Black Ice

di notaro slash
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Welcome to the jungle ***
Capitolo 2: *** Questions, questions and questions ... and the Answers? ***
Capitolo 3: *** Magic Night I ***
Capitolo 4: *** Magic Night II, And if... ***
Capitolo 5: *** My Love ***
Capitolo 6: *** Why this? ***
Capitolo 7: *** I'm Broken ***
Capitolo 8: *** Please help me! ***
Capitolo 9: *** Carpe Diem ***
Capitolo 10: *** Problems ***



Capitolo 1
*** Welcome to the jungle ***


Welcome to the Jungle!

Nella storia sono presenti dialoghi in inglese ma non vi preoccupate! A fine capitolo ci sarà sempre la traduzione.




“Corri, corri, corri, corri, corriiii!
 Non ce la faccio più! E i capelli? Aaah svolazzano da una parte all’altra… dai sono quasi arrivato!”
 
Prendo la prima a destra, due incroci dopo a sinistra, al semaforo a destra… ci sono quasi. Ecco, il prossimo incrocio di nuovo a destra. Due minuti dopo mi ritrovo lungo la strada delle sala prove, guardo l’orologio: 5:15 p.m. Dai potevo arrivare più tardi, mi è andata bene.
<< Ehi man! >> Mi saluta il cantante, che aspetta l’inizio delle prove fuori dalla sala fumando distrattamente una sigaretta.
<< Hi James! How are you? >> Domando dandogli il cinque con stampato in faccia un sorriso a trentadue denti.
<< I’m fine, thanks. You’re late man, Why? >> Mi chiede il biondo mentre si appoggia sul muro della sala prove.
<< I was busy, sorry >> Provo a giustificarmi passando distrattamente una mano tra i miei lunghi ricci.
<< Oh no, no problem. Inside there is a surprise for you… she has came without notice. She is fuckin’ stupid! >> Commenta facendomi l’occhiolino mentre ride senza un apparente motivo. Chi ci sarà dentro? Oh questo devo scoprirlo per forza…
<< What? Why? >> Provo a strappargli qualche informazione in più, decisamente curioso sulla piega che ha preso la nostra conversazione.
<< Walk in, I'm coming>> Mi incita spingendomi verso la porta dell’edificio.
<< Ok, I come on! >> Gli rispondo abbassando la maniglia in alluminio della porta.
Tiro un sospiro di sollievo notando che la sala prove è sempre la stessa nonostante non ci venissi da diverso tempo. E’ essenzialmente divisa in due parti su un unico piano: appena si entra ci si ritrova in una grande stanza squadrata con il soffitto a botte a stella, appoggiato alla parete di destra c’è un divano rossiccio, un divanetto dello stesso colore e un tavolino posizionato al centro, sulla sinistra una penisola con da un lato degli sgabelli in legno e dalla parte opposta un frigo e una credenza appesa. Quasi nascosto da occhi indiscreti, non molto lontano dal divanetto c’è la porta che conduce al bagno con su scritto in rosso “DANGER!”. Il clou della stanza, però, lo si trova dal lato opposto della porta d’ingresso: un grande mixer con casse, pc e quant’altro che può servire per fare delle prime incisioni di brani. La stanza più importante, soprattutto per noi musicisti, la si ha, comunque, varcando la porta affianco al mixer.
Attraverso a grandi falcate il parquet di legno chiaro della stanza fino ad arrivare davanti alla porta, esito un attimo, faccio un grande respiro e poi abbasso la maniglia color oro che rispecchia la mia faccia sorridente. La scena che mi trovo davanti è una di quelle che troveresti in ogni sala prove con dei musicisti come noi, che siamo… beh quel che siamo non andiamo troppo nel dettaglio mi perderei in riflessioni che al momento mi distrarrebbero da quel che ho difronte a me.
<< Ehi motherfuckers! >> Saluto i ragazzi a modo decisamente mio. Simon, il bassista, sentendomi scatta subito in piedi dallo sgabello dov’era seduto fino a poco prima, lascia il basso al suo posto affianco al suo amplificatore, e mi viene incontro.
<< Ah Brian! My dear fucker. Are you ready for rock n’ fuckin’ roll? >> Ah quanto mi era mancato, ci siamo sempre capiti con un solo sguardo noi due. La sua parlantina è sempre stata il forte.
<< Of course Simon! And you? >> Rispondo dandogli il cinque.
<< Yes! Spacchiamo tutto, cazzooo! >> Mi dice agitando le braccia come se fosse una scimmia contenta di esser riuscita ad aprire una banana con le sue sole forze. Se vuoi passare del tempo solamente a ridere e scherzare lui è il tuo uomo.
Mi salta subito all’occhio una ragazza che si è appropriata di una delle mie chitarre mettendosela a tracolla. Mi avvicino di soppiatto, è così concentrata nel provare a far suonare bene un re minore che non si è accorta del mio arrivo.
<< Hi Honey, what are you doing with my fuckin’ guitar? >> La saluto abbracciandola a modo orso da dietro ed appoggiando il mento sulla sua spalla delicata. Il suo balsamo alla pesca è sempre stato un qualcosa di dolce che ho sempre amato. Una volta lo cambiò perché aveva finito il vecchio, ne rimasi traumatizzato per tutto il tempo della serata.
<< AAAAH BRIAAAAAAN! >> Mi grida in un orecchio, un po’ più forte e sarei diventato sordo a vita. Si gira e mi salta al collo dandomi un bacio sulla guancia, adoro questa ragazza…
<< Beh te chi fai qui? Non mi avevi detto che saresti venuta >> Le chiedo accarezzandole dolcemente una guancia.
<< Mh… Sorpresa! Ahahah mi sei mancato Brian >> Mi dice ridendo per poi abbracciarmi ancora una volta. Ora capisco di che sorpresa parlava James appena arrivato.
<< Oh te non sai quanto. –le dico stringendola forte a me –Ora, però, lascia la mia chitarra che se provi un altro accordo si suicida per disperazione >> La sfotto riprendendomi la mia amata Gibson Les Paul.
<< Oh ragazzi, capisco che vi amate però non c’è bisogno di fare ste cose davanti a tutti. Dai un po’ di contegno su, mo’ vomitiamo >> Commenta Frank facendo ruotare una bacchetta tra le dita come suo solito.
<< Taci Loug pensa alla tua Sarah, che a proposito dove sta eeh? Comunque fatti i cazzi tuoi ogni tanto che male non ti fa >> Lancio un occhiata torva al nostro batterista che, seduto comodamente dietro alla sua batteria, sghignazza come uno scemo. Se avessi il potere di dargli fuoco con il solo sguardo sarebbe cenere da un pezzo.
<< Ragazzi non cominciate a litigare. Piuttosto Brian sistema la tua roba e iniziamo >> Calma gli animi James entrando accompagnato da Matt al suo fianco.
<< Brian >> Mi saluta Matt sorridendomi e portando con sé un pacco di birre che lo divide con tutti i presenti.
Mi sistemo la pedaliera davanti a me e predo un paio di jack appesi al muro, uno lo collego dalla pedaliera alla testata del mio amplificatore, una bellissima testata Marshall con un altrettanto cabinet della stessa marca, e l’altro lo collego dall’uscita della pedaliera alla chitarra, che, dopo una dura lotta tra le varie chitarre opto per la Gibson Les Paul Standard 1987. Controllo volume e i toni e sono pronto a far crollare i muri della sala a suon di buona musica.
<< Da quale cominciamo ? >> Chiedo ancora impegnato a finere di accordare la chitarra.
<< Speed Parade* >> Mi risponde James schiarendosi per bene la voce.
Non me lo faccio ripetere due volte e dopo che Frank ha battuto il tempo con le bacchette, parto con il riff iniziale. Adoro questa canzone e l’adrenalina che mi immette in circolo suonandola.
 
“…Heads up, the mountain’s comin’ down
Like a ball and chain
Stand up, the best is all around
The question is would you like to calm the insane
It goes on and on, just like a speed parade
It goes on and on, ’til the tail lights reached my head…”
 
Faccio il coro a James durante il ritornello.
Arrivo all’assolo e nella parte finale appoggio la chitarra sulla coscia destra e l’alzo per andare meglio a prendere le note nella parte inferiore del manico. Arriva il finale, la magia sta per finire, tutto sta per finire. Ecco l’ultimo giro di accordi, io, Matt e Simon ci giriamo verso Frank, ci guardiamo e concludiamo tutti perfettamente senza sbavature. Non male come prima prova della giornata.
Ci guardiamo tutti soddisfatti. Adoro suonare con loro, è un qualcosa di speciale, unico.
<< Ok prossima? >> Chiede Frank facendo ruotare la bacchetta tutto felice per com’è uscita la canzone.
<< I’m broken**? >> Propone Simon con il suo solito scintillio negli occhi che gli da un’aria da pazzo. Nessuno si oppone e poco dopo Frank batte il tempo.
Mentre loro facevano questo scambio di parole io ho cambiato chitarra e ora ho una Dean ML nera con Floyd Rose ad accompagnarmi nella mia cavalcata alle note della canzone, in questo caso passiamo dagli Slash’s Snakepit ai Pantera e la cosa non mi da per niente fastidio, anzi… è figo!
La distorsione delle chitarre riempie la stanza e James è perfetto per questo genere di musica con i sui growl e scream. La mente si svuota da ogni pensiero e in testa scorrono solamente note e accordi che devono essere presi subito dopo, tutto sembra perfetto. Ci guardiamo a vicenda e ognuno fa la sua parte, faccio il coro a James dove serve fino a quando non arriva il solo e dal mio amplificatore fuoriesce una cascata di note, sulle ultime chiudo gli occhi e mi godo l’energia e la potenza che esce dalle corde della mia chitarra.  Arriviamo al finale della canzone e con l’ultimo accordo la canzone, così com’è iniziata, finisce concludendo quella magia che si era creata giusto qualche minuto prima, ma in compenso lasciando sui nostri volti un sorriso soddisfatto e una voglia matta di continuare a suonare. Continuiamo a suonare con brani dei Metallica, Megadeth, Slipknot, Pantera, Guns N’ Roses, improvvisazioni e brani composti da noi. Nessuno di noi si accorge che il tempo passa e anche velocemente, dopo più di un’ora di prove tra brani, battute e risate decidiamo di fermarci e prenderci un momento di pausa prima di continuare e, così, tutti si rilassano a modo loro. Vado a sedermi sul divano nella prima stanza lasciando la mia bottiglia di birra quasi vuota sul tavolino, faccio sedere sulle mie gambe Irene e mi appoggio sulla sua spalla, sento il suo respiro calmo e mi viene spontaneo cantare a bassa voce Sweet Child O’ Mine*** dei Guns N’ Roses pensando a lei…
 
“She's got a smile that it seems to me
Reminds me of childhood memories
Where everything
Was as fresh as the bright blue sky
 
Now and then when I see his face
She takes me away to that special place
And if I stared too long
I'd probably break down and cry
Sweet child o' mine
Sweet love of mine…”
 
Dopo il primo ritornello vengo fermato da lei che mi guarda negli occhi, con quei suoi bei occhi verde smeraldo in cui ogni volta mi ci perdo, mi accarezza per poi annullare la distanza dalle nostre labbra baciandomi, un bacio unico, sentimentale che mi fa sentire il re del mondo. Dopo alcuni secondi che parevano un’eternità, un’eternità decisamente dolce, si stacca da me e mi guarda sorridendomi timidamente. In quell’istante, seguendo la legge della natura che detta alla dea bendata di bloccare questi tipi di momenti, entra James che non nota subito la nostra complicità e butta con nonchalance la sua birra vuota nel cestino affianco al frigo; alza la testa e ci guarda per un attimo senza spiccicare parola, quasi a metabolizzare cosa ha davanti a sé.
<< Oh dai Hunt, vuoi darti da fare pure qua nel bel mezzo delle prove? You’re crazy >> Mi dice facendo la faccia di chi la sa lunga per poi aprire il frigo e prendersi un’altra birra fresca.
<< Shut the hell up, James. Fatti i cazzi tuoi che ti conviene >> Rispondo un po’ burbero, in risposta ricevo una scrollata di spalle in segno di resa.
<< Ti lascio qua un’altra birra, cinque minuti e ricominciamo suonare. Ragazza, non me lo consumare, mi serve per suonare eh >> Avvisa James mollando una birra sulla penisola ed indicando Irene con l’indice, per poi sparire nell’altra stanza chiudendo la porta dietro di sé.
<< E’ possibile che qua non si può vivere un momento in santa pace? Che teste di cazzo >> Commento poco prima che ci sfuggisse un altro bacio.
Come il mare cancella subito le impronte lasciate sulla sabbia, il tempo in men che non si dica ci porta via i nostri restanti cinque minuti di beata solitudine e Matt, con il suo solito fare tranquillo e rilassato, rientra nella nell’edificio dopo essere uscito a fumare e mi invita a tornare sull’attenti pronto a imbracciare la chitarra per suonare.
Mi alzo di malavoglia dal divano e, svuotando la birra lasciata sul tavolino poco tempo addietro, prendo l’altra e rientro nel mio regno fatto di musica con Irene al mio fianco.
Simon comincia a intonare Orion**** mettendosi in posizione da Crab Walk(*) e, senza tanti fronzoli, Frank entra nel suo punto dando, così, inizio all’esecuzione della canzone anche se non programmata. E’ una strumentale che toglie il fiato, il canto del cigno di Cliff Burton, la canzone per eccellenza per un bassista. E’ particolare perché anche se strumentale, e quindi magari noiosa ai più, è esattamente il contrario di quanto ci si può aspettare! Con i sui cambi, assoli di chitarra e basso, interludi, le sue melodie che ti rimangono marchiate nella memoria, non ci si stanca mai a sentirla e tiene incollati tutti ad ogni nota fino alla fine.
<< Grazie per avermi escluso, brutti stronzi! Fuck u! >> Ci manda a farci fottere James a fine canzone facendo ridere tutti.
<< Dai, so io come farci perdonare. This is … Built to Fall***** >> Lo tranquillizzo parlando al microfono dando inizio così ad un’altra canzone, incalzante, veloce e in cui tutti siamo chiamati, a modo nostro, a cantare. Irene, affianco al mio amplificatore, si fa travolgere dal ritmo dimenticandosi di trovarsi in delle semplici prove e comincia a cantare pure lei come se fosse ad un concerto in mezzo alla folla, io e Matt siamo chiamati a fare i cori puliti e non, Simon e Frank a modo loro cantano a squarcia gola mentre si dimenano suonando i propri strumenti.
Le prove continuano senza soste e provando qualsiasi cosa che ci salta in mente. Arriviamo pure a fare qualcosa di nostro che non mi sembra poi molto male, tanto da segnarmi tutto sul mio taccuino “death note” (chiamato così perché presenta una fodera nera e le pagine sembrano come quelle del famoso Manga/Anime).
Si son fatte le otto e mezzo e decidiamo che per oggi forse è caso di riporre le nostre armi e dedicarci a qualche locale di Londra.
<< Mi avete fatto crepare oggi, non ce la faccio più >> Commenta il cantante indicandosi la gola e asciugandosi la fronte imperlata di sudore.
<< E stiamo ancora alla prima prova dopo parecchio, aspettati di tutto, brutta checca eheh… >> Minaccia Frank finendosi la sua ennesima birra.
Smontiamo e riponiamo tutto nelle proprie custodie, soddisfatti delle prove usciamo per le strade di Londra con il freddo della sera che ci punge la pelle. Senza pensarci più di tanto do la mia giacca a Irene che la vedo abbastanza infreddolita. Non l’avessi mai fatto…
<< Ma guarda questi due! “Vieni amore ti copro io “ >>
<< “Oh mio principe! Grazieee!” >>  
<< “Tutto per te amor” >> Mettono su un inutile scena quei due deficienti di Frank e Simon che subito dopo si mettono a saltellare mano nella mano lungo il marciapiede, urtando inevitabilmente ogni passante presente lungo il percorso.
La serata continua di in locale in locale, tra battute e risate, tra vodka e gin. Ma di tutto ciò ricordo ben poco, dopo la scenata fatta da quei due pazzi, l’unica cosa che ricordo è il forte mal di testa appena sveglio.
 
“Che cazzo abbiamo fatto ieri sera? …”
 
 
__________________________________________________________________________________ 
 
*Artista: Slash’s Snakepit – Album: Ain’t Life Grand – Data di Pubblicazione: 2000
**Artista: Pantera – Album:  Far Beyond Driven – Data di Pubblicazione: 1994
***Artista: Guns n’ Roses – Album: Appetite for Destruction – Data di Pubblicazione: 1987
****Artista: Metallica – Album: Master of Puppets – Data di Pubblicazione: 1986
*****Artista: Trivium – Album: In Waves – Data di Pubblicazione: 2011
(*) Tipica camminata di Robert Trujillo (Metallica) durante i concerti.

Traduzione:

<< Ehi man! >>
<< Ciao James! Come stai? >>
<< Bene, grazie. Sei in ritardo man, perché? >>
<< Ero occupato, scusa >>
<< Oh no, non c’è problema. Dentro c’è una sorpresa per te…E’ venuta senza preavviso. E’ fottutamente stupida! >>
<< Cosa? Chi? >>
<< Vai dentro, io mo’ vengo >>
<< Ok, vado! >>
 
 
<< Ehi figli di puttana! >>
<< Ah Brian! Mio caro cazzone. Sei pronto del fottuto rock n’ roll? >>
<< Ovviamente Simon, e te? >>
<< Si! Spacchiamo tutto , cazzo! >>
 
 
<< Ciao Honey, che cosa stai facendo con la mia fottutissima chitarra? >>
 
 
<< … Tu sei pazzo >>
<< Chiudi quella diavolo di bocca, James >>

 

 
Angolo Autore:
Eccomi qua! Ebbene si, ogni tanto ci provo a passare da semplice recensore a scrittore. Questa ff ancora non so neanche io cosa sia, perciò non ho ben chiare le idee su parecchie cose xD. In ogni caso spero che piaccia, fatemelo sapere con una recensione! Anche se non vi piace eh u.u …
See you later!

-Slash



 

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Capitolo 2
*** Questions, questions and questions ... and the Answers? ***


Questions, questions and questions ... and the Answers?

P.O.V Brian

Apro lentamente gli occhi cercando di mettere a fuoco quello che ho intorno a me. Provo a muovere le gambe ma mi è impossibilitato da qualcosa.
 
“Ma che cazz…?! E questa come la stacco da me?”
 
Non so come, ma Irene mi si era avvinghiata sopra come se fosse un koala attaccato al proprio eucalipto a cui non vuole staccarsi per alcuna ragione. E ora come faccio?
In qualche modo riesco a staccare il braccio dalla morsa della biondina e controllo, con uno sguardo, ancora tutt’altro che sveglio, l’orologio: 09:25 a.m.
 
“Qua se non si sveglia entro cinque minuti la sveglio io. Non riesco a muovermi!”
 
Dò un’occhiata alla stanza in cui ci troviamo e, per fortuna, stiamo a casa nostra. Non so come ma ci siamo arrivati e per di più illesi, non penso che mi stia sbagliando nonostante abbia il dubbio che la vecchiaia si stia facendo sentire con largo anticipo non facendomi capire niente per il gran mal di testa che mi son guadagnato con onore questa notte.
Lei ancora è tra le braccia di Morfeo e colgo l’occasione per guardare per bene quel suo visino angelico di cui tanto mi sono innamorato. Quella sua pelle rosea e perfetta, le sue due guance morbidose con le quali ci giocherei sempre, la sua espressione tranquilla e rilassata. Neanche Michelangelo saprebbe rendere meglio cotanta bellezza.
Sono cattivo, lo so, ma non resisto nel cominciare a soffiargli delicatamente sul viso nel tentativo di svegliarla. Di conseguenza cambia espressione corrucciandosi un po’, ma non accenna a volersi svegliare… E i cinque minuti massimi imposti continuano a correre inesorabilmente. Proseguo nel mio personale tentativo di svegliarla senza strapazzarla troppo ma la pazienza comincia a finire.
Ad un certo punto la vedo aprire a fatica gli occhi, quei suoi occhi grigi in cui mi ci immergo ogni volta.
<< Mmmh… Buongiorno Brian >> Mi da il buongiorno lei con la voce ancora un po’ impostata e stropicciandosi un po’ gli occhi.
<< Buongiorno a te honey. Finalmente sei sveglia, stavo già pensando a come divertirmi nel svegliarti >> Ricambio il saluto accarezzandola dolcemente.
<< Bene. Allora ringrazio la mia prontezza nell’essermi svegliata in tempo. L’ultima volta che ho superato i famosi “minuti massimi”, mi son ritrovata una secchiata d’acqua gelata come sveglia >>  Commenta sbadigliando. Purtroppo è vero, sono stato capace di fare tale barbarica azione, ma ero stanco di aspettare che si svegliasse. E’ sempre stata lei la più pigrona tra noi due.
<< Sai, non ricordo niente di quanto successo stanotte. Ma immagino che sia finita bene vedendo come stiamo messi >> Le sorrido malizioso riferendomi vagamente al fatto che mi stava appiccicata come una cozza sullo scoglio e che eravamo entrambi ignudi. E il mio amico del piano inferiore sta cominciando a dare segni di essere più che sveglio.
<< Ah si? Mh cosa te lo fa pensare ciò? >> Mi chiede sarcastica per poi baciarmi con passione.
<< Non lo so di preciso. Diciamo una serie di elementi non trascurabili >> Rispondo tra un bacio e l’altro cominciando ad approfondire ancor di più il contatto avvicinandola a me.
<< Lo sai che, se non ci fermiamo qua, sarà difficile poi che riuscirò a rispondere delle mie azioni no? >> Aggiungo facendole sentire com’era diventato felice il mio amico di sotto.
<< Correrò tale rischio Hunt >> Mi sorride invitandomi a continuare.
Mentre noi facevamo l’amore a tratti con una dolcezza incredibile, e a tratti con tanta passione, senza che ce ne rendessimo conto il tempo trascorse in fretta, con fin troppa fretta anche.
Rimanemmo insieme per non so quanto, ci alzammo solo quando i nostri stomaci cominciavamo a reclamare con insistenza del cibo. Ci infilammo le prime cose che trovavamo in giro per la stanza per poi uscire in direzione della cucina.   
Ad un certo punto Irene, che stava camminando davanti a me, si fermò facendomi scontrare contro la sua schiena.
<< AHI! Questo si chiama ostruzione volontaria del traffico. Muoviti dai! >> la incito massaggiandomi il naso dopo la botta. Se fossi stato un po’ più sveglio non ci sarei finito sopra ma a quell’ora mi stavo muovendo per lo più nel seguire il movimento leggiadro che facevano le chiappe della mia fidanzata che per altro. Ero ancora abbastanza addormentato a dir il vero, se uno mi guarderebbe per bene noterebbe la forma del cuscino che tengo ancora stampato sulla faccia.
<< Brian, ma non ricordi proprio niente di ieri sera? Niente niente niente? >> Mi chiede la biondina senza voltarsi indietro a guardarmi.
<<  Beh, dopo la scena di quei due che ballavano lungo il marciapiede, ricordo solo qualche secondo in so quale locale, niente di più. Perché? >> Cerco chiarimenti mentre mi appoggio con le spalle al muro del corridoio, nel frattempo che lei si decide a riprendere il movimento interrotto.
<< No niente, è che non ricordavo di avere ospiti per casa >> Risponde voltandosi per poi lasciare spazio per farmi passare avanti, così da farmi guardare cosa ci fosse nel salotto di tale entità da farla fermare. Quello che mi trovai a dover guardare era uno spettacolo che mi sarei risparmiato molto volentieri se mi avesse avvisato prima. Frank era addormentato sdraiato sul MIO divano insieme a Sarah, la  sua fidanzata, coperti solamente dalla MIA coperta preferita.
 
“No ok questo è troppo. SUL MIO DIVANO E CON LA MIA COPERTA SOPRA! Qua urge vendetta e anche molto velocemente!”
 
Prendo un secchio dal balcone, che vado subito a riempire al lavandino della cucina con acqua ghiacciata.
<< Ire! Non è che mi prendi qualche cubetto di ghiaccio per favore? >> Le chiedo con nonchalance sperando che non faccia domande. Speranze ovviamente vane.
<< Non avrai in mente di bagnarli? Stanno in casa nostra, poi tocca a noi pulire, dai lascia stare una volta tanto >> Tenta di persuadermi facendo un’espressione più dolce possibile.
<< Oh honey, purtroppo aspettavo che facesse un passo falso quel citrullo da fin troppo tempo. Ora, VENDETTA! >> Grido prendendomi da solo dei cubetti di ghiaccio dal freezer e buttandoli nell’acqua, già fredda di suo, del secchio.
Appoggio il secchio ricolmo della mia vendetta affianco al divano per poi, aiutato da Irene, sposto tutto quello che c’è intorno che può rompersi nell’attuazione di questo “innocente gioco”.
<< Al mio tre togli la coperta, perché ci tengo a quella, e poi allontanati che altrimenti ti bagni pure te >> Impartisco degli ordini al mio personale soldato godendomi già la mia vendetta.
<< Prima e ultima volta, se farai altre minchiate del genere ti amputo tu sai cosa >> Mi minaccia la mia ragazza provando ad essere il più seria possibile.
<< Uff ok… Ora però recupera un paio di mutande o qualche altra cazzata da terra che non ho voglia di controllare se ha il cazzo storto quel deficiente così come dice. Poi non so perché va fiero di questo… Mah, contento lui >> Commento inorridito a quello che mi troverò ad affrontare tra poco.
Alzo il secchio e, con un sorriso che fa il giro della faccia, mi godo la scena.
<< Uno… Due… TRE! >> Grido per poi buttare l’acqua sulle mie vittime poco dopo che è stata levata la mia coperta.
<< AAAAAAAH! FUCK! FUCK! FUCK! WHAT IS THIS? AAAAH FUCK U BRIAN! >> Sbraita il batterista bagnato dal capo ai piedi.
<< Fottiti Loung, questa è la vendetta per averlo fatto sul mio fottuto divano! Ora dovrò disinfettarlo! Ora copriti, che non mi interessa vedere le tue nudità, e vai in bagno ad asciugarti. Sai dov’è >> Spiego il motivo di tale azione al malcapitato che nel frattempo prova a fulminarmi con lo sguardo. Dopo che si sono messi sopra qualcosa per coprirsi, corrono entrambi in bagno portandosi dietro i propri vestiti lasciati in giro la sera prima.
<< Baby, la vendetta è un piatto che va servito freddo. Non mi guardare così aiutami a sistemare questo caos >> Prego la mia fidanzata per un po’ di aiuto.
<< Nah… Te hai fatto tutto ciò e ora ti arrangi, io vado a mettere qualcosa sotto i denti che sto morendo di fame >> Ricevo due di picche come risposta. Me la sono cercata purtroppo.
Dopo un’ora di duro lavoro nell’asciugare divano e pavimento, ho quasi finito anche se i cuscini e roba varia stanno ad abbronzarsi sul terrazzo di casa. Irene nel frattempo non perde tempo a farmela pagare di aver causato tutto quel disastro e ogni volta commenta quanto è buona la sua colazione, mostrandomela per di più. Frank e Sarah, invece, mentre io lavoravo come un mulo, loro si sono fatti una doccia insieme… Non voglio neanche pensare che cosa potrebbero aver fatto in più! Ed ora, entrambi con un turbante in testa, mi deridono mentre sgobbo. Come può peggiorare la mia situazione? Irene ha fatto a loro la colazione e a me no. Mi sa che alla fine, sono io quello che se ne è uscito peggio dallo scherzo.
Si fa ora di pranzo e prepariamo tutti e quattro un lauto pasto con spaghetti al sugo.
<< NO! Se prendi te la pentola ti cade, mandando a farsi benedire tutto il lavoro fatto >> Mi sfotte Frank, togliendomi dalle mani la pentola con il cibo dentro.
<< EHI! Non è giusto! >> Grido all’ingiustizia verso il mio acerrimo nemico.
<< Love, ha ragione lui. Sei maldestro e vai a urtare da tutte le parti >> Bene, ci mancava lei. Qualcuno che prende le mie parti?
<< Uff e che cazzo. Va bene, fatemi mangiare che ho fame. Non so neanche quando ho mangiato l’ultima volta >> Metto fine alla conversazione reclamando cibo.
Mangiamo come se fossimo dei barboni che non toccavano del cibo da settimane. In pratica abbiamo il bon ton che ci scorre nelle vene.
<< Più tardi viene James ? >> Ci chiede la mia ragazza.
<< Fi, defe fenprfire pe fa fapfetta, fenporo lupe afpri >> Risponde Frank sputacchiando su tutto il tavolo, e oltre, pezzetti di pasta.
<< Ha detto “Si, deve venire per la scaletta, vengono pure gli altri”. Non parlare mentre mangi, testone! >> Lo rimprovera Sarah dopo aver fatto la traduzione Frank --> Resto del Mondo.
Sarah Fitz, una ragazza solare e chiacchierona. Un problema? Lei e l’alcool sono un tutt’uno molte volte. Coi sui capelli ricci, carnagione da perenne abbronzata, il suo sorriso contagioso e il suo chiacchiericcio ha conquistato quello scapestrato del nostro batterista. Insieme fanno una coppia strana secondo me, ma, in fondo, stanno bene insieme.
 << Ah si, abbiamo la serata al 12bar, ci hanno chiesto una scaletta interamente di cover. Dicono che è perché vogliono andare sul sicuro che non suoniamo merdate >> Spiego alle ragazze, ancora poco convinto sul perché della decisione presa dai gestori del locale.
<< Figata il posto! Quando suonate? >> Chiede entusiasta Sarah battendo felice le mani come se fosse una bimba piccola.
<< Tra quatto giorni. Oggi decidiamo la scaletta e nei giorni rimanenti la proviamo come si deve >> Le dico mentre mi alzo dal mio posto a tavola per andare a buttarmi sul divano.
Il pomeriggio trascorre tranquillo, con le ragazze che chiacchierano e noi due, musicisti da quattro soldi, ci divertiamo con chitarra acustica e due cuscini e tamburello come batteria. Componiamo un po’ di roba niente male che voglio poi sottoporre agli altri più tardi.
<< Ehi ho un’idea, senti questa! >> Gli si accende la lampadina a Frank che con un gran sorriso stampato sulla faccia molla le bacchette sui cuscini e prende il tamburello.
<<  “…My heart is full of love for you 
I wanna get right next to you…” 
>> Comincia a cantare il batterista provando a non ridere.
Io come un coglione riconosco la canzone e lo seguo a ruota. Me ne pentirò, lo so.
<< “ …She's a cornchucker 
A real buttfucker 
Gotta wash my dick 
After she makes me buttfuck her 



Cornchucker 
A real buttfucker 
Gonna stick my dick 
Right up her ass…”* 
>> Cantiamo, per poi non riuscendo più a trattenerci, scoppiamo a ridere.
<< Sisi certo, vi castriamo e poi vediamo che fate! >> Ci risponde Sarah dall’altra stanza ricevendo come risultato solamente una fragorosa risata da parte nostra.
Continuiamo a cantare e suonare, gli alcolici ci rendono un po’ brilli e inevitabilmente più di una volta andiamo a finire col cantare le canzoni più disperate che si possano trovare. E’ tutta una risata, si inizia e si finisce ridendo. Si fanno le sei e qualcuno suona al campanello di casa.
<< I answer the intercom– Dice Frank alzandosi dal divano come una molla –Uh! Who is?! >>  Chiede provando a fare la voce da orco cattivo, la sua serietà dura giusto un paio di secondi perché poi scoppia ancora una volta a ridere. La situazione sta degenerando ancor prima che abbia veramente inizio.
<< Fuck u! Open this fuckin’ door, now! Fucker, I’m James! You’re crazy! >> Sbotta in malo modo James inconsapevole dello stato in cui ci stiamo riducendo noi due a suon di birra, vodka e gin.
Il batterista apre la porta passandosi l’altra mano tra i suoi capelli corvini e castani.
<< EHI MAN! - Tuono appena intravedo la chioma bionda del cantante –Do you want a shot? This drink It’s fuckin’ great! >> Gli chiedo alzando il mix di vari alcolici che mi son fatto poco prima.
<< Good morning fuckers. No, thanks Brian! No now, we’re making a setlist for the show >> Rifiuta con un cenno della mano.
<< Matt and Simon?! Where are they? MATT! SIMON! >> Impazzisce tutto d’un tratto Frank
affacciandosi fuori dalla porta di casa ed urlando al vento.
<<MOTHERFUCKER! What are you fuckin’ doing?! Come on! >> Lo riporta dentro casa James
prendendolo dalla maglietta.
<< But ours friends! Where are? I don’t see them >> Replica il batterista cercando I suoi amici come
se fosse un pirata sul punto di avvistamento.
<< Fuck! What did  you drink? Mh? Aaaah it’s not possible, and now for the setlist? Shit! >> Si
scalda ancor di più mentre Frank è ormai ubriaco.
<< AHAHAHAH he has passed a magic number of alcoholic! >> Constato ridendo come un pazzo. Il
cosiddetto “numero magico” è quello che noi consideriamo il punto di non ritorno, cioè quanti
alcolici servono per far ubriacare qualcuno. Frank l’ha superato da parecchio.
<< Ciao James!- Lo saluta Irene sorridendo –E gli altri? Persi in qualche locale? >> Chiede curiosa.
Insomma nessuno di noi degna James di  vera considerazione fino ad ora.
 << James! Ciao bello! >> Viene salutato subito dopo da Sarah che gli salta addosso sorridente.
<< Ciao ragazza. Per quanto riguarda la sorte che è capitata agli altri, solo le parche(*) lo sanno. Spero solo che arriveranno tra poco >> Risponde il biondino, senza però che non continui a tenere sott’occhio Frank che barcolla.
<< Honey, a lui lo abbracci e a me niente? >> Chiede supplicante Frank che, a quanto pare, è entrato nello stadio “carenza d’affetto” nella sua personale avventura nell’ubriachezza.
<< My love, of course I remember of you >> Lo rassicura la sua ragazza per poi cominciare a baciarlo.
Aspettiamo che arrivino gli altri e, nel frattempo, facciamo ascoltare a James cosa abbiamo composto prima del su arrivo. Frank purtroppo, nello stato in cui è attualmente, non è un granché ma comunque riusciamo a fare un paio di canzoni.
<< Dai, penso di farci qualcosa su, soprattutto alla seconda. Growlata vedi poi come spacca >> Ci da il proprio responso il cantante.
Continuiamo a cazzeggiare suonando Watch over You** e Lonely Day***, fino a quando non sentiamo suonare il campanello.
<< Te stai seduto, ci vado io stavolta >> Ordina Irene al batterista che era scattato in piedi al suono del citofono.
<< Chi è? Ehi no fermo, ti ho detto di rimanere di là! >> Prova a rispondere al citofono ma un Frank selvatico salta sopra alla ragazza strappandogli di mano la cornetta.
<< Bestie! Finalmente siete arrivati! Qua mi trattano tutti male! >> Piagnucola per poi schiacciare il bottone per aprire il portone.
<< Ehi friends! Are you ready for the show? >> Chiede Matt sorridendo divertito dalla scenata del batterista che si prende sottobraccio Simon e comincia a lamentarsi di come ci stiamo comportando male nei suoi confronti. Per quel che si può vedere, è passato da poco nello stadio “tutti contro uno”, il viaggio continua.
<< Of course, now we’ll make this fuckin’ setlist >> Mette fine al discorso James sedendosi a capotavola, seguito poi dal resto del branco.
Cominciamo a discutere  quali canzoni potrebbero essere eseguite nella serata e, come sempre, cominciamo a litigare perché ognuno di noi vuole inserire le proprie canzoni preferite ma non tutti sono d’accordo. Passiamo ore davanti a varie possibilità fino a formare tante scalette possibili.
<< Quindi niente set acustico nel mezzo? Dai sarebbe figo >> Prova Matt a rincarare la dose sulla propria proposta.
<< Niente di acustico, non questa volta. Non è il luogo Matt, dobbiamo buttare giù i muri del locale non farli addormentare >> Spiega per la centesima volta James al chitarrista.
<< E un medley? Sarebbe fantastico! >> Ripropone Matt.
<< Ci vuole tempo a farlo, e a noi manca. Non mettiamoci in situazioni di merda già al primo concerto serio >> Rispondo al mio collega mettendo fine a queste proposte assurde.
<< Quindi con quale cominciamo? It’s so easy****? >> Tenta Simon di mettere fine alla questione sulla prima canzone. Ovviamente con una canzone dove comincia a suonare lui, che stronzetto.
<< The Devil in I*****? >> E’ la risposta/domanda di James.
<< Blackened(**)? >> Mi aggiungo io.
<< Creeping Death(***)! >> Si mette in mezzo Matt.
<< Walk, daje(****)! >> Finisce Frank.
 
