Back again - The return

di Natsu_Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Strange feelings ***
Capitolo 3: *** Clear ***
Capitolo 4: *** Nebraska ***
Capitolo 5: *** Truth ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


BACK AGAIN - the return

PROLOGO 

 

02 maggio 1983 - Ospedale di Lawrence, Kansas - ore 14:53

"É un bel maschietto, congratulazioni Mary!"

Il piccolo pargolo, ancora abbandonato al pianto, si trovò ben presto tra le braccia della madre, che lo guardava commossa. 

"Eccoti qui, piccolo Sammy" e gli stampò un delicato bacio sulla fronte prima di lasciarlo alle cure delle infermiere. Allo stesso tempo la porta si spalancò rivelando un trafelato John con in braccio un buffo bambino di quattro anni, coi capelli biondi e a caschetto, che guardava con ammirazione quello che per sempre sarebbe stato il suo fratellino. 

"Avanti Dean, saluta la mamma e accompagnamo Sam nella sala dei neonati con l'infermiera Joneston" 

Il piccolo corse a baciare la madre ancora abbandonata a letto, prima di accompagnare Sam dagli altri bambini. 

Quando l'infermiera poggiò Sam in una culletta c'erano testimoni - da dietro il vetro - sia John che Dean. Ma quando tornarono a prendere il bimbo, così da tornare finalmente a casa tutti insieme, Sam non c'era più. 

 

02 maggio 1983 - Ospedale di Lawrence, Kansas - ore 15:32 

Sam Winchester è scomparso. 

 

▶Note che non servono a un tubo

Rieccomi! Vi sarete stancata di me, ormai 😂

Allora, come detto nell'introduzione, questa storia vede Sam e Dean cresciuti separati, nonostante restino sempre fratelli. Sammy scompare senza alcuna traccia, ed è logico che un neonato non possa scappare da solo, giusto? XD

Inoltre avevo pensato di dividere la storia in saghe..ma questo non dipenderà da me. Vedremo come andrà a finire, a suo tempo!
Bene, questo era solo il prologo, presto ci sentiremo con il primo vero capitolo di questa storia. Storia che spero vi piaccia! Fatemi sapere se è un'idea carina..a presto gente, Natsu_Fire 

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Capitolo 2
*** Strange feelings ***


 

BACK AGAIN - the return

strange feelings

 

"Quest'estate Lawrence sembra essere una delle città più calde del Kansas. Infatti.."

Un ragazzo sui 25 anni cambiò annoiato il canale della TV del bar, sbuffando come un bambino, e poi tornò a pulire il bancone. 

"Blablabla.. Ce ne siamo accorti tutti, non serve un telegiornale da quattro soldi a farcelo notare, e che cazzo"

Un altro ragazzo, suo coetaneo, sbucò dal retro del bar proprio mentre asciugava un bicchiere. 

"Dean" lo richiamò "non imprecare" 

L'altro fissò i suoi occhioni blu come se fosse un alieno. 

"Vorresti dire che ho torto, Cas?"

 "No, ma se tua madre ti sentisse ti farebbe una strigliata infinita sui modi da tenere al bar" concluse con modo innocente. L'altro gli sorrise malizioso. 

"Sei sexy quando..." sembrò pensarci un attimo "Bah, sei sempre sexy"

Si stava avvicinando per stampargli un bel bacio quando sentí la porta del suo bar, il Roadhouse, aprirsi. Erano appena le 6:30 di mattina e solitamente fino alle 6:37 - orario in cui il signor Smirne entrava puntualissimo per il suo caffè prelavoro - il bar restava silenzioso. Dean si voltò curioso verso la figura che aveva spezzato quella piccola tradizione in un paese così piccolo come Lawrence e si trovò davanti un ragazzo di più o meno 20 anni, con una frangia sudata che ricadeva sulla fronte e gli occhi di chi non sa che diavolo deve fare. Non sapeva perché, ma lo prese in simpatia. 

"Buongiorno, principessa" ok, non sapeva perché l'aveva detto, ma era stata una cosa davvero spontanea la sua. L'altro si accorse finalmente di lui, si scosse un attimo godendosi la frescura data dall'aria condizionata e dopo un attimo si accorse del nomignolo poco maschile. Si accigliò e arrossí, rimproverandolo con lo sguardo, poi si avvicinò al bancone.

"Buongiorno, un caffè per favore" disse quello con voce stanca. 

"Subito miss" non lo sapeva Dean, davvero! Ma prenderlo in giro era diventato il suo passatempo da..beh più o meno 30 secondi. L'altro sospirò decidendo di non sorvolare, stavolta. 

"Piantala" disse seccato, ma non arrabbiato. Aveva l'aria stanca, notò Dean, e in quegli occhi da cucciolo bastonato vide tutto lo smarrimento e il dolore che attanagliava quel giovane. Voleva

aiutarlo, ma non sapeva nemmeno cosa avesse: poteva essere uno di quegli sfigati appena lasciati dalla bionda di turno. 

Gli serví il caffè, mentre continuava a fissarlo, notando in lui qualcosa di...non sapeva come definirlo. Strano o familiare? L'altro bevve con calma, come se quest'attimo fosse suo, come se fosse l'unico vero momento solo suo dell'intera giornata. E questo al biondo parve davvero tanto insolito. 

Dean si voltò a guardare Castiel, che di rimando piegò la testa da un lato, non capendo dove volesse arrivare il suo fidanzato: non era geloso, assolutamente, sapeva quanto lo amava, e sicuramente aveva notato come avesse provato un moto d'affetto per quel ragazzo seduto di fronte, ignaro di quegli sguardi: un affetto quasi..fraterno. Si capiva dagli occhi del biondo, che ormai per Castiel erano di facile lettura. E questo era strano, davvero molto strano. Dean non aveva mai guardato nessuno in quel modo e lui lo sapeva perché conosceva tutto di lui, sin dalle elementari. Dean era diffidente, buffone sì, ma era difficile entrare nella sua cerchia di amici. E tutti i suoi amici - veri amici - avevano faticato un po' prima di guadagnarsi quello sguardo che ora lo stesso Dean stava praticamente regalando al ragazzo con la frangia di fronte. Era difficile vederlo preoccuparsi per qualcuno, eppure ora stava succedendo. 

Era difficile perché, 21 anni prima, Dean Winchester aveva perso il suo fratellino, Sam. Non aveva ancora capito bene le dinamiche, ma aveva iniziato a credere che nessuno sapesse cosa fosse successo veramente. Fatto sta che quel 2 maggio Sam era nato e scomparso. Scomparso nel nulla. Le telecamere manomesse, nessun testimone, una pista - o meglio un vicolo cieco - in Oklahoma. Sam era sparito nel nulla, vivo o morto. Ormai tutti lo davano per morto, un neonato ucciso appena tirato fuori dall'ospedale da un ladro molto astuto. La sua presunta e prematura dipartita aveva ucciso Mary, che si era vista portare via la creatura che aveva portato in grembo per nove mesi; John aveva dovuto sopprimere il suo dolore per aiutare sua moglie, e Dean..beh lui l'aveva visto. Lo aveva accompagnato col padre nella grande sala piena di bambini appena nati. E per questo l'infermiera Joneston non era stata arrestata per presunto puericidio. Dean aveva coltivato per ben nove mesi l'eccitazione di avere un fratello minore  da proteggere, a cui insegnare tutti i trucchi che papà gli aveva insegnato in un sacco di cose che poi avrebbero fatto insieme. Ma non aveva potuto assaporare questa grande aspirazione nemmeno per un secondo. Lo aveva visto, lo aveva amato e lo amava ancora, quel piccolo fratellino strappato via dalla sua famiglia. Dean era convinto che il piccolo Sammy fosse ancora vivo, non accettava l'idea di saperlo morto, pur non sapendo nemmeno dove vivesse. L'amore per il suo fratellino lo aveva condizionato tutta la vita: era difficile che si legasse a qualcuno, perché aveva la costante paura che glielo potessero portare via. Eppure ora, mentre fissava quello strano ragazzo prendere il portafogli, gli sembrava di poter leggere oltre l'apparenza, oltre quel muro che sembrava si fosse costruito per proteggersi. Che poi, proteggersi da cosa?

Eppure leggeva nei suoi occhi una grande paura e, senza un motivo preciso, Dean pensò di volerlo aiutare. 

Il biondo si riscosse quando quel giovane gli porse i soldi per il caffè. 

"Oh, no no.. Oggi offre la casa! È la prima volta che metti piede qui, no? Dalla prossima volta se ne parla!" disse Dean allegro. L'altro lo guardò prima con sorpresa, poi con sospetto, come se una cosa del genere non fosse possibile e Dean volesse qualcosa in cambio. 

"Fate così con tutti i primi clienti?" chiese guardandosi intorno, come se si fosse fatto sfuggire qualcosa, prima di continuare.

"E poi...chi ti dice che tornerò?"

