Di spiriti, tesori e tempo di MadogV (/viewuser.php?uid=894323)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Preludio ***
Capitolo 2: *** L'ocarina del passato ***
Capitolo 3: *** Cappellai,barbieri e altri a Londinium ***
Capitolo 4: *** Il sopra è sotto e viceversa ***
Capitolo 5: *** Tigre, oh tigre ***
Capitolo 6: *** Luce del palco ***
Capitolo 7: *** Nodus Gordi ***
Capitolo 8: *** Long John Silver ***
Capitolo 9: *** Intermezzo ***
Capitolo 1 *** Preludio ***
Ed
eccomi con una nuova long che prometto di non abbandonare, in quanto ho
già tutto pronto nella mia testa. Appena arrivato al
capitolo 4, riprenderò la
long di Arendelle.
Questo
è solo il prologo.
La battaglia di Heiligenstadt era
stata lunga e dolorosa,
molti suoi amici erano morti e molte cose erano state cambiate, se non
stravolte.
In quella battaglia però
aveva trovato un inaspettato
alleato, nonché un amico sincero, e un altro ne aveva
ritrovato e di un altro
ancora aveva saputo la fine.
E vent’anni passarono
dall’allora, senza che Jim non ci
ritornasse con la mente ogni giorno.
Ora che era prossimo alla pensione,
che gli impegni militari
non lo ingombravano più, decise di salpare, una lunga
crociera, prima di
ritirarsi di nuovo al Benbow Inn di Montressor, per non salpare
più.
I venti dell'Etherium soffiavano
placidi spingendo la
goletta Horfes lungo le correnti, a largo della massa del Cigno e tutto
sembrava andare tranquillo.
Anche il cielo, di un colore rosato,
sembrava promettere
quiete; e se non fosse stato per il ronzio delle vele solari, avrebbe
regnato
sovrano il silenzio.
Jim Hawkins, coi capelli ingrigiti,
col volto solcato dalle
intemperie, stava scamiciato a prua, immerso nei suoi pensieri, aveva
avuto di
che discutere col suo secondo.
Lo scricchiolio leggero delle assi
del ponte rivelarono l’arrivo
di qualcuno.
Si girò di scatto ed era
Wendy Moira Angela Darling, radiosa
come non mai, in una camicetta alla marinara e calzoni alla zuava.
Anche con lei il tempo non era stato
clemente, ma nei suoi
occhi si leggeva ancora tutta la sua fermezza e il suo coraggio.
Jim
accennò un
sorriso nella sua direzione, poi la giovane esplose un colpo dal
fulminatore,
che aveva in mano, prendendolo in pieno petto.
A
quel punto Jim
emise un rantolo e stramazzo al suolo
Poi dalla cambusa emersero gli uomini
di scorta, richiamati
dallo sparo.
Wendy lasciò cadere
l’arma e si consegnò senza fare storie,
mentre in cima all’albero maestro un gatto violaceo,
dall’inquietante sorriso,
disse prima di evanescere:” Il gioco è
cominciato”
|
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Capitolo 2 *** L'ocarina del passato ***
Capitolo
piuttosto
breve, lo so, ma è così che deve andare e no, non
c’entra la fretta e una mia
scelta, anche i prossimi capitoli saranno piuttosto brevi, perché
preferisco creare una certa atmosfera e quindi meglio un capitolo
breve, ma
compendioso, che uno lungo e sconclusionato, con troppe informazioni.
“when there is no more rum,
comes Belzebù Yo-oh-oh Yo-oh-oh
corsair you are, you have to sail the
sea
hoist the color, forge your honor
but be attenction to your actions
because when
ends
rum, comes Belzebù Yo-oh-oh Yo-oh-oh. “
Era la canzone che ormai cantava
anche lui, era la canzone
della ciurma di Capitan Uncino.
Sulla coffa se ne stava, suonando
l’ocarina, quando fu
chiamato d’abbasso.
“Giovanotto.”
Incominciò Uncino:” Mozzo sei arrivato e
pirata sei diventato, grazie alle tue impareggiabili doti, ma ora basta
cincischiare. Spugna provvedi ad informare il giovane della
missione.”
Spugna si schiari la gola e
incominciò con tono solenne, ma
lievemente nasale:” Tu e tre dei migliori pirati scenderete
sulla terra ferma,
dove tu suonerai la tua ocarina e loro si apposteranno. Quando Pan,
attirato
dalla tua musica si presenterà, noi lo uccideremo.”
“E cosa vi fa pensare che
Pan verrà?” Chiese
Uncino batte forte il pugno sul
tavolo e disse:” Tuoni e
fulmini, nei siamo certi. Vedi mentre tu suonavi ci siamo accorti, che
furtivo
scivolava Pan e veniva per ascoltare te, Jim Hawkins.”
“Capisco.” Disse
Jim e poi, direttosi sul ponte, chiese
quali fossero i suoi compagni di ventura.
Spugna gli indicò, allora,
un pirata color del mogano, dagli
scintillanti baffi neri e dallo sguardo torvo: il suo nome era
Montblanc.
Poi un altro pirata, simile in tutto
e per tutto a un grosso
tronco sbozzato con l’accetta e con una la guancia segnata da
una livida
cicatrice: Bourbon lo chiamavano.
E infine, quello che da tempo era
diventato il miglior amico
di Jim, Shanks, detto il rosso per via dei sui capelli, ma era
conosciuto anche
come capello di paglia, per via del suo inseparabile cappello fatto di
quel
materiale e che a suo dire lo aiutava nel prendere meglio la mira.
Cosi fu calata una scialuppa, con
abbordo un piccolo
cannoncino, giusto nel caso l’approdo riservasse sorprese.
A
Jim l’Isola che non
C’è dava, nonostante la lussureggiante e colorata
natura, sempre un’impressione
di cupezza, di morte, di angoscia profonda e i suoi sogni non
l’aiutavano.
E cosi, schioppo alla mano, seduto
sulla canoa, che furtiva
scivolava, lanciava lunghe occhiate di qua e di là, e
così anche i suoi tre
compagni di barca, a un certo punto Shanks si avvicinò al
ragazzo e gli poggiò
una mano sulla spalla con fare paterno: Ancora quello strano sogno,
ragazzo?”
“Si vecchio mio, ancora
quello strano sogno, con quella
strana e triste ragazza e quello strano e inquietante gatto.”
Rispose Jim.
Stava di nuovo per piombare in uno
stato di ambascia, quando
vide di fronte a sé un movimento sospetto nella radura che
avrebbe funto loro d’approdo
e rapido fece caricare il cannone a mitraglia e per tre volte piovve
morte,
sollevando ogni volta una densa polvere di sabbia fina.
Quando la polvere si fu posata, lo
scenario che si parava
innanzi era quello di una dozzina di pellerossa crepati dalle suddette
cannonate.
