Alice nelle foglie d'Autunno

di Fiore del deserto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le foglie portano consiglio ***
Capitolo 2: *** Le castagne hanno il cuore d'oro ***
Capitolo 3: *** Fratellino e Sorellina ***
Capitolo 4: *** Lo scherzetto del dolcetto ***
Capitolo 5: *** Notizia delle notizie ***
Capitolo 6: *** Tempo di matrimonio ***
Capitolo 7: *** La saggezza dell'Autunno ***
Capitolo 8: *** Dolorosa verità ***
Capitolo 9: *** Anche le Castagne si arrabbiano ***
Capitolo 10: *** La carta del Cappellaio ***
Capitolo 11: *** Festa a casa di Castagna ***
Capitolo 12: *** Sorriso spezzato ***
Capitolo 13: *** Ultima umiliazione ***
Capitolo 14: *** Come solo tu sai amare ***
Capitolo 15: *** Presagio nel sogno ***
Capitolo 16: *** I desideri di Castagna ***
Capitolo 17: *** Danza tra i tavoli fluttuanti ***
Capitolo 18: *** Preparativi particolari ***
Capitolo 19: *** Per la mano di Alice ***
Capitolo 20: *** Callooh! Callay! ***



Capitolo 1
*** Le foglie portano consiglio ***


CALLOOH! CALLAY!
Eccomi di nuovo qui! Che vi avevo detto? Per niente al mondo mi sarei fermata e, come promesso, eccovi una sorpresa tutta per voi! Ve la meritate!
E non vedo l'ora di trascorrere una nuova avventura con tutti voi!
Che ne dite? Vogliamo immergerci nel mondo di Alice, del Cappellaio e dei loro amici?
Un BACIONE e BUONA LETTURA!


 
Nessun giardino della memoria e nessun palazzo dei sogni le aveva più fatto nascere una nuova speranza di un nuovo e desiderato incontro.
Il pomeriggio non era così giovane e in certe situazioni, si sa, i sogni sono molto pericolosi per i cuori tristi e pieni di malinconici ricordi.
Il parco era ornato di foglie dorate e gli alberi diventavano sempre più nudi e spogli.
Il vento soffiava leggero con le foglie che danzavano felici, poggiandosi leggere sul prato.
- Mi sembrate distratta, Capitano. - osservò James Harcourt mentre passeggiava con Alice per il variopinto parco di Londra.
Una passeggiata tra colleghi per parlare di affari, come aveva detto Alice alla madre per non creare nessun disguido, e, in effetti, era la verità.
Lo stesso, però, non poteva dirsi per James.
Più il tempo passava e più rimaneva affascinato ed incantato davanti a quella giovane donna che brillava di una luce speciale.
Alice era diversa. Era tosta e non si fermava mai davanti a nessuno.
- Va tutto bene, signor Harcourt. - mentì Alice.
- Sapete, - disse lui tutto d'un fiato - pensavo che questa passeggiata avrebbe potuto essere un'occasione per poter fare qualcosa di diverso, oltre che essere un momento per poter discutere dei nostri tremendamente importanti affari. -
- Signor Harcourt, sapete bene cosa ne penso degli affari. - era chiaro che Alice avesse intuito qualcosa, ma preferì non saltare alle conclusioni affrettate - Come avete detto voi, sono tremendamente importanti e non possiamo perderci in chiacchiere di altro genere. Ogni minuto è molto prezioso. -
James abbassò lo sguardo, chiaramente imbarazzato. Ma non voleva arrendersi.
Si sedettero su una panchina e contemplarono il paesaggio colorato.
Alice inspirò l'aria.
- Pensate mai ai sogni? - domandò a bruciapelo.
James si incuriosì di quella strana, ma interessante, domanda.
- Da piccolo sognavo di diventare un uomo importante. - rispose James e Alice scoppiò a ridere.
- Non vi ho chiesto se fate i compiti. Vi ho chiesto se vi siete mai interrogato sul loro mistero, se valga la pena di seguirli nonostante tutto quello che ci accade nella realtà. -
James era sempre più ammaliato da quel fiume di sagge parole, così precise e insolite.
Nessun'altra ragazza si sarebbe mai posta simili domande e lui sapeva che il suo Capitano non era una ragazza qualunque. Era questo a renderla speciale.
- I sogni, a volte, restano per i fanciulli. - rispose James - Dicono che gli adulti sognatori siano dei matti. Io credo... - prese un po' di tempo per trovare le parole adatte - che il mondo sia per i sognatori. Perché lo vivono in una maniera diversa, scappano da qualcosa che a loro non piace e lottano per sopravvivere da una realtà triste e, a volte, travagliata. -
Alice lo guardò sorridendo. Non si aspettava che nel suo mondo esistesse qualcuno che fosse ancora in grado di sognare e di credere che le fantasie e i sogni non fossero solo per i bambini. Era bello poter sentire quella rivelazione e gli occhi di lei si illuminarono.
James la guardò negli occhi e sorrise imbarazzato.
- Capitano, c'è una cosa che devo dirvi. -
- Parlate. - Alice si chiese perché James avesse un tono così basso e strano.
- Qualsiasi uomo, sarebbe molto fortunato se avesse voi nel suo cuore. - quelle parole fecero sussultare Alice - Io, probabilmente, non ne farò mai parte. Ma è giusto che voi sappiate che ho sempre provato una sincera ammirazione verso di voi. Non ho nessuna intenzione di compromettervi, voglio solo essere sincero. - James deglutì e Alice si sentì come se un gelido vento le avesse penetrato il petto.
James stava aprendo a lei il suo cuore.
E lei? Lei cosa provava per James? Sentì un crack in lei, deducendo che fosse la sua anima.
Per la prima volta, si era sentita come divisa in due strade molto difficili da scegliere.
In una strada, nel suo mondo, c'era James Harcourt. Un giovane di buona famiglia, educato, ligio e composto.
E nell'altra? L'altra portava nel Sottomondo, dove un allegro, armonioso, folle e giocoso Cappellaio l'attendeva incondizionatamente.
Cosa doveva fare? La circostanza si era rivelata molto imbarazzante.
A salvarla fu il tuonante scoccare delle cinque del pomeriggio dell'orologio del Big Ben. Era l'ora del tè, pensava. E anche questo pensiero le aveva toccato un nervo sensibile. Il tè, naturalmente, le ricordò di nuovo il Cappellaio.
James si alzò dalla panchina e guardò malinconico il suo Capitano.
- Vogliate scusarmi, Capitano. Ma per me è giunta l'ora di andare. Purtroppo, ho un impegno. -
Alice era ancora molto presa da quel tarlo che le punzecchiava il cervello, ma trovò il modo di salutare James anche se un po' freddamente.
Sola sulla panchina, con le foglie che danzavano ai suoi piedi, i pensieri l'attanagliavano.
Non si era mai sentita così. Continuava a chiedersi quale fosse la scelta giusta da prendere. Sapeva di non essere più una bambina, ma nel frattempo non voleva rinunciare ai propri sogni, alla speranza di ritornare dal Cappellaio.
Una foglia vicino ai suoi stivali si muoveva leggera, poi con l'ausilio del vento si alzò nell'aria e raggiunse i capelli di Alice.
Alice la tolse con gentilezza e afferrata dalla base prese ad osservarla. Era arancione e quel colore continuava a ricordarle una caratteristica in particolare. Proprio i capelli del Cappellaio.
Sospirò, questo non la aiutava.
In quel momento, Alice giurò di aver sentito la foglia emettere un suono strano.
Come una risatina femminile. No, si disse, si era sicuramente sbagliata.
Ma quel suono riecheggiò di nuovo. La foglia, come di sua volontà, riprese a fluttuare intorno ad Alice, ridacchiando allegramente.
- Ma cosa? - Alice si chiese se stesse impazzendo, ma giurava di sentire sul serio quella foglia ridere. Era simile ad una risata di bambina.
La foglia girava e Alice si alzò dalla panchina per afferrarla, la foglia la evitò continuando a ridere.
- Non mi prendi. - disse infine con allegria e Alice sbarrò gli occhi - Giochiamo. -
Alice non si era sbagliata, quella foglia rideva ed ora parlava.
La foglia continuò a fluttuare nell'aria.
- Non mi prendi. - disse giocherellona.
- Aspetta. - Alice la rincorse, ebbe la sensazione che la foglia volesse essere seguita.
Infatti, così era stato.
Volava ridacchiando con Alice alle calcagna, conducendola in una zona più nascosta del parco. Volò finché non arrivarono ad un grosso castagno. La foglia si avvicinò al busto e sotto gli occhi increduli di Alice, il tronco si aprì come una porta e fece entrare la fogliolina.
Alice non credeva ai suoi occhi. Quel castagno si era aperto come una porta d'ingresso. Si avvicinò e poggiò una mano su di esso. Venne colta da uno spavento quando sentì una voce... appartenente proprio al castagno.
- Non ti viene in mente di bussare? -
Alice fece un balzo indietro.
- Che sfacciataggine questi giovani di oggi. - sbuffò il castagno.
- Mi scusi. - disse Alice, poi, sempre più incredula, fece quanto l'albero le avesse detto.
Bussò sul tronco ed esso si aprì.
Alice fece un passo incerto in avanti. Era un nuovo passaggio verso Sottomondo? si chiedeva. Era solo un sogno?
- Vuoi entrare, sì o no? - si spazientì il castagno e Alice, finalmente, si decise ad entrare. Il troncò si chiuse rumorosamente alle sue spalle e, con grande sorpresa di Alice, si era ritrovata in un luogo con un cielo senza nuvole, con funghi giganteschi come alberi, tutto investito da colori brillanti con insetti bizzarri che svolazzavano di qua e di là.
Una risatina echeggiò alle sue spalle. Era la foglia.
Alice, finalmente, era riuscita ad afferrarla.
- Hai vinto tu. - le disse - Ora, per favore, puoi lasciarmi andare? Devo andare dalle mie foglie sorelline. - Alice non disse una parola e la lasciò librare nell'aria come una farfalla, la foglia l'aveva ringraziata - E' stato bello giocare con te. -
Ma ad essere grata era Alice: senza quella foglia, non avrebbe mai pensato che ci sarebbe stato un altro modo per poter tornare nel Sottomondo. Quella foglia le aveva dato una nuova possibilità.
- Cappellaio. - disse infine lei. Era lui il suo unico pensiero.
Quanto tempo era passato dal loro ultimo addio? Un anno? Due? Non lo sapeva. Il tempo era trascorso lentamente senza di lui, ed ora Alice avrebbe avuto l'occasione per poterlo rivedere. Non sapeva dove si trovasse con esattezza, ma non le importava. In un modo o nell'altro, sarebbe riuscita a trovare il Cappellaio. Si mise in cammino con il cuore che le batteva forte in petto con una frase che le balzava nella mente: sono tornata.    


 

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Capitolo 2
*** Le castagne hanno il cuore d'oro ***


Cari amici miei, eccoci qui in un nuovo capitolo.
Come al solito, vi ringrazio per il tempo che mi dedicate. Non finirò mai di esservi grata.
Sì, questa volta mi sono dilungata un po’ troppo, ma è stato necessario...

Vi aggiungo che questa storia, a partire da questo capitolo, si ispira a delle fonti esistenti: ovvero ad una storia popolare inglese. Non sto a dirvi quale, per non fare spoiler.
Un BACIONE e BUONA LETTURA.

 
 
I passi di Alice erano un po’ incerti, poiché non avesse la più pallida idea di dove stesse andando, né quale fosse la strada giusta che conducesse dal Cappellaio.
Le foglie continuavano a cascare leggere come coriandoli, denudando gli alberi.
Nel suo cammino, Alice vide al centro del sentiero una grande rosa rossa, alta quasi quanto lei. La guardò meglio e Alice notò che quei petali avessero un volto.
Del resto, pensava, perché meravigliarsi? Lì non c’era nulla che fosse impossibile e le cose strane erano all’ordine del giorno.
- Salve. – disse Alice.
- Salve a te. – rispose la rosa con calda voce femminile.
Alice, in effetti, non rimase molto sorpresa di sentire il fiore risponderle, sebbene non capitasse tutti i giorni che i fiori parlassero.
- Sto cercando la strada che mi porti dal Cappellaio. Tu la conosci? –
La rosa piegò il fusto e portò una foglia – che avrebbe dovuto rappresentare una mano – vicino al volto.
- Fammi pensare... – la rosa ci pensò su – Mi spiace, cara ragazza, ma non lo so. Puoi sempre chiedere agli alberi se sei nel dubbio. – e con una foglia indicò un pioppo.
Alice si voltò e vide che su di un pioppo c’erano appesi tantissimi bizzarri cartelli artigianali. Alice giurò a sé stessa di non averli visti poco prima, era come se si fossero materializzati dal nulla. Forse, erano spuntati proprio in quel momento, come se dotati di una volontà propria. Quel pioppo sembrava decorato come un bizzarro albero di Natale, con i cartelli di indicazione al posto delle colorate sfere natalizie.
Alice lesse i cartelli, attaccati in modo distorto con tanto di frecce altrettanto distorte: uno indicava “Da Nessuna Parte”, un altro “Sopra”, un altro ancora “Da Questa Parte”, “Dall’Altra Parte”, “Giù”, “Sottosopra”.
Alice non trovò i cartelli di grande aiuto, sul suo volto si poteva leggere un messaggio di delusione. Tuttavia, le sembrò cortese ringraziare la rosa rossa.
Riprese il suo cammino, avrebbe potuto solo contare con le proprie forze.
Nella sua strada, Alice sentì tra i grossi e giganteschi alberi una voce ben conosciuta dalle sue orecchie.
- Se proprio vuoi saperlo, è andato di là. – il corpo di Stregatto si materializzò alle sue spalle, facendole prendere un piccolo spavento.
- Stregatto. – Alice fu felice di vedere il suo amico felino e, soprattutto, era lieta di sentirgli darle l’informazione che cercasse.
- E’ in compagnia del Leprotto e del ghiro. – le indicò con la zampa la direzione giusta, al di là del sentiero, dove le foglie si facevano più ramate – Credo che stiano andando da qualche parte. Se ti affretti, farai in tempo a raggiungerli. Non voglio proprio perdermi la faccia che faranno quando ti vedranno. – sogghignò Stregatto e invitò Alice a seguirlo.
Alice lo ringraziò non poche volte e riprese la sua strada, stavolta a passi veloci.
 
- Amiiiciiiii. – un sorridente e brioso Cappellaio richiamò l’attenzione di Mally e del Leprotto, intenti a saltare tra i tronchi e a buttarsi tra le foglie come se si trovassero in una grande piscina colorata – Chi si tuffa per ultimo è un bavoso lumacone. -  
Mally e il Leprotto accettarono la divertente sfida e, come detto dal Cappellaio, tutti e tre si tuffarono di schiena sul morbido tappeto di foglie.
Ridevano a crepapelle, si stavano divertendo come dei bambini.
Non ci fu né un vincitore né un vinto, solo tantissime risate.
- Ancora, ancora. – implorava il Leprotto.
Alice era riuscita a raggiungerli e la tentazione di correre verso di loro era alle stelle.
Lo vide.
Vide il Cappellaio intento a divertirsi come se non ci fosse stato un domani in compagnia dei suoi amici. Era meraviglioso vederlo con quel sorriso pieno di gioia, sembrava un innocente ragazzino mai compromesso dai problemi della vita, come se i guai non lo avessero mai sfiorato. Rimase ferma un attimo ad osservarlo: era tornato in sé, della tristezza che lo aveva quasi portato sul punto di morire non ne era rimasta nemmeno il ricordo.
Stregatto svolazzò sulle spalle di lei.
- Aspetta qui. Non ti muovere. –
Alice, sebbene non avesse capito le intenzioni di Stregatto, gli obbedì.
- Chi si tuffa per ultimo, stasera niente tè. – alzò la posta il Cappellaio allegramente.
E Mally e il Leprotto, nel sentire quella sorta di sfida, si gettarono immediatamente. Ma anche stavolta erano finiti per terra tutti e tre nello stesso momento.
Il Cappellaio continuava a ridere, quasi fino a spaccarsi la mascella.
Smise di farlo quando sentì il proprio cilindro staccarsi dalla sua testa. Non era stata colpa della caduta o del vento. A preoccuparlo fu un urlo del Leprotto.
- AAAAAAH! Il cappello vola! –
Mally prese la piccola spada e si mise in guardia.
Il Cappellaio si alzò di scatto in piedi e tentò di afferrare il suo cilindro. Quando apparve Stregatto con il medesimo cappello sulla testa, il Cappellaio andò su tutte le furie. Era sempre scherzoso e pieno di spirito, ma guai seri a chi osasse toccare il suo cappello.
- Buon pomeriggio, amici miei. -
Mally e il Leprotto tirarono un sospiro di sollievo quando videro il felino, ma si preoccuparono per lui ben sapendo la conseguente reazione del Cappellaio.
Ad innervosirlo, e ad accelerare la sua gelosia verso l’affezionato cilindro, fu il ghigno di Stregatto.
- Hai esattamente cinque millisecondi per ridarmi il cappello. – sibilò il Cappellaio.
Stregatto sogghignò di più e sfoggiò la sua figura con il cappello alla testa.
Il Leprotto tremò.
- Oh, cielo... -
- Te la sei cercata, Stregatto. – lo rimproverò Mally.
Il Cappellaio partì all’attacco cercando di afferrare il felino, il quale vaporizzò all’istante.
Si materializzò alle spalle del Cappellaio.
- Sei un po’ lentino, Tarrant. -
- Brutto... – il Cappellaio, sempre più adirato, cercò di acciuffarlo invano.
Questa volta, Stregatto scomparve, lasciando fluttuare il cappello a mezz’aria.
- Se lo vuoi, perché non lo prendi? – lo sfidò e, sogghignante, prese a svolazzare, inseguito da un nervosissimo Cappellaio.
- Vedrai che lezione ti darò appena mi riprenderò il cappello: prima ti infilerò nella teiera, poi ti faccio fare un bagno bollente nel tè al latte! –
Il cappello continuava a fluttuare davanti all’irato Cappellaio. Volava, volava, fino a che non si poggiò sulla testa della persona che il Cappellaio non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi davanti agli occhi.
Il cilindro aveva terminato il suo volo, poggiandosi delicatamente sulla testa di un emozionata Alice. Il Cappellaio si fermò, così come il suo respiro, il suo cuore mancò un battito. Non era possibile.
Alice si morse un labbro.
- Ciao, Cappellaio. – disse lei con voce rotta dalla palpitazione.
Il Leprotto e Mally corsero immediatamente verso Alice, increduli anche loro.
Era stato, dunque, tutto un piano di Stregatto.
Le labbra del Cappellaio presero a tremare, non riusciva a fare nemmeno una cosa così semplice come salutare la sua amica più cara.
Sembrava legato da corde invisibili, ci pensò Alice a scioglierlo abbracciandolo amichevolmente.
- Sono qui, Cappellaio. Sono tornata. – esclamò lei.
Il Cappellaio ricambiò l’abbraccio amichevole e i due si sciolsero subito per guardarsi negli occhi, volevano avere entrambi la certezza di non stare sognando.
- Lo vedo. Ci credo. – balbettò il Cappellaio – Sei qui. Ma che bella sorpresa che mi hai fatto. –
Alice gli restituì il cappello e, nel riprenderlo, il Cappellaio colse l’occasione di poggiare le proprie mani su quelle di Alice.
- Ti chiedo scusa, ti assicuro che non avevo idea di tutto questo. – sorrise lei.
Stregatto riapparve e, per fortuna, Tarrant non sembrò più avercela con lui.
- Amici come prima, Tarrant? -
- Va bene. – rispose il Cappellaio – Ma stai lontano dal mio cappello. – allontanò il cilindro dal felino, proteggendolo da quegli occhi furbi e giocosamente maliziosi.
Stregatto si congedò e in un soffio scomparve tra gli alberi variopinti.
Alice e il Cappellaio erano rimasti per un po’ a fissarsi, ancora emozionati e con batticuore a mille per essersi incontrati di nuovo. Avrebbero voluto dirsi moltissime cose, ma le parole erano come bloccate. Mally, invece, sciolse il breve incantesimo venutosi a creare tra i due.
- Cappellaio, abbiamo già perso troppo tempo a giocare. Ti ricordo che siamo in ritardo. -
- Uh. – sussultò il Cappellaio mentre si rimetteva il cilindro sulla testa – Me ne ero quasi dimenticato. –
- In ritardo? – chiese Alice.
- Beh, sì. Dobbiamo andare a fare una visita alla mia sorellina. – spiegò raggiante il Cappellaio – Ora che ci penso, perché non vieni anche tu? -
- Sì! Sì! – esultò il Leprotto – Portiamola con noi! Sono sicuro che Alice sarà felicissima di conoscerla. – i suoi occhi si abbassarono verso le foglie – Foglie! -
- Basta che ci sbrighiamo. – disse severamente Mally – Anche se Castagna è molto paziente, non è bello approfittare della sua bontà. -
Alice si voltò verso il Cappellaio.
- Sei sicuro che a tua sorella non dispiacerà se venissi anche io? -
C’era un cestino di vimini appoggiato ad un albero quasi spoglio, coperto da una tovaglia colorata in stile tartan. Il Cappellaio lo raccolse e sorrise innocentemente ad Alice.
- Non è veramente mia sorella. Io e Castagna siamo amici da quando eravamo dei pargoletti. – le fece cenno di seguirlo, mentre Mally e il Leprotto si unirono al cammino – Vedrai che le piacerai. E che lei piacerà a te. E’ facilissimo volerle bene. –
Mentre lo ascoltava, Alice venne colta da una stranissima sensazione.
Era come se provasse una sorta di gelosia verso questa persona che non aveva mai visto in vita sua. In più, si domandava come mai il Cappellaio non le avesse mai parlato di questa sua amica di nome Castagna.
Saggiamente, pensò di fidarsi del Cappellaio, conoscendo la sua indole buona e sincera: se le aveva detto che si trattasse solo di un’amica, allora c’era assolutamente da fidarsi.
 
Il viaggio non era stato molto lungo.
Il sentiero li aveva portati ad una casetta di mattoni, non molto piccola ma semplice e graziosa, circondata da un meraviglioso giardino autunnale, con i caldi colori della natura che decoravano il prato ricco di fiori e funghi.
- Meno male che qui non ci sono bambini. – scherzò il Leprotto – Di solito, qui sembra di stare in un asilo. -
- Thackery. – lo rimproverò gentilmente il Cappellaio – Sai bene quanto si sacrifichi Castagna senza richiedere mai in cambio nulla. -
- Era solo uno scherzetto. – si giustificò il Leprotto.
- Uno scherzetto stupido. – disse Mally appoggiando il Cappellaio – Non esiste persona migliore di lei. Il Cielo la benedica. -
Alice prese la parola.
- Deve essere molto generosa. – osservò Alice.
- Oh, di più. – disse il Cappellaio – Molto di più. Passa le sue giornate ad aiutare i bisognosi e i meno fortunati. –
- Lo sai che era di sangue reale? – aggiunse il Leprotto – Ora non lo è più. Ma la rinuncia al suo titolo non le pesa. Preferisce aiutare chi ha bisogno di aiuto. -
Alice rimase abbagliata da quelle informazioni. Questa Castagna doveva essere realmente una persona molto speciale visto il modo in cui i suoi amici ne parlassero. Tarrant porse gentilmente il cestino di vimini al Leprotto.
Si erano avvicinati alla porta e, prima di bussare, il Cappellaio guardò Alice.
- Ricordati di una cosa, Alice. A volte, dietro un grazioso sorriso, si nasconde un’amara valle di lacrime. –
Alice stava per chiedere una spiegazione, ma il Cappellaio scosse la testa.
- Ogni cosa ha il suo tempo. – detto questo, Tarrant bussò alla porta.
- Vengo subito. – disse una voce e, come promesso, la porta si aprì in pochi secondi.
Ad accoglierli, c’era una giovane dal dolcissimo viso candido, gli occhi marroni come chicchi di cacao e dai capelli che ricordavano, per l’appunto, il colore delle castagne. Per quella caratteristica, Alice, al primo impatto, pensò che “Castagna” fosse solo un soprannome.
Castagna non appena vide il Cappellaio sorrise emozionata e il Cappellaio allargò le braccia, come per accoglierla in un abbraccio.
- Sorellina! – esclamò.
- Ciao, fratellino! – Castagna lo abbracciò affettuosamente.
Sotto gli occhi incuriositi di Alice, il Cappellaio e Castagna presero a cantare insieme una filastrocca facendo un gioco di battimento di mani.
« Dolce, buona e marroncina,
dell’Autunno la regina,
esce sempre dal castello
per andare dall’amico col cappello.
E il divertimento si avvicina
quando il fratellino incontra la sorellina! »
Finita la canzoncina, Castagna riabbracciò il Cappellaio.
Alice, nel suo cuore, lamentava la stessa gelosia precedente ma continuava a tenere duro.
- Quanto tempo. – disse Castagna e poi salutò anche Mally e il Leprotto. 
Quest’ultimo le porse il cestino.
- Per te, Castagna. -
- Miei cari, non dovevate. – i suoi occhi si posarono sulla nuova ragazza che non aveva mai visto prima – E lei chi è? – disse con voce mielosa e il suo perenne sorriso – Una nuova amica? –
- Proprio così. – disse il Cappellaio – Sorellina, lei è Alice. Alice, lei è la mia sorellina. -
Alice fece per allungare la mano, ma venne preceduta da quella di Castagna.
- Sono veramente felice di conoscerti. Chiamami pure Castagna. Sono sicura che diventeremo grandi amiche. -
- Lo spero. – disse Alice confusa e spaesata da tanta spontanea dolcezza.
- Vi prego. – aggiunse Castagna – Non restate lì fuori, entrate pure. -
Alice aveva quasi dimenticato la gelosia che le facesse sussultare il cuore quando vide quel sorriso e quella gentilezza. Castagna le aveva fatto una bella impressione, dopotutto, e si era già dimostrata molto amichevole nei suoi confronti.
Castagna li fece accomodare nel salotto e ringraziò ancora i suoi amici quando tirò fuori dal cestino il suo contenuto: c’erano due barattoli di marmellata alle ciliegie, un vasetto di miele, una scatola di biscotti, cinque panini al latte. Per ringraziarli, Castagna gli aveva offerto delle fette di torte alle mandorle.
Il Cappellaio aveva tirato fuori dal tasca della giacca un sacchetto tintinnante e, con fare sorridente, glielo porse a Castagna.
- Questi sono per te. -
Castagna aveva capito cosa contenesse quel sacchetto e il suo sorriso scomparve.
- No, fratellino, non posso accettarli. -
- Prendili, sorellina. Sappiamo quanto sia difficile per te saldare i tuoi debiti. -
Castagna si rifiutò, guardò verso il basso. Non voleva privare a nessuno del proprio denaro.
- Non posso. –
- C’è forse qualcosa che non va? – domandò Alice preoccupata.
Castagna stava per rispondere, ma qualcuno in quel momento bussò rumorosamente alla porta.
- Chiedo scusa. – disse Castagna, avviandosi verso la porta.
Non fu una visita piacevole. Davanti a lei, due cavalieri dall’aria poco rassicurante, con occhi minacciosi e ostinati.
- Desiderate? – chiese lei gentilmente.
Il primo dei due cavalieri, senza curarsi di trovarsi davanti ad una signorina, quasi sbatté in faccia a Castagna un foglio di carta. Quando ne lesse le righe, Castagna fu sconvolta. Era un avvertimento da parte del Conte Gwyneth di Saggezzandia, proprietario della contea dove, appunto, risiedeva Castagna. Tutte le case di quel pezzetto di terra appartenevano al Conte e tutti i residenti erano obbligati a parare la tassa di residenza.
Altrimenti, lo sfratto sarebbe stato immediato.
- Devi pagare entro tre giorni. – disse il primo.
- O paghi o per la strada vaghi. – la minacciò il secondo.
- Ma sono un sacco di soldi. – disse Castagna – Non posso pagare entro tre giorni. Dite al Conte di darmi più tempo. -
- Sì, come no. – disse il primo cavaliere – E tu credi  che sia disposto a darti ascolto? -
Richiamati dal trambusto, il Cappellaio e Alice arrivarono in soccorso di Castagna.
- Cosa succede qui? – domandò il Cappellaio.
I cavalieri non parvero lieti di vederlo.
- Ah, sei tu. -
Il Cappellaio li ignorò totalmente.
- Cosa c’è che non va, sorellina? –
Castagna gli porse il foglio e il Cappellaio alzò un sopracciglio, disgustato da tanta insensibilità.
Con semplicità, porse ai cavalieri il sacchetto che in precedenza voleva dare a Castagna.
- Dovrebbero bastare per il momento, no? -
I cavalieri aprirono il sacchetto e contarono i soldi che contenesse: cento scellini.
- Va bene. – disse uno dei due – Ma se la ragazzina non paga entro una settimana, il Conte la butterà in mezzo alla strada. –
- Per sempre. – completò l’altro con un brutto ghigno, ma il Cappellaio non si dimostrò per nulla intimorito.
- Come il Conte impone. – sorrideva il Cappellaio. Quando i due brutti ceffi se ne andarono, Castagna ritornò dentro casa.
Si sedette in salotto e si scusò con tutti quanti per la pessima figura. Ma, per fortuna, era ritornata a sorridere.
- Su, non facciamoci abbattere. Non saranno certo due facce di zucca come quei due a rovinarmi questa bella visita. -
Il Cappellaio la spalleggiò.
- Com’è che hai detto quando ti stavo dando i soldini? Ah, sì. – si schiarì la voce per imitarla – “No, fratellino, non posso accettarli”. -
Risero tutti di cuore, Castagna più di tutti.
Alice si domandava come facesse quella ragazza a continuare a sorridere serenamente, a mantenere un controllo pazzesco delle proprie emozioni nonostante tutto. Chiunque, al suo posto si sarebbe demoralizzato, ma a Castagna sembrava che tutto il male le scivolasse via come l’acqua che scorre su di un mantello impermeabile. Era da ammirare, pensava Alice. Rese omaggio al forte e coraggioso sorriso che rimaneva appiccicato su quel dolce volto incorniciato dai capelli dello stesso colore delle castagne.
 
 

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Capitolo 3
*** Fratellino e Sorellina ***


Ciao, cari miei. Ora posso dire di aver esagerato con la lunghezza del capitolo, quindi non mi soffermo più di tanto.
Spero che vi piaccia, ci lavoro da stamattina.
Quando arriverà il momento della musica, se volete, potete ascoltare questa melodia dove ho preso ispirazione : https://www.youtube.com/watch?v=_2od7MfkE2M
Un BACIONE e BUONA LETTURA.
 
 
Il pomeriggio era trascorso allegramente, come se Castagna non avesse mai avuto quella sorta di incidente sfiorato dal Cappellaio.
Il Cappellaio, non avendo avuto prima la possibilità di farlo, disse a Castagna chi fosse esattamente Alice.
La Paladina di Sottomondo che aveva vinto la guerra contro il Jabberwocky nel Giorno Gioiglorioso, la sua più cara amica che aveva salvato la sua famiglia e anche, per la seconda volta, Sottomondo dalla distruzione dopo che la Regina Rossa avesse messo a soqquadro l’ordine del tempo.
Gli occhi di Castagna presero a luccicare e sorrise di cuore ad Alice.
- Oh, ma allora tu sei quella Alice. Fratellino mi ha parlato tantissimo di te. – alzò le mani sulla sua testa, come per toccare un gigantesco pallone invisibile – Mi ha fatto una testa così a furia di parlarmi di te: “la mia Alice di qua”, “la mia Alice di là”. -
Il Cappellaio arrossì visibilmente e cercò di non incontrare gli occhi di Alice. Mally e il Leprotto se la ridacchiavano beati.
- Ed ora – continuava Castagna – ho finalmente il piacere di conoscere la cara amica del mio fratellino. Era ora, direi. –
Alice notò quanta solarità ci fosse in quella voce così piena di calore e armonia. Si avvertiva quanto Castagna fosse sinceramente felice di fare la sua conoscenza. O così, almeno, Alice si augurava.
Il sole stava calando e presto sarebbe arrivata la sera. Il Cappellaio fece cenno ai suoi amici che fosse arrivata l’ora di tornare a casa.
Quando Castagna chiese se Alice avesse un posto dove stare, il Cappellaio fece “no” con la testa: Alice era appena arrivata, era stata una sorpresa per tutti, non l’aspettavano. Con un sorriso dolcissimo, Castagna invitò Alice a rimanere in casa sua per quella notte.
Alice si era rifiutata, non voleva recare disturbo.
- Nessun disturbo. – assicurò Castagna – Resta quanto vuoi, anzi, devi restare quanto vuoi. E poi, non credo sia molto educato che una giovane signora come te – guardò il Cappellaio con aria complice – stia tutta sola soletta nella casa di un uomo mattacchione. Soprattutto se il mattacchione è lui. –
Il Cappellaio arrossì di nuovo, ma poi ci rise su. Castagna aveva ragione.
- Sarà un’occasione per conoscerci meglio. – aggiunse Castagna facendo l’occhiolino ad Alice – E’ sempre bello poter avere nuovi amici. Inoltre, gli amici del mio fratellino sono anche miei amici. -
Alice stava per rifiutarsi di nuovo, ma il Cappellaio spalleggiò Castagna.
- La mia sorellina è fatta così: vuole sempre aiutare tutti quanti. E una volta partita, non si ferma più. -
Castagna gli fece una scherzosa linguaccia.
Alla fine, Alice accettò calorosamente e realizzò la veridicità di Castagna: era un’occasione per conoscersi meglio, da lì Alice avrebbe potuto studiare meglio quella ragazza e capire se tra lei e il Cappellaio ci fosse solo una semplice e affettuosa amicizia, o qualcosa di più grande.
Il Cappellaio, il ghiro e il Leprotto le salutarono calorosamente.
- Alla prossima, Castagna. – disse il Leprotto – E grazie per le torte. -
- Comportati bene, Alice. – raccomandò il ghiro – Non fare disperare Castagna. -
- Buon riposo, mie care. Domani passerò di nuovo a trovarvi. Buon viaggio-a-vederci. – le salutò il Cappellaio.
- Grazie per la visita. – sorrise Castagna e poi poggiò una mano sulla spalla di Alice – Avrò io cura di lei. Buon viaggio-a-vederci. -    
 
Castagna prestò ad Alice degli abiti e una camicia da notte di cotone. Le disse che quei vestiti erano, la maggior parte, doni da parte delle persone che avevano voluto ringraziarla per tutto quello che Castagna facesse per loro.
E non le donavano solo abiti. Quasi tutti i giorni le si presentavano davanti alla porta di casa uomini, donne, animali, bambini e cuccioli, tutti imbarazzati  che si presentavano offrendo uova, cavoli, latte, scatole di colori e molti altri semplici doni. Così come avevano fatto il Cappellaio, Mally e il Leprotto. Il Cappellaio, però, era l’unico che le portava, quando poteva, un po’ di denaro.
Castagna viveva in quella casetta in mezzo alla natura e da quando aveva lasciato la sua vita da nobile, ogni mattina, si alzava con la sicurezza che la sua esistenza avesse un senso. Cosa c’era di più bello, di più emozionante, che aiutare gli altri, vedere tutti quegli occhi delle persone da lei aiutate così pieni di gratitudine. Le mormoravano sempre “grazie per tutto quello che fate”.
- E che cosa faccio? – domandò allegramente Castagna ad una meravigliata Alice – Io faccio solo il mio dovere. –
Come se aiutare i poveri quando si era in difficoltà economiche, con i ricchi fetenti che facessero di tutto per metterla con le spalle al muro, fosse una cosa da poco.
- Ma parlami di te. – implorò Castagna, desiderosa di conoscerla – Il mio fratellino mi ha sempre parlato così bene di te. Dimmi, da quanto tempo state insieme? -
Quella domanda aveva fatto arrossire ed impallidire Alice. Abbassò lo sguardo, leggermente imbarazzata.
- No, io e il Cappellaio non stiamo insieme. –
Castagna si coprì la bocca con una mano.
- Scusami tanto. Che figuraccia. – le sue guance si imporporarono, ma trovò subito il modo di aggiustare quella scena imbarazzante – Però... Qualcosa mi dice che presto lo sarete. -
Alice la guardò negli occhi incuriosita. E anche stavolta non avvertì nessuna negatività in quella voce.
- Sai, - continuò Castagna – fratellino mi ha sempre detto cose così carine su di voi. Ho sentito una certa vena di gioia immensa quando mi raccontava i momenti in cui si trovava insieme a te, ed è stato straziante sentirgli parlare dei vostri tristi addii. E poi, ho notato come ti guardasse per tutto il tempo che vi ho ospitato. – sorrise sempre più largamente – Era da tanto tempo che non vedevo il mio fratellino così felice, cioè, più del solito. Sono sicura che formerete una coppia meravigliosa. -
Alice, a quel punto, non seppe minimamente che cosa dire. Le era tornato alla testa il tarlo del bivio che la dividesse tra il Cappellaio e James.
Deglutì e improvvisamente aveva iniziato a tremare.
Castagna se ne accorse. Preoccupata, la fece sedere sulla comoda poltrona.
- Ho detto qualcosa che non va? – si scusò Castagna, sentendosi colpevole.
Alice le assicurò che Castagna non c’entrasse niente.
- Cara, - disse Castagna – qualcosa ti disturba? Posso aiutarti, se lo vuoi. –
Era dolce come il miele, sincera e molto gentile. Alice si chiese se fosse stato saggio confidarsi con una persona che ancora non conoscesse, nonostante tutta quella generosità.
Quando la guardò negli occhi, si sentì il cuore sciogliersi. Svanirono in lei tutte le diffidenze e, preso un bel respiro, le raccontò cosa la tormentasse.
Alice voleva molto bene al Cappellaio, le era mancato moltissimo e aveva perso il conto di tutte le volte che avesse passato delle notti insonni pensando a lui. L’unico amico più vero che avesse mai avuto, che non si sarebbe fatto problemi a sacrificare la propria vita per salvare quella di lei.
Ma nel frattempo, c’era un’altra persona che, per tutto quel tempo che era tornata nel suo mondo, era entrata a fare parte delle sue giornate. James Harcourt era un bravo giovanotto, la rispettava ed era anche ben educato.
Uno dei maggiori problemi, era che Alice e il Cappellaio appartenessero a due mondi totalmente diversi, discorso che non valeva affatto con James. E quando James le si era quasi dichiarato, la testa di Alice si era solo confusa ancora di più.
- Non so cosa devo fare. – sospirò Alice – Il punto è che non voglio fare soffrire nessuno... –
Castagna la prese per una mano e la invitò ad alzarsi.
- Vieni con me, voglio mostrarti una cosa. –
Alice seguì Castagna fino alla stanza di lei.
Castagna si avvicinò ad un comodino, aprì il cassetto e prese un libro dalla copertina azzurra. Lo strinse al petto e guardò Alice negli occhi.
- Sento che posso fidarmi di te, Alice. – sorrise con gli occhi che le brillavano – Tu non ti sei fatta problemi a fidarti di me, raccontandomi delle cose così intime. Ed ora, io voglio aiutarti. –
Le porse gentilmente il libro e, prima che Alice lo aprisse, Castagna le aggiunse dei dettagli.
- E’ il mio diario. Ma non è un diario qualunque: è il Libro Al-di-là-dei-Ricordi. Quando leggerai la pagina da te interessata, ti immergerai letteralmente nel libro, in quello che c’è scritto. Nei miei ricordi. Non puoi interagire, quindi, nessuno dei presenti potrà né vederti né sentirti. Dopotutto, sono solo ricordi.-
Alice prese il Libro Al-di-là-dei-Ricordi.
- Vai a pagina sei. – disse Castagna – Ti prego di una cosa: non appena finirai di vedere i miei ricordi... beh, non voglio la tua pietà... solo il tuo sorriso. –
Alice non capì, ma non lo diede a vedere. Ringraziata Castagna per averle dato il permesso di poter “leggere” i suoi ricordi, Alice sfogliò il libro a pagina sei.
Il libro si illuminò quasi fino ad accecarla e la medesima luce la investì.
Il suo piccolo viaggio era iniziato.
 
