Amuto: Cronache di una Storia D'Amore

di kissenlove
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** primo momento: prima neve, primo bacio ***
Capitolo 2: *** secondo momento: sbronza ***
Capitolo 3: *** terzo momento: litigi ***



Capitolo 1
*** primo momento: prima neve, primo bacio ***


                                                 Primo momento
                                                                      ~prima neve, primo bacio


Mi sembra che sia accaduto solamente ieri, eravamo agli inizi della stagione estiva, avevamo dimenticato persino in che modo dovevamo estraniarci per metterci a studiare in vista di qualche interrogazione, mentre avevamo in mente solamente di divertirci, di spassarcela tutti insieme, sulle rive di una spaggia, ad osservare increduli il sole che lentamente si immergeva nello specchio marino, adesso invece sembra tutto passato, tutto è stato trascinato via da un primo preludio invernale. Gli alberi si stanno spogliando, presto restaranno solo tronchi denudati dalla foglie, mia madre ha già rinnovato il guardaroba di mia sorella e il mio di cappotti, guanti di lana, magliette a maniche lunghe, abbottonati fin sopra, tanto che assomigliavamo a teneri pupazzi di neve. 
A proposito di quella, era giunta puntuale, senza farsi attendere il più del dovuto, cospargendo i tetti delle case, le strade, i giardini, tramutandone il terreno in un comodo lenzuolo tutto bianco, morbido e freddo allo stesso tempo al tatto. Ami, per questa occasione, era entusiasta. In effetti, non capitava ogni giorno di trovarsi a svegliarsi il mattino seguente, e vedere dalla finestra la neve affossata sul davanzale del piccolo balconcino, infatti dopo pochi minuti dal mio risveglio pacato mi trovai la figura minuscola e graziosa di Ami che mi buttava già la porta, letterlamente, saltellando come un dolce coniglietto, puntando la finestra. -Sorellona! - gridava con quella voce ancora da bambina, raggiungendo con un balzo la porta che dava sul balcone. -Hai visto fuori? É tutto bianco! - 
Certo che avevo visto che aveva nevicato, era stata la prima novità che i miei occhi ambra avevano inquadrato da quando avevano aperto le serrande. Era naturale che lei fosse contenta, molte volte papà ci aveva mostrato la neve l’ultima volta che l’avevamo avuta, perché nella nostra zona, più che neve si poteva parlare solamente di ghiaccio sciolto, Ami era piccolina e quindi difficilmente lo poteva ricordare, a confronto di ora che avendo quattro anni più facilmente le sarebbero rimasto impresso. -Sorellona! Voglio fare un pupazzo. - mi disse, guardandomi con gli occhi traboccanti di fanciulezza, facendomi rimpiangere un po’ quei momenti che avevo avuto anche io, prima che spontaneamente decidessi di crescere per rivestire il ruolo di sorella maggiore. 
-Ma qui non è possibile, Ami. - feci io, anche se sapevo che non si sarebbe convinta facilmente. 
-Ma... io ne voglio fare uno grandissimo, uno più alto di papà! - gridò lei, sbattendo la testa a destra e a sinistra, in modalità bambina piena di complessi e capricciosa. Io feci un veloce gesto con le mani.
-Va bene, Ami. Ne faremo uno grandissimo, ma dovremo dirigerci al parco. - 
Lei tornò nuovamente allegra. 
-Davvero? - 
-Sì, Ami. - 
-Evviva! - esultò. - Grazie Amu! -
Mi piaceva vederla contenta per qualcosa, e che qualcosa lo avessi potuto permettere io, non mi pesava il ruolo di sorellina maggiore, volevo solamente prendermi cura di lei e darle tutto ciò di cui quella bambina aveva bisogno, non chiedevo poi più di tanto, volevo solamente accontentarla. 
Io la guardai seria in volto, mostrandolo l’indice, e avvicinandolo più al suo volto. 
-Sì, Ami però devi promettere che alle sette torneremo a casa. - 
Lei fece sì con la testa, e mi diede un tenero abbraccio; io me la strinsi forte al petto, sembrava quasi mia figlia e che io fossi sua mamma, e lasciamo il problema a chi fosse il padre ipotetico per dopo, anche perché questa cosa era da decidere. Le dissi, infine, che avrebbe dovuto darmi il tempo di vestirmi e prepararmi, poi saremmo potute uscire e andare a fare questo benedetto pupazzo. 
Ami mi rispose nuovamente “va bene, sorellona” poi se ne scese al piano inferiore con gli occhioni a forma di stellina e canticchiando una canzone di Utau, la sua cantante idol preferita. 
Io presi una maglietta, con su la stampa di un cuore, un pantalone, una giacca color prugna e i guanti rosa confetto che si intonavano con i miei capelli, su cui sopra vi avevano cucito un teschio, che era esattamente il mio stile “cool and spice” con cui ero riconosciuta da tutti, poi mi introdussi nel vano doccia, optando per una velocissima doccia calda, e pulita e preparata scesi giù con tutta la mia famiglia riunita nel momento colazione. Mamma stava consumando la sua omelette, papà invece osannava la decisione di Ami e le faceva i complimenti, chiamandola teneramente la mia bambina, e Ami che sedeva composta, con un cuscino sotto, e finiva in fretta e furia il suo piattino. 
Io li salutai. 
-Oh, Amu. Giungi giusto in tempo per la colazione. - mi esortò mamma a prendere posto a tavola.
Finii in fretta anche io il mio consueto piatto della colazione, con Ami che mi strattonava continuamente un lembo di pantalone, e dichiarando che saremmo andati al parco per acconsentire al desiderio di Ami di fare un gigantesco pupazzo di neve, lasciai la mia famiglia alle sue cose. 
Intanto io e Ami procedemmo a piedi per raggiungere il posto, un parco non molto distante da casa nostra, dove eravamo solite fermarci a giocare insieme a mamma e papà, anche quando ero figlia unica, quando frequentavo l’asilo, poi anche con Ami qualche volta ci sono stata. In quel parco di neve ne potevi trovare in abbondanza più che sulle strade, che con il bollente fumo del motore si scioglieva e si riduceva solamente a una lastra di ghiaccio, lì invece era tutta integra, e sarebbe rimasto senza sciogliersi finché non saremmo tornati in pieno periodo primaverile, quando il sole avrebbe cominciato a disperdere i suoi forti raggi solari dappertutto.
