Sacrifice

di izayoi007
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte. ***
Capitolo 2: *** Seconda Parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte. ***


Attenzione:  Questa storia partecipa alla “VI Minidisfida: Missione RFN, seconda edizione” di [Criticoni]. Poiché il regolamento prevedeva che si dovesse pubblicare la ff entro il 30 Aprile – pena, la squalifica – eccomi qua. XD

Dunque, la sfida prevedeva la scelta di un colore a scelta fra alcuni proposti e la presenza obbligatoria di un personaggio da loro assegnato. Anche se non doveste capirlo nel corso della storia ( sì, ammetto che non è facile), nelle note in fondo al secondo capitolo* sono presenti entrambe le informazioni ( NON andate a sbirciare prima di aver letto la ff, pigroni! XD).

*Per comodità ho pubblicato la storia dividendola in due capitoli, sebbene, in realtà, si tratti di uno soltanto.

 

 

 

 

 

SACRIFICE

 

 

 

 

“ I'm burning in the heavens

and I'm drowning in the hell

My soul is in a coma

and none of my friends can tell

That I'm reaching out and getting nothing

This is just a story of a broken soul.”

(From “Take Me”- Papa Roach -)

 

 

 

Era una serata qualsiasi, di inizio estate;  il caldo cominciava a sostituire il freddo rigido dell’inverno appena trascorso, e il lieve frinire delle cicale riempiva di musicalità i silenzi vuoti delle notti di Konoha.

Non solo il verso degli insetti però, quella sera, invadeva l’aria.

Dall’interno di villa Uchiha, il suono del chiacchiericcio concitato indicava la presenza di qualcun altro all’infuori del solitario giovane padrone di casa, sostituendo la consueta tranquillità che generalmente caratterizzava l’abitazione.  

Al suo interno, il vecchio team 7 stava discorrendo - più o meno – tranquillamente attorno alla tavola imbandita per la cena.

- … e così, era questa la grande notizia, Naruto? -.

Il giovane ninja biondo annuì con vigore, piegando le labbra in un morbido e caldo sorriso.

- Già, finalmente una missione degna di questo nome! – borbottò poi,  altero, memore delle precedenti missioni, a parer suo, tutte noiosamente banali – Finalmente potrò dimostrare quanto vale il grande Uzumaki Naruto-sama! – E il suo discorso si concluse con il solito fervore.

Al suo fianco, Sasuke sbuffò, Naruto gli lanciò un’occhiataccia e la voce di Kakashi sopraggiunse prontamente, prima dello scoppiare dell’ennesimo bisticcio.

-  … e quanto starai via?  - A quella domanda, il biondo si fece serio; un velo opaco calò sui suoi occhi azzurro cielo, solitamente così luminosi, e una leggera smorfia incrinò il suo sorriso.

- Mh… circa sei mesi, forse qualcuno in più…  - mormorò vago, dopo aver distolto l’attenzione dal suo compagno.

- Quindi te ne starai fuori dai piedi per un bel po’. Beh, tanto meglio. – questa volta Kakashi non fece in tempo a prevenire la lite, e dovette assistere con rammarico alla solita scenetta. In fondo poteva essere divertente. Sakura, al suo fianco – che una volta avrebbe preso a pugni Naruto e intimatogli di lasciare andare Sasuke -,  già ridacchiava divertita.

Naruto, nel frattempo, si era già lanciato sul compagno moro e, dopo averlo afferrato per il bavero della divisa da jonin, lo strattonava furibondo.

- Mollami immediatamente, razza d’idiota! – berciava questi, tentando di liberarsi dalla sua presa. L’altro rispondeva a strattoni ancora più vigorosi. Alla fine, l’ira sostituì il sentimento condiscendente che Sakura si sforzava di ostentare, e risolse la situazione con un paio di colpi ben assestati che riportarono la tranquillità, e la cena proseguì senza più intoppi.

- Ah, sono proprio pieno! – annunciò Naruto, quand’ebbe concluso, dopo aver poggiato pesantemente le bacchette sul tavolo. Si alzò con un movimento leggermente goffo – Vado a prendere una boccata d’aria! - E si dileguò, rapido,  al di là dell’amado*¹.