Alice si trovò in quella che sembrava una piazzetta di Saggezzandia e quel luogo le risultò familiare. Dietro di lei, due voci di bambini che stavano cantando una filastrocca che le era sembrato di aver già sentito prima, il tutto accompagnato con un battimento di manine.
« Dolce, buona e marroncina,
dell’Autunno la regina,
esce sempre dal castello
per andare dall’amico col cappello.
E il divertimento si avvicina
quando il fratellino incontra la sorellina! »
Alice, con un bel sorriso, riconobbe uno dei due bambini: il maschietto era il Cappellaio da bambino, mentre la sua amichetta doveva senz’altro trattarsi di Castagna. La riconobbe, oltre che per averle sentito cantare la filastrocca, per i suoi capelli.
Erano seduti sopra un muretto e sorridevano allegramente.
Il Cappellaio aveva tirato fuori dalla tasca dei pantaloni un fazzoletto di cotone e lo porse a Castagna.
- Questo è per te. Felice Giorno dell’Arrivo dell’Autunno. –
Castagna gli aveva sorriso e strinse al cuore quel fazzoletto con sopra cucito un cilindro nero, decorato da fiori colorati.
- Lo porterò sempre con me. – disse lei.
Castagna porse il proprio regalo a Tarrant. Un disegno raffiguranti due bambini, una con una castagna in mano, l’altro con un cappello sulla testa. Naturalmente, quel disegno rappresentava loro due.
Tarrant  mise il disegno dentro la tasca sinistra della giacca.
- Lo porterò sempre con me. – ripetè il bambino.
La scena era cambiata, sfumando come una coltre dorata.
Alice si trovava in uno strano prato di campagna e, a giudicare dalla temperatura, doveva senz’altro essere primavera. Realizzò dove si trovasse quando vide il mulino.
Alla sua destra c’era il Cappellaio adolescente in compagnia di un giovane Mally e di un raggiante Leprotto, seduti sulla loro tavola imbandita, uniti per il tè.
Nessuno aveva toccato né dolci né tè, aspettavano qualcuno.
E in quel momento, sentirono qualcuno avvicinarsi. Era Castagna. Era anche lei un po’ più grande, ma ad incuriosire Alice erano due dettagli: Castagna non sorrideva e guardava sempre verso il basso.
Il giovane Cappellaio si avvicinò a lei preoccupato.
- Gwenhwyfer, cosa succede? –
L’aveva chiamata Gwenhwyfer. Era quindi quello il suo vero nome. Castagna si voltò dall’altra parte, ma il Cappellaio la costrinse gentilmente a guardarlo in volto. Con orrore, Alice vide un grosso livido sul volto della ragazza e si mise una mano alla bocca quando vide la scena che le si presentò.
Il Cappellaio digrignò i denti e si morse una nocca.
- Fratellino, va tutto bene. E’ stata colpa mia. Me lo sono meritato. Non dovevo rispondere male a mio padre. –
- Sono stanco di questa storia. – quasi urlò il Cappellaio – Non posso permettere che tuo padre continui ad alzarti le mani! Perché non ti lascia in pace? –
- Perché non vuole che tu stia con noi? – domandò tristemente il Leprotto.
Castagna trovò la forza di sorridere.
- Cosa ce ne importa? L’importante è che io ora sia qui. –
- Dimmi la verità. – disse Tarrant – Sei qui solo perché sei scappata di casa, non è vero? –
- Sì. – sorrideva Castagna – Divertente, non è vero. –
- E’ pericoloso. – disse il Cappellaio preoccupato – Non voglio che tu passi altri guai. -
- Mio padre non se ne accorgerà mai. – assicurava Castagna e si mise a sedere a tavola – Allora? Cosa sono quei musi lunghi? Non è successo niente. Chi mi passa il tè al latte? –
Alice non credeva ai propri occhi.
Ricordò le parole del Cappellaio poco prima di conoscere Castagna: “A volte, dietro un grazioso sorriso, si nasconde un’amara valle di lacrime”.  Non immaginava nemmeno lontanamente che una persona così allegra, gioiosa e piena di bontà come Castagna avesse avuto una triste infanzia collegata con la violenza del proprio padre.
Come può, si chiedeva, un padre alzare le mani ad una propria figlia?
La scena si dissolse ancora.
Si ritrovò in una sala di un castello, trovò una ragazza di nemmeno vent’anni che stava avendo un brutto litigio con un uomo.
Capì subito che si era trattata di Castagna. Era uno di quei momenti alle quali Alice non avrebbe mai voluto assistere.
- Domani andremo a questa benedetta Festa delle Spade. – ringhiava suo padre – Non che io voglia andarci, ma non posso ritirarmi ad un invito del re. Ti avverto, Gwenhwyfer. Se ti vedo parlare o guardare quell’idiota del figlio di Hightopp, te la vedrai con me. –
- Ma padre. – supplicò Castagna – Io non capisco. Perché ce l’hai così tanto con lui. Gli Hightopp sono brave persone, lo sanno tutti. In più Tarrant è molto educato. –
Castagna pagò quella supplica con un sonoro schiaffo al volto e Alice si coprì una guancia, come se avesse sentito lei stessa quel colpo.
- Vuoi contraddirmi? – tuonò l’uomo – Gwenhwyfer, sono tuo padre! Decido io chi può essere o non essere tuo amico! E non voglio vederti circondata da quei pidocchiosi pezzenti dei tuoi amici, come quel figlio di cappellai da quattro soldi, o quei pulciosi animali! -
Castagna avrebbe dovuto difendersi, ma non disse una parola. Si limitò a guardare il suo genitore con occhi feriti. L’uomo, anziché intenerirsi, si adirò di più.
- Non mi guardare con quegli occhi di sfida! – la colpì di nuovo con un altro schiaffo e Alice non trattenne le lacrime. Avrebbe voluto precipitarsi per difenderla, ma la scena cambiò di nuovo.
Ora si trovavano nel Castello della Regina Bianca o, meglio, dei suoi genitori. Quando a governare erano Re Oleron e Regina Elsemere.
C’era una gran festa, tutti stavano danzando tra le note di musiche allegre, tra le note di cornamuse e rulli di tamburi.
Finalmente, vide il Cappellaio e Castagna un po’ più grandi.
Data la loro età, Alice pensò si trovasse vicino al periodo in cui – lo ricordava – il Cappellaio avesse litigato duramente col proprio padre.
C’erano proprio tutti i suoi amici. Tutti stavano danzando tra le melodie delle cornamuse.
Il Cappellaio indossava un tradizionale abito scozzese, con tanto di kilt realizzato in tartan, con tanto di sporran ( una borsetta di cuoio ). Si era avvicinato sprizzante a Castagna, la quale non aveva un’aria molto felice e una ciocca di capelli le copriva metà volto.
- Non ti stai divertendo, sorellina? – le domandò.
Castagna aveva sospirato.
- Mio padre mi ha avvertita. Non vuole che io mi avvicini minimamente a te. – trattenne la voce strozzata dalla tristezza.
Il Cappellaio le scostò una ciocca di capelli dal volto: un altro livido.
- Io non ce la faccio più. – disse il Cappellaio e, quando sentì le cornamuse fare nascere una nuova melodia, prese Castagna per un polso – Balla con me, sorellina. Non puoi avere paura per sempre. Se tuo padre oserà farti del male, io ti proteggerò. –
Castagna iniziò a tremare di paura e si guardò intorno, cercando suo padre.
- No, sorellina. – disse il Cappellaio – Non devi avere paura di lui. Balla e basta. Godiamoci questa festa. –
Castagna sorrise e ritrovò il suo coraggio. Sì, voleva ballare con il Cappellaio. E i due iniziarono la loro instancabile danza tra le note delle cornamuse.
Alice era felice per loro, ma la felicità durò poco: con pura angoscia, vide Castagna afferrata per i capelli da qualcuno, allontanandola dal Cappellaio.
Era suo padre.
La musica terminò e nella sala si udì un mormorio di sgomento nel vedere quell’uomo agire con violenza verso la figlia.
- Che cosa ti avevo detto? – ruggì l’uomo e stava per colpirla di nuovo, ma il Cappellaio si mise in mezzo
 – E’ vostra figlia,  Conte Gwyneth! – urlò il Cappellaio.
Alice bloccò il suo respiro. Dunque, il Conte Gwyneth, quello che stava tartassando Castagna con le tasse, minacciandola di buttarla per strada, era suo padre? No, era assurdo.
- Impicciati per te, pezzente! – il conte spinse via Tarrant, facendolo ruzzolare. Naturalmente, suo padre Zanik corse in suo soccorso.
- Conte Gwyneth, mio figlio avrà senz’altro sbagliato a  rivolgersi a voi con quel tono, ma io non vi permetto di toccarlo con un solo dito. –
Il conte avanzò verso Zanik.
- Non sono affari vostri. Avevo sempre avvertito quella stupida di mia figlia di stare alla larga dai pezzentoni come voi ed ora posso benissimo affermare che non mi stavo sbagliando. – si rivolse malamente a Castagna – Dicevi che gli Hightopp sono delle brave persone? Io non direi, non vedi come si rivolgono a me? Al Conte Gwyneth. –
Il re Oleron si alzò dal trono per sedare la lite.
- Basta così, Conte Gwyneth. –
- Maestà. – protesto il conte – Adesso sarebbe anche colpa mia? –
- Non sto dando la colpa a nessuno, Conte Gwyneth. Ho dato questa festa per far sì che tutti possano divertirsi, non impegolate gli altri con i vostri affari personali. -
A quel punto, Castagna aveva trovato la forza di affrontare suo padre, senza preoccuparsi di ciò che pensasse la gente.
- Sono stanca di subire le vostre angherie. -
- Frena quella lingua! – la minacciò suo padre.
- No. Sono stufa di stare sempre zitta. – quasi urlò e ammutolì il conte, mentre Alice sgranò gli occhi, così come un dispiaciuto Cappellaio – Perché Tarrant non può essere mio amico? Perché non è di sangue reale? Ma certo, voi preferite che io frequenti la figlia della Duchessa, a chi importa se è acida e senza principi, o magari con il figlio del Barone, quello grasso come un globo che non fa altro che beffeggiarsi dei poveri. – la figlia della Duchessa e il figlio del Barone, infatti, erano presenti e tutti avevano pronunciato un “oh” scandalizzato, ma Castagna non si tirava indietro – Cosa importa del pessimo carattere quando si è di sangue reale? Beh, io non lo accetto. -
Il Conte le puntò minacciosamente il dito contro.
- Di’ solo una parola, una sola, e te la farò pagare molto cara. –
Castagna, seppure tremante, non voleva arrendersi.
- Se devo seguire questi principi, io non voglio più fare parte del mio titolo di contessina. –
Il conte stava per colpirla di nuovo, ma re Oleron lo fermò all’istante.
- Ho detto basta! Non ne voglio più sapere di questa faccenda. Conte Gwyneth, mantenete il vostro controllo, per l’amor del Cielo. -
Il conte, stizzito come un toro alla corrida, poggiò malamente l’indice sulla guancia della figlia, l’unico modo che avesse di poterle fare l’ultimo male fisico.
- Da oggi in poi, non sei più mia figlia! Farò in modo che tu finisca in mezzo alla strada! Unisciti pure a quei pidocchiosi dei tuoi amici! Sei esattamente come loro e lo sarai per sempre, Gwenhwyfer! -
Con le lacrime agli occhi, Castagna rimosse quel grosso dito dal suo volto.
- Il mio nome è Castagna! –
La scena cambiò di nuovo.
Ora, Castagna era più grande, una giovane adulta. Era in casa sua intenta ad aiutare una signora coniglio a badare ai suoi piccoli.
Si stava confidando con lei, non sembrava molto contenta.
- Io gli voglio troppo bene. – Castagna aveva gli occhi lucidi – Tarrant è sempre stato come un fratello per me. Da quando mi sono allontanata dal mio genitore, ho potuto vedere Tarrant in piena libertà. Ma crescendo, i miei sentimenti verso di lui si sono trasformati in qualcosa di più grande. – due lacrime le rigarono il volto – Tutte le mattine mi svegliavo e mi dicevo “oggi dirai a Tarrant quello che provi per lui”, ma niente. La paura mi ha sempre tormentata e allora preferivo rimanere zitta. E l’altro giorno... – Castagna scoppiò a piangere e la signora coniglio le mise una zampa alla mano – L’altro giorno mi ha parlato di una ragazza di nome “Alice”.  Avreste dovuto vederlo come ne parlava, si vedeva lontano un miglio che ne fosse innamorato. – altre lacrime – E’ tutta colpa mia. Avrei dovuto rivelargli i miei sentimenti finché ero ancora in tempo... invece, a causa del mio silenzio, lui non sa niente di ciò che provo per lui e, intanto, si è innamorato di un’altra. – fece una pausa – Non posso negarglielo. La colpa è solo mia. Dovevo pensarci prima. Ora lui è felice. Non posso negargli la felicità, se davvero gli voglio bene. – il pianto proseguì amaramente.
Alice ebbe un tuffo al cuore. Da una parte aveva provato una fortissima gelosia, ma dall’altra provava molta compassione verso Castagna.
Dopo una vita di sofferenze, dopo tante angherie, ora si era vista costretta a rinunciare ai propri sentimenti per la felicità del Cappellaio, per colpa delle sue paure e delle sue incertezze. Saggiamente, Alice pensò che quella paura fossero il frutto delle violenze riservategli dal padre.
La scena si oscurò e Alice si ritrovò catapultata nel presente, nella stanza di Castagna.
Non sapeva cosa dirle. Era confusa.
- Hai imparato la lezione? – chiese Castagna.
Alice fece solo un “sì” debole con la testa.
- Io non ti dico di scegliere di stare per forza con il mio fratellino. Voglio solo che tu non commetta il mio stesso errore. – le sorrideva mentre parlava – Valuta bene la situazione e non avere paura di dire la verità che si cela nel tuo cuore. –
Si avvicinò al cassetto del suo comodino e prese un libro dalla copertina rosa.
- Ne ho tanti di questi, li conservo per i bambini. – glielo porse con gentilezza -  Non è un Libro Al-di-là-dei-Ricordi, ma scrivere le proprie emozioni aiuta moltissimo. Lo consiglio sempre a tutti quelli che si trovano in situazioni difficili. –
Alice prese il libro e, con grande sorpresa, si era ritrovata Castagna che le avvolgeva il collo con le sue braccia.
- Ti auguro buona fortuna, Alice. -
 
 

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Capitolo 4
*** Lo scherzetto del dolcetto ***


Ciao! Scusate il ritardo, ma oggi sono stata strapiena di impegni.
Ma alla fine, sono riuscita a creare questo capitolo nuovo.
Quindi, non mi soffermo e vi lascia alla lettura. Grazie per la pazienza.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!
CAPITOLO 4
LO SCHERZO DEL DOLCETTO
 
Senza dubbio, le dispiaceva moltissimo aver saputo che dietro quel grande sorriso di Castagna, si nascondesse un passato pieno di sofferenze.
Tuttavia, nonostante Castagna le avesse permesso di guardare nei suoi ricordi, mettendo a nudo le proprie angherie del passato, Alice non riusciva a fidarsi totalmente di lei.
L’ultimo ricordo era stato come ricevere una coltellata dritta al cuore.
Volendo, le sue gelosie erano fondate. Ma perché, si domandava, Castagna le aveva anche mostrato i sentimenti provati verso il Cappellaio? Quali erano le sue intenzioni? Cosa si celava dietro quel sorriso? Era veramente una persona generosa o, in verità, stava tramando qualcosa?
Castagna, per sfortuna di Alice, notò uno strano scintillio negli occhi di lei.
- Lo so cosa starai pensando, Alice. – disse lei tranquillamente – Anche se ti avevo detto di non volere la tua pietà, so che ora che hai visto i miei ricordi ti farò compassione. –
Alice, dentro di sé tirò un sospiro di sollievo nell’apprendere che Castagna non avesse capito cosa stesse pensando in verità.
- No, non è così. – rispose Alice – E’ vero, sono molto dispiaciuta per tutto quello che ti è capitato. Nessuno meriterebbe di essere trattata così, ma non mi fai affatto pena. – Alice, in effetti, si rese conto di trovarsi davanti ad una persona sacrificata, schiacciata dalle violenze e niente le era mai stato permesso, nemmeno la volontà di aprire il proprio cuore al Cappellaio nonostante la propria libertà, quindi usò la massima sensibilità, dimenticando i propri risentimenti – Io credo che tu sia stata molto coraggiosa. –
- Lo dici per soddisfarmi o lo pensi veramente? – chiese Castagna usando tutta la sua dolcezza.
Alice rimase un attimo in silenzio, prima di rispondere.
- Hai preferito ribellarti a tuo padre pur di seguire i tuoi amici ed ora, nonostante tutto, continui ad aiutare tutti coloro che hanno bisogno di una mano. Senza dubbio, non ho mai visto una persona tanto coraggiosa. –
Castagna abbassò gli occhi e poi riprese a sorridere.
- Io credo che l’unica cosa degna di essere fatta, è quella che fai per gli altri. -
Il cuore di Alice mancò un battito quando sentì quella frase: era la frase che usava il suo adorato padre. I suoi occhi si aprirono vistosamente, impallidì e il suo respiro si era fermato.
- Non sono nata per essere una contessina, – continuava Castagna – ma per aiutare chi è meno fortunato di me. E’ questo quello che mi fa sentire veramente viva. – e il colpo di grazia di Alice non tardò ad arrivare – Come avrai visto, - Castagna si morse un labbro – io ero innamorata del Cappellaio, del mio fratellino con il quale sono cresciuta, la persona per la quale ho sfidato mio padre. Ma per colpa delle mie paure verso un suo rifiuto, pronosticando la rovina di un’amicizia molto lunga, ho preferito tacere. E il silenzio è stata la mia rovina. Forse, non è stata una grande idea mostrarti anche questo mio ricordo, ma io ho voluto essere sincera con te in tutto e per tutto, Alice. Anche se alcune verità potrebbero farti male. –
Alice si sentì il cuore esplodere e, come detto da Castagna, quelle parole le stavano facendo male. Però, saggiamente, pensava che Castagna non la stesse sfidando o minimizzando: la stava aiutando, anche a costo di apparirle una sciocca e arrendevole piagnucolona.
- Quando ho saputo dal Cappellaio – continuava Castagna con voce triste - che provasse dei sentimenti di puro affetto verso di te, lo ammetto, c’ero rimasta molto male. Ma che colpa ne aveva lui, se io non gli ho mai detto niente riguardo il mio amore verso di lui? Se avessi seguito il mio istinto, sono sicura che avrei solo rovinato lui e la nostra amicizia. Con che cuore avrei dovuto cercare di convincerlo di lasciarsi il tuo ricordo alle spalle, quando si vedeva lontano un miglio che fosse innamorato di te? Era così felice che non ho avuto il coraggio di rovinare la sua speranza di poterti rivedere, un giorno o l’altro. –
- Castagna, tu... – Alice stava perdendo ogni forma di pensiero negativo verso la ragazza e iniziò a commuoversi.
- Lui e la sua felicità vengono prima di me e della mia. – concluse Castagna – E’ il mio fratellino e questo mi basta. – finalmente, Castagna riuscì a sorridere.
Alice, al contrario, si era sentita molto colpevole.
Ora poteva dire di aver conosciuto il lato più coraggioso di Castagna: ci voleva tanto coraggio per lasciare andare via la persona tanto amata per lasciarla tra le braccia di qualcun altro, per la sola fissazione di vederla felice.
Non era una cosa da tutti. Lei, pensava, ci sarebbe mai riuscita? Questo non lo sapeva.
Castagna stirò le labbra.
- Quindi, Alice... Non fermarti mai davanti alle paure. Segui sempre il tuo cuore e non fermarti mai davanti a niente. Vedrai che riuscirai a fare la scelta giusta. –
Alice annuì.
- Posso abbracciarti? – le domandò a bruciapelo e Castagna allargò le braccia.
- Ma certo, mia cara. – l’accolse tra le sue braccia e Alice si sentì avvolta in un’aura di bontà e serenità.
Quando si staccarono dall’abbraccio, Castagna le fece una scherzosa linguaccia.
- Ora che sai il mio vero nome, beh... non pronunciarlo mai. –
Alice sorrise e le fece “no” con la testa.
 
La mattina seguente, Alice venne svegliata dal profumo del tè e di un panino al latte farcito di marmellata alle ciliegie. Castagna gliele aveva lasciate davanti al comodino, vicino al letto dove l’aveva fatta dormire – in una stanza accanto alla propria -.
Ci mancava solo la colazione a letto, pensava una sorridente Alice e continuava a realizzare di quanto fosse infinita la generosità di Castagna.
Finita la colazione, Alice si alzò dal letto e si avviò per ringraziare la sua nuova amica.
La vide in giardino attraverso la finestra intenta a parlare con una lucertola alta quando un giovane uomo, vestita interamente di nero e con un berretto sulla testa, con una scopa di ferro in una zampa e una scala nell’altra. La sua faccia era quasi tutta coperta di nera fuliggine e Alice pensò si potesse trattare di uno spazzacamino.
Alice li raggiunse e Castagna la salutò.
- Ben alzata, Alice. Lui è un mio amico spazzacamino, si chiama Bill. –
La lucertola fece un inchino aggraziato alla presenza di Alice.
- Bill la Lucertola. Al vostro servizio, madamigella. – si presentò con voce nasale e con fare intimidito alla vista di una bella fanciulla come Alice.
- Bill è un bravo lucertolone. – disse Castagna – Dovresti vederlo all’opera quando pulisce i camini. Un giorno, diventerà il re degli spazzacamini. –
- Mi lusingate, madamigella Castagna. Conosco solo tutti i camini del regno e ho spazzato e pulito anche i camini di principi, re e regine, ma questo non fa di me un re degli spazzacamini. O forse sì? –
Alice alzò un sopracciglio.
Quando Castagna gli chiese di pulire il proprio camino, Bill era entusiasta di mettersi a lavoro.
- Pensi di riuscire a finire entro un’ora? – domandò gentilmente Castagna mentre lo vide appoggiare la scala sul tetto della sua casa.
- Lucerto, madamigella. – Bill continuava a salire fino alla cima – Vedrete che il vostro camino sarà più lucido di un paio di scarpe lucertostrate. –
Alice si voltò verso Castagna, chiedendo cosa avesse detto Bill.
Castagna le tradusse quanto la lucertola avesse detto.
- Vuole dire “scarpe lustrate”. A Bill piace inaugurare parole nuove che contengano suoni che ricordino la parola “lucertola”. –
Alice annuì, ma in realtà era più confusa che mai ora che aveva conosciuto un altro personaggio al quale mancasse qualche venerdì.
Bill arrivò al camino e Castagna si sentì in dovere di avvertirlo.
- Spero che i ragni non ti diano delle noie. –
- Non preoccupatevi, madamigella. – rispose Bill, ma il suo tono cambiò subitaneamente – Ragniiiiiiiii? – emise un urlo isterico e scese dal tetto come un fulmine – Aiutooooooo! Ragniiiiiii! –
Castagna chiese ad Alice di aiutarla a fermare Bill.
Riuscirono entrambe ad afferrarlo per la coda.
- Lasciatemi! Lasciatemi! – urlava acutamente Bill.
Per fortuna, Castagna aveva un asso nella manica. Sapeva che Bill, come lei aveva detto, coltivasse il sogno di diventare famoso un giorno e, quindi, si giocò quella carta.
- Andiamo, Bill. Non ti piacerebbe diventare un eroe? –
- Un eroe? – come previsto da Castagna, Bill mutò atteggiamento.
- Certo. – sorrideva Castagna - Vedi, come posso ospitare i miei amici con tutti quei ragni? Se li togliessi di mezzo, i miei amici e tutti gli abitanti del regno ti ricorderanno come un eroe che non si ferma davanti a niente. –
- Sul serio? – chiese Bill con entusiasmo.
- Lucertamente. – Castagna gli fece l’occhiolino – Sarai famosissimo. –
- Sul serio? – ripeté Bill.  
- Lucerto. – assicurò Castagna e in men che non si dica un “ciao”, Bill era risalito sul tetto e si infilò nel camino con un’agilità impressionante.
Castagna fece l’occhiolino ad Alice.
- La fama è il suo punto debole. –
- Gli hai detto una bugia. – osservò Alice.
- Non esattamente. – sorrise Castagna – Grazie a Bill, i ragni del camino non daranno più fastidio. Quindi, Bill sarà davvero il mio eroe. E’ solo questione di prospettiva. – sogghignava Castagna.
Dal camino uscivano nuvole nere di fuliggine e Alice cercò di immaginare come facesse Bill a non soffocare. Udirono un lamento e Castagna rassicurò Alice. Molto probabilmente, il povero spazzacamino se la stava vedendo con dei brutti ragnacci.
- Ragniiiiiii! – urlò la lucertola.
- Coraggio, Bill. – lo spronava Castagna – So che non hai nessuna paura. Diventerai un eroe. –
Altre nuvole di fuliggine da sopra il camino e, in poco tempo, Alice vide una decina di ragni neri come il carbone fuoriuscire dalla cima del camino come la lava che spunta fuori dal cratere di un vulcano.
Bill, con il muso interamente sporco di fuliggine, gridava il suo urlo di vittoria.
- Sono un eroeeeee! – e alzò la scopa in alto nel cielo come se al posto di essa vi fosse una spada.
- Sei stato fenomenale. – lo incoraggiava Castagna – Sei un vero eroe. –
Bill scese velocemente dal tetto e fece un inchino alle due ragazze e Castagna diede un colpetto ad Alice con il gomito, invitandola a lodare lo spazzacamino.
- Sei stato molto coraggioso, Bill. – improvvisò Alice.
Castagna giunse le mani e sorrise ad entrambi.
- Penso proprio che il nostro eroe meriti un premio. – fece cenno ad entrambi di entrare in casa sua – Venite, vi offro dei dolcetti. –
- Toooortaaaaaa? – esclamò Bill pregustando il sapore delizioso che Castagna le avrebbe offerto.
Alice continuava a domandarsi se la generosità di Castagna possedesse un limite.
Fece accomodare la lucertola anche senza preoccuparsi delle zampe sporche. A Castagna non diedero fastidio. Poco importava, lo sporco si sarebbe pulito.
Castagna chiese gentilmente ad Alice di passarle il cestino che si trovava in un angolo della cucina, accanto al tavolo, contenenti dei dolcetti che la signora Malloy, una coniglia mamma di dieci cucciolotti, le aveva regalato il giorno prima. Qualche ora prima che lei, il Cappellaio e gli altri le facessero visita.
Alice riuscì a trovare il cestino immediatamente.
C’erano sei dolcetti dai colori vivaci, che ricordavano vagamente la forma di pasticcini. Due dolcetti a testa. Castagna, però notò qualcosa di strano.
Alice addentò il proprio, era buonissimo e molto dolce. Ne assaggiò un altro pezzetto. Ma improvvisamente, si sentì strana.
Castagna si voltò subito verso Alice quando quest’ultima disse di avvertire qualcosa in lei e, infatti, con occhi sorpresi di Castagna e terrorizzati di Bill, Alice aveva iniziato a crescere a dismisura.
Castagna avvertì Bill di uscire subito fuori di casa.
Alice aveva mangiato una Tortinsù e anche troppa.
Arrivò a toccare il soffitto con la testa e, per evitare di distruggerlo, si vide costretta a piegare il collo. Non poté fare niente per le finestre: le sue braccia e le sue gambe arrivarono a sfondarle.
Castagna e Bill erano in giardino e osservavano le gambe e le braccia di Alice uscire dalle finestre, per fortuna non si era procurata dei tagli a causa dei vetri.
Castagna era su tutte le furie.
- E’ stato uno scherzo di uno dei cuccioli della signora Malloy! – Castagna era molto preoccupata per la povera Alice – Va tutto bene, mia cara? -
- E’ difficile a dirsi. -  bisogna tener conto che Alice, oltre a sopportare l’idea di essere diventata gigantesca, aver rotto le finestre di Castagna, la poveretta doveva fare i conti con i propri vestiti fatti a pezzi a causa della sua statura. Un imbarazzo totale.
- Non avere paura. – disse Castagna cercando di tenersi calma – Sistemeremo tutto. -
Si mise una mano in fronte, doveva farsi venire un’idea al più presto.
- Bill, ascoltami. -
- Sissignora. – Bill si mise sull’attenti.
- Vai immediatamente dal Cappellaio e digli di correre immediatamente qui con della mezzastazza. -
- Sissignora. – rispose Bill.
- Corri, Bill, corri. –
- Sissignora! – Bill obbedì e sgattaiolò per recarsi il più velocemente possibile dal Cappellaio.
 
Il Tea Party era iniziato da un pezzo e questa volta era molto più armonioso ora che il Cappellaio era più euforico che mai, dato che nella sua testa matta sprizzava gioia da tutti i pori per il ritorno di Alice.
Già non vedeva l’ora di andare da Castagna e passare a salutare lei e Alice.
Festeggiava come un matto - termine adeguato – in compagnia dei suoi inseparabili amici, il ghiro e il Leprotto.
- Chissà cosa staranno facendo Alice e Castagna? – domandò il Leprotto e la risposta non tardò ad arrivare.
- Aiutooooo! – udirono ad un tratto, interrompendo il loro divertimento tra tè e leccornie.
Il Cappellaio alzò lo sguardo e vide Bill la Lucertola correre a più non posso nella loro direzione.
- Che cos’ha da gridare, quello? – sbuffò Mally.
- Ehi, c’è il mio amico Bill. – lo indicò il Leprotto – Sei arrivato in tempo per il tè! – e, come al solito, gli tirò una tazzina... colpendo la povera lucertola in pieno volto.
Bill cadde a terra, stordito per il colpo.
Il Cappellaio si alzò di scatto dalla sedia e andò in soccorso del povero Bill, mentre Mally tirò una zolletta di zucchero in faccia al Leprotto, dandogli dello zuccone.
- Va tutto bene, amico? – il Cappellaio lo aiutò a rialzarsi.
Bill si massaggiò la zona colpita e, appena vide il Cappellaio, lo attirò a sé afferrandolo per la giacca.
- Aiuto, Cappellaio! E’ successo un disastro! –
- Calmati. – disse il Cappellaio confuso – Dimmi cos’è accaduto. –
- Tortinsù! Gigantesca! Mezzastazza! – farfugliava Bill e il Cappellaio, a malincuore, gli diede uno schiaffetto.
- Ho detto “calmati”. –
- Grazie... – Bill parve riprendersi – Oh, Cappellaio. Devi venire subito a casa di Castagna.
Alice ha mangiato della Tortinsù ed ora abbiamo bisogno del tuo aiuto. Castagna mi ha detto di dirti di portare della mezzastazza. –
Il Cappellaio si preoccupò immediatamente quando Bill nominò Alice.
Non si fece spiegare nemmeno tutti i dettagli che già era pronto per correre in aiuto della sua amica in difficoltà.
- Veniamo con te. – disse Mally. Ma il Cappellaio fece “no” con la testa: non valeva la pena per gli altri e sprecare tanto buon cibo e tè solo per portare ad Alice della mezzastazza.
Insieme a Bill, il Cappellaio si diresse il più veloce possibile verso la casa di Castagna.
 
- Alice, perdonami. – implorava Castagna – Non sapevo niente di quella tortinsù. Purtroppo, alcuni figli della signora Mallory sono dei monelli. Ma domani parlerò io con la signora. –
- Non fa niente. – disse Alice da dentro la casa. Il collo le faceva molto male e sperava di uscire da quella situazione al più presto. Finalmente, udì la voce di Castagna che la informava di una bella notizia.
- Eccoli. Sono arrivati. –
Meno male, disse tra sé la gigantesca Alice.
Quando il Cappellaio arrivò, si poté leggere nel suo volto tutto il suo stupore.
- Bontà Divina! – esclamò inorridito.
- Finalmente, siete arrivati. – disse Castagna speranzosa – Hai portato la mezzastazza? -
Il Cappellaio guardava le gambe e le braccia di Alice che uscivano dalle finestre della casa, con la bocca spalancata.
- Fratellino? – lo richiamò Castagna e il Cappellaio si riprese.
- Oh, sì. Sì, - frugò nella sua tasca e trovò la bottiglia di mezzastazza – Eccola. – poi riguardò Alice, o, meglio, le sue braccia e le sue gambe – Vado dentro e la farò ritornare normale. –
Castagna lo fermò. Entrare in casa da escludere: Alice era troppo grande per dare spazio a qualcuno di entrarvi.
Cercò di farsi venire in mente un’idea per fare bere ad Alice la mezzastazza.
Poi guardò la scala ancora appoggiata sul tetto, i suoi occhi di cacao si posarono sul camino. L’idea le era arrivata.
- Bill. – si girò verso la lucertola – E’ ora che tu compia una seconda impresa eroica. -
- Davvero? Come? –
Castagna le indicò il camino.
- Tu sei l’unico in grado di entrarci. – gli diede la mezzastazza – Vai lì dentro e fai bere ad Alice solo un sorso di mezzastazza. Vai, adesso. Salva Alice. -
Bill si mise sull’attenti.
- Lucerto, madamigella. Farò in un lampo. -
- Corri. – il Cappellaio gli diede una spinta per spronarlo a sbrigarsi.
Bill salì velocemente sul tetto, entrò nel camino e in pochi secondi raggiunse Alice.
Della fuliggine uscì da sotto il camino, dentro la casa di Castagna, salendo verso le narici della povera ragazza. Alice trattenne uno starnuto.
Bill si presentò davanti a lei con la bottiglia di mezzastazza. Arrossì vistosamente quando la vide senza vestiti e cacciò un urlo. Ma doveva fare il suo dovere.
Si arrampicò tra i capelli di lei, cercando di non guardarla e la raggiunse al volto.
- Solo un sorso, madamigella. – balbettò.
Alice aprì la bocca e Bill le versò la giusta dose di mezzastazza.
Qualche secondo e Alice tornò alle sue dimensioni normali.
Fu un sollievo per Castagna e il Cappellaio vedere quelle braccia e quelle gambe ritirarsi all’interno della casa. Bill ce l’aveva fatta.
Ma in quel momento, la porta si spalancò e da essa uscì un povero Bill che correva come un fulmine. Sembrava molto spaventato. La lucertola corse via da lì, scordandosi i suoi attrezzi del mestiere.
Il Cappellaio si preoccupò moltissimo ed entrò in casa per capire cosa fosse accaduto.
- Alice, stai ben... AH! – il Cappellaio emise un urlo di vergogna quando vide Alice completamente nuda, intenta a coprirsi con le mani con occhi pieni di imbarazzo. Il Cappellaio si coprì gli occhi e si girò dall’altra parte.
- Perdono! – era più rosso dei propri capelli.
Castagna li raggiunse, arrossì anche lei.
- Oh, mamma mia... Vieni, Alice. Ci penso io. – Castagna si voltò verso il Cappellaio – Fratellino, per favore, dammi la giacca. –
Il Cappellaio non se lo fece ripetere due volte e, quando Castagna la prese tra le mani, coprì Alice con essa.
La portò nella sua stanza e la aiutò a vestirsi.
L’imbarazzo era alle stelle. Il Cappellaio si maledì per essere entrato in casa e avere visto la povera Alice senza vestiti addosso.
Si vergognava come se si fosse macchiato di un orrendo scandalo.
 

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Capitolo 5
*** Notizia delle notizie ***


Ciao a tutti quanti e vi chiedo scusa per il ritardo.
Purtroppo, ho avuto una serie di disagi che, per un po’, mi hanno costretta ad allontanarmi dalla storia... e da altre cose. Purtroppo, c’è sempre qualcuno che ci vuole male e che fa delle nostre lacrime il loro pane quotidiano. Ma non è stata forse Alice ad insegnarci che bisogna sempre lottare e stringere i denti, dare tempo al tempo, e, un giorno, ognuno di noi avrà sempre ciò che merita? Colgo l’occasione per dirvi di non permettere a nessuno, miei cari, di togliervi la cosa più preziosa che avete: il sorriso.
Non disperate mai, siate sempre forti e lottate con dignità per mantenere il vostro meraviglioso sorriso che NESSUNO ha il diritto di togliervi.
Ma adesso basta con i miei piagnistei, è giusto che vi lasci alla lettura dopo essermi fatta attendere.
Un BACIONE e BUONA LETTURA.
N.B. Mi scuso se il capitolo è più breve degli altri.

 
 
- Stupido! Stupido! Stupido! – il Cappellaio si colpiva la tempia per punirsi dopo avere visto la propria amica priva di vesti, come se la colpa fosse stata tutta sua.
Ed ora, pensava, con che coraggio avrebbe potuto guardare Alice negli occhi?
Che spiacevole e imbarazzante circostanza.
Alice rientrò in cucina insieme a Castagna. Dai suoi occhi si poteva leggere lo stesso disagio provato dal Cappellaio.
Castagna le aveva prestato un abito dai colori tenui.
Alice porse al Cappellaio la propria giacca. Entrambi non trovarono la forza di guardarsi negli occhi.
Ma Castagna, abile parlatrice, era riuscita ad alleggerire l’atmosfera.
- Avanti, non fate quelle facce. Non è successo niente. -  l’immortale splendore del suo sorriso stava funzionando – Sono io che dovrei avere la vostra espressione per questo incidente. – si mise in mezzo ad Alice e il Cappellaio e carezzò la schiena di entrambi – Poteva andare peggio. -
- E come? – chiese il Cappellaio sogghignando, pronto ad immaginare la risposta di Castagna.
- Ehm... – Castagna cercò di raccogliere le idee, ma riuscì solo a dire la verità – A dire il vero... Era per dire. – e il suo contagioso sorriso aveva fatto illuminare il volto di Alice e del Cappellaio.
Alice voleva aiutare Castagna per aggiustare le finestre, avrebbe voluto risarcirle i danni anche se causati non per sua volontà. Ma Castagna le assicurò di non doversi assolutamente preoccupare. La colpa non era di nessuno.
Poi guardarono le macchie di fuliggine per terra e, a quel punto, Alice le chiese di aiutarla quantomeno a pulire.
Il Cappellaio si unì a loro e promise a Castagna di procurarle il denaro necessario per pagarle le finestre rotte.
- Non se ne parla. – lo implorò Castagna.
- E invece se ne parlerà. – replicò il Cappellaio.
- Prova a darmi anche un solo scellino e giuro che te lo faccio ingoiare. –
Alice dilatò gli occhi nel sentire Castagna parlare in quel modo, abituata com’era, finora, a sentirla esprimersi con parole dolci e aggraziate.
Come se l’avessero letta nel pensiero, Castagna e il Cappellaio le garantirono di non preoccuparsi.
- Non farci caso, Alice. – ridacchiava Tarrant – Castagna fa così solo con me. Ma posso assicurarti che questo è niente in confronto a quanto mi dice di solito. -
- Non è vero. – Castagna gli donò una linguaccia.
- Ah, no? – Tarrant passò la parola ad Alice – Lasciala perdere. E’ il suo modo di dirmi “grazie”. -
C’era stata una pausa mentre continuavano a ripulire il pavimento pieno di quella fastidiosa polvere nera lasciata da Bill.
In quel momento, qualcuno aveva bussato alla porta. Castagna lasciò da parte le pulizie e si accinse ad aprire.
Era Bill.
- Bill. – sorrise Castagna – sei venuto per riprenderti i tuoi attrezzi? -
- Lucerto, madamigella... – si bloccò scuotendo il capo – Cioè, no. Cioè, sì. Voglio dire... Sono qui per riprendermi la mia scala e la mia scopa, ma anche per darvi una notizia. -
Castagna lo fece accomodare: non stava bene lasciarlo fuori se avesse dovuto dare un annuncio importante. Il Cappellaio e Alice vennero chiamati da Castagna per ascoltare la lucertola.
Bill prese fiato.
- Mentre correvo come una mandria di puledrini impazziti, sono giunto per caso a Saggezzandia. -
- Mi domando a quanto andasse veloce per raggiungerla in poco tempo. – sussurrò il Cappellaio nell’orecchio di Alice.
- E lì, - continuò la lucertola – ho sentito urlare a squarciagola una notizia da fare rizzare le squame. La notizia delle notizie! -
- Vai avanti, Bill. – disse gentilmente Castagna – Non tenerci sulle spine. –
- Beh... Tenetevi forte... ci sarà... Ci sarà... Ci sarà... –
- VAI AVANTI! – urlò il Cappellaio spazientito, con tanto di occhiaie oscure e iridi arrossate, facendo prendere un colpo alla lucertola, a Castagna e, soprattutto, ad Alice poiché si trovava proprio accanto a lui.
- Cappellaio! –
- Fratellino! – lo rimproverarono le ragazze. Il Cappellaio si coprì la bocca, pentendosi di quello scatto improvviso. Non mancò di scusarsi.
Quando Bill si riprese dallo spavento, pensò fosse saggio rivelare al più presto la tanto attesa notizia.
- Ci sarà un matrimonio! Domani! E non un matrimonio qualsiasi. La Regina Rossa e il Tempo hanno deciso di convolare a nozze! –
Quella notizia aveva lasciato tutti e tre senza parole, mascelle semiaperte e occhi basiti.
- La Capocciona si sposa? – domandò il Cappellaio e poi scoppiò in una fragorosa risata, seguito da Castagna.
- Se ce l’ha fatta lei a sposarsi, c’è speranza per tutte. – Castagna era arrivata alle lacrime.
Alice, al contrario, non rideva.
- Non vedo cosa ci sia di tanto buffo. Ricordo quanto Tempo fosse profondamente innamorato della Regina Rossa. –
Il Cappellaio e Castagna si ripresero.
Non erano risate di malizia le loro, trovavano solo buffo il solo pensiero che una persona dal carattere come quello di Iracebeth presto sarebbe diventata una sposa.
- Immagino già la Capocciona con l’abito bianco. – il Cappellaio non trattenne una risata – Per il bene di tutti, sarà meglio che metta il velo proprio davanti alla sua faccia. –
Castagna rise con tutto il cuore, Alice, invece, lo rimproverò.
- Non è una cosa gentile da dire. -
- Scusami, Alice, ma non ci riesco... – Tarrant continuava a ridere come un disperato.
Bill, però, non aveva finito.
Tutto il regno era stato invitato ad assistere a quelle nozze, tenutesi presso il Castello della Regina Bianca.
Alice si chiese come avrebbero reagito i promessi quando l’avrebbero vista.
Forse, Iracebeth l’avrebbe trattata con una leggere freddezza a causa del loro burrascoso passato, mentre Tempo sarebbe rimasto sorpreso di rivederla. Magari, pensò, Tempo sapeva già tutto di lei e del suo ritorno.
- Sarà molto divertente. – assicurò il Cappellaio.
Castagna sorrise ad Alice.
- Ti presterò il mio abito da cerimonia azzurro. Dovrebbe andarti bene. -
Alice la ringraziò con tutto il cuore, ma il Cappellaio guardò Castagna con sospetto.
- Tu che fai? Non vieni al matrimonio? –
- Non posso. – disse Castagna – Molto probabilmente dovrò badare ai figli della signora Malloy. Se non loro, ci sarà sempre qualcuno che avrà bisogno di una mano. –
Il Cappellaio le si avvicinò.
- Fai una pausa per questa volta. Hai bisogno, ogni tanto, di uno svago. -
Castagna scosse la testa.
- Non è uno svago per me tornare in un castello, anche se non ho nulla contro la Regina Bianca. In più, non c’è niente di più bello per me nell’essere sempre pronta ad aiutare gli altri. -
Gli occhi di Tarrant avevano assunto di nuovo il colore rosso fuoco, incorniciandosi di nero. Sibilò. Alice non vide niente di buono. Bill iniziava a tremare.
- Sono stanco di sentirti dire che gli altri vengano prima di te. – sibilava il Cappellaio – Vuoi capire, sì o no, che devi anche pensare a te stessa? -
- Non ne vedo il motivo. – rispose Castagna con calma.
- Lo so, mia cara, dolce, piccola, sorellina. – ringhiava il Cappellaio – E’ la tua moltezza, dicono. – la sua voce si stava alzando gradualmente – Che cuore d’oro che ha Castagna, dicono. Ma vogliamo parlarne? -
- Cappellaio, - Alice cercò di sedarlo per non farlo litigare con Castagna – per favore, non c’è bisogno di... -
- Silenzio! – il Cappellaio le imprecò contro talmente era fuori di sé e ritorno a prendersela con Castagna – Vuoi capirlo che devi anche pensare alla tua di felicità? La tua febbre di aiutare il prossimo, prima o poi, potrebbe rivoltarsi contro di te! –
- Ne abbiamo parlato fino alla nausea. – Castagna rispose prontamente, ma tentava di non perdere la pazienza – Ma tu non puoi dirmi cosa devo o cosa non devo fare per essere felice, Tarrant. Io sto bene così. –
Il Cappellaio respirava affannosamente, digrignava i denti e stringeva i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne.
Castagna, per dare un taglio a quel litigio, puntò con garbo il dito verso Alice.
- Ed ora, ti sarei grata se ti scusassi con Alice per averle urlato in faccia senza nessun motivo. –
Il Cappellaio, in effetti, si rese conto di avere esagerato. Il suo volto era tornato al suo stato normale e assunse un’espressione dispiaciuta.
- Mi dispiace, Alice, io... – cosa aveva combinato? si chiedeva.
- Non fa niente. – disse Alice per non creare altro scompiglio.
Con grande sorpresa di lei, Castagna aveva ritrovato la sua solita forza di sorridere.
- Non badarci, Alice. Non è la prima volta che io e il Cappellaio litighiamo. Ma, si sa, tra fratello e sorella è normalissimo litigare. – stirò di più le labbra e Alice continuava a domandarsi come diavolo facesse a mantenersi così serena.
Era calato un gelido silenzio.
- E allora? Che cosa sono quei musi lunghi? – sorrideva Castagna – Presto ci sarà un matrimonio, dovreste essere felici per questo. – prese Alice per le mani – Sono sicura che il mio abito ti starà un incanto. Farai un figurone. Farò in modo che tu sia anche più bella della sposa stessa.- le fece l’occhiolino con fare amichevole.     
Di sicuro, pensava Alice, Castagna era una ragazza molto forte, forse anche più di lei: aveva litigato col Cappellaio e, anziché pretendere delle scuse, si era preoccupata affinché quest’ultimo si scusasse con Alice? Non era da tutti. Non riuscì a spiccicare una parola.
Si limitò a sorriderle.
Bill, avendo compiuto il suo dovere, salutò educatamente Castagna e gli altri e, una volta recuperati i suoi attrezzi, si allontanò da quella casa, pronto a cercare altri camini da ripulire.
Arrivò anche per il Cappellaio il tempo di congedarsi, ma Castagna, in un primo momento, lo aveva invitato a fermarsi per il pranzo.
Il Cappellaio, per quanto ne fosse tentato, declinò l’invito.
- Mally e il Leprotto mi stanno aspettando da un pezzo. – spiegò – Li ho fatti attendere troppo. – prima di andarsene, aveva sorriso alle due ragazze – Come se avessi accettato. – infine, disse ad Alice che il giorno dopo sarebbe passato a prenderla per recarsi insieme nel castello di Mirana per le nozze della Regina Rossa e del Tempo.
Quando furono nuovamente sole, Castagna diede una carezza sulla spalla di Alice.
- Non farci caso, d’accordo? Il mio fratellino non è cattivo, è solo preoccupato per me. E’ solo il suo modo di dirmi che mi vuole bene. -
Alice annuì.
- Mi prometti che non cambierai idea nei suoi riguardi? – chiese Castagna, sorridendole.
Alice annuì di nuovo.
 