-Ami, ricorda a casa alle sette! - le ricordai, quando arrivammo in modo che durante quel breve tempo di divertimento non se lo scordasse. Iniziò a correre come una matta, levando urli infantili al cielo un po’ annuvolato, di quanto le piacesse giocare con la neve, io intanto me ne stavo in disparte ad osservarla, senza prenderne veramente parte, essendo un po’ cresciutella per una simile iniziativa. Mi limitavo a tenere lo guardo fisso su lei, e a non perderla mai di vista. 
Ami aveva cominciato ad arrotolare una piccola quantità di neve, che sarebbe servita per un piccolo abbozzo di pupazzo, mentre io, con le gambe un po’ anchilosate, prendevo posto su una panchina lì nelle vicinanze. Era ghiacciata a tal punto che quando vi posai il mio delizioso punto di dietro, dovetti fare uno sforzo per trattenere una parolaccia di troppo, in presenza della mia sorellina, anche se lontana e completamente travolta dalla sua mania di ispirazione per il pupazzo. 
-Ami, non ti allontanare! - le gridai, poi la mia schiena toccò nuovamente la panchina, che nonostante tutto continuava a irrigidirmi i muscoli dal freddo. -Cavoli... - mi lasciai scappare. 
Levai lo sguardo al cielo, non prometteva niente di buono, quelle nuvole nere conducevano con sé un bel po’ di acqua a giudicare dal colore nerastro, e dal fatto che distante avessi intravisto una saetta.
-Ci mancherebbe che si mettesse a piovere.. - mormorai. 
Come avrei staccato Ami da quella sua opera se avessi iniziato seriamente a piovigginare? 
Sicuramente il capolavoro si sarebbe via via sciolto, e avrei avuto una buona probabilità di portarmela a casa senza alcun piagnisteo, comunque per ora sembrava che la situazione fosse tranquilla, anche se non ci speravo poi molto. Ami era a metà dell’opera, aveva raccimolato un cumulo di quella sostanza bianca con cui aveva montato il corpo del suo omino, e intanto si apprestava a cercare dei bastoncini per fargli il naso. -Uhm, non è che non sia bello.. - mugugnai, portandomi una mano al mento. - Fatto da una bambina di quattro anni mi aspettavo di peggio.. - 
-Non lo sapevi che i bambini possono essere molti inventivi in fatto di giochi? - 
Una voce mi giunse dietro alla mie spalle, proprio vicino al mio orecchio. Spalancai con vigore le pupille, arrossendo vistosamente sulle guance, reputando questo mio atteggiamento per il freddo che mi si stava depositando addosso, e non al ragazzo che potevo dire di conoscere talmente bene, da sognarlo tutte le notti, da vederlo quasi come una visione ossessiva, e che inoltre era una figo, un pervertito, e uno stupido con gli occhi ametista, i capelli del medesimo colore e un aria di misteriosa apparenza che lo contraddistingueva. Io mi scrollai dalla mia posizione, balzando via dal mio posto.
-E tu! Cosa diamine ci fai qui?! - 
-Così si saluta un amico, Amu? - ribatté. 
-Lascia stare queste assurde scuse. Cosa ci fai tu qui?! - gli ripetei. 
-Uhm.. volevo vedere la neve. - mi disse, anche se il suo volto che si apriva in un sorrisetto mi faceva intendere altro, altro che non faceva altro che incrementare la mia ansia. -Non ho alcun motivo per venire nello stesso posto tuo, solo con l’intento di vedere te confettino. - 
Io a quel nomignolo arrossi ancora di più, diventando in poco tempo un tizzone. 
-E non chiamarmi così! - lo rimproverai. 
-Va bene, per te Amu? - 
-Va più che bene, anzi sarei più contenta se mi chiamassi Hinamori. - 
-Se ti sta bene, ti chiamo col tuo cognome. - replicò lui. 
Restammo improvvisamente silenziosi, io ostinatamente con gli occhi bassi al terreno coperto di bianco, lui invece che si metteva le mani nelle tasche del pantalone, visto che aveva dimenticato di mettersi i guanti; aveva solo un giubbino, una maglia, e il suo pantalone a jeans, i suoi capelli venivano leggermente mossi dal venticello piuttosto fresco, mentre i suoi occhi osservavano me, mi scrutavano, non si staccavano, erano come ipnotizzati dalla mia figura gracile. Io ancora con lo sguardo basso, adocchiavo ogni suo movimento nonostante un imbarazzo che mi si attanagliava nell’anima come uno spillone; Ikuto passò dalla parte della panchina, e vi si sedette. 
Io dimenticando il mio rossore gli urlai, vistosamente furiosa. -Che diamine fai! Non ti ho chiesto di sederti, e poi quello era il mio posto. - 
-Che c’è? - domandò, fingendosi incredulo, e facendomi letteralmente incazzare; per colpa di Ikuto aveva sbadatamente dimenticato di attenermi al mio ruolo di sorella maggiore, e Ami stava procedendo per conto suo la sua opera su un abbozzo di pupazzo, ancora in via di aggiornamento.
-Come cosa c’è! - ripetei. 
-Dai, mica te la sei comprata? - 
-No, ma si da il caso che no ti voglia seduto vicino a me, Ikuto! -
Lui si portò una mano sotto al mento, impiantando i suoi occhi nei miei. 
-Ciò significa che pensi a me anche in un altro modo, Hinamori.. - tentò lui. 
Io spalancai la bocca, completamente in panne, quasi come una macchina senza benzina, o come uno scrittore che cerca disperatamente qualche racconto a cui appellarsi, ma senza esito; dalla mia bocca mezza aperta fuoriuscì solamente una nuvoletta di fumo condensato di aria calda. 
-Vedi Amu, allora... veramente provi qualcosa per me. - si disse, assolutamente convinto. 
-Non dire cazzate Ikuto! - 
-Non dico cazzate Amu, sono sincero. Tu mi ami, ma lo nascondi. Sono certo di questo. - 
Dall’espressione ancor più confusa Ikuto ne dedusse che aveva fatto centro. 
-Ami! Dobbiamo andare! - urlai a squarciagola ad Ami, che dall’altra parte del parco mi mandò un’occhiataccia assassina, e io non ebbi altra scelta che farmi ancora maltrattare da quell’idiota. 
-Idiota! - bofonchiai. 
-Ora sono io idiota? Non eri tu quella che voleva scappare? - 
-Io.. scappare, neanche per sogno! - 
-Bene, allora lascia che ti dimostri la mia tesi. - fece lui, mentre io lo guardavo perplessa, cercando di decifrare in quei pozzi scuri cosa avesse intenzione di fare; fu palese quando diminuì le distanze, e per evitarmi la fuga, mi accerchiò la schiena, spingendo le nostre fronti le une contro le altre. 
Il pensiero che mi stava per baciare non riuscì a formularsi nella mia testa, che lui subito me le posò, incurante della presenza fanciullesca della mia sorellina, incurante del freddo, del fatto che io non volessi, incurante che dopo gli avrei dato uno schiaffo, perché ormai non lo potevo più fare, ero inerme, a causa sua, ma ero agitata perché ciò che provavo ora si concretizzava sulle labbra di Ikuto, nel nostro primo bacio, in mezzo a tutta quella neve. 