"Solo con chi sembra aver passato un brutto momento e si ritrova in questo sperduto bar del Kansas..soprattutto ragazzini come te" stuzzicare quel tipo era davvero facile, gli stavano venendo fuori le migliori balle della sua vita: solo i suoi amici uscivano dal bar senza pagare. 

"Non sono un ragazzino, ho 21 anni" rispose l'altro accigliato, seppur molto meno teso. Posò il portafogli, accettando quel gesto e pensò di ringraziare prima di andar via, quando l'altro lo precedette. 

"E comunque tornerai, lo fanno tutti!" 

"E perché?" chiese sinceramente sorpreso. 

"Perché sono irresistibile" rispose facendogli l'occhiolino. Il ventunenne non riuscì a trattenersi e rise di gusto scuotendo la testa mentre si avviava all'uscita, e il biondo notò che da quando era entrato non aveva fatto nemmeno un sorriso. Lo vide aprire la porta, e quasi non sentí il suo sussurro.

"Idiota"

Gli venne naturale, davvero. Ma fu più forte di lui. 

"Puttana"

Il ragazzo con la frangia non si fece vedere per una settimana. 

~

Dopo quasi due mesi quel cliente misterioso si fece vedere in tutto sei volte  a intervalli irregolari. Prendeva un caffè o una birra. E di volta in volta sembrava sempre più stanco e spossato. Dean non faceva domande, in fondo non era affar suo, ma desiderava aiutare quello

strano ragazzo, in qualche modo. Ne aveva parlato con Castiel e lui si era dimostrato molto comprensivo, seppur nessuno dei due conoscesse quel tipo. Cazzo, non sapevano nemmeno il suo nome. 

Quel martedì di ottobre era ormai tardi, era mezzanotte e Lawrence ormai dormiva, tra i lavoratori e gli studenti che avrebbero dovuto affrontare un mercoledì sfiaccante. Castiel due giorni prima era partito a trovare i suoi strambi fratelli a New York e lui era rimasto in città a gestire il bar da solo. Beh, non proprio da solo: alcune volte c'erano Charlie e Garth, ma non poteva chiedere aiuto sempre a loro, avevano un altro lavoro e non aveva intenzione di farglielo pesare. Decise che prima o poi avrebbe assunto un aiutante. Stava pulendo il bancone e appena prima di spegnere le luci della sala sentí il familiare rumore della porta. Si voltò sorpreso, e lo fu ancora di più quando riconobbe la figura che a passo lento e disorientato si dirigeva verso di lui. 

"Bitch!"

Ormai chiamarlo così non gli sembrava più tanto sbagliato. L'altro alzò lo sguardo e Dean riconobbe in quegli occhi così profondi una richiesta d'aiuto, velata di finta sicurezza. Notò solo dopo il labbro spaccato ancora fresco e - anche se non era difficile azzuffarsi con qualcuno a quell'età - sentí qualcosa simile al fastidio salire su per lo stomaco. 

L'altro si avvicinò al bancone con passo strascicante e gli rivolse un mezzo sorriso, non facendo caso all'ingiuria amichevole di poco prima. 

"Scusa se vengo ora, stavi per chiudere" notò con evidente dispiacere. 

Dean non sapeva cosa dire, aveva mille domande che gli frullavano in testa, ma non poteva starsene zitto davanti a quel misterioso cliente. 

"Non ti preoccupare, cosa ti do?" tornò dietro al bancone e aspettò la richiesta, da bravo barman. 

"Qualcosa di forte" disse l'altro tranquillo. Fintamente tranquillo, pensò Dean.  Gli serví del Jack Daniel's e lo guardò assottigliando gli occhi mentre lo beveva tutto d'un fiato. 

"Cosa ti porta qui a quest'ora?" chiese curioso. L'altro lo guardò con diffidenza, non gli piaceva parlare di sé. 

"Niente di che" rispose con disinteresse. 

"Il tuo niente di che ha a che fare con un destro in pieno viso?" la schiettezza aveva sempre fatto parte di Dean, lui la considerava uno dei suoi pregi. 

"Può darsi" rispose vago l'altro. Il biondo iniziò a spazientirsi. La pazienza non stava tra i suoi pregi!

"Senti, so che non sono fatti miei ma-"

"Esatto, non sono affari tuoi" iniziò glaciale, posando il bicchierino sul bancone "quindi..per favore, non chiedere" il tono da duro fallì miseramente, lasciando spazio ad un flebile sussurro: voleva apparire arrabbiato, ma in realtà era solo combattuto. Dean sospirò. 

"Come vuoi, volevo solo aiutare" 

L'altro strinse i pugni, e il più grande si chiese il motivo, poi prese una banconota e la poggiò sulla superficie del banco. 

"Grazie ma..non è niente, davvero"

L'aria del locale sembrava essere diventata pesante e il ventunenne combattuto tra il restare e l'andare via. 

"Comunque, io sono Dean" Gli porse la mano, sperando di poter creare almeno un clima amichevole con quel tipo. Quello gli sorrise, grato che non avesse insistito, e ricambiò la stretta. 

"Sam"

 

▶angolo autrice◀

​Vi avevo promesso un immediato aggiornamento, sorry

Da qui inizia la storia! Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che mi aiuterete a portare avanti questa fic :) 

Abbiamo visto Dean e Cas insieme (Destiel lalallà) e Sammy che si comporta in modo strano. Come avrete notato in  questo capitolo mi sono soffermata molto su Dean e sul suo punto di vista, ma non potevo includere anche Sam, in quanto volevo renderlo il più misterioso possibile. Spero ci sia riuscita! 

Mi scuso per eventuali errori, e ringrazio già chi ha iniziato a leggere questa storia! Non so ancora di quanti capitoli sarà formata, questo dipende più che altro da voi. Non vorrei annoiare! XD 

Vabbé, avrei altre mille cose da dirvi,  ma mi dileguo, visto già quanto ho scritto :3 vi do un grosso bacio gente 💕

Forza i Winchester 🔝

Natsu_Fire 

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Capitolo 3
*** Clear ***


 
BACK AGAIN - the return
clear

 

 

