Ashley a sua sorella, senza riuscire a nascondere però una sfumatura divertita. In fondo dovette ammettere che i siparietti di Phoebe le strappavano sempre qualche sorriso. La maggiore a quel punto sghignazzò e si riunì al suo ragazzo, aumentando il passo e lasciando i due indietro.

Finalmente di nuovo soli, Matt ed Ashley riuscirono a darsi un bacio veloce, lontano da occhi indiscreti, prima di correre e raggiungere gli altri.

 

Quando July rientrò da scuola a ora di pranzo trovò la sua intera famiglia riunita per farle gli auguri ed esplose di felicità. Adorava stare al centro dell'attenzione e quel giorno sarebbe stato tutto dedicato a lei.

Dopo il pranzo, infatti, li avrebbe attesi un lungo pomeriggio di preparativi e Nancy aveva già la tachicardia al pensiero di dover controllare decine e decine di ragazzini rumorosi e affamati in giro per casa. Amava la confusione e le feste, ma non poteva negare che la gestione di quel compleanno le avrebbe procurato una consistente dose di stress e nervi a fior di pelle, che tra l'altro avrebbe dovuto tenere a bada e mascherare per evitare di rovinare l'atmosfera a July, che aspettava quel giorno da mesi.

«Io ho finito, salgo in camera!» proferì la neododicenne, assumendo un tono serio e artificiosamente maturo. Aveva ancora le ultime cose da preparare e voleva farlo con calma.

«Di già?» le domandò Nancy, incuriosita.

«Beh, ho bisogno della mia privacy, ho dodici anni, adesso!»affermò con sicurezza, prima di alzarsi dalla sedia e abbandonare i presenti con un sorriso cortese.

Phoebe si alzò per cominciare a sparecchiare, ma prima passò accanto a sua madre e le pose le mani sulle spalle come a volerle dare un incoraggiamento.

«Buona fortuna per gli anni a venire, mamma! Ne avrai bisogno!» si premurò di augurarle, tutti riuscivano già a immaginarsi il caratterino di July e le gatte da pelare che avrebbero atteso Nancy quando la ragazzina sarebbe entrata nel periodo turbolento dell'adolescenza.

«Beh, mi rincuora il fatto che sia l'ultima adolescente da svezzare che mi sia rimasta!» sospirò sorridendo.

«Fossi in te non lo direi con così sicurezza, in fondo sei ancora giovane, potrebbe capitare di nuovo!» ipotizzò Phoebe, non se la sentiva di affermare che sua madre sarebbe rimasta sola ancora per molto, era una bella donna, aveva un carattere esplosivo e solare e magari l'uomo della sua vita doveva ancora incontrarlo, anzi, lei lo sperava davvero. Se lo meritava dopo aver trascorso molti anni ad occuparsi di loro e a renderle le donne che erano e che sarebbero diventate.

«Ah no, non se ne parla! - obiettò Nancy con tono intransigente, come se quell'ipotesi la terrorizzasse – i prossimi neonati che ho intenzione di tenere in braccio saranno solo i vostri – affermò, indicando le sue due figlie maggiori – e toccherà a voi e ai vostri compagni passare le nottate in bianco! E allora sarò io a dirvi buona fortuna!» rise nel vedere le facce più o meno sbiancate delle ragazze.

«Allora mi sa che dovrai aspettare ancora qualche anno, io e Peter vogliamo goderci un po' di tranquillità ma penso di poter parlare anche per conto di Ashley e del biondino da strapazzo» indicò i due, Matt pareva non scomporsi più di tanto mentre Ashley era già arrossita.

Perchè a casa sua mantenevano il brutto vizio di metterla in imbarazzo? Lei e Matt stavano insieme da poco, e già si rivolgevano a loro come se fossero una coppia in dirittura di matrimonio! Erano semplicemente terrificanti!

«Ma che razza di discorsi...» sbottò, scattando in piedi ad occhi bassi e trovando qualcosa da fare che distogliesse l'attenzione da lei e dal suo rossore. Matt sorrise sotto i baffi nel vederla così teneramente in difficoltà.

Tutti aiutarono a sistemare la cucina e poco dopo Peter si mise a guardare un partita in tv, mentre Matt, poco appassionato di sport, salì in camera di Ashley per esercitarsi col basso.

Nancy e le due ragazze rimasero insiem per ultimare le faccende e scambiare quattro chiacchiere.

Ashley controllò con apprensione l'orario: mancavano solo due ore all'incontro con Tyler e cominciava a sentire una certa inquietudine farsi strada dentro di lei. Non sapeva cosa aspettarsi né cosa dire esattamente e la paura di combinare un disastro diveniva sempre più concreto.

«Matt non è geloso che tu abbia un appuntamento col tuo ex del liceo che ti sbava dietro da anni?» le domandò Phoebe, giungendole alle spalle senza preavviso.

Ashley sussultò, riscossa improvvisamente dai suoi pensieri, si voltò verso la sorella e vide il suo viso curioso e furbo.

Riportò l'attenzione alle posate che stava riponendo nel cassetto. «Non è un appuntamento e poi Matt non è quel genere di ragazzo, è intelligente e di mentalità aperta, si fida di me e mi lascia i miei spazi – rispose, senza sollevare lo sguardo – inoltre la nostra è una relazione a distanza e la gelosia dovrà stare il più lontano da noi!»

«E se fosse stato Matt, invece, a dover incontrare una sua ex? - aggiunse Phoebe, che non sembrava voler lasciare cadere quel discorso – non saresti gelosa?» la provocò assottigliando gli occhi, con la schiena poggiata su un mobile accanto a lei e in attesa della sua risposta.

Ashley sbuffò, aveva già la testa abbastanza affollata di problemi al momento e si ci metteva anche sua sorella a riempirla con altre paranoie.

«Credo di no, e poi quest'estate ho già avuto a che fare con una sua... non so nemmeno come definirla, diciamo ex avventura estiva? - raccontò Ashley, facendo riferimento alle disavventure passate per via di Jenny, la sua voce tradì comunque un certo fastidio dovuto a quei brutti ricordi – e non nego di essere stata gelosa, ma in quel periodo il rapporto tra me e Matt era ancora piuttosto indefinito e non sapevamo noi stessi cosa ci stesse succedendo, adesso stiamo insieme ed è diverso, completamente diverso. Probabilmente ora non sarei così gelosa» concluse, analizzando la loro situazione.

«Complimenti sorellina, all'inizio della mia storia con Peter ero gelosissima delle sue ex, facevo un casino tale che nemmeno ti immagini! Sei molto matura!» commentò Phoebe con stupore e ammirazione.

Ashley sorrise, poi vide Phoebe allontanarsi e parlottare con sua madre più in là.

Una volta finito, passò del tempo con loro, poi si fece quasi l'ora di andare e salì in camera per prepararsi.

Quando aprì la porta trovò Matt che suonava su una sedia, chinato sulle corde, ma lo vide sollevare subito la testa non appena capì di non essere più solo nella stanza, tolse la cinghia dalle spalle e mise via il suo strumento. Ashley gli si avvicinò e si adagiò sulle sue gambe, circondandogli il collo con le braccia, Matt le cinse la vita delicatamente e fece unire le loro fronti.

«Sei agitata?» le domandò in un sussurro.

«Un po' sì, ma è normale» ammise Ashley, senza la minima vergogna. Con lui non doveva nascondersi, non ne aveva bisogno, poteva farsi scoprire fragile e vulnerabile senza dover avere paura di essere ferita.

«Spero che vada tutto bene» le augurò, affondando il viso nell' incavo del suo collo e sfiorandoglielo col naso.

«Lo spero anch'io, ma avrei qualche dubbio» mormorò, la sua voce tremò appena e per quel motivo Matt rafforzò la stretta intorno ai suoi fianchi, di riflesso.

«In tal caso ci sarò qui io a consolarti. Puoi sempre contare su di me, lo sai» ci tenne a farle sapere.

«Lo so, grazie» disse Ashley, Matt incrociò i suoi occhi con quelli nocciola della ragazza, trovandoli intensi e forse un po' più insicuri del solito.

Si diedero un leggero bacio sulle labbra, poi Ashley sciolse il loro abbraccio, e abbandonò le ginocchia di Matt.

«Sicura che non vuoi che ti accompagni fino a casa di Tyler?» le chiese.

Ashley infilò la sua giacca, strinse al collo una sciarpa leggera, recuperò la borsa e vi gettò dentro le chiavi e il cellulare.

«No tranquillo, non ce n'è davvero bisogno. Ci vediamo più tardi allora!» lo salutò, accennando un debole sorriso, prima di lasciarlo solo e uscire chiudendo la porta.

 

 

Ashley conosceva alla perfezione la casa di Tyler.

Non era in grado nemmeno lontanamente di quantificare le innumerevoli ore che ci aveva trascorso dentro a causa della loro strana amicizia, nata da un amore tra ragazzini, forse troppo acerbo e infantile.

Ricordava la consistenza del divano sul quale era seduta adesso, con le mani pallide e fredde, strette a pugno sulle ginocchia e la schiena rigida poggiata innaturalmente sullo schienale, così come la libreria di fronte a lei, piena zeppa di trofei e premi vari vinti da Tyler giocando a calcio fin da quando era bambino, e anche la terrazza, che si spalancava dalla finestra e nella quale aveva trascorso i più caldi giorni estivi.

Non ci entrava da mesi ma le ci volle meno di un secondo per riconoscere tutto.

Tutto tranne la figura di quel ragazzo che le rivolgeva le spalle, in piedi davanti alla vetrata.

Non sembrava più Tyler, il suo primo innocente amore, il ragazzo con cui aveva passato tanti pomeriggi ai tempi del liceo e altrettante giornate anche dopo. No, quello non era più il suo amico, era solo l'ombra di ciò che ne era rimasto.

Era freddo, l'aveva fatta accomodare sul quel divano senza troppi convenevoli, come fosse un' estranea o persino peggio, come una persona sgradevole da vedere, per poi voltarsi e rimanere in silenzio senza proferire alcuna parola.

Ashley aveva provato dolore e una orrenda sensazione di spaesamento, come se tutti quegli anni di ricordi fossero stati spazzati via in un minuto, cancellati per sempre.

Avrebbe voluto iniziare a parlare ma la voce sembrava bloccata in gola e aveva dimenticato tutti quei discorsi che si era preparata a casa prima.

Da dove era più opportuno cominciare? Quali parole sarebbero state più efficaci e meno dolorose per spiegare tutto?

«Quel ragazzo...» la voce cupa di Tyler spezzò inaspettatamente il silenzio, Ashley tremò senza controllo a quelle due semplici parole. Capì immediatamente a chi si stesse riferendo, e non ci fu bisogno di specificare altro.

Pensò a un modo, uno soltanto, il più rapido possibile per spiegare cosa sentisse, per condensare quel groviglio di emozioni che la scuotevano e provare a fargli meno male, sempre se esistesse una maniera giusta per ottenere quel risultato.

«Lo amo» dichiarò sicura, anche lei usò due parole, non trovò frase più diretta e breve per esprimere quel concetto. La sua voce netta ma anche un po' roca, risuonò per la stanza, la sentì anche nelle sue stesse orecchie come un boato e la spaventò. Si rese conto forse di essere stata troppo dura, troppo drastica, il pensiero di averlo ferito le provocò una fitta al petto ma non poteva più nasconderglielo.

Si voltò verso di lui per intravedere anche la più impercettibile reazione e capire come l'avesse presa, ma Tyler era rimasto immobile, sembrava una statua.

Non seppe dire se fosse un segnale positivo o meno e rimase in attesa, abbassando lo sguardo e fissandosi le mani intirizzite e contratte, mentre il cuore le stava esplodendo dentro il petto.

Per Tyler invece sarebbe stata meno lancinante una pugnalata con una lama affilata conficcata nella schiena.

Certo, aveva intuito che tra lei e quel tipo ci fosse qualcosa e quel sentore si era fatto quasi una certezza quando lo aveva incontrato in quei giorni, ma sentirlo direttamente dalla voce della ragazza che amava fu devastante. Era un'ammissione di amore nei confronti di un altro, un ragazzo che non era lui e mai lo sarebbe stato. Faceva male immaginarlo, ma così fu ancora peggio.

«Bene, allora noi due non abbiamo più molto da dirci» statuì gelido, voltandosi quel tanto appena da permettere alla ragazza di scorgere il suo profilo. Dei capelli coprivano in parte i suoi occhi e Ashley non riuscì a decifrare bene la sua espressione.

Scattò in piedi: non poteva accettare quella risposta, voleva spiegarsi, rendergli tutto chiaro perchè potesse comprendere che non aveva mai inteso ferirlo, nemmeno una volta.

«Aspetta! - gridò, con la forza che fu capace di racimolare – ti prego, almeno fammi spiegare! Tyler, sai quanto sei importante per me e quanto io tenga a te! Sei stato il mio primo amore e il mio migliore amico e, ti giuro, pensavo fosse così anche per te! - cominciò a spiegare, non era stato nemmeno necessario che Tyler le dichiarasse il suo amore perchè era fin troppo evidente tra le righe delle sue parole e sarebbe stata una crudeltà inutile spingerlo a confessarlo – solo di recente ho notato qualcosa di diverso e ho avuto paura che il nostro equilibrio potesse rompersi, io non volevo perderti e ho pensato ingenuamente che, comportandomi come avevo sempre fatto, alla fine avresti capito... ma mi sbagliavo, avrei dovuto essere schietta da subito con te e per questo mi scuso!» la sua voce era spezzata e la bocca secca, provò ad ingoiare ma la gola le fece un male cane. Un gemito di dolore le uscì dalle labbra e Tyler a quel punto voltò di più la testa e vide che il viso di Ashley era una maschera di dolore e per un attimo desiderò che non soffrisse, ma la rabbia dentro di lui ebbe il sopravvento.

«É per questo che mi hai nascosto di... di lui? Per non ferirmi?» chiese, riportando lo sguardo alla finestra. Si sentì quasi offeso, come se per lui avesse provato sempre solo pietà e compassione.

«In parte sì, non riuscivo più a essere naturale con te perchè avevo il terrore di farti del male e non volevo, ero confusa, non sapevo davvero cosa fare! Ho conosciuto Matt a casa di mio padre, tra di noi è subito scattata un'intesa, mi capiva come nessun altro e prima che me ne accorgessi... mi ero innamorata di lui – abbassò il volume della voce nel dirlo, un senso di pudore la avvolse nel raccontare quelle sue emozioni così private – come potevo dirtelo, soprattutto mentre ero distante? Poi si è presentato il problema della lontananza tra me e lui, e in un primo momento abbiamo pensato di non farcela, era successo tutto così in fretta e altrettanto in fretta dovevamo prendere una decisione. Dovevo partire e ci siamo lasciati e così era quando ti ho detto che avremmo parlato. Non avevo idea che Matt avesse deciso di tornare da me, altrimenti non avrei temporeggiato, non ti avrei mai messo davanti al fatto compiuto, sarei stata io stessa a dirtelo!» terminò il suo racconto, sperando che a Tyler bastasse, che riuscisse a capire i dubbi che l'avevano condizionata durante quel periodo.

«Lui ti ha lasciata andare e tu ti fidi ancora? Certo, per lui è stato comodo averti dentro casa ogni volta che ne aveva voglia, e poi si è stancato. Adesso vuole solo riprendersi il suo giocattolo, ecco cosa! Glielo leggo negli occhi che è abituato ad avere tutto ciò che vuole!» urlò, carico di rancore e collera.

Ashley strinse i pugni, odiava sentire parlare così di Matt ma Tyler non era mai stato cattivo e sapeva per certo che a gridare non era lui, ma la sua rabbia cieca.

«Ti sbagli Tyler, anche io l'ho abbandonato, non spettava solo a lui decidere! Io stessa avrei potuto evitare quella conclusione, invece non l'ho fatto, sono andata via e se non fosse stato per lui, forse starei ancora a piangermi addosso e per questo non posso fare a meno di amarlo, forse anche di più adesso. Matt ha avuto un passato difficile che l'ha segnato molto, sembra freddo e distaccato ma non lo è, e ti assicuro che non è egoista come lo stai descrivendo» cercò di difendere il suo ragazzo, senza comunque risultare troppo aggressiva. Era talmente difficile gestire quella conversazione a tratti Ashley sentiva le gambe così molli che pensò non l'avrebbero retta per molto. Si sentì svenire.

«Cosa farai ora? - la riscosse Tyler nuovamente – ti accontenterai di vederlo una volta ogni tanto? Ti fiderai a saperlo solo in un'altra città mentre tu starai qui a tormentarti? Pensi che ne valga la pena, che non sia una storia già destinata a morire?» una raffica di domande colpì Ashley senza darle modo di schivarle. Quante volte anche lei si era chiesta se stesse facendo la scelta giusta, se non facesse meglio a dimenticarselo, ma stavolta era sicura.

«Certo che ne vale la pena! Ok, la distanza spesso è nemica delle relazioni, le logora, fa stare male e ci vuole tanta fiducia l'uno nell'altra, ma sento di volerlo fare! Non so se staremo insieme per sempre o solo per qualche mese, non ho idea di cosa mi riservi il domani e di come affronterò questa prova... ma chi è che lo sa? Chi sa con sicurezza che piega prenderà la propria relazione? Nessuna storia d'amore ti dà la certezza che sia eterna, ma non per questo non ci si lancia, non ci si prende il rischio! E in questo non siamo diversi da nessun' altra coppia! L'amore non è un contratto, è un impegno che si rinnova giorno per giorno, noi ce ne stiamo prendendo uno forse un po' più pesante ma esattamente uguale a quello di chiunque altro! - tirò fuori tutto ciò che pensava con grinta, all'improvviso si sentì forte, fu forse il pensiero di lottare per il suo amore o una scarica di adrenalina più potente delle altre, questo non poteva saperlo, ma il coraggio prese a scorrerle nelle vene – quindi, ti prego, non prendertela con lui, sono io che ho fatto alcuni sbagli per paura o insicurezza, ma anche se Matt non ci fosse stato... il risultato non sarebbe cambiato, Tyler, tu per me sei un caro amico ma niente più di questo» abbassò la voce, la parte più dolorosa era arrivata e come d'istinto si avvicinò a lui e si ritrovò ad abbracciarlo da dietro, con dolcezza.

Ebbe timore di essere respinta quando lo sentì irrigidirsi in maniera impressionante, ma Tyler non lo fece. Lo sentiva respirare affannosamente sotto le sue mani, poggiò la testa sulla quella schiena che conosceva bene e chiuse gli occhi, che sentiva umidi di lacrime.

«Mi dispiace tanto Tyler, non volevo farti così male! Ti voglio bene, anche se so che non può bastarti» sussurrò, ancora stretta a lui.

Tyler si sentì morire, il suo tocco era così piacevole e nello stesso tempo crudele, perchè sapeva che lei non era sua, che quelle braccia non lo stringevano per amore, abbracciavano un altro, e così valeva per le sue mani, per le sue labbra, per ogni singolo centimetro del suo corpo e della sua anima.

Si sforzò di non piangere, non davanti a lei.

Ripensò a Matt, al fegato che aveva avuto il giorno prima nel presentarsi da lui e, per quanto fosse più comodo e confortante credere che stesse solo usando Ashley, che si stesse prendendo gioco di lei, aveva capito benissimo che la amava dal profondo del suo cuore.

Difficilmente chiunque altro avrebbe avuto tanto ardire, avrebbe rischiato di prendersi un pugno in faccia da un mezzo sconosciuto per permettere alla sua ragazza di chiarire con un altro che la amava solo per vederla serena e senza farsi influenzare dalla gelosia. Aveva dimostrato una maturità e una serietà che forse nemmeno lui avrebbe mai ammesso di avere. Si meritava Ashley e anche se al momento era troppo offuscato dalla delusione e dalla disperazione, sperò che la rendesse felice e che non la facesse soffrire mai.

Lentamente fece scivolare via le mani di Ashley, il loro dolce tocco era un'illusione ed era meglio sparisse presto, o la sua ferita avrebbe ripreso a bruciare con ancora più sofferenza. Lei non si oppose, comprese le sue intenzioni e lasciò che le braccia le ricadessero lungo i fianchi.

«Scusami per prima, non volevo essere così brusco. Ti auguro di essere felice con lui...davvero – trovò la forza di dirle, anche se la voce gli tremava non poco – ma non chiedermi di rimanere tuo amico, io ti amo Ashley e per adesso non sopporterei di vederti e sapere che appartieni ad un altro. É troppo presto e io.. devo proteggermi se voglio andare avanti. Spero che capirai... quindi questa è l'ultima volta che ci parliamo, non so dirti se e quando tutto ciò potrà mai cambiare, ma per adesso è così» ammise, poi si voltò, i loro occhi si incrociarono per l'ultima volta. Quelli di Ashley erano spalancati, la sua bocca leggermente dischiusa, la testa vuota, completamente.

Aveva immaginato un esito simile della vicenda, ma viverlo sulla pelle era stato come uno schianto contro la dura realtà.

Aveva perso il suo amico, il compagno di tanti anni e di tante ore stupende e non si tornava indietro. L'inevitabile era accaduto.

A passi lenti ritornò vicino al divano, riprese la sua borsa e uscì da casa di Tyler.

Camminò come un automa senza forza di volontà, le gambe avanzavano passo dopo passo ma a lei sembrava di non muoverle, gli occhi le bruciavano da impazzire, ma non poteva permettersi di lasciare scorrere le lacrime. Doveva andare a casa ed era il compleanno di sua sorella, non poteva esserci spazio per il dolore o il pianto o le avrebbe rovinato la festa. Doveva essere forte per lei e tenersi dentro tutto, almeno per quella giornata e ignorare quel nodo alla gola e quel peso al petto che la opprimevano.

Giunta quasi dinanzi alla porta di casa sua, vide una figura proprio davanti alla soglia e non ci impiegò molto a capire che si trattava di Matt. Avvicinandosi vide che fumava e che si era accorto di lei perchè i suoi occhi la puntavano già con consapevolezza.

In mezzo alla confusione e al disorientamento che regnavano nella sua testa la visione di Matt fu come un faro nella notte, per l'ennesima volta la sua ancora di salvezza nella tempesta che la scuoteva e un barlume di speranza le si accese nel suo cuore maltrattato.

«Che ci fai qui fuori? Fa freddo» disse, cercando di non farlo allarmare e ostentando una tranquillità troppo finta perchè Matt se la bevesse.

«Avevo voglia di una sigaretta» la informò lui, senza chiederle nulla e fingendo di non essersi accorto dei suoi occhi lucidi e delle sue labbra, che avevano tremato mentre parlava.

Non le disse che in realtà era da molto che gironzolava vicino alla finestra per riuscire a scorgerla in tempo e poter essere il primo ad accoglierla. Era stato terribilmente in pensiero, temeva che qualcosa andasse storto e non si era sbagliato. Ashley aveva l'aria distrutta anche se stava facendo del suo meglio per camuffarla.

Le si avvicinò, fissandola coi suoi occhi penetranti che la mettevano a nudo ed Ashley provò l'istinto di gettarsi tra le sue braccia e sfogarsi ma semplicemente non poteva. Evitò il suo sguardo come non faceva da un po' o non avrebbe più resistito.

«Tutto bene?» le chiese lui, dopo qualche secondo di silenzio, aspirò un'ultima boccata di fumo e poi spense la sigaretta.

Ashley annuì poco convinta, evitò di parlare perchè un groppo in gola le avrebbe fatto uscire fuori una voce rotta che l'avrebbe smascherata in mezzo secondo.

«Ok, ne parliamo più tardi, va bene?» le accarezzò il viso, per poi stringerla in un abbraccio.

Ashley si attaccò a lui con disperazione e non ci fu bisogno che parlasse, a Matt bastò quello per comprendere tutto. Non indagò oltre, non le fece altre domande, solo la strinse ed Ashley gliene fu immensamente grata. Respirò il suo profumo misto al fumo e in qualche modo trovò la protezione che cercava. Solo lui sapeva sempre come comportarsi con lei, cosa volesse, come si sentisse e tutto questo con uno sguardo appena ed ebbe la conferma che, a dispetto di tutte le maledette lontananze che li aspettavano, erano legati insieme ormai. Loro distanti, non lo sarebbero stati mai.

 

 

 

 

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Capitolo 43
*** Capitolo 43 ***


Ciao a tutte,
volevo comunicare che il prossimo capitolo quasi sicuramente sarà l'ultimo, salvo che sia costretta a dividerlo se verrà troppo lungo, visto che devo ancora scriverlo! In realtà dopo l'ultimo seguirà un epilogo e anche in quel caso non so se sarà un' unica parte o se dovrò dividerlo i due parti.
Con gli ultimi capitoli sto cercando di chiudere un po' il cerchio della storia, per evitare di lasciare questioni in sospeso e di non abbandonare i personaggi troppo a metà! Spero che sia di vostro gradimento e ringrazio sempre tantissimo tutte coloro che seguono la storia, per me è stata davvero un'esperienza positiva scrivere qui e sono anche un po' triste che stia finendo ma ogni cosa, ahimè, giunge al termine prima o poi, com'è anche giusto che sia!
Alla prossima!

 Capitolo 43

 

Ashley se ne stava seduta su una sedia in uno dei pochi angoli del salone che, trovandosi lontano dal tavolo del buffet, al momento godeva di una discreta tranquillità.

La festa di July, infatti, era in pieno svolgimento e, per la gioia dei voraci stomaci dei piccoli invitati, il cibo aveva appena fatto la sua comparsa, accolto da una serie di schiamazzi collettivi di approvazione.

Tutto intorno era un vorticare di ragazzini in prepubertà, vivaci e chiassosi, che si accalcavano e si spintonavano attorno al tavolo come se non vedessero un tozzo di pane da secoli, e nel farlo producevano un vociare assordante, che peggiorava considerevolmente il senso di smarrimento e confusione che albergava nella sua testa da quando era rientrata a casa quel pomeriggio.

Il dolore alla tempie, che aveva cercato a tutti i costi di ignorare, si stava imponendo con prepotenza, costringendola a tenere gli occhi leggermente socchiusi e ad assumere un'espressione contratta, quasi torva.