Come Castagna aveva suggerito, quella sera Alice aveva ben pensato di provare a dare sfogo ai propri pensieri, ai propri dubbi e angosce attraverso un diario.
Era nella camera dove Castagna l’aveva ospitata per la notte.
Le notti sono spesso portatrici di grandi consigli, i momenti adatti per trovare le idee.
Penna alla mano, fogli bianchi da riempire.
Nessun risentimento, nessun ripensamento.
Solo righe da colmare per poter riflettere.
 
« Può il cuore fare spazio a due persone nello stesso tempo?
Pensavo di essere una persona alla quale non sarebbe mai successo, che esistesse solo una persona capace di farmi palpitare il cuore grazie a quel sentimento di puro e sincero affetto.
Ora, purtroppo, mi vedo costretta a ricredermi.
Il mio cuore e la mia mente sono fermi in due mondi diversissimi tra loro, due persone sono là fuori che mi aspettano con occhi pieni di speranza di un sentimento sinceramente ricambiato.
Ma se farò felice uno, la sofferenza dell’altro sarà consequenziale.
Cosa devo fare?
Il mio cuore è bloccato nel mondo delle meraviglie di Sottomondo, dove ho avuto la possibilità di conoscere il Cappellaio. Lui e la sua vivace follia che mi hanno permesso di diventare la persona moltosa che sono adesso.
La mia mente si trova nel mio mondo, a Londra, dove sono diventata capitano della nave del mio adorato padre, con Harcourt che coraggiosamente non ha avuto paura di dichiararsi a me, ed ora attende una mia risposta.
Questo mio dilemma, questa tortura, è solo il frutto delle mie indecisioni. A chi devo dare retta? Al mio cuore o alla mia mente?
Ai miei desideri di bambina o alla ragione di una giovane donna?
Ahimè, il tempo continua a passare e sto rischiando di fare stare male me stessa, il Cappellaio e James. Tutta colpa delle mie incertezze, della mia immaturità, delle mie paure. Non c’è dubbio.
Forse non merito né il Cappellaio né Harcourt, ma il tempo saprà dirmi quale sarà la strada migliore da prendere. »

Alice poggiò la penna da parte. Non se l’era sentita di rileggere le righe da lei create. Prese un bel respiro, chiuse il diario e lo posò sopra il piccolo comodino. Era stanca e aveva bisogno di riposo.
Ma prima di chiudere gli occhi, fece una promessa a sé stessa: non appena ne avrebbe avuto la possibilità, avrebbe parlato con il Cappellaio del suo disordine interiore.
Di sicuro, il Cappellaio, il suo amico più vero, l’avrebbe capita senza nessun tipo di pregiudizio.
 

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Capitolo 6
*** Tempo di matrimonio ***


Ciao a tutti ed eccomi di nuovo qui.
Questa volta, il capitolo è un po’ lunghetto, quindi non vi trattengo molto.
Vi dico solo grazie per tutto quello che fate per me. Siete molto speciali :* Non smetterò mai di volervi bene.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!
 
 
Quando c’è aria di matrimoni, le spose sono spesso più stressate dei loro futuri mariti, in quanto uno dei loro pensiero è quello di fare sì che la cerimonia si svolga alla perfezione.
Immaginiamo una comune sposa in preda all’ansia prematrimoniale.
Immaginiamo una sposa dall’indole acida che continua a comandare a bacchetta chiunque, minacciando seri guai a se qualcosa andasse storto.
Immaginiamo, infine, la Regina Rossa in persona, senza alcun bisogno di descrizioni caratteriali e presentazioni, in procinto di prepararsi alle nozze, pronta ad unirsi in matrimonio con Tempo, il suo “Tick Tock”, come lo chiamava lei.
Iracebeth, mai stata una tipa paziente, era colma di agitazione fino alla punta dei capelli, al contrario di Mirana che non faceva altro che piangere per la commozione: sua sorella si stava finalmente sposando con l’uomo della propria vita.
Il grande giorno era arrivato.
Iraacebeth si guardava allo specchio con indosso un costosissimo e lussuoso abito da sposa, ricamato con le immancabili decorazioni a forma di cuore, con tanto di strascico e diadema che le ricadeva delicatamente sulla grande fronte.
- Sei stupenda. – Mirana si asciugò una lacrima.
- No! – si lamentava Iracebeth – Non è vero. Sono orribile. – piagnucolava abbassando lo sguardo verso il basso.
Mirana pensò che la sorella avesse solo bisogno di più coraggio, dopotutto stava compiendo un passo importante e, per la prima volta, la vita le stava dando una possibilità di essere felice cominciando con unirsi in matrimonio con l’uomo che amasse veramente.
Non c’era più un matrimonio combinato per l’unione dei regni e Iracebeth doveva affrontare quel giorno nei migliore dei modi.
Mirana si mise accanto a lei, dolcemente le fece alzare la testa, invitandola a guardare il proprio riflesso sullo specchio.
- Non è vero, Racy. Guardati. Tempo rimarrà incantato. –
- Dici sul serio? – chiese lei sperando in una risposta positiva.
- Ne sono sicura. – Mirana tese le larghe labbra nere, sorridendole.
Iracebeth, forse, aveva ritrovato la fiducia che le servisse visto che prese a guardarsi allo specchio con molta più vanità.
 
Intanto, Castagna era intenta a preparare Alice per la cerimonia.
Anche se non era lei la sposa, Castagna si stava impegnando molto affinché Alice fosse meravigliosa.
Come promesso, le aveva prestato il suo abito più bello che custodiva nel guardaroba. L’unico abito che le richiamasse le sue nobili origini. Era di raso, con maniche corte a sbuffo e quel colore blu cielo le faceva risaltare il candore del viso e la morbidezza dei lunghi capelli. Per venire incontro ad Alice, Castagna eliminò la crinolina – l’ampia struttura composta da cerchi concentrici metallici che servivano a sostenere le ampie e vaporose gonne, dando ad esse delle dimensioni esagerate e rendendo difficoltosi i movimenti – e, soprattutto, il corsetto a vitino di vespa.
Per facilitarle i movimenti, le aveva prestato delle scarpe comode: poco importava che non fossero consone con l’abito, poiché ci avrebbe pensato la lunga gonna a nasconderle.
Castagna, finito con l’abito, era intenta a sistemarle i capelli.
Aveva amato da subito quelle morbide onde e voleva fare di tutto per mantenerle e, soprattutto, di non superare la linea di confine della semplicità.
La semplicità, diceva Castagna, era la chiave della vera bellezza.
Prese un pettinino dello stesso colore dell’abito aggraziato con una coroncina di fiori chiari. Raccolse i capelli alla sommità del capo, fermandoli con il pettinino, poi allargò tanti boccoli di varie dimensioni per dare un effetto naturale. La sua intenzione era quella di rendere l’idea della dolcezza del viso di Alice e, allo stesso tempo, di valorizzare il suo fascino.
Quando Alice si specchiò, non riuscì a credere che quella persona riflessa fosse proprio lei.
Non si era mai vista così bella. Non sapeva cosa dire.
Castagna, infine, le fece indossare una semplicissima collana dorata.
Alice, in un primo momento, non voleva accettarla ma Castagna aveva insistito così tanto che, alla fine, Alice cedette.
- Sei molto bella. – sorrideva Castagna per poi prenderle le mani e guardarla negli occhi – Promettimi che ti divertirai. -
- Grazie, Castagna. – Alice guardò verso il basso, piena di innocente gratitudine – Mi divertirò anche per te. Non ti ringrazierò mai abbastanza. -
Qualcuno aveva bussato alla porta e le ragazze capirono di chi si trattasse.
- Eccolo qui. – esclamò Castagna e si avviò verso la porta.
Il Cappellaio si tolse il cilindro e fece un formale inchino.
- Buongiorno, sorellina. – a giudicare dalla sua voce, era chiaro che avesse intenzione di fare la pace con lei dopo il diverbio del giorno prima.
Castagna ricambiò il saluto e, capendo la sua intenzione, mise in posizione le mani per invogliarlo a cantare la loro filastrocca. Il Cappellaio non rifiutò affatto.
« Dolce, buona e marroncina,
dell’Autunno la regina,
esce sempre dal castello
per andare dall’amico col cappello.
E il divertimento si avvicina
quando il fratellino incontra la sorellina! »
Finita la filastrocca, Castagna chiamò Alice per informarla dell’arrivo del Cappellaio.
- Resterai abbagliato. – gli disse – Ho fatto davvero un ottimo lavoro. Alice sembra una principessa. -
Tarrant era emozionato, se non addirittura teso, all’idea di vedere Alice e si augurava che Castagna non avesse esagerato con le parole. Ma in cuor suo sapeva che Alice non avesse avuto alcun bisogno di nessun ritocco estetico, di nessun gioiello o vestito sfarzoso per essere bella. Tarrant era sicuro che sarebbe stata affascinante anche con uno straccio sulla testa.
Alice non si fece attendere. Il Cappellaio era rimasto letteralmente a bocca aperta.
- Ti sei incantato? – ridacchiava Castagna e Tarrant scosse il capo, per riprendersi. Realizzò che l’amica non avesse esagerato affatto. Alice sembrava davvero una principessa dal dolce volto angelico.
Alice, nel frattempo, guardava l’abbigliamento del Cappellaio. Di solito era abituata a vederlo con abiti dai colori sgargianti che facevano risaltare fortemente il suo folle e vivace carattere, ma date le circostanze, questa volta il Cappellaio aveva optato per un completo dal colore – quasi – sobrio. Sopra la testa riccioluta indossava un cilindro nero con la base avvolta da un nastro shantung color lillà, per richiamare il gioco di colore del foulard scuro picchiettato di macchie che sfumavano con il violetto, il bianco, il giallo paglierino, il rosato, la lunga giacca a coda di rondine era di un viola molto scuro così come i pantaloni, messi in risalto da sottilissime strisce verticali che richiamavano il nastro del cappello, l’immancabile arcobaleno delle bobine di fili colorati scorreva dolcemente lungo la giacca e la camicia bianca sotto il gilet scuro erano gli unici a fare da contrasto.
Castagna augurò loro tantissimo divertimento e di portare gli auguri ai due sposi ai futuri sposi.
Il Cappellaio offrì il braccio ad Alice, quest’ultima guardò Castagna come per chiederle il permesso. Il Cappellaio non se ne accorse.
Castagna le fece l’occhiolino e Alice, sorridendo, poggiò una mano sotto il braccio del Cappellaio.
- E’ ora di andare. – il Cappellaio tirò fuori dalla tasca il suo orologio e, lentamente si diressero verso il castello della Regina Bianca per assistere al, seppur buffo da dire, matrimonio della Regina Rossa e del Tempo.
 
Le foglie continuavano a cascare dai rami, formando sempre di più un coloratissimo tappeto dorato, sfumando sull’arancione e il rosso fuoco.
Anziché godersi quel momento in cui stava camminando a braccetto col Cappellaio, il quale non la smetteva di sorriderle – al contrario di Alice, era molto emozionato all’idea di poter avere la possibilità di camminare insieme a lei dopo tanto tempo – e ad assicurarle che si sarebbero divertiti un mondo, Alice era tormentata dal tarlo che continuava a picchiettarle nel cervello.
Devi parlare con il Cappellaio, si ripeteva.
Ma proprio adesso? Se non ora, quando?
Il Cappellaio, ad un certo punto, si era fatto un po’ serio, senza mancare di sorriderle.
- Alice, cara, sono molto dispiaciuto per ieri. -
- Cappellaio, non devi scusarti... –
- Vedi, Castagna è una persona molto sola. A furia di aiutare gli altri, ha finito pian piano con l’isolarsi da tutto e tutti. – spiegava Tarrant – E’ questo ciò che mi fa arrabbiare, per questo ieri ce l’avevo con lei. Non tutti sono disposti a volerle bene come gliene voglio io, come gliene vuoi tu, Mally e il Leprotto. -
Alice inclinò il capo.
- Ma che dici? Come si fa a non volerle bene? Sei stato tu stesso a dirmi che è molto facile affezionarsi a lei. -
- Questo vale per chi ha dei buoni principi, – Tarrant alzò un indice – ma al mondo esistono sempre delle persone che ci vogliono male. Anche se non gli abbiamo fatto niente. O, nel caso di Castagna, anche se abbiamo fatto del troppo bene. – cercò nella sua testa matta un esempio da fare ad Alice – Hai presente la tortinsù di ieri? Bene. Chi ti dice che Castagna ti abbia detto la verità sul fatto che fosse stato uno scherzetto di qualche cucciolotto monello? -
Alice sgranò gli occhi, ma Tarrant non le diede il tempo di rispondere.
- Chi ci dice che, in realtà, non sia stato un tiro mancino da parte di qualcuno che ha voluto fare un dispetto a Castagna? –
- Ma perché mai qualcuno avrebbe dovuto farlo? –
- Perché Castagna, ancor prima di avere tanti amici grati della sua generosità, ha anche una fila di persone che vogliono vederla cadere in rovina. Lei è fatta così: non parla mai dei suoi sacrifici. – disse Tarrant tristemente – Gliel’avrò detto un trilione di volte di non essere troppo buona con chiunque. La sua moltezza si basa sull’esagerata febbre di amore verso il prossimo... e temo che questo per lei, un giorno, possa diventare la sua rovina. -
Alice avvertì il senso di tristezza del Cappellaio.
- Tu le vuoi molto bene... -
- Siamo cresciuti insieme, cara Alice. E’ la mia sorellina e guai a chi osa sfiorarla con una sola punta di dito. – il Cappellaio alzò gli occhi al cielo – Ogni volta la vedo lottare con il sorriso sulle labbra, ma so che quel sorriso è solo una maschera per nascondere il suo dolore quando riceve soprusi che ormai stanno diventando sempre più frequenti. Non sai quanto questo mi stringa il cuore. E a farmi ammattire e perdere le staffe è il fatto che lei non ne voglia sapere di reagire e, per una volta, finirla di fare l’agnellino candido e innocente e tirare fuori le unghie per farsi rispettare. –
Alice ascoltava le parole del Cappellaio con una spina nell’anima. Certo, Castagna le aveva detto che si fosse ormai rassegnata all’idea che Tarrant avesse scelto Alice, sacrificando i propri sentimenti, ma lo stesso poteva dirsi per il Cappellaio? Cosa provava, esattamente, il Cappellaio per Castagna?
Ma quando nella testa di Alice stava per formarsi un’altra domanda, il Cappellaio la guardò negli occhi e le sorrise largamente. Si fermarono di colpo, sotto un albero con ancora qualche foglia colorata attaccata ai rami.
- Ascoltami, mia cara. – disse il Cappellaio - C’è una cosa molto importante che devo dirti. –
Alice deglutì e tentò di non mostrarsi tesa.
- Voglio togliermi questo peso dal cuore. – continuava il Cappellaio – Sappi che per quanto io voglia molto bene a Castagna... beh, lei per me è solo la sorellina con la quale sono cresciuto. La nostra è solo un’amicizia lunga e sincera, ma niente di più. – le prese dolcemente le mani – Come ti ha detto all’inizio Castagna, io le ho parlato tanto di te. Ogni giorno, dal nostro primo incontro, al nostro ultimo addio. – qui la sua voce si stava incrinando, quasi insicuro delle proprie volontà.
Un altro colpo al cuore per Alice: doveva dirgli quali fossero i veri sentimenti di Castagna nei riguardi del Cappellaio? Parlargli delle sue sofferenze, dei suoi sacrifici? Si sentiva una vigliacca, ma non riusciva a dire una parola.
- Ma con te è diverso. – aggiunse il Cappellaio – E’ sempre stato tutto diverso. Siete entrambe molto speciali per me, ma brillate di una luce diversa. Lei risiede nel mio cuore come una sorellina, tu nella mia anima come colei che... beh... – si bloccò, temendo che la parte più folle di lui prendesse il sopravvento – Vedi, Alice... A volte, nella vita, può succedere che due persone possano bussare alla porta del tuo cuore nello stesso momento.-
Quella frase aveva colpito Alice come un pugnale. Le sue labbra tremavano leggermente e il suo cuore prese ad accelerare. Conosceva eccome il significato di quelle parole.
- E sai che cosa ho scelto io? –
Alice fece un leggero “no” con la testa, sempre più confusa e oppressa dai sensi di colpa.
Tarrant sorrideva.
- Castagna è sigillata nel mio cuore, ma sei tu quella che mi fa vibrare forte l’anima. –
Alice non credeva alle proprie orecchie e il suo disagio aumentò quando il Cappellaio continuò a parlare – Ti ho presentato Castagna, la mia sorellina, perché ci tenevo a farti conoscere una delle persone più speciali per me. Ma non per malizia, questo né ora né mai. Ma solo perché voglio essere sincero con te. Così come lo sono stato con Castagna quando le ho parlato di te. – fece una piccola pausa, carezzò con i pollici le mani di Alice – Quando te ne sei andata di nuovo, ho capito che eri tu colei che volevo al mio fianco. Castagna era con me, nel mio mondo, ma la sua mancanza non mi faceva battere il cuore come la tua attesa, la speranza di poterti incontrare un giorno o l’altro. Per te, ero disposto ad attendere fino alla fine. Ti ho aspettata ed ora... – soffocò l’emozione – ed ora io non riesco a credere che tu sia di nuovo qui. –
Finalmente, il Cappellaio si rese conto dello stato d’animo di Alice.
Tremava come se fosse stata colpita da una folata di vento gelido, il suo volto era arrossito e impallidito insieme.
- Alice, qualcosa non va? –
Invece di sfruttare quell’occasione d’oro, Alice aveva deciso di omettere la verità per non rovinare le speranze del Cappellaio. Era al settimo cielo nell’apprendere quella rivelazione, ma nello stesso tempo si sentiva una meschina codarda. Era giusto il proprio comportamento? Ma un pensiero le pervase la mente: a farle palpitare maggiormente il cuore, era stata la dichiarazione del Cappellaio o di James? Altro fastidioso dilemma.
Quando il Cappellaio vide del luccichio in quegli occhi, credendo che Alice fosse solo commossa per aver messo a nudo i propri sentimenti, l’attirò a sé e le carezzò i morbidi capelli dorati.
Sorrideva e, con voce soave e allegra, tentava di rilassarla.
- Va tutto bene. –
No, rispose Alice nella sua mente, niente va bene. Tutto va a peggiorare.
Il Cappellaio le prese il viso tra le mani e le posò un bacio in fronte per confortarla. Forse, pensava, sarebbe stato saggio tagliarla lì. In effetti, si rese conto di sentirsi imbarazzato.
- Va tutto bene, mia cara. – le pizzicò scherzosamente una guancia – Avanti, fammi un bel sorriso e rechiamoci a questo matrimonio. Ci aspettano tantissime risate. -
Alice inspirò e, senza dire una parola, annuì stirando le labbra.
 
Il palazzo era stracolmo di gente e il Cappellaio e Alice, per non perdersi, dovettero camminare insieme mano nella mano. Nessuno si era accorto di quel gesto, poiché erano tutti presi dalla tanto attesa celebrazione della cerimonia.
Alice riuscì a notare il resto dei suoi amici Sottomondiani: c’erano McTwisp, il Leprotto e Mally, Pincopanco e Pancopinco la salutarono con la manina. Tutti loro avevano indossato i loro completi più belli. Ma a fare sorridere maggiormente Alice fu la comparsa di Mirana.
La Regina Bianca la salutò calorosamente, non immaginava che Alice sarebbe ritornata.
- Sei bellissima. – si complimentò Mirana.
Quando il Cappellaio le fece una riverenza, Mirana ringraziò entrambi per la loro presenza.
- Tempo mi aveva avvisata che oggi avremmo avuto una grande sorpresa, - disse Mirana - ma non immaginavo si riferisse al ritorno di Alice. -
- Niente sfugge al tempo. – il Cappellaio ridacchiò per il suo involontario gioco di parole.
Qualcuno gli picchiettò sulla spalla e Tarrant si voltò. Emise un piccolo urlo quando vide il Tempo in persona presentarsi a lui, con le mani poggiate ai fianchi.
- Chiedo venia. – sogghignò nervosamente il Cappellaio – I miei migliori ossequi... -
- Risparmia il fiato, testolina di rapa. – era stata la gentile risposta di Tempo – Scostati e fammi salutare Alice. -
Alice inarcò le sopracciglia, mentre a Mirana sfuggì un risolino.
Tempo si avvicinò ad Alice e le prese la mano, baciandola con classe.
- Ben tornata, Alice. –
Quel gesto aveva fatto nascere un’accentatura di gelosia nei confronti del Cappellaio, Tempo se ne accorse e, in un certo senso, si sentì soddisfatto. Era chiaro che glielo avesse fatto apposta per vendicarsi del precedente gioco di parole.
- Le mie congratulazioni, signore. – disse Alice.
- Oh, ti ringrazio. – si girò verso il Cappellaio – Che ne diresti di imparare un po’ di buone maniere dalla ragazza dai capelli giallini? –
Il Cappellaio si imbronciò e alzò il mento, girandosi dall’altra parte.
Che antipatico, doveva avere probabilmente pensato.
- Non litigate. – sorrise Mirana.
- Nessun litigio. – assicurò il Tempo – Vogliate scusarmi, ma devo darmi degli ultimi ritocchi. Voglio essere presentabile per la mia sposa. –
- Per la Capocciona. – riuscì a farsi sfuggire il Cappellaio, meritandosi una nuova vendetta da Tempo: quest’ultimo, fece finta di camminare indifferentemente nella direzione di Tarrant e, al momento adatto, gli calpestò dolorosamente un piede. Ottenuta la sua soddisfazione, Tempo si allontanò senza voltarsi.
Il Cappellaio emise un urlo di dolore e Alice ridacchió, era come assistere ad un battibecco tra ragazzini.
- Razza di... – il Cappellaio si morse un labbro per fermare qualche brutta parola quando la parte più sana di lui si rese conto di trovarsi davanti a due signore.
Mentre il Cappellaio era preso a massaggiarsi il piede dolorante attraverso la scarpa, un suono di trombe aveva annunciato l’inizio della cerimonia.
- E’ iniziato. – Mirana era in preda all’emozione e comunicò ad Alice e al Cappellaio di prendere posto e sedersi. Il matrimonio stava per avere inizio.
Trovati i posti liberi, non molto lontani per poter assistere al meglio alla cerimonia, il Cappellaio aveva già iniziato a farsi preliminarmente beffa della Regina Rossa.
- Scommetto che sembrerà un pupazzo di neve con il capoccione. –
Alice gli diede una gomitata, augurandosi che nessuno lo avesse sentito.
- Cappellaio, per favore. – seppure quella battuta fosse stata divertente, Alice non voleva avere guai.
Come da tradizione, venne annunciato lo sposo per primo.
Tempo attraversò il corridoio con aria fiera, seguito da sguardi incantati e sorpresi: per la maggior parte di tutti i presenti, era la prima volta che vedevano il Tempo in persona. Tempo si sentì importante, non solo perché stava per salire sull’altare per unirsi in matrimonio con la sua amata sposa, ma anche perché era come se si sentisse il sovrano dell’intero Sottomondo. E, in effetti, lo era.
Poi, venne annunciata la sposa.
La Regina Rossa fece la sua apparizione con il maestoso abito bianco, seguita da una fila di paggi e damigelle che le reggevano lo strascico.
Iracebeth, tra gli invitati, notò qualcuno in particolare. Alice.
Si fermò all’improvviso e la guardò negli occhi come per fulminarla. Alice sgranò gli occhi, cercando di immaginare cosa stesse pensando Iracebeth in quel momento. Per fortuna, la sposa proseguì nella direzione del suo amato Tempo.
Il Cappellaio le mise una mano sulla propria.
- Non farci caso. – le sussurrò. Alice sorrise.
Quando Iracebeth raggiunse Tempo, i due si guardarono negli occhi con espressioni piene di emozione.
Fu molto strano per tutti poter vedere la Regina Rossa, un tempo sadica, violenta e malvagia, sorridere in quel modo, con l’emozione di un evento così pieno di importanza.
Non sembrava affatto la malefica sovrana di una volta.
Mirana si asciugò le lacrime.
Ci avrebbe pensato proprio lei ad unire Iracebeth e Tempo in matrimonio.
Il Cappellaio spiegò ad Alice che era una loro tradizione: erano i sovrani regnanti a celebrare i matrimoni. Mirana iniziò la cerimonia.
- Auguri ad Iracebeth di Crims e a Tempo, sovrano di Sottomondo, per aver deciso di fare un passo così importante che legherà per sempre le loro vite. –
Iracebeth sorrideva commossa, mentre Tempo non la smetteva di scollarle gli occhi gioiosi dai suoi.
- Con gli anelli dell’unione, io, la Regina Mirana, avrò l’onore di far sì che le vostre vite siano per sempre legate. – si rivolse a Tempo – Avete portato gli anelli? -
Tempo sgranò gli occhi.
- Oh, certo, gli anelli. WILKINS! – urlò, echeggiando per tutto il palazzo.
In quell’istante, Wilkins, il tuttofare del Tempo, corse a perdifiato con una confezione rossa a forma di cuore tra le mani di ferro.
- Sì, mio signore! Eccomi signore! – ma nella foga, il povero Wilkins cadde per terra scatenando uno stupore generale. Nessuno osava ridere.
Alice supplicò il Cappellaio con lo sguardo di trattenersi, il quale riuscì a vincere la forte tentazione.
- Razza di imbecille. – sussurrò Iracebeth stizzita – Vuole mandare a monte il mio matrimonio? –
Tempo, per fortuna, sapeva come andarci per calmarla.
- Non temere, mia colombella, vedrai che questo sarà un matrimonio perfetto. -
- Dici? E che cosa ci fa, intanto, quell’Alice qui? –
- Su,su, mia amata. Perché tanto risentimento? Alice è qui per te. Ormai è acqua passata. -
Iracebeth sbuffò rumorosamente.
- Sì, sì, va bene, va bene, come vuoi. –
Wilkins, per fortuna, si rialzò e raggiunse gli sposi con la confezione.
La aprì e mostrò gli anelli, simbolo della loro prossima unione.
- Grazie, Wilkins. – disse Tempo – Ma poi faremo i conti. -
Mirana, invece, gli sorrise e Wilkins, sebbene fosse fatto di ferro e ingranaggi, si sentì molto imbarazzato per via di quel dolce viso.
La Regina Bianca fece cenno a Tempo e a Iracebeth di prendere gli anelli.
I due si guardarono intensamente.
Tempo aveva una promessa da fare.
- Ti prometto che farò in modo che le tue giornate scorreranno tra i sorrisi. Ogni mio me non sarà mai perso, perché so di avere al mio fianco la donna più bella e perfetta di tutto Sottomondo. –
Mirana si commosse.
E anche Alice si era commossa nel sentire tanto sincero affetto. Non erano frasi fatte, ma dettate dalla spontaneità, dal profondo del cuore.
Le labbra di Iracebeth tremarono dall’emozione.   
- Oh, Tick Tock. – non riuscì a trattenere una lacrima e la sua voce si fece sempre più acuta – Dopo tutto questo te, sono ancora pazza di te. –
Si scambiarono gli anelli e intrecciarono le proprie mani.
Mirana stirò le labbra.
- Come regina di Marmorea, io sono onorata di dichiararvi marito e moglie. –
Senza attendere il permesso, Iracebeth si buttò tra le braccia di Tempo e lo baciò sulle labbra. Quel gesto aveva sorpreso tutti quanti.
Alice e il Cappellaio si guardarono negli occhi. L’uno aveva letto i pensieri dell’altra.
Furono i primi ad alzarsi in piedi e ad applaudire.
Iracebeth e Tempo si voltarono. Iracebeth non se l’aspettava. Ma un enorme sorriso nacque sulle sue labbra quando vide che tutti, subito dopo, avevano preso ad imitare Alice e il Cappellaio e un sonoro applauso echeggiò per tutta la sala.
Non se l’aspettava proprio.
- Questo è il giorno più bello della mia vita. – pianse Iracebeth commossa.
- Che ti avevo detto? – sorrideva Tempo.
Tutti continuarono ad applaudire i nuovi sposi fino a spellarsi le mani.
 

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Capitolo 7
*** La saggezza dell'Autunno ***


Ciao a tutti ed eccomi di nuovo qui.
Vi avviso che sono molto stanca, quindi mi scuso se troverete degli errori di ortografia o altro. Abbiate pietà, sono qui per voi XD
Ammetto che per la scena del ballo mi sono ispirata alla danza di Mr. Jack... volendo, non potevo non inserire una musica irlandese ( lo so, sono fissata con la Scozia, l’Irlanda, il Galles, ecc... ), abbiate pazienza.
Un BACIONE e BUONA LETTURA.
 
 
Tutta la gioia poteva leggersi negli occhi neri come la pece di Iracebeth. Sprizzava felicità da tutti i pori, sembrava finalmente felice.
Mano nella mano con Tempo, attraversarono il corridoio per mostrare a tutti che, finalmente, erano diventati marito e moglie.
Gli applausi non sembravano voler terminare.
Si era persino udito qualcuno gridare “viva gli sposi” e Iracebeth non trattenne una lacrima di gioia.
Tempo le sorrideva, come se avesse voluto ripeterle “Te l’avevo detto che sarebbe andata tutto bene.”
- Lo vedi, mia amata? Non sono solo io qui a volerti bene. -
E Iracebeth si mise una mano alla bocca per soffocare un piagnucolio di commozione.
Alice sorrideva, era contenta che finalmente anche una persona come Iracebeth avesse trovato la felicità che tanto desiderasse.
Guardò il Cappellaio. Anche lui sorrideva, ma era un sorriso diverso. Pareva di più un sorriso abituale, poiché, in effetti, era solito mantenere il sorriso sulle labbra in qualunque occasione.
 
Per sorprendere gli invitati, gli sposi si misero al centro della sala per potersi esibire con il loro primissimo ballo insieme.
Tempo e Iracebeth si misero frontalmente e fecero un inchino.
Eccentrici com’erano, non avrebbero di certo optato per una musica soave o lenta.
Le rane musiciste iniziarono a suonare con i violini una musica molto, molto movimentata. Per accompagnare il ritmo, tutti quanti batterono alternativamente le mani.
Tempo e, soprattutto, Iracebeth si erano rivelati degli eccellenti ballerini: la loro danza era composta da tantissime capriole, piroette, salti e varie acrobazie.
Era buffissimo poter vedere la un tempo temuta Regina Rossa divertirsi come non mai, danzare allegramente come se la allegra musica facesse parte di lei.
Alla fine, Tempo con una mano alzò il braccio di Iracebeth, la fece volteggiare. Volteggiava, volteggiava come una trottola impazzita, quasi si librò in aria e, come gran finale, planò leggiadra tra le braccia dello sposo. C’era stato un immenso applauso collettivo.
- Bravissimi! – urlava qualcuno, facendo emozionare sempre di più Iracebeth.
Le danze, ora, vennero aperte a tutti e la pista da ballo venne immediatamente occupata.
C’erano alcuni danzatori che muovevano i propri corpi con grande grazia ed eleganza, altri ancora improvvisavano, ma cosa importava? Tutti volevano solo divertirsi.
Mirana fece cenno ai musicisti di suonare un classico ballo di gruppo, cosicché tutti avrebbero potuto divertirsi al massimo.
- Cavalieri scegliete le vostre dame, - disse Mirana – uniamoci tutti insieme per la Girodanza. -
Tutti esultarono.
- Girodanza? – domandò Alice.
Il Cappellaio non si lasciò sfuggire l’occasione.
- E’ molto divertente. – assicurò – Lo imparerai molto velocemente. –
Spiegò quali passi dovevano essere effettuati per la Girodanza e, in effetti, Alice si rese conto che erano piuttosto semplice.
Con fare quasi spontaneo, il Cappellaio porse una mano ad Alice.
- Vuoi farmi questo onore, mia signora? -
Alice sorrise e accettò il Cappellaio come proprio cavaliere.
Cavalieri a sinistra, dame alla loro destra.
Il cavaliere poggiava il braccio destro sulle spalle della dama, cercando la mano destra di lei, mentre le mani sinistre di entrambi si intrecciavano. Questa era la posizione iniziale.
Tutti quanti in fila, come un lungo treno di coppie.
I capofila erano, naturalmente, Iracebeth e Tempo.
Il Cappellaio e Alice erano quasi al centro della fila.
A seguire, Pincopanco e Pancopinco, i quali continuarono a litigare su chi di loro avrebbe dovuto fare il cavaliere o la dama.
Il Leprotto con Wilkins... il primo era molto entusiasta di poter fare la dama.
 E così via.
Uno squillo di tromba squarciò la sala e la musica partì.
Piedi destri avanti per due volte, poi piedi sinistri avanti una sola volta.
Piedi destri dietro una volta per poi batterlo per due volte.
Il cavaliere faceva fare un solo giro completo alla dama.
Infine, cinque saltelli in avanti e i passi si ripetevano.
Era molto semplice e, soprattutto, molto divertente.
Il Leprotto desiderava tanto fare la parte della dama poiché amava moltissimo fare le giravolte.
Alice si stava divertendo un mondo e il Cappellaio se ne accorse.
Rise di cuore anche lui, felicissimo di poter vedere Alice sorridere con tutto il cuore.
E Alice si sentiva con il cuore a mille all’idea di trovarsi in quella meravigliosa circostanza, con il Cappellaio alla sua sinistra, così vicino, mani giunte.
Sentiva scorrere dentro di sé una grande gioia e realizzò di non essersi mai divertita così tanto. Ma ad aumentare la sua allegria, la sua pace interiore, era quella di poter condividere quel momento proprio con Tarrant. Era una persona molto semplice, quasi addirittura innocente, con una grande voglia di sorridere.
Era questo quello che le piaceva del Cappellaio.
Ripensava anche alla sua dichiarazione, poco prima di giungere a palazzo, e ricordò con quanta purezza d’animo avesse messo esposto i propri sentimenti per lei.
Esistevano altri uomini con la stessa sua dote? Inoltre, ricordò quanto le avesse detto Castagna mentre si stava curando di renderla bella per la cerimonia: la semplicità è la chiave della vera bellezza. E la vera bellezza era quella del cuore.
Di sicuro, il Cappellaio possedeva questa rarissima caratteristica.
Mentre continuava a danzare, Alice ebbe il tempo per riflettere e, ad ogni sorriso e ad ogni passo effettuato, ad ogni giravolta e ad ogni mano intrecciata, i suoi dubbi circa il bivio che la divideva, quell’orrendo tarlo dell’indecisione, andava svanendo.
E quando la Girodanza giunse al termine, dame e cavalieri si fermarono e applaudirono.
Alice si sentì esplodere il cuore per l’immensa pace quando vide il Cappellaio con quella meravigliosa espressione divertita.
I loro occhi si incontrarono e le loro labbra si stirarono. Alice abbassò di poco gli occhi.
A salvarli da quella strana e un po’ impacciata situazione, era stata la comparsa di Tempo e Iracebeth.
- E così, sei arrivata anche tu. – disse Iracebeth ad Alice, cercando di apparire il più naturale possibile, benché la sua sensazione di fastidio alla vista di lei si avvertisse ancora un po’.
- I miei migliori auguri, Vostra Maestà. – Alice le fece una riverenza.
Iracebeth assunse un’aria fiera. Niente da fare, il suo astio verso Alice non ne voleva sapere di sfumare. Alice, per fortuna, non ci fece caso.
Tempo fece l’occhiolino alla sua amata.
- Mia dolce musa, non credi sarebbe l’ora di lanciare il tuo bouquet? –
Iracebeth guardò il suo mazzo di meravigliose rose rosse e, dopo aver fatto una smorfia da gatta, accontentò la richiesta del marito.
Il lancio del bouquet venne annunciato e tutte le donzelle si misero in posa per poter riuscire ad afferrare quelle stupende rose, simbolo di un buon augurio di prossimo matrimonio.
Il Cappellaio diede una leggera spinta ad Alice.
- Vai anche tu. – le suggerì.
Alice non nutriva interesse verso quella tradizione, già esistente nel suo mondo. Non credeva i quell’usanza e Sottomondo non avrebbe fatto un’eccezione. Ma gli occhi del Cappellaio riuscirono a farle cambiare idea.
- Sono sicuro che riuscirai ad afferrarlo. -
Alice si mise accanto alle donzelle, pronta ad acchiappare il bouquet. C’era anche Mirana.
Iracebeth continuava a dare le spalle.
- Pronte? – urlò quasi seccata, ma al contempo serenamente.
E quando vide che tutte le fanciulle si esaltarono, pronte a partire all’attacco per la presa del mazzo di fiori, la Regina Rossa lanciò il tanto desiderato bouquet.
Tutte iniziarono a farsi strada con il cuore martellante, desiderose di acciuffare le rose.
Alice lo vide avvicinarsi nella sua direzione, era sicura di riuscire ad afferrarlo.
Allungò le braccia, era quasi suo.
Ma in quel momento, qualcun altro riuscì a prenderlo prima di lei.
Era stato il Leprotto.
- Evviva! Ce l’ho fattaaaaaaaa! – esclamò il Leprotto pieno di gioia – Sarò io il prossimo a sposarsiiiiii! -
Inizialmente, le fanciulle deluse gli riservarono sguardi carichi di ira. Ma una sonora risata del Cappellaio sciolse il loro stato d’animo. Tutti quanti, Alice compresa, si unirono alla risata.
Stranamente, anche Iracebeth si unì alle risate.
 
Il Cappellaio aveva chiesto ad Alice di prendere un po’ d’aria e lei accettò ben volentieri. L’Autunno si era mostrato anche nei candidi giardini di Mirana, in tutto il suo splendore.
- Ti stai divertendo? – domandò sorridente il Cappellaio.
- Sì, molto. –
Una foglia dorata cadde sulla chioma di Alice e il Cappellaio gliela scostò con dolcezza.
- Sei molto bella. – trovò il coraggio di dirle, facendola arrossire.
Poi gli occhi del Cappellaio si spostarono verso il paesaggio autunnale e inspirò a pieni polmoni.
- L’Autunno è la stagione che più fa emergere in me il mio lato sano. – i suoi occhi assunsero una luce ben diversa – E’ colorato. E’ matto. Ed è anche saggio. E’ la stagione che ci aiuta a capire molte cose. Cosa abbiamo fatto in passato. – guardò teneramente Alice – E ciò che vorremmo fare in futuro. –
Alice non diceva una parola, era così strano sentire il Cappellaio quando parlava così saggiamente.
- E’ perfetto per tenere conto di ciò che vogliamo fare nella nostra vita. L’Autunno ci aiuta a crescere e maturare, anche nelle nostre decisioni. Con i suoi colori, con il profumo della pioggia, riscuote la nostra coscienza. –
Gli occhi di Alice brillavano, inebriata da quella voce così calda che l’avvolgevano in un dolce calore.
 
Mentre continuava a carezzare il bouquet, il suo trofeo, come una preziosa reliquia, il Leprotto venne preso alla sprovvista da qualcuno che si dirigeva nella sua direzione.
Era Bill che correva come un fulmine. Si era fermato non appena lo raggiunse.
Il Leprotto allontanò il bouquet, temendo che la lucertola avesse voluto rubarglielo da sotto il naso.
- Un disastro! – strillava Bill – E’ successo un disastro! –
Il Leprotto cambiò espressione, non riuscendo a capire le parole dell’amico.
- Non è gentile da parte tua definire il matrimonio un disastro. Brutto maleducato. – lo rimproverò la lepre.
- No, no. – Bill sembrava molto turbato – Non c’entra il matrimonio. Castagna! Un disastro! Un disastroooo! -


Il Cappellaio e Alice continuavano a contemplare il meraviglioso paesaggio. Tarrant aveva ragione. L’Autunno era perfetto per poter finalmente prendere le giuste decisioni, decidere che cosa fare, realizzare a sé stessi di essere cresciuti e di prendere la propria vita con un solo pugno. Niente più bivi, pensava Alice.
Basta con le insicurezze.
Basta tormentarsi, soffrire e fare soffrire gli altri.
Ora la scelta era solo sua.
- Sono tornata, Cappellaio, per restare. – disse Alice, cogliendo il Cappellaio di sorpresa.
- Vuoi dire che... – Tarrant era emozionato, non se lo aspettava.
Un dolcissimo sorriso era apparso su quel viso quando sentì Alice completare quella rivelazione.
- E’ con te che voglio restare, Cappellaio. – Alice gli prese le mani – Il tempo era stato dalla nostra parte, ma non sono riuscita a sfruttarlo come avrei dovuto. Ed ora, non voglio commettere lo stesso errore. Non ancora. -
Tarrant accolse Alice tra le sue braccia con tenerezza. Alice affondò le dita sulle spalle di lui e inspirò la sua essenza. Sì, aveva deciso. Nessun rimpianto.
Lentamente, con vistoso arrossamento di guance, assurdo batticuore, i loro visi si stavano avvicinando sempre di più.
Le loro palpebre si chiusero. Le labbra erano sempre più vicine.
Un urlo del Leprotto li aveva come risvegliati da un sogno meraviglioso.
- Cappellaiooooooo! Aliceeeeeee! – gridava il Leprotto correndo verso di loro.
Tarrant era molto tentato di afferrarlo per le orecchie come punizione per aver frantumato quel momento così speciale che tanto aveva sognato. Preferì mantenere il controllo quando si rese conto che il suo amico sembrasse molto spaventato.
- Cosa c’è, Thackery? –
- Castagnaaaa! E’ stata aggredita! Castagna è stata aggreditaaaa! –
Il cuore di Tarrant mancò un battito e Alice sgranò gli occhi. La paura e lo sgomento si era impossessato di loro, lasciandoli per un attimo pietrificati.

