Heavenly Battles - Battaglie Celesti

di James Potter II
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Alaral ***
Capitolo 3: *** Volpi chiacchierone e nerd ***
Capitolo 4: *** Più sangue del Flegetonte ***
Capitolo 5: *** Allenamento ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Miliardi di demoni caricavano il piccolo manipolo di angeli. Le forze di Michele erano state ridotte a poche centinaia, ma il coraggioso Arcangelo non si sarebbe mai tirato indietro.
Spiegò le sue sei ali piumate, e si alzò in volo sopra i suoi soldati. L'armatura dorata scintillava al sole, il mantello, dorato anch'esso, era mosso dal vento, e così anche i capelli d'argento del generale. 
Alzò la sua spada dalla lama fiammeggiante, e con voce calda e solenne tuonò -vogliamo forse permettere alla fiamma della speranza di essere estinta dal buio? Vogliamo forse lasciare che la luce venga dimenticata. Sono tanti, è vero, ma non è anche vero che una debole fiammella splende di più se il buio è profondo? La luce sovrasta il buio. Le ombra fuggono davanti al sole, nascondendosi dietro corpi solidi.
Se voi volete permettere a Lucifero di oscurare il cielo, andate a rannicchiarvi nei vostri giacigli, fuggite. Ci penseranno i demoni a strapparvi le ali. 
Ma io, combatterò ugualmente. Non rinuncerò alla libertà di combattere, alla speranza della vittoria.- poi si rivolse ai demoni, ormai sempre più vicini -finché su questo campo ci sarà anche un solo coraggioso servo della luce, sappiate che non ci piegheremo mai! Le ombre a cui siete tante devoti non ci fermeranno.
Mi chiamo Michele, Arcangelo, ispiratore di coraggio, generale di eserciti, spada della libertà e della giustizia. Vi mostrerò il potere della Luce.-
E così dicendo, si gettò verso l'esercito dei demoni. Tutti i suoi soldati lo seguirono, nessuno era disposto a cadere sotto il potere delle tenebre.
Lance dorate trapassarono ventri spinosi, spade d'argento tagliarono orrende teste, e corpi lucenti abbattevano sempre più mostri infernali.
All'improvviso i cieli tremarono, e una nube buia sembrò abbattersi sul bianco campo di battaglia.
Un uomo di una bellezza stratosferica si fece strada tra i demoni. I suoi capelli erano dorati, i suoi occhi chiari come il cielo. Un'armatura d'ossidiana lo proteggeva, e un mantello del color del sangue avvolgeva il suo corpo.
-Lucifero!- tuonò Michele. Al sentire il suo nome, Lucifero spiegò sei ali piumate, nere come la pece -amico mio, Michele- disse con voce melliflua -sono contento di vederti-
-Non osare chiamarmi amico, essere infernale- urlò di rimando il guerriero dorato. Lucifero lo guardò, e rise. Dapprima era una risata calda, contagiosa, tanto che strappò qualche sorrise anche nell'esercito degli angeli, ma ben presto divenne una risata roca, malvagia, carica di odio e rimorso, senza un briciolo di felicità.
-Tu hai tradito la luce- continuò Michele -hai tradito me! Ti ricordi il nostro potere quando eravamo insieme? Ora sprofonderai, sterco del demonio!-
-Sterco del demonio? Ma non ti rendi conto che, IO sono il demonio!- dicendo questo, fu ricoperto da un vortice di fiamme, e si gettò contro il generale angelico. Nella sua mano apparve una lancia di fuoco, e ben presto i due nemici che un tempo erano amici si ritrovarono a combattere l'uno conto l'altro.
Lucifero sembrava avere la meglio, ma Michele fece qualcosa del tutto inaspettato. Gettò la spada.
-Sei impazzito?- chiese l'angelo oscuro -ti arrendi già?-
-ti sbagli- disse l'Arcangelo con un sussurro. Improvvisamente una luce accecante si materializzò intorno a lui, e quando si affievolì, Michele era divenuto completamente d'oro, dal busto alla testa, che sembrava la testa di una statua intagliata ad arte, fino alle ali, che sembravano fatte di oro liquido.
Si gettò sul demone, e lo spinse giù dal cielo. Per almeno un minuto caddero, con Michele che aveva le mani auree al collo di Lucifero, che invece urlava, ma non di terrore, di rabbia.
Quando atterrarono, un enorme cratere si formò sulla terra, quello che un giorno sarebbe stato chiamato "Gran Canyon".
Michele si alzò, puntò la spada verso il suo vecchio amico, e sussurrò -Sprofonda, demone!- e la roccia sotto di lui divenne sabbia, facendo sprofondare il l'angelo delle tenebre. 

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Capitolo 2
*** Alaral ***


Alaral stava attraversando la strada di marmo che tagliava il cortile dell'accademia. Affianco a lui c'erano due angeli alti e mori, con un'armatura argentata da cui spuntava un paio d'ali candide. Portavano una lancia lunga nella destra, e uno scudo circolare nella sinistra. Il più alto dei due gli stava descrivendo i vari luoghi.
-Questo è il cortile, dove passerai la maggior parte del tuo tempo libero probabilmente, così da poter socializzare con gli altri-
-E chi ti dice che voglia socializzare- commentò freddo Alaral.
L'angelo fece spallucce -non sei obbligato, ma comunque non sei il primo ibrido a varcare i cancelli di Cerea- lo rassicurò.
Il ragazzo lo guardò. Quello stupido angelo non capiva niente. Un conto è essere un mezzo-angelo, o un dampiro, un ibrido tra umano e vampiro, o qualsiasi altro ibrido comprenda un umano, ma quello era diverso.
-Dubito che abbiate avuto gente come me- disse infine.
-Cerea ne vede di gente strana, credimi ragazzo. E poi che importa chi sono i tuoi, l'importante è che tu sia un buon guerriero. Questo è quello che cerca l'esercito celeste-
-L'esercito celeste non dovrebbe comprendere solo angeli?- chiese il ragazzo.
-Un tempo forse, quando eravamo tanti, e non esistevano altre razze. Ora dobbiamo unirci contro il male-
-Ma quale male Raziel!- l'altro angelo gli aveva messo un braccio sulla spalla, ridendo -sono millenni che il male è rinchiuso sottoterra, ora il problema principale sono i demonietti che infestano le città ahahah-
-Bhe Ophaniel, non si sa mai, sono passati millenni, come hai detto tu. Il male non sarà rinchiuso per sempre-
-Per male- intervenne Alaral -volete dire Lucifero no? Credete si possa liberare?-.
Quella domanda congelò l'aria. Sembrava che i due angeli stessero trattenendo il fiato.
L'angelo chiamato Raziel mise una mano sulla spalla del ragazzo -non dire mai più una cosa del genere, intesi?-
-Che ho detto di male, sul serio, adesso non pronunciamo neanche il suo nome?-
-I nomi sono potenti, per favore ragazzo, attento a quello che dici, soprattutto davanti agli altri- poi scrollò le spalle, e poi continuò come se niente fosse -quella laggiù invece è l'arena, dove si terranno le lezioni di lotta. Quello invece, è l'edificio principale- indicò un castello di marmo bianco che rifletteva talmente la luce, che Alaral dovette strizzare gli occhi. Il castello era in stile classico, con tetti a cupola, colonne d'orate con capitelli bianchi in stile corinzio, archi di marmo riccamente decorati da bassorilievi, fregi continui sulle fiancate del palazzo, portici circondati da altre colonne, balconi, teste di drago dorate da cui usciva lava che andava poi a depositarsi in una vasca interna, statue di grifoni che sputavano acqua giù dalle pareti e finiva sotto, nel lago. Solo allora Alaral si accorse che il castello affondava le radici all'interno di un lago dall'acqua cristallina. Su vari scogli erano appollaiate delle sirene dalle code variopinte intente a pettinarsi le folte o chiome a ad ammirare una conchiglia.
-Non c'era posto sulla terra ferma e così avete costruito il castello nel lago?- chiese il ragazzo.
-Il Palazzo D'Avorio deve entrare in contatto con tutti e cinque gli elementi. Tocca l'acqua, la terra, in quanto poggia sul fondo roccioso del lago, l'aria ovviamente, il fuoco, con le piscine sfavillanti e la luce che batte sulla sua superficie marmorea- rispose Raziel.
-E le vostre coinquiline come l'hanno presa- disse Alaral indicando le sirene.
-Il palazzo è qui da prima di loro. Era il palazzo degli Arcangeli un tempo, ma ora che è stato costruito il Palazzo Delle Gemme al centro di Cerea non viene più usato dal consiglio celeste- 
Si ritrovarono presto di fronte ad un ponte che arrivava al portone principale.
Il ponte era arcuato. Il pavimento era un mosaico di perle, le ringhiere dorate erano elaborate ed eleganti. Il ponte sarà stato lungo cinque o sei metri, e gli ci volle un po' per arrivare di fronte al portone d'ingresso.
Si trovarono di fronte ad un grosso portone d'oro.
Vi erano scolpite scene di angeli che combattevano demoni, e ai lati troneggiavano due statue auree di angeli in armatura alte almeno tre metri, poco meno del portone.
Raziel e Ophaniel tesero la mano verso l'immensa lastra d'oro, e quella si spaccò immediatamente in due, aprendosi in due ante e lasciandoli entrare.
Quando Alaral entrò ci mise un po' per capacitarsi di ciò che aveva di fronte.
Erano appena entrarti in un'enorme sala rettangolare, lunga come un campo da calcio. Le pareti marmoree erano rivestite di arazzi, armi, quadri e stendardi.
Il pavimento era fatto di marmo rosa, senza nessuna decorazione, tranne che delle vasche d'acqua che percorrevano tutto il lato destro e sinistro della sala. In fondo si poteva scorgere una parte alzata, su cui erano posizionate alcune sedie di marmo, sobrie e dall'aspetto antico.
Parecchi ragazzi camminavano per quella sala. Alcuni si rincorrevano, altri stavano fermi a parlare, altri ancora stavano combattendo con dei bastoni.
-Wow- commentò Alaral.
-Questa è la sala grande. Un tempo ospitava il consiglio degli arcangeli, ma ora non ha nessuna funzione specifica.-
Arrivati più vicino, si poté notare che sulle sedie erano seduti alcuni individui: un'angelo alto e biondo, vestito con un gilè doppiopetto argentato, una camicia bianca dalle maniche larghe strette al polso, una cravatta di quelle a fazzoletto, sempre bianca e pantaloni neri.
C'era anche un uomo muscoloso e abbronzato, vestito con la corazza di un'armatura di cuoio e dei pantaloni di pelle nera. Portava alti stivali di pelle borchiati. La sua barba biforcuta era bruna e ispida, e il lunghi capelli erano acconciati a treccine, tipo gli antichi guerrieri vichinghi.
Al suo fianco sedeva composta una ragazza sulla ventina, alta e snella, dal pallore innaturale ed un rossetto rosso sangue. Portava una tuta attillata di pelle nera, e alti stivali rossi.
-Chi sono loro- Alaral fece cenno con la testa ai tre individui.
-Lì siedono gli istruttori. Quelli sono Uriel- e indicò l'angelo -l'unico arcangelo che è voluto rimanere al Palazzo D'Avorio. E' il patrono della poesia e dell'arte, e insegna scherma...-
-Non poesia?- lo interruppe Alaral. Raziel lo ignorò.
-Quello lì invece- disse facendo segno verso l'uomo dalla barba biforcuta -è Skoll. Lui è un licantropo, e insegna storia. E infine- continuò indicando la ragazza -quella è Lady Rowena, un vampiro, istruttrice di lotta libera. Ora scusa, ma credo di doverti lasciare solo, vado a riferire agli istruttori il tuo arrivo-.
E così dicendo, si avviò a passo spedito verso la pedana marmorea, lasciando Alaral in mezzo a quell'enorme sala.
Non era un tipo timido, non temeva gli altri, preferiva semplicemente la solitudine.
Però non sapeva cosa fare in quel momento, quindi rimase lì impalato.
Guardandosi intorno, vide un gruppetto di ragazzi che gli facevano segno di avvicinarsi. Erano cinque, vestiti con armature di pelle.
Alaral camminò verso di loro con passo spedito, e avvicinatosi il più grosso di loro disse -ehi amico, sei nuovo?- 
-Già- rispose Alaral
-E da dove vieni?-
-New York City, perché?-
-Intendevo, da quale stirpe vieni. Licantropi, vampiri, angeli, hai presente no?-
-Ibrido- rispose.
Il ragazzo alzò un sopracciglio -ibrido? Di cosa-
-Che t'importa- rispose freddamente Alaral.
-Calmati amico, non c'è nessun problema.-
-Se ti ponessi la stessa domanda che mi hai posto inizialmente?- disse il ragazzo.
-Sono un mezzo-angelo. Mio padre è l'arcangelo Raffaele. Mi chiamo Ophren.-
-Io sono Alaral-
-E' un nome antico, di quale stirpe è?-
-Licantropi. Vuol dire "ululato possente" o qualcosa del genere-
-Quindi sei un mezzo-licantropo-
-Non è così semplice-
-Perché, forse sei un ibrido tra un licantropo e un vampiro? Sono rari ma...-
-Senti, grazie Ophren, ma devo andare- lo interruppe Alaral, e fece per andarsene, ma Ophren lo prese per una spalla per bloccarlo, e gettò l'occhio al petto. Alaral abbassò lo sguardo, e notò che dalla maglietta nera era uscito un ciondolo argentato. Un pentagramma (un stella a cinque punte inscritta in un cerchio) circondato da ali piumate.
Sul volto gli si dipinse un'espressione di orrore -è un simbolo angelico quello?- urlò Ophren attirando l'attenzione di molti ragazzi -non sarai mica...- Alaral si ricacciò il ciondolo nella maglietta, ma ormai era troppo tardi.
Ophren gli si avvicinò -sei il frutto dell'unione di un angelo con un licantropo? Rispondimi!-
-Non sono tenuto a rispondere a un bel niente- gli rispose Alaral di rimando.
Per tutta risposta, Ophren gli scagliò un pugno, che però fu bloccato con rapidità dall'ibrido. 
Allora gli amici di Ophren si raccolsero intorno ad Alaral.
-Fermi!- urlò una voce. Davanti all'ibrido c'era una ragazza. Avrà avuto quindici anni, come Alaral. I capelli erano scuri e ricci, la pelle molto chiara. Indossava un'armatura azzurra sopra una tunica corta bianca. Ai piedi calzava dei sandali alti in stile greco, che erano coperi da gambali di pelle azzurri come l'armatura.
-Che vuoi Listair- tuonò Ophren.
-Non credete sia leggermente scorretto? Sei contro uno.-
-Me la cavo benissimo da solo.- disse Alaral. 
La ragazza girò la testa verso l'ibrido, e Alaral potette notare che aveva gli occhi di un azzurro intenso, che adesso lo guardavano truce.
-Questo qui è un ibrido tra un angelo e un licantropo! Hai mai sentito qualcosa di più tremendo e terribile?- chiese Ophren.
-Tu- gli rispose Alaral facendosi avanti, poi si girò verso la ragazza -e comunque dico sul serio, posso difendermi da solo-
-Sono sei, almeno un alleata devi averla- poi si rivolse a Ophren -la stirpe non conta. A contare sono le azioni. Puoi essere figlio di Michele in persona ma essere uno spregevole codardo-
All'improvviso sopraggiunge l'angelo che prima era sulla pedana marmorea, l'Arcangelo Uriel -cosa succede qui- la sua voce era fresca, chiara e gentile.
-Questo è un ibrido tra un angelo e un licantropo!- urlò Ophren.
Uriel guardò Alaral.
-Come ti chiami?- chiese ad un certo punto.
-Alaral Batelgeuse- rispose il ragazzo.
-Betelgeuse... dunque l'angelo era tuo padre- disse, e non era una domanda.
-Ma non l'ho mai conosciuto, sono cresciuto con mia madre-
-Immagino. Perché, Ophren, questo ti reca disturbo?- chiese poi rivolgendosi al ragazzo.
-Ma, Divino Uriel, tutti sanno che uno degli orrori più grandi che un angelo può fare è accoppiarsi con un essere come un licantropo o un vampiro!- ribatté Ophren.
-Non è il momento giusto per parlarne, sarà meglio che accompagni Alaral alla sua stanza. Vieni Kiana- disse rivolgendosi alla ragazza.
Lui e la ragazza si avviarono verso la fine della sala, e Alaral li seguì.