**Angolo della Love** 

Piaciuto? Questa prima raccolta è dedicata alla mia coppia Ikuto-Amu ovvero Amuto.
E scusatemi se sono stata sintetica, ma dovevo purtroppo.. adesso vi lascio. 
Spero di ricevere qualche recensione per questo schifo, bacioni e a presto.
~Love


 

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Capitolo 2
*** secondo momento: sbronza ***


                      Secondo momento
                                                                      ~sbronza notturna





<< Ehi Amu! >> 
Una voce abbastanza allegra e energica si levò al cielo dietro alle mie spalle, tanto che mi girai per osservare la figura alquanto snella di una appartenente ai guardiani, che riconobbi essere Yaya. 
<< Yaya! >> esclamai, vedendola frenarsi improvvisamente che si alzò un po’ di polvere e mi parve di vedere del fumo a seguito del forte sfregamento fra le suole e l’asfalto. La esortai a respirare a fondo prima di parlare, la vidi piegarsi leggermente in avanti, con un movimento convulso del busto e una volta concluso si alzò. 
<< Buongiorno, innanzitutto >> le dissi, avevamo persino dimenticato le buone maniere?
<< Giusto, Amu. >> ammise dispiaciuta. << Buongiorno! >> 
<< Bene, come mai correvi così tanto? >> le chiesi, sviando il discorso da tutt’altra parte. 
<< Oh, volevo avvertirti di una cosa... >> cominciò. << Aspetta, non ricordo cosa però. >> 
<< Va bene, Yaya. Pensaci con calma e mi fai sapere. >> dissi io. 
Yaya si portò una mano alla tempia, in silenzio, per cercare di ragionare con calma sulla questione che si era - momentaneamente rimossa - dalla testa, visto tutta quella fatica che aveva messo in subbuglio la sua memoria. 
<< Dai, non fa niente. >> ripetei pacata. 
<< No, Amu! Sono certa di star per ricordarmelo. >> proferì con un certo bagliore di determinazione nello sguardo, e io di certo non potei aggiungere altro, se non starmene ferma, a pochi passi dal cancello, vedendola rovistare con entrambe le mani nella sua borsa, in cerca di qualcosa di importanza rilevante. 
<< Trovato! >> esultò, e vittoriosa sventolò il suddetto foglio stropicciato. << Allora... >> 
<< Ma scusa... cos’è? >> la interruppi. 
<< Un promemoria. Lo ha scritto Tadase, nel caso in cui mi fossi dimenticata di ciò di cui volevo parlarti. >> 
<< Bene. >> mormorai, facendole cenno di leggere ciò che vi era scritto. 
Yaya lo aprì, e ne lisciò gli angoli davanti al mio volto curioso, per poi iniziare ad intonare con enfasi. << Si comunica che stasera, a casa di uno dei guardiani, si terrà lo Champagne Party e che tutti sono tenuti a partecipare. Firmato King Tadase. >> finì, chiudendo velocemente la sottospecie di promemoria. 
Io rimasi molto confusa, non avevo mai partecipato a un simile party né tantomeno ne avevo visto uno. 
<< Ehm, non ci ho capito assolutamente niente. >> le riferii. 
<< Perfetto. Vuoi che te lo spieghi? >> 
<< Se puoi sì. >> 
Yaya si dispose la cartella sulle spalle, mettendo su un’aria quasi da snob. 
<< Si tratta di una festa, che è famosa solo tra noi guardiani, e non la conosci perché è stata una novità che abbiamo introdotto l’anno scorso, e tu non facevi ancora parte dei guardiani come Jolly. >> 
<< Ma non mi hai detto niente sullo svolgimento. >> la rimbeccai. 
<< Aspetta! Come sei ansiosa! >> continuò, e io dovetti restare in silenzio, perlomeno finché non finiva la spiegazione. << In questa festa ci sbizzarriamo con tanti giochi, e in più beviamo. Kukai porta una o due bottiglie di champagne, mentre Tadase l’anno scorso si è preso una bella sbornia... dovevi vedere. >>
Iniziai a immaginare sporadicamente le scene di un Tadase spodestato della sua regalità, fuori di testa, con uno scadente senso dell’umorismo, e mi venne da ridere. 
<< Amu, ti prego non dirglielo altrimenti mi mangia. >> 
<< Tranquilla Yaya, sarò una tomba. >> 
<< Non credo che Tadase voglia una nuova sbornia questa volta... >> pensò Yaya. 
<< Penso di sì. >> assentii, ma poi mi sorse un profondo dubbio che aveva iniziato ad avanzare dentro di me, come una sorta di presentimento. << Yaya, dove si organizzerà questa festa? >> 
Lei mi guardò con occhi penetranti, spingendosi più verso al mio viso. 
<< Mi sembra ovvio. >> 
<< Cosa? >> mormorai. 
<< Da te. >> fu la risposta. 
Io scattai come una molla a pressione, avventandomi su di lei, mentre la piccola guardiana si faceva scudo con una mano, frenando la mia ira omicida. << Ma come ti viene in mente! >> le urlai. 
<< Perché? >> domandò. << Sarà divertente. >> 
<< No, affatto. >> dissi di nuovo in risposta. <<... Ti è passato per la testa che i miei al vedermi con tutte quelle bottiglie - anzi più propriamente al vederci - commetteranno un omicidio - propriamente il mio- ? >> 
<< Perché ripeti sempre propriamente? >> 
Io rimasi in silenzio, conscia di non saperle dare una spiegazione esaustiva. 
<< Sono nervosa, perciò. >> mentii. 
<< Rilassati. >> esclamò la guardiana. << I tuoi dovranno uscire... e tua sorella Ami... se la porteranno dietro. Vedrai, non ci scopriranno. >> 
<< E questo tu lo chiami piano! >> replicai. 
<< Mi è venuto in mente soltanto questo. >> 
<< Al massimo verrò messa in punizione per un anno o due... >> 
<< Andrà tutto bene. Fidati. >> cercò di dirmi Yaya, ma ciò non faceva altro che invigorirmi il timore. 
<< Sì io mi fido, però.. non so fino a cosa potrà arrivare l’ira dei miei. >> 
<< Oh, Amu. Sta calma, sarà un party spettacolare! >> esclamò, saltellando come un coniglietto. 
<< Facile a dirsi... >> mugugnai, imbronciata. << Sarei stata fortunata solo ad essere messa in castigo. >> 
Yaya non mi stava più ascoltando, era entusiasta della festa che si sarebbe tenuta - per forza - a casa mia, ma non aveva più dato peso al mio rifiuto, e io quindi ero stata purtroppo costretta a partecipare allo stupido piano per andare incontro alla mia grande morte senza dolore. 


