Storia di una Strega e del Dottore che le insegnò a sognare.

di piccolo_uragano_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***
Capitolo 7: *** 7. ***
Capitolo 8: *** 8. ***
Capitolo 9: *** 9. ***
Capitolo 10: *** 10. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


"... e tieni in gabbia le paure per non farti troppo male 
tu che sei la sola chiave che ti può liberare."

(Marco Ligabue - quanto ti sai bastare)



Capitolo 1.

Kayla passeggiava indisturbata per il giardino di Hogwarts. Quella mattina si era svegliata senza la minima voglia di ascoltare nessuna delle lezioni a cui avrebbe dovuto presenziare. Nessuna, nemmeno Incantesimi. Eppure, la scuola era iniziata da pochissimo, ma lei sentiva chiaramente che quell’anno sarebbe andato di male in peggio. Così come il resto del mondo magico.
Così come tutti noi, pensò, camminando senza meta.
Così aveva detto ad Astoria che stava male, aveva aspettavo ch lei uscisse e poi si era infilata i primi vestiti che aveva trovato: una vecchia maglietta di Robert con il logo degli Stones, i pantaloni larghi e strappati che i suoi fratelli detestavano e per cui Sirius la prendeva in giro, aveva infilato le sue fedelissime Converse rosse e, senza nemmeno pensarci, era uscita dai sotterranei.
Anche ammesso che non stesse per nulla male, stare chiusa nei sotterranei era la soluzione peggiore. Si sentiva soffocare, là sotto.
Si sedette con la sua solita grazie, osservando il Lago Nero tranquillo sotto di lei. Si trovò ad invidiare la tranquillità di quel lago ampio e scuro. Lì era sempre tutto tranquillo. Appoggiò il mento sul suo stesso ginocchio, chiedendosi perché non poteva essere semplicemente una creatura del Lago Nero.
Almeno, per le creature che popolavano il Lago, Voldemort non era tornato.
Chissà com’era vivere dentro quelle acque, si chiese. Era sicura che nessuno, lì sotto, desse del bugiardo a nessuno. Nessuno progettava di uccidere nessuno, nessuno puntava il dito contro nessun altro.
Perché non poteva vivere nel Lago Nero?
Non trovò mai risposta a questo. Perché, in quel preciso istante, il suono di una sirena stridula attirò l’attenzione della giovane Serpeverde verso un punto pochi metri dietro di lei.
Fantastico! Neanche fingendosi malata riusciva ad avere un po’ di pace.
Fu immediatamente costretta a riformulare quel pensiero, però, perché quando tirò fuori la bacchetta dalla tasca dei jeans, vide una sagoma rettangolare e blu piano piano prendere forma, sotto a una luce che, a quanto pare, era la sirena che non voleva smettere di strillare.
Quando la forma si fece più nitida, Kayla vide che era una cabina per chiamare la polizia, come si poteva notare dalla scritta luminosa sopra la porta. Non abbassò la bacchetta – suo padre le aveva insegnato a non farlo mai – inclinò leggermente la testa per fissare quella cabina con aria curiosa.
Che genere di magia poteva essere?
Era sicura che la McGranitt non avesse mai parlato di cabine blu in grado di Smaterializzarsi, senza contare che la Smaterializzazione era immediata e praticamente silenziosa, e quella cosa ci aveva messo almeno cinque rumorosissimi secondi prima di apparire davanti a lei.
Pensa, Kayla, pensa.
Non ci si può Materializzare e Smaterializzare entro i confini di Hogwarts.
Era parecchio lontana dal parco, ma era più che sicura di essere ancora nei confini della scuola.
Pensa, Kayla, pensa!
Non aveva mai prestato attenzione alle lezioni di Babbanologia, e per quello si maledisse, ma era cresciuta con una nonna babbana, quindi …
Un uomo alto, magro, con i capelli sparati in aria ed un completo da uomo marrone a righe uscì dalla porta di quella cabina, guardandosi attorno con aria assonnata. “Ehilà! Puoi dirmi dove posso trovare il buon vecchio Godric?”
Kayla lo osservò stranita, puntando la bacchetta. “Stai scherzando, vero?”
“No, nient’affatto. Abbassa quella roba, o caverai l’occhio a qualcuno.” Le disse, chiudendo le porte della cabina dietro di sé.
“Che genere di scherzo è? Andiamo, chi ti manda? Fred e George? Robert? O mio padre? O tutti loro insieme?”
L’uomo si mise le mani in tasta e ciondolò avanti e indietro. “Non conosco né Fred, né George, né tantomeno tuo padre o Robert, chiunque sia. Sto cercando il mio amico Godric. Sai, un tipo alto, un sacco di capelli scuri, spropositato senso di giustizia, parla tanto, accento scozzese, alito pessimo.”
“Chi diamine sei? Come hai fatto ad apparire così dal nulla?”
“Beh, è complicato, ero … ero a Londra, ho riportato la mia amica Donna a casa, e …”
“Sei parecchio lontano da Londra. Siamo in Scozia.”
“Uh, sono stato molto più lontano di così da Londra.” Rispose, alzando le spalle.  “Puoi abbassare quella cosa? Sono contro le armi.”
“Stai attento a come parli. Questa è una bacchetta magica!”
L’uomo sorrise, producendo una risata acida. “Si, certo. Puoi dirmi dove si trova Godric, o no?”
“Torna da quel testa di Bolide di Fred e digli che non è divertente.”
L’uomo scosse la testa. “Lascia stare. Come hai detto che ti chiami?”
“Non ti ho detto come mi chiamo. E non te lo dirò, fino a quando tu non mi dirai come ti chiami.”
“Oh, scusa. Io sono il Dottore.”
Kayla alzò gli occhi al cielo. “Guarda che non sto scherzando. Ti Affatturo.”
“Grandioso, è una cosa dolorosa?”
“Parecchio.”
“E lo faresti con quella … bacchetta magica?”
“Direi di sì.” Rispose lei.
“Vorresti farmi credere che quella cosa fa davvero le magie? Godric ne aveva una, nella tasca, ma non ha mai osato usarla. ”
Kayla sbuffò rumorosamente, fissando quell’uomo con diffidenza. Dopo qualche secondo, proprio quando lui stava per dire qualcos’altro, puntò la bacchetta contro la cabina blu, e, in mezzo secondo, divenne verde acido.
CHE DIAMINE HAI FATTO?” strillò lui, alzando la voce di parecchie ottave. Corse verso quella strana cabina,accarezzandola come se si fosse in qualche modo offesa. “RIMETTILO SUBITO A POSTO!”
Kayla sorrise. “Non l’ho mica rotto. L’ho ringiovanito. Ora, di grazia, puoi dirmi chi sei?”
“Te l’ho detto!” Rispose lui. “Sono il Dottore.”
“Ma il dottore chi?”
“Il Dottore e basta!”
“Dannazione, è come se io dicessi sono la Strega!”
“Oh, grandioso! Anche tu, come Godric e la sua amica con il vestito blu! Non sopporto voi maghi, non vi stupite mai e giocate con il tempo.”
Kayla scosse la testa. “Dimmi il tuo nome.”
“Te l’ho appena detto!”
“Non puoi chiamarti ‘il Dottore’!” esclamò lei, incrociando le braccia sul petto.
“Scommettiamo, piccola strega?” mise una mano nella tasca della giacca a righe ed estrasse un piccolo portafoglio di pelle nera, e quando lo aprì le mostrò il suo interno.
Lei scosse la testa. “Sai, Dottore della cabina blu, ne so qualcosa di Occlumanzia, ho una predisposizione naturale.”
“A che cosa?”
“All’Occlumanzia. Non ho idea di che cosa sia questa cosa che mi hai appena mostrato, ma so che non c’è scritto assolutamente nulla se non ciò che tu vuoi che io veda.”
“Di grazia, cosa sarebbe l’Occlumanzia?”
“La difesa magica della mente contro la penetrazione esterna.”
Magia?”
“Tu e la tua cabina siete sbarcati a Hogwarts e tu non credi nella magia?!”
“Ripetimi dove siamo, per favore.”
Lo sguardo di Kayla si addolcì per via del tono gentile assunto dall’uomo. “A Hogwarts.” Disse. “Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts.”
“Magia e Stregoneria?” domandò lui, grattandosi la nuca. “Ma sul serio? Io stavo davvero cercando un vecchio amico.”
Kayla fece spallucce. “Sul serio.” Spostò leggermente  il peso avanti e indietro. “Sul serio, cercavi Godric Grifondoro?”
“Certo che cercavo Godric Grifondoro! Siamo vecchi amici, l’ultima volta insieme ad altri tre maghi aveva una mezza idea di fondare una scuola …” indicò il castello alle spalle di Kayla. “… una scuola di Magia e Stregoneria! Credo ci sia riuscito!”
Kayla alzò gli occhi al cielo. “Sì!” strillò Kayla, fingendosi scocciata. “Più di mille anni fa!”
L’uomo si mostrò perplesso. “Che giorno è?”
“Oggi è lunedì dodici.”
“Di che mese?”
“Settembre.”
“Mh. E in che anno?”
“Millenovecentonovantacinque.  Merlino, ma quanto sei stato in quella cabina?”
“Non è una cabina. A proposito, ti darebbe tanto fastidio farlo tornare blu? Si mimetizza meglio, e poi credo si sia offeso.”
“La cabina si è che cosa?” domandò Kayla, assumendo nuovamente quel tono acido che la contraddistingueva.
“Non è una cabina, dannazione.”
“E che cosa sarebbe?”
“Un Tardis.”
“Oh, fantastico!” Esclamò lei, guardandosi attorno. “E tu che genere di creatura saresti? Non puoi essere un babbano se sei qui.”
“Te l’ho detto, sono il Dottore.” Rispose lui, guardandosi attorno con aria curiosa.
“Ma esattamente Dottore in cosa?” chiese di nuovo lei.
“Per l’amor del cielo, piccola strega, non c’è una risposta a tutto. Sono il Dottore e basta!” esclamò.
“Va bene, va bene!” sbuffò lei. “Ma che ci fai qui?”
“Te l”ho già detto! Cercavo Godric! Ho avuto una brutta giornata, e … avevo voglia di passare un po’ di tempo con un vecchio amico!”
“Beh, che tu ci creda o no, sei in ritardo di parecchio tempo.”  
“Vedi perché voi maghi non mi siete mai piaciuti? Il vostro tempo funziona in modo diverso rispetto a tutte le altre razze. A questo punto, credo che il Tardis abbia deciso di portarmi qui e non da Godric. Ma perché mai avrebbe dovuto farlo?”
“Oh, ora la cabina decide, anche?” strillò Kayla, già esausta.
“Sto ragionando! E, per l’amor del cielo, non è una cabina!” urlò lui in risposta.
“È una dannatissima cabina della polizia!!”
“Ah si? Prova ad entrare!”
Kayla lo fissò, riducendo gli occhi a due fessure. Dopo qualche secondo, strinse i pugni e, con passo deciso e furioso, si diresse verso la porta da cui era uscito il Dottore poco prima. La aprì senza esitazioni, vi entrò di pari passo per poi uscirne e chiudere la porta di scatto. “Come … non si può! È illegale!”
“Cosa?”
“Un Incantesimo Estensivo Irriconoscibile così potente! Potrebbe cedere!” strillò di nuovo. “Senza contare che mi hai mentito: solo un mago potrebbe Estendere così tanto l’interno di una cabina del telefono, quindi sei un mago almeno quanto me!!”
“Ti sbagli, ragazzina. Sono un Signore del Tempo.”
“Oh, prova a darmi di nuovo della ragazzina e ti ...”
“Tu, invece, non mi hai ancora detto il tuo nome.”
Lei alzò gli occhi al cielo.
“Ti ho detto che sono il Dottore, ti ho detto che cosa sono e sei entrata nel Tardis. Perché ora non parli un po’ tu?”
Lei lo fissò con aria stanca. “Sono tante cose anche io, sai? Sono una studentessa annoiata, sono una ragazza preoccupata, sono una strega in pericolo, sono …”
“Ah, ecco perché mi ha portato qui. Perché sei in pericolo?”
Lei si fece malinconica. “Sai, è … complicato, da spiegare.”
“Sono molto intelligente,  le capisco le cose complicate.”
Lei scosse la testa, di nuovo. “È una storia lunga, davvero.”
“Beh, io ho tempo.” Rispose lui, alzando le spalle e spostando il peso dal tallone alla punta del piede.  Kayla gli guardò le scarpe e sorrise. “Che cosa ti fa sorridere, piccola strega?”
Lei tornò a guardarlo in viso. “Io … niente. Beh, le … le tue scarpe.”
Anche lui si osservò le scarpe. “Che vuoi dalle mie scarpe? Sono bellissime.”
Lei allargò il suo sorriso. “Certo, è che … sono uguali alle mie.”
Lui portò immediatamente lo sguardo verso i piedi di Kayla, notando che anche lei portava delle Converse bianche. E così, anche lui, sorrise. “Ti piacciono gli Stones?” domandò.
“Non troppo: mi piace rubare le magliette a mio fratello. Preferisco i Beatles.”
“I Beatles. Si, piacciono molto anche a me.  Ti va di vederli dal vivo?” 






Okay allora, ci sono parecchie cose da dire. Prima di tutto sappiate che io e la mia fantastica e stordita amica stiamo lavorando a questo crossover da moltissimo tempo, non sempre seriamente e non sempre del tutto sobrie, ma le idee ci frullano in testa da parecchio e lavorarci insieme a lei è fantastico.
Le cose da dire sono che i capitoli all'inizio verranno pubblicati in parallelo a 'Ti amo più di ieri e meno di domani', per poi sfumarne a frequenza ma la presenza del Dottore sarà comunque una costante per Kayla anche all'interno della storia originale. 
Alcune informazioni per i non-Whoians: SI, il Tardis è quella cabina blu che è più grande all'interno (Eleventh ci fa sapere che è infinita, al suo interno) Ha le sembianze esterne di una cabina telefonica blu della polizia britannica molto comune negli anni Sessanta, per via di un malfunzionamento del "Circuito Camaleonte", che normalmente dovrebbe mimetizzare il TARDIS, adattandolo all'epoca e al luogo in cui si trova  . Nella serie in lingua originale ci si rivolge a questa astronave come a una femmina, ma nella traduzione in italiano il Dottore e i vari companion ne parlano al maschile. Io non ho ancora preso una decisione definitiva. Ah, ed è sempre per via di un guasto che fa così tanto rumore quando si sposta. Ma ci sarà tempo per parlare del Tardis. 
Credo di aver detto tutto ciò di necessario per questo primo capitolo.  Beh, ci sarà da divertirsi. :)

Allons-y!

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


Può darsi tu non sia 
come ti volevano 
se ti consola, come te 
siamo in un bel po'.

(LL - con queste facce qui)


 
Kayla si guardò attorno. “Ma mi hai sentita quando ti ho detto in che anno siamo? Sei in ritardo di quindici anni per un concerto dei Beatles!”
Lui sorrise e annuì. “Si, beh, hai ragione. Dimmi un po’, perché sei in pericolo?”
Lei si carezzò un braccio con la mano. “Te l’ho detto, è … complicato, e non so che genere di creatura tu sia, quindi …”
“Cosa ti sembro, per caso? Un Ciclope? Un Centauro?”
“Ssssssh!” lo interruppe bruscamente lei. “Non nominarli!! Si arrabbiano molto facilmente!”
“Qui esistono i Centauri?” domandò lui, divertito.
Lei si guardò intorno, preoccupata. “Sì, e sono davvero permalosi. È meglio se ci spostiamo, ora che li hai nominati.” Disse, indicando la sponda del Lago su cui lei era seduta prima che quella cabina apparisse.
“Li hai mai visti?” domandò lui, con tono curioso.
“Io no, ma mio fratello si, al primo anno.”
“Quello a cui hai rubato la maglietta?”
Kayla scosse la testa per poi inclinarla leggermente a sinistra. “L’altro fratello.”
Il Dottore si perse a guardare il Lago. “Due fratelli, quindi.”
“Due fratelli e una sorella piccola.”
Lui sembrò illuminarsi. “Come si chiama?”
“Anastasia.”sbuffò lei.
“Oh, bel nome, bellissima donna. Un po’ recidiva, ma bellissima.”
Lei lo scrutò. “Non l’hai davvero conosciuta.” Sminuì. “Stai mentendo.”
“Non questa volta.”
“E come l’avresti conosciuta? In una qualche galassia alternativa?”
“Non lo so, ci troviamo ancora sulla Terra, no?”
Kayla scosse la testa. “Tu sei fuori come un balcone.” Si fermò e lo guardò.  “E che cosa ci fai qui, alla fine?”
Lui si inumidì le labbra e si perse nuovamente a guardare il lago. “Su questo ne so quanto te, piccola strega.”
Kayla alzò gli occhi al cielo. “Bene, molto bene.”
“Sembri sarcastica.”
“Beh io sono sempre sarcastica.”
“E i tuoi fratelli ti sopportano?”
Lei sorrise, ma con sguardo triste. “Io e i miei fratelli siamo molto diversi.”
“E menomale. Pensa che noia, se fossimo tutti uguali.” Prese un sasso e lo tirò verso la superficie del lago. “Quindi vivi e studi qui?”
“Vivo e studio qui.” Rispose. “Tu vivi nella tua cabina?”
“Si chiama Tardis.  A proposito, conto che torni ad essere blu quanto prima.”
“Cosa era quella carta bianca che mi hai mostrato?”
“Una carta psichica. Mostra ciò che io voglio che tu veda.”
“Come sei arrivato qui?”
“Ho riportato la mia amica a casa e poi mi sono rimesso in viaggio a bordo del Tardis. Poche ore a fluttuare nel vuoto come faccio di solito, poi ho pensato di andare a fare visita a Godric, sai lui mi capiva riguardo all’essere solo e sentirsi troppo diversi … a parte questo, ho chiesto al Tardis di portarmi dal buon vecchio Godric, invece mi sono ritrovato nella sua scuola, mille anni dopo, con una piccola strega sarcastica, acida e senza nome.”
“Brutta sorte, amico.” Ironizzò lei. “Nemmeno tu hai un nome.”
“Io sono il Dottore.” Rispose, tirando un altro sasso.
“Si, questo lo hai già detto.” Gli disse lei. “Come funziona la carta psichica?”
“Beh, in pratica … oh, è noioso da spiegare ogni volta! Come funziona l’Occlumanzia?”
Lei scosse la testa. “Si ha una predisposizione naturale. Io sono brava, mio fratello Robert è una frana, ma è più bravo di me a volare, mentre io non sto in equilibrio su quelle dannate scope.”
“Voli su delle scope? Interessante.” rispose lui. “Ma l’hai dovuta studiare o un giorno ti sei svegliata e sapevi proteggere la tua mente?”
Lei si guardò attorno. “Beh, quest’estate  siamo … siamo stati nella vecchia casa della famiglia di mio padre, e lì c’erano un sacco di libri su antiche magie, quindi … io e la mia amica l’abbiamo studiata, diciamo, di nascosto.”
Lui sorrise. “Sicura di non voler vedere i Beatles?”
“Hai detto che viaggi a bordo della cabina, non ho intenzione di …”
Non chiamarlo cabina!” si irritò lui. “Guarda che si offende sul serio, e la prossima volta per farmela pagare mi spedisce a Narnia!”
“Ma è possibile conoscere Narnia e non Hogwarts?”
“Certo, tutti conoscono Narnia. Ho litigato con l’autore.”
Lei alzò di nuovo gli occhi al cielo. “Va bene, uomo della cabina.”
“Non sono un uomo.”
Lei lo squadrò. “Ah no?”
“Sono un Signore del Tempo.”
“Non ne ho mai sentito parlare.”
“Nessuno li conosce.” Sospirò lui.
“E tu non conosci le streghe e i maghi.”
“Si, beh, ne conosco alcuni e ne sto alla larga.” Rispose, accovacciandosi. “Quanto è grande questo lago?”
“Non ne ho idea.”
“Vedi? Siete abbastanza simili a quegli scimpanzé degli umani, voi streghe di Hogwarts.”
“I babbani non sono come degli scimpanzé.”
“I che cosa?”
“I babbani. Quelli senza poteri magici.”
“Oh.”  Rispose lui. “Quanto è distante la scuola?”
Kayla indicò un punto alla sua sinistra. “Dieci minuti, a piedi, quando arrivi alla capanna di Hagrid giri a destra, fai gli scalini, e sei arrivato.”
“Hagrid?”
“Il guardiacaccia.”
“Beh, certo.” rispose, alzandosi e mettendosi le mani in tasca. “E lui che genere di creatura è?”
“Un mezzogigante, a quanto pare.”
Sul viso del Dottore apparve un sorriso gigantesco. “Mezzo che cosa?”
“Mezzogigante.”
“WOW! Esistono ancora?”
Kayla lo guardò stranito. “Quanti anni hai, uomo della cabina?”
Lui guardò il cielo. “Esattamente quanti ne dimostro.”
“E come sai di Godric, di Anastasia, e dei mezzogiganti?”
Lui alzò le spalle. “Ho letto molti libri, nella mia vita.”
Lei si morse un labbro. All’improvviso, si rese conto che probabilmente era ora di pranzo, e Fred, Robert e Harry si sarebbero preoccupati a morte se non l’avessero vista entrare in Sala Grande al solito orario.
“Devo andare, uomo della cabina.” Disse, osservando la direzione indicata da lei stessa pochi minuti prima. “I miei fratelli – e Fred -  potrebbero preoccuparsi, se non mi vedono per pranzo.”
“Vivono anche loro lì?”
“Esatto. Loro sono molto fedeli al caro Godric Grifondoro, come i miei genitori.”
“E tu?”
“Io sono … in ritardo. Davvero.”
Lui la guardò con aria malinconica. “Ci rivedremo, piccola strega.”
Kayla gli sorrise. “Kayla.”
“Come?”
“Il mio nome. Kayla Lily Black.”
Lui annuì. “A presto, Kayla Lily Black.”
“Oh, ehm, non stare troppo vicino alla sponda del Lago, uomo della cabina, sai … le sirene non gradiscono.”
Sorridendo malandrina, si voltò e se ne andò, sentendolo fare mille domande sulle sirene e sulle creature che popolavano il castello, il lago e l’intero mondo magico.