“Ci sai fare con quel
cannone, ragazzo.” Si complimentò
Bourbon, una volta sbarcati.
Intanto Shanks stava sforacchiando,
con la sua spada, i
cadaveri dei trucidati, il che non piacque a Jim.
“Non
c’è più rispetto per i
morti?” Chiese indignato.
“Sei morti non sono morti
diventano pericoli, per questo
conviene fare dei morti, dei morti molto morti.” Rispose
Shanks con pacatezza,
anzi quasi con distacco.
Poi continuò:”
Anche se le cannonate hanno allarmato le
nostre prede, occorre che tu Jim raggiunga il punto prestabilito e che
non ci
appostiamo. Il cannone lo lasciamo qui, sarebbe sprecato contro quel
demonio di
Pan.”
Il punto prestabilito era una radura
con una gorgogliante
cascata e uno specchio d’acqua limpidissimo in cui nuotavano
pesci di
variopinti e cangianti colori, e qui arrivò Jim, sedendosi
su di una roccia che
permettesse una visuale su ogni punto di agguato o di fuga.
Suonò l’ocarina
fino a farsi venire mal alla faccia, ma di
Pan non c’era traccia; poi all’improvviso se lo
vide apparire, con le gambe
incrociate, a mezzaria, tutto sorridente.
“Sei bravo,
pirata” Disse
“Grazie” Fu la
risposta.
“Ho due domande da farti,
pirata.”
“Spara?”
“Dove hai preso
quell’ocarina? E, quei simpaticoni li
nascosti, immagino siano il comitato di benvenuto, giusto?”
“Non ricordo dove
l’ho presa o se qualcuno me l’ha data e si
quello è il comitato d’accoglienza.”
Rispose Jim, facendo un lieve cenno con la
mano.
Bourbon li appostato era pronto a
sparare, ma fu fermato da
Shanks.
“Che
c’è?” Mugugnò il pirata.
E il rosso rispose:”
Andiamo, siamo circondati e meglio
evitare lo scontro.”
Ma Bourbon non gli diede retta e
spuntò dal suo rifugio,
sparando a tutto spiano, ma in quel momento sbucarono i bambini perduti
e i
pirati furono costretti a battere in ritirata.
Purtroppo lungo la fuga, nel
tentativo di salvare Shanks, fu
Jim a rimetterci le penne, che si accasciò al suolo ferito
al fianco.
Fu portato sulla barca, dove
però le sue condizioni erano così
gravi che non si poté fare niente e in breve
spirò.
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Capitolo 3 *** Cappellai,barbieri e altri a Londinium ***
Altro
capitolo breve,
come il prossimo e poi basta, saranno tutti belli lunghi e corposi gli
altri
Era uscito da Sottomondo, o il Paese
delle Meraviglie, perché
urgeva il suo aiuto nel Mondo di qui, ma ora si sentiva perso,
Londinium era
completamente triplicata dal suo ultimo viaggio e le vie perdevano
lentamente
la loro familiarità; solo la pioggia e
l’umidità sembravano dargli la certezza
che quella fosse ancora la Londinium di tanto tempo fa.
La sua Alice era stata chiara:
“Cappellaio, mio fedele
amico, c’è una persona del Mondo di qui che
abbisogna urgentemente del nostro
aiuto, perché un suo amico si è perso.”
Cosi lesto come poteva, cilindro
d’ordinanza, si era
presentato al varco e aveva poi raggiunto il Mondo di qui.
Chi doveva cercare era Wendy Moira
Angela Darling, che si
trova in prigione per l’omicidio del capitano della Horfes,
Jim Hawkins.
Solo che, per tutti i tessuti
sfavillanti, quella maledetta
prigione non era più al suo posto, era stata demolita e
spostata in un’altra
zona: Fleet Street.
Ora, preso Oakenshield Allen e
sbucati in Pequod Place, sede
dell’accademia della marina, il Cappellaio aveva dato di
matto, perché non
sapeva più dove andare dato che Impasse street era stata
chiusa e c’era una
biforcazione: Hyde Road e Seek Street, ma dove andare?
Fu costretto a chiedere e un
londinese, con la faccia di
ratto, che gli indicò la via da prendere, che era Snare
Avenue.
E cosi, cercando di confondersi, alla
meglio e peggio, con i
londinesi (fatica sprecata, perché per questi è
l’ordinario a essere
straordinario) si lanciò verso Snare Avenue, ciondolando
allegramente il
bastone, con il cappello calato a tre quarti.
Giunto alla fine della strada,
incappò in un monello che gli
disse che Ichabod Crane lo attendeva al solito posto e che il guaio del
Cappellaio era risolto, dato che Wendy era libera.
Contento come una pasqua, quasi come
nel giorno Gioiglorioso,
si avviò quindi verso la vecchia fabbrica abbandonata Winka
Wonky, un
cioccolataio finito al gabbio per, accuse non affatto speciose, di
pedofilia.
Ma una volta arrivato lì,
di Crane non c’era traccia, c’era
invero traccia di un altro uomo: ossuto, dai capelli, di un colore
cinereo,
scarmigliati e con un pallore mortale che gli aleggiava nel volto, ma
non negli
occhi, carichi di un livore che prometteva morte.
“Mr Sweeney
Todd.” Disse con affettazione il cappellaio:”
Credevo di averla esiliata durante il giorno Esiliante. Che ci fa qui,
una
schifobrancicosa cosa come lei?”
“è colpa del
guaio, che l’amica della tua amica ha combinato”
Disse sorridendo malvagiamente:” Ora tutti noi siamo liberi e
tutti i mondi
sono vicini al collasso.”
“Acciderbolina, questo
è un guaio.” E si lanciò verso
l’uscita,
alla ricerca del varco per tornare a Sottomondo e avvertire Alice e gli
altri,
che la situazione era più pericolosa di quanto pensasse.
Ma mentre era alla porta, un lampo
argento gli passo a pochi
centimetri dal volto e lo fece voltare verso il barbiere, che era ritto
in
piedi, con le mani sui suoi fedelissimi amici.
“Rasoi contro stocco,
allora.” Gridò giubilante il
Cappellaio.
E rapido si scagliò contro
il suo avversario, ma questi si
rivelò più lesto e lo feri ad un braccio.
“Sciocco Altocilindro,
mentre tu teavi (come dici
tu-teare=darsi al tè) e giocavi, io mi allenavo.”
Ribatte divertito Todd:” Ora,
qui, regoleremo il nostro conto.”
Nonostante la situazione non fosse
certo facile, il
Cappellaio, matto come un cavallo, rideva divertito, sarebbe stata una
giornata
memorabile.
Quindi di nuovo si
rilanciò contro l’avversario, il quale
pensando di poter colpire di nuovo di rapina, rimase invece a sua volta
ferito.