Il suo sguardo si posava distrattamente sulle persone all'interno della stanza, senza la reale intenzione di soffermarsi su qualcuno in particolare. I suoi parenti si era appropriati dei posti più comodi del salone e chiacchieravano del più e del meno sul divano e sulle poltrone.

Mark, il padre di July, stava conversando pacificamente con suo nonno: era venuto da solo, senza la sua compagna, che probabilmente aveva ritenuto non opportuno e un tantino imbarazzante essere presente a una riunione di famiglia di tale portata, ma che si era premurata di far arrivare i suoi più cari auguri a July.

Sua zia Rose parlottava animatamente con Nancy e ogni tanto Ashley le vedeva ridere di gusto, scorgendo quella complicità tra sorelle che non avevano mai perduto.

I suoi cugini, due adolescenti di 16 e 18 anni, si erano rintanati in un angolino con le teste chine su cellulari e videogiochi, evidentemente annoiati dall'assenza di altri coetanei con cui poter interagire e in fondo non poteva dare loro torto.

Phoebe si era morbidamente adagiata sulle gambe del fidanzato, ufficialmente per evitare di occupare un posto in più sul divano e lasciarlo libero a qualcun altro, ma in realtà aveva approfittato di quella scusa per poter stare abbracciata a Peter e coccolarlo. Era perfetta e bellissima dentro quel tubino aderente color cipria e quei tacchi vertiginosi e scomodissimi che Ashley non avrebbe mai indossato nemmeno sotto tortura ma che lei portava con la grazia e l'eleganza di una modella. L'attenzione della coppietta era rivolta con poco entusiasmo a ciò che stava uscendo dalla bocca di sua nonna e, a giudicare dalle loro facce, non doveva essere niente di esaltante. Probabilmente li stava ancora tediando con la storia della convivenza che non riusciva a digerire.

La loro nonna, Mary, era una battaglia persa in partenza: estremamente rigida e restia ad accettare che i costumi e le abitudini cambiassero col tempo, era rimasta ancorata con resistenza alle sue convinzioni e a ciò che ai suoi tempi era considerato giusto e raccomandabile, senza la minima voglia di aprire gli occhi e constatare che fuori c'era un mondo ormai totalmente diverso da come lo ricordava lei.

Ashley si era sempre chiesta se non fosse stato anche per il suo atteggiamento che sua madre da ragazza aveva sviluppato un'indole incline alla ribellione e aveva combinato un guaio dopo l'altro e fatto delle scelte spesso sbagliate e imprudenti. A volte a voler essere troppo protettivi e severi con i figli si ottiene proprio l'effetto contrario.

Pensò con una punta di preoccupazione a quale sarebbe stata la sua reazione quando avrebbe scoperto che, da ora in avanti, la sua vita sarebbe trascorsa spesso fuori casa, a dormire in letti che non erano i suoi per stare insieme al ragazzo che aveva scelto e che, come conseguenza di ciò, i suoi studi avrebbero subito un rallentamento.

Anche se lo avrebbe negato fino allo sfinimento, sua nonna nutriva un debole per Ashley, e tutta la famiglia era piuttosto consapevole che la considerasse la sua nipote prediletta, seppur non potesse sentire pronunciare il nome di Gregory nemmeno da un chilometro di distanza. Lei era tutto ciò che avrebbe voluto fosse stata sua figlia Nancy, diligente, responsabile, seria e brava negli studi, dai modi educati e gentili, ed era palese che la guardasse con occhi diversi rispetto alle sue sorelle, per non parlare del vanto che ne faceva con le amiche riguardo i suoi successi scolastici.

Ashley stava seriamente valutando se non dirle niente in merito a quella situazione per non darle una delusione e per non dover sopportare le sue lunghe manfrine sulla morale e il buon costume, anche se alla festa, sua malgrado, era stata costretta a presentarle Matt come suo fidanzato.

Non aveva potuto certo fare finta che fosse un suo amico o un cugino lontano dalla parte del padre!

Le ripassò in mente come in un flash la faccia sconvolta di sua nonna quando aveva associato la parola 'fidanzato' al ragazzo che stava in piedi accanto ad Ashley. I suoi occhi scuri si erano spalancati senza la minima accortezza, facendole assumere un'espressione stupefatta, mentre avevano cominciato a scorrere senza ritegno sulla figura di Matt, per poi bloccarsi sul suo viso. Poi aveva tossito, nascondendo a fatica una vena di incredulità, e aveva rivolto lo sguardo alla nipote, tirando gli angoli delle labbra con sforzo per ottenere una specie di sorriso, come se avesse quasi perso l'uso dei muscoli facciali.

Ashley era più che certa che fosse rimasta abbastanza turbata dall'accostamento tra lei e Matt, di sicuro non era il tipo di ragazzo che immaginava di poter vedere al suo fianco, ma a lei non importava più nulla del giudizio degli altri, era solo dispiaciuta che Matt si fosse dovuto sorbire quell'occhiata di disprezzo malcelato. Si era anche scusata con lui dopo, ma il ragazzo aveva sorriso e le aveva raccomandato di non preoccuparsi, lasciandole intuire che non stava fingendo e che non se l'era presa. Matt era molto più abituato di lei a non dare peso agli sguardi della gente, il suo carattere forte non glielo aveva mai permesso. L'unica persona che aveva sempre temuto e che l'aveva più volte mandato in crisi era sé stesso.

«E da quanto state insieme?» aveva chiesto sua nonna, dopo aver terminato la scansione completa di Matt.

«Un mese» aveva risposto Ashley senza pensare.

Grosso, grossissimo errore. Si morse la lingua quando capì la cazzata che aveva appena fatto.

«Un mese? - aveva ripetuto sua nonna, enfatizzando la parola con orrore, come fosse una bestemmia – e perchè non ne sapevo niente? Tua madre non me ne ha parlato!» aveva continuato, aggrottando le sopracciglia e deviando di poco lo sguardo verso Nancy.

'Non te ne ha parlato perchè fino a tre giorni fa non lo sapeva nemmeno lei!' sarebbe stata la risposta veritiera, ma Ashley non poteva certo dirglielo e fare sembrare quella relazione ancora più ambigua ai suoi occhi.

Quanto era difficile infilarsi nella testa di sua nonna per evitare un incidente diplomatico!

«La mamma è sempre molto impegnata, nonna, lo sai! Le sarà sfuggito di mente!» aveva improvvisato, sorridendo e usando un tono calmo.

Mary l'aveva osservata con uno sguardo scettico, poi aveva aperto la bocca per continuare oltre con le sue indagini ma Phoebe era venuto in soccorso di Ashley, strattonandola per un braccio e blaterando qualcosa di sconnesso su un bisogno di aiuto urgentissimo in cucina.

«Grazie» aveva sussurrato dopo Ashley, quando erano già lontane dal nemico.

«Non c'è di che, a che servono le sorelle?» Phoebe aveva strizzato un occhio ad Ashley e poi le aveva liberato il braccio, che ancora teneva ben stretto, per permetterle di raggiungere Matt che si era dileguato tra la folla.

Per fortuna la solidarietà tra sorelle era ben potente tra loro e inoltre Phoebe era la vittima preferita di Mary, sapeva riconoscere quando sua nonna entrava in azione per metterle a disagio e aveva captato a distanza la richiesta di aiuto di sua sorella. L'aveva trovata scossa dopo il suo rientro dall'appuntamento con Tyler e aveva potuto immaginare le motivazioni, anche se non le aveva chiesto nulla al momento e una ramanzina da quella donna non era di certo ciò che serviva ad Ashley per il suo umore già compromesso.

Sua nonna però non era il tipo da lasciarsi scoraggiare facilmente, soprattutto quando le rimanevano dei dubbi nel cervello ed era riuscita ad agguantarla di nuovo dieci minuti dopo. Ashley aveva sospirato, l'unica nota positiva era che stavolta Matt non era presente, era rimasto seduto mentre lei dava una mano a sua madre e almeno si sarebbe risparmiato quell'ulteriore interrogatorio.

«Quindi cara, dov'è che vi siete conosciuti tu e.. - aveva esitato perchè già non ricordava più il nome del suo fidanzato – tu e quel ragazzo?» aveva chiesto, infine.

«In vacanza da papà» aveva risposto Ashley senza entrare nel dettaglio. Non le era sfuggita la smorfia di fastidio che era passata come un lampo sul viso di Mary al sentire accennare a suo padre. Lei e il nonno non avevano mai accettato Gregory, non tanto per la sua personalità, seria e morigerata, quanto per quello che aveva rappresentato e cioè il secondo errore di sua figlia e se la prima volta l'avevano perdonata, giustificandola con la giovane età e l'inesperienza, la 'ricaduta' che aveva portato poi alla nascita di Ashley avevano davvero faticato a farsela andare giù, tanto che Nancy aveva raccontato a sua figlia che i suoi genitori non l'avevano voluta più sentire dopo la notizia della gravidanza e nemmeno erano stati presenti al matrimonio, per poi farsi lentamente vivi solo dopo il parto.

Se solo le avesse rivelato che il suo ragazzo era il figlio della nuova compagna di Gregory avrebbe rischiato di farle venire un malore e non era il caso.

«Beh, è un gran bel ragazzo – aveva commentato e chissà perchè ad Ashley sembrò che l'avesse detto solo per sottolineare quello che, ai suoi occhi, risultava l'unico motivo plausibile per cui fosse stata attratta da un tipo simile, e non per esprimere un complimento sincero – somiglia un po' a quel farabutto del padre di Phoebe» aveva aggiunto subito dopo, sorseggiando dell'acqua con indifferenza.

Ashley si era voltata di scatto verso di lei: come volevasi dimostrare sua nonna stava tentando di portare avanti delle velate insinuazioni sull'inadeguatezza di Matt a essere il suo fidanzato, paragonandolo al padre di Phoebe, che lei nemmeno aveva mai visto ma che, stando a quello che aveva sempre detto Nancy, assomigliava moltissimo a sua sorella maggiore e aveva abbandonato la figlia senza nemmeno volerla riconoscere.

«Non credo proprio» aveva ribattuto Ashley freddamente, Mary si era accorta che il tono di sua nipote era diventato più teso e risoluto e aveva virato su un altro argomento.

«E cosa fa nella vita?» aveva chiesto.

«Studia all'università»

«Davvero?» l'espressione di Mary era quasi allibita. Dall'aspetto non le era parso per nulla uno studente universitario perchè nei suoi stereotipi più retrogradi un ragazzo che non portava i capelli corti e ordinati e che non vestiva come un damerino dell'alta società doveva per forza essere un teppista o uno zotico.

«Sì, davvero – aveva rimarcato Ashley, mentre afferrava qualche salatino e un paio di antipasti dal tavolo e si riempiva un piatto in fretta per poter sgattaiolare via il più presto da quell'inferno – e poi anche se non andasse all'università che problema ci sarebbe?» non aveva resistito dal rinfacciarle, stufa dei suoi pregiudizi.

«Ah, beh, nessuno certo – aveva mentito sua nonna, in evidente confusione, la domanda di Ashley l'aveva spiazzata, non la ricordava così sfacciata – e sta da voi? Dove lo fate dormire?» aveva chiesto infine, come se quello fosse un dettaglio di vitale importanza.

Ma Ashley adesso ne aveva abbastanza, non solo il suo umore era più nero della pece, ma si ci era messa anche lei a snervarla con tutti quei commenti acidi su Matt.

«A letto con me! Ora se vuoi scusarmi, nonna, io andrei!» aveva esclamato, con un sorriso angelico sul viso, prima di girare i tacchi e lasciare Mary nello shock più totale, con un'aria di sdegno sulla faccia. Nell'ultima immagine di lei che aveva intravisto la vedeva correre agitata verso Nancy, probabilmente per ottenere qualche delucidazione su quella situazione sconveniente e al limite del peccaminoso, ma sua madre era abituata a tenerle testa e se la sarebbe cavata.

Ashley si era stancata di dover essere etichettata come la brava ragazza ubbidiente e casta e se sua nonna non aveva avuto intenzione di usare la diplomazia, beh, aveva deciso di non farlo nemmeno lei.

Il suo flusso di ricordi di quelle sceneggiate con Mary si interruppe quando finalmente notò Phoebe che da lontano e sempre ben fissa sulle ginocchia di Peter, le faceva dei gesti da pazza per attirare la sua attenzione per poi, dopo averla ottenuta, indicarsi gli angoli della bocca con gli indici e fare dei piccoli movimenti verso l'alto. In pratica la stava esortando a sorridere, ma Ashley non ci riusciva più tanto bene, ormai.

Erano ore che sorrideva e sorrideva, lo aveva fatto con piacere per July, per non guastare il suo momento e di buon grado l'aveva anche aiutata a pettinare la sua folta chioma color cioccolato e a sistemare le punte creando dei bei boccoli ondulati. Si era sforzata di non pensare a quello che era accaduto poco prima e aveva ignorato il dolore che si portava dentro, e adesso semplicemente era diventato troppo arduo.

Sbuffò ignorandola e abbassando lo sguardo sul piatto di plastica che giaceva sulle sue ginocchia fasciate dai leggings neri e afferrò due salatini per poi mangiarli distrattamente e con poco appetito, poi spostò lo sguardo accanto a sé, dove Matt stava seduto, con le braccia incrociate al petto.

Non le aveva più domandato nulla dopo l'abbraccio che si erano scambiati davanti alla porta di casa e in realtà non avevano parlato tanto nemmeno di altro. Ashley non aveva voglia di farlo, in quel momento avrebbe preferito starsene da sola ad annegare nella sua depressione e si sentì anche in colpa per la poca attenzione di cui lo stava degnando.

«Li finisci tu? A me non vanno» gli domandò a bassa voce, passandogli il piatto all'altezza delle sue braccia, Matt la colpì con uno sguardo tagliente che Ashley prontamente scansò. Era tutta la sera che evitava di guardarlo negli occhi, non voleva che le leggesse dentro, non adesso.

Matt rimase qualche secondo a fissarla dubbioso, poi afferrò il piatto senza dire niente e glielo sfilò dalla mano. Con la coda dell'occhio la guardò rannicchiarsi in avanti, portandosi le mani sul ventre, come se le facesse male la pancia o stesse per vomitare per poi alzarsi di scatto e riempirsi un bicchiere d'acqua. Non ritornò al suo posto, la vide sparire in cucina e chiudersi la porta alle spalle.

Matt sospirò, le sue gambe avrebbero voluto muoversi e raggiungerla ma non lo fecero, non la seguì.

Sapeva che aveva bisogno di stare sola e si stava limitando a rispettare la sua tacita richiesta, avrebbero avuto tutta la notte per parlare a dovere, sempre che lei ne avesse sentito la necessità eppure la sua eccessiva freddezza lo stava ferendo. Non era arrabbiato e nemmeno geloso, però una piccolissima parte dentro di sé reclamava almeno un gesto, un segnale che volesse condividere con lui la sua sofferenza, che non lo volesse escludere.

Era davvero così sbagliato ed egoista desiderarlo?

Anche per questo era rimasto fisso sulla sedia, e non accennava a volerla abbandonare. Tralasciando quei minuti in cui si erano abbracciati, erano ormai ore che Ashley si comportava nei suoi confronti quasi come se fosse solo un'ombra accanto a lei.

I suoi pensieri erano rivolti esclusivamente a Tyler e a qualunque cosa fosse successa quel pomeriggio e, anche se Matt stava lottando per ignorare quella sensazione, la cosa lo aveva infastidito.

 

Ashley, finalmente chiusa in cucina, assaporò con sollievo il silenzio e le voci degli invitati che le giungevano solamente ovattate. Si appoggiò con entrambe le braccia al tavolo, le spalle si curvarono e il collo non le resse più la testa, che si abbassò miseramente, adesso i suoi occhi erano puntati solo sulla tovaglia, ma non la stavano guardando davvero, erano solo aperti ma vacui.

Inspirò ed espirò ripetutamente per calmarsi, era sola come aveva bramato di essere per tutta quella serata. Pregò che Matt non aprisse la porta e la raggiungesse e si vergognò da morire per aver anche solo elaborato quel pensiero meschino, ma in quel momento si sentiva così bloccata e in tilt da non riuscire a relazionarsi con gli altri.

Quel cumulo di sensazioni che le invadeva il petto e le serrava la gola lei non era capace ancora di tradurlo in parole, non le uscivano, ci aveva provato. Aveva apprezzato il silenzio del suo ragazzo ma era ben conscia del fatto che il suo comportamento con lui era deplorevole.

Non meritava che lei gli avesse voltato la testa per non incrociare i suoi occhi o che avesse tenuto le mani appositamente lontane dalle sue per evitare che gliele stringesse, ma comandare il suo corpo con razionalità era un'impresa troppo complicata quella sera.

Le parole di Tyler le rimbalzavano in testa continuamente come una condanna: non erano più amici e non lo avrebbe più rivisto per chissà quanto. Si era chiusa un'epoca, un periodo importante della sua vita e tutto sarebbe stato diverso da ora in poi.

I ricordi felici e piacevoli sembravano cancellati o comunque già troppo sbiaditi per essere veri, facevano male come tante lame e l'incertezza di non sapere se e quando avrebbe potuto ricucire quel rapporto la riempiva di tristezza.

Se le ci era voluto un po' per accettare persino i cambiamenti positivi, come l'entrata nella sua vita di Matt, non osava chiedersi quanto ci sarebbe voluto per metabolizzare uno scossone come quello.

Che avrebbe dovuto fare adesso quando lo incontrava per strada? Si sarebbero salutati o avrebbe dovuto voltare lo sguardo come in presenza di un nemico?

E con Sophia? Avrebbe sofferto anche lei di quella situazione adesso che il loro trio era andato in frantumi? Si sarebbe dovuta dividere tra loro due, avrebbero dovuto concordare modi e luoghi per vedersi per evitare di incrociarsi, programmare tutto senza spontaneità?

Non era solo il dolore per la perdita di un caro amico, ma anche tutte le domande che ne scaturivano che la lasciavano senza fiato e le prosciugavano la capacità di riflettere e di dedicarsi a ciò che succedeva intorno a lei.

Gli occhi presero a bruciarle senza controllo, troppe volte quella sera aveva frenato le lacrime e fatto finta che non le premessero agli angoli ma adesso che era sola in quella stanza le sue barriere difensive finirono per indebolirsi e cedere e una lacrima scivolò via.

La porta si aprì in quel momento, ne udì il rumore e d'istinto afferrò il primo tovagliolo che si trovò davanti per asciugare il rivolo salato che le bagnava la guancia.

Si voltò, sicura che fosse Matt che alla fine aveva deciso di andare a vedere come stava ma si trovò davanti July, che trotterellava in cucina per prendere la torta.

Un lampo di delusione le attraversò lo sguardo: aveva desiderato non essere seguita da lui ma invece di tirare un sospiro di sollievo sentì una fitta dritta al cuore.

«Sorellina, stai bene?» le chiese July, sospettosa, dopo aver colto la sua espressione colma di tristezza.

«Ah, sì certo – le sorrise subito Ashley, affrettandosi a ricomporsi, poi osservò sua sorella, raggiante e luminosa, sembrava proprio una principessa con quel vestito color crema e i lunghi capelli – sei stupenda stasera, July e la festa è riuscita benissimo» le disse, avvicinandosi a lei e poggiandole una mano sulla guancia.

La ragazzina roteò su sè stessa, facendo gonfiare la gonna e i suoi capelli si aprirono in una raggiera di boccoli che poi si ricomposero alla perfezione sulla sua schiena non appena si arrestò. Era un po' vanitosa ma ci stava a quell'età.

«Grazie Ashley!» esclamò prima di trascinarsi fuori insieme alla torta.

Poco dopo Ashley fece il suo rientro, ad occhi bassi si accomodò vicino a Matt. Il ragazzo non potè non notare dei segni rossi accanto alle sue palpebre, causati dalla trama troppo ruvida del tovagliolo con cui si era frettolosamente e con poco cura asciugata le lacrime, e che le aveva irritato quella zona delicata.

Avrebbe voluto stringerla ma fu costretto a tenere in pugni chiusi, visto che lei non gli aveva riservato nemmeno uno sguardo. A sua volta riportò l'attenzione al centro della sala e solo a quel punto Ashley si voltò di soppiatto a guardarlo.

Il suo profilo era serio ma non del tutto sereno, al contrario lasciava trasparire una certa amarezza ed Ashley sapeva esserne lei la causa.

«Sarà meglio che ci alziamo, si sono radunati tutti attorno alla tavola»

La riscosse dai pensieri proprio la voce di Matt, si voltò e lo trovò già in piedi, fermo ad aspettarla.

Senza dire una parola Ashley lo imitò e insieme raggiunsero gli altri invitati per il momento in cui July avrebbe spento le sue candeline.

Passato anche quel rituale tutti cominciarono ad allontanarsi per riprendere i posti che avevano occupato precedentemente.

Anche Matt fece per ritornare alla sua sedia in quell'angolo tranquillo del salone, ma Ashley, non lo volle permettere, non ce la faceva più a ignorarlo ed a farsi sopraffare dall'oscurità che aveva in corpo. Con un gesto risoluto e deciso afferrò il suo braccio e lo obbligò a un dietro front improvviso che per poco non gli provocò uno slogamento al gomito che la ragazza gli tirava con forza.

Si lasciò trascinare fuori dalla stanza sempre più meravigliato finchè Ashley raggiunse l'ingresso, in semiombra e illuminato solo dai bagliori che provenivano dal salone e lo intrappolò al muro, poggiando le mani sul suo petto e sfregando i palmi con delicatezza sulla stoffa della sua maglietta.

Matt la guardava con stupore, un suo sopracciglio era curvato in alto e gli conferiva quasi un'aria comica.

«Baciami» gli ordinò la ragazza, la sua voce era determinata ma allo stesso tempo soave.

«Cosa?» chiese lui, non perfettamente sicuro di aver udito bene. Dopo il gelo precedente il suo dubbio era più che giustificato, ma Ashley strinse i pugni sul suo torace e il suo sguardo si intensificò.

«Ho bisogno...di un tuo bacio» mormorò infine, l'ultima parte della frase le uscì un po' roca per via di un pizzico di imbarazzo per ciò che stava esigendo da lui.

Matt vide i suoi occhi addolcirsi e tornare quelli che aveva sempre conosciuto, senza dire una parola obbedì, si abbassò e avvicinò il viso a quello di Ashley, mentre con le braccia le cingeva la vita e la stringeva a sé, facendo aderire i loro corpi.

Un calore si diffuse immediatamente nel corpo di Ashley, partì dal suo bacino e arrivò a imporporarle le guance ancora prima di sentire finalmente le labbra morbide di Matt che lambivano le sue, cercando un varco che lei gli concesse subito.

Chiuse gli occhi e si abbandonò a quella sensazione che la stava facendo rinascere come una fenice dalle sue ceneri. La lingua di Matt la sfiorò sensualmente, ed Ashley rispose facendola incontrare con la sua, per approfondire quel contatto e incastrare le loro labbra ancora più a fondo.

Fu un bacio dolcissimo e lento, che ad ogni nuovo tocco delle loro labbra la ricaricava di energia e di vita, tanto che si chiese come avesse fatto quella sera a pensare di poter sopravvivere evitando il contatto con lui.

Presa da quella frenesia si spinse sulle punte dei piedi per immergersi con più foga tra le sue labbra e quel movimento repentino fece loro perdere l'equilibrio per un attimo, costringendoli a muovere un passo per ristabilizzarsi. Matt la sentì sorridere a contatto con la sua bocca e a quel punto si staccò da lei per verificare che non l'avesse solo immaginato e con sua grande gioia vide che non si era sbagliato: lei sorrideva.

«Grazie» gli sussurrò, Matt le depositò un nuovo bacio leggero poi i due, ritrovata l'intesa che pareva essere smarrita, ritornarono nel salone per l'apertura dei regali di July.

 

La festa era finita da circa un'ora, gli amici di July e i parenti erano lentamente defluiti fuori dalla casa e, dopo aver aiutato Nancy ed Ashley a riordinare la baraonda che imperversava un po' dappertutto, anche Phoebe ritornò a casa sua con Peter.

July, esausta e soddisfatta, si era ritirata nella sua cameretta per rimirare i regali ricevuti e abbandonarsi quasi subito a un dolce sonno. Essere al centro dell'attenzione per una serata intera era stato stancante.

Ashley e Matt si erano anch'essi chiusi in stanza, alla fine, ma nonostante il loro chiarimento di prima, sembrava ancora sussistere dell'incertezza da parte della ragazza.

Si tormentava le mani, in piedi accanto alla finestra, e guardava fuori tanto per fare qualcosa che la facesse apparire impegnata.

Il silenzio era tornato a fare da padrone e quando Ashley finalmente si voltò, Matt aveva quasi finito di cambiarsi per mettersi a letto e stava appena togliendosi la maglietta per indossare quella che usava per dormire.

Ultimata quell'operazione le si avvicinò ed Ashley provò di nuovo quel blocco che le impediva di esternare i suoi sentimenti. Forse era solo un meccanismo di autodifesa che voleva evitarle di ricordare il dolore, ma che la faceva soffocare come effetto indesiderato.

«Allora, stai bene o hai bisogno di dirmi qualcosa, qualsiasi cosa?» le domandò Matt, che in quel modo discreto le stava offrendo tutto il suo aiuto e la sua disponibilità ad ascoltarla.

«Sì, sto bene» mentì lei, per poi pentirsene subito dopo.

«Va bene» le rispose pacato Matt, stavolta non era arrabbiato né deluso, voleva solo lasciarle decidere come e quanto sfogarsi con lui.

Si diresse verso il letto e si sdraiò nella sua metà, la stanza era buia ma illuminata ancora dalla debole luce che giungeva dall'esterno, dalla finestra che Ashley non aveva ancora coperto usando la tenda.

All'improvviso Ashley fece qualche passo veloce e si avvicinò al bordo del letto.

«No – pronunciò tremando, Matt si voltò e sollevò la testa aiutandosi con un gomito puntato sul cuscino – non è vero, non sto bene» furono le uniche parole che riuscì a dire prima che la voce le morisse in gola. Gli occhi erano già colmi di lacrime che, a breve, sarebbero diventate così tante da rompere gli argini e fluire liberamente sul suo viso.