“Te l’ho detto” ripetè Kayla “è apparso dal nulla!”
“Ma questo è impossibile!!” esclamò Hermione. “Non ci si può …”
“Smaterializzare e Materializzare entro i confini di Hogwarts, si, per Salazar, lo hai già detto!” rispose, riponendo l’ennesimo libro consultato a vuoto nello scaffale. “Ma è stata più lenta e più rumorosa di una semplice Smaterializzazione.”
“Okay, lasciamo stare la cabina. Come hai detto che si fa chiamare?”
Dottore.” Sbuffò Kayla. “Che razza di nome è?”
“No, l’altro modo.”
“Signore del Tempo.” Rispose Kayla. “Merlino, Hermione, se non ne sai niente tu è davvero grave!!”
“Non sono un’enciclopedia, io.” si lamentò Hermione, aprendo il millesimo libro polveroso. “Come hai detto che ha chiamato la cabina blu?”
Tardis.” Rispose Kayla sicura. “E poi ha detto … ha detto una cosa a proposito di Anastasia, e …”
“Conosce Anastasia?!”
“Non Anastasia Black, Anastasia quella originale, quella dei Romanoff.”
“Non hai pensato che fosse solo un uomo con molta fantasia, Kayla?”
“No, no, lui … era estremamente serio. E non stava mentendo. Non era un mago, né un babbano, parola mia.”
“Io ti credo, Kayla, davvero, ma …”
Kayla si portò una mano sulla fronte. “Noi capiamo se una persona è babbana o no solo guardandola. È come se avesse un’aura addosso, e lui … lui aveva un’aura del tutto diversa, lui era diverso!!”
“Chi era diverso?” chiese la voce di Robert, posato con la spalla sullo scaffale.
“Nessuno.” Risposero entrambe. “Che ci fai in biblioteca?” chiese Hermione.
“Storia della Magia.” Rispose lui, alzando gli occhi al cielo. “Mi sono addormentato, quindi devo recuperare degli appunti sui Goblin, e …”
Kayla non gli stava più prestando attenzione, però. Era più che sicura di ciò che aveva davanti agli occhi, così non riuscì a fare nulla se non a spalancare la bocca. Aveva memorizzato quel completo a righe marroni, e la sua camminata si addiceva dannatamente bene alla sua postura, con le mani in tasca e lo sguardo perso.
Ora, però, gli occhi marroni di quell’uomo erano sospettosi e la fronte era corrugata.
“Hermione.” Sussurrò Kayla, posando la mano sulla spalla dell’amica che era intenta a parlare con Robert. “Hermione!” ripeté, indicando quanto appena visto.
Il Dottore, infatti, camminava indisturbato nella biblioteca di Hogwarts.
“Oh, Merlino.” Rispose la Grifondoro. “Ti ha vista?”
In quell’istante, lo sguardo dell’uomo volse nella loro direzione, e lui mutò immediatamente espressione. Smise di portare l’espressione sospettosa e pensierosa, per assumere una smorfia di felicità, composta da un sorriso e una mano agitata in segno di saluto.
“Ehi, quel tipo somiglia a Barty Crouch Junior, guardalo.” Contestò Robert. “Che vuole da te?”
Kayla scosse la testa. “Nulla. Cercava l’ufficio della McGranitt, prima, e gli ho dato indicazioni.”
“Uh! Speriamo sia un nuovo insegnante di Difesa!” esclamò Robert.
“Forse si è perso di nuovo.” Disse Hermione.
“Beh, non ha la faccia molto sveglia.” Contestò Robert. “Non credi, Kayla?”
Fece per voltarsi verso sua sorella, ma la vide procedere a grandi passi verso il Dottore.
“Come diamine sei entrato nel castello?!” gli domandò senza nemmeno fermarsi, facendogli segno di seguirla.
“Tutto dritto per dieci minuti, capanna di Hagrid, scalini di pietra, destra.” Rispose lui.
Lei sbuffò. “E come mi hai trovata?”
“Avrei scommesso la carta psichica che saresti andata in biblioteca a cercare informazioni sui Signori del Tempo. Tutte le scuole inglesi di questo secolo hanno una biblioteca.” Rispose. “Dove stiamo andando?”  domandò, visto che Kayla gli aveva afferrato il braccio e lo stava trascinando via.
“Alla tua cazzo di cabina.”
“Non è una … Oh, mi arrendo!” esclamò lui, alzando gli occhi al cielo.
Lei rise. “Tutti si arrendono con me, tesoro caro.”
“Non mi piace questa tua acidità, Kayla Lily Black.”
“Non piace mai a nessuno, fattene una ragione.” Rispose lei, indicandogli l’uscita del castello che si apriva sul Lago Nero.
“Ehi, ma quello è un gufo!” rispose, indicando un punto nel cielo.
Un barbagianni, infatti, scendeva in picchiata verso di loro. Kayla stese un braccio e lui vi si posò sopra, mostrandole la lettera che aveva legata alla zampa.
“E io che pensavo che foste avanti, qui a Hogwarts.” Sbuffò il Dottore.
“Non parlare di cose che non conosci. Presto non potremo usare più nemmeno questi.”
“Perché?”
“Non sono … sicuri.”
“Vi spiano?”
“Perché sei entrato nel castello?” chiese lei, in risposta. Era irritata: quell’uomo riusciva ad estorcerle informazioni senza cattiveria e con una velocità disarmante.
“AH!” esclamò lui. “Per il Tardis. Ho provato a riverniciarlo di blu, ma è diventato rosso fuoco.”
Kayla alzò le spalle e sorrise. “Hai detto tu che credevi che con la bacchetta magica non avrei potuto fare magie!”
Lui sbuffò, muovendo la testa e alzò gli occhi al cielo. “Per l’amor del cielo, il Tardis è la mia casa, e …”
“Beh, ora hai una casa alla moda.” Rispose lei, sorridendo.
“Disse la ragazzina con la cravatta e la gonna.”
“Ma è la divisa!”
“E i colori della cravatta?”
“Sono i colori della mia Casa.”
“La tua che cosa?”
Kayla produsse un verso esasperato. “Ma tu, che cosa sei, esattamente?! Non sai nulla! Nulla!”
“Oh, io so moltissime cose, invece. Solo non so nulla su di voi e su questo posto. Non in questo secolo, almeno.”
“Bene, allora vattene perché qui non è sicuro!” strillò. “Qui siamo tutti in pericolo, caro Dottor So Tutto Io, il più grande Mago Oscuro di sempre è tornato, ha ucciso un ragazzo innocente e ha combattuto con mio fratello, il Ministero si rifiuta di accettare la verità e getta merda sulla mia famiglia, i miei genitori rischiano la vita per combattere e far sapere a tutti la verità, invece il Ministro, quel gran coglione, ha mandato quel rospo vestito di rosa a controllarci! Quindi vattene, vattene tu che puoi, vattene finché sei in tempo, perché qui non è più sicuro!!”
Lui osservò Kayla dispiaciuto. “Oh, dopo questa, col cavolo che me ne vado.”




Ma buonasera persone!
A quanto pare no, non sono morta. Ci speravate, eh? 
No, ho solo lasciato un pezzo di cuore in Calabria ma sono ancora qui! 
Il capitolo era pronto da parecchio tempo, essendo direttamente collegato al primo. Per il continuo della storia originale, invece, aspetterete ancora un po' visto che devo prima fare in modo che lo spin off vada 'di pari passo' con quella. 
Beh, che dire? Lascio a voi i commenti! 
Ah, come avrete ormai capito dalle mille frasi a inizio capitolo, sono poco poco fan di Ligabue. Ops. 

Bacini 
Claude 

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Capitolo 3
*** 3. ***





Kayla lo guardò, furiosa. “Vuoi rimanere qui a rischiare la pelle? Bene! Bene, benissimo!!” strillò. “Non venirmi a dire che non ti avevo avvertito!” 
“Io posso aiutarti, Kayla Lily.” Rispose lui, calmo. 
“No.” escluse lei. “No, nessuno può farlo.”
“Ascoltami, piccola strega, sei spaventata e lo capisco, ma …”
“Io non sono spaventata.” Rispose di nuovo lei.
“Oh, si che lo sei, ma non riesci ad ammetterlo. Presumibilmente hai delle aspettative altissime da rispettare, per via dei tuoi fratelli o di altre cose di dubbia importanza, e ammettere che sei spaventata significherebbe mostrarti debole e vulnerabile, e questo, non so ancora perché, ma non ti è concesso.”
Il tono di quell’uomo era calmo, ed era questo a farla imbestialire. 
“L’ultima volta, ha … ha ucciso moltissime persone. I genitori biologici di mio fratello, mio nonno, i genitori adottivi di mio padre … ha fatto torturare e uccidere molte persone, ha … fatto moltissime cose! E mio padre è finito in carcere e io l’ho conosciuto quando avevo dieci anni, per dieci anni siamo stati solo io, Robert e la mamma, e … oh, lascia stare!” Si corresse subito.
“Perché non ti concedi di sfogarti un po’?” domandò il Dottore.
“Perché non capiresti.”  Rispose, con le lacrime agli occhi.
“Ah no?”
“No!”
“E perché no?” 
“Non hai idea di quanto sia difficile essere me.”
“Ma ho idea di quanto sia difficile essere me.” 
Lei scosse la testa. “Usa parole tue, almeno!”
“Sono parole tue che descrivono anche me.”
“Hai detto di non essere umano, non …”
“Pare che neanche tu lo sia, piccola strega.”
“Ma ho emozioni più che umane, a quanto pare.” Kayla tornò sui suoi passi per mettersi davanti al Dottore, parecchio più alto di lei. “Tu no?” 
Lui abbassò lo sguardo. “Ho appena cancellato la memoria alla mia amica. Non si ricorda di me, non si ricorda di aver salvato l’universo. Le mie emozioni sono anche peggiori di quelle umane.”
“Forse a volte è meglio dimenticare.” Sospirò Kayla, sedendosi a terra. “Io lo farei.”
“Per soffrire ancora?” domandò lui, sedendosi accanto a lei.
“No, no: per gioire di più.” Scosse la testa. “Oh, Fred me prenderebbe a calci.”
“Fred?”
“Si, Fred, Fred dice sempre che sono troppo malinconica, soprattutto ultimamente. Sai, lui … lui riesce a sorridere anche adesso, con il mondo che va a rotoli. Non so come faccia. Lui … inventa scherzi.” Kayla si perse a guardare il Lago, tirando su col naso. “Come si fa ad inventare scherzi quando hai passato l’estate nascosto in una vecchia casa? Come fa Fred ad essere così … Fred?” 
Il Dottore accennò un sorriso. “Nascosto?” domandò, tornando serio.
“Sì, i miei e altri maghi hanno … no, aspetta, non credo di potertelo raccontare.” 
“Non ho nessuno a cui raccontarlo.”
“Che ne so io di cosa nasconde quella tua cabina?”
Lui annuì. “Giusto. Perché non ti ci fai un giro? Così magari prima o poi ti fiderai di me.” 
Kayla lo guardò e accennò un sorriso. “Perché dovrei farlo?” 
“Perché ti porterò a sentire i Beatles.” 
Kayla scosse la testa. “Sì, vabbè.”
“Fidati di me, piccola strega. Sono il Dottore.”
“E allora?”
L’uomo si grattò alla nuca. “Di solito alla gente basta questo.”
Kayla allargò le braccia con aria esasperata. “Alla gente basta questo? Come se la frase ‘sono il Dottore’ equivalga a ‘io ti salverò’?!”
“Di solito è così.”
“Di solito?!” domandò lei, rialzandosi.
“Sì!” rispose lui, alzando la voce – ma non arrivando comunque al tono di lei. Si alzò anche lui, risultando parecchio più alto di lei.
“E nel tuo ‘di solito’, quante volte ti succede di trovarti in un mondo appeso ad un filo?”
Il Dottore sorrise. “Oh, non sai quante.”
Kayla accennò un sorriso, per poi guardarsi timidamente le mani. “Che … che ci facevi prima nel castello?”
“Prima? Oh, nulla, facevo un giro. Ho sentito un paio di studenti parlare male di una nuova insegnante.” 
Kayla annuì, come se lo sapesse perfettamente. “E ora … ora cosa farai?”
“Non so, credo andrò seriamente da Godric, sai, volevo davvero salutarlo.”
“Beh, ma hai detto … hai detto che è stato il Tardis a deviare la tua strada.”
“Si, l’ho detto.” Rispose il Dottore, incamminandosi con la solita andatura verso il punto dove aveva lasciato il Tardis quella mattina. “Credo volesse che finissi qui, con te, o con questo mondo in rovina. Ma ho … ho smesso di salvare mondi.”
“Quindi te ne andrai e basta?” domandò Kayla, fermandosi.
“Quindi me ne andrò e basta. Tu sii prudente, piccola strega. Non litigare troppo con i tuoi fratelli, o con Fred, anche se ti dice che sei malinconica, sai, non credo lo dica con cattiveria. Uno che inventa scherzi non può essere cattivo.” 
“Te ne stai andando.” Rispose lei, notando il Tardis a pochi metri da lui.
“So che lascio questo mondo in buone mani.” Rispose lui, accennando un sorriso. 
“Io mi sono sfogata con te, o almeno ci ho provato, e tu te ne stai andando.”
“Si, ma a mia discolpa ti consiglierei di sfogarti con Fred. Apprezzerà, e forse non ti darà più della cupa malinconica.”
“Te ne stai andando parlando di Fred!” si infuriò lei. “Sai che ti dico? Vattene, davvero. Vattene, vai da Godric ed ignora i problemi di questa epoca. Vattene, e fammi il favore di non farti più vedere.” 
“Bene!” esclamò lui. “Bene, è esattamente ciò che sto per fare!”
“Bene, davvero! Fantastico!” rispose lei, alzando le braccia per mandarlo a quel paese. “Addio!” 
Kayla girò i tacchi e se ne andò, e il Dottore rimase a guardarla, fino a quando non divenne un puntino nel nulla. Poi, attraversò la doppia porta blu a grandi passi. 

Kayla continuava a ripetersi che stava facendo una stupidaggine. 
Camminava nella notte con la bacchetta stretta nella mano sinistra, una vestaglia appartenuta a Rose, le pantofole che aveva da anni e, con sguardo duro, camminava nel giardino. Pregava che né Fred, né George, né Robert stessero usando la Mappa in quel momento, e che nessuno pensasse di andare a controllare se la sagoma nel suo letto fosse davvero lei – aveva Trasfigurato dei cuscini come meglio poteva -  perché non aveva voglia di dare spiegazioni a nessuno. 
Questo perché, si ripeté, stava facendo una stupidaggine. 
Mancavano una manciata di passi a quel lembo di terra privo di alberi in cui – ne era sicura – poche ore prima aveva salutato il Dottore. 
Si trattava solo di accettarsi che se ne fosse andato, si disse, solo questo, e poi sarebbe tornata al castello, a dormire come una brava ragazza. 
Oh, al diavolo Kayla, non sei mai stata una brava ragazza. 
Si ripeteva questo, quando, senza davvero vederlo, notò che il Tardis era ancora lì. E, senza pensarci neanche un secondo, entrò. 
Kayla si ritrovò in quella grande, strana stanza circolare che aveva solo intravisto la mattina prima.  Il Dottore, nel suo solito completo, la osservava senza tradire nessuna espressione. 
“Il Tardis non lascia che me ne vada.”  Disse, semplicemente. 
“Oh, certo. E sei lì in piedi a fissare la porta da quattro ore?”
“Ti ho vista arrivare.” Rispose con tono piatto. “E stavo pensando.”
Kayla assunse l’espressione di finto stupore che riservava a Robert quando se ne usciva con frasi del genere. “Tu pensi?” disse, scuotendo leggermente la testa. 
Il Dottore accennò un sorriso. “Credo che tu sia una persona davvero complessa.”
“Era a questo che pensavi, fissando la porta?” 
Lui allargò il sorriso. “Allora, dove andiamo?” 
Lei si guardò attorno. “In che senso?” 
“Sei entrata nel Tardis. Vuoi viaggiare con me.” 
“Hai detto che il Tardis non lascia che te ne vada.”
“Non senza di te.” Specificò lui. “Mi ha portato qui per trovare te, anche se ancora non mi è chiaro il motivo.” 
“Oh, benvenuto nel mio mondo. Il mondo in cui non si capiscono i motivi!” esclamò lei, facendo un passo verso di lui e verso quella che sembrava una gigantesca piattaforma piena di comandi. “Ad ogni modo, non posso partire con te. Non posso lasciare tutto, non ora.”
“Non lascerai tutto.” 
“Ho il compito di Pozioni, domani mattina.”
“Tornerai in tempo.” 
“Come pretendi di viaggiare in una notte?”
“Ho una macchina del tempo.”
“Quindi potremmo tornare prima di domani a colazione?”
“Potremmo tornare anche tra due minuti, se ti va, stando comunque in giro dei giorni.”
“Stai scherzando?” 
“Nient’affatto.”
Kayla lo guardò, incarnando un sopracciglio. 
“Allora” disse lui, ignorando l’espressione perplessa della ragazza, identica alla sua. “avanti e indietro, nello spazio e nel tempo. Dove ti piacerebbe andare?”
E, per la prima volta, Kayla gli sorrise davvero. 
Lui rispose al sorriso, iniziando a maneggiare con i comandi. 
“Credo di dovermi cambiare, prima.” Disse lei, indicando la vestaglia. “Non posso viaggiare nel tempo con la vestaglia di zia Rose.” 
“No, decisamente.” Rispose lui, indicando un punto dietro di sé. “Scendi le scale, corridoio a sinistra, porta a destra, porta a sinistra, ancora a sinistra e troverai un guardaroba.” 
Kayla lo osservò con aria perplessa per le troppe indicazioni, poi le seguì. Scendendo le scale e perdendosi nei labirinti di corridoi e stanze, si ritrovò a pensare che quello strano uomo con la cabina blu ed il completo a righe era la cosa più strana, sbagliata e meravigliosa che le potesse capitare. 