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Capitolo 3
*** Volpi chiacchierone e nerd ***


Uriel e Kiana salivano a passo spedito le scale marmoree a chiocciola che conducevano al piano di sopra, seguiti da Alaral, che si fermava ad ammirava ogni piccolo particolare. 
Le pareti erano piene di torce. All'inizio al ragazzo sembrarono solo torce di legno con la punta ricoperta di stoffa e imbevuta di resina, come quelle che usavano i licantropi selvatici nelle loro tane. Tuttavia grazie ad uno sguardo più attentò potette notare che in realtà erano delle vere opere d'arte.
Intanto non erano di legno, ma d'oro, che con il bagliore del fuoco non risplendeva come facevano al sole, così da far pensare ad un primo sguardo al legno. La fiamma usciva dalla bocca di un drago dorato, che probabilmente all'interno doveva contenere resina, o altre sostanze infiammabili.
Le pareti non erano di marmo bianco come la sala principale, ma di granito.
Le scale erano di marmo, senza alcun tappeto o rivestimento, ed erano molto scivolose.
Ogni tanto c'erano delle porte, che dovevano portare ai vari piani del castello.
Dopo tre o quattro porte Alaral chiese -quanto manca ancora?-
-Già stanco?- gli chiese Kiana.
-Non mi stanco mai- rispose freddo Alaral.
-Siamo arrivati- disse Uriel.
Si ritrovarono di fronte ad una porta di legno scuro. I cardini erano eleganti, d'oro, così come la maniglia, che aveva la forma di una testa di grifone. Non era un rapace qualsiasi, solo i grifoni venivano rappresentati con le orecchie.
Uriel girò la maniglia, e ad Alaral sembrò che stesse torcendo la testa al grifone.
Attraversata l'entrata si ritrovarono all'interna di un lungo corridoio.
Era abbastanza largo, con le pareti di pietra liscia ed il pavimento di legno.
Per terra era appoggiato un lungo tappeto rosso, che ad Alaral sembrò il Red Carpet. Solo che quello era ricamato in oro con motivi di ali piumate.
Due file di porte si stendevano ai lati del corridoio. Alaral notò che i due lati avevano una maniglia differente. Quello di destra aveva un leone dorato, quello di sinistra un felino privo della criniera.
-Kiana, accompagna tu Alaral alla sua stanza, io ho delle faccende da sbrigare- e così dicendo, scomparve dietro l'ingresso e la porta si chiuse.
-Ok lupacchiotto- cominciò la ragazza -le maniglie col leone sono le camere dei ragazzi, quelle con la leonessa...-
-fammi indovinare, delle ragazze?- la interruppe Alaral
-No, dei froci- lo corresse lei.
-Cosa?-
-Sto scherzando stupido. Che c'è? Temevi di finirci?-
-No, ero solo curioso di sapere dove saresti andata tu-
Lei gli diede un pugno sul braccio, ma poi lo prese in mano per il dolore
-Ahia- si lamentò.
-Mai picchiare un licantropo. Non hai letto Twilight?-
-Sei un mezzo licantropo, ora muoviti Jacob- disse andando avanti.
Si fermarono di fronte ad una porta con la maniglia a forma di leone. Alaral notò che aveva una toppa nella bocca spalancato, dove sarebbe dovuta essere inserita la chiave.
-Hai qualcosa che può essere inserita qui?- chiese Alaral.
-Se è uno stupido doppio senso giuro che...-
-Intendevo la chiave! Hai una chiave si o no? Oppure sai fare quel trucchetto per aprire le porte?-
La ragazza lo guardò. Improvvisamente Alaral notò quanto fosse bella l'armatura che indossava. Il bustino azzurro era formato da due pezzi sovrapposti, ed era tagliato al centro e tenuto insieme con un lungo laccio di cuoio.  Aveva le cuciture lungo i seni. 
C'era anche un collare decorato con un paio d'ali, anch'esso chiuso con un laccio di cuoio. Ad esso erano legate le spalline. Si trattava di spalline a strati, ognuno dei quali aveva la forma di un'ala piegata. Da un lato c'erano quattro strati, dall'altro soltanto tre. Al collare era attaccato anche un colletto che arrivava fino alla fine del collo, dove iniziava la testa.
La parte inferiore del bustino era decorato anch'essa con ali piumate, incise nel cuoio, e da borchie argentate.
Sotto portava una tunica bianca senza maniche, come quelle greche, e dall'armatura usciva solo la gonna, lunga fino a metà coscia.
Ai piedi calzava sandali, anch'essi greci, ma erano coperti quasi completamente da gambali azzurri come l'armatura. Il bordo superiore era tagliato a forma di piume, e da un lato spuntava l'estremità di una piccola ala che partiva dal centro del gambale.
Le braccia bianche erano completamente scoperte, tranne per un bracciale argentato sul bicipite sinistro.
-Ehi, Alaral-
Solo allora Alaral si accorse di essersi imbambolato a guardare il corpo della ragazza.
-Stavo... stavo solo guardando la tua armatura. Dove posso trovarne una? Cioè, non così, ovviamente, intendevo, dove posso trovare un'armatura anch'io?-
Kiana si mise a ridere. Era una risata cristallina, contagiosa, e strappò un sorrise anche ad Alaral.
-Non sai quanto sembri stupido in questo momento. Levati quel sorriso ebete dalla faccia e prendi questa- e così dicendo, porse una chiave al ragazzo. Era dorata, lunga due dita, di quelle vecchio modello. La parte che dovrebbe essere inserita nella toppa aveva una forma arcuata, arricciata, come una parentesi graffa. All'estremità opposta sei ali d'angelo circondavano un anello con cui si sarebbe potuta attaccare la chiave al collo. 
-Avete scolpito una chiave speciale apposta per me?- chiese il ragazzo sarcastico.
-Prendila e basta. Il tuo sarcasmo mi sta facendo girare la testa-
-Già, è questo l'effetto che faccio di solito alle ragazze-
-Intendi la nausea? Non stento a crederlo- e così dicendo, Kiana porse la chiave ad Alaral. Appena lui la prese in mano, una catenella dorata si materializzo appesa alla chiave. Lui la sollevò e la avvicinò al viso.
-Carina- commentò. La infilò nella toppa. Subito la testa di leone serrò le fauci, e ora la chiave sembrava intrappolata tra le sue zanne auree. Alaral la girò, e il leone riaprì la bocca con un suono metallico. Il ragazzo girò la maniglia, e la porta si aprì.
Dopo le meraviglie che aveva visto fin'ora, Alaral si aspettava di trovare chissà quale reggia. Con un letto matrimoniale, statue d'oro di angeli, ricche carte da parati, pavimenti di marmo pregiato, e chissà, magari anche un frigobar gratuito. Le sue speranze furono infrante dal calzino che calpestò entrando.
Era una camera doppia. Un letto a castello di semplice legno levigato, rivestito da lenzuola bianche, era accanto ad una parete. Il letto sotto era sfatto, con un paio di mutande sul cuscino. Alla parete era appeso una scudo con lo stemma dei soldati di Cerea, la divisione principale dell'esercito angelico. Era un semplice scudo di ferro, o forse acciaio, e al centro troneggiava uno stemma con tre punte, una forma piuttosto classica. Sembrava anch'esso uno scudo, poiché era argentato con il bordo d'oro. Al centro di esso una testa di leone coronato in oro ruggiva superba. Il petto e la testa di due leoni dorati uscivano ai lati dello stemma. Due spade templari erano incrociate dietro il piccolo scudo argenteo. La testa e le spalle di un cavaliere uscivano dalla parte superiore dello stemma. Era in armatura argentea, con un elmo alato e l'aureola, come veniva rappresentata nei dipinti medievali, e cioè un disco luminoso dietro la sua testa. Da ulteriore cornice c'erano le sei ali dorate del cavaliere. La parte inferiore aveva una punta decorata, e due nastri di pergamena erano arrotolati intorno ad essa. Quello superiore recitava "Animus Invictus et Magna Sapientia" in caratteri svolazzanti, quello inferiore "Cerea" con la stessa grafia.
Dal lato opposto del muro erano appese due spade incrociate. Avevano l'elsa dorata e il pomo di smeraldo.
Un arazzo con i quattro arcangeli era appeso sopra un caminetto spento.
Il bordo dorato aveva un motivo di foglie. Al centro della scena troneggiava Michele, il leader degli angeli e generale delle milizie celesti. Portava un'armatura dorata. Drappeggiato sulle sue spalle c'era un mantello, realizzato con un filo d'oro più chiaro di quello usato per tessere l'armatura. Da lì spuntavano tre coppie di ali candide spiegate, che sembravano abbracciare gli altri arcangeli.
I suoi capelli erano d'argento, ma il suo viso era giovane. Era completamente sbarbato e mostrava più o meno venticinque anni. I suoi occhi erano azzurri chiari, e sembravano di ghiaccio. Stava rinfoderando la sua spada fiammeggiante, ciò significava che la guerra era finita. Affianco a lui c'era un'altro arcangelo. Aveva i capelli neri e gli occhi verdi, il suo viso, anch'esso giovane, era meno bello di quello di Michele, ma aveva l'aria più serena. La sua armatura era d'argento, così come il mantello, da cui spuntavano le sei ali identiche a quelle di Michele, ma chiuse. In una mano aveva un fiore bianco, un giglio. Un terzo arcangelo era dall'altro lato del generale, e teneva una mano sulla sua spalla. Dei corti capelli bruni gli facevano da corona. Scrutava l'osservatore con un paio di inquietanti occhi scuri, e Alaral si accorse che erano identici a quelli di Ophren. La sua armatura era di bronzo, e non aveva il mantello. In mano aveva un bastone lungo con un serpente verde smeraldo arrotolato. Era il simbolo del dio romano Esculapio (Asclepio per i greci) dio della medicina. Ciò ad indicare il fatto che fosse protettore dei ciechi e degli ammalati.
Infine, un po' distante dagli altri, c'era un arcangelo biondo con gli occhi azzurri e profondi, come quelli di Kiana. Aveva un aria serena, ed era di una bellezza mozzafiato.
Era Uriel, il patrono della poesia e delle arti. A differenza degli altri non aveva un armatura completa. Indossava una lunga tunica bianca, che gli copriva i piedi. Sopra di esso aveva la corazza di un armatura di ottone. Sembrava una via di mezzo tra il bronzo e l'oro. Drappeggiato sulle sue spalle era stato ricamato un mantello. Era scarlatto, anch'esso toccava terra. In mano teneva un libro dalla copertina verde scuro.
Le sue ali non erano spiegate, ma sembrava sul punto di aprirle, come se stesse per prendere il volo.
Tutti e tre avevano un'aureola dorato dietro la testa, e una tiara tra i capelli.
Sullo sfondo c'era un palazzo bianco. Era incastonato di gemme di vari colori, ed intorno a lui era stato ricamato con filo giallo un'aura di luce. Era il Palazzo Delle Gemme, l'attuale dimora del consiglio degli arcangeli, e ciò voleva dire che l'arazzo era recente.
Davanti il caminetto erano disposte due poltrone di velluto, una rossa e una blu. Non pensava ci si sarebbe mai seduto con il suo compagno di stanza, chiunque egli fosse.
-Non ci credo. Che animale- sbuffò Kiana.
-A chi ti riferisci- chiese Alaral
-Al tuo coinquilino. Tra poco dovrebbe arrivare. Guarda che disastro-
Il ragazzo si avvicinò all'arazzo per vederlo meglio.
-Bello eh- disse Kiana avvicinandosi.
-Hanno tutti un arazzo così?- chiese Alaral.
-Non uguale a questo. Sul mio è rappresentato Michele che si batte contro Lucifero. Bello, ma vederlo quando mi sveglio nel cuore della notte è inquietante-.
Alaral toccò la figura che rappresentava Uriel.
-Avete gli stessi occhi- commentò.
-Cosa?- chiese Kiana
-Tu e Uriel. Avete gli stessi occhi azzurri-
-Oh, bhe, lui è mio padre-.
Il ragazzo girò la testa versò di lei -sei la figlia di una degli Arcangeli?-
-Già-
-Figo-
-Facciamo che fingi di non saperlo- chiese seccata Kiana.
-Perché scusa? Non so che darei per sapere chi è mio padre-
-La gente mi giudica sempre per mio padre. Insomma, sono figlia dell'Arcangelo Uriel, quindi sono una guerriera eccezionale, ho un'intelligenza superiore e sono una poetessa eccelsa-.
-Si capisce dal fatto che usi il termine "eccelso". Non è forse la verità? Non sei super intelligente, super abile a combattere...?-
-Il punto non è questo. Voglio dimostrare di saper combattere, non voglio essere una specie di... di...-
