I Boanegers e il Figlio del Tuono

di LatazzadiTea
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima parte ***






"Nell'oscurità più profonda di una foresta nella notte, una donna correva con il figlio appena nato in braccio braccata dal nemico, e da un branco di lupi affamati. I nemici all'inseguimento erano gli uomini del principe Yarikh, nuovo sovrano di Ydalir e zio del bambino! " esordì l'uomo con voce altisonante.

Seduto davanti al fuoco; raccontava agli astanti una delle leggende più conosciute della sua terra, d'altro canto: Garreth il viandante, era un Cantastorie e quello del raccontare era ciò in cui certamente, riusciva meglio. Intorno a lui si erano radunate molte persone intente ad ascoltare l'epica narrazione, i più attenti e spaventati erano proprio i bambini, il suo pubblico preferito. Li guardò soddisfatto, il suo intento era proprio quello, e dopo aver ingerito un buon sorso di liquore, lo sputò sul fuoco che fiammeggiò in alto, stupendo gli astanti e rinvigorendo in loro l'interesse, così lui: continuò a parlare.

"Il vecchio Re di Ydalir era morto dopo una lunga malattia proprio il giorno della venuta al mondo del suo unico erede. Così, pur di ottenere il potere, Il fratello minore del sovrano ordinò che il bambino, che fosse un principe o una principessa, venisse ucciso subito dopo la nascita. La regina, messa al corrente dai i suoi più fidati consiglieri dei perfidi piani di Yarikh, dopo aver partorito un maschio, fuggì dal castello per salvare il figlio dalla furia dello zio, che anelava al trono di Ydalir, più di qualsiasi altra cosa! " aggiunse.

"E poi, cosa succede alla regina? E al bambino, e ai lupi e... al principe cattivo?" domandò uno dei bambini più piccoli.

"La regina fu raggiunta dai lupi mentre fuggiva nella foresta, stremata inciampò e cadde a terra, restando in balia del branco affamato. Disperata e col bambino ancora attaccato al seno, la donna s'inginocchiò iniziando a pregare! " rispose il Cantastorie.

"Oh grande dea Lilitù, madre di ogni fiera creatura della notte, ascolta la mia preghiera. Darò il mio corpo in pasto ai tuoi figli, i lupi, per saziare i loro piccoli nascosti nelle tane, ma in cambio, ti prego... risparmia il mio bambino, il mio unico figlio! " continuò l'uomo, assottigliandosi la voce.

"E che fece la dea, Garreth?" chiese una delle donne che lo ascoltava.

"La dea sbucò fuori dalle fitte nuvole tempestose, portate da Tongen il dio del fulmine e del tuono. Lottò ferocemente contro di lui per poter favorire la giovane madre con la sua luce, ed esaudire il suo desiderio. Così nella lotta Lilitù litigò con Tongen, che alla fine le permise di risplendere sulla fitta foresta, ma ad una condizione: Lilitù avrebbe dovuto servirlo se il bambino o la sua discendenza non fossero riusciti a tornare sul trono del padre entro cinquecento anni. Lilitù acconsentì, ma anche lei pose una condizione... " Garreth riprese fiato, riportandosi il forte liquore alle labbra.

"Quale? Quale condizione Garreth? Parla, figlio di un cane!" esclamò imprecando, uno degli ascoltatori.

"Lilitù acconsentì, a patto che Tongen desse ai discendenti del bambino il suo potere. Tongen messo alla strette, diede il suo consenso e Lilitù esaudì la preghiera della regina. Ella come promesso, donò ai lupi il suo corpo e le bestie affamate dal lungo inverno, si saziarono delle sue carni... ma i lupi, dopo aver mangiato, caddero in un lungo sonno e al mattino, tutti si ritrovarono trasformati in uomini. Il capo branco, mosso a pietà raccolse il neonato a cui Tongen aveva donato i suoi poteri e lo adottò come fosse suo. Si narra da allora, che i lupi trasformati in uomini veglino sulla discendenza del bambino, che in una notte di luna piena divenne il figlio del fulmine e del tuono! " terminò il Cantastorie.

"E che torneranno ad essere lupi, il giorno in cui la discendenza del principe scomparso tornerà sul trono di Ydalir! " aggiunse un altro dei bambini.

I presenti, soddisfatti dall'avvincente racconto tornarono tutti alle loro case gettando le loro monete nel cappello del Cantastorie che però, dopo averle contate; rendendosi conto del povero compenso, imprecò.

"La prossima volta dovremo fermarci in un paese più grande, bastano appena per comprare un po' di viveri e il foraggio per i cavalli!" esordì tristemente Gideon, a capo di quella combriccola di strani personaggi.

"Non abbiamo più tempo, siamo vicini alla capitale ma fra due giorni la luna sarà piena, non possiamo rischiare!" sbottò contrariata Ruin.

La ragazza aggrottò le sopracciglia, quando percepì nel vento, l'odore del sangue.

"Siamo partiti in cerca del Figlio del Tuono sette mesi fa e ancora nulla... siamo agli sgoccioli lo sappiamo tutti, è frustrante non avere indizi." si lamentò Kain, l'elemento più giovane del gruppo.

"Venite, la zuppa è pronta!" esclamò Skady.

Fra le due uniche ragazze appartenenti alla comitiva, per via del suo talento culinario, Skady era stata nominata: addetta alla cucina.

Un pasto caldo però, non bastò a far tornare il buon umore fra i cinque giovani partiti alla volta di Midh Ghard, capitale di quel regno, dalla loro casa sulla vetta del monte Lok, in cerca del Figlio del Tuono di cui narrava la leggenda. Perché Gideon e Skaby della tribù dei Lupi Neri, Ruin e Garreth dei Grigi e Kain dei Rossi, erano gli ultimi discendenti dei lupi protettori del legittimo erede al trono di Ydalir.

In cerca del legittimo sovrano e del loro destino, avevano lasciato un luogo sicuro per avventurarsi, là dove fossero stati scoperti, incontro a morte certa.

Erano partiti alle prime luci dell'alba verso Dharim, una cittadina a tre giorni di cammino dal piccolo villaggio in cui la sera prima avevano fatto tappa, ma prima avrebbero dovuto trovare un posto sicuro in cui rifugiarsi. Doveva essere abbastanza lontano da qualsiasi centro abitato, perché la luna piena incombeva su di loro, luminosa e magnifica: la stessa luna che gli avrebbe fatto riprendere forma animale, anche se solo per una notte. I giovani Boanerges, così venivano chiamati gli appartenenti al loro retaggio, nonostante la giovane età avevano - a dispetto dei loro coetanei umani - già raggiunto la maturità fisica e mentale, e ognuno di essi sperimentato quello che il loro popolo chiamava, il Risveglio.

Ogni mese la loro madre, la dea Lilutù, li trasformava di nuovo in lupi, dando ai suoi figli il modo di ritrovare i veri se stessi, tornando alla natura a cui appartenevano. Ovviamente non a tutti era concesso, molti Boan si erano accoppiati con gli umani, mettendo al mondo una progenie impura e incapace di risvegliarsi pienamente. Quella mattina, mentre percorrevano una delle strade secondarie che portavano alla città per dare meno nell'occhio, Gideon e gli altri, incontrarono alcuni drappelli di soldati. Erano in marcia verso i confini di Ydalir per fronteggiare gli attacchi di alcuni ribelli agli stanziamenti di sorveglianza sulle Montagne Viventi, una catena montuosa che delimitava i confini fra le Terre Dormienti, abitate dal popolo Sibir e Ydalir. Ai piedi delle quali si estendeva una grande pianura, chiamata Valle delle Forche.