E’ possibile che non riusciamo mai a metterci d’accordo? Fuck!”
 
<< Ok, facciamo a estrazione. Sarah, scrivi i titoli su dei pezzetti di carta. Irene, prendi una fottuta busta. Risolviamo ‘sta cazzo di situazione una volta per tutte >> Metto a tacere tutti risolvendo la situazione diplomaticamente.
Siamo tutti convinti che uscirà la nostra, perché lo vogliamo. Purtroppo, l’erba voglio non cresce neanche nel giardino del Re e solo uno di noi alla fine sarà accontentato.
<< Pronti? E la canzone con cui darete inizio alla vostra avventura è…- Si ferma Sarah prendendo un fogliettino dal sacchetto -… Creeping Death! >> Esclama la ragazza decidendo finalmente con quale cominceremo il nostro show.
 << Bene, andiamo avanti. Ne mancano altri ventuno da decidere >> Ci sprona a tutti James.
Passano i minuti, le ore, e noi stiamo ancora seduti intorno a quel tavolo cercando di risolvere il nostro spinoso problema. Per nostra fortuna, mancano solamente altre tre canzoni all’appello.
<< Domanda importante: con quale ci fermiamo per la pausa e con quale riprendiamo per lo stint finale del concerto? >> Butta giù la bomba Simon.
Ci guardiamo tutti aspettando che qualcuno rompa il silenzio che si era venuto a creare tra di noi.
<< Cemetery Gates e Welcome to the Jungle?(*****) >> Azzarda James.
<Overburdened e In Waves?(*!) >> Controbatte Frank.
<< Californication e Revelations(**!) >> Propone Simon sorridendo come uno psicopatico.
<< Broken Wings e Symphony of Destruction?(***!) >> Prova ad avere la meglio Matt come successo precedentemente.
<< Vuoi mettere Alter Bridge alla fine di un concerto del genere? Dai Matt, James non ci arriverebbe come si deve. Io dico Slither e Blackened(****!) >> Dico la mia sperando di convincerli.
<< Ancora una volta i bigliettini dai. Che se dovete continuare in questo modo vi scannerete e addio concerto >> Sbuffa la mia ragazza cominciando a scrivere le dieci canzoni sui biglietti.
<< Ok. E la vittoria va a …- Comincia la frase Sarah facendo l’occhiolino al suo amato – Slither per l’uscita e …- Prende il secondo biglietto –In Waves per il rientro! >> E un altro problema è risolto.
 
Beh posso ritenermi soddisfatto. Ho Slither”
 
<< Ok. Ultimissima domanda. Con cosa salutiamo quei cazzoni? >> Inizia l’ultimo dibattito con Matt che tira fuori la domanda da un milione di sterline.
<< Macarena(*!!) versione Metal!  >> Risponde alla velocità della luca il nostro bassista mettendosi a ridere come un matto.
<< Non la suoniamo da un botto di tempo! Col cazzo, io dico Paradise City(**!!) >> Si innervosisce il biondino mandando a quel paese Simon.
<< My Dying Time(***!!) non sarebbe male >> Ci pensa un po’ su Frank mentre fa accomodare sulle sue gambe Sarah.
<< Ace of Spades(*!!!) ? >> Chiede il chitarrista appoggiando la testa sul tavolo.
<<  E’ troppo corta probabilmente. Forse Cowboys From Hell(**!!!) andrebbe meglio >> Rispondo stappando una birra.
<< E miei cari pure questa volta si ricorre alla mia sapienza nel scegliere bene tra i biglietti. Eheh… babbani! >> Commenta Sarah che alza il pugno all’aria trionfante.
<< Allora, si accettano scommesse. Venghino signori e signore, che la pesca miracolosa abbia inizio.- Si diverte la ragazza mentre prendo un biglietto –E con questa canzone giungiamo alla fine di questa scaletta che tanto vi ha stremato e fatto spremere le meringi come non mai. Chiuderete con: Paradise City! >> Mette fine all’argomento facendo tirare a tutti un sospiro di sollievo.
<< Bene cazzoni. Andiamo a berci un po’ su che male non fa >> Ci propone Frank alzandosi dal suo posto.
“Rimane solo una domanda: come andrà il concerto?”
 
 
 
 
 
 
________________________________________________________________________________
 
 
 
* Artista: Guns n’Roses – Album:  – Data di Pubblicazione:
**Artista: Alter  Bridge – Album: Blackbird – Data di Pubblicazione: 2007
***Artista: System Of A Down – Album: Hypnotize – Data di Pubblicazione: 2005
****Artista: It’s so easy – Album: Appetite For Destruction – Data di Pubblicazione: 1987
*****Artista: The Devil in I – Album: .5: The Gray Chapter – Data di Pubblicazione: 2014
(*)Artista: Blackened – Album: …And Justice For All – Data di Pubblicazione: 1988
(**)Artista: Creeping Death – Album: Ride The Lightning – Data di Pubblicazione: 1984
(***)Artista: Walk – Album: Vulgar Display Power – Data di Pubblicazione: 1992
(*****)Artista: Cemetery Gates – Album: Cowboys From Hell – Data di Pubblicazione 1990
           Artista: Welcome to the Jungle – Album: Appetite For Destruction – Data di Pubblicazione: 1987
(*!)Artista: Disturbed – Album: Ten Thousand Fists – Data di Pubblicazione: 2005
              Artista: In Waves – Album: In Waves – Data di Pubblicazione 2011
(**!)Artista: Red Hot Chili Peppers – Album: Californication – Data di Pubblicazione: 1999
      Artista: Iron Maiden – Album: Piece of Mind – Data di Pubblicazione: 1983
(***!)Artista: Alter Bridge – Album: One Day Remains – Data di Pubblicazione: 2004
        Artista: Megadeth – Album: Countdown To Extinction – Data di Pubblicazione: 1992
(****!)Artista: Velvet Revolver – Album: Contraband – Data di Pubblicazione: 2004
(*!!)Artista: Los De Rio – Album: A mi me gusta – Data di Pubblicazione: 1993
(**!!)Artista: Guns n’ Roses – Album: Appetite For Destruction – Data di Pubblicazione: 1987
(***!!)Artista: Black Label Society – Album:  Catacombs of the Black Vatican – Data di Pubblicazione: 2014
(*!!!)Artista:  Motorhead – Album: Ace of Spades – Data di Pubblicazione: 1980
(**!!!)Artista: Pantera – Album: Cowboys From Hell – Data di Pubblicazione: 1990

Traduzione:

<< AAAAAAAH! CAZZO! CAZZO! CAZZO! COS’E’ QUESTO ? AAAAH FANCULO BRIAN! >>
 
 
<< Rispondo io al citofono. Uh! Chi è? >>
<< Fottiti! Apri questa fottutissima porta, ora! Cazzone, sono James! Sei pazzo! >>
<< EHI MAN! Vuoi uno shot? Questo drink è fottutamente buono! >>
<< Buongiorno cazzoni. No, grazie Brian! Non ora, dobbiamo fare la scaletta per lo show >>
<< Matt e Simon? Dove sono loro? MATT! SIMON! >>
<< FIGLIO DI PUTTANA! Che cazzo fai? Dai! >>
<< Ma i nostri amici! Dove sono? Non li vedo >>
<< Cazzo! Cosa hai bevuto? Mh? Aaaah non è possibile, e ora per la scaletta? Merda! >>
<< AHAHAHAH ha passato il numero magico di alcolici! >>
 
 
<< Amore mio, ovviamente mi ricordo di te >>
 
 
>
<< Ovvio, mo’ facciamo questa fottutissima scaletta >>
 


 
Angolo Autore:
 
Ed eccomi qua con un nuovo capitolo! Che ve ne pare? Come Andrà il concerto? Vi piacciono le scelte prese? Se trovate errori nel mio inglese fatemelo sapere!
Bene ora comunque voglio parlare di un paio di temi che nel precedente capitolo non ho fatto:
  1. Varie scene può capitare che siano tratte da esperienze personali (le mie, essendo chitarrista ho avuto modo di avere a che fare con tante vicende) e qualcuna tratta da band famose (Metallica, Guns n’ Roses, ecc), in questi casi lo specificherò.
  2. Essendo una band con inediti, quindi non una cover band, arriverà il momento in cui verranno eseguite da loro le canzoni composte che però, non potrete sentire come le varie cover. Per questo, oltre ovviamente a descrivere queste nel momento in cui le suoneranno, nelle scalette ci saranno sempre delle cover e nei primi concerti farò suonare solo cover così da farvi capire che genere suonano.
Bene. Spero di essere stato esaustivo per ogni dubbio che vi possa venire per il momento. Ringrazio Artnifa per aver recensito e MeandIz eGNR_97 (A voi un ulteriore ringraziamento perchè mi supportate e sopportate  sempre, grazie <3)per aver recensito e per aver messo tra le seguite la mia ff. Grazie, mi fate tanto felice!
Dopo quest’angolo che è durato decenni, vi saluto e ci vediamo con il prossimo capitolo!
 

-Slash
 
P.S. Questa è la scaletta finale scelta dai ragazzi:
Setlist
  1. Creeping Death (Metallica)
  2. For Whom The Bell Tolls (Metallica)
  3. 5 Minutes Alone (Pantera)
  4. Walk (Pantera
  5. Hand Of Blood (Bullet For My Valentine)
  6. Brave This Storm (Trivium)
  7. Built To Fall (Trivium)
  8. This Love (Pantera)
  9. Hypnotize (System Of A Down)
  10. The Memory Remains (Metallica)
  11. It’s So Easy (Guns n’ Roses)
  12. Mr. Brownstone (Guns n’ Roses)
  13. You Could Be Mine (Guns ‘ Roses)
  14. Speed Parade (Slash’s Snakepit)
  15. Mean Bone (Slash’s Snakepit)
  16. Locomotive (Guns n’ Roses)
  17. Serial Killer (Slash’s Snakepit)
  18. Slither (presentazione) Pausa (Velvet Revolver)
  19. In Waves (Trivium)
  20. The Devil In I (Slipknot)
  21. Seek And Destroy (Metallica)
  22. Paradise City (Guns n’ Roses)
 

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Capitolo 3
*** Magic Night I ***


Magic Night I

Avviso: Durante la lettura vi consiglio di ascoltare la scaletta che ho inserito alla fine del precedente capitolo!

Brian P.O.V.
Dopo quella serata passata a bere, soddisfatti delle decisioni prese sulla scaletta, le giornate trascorsero in un soffio. Alternate tra le mattine monotone alla vecchia officina di moto, a cui facevo l’impiegato, e le serate passate a mettere a punto, insieme agli altri, il nostro fottutissimo show. Bob, il mio capo in officina, è un tipo un po’ tarchiato, con barbetta e le mani perennemente sporche di grasso. Ogni mattina, con la scusa di provare una moto, me ne andavo a trovare a Matt al Macari’s sulla Denmark St, dove aveva da un po’ di tempo il ruolo di commesso e, cazzo, è sempre stato fottutamente figo perché può farmi provare tutte le chitarre che voglio, è il mio paese dei balocchi!
Il giorno precedente al concerto fu un giorno particolare. Ero ormai sempre più di giri per il fatto che avremmo finalmente suonato e, dopo che Bob mi aveva dato due giorni di via libera (uno del concerto e il secondo quello dopo), tutto sembrava filare liscio come l’olio. Purtroppo anche le rose più belle hanno le spine, e fanno decisamente male.
La sera avevamo le ultime prove per fare interamente la scaletta come se fossimo al concerto, ma di Simon non se ne vedeva traccia. Mezz’ora, un’ora, un’ora e mezza, e lui non arrivava in sala. Stavo perdendo la pazienza, non rispondeva al telefono e nessuno aveva la benché minima idea di dove fosse finito. Si fecero le undici e, completamente incazzato dalla situazione, smontai la mia roba, la impacchettai a dovere per portarla il giorno dopo al locale, e me ne andai sbattendo la porta dietro di me. Avevo bisogno di dormirci su, magari tra le braccia di Irene, il mio rifugio nei momenti più disperati.
Ed ora? Ora è il giorno decisivo, quel giorno che tutti noi stavamo aspettando con trepidante attesa da fin troppo tempo. E Simon? Ancora non so dove cazzo sia.
E’ stata una nottata lunga e nervosa, il non sapere dove fosse andato a finire mi dava sui nervi ed era una costante nella mia testa che non voleva andarsene.
Stanco di tutta questa situazione di merda, prendo il telefono dal comodino e compongo per la centesima volta il numero del bassista mentre accarezzo i capelli della mia ragazza distesa al mio  fianco ed ancora dormiente.
 
“Cazzo, vuoi rispondere? Non ne posso più di tutto ciò. Vaffanculo!”
 
<< Pronto? >> Mi risveglia dal mio stato di trans la voce del ragazzo.
<< Simon! Dove cazzo sei andato a finire? Se ‘sto pomeriggio se non ti presenti al locale per montare la roba ti prendo così tanto a calci in culo che… AAAAAH! Basta, dov’eri eh? >> Scarico un po’ del nervoso accumulato nell’ultime ore.
<< Oh man, niente di ché. Sappi però che ci sarò, alle quattro e mezzo si monta la roba. Avvisa gli altri che sono vivo… Beh ci si vede dopo eh, bye >> Riattacca prima che io possa rispondergli a tono.
Impreco silenziosamente per poi far cadere il telefono sul letto. Mi alzo, mi do una sistemata lascio un bigliettino sul telefono della ragazza con su scritto:
 
“sono uscito in moto. Torno tra un po’
-Brian”
 
Prendo le chiavi della mia Kawasaki ed esco in punta di piedi.
Sono appena le 8.00 a.m. ed una velata nebbia riempie le strade di Londra. Non importa a che orario esci di casa, Londra sarà in ogni caso con il suo solito traffico stressante e con quei bus rossi alti due piani che girano per le strade come dei fantasmi. Mi immetto in vie di campagna e comincio a correre per le strade, finalmente deserte, svuotando la testa da ogni pensiero.
Il motore di una moto è come la musica, uno strumento musicale, bisogna ascoltarlo ed inebriarsi del suo suono, essere un tutt’uno con essa e percepire ogni minimo cambiamento che viene provocato dalla guida e dall’ambiente esterno. Arrivo in una strada che taglia in due un campo di fiori e che sembra essere dimenticata dal mondo intero. Parcheggio  in una piccola rientranza sterrata della strada e scendo dal mio mezzo, mi tolgo il casco e mi passo una mano tra i capelli raccolti alla meglio in una lunga coda.
 
“Se non si presenterà lo investo e torno pure indietro per farlo una seconda volta”
 
Mi lascio cadere esausto sul morbido manto del campo variopinto da tantissimi fiori. Non ne posso più.
 
Frank P.O.V.
 
<< Cazzone scendi subito o ti ci faccio scendere io ma a modo mio! >> Sbraito a Matt con la testa fuori dal finestrino del furgoncino bianco che usiamo per trasportare la nostra attrezzatura.
<< Calma love, tanto è ancora presto, no? Tra poco scende >> Prova a calmarmi Sarah mentre un po’ di gente comincia a voltarsi verso di noi dopo che ho urlato come un matto per la seconda volta in mezzo la strada.
Comincio a tamburellare con insistenza sul volante finché non intravedo una figura con una massa di capelli biondo cenere ed una chitarra in una custodia rigida chiudere un portone dall’altro lato della carreggiata e attraversare la strada non curante degli schiamazzi degli autisti. Senza voltarmi sento scorrere lo sportellone del furgone ed una persona accomodarsi come se niente fosse.
<< Buonasera Sarah… oh una buona serata anche a lei signor autista. Dove ci porta di bello? >> Sento blaterare a vanvera il chitarrista con Sarah che subito risponde dandogli corda.
<< Puoi chiudere quel fottutissimo sportellone e farci partire per ‘sto maledetto locale. Siamo stati fermi sotto casa tua per tipo tre quarti d’ora. Questa è la volta buona che ti picchio >> Lo minaccio guardandolo attraverso lo specchietto retrovisore.
<< Oh ma si certo che sbadato, mi scusi ma a volte non so dove tengo la testa. Prego, parta caro >> Risponde Matt come se niente fosse facendoci finalmente partire.
<< La prossima volta ti dico io dove tieni la testa… dopo avertela staccata >> borbotto provocando solo l’ilarità degli altri due.
Parcheggiamo nei pressi del locale e con l’aiuto di James, che era già qua da un po’, scendiamo l’attrezzatura e la molliamo sul piccolo palco che ci è stato affidato per la serata. Ognuno monta la propria roba lasciando in un angolo quella di Simon e Brian. Ho già montato tutto il mio set e le aste per i microfoni, quando vedo entrare nel locale Brian, Simon e Irene. Brian è ancora un po’ nervoso e va direttamente a montare la sua attrezzatura dopo aver salutato i presenti in modo decisamente glaciale. Simon, al contrario del riccio, è il solito ragazzo pieno di vita e chiacchierone. Nessuno di noi osa, memori della serata precedente, chiedere dove era finito ieri il bassista per paura di far innervosire ancor di più Brian che più volte lancia occhiatacce a Simon.
Il palco è un qualcosa di seriamente minuscolo, ci entriamo a malapena e lo spazio di manovra per tutti noi è seriamente poco. Non ci abbattiamo e facciamo subito il soundcheck con James che canta gironzolando per il pub sentendo com’è l’acustica nei vari punti. Il locale comincia a riempirsi e noi nel frattempo beviamo Jack Daniel’s e vodka. Comincio ad essere un po’ brillo nonostante abbia bevuto più o meno quanto gli altri, c’è Matt che butta giù bicchieri di vodka come se fosse acqua fresca ma, nonostante ciò, sembra quello più lucido tra tutti. Il locale straripa di gente e a noi comincia a salire l’adrenalina, carichi per far crollare il pub.
<> Ci incita Brian che, dopo un paio di birre, sembra essere tornato il solito ragazzo che noi tutti conosciamo.
<< Daje, facciamo la storia ragazzi! La nostra fottutissima storia! >> Grida ancor di più James cercando di farsi sentire sopra le urla del pubblico.
Con il buio più totale e con Ecstacy of Gold* come sottofondo, saliamo sul palco andando ognuno al proprio posto. Batto un paio di colpi con una delle grancasse e sento il pubblico gridare. La canzone di intro finisce, le luci si accendono e io batto il tempo sul charleston dando così inizio allo show.
“Slaves
Hebrews born to serve, to the pharaoh
Heed
To his every word, live in fear
Faith
Of the unknown one, the deliverer
Wait… 

Come one fuckers! You sing for me!”
Incita James facendo cantare il ritornello al pubblico. La canzone continua e i ragazzi là davanti a me sembrano dei leoni in gabbia, siccome sono impossibilitati a muoversi molto rispetto alle loro rispettive postazioni. Si arriva al primo solo e Brian si scatena, e con quel suo tocco al wah(*) è tutto ancor più magico. Alla terza strofa Matt e Brian si fermano ed io porto il tempo mentre Simon continua con la sua linea di basso potente e precisa.
<< OK! Ora voglio capire perché avete mosso, stasera, quei vostri pesanti culi da casa. –Arriva un boato dal pubblico –Voglio capire, avevate voglia di bere una grandiosa birra?! -Dall’altro lato del palco continuano a pogare alzando al cielo i propri alcolici –Avevate voglia di sentire un po’ di fottuto metal?! –Chiede di nuovo James, ricevendo come risposta un’alzata al cielo dei boccali –O avevate voglia di sfogarvi, di tirar fuori quel che c’è dentro ognuno di voi, quell’animale che non aspetta altro questo fottutissimo momento?! –Chiede ancora una volta mentre tutti rialzano le proprie bevande –Bene! Ora voglio vedere tutti con le mani in alto, cazzoni! Anche voi là sopra! Gridate con me: DIE! DIE! DIE! DIE MOTHERFUCKER DIE!>> Ricomincia a cantare con un gran sorriso mentre tutti gridano ed alzano le mani come detto dal cantante.
La canzone continua il suo normale corso trascinando tutti con sé in quel vortice di emozioni ed adrenalina che solo un concerto metal può dare.
<<London!>> Incita il pubblico il bassista sul finire della canzone.
Le chitarre non hanno ancora finito di suonare che subito si pensa alla canzone dopo:
<< Stronzi! Lascio la parola a lui! >> Informa James indicando Brian per poi scendere dal palco e scomparire nella penombra.
Parte subito For Whom The Bells Tools con Simon che si butta a capofitto nell’esecuzione del solo iniziale di basso della canzone. L’unione tra le due canzoni è perfetta e quasi non ci si rende conto del cambio effettuato. L’intro della canzone  è forte e serrato, dando origine non altro che un pogare ancor di più intenso del pubblico.
<< “Make his fight on the hill in the early day 
Constant chill deep inside 
Shouting gun, on they run through the endless gray 
On they fight, for they are right, yes, but who's to say? 
For a hill, men would kill. Why? They do not know 
Suffered wounds test their pride 
Men of five, still alive through the raging glow 
Gone insane from the pain that they surely know 

For whom the bell tolls 
Time marches on…” 
>>  Canta Brian mimando man mano le azioni dette nel testo.
<< You sing with me! “…For whom the bell tolls” Yeah! >> Finisce il ritornello per poi cimentarsi nel sono insieme a Matt all’unisono, l’effetto è grandioso perché suonano contemporaneamente tanto che sembra di sentire un’unica chitarra.  
<< “…Take a look to the sky just before you die 
It's the last time he will..” 
>> La musica si ferma e le luci si spengono. Questo è uno di quei momenti in cui, dopo aver preso una boccata di ossigeno, ti chiedi “Siamo davvero noi quelli che stanno suonando? E’ così dannatamente figo”. 
<< “…Blackened roar, massive roar, fills the crumbling sky…” >> La musica riprende e le luci per magia si riaccendono portando la canzone verso l’atto finale.
Ci siamo, arriva la conclusione. Mi alzo dallo sgabello e, tutto sudato, batto sui timpani e sui tom(**) come se non ci fosse un domani. Matt finisce la canzone con il suo solo e, mentre il chitarrista fa gridare per un’ultima volta la sua chitarra, James riappare sul palco e Brian corre a cambiare chitarra e preparare l’altra per il suo collega.
<< This is 5 minutes alone! >> Grida James dando inizio alla terza traccia. E’ un concentrato di metal e rabbia questa canzone che, dietro alla mia batteria, mi dimeno e batto su tutto come se fossi un ciclone che devasta una città.
Finisce la canzone e questa volta ci prendiamo una pausa in cui Simon, Matt e Brian ne approfittano per cambiare strumento e sistemarsi, io mi tolgo un po’ di sudore da sopra e James scherza con il pubblico. Ci guardiamo  a vicenda estasiati da come sta andando avanti il concerto.
<< La potenza di Thor si abbatte sulla batteria eh >> Scherza Simon con me appoggiando un piede sulla grancassa di destra mentre si passa un asciugamano sulla faccia.
<< State attenti a chi vi circonda! A chi sono veramente i vostri amici e chi vi fotte alle vostre cazzo di spalle! Rispettate e sarete rispettate! Cazzoni! >> Proferisce una delle sue perle di saggezza il cantante al pubblico con Brian che subito dopo le parole intona Walk scatenando il putiferio aldilà del palco. Tutti pogano, noi compresi e le luci si accendono e spengono in modo psichedelico.
<< Is there no standard anymore?
What it takes, who I am, where I've been
Belong… 
>> Comincia il ritornello James appoggiandosi sulla casa spia difronte a lui e guardando avanti a sé con la sua faccia un po’ da strafottente.
Io nel frattempo mi dimeno dietro la batteria colpendo e bloccando subito dopo i piatti a ogni fine verso.
<< Respect, walk! 
What did you say?!
Respect, walk!
What did you say?!
Respect, walk!
Are you talking whit me?! 
Are you talking whit me?! >> Continua James, con il pubblico e noi che cantiamo insieme a lui come se fossimo un’unica voce. Questa canzone può essere considerata un inno del metal vero e proprio. Continuo a suonare e noto la gente delle prime file accalcate sotto il palco, toccare le pedane del nostro stage, tendere le mani verso James, Brian e gli altri.
Arriva il solo, Simon e Matt fanno un tappeto stupendo per Brian che, chinandosi verso terra, dei ragazzi gli toccano le braccia quasi cercando di tirarlo ancor di più a sé. Finisce il solo e con l’ultimo grido della chitarra si spengono le luci lasciando accesa solo quella dietro a Brian proiettando, così, la sua ombra per tutto il locale straripante di gente. Si passa ancora una volta al ritornello e le luci ritornano a fare quel loro gioco psichedelico, molto divertente da fuori ma che vissuto dal musicista sul palco non è il massimo se non si è abituati. Ci immergiamo nel finale della canzone che, con il suo strumentale, sembra andare avanti all’infinito ma ad un certo punto lo concludiamo con gli armonici(***) di Brian e io che batto come una bestia sui piatti cercando di dare quell’effetto sfumato che spero di avere.
La magia di Walk finisce e noi guardiamo la gente davanti a noi con un gran sorriso e un respiro decisamente affannato. Mi metto in piedi sullo sgabello e, mantenendomi in equilibrio precario, saluto tutti appoggiandomi sui piatti della batteria.
Matt, rialzando il volume della sua chitarra, fa tornare la musica e, come da programma, batto il tempo sul charleston e faccio partire Hand of Blood. Il riff iniziale è incalzante e con il scream(****) di James arriviamo in men che non si dica alla prima strofa dove James e Brian, che fa i cori screammati, si continua. Veloce e senza un attimo di pausa, la canzone ispira baldoria nel pubblico che, inevitabilmente, comincia a spingersi a vicenda.
<< I want to hear your fuckin' voice! You Scream! >> Grida James indicando I ragazzi che si accalcano nelle prime file sul finire del solo di Brian.
<< You too! >> Aggiunge gridando verso quelli presenti sul piano superiore.
Ci riagganciamo al ritornello che ci porta sulla via della conclusione del brano.
<< Thanks you men! It’s fuckin’ amazing this night and you’re special people! >> Ringrazia il bassista sulle ultime note della canzone. Non ricordo quando mi sono divertito così tanto quanto stasera in vita mia, e ciò è grazie a questo fottutissimo pubblico che ci spinge a continuare grazie alla loro energia.
James intrattiene di nuovo la folla nel frattempo che i ragazzi cambiano un’ulteriore volta la propria strumentazione prima di andare avanti con la scaletta.
Batto il tempo e si parte con Brave This Storm prima solo Brian e io, poi con l’inserimento di tutta la ciurmaglia. Il tempo è lento, scandito con degli accenti in più punti ma non monotono, anzi mi da un gran da fare.
< We are the catalyst; engineered hell 
The depths we’ve sunken to 
The violent things we do 
A cleansing tide would eradicate all of you 

How did you think when in apathy’s drink 
That doing nothing would spare you from the brink 
You’re equally at fault; now broken by the assault 
The righteous, the victims, the villainous ones and all 

I know what you’re hiding from 
I know what you’re hiding from 

The waves keep crashing over 
They pummel me, over and over 
I don’t think I can ever brave this storm… 
>> Ci scateniamo sul tempo di questa fottutissima traccia e il pubblico del 12club gradisce. E’ un ciclo di strofe, ritornelli e soli eseguiti in alternanza da Brian e Matt che danno sfogo alla loro tecnica. Gli scream di Brian sono da paura e la voce pulita di James è unica, insieme si amalgamano dando vita alla canzone, dando una dinamica alla canzone che è in grado di scatenare ancor di più i presenti stasera. La canzone viene portata a termine senza particolari intoppi con un richiamo sul finale del riff che ha aperto il brano.
<< I love this song… is Built to Fall >> Presenta la prossima canzone Brian per poi cominciare a intonare il riff portante della canzone.
Simon si gira verso di me e diamo inizio ad una delle canzoni che più preferiamo. Ne abbiamo fatto pure la cover in acustico ma questa non era la sera per usufruirne. Il nostro cantante riesce adattarsi benissimo a questa tonalità e di conseguenza per tutti non ci sono intoppi nell’andare avanti. Questa volta è Matt a dare manforte a James al microfono che, con la sua voce limpida ma allo stesso tempo decisa, non sfigura per niente in confronto al suo collega chitarrista che ha cantato fino ad ora al fianco del biondo.
Questa canzone l’abbiamo suonata così tante volte che ormai comincio a suonarla in più punti ad occhi chiusi entrando a far parte di ogni battuta che compone la canzone, analizzo i colpi delle dita di Simon sulle corde del suo basso a cinque corde, i tocchi veloci di Brian e Matt sulle loro chitarre e il vocione di James con il suo stile unico e inconfondibile. E’ una di quelle canzone in cui tutti noi riusciamo ad essere a nostro agio fin dalla prima nota intonata.
Riapro gli occhi solo a fine canzone per battere il cinque a Matt che si era avvicinato a me. Mentre ci prepariamo per il prossimo brano James comincia a scolarsi la sua ennesima birra porgendo poi di tanto in tanto dei bicchieri stracolmi dell’alcolico ai più accalcati al palco.
Come al solito ribatto il tempo e si riparte per un’altra esperienza nel mondo musicale questa volta al cavallo di This Love. Il biondino comincia a battere il tempo con il microfono incitando il pubblico a fare altrettanto, è come avere un metronomo vivente delle dimensioni di un locale.
< Painful and untrue
I said I loved but I fuckin’ lied… of course >> 
Aggiunge a fine frase tossendo per poi prendere velocemente un altro sorso dalla sua birra.
<<…In my life
All I wanted
Was the keeping
Of someone like you… 
>> Continua indicando una ragazza tra le prime file che subito si scioglie al sorrisino che le porge il cantante.
Arriviamo al ritornello e qua la canzone cambia completamente volto, passando da quell’arpeggio pulito di poco prima a un suono distorto che riempie con prepotenza ogni spazio possibile. Si ritorna nella seconda strofa accelerando leggermente il tempo come se fosse la rimanenza della potenza che è venuta fuori da lì a qualche secondo addietro.
Dopo un attimo quasi di titubanza, ci ributtiamo nel ritornello ancora più feroci della volta precedente. Alla fine della parte non ritorniamo su una strofa ma continuiamo con un interludio con decise  influenze Doom Metal(*****) ma, all’improvviso, come se niente fosse, riappare l’arpeggio cleanche era onnipresente nelle strofe.
<< Fuck! Now is Pantera time… Darrell time! >> Commenta il cantante indicando poi Brian che dopo il mio attacco comincia a far cantare la chitarra.
Neanche un momento di pausa che subito dopo si ritorna sul ritornello sempre più incazzati rispetto alle riprese precedenti.
<<you keep this love, thing, child, toy
You keep this love, fist, scar, break
You keep this love >> 
Canta James supportato da Brian e Simon come cori.
Entriamo nell’interludio, che funge anche da finale in questo caso, con un ritmo ancor più lento e scandito rispetto alla volta precedente per poi finire bloccando tutto e rimanendo per un attimo tutti immobili come delle statue.
Prendo un lungo sorso dalla mia birra posta affianco al timpano, mi tolgo un po’ di sudore da sopra e, facendo ruotare una bacchetta, ricomincio a battere il tempo sul charleston.
<<Do you have a good time? Mh yeah, thanks. This is a magic night, we love you. Thanks you! >> Ringrazia James mentre si appoggia un asciugamano sulla spalla.
<< Uh… and now what can we play? Oh yeah… Do you like System of  a down? >> Comincia a parlare Simon mentre guarda la sua setlist posta sotto alla sua cassa spia.
Sento il pubblico che grida entusiasta, benissimo.  Noto Brian che fa segno a Matt di cantare lui al posto suo, abbiamo qualche cambio di programma?
Poco dopo comincia a risuonare per il 12club le note della canzone che escono dagli amplificatori dei ragazzi.   
<< Why don’t you ask the kids at Tiananmen Square
Was fashion the reason why they were there?
They disguise it
Hypnotize it
Television made you buy it… 
>> Canta James ad occhi chiusi. Come ho notato prima, Matt canta le parti di Brian e il cantante appena sente la voce dell’altro chitarrista rimane spiazzato. Ma perché questo? Che è successo? In tutto ciò quello che se ne frega altamente della situazione è Simon che, sotto effetto di alcool a quantità di un esercito,  comincia a muoversi con movimenti sconnessi e senza senso. Noto Matt ridere della situazione ma James ancor più preoccupato rispetto a prima, due novità del genere in una sola canzone; non penso che ne sia molto contento.
La canzone continua e nessuno del pubblico sembra notare che cominciano ad esserci dei cambiamenti. Personalmente, fa uno stranissimo effetto sentire cantare questa canzone da Matt invece che da Brian. Innaturale.
<< You’re beautiful London! >> Grida al microfono Simon a canzone conclusa.
<< Why didn’t you sing? >> Chiedo al riccio che, standomi davanti, si stappa un’altra bottiglia e ne ricerca gelosamente il contenuto.
<< Perché al momento sono arrivato al capolinea. Ho bisogno di riposare un po’ la voce altrimenti per le canzoni più importanti non riuscirò ad arrivare in tonalità >> Mi spiega poggiando la bottiglia sulla testata Randall del suo amplificatore.
<< E io come cazzo faccio? Hunt non fare scherzi, brutto stronzo! >> Lo minaccia James entrando a far parte di questa mini e super veloce riunione di gruppo.
<< Okok, non c’è problema. Per mo cantiamo noi –interviene Matt indicando se stesso e il bassista che gli sta vicino –,te dove arrivi fallo. L’importante che poi nelle canzoni con scream ritorni te perché noi non ce la facciamo là >> Mette una toppa al problema per poi tornare nella sua postazione.
<< Ok, now you’ll sing for long. Are you ready? It’s very important. Come on! >> Proferisce il cantante facendo un un riferimento velato alla situazione che si è venuta a creare.
Brian da il tempo a James con le dita per poi partire entrambi con The Memory Remains.
<< Fortune, fame      
Mirror vain      
Gone insane     
But the memory  remains>> Inizia a intonare supportato solamente dalla chitarra. La canzone va avanti senza aspettare nessuno e io suono al mio meglio, Simon più di una volta si gira verso di me per essere sicuri di dare gli accenti nei punti giusti ma a quante volte l’abbiamo provata andiamo spediti verso la meta.
<< Fuckers! You sing! >> Ordina James dopo il secondo ritornello avvicinando il microfono alla gente delle prime file.
A fine canzone, dopo aver ripreso per l’ennesima volta il ritornello, rifacciamo cantare il pubblico togliendo man mano ogni strumento. Si fermano Brian e Simon e continua, di sottofondo, Matt con io che batto solamente il tempo sul charleston e ogni inizio battuta do un colpo sul rullante. Si ferma anche Matt e rimango solo io con il pubblico che continua imperterrito a cantare, mi alzo e, battendo solamente con una bacchetta, con l’altra incito il pubblico a continuare. Mi fermo e, avvicinandomi al bordo del palco, grido di continuare. E’ stupenda l’atmosfera che si crea e dopo aver salutato delle ragazze del piano superiore, che cercavano di attirare la mia attenzione, mollo le bacchette al primo ragazzo che mi trovo difronte e torno al mio posto.
<< Thanks you to all! So… Do you like Slash, Guns n’ Roses…mh… Velvet Revolver? Right! We’re going to playing them >> Ringrazia e annuncia Simon porgendo una birra ad una ragazza che si appoggiava vicino alla cassa spia del bassista.
Si spengono le luci, sento il pubblico parlare, ad un certo punto il palco viene illuminato in quel modo psichedelico che tanto non sopporto e appare Simon appoggiato sopra alla cassa spia di James proprio di fronte a me. Parte It’s so easy e il pubblico si scatena con James che si mette una bandana rossa alla Axl maniera.
<< I see your sister in her
Sunday dress
She's out to please
She pouts her best
She's out to take
No need to try
She's ready to make

