Summer questions

di Strega_Mogana
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


Note: Quarta storia della serie “Le quattro stagioni”
Prima storia legata all'autunno: Autumn Lovers
Seconda storia legata all’inverno:Winter battle
Terza storia legata all’inverno:Spring words
Spin off legato ad Halloween: Trick and treat

1.

La mattina era la parte del giorno che preferiva e non aveva nessuna intenzione di rinunciare alle sue passeggiate mattutine neppure in vacanza.
Certo gli uccellini che iniziavano a cantare alle quattro e mezza della mattina non aiutavano il suo sonno leggero, abituato al silenzio quasi religioso dei sotterranei. Era un po' troppo presto anche per lui.
Si era abituato in fretta ad ignorare il respiro regolare della donna che gli dormiva accanto, ma gli uccellini erano tutt'altra cosa.
Si era alzato scalciando via l'unico lenzuolo che lo copriva dalla vita in giù, lasciando che il caldo di quel luogo gli baciasse la pelle leggermente abbronzata.
Non sarebbe mai tornato a casa visibilmente abbronzato, come invece avrebbe fatto la sua compagna.
Si voltò a guardare la donna che l'aveva costretto ad abbandonare il fresco della sua Inghilterra per quella terra inondata dal sole cocente del sud, con uccellini molesti fin troppo mattinieri.
Hermione dormiva dandogli la schiena, i ricci a coprirle la pelle nuda e parte del cuscino; il sole aveva reso la sua pelle color biscotto, alcune lentiggini erano spuntate sulle guance e sul naso. La sera la costringeva a letto e le baciava a lungo e con passione ogni centimetro di pelle per vedere se sapeva effettivamente di biscotto.
Era una bella scusa per fare l'amore ogni sera. Anche dopo quasi un anno di relazione non era mai sazio di lei.
Si allungò verso il suo corpo e le scoprì la spalla. La pelle era fresca, sapeva di sudore e amore. La baciò attentamente, lasciando che la punta della lingua giocasse un po' mentre la sentiva muoversi disturbata da quel, seppure dolce, risveglio.
- … ore... sono? - biascicò lei senza voltarsi, cercando di aderire un po' al suo corpo, ma senza riuscirci.
- Le quattro e mezza.- rispose il mago con le labbra premute sulla sua spalla.
Hermione gemette disperata.
- … presto... troppo...
- E' colpa di quelli stupidi uccelli.
- … brutti... uccelli... - mormorò Hermione più addormentata che sveglia - … presto... colpa tua...
Severus sorrise sulla sua pelle fresca.
- A quest'ora c'é bassa marea, vado a fare una passeggiata.
La strega si limitò ad annuire abbracciando il cuscino, tornando immediatamente a dormire.
Il mago si cambiò in fretta e uscì silenzioso dalla camera d'albergo che avevano prenotato per quella veloce vacanza.
Il piccolo paese del sud Italia che Hermione aveva voluto visitare era semideserto a quell'ora: per strada incrociò solo qualche furgone intento alle consegne mattutine. Percorse la breve strada che lo portò alla spiaggia dove il mare si era ritirato di qualche metro lasciando in mostra parte del fondale carico di conchiglie e ciottoli levigati.
Camminò con le scarpe in mano, i pantaloni neri arrotolati fino al ginocchio, in quel piccolo paesino sperduto nel sud, completamente libero da ogni forma di magia. Nessuno l'avrebbe mai riconosciuto e poteva concedersi un po' di libertà.