"Ci saranno molti morti sul campo di battaglia, potremmo approfittarne! " esordì Garreth, ostentando agli uomini che incrociava sulla via grandi sorridi.

"Siamo lupi, non sciacalli! " replicò Ruin disgustata.

"Non intendo mangiarli, se è questo che hai pensato. Quando i morti sono così tanti, vengono lasciati a marcire sul campo di battaglia. Fra loro, spesso ci sono nobili e ufficiali, ci sono famiglie disposte a sborsare grosse cifre per riavere il cadavere di un loro caro, oppure: potremmo depredare i nemici, la legge non lo vieta! " ribatté il compagno.

Gideon aveva annuito, era una soluzione infondo. la Valle delle Forche era abbastanza lontana, avrebbero potuto trasformarsi senza danneggiare nessuno ma poco dopo, mentre era immerso nei suoi pensieri, qualcosa istintivamente lo spinse ad alzare la testa. Proprio nel mentre, uno dei cavalieri gli passò davanti, incrociando il suo sguardo.

I fluenti capelli dorati; dai riflessi luminescenti, fuoriuscivano dal copricapo alato posandosi gentilmente sulle spalle e il piglio, acuto e fiero, sembrò trapassarlo come una scarica elettrica, benché fosse poco più di un ragazzo. Portava l'elmo aperto sul volto e gli occhi scuri, illuminati da lampi di luce: come quelli che attraversavano le nuvole in tempesta, lo fecero trasalire. Si sentì come tremare dentro, era la stessa sensazione provata il giorno in cui si era risvegliato la prima volta, quando in se, aveva sentito tutta la forza dell'universo esplodere inarrestabile, potente e magnifica, come la stessa energia primordiale che in origine, aveva dato vita alla terra a cui apparteneva.

Anche Garreth, quando lo vide, ne rimase colpito.

L' acerbo cavaliere portava i vessilli dell'Aquila sui paramenti della cavalcatura, l'armatura era nuova, fatta d'acciaio di Alviral ed era splendidamente decorata con smalti colorati e fregi in rilievo, inoltre, il candido e prezioso mantello: ricamato d'oro fino ai piedi, lo ricoprivano quasi interamente. Doveva essere certamente il rampollo di una nobile casata, pensarono tutti nel vederlo passare.

"L'hai sentito anche tu? " chiese Garreth sbalordito.

"Sì, l'ho sentito anch'io, è lui... è il nostro signore! " mormorò Gideon.

Stranamente la giovane aquila, si era girata verso di loro, e istintivamente, tutti gli s'inchinavano dinnanzi. Il cavaliere a sua volta, non riuscì a distogliere lo sguardo per molto tempo, mentre s'allontanava. Andava quasi certamente in incontro ad un destino oscuro quanto incerto, che forse, presto, lo avrebbe portato come loro, alla morte.

"Mi chiedo perché mandare un ragazzo così giovane, non è un usanza del nostro popolo. Non in uno scontro poco significativo, non c'è onore, né fama a scontrarsi contro un manipolo di banditi, ladri e straccioni, non ha senso!" esordì poco dopo, Garreth.

"Credo che lo scopriremo presto amico mio, se lui è chi penso che sia, allora abbiamo il dovere di proteggerlo! " gli rispose Gideon.

                                                                                             ***

Intanto, nella valle delle Forche, l'esercito nemico arrivato da oltre le montagne, si preparava ad attaccare.

"In alto i Vessilli vermigli! " gridò uno dei generali al comando della sua brigata di assaltatori. In particolare, uno di loro spiccava fra gli altri e veniva chiamato dai suoi compagni Al'dreth, il Frantumatore d'ossa.

Il giovane guerriero dai capelli candidi come la neve e gli occhi cerulei come il cielo della breve estate, della landa desertica dalla quale proveniva, era l'uomo più alto e forte del suo gruppo. Il corpo forgiato dalle innumerevoli battaglie a cui aveva partecipato, gli permetteva di muoversi nonostante la stazza, più velocemente di chiunque altro avesse mai incontrato.

Sentì le membra tese, come attraversate da una potente scarica di adrenalina prima di scattare verso il nemico difronte a lui, mentre i tamburi e i corni risuonavano alle sue spalle e il grido di battaglia dei suoi compagni riecheggiava nella Valle delle Forche, si preparò a combattere quella che sarebbe stata ricordata: come la più furiosa e sanguinaria battaglia mai avvenuta, fra il popolo delle Terre Dormienti di Sibir e il regno di Ydalir.
                                                                                           
                                                                                             ***

Gideon aveva guidato il carro per tutto il tragitto, mentre Garreth si occupava delle armi, Ruin e Kain, a cavallo, si erano posizionati ai lati. Imbracciando la sua balestra Skaby invece, fece capolino da dietro il barroccio per osservare meglio i dintorni nel caso sulla strada che percorreva le Fosse Ardenti, profondi strapiombi ai piedi della catena montuosa che costeggiava la Valle delle Forche e in cui venivano gettati ancora vivi i prigionieri di guerra, qualcuno li attaccasse.

Dovevano raggiungere le alte vette della montagna e attendere, la luna era quasi piena e presto si sarebbero nuovamente risvegliati. Come avevano previsto, si trattava dell'inizio di una vera e propria aggressione alle terre di confine da parte dei Sibir, per scacciare dai terreni coltivati e dalle proprie riserve di caccia, i contadini di Ydalir che vi abitavano. Il fragile trattato di pace fra i due popoli consisteva per lo più, in un pacifico tollerarsi a vicenda durante la stagione del raccolto. Le Terre Dormienti confinavano con Ydalir proprio là; dove erano più fertili, e spesso venivano sfruttate dai contadini del regno vicino. Durante i lunghi e gelidi inverni, davano agli abitanti di Sibir il poco necessario per vivere fino alla stagione della rinascita.

Nel corso della primavera e la breve estate, si riusciva a coltivare e cacciare a sufficienza, ma quegli ultimi due anni, i raccolti erano stati scarsi e il popolo aveva iniziato ad avere fame. A nulla erano valsi gli appelli del loro governatore al sovrano di Ydalir e così: essendo quello Sibir, un popolo forte ed orgoglioso, era esploso il conflitto. Il ricordo della barbarie e della spietatezza dei popoli delle Terre Dormienti in battaglia, non era stata dimenticata col tempo. Erano stati una stirpe sanguinaria e violenta in passato, forti della loro abilità nel combattimento, e favoriti dalla prestanza fisica dei loro uomini e delle loro donne.

La maggior parte dei Sibir era più alta e robusta del normale, tanto da valersi nomi come Massacratori di Dei o Giganti di Fumo. Persino i giovani Boanegers, discendenti dei lupi e abitanti del Lok: l'alta montagna dedicata agli dei Ydaliriani, sapevano bene che quei guerrieri avrebbero dato filo da torcere a Ydalir, nonostante avesse dalla sua parte un esercito ben armato e numericamente superiore.

Quella notte la grande madre di tutti i Boan si presentò in cielo più grande e splendente di quanto ricordassero e mentre i clamori della battaglia carichi di sofferenza e morte venivano portati in quel luogo sicuro ed appartato dal vento, i figli di Lilitù, la dea luna, ripresero la loro vera forma.

                                                                                             ***


Nel frattempo; nella valle, Al'dreth aveva combattuto per ore, uccidendo decine di centinaia di soldati nemici che come le onde del mare, avevano continuavano ad infrangersi su di lui e il suo esercito, riuscendo nuovamente a respingerli verso la loro terra. Senza remora alcuna si era gettato ancora nella mischia e loro avevano attaccato di nuovo, gettandosi su di lui come fameliche formiche. Quando finalmente riuscirono a sfiancarlo, i più valorosi fra i soldati di Ydalir lo sotterrarono sotto il loro peso, sacrificando la vita per riuscire a fermarlo. Il giovane generale finì a carponi, ma riuscì ugualmente ad alzare la testa e a vedere un minuscolo spiraglio sopra di lui da cui filtrava tenue, una luce calda ed azzurrina.