It's so easy, easy
When everybody's tryin' to
please me, baby
It's so easy, easy
When everybody's tryin' to
please me… 
>> Cantano tutti insieme con il pubblico che poga sulle note della canzone con quel fascino potente e grezzo che ti fa salire dalle proprie viscere un’adrenalina che non sapevi di avere. Suono con stampato in faccia un sorriso da ebete e la mia folta chioma che mi svolazza da una parte all’altra facendomi vedere ben poco di quello che ho davanti oltre che alla mia batteria.
<< I see you standin' there
You think you're so cool
Why don't you just
Fuck off! 
>> Grida James mandando a fanculo tutti condito da un dito medio alzato e Simon al suo fianco che lo imita. Sotto lo sguardo allibito di tutti noi, guardo James, prima mollare il microfono sulla pedana dove è posizionata la ma batteria, e poi buttarsi nel pubblico. E’ una di quelle scene che vivi quasi a rallentatore per quanto sono assurde, sembra di viverla in terza persona, come se non fossi veramente presente.
Brian, in ogni caso, si fionda sull’assolo poggiando la chitarra sulla coscia e tirando indietro la testa nel momento del bending. Si gira e rigira movendosi in quel minuscolo spazio a disposizione e, a momenti sembra tentato di imitare il cantante nel folle gesto compiuto poc’anzi.  
Il solo finisce ma James non è ancora tornato sul palco e dopo un attimo di titubanza in cui ci guardiamo a vicenda, Brian canta al posto del nostro cantante. Purtroppo si nota che fa fatica a tenere il passo serrato dei versi composti dal pazzo cantante dei Guns ma non si può altrimenti. James torna tra noi sul finale della canzone ma gli manca una cosa… la maglietta. Qualche ragazza avrà di che gioire ora.
<< …So Fuckin' easy
It's so easy
So damn easy
It's so easy
Oh, So fuckin' easy
It's so easy
Yeah it's so easy
It's so easy
So fuckin' easy
It's so easy
Yeah! 
>> Riprende a cantare a squarciagola con il riccio che tira un sospiro di sollievo perché ormai stava arrivando al limite.
<< Fuck u! >> Commenta divertito James indicando il pubblico che nel frattempo alza le mani.
<< Now we’re dancing with Mr. Brownstone >> Annuncia Brian con voce roca dandomi il segnale per dare il via alla danza tribale marchiata Guns n’ Roses.
Comincio a battere su tom e rullante, Brian fa sottofondo con il wah passandosi un paio di volte la mano tra i capelli e Simon mi segue guardandomi attentamente; aspettiamo solo Matt che faccia la  sua parte per poter far partire veramente il pezzo. Ecco, arriva lo stacco del chitarrista e subito si parte con la vera e propria canzone.
<< I get up around seven        
Get outta bed around nine       
And I don't worry about nothin' no
Cause worryin's a waste of my time >> Canta James muovendosi in modo serpentino e decisamente molto suadente per le ragazze presenti stasera. Se non fosse che molte volte fa i cori, io, così come tutti penso, non vedrei la faccia di Brian che è perennemente nascosta dietro alla sua folta chioma di ricci castani. Il wah in questa canzone è uno degli assoluti protagonisti e non c’è un momento in cui il chitarrista non lo usi.
<< …We been dancin' with
Mr. Brownstone
He's been knockin'
He won't' leave me alone… >>  Intona il ritornello James per la seconda volta per poi lasciare spazio a Brian con il suo assolo. Si vede che il palco comincia a stare un po’ troppo stretto al cantante che si muove e cerca sempre più spazio in cui mettere piede.
<< Now I get up around whenever
I used ta get up on time
But that old man he's a real motherfucker            
Gonna kick him on down the line >> La canzone senza troppi indugi entra nel suo atto finale e lo porta a compimento con uno stacco conclusive perfetto e pulito, merito di tante prove e del nostro feeling.
<< This is dedicated to all women >> Si rivolge al gentil sesso presente in questa serata con una voce così suadente che ho visto una ragazza affianco alla spia di Brian quasi svenire.
Parto con l’intro di You could be mine riversando tutta la forza sulla mia batteria mentre Simon si aggiunge alla linea ritmica facendo da tappeto a Matt e Brian con il loro riff iniziale.
<< I'm a cold heartbreaker
Fit ta burn and I'll rip your heart in two
An I'll leave you lyin' on the bed
I'll be out the door before ya wake
It's nuthin' new ta you
'Cause I think we've seen that movie too… 
>> Canta James staccando il microfono dall’asta e passandosi una mano tra i morbidi capelli.
<< 'Cause you could be mine
But you're way out of line
With your bitch slap rappin'
And your cocaine tongue
You get nuthin' done
I said you could be mine … 
>> Continua mimando talvolta alcuni gesti e indicando ogni qual volta una ragazza diversa presente tra la gente. Vedo scattare Brian che cerca di muoversi con disinvoltura sul questo palchetto che fa stare a sardina, è sorprendente come non abbia ancora urtato da nessuna parte nonostante lo faccia sempre.
Si fa velocemente l’intermezzo tra ritornello e la seconda strofa dove subito ci riattacchiamo con il biondo che sale sulla cassa spia e scatena la sua voce. Dopo il secondo ritornello il cantante scende dal suo posto facendo salire a sua volta il chitarrista che, dotato di una Washburn(!*), compie il suo solo giocando con la leva del vibrato e i capelli che si muovono come se fossero i tentacoli di un polipetto. Si entra nell’ultima strofa e poi nell’ultimo ritornello dove Simon e Matt fanno il controcanto a James che ormai si è trasformato in una bestia da palco mangia canzoni. La canzone finisce, noi rimaniamo immobili cercando di recuperare il battito regolare del cuore nel frattempo che Brian fa urlare ancora un’ultima volta la sua chitarra. Sembra non finire mai, fino a quando non attacca inspiegabilmente con la canzone dopo, Speed Parade. Non perdiamo tempo e ci aggreghiamo subito con Simon che incita il pubblico a battere il tempo e James si china verso il basso a stringere mani a gente che non penso che rivedrà mai.
<< They come and they go when they want me
I sit and I wait my turn
I want to let go but I can't see
All I know is from what I've learned

Hitchhiker born to the side of the road
Got your thumb out, climb in
Shut your mouth, and do what you're told
This is where the ride begins >> 
Ci incanta con la sua voce nella prima strofa tenendo con la mano destra il microfono e appoggiandosi con l’altra sull’asta.
<< Heads up, the mountain's comin' down
Like a ball and chain
Stand up, the best is all around
The question is would you like to calm the insane

It goes on and on, just like a speed parade
It goes on and on, 'til the tail lights reached my head >> 
Continuiamo con il ritornello con Simon e Matt da coro.
La canzone non si ferma e dopo la seconda strofa e il ritornello, concluso con un acuto che se qualcuno avesse avuto un bicchiere di cristallo a quest’ora sarebbe in frantumi ai suoi piedi, entriamo nella strumentale che precede il solo di chitarra. Lo strumentale, così come soprattutto il solo, è un continuo avanzare di note che, anche se con lo stesso tempo, sembra man mano di aumentarlo siccome si va avanti sempre di una nota dimezzando i tempi ogni qual volta. E’ un progressivo che finisce su un bending di Brain con chitarra appoggiata sulla coscia e testa tirata indietro con un espressione d’estasi.
<< …Gotta get on the road or get on your knees
See the boy play, he plays for speed
Faster boy, put your foot on the floor
Salivating, he just wants more

Here come the calm with the bold insane
I can feel it like a ball and chain
When the question stands, does the shit remain… 
>>  Ci fermiamo con un stacco cordinatissimo in cui, prima di ripendere la via del finale, ribatto con le bacchete la battuta di pausa con Brian e James che tirano via un acuto di voce e chitarra da brividi.
 
<< …It goes on and on, just like a speed parade
It goes on and on, 'til the tail lights reached my head >> 
Conclude James mentre noi finiamo con il riff usato anche come apertura con il pubblico ormai in visibilio.
<< Woo! Brutal! Now, Mr. Loug want you please … >> Fa un leggero inchino il biondo rivolgendosi a me per poi cominciare a parlare e camminare in quel poco spazio a sua disposizione mentre io suono di sottofondo.  
<< Chi ha la ragazza? –Chiede il ragazzo con fare quasi serio –Non fatevi trattare come dei fottutissimi zerbini! Siate veri uomini, cazzo! Andate a testa alta… C’è così tanta merda là fuori, tante parassite pronte a succhiarvi via tutto. Combattete per voi e ciò che amate! >> Finisce di parlare lasciando spazio a Brian che comincia un improvvisazione che man mano sale di forza, dando dinamica a tutto il pezzo. Simon ormai è ampiamente approvato che è ubriaco, al momento si crede una scimmia e fa delle vere e proprie facce che mettono a dura prova il dire che la sua specie di appartenenza è l’uomo.
<< Yeah! Oh my fuckin’ god! >> Grida James mentre il chitarrista continua imperterrito la sua suonata.
<< One! Two! Three! Four! >> Urla il cantante dando, finalmente, inizio alla canzone.
<< Muovete il vostro fottutissimo culo, cazzoni! >> Provoca la gente come suo solito.
<< ou're dissin' me, I never show it
But you're always getting into my head,
dismissin' me I let you do it but
you're doing it In front of my friends

I'm not your doormat, I'm not the leader of a kick-you
When you're down on crusade, I want no part of that
I hear the rumors, goin' round that I'm not that man >> 
Canta tirando fuori la sua potente voce. Il pubblico sembra non stancarsi mai e ora noto in diversi che saltano cantando insieme a James.
<< I'm tired of playin' dumb
I'm tired of being pushed around
And if you think that I'm goin' soft
Here come some hard times

I got one mean bone in my body
and one I want to pick with you
I got one mean bone in my head >> 
Interpreta il ritornello con maestria mentre si sorregge sulla spalla di Matt concentrato a non perdere neanche una nota.
Ci districhiamo tra strofa e ritornello fino ad arrivare al solo dove Brian, con affianco Matt, lo esegue con facilità e nascosto dai ricci inumiditi dal sudore. Concludiamo con il ritornello dove sul finale mi alzo e batto sui piatti facendo barcollare a momenti le aste che li sorreggono.
Guardo la setlist attaccata con del nastro affianco al charleston:
 
“…
16) Locomotive 
… “
 
Questo concerto sembra non voler finire mai e questa canzone dura millenni se Brian si mette a improvvisare sul finale.
Non aspetto gli altri e subito dopo aver preso un generoso sorso di vodka, comincio con l’intro della canzone a cui si aggrega prima Simon e, in un secondo momento, i due chitarristi.
< Yeah I'll find a way to cure the pain 
If I said that you're my friend 
And our love would never end 
How long before I had your trust again 
I opened up the doors when it was cold outside 
Hopin' that you'd find your own way in 
But how can I protect you 
Or try not to neglect you 
When you won't take the love I have to give 
I bought me an illusion 
An I put it on the wall 
I let it fill my head with dreams 
And I had to have them all 
But oh the taste is never so sweet 
As what you'd believe it is 
Well I guess it never is 
It's these prejudiced illusions 
That pump the blood 
To the heart of the biz… 
>> Interpreta James l’interminabile strofa ma si sente che comincia ad essere stanco pure lui dopo canzoni su canzoni dove ha sempre dato il massimo non tirandosi mai indietro per un acuto che magari non era in programma di fare.
<< …You know I never thought that it could take so long 
You know I never knew how to be strong 
Yeah, I let you shape me 
But I feel as though you raped me 
'Cause you climbed inside my world 
And in my songs 
So now I've closed the door 
To keep the cold outside 
Seems somehow I've found the will to live 
But how can I forget you 
Or try not to reject you 
When we both know it takes time to forgive…  
>> Continua senza sosta e qui si nota ancor di più che, nonostante la sua voce potente e graffiante, i segnali di stanchezza non sono pochi con il fiato corto che gli corre dietro.
Siamo un po’ tutti stanchi ma non molliamo e continuiamo, strofa, ritornello, solo, strofa, solo, ritornello, solo, ritornello, solo finale. La canzone sembra non voler arrivare al termine nonostante la parte cantata sia giunta alla sua fine. Brian continua a improvvisare con Matt mettendo su un botta e risposta di fraseggi con il wah che si riprende la scena ancora una volta. Ad un certo punto mettiamo fine a tutto con tutti i musicisti che si girano verso di me e con uno sguardo di intesa chiudiamo in grande stile.
Dai altre due canzoni e dopo facciamo una fottutissima pausa”
E’ il momento di Matt, che con una chitarra acustica da sfoggio delle sua tecnica di arpeggio. Rimandando al motivo principale di Serial Killer, suona seduto sulla grancassa di sinistra del mio set.
<< Thanks you Matt, it’s beautiful. Come on >>  Fa I complimenti James al proprio chitarrista scompigliandogli i capelli biondo cenere.
<< Here we are alone now, just you and me 
Down the halls we waltz, your end is in my dreams >> 
Da voce alle note con un’eleganza ma allo stesso tempo una tetralità che ho avuto il piacere di incontrare solo in poche altre persone fino ad ora. Dopo un altro spezzone in acustico la canzone si mostra per quello che è, nuda, cruda, con un atmosfera tetra, per certi versi macraba, e carica di rabbia.
<<  hope you can leave all this for yourself 
I'll be your slave and then dig your grave 
While we're makin' love I dream revolver 

They say I'm crazy, falling apart 
Do you like the way I murdered your heart 
I'm smart and cagey, I come in the night 
If you let me in, you'll give up your life >> 
Da sfogo al ritornello dopo una strofa altrettanto elettrizzante.
Tutta l’energia continua passando da strofa in ritornello fino a quasi disperdersi in ritorno prepotente della chitarra acustica che funge da interludio a un solo di Brian che fa venire letteralmente la pelle d’oca a sentirlo. Spronato da questa nuova carica che mi attraversa il corpo, mi spingo ancora più in là e nonostante la mia stanchezza batto e ribatto su tutto il set con tanta rabbia. La canzone finisce con l’ennesima scala di Brian e un vocalizzo di James che sembra essersi ripreso quel tanto che basta per continuare ad essere quella bestia da palco che regnava fino a poco fa. Finisco avidamente il contenuto della bottiglia che è appoggiata al mio fianco e poi, dopo una passata di asciugamano, comincio a suonare insieme a Simon che ride come un ebete.
<< Ehilà! Pensavate che fossimo spariti eh?! –Si aggira per il palco il cantante con una bottiglia di Tequila in mano –E invece no, siamo ancora qua a rompervi le vostre fottutissime palle. Ringraziamo 12bar club per averci ospitati stasera, senza loro tutto ciò non esisterebbe. Dopo due anni di stop, li ringraziamo per averci permesso di aver ricominciato nello stesso luogo dove avevamo messo temporaneamente fine alla nostra scalata al rock n’ roll. Ringrazio quelli che si trovano al mixer e alle luci che stasera stanno compiendo un lavoro con i contro cazzi.
Ma ora passiamo alla band qui presente! –Comincia con l’introdurci uno alla volta –Al basso questo bipede, mammifero, dotato di cinque dita nella mano sinistra e altrettante nella mano destra, una testa, due palle, una bocca atta… a beeere –Fa bere il contenuto della bottiglia al bassista mentre è impegnato a seguirmi nello sfondo musicale della presentazione –è acqua, per lui è acqua! E’ incredibile, c’ha la sete di un cammello, è più bello di un cammello! Ebbene l’abbiamo presto per questa serata qui per noi… 18 gradi. –informa il bassista che con un cenno del capo indicava la Tequila –Al basso stasera per voi, il grande e incredibile martellatore: Simon Moyer! >> Finisce di presentare il primo mentre costui sale sulla cassa spia e si mostra al pubblico.
<< In una probabile lista di chitarristi ritmici dopo, non so… Izzy Stradlin, Malcom Young, Dave Kushner, ci metterei il qui presente che è un personaggio schivo, timido, ma quando si scatena lui è la fine. E’ un grande battitore di Tequila boom, alla chitarra ritmica stasera per voi, il grande, l’incredibile: Matt Stevenson! Guarda quanti amici! >> Presenta il secondo dopo averlo abbracciato ed averlo fatto bere dalla bottiglia l’alcolico.
<< Proseguendo il nostro iter, questa nostra avventura che va aldilà dell’etilico, aldilà del musicale, aldilà dell’antropologico e dell’elettro musicologia… Dietro questa struttura industriale, tutta legni, tutta cromatura, tutta ottoni, sponsorizzata da sti cazzi, il cazzo che me ne frega, dai Cazzi Storti Inc. Un essere umano che risponde al nome anagrafico di: Frank Loug! >> Mi presenta in modo abbastanza colorito il cantante che mi porge anche a me il contenuto della bottiglia.
<< Ora, questa sera, accompagnato dalla fedele Gibson Les Paul(!*), teniamo un chitarrista che ci ha accompagnato anche nelle precedenti volte perché è il chitarrista di questo gruppo. Ebbene, è famoso per le sue performance musicale ma per quelle sessuali in particolare, pare che il suddetto c’abbia sette ottave di escursione, una cosa incredibile. In molti potrebbero testimoniare questa benevolenza della natura nei suoi confronti e lui, anche se fa finta di nulla, rimane sempre un chitarrista che risponde al nome del grande, incredibile: Brian Hunt! >> Presenta il nostro caro ricciolino che non si scompone davanti alle parole del biondo ma continua a tracannare Tequila e usare la bottiglia come plettro per suonare.
<<Thanks you! –Ringrazia Brian parlando dal suo microfono –E ora voglio introdurre il nostro fottutissimo cantante. Alla voce, anche essa con un range non indifferente… per altre lunghezze della suddetta persona, girano varie storie metropolitane ma lascio alle ragazze l’ardua sentenza a riguardo… Un amico, un rompipalle, una testa di cazzo, il fantastico: James Brown! >> Vengono concluse le presentazioni con un applauso del pubblico.
Io e Simon continuiamo sempre nello stesso modo mentre Hunt si diverte suonando con inseriti degli effetti di modulazione che fanno rimbalzare il suono sulle pareti ripetute volte e in modo quasi allucinogeno.
Finisce il suo giochino da bambino piccolo e si parte con l’intro di Slither.
<< When you look you see right through me 
Cut the rope, fell to my knees 
Fallen, broken every single time 

Always keep me under finger 
That's the spot where you would (sue) me 
But I see sometime pleasure in my mind 

Yeah, here comes the water 
It's come to wash away the sins of you and I 
This time you see >> 
Canta dando la bottiglia di Tequila a una persona del pubblico.
Suoniamo strofa e ritornello per poi giungere all’entrata del solo di chitarra.
<< Scream now fuckers! >> Esorta poco prima che si inizi il solo.
Brian fa risuonare la sua chitarra per tutto il luogo con affianco Matt che scuote la sua chioma ritmicamente.
<< Yeah, here comes the water 
It's come to wash away the sins of you and I 
This time you see 
Like holy water 
It only burns you faster than you'll ever dry 
This time with me >> 
Intona James per l’ultima volta.
Finalmente si arriva al finale dove ci scateniamo tutti quanti e dopo l’ultimo battito della canzone si lascia la chitarra di Brian appoggiata sul cabinet dell’ampli facendo risuonare per il 12club il suono in loop(!**) dell’ultima nota data sulle corde.
> Conclude James dando appuntamento per ultime quattro canzoni del set.
 
 
 
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*Artista: Ennio Morricone –Film: Il buono, il brutto il cattivo –Data di pubblicazione: 1966
(*) Effetto musicale che prende il nome dal caratteristico suono prodotto dal taglio e dal reinserimento graduale delle frequenze alte, vagamente assimilabile a un miagolio o a un vagito da cui il nome onomatopeico.
(**) Timpani e tom sono parti del set di batteria, i batteristi metal sono soliti usare molti di questi componenti ma comunque sono scelte stilistiche che variano a seconda del musicista in questione.
(***) Gli armonici naturali sono una successione di suoni (ipertoni) le cui frequenze sono multipli di una nota di base, chiamata fondamentale. Quindi si ha la nota base suonata in ottave più alte rispetto all’originale. Nella chitarra i punti dove questo fenomeno è maggiormente presente sono ai tasti 5,7,12. Esistono anche gli armonici artificiali.
(****) Così come il growl, lo shouth, il pig squealing, e lo yell, lo scream è una tecnica prettamente metal, questa tecnica per essere eseguita correttamente ha bisogno di mesi di sviluppo, se non anni. La tecnica più corretta secondo molti medici è quella detta del fry scream che non consiste nell'urlare ma in una modificazione del pitch diaframmatico attraverso la gola.
(*****)Il doom metal è un sottogenere dell'heavy metal. I Black Sabbath sono considerati per certi aspetti precursori del genere. Il doom metal è caratterizzato da sonorità molto cupe e ritmi lenti nei motivi e nei riff, che evocano atmosfere drammatiche e melodie decadenti, accentuate da testi spesso riguardanti l'occulto, l'introspezione e la sofferenza. Il tempo è solitamente scandito da cadenzati colpi di cassa; a volte sono presenti tappeti di tastiera o organo.
(!*) Washburn e Gibson, sono delle marche di chitarre acustiche ed elettriche e bassi. Tra chi ha usato le Washburn si può nominare Dimebag Darrell, Brian May, Roger Waters, Kirk Hammett, Paul Stanley. Per le Gibson è una marca molto usata dai chitarristi, in special modo per chi volesse vedere il modello Les Paul, nominato nel capitolo, è ormai l’immancabile compagna di Slash dei Guns n’ Roses.
(!**) un loop è una sezione in cui un suono o un campionamento viene riprodotto ripetutamente tramite l'utilizzo di specifici nastri, effetti audio, un campionatore o dei software appositi. Nel caso in questione, Brian utilizzando effetti di distorsione, delay, ecc, ha appoggiato la chitarra davanti all’amplificatore in modo che il suono entrasse in loop con la vicinanza degli humbucker al cono dell’ampli, creando così un circolo di suono particolare tra chitarra e ampli. Questa tecnica è usata solo in determinati casi, in special modo quando si vuole allungare una nota per un lungo periodo di tempo. A ciò si può sommare anche l’uso della leva del vibrato per le chitarre che ne sono dotate.


Traduzione:
<< Voglio sentire le vostre fottutissime voci! Gridate! >>
<< Pure voi! >>
<< Grazie men! E’ fottutamente splendita questa serata e voi siete delle persone speciali! >>
 
 << Amo questa canzone… è Built to Fall >>
 
<< Cazzo! Adesso è tempo dei Pantera… di Darrell! >>
 
<< E’ un buon momento? Mh si, grazie. Questa è una serata magica, vi amiamo. Grazie! >>
<< Uh… E ora che possiamo suonare? Oh si… Vi piacciono i System of a down? >>
  
<< Sei bellissima Londra! >>
<< Perché non hai cantato? >>
 
<< Ok, ora dovrete cantare per un po’. Siete pronti? E’ veramente importante. Forza! >>
 
<< Cazzoni! Cantate! >>
<< Grazie a tutti! Quindi… Vi piace Slash, Guns n’ Roses… Mh… Velvet Revolver? Bene! Ora suoneremo loro! >>
  
<< Ora danzeremo con Mr. Brownstone >>
 
<< Questa è dedicata a tutte le donne >>
 
<< Woo! Brutale! Ora, Mr. Loug se vuole per favore… >>
<< Si! Oh mio dio! >>
 
<< Grazie Matt, è bellissimo. Dai >>
 
<< Gridate ora cazzoni! >>
 
<<… A dopo! >>
 


Angolo Autore:
 
Eccomi qua! Finalmente il nuovo capitolo, che ne pensate? E’ troppo lungo? E’ stato decisamente lungo, laborioso e complicato scriverlo, spero che vi piaccia. Nell’idea originale il capitolo aveva molte più parti, ad esempio si parlava di più della vita dei ragazzi oltre la musica, che succedeva nella sala prove e nel soundcheck, annotazioni tecniche, e altri momenti particolari che ho dovuto eliminare per motivi di lunghezza eccessiva.
Più di uno mi ha detto che sono belli i dialoghi in inglese, spero di non aver fatto troppi errori perché in alcune frasi ancora non sono sicuro se sia grammaticalmente corretto ahahah. Se trovate errori fatemelo presente! Originariamente tutti i discorsi durante il concerto dovevano essere in inglese ma alcuni, soprattutto quelli più lunghi come la presentazione e la parte durante Creeping Death, mi sembravano più belli scritti in italiano e poi volevo commettere meno errori possibili quindi scriverli in un’altra lingua mi sarebbe risultato difficile.
Ringrazio Artnifa per aver recensito e MeandIz GNR_97 per aver recensito e per aver messo tra le seguite la mia ff.
Gli aggiornamenti, salvo imprevisti e/o scritture lunghe (come successo in questo caso), saranno sempre nel fine settimana. Grazie a tutti!
See you later!
 
-Slash
 
 
P.s. Ecco alcune foto del locale e un paio di link della serata dei Megadeth al 12bar club così da poter vedere anche lo spazio a loro disposizione:
https://www.youtube.com/watch?v=epOXxnXK3ec
https://www.youtube.com/watch?v=rvzNJhnsmjo
https://www.youtube.com/watch?v=eE4ojmteI9g (si può notare che c’è un piano superiore da dove la gente segue, è nominato un paio di volte nel capitolo)
https://www.youtube.com/watch?v=K13rj9s-hlQ
https://www.youtube.com/watch?v=efaLFlQvRMg























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Capitolo 4
*** Magic Night II, And if... ***


Magic Night II, And if...

 


James P.O.V.

<< Fuck! Did you listen the people?! It’s fuckin’ amazing! >> Mi grida Simon nelle orecchie senza ritegno per il mio udito.
<< Yeah! I’m ready for the second fuckin’ part of this fuckin’ show! Fuck! >> Commenta Frank alzando in aria la propria birra.
Dopo aver suonato diciotto canzoni ci siamo presi una pausa lasciandoci alle spalle il pubblico che acclamava le restanti canzoni del set. Sto sporco e sudato come un porco, fanculo.
<< Man, you’re fuckin’ crazy. Why did you jump? Ahahah >> Mi chiede spiegazioni Matt mentre di sottecchi guarda passare una ragazza a pochi metri da noi.
<< Why? Honestly I don’t know >> Rispondo con una scrollata di spalle senza darci peso più di tanto.
<< And Brian? Where is he? >>  Ci fa notare il bassista l’assenza del riccio poco prima del nostro rientro sullo stage.
<< Ahem… I’m here >> Compare il ragazzo chiudendo dietro di se la porta di una stanza e tenendo per mano Irene che stava diventando dello stesso rosso intenso della maglietta del bassista.
<< Eheheh … crazy man! >> Tira una gomitata Frank al chitarrista ridacchiando divertito dalla situazione immaginando cosa potesse aver fatto fino a poco prima.
<< Ok ok, basta torniamo sul palco >> Metto a tacere tutti facendo strada verso lo stage mentre il pubblico continua ad acclamarci.
Ci rimettiamo ognuno ai propri posti di combattimento riabbracciando gli strumenti abbandonati alla fine della diciottesima canzone in favore di una birra fresca. Sento dare dei colpi sulla batteria da parte di Frank, segno che è pronto ad andare avanti nelle ultime battute dello show, i due chitarristi e il bassista si fanno sentire a loro volta confermando che manca poco al far tremare ancora una volta i muri del locale.
<< EHI MOTHERFUCKERS! Are you ready for rock n’ fuckin’ n’ roll? >> Comincio a far riscaldare il pubblico mentre di sottofondo Frank fa partire una sequenza che funge da intro alla canzone.
<< All right my friends! On the next song, we want to see everybody… everybody! Jump and scream two simple words, two fuckin’ words: in waves. We need everything, all right? Ready? >> Spiego alla folla cercando di caricarli al meglio per la parte rimanente dello show. Finisce la base di tastiera e batteria e partiamo con una potenza che sembra di esser tornati a inizio concerto.
<< IN WAVES!
IN WAVES!
…Sing with me!...
IN WAVES!
IN WAVES!
Do I end this all for the world to see? (In waves, In waves) 
Do I take everybody else down? 
(everybody else down) 
Everybody else down with me … >> 
Screammo e intono con voce pulita con al coro Brian che sembra essersi ripreso.
Continuiamo riprendendo l’intro della canzone e subito dopo la seconda strofa. Passiamo per il ritornello per poi buttarci nel solo di Matt prima, e con un altro passaggio nel ritornello, quello di Brian dopo. Torniamo su quel che fungeva da intro per poi riprendere per due volte consecutive quel che era antecedentemente la seconda strofa, la prima solo io e Matt e la seconda tutti insieme. Ci portiamo sul finale dove ci scontriamo contro le ultime note che compongono il pezzo lasciando andare l’ultimo accordo di chitarra come connessione tra questa canzone e quella successiva: The Devil in I.
<< The devil in I >> Annuncio per poi mettermi in un punto dove la luce dei fari non ci illumina.
Dopo l’intro della canzone di Matt con il wah si entra nel riff principale potente e caricato ancor di più dall’accordatura usata dai ragazzi sui loro strumenti.
 << Undo these chains, my friend. I’ll show you the rage I’ve hidden.
Perish the Sacrament. Swallow, but nothing’s forgiven.
You and I can’t decide which of us was taken for granted.

Make amends… some of us are destined to be outlived >> Intono in modo quasi melodioso con la canzone che si trasforma calmandosi di colpo.
<< STEP INSIDE/ SEE THE DEVIL IN I
Too many times, we’ve let it come to this
STEP INSIDE/ SEE THE DEVIL IN I
You’ll realize I’m not your Devil anymore >> 
Neanche il tempo di abituarci a quella falsa atmosfera di beatitudine che subito si va sul ritornello caratterizzato da frasi in scream alternati a versi clean come lo erano nella strofa.
Tutto ritorna in quel falso aspetto di calma e tranquillità per una seconda volta, ma come prima è solo un illusione perché il ritornello ci porta subito alla realtà dei fatti con quel potente riff che lo caratterizza. Butto giù altri due versi con un potente growl per poi lasciare andare il tutto in uno spezzone strumentale che si interrompe bruscamente lasciando tutti ad aspettare il seguito che non arriva.
Faccio segno con la mano al pubblico di gridare ancora più forte, reagiscono ma non mi basta, provo a farli gridare ancor di più fino a quando, stanco del giochetto, faccio ripartire la canzone riattaccandola al ritornello come se la pausa eseguita non esistesse proprio. Ripetiamo due volte la parte fino a quando non ricompare la strofa ma questa volta senza la mia traccia vocale. Il pezzo finisce con il pubblico che ci applaude.
Matt e Brian, senza dare una ben che minima pausa, fanno risuonare il riff iniziale di Seek and Destroy. A fine riff, come da programma, ci fermiamo facendo finta per un attimo di riprendere il normale corso della canzone ma fermandoci una seconda volta.
<< STOP! Blurp >> Grida al suo microfono Simon facendo un rutto che è forte quasi quanto uno scream.
<< AAAH FUCK U! >> Urla Brian alla folla e al bassista mentre Frank, sporgendosi fuori dal suo strumento, batte il tempo con la grancassa e tenta di incitare il pubblico a fare altrettanto con le mani.
Riprendiamo con l’intro della canzone fino ad arrivare alle porte della strofa.
<< We are scanning the scene
In the city tonight
We are looking for you
To start up a fight
There is an evil feeling   
In our brains      
But it is nothing new  
You know it drives us insane… >> Faccio per un attimo finta di cominciare a cantare ma abbasso il microfono nell’esatto momento in cui Brian inizia a cantare la strofa al posto mio.
<< Running, on our way          
Hiding, you will pay      
Dying, one thousand deaths
Running, on our way          
Hiding, you will pay      
Dying, one thousand deaths
Searching… Sing with me!
 … Seek and destroy
Searching… Singing!
Searching, seek and …
Searching, seek and destroy! YEAH! … >> Si butta senza pensarci sul ritornello coinvolgendo il pubblico e con me e Matt a fare i cori.
Dopo il riff di intermezzo è presente la seconda strofa con Hunt che si fa valere come frontman.
<< << Running, on our way          
Hiding, you will pay      
Dying, one thousand deaths
Running, on our way          
Hiding, you will pay      
Dying, one thousand deaths
Searching… Sing with me!
 … Seek and destroy
Searching… everybody fuckers!
… Seek and destroy
Searching, seek and …singing!
Searching, seek and destroy! AHAHAH! … 
At the drum my friend Frank! Hi Frank! >> Dopo aver fatto ancora una volta il ritornello il chitarrista, indicando il ragazzo che si muove incessantemente dietro alla batteria, fa partire il solo di Frank. Neanche il tempo di godercelo che, dopo aver suonato il riff seguente, Brian e Matt si scatenano in uno scambio di fraseggi di chitarra componendo così il solo della canzone. Ricompare il riff iniziale della canzone, e questa volta senza interruzioni, si passa prima attraverso un’altra strofa per poi nel ritornello in cui Brian continua a divertirsi con la folla. A questo punto ci distacchiamo dal brano originiale, Matt improvvisa un po’ supportato dalla base ritmica(*) di Frank e Simon. Brian si toglie di dosso la propria chitarra e si appoggia sull’amplificatore mentre si gusta un po’ di vodka.
<< OK! Are you sleeping? –Chiedo al pubblico passandomi il microfono da una mano all’altra –Oh no, no no… So, scream with me! Searching… SEEK AND DESTROY! –Faccio finire al pubblico la seconda parte –Yes! Kiss my fuckin’ ass! >> Comincio a giocare io con il pubblico facendoli cantare tutti quanti con il sottofondo solamente ritmico. Non contento di far cantare a tutti quanti la restante parte del verso, mi piego verso la gente che sta immediatamente sotto al palco e faccio cantare singolarmente a più di uno. E’ molto divertente perché ci sono ragazzi che provano a fare la voce grossa e poi ragazze che cantano con la voce di Titti. Non ancora contento di tutto ciò, mi avvicino ai miei cari compagni di band e faccio cantare a ognuno il verso ma a nessuno di loro faccio finire la frase perché allontano subito il microfono. Frank, indispettito dal mio gesto, mi butta una bacchetta mancandomi che irrimediabilmente va a finire tra la gente.
Matt riprende con il solo, successivamente poi lasciarmi fare ancora una volta il ritornello.
Faccio scorrere la canzone con il riff finale del pezzo. Sembra finita ma, con il battito sul charleston del batterista, si fa risuonare il fraseggio finale del riff portante (che era anche quello iniziale) concludendo così la canzone.
<< Thanks you, goodnight! >> Faccio finta di andarmene con i ragazzi che salutano togliendo gli strumenti ma il pubblico non accetta e reclama un’ultima canzone.
<< Ok, one more song for you! >> Avviso tutti lasciando successivamente andare avanti a me Brian che si appoggia con un piede sulla cassa spia.
Distinguo Mother* dei Pink Floyd nell’intro del chitarrista al nostro ultimo pezzo della serata. Simon ed io ci accodiamo in questa piccola improvvisazione fino a quando non si stacca dalla canzone dei Pink Floyd e si allaccia all’intro di Paradise City.
Le luci si alternano tra rosso e giallo seguendo i colpi di Frank su grancassa e rullante facendo sembrare il tutto quasi un circo. Finisce la prima parte e si passa nel distorto con il riff di apertura di Brian che si appoggia sulla mia spalla per poi mettersi a saltare al suono del fischietto di Simon.
<< Just a' urchin livin' under the street
I'm a hard case that's tough to beat
I'm your charity case
So buy me somethin' to eat
I'll pay you at another time
Take it to the end of the line

Ragz to richez or so they say
Ya gotta-keep pushin' for the fortune and fame
You know it's
It's all a gamble
When it's just a game
Ya treat it like a capital crime
Everybody's doin' their time… 
>> Canto cercando di imitare un po’ le movenze di Axl Rose.
<< Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
I want you please take me home