"Tavolo 17!"
Dean prese imprecando il vassoio di birre che gli porgeva Castiel. Quel giorno il locale era particolarmente pieno, e non riusciva più a fare tutto da solo. Castiel dava una mano molte volte, ormai lo considerava un angelo, il suo. Ma la mattina lui non c'era - era un insegnante - e quindi si ritrovava troppo lavoro nelle mani. Assumerei chiunque in questo momento, anche il primo che entra da quella porta. Alzò d'istinto gli occhi buttando un veloce sguardo all'entrata e quasi non gli cadde il vassoio dalle mani quando rivide quel ragazzo, Sam. Erano passati due giorni da quella strana serata e non era mai capitato che si facesse vedere dopo così poco tempo. Servì velocemente i clienti del tavolo 17 e si diresse deciso al piccolo tavolo in cui si era seduto Sam. Certo non poteva negare che il nome di quel tipo gli avesse quasi fatto prendere un infarto: si chiamava come il suo fratellino, e per di più aveva 21 anni. Ma questo ragazzo aveva sicuramente una famiglia e, soprattutto, era vivo. Vivo e vegeto e, per quanto odiasse anche solo pensarlo, le possibilità che suo fratello, il suo vero fratello, fosse ancora vivo erano ben poche. Ma come si dice, la speranza è l'ultima a morire. 
"Sammy!" 
Sam lo guardò con rimprovero. 
"È Sam" 
"Sei troppo serio, Sammy. E poi dovresti prenderti una vacanza, stai da schifo" 
Gli veniva naturale parlargli in quel modo, anche se non erano amici, in fondo. Non si aspettava una risposta, Sam gli era sembrato il tipo che non dava confidenza a nessuno, e per questo rimase colpito quando si aprí un po', proprio con lui. 
"In realtà è da un paio di mesi che cerco lavoro, ma non ho trovato nulla" fece trasparire parte della sua frustrazione e Dean si ritenne soddisfatto di avergli tolto fuori qualche parola. Inoltre decise di tener fede a quella stupida promessa che si era fatto qualche minuto prima. 
"Ma che fortuna! Stavo proprio cercando qualcuno che mi desse una mano!"
"D-Davvero?" gli rispose l'altro sgranando gli occhi.
"Certo! Se avessi chiesto subito ti avrei accontentato"
"Non avevi messo nessun annuncio e poi..beh mi sembrava che non avessi bisogno di un altro dipendente" rispose Sam imbarazzato, alludendo a Castiel. 
"Beh lui non è proprio un dipen-"
"Dean!!" 
Dean si voltò al richiamo di Castiel e si rese conto di aver perso troppo tempo. 
"Merda..senti, che ne dici di iniziare subito?"
Sam non se la cavava male, all'inizio aveva avuto qualche difficoltà coi clienti più particolari, ma aveva imparato un fretta. Dopo due ore di lavoro intenso Sam, Dean e Castiel si ritrovarono seduti a uno stesso tavolo a sorseggiare una birra in completa calma. 
"Quindi tu sei.. Castiel?" chiese conferma Sam. Non avevano avuto tempo di presentarsi durante il lavoro, ma qualche volta Dean lo aveva chiamato per precisare qualcosa di un ordine.
"È così" rispose calmo. Il più giovane rimase sorpreso dalla mancanza di capacità di comunicazione che sembrava caratterizzarlo. 
"Cas lavora di mattina, quindi il pomeriggio mi dà una mano." rispose per lui Dean, lanciando uno sguardo intenso a Castiel, il quale ricambiò. Sam fissò i due lanciarsi quegli sguardi inequivocabili, sembrava volessero scopare all'istante. Tossí per richiamare l'attenzione, imbarazzato. 
"Quindi.. Voi due state insieme?"
"Sì, da quasi tre anni" quando a rispondere fu Castiel e non Dean, Sam si sorprese. Quel tipo era strano, lo diceva anche il suo abbigliamento: chi diavolo lavorava in un bar con un impermeabile beige addosso? Decise di sorvolare. Dean lo riportò al mondo reale. 
"Oggi non sei stato un disastro totale, Sammy" 
Lui sorrise divertito. 
"È Sam, idiota"
"Puttana"
"Ehi ehi! Quante volte ti ho detto di non usare certe parole al bar?" 
Tutti si voltarono verso la voce che li aveva interrotti e Sam vide una bellissima donna avvicinarsi spedita al tavolo. Non voleva esagerare ma gli era sembrata davvero un angelo. I capelli biondi sembravano una cascata infinita e il suo viso era emblema della dolcezza. Ciò che lo colpí di più però furono gli occhi, profondi e trasparenti. 
"Scusa mamma" 
"Dici sempre così, che figlio indisciplinato" disse la donna alzando gli occhi al cielo. 
"Lo so che mi vuoi bene" rispose compiaciuto Dean. Lei incrociò le braccia e lo guardò con un sopracciglio alzato, non riuscendo a trattenere un sorrisino.
"Sei mio figlio, sono quasi costretta" 
Sam si rivide in quell'espressione: una volta Brady gli aveva detto che solo con quello sguardo avrebbe potuto far cadere ai suoi piedi mezzo campus. Non considerando i puppy-eyes, ovviamente.
Quando Mary spostò lo sguardo su di lui si sentí quasi spogliato, come sei il suo muro con lei non avesse effetto. Si sentí invadere da quegli occhi magnetici e cercò di concentrarsi su qualcos'altro che non lo mettesse in imbarazzo. 
"Oh, non mi ero accorta che aveste un ospite" 
"Mamma lui è.." Dean sembrò un po' a disagio a dirlo e Sam proprio non ne capiva il motivo. Vide il più grande deglutire mentre la donna aspettava ancora un nome. Decise di intervenire, in fondo era di lui che si stava parlando. 
"Sono Sam signora, Sam Damon" si alzò per stringerle la mano o fare qualunque altra cosa che non fosse starsene impalato e in imbarazzo, e notò un lampo di tristezza in quegli occhi che poco prima volevano leggergli dentro. La stretta non venne ricambiata, lei era troppo lontana con la mente, e Sam non faceva che desiderare di sprofondare in quel preciso istante. 
"Mamma.." iniziò Dean con voce ferma e malinconica "lui ora lavora qui" 
Lei sembrò svegliarsi dallo stato di trance in cui era caduta, scosse la testa e tornò a sorridere come se non fosse successo niente. 
"Sono contenta che finalmente Dean abbia assunto qualcuno. Spero che andiate d'accordo" 
"Sissignora" 
Tutti guardarono Sam con occhi sgranati. 
"Emh.." tossicchiò arrossendo "Sí, certo" si corresse abbozzando un mezzo sorriso. Desiderò di nuovo di scomparire, magari per sempre. Non era più sicuro che quella di lavorare lì fosse una buona idea. Si sarebbero accorti di qualcosa che non andava in lui, a partire dell'abitudine del "sissignore". Sospirò e decise di tornare al B&B e farsi una dormita. 
"Ci vediamo domattina?" chiese voltandosi verso Dean. 
"S-Sí, domattina va benissimo. Vieni un po' prima, così ti insegno un po' di cose" 
"D'accordo. Umh, allora a domani" salutò con un veloce cenno della testa Castiel e con un sorriso tirato la donna che riusciva a metterlo in soggezione. Riuscì a fuggire via prima che gli facessero domande. 
Dean lo guardò mentre superava la porta del Roadhouse. Gli era sfuggito qualcosa. Voleva sapere cosa passava per la testa di Sam. Nutriva per lui una certa preoccupazione e intendeva andare fino in fondo con quella storia. Decise di aiutare quel ragazzo in qualunque guaio si fosse cacciato, e non sapeva nemmeno perché. Sospirò e si voltò verso Castiel. 
"Andiamo Cas, domani sarà una lunga giornata" e lo prese per mano, poi guardò sua madre, che sapeva che era ancora colpita dal nome del ragazzo: succedeva sempre quando incontrava per caso qualcuno col suo stesso nome. "Ci vediamo domani mamma" 
"A domani tesoro" 
~
Alle sei di mattina non c'era nessun mezzo pubblico che potesse portarlo direttamente al bar, e questo non lo aveva previsto. Si ritrovò a correre per non arrivare tardi al suo primo giorno di lavoro al Roadhouse. Per fortuna le strade erano libere e quasi nessuno si precipitava a fare una corsetta a quell'ora. Aveva percorso già quasi tre isolati e ne mancava solo un altro per raggiungere la sua destinazione. Sentí un rombo alle spalle e non ci fece caso, non era la prima auto che passava. Poi l'auto gli si fermò accanto e si vide costretto ad arrestare la sua folle corsa. Un pensiero gli balenò in testa facendogli accelerare i battiti del cuore dalla paura: mi ha trovato, cazzo mi ha trovato. Poi guardò meglio la macchina: una bellissima Impala nera del '67. E.. No, lui non ha gusti del genere. 
Il finestrino scese lentamente e rivelò un Dean di ottimo umore al volante. 
"Ehi Bitch, sali"
Non sapeva se ridere o piangere, gli era preso un colpo ma fortunatamente era solo Dean. Salì in macchina senza indugiare e, strano a credersi, si trovò subito a suo agio. In realtà si trovava a suo agio quando era con Dean, come se i problemi scomparissero. Non sapeva spiegarsi come, ma dalla prima volta in cui aveva messo piede in quel bar non vedeva l'ora di ritornarci. Là c'era aria..di casa. Desiderava solo sentirsi più tranquillo e quello sembrava essere il posto adatto a lui. Non in macchina, non al bar, ma accanto a quello sbruffone che lo aveva chiamato principessina. 
"Bella macchina" commentò con sincerità, mentre si guardava intorno. 
"Non è una macchina, è molto di più" disse l'altro con un sorriso. Sam rimase sconcertato e guardò il volante, poi il cruscotto e poi ancora la radio..che funzionava ancora a cassette. Si rese conto solo ora della musica di sottofondo: ACDC. Fece una smorfia. 
"Direi che invece è una macchina..e dovresti anche modernizzarla.. Cassette? Sul serio?" inarcò un sopracciglio e sorrise divertito, e gli venne in mente subito la madre di Dean. La reazione del più grande però lo sorprese: lo guardò come se non fosse di questo mondo e iniziò ad accarezzare il volante come se fosse una donna.
"Shh piccola, non hai sentito niente tranquilla. Ha fatto lo stronzo ma ti prometto che non lo dirà più" 
Sam sgranò gli occhi. 
"Volete una stanza?" 
"Non insultare Baby" lo fulminò Dean. 
"Almeno cambia musica" 
Dean lo guardò male prima di alzare il volume al massimo. Poi gridò ridendo per sovrastare la musica. 
"Chi guida sceglie la musica!" 
Sam, mentre rideva, si trovò a pensare che si sarebbe anche potuto abituare a tutto quello. 
~
Come il giorno precedente, Sam imparò in fretta. Ora riusciva a stare alla cassa, a preparare un caffè macchiato e a preparare cocktail per le serate. Il tempo passava velocemente e arrivò l'ora di pranzo. Mentre Dean chiudeva a chiave la porta d'ingresso per la pausa pranzo, Sam gli proponeva nuove attrazioni che avrebbero migliorato il bar. Parlava del Roadhouse come se fosse anche suo e questo, stranamente, a Dean faceva piacere. Il più grande moriva dalla voglia di chiedergli perché fosse solo e tante altre cose, ma vederlo così sereno dopo mesi gli sembrava già un gran passo avanti. Si stavano dirigendo verso l'Impala quando una Camry inchiodò proprio accanto a loro. Dean si rallegrò alla vista dei suoi amici. 