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Capitolo 8
*** Dolorosa verità ***


Ciao, miei cari.
Inizio a dirvi che i vostri incoraggiamenti mi hanno riempito il cuore di gioia. Siete davvero delle persone speciali. E sappiate che, qualora anche voi avreste bisogno di me, io ci sarò sempre. Non mi limito mica a scrivere follie.
Questo capitolo è frutto dei vostri incoraggiamenti nei miei riguardi, non ce l’avrei mai fatta senza di voi. Vi meritate questo ed altro.
Ed ora, alla faccia dei guai e di chi ci vuole male, vi lascio al capitolo.
Un BACIONE e BUONA LETTURA.
 

 
Le foglie scricchiolavano sotto i loro piedi. Correvano a perdifiato e si auguravano con tutto il cuore che non fosse accaduto niente di grave.
Mentre correvano, Bill aveva spiegato cosa fosse successo: si stava avviando verso il palazzo di Mirana per partecipare al matrimonio di Tempo e della Regina Rossa, mentre si incamminava era giunto nel sentiero che portasse alla casa di Castagna. E in quel momento aveva sentito delle urla.
Riconobbe la voce dell’amica e, con occhi pieni di sgomento, aveva visto la povera Castagna trascinata fuori di casa di peso da due uomini.
Due cavalieri che portavano lo stemma del Conte Gwyneth.
Non era riuscito ad assistere ad altro poiché, vinto dalla codardia, aveva preferito correre per chiedere aiuto.
Il Cappellaio ce la stava mettendo tutta per non perdere il controllo di sé. Per fortuna, non se l’era presa con Bill.
Castagna era stata aggredita e doveva solo cercare, con l’aiuto degli altri, di darle tutto il coraggio di cui necessitasse. Cascare nella follia, mescolata con l’ira, era solo un’idea da escludere.
Quando arrivarono, il Leprotto, il Cappellaio, Alice e Bill si avviarono alla porta.
Tarrant bussò frettolosamente e ad aprirgli non era stata Castagna.
Ma una signora coniglio dall’aria molto triste. Tutti, ad eccezione di Alice, la conoscevano: era la signora Malloy.
- Oh, sei tu. – disse la coniglia riconoscendo il Cappellaio – Mi dispiace, ma questo non è un bel momento. –
- Siamo qui proprio per Castagna. – rispose Tarrant.
Bill spiegò di essere stato lui a chiamare i suoi amici quando si era reso conto di quanto fosse accaduto alla povera Castagna.
La signora Malloy, prima di farli  entrare, li avvertì che Castagna fosse molto scossa.
Spiegò lei stessa quanto accaduto: i due cavalieri che aveva visto Bill erano andati da Castagna per riscuotere nuovamente i suoi debiti. Ma Castagna si era ribellata, poiché ricordò di avere una ancora sei giorni di tempo per poter pagare. I due uomini, perciò, avevano iniziato a metterle a soqquadro l’intera casa, distruggendo ogni cosa come per darle uno sporco avvertimento da parte del Conte.
Castagna aveva tentato di fermarli, ma ci aveva ricavato solo insulti e un sacco di botte.
La signora Malloy era giunta lì quando era quasi tutto finito. Aveva visto due cavalieri uscire dalla casa e, con la pelle accapponata sotto la pelliccia marroncina, vide uno dei due trascinare la povera Castagna tenendola per i suoi capelli. E, come sfregio finale, l’aveva sbatacchiata per terra, deridendola e ricordandole di pagare i suoi debiti al conte: quell’episodio era stato solo un assaggio, se Castagna non avesse pagato o si fosse ribellata, una casa arsa dalle fiamme non glielo avrebbe negato nessuno.
Quando quei due manigoldi se n’erano andati, la signora si era apprestata a soccorrere la povera Castagna.
Il Cappellaio emise uno strano sibilo e Alice se ne accorse. Non appena vide gli occhi di Tarrant mutare e le sue occhiaie annerirsi, Alice gli mise una mano al braccio.
- Cappellaio, ti prego, non perdere il controllo. –
Per fortuna, il Cappellaio tornò in sé.
- Sto bene. – assicurò, anche se non fosse vero.
Quando Malloy li fece entrare, Alice, il Cappellaio, il Leprotto e Bill assistettero ad uno spettacolo agghiacciante.
Quella casa, sempre pulita e ordinata, adesso sembrava un vero e proprio campo di battaglia. Era come se fosse stata distrutta da un terremoto.
Castagna era seduta sulla poltrona, era in evidente stato confusionale.
Tarrant si avvicinò subito a lei e, come tutti gli altri, non nascose un sussulto quando si accorse che la povera ragazza avesse un grosso livido sull’occhio sinistro.
- Sorellina. – il Cappellaio le strinse una mano – Sorellina, siamo qui. Va tutto bene. -
Castagna si era morsa un labbro e si guardò intorno, il suo cuore si spezzava sempre di più ogni volta che vedeva quell’orrendo caos.
- La mia casa... – disse solamente mentre le lacrime le solcarono il viso.
Anche Alice si avvicinò a lei e tentò di confortarla.
- Andrà tutto bene, Castagna. – le disse carezzandole i capelli.
Castagna si era alzata dalla poltrona e si era inginocchiata per terra, afferrando i cocci dei vasi rotti sparsi ovunque.
Si tagliò una mano, ma non le interessava.
Una goccia di sangue cadde per terra e Malloy le si avvicinò, poggiando una zampa sulla schiena della poveretta.
- Coraggio, signorina, non fare così. –
Il Cappellaio l’afferrò per le spalle e riuscì a farla rialzare.
Si sentì distruggere il cuore quando vide quegli occhi di cacao pieni di struggenti lacrime, ma voleva farla reagire.
- Castagna, non piangere. Non ne vale la pena. – disse lui serio.
Castagna non disse una parola.
Alice spalleggiò Tarrant.
- Il Cappellaio ha ragione.  – le asciugò una lacrima – Sii forte come solo tu sai essere. Vedrai che sistemeremo tutto. -
- Parliamo con la Regina Bianca. – esclamò il Leprotto – Lei può aiutare Castagna a non subire queste cattiverie. –
Tutti lo guardarono. Aveva avuto una grande idea.
- Questa volta, il conte ha esagerato. – aggiunse il Cappellaio, rivolgendosi alla sorellina – La Regina Bianca non tollera questo genere di cose. Domani tu verrai con noi, d’accordo? –
Castagna annuì. Ma per la troppa tensione accumulata, la poverina scoppiò in lacrime.
Alice l’abbracciò e anche il Cappellaio si unì alla stretta.
 
Per nessuna ragione avrebbero voluto lasciarla da sola.
Castagna aveva fatto sempre tutto per tutti, ed ora era giunto il momento che anche gli altri le dessero una mano. Si sarebbero dedicati interamente a rimettere in ordine la casa.
La signora Malloy avrebbe pensato alla cucina.
Il Leprotto a spazzare i pavimenti, non mancando di esibire mosse divertenti con la scopa, simulando una balletto con una damigella.
Bill a rimuovere i cocci di vetri, piatti e vasi: aveva la pelle dura e lui non correva rischi di procurarsi ferite da taglio.
Ad Alice toccò il salotto.
A Castagna la camera da letto.
Al Cappellaio, infine, la stanza degli ospiti.
Per cercare di alleggerire quella circostanza scomoda, il Leprotto aveva avuto la brillante idea di mettersi a cantare in un modo particolare. A turno, uno di loro avrebbe iniziato a cantare a seconda della lettera che qualcun altro avrebbe deciso.
Tutti furono d’accordo.
Il Leprotto diede inizio al gioco.
- Bill, inizia tu. Canta una canzone che inizia con la lettera P. -
Bill riuscì a trovare la canzone e iniziò ad intonare.
-  Pecora nera hai ancora della lana? – Alice si rese conto che il ritmo fosse molto simile alla canzoncina del pipistrello e la teiera che il Cappellaio, un tempo, aveva cantato -  
Sissignore, sissignore, tre sacchi pieni. Uno per il padrone. Uno per la signora. E uno per il bambino . Che vive lungo la corsia. –
Successivamente, toccò a Castagna e Bill scelse per lei la lettera T.
Dalla sua camera, si sentì la voce di Castagna cantare armoniosamente.
- Tommy il pollice Tommy il pollice Dove sei? Sono qui, sono qui, come stai? –
Era molto divertente mettere in ordine cantando a turno. Certo, non erano dei cantanti professionisti, ma cosa importava?
Il Cappellaio continuava a rassettare la camera degli ospiti. Castagna gli aveva imposto la lettera B.
Tarrant lasciò perdere per un secondo il disordine e prese a cantare.
- Brilla, brilla, cincillà. Son contento d’esser qua. Pipistrello vola e vai, la teiera porterai. – quasi si mise a danzare per via del ritmo entratogli nel sangue – Brilla, brilla, vola e brilla. La tua ugola che squilla. – eseguì un movimento simile ad un volo, spostandosi da destra verso sinistra e viceversa - Brilla, brilla, brilla colibrì. Brilla, brilla. Son contento d’esser qui. –
Quando terminò di cantare, fu il turno di Alice e il Cappellaio decise per lei la lettera M.
Ma non ebbe il tempo di ascoltarla, poiché i suoi occhi si posarono sul pavimento dopo aver sentito qualcosa sotto i suoi piedi.
Era un libro aperto, dalla copertina rosa. Si chinò e lo raccolse.
Le righe erano occupate da una grafia molto graziosa e non gli parve male dargli un’occhiatina. Non sapeva che quel libro, in verità, fosse il diario di Alice.
Non sapeva che quanto stesse per leggere gli avrebbe spezzato il cuore.
Alice non sapeva in che razza di guaio si sarebbe cacciata.
Ad ogni riga letta, il sorriso del Cappellaio stava morendo.
« ... Il mio cuore è bloccato nel mondo delle meraviglie di Sottomondo, dove ho avuto la possibilità di conoscere il Cappellaio... La mia mente si trova nel mio mondo, a Londra, dove sono diventata capitano della nave del mio adorato padre, con Harcourt che coraggiosamente non ha avuto paura di dichiararsi a me, ed ora attende una mia risposta...
A chi devo dare retta? Al mio cuore o alla mia mente? » Il Cappellaio avvertì il proprio cuore frantumarsi « ... Ahimè, il tempo continua a passare e sto rischiando di fare stare male me stessa, il Cappellaio e James. Forse non merito né il Cappellaio né Harcourt, ma il tempo saprà dirmi quale sarà la strada migliore da prendere. »
Chi era questo James Harcourt? Alice gli aveva omesso l’esistenza di un altro uomo, anche se lui le aveva presentato Castagna per non avere nessun segreto?
Scosse la testa con un cenno di negazione, non voleva crederci. Non credeva affatto di meritarsi un simile tradimento da parte di Alice.
Strinse quel diario come per distruggerlo, ma si contenne.
Alice stava ancora cantando quando di colpo si fermò non appena vide il Cappellaio dirigersi da lei, nel salotto.
Le si bloccò il respiro quando lo vide stringere tra le mani quel libro che riconobbe all’istante. Il Cappellaio aveva letto il suo diario.
Un’espressione impaurita si dipinse nel volto di lei, mentre il Cappellaio la guardava come un cane bastonato.
- Dunque, è così che stanno le cose. – domandò lui con profonda tristezza.
- Cappellaio, posso spiegarti tutto. – Alice tentò di giustificarsi.
- Non ce n’è bisogno. – disse lui solamente – Ho già capito abbastanza. – assunse la sua tipica espressione infuocata di quando si lasciava vincere dall’ira – Come hai scritto tu, tu non meriti né me né questo Harcourt. – marcò velenosamente quel nome – E spero che lui se ne accorga al più presto. –
Alice si sentì morire ad ogni frase detta da Tarrant. Sperava di trovarsi dentro un incubo, invece quel dolore che aveva procurato al Cappellaio era tutto vero.
Il Cappellaio gettò quel diario per terra e si avviò verso la porta.
Alice lo raggiunse e lo afferrò per un braccio.
- Cappellaio, Tarrant, ti prego, ascoltami. -
Il Cappellaio la ignorò e continuava a camminare, uscendo dalla casa di Castagna.
- Non è come pensi. – Alice lo implorava di ascoltarla – Fidati di me. –
Il Cappellaio la fulminò con i suoi occhi carichi di collera.
- Io mi ero fidato di te. – disse raucamente.
Alice era rimasta ferma come un statua di sale e il Cappellaio le riservò una frase che, per lei, era stato come ricevere un colpo di cannone dritta al petto.
- Non avrei mai immaginato che avresti potuto tradirmi così. – le rivolse uno sguardo disgustato, distrutto dal tradimento subito -  Torna pure nel tuo mondo, Alice, là dove la tua mente è ferma per quell’uomo che ti sta aspettando. Io non ti fermerò. Non l’ho fatto in precedenza quando ne avevo l’occasione. Ed ora, dopo questo tuo voltafaccia, non ho nessuna intenzione di farlo.  -
Il Cappellaio le voltò le spalle e si allontanò a passo veloce.
Alice rimase immobile, mentre del luccichio le si era formato agli occhi.
Cosa aveva combinato?
Era tutta colpa sua, diceva tra sé. Avrebbe dovuto dire subito la verità al Cappellaio. Ed ora, lo aveva perduto per sempre. 

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Capitolo 9
*** Anche le Castagne si arrabbiano ***


Eccoci qua con un nuovo capitolo! Mi spiace, ma io non vi abbandono.
Non ci riesco.
Perfetto, miei cari, non vi trattengo più di tanto perché il nuovo capitolo vi sta aspettando. Lo so, non fa rima, ma chi se ne frega!
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Il Leprotto aveva chiamato il Cappellaio a gran voce, ma non sentendolo rispondere si era preoccupato. Quando uscì fuori, vide Alice tutta sola, intenta a piangere disperatamente.
Chiamò Castagna e la informò di ciò.
La ragazza non perse tempo e corse da Alice.
- Mia cara, cos’è successo? -
Alice si asciugò le lacrime.
- Il Cappellaio. – balbettava lei, il nodo dell’angoscia le strozzava la gola – Lui... ha letto il mio diario... –
Castagna spalancò gli occhi. Aiutò l’amica a rialzarsi e la fece rientrare in casa.
Con gentilezza, chiese a Bill, il Leprotto e la signora Malloy di poterle lasciare la casa libera. Per quanto fosse stata loro grata per l’aiuto, chiese con garbo di poterla lasciare da sola con Alice per risolvere una questione molto delicata.
- Ma il Cappellaio dov’è? – domandò il Leprotto.
Alice cercò di trattenere le lacrime, ci pensò Castagna a rispondere.
- Credo che sia tornato a casa. –
Per fortuna, Bill, il Leprotto e Malloy non se la presero e lasciarono la casa di Castagna.
Le due ragazze ebbero il modo di poter parlare. Si sedettero per poter discutere meglio.
Castagna, quel giorno, aveva avuto altri problemi eppure trovava la forza di potersi occupare di quelli di Alice.
- Stai tranquilla. – la rassicurava Castagna  - Vedrai che risolveremo ogni cosa. Ora rilassati e raccontami tutto. –
Alice fece un respiro profondo e, quando si sentì pronta, iniziò a raccontare.
 
Castagna era rimasta in silenzio ad ascoltare ogni parola.
Alice le aveva raccontato anche di quella mattina, di quando il Cappellaio si fosse dichiarato, delle proprie intenzioni di rimanere nel Sottomondo per poter restare con lui. Aveva scelto di restare per lui. Ed ora, a causa di quel diario, le sue speranze erano sfumate via per sempre.
- Avrei dovuto dirgli la verità e tutto questo non sarebbe successo. – piangeva Alice ricordando le ultime strazianti parole del Cappellaio.
Castagna si grattò la testa. Non era una situazione semplice, ma un’idea le sarebbe venuta comunque.
- Parlo io con il Cappellaio. – disse lei seria.
Alice aveva scosso la testa.
- Non vorrà ascoltarti. –
- Sì, che mi ascolterà. – assicurò Castagna in tono deciso – Dovrà farlo. -
Alice sospirò.
- Come fai ad esserne sicura? –
- Lo conosco. – Castagna prese il volto di Alice madido di lacrime tra le mani – Parlo io con quel signorino bontempone e permalosetto del Cappellaio. Vedrai che tornerete a fare la pace. –
Alice non riusciva a credere a tutta quella sfera di bontà che circondasse Castagna. Era come una fata madrina sempre pronta ad aiutarla, una specie di angelo custode che non chiedesse nulla in cambio.
Castagna l’attirò a sé per confortarla di più.
- Fidati di me, cara. Castagna sistemerà tutto. –
Alice l’abbracciò e alcune lacrime le scesero di nuovo.
Un flebile “grazie” era uscito dalle sue labbra tremanti.
 
Non aveva sorriso per tutto il tempo da quando si era seduto a tavola per prendere il tè con Mally e il Leprotto.
Le oscure occhiaie e il colore arancione degli occhi erano spariti. Non aveva senso trasmettere la propria negatività ai propri amici. Loro non c’entravano niente.
Mally e il Leprotto, all’oscuro di tutto, continuavano a chiedergli cosa fosse accaduto, ma non avevano ottenuto risposte. Solo un sorrisetto molto forzato.
Il Leprotto non si capacitava del fatto che il Cappellaio fosse così troppo serio.
- Ehi, ti va della torta? – detto questo, gli lanciò una fetta di torta di lamponi e lo colpì in pieno viso.
Mally, come il Leprotto, si aspettava che il Cappellaio evitasse la torta e, infatti, si stupirono quando lo videro nella sua posizione. Il Cappellaio era rimasto impassibile, si era solo pulito il viso e una parte degli indisciplinati capelli da quell’impasto con un tovagliolino.
- Così non va. – disse Mally – Sono convinto che ci sia qualcosa che non quadri, qui. –
Ma prima che potesse aggiungere altro, il Leprotto aveva indicato qualcuno.
Avevano un nuovo ospite. Anzi, una nuova ospite.
- C’è Castagna. – esclamò contento di vederla e Mally la salutò vivacemente.
Il Cappellaio alzò gli occhi nella direzione di Castagna, ma non parve tanto entusiasta di vederla.
Castagna se n’era accorta.
- Vuoi del tè, Castagna? – domandò Mally.
- Ma certo, miei cari. – sorrideva lei.
Mally si era accorto di quel brutto livido sul volto di Castagna. Era stato avvertito della sua aggressione e il ghiro aveva preferito tacere, sorseggiando tè per non dare a vedere il suo dispiacere.
Il Cappellaio, per non sembrarle maleducato, si alzò dalla sedia e aggiunse un posto a tavola.
Le offrì una sedia con sopra un cuscino per farla stare più comoda e la invitò a sedere.
- Tè al latte per l’ospite. – disse allegramente il Cappellaio, ben sapendo che il tè al latte fosse il preferito di Castagna.
Quando si mise a sorseggiare, il Cappellaio le mise una sul braccio e si fece un po’ serio.
- Ascoltami, Castagna. Se sei venuta qui per parlarmi di Alice, beh, lascia perdere. Sprecherai solo tempo. -
Castagna poggiò la tazza colorata sul tavolo.
Mally e il Leprotto non capirono il perché di quella frase.
Avevano sentito bene?
- Non devi preoccuparti. – sorrideva Castagna, poi si alzò raggiante dalla sedia e tastò il cuscino sulla quale si era seduta prima – Questo cuscino è troppo morbido. –
Il Cappellaio incurvò un sopracciglio.
- Non sei comoda? Ne abbiamo altri un po’ più duri, se vuoi. –
- Oh, magari. –
Il Cappellaio fece cenno al Leprotto di offrire a Castagna un cuscino meno morbido.
Quando le fu dato il cuscino adatto, Castagna lo analizzò.
- Perfetto. – disse sorridendo.
Il Cappellaio stava per sorridere, ma venne colto di sorpresa da una cuscinata in faccia da parte di Castagna. Il colpo era stato così forte da avergli fatto perdere il cilindro.
Il Leprotto e Mally rimasero increduli.
- Cosa sta facendo? – chiese Mally sbalordito.
Castagna colpì di nuovo il Cappellaio.
- Ma che ti prende? – replicò il Cappellaio tentando di proteggersi con le braccia mentre Castagna continuava a colpirlo con più frequenza – Metti via quel... Ahia! -
- Sei un cretino! -  Castagna non si fermava – Come ti sei permesso di trattare in quel modo la povera Alice? -
- Non sono affari tuoi... Ahia! Basta! Ahia! –
Il cuscino lo aveva colpito alla testa, alla schiena, alle braccia.
- Alice è mia amica. – Castagna gli diede una tregua – E tu hai osato farla piangere per via della tua permalosità. -
- Io non sono permaloso. – ribatté il Cappellaio.
Castagna si rivolse al Leprotto.
- Thackery, dammi un cuscino più duro. -
- No, no, no, no. – il Cappellaio agitò le mani, impaurito dell’idea che Castagna avrebbe potuto colpirlo con un altro tipo di cuscino – Thackery, stai fermo. Va bene, Castagna, se vuoi ne parliamo con calma. –
- Sì, bravo. – Castagna posò il cuscino sulla sedia e vi si sedette – Posso sapere come ti è venuto in mente di trattare Alice in quel modo? -
- Avrei voluto vedere te nella mia situazione. – si adirò il Cappellaio.
Questo non fece intimidire Castagna. Spostò la propria tazza, avvicinandola al Leprotto.
- Nascondete tutte le tazze dalla mia vista, prima che gliele tiro tutte in faccia. -
Mally e il Leprotto non avvertirono nulla di buono.
Gli animi si stavano surriscaldando e temevano una furiosa lite.
- Alice mi ha raccontato ogni cosa. – continuava Castagna – Non mi ha nascosto nessun particolare. E posso benissimo dirti che sei stato solo uno zuccone integrale. -
Le occhiaie del Cappellaio si stavano annerendo, ma Castagna non aveva intenzione di tirarsi indietro.
- Dato che Alice ha l’abitudine di omettere la verità, sei sicura che ti abbia detto ogni cosa? –
- Certo che ne sono sicura. – la voce di Castagna si stava alzando – Io mi fido ciecamente di lei. –
- Ah, sì? Evidentemente, rimarrai cieca a vita dato che affidi la tua cieca fiducia ad una bugiarda. – il suo tono si era incrinato – Fammi un favore, anziché continuare a vivere come una paladina della pace, impara a farti i fatti tuoi... Gwenhwyfer. -
Il Cappellaio l’aveva chiamata per nome.
Grave errore.
Anche Mally e il Leprotto pensavano in che razza di guaio si sarebbe cacciato il Cappellaio.
Castagna, in barba alla decenza e alla delicatezza di una signorina, era balzata sopra il Cappellaio. Lo fece cadere dalla sedia e si mise sopra di lui.
Mally si mise le zampe sulla bocca, mentre il Leprotto si tirò le orecchie. Cosa stava accadendo?
Castagna aveva iniziato a prendere il Cappellaio a pugni sul viso, dimenticando il loro legame di amicizia fraterna.
Il Cappellaio provò a bloccarle le mani, ma Castagna si era rivelata più forte.
Era pur sempre una signorina, oltre che essere sua amica, quindi la parte più ragionevole di lui era riuscita a suggerirgli di non farle del male fisico, ma solo di fermarla.
Castagna lo afferrò per il colletto.
- Tu sei soltanto un cretino! Ed anche io mi sento una cretina, visto che sto cercando in tutti i modi di farti riappacificare con una ragazza che ti merita fortemente. -
- Impara a farti i fatti tuoi. - ripeté il Cappellaio carico di nervosismo.
- La felicità di un’amica è affare mio. – replicò Castagna – Ma come ti è venuto in mente di ripudiarla in quel modo? Perché, anziché perdere la testa con la tua stupidissima gelosia, non hai cercato di chiarire con lei? –
Il Cappellaio la scostò di dosso, facendola rantolare. Cercò il suo cilindro per terra e, una volta ritrovato, se lo rimise sulla testa.
Castagna si massaggiò un braccio, ma non demordeva.
- Sei solo un egoista, Tarrant. Non ti facevo affatto così. Beh, se è questo il genere di persona che sei... Allora sei tu che non meriti Alice. -
Il Cappellaio la fulminò con lo sguardo e stava per contrattaccare, ma per Castagna fu un punto a favore. Lo conosceva troppo bene e sapeva cosa fare per toccargli un nervo sensibile e farlo ragionare per bene.
- Sai che cosa ti dico? – si alzò da terra scuotendosi i vestiti – Io me ne ritorno a casa. Visto che tu non ne vuoi proprio sapere di lei, dirò io stessa ad Alice con che razza di stupido avrebbe a che fare se osasse perdonarti. -
- Non oseresti. – sibilò il Cappellaio.
- Oh, io oserei eccome. – sorrise maliziosamente Castagna – Ma tanto a te cosa importa? -
Il Cappellaio l’afferrò per le spalle, stringendogliele senza farle male, puntandole il suo sguardo infuocato.
- Beh? – Castagna sapeva perfettamente di aver compiuto la sua missione – Che c’è, Tarrant? Vuoi baciarmi? -
Il Cappellaio la lasciò andare lentamente e si sedette sulla sua sedia preferita.
Si rese conto solo in quel momento di aver compiuto un grosso errore con Alice.
Si mise una mano in fronte, ripensando a come si fosse comportato, come aveva detto Castagna, così egoisticamente. Ma quel giorno, non aveva solo ferito Alice. Aveva mancato di rispetto anche a Castagna, poiché l’aveva chiamata col suo vero nome. Era sempre stato lui il primo a sapere che, dopo che quest’ultima si fosse allontanata dal padre, non avrebbe mai permesso a nessuno di chiamarla col suo vero e odiato nome.
Il Cappellaio emise un sospiro.
- Che cosa ho fatto? -
Castagna si sciolse e gli poggiò una mano sulla spalla.
- Tutti facciamo degli errori, fratellino. Ma l’importante è ammettere di avere sbagliato e di rimediare. –
Il Cappellaio massaggiò le tempie, come se fosse stato colpito da un forte mal di testa.
- Sono stato molto crudele con Alice. – ammise – Con che coraggio andrò da lei e continuare a guardarla negli occhi? –
- Andrai da lei e asciugherai le sue lacrime. – disse Castagna decisa e, senza che il Cappellaio lo avesse previsto, gli afferrò il cappello.
No, questo no. Il cappello non si tocca.
- Ridammi il cappello. – disse il Cappellaio, cercando di rimanere calmo.
Castagna fece “no” con la testa.
- Ti ridarò il cappello solo se mi giurerai che farai di tutto per riappacificarti con Alice. -
Tarrant tirò un sospiro.
- Io vorrei... però non so se lei avrà l’intenzione di ascoltarmi dopo quello che le ho detto. -
- Devi provarci, Tarrant. – Castagna sapeva perfettamente cosa volesse dire non provare a fare qualcosa per paura di uno sbaglio o di un rifiuto.
Non avrebbe permesso a nessuno dei suoi amici più cari di commettere i suoi stessi errori.
- Castagna ha ragione. – disse Mally – Come puoi essere sicuro che Alice non voglia ascoltarti se prima non provi a parlarle? -
- Sono d’accordo. – intervenne il Leprotto – E  se non vuoi farlo per Alice, fallo almeno per il cappello. Cappello. -
Il Cappellaio sorrise.
Castagna sapeva che il suo fratellino l’avrebbe ascoltata.
- Va bene. – il Cappellaio stirò le labbra – Andrò da Alice e non tornerò fino a che non avremmo fatto pace. –
Castagna gli porse il cilindro.
- Così ti voglio, razza di zuccone che non sei altro.-
Il Cappellaio, prima di andare  a compiere la sua missione, si scusò profondamente con Castagna per aver osato chiamarla con il suo vero nome.
Castagna gli riservò uno spintone amichevole.
- Non perdere tempo con queste bazzecole. Vai da Alice. – per finire il tutto con una risata, la ragazza gli diede anche un calcio sul sedere – E non osare tornare se non vi sarete riappacificati. –
Il Cappellaio si convinse e si lasciò alle spalle le risate di Mally e il Leprotto.
Castagna aveva preferito fermarsi con gli altri per il tè, lasciando che il Cappellaio e Alice se la sbrigassero da soli.

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Capitolo 10
*** La carta del Cappellaio ***


Nossignori, non ho intenzione di lasciarvi a mani vuote.
Chi ha tempo, non aspetti tempo: anche se sono le 00:15, io continuo a scrivere per voi.
Anche se fossero le tre o le quattro del mattino, non importa.
Io per voi, che meritate questo e altro, ci sarò SEMPRE.
Grazie per tutto quello che fate per me.
Scusate se il capitolo è un po’ corto.

Un BACIONE e BUONA LETTURA.



Una boccata d’aria fresca le avrebbe fatto sicuramente bene. Non aveva assolutamente idea di come se la stesse cavando Castagna, ma aveva riposto in lei tutta la sua fiducia.
L’aria era tiepida e le foglie avevano creato un tappeto dai colori caldi con quelle loro poetiche sfumature autunnali.
Si avvicinò ad un acero rosso e poggiò una mano sulla corteccia.
Quelle foglie variopinte erano come mille luci dai caldi colori, come farfalle gialle che volavano leggere posandosi sul terreno con soffice delicatezza.
La terra si vestiva del colore delle foglie.
Alice sentì il vento soffiare, un vento dolce, fatato, burlone, che raccoglieva i sussurri degli uccellini, giocando con i rami avvizziti che additavano il cielo.
Alzò gli occhi, il cielo le sorrideva turchino con il bosco che scherzava con quelle foglie, matte, brune, rosse, verdi, dorate che disegnavano nel vento le figure più bizzarre, cadendo senza mai farsi male.
Carezzò la corteccia dell’acero. Se quell’albero avesse potuto parlare, probabilmente, avrebbe ringraziato Alice per quel gesto affettuoso.
Udì dei passi dietro di lei, ma non si voltò. Preferì, piuttosto, poggiare una spalla sull’acero.
Inspirò a pieni polmoni.
I passi si fermarono.
- Ciao, Alice. – Alice avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.
Se il Cappellaio si era trovato lì, allora Castagna aveva mantenuto la sua parola.
Per quanto fosse felice di saperlo lì, Alice non voleva fargliela passare liscia. Da brava signora, doveva farsi desiderare.
Non si voltò e mantenne una voce seria.
- Cappellaio. –
Tarrant si aspettava quell’atteggiamento, dopotutto se lo meritava.
- Oh, oh. Facciamo le preziose. – sogghignava il Cappellaio – Mi piace. –
Per ottenere ciò che volesse, il Cappellaio giocò la sua carta vincente: la follia, la parte più giocosa e infantile della sua follia.
Mise le mani dietro la schiena e si avvicinò saltellando verso Alice.
Alice sobbalzò quando si ritrovò il volto del Cappellaio ad un pelo dal suo.
- Lo sai? – disse lui allegramente – Mentre mi incamminavo per fare le mie più umili scuse per essermi comportato come un perfetto imbecille, nella mia mente cantavo una canzoncina che volevo cantare alla persona che ho fatto piangere. –
Alice inarcò le sopracciglia.
Ma questo era proprio matto o ci faceva? pensava.
- Te la canto ben volentieri. – sorrideva.
- Stai scherzando? – replicò Alice.
Il Cappellaio la guardò come se stesse rispondendo ad una domanda più che ovvia.
- Ma certo che sto scherzando. Io sono sempre serio. –
Alice sgranò gli occhi per quell’aggrovigliato nonsense.
Il Cappellaio prese ad intonare la canzone, mentre due uccellini cinguettavano volando alti nel cielo.
- Brilla, brilla cincillà. Son contento d’esser qua. –
Alice cercò di ignorarlo, ma il Cappellaio saltellava lentamente verso di lei, continuando a cantare.
- Pipistrello vola e vai. La teiera porterai. –
Alice si scostò dall’acero e diede le spalle al Cappellaio, intrecciando le braccia.
- Brilla, brilla, vola e brilla. La tua ugola che squilla. –
Tarrant saltellava intorno ad Alice sorridente. Alice tentò di allontanarsi, ma il Cappellaio le afferrò delicatamente le mani.
- Lasciami, Cappellaio. – si ribellò Alice, ma la sua voce si bloccò quando vide gli occhi verdi del Cappellaio: non c’era ira nei suoi occhi, ma solo quel fascio di luce che lei era sempre abituata a vedere.
Il Cappellaio iniziò ad effettuare una specie di valzer con Alice, andando a ritmo con la canzone.
- Brilla, brilla, brilla colibrì. Brilla, brilla. Son contento d’esser qui. –
E anche se la canzone fosse finita, il Cappellaio non aveva smesso di danzare insieme ad Alice, su quel tappeto di foglie autunnali.
- Alice, bella Alice. – sorrideva lui – E’ quando sono con te che vedo il mondo come un vastissimo prato fiorito, prive di spine che pungano il dito. Ho fatto la rima? – sogghignò e notò con quanta meraviglia Alice lo avesse guardato – Io sono matto, mia cara. Ma solo tu riesci a fare emergere la parte più sana di me. –
La danza si era fatta più piacevole per Alice, non aveva trovato le parole adatte poiché si sentiva sempre più persa in quella situazione, nonostante avesse promesso a sé stessa di non cedere alle tentazioni del Cappellaio.  
- Lo sai che sono un mattacchione. – continuava il Cappellaio – Non avrei mai dovuto macchiarti con quelle brutte parole, non ad una cosetta delicata come te. –
Il ballo si era concluso e il Cappellaio la guardò negli occhi.
- Ho perso la zucca, mia cara Alice. Beh, come sempre del resto. – ridacchiò, ma Alice bloccò quella pioggia di risate. Sebbene apprezzasse ciò che il Cappellaio volesse fare per lei, Alice voleva risolvere quella circostanza un po’ seriamente.
- Cappellaio, basta per favore. –
Il Cappellaio capì che Alice non avesse più voglia di scherzare.
E lo capì completamente quando Alice gli diede uno schiaffo al volto.
Non se lo aspettava, ma sapeva di meritarselo.
- Questo è perché mi hai dato della poco di buono. – lo rimproverò Alice, mentre il Cappellaio si massaggiò la guancia – Te ne sei andato via, senza nemmeno lasciarmi spiegare come stessero le cose. Soprattutto dopo che ti avevo assicurato che avrei voluto rimanere qui per te, razza di... – si morse un labbro per bloccare una brutta parola.
Il Cappellaio sorrise beffardo.
- Bbbeeeh... Direi che oggi mi state danddo un po’ troppe botte. – sogghignò, mentre Alice lo guardava con aria interrogativa – Sia tu che Castagna mi avete riservato un bel po’ di lezioncine. Nemmeno la mia mamma me le suonava così tante quando combinavo qualche monelleria. –
Alice era tentata di ridere all’idea che Tarrant le avesse prese da Castagna, ma preferì rimanere seria.
- Evidentemente, te lo sei meritato. –
- Sicuro. – sorrideva lui – Anzi, strasicuro. –
Il Cappellaio la guardava come per giocarle una nuova beffa, ma era solo una sua tattica.
Alice, purtroppo, c’era cascata.
- Vuoi perdonarmi o vuoi prendermi a schiaffi? Sai, ti confesso che se fossi al posto tuo, io so già che cosa mi farei. –
- Ah, sì? E cosa faresti? – ribatté Alice.
Il Cappellaio si mise un dito sul mento.
- Prima mi prenderei a suon di ceffoni... e dopo mi perdonerei. – strinse le spalle come un ragazzino, con tanto di sorisetto.
Alice si mise una mano in fronte come per fermare un’emicrania.
Finalmente, il Cappellaio si era fatto serio.
- Alice, cara, mi dispiace per tutto quello che ti ho detto. – le afferrò le mani per non farla scappare da lui – Cerco di ridere perché voglio mascherare la mia paura. Sì, Alice, ho paura. Ho paura che tu possa andartene sul serio...come ti ho detto io, stupido come sono stato. La mia parola contro la mia. – la sua voce, come le sue mani, stavano tremando, il suo sorriso era scomparso – Mi dispiace, mia cara. Non meritavi affatto un trattamento del genere. Vorrei tanto poterti dimostrare che quanto io ti stia dicendo sia tutto vero... –
Alice non lo lasciò finire.
Tolse le mani da quelle del Cappellaio e quest’ultimo ebbe un tuffo al cuore.
Alice, quindi, lo stava evitando. Con profonda tristezza, vide i suoi occhi seri e quasi senza luce.
Forse, si diceva, era meglio così. Come aveva detto Castagna, lui non la meritava. Se l’era giocata dopo quel suo brusco atteggiamento nei suoi riguardi.
Ma con grande sorpresa del Cappellaio, Alice gli si era buttata sul collo e senza pensare a nessun tipo di conseguenza, posò le proprie labbra su quelle del sorpreso e immobile Cappellaio.
Gli occhi del Cappellaio si aprirono vistosamente, non si sarebbe mai aspettato un gesto del genere. Non dopo quello che le aveva fatto.
Nel suo cuore brillava un maestoso arcobaleno dopo un tremendo temporale.
Alice si staccò dal bacio e lo guardò negli occhi.
- Proprio non vuoi capirlo, Cappellaio? – prese a colpirlo al petto con deboli pugni - Io non posso andarmene da qui. Sono tornata solo per te. –
Il Cappellaio, finalmente rinsavito e con il cuore palpitante di emozione, fermò quei piccoli colpi, adagiando le mani su quelle di lei.
I loro sguardi si incontrarono di nuovo e il Cappellaio stirò le labbra colorite.
- Perdonami, Alice. -
Detto questo, questa volta era stato lui a baciarla. Alice non si ribellò.
Nel suo cuore lo aveva perdonato.
Tra le foglie danzanti e e gli alberi che si scuotevano con il vento, battendo i rami come per far loro festa, Alice e il Cappellaio rimasero lì fermi uniti in un solo intreccio di dolce affetto.

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Capitolo 11
*** Festa a casa di Castagna ***


Ciao a tutti!
Scusate per il ritardo, ma come potete vedere trovo sempre il modo per poter recuperare.
Beh, dai, non vi trattengo più di tanto.
E’ l’una del mattino, probabilmente questo capitolo sarà con un bel po’ di errori e con un bel po’ di banalità. Effetto notturno XD
Scusate.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Era meraviglioso. Il Cappellaio avrebbe voluto che quel momento non fosse mai finito.
Alice non avrebbe mai immaginato che, un giorno, si sarebbe ritrovata avvolta tra le braccia del Cappellaio, con il viso sul suo caldo petto, sotto un maestoso acero rosso che faceva capolino con la sua poesia d’autunno.
Era tutto meravigliosamente, pazzamente, perfetto.
Quando il silenzio rotto dal soffio del vento si era fatto più dolce, un urlo simile ad un’esclamazione di gioia li aveva fatti voltare.
- Evviva! – il Leprotto agitava le zampe gioiosamente – Hanno fatto pace! Finalmente! Evviva! –
Il Cappellaio e Alice erano a dir poco sorpresi. E lo furono di più quando, pian piano, anche gli altri loro amici avevano iniziato a fare la loro comparsa.
- Castagna aveva ragione! – esultava Mally – Certo che ce ne avete messo di tempo. –
E, con sorpresa sempre maggiore, apparvero come dal nulla anche Bill, Pincopanco e Pancopinco, insieme a McTwisp, Stregatto, Bayard e, infine, l’allegrissima Castagna con un meraviglioso sorriso sul viso. Tutti li avevano acclamati con gioia sincera.
- Ma che succede? – domandò Alice, guardando il Cappellaio.
- Giuro. – si giustificò il Cappellaio – Io non ne so proprio niente. - 
Castagna non trattenne una risata: ammise che fosse stata tutta una sua idea.
Immaginava, anzi, era fiduciosa del fatto che Alice e il Cappellaio si sarebbero chiariti, quindi, aveva avuto in mente una grande sorpresa per loro. Per questo aveva deciso di radunare tutti i loro amici.
Avrebbe anche voluto invitare anche la Regina Mirana, ma quest’ultima era ancora alle prese con la sorella. Inoltre, non poteva permettersi di allontanarsi dal castello, anche se le avrebbe fatto piacere partecipare all’evento di Castagna.
In più, Castagna era in debito con Alice e il Cappellaio per averle dato una mano a sistemare la sua casa.
- Ma cosa dici, Castagna? – protestò gentilmente Alice – Tu non ci devi niente. –
- E’ inutile che insisti. – l’avvertì il Cappellaio – Castagna è fatta così. Non riesce a vivere senza ricambiare i favori. –
Ma le sorprese non erano mica finite.
Castagna aggiunse che aveva tutte le intenzioni di festeggiare, letteralmente, quel rappacificamento conclusosi nei più dolci dei modi.
Alice e il Cappellaio arrossirono.
- Un momento... – osservò il Cappellaio – Ora che ci penso. Posso sapere da quanto tempo è che siete qui? –
Castagna fece una strana smorfia.
- Ehm... Non molto... – sogghignava.
Ci pensò Stregatto a terminare la frase, mettendosi a svolazzare sulle spalle del Cappellaio.
- Più o meno, da quando vi siete decisi, finalmente, a darvi... una mossa. –
Castagna interruppe una prossima arrabbiatura consequenziale del Cappellaio.
- Avanti, amici miei. Abbiamo una festa da festeggiare. – esclamava felicemente, ottenendo l’entusiasmo di tutti.
Alice corse da Castagna e le prese dolcemente le mani. Non sapeva come ringraziarla per aver convinto il Cappellaio a rappacificarsi con lei.
Castagna le aveva fatto l’occhiolino.
- Gliele ho suonate di santa ragione, ma n’è valsa la pena. –
Il Cappellaio, sogghignando, ammise che quando Castagna avesse detto corrispondesse a verità.
 