Kayla fece ritorno verso l’ingresso del Tardis pochi minuti dopo, con un vestito degli Anni Cinquanta rosso a pois bianchi. E, ovviamente, delle Coverse rosse fuoco. 
“Oh, ben tornata.”
“Come sto?” 
“Sei incantevole. Immagino che tu voglia viaggiare verso gli Anni Cinquanta.”
“No, in realtà non mi piace troppo provarmi i vestiti.”
Il Dottore la scrutò, alzando un sopracciglio. “Tu sei strana, piccola strega.”
Kayla annuì. “Si, non sei il primo che me lo dice.”
“Te lo hanno detto in tanti, immagino.”
“I miei fratelli, Fred, George, Ron … e Draco.”
Il Dottore notò come il suo tono si fosse fatto malinconico sull’ultimo nome. “Draco?” 
“Allora, dove andiamo?” 
“Cosa vorresti vedere?” 
“Le stelle.” Rispose lei senza pensarci su nemmeno un secondo. 
Il Dottore la guardò e le sorrise. “Le stelle!” ripeté, entusiasta. “Ogni tuo desiderio è un ordine!” 
Kayla si sedette sulla balaustra della ringhiera che circondava tutta la stanza e rise. “Fatto il misfatto!”
“Che hai detto?” 
“Fatto il misfatto.” Ripeté lei. “Lunga storia.”
“Beh, abbiamo tempo.” Disse lui. 
Lei annuì. “Infatti.”
“Allons – y!” 
“Che hai detto?”
“Oh, lunga storia.” Rispose lui, schiacciando parecchi bottoni sul gigantesco tavolo che stava al centro della stanza. “Ora, se apri la porta, vedrai le stelle.”
Kayla non se lo fece ripetere due volte: corse verso la porta, la aprì e si ritrovò a guardare le stelle a bocca aperta. 





Okay gente, due righe giusto per dire che con questo capitolo ci siamo rimessi in pari con la storia 'originale'. Il prossimo aggiornamento, quindi, sarà a 'ti amo più di ieri e meno di domani'. Come sempre grazie a Always_Potter anche se è in fase koala, a chiunque passi di qui e a quei tesori che hanno commentato lo scorso capitolo. 
love you all xx 

 

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Capitolo 4
*** 4. ***


Voglio un mondo comico,
voglio un mondo che faccia ridere;
un cielo comodo
Che qualcuno s'affacci a rispondere!
Voglio svegliarmi quando voglio
da tutti i miei sogni,
Voglio trovarti sempre qui
Ogni volta che io ne ho bisogno!
(Luciano Ligabue - voglio volere)



“Hai capito quello che ti sto dicendo, almeno? Alla fine era colpa mia che non ci sono stata quando li hanno testati su di loro!”
Kayla camminava avanti e indietro per la sala di controllo del Tardis, con le braccia incrociale e dipinta in viso un’espressione furiosa.  
“E questo è successo quando …”
“Quando eravamo in Messico, a quanto pare!”
“Non urlare.” Le disse il Dottore, guardandola di sottecchi attraverso gli occhiali.
“Senti, io urlo quanto mi pare.”
“Allora urla contro Greg.”
Fred!” lo corresse lei, alzando il tono.
“Si, ecco, Fred. Urlare vi fa bene. Solidifica la coppia.”
“O la distrugge.”  Borbottò lei, mettendosi a sedere sul divano giallo dietro il Dottore.
Lui si voltò su sé stesso per guardarla in faccia. “Senti, piccola strega, quanti anni ha Fred?”
“Cosa c’entra?!”
“Tu dimmelo.”
“Diciassette.” Sbuffò lei.
“Ecco, diciassette. Ha bisogno di sentirsi un qualcosa di definito. E se vuole sentirsi un inventore di scherzi fighissimi come delle Pasticche Vomitose, perché non lo incoraggi, invece di dirgli che realizzando i suoi sogni sta facendo una cosa immatura?”
Kayla scosse la testa e si morse il labbro. “Ti odio.”
“Solo perché sono fantastico!”
Kayla uscì dal Tardis sbattendo la porta, e il Dottore rimase a fissare il punto in cui era scomparso per qualche secondo prima che rientrasse con espressione un po’ meno infuriato.
Le sorrise e lei scosse la testa, lasciando che la tristezza e la malinconia prendessero il posto della rabbia sul suo viso innocente dopo solo qualche secondo.
“Non avrei dovuto urlarti contro.” Ammise.
“No, decisamente.”
“Insomma, non è colpa tua se sto con un idiota.”  Il Dottore scosse la testa. “Mi dispiace.” Ammise lei.
Lui le fece segno che non importava. “Lascia stare, piccola strega. Allora, dove vogliamo andare?”
“Lontanissimo.”

Kayla non spiccicò parola mentre il Dottore giocava con i comandi del Tardis per portarla il più lontano possibile. Non disse niente nemmeno quando lui annunciò di essere arrivato a destinazione, perché tutto ciò a cui riusciva a pensare era la litigata con Fred e a quanto entrambi avessero sia ragione che torto.
“Dove siamo?” domandò, uscendo dal Tardis e venendo avvolta da un profumo di cioccolato.
“Terra, Giappone, Anni Cinquanta del Ventesimo Secolo.”
Lei si guardò attorno con più attenzione. Quella cittadina era colorata, allegra, piena di piccoli dettagli che la spingevano a sorridere. Era tutto diverso rispetto agli altri posto che avevano visitato, era diversa l’aria che si respirava, e, come al solito, erano diversi gli sguardi che le persone rivolgevano loro.
“Dopoguerra? Ancora?” chiese, seguendo il passo svelto del Dottore.
“Sai cosa mi piace di questo periodo, piccola strega?”
“Che cosa?”  
“La speranza.” Disse lui, portandosi le mani in tasca e assumendo una postura che ormai risultava familiare alla giovane Serpeverde. “Questo paese è stato sconfitto. È a terra. Ha perduto tutto. Eppure, guarda” si avvicinò ad una signora del posto che teneva per mano un bambino di cinque o sei anni. “buongiorno signora!” esclamò, sorridendo.
“Buongiorno!” rispose lei.
Kayla incrociò le braccia, sorrise e scosse la testa. Poi lo guardò con aria perplessa. “Come fa a capirti? Hai parlato in inglese! E anche lei!”
“Oh, è un servizio del Tardis. Traduce tutto quanto.” Rispose lui, continuando a camminare.
Lei scoppiò a ridere e riprese a camminare accanto a lui.
“Allora” esordì il Dottore “ti va una passeggiata? Se non avrai nulla da fare tra esattamente cent’anni, lì” e indicò quella che sembrava essere una casa abbandonata, ma con dei bambini che ci giocavano attorno “aprirà un buonissimo ristorante, e …”
“Come si chiama il posto da dove vieni?” domandò lei, ignorando cosa il Dottore le stesse raccontando.
Lui cambiò completamente espressione, diventando malinconico. “Gallifrey.”
“E dove si trova?”
“Non si trova.”
“Che cosa?”
“Il mio pianeta è stato distrutto.”
Kayla si portò una mano sul petto. “E la tua gente? La tua famiglia?”
“Sono morti con la loro patria.” Lanciò una veloce occhiata alla ragazzina. “Te le sei preparate tutte queste domande o ti stanno venendo spontanee?”
“Non c’è modo di tornare indietro e salvarli?”
Il Dottore scosse la testa, posando le braccia sulla balaustra del ponte.
“Insomma, tu viaggi nel tempo! Andiamo a Gallifrey! Salviamo la tua famiglia! Sono una buona duellante, sai, sarei di grande aiuto, e …”
“Ascoltami, piccola strega. Adoro il fatto che tu voglia aiutarmi e salvare il mio popolo, ma non è una cosa fattibile. Ci sono dei punti fissi, nel tempo e nello spazio, ci sono eventi che non possono essere modificati, perché, vedi, viaggiare nel tempo non è esattamente una cosa che si può fare. Non è che io e te adesso possiamo tornare nel Tardis, giocare un po’ con i tasti e uccidere Hitler prima che salga al potere. Cambierebbero troppe cose che devono andare in un certo modo.”
“Non possiamo andare a Gallifrey prima che … c’era una guerra?”
“Si, ma non ha importanza, ora.”
“Certo che ne ha! Insomma, tu avevi una famiglia, gente che ti amava, e … quanti anni hai?”
“Tanti.”
“Eppure non sembri tanto vecchio.”
“Non ho sempre avuto questa faccia.”
“Che intendi?” s’incuriosì lei.
Lui sorrise. “Un vecchio trucco dei Signori del Tempo per non morire.”
“Quindi sei immortale?”
“No,affatto. Tendo solo a vivere di più rispetto a voi umani.”
Quanto di più, esattamente?”
“Quanto vivono gli umani, nella tua epoca?”
“Oh, dipende. Credo che i babbani non raggiungano quasi mai i cent’anni, invece tra maghi è comune. A parte per quelli che beccano malattie come il vaiolo di drago, come il nonno di Malfoy.”
“Vaiolo di drago?”
“Si, è contagioso. Se ti prende da giovane ti salvi, ma se ti prende da anziano sei fregato.”
Drago?!”
“Quindi i maghi arrivano ad essere centenari, ma i Signori del Tempo?”
“Di più.”
Quanto di più?”
Molto di più.”
Molto è un termine vago in questo caso. Non mi piacciono le cose vaghe. Quanti anni hai?”
“Ho smesso di contarli.”
“Fai uno sforzo, Gallifrey.”
“Si, Gallifrey, fai uno sforzo.” Disse una voce maschile calda e sicura dietro di loro.
Kayla si girò, gonfiando il petto e portando involontariamente la mano alla tasca in cui teneva la bacchetta, ma quando guardò l’uomo che aveva davanti, una voce dentro di lei le disse che non c’era bisogno di attaccarlo o di difendere lei e il Dottore.
Si disse che quell’uomo avrà avuto al massimo trent’anni, anche se i suoi occhi tradivano un’età più avanzata. Dentro a quelle iridi azzurre, infatti, sembravano essere nascosti fin troppi segreti.
Aveva dei corti capelli neri e un sorriso che sapeva il fatto suo, così come le braccia muscolose e i bicipiti stretti in una t-shirt bianca a maniche corte, dei jeans più che casual e …
Il Dottore abbracciò immediatamente l’uomo, come se si conoscessero da secoli.
“Tu, vecchio scemo!  Come sei arrivato qui?” esclamò il Dottore.
“Ho trovato un varco spazio temporale in un uggioso lunedì di lavoro a Torchwood.” Spiegò velocemente, prima di girarsi verso Kayla e porgerle la mano. Lei fece per afferrarla, ma l’uomo praticò un galante baciamano. “Capitan Jack Harkness, molto lieto.”
“Kayla Black.”  Rispose lei, con aria sicura.
“Smettila di provarci con ogni essere vivente, Jack!” si lamentò il Dottore.
“Mi sono solo presentato!” sbuffò Jack.
“Si, certo. Cercati qualcun altro. Lei è troppo piccola per te, e poi sta con Greg.”
Kayla alzò gli occhi al cielo. “Oh, Merlino!  Si chiama Fred!”
“Scusa, bambola, hai detto Merlino?”
“Scusa, bel faccino, hai detto bambola?”
“Oh oh.” Si allarmò il Dottore, mentre Jack capiva di aver detto la cosa sbagliata.
Alzò le mani in segno di resa. “Scusa, non volevo offenderti. Di solito alle ragazze piace.”
“No.” rispose Kayla, costringendosi ad allontanare la mano dalla bacchetta, di nuovo. “A me no.”
“Okay, lo terrò a mente, ehm …”
“Kayla.” suggerì il Dottore.
“Si, certo, Kayla. Lo sapevo.”
Kayla ridusse gli occhi a due fessure e scosse la testa.
“In che epoca ti ha trovata, Kayla?”
“Uh, lei è una strega!” si entusiasmò il Dottore. “Stavo cercando Godric, ti ricordi che te ne avevo parlato?”
“Quello che faceva magie e voleva fondare una scuola?”
Il Dottore annuì, rimettendosi a camminare. “Si, ecco, cercavo Godric per farci una chiacchierata e bere qualcosa in compagnia, ma il mio adorabile Tardis mi ha portato dall’adorabile Kayla. Studia nella scuola fondata da Godric, un millennio dopo la sua morte.”
“Hai detto davvero adorabile?” domandò Jack, ridendo.
“Ehi, voi due stronzi, sono qui dietro e vi sento!” si lamentò lei.
“Visto?” sorrise il Dottore. “Non è adorabile?”

“Quindi tu da quanto lo conosci?” domandò Kayla, appoggiata come sempre alla balaustra della sala di comando mentre il Dottore parlava con il Tardis.
“Da prima che cambiasse faccia.” Rispose Jack.
“Uh, e come era prima?”
“Non male. Insomma, non esattamente il mio tipo, ma …”
Jack!” lo richiamò il Dottore.
“Si, beh, insomma, mi hai baciato comunque!”
“Tu hai baciato me, bugiardo che non sei altro.”
Kayla scoppiò a ridere. “Che cosa? Tu baci i maschi?”
“Solo Jack. Ed era il vecchio me.”
“E come era il vecchio te?”
Jack sorrise. “Con il nasone, le orecchie a sventola e due occhi azzurri da paura.”
“E baciava bene?”
“Tu non stavi con Greg?”
“Si chiama Fred, e si, sto con Fred, sono felice con Fred, e per Salazar, non è un nome così difficile!” Sorrise, legandosi i capelli in una coda di cavallo. “Prima o poi dovrò anche portarlo qui, o penserà che lo tradisca o altro.”
“Uh, si! Fammelo conoscere!” esclamò il Dottore.
Kayla gli sorrise. “Ho paura che potreste piacervi un po’ troppo, sai?”
Jack rise e il Dottore scosse la testa. “Questa non l’avevo mai sentita.”
“C’è sempre una prima volta!” rispose Jack, strofinandosi le mani. “Allora, dove andiamo?”
“A Hogwarts. Devi vedere quel posto, Jack, è fantastico. E poi sono sempre da solo, il Tardis non lascia che me ne vada senza Kayla.”
“Il Tardis mi adora. A differenza vostra.” Precisò Kayla.
Il familiare rumore di atterraggio del Tardis annunciò ai passeggeri che erano arrivati.
“Ma se ha detto che sei adorabile!” le rispose Jack.
“Credo di avergli attaccato il sarcasmo, sai, Jack Harkness?”
Jack sorrise e batté una mano sulla spalla del Dottore. “Adorabile.” Ripeté. 

Dico giusto due cose per rompere le palle a chi non conosce Jack (prima di tutto, rimediate): non è inserito nel banner perchè volevo l'effetto sorpresa, sarà nel prossimo. Credo.
Il "bacio" tra Jack e il Dottore è alla fine della prima stagione e non è che un bacio a stampo (d'addio) ma mi sembrava giusto enfatizzarlo a dovere. 
Jack è un personaggio che adoro e credo si presenterà spesso in questa ff. Chi non lo vorrebbe più spesso tra i piedi? :) 
Ah, il banner all'inizio è opera mia, quindi non è figo come quelli che fa Always_Potter, ma ci sto lavorando. ;)
Vi ringrazio tutti di cuore come sempre. 

C xxx 


 

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Capitolo 5
*** 5. ***




E gli occhi han preso il colore del cielo 
a furia di guardarlo, 
e con quegli occhi ciò che vedevi 

nessuno può saperlo. 
(Il peso della valigia - L.L.)




Capitolo 5.