“Notevole.”
Mugugnò e poi fece roteare i suoi rasoi.
Nonostante la differenza
d’arma, i due contendenti
combattevano ad armi pari, alla maggior portata dello stocco del
cappellaio, il
barbiere rispondeva con una velocita di schivata notevole e alla sua
velocità,
il cappellaio rispondeva con una difesa quasi impenetrabile.
La vecchia fabbrica di cioccolata
risuonava ed echeggiava
tutta del clangore delle lame e delle risa follemente divertite del
Cappellaio.
Ogni colpo, ogni stoccata era
schivata e ogni schivata
diventava una finta o una parata, da cui sbocciava un nuovo attacco.
Purtroppo la superiorità
tecnica di Todd non poteva reggere
a lungo contro la superiorità dell’arma del
Cappellaio e infatti, perse prima l’uno
e poi l’altro rasoio.
A quel punto il Cappellaio
rinfoderò il suo stocco e disse:”
Se permetti, ora me ne andrei. Cioè, non ti offendere, mi
sono divertito, ma
vedi, tu sei il problema e io devo avvisare Sottomondo della tua
esistenza.”
Poi fece per andarsene, ma si
rigirò, estrasse lo stocco e
trapasso Toad alla gamba.
“Giusto per
sicurezza.” Disse sorridendo con garbo.
Ma quando fu alla porta, si
trovò di fronte ad un’ombra,
che, sgarbatamente, gli sparò a bruciapelo.
“Capitan Jack Sparrow,
comprendi?” Disse
|
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Capitolo 4 *** Il sopra è sotto e viceversa ***
Ultimo
capitolo breve
e dal prossimo, gettata la trama, si comincia a fare sul serio.
Ps. Da
sherlockiano
sfegatato, ho inserito una citazione di Holmes, palese e al limite del
plagio
(spero che questo non mi crei problemi, se si avvertitemi senza
cancellare il
lavoro o bannarmi e provvederò a modificare il tutto)
Ps.ps. Ci
sono
citazioni come si piovesse.
Ps.ps.ps. Le
idee
espresse in questa opera appartengono all’epoca in cui sono
collocate e ai
personaggi, io non sostengo in alcun modo le idee espresse. (Come
diceva Oscar
Wilde- l’autore non deve essere ritenuto colpevole
dell’agire dei suoi
personaggi.)
La casa correzionale Pie Vergini
Assassine, che sorgeva sul
i resti del vecchio Arkham Asylum, era niente più che una
grossa serie di umidi
e sbozzati cuboni di pietra grezza, connessi fra loro da una lunga
serie di
corridoi angusti; l’unica struttura che si staccava dalle
altre era la Casa del
Custode.
La Casa del Custode era una
“simpatica” struttura in stile
vittoriano, che serviva da sala di cura, leggasi meglio di tortura, per
le
pazienti.
Infatti le donne sono troppo stupide
e passionali per poter
pianificare un assassinio che non abbia altra ragione che la follia
amorosa e
quindi piuttosto che condannarle alla prigione, le si dichiarava
isteriche e le
si mandava in questa casa correzionale.
Sulla stupidità e la
passionalità delle donne aveva dubbi, e
anzi contestava questa faciloneria di giudizio Ichabod Crane (ma anche l’autore alza le mani e si
dichiara non solo estraneo, ma anche contrario al giudizio espresso
poc’anzi).
Non che lui avesse una qualche
attrazione verso le donne, la
sua mente fredda e puntigliosa, ma mirabilmente equilibrata, aborriva
tutti i
sentimenti, soprattutto l’innamoramento.
Lui era, devo ammetterlo, la
più perfetta macchina dotata di
capacità di ragionamento e osservazione, eppure quando
arrivò lì, anche lui
cominciò ad avvertire una certa tensione, che lo ghermiva,
ma si fece coraggio.
Sapeva di essersi giocato, per via
dei suoi metodi e delle
sue scelte, molte amicizie importanti e di essersi fatti altrettanto
potenti
nemici, che non avrebbero aspettato un minuto per farlo a pezzi, al
minimo
passo falso.
E questo, più che un passo
falso, sembrava una lunga
camminata di passi falsi: far evadere una condannata, reo confessa per
giunta,
sfruttando un falso lascia passare.
Comunque era lì,
perché un suo vecchio amico, a cui doveva
molto, aveva fatto questa richiesta e non poteva in alcun modo venir
meno, ne
sarebbe andato del suo onore.
Intanto nella sua stanza/cella Wendy
era in attesa che
arrivasse il suo primo turno di terapia: elettroshock, immersioni in
acqua
gelida e altre “amorevoli” cure, dello stesso
stampo delle citate; inoltre sapeva
che, tanto gli infermieri, quanto i, così detti, dottori, si
prendevano pesanti
libertà nei confronti delle pazienti.
Ma quando si aprì la porta
rimase sorpresa: la figura che
era dinnanzi non era un medico, né un infermiere.
“Chi siete?”
Chiese
“Il vostro
avvocato.” Rispose, con un sorriso cortese.
Wendy lo squadrò e poi
rispose:” Avete una faccia troppo
onesta e pulita, per essere un avvocato.”
“Touché”
Rispose questi, affabilmente, e poi riprese:” Io
sono Ichabod Crane e le assicuro che non ho cattive
intenzioni.”
“Oh, di questo ne sono
sicura.” Rispose sicura, ma poi
rimase perplessa da quello che lo sconosciuto si era messo a fare:
aveva tirato
il suo taccuino e si era messo a scribacchiare.
“Che stai
facendo?” Chiese incuriosita.
“Ti sto
catalogando.” Rispose lui, riprendendo: Wendy Moira
Angela Darling. Esemplare di femmina umana di età, mmh,
circa 27/ 28 anni.
Condannata per l’omicidio del Capitan Jim Hawkins.
“Che vuol dire
“esemplare di femmina umana” Chiese stupita
lei:” Perché tu non lo sei?”
“Ah, scusami, certe volte
lo scordo.” Rispose lui divertito,
per poi spostare i suoi capelli, rivelando due lunghe orecchie a
punta:” Sono
un vulcaniano e sono amico di Jim Hawkins, mi manda lui.”
“Il mio Jim, come
sta?” Chiese lei con un tono fra la gioia
e l’ansia.
“Come potrebbe stare uno
che si è preso un colpo di
fulminatore in pieno petto.” Rispose impassibile.
“Ah” Fu il suo
commento.
“Ora, però, mi
duole darle fretta, ma tempus fuggit.” Disse,
leggermente allertato e poi si rivolse alla guardia:” Porto
la prigioniera
24601 a Pequod Place, perché il suo caso venga
esaminato.”