Tutti si erano dati un gran da fare per far sì che quella festicciola improvvisata prendesse vita nel migliore dei modi.
Castagna aveva messo a disposizione l’intera casa senza badare a nessun tipo di problema.
Presero molte tovaglie e le stesero fuori sul prato colorato dalle variopinte foglie, ornandole con cestini pieni zeppi di dolci, marmellate e altre infinite ghiottonerie. Castagna, come già aveva accennato ad Alice, era piena di ogni tipo di prelibatezza, frutto dei doni di moltissimi amici da lei aiutati.
Certamente, i suoi ospiti non si erano presentati a mani vuote: alcuni avevano pensato di portare un cesto pieno di biscotti e caramelle, altri delle tortine con confetture di fragole, budini di ogni forma e colore e tantissime altre dolcissime squisitezze.
Era davvero divertente sedersi tutti quanti per terra e gustare quelle meraviglie per il palato.
Alice non poteva sentirsi più gioiosa. Lo stesso poteva dirsi per il Cappellaio: i suoi occhi erano di un verde luminoso, sprizzavano felicità da ogni sfumatura.
Ma Castagna aveva chiesto ad alcuni di loro di portare qualcosa in particolare: degli strumenti musicali. Che razza di festa era senza un po’ di musica?
McTwisp e il Leprotto avevano portato i propri tin whistle ( flauto a fischietto ).
Pincopanco e Pancopinco due bodhràn a testa, ovvero due tamburi a cornice, da percuotere con una bacchetta tornita e arrotondata all’estremità.
Castagna, infine, aveva una grande sorpresa per Tarrant.
In un angolo ben nascosto della sua casetta, aveva nascosto una bellissima cornamusa scozzese, risalente al diciassettesimo secolo, in puro legno d’ebano.
Per il Cappellaio fu un vero shock vedere quel meraviglioso strumento musicale, simbolo delle sue radici.
Castagna gli confessò che lo conservava da tantissimo tempo. Alice intuì che, probabilmente, lo aveva conservato da quando aveva deciso di lasciare la propria vita da nobile per dedicarsi ad un’esistenza umile. Forse, pensava, perché tutto era iniziato, a quel tempo, dopo aver effettuato un ballo con il Cappellaio sotto le note di una musica scozzese.
Il come fosse riuscita a procurarsela, questo Castagna non lo disse.
Porse la cornamusa al Cappellaio.
- No, non posso. – disse lui, non sentendosi all’altezza di quel meraviglioso strumento.
- Devi. – sorrise Castagna – Fammi questo onore. –
Il Cappellaio guardò Castagna con un’espressione basita, poi il suo sguardo cadde su Alice e su tutti gli altri.
Strinse i bordoni della cornamusa come degli scettri e i suoi occhi assunsero un’occhiata fiera.
Convintosi di poter suonare una maestosa melodia, il Cappellaio radunò Pincopanco e Pancopinco, il Leprotto e McTwisp.
- Via con le danze! – esclamò il Cappellaio e gli altri quattro musicisti si unirono al suo entusiasmo.
Castagna, Alice, Bayard, Bill e Mally li acclamarono festosamente.
Pincopanco e Pancopinco aprirono la musica iniziando a rullare i loro bodhràn, il Leprotto e McTwisp soffiarono allegramente dando vita alla dolce canto dei tin whistle e, infine, Tarrant, posizionate le dita sul chanter secondo il sistema a diteggiatura chiusa, eseguì la giusta insufflazione per fare nascere l’armonia prodotta dalla cornamusa di ebano.
Alice rimase affascinata da quella musica così allegra, così raggiante, e, soprattutto, dal modo in cui il Cappellaio suonasse quello strumento tipico della cultura scozzese.
Era come se quello strumento facesse parte di lui, un tutt’uno con il suo corpo.
Bayard si mise a saltare e a seguire le note di quell’allegrissimo e coinvolgente motivetto, con Mally che danzava ritmicamente sulla sua testa, Bill si scatenava come se la musica gli fosse entrata nell’anima.
Castagna prese Alice per una mano e insieme iniziarono a ballare saltellando e piroettando come delle vivacissime ragazzine.
La forte gioia di Alice era sempre più incontrollabile.
Doveva tutto a Castagna. Doveva a lei quella sua felicità inarrestabile.
Il Cappellaio, mentre continuava a suonare, poté notare la felicità negli occhi di Alice e nella sua mente non aveva fatto altro che ringraziare Castagna. Anche lui pensava che quella felicità fosse tutto merito della sua sorellina.
La musica continuava sempre più vivace, sempre più folle, nessuno sembrava stancarsi.
Ed erano proprio i momenti come questi quelli più adatti... per essere interrotti.
La pace era un lusso che nessuno, nemmeno una persona dal cuore d’oro come Castagna, avrebbe meritato quando si ritrovava un nemico dal cuore di pietra. Un nemico come suo padre.
Il sole era quasi tramontato.
I due cavalieri mandati dal Conte Gwyneth, gli stessi che avevano aggredito la povera ragazza, erano lì in agguato. Gwyneth non ne voleva assolutamente sapere di lasciare in pace quella povera creatura e stavolta, potremmo dire, che i debiti da pagare c’entrassero poco o niente.
Il Conte era disposto a tutto pur di tormentare Castagna.
Mentre la festa proseguiva tra le energiche danze e la melodia vigorosa, improvvisamente, dal nulla apparvero i due cavalieri a cavallo dei loro destrieri, minacciandoli con delle torce infuocate tra le mani.
Bayard abbaiò e tutti si fermarono.
Il sangue si era raggelato nelle vene di tutti quanti. Cosa volevano quei vermi mandati da quella serpe del Conte?
Alice strinse la mano di una tremante Castagna.
- Buonasera, signori. – disse il primo cavaliere sventolando la torcia infuocata – Noi siamo gli intrattenitori. –
Il Cappellaio poggiò per terra la cornamusa e si avvicinò ai due soldati.
- Signori, non vogliamo guai. –
I due risero malamente.
- Devi essere molto coraggioso se osi avvicinarti così ai soldati del Conte Gwyneth. – lo minacciavano avvicinando le torce, come per bruciarlo.
- O molto pazzo. O molto stupido. – aggiunse l’altro cavaliere e, per completare, spronò il proprio cavallo nella direzione di Tarrant, investendolo in pieno.
- Cappellaio! – gridò Alice.
- Fratellino! – urlò Castagna.
Le due corsero in aiuto del Cappellaio, seguiti dagli altri loro amici.
I due cavalieri incitarono i loro destrieri a galoppare verso la casa di Castagna.
Per fortuna, il Cappellaio stava bene. Si era alzato a fatica, ma non aveva nulla di rotto,
Con grande sgomento, indicò quegli ignobili soldati.
- No, fermi! – urlò il Cappellaio.
- O sennò che fai? – lo sfidò uno dei due – Mi lanci il cappello? –
I due, tra grasse e malvagie risate, avevano iniziato la loro tremenda operazione.
Il primo gettò la propria torcia sul tetto di paglia della casa di Castagna.
- Noooo! – si disperò la povera Castagna, sotto gli occhi atterriti di tutti quanti.
Esaltato dalle urla disperate della ragazza, il secondo soldato entrò nella casa di lei per ardere tutto quello che gli si parasse davanti.
- No! Vi prego, nooo! –
Alice, il Cappellaio e Bayard tentarono di affrontarli, ma vennero bloccati dal primo soldato in sella al suo cavallo e dal destriero del secondo.
In pochi secondi, la casa di Castagna aveva iniziato ad incendiarsi interamente, con il fuoco che usciva dalle finestre.
Gli occhi di Castagna si imperlarono di lacrime.
I soldati, compiuta la missione, spronarono i loro cavalli.
- Questo è un saluto da parte del Conte Gwyneth, piccoli frignanti pezzenti. – esclamarono vittoriosi.
Castagna voleva a tutti i costi cercare di entrare nella propria abitazione, che iniziava a cadere pezzi a causa delle fiamme. Tutti sapevano che non avrebbero potuto fare niente per quella povera casa.
 
- Lasciami! – implorava lei – Devo salvare una cosa importante! -
Il Cappellaio la trattenne.
Ma Castagna, disperata, colpì il Cappellaio e riuscì a liberarsi.
- Castagna! No! – urlò il Cappellaio vedendola avviarsi nella casa in fiamme – Cosa vuoi fare? -
Alice, come se un proiettile le avesse trafitto la mente, ebbe un’intuizione. La sola cosa che Castagna volesse salvare, senza avere paura di correre rischi, era il suo Diario Al-di-là-dei-Ricordi.
Alice non attese un secondo di più. La vita di Castagna valeva più di un diario che conservasse i propri ricordi più intimi?
Un urlo di terrore venne emesso dai gemelli quando udirono un forte rumore provenire dall’interno della casa.
- Corro a salvarla. – disse Alice, ma il Cappellaio la fermò all’istante.
- Resta qui. – le ordinò prontamente – Vado io. –
Non la fece completare, poiché era già corso all’interno della casa.
Alice, con sommo orrore, così come tutti gli altri, intravide il corpo del Cappellaio sparire tra le fiamme.
Il fuoco stava divorando ogni cosa, il fumo soffocante stava entrando nei polmoni del Cappellaio.
- Castagna! – gridò il Cappellaio – Castagna! –
- Fratellino. – Castagna alternò con dei colpi di tosse – Sono qui! –
Il Cappellaio si orientò dalla direzione in cui provenisse la voce di lei. La trovò nella propria camera, ma una trave caduta dal soffitto le aveva bloccato il passaggio.
Castagna, come Alice aveva immaginato, aveva tra le mani il suo Diario Al-di-là-dei-Ricordi.
Il fumo la stava soffocando.
Il Cappellaio spostò le travi incendiate, senza contare che si stesse scottando le mani.
Grazie a lui, Castagna ebbe il passaggio libero e il Cappellaio l’afferrò per una mano, avviandosi entrambi verso l’uscita.
Ma proprio quando erano ad un passo verso la porta, Castagna udì un rumore che non le piacque affatto. Sollevò gli occhi e vide una trave pronta a staccarsi, proprio sotto di essa c’era il Cappellaio.
Senza pensarci due volte, Castagna diede un violento spintone al Cappellaio, facendolo uscire dalla porta, finendo fuori da quella casa. Ma nel farlo, Castagna venne schiacciata dalla trave.
- NOOOO! – urlò il Cappellaio con tutto il fiato che aveva in gola – CASTAGNA! -
Alice li soccorse entrambi.
Anche i gemelli si apprestarono ad aiutarli.
Castagna era immobile. Era priva di sensi.
Con una forte spinta, cercarono di sollevare la trave.
Un’altra spinta e un’altra ancora. Alla fine, riuscirono a sollevarla e, di conseguenza, a tirare Castagna fuori di lì.
Proprio quando furono fuori, la casa di Castagna cadde a pezzi come un muro di carte.
Il Cappellaio e Alice cercarono di rianimare Castagna. Era ancora viva, ma non rispondeva ai comandi.
Erano tutti disperati.
- Cosa facciamo? – strillava Bill, seguito dal Leprotto.
- Calmi! – abbaiò Bayard – Restiamo calmi. – poi si voltò verso il Cappellaio – Dobbiamo portarla immediatamente dalla Regina Bianca. –
- Non c’è un minuto da perdere. – esclamò Alice.
Il Cappellaio raccolse Castagna, svenuta, tra le braccia. I suoi occhi erano colmi di ira.
- Giuro, sul mio onore, che questa la pagheranno molto cara. – sibilò.
Alice non ebbe il coraggio di replicare.
Dovevano pensare a Castagna. E subito.
 
    

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Capitolo 12
*** Sorriso spezzato ***


Ciao a tutti!
E anche oggi eccoci qua con un nuovo capitolo.
Come al solito, vi ringrazio per il tempo che mi dedicate. Vi abbraccio tutti quanti. Siete molto importanti per me, ve lo giuro.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Il furbo Stregatto aveva pensato di vaporizzarsi per riferire alla Regina Bianca quanto fosse accaduto, in modo da prepararla il prima possibile.
L’aveva trovata affacciata ad uno dei balconi del suo castello che le offrivano delle viste meravigliose.
Mirana adorava ammirare i panorami alla luce della luna, non si sarebbe mai stancata di farlo. Mentre era sovrappensiero, continuando ad interrogarsi sulle meraviglie di quella vista maestosa, Stregatto le apparve davanti. Mirana non si era affatto spaventata.
Ma lo sgomento arrivò non appena il felino dalle qualità evaporative le rivelò la brutta notizia.
Erano stati attaccati. Un’imboscata da parte dei soldati del Conte Gwyneth. Castagna era stata ferita a causa di un brutto incidente.
Mirana si portò una mano alle labbra, allarmata.
E, oltre ad essere preoccupata per le condizioni di Castagna, si era sentita basita quando aveva sentito dire da Stregatto che fosse stata attaccata dagli uomini del Conte Gwyneth.
Dal padre di Castagna.
- Com’è possibile? – domandò la regina piena di angoscia.
- Non è la prima volta che si registrino questi episodi. – spiegò il felino – E questa volta, il messaggio è stato molto arduo. –
- Io non ne sapevo proprio niente. – disse Mirana con gli occhi lucidi – Perché quella povera ragazza non mi ha mai detto niente? Avrei potuto aiutarla dal primo istante. –
- Quella ragazza è fatta così. – sospirò Stregatto – Mette gli altri al primo posto, dimenticando molte volte che anche lei abbia bisogno di aiuto. –
Mirana non perse altro tempo e corse ad informare il medico di corte. Doveva tenersi pronto per prestare soccorso a Castagna.
 
Grazie all’avviso di Stregatto, Mirana aveva dato l’ordine ai suoi soldati e ai suoi paggi il prossimo arrivo dei suoi amici che trasportavano una povera Castagna vittima di un incidente.
I cavalieri dovevano farli passare, mentre i paggetti avrebbero dovuto condurli immediatamente nell’infermeria, dove lei e il medico li avrebbero attesi.
In pochi minuti, Alice, il Cappellaio con Castagna ancora svenuta tra le braccia, Mally, il Leprotto e tutti gli altri arrivarono al castello.
I cavalieri, come la regina aveva comandato, li avevano lasciati entrare immediatamente.
Un giovane paggetto dai capelli albini, vestito di una candida livrea, li aveva scortati fino all’infermeria.
Il Cappellaio e gli altri affrettarono il passo. Ognuno nei loro cuori ringraziava Stregatto per aver avvisato la regina, risparmiando, così, un mucchio di tempo.
Arrivati nell’infermeria, ad attenderli c’erano la preoccupatissima Mirana e un anziano con un bianchissimo camice, dalla faccia del tutto simile a quella di un gufo a causa delle sopracciglia arcuate, degli occhiali dalle grosse lenti e del naso aquilino: era il medico della Regina Bianca. Il Cappellaio e gli altri, all’infuori di Alice, conoscevano la fama di quel medico: il dottor Angus Owl, era uno dei dottori più stimati di Marmorea.
Owl invitò il Cappellaio a far distendere Castagna sul letto dell’infermeria.
Tarrant obbedì, poggiando Castagna sul medesimo letto con dovuta delicatezza.
Era molto pallida.
Il dottor Owl era stato informato circa il suo incidente dalla regina, quindi sapeva già come regolarsi.
Con la giusta cortesia, invitò tutti, tranne Mirana, a lasciare l’infermeria.
Il Cappellaio annuì tristemente e Alice gli prese un braccio per confortarlo.
McTwisp, seppure molto preoccupato, trovò il modo per dare un po’ di coraggio ai suoi amici.
- Non dobbiamo avere paura. Il dottor Owl è un eccellente medico. Non per niente la regina lo ha scelto per farlo operare nella sua corte. –
Per fortuna, era riuscito a convincere tutti quanti.
L’attesa era snervante.
Dei gentili paggi offrirono loro un bicchiere d’acqua per farli tranquillizzare.
Il  Cappellaio era teso e nervoso come non mai.
Non si capacitava del fatto che Castagna avesse rischiato la vita per riprendersi quel libro che le aveva visto tra le mani.
- Un libro. – sussurrava, anzi, sibilava – Mettere a repentaglio la propri vita per un libro. –
Alice, invece, sapeva che quello non era solo un semplice libro: sapeva che per Castagna i suoi ricordi erano molto preziosi, ma dovette spezzare una lancia a favore del Cappellaio.
La vita non valeva quanto o più di un diario, i ricordi non si conservano tra le righe bianche, ma andavano nascosti nel cuore: il luogo più sicuro al mondo.
Ma il Cappellaio non avrebbe mai potuto immaginare perché quei ricordi di Castagna fossero così preziosi per lei, tanto da spingersi a mettere a repentaglio la propria vita.
 
Finalmente, dopo un tempo di circa tre ore, Mirana e il dottor Owl erano usciti dall’infermeria. Ma a giudicare dagli occhi gonfi di Mirana e lo sguardo del dottore che non promettevano buone notizie, Alice, il Cappellaio e gli altri si aspettavano, purtroppo, il peggio.
- Come sta? – domandò il Cappellaio – Vi prego, siate sinceri. -
Mirana non ebbe il coraggio di parlare.
Da bravo medico, il dottor Owl dovette affrontare quella circostanza con fermezza e delicatezza insieme, usando professionalità e tatto allo stesso tempo.
- Ha respirato troppo fumo, ma siamo riusciti a sbiancarle i polmoni con un’apposita medicina. – tirò un sospiro affranto – Ma il vero problema è stata la sua gamba, era in pessimo stato. –
Mirana non trattenne una lacrima e questo non aiutò il Cappellaio a restare calmo.
- Parlate, vi prego. – quasi urlò – Quali sono le condizioni della mia sorellina? –
Alice gli afferrò un polso, invitandolo a calmarsi.
Il medico fece la sua diagnosi.
- Purtroppo, il colpo è stato così forte da averle spezzato e fatto fuoriuscire un femore dalla carne. – ma non era tutto – La ferita era in orrende condizioni e in buona parte ha rischiato di infettare il resto dei tessuti. Mi dispiace, ma purtroppo sono stato costretto ad amputarle la gamba. –
Quella tragica rivelazione era stato come un fragoroso fulmine per quelle povere anime.
Mally si portò le zampette al muso, Bayard guaiva.
Il Leprotto non trattenne le lacrime, mentre Stregatto poggiò una zampa sulla spalla di lui.
McTwisp tremò visibilmente, gli occhi erano gonfi di lacrime.
Bill era paralizzato.
I gemelli Pincopanco e Pancopinco si tennero per mano per confortarsi l’un l’altro.
Alice confinò una mano alle labbra per trattenere un urlo, mentre le lacrime le solcavano il volto.
E il Cappellaio.
Il suo sguardo si era letteralmente incupito, trascinato da una furiosa e incontrollabile follia.
Castagna, la sua sorellina, sempre pronta ad aiutare il prossimo, sempre con un meraviglioso sorriso sulle labbra nonostante tutte le avversità da affrontare, adesso era stata mutilata e segnata per sempre?
Era questo ciò che meritava?
Il suo urlo di rabbia echeggiò come un tremendo ululato, facendo sobbalzare i suoi amici.
- Io ucciderò! – gridava disperato – Ucciderò quel maledetto conte! –
Alice e Mirana lo bloccarono, tenendolo per le spalle.
- Basta, Cappellaio. – implorò Alice – Ti prego, calmati. –
- Così non risolveremo niente. – Mirana tentava di farlo ragionare – Ascoltami, ti prego. Per tutti noi è un giorno molto doloroso, ma immagina Castagna. Come reagirà lei quando si risveglierà scoprendo che le manca una gamba? Cosa penserà quando non si ritroverà i suoi amici più cari accanto a lei, pronti a darle il conforto di cui necessiterà? –
Il Cappellaio parve calmarsi.
Sgonfiò la sua tensione e assicurò di stare bene, ma aveva mentito. Non stava affatto bene.
Il suo cuore era a pezzi.
Alice concordò con la regina.
- Dobbiamo pensare a Castagna, adesso. Dobbiamo aiutarla a reagire, Cappellaio. –
- Al Conte Gwyneth ci penserò io. – disse la Regina Bianca in tono molto, molto serio, attirando l’attenzione di tutti.
Fece una strana impressione. Era rarissimo vederla arrabbiata, se non addirittura un evento storico.
Mirana assicurò, giurò sul suo onore, che non appena Castagna si sarebbe ripresa, avrebbe immediatamente convocato il conte per punirlo come avrebbe dovuto.
Per Castagna doveva finire quell’inferno dell’eterno tormento.
Aveva fatto tantissimo per gli altri, ed ora sarebbero stati proprio gli altri a dover aiutare lei.
- Testimonieremo. – disse Alice.
- Testimonieremo anche noi! – esclamò Mally, spalleggiato da Bayard.
- E anche io. – aggiunse il Leprotto.
- Anche io. – assicurò McTwisp.
- Noi testimonieremo insieme. – dissero i gemelli all’unisono.
- Contate su di me. – Bill si fece avanti.
- Sì, testimonieremo tutti. – aveva detto Stregatto.
Il Cappellaio aveva assunto uno sguardo combattivo, ma l’ira era sparita.
- E anche Castagna dovrà testimoniare. – la regina fu d’accordo con lui – Ed io lavorerò sodo affinché Castagna lo faccia. –
- Ti aiuterò anche io. – Alice gli offrì il suo aiuto.
 
Il sole era sorto da poco.
Mirana aveva dato ad Alice la sua ospitalità visto che, con la casa di Castagna distrutta, non aveva un posto dove alloggiare. Il Cappellaio era giunto al castello di mattina presto.
In verità, non aveva chiuso occhio per tutta la notte, pensando alla tragedia di Castagna.
Ma chi, in verità, aveva trovato la forza di dormire?
Alice e Mirana lo avevano aspettato, sarebbero andati tutti e tre insieme da Castagna.
La trovarono ancora addormentata, ma la sua pelle stava riacquistando colore.
Il dottor Owl aveva avvisato loro che, quando la ragazza si sarebbe svegliata, avrebbe avvertito dei forti dolori. Per questo aveva detto loro di farle bere una medicina per darle un po’ di sollievo.
Quando Castagna aveva aperto gli occhi, si era ritrovata davanti Alice, il Cappellaio e Mirana. Era molto confusa e, come aveva detto il dottore, avvertiva degli strani dolori.
Mirana si avvicinò a lei per farle bere la medesima medicina.
Aveva un brutto sapore, ma Castagna non si ribellò.
- Dove mi trovo? – chiese in evidente stato confusionario.
- Sei nel castello della Regina Bianca, mia cara. – spiegò il Cappellaio tentando di non vacillare nella follia.
Castagna, improvvisamente, avvertì qualcosa che non andasse.
Provò ad alzarsi a sedere, ma sentiva che le mancasse qualcosa. Guardò le lenzuola e vide una forma strana, quasi incompleta.
Alice se ne accorse ed ebbe un orrendo tuffo al cuore.
Castagna passò una mano dove avrebbe dovuto esserci la sua gamba sinistra.
Mirana, preoccupata, tentò di fermarla.
- Aspetta, mia cara. –
Ma Castagna aveva avvertito un senso di vuoto.
Il suo cuore mancò un battito. Volendo togliersi ogni angosciante dubbio, sotto gli occhi spaventati e i cuori straziati del Cappellaio e di Alice, Castagna spostò il lenzuolo. E ciò che vide le aveva fatto mancare il respiro.
Con incontrollabile orrore, quella povera creatura si rese conto delle sue tristi condizioni.
La gamba sinistra le era stata amputata.
Scoppiò a piangere come se non ci fosse stato un domani, portandosi le mani al viso.
Il Cappellaio si precipitò immediatamente ad abbracciarla per cercare, come poteva, di incoraggiarla.
Castagna non riusciva a smettere di piangere.
Alice si sentiva impotente.
Impotente e colpevole. Molto colpevole.
Pensò immediatamente a tutte le sfortune che si fossero riversate in una persona dal cuore d’oro come quello della povera Castagna.
Era come se il destino non avesse voluto darle tregua.
Il Cappellaio la strinse più forte e le carezzò i capelli.
- Sii forte, sorellina. Vedrai, andrà tutto bene. Questo è stato l’ultimo affronto. –
Castagna non aveva risposto, era troppo presa dalla disperazione.
Alice si morse un labbro a sangue.
Castagna aveva ormai perso tutto.
E che dire del fatto che, per l’amicizia del Cappellaio e di Alice, in principio aveva ben accettato di perdere l’amore di Tarrant?
Ma questo era anche troppo, pensava Alice.
Aveva perduto l’amore, la casa, la dignità, una gamba.
Alice si avvicinò a Castagna, stretta tra le braccia del Cappellaio che la confortava come un fratello maggiore.
- Il Cappellaio ha ragione, Castagna. – uno strano luccichio si era formato sui suoi occhi – Questa è l’ultima volta che perdi qualcosa. –
Mirana prese la parola quando vide che le lacrime di Castagna si fossero fermate.
- Ascoltami, mia cara. Ho intenzione di punire severamente chi ti ha fatto tutto questo. –
Castagna la guardò, ma non rispose.
- I tuoi amici mi hanno detto tutto, sin dal principio. So che il Conte Gwyneth è il responsabile di tutti i tuoi mali. Ed ora ho intenzione di aiutarti. Non dovrai mai più avere paura. –
Castagna fece “no” con la testa.
- E’ inutile. – disse lei tristemente – Il mio genitore non si fermerà mai. –
Il Cappellaio tentò di farla sorridere, parlandole con un tono più giocoso, o, almeno, così tentava.
- Ricordi che tuo padre è solo un conte, mentre lei è la regina? – purtroppo, Castagna, non voleva sorridere.
- Noi tutti saremo pronti ad aiutarti. – intervenne Alice – Vogliamo tutti quanti testimoniare in tuo aiuto. Ma devi essere forte. -
Castagna non sorrideva nemmeno un po’.
Alice si rese conto che quella poveretta avesse perso anche la voglia di sorridere.
Ma il Cappellaio non demordeva.
La prese tra le braccia, nonostante Mirana avesse protestato.
- Cosa fai? Potresti farle male. –
- No, non è vero. – scherzava il Cappellaio, cullando la sua sorellina, notando tristemente di quanto fosse più leggera – Questa monellaccia è molto forte, sapete? – effettuò dei movimenti per tutta l’infermeria, simile ad una danza– Fa solo finta di stare male perché vuole solo essere viziata e coccolata da tutti, non è vero? –
Castagna non rispose e non sorrideva ancora. Alice capì la tattica del Cappellaio. Conosceva quella mossa. La stessa che aveva utilizzato con lei per rappacificarsi.
Il Cappellaio fece una breve piroetta.
- Sorellina? La cantiamo insieme la nostra canzone preferita? – non ottenne risposta, ma il Cappellaio prese a cantare la loro filastrocca – “Dolce, buona e marroncina, dell’Autunno la regina...” – un’altra piroetta – ...“esce sempre dal castello per andare dall’amico col cappello”. -  
Finalmente, Castagna parve decidersi a sorridere un po’ e si unì alla filastrocca del Cappellaio.
- E il divertimento si avvicina quando il fratellino incontra la sorellina. –
- Bravissima. – il Cappellaio fece un allegro giro completo – Ma quanto è brava la nostra Castagna? –
Castagna chiese gentilmente di essere riportata sul letto, voleva riposare un po’.
A malapena sorrise.
Il Cappellaio non riuscì a dirle di no.
Doveva lasciarla riposare. Era sicuro che sarebbe riuscito a non farla arrendere.
 
 

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Capitolo 13
*** Ultima umiliazione ***


Ciao a tutti. Ho scritto questo capitolo in fretta e furia a causa di vari impegni e complicazioni, mi auguro di non aver fatto troppi errori. In quel caso, vedrò di correggerli, non abbiate paura di farmeli notare.
Il capitolo è un po’ lunghetto, quindi non vi trattengo più di tanto.
Grazie a tutti voi, come sempre, per il tempo che mi dedicate.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Per aiutarla a farla camminare, Mirana aveva già ottenuto una protesi in legno di salice da fare indossare a Castagna, per sostituirle la povera gamba amputata.
Ma Castagna si era totalmente rifiutata di indossare una gamba finta.
- Non la voglio. – si era opposta, decisa ma educata – Perché devo indossare qualcosa che non sia realmente mio? –
- Non fare i capricci. – il Cappellaio agitò un indice in segno di negazione, pensando che Castagna fosse solo preoccupata per il pagamento della protesi, poiché la poveretta non aveva nemmeno un soldo in tasca – Se è per i soldi, sorellina, non preoccuparti. Pago tutto io e non baderò a spese. -
La Regina Bianca intervenne con fare soave.
- Permettimi. Sarò io a pagare tutto quello che serve per questa fanciulla. E’ il minimo che merita per tutto quello che ha sempre fatto per gli altri. –
Il Cappellaio sorrise allegro.
- Hai sentito, sorellina? Lo vedi che cuore d’oro che ha la regi... –
Castagna si era rivolta bruscamente, era ormai con i nervi a pezzi.
- Non la voglio! Non voglio una gamba di legno, né di avorio, né di diamanti. La mia gamba non c’è più, volete capirlo? – quando Alice le mise una mano sulla spalla per chetarla, Castagna riassunse una voce più calma – Perché devo mostrare a tutti per quella che non sono? Mi manca una gamba? E con ciò? Questo non mi negherà di essere una persona come tutti gli altri. –
Alice concordò immediatamente con il ragionamento di Castagna: perché costringerla ad indossare una protesi contro la sua volontà? Solo per non dare fastidio agli occhi della gente?
- Castagna deve fare quello che sceglie di fare. – la spalleggiò Alice, ottenendo dall’amica un sorriso di gratitudine – Se quello che sceglie la fa sentire felice, allora è la scelta giusta. –
Mirana sorrise a sua volta.
- E sia. –
Ma il Cappellaio ebbe da ridire.
- Come farai a camminare? –
- Mi accontenterò di una sedia a rotelle. – disse Castagna – E poi, le protesi sono pesanti e, a parer mio, saranno anche scomode. –
Il Cappellaio la guardò tristemente, non osando minimamente immaginare di vedere la sua sorellina, un tempo sempre vivace e in pieno movimento, costretta a stare su una sedia
a rotelle per il resto della propria vita.
Ma ripensò alle parole di Alice: Castagna doveva fare quello che scegliesse di fare, soprattutto se le sue scelte la facessero sentire felice.
Non ebbe il coraggio di opporsi.
Mirana, dopo aver garantito a Castagna che presto le avrebbe procurato una comodissima sedia a rotelle, si fece seria.
- Quando ti sarai ripresa, manderò i miei soldati dal Conte Gwyneth per obbligarlo a presentarsi a corte. –
Castagna si sgranchì il collo.
- Potete chiamarlo anche oggi. –
La ragazza assicurò di sentirsi più pronta che mai, non aveva nessuna intenzione di aspettare. Alice e il Cappellaio cercarono di convincerla di riposarsi, ma Castagna era molto decisa.
Voleva a tutti i costi mettere la parola fine a quei continui tormenti che, per troppo tempo, il conte le avesse procurato.
Non c’era vendetta nei suoi occhi, ma solo la voglia di rimettere le cose a posto.
Mirana annuì.
 
Il nero castello si piazzava nel creato autunnale, facendo un forte contrasto con quei colori meravigliosi. Il Conte Gwyneth, si diceva, non amasse molto la complicazione dei colori, prediligendo, piuttosto la rigida e disciplinata sobrietà del nero.
Il nero era il colore dell’ordine, del buon andamento, della regolatezza e della severità. Tutte le caratteristiche del Conte Gwyneth.
Mai nessuno era mai riuscito a vederlo sorridere, fatta eccezione per i due cavalieri che era solito mandare per andare a perseguitare Castagna. Era quello il solo momento in cui sorrideva con estrema soddisfazione. Adorava vendicarsi dell’odiata figliastra – come la definiva da quando Castagna aveva abbandonato per sempre la vita da contessina – e viveva ogni giorno con il costante chiodo fisso di fargliela pagare giorno per giorno, adirandosi maggiormente quando veniva a sapere che Castagna riuscisse a trovare la forza di continuare ad andare avanti, senza lasciarsi intimidire.
Avrebbe continuato a rovinarle la vita per sempre, ben sapendo che quella buona a nulla di una femmina – un’altra offesa che le tenesse in serbo – non avrebbe mai fatto nulla per denunciarlo. Dopotutto, chi mai avrebbe potuto fermare un uomo molto potente come lui?
Quando aveva saputo che i suoi uomini le avessero bruciato quella casupola, il conte aveva sentito una grossa soddisfazione in quel cuore di pietra.
Un suo servo si presentò al conte, avvisandolo dell’arrivo di due guardie con un’ordinanza da parte della Regina Bianca.
Il Conte Gwyneth era molto seccato, ma non poteva opporsi al volere della sovrana.
Disse al servo di fare entrare le guardie della regina.
Erano due alfieri e questo, per il conte, fu molto strano: gli alfieri erano le guardie che venivano inviate per delle questioni molto importanti.
- Conte Gwyneth, - dissero gli alfieri in coro – siete stato convocato a palazzo dalla regina sotto pesanti accuse. –
- Come osate? – si adirò il conte.
-  Le accuse che pendono su di voi sono: atti persecutori, accordo di minacce, di percosse e di incendio doloso con conseguente distruzione di abitazione e feriti gravi. –
- Come vi permettete? State parlando con il Conte Gwyneth! – ruggì – Quali prove avete per queste volgari e oscene accuse? –
- Siete stato convocato dalla Regina Bianca, - disse un alfiere – dovrete dare voi stesso la prova della vostra innocenza. –
Quando gli alfieri lo afferrarono per le braccia per costringerlo a seguirlo, il conte si ribellò.
Era il Conte Gwyneth, avrebbe camminato da solo, senza l’oltraggio di essere tenuto da due insulse guardie.
Apparve molto freddo e sicuro di sé. Sapeva che quella farsa sarebbe terminata al più presto.
« E così, » pensava « quella gallina senza cervello ha osato denunciarmi? Ci divertiremo. »
Il conte conosceva il carattere di Castagna: con lui era stata sempre molto debole, paurosa e facilmente emotiva. Ottimo provocatore e manipolatore com’era, sapeva perfettamente come farle lo scacco matto in pochissime mosse.
 
Ad attenderlo nella grande sala regale, con il bianco delle pareti e del pavimento a scacchiera che lo investì come una luce accecante, vi erano molte persone dall’aria sprezzante e austera, con a capo Mirana, la Regina Bianca, seduta severamente sul suo trono.
Quegli occhi dei presenti, carichi di rimprovero, erano rivolti tutti quanti al conte.
Chiaramente, la voce si era sparsa molto velocemente. Dopotutto, chi si lasciava sfuggire una notizia scandaloso, soprattutto se tale scandalo riguardasse una persona di sangue reale?
Il Conte, seppure infastidito da tanta arroganza di quegli sguardi verso di lui, proseguì con fierezza. Si inchinò con classe verso la regina.
- Cialtrone! – urlò una voce e tutti si voltarono per capire chi mai avesse pronunciato un’offesa simile. A dire il vero, chiunque in quel momento, era molto tentato di dire una cosa del genere, se non addirittura qualcosa di peggiore.
Il Cappellaio strinse il muso al colpevole: era stato il Leprotto.
Mally gli diede un colpetto sulla zucca.
Per fortuna, nessuno si preoccupò di annunciarlo.
- Shhh!– gli sussurrò nervosamente il ghiro - Cosa ci hai messo nel tè stamattina? Sale al posto dello zucchero? –
Alice li fece tacere.
- Per favore, non adesso. -
Mirana, anche se non tanto contrariata da quella parola, doveva mantenere l’ordine.
- Silenzio, prego. –
Si alzò dal trono e assunse un tono molto rigido e, allo stesso tempo, provato.
- Conte Gwyneth di Saggezandia, vi ho convocato qui per esprimere pubblicamente la mia indignazione sulle colpe di cui vi siete macchiato. –
Il Conte Gwyneth rimase fermo e composto.
Alice non nascose a sé stessa che quell’uomo le incutesse un certo timore. Era un uomo alto e possente, vestito totalmente di nero come un cavaliere della morte, calvo, dagli occhi completamente neri come l’inchiostro, incorniciate da rade sopracciglia, il naso adunco e le labbra carnose, dalla fronte aggrottata, segnata da evidenti rughe.
Era terrificante.
- Siete accusato di avere ripetutamente minacciato, oppresso e messo in pericolo l’incolumità di colei che risponde al nome di Gwenhwyfer, conosciuta come “Castagna”, nonché ex contessina, vostra figlia biologica. I crimini di cui siete accusato, ai quali avete partecipato attraverso dei mandanti, sono molto gravi. Ma avete il diritto di difendervi. Sono pronta ad ascoltare. –
Il Conte Gwyneth non distoglieva lo sguardo dalla regina. Era pronto a parlare.
- Le accuse non mi spaventano, mia regina. Sono solo delle voci infanganti di qualche persona che, si sa, farebbero di tutto per puntare il dito contro un nobile. -
- Vi rendete conto – continuò la regina – che ci sono dei testimoni? –
- Sono pronto ad ascoltarli. – disse arrogantemente il conte – Ma la vera domanda è... ci si può fidare? –
Il Leprotto si era tirato le orecchie.
- Non lo sopporto! Non lo sopporto! –
Mally gli ordinò di stare zitto.
La regina aveva iniziato ad elencare tutte le colpe di cui il conte era accusato: con l’ausilio dei soldati da lui inviati, aveva estorto delle tasse esagerate sulla casa di Castagna, senza mancare di minacciarla e, addirittura, passando alle percosse e, infine, di averle fatto incendiare la casa, con la conseguenza di un terribile incidente.
C’era stato uno sgomento e un sussulto generale.
Mirana, a quel punto, vedendo che il conte non si scomponesse, chiamò Castagna per presentarsi davanti al padre.
Castagna era seduta su di una sedia a rotelle, come da lei richiesto. Ad aiutarla ad avanzare era stato il Cappellaio, facendosi strada tra la folla, in compagnia di Alice.
Sia lui, sia Castagna, guardavano il conte con uno sguardo carico di risentimento. Il Cappellaio stava lottando con tutte le sue forze per non perdere il controllo.
Mirana si rivolse a Castagna.
- Per favore, Castagna, puoi fare vedere a tutti quanti cosa ti è capitato? –
Tutti sapevano di cosa avesse fatto il conte, ma nessuno sapeva cosa fosse accaduto a Castagna l’ultima notte.
Non pochi tra i presenti non conoscevano il buon cuore e la triste storia di quella ex contessina che tanto si era dedicata all’aiuto verso il prossimo.
Il Cappellaio aiutò Castagna ad alzarsi. Per sostenersi, Castagna cinse un braccio intorno al collo del Cappellaio.
Alice, con il permesso di Castagna, iniziò a sollevare la gonna di lei lentamente, mentre tutti quanti si stavano chiedendo il perché di quello strano gesto scandaloso.
Gli occhi di tutti quanti si riempirono di orrore quando notarono che a Castagna, purtroppo, mancasse una gamba.
- Povera creatura. – aveva detto una donna.
- Ma come si fa? – si indignò qualcun altro.
I gemelli Pincopanco e Pancopinco – ovviamente, erano presenti tutti gli amici di Castagna – non nascondevano il loro stato basito, anche se erano a conoscenza di quella tragedia.
Castagna non mostrava nessuno sguardo di debolezza: al contrario, aveva guardato il conte dritto negli occhi, piena di determinazione e senza nessuna vergogna.
Mirana diede il permesso di farla risedere sulla sedia a rotelle.
- Grazie per la tua collaborazione, Castagna. Questa è stata la tua ultima umiliazione. –
Alice le riabbassò la gonna e il Cappellaio l’aiutò a sedersi.
Il conte fece un ringhio.
- Umiliazione? Io avrei detto... esibizionismo. –
Il Cappellaio non digerì quelle parole, ma Castagna, con uno sguardo, gli fece capire di ignorarlo: era suo padre e lo conosceva fin troppo bene, sapeva che stesse solo cercando di provocarla.
Il conte non aveva finito. In verità, si era reso conto di non avere scampo, ma non osava demordere: non solo si difendeva dalle accuse, definendole infondate e insensate nonostante tutti abbiano visto in che stato si trovasse Castagna, ma aveva avuto l’arroganza di additare Castagna stessa.
- Gwenhwyfer, sei sempre stata una stupida. E ho sempre pensato che saresti finita così: povera e pazza. Vuoi accusarmi? Fallo pure. Ma dimmi, cosa otterrai? Non hai una casa, non hai un soldo... non hai una gamba. –
Indignazione generale davanti a quelle pesanti parole.
- Vuoi farmi finire in prigione? A me? Tuo padre? – le si avvicinò con sfrontatezza.
Il Cappellaio provò ad allontanarlo, ma Castagna gli assicurò di stare tranquillo.
- Vuoi accusare tuo padre? Vuoi dimostrare a tutti che razza di figlia indecente e priva di buon senso sei? Accomodati. –
Il sorriso beffardo di Castagna si era stirato sulle sue labbra.
- Voi siete il mio genitore, non siete mai stato mio padre. –
Quelle parole fecero sussultare il cuore di Alice, pensando quanto fosse tremendamente triste vedere di persona una figlia che non venisse rispettata dal proprio padre. Chi più di lei  non poteva essere indignata? Lei che era perdutamente innamorata del proprio padre?
- Io non devo dimostrare niente a nessuno. – aggiunse Castagna continuando a guardarlo in quegli occhi malvagi – Siete voi che state solo dimostrando quanto siete disposto a cadere nel ridicolo, arrampicandovi sugli specchi con mani scivolose, soprattutto quando vi sbattono in faccia le prove. Anche quelle più schiaccianti. –
Il Conte Gwyneth era un provocatore e un manipolatore, ma anche un violento. Per questo alzò istintivamente una mano, pronto a colpire la guancia di Castagna. Ma il Cappellaio lo fermò all’istante, dandogli uno spintone così forte da farlo crollare per terra.
Sotto gli sguardi scandalizzati dei presenti, il Cappellaio si mise sopra di lui, con le occhiaie oscure e le iridi arrossate per la furiosa follia, bloccandolo per il colletto.
-  Come osate? – sibilò – E’ una ragazza. Una ragazza resa per sempre invalida per mano vostra. –
Mirana, per fortuna, riuscì a placare quel caos: fece separare il Cappellaio dal Conte Gwyneth e ognuno tornò alla propria posizione.
Le guardie lasciarono andare il Cappellaio quando quest’ultimo garantì di stare bene e non mancò di scusarsi con la regina e con tutta la gente che avessero assistito. Ma il conte non perse l’occasione di additarlo come un pezzente, villano e buzzurro.
- Alzare un dito verso un nobile. Oltraggioso! – tuonò il conte.
- Ha agito di conseguenza. – Mirana prese le difese del Cappellaio – Lui ha sbagliato e lo ha addirittura ammesso. Voi, piuttosto, lo avete provocato cercando di fare del male a quella povera ragazza. – la Regina Bianca si alzò dal suo trono, fortemente disgustata – Ne ho abbastanza delle vostre violenze. Questo mancato episodio di tentata violenza verso Castagna ha dimostrato chi siete veramente. Non cercherò nemmeno le dichiarazioni dei testimoni. –
Castagna e Alice si guardarono con complicità. Stavano ottenendo la vittoria.
Mirana assunse la sua voce autoritaria.
- Per i vostri crimini, il vostro titolo di conte non vi apparterrà mai più. Trascorrerete il resto dei vostri giorni nelle prigioni in compagnia dei soldati che eravate solito mandare per compiere le vostre malefatte nei confronti di Castagna. – quello che aggiunse successivamente Mirana, fece nascere nei volti di Alice, del Cappellaio, di Castagna e di quello dei loro amici, un’espressione di incredula sorpresa – Per risarcire ogni angheria che avete procurato a quella povera ragazza, ordino che tutti i vostri averi passino a lei. Il vostro castello, le vostre terre, saranno tutte quante di sua proprietà. –
Gwyneth, nel sentire quella sentenza, tentò un’ultima carta. Era sparita tutta la sua arroganza e, sotto il risentimento e il disgusto della gente, si era inginocchiato di fronte a Castagna.
- Figlia mia – era la prima volta che la chiamava così – è così che vuoi che vada a finire? Vuoi davvero che tuo padre passi il resto della sua vita in una fredda cella? –
Questo fece innervosire e nauseare Alice e il Cappellaio.
Castagna sapeva cosa rispondere.
- Io sono solo una povera pazza. – disse lei con calma – Vi aspettate davvero l’aiuto da parte dei pazzi? -
Cieco di rabbia, Gwyneth provò ad avventarsi contro di lei.
Il Cappellaio si mise in mezzo per proteggerla, ma per fortuna arrivarono tempestivamente delle guardie della regina, allontanandolo di peso.
- Maledetta! – gridò Gwyneth contro Castagna – Maledettissima monca! – per l’incontrollabile odio iniziò a lanciarle ogni tipo di maledizione che gli venisse in mente, non vergognandosi di sputarle contro la sua disabilità.
Per fortuna, Castagna rimase impassibile.
Alice e il Cappellaio le misero una mano sulle spalle. Erano molto soddisfatti. E i loro amici corsero vicino a lei, acclamandola per la sua vittoria.
Ma Castagna si voltò verso la regina, ringraziandola con tutto il suo cuore. Mirana sorrise.
Uno ad uno, i suoi amici fecero una domanda a Castagna.
- I tuoi problemi sono terminati. – disse Pincopanco.
- Cosa te ne farai di tutti quei soldi? – chiese Pancopinco.
- Di tutto quel denaro? – domandò il Leprotto.
- Di quel castello? – aggiunse Mally.
Castagna aveva già le idee chiare.
Aveva tutte le intenzioni di fare di quel castello, dopo avergli dato molti ritocchi di colore, naturalmente, un’immensa abitazione per i bisognosi, destinando il denaro a chi ne avesse le vere necessità.
- Cosa potevamo aspettarci – disse Stregatto, apparendo alle spalle del Cappellaio – da Castagna? Avrà perso la sua gamba, ma non il suo buon cuore. –
- Stregatto! – lo rimproverò il Cappellaio, ma Castagna lo difese.
- Non ammonirlo, ha ragione lui. –
Castagna e il Cappellaio si scambiarono dei sorrisi molto dolci.
- Sono fiero di te, sorellina. –
Alice non poté fare a meno di essere felice per come si fosse conclusa quella storia.
Finalmente, Castagna aveva smesso di soffrire. La sua pazienza e la sua generosità era stata ricompensata.
Eppure, sentì che mancasse ancora qualcosa.
Si rispose da sola quando vide come Castagna e il Cappellaio si stessero guardando.
Alice sapeva che cosa provasse il Cappellaio verso di lei: sapeva, ormai, che per lui Castagna non era più di una sorella. Ma ora che aveva subito la perdita della gamba, Alice aveva notato di quanto il Cappellaio, giustamente, si mostrasse molto più protettivo nei riguardi di Castagna.
In cuor suo sapeva che Tarrant si sentisse in profondo debito con lei. Dopotutto, gli aveva salvato la vita.
Povera Castagna, ripeteva tra sé Alice.
Certo, aveva ottenuto delle grandi ricchezze grazie alla regina, ma niente avrebbe potuto ridarle qualcosa di veramente importante. E non si riferiva ad una vera gamba. Ma a qualcos’altro.
Il sentimento ricambiato.
Saggiamente, da quando era accaduto quel bruttissimo incidente, Alice aveva intuito che a spingere Castagna a mettere a repentaglio la propria vita per salvare quella del Cappellaio, fosse stato l’amore che lei provasse per lui. L’amore che continuava a provare verso il Cappellaio.
Alice non gliene aveva mai fatto una colpa. Al contrario, provava solo una triste tenerezza nei confronti di Castagna.
E lei? Alice meritava davvero la felicità di dover condividere le sue giornate mano nella mano con il Cappellaio?
Castagna meritava davvero un cuore spezzato, pieno di cicatrici, dopo tutte le sofferenze subite?
Si sentì mancare l’aria e, chiedendo scusa ai suoi amici, uscì dalla sala dirigendosi verso l’uscita.
Voleva solo riflettere.
 