Kayla trovò Jack Harkness appollaiato fuori dal Tardis, la mattina dopo, all’alba.
Sembrava perso in un mare di pensieri, ma quando la vide arrivare le regalò un sorriso spensierato. Indossava i medesimi vestiti del giorno prima ma aveva tolto il giaccone grigio, rimanendo con la camicia e mostrando fieramente al mondo le sue bretelle rosse.
“Buongiorno Kayla Black.” Le disse.
“Buongiorno Jack Harkness.” Rispose lei. “Sono passata dalla cucina e ho chiesto agli elfi domestici di farmi un po’ di pancakes per voi, se vi vanno. Sennò, me li mangio tutti io.”  porse a Jack una piccola scatola di legno. “Sono da scaldare un po’ ma mi sembra di aver capito che lì dentro ci sia una cucina.”
“Eccome se c’è!” esclamò Jack. “Ti ringrazio, anche a nome del Dottore dormiglione.” Indicò il Tardis e scosse la testa.
“Wow, allora ogni tanto fa anche qualcosa di ordinario e banale come dormire.” disse sorpresa Kayla, alzando le sopracciglia. “Potrebbe insegnarmi come si fa!”
“Perché, piccola strega, non riesci a dormire?”
“La smetterete mai di chiamarmi ‘piccola strega’? Non ho bisogno che mi si ricordi in continuazione della mia manchevole statura, sai.”
“Oh, ma tu non sei solo bassa, sei davvero piccola. Avrai, quanti, quindici, sedici anni?”
Quattordici.” puntualizzò lei, accigliandosi. “Perché, tu quanti anni avresti, vecchio Harkness?”
Jack rabbrividì impercettibilmente a quell’epiteto, ma si aprì in un largo sorriso.
“Molti più di quanti tu possa immaginare, piccola strega.
“Strano, ne dimostri una quarantina al massimo.
“Ecco a cosa serve la chirurgia plastica!” replicò Jack, facendole l’occhiolino. “Forza, accompagnami a scaldare la colazione … uh, pancakes, non ne mangio da una vita!” constatò allegro l’uomo, sbirciando nella scatola mentre spariva dentro il Tardis, seguito dalla ragazza.
Svariati, tortuosi corridoi e infinite porte più tardi, Jack aveva ripreso a interrogare Kayla, gustandosi le soffici e fragranti frittelle dorate che aveva riscaldato nel microonde; la strega, seduta a gambe incrociate sul bancone di una moderna e attrezzatissima cucina alla babbana, sembrava decisa a rendergli ardua l’impresa.
“Avanti, ci sarà un motivo per cui non dormi!”
“Ti dico che io fatico sempre a dormire! Da quando ero piccola e sgattaiolavo in camera di mio fratello o nel lettone di mia mamma! Insomma, Harkness, mai sentito parlare di insonnia? O gli alieni non ne soffrono? Aspetta, tu sei umano? Almeno tu?”
“Oh, no, ne soffriamo tutti, purtroppo: una volta, ho conosciuto una vecchia Abzorbaloff che non dormiva da quatrocentosettantasette anni! E, per la cronaca, Jack è umano.” intervenne una voce squillante dietro Kayla, che gettò uno sguardo da sopra la propria spalla.
“Buongiorno, Dottore.”
“Buongiorno, piccola strega.” la salutò lui, staccandosi dallo stipite della porta contro cui si era appoggiato, le mani in tasca e un sorrisetto sulla bocca. “Sai, ho molte sedie, nel Tardis. Persino delle poltrone e qualche amaca.”
 “Dottore, smettila di parlare di arredamento d’interni, sto cercando di dare un supporto psicologico a una strega quattordicenne, qui.” interloquì Jack, mollando il cucchiaio nella ciotola vuota. Fissò Kayla per qualche minuto, come in uno strano gioco del silenzio, mentre il Dottore alzava le mani al cielo e si preparava la colazione.
“Scusa, tu non dovresti essere ad Hogwarts? Non fanno mai lezioni, in quella scuola? Sei sempre qui!” le chiese il Dottore, sospettoso.
Kayla alzò gli occhi al cielo. “È sabato, Dottore, non fanno lezione in nessuna scuola normale, di sabato. Per di più è l’alba e, per la cronaca, sei tu ad esserti stanziato nel giardino della mia scuola!”
“Un sacco di scuole fanno lezione il sabato!” ribatté il Dottore, puntandole contro un cucchiaio con aria di sfida. “Anzi, potrei proporlo al vostro Preside, guadagnereste preziose ore di studio… magari potrei anche insegnare qualcosa” aggiunse, con uno scintillio di entusiasmo nello sguardo. “Cosmologia e Astrofisica Gallifreyana, ad esempio!”
“Nessuno studierebbe mai Cosmologia Gallifreyana, Dottore, e non osare proporre altre ore di studio se non vuoi fare una brutta fine!” lo minacciò la strega.
“Uh, d’accordo, d’accordo, Hogwarts. Comunque era Astrofisica Gallifreyana.si arrese il Dottore, alzando le mani armate di cucchiaio e scatola di cereali.
“Come ti pare, Gallifrey.” Sbuffò lei, appellando un vasetto di Nutella e un cucchiaio, sapendo di andare a colpo sicuro: dopotutto, quale cucina non aveva un vasetto di Nutella?
“È per Gred!” sbottò improvvisamente Jack, facendo sobbalzare il Dottore e la sua scatola di cereali.
Kayla si spolverò via gli anellini al miele dalla felpa e, mentre scrutava corrucciata Harkness, aprì il vasetto e vi infilò il cucchiaio.
“Fred, per Salazar, Fred, Fred Weasley! Non è così difficile!”
“A parte il nome, però, ci ho preso! Non è così?! Dovevo darmi alla psicologia.”
“Tu dovresti darti alla macchia, Jack Harkness!” rispose Kayla, portandosi alla bocca il cucchiaio ricolmo di Nutella.
“Io sono un genio!” esclamò Jack.
“No, no, no, tu sei un emerita testa di Pluffa, insomma, sei-”
“Oh, avanti: dimmi che non ho indovinato!”
“Mi passi un pancake?”
“No.”
“Allora vai tu dagli elfi domestici domani mattina! Anzi, no, assolutamente no, non mettere piede al castello, mai, per nessuna ragione, nemmeno se stessi per…”
“Vedi, Jack, questo è quello che succede a flirtare con ogni essere vivente” s’intromise il Dottore. “Ha paura che Gred si innamori di te.”
Fred.” Ringhiò Kayla, puntandogli contro il cucchiaio. “Per le mutande di Merlino, non è così …”
Mutande di Merlino?!” domandò Jack.
“Oh, perché non l’hai mai sentita inveire contro Godric.”
“Senti, Kayla Black, per le mutande di Merlino o per Morgana o tutte quelle cose strane che dici ogni tanto, andrò dritto al castello a far innamorare tutti quanti di me, se non mi dici che ho ragione.”
“E io che credevo che Robert fosse troppo sicuro di sé.” rifletté lei, infilando nuovamente il cucchiaio nel vasetto.
“Ecco! Trascuri Greg per via di Robert! Chi è?”
Kayla scosse la testa. “Mio fratello, razza di idiota.
“Ed è adorabile come te, immagino!”
Kayla gli rivolse un sorriso acido e strizzò gli occhi.
“Avanti, piccola strega, dimmi che ho ragione.”
“Mai.”
“Dimmi che è per Fred Wizzly che non dormi.”
“… forse.” ammise la ragazza, torcendosi le dita. “È che… ho provato a parlarci ieri, in Sala Comune, ma … non vuole parlare con me.”
“Te l’ha detto lui?” chiese il Dottore, masticando una grossa cucchiaiata di cereali.
“No ma, beh, mi evita, da quando abbiamo litigato. Ieri gli volevo parlare di suo fratello maggiore, uno dei tanto, almeno, insomma quel cretino di Percy a quanto pare non vuole più avere a che fare con la sua famiglia: quest’estate ha avuto una lite furibonda con suo padre e adesso ha anche scritto a suo fratello Ron cose orribili su Harry e Silente. Per non parlare dei miei genitori e di Robert, quel bastardo.” sibilò la strega, stringendo gli occhi per la furia e stritolando il cucchiaio fra le dita. Prese un respiro profondo, prima di proseguire. “Comunque, volevo parlarne con Fred ma lui mi evita!” ripeté indignata, allargando le braccia.
“E perché ce l’ha con te, fiorellino? Insomma, la lista di motivi per cui qualcuno non vorrebbe parlare con te è abbastanza ampia, sei così adorabile.” la prese in giro Jack, sorridendole ironicamente.
“È geloso, geloso perché sparisco e non gli dico di questo, del Tardis, e di te!” aggiunse, indicando il Dottore, che stava studiando la tabella nutrizionale dei cereali con gli occhialetti squadrati sulla punta del naso.
“Come può essere geloso di lui se non lo sa? Non è così famoso.” obiettò Jack, con una leggera punta di risentimento per non essere stato scelto come bersaglio della gelosia di ‘Gred Wizzly’.
“Che? Sarebbe colpa mia se desso non parli con Gred?” protestò il Dottore nello stesso momento.
Fred, per la miseria! E no, è solo colpa sua, perché è un testardo che pensa che io sparisca con qualcun altro- tu, per l’appunto- e che non abbia più voce in capitolo su nessuna questione, perché non gli dico dove e con chi sparisco. Insomma, io vorrei dirglielo, ma come faccio se lui non vuole parlare con me?!”
Jack la fissò con sguardo pensieroso.
“Secondo me è solo impaurito. Insomma, non pensi che se la sia presa tanto perché pensa che potrebbe perderti facilmente? Perché teme che tu lo possa lasciare? O altre cose da mezza checca? Mi sembra che ci siano già stati dei brutti trascorsi con… Draco?
“Oh Salazar, il suo nome lo ricordi, quindi?” chiese acida la strega.
“È una costellazione, conoscere costellazioni è il mio lavoro, piccola strega.” ribatté Jack, con un sorriso malandrino.
“Beh, comunque, se è davvero come dici Fred è uno stupido, un imbecille! Un emerito idiota! Come può avere ancora dei dubbi?” sbottò Kayla. Dopo qualche minuto di silenzio, in cui si udiva solo lo scrocchiare dei cereali fra le fauci del Dottore, aggiunse: “Insomma, sai, io… io lo amo, Fred.”
Jack sorrise intenerito. “E glielo hai detto?”
“No, insomma… credo lo sappia.”
“Corri a dirglielo, Hogwarts!” esclamò il Dottore, alzando le braccia con la scatola dei cereali ben stretta in mano.
Kayla scosse la testa. “Sono sicura che sappia che è così. Insomma, non potrebbe essere altrimenti!” abbassò lo sguardo e, sfiorando la superfice cremosa della Nutella con la punta del cucchiaio, iniziò a farvi strani segni circolari.
Il Dottore aspettò che rialzasse gli occhi per guardarla in volto e lei trovò nei suoi grandi occhi marroni una profonda malinconia, tanto forte da sorprenderla: come aveva potuto non notarla prima?
“Piccola strega, promettimi che quando avrai qualcosa da dire ad una persona, soprattutto se si tratta di una cosa importante come questa, tu glielo dirai.”
“Che cosa c’entra?”
“C’entra! Sai, le cose cambiano, e le persone… mollano la presa!”
Kayla guardò il Dottore con aria insospettita, mentre Jack si sforzava di non incrociare i loro occhi nemmeno per sbaglio.
“Di chi stiamo parlando, Gallifrey? Di Fred o di qualcun altro?”
“Non è questo il punto. Il punto è che una cosa del genere va detta.”
“A volte non c’è bisogno, sai. Fred lo sa.”
“E tu sai che lui ama te? Se non te lo avesse mai detto, ne saresti sicura?”
Kayla serrò la mascella. “Mi vuoi dire di chi stai parlando, per favore?”
“Corri da Fred. Diglielo.”
“Non prima che tu mi abbia spiegato.”
Il Dottore prese a guardare la sua ciotola di cereali, un diversivo ormai desolantemente vuoto.
“Jack?” lo richiamò Kayla. “Jack, fissare il muro non ti esonera dalla conversazione, sai?!”
Jack assunse la stessa espressione triste del Dottore, mentre lentamente si girò verso quest’ultimo. “Non glielo hai mai detto, vero?”
Di chi stiamo parlando? Che cos’è che non mi ha detto?” ringhiò Kayla.
“Vai da Fred, ora. Perché… sì, Kayla, c’è davvero bisogno di dirlo.”
“Come hai potuto non dirglielo?!” sbottò Jack. “E, no, non parlo di te, Kayla. Lei ti amava, Dottore, era chiaro, perfettamente chiaro a chiunque vi abbia mai visti, è perfettamente chiaro anche ora, e …”
“Calmati.” Sussurrò il Dottore.
“Hai detto che era al sicuro! Non puoi dirmi che è al sicuro se non le hai detto che …”
“Jack, calmati!”urlò il Dottore. “Lei me lo ha detto. E sa ciò che deve sapere. È in buone mani.”
“Che significa in buone mani? Come può essere in buone mani se non è con te?! Il suo destino era stare con te, Dottore, solo che tu sei un grandissimo-”
Jack!” strillò Kayla. “Attento a quello che dici!”
“Lei è con me, Jack. È con la metacrisi. Ha i miei stessi ricordi, il mio stesso carattere, ma ha un solo cuore: può invecchiare con lei, vivere con lei fino alla fine, può… darle tutto ciò che si merita.”
Jack sembrò calmarsi. “Quindi lei sta con te, in un certo senso, ma tu non stai con lei.”
“Non sto capendo.” Provò ad intromettersi di nuovo Kayla, facendo passare lo sguardo rapidamente dall’uno all’altro.
“Questo non è giusto, insomma, non…”
Kayla si alzò dal bancone si avvicinò ai due. “Jack, stai zitto e spiegami di chi e di che cosa state parlando! Chi era destinato a stare con il Dottore? Lei chi? Cosa diamine è una metacrisi?! E perché tutto questo discorso è partito da me e Fred? Ma soprattutto, chi altri non ha ‘un solo cuore’?”
“Io ne ho due, per la cronaca.” Cercò di sorridere, il Dottore, alzando la mano e mostrando due dita.
“Oh, certo, tu devi sempre fare più degli altri! Ora, cosa è una metacrisi?”
“Per un po’ di tempo ho viaggiato con una ragazza di Londra. Lei era …”
Fantastica.” Concluse Jack. “Tanto lui non lo dirà mai. Loro si amavano. Moltissimo. Si amavano quando li ho conosciuti, e si amavano anche quando lui si è rigenerato, anche se poco dopo lei è …”
“Ufficialmente è morta ma in realtà sta bene. È in un universo parallelo, con i suoi genitori e un me umano, diciamo così.”
Kayla annuì lentamente. “Come si chiamava?”
“Rose Marion Tyler.”  Rispose sicuro il Dottore, con una nota di nostalgia nella voce.
Kayla continuò ad annuire, pensierosa. “Hai detto… che lei te lo ha detto, di amarti.”
“Si, lo ha detto.”
“E tu cosa hai risposto?”
Il Dottore abbassò la testa. “Ho detto ‘grande notizia’.”
Kayla gli tirò un pugno sul braccio. “Ma che razza di stronzo colossale sei?”
“Ahia!” si lamentò lui.
“Oh, te lo meritavi!” si intromise Jack. “Nemmeno io potrei rispondere così!”
“Ma poi… insomma, poi ho finito la frase! Un po’ di tempo dopo!”
Kayla gli tirò un pugno sullo stesso braccio.
“E che hai detto?” domandò Jack.
“Smettila di prendermi a pugni!”
Gallifrey! Devo sapere che hai detto, per Morgana!”
“Beh, ho detto … insomma, ha importanza?! È passato, lei è felice, ora, e …”
che è importante!” urlarono Kayla e Jack.
“Lei mi ha chiesto di completare la frase, e io ho detto… ‘Rose Tyler, c’è bisogno di dirlo?’.”
Kayla iniziò a tirargli pugni talmente forte che lui dovette proteggersi con entrambe le braccia. “Tu, grandissimo pezzo di merda di troll che non sei altro, dovresti marcire nella Foresta, e …”
“Kayla, mi fai male!” si lamentò lui.
“E ti va bene che non usi la bacchetta! Jack, per Salazar, smettila di ridere!”
“Ti stai facendo picchiare da una quattordicenne!” esclamò Jack.
“Una quattordicenne adorabile.” Specificò il Dottore, alzandosi in piedi. “Kayla Lily Black, permettimi di ricordarti che tu sei contro la violenza, e …”
Non oggi!” ringhiò Kayla. “E non ho di certo finito!”
“Mi fai del male!” si lamentò lui, sfruttando il fatto di essere ben più alto di lei per difendersi.
“Oh, immagina quanto tu ne abbia fatto a lei, non dicendo ciò che dovevi!”
“Lui glielo ha detto! La metacrisi umana, glielo ha detto!”
Non vale sdoppiarsi!” strillò Kayla. “Non vale, e tu sei un troll!”
Il Dottore la scrutò attraverso gli occhiali. “Aspetta, questo è un insulto, nella lingua di Salazar, vero?”
Kayla alzò gli occhi al cielo e Jack ricominciò a ridere.
“Oh, andatevene dalla Piovra Gigante, voi due idioti. Io vado da Fred.”
“C’è una Piovra Gigante?” domandò Jack, gli occhi accesi che ricordavano pericolosamente quelli dei gemelli Weasley prima di qualche scherzo. “E dove sta?”
“Nel Lago Nero ma non osate mettere piede fuori dal Tardis.”
“Okay, mamma.” Dissero i due all’unisono, facendo ciondolare la testa.

Ritrovò la stanza della consolle con notevole fatica, imprecando per non aver ereditato il senso dell’orientamento canino di suo padre. Controllò attraverso lo schermo che nessuno fosse nei paraggi di quella strana cabina blu: fortunatamente, era riuscita a far parcheggiare il Dottore in un lembo di terra davvero poco conosciuto e poco frequentato. Una volta uscita dal Tardis, ebbe giusto il tempo di notare che lo spettacolo dell’alba era finito da poco, con il sole alto nel cielo per gli ultimi giorni di settembre, e che probabilmente avrebbe iniziato a piovere a breve.
Diede un veloce sguardo al Lago e a tutto ciò che lo circondava, poi, senza pensarci due volte, iniziò a correre. Corse più veloce che poté, come se le due paroline magiche che aveva da dire potessero mutare nel tragitto dal Tardis alla Torre Grifondoro. Nessuno girava per il castello a quell’ora di sabato mattina, così quando si fermò con il fiatone, appena raggiunto l’ingresso del castello. Senza rendersene conto prese la strada più lunga, incrociando Pix e Nick-Quasi-Senza-Testa, ma sorrideva talmente tanto che nessuno dei due osò dirle qualcosa. Le scale tentarono di cambiare un paio di volte mentre lei correva verso la Signora Grassa, ma non riuscirono a fermarla. Recuperò fiato giusto un paio di secondi prima di sussurrare la parola d’ordine al quadro e, quando finalmente raggiunse la Sala Comune Grifondoro, ebbe la tentazione di fermarsi e riprendere fiato un’ultima volta.
Ma non lo fece.
Corse ancora, su per le scale del dormitorio maschile, fino alla camera di Fred, George e Robert; quando arrivò davanti a quella dannata porta non si premurò nemmeno di bussare, ma la spalancò e si buttò sul letto di Fred, il quale gemette di dolore.
“Kayla, cosa diamine stai facendo?” domandò, senza aprire gli occhi e scostandosi alcuni ricci scuri dalla faccia.
Lei stava per dire ciò che doveva, ciò se sentiva, ciò che quella Rose Marion Tyler aveva detto al Dottore ma lui non aveva detto a lei, ma si rese conto di non avere aria nei polmoni.
“Perché diamine hai corso, piccola?” domandò Fred, mettendosi a sedere.
“Fred, io…” riuscì a dire lei con un filo di voce.
“Tu sei matta. Siediti, riprendi fiato. Accio bicchiere …”
“No, no, Fred… ascoltami… è… importante, io… io-” lui le porse il bicchiere d’acqua ma lei rifiutò, scostando la sua mano con gesto secco e guardandolo dritto negli occhi. “Io ti amo.”
Fred deglutì e poi sorrise. “Beh, piccola, grande notizia!”
Il pugno che ricevette lo fece cadere nuovamente disteso sul letto.
“Non puoi rispondere così anche tu! Insomma, che avete voi maschi che non va?” sbottò la ragazza, incrociando le braccia.
Anche io? Kayla, a quanti lo hai mai detto prima?” domandò lui, rimettendosi a sedere.
“Non è questo il punto, è che… non è la risposta giusta!”
“Kayla, ti amo anche io, se è questo che volevi sentirti dire. Più o meno da tutta la vita, ma questo non ha importanza ora. Quello che importa è che sono le sette e due minuti del sabato mattina.”
Da quanto tempo, Weasley? Ero la sorellina del tuo migliore amico, razza di…”
“Che cosa ci fai alzata, vestita e con il fiatone alle sette e due del sabato mattina?” insistette Fred, ignorando la sua domanda.
Kayla si morse il labbro.
Conosceva il Dottore da un paio di settimane, ormai, e per quanto fosse meraviglioso rifugiarsi nel Tardis un paio di volte al giorno e scappare in qualche altra dimensione, stava diventando un segreto troppo grosso. Insomma, un conto era far passare inosservati gli orari indecenti a cui capitava che rientrasse ad Astoria, oppure lanciare occhiatacce a Harry quando la vedeva tornare al castello dopo le punizioni della Umbridge; ma nascondere a Fred quanto fosse fantastico viaggiare con il Dottore era tutt’un altro paio di maniche: le pesava più di quanto fosse disposta ad ammettere.
Era anche una questione di logistica: in una giornata normale, lei faceva un paio di viaggi spazio-temporali di una durata di almeno tre ore, per poi tornare al castello un paio di minuti dopo essere partita; certo, a parte, quel paio di volte in cui il Dottore aveva dimenticato questo particolare, facendola rientrare con ore intere di ritardo.
Comunque, Fred pareva non essersene accorto e, a parte quelle piccole stranezze che aveva colto (granelli di sabbia bianca e fine nelle Converse, aromi esotici sui suoi capelli, brandelli di conversazione fra lei ed Hermione), non aveva nessun reale motivo di sospettare qualcosa.
E Kayla, in quel momento, si rese conto di voler condividere con lui quella strana cabina che era più grande all’interno. Di aver quasi bisogno di farlo.
“Okay, allora, sai mantenere un segreto?”
“Sì.” Rispose lui con decisione.
“Devi esserne sicuro, Fred, perché è una cosa troppo bella per essere rivelata a chiunque. E parlo anche di tuo fratello.” aggiunse, riferendosi al gemello del ragazzo.
Fred la scrutò con la fronte aggrottata. “Ed è una cosa che sai solo tu?”
Kayla annuì.
“Bene, ci sto. Dimmi.” Asserì infine il rosso, serio.
“No, se te lo dicessi, non mi crederesti. Devi venire con me.”
“E dove?”
“Ti fidi di me, Fred Weasley?”
“Certamente.” Rispose lui, leggermente offeso dal fatto che questo potesse essere messo in dubbio.
“Okay, allora vestiti. E poi alzati e preparati, perché cambierà tutto quanto.”
Fred si alzò dal letto e cercò un paio di jeans tra tutti i vestiti che stavano sparsi a terra. “Ogni tanto mi preoccupi.” Disse, infilandoseli.
“Sì, certo. Fai veloce.” Gli disse, sorridendo. “Sei pronto?” disse, quando vide che si era infilato le scarpe. Fred annuì solo quando si mise la bacchetta in tasca. “Sono pronto.” Poi si avvicinò a lei e le baciò le labbra. “E sì, ti amo anche io, visto che abbiamo iniziato a dircelo ne approfitterò spesso, sappilo.” La baciò di nuovo e poi assunse un’espressione perplessa. “Hai mangiato della Nutella, Kayla?”
Lei sorrise, il viso ancora vicinissimo al suo.
“Grande notizia.” disse, strofinando il naso contro il suo. “Prendimi, se ci riesci!” e saltò giù dal letto, per iniziare a correre.
Fred le lasciò qualche secondo di vantaggio, in cui si concesse di guardarla da dietro mentre correva, con la coda che si disfava ad ogni passo. Sorrise, scosse la testa e corse con lei.


Ciao persone. 
Ho un paio di cose da dirvi, ma inizio dicendo che ci vuole una standing ovation per Always_Potter alias Benny alias santa Benny per avermi aiutata più che mai,infatti, metà del capitolo è opera sua. 
Dopodichè annuncio fieramente che questo è il capitolo più lungo di tutto lo spin off, per ora, perchè si inizia a parlare del passato del Dottore. Per chi non avesse mai visto Doctor Who, in primis mi scuso per lo spoiler, e in sintesi: Rose per me è stata LA companion; è stata l'unica in grado di entrare così profondamente nei cuori del Dottore, e anche se lui non lo dirà mai apertamente, tutto il fandom sa che anche lui l'amava. E visto che sono stranamente romantica in questi giorni, vi dico che l'ha amata sempre, in qualche modo, sia prima che dopo, anche se non l'ha mai saputo davvero.
Okay, a parte questo, Jack è
tecnicamente umano ma ci sono un paio di dettagli su questo argomento che verranno rivelati più avanti. ;)
Credo di aver detto tutto, ad ogni modo. 
Il capitolo 87 è in fase di stesura, ma era importante che prima leggeste questo. 
Bacini. 


