Le Cronache di Lucian

di Kalheesi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Una nave verso il tramonto ***
Capitolo 2: *** 2. Un piccolo Damian (parte 1) ***



Capitolo 1
*** 1. Una nave verso il tramonto ***


Le Cronache di Lucian

Una vela appena tinteggiata, con le rifiniture dorate ancora lucide, interrompeva, con il suo movimento ritmico, l’assoluta staticità che dominava l’intero panorama all’alba. Silente procede lungo il grande e placido fiume di Ezel, allontanandosi dalla popolosa Talarin con un’aura di malinconia.
Il silenzio terminò con il rumore dei marinai più mattinieri che si avviavano stancamente sul ponte. Tra i primi uomini nerboruti si intravede la leggera corsa di un bambino. Il piccolo si ferma solo davanti all’albero maestro, dove osserva, strabuzzando gli occhioni nocciola, una figura abbandonata alla massiccia asse in legno.
“Lucian! Zio Lucian! Svegliati! Zio svegliati!” inizia a strattonarlo sempre più energicamente, iniziando a preoccuparsi.
“ehi ehi calma. Sono sveglio, sono sveglio!” si inizia a lamentarsi il biondo a terra, sollevando le mani a dimostrazione delle sue parole.
“zio non avrai dormito qui fuori spero!” si imbroncia subito il giovanotto.
“non preoccuparti Aran. E poi non dovrei essere io l’adulto qui?” scherza, con un sorriso appena accennato.
“zio ma perché allora sei rimasto qui fuori per tutta la notte? Fa freddo. Potevi prenderti un malanno.”
Il ragazzo a questo punto non può nascondere a lungo l’ombra di tristezza che gli attraversa inevitabilmente i tratti. Per sfuggire allo sguardo incuriosito del nipote si volta ad osservare il punto che per tutta la notte gli ha portato tanta sofferenza.
“beh Aran, avevo bisogno di rinfrescarmi le idee. Dopotutto è l’ultima volta che vedo questi paesaggi, eppure vi sono nato. Non è così semplice.” Abbassa lo sguardo, non cercando nemmeno più di nascondere la tristezza.
“cosa? Ma come? Non è possibile! Sei sempre vissuto qui! Non puoi andartene per sempre. Tornerai qualche volta, magari con me!” arriva quasi ad urlare il piccolo Aran, con gli occhi che traboccavano di preoccupazione.
Intenerito lo zio non può evitare di passargli una mano sul viso. “non preoccuparti per me, va tutto bene. Piuttosto, cosa ci fai tu già sveglio?”
Il volto del piccolo si illumina immediatamente a quella domanda.”Beh mio padre spesso mi dice di quanto sia stata avventurosa la tua vita qui a Nashmar ma non ti vedo quasi mai, quindi non ho mai potuto chiederti niente. Appena ho saputo del viaggio con te zio ero felicissimo. Ti prego raccontami le tue avventure! Per favore!”
Lucien a quella richiesta così accorata non può evitare di scoppiare a ridere. “va bene Aran. Se me lo chiedi così come potrei dirti di no. Quindi? Da dove vuoi che inizi?2
Il giovanotto coglie al volo l’occasione e subito si accoccola a sua volta contro l’albero maestro. “dall’inizio! Voglio sapere tutto!”
“come? Dall’inizio? Ma sono tantissime cose! Va bene va bene! Allora… io … si..partirei dalla mia amicizia con un giovanissimo Damian.”
“ah giusto! Lo zio Damian. Si dai zio! Non vedo l’ora di sapere tutto!”