Take me down
To the paradise city
Where the grass is green
And the girls are pretty
Take me home >> 
Arriviamo al ritornello con il coro di tutti e il supporto della gente che crea un atmosfera fantastica.
Continuiamo passando in un’altra strofa, ritornello, solo di Brian, strofa, e poi ancora una volta il ritornello in cui mi diverto a far cantare il pubblico i versi che la compongono. Inizia un solo di Brian che trascina tutti nel finale di concerto con i fari che si spengono ed accendono di continuo e più di una volta rischio di inciampare in qualche jack della strumentazione, mi ritrovo Brian buttato per terra con la schiena appoggiata sull’amplificatore, ed il bello è che non so come ci sia finito in quello stato per via delle luci che si spegnevano di continuo.
<< Thanks you London! Good fuckin’ night! –Saluto la folla mentre i ragazzi stanno per compiere lo stacco finale –YEAH! >> Finisco buttando tra la gente la mia bandana rossa.
E’ tutto finito, sembrava non finire mai ma siam giunti alla conclusione di questo estenuante concerto che, con momenti di improvvisazione, giochi, piccoli imprevisti, si spera che sia stato un buon spettacolo per la gente che è venuta a vederci. Scendiamo dal palco e ce ne andiamo nei camerini mentre una timida luce mette in risalto lo stage e la nostra strumentazione presente nel locale.  Randy, un barista del pub, ci porta poco dopo il nostro finale degli alcolici a cui noi subito ci attacchiamo facendo baldoria.
La situazione degenerò senza che ce ne accorgessimo, e da quel momento in poi i ricordi non sono tantissimi ed alcuni sono anche abbastanza confusi, sfocati. C’è, però, un momento della serata che penso che ricorderò per molto tempo, mentre noi eravamo in giro nel locale a bere e chiacchierare con ragazzi che erano rimasti dopo la fine del nostro show, mi si avvicina una ragazza. In quel momento risuonava per il 12bar club l’assolo di chitarra di Sold my soul** dei Black Label Society, creava un clima che, mischiato con il nostro stato abbastanza pietoso, faceva sembrare il tutto abbastanza strano e innaturale. Calzava delle Converse rosse, consumate, una maglietta nera, larga, con il simbolo bianco dei Ramones stampato sopra e dei jeans color celeste chiaro. Aveva un faccino davvero carino con quei suoi occhi blu e le labbra delicate, i capelli neri e lisci che le contornavano il viso rendendola ancora più piccola ed indifesa rispetto a quanto non lo fosse realmente.
<< Hello James! I’m Alexandra, or Alex for the friends. I loved your show, it was fuckin’ amazing! >> Comincia a blaterare la ragazza, mi sa che è una di quelle chiacchierone che quando comincia non finisce più.
<< Hello Alexandra, nice to meet you. I’m very happy if you liked our performance,  thanks >> La ringrazio, è un po’ impossibile non provare tenerezza nei confronti di questa ragazza che continua a guardarmi con un sorriso enorme dal basso della sua statura siccome in confronto a me sembra una nana. Beh, sono alto quasi un metro e ottanta ma lei mi sa che è qualcosa come un metro e tanta voglia di crescere.
<< But… Are you alone? >> Le chiedo un po’ curioso siccome c’è una ragazza appoggiata sul bancone del pub che continua a buttarci nei nostri confronti delle occhiate di certo non molto amorevoli.
<< Oh no no… Wait, ehm... Martha! Fuck, where are you? Uff fuck off >> Si gira sul posto mettendosi in punta di piedi cercando l’amica ma che non ne vuole saperne di risponde. Come sospettavo la ragazza al bancone è la sua amica perché al sentire Alex che la chiama scatta sull’attenti ma, nonostante ciò, non è intenzionata a venire verso di noi.
<< Come on, I’ll introduce you her >> Mi trascina verso l’amica dopo averla trovata, anche se non era proprio la mia intenzione, visto che, fino a poco prima, stavo cercando di portarmi a letto una ragazza niente male che ci stava provando spudoratamente con me.
<< Martha! Ti presento James, il cantante del gruppo che ha suonato fino a poco fa >> Mi porta vicino a lei cercando di farci fare amicizia.
<< Mh… Si so chi è. –Mi riserva uno sguardo duro che non ne capisco il motivo –Ciao >>  Mi saluta di malavoglia per poi tornare a concentrarsi sul proprio cocktail.
<< Ti è piaciuto il concerto bellezza? >> Provo a farla parlare ma questa volta non mi degna neanche di uno sguardo, anzi, si concentra nel far girare il cubetto di ghiaccio nel proprio bicchiere.
<< Dai ti offro io un altro giro –Provo a fare il gentile pur di farla parlare un po’ –Ehi man! Si tu! Vieni qua, un altro drink per la ragazza >> Informo l’uomo girato di spalle dall’altra parte del bancone indicando poi la ragazza al mio fianco.
<< Che prendi dolcezza? >> Le chiedo avvicinandomi a lei.
<< Nothing, we’re going out. Bye >> Saluta senza neanche guardarmi lasciandomi di sasso là appoggiato al bordo del bancone. Prende per mano Alexandra, che nel frattempo era nel pieno di chissà quale di discorso in compagnia di Simon che se la stava man mano mangiando con gli occhi, e lo porta via dal locale, via da noi. Alex ci grida qualcosa come “A presto!” o qualcosa del genere ma con la musica di sottofondo e lei che man mano si allontana, capisco ben poco delle parole da lei proferite.
Una cosa è certa Martha deve essere mia, non accetto per nulla al mondo un due di picche. Per di più come me l’ha dato lei! No, è una questione personale, a James Brown non si può dire no.
<< Man, Facciamo una scommessa? >> Mi chiede il bassista tirandomi una gomitata sul fianco sinistro.
<< Oh che vuoi Moyer. Non ti ci mettere pure te eh >> Sbuffo sonoramente mentre mi ripassa per la mente quella ragazza con indosso, sotto una camicia bianca sgualcita, sopra una maglietta con su scritta l’etichetta “Parental, Advisory, Explicit Content”(**), una giacca in pelle, leggings e anfibi militari.
Lo sguardo freddo dei suoi occhi castani che mi penetrano dentro mettendo a nudo tutto me stesso, i capelli con quello shatush  rosso chiaro che non ne vogliono sapere di avere una piega come si deve. Neanche dieci minuti che la conosco e già non la sopporto più.
<< Trovala, due mesi per fidanzarti con lei e portartela a letto, ed infine un mese per scaricarla in malo modo >> Mi propone con fare allettante.
<< Si può fare. Che ci scommettiamo? >> Chiedo ghignando già sicuro della mia vittoria.
<< Beh lo sai che non sto messo bene con i contanti. Non lo so, proponi e vediamo che si può fare >> Mi scarica il barile riguardante la scelta passandosi una mano sulla sua barba corta e ben poco curata.
<< Chi perde al concerto successivo dovrà cantare o suonare –Su quest’ultima parola pongo un particolare accento guardandolo dritto negli occhi per controllare la sua espressione –Vestito da coniglio. Tipo quei vestiti giganti che si mettono per carnevale o roba del genere, hai presente? E sotto deve essere nudo… eheheh >> Partorisco questa idea altamente balorda sperando di non pentirmene in un futuro prossimo.
 
Non mi devo preoccupare, vincerò io. Sarà facile”
 << Ok ci sto, tanto non ce la farai mai >> Concorda sorridendomi per poi chiedere una birra allo stesso omaccione a cui avevo chiesto un drink per quella stronza.
<< Prepara il costume, ci metterò meno di quanto pensi >> Lo informo dandogli una pacca sulla spalla mentre si prende la sua bevanda e si allontana verso il tavolo dove gli altri continuavano a fare festa. Non vorrei sbagliarmi ma mi è sembrato di sentirgli borbottare una risposta del tipo “Ho il numero di Alex… non aiuto…”, purtroppo mi è sfuggita la maggior parte della frase.
 
 
Alexandra P.O.V.
<< CHE COSA HAI FATTO?! >> Mi urla contro Martha fermandosi di colpo mentre vaghiamo per le strade affollate della capitale inglese.
<< Ho dato il mio numero al bassista >> Ripeto timidamente facendo spallucce sperando di non farla arrabbiare ancora di più.
<< No ok, mi ero rassegnata sul fatto che eri svitata ma te sei proprio pazza >> Commenta riprendendo a camminare ancor più veloce rispetto a prima.
<< Martha! Aspettami dai! >> La supplico mettendomi a correre dietro di lei cercando di raggiungerla.
La ragazza non si ferma, anzi, a momenti sembra che cerca proprio di mettere più distanza possibile tra me e lei come se fossi una pazza che cerca di derubarla.
Giungiamo a casa senza proferire più alcuna parola, lei va direttamente al frigo e io mi tolgo la giacca e l’appendo al suo posto. E’ sempre stato così fin da quando ci conosciamo, quando qualcosa la fa incazzare, non le piace o semplicemente non le va giù, si chiude in se stessa borbottando di tanto in tanto qualche parola che di norma sono sempre insulti o imprecazioni verso qualcuno.
Delle volte mi chiedo cosa ci faccio io in sua compagnia, poi mi ricordo che sono sua coinquilina da ormai due anni e che col passar del tempo siamo diventate migliore amiche, inseparabili. Entrambe studentesse e amanti della musica rock e metal. Ci disserò qualche giorno fa del concerto che abbiamo visto stasera e lei, dopo tremila volte che io le abbia rotto le scatole chiedendole di andarci insieme, accettò. So per certo che anche lei moriva dalla voglia di svagarsi un po’, magari con un po’ di buona musica, ma il suo orgoglio le impediva di affermarlo apertamente.
<< Non dovevi farlo >> Spezza il silenzio che si era creato, ormai da tempo, tra di noi.
<< Perché? >> Cerco di capire il perché di questo suo accanimento verso il mio gesto che al momento di compierlo mi era sembrato tanto naturale.
<< Perché si, non c’è un vero e proprio motivo. E’ così e basta >> Mette fine, ancora una volta, al discorso senza spiegare di nuovo il motivo per cui io abbia sbagliato secondo la sua mentalità contorta.
Rimango in silenzio senza sapere come rispondere esattamente senza metterci a litigare per un motivo apparentemente futile.
Lei si alza, lascia la birra sul tavolo, e se ne va in camera sua.
<< Goodnight >> Mi augura poco prima di chiudersi la porta alle sue spalle.
Mi rigiro il telefono tra le mani ripensando al momento in cui ho segnato con un pennarello il mio numero sulla mano sinistra del bassista.
 
Chissà se mi chiamerà mai… Che scema che sono stata, non lo farà mai e ho fatto solo arrabbiare Martha per una mia sciocchezza. Che bel modo di concludere una giornata”
 
Mi torturo un po’ le mani ripensando, nel silenzio che avvolge il nostro appartamento, alla serata appena passata. I miei pensieri sono un fiume in piena, uno scorrere continuo di idee e ripensamenti, il tutto interrotto solamente nel momento in cui Rose, la nostra piccola gatta, si appisola sulle mie gambe senza troppi complimenti. La prendo e la porto con me in camera, ho solo bisogno di una sana dormita.
 
Simon P.OV. 
 
Usciamo dal locale e ognuno si dirige verso la propria meta salutandoci e dandoci appuntamento al giorno dopo. Mi aggiro per le strade di Londra ormai deserte stringendomi ancor di più nella mia giacca di pelle. Vedo locali chiudere e altri con la musica a palla, gente che si incontra in vicoli e spacciare,  coppie tenersi per mano, ubriachi che cercano la via di casa, barboni dormire su panchine. Ora come ora mi sembra tutto estremamente surreale anche se ogni cosa l’ho già vista chissà quante volte nelle mie scorribande notturne accompagnato dai miei amici, questa volta assenti.
Ripenso a lei, al suo gran sorriso. Quanto diavolo ha parlato in appena due minuti di conversazione? Sembrava non finire mai, e pensare che sono io il chiacchierone della compagnia.
 
“Possibile che mi piace? Ma no, cioè l’ho avuta davanti per soli due minuti contati. Si ok era decisamente carina ma ciò non è la parte rivelante del fatto… ok forse è un qualcosa che conta, ma non troppo. Spero. No no no, non mi posso immaginare i suoi occhi poi me ne esco da loro?! Basta! Ehi ora che ricordo io ho ancora il suo numero sulla mia mano.
Mh è un po’ pasticciato per via del sudore ma ancora si legge. Che faccio la chiamo? Ma mi vorrà sentire? Aaah ho bisogno di bere, basta pensarci! E poi sono le due di notte mi manderebbe solo a fanculo”
 
La mia testa è affollata da tantissimi pensieri che vanno e vengono come se fosse una città affollata di turisti che entrano ed escono dai negozi sparsi per le vie. Al primo supermarket che trovo aperto sulla mia strada entro e mi compro un pacco di birre, esco e mi siedo su una panchina stappando la prima della serie e cominciando a bere.
 
“La prossima rimango a divertirmi con Brian, Frank e Matt invece di andar a vedere che combina quel pazzo di James. Solo lui poteva trovare delle ragazze con tasso di pazzia così alto. Vaffanculo!” 
 
Tiro la testa indietro mentre con una mano stringo la bottiglia e nell’altra il pacco appena aperto, guardo le stelle che brillano così in alto nel cielo e tendo una mano verso di loro lasciando il pacco appoggiato affianco a me. Mi viene un lampo di genio nella mia mentalità da ormai ubriaco marcio e mi ricordo che sono troppo lontane per essere toccate da un’insulsa mano come la mia.
 
Come sto messo a merda. Ma proprio male male male” 
 
 
 
 
 
________________________________________________________________________________
*Artista: Pink Floyd –Album: The Wall –Anno di Pubblicazione: 1979
**Artista: Black Label Society –Album: Book of Shadows –Anno di Pubblicazione: 1996
(*) Per base ritmica in una band si intende la classica accoppiata basso e batteria, insieme costituiscono la base di ogni canzone. Molte volte, chi non proprio familiare con la musica, ironizza sul fatto dicendo “il basso c’è ma non c’è” come per dire che è presente sul palco ma non si sente, non suona. Provate a togliere dalla canzone la linea di basso, la traccia sembrerà vuota, se non in tutta la composizione, nella maggior parte di essa.
 
(**)Parental Advisory, abbreviato PAL, è un'etichetta affissa dalla Recording Industry Association of America (RIAA) agli audio e alle registrazioni negli Stati Uniti contenenti uso eccessivo di linguaggio profano e/o altri riferimenti. L'etichetta è prevalentemente usata per gli album hip hop e rock, anche se potrebbe apparire su album di qualsiasi genere musicale.

 
Traduzione:

<< Cazzo! Avete sentito la gente? E’ fottutamente figo! >>
<< Si! Sono pronto per la seconda cazzo di parte di questo fottuto show! Cazzo! >>
<< Man, tu sei pazzo. Perché hai saltato? Ahahah >>
<< Perché? Onestamente non lo so>>
<< E Brian? Dov’è? >>
<>
<< Eheheh… uomo pazzo >>
 
<< EHI FIGLI DI PUTTANA! Siete pronti per del fottuto rock n’ roll? >>
<< Tutto ok miei amici! Nella prossima canzone, vogliamo vedere tutti quanti… tutti quanti! Saltare e gridare due semplici parole, due fottute parole: in waves. Abbiamo bisogno di tutto, ok? Pronti? >>
 
<< OK! State dormendo? Oh no, no no… Quindi, gridate con me! Searching… SEEK AND DESTROY! Si! Baciatemi il mio fottutissimo culo! >>
 
<< Grazie, buonanotte! >>
<< Ok, un’altra canzone per voi! >>
 
<< Grazie Londra! Buonanotte! SI! >>
 
<< Ciao James! Sono Alexandra, o Alex per gli amici. Ho amato il vostro show, è stato splendido! >>
<< Ciao Alexandra, piacere di conoscerti. Sono molto felice se ti è piaciuta la nostra perfomance, grazie >>
<< Ma… Sei sola? >>
<< Oh no no… Aspetta, ehm … Martha! Cazzo, dove sei? Uff fanculo >>
<< Dai te la presento >>
 
<< Niente, noi stiamo andando via. Ciao >>
 
<< Buonanotte >>



Angolo d’Autore:
 
Ehi! Ho finito il capitolo prima del previsto e mi son detto “perché aspettare venerdì?” quindi, così, ecco il nuovo aggiornamento! Che ne pensate? Compaiono due nuovi personaggi: Alexandra e Martha. Qual è il vostro primo pensiero su di loro?
Questa volta l’inglese è molto più presente rispetto ai precedenti capitoli e mi sa che qualche errore l’ho fatto ma non so quindi segnalatemi gli eventuali “orrori” grammaticali da me commessi.
Beh questo è tutto, datemi un vostro parere con una bella recesioncina e alla prossima!
 
-Slash
 

 












 Alexandra










Martha

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Capitolo 5
*** My Love ***


My Love

 



Brian P.O.V.

Il concerto è stato un qualcosa di veramente magico, lo porterò sempre con me nel mio cuore. Mi son divertito facendo quello che più amo: suonare; ho corso dietro ogni nota, mi son fatto trascinare da loro, mi hanno sorretto e mi hanno caricato con un’energia unica, un’energia con la quale in quel momento mi sentivo il re del mondo, ma mi hanno anche emozionato, a momenti mi hanno anche fatto quasi piangere, piangere di gioia.
I ragazzi, lì con me sul palco, erano fantastici e hanno fatto un lavoro incredibile, il pubblico poi era sinceramente unico, li ringrazio di cuore per aver partecipato ed aver fatto parte del nostro primo vero concerto dopo la nostra rinascita.
Dopo il concerto tutti quanti ci siam divertiti trasportati dall’ebrezza dell’alcool e le note delle canzoni rock che risuonavano per il locale dalle casse dove fino a poco prima si sentiva la potente voce di James.
Non sono i pochi i ricordi che continuano a girarmi nella testa nonostante abbia un post sbornia non indifferente. Frank, ad esempio, come suo solito si rese altamente ridicolo difronte a molta gente, con i suoi balli, discorsi senza un senso logico e altro che è meglio non riportare a galla che mi imbarazzo io per lui. Alcuni particolari di quella serata è meglio che rimangano in quelle mura del pub e non vengano divulgati, se non altro per l’incolumità di alcuni di noi.
Nonostante ciò sicuramente una parte importante, se non la più importante, è stata quella quando arrivai a casa insieme ad Irene. La ragazza, giusto il tempo di chiudere il portone di casa, che mi diede il suo personale regalo per esser stato “Il miglior chitarrista, bravo, cazzuto e sexy”… e che regalo! Sicuramente un ricordo non di secondo piano rispetto ad altri!
Ora saranno tipo le nove di mattina, non lo so l’orologio è stato buttato chissà in quale angolo della casa mentre ero in compagnia della mia dolce metà. Mi son svegliato di gran lena, e dopo un bel caffè, ho cominciato a comporre. Le idee non sono poche e voglio far sentire qualcosa agli altri quando andrò tra poco in sala prove. Mi do una sistemata, giusto l’indispensabile per essere presentabile, e, dopo aver accompagnato Irene all’università, mi dirigo in macchina alla sala portandomi dietro una Gibson Les Paul.
Mi ritrovo all’entrata dell’edificio e, non notando nessuna auto degli altri ragazzi, constato che sono il primo ad essere arrivato. Entro e invece mi ritrovo la sorpresa: Simon buttato sul divanetto, un braccio messo fuori a penzoloni, sei bottiglie di birra vuote appoggiate sul tavolino ed un’altra una di vodka vuota a tre quarti ai piedi del mobile.
Lascio la chitarra affianco al tavolo del mixer e mi accomodo alla poltrona accanto al divanetto. Do un’occhiata più attenta al bassista e agli oggetti presenti nella stanza, noto pagine di un quaderno strappate e buttate nel cestino, un paio di plettri appoggiati su un blocchetto per appunti e uno dei suoi bassi steso a terra vicino alla penisola. Insomma un disordine incredibile.
Rimango là seduto per un po’ non sapendo se doverlo svegliare o lasciare dormire. Perché ieri sera non è tornato a casa invece che venire qua?
La poltrona comincia a diventare scomoda, come se tutto d’un tratto qualcuno mi avesse tolto il cuscino da sotto per sostituirlo con uno pieno di chiodi, mi alzo stiracchiandomi e, dopo aver preso una bottiglia di acqua fresca dal frigo, mi rintano nell’altra stanza dove comincio a suonare.
 
<< Vuoi farmi un favore? Vattene a fanculo, c’è gente che cerca di dormire >> Mi ferma il bassista durante la composizione di un brano thrash metal. Ha due occhiaie che in confronto il trucco di Alice Cooper è niente.
<< Ma buongiorno a te amico mio, che bella cera che hai >> Lo saluto ironizzando sulla sua condizione.
<< Fottiti stronzo >> Mi manda a fanculo senza troppi problemi per poi sbattere la porta e tornare a stendersi sul divano.
Lascio la chitarra al suo posto e vado a spostare la poltrona in modo da sedermi frontale a lui. Il ragazzo fa finta di niente coprendosi gli occhi con una mano, evitando così di dovermi guardare.
<< Mi vuoi spiegare che cosa è successo ieri? Che hai fatto? >> Gli domando con tono pacato sperando di non farlo innervosire.
<< Simon, mi vuoi raccontare cosa avete fatto ieri? >> Ridomando ancora una volta visto che non ricevo da lui alcuna risposta alla mia precedente domanda.
Ancora silenzio.
<< Stronzo rispondimi! >> Lo punzecchio un po’ buttandogli sopra delle palle di carta che erano state abbandonate per terra.
<< Oh che cagacazzi che sei Brian! >> Mi manda una volta di più a quel paese girandosi dall’altro lato ed abbracciando un cuscino.
<< Lo sai che sono testardo, o mi rispondi, e ti dai subito dopo una sistemata, oppure appena ti addormenti ti disegno un pene gigante in faccia. A te la scelta >> Lo minaccio mettendomi comodo al mio posto. Quasi quasi vorrei che si addormentasse, giusto per rompergli di più dopo.
<< E va bene! –Si decide a rispondermi dopo dei minuti trascorsi in silenzio in cui credevo che si stesse per addormentare –E’ tutta colpa di James, prenditela con quella testa di cazzo >> Sentenzia dando la colpa al cantante al momento assente.
<< Senti, facciamo così: vai in bagno a darti una sistemata e poi andiamo al bar a prenderci un caffè che tanto non fa male a nessuno dei due >> Gli dico quasi ordinandoglielo.
Per mia fortuna non mi contraddice e, dopo essersi perso per un momento in chissà quale pensiero guardando il vuoto davanti a sé, va in bagno.
Dieci minuti dopo ci stiamo inoltrando per Londra recandoci a un bar per fare colazione come si deve. Arriviamo ad uno niente male dove, dopo aver ordinato i due caffè, ci sediamo fuori sotto una copertura appartenente al locale.
<< Beh ragazzo, dimmi che è successo ieri >> Mi rivolgo al mio amico mentre aspettiamo che ci vengano portati i caffè.
<< Allora, per prima cosa te sei uno grande stronzo. Per seconda cosa ti ho già detto di prendertela con quella merda di James >> Continua a rimanere sul vago nonostante mi stia cominciando a spazientirmi.
<< Ok ma vuoi dirmi, porca di quella troia, che è successo ieri? Cazzo! >> Provo a far sganciare qualche info in più oltre la solita roba ritrita ormai più di una volta.
<< Uff… niente, ieri ti ricordi quando mi alzai dal nostro tavolo e andai da James? Bene –Prosegue dopo un mio cenno di assenso –era in compagnia di due ragazze. Io ho cominciato a parlare con una di loro, Alexandra, e lei mi ha lasciato anche il suo numero sulla mano >> Mi risponde alzando la mano destra e mostrandomi un pastrocchio nero sul suo palmo.
<< Che cosa romantica ahahah… Sulla mano! Proprio come due innamorati, d’altri tempi insomma. –Lo insulto un po’, divertito dalla situazione –Beh qual è il problema ora? >> Chiedo non capendo dove si stia ponendo tutto questo dilemma.
<< Non so come comportarmi con lei. Cioè, la chiamo o no? Che faccio ? >> Chiede il bassista, forse più se a stesso che a me.
<< Cazzo, ti ha dato il numero! Secondo te una da il numero alla prima persona che le capita per strada o ad uno che veramente le interessa? Dai su un po’ di cervello Simon >> Gli spiego mentre lui si passa tra le mani il telefono indeciso sul da farsi.
<< Perché non vi incontrate? Anzi sai una cosa? Un’uscita a quattro e vaffanculo, ha Irene con cui parlare e siamo tutti felici e contenti. Oh grazie… –Ringrazio il ragazzo che ci porta finalmente i nostri caffè bollenti –Senti me, è una di quelle genialate alla Hunt >> Metto lo zucchero nella tazza aspettando una sua risposta alla mia proposta.
<< Mh… si può fare. Quando possiamo farla? –Mi chiede poco prima di prendere un sorso dalla sua tazzina –Spero che le vada bene >> Commenta guardando la siepe a cui do le spalle e che si trova dall’altra parte della strada.
<< Oh ma non ti preoccupare, convinco io Irene. Te parla con lei e facci sapere giorno ed orario, ok? Daje cazzo >> Lo incito finendo il caffè per poi appoggiare la tazzina sul tavolino davanti a me.
<< Molto bene. E comunque c’è un’altra cosa riguardo sempre a ieri sera. –Comincia a spiegare lasciando la tazzina vuota difronte alla mia –Io e James abbiamo fatto una scommessa >> Finisce facendomi ridere come un matto subito dopo.
<< James non vince mai una scommessa, è sempre stato un perdente >> Constato tra una risata e l’altra.
<< Si lo so e per questo sono sicuro di vincere io. Lui, entro due mesi, si deve fidanzare e portare a letto Martha, la ragazza che si trovava insieme ad Alex, e poi entro un mese scaricarla in malo modo. Abbiamo scommesso che chi perde deve fare il concerto dopo indossando solamente un costume da coniglio. Non vedo l’ora di vederlo aggirarsi per il palco con quel coso sopra >> Mi espone il fatto ridendo sotto i baffi calcando la mano per bene durante l’ultima frase.
Paghiamo quanto preso e ci dirigiamo con calma verso la sala dove speriamo di trovare gli altri.
<< Secondo me, se si mette d’impegno, potrebbe pure farcela, sai? >> Gli faccio notare mentre attraversiamo la strada sulle strisce pedonali.
<< Mh si ed è quello che mi preoccupa. Quando vuole qualcosa cerca in tutti i modi di ottenerla. Sono tre mesi di scommessa, sono duri da vincere ma non impossibili >> Conclude il discorso il bassista entrando nell’edificio.
 
Matt P.O.V.
 
Quel che mi ritrovo a dover affrontare appena arrivato è una scena divenuta abbastanza comune nel nostro piccolo di vita da band. Brian e James cercano disperatamente di avere uno ragione sull’altro infilando di tanto in tanto Frank e Simon nel discorso sperando in un aiuto da parte loro.
<< Ok ora basta, cosa non va adesso? >> Divido i due bambini appena li vedo bisticciare.
<< Cazzo, ci va quel solo dopo il ponte, invece lui “no meglio metterci il ritornello” >> Spiega a modo suo Brian imitando il cantante per poi sbuffare ed appoggiare un braccio sul proprio amplificatore.
<< Ma lo sai, non puoi infilare soli ovunque ti gira. A sto punto facciamo una strumentale! >> Replica James rivolgendo uno sguardo di fuoco al chitarrista.
<< Beh non sarebbe una cattiva idea >> Lo colpisce sul suo punto debole; il biondo non sopporta le strumentali. Beh… uno dei motivi più rilevanti è perché lui non può fare mai niente in quei casi.
<< Ok non cominciate, fatemi sentire il pezzo e decidiamo tutti insieme >> Ordino a tutti i presenti nel frattempo che monto la mia attrezzatura nella mia postazione.
Sento il brano ed è un qualcosa di molto carico, caratterizzato da un accordatura prettamente droppata e un atmosfera molto tetra sia nella strofa che nella ritornello, ha però quel non so ché di regale, come se sapesse lei stessa che è una canzone importante. Ma come può è solo un canzone!
Mi viene in mente una frase che Brian è solito dire “le canzoni prendono vita nel momento in cui le suoniamo e rappresentano la nostra anima proprio in quel momento in cui le eseguiamo”, è proprio vero qua tutti sanno che è un pezzo importante quello che si sta mettendo fuori.
<< Nome? >> Chiedo curioso passandomi la mano sul pizzetto con fare curioso.
<< Beh il nome che le avevo dato io è Death Moment*, ma boh… non lo so, non sappiamo >> Esaurisce la mia voglia di sapere il riccio con una sua solita scrollata di spalle.
<< Ok, comunque ci sta bene il ritornello dopo il ponte, magari dopo quello ci infili il solo. Oppure fai il solo dopo il secondo giro di strofa e ponte. In ogni caso ci si può lavorare sicuramente su >> Giudico dando una mezza vittoria al cantante che sorride soddisfatto per ciò.
Continuiamo le prove intavolando vari pezzi, oltre alla traccia di prima tipicamente groove metal ma con sonorità che ricordano sia il thrash metal che il death metal, escono brani adatti anche ad un pubblico più ampio come ad esempio Remember of you* che è una ballad hard rock. Passiamo più di due ore a comporre e fare arrangiamenti di nostre vecchie canzoni, James e Simon continuano a punzecchiarsi a vicenda con battutine e riferimenti a fatti ai quali, purtroppo, ne sono completamente all’oscuro, l’unico che sembra capire i loro atteggiamenti è il mio collega dall’altro lato della stanza che ogni qual volta che i due litiganti si esprimono soffoca una risata abbassando il capo verso la propria chitarra per non farsi notare.
In ogni caso, ci divertiamo suonando e le considerazione sull’esibizione del giorno precedente non mancano, tutti noi ne siamo rimasti entusiasti ma sappiamo che è solo il primo passo di una lunga corsa da dover compiere per arrivare a portar a termine i nostri obiettivi prefissati ormai da tempo.
E’ quasi orario di pranzo e, con un ultimo saluto, ci congediamo andando ognuno per i propri sentieri.
Mentre mi incammino verso la mia auto mi vengono in mente alcuni particolari a cui fino ad ora non avevo dato peso, Brian e Simon, dopo il litigio per il bidone che ci ha buttato il bassista la sera prima del live, vanno d’amore e d’accordo mentre James lo noto molto più determinato, spavaldo e sicuro di sé rispetto al solito. Sicuramente ci sono di mezzo le battutine buttate lì durante le prove da i due ragazzi, ma continuo a non capirne il motivo.
 
“Poi verranno da me a cercare aiuto e conforto. Però prima ovviamente non mi rendono partecipe di niente, che teste  di cazzo”
 
Scuoto la testa e pensando a quanto son scemi i miei compagni di band, metto in moto la macchina e mi allontano dalla sala.
 
Simon P.O.V.
 
<< Vieni con me a prendere Irene dall’università? >> Mi propone Brian mentre ci dirigiamo insieme verso la sua auto.
<< Va bene >> Accetto senza pensarci più di tanto.               
Arriviamo prima dell’orario di fine delle lezioni e così parcheggiamo e rimaniamo là ad aspettare la ragazza. Il sole ci sta man mano cuocendo come se fossimo del beacon sulla pentola, fa un caldo atroce.
<< Che cosa fa esattamente Alexandra? >> Mi domanda Brian cercando una bottiglia dell’acqua sotto il proprio sedile.
<< Oh… Se non sbaglio ha detto che studia ma sai, in mezzo al casino di ieri e poi il tempo ristretto che ci ha concesso vossignoria Brown prima di far spazientire Martha, non ci ha dato modo di parlare moltissimo >> Lo informo con un tono ironico.
Il caldo continua a battere e il discorso dopo un po’ viene lasciato cadere nel vuoto perché stiamo morendo per disidratazione. Scendiamo dalla macchina e ci buttiamo sotto l’ombra di un albero poco distante dall’edificio a cui diamo sempre un’occhiata.
<< Ricorda, la prossima volta metti un paio di bottiglie d’acqua in più in quella fottuta macchina. Se tarda un altro po’ finiamo tutta la scorta >> Proferisco finendo la seconda bottiglietta da mezzolitro.
Ad un certo punto comincio a sorridere come un ebete convinto che il sole mi stia giocando un brutto scherzo con qualcosa del tipo un miraggio siccome vedo in lontananza Alex e Martha camminare reggendo dei libri tra le braccia.
<< Ehi man, guarda là. ­–Indico le due ragazze che percorrono il vialetto che passa affianco al nostro albero –Quella piccolina mi assomiglia tanto ad Alexandra. Non lo trovi pure tu che le assomiglia? >> Scherzo facendo una risata fin troppo acuta per i miei standard.
<< E che cazzo ne so, non l’ho mica vista io >> Risponde dando una rapida occhiata alle ragazze per poi ricominciare a bere come se fosse un cammello assetato.
Mi passo una mano sul viso e controllo meglio le due figure che man mano si stanno avvicinando verso noi. Aspetta… non è che glia assomiglia, è proprio lei!
Tiro una gomitata fin troppo forte al riccio strappandogli di mano la bottiglia e prendendone un lungo sorso.
<< AHIA STRONZO! –Mi grida contro il chitarrista massaggiandosi le costole –Che cazzo ti è preso?! >> Mi chiede provando a riprendersi la bottiglia ma inutilmente siccome l’allontano da lui continuando a berci io.
<< E’ lei! E’ Alex! Cazzo che faccio, la saluto? Le parlo? Le chiedo di uscire? Aaah aiutami Brian >> Lo supplico rigettandogli la bottiglia tra le sue braccia dopo averla finita tutta io.
<< Certo che sei una merda, l’hai finita tutta! E comunque vai e parlarci, tira fuori le palle >> Mi insulta incitandomi ad andare da lei mentre guarda dentro la bottiglia per controllare se è rimasto del residuo da buttare giù.
La guardo sorridere, chiacchierare allegramente con Martha e mi faccio forza per non fare la figura del rammollito, mi alzo e vado da lei cercando di essere il più naturale possibile anche se sono sempre il tipo che fa le cavolate una dietro l’altra.
<< Ciao Alexandra! >> La saluto facendola voltare verso la mia direzione. Santo Dio, quanto è bella.
<< Ciao Simon che bello vederti >> Mi corre incontro con un sorriso a trentadue denti.
<< Mh ciao… >> Borbotta Martha scrutandomi per bene da capo ai piedi.
<< Che studiate ragazze? Volete una mano coi libri? >> Faccio il gentile, anche se mi sa mi prenderanno per un leccaculo, mollando Brian sotto l’albero ancora intendo a cercare dell’acqua.
<< Oh io studio architettura e lei ingegneria informatica. Te studi qualcosa? >> Mi chiede continuando a camminare e divertendosi delle facce buffe che faccio.
<< Ehm tasto dolente ahahah … Diciamo che sono un po’ sfaticato e dopo le superiori ho mollato e faccio il barista in un locale non molto distante da qui >> Rispondo cercando di non fare la figura del ciuccio.
<< Ahahah dai magari vengo una sera al locale dove lavori >> Commenta guardandomi con quei bellissimi occhi.
<< Eh a proposito, che ne dici di uscire una  volta insieme? Ti faccio conoscere magari qualcuno della band. Ti ricordi il chitarrista riccioluto? E’ fidanzato, che poi la sua ragazza dovrebbe uscire tra poco dall’ultima lezione, magari possiamo uscire tutti insieme…  >> Sgancio la bomba pregando che accetti…
 
“Per favore non mi dire di no”
 
<< Si! Sarebbe bello! Quando, stasera? Domani? Oh aspe… si devi essere te quello che chiede ahahah >> Risponde con una risata genuina, entusiasta della mia proposta. Ah che bello!
<< A me va bene stasera anche, tanto non ho il turno oggi. Mi son preso un giorno di permesso >> Spiego con un sorriso grande quanto una casa.
<< Si! >> Accetta dandomi l’ok per uscire insieme.
<< Benissimo allora passo da casa tua per le otto? Ti chiamo così mi dici dove abiti >> Le propongo arrivando nei pressi della loro macchina.
<< Perfetto ti aspetto per le otto >> Mi fa l’occhiolino per poi ridere come una matta.
<< Sorry man, ma noi saremmo arrivate alla macchina. Ci si vede eh >> Si intromette Martha prendendomi i libri dalle mani e mettendoli sui sedili posteriori.
Le saluto e nel momento in cui svoltano l’angolo corro verso Brian; anzi no, che correre, sto saltellando come un bambino che ha appena ricevuto il regalo di natale in super anticipo!
<< BRIAN! HA DETTO SI! CAZZO, HA DETTO SI STASERA USCIAMO TUTTI INSIEME! >> Gli urlo appena arrivato non vedendo che era “impegnato” con Irene.
<< Chi ha detto si? E perché ha detto “tutti insieme”? >> Cerca dei chiarimenti la biondina staccandosi per un attimo dalle labbra del suo ragazzo e guardandolo con un espressione interrogativa.
<< Ah niente… Una ragazza le ha appena detto di si per uscirci e gli ho promesso che avremmo fatto un’uscita a quattro >> Spiega non dandoci la dovuta importanza come quella che sto dando io.
Andiamo alla macchina con io davanti che continuo a saltellare non credendoci ancora a questa bellissima notizia.
<< Allora mettiamo in chiaro un paio di cose, –Si rivolge a me il riccio mettendosi al posto del guidatore –ci sono giusto alcune regole che devi ASSOLUTAMENTE rispettare >> Mi comincia a bacchettare con Irene al suo fianco che se la ride sapendo già, immagino, cosa voglia dirmi.
<< Uno, non fare e non dire cazzate. Abbi pietà della tua e della nostra dignità;
Due, sii puntuale e non dire cose sconvenienti. In ciò è compreso anche qualcosa sulla statura che so che accennerai –Mi guarda attraverso lo specchietto retrovisore quasi per minacciarmi –Ok?
Tre, vestiti in modo decente. Non dico tipo da matrimonio ma prova a rovistare nel tuo armadio, qualche cazzata la trovi.
Quattro ed ultimo, ma non per importanza, non te la fare davanti a noi. Questa è una specificazione del primo punto che era d’obbligo fare >> Finisce di istruirmi spegnendo la modalità “istruttore del primo appuntamento”.
<< Ma a lei sono piaciute le mie facce buffe >> Piagnucolo mettendo il broncio.
<< Niente. Cazzate. >> Ripete scandendo per bene le parole.
<< Ma… >> Provo a ribattere.
<< Che ho detto? Finiscila eh >> Mi contraddice il ragazzo.
<< Dai lascialo stare, se la deve vedere da solo >> Mi da man forte Irene facendo calmare il fidanzato.
<< Oh grazie Irene, se non ci fossi te! >> La ringrazio dandole il cinque con il chitarrista che sbuffa sonoramente incapace di controbattere a lei.
Mi lasciano sotto il portone di casa dandoci l’appuntamento a stasera. Non vedo l’ora, non sto più nella pelle.
Sono carico come una molla e giusto il tempo di mangiare qualcosa al volo che mi chiudo in camera da letto, con gli Slipknot come sottofondo, a cercare gli indumenti adatti al mio caso.
 