Attraverso quel groviglio di corpi ammassati su di lui, Al'dreth vide la luna. La loro madre era venuta a prenderlo pensò, per un attimo credette che quella, sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbe visto prima di raggiungere i suoi antenati e chiudere gli occhi per sempre ma improvvisamente, il corpo forte e robusto iniziò a contorcersi. Le ossa presero a deformarsi e a scricchiolare, ci volle qualche minuto e un inimmaginabile sofferenza per trasformare il guerriero in un grosso e minaccioso animale. Quando infine il dolore si tramutò in furia, gli artigli affilati dilaniarono le carni dei suoi nemici, e le aguzze zanne se ne saziarono a volontà. Un ululato spezzò il silenzio piombato nella Valle delle Forche, alla fine di quella sanguinosa notte di battaglia e alle prime luci dell'alba, non rimase quasi più nulla di vivo su quella terra fredda e inumidita dalla brina mattutina.

"Che puzza! Quest'odore è nauseante!" disse uno degli uomini addetti alla ricerca di superstiti fra le fila dei Sibir sul campo di battaglia.

"Sta zitto e continua a cercare, uccidi chiunque sia scampato dei loro, non possiamo permettere che si riprendano i feriti. Un Sibir morto è un Sibir in meno contro cui lottare! " gli rispose il compagno, che ne aveva individuato uno fra un ammasso informe di cavalli e cavalieri, orrendamente mutilati.

Alzò la lunga lancia e si preparò a dare il colpo di grazia quando il guerriero si mosse e una spaventosa creatura, dalle sembianze semi umane gli ruggì contro. Mentre l'enorme zampa gli staccava di netto la testa, facendola rotolare lontano, l'altro a poca distanza gridò e a detta di molti, quello fu l'ultimo terribile suono che si udì quel giorno, nella Valle delle Forche.

                                                                                           
                                                                                           ***


Gideon riaprì gli occhi ben oltre il tardo pomeriggio. Dopo la trasformazione, molti di loro non ricordavano quasi nulla delle notti trascorse come lupi, e lui non faceva eccezione. Gli altri suoi compagni si erano svegliati molto prima, infatti Skaby; era già intenta a preparare la cena.

"Gideon, dov'è Kain? Non è ancora tornato! " gli domandò Ruin preoccupa per il ragazzo.

"Non lo so... eravamo insieme nella foresta, ma poi ci siamo separati! " riuscì solo a ricordare.

Fortunatamente subito dopo, la giovane intravide il ragazzo avvicinarsi al loro campo, attraverso gli spuntoni frastagliati delle rocce in cui si erano nascosti.

Ma Kain, non era solo.

"Kain è un Sibir? Che diavolo credi di fare? " domandò Garreth, corso ad aiutarlo.

"No, è un Boan, è uno di noi! " ribatté l'altro, sedendosi a terra sfinito.

"Un Boan? Non è possibile, le tribù sono andate tutte ad ovest dopo la grande epurazione! " replicò Ruin.

"È un Bianco, guardate i suoi capelli, non è tornato ancora del tutto umano, si tratta di un risveglio recente. Guarda Gideon... ha ancora le orecchie ricoperte di pelo e il colore della sua pelliccia è candida, a parte il sangue. E i suoi occhi; sono azzurri! " disse sbalordito Garreth, sollevandogli le palpebre.

"Per la grande madre, un Bianco? Credevano fossero estinti, che fossero stati tutti uccisi durante la grande epurazione! " disse Skaby corsa ad ammirarlo.

"Legalo, metti un paio di manette di ferro a polsi e caviglie, e incatenalo. Quando si riprenderà sarà furioso. Dopo che sarà tornato in se, gli parleremo! " ordinò Gideon.

"Che hai? " gli chiese Garreth, notando l'espressione tesa sul volto dell'amico.

"Nessuno c'è ne aveva parlato, cosa faremo adesso? " rispose il giovane capo, profondamente turbato.

Certo non era preparato a gestire una situazione simile e Garreth ne intuì il disagio.

"Ci parliamo, come hai detto tu! Sulle prime non crederà ad una parola, ma gli dimostreremo che diciamo il vero! A seconda della sua reazione, decideremo il da farsi " disse l'altro, cercando di rassicuralo come meglio poteva.

Kain aveva raccontato ai compagni, che nella notte, si era allontanato dalla montagna e aveva chissà come, raggiunto il campo di battaglia. Non ricordava altro se non di essersi svegliato imbrattato di sangue a pochi metri di distanza dal Bianco, che fra immani sofferenze: stava riprendendo forma umana.

                                                                                             
                                                                                            ***


Al'dreth si era risvegliato di colpo, cercando di rimettere insieme i pensieri, ma dopo un istante si sentì malissimo e vomitò tutto quello che aveva nello stomaco. Un grido spaventoso mise tutti in allarme e Ruin entrò come una furia nella tenda dove il Bianco era stato portato. Il giovane Sibir era in piedi sopra il suo vomito; fatto di sangue e pezzi di carne e ossa alcune delle quali, chiaramente umane. La ragazza ebbe un tremito, lo guardò confusa e disgustata: avrebbe potuto vomitare a sua volta, ma si trattenne.

Capì dal suo sguardo terrorizzato e confuso, che il Sibir era completamente all'oscuro di tutto, e che non doveva avere la più pallida idea di cosa gli fosse successo. Inoltre le gridava contro in una lingua incomprensibile mentre lei, cercava disperatamente di farsi capire a gesti. Messi in allarme dalle grida del Sibir e dal silenzio di Ruin, gli altri infine la raggiunsero.

"Uscite! " ordinò Ruin, voltandosi verso di loro con fare minaccioso.

"Come sarebbe, che credi di poter fare, non parla nemmeno la nostra lingua! " sbottò Garreth, alquanto confuso da quella reazione.

La giovane Boan nonostante il freddo pungente, aveva iniziato a spogliarsi e Gideon seppur contrariato, obbligò tutti ad uscire dalla tenda. Anche temendo per l'incolumità della ragazza, decise di fidarsi dell'istinto e assecondare la compagna.

Al'dreth a quel punto si bloccò.

Era confuso, non ricordava nulla di ciò che gli era successo quella notte sul campo di battaglia, sapeva solo di essere ancora vivo anche se apparentemente, in mano nemica. Quelli che lo avevano preso prigioniero però, non sembravano appartenere all'esercito di Ydalir, così; quando la bellissima ragazza grigia gli si avvicinò nuda offrendogli il collo si tranquillizzò all'improvviso. Aveva un buon odore, pensò, mentre chino su di lei, l'annusava.

Era un profumo dolce ed eccitante, sconosciuto e famigliare al tempo stesso da cui si lasciò travolgere e nel quale, non percepì alcuna minaccia. Ruin senza pudore gli mostrò il suo segno, quello che li contraddistingueva dagli esseri umani e che tutti i Boan possedevano fin dalla nascita, lei lo aveva poco sotto il ventre, all'altezza dell'inguine. Poi senza timore, certa d'aver dato un chiaro segnale al giovane Sibir, ispezionò anche lui e Al'dreth, la lasciò fare. Il tocco gentile di quella mano sui muscoli duri e ben disegnati dell'addome, gli fece provare un brivido.