C xxx 

 

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Capitolo 6
*** 6. ***




Fred arrivò davanti al Tardis senza più fiato nei polmoni ma, a differenza di Kayla, non usò quella strana cabina per appoggiarsi. La scrutò con il suo solito sguardo curioso, che Kayla adorava.
“Questa … è sempre stata qui?” domandò, tradendo il fiato corto. Kayla scosse la testa.“Che cosa è?”
“Ora lo vedrai.” Rispose lei, sorridendo. “Okay, guarda quanto è grande, presta attenzione, ti prego.” Si pose davanti alla cabina e allargò le braccia per mostrargliela.
“Kayla, è una cabina. È grande quanto una cabina.” Le disse lui, incrociando le braccia sul petto.
“Ne sei assolutamente sicuro?” chiese lei, senza perdere il sorriso.
“Assolutamente sicuro.”
“Grandioso.” Gli disse, e gli tese di nuovo la mano. “Non vedo l’ora di vedere la tua faccia!” gli stampò un nuovo, leggero ed euforico bacio sulle labbra, e poi entrò nella cabina.
“Ehi, Gallifrey!” disse, entrando.
“Ehi, Hogwarts.” Rispose il Dottore, in piedi nella sua solita posizione. “Vi ho visti arrivare.” Disse, indicando lo schermo davanti a lui. “Oh, e Jack ha appena avuto una grande idea per il problema del rospo rosa.”
Fred, intanto, era rimasto all’ingresso del Tardis con la bocca spalancata. “Per tutte le mutande sporche di Morgana!” esclamò dopo pochi secondi.
“Oh!” rispose il Dottore con sguardo entusiasta, dopo pochi secondi. “Che bello, finalmente un mago che si stupisce. Io e te diventeremo grandi amici, Gred.”
“Forge”
Fred”  i due ragazzi parlarono nel medesimo istante: il rosso con tono distratto, ancora totalmente assorto dalla contemplazione della sala di comando, Kayla in tono esasperato.
Si voltò verso il giovane, lanciandogli un’occhiataccia. “Ti ci metti anche tu, adesso?!”
“Mi sta sempre più simpatico” rincarò gioviale il Dottore.
Ma Fred non li ascoltava, fermo a bocca spalancata sull’ingresso. “Maledettissimo Salazar!”
“EHI!” lo richiamò Kayla. “Dannazione, Fred, o dentro o fuori, sennò entra il freddo.”
“Questa … cosa … non è una cabina!” esclamò, muovendo un paio di passi avanti e chiudendo la porta.
“No, questa cosa è un Tardis.” Disse il Dottore, avvicinandosi a lui.
“E che significa?” domandò il giovane Weasley, osservando il Dottore con la testa leggermente inclinata.
Time And Relative Dimension In Space.” Spiegò lui, allargando le braccia come per fare segno a Fred di accomodarsi.
Il ragazzo si fece avanti, e i suoi occhi si posarono con malcelata avidità sulla console carica di tasti e leve. “Ed è … più grande all’interno! Ma è troppo più grande, insomma, è rischioso, ma … è una figata!”
“Oh, conosco quello sguardo” disse Kayla, assottigliando lo sguardo. “Non provare neanche a sfiorare quei comandi, o…”
“Oh, Gred, potrei baciarti” la interruppe il Dottore, appoggiando le mani alla console e piegandosi in avanti. “Sei il primo della tua razza che mi da un po’ di soddisfazione: di solito voi maghi dite ‘lo so fare anche io’.” lanciò un’occhiata in tralice a Kayla, che gli fece una linguaccia.
“Io non l’ho detto, razza di stupido.” Si difese.
“Ho sentito bene?” la voce di Jack rimbombò fra i mille corridoi del Tardis. “C’è qui Gred?” chiese con un grosso sorriso stampato in volto,affacciandosi da una delle arcate che si aprovano sulla stanza.
“Fred!” urlò Kayla, le mani che si contraevano in scatti nervosi. “Come, dico io, come fai a sbagliarlo anche quando è davanti a te?”
“Ciao, fiorellino, sei stata lontana da noi quanto, sette minuti? Otto? Perché per le mie orecchie non sarà mai abbastanza” ironizzò Jack avvicinandosi al rosso Grifondoro, che lo guardava con aria insospettita. “Tanto piacere, Capitano Jack Harkness.” Disse, ammiccando e sistemandosi il bavero del cappotto.
Fred gli strinse la mano, un sorrisetto malandrino che gli si apriva lentamente sul volto. “Fred Weasley… quindi, amore” iniziò girandosi verso Kayla, con giusto un pizzico di acidità nella voce, “passi il tuo tempo qui con due uomini?”
Tecnicamente lui non è un uomo” tergiversò lei, indicando il Dottore. “Cioè, non è umano, quindi tecnicamente non passo il mio tempo con due uomini. E Jack è salito a bordo da due giorni.”
Il Dottore, a quel punto sventolo una mano in segno di saluto. “Ciao, Fred, io sono il Dottore.”
“Dottore in che senso?” domandò il rosso.
“Dottore e basta.”
“Non hai un nome?”
“No.”
“Ma Kayla prima ti ha chiamato ‘Gallifrey’.” Osservò attentamente Fred, inarcando un sopracciglio.
“Si, è il nome del mio pianeta natale, alla tua ragazza non va giù il fatto che io non abbia un nome, a quanto pare.” Osservò il Dottore, alzando gli occhi al cielo.
“Lui ne ha uno.” Disse, indicando Jack senza guardarlo. “Tutti ne hanno uno. Perché tu no?”
“Perché sono solo il Dottore” fu la semplice replica dell’uomo, che alzò le sopracciglia con un lieve sorrisetto.
“Sì, mi sembra giusto” proferì soddisfatto Fred, liquidando il problema con un’alzata di spalle e un solenne cenno d’assenso del capo rosso fuoco.
Il sorriso del Dottore si allargò a dismisura. “Piccola strega, ti avviso che approvo a pieni voti il tuo ragazzo”
“Oh, andiamo, ti arrendi così facilmente sulla questione del nome?” chiese incredula la strega, rivolgendosi a Fred.
“Beh, tutti hanno dei segreti, amore.E poi io non sono certo un ficcanaso come il piccolo Ronnie” aggiunse in tono noncurante.
“Bah, lasciamo perdere” capitolò Kayla, scuotendo il capo. “Piuttosto, Gallifrey, stavo pensando a una cosa, prima, quando ho quasi sputato un polmone a forza di correre da una parte all’altra del castello: se hai due cuori, quanto sangue hai in circolo?”
“Logicamente, il doppio del tuo.” Rispose il Dottore, sporgendo il labbro inferiore con aria meditabonda.
“Quindi non hai mai il fiatone!” concluse Kayla, alzando le braccia. “Perché io ho corso avanti e indietro da qui alla Torre Grifondoro, solo stamattina, e credo che potrei sputare un polmone.”
“Due cuori?” domandò Fred. “E quanti polmoni?”
“Due.” Ammise il Dottore, con una nota di disappunto. “Però posso trattenere il fiato molto più a lungo di te.”
“Oh sì, confermo.” Intervenne Jack. “Abbiamo fatto una gara in piscina, tre giorni fa.”
“Cosa? E io dove ero?” sbottò Kayla con aria scocciata.
“A studiare per il compito di Pozioni. Sai, quello per cui ti sei lamentata per due giorni consecutivi?” chiese retorico il Signore del Tempo. “E io ho stracciato Jack, mentre tu eri al castello a lamentarti.”
“Spero che il compito ti sia andato male, poi. Ne hai parlato talmente tanto che te lo meriti.” Chiarì  Harkness. “Ah! Ho avuto l’idea del secolo, piccola strega!” aggiunse dopo pochi istanti, giusto un momento prima che Kayla gli scagliasse addosso una Fattura.
“Oh, vacci piano con certe affermazioni!” lo redarguì offeso il Dottore, senza ottenere la minima attenzione dal Capitano che, sfregandosi le mani, si umettò le labbra con gli occhi che mandavano scintille di entusiasmo.
“Siete pronti?”
L’euforia nei suoi occhi – e in quelli di Kayla – ci mise solo pochi secondi a convincere Fred, che annuì con aria complice. “Vai, dicci.”
“Hai detto che tuo fratello, nell’ordine, ha sconfitto la nuca di quel professore…”
Voldemort, era Voldemort ad aver preso la residenza sulla nuca del professore, no?” chiese perplesso il Dottore, ignorando il brivido che aveva scosso Fred.
“Sì.” Confermò Kayla. “Vai avanti, Jack.”
“Ecco, poi ha ucciso il serpente….”
“Basilisco” precisò il Dottore, gli occhi concentrati su un punto del soffitto.
“Sì, un Basilisco, e ha vinto quel Torneo mortale in cui dovevano essere in tre invece che quattro…”
“Il Torneo Tremaghi”
“Gallifrey?!”
“Sì, Hogwarts?”
“Piantala di fare il saputello” gli ingiunse Kayla con un’occhiataccia. Il Dottore alzò le mani in segno di resa, roteando gli occhi.
“Dicevo” sbuffò Jack, squdrando il Dottore prima di proseguire. “Ora, a voi serve che qualcuno vi insegni a fare quel genere di cose, no? Per via di quella donna-rospa…”
“Tasto dolente, Capitano!” il commento ironico del Dottore, stavolta, sembrò trovare riscontro nelle espressioni disgustate dei due ragazzi. Prima di ricevere un’altra terribile occhiataccia da Kayla. “Oh, scusate. Vai avanti.”
“Beh, sappiate che ho scovato qualche libro sulla vostra ultima guerra magica, e sono sicuro che al momento il vostro castello sia pieno di gente che ha bisogno di imparare proprio a fare il genere di cose che fa tuo fratello, perciò…” l’uomo lasciò la frase in sospeso, le sopracciglia inarcate come a indicare l’ovvia conclusione.
Kayla lo fissò qualche istante con aria perplessa, e sia Fred che il Dottore sentivano il suo cervello lavorare ad una velocità disarmante. Poi, tutto d’un tratto, la sua espressione cambiò, e sul suo viso angelico nacque un sorriso pieno di entusiasmo. Prese tra le mani il viso di Jack e gli baciò la guancia.
Jack Harkness tu sei un genio!!!” strillò, euforica, per poi voltarsi verso Fred e trovarlo dubbioso. “Oh, insomma! Non devi essere geloso, Weasley, uno è un alieno e l’altro è un dongiovanni, non …”
“Non è per quello, piccola.” La rassicurò lui. “Cioè, insomma, parleremo seriamente dell’alieno e del Dongiovanni, ma… credi davvero che Harry accetterà di fare una cosa del genere?”.
Kayla lo guardo pensierosa, mordendosi un labbro. “No, non subito, ma lo convinceremo: se ci mettiamo io, te e George, Robert, Hermione e Ron, lo convinceremo! Per non parlare di mio papà, sai com’è fatto, ci sguazzerà in questa storia!” disse ridacchiando.
“Scherzi a parte, Fred.” Aggiunse poi, facendosi seria. “Stiamo parlando di un gruppo di studio di Difesa Contro le Arti Oscure non autorizzato, clandestino e probabilmente illegale perchè contro un’infinità di regole scolastiche e di importanti direttive ministeriali, il che comporterebbe gravissime ripercussioni su tutti nel caso venisse scoperto ma che potrebbe anche salvare la vita di un sacco di persone, quando verrà il momento: davvero credi che Harry James Potter riuscirebbe a evitare di immischiarsi in una cosa del genere?” disse con un sogghigno divertito, facendo dipingere la medesima espressione sul volto di Fred.
Jack fece passare lo sguardo fra i due ragazzi, titubante. “Sono comunque un genio, vero?”
“Solo per qualche minuto, Jack, poi tornerai ad essere una nullità.” Rispose la giovane Serpeverde.
“Tu, piccola arrogante, perché sei ancora qui?”
“Perché ti ho portato Fred!” replicò fiera lei, portando il palmo della mano sotto il viso del ragazzo come se dovesse metterlo in bella mostra. Lui si sforzò di sorridere ma Kayla poteva vedere benissimo la preoccupazione nascosta nei suoi occhi.
“Finalmente posso parlare con te, Fred, non ne potevo più di parlare di te.”
Fred sorrise gongolante e guardò Kayla. “Parli di me?”
“In continuazione!” esclamarono Jack e il Dottore in coro, con tono molto meno entusiasta.
“Già, Greg. È bello darti un volto, finalmente.” Disse il Dottore sorridendo.
Fred!” lo corresse Kayla per l’ennesima volta, una nota lamentosa nella voce. “Dimmi che lo fai apposta, almeno!
“È solo una piccola vendetta perché lo chiami sempre ‘Gallifrey’.” Lo giustificò Jack.
“Lo faccio perché ‘Dottore’ è troppo generico! Insomma, quanti ne conosci con questo titolo?”
“Uhm, solo quello con le orecchie a sventola, il naso gigante e gli occhi azzurri che c’era prima di lui.” Rispose il Capitano, facendo finta di pensarci su.
“Ero comunque io!” ribattè il Dottore, esasperato. “Solo con un’altra faccia! Nuovo Nuovo Dottore!!”
“Che cosa?” domandò Fred, stupito.
“Lui non muore, lui si rigenera.” Tagliò corto Kayla.
“Oh, no, morirò anche io, un giorno. La rigenerazione è solo un trucco per posticipare quel giorno.”
“Ho fatto delle ricerche in biblioteca, sulla rigenerazione.” Annunciò Kayla.
“Quella alla fine del corridoio o quella della tua scuola?” chiese sospettoso lui.
“Entrambe.”
“Quando sei entrata nella biblioteca del mio Tardis, per Merlino?” domandò il Dottore, tra l’infastidito e l’allibito.
Kayla si limitò a sorridere, visibilmente divertita, mentre Fred e Jack si misero a fissare il Dottore con insistenza, inarcando un sopracciglio.
Che cosa hai detto?” scandirono i tre, increduli.
“Rispondimi! Quando sei … oh!” fece il Dottore, con una smorfia. “Ho detto ‘per Merlino’, non è vero?”
“Lo hai detto!” esclamò Kayla, felicissima. “Hai detto ‘Merlino’! Ti ho contagiato!”
“Io non ne andrei così fiera, sai?” le disse il Dottore. “Insomma, è terribile come cosa!”
“No, no, no, è fantastica, come cosa.” Lo contraddise Kayla senza smettere di sorridere. “Ti abbraccerei, ma Fred poi ti ammazzerebbe.”
“E poi sarei davvero costretto a rigenerarmi!” rise lui. “Inoltre a colazione mi hai preso a pugni, non vale se mi abbracci.”
“Lo hai preso a pugni?” domandò Fred, con un sorriso che sapeva di orgoglio.
“Sì.” Rispose fiera la ragazza.
“Perché?”
“Perché è un troll.”
“La smetti di dirlo? Sono quasi sicuro che sia un insulto.”
“Ehm, ‘quasi’?” chiese sarcastico Jack, scuotendo la testa. “Non ci vuole un genio come me, per capire che è un insulto.”
“Okay, dopo questa” lo schernì Kayla “sei tornato ad essere una nullità.”
“Sì, certo.” le rispose vago Jack, con espressione altezzosa. “Intanto mi adori.”
“No, Harkness, io a malapena ti conosco, sei tu che ti adori e credi che sia lo stesso per il resto del mondo.”
Il Dottore sorrise e batté una mano sulla spalla di Kayla. “Uno a zero.”
“Pluffa al centro.” Rispose lei.



Pubblico stasera per mandare un grande in bocca al lupo a quei poveri disgraziati che, come me, domani ricominciano la scuola. Vi sono vicina cwc e vi annuncio che il prossimo capitolo di 'ti amo più  di ieri ' è un fase di stesura perchè, come avete appena letto, Jack ha avuto l'idea del secolo! Credevo fosse importante sapere da dove venisse l'idea prima che questa venisse proposta ad Harry u.u 
Un grazie speciale a Always_Potter per il banner, la revisione del capitolo,  la nutella, gli abbracci (sgrunt) e le serate disagio.
 

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Capitolo 7
*** 7. ***




Al gioco del sì e del no 
che ancora non ci ha stancati, 
a chi gioca a quel gioco 
ridendo e dimenticandosi il resto. 





Il Dottore, seduto comodamente in biblioteca, sorrise: erano solo le dieci di quella domenica mattina, ma i toni soavi e pacati di Kayla Black rimbombavano lungo le pareti del Tardis con la delicatezza di un plotone di Daleks.
Scosse la testa e si alzò nel momento in cui sentì la risata di Fred e uno sbuffo della ragazza. S’incamminò con calma nei corridoi ma, prima di rendersene conto, si ritrovò a correre: con un sorriso incerto, non potè impedirsi di pensare che si era affezionato a quei due maghi… suo malgrado.
“Tutto per i tuoi capricci.” disse, rivolto alle pareti del Tardis; saltò con un balzo un gradino apparso dal nulla e, facendo una linguaccia alla console, atterrò nella sala principale.
“Ne sei sicura?”
, insomma … argh!” Kayla sembrava davvero infastidita. “Ti odio.”
“Davvero?” domandò Fred.
“Buongiorno, Gallifrey.” Disse lei, ignorando il rosso.
“Ciao, Hogwarts.” Le rispose lui. “Lo sai che ti si sente strillare alla biblioteca?”
“Io non strillo!”
“Ah no?”
“NO!” sbottò Kayla, per poi tapparsi la bocca mentre Fred scoppiava a ridere. “Oh, sei un cretino!” gridò, iniziando a tempestargli un braccio di pugni.
“Vedi che urli?” ridacchiò il Dottore.
“Prenditela con quel cretino di Fred, allora!”
Il Dottore strizzò l’occhio al rosso che, con un largo sorriso sulla bocca, aveva afferrato i polsi di Kayla per evitare di farsi fratturare un braccio. “Fred è simpatico. Preferisco prendermela con te.”
Ovviamente è preferibile prendersela con te.” Confermò la voce di Jack, arrivando dalla cucina. “Ma perché te la prendi tanto, piccola, si può sapere?”
“Perché ho un ragazzo cretino e un fratello deficiente.” Ringhiò lei, incrociando le braccia.
“Oh, che le hai fatto?” domandò Jack, avvicinandosi.
“Hanno iniziato un gioco assolutamente idiota e privo di senso, insomma, è una delle cose più stupide che io abbia mai sentito, e …”
“Ma stai giocando anche tu!” rispose Fred.
Kayla alzò il mento con fare sdegnoso. “Non per scelta mia.”
Ma stai giocando!”
NO!” immediatamente, però, si portò la mano sulla bocca.
Di nuovo.
Fred la indicò e rise. “Continui a perdere!”
“Continui a farlo apposta!”
Fred sorrise. “Può essere.”
“Quindi il gioco è non dire no?” domandò il Dottore.
“Non puoi dire neanche il contrario.” Gli rispose Fred. “Kayla è a trentasette errori.”
“Tu ti prenderai trentasette calci in c-“
“E abbiamo iniziato meno di un’ora fa.”
Il Dottore e Fred dovettero trattenersi per non scoppiare a ridere.
“Però con Jack è troppo facile, guarda.” Il Dottore ruotò la testa verso il Capitano Harkness. “Ehi Jack, oggi andiamo al gay pride di Barcellona del 2020?”
“Sì!” urlò lui, alzando i pugni al cielo. “Oh, cazzo, è più difficile di quanto sembri!”
Kayla alzò gli occhi al cielo. “Vedi? Ho ragione io. Sono cose a cui facciamo talmente poco caso che non puoi inventare un gioco del genere!”
“Non posso?”
Kayla stava per rispondere, con l’indice puntato, un bel ‘no’ pronto sulla punta della lingua, ma si trattenne e se ne uscì con un fiero “Esattamente, Weasley.”
“In realtà, questo gioco è stato inventato secoli fa, e non certo sulla Terra: si gioca almeno in un trilione di trilioni di galassie diversi.” spiegò il Dottore, meditabondo.
“Perciò anche su Gallifrey?” chiese Kayla, inarcando un sopracciglio.
Il signore del tempo fece un largo sorriso. “Oh, ci puoi scommettere, Hogwarts.”
Kayla lanciò un verso esasperato, mentre Fred e Jack scoppiavano a ridere.
“Sei forte Dottore, ma credi davvero di potermi battere?” insinuò il rosso.
“Oh, non sarei mai tanto arrogante: insomma, a te viene così naturale, sei un talento nato.” replicò l’altro, incrociando le braccia e appoggiandosi alla console di comando.
Fred si passò una mano fra i capelli con un sorriso da schiaffi. “Sì, in effetti sono- Oh porco Salazar!
“Ah-ah! Ben ti sta, Weasley!” saltò su Kayla, battendo il cinque al Dottore.
“Non ti sembra di cantare vittoria troppo presto, Black?
“Assolutamente-“ Kayla si bloccò nuovamente, fulminando con gli occhi il ragazzo.
“Posso invitare un paio di ragazzi di Hogwarts al Gay Pride?”
“Jack! Assolutamente no!” sbraitò Kayla, nello stesso momento in cui il Capitano scoppiava a ridere appoggiandosi a una ringhiera. “Ah-ah, infame che non sei altro!” sbuffò lei, mandando al diavolo tutti e tre con un’espressione particolarmente forbita.
“Oh, ragazzaccia, io alla tua età non avrei avuto il coraggio  di pensare certe parole!”
“Certo, Jack, come n- Oh, te lo scordi che lo dico!”
Fred scosse la testa e il Dottore sorrise. “In realtà, comunque” confessò il rosso “è solo una questione di allenamento. Io, George e Robert ci giochiamo da ieri sera.”
“Scommetto che non ci avete dormito.” Buttò lì Jack, mentre Kayla si allontanava infuriata.
“Esatto.” Rispose Fred. “Ora me ne pento, ma è stato alquanto divertente.” Sottolineò, scoccando un’occhiata malandrina alla strega,
“Oh, ma vai a bere il tè con i troll, Weasley!” sbottò Kayla, seduta sul divano giallo dietro la consolle.
“Si può sapere cosa avete contro i troll, voi maghi?” domandò il Dottore.
“Hanno il quoziente intellettivo di Fred, George e Robert.”
“Quindi mi credi stupido?”
“Estremamente.”
“Pensavo mi amassi.”
Grande notizia!”
“Ehi!” sbottò il Dottore. “No! Non vale!”
“Lo hai detto!” Gli fece notare Jack, vittorioso. “Hai detto la parola proibita.”
“Anche tu lo hai detto prima.” Contestò il Dottore.
“Sì, ma …” tirò un calcio a terra. “Non ti sopporto, giuro. Me ne vado.”
Jack mosse tre passi verso la porta, ma quando i tre capirono che faceva sul serio, urlarono “NO!” per poi scoppiare a ridere tutti insieme.
 