-Di raccomandata?-
-Già-
-Credo di dover dimostrare anch'io qualcosa agli altri. Non so se vedranno di buon occhio un ibrido maledetto-
-Non sono tutti come Ophren, stai tranquillo. Molti lo trovano figo, o semplicemente non glie ne frega.-
-Sante persone- commentò Alaral.
All'improvviso si sentirono dei passi nel corridoio. I ragazzi si girarono, e sulla porta apparve un ragazzo. Era alto, sarà stato più o meno come Alaral. Aveva i capelli rossi e un viso cosparso di lentiggini. Il naso era piccolo, così come anche la bocca. La pelle era chiara, la tipica carnagione dei rossi. I suoi occhi erano gialli, e brillavano alla luce che filtrava dal vetro delle grandi finestre della camera. Per una ragazza non sarebbe stato malaccio, pensò Alaral. Se non fosse stato per il fatto che aveva tre code di volpe e un paio di orecchie a punta che gli spuntavano dalla testa, in aggiunta a quelle umane.
Era vestito in modo alquanto singolare. Indossava una casacca senza maniche grigio scuro, da cui spuntavano delle maniche più chiare, appartenute probabilmente ad una maglia o una camicia che aveva sotto. La casacca era stretta da una cintura nera da artista marziale, ma non una di quelle moderne, era lunga e larga.
A coprire il collo della casacca c'era un grande collare nero della medesima foggia che arrivava fino al petto. I pantaloni erano neri, e ai piedi aveva degli stivali neri da arti marziali, con l'alluce separato, che erano stretti alla gamba con delle fasce nere.
Indossava dei mezzi guanti di pelle nera, anch'essi stretti al braccio con fasce del medesimo colore che passavano intorno al pollice.
Nella cintura aveva una katana corta e dalla lama dritta, priva di elsa. 
Il manico era stato rivestito prima da un panno rosso, poi con fasce nere e spesse intrecciate nella tipica maniera delle katane. Il fodero di legno laccato di smalto nero aveva una parte rivestita di stoffa nera, nel punto dove doveva essere impugnato, e intorno erano stati applicati dei lacci sottili e rossi. 
Fu sorpreso di vedere i ragazzi nella camera.
-O forse interrotto qualcosa?- chiese.
-No stupido. Questo è il tuo nuovo compagno di stanza- e così dicendo prese Alaral per un braccio e lo spinse avanti.
-Kon'nichiwa- disse il rosso con un inchino ed un perfetto accento giapponese.
-Kon... Kon'nichiwa- disse Alaral imitando l'inchino. Il rosso sorrise e gli porse la mano.
-Mi chiamo Ewe Takehiro-
-Iwi?- chiese il ragazzo.
-Si pronuncia Ewi. Non Iwi, o Eue. Ewi.-
-Ciao, sono Alaral Betelgeuse- si presentò Alaral.
Il ragazzo sgranò gli occhi -Alaral, l'ibrido tra angelo e licantropo?-
Alaral sospirò -già, l'ibrido maledetto. La voce si è diffusa in frette vedo...-
-Oh, non ti preoccupare, non ho pregiudizi. In questa stanza potrai essere te stesso-
-Come fai tu!- lo rimproverò Kiana indicando il disastro che c'era in stanza. 
-Ehm...-
-Ti rendi conto che tanfo c'è in questa camera? Apri le finestre, e- guardò le mutande sul cuscino e fece una faccia disgustata -leva tutta questa roba-
-Si haha- rispose lui.
-Eh?- fece Alaral confuso.
-Significa "mamma" in giapponese- gli spiegò Ewe.
-Io me ne vado. Non potrei stare in questa stanza un minuto di più- disse Kiana, e uscì, chiudendosi dietro la porta.
-Dunque Ewe- disse Alaral -tu di che stirpe sei?-
-Sono un kitsune- rispose lui agitando le tre code volpine.
-Ok... mi trovi impreparato- disse Alaral.
-In giapponese significa "volpe". Guarda- e così dicendo, balzò in avanti, trasformandosi in una volpe rosse con tre code -ta-da- disse, muovendo il muso canino.
-Sei una specie di licantropo versione volpe. Un volpantropo- disse Alaral.
Lui fece di nuovo un balzo e si ritrasformò in umano, cadendo però sul fondoschiena -sì, ahia- disse massaggiandosi il didietro -ma chiamami volpantropo, e uso il mio ninjato-
-Eh?- fece Alaral.
Lui sfoderò la sua katana -questo-
-Non è una katana?- chiese Alaral.
-Le katane hanno la lama leggermente curva. Sono le armi dei samurai. Questo ha la lama dritta, facile da estrarre e super leggera. Un arma ninja!- rinfoderò il ninjato -a proposito, non dovresti essere anche tu in grado di trasformarti? Sei per metà licantropo no?-
-Non vorrei trasformarmi qui, potrei rompere qualcosa-
-Siamo maschi, ed entrambi quasi animali, possiamo vivere nel disordine no?- 
Alaral sorrise. Magari non sarebbe stato così male con Ewe. Si concentrò. Immagginò i boschi, le caverne, sua madre che lo portava in campeggio... 
Improvvisamente si sentì invaso da una forza primordiale, e schizzò in avanti. Sentì un immenso piacere inondargli il corpo, sentì gli arti accorciarsi, il muso allungarsi, spuntargli la coda. I suoi sensi, già superiori a quelli di qualsiasi angelo, si inacutirono, i peli biondi allungarsi.
Atterrò sul letto superiore, facendo cadere il cuscino. Era diventato grande quanto il letto, e alto un metro quando stava a quattro zampe. Era ricoperto da un manto ramato, che con la luce del sole splendeva come le statue d'oro del Palazzo D'Avorio. Aveva sempre i suoi occhi brillanti e impari, uno verde e l'altro azzurro, ma la sclera era sparita. Le zanne erano bianche come perle, dalle zampe spuntavano unghioni che sembravano in grado di squarciare una corazza, le orecchie erano alzate, in segno di felicità, la folta coda invece era rilassata e ciondolava. Alaral non resistette, si girò verso la finestra, chiuse gli occhi e ululò. Era un ululato potente, regale e fiero. In una notte buia avrebbe incusso parecchio timore. Una volta terminato si sentì un altro ululato lontano, poi un altro, sta volta più vicino. Vari ululati si aggiunsero, fino a formare un coro di lupi.
-Hai fatto partire l'ululato di massa- rise Ewe -puoi anche parlare?-
-Non è colpa mia- rispose Alaral -l'istinto dei licantropi è di rispondere alla chiamata-
-Qui non lo si fa quasi mai, tranne nelle notti di luna piena- gli spiegò il rosso.
-Perchè non ti unisci al coro?- gli propose l'ibrido.
-Io? Il mio misero latrato non può competere con il nobile richiamo di un licantropo-.
Per tutta risposta, Alaral lo spinse col muso verso la finestra. Ewe decise quindi di trasformarsi, e ululò. 
Il suo ululato era sottile, sembrava quasi che stesse abbaiando. Ma Alaral ricominciò a ulurale, e il coro durò diversi minuti.
-Cazzo- rise Ewe una volta finito. Aveva il fiatone -divertente. Spero non si sia sentito- si sedette per terra
Alaral si sedette affianco a lui -non sei andato male-
-Non andare a dire in giro che hai fatto partire tu l'ululato- lo avvertì Ewe.
-Per carità. Ma giusto per curiosità, come mai?-
-Non tanto per gli altri licantropi, più per i professori. Già accettano a malincuore la tradizione di ululare alla luna piena, non tollerano che lo si faccia durante il giorno. Anche se sono sicuro che Skoll si sia unito al coro- rispose ammiccando.
Alaral si stese per terra, e Ewe appoggiò la schiena al camino. Rimasero a parlare per diversi minuti, quando ad Alaral venne in mento una cosa:
-Dove la trovo un'armatura. Non vorrei presentarmi a cena così- disse, tirandosi su e guardandosi. Indossava una maglietta nera smanicata con qualche buco ai lati, un paio di jeans macchiati d'erba e converse nere e bianche impolverate.
-Non stai male- rispose l'amico.
-Forse, ma vorrei avere qualcosa per difendermi quando ci ammazzeremo durante le lezioni di lotta-
-Uriel ti ha fatto portare un'armatura. Mi ha chiesto di sistemarla sul manichino nell'armadio. Ovviamente non l'ho fatto, quindi attento quando apri-
Alaral si diresse verso il grosso armadio di legno scuro tra le due finestre. Apri le due ante contemporaneamente, e una semplice gorgera metallica cadde da un ripiano.
-I giapponesi non erano seri e ordinati?- gli chiese Alaral con un sorriso.
-Sono giapponese a metà, mia madre è una kitsune di Detroit- disse pulendo la lama della sua spada sulle lenzuola del letto.
-Quindi saresti il "Ninja Di Detroit"?- rise Alaral, e prese i pezzi dell'armatura dall'armadio.
Non era un'armatura completa, era composta da una corazza di cuoio a scaglie, che a prima vista poteva sembrare leggera ma prendendola il ragazzo si rese conto di quanto fosse spessa. Oltre alla gorgera c'erano anche degli spallacci a strati della medesima foggia. Sia la gorgera che gli spallacci si indossavano mediante cinghie di cuoio. C'erano anche degli alti bracciali che gli arrivavano a metà avambraccio. Erano di cuoio, ma la parte superiore era rivestita da spesse scaglie d'acciaio. Se Alaral non avesse avuto la forza da licantropo gli avrebbero impedito qualsiasi movimento rapido.
-La metto sopra i vestiti?- chiese.
-Prendi qualche panno dall'armadio. Quella roba l'hanno messa per noi, ma tanto io indosso le vesti da ninja-
Appesi ad un palo ligneo orizzontale mediante stampelle di ferro compatte c'erano un sacco di vestiti. Casacche, pantaloni di cuoio, gilè, giacche. 
Il ragazzo prese un paio di pantaloni di cuoio nero con i lacci davanti e degli stivali alti, 
neri anch'essi e della medesima foggia.
Si tolse la maglietta. Il suo fisico era dovuto alla sua duplice natura. Forte, come ogni licantropo, e bello come gli angeli. Dunque si ritrovava con un fisico da nuotaotre, con spalle larghe, addominali e tartaruga. Molti avrebbero sempre sognato un fisico così, ma lui l'aveva sempre trovato una seccatura. Un qualcosa per cui lui non aveva meriti. Indossò la corazza sul petto nudo. Poi si tolse i jeans senza vergogna scoprendo i suoi boxer neri.
-Tengo le mutande vero?- chiese.
-Io le tengo, non so se gli altri lo fanno. Se vuoi scoprirlo in bocca al lupo. ahaha, l'hai capita? Lupo!-
Alaral non rispose, si infilò i pantaloni di cuoio sopra i boxer e mise gli stivali con i calzini.
Si guardò allo specchio che c'era dentro l'armadio. Dalla corazza uscivano le sue braccia muscolose e abbronzate, e sparivano dentro i bracciali dell'armatura. I pantaloni erano un po' stretti, ma non così tanto da interferire con i movimenti. Gli stivali avevano una suola di gomma anti-sdrucciolo che rovinava un po' l'effetto "medievale", ma Alaral pensò fosse indispensabile per combattere. Non riusciva a immaginare come facessero un tempo.
La gorgiera non gli copriva il collo, quindi avrebbe dovuto fare attenzione ai colpi alti. Guardò negli occhi il suo riflesso. I suoi stessi occhi impari lo scrutarono con uno sguardo sprezzante. Alaral sorrise, e si passò una mano tra i capelli dorati.
-Ci starebbe bene un mantello. Qui dentro non c'è.- disse all'improvviso.
Ewe si avvicinò -solo i quattro migliori combattenti ne hanno uno-
-E come si fa a diventare uno di questi?- chiese Alaral. Il suo interesse non era dovuto più al mantello.
-Gli istruttori lo decidono. Ogni anno, ad agosto, fanno una riunione, e decidono chi sono.-
-Quindi cambiano ogni anno?-
-Dipende. Sei tu sei uno dei migliori combattenti, e l'anno dopo sei ancora imbattuto, per esempio, mantieni il titolo.-
-Agosto inizia dopodomani- notò Alaral.
-Fanno questa riunione la seconda settimana. Verso il dieci forse, non lo sa nessuno-
-Perchè non proviamo? Insomma, abbiamo tempo per allenarci-
-Una settimana...-
-Ma tu ti alleni da più tempo di me! E io ce la metterò tutta. Hai mai visto l'Attacco Dei Giganti? Grazie alla sua determinazione Eren Jaeger è riuscito a diventare un abile soldato!-
-Lui non ha avuto una settimana-
-Ma per imparare ad usare il dispositivo per il movimento tridimensionale si!-
-Ma è stato aiutato.-
-Ma alla fine è rimasto in equilibrio con l'attrezzatura rotta-
-E allora proviamoci. Ci aiuteremo a vicenda Eren Jaeger-
-Ci sto, Armin Arlert-
-Perché Armin devo essere io?-
-Vuoi essere Mikasa?-
-Andiamo a cena, sono le sette e mezza- disse infine Ewe, ed entrambi si diressero verso l'uscita.