 
 

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Capitolo 14
*** Come solo tu sai amare ***


Ciao a tutti.
Questo capitolo è un po’ corto e me ne scuso: purtroppo non ne ho potuto fare a meno.
Vi lascio alla lettura non vi tengo sulle spine.
Vi avviso che oggi sarò impegnata, quindi, non so se riuscirò a pubblicare anche un secondo capitolo di fila.
Ma vedrò di impegnarmi.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Era così tesa e confusa che non aveva nemmeno la forza di prendere fiato.
Molte idee risultavano dolorose per il suo cuore, per la sua mente, ma Alice doveva decidere.
Non era più una bambina e anche i sentimenti, con l’andare del tempo, mutano.
Quando si vive nell’età acerba, si tende a pensare alla propria felicità, tenendosela stretta con ogni mezzo.
Al contrario, quando si è più grandi, si pensa prima alla felicità delle persone alle quali vi si è molto legati. Anche a costo di compromettere la propria.
Ma questa era una regola che riguardasse solo chi possedesse buon senso, perché, si sa, non tutti lo posseggono.
E tale regola, valeva anche per Alice?
Con tutta sé stessa avrebbe tanto voluto restare nel Sottomondo per poter rimanere per sempre con il Cappellaio, ma buona parte della sua coscienza la rimproverava: e Castagna? Doveva lasciarla lì? Al suo destino fatto di un sogno irrealizzabile? Una come Castagna che faceva tanto per gli altri, senza mai chiedere nulla in cambio, per una volta, non meritava un pezzetto di felicità?
Una foglia si staccò da un ramo di un albero e Alice la vide fluttuare nell’aria, poggiandosi con leggiadria sulla sua spalla. Alice la raccolse poi alzò gli occhi verso l’albero: era un castagno. Tirò un sospiro e ricordò che fu proprio grazie a quell’albero che riuscì a rientrare nel Sottomondo. Era forse un segno?
In quel momento udì dietro di lei lo scricchiolio di altre foglie, calpestate da dei passi.
Alice si voltò: era il Cappellaio e sembrava preoccupato.
- Alice? – il Cappellaio riprese fiato – Perché sei andata via? – notò lo strano sguardo di Alice – Qualcosa non va? –
Alice riguardò il castagno, ne accarezzò tristemente la corteccia.
Tirò un sospiro. Prese la sua decisione.
Rivolse la parola al Cappellaio.
- Lo sai perché ieri Castagna ha rischiato la propria vita, entrando nella propria casa in fiamme? –
Il Cappellaio si stupì di quella strana domanda, ma notando la serietà di Alice preferì non cambiare argomento.
- Mi spiace, non ne ho idea. – scosse il capo, poi però richiamò un dettaglio alla memoria – Ora che mi ci fai pensare... Quando l’ho trovata, l’ho vista che reggeva in mano un libro. –
Alice annuì, facendogli capire che avesse indovinato.
- Ma non era affatto un libro qualunque. Era un suo diario. – Alice emise un sospiro – Un Diario Al-di-là-dei-Ricordi. –
Il Cappellaio sapeva bene di che cosa si trattasse, ma non capì il senso della preoccupazione di Alice.
- Perché mai Castagna avrebbe dovuto rischiare la vita per un Diario Al-di-là-dei-Ricordi? -
- Cappellaio, - il tono di Alice si era fatto malinconico - tu non hai proprio idea di che cosa si celi nei ricordi di Castagna? –
Il Cappellaio scosse la testa sempre più confuso.
Alice si morse un labbro.
- Castagna non può rinunciare ai suoi preziosi ricordi. Sono la sola cosa che le rimane. –
- Ma i ricordi si conservano nel cuore. – aveva osservato il Cappellaio.
- Il cuore di Castagna è troppo martoriato per poter nascondere dei ricordi. – Alice faceva fatica a fare emergere una dolorosa realtà, ma doveva mettercela tutta – Lei ti ama, Cappellaio. Ti ha sempre amato. –
Il Cappellaio sgranò gli occhi. No, si disse, non era affatto possibile.
- Cosa stai farneticando, Alice? – balbettò il Cappellaio, tremante e spaesato.
- E’ la verità. – gli occhi di lei si erano inumiditi – Non te l’ha mai detto... perché sapeva che tu amassi me. Mi ha confidato questi suoi ricordi. Li ho visti attraverso il suo diario. Castagna ti ama da quando eravate molto giovani. Ma non ha mai voluto dirtelo perché non voleva metterti in contrasto con me. Ed anche per questo motivo non si è preoccupata di rischiare la propria vita per salvare la tua.– una lacrima le solcò il viso – Ed ora... Io mi sento solo una vigliacca, Cappellaio. Lo so, ti ho mentito. Ti ho mentito di nuovo. Avrei dovuto dirti subito come stessero le cose. Ma per il mio stupido egoismo, ho preferito la mia felicità... senza badare a quella della povera Castagna. –
Il Cappellaio era rimasto letteralmente pietrificato.
Alice aveva continuato a disperare.
- Io non merito né te, né l’amicizia di Castagna. Io non merito nemmeno di stare qui. –
Il Cappellaio l’afferrò per un polso, senza farle male.
- Alice... io non lo sapevo. Castagna non me l’aveva mai detto. – tremava mentre parlava – Ma questo non può compromettere la nostra storia... Io ho occhi solo per te. Io voglio molto bene a Castagna, ma lei per me è solo come una sorella...–
- No, Cappellaio. – Alice si liberò dalla presa – Questo non è giusto. Non nei riguardi di Castagna. – grosse lacrime le rigavano le guance – Ha sofferto anche troppo. –
Il Cappellaio la guardò tristemente.
- Non capisci, Cappellaio? Castagna ha bisogno di te. – la voce di Alice si era incrinata – Devi andare da lei. E’ lei quella che ti merita sul serio. –
Il Cappellaio tentò di afferrarle le spalle.
- Calmati, ti prego, non sei tu tu. Tu tu non sei tu. Non sei lucida. –
- Mai stata più lucida. – Alice si scostò – Io non ce la faccio a continuare così. Non potrei vivere nemmeno per un’ora come un viscido verme. Castagna non ha nessun diritto di continuare a soffrire, limitandosi a guardarti con occhi senza la speranza di un sentimento ricambiato. –
- Alice, io... – il Cappellaio non trovava le parole adatte. Era solo in un fortissimo stato confusionale. Ma la parte sana di lui bussò alla sua coscienza.
In pochi secondi aveva realizzato la veridicità delle parole di Alice.
Ricollegò ogni cosa, ogni dettaglio rivelatogli da Alice. Fece due più due.
Arricciò il naso, tirando un sospiro di affanno.
E in quel momento anche lui si era sentito profondamente in colpa.
- Hai ragione, Alice. – trovò la forza di dire – Castagna non ha nessun diritto di soffrire ancora. –
Alice sorrise a malapena, mentre cercava di non versare altre lacrime.
- Lei ha il cuore d’oro. – continuava il Cappellaio – Ma tu, mia cara, hai una moltezza decisamente fuori dal comune. – le prese dolcemente le mani, carezzandole con le dita – Qualunque cosa tu scelga di fare, se ti fa sentire bene, io non la ostacolerò. –
Alice si morse un labbro ad ogni parola pronunciata dal Cappellaio, carezzandogli a sua volta le mani.
- Sappi solo – proseguiva il Cappellaio – che la mia anima apparterrà a te, per sempre. –
Altre due lacrime sul volto di Alice. Si limitò ad annuire.
- Abbi cura di Castagna, Cappellaio. –
- Lo farò. – le promise solennemente.
Le loro mani si sciolsero ed entrambi si strinsero in un abbraccio disperato.
Un ultimo sguardo carico di triste addio.
Alice si avvicinò lentamente al castagno e bussò sulla corteccia.
Il Cappellaio capì all’istante.
Alice attese che il tronco si aprisse a mo di porta.
Quando si aprì, Alice diede un ultimo doloroso sguardo al Cappellaio.
Un’altra volta un altro addio. E nemmeno questa volta il Cappellaio l’aveva fermata.
Alice avanzò verso l’apertura. Ma prima di passare oltre la corteccia, diede un ultimo sguardo lacrimoso e sofferente al Cappellaio.
-  Castagna ha bisogno di te. Ti prego, amala come solo tu sai fare. –
Il Cappellaio non disse una parola. Agitò la testa in segno di affermazione.
In verità, la sua mente gli imponeva di dirle una sola frase: “Non amerò mai nessuna come solo io sappia fare, all’infuori di te.” Ma aveva preferito tacere.
- Alice... – il Cappellaio la invocò in un sussurro malinconico, allungando una mano verso di lei, nel tentativo di fermarla, ma ormai Alice aveva già attraversato il castagno.
In pochi secondi era già sparita.
Tarrant aveva fatto di tutto per essere forte e accettare quella triste realtà.
Non ci riuscì.
Colmo di tristezza, con occhi luccicanti di dolore, il Cappellaio confinò una mano al petto.
Avvertì un dolore lancinante al cuore.
Un urlo disperato del Cappellaio echeggiò tra gli alberi autunnali, mentre le foglie si dileguavano spostate da un soffio di vento gelido.
 
Quando Alice si ritrovò immediatamente nel suo mondo erano passati solo pochi minuti da quando aveva terminato il suo appuntamento con James Harcourt.
Cadde a terra in ginocchio, tra le foglie giallastre.
E stavolta non vi erano foglie parlanti pronte a giocare con lei.
Una fitta di dolore le trafisse il petto. Si era nuovamente separata dal Cappellaio.
Stavolta per sempre.
Ma infondo, disse tra sé, era meglio così.
Non doveva pensare solo alla propria felicità.
« Amala, Cappellaio. » disse tra sé «Amala come solo tu sai fare. »
Come la corrente di un fiume che si scontra con quella del mare, così nel cuore di Alice si scontravano il dolore e il rimorso.
Una parte di lei voleva fare qualcosa per poter rimettere indietro gli orologi e ritornare dal suo Cappellaio e l’altra parte sapeva che questo non sarebbe stato giusto nei confronti della sua amica Castagna, se non addirittura un gesto villano.
Ormai non serviva più piangersi addosso.
Fuori, nel frattempo, si stava scatenando un temporale.
Grosse gocce di pioggia sferzarono la strada e dal terreno saliva il profumo della terra bagnata d’autunno.
I fulmini e i tuoni squarciavano il cielo, così Alice decise di sedersi su una panchina riparata e attendere la fine della tempesta.
Scossa dai singhiozzi com’era, Alice non riusciva a nascondere la sua disperazione. Il dolore era più grande dell’imbarazzo.
Finalmente la pioggia cessò e Alice poté alzarsi dal suo riparo. Guardava le nubi che velocemente liberarono i raggi del sole.
Proprio in quel momento, giunse una giovane donna fino alla panchina dove sedeva Alice. Alice notò che la giovane, che poteva avere circa l’età di lei, sedeva su di una sedia a rotelle. Aveva i capelli castani e gli occhi marroni.
La giovane mise una mano sopra gli occhi e guardò il cielo.
- Meno male – disse la ragazza – ha smesso di piovere. – quest’ultima si girò verso Alice e notò la sua espressione addolorata – Vi sentite bene, signorina? -
Alice non ebbe bisogno di guardarsi allo specchio per capire in che razza di stato fosse il suo viso. Gli occhi dovevano essere rossi e gonfi e il naso continuava a perdere liquidi in maniera imbarazzante.
La ragazza sulla sedia a rotelle aprì la sua borsetta e tirò fuori un fazzoletto di cotone, offrendolo ad Alice.
- Coraggio, asciugatevi gli occhi. –
- Grazie... -
Alice accettò. Incredibilmente, pensava, quella ragazza le aveva riportato alla mente proprio Castagna.
La terra e la strada trasmettevano il loro profumo autunnale.
- Guardate là. – la giovane indicò il cielo – Un arcobaleno. È bellissimo. –
Alice si asciugò gli occhi con il fazzoletto. Era vero, davanti a loro c’era un meraviglioso arcobaleno: quei bellissimi colori spiccavano sull’oscurità delle nuvole.
- Lo sapete – disse la giovane – che gli arcobaleni sono fatti di magia? –
Alice spalancò gli occhi arrossati, non immaginando che nel suo mondo esistessero ancora persone che credessero a queste cose... proprio come lei.
- Se chiudete gli occhi ed esprimete un desiderio, il desiderio si avvera. Lo so, è il sogno di una bambina, non per una signorina. – la giovane sorrise – Ma, se permettete, io credo che i sogni non abbiano età. –
Alice sorrise a malapena. Restituì il fazzoletto alla giovane.
- Tenetelo pure. – sorrise – Volete esprimere un desiderio insieme a me? Se sono in due le persone a farlo, allora il desiderio espresso diventa più forte e si avvera. –
Alice, con il cuore che batteva all’impazzata nel sentire quella fresca innocenza in una giovane donna, assecondò il desiderio della ragazza.
Quest’ultima le tese la mano e Alice la strinse.
- Sono pronta. – disse.
- Chiudiamo gli occhi. Al tre esprimiamo il nostro desiderio. Con tutto il nostro cuore. –
- Sì. – Alice chiuse gli occhi come le era stato detto.
- Uno. Due. Tre. -
Al tre, Alice aveva sentito le dita della giovane serrarsi intorno alle sue.
Il suo desiderio era quello che il Cappellaio, Castagna e lei ritrovassero la felicità dovuta. Senza intoppi, senza rimpianti.
- Fatto? – chiese la giovane con voce cristallina.
- Sì. – rispose Alice.
- Allora possiamo riaprire gli occhi. – la giovane sorrise – E’ tardi, devo tornare a casa. –
- Non volete che vi accompagni? – domandò gentilmente Alice.
- No, state tranquilla. Ce la faccio da sola. – sorrideva – Non esistono ostacoli se vogliamo lottare, nemmeno se vi trovate su una sedia a rotelle, o se vi mancasse una gamba... O tutte e due le cose insieme .–
A quella rivelazione così personale, ad Alice mancò il respiro. - Siete molto saggia. – osservò Alice, realizzando sempre di più che quella giovane le ricordasse Castagna.
- E’ stato un piacere esprimere un desiderio con voi, signorina. – salutò la giovane – E ricordate: bisogna sempre sperare. Alla fine della strada, c’è sempre un tesoro. –
La giovane la salutò con un sorriso raggiante.
Alice si rese conto che quella ragazza le avesse fatto tornare una scaldante luce nel suo cuore.

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Capitolo 15
*** Presagio nel sogno ***


Ciao a tutti ed eccoci di nuovo qui.
Scusate se ieri non sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo, ma oggi sono riuscita a recuperare. In più, credo che questo capitolo sia un po’ lungo.
Quindi, bando alle ciance e vi lascio alla lettura.
Grazie infinite a tutti, come al solito.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!


 
Il cuore del Cappellaio era a pezzi come uno specchio infranto.
Era rimasto ancora inginocchiato tra le foglie.
I lucidi occhi verdi si alzarono verso il castagno, ne distolse subitaneamente lo sguardo. Era troppo doloroso continuare a sopportare quella vista che gli ricordasse la sua Alice andatasene via di nuovo.
E lui era rimasto ancora lì, fermo, a non fare un bel niente per fermarla.
Alle sue spalle, un allegro Leprotto rimbalzava verso di lui, divertendosi pazzamente tra le foglie. Quest’ultimo si fermò quando vide il suo amico Cappellaio inginocchiato.
- Amico mio – domandò il Leprotto avvicinandosi al Cappellaio – cosa ti prende? Perché tu ed Alice non tornate dentro? –
Nessuna risposta.
- Castagna vuole dare una festa in grande, lo sai? Nella sua nuova casa. Ma che dico casa? Nel suo castello. Ma solo dopo avergli dato una sistematina. Sì, sì, sì! –
Il Cappellaio gli rivolse gentilmente e tristemente la parola.
- Alice è andata via, Thackery. –
Matto com’era, il Leprotto non si era reso subito conto di quanto avesse detto il Cappellaio.
- Ah, bene. Sono contento, vorrà dire che... – si era accorto solo in quel momento delle parole dell’amico – Aspetta! Aspetta! Cos’hai detto? –
- Non tornerà più. – aggiunse Tarrant incupendosi, senza guardarlo negli occhi per non mostrare il luccichio nei suoi occhi.
- Cooooooosaaaaaa? – esclamò il Leprotto – Ma... Ma perché? –
- Perché... – il Cappellaio si chiese se fosse stato saggio rivelare ad uno dei suoi migliori amici quale fosse la verità – Perché vuole che io mi prenda cura di Castagna... – si decise finalmente a guardarlo in volto. Era pronto a confessare ogni cosa.
 
Castagna non aveva fatto altro che ringraziare Mirana con tutto il suo cuore.
Era emozionata all’idea che da quel momento la sua vita sarebbe cambiata in meglio dopo tantissime sofferenze.
Come aveva detto il Leprotto, Castagna voleva dare una grandissima festa nella sua nuova residenza possibilmente dopo averlo fatto restaurare a dovere.
Non voleva saperne di vivere in un castello oscuro, senza vita e senza armonia.
Non avrebbe badato a spese.
In più, dopo aver fatto ritoccare il castello, era decisa più che mai a fare in modo che quella festa fosse perfetta. Avrebbe invitato tutti quanti. Dal più povero, al più ricco.
I gemelli Pincopanco e Pancopinco erano entusiasti all’idea di una nuova festa. Mally già pronosticava il divertimento assicurato.
McTwisp era felicissimo per Castagna e per la sua meritata fortuna.
Mirana strinse le mani al petto, orgogliosa della sua decisione sul destino di Castagna.
In quel momento, il Leprotto era ritornato da loro e offrì a Castagna uno sguardo spaventato.
Castagna si girò verso di lui, sorridendogli.
- Dov’eri finito? Sia tu, sia Alice, sia il Cappellaio siete spariti senza dire niente. Non fa niente, vi perdono. –
Il Leprotto era nervoso, soprattutto per il fatto che ci fossero tutti i suoi amici.
Il Cappellaio gli aveva confidato ogni cosa ed ora – seppure molto provato e imbarazzato – doveva cercare di dire a Castagna che Alice se ne fosse andata... e non solo.
Tra parentesi, il Leprotto non era mai stato un eccellente portatore di cattive notizie.
Decise, quindi, di provare a dare le cattive notizie in maniera leggera, se non addirittura giocosa.
- Ehm, Castagna? Tu vorresti ancora bene ad Alice se non potesse venire alla tua festa? –
- Che domande fai? – domandò Mally.
Castagna lo guardò sbalordita, ma sorrise ugualmente.
 – Ma certo che le vorrò bene. –
- Anche se non verrà a trovarti il giorno dopo? –
- Non perché dovrei avercela con lei. – sorrise di più, sapendo di stare scambiando una conversazione con un simpatico amico dall’indole bizzarra – Anche se non dovesse più venire a trovarmi, non c’è nessun motivo perché io non dovrei volerle bene. –
- Aaaah, meno male. – il Leprotto si poggiò una mano in fronte, rilassato da quella risposta – Cominciavo a preoccuparmi, visto che Alice è ritornata nel suo mondo per sempre, per poterti lasciare il Cappellaio tutto per te. –
Mirana si mise una mani vicino alle labbra, dispiaciuta al massimo e alquanto mortificata.
I gemelli avvertirono una profonda tristezza nei loro cuori, così come l’incredulo McTwisp e Stregatto.
- Cosa stai farneticando? – esclamò Mally sperando che il Leprotto fosse solo in vena di follie.
Se Castagna avesse dovuto incidere nella lapide il giorno in cui avesse cominciato a morire da viva, avrebbe scelto proprio in quel momento.
- Che cosa... – gridò dolorosamente Castagna. Siccome il Leprotto si trovava poco distante da lei, Castagna riuscì ad afferrarlo per il colletto – Non scherzare, Thackery! –
- Lasciami, ti prego. – piagnucolò il povero Leprotto – Non farmi male! E’ la verità. Me lo ha detto il Cappellaio! –
Castagna era su tutte le furie.
- Dimmi subito dov’è il Cappellaio! –
Il Leprotto le disse che si trovasse all’esterno del castello. Castagna spinse le ruote della sedia a rotelle.
Mirana si offrì di aiutarla, ma Castagna si era rifiutata. Voleva assolutamente farcela da sola.
Spinse le ruote con una gran forza alle braccia, tanto era alto il suo nervosismo.
In poco tempo si era ritrovata davanti al Cappellaio, vicino al castagno.
- Tarrant! – urlò lei piena di rabbia, facendolo voltare verso di lei immediatamente.
Il Cappellaio aveva gli occhi tristi e assenti.
- Tarrant! Cos’è questa storia? -
Il Cappellaio spostò gli occhi verso il basso.
- Castagna, perché non me ne hai mai parlato? – la voce era un sussurro affranto.
- Non ti ho chiesto questo. – replicò Castagna – Perché hai lasciato che Alice se ne andasse via? –
- Mi ha raccontato ogni cosa. – spiegò lui – Mi ha detto di te, di quello che per tutto questo tempo hai provato per me e, nonostante tutto, hai lasciato che io continuassi ad amare Alice. –
Castagna ebbe il colpo definitivo in seguito a quella rivelazione.
Le mancò un battito e anche il respiro.
Il Cappellaio le si avvicinò e si sedette sui talloni, in modo da poter guardare Castagna negli occhi.
- Sorellina, perché non me ne hai mai parlato? Avremmo potuto trovare una soluzione in tutto sin dal principio. –
- Alice se n’è andata per colpa mia... – Castagna guardò un punto vuoto.
- Non devi sentirti in colpa per questo. – le disse il Cappellaio, cercando di nascondere come meglio potesse la propria tristezza – L’ha fatto per te. Tu hai fatto tantissimo per noi e, naturalmente, te ne siamo grati. Ma Alice è fatta così: non ce la fa a vivere con la sensazione di portare un peso sulla coscienza. – le mise amichevolmente le mani sulle spalle – Ormai ha preso la sua decisione. E’ tornata nel suo mondo per renderti quello che ti appartiene. Ti prometto, sorellina, che farò di tutto per renderti felice... –
Castagna non lo lasciò completare. Con tutta la forza che aveva in corpo, approfittò delle braccia del Cappellaio per darsi la spinta adatta per poter balzare addosso a lui.
Il Cappellaio si sorprese, non aspettandosi quella mossa, e cadde a terra facendo volare chissà dove il cilindro.
- Io non voglio la pietà di nessuno! – gli urlò contro Castagna afferrandolo per il colletto – L’ultima delle cose che voglio è la pietà! – si era sentita umiliata, offesa nel più profondo – Come osi promettermi che mi renderai felice? – grosse lacrime le uscirono a fiotti, alcune finirono sul viso del Cappellaio – Mi hai ferita, Tarrant. Mi avete ferita tutti e due! Tu non mi ami, non mi hai mai amata. Pensi che io possa sentirmi felice ora che so che vorrai solo accontentarmi perché sono una monca? –
Il Cappellaio le afferrò i polsi.
- Non dire quell’orrenda parola. – la sua voce si era incrinata in tono di rimprovero.
- Perché? Non è forse così? Dimmi, Tarrant, se Alice ti avesse detto la verità riguardo i miei sentimenti su di te, la lasceresti andare via se io avessi avuto ancora tutte e due le gambe? –
Il Cappellaio si zittì, perse la parola e la sua mente vagò nel vuoto, non trovando una risposta a quell’importante domanda.
Si trovò in tremenda difficoltà.
Per Castagna, quel silenziò valse più di ogni altra parola.
Gli lasciò il colletto e gli rivolse uno sguardo accecato di frustrazione.
- Come pensavo. – disse solamente.
Si allontanò da lui e cercò di salire sulla sua sedia.
Il Cappellaio, una volta alzatosi, cercò di dare una mano a Castagna.
Quest’ultima lo allontanò, sfiorandolo con uno schiaffo alla mano.
- No! – ruggì lei – Ho detto che non voglio la pietà di nessuno! –
Il Cappellaio si fece da parte. Si era sentito un miserabile. Rifletté moltissimo sulla domanda di Castagna e si sentì ancora più male.
Carogna, si autodefiniva.
Castagna era riuscita a sedersi da sola e guardò il Cappellaio con aria di sprezzo.
- Tu ed Alice non potevate darmi un dolore più grande. – gli disse asciugandosi gli occhi arrossati – Dopo questa umiliazione, non voglio vederti mai più. –
Il Cappellaio trasalì davanti a quelle parole. Sapeva che Castagna si arrabbiasse molto raramente e quando lo faceva era una cosa molto seria.
No, non voleva accettarlo. Aveva perduto Alice e adesso stava per perdere un’amica al quale era legato da quando erano fanciulli?
Quando Castagna fece dietrofront con la sedia, il Cappellaio le si avvicinò a lei per poterla fermare.
Ma in quel momento accadde qualcosa di molto strano.
Castagna ebbe un forte capogiro. Poi iniziò a tossire. Inizialmente, il Cappellaio non ci fece caso.
- Sorellina, sorellina mia, ti prego. Non puoi fare così... – si fermò quando vide che Castagna si era messa ambo le mani davanti alla bocca, continuando a tossire e, stavolta, con maggiore violenza. Questo lo fece insospettire.
Castagna aveva iniziato anche ad avvertire dei dolori al petto, ma a distrarla da quel dolore era la violenta tosse.
- Sorellina, che cos’hai? –
Castagna sembrò fermarsi e riprese fiato. Ma non si sentì affatto bene. Quando Castagna spostò le mani dalle labbra, notò con terrore che esse erano macchiate di sangue.
Il Cappellaio se ne accorse.
Impallidirono entrambi.
Castagna ebbe un altro forte capogiro e, stavolta, si era sentita ancora più debole.
Il suo corpo non rispose ai suoi comandi, si sentiva come se non avesse dormito da giorni.
Quando la vide inclinarsi malamente, il Cappellaio l’afferrò all’istante.
- Sorellina? – cercò di richiamare la sua attenzione, ma Castagna non rispose.
Era molto pallida, le toccò la fronte, constatando che fosse molto calda.
Pieno di preoccupazione fino alla punta dei capelli, il Cappellaio notò che Castagna avesse perso i sensi.
 
 
Per quelle notti, Alice aveva trovato maggiori difficoltà a trovare il sonno.
Del resto, cosa poteva aspettarsi?
Ma doveva comunque cercare di andare avanti.
Era sicura che il Cappellaio e Castagna non avessero mai apprezzato il fatto di vederla sempre triste.
Aveva fatto la scelta giusta, si rincuorava, e doveva solo essere orgogliosa di sé stessa.
Pensò a suo padre: sarebbe stato veramente fiero di lei.
Dopo due settimane, Alice era riuscita a riprendere il suo sorriso e il suo solito carattere forte e determinato.
In quei giorni era riuscita anche a riflettere su un altro importante fatto. Per questo, quella mattina, dopo aver fatto colazione, Alice aveva deciso che quel giorno avrebbe voluto parlare con James.
Guardò fuori dalla finestra. Fuori c’era il sole e l’aria sembrava adatta per una passeggiata. Fare quattro passi l’avrebbe sicuramente aiutata a distrarsi.
Dopo essersi data una sistemata ai capelli e dopo essersi rivestita, indossò un cappotto e si avviò fuori di casa.
Doveva avere piovuto quella notte, vista l’umidità della strada. Poco importava poiché le piaceva quando l’aria sapeva di terra bagnata dalla pioggia.
Quando Alice e James si incontrarono nel parco, i due si scambiarono un amichevole saluto.
James sembrava un po’ imbarazzato: non aveva dimenticato il giorno in cui le avesse dichiarato apertamente i propri sentimenti. Alice se n’era accorta. Sapeva benissimo cosa provasse James.
Abituata com’era a prendere in mano le situazioni, Alice decise di aprire la conversazione.
Era giunto per lei il momento di mettere in chiaro ogni cosa, soprattutto perché non se la sentiva di lasciare il cuore degli altri in sospeso a causa delle sue indecisioni.
Per poter conversare meglio, Alice e James si sedettero sopra una panchina.
- Ho pensato su quello che mi avete detto, signor Harcourt. –
Al contrario di James, Alice parve rilassata.
Non voleva assolutamente procrastinare: più si aspetta tempo, più le circostanze peggiorano. I sentimenti di James sarebbero cresciuti e, in futuro, sarebbe stato impossibile mantenere un’amicizia quando Alice si sarebbe ritrovata a dirgli la verità.
Assunse un tono serio, ma non severo.
In questo modo, diede la possibilità a James di fargli capire che lei volesse una conversazione da adulti, facendogli capire che Alice stesse parlando con sincerità.
- Non voglio in alcun modo ferirvi o illudervi. – il tono di Alice era gentile, voleva rifiutarlo senza offenderlo – Voi siete un ottimo amico, ma non possiamo stare insieme. Con il carattere che avete, rendereste sicuramente felice una signorina. Ma non sarò io. – fece una pausa molto breve, prima di concludere – Mi dispiace, signor Harcourt, ma il mio cuore è già impegnato. –
Non lasciò spazio alle incertezze: con l’ultima frase, gli fece ben capire che i sentimenti di lei non sarebbero mai potuti cambiare. Perché, quindi, illuderlo con false speranze?
Quando Alice finì, James sorrise.
- Sapete, sono veramente felice che siete stata sincera con me sin dal primo istante. – sorrise educatamente – Certo, un rifiuto non è facile da accettare, ma sono veramente grato per avermi detto la verità. –
Alice, per confortarlo, gli assicurò che la loro amicizia non sarebbe cambiata affatto.
Ora che si erano chiariti, Alice si era sentita finalmente libera.
Nel suo cuore c’era spazio solo per il Cappellaio. Probabilmente, non lo avrebbe mai più rivisto, ma il suo amore era vero e ci credeva profondamente.
Avrebbe dato tempo al tempo. Perché il tempo, si sa, è pieno di sorprese.
 
Quella notte, Alice aveva avuto un sonno tormentato.
Nel suo sogno vide qualcosa di molto strano e angosciante.
Si trovava dentro una grande casa. No, era un castello. Era dentro una grandissima camera che si vedevano solo nelle immense dimore delle famiglie ricche e nobili.
In una grandissima camera da letto, c’era Castagna. Sì, era proprio lei, l’aveva riconosciuta.
Era distesa nel proprio letto, terribilmente pallida e sembrava anche molto deperita.
Le sue labbra erano macchiate di sangue. Vide anche il Cappellaio che le stringeva la mano. C’erano anche tutti i suoi amici. Avevano tutti quanti un’aria orribilmente straziante di dolore. Alice provò ad avvicinarsi a Castagna, ma nessuno era riuscito a vederla . Era come uno spettro intangibile. Poi, vide la testa di Castagna inclinarsi di lato e, in un sospiro, apparve come morta.
Alice si svegliò di soprassalto in un bagno di sudore. Per tutto quel tempo non aveva mai avuto la possibilità di sognare il Cappellaio o di ritrovarsi nel Sottomondo. Quella volta, per la prima volta, aveva sognato qualcosa sui suoi amici sottomondiani. E non era stato affatto un sogno piacevole. Il suo cuore ebbe uno strano e bruttissimo presentimento.
Si era svegliata alle prime luci dell’alba. Era troppo presto, ma Alice si mise comunque i primi vestiti che riuscisse a trovare.
Prima di uscire di casa, trovò il tempo di prendere una carta e una penna e lasciò un biglietto scritto alla madre.
 
« Parto per una questione molto importante.
Gli amici non vanno trascurati, soprattutto se ci hanno sempre aiutati senza chiedere nulla in cambio. Ora tocca a me ricambiare. Non posso lasciare amici in difficoltà quando si trovano in situazioni spiacevoli.
Cercate di comprendermi.
A. »
 
Corse fuori di casa il più velocemente possibile, dirigendosi verso il parco.
La sua meta era il castagno che l’aveva portata dritta nel Sottomondo.
Lo trovò.
Sperava solo di non sbagliarsi. Bussò alla corteccia.
Il castagno emise un suono simile ad uno sbadiglio.
- Come ti viene in mente di svegliarmi così presto, signorinella? – la rimproverò.
Alice ringraziò il Cielo di poter parlare col castagno e, di conseguenza, di poter ritornare nel Sottomondo.
- Per favore, signor castagno, - implorò Alice – è molto importante. Credo che una mia amica si trovi in una brutta circostanza. –
Il castagno la interruppe, ancora preso dal sonno mattutino.
- Va bene, va bene. Basta che fai in fretta. Sto cercando di dormire. – il castagno le aprì il passaggio e Alice non perse tempo .
Entrò nel tronco e in pochi millisecondi si ritrovò catapultata nel Sottomondo.
– Pff! Non ha nemmeno detto grazie. Che sfacciataggine! – brontolò, intanto, il Castagno.
Quando Alice tornò nel mondo che da piccina definiva Il Paese delle Meraviglie, si mise a correre a perdifiato.
Ricordò, però, che se avesse voluto chiedere informazioni o indicazioni, avrebbe potuto fare riferimento agli alberi.
Per questo motivo, Alice chiese ai pioppi che le si presentarono davanti se sapessero dove si trovasse Castagna.
I pioppi non risposero, evidentemente, stavano ancora dormendo.
Ma con grande sorpresa, e fortuna, di Alice... ci pensarono le foglie a farlo per loro.
Una prima foglia dorata danzò davanti al suo viso, attirandone l’attenzione.
Poi venne seguita da un’altra di colore rossiccio, poi un’altra e un’altra ancora.
Quando furono un bel gruppetto di foglie, esse dissero in coro con voce cristallina.
- Seguici. Non è lontano. –
Aiutate dal vento, le foglie si librarono nell’aria e condussero Alice là dove alloggiava Castagna. Alice li seguì, continuando a ringraziarle per il loro aiuto.
Corse a più non posso, mentre dentro di lei albergava costantemente lo spiacevole presentimento.
 
 
 

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Capitolo 16
*** I desideri di Castagna ***


Ciao a tutti!
Vi prego, vi supplico, vi scongiuro... Non mi uccidete!
Perché? Ehm... non vi dico niente XD
Vi lascio solo alla lettura del capitolo XD
Grazie per tutto quello che continuate a fare per me.
Un BACIONE e BUONA LETTURA.

 
Le gentili foglie l’avevano condotta a quello che un tempo era il castello del Conte Gwyneth, ormai appartenente a Castagna.
Erano state molto disponibili con Alice e, una volta giunta a destinazione, le foglioline la salutarono mentre si disperdevano nel vento.
Alice corse verso il grosso cancello nero e lo trovò senza nessuna guardia. Era addirittura aperto. Accedervi non fu affatto difficile.
Mentre Alice entrava nel gigantesco portone d’ingresso, incrociò un uomo che aveva già avuto l’occasione di conoscere.
Era il dottor Angus Owl, lei lo riconobbe all’istante e anche lui riconobbe Alice a sua volta. E a preoccuparla era la sua aria da gufo decisamente sconvolta.
- Scusate... – Alice sperò con tutta sé stessa che il presentimento che la tormentasse la stesse solo ingannando – Dottor Owl, perché siete qui? E’ successo qualcosa a Castagna? –
- Signorina. – il medico si era tolto gli occhiali e asciugato la fronte con un fazzoletto, la sua voce non prometteva nulla di buono – Sono desolato di dovervi dare una terribile notizia un’altra volta. –
Il cuore di Alice mancò un battito.
- Cos’è successo? –
Il dottor Owl assunse un’aria professionale per non cadere nella debolezza.
- La signorina Castagna ha contratto la tisi da parecchie settimane. Forse, è stata contagiata da qualche poveretto già malato che era solita aiutare. –
Alice spalancò gli occhi, non credeva a quello che sentiva, ma il colpo di grazia non tardò ad arrivare.
- Purtroppo, la tisi le ha infettato drasticamente i polmoni. La febbre alta l’ha consumata. Se fate in tempo, potete andare in camera sua per darle un ultimo saluto. –
Gli occhi di Alice si gonfiarono di lacrime.
No, ripeteva tra sé. Non a Castagna, non ancora.
Prima la casa, poi la gamba, ora la tisi?
- No, no, non può essere... –
- Mi dispiace, signorina. – il medico prese ad incamminarsi – La sua stanza si trova alla seconda porta a destra. Sono molto addolorato anche io per quella povera ragazza. –
Alice non perse altro tempo e corse velocemente nella stanza indicatale dal medico.
- Castagna! – la sua voce echeggiò nella sala vuota del castello.
Trovò la camera ed entrò senza preoccuparsi di bussare.
Lì dentro, con un tuffo al cuore, Alice trovò Stregatto, Pincopanco e Pancopinco, Mally, il Leprotto, Bill, Bayard, McTwisp, Mirana e il Cappellaio. Tutti quanti riuniti intorno ad un grande letto dove era distesa Castagna, disperatamente bianca e terribilmente magra e livida, segnata dalla malattia.
Tutti si voltarono verso Alice, nonostante fossero lieti di vederla, i loro cuori erano pieni di tristezza.
Il Cappellaio le si avvicinò.
- Alice... – dai suoi occhi, Alice poté notare quanto il Cappellaio avesse pianto – Che triste vederti arrivare in un momento come questo. – si bloccò immediatamente, portandosi una mano alle labbra per soffocare un singhiozzo.
Alice si avvicinò a Castagna, la quale era ancora sveglia ma molto, molto debole.
- Castagna? Mi senti? –
Castagna si girò debolmente verso di lei e le allungò dolcemente una mano.
- Alice... Mia cara... – Alice le afferrò la mano, stringendola delicatamente mentre le lacrime scorrevano dai suoi occhi – Sei qui... –
Nessuno era riuscito a trattenere le lacrime. Tutti quanti erano molto affezionati a quella loro carissima amica che aveva fatto tantissimo per loro. Ed ora la vita la stava abbandonando.
Castagna riuscì a sorridere ora che aveva visto Alice.
Senza lasciarle la mano, richiamò l’attenzione di tutti quanti.
- Prima che il mio tempo scada, mi piacerebbe se sareste così gentili da esaudire i miei ultimi desideri... –
- Ma certo, cara. – pianse la povera Mirana – Tutto quello che vuoi. –
Castagna la guardò intenerita.
- La prima cosa che vi chiedo... è che questo castello diventi una dimora per i poveri... con delle botteghe di qualsiasi genere per offrire loro dei lavori, delle cucine per sfamarli e delle camere per farli riposare... – aggiunse anche le sarebbe piaciuto se avessero dipinto il castello con colori vivaci, togliendo quel lugubre nero.
- Naturalmente, Castagna. – assicurò Mirana – Hai veramente un cuore d’oro. -
Castagna si voltò verso il Cappellaio e Alice.
- A voi due, cari, vi chiedo solo una cosa... Che vi amiate ogni giorno come se fosse il primo... –
Alice e il Cappellaio si guardarono tristemente e commossi. Il Cappellaio mise una mano sulla spalla di Alice.
- Fatelo per me, per favore... – sorrideva Castagna e si rivolse ad Alice – Se dovesse trattarti male... distruggi il suo cilindro. – riuscì a ricavare una risatina collettiva.
Castagna non si sarebbe mai smentita, avrebbe sempre trovato il coraggio di sorridere anche nei momenti più bui della sua vita.
Alla fine, guardò il Cappellaio. Ma le sue parole erano rivolte a tutti gli altri.
- Potreste lasciarci da soli, per favore? Vorrei parlare con il mio fratellino. –
Nessuno, naturalmente, aveva obiettato.
Alice le lasciò la mano e, insieme agli altri, lasciò la stanza.
Il Cappellaio chiuse piano la porta e si sedette ai piedi del letto, guardando tristemente la sua sorellina in fin di vita.
- Qualsiasi cosa tu voglia da me, sorellina. – il Cappellaio le carezzava i capelli – Io la farò. Chiedimi tutto quello che vuoi. –
Castagna sorrise.
- Ti ricordi quando eravamo bambini? Quando bastava una sola canzone per rallegrare le nostre giornate? –
- Certo che me lo ricordo. – sorrise il Cappellaio, camuffando il proprio dolore.
- Eri così bravo anche ad inventare le canzoncine e le filastrocche, anche sul momento... – tossì violentemente e il Cappellaio le offrì un bicchiere d’acqua poggiato sopra il comodino adiacente. L’aiutò a bere, Castagna mandò giù piccoli sorsi.
 – Non ho mai capito come tu facessi... – continuò lei - E come fai tutt’ora. –
Il Cappellaio non tardò a risponderle.
- Vuoi sapere la verità? Non me lo spiego nemmeno io. – il Cappellaio, quando Castagna finì di bere, rimise il bicchiere sul comodino.
- Beh... – Castagna prese un altro respiro – Mi piacerebbe se recitassi la nostra filastrocca... Io mi sento molto stanca e non posso cantarla con te... –
- Ma certo, sorellina. – le carezzò la guancia pallidissima, le asciugò il sudore dalla fronte con un fazzoletto pulito.
Poi, si avvicinò di poco a lei e iniziò ad intonare la loro filastrocca che li aveva uniti da quando erano bambini.
- Dolce, buona e marroncina, dell’Autunno la regina... –
 
Nel suo palazzo, intanto, Tempo stava proseguendo il suo lavoro. Aprì il cancello della lucente sala dei Sottomondiani Viventi e con lo sguardo cercava l’orologio che stesse segnando il suo ultimo ticchettio. Chiuse gli occhi cercando di sentire quale di quegli orologi segnasse il suo ultimo tick. O l’ultimo tock.
 