Hermione lo aveva costretto ad abbandonare a casa la sua casacca nera e le camicie a maniche lunghe, lasciandogli nella valigia solo camicie a maniche corte e di lino bianco, oltre ai pantaloni neri.
Si perse nell'ammirare il panorama; il sole stava salendo pigro e già caldo quella mattina, il mare aveva assunto dei colori caldi e all'orizzonte si mischiavano acqua e cielo in un turbinio di colori accesi.
I piedi nudi affondavano nella sabbia morbida, osservò i ciottoli levigati del fondale e le conchiglie in attesa che tornasse l'acqua a coprirle per nasconderle alla vista di bambini curiosi pronti a portarsi a casa un souvenir della vacanza.
Un granchio gli passò accanto nascondendosi poi nella sabbia.
Era decisamente un ambiente diverso da quello a cui era abituato, carico di colori caldi e passionali. Colori che erano mancati in gran parte della sua vita.
Come gli capitava spesso durate quelle passeggiate solitarie con il sole che sorgeva dal Mediterraneo si ritrovò a pensare alla sua vita.
Sorgeva come quel sole. Caldo e passionale come non era mai stato.
Se ripensava a se stesso solo un paio di anni prima, prima che Hermione entrasse nella sua vita, prima che si innamorasse di lei silenziosamente, deciso a tenerselo per sé come aveva sempre fatto con Lily, prima che quel sentimento diventasse troppo forte e lui troppo stanco di una vita solitaria per non cedere al cuore, prima di chiederle quel primo disastroso appuntamento – solo l'autunno precedente – non avrebbe mai creduto quanto la sua esistenza potesse cambiare in così pochi mesi.
Si fermò ad ammirare il sole che baciava l'acqua facendola brillare.
Hermione era il suo sole, caldo e avvolgente che quando lo baciava faceva sembrare la sua ombra meno minacciosa, la sua anima meno lacerata.
I suoi incubi erano ancora lì, pronti a colpire, pronti a farlo soffrire eppure non era più solo. Affrontava i suoi demoni con lei che testardamente gli restava vicino anche quando le diceva che amarlo era una causa persa, che il suo passato poteva essere a volte ignorato, ma mai dimenticato. Restava accanto a lui quando urlava nella notte, quando si disperava e piangeva rivivendo ancora e ancora l'omicidio di Silente.
Gli restava accanto quando andava sulla tomba di Albus e tutto il suo dolore veniva sfogato su quella lapide candida come lui non era mai stato.
Era lì anche quando la bottiglia sembrava l'unica amica che lo capisse fino in fondo.
Lei c'era. A volte silenziosa, a volte ricoprendolo di baci, a volte stuzzicandolo fino a quando non finivano a fare l'amore, solo per fargli capire che non importava quanta oscurità ci fosse nella sua vita, c'era anche amore e la passione. A volte sgridandolo, urlandogli contro, cercando una reazione.
E la bottiglia aveva iniziato a prendere polvere nell'armadietto dei liquori.
Lei era il suo sole che illuminava il futuro. Non più lunghi tunnel di nera disperazione. Non più notti fredde e solitarie a piangere per qualcosa non avrebbe mai avuto.
Il sole era quasi sorto del tutto, una palla arancione che si rifletteva nelle acque scure del mare.
Il mago sorrise e tornò in albergo.
Aveva improvvisamente voglia di biscotti.