"Deeeeean! Da quanto tempo! Fatti abbracciare!"
"E-Ehi Garth! Spostati! Non puoi sempre lanciarti addosso!"
"Ciao stronzetto!"
"Charlie! Come stai?"
"Oh! Fatti abbracciare!"
"Perché se ti abbraccia lei non ti incazzi?!"
Sam non ci capiva più niente. Un uomo basso e sottilissimo aveva abbracciato Dean come se fosse un orsacchiotto, poi era arrivata la rossa, che lo abbracciava come se fossero amici di vecchia data. E probabilmente era così. Si soffermò sulla rossa: aveva la sensazione di averla già incontrata, magari coi capelli lunghi. Pensò che sicuramente si erano incrociati per strada qualche volta. 
"Garth, Charlie, questo è Sam. Mi aiuta al bar da..ieri pomeriggio"
"Ohhh piacere! Posso abbracciarti?"
Sam scosse la testa ridendo. 
"Magari un'altra volta"
"Che palle! Anche Dean mi rispondeva così!"
"Aspetta.. Io ti conosco"
E quando a parlare fu Charlie si convinse di dar retta alle sue sensazioni. 
"Sei Sam.. Demon? Giusto?" chiese la rossa assottigliando lo sguardo. Sam si sentí osservato e si mise le mani in tasca per allentare la tensione. Quel cognome non gli era mai piaciuto, come se non gli appartenesse veramente. E sapeva che era così. 
"Sí sono io..e tu sei..?"
"Charlie Bradbury, lavoravo allo sportello delle iscrizioni a Stanford fino a tre mesi fa..quando hanno capito che progettavo videogiochi sul posto di lavoro" rise compiaciuta. Sam ricordò tutto e si diede dello stupido per essersi dimenticato di lei. Stava per aprire bocca ma lei lo anticipò. 
"Sei venuto da me per dare le dimissioni dalla facoltà di legge. Eri il più giovane già al terzo anno e i voti erano fantastici! Mi ricordo di te proprio per questo, e mi sono sempre chiesta il perché avessi abbandonato dopo tanti sforzi!" la sua voce era diventata di colpo fastidiosa a detta di Sam, soprattutto ora che si sentiva tre paia d'occhi addosso e non sapeva come uscirne. 
"Non faceva per me" 
"Non sai mentire" gli disse Dean, che intanto fremeva dall'ottenere più informazioni su di lui. 
"La signorina Moove.. No, no, era Moore.. Beh lei, non faceva che chiedere di te, ogni santo giorno. Finché non mi hanno licenziata almeno"
"Jessica? Come sta?" non era riuscito a trattenersi al nome della ragazza, e si era guadagnato solo la consapevolezza di essersi messo in trappola da solo. 
"Beh, fino a tre mesi fa direi..bene" 
Sam annuì sfuggendo agli sguardi di Dean, che sembrava non voler smettere di indagare. 
"Umh, ok" rispose vago Sam, come se non gli importasse più. L'aria si era fatta pensante e alla fine a rompere il ghiaccio fu Garth. 
"Ragazzi, non so voi ma io sto morendo di fame! Andiamo a mangiare qualcosa insieme?"
"Ci sto! Da Cutter's?" rispose entusiasta Charlie, dimentica ormai del discorso di poco prima. Davano così per scontata la presenza di Dean che si stupirono entrambi quando declinò l'invito. 
"Io passo, vorrei tornare da Castiel" mentí. Castiel aveva programmazione o qualcosa del genere e non sarebbe tornato a casa prima delle quattro. 
"Oh beh, allora a più tardi ragazzi"
Si salutarono e ognuno salì nelle rispettive auto. Sam non aveva detto una parola da quando era stato riconosciuto e Dean ci voleva capire di più, anche se non aveva alcun interesse o secondo fine. Si sentiva legato a Sam e non se ne spiegava il motivo preciso: avevano tanti atteggiamenti in comune, lo aveva notato, ma ciò che sentiva era un affetto molto profondo e senza origine apparentemente logica. Accese il motore e sospirò mentre usciva dal parcheggio: stava per fare cose da psicologi e non gli piaceva, di solito era Cas quello che amava quel tipo di discorsi. Si mise in carreggiata. 
"Dove ti lascio?"
Sam non voleva fargli sapere che stava momentaneamente in un B&B dopo quello che aveva detto Charlie, e si chiese il motivo per cui allora fosse salito sull'auto. 
"Mh, al prossimo isolato va bene"
"Dove ti ho preso stamattina?"
"Sí"
Improvvisamente Dean inchiodò e Sam per poco non sbatté la testa contro il cruscotto. 
"Ma che diavolo fai?" urlò il più piccolo. 
"Non serve che tu menta con me" spiegò calmo. 
"Perché?"
"Perché voglio aiutarti!"
"Non ho bisogno del tuo aiuto" 
"Io penso di sì, anche perché forse sono l'unico che te lo darà" 
Sam sospirò esasperato. Aveva considerato Dean come un buon amico ancor prima di presentarsi. Sembrava uno a posto, e nutriva una fiducia incontrollata e inspiegabile verso di lui. 
"Ho avuto dei problemi..in famiglia, per questo ho lasciato" non sapeva perché aveva detto quella mezza verità. Non lo aveva detto a nessuno. Mai. 
"Che tipo di problemi?" 
"Diciamo economici" replicò mentre sentiva il cuore impazzire. Non poteva crederci di aver detto quelle poche cose. Cose insignificanti che aveva da sempre imparato a tenere per sé. 
"I tuoi non potevano più mantenerti gli studi?" 
Sam sentí un groppo in gola e ci mise un po' prima di rispondere. 
"Mio...padre..non voleva che frequentassi l'università. Mi sono arrangiato con quello che guadagnavo come tutor e dalle borse di studio ma alla fine avevo troppi debiti da coprire e..ho mollato" non sapeva se sentirsi leggermente più leggero o terribilmente in pericolo. 
"E tua madre?"
Dopo un silenzio prolungato Dean continuò cauto. Ci stava riuscendo e non avrebbe perso questa volta. 
"È morta?" 
"Non lo so" rispose infine Sam. 
"Come non lo sai?" Dean riprese a guidare con calma, come se fosse una passeggiata. 
"Lui..non è veramente mio padre" 
Basta Sam, basta. Non dire un'altra parola. 
"Sei stato adottato" la sua non era una domanda, ma un'affermazione. Tuttavia restò di sasso quando sentí la risposta.
"Non lo so"
Che diavolo significa?!? 
Sam lesse quella tacita domanda solo guardandolo negli occhi e si chiese come mai riuscisse a capirlo nonostante quasi non si conoscessero. 
"Non ho mai trovato le carte..e non è mai stato sposato.. Io..di veramente mio ho solo il nome" non riusciva a fermarsi, non lo aveva mai detto a nessuno -nemmeno a Jessica - e ora aveva confidato uno dei suoi segreti più grandi a un quasi sconosciuto. Si diede dell'idiota. L'altro rifletté sulle sue parole, consapevole di starsi facendo sfuggire qualcosa di importante. Sospirò comunque soddisfatto di avergli tirato fuori qualcosa e si diresse verso la sua prima casa, quella con cui viveva prima del trasferimento da Castiel. Sam non fece domande, fidandosi pur non avendo idea di dove lo stesse portando. Si sentiva a disagio ora che lui sapeva. Forse avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa. 
~
Quando vide Mary per poco non gli venne un infarto. Quella donna aveva qualcosa che lo attraeva e che contemporaneamente gli faceva desiderare solo di allontanarsi. Era spaventato, terrorizzato dall'effetto che gli faceva. Lei lo guardò dolcemente, come se si conoscessero da una vita prima di farlo entrare. 
"Entra caro"
"S-Salve signora" replicò lui imbarazzato, sentendosi in soggezione. 
"Oh, chiamami solo Mary" disse prima di accompagnare Dean e Sam in cucina e aggiungere un posto a tavola. Poi si rimise ai fornelli e si rivolse a suo figlio. 
"Dean, vai a chiamare tuo padre. Sarà ancora in officina"
Sam lo seguí a ruota e si diressero in garage, dove un uomo dai capelli brizzolati era impegnato a fare Dio sa cosa sotto una macchina. 
"Papà, è ora!" gridò con un sorriso Dean, e Sam non si sentí mai così fuori posto: gli sembrava di rovinare il quadretto di una famiglia felice. 
"Dean!" lo chiamò l'uomo uscendo da sotto la macchina. Stava per dire qualcosa quando il suo sguardo si posò su Sam. Il ragazzo si sentiva studiato nei minimi particolari, come avrebbe fatto un agente dell'FBI davanti a un caso. I suoi occhi erano freddi, riuscivano a non far trasparire alcuna emozione, eppure Sam sapeva, sentiva che non era così. Quell'uomo in realtà gli sembrava apposto, anche se - oltre che fisicamente - non aveva nulla che gli ricordasse Dean. Gli occhi di Dean erano espressivi, gentili o arrabbiati, gli occhi di suo padre non mostravano sentimenti. Eppure quando, dopo qualche istante, il suo sguardo si addolcí leggermente, Sam cambiò idea sul suo conto. 
"Abbiamo ospiti?" 
Non voleva fare la stessa figura che aveva fatto con la moglie di quell'uomo, perciò si portò avanti. 
"Sono Sam.. Demon, signore" dire il suo cognome gli lasciava sempre l'amaro in bocca. Notò negli occhi dell'uomo lo stesso lampo di tristezza che lesse in quelli di Mary, e si chiese nuovamente cosa avesse fatto di sbagliato. Tuttavia l'uomo si riprese subito. 
"John Winchester figliolo" posò gli attrezzi e si avviò verso un lavabo per sciacquarsi le mani. 
"Dite a Mary che tra cinque minuti sono da voi"
"Sissignore" Sam e Dean si guardarono sbarrando gli occhi: lo avevano detto insieme. Cercarono di non farsi troppe domande e si diressero su per le scale. 
Sam era pensieroso. Winchester.. Non mi è nuovo. Ma non ricordo dove l'ho sentito dannazione. 
"John non è freddo come sembra" disse Dean, che sembrava giustificare l'uomo di qualcosa che non aveva fatto. Sam colse l'occasione per fargli la domanda che gli frullava in testa da un po'. 
"È successo qualcosa?"
"Che intendi?"
"Tua madre..e anche tuo padre" sospirò "erano..strani, tristi..quando mi sono presentato"  scosse la testa "ma sono sicuro di non aver fatto nulla di male" 
"Non che sia affar tuo"
Sam si voltò a guardarlo con il sopracciglio inarcato. "Tocca a te, adesso"  poi riprese con tono più dolce "E poi, se devo pranzare con voi, non voglio commettere qualche errore" 
Dean era combattuto. È vero, Sam gli aveva detto qualcosa della sua vita, ma dirgli qual era il peso della sua famiglia.. In realtà tutti nei dintorni sapevano cos'era successo alla sua famiglia, ma dirlo al suo nuovo amico era differente: lui non lo sapeva, anche perché aveva la stessa età di quel suo fratellino sperduto chissà dove. E non solo, portava il suo stesso nome. 
"Il due maggio di 21 anni fa nacque mio fratello. Dopo più o meno mezz'ora è scomparso."
"Scomparso?" sentiva il cuore battere incessantemente. Che stava succedendo? 
"Lo hanno rubato. Da una culla, cazzo. E nessuno ha visto niente." Dean aveva gli occhi lucidi e scuoteva la testa come se non si capacitasse di una cosa del genere.
Intanto la mente di Sam continuava a lavorare. Troppe cose coincidevano e troppe cose non tornavano. 
"Dean" iniziò temendo già la risposta "Come si chiamava tuo fratello?"
Dean sospirò. 
"Sam"