“Kayla, mi passeresti il sale per favore?
“Perché non usi le mani o la bacchetta, fratellone? Io ho quattro anni meno di te e so fare  un Incantesimo di Appello, tu?”
“Certo che sì, ma-“
“Robert, hai appena detto quella parola!
“Come?! No, aspetta, io-“
“Ancora!”
“Ma che- vi sbagliate, io non intendevo, non volevo dire…”
“Ma l’hai detto, fratello caro.”
“Detto cosa?” chiese Harry, sedendosi al tavolo dei Grifondoro.
“Ha detto no- o porca miseria!”
Lee, mi deludi.”
“Oh, al diavolo!”
“Ma come è successo? Non avevi mai sbagliato da quando abbiamo iniziato a giocare.”
“Giochi anche tu?!”
“Sì, Kayl- oh porco Merlino!
“Ecco, Harry, ecco come è successo.”
“Kayla, gli hai fatto dire tu-sai-cosa?!”
“Precisamente. Cosa che tu non riesci a fare, Ron.” disse orgogliosa la Serpeverde. “Ma domani giocano i Tornadoes contro il Puddlemore United?” aggiunse, pensierosa.
“Certo che no! Giocano i Cannoni di Chudley!” sbottò Ron, la bocca piena di patate arrosto, rendendosi conto solo dopo le isate degli amici dell’errore fatto. “Oh, porco Merlino.
“E io che credevo che non volessi giocare.” sospirò Hermione, alzando gli occhi al cielo.
“Beh, diciamo che è molto divertente, una volta imparato qualche trucco!” sogghignò Kayla, sotto lo sguardo imbronciato di Robert.
“Meglio, forse adesso si stuferà di passaer il suo tempo a fare stupide domande a tutti invece che sudiare Pozioni …” osservò con un’occhiataccia la riccia.
“Hermione, Piton mi odia, non mi metterebbe un ‘Accettabile’  nemmeno se mi scolassi un boccettino di Felix Felicis il giorno del test pratico!”
“Dici, fratellone?”
Sì, dico” ribattè a denti stretti il Grifondoro, che detestava quando la sorella dava manforte alla già inarrestabile Hermione Granger. “ARGH!” ruggì, dopo essersi reso conto di ciò che aveva detto.
Tutti scoppiarono a ridere, picchiando mani e posate sul tavolo mentre Robert abbandonava definitamente il suo piatto di arrosto e piselli, incrociando le braccia  e mettendo il broncio.
 
“Però, è diventata parecchio brava, eh?”
“Chi?”
“Come ‘chi’? La tua ragazza, ecco chi.” sbuffò George, mentre lui e il fratello uscivano dalla Sala Grande.
“Mah, non saprei…” cincischiò Fred, studiando gli arazzi appesi alle pareti con inaspettato interesse.
“Non sapr- oh, per Godric, Fred! Ieri Kayla riusciva a malapena a infilare mezza frase senza un ‘sì’ o un ‘no’ e ora mette nel sacco Robert. Robert! Insomma, non puoi non averlo notato.” Sentenziò George, scuotendo il capo.
“Si sarà allenata” buttò lì l’altro, il naso talmente per aria da farlo inciampare in un gradino.
“E quando? A Trasfigurazione con la McGranitt o a ‘Difesa’ con la Rospa?” frecciò sarcastico George, afferrando il gemello prima che rovinasse a terra e tirandolo indietro con uno strattone. Lui si limitò a stirare le pieghe del maglione con le mani, facendo spallucce e mugugnando qualcosa di indistinto.
George alzò gli occhi al cielo e proseguì verso la Torre di Grifondoro con il fratello.
Dopo un po’, però, si accigliò.
“Ehi, ma il Torrone Sanguinolento?” chiese, squadrando il fratello con sospetto.
“Il Torrone Sanguinolento… cosa?” fece Fred, inarcando un sopracciglio.
“Il… il Torrone, Fred, dovevamo perfezionarlo per non finire dissanguati come dei diavolo di vampiri, hai presente?” suggerì l’altro, inarcando le sorpacciglia. “Piton, Fred, dovevi prendere in prestito degli ingrdienti dalla riserva di Piton!” precisò, scocciato dall’assenza della benchè minima scintilla di comprensione nell’espressione del gemello.
“Ah, già!” esclamò lui, schiaffandosi una mano in fronte. “Porco Salazar, mi sono scordato George… scusa, sai, tra i M.A.G.O., la Rospa e Kayla, sai com’è…” aggiunse con un sorriso nervoso.
George sbuffò e accellerò il passo, bofonchiando fra i denti un “fa niente” poco convincente; il gemello lo seguì di corsa, bloccandolo davanti al ritratto della Signora Grassa.
“Ehi, aspetta! Si può sapere che ti prende?!” sbottò il rosso, aggrottando la fronte.
“Che prende a me? Sul serio, Fred?” fu l’acida replica.
“Non sono io quello che sbuffa e borbotta come il bollitore di mamma.”
“Non sono io quello che scompare nel nulla ogni giorno da giorni, e che è passato dallo scannarsi con la propria ragazza davanti a tutta la Sala Comune allo starle sempre appiccicato che manco  un Incantesimo di Adesione Permanente!”
“Allora è questo che ti da fastidio? È questo il problema? È Kayla il problema?” chiese con tono duro Fred, incrociando le braccia.
Il gemello alzò gli occhi al cielo e scartò il fratello. “Bah, lascia perdere. Madrag-”
“Eh no!” sbottò Fred, parandosi nuovamente davanti a George e afferrò la cornice del dipinto per impedire che si spostasse.
“Eh !” ribattè l’altro, accigliandosi e sporgendosi oltre Fred per farsi vedere dalla Signora Grassa. “Mandragol-”
Fred spinse il fratello, che ingaggiò un’accanita lotta per mettersi di fronte al quadro.
“Ho detto di no!
“Ho detto di sì!
“Ho detto di-”
Vi decidete?” s’intromise la Signora Grassa, esasperata, incrociando le braccia.
“Io ho deciso! Mandragola!” ululò George, prima di essere strattonato nuovamente da Fred.
“Ho… detto… di… no!” ribadì quest’ultimo, mollando di colpo il gemello per aggrapparsi alla cornice della Signora Grassa e tentando di tenerla ferma.
“Ma insomma!” abbaiò lei, che sembrava invece sforzarsi di spostarsi dall’ingresso della Sala Comune del Grifondoro.
“Fred, le-va-ti!” scandì George, tirando a sua volta il fratello per il maglione della divisa.
Poi, all’improvviso, i due ruzzolarono a terra, sbalzati via dallo scatto deciso con cui il dipinto si era spostato dal buco che costituiva l’ingresso alla Sala Comune. Da esso si sporse una testa rosso fuoco.
Ginny Weasley squadò i fratelli con un sopracciglio inarcato. “Ma che state facendo? Anzi, no, non lo voglio sapere” sentenziò, balzando fuori dal tunnel e sorridendo ad un Corvonero che, paralizzato e apparentemetne traumatizzato, era sfuggito all’attenzione dei gemelli.
“Ciao Michael!” lo salutò gioviale la rossa, prendendolo a braccetto e trascinando il ragazzo nel corridoio.
“… hai visto anche tu quello che ho visto io?”
“Se è per quello, io ho visto anche Dean Thomas guardarlo con la bava alla bocca mentre lei ridacchiava per una battuta pessima, ieri.” Fu la funerea replica di George Weasley al fratello che, con sguardo schifato, fissava ancora il punto in cui era sparita la sorella.
“Ora capisco come si sentiva Robert” disse con tono nauseato. “Dannato Harry Potter.”
“Quanti ragazzi dovremo vedere al guinzaglio di Ginny prima che il Bambino-Che-È-Un-Po’-Toccato si svegli?”
“Troppi, temo, ma…” iniziò Fred.
“Di sicuro più di quante ragazze avrà Ronnie in una vita.” terminò George, annuendo.
I due sogghignarono e si aiutarono ad alzarsi, scambiandosi qualche pacca sulle spalle.
"Senti, Fred, io non ho niente contro te e Kayla: per i mutandoni di Morgana, sono stato io a dirti di darti una mossa con la piccola Black, o te ne sei dimenticato?” chiese retorico, facendo scoppiare a ridere il gemello. “Ma sappiamo entrambi che Kayla nasconde qualcosa, e da un po’ di tempo lo fai anche tu.”
Fred evitò lo sguardo del fratello, con una smorfia di disagio in volto. “Georgie, io non… non posso.”
“Ehi, io sono tuo fratello, ok?! Quello gemello, tra parentesi, che ha condiviso con te ogni istante da quando mamma ancora sperava di avere una femmina. Noi non abbiamo segreti, non esiste cosa che tu non possa dirmi. Tu non puoi avere segreti con me.” Disse perentorio George, continuando a fissare il fratello con espressione seria.
Fred fece un’altra smorfia, poi si scambiò uno sguardo con il suo riflesso. Sospirò, scuotendo la testa.
“Beh, al diavolo. Te lo farò vedere, ok?” capitolò infine, alzando la mano destra e posando l’altra sul cuore, a mo’ di giuramento.
“Vedere cosa?” chiese subito George, fra l’allarmato e il curioso.
“Vedere il motivo per cui Kayla è tanto brava al gioco del ‘sì o no’. ” sogghignò Fred, voltandosi verso il muro. “Signora Grassa? Ora Mandragola.”.
 
“Kayla mi ucciderà.” asserì Fred, col tono di chi sta constatando che il cielo è blu. “Ma…”
“Solo se ci scopre.” proseguì noncurante il fratello.
“E non ci scoprirà…” aggiunse Fred.
“… perché noi non ci facciamo mai beccare” disse con un sorriso orgoglioso e arrogante George.
“Né da Gazza…”
“Né dai Professori…”
“Né dai Black!”
“Ben detto, Forge!”
“Grazie, Gred!”
Dopo qualche istante di silenzio Fred, con tono molto meno convinto, aggiunse: “… ok, in questo momento vorrei tanto non aver dato la Mappa del Malandrino a Harry.”
“E per cosa?” chiese George, con una smorfia. “Nessuno va al Lago Nero con questo schifo di tempo. E di notte. Che poi, perché stiamo andando al Lago Nero?”
“Perché è nascosto lì”
Cosa è nascosto lì?”
“Quello che è nascostoe che ti voglio mostrare” fu la replica snervant di Fred, che si guardò attorno con furtività e fece segno al fratello di abbassare la voce.
“Ma che hai? Anzi, perché prima mi hai quasi gettato in braccio alla Piovra Gigante quando ho provato a fare un Lumos?” bisbigliò George. “Qui non si vede un accidente…”
“Ci vedrebbe arrivare.” spiegò enigmatico l’altro.
“Ci vedrebbe arrivare chi?!”
“Quello che ha nascosto la cosa nascosta che ti voglio mostrare per nascondersi.”
La replica decisamente poco fine ed elegante di George fu fermata dal gemello, che indicò un punto poco lontano, al confine fra la sponda del lago e la Foresta Proibita. “Ci siamo quasi, è laggiù.”
George aggrottò la fronte, fissando prima il tratto d’erba che stavano calpestando, poi quello che gli aveava indicato il fratello, e poi ancora quello sotto i suoi piedi.
“Scusa, Fred, ma questo non è il posto dove avete dato di matto tu e Kayla? Stavamo passeggiando qui con Robert, Harry e gli altri quando… ah, certo.” Disse, capendo improvvisamente lo strano ocmportamento di Kayla e Fred che, dopo aver cercato di convincere la comitiva a saltare la passeggiata al lago, il giorno precedente, giunti in quell’esatto punto avevano iniziato letteralmente a trascinarli via, con scuse che andavano dai compiti di Piton all’urgente bisogno di giocare a Gobbiglie.
“Ecco, ci siamo!” esclamò Fred: anche al buio, il fratello potè vedere chiaramente quegli occhi identici ai suoi illuminarsi di una scintilla che sapeva d’entusiasmo, di stupore e… di magia.


NdA fondamentale: il 90% dei meriti di questo capitolo va accreditiato a Always_Potter. Il restante un po' a me, un po' ai miei amici scemi che inventano giochi come quello di cui tratta questo capitolo. 

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Capitolo 8
*** 8. ***


A Matteo. 
E a tutte quelle cose belle che non scegliamo e non controlliamo. 
"Sai che ci crederò, io che non ho rischiato mai."




Quando Kayla spalancò le porte del Tardis, capì che era troppo tardi. Nel momento in cui entrò, sentì quattro risate spegnersi nello stesso istante. Fred, George, Jack e il Dottore si voltarono a guardarla, trovandosi spaventati per la sua espressione furiosa.
Jack fu il primo a parlare. “Oh-oh.”
“Non mi piace la tua faccia.” Commentò il Dottore. “Eppure, dovresti saperlo: è normale condividere tutto con un fratello, infatti …”
“Hai perso la scommessa. È arrivato prima il gemello del rosso di quello che salva il mondo e l’altro fratello.”
“Sarebbero Harry e Robert?” domandò George.
“Si, ecco, esatto, i vostri nomi sono noiosi da imparare.” Rispose Jack.
“Hogwarts” la chiamò il Dottore “puoi gentilmente toglierti quell’espressione furiosa dalla faccia?”
L’unico che riuscisse a sostenere il suo sguardo, in quel momento, era Fred. Non perché volesse sfidarla, ma perché era più che consapevole ch quella rabbia era unicamente diretta a lui.
“L’ho capito nel momento in cui ho messo piede in Sala Comune e non vi ho visti che l’avresti portato qui.”
“E allora perché arrabbiarsi tanto?” domandò Jack, alzando le spalle.
“E mentre camminavo, speravo con tutta me stessa di sbagliarmi. Di entrare e non trovarvi. Ci ho sperato per tutto il tragitto!”
Fred in quel momento capì un po’ di più su quanto le emozioni potessero essere complicate. Kayla non era solo arrabbiata: Kayla era delusa. Delusa da lui.
“Prima o poi, sarebbe successo.” Disse il rosso. “E poi …” notò che Kayla aveva spalancato gli occhi. “Oh, siamo in una di quelle litigate in cui parli solo tu e dopo venti minuti di silenzio posso esporre la mia difesa? Prego, vai, urla, strilla, tirami le cose come fai di solito, ma non puoi cambiare ciò che ho fatto, non puoi sempre trattarmi come un bambino, e non puoi comportarti come se Jack, il Dottore e il Tardis fossero tre animaletti sperduti di tua proprietà.”
“Non mi comporto affatto in questo modo. Perché non capisci? Siamo nell’occhio del ciclone. La Umbridge ci sta addosso, Piton mi mette in punizione per controllarmi, tu e George state mettendo su un negozio di scherzi con Merlino solo sa quali soldi e vendete Merendine Marinare di nascosto, abbiamo messo su un gruppo clandestino di Difesa che è stato dichiarato illegale da una manciata di ore e tu porti George nel Tardis?!” Kayla si passò una mano nei capelli. “Perché non invitiamo anche Robert per il tè delle cinque? O Hermione, sai Hermione quanto amerebbe la biblioteca? Hermione sa di questo posto, lo sa dall’inizio, credi che non mi piacerebbe farle vedere questo posto?”
“C’è una biblioteca?” sussurrò George al Dottore.
“Oh, già che ci sei, perché non vai a dire ai miei genitori che ho conosciuto un Signore del Tempo con cui viaggio ogni tanto da una galassia all’altra, salvando pianeti, ma tornando sempre per cena e con la cravatta ben allacciata? Sono sicura che mio padre ne sarebbe orgoglioso!”
“Stai esagerando.” Le disse.
“No, affatto.” Rispose lei, con tono calmo. “Non hai pensato che sarebbe stato meglio parlarne con me, prima di portare George qui dentro?”
“No, Kayla, sono grande e vaccinato, questo segreto” e alzò le braccia per indicare il Tardis “è tuo quanto mio.”
“Oh, ma davvero? E chi ti ha portato qui?”
“Te lo ripeto, Kayla, loro non sono due scoiattolini indifesi che stai proteggendo dalla bufera, sono abbastanza intelligenti per …”
“Hai portato loro il tuo gemello con cui inventi scherzi, credi che siano in grado di essere razionali su questo?!”
Fred alzò gli occhi al cielo, dando le spalle a Kayla. George si schiarì la voce e guardò la Serpeverde. “Se posso dire la mia, Kayla …”
“Non puoi.” Ringhiò lei.
“Certo che può!” Decretò il Dottore. “E per la cronaca, ha ragione Fred.” Kayla non riuscì a ribattere per il semplicissimo motivo che per la prima volta, il Dottore aveva detto il vero nome di Fred. “Ti prego, George, illuminaci.”
“Non hai pensato a quanto potresti far fruttare questa cosa per l’Ordine? E per Harry e il gruppo?”
“Ci ho pensato fin dalla prima volta in cui ho messo piede qui dentro, George, grazie.”
“E allora perché eravate solo voi due a sapere di questo posto?”
“Quello è colpa mia, temo.” disse il Dottore. “Insomma, non letteralmente, ma non posso intromettermi nella vostra Guerra. Ci sono dei punti fissi, nel tempo, e non possono essere cambiati.”
“Ci sarà qualcosa che puoi fare.” Rispose George. “Qualcosa per aiutarci.”
“Oh, Jack ha dato a Kayla l’idea per quel gruppo che il rospo rosa ha subito dichiarato illegale.” Poi si girò verso la strega. “A proposito, come farete ora?”
“Lo faremo ugualmente, è ovvio.” Rispose Fred.
“Vedi perché li adoro?” domandò Jack.
“E non potete fare proprio niente?” domandò George.
“Cosa vuoi che facciano? Non sono maghi, non possono mica ent-“  I tre maghi si guardarono come avessero appena avuto la medesima allucinazione.
“Non pensateci nemmeno, non possono entrare nell’Ordine.”
“Conoscono strategie di guerra Kayla e, ehi! Hanno una macchina del tempo che è più grande all’interno, per nascondersi!” contestò George.
“E cosa dico a mio padre? Ehi papà guarda, ho trovato nel giardino uno che sembra tuo coetaneo ma ha mille anni, viaggia nel tempo e ha due cuori, lo teniamo a casa un pochino? Può aiutarci con la questione di Voldemort!”
Tuo padre lo adorerebbe.”  Disse Fred.
Mio padre sarà anche un immaturo, ma sa bene la differenza tra ‘pericoloso’ e ‘divertente’. E hai pensato a cosa direbbe tua madre?”
“Pensa alla tua.” Replicò George. “Noi siamo maggiorenni e loro sono i tuoi scoiattoli indifesi.”
“Indifesi un corno!” si difese Jack. “E per la cronaca, ho parlato con una creatura incantevole poco fa, qua fuori, e …”
“Qua fuori?” domandò Kayla.
“Creatura incantevole?” replicò Fred.
“Si. Un elfo domestico con mille berretti in testa. Ha detto che conosce tuo fratello.”
“Oh. È Dobby.”
I gemelli scossero la testa.
“Elfi domestici? Esistono ancora? Pensavo che Tosca fosse riuscita a liberarli.”
“No, Hermione. A loro piace essere sfruttati.”
“Come mi hai chiamato?” domandò il Dottore.
“Lascia stare. Jack, vai avanti.”
“Gli ho discretamente chiesto se ci fosse un posto sicuro all’interno del castello, un posto dove un gruppo di persone potesse trovarsi senza essere visti dalla professoressa Umbridge.”
Kayla scosse la testa per il modo in cui aveva pronunciato la parola ‘professoressa’. Con quel tono di voce, si disse, avrebbe intenerito anche la McGranitt.
“E lui che cosa ti ha risposto?” chiese George.
“Che esiste un posto, dentro la scuola, chiamato Stanza delle Necessità. Ho cercato nella vostra biblioteca e …”
“Che cosa hai fatto?” strillò Kayla.
“Non mi ha visto nessuno, piccola strega, non …”
“Sei entrato nel castello!” si mise le mani nei capelli. “Jack! Ne avevamo parlato!”
“Si, ma come il tuo ragazzo ha ribadito pochi minuti fa, sono abbastanza intelligente per prendere da solo le decisioni che mi riguardano, grazie.”
Sei entrato nel castello e ti sei messo a fare ricerche in biblioteca! In biblioteca!” esclamò lei di nuovo. “Hai idea di tutte le cose che potrebbero succedere?”
“Kayla, perché non fai un respiro profondo?” domandò George.
“Col c-“
“Ehi, bimba, calmati.” Le impose Fred.
“Che male ha fatto?” chiese il Dottore. “Voglio dire, anche io sono entrato al castello, appena arrivato! E anche se qualcuno lo avesse visto, non c’è modo in cui potessero ricollegarlo a te o a Gred!”
“Non farei mai il tuo nome.” Disse Jack, con tono serio.
“Due gocce di Veritaserum e farai anche il nome di ogni tuo amante, Jack, che tu e la tua fottuta lealtà lo vogliate o no, questo mondo non è giusto, non è leale come lo sei tu.”
“Due gocce di cosa per fargli dire il nome di ogni suo amante?” domandò il Dottore, grattandosi la nuca.
Veritaserum.” Rispose George. “Il siero della verità più potente che esista.”
“E non è illegale?” domandò Jack.
Certo che lo è, ma Piton ne ha.” Gli rispose Fred.
 “Lo ha usato con Barty Crouch Junior lo scorso anno.” Aggiunse Kayla. “E non è stato uno spettacolo gradevole.”
“Anche perché poi è morto.” Scherzò Fred, guadagnandosi quattro occhiatacce.
“Comunque” riprese Jack “quel carinissimo elfo domestico ha detto che è una stanza che si rivela solo a chi ne ha davvero bisogno. Ha detto che l’ha usata una volta quando la sua amica Winky era ubriaca, e …”
“Jack” gli disse Fred “per curiosità, quanto tempo è durata la tua conversazione con Dobby?”
“Parecchio.” Rispose il Dottore. “Erano qua fuori, li sentivo.”
“Era divertente. Ripeteva di continuo il mio nome e parlava in terza persona!” sorrise Jack.
“Qua fuori? Quindi Dobby ha visto il Tardis?”
“Kayla, è una cabina della polizia in una foresta stregata, non è quel genere di cosa che non si nota.” Le disse il Dottore. “E poi, perché sei così alterata, oggi?”
“George è nel Tardis.” Buttò lì lei. “Senza contare che i due cretini hanno …”
Non farlo.”
Non osare.”
“ … ricominciato con i dannatissimi esperimenti e si sono riempiti di brufoli pieni di pus.”
Jack rise. “E immagino che non siano in faccia, vero?”
“Perspicace, Jack.” Gli rispose George.
Il Dottore sorrise. “Lasciali in pace. Perché non vi sedete, ragazzi?”
“Sei terribile.” Lo rimproverò Kayla. “Sei davvero terribile, Gallifrey.”
“Io sono fantastico.” Rispose lui. “Allora, miei prodi, andiamo da qualche parte, oggi?” si strofinò le mani l’una contro l’altra, trovando quattro sorrisi diversi ma con la stessa voglia di uscire da quella porta per trovarsi in un posto diverso.