* * * *
La vacanza era stata fin troppo veloce e anche se aveva detto ad Hermione di essere felice di abbandonare quel piccolo paesino sperduto dimenticato da Merlino, dentro sentiva già la mancanza di quelle terre calde e illuminate da sole.
Era tornato nella sua tiepida, grigia Inghilterra con un colorito più scuro e un sorriso che Minerva interpretò solo come un buon segno facendo annuire e ridacchiare il dipinto di Albus.
Irritanti vecchie zitelle.
Ovviamente le sue vacanze erano limitate, il lavoro di Preside e gli studi sulle pozioni sperimentali gli portavano via gran parte del suo tempo, ma questo non impediva ad Hermione di trascinarlo alle fin troppe numerose feste di casa Weasley.
Era il prezzo da pagare per averla baciata in mezzo a tutta la Sala Grande alla festa di Halloween.
Quella sera il cielo era terso, il tramonto stava lasciando posto al buio e le prime stelle avevano iniziato ad illuminare il cielo ancora striato da colori pastello.
Hermione gli venne incontro quando lo individuò poco distante dal cancello sbilenco della staccionata. Sorrideva, ma aveva anche uno sguardo duro.
- Sei in ritardo. - gli disse senza neppure salutarlo.
- Avevo del lavoro da fare.
- Ti sei perso la maggior parte della festa. Harry e Neville hanno già scartato tutti i regali.
Il Preside allungò lo sguardo oltre la testa della strega, cosa non molto difficile visto che Hermione era più bassa di lui, e lanciò una veloce occhiata alla piccola folla nel giardino della Tana.
C'erano, ovviamente, tutti i Weasley al completo, con tanto di prole che giocava chiassosamente con i piccoli gnomi da giardino incitati dallo zio George che rideva ogni volta che un piccolo esserino finiva fuori dallo steccato di legno chiaro.
Harry e Ginny parlavano seduti sulla lunga panca, mangiavano la stessa fetta di torta e lui le accarezzava il pancione che iniziava a fare capolino dalla veste.
Neville stava ballando con Luna Lovegood.
Il tavolo era ancora pieno di cibo, piatti sporchi entravano magicamente nella cucina per uscirne poi puliti, Molly e Arthur si stavano contendendo le attenzioni di Teddy e di Victoria.
- Sono ancora in tempo per mangiare un pezzo della faccia di Potter.- disse lui indicando la grande torta con la faccia di Potter e Paciock.
Hermione ridacchiò e lo prese a braccetto accompagnandolo dentro il giardino della Tana.