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Capitolo 2
*** 2. Un piccolo Damian (parte 1) ***


-inizio FLASHBACK-

Un giovanissimo lucian stava camminando velocemente per i corridoi, ancora spogli di alunni, della scuola, come sempre in anticipo. Si stava dirigendo con passo svelto verso la classe del professor Akaran, con in mano i resoconti della settimana, redatti diligentemente. Come ogni giorno da un mese a quella parte stava percorrendo il corridoio adiacente alla zona di allenamento dismessa, l’unico modo per evitarsi ulteriori fastidi.
Era immerso nell’ennesima rilettura delle sue parole ancora dal tratto un po infantile ma preciso, quando si sentì afferrare con decisione per le spalle ed un dolore lancinante dietro al ginocchio sinistro. Inevitabilmente rovinò a terra, vedendo spargersi i fogli un po’ ovunque.
“Luci, luci, luci. Dove stai andando di bello?” Chiese Bertold con un’espressione che non faceva presagire niente di buono per il biondino, ancora a terra. Appena provò a sollevarsi fu violentemente riportato a terra da una figura alle sue spalle, che presto riconobbe come Geri, sorellastra del primo.
Solo allora rivolse al primo il solito sguardo di disgusto
“Lasciatemi andare, stupidi Berion!” “Oh oh, il ragazzino tira fuori le unghie eh!” Entrambi i fratellastri scoppiano in una cupa risata, ma rimanendo nella stessa posizione.
“Ehi Damian vieni qua!” Solo in quel momento Lucian si accorge di un’altra figura nel lungo corridoio, una figura che a giudicare dall’assenza di passi dietro di se è immobile.
“Muoviti, non abbiamo tutto il giorno!” Si accompagna il ragazzone con un gesto stizzito della mano, non abituato ad aspettare.
Appena il nuovo arrivato entra nella sua visuale, Lucian gli regala lo sguardo più sprezzante che gli fosse possibile da quella posizione scomoda.
Non era solo un teppista come gli altri, ma addirittura una persona che non lo conosceva ma non aveva nemmeno replicato a quello stupido di Bertold. Una persona senza spina dorsale.

“Ma cosa-lo osserva per la prima volta titubante-ma che state facendo?”
Oh almeno parla, che conquista.
“Cosa ti sembra stiamo facendo?-ghigna il **-ti presentiamo il piccolo presuntuoso Luci” lo indica con disprezzo, per poi continuare a fissarlo mentre continua a spiegare la sua situazione “questo, mio caro Damian, è uno stupido ragazzino che crede di essere al nostro livello solo perché è il leccapiedi del principino del posto. Vedi? È colpa di quelli come lui se la reputazione di questa accademia sta affondando!” Finisce teatralmente.
Il moro rimane a fissare la situazione, senza fare il minimo accenno di assenso, diniego o anche di minima sorpresa.
“Ehi Bert, cosa sono quei fogli?” Gracchia Geri con la voce femminile quanto un marinaio del porto di Ezeran.
“Oh, ma guarda un po qui, i resoconti per Akaran-inizia a sfogliarli, dopo averli raccolti quasi con cura, finché non osserva il biondino con i piccoli perfidi occhi scuri -sai Luci, ho saputo che il maestro si arrabbia molto con chi non porta a termine i compiti sai?”
Il più piccolo cerca di liberarsi dalla stretta della ragazza con uno strattone improvviso, ma provocandosi solo una fitta lancinante tra le scapole. Così continua come un animale in gabbia
“Non osare! Sta’ fermo! Non toccare quei fogli! Lasc- ah!” Urlò con una mano a tenersi lo stomaco dolorante e gli occhi stretti in una morsa di dolore, dopo il calcio del più grande.
Intanto Bertold lo guarda sadico dall’alto.
“Zitto moccioso, non puoi farci niente. Ormai avrai capito che se non te ne vai non avrai vita facile. Ti ripeterò per l’ennesima volta lo stesso generoso consiglio: SPARISCI” gli dice a pochi centimetri dal viso, divertito dagli occhi nocciola così traboccanti d’odio del ragazzino.
“Geri buttalo in acqua, magari si schiarisce le idee” suggerisce sempre più allegro.
Subito il biondino iniziò a dibattersi come poteva per sfuggire alla presa ferrea della giovane, ma senza successo, ritrovandosi, tra mille lamenti, completamente immerso nella fontana al centro dello spiazzo lì vicino.
Appena cercò di riprendere aria fu riportato con la testa nell’acqua gelida, rischiando seriamente l’annegamento. Alla fine riuscì a levarsi da quella situazione, ma rimanendo senza forze, seduto sull’erba umida, completamente bagnato, in balia degli aggressori.
“Bene, adesso tieni pure i tuoi fogli” fece il ragazzo in piedi, lanciando i documenti dritti in acqua. Un lamento di disperazione seguì il gesto, cone gli occhi del biondino che come impazziti registravano uno ad uno i fogli ormai inutilizzabili.
“Bastardi…”soffiò un po scioccato da tutto il lavoro sprecato delle scorse cinque serate.
“Bene ora tocca a te piccolo-”
“Andiamocene adesso!” Si intromise improvvisamente Damian
“Come scusa?” Si voltò adirato Bertold, già con un pugno pronto a colpire.
“Sta arrivando il maestro” concluse il moro
“Cosa? - cambio subito espressione Bert- andiamocene, via via via!” Iniziò a correre lasciando indietro Geri.