** 

La festa si sarebbe tenuta alle otto, da me, come si era deciso, o almeno come aveva deciso i guardiani. 
Per mandare via i miei avevo acquistato dei biglietti al cinema, sarebbero stati occupati con un film romantico e si sarebbero portati appresso anche la mia sorellina minore. Alle sette e mezza se ne erano andati. 
Ero rimasta in casa da sola, a preparare tutto per la festa, e intanto i miei Shugo Chara mi svolazzavano intorno.
<< Amu, sei sicura? >> iniziò Ran. 
Io alzai lo sguardo al cielo. Non ero molto convinta che ne sarei uscita incolume. 
<< A dir la verità, ho paura. >> dissi io, sospirando. 
<< Allora perché non hai detto a Yaya di fare la festa da un’altra parte. >> intervenne Suu, con tono dolce. 
<< Perché? A quella pazza di Yaya non puoi negare nulla. >> 
<< Ma scusa Amu, non era difficile dire che non potevi. >> tentò di nuovo Ran. 
<< Capitemi, non ho mai avuto amici ragazze. Adesso invece ne ho e me li voglio godere. >> 
Era la prima volta che mi svestivo del mio ruolo di fredda e cinica, adesso volevo provare ad essere la me, che anche quel gattaccio pervertito conosce ogni mio lato, anche quello più negativo, e nonostante io provi ad odiarlo qualche volta non ci riesco... ma adesso perché ad un certo punto mi metto a pensare a lui? 
Scossi la testa. 
<< Basta devo concentrarmi! >> esclamai ad alta voce. 
<< Concentrarti? >> ripeté Miki, aludendo che stessi pensando a qualcuno che non fossero gli amici. 
<< Sì, per la festa. Che avevate capito? >> domandai, mentre le mie guance prendevano a divenire rosse. 
<< Avevamo capito che nella tua testolina stesse vagando un nome che iniziava con “I” e finiva con “O” >> mi canzonò Ran, mentre io riabbassavo lo sguardo al pavimento, e mi allontanavo dal divano per riporre qualche bibita non analcolica nel frigorifero. Attesi una mezz’ora prima dell’arrivo dei miei amici guardiani, vi era anche i vecchi come Kukai, e i nuovi come Kairi e Rima; giunsero alla porta portandosi appresso una scia di sorrisi, Kukai aveva in mano una busta pesante ricolma di bottiglie di vetro del migliore shampagne, mentre Tadase era pacato e silenzioso come suo solito, accompagnato da Kiseki e da altri Shugo Chara, che si andarono a ricongiungere volando assieme agli altri miei quattro, sopra le nostre teste. Ci disponemmo a cerchio, in salotto; Kukai colse l’occasione di proporre qualche gioco per animare la festa. 
<< Allora ragazzi, cos’è una veglia funebre questa? >> 
Rima si riscosse. 
<< No! Kukai... facciamo qualche gioco. >> poi ci guardò a uno per uno. << Che ne dite ragazzi? >> 
<< Per me va benissimo. >> avanzò frizzante Yaya, alzando il il pollice all’insu. 
<< Tadase? >> lo chiamò Kukai, dandogli una forte gomitata nel costato. << Avanti, principino. Stasera ti voglio vedere ballare la samba sui tavoli come all’altro party quando ti - >> ma il principino ci mise una mano sul volto, evitandogli di concludere la frase, tanto che a quella pressione Kukai stava quasi per rimetterci le penne. 
<< E tu Amu? >> mi interpellò Rima. 
<< Scegliete voi. Io non ci gioco con questi giochi da bambinoni. >> mi mantenni fredda, come mio solito. 
<< Dai, Amu. Anche a te voglio vederti in qualche danza. >> ammise Kukai, regalandomi una strizzata di occhio. 
Io deglutii, profondamente imbarazzata. Il discorso sul gioco da scegliere proseguì, finché a Nagihiko non venne un’idea davvero fenomenale, per scogliere quel torpore funesto. 
<< Ragazzi, che ne dite di obbligo o verità? >> 
<< Sì, io ci sto! >> proclamò Yaya. 
<< Anche io. >> fece Kukai. 
<< Se ci giocate voi, ci gioco anche io. >> si fece coraggio Kairi. 
<< Sì lo ammetto, sembra divertente. >> mugugnò Tadase. 
Kukai gli si avvicinò paurosamente all’orecchio. << Ottima situazione per dichiararti. >> 
Il biondo sembrò morire, e assunse un’espressione strana, divenne pallido come un cadavere, con gli occhi fuori dalle orbite, lanciando ochiatacce di fuoco a Kukai, ma cercò di mascherare tutto con una grossa risata isterica. 
<< Guarda che se lo dici di nuovo ti ammazzo. >> 
Si decise di iniziare con obbligo e verità. Si dispose una bottiglia che aveva appena finito Kukai, già leggermente brillo, e si iniziò a farla girare in senso orario e antiorario; la prima scelta fu Tadase. 
<< Obbligo o verità? >> gli chiese Kukai, trattenendo fra le mani una nuova bottiglia. 
<< Verità. >> scelse l’interessato. 
La bottiglia riprese a girare, questa volta nella mia direzione. 
<< Ah, Amu! >> esclamò Kukai. 
Tadase deglutì, cercando di pensare con lucidità alla domanda da pormi, sperando non fosse stupida. 
Prese un respiro moltom profondo, poi mi chiese. << Che cosa provi per... me e cosa invece per Ikuto? >> 
Silenzio. Nella stanza calò un tacito silenzio, mentre Rima e Yaya mi scrutavano. 
Mi sentivo braccata, se avessi parlato probabilmente avrei detto solo ed esclusivamente la verità che da un po’ di tempo non faceva che ossessionarmi. << E-ehm... cosa provo per te? >> ripetei nuovamente. 
Tadase scosse il capo. 