Fortunatamente Ruin, riuscì ad individuare lo stesso segno nell'interno coscia del giovane uomo e andando contro ogni logica, aprì le manette di ferro che impedivano al Sibir di muoversi, liberandolo. Al'dreth rimase spiazzato da quel gesto, il suo primo istinto era stato quello di scappare: magari facendosi scudo con la ragazza, ma pensò che prima di fare qualsiasi mossa, avrebbe verificato coi suoi occhi. Quando realizzò che il suo segno e quello della giovane straniera erano presso che identici, gli fu chiaro che fra lui e quella donna sconosciuta, ci fosse un legame.

Al'dreth prese una delle pelli che i ragazzi avevano lasciato all'interno della tenda, e la mise addosso a Ruin per coprirla. Quando finalmente uscirono all'esterno, nonostante avvertisse chiaramente l'ostilità dei due uomini di fronte a lui, tutti fecero in modo di far vedere al Bianco il loro segno.

Comunicare col Sibir non fu affatto facile, ci provarono a gesti, ma spiegare al ragazzo chi fosse e dare, e ricevere informazioni da lui, avrebbe comportato molto di più di un gesto, dovevano farlo a parole. Skaby poi, gli offrì una scodella della sua deliziosa zuppa e quasi avesse scordato cosa gli fosse uscito dallo stomaco solo poche ore prima, Al'dreth la divorò lasciando tutti a bocca aperta.

"Questa è fame vecchia!" constatò Garreth, ancora profondamente preoccupato per Gideon.

Ruin infine si rivestì in fretta; le temperature sulla montagna in quella stagione precipitavano velocemente e il gelo, quando erano in forma umana, non dava scampo neanche a loro.

"Avresti almeno potuto chiedere il mio parere, ha un corpo robusto il Sibir, ho avuto paura che potesse liberarsi e farti del male! " sbottò Gideon di malumore.

"È uno di noi, ho seguito l'istinto. Quando ha sentito il mio odore si è calmato subito, a qualsiasi razza o specie apparteniate; voi maschi, siete tutti uguali!" ribatté scherzosamente lei.

"Ti ha toccata?" gli domandò l'altro, mentre una luce animalesca gli attraversava gli occhi dorati.

"Beh, diciamo che a toccare sono stata io. Ho faticato a trovare il suo marchio, non è dove lo si vede di solito..." rispose lei, senza tuttavia cogliere il tono minaccioso che Gideon usava quando parlava del Sibir, ne a nascondere il piacere che aveva provato nell'accarezzare il corpo forte e muscoloso del Bianco.

Non aveva parole per spiegare quello che aveva sentito quando il suo sguardo, si era perso in quello di lui. Aveva avuto l'impressione daver vissuto tutta l'esistenza, in virtù di quell'unico istante, per quel solo e unico momento, in cui i loro occhi si erano incontrati.

Al'dreth dal canto suo, li aveva cercati quasi ossessivamente quegli occhi e aveva provato un certo fastidio nel vedere la ragazza grigia in compagnia del giovane uomo dalla chioma corvina. Da come parlava agli altri membri di quell'insolito gruppetto, doveva esserne il capo, l'altro, quello più vecchio e corpulento doveva essere il secondo e il ragazzino, il gregario. Doveva saperne di più su di loro e sul vero legame che li accumunava, ma parlare con loro sarebbe stato un problema visto che non parlavano la sua stessa lingua.

Per comunicare con Al'dreth, Gideon aveva ordinato a Garreth e Kain di catturare uno dei contadini scampati all'incursione Sibir nella Valle delle Forche la notte prima. Moltissimi erano in fuga e avendo vissuto ai confini con le Terre Dormienti, forse qualcuno poteva aver intrattenuto rapporti di scambio col nemico, imparandone l'idioma.

"Le truppe di Ydalir scortano la popolazione oltre il confine in attesa di rinforzi, se attacchiamo quella povera gente verremo presi di mira e considerati traditori o spie Sibir, è rischioso! " ribatté Kain.

Al'dreth si alzò in piedi in tutta la sua imponente statura, sentiva urgente il bisogno di tornare fra le fila dei suoi uomini, per riorganizzarli in vista di un altro possibile attacco. Sentiva qualcosa nell'aria e il suo istinto non aveva mai sbagliato. Quel terribile presentimento lo aveva preso allo stomaco e fece ricorso a tutta la sua disperazione per tirare fuori quelle poche parole che ricordava e che avrebbero potuto aiutarlo.

"Io andare... voi seguire me, mio campo, andare ora! " disse all'improvviso.

"Magnifico! Il bestione parla adesso, che facciamo, lo seguiamo veramente al suo campo? " volle sapere Garreth, quasi divertito dal modo buffo che Al'dreth aveva di esprimersi.

"Non abbiamo scelta, lui è uno di noi. Dobbiamo saperne di più! " rispose Gideon, stranamente accondiscendente.

Al'dreth non perse tempo, il cielo alle loro spalle era già in fiamme, dovevano sbrigarsi, conosceva molto bene quelle montagne e in meno di due ore di cammino, riuscirono ad oltrepassare il passo della Croce Arcana entrando direttamente, nei territori Sibir.




 Salve a tutti questa storia partecipa al contest indetto da Najara 87, Poker d'immagini. 
  Nel quale si prevede l'utilizzo di quattro immagini per lo sviluppo della storia
  che inserirò più avanti dopo la valutazione della giudice.
   Intanto se vi va, ditemi cosa ne pensate, buona lettura!





 

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***






 
I giovani Boan avevano dovuto abbandonare il carro e proseguire a cavallo per i sentieri ripidi e scoscesi che costeggiavano la montagna, godendosi così uno spettacolo magnifico e terribile al tempo stesso.

Dalla loro posizione si poteva vedere chiaramente la Valle delle Forche aprirsi sotto i loro piedi; i cadaveri dei cavalieri Ydalir - riconoscibili dalle armature argentee e dai mantelli candidi oramai insozzati dal loro sangue - giacevano a centinaia, trafitti dalle frecce dei nemici su quel lembo di terra. Fra i cumuli di corpi di cavalli e soldati di entrambe le fazioni, i corvi banchettavano e gli sciacalli accorsi a depredare i morti, si spartivano il magro bottino. Dopo essersi lasciati alle spalle quello scempio, Ruin e gli altri non avevano potuto fare a meno di notare la strabiliante abilità di Al'dreth di muoversi fra quei sentieri impervi, facendo sempre molta attenzione alle persone del suo seguito. Aveva avuto un occhio di riguardo per tutti, perfino per Gideon, che aveva accettato il suo aiuto anche se con riluttanza.

Gideon non aveva vissuto direttamente il periodo oscuro dell'epurazione, avvenuto in quelle terre quasi mezzo secolo prima. Era cresciuto al sicuro fra la sua gente, tra le tribù dei Lupi Neri del Lok. Ma ne conosceva bene la storia, i Boanegers; per via della loro forza sovrumana e della loro naturale inclinazione per la caccia e il combattimento, erano stati impiegati dai signori di Ydalir come forze speciali. Venivano usati come mezzi di sfondamento e messi in prima fila durante i conflitti, che lo avevano coinvolto durante i secoli. Sopratutto i Bianchi, che essendo più forti e numerosi degli altri, avevano rappresentato una continua fonte di carne da macello per quel regno assetato di terre e conquiste. Temendo una ribellione, il re di Ydalir, soprannominato Ascia Insanguinata per via della violenza e crudeltà che aveva sempre dimostrato verso i suoi nemici, ordinò al suo esercito di sterminare le donne e i figli dei Bianchi, approfittando dell'assenza degli uomini impiegati nella guerra che lui stesso aveva cominciato, portandoli quasi sull'orlo dell'estinzione.