«Vieni qua, amore mio» la invitò usando il tono più rassicurante che conoscesse, allargando le braccia e facendole segno di raggiungerla.

Ashley rabbrividì, era la prima volta che la chiamava in quel modo così tenero, e non l'aveva detto sforzandosi, gli era venuto fuori spontaneamente e la fece sciogliere del tutto, sentire talmente protetta, amata e al sicuro. Tutte le barriere che aveva cercato disperatamente di imporsi quella sera per sembrare felice crollarono e, senza farselo ripetere, si infilò accanto a lui sotto le coperte e si gettò tra le sue braccia, affondando la testa sul suo petto e scoppiando in un pianto sfrenato e liberatorio.

Matt la strinse e si adagiò di fianco con lei per abbracciarla. Lasciò che scaricasse tutti i suoi singhiozzi dolorosi su di lui, carezzandole la schiena, tormentata da quei sussulti violenti e sussurrandole parole di conforto all'orecchio senza smettere mai un attimo.

Piangere faceva male ma era il rimedio più efficace in quei casi e lentamente Ashley sentì svanire il terribile peso che l'aveva oppressa da quando aveva lasciato la casa di Tyler. Pian piano riacquistò la capacità di parlare e gli raccontò tutto, dall'inizio alla fine, senza risparmiare le parti che lo avevano riguardato e arrivando alla dolorosa conclusione della distruzione della loro amicizia.

Fu un racconto lungo che Matt ascoltò con attenzione senza interromperla, tranne quando era lei stessa a chiedergli un parere o un conforto. Cercò a lungo di convincerla a non accusarsi, a ripeterle che aveva fatto la cosa più giusta, che non era colpa sua se Tyler era ancora innamorato di lei e che era sicuro che presto l'avrebbe capito e sarebbe riuscito a farsi la propria vita, e a vederla davvero solo come un'amica, seppure col ricordo di quello che c'era stato tra loro.

Ashley si sentì cullata dalla comprensione e dalle attenzioni che Matt le stava rivolgendo anche se quel problema riguardava un suo amico nonché ex e si chiese quanti al suo posto sarebbero stati disposti a sentire piagnistei e lamenti su un argomento del genere per così tante ore.

Era fortunata e adesso lo percepiva più che mai.

La notte era ormai fonda quando Ashley terminò il suo sfogo, si tenevano ancora stretti, si baciavano e si accarezzavano, le sue cicatrici erano ancora vive e aperte ma si sentiva meglio, molto meglio e quasi senza rendersene conto o capire come, in mezzo a quel groviglio di sensazioni, stavano facendo l'amore, ed era successo tutto in maniera estremamente naturale e istintiva.

Matt era sopra di lei, tra le sue gambe e con quelle Ashley gli strinse i fianchi per attirarlo maggiormente a sé, perchè quella notte più delle altre aveva bisogno di sentirsi una cosa sola con lui, ne ebbe una necessità viscerale e fu curativo per la sua anima, messa troppo spesso a dura prova in quel periodo.

Andarono avanti con lentezza e dolcezza, come se volessero prendersi cura l'uno dell'altra con estrema delicatezza, senza fretta, accarezzandosi la pelle e indugiando nei baci e quando finirono rimasero abbracciati, ristorati e rigenerati da quell'unione così intima, e il sonno li colse quasi immediatamente.

 

 

«Non era necessario cominciare proprio ora, non sono pronta psicologicamente!» provò a ribellarsi Ashley, seduta al volante della macchina di Matt con lui nel posto del passeggero.

«Non sarai mai pronta psicologicamente se non ti butti, fidati! Hai detto che vuoi riprendere a guidare e ti sto accontentando, non sono qui per sentire lamentele! E ora metti in moto questo bolide, forza!» la esortò ironicamente.

Giorni prima Ashley gli aveva comunicato la volontà di rimettersi a guidare in modo da poter raggiungere la sua città in autonomia dopo che avrebbe acquisito un certo livello di pratica e sicurezza. A occhio e croce aveva stimato di riuscirci in un anno di allenamento e Matt aveva ben pensato di dare inizio alle sue lezioni proprio quella mattina.

Il giorno dopo avevano deciso di andare dai loro genitori e comunicare di persona a Gregory la loro decisione di stare insieme. Non erano agitati o spaventati, Matt aveva rassicurato più volte Ashley sul fatto che suo padre avesse capito che i sentimenti che provava per lei fossero veri e che quindi probabilmente gli avrebbe persino potuto fare piacere quella notizia.

Matt aveva quindi approfittato di quella mattina per farle riprendere confidenza con un'automobile visto che Ashley sembrava avere un vero e proprio blocco quando si trattava di guidare.

Lei aveva accettato malvolentieri e gli aveva raccomandato di uscire fuori dal centro della città, sia per evitare di costituire un pericolo per l'incolumità delle persone, sia perchè aveva paura di incontrare Tyler per strada e voleva evitarlo quanto più possibile.

Le sue ferite bruciavano ancora, anche se la notte precedente le era stata molto d'aiuto e si era sentita quasi in colpa al suo risveglio nel ritrovarsi tra le braccia del suo ragazzo dopo una notte di passione che non avevano per nulla programmato ma che era nata spontaneamente, mentre Tyler non aveva nessuno al suo fianco che potesse arginare il suo dolore.

Quel pensiero l'aveva sconvolta e anche se non doveva incolparsi della sua felicità, non era riuscita a fare a meno di pensarci.

Timidamente provò ad accendere la macchina, ma la fece spegnere già al primo tentativo.

Sbuffò con rabbia e lanciò un'occhiataccia al suo ragazzo.

«É pure peggio del previsto! Sei sicura di avere davvero preso la patente?» si lasciò scappare Matt, passandosi una mano fra i capelli e cercando di concentrarsi per recuperare quel caso disperato che nel frattempo gli aveva mollato un pugno sul braccio per quella sua esclamazione poco carina.

«Non accetto provocazioni, ho chiesto il tuo aiuto proprio perchè dovevi rispiegarmi tutto, se volevo una compagnia per fare un giretto avrei potuto benissimo portarmi dietro July!» sbottò seccata e nervosa, facendo scoppiare a ridere Matt che le schioccò una bacio sulla guancia per farsi perdonare e poi si sgranchì le spalle, pronto a iniziare la loro prima lezione.

«Ok, cominciamo dalle basi, allora!» dichiarò con determinazione prima di sporgersi verso Ashley e darle tutte le spiegazioni necessarie.

 

 

Gregory era comodamente adagiato sul divano del salone, in mano teneva un giornale che stava sfogliando con attenzione. Era appena rientrato da una delle sue lezioni di pianoforte e si stava concedendo dei minuti di relax in attesa che tornasse anche Monica.

La televisione era accesa e fissa su un documentario che non stava realmente seguendo.

Non era mai stato un tv-dipendente e si era meravigliato di quell'abitudine che stava quasi diventando una necessità e la motivazione era in realtà semplice.

Da quando sua figlia e Matt erano andati via, quella casa era diventata stranamente silenziosa. In realtà era ritornata ad essere come appariva per i restanti mesi dell'anno, ma Gregory ultimamente pareva essersi rammollito. Dopo una vita passata per la maggior parte da solo, eccezion fatta per il periodo trascorso dopo aver sposato Nancy e qualche breve storia amorosa, si era ritrovato alla soglia dei cinquant'anni a scoprirsi sensibile alla solitudine.

Strano per lui, che nei silenzi aveva sempre trovato la pace e la tranquillità e il rifugio dallo stress e dalle noie quotidiane.

Da quando stava con Monica aveva riscoperto il piacere di condividere la propria vita con qualcuno e stare da solo era diventata quasi una parantesi fastidiosa, da colmare e da evitare il più possibile anche solamente col suono di una televisione accesa in sottofondo.

Il mese scorso, poi, era stato davvero movimentato, c'era stata Ashley e anche il figlio di Monica, e nonostante gli imprevisti e le turbolenze che avevano affrontato e che li avevano messi a dura prova, per un attimo aveva avuto l'impressione di aver formato una famiglia.

Certo, si trattava pur sempre di una famiglia davvero poco convenzionale se a ciò si aggiungeva il fatto che quei due ragazzi irresponsabili si erano innamorati fra loro, causandogli non poche ansie e un bel po' di capelli bianchi in più, ma adesso era costretto ad ammettere che gli mancavano, entrambi.

Le ritornò alla mente la notte in cui aveva sorpreso Matt a casa ubriaco fradicio per il dolore di aver perso Ashley e si era ritrovato a consolarlo e a farlo sfogare come se fosse suo figlio. Aveva capito quella volta di non essere stato mai veramente arrabbiato con lui, perchè nel suo inconscio aveva la certezza che Matt fosse un bravo ragazzo, lo aveva sempre sentito come se l'istinto stesso glielo suggerisse e aveva deciso di seguirlo.

Alla fine, superando la gelosia nei confronti della sua unica figlia ormai adulta e analizzando con più lucidità la situazione, le era dispiaciuto che i due ragazzi, così innamorati, avessero dovuto separarsi per colpa della distanza. Più volte aveva chiamato a casa Ashley per accertarsi del suo stato d'animo ma la ragazza lo aveva sempre liquidato dicendogli che stava bene e che non doveva preoccuparsi. Non ne era stato molto convinto ma sapeva che c'era sua madre con lei e questo bastava a farlo stare tranquillo.

Il rumore delle chiavi lo riportò alla realtà, Monica entrò in casa, coi capelli raccolti e ben ordinati, il vestito impeccabile e i suoi tacchi alti.

Gregory si alzò per accoglierla e un'ondata di buon profumo gli invase le narici quando si avvicinò a lei per baciarla. Era sorridente e radiosa come sempre ormai da quando aveva riallacciato i rapporti con Matt e anche la loro relazione ne aveva giovato.

«Niente di interessante in tv?» gli chiese mentre riponeva la borsa e toglieva i tacchi per indossare qualcosa di più comodo.

«No, niente di particolare» commentò lui, riempiendole una tazza di the freddo e porgendogliela, per darle ristoro dopo il lavoro.

Monica lo ringraziò e bevve qualche sorso, poi salì in camera per mettersi degli abiti più confortevoli, Gregory riprese il suo posto sul divano e la aspettò. La sua compagna non tardò più di tanto, aveva sciolto i capelli scuri che adesso gli coprivano le spalle e indossato una vestaglia leggera e gli si accomodò accanto, cingendogli le spalle.

Adesso che erano di nuovo soli a casa avevano riscoperto la loro intimità e le abitudini che avevano messo momentaneamente da parte con l'arrivo dei loro figli ed era stato piacevole, anche se spesso si ritrovavano a rivangare qualche momento passato quell'estate, quando erano tutti e quattro insieme.

In realtà Monica era davvero felice: lei, a differenza di Gregory era al corrente dei risvolti sentimentali tra Ashley e Matt , ma stava mantenendo il riserbo sulla questione per consentire ai ragazzi di essere loro stessi a dargli la notizia. Tante volte era stata sul punto di non riuscire più a mentirgli ma si era dovuta trattenere pregando che quei due si sbrigassero ad organizzarsi e fare quell'improvvisata a casa.

«C'è davvero tanto silenzio da quando siamo qui da soli, non trovi?» le fece notare lui, dopo qualche minuto.

«Già, si sente la loro mancanza» gli confermò Monica, lanciandogli un'occhiata curiosa.

Gregory abbassò la testa, poi si schiarì la voce.

«Sai, non ti ho ancora chiesto scusa per aver dubitato di Matt e per essere stato duro e ingiusto con lui dopo la faccenda di Ashley – iniziò, facendosi serio e dispiaciuto – lui mi ha aperto il suo cuore e ho avuto la conferma a ciò che in fondo ho sempre pensato, e cioè che è il tuo degno figlio e non poteva che essere una bella persona. - Gregory fece una pausa e Monica sorrise, carezzandogli il viso - Pare sia davvero innamorato di Ashley e all'inizio questa cosa mi aveva turbato, non riuscivo a immaginarli insieme, a pensare a come questo avrebbe potuto scombinare i nostri equilibri, ma adesso che hanno dovuto rinunciare alla loro storia, non mi sento più sollevato, anzi.. l'esito di questa vicenda mi metto addosso tanta tristezza.» concluse, sospirando e contraendo la fronte.

Monica sobbalzò e per un attimo pensò di dirglielo, che non era giusto vederlo così affranto quando in verità tutto si era aggiustato. Fu lì per lì, tentata a rivelare tutto in modo da permettere anche a lui di tirare un sospiro di sollievo e di lasciare spazio alla gioia, ma il suono del telefono la distrasse.

Lo prese dal tavolino davanti a loro e lesse il nome di suo figlio.

Gli occhi le si illuminarono e si alzò dal divano per rispondere e sentire quali novità aveva.

«Pronto Matt! Allora? Si può sapere quando diavolo venite? Non ce la faccio più a mantenere il segreto con Gregory!» cominciò a dire senza arrestarsi un secondo.

«Beh, un 'come stai, tutto bene?' era gradito magari! - la prese in giro Matt, sghignazzando – comunque rilassati, domani siamo da voi, fatevi trovare piuttosto!» la informò, e Monica per un pelo riuscì a trattenersi dall'urlare e a dover dare delle spiegazioni poco plausibili a Gregory per quel comportamento bizzarro.

«Oh, grazie al cielo! Ovvio che vi aspettiamo, lascia fare a me, sarà una bellissima sorpresa per Gregory!» dichiarò raggiante ma mantenendo un tono di voce non troppo stridulo per non farsi scoprire.

«Bene, ci tratterremo solo qualche giorno, poi io ed Ashley ci separeremo, ci sono gli esami e..» provò a dire ma Monica lo bloccò, pensando alla cosa più scontata.

«Sì, capisco, Ashley ha bisogno di studiare» commentò, ma suo figlio la sbalordì in positivo.

«Non è solo lei a dover studiare, anche io devo farlo, ho degli esami da dare e non voglio rimandarli! Il tempo della pacchia è finito, prima finisco questa università e prima sarò indipendente» la informò, facendole spalancare la bocca per la sorpresa.

Suo figlio che pensava agli esami e a finire l'università presto?

Stava per caso succedendo qualche fenomeno astrale particolare, tipo l'allineamento dei pianeti o il passaggio di qualche cometa?

Quasi commossa, si appuntò mentalmente di dover ringraziare Ashley per quel miracolo, poi riprese a parlare, cercando di camuffare la sua emozione.

«Oh, certo naturalmente! Allora a domani Matt, manda un bacio da parte mia ad Ashley, dille che le voglio bene, ok? - gli raccomandò, guardandosi intorno per accertarsi che Gregory non fosse nei paraggi – e voglio bene anche a te!» aggiunse con voce quasi tremante.

«Anche io, mamma» gli fece eco Matt dall'altra parte, prima di chiudere.

Con la leggerezza nel cuore e nello spirito Monica ritornò da Gregory, il suo sorriso smagliante era così evidente che il suo compagno la guardò sospettosa.

«Non è che era il tuo amante al telefono? Sembri così estasiata! Devo preoccuparmi?» le chiese, piegando le sopracciglia chiare.

«Ma no, stupido! Da me devi aspettarti solo sorprese piacevoli e chissà che non ne arrivi presto una!» esclamò, accucciandosi al suo petto.

Gregory la osservò per un po' con meraviglia, non riuscendo a decifrare esattamente cosa intendesse, ma poi si arrese e ben presto si rilassò, tornando ad abbracciarla.

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Capitolo 44
*** Capitolo 44 ***


Capitolo 44

 

«Perché cavolo siamo sempre in ritardo?» sbottò irritata Ashley, dopo essere saltata giù dal letto con un invidiabile balzo felino, aver scavato all'interno del suo armadio e averne estratto un piccolo trolley, più che adatto a contenere il necessario per i due giorni che avrebbe trascorso da suo padre.

Quello sempre se la loro spedizione da allegra neo-coppietta sarebbe andata a buon fine e non si sarebbe trasformata invece in una disfatta epocale.

Matt, ancora sdraiato a letto con un braccio sotto la testa, inchiodato sul materasso e con l'aria di chi non ha ben capito dove si trovi e che stia succedendo, si voltò a guardarla e dopo averla messa a fuoco con non poco sforzo, la trovò di spalle, inginocchiata a terra davanti ai cassetti mentre afferrava dei vestiti e li piegava rapidamente per farli entrare in valigia, sprizzando nervosismo da tutti i pori.

Assomigliava ad una furia scatenata, Matt roteò gli occhi assonnati ed emise un mugolio strozzato mentre si sollevava dal cuscino, mettendosi a sedere, stropicciandosi con una mano il viso e lasciando che l'altra provasse a dare un contegno alla sua chioma scombinata dal sonno.

«Perché non senti mai la sveglia» le rispose vagamente assente, la sua voce venne disturbata da uno sbadiglio prepotente che non riuscì a trattenere.

«Non la sentiamo!» lo corresse Ashley infastidita, rendendolo ugualmente colpevole di quella mancanza, poi si voltò quanto bastava per scorgerlo e lanciargli un'occhiata di rimprovero.

Era seduto sul bordo del letto, curvo sulle sue ginocchia e dava più l'idea di un bradipo sbronzo che di un essere umano pronto a una nuova giornata. Non era certo difficile capire che avrebbe ben gradito un altro paio di ore a letto a dormire.

Lei sbuffò e ritornò ad occuparsi dei suoi abiti, alle sue spalle avvertì una serie di fruscii di stoffa e lenzuola e si augurò che Matt avesse finalmente deciso di abbandonare Morfeo una volta per tutte e di concentrarsi su ciò che li attendeva di lì a breve.

Quando ebbe finito col trolley richiuse la zip soddisfatta, e aiutandosi con le braccia si rialzò per poi portare l'attenzione al suo ragazzo, che però avrebbe sperato di trovare un tantino più pronto.

Spalancò gli occhi e si avvicinò a lui, in pochi passi gli fu già alle costole.

«Ma... sei ancora mezzo spogliato!» constatò con orrore, scorrendo lo sguardo sul corpo del ragazzo e trovandolo in una condizione che in differenti circostanze le avrebbe stuzzicato non poco certe fantasie ma decisamente non in quel momento.

«Non trovo la mia maglietta» ammise placidamente Matt, stiracchiandosi un braccio con una lentezza esagerata che fece saltare i pochi nervi rimasti ad Ashley. La sua tranquillità la stava esasperando a dismisura e si chiese come diavolo facesse lui a rimanere così impassibile visto ciò che stavano per fare.

Sbuffò sonoramente, spostando una quantità considerevole di aria, poi si sbracciò le maniche e si avvicinò al letto.

«Ci penso io, spostati!» gli intimò, accompagnando a quell'ordine anche una leggera spinta alla spalla di Matt, che si alzò malvolentieri, rimanendo in piedi accanto a lei.

Una manciata di secondi dopo Ashley riemerse dal marasma di lenzuola spiegazzate con la sua maglietta serrata tra le dita e i capelli un po' in disordine. Tese il braccio e gliela piazzò davanti al naso bruscamente, fissandolo accigliata.

«Tieni, era sotto al letto!» lo informò con quella che più che una constatazione sembrava una velata accusa.

Matt la afferrò senza battere ciglio e cominciò a indossarla.

«Beh, non è colpa mia se qualcuno fa poca attenzione a dove lancia i miei vestiti quando me li toglie di dosso» la provocò il biondo con fare malizioso, godendosi la sua faccia color porpora e il lieve sorriso che nemmeno quello stato d'animo a dir poco inquieto riuscì a soffocare.

Ashley borbottò qualcosa, poi si allontanò nuovamente per recuperare il necessario per fare una doccia. Matt la osservò sconsolato, poi mosse qualche passo verso di lei.

«Non capisco perchè hai così tanta fretta, Gregory e mia madre non scappano e non mi pare che abbiamo una pistola puntata alla tempia!» le fece presente quasi in tono supplichevole, era stato costretto a una levataccia mattutina e sperava di risparmiarsi anche una folle corsa contro il tempo in autostrada.

Ashley posò le sue cose sulla scrivania e per un attimo finalmente parve fermarsi e respirare, Matt si meravigliò che riuscisse ancora a farlo in mezzo a quell'ansia che la pervadeva.

La vide passarsi una mano sulla fronte e poi prendere fiato. «Ci sono almeno due ore di strada e non mi va di arrivare tardi, prima facciamo questa cosa meglio è!» si tradì con le sue stesse parole, probabilmente tutto quel nervosismo le aveva fatto perdere lucidità.

Sul viso di Matt apparve un ghigno, ancora una volta non si era sbagliato.

La raggiunse prima che potesse uscire dalla stanza, acchiappandola da dietro e cingendole la vita, incrociando le braccia sulla sua pancia. Ashley emise un piccolo sbuffo di protesta ma non si oppose granchè alla sua presa.

«Andiamo, cerca di calmarti, sei troppo tesa» le mormorò all'orecchio mentre scendeva con la bocca sul suo collo, lasciandole una serie di baci leggeri sulla pelle delicata e liscia.

«Matt...» provò a ribellarsi debolmente, ma il suo fisico sembrava obbedire a un diverso impulso, dal momento che la sua testa finì per piegarsi di lato, esponendo di più il collo in modo da lasciargli spazio sufficiente per continuare quella piacevole tortura. Matt la sentì rilassarsi istantaneamente in risposta ai suoi baci, le spalle si abbassarono, il viso non era più contratto ma la fronte appariva distesa e le mani stavano sfiorando le sue.

«Questi sono trucchetti sleali» si lamentò Ashley a bassa voce, con gli occhi ormai socchiusi, la testa leggera e il corpo attraversato da mille brividi.

«Forse, ma funzionano a quanto pare» ribatté Matt, le sue labbra erano ancora a contatto con la pelle della ragazza.

Di colpo Ashley si girò, scivolando all'interno della stretta formata attorno ai suoi fianchi dalle braccia di Matt, e si ritrovò faccia a faccia col suo ragazzo che le sorrise, disarmandola. I suoi occhi, la mattina appena sveglio, le apparivano più arrotondati e privi del taglio aguzzo che li caratterizzava, resi tali forse dal sonno che li addolciva la notte e si incantava sempre a guardarli.

Ebbero un effetto calmante su di lei e il suo organismo sembrò liberarsi dell'irrequietezza che lo aveva scosso poco prima. Con uno slancio gli circondò il collo e lo baciò stringendosi a lui e affondando le dita in mezzo ai suoi ciuffi ribelli.

«Dimmi la verità – le sussurrò Matt non appena le loro labbra si staccarono – sei nervosa per l'incontro di oggi?» le domandò, indovinando il problema.

«No! - strillò Ashley in maniera troppo innaturale per essere credibile, un sopracciglio di Matt si inarcò spaventosamente, inducendola ad essere sincera – e va bene.. sì! - fu costretta ad ammettere, sconfitta - Ti odio, riuscirò mai a nasconderti qualcosa?» sbottò poi, incrociando le braccia al petto come offesa, ma smentendosi con un sorrisetto.

«Credo di no, rassegnati – commentò Matt divertito, allontanandosi da lei e abbassandosi sul pavimento per recuperare la sua valigia e prepararla a sua volta – e comunque ti ho detto che non c'è alcun bisogno che ti agiti, ho parlato con tuo padre e posso affermare quasi con sicurezza che non avrà nulla da ridire su di noi» disse, intento a dare una parvenza di ordine al cataclisma naturale che era il suo bagaglio.

Ashley si mangiucchiò un'unghia, poi prese posto sul bordo del letto, posando lo sguardo dall'alto su Matt, che giaceva seduto per terra.

«E se non fosse così? Insomma, ho paura che a lui non stia bene e se non approverà non potremo usufruire di casa loro per vederci e io avevo pensato che potesse essere una buona soluzione per venirci incontro a metà strada tra le nostre città... ma se lui non ci accettasse diventerebbe tutto più complicato e io non voglio...non voglio...» incominciò a dire freneticamente, senza nemmeno prendere fiato tra una frase e l' altra.

Prima che potesse rendersene conto, Matt si era spostato sulle ginocchia e stava riversato sulle sue gambe, con un dito le bloccò le labbra.

«Ashley – la richiamò con un tono suadente ma fermo – andrà bene, e se anche così non fosse questo non ci fermerà, o devo dedurre che stai avendo qualche ripensamento?» le domandò, più per spronarla e suscitare un reazione in lei che perché ne stesse dubitando davvero. E lei reagì finalmente, il suo viso si animò nuovamente di determinazione.

«No, no! - ribadì, prendendogli il volto con entrambe le mani – io ti voglio, non sono mai stata più sicura... solo che... beh, sono successe così tante cose in pochi giorni che mi hanno scombussolata e probabilmente devo ancora elaborarle del tutto» confessò infine, Matt si aprì in un sorriso dolce.

Lui comprendeva perfettamente la situazione, Ashley aveva dovuto affrontare una serie di prove difficili da quando avevano deciso di provarci, di stare insieme, ed era stata dura, specialmente per lei, che aveva imbastito una guerra contro il suo carattere chiuso e rigido per ammorbidirlo e che aveva ottenuto delle vittorie ma molta strada ancora la aspettava. Era passata dal dover spiegare tutto a sua madre, rivelando i suoi sentimenti, ad affrontare la paura e i cambiamenti che il loro rapporto avrebbe inevitabilmente comportato nella sua vita tranquilla ed ordinaria, fino ad arrivare alla batosta finale, la litigata con Tyler.

Era stato troppo per lei, avrebbe desiderato un briciolo di pace per spegnere il cervello, anche solo per pochi istanti e invece non aveva tregua, adesso mancava quell'ultima prova con suo padre e, sebbene Matt ritenesse un po' esagerato il suo comportamento, non riusciva nemmeno a biasimarla del tutto, anzi aveva intuito subito la natura del suo disagio.

«Lo so, però prova a tranquillizzarti, ok? Lo affronteremo insieme, come tutto» le soffiò a un passo dal viso, mentre le portava qualche ciocca rossa dietro l'orecchio per liberarle le guance e approfittarne per lasciarle delle carezze al passaggio delle sue dita.