Cazzo.



--note autrice--

Hola Mishamigos! (WTF?)

Rieccomi! Come state? :)

Era da un po' che non aggiornavo, ma dopo ciò che è successo in centro Italia non me la son sentita..chiamatemi pure sentimentale ma è così!!

Cooomunque..spero vi sia piaciuto questo Sam, che alcuni di voi aspettavano di conoscere meglio!!


Spero di sentirvi in molti, un grosso bacio <3

Mary 

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Capitolo 4
*** Nebraska ***


BACK AGAIN - the return 

Nebraska 

 

All'inizio Sam era assente. Dean lo aveva notato. Il pranzo non stava andando tanto male, ma iniziava a credere di essere stato impulsivo a portarlo a casa sua senza preavviso. John e Mary cercavano di trattarlo come facevano con Charlie o Garth, ma Sam si stava di nuovo chiudendo in se stesso e lui non sapeva come intervenire e, soprattutto, non sapeva perché: probabilmente non avrebbe dovuto raccontargli di suo fratello. Dopo un po' si era sciolto ed aveva anche riso insieme a John e Mary ad una sua battuta sulle tette della signorina Danforth e Dean si ritenne soddisfatto. Chiecchierarono un po' del più e del meno e si era creato un clima davvero sereno in casa Winchester. 

"Sei giovane, vai all'università?" Gli chiese Mary. Quando Dean si voltò a guardare Sam, gli lesse negli occhi una richiesta d'aiuto: non poteva parlare con John e Mary. Non sapeva perché, ma quando lo guardava così gli sembrava proprio un cucciolo abbandonato, e lui non sapeva dire di no ai cuccioli abbandonati.  

"Beh, ho..frequentato Stanford per un po'.. Ma..mh..non sono portato per lo studio" provò a rispondere con difficoltà e cercava di nascondere il nervosismo, ma sapeva di non star facendo un buon lavoro.  

"Sam preferisce il lavoro pratico, per questo l'ho assunto" intervenne Dean "e poi era da tanto che cercavo aiuto per il locale"  

Sam lo ringraziò con lo sguardo: lo aveva salvato. Non era abituato a stare a tavola con persone...normali, quindi non era pronto a tutte quelle domande. In più mentire proprio a loro gli sembrava sbagliato, e non sapeva perché.  

John guardò i due con sospetto, non capendo come mai ci fosse una tale sinergia tra loro. Dean tossicchiò e capí che sì, non era stata proprio una buona idea portarlo a mangiare da lui. Dall'altro lato Sam desiderava scappare da . Era enormemente imbarazzante per lui quella situazione, ma era la prima volta che si sentiva parte di qualcosa. Mary e John cercavano di metterlo a suo agio e si era reso conto di come fosse entrato subito in sintonia con loro, ritrovandosi in alcuni atteggiamenti dei più grandi: l'infinita comprensione di Mary e lo smisurato orgoglio di John. Non si trovava male. Era una bella famiglia, e forse, forse!, poteva essere la sua. A quel pensiero il cuore saltò un battito. Non voleva illudersi, quando lo aveva fatto ne era uscito scottato, ma tanti pezzi della sua vita ora sembravano tornare al loro posto. Avrebbe indagato e, per farlo, sarebbe dovuto tornare a casa. Lo avrebbe fatto alla prima occasione, anche se questo gli metteva addosso una paura terribile. Non era pronto a tornare a casa, non ancora. Non ora.  

"Beh Sammy, è ora di lavorare!" disse il più grande alzandosi. L'altro lo guardò male.  

"È Sam, idiota" 

"Puttana" 

"Ehi! Queste parole fuori da casa mia" sbottò Mary scuotendo la testa mentre iniziava a sparecchiare. Sam arrossì fino alla punta dei capelli borbottando scuse senza senso, Dean iniziò a ridere della reazione della madre - a cui ormai era abituato - e ancor di più a quella di Sam, che era entrato nel panico più totale.  

"Andate a lavorare, mocciosi" commentò infine John non riuscendo a nascondere un sorriso divertito.  

Sembriamo una famiglia delle soap opera!pensò Dean. Poi parve riflettere sul suo stesso pensiero e si accorse di un particolare abbastanza importante. Solo che Sam non fa parte della famiglia..  

"Andiamo ti prego" gli sussurrò Sam con quello sguardo che aveva scoperto essere il suo punto debole. Scosse la testa e uscirono di casa, dopo che ebbero salutato e ringraziato, dirigendosi verso l'Impala. Appena dentro sentí Sam emettere un lungo sospiro.  

"Sono tanto terribili?" gli chiese, sapendo di rimetterlo in imbarazzo. E infatti il più piccolo iniziò a muoversi nervosamente sul sedile anteriore. Mise in moto e partí.  

"No, non è quello, anzi.. Sono..buoni.." disse flebile.  

"Buoni?" 

Sam si morse la lingua.  

"Già" finse disinvoltura: non voleva parlare ancora di sé. Poi decise che era arrivato il momento di chiedere quello che lo aveva assillato nelle ultime ore. 

"Senti" iniziò, bloccando Dean in qualsiasi domanda stesse per fargli "so che non dovrei..ma-" 

"Se è per Castiel: è normalissimo. Sì, forse un po' particolare, ma è a posto, te lo assicuro." 

Sam si disorientò un attimo.  

"B-Beh sì, certo, ma-"  

"Perché sai, ti ho visto quando al bar lo guardavi come se avesse qualcosa che non va" 

"Ma no! Ho solo pensato che fosse un tipo silenzioso! Ad ogni modo non è di lui ch-" 

"Sono contento che ti piaccia! Non tutti riescono a capirlo" disse parcheggiando e scendendo dall'auto per aprire il bar. Sam lo seguì, sospirando esasperato. Entrarono e lo prese per un braccio, costringendolo a guardarlo.  

"Vorrei solo sapere se-" 

Il campanellino della porta annunciò l'entrata del primo cliente, una uomo sui sessanta con un cappellino da baseball in testa. La faccia tonda, i baffi e gli occhietti vispi gli davano l'aria di un mini Babbo Natale, a detta di Sam.  

"Ne parleremo dopo" gli promise Dean, prima di dirigersi verso l'uomo, abbracciandolo "Bobby!"  