Ydalir aveva fatto strage dei figli dei Bianchi e delle loro donne, uccidendoli tutti, vecchi e giovani, senza distinzione alcuna. Così, gli uomini tornati dai campi di battaglia per vendicarsi, avevano assaltato la capitale riuscendo ad assassinare il re, divenendo da alleati a nemici del regno. Quando in seguito fu comandato di annientarli completamente, mentre le altre tribù venivano esiliate sul monte Lok per sempre, quelle terre vennero battute per anni in cerca di sopravvissuti senza nessun risultato. Tanto che alla fine, dopo la grande epurazione, si pensò che la tribù dei Bianchi si fosse completamente estinta. Ma lui, Al'dreth il Sibir, forse l'ultimo rimasto della sua razza, era davanti a loro. Era vivo e vegeto, con lo stesso spirito violento e guerrafondaio dei suoi antenati a scorrergli nelle vene. Era questo che avevano temuto per anni quelli della sua casa, il ritorno di coloro che avevano portato al popolo Boan la sventura.

"Non può essere solo una coincidenza, prima il Figlio del Tuono, poi il Bianco. La dea ci sta dicendo che i tempi sono maturi! " disse Garreth dopo un lungo silenzio.

"A proposito del giovane cavaliere, che ne sarà stato di lui? " domandò Skaby.

"Sono sicuro che non gli sia accaduto nulla di male, sarà rimasto nelle retrovie insieme ai cavalieri di alto rango. Torneremo a cercarlo dopo aver parlato con Al'dreth! " rispose Gideon.


                                                                                                                     ***


Era quasi notte quando videro le luci dell'accampamento militare Sibir all'orizzonte. Al'dreth si fermò in mezzo a una radura: alcuni soldati gli si erano avvicinati e, stentando a riconoscerlo, gli avevano puntato contro le armi. Solo dopo che uno dei suoi sottoposti scampati alla battaglia lo vide, le grida di esultanza dei suoi uomini riempirono di gioia il silenzio. Gideon e gli altri rimasero basiti. Come avevano potuto quegli uomini dall'aria così gretta e primitiva, tenere testa ad uno degli eserciti più forti del mondo conosciuto? Il Nero notò più di una donna fra le fila dei guerrieri, e una in particolare, attirò la sua attenzione.

"Nube... il suo nome è Nube!" disse Al'dreth, riferendosi ad una giovane dai capelli bianchi come i suoi, ma non fu tutto.

"Maja e Ryol, loro come me e Nube... marchio sulla pelle!" aggiunse il giovane.

Quando Al'dreth indicò i due bambini Sibir che la ragazza teneva accanto a se, Gideon rimase in silenzio.

"Sono tuoi? " gli domandò poco dopo, supponendo che potessero essere i suoi figli.

"Miei si... fratelli! " rispose Al'dreth, fugando suo ogni dubbio.

Skaby si era avvicinata entusiasta ai piccoli, che dall'incredibile somiglianza dovevano essere gemelli, ma quando li guardò meglio, si rese conto che qualcosa in loro non andava.

"Cos'ha il maschietto? " domandò la giovane.

"È cieco, e la sorellina è muta! " rispose Nube, che sembrava masticare un po' meglio la loro lingua.

"Cieco? Muta? Nessun Boan ha mai sofferto di queste malattie che io sappia, solo gli umani possono nascere così, non noi! " replicò la ragazza alquanto confusa.

"I lupi nascono sordi, ma poi crescendo riescono a sentire i loro compagni a chilometri di distanza a meno che non siano impuri. Ma dubito, visto il segno sulla pelle, in effetti è strano! " rispose Garreth.

"Non credo siano nati così, si sono ammalati in seguito. Sono malnutriti, e certamente il freddo estremo di queste terre a contribuito a peggiorare le cose!" disse Ruin esaminando meglio i bambini.

"Non dovreste essere qui, il nostro signore vi sta aspettando!" disse all'improvviso il piccolo Ryol.

I due bambini si erano presi per mano, e i grandi, bellissimi occhi azzurri di Maja diventarono luminescenti.

"Inquietante! " sbottò Kain, che per tutto il tempo aveva inutilmente cercato di mettere qualcosa di sostanzioso sotto i denti.

"Lui sta' arrivando: se morirà la nostra grande madre piangerà in eterno! " continuò il bambino.

"La dea parla attraverso di loro, sono il suo mezzo. Il Figlio del Tuono corre un grave pericolo! " aggiunse la vecchia sciamana che accompagnava l'esercito Sibir in battaglia.

La sciamana Nera seguiva sempre l'esercito dei possenti Giganti di Fumo in guerra e tutti i generali, sembravano dipendere dalle sue visioni per decidere se attaccare o ritirarsi. La donna, secondo il loro credo, era in contatto con le forze più misteriose e primordiali della natura, e portava diversi amuleti al collo. Intrecciati fra i lunghi capelli ingrigiti dall'età spuntavano piccole ossa, perle di fiume e pietre preziose: come il corallo rosso, l'agata e il turchese, unico tocco di colore sulle vesti scure.

Ma un solo oggetto, un amuleto al collo incuriosì Gideon. Si trattava di un uovo di onice nera screziato d'oro. Era levigato e lucido, decorato da semplici spirali rialzate che racchiudevano nel loro intreccio delle piccole gemme sferiche che ricordavano moltissimo delle lune nere.

"Questo amuleto è uno dei tre gioielli sacri al dio Dzì caduti dal cielo, in essi sono contenuti quattro elementi, tre metalli preziosi e tre colori principali fusi in pura luce bianca. Esso è in grado di far scaturire dal cuore del vero princip, l'energia celeste e le virtù spirituali. Volontà, saggezza e determinazione sono le virtù che contraddistingueranno il legittimo sovrano ritrovato." spiegò la donna, senza che nessuno di loro glielo avesse chiesto.

Gideon pensò che Al'dreth e gli altri membri della sua tribù non fossero lì per caso. Dovevano essere i figli degli unici Bianchi sopravvissuti all'epurazione, ed erano arrivati ai Sibir per volere della dea. Ora ne era certo, così decisero di fermarsi al campo invernale per spiegare ad Al'dreth e alla vecchia sciamana lo scopo della loro missione. Ma il giovane generale, dopo aver impartito nuovi ordini al suo gruppo di guerrieri, decise di portarli a Occhio Aguzzo.


                                                                                                                ***


Alle spalle della Croce Arcana, si ergeva una delle fortezze che Ydalir aveva fatto costruire sulle Montagne Vive per tenere sotto controllo gli spostamenti Sibir durante l'estate in vista dei raccolti. Protetta dalle vette frastagliate dell'altura, la rocca era stata usata in passato come deposito di rifornimento per le truppe nemiche. Gli assaltatori Sibir, dopo aver massacrato gli ultimi soldati rimasti a sua difesa, l'avevano occupata e ribattezzata Occhio Aguzzo, per via della forma particolare della montagna. In quel punto laroccia formava un arcata dalla quale era possibile osservare tutto, facendone un avamposto e un rifugio sicuro per chiunque si fosse trovato ad averne bisogno.

All'esterno campeggiavano ovunque i drappi vermigli del loro esercito, e mentre attraversavano il ponte di legno che univa la fortezza al resto della montagna, Gideon e gli altri Boan rimasero affascinati dalla bellezza di quel paesaggio mozzafiato. Sentieri cesellati nella pietra da un lavoro secolare e ponteggi di ferro sospesi nel vuoto e azionati da carrucole, univano fra loro i passaggi che portavano alle postazioni esterne e alle gallerie scavate nella roccia, rendendo il tutto ancor più affascinante. Ma ciò che si domandarono maggiormente tutti - mentre si dirigevano verso l'entrata - fu come avessero fatto i Sibir ad espugnare il forte, visto che bastava alzare il ponte per isolare l'intera costruzione dal mondo esterno. Forse, proprio a causa della troppa sicurezza, i soldati di Ydalir avevano pensato di essere al sicuro sottovalutando le risorse e le abilità di quelli che per troppo tempo avevano considerato solo come barbari.