'Come tutto' le aveva detto Matt e forse fu proprio in quel frangente che realizzò davvero di non essere più sola in quel cammino. La sua esistenza, il suo mondo, il suo 'tutto' da quel momento in poi avrebbero gravitato anche attorno a quel ragazzo, le loro vite si erano intersecate per caso un giorno caldo d'estate e finchè avrebbero voluto sarebbero rimaste intrecciate, malgrado le distanze e le differenze. Dipendeva solo da loro, da adesso in avanti.

Lo fissò intensamente, poi annuì convinta e sicura. Si piegò in avanti per abbracciarlo prima di ritornare entrambi ai propri preparativi.

 

Nancy invitò July ad alzarsi per andare a scuola, scuotendola energicamente mentre era ancora sotto le coperte, e la lasciò in pace solo quando udì dei mugolii di insofferenza giungerle all'orecchio. July era un osso duro da svegliare la mattina e spesso era necessario ricorrere a quelle maniere per tirarla giù dal letto o sarebbe arrivata in ritardo a scuola quattro giorni su sei.

Scese giù in cucina e vi trovò Ashley con Matt, impegnati a fare colazione prima della partenza.

Si unì a loro e mentre li osservava non poté fare a meno di pensare a Gregory e di immaginare la sua faccia e la sua reazione alla notizia che i due stavano per dargli.

In realtà ricordò il momento in cui il suo ex marito aveva riaccompagnato Ashley a casa dopo le vacanze e lei gli si era scagliata contro perché sua figlia era ritornata con le sembianze di uno straccio calpestato in malo modo e aveva preteso da lui una spiegazione plausibile.

Lui era stato evasivo ma fin troppo tranquillo e le aveva accennato qualcosa sul problema di Ashley, sottolineando che non riguardava la salute ma che si trattava di motivi comuni alla sua età.

Nancy si era fidata di lui, era pur sempre il padre di Ashley, un uomo responsabile e con la testa sulle spalle e amava sua figlia più di ogni altra cosa e per questo le era bastato vederlo calmo per tranquillizzarsi. Solo in seguito aveva capito che ciò che affliggeva Ashley erano problemi di cuore e adesso poteva dedurne che lui, già a quel tempo, doveva esserne pienamente a conoscenza.

Chissà quante ansie e patemi d'animo dovevano aver procurato al suo equilibrio mentale e al suo cuore da padre iperprotettivo!

Nella testa di Nancy comparve l'immagine di Gregory, paonazzo quanto il colore dei suoi capelli e che fumava dalle orecchie, preda di un crollo nervoso e in balia dei due innamorati che condividevano con lui il tetto, in una veste melodrammatica e comica allo stesso tempo che, conoscendo il soggetto in questione, era terribilmente realistica.

Quei pensieri la fecero scoppiare a ridere dal nulla davanti a Matt ed Ashley che, beatamente ignari delle buffe fantasie di Nancy, sollevarono in contemporanea gli sguardi attoniti e stupiti verso di lei.

«Che c'è mamma?» chiese Ashley, mantenendo quell' espressione alquanto allibita.

Nancy si portò le mani davanti alle labbra per tentare di arrestare le risate, poi pian piano si calmò, poggiò entrambi i gomiti sul tavolo e, quando fu di nuovo in grado di emettere delle parole di senso compiuto, rispose alla figlia.

«Stavo solo pensando a Gregory e al filo da torcere e agli esaurimenti nervosi che sicuramente gli avrete dato voi piccoli incoscienti!» rivelò loro con una nota ironica.

Ashley arrossì appena a certi ricordi.

Le ipotesi erano due: o erano stati formidabili nell'occultare la loro relazione o forse solo tanto fortunati.

O magari era l'insieme delle due cose unita alla poca perspicacia di Gregory, che di certo aveva giocato un ruolo significativo ora che ci rifletteva bene. Suo padre in effetti non aveva scoperto niente fino agli ultimissimi giorni, quando le cose tra loro stavano entrando in crisi per via dell'imminente separazione.

Ricordava un discorso a quattr' occhi che avevano avuto poco prima che lei partisse e come suo padre avesse ormai capito che tra lei e Matt era nato qualcosa di non ben precisato. Non doveva essere stata Monica a informarlo, non l'avrebbe mai fatto e ne era certa, doveva averlo intuito da solo o forse il sentimento che cercavano di tenere nascosto era ormai diventato impossibile da celare agli occhi esterni.

In quell'occasione Ashley l'aveva scorto preoccupato e pensieroso, ma lui era sempre stato così con lei, apprensivo, presente anche se lontano, un po' troppo geloso forse, e quei suoi atteggiamenti erano stati amplificati dalla distanza che li separava e che gli aveva procurato un complesso di inadeguatezza e di colpa nei suoi confronti.

Quella volta però era stata la prima in cui Ashley notò che la stava lasciando libera di scegliere e di prendersi le sue responsabilità, l'aveva fatta sentire adulta come non era mai successo prima e il ricordo di quel dettaglio le diede un'insperata sicurezza in più.

Forse aveva ragione Matt, non doveva preoccuparsi di lui, avrebbe accettato le sue decisioni e le avrebbe rispettate.

«In realtà papà ci è arrivato tardino a rendersi conto di cosa stesse succedendo tra noi due, direi che per la maggior parte del tempo si è crogiolato in una beata ignoranza» affermò Ashley, tornando a sorseggiare il suo succo.

Matt le lanciò un'occhiata di disaccordo. Gregory non avrebbe mai e poi mai trattato male la sua preziosissima figlia, peccato che lo stesso non era valso per lui.

«Sì, tardi ma giusto in tempo per fucilarmi con lo sguardo 24 ore su 24 e trattarmi con gelo e disprezzo come se fossi un delinquente evaso dalla galera!» ci tenne a rimarcare il biondo, accennando però un sorriso.

Era vero, gli ultimi giorni in casa erano stati orribili sia per la consapevolezza di aver perso Ashley, sia per l'atmosfera tesa che regnava tra lui e Gregory e una volta aveva persino deciso di andarsene prima del tempo e sparire per sempre da quel luogo. Poi era arrivato l'abbraccio di sua madre a fermarlo e lui glielo aveva permesso.

Matt non aveva criticato Gregory per il suo atteggiamento ostile: lui stesso si era messo davvero di impegno per dargli quell'immagine di cattivo ragazzo approfittatore e insensibile e mettendosi nei suoi panni non gli dava tutti i torti, in fondo.

Ashley carezzò il braccio di Matt e assunse una faccia dispiaciutissima, mentre Nancy soffocò nuovamente qualche risata con la mano.

«Poi ci siamo chiariti, però» precisò lui, abbassando il tono della voce.

Non specificò in quali condizioni pietose si trovasse quando era successo ma, nonostante si fosse sentito più morto che vivo quella notte, ricordava perfettamente come fosse andata. Solo Ashley ne era al corrente oltre Gregory, perché glielo aveva raccontato lui stesso non appena era andato a riprendersela, a Monica invece avevano risparmiato quell' aneddoto poco decoroso.

Il campanello suonò, riscuotendo i tre da quella stramba conversazione.

«Vado io, deve essere Sophia! - esclamò Ashley, balzando giù dalla sedia – doveva passare a salutarmi prima di prendere l'autobus per l'università!» aggiunse velocemente prima di scomparire nel corridoio che portava all'ingresso.

Matt e Nancy rimasero soli in cucina, la donna rivolse al ragazzo un ultimo sorriso, poi si voltò per lavare qualche piatto e tazzina.

Il ragazzo approfittò di quell'occasione per fare una cosa per la quale da giorni aspettava il momento adatto, che puntualmente non arrivava o veniva rovinato da qualcosa o qualcuno.

Si era ritrovato durante quella ricerca a dover dare ragione ad Ashley quando gli aveva rivelato che beccare sua madre da sola in quella casa era un'impresa notevole ma finalmente, proprio quando stava per gettare la spugna, una chance gli si presentò inaspettata, servita su un piatto d'argento.

Mosse gli occhi intorno alla stanza con una punta di nervosismo, poi lentamente scivolo giù dalla sedia, cercando di produrre meno rumore possibile, accortezza quella che trovò insensata nell'esatto minuto in cui la faceva, visto che non era un ladro o un serial killer alle prese con la sua prossima vittima.

Perché allora si comportava come se stesse per combinare un crimine?

Forse, il motivo di tanto timore era che non sapeva in realtà bene da dove cominciare e come attuare quel proposito che covava da qualche giorno.

Si sentì timido e inadeguato come un bambino di 10 anni intrappolato nel corpo di un ventiduenne.

Quella che non riusciva a esternare i sentimenti era Ashley ma anche lui mica scherzava!

Perso tra quei pensieri nel frattempo era avanzato di qualche passo, fermandosi poco distante da Nancy, che continuava le sue faccende senza fare caso al ragazzo, canticchiando a bassa voce un motivetto allegro.

Matt tossì distrattamente, non trovando alcun altro modo per richiamare l'attenzione e una volta schiarita la voce prese fiato e anche un po' di coraggio e iniziò a parlare.

«Ah, Nancy ascolta – le si rivolse direttamente, evidenziando un notevole imbarazzo nella voce, darle del tu gli faceva ancora parecchia impressione e risuonava bizzarro alle sue orecchie, ma aveva ricevuto chiare minacce dalla diretta interessata a quel proposito e si era adattato alla sua richiesta – io volevo scusarmi per il disturbo che vi ho causato in questi giorni, non è stato molto carino da parte mia presentarmi qui all'improvviso ma voi siete stati tutti molto gentili e disponibili e mi sono sentito a mio agio in vostra compagnia» esordì, Nancy intanto si era fermata e lo guardava incuriosita mentre lui si grattava la nuca con una mano, la sua fronte vagamente contratta come se fosse assorto e concentrato.

Lo aveva capito che Matt all'apparenza sembrava freddo e chiuso dentro una corazza impenetrabile, ma che celava una parte fragile e sensibile e quel lato del suo carattere stava venendo fuori proprio in quel momento, lo ritrovava nel tremore della sua voce e nella necessità di ringraziare per qualcosa che per lei era assolutamente normale.

«Ma figurati Matt, per noi è stato un piacere!» gli disse con voce cristallina.

Matt abbassò lo sguardo ma quando lo rialzò aveva una sicurezza nuova, adesso era determinato e la sua voce non tradì nessuna esitazione o imbarazzo.

«Inoltre volevo scusarmi in anticipo per tutte le volte future in cui dovrò abusare di nuovo della vostra ospitalità qui e so che succederà spesso perché io... con Ashley ho intenzioni serie e non voglio perderla – affermò con decisione, fissandola negli occhi, poi proseguì – e per quanto riguarda ciò che mi hai detto qualche giorno fa – Matt fece riferimento a una loro conversazione passata, Nancy si trovò spiazzata, non riusciva a ricordare e aggrottò le sopracciglia come per sforzarsi di fare mente locale, ma ci pensò lui a rinfrescarle la memoria – puoi stare tranquilla, avrò cura di Ashley... perché lei mi ha salvato e adesso è troppo importante anche per me»concluse, lasciandola senza parole.

A quel punto Nancy rammentò all'istante l'episodio di cui parlava, era successo proprio lì, in quella stessa cucina, Ashley si era allontanata e lei, parlando di sua figlia, gli aveva raccomandato di averne cura perchè per lei era una delle cose più preziose della sua vita.

Rimase sbalordita dalla sua espressione ora sicura e ferma, diversa da quella con cui aveva iniziato quel discorso prima. Aveva notato l'urgenza quasi vitale con cui aveva ritenuto indispensabile farle sapere, a dispetto della sua giovane età, che amava sua figlia e che si stava prendendo un impegno importante fin da subito. Chissà quanti altri ragazzi sarebbero scappati a gambe levate da una situazione così intricata e difficile e invece lui, dopo quell'iniziale momento di smarrimento, si ci era fiondato interamente, anima e corpo.

Nancy si soffermò sulla sua figura e sul suo viso. Non conosceva il suo passato nè quello che si nascondeva dietro quegli occhi chiari così belli ma allo stesso tempo così criptici e capaci di mettere in soggezione chiunque, ma se ciò che portava dentro corrispondeva anche solo alla metà delle emozioni che aveva espresso con quelle poche parole, allora non poteva desiderare di meglio per Ashley.

Quasi commossa lo guardò con gli occhi lucidi e Matt capì che lo stava tacitamente ringraziando.

«Ashley mi aveva descritto Monica e sinceramente non avrei mai detto che tu potessi essere suo figlio» gli disse poco dopo, cambiando argomento ma portando sulle labbra ancora il sorriso che la loro precedente conversazione aveva fatto nascere.

Matt assunse un'espressione per niente sorpresa, come se fosse abituato a quel genere di osservazione. «Non le somiglio affatto, sono la fotocopia di mio padre» dichiarò lui, incrociando le braccia.

Nancy rise appena, non le era per niente nuova quella situazione.

«Beh, conosci Gregory, quindi non devo nemmeno dirti che lo stesso vale per me ed Ashley, ci sarai arrivato da solo!» scherzò lei.

«Non ha preso tutto da Gregory» le fece notare Matt, la sua frase risultò ambigua solo nel momento in cui la pronunciò ma a quel punto era troppo tardi.

Nancy sbarrò gli occhi per un attimo, Matt si maledì una ventina di volte in cinque secondi. Era piuttosto ovvio che Ashley avesse tutto il necessario perchè potesse essere classificata come persona di sesso femminile e che di certo non somigliava a Gregory per quello.

'Complimenti idiota, davvero una bella mossa' si disse internamente, vedendo sfumare davanti ai propri occhi l'intensità di ciò che aveva detto con trasporto solo qualche minuto prima.

Nancy però dopo il primo momento di confusione sorrise, per fortuna era quanto di più lontano dall'idea di madre rigida e bacchettona e Matt dovette ringraziare il cielo più volte.

«No, direi proprio di no e te ne sarai accorto ampiamente» lo punzecchiò, adocchiando la sua faccia scomposta e in difficoltà ed era un fenomeno che accadeva davvero raramente.

La sua voce vacillò «No, non intendevo quello... cioè.. io volevo solo dire che … - balbettò e se Ashley fosse stata presente avrebbe strabuzzato gli occhi nel vederlo così a disagio, proprio  lui che non lo era quasi mai e di certo avrebbe goduto di una sua versiona molto inedita – volevo dire... che gli occhi di Ashley sono i tuoi» sottolineò Matt, riuscendo alla fine a completare il discorso.

Amava specchiarsi in quelle iridi così dolci da conoscerne ormai a memoria tutte le sfumature di colore, il castano chiaro, caldo, più esterno, le pagliuzze dorate che si irradiavano dalla pupilla come una raggiera e quel sottile cerchio verde scuro che solo con un attento sguardo ravvicinato era possibile cogliere.

Nancy rimase attonita per un attimo «Già» mormorò poi, abbassando lo sguardo.

Era vero, non ci aveva mai fatto caso abbastanza. Spesso dimostrava la tendenza a concentrarsi solo sugli elementi di Ashley che la rendevano distante e diversa da lei, che la allontanavano in un certo senso e in quel momento parve avere una rivelazione.

Forse era arrivato il momento di cambiare prospettiva, di rivalutare e ricercare i tratti di lei che al contrario gliela accomunassero, gliela facessero sentire più intimamente vicina, forse il trucco era di partire proprio da quelle parti di lei per riuscire a entrare in contatto più profondamente anche con ciò che invece non condividevano.

Guardò Matt con gratitudine, per quella sua forse involontaria illuminazione. Alla fine si era messo così d'impegno che un modo per sdebitarsi per l'ospitalità ricevuta lo aveva davvero trovato.

 

 

«Sicura di non volere entrare?»chiese Ashley a Sophia, sull'uscio di casa.

Non si era sbagliata, appena aveva aperto la porta si era trovata davanti una cascata di riccioli luminosi e dei grandi occhiali dietro cui sorridevano un paio di occhi castani che conosceva bene.

«No, rischierei di perdere l'autobus, ho cinque minuti esatti, volevo solo passare per lasciarti un salutino!» la informò Sophia, mentre per avere conferma alle sue parole diede una controllata rapida all'orario sul suo telefono.

«Devi seguire delle lezioni all'università?» le domandò la rossa, che nel frattempo aveva mosso qualche passo in avanti ed era scesa dal gradino della soglia di casa, socchiudendo la porta alle sue spalle.

«Ovviamente, guarda che qui c'è gente che studia e sgobba mentre tu passi le giornate ad amoreggiare e rotolarti tra le lenzuola col tuo amato!» la provocò, sventolandole il dito davanti alla faccia e simulando un tono accusatorio che in realtà non esisteva.

Ashley rise sommessamente. «Stà tranquilla, la pacchia è finita anche per me, rimango due giorni da mio padre e poi Matt tornerà a casa sua e io farò lo stesso. Abbiamo entrambi da studiare e penso che ci rivedremo solo dopo una decina di giorni. Stavolta toccherà a me andare da lui, non sono mai stata nella su città»

Sophia tirò un sospiro di sollievo un po' esagerato, poi le diede una pacca sulla spalla. «Per un attimo ho pensato che il biondino volesse portarti via da qui per sempre!» esclamò come risollevata.

Ashley inarcò le sopracciglia, seriamente meravigliata che la sua amica avesse potuto anche solo vaneggiare una cosa simile. Insomma, stavano insieme e tutto ma avevano poco più che vent'anni e si conoscevano da pochissimo e non era di certo nei loro programmi fare i perfetti incoscienti e mettere da parte i loro studi e i progetti per il futuro. Erano innamorati non cretini.

«Ah, ma che dici? Scommetto che sarai tu la prima ad abbandonarmi per andartene in chissà quale paese lontano!» le fece notare Ashley, con un pizzico di tristezza nella voce. Sophia non ribattè, sorrise e abbassò lo sguardo.

Stava studiando sodo per poter vincere una borsa di studio e andare a studiare all'estero e se tutto sarebbe andato secondo i suoi programmi, e c'erano ottime possibilità che il suo sogno si realizzasse, molto probabilmente entro un anno al massimo sarebbe partita. Aveva perseguito quell'obiettivo fin dal primo anno di università e adesso che ci era vicina così tanto da poterlo quasi toccare con mano, le sembrava quasi irreale.

Le due amiche si scambiarono delle occhiate vagamente tristi, e con quel silenzio parlarono più che con le parole. Avrebbero sentito la mancanza l'una dell'altra, questo era poco ma sicuro, ma la vita era fatta anche di quello, di partenze, di separazioni, di lacrime e di attese. Quello che contava era rimanere vicine nel cuore.

Sophia scosse la testa più volte, poi preferì cambiare argomento e ritornare all'attualità piuttosto che occuparsi di un evento che non sarebbe accaduto per un bel po' ancora.

«Quindi direte a tuo padre che state insieme? Cavoli, sembra una di quelle cose ufficiali e solenni!» la prese in giro, imitando una voce pomposa ed elegante.

«Sembra ma in realtà non lo è affatto, glielo comunichiamo solamente e credimi, ne avrei fatto a meno per un altro po' di mesi se non fosse che per forza di cose le nostre famiglie sono coinvolte. Matt è il figlio della sua compagna e tenere questa relazione solo per noi sarebbe diventata un'impresa impossibile. Ci ho rinunciato ad avere una parvenza di normalità nella mia vita, tanto vale togliersi subito questo dente e con lui anche il dolore, non ti pare?» le disse, catastrofica come spesso appariva quando parlava della sua situazione familiare, ma Sophia vide il suo viso illuminato e sorridente e capì che Ashley stava cominciando a prendere le cose con più filosofia.

«Buona fortuna allora! - le augurò, stringendole le mani lievemente – e tu come ti senti?» chiese, facendosi più seria in volto.

Ashley arretrò di qualche passo e appoggiò la schiena al muro, riscaldato dai raggi del sole che vi picchiavano sopra. Scrollò le spalle e rimase qualche secondo assorta, come se stesse scavando dentro di sé le parole giuste per esprimere ciò che provava.

«Sai, è strano, davvero tanto. Sento di essere all'apice della felicità e allo stesso tempo tremendamente giù, non so davvero come riuscire a spiegarlo meglio di così – mormorò, fissando il marciapiede grigiastro sotto le sue scarpe – è come se le mie sensazioni viaggiassero su due binari paralleli che non si incontrano, e io alterno momenti di estrema gioia a momenti di sconforto, non so nemmeno se sia umanamente possibile stare in questo modo!»

Sophia le si avvicinò, aveva capito a cosa l'amica si stesse riferendo.

«É per Tyler, non è vero? - Ashley sollevò la testa e scoprì il viso chiaro che i capelli avevano invaso, con un cenno impercettibile annuì e lasciò che Sophia continuasse – l'ho sentito ieri.»

«E come sta?» domandò Ashley di scatto, sbarrando gli occhi.

In quei giorni spesso il pensiero di lui l'aveva tormentata, odiava sentirsi responsabile anche se involontariamente della sua sofferenza.

«Mentirei se ti dicessi che sta bene e che si è già lasciato tutto alle spalle, ma tu hai fatto la cosa giusta a parlargli Ashley. Sai come la pensavo sull'argomento e sei stata corretta, lui meritava quel confronto. Certe cose non si possono comandare o controllare e nemmeno evitare, non hai colpa tu per non aver ricambiato i suoi sentimenti, né lui per averli provati. É successo e basta! - provò a confortarla Sophia, poi abbassò lo sguardo e si tormentò dei riccioli arrotolandoli con l'indice di una mano – sai, da prima che tornassi avevo previsto questo finale, era inevitabile e preannunciato ma ne avevo comunque paura. Siamo stati amici per anni tutti e tre insieme e forse in maniera un po' egoista mi sono trovata a pensare che fosse ingiusto che tutto dovesse finire così, che dovesse cambiare il nostro equilibrio. Ma poi ci ho riflettuto bene e ho capito che certe cose devono semplicemente seguire il proprio corso e noi non possiamo fare altro che adattarci. Sono certa che Tyler si riprenderà e riuscirà presto a parlarti di nuovo e che un giorno magari vi farete delle grasse risate a ripensare alle tragedie e ai piagnistei che avete tirato sú adesso!» la incoraggiò, riempiendola di speranza.

Gli occhi di entrambe le ragazze parvero riacquistare luce, stavano crescendo, sperimentando emozioni, conflitti e dubbi nuovi e non era il momento di abbattersi.

«Grazie Sophia, ti voglio bene» sussurrò timidamente, prima di ritrovarsi sepolta in un abbraccio pieno di riccioli voluminosi a cui non poté resistere. Le circondò morbidamente la schiena con le braccia e con il mento sfioró la spalla di Sophia. Non erano mai state quel tipo di amiche da riempirsi di baci e abbracci e smielate dichiarazioni di amicizia eterna, ma le poche volte in cui accadeva si caricavano di un significato e un'intensità molto forte.

«Ti voglio bene anch'io e... – sciolse l'abbraccio per poterla guardare in viso – anche se in questi giorni ho fatto un po' la stronza con voi due e mi sono divertita a prendervi in giro, sono davvero felice per te, Ashley.» le disse, dandole un'ultima stretta alle mani, poi sobbalzò, ricordandosi che non era in giro per passeggiare e perdersi in sdolcinati ricordi e previsioni future strappalacrime.

«Devo scappare, è tardissimo! - strillò, sistemandosi meglio sulla spalla la borsa e passandosi una mano sui capelli ondulati per domarli – buon viaggio, salutami il tuo ragazzo e bada bene, quando ritorni esigo una giornata intera a chiacchierare come i vecchi tempi!» la minacciò scherzosamente.

Ashley rise e la salutò con un cenno della mano, rientrò in casa solo quando la vide scomparire lungo la via.

«Vi siete annoiati durante la mia assenza?» chiese allegra, affiancandosi di nuovo a Matt e carezzandogli il braccio. La conversazione con Sophia l'aveva ricaricata di energia e positività e adesso si sentiva davvero pronta per la loro missione.

«Abbiamo chiacchierato un po'» rispose molto vaga sua madre, lanciando un'occhiata complice a Matt. Prima che Ashley potesse aprire bocca per indagare, July si catapultò giù dalle scale, trascinandosi malvolentieri dietro lo zaino per la scuola.

«Parti di nuovo?» domandò confusa alla sorella maggiore, notando il suo bagaglio accostato in un angolo. July era stata così presa dal suo compleanno da essersi totalmente estraniata dalla vita familiare e pareva solo adesso essere uscita da una bolla magica scoppiata all'improvviso.

«Sì, ma starò via solo due giorni, Matt invece tornerà a casa sua, quindi per un po' non vi vedrete» la informò.

«Che peccato, avevo deciso di farmi insegnare a suonare la chitarra da lui» sbottò delusa, Matt sospirò assumendo un'espressione annoiata e rassegnata.

«Non è una chitarra, è un basso!» ripetè sconsolato per la milionesima volta nella sua vita. Quella frase stava diventando la cosa che ripeteva più spesso, quasi il suo motto, tanto che stava valutando seriamente di farsela scrivere sulla sua lapide.

«Quello che è, voglio suonarlo! Vi immaginate che figata una ragazza che suona quell'affare? Farei schiattare di invidia molte mie compagne» affermò con decisione, mentre addentava una brioche come niente fosse.

«Santo cielo, cominciamo bene!» si lamentò Nancy, non aveva nemmeno la forza di provare a immaginare gli anni futuri insieme a quell'uragano ribelle. Al suo confronto la freddezza e il distacco di Ashley sembravano il paradiso.

Matt ridacchiò, poi salutò la ragazzina, promettendole che la prossima volta le avrebbe insegnato le basi e le avrebbe fatto provare a suonare e in accordo con Ashley, decisero che era ora di andare.

Phoebe arrivò a casa giusto in tempo per salutare i due ragazzi, trafelata e stranamente in disordine a causa della corsa che aveva dovuto sostenere per evitare di fare tardi.

Non era più una fanciulla spensierata la cui unica occupazione è svegliarsi e passarsi lo smalto sulle unghie, adesso aveva una casa a cui badare e il suo lavoro e conciliare le due cose le stava risultando più complicato del previsto. Non era certo tipo da abbattersi ma i suoi ritmi avevano bisogno di un periodo di assestamento prima di abituarsi alla nuova routine.

Il suo viso si rasserenò solo quando li vide ancora lì, intenti a prendere i bagagli. Abbracciò stretta la sorella, come se stesse partendo per un viaggio che l'avrebbe tenuta lontano dei mesi e non due miseri giorni, esagerata come suo solito, poi si spostò verso Matt e lo fissò con uno sguardo poco amichevole.