<< Ma non era giusto! >> sancì Kukai, ora completamente andato. 
<< Cosa? >> 
<< Una sola domanda, Tadase. Non due! >> lo rimproverò. 
<< Le conosco le regole, e so che posso porle più di due. >> 
<< Ora tocca ad Amu rispondere. >> proclamò serio Kukai, dirigendo il suo sguardo sul mio, completamente travolto dalla confusione e dal timore di dire qualcosa che potesse ferire il principe; incapace di porgli una risposta corretta, decisi di rifugiarmi nell’unica bugia che sarebbe stata innegabilmente vera. 
<< Ragazzi, prima di rispondere.. posso andare in bagno? >> 
Kukai alzò un cipiglio. 
<< Non vuoi rispondere Amu? >> 
<< Vado in bagno e torno. >> continuai, alzandomi in piedi, e correndo via come rincorsa dai fantasmi, sulle scale, per dirigermi nella mia stanza. Questo voleva dire solo una cosa, o che non avevo che da dire perché non volevo ammetterlo, o che ero troppo spaventata per dire a Tadase che non ero interessata a lui, ma a un altro, e mi ponevo la prerogativa di non volergli fare alcun male. Quando mi fermai ai piani superiori, mi richiusi dolcemente la porta della mia camera, lasciandomi scivolare con cautela, appoggiata ad essa, con gli occhi socchiusi. 
<< Non posso scappare così. >> mi dissi, mascherandomi il volto con la mano, riversa sulle ginocchia. 
<< Non devo scappare, devo affrontarlo e dirgli ciò che sento per - >> ma mi fermai, perché avevo notato una cosa strana, dinanzi a me, e quella cosa mi fece issare in piedi, per avvicinarmi. << Ma... un momento.. >> 
La porta che dava sul balcone sembrava essere stata aperta. Non era del tutto chiusa, qualche centimetro aperta, ma che permetteva a un uomo di aver accesso molto facilmente. << Ma si può sapere chi è entrato qui? >> mi domandai, e il pensiero che fosse entrato qualche ladro mi fece trasalire. << No! Devo recuperare qualcosa per colpirlo. Io devo... eh.. >> indietreggiai di qualche passo, e mi girai, trovandomi a guardare con una certa perplessità in volto un ragazzo che si infiltrava sempre nella mia stanza - e nel mio letto - senza il mio permesso. 
<< Tu da dove sbuchi! >> gli urlai. 
Lui si tolse le mani dalle tasche del pantalone. 
<< Ho violato il tuo domicilio, Amu? >> 
<< Uhm, non dovresti essere qui Ikuto! >> 
Era Ikuto, e quella sera era forse più bello di tutte le altre volte. 
<< Perché? >> domandò, ma poi ci pensò su. << Ah, giusto... i tuoi amici guardiani sono qui. >> 
<< Esatto! Vattene. >> gli ordinai, facendo segno alla porta del balcone. 
<< E se io non volessi? >> 
<< Devi, Ikuto! >> gli urlai più forte. 
<< Che peccato.. non ho alcuna intenzione di abbandonarti e lasciarti andare a quella stupida festa. >> fece lui, con evidente faccia tosta. Solo dopo poco, notai oltre ai suoi magnetici occhi ametista, la presenza nelle sue mani di altre dieci bottiglie di champagne pregiato. << Ora solo noi festeggeremo. >> mi si avvicinò, spingendomi forzatamente nella parte dell’armadio.
<< Fammi uscire, o ti denuncio gattaccio! >> 
<< No. >> rispose lui, chiudendo l’anta. << Ora non fare storie, confettino viziato, e beviti queste. >> 
Mi mostrò due bottiglie di champagne; una era mia l’altra sua, voleva ubriacarsi e io dovevo seguirlo. 
<< No, sono astemia. >> 
<< Ti assicuro che starai benissimo dopo questi sorsi. >> mi assicurò, iniziando a bere. 
Non potevo fidarmi, ma i suoi occhi mi pregarono di farlo, ammiccante. 
Mi portai una bottiglia alla bocca, bevendo avidamente il contenuto dolciastro, però sapevo che a distanza di minuti mi avrebbe fatto male, ma nulla ormai importava in compagnia di Ikuto. Bevvi tutto, in un sol fiato, mi sentivo strana, libera, dannatamente sciolta del mio carattere insicuro, e lui di fronte a me si sdoppiò. 
<< I-Ikuto! Razza di pervertito, ti sei clonato? >> 
Lui si fece spuntare una risatina sulle labbra. Mi vedeva sbronza, e questo gli piaceva. 
<< Adesso, fammi uscire o ti denuncio veramente per disturbo alla mia quiete! >> 
Lui fece segno di no con la testa. 
<< Ma lo sai che sei.... >> mi portai lentamente dalla sua parte, anche se l’interno dell’armadio si destabilizzò sotto ai miei occhi; iniziai a portare una mano vicino al suo ciuffo e a scompigliarglieli con forza. << Oh come sono morbidi, credevo fossero duri. Non è così che sciocca! >> 
Lui sorrideva, anche se non riuscivo a captare altro che il nulla, visto che la testa mi girava come una giostra. 
Ikuto prese anche lui a diminuire la distanza, che ci era permessa, da quel piccolo spazio stretto, la cui maggior parte era ingombrata dai miei vestiti, e mi guardò negli occhi. << Amu? >> 
<< Siiiiiii? >> domandai, parlando in modo grottesco. 
<< Lo sai che mi piaci da sbronza? >> 
Io arrossi vistosamente, anche se pareva essere più una conseguenza del troppo bere. 
<< Che razza di scemo!! >> gli urlai, dandogli uno schiaffo, dietro la nuca che gli fece dondolare la testa. 
<< Anche da sbronza.... >> pensò lui, mentre intorpidita dallo champagne, mi abbandonavo sulla sua spalla, che poi lui sfilò da sotto, facendomi adagiare sul suo petto. << mi fai impazzire, Amu. >> 