****
 
Il kitsune mostrò ad Alaral dove si cenava. Era la cima della torre più bassa, da cui si accedeva attraverso una scala a chiocciola. La scala portava al centro di un padiglione marmoreo circondato da un colonnato in stile ionico.
Era enorme, e ospitava centinaia di tavolini circolari. Su ogni tavolino sedevano massimo quattro persone.
Un po' più in basso c'era il lago di lava, ma nonostante questo l'aria rimaneva fresca e piacevole, probabilmente una magia angelica.
-Dove ci sediamo?- chiese Alaral 
-Un momento, aspetto una persona- rispose il rosso.
-Chi aspettate di bello?- disse una voce femminile dietro di loro.
I ragazzi si girarono e si ritrovarono davanti una ragazza della loro età, circa quindici anni, dai lineamenti giapponesi. La sua pelle era chiara e aveva una leggera tonalità olivastra. Portava i capelli lisci che arrivavano alla parte inferiore della schiena, con cui si era fatta una treccia.
Era alta quasi quanto i due ragazzi.
Indossava una tuta di pelle rossa. Il busto era stretto da un corpetto di cuoio del medesimo colore chiuso con cinghie. Anche la cintura era della stessa foggia, e vi era attaccata una fascia che stringeva la gamba sinistra. Anche quella aveva delle cinghie per tenerla ferma, e all'interno di anelli di cuoio era infilata una katana con il fodero ed il manico rosso. In realtà era più corta di una normale katana. Calzava degli stivali di un rosso più scuro che arrivavano al ginocchio. Le mani erano coperte da guanti, rosso scuro come gli stivali. Un collare di pelle rossa che le arrivava sopra il seno le copriva il collo. Questo era formato da otto parti tenute insieme da lacci di cuoio. Infine il collare era congiunto al corpetto con altre cinghie.
Dalla tuta spuntavano due code di volpe, come quelle di Ewe, e anche le orecchie da canide erano le stesse. 
Regalò ai ragazzi un largo sorriso.
-Alaral, ti presento la mia gemella Reiko. È qui da poco, due mesi?-
-Un mese- lo corresse la ragazza.
-Sì, giusto. Reiko, questo è Alaral Betelgeuse- disse indicando l'ibrido.
-Tu sei quello di cui tutti parlano?- chiese.
-Purtroppo-
Lei gli fece uno dei suoi caldi sorrisi, e gli porse la mano. Lui la strinse.
-Hai una stretta forte- notò lei.
-Grazie-
-Allora, Ewe-Chan, dove ci sediamo?- chiese poi rivolgendosi al fratello.
Girarono un po' tra i tavoli, ma erano tutti occupati, finché non trovarono un tavolo occupato solo da una ragazza con i capelli ricci e gli occhi azzurri. Era Kiana.
-Possiamo sederci?- chiese Reiko.
-Ciao Reiko. Alaral- poi guardò Ewe -ci sei anche tu...-
-Già- rispose Ewe in tono di sfida.
-Sedetevi pure. Come ti sembra l'Accademia Alaral?- disse poi rivolgendosi al ragazzo.
-Per essere bella, lo è, ma per quanto riguarda le amicizie sarà come in qualsiasi altro posto. Non credo sarò molto popolare-
-Mi spiace contraddirti Alaral- gli disse Reiko -ma qui tutti parlano del tuo arrivo-. 
Solo allora notò che molti lo stavano continuando a guardare. Appena vedevano che si girava abbassavano la testa, in modo da non incrociare lo sguardo.
-Cosa dicono, giusto per curiosità?- le chiese Alaral.
-Alcuni non accettano la cosa, ma quelli non li considerare, sono come Mr Mxyzptlk, il nemico di Superman- Alaral le sorrise.
-Cioè?- intervenne Kiana.
-Fastidiosi, ma niente di più. Tranne in "Cosa È Successo All'Uomo Del Domani" dove mostra la sua vera forma. Mxyzptlk intendo.- la informò Alaral.
-È la mia storia di Superman preferita- disse Reiko.
Alaral sorrise -anche la mia-
-Nerd alla riscossa- rise Kiana.
-In ogni caso- continuò la kitsune -quelli che non parlano male di te (e sono tanti) sono ansiosi di scoprire come te la cavi sul campo di battaglia-
-Bene, non aspetto altro. Voglio diventare uno dei quattro migliori guerrieri.- disse Alaral.
-Li nomineranno ad agosto!- disse Kiana.
-Lo so-
-Non hai tempo-
-Lo aiuterò io. E lui aiuterà me.- intervenne Ewe.
-Voi siete folli- disse Kiana.
-Solo chi ha la follia di provare raggiunge grandi traguardi- le disse Reiko.
-E poi la poeta sono io...- disse alzando gli occhi al cielo.
Improvvisamente davanti al loro tavolo apparve una figura nel vento. Era una sagoma femminile, fatta da granelli di polvere, petali e aria. Parlò, e le parole uscirono come un soffio di vento che scompigliò loro i capelli -cosa volete mangiare? Carne, pesce o vegano?-
-Assolutamente carne!- disse Alaral.
-Carne anche per me- le disse Ewe.
-Pesce- scelse Kiana.
-Pesce- disse Reiko.
-Carne al sangue, media o ben cotta?- chiese di nuovo la fanciulla nel vento.
-Al sangue- le rispose Ewe.
-Così cruda che deve scappare dal piatto- disse Alaral. La fanciulla inclinò la testa, evidentemente prendeva le cose alla lettera. Meglio non correre rischi.
-Intendo al sangue- si affrettò ad aggiungere Alaral
-Tonno, salmone o misto di crudi?- disse di nuovo la loro cameriera rivolgendosi alle ragazze.
-Il salmone e fresco?- chiese Kiana
-Ovviamente- rispose lei.
-Allora salmone-
-Per me misto di crudi- le disse Reiko.
La cameriera stese la mano di petali e sul tavolo apparve il più bel servizio che Alaral avesse mai visto. Un set di posate completamente madreperla era disposto ordinatamente a lato di piatti di cristallo lisci e senza decorazioni. Tovaglioli di lino candidi come la tovaglie erano piegati a triangolo sul lato destro. Davanti ai coltelli c'erano dei bicchieri meravigliosi. Avevano un manico lungo argentato, su cui era poggiata una di un calice di cristallo, ed era tenuto fermo da sei ali d'angelo dorate che lo circondavano.
I bicchieri si riempirono di un liquido azzurro. A quel punto la loro cameriera si allontanò.
-Cos'era quella?- chiese Alaral
-Un aura, uno spirito del vento. Servono ai tavoli. Credono sia un onore servire i soldati delle milizie celesti- spiegò Reiko.
-Perché il tavolo è così... non so... poco sobrio?- Alaral questa volta si rivolse direttamente a Reiko.
-Secondo gli angeli chiunque offra il proprio cuore e la propria forza per l'esercito dei cieli merita grandi ricchezze-
-Che però non sono nostre ma ci mangiamo solo dentro- intervenne Ewe.
-Ehi Ewe-Chan, rimani umile, ricordi quello che dice nostro padre?-
-Non parlarmi di lui. E non chiamarmi Ewe-Chan! Non sono una tua amica- le disse alzando la voce.
-Perdonate la mia ignoranza nella cultura giapponese...- s'intromise Kiana.
-Il suffisso -chan viene usato in tono affettivo, ma è quando ci si rivolge ad una donna o ad un bambino!- le rispose Ewe.
-Scusate, posso farvi una domanda?- intervenne Alaral -ma voi due avete detto di essere gemelli, ma non vi assomigliate molto-
-Hai presente che ti ho detto che mia madre è di Detroit no?- gli spiegò Ewe.
-Sì-
-Ecco, io ho preso da lei. Gli occhi gialli, i capelli rossi. Reiko invece no, ha preso tutto da nostro padre.-
-Figo- commentò Kiana
-Immagino di sì- disse Reiko.
Improvvisamente apparve dal nulla l'aura che faceva loro da cameriera. Intorno a lei fluttuavano il loro cibo -ecco a voi- disse, e quello iniziò a muoversi.
Davanti a Ewe e ad Alaral si posarono due bistecche al sangue con contorno di patate al forno. Davanti a Kiana invece, una fetta di salmone alla griglia con insalata, e invece da Reiko il piatto che aveva si trasformò in un vassoio, e vi atterrarono varie cose: tartar di tonno, fette di salmone crudo, calamari e altri pesci. Poi in un angolo si posò del caviale.
-Cos'è questa bibita azzurra. Nettare angelico o roba del genere?- chiese Alaral.
-Ma tu degli angeli non sai proprio niente?- disse Kiana -preparano una bevanda con la frutta dei giardini celesti. Non ha un vero nome. Noi la chiamiamo "bevanda degli angeli" o "bevanda azzurra".
Alaral la assaggiò. Era quanto di meglio si potesse desiderare: era fresca e dissetante, con un sapore fruttato e dolce.
Quando la cena finì tornarono nei loro dormitori. Reiko e Kiana stavano in stanza insieme, dietro una delle prime porte del corridoio, Alaral e Ewe tornarono nella loro.
Domani ci sarebbe stata la prima lezione di lotta dell'ibrido...


Angolo dell'autore


Ciao. In genere non faccio mai l'angolo dell'autore, ma credo che in questa fiction lo metterò. Inizio col dirvi, che se l'ultima parte vi sembra un po' frettolosa o ha qualche errore chiedo scusa, ma sono le quattro di notte, e sono stanco.
Poi volevo mettervi le immagini dell'armatura di Kiana e della casacca di Ewe.
Sappiate che non mi piace mettere immagini per spiegare ciò che dico ok? Ma queste le voglio mettere perchè credo di non essere stato abbastanza chiaro nelle descrizioni, e poi perchè sono così belle che non posso non metterle.
 

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Capitolo 4
*** Più sangue del Flegetonte ***


Alaral si alzò dal suo letto. 
Togliendosi le coperte sentì un'improvvisa ondata di freddo.
Dormiva solo con i pantaloni blu del pigiama, rimanendo a torso nudo.
Scese dal letto con un balzò. Si era dimenticato di dormire su quello superiore.
-Cazzo!- si lamentò a bassa voce.
Era scalzo, con le piante che gli facevano male per l'atterraggio.
-Davvero? Non ha mai dormito su un letto a castello?- sussurrò Ewe ancora a occhi chiusi.
Dormiva senza le coperte, quindi l'ibrido vide che la kitsune dormiva solo con un paio di boxer.
Il corpo era magro ma atletico, molto pallido e ricoperti di lentiggini. Ne aveva sul petto, sulle braccia e sulle gambe, oltre che sul viso.
Teneva le braccia dietro la nuca, rivelando una peluria rossa. Una gamba penzolava dal letto, poggiando il piede nudo a terra, mentre l'altra gamba era piegata sul materasso e coperta dal lenzuolo.
-Mi sono distratto, tutto qui. Forza alzati, tra un po' comincia la lezione di scherma-
Ewe si strofinò gli occhi, tirò un lungo sbadiglio e alzò il busto.
-Le volpi non erano notturne?- scherzò Alaral ridendo.
-Anche i ninja se è per questo. Io sono l'eccezione che conferma la regola- rispose il rosso. Si buttò giù dal letto e si diresse verso l'armadio. Lo aprì e tirò fuori il suo completo da ninja.
Alaral si avvicinò e prese a rovistare nell'armadio.
-Cosa dovrei mettere? Andrà bene l'armatura di ieri?-
-Ti preoccupi di come vestirti per combattere?-
-Che ne so. Sono passato da jeans impolverati e magliette strappate a pantaloni di pelle e armatura. Mi trovo un po' spaesato-
-Posso chiederti perché vivevi a New York? Insomma, so che molti licantropi vivono nella foresta, in branchi nomadi o stanziati nelle caverne-
-Mia madre é stata cacciata dal branco dei Cavalcatori Di Luna per essersi accoppiata con mio padre. Chissà come se la passerà lui. Cosa diranno i suoi compagni angeli?-
-Gli angeli sono decisamente più aperti. Il razzismo che troverai tra i mezzi-angeli è dovuto alla parte umana-
Alaral aveva indossato i vestiti del giorno precedente.
-E i tuoi come sono? Non mi hai parlato veramente di loro-
-Mio padre non può essere facilmente descritto. Come la chiameresti tu una persona così tradizionalista da sfociare nel ridicolo, così severa da essere cinica, così fanatica da credersi padrona di tutto e per giunta che occupa una posizione tanto importante?-
-Mi vengono in mente alcuni politici...- disse Alaral -hai detto che tuo padre è shōgun giusto?-
-Sì. Quanto ne sai sulle kitsune?-
-Meno di quanto ne sappia sugli angeli-
-Immaginavo. Ogni continente ha delle kitsune, tranne l'Antartide. Quindi ci sono cinque shōgun nel mondo, ossia cinque capi, cinque "re". Ok? Ognuno in un continente. Mio padre è shōgun dell'Asia-
-Ma gli shōgun non erano tipo i dittatori militari e casta dominante del Giappone feudale?-
-Allora qualcosa sai. Effettivamente sì, ma questo perché un tempo a governare il Giappone eravamo noi kitsune. La famiglia dei Tokugawa, importante famiglia di shōgun, è diretta discendente dei Takehiro, la mia famiglia-
-E tua...-
-Non voglio parlare di mia madre- si affrettò Ewe.
L'ibrido annuì e si diresse verso la porta, seguito dalla kitsune. 