La guardia non fece motto e li
lasciò passare, ma quando
furono fuori dalla sua portata, i due, svicolarono per altra via e
salirono su
di una carrozza, dalle finestre oscurate
“Tempo tiranno e io ho da
darle informazioni importanti, quindi
mi ascolti e mi segua.”
Wendy non rispose, ma sapeva di
potersi fidare di quello
strano personaggio, glielo leggeva negli occhi: due palle nere
strabordanti di
curiosità e ingegno, ma anche di bontà e
lealtà.
“Allora mi manda Jim, deve
venire con me a Sottomondo, forse
lo conosce come Paese delle Meraviglie, perché Londinium non
è più sicura per
lei, a meno che non ritorni in vita Jim, ma anche in questo caso le
probabilità
sono del 0,75 %. Per arrivare a Sottomondo sono necessari dei portali,
che qui
a Londinium sono posti in quasi tutti i punti nevralgici. Ora stiamo
andando
verso una vecchia fabbrica di cioccolato abbandonata. Li troveremo un
conoscente, che la porterà e mi porterà,
cioè ci porterà lì dove dobbiamo
andare. Il perché è presto detto: io non
appartengo a Sottomondo e pur conoscendo
alcuni accessi, non ho le “chiavi” per
aprirli.”
Parlò per tutto il tempo,
anche di altre cose, mentre Wendy,
col gomito appoggiato, era immersa nei suoi tristi pensieri.
Quando arrivarono però si
accorsero della brutta sorpresa.
“C’è
qualcuno laggiù e suppongo che sia ferito. Urge aiuto,
buonuomo?” Chiese Crane, avvicinandosi al ferito.
“Non credo che
resterò ancora un po' qui a sanguinare.”
Rispose l’altro.
“Gradisce del tè
per caso?” Richiese di nuovo Crane
“Pasticcini, non lingue di
gatto. E un velo di latte.” Fu la
risposta dell’altro.
“Ma siete pazzi?”
Intervenne allarmata Wendy.
“Lui leggermente, io del
tutto,” Rispose il ferito, per poi
scattare in piedi:” Sono il Cappellaio Matto, della famiglia
degli Alti
Cilindri.”
Si rimise però la mano sul
fianco:” Crane, la ferita non è
guarita del tutto, ma ci sono altri problemi ancor più
gravi.”
“Cosa?” Chiese
“Todd e Sparrow, sono
tornati. Qualcuno che non è del tutto
morto ha squarciato il velo della realtà, rischiamo il
tracollo.” Disse lui con
una calma raggelante.
“E questo sarebbe il tono
di dare le notizie.” Intervenne
sbigottita Wendy.
Ma fu zittita da Crane:” Se
Todd è tornato, allora anche
Turpin…” - “Buon dio. Mi scusi,
miss.” Disse rivolto a Wendy:” Ma non posso
più
accompagnarla a Sottomondo. Ho fatto quanto mi è stato
chiesto e il mio debito
d’onore è stato pagato, ora però qui
stanno sorgendo problemi che richiedono la
mia presenza. La lascio nelle sicure mani di Alto Cilindro.”
E detto ciò disparve nella
carrozza, lasciando li, un’allibita
Wendy.
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Capitolo 5 *** Tigre, oh tigre ***
“when there is no more rum,
comes Belzebù Yo-oh-oh Yo-oh-oh
corsair you are, you have to sail the
sea
hoist the color, forge your honor
but be attenction to your actions
because when ends rum,
comes Belzebù Yo-oh-oh
Yo-oh-oh. “
Era la canzone che ormai cantava
anche lui, era la canzone
della ciurma di Capitan Uncino.
Sulla coffa se ne stava, suonando
l’ocarina, quando fu
chiamato d’abbasso.
“Giovanotto.”
Incominciò Uncino:” Mozzo sei arrivato e
pirata sei diventato, grazie alle tue impareggiabili doti, ma ora basta
cincischiare. Spugna provvedi ad informare il giovane della
missione.”
Spugna si schiari la gola e
incominciò con tono solenne, ma
lievemente nasale:” Tu e tre dei migliori pirati scenderete
sulla terra ferma,
dove tu suonerai la tua ocarina e loro si apposteranno. Quando Pan,
attirato
dalla tua musica si presenterà, noi lo uccideremo.”
“E cosa vi fa pensare che
Pan verrà?” Chiese
Uncino batte forte il pugno sul
tavolo e disse:” Tuoni e
fulmini, nei siamo certi. Vedi mentre tu suonavi ci siamo accorti, che
furtivo
scivolava Pan e veniva per ascoltare te, Jim Hawkins.”
“Capisco.” Disse
Jim e poi, direttosi sul ponte, chiese
quali fossero i suoi compagni di ventura.
Spugna gli indicò, allora,
un pirata color del mogano, dagli
scintillanti baffi neri e dallo sguardo torvo: il suo nome era
Montblanc.
Poi un altro pirata, simile in tutto
e per tutto a un grosso
tronco sbozzato con l’accetta e con una la guancia segnata da
una livida
cicatrice: Bourbon lo chiamavano.
E infine, quello che da tempo era
diventato il miglior amico
di Jim, Shanks, detto il rosso per via dei sui capelli, ma era
conosciuto anche
come capello di paglia, per via del suo inseparabile cappello fatto di
quel
materiale e che a suo dire lo aiutava nel prendere meglio la mira.
Cosi fu calata una scialuppa, con a
bordo un piccolo
cannoncino, giusto nel caso l’approdo riservasse sorprese.
A Jim l’Isola che
non C’è dava, nonostante la
lussureggiante e colorata natura, sempre un’impressione di
cupezza, di morte,
di angoscia profonda e i suoi sogni non l’aiutavano.
E cosi, schioppo alla mano, seduto
sulla canoa, che furtiva
scivolava, lanciava lunghe occhiate di qua e di là, e
così anche i suoi tre
compagni di barca, a un certo punto Shanks si avvicinò al
ragazzo e gli poggiò
una mano sulla spalla con fare paterno: Ancora quello strano sogno,
ragazzo?”
“No” Rispose
Jim:” Questo era diverso.” Poi si incupì
e
cerco di richiamare alla mente le chimeriche forme forgiate dal sogno,
ma non
ci riuscì:” Ma non ricordo, non riesco, eppure e
come un presagio.” - “Un
pessimo presagio.” Concluse allarmato.
Shanks lo squadrò stupito,
in quel ragazzo c’era qualcosa
che non era ancora emerso, qualcosa che forse nemmeno lui sapeva cosa
fosse e
rise, dolcemente, caldamente, rise.
“Non ti angosciare,
giovane. Pensa a puntare il cannone
verso quell’approdo, abbiamo ospiti.”