Martha P.O.V.
 
<< Altro svitato, ci mancava lui >> Borbotto un po’ stufata con quel cantante da quattro soldi che mi passa ancora una volta nella mente.
Cosa ho contro di lui? Non lo sopporto! Quei suoi modi di fare, quella sua voce suadente. Ci sono cascata già una volta nel tranello di un musicista da strapazzo, non commetterò lo stesso errore.
Guardo Alexandra seduta affianco a me, i suoi occhi persi nel vuoto di chissà quale pensiero. Sono preoccupata per lei e quel bassista coi capelli rossicci, tanta gente proprio lui doveva capitare?
Driing Driing
Mi risuona il telefono con la vibrazione che sembra di avere un trattore in miniatura appoggiato sul cruscotto. E chi doveva mai interrompere il filo dei miei pensieri? Quella zucca vuota di Elliot, è il tempismo fatta persona.
<< Ehi rompi scatole >> Punzecchio il mio amico subito dopo aver preso il telefono ed aver risposto.
<< Buongiorno. Finito di fare la secchiona con i computer? >> Mi prende velatamente in giro accompagnato subito da una risata che mi perfora l’orecchio per il volume esorbitante a cui sta impostata la chiamata.
<<  Rimarrò un giorno di questi senza un timpano… Stasera maratona film horror? >> Cerco compagnia per la serata siccome quella ingrata se ne va in giro con la nuova fiamma.
<< E me lo chiedi pure? Lo sai che li adoro eheh. Prepara i Pop-Corn che al solito orario ti farò urlare di paura… e chissà anche per qualcos’altro >> Aggiunge con tono malizioso.
<< Rimani al tuo posto zucca vuota. Comunque perfetto, ti richiamo più tardi? Sto tornando a casa e con il telefono mi deconcentro mentre guido >> Gli ricordo mettendomi poi a ridere portando a galla i fatti accaduti non molto tempo prima, quando stavo per andare a finire contro delle bancarelle sempre per colpa sua che mi parlava incessantemente dall’altra parte del telefono. Frutti e verdure che finivano contro la macchina, persone indignate che gridavano contro di me che tentavo di far meno disastri possibili.
Lo saluto e torno a guidare ripensando a tutti i momenti passati insieme a Leo, ne abbiamo combinate così tante sempre uno affianco all’altra che inevitabilmente mi spunta un debole sorriso sulle labbra.
 
Irene P.O.V.
 
Mangiamo con tutta tranquillità per poi, dopo aver chiacchierato seduti sul divano difronte alla televisione, lui si ritira nella nostra stanza da letto per dormire, ed io in bagno a farmi una doccia. Mi tolgo gli indumenti e faccio trascinare via ogni pensiero dal getto di acqua calda della doccia che mi bagna tutto il corpo. Chiudo gli occhi e i pensieri corrono a briglie slegate e in men che non si dica ricomincio a ripercorrere quanto successo a Simon nelle sue ultime infelici storie, “Basta! Non ne posso più, preferisco stare solo che ritrovarmi accanto gente così! Vaffanculo a tutti!” Gridava per poi correre via lasciando tutti di sasso. Promise a stesso di non essere più tentato da alcuna donna ma a quanto pare non era riuscito a mantenere la parola data quasi due anni fa.
 
“Ne riuscirà ancora una volta con la testa a pezzi o reggerà il peso di tutto ciò? Spero che non impazzisca come già successo”
 
Finisco di farmi il balsamo ed esco avvolgendomi nel mio accappatoio bianco. Ricordo ancora quei suoi occhi iniettati di sangue che teneva prepotentemente la sua ex, la sua espressione era carica di rabbia e sembrava quasi impossibile che quel ragazzo così solare potesse trasformarsi in una bestia così feroce.
Avvolgo i capelli in un lungo turbante e con passo felpato mi reco nella camera da letto dove il mio ragazzo dormiva con un’espressione angelica, chissà cosa stesse sognando in quel momento.
Mi siedo sul bordo del letto dando le spalle a Brian, mi tolgo l’accappatoio e comincio a vestirmi. Un dito mi passa lentamente lungo la mia schiena facendomi venire i brividi, mi volto trovandomi il riccio che marchia la mia pelle con il suo sguardo da chi la sa lunga, lo fisso mordendomi leggermente il labbro inferiore. Come se fossimo due calamite, irrimediabilmente ci attraiamo dando sfogo al nostro amore reciproco. Le sue labbra percorrono il mio corpo mandandomi in tilt il cervello.
<< Brian, per favore. Fammi vestire dai >> Provo ad allontanarlo con l’ultimo briciolo di lucidità che mi è rimasto in corpo ma il ragazzo riesce a far abbassare anche questa mia ultima barriera prendendomi a sé e facendomi scordare qualunque cosa stessi per fare fino a una manciata di secondi prima.
Si fanno le sei e mezzo e a malincuore sono costretta a lasciare le braccia del mio uomo per prepararmi alla serata. Asciugo i capelli per bene con il diffusore e un po’ di schiuma per modulare al punto giusto i miei boccoli. Per quest’occasione ho scelto di indossare una camicia nera con il colletto borchiato ed una gonna in velluto rosso borgogna, completo il tutto con un po’ di trucco e calzando delle jeffrey campbell nere. Le adoro ma a volte mi chiedo come  faccia ad averle sopra per così tanto tempo, sembra quasi di stare su dei trampoli.
Esco dal bagno e trovo Brian che si specchia aggiustandosi il suo gilet nero sopra ad una camicia bianca con le maniche tirate fin sopra i gomiti, dei jeans celesti strappati alle ginocchia e delle converse nere completano il suo look con dei Ray-Ban che gli pendono dalla collana dove son presenti una serie di plettri intervallati da delle lettere che compongono il mio ed il suo nome.
<< Oh fuck! >> Esclama voltandosi verso di me sentendo il rumore dei tacchi delle mie scarpe. Mi avvicino e gli metto le braccia intorno al collo divertita dall’espressione buffa che ha assunto guardandomi dal capo ai piedi.
<< Te sei figlia di Afrodite, non c’è nessun’altra spiegazione a quello che ho davanti >> Commenta prendendomi per mano e facendomi girare su me stessa per farmi ammirare meglio.
<< Senti chi parla, intelligente ed astuto come Atena ma bravo con la musica come Apollo >> Lo bacio perdendo per un attimo di vista quello che dovevamo fare, passare da casa di Simon e Alex.
Scendiamo in macchina mentre il sole ormai tramonta, i lampioni sono accesi lungo le strade e i raggi di sole colorano di arancione il cielo. Con Brian alla guida e le stelle che cominciano a rivelarsi lungo la distesa che sovrasta i nostri capi, passiamo prima da Simon e poi da Alexandra che sala in macchina del bassista e poi tutti e quattro andiamo verso il locale dove ceneremo accompagnati da della buona musica.
Il quartiere Punk di Londra, le luci a neon e i lampioni illuminano come se fosse a giorno le bancarelle e i negozi che si affacciano sulle strade lastricate in pietra con la gente che cammina ridendo e scherzando. Panchine, statue di cavalli, tavoli con sopra merci di ogni tipo, riducono all’osso lo spazio di passaggio per la folla che non attende che chi sta avanti passi con calma. Per Simon è come una grande festa, si ferma ovunque a guardare, con una scintilla negli occhi, ogni oggetto, utensile e qualunque altra cosa che sia particolare e che, per un suo ragionamento incomprensibile, in futuro gli potrebbe servire per un motivo a noi sconosciuto. Alexandra, vestita con un elegante vestito lungo nero ed anfibi militari, non è da meno al suo accompagnatore e ogni qual volta che ci imbattiamo in vestiti, scarpe o cappelli, la perdo di vista non trovandola più nel mezzo della gente che continua a camminare fregandosene del mio stato d’ansia nel cercarla come se fosse una bambina piccola. E’ uno di quei momenti in cui vorrei gridare “Statevi fermi tutti!” e quasi per magia tutti mi obbedissero, sarebbe comodo per cercarla a tutte le occasione che non la trovo. Insomma, comunque, quei due sembrano esser fatti per stare insieme.
Con un gran sospiro di sollievo, mio e di Brian, arriviamo tutti e quattro al Proud Camden. Sembra un miracolo ma siamo arrivati senza perdere componenti lungo il tragitto.
Entriamo nel locale e ci accomodiamo al secondo tavolo che percorre la stanza sulla destra. I muri e il soffitto sono ricoperti di stoffa rossa che, insieme a della musica che fuoriesce dalle casse appese alle travi ed ai candelabri elettrici fissati tra un tavolo e l’altro, creano un ambiente particolare in cui le spogliarelliste e le cameriere si muovono con facilità ed attirando parecchi sguardi degli uomini presenti alla serata. Con mio stupore Brian sembra ancora non aver buttato l’occhio su nessuna, la stessa cosa non posso dire di Simon che da appena entrato nel locale, ha analizzato a fondo più di una ragazza senza che Alex se ne accorga.
Dopo aver ordinato cominciamo a chiacchierare nel frattempo che ci portino i piatti, più di una volta sono costretta a tirare un calcio a Simon per attirare la sua attenzione da un qualche sedere delle spogliarelliste. Alex è una brava ragazza, simpatica ed intelligente, ma Simon è un tipo che non si fa pregare per farsi distrarre da una bella ragazza nelle vicinanze. La serata trascorre tranquilla parlando di musica, sport e del più e del meno. Sorprendentemente io e Alex la pensiamo uguale in diversi casi.
Finiamo di mangiare e ci guadagniamo, a suon di spinte a gente che non vuole saperne di spostarsi, un posto tra le prime file difronte a una band Punk rock che si sta esibendo nella stanza posta dall’altro lato rispetto a quello dove abbiamo cenato. Il Proud Camden(*) è immenso, attraversando la stanza dove le band si possono esibire si trova un lungo corridoio dove si affacciano una serie di stanze più piccole in cui spogliarelliste danno spettacolo al pubblico, continuando si esce all’aperto con un angolo bar e una serie di tavoli e panchine. E’ un bellissimo posto.
A fine concerto usciamo dal questo quartiere di pazzi e, sotto la pallida luce della luna ci incamminiamo verso Castlehaven Open Space(*), un parco dove ci possiamo sedere e chiacchierare con tranquillità. Attraversiamo la Chalk Farm Rd(*) e la Hawley St(*), rimpiango quasi quei pazzi che affollavano le strade punk perché ci infiliamo in un parco che di notte si trasforma in un ritrovo di alcolici e drogati. Non l’avessimo mai fatto, mi rifugio tra le braccia di Brian cercando un posto sicuro da questa gente più di una volta ci lanciano occhiate poco benevole. Il posto continua a non piacermi minimamente così, dopo aver stressato il mio povero chitarrista fino allo sfinimento, riesco a convincerlo ad andarcene a casa. Salutiamo i due piccioncini e ci dirigiamo all’uscita ma…
<< AAAAAH! >> Mi si gelano le ossa a sentire l’urlo che ha emesso Alexandra.
Che è successo? Dobbiamo tornare indietro!
Mi volto verso i nostri amici e mi trovo a dover guardare una situazione che mi sembra uscita da un incubo. Non voglio crederci… Perché?
 
 
 
 
 
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*Entrambi i brani esistono e sono delle mie composizioni, una descrizione generale di quel che sono realmente è già presente in questo capitolo. In futuro ci saranno altre canzoni.
(*)Sono tutti locali e strade, così come in precedenza il 12bar club, che esistono nella realtà.

 
Note d’Autore:
 
Eccomi qua con un nuovo capitolo! Finalmente sul finale un po’ di movimento ma che è successo? Chi vivrà vedrà! Ahahah comunque spero che vi piaccia, lasciate una bella recensione (anche due parole o se vi va un mp), basta che mi fate sapere una vostra opinione ;).
Detto ciò specifico che canzoni come quelle nominate e descritte (quelle con il *) sono mie canzoni, spero in futuro di avere l’occasione di farvele sentire ma per ora, purtroppo, vi dovrete accontentare delle descrizioni :3.
Bene, ciao e a presto!
 
-Slash




















 La stanza dove i ragazzi hanno cenato.




















La band che si esibisce.

















 

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Capitolo 6
*** Why this? ***


Why this?



Alexandra P.O.V.

E’ possibile tutto ciò? Non mi sembra neanche lontanamente concepibile.
Vivo la scena come se non fossi nel mio gracile corpo, vedo tutto a rallentatore e dall’esterno. Ripercorro ad occhi aperti gli ultimi istanti di questa serata, quasi come se non fosse vera tutta questa pazzia. Un sogno, uno stramaledetto sogno.
Io che tengo  le mani dietro al collo del mio Simon e lui che mi tiene per i fianchi, le nostre bocche si avvicinano inesorabilmente e non attendo altro che sentire le sue labbra premere sulle mie. Ad un certo punto, però, sento delle mani callose e sporche prendermi per la vita e strattonarmi lontana dal mio amato. Qualcosa di freddo e tagliente mi preme sulla gola e un respiro puzzolente e carico di alcool si fa sentire a pochi centimetri dai miei capelli neri come la pece.
Mi sento persa, vuota, come se questi fatti non mi appartenessero.
<< AAAAAH! >> Istintivamente grido come una pazza appena sento questa presenza che, di soppiatto, agisce contro la mia volontà.
Immediatamente leggo le emozioni del mio ragazzo attraverso i suoi occhi scintillanti, dallo stupore allo spavento, dalla gioia di avermi vicino a sé alla paura di perdermi senza poter fare qualcosa.
<< Brutti stronzi, i soldi. Ora! O ne farà le conseguenze lei! >> Grida con voce un po’ impastata l’uomo al bassista.
Il respiro mi diventa affannato e comincio a sudare freddo, con lo sguardo supplico di Simon di fare come dice ma lui rimane là, imbambolato, a guardarlo.
<< SBRIGATI! >> Lo incita dandomi un altro strattone e spingendo ancor di più la lama sulla mia fragile pelle, ormai pallida dallo spavento.
Il rosso sembra riprendersi e, senza staccare gli occhi da noi, prende il portafoglio dalla tasca posteriore destra dei pantaloni.
Tutto diventa per un attimo sfocato e con i contorni bianchi, vorrei gridare più forte che posso ma dalla mia bocca esce nient’altro che un respiro soffocato che mi accompagna mentre cado verso i ciottoli della viuzza del parco. La situazione man mano che progredisce acquista sempre di più una stranezza disarmante e con essa sale anche la paura in me. Che sarà successo di nuovo? Semplice. Sento una bottiglia di vetro impattare contro la testa del nostro ladro, nel mio campo visivo vedo cadere i cocci e io li accompagno subito dopo in direzione del pavimento non appena l’uomo molla la presa su di me imprecando per il dolore e barcollare paurosamente.
Riparo la faccia con le braccia e avverto dei frammenti della bottiglia tagliarmi la carne. Quel che vedo è solo Simon che lascia cadere a terra il suo portafogli e scattare con gli occhi iniettati di sangue verso il nostro assalitore. Percepisco dei rumori di lotta, pugni che si scontrano contro la mascella, grida di rabbia, gli scarponi che si impuntano sul terreno per non vacillare nel confronto, qualcuno che sputa con il respiro affaticato. Nell’oscurità riecheggiano le urla di dolore ma anche gli insulti gridati senza ritegno verso l’altro. Non scorgo la lotta e non so chi è che le sta dando di santa ragione e chi, di conseguenza, le incassa senza via di scampo.
 Senza che ci facessi caso, ogni cosa cessa di risuonare sotto il pallore della luce dei lampioni che percorrono la strada e che stagliano sull’asfalto delle lunghe e macabre ombre. Distinguo delle voci parlare ma io ormai sono lontana, stanca di tutto ciò, e cado in un sonno profondo sperando che al mio risveglio tutto sia finito.
 
Riapro gli occhi, o per lo meno ci provo. Il bagliore della lampadina che pende dal soffitto me li fa chiudere spontaneamente per poi riprovare ad aprirli e fare lentamente fuoco intorno a me. La mano del bassista è stretta intorno alla mia mentre la faccia è sprofondata tra le coperte del mio letto ad altezza del bacino. Provo a puntellarmi sui gomiti per issarmi insù ma una fitta di dolore mi fa ripensare che forse è meglio stare stesi un altro po’. Con il mio tentativo sveglio il ragazzo dal suo stato di dormiveglia e subito mi scruta pieno di apprensione verso di me come se fossi una bambola di porcellana pronta a rompersi alla prima occasione che si presenta.
<< Honey, stai giù devi riposare. Non è stata di certo una piacevole esperienza, per nessuno >> Mi persuade tenendomi forte entrambe le mani accennando poi un timido sorriso con le sue labbra ancora un po’ gonfie e con un taglio sulla parte inferiore. Nonostante la stanchezza incisa sulla sua faccia, noto la felicità nel vedermi cosciente dopo tempo.
<< Dove siamo e che è successo? >> Chiedo con un filo di voce abbandonandomi sul morbido cuscino.
<< Stiamo a casa tua Sugar, ieri sera dopo che sei svenuta ti ho portato di corsa qua e Irene, che per fortuna sapeva come intervenire, ti ha medicato le ferite alle braccia e al collo. Le ferite erano tutto superficiale, anche se avevo paura che fosse rimasta qualche scheggia >> Mi spiega facendomi capire finalmente perché la stanza mi sembrava stranamente familiare.
<< Ora dormi un altro po’, sei stanca e non voglio che ti affatichi per niente. –Mi rimbocca per bene le coperte e mi accarezza dolcemente la guancia –E non controbattere, quando avrai bisogno di me starò sempre a portata di orecchio >> Mi rassicura, io vorrei rimanere sveglia, parlargli, ma le mie palpebre son diventate pesanti e con queste sue ultime parole mi rilasso e questa volta mi tuffo in un sonno costellato da sogni. Non so se pentirmene o meno.
Mi ritrovo ancora una volta in quella odiosa stradina del parco, provo ad accelerare i tempi e baciare il mio amore prima che arrivi l’uomo ma è peggio, lui arriva ed è meno indulgente di prima. La lama del coltello mi preme addosso ancor più forte di quanto mi ricordassi e senza il che ben minimo sforzo mi ritrovo con il capo rotolare via dal mio corpo, tagliata via come se il collo fosse fatto di burro. Simon piange, si dispera e accecato dall’odio e dal rancore si tuffa sul mio omicida e lo uccide a suon di pugni, continua nonostante il corpo martoriato sia fermo esanime da ormai tanto tempo.
La scena cambia, mi ritrovo a ridosso di un fiume, non un fiume qualsiasi ma un fiume nero e che emana un odore rancido. Mi sporgo leggermente a guardare sotto ma non si nota il fondo del canale e un gran numero di voci mi tartassano la testa bisbigliandomi di lasciarmi andare, di buttarmi e non lottare contro la corrente. E’ il fiume infernale Acheronte. Vedo esseri malformi che camminano senza una vera e propria meta e delle arpie appese su dei secchi alberi che mi mettono sotto torchio con i loro occhi infossati. Ad un certo punto ogni essere presente in quella landa desolata comincia a circondarmi sulla rive del fiume, cerco di fuggire ma è tutto inutile. Una voce mi ripete che è tutto segnato, non posso fuggire.
E’ sempre il solito sogno che mi perseguita da ormai fin troppo tempo.
Mi sveglio di soprassalto trovandomi nella stanza Martha e Irene.
Istintivamente tento di cambiare posizione ma ancora una volta un dolore lancinante mi blocca. Presumo che Brian e Irene siano rimasti al mio fianco per tutto il tempo perché ritrovo la ragazza ancora con addosso il suo abito della sera precedente. Martha mi osserva con attenzione come se fossi una specie in via di estinzione da studiare il più possibile prima che scompaia da sotto i suoi occhi. Non riesco a sostenere il suo sguardo e guardo le candide lenzuola mentre prendo un profondo respiro cercando di allontanare quello che mi ha seguito durante il sonno. Il tempo trascorso da quando mi sveglia la prima volta ed ora non mi è data saperlo e il sogno rende tutto ancora più confuso, son passati secondi? Minuti? Ore? O magari interi giorni? Provo a mettere in ordine le mie idee ma è difficile.
<< Era solo un brutto sogno, un incubo. Ci siamo noi >> Mi rassicura Irene con un flebile sorriso. Devono avermi sentito parlare, implorare, chiedere aiuto, mentre dormivo.
<< Simon? Dov’è? >> Chiedo quasi senza far caso a quello che mi è stato detto poco prima.
<< E’ in salotto a dormire sul divano, è stato seduto affianco al tuo letto da quando sei arrivata fino a un’ora fa circa >> Spiega Martha lanciando per un attimo un’occhiata alla porta della stanza come se il ragazzo potesse entrare da un momento all’altro.
<< Cosa è successo ieri? Chi si è fatto male? >> Domando ancora una volta aspettando dei chiarimenti. Le due ragazze si scambiano per un attimo un’occhiata non sapendo esattamente cosa dirmi.
Irene comincia a farmi il resoconto della sera precedente, stando attenta ai miei movimenti per capire cosa mi passasse per la mente ogni qualvolta che si soffermava su un punto.
Dopo le mie gride di paura lei e Brian son tornati indietro a soccorrerci e, senza farsi sentire, il chitarrista ha spaccato una bottiglia abbandonata poco lontano sulla testa del nostro aggressore. Questo ha dato l’opportunità a Simon di contrattaccare  con l’aiuto del suo amico, nonostante lo scontro due contro uno il bassista se ne è uscito con qualche livido e un paio di graffi.
Per un attimo mi dimentico che io sono quella che si è fatta più male e vorrei andare da lui a medicarlo ma poi faccio ritorno alla realtà e capisco che invece è stato il contrario.
Io sono svenni distesa sul pavimento del parco fuggendo via dal mondo che mi circondava. Il ragazzo mi prese tra le sue braccia e mi trasportò di corsa verso la macchina, Irene si prese subito cura di me sapendo come agire siccome i suoi genitori sono dei dottori.
Alla fine la cosa più grande è stato lo spavento perché le ferite non erano troppo preoccupanti anche se Martha vedendo Irene maneggiare intorno ad esse è fuggita dopo poco non reggendo alla loro vista. E’ una ragazza dura ma quando si tratta di sangue anche solo di un piccolo taglietto su un dito, batte in ritirata nascondendosi al sicuro.
 
Martha P.O.V.
 
Trascorre il tempo, io mi prendo cura di Alex con Irene che passa ogni tanto a controllare come stanno le ferite che man mano passano lasciando al loro posto delle cicatrici più o meno lievi. Riprendiamo a frequentare le lezioni e tutto pian piano torna verso il suo corso naturale ma io continuo a pormi delle domande a cui non riesco a trovare una risposta. Me la prendo un po’ con Simon e gli altri per la situazione in cui l’hanno messa ma soprattutto mi do colpa di non esser riuscita a fare qualcosa, ad aiutarla, ma solo a fuggire lontano da quello che mi preoccupava pensando che, così, tutto si sarebbe aggiustato per magia. Odio essere impotente davanti a delle situazioni e, anche se non riesco a perdonarmi ciò, non trovo altro modo di sfogarmi che girarmi un po’ scontrosa e acida con Simon sperando di togliermi da dosso il peso del mio essere indifesa a queste situazioni. So di non essere giusta perché pure lui, sebbene non lo da a vedere difronte alla sua ragazza, non si perdona il fatto di essersela fatta scappare dalle sue stesse mani. Continua a starle vicina e prendersi cura di lei che costantemente gli ripete che non è colpa sua dell’attacco.
I due diventano col passar del tempo inseparabili e di conseguenza io a casa molte volte mi sento la terzo incomodo. Da quanto non sento il calore del corpo di un uomo sulla mia pelle? Da quanto vagabondo senza nessuno al mio fianco? Sono gelosa di lei ma allo stesso tempo felice.
E’ pomeriggio e senza rendermene conto sono per strada che vado al supermercato a fare la spesa. Faccio ogni cosa in automatico senza far caso che ho preso tutto quello che avevo segnato sulla lista ed aver pagato alla cassa. Ma non ci vuole niente a portarmi a vivere quello che ho davanti. O forse sto immaginando il passato? Sto dormendo? No, il peso delle buste che tengo nelle mani è reale così come lui. Un ghigno beffardo stampato sul volto e le braccia conserte mentre sta appoggiato su una macchina dietro a lui. Corey.
Il passato che ritorna nel presente, si scontrano facendomi chiedere ancora se è tutto vero o è solo frutto della mia mente che gioca con i miei ricordi.
<< Ciao Martha, tutto ok? >> La sua voce mi conferma che sono sveglia e in piedi a pochi passi da lui.
Non gli rispondo, cosa devo mai dire? Quanto ho sofferto per lui, quanto mi ha dato dolore? Sa già tutto, è inutile che io mi metta a dar vita a vecchie storie perché la più grande di tutte ce l’ho proprio davanti.
<< E’ bello rivederti, è passato tanto tempo. Lascia che ti aiuti >> Continua staccandosi dall’auto e avvicinandosi con lunghe falcate verso di me.
 
“No! Stai lontano da me!”
 
Dietreggio senza riuscire a spiccicare una parola. Le ferite si riaprono quando pensavo di essere riuscita a guarirle e ogni momento ritorna vivo e livido nella mia testa.
Quei baci che poi erano solo finzione, le botte e i colpi che ricevevo senza alcun motivo apparente, la mia impotenza nei suoi abusi su di me. Tutto d’un tratto mi sembra di rivivere una vecchia vicenda, io in un angolo della stanza da letto impaurita e indifesa, e lui che si avvicina a me sorridendomi beffardo. Le lacrime cercano una via per uscire ma io tento di farmi forza e le ricaccio dentro. Devo sembrare forte a tutti i costi.
Rimango pietrificata al contatto con la parete di una casa a cui davo le spalle, non ho via di scampo e lui è ancora lì a non darmi tregua. Mi prende per un polso facendo cadere per terra la busta che tenevo nella mano.
<< Perché non giochiamo un po’ insieme? Ti divertirai >> Mi sibila all’orecchio dopo avermi bloccata con la schiena appoggiata al muro e le braccia ferme dalla sua presa. Mi batte forte il cuore e mi sembra che quasi mi dovesse esplodere.
Comincia a lasciarmi dei baci sul collo senza che io possa fare qualcosa per difendermi.
<< Mi scusi buon uomo, la via più veloce per l’ospedale? Le esce sangue dal naso in modo decisamente preoccupante >> Sento una voce che interrompe Corey e una mano che si appoggia sulla sua spalla per farlo girare verso colui che ha parlato.
<< Ma come ti permetti a interrompermi! Il mio naso sta bene, non ho u… >> Non riesce a finire la frase che un pugno gli arriva sul naso facendolo cadere per terra non essendo preparato al colpo.
<< Beh io le avevo detto che aveva il naso messo male, lei non mi ha creduto >> Ribatte in modo sarcastico il ragazzo tirandomi dietro di sé in modo protettivo.
Corey si tira un po’ su e si tiene con una mano il naso insanguinato. E’ stato un duro colpo quello che ha ricevuto, sia fisicamente che nell’orgoglio.
Prima di andarsene lontano risponde ancora una volta ma con la mano davanti alla bocca si capisce ben poco, così almeno ho avuto il piacere di essermi risparmiata la sua ultima frase.
Guardo il mio salvatore e le sorprese non sembrano voler finire, è James. Dopo aver osservato Corey correre via mi stringe forte a sé, tra le sue braccia, che scopro essere così forti e protettive. Passiamo non so quanto tempo attaccati insieme che vorrei non arrivare ad una fine, ma purtroppo dopo un po’ son costretta a staccarmi perché mi ricordo di dove mi ritrovi e della spesa sparsa lungo il marciapiede. Raccolgo tutto con l’aiuto di James e poi entriamo in macchina dove lui mi accompagna a casa.
<< Ho paura… >> Dico debolmente spezzando il silenzio che era calato tra noi due negli ultimi interminabili minuti.
<< Ci sono io qua, sei al sicuro >> Mi rassicura accarezzandomi dolcemente la guancia senza staccare lo sguardo dalla strada per non più di una manciata di secondi.
Ritorna il silenzio tra di noi e ho paura di vedere Corey a ogni angolo della strada. Siamo arrivati sotto casa ma nessuno dei due ha intenzione di scendere.
<< Lo so che è difficile ma devi farti forza, non so chi era e cosa c’era prima tra di voi ma io sono qua a proteggerti >> La sua voce mi infonde un po’ di fiducia ma sono ancora tremendamente spaventata. E se riappare? Sa dove abito? Dopo tutto mi ha scoperto mentre facevo la spesa non può essere una coincidenza che si trovava là tra tutti i supermercati di Londra. No, ho paura non può essere un caso. E se entra in casa? Io non riuscirei a difendermi e non sopporterei l’idea che Alex venga convolta in qualsiasi cosa organizzata da quel maniaco.
Ecco un’altra situazione in cui mi sento impotente.
<< Per favore rimani da me stanotte. Solo per stanotte, ho bisogno di qualcuno vicino a me >> James sembra pensarci un po’ sulla mia proposta ma dopo accetta sorridendomi per cercare di tirarmi su di morale.
Scendiamo dall’auto e, con l’aiuto del biondino che mi sorregge e porta le buste della spesa, entro in casa. Non ho fatto nessuno sforzo ma sento il corpo stanco, intorpidito. Mi tolgo la giacca, mi costa tutto una gran fatica come se fossi stata tutto il giorno in palestra a sollevare pesi fuori dalla mia portata.
James cerca di aiutarmi in tutto e dopo avermi preparato la cena rimaniamo sul divano del salotto a guardare la tv, mi appoggio sulle sue gambe e so che nessun Corey potrà interrompere questo momento così rilassante. Si fanno le undici e non riesco più a rimanere sveglia e il cantante mi porta delicatamente nella mia stanza da letto.
Mi stendo sul letto con tutti i vestiti e scarpe, non ho la forza di fare niente. James insiste nel farmi mettere il pigiama, che non posso dormire in quel modo e, dopo un battibecco di venti minuti, ha la meglio e comincia a togliermi lui stesso i vestiti perché io mi rifiuto di cambiarmi.
In un primo momento non ho problemi ma poi Corey torna prepotentemente con un ricordo particolare. Dopo avermi, come al solito, picchiata mi spinge sul letto cominciando a strapparmi i vestiti di dosso con una forza che non riesco ad arginare in nessun modo. Mi usa per i suoi piaceri, mi maltratta e io non posso neanche piangere perché sarebbe peggio.
Istintivamente appena mi toglie la camicia e i pantaloni mi copro raggomitolandomi su me stessa sperando che tutto quello intorno a me sparisca senza fare rumore. Sento le sue carezze e le sue parole confortanti ma il tocco della sua mano sulla mia pelle nuda non fa che peggiorare le cose facendomi tremare. Lo sento allontanarsi e prendere il mio pigiama da sopra il comodino e tornare cercando di far meno rumore possibile. Pian piano riesce a farmi distendere e, anche se più volte emetto delle grida di paura pensando a cosa potrebbe farmi, riesce nell’intento di vestirmi e di mettermi sotto le coperte.
<< Non mi lasciare >> Lo supplico mentre mi abbraccia steso affianco a me. Non sento la sua risposta perché, grazie alla sua protezione, posso lasciarmi andare a Morfeo.
Il mio stato di idillio dura poco, la notte la passo tra incubi, insonnia e momenti di limbo in cui credo di poter dormire finalmente qualche ora in tranquillamente ma puntualmente o non riesco a prendere sonno o vado a tuffarmi inconsapevolmente in qualche brutto incubo. Più di una volta mi sveglio urlando e con le unghie conficcate nella schiena di James che tenta di cullarmi per farmi dormire. Finalmente alle cinque e mezzo di mattina riesco a giungere in uno stato di quiete.
Quando mi sveglio James è ancora lì.
Grazie.
 
Matt P.O.V.
 
 E un’altra giornata di lavoro giunge al termine. Oggi mi toccava il turno serale di chiusura e, al momento di spegnere tutto e tirare giù la serranda, emetto un sospiro di sollievo che solo la consapevolezza che a casa mi attende il mio comodo letto mi può dare. Sulla stretta via su cui si affaccia il negozio di musica, il posto per parcheggiare è sempre raro da trovare e mi tocca incamminarmi verso l’auto che mi aspetta su una via laterale.
Il venticello mi fa compagnia lungo la strada scompigliandomi un po’ i capelli, comincio a fischiettare la melodia di una nostra canzone su cui nell’ultimo periodo ci stiamo particolarmente concentrando. Un vero e proprio testo ancora non ce l’ha ma confido nel tempo, e so che ben presto sarà pronta a spaccare i culi nei prossimi concerti.
Tanta gente cammina lungo i marciapiedi che costeggiano la strada ma non riescono a nascondere un particolare dalla mia vista. Su una panchina, seduto a prendere lunghi sorsi da una bottiglia di vodka, c’è Frank che guarda il vuoto difronte a sé.
<< Frank! >> Lo chiamo ma non si gira, anzi, continua a bere senza fare caso a nessuno.
Continuo a chiamarlo ma non risponde né si gira a vedere chi lo cerca, mi viene da pensare se sia un’altra persona. Forse mi sono solo confuso. Lo raggiungo, la prima impressione è quella giusta: è Frank.
<< Ehi man! How are you? >>  Chiedo sorridendo al mio amico sedendomi al suo fianco e lasciando cadere tra le gambe la mia tracolla.
Non risponde.
<< Frank? Look at me, please >> Lo scuoto un po’ cercando di attirare la sua attenzione e finalmente ci riesco. Appena si gira noto i suoi occhi gonfi e rossi causati da un pianto continuo, esamina ogni millimetro della mia faccia ragionando su chi io possa essere.
<< Matt… >> Finalmente mi riconosce.
<< Oh yes exactly >> Rispondo abbozzando un timido sorriso.
<< Non c’è più. Sono solo. Mi ha lasciato >> E’ distrutto e la sua voce mi giunge sottile e tremolante come se da un momento all’altro dovesse rimettersi a piangere.
<< Chi? Spiegati Frank >> Domando non capendo a fondo cosa possa essere successo. Vorrei non averlo detto, sia perché ci sono giunto da solo ma anche perché la mia domanda scuote in lui dei singhiozzi strozzati. Temo di vedermelo cadere a pezzi davanti a me da un momento all’altro.
<< Sarah… Mi ha lasciato >> Spiega con le lacrime che cominciano ad uscire senza controllo.
La gente comincia a girarsi verso di noi, non è una scena di tutti i giorni vedere un capellone che consola un altro capellone che singhiozza rumorosamente sulla sua spalla. Decido di averne abbastanza di tutte queste persone che incuriosite rallenta il passo per controllarci meglio, prendo per il braccio il batterista e lo trascino in macchina.
Per un attimo mi passa in mente l’idea di lasciarlo a casa sua, ma è capace ad essere autonomo? E’ un pazzo già in condizioni normali poi aggiungiamoci l’alcool che regge poco e la sua situazione sentimentale. No, la questione si chiude qua, viene con me a casa.
Risuona dallo stereo Watch Over You* degli Alter Bridge, non ci faccio subito caso perché mi ero perso nei miei pensieri ma lui non ha perso neanche una parola ed ora continua a piangere ancor più di prima. Provo a tirarlo su di morale ma lui non ne vuole sentire parlare e dopo cinque minuti finisce il contenuto della bottiglia.
<< Ci ricadrò come è successo altre volte. Non riesco ad essere forte! >> Sentenzia sbattendo un pugno sul cruscotto per disperazione. Tutto è inutile, niente sembra calmarlo.
Arriviamo a casa e lo porto di peso dentro dove provo a fargli mangiare qualcosa ma si rifiuta di collaborare. L’unica cosa che riesco a fare, per il bene di entrambi, è portarlo a dormire. Gli lascio il mio letto e io dormo per terra con cuscino e coperta, la situazione non mi va a genio ma altre soluzioni non ne vedo.
Frank continua a lamentarsi, piangere e parlare con frasi, a volte, senza un vero e proprio senso logico. Vorrei chiudergli la bocca con un po’ di nastro adesivo e, magari, legarli come un salame così che non si muova ma peggiorerebbe solo la situazione. Andiamo avanti così per circa un’ora con il ticchettio dell’orologio a muro che scandisce incessantemente il tempo.
 