Seguì qualche istante di silenzio, poi anche Sasuke si alzò con un gesto fluido.

- Esco anche io – li informò, per poi sparire a sua volta.

Nella stanza rimasero solo Sakura e Kakashi.

- Credo che sparecchierò e laverò i piatti. Non è giusto lasciare tutto a Sasuke-kun. – asserì la kunoichi. Kakashi le sorrise.

- Mh, bene…allora io credo che… - si bloccò, fulminato dallo sguardo gelido di Sakura, che al contempo  continuava a ostentare un falso sorriso tranquillo - …ti aiuterò… - concluse infine, rassegnato.

Quando finalmente ebbe finito, prima che Sakura lo costringesse a fare qualunque altra cosa, si scusò e la informò che, prima di tornare a casa, sarebbe uscito a salutare i ragazzi. Sakura annuì, lo pregò di farlo anche per lei, e si apprestò a concludere il suo lavoro, per poi andarsene a sua volta.

Con un sospiro di sollievo, il sensei si avviò per la lungo veranda che dava sul giardino interno di villa Uchiha, ma appena svoltato un angolo si bloccò, e velocemente ritornò sui suoi passi, acquattandosi dietro la parete.

Quello che aveva visto l’aveva sorpreso parecchio e, per essere sicuro che la vista non l’avesse ingannato, si sporse lentamente oltre il muro, il più silenziosamente possibile. No, non si era sbagliato.

Turbato, seguì la scena in silenzio.

Naruto e Sasuke era seduti appena più in là, sul pavimento di legno chiaro del portico. Era buio, ma la fievole luce della luna illuminava a sufficienza le due figure perché lui riuscisse a distinguerle chiaramente e a capire cosa stessero facendo. Fu proprio quello, a lasciarlo più allibito.

Naruto, che fino a mezz’ora prima rideva e scherzava come al solito attorno al tavolo a cui avevano cenato, ora era lì, con il capo appoggiato nell’incavo del collo di Sasuke e le mani strette intorno attorno ai lembi della sua maglia, che singhiozzava chiaramente, con una disperazione e una tristezza tali da togliergli il respiro. Il moro si limitava a tenere un mano sulla sua spalla e ad esercitare una leggera pressione con le dita su di essa. Di tanto in tanto, lo shinobi biondo borbottava qualche frase sconnessa e, dal movimento delle sue labbra, intuì che Sasuke gli rispondeva monosillabico come al solito, seppur anche nella sua espressione, abitualmente così indifferente, ci fosse un ché di addolorato.

Di fatto, non era un gran conforto, ma evidentemente a Naruto sembrava bastare; conoscendoli, era già piuttosto insolito che si abbandonassero ad una così grande forma di familiarità, benché fossero come fratelli, checché se ne dicesse.

Proprio per questo, intuì, la cosa doveva essere piuttosto grave; mai aveva visto il suo allievo così palesemente afflitto.

Era troppo lontano per capire alcunché di quel che si stavano dicendo, avrebbe potuto usare lo sharingan e leggere le loro labbra, ma non lo fece. Decise che non era il caso di star lì a spiarli, non erano fatti suoi, anche se era preoccupato per il ninja biondo.

Prima di voltarsi e andarsene, gli parve di intravedere Naruto sollevare appena lo sguardo, anche se non sembrava averlo visto; i suoi occhi erano in tempesta, scuri - quasi blu -, carichi di pioggia e di lampi. Disperazione e ira albergava in essi, seminavano malinconia e desolazione.

Un brivido gelato lo attraversò, vibrando lungo tutta la spina dorsale.

Sono un’altra volta Kakashi aveva visto la lucentezza di quegl’occhi adombrasi a quel modo.

Allora, un gigantesco demone dalle sembianze di una volpe a nove code stava distruggendo il villaggio, seminando morte e distruzione. Le iridi del suo maestro, dello stesso colore di quelle di Naruto, l’ultima volta che l’aveva visto avevano assunto quella stessa scura malinconica tinta.

 

 

***

 

 

Un anno e mezzo più tardi, Naruto non aveva ancora fatto ritorno.

Da che la scadenza del termine della missione era passata ormai da molto, e di Naruto non vi era alcuna traccia, Kakashi comprese che non avrebbe dovuto sottovalutare la spiacevole sensazione che l’aveva colto l’ultima volta che l’aveva visto.