Jim vide di fronte a sé un
movimento sospetto nella radura
che avrebbe funto loro d’approdo e rapido fece caricare il
cannone a mitraglia
e per tre volte piovve morte, sollevando ogni volta una densa polvere
di sabbia
fina.
Quando la polvere si fu posata, lo
scenario che si parava
innanzi era quello di una dozzina di pellerossa crepati dalle suddette
cannonate.
“Ci sai fare con quel
cannone, ragazzo.” Si complimentò
Bourbon, una volta sbarcati.
Intanto Shanks stava sforacchiando,
con la sua spada, i
cadaveri dei trucidati, il che non piacque a Jim.
“Non
c’è più rispetto per i
morti?” Chiese indignato.
“Sei morti non sono morti
diventano pericoli, per questo
conviene fare dei morti, dei morti molto morti.” Rispose
Shanks con pacatezza,
anzi quasi con distacco.
A quella risposta Jim
sbiancò, quelle parole, quelle esatte
parole erano proprie quelle del suo sogno.
Anzi tutta la situazione era proprio
quella che aveva
sognato, perché l’aveva sognata, vero?
Deglutì e si guardo
intorno.
L’approdo era una piccola
insenatura sabbiosa, in cui nodosi
e folti alberi facevano da cupola e riparo dal sole cocente, che
cominciava a
picchiare.
Nonostante questo approdo sembrasse
sicuro, Jim cominciò ad
avvertire uno strano presentimento e si rivolse quindi, allarmato, a
Shanks:”
Rosso, meglio che ce ne andiamo, ho un bruttissimo
presentimento.”
Fu però Bourbon a rispondere con fare gracchiante, la sua
voce ricordava il
cigolio dell’argano,” Moccioso codardo, il sole ti
ha dato alla testa.” E poi
trasse dalla barca una bottiglia di bourbon:” Fatti un goccio
e vedrai che ti
passa la calura.”
Fu però Shanks a
intervenire, sfoderando la sua spada e
affettando la bottiglia.
Poi si sedette su di una piccola pietra, osservando la lama scintillare
al sole
e solcata da piccolissime gocce dell’alcolico.
Bourbon ringhiò:
“Cane.” E snudò il suo coltellaccio,
bilanciandolo e preparandosi alla lotta.
Ma Shanks rimase fermo, col sorriso
sulla bocca, pulendo la
spada con calma e distacco, poi si alzò in piedi e
sovrastò di un bel paio di
centimetri Bourbon.
Erano l’uno contro
l’altro, poi Shanks lo spinse a terra e sorridendo
gli porse la sua spada.
Era un’arma curiosa,
esotica, diversa da qualsiasi altra
avessero visto i pirati: un fodero di cuoio finemente lavorato,
intrecciato con
strisce di panno rosso cremisi e blu notte, e la lama, dio, la lama:
acciaio
adamantino, lunga e sottile, ma affilata come nessun’altra,
capace di tagliare
in due anche le rocce.
“Si chiamo Danzan, che vuol
dire separatore.” Disse
compassato Shanks:” Taglia tutto, soprattutto carne. Se non
vuoi provarla, non
minacciarmi più. Chiaro?”
Bourbon sorrise, si rialzò
scosso, poi scoppiò in una risata
fragorosa, roca e lanciò il suo coltello contro Shanks, ma
lo mancò di molto,
andandosi invece a piantare contro il cranio di uno di quei pellerossa,
che si
era miracolosamente salvato.
I due poi andarono l’uno
incontro all’altro e si
abbracciarono come vecchi amici, poi anche gli altri due si unirono con
pacche
e spinte.
Si sedettero sulla sabbia calda,
ammirando la risacca e il
brusio di alcuni uccelli dal piumaggio policromo, mangiando e bevendo
alcune
provviste, che si erano portati, supponendo che sarebbe occorso molto
per far
scattare la trappola.
Poi si alzarono, nascosero la lancia
e si avviarono nell’interno,
alla ricerca del punto prestabilito: una lussureggiante oasi, dove
placida
gorgogliava una cascata e alcune anfratti offrivano ottimi nascondigli.
Su di una roccia si sedette Jim,
estrasse la sua ocarina e
cominciò a suonare e a suonare, ma, di nuovo(?),
l’attesa fu lunga, molto
lunga.
Quando aveva poi perso ogni speranza,
ecco che vide un’ombra
sopra di lui, ma, questa volta (?), non aspettò che
scendesse, fermò di suonare
e disse:” Che stanchezza, torno domani.”
Si alzò e fece cenno agli
altri di andarsene, Peter Pan non
era caduto nella trappola.
Shanks però si accorse con
uno sguardo che qualcosa incupiva
lo sguardo di Jim, e si preoccupò, cosa poteva mai turbare
quel giovane, alla
apparenza cosi libero e spensierato.
Poi però raggiunse
Montblanc e cominciò a parlargli
sottovoce, come due amici di vecchia data di qualcosa, qualcosa di
sinistro o
qualcosa di divertente, o comunque di qualcosa.
Ma a Jim tutto questo non importava,
cercava un modo di
sbarazzarsi di quella ocarina, se non ci fosse stata, allora non
sarebbe stato
obbligato a suonare; quindi, quando fu il momento buono, la
gettò via.
Arrivato, poi, sulla lancia, si
lasciò cullare dalla risacca
e si addormento, ma quando si sveglio si ritrovò nella sua
cuccetta ed il sole
che era ormai sulla via della sera, stranamente, doveva ancora levarsi.
Uscì, e si ritrovo sotto
il cielo terso del primo mattino,
quanto aveva dormito?
Poi, come una mano ghiacciata che
gratta sulla nuda pelle, un
brivido freddo gli attraverso la schiena, una sensazione niente affatto
piacevole.
Così si issò,
di slancio, lungo le sartie e raggiunse la
coffa, apri tutto tremante uno scomparto, che solo lui conosceva.
L’ansia lo stava ghermendo
e quando la vide, poco ci mancò
che non finisse di sotto, andando a schiantarsi con un forte splash sul
immoto
mare azzurro, svariati metri più sotto.
L’ocarina era
lì, come il giorno prima.
L’ocarina, blu elettrica,
scintillava, beffarda, alle prime
luci dell’alba.
Jim si accasciò e rimase
seduto contro la coffa e cominciò a
suonarla, come un automa.
“when there is no more rum,
comes Belzebù Yo-oh-oh Yo-oh-oh
corsair you are, you have to sail the
sea
hoist the color, forge your honor
but be attenction to your actions
because when
ends
rum, comes Belzebù Yo-oh-oh Yo-oh-oh. “
Sorpresa e
ora, ora
che cosa accadrà? Dove sono il Cappellaio e Wendy? Todd e Sparrow, che
alleanza hanno? E Jim è
vivo, morto o cosa?