Basta! Finiscila di parlare! Voglio dormire, per Dio!”
 
E’ una lenta agonia che per fortuna finisce ma io nonostante tutto continuo a non dormire. Semplicemente non ci riesco. Fisso il soffitto della stanza con i suoni della città che giungono ovattati. Grida e schiamazzi in lontananza, risate, musica ad alto volume, sirene della polizia, ogni suono riempie la stanza accompagnato dallo sfondo canoro di Frank a suon di russate più forti di un trattore vecchio di trent’anni.
Il mio flusso di pensieri vaga per delle lande desolate, fino a quando non comincio a riflettere su un particolare. Avrò mai qualcuna con me? Meglio essere soli o soffrire per la persona che amo così come Frank? Non so come rispondermi ed è strano, io riesco sempre a trovare una soluzione a tutto. Ma a questo mi ritrovo senza un risultato accettabile.
E’ possibile che debba rimanere per sempre da solo? Dopotutto non una relazione stabile da quanto? Tre anni? Ah ho perso il conto ormai. Mi viene quasi da piangere pure a me ma io non accetto di esternare i miei sentimenti così all’aperto, scoperto, dove magari potrei essere sentito dal batterista. Sono miei sentimenti e nessuno li avrà mai.
Un’unica lacrima solitaria mi solca la guancia sinistra ma prontamente l’asciugo con il palmo della mano. Sii forte.
Un unico pensiero mi fa rimanere sano di mente: nessuno è solo al mondo.
 
 
 
 
 
­­­_______________________________________________________________________________
 
*Artista: Alter Bridge –Album: Blackbird –Data di Pubblicazione: 2007
 
Note d’Autore:
Nuovo capitolo che spezza un po’ il susseguirsi di prove, concerti e feste che c’è stato fino ad ora. Che ve ne pare? E’ un capitolo un po’ diverso dagli altri quindi spero che vada bene.
Ringrazio GNR­­_97  per aver recensito e come al solito di farmi sapere qualche loro impressione anche per messaggio, grazie!
Fatemi sapere la vostra e a presto!
 
-Slash

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Capitolo 7
*** I'm Broken ***


I'm Broken


James P.O.V.

 
La notte fu una tragedia per entrambi. Lei si scuoteva, si dimenava e, soprattutto, continuava ad avere paura di lui. Com’è che si chiama? Ah si, Corey. In quei rari momenti in cui riusciva a prendere sonno incombevano incubi in cui lei lo supplicava di fermarsi, di lasciarla. Se solo me lo ritroverò ancora una volta sul mio cammino non sarò tanto indulgente come nell’incontro precedente, gli restituirò con gli interessi ogni torto che ha inflitto.
Ma che mi sta succedendo? Io le donne le conquisto, le faccio mie per una notte e poi le caccio via in malo modo; ma lei… lei è diversa. E’ possibile che mi stia…. NO! Non lo accetto, è impossibile. Mi rifiuto categoricamente di crederci, io che mi innamoro? Sono loro che si innamorano di me, non il contrario.
In ogni caso non ho chiuso occhio per tutta la notte e ora sto una pezza. Le mani delicate di Martha si son trasformate in degli artigli che mi hanno lasciato delle lunghe strisce rosse sulla schiena, alcuni punti mi fanno decisamente male. Al suo risveglio sono ancora là, ad accarezzargli i capelli e contemplare il suo viso che, dopo una notte passata a lottare, era riuscita a trovarsi un momento tranquillo. Ho avuto così tanto tempo per riflettere, è raro che mi succeda perché inevitabilmente ogni volta il mio pensiero viene frammentato in due diverse parti e questa circostanza non è stata diversa dalle altre. Una parte di me gridava “Falla tua, adesso! Non avere timore, nessuna si è mai tirata indietro! E’ inutile che tieni conto dei suoi miseri pensieri, agisci!” e poi subito dopo entrava in azione la sua controparte con “Martha, è così indifesa. Non posso farle questo, non dopo quello che ha passato. Si merita di meglio e io lo dimostrerò conquistandola come solo io so fare!”. E’ come avere il diavoletto e l’angioletto che si mettono a litigare sulla tua spalla, roba da matti. In lontananza, se mi concentro, li posso ancora sentire discutere in modo decisamente poco civile, in un angolino della mia testa.
Con Martha cerco di essere il più naturale possibile, sembra così rilassata finalmente che non mi pare vero, eppure lo è. Per un attimo mi era passata per la mente l’idea di baciarla ma non so l’effetto che ne può scaturire e, allora, perché rovinare questo momento? Godiamocelo ora.
Rimaniamo là a fissarci per non so quanto tempo, fino a quando, un Alex al quanto su di giri, non invade la nostra oasi idilliaca.
<< Oh… ehm, scusate. Non volevo… >> Si affretta a scusarsi scomparendo fuori dalla stanza con la faccia rossa come un peperone.
<< Mi sa che l’abbiamo messa in imbarazzo >> Commento ridacchiando. Martha finalmente sembra essersi tranquillizzata.
Continuiamo a ridere e scherzare fino a quando non decidiamo di alzarci e pranzare. Si, ci siamo alzati così tardi che la colazione è diventato il pranzo. Alex è ancora un po’ imbarazzata per la scena precedente, anche perché con me non ha mai parlato moltissimo.
<< Tra sei giorni abbiamo una serata, il 12bar club ci vuole concedere il bis. Venite a vederci? >> Chiedo finendo di mangiare la mia fettina.
<< Ah... Io questo volevo dire a lei quando vi ho interrotto >> Confessa Alexandra coprendosi il viso con le mani.
<< Ci risiamo! Non hai interrotto niente, zuccona! >> Ripete per la… Ok, ho perso il conto di quante volte l’abbia detto ma comunque fin troppe.
<< Quindi? >> Incalzo sperando che vengano. Non mi sono dimenticato della scommessa, sono ancora sicuro di riuscire a farmela mia. Dopo tutto stiamo ancora a solamente due settimane, mancano oltre due mesi di tempo.
Le due ragazze si guardano quasi per scambiarsi dei taciti commenti, si girano un paio di volte verso di me e sorridono timidamente.
<< Ok, ci saremo >> Conclude Martha abbassando il capo verso gli ultimi bocconi del suo pranzo.
Ci sarà da divertirsi.
 
I giorni sembrano arrivare al proprio termine sempre fin troppo presto. Per l’occasione la scaletta usata la precedente volta la modifichiamo in diversi punti, era già perfetta così com’era ma molte volte occorre rinnovarsi se si vuole fare colpo e ben figurare. In alcuni punti l’addolciamo mettendo delle ballad ma nell’interezza rimane sempre una scaletta potente e che, si spera, nessuno dimentichi tanto facilmente.
Dopo la notte insonne passata con Martha son tornato a dormire a casa mia, il nostro rapporto sembra essere migliorato rispetto a prima, ma niente che mi faccia pensare ad un suo interessamento nei miei confronti. Ancora una volta rientrano in gioco i due antagonisti della mia testa che lottano per prevalere, il primo insiste di fregarmene e di scoparla al più presto ma l’altro controbatte rimanendoci un po’ male per l’indifferenza della ragazza nei miei confronti. Di questo passo impazzirò.
Purtroppo non sono l’unico ad avere problemi al di fuori della band, Frank deve fare fronte alla separazione dalla sua fidanzata, Sarah. Mi è sempre stata simpatica e il batterista ogni giorno sembra peggiorare, alcune canzoni non le possiamo più suonare perché scatenano in lui ricordi della ragazza che lo bloccano irrimediabilmente. Un giorno Matt e Brian son dovuti stare seduti affianco a lui a consolarlo per oltre un’ora perché avevamo cominciato a provare una delle canzoni preferita di Sarah. Se lo rifarà durante il concerto è la volta buona che lo strozzo.
Il giorno del concerto si presenta alla nostra porta quasi senza preavviso, come quando apri quella di casa sperando di trovare un caro amico e invece trovi un testimone di Geova che cerca disperatamente di convertirti. E’ al quanto fastidiosa la cosa.
Tutta la mia strafottenza e sicurezza sparisce in un battito di ciglia, mi sento nudo difronte a tutte le avversità che il fato mi metterà sul mio cammino. Nel mio momento di insicurezza non giova il sapere che Martha starà nel pubblico ad osservarmi, la volta precedente non lo sapevo e quindi non mi preoccupavo di fare qualche cavolata ma questa volta è una situazione diversa.
Portiamo a compimento il soundcheck senza troppi problemi. Frank continua ad essere un campanello d’allarme per tutti per il quantitativo di alcool che ingurgita, così, per salvaguardare la nostra e la sua salute (ma personalmente soprattutto la reputazione) da qualche guaio non programmato, decidiamo di tenerlo sotto stretta sorveglianza a turno. Dovunque andava lui, c’era uno di noi che lo teneva d’occhio; pertanto per gli sconosciuti non era difficile pensare che fosse una rockstar famosa con la scorta al seguito.
Ci ritiriamo nel nostro  camerino, chi con la propria donna a fare da compagnia e chi a ingannare il tempo nell’aspettare di salire sul palco. Brian si da’ da fare con la sua Irene su una poltroncina in un angolo della stanza, Simon ha gli occhi a cuoricino con Alexandra seduta sulle sue gambe, Matt fuma nervosamente affacciato ad una finestra e Frank tamburella con le bacchette su un cuscino. Odio l’agitazione, mi sudano le mani e non riesco a stare fermo.
<< Se non la smetti tra poco non avrai più delle mani per reggere il microfono >> Commenta Martha spostando il suo sguardo dalle mie mani al mio viso perso in ragionamenti senza senso.
<< Oh tanto ho l’asta. Non è un dramma in fin dei conti >> Sdrammatizzo buttandomi su una sedia come se fossi un burattino a cui hanno tagliato i fili che lo legavano al proprio burattinaio.
<< Sei pronto? La fuori c’è un bel po’ di gente >> Constata indicando la porta che da al grande spazio dove ci esibiremo tra una manciata di secondi.
Non so esattamente cosa rispondere, vorrei dire “No, non sono pronto. Sono preoccupato di fare brutta figura difronte a te” ma so che non è la cosa giusta da dire. Il chiacchiericcio e la musica di sottofondo risposero per me riempiendo quei secondi di silenzio di troppo.
<< Sono nato pronto. Farò scatenare la gente sotto quel palco >> Rispondo cercando di essere molto più sicuro di quanto non lo sia affatto. L’ultima cosa che vorrei è che capisse che non lo sono, devo avere la situazione sotto controllo anche se non sembra.
Randy, il nostro amico che lavora al pub, ci viene ad avvisare che tocca a noi. E’ ora, non posso tirarmi indietro.
<< Sarò la fuori a vederti. Spero che mi farai scatenare come hai detto >> Replica avvicinandosi a me, il suo sguardo fisso nel mio. Quelle labbra mi chiamano, le bramo con tutto me stesso ma so che ancora non è il momento. Ci salutiamo e mi preparo ad uscire e fare la mia parte.
Adesso deve uscire la Bestia che c’è in me, devo far vedere chi è che comanda. Chi è il frontman dei Black Ice. Nessuno dimenticherà questa serata.
Tutto si oscura, delle campane risuonano nel locale e, avvolti da una nuvola di fumo, entriamo in scena con For Whom To Bell Tolls*.
 
Nel pub risuona ancora la chitarra di Brian appoggiata sul suo amplificatore ma noi ci siamo già rifugiati nel camerino. Siamo sudati e stanchi ma è stato un live bellissimo.
Succede sempre la stessa cosa, appena finito di suonare si parla pochissimo delle impressioni che ci sono rimaste dalla serata, si lascia ogni commento al giorno dopo. Ci diamo una rapida sistemata e poi usciamo dal nostro nascondiglio cominciando a fare festa.
Senza preavviso mi riaffiorano in mente degli istanti visti dall’alto del palco. Un ragazzo, non molto alto, magrolino e capelli castano scuro un po’ arruffati, abbracciava Martha. Sento lo stomaco chiudersi e il sangue nelle vene ribollire per il nervoso. Mi blocco con una bottiglia in una mano e lo sguardo perso nel vuoto.
<< Ehi man, che succede? >> Chiede Brian scuotendomi un po’ riportandomi bruscamente alla realtà.
<< Oh nothing … nothing >> Scaccio via i miei pensieri e la domanda del chitarrista con un gesto della mano come se intorno a me stessero svolazzando delle mosche fastidiose.
Torno con il sorriso e la mia solita sfrontatezza ma dentro di me ha inizio una frettolosa ricerca su qualsiasi indizio che mi possa indurre a scoprire chi era quel ragazzo. Di solito non mi importa niente se una qualche ragazza passa tempo in compagnia con altri ragazzi, dopotutto non stiamo neanche insieme. Ma lei è diversa, sono geloso? Forse un po’ ma prima di spaccare qualche altro naso devo capire chi è, come si comporta, e, soprattutto, che rapporto c’è tra loro.
Mi lascio trasportare dai ragazzi verso il tavolo riservato per noi, è lo stesso che ci era stato lasciato la scorsa volta. Trovo già seduti Matt, Martha e quest’altro tizio; non so come devo prendere questa situazione.
<< Buonasera >> Saluto sedendomi affianco a Matt e facendo finta di essere indifferente a quello a cui mi ritrovo a dover affrontare.
<< Ah, ehi James! >> Si accorge finalmente di me il chitarrista che mi da una pacca sulla spalla mentre continua a ridere per una qualche battuta. Chiunque sia stato deve essere bravo, non è facile farlo ridere così tanto.
<< Ciao James, io sono Elliot. Piacere di conoscerti, ho sentito diverse storie su di te >> Mi saluta il tizio. Ecco come si chiama, ora il mio nemico ha un nome. Elliot. Ricambio il saluto con un finto sorriso e stretta di mano, cosa gli avranno mai detto su di me? Beh ho militato in diverse band prima di arrivare nei Black Ice, ne ho passate tante. Mi vengono i brividi solo a pensare che sia a conoscenza di qualcosa di ridicolo.
Rimuovo subito questo pensiero, io, James Brown, ridicolo? Mai! E anche se lo fossi stato un paio di volte era tutta scena.
Il mio viaggio alla scoperta di indizi su quest’uomo arrivarono al capolinea alquanto prima, non sapevo niente di lui, mai visto. Ah si, ora so il suo nome. In ogni caso sono deciso ad avere più notizie su di lui nel meno tempo possibile.
Gli alcolici cominciano a scorrere a fiumi, birra, vodka, gin, rum, cocktail, nessun alcolico viene risparmiato. Butti giù il sorso e la mano è già pronta al round successivo stringendo la successiva bottiglia o bicchiere stracolmo della bevanda. Matt e Frank decidono di fare a gara a chi beve più cicchetti in due minuti, il vincitore è al quanto scontato. Quando il cronometro segna 01:25 Frank si fionda in bagno a vomitare pure il Cenone di capodanno di vent’anni prima. Grazie alla scommessa con Alexandra mi son fatto qualche soldo. La ragazza è stata fregata dal suo ottimismo verso le persone. Una cosa che ho imparato in tutto questo tempo è che Frank cede subito in qualsiasi cosa, quindi è meglio non farci affidamento più di tanto.
Si fa tardi e Brian e Irene dicono addio alla compagnia siccome entrambi il giorno dopo devono svegliarsi al quanto presto. Io in teoria domani mattina dovrei lavorare ma non me ne andrò fino a quando non avrò sentito quello che voglio sentire.
Nel frattempo Matt comincia a darsi da fare con una biondina niente male, probabilmente presto se la porterà via per farsi fare il servizietto completo. Ogni qualvolta che succede mi domando se è quella giusta per lui, ma, dopo un’occhiata, capisco che è solo una cosa passeggera. Matt, se deve fare qualcosa in modo serio, non lo sputtanerebbe ai quattro venti. E’ l’elemento più tranquillo della band ed è l’unico che riesce a tenere a bada i litigi tra me e Brian. Dio quanto non lo sopporto quando non riesco ad averla vinta, è insopportabile perché nessuno dei due molla e vuole lasciare qualcosa all’altro.
Mi studio per bene Elliot, è un ragazzo abbastanza alla mano e con un umorismo particolare. Non mi è difficile capire che è un buon oratore e intrattenitore, quando parla lui stanno tutti ad ascoltarlo, pendono tutti dalle sua labbra come se fosse un extraterrestre che chiede asilo politico. Un po’ mi innervosisce, di solito sono io quello con cui si chiacchiera. Beh… si chiacchiera con tutti i componenti della band ma io sono il frontman, modestia a parte ovviamente.
Ecco, in un certo senso mi sento messo da parte. Soprattutto da parte di Martha, dopo che l’altra notte l’ho passata insonne per aiutarla. E  per non parlare di quando l’ho salvata da Corey.
Decido che ne ho abbastanza per il momento, ho bisogno di una boccata d’aria fresca. Con la scusa di andare a prendere un’altra bottiglia di birra, mi alzo e mi muovo verso il bancone dove un po’ di gente aspetta con trepidante attesa il proprio cocktail. Rimango là ad aspettare perdendo tempo guardando un duo acustico che occupa il posto sul palco dove non molto tempo prima avevamo suonato. La cantante ha una bella voce e non è neanche male, purtroppo non sono in vena di provarci. Strano eh? Io che non provo neanche a portarmi a letto una ragazza. Semplicemente non sono dell’umore neppure per spiccicare una sillaba.
Prendo la mia bevanda e, senza avvisare gli altri, esco fuori dal locale. Sto appoggiato ad un edificio difronte al pub, le luci dell’insegna e i lampioni allineati sul bordo del marciapiede illuminano le persone che parlano amichevolmente là intorno. E’ una bella serata e le stelle contribuiscono a renderla speciale dall’alto della loro posizione. Sembrano tanto vicine ma al tempo stesso così lontane.
Sto lì da qualche minuto a sorseggiare la birra, quando chi meno avrei immaginato che mi avrebbe raggiunto era proprio dall’altro lato della strada a guardarmi. Il suo volto indecifrabile, un espressione quasi distaccata e quei due occhi che non fanno altro che esaminare in modo critico. Proprio come l’ho conosciuta.
Attraversa la strada senza staccare lo sguardo da me non per un paio di secondi per controllare se la strada è sgombera da pericoli imminenti. Che devo fare? Che devo dire? Anzi, che le devo dire?
<< Perché sei qui fuori? >> Mi studia dal capo ai piedi come se fossi un pezzo di carne in vendita.
<<  Avevo bisogno di una boccata d’aria fresca >> Spiego a Martha senza metterci molta convinzione, dopo tutto non ne sono convinto neanche io. Come faccio a convincere qualcuno se non sono il primo ad esserne pienamente convinto? E’ impossibile.
<< Dammi un sorso >> Mi dice con il braccio proteso verso la mia bottiglia, gliela do senza fare molte storie.
<< E’ stato un bellissimo concerto, per certi versi pure migliore del precedente. Ma non ne sei soddisfatto, non ti va bene qualcosa della serata. Che hai? >> Mi espone il suo punto di vista cercando poi conferma da quanto detto.
<< Ah non lo so, forse è una tua impressione. Capita a tutti di sbagliare >> Mento. Mento spudoratamente, fuggo dalla verità, da lei.
<< No io in questo non sbaglio, che cosa è successo James? >> Insiste sapendo che non sbaglia dal mio volto spezzato in un velo di tristezza e malinconia che non assumo mai con la gente vicino.
<< Non sapevo che sarebbe venuto il tuo amico Elliot >> Commento cercando di togliere tutta l’amarezza che sto provando in questo momento.
<< Non volevo stare sola >> Mi risponde girandosi a guardare un autobus che passa poco più in là, sulla strada che si incrocia con questa.
<< Avevi Alex, non andava bene? >> Punzecchio un po’. Ho bisogno di risposte, di notizie.
<< No. Volevo qualcosa per distrarmi, di diverso. Qualcosa per non pensare e preoccuparmi di lui >> Prova a chiarirmi le idee.
<< Questa volta sei te a sbagliare, non è solo per Corey. Non mentire >> Forse è meglio se siamo sinceri entrambi.
<< Mh… Volevo anche qualcuno al mio fianco. Alex è a parte. Qualcuno forte, che mi protegga >> Vuota il sacco guardandomi negli occhi aspettando una mia risposta che non arriva subito. Devo cercare di ponderare le parole, ma è così complicato.
<< Qualcuno ti ha protetta da Corey, ti ha sostenuta per tutta la notte, ti ha aiutato nei giorni successivi. Forse te nei sei dimenticata >> Purtroppo non riesco a  girare la frase in modo diverso. Avrei voluto dirlo in modo più delicato magari.
<< Io non dimentico James >> Mi dice in un modo quasi come per ricordarmi un qualcosa di importante a cui non ci avevo badato fino ad ora.
<< Eppure Elliot è lì a dimostrarlo >> Con un cenno del capo indico il 12bar club dove il ragazzo in questione si divertiva con Matt, Simon, Alexandra e un Frank addormentato con la faccia sul tavolo. Forse l’ultimo dell’elenco non è un elemento molto da compagnia in queste sue condizione, ma particolari.
<< James, cerca di capirmi… >> Mi costringe a guardarla negli occhi prendendomi il viso tra le mani.
<< Dov’era quando serviva? Non c’era, non si è fatto vivo neanche i giorni successivi >> Ormai comincio a scaricare il mio nervoso represso.
<< James, quella sera e i giorni successivi ho fatto un errore, io … >> Comincia a parlare ma la blocco subito scostandomi dalle sue mani.
<< No! Un errore eh? E’ stato tutto un errore? Io non dovevo stare là, giusto? Porto ancora dei segni sulla schiena di quella notte! Cazzo, non sai come cazzo facevano male mentre mi muovevo sul palco! Lo sapevo… Un errore >> Non sopporto di essere stato usato contro la mia volontà, di essere stato preso in giro per giorni e giorni.
<< Ero debole, è che… >> No! Basta, la blocco ancora una volta. Una parola di più e scoppio.
<< Sisi giusto, debole. Non c’è altra spiegazione. Ero solo un fottuto rimpiazzo perché quella merda di Elliot se ne fregava di te?! Vaffanculo! >> Sbraito allontanandomi da lei. La gente comincia a voltarsi verso di noi come se fossimo un film melodrammatico. Che cazzo guardano? Mo’ li mangio.
<< James… >> La sua voce è sottile, quasi come un sussurro. Una lacrima gli solca la guancia mentre cerca le parole giuste da dirmi.
<< Torna da Elliot. Non voglio commettere azioni di cui me ne pentirei subito dopo. Per favore non sfidare la mia pazienza, mi basta Brian che lo fa ogni santissima volta >> La guardo per un ultima volta prima di girarmi dall’altra parte e andarmene. Non voglio fare errori, non sono Corey. Io non alzo le mani contro una ragazza, sono diverso.
<< James… >> Mi chiama ma non mi volto indietro. Quel che è fatto è fatto.
Svolto l’angolo e mi accascio sui gradini della prima abitazione che trovo. Lascio la bottiglia affianco a me e copro il viso con le mani, dovrei essere contento perché finalmente mi sono sfogato ma non lo sono.
Se potessi tornerei mi rimangerei tutto quello che ho detto. E’ troppo tardi purtroppo.
“Hai fatto una cazzata. Quando l’hai vista arrivare dovevi prenderla e portartela via con te senza troppi discorsi”
“Hai sbagliato. Non dovevi dire quello, dovevi essere più ragionevole e compressivo”
Per una volta i due antagonisti sono d’accordo su cosa dirmi. Ok, non troppo d’accordo ma comunque rimane il fatto che ho sbagliato.
 
Irene P.O.V.
 
<< Brian, sei sicuro di riuscire a guidare? Posso farlo io se vuoi >> Tento di convincerlo ancora una volta ma lui è più cocciuto di un asino. Ah che strazio!
<< Non ce ne bisogno honey, sono pronto per guidare >> Ribatte stropicciandosi un po’ gli occhi per il sonno. Sembra un bimbo piccolo quando fa così.
<< Uff ok… Almeno cerchiamo di arrivare a casa interi eh >> Commento rassegnata che non riuscirò ad averla vinta neanche tra cent’anni.
Non c’è molta strada da fare per arrivare a casa ma più di una volta devo tirare il freno a mano altrimenti quel pazzo attraversava gli incroci col semaforo rosso.
<< UH EH… CHE SUONATE! FINITELA CON QUESTI CLACSON! >> Sbraita all’aria pensando che qualcuno lo incitasse a muoversi quando, invece, si era addormentato sul volante facendo risuonare il proprio clacson con la pressione della faccia. Io intanto  mi tengo ben legata con la cintura.
Siamo salvi! Parcheggiamo poco lontano da casa e porto il mio ragazzo dentro sorreggendolo, è più addormentato che sveglio.
<< Ehi, lo sai che assomigli tanto alla mia fidanzata? Sei proprio bella come lei ma non ti bacio perché io sono fedele alla mia Irene >> Blatera il chitarrista in preda al sonno e ad una buona dose di alcool mentre mi passa la mano in faccia per giocare con i miei lineamenti. Ad un certo punto sprofonda nel sonno proprio mentre finivo di sistemarlo per farlo dormire.
<< Buonanotte amore >> Gli do un bacio sulla fronte e mi metto addormire mettendogli un braccio intorno alla vita.
 
Frank P.O.V.
 
<< Pazzo! Alzati da terra, che ti accasci nel bel mezzo del marciapiede! >> Mi sgrida Matt mentre cerca di issarmi su dopo essermi seduto sotto un lampione poco lontano dal 12bar club.
<< Ma se è casa mia! Vattene! >> E’ chiaro che non sono molto lucido ma non ci posso fare niente. Tutto d’un tratto quel palo della luce mi sembrava una casa così accogliente che era impossibile non sedersi affianco.
<< Non fare storie, alzati e andiamo a casa >> Ah giusto io dormo ancora a casa sua. Ma quindi questa non è casa mia? Ok forse quattro mura ed un tetto sono meglio di un lampione malconcio.
Mi alzo barcollando e seguo Matt che mi precede di pochi passi.
Ah quanto mi piacerebbe una bella dose. Una striscia e via, ogni dolore se ne va’ per un po’. Ma avevo promesso a Sarah che non avrei ripreso... E’ per lei, però, che ho la tentazione. E’ colpa sua. Matt comunque non me lo permetterebbe, devo trovare una soluzione. Sono stato tutta la serata sotto sorveglianza, all’inizio non ci avevo neanche fatto caso, cioè pensavo che stavamo con me più che altro per svago. L’illuminazione mi è giunta quando è arrivato James a dare il terzo cambio di guardia. Che stronzi, non si fidano di me.
In macchina gli Iron Maiden parlano per noi. L’unica cosa a cui riesco a pensare è come procurarmi qualche grammo di roba buona. Qualche vecchio amico spacciatore sarà ancora in giro? Ne so di un paio che sono stati arrestati ma non dovrebbe essere difficile contattarne uno. Da qualche parte a casa dovrei avere un taccuino con segnati i numeri, ma Matt non mi farà andare tanto facilmente a casa. Ci deve pur essere un modo per farcela. Per mo’ mi dovrò accontentare dell’alcool, meglio di niente in fin dei conti.
 
Sento il respiro pesante di Matt che mi segnala che è ben avviato nel suo mondo dei sogni. Io non riesco a chiudere occhio, sono le tre di notte e mi sto rigirando di continuo nel letto. Ho bisogno di bere, devo calmarmi. Tiro fuori del whiskey dalla riserva di Matt e comincio a bere comodamente seduto sul divano del salotto.
Sarà una lunga notte.
 
“…Come crawling faster 
obey your Master 
your life burns faster 
obey your Master 
Master…” 

**
 
 
 
 
________________________________________________________________________________
 
*Autore: Metallica –Album:  Ride the Lightning –Data di Pubblicazione: 1984
**Autore: Metallica –Album: Master of Puppets –Data di Pubblicazione: 1986

 
Note d’Autore:
Buonciao a tutti voi! Tra lotte tra angioletti e diavoletti, voglia di sballarsi un po’, dormite sul volante e momenti decisamente delicati siamo giunti alla fine dell’ennesimo capitolo! E questa volta sono stato più puntuale nell’aggiornare, che mi sento soddisfatto ahahah.
Comunque fatemi sapere un vostro parere e se ci sono eventuali errori ;).
A presto!
 
-Slash
 
P.S. Quello che nel capitolo “My Love” chiamo Leo è in realtà Elliot, purtroppo avevo sbagliato a scrivere ma ho corretto.

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Capitolo 8
*** Please help me! ***


Please help me!



Brian P.O.V.
 
<< Noo dai Ireee! Non puoi farmi questo! >> Piagnucolo davanti alla porta chiusa dello studio. Mi chiedo per un attimo se sto diventando pazzo visto che parlo con una parta chiusa, poi mi ricordo che mi è stata sbattuta in faccia pochi minuti fa dalla mia ragazza.
Testarda!
Certo, io non sono per niente meglio ma non è bello parlare ad una porta.
<< Honey per favore, aiutami! >> Cerco di persuaderla ma niente, l’unica risposta che ricevo è un silenzio tombale.
Aspetta, cosa è successo per far innescare questa scena con contenuti altamente comici? Ah si… Lei deve studiare e, quindi, non mi vuole aiutare a preparare la cena. Il problema è che abbiamo ospiti e io non sono un granché ai fornelli!
<< Va bene come vuoi. Se ti ritrovi roba scotta o bruciacchiata ritieniti responsabile! >> Minaccio puntando l’indice destro verso la porta della stanza dove la mia fidanzata si è barricata all’interno. Compiaciuto della mia stessa minaccia alzo i tacchi e vado a cucinare qualcosa non aspettando la risposta perché so che non arriverà mai.
Che posso cucinare? Pasta? Nah… La faccio sempre troppo poco cotta. Un piatto a base di pesce? Non lo so fare e poi da dove prendo il pesce a quest’ora. Carne? Una delle poche cose che so fare è arrostire quindi mi sembra una valida alternativa.
Gente, oggi si mangia carne!
Mi metto il mio grembiule nero con il logo dei Guns n’ Roses stampato sopra e comincio a preparare il barbecue in giardino. I Black Sabbath mi tengono compagnia in questo interminabile tempo in cui mi do da fare per la buona riuscita della cena. Canticchio distrattamente Iron Man* mentre prendo la carne dal frigorifero e la poggio sul tavolo illuminato dalle luci a neon che montai l’estate precedente.
DRIIIN
Guardo l’orologio che tengo al polso destro: sono le 08.30! Quella ragazza sta trasformando Simon in un ragazzo fin troppo puntuale.
<< Cazzone! Questa puntualità mi stupisce! >> Lo punzecchio appena gli apro la porta.
<< Oh se fosse stato per me sarei arrivato con la solita mezz’ora di ritardo, mi conosci. Ringrazia Alex >> Commenta mentre spunta la ragazza da dietro il bassista.
<< Ciaoo Brian! >> Mi salta al collo abbracciandomi con una forza che vedendola non pensi che possa avere veramente.
<< ‘Sera >> Saluta Martha guardandosi intorno alla scoperta di una nuova abitazione mai vista prima.
<< Martha! >> Entro in modalità orso abbraccia tutti e stritolo la ragazza felice di vederla.
<< Calma calma, è bello pure per me rivederti >> Mi sorride timidamente mentre mi stacca da lei.
Nell’ultimo periodo io e lei siamo diventati molto amici ed è sempre bello chiacchierare, c’è continuamente qualcosa di nuovo da dire.
La seconda serata al 12bar club è stato un successo, ci siamo divertiti e, soprattutto, la gente che era presente si è divertita. Da quella volta è passato circa un mese e nel frattempo abbiamo fatto anche un’altra serata al Crobar. Un bellissimo locale sulla Manette St., decisamente metal e pieno di teschi. Quel palco l’ho odiato, era ancor più buco rispetto a quello presente nell’altro locale; sembrava di essere rinchiusi in una scatoletta di tonno. In compenso eravamo a diretto contatto con il pubblico e la birra era veramente favolosa.
James dopo quel che è successo con Martha, tutt’ora purtroppo ne so ben poco, ha cambiato atteggiamento. Con me continua quel rapporto di reciproco amore/odio che ci ha sempre contraddistinto, ma con gli altri è diventato un po’ più burbero e scende più raramente a patti con quello che ne pensiamo noi. Non è che prima ci faceva fare tutto quello che volevamo ma, comunque, era più di larghe vedute rispetto ad ora. Mi chiedo cosa sia successo quello sera, l’unico a saperlo al di fuori dei diretti interessati è Matt che, però, tiene come al suo solito la bocca chiusa neanche se fosse una cassaforte della banca.
<< E Irene? >> Mi riporta bruscamente alla realtà Alex con il suo solito bel sorriso.
<< Ah… Ehm… Studia. Vado a chiamarla >> Rispondo dopo un attimo di titubanza per ricordare dove fosse finita la ragazza. Devo cercare di non estraniarmi troppo spesso, poi mi ci vuole qualche secondo per capire cosa sta succedendo.
<< Oh vado io non ti preoccupare! –Mi blocca Alex saltellando verso il corridoio che si collega allo studio –Martha vieni che mi servi per portare via quella pazza dai libri. Voi due parlate e non litigate >> Finisce minacciandoci con un’occhiata torva.
<< Ok …>> Commenta l’amica mollandoci nel salotto come se niente fosse.
Io e Simon ci scambiamo uno sguardo complice, quanto tempo ci vorrà prima di fare qualche cazzata? Sarà divertente scoprirlo.
 