****

-Com'è Uriel?- chiese Alaral mentre attraversavano la sala grande.
-Lo conosci?-
-Ha placato una mia divergenza con Ophren-
-Ti ha salvato da lui e i suoi amici?-
Alaral sorrise beffardo.
-Ha salvato quelli da me-
-Alaral, ascolta. Qui non siamo sulla terra. A New York nessuno ti avrebbe potuto toccare. Hai in te la forza di un angelo e un lupo mannaro. Ma Ophren è uno dei quattro migliori guerrieri, e non era da solo. Non avresti...-
-Con me c'era Kiana- lo interrupe l'ibrido.
Ewe strabuzzò gli occhi.
-Se Kiana si è offerta di combattere al tuo fianco vuol dire che le piaci. E a lei non piace nessuno-
-Ovvio, io piaccio alle ragazze-
Ewe rise.
-Forse, ma a lei questo non dirlo. Potrebbe colpirti-
-Ci ha già provato-
-E sei ancora vivo? Ti faccio i miei complimenti-
Alaral si accorse che Ewe l'aveva portato davanti un edificio in stile romano. Sembrava un anfiteatro ed era di marmo.
C'era un enorme ingresso senza porta, con due stendardi azzurri con un cigno stilizzato bianco.
Era il simbolo dell'accademia, Alaral lo aveva già visto.
Ewe entrò, seguito dal ragazzo.
Gli spalti erano altissimi, sarebbe stato molto difficile vedere qualcosa dalla fila più in alto.
Il centro era occupato da un cerchio ricoperto di sabbia.
C'erano vari manichini di paglia, oltre che sagome di legno per il tiro con l'arco.
C'erano già alcuni ragazzi, e Alaral notò un gruppo di facce conosciute. Ophren e i suoi amici.
-Come funziona la lezione di lotta?- chiese l'ibrido.
-È probabile che Uriel ti spighi le basi, poi ci faranno combattere fra noi- spiegò la kitsune.
-Voglio combattere con Ophrel- disse il biondo.
-Alaral, ne abbiamo parlato, non hai mai combattuto in vita tua, e Ophren...-
-È uno dei quattro migliori guerrieri, lo so- lo interruppe -Piuttosto, ora che mi ci fai pensare, chi sono? Ophren, poi?-
-Kiana, un vampiro di nome Balaur Ogonov e un figlio di Gabriele, Stargo Acrux-
-Kiana è una dei quattro migliori guerrieri?-
-Già, in realtà è la combattente migliore dell'accademia-
-Cos...-
Il ragazzo fu interrotto da una voce alle sue spalle.
-Ancora non hai lasciato questo posto demone?- fece. Era Ophren.
-Ophren, vattene- disse Ewe. Alaral non si girò.
-Ma no, resta, abbiamo tempo prima che arrivi Uriel- gli disse.
-Dì un po', vuoi fare a botte?- urlò il mezzo-angelo, il che attirò l'attenzione di molti studenti.
Fu allora che l'ibrido si girò.
-Non aspetto altro. Abbiamo un conto in sospeso-
Il mezzo-angelo era circondato dai suoi amici.
Avevano tutti una spada al fianco.
-Come pensi di batterci, siamo in vantaggio-
-Datemi una spada e vediamo come cadete al suolo-
Ophren sfoderò la spada. La lama aveva una forma strana. A foglia, ma con dei buchi lungo la superficie. Un rubino scintillava sul manico dorato.
-Allora facciamo un duello demone. Trovati una spada e combatti-
-Alaral, non... meglio se vai- fece Ewe
-Dammi la tua katana, non posso duellare senza una spada-
-È un ninjato. Ma non... Alaral, davvero ora andiamocene-
Per tutta risposta il ragazzo prese l'arma dal fodero della kitsune.
Era molto leggera. Sembrava fatta di legno.
La puntò verso Ophren.
-Alaral, non sai come usarla, non conosci il ninjutsu-
Ophren menò un montante con la spada. Era talmente veloce che Alaral fece appena in tempo a rotolare a terra per evitarlo.
-Ophren, ti prego, lui non ha mai combattuto!- supplicò Ewe.
-Volpacchiotto, è questo demone che è così pazzo da combattere con me. Gli basterà arrender...- 
Fu interrotto da Alaral che, ancora a terra, lo aveva colpito alla guancia con la spada della kitsune. Gli lasciò una ferita, da cui uscì una goccia di sangue.
-Bastardo, maledetto sporco demone- fece premendogli un piede sul petto. Era davvero forte. L'ibrido non riusciva a muoversi -schifosa insulsa creatura di Lucifero-
Alaral strinse con la mano la caviglia di Ophren.
Provò a liberarsi, ma era davvero troppo forte.
In quel momento reagì d'istinto.
Fu un attimo. Appena un leggero movimento, e il mezzo-angelo era a terra. Vicino a lui, dove prima c'era Alaral, ora si ergeva maestoso un lupo dal manto dorato.
-Ripetilo!- tuonò l'ibrido -forza! Ora si combatte a modo mio-
Scattò verso Ophren, che fece appena in tempo a rialzarsi. Menò un montante che colpì la spalla pelosa del lupo. Ne uscì molto sangue, ma Alaral lo ignorò.
Saltò addosso a Ophren, facendogli cadere l'arma e gettandolo a terra.
I suoi occhi impari erano a un palmo da quelli castani dell'altro.
Ringhiò, la saliva appiccicosa gocciolo sul naso del mezzo-angelo.
-Aiutatemi idioti!- urlò.
I suoi amici stavano per gettarsi su Alaral, ma Ewe fu più rapido.
Aveva recuperato il suo ninjato. Scattò verso i ragazzi. Non mosse neanche l'arma, che quelli si ritrovarono disarmati.
-Stanno combattendo Alaral e Ophren, non potete intervenire-
-Ora basta!- urlò una voce. 
Una massa di folti capelli scuri spuntò dall'entrata principale. Era Kiana, nella sua solita armatura azzurra, con una lancia argentata nella destra.
Vicino a lei c'era Reiko, vestita di rosso come al solito, con la katana alla cintura e i capelli legati in una coda alta.
-Kiana- intervenne Ewe - aspetta, Ophren è arrivato...- 
La ragazza spostò il rosso con il braccio, dirigendosi verso Alaral, che ancora in forma di lupo constringeva il mezzo-angelo a terra.
-Alaral, fammi un favore, togliti da...-
-Prima questo verme deve chiedermi scusa- la interruppe il lupo.
Tutti trattennero il fiato. Nessuno si era mai permesso di interrompere Kiana.
Quella lo tirò per la coda.
Oh, quanto odiava Alaral essere tirato per la coda.
Si gettò istintivamente verso la mora.
Quella non si scompose. Lo colpì al collo con l'asta della lancia, facendolo atterrare alcuni metri più in la.
-Sei matta?- intervenne Reiko.
Corse verso Alaral, che si era ritrasformato.
-Stai bene?- chiese.
-Io sì, Ophren non lo so- fece. Provò ad alzarsi, ma la fanciulla lo fermò con la mano.
-Stai fermo. Non avresti dovuto attaccare Kiana. Odia essere sfidata-
-Anche io- disse. Si alzò a fatica. Il collo gli faceva male, ma la spalla ancora di più. Una grande ferita sulla spalla gli aveva riempito l'armatura di sangue.
Quando era trasformato niente di ciò che aveva addosso in forma umana aveva effetto.
L'armatura era intatta.
Arrivò Ewe di corsa.
-Aiutami a togliergli lo spallaccio, se preme contro la ferita...-
-Reiko- intervenne l'ibrido -guarda-
Slaccio lo spalaccio, mostrando la spalla. Dove prima scorreva il sangue c'era una grande cicatrice.
-Rigenerazione?- fece Ewe.
Alaral annuì, si riallacciò lo spallaccio e si massaggiò il collo.
-Stai bene?- chiese Kiana. Era arrivata vicino al ragazzo. Ophren aveva un occhio nero, evidentemente la ragazza non aveva preso bene la rissa.
-Ci vuole ben altro che una lancia per abbattermi-
-Parlavo della ferita che ti ha lasciato Ophren, un ragazzo mi ha detto che ti ha aperto la spalla e tu l'hai ignorato-
-Già guarito- disse Ewe.
-Ha un fattore rigenerante davvero impressionante- notò Reiko
-Fattore rigenerante? Parli come i film degli x-men- disse Kiana.
-Un momento, mi state paragonando a Logan Howlet?-
-Eh?- fece Kiana.
-Wolverine-
A parlare era stata la calda voce gentile di Uriel.
-Divino Uriel- fece Reiko inchinandosi
-Padre- salutò Kiana chinando il capo
-Il fattore rigenerante di un lupo mannaro è impressionante. Puoi guarire velocemente da ferite, fratture, puoi sopravvivere persino se ti pugnalano il petto. Alaral, non riesco a immaginare che portento potresti diventare con un po' d'allenamento. Sei veloce, forte, ma combatti d'istinto. Ophren può sembrare più forte di te, ma le tue abilità innate lui non le ha mai avute. Lui però ha più esperienza, e questa è una cosa che devi acquisire-
-Era presente? Ma...- chiese Alaral.
-Ovvio che ero presente, volevo vedere come te la saresti cavata-
-Voglio imparare a combattere. Non voglio usare il richiamo come scappatoia- disse l'ibrido deciso.
-Il richiamo... da quanto non sentivo qualcuno chiamare "richiamo" la trasformazione-
-Mi scusi?-
-Alaral, nessuno usa più questo nome. Credi sia indelicato chiederti quale sia la tua religione?-
-Mia madre mi ha sempre insegnato che non importa chi ci sia oltre il cielo. Credo nel coraggio dei nostri antenati, nelle loro gesta. Quello che li ha resi immortali-
-Un tempo il culto degli antenati era la religione più diffusa tra i licantropi. Ora è quasi del tutto scomparsa-
-Il branco dove mia madre è nata, i Cavalcatori di Luna, non ha mai abbandonato questa religione. E ha senso no? Voglio dire, se anche ci fosse qualcuno lassù, perché adorarlo? Non fa niente per salvare il mondo che va in rovina, ammesso che possa. Invece chi è venuto prima di noi ha certamente compiuto incredibili gesta, e...-
-e il richiamo non è altro che richiamare a se quella forza e quel coraggio appartenuti ai tempi passati- concluse Uriel. Si fermò un'attimo a pensare -mi chiedo come si sia diffusa la voce che i licantropi siano creature del Male- poi si riprese -ok, forza- urlò -venite tutti qui intorno, la lezione può cominciare. Visto che Alaral è nuovo, gli spiegherò i principi base del combattimento, voi ascoltate, non vi farà male ripassare un po'.
Devi sapere che alla base di ogni tecnica di combattimento ci sono quattro principi base:
Primo, forza. La forza indiscutibile che prevale su quella del nemico. Non solo fisica.
Secondo, esperienza. Puoi essere più forte quanto vuoi, ma un nemico più esperto sarà sempre un passo avanti.
Terzo, abilità. Le abilità innate. L'abilità che ha un licantropo di trasformarsi, per esempio.
Quarto, coraggio. Non ha importanza che la tua forza o le tue abilità siano superiori o meno a quelle del nemico, tu combatti perché è la cosa giusta da fare, perché se non lo fai non lo farebbe nessun'altro, combatti fino all'ultimo anche se già dal principio hai la certezza di perdere.
Questi principi sono alla base di qualsiasi stile di combattimento si possa definire tale. 
Prima di imparare a combattere dovrai capire questo.
Prendi per esempio la tua divergenza con Ophren. Lui ha molta più esperienza, ha più "forza", nel senso che è più ferrato...-
-Ma Alaral è stato coraggioso perché lo ha sfidato anche se aveva i suoi amici come un codardo- lo interruppe Ewe.
Alaral sorrise. Avere degli amici voleva dire quello quindi? Quanto avrebbe voluto scoprirlo prima.
-Difatti Ophren ha combattuto con Alaral da solo. Non è stato un codardo, Takehiro, ma è vero che Alaral ha avuto coraggio. Un coraggio istintivo, primitivo. Un coraggio impulsivo, pericoloso per certi versi.
Ma il punto non è questo. Voglio dire che il combattente perfetto ha tutto questo.
Abilità innate potenti, grande esperienza, forza, fisica e mentale, e coraggio. Ma un coraggio responsabile.
Vedrò di spiegartelo meglio. Metti caso che c'è un incendio. Una donna rimane intrappolata tra le fiamme. Tu cosa fai, prendi e vai a salvarla subito, no?-
Alcuni annuirono, compreso Alaral.
-Eh no- fece Uriel -assolutamente no. Non puoi salvare nessuno se muori. Non puoi andare a salvare la donne senza protezione, senza esperienza. Devi prima di tutto essere tu al sicuro...-
-ma se nessun'altro potrebbe salvare la donna? Dovresti lasciarla morire?!- scattò l'ibrido.
-Alaral, devi fare in modo di essere in grado di salvarla. A cosa serve ottenere due morti?-
-È sempre una possibilità di vita in più per quella donna-
-Perché dargliene solo una quando puoi invece, per esempio, chiamare qualcuno che sia in grado di farlo. E...- Alaral stava per interromperlo di nuovo, ma Uriel non glie lo permise -e al massimo ti getti nelle fiamme solo se non esistono altre possibilità. Eventualità davvero molto difficile. Ora, qualcuno si offre di fare da tutor ad Alaral? Mentre noi combattiamo lui potrà cominciare dalle basi-
Alcuni alzarono la mano, tra cui anche Reiko e Ewe.
-Listair, non alzi la mano?- chiese Ophren con scherno.
-Ophren, quando vorrò sentire la tua voce ti pianterò un'ascia nel cranio per farti urlare!-
-Oh, sta calma, solo che sembravi avere un certo feeling con...-
-Ehi- interrupe Alaral -mi rivolgo a tutti quelli che hanno alzato la mano. Voglio diventare uno dei quattro migliori combattenti, se la trovate un impresa impossibile, fatemi un favore, abbassate la mano, perché non ho bisogno di un tutor che mi ostacoli-
-Alaral, manca una settimana- disse Uriel.
Molti abbassarono la mano, ora oltre a Ewe e Reiko erano rimasti solo tre ragazzi.
-Ma dove credi di andare tu?- rise Ophren.
-Io vado dove decido di andare. Ci riuscirò, e poi combatteremo un'altra volta, e ti batterò senza il richiamo, anzi, batterò te e tutti i tuoi amici senza trasformarmi, armato solo di un bastone!- detto questo si portò la mano ad artiglio sul braccio sinistro. Si graffiò e portò la mano insanguinata chiusa a pugno al cuore. Tutti rimasero senza fiato.
-Quell'orrore è il giuramento dei licantropi? E sia- disse Ophren. Prese la sua spada e se la passo nella mano. Poi si avvicinò all'ibrido, e sporcò di sangue il pugno che aveva sul cuore.
-Se non ci batti te ne andrai dall'accademia per sempre- sentenziò.
-Cosa, ma non puoi deciderlo a giuramento concluso!- scattò Ewe.
-È così che si fa. Devi avere il coraggio di accettare la sfida senza sapere le conseguenze- spiegò l'ibrido.
-Alaral, non vorrai davvero...- mormorò Reiko.
-Il giuramento è concluso, nessuno può infrangerlo ora- fece cupo Uriel.
-Lo chiederò di nuovo. Chi può insegnarmi a combattere? Chi può farmi diventare tanto bravo in una settimana?- urlò l'ibrido.
Una voce arrivò dal punto più improbabile dell'arena.
-Soltanto tu, la tua tenacia e la tua volontà può farlo- disse Kiana alzandosi -con il mio aiuto-
Alaral si girò verso Uriel.
-Sei tu a dover scegliere il tutor- disse.
-Quanto sangue mi farai sputare?- chiese il ragazzo a Kiana
-Dante Alighieri scrisse che coloro che in vita hanno desiderato il sangue altrui, all'inferno vi giacciono immersi, nel fiume Flegetonte. Non è niente in confronto a quello che proverai con me- disse la ragazza.
-Se è così allora, ok, da ora mi addestrerai- concluse Alaral.

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Capitolo 5
*** Allenamento ***