"Oh, sei diventato una femminuccia? Idiota"  

È solo che è passato tanto tempo!” rispose di rimando Dean scostandosi 

Beh, non hai tutti i torti. Ma stavolta la caccia è stata alquanto difficile” 

Caccia?” si intromise Sam con rinnovata curiosità. 

Bobby lo guardò notandolo per la prima volta, poi spostò il suo sguardo su Dean in una tacita domanda 

“Bobby, lui è Sam, unamico” poi guardò Sam “Sam, ti presento Bobby, il mio padrino 

Bobby guardò sospettoso Sam. Mancava da Lawrence da un paio di mesi e di questo ragazzo non c’era traccia allora, ne era sicuro. E poi conosceva Dean come le sue tasche, non faceva amicizia così facilmente. Il ragazzino sembrava a disagio sotto il suo esame, teneva gli occhi bassi e si mordeva nervoso il labbro, come se aspettasse un rimprovero. Bobby sorrise bonario. 

“Per rispondere alla tua domanda, giovanotto, . Caccia. Sai, qua si cacciano cinghiali e altre cose così comuni.. ma in Nebraska, oh in Nebraska no! Vicino Lincoln ci sono ettari ed ettari di terre fatte apposta per la caccia!” rise orgoglioso 

Sam era pietrificato. Il suo cervello lavorò velocemente. Nebraska? Lincoln, Lawrence… Bobby…Robert? Prese un profondo respiro e cercò di calmarsi. Non è come pensi, non è come pensi 

Sai cosa vado a cacciare, ragazzo?” la domanda di Bobby era così retorica che non si aspettava che Sam parlasse. 

Tacchini selvatici”  

Dean e Bobby si guardarono sorpresi: generalmente mai nessuno sapeva la risposta, a meno che non fossero appassionati di caccia. Dean indagò l’espressione di Sam: sembrava assorto in qualche pensiero, occhi spenti e lontani. Gli faceva un popaura in quel momento, gli ricordava il Sam che era entrato nel suo bar alle sei del mattino come se stesse scappando dal mondo, o il Sam che gli chiese con urgenza qualcosa di forte mentre cercava di ignorare l’occhio nero che gli contornava il viso. Non gli piaceva quel Sam, decisamente no.  

Appassionato di caccia, Sammy?” chiese allora con un sorriso tirato, per svegliarlo dalla tranche in cui era caduto. 

Sam lo guardò un attimo spaesato, poi deglutì e scosse la testa in segno di diniego prima di mormorare una scusa e chiudersi nel retro del bar. 

“Chi è quel ragazzo, Dean?” 

La voce di Bobby lo riportó alla realtà. Sospirò sconfitto mentre si rivolgeva a colui che ha sempre considerato come un secondo padre. 

“Non ne so molto, ma.. è un bravo ragazzo, Bobby” lo giustificò “è solo un pochiuso 

Behrispose il più anziano dandogli una pacca sulla spallahai la tua gatta da pelare, adesso”  

Giàpiuttosto, com’è andata in Nebraska?” 

“Oh, bene! Più che bene! Porterò qualche tacchino a tua madre così avrete di che mangiare del ringraziamento! Adesso però devo andare, il mio amico Alastair - quello di Lincoln, dove vado a caccia - è venuto a visitare Lawrence e sta da me per un po’.” 

“Quell’Alastair? Quello che ha il record di tacchini cacciati in un giorno?!” chiese divertito Dean, conoscendo quell’uomo solo grazie alle innumerevoli storie  di Bobby. 

Ancora per poco, figliuolo. Lo batterò, quell’idiota! Ora vado, stammi bene” 

“Ci vediamo Bobby!” 

Dean aspettó che l’amico uscisse dal bar prima di correre nel retro del bar.  

“Sam?” 

Sentì dell’acqua scorrere e si diresse nel bagno riservato al personale. Sam si stava ripetutamente sciacquando il viso cercando di regolarizzare il respiro. Gli occhi di un verde liquido. 

Ehi Sammy, va tutto bene… cosa c’è?” chiese prendendolo per le spalle e portandolo a sedere in un tavolino. 

L’altro non rispose. Era troppo. Non aveva fatto in tempo a scoprire che forse - niente illusioni - aveva trovato la sua famiglia, la sua vera famiglia, che ecco un altro tassello andare a completare il suo puzzle fatto di ipotesi 

“Sam, mi stai spaventando… cosa sta succedendo?” 

Sam lo guardò valutando il da farsi. Devo dirglielo? Devo continuare ad indagare da solo? Cosa cazzo devo fare?!  

“Sam Damon, ti ho già detto di volerti aiutare. Che ti costa dirmi cosa cazzo ti frulla in testa?” chiese Dean inziando a preoccuparsi seriamente. Aveva una brutta sensazione. Sam lo guardò storcendo il naso al suo cognome – e così Dean si ricordò che quello in realtà non era il suo cognome – per poi sospirare sconfitto. I suoi occhi ribollivano di trepidazione e paura, e questo incuriosì il maggiore. 

“Dean, vengo da Lincoln” 

Dean sospirò più tranquillo. Era solo questo, menomale. 

Beh, se ti manca la tua città ci puoi sempre tornare, no?” gli chiese divertito. 

“Dean…” 

Il sorriso sparí. Non gli piaceva quel tonochiedeva ancora aiuto. C’è qualcosa che non va 

“Dean…credo che potremmo essere fratelli.” 

 

note autrice 

Bentornati nel mio angolo di pace, gente! Come state? 

Troppe cose ancora irrisolte! Non vedo l’ora di risolverle insieme a voi 

Mi raccomando, lasciate un commentino 

Un bacio, alla prossima 😊 

Natsu_Fire 

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Capitolo 5
*** Truth ***


BACK AGAIN - the return
truth


Venerdì 3 novembre, ore 15:47

“Un biglietto per Lincoln, per favore” 

“Due!” 

“Smettila, ti ho già detto di no!” 

“Non sei mia madre!” 

“Idiota” 

“Puttana” 

 

 

24 ore prima 

Silenzio.  

A Sam tremavano le gambe dopo aver detto quella fatidica frase e quello che riceveva era silenzio. Silenzio assoluto. 

“Dean?”  

Il più piccolo provava a riportarlo sulla terra e immediatamente sembrava che i ruoli si fossero invertiti. 

“Dean, stai bene?” quello sembrò scuotersi e nei suoi occhi lo smarrimento si trasformò presto in rabbia. Prese Sam per il colletto della camicia e lo sbattè al muro del bagno, incurante se avesse sbattuto contro il lavandino. Sam represse un gemito di dolore, troppo sorpreso della svolta che aveva preso la situazione. Prese un respiro profondo ricordandosi di essere al sicuro, dopotutto. È solo Dean.. è solo Dean. Ma che gli prende? 

 

“Lo trovi divertente?” gli chiese il più grande con tono distaccato. Sam deglutì guardandolo negli occhi, cercando di ignorare che quello sguardo era ben lontano dalla fiducia che aveva mostrato fino a quel momento. 

“T-Trovo divertente cosa?”  

Dean lo guardò sbigottito di tanta sfacciataggine. Lo mollò di colpo ed emise una risata strozzata. 

“Sai” inizió “non avevo mai incontrato nessuno che si prendesse gioco di me in questo modo” si passò una mano sul viso “usare mio fratello come scusa per.. per cosa? Per cosa?!” gridò inziando a camminare nervosamente verso il bancone “Stavo cercando di metterti a tuo agio e… e tu…tu.. te ne esci con..questo!” 

Si strinse i capelli in un pugno e Sam quasi temette che gli potessero restare in mano.  

Sam si massaggiò il collo con fare nervoso cercando di venire a capo della sfuriata di Dean. Non dovevo dire niente, maledizione. 

Prese un bel respiro e tentò di farsi scivolare addosso le parole che gli aveva rivolto l’altro. Pensa che lo stia prendendo in giro, anzi peggio: che mi stia approfittando di lui. 

“Ascolta, ti prego” provò “se pensi davvero questo di me stai sbagliando, te l’ho detto solo perché…beh, credo sia possibile” 

“Chi ti ha mandato stavolta?! Quel giornalista da quattro soldi?!” 

“Ma di cosa stai parlando?” fece l’altro confuso. 

“Ti sembra di essere il primo a presentarsi qui come ‘Sam’ e dichiararsi mio fratello?” Dean si stava di nuovo scaldando e Sam ci stava capendo sempre meno. 

“Se vuoi diventare lo scoop del secolo sloggia bello” sembrava pronto ad una rissa e non sembrava l’unico ad essere alterato dalla situazione creatasi. 

“Quindi tu..pensi che..che io sia venuto qui, che abbia architettato tutto questo..solo per fare soldi?”  

“Non ti conosco, ok? Non so chi sei e per quanto ne so quello che mi hai detto potrebbe essere tutta un’enorme cazzata!” 

Sam si ammutolí sentendo gli occhi farsi lucidi. Non aveva mai raccontato niente di sé e adesso stava accadendo quello che temeva: non essere creduto.  