«Le mie minacce sono ancora valide, se fai stare male mia sorella dovrai vedertela con me!» gli sibilò, passandosi l'indice della mano lungo il collo, da parte a parte, per rendere ancora più chiaro il messaggio.

Matt rise e la tranquillizzò, mentre Ashley si massaggiò le tempie con fare rassegnato.

Infine Nancy baciò la figlia e si rivolse Matt.

«Spero di rivederti presto allora, sei sempre il benvenuto qui, puoi venire quando vuoi, anche senza preavviso» gli raccomandò, la loro conversazione era ancora fresca nella sua memoria.

Matt le fece un cenno di assenso con la testa, era soddisfatto e non aveva altro da aggiungere, poi insieme ad Ashley uscì dalla porta, lasciando il terzetto in casa.

Raggiunsero la macchina e infilarono le loro valigie e qualche altra borsa nel bagagliaio. Ashley prese un lungo respiro e si accomodò sul sedile accanto a lui.

«Bene, ci siamo, sei pronta?» le chiese Matt, voltandosi verso di lei.

Ashley gli sorrise «Sì, facciamolo» confermò, si scambiarono un bacio intenso che rischiò di divenirlo un po' troppo, complice l'adrenalina e l'emozione che provavano in quel momento, poi si staccarono e Matt poggiò una mano sul volante mentre con l'altra si accinse a mettere in moto l'auto.

«Scusami, che maleducato, non ti ho chiesto se preferissi guidare tu, sei così brava!» la schernì, lanciandole un ghigno sarcastico.

«Fottiti, Matt!» ringhiò Ashley, che però non riuscì a rimanere seria e scoppiò a ridere, mollandogli un colpo ben assestato sulla nuca, facendolo gemere ma sghignazzare a sua volta.

Sì, decisamente erano dell'umore giusto, adesso.

 

 

 

 

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Capitolo 45
*** Capitolo 45 ***


Ciao  tutte!
Come preannunciato questo è l'ultimo capitolo ma in realtà non sarà effettivamente l'ultimo in quanto seguirà un epilogo che chiuderà definitivamente la storia e con cui mi congederò da tutte voi carissime che mi avete seguito e che siete state davvero più di quanto avessi mai potuto immaginare quando ho pubblicato qualche mese fa!
Mi scuso per il ritardo di questi giorni rispetto alle mie solite tempistiche ma sto avendo un po' da fare e avevo paura del risultato visto che si trattava dell'ultimo.
Spero che sia di vostro gradimento e vi ringrazio sempre tanto!
 
Capitolo 45

 

Ashley abbassò il finestrino e una ventata di aria tiepida le investì in pieno la faccia, buttandole tutti i capelli all'indietro, la sua fronte finalmente sgombra dai ciuffi si godette quella piacevole sensazione di libertà, mentre il sole sfavillante e alto in cielo le illuminava il viso, accentuando il colore marroncino della manciata di lentiggini che punteggiavano il suo naso e le guance.

La temperatura all'interno della macchina si era gradualmente alzata man mano che i chilometri percorsi aumentavano e li allontanavano dal paese natio della rossa, preannunciando l'imminente arrivo nelle zone marittime, tipicamente più temperate e calde. Come un dolce viaggio nel passato, quel cambiamento climatico la riportò di colpo ai giorni di Agosto, lasciandole addosso la strana ma piacevole sensazione che il tempo, in realtà, da qualche parte lì fuori si fosse fermato e che l'estate non l'avesse mai abbandonata per fare posto all'autunno.

Quell'estate che era cominciata come una delle tante che da anni trascorreva sempre uguali e che invece aveva finito per sconvolgerle la vita senza che ne fosse preparata, scaraventandole tra i piedi quel ragazzo che adesso guidava accanto a lei con gli occhi di ghiaccio fissi sulla strada, l'ennesima sigaretta tra le labbra e una mano che, di tanto in tanto, scorreva pigra sulla sua coscia coperta dai jeans, con un movimento lento e circolare, rilassato, che non aveva niente a che vedere con i gesti urgenti e disperati che spesso li avevano animati nei momenti in cui avevano temuto di perdersi per sempre.

Il calore crescente rese bollente il cardigan di cotone che Ashley indossava e la indusse a sfilarselo con rapidità, lottando malamente con la cintura di sicurezza che le ostacolava i movimenti. Sospirò soddisfatta quando rimase con una camicetta a maniche corte, più fresca.

Quando si voltò per riporre l'indumento ormai inutile nel sedile posteriore si accorse che anche Matt si era liberato della sua felpa, che adesso giaceva appallottolata in un angolo: non se ne era accorta, troppo impegnata ad annusare l'aria e a perdersi nei ricordi estivi.

Con uno slancio riportò la testa fuori dal finestrino e permise al vento di scompigliarle i capelli, socchiudendo gli occhi per assaporare la carezza della brezza sulla pelle, mentre allungava un braccio e lasciava che l'aria calda le passasse tra le dita, solleticandogliele.

Si sentiva bene, davvero tanto e, se non fosse stato per una leggerissima morsa allo stomaco, dovuta alla consapevolezza dello scopo di quel viaggio, si sarebbe potuta anche illudere di essere diretta verso una qualche vacanza spensierata.

Dopo alcuni minuti si allontanò dal finestrino e si abbassò lungo lo schienale, poggiando le ginocchia sul cruscotto davanti a lei.

Con la coda dell'occhio notò Matt gettare finalmente via la sigaretta e riportare entrambe le mani sul volante.

«Mi auguro che quella fosse l'ultima» lo ammonì Ashley, leggermente accigliata. Da quando erano partiti Matt aveva spesso ceduto al suo vizio e la ragazza aveva il sospetto che lo facesse per camuffare la stessa ansia che lui stesso quella mattina aveva provato a farle svanire.

«Ci proverò 'mamma'» la prese in giro lui, marcando con irriverenza quella parola e sfoggiando un ghigno. Ashley lo ignorò beatamente, ormai più che avvezza alle sue provocazioni, poi gli si avvicinò, sporgendosi verso il suo fianco.

«Ti darò un aiutino – gli soffiò all'orecchio con aria furba, per poi infilare la mano nella tasca dei jeans di Matt e appropriarsi con un gesto fulmineo del suo accendino – questo è sequestrato!» gli sibilò, agitando con esultanza il piccolo oggetto ormai tra le sue grinfie.

Matt le lanciò un'occhiataccia e poi borbottò qualcosa di incomprensibile mentre riportava lo sguardo sulla strada.

«Non è che qualcuno comincia ad avere un po' di paura?» osò chiedergli, intenta a rigirarsi tra le mani il bottino del precedente assalto.

«Ma figuriamoci! – si difese subito Matt, abbassando di più il finestrino e respirando una boccata d'aria tiepida – è che a volte non posso a farne a meno, un po' come quando hai fame e hai davanti il tuo piatto preferito o quando siamo a letto insieme e non riesco a non finirti in mezzo alle gambe – azzardò, beccandosi un leggero pizzicotto sul fianco da parte della sua ragazza per quel paragone malizioso – e, se può consolarti, quello è molto meglio che fumare!» aggiunse il biondo, sorridendo pur senza guardarla.

«Beh, mi pare ovvio!» tuonò Ashley, cercando di ostentare una certa sicurezza ma non riuscendo a nascondere un lieve rossore e un sorriso al pensiero di loro due insieme.

Quant'era bello ed appagante adesso poter scherzare sul loro rapporto senza vergognarsi o senza aver paura di parlarne a voce alta, come se si stesse attraversando un campo minato!

Per quanto fossero passati già alcuni giorni, c'erano momenti in cui Ashley sentiva il bisogno di arrestarsi e rendersi conto che fosse tutto vero e non un sogno e tutte le volte quella schiacciante verità la sorprendeva e la emozionava come fosse la prima volta che lo realizzava.

«Guarda, si vede già il mare» le fece notare Matt, indicando un punto alla sua destra, Ashley voltò il capo verso quella direzione e i suoi occhi ammirarono la distesa blu tempestata di luccichii a causa del riflesso dei raggi del sole.

Si incantò a osservarlo come una bambina che non l'ha mai visto in vita sua e ne rimane completamente rapita e affascinata.

Come fosse sempre la prima volta.

Le saltò in mente in quell'attimo di meraviglia che non c'era niente di più adatto del mare per descrivere ciò che provava con Matt.

Lo conosceva fin da piccola e ci tornava ogni anno ma, tutte le volte in cui quell'enorme manto azzurro si palesava ai suoi occhi, non si stancava mai di assumere quell'espressione assorta e incantata.

Matt per lei era come il mare, ne portava il colore negli occhi e la sua forza indomabile nell'animo oltre che una naturale bellezza e la capacità di farla sentire in paradiso.

Come quando fissava le onde che si infrangevano sulla spiaggia e il resto del mondo e dei problemi sembravano non essere mai esistiti, così la faceva sentire lui. Sapeva impressionarla e disorientarla, ma non riusciva a farne a meno.

Pensò che fosse un paragone perfetto.

«Già, è proprio meraviglioso il mare» disse in un sussurro, ma mentre parlava aveva guardato lui, con una lentezza e serenità che contrastava con la velocità con cui il paesaggio attorno a loro scorreva, avvicinandoli alla meta.

Mancava ormai solo mezz'ora all'arrivo, le strade si facevano familiari agli occhi di Ashley e il cuore sempre più in trepidante attesa.

 

Quella mattina di Sabato stava trascorrendo come al solito a casa di Gregory. O almeno quasi come al solito.

Lui e Monica si erano alzati un po' più tardi come erano soliti fare durante il fine settimana, quando i rigidi orari lavorativi non li soffocavano nella loro stretta infame ed era un'abitudine assai rilassante rimanere a crogiolarsi tra le lenzuola appena svegli, senza l'incubo del suono stridulo della sveglia a farli saltare giù dal letto.

Avevano fatto colazione senza fretta, parlando del più e del meno e carezzandosi le mani, le finestre della veranda socchiuse a lasciare entrare una leggera brezza rigenerante, la luce del sole che filtrava soffusa dalle persiane e un sottofondo musicale da una vecchia radio sopra una mensola faceva loro compagnia.

Sembrava tutto nella norma, insomma, ma qualcosa in Monica non lo convinceva.

Era particolarmente euforica, si muoveva freneticamente e un sorriso smagliante le adornava il viso. Non erano certo dettagli troppo strani o allarmanti ma Gregory, dopo un anno di convivenza con la sua compagna, poteva ben affermare di conoscere quasi ogni sfumatura del suo carattere ed era certo di non sbagliarsi nel notarla semplicemente diversa.

Monica non era tipo da lasciarsi andare facilmente a risate ed evidenti manifestazione di buonumore e, se proprio doveva fare uno sforzo di memoria, l'ultima volta che la aveva vista così accesa era stato il giorno in cui aveva finalmente riallacciato i rapporti con suo figlio.

A lui parve quasi di riuscire a vederla tutta quella elettricità che accompagnava i suoi movimenti leggiadri e sinuosi e gli occhi piegati in un'espressione inequivocabilmente felice. Non le dispiaceva affatto scoprirla così in forma ma tutto quel fermento lo incuriosiva e non gli consentiva di concentrarsi su qualche altra occupazione.

Continuava ad osservarla dal divano, dove un libro giaceva miseramente chiuso accanto a lui, troppo poco interessante rispetto allo spettacolo insolito che Monica gli stava offrendo.

«Ti vedo piuttosto esaltata stamattina, cara» provò timidamente a farle notare, ottenendo in cambio che le labbra della donna si allungassero in un sorriso più ampio di quanto già non fosse da quando si era alzata.

«Ma no tesoro, è tutto come sempre! Deve essere una tua impressione!» smontò le sue perplessità risultando quasi convincente e riprese a canticchiare un motivetto sentito poco prima alla radio, una di quelle canzoni che lei amava definire banali e stupide ma che all'improvviso sembravano diventate degne di essere intonate dalla sua voce.

Era troppo anomala, senza ombra di dubbio.

La vide sparire lungo il corridoio velocemente, come se avesse udito un qualche richiamo misterioso e a quel punto Gregory sollevò le spalle rassegnato e si dedicò a leggere qualcosa.

Il suono molesto del campanello raggiunse i suoi timpani e gli fece aggrottare le sopracciglia: si chiese chi potesse essere a quell'ora di Sabato mattina. Stavano succedendo davvero troppe cose inusuali quel giorno e a fatica si aiutò con le braccia per sollevarsi dal divano.

Non fece in tempo a mettersi in piedi che la figura di Monica le sfrecciò davanti.

Correva verso l'ingresso e non sembrava per nulla stupita o turbata da quel suono, anzi al contrario, avrebbe giurato di vederla andare incontro alla porta come se non stesse aspettando altro.

Quando Monica aprì l'uscio di casa si trovò davanti i due ragazzi i quali si tenevano per mano, forse per darsi coraggio l'uno con l'altra.

I loro visi erano distesi, avevano riacquistato colore e pienezza e non c' era più nessuna traccia di insonnia o lacrime stantie negli occhi. Sapeva che Gregory non l'avrebbe raggiunta per intromettersi e adocchiare chi fosse, la sua discrezione era proverbiale, e ne approfittò per godersi quel momento da sola con loro.

Li abbracciò di slancio, posizionandosi proprio al centro, stringendoseli uno a destra e l'altra a sinistra e riuscendo a stento a occultare una certa commozione.

Si staccò poi per guardarli come se non li vedesse da cento anni e carezzò il viso a entrambi.

Suo figlio le sembrò così diverso, non portava più quell'espressione astiosa e gelida sul viso, era luminoso e i suoi capelli chiarissimi al sole contribuivano ad accentuare quell'impressione, gli scostò qualche ciocca troppo lunga dalla fronte e poi fece lo stesso con Ashley. Lei era deliziosa come sempre ma il suo volto era percorso da una nuova felicità che la faceva apparire meno seria e controllata del solito, come un fiore appena sbocciato che non riesce più a contenersi.

«Mio Dio quanto siete belli insieme! Mi siete mancati da morire!» esclamò, completamente travolta dalle emozioni come poche volte era successo nella sua vita e di sicuro non di recente.

Matt trasalì nel vedere sua madre così emotivamente coinvolta, era un'altra donna, sembrava rinata e non trattenne un sorriso divertito.

«Mamma da quando sei così smielata? Guarda che mi metti paura!» commentò, strofinandosi lievemente una mano sulla guancia, dove prima si era posata quella di sua madre, come a voler toccare la sensazione rimasta impressa sulla sua pelle.

«Ho dei sentimenti anche io, cosa credi? Comunque sarà meglio entrare – li avvertì, poi spostò lo sguardo verso Ashley, sorridendo – tuo padre si è già insospettito abbastanza, non facciamolo aspettare oltre»

La ragazza annuì, l'ondata di ottimismo e buonumore di Monica, tipicamente contenuta e frenata, travolse anche lei e le instillò la certezza che ormai niente sarebbe andato storto, non c'era nulla da temere.

Si scambiò un'occhiata di intesa col suo ragazzo e poi insieme seguirono dentro Monica.

Gregory era rimasto in piedi in attesa di sapere chi diavolo fosse a disturbare la loro quiete mattutina, quando vide rientrare Monica con quel sorriso stampato ancora in faccia che ora gli dava l'impressione di essere ancora più intenso.

«Tesoro, chi era? Qualche scocciatore, per caso?» domandò, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

«Beh, non li definirei scocciatori!» rispose enigmatica, compiacendosi dell' aria confusa dipinta sul viso di Gregory che durò comunque poco, visto che due secondo dopo fu sostituita da un'espressione a dir poco sorpresa, la sua bocca si spalancò senza che se ne accorgesse, mentre la fronte si contrasse nel tentativo di spremere le meningi per capirci qualcosa.

Ashley aveva infatti fatto il suo ingresso, i suoi occhioni lo fissavano con un misto di trepidazione e imbarazzo e Gregory cercò di sforzarsi di parlare e chiedere risposta alle domande che affollavano la sua testa e ci stava quasi riuscendo, quando notò una sagoma sbucare dietro la figura di sua figlia e i suoi occhi riconobbero Matt.

Sempre più sorpreso e totalmente incapace di proferire parola, attese che qualcuno gli spiegasse cosa bolliva in pentola.

«Ciao papà» mormorò flebilmente Ashley, incrociando le mani sul ventre e stringendosi nelle spalle.

«Ashley, ma tu... che ci fai qui? - balbettò a fatica, con gli occhi ancora sgranati per lo stupore, poi puntò lo sguardo su Matt, che rimaneva in silenzio – e tu.. dovresti essere da tuo padre! Che ci fate voi due qui insieme?» chiese con la mente annebbiata ma, nello stesso momento in cui formulò quella domanda, uno spiraglio di luce si fece strada nella sua testa e i pezzi di quel puzzle disordinato presero a ricomporsi per magia.

Loro due, insieme.

'Non sarà forse che...' elaborò nella sua mente e di colpo non gli ci volle più chissà quale sforzo mentale per capire cosa stesse succedendo.

Buttò un'occhiata veloce a Monica, che se la rideva perfettamente a suo agio e tranquilla, e capì che l'unico imbecille lì dentro era lui e che la sua compagna era al corrente di tutto e lo aveva lasciato ignaro probabilmente proprio per provocargli quell'attimo di sorpresa.

Proprio mentre il quadro si faceva più chiaro ci pensò sua figlia ad esporre a voce alta ciò che i suoi pensieri, più rapidi della parola, avevano già intuito.

«So che sei meravigliato papà, ma vedi...» - esitò Ashley, giusto un po' emozionata per ciò che stava per dire, per quanto avesse fatto passi da gigante a livello sociale, odiava ancora i grandi annunci e le dichiarazioni solenni, ma questo non lo poteva evitare, non dopo tutto ciò che avevano combinato quell'estate.

Gregory vide Matt fare un passo deciso verso di lei e la mano esile di Ashley afferrare quella più grande del ragazzo, le loro dita si intrecciarono con facilità e confidenza, come se fosse la cosa più naturale del mondo e fu a quel punto che l'uomo capì che, anche se sua figlia fosse rimasta zitta, quel gesto avrebbe parlato da solo più di mille discorsi tutti insieme.

Il suo viso si addolcì perché, sebbene tutta quella situazione suonasse strana e un po' faticava ad accettarla, in quei giorni era arrivato a desiderare che le cose si mettessero a posto e che la sua bambina potesse essere felice con il ragazzo che il suo cuore aveva scelto, non importava chi fosse.

«Ecco.. volevamo dirti che.. io e Matt stiamo insieme, papà. Nell'ultimo periodo credo te ne sia accorto anche tu e.. beh, io non so in che altro modo dirtelo, ci siamo innamorati... - la voce di Ashley tremò appena a quella parola così importante e che per la prima volta aveva il coraggio di pronunciare davanti a suo padre - siamo consapevoli del disagio che probabilmente creeremo qui e delle difficoltà che ci aspettano ma non possiamo e non vogliamo più ignorare questo sentimento.» confessò senza timore.

Matt si intromise prima che Gregory riuscisse a rispondere alla rivelazione, non più tanto clamorosa in realtà, di sua figlia. I suoi occhi si puntarono su quelli dell'uomo in piedi di fronte a lui.

«So che forse non sono il ragazzo che ti saresti aspettato accanto ad Ashley e che non ti ho dato un'ottima impressione ultimamente.. - esordì, estremamente serio e determinato - ma spero di farti cambiare idea, ci tengo davvero a lei e...voglio bene anche a te perché, anche se non l'ho mai detto, non riesco ad immaginare nessun altro più adatto di te per stare accanto a mia madre»

Matt respirò a lungo e si aggrappò con forza alla mano di Ashley dopo quelle parole.

Tirare fuori le emozioni era ancora un'esperienza che lo devastava all'interno ma che contemporaneamente riusciva a lasciargli un' impagabile sensazione di leggerezza una volta che lo faceva.

Gregory rimase paralizzato per un po', poi guardò nuovamente gli occhi di Matt e subito si fece vivido in lui il ricordo di quegli stessi occhi straziati dal dolore e vuoti la sera in cui quel ragazzo gli era letteralmente crollato addosso, sopraffatto da quello stesso sentimento che adesso li teneva così uniti e vivi. Lo aveva scoperto fragile e sincero solo in quel frangente e si era rimproverato più volte per essere stato così cieco da avere frainteso le sue intenzioni.

«Non devi farmi cambiare idea Matt, so già come sei, in realtà l'ho sempre saputo e.. ti ringrazio per quello che hai detto, lo stesso vale anche per me e...che altro dire, se voi siete felici insieme, allora lo sono anche io» ammise, con un leggero tremolio nella voce.

Tutte quelle emozioni avevano provato anche un animo razionale e pratico come il suo, si voltò verso Monica giusto in tempo per scorgerla asciugarsi una lacrima fuggitiva da una guancia e in evidente difficoltà a nascondere la sua commozione. Vedere suo figlio che credeva di avere perso, così maturo e preoccupato che accanto a lei ci fosse un uomo che la rispettasse, doveva averle fatto un certo effetto.

Prima che potesse fare qualunque altro movimento vide sua figlia avvicinarsi e istintivamente allargò le braccia per stringerla a sé. Ashley abbracciò suo padre, Gregory la strinse, non era più lo scricciolo minuscolo, avvolto dai capelli rossi e imbronciato, che aveva impresso nella memoria ma si era trasformata in una bellissima giovane donna.

A breve anche Monica li raggiunse per unirsi a quell'abbraccio e persino Matt, restio ai contatti troppo sdolcinati, fu ben felice di prendersi una pacca affettuosa da parte di Gregory, che ufficialmente lo accettava come fidanzato di sua figlia.

Per il resto della giornata i due ragazzi furono completamente sommersi da domande, racconti e soprattutto fiumi di parole che alla lunga resero pesanti le loro teste già sballottate dal viaggio al punto da far loro bramare ardentemente di buttarsi a letto e non fare altro che dormire.

Riuscirono a realizzare il loro desiderio solo dopo la cena e qualche altra ora di chiacchiere, dormirono ognuno nella propria stanza, proprio come succedeva quando ancora tra di loro non c'era stato nemmeno un bacio.

Non avevano avuto né la voglia né la forza di condividere un letto troppo stretto per via della stanchezza e nemmeno di intavolare una trattativa perché venisse loro concesso di dormire insieme in un letto di dimensioni ragionevoli. Gregory li aveva accettati e non volevano mettere da subito a dura prova i suoi principi morali, lui sembrava perfettamente a loro agio con quella nuova situazione, anche se Monica lo aveva visto accigliarsi quando aveva scorto per caso le labbra di Ashley unirsi in un bacio, non proprio casto, con quelle di Matt e la mano del ragazzo accarezzarle con desiderio poco velato il fianco, ma in fondo era più che ragionevole che un tipo come lui avesse bisogno di un po' di tempo per abituarsi a certe visioni.

La loro vacanza toccata e fuga sarebbe terminata l'indomani, poi entrambi sarebbero tornati alla propria quotidianità nelle rispettive città, alle prese con esami, lezioni, studio e lavoro.

Ashley venne svegliata dalle minacce delle sue cugine che, non appena avevano ricevuto il suo messaggio che le informava della sua presenza in città, avevano preteso di piombare immediatamente a casa sua per ammirare coi propri occhi il miracolo dell'amore.

«Non per essere presuntuose, ma noi siamo state le prime a capire che tra di voi sarebbe nato qualcosa!» affermò con una punta di orgoglio Dorothy, comodamente adagiata sul divano accanto alla sua gemella, altrettanto estasiata dalla neo coppia che finalmente aveva sconfitto le avversità.

«Già, io ho avuto una sorta di sesto senso fin da quando vi ho visti ignorarvi davanti al cancello di casa un mattina che stavamo passando a prendere Ashley e anche quando lei ci aveva detto che non eri un granchè!» scappó ad Annie, completamente ignara della terribile gaffe commessa, nonostante la gomitata puntuale che le arrivò da Dorothy.

Ashley era saltata in aria dalla vergogna mentre Matt aveva sollevato un sopracciglio a metà tra il sorpreso e il divertito.

«Di sicuro Annie ricorda male, Ashley è stata sempre cotta di te, ti pensava ogni istante, eri la sua ossessione!» cercò di porre rimedio Dorothy, passando all'altro estremo e causando un danno forse maggiore di quello della sorella.

Certo che le sue cugine erano una fonte naturale di disagio e brutte figure!

«Ragazze, non avevate da fare?» domandò Ashley, sull'orlo di un esaurimento.

«Oh sì, io devo andare all'università, mentre Annie oggi dà buca, deve vedersi col tuo amico!» dichiarò Dorothy, strizzando un occhio verso Matt.

Annie, da poco prima che Ashley fosse tornata a casa sua, aveva cominciato a vedere il batterista della band di Matt e la cosa stava andando avanti, seppur la ragazza avesse deciso di andarci coi piedi di piombo dopo la delusione subito dal suo ragazzo storico. Si frequentavano e si piacevano ma doveva passare ancora molta acqua da sotto i ponti prima che avrebbero potuto considerarsi in una relazione seria. In fondo per adesso a loro stava bene così.

«E quindi qualcuno qui pensava che io non fossi un granchè?» sussurrò Matt all'orecchio di Ashley dopo che le cugine furono andate via.

Le sue mani cominciarono a vagare sotto la maglietta della rossa ed Ashley percepì il respiro caldo sul collo e gli circondò le spalle con le braccia per diminuire la distanza fra loro.

«Beh, era tanto tempo fa, quando ti comportavi da perfetto stronzo indifferente nei miei confronti» gli rinfacciò, mordendogli delicatamente il lobo di un orecchio.

«Lo pensi ancora?» gli chiese provocante, con una domanda più retorica che reale. Matt sapeva benissimo che risposta avrebbe dato.

Ashley lo stupì, non rispose ma lo baciò con passione, perdendosi nei meandri di quella bocca che conosceva ormai alla perfezione.

«Ti basta come risposta?» gli domandò a sua volta, Matt annuì semplicemente, poi la sovrastò col suo peso, facendola sdraiare sul divano. Sollevò la sua maglietta quanto bastava per poter scorrere liberamente le mani lungo i suoi fianchi nudi, mentre lei faceva lo stesso con lui.