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Capitolo 6 *** Luce del palco ***
“Signor Sparrow”
Disse Todd
“Capitan Jack
Sparrow” Lo corresse il pirata, avvicinandosi
con lunghe falcate al parrucchiere.
Intanto il Cappellaio, colpito, se ne
stava accasciato
agonizzante.
“Carissimo
Altocilindro.” Intervenne Sparrow:” Se
può
ridurre i suoi guaiti al limite, io e il signor Todd vorremmo
conversare.
Grazie.”
Quindi raggiunse il barbiere e lo
invitò a salire, negli
uffici del direttore.
Il luogo era, come si ricorderanno i
miei pochi lettori, la
vecchia fabbrica di cioccolato, il cui proprietario, morto ormai da
tempo,
aveva dovuta chiuderla per, non proprio speciose, accuse di adescamento
di
bambini.
La sala dove era avvenuto lo scontro
fra il Cappellaio e
Mr.Todd era la sala macchine, in cui venivano preparate le varie
confezioni, ed
era un cumulo di rottami, polvere e ragnatele.
Di qui, come infatti fecero Jack e
Todd, si poteva prendere
una lunga scala di legno, un tempo finemente intarsiata, ora marcia e
tarlata,
per giungere al gabbiotto della dirigenza.
Il gabbiotto, o ufficio che si voglia
chiamare, era una
stanza squadrata e fredda, ora ancor più squallida dato il
totale abbandono e i
mobili violentemente fracassati al suolo.
I due ci sarebbero entrati, se la
scala non fosse franata in
un cumulo di legno.
“Niente scala.”
Mugugnò Todd:” Facciamo in fretta, avremo
ospiti.”
“Rilassati Toddy”
Disse Sparrow, attirandosi il ringhio del
parrucchiere: “Fatti una pipata con me.” Concluse,
estraendo dal vestimento da
bucaniere, una lunga ed elaborata pipata.
“Fumi?” Chiese
stupito
“Molte cose sono cambiate
da Heiligenstadt, amico mio.”
Soggiunse meditabondo Sparrow.
“Il giorno
Esilioso.” Intervenne il Cappellaio:” Se lor
signori permettono, ho dei biscotti per condire la
conversazione.”
E detto ciò, si rialzò, mantenendosi con la mano
la ferita, che più non
sanguinava troppo, e si avvicinò loro.
Gli fecero e spazio e ripresero a
parlare.
“Turpin è
tornato e con lui il messo Banford.” Cominciò
Todd.
“Ho come la Perla Nera, un
equipaggio e una rotta. Vieni con
noi, lascia da parte la vendetta.” Parlò Sparrow
“La mi vendetta, come la
tua rotta, o il suo tè, solo un
gioco. È tutto un gioco, ma questa volta avremo tutti quello
che volevamo.”
Disse Todd, infiammandosi.
“Rotta, vendetta e
tè.” Intervenne Cappellaio euforico:
“Battezzerò questo giorno:
gioiappuntamentoso.”
Calò il silenzio e poi fu
Todd a parlare:” Cappellaio sa
qual è il suo compito: avvertire le altre pedine e mettere
in moto le loro
mosse.”
“E allora perché
mi avete sparato?” Chiese divertito
“Be se lei avvisa le pedine
prima che abbiamo finito le
nostre mosse, il gioco finisce prima. Il che non è
bello.” Rispose Todd
“Comunque, siamo qui
perché qualcuno che non è morto, ma
neanche vivo, ha dilaniato il velo dei mondi.” Disse Jack,
ripulendo la sua
pipa.
“E quel qualcuno
è colui che tutti stiamo cercando, giusto?”
Chiese il Cappellaio.
“Esatto.” Disse
Jack.:” Sarà un’avventura che non
dimenticheremo.”
Si respirava nell’aria una
tensione e un’energia vitale, che
avrebbe potuto fornire carica ad un’intera città.
Gli animi erano eccitati e pronti a
qualsiasi impresa, ma
ognuno aveva un proprio piano, che non avrebbe rivelato a nessuno,
ognuno
seguiva la propria strada.
E ogni strada si intersecava in un
nodo gordiano che avrebbe
stritolato tutto, se non fosse intervenuto qualcuno e quel qualcuno era
il più
ricercato,
Si lasciarono con la promessa di
agire l’uno per l’interesse
dell’altro, ma non avevano fatto conto con la variante
impazzita: Ichabod Crane.
Un solo indizio era sufficiente per
lui, e un indizio era
stato lasciato.
E ora che le pedine erano tutte
pronte, si sarebbe giocato una
partita mortale, in cui ogni alleanza sarebbe stata cementificata o
spezzata e
ognuno avrebbe rivelato la luce e l’oscurità.
L’universo intero avrebbe
tremato, come quei giorni a Heiligenstadt.
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Capitolo 7 *** Nodus Gordi ***
Isola che non C’è
A cavalcioni sul Bompresso, Jim
fissava diritto innanzi a
sé, tenendo l’ocarina bleu fra le mani.
Un acufene gli trapasso la testa,
come il fischio della
cuccuma allora del tè.
E, mentre stava per cadere in acqua,
ebbe la visione di un
uomo, canuto per gli anni, dal volto solcato dalla stanchezza, ma nei
cui occhi
brillava ancora una scintilla di energia.
Era lui, era il Jim di un lontano
futuro o di un remoto
passato o solo il Jim di un altro presente, eppure Jim cadendo ebbe la
sensazione di uno snebbiamento, come se qualcosa fosse scattato.
Ma non ci fu alcun tuffo,
perché Shanks, che da un po’ lo
teneva d’occhio, lo afferro all’ultimo.
“Ragazzo, fa attenzione
quando…” Ma non concluse di parlare,
perché guardandolo si accorse che in lui un mutamento
profondo era avvenuto.
Benché dinnanzi avesse lo
stesso giovane mozzo, con cui
aveva passato lunghe giornate, nei suoi occhi leggeva una profonda
vecchiezza,
una maturità mai prima manifestata.
“Shanks.” Anche
la sua voce era cambiata:” Shanks, io sono
morto.”
“Siamo tutti morti
ragazzo.” Riprese Shanks.
“SI, ma io ho come la
sensazione che la mia morte mi abbia
precipitato in un loop.”
E mentre Shanks prendeva Jim sotto
braccio, per portarlo
dabbasso, a riposarsi sull’amaca, si accorse che una sola
ombra proiettava il
sole: la sua.
Il Mondo di Qui
La menzione al giudice Turpin
l’aveva turbato, anche perché si
ricordava la caccia spietata che quel feroce giudice aveva avviato
contro gli
Inumani, gli alieni veri e propri e i Metaumani, gli alieni con
sembianze
umanoidi.
Caccia che aveva portato ad
Heiligenstadt.
E in quella battaglia Crane aveva
trovato un amico, il capitano
della Horfes: Jim Hawkins.