-Sei un idiota incredibile. Come puoi giurare una cosa del genere?- chiese Kiana esterrefatta. Mentre erano tutti presi a combattere la ragazza aveva portato Alaral al bordo dell'arena. Lì sarebbero stati in pace. -Non hai detto che con la mia tenacia, la mia volontà e il tuo aiuto ci saremmo potuti riuscire?- -Certo. E ci riusciremo idiota. Ma ciò non toglie che è la cosa più stupida che...- -Che tu abbia mai visto- fece Alaral -sì, lo so, frase abbastanza scontata- Quella gli rifilò un pugno su una spalla. Era già stato colpito da lei, ma sta volta la spalla gli fece molto male. -Che cazz...- si lamentò stringendosi la spalla. -Ieri non sapevo quanta forza avessi. Non volevo rischiare di lussare la spalla a un nuovo arrivato- -Ma oggi sì- -Ascolta lupacchiotto, questo è niente in confronto a quello che proverai fra qualche giorno. Vuoi già mollare?- -Piuttosto la morte- -E allora ok, bene. Dunque, non hai specificato con che tipo di bastone no?- -Perché?- -Riflettevo sulla possibilità di farti usare un bō o un bokken, o magari uno shinai da kendo- -Mai! Non vincerò con questi strataggemmi- -E cosa vuoi usare? Un rametto preso a terra?- -No, ma non un bastone da combattimento. Non un'arma- -Pensaci, non l'hai mai specificato, sarebbe una scappatoia- -Appunto. Una scappatoia. Io non scappo- -Sei indubbiamente coraggioso. Allora faremo così. Io userò una spada, tu sempre un bastone. Entro il nove dovrai riuscire ad atterrarmi e disarmarmi- Alaral era uscito per andare a prendere un bastone. Aveva trovato un ramo di quercia lungo più di mezzo metro. -Pessima scelta. La quercia è rigida, poco flessibile, si spezza facilmente. Un legno più flessibile farebbe più male colpendo- spiegò la ragazza. -La quercia rimane in piedi anche dopo essere stata colpita da un fulmine- affermò Alaral con decisione. Solo allora notò che Kiana aveva in mano una spada. Ma quando l'aveava presa? La puntò verso il ragazzo. -Bene, ora attaccami?- -Eh?- fece quello confuso -Attaccami cazzo- -Ma non mi hai insegnato niente!- -Ehi lupacchiotto, cosa credevi. Quando si impara a combattere ci sono due metodi. O impari tutta una serie di mosse e posizioni, o impari sul campo. Nessuno pensa molto a lungo in una battaglia. Devi elaborare un piano e agire, tutto in pochi secondi. Imparare le posizioni, la tecnica, per poi farle tue, abituarti, richiedi più di una settimana. Molto di più. Imparerai a combattere sul campo, e ora attaccami, non farmelo ripetere- Alaral fece roteare l'arma. -Non farlo. È una cosa inutile e ti fa perdere tempo- lo ammonì la ragazza. Allora Alaral si gettò verso di lei. Menò colpi a caso col bastone, ma non la colpì neanche una volta. Kiana spezzò il bastone a metà con un montante, poi colpì l'ibrido al bracciò. Vi lasciò una profonda ferita. Ferì poi la gamba destra, menò un colpo col piatto della lama sul collo coperto e gettò Alaral a terra. -La tua armatura non copre abbastanza. Fammi indovinare, ti sei vestito da solo?- -Ma di cosa è fatta quella spada?- si lamentò il ragazzo. Le ferite bruciavano terribilmente, come se coperte di sale, e non si rimarginavano- -Volevo evitare che le ferite ti sparissero subito. Ho chiesto a Uriel il permesso di usare una lama d'argento puro- -Eh?- scattò il ragazzo. L'argento non era nocivo per un licantropo. Non bastava toccarlo per ferirsi, ma un taglio fatto con un'arma d'argento rimaneva per settimane e bruciava. -E lui ha detto sì?- -Ha detto: "addestralo come meglio credi, vedi solo di non ammazzarlo"- -Non ci stai riuscendo- -Vedi, non sono io a dover evitare di ucciderti, ma il contrario. Devi difenderti- e cosi dicendo menò un fendente ad Alaral che si stava rialzando. -Basta! Aspetta un'attimo- -Il nemico non ti aspetta- disse, colpendo il braccio sinistro del ragazzo, che inanto cercava di difendersi con il pezzo di bastone che gli era rimasto. -Questa l'hai copiata a Piton- riuscì a commentare. Le tre ore passarono molto lentamente per l'ibrido. Non fece molto in realtà. Venne colpito su tutto il corpo. Dopo un tempo che sembrò essere infinito vennero raggiunti da Ewe, seguito da Reiko.-Kiana, ehi, fermati- esclamò. La ragazza abbassò la lama. -Forza, è ora di andare- poi rivolse ad Alaral, che era inginocchiato. Era sanguinante, indolenzito, sudato -stai bene?- -Sì- disse provando ad alzarsi. Non ci riuscì, cadendo disteso sulla sabbia. Il rosso gli tese la mano. Il biondo la afferrò. Riuscì a rimettersi in piedi, sorretto dall'amico. -Non avrai esagerato?- fece Reiko, che con un fazzoletto gli puliva le ferite. Era inutile, il sangue avrebbe continuato a scorrere, Alaral lo sapeva. -Lo avevo avvisato. È ancora in tempo a ritirarsi- disse Kiana. Alaral si staccò da Ewe e scostò la mano di Reiko. Barcollò, ma rimase in piedi. -Questo palazzo brucerà prima che io mi arrenda- urlò. Kiana sorrise. -Alaral Betelgeuse, sei testardo- gli posò una mano sulla spalla -non ho alcun dubbio, vincerai questa sfida. Vedi solo di non farti allenare da Ewe o Reiko. Sono gelosa di chi alleno- -Posso allenarmi da solo mentre non ci sei?- -Migliora i riflessi, ma non cercare su internet tecniche di combattimento. Se lo fai considerati morto- -Ma posso insegnargli almeno a parare i colpi? Così non imparerà niente- intervenne Ewe. -No. Deve capirlo da solo. È il modo migliore- -Ma...- provò Reiko. -Alaral- la interrupe la mora -ho la tua parola?- -Va bene- fece l'ibrido. **** -Quando cominciamo ad allenarci?- chiese la kitsune. -Ewe, ho dato la mia parola- -No, non l'hai fatto, hai solo detto "va bene"- -È uguale. Tu sei giapponese. Non dovresti capirlo?- -Sono un ninja. È mia sorella quella che segue il bushido- -Comunque non posso. Dopo pranzo mi alleno ancora con Kiana, osserverò come para i miei colpi- Ewe si tolse la casacca. Rimase a petto nudo, con le lentiggini al vento. -Mi è appena venuta un'idea- disse -combattere a mani nude ti aiuterebbe con i riflessi. Non infrangerebbe il giuramento no? Parare un pugno è diverso dal parare una lama- -Mi insegnerai il ninjitsu?- -Ninjutsu. Ma no. Conosco sei arti marziali, ma in un'ora non ti insegnerei niente. Te l'ho detto, questo migliorerà i tuoi riflessi. Ora, togliti la maglia e le scarpe- Il ragazzo ubbidì. La kitsune lo esortò ad attaccare, e Alaral si gettò sul rosso. Quello non ci mise un secondo a schivare il corpo dell'ibrido. Allora Alaral provò con un destro, che la kitsune evitò inclinandosi appena. Continuarono così per alcuni minuti. Il biondo cominciava a innervosirsi. -Come dovrei migliorare i miei riflessi se non provi a colpirmi neanche una volta?- chiese seccato. -Devi riuscire a colpirmi. Facciamo che se ci riesci darò una pulita a tutta questa camera- L'ibrido sogghignò. -Tu che pulisci? Voglio proprio vederti- Si gettò di nuovo sull'amico, ma quello lo evitò per l'ennesima volta. A quel punto Alaral prese ad inseguire Ewe per tutta la stanza. Il ninja era troppo veloce, nonostante Alaral fosse per metà licantropo. L'inseguimento degenerò quando il rosso fu messo alle stretto alla finestra. -Ora che fai?- lo schernì l'ibrido avvicinandosi. La kitsune sorrise. Diede una gomitata al vetro, che finì in mille pezzi. Sul voltò del biondo si dipinse un'espressione sconcertata, mentre vedeva l'amico gettarsi di sotto. Si affacciò, Ewe stava per atterrare nel lago di sotto. L'impatto sarebbe stato doloroso. Se Alaral fosse stato un tipo che pensava prima di agire probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Così non era, e presta anche il biondo si ritrovò a cadere da più di venti metri. Atterrò nel lago di testa, con le braccia avanti, così come si era buttato. L'impatto fu fortissimo. Sentì ognuna delle ferita che gli aveva inferto Kiana bruciare terribilmente. Prima non vi prestava attenzione. Il bruciore spariva dopo poco, anche se non si chiudevano per giorni. Ma ora era ritornato, il lago conteneva acqua salata. Andò a fondo, ma sentì una mano sorreggerlo. Quando riemerse, notò che a tirarlo su era stata una ragazza. Aveva i capelli ramati, la pelle lattea e gli occhi di un'azzurro intenso, quasi come quello di Kiana. Il piccolo naso era addolcito da una spruzzata di lentiggini appena visibili. Spuntava dall'acqua dalle spalle in su. Sembrava avere il petto scoperto. -Sei matto?- chiese tranquillamente. -Sì. Sei una sirena?- rispose l'ibrido. -Sei sveglio. Perché ti sei lanciato da ventiquattro metri di altezza? Sembri reduce da una guerra- -Da un'addestramento in realtà. Con Kiana Listair- La sirena ebbe un sussulto. -Sei Alaral Betelgeuse? L'ibrido tra angelo e licantropo? Come pensi di combattere contro Ophren Regulus e i suoi compagni dopo appena una settimana di addestramento?- -La voce si è già sparsa? Fantastico, saranno passate quattro ore al massimo- -Non mi hai risposto- -Con la tenacia, l'impegno e le botte di Kiana- -Non basteranno- Alaral prese a nuotare verso la riva. -Grazie per avermi aiutato, ma c'è un rosso idiota che merita una lezione- disse, poggiando i gomiti sull'erba e spingendosi in avanti. -Aspetta, un ragazzo bassetto con tre code di volpe?- -Sì, dov'è?- -È scappato nel bosco mentre affondavi...- -Ora lo ammazzo- -Però ora sta tornando- terminò la sirena. Il ragazzo si girò, vedendo Ewe che correva verso di lui. -Ehi, fratello, scusa, cosa è successo? Ho visto che non mi avevi ancora raggiunto- disse. -Acqua salata. Perché cazzo un lago dovrebbe contenere acqua salata?- si lamentò il biondo. -Oh, le ferite. Scusa, non ci avevo pensato. Sembravi star bene- -Come fai a dimenticarti che un tuo amico sta così male?- lo ammonì la sirena sconcertata. -Chi è questa sirena?- chiese la kitsune. -Mi chiamo Atalanta- -Konnichiwa- salutò Ewe inchinandosi. -Baka- disse Atalanta. - Anata ga nihongo o hanashimasu ka?- disse Ewe, in tono interrogativo. -Che ti aspettavi, le sirene conoscono ogni lingua esistente. Ma non voglio parlare con te- -Lo stai facendo- le fece notare il rosso. -Basta così- disse Alaral mettendosi in posizione di partenza -ricomincia l'inseguimento. Ewe sorrise, per poi scattare verso il bosco, rapido come un ghepardo. Alaral lo seguì, non da meno in quanto a velocità. Dopo pochi minuti, mentre erano in mezzo agli alberi, l'ibrido si fermò di scatto. -Fermati idiota- disse a bassa voce. Senza l'udito da volpe Ewe non avrebbe sentito. Si fermò, avvicinandosi all'amico. Alaral si mise carponi, avvicinando il naso al suolo. -Cosa c'è?- chiese la kitsune. -C'è un'odore. Un odore che non avevo mai fiutato prima. Ewe imitò l'ibrido. -Avverto qualcosa ma... è appena percettibile- notò. -No io... io lo sento chiaramente. Ma non per questo lo riconosco. È un'odore piuttosto sgradevole- Il rosso ebbe un sussulto. -Porca puttana!- esclamò. -Oh. Delicato- fece il biondo. -Alaral, io so cos'è quest'odore. L'ho sentito solo un'altra volta in vita mia- -Sembra come muffa, mista a uova marce, no, a zolfo- -Alaral, cazzo, si sta avvicinando- -Ewe... ho un vago ricordo, credo di aver già...- Si alzò lentamente. Avvertì la paura dell'amico. -Prepariamoci a combattere- disse. -Sai cos'è?- fece la kitsune, mettendo mano al ninjato sulla schiena, infilato nella cintura. -Non... non sono sicuro...- -Io sì. Il predatore più temuto di tutti... qualcosa di instancabile, malvagio, omicida...- Si sentì un fruscio. -Chi è?- -Siamo fortunati. Se fosse notte non sarei stato in grado di batterlo- -Ma chi...- -Non chi. Cosa. Infesta le foreste americane. È perennemente affamato- -Ewe...- Il rosso si girò verso di lui. Aveva gli occhi lucidi. Paura? Forse, non poteva esserne sicuro. -Alaral, promettimi che starai lontano dal combattimento- -No! Mai. Ewe, posso...- -Alaral, puttana troia non ti muovere!- urlò la kitsune. Ora stava piangendo eccome. Non era solo spaventato. C'era qualcosa in quello sguardo. -Ewe, tua madre...- Quello si girò di scatto verso il biondo. All'improvviso una figura scura sbucò dai cespugli. Era alta più di due metri, con un corpo ricoperto di pelo, ma scheletrico, come ossa coperte da un panno. L'enorme testa era quella di un cervo, ma con una grande bocca e lunghe zanne affilate. Le corna erano sporche di sangue secco. Guardò negli occhi i ragazzi. Uno sguardo giallo e raggelante penetrò le loro anime come una lancia. -Alaral , ecco a te il grande predatore assassino. Il weendigo- Concluse Ewe greve. Alaral sapeva qualcosa dei weendigo. Bestie della mitologia pellerossa divoratrici di uomini. L'unica cosa che un branco di licantropi temesse. Il weendigo si lanciò verso di loro. Alaral sarebbe stato colpito se Ewe non lo avesse spinto via con un calcio, per poi rotolare di lato. -Ok, ora ti mostrerò il mio potere mostro!- urlò -Sentirai le urla dei miei antenati nei sussurri del vento. Pagherai per quello che hai fatto loro!- Estrasse la spada. La lama brillava di elettricità. -Raijin- continuò -guida la mia lama contro il cuore ghiacciato di questo figlio di Satana- Improvvisamente fu pervaso da un'aura elettrica. Un disco prese a roteare dietro la sua schiena. Quando si fermò si notò cosa fosse. Un'enorme aureola di tamburi dorati alta come il rosso. Il simbolo di Raijin, il dio del tuono shintoista. Gli occhi non erano più quelli di Ewe. Azzurri, ma senza pupilla. Sclera e iride si erano uniti, per dare vita a due luminose perle che brillavano di elettricità. Il weendigo si gettò di nuovo sulla kitsune, che  si spostò tanto velocemente da risultare invisibile. La bestia ci riprovò, visibilmente più infuriata, ma ottenne lo stesso risultato. Il weendigo decise allora di puntare Alaral. Era disarmato, quindi non potè far altro che cercare di schivare quel mostro. -Carne di lupo...- disse. Era appena un sussurro. Gelido, crudele. -Parli...- fece l'ibrido. -Che dici?- disse Ewe stranito, mentre si apprestava ad attaccare la creatura. Fu sufficentemente veloce da trafiggerla, ma non sembrò aver effetto. Il rosso fu spinto a diversi metri di distanza, ed ecco che quei crudeli occhi gialli tornarono sul biondo. -Riesci a sentirmi...- sussurrò di nuovo la bestia. -Smettila!- urlò il ragazzo. La voce del weendigo era insopportabile. -Riesci a sentire la voce del male...- -Non sei il male!- urlò Alaral gettandosi sul mostro. Si trasformò in lupo, riuscendo così a stare al suo passo. -Riesci a sentire la voce della paura...- Alaral saltò al collo del mostro, ma questi lo lanciò via. -Riesci a sentire i sussurri selvaggi della bestia assassina...- -Basta!- scattò. Corse di nuovo contro il weendigo, che con un colpo gli ruppe una zampa. Stramazzò al suolo. -Questo fa di te la bestia assassina...- La belva stava per colpirlo, quando si avvertirono dei passi. -Angeli...- Era Uriel. Uriel nel suo solito completo. Uriel disarmato. Era Uriel completamente impotente. -D...divino U...Uriel...