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Capitolo 2
*** 2. ***


2.

Come al solito Molly aveva preparato fin troppo cibo.
Si sentiva sazio, sedeva assieme alla sua donna su una panchina sotto una vecchia pianta nel giardino della Tana. Avevano appeso dei vasetti di vetro vuoti ai rami e Hermione vi aveva fatto comparire dei piccoli fuochi freddi di vari colori facendo risplendere le foglie.
Forse era il cibo che lo intontiva, forse era il brandy che aveva bevuto con Arthur, ma era stranamente sereno in quel posto che sapeva di casa, famiglia e felicità.
Hermione aveva appoggiato la testa sulla sua spalla e giocava distrattamente con il bordo del polsino della sua camicia leggera.
Erano persi nei loro pensieri godendosi quel momento di tranquillità, i bambini erano andati a dormire, la notte aveva preso il sopravvento e la luna gareggiava con le stelle per vedere chi avrebbe brillato con più intensità.
Era arrivato quel momento della festa dedicato agli adulti, quelle poche ore in cui ognuno dei presenti faceva battute dal dubbio significato, beveva liquori un po’ troppo forti e, a volte, ci si riferiva alla guerra.
All’inizio i riferimenti, gli aneddoti erano quasi all’ordine del giorno, con il passare degli anni alcune cose restavano solo nei ricordi, velati dalla felicità del presente.
Non sempre era così per lui.
Ma si stava adattando a quella nuova vita con Hermione.
Paciock andò a salutarli verso la fine della serata. Hermione si alzò dalla panchina tranquilla e lo abbracciò.
Parlarono un po' senza farsi sentire, vide chiaramente l'occhiata che gli lanciò Paciock e poi un sorriso imbarazzato prima di salutare la sua donna con un delicato bacio sulla guancia.
- Di cosa stavate parlando? - le domandò quando tornò a sedersi.
- Di nulla.
- Bugiarda.
Hermione gli lanciò un'occhiataccia, poi sospirò con finta drammaticità.
- Tu sai che Neville e la professoressa Sprite si tengono in contatto? Sapevi che lui le invia gli appunti su tutte le piante che studia?
- Sì, lo sapevo.
- Sapevi che la Sprite andrà in pensione l'anno prossimo?
- Sono il Preside, Hermione. Pomona mi ha dato il giusto tempo di preavviso per trovare un suo degno sostituito.
- Lei é in gamba.
- Una delle migliori nella sua materia.
- Non sarà facile sostituirla. Ha un entusiasmo che ho visto in pochi.
Il mago si voltò verso di lei.
- Dove vuoi arrivare?
- Neville é competente.
Severus sgranò gli occhi orripilato.
- No!
- Ma...
- Il giorno in cui Paciock diventerà professore di Hogwarts, accetterò la proposta di Potter e diventerò il padrino di uno dei suoi figli.
- Uno dei figli? - ridacchiò lei.
Severus le lanciò un'occhiata.
- Credi che si fermeranno a uno?
La strega ci rifletté un attimo lanciando un'occhiata alla coppia felice che si scambiavano dolci carezze sul pancino di Ginny.
- No, non credo.
Il mago seguì lo sguardo della compagna, Harry non aveva occhi che per sua moglie. Dopo averlo visto negli anni accademici solo e stanco, sembrava anche lui sereno dopo anni e anni di guerra.
Per sei lunghi, estenuanti, anni l'aveva visto nascondere la solitudine dietro la maschera arrogante di salvatore del mondo.
Non importava quando lui facesse finta non apprezzare la gloria che aveva il suo buon nome, non importava quando stesse nascosto dagli altri per non attirare l'attenzione, a Potter la gloria piaceva, era nel suo corredo genetico provare gioia nel vedere la gente sgranare gli occhi nel momento in cui vedevano la sbiadita cicatrice sulla fronte.
Fortunatamente una sanguinosa guerra e gli anni post-adolescenza avevano attutito quel suo lato, ma questo non gli aveva impedito di saltare tutti gli esami per entrare nel corso degli Auror senza neppure aver finito la scuola.
C'erano voluti tre anni prima che Potter prendesse con due mani tutto il suo inutile coraggio Grifondoro e gli chiedesse qualcosa dei suoi genitori. A lui, l'unico ormai sopravvissuto per poter parlare di loro senza perdersi in ricordi troppo melensi.
E c'erano voluti altrettanti anni prima che lui riuscisse a mettere da parte, con enorme fatica, il suo cocciuto orgoglio Serpeverde, per poter parlare apertamente di Lily senza sentire dolore.
Avevano discusso a lungo, a volte anche a voce alta; l'uno per difendere il nome del padre che non aveva mai conosciuto, l'altro per fargli capire che non tutto deve essere per forza uscito da un romanzetto rosa per adolescenti.
Alla fine avevano concluso la giornata e la discussione alla Testa di Porco davanti ad una bottiglia di liquore di buona annata, con Aberforth che li fissava come se il mondo fosse di nuovo sotto l'attacco di un mago oscuro.
Da quella lunga giornata avevano iniziato a parlare in modo civile, quasi adulto.
In quel momento Potter tirò fuori dalla tasca dei pantaloni un piccolo boccino d'oro graffiato e lo appoggiò sulla pancia della moglie.
Un sopracciglio di Piton saettò verso l'alto.
Almeno lui era l'adulto.
Lui e Potter non sarebbero mai stati amici, non c'era modo, in quel mondo, che un Piton e un Potter potessero diventare amici.
- … nostri figli...
Cogliendo solo la fine di quello che Hermione disse, Severus si voltò verso di lei sorpreso.
- Come?
Lei sussultò, come se si fosse resa conto solo in quel momento di aver parlato a voce alta. Lo guardò, ma non arrossì come si sarebbe aspettato.
- Stavo solo pensando al futuro. Ai figli di Harry e Ginny che giocano nel giardino della Tana con i cuginetti. Ad un luogo ove incontrarci tutti insieme e vedere i bambini ridere, magari giocare a Quiddicth sulle stesse scope che usavamo noi. Mi piace la serenità che c'é qui, Severus. E mi piacerebbe, un giorno, avere quello che hanno Harry e Ginny.
Il mago tornò a guardare i due futuri genitori, la loro complicità, le dita intrecciate, lui che giocava con un bambino non ancora nato e un vecchio boccino che aveva quasi ingoiato alla sua prima partita.
Si voltò lentamente verso Hermione.
- Mi stai chiedendo di sposarti e di avere dei figli, Granger?
Lei lo fissò stupita, aprì la bocca, ma la richiuse subito come se la risposta che stava per dare non fosse del tutto sincera.
Hermione ci pensò qualche instate poi gli sorrise.
- Sì, credo di sì.