** Angolo della Love** 

Ikuto ha fatto prendere ad Amu una bella sbronza avete visto quanto può essere perfido? 
Non immagino che faccia abbia fatto Tadase a non vederla tornare, ma gli sta bene! 
Viva Amuto. Grazie a chi mi segue, Love ~


 

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Capitolo 3
*** terzo momento: litigi ***


                          Terzo momento
                                                                             ~litigi


<> gridai al cielo fermandomi improvvisamente. 
Se qualcuno mi avesse notato del tipo “ma guarda quella pazza cosa sta combinando?” sì la pazza sono io in questo caso, probabilmente mi avrebbero detto di andarmi a ricoverare al più presto in una struttura adeguata, ma esiste una struttura per le ragazze innamorate?
Credo che non l’abbiano ancora inventata, per mia enorme sfortuna. Dovevo assolutamente dare un taglio a questo mio atteggiamento da bambina immatura, ho pur sempre sedici anni ormai. Immagino già cosa mi avrebbe detto quel gattaccio pervertito se sarebbe saltato all’improvviso. Mi avrebbe dato della matta, accompagnando quella parola con quella sua risatina snervante ma dannatamente sexy.
Aspetta, perché diavolo sto pensando a quel pervertito di Ikuto! Sento le guance andare a fuoco a poco a poco, lo stomaco attorcigliarsi e la mia mentalità andarsene a quel paese. Perché quando parlo di quel pallone gonfiato di un gatto il mio intero corpo reagisce di conseguenza? Lui è solo.. solo un semplice gatto nero che porta sfortuna a chi gli sta vicino, - come mi raccontò Tadase - eppure una piccola parte di me riesce a partorire così assiduamente la sua immagine ogni cinque secondi, senza stancarsi mai di osservare come un ebete i suoi profondi e misteriosi cherubini, il suo fisico statuario o la faccia tosta con cui osa farmi dispetti solo perché gli piace che mi arrabbi. Vogliamo parlare anche del suo strano modo di entrare in casa mia? L’ultima volta per colpa di quel gattaccio mi sono ubriacata, e non facevo altro che dire frottole ai miei amici dopo che lui mi aveva abbandonato nell’armadio della stanza. Spero solo di non aver detto nulla di tanto sconveniente a Tadase che lo abbia ferito, perché stamani ha insistito per parlare a quattr’occhi con me, e la mia mente ha cominciato a farsi i filmini nella testa: magari gli avrò detto che non lo amo, che sento lo stesso sentimento per due ragazzi che sono completamente l’opposto, oppure come al solito ho sputato fuori la mia dose quotidiana di menzogne. No! Perché? Dannato Ikuto, questa volta me la paghi sappilo! 
<< Amu! >> questa volta è Ran a distrarmi dal flusso incontenibile di pensieri, che in questo preciso momento si arrovellano nella mia testa come un disastroso grattacapo. Appena abbasso di poco la testa per risponderle: << Ran, cosa c’è?! Sto pensan- >> le parole mi muoiono in bocca, come tutte le volte che lo vedo avvicinarsi con la grazia che ostenta in ogni singolo movimento compiuto che lo avvicinano a me. Il principe sta venendo nella mia direzione, e questa volta correndo. Mi blocco, mentre i miei shugo chara fanno le loro solite congetture sulla mia testa. 
<< Secondo me si dichiara! >> esclama Suu con gli occhi che le brillano, perché lei è molto romantica, come del resto lo sono anche io, ma non supero di molto il limite delle sdolcinatezze... con Ikuto sopratutto questo non succede mai. Tra di noi non esiste la dolcezza, il romanticismo che una normale coppia potrebbe aver... aspetta, ho detto coppia! 
<< Sì, con tanto di proposta di uscire insieme stasera. >> continuò Dia. 
<< Magari con un mazzo di rose rosse! >> s’intromise Miki. 
<< La porta a cena forse, oppure al cinema. Tadase è davvero un romanticone! >> esclamò Ran mostrandosi molto “espansiva” nel dirlo. Intanto che il principe si avvicinava a passo spedito lanciavo alle quattro sguardi carichi di odio, che loro afferrarono al volo smettendola di spettegolare in mia presenza. Quando il teatrino finì iniziai a pensare a un modo per evitare quella conversazione, ero brava a inventare menzogne per risolvere i pasticci, ed ero perfettamente capace di mentire a me stessa sui miei sentimenti, quindi perché non avrei dovuto provarci anche con lui? Potevo inventarmi di non stare bene, Tadase è un tipo molto dolce e sempre disponibile ad aiutare i propri amici, e sa bene cosa fare per risollevare il morale delle persone, eppure il mio corpo non reagiva allo stesso modo, non avvertiva gli stessi devastanti sintomi. Quando stavo con Tadase le farfalle nello stomaco si calmavano, il rossore dimuiva e tornava il pallore, ed ero in grado di specchiarmi nei suoi occhi senza sentire il cuore palpitare con foga. Invece con quel gattastro il tutto diventava più complicato. Era come se non avessi controllo su me stessa, come se a un certo punto il mio corpo non rispondesse più. Non volevo provare tutte quelle cose per il nemico giurato di Tadase, ma questa storia va avanti da quando avevo solo dodici anni ed ero Joker nei guardiani, da quando Ikuto è entrato paradossalmente nella mia vita non sono più riuscita ad abbandonare questa sensazione. Mi perseguita, mi fa sentire colpevole perché sto iniziando a divenire consapevole di quello che il mio cuore sta cercando di farmi comprendere. Forse, è vero che un cuore non batte così tanto per tante persone diverse, ma solo per una, la più speciale. Purtroppo il mio cuore si è intestardito, e batte ultimamente solo al sentir proferire il nome “Ikuto” e io sto rischiando seriamente di impazzire a furia di reprimere ciò che vanamente spero sia solo qualcosa di passeggero. Qualcosa che a distanza di due, forse tre anni, cancellerò dalla mia testa, per vivere la mia vita tranquillamente come prima, ma finché Ikuto mi ronzerà attorno non ci riuscirò, e io voglio riuscirci! Io non sono innamorata di un gatto, il mio cuore e la mia mente non dicono la stessa cosa, ma io voglio ascoltare solo la mente, perché la strada del cuore è troppo pericolosa e imprevedibile, e ho paura che seguendola possa accadere qualcosa.
Che devo fare? Dovrei vivere la mia favola col principe Tadase, oppure in alternativa accettare quello che mi sta succedendo, accettando il fatto che sono destinata a quell’unica persona che mi fa battere tanto il cuore ogni volta... smettere di prendermi in giro, e accettare, rassegnarmi di essere innamorata di Ikuto? Non posso, Ikuto non è innamorato di me, e tra noi non potrà funzionare. Forse, è meglio. Io e lui apparteniamo a mondi diversi, siamo diversi, abbiamo prospettive e sogni diversi. Inoltre Ikuto non prova lo stesso, lui non fa altro che prendermi in giro ogni volta che glielo concedo, nei suoi occhi profondi e enigmatici non c’è nulla, non c’è quella scintilla che illumina i miei invece. Lui mi confessò che mi amava, che era innamorato, dopo che Tadase l’aveva fatto, solo perché non sopportava di essere stato battuto dal principe, non perché ci tenesse a me. Basta Amu! 
<< Amu... >> respira piano, cerco di comandare il mio corpo a reagire allo stesso modo, ma è tutto inutile. Le farfalle sono immobilizzate. 
<< Ciao T-tadase >> 
Non appena placa l’affanno per la corsa si alza e i nostri occhi si incontrano, ma non avverto nulla nemmeno questa volta. 
<< Volevi dirmi qualcosa? >> lo anticipo. 
Lui assume un’espressione basita, si starà chiedendo se è una coincidenza che io sappia di cosa mi parlerà. I nostri shugo chara ammutoliti assistono alla nostra scena, che ora è diventata imbarazzante visto il silenzio che si può fendere con il coltello tra di noi. Nessuno dei due ha intenzione di parlare, chiusi nella propria barriera, con gli occhi abbassati, la colpa mia, la decisione sua.
<< Dai, Tadase... >> fa Kiseki, il suo shugo chara, stringendo il piccolo pugno, mentre Tadase pronuncia un flebile << Sì. >> 