- gemette il biondo a terra. Il weendigo lo caricò. Quello non si mosse neanche. Non cercò di evitare il colpo. Ma quando la bestia si girò per vedere la sua preda appena colpita, notò che quella aveva un pezzo di ghiaccio nella destra. Un pezzo di ghiaccio nero. Il cuore del weendigo. -Luzifrai bagradh nerzfrage, xoxfrez agdh- sussurrò. -Con il fuoco di Michele purifico il mondo da te- continuò in inglese. Una vivida fiamma accese il cuore di ghiaccio. Lo vide sciogliersi nelle mani di Uriel, che rimaneva impassibile. -Drysdor fragatyz xoferht, ghyrdastr, ghijn okkradh- concluse, mentre il mostro stramazzava al suolo, privo di vita, mentre Alaral svenne. **** Alaral si risvegliò in un comodo letto. Era di legno, con le lenzuola bianche. Strofinandosi gli occhi potè notare che si trovava in un'infermeria. Di quelle classiche, con alcune attrezzature moderne. Le pareti erano bianche, mentre il pavimento era fatto di mattonelle. Scostò il morbido lenzuolo. Era vestito solo con le braghe, l'armatura non sapeva dove fosse, mentre gli stivali erano ai piedi del letto. Provò ad appoggiare la mano sulla gamba rotta. Era stata ingessata, ma non serviva. Doveva già essersi rigenerata. -Alaral, ti sei svegliato!- Ewe stava correndo verso il suo letto. Indossava solo i pantaloni e una canottiera, mentre ai piedi aveva i soliti stivali da arti marziali. Aveva il braccio sinistro ingessato, tenuto su da una fascia che passava dietro al collo. -Stai bene?- chiese il biondo. -Sì, mi sono rotto il braccio cadendo, ma il resto è ok. Tu piuttosto?- -Evidentemente l'infermiere si è dimenticato che mi rigenero, mi ha ingessato la gamba- -Non si è dimenticato niente "l'infermiere"- A parlare era stata una voce profonda, roca, ringhiante, ma giocosa e gioviale. In infermeria stava entrando un uomo sulla trentina, alto più di 1.90, forse anche 2 m. Era molto muscoloso e abbronzato. Indossava una corazza di cuoio bruno, pantaloni di pelle nera e lunghi stivali borchiati. Aveva una barba ispida e biforcuta, mentre i capelli erano ramati. Ai lati della testa era completamente rasato, solo in cima aveva una lunga ciocca che gli arrivava al collo, acconciata in mille treccine. Sembrava un vichingo. Il naso era grosso, sembrava essere stato rotto più volte, gli occhi erano piccoli e ridenti, di un azzurro luminoso. Davano l'impressione che fosse molto sveglio e astuto. -È questo volpacchiotto che ha insistito per farti ingessare la gamba. Io gli dicevo che avevi un potente fattore rigenerante, ma lui no, continuava a ripetere "quello era un weendigo", "ha un potere malvagio", "forse con lui non funziona la rigenerazione"- Ewe mise una mano dietro la nuca, imbarazzato. -Istruttore Skoll, ero solo preoccupato...- -Che ore sono?- chiese Alaral. -Le cinque- rispose Skoll. -Ho dormito per sei ore?- -Cosa? Siete stati attaccati ieri, Alaral- L'ibrido alzò il busto di scatto, reggendosi con le mani. -Ho dormito per un giorno intero? Ho saltato l'addestramento!- -A proposito dell'addestramento, rendi fiera la tua stirpe- disse Skoll. Il biondo si girò verso l'istruttore. -È da anni che non c'è più un licantropo tra i quattro migliori guerrieri. Da quando avevo la tua età, e indossavo un mantello rosso- -Non sono un licantropo in realtà- disse Alaral. -Alaral... ululato possente... guardati. Hai tutto del licantropo. Non solo il fisico magro e atletico, non solo il richiamo. Hai il coraggio, la tenacia, la forza. Sei più licantropo di molti individui puri che conosco. Noi licantropi siamo considerati figli di Lucifero- a quel nome Ewe sussultò -ma tu sei la prova che non è così. Sei il figlio di un angelo- -Il mio branco non la pensava allo stesso modo- -Qual'è il tuo branco?- chiese Skoll. -I Cavalcatori di Luna- -Lo immaginavo. Il tuo occhio verde tradisce le tue origini- -Parli di quella vecchia filastrocca?- -Quale?- intervenne Ewe. -Una vecchia canzoncina diffusa tra i licantropi- spiegò Alaral. -Viola la roccia, azzurro il tuono, una la più forte, l'altro il più buono. Nero l'artiglio, grigi i marini, entrambi temuti, come grandi mastini. E infine verdi i cavalcatori, del colore dei prati, da sempre i più lontani, ed i più rispettati- recitò l'uomo. -Si riferisce ai cinque grandi branchi di licantropi americani: le Zanne di Roccia, dagli occhi viola, i Figli del Tuono, dagli occhi azzurri, i Grandi Artigli, dagli occhi neri, i Signori dei Mari, dagli occhi grigi e unici a navigare e infine i Cavalcatori di Luna, dagli occhi verdi. Quelli che vivono più isolati. Ma questo forse aveva senso un tempo. Ora che molte famiglie si sono mischiate non ha più valore. In pochi nel mio vecchio branco avevano ancora gli occhi verdi- spiegò l'ibrido. -Alaral, in quel caso gli occhi non avrebbero un colore così brillante. Fidati, so molte cose sui licantropi- -È riuscito addirittura a curarti le ferite che ti aveva fatto Kiana!- intervenne Ewe. Solo allora il biondo si accorse che ogni singola ferita del suo corpo era guarita. Tutte le cicatrici erano rimaste, ma non c'era più una goccia di sangue. -Come hai fatto?- chiese l'ibrido. -È stato abbastanza facile. È bastato un unguento di napello- -Lo strozzalupo...- fece Alaral piano. -Sì, qualcuno lo chiama così, si crede possa uccidere i licantropi. In realtà nell'antichità lo evitavamo perché...- -Mi hai fatto toccare dello strozzalupo?!- scattò il biondo infuriato. -Credi nell'antica religione...- chiese Skoll, visibilmente mortificato. -I Cavalcatori credono da sempre nell'antica religione!- Alaral si era alzato in piedi. Il gesso si spaccò per la foga con cui piegò la gamba. -Ragazzo, scusami, sapevo che adoravate ancora gli antenati, ma perché rifiutare il napello? È l'unica cosa che può curare le ferite da arma d'argento- -C'è una leggenda, ma... ma...- -Ragazzo...- Alaral si tolse velocemente il gesso e uscì dall'infermeria, seguito da Ewe. -Alaral, aspetta!- -Cosa c'è?- -Cos'è questa storia del napello?- -Lo strozzalupo. Secondo l'antica religione è una pianta molto sfortunata. Un credente non dovrebbe neanche toccarla, figurati usarla come medicina- -Ma l'istruttore Skoll non sapeva tu fossi un credente- -Avrebbe dovuto prevederlo, o quanto meno prendere in considerazione questa possibilità- -Ok, ma...- -Alaral, eccoti finalmente- A parlare era stata Kiana, apparsa in fondo al corridoio e che ora correva verso i ragazzi. -Uriel ti cerca. Vuole parlare di ieri- -Non sono in vena- -Non puoi rifiutarti. È un'istruttore- -E io un'ibrido a cui non interessa- -Ma cos'hai?- -Skoll l'ha curato con lo strozzalupo- spiegò Ewe. -Cosa? L'aconito? Non farti paranoie, è velenoso solo se lo mangi- lo rassicurò la mora. -Non è quello, secondo la mia religione è una pianta maledetta- -Ah, non ti facevo un tipo credente. Ma ora devi venire- -Ti ho detto che...- Il ragazzo fu interrotto dall'amica, che gli rifilò un pugno in pancia. Il fiato gli si mozzò, facendolo piegare dal dolore. -Devo ripetertelo?- L'ibrido scosse debolmente la testa. Ewe lo aiutò a rialzarsi. -Avresti potuto pararlo- disse Kiana -devi migliorare i tuoi riflessi- -È per quello che siamo finiti contro il weendigo- spiegò il biondo. -A proposito, Ewe- disse lei rivolgendosi verso la kitsune -non sei riuscito ad avere la meglio con i tuoi poteri?- -Non in una battaglia aperta. Sono un ninja. Reiko avrebbe avuto la meglio- -Sarà, ma...- -Cos'erano quei poteri?- chiese Alaral. -La forza di Raijin, il...- -Dio del tuono shintoista- concluse l'ibrido -lo so- -Già. Sono i poteri dello yojutsu- -Yojutsu?- -L'arte marziale degli elementi. Io e Reiko siamo stati istruiti dal maestro Ishikawa Goemon- -Anche tu puoi farlo?- chiese Alaral a Kiana. -No, ti sembro giapponese? Io uso i poteri angelici- -Cioè?- -Ogni arcangelo ha un'energia, ok? Io uso il "giudizio di Uriel"- disse. Poi mosse leggermente la mano, materializzando in aria un fascio di luce azzurro -poi c'è Ophren. Lui ha un potere diverso. Un potere curativo. Il "respiro di Raffaele", mentre i figli di Gabriele possono imparare il "passo di Gabriele", che li rende veloci come la luce- -Ho visto Uriel distruggere il cuore del weendigo con un fuoco. Aveva l'aspetto di fuoco normale, solo che, non so, aveva una strana energia...- -Il fuoco di Michele- spiegò lei -si tratta del potere più forte che un angelo può avere, ma il controllo totale lo ha solo Michele e i suoi figli- -Ci sono dei figli di Michele qui?- -Una sola- -Ti riferisci a quella ragazza da capelli d'argento che sta sempre in camera sua? È da sola, infatti Reiko la volevano mettere in quella stanza, ma sembra che l'abbia convinta a cambiare stanza- -Come se la cava in combattimento?- chiese il biondo. -Non l'ho mai vista combattere, so solo che ha rifiutato il posto tra i quattro migliori combattenti, e quindi hanno preso Stargo- spiegò Kiana. -Qualcuno ci ha mai parlato?- -Oltre agli istruttori? Credo solo Reiko e qualche studente più grande. E non pensare di andarle a parlarle, Alaral- si affrettò la mora -non ti aprirebbe neanche- -Non ci pensavo. Non sarei mai il primo a fare amicizia. Come si chiama?- -Adriel mi sembra, non so il cognome. In realtà di quasi nessun angelo si sa il cognome. Sono così tanti- -Qual'è il cognome di Lucifero?- A quel nome Ewe sgranò gli occhi. -Cosa?- -Non parlare di lui- lo ammonì il ragazzo. -Cos'è, Voldemort che non posso pronunciare il suo nome?- -Non si tratta solo di pronunciare il nome. Non puoi chiamarlo neanche "Tu Sai Chi" o "Signore Oscuro". Non devi parlarne. E smettiamola anche noi!- sbottò Ewe. -Quando era un angelo il suo cognome era Seirios, nome greco...- -Di Sirio, la stella più brillante del cielo- la interruppe Alaral. -Ma ora non so quale sia. Deve essere in lingua demoniaca, e quindi non voglio saperlo. E smettila di interrompere!- sbottò alla fine. Si ritrovaro presto davanti all'ufficio di Uriel. -Ewe, resta fuori. Vuole parlare con ognuno di voi separatamente- disse Kiana. Poi bussò. Si sentì la voce dell'arcangelo che li invitava ad entrare, così la mora aprì la porta. -Padre, ecco Alaral- -Bene. Kiana, ti prego, lasciaci da soli- -No!- scattò il l'ibrido -non dirò niente senza uno dei miei amici qui!- -Alaral, non sei in arresto. Ma se ti fa sentire più sicuro...- -Non si tratta di quello!- si affrettò lui. Era vero. Non si fidava appieno di Uriel, non dopo averlo sentito parlare quella strana lingua. -In ogni caso, siediti pure- L'ufficio era molto semplice. Tutto in legno, con una vecchia scrivania e parecchi scaffali di libri. L'unico oggetto decorativo era un'arazzo. Rappresentava Michele che combatteva un drago. -Dunque, quando siete arrivati nel bosco...- -Che lingua ha parlato ieri?- lo interruppe l'ibrido. -Eh?- -Era una lingua gutturale e dai suoni duri, e hai nominato Luzifrai...- -Taci!- urlò l'arcangelo, facendo tremare il tavolo. Aveva le mani che risplendevano d'azzurro. Si ricompose. -Scusa. Non nominare quel nome. Non nel verbo infernale- -Il verbo infernale?- -Come fai a conoscere il suo nome nel verbo infernale!?- chiese scioccata Kiana. -Alaral, dovevo ricacciare l'anima di quel demone nell'inferno. La lingua angelica non può farlo. Tutti gli angeli maggiori devono conoscerlo- -E perché io...- -Non puoi pronunciare quel nome nella lingua infame perché pronunciare il vero nome di un...- si bloccò. Si alzò e prese a passeggiare per la stanza. -Uriel...- -Alaral, vedi mai i film?- -Certo- -Saprai che non bisogna mai evocare il vero nome del diavolo- -L'ho sentito, ma, voglio dire, Lucifero, Asmodeo, chi era quell'altro? Azazel? Insomma, i loro nomi vengono nominati continuamente- -Perché per evocarne il potere devi conoscere appunto il verbo infernale. Il nome di Lucifero è l'unico che permette di ricacciare i demoni all'inferno. Ma tu non pronunciarlo mai. Non insegnarlo a nessuno. Kiana lo conosceva già, e sa che pronunciarlo vorrebbe dire rischiare di essere corrotto dal suo potere- Alaral annuì. L'arcangelo si risedette. -Ewe ha detto che hai parlato con il weendigo- Quella frase fu come un pugno sul viso. Nella sua mente ritornò la voce di quel mostro. Quella voce tagliente, bassa, agghiacciante... Uriel annuì, vedendo il ragazzo scosso. -Che ti ha detto?- -Io n-non, non ricordo bene...- -Alaral, che ti ha detto?- -Non lo so, ho dei ricordi confusi...- -Alaral- -Ha detto che sono la bestia assassina!- urlò l'ibrido. -Sento in te una forte emozione, percepisco... percepisco la paura- -Non ho paura- -Che ti ha detto il weendigo esattamente?- -Si è stupito che riuscissi a capirlo...- -Stai tranquillo- -Ha iniziato a dire cose come "senti la voce della paura"...- il ragazzo si fermò. Risentire quelle parole, anche se dette con la sua stessa voce, lo scosse molto. Kiana si avvicinò alla sedia dove stava il biondo. Si accovacciò, in modo da poter guardarlo in viso. -Alaral...- Quello tenevo la testa china. Sentì grossi lacrimoni rigargli le guance. Artigliò le gambe con le mani, alzando la testa con decisione. -Ha detto che riesco a sentire la voce del male- urlò -della paura, della bestia assassina- Poi si alzò in piedi, strinse i pugni talmente forte che si ferì con le unghie. -Ogni singolo demone di questo mondo vedrà che non sono la bestia assassina. Ho una promessa da mantenere!- Quella voce fu talmente forte che spinse Uriel all'indietro, facendolo cadere dalla sedia. I libri sugli scaffali furono spinti via, e i vetri delle finestre tremarono, fino a incrinarsi. -Ma cos...- disse Kiana. Era accovacciata a terra e aveva i capelli scompigliati. -Davvero incredibile- disse Uriel rialzandosi -hai usato "l'urlo di Zefiro" senza allenarti- -Padre... parlate forse...- -Kiana, hai presente le antiche guerre tra licantropi e orchi?- -Ricordo un passo de "La luna d'inverno". Diceva "milioni di lupi si gettarono contro il nemico, lanciando urli ch'io assomiglio alla voce del vento di ponente. E quei mostri cadevano sotto i gridi possenti". Pensavo si riferisse ad un grido di battaglia- -Con "urlo di Zefiro" voi intendete la "forza del vento" vero?- intervenne Alaral. -Già, è questo il nome che ha tra i licantropi. Un potere peculiare della tua razza che si attiva quando provate una forte emozione. In te non c'è più solo la paura, c'è qualcosa di ancora più temibile. L'ira- -Alaral- disse Kiana guardandolo negli occhi -non potevi sconfiggere quel demone...- -Parlavi di una promessa- intervenne Uriel. L'ibrido non si preoccupava di essere stato battuto, e l'arcangelo sembrava averlo capito. -Non penso si tratti di quella fatta a Ophren- Il biondo rimase in silenzio. -Vorrei capire da cosa deriva...- -Sono cose private- tagliò corto il biondo. Si era pentito di aver parlato della promessa. -Alaral, non voglio metterti pressione ma...- L'ibrido battè un pugno sulla scrivania, staccando l'angolo. Kiana prese Alaral per il braccio, mise questo intorno alle sue spalle e lo aiutò ad alzarsi. -Padre, ora basta, lo porto in camera sua- Uriel rimase in silenzio, mentre la mora accompagnò l'amico fuori dalla porta. Quando Ewe li vide aiutò la ragazza a sorreggere l'amico. -Cosa è successo?- -L'ha stressato troppo, portiamolo in camera- -Non voglio, ci sarà una lezione...- cominciò l'ibrido. -Stiamo perdendo lotta libera con Lady Rowena, ma è l'ultima lezione della giornata. Tra un po' siamo liberi- tagliò corto Kiana. Accompagnarono Alaral in camera sua. La mora fece una faccia disgustata. Il casino che c'era era soprattutto colpa di Ewe, ma c'era anche qualcosa dell'ibrido. Quello si allontanò dagli amici, sedendosi sul letto del rosso. -Alaral, cos'hai?- chiese la kitsune sedendosi vicino a lui. Anche la mora si avvicinò. -Niente- -Alaral, cosa ti ha detto il weendigo- chiese Ewe, ma fu fulminato dallo sguardo di Kiana. -Basta il ricordo della sua voce...