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Capitolo 3
*** 3. ***


3.

Si era trasferito nell'appartamento che Hermione aveva acquistato dopo aver dato con ottimi risultati gli esami dei M.A.G.O..
Era stata una decisione presa senza neppure parlarne apertamente. Ad entrambi era sembrato logico andare a vivere insieme dopo la fine della scuola.
Praticamente vivevano insieme anche ad Hogwarts.
A Spinner's End era rimasto solo il suo laboratorio e i vecchi mobili che gli ricordavano una vita che non voleva più vivere.
Entrò in casa alzando gli occhi al cielo, Hermione aveva molti pregi, ma anche parecchi difetti. Uno di questi era riempire il silenzio con troppe parole inutili.
Non aveva risposto alla sua domanda, era rimasto spiazzato dalla piega che aveva preso la serata; così lei, interpretando male il suo mutismo, aveva iniziato a parlare.
Aveva detto così tante cose in poco tempo che alla fine aveva iniziato a non sentirla più.
Arrivati in camera si era seduto sul bordo del letto e aveva iniziato a slacciare la casacca nera.
Una delle cose positive dell'Inghilterra era tornare ad indossare i suoi vestiti neri, a volte i suoi vestiti scuri erano solo una corazza contro il mondo che voleva vomitargli addosso fin troppo amore.
Lei si era fermata sulla soglia, lo fissava spogliarsi, ma senza malizia. Sembrava triste.
- Mi dispiace. - gli disse avvicinandosi, aveva abbandonato le scarpe vicino alla porta e camminava sul pavimento chiaro a piedi nudi – Mi é... scappato...
Lui la fissò e sospirò.
- Non é questo. - le disse – E'... strano...
La strega si sedette accanto a lui e ricominciò a blaterare inutili parole. Con un sospiro esasperato si massaggiò le tempie aspettando un attimo di silenzio.
- Basta! - sbottò quando si rese conto che lei non si fermava neppure per prendere fiato – Te l'ho già detto, Granger. Tu parli troppo.
- E tu troppo poco! - rispose a tono lei – Non mi piace quando non capisco fino in fondo a cosa stai pensando. Mi rende nervosa.
Masticando un'imprecazione Severus si allungò verso il comodino, aprì il cassetto e prese un piccolo astuccio nero che mise tra le mani della donna con poca grazia.
Lei fissò l'astuccio, intuendo immediatamente cosa contenesse, e lo fissò.
Finalmente era a corto di parole.
Lo aprì con mani leggermente tremanti e fissò il semplice anello, sembrava antico, dalle forme squadrate.
- Era di mia madre. - le disse – L'unica cosa che ho di lei.
- E... - mormorò titubante Hermione – vuoi darlo a me?
Il mago la guardò e le tolse l'astuccio dalle mani.
- No. - le rispose secco – Questo anello é stato sempre destinato a Lily. - vide un lampo di dolore attraversare i suoi occhi nocciola, ma Hermione capì che la sua spiegazione non era finita e lo lasciò parlare – Questo anello mi ricorda mia madre. Ho sempre pensato che fosse logico dare alla donna che avrei voluto sposare l'anello che mio padre comprò per chiedere in moglie la donna che amava. Ma più lo guardo più mi vengono in mente solo ricordi dolorosi legati a questo gioiello. Lei che piangeva in salotto, le urla, il modo quasi ossessivo che aveva di fissarlo come se cercasse nella sua piccola pietra un barlume dell'amore che li univa un tempo. Poi c'è stata Lily e i ricordi orribili si sono moltiplicati, accumulati come spazzatura. Questo anello é sempre stato nel mio cassetto come monito di quello che non ero riuscito ad avere con Lily. Quando abbiamo iniziato a frequentarci, quando ho capito che non avrei più potuto fare a meno della tua irritante presenza, - precisò con un piccolo sorriso - l'ho ripreso dal cassetto, ma non riuscivo a vedertelo al dito. Tu non sei un ricordo orribile, tu non sei odio e urla. Tu sei amore, sei vita, sei il mio sole. Così - l'astuccio nero fu richiuso e riposto nel cassetto e ne prese un altro di velluto rosso - sono andato in una gioielleria di Londra e ho comprato questo.