Ma per Crane, Jim era più
di un amico, era il suo salvatore,
il pazzo capitano che con un pugno di 300 navi aveva retto, a largo di
Heiligenstadt,
per 3 giorni all’avanzata della flotta, di oltre 3000 navi,
di Turpin.
Furono tre duri giorni e quando ogni
speranza era al
tramonto, la Federazione dei Pianeti Uniti ruppe gli indugi e spazzo
via la
flotta di Turpin.
Jim Hawkins per la sua azione non
ricevette alcun encomio o
promozione, ma fu solo graziato dall’essere destituito per
insubordinazione.
Questa decisione, portò
Crane a lasciare la Federazione e a
cominciare quella serie di scelte con cui si giocò la
reputazione, facendosi
potenti nemici.
Ora, mentre era a metà
percorso e pensava a queste cose,
Crane si ricordò di un particolare che aveva notato nella
fabbrica di
cioccolata, in cui aveva incontrato Wendy e il Cappellaio, quindi fece
fermare
la carrozza e la fece ritornare alla fabbrica.
Scese cautamente e vide, nascosto, il
Cappellaio e Wendy che
imboccavano il portale per Sottomondo.
Poi
entrò, si
avvicinò alla scala franata e vide, in mezzo alla polvere,
della polvere di
tabacco.
Si avvicinò, la
annusò, la scrutò e poi fu certo: Rattigan.
Sottomondo
Anche se era un semplice ghiro,
Mallymkun, come consorte reale,
veniva coinvolta attivamente nei problemi di Sottomondo, ed invero, ora
che sua
moglie era partita in missione diplomatica ad Osgiliath, era lei che
doveva
sobbarcarsi tutti i problemi.
Dalle terre che non davano
più frutti a strane e improvvise
tempeste, dai soldati della Regina Rossa, che cominciavano a
riorganizzarsi,
alla scomparsa del Cappellaio.
Tutto sembrava dovesse pesare su di
lei, povero piccolo
ghiro.
Ma poi arrivò la notizia
più sconvolgente: un messo di
Osgiliath era arrivato, per dire che dell’ambasciata di
Sottomondo si erano
perse le tracce.
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Capitolo 8 *** Long John Silver ***
Si trovava di nuovo sulla lancia, di
nuovo in direzione
dell’isola, quell’isola cupa, tetra e malarica; con
le braccia conserte se ne
stava a fissare il profilo dell’isola che si avvicinava
sinistramente,
minacciosamente, morbosamente invitante.
E mentre la risacca sciabordava
contro le paratie e i remi
annegavano ritmicamente, per poi riemergere con uno sgocciolio
snervante,
l’isola era sempre più vicina: con i tronchi
galleggiante che sembravano
coccodrilli voraci, con i rami degli alberi tesi ad artigliare, con la
palude
putrescente e melmosa.
Poi chiuse gli occhi e si
ricordò quello chi gli avevano
detto:” L’isola che non c’è
non è reale, è solo una percezione delle nostre
emozioni, concentrati, cerca un pensiero felice e potrai
volare.”
Quando gli riaprì
l’isola era completamente cambiata:
radiosa, sensuale, succosa.
Poi però si
ricordò anche quello che gli aveva detto Wendy:”
Non ti fidare degli spirti loro mentono, evita di farti
irretire.”
Ancora una volta chiuse gli occhi e
quando li riaprì vide
per la prima volta l’isola come era davvero: nera, brulla,
coi rami grossi e
nodosi e spogli da vegetazione.
Jim non sapeva allora di che fidarsi,
anche il suo caronte,
con il fuoco nei capelli, doveva avere un secondo fine,
perché aiutarlo
altrimenti.
Ora che aveva memoria del suo
“essere” si sentiva ancora più
dilaniato, un’anima vecchia, amareggiata e disillusa in un
corpo ancora aitante
e pieno di possibilità.
Poi sentì la barca
sbattere contro la rena e si ridestò dai
suoi pensieri, scese e si avviò verso il punto prestabilito.
Non trovarono ostacoli e
così arrivarono all’accampamento
indiano.
“Sono Shanks, il rosso,
vengo a nome di Spugna, colui che
tiene il mare.” Disse la sua guida
“E io sono Giglio Tigrato e
rispondo per conto di Pan, colui
che tiene l’isola.” Rispose un’indiana
ammaliante, dai capelli neri, legati da
tue trecce a incorniciare il volto.
“E io Shanks il rosso dico
a Giglio Tigrato, che risponde
per conto di Pan, colui che tiene l’isola, che richiedo di
parlare con Toro
Castrato, il vostro sciamano.” Riprese Shanks
“Per quale motivo Shanks il
rosso, che viene a nome di
Spugna, colui che tiene il mare, chiede a Giglio Tigrato, che risponde
per
conto di Pan, colui che tiene l’isola, di poter parlare con
Toro Castrato,
nostro sciamano?” Ribatte l’indiana.
Intanto Jim si era seduto su di un
piccolo ceppo, perché
sapeva che si sarebbe tirato per le lunghe, era stato avvertito di
ciò da
Spugna.
“E
io, Shanks il
rosso, che viene a nome di Spugna, colui che tiene il mare, e che
chiede a Giglio
Tigrato, che risponde per conto di Pan, colui che tiene
l’isola, di poter
parlare con Toro Castrato, vostro sciamano perché
c’è una interferenza,
presento a Giglio Tigrato, che risponde per conto di Pan, colui che
tiene
l’isola, Jim Hawkins, mozzo non autorizzato della Queen Mary,
la nave di
Capitan Uncino, terrore dei mari liberi, saccheggiatore di porti,
squartatore
di nemici, mano d’argento e cacciatore di bimbi
sperduti”
Poi fece un cenno a Jim, e il ragazzo
si alzò e cominciò a
parlare così come istruito.
Si portò una mano sul lato
sinistro della gola, e cominciò:
“Io, Jim Hawkins, mozzo non autorizzato della Queen Mary, la
nave di Capitan
Uncino, terrore dei mari liberi, saccheggiatore di porti, squartatore
di
nemici, mano d’argento e cacciatore di bimbi sperduti, chiedo
di poter
conferire con Giglio Tigrato, che risponde per conto di Pan, colui che
tiene
l’isola.”
E l’indiana portandosi
anulare e indice sulla tempia destra
rispose: Jim Hawkins, mozzo non autorizzato della Queen Mary, la nave
di Capitan
Uncino, terrore dei mari liberi, saccheggiatore di porti, squartatore
di
nemici, mano d’argento e cacciatore di bimbi sperduti, Io
Giglio Tigrato, che
risponde per conto di Pan, colui che tiene l’isola, ti
autorizzo a chiedere.”
Trova quello sproloquiale inutile e
ridicolo, ma purtroppo
doveva stare al gioco o avrebbe finito per essere stritolato o peggio.