                                                                                                                    ***


Quella sera, all'interno della fortezza finalmente al caldo e al sicuro Gideon e gli altri riuscirono a riposare, e Ruin ne approfittò per conoscere meglio Al'dreth e la sua storia. Dal primo momento che lo aveva visto la giovane si era sentita attratta da lui, attrazione che il Bianco sembrava ricambiare. Peccato che le leggi Boan vietassero la mescolanza fra tribù, e anche quando era accaduto, ai colpevoli e alla loro progenie non era andata bene. Cercò comunque di scacciare quei pensieri, almeno per quella notte avrebbe goduto della compagnia di quell'uomo che le aveva fatto battere il cuore. Sgattailando all'esterno andò a cercarlo, senza avvertire nessuno dei suoi compagni.

Al'dreth si trovava sui bastioni esterni dai quali era possibile osservare l'intera pianura sottostante. L'oscurità aveva portato il silenzio e un irreale parvenza di pace fra quelle terre martoriate, e nell'aria, portati dal vento, aleggiavano i profumi dell'autunno che incombeva.

"E' una pelliccia bellissima!" esordì lei, complimentandosi col giovane per la bellezza del suo mantello.

"Mio padre... " le rispose lui, senza distogliere lo sguardo dai bagliori provenienti dagli accampamenti nemici nella Valle delle Forche.

Ruin sembrò non afferrare il senso di quella risposta ma poi, Nar'guth, la sciamana nera, aggiunse che quel che Al'dreth usava per ripararsi dal freddo altro non era che la pelliccia di suo padre. Il lupo bianco non parlava bene la sua lingua, e certamente non avrebbe potuto spiegarle, così si rivolse alla vecchia per capire come i Bianchi fossero arrivati tanto lontano dalla loro terra natia.

"Essi giunsero con la tempesta, accompagnati dal fulmine. Il tuono li seguì ad ogni passo, e noi li accogliemmo come figli." rispose la donna, che però non soddisfò del tutto la sua curiosità.

Nar'guth parlava per enigmi, e dopo quelle brevi parole scomparve nel buio.

Nel frattempo Al'dreth l'aveva invitata a condividere il manto di pelliccia candida nel quale si lasciò avvolgere, quanto avvolgente era il calore che il possente corpo del Bianco emanava. Il buon odore della sua pelle la inebriò, e il battito regolare e forte le ispirò una calma e una sicurezza che non aveva mai provato in vita sua. Così non si ritrasse quando il giovane generale la strinse maggiormente a sé.

Rabbrividì sentendo i canini aguzzi sfiorale la pelle più sottile e morbida del collo: e a quel punto non poté che accoglierne la lingua fra le labbra. Ricambiando quel sensuale ed incredibile bacio, che si pose sulle loro bocche arrabbiate e desiderose le une delle altre come un sigillo che nessuno avrebbe potuto spezzare. Se le leggi l'avessero acconsentito, si sarebbero scelti come compagni, ma consapevoli che quei tempi difficili li avrebbero potuti dividere, si accontentarono di amarsi in fretta prima che la luce dell'alba potesse raggiungerli.


                                                                                                                        ***


I Sibir si erano dimostrati tolleranti grazie ad Al'dreth, li avevano accolti e sfamati, ma era arrivato il momento di rimettersi in viaggio, così si ritrovarono nella piazza d'armi della fortezza per decidere il da farsi.

"Dalla tempesta, accompagnati dal fulmine? La vecchia strega ha detto proprio così?" chiese Gideon col suo solito tono sarcastico e diffidente.

"Sì, sono state le sue esatte parole, come se: in qualche modo, Tongen li avesse protetti e favoriti nella fuga verso le Terre Dormienti. Se la leggenda dice il vero e noi ne siamo la prova, il dio del Tuono non avrebbe avuto nessun motivo per aiutare i figli di Lilutù... è un controsenso." rispose Ruin.

"A pensarci bene, potrebbe non esserlo. Tongen diede parte dei suoi poteri al principe neonato, e se desiderasse riprenderseli? Un simile potere nelle mani di un essere umano potrebbe rivelarsi catastrofico per il mondo intero, non credete?" insinuò Garreth.

"Il vero principe ha un animo giusto e buono, se tornasse sul trono e spodestasse i discendenti dell'usurpatore, allora il mondo vivrebbe in pace. Noi abbiamo il dovere di ritrovarlo prima che i cinquecento anni d'attesa terminino è questo che dobbiamo fare, e Al'dreth è qui per aiutarci. Ora che tutte e quattro le tribù Boan sono di nuovo unite, nessuno ci potrà fermare!" disse Kain che non aveva mai dubitato nella giustezza della sua missione.

"Ciò che Tongen vuole veramente è che Lilitù lo serva, questo dice la leggenda. Qualunque cosa abbia spinto il dio ad aiutare i Bianchi, in questo istante non ci interessa. Quello che importa è ritrovare il vero principe." terminò Garreth scuro in volto.

Il Grigio aveva iniziato a chiedersi il perché dello strano comportamento di Gideon, da quando avevano incontrato il giovane Cavaliere dell'Aquila sulla via per le Fosse Ardenti, era cambiato. Possibile che il loro capo avesse dei ripensamenti? Gideon il Nero, desiderava veramente tornare alle origini, o non voleva cambiare ciò che era diventato e restare un essere umano per sempre?

Ma mentre Garreth continuava a tormentarsi senza riuscire a dare una risposta alle sue domande, un improvviso terremoto squassò la montagna fin nelle sue fondamenta. La neve cadde dalla cresta della montagna facendo un rumore smorzato lungo le pareti di roccia, finendo fin dentro la fortezza. La valanga travolse uomini e animali, ma fortunatamente nessuno morì o restò gravemente ferito, quando poi, molti degli uomini riemersero da sotto la neve, la terra tremò ancora e dall'alto dei bastioni, molti guardarono verso il basso del precipizio che separava la fortezza dal resto della montagna, dalla quale emerse una gigantesca testa di pietra dagli occhi semi socchiusi.

Mentre la roccia continuava a tremare: dando alla luce il gigante di pietra come una madre partoriva il figlio, tutti rimasero in attesa e col fiato sospeso, finché non fu del tutto fuori dalla parete, ed esposto al sole. Il gigante di roccia teneva fra le mani un lembo di montagna al cui centro, stava un palazzo. L'edificio era identico a quello disegnato su molte della caverne in cui i Sibir avevano trovato rifugio nei secoli fino nei minimi particolari, compresa la forma delle colonne che ne sostenevano l'ingresso, decorate con figure allegoriche di animali e cacciatori. Un disegno in particolare li aveva colpiti, quello di un aquila che ghermiva un serpente.

Poi improvvisamente, qualcos'altro attirò la loro attenzione.

"Al'dreth esci fuori, io sono qui!" gridò una voce proveniente dalla terrazza innevata che si apriva di fronte alla fortezza, la fama del giovane condottiero Sibir aveva raggiunto i confini del regno e ora sembrava essere diventato necessario sconfiggerlo per ottenere la vittoria.

"Chi sei?" domandò Al'dreth, rivelandosi allo sguardo del nemico.

"Sono Altay dell'Aquila!" rispose il cavaliere.

Quella voce sembrava provenire direttamente dall'inferno e tutti rimasero di sasso, quando il cavaliere Ydalir avanzò di un passo e si tolse l'elmo.