“Non pensare nemmeno di dirlo a qualcuno, tanto non ti crederà nessuno, piccolo Samuel” Deglutì scuotendo la testa per non pensare a quel ricordo e cercò, nonostante tutto, di essere ragionevole: Dean doveva fidarsi di lui. 

“Sono Samuel Damon” iniziò con un tono di voce basso ma deciso “sono nato il 2 maggio 1983 a Lawrence, in Kansas. Conosco il mio luogo di nascita solo perché ho origliato una conversazione di Azazel, mio ‘padre’, anni fa.” Prese un respiro sotto gli occhi attoniti di Dean. 

“Sono cresciuto a Lincoln, in Nebraska. A-Azazel non è mio padre e non ho mai avuto una madre. Io…non ho mai trovato documenti di adozione o affidamento o altro…il mio unico documento era un braccialetto con scritto sopra nome e data di nascita. Lui non è un uomo buono, e quando ho chiesto spiegazioni non mi ha risposto, mi ha solo picchiato a-a sangue intimandomi di non fare mai più domande del genere e..” fece un respiro tremante “..e avevo solo 7 anni! Ho passato la mia intera vita ad essere cresciuto come un fottuto soldatino, mi veniva sempre detto che faccio parte di un grande progetto! Io volevo solo crescere come gli altri bambini, ma invece mi toccava allenarmi con delle persone schifose per imparare a combattere o a tenere una pistola! Lui fa parte di un’organizzazione più grande in cui sono tutti criminali che tengono in pugno il mercato della droga” stava sudando nel confessare queste cose e Dean nel frattempo si era avvicinato cautamente. 

“Credo che il ‘progetto’ di cui mi ha sempre parlato c’entri qualcosa con questo. Non hanno preso solo me, ma una decina di bambini che già da piccoli sono stati addestrati a questo mondo.” 

“Se è come dici” iniziò Dean incerto, col cuore a mille “come fai ad essere qui? Come hai fatto a rifiutare quella vita a cui ti hanno educato già da piccolo?” 

“Volevo solo essere normale, Dean! Io…ho provato tante volte a scappare. E tutte si sono concluse allo stesso modo e ne porto ancora le cicatrici! Una-una volta..mi sono fidato di una collega di Azazel, Ruby. Lei mi ha convinto di potercela fare, di poter scappare da quella vita se non mi piaceva, di andare finalmente a trovare la mia famiglia, la mia vera famiglia. La sera della fuga mi ritrovai a scendere silenziosamente in cucina, uscire di casa con zaino in spalla e..nemmeno dieci metri e mi ritrovai di fronte a..loro..che iniziarono a ridere e..mi fecero ricordare di non dovermi fidare di persone che stavano dalla loro stessa parte, persone come Ruby… Mi aveva teso una trappola per ricordarmi che ero in gabbia! E avevo 14 anni. Azazel quella volta mi guardò deluso, furente..mi legò ad una sedia e mi usò come un sacco da box e…cazzo…non ho provato a fuggire di nuovo fino a quasi tre anni fa.” 

Dean sentiva il cuore a mille. Era passato dal pensare questo ragazzo ha bisogno del mio aiutoa questo ragazzo potrebbe essere mio fratello e io lo devo aiutare’. 

Fratello. Una parola che fino a quel momento gli faceva un male cane. Una parola che aveva condizionato la sua intera vita. Si sentiva egoista: aveva sempre pensato a come la propria vita fosse cambiata dopo quel giorno, a come la vita di mamma e papà fosse cambiata. Ma mai avrebbe pensato che il suo fratellino stesse passando le pene dell’inferno. 

“Ho desiderato così tante volte di morire che ne ho perso il conto” sussurrò Sam. E a Dean vennero i brividi, perché deve aver sofferto un casino per essere arrivato a pensare di volere la morte.  

“Ma poi pensavo…speravo che da qualche parte nel mondo ci fosse qualcuno a cui mancavo e…alla fine è stato questo a spingermi a continuare a vivere” 

Sam alzò lo sguardo - che non si era reso conto di aver distolto - su Dean. Quest’ultimo gli strinse la spalla e subito si irrigidì pensando di aver sbagliato a parlare. Ma poi Dean sorrise incoraggiante e quasi represse le lacrime.  

“Quando sei fuggito…sei andato a Stanford?” chiese dolcemente. 

“S-Sì..mh..io volevo solo essere normale, come ti ho detto. Volevo studiare. Mi aveva sempre affascinato il mondo della legge, quella stessa legge che ho visto infrangere per tutta la vita. L’ho infranta io stesso più volte di quante ne possa contare” finì flebilmente.  

“Che intendi?”  

“Io…beh, faceva parte del mio ‘addestramento’ e..ho dovuto condurre degli…affaria volte” 

“Spacciavi?!” chiese l’altro sbalordito. 

“Non proprio..fornivo quello che c’era da vendere..ma non sempre..e mai da solo. Ero costantemente sotto tiro dagli scagnozzi di mio padre. N-Non potevo fare altrimenti. Mi avrebbero di nuovo fatto a pezzi e..non ce la facevo più” si giustificò respirando pesantemente.  

Dean si pentì quasi di avergli fatto quella domanda. Sam sembrava un pozzo di sofferenza. Era certo che stesse omettendo cose terribili tentando di dare solo un quadro generale di sè: il modo in cui si irrigidiva quando lo toccava, il sissignore, il non voler far sapere dove abitava, l’essere restio a cercare aiuto. Si spiegavano molte cose. Eppure non riusciva ancora a raggiungere la consapevolezza che tutto stava tornando a posto.  

“Quando sono scappato” continuó Sam, nella voglia di far capire che quello che diceva era la verità “è stato un colpo di fortuna. Erano tutti a sbrigare un grande affare e finalmente ero solo. La casa era davvero piccola e..vecchia e, non so, credo che non ci fossero telecamere oltre quella all’ingresso, perché erano sicuri che non avrei provato più a scappare e io..sono uscito dalla finestra e allora ce l’ho fatta. Sono scappato. Sapevo di essere entrato a Stanford. Non lo avevo detto a nessuno. Quindi ho preso un autobus e ho attraversato non so quanti Stati prima di arrivare in California. Lì ho passato gli anni più belli della mia vita, ho conosciuto Jess e..cazzo, ero finalmente normale! Solo che…” si bloccò. 

“Solo..cosa?” lo incitó Dean. 

“Sono iniziate ad accadere cose strane. Incidenti stupidi ma mirati a persone che conoscevo. Jess si è rotta un braccio perché qualcuno l’ha investita! E..io ho intravisto Ruby e..ho capito che mi avevano trovato. Sono scappato di nuovo. Ho rubato una macchina e poi, beh poi ho deciso di venire finalmente a Lawrence. So che loro controllavano Lawrence molto spesso, sicuramente per depistare la polizia sul rapimento, non lo so. Io volevo solo..non lo so, non lo so” scuoteva la testa andando in iperventilazione “non so perché sono venuto proprio qui”  

“Ehi ehi, calmo tigre” fece Dean accarezzandogli la schiena. Quel ragazzo, quel fottuto ragazzo, poteva essere quel bambino che tante volte aveva sognato di tenere tra le braccia. Ed era così spezzato, così rotto. Ma forte. Nonostante tutto cercava di tenere insieme i pezzi, di non crollare. Voleva farsi vedere come una roccia, impossibile da scalfire in alcun modo. Lo guardó negli occhi e rivide lo stesso smarrimento che aveva visto la prima volta che entrò al bar. Lui non sembrava un cucciolo, lui era un cucciolo. E meritava tutto l’affetto di questo mondo.  

“Ehi Sammy” lo chiamó dolcemente, ma l’altro non rispose neanche per rimproverarlo su come lo aveva chiamato. Allora lo abbracció forte e lo sentì rompersi proprio fra le sue braccia. Era più alto di lui ma in quel momento sembrava davvero piccolo e indifeso. Lo strinse a sé mentre l’altro tentava senza successo di non singhiozzare. Anche Dean sembrava essere sul punto di rottura, ma cercò di mostrarsi forte. 

“N-Non so n-nemmeno perché proprio io!!” Gridò Sam.  

Dean ci provò, davvero. Provó a non pensare quello che molte volte lo aveva sfiorato. Non ci riuscì. 

“Forse io lo so” 

Sam si staccó dall’abbraccio come rianimato di energia. 

“Cosa?” 

“Beh” iniziò dubbioso Dean “non ne sono sicuro ma..” sospiró “mio..o nostro padre..una volta era un poliziotto. Lavorava spesso fuori, era impegnatissimo. Ma poco dopo la tua scomparsa lui molló il lavoro. Pensavo fosse per stare vicino a noi, a me e alla mamma. E sicuramente è anche per questo, ne sono certo. Ma ho scoperto che ha lavorato per anni ad un caso abbastanza..corposo. È riuscito a mettere dentro un certo Lucifer, ti dice niente?”  