In casa non c'era nessuno ma i loro genitori potevano rientrare da un momento all'altro e fu solo quel pensiero che li fece indugiare dal togliersi a vicenda i vestiti fastidiosi che impedivano di dare sfogo alla loro attrazione.

Quell'esitazione salvò loro la pelle visto che, nemmeno due secondi dopo, la porta si aprì e i due furono costretti a ricomporsi velocemente.

Monica notò i visi arrossati e i capelli leggermente scompigliati.

«Abbiamo interrotto qualcosa?» domandò, avendo cura di non farsi sentire da Gregory che avrebbe di sicuro dato di matto. Il giorno prima le aveva ribadito che riteneva preferibile che, finchè i ragazzi fossero rimasti sotto il suo tetto, avrebbero dovuto dormire in stanze separate e via dicendo, tutte cose un po' vecchio stampo che lei non tollerava più di tanto, soprattutto perchè sapeva che, dopo quel giorno, Ashley e Matt non si sarebbero rivisti non prima di due settimane e negare loro un pizzico di intimità era proprio da sadici.

«Ma no, figuriamoci!» rispose sarcastico e stizzito Matt, buttandosi a sedere lontano da Ashley e sbuffando sonoramente.

Persino in casa della ragazza, sempre piena di gente a tutte le ore, era stato più facile per loro godere di qualche momento di privacy e mentalmente sperò che sarebbe arrivato presto il giorno in cui sarebbe stato indipendente e avrebbe potuto abitare da solo, in santa pace e senza rischiare interruzioni come quella in momenti del tutto inappropriati.

Ashley scivolò di nuovo accanto a lui e gli si accucciò al petto, almeno quello riteneva di poterlo ancora fare in pubblico.

«Matt, tra meno di due settimane ci rivedremo, lo sai» provò a consolarlo.

«Lo so, è solo che avrei preferito poter trascorrere più tempo da solo con te invece che sentire sempre gli occhi di tutti addosso a noi, a volte mi sento come un fenomeno da baraccone, cazzo!» sbottò in maniera quasi buffa.

Ashley sorrise, poi si strinse di più al suo braccio. «Lo so, ma sei rimasto anche più di quanto potevamo sperare e non dovremmo lamentarci, non credi?»

«Hai ragione» ammise, carezzandole i capelli e depositandole un leggero bacio sulla fronte.

«E poi non credo che tuo padre sarà drastico come il mio, quindi...» continuò Ashley, poi sentì Matt allontanarsi da lei per guardarla bene in viso con aria perplessa.

«Mio padre? Cosa c'entra lui adesso?»

«Ho deciso di venire io da te tra due settimane - rispose lei tranquillamente – tu hai già viaggiato abbastanza per me e adesso è il mio turno! E poi voglio vedere la tua città, i luoghi che frequenti e anche l'aria che tira» dichiarò e a Matt parve di percepire una leggera gelosia nella sua ultima affermazione e la cosa lo fece sorridere. In verità sapere che Ashley voleva conoscere la sua vita e ciò che lo circondava lo riempì di colpo di una sensazione di pace e fece scomparire le tracce del suo nervosismo precedente.

«D'accordo, te lo concedo» le accordò, prima di affondare il viso sulla pelle morbida del collo di Ashley, provocandole solletico con le sue labbra.

In fondo gli bastava sentirla così vicina e calda tra le sua braccia per non desiderare nient'altro.

 

 

«Gregory dì la verità, stai tormentando Ashley e quel povero ragazzo non è vero?»

La voce squillante e perentoria della sua ex moglie gli arrivò forte e chiara dal telefono che Gregory teneva all'orecchio, ancora stranito per quella chiamata inaspettata.

Nancy non lo chiamava quasi mai, soprattutto da quando Ashley era adulta e aveva meno necessità di mediare con lui per le esigenze della figlia, per questo quella telefonata lo mise in allarme.

«Certo che no, Nancy! Non capisco l'origine di tutta questa preoccupazione, sono felice che lei e Matt stiano insieme e loro lo sanno!» le comunicò calmo e non fingeva, lui sul serio era convinto di non arrecare problemi ai due innamorati.

«E dimmi, hai permesso loro di sistemarsi una stanza per dormire quando stanno da te?» gli domandò, cogliendolo in contropiede.

«Ma.. entrambi qui hanno le loro stanze, non ritengo necessario che debbano condividerne una.» balbettò piuttosto agitato. Forse cominciava a cogliere il senso della sua chiamata e non gli piaceva per niente.

Dall'altra parte del telefono Nancy sbuffò.

«Lo sapevo, ci avrei giurato! - esclamò, facendogli accigliare gli occhi – Gregory, parliamoci chiaro, tutto quello che tu pensi di poter evitare facendoli dormire separati, lo avranno di sicuro già fatto più e più volte, accidenti! Ma non ti ricordi come eravamo noi da giovani, smettila di fare l'ipocrita!» lo accusò decisa.

«Proprio perché lo ricordo bene sono apprensivo o hai dimenticato che Ashley è nata perché abbiamo fatto ciò che ci pareva!» si affrettò a rammentarle. Non poteva negare di avere paura che sua figlia commettesse qualche errore di cui avrebbe potuto pentirsi o che avrebbe potuto stravolgerle i piani e da padre non aveva trovato maniera migliore per cercare di proteggerla.

«É vero, siamo stati due irresponsabili, ma sai, ci ho pensato molto negli anni e ho capito che i nostri sbagli sono stati dettati dal fatto che eravamo ingabbiati dentro delle regole che ci avevano imposto senza consultarci! Non ricordi? Io avevo una madre eccessivamente austera e rigida e tu una famiglia che teneva al decoro e alla classe sociale più che alla felicità dei propri figli! Tutti quegli obblighi ci hanno soffocati e abbiamo reagito ribellandoci e ignorando quelle barriere che odiavamo tanto! Ashley è cresciuta imparando che si diventa individui liberi di fare le proprie scelte che avranno delle conseguenze, non le ho mai imposto nulla ma l'ho sempre messa in guardia dai pericoli, lasciandole la libertà di decidere. É una ragazza straordinaria e responsabile e non mi ha mai deluso, nemmeno adesso. Mi fido di lei e so che è un' adulta in grado di valutare le proprie azioni. Lasciala libera, domani dovranno separarsi e non potranno vedersi se non fra quindici giorni e sarà così ogni volta! Perciò, diamine, lascia che si amino adesso che possono!» terminò la sua ramanzina, lasciandolo stordito e interdetto. Nancy quando si ci metteva era una vera e propria forza della natura ed era difficile contrastarla, soprattutto quando aveva maledettamente ragione, come in quell'occasione. Gregory non fu capace di aggiungere nulla.

 

Qualche ora dopo Ashley entrò nella sua stanza e la vide cambiata. C'era un letto più grande e alcuni mobili in più. Suo padre le disse semplicemente che aveva pensato fosse consono che potessero disporre di una stanza tutta loro adesso che stavano insieme e sarebbe capitato in futuro di fermarsi in città.

Non aggiunse altro, né accennò a una telefonata ricevuta prima, le diede un bacio sulla guancia e la guardò lievemente preoccupato ma sorridendo.

Quella sera Matt aveva accettato di buon grado che la sua stanza fosse ridotta a un vano mezzo vuoto e completamente stravolto.

Un calendario poggiava sulle ginocchia di Ashley mentre, nella loro nuova stanza in comune, cercavano di programmare i prossimi incontri. Non era molto romantico dover accordarsi su modalità e tempistiche, ma se volevano conciliare la loro storia con gli impegni era necessario accordarsi fin da subito.

«Il mese prossimo fai il compleanno, quindi direi di vederci di nuovo qui a metà strada, così potremo festeggiare insieme!» gli propose dopo una pausa di riflessione tra giorni, mesi e festività varie.

«Non mi piace il giorno del mio compleanno, l'ultima volta che l'ho festeggiato ero un bambino, poi con il divorzio dei miei preferivo passarlo da solo, non avevo voglia di vedere quasi nessuno» commentò Matt amaramente, ricordando quei momenti con gli occhi persi in un punto non preciso davanti alla sua faccia.

Ashley si allungò sul letto verso di lui e gli afferrò il mento perché la guardasse in viso.

«Neanche io l'ho mai voluto festeggiare anche se venivo praticamente costretta da mia madre! - rise a quell' immagine – e comunque adesso ci sono io con te e voglio che siamo insieme quel giorno!» ribadì, baciandogli le labbra e facendogli intuire che non avrebbe accettato altre opzioni e a lui stava bene così.

«In fondo non siamo così diversi come abbiamo sempre pensato, eravamo entrambi piuttosto asociali e poco inclini ai festeggiamenti da bambini, mi sa!» scherzò Matt, avvicinandosi pericolosamente ad Ashley e avvolgendola in una forte stretta.

«Mi mancherai nei prossimi giorni, Matt» bisbigliò lei, senza vergognarsi di quella debolezza.

Il pensiero di lui, distante e lontano dalla sua pelle e dai suoi occhi, la rattristava ma doveva farci l'abitudine. Ora però voleva solo abbandonarsi a lui.

«Anche tu, non immagini quanto, ma saremo forti, e poi due settimane passano in fretta» la rassicurò, accogliendola sul suo petto e permettendole di ascoltare il battito del suo cuore che ormai pareva essere diventato la colonna sonora della sua vita.

Lentamente si persero tra i baci mentre Matt con le sue mani affusolate sbottonava la sua camicetta asola dopo asola, fino a scoprirle le spalle candide e su una di quelle poggiò il mento per assaporare meglio la sua pelle. Lei fece altrettanto, sfilandogli la maglietta e aggrappandosi a lui nella consapevolezza della partenza del giorno dopo. Armeggiarono velocemente con gli ultimi indumenti rimasti addosso e se ne liberarono, sempre più immersi in quel vortice frenetico che li stava cogliendo e a cui non potevano sottrarsi.

Avevano solo quella notte per stare insieme ma stavolta portavano nel cuore la certezza che non sarebbe stata l'ultima.

Fare l'amore era dolce, era una promessa silenziosa che si rinnovavano ogni volta, un tacito scambio di emozioni che si passavano attraverso il contatto tra la loro pelle e le scie umide che le labbra lasciavano a ogni passaggio, come se le loro anime riuscissero a toccarsi attraverso quell'unione profonda che avveniva ogni volta che i loro fianchi si cercavano e combaciavano perfettamente come se fossero nati per quello, ma che celava molto di più che un semplice contatto fisico.

Dietro ogni sospiro, dietro alle mani che si esploravano senza sosta, dietro a ogni carezza o 'ti amo' pronunciato affannosamente all'orecchio, quando il piacere aveva la meglio anche sulla razionalità e annebbiava le menti, c'erano loro e quell'impegno reciproco che avevano deciso di prendersi da poco ma che trovava le sue radici già nell'attimo in cui si erano incontrati, infilandosi l'uno nella vita dell'altra e migliorandola.

«Non mi lasciare, restami sul cuore» lo pregò Ashley quando alla fine Matt, ancora abbandonato sopra di lei dopo quella scarica di sensazioni che lo lasciava incapace di muoversi per un po', voleva scivolare via dal suo seno per permetterle di respirare. Le braccia e gambe della ragazza si strinsero con forza attorno al suo corpo, leggermente umido per via della fatica appena consumata, per bloccarlo e lui non fece opposizione.

«Non lo farò» sussurrò lui, rimanendo fermo come lei aveva chiesto, affondando le dita tra i capelli lisci della ragazza mentre le loro gambe, ormai rilassate e molli, si intrecciavano tra loro.

 

 

La stazione era affollata di gente che correva avanti e indietro.

Il chiasso che regnava era assordante se unito al rumore dei treni che arrivavano e partivano e delle valigie trascinate continuamente lungo le passerelle dei binari. Compresa la sua.

Ashley diede un'occhiata al grande orologio a lancette che troneggiava in alto su una parete.

«Mancano 10 minuti alla partenza» disse rivolgendosi a Matt, che la stava aiutando a trasportare le sue cose.

Un'espressione di disapprovazione gli colorò per un attimo il viso mentre appoggiava la valigia di fianco a lei.

«Avrei potuto accompagnarti io con la macchina, non dovevi per forza prendere il treno» le ripetè per l'ennesima volta da quando erano usciti da casa.

Ashley scosse la testa, poi gli adagiò le mani sulle spalle, avvicinandosi un po' di più.

«Ti ho detto che non ce n'era bisogno, avresti dovuto fare un sacco di strada in più e non volevo! Da qui ti verrà più vicino tornare direttamente a casa tua, io me la caverò, sto solo prendendo un treno, non è mica un mostro sanguinario!» gli sorrise, rassicurandolo.

Ashley non ricordava nemmeno più a quando risaliva l'ultima volta che era salita su quel mezzo di trasporto, probabilmente era stato molti anni prima, quando era una bambina. Di recente non le era mai capitato di dover effettuare spostamenti simili da sola e ogni volta era stato suo padre ad accompagnarla.

Ma adesso stava cambiando tutto e quella piccola prova, che per altri poteva sembrare una stupida e banale routine, per lei era già il primo passo verso la sua nuova vita. Presto avrebbe imparato a guidare e nel giro di un anno era sicura di riuscire a diventare autonoma.

«Allora chiamami quando arrivi, mi raccomando» si premurò di dirle Matt, mentre si sgranchiva le spalle e le braccia.

«Certo, 'papà'» lo scimmiottò, ricordando quando due giorni prima era stato lui a prenderla in giro in quel senso.

«Ti dò troppo il cattivo esempio - si lamentò Matt, sorridendo – e tu dai il buon esempio a me, a quanto pare» dichiarò, accorgendosi di essersi preoccupato per qualcuno come poche volte gli capitava.

«Punti di vista» disse schietta Ashley. Non condivideva del tutto quella sua affermazione, a lei Matt aveva lasciato molto di più che la capacità di dare qualche risposta a tono ogni tanto, ma era certa che anche lui ne fosse consapevole, ormai.

«É meglio che salga adesso se non voglio rischiare che il treno parta senza di me - lo informò poco dopo, essendosi resa conto che erano volati altri 5 minuti – ci vediamo da te tra due settimane allora, avevo promesso a tuo padre che avrebbe potuto farmi un ritratto fotografico e non voglio di certo deluderlo!» gli ricordò per poi dargli un leggero bacio sulle labbra.

«Non posso assicurarti che resisterò alla tentazione di prendere la macchina e atterrarti a casa senza preavviso, è meglio che tu lo sappia!» le ribadì Matt, prendendola delicatamente per la vita e avvicinandola a sé.

«Oh, non ti azzardare a farlo! Guarda che non ti lascio entrare, abbiamo fatto delle promesse Matt, ricordi? Mi hai detto tu stesso che non dobbiamo perdere di vista i nostri obiettivi e voglio che tu metta la testa a posto, che studi e che superi quei cavolo di esami, sono stata chiara? Promettimelo!» gli ordinò, cercando di fare la sostenuta anche se le riuscì piuttosto male al cospetto di quegli occhi così azzurri, le loro labbra quasi si sfioravano.

«Ti prometto che ce la metterò tutta e poi, se la ricompensa sarai tu, ancora meglio!» le soffiò all'orecchio, facendola rabbrividire.

Poi i due si strinsero in un abbraccio così stretto da fare male, uno di quelli che si desidera prolungare all'estremo per illudersi che non debba finire mai e che lascia vuoti e spauriti quando poi si è costretti a staccarsi.

Ashley baciò Matt con ardore, approfondendo il bacio senza curarsi della gente attorno e si sentì' un po' come quelle eroine dei film al momento dell'addio dal proprio amante.

Ma quello non era un addio stavolta, era solo un arrivederci e non c'era più paura nei loro occhi limpidi.

«Ti amo Ashley» disse Matt, con la fronte ancora pressata contro quella della ragazza.

«Ti amo anch'io» gli fece eco lei, per poi accarezzargli il viso un'ultima volta e allontanarsi da lui.

Matt le porse il suo bagaglio e la vide sparire all'interno del treno per poi salutarla dal finestrino.

Ashley avanzò lungo il corridoio stretto, giusto un po' in ansia come quando si fa qualcosa per la prima volta da soli, poi raggiunse il suo posto e si sedette.

Il treno lentamente cominciò a muoversi, Ashley guardò distratta fuori lo stesso paesaggio di due giorni prima che scorreva all'incontrario e la riportava a casa.

Il rumore di sottofondo e il movimento sulle rotaie stranamente ebbero un effetto rilassante e si ritrovò a socchiudere gli occhi e ad abbandonarsi ai pensieri che inevitabilmente durante quelle ore di viaggio le avrebbero fatto compagnia.

Tanti cambiamenti erano avvenuti durante quell'estate, sia dentro di lei che all'esterno, alcuni erano stati decisamente positivi, altri meno, altri ancora erano stati orribili.

Ripensò a sua madre, a suo padre, a Monica, e anche a Tyler con un leggero magone e a come erano mutati, in modi differenti, i rapporti con loro.

Aveva dovuto affrontare prove più o meno dolorose e vinto e perso battaglie, ma forse quella più importante l'aveva combattuta con la persona che più al mondo aveva temuto: se stessa.

Si era scoperta quanto di più lontano dall'idea che aveva sempre avuto di sé, aveva perso ogni punto di riferimento che pensava di avere consolidato, provato la paura, il sentimento più umano al mondo e che prima riteneva appartenere solo ai deboli o agli insicuri, imparato a rendere le sue debolezze un punto di forza e a non tenersi tutto dentro per compiacere gli altri o per seguire certi pregiudizi o convinzioni.

Si era aperta alle nuove esperienze, a ciò che appare diverso e spaventa ma che in realtà si scopre più simile di quanto si pensi, aveva imparato a guardare le cose dal punto di vista degli altri e a non giudicare e per quello era riuscita finalmente a comprendere sua madre.

Sorrise a pensarla a casa ad aspettarla con impazienza insieme a quella peste di July e a Phoebe che, anche se non divideva più la stanza con lei, sapeva bene come fare sentire la sua presenza.

Quella sarebbe rimasta sempre la sua casa, il centro dei suoi affetti, il porto sicuro nei momenti bui e tempestosi, la stella ferma e brillante lungo la strada che aveva iniziato a percorrere sul quel treno e che ancora non sapeva bene dove l'avrebbe condotta.

E poi c'era stato Matt, l'uragano che l'aveva travolta quando pensava di non essere pronta, la scossa di cui aveva avuto bisogno da una vita intera senza che l'avesse mai capito, il ragazzo di cui si era innamorata pur senza volerlo, pur senza averlo cercato, e adesso se ne stava lì, con sulle labbra il suo sapore e tra le dita le promesse che si erano fatti.

Riaprì gli occhi, si stiracchiò e cambiò posizione per evitare che le gambe le si addormentassero.

Avrebbe dovuto abituarsi in fretta al trambusto e alla scomodità sui mezzi di trasporto, alla testa scombussolata dalle ore di viaggio, ai bagagli fatti e disfatti in fretta e furia, alle poche ore di sonno e a dormire su letti che non erano il suo ma che lo sarebbero diventati se a condividerli con lei ci sarebbe stato lui.

Aveva incolpato il destino nei momenti di disperazione per averle fatto incontrare Matt, aveva imprecato e l'aveva maledetto, immaginandoselo a ghignare malefico delle sue sofferenze senza pietà, per il solo gusto di farlo.

Lo aveva accusato fin dal primo istante in cui, con crudeltà, le aveva fatto incrociare quegli occhi chiari troppo difficili da guardare, dai quali si era nascosta, che aveva temuto, prima, e scrutato poi con curiosità.

Li aveva ammirati, se ne era innamorata e ci era annegata per poi imparare a nuotarci, a sostenerli e a farne il suo mondo.

Perché in fondo in quegli occhi chissà da quanto ci era già dentro e nemmeno lo sapeva.

E il destino, ecco, forse lui ne era al corrente.

Non le importò nulla di cosa potessero pensare i passeggeri accanto lei quando non potè trattenere una flebile risata.

Poggiò il mento sulla mano e ritornò a guardare il vetro del finestrino, sul quale appariva il suo volto, mescolato al riflesso della luce e del paesaggio e nonostante non fosse che una immagine sbiadita riuscì a riconoscersi in ciò che vedeva, per la prima volta dopo tanto tempo.

Era stata stupida, e adesso poteva ammetterlo e faceva ridere, davvero tanto.

Tutto quel tempo sprecato a prendersela col fato e a pensare che si fosse accanito contro di lei per scoprire invece di essersi clamorosamente sbagliata e che qualcosa di buono, alla fine, in mezzo alle sfortune di una vita intera, era capitato.

E stavolta il destino quel ringraziamento quasi impercettibile, che le uscì dalle labbra dischiuse lasciando un alone di condensa sul vetro, lo aveva proprio meritato.

 

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Capitolo 46
*** Epilogo ***


Ciao a tutte
Dunque, è con un po' di tristezza nel cuore che vi comunico che con questo epilogo la storia è ufficialmente finita.
Quando ho cominciato a scriverla questa estate quasi per gioco, per distrarmi da un periodo un po' negativo, non pensavo che avrebbe potuto darmi così tante soddisfazioni e che avrei trovato qualcuno a cui potesse interessare o emozionare.
E invece siete state in tante, avrei voluto ringraziarvi una ad una ma sarebbe stato impossibile ( siete state in 78 tra chi ha seguito, ricordato o preferito) e anche se ci sono storie molto più seguite per me questo è un traguardo enorme e ci tenevo a dirvi quanto mi abbiate fatto felice!
Volevo pubblicare ieri ma non ci sono arrivata, visto la giornata particolare, ma lo faccio oggi e spero che lo accettiate come regalo di Natale anche se un pizzico in ritardo!
Per certi versi è un capitolo molto tenero e spero lo apprezziate!
Mettere la parola 'completa' a questa storia mi dispiace parecchio ma si è prolugata anche oltre le mie aspettative iniziali e come ogni cosa, arriva il momento di mettere la parola fine, per quanto possa essere triste.
Mi mancherete tanto, e ci tengo a ringraziare chi ha seguito in silenzio, chi ha aggiunto la storia alle varie categorie e in particolare le stupende ragazze che hanno recensito lungo questo percorso, chi una sola volta, chi più volte, chi davvero tanto, perché è stato anche grazie ai vostri commenti che sono riuscita a portare a termine con costanza la mia storia.
Probabilmente ho qualche idea per una one shot sempre su questa storia, in futuro e chissà che non la scriva prossimamente. Per il resto non saprei dire se e quando tornerò  a scrivere qualcosa, visto che ho dei mezzi spunti ma non mi sembra corretto iniziare qualcosa che non so se completerò e lasciare le lettrici sulle spine quindi, quando mi troverete di nuovo sarà con una storia che so di poter portare a termine. Io spero che accada, vedremo!
Ancora grazie mille e auguri di Buon Natale a tutte, visto il periodo!
Che non sia un addio, ma solo un arrivederci!

Epilogo

 

Febbraio era il mese più corto dell'anno ma anche uno dei più gelidi e pesanti da sopportare, troppo lontano dalla primavera, ancora di più dall'estate.

Febbraio era grigio, severo e piovoso, stringeva il corpo e l'anima in una morsa ghiacciata ed era lontanamente tollerabile solo da sotto una spessa coltre di piumoni caldi e con una cioccolata bollente tra le mani; faceva sognare di poter vivere sepolti dalle coperte e il letargo, in cui cadevano alcuni animali, di colpo sembrava una prospettiva più che allettante.

Febbraio sapeva di amaro e di lacrime tiepide su guance troppo fredde e c'erano giorni in cui pareva eterno, paradossalmente più lungo degli altri mesi, e trascorreva con una lentezza snervante, soprattutto quando non si aveva sempre a disposizione un tenero abbraccio nel quale perdersi e lasciarsi riscaldare.

 

Febbraio però quell'anno non poteva essere più rosa per Ashley.

 

Per miracolo era riuscita a non perdere l'autobus per tornare a casa dall'università, dopo aver sostenuto e superato uno degli ultimi esami rimasti, uno scoglio in meno che l'avvicinava sempre più a quel traguardo ormai prossimo.

Avrebbe compiuto 24 anni tra due mesi e molto probabilmente d'estate si sarebbe laureata, ponendo fine al suo percorso di studi con un anno di ritardo rispetto alle previsioni che aveva fatto il giorno in cui vi si era iscritta.

Un risultato comunque più che brillante, se si consideravano i ritmi frenetici e gli innumerevoli impegni che avevano scandito e stravolto la sua vita da quando aveva deciso di seguire la strada del cuore.

Da quell'estate erano passati due anni e mezzo ormai.

Rabbrividiva sempre ogni qualvolta le capitava per caso di fare la conta dei mesi passati e acquisiva la consapevolezza di come il tempo fosse trascorso, quasi volato a dire il vero.

Salì con rapidità il gradino dell'autobus, col respiro affannato e la faccia rossa e trafelata per la corsa appena fatta e durante la quale aveva rischiato più volte di scivolare in malo modo sullo strato di neve che imbiancava le strade in quel periodo. In un altro momento avrebbe messo sù un broncio colossale e se la sarebbe presa con l'intero ordine cosmico, ma non questa volta.

Non c'era spazio per incazzarsi con stupidaggini simili e togliersi dalle labbra quel sorriso.

Si fece strada a fatica lungo il corridoio angusto della vettura, tenendo sollevata la borsa per evitare che si impigliasse sui braccioli dei sedili e solo per due secondi si pentì di trovarsi dentro quella scatoletta infernale e affollata e di non aver preso la macchina, come faceva spesso da quando aveva ripreso a guidare, ovvero ormai due anni. Aveva avuto un insegnante eccezionale che, con una dose non indifferente di pazienza e un paio di imprecazioni a qualche incidente scampato, era riuscito dove sembrava quasi impossibile.

Alla vista del primo posto libero disponibile si ci fiondò sopra, allentando velocemente la sciarpa come se stesse soffocando. Quando si passò una mano sul collo, malgrado fuori si congelasse, lo trovò sudaticcio a causa della sfaticata per acchiappare l'autobus, e sperò vivamente di non beccarsi un malanno per lo sbalzo di temperatura. Proprio in quei giorni sarebbe stata una sfortuna che non poteva permettersi.