Gideon e gli altri sussultarono alla vista del loro giovanissimo signore che però non era solo, alle sue spalle, un manipolo di soldati ben armati lo avevano scortato fino al forte, chissà come erano riusciti a sfuggire alle vedette, e ai ricognitori Sibir, ma sembravano insufficienti a proteggerlo. A tutti parve una mossa azzardata e priva di senso. Come gli era venuto in mente di raggiungere quel luogo senza un seguito adeguato di mezzi e uomini.

"Ma è impazzito? Così esposto, sarà facile bersaglio degli arcieri!" gridò Garreth, dirigendosi verso Al'dreth.

"Cosa chiedi tu... figlio dell'Aquila?" domandò l'altro, mentre i suoi guerrieri si riorganizzavano all'ombra dei bastioni della rocca.

"La tua testa!" rispose il ragazzo, provocando l'ilarità di molti e non solo fra le fila dei Sibir.

"Ti consiglio di non sottovalutarlo amico mio, potrebbe non essere uno scherzo il suo!" lo avvertì Garreth.

L'uomo poi, notando Nube in piedi su uno degli spalti pronta a scoccare la sua freccia ad un suo cenno, lo supplicò di dargli ascolto e di non attaccare per primo.

"Lui è... il vostro signore?" chiese il Bianco.

"Lui è il nostro signore, Al'dreth. Quello di tutti noi, uomini e lupi!" rispose il Grigio sperando di averlo convinto.

Ma mentre sembrava pensare di esserci riuscito; Nar'guth, comparsa dal nulla alle spalle di Al'dreth, mise l'uovo d'onice nera al collo del giovane, svanendo all'improvviso. Anche Garreth fece un passo indietro e mentre Gideon, Ruin e Kain cercavano di raggiungerlo, il corpo di Al'dreth s'illuminò di una luce azzurra. Il fulgore proveniva dalle piccole sfere che adornavano l'uovo, che da nere erano diventate blu e tutti si spaventarono quando la luce si fece più intensa e pulsante.

"Se è la mia testa che vuoi... allora, vieni a prenderla!" gridò a sua volta Al'dreth iniziando a trasformarsi.

Ruin, che a pochi passi da lui aveva assistito a tutta la scena, comprese che qualcosa nel giovane Boan non andava. Al'dreth non parlava così bene la loro lingua e certamente: essendosi risvegliato solo due notti prima, non poteva decidere a suo piacimento quando e come farlo. Sopratutto perché il flusso magico della luna, ormai in fase calante, stava scemando.

"La divinità che i Sibir venerano è Dzì, giusto?" s'informò la ragazza rivolgendosi a Gideon.

"Sì, credo di sì, ma cosa a che fare questo, con quello che sta succedendo?" le chiese lui.

"Possibile che tu non abbia ancora capito? Dzì è Tongen! Sono lo stesso dio, quello del fulmine e del tuono. Tongen fece in modo che i Bianchi sopravvivessero per poterli usare contro Ydalir. spingendoli a vendicarsi del tradimento di re D'vurigh. Come abbiamo fatto a non riconoscerlo? Quello è il principe Altay, suo nipote!" aggiunse la giovane.

"A coloro che volgono lo sguardo alla volta celeste, dico: prostratevi a terra e pregate! Che le nuvole nere lo ricoprano e mostrino il loro potere!" disse Altay, alzando la sua lunga lancia verso il cielo.

Dall'arma maneggiata dal principe, si sprigionò un fulmine che una volta arrivato abbastanza in alto, ricoprì il cielo di dense nuvole tempestose.

"Nar'guth, quella strega maledetta! Lei lo sapeva, ha spinto i Sibir alla guerra e messo Al'dreth contro il suo stesso signore... Se lo ucciderà, per noi e Ydalir sarà la fine!" disse Gideon pronto ad impedire che la tragedia si compisse.

Non sapeva se in fondo al cuore, tornare ad essere un lupo a tutti gli effetti fosse giusto per se e tutti gli altri Boan, ma una cosa era certa; la morte del Figlio del Tuono non avrebbe giovato a nessuno. Così, decise d'intervenire cercando di forzare il proprio Risveglio. Era una cosa che non aveva mai fatto e che a pochi era riuscita, ma doveva sbrigarsi se voleva riuscire a fermare Al'dreth e impedirgli di commettere una sciocchezza. I Sibir sottostando agli ordini del loro generale, abbassarono il ponte permetto ad Al'dreth di raggiungere la pianura nevosa dove Altay lo attendeva.


                                                                                                                          ***


"E' solo mio signore, lasciatelo a noi!" gridarono i soldati alle sue spalle.

Ma una fitta pioggia di frecce si abbatté su di loro uccidendone a decine, da quella posizione era impossibile un contrattacco, così i sopravvissuti si ritrovarono costretti ad indietreggiare. Altay; inorridito da quell'inutile mattanza si aggrappò ancor più caparbiamente alla sua lancia, dalla quale fulmini e saette iniziarono a sprigionarsi più forza, schiantandosi a terra con un violenza tale, da sciogliere la neve e incenerire la terra sottostante, mentre il vento iniziava ad alzarsi sempre più violento e inarrestabile.

Al'dreth dal canto suo protetto dalla barriera magica che lo avvolgeva sembrava non avere nulla da temere da quell'attacco, mentre gli si avvicinava ad ogni metro, il suo corpo mutato acquistava vigore, sebbene qualcosa gli impedisse di assumere completamente la forma di un lupo e Ruin e Garreth nascosti dietro una roccia alle sue spalle, se ne accorsero. Intanto un enorme lupo nero si lanciò all'inseguimento del Bianco e poco dopo altri due lupi, questa volta grigi, lo seguirono a ruota.

"Com'è possibile?" domandò Ruin mentre correva al fianco del compagno.

"Guarda in cielo, Ruin. Quella è la luna!" le rispose Garreth. Fra le nuvole in tempesta, l'astro celeste brillava più intensamente che mai. Era senz'altro la dea, intervenuta per salvare sia i suoi che il Figlio del Tuono. I tre Boan si ritrovarono invasi da una nuova energia, mentre avanzavano a fatica sulla pianura innevata spazzata dal vento, quando finalmente raggiunsero Al'dreth e Altay, i due rivali si stavano già battendo.

"Dobbiamo fermarli!" gridò Gideon ai compagni.

"Sì, ma come?" senza aspettare la risposta, Ruin s'intromise fra Al'dreth e il giovane cavaliere.

Anche Kain e Skaby avevano cercato di raggiungerli, ma sul campo innevato incontrarono più di un guerriero Sibir e Nube, pronta ad ostacolarli e nonostante fossero in maggioranza, la ragazza, che era una valente combattente, era riuscita a dargli filo da torcere. Tanto che i due, dopo essersi tramutati in lupi, non riuscirono ugualmente a raggiungere gli altri, perdendosi in un improvvisa e fittissima nebbia ghiacciata.


                                                                                                                          ***


Nonostante l'immenso potere del Figlio del Tuono, Al'dreth: che era evidentemente posseduto da un altra entità, sembrava decisamente avere la meglio su di lui. Il Bianco combatteva a mani nude contro il ragazzo, che ogni volta cercava di scaricargli in corpo la devastazione del fulmine, senza tuttavia riuscirci. Sotto quella forma semi umana, Al'dreth pareva ancora più forte e inarrestabile, mentre disperatamente, Ruin, Garreth e Gideon, cercavano di separarli. Quella lotta impari andò avanti per diversi minuti, fino a che i fulmini che cadevano spaccando il cielo, si scontrarono sulle loro teste e la nebbia gelata: creata dalla neve che si scioglieva entrando in contatto con l'intenso calore proveniente dall'alto, esplose.