<< Come va con Alex? Tutto ok? >> Chiedo curioso mentre giro delle salsicce sulla griglia del barbecue.
<< Oh benissimo. Non pensavo che sarebbe mai successo di trovarne una come lei >> Risponde con entusiasmo lasciando i piatti e bicchieri ai rispettivi posti sul tavolo del giardino.
<< Ti ricordi la promessa fatta? Tu sai a cosa mi riferisco… che fine ne ha fatto? >> Non entro nei particolari per paura di essere scoperti dalle ragazze che potrebbero tornare da un momento all’altro. Questo è un argomento che forse, per mo’, Alexandra è meglio che non lo sappia. Sarà Simon a parlargliene quando ne riterrà opportuno.
<< Mh… Si ci ho pensato nell’ultimo periodo. Mi è passata in mente l’idea di tornare sui miei passi e rispettarla ma… ma è difficile. Non la voglio abbandonare e quindi la promessa è infranta >> Chiarisce mentre si concentra a piegare con grazia i vari tovaglioli. Peccato che il vento tra poco porterà tutto via e addio lavoro fatto.
<< E invece… >> Vedo entrare le tre ragazze e subito mi blocco mordendomi malamente la lingua. Tempo finito, che tempismo!
<< Buonasera >> Saluta Irene sedendosi al suo posto contrassegnato dal bicchiere con su scritto sopra il suo nome.
<< Ehi secchiona >> Mi avvicino lasciando per un attimo la carne incustodita.
<< Gne gne gne, quante storie >> Sbuffa mentre gli spettino un po’ i capelli con la mano.
<< Si ma studiare architettura romana proprio ora che dovevano venire loro. Non avevi un altro momento? >> Chiedo abbracciandola da dietro sperando che non si innervosisca per quel che ho detto. Vai a tranquillizzarla quando succede, si salvi chi può!
<< Si ma… >> Comincia a controbattere ma viene interrotta da un Simon alquanto guastafeste.
<< Man, mi sa che c’è qualcosa che brucia … >> Mi avverte indicando il barbecue. Aspe… ma io dovevo badare alla carne, che coglione!
Lascio la mano di Irene e corro al fuoco rischiando di inciampare nei miei stessi piedi… Aaah che stupido!
<< Ah… Ehm… Tanto a nessuno piaceva la carne al sangue no? >> Chiedo notando il disastro di due fettine ben bruciacchiate da un lato.
<< Sei un disastro. Per fortuna non cucini sempre altrimenti adesso sarei così disperata da fare una dieta di soli sassi >> Commenta la mia fidanzata provando a farmi spazientire. Se cucinassi io, invece, ora saremmo sempre con la pancia piena! Pff ingrata.
Ad ogni modo dopo questo piccolo incidente ceniamo scherzando e ricordando vecchi aneddoti che Martha e Alexandra non sanno. Qualcuno perfino Irene non lo sa, ad esempio che c’è stato un periodo in cui una ragazza mi correva dietro come una pazza ma io non la volevo! Finiva che mi nascondevo nei posti più disperati, purtroppo era peggio di una stalker e sapeva sempre trovarmi. Fu un mio incubo per mesi e mesi, Simon mi aiutava a nascondermi anche se molte volte non era così tanto d’aiuto siccome impiegava tutto il tempo a ridermi dietro e prendermi per il culo. Ne avevo un vero e proprio terrore di quella psicopatica, per fortuna poi si trasferì in Francia dove, penso, ha cominciato a torturare i poveri ragazzi di quel Paese. Non li invidio affatto.
Simon ha pure lui la sua dose di eventi tragicomici, primo tra tutti sicuramente la volta in cui una bambina piccola lo voleva come compagno di giochi e non lo mollava mai. I capelli del bassista divennero il gioco preferito della bimba, li prendeva con entrambe le sue manine paffutelle e tirava come se fosse una campana. Ovviamente poi dovevo arrivare io a staccarli, il problema era che pure io ero a rischio di diventare una campana vivente siccome avevo i capelli lunghi come il mio amico.
Raccontiamo pure quel che ci hanno riferito di quando ci siamo ubriacati insieme in giro per i locali di Londra, non so quanto di quello che mi hanno detto sia vero perché beh… Ero ubriaco e non ricordo tutt’ora un granché di diverse serate.
Sicuramente un qualcosa che ricordo benissimo è quando la commessa di un negozio trovò me e Irene in un camerino intenti a “scoprire” i nostri corpi quando invece lei doveva provare solamente un paio di magliette e un jeans. Stavamo insieme da poco, non era per niente facile trattenerci, ovviamente ora siamo molto più responsabili di allora.
Dopo mangiato diamo sfogo alla nostra voglia di fare musica e, armati di un paio di chitarre acustiche, intraprendiamo un piccolo set di canzoni decise al momento. Tutto improvvisato, molto divertente, il nostro piccolo pubblico composto dalle tre ragazze è entusiasta e noi suoniamo senza crearci troppi problemi su come può finire una canzone mai provata fino ad ora. Certo, qualche figuraccia la facciamo sbagliando qualcosa, ma chissenefrega non c’è mica una casa discografica a vederci!
 La birra aiuta a scioglierci un po’ e il tempo passa senza che nessuno ci faccia caso più di tanto. Dopotutto, perché sciupare un bel momento come questo ricordando che ormai si è fatto tardi, domani è domenica quindi per noi la notte è ancora giovane.
Dopo una decina di canzoni ci fermiamo, io sono pur sempre un chitarrista, non riesco a cantare lo stesso quantitativo di brani come James. James, un argomento che non ci azzardiamo a toccare per tutta la serata ma Simon non riesce mai a tenere la bocca chiusa e ne combina una delle sue.
<< La prossima volta facciamo venire James! Lui si che regge una scaletta da concerto. Ehi alle prossime prove proponiamo un set interamente in acustico? Sarebbe una figata! >> Al solo sentire il nome del cantante Martha rimane un attimo spiazzata. Io, Irene e Alex ci guardiamo per un attimo non sapendo come comportarci mentre Simon continua a ridere e blaterare discorsi in cui il biondo è sempre nominato. Fatelo tacere, per Dio!
Alex prova ad avvisarlo di finirla mimando con la bocca “ZITTO!” ma niente. Decido di intervenire e gli faccio cadere sui piedi la cassa della mia chitarra acustica.
<< AAAH WHAT ARE YOU FUCKIN’ DOING? SHIT, MY FEET! >> Sbraita massaggiandosi i piedi.
Alex mi fa segno di approvazione mentre Martha ritorna lentamente dal suo stato di trance in cui era caduta sentendo parlare di James. Volete rovinare una bellissima serata? Chiamate Simon Moyer sempre disponibile per queste nobilissime cause.
<< Benissimo! –Batto le mani per distogliere l’attenzione di tutti dal viso di Simon straziato in una smorfia di dolore –Sparecchiamo e ci vediamo un film? >> Propongo alzandomi senza aspettare alcuna risposta dal resto della ciurmaglia.
Irene mi imita scattando in piedi come una molla poco dopo di me, Alex aiuta il fidanzato ad alzarsi mentre farfuglia qualcosa contro di me, e Martha… Diciamo che non si aspettava che uscisse fuori il nome del cantante e deve ancora metabolizzare la questione. Non so cosa stia pensando ma probabilmente doveva aspettarselo che si sarebbe fatto, anche solo una volta, il suo nome; in fin dei conti  stai passando la serata con due membri della sua band.
Cala un certo silenzio che a momenti è alquanto imbarazzante, Alexandra cerca di mettere su qualche discussione includendo sempre la sua coinquilina ma le uniche risposte che riceve sono “Mh..”, “Si”, “Forse”. Evviva l’originalità!
<< Che film vediamo? >> Chiede Irene buttandosi sul divanetto difronte alla televisione portata in giardino per l’occasione.
<< Uh uh uh, lo speciale di Doctor Who! >> Rispondo estasiato all’idea. Si ok, l’avrò visto qualcosa come otto volte ma cazzo, è sempre fighissimo.
<< NO! Mi ha scartavetrato i coglioni quel… >> Inizia a inveirmi contro ma la blocco subito dopo ridendo sotto i baffi.
<< Il problema è che i coglioni non ce li hai baby, quindi possiamo benissimo vederlo >> Continuo a ridere dandole poi qualche bacio a tradimento
<< Oh ma che rompi balle! Niente Doctor Who per stasera e non controbattere >> Conclude voltandosi verso il pc appoggiato davanti a noi e collegato alla televisione con il cavo HDMI.
<< Altre proposte? >> Continua la ragazza rivolgendosi agli altri come se io tutto d’un tratto non esistessi più. Testarda!
<< Uuuuh il film dei Metallica! >> Simon ci mette del suo per fare una proposta decente ma è scadente quanto la mia se non ancora peggio. Che disastro.
<< Un film non un concerto con spezzoni senza senso! Dai qualcosa di decente! >> Controbatte Irene sbuffando sentendo quanto ha appena detto il bassista. Il problema che i gusti miei e di Simon sono decisamente strani, siamo decisamente un disastro irrecuperabile.
<< I Mercenari?(*) >> Per la prima volta dopo tanto Martha cambia la sua risposta e dice qualcosa di sensato. Sia ringraziato il Signore, non ne potevo seriamente più. Sicuramente tutti quanti ne siamo colpiti di questo suo cambiamento ma cerchiamo in tutti i modi di non farglielo notare, comunque è sicuramente un sollievo.
<< Sii! >> Non ho idea di quanto sia davvero d’accordo Alexandra che ha appena risposto ma, alla fin fine, è meglio assecondare Martha che forse così si rilassa un po’. Tentar non nuoce, o almeno spero.
<< E I Mercenari sia. Nessuno ha da obiettare a riguardo >> Conclude la mia fidanzata cercando sul pc lo streaming del film. Non so se considerare la sua frase come una constatazione o una minaccia per la serie “chi mi contraddice gli strappo la testa a morsi”, ovviamente ci tengo alla mia testolina e non cerco una conferma al mio pensiero. Solo un pazzo lo farebbe, un pazzo suicida ovvio.
Ci gustiamo il film con Silvester Stallone, Irene si appoggia sulla mia spalla dove verso metà film si appisola con un espressione un corrucciata impressa sul suo bel visino. Il sonno non colpisce solo lei e ben presto, tra uno sbadiglio e un commento farfugliato, anche Alexandra e Simon si addormentano abbracciati insieme. Rimaniamo svegli solo io e Martha a goderci il finale del film.
Finisce pure l’ultima scena del film e, con lo schermo della televisione che passa ai titoli di coda, un vento fresco ci ricorda che siamo in piena notte nel giardino di casa. Sento leggermente tremare la mia ragazza e cerco di rimediare avvicinandola un po’ di più a me e coprendola con la mia giacca che avevo lasciato sul bracciolo del divanetto.
<< Come vi siete conosciuti? >> Spezza il silenzio la ragazza guardandoci con un mezzo sorriso.
<< Un concerto dei Metallica, in un momento di foga per sbaglio la bagnai con della birra >> Rido ancora ora ricordando la scena. Io che cerco di scusarmi trattenendo a stento le risate per quanto successo e lei che mi guardava con uno sguardo quasi da rimprovero ma con una punta di felicità ne suoi occhi luccicanti. Quella scena può essere il riassunto di tutta la nostra relazione, io che ne faccio sempre qualcuna, non sempre di proposito, e lei che mi rimprovera e cerca di mettere una toppa al mio disastro anche se divertita. Inevitabilmente mi viene un gran sorriso mentre faccio riaffiorare i vari momenti di quella serata. Se mai incontrerò di persona i Metallica dovrò ringraziarli per avermi fatto conoscere questa stupenda fanciulla senza la quale sarei sicuramente perso.
<< E Elliot? In che occasione l’hai conosciuto? Com’è stato? >> Chiedo curioso a mia volta. Ops… Non dovevo chiederlo, Martha cambia subito espressione passando da quel sorriso timido a un’espressione triste. Miseriaccia, devo imparare a pensare di più prima d’aprir bocca. Seguono degli attimi di silenzio carichi di tensione e, in un certo senso, di ansia. Le do il tempo di pensare, senza pressarla, mi metto comodo accarezzando dolcemente i capelli di Irene e aspetto.
<< Elliot… Siamo amici in pratica da una vita, ci conosciamo da così tempo che ho perso il conto degli anni che abbiamo trascorso insieme. E’ più di un semplice amico, c’è un rapporto particolare tra noi, non saprei come spiegarlo sinceramente. Quando parlammo per la prima volta avrò avuto qualcosa come sette anni circa, mi trovai subito a mio agio ed era divertentissimo stare con lui, sapeva tantissimi giochi! Diventammo inseparabili e in ogni occasione di difficoltà c’è sempre stato. Ma ultimamente, nell’ultimo periodo… >> Si ferma distogliendo finalmente lo sguardo dai mattoni del giardino. Mi guarda, i suoi occhi sono vitrei, sembra che trattenga le lacrime, non sono occhi alla ricerca di compassione ma, bensì, solamente tristi. Molto tristi. Come se sapesse già la fine ed è una fine che non vorrebbe vivere, della quale farebbe volentieri a meno.
<< … Si sta comportando diversamente. Non sempre, alcune volte ritrovo quel ragazzo con cui ho passato tanto tempo della mia vita, felice, simpatico, una spalla su cui appoggiarsi e su cui ripongo tutta la mia fiducia. E poi si trasforma, non sembra lui, pensa solamente a un doppio fine e al suo benessere, non si interessa più come una volta di me, anzi, se succede qualcosa c’è la possibilità che cerchi di darmi una mano a cedere ancora più in basso o al massimo rimane indifferente alle mie sofferenze. Il vero Elliot non l’avrebbe fatto, non è più lui >> Si ferma, non si volta verso di me e, così, non so se ha finito di parlare. Senza preavviso mi ritrovo pervaso dalla sua tristezza, tutto diventa freddo come se fossimo in pieno inverno. Mi sembra di stare con un paio di Dissennatori(**) affianco, sto congelando. Che cosa faccio? Cosa posso dirle? Ho il coraggio di parlare?
<< E James? Che è successo? >> Cazzo! Non potevo dire cosa peggiore. Stupido, stupido, stupido!
<< Abbiamo litigato >> Sorride ironicamente. In questi casi ci sono solo due opportunità: ridere o piangere. Lei ha scelto la prima opzione.
<< Quella sera al 12bar club? Mi hanno raccontato qualcosa ma loro sembrava che ne sapessero quanto me. Cioè niente >> Proferisco passandomi una mano tra i ricci. Ok non tutti i mali vengono per nuocere, magari posso aiutarla in qualche modo, dopotutto sono un suo amico e mi dispiace vederla così.
<< Mh si. Prima di giungere in quella situazione ci sono stati altri fatti. E’ partito tutto quando mi ha aggredito il mio ex, James era lì e mi ha salvata da lui… >> Ehi! James gentleman? Che novità è questa? Mi stupisce non poco.
<< Mi ha portata a casa e lì gli ho chiesto di rimanere perché avevo paura che lui tornasse. Non avrei retto in quel caso. Abbiamo solo dormito, ho avuto incubi per tutta la notte e lui ha cercato d’essermi d’aiuto. Non è stato facile ma alla fine sono riuscita a farmi qualche ora di sonno, i giorni seguenti sono stati peggiori perché non avevo nessuno al mio fianco e sono stata uno straccio. C’era Alex ma non era la stessa cosa, ci sono state notti che le ho passate insonne e altre in cui gli incubi mi hanno dato qualche ora di tregua ma so che quando tornerò a casa sarà di nuovo tutto da capo >> Si ferma ripercorrendo mentalmente chissà quanti momenti vissuti nelle ultime settimane. Non la invidio affatto.
<< Perché non hai chiamato James se è riuscito a darti una mano? >> Dico per lo più come un pensiero a voce alta ma che inevitabilmente Martha sente e, con questa domanda, si desta dal suo momento di trance con i propri pensieri. Penso che questa domanda tutti l’avrebbero fatta se l’avrebbero ascoltata, non è una giustificazione alla mia curiosità ma comunque so che sto dando voce ai pensieri di tutti  quelli che potrebbero sentirla.
<< Perché speravo che Elliot si facesse vivo, mi aiutasse e stesse con me. Ma non è stato così, se ne è fregato di me e ha proseguito la sua vita di sempre. Ci sono stata ancora più a merda quando mi son fatta capace che non sarebbe mai venuto da me. Chiamare James? Avevo paura della sua reazione, e ce l’ho ancora, soprattutto dopo che abbiamo litigato fuori da quel locale. Il motivo del litigio è stato Elliot per quanto già detto. Brian, non so più che fare… >> Si copre la faccia con le mani singhiozzando silenziosamente non riuscendo più a trattenere le lacrime. E’ un momento delicato, so che dovrei dirle qualcosa, magari di incoraggiante, ma non mi viene nessuna parola o frase che può essere d’aiuto.
Siamo entrati in una situazione di stallo, io non so cosa dire e lei non parla. Vorrei tanto la saggezza di Irene qui con me ma purtroppo dorme. Ho sempre detto che è una pigrona.
<< Devi provare a parlare con James, non puoi vivere con la paura del suo comportamento. Se davvero volesse il tuo male a quest’ora chissà cosa ti sarebbe successo quando hai incontrato il tuo ex… Ragiona, non tutto è come sembra. Per quanto riguarda Elliot magari è un periodo particolare, molto lungo, ma sicuramente con una fine. A tutto c’è una fine >> Sono riuscito a dire al cosa giusta? Faccio un bel sorriso cercando di infonderle un po’ di sicurezza.
Voglio davvero aiutarla, esserle affianco, ma sicuramente non è facile. Non ho nessun doppio fine, o come lo si vuole chiamare, voglio solo essere d’aiuto per un’amica che sta vivendo un momento difficile. Non fanno così i veri amici? Spero solo di riuscirci.
Mi sorride, il mio cuore può finalmente tornare a battere ancora per un po’. Un piccolo raggio di luce si fa spazio nelle tenebre che opprimono il cuore della ragazza, spero che sia il primo di una lunga serie.
 
La mattina dopo degli uccellini che cantano sopra all’albero di limone del giardino ci svegliano, non abbiamo la più pallida idea di che ora sia. Le uniche cose certe sono le conseguenze per aver dormito in un modo decisamente scomodo: mal di testa, mal di schiena… mal di tutto insomma. E’ come se fossimo andati ad un supermercato dei malanni e avessimo detto “Prendo tutto quello che c’è disponibile, grazie”. Ho la schiena a pezzi e gli altri non stanno meglio, una scena al quanto divertente è Alex seduta a capotavola con i capelli tutti sparati dal lato destro; sembra una strega da cartone animato. Io e Martha siamo quelli che hanno dormito meno degli altri, Alexandra è quella che è subito più attiva, Irene sonnecchia ancora appoggiata sulle mie gambe e  Simon innaffia le piante del giardino.
Non è la prima volta che un membro della band va a dormire a casa di un altro componente del gruppo, siamo come una grande famiglia e, quando serve, ci diamo sempre ospitalità. Frank è ancora a casa di Matt, anche se sta cominciando a tornare al suo appartamento ogni tanto. Quella del batterista rimane una situazione particolare, lo si tiene sempre con un minimo di sorveglianza, soprattutto dopo che abbiamo scoperto che era riuscito a procurarsi un po’ di Marijuana, fumo e qualche grammo di coca. Sarah, la sua ex, non la vedo più da tempo e non riesco ad avere contatti. Il motivo per cui si sono lasciati è ancora abbastanza vago, si sa solo che hanno influito vari fattori che si sono accumulati col passare del tempo. Frank ci sta male ma ciò non significa che si può distruggere con le proprie mani con la droga, non ci tengo proprio a vederlo ridotto in quello stato davanti ai miei occhi. Quando ci sono io nelle vicinanze faccio sparire sempre ogni grammo che gli può essere nocivo.
Ho già visto sprofondare in quell’inferno troppa gente per permettere a quel pazzo di fare come gli gira.
Con Martha ho parlato per quasi tutta la notte, l’ho rassicurata e consigliato cosa può provare a fare con entrambi i ragazzi, ma ora tocca a lei. L’ultima decisione è sua, dipende tutto da lei. Io, qualsiasi cosa vorrà fare, starò là a incitare e provare ad essere d’aiuto.
Come mi aveva detto, la notte ha avuto incubi ma io non potevo andare da lei a farle sentire che non è sola perché avevo Irene che mi immobilizzava ogni movimento con un abbraccio da orso gigante. Sicuramente l’ultima cosa che vorrei è far credere alla mia fidanzata di volerla tradire, per di più difronte ai suoi stessi occhi. Non lo farei neanche sotto tortura.
In ogni caso è stata una bella serata passata in compagnia di amici fedeli che ti vedono per come sei realmente, non per come appari.
 
Matt P.O.V.
 
<< Ciao, mi chiamo Hannah. Ehm… vorrei provare una PRS SE(***), cosa avete disponibile? >> E fu così che il mio cervello si frisse dinanzi a lei.
Rimango a fissarla per alcuni istanti come se non fosse vera. Esiste davvero o me la sto immaginando? Se è un sogno si prega la gentile clientela di non svegliarmi.
<< Ehilà, piacere mio. Sono Matt. Andiamo subito >> Le rispondo buttando sotto il ripiano del bancone tutto quello che avevo appoggiato davanti a me.
Giochiamoci bene le nostre carte.
 
 
 
 
 
________________________________________________________________________________
 
*Autore: Black Sabbath –Album: Paranoid –Anno di Pubblicazione: 1970
(*)Thriller/Film d’azione –Regista: Silvester Stallone –Anno di Pubblicazione: 2010
(**)Creatura appartenente al mondo magico di Harry Potter (il “miseriaccia” è una citazione sempre alla saga). Il Dissennatore è un essere umano a cui è stata tolta l'anima. Il respiro del Dissennatore succhia le emozioni positive agli esseri umani, lasciando solo i peggiori ricordi. Subire il respiro del Dissennatore può causare nausea e capogiri fino anche allo svenimento. Rimanere a contatto coi Dissennatori per periodi troppo lunghi di tempo può anche far impazzire, anche se sembra che il danno non sia irreversibile.
(***)PRS è il diminutivo di Paul Reed Smith, una marca di chitarre. SE è un modello che producono, lo si può veder usato da Myles Kennedy (Alter Bridge/Slash), Carlos Santana.

 
Traduzione:
"AAAH CHE CAZZO FAI? MERDA, I MIEI PIEDI!"

Note d’Autore:
Ciao a tutti! Ecco il nuovo capitolo. Una serata tra amici con aneddoti, ricordi e un po’ di carne al fuoco. Spero che vi piaccia, se trovate eventuali errori segnalatemelo!
Magari lasciatemi un vostro parere e… a prestooo!
 
-Slash

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Capitolo 9
*** Carpe Diem ***


Carpe Diem




Frank P.O.V.
 
Dov’è? Ero sicuro di averlo lasciato esattamente qua. Stupida memoria che va a puttane, devo trovarlo. ORA!
Ok calma… Non è qua, quindi dove posso averlo lasciato? Brian è passato con Matt un paio di giorni fa per togliermi ogni sostanza che giudicava off limits per me. Può averlo trovato e buttato? Mi sembra strano era ben nascosto da occhi indiscreti. Aspetta! Forse l’ho lasciato nel baule dentro il ripostiglio!
Ciabatto fino allo stanzino dove tengo ammassato ogni cianfrusaglia che, se lasciata in giro, farebbe sembrare la casa un porcile di prima classe. Butto fuori dallo sgabuzzino tre scatoloni con dentro abbandonato chissà cosa, un paio di scope malandate e un vecchio monitor di un computer fisso. Se non sta qua ho finito tutte le opzioni plausibili, quindi deve per forza uscire fuori. Trovo il baule in questione, ma è chiuso a chiave. Rovisto dentro un posacenere nascosto in un angolo al ripiano superiore dello scaffale e prendo la chiave, ricordo ancora dove l’avevo lasciata l’ultima volta. Che genio del male.
CLIC
La serratura della cassa fa uno scatto, segno che finalmente ho la via libera per aprirlo senza incontrare ostacoli. Tolgo dei quaderni consumati, uno specchietto –che ci fa qua questo? –,una maglietta col logo degli Slayer  e delle lattine di birra vuote. Finalmente sul fondo trovo l’oggetto dei miei desideri, il bong. Amico di tante fumate, sballi e cazzate; come non amarlo.
Benissimo, ora dovrei avere della roba nella giacca, il pusher mi ha detto che è di qualità. Speriamo, se è come l’ultima dose faceva letteralmente cagare.
Insieme al bong trovo la mia vecchia pipa rossa e nera, una scatola di fiammiferi, il trita erba, un paio di prolunghe di varia lunghezza per il bong e una macchinetta per rollare. Il mio arsenale è ancora completo, sono pronto per entrare in battaglia.
 
Stravaccato sul divano del salotto, un ultima nuvoletta di fumo bianco esce dalla mia bocca lasciandomi una sensazione di relax. L’odore agrodolce della marijuana riempie la stanza che, con la musica dei Pink Floyd di sottofondo, mi fa sembrare tutto così calmo e rilassato. Cerco il telecomando della televisione, lo trovo sotto il mio sedere. Accendo e metto al primo canale che mi capita, trovo uno dei tanti programmi spazzatura, mi va benissimo tanto mi serve solo per compagnia. Senza rendermene conto mi faccio abbracciare da Morfeo e in poco tempo sono nel mondo dei sogni senza poter obiettare.
Ma in che mondo mi ritrovo questa volta? Sono sospeso nel vuoto, mi guardo intorno ma non c’è niente. Il nulla mi circonda senza possibilità di scampo. Provo a camminare ma rimango sempre nello stesso posto, tento di muovermi come se stessi nuotando ma ho sempre lo stesso risultato, chiudo e riapro gli occhi ma non cambia niente.
SBAM!
Cado di faccia sul duro terriccio di un sentiero. Dove sono? Mi rialzo con le costole doloranti e la faccia che mi da un dolore allucinante, sono in una radura divisa da due grandi sentieri che si incontrano al centro. Non so cosa fare, non ho mai visto questo posto. Ne devo capire assolutamente qualcosa altrimenti rischio di uscirne pazzo. La radura è circondato da un fitto bosco da ogni lato e una piccola costruzione al centro del prato è l’unico segno di vita per chissà quanti chilometri. Ne sono spaventato ma allo stesso tempo attratto, cosa ci può essere la dentro? Voglio scoprirlo.
La casa, fin dall’esterno, si fa notare per i suoi richiami alla classicità. Più che una casa, vedendola da vicino, sembra un tempio per un dio; con tanto di marmo bianco e colonne doriche. Una serie di torce percorrono il perimetro della costruzione facendola risaltare nella fioca luce del tramonto. Il tempio si trova proprio a lato di un incrocio a tre vie, quattro se si considera quella da cui sto arrivando. Non sono più neanche sicuro di essere in un sogno, è tutto così reale che mi sembra di essere sveglio.
Risalgo i grandi gradini del tempio con il suono dei miei passi che rimbombano ad ogni tocco. Giungo sotto la prima fila di colonne, apparentemente non c’è nessuno qui con me ma l’essere in un edificio del genere con delle misure non indifferenti, mi fa sentire piccolo e indifeso. Giro per il tempio, affascinato dalle decorazioni curate nei più minimi dettagli e il soffitto che luccica con le sue venature d’oro, fino a quando mi prendo uno bello spavento sentendo una voce.
<< Ciao Frank Loug, ti aspettavo >> Sento proferire queste parole da una donna vestita di tutto punto con un abbigliamento da aristocratica dell’antica Grecia. Mi risalta subito all’occhio l’ampio chitone bianco fatto di bisso che le arriva fino alle caviglia, l’abito lascia scoperte le braccia ornate da una serie di bracciali che tintinnano al minimo movimento. I lunghi capelli della donna sono legati dietro le spalle con un sottile nastrino color porpora. Una bellezza divina.
<< Chi io? No ci deve essere un errore, nessuno mi può aspettare qua. Non so neanche dove sono >> Rido un po’ nervoso per la situazione, chi è questa donna?
<< Vedi Frank Loug, nella vita tutti quanti devono prendere una decisione, una strada da percorrere. Nessuno esculo. E tu sei qua per questo >> Mi spiega cominciando lentamente a camminare intorno a me quasi come se fossi un ritrovamento archeologico inaspettato.
<< Ah non mi avevano avvertito di questo appuntamento. Mi deve essere sfuggito sull’agenda >> Commento ironico sperando di addolcire il suo sguardo di ghiaccio. Purtroppo non succede.
<< La vita è fatta di incroci, una direzione da decidere. Seguimi >> Mi ordina dandomi le spalle per poi dirigersi silenziosamente al centro dell’incrocio distante non più di qualche metro dal tempio di candido marmo bianco  in stile dorico. La seguo senza risponderle, quasi ipnotizzato dall’ondulazione del suo vestito dal quale spunta, per scomparire subito dopo, una corda che stringe alla vita l’abito dando così ancor più risalto al corpo della donna sconosciuta.
<< Chi sei? Che posto è questo? >> Ritorno a parlare appena raggiungiamo il punto di incontro delle due vie.
<< Sono Ecate dea greca e romana della magia, degli incroci e della Foschia, protettrice dei viandanti. E’ importante che in questo punto della tua vita decida cosa fare >> Mi spiega guardandomi con quei suoi occhi celeste chiaro, quasi innaturali per la sua vicinanza al colore del cielo. Ecco ora spiegato chi è, Ecate, una dea. Ma in che razza di sogno sono andato a finire?
<< Senta  ci deve essere un errore, non ho bisogno di nessuno per decidere cosa fare. Sono e sarò sempre autonomo, non permetto a nessuno di indicarmi una direzione da prendere >> Le rispondo un po’ scorbutico, questa situazione non mi piace per niente e prima riesco a svegliarmi meglio è.
Un terremoto scuote la terra sotto i nostri piedi, Ecate sembra non curarsene rimanendo ferma al suo posto mentre io cado rovinosamente a terra perdendo maldestramente l’equilibrio. Dal terreno spuntano tre archi posizionati all’inizio delle tre vie a cui mi ritrovo difronte. Sulle rispettive chiavi di volta di ogni arco sono rappresentati, con dei bassorilievi, una colomba e, ai lati, gli altri animali che rappresentano la dea stessa; tra cui un serpente, un cane infernale e un cavallo. I pezzi di marmo che costituiscono gli archi non sono in perfette condizioni come quelli del tempio ma, bensì, sono pieni di crepe con degli alberi di ulivo che si intrecciano su ogni pilastro e dei papaveri sparsi intorno alle strutture. Delle torce posizionate all’inizio dell’incurvature degli archi proiettano una fiamma che, mischiata al bagliore dei raggi del sole in tramonto, mi mozzano il fiato per gli effetti di luce che creano.
<< Ora ti mostrerò le conseguenze che ci saranno per ogni scelta che prenderai >> Mi informa la dea allargando le braccia per indicare gli archi che sono apparsi intorno a lei.
E’ come assistere a una serie di film muti. Nel primo arco appaiono delle figure, donne e uomini, vestiti in nero e seduti intorno a una bara. L’inquadratura cambia mostrando il momento in cui la tomba viene calata nella propria fossa e, infine, viene mostrata la lapide. Ne rimango sconvolto, sulla pietra tombale è stato inciso “In loving memory of Frank Loug”.
<< Che è ‘sta storia? E’ uno scherzo spero! >> Sbraito rivolgendomi a Ecate senza un che ben minimo cenno di rispetto. Nel frattempo, sempre nello stesso arco, continuano a scorrere le immagini di un mio presunto funerale.
<< E’ la prima strada, puoi scegliere di percorrerla e arriverai a quel risultato. Al momento stai per imboccare proprio quella a tua insaputa >> Forse accenna al fatto che sto ricominciando ad avere contatti con i vari spacciatori per procurarmi della roba. Mi porterà davvero a quello? Lei che ne sa?!
Nel secondo arco, quello che mi ritrovo nella strada frontale, cominciano a sua volta ad apparire nuovi filmati. Questa volta sembra un qualcosa di più felice, io con la band che ci esibiamo davanti a una folla di gente in uno stadio presumibilmente americano. E’ facile notare come la serata è completamente sold out ma subito dopo diventa tutto sfocato per poi concentrarsi su altre immagini. Un’altra morte, questa volta non la mia, ma non si riesce a capire chi sia deceduto con tutta la gente che mi si accalca davanti al campo visivo senza darmi la possibilità di poter cogliere qualcosa di quel che c’è aldilà. Chi può esser morto? Qualcuno che conosco o uno sconosciuto? Una persona importante alla comunità o per lo meno per me?
<< Non è tutto oro quello che ti luccica dinanzi, Frank Loug. La fama e il raggiungimento dei vostri obiettivi passeranno per forza attraverso momenti delicati. Quel che succederà lo scoprirai solamente se prendi questa via >> Mi lascia col dubbio su chi sia morto, non sono così sicuro di volerlo scoprire realmente. A questo punto spero che la terza opzione sia la migliore.
Infine, prende vita anche il terzo arco togliendomi qualsiasi dubbio sulla propria natura. Ci sono io, seduto su un divano con una siringa in una mano e lo sguardo perso nel vuoto. Senza preavviso tutto cambia e vedo me che firmo delle carte dentro uno studio mentre i miei compagni di band mi guardano con uno sguardo torvo e pieno di rancore. Che cosa ho fatto? Ho voglia di scoprirlo? In questa versione del mio futuro lascerò la band ma  quella è la mia vita, mi suona così strano. No, non ci reggerei a una separazione del genere, inevitabilmente ricadrei a quel punto nella prima strada percorribile. La morte. In che modo succederà, in quel caso, non lo so ma son certo che il risultato sarebbe proprio quello.
<< Perché tre vie e non due ad esempio? Cosa ti spinge a darmi tre possibilità? >> Chiedo alla dea senza aspettare una spiegazione a quanto ho appena visto. La cosa deve essere più semplice di come sembra, per forza. Non ci credo che in ogni caso avrò a che fare con una qualche morte.
<< Non esiste solo il bianco ed il nero, ci sono altre varianti. C’è sempre una terza via da poter scegliere, due sono restrittive e non rappresentano completamente le possibilità che si hanno. Decidi che strada prendere Frank Loug. Decidi saggiamente >> Non sono sicuro di voler prendere una decisione. Se fosse per me starei fermo qua e non mi muoverei di un centimetro, oppure, ancor meglio, tornerei indietro. A mio gran dispiacere questo è un discorso inutile, si va sempre avanti e mai dietro. E’ la vita.
Ma se scelgo una qualsiasi strada, sarò certo che succederà esattamente quanto mi è stato mostrato? Chi me lo può confermare? Alla fin fine siamo sempre in uno sogno. Forse…
<< Ecate… Dea tra l’altro della Foschia, chi mi dice che quello che sto vedendo non sia nient’altro che finzione. Che te voglia solo ingannarmi? Cosa mi conferma tutto quello che ho appena visto? >> Voglio farle capire che il mio destino me lo creerò da solo e non sarà una qualsiasi dea a darmi ordini, in uno sogno per di più! No grazie, preferisco fare di testa mia.
<< Vero, non posso darti nessuna prova concreta sul fatto che quello che vedi succederà tutto esattamente uguale. Del resto, però, lo scoprirai solo percorrendone una e non più. Scegli prudentemente, un vero viaggiatore sa quale strada sia la più sicura per lui e per chi lo circonda. Fa attenzione >> Il momento sembra essersi bloccato, è tramonto fin da quando mi son imbattuto in questo posto. Non posso sapere realmente cosa mi accadrà appena finito il sogno, quindi perché non scegliere con criterio? Non mi costa nulla.
La prima scelta è sicuramente da escludere a priori. Ci tengo particolarmente alla mia pelle.
La seconda scelta sembra quasi la più rassicurante ma chi morirà in seguito a questa decisione? Cosa succederà?
La terza via non lascia molto spazio alla immaginazione ed è certo che con quella lascerò il gruppo. Chissà cosa succederà per farmi uscire dalla band con quel rancore da parte loro. Questa sembra la meno pericolosa per tutti, non ci sono morti nella visione ma sono sicuro che l’abbandonare il gruppo, una seconda famiglia per me, sarebbe devastante. Si ritornerebbe alla prima via inevitabilmente. Cosa scelgo?
Andando ad esclusione c’è solo una via percorribile, la seconda.
<< Chi morirà nella seconda strada? >> Vorrei capire quale morte si potrebbe evitare, se ci riesco è mio dovere salvarlo.
Ecate non accenna al voler dare sfogo alla mia sete di sapere e rimane chiusa nel suo silenzio divino. Non stacca mai i suoi occhi dai miei, quasi come se stesse perlustrando il mio animo alla ricerca di un qualcosa di perduto.
Il suo mutismo è alquanto fastidioso e stressante, voglio delle risposte a tutti i costi.
<< Rispondi >> Incito con sguardo duro ma, come sospettavo, quel che ottengo non è il migliore dei risultati. Sembra che sia diventata Ecate la dea del silenzio.
<< Hai preso la tua direzione? >> Interrompe il suo mutismo accennando ad un breve sorriso. Chissà quanto se la sta spassando vedendomi in difficoltà, stupida donna.
<< La strada centrale, la seconda. Ma voglio sapere chi morirà lungo questo sentiero >> Scelgo la mia direzione impuntandomi, però, sulla domanda che le ho posto poc’anzi.
<< E’ deciso. Frank Loug questa è la tua strada, saprai tutto a tempo debito. Abbi fiducia e non provare a cambiare il corso degli eventi. Ricordalo >> Mi sorride allargando le braccia, soddisfatta dalla mia conclusione.
Non faccio in tempo a dire altro che, con una forte folata di vento, tutte le torce si spengono e il tramonto diventa improvvisamente notte fonda. Il buio insieme al silenzio mi incute un timore mai provato prima e ne sono quasi assoggettato.
Senza preavviso tutto cambia una seconda volta e da un cielo stellato passiamo al sole cocente di mezzogiorno, un forte bagliore mi fa perdere momentaneamente la vista e non riesco più a percepire il mondo che mi circonda.
<< Addio Frank Loug, ricordati di tutto ciò. Un giorno ci rivedremo >> Con queste parole la dea della magia mi lascia senza che io possa vederla un’ultima volta.
Mi sveglio sul divano di casa mia, quanto ho dormito? Doveva essere per forza un sogno. Non mi capacito che sia il contrario, è impossibile che io abbia incontrato Ecate!
Era tutto un sogno. Forse…
 
James P.O.V.
 