“Cazzo, so solo che era il capo prima di Azazel” 

“Beh, questo probabilmente non è piaciuto ai suoi amichetti perché poco più tardi la mamma partorì te e tu sparisti”  

Sam era esterrefatto. Non credeva che sarebbe arrivato il giorno in cui tutti i pezzi del puzzle sarebbero tornati a posto. Poi notò una cosa in particolare e si lasciò sfuggire un sorriso. 

La mamma mi partorì? Significa che mi credi?”  

“Sai essere convincente” lo sfottò l’altro. 

Sam si liberó in una risata sincera. 

“Idiota” 

“Puttana” 

@#@#@# 

 

“Sicuro che non ti interessa chiudere il bar?”  

“Scherzi vero? Non ho ancora realizzato di essere insieme al mio fratellino, credimi, ma so che non avrei la testa giusta per stare dietro il banco!”  

Stavano facendo un giro in macchina. Dean stava mostrando al più piccolo i posti in cui era cresciuto e l’altro guardava affascinato ogni particolare della cittadina.  

“Cosa intendi fare adesso?” 

“Io..non lo so, credo che sia ora di tornare a..Lincoln. Sai, mettere le cose a posto, devo fare qualcosa.” 

“D’accordo, quando hai intenzione di partire?” 

“Non lo so, domani?” 

“Ok, partiremo domani” 

“Come scusa?! Ti non ci vieni!”  

“Sei pazzo forse? Non ti lascio solo! Non adesso che ti ho trovato!” 

Sam non sapeva come dissuaderlo. 

“Ti uccideranno! Non si scherza con loro Dean!” 

“Uccideranno anche te, se sono come mi hai descritto!” 

“Io..troverò un modo! L’ho sempre fatto” 

Dean si sentì male a quella frase. Cosa ti hanno fatto passare quei bastardi, Sammy? 

Eppure a quel pensiero si rese conto di essere davvero accanto a Sam. Quello stesso Sam che aveva guardato con gli occhi pieni gioia quando aveva solo quattro anni. Lo stesso Sammy che aveva aspettato per nove mesi, assillando la mamma con domande su domande per sapere come essere un buon fratello maggiore. Adesso poteva farlo. Era insieme a lui. Non ci credo ancora. Sentiva le lacrime farsi strada nei suoi occhi e stavolta non fece niente per fermarle. Inchiodó la macchina e vide il più piccolo guardarlo preoccupato mentre lui si sfregava la faccia per togliere quelle gocce salate dalle guance. Fu sollevato di non vedere paura negli occhi del suo fratellino, perché significava che finalmente si fidava davvero di lui. 

“Dean..stai bene?”  

“Sì Sammy, sì” 

“È Sam” rispose l’altro con un sorriso. Anche Dean sorrise, sprizzando gioia da tutti i pori. 

“Sammy ti sta meglio, principessa” 

L’altro rise scuotendo la testa. 

 

@#@#@# 

 

“Sicuro di non voler passare la notte da me?” 

“Me lo stai davvero chiedendo, Dean?”  

L’altro sorrise. Gli piaceva il fatto che riuscissero a scherzare così nonostante non si conoscessero da molto. 

“Sai che intendo, puttana” 

“Idiota..comunque sono sicuro.” rispose a disagio. 

“Non ti mangio, sai. Ma non ti forzeró, tranquillo” in fondo capiva la voglia di stare da solo a pensare dopo tutto quello che si erano detti. 

“Grazie” 

Sam stava per scendere dalla macchina quando sentì Dean mormorare “Se raccontassi tutto questo a Bobby non ci crederebbe” 

Improvvisamente si ricordò una cosa. 

“Dean, il tuo padrino, Bobby. Ha detto qualcosa sui suoi compagni di caccia?” 

Dean lo guardò sorpreso per la sua domanda. Ma si rese conto che doveva essere importante, vista la precedente reazione che aveva avuto il pomeriggio stesso. 

“Beh, che sono delle zone della tua città e..beh che uno di loro si ferma qui per un po’. Perché ti interessa tanto?” 

“Ricordi quando ti ho detto che tenevano Lawrence sotto controllo?” 

Dean sembró capire. 

“Tu…tu pensi che abbiano usato Bobby come ‘informatore’ su ciò che accadeva qui?” 

“E anche per quanto riguarda voi. Un collega di Azazel, A-Alastair” rabbridì quando mormorò quel nome “parlava spesso di un Robert di Lawrence con cui andava a caccia e faceva sempre rapporto su ciò che si dicevano” 

“Cazzo..cazzo! Alastair è lo stesso che in questo momento sta dormendo da Bobby!” fece Dean sconvolto.  

“Devo andare da lui!” 

“No fermo! Se lo fai allora salterà tutto all’aria! Avranno la conferma che sono qui e..e mi riporteranno da loro e non voglio sapere nemmeno cosa mi faranno! Se lasci stare sarà innocuo!” disse Sam spaventato. 

“Ti prego” tremava leggermente e si era armato di quello stupido sguardo, quindi Dean si convinse che in effetti non era una delle sue migliori idee.  

“D’accordo. Non lo farò.” 

“Grazie, Dean.” sospirò sollevato “Sai, sei un bravo fratello” gli regalò un sorriso e scese dall’auto entrando nel B&B. 

Dean era rimasto così sorpreso da non rendersi conto di essere rimasto solo in macchina. Sentì uno strano calore irradiarsi per tutto il petto e le lacrime tornarono a farsi vive.  

Nella strada verso casa si ritrovò a pensare quanto quel giorno gli avesse cambiato la vita. 

Senza parlare del fatto che non vedo l’ora di vedere la faccia di Cas quando gli racconterò tutto! 

 

@#@#@# 

 

“Piccolo te lo giuro, ti spiegherò tutto tra un paio di giorni” 

Ormai era da un quarto d’ora che Dean cercava di chiudere quella chiamata. Non poteva dire tutto a Cas per telefono, Sam aveva detto che non era sicuro. Fremeva dalla voglia di raccontare a qualcuno quello che era successo, ma adesso non era proprio il momento. Aveva preparato uno zaino con le cose necessarie per partire con Sam, quel pomeriggio.  

“Sì sì, lo prometto, ti racconterò tutto!” 

Parcheggiò davanti al B&B e Sam stava uscendo in quell‘ istante. Il suo sguardo sorpreso lo divertí: non si aspettava che andasse davvero. Pff, pivello. Non sai di cosa è capace Dean Winchester. 

“Non-non sto sorridendo! E poi come facevi…beh si sì, ma è inquietante Cas! Ahah va bene, a dopo. Ti amo anch’io” posò il telefono e Sam entro in macchina. Non riusciva a togliersi dalla faccia quel sorriso orgoglioso: il suo fratellino era lì con lui, nella sua Baby. Non ci avrebbe mai sperato.  

Anche Sam sembrava più rilassato. La notte precedente aveva dormito poco e non per il terrore o per gli incubi. Era così felice di aver trovato Dean e ancora non ci credeva che fosse suo fratello, il suo fratellone. Era davvero pazzesco. 

“Allora? Che ci fai qui?” 

“Te l’ho detto, vengo con te” 

“Non penso proprio” 

“Sì come no, dove ti porto?” 

“A fare il biglietto” 

 

@#@#@#
 

 “Un biglietto per Lincoln, per favore” 

“Due!” 

“Smettila, ti ho già detto di no!” 

“Non sei mia madre!” 

“Idiota” 

“Puttana” 

“Signori, ecco i biglietti. Il primo autobus parte tra mezz’ora.” Li interruppe la cassiera. 

“Autobus? Non ci andiamo in aereo?” chiese Dean. Sam lo guardò come se fosse pazzo. 

“Oltre al fatto che non so se ti sei reso conto che non siamo in aeroporto, ma se prendessi un aereo potrebbero rintracciarmi più facilmente e non voglio rischiare”  

“Mh, hai ragione..sai che ti dico allora? Signora, può riprendersi i biglietti” e si avviò alla macchina. 

“Cos- Dean!” Sam si voltò verso la cassiera “mi scusi, mio fratello è un tipo stravagante” e seguí Dean. Che strano, l’ho chiamato ‘mio fratello’. Ma è bello averlo con me. 

“Non andremo in autobus! E fortunatamente neanche in aereo! Gli aerei mi terrorizzano!” 

“È per questo che non sei andato a New York con Castiel?” 

“Esatto saputello, ora sali. Abbiamo un viaggio da affrontare!” 

Sam scosse la testa divertito ed entrò nell’Impala. 

Già, è proprio bello avere un fratello. 

 

 

•note autrice• 

Cosa cosa cosaaa? Un altro capitolo in meno di una settimana? Cos’è successo?! 

Ebbene sì, sono davvero io! E ho deciso di approfittare di questo slancio di iniziativa e fantasia.  

Allora, come vi sembra il capitolo? Gradirei i vostri pareri 💋 

So che è da troppo tempo che questa storia manca dal fandom, ma spero possa ritornare in pista come un tempo!  

Baci 

Natsu_Fire  

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