Continuando a carezzarle i capelli, il Cappellaio notò che gli occhi di Castagna si erano fatti più pesanti per riuscire a mantenerli aperti, ma si sforzò di continuare a cantare, incoraggiato dal sorriso di lei.
- ... Esce sempre dal castello... per andare dall’amico col cappello... –
 
Tempo aprì gli occhi azzurro zaffiro.
Individuò l’orologio.
- Lightwood. Contessina Gwenhwyfer Lightwood. – indipendentemente dal fatto che conoscesse o meno i sottomondiani, Tempo non poteva fare niente per sovvertire l’ordine di sé. Seppur dispiaciuto, richiamò a sé l’orologio che avrebbe dato il suo ultimo rintocco.
 
Castagna chiuse gli occhi e il suo respiro si abbreviava, mentre veniva cullata dalla voce del Cappellaio. 
- ... E il divertimento si avvicina... – la voce del Cappellaio, notando lo stato di Castagna, si fece più triste - ... quando il fratellino incontra la sorellina. – prima che accadesse quello sarebbe dovuto accadere, il Cappellaio posò un dolce bacio sulla guancia della sua sorellina. Come un fratello maggiore che dona un bacio della buonanotte ad una sorellina ammalata.
 
- Gwenhwyfer, detta Castagna. – disse Tempo guardando l’orologio – Il tuo tempo è scaduto. – detto questo, rammaricato, lo chiuse in un solo colpo – Hai trascorso una vita breve, ma sono sicuro che chi ti ha voluto bene ti ricorderà per sempre come meglio meriti. – Tempo racchiuse l’orologio nella sua mano coperta dal guanto, per poterlo conservare per sempre nella buia sala dei Sottomondiani Deceduti.
 
Il Cappellaio si staccò lentamente da quel tenero bacio quando si rese conto che Castagna non stesse più respirando. Singhiozzò.
Carezzò il viso di lei, non accettando ancora che la morte se la fosse portata via.
- Buonanotte, sorellina. –
 
Quando Alice e gli altri videro la porta della camera di Castagna aprirsi, ebbero una morsa nel petto quando videro il volto del Cappellaio che si sforzasse di trattenere un pianto dirotto e disperato.
I suoi occhi espressivi avevano detto già tutto, ma la prova definitiva di tutto era stato il fatto che il Cappellaio si fosse tolto il cilindro dalla testa.
- Non disturbiamola. Castagna... sta dormendo. –
Le lacrime uscirono a fiotti dagli occhi di ognuno di loro, nessuno escluso.
Ognuno cercò di darsi conforto l’un l’altro stringendosi in un doloroso abbraccio.
Alice pianse sulla spalla del Cappellaio,  non voleva assolutamente crederci.
- Perché a lei? – singhiozzava Alice – Non è giusto! –
- E’ il destino dei più buoni. – spiegava Stregatto – E’ sempre crudele con chi ha tanto da dare. –
- Vorrei essere morto io al suo posto. – disse il Leprotto, uno dei rarissimi momenti in cui era riuscito a reprimere la propria pazzia – Castagna era una delle persone che mi avesse accettato per quello che sono. – alternava con le lacrime – Nemmeno la mia famiglia mi ha mai più accettato dopo che sono matto! – esplose in un pianto, mentre Bill lo abbracciava.
- Mi ha sempre dato coraggio in tutto quello che facevo. – disse la lucertola, cercando di asciugarsi gli occhi – Non mi ha mai fatto pesare il fatto che io fossi un codardo. –
I gemelli si strinsero per aiutarsi a vicenda.
- Povera creatura. – piangeva McTwisp
- Non ho mai conosciuto una persona più buona di lei. – aggiunse Mally mentre si asciugava le lacrime.
- Non dobbiamo piangere per lei. – guaiva Bayard – Ma dobbiamo essere tutti forti. Castagna non avrebbe mai voluto vederci soffrire per lei. –
Mirana, cercando di trattenere i singhiozzi, spalleggiò il segugio.
- Bayard ha ragione. Dobbiamo essere tutti forti. Inoltre, se davvero le abbiamo voluto bene, dobbiamo realizzare quello che la poverina ci ha chiesto. –
Il Cappellaio e Alice annuirono.
Quello che Bayard e la Regina Bianca avessero detto non aveva fatto nemmeno una grinza.
Avevano tutti quanti, sentendosi in debito con la loro amica dal cuore d’oro, un compito molto importante da svolgere.
Ma prima di tutto, c’erano dei procedimenti da seguire in base alle tradizioni di Sottomondo quando una persona passava a miglior vita. Alice, dopo che le avevano spiegato cosa fare, avrebbe eseguito ogni istruzione per filo e per segno.
Il rito funebre si sarebbe dovuto celebrare quel giorno stesso, non oltre la mezzanotte poiché, come richiedeva l’usanza, Castagna doveva essere cremata e restituita alla terra: il suo corpo non doveva decomporsi malamente, soprattutto se in vita era stata una brava persona. Non lo meritava, sarebbe stato troppo macabro.
Tutti si diedero da fare.
Il Cappellaio e McTwisp fermarono i propri orologi all’ora esatta della scomparsa di Castagna, in modo da poter confondere gli spiriti maligni, dando così abbastanza tempo all’anima di Castagna per trovare la via per la Luce.
Pincopanco e Pancopinco e il Leprotto coprirono tutti gli specchi del castello, così facendo avrebbero impedito all’anima defunta di rimanere intrappolata in un riflesso.
Bill, Mally , McTwisp, Bayard e Stregatto andarono a diffondere la triste notizia per le case, in modo da poter celebrare il rito di ultimo addio.
Quando una persona moriva, i familiari e gli amici ne lavavano e ne vestivano il corpo, rendendola presentabile a tutti: a questo, naturalmente, ci avrebbero pensato Mirana e Alice.
Il corpo di Castagna venne lavato con acqua con petali di rose bianche e, poiché era morta a causa di una malattia, la tradizione voleva che sarebbe stata vestita di bianco.
E anche il lutto doveva seguire delle determinate regole: la finestra più vicina a Castagna doveva rimanere aperta per due ore dopo la pulizia e la vestizione, per consentire all’anima di poter uscire di casa se lo avesse voluto.
La notizia della scomparsa di Castagna era arrivata alle orecchie di tutti in pochissimo tempo.
Non c’era un povero o chiunque la conoscesse anche da poco tempo che non avesse versato una lacrima per lei.
Per colei che avesse rinunciato al suo titolo di Contessina per dedicarsi interamente al bene degli altri.
Tutti si erano presentati al castello per poter dare un ultimo saluto alla giovane.
Partecipò anche la Regina Rossa, informata da suo marito. Tempo, purtroppo, non aveva potuto partecipare al funerale, poiché troppo indaffarato con il suo infinito compito di controllare che sé stesso procedesse come avrebbe dovuto.
Dato che Castagna in vita era stata buona e generosa, tutti avevano raccolto dei fiori colorati, chiudendoli in un cesto, aggiungendo anche delle foglie appena cadute dagli alberi, visto che la poveretta era deceduta nella stagione autunnale.
La tradizione voleva che nessuno, fatta eccezione delle ultime persone che avessero assistito alla morte della persona interessata, entrasse nell’abitazione.
Il Cappellaio era rimasto nella camera di Castagna, non disse nemmeno una parola.
Naturalmente, in segno di rispetto, non aveva ancora indossato il cappello.
Castagna, avvolta in quell’abito di seta bianca, sembrava quasi una giovane sposa.
Mirana e Alice l’avevano preparata proprio bene, era bellissima. Sembrava che dormisse.
Guardò dalla finestra e vide che vi era una grande folla.
Non gli sembrò corretto farli attendere.
Raccolse il leggero corpo di Castagna tra le braccia, colse l’occasione di stringerla al proprio petto. Dalle proprie labbra non era uscita una parola.
Uscì dalla camera con Castagna in braccio e guardò i presenti.
Alice, Mirana, il Leprotto, i gemelli, Bayard, Bill, Stregatto, Mally e McTwisp annuirono.
Assicurarono di avere preparato tutto. Era tutto pronto.
E anche loro erano pronti.
Pincopanco e Pancopinco aprirono il portone d’ingresso per poter fare passare il Cappellaio e una grande folla li attendeva, tra pianti dirotti e qualche urlo di dolore.
Mentre il Cappellaio camminava, alcuni tra i presenti lanciarono foglie e petali di fiori come messaggio di affetto alla defunta. Tarrant proseguiva a testa bassa, dirigendosi verso il punto in cui Castagna avrebbe dovuto essere adagiata.
Alice si asciugava le lacrime.
Pochi metri e raggiunse un letto di legno, avvolto da tantissime foglie dorate, rossicce, e una moltitudine di fiori colorati. Adagiò il corpo della sua sorellina.
Non versò più una lacrima, poiché le aveva già consumate tutte quante.
Si limitò a carezzarle i capelli e la fronte.
Si inginocchiò ed emise un sospiro.
Alice, Mirana e il resto dei suoi amici si avvicinarono al corpo adagiato.
Alice reggeva un lenzuolo bianco piegato.
La Regina Bianca aveva tra le mani una torcia infuocata in un’estremità.
Alice coprì interamente il corpo di Castagna con il candido lenzuolo.
Mirana, in seguito, la porse al Cappellaio: come ultimo rito e come segno di affetto, il corpo doveva essere cremato dall’ultima persona che avesse assistito all’ultimo respiro del defunto.
Il Cappellaio strinse la torcia. Era cresciuto con Castagna, avevano fatto molte cose insieme, ed ora gli sarebbe toccato anche bruciarla?
Alice non riuscì ad immaginare quanto dolore si celasse nel cuore del Cappellaio e rese omaggio in silenzio al suo enorme coraggio di mantenersi sano e forte.
Tarrant adagiò il fuoco sul letto di legno, il quale prese subito ad ardere.
Urla strazianti echeggiarono, alcuni invocavano il nome, anzi, il soprannome, di Castagna, chiedendole il perché di quel tragico destino.
Perché proprio a lei? Il destino non sapeva fare i conti? Come gli veniva in mente di colpire una persona così buona? E cosa aveva da dire, invece, dei malvagi? Che conducevano una vita lunga e piena di soddisfazioni?
Il Cappellaio si girò, non voleva assistere al corpo della sua sorellina che venisse avvolto dalle fiamme. Aveva già fatto abbastanza.
Mirana e gli altri avevano, comunque, continuato a  versare lacrime amare.
Quando il Cappellaio vide Alice piangere ancora, si fece forza e portò il volto di Alice al proprio petto, cercando di incoraggiarla e di confortarla.
Inspirò e la strinse a sé.
 
 

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Capitolo 17
*** Danza tra i tavoli fluttuanti ***


Ciao a tutti!
Per farmi perdonare, ho deciso di pubblicare un nuovo capitolo di seguito. Scusate se il capitolo è corto, ma il prossimo sarà abbastanza lungo XD
Nel capitolo precedente ( dopo aver ricevuto minacce... no, non fate quella faccia: sto scherzando XD ), ho voluto solo darvi un piccolo insegnamento: non sempre le persone che sembrano buone nascondono intenzioni malvagie. A volte, le persone che sembrano buone... sono davvero buone.
E in questo nuovo capitolo io, anzi, il Cappellaio, vi darà un secondo insegnamento.
Quale?
Non ve lo dico XD
Un BACIONE e BUONA LETTURA!
 

 
 
Alice si asciugò gli occhi e guardò nuovamente il Cappellaio.
Pochi secondi e i due si erano come letti nel pensiero.
Nei loro cuori si promisero che avrebbero fatto di tutto per mantenere fede alla promessa che avessero fatto a Castagna.
E non solo loro, ma anche tutti gli altri.
Tutti quanti giurarono a sé stessi che avrebbero lavorato sodo affinché i desideri di Castagna divenissero reali.
 
E così era stato, soprattutto grazie alle spese contribuite da parte della Regina Bianca.
Nel giro di qualche giorno e il castello dell’ormai ex Conte Gwyneth era stato interamente ristrutturato: non vi era una sola traccia di nero e, al posto di quel cupo colore, regnava un sobrio colore molto chiaro.
Il giardino si estendeva in una vasta gamma di rose di ogni colore, con molti gigli sparsi qua e là, decorato anche da fontane scolpite artisticamente in ogni dettaglio.
All’interno del castello c’era tutto quello che Castagna avesse chiesto: nei piani superiori vi erano le camere da letto, decorate con tante tende variopinte e con morbidi letti coperti da lenzuola sempre pulite; il resto delle sale comprendevano botteghe di vario genere, da quelli di falegnameria a quelli per sarte, poi vi erano anche delle grandi cucine dove ognuno era libero di preparare degli ottimi piatti o, semplicemente, per sfamarsi accomodandosi nell’immensa sala dove consumare i pasti.
Da quando la ristrutturazione del castello era terminata, il Cappellaio, Alice e gli altri si erano dati un gran da fare e gli ospiti non mancavano mai. Ne arrivava sempre almeno uno al giorno.
Era così bello, pensavano, poter aiutare gli altri e conobbero anche loro la sensazione che provasse Castagna quando era consapevole di sentirsi utile donando un grande sorriso agli altri. Era meraviglioso.
La fatica non pesava a nessuno di loro quando vedevano sorridere le persone alle quali avevano offerto aiuto.
Mirana, infine, ebbe un’eccellente idea: avrebbe fatto in modo che quel castello diventasse una vera e propria casa per chi avesse bisogno di aiuto, sfruttando il patrimonio di Castagna e gran parte del proprio per pagare tutte le spese. I meno abbienti, i vagabondi e i disoccupati non potevano che esserne più felici: pochi giorni e a Marmorea non vi era più un solo povero.
Uomini e padri di famiglia avevano trovato in quel castello dei lavori onesti come falegnami, cuochi o giardinieri, così come le donne, le quali, la maggior parte, lavorava nelle cucine e nella bottega per sarte.   
Mirana si sarebbe presa tutta la responsabilità di quel castello, così da poterlo tenere al sicuro da ogni male e – per prevenire eventuali incidenti come aveva fatto in passato il Conte Gwyneth – da ogni forma di sopruso. Chi, dopotutto, meglio di lei?
A Castagna sarebbe piaciuto molto, dovevano aver pensato il Cappellaio e tutti gli altri.
Chissà se da qualche parte era Castagna riuscisse a vedere tutto quello che avevano fatto per lei? Se lo avesse fatto, probabilmente, li avrebbe abbracciati tutti ad uno ad uno, con un meraviglioso sorriso stampato in volto.
 
Quel pomeriggio, dopo che Mirana aveva annunciato l’appropriamento del castello, il Cappellaio aveva proposto limpidamente ad Alice di venire con lui per prendere un tè.
Mally e il Leprotto erano entusiasti, era da molto tempo che non prendevano un tè tutti insieme, ma il Cappellaio fece “no” con l’indice.
Educatamente, disse loro che voleva prendere il tè solo con Alice.
Mally e il Leprotto sbuffavano e brontolavano.
Alice, invece, si era insospettita, ma aveva accettato ugualmente.
Il Cappellaio prese Alice per mano e, in silenzio, si incamminarono verso il Mulino dove era solito prendere il tè. Per tutto il viaggio non aveva detto una sola parola.
Alice aveva taciuto davanti a quegli occhi pieni di vivacità, ma, allo stesso tempo, seri.
Non sapeva se fosse preoccupato o nervoso.
Camminavano a passo veloce e non ci misero molto ad arrivare.
Una musica stonata echeggiava e Tarrant si era reso conto che il giradischi era ancora in funzione. Il Leprotto doveva averlo sicuramente dimenticato. Il Cappellaio spostò la puntina di lettura e fermò la musica.
Poi cercò sotto quel tavolino un disco adatto. Lo trovò e rimise la puntina di lettura, in modo da riprodurre una melodia diversa. Era calma e dolce.
Poi ritornò da Alice e le offrì gentilmente la sedia al capotavola, il posto degli ospiti come lui la definiva, facendola accomodare sulla poltrona ottomana senza schienale.
Afferrò una teiera e le versò il tè già di per sé pronto e caldo.
Alice non si era azzardata nemmeno di immaginare come fosse possibile che quel tè fosse pronto al punto giusto, senza la necessità di essere preparato, poiché in quel mondo le meraviglie e le sorprese erano così tante che non c’era mai il tempo di farsi delle domande.
Ad ogni modo, Tarrant le offrì anche un dolcetto, poggiandolo accanto alla tazza che fumava per quel liquido bollente e ambrato.
Successivamente, si mise al suo solito posto, dall’altra estremità del capotavola, sulla sua poltrona di velluto preferita. Versò il tè anche sulla propria tazza e, alzando un mignolo, iniziò a sorseggiare.
Alice fece lo stesso, dopo aver dato una soffiata per raffreddare la calda bevanda.
- Mi manca Castagna. – disse lei a bruciapelo.
- Manca anche a me. – ammise il Cappellaio – Ma in compenso, stiamo facendo un buon lavoro, non credi? –
Alice annuì e il Cappellaio continuò a parlare.
- Tu credi che ci stia guardando? –
Alice poggiò la tazza sul tavolo e raccolse le idee.
- Sono sicura che sarà molto fiera di noi. –
- Non ancora. – disse il Cappellaio posando la propria tazza – Non abbiamo ancora fatto abbastanza per renderla effettivamente fiera di noi. -
- Perché? – Alice piegò la testa di lato – In cosa abbiamo mancato? –
Il Cappellaio le donò uno sguardo che Alice non riuscì a definire. Sembrava enigmatico, forse anche furbo e furtivo.
- Lo sai qual è il modo migliore per dimenticare ogni affanno? – domandò il Cappellaio e Alice si chiese cosa c’entrasse quella domanda con la loro conversazione e, di colpo, la voce di Tarrant aveva assunto un timbro tipico di quando si recita una filastrocca – Quando la tristezza mi ha distratto, io per dimenticar... rido come un matto! – e il Cappellaio, inspiegabilmente, aveva iniziato a sganasciarsi dal ridere come se avesse ascoltato una storia molto buffa.
Alice era solo confusa, ma a farle perdere l’attenzione dal Cappellaio era stata un’altra sorpresa fuori dal comune: la poltrona dove era seduta, i tavoli con le teiere, tazze e dolci, le sedie e il Cappellaio seduto sulla propria poltrona... avevano iniziato a sollevarsi da terra.
Alice si spaventò di poco e si appoggiò ai braccioli, stringendo saldamente.
Il Cappellaio continuava a ridere di gusto fino a che non furono sufficientemente in aria.
- Ma cosa... – Alice era sempre più basita – Com’è possibile? –
- Non è divertente? – ridacchiava il Cappellaio.
Alice non riusciva a rispondere. Non che soffrisse di vertigini, ma quella situazione era alquanto strana.
Il Cappellaio, al contrario, si era sentito a suo agio. Non solo. Si alzò dalla poltrona e prese a camminare sopra i tavoli.
Questo è proprio matto! Doveva avere pensato Alice.
Il Cappellaio, sorridente, si era avvicinato a lei e le offrì la mano.
- Vieni, Alice. –
Alice scosse il capo, aveva un po’ paura di cadere.
- Non temere. – sorrise più largamente il Cappellaio – Non ti faccio cadere. Fidati di me. –
Alice, a quel punto, non poté rifiutare. Si sarebbe fidata del Cappellaio anche se gli avesse detto che sott’acqua fosse possibile respirare.
Gli afferrò la mano e, coraggiosamente, salì anche lei sopra i tavoli. Accidentalmente, un suo piede urtò contro una tazza e la fece cadere al suolo.
- Mi dispiace. –
Il Cappellaio ridacchiava divertito.
- Non fa niente. –
Dopodiché, con la propria mano destra prese la mano sinistra di lei, sollevandola fino alla sua spalla. Le poggiò mano destra sulla schiena e, uniti i piedi, il Cappellaio iniziò ad effettuare una lenta danza sopra quei tavoli fluttuanti.
Alice temeva di cadere, ma era disposta a fidarsi del Cappellaio, continuando a danzare tra le note della musica prodotta dal giradischi.
- Alice, Castagna ci ha insegnato una cosa molto importante. –
Alice lo guardò negli occhi mentre continuavano a danzare, senza preoccuparsi di gettare per terra le tazze e i dolci.
- Oggi ci siamo, domani chi lo sa? – una piccola piroetta – Per questo motivo, mia cara, dobbiamo fare tutto quello che ci sentiamo di fare finché ne abbiamo il tempo. –
Alice non aveva detto una parola e sapeva che il  Cappellaio avesse detto la verità.
Un’altra piroetta e altri passi a destra.
- Ti ho lasciata andare via già troppe volte. Troppe volte ho sbagliato. – continuava il Cappellaio – E ancora una volta il destino mi ha dato la possibilità di rivederti. –
Il Cappellaio aveva interrotto la danza e la guardò nel più profondo degli occhi.
- Ed ora non voglio più perdere altro tempo. –
Alice non capì a cosa si riferisse il Cappellaio.
Si allontanò di poco da quel piacevole contatto fisico e, senza preoccuparsi di stare sopra i tavoli lontani da qualche metro da terra, si inginocchiò davanti a lei e le prese ambo le mani.
Alice ebbe una morsa al cuore. Il Cappellaio si leccò le labbra nervosamente, ma era deciso più che mai a non fermarsi.
- Alice, mia cara, è per questo motivo che ti chiedo... vuoi diventare la mia sposa? –
Alice fu colta da un forte batticuore, arrossì e impallidì insieme.
Si coprì le labbra con una mano, non credeva alle sue orecchie.
Il Cappellaio la guardava speranzoso, con l’ansia che lo divorava temendo una risposta negativa.
Alice si buttò addosso a lui, stringendogli il collo con le braccia e baciandogli la guancia.
- Sì, Cappellaio! Voglio essere la tua sposa. –
Il Cappellaio, con il cuore in estasi dalla gioia, abbracciò Alice a sua volta.
Non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare.
Lentamente, i tavoli scesero fino a che non toccarono terra.
Tra le foglie che fluttuavano, con un vento non molto freddo dell’Autunno, la stagione che rivelasse con tutta la sua saggezza quali fossero le nuove vie aperte per le proprie vite, Alice e il Cappellaio non si lasciarono da quell’abbraccio e, per coronare il tutto, unirono le loro labbra in un bacio carico di affetto sincero, mentre i loro cuori palpitava di un sentimento puro e forte.
Avevano esaudito l’altro desiderio di Castagna.
 

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Capitolo 18
*** Preparativi particolari ***


Ciao a tutti!
Come promesso, questo capitolo è un po’ lunghetto ( e, volendo, l’ho ritagliato un po’ ), quindi non vi trattengo un minuto di più.
Se dovreste notare qualcosa che non vi aggrada, vi avverto già da ora perché, come sapete, ci tengo molto ad essere sincera con i miei lettori: ho preso ispirazione da una serie tv e ho fatto di tutto per NON plagiare. Se così non fosse, allora mi accingerò a modificare tutto.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!
 
 
Come può un avvenimento così intimo e personale, come la proposta di un matrimonio, rimanere segreto per un po’ di tempo, per non creare subito una vasta pubblicità?
Se gli innamorati non aprono bocca, allora può anche durare in eterno.
Ma se aggiungiamo un dettaglio, allora le cose possono andare diversamente: il Cappellaio e Alice, benché tra loro vi sia sempre stata una certa alchimia, avevano due caratteri distinti.  Alice era riservata, il Cappellaio, invece, non aveva nessuna paura di manifestare i propri stati d’animo. E quando era innamorato... perdeva la testa.
Durante l’ora del tè, purtroppo, incurante della presenza di Mally e del Leprotto, aveva dato il libero sfogo alla sua gioia di avere chiesto la mano ad Alice.
Il suo atteggiamento non era passato di certo inosservato: per esempio, mentre versava il tè ad Alice con fare – esageratamente – smielato, aggiungeva frasi troppo sdolcinate del tipo “Vuoi un altro po’ di tè, dolce confettino?”, “Ci vuoi dello zucchero, mia zuccherosa caramella di fragola?”.
Roba da far strapazzare la pelliccia! Pensava Mally.
Ma il colpo finale, poveretti, fu quando il Cappellaio si era alzato dalla sua poltrona e si era messo a cantare quasi come un cantante lirico per la sua Alice.
- Aliiiiceeee! Aliiiiceeeee! Dolceeee miiiaaaa Aliiiiceeeeee! –
Alice era rossa di vergogna, nascondendo ermeticamente il viso con una mano, ma in un certo senso si sentiva lusingata da tante attenzioni.
Certo, era un po’ fastidioso tante smancerie davanti ai loro amici, ma sapeva che non poteva assolutamente fare nulla per dare un freno a quel Cappellaio così innamorato.
- Vuoi smetterla? – urlò Mally seccato – E’ tutto il giorno che ci fai una testa così – allargò le mani sopra il suo cranio come per toccare una mongolfiera invisibile – con questi tuoi modi così assurdi! Abbiamo capito che tu e Alice vi volete bene, ma la tua sdolcinatezza è tale da fare venire la carie! –
Il Leprotto, invece, non faceva altro che rimpinzarsi di gustosissimi dolcetti alla panna e fragole caramellate.
Il Cappellaio, invece, non aveva fatto caso agli ammonimenti di Mally e continuava con il suo entusiasmo da innamorato.
- Perché dici così? – il Cappellaio sfiorò i capelli di Alice che se ne stava ancora seduta al suo posto – Ti crea fastidio che io voglia tanto bene ad Alice? –
Alice alzò lo sguardo verso Tarrant e gli regalò un sorriso complice, senza dire una parola.
Mally ebbe da ridire.
- Non mi creerebbe alcun fastidio se tu non ti dessi a tutto questo teatro di moine. – si rizzò in piedi, sempre più seccato – Non potete volervi bene come tutte le coppie normali? –
- E come si amano le coppie normali? – domandò gentilmente Alice.
- Discutono su chi ha ragione, - elencava Mally – litigano, non si parlano per settimane e per dimenticare i loro problemi di coppia vanno dagli amici per lamentarsi l’uno dell’altra. –
Il Cappellaio mise le mani sopra le spalle di Alice.
- Mally, Mally, Mally. – scuoteva il capo – Non lo sai che io non sono del tutto normale? O, forse, non lo sono proprio. – spostò lo sguardo verso Alice – Nemmeno Alice lo è. Non se ha deciso di diventare la sposa di un mezzo matto come me. –
Alice raggelò. L’aveva detto. Il Cappellaio l’aveva detto davanti ai loro amici.
La mascella di Mally si spalancò enormemente e al Leprotto, che aveva sentito anche lui, andò di traverso un dolcetto.
Il Cappellaio sorrise a trentadue denti e il suo entusiasmo triplicò quando confermò quanto avesse detto.
- Sissignori, - carezzava i capelli di Alice mentre lo diceva -  io e Alice abbiamo deciso di sposarci. –
Mally non sapeva se essere felice o cos’altro. Non sapeva cosa il suo cuore stesse provando per primo. Solo dopo essersi ripreso dallo shock, era corso velocemente verso il Cappellaio con occhi pieni di gioia.
Tarrant lo afferrò per le mani e il ghiro gli si buttò letteralmente sul collo e lo abbracciò per il colletto, aggrappandosi al foulard.
- Oh, Cappellaio! Sono così felice per voi! –
Alice sorrideva. Forse, disse tra sé, era stato meglio così. D’altronde, a causa dell’entusiasmo del Cappellaio, il segreto non sarebbe durato a lungo.
Il Leprotto si mise a saltare letteralmente dalla gioia, euforico per quella notizia.
- Si sposanooooooooo! Il Cappellaio e Alice si sposaaaanooooooo! –  e prese a canticchiare le melodie di un matrimonio.
- Avete già deciso quando sposarvi? – domandò il ghiro sistemandosi sul cilindro di Tarrant.
- Non ancora. – rispose Alice.
- Vi serve un tema per il vostro matrimonio. – osservò il Leprotto e poi i suoi occhi si posarono sopra un dolcetto – Dolcino! –
- Ha ragione. – concordava Mally e quando seppe che Alice e il Cappellaio non avessero ancora deciso che tema usare, un’idea balenò nella testa del ghiro – Potremmo aiutarvi noi, se lo vorrete. –
Alice era perplessa, ma il Cappellaio, conoscendo i suoi amici, non sembrava affatto preoccupato.
- Perché no? Sarebbe davvero bello ricordare un evento così speciale, soprattutto se a renderlo tale hanno contribuito anche i nostri più cari amici. – disse il Cappellaio scaturendo ad Alice una certa fiducia. Prese la mano di Alice e la portò alle labbra per posarvi un piccolo bacio – Cosa ne pensi, mia cara? -
Ad Alice andò più che bene, però, ebbe solo una raccomandazione.
- Ho solo una richiesta. –
- Ma certo. – assicurò il Cappellaio – Tutto quello che vuoi, mia adorata. –
- Ciò che chiedo, è solo la semplicità. – propose Alice.
- Non c’è problema. - rispose il Cappellaio – Dopotutto mi sposi per questo. – prese a sogghignare con fare lusinghiero.
Alice e Mally osservavano perplessi il Cappellaio e poi si guardarono negli occhi: chi glielo diceva, adesso, al Cappellaio che Alice si stesse riferendo al tema del loro matrimonio?
 
La notizia di due anime gemelle pronte a sposarsi non rimane di certo nascosta nell’ombra quando si hanno due amici come Mally e il Leprotto ( anzi, soprattutto il Leprotto ) pronti a voler dare una mano per rendere tutto perfetto.
Poche ore e la notizia era già arrivata alle orecchie di tutti. Da McTwisp a Pincopanco e Pancopinco, da Bill a Stregatto, da Bayard alla Regina Bianca, dalla Regina Rossa a Tempo.
C’è forse bisogno di descrivere quanta gioia albergasse nei cuori di ognuno di loro (escludendo la Regina Rossa che, si sa, possiede un carattere un po’ più arcigno ma che, comunque, avrebbe dovuto partecipare al matrimonio poiché Alice e il Cappellaio erano stati presenti al suo) ? Probabilmente no.
E quando Mally e il Leprotto dissero che Alice e il Cappellaio avevano lasciato a loro il libero spazio di creare per loro un tema matrimoniale, quasi tutti quanti si erano offerti di fare la propria parte.
- Cerchiate di non esagerare. – aveva saggiamente osservato Bayard, ben sapendo che i suoi amici, per quanto potessero essere speciali, tendessero anche a lasciarsi prendere la mano.
Ma l’entusiasmo alle stelle nell’apprendere quella notizia era stata la famiglia del Cappellaio. Per quell’occasione, Alice e il Cappellaio avevano deciso di informarli di persona.
Quel pomeriggio erano andati nella casa degli Hightopp ed erano molto tesi e carichi di gioia all’idea di dover dare quella meravigliosa notizia.
Alice non avrebbe mai dimenticato lo sguardo dei genitori di Tarrant quando la rividero dopo tanto tempo. Ai loro occhi, fino a quel momento, Alice era stata colei che li aveva salvati dalle grinfie della Regina Rossa e che avesse ristabilito la pace tra il Cappellaio e  Zanik, il padre di quest’ultimo.
Ma quando Tarrant  presentò ai suoi genitori Alice come la sua futura sposa, i loro sguardi erano mutati.
Il cuore della signora Higtopp mancò un battito. Zanik era rimasto di sale.
La loro salvatrice sarebbe diventata anche la loro nuora?
Non potevano desiderare di meglio.
La signora Hightopp abbracciò il figlio con tutta la forza che avesse in corpo e poi strinse la mani di Alice, felicissima di poterla accogliere come una figlia.
Zanik non poteva che sentirsi più felice. Sorrise beato a suo figlio e senza peli sulla lingua gli disse che non avrebbe potuto scegliere una moglie migliore.
Lo so, era stata la risposta del Cappellaio.
Alice si sentì esplodere dalla felicità. Cosa c’era di più bello di sposare l’unico vero uomo che l’avesse fatta sentire amata – dopo suo padre – e di essere accettata calorosamente dalla famiglia di lui?
Zanik, però, aveva una domanda molto importante da fare ad Alice.
- Signorina, perché avete deciso di sposare mio figlio? –
Quella domanda aveva incuriosito tutti quanti, ma Alice sapeva già cosa rispondere. Non aveva nemmeno voluto prendersi più di un secondo per trovare le parole giuste.
- Lui prende la vita con allegria. E’ sempre armonioso e festaiolo più che mai. Ovunque passa, lascia la sua scia di colore e vivace follia. Non ha paura di mostrare ciò che prova. E’ un libro aperto di emozioni. Ed è per questo che non potrei scegliere un marito migliore. -
La madre del Cappellaio, si asciugò una lacrima di commozione.
Il Cappellaio era tentato di fare altrettanto, ma in presenza del padre aveva preferito trattenersi. Ma il suo stato d’animo glielo si leggeva in faccia.
Zanik le sorrise largamente.
Per tanto tempo era convinto che il figlio, per via del suo carattere ancora troppo innocente e poco serio, non avrebbe mai potuto trovare nessuna disposta a trascorrere il resto della propria vita con lui. Ma, evidentemente, qualcuna c’era. E chi meglio di Alice?
 
Non avrebbero potuto trascorrere una giornata migliore. Solo quando furono di nuovo soli, il Cappellaio colse l’occasione di ringraziare Alice con tutto il suo cuore per avere rivelato alla sua famiglia ciò che pensasse di lui.
Non se lo aspettava proprio. Si sentiva profondamente onorato che Alice avesse scelto proprio lui.
Ma la giornata non era mica finita lì.
 
Ad attenderli nel Mulino, dove erano soliti prendere il tè, c’erano tutti quanti i loro amici. Mirana compresa.
Trovarli lì aveva fatto nascere nei volti di Alice e del Cappellaio dei grandissimi sorrisi e già immaginavano il motivo di quella visita: Mally e il Leprotto dovevano avere già sparso la voce.
E ad aumentare la sorpresa era il fatto che tra loro ci fosse anche la Regina Rossa.
- Congratulazioni! – avevano detto in coro e questo fu più che sufficiente per provare che Alice e il Cappellaio non si fossero sbagliati.
Il Cappellaio e Alice si sedettero a tavola per unirsi al tè tutti insieme.
Mally prese la parola.
- Prima che arrivaste, abbiamo parlato molto dei preparativi del vostro matrimonio. –
- Sì, sì, sì, – dopo altri dieci “sì” di fila, il Leprotto aggiunse dell’altro – All’inizio eravamo in difficoltà, così anche gli altri hanno deciso di darci una mano. –
- Davvero? – domandò Alice e li ringraziò tutti quanti.
- E siete arrivati ad una conclusione? – chiese il Cappellaio mentre versava il tè ad Alice e alla Regina Rossa.
- Io mi astengo. – disse Stregatto mentre mescolava lo zucchero nel suo tè con il cucchiaino.
- Che vuoi dire? – si preoccupò Alice.
- Anche io. – aggiunse McTwisp cercando di distrarsi bevendo il suo tè.
- E anche io. – sbuffò Bayard.
Anche il Cappellaio aveva iniziato ad insospettirsi, ma la risposta non tardò ad arrivare.
Iracebeth prese immediatamente la parola.
Per quanto non la entusiasmasse l’idea del matrimonio di Alice e del Cappellaio, Iracebeth adorava poter mostrare a tutti quanti quanto fosse assolutamente brava nei preparativi e nelle occasioni speciali. Inizialmente, avrebbe voluto avere lei tutti i meriti, ma Mirana era riuscita a convincerla che non era giusto comportarsi così egoisticamente. Ovviamente, Mirana era riuscita a farla ragionare.
- Stiamo veramente procedendo a gonfie vele. – disse Iracebeth con accento autoritario – Tutto si svolgerà alla Rocca Tetra. –
- Nel vostro castello? – chiese Alice e al Cappellaio per poco non andò di traverso il proprio tè che stesse sorseggiando.
- Sì, proprio quello. – confermò Iracebeth.
Mirana sorrise dolcemente.
- Mia sorella ha pensato di farvi questo regalo. –
- Sì, - aggiunse Iracebeth cercando di non mostrarsi troppo sciolta – inizialmente avevo avuto in mente di lasciarlo a nostra cugina del regno di Pietra Tagliata per il suo di matrimonio. Ma sapete cos’è successo? Lo sposo è morto! – fece un gesto di vittoria – Sì! E ora è vostro! Sì! – un altro gesto di vittoria.
Alice e il Cappellaio erano ancora più scombussolati.
- Non è fortuna questa? – domandò Iracebeth.
- Beh... – il Cappellaio cercò di non sembrare scortese – Io e Alice vi siamo molto grati, maestà. -
- Bene. – Mally lasciò perdere il suo tè e si mise sul tavolo – Questo mi aiuta ad aggiungere che il tema che abbiamo scelto sarà di tipo... – snudò la sua piccola spada e la sollevò per aria – MEDIEVALE! –
- Medievale? – si sorprese Alice.
- Che idea carina. – disse il Cappellaio con voce un po’ acuta – Ma te lo immagini, Alice? Saremo come una principessa e un cavaliere... –
- Ed è proprio questo quello che abbiamo in mente. – aggiunse Mally e, messosi al centro del tavolo e richiamati il Leprotto, Pincopanco e Pancopinco e Bill, facendoli mettere ai loro posti per poter fare ognuno la propria parte.
Erano tutti pronti a spiegare cosa avevano avuto in mente.
Iracebeth iniziò il suo discorso.
- Veniamo alla tua entrata, Alice. Me medesima inizierò a meravigliarvi tutti quanti con la mia melodiosa, – si mise le mani al petto auto lodandosi – meravigliosa e incantevole voce per annunciare l’entrata della sposa. – prese fiato ed iniziò  a cantare uno squillante soprano, chiudendo gli occhi e sentendosi fiera della propria voce.
Tutti sobbalzarono e Alice e il Cappellaio non credevano alle proprie orecchie, le stesse che, come tutti gli altri, si erano tappati.
Ci pensò Mirana a salvarli.
- Va bene, Racy. – la fermò – Risparmia la tua meravigliosa voce per il matrimonio, non serve che ti stanchi ora. –
- E’ vero, è vero. – si convinse Iracebeth – Hai ragione. – batté le mani per richiamare all’ordine e si rivolse di nuovo ad Alice – Quando io canterò, tu entrerai e... – guardò i gemelli per far capire loro quello che dovevano fare. Purtroppo, né Pincopanco né Pancopinco capirono – ...e... Panzoni! – solo allora i gemellini capirono e presero da sotto il tavolo una grande quantità di stoffa candida come la neve.
La Regina Rossa sciolse quell’impacco di stoffa, porgendola successivamente ad Alice.
- Cos’è? – chiese Alice e la Regina Rossa glielo poggiò al collo e fece sì che la ragazza lo mostrasse a tutti, tenendolo con le braccia allargate.
- E’ una mongolfiera? – chiese il Cappellaio.
- No, è una tenda. – lo corresse Stregatto.
- A me sembra una tovaglia. – osservò McTwisp.
Iracebeth tentò di restare calma e ridacchiò nervosamente.
- No, sciocchini. E’ un vestito da sposa. – e invitò ad Alice a mostrarlo per bene.
Alice era davvero basita: quel vestito era enorme. Sembrava una grossa e grassa nuvola e non sarebbe mai riuscita ad indossarlo.
Il Cappellaio, come da copione, non si fece problemi a ridere in faccia ad Alice e alla Regina Rossa.
- Che cos’hai da ridere, tu? – ringhiò Iracebeth, facendolo tacere.
Alice cercò di usare tutta l’educazione che possedesse.
- Maestà, non posso indossarlo... non è della mia misura... –
Per la seconda volta, Mirana l’aveva salvata.
- Perché non andiamo avanti? –
- Oh, sì, giusto. – disse la Regina – E dopo che sarai entrata, ecco che verranno anche le damigelle d’onore. –
Il Cappellaio inarcò le sopracciglia.
- Sono proprio necessarie le damigelle d’onore? – chiese il Cappellaio.
- Certo che lo sono! – sottolineò la Regina Rossa – Sennò chi cavalcherà i bianchi destrieri? –
Il Cappellaio si alzò di scatto dalla poltrona.
- Bianchi destrieri?! –
Bill prese la parola.
- Forse è meglio optare per i pony... –
La Regina Rossa lo minacciò all’istante.
- Io non voglio i pony! Voglio i bianchi e regali destrieri, chiaro? – strillò e Bill non osò obiettare.
Alice tentò di spalleggiare il Cappellaio.
- Vostra Maestà, non credo che i cavalli siano necessari... –
- Certo che lo sono! – disse Iracebeth – Altrimenti le damigelle come faranno a saltare il fossato? –
- Quale fossato? – Alice era sempre più spaventata di ascoltare le idee bizzarre della Regina Rossa.
Iracebeth era un treno in corsa.
- Le damigelle d’onore ti rapiranno sotto lo squillo delle trombe, i paggetti annunceranno il tuo rapimento e a quel punto arriverà il Cappellaio che con la sua spada ti salverà dalle loro grinfie. –
- Io non voglio usare la spada contro delle fanciulle! – esclamò il Cappellaio.
- Lo farai! Come vuoi salvarla, sennò? Lanciando loro il cilindro? Piuttosto, ricordati di indossare la calzamaglia. –
Il Cappellaio era sul punto di sentirsi male.
Alice cercò di mantenere il sangue freddo.
- Sta diventando un colossale teatro. –
- Grazie, Alice. – proseguiva la Regina Rossa soddisfatta – In effetti, ci stiamo impegnando molto. –
Il Leprotto, infine, aggiunse che, come gran finale, avrebbero aggiunto miriadi di coloratissimi di fuochi d’artificio.
- E gli addetti ai giochi pirotecnici – aggiunse Iracebeth – faranno sì che i fuochi formeranno un gigantesco cuore! –
- KABOOOM! – urlò il Leprotto entusiasta.
Ma non era mica finita.
- In conclusione... – si entusiasmò Iracebeth – Preparatevi per il piatto forte. –
I poveri Alice e il Cappellaio tremarono all’idea che ci fosse dell’altro.
- Voi due vi concederete il vostro primo ballo mentre danzerete con il ritmo melodioso della mia voce. – per fortuna, risparmiò tutti con il suo canto.
Mally e gli altri erano così felici e già non vedevano l’ora che tutto iniziasse al più presto.
Tutti, all’infuori di Alice e del Cappellaio. Per fortuna, anche McTwisp, Stregatto e Bayard ( che, ricordiamo, si erano astenuti all’idea di spiegare i preparativi del matrimonio ) la pensavano come Alice e il Cappellaio.
Quest’ultimi, si guardarono negli occhi.
Dovevano parlare.
Il Cappellaio prese Alice per una mano.
- Volete scusarci solo un momento? Io e Alice vorremmo parlare da soli. –
- Ma certo, cari. – disse Mirana.
Il Cappellaio trascinò Alice il più lontano che poté da quel Mulino.
Alice fu la prima ad iniziare il discorso.
- Cappellaio, noi due dobbiamo parlare. –
- Lo so. – sbuffò il Cappellaio – La faccenda del tuo salvataggio mi preoccupa. Io non voglio indossare la calzamaglia. Non mi sento a mio agio sapendo che mi si vede... –
Alice lo fermò di colpo ( non voleva nemmeno farlo continuare, imbarazzata all’idea di che cosa alludesse il Cappellaio ).
- No, Cappellaio. Io sono preoccupata di tutto: la Rocca Tetra, i cavalli, le damigelle, i paggetti, i fuochi d’artificio, quel vestito gigantesco, tutto insomma. -   
- D’accordo, cara. Cosa possiamo fare? –
- Qui siamo in caduta libera, Cappellaio. Non è che io non apprezzi ciò che vogliano fare per noi. Ma questo è il nostro matrimonio. –
Bastarono quelle parole perché il Cappellaio capisse tutto.
- Va bene, Alice. – si grattò il capo per pensare – Cosa proponi di fare? –
- Dobbiamo parlare con loro. – tagliò corto Alice.
Il Cappellaio sgranò gli occhi ed incurvò le labbra verso il basso, assumendo un’espressione basita.
- Beeeeh... Non credo che sarà facile affrontare la Regina Rossa... –
Alice gli posò una mano sul foulard.
- Oh, Cappellaio. Hai paura? –
Quando il Cappellaio annuì, Alice gli afferrò il foulard e spinse il Cappellaio verso di sé, assumendo un tono minaccioso.
- Ti consiglio di affrontarla, prima che io ti mostri che cosa sia la vera paura. –
Gli diede uno spintone lo liberò dalla sua nervosissima presa.
Il Cappellaio si sistemò il foulard e cincischiò guardando basito, ma un po’ scherzoso, Alice: chi, al posto di quella povera ragazza, sarebbe stato capace di mantenere la calma ben sapendo che dei pazzoidi non avrebbero badato alle misure, rischiando di rovinare un giorno molto importante come un matrimonio?  
 