Pian piano Lucian cercò di uscire dalla fontana, ma appena sentì un braccio aiutarlo a sorreggersi si scansò con stizza, facendo seguire il gesto da occhi pieni di qualcosa che rasentava l’odio.
“Adesso mi merito anche la pietà del generoso nobile rampollo” sputò con scherno “vattene, non farò il tuo nome, so cosa devo fare, so come funziona.”
“Non fare lo stupido che non sei, fatti aiutare.”-ottenne però solo uno sguardo molto scettico, così continuò- guarda che non c’e il maestro.” 
Dopo alcuni secondi poté vedere tutti i ragionamenti che affollavano la mente del biondino passare, uno ad uno, nei suoi occhi sempre più consapevoli, ma ottenendo comunque uno sguardo arrabbiato, ma era pur sempre un passo avanti. 
Davanti al sorriso divertito del moro Lucian si stizzì ancora di più, scostando il suo braccio dalla sua vita ma finendo rovinosamente a terra, a causa di una ferita appena sanguinante alla nuca.

Quando si risvegliò impiego solo pochi minuti a capire di essere nell’infermeria della scuola, tante erano le volte che ci era finito, per compiti o contusioni che fossero.
Dopo altrettanti minuti decise di interessarsi ad altro che non fosse il soffitto in pietra cosi alto, posando lo sguardo sulle due figure in piedi li vicine che parlottavano dandogli le spalle. Subito riconobbe il maestro Akaran e Damian, “cosa diamine vuole ancora? Come minimo vuole fare bella figura. Il solito opportunista.”
“Oh ben svegliato Lucian. Come ti senti?” Chiese con la solita voce calma il maestro di storia.
Il ragazzo rispose con un sorriso conciliante, il primo di quella giornata. “Si sto bene, mi fa solo un po male la testa.” Si massaggiò istintivamente la nuca.
“Menomale, poteva andare peggio. Lucian perfavore potresti dirmi chi è stato. Non è l prima volta che ti accade una cosa simile.” Domandò severo.
“Se non glielo dici tu ci penserò io” precisò con le braccia incrociate Damian.
Il biondino attese un po prima di rispondere, poi distolse lo sguardo e si alzò anche troppo velocemente dal letto.
“Maestro lasci perdere perfavore. Tu invece tieni la bocca chiusa e non intrometterti in cose che non ti riguardano.”
Quasi per caso si soffermò sulla finestra appena accostata, accorgendosi del rossore illuminava il cielo, spalancando gli occhi.
“Oh cavolo, devo andare è tardissimo.”
Prese velocemente la sua borsa ed imboccò il corridoio gridando un ringraziamento al professore, che era stato troppo lento per fermarlo.

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