Dopo il fragoroso boato, improvvisamente tutto cessò, lasciando l'intera aerea come svuotata e incenerita. Sulla terra non si vedevano altro che piccole colonne di fumo salire verso il cielo, che lentamente tornò limpido e sereno.


                                                                                                                           ***


Ruin si riprese quasi subito e istintivamente, cercò con lo sguardo Al'dreth e Altay che si trovavano a poca distanza da lei, Garreth e Gideon. Altay era in piedi pronto a colpire, mentre Al'dreth gravemente ferito si trovava a terra privo di sensi. Corse verso di lui, nonostante le ferite e le bruciature che aveva in tutto il corpo e si frappose di nuovo fra il giovane principe e Al'dreth, supplicandolo.

"No! Mio signore risparmiatelo... il Sibir non era in se quando vi ha attaccato!" cercò di spiegargli la giovane.

"Chi sei? Come osi difendere quel mostro... quell'animale che ha cercato di uccidermi?" le domandò Altay, barcollando all'indietro per la stanchezza.

Il ragazzo era completamente esausto e cadde sulle ginocchia di peso, non riusciva più a muovere un muscolo, ma non si sentiva sconfitto. Udiva l'eco delle voci dei suoi uomini chiamarlo, inneggiando a lui; all'uccisore del grande e temuto, Frantumatore di ossa. Anche se sapeva che Al'dreth non era ancora morto, né sapeva, se la battaglia fosse vinta o perduta, si beò di quel risultato e in quella situazione di stallo, cercò di radunare le idee e di comprendere chi fossero quelle strane persone, le stesse che ricordava di aver incontrato pochi giorni prima, e dalle quali; si era sentito così profondamente attratto.

"Ruin! Ruin..." la voce flebile e spezzata dal dolore proveniva da Al'dreth che dopo essersi strappato l'amuleto dal collo, aveva riacquistato le sue vere sembianze.

Gideon e Garreth capirono subito che le ferite del giovane Sibir erano molto gravi, ma non poterono fare altro che aiutare Altay ad alzarsi in piedi.

"Sono qui! Eccomi!" rispose la ragazza prendendolo fra le braccia.

"Io, io dispiaciuto per questo... io non volere questo, io..."  Al'dreth era tornato se stesso.

Fra le lacrime, ne riconobbe il tono gentile e la dolcezza dello sguardo e Ruin, non riuscì a trattenere i singhiozzi quando si rese conto che da lì a poco, quello sguardo, si sarebbe spento per sempre.

"Spiegatemi vi prego, non riesco a capire..." balbettò Altay, che dinnanzi a tutta quella disperazione si era sentito stringere il cuore.

Ma alla comparsa di Nar'guth improvvisamente, scese il silenzio.

La sciamana nera si era avvicinata a Ruin, che mai aveva odiato così tanto qualcuno come in quel momento odiava lei. Gideon aveva avuto ragione fin dal principio, quella maledetta strega era la sola responsabile di tutto.

"Lo ami davvero?" le domandò la donna, stupendo tutti con quelle parole.

"Sì, lo amo davvero!" singhiozzò Ruin, che ancora sperava di salvarlo.

"Se vuoi strapparlo alla morte, portalo al palazzo che il gigante di pietra tiene fra le mani e deponi il suo corpo sull'altare. Dovrai offrire un dono alle divinità in cambio della sua vita, sei pronta a farlo?" le chiese ancora Nar'guth, dopo averle spiegato cosa fare.

"Sì, sono pronta!" rispose senza esitazioni la giovane Boan.

A quel punto Gideon reagì malamente, gettandosi di getto sulla vecchia e afferrandola per il collo.

"Tu, maledetta! Come hai potuto tradire il tuo popolo e servirti di un innocente per uccidere il mio signore!" gridò il Nero accusandola.

"Non sono il mio popolo e nessuno è innocente! Come non lo è colei che avrebbe dovuto proteggerci e salvarci, colei che invece; ci ha abbandonati!" replicò a fatica la donna.

L'antica magia che aveva permesso a Nar'guth di nascondere la sua vera identità per anni si dissolse, rivelando a tutti la verità su di lei e Al'dreth. Gideon si spostò subito e allentò la presa, quando si ritrovò stretto fra le mani il collo di una donna dalla chioma candida e ancora nel fiore degli anni.

"Sei, sei una Bianca! Tu, tu sei... sei..." Gideon non ebbe la forza di dirlo così toccò a Garreth terminare la frase.

"Sei la madre di Al'dreth, non è così?"  la risposta non servì, era ovvia.

Nar'guth era scampata al massacro della sua tribù con pochi altri. Era solo una bambina quando assistette alla morte di sua madre, delle sue sorelle e fratelli. Molti della sua tribù, confidando nella dea, anziché fuggire, avevano pregato Lilitù perché li aiutasse, ma quelle preghiere erano rimaste inascoltate. La piccola Nar'guth allora, aveva rivolto le sue suppliche altrove e giurato a se stessa, che un giorno avrebbe vendicato il suo popolo e punito la dea per averli abbandonati.

L'aiuto era arrivato da Tongen, che aveva salvato lei e gli altri sopravvissuti, conducendoli al sicuro fra le genti delle Terre Dormienti. Per il resto delle spiegazioni ci sarebbe stato tempo, Al'dreth non ne aveva più, dovevano sbrigarsi, così Garreth si occupò di Altay, mentre Gideon e Ruin, con l'aiuto degli altri guerrieri Sibir, trasportarono il corpo di Al'dreth al tempio riemerso dalla roccia.

"Perché? Perché non sei andata fino in fondo? Avresti potuto uccidermi, e invece ti sei fermata..."  le chiese Altay, prima che Garreth lo riconducesse al sicuro fra i suoi uomini.

"Sono una madre, e una madre rinuncia a tutto per amore dei suoi figli. Rinuncia alla vita... o alla vendetta, se necessario!." rispose semplicemente la donna, mentre osservava Al'dreth allontanarsi da lei.


                                                                                                                                 ***


"Una volta eseguito il rituale, Al'dreth si riprese quasi subito e Ruin non disse mai a cosa rinunciò per salvare l'uomo che amava. Nar'guth consegnò l'uovo ad Altay che lo aprì, liberandone il contenuto. Così il Figlio del Tuono acquisì Forza, Determinazione e Saggezza, le tre virtù spirituali che gli avrebbero permesso di ritornare con l'aiuto dei Boan, sul trono di Ydalir in qualità di vero sovrano" continuò il Cantastorie, rallegrando ancora una volta il suo pubblico.

"E cosa ne fu di Kaine, Skaby e Nube? E come fece Nar'guth, a tramare contro tutti, chi l'aiutò? E Al'dreth e Ruin, restarono insieme o dovettero separasi? " chiese qualcuno fra le persone che lo stava ad ascoltare.

"Sia per Altay che per i giovani Boan, la strada sarebbe stata ancora lunga e tortuosa, ma il Figlio del Tuono dopo quegli eventi, fece un primo passo verso la pace fra i Sibir e Ydalir. Anni dopo: avrebbe ricondotto i Boanegers alla natura e alla vita felice e libera, che gli spettava! Ma questa, amici miei... è un altra storia!"  terminò Garreth brindando alla salute di tutti, con un ultimo sorso di buon liquore.



Salve a tutti questa storia partecipa al contest indetto da Najara 87 su Efp, Poker d'immagini.
Esso prevede l'utilizzo di quattro immagini che dovranno essere inserite nel testo e descitte
nel modo più fedele possibile, che inserirò dopo la valutazione della giudice. Intano ringrazio
chi avrà la pazienza di leggermi e l'onestà e il piacere di recensirmi!







 

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