<< Allora? >> lo incalzo incrociando le braccia al petto. Lui mi fissa serio in volto, mentre con i piedi ciondola da sinistra a destra, e poi viceversa. Scende un nuovo silenzio estenuante tra di noi. Un silenzio che mi impegno, senza volerlo, a prolungare dando ascolto nuovamente ai miei pensieri, alla mia testa, al mio cuore, come in un tribunale mentre io ero la reo confessa. Dovevo essere processata per tentato attentato al cuore del signor Tadase, resistenza al signor Ikuto e omicidio plurimo di cuori. Chi mi accusava aveva ragione. Ero una persona irresponsabile, orribile, che non trovava modo di vivere la propria felicità perché era chiamata a scegliere, ma la scelta era difficile e le sarebbe costata tanto. Dovevo scegliere se amare il principe puro, l’amico disponibile, presente, che le aveva in precedenza confessato di essersi innamorato di una sola parte di me, oppure se ero totalmente innamorata del ragazzo enigmatico, misterioso, completamente pervertito, che non faceva altro che ridicolizzarmi. La scelta era complicata, perché provavo troppi sentimenti, troppe emozioni che non avevano ancora un loro proprietario, ed erano destinati a non trovarlo mai. Solo che mi dovevo decidere, perché il mio cuore accettava un solo uomo, un uomo che avrebbe fatto parte per sempre della mia vita. Ikuto, freddo, insensibile, misterioso, oppure Tadase, timido, romantico e insicuro? 
Questo era il problema. 
<< Sai, quando abbiamo fatto quel party a casa tua.. >> 
Oddio, non starà per dire che gli ho blaterato qualcosa di sconveniente: del tipo sono innamorata di Ikuto, lo amo, e tu non sei niente per me Tadase. No, spero di no! 
<< Scusa.. per quello che ho fatto o per quello che avrò detto. >> 
Tadase mi ferma. << No, Amu non devi scusarti di nulla.>> traggo un sospiro di sollievo, non ammazzerò quel gattastro, ma se me lo ritrovo di fronte gliene canterò quattro. << Visto che non tornavi, io e i ragazzi siamo venuti a prenderti, e tu eri nell’armadio, da sola, a dormire con quattro bottiglie di champagne in mano. >> 
<< Come? Quattro! >> ne avevo bevute solo due, pezzo di idiota di Tsukiyomi se ti prendo ti distruggo davvero, sicuramente sarò sembrata un’alcolizzata. 
<< Sì. Quattro, ma tranquilla non hai fatto nulla di male. Hai semplicemente dormito, tutto qui.>> 
<< Ho detto qualcosa di strano? >> sussurro più a me stessa che a lui, imbarazzata. 
<< No. >> Tadase solleva le labbra. << Hai semplicemente dormito come un piccolo angioletto.>> 
<< Meno male.. >> porto una mano sul petto per calmare il mio cuore, che stava scalpitando da ore, per colpa di questa orribile faccenda della sbornia, causa legata sempre a quel gattaccio. 
<< Perché?>> mi domanda Tadase accigliandosi. 
Adesso che diamine gli vado a dire? 
<< Sai... quando abbiamo fatto quel gioco tu mi hai chiesto cosa provavo davvero. Se ero innamorata di te oppure di... >> non ho abbastanza fiato e coraggio per proferire il nome di quello stronzo sexy. 
<< Ikuto? >> conclude lui, mettendomi di fronte all’amara scelta. 
Abbasso gli occhi a terra contemplando le scarpe. 
<< Sì, ma era solo un gioco.>> sottolinea la parola “gioco” ma per me non è così; i miei sentimenti non sono frutto della mia banale fantasia, li avverto chiaramente dentro di me. Tadase si aspettava quella mia risposta che io non gli ho detto, o non gli ho voluto dare, perché in quel momento che tutti i nostri amici ci guardavano la confusione nella mia testa è esplosa distruttiva. Poi è successo quel che è successo, Ikuto si è presentato come a suo solito, con quelle bottiglie di champagne, e con un pretesto, persuadendomi, mi ha costretto a berle facendomi perdere completamente lucidità, e inoltre salvandomi da una situazione piuttosto confusa al piano di sotto. 
<< Per me, invece, non lo è Tadase. >> gli rispondo a tono, alzando di scatto il volto. 
Tadase mi guardò stranito, come se non mi riconoscesse più, perché credeva fosse l’effetto di un chara-change di Ran, Miki, Suu o Dia.. ma no, avevo deciso, volevo smetterla di nascondermi dietro una sporca bugia che prima o poi avrebbe scoperto, volevo aprire il mio cuore e confessargli il nome di chi aveva occupato il mio cuore per mesi, senza ripensamenti, senza sentirmi in colpa, perché solo essendo sincera il colpo che gli avrei inferto sarebbe stato meno letale. 
<< Da qualche anno ho iniziato a provare qualcosa che mai avrei pensato di.. insomma, provare per qualcuno, qualcosa che non è lontanamente spiegabile, che va oltre la comprensione umana... >> mi interruppi solo per osservare la mimica facciale a quelle mie parole, ma Tadase era serio e non sorrideva. La questione lo stava iniziando a preoccupare. << sento amore... amore per questa persona che mi ha sconvolto nel modo più naturale possibile, perché questa persona è entrata nella mia vita così all’improvviso che non ho potuto evitare di conoscerla.. >> sentivo gli occhi pizzicare, ma non volevo piangere, non potevo essere debole ai suoi occhi. <<... Tadase non voglio ferirti.>>
Lui si perse con lo sguardo nel vuoto, poi oscillò con la testa, e disse << Va bene.>> 
Aveva capito? Aveva capito quello che gli sto per dire? Non poteva essere vero... 
Lui adesso aveva capito, in cinque secondi, quello che io non avevo capito in quattro anni interi in cui ho avuto quel gattastro tra i piedi! Improvvisamente mi sento in colpa, se la terra potesse inghiottirmi vorrei lo facesse, scenderei all’inferno e mi farei un giro assieme a Caronte sulla sua barca, ma sono sicura che i miei peccati non corrispondano a nessun girone. Finirò dritto in fondo alla lista. Abbasso lo sguardo, il terreno mi sembra l’unica cosa che mi interessi in questo preciso istante. 
Le mie quattro shugo chara si sono sbellicate dalle risate, ma per me questa è una vera e propria tragedia: sono proprio una cretina e lui ha capito, ha fatto due più due, amo quel dannato Ikuto
<< Non preoccuparti, Amu. >> finalmente parla, ma non mi alleggerisce il peso che sento.
 Non proferisco alcuna parola, finché alle mie quattro shugo chara non si aggiunge un quinto, che ha le sembianze dello shugo chara della mia incudine quotidiana, Yoru. 
<< Ciao! >> 
<< Yoru. >> dicono all’unisono le mie tre shugo chara. 
<< Che ci fai qui? >> chiede Ran, seccata con lo shugo chara dalle sembianze di gatto. 
<< Non vi deve interessare. Io e Ikuto... >> 
<< Ikuto! >> esclamo, quasi contenta di poter pronunciare il suo nome con una vivacità così palpabile, che sconvolge non poco il mio amico Tadase. 
Yoru si imbroncia. << Ci sei anche tu?>>
Improvvisamente alle mie spalle compare l’innominabile persona dei miei incubi. 
<< Amu.>> mi chiama, e la sua voce profonda mi trapana il petto con violenza inaudita, e le farfalle riprendono a vorticare per tutto lo stomaco, ma cerco di ignorarle, devo ignorarle. 
Mi volto a rallentatore. La luce del sole gli illumina gli occhi blu notte, il suo fisico slanciato lo fa somigliare a un atleta, ora più che mai, visto che ha ventuno anni, e al mio confronto lui è un uomo. Spalanco la bocca, quando il mio sguardo finisce sul suo petto muscoloso, coperto con una camicia azzurra. La mia mente continua a partorire incessantemente pensieri non poco casti su di lui. Cerco di allontanarli scuotendo il capo, mentre lui ghigna con il suo sguardo che ha il potere di sciogliermi come un ghiacciolo. << Lo sai, Amu? >> si avvicina, inizio a sudare freddo per un mix di emozioni che si confondono facilmente nel mio corpo. Si ferma improvvisamente a distanza di sicurezza. 
<< Sei così.. >> si interrompe per guardarmi meglio. I suoi occhi, i suoi occhi così tenebrosi mi spogliano della mia sicurezza, scendono in me e sviscerano ogni mio pensiero, mentre di lui non so niente, non so cosa vuole, cosa ardentemente desidera per sé, e questo mi manda in bestia completamente. Vorrei poter leggergli gli occhi come fa lui come me, scoprire e indagare a fondo ogni suo punto debole, ogni suo piccolo momento di debolezza o di profonda amarezza, invece lui era un vero arcano. Questo riusciva a spingermi a continuare nonostante i miei continui fallimenti. 