“Ripeti, Dobby.”
“Dobby non ha parlato con il Capitano Jack Harkness, Dobby ha parlato con Fred e George Weasley, signorina!”
“Mi assicuri che te ne ricorderai?”
“Dobby lo assicura, Kayla Black, Dobby non parlerà con nessuno!”
Kayla gli sorrise, chinata per terra per guardarlo bene negli occhi. “Mi fido di te, Dobby.”
“Dobby non la deluderà, Kayla Black, Dobby è un bravo elfo!”
Kayla annuì, gli fece un buffetto sul naso e poi si alzò in piedi. “Grazie mille, Dobby.”
“Dobby è grato, signorina!” detto ciò, si allontanò con aria fiera.
Fred, dietro di lei accanto a George, scosse la testa, nella nebbia di una sera di inizio autunno.
“Non credi che sia ora di raccontare tutto anche a Harry e Robert?” Domandò.
“Non è il momento, Fred.” Disse lei, mentre si avviava verso il castello.
“Senza contare che Hermione lo sa già, e …”
“Non è il momento, Fred.”
“Credo sarebbe più leale se tutti noi sapessimo la verità, e …”
“Siamo stati nel futuro!” eslcamò George, fissando un punto nel vuoto. “Abbiamo visto un pianeta che ancora non esiste!”
Kayla e Fred si girarono a guardarlo. La Serpeverde scosse la testa.
“Non dirò tutto a Robert e Harry perché tu ti senti in colpa per aver coinvolto tuo fratello, Fred.”
“Non mi sento in colpa. Insomma, guarda quanto è felice!”
“E c’erano dei pesci che fluttuavano accanto alle nostre teste!”
“Si, George, la prima volta fa quell’effetto.” Gli disse Kayla. “Ma non puoi tornare da Robert in stanza se non pensi ad altro.”
“Insomma, Kayla … i pesci fluttuavano!”replicò George. “Fred! Potremmo inventarli noi, qui, dei pesci che fluttuano!”
“George, ti devi dare una calmata.” Lo richiamò di nuovo lei.
“Non so se ti è chiara la cosa, Kayla, ma i pesci nuotavano nell’aria! Accanto a noi!”
“Non so se ti è chiaro che ciò che hai visto oggi deve rimanere segreto.” Ringhiò lei, girandosi per trovarselo esattamente davanti. Guardò il sorriso sul suo viso spegnersi, e quando fu certa che non sarebbe più ricomparso, scosse la testa, mostrando un volto stanco e un’espressione pensierosa, per poi avviarsi verso il dormitorio Serpeverde senza nemmeno salutare Fred.
Quando si fu allontanata abbastanza, George guardò il fratello e sgranò gli occhi. “Quei pesci!” sussurrò.
“Sì, lo so, erano davvero fantastici.” Gli rispose Fred. 


 

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Capitolo 9
*** 9. ***


"Solo gli stupidi non hanno paura."



“Voglio vedere una partita del vostro sport.” Esordì Jack, quando Kayla entrò nel Tardis. “Dove sono i rossi?”
“Ad allenarsi per il loro sport.” Rispose, acida. “Ti va bene che ci sia solo io o devo andarmene?”
“Posso andare a vedere l’allenamento?” chiese, illuminandosi.
“No.” rispose lei, categorica. “Il Dottore? Te lo sei mangiato?”
“Non ancora.” Sorrise Jack. “Si è chiuso in biblioteca.”
Kayla annuì, Appellando un panino.
“Vai in biblioteca a salutarlo.”
“Non mi allontano dalla porta, Jack.”
“Dai, solo cinque minuti!”
“No. Ti vedrebbero.”
“Sono bello da vedere.”
Kayla sorrise e scosse la testa. “Ho detto di no. Sai che Neville è riuscito a Disarmarmi, all’ultimo incontro?”
“Permettimi di andare a complimentarmi.”
“Sei testardo, vero?”
“Forse.”
Forse?” domandò la voce del Dottore, alle spalle di Kayla. Lei si girò e gli sorrise, per poi corrergli incontro ed abbracciarlo.  “Ehi, Hogwarts! Non ti abbiamo vista, ieri.”
“Si, scusami, ma Piton mi ha messo in punizione.”
“Perché?” domandarono i due, all’unisono.
“Perché ho puntato la bacchetta contro Draco.”
“Sono sicuro che anche lui avrebbe voluto puntare la sua contro di t- ahia!”
“Prima o poi ti Schianto, giuro su Salazar.” Borbottò lei, massaggiandosi la mano con cui l’aveva preso a pugni. “Sono battute scontate e codarde.”
“Codardo? Codardo io?”
“Non l’avresti detto se Fred fosse stato qui.” Spiegò lei. “Sei un codardo.”
“Se mi porti da Fred glielo dico.”
“Dov’è Fred?” domandò il Dottore.
“All’allenamento.” Rispose Kayla, alzando gli occhi al cielo. “Di nuovo.”
“Sai cosa potremmo fare di interessante?”
“Non dire andare a v-“
“Andare a vedere l’allenamento.”
“Ecco, lo hai detto.” Sbuffò Kayla, fingendo di giocare con i comandi del Tardis. “Dottore” disse, con tono serio e sguardo pieno di pensieri. “Dottore, ce ne andiamo lontano?”
In quel momento, i due gemelli Weasley entrarono nel Tardis, chiaramente freschi di doccia e di spogliatoio. Sorridevano, con i capelli ancora umidi, salutarono Jack con delle pesanti pacche sulla spalla.
“Siamo in partenza?” domandò George, notando che Kayla era alla consolle.
“Sì.” Rispose la Serpeverde.
“E dove andiamo?” chiese Fred.
Lontano.” Ripeté lei, con gli occhi pieni della voglia di andare davvero lontano.
 
Kayla aveva già avuto modo di sperimentare la paura.
Certo, a tutti capita di avere paura, ma non si tratta spesso di quell’istinto ancestrale che ti suggerisce di fuggire o di buttarti a braccia spalancate davanti a chi ami. Non si tratta spesso della paura di morire: era successo, per la prima volta, più di un anno prima, alla Coppa del Mondo di Quidditch, mentre una folla di maghi ammantati di nero corvino marciava su tende e persone, spazzando via tutto ciò che li intralciava mentre da sotto i cappucci balenavano luccichii d’argento.
Molto più di frequente, invece, aveva avvertito quella strana e ambigua tensione: lei era cresciuta con quella strana e ambigua tensione, che s’insidiava nella sua famiglia con la semplicità con cui gli spifferi di vento gelido penetravano le mura di Hogwarts. Si trattava di una pressione di un peso fastidioso, che rendeva irrequieti e si pesava sul cuore: l’attesa frustrante di quando si sa che qualcosa succederà, che qualcosa di grave succederà molto presto, che quella cosa potrebbe rimettere in discussione tutto.
Ma mai, almeno fino ad allora, aveva provato quello: in quel posto, su quello strano pianeta su cui erano giunti col Tardis, paura e tensione si mescolavano in un gelido macigno, spingendosi a fondo nella gola e nei suoi polmoni, torcendo le viscere di Fred e George, adombrando gli occhi del Dottore e storcendo in una smorfia la bella bocca di Jack.
“Angeli? Donne dai capelli rossi? Ma di che diavolo sta parlando?” sibilò George, inquieto.
Fred e Kayla scossero la testa, deglutendo.
Del resto, si ritrovò a pensare quest’ultima, aveva capito fin da subito che in quel posto non li aspettava nulla di buono.
 
Erano arrivati poche ore prima, e il primo commento di Jack era stato: “Dottore, questo posto non mi piace.” I suoi occhi, intanto, scrutavano la nebbia che li avvolgeva in quella steppa desolata, tappezzata da un morbido miscuglio di piante che Kayla e i gemelli Weasley non avevano mai visto, neanche a Erbologia.
“Oh, non vorrai già levare l’ancora, Capitano?” disse George, mentre un leggero sogghigno si dipingeva sul volto suo e del fratello.
“Già... a me, invece, questo posto ricorda tanto la Foresta Proibita.” aggiunse il gemello guardandosi attorno e alzando il capo al cielo, invisibile sotto quella coltre umida e perlacea.
“Oh, ma che avete ne cervello?! Io sono d’accordo con Jack, sembra di essere in un cimitero!” replicò la strega, stringendosi nel mantello.
“Pff, ecco perché …”
“… sei una Serpeverde.” Terminò Fred, sorridendo all’occhiataccia che le lanciò la ragazza. “Comunque, Dottore, non hai ancora detto una parola … dove siamo?”
“Zukets, della nona galassia del complesso di Golgi.” stimò il Dottore, girando su se stesso mentre puntava il cacciavite sonico tutto attorno.
“Che? ‘Golgi’? Come quello delle cellule? Perché questo complesso di galassie ha il nome di un biologo babbano?” chiese Kayla, inarcando un sopracciglio.
“La domanda semmai è ‘perché un biologo babbano ha il nome di questo complesso di galassie?’” replicò il Dottore scuotendo il capo, come fosse la cosa più ovvia del mondo. “Comunque, il cacciavite dice di andare per di là.” disse, allungando il braccio destro e iniziando a camminare con passo deciso, come se fosse il cacciavite sonico a portare lui e non viceversa.
Il gruppetto lo seguì senza fare domande, tranne George che, accostandosi al fratello, gli bisbigliò: “Fammi capire, nei vostri viaggi in terre e tempi sconosciuti la vostra guida è quella strana bacchetta magica?”
“Ti ci abituerai.” replicò Fred, battendogli una mano sulla spalla.
Dopo dieci minuti di inciampi, rovinose cadute a terra e imprecazioni che fecero applaudire Jack, la nebbia si diradò di colpo, e i cinque si trovarono su un sentiero lastricato che entrava in un piccolo villaggio, un agglomerato di casupole pittoresche dalle cui finestre risplendeva un piacevole alone di luce dorata.
“Wow, e chi se lo aspettava!” disse sorpreso George.
“Sorpreso?” chiese il Dottore, roteando il cacciavite sonico con un sorrisetto fiero e soddisfatto sul volto.
“In effetti, non mi aspettavo che quell’aggeggio funzionasse … eppure non sembra una bacchetta magica.”
“Già, in effetti non è una bacchetta magica.” rispose Kayla, squadrando il Dottore con un sopracciglio inarcato.
“Che c’è?” chiese lui, sulla difensiva, le dita strette sull’impugnatura del cacciavite. Lei, in tutta risposta, alzò ancora di più il sopracciglio, abbassando gli occhi sulla mano del Dottore che, per come stava tenendo il cacciavite, pareva fosse una bacchetta magica.
Lui si affrettò subito a riporre il cacciavite nella tasca interna del cappotto, alzando il mento e dicendo “Non montarti la testa, Hogwarts.”
 Kayla alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, senza però che quel sogghigno le abbandonasse la bocca.
“Beh, che si fa? Andiamo a vedere se da queste parti hanno un camino e qualcosa che assomigli a un boccale di Burrobirra?”
“Già, inizio a pensare che preferiate gelarvi il fondoschiena, gente.”
Il gruppetto accolse il suggerimento dei gemelli e iniziò ad addentrarsi nel villaggio: non ci misero molto a capire che, se quell’impenetrabile coltre di nebbia non aveva invaso anche quelle viuzze, era solo per merito di un incantesimo, che creava una cupola trasparente tutt’attorno al perimetro del villaggio, lasciandovi un gradevole tepore.
A quel punto, in realtà, avevano iniziato a pensare che le cose fossero perfettamente normali (certo, sempre per gli standard dei viaggi del Dottore): niente pericoli mortali, niente minacce o sguardi malevoli, nessun conflitto, duello o discussione, nessun raggio laser o lampo di incantesimo a sorvolare le loro teste.
Tra quelle case che sapevano di cannella e di autunno, risuonavano i suoni di maghi, babbani e alieni che si muovevano con una complicità, con abitudine: risuonava la vita quotidiana.
C’erano bambini magici che sfidavano a duello Babbani e piccoli alieni muniti di spade che erano in grado di respingere i deboli incantesimi, alieni grandi e grossi che tracannavano Burrobirra in compagnia di Babbani mentre la bottiglia levitava attorno a loro, e poi donne che si scambiavano consigli e boccette dai colori sgargianti ridacchiando.
Kayla e i gemelli Weasley fissavano quella scena come stessero assistendo all’entrata di Severus Piton da una parrucchiera.
“Dottore, vuoi dirmi che i maghi e i Babbani, un giorno, convivranno?!” fece Fred, tirando una gomitata all’uomo.
“Non avevi detto che ti tenevi alla larga, dai maghi? Pensavo che non conoscessi che Godric prima di incontrarmi!” aggiunse la strega, strattonando una manica del cappotto del Dottore.
“S-sì, in effetti non avevo mai incontrato una comunità del genere… nessun umano che abbia mai incontrato ha mai mostrato apertamente la sua magia: siete gente estremamente riservata.” replicò lui massaggiandosi le costole che avevano ricevuto la gomitata di Fred.
“Beh, non so voi, ma io mi butterei a esplorare la zona.” propose Jack.
“Purché non ti metti a esplorare le camere da letto, Jack.” sbuffò Kayla mentre, circospetta, li seguiva all’interno del villaggio.
In breve tempo, tutti abbandonarono però ogni traccia di timore: con inaspettata cordialità, gli abitanti del villaggio li accolsero senza riserve, offrendo loro fette di torta di zucca e indicando la direzione per la locanda più vicina: sembrava che fossero abituati ai turisti, come testimoniavano anche le bancarelle di prodotti tipici che li confusero con forme, profumi e nomi bizzarri (e da cui Kayla dovette trascinare via i gemelli a forza), nonché le numerose osterie sparse lungo le strade principali.
Fu solo a notte fonda, quando i piedi si erano fatti ormai pesanti e le palpebre minacciavano pericolosamente di cadere, che il gruppo scelse un luogo dove dormire: le pance soddisfatte e quella quiete calda e rassicurante ad avvolgerli, sembrava che avessero trovato un posto che non conosceva problemi, come se tutta la preoccupazione, tutti quei freddi e striscianti timori capaci di far tremare le vene nei polsi fossero rimaste chiuse fuori dalle porte di legno del paese, assieme a quella nebbia troppo fitta.
Questo, almeno, finché Kayla non la vide, gelandole il sangue nelle vene.
Successe poco prima di andare a dormire: il Dottore stava chiedendo le chiavi per le stanze, Jack stava tentando di abbordare due gemelle dalla pelle di un blu brillante al bancone, Fred e George confabulavano scambiandosi qualcosa di sospetto in un angolo della sala. Kayla scosse il capo e si avvicinò al fuoco che troneggiava su una parete, decidendo che non voleva saperne nulla delle macchinazioni di quei due.
I tavolacci dell’osteria si stavano svuotando rapidamente, e oltre a loro erano rimasti solo un gruppo di uomini ubriachi che cantavano ballate su troll e Zygon, e una vecchia seduta poco lontano dal fuoco: inizialmente, la mora non vi fece caso... almeno finché non incrociò il suo sguardo gelido.
“Ti diverti, Kayla?” disse la sua voce gracchiante.
La strega si tirò indietro di scatto, le braccia incrociate sotto il seno. “Scusi, lei conosce il mio nome, eppure io non conosco il suo.” disse freddamente, squadrando la sagoma curva  nascosta sotto un lungo mantello. Quando due mani magre levarono il cappuccio, però, non rivelarono il volto raggrinzito che Kayla si aspettava, ma il volto di una giovane donna dai capelli bianchi, che la guardava con gli occhi lattei spalancati e un sorriso inquietante sulla bocca.
“Il mio nome si è perso tempo fa, Kayla… come quello del Dottore, del resto.”
Tu. Chi. Sei.” La voce della ragazza era sorprendentemente calma e atona, come se il freddo che l’aveva invasa avesse aspirato via ogni traccia di emozione, trattenendo persino quella paura irrazionale che le avrebbe fatto tremare la voce, se solo non avesse avuto il controllo necessario per mantenerla salda e decisa.
La donna sghignazzò. “Oh, i cavalieri sono giunti in tuo soccorso. Eppure non pensavo di aver assunto un aspetto inquietante, stavolta.” Commentò, mentre Kayla sentiva comparire al suo fianco le figure rassicuranti del Dottore e di Jack; un braccio la strinse in un abbraccio rassicurante, e lei guardò Fred in un muto ringraziamento, George subito accanto al gemello.
Fu in quel momento, mentre quel terrore le correva lungo la spina dorsale e la pelle, trasmettendosi a  Fred e agli altri come fosse corrente elettrica, che capì cosa significava avere paura di morire: fu mentre strinse forte la mano del rosso, l’altra stretta sull’impugnatura della bacchetta e l’ossigeno che tornava a rinfrancarle i polmoni dopo quell’involontaria apnea, che capì come sarebbe stato da lì in avanti, col ritorno di Voldemort.
La strega, però, rimandò quei pensieri a più tardi, mentre il Dottore confabulava con la donna, che era scoppiata nuovamente in una risata secca e lacerante.
“Ma certo! Devi perdonarmi, tu probabilmente preferisci … così” disse, mentre i suoi capelli si ritiravano nel cranio, tingendosi di un biondo dorato, il volto cambiava forma, gli occhi bianchi diventavano più grandi, le labbra contratte in un ghigno più carnose: la reazione fu immediata, e il Dottore dovette trattenere Jack dal lanciarsi addosso alla donna.
“TU! Tu! Come osi prendere le sue sembianze! Mostro!” urlò Jack, gli occhi sbarrati dalla rabbia.
Il Dottore, mortalmente pallido, deglutì. “Cosa sei? Uno Zygon? Un Mutaforma? Parla svelta, o nulla ti risparmierà dalla mia ira.”
La donna rise nuovamente: sembrava non riuscire a fare altro, mentre gli occhi ciechi roteavano febbrilmente. “Oh, certo, il Dottore, ultimo dei Signori del Tempo di Gallifrey, dalla costellazione di Kasterborous… sto tremando di paura!”
“Ora basta!” la voce profonda e seccata che intervenne era quella dell’oste che, le sopracciglia cispose corrucciate e la bocca barbuta contratta, si era piantato davanti alla donna, incombendo con le braccia incrociate e l’aria minacciosa.
“Oh, scusami Rod, stavo solo dando il benvenuto ai nostri ospiti” replicò placida la donna, ritirandosi sullo schienale della sedia e ridiventando la donna dai capelli bianchi.
“Quante volte ti devo dire di stare alla larga da questo posto, dannata Veggente?! Vattene immediatamente!” sbottò l’uomo.
“Scusami Rod, è che ho un debole per il fuoco del tuo camino … mostra sempre immagini estremamente interessanti!” disse gioviale la donna, alzandosi e avvolgendosi nel mantello. “Ma non ti voglio certo importunare, Rod. Un’ultima cosa, però.” Aggiunse, voltandosi di scatto verso il Dottore mentre gli passava accanto, il volto a pochi centimetri dal suo. “Un consiglio, diciamo così: smettila di attaccarti a tutti come un povero orfanello, Dottore, perché ti lasceranno sempre tutti.” Sibilò, con un ghigno. “Ah, e attento agli Angeli Piangenti, prima che ti portino via altri pel-di-carota” concluse, accennando ai gemelli Weasley con sguardo malevolo.
Poi la donna se ne andò, la risata gracchiante che si perdeva nella notte della strada.
Rod sospirò. “Scusatemi, ma quella strega è una parassita: sempre lì a sparare le sue cavolate da veggente e a spaventarmi la clientela” borbottò scuotendo il capo, mentre iniziava a sistemare le sedie sui tavoli, riordinando la sala.
“Quella era una Veggente?!” sbottò Kayla, tornando a parlare e respirare ora che quel gravoso e gelido peso non la opprimeva più.
“Mah, non è una cosa sicura: c’è chi dice che dica un sacco di boiate, chi ha avuto qualche … conferma. Io penso siano solo coincidenze e fanfare ben congeniate, nulla di più.” Replicò l’uomo, scrollando le spalle.
“È una Mutaforma?” chiese il Dottore, inquieto.
“No, una Metamorfomagus. Comunque, su una cosa ha ragione: fate attenzione agli Angeli Piangenti, ragazzi.” li avvertì l’oste.
“I che?” dissero in contemporanea Fred e George.
“Vi spiego dopo. Fammi capire, questo posto è infestato di Angeli Piangenti?” chiese il Dottore, scambiandosi un’occhiata preoccupata con Jack.
Rod li guardò come se fossero pazzi. “Merlino, amico, secondo te perché c’è una barriera protettiva tutt’attorno al villaggio? Questo pianeta è infestato da Angeli Piangenti e Dissennatori: ecco perché per arrivare qui si arriva direttamente all’interno della barriera.” Spiegò. Poi, sospettoso, aggiunse. “Perché voi non siete mica arrivati da là fuori, vero?”
“Certo che no, amico, non siamo mica degli incoscienti!” intervenne con aria gioviale Jack, sfregandosi le mani. “Beh, non so voi, ma io sono stanco morto e quelle incantevoli bellezze blu sono andate via mentre discutevamo con quella donna inquietante: direi di salire in camera e non pensarci più.” Disse, inarcando le sopracciglia con fare significativo in direzione del Dottore, che annuì lentamente.
“Sì, e poi credo che quei signori laggiù stiano per …”
“EHI! Nessuno mi ruba l’Idromele, dannati ubriaconi!” sbottò Rod, precipitandosi dal rumoroso gruppo di avventori che stava tentando di scavalcare il bancone, ridendo sguaiatamente.
“Forza, di sopra, subito.” Mormorò il Dottore al resto del gruppo, che si defilò rapidamente su per le scale traballanti.
 