“Io, Jim Hawkins, mozzo non
autorizzato della Queen Mary, la
nave di Capitan Uncino, terrore dei mari liberi, saccheggiatore di
porti,
squartatore di nemici, e cacciatore di bimbi sperduti, che chiede di
poter
conferire con Giglio Tigrato, che risponde per conto di Pan, colui che
tiene
l’isola…”
Ma non poté continuare che
si trovò una lancia puntata alla
gola.
“Hai perso mozzo non
autorizzato della Queen Mary, la nave
di Capitan Uncino, terrore dei mari liberi, saccheggiatore di porti,
squartatore di nemici, mano d’argento e cacciatore di bimbi
sperduti.”
“Perché?”
Ma non ebbe risposta e fu condotto in
una capanna fatto di
fango e dal tetto di foglie intrecciate.
Una volta dentro, fra puzza e
oscurità, ebbe subito contezza
di non essere solo e mise, così, mani al suo coltellaccio.
“Chi è
la?”
“Jimbo.” Rispose
una voce familiare, e dall’ombra infatti
sbucò il faccione del vecchio cyborg Long John Silver.
“Silver”
Gridò di gioia Jim, correndo ad abbracciarlo.
“Non sei invecchiato di un
giorno, Jimbo.” Rispose Silver carezzandogli
paternamente la testa.
“è una lunga
storia, vecchio pirata.” Rispose Jim,
liberandosi dall’abbraccio.
“Racconta su abbiamo tutto
il tempo.” Disse Silver
E Jim si sentì in quel
momento più sicuro che mai che se la
sarebbe cava, se la cavava sempre, ma in quel momento, col suo vecchio
amico
affianco, sapeva che se la sarebbe cavata senza alcun dubbio.
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Capitolo 9 *** Intermezzo ***
Erano seduti a terra dentro una
capanna, prigionieri dei
pellerossa e senza sapere che fine avrebbero fatto, ma continuavano a
parlare
cose nulla fosse.
“Allora ho afferrato la mia
sciabola e mi sono fatto largo
attraverso una muraglia umana. Quando sono arrivato al timone, quasi
non
riuscivo ad afferrarlo tanto avevo le mani lorde di sangue.”
raccontava tutto
accaldato Silver
Poi fu il turno di Jim:” Io
invece con la mia goletta Horfes
ho sfondato le linee nemiche e, balzando con una cima sulla nave
ammiraglia, mi
sono aperto la strada sparando all’impazzata, poi con la
spada meno fendenti a
destra e a manca. Quando mi sono voltato il pontile era un tappeto di
cadaveri.”
Si raccontavano le loro storie in
attesa di una soluzione,
tanto non potevano ammazzarli, come aveva detto Spugna.
Il racconto di Spugna.
“Il mio nome non ha
importanza, un tempo ero un capitano
ambizioso e disonesto, un vero sanguinario. Ho trovato la morte in mare
per
colpa della marina, ma molti ho portato con me di quei cani.
Poi mi sono ritrovato qui, su
quest’isola, infatti da
Sottomondo sono stato inviato qui per equilibrare lo spirito guardiano
Pan,
ormai fuori controllo.
Con lui e con la sua compagna, Giglio
Tigrato, mi sono
accordato per un gioco: pirati e bambini.
Un gioco in cui non moriva nessuno
perché, privi dell’ombra,
diventavano pirati, bambini o pellerossa se colpiti e uccisi.
Tu Jim, stranamente, hai come me e
Pan un’ombra, il che ti
impedisce di trasformarti e quindi di morire, sei l’eccezione
alla regola.
Uncino non conta niente, è
solo una pedina per innescare il
gioco.
Questo è quando puoi e
devi sapere.
Ah un’ultima cosa:
l’isola non è che la proiezione delle
nostre emozioni, guardala sempre con occhi nuovi per trovare una strada
diversa.”
Intanto, mentre Jim e Silver si
dilettavano a raccontarsi le
loro avventure, da un’altra parte dell’isola
qualcuno si annoiava.
“Mi annoio.”
Stava borbottando Pan:” Piumino che mi dici?”
Il bambino sperduto, che rispondeva a
quel nome, rispose:”
Niente, nessun pirata all’orizzonte. Rispettano la
tregua.”
“Stupidi pirati e la loro
tregua.” Mugugnò allora Pan
“Fratellino.”
Disse poi:” Raccontaci una storia.”
Il bambino che rispondeva a quel nome
si sistemò il cilindro
sulla testa, si sistemò gli occhiali col mignolo destro e
afferrò il suo
ombrello, brandendolo come se fosse una bacchetta da concerto.
La storia di Fratellino
Nel Mondo di qui vivevano tre
fratelli che si volevano bene,
ma venne la guerra e tutto cambiò.
Non c’era che miseria, non
c’era che disperazione e tuttavia
i tre fratellini no avevano perso la loro gioia.
Anche quando a i genitori li avevano
abbandonati in
campagna, anche allora i tre fratellini non persero la loro gioia,
grazie ad un
libro di fiabe e al fratello maggiore che le raccontava.
Poi venne il signore del lago e
dell’isola sul lago e donò
al fratello più grande una ocarina bleu, perché
allietasse le sue notti
suonandole.
Fratellino stava continuando a
raccontare quando Pan gli
lanciò contro una brocca piena d’acqua, facendolo
stramazzare al suolo.
“Finiscila.”
Squittì come un bambino infastidito:” La tua
storia non mi piace.”
Intanto altrove anche altri stavano
parlando.
“E dimmi Silver come facevi
a sapere che nella Nebulosa del
Cigno ci fosse una falla?” Chiese Jim
“Non faccio la spia
io.” Rispose piccato Silver e poi
chiese.” E tu, come hai fatto?”
“Non faccio la spio
io.” Ribatté ironico Jim e poi disse:”
Mi sei mancato tanto, vecchio mio. Ma ora dimmi sinceramente che sei
venuto a
fare qui?”
“Il Tesoro di
Kormandù.”
“Quel tesoro?”
Chiese Jim esterrefatto:” Ma non era solo una
leggenda?”
“No, il tesoro di
Kormandù esiste ed è il bottino più
grande, alla pari solo al bottino dei mille mondi.”
“Non ho visto forzieri o
luoghi segreti qui, però.” Ribatté
Jim
“No, nessun forziere, ma
questi pellerossa hanno la mappa.
“Disse Silver, dando poi di gomito a Jim, come un segnale
d’intesa:” Troviamo
la mappa. Troviamo il tesoro. Spartiamo il tesoro. Viviamo da
re.”
Intanto a Sottomondo, dove erano
arrivati, Wendy e il Cappellaio
Matto erano stati accolti da un attacco del Ciciarampa.
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