E’ la legge della natura, più una cosa la cerchi e meno possibilità ci saranno di trovarla. Dove sono andati a finire i miei pantaloni? Devono essere per forza qua in giro!
Guardo un’altra volta la ragazza che dorme beatamente nel suo letto, ignara del fatto che me ne stia andando. Non ricordo neanche quale sia il suo nome, Elizabeth? Lizzy? Lex?
Beh non lo saprò mai perché dopo oggi non mi vedrà più.
L’ho raccattata a un pub la sera precedente, una delle mie ultime scappatelle nel letto della prima ragazza carina che sta al gioco di una botta e via.
Eccoli! Mi infilo i pantaloni, prendo la mia maglietta, le scarpe da ginnastica e, dopo un ultimo sguardo alla donna che mi ha tenuto compagnia la notte, esco fuori casa.
Mi fermo al primo McDonald che trovo per strada con lo stomaco che gorgoglia reclamando del cibo. Non mangio da ieri pomeriggio. Pago per un paio di panini e, dopo aver ricevuto l’ordinazione, torno per strada dirigendomi al magazzino dove mi aspetta il turno pomeridiano di lavoro. Al momento chi mi vede camminare può notare una espressione sul viso degna della persona più felice al mondo.
No scherzo, la voglia di andare a lavorare se ne è andata via da un pezzo.
 
Sposta pacchi di qua, mettili da quella parte, riempi scatoloni, fai la resa, registra i nuovi ordini. Sto cominciando ad andare in corto circuito, mi esce fumo dalle orecchie. Che stanchezza, l’unica cosa che vorrei è uscire da qua e non tornare fino al prossimo turno. Non mi sembra di chiedere molto.
Finisco il turno con un sospiro di sollievo, non ne potevo più di quel posto covo di pazzi. Mi stringo ancor di più nella giacca insieme alla mia Marlboro che mi riscalda fin nel profondo. Da quando una volta ho finito senza rendermene conto il tabacco per rollarmi le sigarette ho sempre con me minimo un pacco di sigarette nuovo. Non riesco proprio a stare in astinenza.
Non passo neanche da casa, prendo una scorciatoia e mi dirigo al The Big Red, un locale altamente figo con birra, musica hard rock, cibo, biliardo e calcetto. Un luogo decisamente cool.
La gente è sempre tanta e ogni volta si fa festa, entri e lasci fuori ogni tuo problema o pensiero. E’ divertente come lì dentro nessuno da peso se te hai i capelli verde fosforescenti, la lingua biforcuta o qualsiasi altra cosa che in giro per strada la gente potrebbe giudicare poco “civile”. Mi faccio servire prima un bel cocktail e poi una birra e con quella vado sotto al palco dove si sta esibendo una band.
Perché sono venuto qua? Semplicemente non mi andava di tornare direttamente a casa. E’ sorprendente come diverse cose siano cambiate dopo la serata al 12bar club nonostante la  diretta interessata sia una sola. Ok, forse ci dobbiamo aggiungere un’altra persona alla lista dei colpevoli, ma tralasciamo che è meglio. Dopo quella notte di acqua sotto i ponti è passata, e molta anche, ma malgrado questo la situazione tra me e Martha è entrata in uno stato di stasi, di completo stallo. Oltre ai convenzionali “ciao”, “come stai?” e cavolate varie, ci siamo detti ben poco. Io fin troppo arrabbiato per provare a intavolare una situazione e lei troppo chiusa nella propria fortezza fatta di silenzio e scontrosità. Di certo non è un bel momento ma le opportunità di migliorare scarseggiano in un modo piuttosto grave.
<< Ciao James, da un po’ che non ci si vede >> Mi saluta con un bel sorriso l’ultima persona sulla faccia della Terra che avrei pensato di incontrare.
<< Ciao Sarah. Si, è da un po’ che non parlavamo, come stai? >> Avrei voluto un po’ di solitudine ma la compagnia di una bella ragazza come lei non si disdegna mai. Magari riesco a capire anche che è successo tra lei e quel capoccione di Frank.
<< Dai James raccontami qualcosa, che ci fai da queste parti? >> Con il suo proverbiale sorriso comincia a intavolare la discussione. Questa sua spensieratezza è molto contagiosa.
<< Ah niente, ero da queste parti e mi è passata in mente l’idea di farci una capatina. Te? >> Rispondo dando un sorso generoso alla mia birra.
 << Oh io ormai passo tante serate qua ad ascoltare buona musica e parlare con chi vuole compagnia >> Si mette a ridere portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio destro.
Ma io voglio compagnia? Soprattutto, voglio la sua di compagnia? No, voglio quella di un’altra, ma ora chissà dov’è…
<< E allora brindiamo alla nostra serata! >> Incito alzando la bottiglia.
<< Alla nostra serata! >> Ripete la ragazza alzando a sua volta la propria birra.
Quel che succede dopo può essere considerato come un rimpatriata tra vecchi amichi che non si vedono da tempo, però l’alcool tira brutti scherzi e fa cambiare le carte in tavola. Un sorso tira l’altro e alla fine tra cocktail e birra mi ritrovo inspiegabilmente lei avvinghiata a me che mi bacia con trasporto.
Com’è che siamo arrivati a questo punto? Non lo so dire e molto probabilmente non me ne frega niente, voglio solo spassarmela stasera. Ad un certo punto il locale diventa troppo piccolo e fin troppo chiassoso per rimanerci un minuto di più. Guidato dalla mano di Sarah mi ritrovo fuori dal pub dove barcolliamo fino a casa sua distante giusto una manciata di quartieri, sembra di metterci un infinità ma, purtroppo, è che siamo noi che andiamo decisamente lenti con la nostra camminata poco sobria.
Neanche il tempo di chiudere la porta di casa che mi ritrovo a scoprire il suo corpo. Sono un pazzo, a letto con la ex del mio batterista, è colpa sua se Frank sta male, dovrei aiutarlo a stare meglio e invece mi sto facendo la sua ex, Sarah. Mi faccio schifo da solo.
Tra un bacio e una palpata ci spostiamo nella sua camera da letto dove continuiamo il lavoro lasciato in sospeso nell’ingresso di casa. I vestiti sono in più, il suo corpo è bellissimo e sa benissimo come dare piacere. Il suo tocco delicato sulla mia pelle è magnifico e senza troppi problemi me la ritrovo a cavalcioni su di me. Dio quanto la sto amando.
Le sue grida di piacere riempiono la casa fino a poco tempo fa vuota, forse dovremmo essere più silenziosi per non svegliare i vicini in piena notte ma alla fine… chissenefrega se ci sentono, meglio così!
Non so di preciso cosa Frank abbia trovato in lei di così attraente ma ora mi è certa una cosa, fare sesso con lei è un qualcosa di unico. Spontaneamente mi domando perché si sono lasciati ma per adesso non è il caso di cercare risposte, dopo la notte di fuoco sta dormendo accoccolata sul mio petto.
Passo delicatamente una mano sulla schiena nuda di Sarah, dorme con un’espressione tranquilla, un’espressione di chi non ha molto peso da sopportare. Non so come prendere gli ultimi avvenimenti, farmi schifo per averlo fatto con lei o essere felice e rilassato? Una cosa è certa, meglio non farne parola con nessuno della band che è meglio.
 
Hannah P.O.V.
 
Ho sentito tante voci su di lui, si son rivelate tutte esatte. Matt Stevenson è una persona speciale. Si fermare il primo che incontri in giro per Londra e chiedere di lui, sarà sempre visto come un ragazzo con la testa sulle spalle. La cosa sembra quasi surreale, un rocker buono, quando mai lo si incontra? Lo stereotipo del rockettaro/metallaro è che sono tutti drogati e sempre pronti a fare baldoria. Sono andata l’altro ieri al Macari’s solo per incontrarlo e parlarci, non mi interessava prendere quella chitarra che gli ho chiesto di provare per me, volevo solo vederlo.
Chiudo il libro e fisso il soffitto della stanza per non so quanto, vorrei parlarci ancora una volta ma è così difficile per me rapportarmi con la gente estranea. Se dovessi cambiare un qualcosa di me farei carte false per avere un po’ di sfrontatezza e meno timidezza.
Circolano tante voci sul mio conto al collage, sono tutte cazzate. Chiunque le mette in giro sono delle merde. Più passa il tempo e più fantasiose diventano, la mia fama mi precede e nessuno si preoccupa di vedere cosa ci può essere dopo un guscio fatto di apparenze inventate da sconosciuti. Quando si imparerà che l’abito non fa il monaco il mondo sarà un posto migliore.
Mi alzo dal letto e vado in bagno, ho bisogno di una doccia calda prima di mettermi sotto con lo studio.
 
 
 
 
Note d’Autore
Ciao! Ecco qua un nuovo capitolo. Ricordatevi il sogno fatto da Frank! Sarà importante per la trama. Già dallo scorso capitolo è stato introdotto un nuovo personaggio, Hannah. Questo personaggio è il mio personale omaggio a un libro che ho letto di recente e che mi è piaciuto moltissimo. Il libro, Tredici di Jay Asher, ha come protagonista proprio Hannah Baker che io ho preso e inserito nella storia con le dovute modifiche per adattarla alla trama, ecc. Se vi trovate in libreria comprate il libro, è bellissimo!
Voi che strada avreste scelto al posto di Frank? E’ giusto quello che ha fatto James?
Fatemi sapere la vostra e se ci sono eventuali errori, a presto!
 
-Slash

 

The Big Red

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Capitolo 10
*** Problems ***


Problems




Sarah P.O.V.
 
Apro lentamente gli occhi mettendo a  fuoco quello che ho intorno. Guardo il posto affianco a me dove stanotte ha dormito James, passo una mano sul materasso ancora caldo, deve essersene andato da poco.  Al cantante ieri sera non ho specificato come mai passo tante serate in quel locale, il fatto è che io ci lavoro come cameriera e inevitabilmente l’ho visto ogni volta che si mescolava tra la gente che affollava il locale. Solo ieri sera ho avuto il coraggio di farmi avanti, non ci sarei neanche dovuta essere al The Big Red essendo la mia giornata libera ma alla buon musica non si disdice mai. E neanche a un bocconcino come James Brown.
In realtà quello che è successo stanotte non doveva avvenire, poco dopo che mi son lasciata con Frank ho intrapreso una relazione con Travis Cooper, bassista di un’altra band della scena musicale londinese. Purtroppo gli uomini sono il mio debole e quelli come James sono i miei preferiti, quando ho visto l’opportunità di farlo mio non ho resistito. Certo, non è proprio il massimo tradire il proprio partner ma un po’ di svago non fa mai male, no?
Ripensandoci, Frank mi ha lasciata proprio per questo mio comportamento. Ne sono pentita? Forse un po’ si ma la vita va avanti con o senza Frank Loug.
Non so perché James se ne è andato via e probabilmente non lo saprò mai, chissà fra quanto lo rivedrò. Forse sapeva della mia ultima relazione e non ha voluto farne parte come amante o… Lui ha qualcun’altra a cui pensare.
Mi alzo di malavoglia dal letto e giro per casa non curandomene affatto di essere nuda, la mia coinquilina non la vedo da ieri mattina. Qualche volta scompare per poi riapparire anche dopo una settimana, è ormai un’abitudine a cui non mi faccio più problemi. Dove vada lo sa solo lei e a me non va di indagare nei suoi fatti personali, se ha voglia di parlarne io sono qua per sentirla.
Sul ripiano della cucina trovo il mio scatolo dei cereali e una tazza vuota, a quanto pare il biondo ha avuto il tempo di fare colazione prima di dileguarsi fuori casa. Il solito approfittatore.
Accendo la tv e faccio colazione, in ogni caso a lavoro dovrò andarci alle 03:00 p.m. quindi posso fare tutto con calma. Se mai i vicini hanno sentito quanto stavo godendo l’ultima notte sotto i tocchi di James, ora sicuramente stanno sentendo, nel bene o nel male, i Led Zeppelin insieme a me. Mi do una sciacquata per poi uscire sotto il sole cocente per fare la spesa, quando quella stupida della mia coinquilina si renderà partecipe al sostenimento di entrambe comincerò finalmente a credere nell’esistenza di un essere superiore.
Passando davanti a uno degli scaffali del supermercato mi cade l’occhio sui barattoli di Nutella… Non riesco a resistere, ne prendo un paio e mi dileguo da quel corridoio prima che mi prenda tutto quello che c’è. Amo la Nutella, dovrebbero fare una statua in onore di Pietro Ferrero, uomo eccezionale.
Pago quanto preso ed esco, quasi rimpiango il condizionatore del supermercato. Prendo il telefono e chiamo Karen, un’amica che lavora con me al pub, non abita lontano magari scrocco il pranzo.
Comincia a squillare ma non risponde.
<< Ciao Sarah… >> Finalmente sento la sua voce, mi sa di averla svegliata…
<< Ma buongiorno cara. Passo da te per un caffè, così magari ti svegli. Datti una sistemata  eh >> Mi autoinvito a casa sua e non aspetto neanche una sua risposta, riattacco e mi muovo verso la macchina.
DRIIIN DRIIN DRIIIN
Mi attacco con insistenza al citofono di Karen fino a quando spazientita non mi apre senza neanche chiedere chi è. Non c’è bisogno neanche di domandare, sono l’unica che rompe le scatole suonando all’impazzata il citofono di casa.
<< SALI ROMPI MINCHIA! LA PROSSIMA VOLTA NON TI APRO! >> Mi grida da chissà quale stanza di della casa mentre salgo le scale che mi portano all’appartamento.
<< Grazie per l’accoglienza love… Ehi! Avevo detto di darti una sistemata >> Replico vedendola ancora con quel pigiama con degli orsetti disegnati sopra e i suoi capelli castani arruffati in una massa informe.
<< Uff mi hai svegliata! Volevo dormire io, altro che caffè… abbiamo il turno a pomeriggio non tra dieci minuti! >> Controbatte buttandosi sul divano e coprendosi il viso con il primo cuscino che le capita sotto braccio.
L’appartamento della ragazza è molto semplice e piccolo, dopotutto solamente con il suo stipendio non può certo pretendere una villa. Dopo un piccolo ingresso con attaccapanni, specchio, portaombrelli e un tappeto un po’ logoro si entra nella stanza più grande dell’abitazione, comprende una piccola cucina, un tavolo in legno scuro con i piedi rovinati dalle unghie di un gatto –Karen non ha un gatto, cosa sia successo a quel tavolo lo sa solo l’affittuario -, frigorifero, microonde, un televisore e, infine, un divanetto arancione con striature gialle canarino. Quel divano è un pugno nell’occhio ogni qualvolta che lo vedo, però devo riconoscere che è comodo.
Una volta, finito il turno al locale, avevo alzato un po’ il gomito con gli alcolici e Karen, dopo aver vomitato nel suo bagno anche l’anima, mi trascinò fino al divano dove mi fece stendere e dormire con una coperta sopra. Nemmeno il tempo di poter formulare una parola di senso compiuto che mi addormentai come un sasso. Non ricordo dormita migliore oltre a quella fatta in quel giorno.
Devo dire che non ho dormito solamente su quel divano, all’insaputa della mia amica mi feci il suo attuale ex. Dove ora ha appoggiata la testa il ragazzo… Beh forse è il caso di continuare a tenere la bocca chiusa.
Ci prepariamo un caffè per cercare di darci una svegliata, neanche il sole cocente che c’è oggi è riuscito a svegliarmi del tutto. Colpa di James che mi ha tenuta sveglia per tutta la notte. Accendiamo la televisione mettendo a MTV… Oh che merda, ci sono gli One Direction! Fanculo, spegniamo!
Con uno movimento stizzito cambio canale mettendo dove capita. Meglio tutto a quei ragazzi senza palle. Trovo una replica di Master Chef, questo può andare più che bene. Il bello è che ai fornelli non sono un granché, però è bello vedere i piatti che preparano. E quando capita Gordon Ramsay? Aaah adoro quell’uomo.
Passiamo il tempo a chiacchierare godendoci Gordon che sbraita contro tutti. Karen è la tipica ragazza a cui tutti vanno dietro ma che a lei non frega niente del trovare il suo principe azzurro; soprattutto dopo che si è bruscamente lasciata con il suo ex. In effetti può sembrare strano, chi non vorrebbe un ragazzo? Ma lei è felice così e ripete sempre “quando sarà il momento lo saprò”, non sono di certo io colei che le farà cambiare radicalmente idea.
Nonostante questa differenza di pensiero andiamo sempre molto d’accordo ed è come una sorella che non ho mai avuto. Le litigate non mancano mai ma, in fin dei conti, nessun rapporto è sempre rose e fiori.
<< Beh mangiamo? >> Chiedo sorniona sperando di scroccare ancora una volta un lauto da pasto da lei. Ovviamente sono abile con queste cose.
<< Ecco! C’era l’inghippo in questa tua visita! Ma sai pensare a qualcosa che non è cibo? E poi dove metti tutta quella roba che ti spazzoli?! Guarda che bel culo che continui ad avere! >> Si lamenta indicandomi il sedere mentre si mette comoda sul divano. In effetti so di aver un bel culo, non è certo per vantarmi ma è una delle mie armi preferite con gli uomini, li faccio impazzire. Poi il fatto che amo indossare i leggings da una mano in più con delle volte l’effetto vedo non vedo con cui tanto mi piace stuzzicare i poveri malcapitati. Insomma sono una ragazza solare ma, forse, anche un po’ sadica con gli uomini.
<< Sei te che non usi le tue armi che madre natura ti ha gentilmente donato, non è mica colpa mia! >> Controbatto giusto per farla innervosire più di quanto lo poteva essere fino a poco fa.
<< Uff gne gne gne –Mi fa il verso alzandosi di scatto dal divano e andando ai fornelli –.Renditi utile e aiutami a cucinare >> Conclude dandomi le spalle, non vedendo, così, come mi sto crepando dalle risate.
Ci prepariamo un lauto piatto di pasta mentre continuiamo innocentemente a punzecchiarci a vicenda. Karen l’ho conosciuta proprio al locale dove lei già lavorava da diverso tempo. Mi è sempre piaciuto il Big Red, ogni qualvolta che si entra sembra di essere trasportati in un pub americano, non american style ma bensì americano nel vero senso della parola. Le luci e la musica creano un bell’effetto che coinvolge fin da subito. C’è quasi sempre qualcuno a suonare e, con il bancone posizionato al centro, la gente va e viene con alcolici in mano come se niente fosse. Siamo diverse cameriere, una decina circa, vestite in tono con l’ambiente dark/punk/rock, che si danno il turno tra bancone e servizio ai tavoli… Ma non manca il cibo! Siamo famosi anche per quello oltre che per l’atmosfera. Adoro molte foto appese lungo le pareti, impossibile non pensare di trovarsi a Los Angeles circondato da rocker con fuori parcheggiato il proprio chopper.
Finiamo il pasto e, dopo un pisolino insieme su quel divano dai colori sgargianti, la saluto per andare a casa per cambiarmi e lasciare la spesa che mi sto portando dietro da stamattina. Me ne ero pure dimenticata di avere tutta questa roba appresso.
Alice, la mia coinquilina, come al solito non c’è e se è passata, è riuscita a non lasciare tracce del suo passaggio. A volte è peggio di un gatto, riesce a muoversi così silenziosamente e accuratamente che potrebbe seguirti per chilometri senza che te ti accorga di qualcosa. Probabilmente un ninja è più rumoroso di lei.
Mi trucco, indosso la “tenuta” da lavoro e ritorno alla guida della mia Ford dopo essermi chiusa alle spalle la porta di casa. Guardo l’orologio digitale della macchina: 2:45 p.m., mi aspetta una lunga giornata.
Arrivo al locale con un paio di minuti di ritardo e trovo già là alcune delle mie colleghe.
<< Ciao Sarah! >> Mi saluta raggiante Michelle che corre ad abbracciarmi.
Saluto le altre ragazze e, dopo aver spettegolato un po’, cominciamo a lavorare. A quest’ora difficilmente c’è gente.  La situazione rimane relativamente tranquilla fino alle sei, quando comincia ad arrivare gente in un certo numero considerevole. Il boom arriva verso le nove e noi ragazze dobbiamo darci da fare insieme ai cuochi e gli altri ragazzi per stare dietro ad ogni ordinazione.
10:33 p.m. Accade un qualcosa a cui non ero pronta psicologicamente, credevo di non doverci fare più peso e invece è qui. Si guarda intorno alla ricerca di chissà cosa, sicuramente un posto appartato. Lo trova dopo poco e aspetta che una di noi vada per prendere l’ordinazione.
Non deve attendere molto, Karen appena lo vede si affretta a dargli il benvenuto e prendere la sua ordinazione. So già cosa ha preso senza chiederlo, ormai ordina sempre la stessa cosa, Nachos.
E’ matematico, ogni volta che si presenta qua deve prendere sempre lo stesso piatto, ma non si stufa mai?
Stasera abbiamo una cover band femminile degli AC/DC a intrattenere il pubblico e James ne sembra particolarmente attratto. Continua a lavorare elargendo sorrisi ai clienti a destra e a manca tendendo, però, sempre sott’occhio quel pesce lesso del biondo. Continua a tenere lo sguardo puntato su quelle cinque ragazza che si scatenano sul palco del locale, non se essere gelosa o meno.
<< ‘Sera, ecco a lei la sua ordinazione >> Dico a James portandogli il piatto. In realtà lo stava portando Michelle ma l’ho bloccata, voglio parlarci e quale occasione migliore che quando devo portargli del cibo?
<< Uh… Ehm… Grazie –Risponde senza prestare attenzione a chi ha vicino perché troppo occupato a vedere le ragazze suonare –.Ah sei tu, Sarah! >> Oh buongiorno fiorellino finalmente te ne sei accorto! Ok, non rispondiamo acidamente che non è il caso.
<< In tutta la mia ricciosità… Buona cena >> Saluto allontanandomi da là vicino per continuare la mia mansione.
<< No aspetta. A che ora finisci il turno?  Ti devo parlare >> Mi blocca prendendomi il polso sinistro con una presa ferrea. Basta questo contatto a farmi salire su di giri e volverlo di nuovo ancora una volta. Dio, devo finirla ho un fidanzato!
<< Mezzanotte, non so se ti conviene aspettarmi >> Nonostante tutto provo a resistergli cercando di persuaderlo a non rimanere. Non sono convinta di riuscirci.
<< Aspetterò. A dopo, buon lavoro >> Mi lascia il braccio rendendomi libera di muovermi. Se indugio anche solo un minuto di più vicino a quel tavolo è la volta buona che perdo il controllo difronte a tutta la gente che affolla il locale.
 
Per il resto della serata non torno di nuovo dal ragazzo che, dopo aver mangiato, si è infilato tra la gente sotto il palco per godersi meglio il live delle cover band tutta al femminile. Per fortuna Michelle non ha fatto domande quando le ho rubato il piatto che portava, avrei fatto scena muta perché non so proprio come spiegare la situazione. Anzi non so neanche cosa stia succedendo realmente. La gente a fine serata cala ma lui, nonostante questo e la fine del concerto delle Back n Black rimane ad aspettarmi. Si intrattiene giocando a biliardo con quei pochi che son rimasti. Lo vedo ridere e scherzare, concentrarsi per non sbagliare e fare buca, arrabbiarsi quando non riesce ad andare a segno.
Il The Big Red finalmente giunge al termine pure per questo giorno, con esso arriva la fine del mio turno e, inevitabilmente, anche il confronto con James. Lo trovo appoggiato al palo della luce posizionato difronte all’entrata del locale. Non mi ha notata, guarda dall’altra parte della strada fumando nervosamente una sigaretta e tracannando birra dalla bottiglia che appoggia dopo ogni sorso sul freddo marciapiede. Per sbaglio si brucia la mano, le imprecazioni si sprecano in questo caso.
<< Finito di buttare giù tutti i santi o ne hai ancora per molto? >> Chiedo ironica mentre mi faccio porgere una sua sigaretta. Marlboro, roba forte il ragazzo.
<< Mh ero sovrappensiero, non infierire >> Ride non so se divertito dalla situazione o perché un po’ nervoso.
<< Comunque… ti devo parlare Sarah >> Aggiunge diventando tutto d’un tratto serio.
<< Su cosa? >> So benissimo su che cosa ma voglio vedere dove vuole andare a parare.
<< Riguardo a ieri sera. E’ stato belli rivederti, mi sono divertito e… –Prende una pausa guardando per un attimo il cielo che ci sorveglia sopra le nostre teste –E credo che ci dobbiamo dimenticare quanto successo, non doveva accadere >> Sapevo che finiva così ma io non voglio farmelo sfuggire. Non oggi, tanto Travis non c’è e com’è il detto? Occhio non vede cuore non duole, se non sbaglio. Ecco mi sa che lo seguirò ancora per una notte.
<< Ah se è quello che vuoi… Come mai questa decisione? C’è qualcun’altra? >> Non so veramente cosa voglia dire con questa domanda ma sono certa che un po’ di birra mi aiuterebbe a sciogliere il nodo che mi si è formato in gola.
<< Non proprio ma diciamo di si >> Risponde insicuro passandosi una mano tra i suoi capelli biondi.
<< Non proprio? Cioè lasci tutto per una che, magari, neanche ti vuole? Sei pazzo >> Rido istericamente, questo ragazzo è pazzo da legare. Da troppo peso ai sensi di colpa e, per di più, a qualcuno con cui non ha nessun tipo di legame!
<< No, non è come pensi. E’ una situazione complicata, lunga da spiegare… >> Mi guarda in modo duro ma nei suoi occhi noto un barlume di tristezza.
<< Sei contento di tutto ciò? Ne sei felice, ti va bene? Perché accontentarsi di vedere qualcuna da lontano quando puoi avere di meglio? >> Mi avvicino a lui con fare sensuale e appoggio la mano destra sulla sua spalla. Ho detto che non lo lascerò andare così facilmente.
<< N-no… Ho di meglio da fare >> Continua a provare a fare il duro ma io sono Sarah Fitz e ottengo quello che voglio. Sempre.
<< Cosa? Girare per Londra con le mani in tasca e una sigaretta che penzola dalla bocca? E’ tutto ciò che ti puoi dare? Io non ne sarei poi così certa >> Lo persuado abbassando il tono della voce in modo tale che mi possa sentire solo lui.
<< Ci sono tante cose da fare a Londra e… >> Comincia a giustificarsi girandosi dall’altro lato ma lo blocco subito.
<< Tante cose irrilevanti, noiose o che poco importano… Ma ce ne sono altre interessanti e che si possono fare insieme. In coppia >> La mia voce è ormai un sussurro nel suo orecchio. Lo vedo titubante ma ancora non molla.
<< Sarah… Per favore, Sarah. Finiscila, è inutile >> Ma ormai è mio. Perché continui a fare il pesce lesso?
Gli prendo il visto tra le mani e lo bacio con passione stando attenta che i nostri bacini siano abbastanza vicini da far sentire come il suo amichetto reagisce. La testa dice una cosa, l’amico un’altra. Chi vince?
<< Che cosa devo finire? Ah già, di fare questo? >> Chiedo sarcastica prendendolo ancora una volta e baciandola con più voglia di prima. Lo sento che man mano si scioglie sotto il tocco delle mie dita. E’ ancora intenzionato a fare resistenza?
<< Sarah… >> Mugola tra un bacio e l’altro. Tra poco cede, me lo sento.
<< Sssh… Nessuno saprà niente di quello che succederà, lasciati andare. Ci sono io a prenderti >> Lo esorto mordendogli il labbro inferiore.
Cede! Mi mette le mani sul culo e comincia a divorarmi la bocca. Ce ne freghiamo di tutto quello che ci circonda e andiamo a prendere la mia macchina lasciando la sua per la notte nei pressi del locale. La strada da fare è poca ma sembra di attraversare tutta Inghilterra a piedi a quanta è la voglia di lasciarsi andare una all’altro.
 
James chiude il portone di casa con un colpo di tacco senza staccarsi da me neanche per un secondo. Per un attimo mi passa per la mente l’idea che possa essere tornata la mia cara coinquilina ma scaccio via questo fastidioso pensiero, sarà chissà dove ora. Lo spingo fino alla mia stanza dove, prima di salire sul letto dove l’ho fatto accomodare, improvviso un siparietto con lui che non aspetta altro che buttarsi su di me e farmi sua. E chi sono io per negarglielo?
Mi spoglio davanti a suoi occhi nel modo più sensuale e provocatorio che conosca, voglio che impazzisca di piacere per ogni minima cosa. Altro che quella troia che occupa abusivamente i suoi pensieri, fate spazio per Sarah!
Quando mi rendo conto che ormai è arrivato nel momento in cui sta per scoppiare, mi butto sul letto strappandogli ogni indumento che gli è rimasto ancora sopra. Comincia a lasciarmi baci infuocati sulla mia pelle soffermandosi ogni tanto a guardare il mio volto in estasi.
No basta, non ce la faccio più. Lo prendo e lo faccio mio, ancora una volta, di nuovo una cosa sola come la sera precedente. Farlo con lui è diverso che farlo con qualsiasi altro, è una cosa di unico, speciale, inimmaginabile. Proibito.
 
Il sole filtra dalla finestra leggermente aperta per fare circolare l’aria. Sono raggomitolata in me stessa stringendo forte un cuscino. Apro leggermente gli occhi, quel tanto che basta per capire che quello stronzo mi ha lasciata ancora una volta sola e ciò che sto abbracciando è il suo cuscino. Che gran testa di cazzo, scappa come un codardo.
Tiro ancor di più su la coperta infilandomici sotto completamente. Perché se ne va? Non la sopporto questa cosa. A cosa starà pensando ora? Lo conosco e sicuramente i sensi di colpa che aveva ieri sono aumentati a dismisura. Di quello che ho fatto non me ne pento, in fin dei conti, ho soddisfatto il mio desiderio di portarmelo a letto per la seconda volta.
Rimango in quella posizione per un bel po’, mi alzo solo nel momento in cui il mio stomaco comincia a reclamare con insistenza del cibo. Esco dal mio nascondiglio fatto di coperte, infilo le pantofole che lascio sempre affianco al comodino e vado in cucina a fare colazione. Questa volta non trovo solo una tazza lasciata ma, bensì, due. Chi è che ha mangiato con lui?
<< Ciao cara, ti vedo in forma. Mi fa piacere >> Ecco chi è, Alice, la mia coinquilina. Accidenti mi ero dimenticata di essere ancora nuda. Beh… alla fin fine non è un problema, molte volte giriamo per casa nude entrambe, può sembrare strano ma è una cosa molto liberatoria. E poi sono capitate quelle serate particolari in cui si è alzato il gomito di parecchio oltre il limite facendo cose che, se si è lucidi, non ti sogneresti mai di fare. Insomma qualcosa a tre ogni tanto è sfuggita.
Trovarsi nello stesso letto la mattina con un’altra donna e un perfetto sconosciuto non è di certo il miglior risveglio che si possa chiedere.
<< Buongiorno bella, finalmente sei tra noi. Da quanto è che sei qua? >> Chiedo cercando nella mensola la caffettiera per farmi un bel caffè come si deve.
<< Oh quanto basta per aver sentito quanto ti sei data da fare stanotte –Ma non ti stanchi mai? –E per poter fare colazione, stringendo un po’ amicizia, con il bocconcino raccattato per la serata >> Spiega senza dare molto peso a quello che dice, come se fosse stata testimone di un qualcosa di assolutamente normale.
<< Non è un bocconcino qualunque, è IL bocconcino. Quello per eccellenza >> Preciso mettendo sul fornello la moca.
<< Si? E cosa intendi farci allora? >> Chiede mentre comincia a rollare una canna sul tavolo della cucina.
<< Non lo so… Però sono certa che non posso lasciarlo andare con molta facilità. E’ questione di orgoglio, capisci? Soddisfazione personale diciamo >> Lascio la caffettiera sul fuoco mentre io aspetto spaparacchiandomi sul divano del salotto. Ah quanto è comodo stare nuda senza alcuna preoccupazione. Il bello è che questa abitudine me l’ha data quella scema di Alice, è lei che ha cominciato.
Ricordo ancora la prima volta che, non curandosi del fatto che c’ero pure io con lei, si è spogliata e si è seduta sul divano con una nonchalance disarmante. Ne rimasi spiazzata, non me l’aspettavo proprio! Condividevamo casa da circa due settimana ed era la prima volta che faceva una mossa così pazza. In ogni caso in poco tempo mi contagiò e, senza rendermene conto, mi ritrovai a camminare per casa così come mia mamma mi ha fatto. Penso che qualsiasi uomo pagherebbe oro per vivere con due come noi.
<< Capisco capisco… Beh allora buona fortuna non so quanto ti sarà facile, se ne è andato con una faccia alquanto affranta. Era parecchio turbato mi sa >> Commenta concludendo con un ottimo risultato la propria canna.
 
Si la fortuna, mi sa che me ne servirà parecchia se voglio continuare a perseguire una strada del genere. Peccato che non si possa andare in negozio e trovarla sugli scaffali, barattoli di “fortuna sottovuoto, offerta speciale”.
 
Hannah P.O.V.
 
“…‘Abbandonate ogni speranze o voi che entrate’.
Attraversa la porta e affronta le tue paure.
L’Acheronte richiama la tua anima, buttati,
fatti trasportare dalla corrente…”
 
Rimetto la penna nella mia borsa e rileggo ancora una volta le parole che si son create dall’inchiostro. Ormai sta tramontando, il sole saluta per un ultima volta l’Inghilterra. Ci si rivede il giorno dopo sempre al solito orario.
E strano, ma allo stesso tempo al quanto divertente, come delle note musicali o delle parole possano rappresentare perfettamente quello che ti passa per la mente.
Ormai sento sempre più presente quella vocina nella mia testa che mi dice di mollare tutto, non ci sono molte ragioni per andare avanti. L’Acheronte mi reclama, vuole la sua ennesima vittima. Io ci cadrò?
Non so più che fare, è un pensiero che più passa il tempo e più rimane impresso nella mia mente. E’ un qualcosa a cui ragiono ogni giorno ma a cui è difficile abituarsi.
Mi alzo e mi incammino verso casa con l’agendina ben stretta in mano. Per oggi c’è ancora lavoro da fare.
 
 
 
 
 
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Note d’Autore:
Ciao! Il decimo capitolo, un piccolo traguardo personale visto che è la prima volta che arrivo alla doppia cifra in una ff :3.
In questo capitolo affrontiamo un paio di personaggi che fino ad ora sono stati poco approfonditi e sono comparsi di meno, Hannah ha ancora un ruolo marginale ma non sarà sempre così (la strofa all’inizio della sua parte è roba mia, spero che sia gradita). Sarah è una ragazza particolare, così come la sua coinquilina Alice, son comparse pure un altro paio di ragazze: Michelle e Karen.
La cover band degli AC/DC tutta al femminile esiste e la potete trovare su Youtube.
Spero che vi piaccia, fatemi sapere che ve ne pare e a presto!
 
-Slash

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