- fece Alaral. -Non ci pensare- lo rassicurò l'amica. -E invece devo! Perché Ewe non è riuscito a capire quel mostro?- -Forse licantropi e wendigo sono più simili...- provò il rosso. -Ewe!- lo rimproverò la mora. Era nello studio di Uriel e aveva sentito la storia dell'ibrido, sapeva cosa gli aveva detto il weendigo. -Quando ho sentito il suo odore... non so, ho avvertito un forte pericolo. Eppure era la prima volta che lo sentivo- -È solo istinto, è tipico di noi animali- lo rassicurò la kitsune. Alaral era grato ai suoi amici, ma era inutile. Cercava risposte, non incoraggiamenti. -Ewe, cosa è succeso con i weendigo e... insomma, la tua famiglia?- chiese all'improvviso il biondo. Voleva solo cambiare discorso. Quello sussultò. -Problemi, legati alla caccia- tagliò corto. Alaral non voleva lasciar perdere. Era spinto da un desiderio egoista di dimenticare la sua angoscia. -Mi è sembrato che c'entrasse qualcosa tua madre...- -Alaral!- lo sgridò Kiana a bassa voce. -Scusa- si affrettò a dire. Non era giusto. Ewe non gli stava facendo domande, lo stava rassicurando, stava cercando di aiutarlo. Non poteva angosciare lui per scordare le sue preoccupazioni. L'ibrido non seppe che fare, allora fece la prima cosa che gli venne in mente. Lo abbracciò. Un abbraccio forte. -Scusami- ripetè. Sentì di nuovo scendergli le lacrime. -Ho tante domande, ma non sono sicuro di voler conoscere le risposte- -Alaral, ehi, Alaral. Sta calmo, non mi sono offeso- lo tranquillizzò l'amico. Ma l'ibrido non voleva lasciarlo. Gli era talmente grato. Era la prima vera persona che si era comportata da amica con lui. Aveva passato l'infanzia diffidendo da tutti. Non aveva mai abbracciato nessuno così. Neanche sua madre. Come poteva essergli tanto cara una persone che conosceva da appena due giorni? Kiana non disse nulla. Rimase a guardarli. Non voleva intromettersi. -Alaral, calmati adesso- fece la kitsune allontanandosi un po'. -Ewe, sei il primo amico che abbia mai avuto- disse l'ibrido. -Dai, non esagerare- -Tra i Cavalcatori di Luna non mi sono mai sentito a casa. Poi quando siamo stati cacciati pensavo di farmi degli amici a scuola. Ma non riuscivo a integrarmi. Il mondo è così pieno di convenzioni, di regole. Avrei preferito morire piuttosto che omologarmi- -Alaral, perché stai piangendo adesso?- -Ho promesso che non lo avrei più fatto, ma non ci riesco...- -A chi l'hai promesso- chiese Ewe. Alaral glie lo stava quasi per dire. Stava quasi per rivelargli tutto il suo passato. Ma si bloccò appena in tempo. Il rosso lo notò. -Non fa niente- lo rassicurò. Nonostante quello che prima l'ibrido stava facendo l'amico era pronto a rassicurarlo. Non ce la fece. -A mio fratello- gli scappò, e quando se ne rese conto era troppo tardi. -Scusatemi, devo andare- Alaral si affrettò ad uscire. -Dove vai?- chiese Kiana. -A scusarmi con Skoll per come l'ho trattato- Non era vero. Voleva stare un attimo da solo. Andò all'arena. Avrebbe dovuto allenarsi con Kiana, ma non voleva vedere nessuno per un paio d'ore. Quando entrò però vide che c'era qualcuno che menava colpi a un manichino. Aveva una figura sinuosa, elegante. Sembrava molto agile. Strano, era convinto che a quell'ora non ci fosse nessuno. Avvicinandosi notò che aveva lunghi capelli corvini, indossava una tuta rossa e usava una katana. Era Reiko. Appena lo vide rinfoderò la spada e corse verso di lui. -Alaral, oddio, stai bene?- chiese. -Skoll è incredibile, non ho più neanche le ferite dell'allenamento- la rassicurò l'ibrido. Lei sorrise, sollevata. -Ewe non ha voluto che venissi mentre eri sveglio. Temeva ti avrei stressato troppo con le mie preoccupazioni- -Mi ha stressato più Uriel con le sue domande. Perché dovrebbe stressarmi che qualcuno si preoccupa per me?- -Dove sono Ewe e Kia?- chiese. -Li ho lasciati in camera mia, non so ora dove sono- -Avete litigato?- -Cosa? No, no. Avevo... avevo bisogno di stare un po' da solo- -Allora me ne vado- disse lei comprensiva, ma Alaral la trattenne per la spalla. -No, ti prego, resta!- disse tutto d'un fiato, avvicinando la ragazza a lui. Ora i loro visi erano pericolosamente vicini. -Io, ehm... forse non mi farebbe male un po' di compagnia- disse lui allontanandosi. Lei rise. Era così bella quando rideva. Si maledisse di averlo pensato. -Perché non ci alleniamo insieme?- chiese lei. -In realtà ho promesso...- iniziò l'altro, ma fu interrotto: -Posso attaccarti mentre cerchi di difenderti- propose Reiko. Ora fu l'ibrido a sorridere. -Sarebbe perfetto. Ho visto Ewe come si difendeva, vorrei provarci anch'io- Allora la kitsune tese la mano verso un lato lontano dell'arena. Subito un bastone volò nella sua mano. Da vicino il biondo notò che era di metallo. Quando Reiko glie la lanciò contro la prese, notando che era davvero pesante. -Non posso usare questa contro Ophren. Sarebbe sleale- -Serve solo ad allenarti. Se ti allenerai con un bastone più pesante sarà poi più facile per te combattere- Alaral si rigirò l'asta in mano. Non si capiva se fosse un arma o un'altro atrezzo. Forse un manico. Però era metallo pieno, il che la rendeva difficile da maneggiare. Pesante quanto una spada o forse di più. -Vogliamo cominciare?- chiese Reiko, l'ibrido annuì, mettendosi in posizione. Cercò di ricordare come parava i colpi Ewe. Era stato davvero veloce, non era molto quello che aveva visto. Comunque più che altro li evitava. Sarebbe stato tanto veloce? Improbabile. Ewe aveva quella "forza di Raijin". Lui non avrebbe raggiunto la velocità del fulmine. I suoi pensieri furono interrotti da un rapido colpo della kitsune. Fu ferito alla spalla. Provò a colpire la ragazza, ma lei evitò la sbarra con un movimento fulmineo. Non voleva parare i colpi. Era chiaro. Sapeva che Alaral non voleva neanche un aiuto, e mostrandogli come fare per lui sarebbe stato più facile. Continuarono così per diverse ore. Ormai il sole cominciava a calare. Reiko si fermò. -È tardi, forse sarebbe il caso di tornare. È ora di cena- -Ti prego, vorrei riuscire a colpirti almeno una volta- pregò l'ibrido. Sentiva che la kitsune non si sarebbe fatta colpire apposta. -Ok, ma aspetterò fin quando la luna sarà alta. Poi torniamo- Le ore passavano, e i due non smettevano di combattere. Reiko non si accorse neanche della luna. Oramai si era fatta prendere dall'entusiasmo dell'amico, il quale era mosso da una forza di volontà che andava oltre il pensiero logico. **** Kiana si svegliò con un forte mal di testa. Aveva dormito solo un paio d'ore. Avendo aspettato Reiko tutta la notte. Si stropicciò gli occhi, per poi scendere dal letto. La sua camera, che condivideva con l'amica, aveva i letti singoli. Era vestita con un top azzurro e i pantaloncini del pigiama, che le fecero sentire subito freddo. Prese dallo schienale una vestaglia rosa, e mentre la indossava gettò l'occhio sul letto dell'amica. Non era ancora tornata. Erano già le otto. Uscì dalla stanza a piedi nudi. Aveva una mezza idea di dove fosse, ma voleva esserne sicura. Quando fu davanti alla camera 127 si fermò. Bussò decisa. Nessuna risposta. Provò di nuovo, sta volta con più vigore. Ancora silenzio. "Ma perché sono sempre costretta a fare queste cose?" pensò "io non vorrei, ma mi constringono". Afferrò il leone e spinse. Usò tanta forza che si aprì, rompendo la serratura. -Alaral?- chiese una voce nel buio. Era Ewe. -No, e se non è qui forse so dov'è- disse -forza, mettiti qualcosa addosso, dobbiamo uscire- -Ma non possiamo uscire prima delle otto e mezza- disse il rosso. La ragazza tirò la tenda, facendo entrare la luce. La kitsune stava dormendo vestita, fuori dalle coperte. Aveva aspettato tutta la notte Alaral. Furono presto nel salone principale. La ragazza spinse il grande portone dorato. Da dentro si apriva facilmente, mentre da fuori dovevi avere la chiave di una stanza. Si diressero velocemente verso l'arena. La ragazza sentiva la rugiada del prato bagnargli i piedi. Quando arrivarono si affrettarono ad entrare. Ad un primo sguardo sembrò che non ci fosse nessuno, ma poi Kiana notò qualcosa per terra, al centro del cerchio di sabbia. Il rosso e la mora si avvicinarono. -Alaral?- fece Ewe. L'ibrido e Reiko stavano dormendo stesi a terra, con una sbarra di metallo poggiata su un lato e la katana della kitsune sull'altro. Reiko era vicina al biondo, con la testa sul braccio di lui. Alaral aprì gli occhi. Quando li vide alzò il busto. Sul suo viso si dipinse un largo sorriso. -Sono riuscito a parare un colpo!- esclamò -stava già albaggiando. Ho capito come fare, devo tipo mettere il bastone verticale- mimò il gesto con la mano -e l'ho anche quasi colpita una volta!- concluse alzandosi. Anche Reiko si alzò, prendendo la katana e mettendola nel fodero. -Scusateci, mi sono fatta prendere dall'entusiasmo di Alaral e ho perso la cognizione del tempo- **** Alaral e Kiana stavano combattendo nel bosco. Erano le nove. La ragazza aveva deciso di far saltare all'ibrido tutte le lezioni fino al giorno del duello. Mancavano dieci giorni, ieri era iniziato agosto. L'arena era spesso occupata, visto che veniva usata per le lezioni di scherma, di lotta libera, di magia e altre cose. Lezioni che il biondo non avrebbe voluto saltare, ma secondo Kiana se si fossero allenati ininterrottamente fino al dieci avrebbero avuto il 15% di possibilità di vincere, contro il 2% se avessero continuato con i vecchi ritmi. La mora continuava a colpirlo. Gli feriva con la spada ogni punto scoperto del corpo, mentre lui cercava di applicare la tecnica appena imparata per difendersi. -Devi essere più veloce idiota- lo ammonì l'amica, mentre oltrepassava le sue difese e lo colpiva sulla guancia. Fu così per tutto il giorno. Quando fu poi ora di cena Kiana se ne andò, mentre il ragazzo andava all'arena dicendo di volersi continuare ad allenare. Quandò fu sulla sabbia trovò ad aspettarlo Reiko, nella sua solita tuta rossa, con i capelli legati in una treccia e la katana al fianco. -Oddio, non posso vederti con queste ferite- disse lei vedendolo. -Buonasera anche a te- scherzò Alaral. Le ferite già non gli facevano più male. -Aspetta un attimo, ho portato delle fasciature- Vicino a lei, a terra, c'era un mucchio di garza. La prese, ma il ragazzo fiutò subito qualcosa di strano. -Strozzalupo?- chiese. -Già. So che l'aconito napello può rimarginare le ferite da arma d'argento- disse lei. -Sì, l'ha usata anche Skoll, ma è contro la mia religione- spiegò lui. Lei assunse un'espressione rammaricata. -Ok, vado a prendere della garza pulita allora- -No- la fermò lui. Non sapeva cosa gli stesse capitando. Reiko gli faceva provare una strana sensazione. Era qualcosa che non aveva mai provato prima. Qualcosa per cui sarebbe stato disposto a mettere da parte il proprio credo pur di renderla felice. -Ti prego, questa va bene- la rassicurò. -Ma hai detto che...- -Possiamo non perdere tempo? La notte è breve- Allora la ragazza slacciò gli spallacci del biondo, sfilò la gorgiera e infine gli tolse la corazza, per poi passare ai bracciali. Prese a fasciare il busto, le spalle e il collo dell'ibrido. Alaral dovette resistere per non strapparsi via le bende. Lo strozzalupo non bruciava sulle ferite. Sulla pelle non si avvertiva alcuna differenza tra quelle garze e delle fasciature pulite. Ma l'odore era inconfondibile. Un'odore che aveva imparato a odiare. Tuttavia quell'odore fu coperto da qualcos'altro. Qualcosa di piacevole, dolce. Un profumo celestiale. -Profumi di fiori d'arancio- disse lui piano. -È il mio shampoo- disse lei, intente a fasciargli le braccia -tu usi uno shampoo al muschio vero?- Quello sorrise. Non si lavava da due giorni, ma effettivamente la sua prima notte all'accademia lo aveva usato. -Kia ti ha ferito anche le gambe- notò. -Non ci provare. I pantaloni li tengo- si affrettò a dire Alaral. -Sei diventato rosso- disse lei ridendo. Chiuse gli occhi, in modo che il ragazzo si fasciasse le gambe. Quello si tolse gli stivali e i pantaloni. Afferrò le garze e prese ad applicarsele. Il suo lavoro era più grezzo di quello della ragazza, ma decise che poteva andare. Si rimise i pantaloni, poi gli stivali. -Puoi aprire gli occhi- le disse. Quella lo fece -Ora possiamo combattere- -Mettiti l'armatura, sennò rischio di andarci piano vedendoti tutto fasciato- Alaral obbedì, così Reiko gli lanciò la sbarra di metallo, poggiata affianco a se. -Facciamo così, appena riesci a colpirmi possiamo smettere- disse la kitsune. -Mi ha detto una cosa simile tuo fratello, e poi abbiamo incontrato il weendigo- -Ma adesso sai parare i colpi- sorrise quella. Il combattimento andò come tutti quelli a cui Alaral aveva partecipato in quei giorni. Incassò parecchi colpi, anche se 'sta volta riuscì a pararne alcuni. La differenza tra lo stile di combattimento di Kiana e quello di Reiko era evidente. La prima parava ogni colpo, per poi rispondere con forza, mentre la seconda era decisamente più precisa. Con la sua katana colpiva Alaral tra le giunture dell'armatura, risparmiando però le braccia e il viso. -Ci stai andando piano- disse il biondo. -Quando tu comincerai a fare sul serio, lo farò anch'io- fece lei di rimando. Effettivamente l'ibrido non stava cercando di colpirla, voleva esercitarsi a parare i colpi. Menò un colpo al fianco, ma per lei fu facile schivarlo. Questo si ripetè per varie parti del corpo, e ormai si stava facendo l'alba. -Ancora non mi hai colpito? Mancano solo dieci giorni al duello con Ophren, come pensi di batterlo se non riesci nemmeno a colpire me?- disse Reiko. Era vero. Alaral non si era aspettato che Reiko fosse così forte. Se non riusciva a battere lei non avrebbe battuto uno dei quattro migliori guerrieri, per quanto idiota e arrogante come Ophren. -L'allenamento di Kiana non sembra funzionare. Come faccio a imparare qualcosa se non mi insegna niente?- Reiko non rispose. Si rimise in posa da battaglia. Il messaggio era chiaro: "meno chiacchiere e più azione". Riprese l'attacco. Era ormai mattina quando Alaral menò un potente colpo alla spalla della ragazza, ma abbassò appena in tempo la sbarra metallica. Reiko la fermò con la mano, ma era troppo tardi. Era stata colpita al fianco, che non aveva fatto in tempo a ritirare a causa del movimento delle spalle. -Credo di averti appena colpito, Reiko-sensei- Quella regalò al ragazzo un largo sorriso. -Non chiamarmi così- disse. Continuarono con quel ritmo tutti i giorni. Alaral si allenava con Kiana dalle nove alle otto e mezzo, mentre dalle dieci di sera combatteva con Reiko nell'arena. Dormiva appena due ore, non mangiava niente e per sopravvivere beveva la bevanda azzurra, che equivaleva a un pasto e serviva a sfamarlo e dissetarlo. Il tempo passava. Man mano il biondo imparò a parare molti dei colpi di Kiana e persino a colpirla. Reiko, dopo che Alaral gli aveva parlato dell'urlo di Zefiro, volle che imparasse ad usarlo. Quando lo usava riusciva anche a disarmare la ragazza, però ci riusciva solo quando provava una forte emozione. Non ci mise molto ad arrivare la sera del nove. L'ultima notte prima del duello, che si sarebbe tenuto la mattina dopo.

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