Tutto il team era piuttosto inquieto e preoccupato, seppur ci fosse chi lo dimostrava di meno, come Sasuke, e chi di più, come Sakura.

Il fatto più sconcertante fu che l’Hokage, dopo una serie di eventi che l’avevano portata inevitabilmente ad accorgersi della scomparsa di Naruto, qualche tempo dopo la sua partenza, aveva detto loro di non aver mai commissionato una missione a lungo termine allo shinobi biondo. Il ragazzo le aveva riferito che sarebbe partito per un’altra sessione di allenamento intensivo con Jiraya. Ovviamente, quando il sennin era tornato, solo e senza la più vaga idea di cosa l’Hokage stesse parlando, fu evidente che il ragazzo aveva mentito a tutti loro.

A quel punto, nel modo più discreto possibile (la scomparsa del jinchuuriki di Kyuubi no Yoko avrebbe allarmato eccessivamente Konoha, ma anche gli altri villaggi), Tsunade aveva intrapreso una serie di indagini segrete, attraverso gli AMBU, di cui nemmeno il Consiglio fu informato, poiché, trattandosi appunto della forza portante, la godaime aveva ritenuto opportuno non dar occasione agli anziani – principalmente a Danzo - di usare quella storia contro di lei.

Nel frattempo, sotto suo preciso ordine, loro avrebbero perseguito le loro abituali attività in attesa di novità.

Fu proprio quel pomeriggio, appena tornati dall’ennesima missione, che vennero richiamati da Tsunade, ufficialmente per fare rapporto.

Quando giunsero all’entrata del palazzo, riuscirono ad udire le grida irose dell’Hokage fin laggiù. Lievemente titubanti, si fecero comunque avanti, e una volta nell’ufficio della donna, guardandola in viso, si resero conto che la situazione doveva essere più grave del previsto.

Shizune, al suo fianco, era pallida come un cencio e tentava di calmare l’altra, ma era evidente che anche lei non era nelle condizioni migliori per farlo.

- Quei maledetti vigliacchi! –

- Di chi state parlando, shishō? – intervenne Sakura, la più abituata alle sfuriate della donna.

- Di quelle vecchie mummie del Consiglio! Di chi se no?! È colpa loro! Sono stati loro a costringere Naruto a lasciare il villaggio! – sibilò rabbiosa, Tsunade.

Confusione regnò nella stanza.

- Vi prego, Tsunade-sama, spiegatevi meglio. – intervenne allora, Kakashi. La donna sospirò, tentando di calmarsi, ma era più che evidente che fosse del tutto inutile.

- Quello che sto tentando di dirvi è che quei maledetti cospiratori hanno costretto Naruto a lasciare il villaggio e farsi rinchiudere in una prigione appena al limitare dei confini del Paese del Fuoco, così da poterlo avere sotto controllo e, nello stesso momento, tenerlo lontano dalle grinfie di Akatsuki. – spiegò sintetica, a denti stretti.

Il loro sgomento fu palese e ragionevole: Sakura si portò una mano alla bocca, gli occhi leggermente sgranati, Kakashi spalancò l’unico occhio visibile.

Il solo che non ebbe alcuna reazione, se non un leggero fremito alle dita, fu Sasuke.

Kakashi gli lanciò un’occhiata; quella era una reazione fin troppo “passiva” persino per uno come Sasuke. Assottigliò l’occhio, sovrappensiero, poi, come folgorato da qualcosa, lo sgranò nuovamente.

- Tu lo sapevi! Non è vero, Sasuke? – Il moro sussultò, sorpreso. Lo sgomento era palese sul suo viso. Aprì la bocca, forse per chiedere come facesse a saperlo - perché a quel punto era inutile negare che non fosse così - ma Kakashi lo interruppe:

- Quella sera, quando ci siamo visti l’ultima volta a casa tua, Naruto sulla veranda ti ha detto tutto, non è così, Sas’ke? - Evitò di scendere nei dettagli e raccontare la scena a cui aveva assistito, ancora gli doleva il petto a ripensarci, ad ogni modo, Sasuke avrebbe compreso comunque, ne era sicuro. Infatti il ragazzo parve come fulminato dal ricordo.