<< Così.. >> si avvicinò fino a sfiorarmi il naso, ma poi si ritrasse come un gatto a cui qualcuno ha pestato la coda. << ridicola! >> finì, mentre con un tonfo sprofondavo nella mia delusione. Però sapevo rialzarmi in fretta per non dargli alcuna vittoria. 
<> lo rimbeccai. 
<< Sei così prevedibile, confettino.>> mi accusava di non essere un divertimento per lui, perché mi dovevo invaghire di un cattivo ragazzo? Perché i cattivi ragazzi sono dannatamente pervertiti, era la risposta che la mia testa mi rivolgeva, ma non era sufficiente. Non potevo innamorarmi di uno come Tadase? No, dovevo innamorarmi di Ikuto, arcano per natura. Una natura di gatto. 
<< Cosa diamine facevi qui! Mi segui per caso? Guarda che potrei denunciarti per stalking! >> 
Ikuto non sembra toccato dalle mie parole, e continua a sollevare i bordi delle labbra. 
<< Passavo da queste parti e vi ho visto.. >> alludeva a Tadase. 
<< Ikuto. >> lo salutò Tadase, ma l’atmosfera intorno a noi stava diventando irrespirabile, al pari del vecchio far west, quando i due a un certo punto recuperavano la pistola per puntarsela contro e sparare, mentre io stavo nel mezzo tra incudine e martello, tra il ragazzo che mi era piaciuto anni fa e il ragazzo di cui adesso mi scoprivo invaghita. 
<< Ah, ci sei pure tu principino. >> lo derise, e Tadase si controllò per non fare la chara trasformation e dargli addosso come suo solito, perché non digeriva la sua aria da strafottente, e poi perché non solo era stato nemico giurato, uno dei membri più pericolosi della Easter nella caccia di uova x, ma anche perché... era suo nemico in amore, visto che il mio cuore pareva destinato ad essere abitato da due uomini. Ikuto e Tadase, facce opposte della stessa medaglia, eterni rivali, e quasi fratelli. 
<< Ikuto.. ci stavi spiando? >> 
<< Non mi metto ad ascoltare... le discussioni degli adolescenti. Ho di meglio da fare. >> 
Adolescenti? E lui, lui era un uomo già? Improvvisamente neanche io iniziai a digerire i comportamenti così strafottenti di Ikuto riferiti a Tadase che era già a un passo dalla guerra. 
<< Guarda il super uomo! >> mi intromisi. 
<< Sì, piccola. Siete solo due adolescenti, ho per caso interrotto qualcosa? >> iniziò a sorridere beffardo, si credeva chissà chi, ma in realtà amava ancora giocare con i gomitoli di lana come un bambino gioca con le palle di neve.
<< Non hai interrotto niente. >> proferì a denti stretti Tadase.
<< Oh, scusa principino! >> fece una faccia sorpresa. << Forse Amu si stava... dichiarando? >> 
Ricevetti un pugno nello stomaco talmente forte, che a stento rimasi in piedi fra di loro. Un dolore tremendo causato dalla strafottenza con cui lui aveva il coraggio di calpestare i miei sentimenti, i miei sentimenti su di lui che erano cambiati, si erano incrementati col tempo, ma lui era un gatto, e un gatto non dava peso a certe cose, alla gentilezza.. lui non sapeva nemmeno cosa fosse! 
Il mio volto si contrasse in una smorfia di dolore. Una singola lacrima solcò le mie guance pallide. 
<< Ikuto.. cosa diamine dici... lei in realtà.. >> Tadase si fermò, mi guardò. << Sei uno stronzo, sai! >> 
<< Ma guarda? Il principino che difende la sua principessa... oh, che romanticone! >> 
Un nuovo pugno nello stomaco assestato a tradimento. Questa volta le lacrime non sfuggirono via.
Non volevo dargli questa soddisfazione di vedermi afflitta dal suo comportamento, dovevo mostrarmi indifferente alle sue frecciatine da gattaccio... ma in realtà ci soffrivo, ci soffrivo così tanto che avrei voluto inginocchiarmi a terra e scoppiare a piangere per sfogare la mia rabbia. 
<< Ikuto, ora smettila! >> gli gridò perentorio Tadase, dopo aver visto come calpestava il mio cuore sanguinante di dolore. 
<< perché dovrei? La tua ragazza è così debole che non sopporta delle misere frecciatine? >> continuò. << Amu, non ti credevo così pappa molle in certi casi. >> poi cominciò a ridere di gusto a queste sue ultime parole, e per poco non morivo annegata dal mio stesso risentimento. 
Tadase strinse i pugni fino a far diventare le nocche delle mani pallide. 
<< Ora vuoi fare a pugni con me, ragazzino? Hai bisogno di molto tempo per difendere l’onore di Amu. >> non mi ero mai sentita così colpita senza che lui mi toccasse fisicamente. Mi aveva distrutta, mi aveva lacerato il cuore con tutte quelle frasi dette fuori luogo, mi aveva ferito, e mi ero stancata di sentirlo infangare così tanto Tadase e anche me. Corsi a fermare i pugni del principe che già fremevano, per evitare inutili lotte.
<< Tadase, ti prego, non ne vale la pena. >> gli sussurrai, e lui sussultò sorpreso. 
<< Ma Amu.. >> provò a ribattere, ma ancora una volta lo interruppi. << Tranquillo. >> 
<< Ma guarda... adesso Amu è più uomo di te, che cosa c’è non vuoi più difenderla? >> 
Ikuto rincarava la dose del mio odio, del suo odio. Perché lui doveva rovinare la sua reputazione dal mio punto di vista con questi suoi scatti strafottenti? 
Mi avvicinai, iniziando a battergli le mani con i nostri shugo chara che ci fissavano. 
<< Bravo! Complimenti, hai ottenuto il premio per il miglior stronzo che avevo in palio. >> 
<< Sei una bambina, dovresti crescere Amu. >> 
<< Cosa ne sai tu! Cosa sai quello che provo? Tu non sai niente! Non sai assolutamente niente, non conosci i miei sentimenti, pretendi con quello sguardo che ti ritrovi di conoscermi... invece non sai niente, sei solo un insensibile, uno stupido, rimarrai solo come giusto che sia! >> lo guardai con disprezzo mentre queste parole taglienti uscivano a fatica e delusione dalle mie labbra. 
<< Perché ti comporti in questo modo! Credi che io non abbia un cuore. Tu mi hai ferito, tu e le tue stupide insinuazioni su me e Tadase... Credi di sapere quello che provo, la persona che amo da tutta la vita, no.. tu non lo sai e non lo saprai mai, Ikuto! >> 
Mentre lo fissavo notavo un barlume di rimorso illuminargli gli occhi che tanto avevo provato a decifrare, sempre con scarsi risultati. Allungò una mano per prendermi il braccio, per calmarmi, perché poi se ne sarebbe uscito sempre con i suoi soliti scherzi da bambino, ma ora no, ora aveva finito di giocare. Non si poteva giocare sempre, c’era un tempo per ogni cosa, e questo era il tempo per capire noi stessi, capire ciò che sentivamo non per scherzare come un tempo. 
<< No, Ikuto lasciami il braccio. >> lo intimai. E lui mollò la presa. << Io e te.. non siamo niente, e mai lo saremo. Non voglio più avere a che fare con uno come te. >> lui sembrò trasalire, ma poi cercò di mostrarsi indifferente. << É finita Ikuto. Anche se non è nemmeno iniziata. >> mi allontanai da lui, scappai dai miei sentimenti, scappai dalle sue braccia, dal suo petto e dalla sua protezione trascinandomi dietro Tadase, mentre morivo dentro spegnendomi poco a poco come una luce fioca. 
Lo dimenticherò, per sempre









Torno con un terzo momento molto triste, il momento del litigio, di un addio o un arrivederci piuttosto sofferto da parte della nostra Amu, non credete? Ma come ben sappiamo, Ikuto ama Amu, ma per vederla felice è capace di fare ogni cosa, persino di lasciarla in modo traumatico, o ferirla, o ferire quel principino di Tadase.. Cosa succederà? Tadase sarà la chiave perché Amu e Ikuto si rimettano insieme e capiscano reciprocamente che non posso stare lontani l’uno dall’altra, ovviamente.. il quarto momento è ancora in progettazione, ma sono aperta alle vostre domande, ai vostri interrogativi, alle vostre recensioni e ovviamente alle vostre idee: la AMUTO deve fare pace, secondo voi? 
Aspetto come sempre le vostre recensioni e ringrazio Bebe e Blue Passions per le splendidi recensioni, e perché puntualmente si preoccupano anche del perché non aggiorni, e grazie a chi vorrà leggere questo nuovo capitoletto! 

Stay Tuned, Love.





                                                                                                                                                                 



 

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