“Cosa sono gli Angeli Piangenti, Dottore?” domandò Fred.
Lui, che camminava in testa alla fila, si fermò e si voltò, per mostrare ai ragazzi un’espressione preoccupata. “Mi dispiace moltissimo, ragazzi.  Davvero. Ma viaggiare con me non è sempre sicuro. Soprattutto questa volta.”
“Ce ne dobbiamo andare, vero?” domandò Jack. “Insomma, Dissennatori e Angeli Piangenti … non mi pare una bella gita.”
“No, affatto.” Rispose il Dottore.
“Gallifrey” lo richiamò Kayla. “Gallifrey, noi vogliamo delle risposte.”
Lui si avvicinò a Kayla. “Non ora, piccola strega. Questo posto non è sicuro.”
“Appunto per questo mi devi dire cosa diamine sono gli Angeli Piangenti.” si lamentò lei.
“Pensa alla cosa più spaventosa che tu possa immaginare.”
“Oh, sono Mollicci alieni?” sbuffò lei.
“No. Gli Angeli Piangenti sono davvero le creature più spaventose che esistano. Si nutrono di energia temporale, si muovono quando non li guardi, e possono spezzarti l’osso del collo senza che tu te ne accorga.”
“E dove è il problema? Basta non smettere di guardarli troppo a lungo, no?” domandò George.
“Non devi nemmeno battere le palpebre, George, e per voi umani è pressoché impossibile.”
“Nemmeno battere le palpebre?!” domandò Fred. “Oh, allora siamo spacciati.”
“Questo non è lo spirito con cui affrontare la cosa, Fred.” Lo richiamò Jack.
“Ma chi ti hanno portato via, questi Angeli?” domandò Kayla.
Il Dottore scosse la testa. “Non lo so.” Ammise, dispiaciuto. “Probabilmente è qualcuno che non ho ancora conosciuto.”
“Forse siamo noi.” Sospirò George. “Cosa succederebbe, se morissimo qui?”
“Beh, Kayla dovrebbe spiegare un paio di cose alla mamma.”
Fred. Tu. Non. Muori.” Rispose lei, in un tono che non ammetteva repliche. “Dottore, la Veggente, ha preso le sembianze di Rose, non è vero?”
Lui mostrò un sorriso malinconico. “Come lo sai?”
“I tuoi occhi, Gallifrey. Hai un velo negli occhi quando qualcosa riguarda lei.”



NdA: per il fantastico banner e le fantastiche idee, grazie a Benny che oggi mi ha anche fatto la tinta. Cento punti a Always_Potter!


 

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Capitolo 10
*** 10. ***


(Da collocare nel tempo subito dopo la morte di Rose.)

Quando arrivò, Kayla parlò senza preamboli.
Era stanca dei preamboli. Erano i preamboli, le attese, i lunghi silenzi carichi di astio ad averli portati a quel giorno maledetto, ad aver spinto con i piedi e le mani il Mondo Magico sull’orlo della rovina: un orlo da cui lei, cinica e terribilmente pragmatica com’era, non vedeva possibilità di tornare indietro. Forse Silente aveva anche solo un briciolo di convinzione che sarebbero riusciti a fermare Voldemort prima che scoppiasse la Guerra, quella vera, (e non credeva che nemmeno il vecchio Preside fosse tanto cieco), ma lei ormai riusciva solo a sentire la corrente forte e selvaggia, quella corrente che si vendicava per i mesi in cui era stata ignorata ed ora era pronta a lanciarli giù per la cascata, implacabile e con dita artigliate.
E sua zia Rose, lei era stata la prima vittima di quella corrente.
Così, Kayla non aveva pianto.
Non aveva emesso alcun suono, si era semplicemente voltata, aveva dato le spalle a tutto e a tutti e se ne era andata senza spiegazioni. Aveva incrociato forte le braccia al petto, stringendole come se dovesse assicurarsi che il diaframma non decidesse di sfuggire al suo rigido controllo, di tradire il suo volto cereo ma impassibile, e si era alzata senza una parola. Quel giorno, un particolare stonava per l’ennesima volta nel look della strega, un particolare che lei avrebbe maledetto per molto tempo.
Portava le Converse.
Non le lucide e abbastanza bruttine scarpe della divisa, non quelle suole lisce e quelle stringhe scure, non i leggeri tacchi che avrebbero dovuto rimbombare sulle pietre dei corridoi di Hogwarts e affondare nei prati ghiaiosi delle serre. No, lei portava le Converse. Perché lei non si era preparata a trovarsi dove avrebbe dovuto, a seguire le lezioni fra i suoi fratelli e i suoi amici, a fronteggiare per l’ennesima volta gli sguardi più odiati con l’atteggiamento più beffardo e sdegnoso del suo repertorio
Quel giorno, quell’ultimo giorno, Kayla si era preparata a correre.
E lo squittio della gomma sui lustri gradini della scala a chiocciola di marmo non fece che ricordarle quel fatale errore. Uno squittio che inseguì la ragazza fino al Gargoyle che troneggiava fuori dall’ufficio del Preside, lungo i corridoi tortuosi e sui ripidi gradini dei passaggi più rapidi e pericolosi, e poi sulla ghiaia del viale d’ingresso, finché l’erba schiacciata senza pietà dai suoi passi cadenzati non le aveva dato pace, spegnendo quel fastidioso promemoria.
Promemoria di suole umide di una pioggia che non apparteneva a quel mondo, di una pioggia a cui non sarebbe dovuta andare incontro.
Il suo sguardo si era tenuto fisso su quelle punte bianche e lucide quasi a voler soffrire appieno del suo errore e, quando infine quegli stessi occhi si alzarono sul volto teso e preoccupato del Dottore, il dolore e la rabbia accumulatosi si trasformarono in gelidi pugnali di acciaio.
Il Dottore aprì bocca per chiederle cosa ci fosse che non andava (come da copione, perché lo conosceva, e persino quella consapevolezza glielo fece odiare ancor di più), ma Jack s’intromise, come sempre.
«Come, già di ritorno streghetta? Pensavo non ci volessi vedere più per un secolo, stando agli strilli con cui ti sei dolcemente accomiatata!» la sbeffeggiò il Capitano, entrando in quel momento della Sala di Comando e non vedendo il suo volto: un volto che andava ben oltre la furia, ben oltre la delusione e la tristezza. Un volto che spaventò il Dottore.
«Jack, non è il momento» mormorò lui infatti, senza distogliere lo sguardo dalla strega.
«Dove sono Fred e George?» chiese semplicemente Kayla, un fil di voce perfettamente udibile nel silenzio pesante che era calato nel TARDIS.
«Se ne sono andati, Kayla, lo sai … ma non capisco, cosa succed-»
«Andatevene». Niente preamboli, niente scuse.
Un mare di dolore.
«… eh?» sbottò semplicemente Jack, spalancando gli occhi come se fosse impazzita e appoggiandosi con i gomiti sulla plancia di comando.
«Andatevene» ripeté impassibile Kayla, ma guardando negli occhi il Dottore.
Bugiarda, si disse, perché era tutto tranne che impassibile, perché ripetere quelle cinque sillabe era come farsi sferrare un pugno nello stomaco.
«Kayla, che cosa sta succedendo? È chiaro che sia grave, ma ci devi dire-»
«Rose Redfort, mia zia, è morta. È successo mentre ero con voi, in qualche dannato angolo di universo, ed è successo mentre i miei parenti e amici più cari rischiavano la vita senza che io muovessi bacchetta per aiutarli. Ecco cos’è successo, Dottore. E adesso, andatevene.»
«Un momento, non vorrai dare la colpa a noi, Kayla?! Credimi se ti dico che posso capire il tuo dolore, e ti sono vicino, ma non puoi pensare che questo cambi le cose.» sbottò il Capitano, incrociando le braccia e fissandola con la fronte aggrottata.
«No che non capisci» disse fermamene Kayla «potrai fare sempre la parte dell’uomo più vecchio del mondo, Capitano, ma tu non sai niente di questo mondo, e se c’è una cosa che ogni mago sa, è che una persona può cambiare tutto. Io avrei potuto salvare mia zia.»
«Stai straparlando!»
Kayla non gli rispose neppure, si limitò a fare un cenno verso il Dottore.
«Tu non dici niente, però.»
«Credo che al momento tu non sia abbastanza lucida.»
«Credi che io non sia che cosa?!» sibilò Kayla, e le luci della sala lampeggiarono per qualche secondo. «Io credo che tu abbia la coda di paglia, Dottore, e forse dovresti ammetterlo e andartene di qua.»
«Kayla …»
«Se solo» lo interruppe la strega, facendo un passo verso di lui e riducendo gli occhi a due fessure di odio, «se solo te ne fossi andato la prima volta che l’avevi detto, tutto questo non sarebbe successo, io non avrei mai trascurato la mia famiglia fuggendo dalla realtà come una sciocca, io avrei potuto salvare mia zia.» Il modo in cui ripeté quella frase, la sicurezza cieca e folle di chi ha perso una persona e il risentimento oscuro e intrattenibile di chi ha trovato il giusto capo espiatorio, quello fece impazzire dalla rabbia Jack Harkness, che nella sua vita ne aveva viste di tutti i colori, ma ancora non riusciva a sopportare chi dava addosso al Dottore senza motivo.
Kayla non registrò nemmeno le urla che le lanciò, i suoi tentativi inutili di parlarle e “farla ragionare”: tutto quello che rimaneva in quel Tardis erano lei e il Dottore che si fronteggiavano per l’ultima volta, e niente di più. Non avrebbe saputo dire quando il Capitano se n’era andato dalla stanza, scomparendo in un corridoio con  passo infuriato e l’urlo: “Torna quando ti sarai schiarita le idee, principessa!”
Seppe solo che in quel momento il Dottore non provò a convincerla di nulla, non contestò le sue azioni, non fece nessuna di quelle gesta straordinarie con cui salvava sempre la situazione. Forse fu per lo sguardo che aveva Kayla, forse perché si rese conto per la prima volta di ciò che la aspettava, o forse fu semplicemente che, a ragione o meno, aveva riconosciuto della verità nell’accusa della ragazza.
La sua unica domanda, fatta a occhi bassi, fu: «Quindi, credi che sia colpa mia se tua zia è morta?»
«… sì». Un altro pugno nello stomaco, forse solo per uno dei due, forse per entrambi.
«... E cosa credi che succederà, adesso? Cosa ti farà stare meglio?» quella domanda le suonò quasi come una presa in giro, eppure anche come una resa rassegnata. Non lo sapeva. Non le importava.
C’erano sempre due paia di Converse di troppo e quello era tutto ciò a cui riusciva a pensare, che fosse ridicolo o meno.
«Io… ora oltrepasserò quella soglia, Dottore. Dopodiché io non ti vedrò mai più» mormorò Kayla, senza più cercare il suo sguardo, facendo rotolare sulla lingua quelle parole terribili come una sentenza di morte, una sentenza che gravava sul suo corpo senza neanche più farle male, quasi come se ormai avesse provato la soglia massima di dolore che le era concesso per quel giorno.
Quanto si sbagliava.
Eppure lo fece. Lei si voltò davvero, le sue suole scricchiolarono debolmente fino alle porte del Tardis, e la maniglia gelida fu l’appoggio a cui si ancorò quando sentì le sue forze mancare, come se improvvisamente una voragine si stesse rapidamente aprendo nella lastra d’impassibilità che l’aveva avvolta e assimilata, franando fino a farle tremare le gambe e la voce.
«… non ci provi neanche, vero? Non ci provi neanche, a fermarmi.»
Il Dottore la fissò in silenzio, stringendo i denti fino a sentirli scricchiolare. Poi chiuse gli occhi, passandosi una mano sulla faccia.
«Sai, Hogwarts, chi viene con me pensa sempre all’incredibile opportunità che gli viene offerta… ma io so cosa si nasconde dall’altra faccia della medaglia. Essere miei compagni di viaggio… è una maledizione. E… e va bene così. Va bene che tu te ne vada, Kayla. Perché se non te ne fossi andata tu… io, io sono un codardo! Questa è la verità!» sbottò il Dottore, gli occhi arrossati e le rughe sulla fronte più profonde che mai. «Io non ci riesco, non metto mai fine alle cose prima che sia troppo tardi, lascio sempre che accada il peggio! Ma stavolta… vattene, vattene Kayla Black, e se mai le nostre strade s’incrociassero ancora… corri, scappa più veloce che puoi e non ti fermare.»
A quelle parole intrise di dolore, a quell’addio inesorabile, Kayla strinse forte i pugni e diede definitivamente le spalle al Dottore. «Bene. Addio, allora». E corse. Corse veloce come non mai, come in quelle partite di acchiapparella giocate con suo fratello, anni prima, corse come se Hogwarts fosse casa, l’unica salvezza dal lupo ferito lasciato alle sue spalle.
Non lo avrebbe rivisto mai più, questo era ciò che pensava.
E le lacrime agli angoli dei suoi occhi erano lacrime traditrici, che avevano tutto e niente a che vedere con sua zia Rose.
“Che tu sia Maldetto, Dottore, che tu sia Maledetto”.
Quando Kayla giunse in Infermeria, il petto le doleva per il respiro pesante, e ai piedi le erano rimasti solo i calzini.

La storia che sta dietro a questo capitolo è tanto divertente quanto banale. 
Io e Benny lo abbiamo pensato e  scritto in un pomeriggio, mesi e mesi fa. Poi abbiamo perso il file word. Lo abbiamo trovato, ma non avevamo tempo di pubblicare. E ci siamo nuovamente scordate dove fosse. Qualche giorno fa, ci siamo rese conto che era passato davvero tanto tempo. E allora, mi sono messa a cercare, e l'ho trovato. 
Ho deciso di pubblicarlo così come fu scritto quel pomeriggio di mesi fa. 
Sì, si sono detti addio. 
No, non è ancora detta l'ultima parola.
Tempo al tempo.

 

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