Sbuffò appena e tolse via anche il berretto di lana dalla testa con un gesto troppo rapido che le scombinò i capelli e cercò prontamente di rimediare, lisciandoseli tra le mani e raccogliendoli sul lato destro. Li portava più lunghi da un po' di tempo, al di sotto della linea delle spalle.

In mezzo a tutte le cose da fare e la stanchezza che spesso accumulava, faticava persino a trovare la voglia o semplicemente un pomeriggio vuoto per andare a tagliarli con la frequenza di prima e così avevano finito per allungarsi più del solito.

In realtà non le dispiacevano e poi aveva avuto modo di scoprire che Matt adorava passarle le dita tra quei lunghi fili rossi e lo aveva considerato un ulteriore ottimo motivo per lasciarli liberi di invaderle di più la schiena.

Lentamente riprese fiato e si mise comoda contro lo schienale, con una mano a reggersi il mento e lo sguardo fisso oltre il finestrino.

Sorrideva ma stranamente non era Matt il motivo della sua gioia, o per lo meno, non lo era in quell'esatto momento.

Da circa due settimane c'era un'altra persona che si era impadronita di un pezzettino del suo cuore ed era da lui che stava andando anche se il suo ragazzo non avrebbe avuto alcun bisogno di esserne geloso.

 

Una volta scesa dal mezzo, si avviò a passo spedito tra le vie più che conosciute del suo paese. Faceva davvero freddo ora che il calore accumulato con la corsa l'aveva abbandonata da un pezzo e la ragazza si strinse nel suo cappotto, nascondendo la bocca sotto la sciarpa e producendo qualche nuvola di vapore con il suo fiato.

Un quarto d'ora dopo si fermò davanti a un portone chiaro e frugò per qualche secondo all'interno della sua borsa per poi estrarre un mazzo di chiavi e sceglierne una da infilare nella toppa. La porta si aprì facendo un piccolo scatto ed Ashley entrò, cercando di non fare troppo rumore e avendo cura di asciugare meglio che poteva gli stivali bagnati sullo zerbino.

Fece appena in tempo a richiudersi la porta alle spalle che l'abitante della casa dovette accorgersi della sua presenza a causa di quello scatto secco.

«Sono qui»

Dal salone giunse una voce femminile che un tempo sarebbe rimbombata fin troppo squillante ma che adesso portava con sé una insolita nota di dolcezza e calma.

Ashley si diresse da dove proveniva il richiamo e con trepidazione si affacciò nella stanza.

Sua sorella Phoebe stava seduta mollemente su una poltroncina, indossava un pigiama largo, aveva i capelli raccolti in una coda disordinata e il viso struccato e piuttosto desideroso di sonno.

La rossa si avvicinò a lei quasi in punta di piedi, poi si inginocchiò ad un lato della poltrona, appoggiandosi al bracciolo e sporgendosi in avanti, la guardò in faccia e le sorrise dolcemente, ma subito dopo la sua attenzione fu diretta al grembo di Phoebe, dove stava adagiato morbidamente l'oggetto della felicità di Ashley, l'origine di un amore sconfinato che a sorpresa stava sperimentando solo in quei giorni: il suo primo nipotino.

Il primogenito di Phoebe aveva scelto il periodo più freddo dell'anno per venire al mondo e la sua testolina mezza spelacchiata fuoriusciva a stento da un voluminoso involtino di copertine di lana bianca che lo facevano somigliare a una nuvoletta morbida e non poteva esistere paragone più azzeccato per quell'angioletto che dormiva beatamente, innocente e ignaro del mondo attorno a lui e circondato dalle cure amorevoli dei suoi genitori e delle tante persone che gli si erano strette intorno.

Ashley si incantò a guardarlo in religioso silenzio, come succedeva ormai dal giorno della sua nascita, i suoi occhi si posarono su quel fagottino con tenerezza e circospezione, quasi avessero paura di sgualcirlo per il troppo fissarlo.

A suo parere Evan, così l'avevano chiamato i genitori, era la perfezione fatta neonato e non solo perché si trattava di suo nipote e non riusciva ad essere totalmente imparziale nel giudizio, ma anche perché rappresentava la perfetta sintesi tra Phoebe e il suo ragazzo Peter, il frutto concreto della loro felice unione, il coronamento di una meravigliosa storia d'amore iniziata quando erano solo dei ragazzini.

Aveva i capelli castani chiari, quasi color miele del padre e gli splendidi occhi azzurri di Phoebe come anche il nasino all'insù, mentre le labbra sottili appartenevano indubbiamente a Peter.

Potè solo immaginare la gioia incontenibile che dovevano provare i due genitori nel poter ammirare, dopo nove mesi di attesa, la meraviglia a cui avevano dato vita, nonostante i sacrifici e le responsabilità che da ora in poi li avrebbero accompagnati.

Ashley ricordava ancora le urla della sorella al telefono, a metà tra il gioioso e lo spaventato, poco dopo aver avuto tra le mani quel test di gravidanza positivo.

Si trovava a casa di Matt quel giorno ma Phoebe non era riuscita ad aspettare il suo ritorno per darle quella notizia, che l'aveva sorpresa ma nemmeno più di tanto.

Era passato oltre un anno di convivenza quando sia lei che Peter avevano cominciato ad avvertire il desiderio di allargare la loro famiglia e, sebbene all'inizio avessero immaginato quella decisione molto più lontana nel tempo, d'improvviso una sensazione forte ed inspiegabile li aveva spinti a pensare che il momento giusto fosse arrivato.

Quello che però non si aspettavano era che, dalla decisione di provarci seriamente alla vera e propria concretizzazione, sarebbe trascorso così poco.

Avevano sentito dire che spesso un figlio non arriva al primo tentativo e nemmeno al secondo e che era necessario un certo lasso di tempo perché il concepimento avvenisse e, invece, due mesi dopo Phoebe era già incinta.

Anche Nancy non aveva avuto particolari difficoltà a concepire, al contrario le era sempre venuto fin troppo facile, e la bionda aveva subito pensato che quella caratteristica, evidentemente, dovesse essere di famiglia.

La gravidanza era trascorsa abbastanza tranquilla, intervallata dalle crisi isteriche di Phoebe, in preda agli ormoni impazziti, e le sue lamentele sul fatto che si stesse sempre più trasformando in un essere assimilabile ad una balena. Insomma, era diventata solo un po' peggio del solito, in fondo.

Ashley aveva accolto quella novità con una modesta curiosità, sebbene fosse estremamente felice per la sorella.

L'idea della maternità non la entusiasmava e non la faceva diventare emotiva o luccicare gli occhi come accadeva ad altre ragazze, ma quell'anno era stato fin troppo duro e angosciante per lei e il trambusto e la ventata di gioia portati in casa dalla gravidanza della sorella avevano contribuito a risollevarle il morale, troppo spesso a terra.

Sophia, infatti, era partita per studiare all'estero, dopo aver vinto quella borsa di studio per la quale aveva lottato con tutta se stessa, lasciandola priva della sua migliore amica, Tyler la salutava ancora a stento e Matt aveva cominciato a lavoricchiare part-time in un negozio di strumenti musicali della sua città, mentre lei era stata impegnata con quel tirocinio che aveva rimandato all'inizio della sua storia d'amore e le occasioni per vedersi si erano drasticamente ridotte.

Quando andava bene riuscivano a incontrarsi tre volte al mese e solo nel fine settimana e per non più di due o tre giorni a volta.

Normalmente il primo giorno lo passavano quasi per intero isolati dal mondo esterno e chiusi in camera da letto a recuperare degli arretrati più che indispensabili in un rapporto e nei restanti giorni facevano giusto in tempo a riabituarsi ed a riassaporare la sensazione stupenda di stare insieme che dovevano di già separarsi.

Era stata terribilmente dura e non erano mancati momenti di sconforto e scoraggiamento ma nessuna sofferenza era stata mai più forte degli abbracci in cui si soffocavano quando si rivedevano dopo giorni e giorni di lontananza e che facevano loro scordare all'istante ogni dolore e fatica patiti, come se avessero il potere di cancellare dalla memoria e annientare qualsiasi negatività.

Quel Natale, in via del tutto eccezionale, lo avevano trascorso insieme a casa di Ashley, il pancione di Phoebe era in dirittura di arrivo e non se l'era sentita di andare da suo padre, che però era venuto a trovarla con Monica, la quale aveva conosciuto finalmente anche Nancy, senza spargimento di sangue o di occhiate velenose. Era stato strano ma bello.

Gregory ormai aveva ben accettato la loro relazione anche se, qualche volta, non mancava di storcere il naso se li sorprendeva troppo stretti o di raccomandare loro di stare attenti fino alla nausea.

Tutte cose a cui comunque ci si abituava senza problemi.

Un mese dopo, Phoebe aveva compiuto il suo ventiseiesimo compleanno, proprio due settimane prima che nascesse suo figlio, in perfetto orario.

E adesso assorbiva la maggior parte del suo tempo e delle sue energie, com'era giusto che fosse.

 

«Dorme?» chiese Ashley in un sussurrò alla sorella

«Sì, e ci credo bene, ha mangiato proprio dieci minuti fa il principino e mi ha prosciugata del tutto! - si lamentò debolmente Phoebe, esausta e sfinita dalla mancanza di sonno che quello scriccioletto urlante stava arrecando a lei e a Peter, poi diede un'ultima controllata al figlio, con gli occhi stanchi ma ricolmi di amore e spostò lo sguardo su Ashley, sorridendo – lo prendi in braccio tu? Ho proprio bisogno di sgranchirmi un po' le gambe!» le domandò, sapendo di fare cosa gradita anche a lei.

La sorella annuì, poi con estrema delicatezza allungò le braccia verso il bimbo e lo cinse per poi stringerselo al petto, con dei movimenti che man mano, da impacciati e insicuri, le erano diventati sempre più naturali da compiere, dimostrando che stava acquisendo una confidenza e padronanza nuova con un gesto, come quello del tenere in braccio un neonato, che non aveva mai fatto in vita sua.

Evan fece una smorfia buffa con la bocca, qualcosa di simile a uno sbadiglio, e si mosse appena all'interno dell'involucro di coperte, un braccino sbucò fuori, rivelando la manina minuscola, stretta a pugno, che Ashley sfiorò con le dita provando un'enorme tenerezza.

Non si abituava mai a quanto potesse essere piccolo.

Phoebe nel frattempo sbadigliò insieme al figlio, poi si stiracchiò le braccia, passeggiò per la stanza per risvegliare le gambe intorpidite dal troppo stare seduta e aprì il frigo per fare uno spuntino. Aveva bisogno di energie per lei e anche per nutrire quel piccolo mangione.

Quando Ashley fu di nuovo nella sua visuale notò la sua espressione dolcemente concentrata sul bambino e le scappò un sorriso.

«Ti piace proprio fargli da zia, eh?» le domandò, piazzandosi accanto a lei, mentre sorseggiava del succo e si godeva quel momento temporaneo di pace. Ringraziava il cielo ogni giorno di avere una famiglia accanto che la sosteneva e un ragazzo che faceva il padre in maniera ineccepibile, aiutandola nelle faccende di casa e col bambino.

Quella mattina erano sole lei ed Ashley visto che July era a scuola e sua madre a lavoro.

Nancy era diventata nonna giovanissima, cosa di cui amava lamentarsi bonariamente, ed era già troppo impegnata di suo per potersi occupare a tempo pieno del nipotino, così riusciva a fare un salto solo dopo l'uscita dal negozio.

Ashley annuì alla domanda della sorella «É adorabile» mormorò, facendo spalancare gli occhi a Phoebe e sentendola sbottare in una risatina sarcastica che cercò di camuffare meglio che poteva.

«Sembrano carini e teneri ma sono delle creature nate per sporcare e vomitare, non farti più dormire, e soprattutto succhiarti via tutte le forze!» dichiarò con un'aria così drammatica che fece scoppiare a ridere Ashley.

«Non credi di esagerare?» la schernì, sapeva che la sorella aveva mantenuto quel suo carattere pungente e comico e che, dietro quell'apparente atteggiamento di pentimento per aver messo al mondo un figlio, ci leggeva chiara e trasparente la sicurezza di chi, al contrario, sarebbe pronto a rifarlo un milione di volte.

Ed infatti Phoebe non rispose, si limitò a sbuffare sconfitta mentre un sorriso si spalancava sul suo viso sciupato ma felice.

«In ogni caso da te non mi sarei aspettata tutto questo attaccamento a tuo nipote, pensavo che i bambini non ti piacessero!» affermò con tranquillità, mentre si accingeva a riprendere il piccolo per cullarlo e stringerlo, come se ne sentisse già la mancanza tra le sue braccia vuote, che adesso parevano avere un senso solo quando quel fagottino le teneva occupate.

Se c'era una cosa di cui credeva poter stare sempre certa era la totale assenza di istinto materno in Ashley ma in quei giorni i suoi comportamenti e l' espressione del suo viso quando si soffermava sul nipote, avevano fatto vacillare quella sua convinzione. D'altronde suo figlio era così bello e perfetto che non si sarebbe meravigliata di scoprire che possedesse anche qualche strano potere magico.

«Già, era così, ma forse sto cambiando» rispose lei, un po' pensierosa.

Ormai aveva accettato da tempo il fatto che nella vita non si rimanesse mai uguali, ma che i cambiamenti fossero una costante logica e normale, quasi indispensabile addirittura. Lei stessa era mutata più e più volte da quell'estate, spesso senza rendersene conto, e si era adattata alle situazioni più disparate trovando una forza che non pensava di poter avere.

La sorpresa di Phoebe nel vederla così presa dal piccolino era comprensibile, per lei stessa era stato quasi uno shock.

Ashley infatti portava bene impresso nella memoria il giorno della nascita di Evan.

Erano corse tutte quante in ospedale, lei, sua madre e persino una più che annoiata e sbuffante July quattordicenne, che al momento, nella sua immaturità da adolescente, riteneva più importanti i pettegolezzi con le amiche che diventare zia.

Perchè suo nipote aveva deciso di nascere proprio quando aveva una importantissima conversazione in sospeso con la sua amica?

In ogni caso stavano sedute in quel corridoio più o meno divorate vive da un'attesa snervante dopo aver lasciato Phoebe, dolorante e con evidenti tendenze omicide, per cui non invidiavano per nulla il suo caro fidanzato che la aveva seguita in sala parto.

Poi erano arrivate le urla strazianti ed Ashley aveva sbarrato gli occhi atterrita.

Sì, era vero, sua sorella non vantava di certo un alto livello di sopportazione della fatica e del dolore e nemmeno di nessun altra cosa a pensarci bene, ma santo cielo, sembrava che qualcuno la stesse sgozzando!

Non poteva essere solo un'esagerazione, doveva fare davvero tanto ma tanto male. Ovviamente Ashley sapeva come funzionava ma sentire con le proprie orecchie il suono reale di quella tortura ebbe su di lei un effetto a dir poco traumatizzante.

Diventò pallida come uno straccio, artigliò nervosamente la borsa che teneva in grembo e lanciò un'occhiata allarmata a sua madre, che ricambiò invece con uno sguardo rassicurante e un 'é normale, sta' tranquilla' più che prevedibile da chi aveva sfornato ben tre figlie e di certo non si lasciava impressionare da qualche strillo.

Anche se appariva controllata e serena, però, Ashley riuscì a scorgere comunque un pizzico di irrequietezza nei suoi occhi vigili e nel suo camminare avanti e indietro lentamente ma costantemente. C' era pur sempre sua figlia lì dentro, in preda a dolori lancinanti che lei conosceva bene per averli provati in prima persona e dentro di sé avrebbe pagato per risparmiarglieli e sopportarli al posto suo.

July invece era china sul suo telefono e tutto quel fracasso sembrava non toccarla per nulla, persa nel suo mondo già fin troppo complicato a quell'età.

Altre grida si udirono e incrinarono il già quasi assente amore di Ashley per i bambini.

Mentre stava rigida e in allarme, come dinanzi a un film dell'orrore della peggior specie, formulò il pensiero fermo e deciso di non avere mai figli e di ricordarsi di uccidere Matt nell'eventualità in cui avesse anche solo osato pensare di poterle infilare in pancia una di quelle creature generatrici di dolore.

Dopo l'ennesimo strillo, più intenso di tutti gli altri, cominciò persino a valutare l'opzione di praticare la castità per evitare qualsiasi rischio di incappare in quella disgrazia.

Infine il silenzio finalmente, quasi irreale dopo quei minuti interminabili di ansia.

Poi fu tutto un susseguirsi di avanti e indietro confusi da quella stanza finchè, in mezzo al caos più totale, mentre ancora il suo cervello doveva realizzare che cosa fosse successo, qualcuno, non ricordava bene chi, le aveva deposto quel fagotto tra le braccia.

Sembrava una ranocchietta, aveva il naso schiacciato per il trauma della nascita ed era minuscolo e così indifeso.

Non seppe capire quale incantesimo le avessero lanciato addosso, ma nel momento esatto in cui fissò quella testolina qualcosa dentro di lei si mosse, un istinto quasi viscerale e recondito che forse aveva seppellito chissà in quale angolo del suo cuore e che la riscaldò dall'interno. I suoi occhi si addolcirono mentre le mani tremavano e provò il desiderio di proteggerlo, di volergli bene e di poterci essere sempre per lui quando ne avesse avuto bisogno.

Quando qualcuno le tolse, poco dopo, il bimbo dalle braccia, l'unica cosa che ebbe il bisogno di fare fu afferrare il telefono e chiamare Matt.

La loro conversazione durò poco perché Ashley aveva una certa difficoltà a parlare.

«É nato sai, è... bellissimo, oh devi vederlo.. è incredibile..» balbettò con la voce che le tremava senza controllo, dopo aver udito il ragazzo rispondere dall'altra parte.

«Stai piangendo, Ashley?» le chiese.

«No»

«Stai piangendo»

Lo aveva capito, non era più una domanda, Matt sorrideva e anche lei, smascherata come sempre, anche quando tra di loro c'erano chilometri e solo un telefono a farli sentire meno distanti.

E anche senza vedersi sapevano di sorridere entrambi.

«Mi manchi, Matt» confessò in un sol soffio, carico di sentimento.

Da dove diavolo veniva ora tutta quell'emotività?

«Arrivo presto, amore, resisti»

E lei resisteva sempre, una promessa, sempre la stessa da un paio di anni e quel modo di chiamarla, che la faceva sciogliere come fosse la prima volta.

E lei sapeva che l'avrebbe mantenuta e stava bene, adesso.

 

«E l'esame com'è andato?» la riportò coi piedi per terra Phoebe.

Già l'esame, nemmeno ci aveva pensato più, certe cose perdevano inevitabilmente di importanza dinanzi ad altre e le ci era voluto un bel po' per capirlo.

«Bene»

«E quello scapestrato del tuo fidanzato? Quando ci degna della sua presenza? Se tarda ancora un po' troverà mio figlio che già sgambetta!» rise, notando gli occhi della sorella i quali, alla sola menzione di quel ragazzo, avevano acquistato una specie di luccichio.

«Arriva domani mattina. Sai che ultimamente è molto impegnato, oltre a studiare deve anche lavorare, è determinato ad andarsene a stare per conto suo a breve.» la informò Ashley.

Phoebe le dedicò una lunga occhiata e si accorse di una punta di tristezza sul suo volto.

«E tu, che farai?» le domandò, dopo aver riposto Evan nella sua culla per lasciarlo dormire al caldo e più tranquillo.

«Non capisco»

«Lo seguirai? Insomma, siete lontani e prima o poi arriverà il momento in cui dovrete avvicinarvi, no? Potrebbe essere il momento giusto!» dichiarò candidamente, secondo una logica impeccabile.

Ashley deglutì nervosamente, quello era un argomento che non avevano mai preso e lui, quando aveva accennato all'idea di andare a vivere da solo, non l'aveva mai inclusa in quel progetto. Lei non se ne era lamentata perché studiava ancora e non lavorava e anche perché, forse, pensare a una convivenza era troppo presto dopo solo due anni e mezzo, ma non poteva negare a sé stessa che qualcosa nel suo cuore stringeva e faceva male senza lasciarle scampo.

Forse lui non era pronto o forse era lei a non esserlo?

«Non ne ho idea Phoebe, non ne abbiamo mai parlato e.. beh, probabilmente è un po' prematuro farlo» tagliò corto, palesemente a disagio, e sua sorella capì che forse era meglio non approfondire quel tasto dolente.

Evan si risvegliò con un tempismo perfetto, e catturò la loro attenzione con un pianto da spaccare i timpani, pretendendo di essere cambiato all'istante e facendo ritornare prepotente il mal di testa alla povera Phoebe.

«Ci risiamo!» esclamò lei esasperata, mentre Ashley se la rideva e la seguiva per aiutarla.

 

 

Lo scorse finalmente dalla finestra dove si era appostata da un'ora piena e con uno scatto veloce si fiondò alla porta, senza curarsi di avere addosso solo un maglione leggero, non adatto a reggere il gelo esterno.

Non c'era nulla che potesse scalfirla adesso, dentro di lei sentiva infiammare un incendio che nessun inverno avrebbe potuto mai spegnere.

Lo vide farsi sempre più vicino, avanzare sulla neve con incertezza, rivelando la sua totale inesperienza nel camminarci sopra, stretto in un cappotto nero che faceva risaltare la sua pelle chiara resa più pallida dal freddo, mentre i capelli biondi risplendevano sotto il sole, che timido sbucava da dietro le nubi dense.

Sentì già le guance imporporarsi al pensiero di poterlo toccare e respirare il suo profumo di nuovo, il suo ossigeno vitale.

Quanto le era mancato in quelle tre dannatissime e lunghissime settimane?

Il suo cuore, già impazzito da quando aveva intravisto quella figura, perse un battito e parve fermarsi quando il ragazzo puntò i suoi occhi su di lei e sorrise, accelerando il passo.

Non resistette e gli andò incontro, poi quando lui allargò le braccia gli si gettò addosso, rischiando di fare cadere rovinosamente entrambi sul selciato. Per fortuna la schiena forte di Matt resse il contraccolpo e d'un tratto erano di nuovo cuore su cuore, avvinghiati in quell'abbraccio disperato a tal punto da farsi male di quel dolore che li faceva rinascere vivi tutte le volte, come una fenice dalle sue ceneri.

E quel copione si ripeteva e tornava tutto a posto come per magia, come un equilibrio sovrannaturale ripristinato da chissà quale fenomeno paranormale, le mani tra i capelli, la faccia sul suo petto, le sue braccia dietro la schiena a intrappolarla, i loro corpi stretti e uniti e poi gli occhi negli occhi, e le labbra che con fin troppa violenza si cercavano, si schiudevano, si rincorrevano.

Se qualcuno avesse chiesto loro se quei due anni fossero stati facili avrebbero senza dubbio risposto che no, non lo erano stati affatto.

La vita vera non era una favola, non era rose e fiori, non aveva unicorni o arcobaleni perenni.

La vita vera era fatta di attese, di solitudine e della sensazione di impazzire quando si sentiva forte il bisogno di avere la persona amata accanto.

Era fatta di silenzi e di incomprensioni, di lunghe e asettiche conversazioni telefoniche per risolvere qualche litigio senza potersi guardare negli occhi e fare l'amore per sancire la pace ritrovata, di gelosia, che come una serpe velenosa a volte si insinuava nei cuori più saldi e bastava un niente per ferirsi, per accoltellarsi con parole dette senza pensarle davvero.

Ma loro avevano imparato che nulla, neanche la peggiore di quelle ipotesi valeva a malapena la metà di quegli abbracci intensi, dei baci scomposti e disordinati dati quasi alla cieca tanta era la foga di sentirsi, delle parole d'amore sussurrate piano all'orecchio nel buio della notte, stretti sotto le lenzuola, delle risate e la marea di cose da raccontarsi che li tenevano impegnati ore e ore senza stancarli mai.

Nemmeno una volta si erano pentiti della scelta fatta quell'estate, nonostante tutto.

«Dio, quanto sei bella, mi sei mancata da morire» sussurrò Matt, con la voce un po' roca e il respiro affannato, mentre i suoi occhi azzurri vagavano di nuovo indisturbati lungo il viso di Ashley, facendola irrimediabilmente arrossire, e le mani giocavano coi suoi capelli.

«Anche tu, ma adesso siamo qui – gli sorrise con la speranza di nuovo negli occhi, per poi poggiargli entrambe le mani sul viso – sei freddissimo» mormorò, carezzandogli i lineamenti adesso più maturi rispetto a qualche anno prima. Era cresciuto anche lui.

Matt non rispose ma le si gettò di nuovo sulle labbra, stuzzicandola con la sua lingua e afferrandola per i fianchi per ripristinare quel contatto che si era affievolito mentre avevano parlato.

Ashley rabbrividì, tre settimane erano state troppe e lei lo voleva adesso, non poteva più aspettare oltre e i gesti di Matt parlavano altrettanto chiaro. Non si curarono dello spettacolo fin troppo focoso che stavano dando dinanzi alla porta di casa sua.

«Dobbiamo andare subito da tua sorella?» le chiese mentre fremeva, sperando in una risposta che potesse conciliare con quel suo desiderio impellente di sentirla di nuovo sua, col corpo e con l'anima.

«No – mentì Ashley, era una bugia e lo sapeva ma non riusciva a resistere – non c'è nessuno a casa, sono tutti da Phoebe» lo informò, soffiandogli sul collo e scorgendo con la coda dell'occhio il sorriso malizioso sul suo volto.

Nemmeno due minuti dopo erano dentro, appoggiati a una qualunque superficie della casa che permettesse loro di potersi di nuovo esplorare.

Matt la spinse contro la parete, le sue mani risalirono lungo i suoi fianchi, facendole scappare un gemito, mentre le labbra non la mollavano un secondo.

La mente di Ashley si annebbiò del tutto quando lo sentì afferrare l'apertura dei suoi jeans per farglieli scivolare via con impazienza, lo voleva come lui, esattamente allo stesso modo e in un gesto istintivo attorcigliò le gambe attorno ai suoi fianchi per approfondire il contatto tra i loro corpi.