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Capitolo 19
*** Per la mano di Alice ***


Ciao a tutti!
Sì, oggi doppio turno! Ve lo meritate!
Forse, non ci saranno chissà quante risate come nel capitolo precedente, ma nel prossimo vi assicuro che ci saranno.
A proposito, grazie ancora a tutti voi!
Un BACIONE e BUONA LETTURA!


 
Era stata una vera fortuna che Alice e il Cappellaio si fossero allontanati dai loro amici, in modo da non poter sentire che cos’altro fosse venuto in mente di aggiungere a quei mattacchioni di Mally e del Leprotto.
Se già avevano avuto i brividi nel sapere dei cavalli, dei paggetti, delle damigelle e del vestito grande come una mongolfiera ( come lo aveva definito all’inizio il Cappellaio ), come avrebbero reagito se avessero sentito dei fenicotteri ammaestrati che avrebbero lanciato un diluvio di petali di rose rosse e bianche al passaggio degli sposi?
Alice e il Cappellaio, mano nella mano, ritornarono e vennero accolti dai loro amici, che già non vedevano l’ora di dire loro le altre nuove – bizzarre - idee appena aggiunte.
Ma i due scossero la testa.
- Io e Alice dobbiamo parlarvi. – disse solo il Cappellaio.
- Bene. – disse Mally – Perché anche noi vogliamo parlarvi. –
Il Cappellaio e Alice si guardarono velocemente negli occhi, sperando di non sentire altre assurdità.
Si sbagliarono.
- Prima di tutto, - disse il ghiro – volevamo dirvi di quanto noi siamo felici per voi due. –
- Siamo tutti felici! – piagnucolavano Pincopanco e Pancopinco pieni di commozione.
E, a seguire, anche il resto dei loro amici – esclusa la riservatissima Iracebeth – aveva espresso il loro affetto verso i due promessi.
Era stato l’unico momento di sobrietà che avevano assistito e, volendo, colti da quella tenerezza, il Cappellaio aveva quasi dimenticato di dover affrontare Iracebeth e gli altri circa i bizzarri preparativi del matrimonio.
Alice, accortasene, gli diede una leggera gomitata per spronarlo.
- Va bene... – il Cappellaio prese fiato – Ascoltate, io e Alice siamo molto grati di quello che volete fare per noi... –
Ma il Leprotto lo aveva fermato all’istante.
- E allora apprezzerete anche quello che abbiamo fatto proprio adesso per voi. – il Leprotto tirò fuori dalla tasca un foglio di carta arrotolato.
Quando lo srotolò, una lunghissima striscia di carta si era estesa fino a toccare terra.
- Che cos’è? – Alice sperò si trattasse della lista del menù.
- Le promesse di nozze. – dissero i gemelli all’unisono.
- Cosa? – esclamò acutamente il Cappellaio e Alice era sul punto di svenire come colta da un infarto.
- Lo abbiamo scritto insieme. – aggiunse Bill raggiante.
- Tutti noi. – disse Mally.
Solo Stregatto, McTwisp ( i quali si erano messi una zampa al volto ) e Bayard avevano uno sguardo mortificato.
Alice e il Cappellaio non volevano crederci: si erano addirittura presi la libertà di scrivere le promesse di matrimonio?
Alice, con una calma assurda, cercò di mantenersi buona.
- Ma questo dovremmo farlo io e il Cappellaio. –
- Oh, Alice. – proseguì il Leprotto – Qualsiasi cosa vogliate dire non sarà niente in confronto a quello che abbiamo scritto qui. –
Sorpresi e offesi, il Cappellaio e Alice si guardarono. Speravano che tutto fosse solo uno scherzo.
Il Leprotto si era schiarito la voce e iniziò a leggere.
- Allora, questo è quello che dovrà dire Alice:
Oh, ma che giorno felice
per me che sono Alice,
il Cappellaio sposerò
e un matrimonio in grande farò.
I nostri più cari amici ci hanno aiutato
di far di questo giorno un giorno magico e fatato.
Tra tè e pasticcini,
risate e cappelli carini,
da brava moglie gli darò tanti bambini...”-
Alice lo fermò all’istante, aveva sentito anche troppo.
Cercò, comunque, di mantenere la calma.
- Ma non posso dire queste cose. –
- Perché no? – chiese Mally.
- Sono cose molto personali. – cercò di spiegare Alice – Io e il Cappellaio dobbiamo dirci quello che ci detta il nostro cuore. –
Iracebeth ridacchiò appena.
- E che cosa vorresti dire di più bello di quello che abbiamo scritto, sentiamo? –
Mirana, in quel momento, avvertì qualcosa. Era come se si fosse resa conto che stessero valicando troppo la linea che c’era tra l’aiutare Alice e il Cappellaio e quella di lasciarsi prendere troppo la mano.
Alice, poveretta, tentò un ultimo appello.
- Io voglio solo dire... “Cappellaio, è con te che voglio passare il resto della mia vita”. –
Fatta eccezione per il Cappellaio, Mirana, McTwisp, Stregatto e Bayard, tutti quanti – Iracebeth in particolare -  erano scoppiati a ridere fragorosamente.
Mally si era tenuto la pancia per il troppo ridere, il Leprotto rotolò per terra.
- E’ la cosa più scontata che abbia mai sentito! – si smascellava Mally.
- Aspetta, aspetta. – rideva istericamente Iracebeth avvicinandosi alla basita Alice, alternando acute risate – Tu credi davvero che tutti gli invitati se ne stiano lì a sentirti dire “Cappellaio, è con te che voglio passare il resto della mia vita”? –
Le risate non si fermavano.
- Non puoi dire così, Alice. – si spanciava il Leprotto – Sei senza fantasia. -
Alice aveva perso la pazienza e, ferita dal fatto di non essere stata presa sul serio per tutto quel tempo, si allontanò da tutti quanti, lasciandosi persino il Cappellaio indietro.
Mirana, Stregatto, McTwisp e Bayard si preoccuparono: avevano ben capito di quanto Alice si fosse sentita offesa.
Purtroppo, lo stesso non valeva per Iracebeth, il Leprotto, Mally, i gemelli e Bill, i quali continuavano a ridere.
- Dove va? – chiese il Leprotto cercando di riprendersi.
Il Cappellaio tirò un sospiro.
- Forse è solo un po’ stanca, le vado a parlare. –
Finito di dire ciò, si imbatté all’inseguimento di Alice.
 
La poverina se ne stava appoggiata sulla corteccia di un albero ricurvo, quasi del tutto spoglio. Aveva gli occhi pieni di lacrime.
Era stata così felice all’idea di doversi sposare con il Cappellaio ed ora i suoi amici le avrebbero rovinato tutto?
Si asciugò gli occhi quando sentì il Cappellaio raggiungerla.
Non gli diede nemmeno il tempo di guardarla negli occhi, che già lo aveva affrontato a muso duro.
- Le mie congratulazioni, Cappellaio. Ti sei fatto davvero valere! –
- Mi dispiace, Alice, ma non sono riuscito a bloccare il loro entusiasmo... – Tarrant tentava di giustificarsi - Voglio dire, sembravano così felici. –
- Io, invece, sono davvero irritata. – Alice era sull’orlo di una crisi di nervi – Hanno anche scritto le nostre promesse, cos’altro faranno? Organizzeranno la nostra luna di miele? –
Il Cappellaio, poveretto anche lui, cercava di non perdere il controllo.
- Andiamo, Alice. Volendo sarà solo per un giorno... –
- Non sarà solo un giorno. – non vederlo collaborare, Alice si arrabbiò maggiormente – Sarà il giorno più importante della nostra vita, lo vuoi capire, Cappellaio? –
- Dimmi tu cosa devo fare! – la sua voce aveva assunto un tono più simile ad una supplica, piuttosto che ad un urlo nervoso – Sono nostri amici e lo sai come sono fatti. Se dovessi dire loro come la pensiamo, rischierei di spezzar loro il cuore. La capocciona, invece, mi farà tagliare la testa e poi la userà come portafiori.-
Alice si rassegnò.
- Sai cosa ti dico, Cappellaio? – la sua voce era bassa e arresa – Non fare più niente. Non sposarmi nemmeno. – gli diede le spalle e fece pochi passi in avanti per allontanarsi.
Ma il Cappellaio la fermò all’istante, afferrandole la mano.
- Ti prego, Alice. Non dirai sul serio? –
Alice lo guardò con fare addolorato.
- Cappellaio, - era molto, molto seria – se non riesci ad affrontare la Regina Rossa e gli altri... allora non sei in grado di sposarmi. –
Quelle tristi parole avevano segnato la coscienza del Cappellaio.
La parte più sana di lui gli sussurrava che la povera Alice avesse tutte le ragioni.
Sii uomo! gli diceva.
Alice aveva ragione: se non fosse riuscito a farsi valere per il suo matrimonio, allora non sarebbe stato degno di lei, di essere suo marito.
Lasciò che Alice si allontanasse, voleva lasciarla da sola.
Sarebbe andato lui stesso a parlare con gli altri.
 
Quando ritornò, ritrovò il Leprotto ancora intento ad aggiungere altri dettagli sulle promesse di matrimonio. Ridevano ancora per quello che aveva detto Alice.
Solo dopo un po’ si accorsero dell’arrivo del Cappellaio.
Tarrant li avvertì che doveva parlare con tutti loro.
- Alice è molto arrabbiata. –
- Perché? – chiesero tutti quanti all’unisono.
Tutti, tranne Mirana e quelli del gruppo dei coscienziosi ( ovvero, Stregatto e gli altri due quadrupedi ), i quali si erano già immaginati una cosa del genere.
- Perché il matrimonio le è scivolato dalle dita. – spiegò il Cappellaio.
- E’ solo un po’ agitata. – tagliò corto Iracebeth – Tutte noi donne lo siamo all’inizio. Ma vedrai che si calmerà quando arriverà il grande giorno del vostro perfetto matrimonio. –
- Beh, sì... – continuò il Cappellaio – Sarò anche perfetto, ma non è il matrimonio che vuole. E nemmeno io lo voglio. –
C’era stata una sorpresa collettiva, come un fulmine a ciel sereno.
Iracebeth gli si parò contro, affrontandolo col suo enorme testone.
- Come sarebbe? Posso sapere quale parte del matrimonio non vi piace? –
- Tutto quanto. – rivelò il Cappellaio coraggiosamente.
- Ma cos’ha che non va? – chiese Mally – Sarà un matrimonio perfetto. –
- Sì, Mally. – continuava il Cappellaio – Ma non è quello che vogliamo noi. Io e Alice vogliamo una cerimonia molto semplice. Vogliamo che l’attenzione ricada su di noi. Non sulle damigelle, sui cavalli, sui paggetti, sul vestito a mongolfiera e sulla calzamaglia. – arrossì e impallidì insieme al pensiero di dover indossare quella roba che gli avrebbe fatto vergognosamente risaltare le intimità - Soprattutto sulla calzamaglia. –
Iracebeth stava per mettersi nervosamente le mani alla testa.
- Fammi capire. Volete rinunciare a tutto? Volete che l’attenzione ricada solo su voi due e sui fenicotteri che vi lancino i petali? –
- No! – quasi urlò il Cappellaio, che fino a quel momento non aveva saputo nulla dei fenicotteri. Ci mancavano solo quelli.
- Mi stai dicendo di no?! – tuonò la Regina Rossa.
- Sì! – precisò il Cappellaio.
- Stai dicendo di sì o di no? – chiese il confuso Leprotto.
- Sì, - sottolineò il Cappellaio – sì, sto dicendo di no! –
- Fatela finita! – ordinò Iracebeth e poi ritornò a rivolgersi al Cappellaio – Sembri piuttosto determinato. –
- Mi dispiace, ma sono irremovibile su questo. –
- Non capisco! – ringhiò Iracebeth – Vogliamo fare in modo che il vostro sia un matrimonio in grande e voi volete rinunciare a tutto? Chi altro potrebbe avere questa possibilità? Milioni di Sottomondiani pagherebbero per avere un matrimonio del genere, anziché festeggiare il tutto sopra un banale altare, con un sovrano a celebrare la loro unione e con pochissimi invitati che assistono al tutto, senza aggiunta di dettagli e nella noia totale... –
Il Cappellaio non la fece continuare.
- Il modo in cui festeggiano milioni di Sottomondiani è bellissimo. Ed è così che vogliamo fare io e Alice. A noi non importa di fare un matrimonio lussuoso. Vogliamo solo rendere speciale il nostro matrimonio con la stessa semplicità di cui siamo innamorati.–
Era molto raro vederlo così serio e così sicuro delle sue idee.
Finalmente, tutti quanti avevano capito che razza di guaio avessero combinato ed ebbero dei grandi sensi di colpa.
Tutti tranne la testarda Iracebeth.
- Ma dai, Hightopp, pensaci. – la Regina Rossa tentò di dissuaderlo – Pensa all’immenso castello, i cavalli, l’epicità del salvataggio. Sarà un matrimonio assolutamente fantastico. –
- Mi dispiace, Maestà. – il Cappellaio era determinato, ma si mantenne calmo ed educato – Ma non è il matrimonio che vogliamo io e la mia Alice. Ed io farò di tutto pur di vederla sorridere. E spero che tutti voi veniate al nostro semplice matrimonio... altrimenti, io ed Alice ce ne faremo una ragione. – la sua voce aveva assunto uno strano tono di nostalgia – Vi ringrazio comunque tutti quanti. – guardò tutti i loro amici, i quali non nascondevano espressioni carichi di sensi di colpa – Spero di vedervi nel nostro matrimonio. –
Conclusa la frase, il Cappellaio si allontanò a passo veloce, lasciando che i suoi amici e la Regina Rossa continuassero a guardarlo con aria colpevole.
Forse, anche Iracebeth si era resa conto di cosa avesse combinato.
 
 
 

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Capitolo 20
*** Callooh! Callay! ***


Ciao a tutti! Non voglio aggiungere niente, se non che anche questa storia si sia conclusa.
Mi duole ogni volta arrivare alla fine di una storia, ma, come dico sempre, le avventure non finiscono mai!
Io non so come ringraziarvi per avere trascorso anche questa folle avventura insieme a me. Vi prometto che mai mi fermerò.
Ancora grazie mille, anche se mai abbastanza.
Un BACIONE e BUONA LETTURA!

 
Il Cappellaio voleva molto bene ai loro amici, per loro si sarebbe cavato persino il cibo dalla bocca senza farsi alcun tipo di problema.
Ma questa volta era diverso. Questa volta c’era in gioco la felicità di Alice. Anzi, della felicità sia di Alice sia la propria.
Alice aveva ragione: si sarebbe trattato del loro giorno, il più importante della loro vita, e non dovevano permettere a nessuno di rovinarglielo.
Certo, i suoi lo avevano fatto a fin di bene, ma il Cappellaio non poteva accettare che il suo giorno, quello che lo avrebbe per sempre unito con la sua Alice, fosse stato rovinato per il gusto di accontentare gli altri e per la paura di ferirli.
Come disse un tempo Mirana ad Alice, non si vive per accontentare gli altri. Soprattutto, in occasioni molto importanti.
Quando il Cappellaio raggiunse Alice, la ritrovò seduta per terra, tra le foglie.
Alice non si era voltata. Il Cappellaio le aveva carezzato i capelli e il collo, passando le dita dietro l’orecchio di lei.
Le assicurò di avere risolto ogni cosa. Purtroppo, i loro visi erano rattristiti, ma il Cappellaio sottolineò pienamente di non voler cambiare idea.
- Se davvero tengono alla nostra amicizia – aggiunse lui mentre si accomodava accanto a lei – allora capiranno. Altrimenti, ci metteremo il cuore in pace. –
Alice stava per rispondere, era molto grata al Cappellaio. Aveva affrontato i suoi amici per lei, senza preoccuparsi nemmeno dell’irascibile Regina Rossa.
Ma proprio allora, delle voci alle loro spalle richiamavano i loro nomi.
Alice e il Cappellaio si voltarono: erano i loro amici, tutti quanti.
Quasi tutti quanti: mancava Iracebeth.
E le loro espressioni erano cariche di colpevolezza.
Mally corse velocemente verso di loro e si arrampicò sulla gamba del Cappellaio, arrivandogli sulla spalla.
- Oh, Cappellaio, ci dispiace da morire. – il ghiro era molto costernato – Ci siamo resi conto di avere esageratamente esagerato. –
Mirana giunse le mani.
- Chiediamo umilmente il vostro perdono. –
- Perdonateci. – si scusarono in coro Pincopanco e Pancopinco.
Bayard gli si avvicinò.
- Il matrimonio è vostro e nessuno ha il diritto di pianificare tutto per voi. –
Alice e il Cappellaio, con il cuore che martellava di felicità, si erano sentiti molto inteneriti.
- Ma certo che vi perdoniamo. – disse il Cappellaio.
Alice fece un sorriso.
- E’ vero, nessuno dovrà programmare il nostro matrimonio. – guardò con aria complice il Cappellaio – ma io e il Cappellaio saremo comunque ben felici di accettare qualunque tipo di consiglio. Purché non sia... esagerato. –
- E soprattutto, - aggiunse il Cappellaio agitando un indice – purché non mi costringiate ad indossare la calzamaglia. –
Quella frase aveva scatenato una risata generale.
Quando Alice chiese dove fosse la Regina Rossa, Mirana, con la mortificazione stampata in volto, disse che si era sentita offesa per il fatto che Alice e il Cappellaio non avessero accettato le sue idee per i preparativi del matrimonio.
Li pregò di perdonarla, scusandosi lei da parte della sorella, e, ovviamente, Alice e il Cappellaio accettarono le scuse di buon cuore.
Ora che tutti i preparativi erano saltati, Alice e il Cappellaio dovevano ricominciare tutto daccapo.
Dove? Quando? Quale tema? Tutto da rifare.
Il Cappellaio si sistemò il cilindro, come se questo lo aiutasse a pensare per bene. E, in effetti, così era stato visto che gli era appena venuta un’idea.
Prese le mani di Alice tra le sue e la guardò dritta negli occhi.
- Alice, sposiamoci sotto l’acero rosso. Dove si trovava la casetta di Castagna. – sorrise teneramente.
Alice non fece domande: era il luogo dove lei e il Cappellaio si erano dichiarati, scambiandosi per la prima volta il loro primissimo bacio. Poteva, il Cappellaio, avere un’idea migliore?
Alice non ci pensò due volte e accettò immediatamente. Senza pensarci, disse subito di sì.
Ma non accettò solo per quel romantico motivo. E anche i loro amici avevano capito all’istante.
Sarebbe stato anche un modo per potersi sentire tutti quanti, il Cappellaio in particolare, il più vicino possibile a Castagna. In quel luogo, sarebbe stato come se Castagna fosse stata presente alla loro cerimonia.
Sì, il Cappellaio aveva avuto un’idea a dir poco geniale.
- A Castagna sarebbe piaciuto. – esclamò Mally intenerito, guadagnandosi il sorriso dolce del Cappellaio.
Avevano deciso, finalmente.
Alice e il Cappellaio optarono, come già detto e ripetuto, per una cerimonia molto semplice, invitando solo gli amici più stretti e la famiglia del Cappellaio.
Alice ebbe un tuffo al cuore quando il pensiero che la sua di famiglia non sarebbe stata presente in quel giorno così importante, ma poi tirò via quel pensiero tirando un sospiro.
Come da tradizione, ci avrebbe pensato Mirana a sposarli. E per la Regina Bianca fu un grandissimo onore dovere unire in matrimonio i suoi due amici più cari.
Non trattenne la commozione per il grande privilegio, seppure per lei fosse abituale fare sposare due anime gemelle.
Ma non finì lì: Alice e il Cappellaio, per fare capire loro che li avessero davvero perdonati, volevano dare a ciascuno di loro una parte per poter partecipare attivamente alla cerimonia.
Il Cappellaio aggiunse che presto avrebbero trovato un ruolo anche per la sua famiglia, ma ora dovevano pensare a tutto.
Volevano sposarsi il più in fretta possibile, prima che si concludesse l’Autunno.
E il Cappellaio non vedeva l’ora di accogliere la sua Alice nella propria casa.
Esattamente, perché sarebbe stato proprio lì, nella casa a forma di grandissimo cilindro, dove Alice e il Cappellaio avrebbero trascorso per sempre insieme la loro vita da sposi.
Alice guardava le foglie che cadevano.
In quella saggia stagione, aveva preso la decisione più importante della sua vita. Sì, l’Autunno era decisamente la stagione che, nel suo mistero, nei suoi colori, portava ogni forma di saggio consiglio.
 
 
- Ingrati! – stizziva Iracebeth mettendo a soqquadro la propria camera – Manigoldi! – nessun oggetto che le capitasse a tiro era al sicuro con lei, poiché veniva fracassato, lanciato, fatto a pezzi e distrutto dalle sue arrabbiatissime mani.
Richiamato dal trambusto, un preoccupatissimo Wilkins andò subito dal suo padrone per informarlo, marcando il suo accento tedesco.
- Zignore! Zignore! Oh, è zuccezza una coza terribile! –
- Calmati, Wilkins. – ordinò Tempo mentre controllava che tutto fosse apposto.
- Zignore! La voztra zignora zembra impazzita! –
Alla parola “vostra signora”, Tempo lasciò subito perdere il proprio lavoro.
- Cos’è successo alla mia dolce colombella? – afferrò il povero Wilkins per le spalle, scrollandolo così pesantemente da fargli smuovere gli ingranaggi – Perché non me l’hai detto subito? –
Wilkins, saggiamente, ignorò quel rimprovero ben sapendo che non servisse a niente perdersi in chiacchiere con quel cocciuto del suo padrone.
Tempo corse il più veloce che poté e raggiunse sua moglie, trovandola più nervosa che mai.
Iracebeth continuava a lanciare oggetti di qua e di là. Tempo si abbassò, evitando di essere colpito da un vaso di ceramica.
- Che cosa c’è che turba il cuoricino della mia amata mogliettina? – chiese lui dolcemente, avvicinandosi ad Iracebeth.
Quando Iracebeth si accorse di lui, senza nemmeno scusarsi di averlo quasi colpito, ricercatrice di attenzioni com’era, iniziò a strillare e a singhiozzare come una bambina.
- E’ tutta colpa di Alice e di quel cappelliere da strapazzo! – piangeva a dirotto e Tempo tentò di rincuorarla.
- Calmati, mia adorata. Perché non mi racconti che cosa è successo? –
Iracebeth ascoltò il consiglio del marito e, tra scatti di ira e di pianto, riuscì infine a descrivere ogni cosa, in ogni dettaglio.
- Hai capito? – replicava Iracebeth – Sono solo degli ingrati! Io faccio di tutto perché il loro matrimonio sia perfetto e loro mi ripagano così! Perché nessuno mi vuole bene? –
Tempo rise sotto i baffi. Per fortuna, sebbene rabbrividisse davanti agli scatti della moglie, sapeva bene come farla ragionare.
- Mia amatissima, dolcissima, meravigliosa farfallina. Non devi sentirti offesa se Alice e il suo amico si sono rifiutati di accettare i tuoi preparativi. – le prese le mani con molto affetto e Iracebeth lo guardò con occhi imbevuti di lacrime – Non si può programmare un matrimonio quando si hanno dei gusti molto diversi. A te, mia adorata, sarebbe piaciuto se Alice ti avesse organizzato un matrimonio fatto in una campagna piena di coniglietti, fiorellini, cuccioli e bambini che scorazzavano da ogni parte... –
Iracebeth lo fermò subito.
- Bleah! Che razza di matrimonio! Se lo avesse fatto, le avrei fatto tagliare... – immediatamente ebbe un’illuminazione.
Iracebeth aveva finalmente capito: come aveva detto Tempo, non si poteva organizzare una cerimonia così personale quando si hanno delle prospettive molto diverse. Sarebbe stato un vero disastro.
E questo non l’avrebbe aiutata a farsi volere bene da tutti, come aveva sempre desiderato.
Nossignora, disse tra sé. Guardò suo marito, il quale le sorrideva a trentadue denti, e lo abbracciò quasi investendolo con la sua bulbosa testa.
 
 
Per quanto riguarda il tema del loro matrimonio, avevano preferito non assistere, dando ai loro amici tutta la loro fiducia e il loro libero sfogo all’inventiva, senza oltrepassare la linea della semplicità.
Alice e il Cappellaio, infatti, avevano scelto un tema che ricordasse molto un Tea Party.
Niente di più adatto a loro.
Tutto si sarebbe proceduto dove, una volta, c’era la casetta di Castagna.
Ora non c’era più, ma Mirana e gli altri si erano dati un gran da fare.
Non volevano deludere né Alice né il Cappellaio.
Mally, il Leprotto e Pincopanco e Pancopinco scatenarono liberamente la fantasia usando bancali divisi in parti per ricreare delle segnaletiche organizzati per gli invitati, in modo da poter dare indicazioni dei vari ambienti del matrimonio.
Usarono i pallet per trasmettere messaggi, usando delle scritte semplici con scritto “Matrimonio di qua”, “Cerimonia di qua”, “Buffet di qua”.
Gli aperitivi sui bancali non potevano mancare: con la presenza di fiori, foglie, cappellini creati dal cappellaio, tazzine, teiere e nastri, avevano reso tutto molto decorativo, spiritoso ed elegante allo stesso tempo.
Il tavolo degli sposi, sotto la responsabilità di Bill, Stregatto e McTwisp, era il punto più cruciale dell’allestimento, poiché, dato che Alice e il Cappellaio sarebbero stati osservati per tutta la cerimonia, doveva mostrare e rappresentare il tema principale del matrimonio. 
I colori principali erano stati i colori caldi, un po’ per richiamare i colori dell’Autunno, un po’ per evidenziare il tartan della famiglia del Cappellaio.
Come sempre, anche il tavolo sarebbe stato di pallet. Sopra una tovaglia dello stesso colore del tartan degli Hightopp, erano state piazzate delle artistiche teiere e tazzine, con tantissimi cappellini in ogni angolo della tavola. Al centro del tavolo era stato dipinto un grande cilindro con un cuore disegnatovi all’interno.
Il resto dei tavolini e delle sedie, sempre in pallet, erano decorati con tovaglie giallo pallido, con rose arancioni e bianche e foglie di acero come centrotavola.
Sempre con i medesimi bancali, realizzarono dei veri e propri corner buffet fatta che offrivano cibi e bevande di ogni tipo, da gustare in piedi o durante le danze.
Dopodiché, usarono un bancale come muro da decorare con delle dediche da parte degli invitati: chiunque avrebbe potuto appiccicarvi sopra un biglietto di buon augurio degli sposi. In alto, al centro, Mirana, che aveva una bella grafia, aveva scritto “Tarrant Hightopp and Alice Kingsleigh”. Lasciare una dedica agli sposi, li avrebbe fatti sicuramente sentire dei veri e propri protagonisti.
Alla fine, si dedicarono al lavoro dell’altare.
Sotto l’acero rosso venne installato un grande arco bianco, ricco di piante rampicanti, decorato con nastri di raso, foglie rosse, dorate e arancioni e rose bianche sparse ovunque. Sotto l’altare, infine, si estendeva un lungo tappeto rosso, dove gli invitati avrebbero dovuto assistere all’arrivo della sposa, mentre se ne stavano seduti sulle panchine fatte di bancali dal colore chiaro, avvolte dalle setose tele dorate.
 
Tutto era pronto.
Il grande giorno era finalmente arrivato.
Come nel Sopramondo, anche nel Sottomondo esistevano delle tradizioni.
Alice aveva avuto modo di poterne assistere, visto che in precedenza aveva assistito alle nozze della Regina Rossa e di Tempo.
I due sposi, naturalmente, non dovevano vedersi prima delle nozze.
Più che per tradizione, Alice e il Cappellaio volevano farlo per rimanere sorpresi l’uno dell’altra.
Erano già tutti arrivati nella locazione dove si sarebbe celebrato il matrimonio.
Alice non c’era.
Tutti erano rimasti affascinati dal meraviglioso lavoro che avessero fatto, anche la famiglia Hightopp fecero a tutti i loro complimenti.
Il Cappellaio, in particolare, era rimasto letteralmente a bocca aperta e non mancò di ringraziare con tanto entusiasmo i suoi amici.
Quando guardò il punto in cui una volta vi era la casa di Castagna, il Cappellaio non poté fare a meno di pensare alla sua sorellina. Tirò un respiro e sorrise.
Chissà se da qualche parte avrebbe potuto vedere tutto quello che stava accadendo?
La sua sorellina non c’era più, ma quel giorno la sentì ancora più vicina a lui. Era sicuro che Castagna, in quel momento, gli avrebbe sorriso con tutto il suo cuore.
Dopo il tema, gli occhi di tutti erano riversati sullo sposo.
Naturalmente, Tarrant si era attenuto alla tradizione di famiglia.
Il suo abbigliamento da cerimonia, con tanto di immancabile cilindro avvolto dallo shantung, regalò un andamento sofisticato e di classe, richiamando fortemente le radici della famiglia Hightopp.
Il Cappellaio, infatti, aveva deciso di indossare il kilt, dal tessuto a quadri dai colori caldi.
Cintura alta di pelle, con fibbia lavorata d’argento, sporran portato sul avanti del kilt che riprendeva il motivo della cintura.
Per completare il tutto, aveva indossato calze alte e scarpe brogues, ovvero delle calzature particolari con lacci molto lunghi per annodare a forma di triangolo e attorno alla caviglia.
Come tocco finale, il kilt accompagnava la giacca scura tendente al marrone, aperta in modo da mostrare il gilet nero con richiami scozzesi dalle linee dritte e oblique dorate, il colletto della camicia bianca era avvolta da una coccarda rosso fuoco.
La commossa madre di Tarrant, per dargli un ultimo tocco finale, gli mise un piccolo fiore all’interno della giacca.
- Sei perfetto. – gli aveva detto commossa.
Il Cappellaio era teso. Molto teso.
Erano tutti pronti.
Chi se ne stava seduto sulle panchine, chi, invece, era pronto per svolgere i compiti assegnati.
Mirana si trovava al centro dell’altare – ricordiamo, sarebbe stata lei ad unire il Cappellaio e Alice nel matrimonio – in compagnia di un nervosissimo Tarrant.
Si sentiva quasi uno stupido, non ce la faceva più ad aspettare.
McTwisp guardò il suo orologio: Alice era in ritardo. Come al solito.
In quel momento sentirono arrivare una carrozza.
A giudicare dal forte rumore, sembrava quasi una carrozza fatta di metallo.
E così era.
Tutti si girarono e notarono, con grandissima sorpresa, che si trattasse della carrozza di due invitati particolari: Tempo e sua moglie, la Regina Rossa.
I due avevano deciso di partecipare alla cerimonia e il Cappellaio sorrise.
Mirana era piena di felicità nel vedere la sorella.
Tempo diede una mano alla moglie per scendere dalla carrozza, la quale non faceva altro che bofonchiare, sistemandosi la gonna.
- Sempre in ritardo! Sempre le solite figure! – diede un’occhiataccia al cocchiere, ovvero Wilkins – Dopo faremo i conti, stupidissimo ammasso di latta! –
Il povero Wilkins tremò, ma il suo padrone gli fece l’occhiolino, assicurandogli che non gli sarebbe successo niente.
Poi, Iracebeth si affacciò dentro la carrozza.
- Insomma? Cosa aspetti a scendere? Hai deciso di non sposarti più? –
Grazie a quelle parole, tutti quanti capirono che dentro quella carrozza vi era proprio Alice.
Sì, la sposa era appena arrivata.
Ed era stata proprio Iracebeth a farle fare quell’entrata così bizzarra ma, allo stesso tempo, originale.
Sotto il consiglio del marito, per farsi, in un certo senso, perdonare, il giorno prima del matrimonio aveva trovato il modo di dire ad Alice se avesse potuto farle il favore di accompagnarla alle nozze lei stessa.
Alice, anche se l’aveva già perdonata da prima, aveva accettato di buon grado.
La giovane sposa scese dalla carrozza e si mostrò in tutta la sua lucentezza e in tutta la sua meraviglia.
Il suo abito bianco era semplice, la lunga gonna le cascava leggera, le spalle erano scoperte e il corpetto era decorato con un grande nastro racchiuso in un meraviglioso fiore adiacente alla spalla destra.
I suoi capelli dorati erano raccolti da stupendi boccoli, ornati da un bianco diadema decorato da due rose bianche, con un velo leggero che le ricadeva delicatamente.
Le sue mani tremanti di emozione stringevano un bouquet di nastri e rose bianche come la neve.
Quando la vide, il Cappellaio non trattenne la gioia. Si morse le labbra e lottò per non versare le lacrime.
Mirana, diede il segnale a tutti quanti. Il matrimonio stava per avere inizio.
McTwisp diede fiato alla sua tromba e annunciò l’arrivo della sposa.
I due fratelli di Tarrant, come da tradizione, erano stati scelti dal Cappellaio come i suonatori di cornamusa.
Si misero dietro di lei e, anche loro vestiti con i kilt, presero a suonare i loro strumenti seguendo il passo della sposa.
Alice continuava a guardare dritta verso il Cappellaio.
Pochi passi e lo avrebbe raggiunto.
Arrivò vicina al Cappellaio. Le cornamuse cessarono di suonare. Gli sposi si guardavano negli occhi, sforzandosi di non lacrimarli.
Secondo l’usanza delle origini della famiglia Hightopp, Mirana legò le mani di Alice e del Cappellaio con un nastro, un gesto che avrebbe simboleggiato l’unione della coppia. Date le radici del Cappellaio, ovviamente, venne usato un nastro in tartan.
Mirana iniziò la cerimonia.
- Alice Kingsleigh, Tarrant Hightopp. Qui tutti noi siamo testimoni della vostra unione, nel giorno che questo nastro renderà stretto il vostro legame. –
Alice aveva gli occhi lucidissimi.
Non riusciva a crederci.
Credeva che fosse solo tutto un meraviglioso sogno. E, invece, era tutto reale.
Stava per sposare il Cappellaio.
Mirana fece cenno al Leprotto, che se ne stava seduto sulla panchina, di portare gli anelli.
Il Leprotto raggiunse in un attimo l’altare e si mise accanto al Cappellaio.
- Con gli anelli dell’unione... –
Mirana venne immediatamente fermata da un urlo disperato del Leprotto, il quale stava cercando proprio gli anelli all’interno delle proprie tasche.
- Oh, no! OH, NO! Ho dimenticato gli anelli! –
Tutti esclamarono basiti.
Ad Alice mancò il respiro.
Il Cappellaio alzò gli occhi al cielo.
- C’era da aspettarselo! – gli sfuggì nervosamente.
Ma il Leprotto, per fortuna, aveva trovato gli anelli e li mostrò al Cappellaio.
- Naaah! Non è vero! Ci siete cascati! DAAAAAAAAAAH! –
Il Cappellaio assecondò l’urlo scherzoso ma, per vendicarsi, lo colpì con un calcio non troppo forte.
- Se l’è meritato! – esclamò Mally mentre se ne stava seduto accanto ai gemelli.
Inutile, pensavano in molti, il Leprotto non sarebbe mai cambiato.
Per fortuna, Alice la prese bene e sorrise anche.
Mirana continuò.
- Con gli anelli dell’unione, io, la Regina Mirana, avrò l’onore di far sì che le vostre vite siano per sempre legate. –
Si fece dare gli anelli dal Leprotto, poi sciolse il nastro che legava i polsi di Alice e del Cappellaio.
Mirana diede gli anelli ai due.
Prima di scambiarli, volevano esprimere le loro promesse.
Iniziò Alice.
- Tarrant, tu sei il sangue che scorre nelle mie vene. Sei la gioia che scorre nel mio cuore. Ti ho seguito in un mondo che non è il mio, ma con te voglio fare mille altre follie. Perché, Cappellaio, con te che voglio passare il resto della mia vita. –
Tutti si erano sciolti.
Iracebeth si voltò verso il marito, dopo avere sentito l’ultima frase che, in principio aveva criticato.
- Ora che ci penso, non suona così male. –
Il Cappellaio, commosso da quelle meravigliose parole, fece la sua promessa.
- Alice, ho iniziato a vivere da quando ho avuto l’onore di conoscerti. Io non riesco ancora a credere che tu abbia scelto un mezzo matto come me. Io sono mezzo matto, ma di te sono completamente matto. E qui, davanti a tutti, davanti alla natura, sotto il cielo che ci guarda, io giuro che mi impegnerò affinché tu possa amarmi ogni giorno, sempre di più. -  
Alice inserì l’anello nell’anulare sinistro del Cappellaio, lui fece altrettanto.
Stregatto apparve davanti a loro con il Quaich tra le zampe, la Coppa dell’Amore con due manici, riempita di acqua.
Gli sposi dovevano bere insieme da essa.
Mirana, sempre più commossa, stava per concludere la cerimonia.
- Alice, vuoi diventare la sposa di Tarrant Hightopp? –
- Sì! – disse lei al limite dell’emozione.
- Tarrant, vuoi diventare lo sposo di Alice Kingsleigh? –
- Ma certo che lo voglio! – rispose lui.
- E allora, - disse Mirana – come regina di Marmorea, ho l’onore di dichiararvi marito e moglie. Tarrant, puoi baciare la sposa. –
Alice non attese un secondo di più. Fu proprio lei a buttarsi sul collo del Cappellaio, baciandolo con tutto il suo cuore, sciogliendosi in commozione.
Il Cappellaio la sollevò di poco, cingendola dalla vita, mentre tutti quanti esultarono dalla gioia, alla faccia della decenza.
Quando si staccarono dal bacio, il Cappellaio prese Alice tra le braccia e la sollevò senza nessuna apparente fatica.
- CALLOOH! CALLAY! – esultava vittorioso il Cappellaio, mentre Alice lo abbracciava con la gioia alle stelle.
Il loro sogno si era realizzato. Era diventato realtà.
Sotto l’acero rosso, in mezzo alla natura, in un mondo dove le meraviglie esistevano.
Dove i sogni diventavano realtà, Alice era appena diventata la sposa di colui che tutti conoscevano come il Cappellaio Matto.
 
FINE
 

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