Vedendo che, questa volta, Hermione non allungava le mani lo aprì lui.
Anche questo anello era semplice, ma dalle linee più morbide, la pietra non era come voleva la tradizione, ma un'ametista che rappresentava per lui il sole. Quello che Hermione era per lui e poi gli riportava alle mente il colore delle foglie autunnali che li avevano circondati al loro primo appuntamento, o la maschera dorata che indossava quella notte di Halloween.
Quella pietra era luce, come luce era Hermione nella sua vita.
Luce e calore.
Il diamante, forse, era più prezioso, più elegante, ma per lui rappresentava l'argento della maschera che aveva indossato per anni come Mangiamorte, gli ricordava il bianco dell'inverno che non voleva più vivere.
- Questo, - le disse con un filo di voce – é l'anello che voglio metterti al dito. Questo é quello che rappresenti tu. Non un passato pieno di tristi ricordi, ma il calore e la luce di una nuova vita. Questo è l'anello che ti avrei dato all'anniversario del nostro primo appuntamento, ma tu mi hai anticipato.
Hermione sollevò lo sguardo, silenziose lacrime le rigavano le guance, sorrideva felice. Tirando su con il naso si asciugò gli occhi con i polsini della camicia ignorando il trucco colato.
- Quindi... - disse lei titubante – ora vuoi chiedermelo?
- No. Hai iniziato tu. Ora sono io che devo rispondere ad una tua domanda, ma tu non l'hai chiesto bene. - le sorrise asciugandole la guancia con il pollice – Sai sono un uomo all'antica, - la prese in giro - certe cose vanno chieste come si deve.
La strega ridacchiò, non c'era più tristezza nel suo sguardo.
- Severus Piton, vuoi sposarmi?
Il mago le prese la mano sinistra e le infilò l'anello all'anulare.
- Certo che voglio sposarti.


Un anno dopo

Il tavolo dei Grifondoro esplose in un grido di gioia e appalusi quando il Preside annunciò il nuovo insegnate di Erbologia.
Il giovane aveva accolto tutta quella esultazione con imbarazzo e rosso in volto come quando era ancora un bambino sfascia calderoni.
Il mago lo guardò trattenendo un sospiro, chiedendosi, per la millesima volta, se aveva fatto la scelta giusta.
Ma, in fin de conti, anche Silente aveva fatto un azzardo assumendo lui, giovane Mangiamorte redento che cercava di tornare a vivere.
E il nuovo professore era più vecchio rispetto a quando lui aveva varcato la soglia dell'aula di pozioni come insegnante la prima volta.
Non appena si sedette sua moglie attirò la sua attenzione sfiorandogli un braccio e avvicinandosi a lui.
Si chinò accarezzandole la mano nascosto dalla brocche d'argento disposte sulla tavola.
- Tu sai che Ginny é incinta di nuovo? - gli sussurrò all'orecchio – Ora hai una promessa da mantenere.
Severus sospirò rassegnato prendendo un calice di succo di zucca, ne bevve un lungo sorso e, senza farsi vedere, nascose un sorriso nel bicchiere.

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