Matt la prese in braccio a la trascinò sopra il primo mobile che trovò a disposizione e che per loro fortuna fu un divano, poi si lasciò togliere i vestiti, socchiudendo gli occhi al passaggio della bocca di Ashley sul suo collo e con una presa salda sulle ginocchia della ragazza gliele fece dischiudere per potersi adagiare in mezzo alle sue cosce.

Lei gli piantò le unghie sulla schiena in maniera poco delicata, voleva sentirlo suo, lo voleva lungo il suo corpo, sopra di lei e dentro di lei, dappertutto. Ancora una volta, per sempre, per tutta la vita.

Nessun altro, solo lui.

Desiderò che non se ne andasse più, che rimanesse con lei, che potessero condividere tutto, e forse impazzita o troppo presa dal momento, pensò che sì, lei adesso ne era certa, era pronta a passare la sua intera esistenza con quel ragazzo, con lo stesso che intanto aveva cominciato a far scontrare i fianchi contro i suoi, respirandole sul petto e facendola annegare in un piacere che le portava via il fiato ogni santa volta e la costringeva ad ansimare.

Al diavolo la castità e tutti quei pensieri balordi che aveva formulato due settimane prima e che erano stati sostituiti adesso da altri forse ancora più folli ma, finchè si muoveva su di lei, finchè la accarezzava e baciava come fosse la cosa più preziosa che avesse, tutto sarebbe andato a meraviglia, non poteva che essere così, non potevano che crederci.

Lo amava da più di due anni ma era come se lo amasse da una vita intera, era la persona a cui aveva affidato la sua anima fin da subito, colui che era riuscito a comprenderla là dove nemmeno lei stessa era arrivata e inebriata da quei pensieri si lasciò andare, rilassandosi subito dopo, esausta ma felice.

Abbandonò il collo all'indietro e socchiuse gli occhi, ormai in totale balia di Matt, incapace di mettere a fuoco nient'altro attorno a loro, prima di sentirlo accelerare e tenerla stretta con più forza sotto di lui, per poi rilassarsi e affondare la testa nell'incavo del suo collo, schiacciandola col suo corpo, appagato esattamente come lei.

Dovettero passare un bel po' di minuti buoni prima che riuscissero a staccarsi l'uno dall'altra e a riacquistare lucidità e la capacità di parlare.

Era così ogni volta che si ritrovavano ed Ashley si chiese se lo sarebbe stato anche se avessero diviso ogni giorno insieme.

La sua testa portava ancora le tracce sbiadite dei pensieri che aveva elaborato travolta dall'unione con lui. Il sesso le faceva male, abbatteva tutte le sue difese e i suoi filtri e portava allo scoperto i suoi desideri più segreti e inconfessabili, quelli che teneva celati anche a sé stessa e che aveva paura ad ammettere.

Per fortuna Matt non era ancora capace di leggerle nella mente, specialmente quando era impegnato in attività piacevoli come quella appena consumata, o avrebbe dovuto giustificare qualcosa che ancora faticava a confessare.

Voglio passare la vita con te.

Perchè era così difficile dirlo adesso che l'euforia del momento stava svanendo?

 

«Siete in ritardo» borbottò Phoebe, con un sopracciglio sospettosamente sollevato e le braccia incrociate, mentre gli occhi di tutta la sua famiglia si poggiavano contemporaneamente sui due ragazzi appena arrivati, facendoli sentire sotto inquisizione.

«C'è stato molto traffico in autostrada» si giustificò Matt, cercando di risultare convincente, ma le loro facce rilassate e fin troppo sorridenti lasciavano presagire un'altra motivazione, più ovvia ma meno confessabile in pubblico.

Delle risatine curiose e qualche bisbiglio indistinto si levarono da un gruppetto di ragazzine tra cui Matt riuscì a distinguere solo July e i suoi capelli lunghissimi e scuri. Aveva portato due sue amiche appositamente per vantarsi di avere il cognato più bello del mondo, a detta sua, e a quanto pareva dagli apprezzamenti fatti e dalle occhiate furtive, dovevano essere d'accordo anche le altre. Ashley la fissò accigliata e July le rispose scoppiando a ridere, mentre le sue amiche sospiravano e la guardavano con invidia.

Le quindicenni erano davvero incorreggibili ormai e lei e sua madre se ne stavano accorgendo fin troppo bene.

«Non sei curioso di vedere mio figlio?» gli chiese Phoebe, avvicinandosi al biondo e poggiando le braccia sui fianchi in maniera quasi minacciosa.

«Spero solo che non strilli come te!» la apostrofò Matt, continuavano a punzecchiarsi e ormai tutti si erano abituati ai loro battibecchi.

«Eccome se lo fa!» rispose Peter, con un'aria da cane bastonato che lasciava intuire che avesse pienamente sperimentato le urla del neonato in piena notte.

«É di là nella culla, Ashley pensaci tu» le ordinò Phoebe, che non aveva intenzione di rinunciare a uno dei rari momenti in cui poteva riposarsi.

La rossa prese per mano il suo ragazzo e lentamente e intimandogli di fare molto piano, lo condusse nella camera del bimbo.

Matt rimase un poco più indietro, intimorito dal clima quasi sacro che si respirava, finché la vide abbassarsi sulla culla ed emergere con un involtino bianco tra le braccia, lo stringeva amorevolmente al petto e lo guardava con una dolcezza che lo annientò e gli fece saltare più di un battito.

Amava Ashley e ai suoi occhi era sempre apparsa come bellissima e attraente, pura e nello stesso tempo forte ma anche un po' tormentata e in lotta perenne con sé stessa. Non era un essere perfetto e sublime e anche per quello l'aveva colpito così tanto, oltre ad altri migliaia di motivi.

Eppure adesso vedeva un lato diverso di lei, lo sguardo premuroso, dolce all'inverosimile, i movimenti gentili e attenti, l'espressione ricolma di tenerezza, delicata come solo quella di una madre sa essere.

Era ipnotizzato. Non riusciva più a staccare gli occhi da lei.

Fu come se si fosse innamorato una seconda volta.

La sua fronte si contrasse appena per quell'emozione forte che aveva attraversato il suo petto, lasciandolo confuso e tramortito.

«Matt, ci sei? Che ti prende?» le chiese lei a bassa voce per non disturbare il sonno del nipotino, improvvisamente più vicina.

«Eh? Non ho niente...tranquilla» biascicò, facendole assumere un'espressione perplessa che però sparì veloce.

«Allora, l'hai visto? Vuoi prenderlo in braccio?» gli propose.

«Non saprei, sembra così fragile, ho paura di romperlo» mormorò, dando una sbirciata fugace alla creaturina, timido e impacciato per quella situazione così nuova e che lo aveva stordito.

Perchè per una frazione di secondo aveva visto Ashley come la compagna della sua vita, la donna che avrebbe voluto per sempre al suo fianco, l'unica e sola.

Aveva intenzioni serie con lei e ogni tanto ci pensava anche lui al suo futuro, ma in quell'istante ebbe come l'impressione di vederlo in faccia quel futuro ed aveva il viso angelico e le movenze soavi della sua stupenda ragazza. Quell'immagine non fece che confermargli qualcosa che ribolliva in pentola da un po' e che aspettava il momento giusto per venire fuori.

Forse era arrivato.

«Siediti, sù, ti verrà più facile!» continuò ad esortarlo lei e Matt non poté fare altro che ubbidirle, mosso da quelle strane sensazioni.

Delicatamente Ashley gli passò il neonato, avendo cura di spiegargli come tenerlo per non fargli male e per essere sicuro che non gli cadesse.

E Matt lo fece, all'inizio fu strano, quel cosino era minuscolo e dormiva e aveva il terrore di svegliarlo o di dargli fastidio, ma poi la sua presa si fece più naturale.

Ashley si perse a guardarlo, le sue mani chiare, insicure ma salde, gli occhi che avevano perso quell'aria pungente, il profilo più maturo adesso che aveva 25 anni e si accingeva a diventare un uomo, il suo uomo.

Dove stavano andando loro due? Si stavano addentrando davvero così in fondo?

Si perse tra quelle domande e Matt la ridestò poco dopo. Doveva avere sentito il peso dei suoi occhi su di lui.

«Ehi, cos'è quello sguardo sognante? Non è che abbiamo combinato un casino e c'è qualcosa che devi dirmi?» le domandò, con un'espressione vagamente preoccupata.

«Ma no, stupido, non sono incinta se è questo che pensavi – lo tranquillizzò, tirandogli un colpo leggero sulla spalla – solo che... beh, fa impressione vederti così, ma un'impressione bella, ecco» sussurrò, arrossendo appena per ciò che aveva detto. Aveva paura che non la prendesse nel verso giusto, che non riuscisse a capire quello che stava provando, ma ovviamente lo sottovalutava.

Lui aveva capito esattamente quel concetto perché era proprio ciò che gli frullava nella testa nel medesimo istante.

«Hai cambiato idea sui bambini?» le chiese poi, lasciando che gli togliesse Evan dalle braccia per riporlo nella sua culla e uscire dalla stanza.

«Beh, devo ammettere che sono carini finché non devi cambiare loro il pannolino»

Risero insieme, poi si guardarono negli occhi in maniera eloquente, senza bisogno di parlare.

Che genitori sarebbero stati loro? Ce l'avrebbero fatta, nonostante le strampalate famiglie da cui provenivano e le esperienze che li avevano segnati?

Ancora domande inopportune.

Forse un giorno, forse in futuro, forse si poteva fare...insieme.

«Ti amo» le disse all'improvviso, leggendole la mente.

Ashley gli rispose allo stesso modo, poi poggiò la testa sulla sua spalla e gli permise di cingerle dolcemente la vita con un braccio.

Rimasero fermi così, portavano ancora addosso l'odore di ciò che era successo prima, della bramosia che li aveva spinti ad unirsi fisicamente senza via di scampo, mentre adesso li teneva vicini qualcos'altro ancora, una forza diversa.

Quanti altri innumerevoli modi conoscevano per completarsi a vicenda?

 

 

Tyler stava molto più attento a studiare bene i segnali e le emozioni da quando si era illuso di essere ricambiato dalla sua migliore amica, fallendo clamorosamente.

Nel periodo successivo al chiarimento con Ashley, che li aveva allontanati senza rimedio, aveva continuato a vedersi con Sophia.

Pure quando avrebbe voluto trattenersi alla fine non ce la faceva, le domandava sempre cosa stesse facendo Ashley e soprattutto se la storia con quel tipo odioso e insolente andasse avanti.

Succedeva un fenomeno particolare dentro di lui ogni volta che le poneva quella domanda: si sentiva come spaccato a metà, una parte di lui augurava ad Ashley tutto il bene del mondo e sperava quindi che la risposta di Sophia fosse positiva, un'altra, la peggiore e la più difficile da mandare via, subdolamente continuava a sperare che fosse finita, che lui l'avesse fatta soffrire o che lei fosse rinsavita e lo avesse mandato a quel paese, dove meritava di stare.

E Tyler sapeva che finchè quella spaccatura avesse continuato ad esistere e a ripresentarsi non avrebbe potuto dire di essere guarito del tutto, perché per lui era un cazzata l'idea che quando si amava bisognava desiderare solo che l'altra persona fosse felice anche se non ricambiava.

Quello non era amore, era forse un altro sentimento più assimilabile all'amicizia vera, ma non era amore.

Per lui l'amore era egoista e non poteva che pretendere di essere ricambiato perché la sua stessa essenza era proprio il poter avere accanto l'oggetto dei propri desideri e solo così si compiva.

Come faceva ad essere felice al pensiero che in qualsiasi momento della giornata ci fosse un altro che la baciava e che ci faceva l'amore tutte le volte che voleva?

Quella fatidica domanda era diventata il suo banco di prova e ogni volta che, nell'attesa della risposta, quella voce malefica rimbombava nella sua testa, capiva di essere ancora innamorato.

Evitava Ashley e quando si incontravano per strada voltava il viso da un'altra parte. Qualche volta l'aveva anche scorta insieme a quel biondo da strapazzo, le teneva la mano con una tranquillità disarmante, come se fosse sicuro di non perderla e che nessuno gliel' avrebbe mai portata via.

Tyler sapeva che la amava, lo aveva compreso già la volta in cui aveva rischiato di prendersi un pugno da lui, ma semplicemente era ancora presto perché li potesse fissare senza sentirsi attorcigliare le viscere.

Sophia era partita poco dopo e, senza l'unico anello di congiunzione tra lui ed Ashley, si era ritrovato a non capire se quello spacco nel suo cuore esistesse ancora.

Aveva frequentato altre persone e aveva persino avuto qualche storia con delle ragazze, una era addirittura durata sei mesi. Si erano lasciati alla fine ma per motivi che non avevano niente a che fare con Ashley.

Era passato dell'altro tempo prima che Tyler fosse riuscito a percepire che il suo cuore si stesse lentamente ricucendo.

Era successo per caso prima di Natale, aveva incontrato la sorella maggiore di Ashley e stranamente la ragazza lo aveva fermato. Tyler aveva notato il pancione che sporgeva inequivocabilmente dal suo cappotto: era incinta.

Phoebe stessa si era meravigliata di avere avuto l'istinto di fermare quel ragazzo che tanto le stava antipatico, ma forse la gravidanza, oltre ad averle sconvolto il fisico e l'umore, l'aveva resa anche più sensibile e magnanima.

Ashley si faceva ancora triste quando pensava al suo ex amico e le era balenato in testa che chiedergli come stava e poterlo riferire alla sorella fosse una cosa carina.

Tyler aveva colto l'occasione per rivolgerle quella domanda critica, quella che di solito faceva a Sophia e che da un po' non aveva più potuto fare.

E quella voce era diventata solo un'eco lontana. Sì, c'era ancora, ma stava scomparendo, ed era persino riuscito a sorridere quando Phoebe gli aveva detto che sua sorella era innamorata persa e che la loro storia continuava più forte che mai nonostante le difficoltà.

Aveva gioito come fa un amico.

Aveva ripreso a salutare Ashley dopo quella volta, poi un giorno aveva intravisto Phoebe per strada, di nuovo magra e aveva capito cosa fare.

Prese il telefono quella mattina e scorse la sua rubrica fermandosi su un nome che, da moltissimo tempo, non gli capitava più di leggere su quello schermo. Senza indugi fece partire la chiamata e dopo vari squilli sentì la voce di Ashley.

Era meravigliata e nervosa allo stesso tempo, doveva essere stata una sorpresa per lei e quel pensiero lo fece sussultare di felicità.

«Ashley, volevo solo farti gli auguri per la nascita di tuo nipote, o forse è tua nipote, non so cosa sia, in realtà.» disse, con la voce solo un po' incrinata dall'imbarazzo, tanto che dovette fare un colpo di tosse subito per schiarirla.

«Oh, grazie...è.. è un maschietto comunque, si chiama Evan» aveva mormorato Ashley, la mano che reggeva il telefono ghiacciata e il cuore che le batteva a mille mentre il suo cervello forse doveva ancora realizzare quello che stava succedendo.

«Sono felice per te, sono sicuro che sarai una zia bravissima, solo un po' rompiscatole, forse»

Risero entrambi, per poi sgranare gli occhi.

Incredibile, riuscivano anche a scherzare adesso? Non è che lentamente stava tornando davvero tutto a posto?

«E tu come stai, Tyler?» azzardò Ashley, determinata a sfruttare quell'occasione piombatale dal cielo.

«Io tutto bene, solita vita, gli allenamenti, il lavoro, non ho molte novità – rispose il ragazzo dopo qualche esitazione – e tu?» gli domandò a sua volta.

«Bene, d'estate dovrei finire l'università e poi mi metterò alla ricerca di uno studio in cui poter cominciare a fare della gavetta.» rispose semplicemente, senza tirare in ballo Matt e la sua relazione per non ferirlo.

«Andrai da lui?»

Ashley rimase spiazzata. «Come?» chiese confusa.

«Intendo dal tuo ragazzo, non era solo l'università a tenerti ancora legata qui? Suppongo che una volta finita non ci sia più nulla a trattenerti.» Tyler rabbrividì, ne stava parlando di sua iniziativa e non faceva più male, sì, era un tantino strano ma non doloroso.

Ashley però esitava, non gli rispose subito.

«Non lo so, siamo a Febbraio, manca ancora così tanto e...sai com'è, ci sono molte cose da valutare ancora..» rispose evasiva.

«Capisco, beh, allora ti saluto» concluse Tyler, come prima conversazione dopo anni poteva anche bastare in fondo. Fece per chiudere la telefonata quando la voce di Ashley lo bloccò.

«Tyler – l'aveva chiamato – vienimi a trovare qualche volta, quando potrai... mi farebbe piacere»

Non gli stava dando un termine o una scadenza, lo stava lasciando libero di incontrarla quando sarebbe stato pronto.

«Ok, vedremo»

La chiamata si interruppe ed Ashley rimase con telefono poggiato sul petto, frastornata ma felice. Forse il tempo davvero aggiustava le cose, come dicevano tutti.

 

Quei quattro giorni volarono in fretta e ancora una volta, come un rituale visto e rivisto, arrivò l'ultima sera da passare insieme.

Avevano parlato tanto lei e Matt in quei giorni, del lavoro, dei progetti futuri, delle paure e si erano sostenuti a vicenda.

«Non posso crederci che devi andare di già via» si lamentò Ashley, inginocchiata sul materasso, stringendo da dietro il suo ragazzo, seduto sul loro letto e chino a riorganizzare la sua valigia.

Altri giorni di attesa li aspettavano al varco e sapevano entrambi quanto difficile fosse.

«Mi dispiace tanto Ashley, ma non potevo assentarmi da lavoro troppo, e poi ho anche degli esami a breve e se voglio finire il prossimo anno devo sbrigarmi» le spiegò, mortificato.

Ashley annuì silenziosa sulla sua schiena senza parlare, rassegnata.

Matt allora si voltò verso di lei e le prese il viso tra le mani, guardò i suoi occhi lucidi, la sofferenza che emanavano ma anche quella forza incredibile che li aveva sospinti fin dove erano adesso. Provò di nuovo la stessa sensazione di calma e di sicurezza che aveva sentito giorni prima, quando l'aveva vista tenere quel bambino in braccio e capì che era arrivato il momento giusto.

Non poteva più rimandare a costo di fare la figura del pazzo irresponsabile.

Le strinse le mani forte e scattò in piedi, costringendola a fare lo stesso.

Ashley aggrottò le sopracciglia stupita da quel movimento repentino che l'aveva colta alla sprovvista e lo fissò curiosa e in allerta.

«Ascolta Ashley, c'è una cosa che vorrei dirti – iniziò serio, facendola sussultare, di solito le frasi che cominciavano così o preannunciavano qualcosa di meraviglioso o qualcosa di terribile e si chiese a quali delle due opzioni fosse destinata, trattenne il respiro – questo periodo ci ha messo a dura prova ed è stato tremendo, odioso e pesante da sopportare e la cosa peggiore è che continuerà - Ashley deglutì con dolore, non sembrava proprio niente di buono, la stava forse lasciando? Era così? Voleva lasciarla? Il panico si dipinse sui suoi occhi – ho riflettuto tanto in questi mesi, su di noi, su quello che ci sta succedendo e sono arrivato a una conclusione. Mi spaventavo un po' ad ammetterlo ma in questi giorni... non so, ho come avuto la conferma che mi serviva»

Ashley socchiuse gli occhi e restò in silenzio, aspettando la sua condanna a morte, perché di quello si trattava, l'aveva capito ormai, anche se non riusciva a spiegarsi come fosse possibile, lui le era sembrato il solito, l'aveva stretta, amata, come faceva sempre.

Cos'era successo in quell'ultima sola notte a fargli cambiare idea? O aveva solo finto e si era preso gioco di lei?

'Ora lo dice, adesso mi dice che mi lascia, è finita' pensò tra sé e sé, angosciata e delusa.

«Io non so come dirtelo in modo decente, sai... non sono mai stato bravo con queste cose – farfugliò, fremendo sul posto e ondeggiandosi sui talloni come se qualcosa lo divorasse dall'interno, mentre le mani reggevano ancora salde le sue – oddio.. è così difficile... ma non posso più rimandarlo, mi dispiace – si stava anche scusando, come poteva scusarsi per il dolore che le avrebbe inflitto di lì a poco? Sentì le lacrime farsi spazio ma non voleva piangere – Ashley.. ecco, insomma...tu... vuoi venire a vivere con me?» disse in un solo respiro, col viso stravolto per quella domanda così importante ma di cui ormai era sicuro.

Ashley sbarrò gli occhi a tal punto che le sembrò che da un momento all'altro le cadessero fuori dalle orbite e la sua bocca si aprì per la meraviglia.

Non erano le parole che aveva pensato di doversi aspettare, non la stava lasciando, decisamente no, al contrario le stava chiedendo di fare con lui un grandissimo passo, uno di quelli che le giravano in testa da un po' ma che non aveva avuto il coraggio di ammettere.

Quanto stupida e idiota era stata anche solo a pensare che la stesse lasciando? Nemmeno tutti gli insulti che esistevano sulla faccia della terra potevano riassumere come si sentiva.

Lui la voleva eccome e non solo, la voleva tutti i giorni della sua vita.

La testa le girò e le sue mani si aggrapparono alle braccia di lui di riflesso, per sostenersi.

Matt aspettava una risposta ma le corde vocali di Ashley non collaboravano, la vista le si era quasi appannata e il mondo attorno a lei sparì.

«Non intendo domani, non subito – specificò Matt, che aveva interpretato la sua reazione come la paura per quel cambiamento improvviso – so benissimo che tu vuoi avere la tua indipendenza, vuoi lavorare e stai finendo gli studi e voglio fortemente che lo fai, ti ho sempre incoraggiata e sostenuta in questi anni perché non mollassi per colpa mia, sei brava, molto più di me. Accanto a me voglio te, la ragazza che amo, quella che sta lottando per il suo futuro con grinta, per esser autonoma e realizzare i suoi obiettivi e voglio che costruiamo insieme il nostro futuro. Ho solo pensato che.. beh, la mia città è molto grande e offre tante opportunità e forse, una volta finito, col tuo curriculum brillante avresti potuto trovare un buono studio in cui inserirti, ma sempre se è quello che vuoi anche tu e..» un dito di Ashley si piantò sulle sue labbra facendolo tacere. Aveva già sentito abbastanza e non voleva restare lì come uno stoccafisso dandogli l'impressione di essere insicura e dubbiosa, perché non lo era affatto e adesso voleva dimostrarglielo.

Lo voleva come lui.

«Basta così Matt, sì, certo che lo voglio – esclamò, mentre si asciugava veloce qualche lacrima che le era colata sul viso senza che potesse impedirlo, lacrime che si era formate ai suoi occhi per paura ma che si erano trasformate in gioia – è che sono così felice da non riuscire a dire qualcosa che non sembri stupido e...certo che voglio vivere con te...solo mi hai spiazzata, avevo paura che pensassi fosse presto e che non dovevamo parlare di queste cose» balbettò, volgendo lo sguardo a terra e poi di nuovo negli occhi del ragazzo, che adesso sorridevano.

Lo voleva come lei.

«Perché mai avrei dovuto avere dubbi? Io ti amo Ashley, non è forse per questo che stiamo insieme, che sopportiamo quei lunghi giorni lontani, che viviamo per rivederci? Io penso che sia arrivato il momento di concederci un po' di serenità. Vedi, non te l'ho detto prima perché volevo esserne più sicuro, ma ci sono buone probabilità di poter iniziare a lavorare in un posto che si occupa di elettronica e c'entrano anche gli strumenti musicali, quindi meglio di così.. posso farlo anche prima di prendere la laurea, anche se partirò dal basso, ovviamente, ma mi basterà per andare via di casa e poi tu mi raggiungerai e insieme ce la faremo, lo so!» le promise con ottimismo, stringendola ancora di più per la vita.

Lo volevano entrambi.

«Beh, sono sicura che troverei qualcosa di interessante lì da te per cominciare la mia gavetta, quindi mi sa che mi conviene non rifiutare la tua proposta» lo prese in giro, ormai l'angoscia provata prima era solo un brutto ricordo e aveva lasciato spazio a un'incontenibile felicità.

Si baciarono a lungo prima di finire abbracciati sotto le lenzuola a ridere e pensare a come organizzare il tutto, alla faccia sconvolta che avrebbe fatto suo padre a quella notizia e al lavoraccio che attendeva Monica per farglielo andare giù, al padre di Matt che avrebbe fatto i salti di gioia ad avere di nuovo la casa libera per le sue avventure galanti, a Nancy e alla malinconia che l'avrebbe assalita insieme a una sconfinata felicità per la figlia, a July e alle sue lamentele sul fatto che si sarebbe trovata senza nessuno a cui raccontare le sue future cotte o delusioni d'amore, ma che avrebbe gioito di sicuro nel potersi appropriare di una stanza più grande, a Phoebe e al suo piccolo Evan che, senza rendersene conto aveva dato un contributo alla vicenda, facendo affiorare in loro emozioni nascoste, come solo la magia che circonda i bambini sa fare.

Ashley si appuntò che avrebbe avuto un sacco di cose da dire a Sophia la prossima volta che si sarebbero sentite e ancora di più quando l'avrebbe di nuovo fisicamente potuta abbracciare, facendosi solleticare il viso da quella sua massa di riccioli invadenti.

E chissà, forse avrebbe potuto parlare di nuovo anche con Tyler, un giorno, una prospettiva che non sembrava più così irreale dopo quella telefonata.

Accarezzò i capelli morbidi di Matt nella penombra e poi si perse nel blu dei suoi occhi, prima di scivolare ancora più a fondo nella sua stretta.

Quei mesi che li separavano sarebbero volati in fretta adesso che quella prospettiva rosea li avvolgeva e li sospingeva insieme verso la primavera.

Febbraio era davvero stato un mese stupendo per Ashley.

Ora non c'erano più domande che terrorizzavano o dubbi atroci, ma solo un futuro insieme sempre più vicino e concreto, sempre meno pauroso.

E lui le dormiva accanto adesso, il suo compagno di vita, l'altra metà della sua anima, il suo tutto, il suo domani, per sempre.

 

 

FINE

 

 

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