Era chiaro che li aveva visti. Sasuke lo fissò, aprì la bocca per ribattere, ma prima di dire qualsiasi cosa, si interrupe e serrò le labbra in una linea sottile, abbassando lievemente lo sguardo. In fine, si limitò ad annuire. Sakura lo fissò, incredula.

- Sasuke-kun, tu…come hai potuto lasciare che…? –

- Gliel’ho promesso! – sbotto l’altro – Gli ho promesso di non dir nulla! - Seguirono attimi di silenzio, Kakashi sospirò.

Era evidente che il Consiglio non voleva che si sapesse in giro, dato che nemmeno l’Hokage ne era al corrente, e che aveva costretto Naruto a mantenere il silenzio. Era altrettanto evidente però, che una cosa del genere fosse un peso eccessivo per un ragazzo di appena vent’anni, anche per uno come il ninja biondo, indi per cui non aveva potuto fare a meno di sfogarsi almeno con il suo migliore amico.

- C’è una cosa che non capisco…- intervenne allora, Sakura, con espressione evidentemente addolorata – Come hanno fatto a convincerlo? Voglio dire, Naruto è… Naruto! Sappiamo tutti noi quanto sia legato al villaggio e a noialtri. Ci vuole bene, non ci avrebbe mai lasciati così… Inoltre, questo significa anche rinunciare definitivamente al suo sogno di diventare Hokage, è evidente! –

- Sakura ha ragione. Naruto non si sarebbe mai lasciato convincere senza lottare. – aggiunse Kakashi.

L’Hokage sospirò, gettò un’occhiata indecifrabile a Sasuke, poi si decise a parlare di nuovo:

- Lo hanno ricattato. – disse – hanno barattato la sua libertà con la vita di Sasuke… -.

Questa volta, lo shock fu tale che rimasero paralizzati sul posto.

Successivamente, lo sguardo di tutti si spostò sull’interessato, ma quello che videro, non fu ciò che si aspettavano.

Il ninja aveva gli occhi sgranati, le sue membra erano attraversate da un semi-impercettibile tremito e respirava con leggero affanno. Inoltre, aveva mosso un passo lievemente in dietro. Era evidente che di questo neppure lui era a conoscenza.

- Non ti sei mai chiesto, ragazzo, come mai nonostante tu fossi un mukenin di livello S, una volta rientrato al villaggio, non ti abbiano condannato? – gli domandò Tsunade, fissandolo duramente.

Lui si rabbuiò; certo che se l’era chiesto, però aveva sempre archiviato la cosa poiché non gli interessava. Una volta compiuta la sua vendetta, non gli era interessato poi molto del suo destino.

Abbassò il capo, distrutto. Il senso di colpa, una bestia infida e meschina, gli saltò al petto, stringendogli il cuore in una morsa soffocante.

Sentì distintamente la mano di Kakashi posarsi sulla sua spalla e trascinarlo via, ma il tutto gli scivolò indifferentemente addosso. Lo avvertì scambiarsi qualche parola con il resto del gruppo, congedarsi e portarlo con sé ma, di nuovo, gli sovvenne tutto come ovattato, quasi fosse un sogno – un incubo – dal quale non riusciva a svegliarsi. Questo, almeno fino a che un potente scossone e il viso preoccupato del sensei non lo riportarono alla realtà.

Si guardò attorno, confuso, e realizzò solo in quel momento di essere a casa sua. Il sensei lo aveva portato fino a casa sua e lui, troppo preso dalle sue elucubrazioni mentali e dal rimorso, non se n’era nemmeno accorto.

- Sasuke, ascoltami. – ordinò ad un certo punto l’altro – So che non è facile. So che è più naturale che sia così e che non puoi fare a meno di farlo, ma non sentirti in colpa. Naruto non lo vorrebbe. Non è per questo che l’ha fatto, e questo lo sai anche tu. Non rendere inutile il suo sacrificio: lui l’ha fatto per permetterti di vivere, non di sopravvivere trascinandoti costantemente dietro il peso del rimorso, per questo non te l’ha detto. Tu lo conosci meglio di me, di chiunque altro, forse meglio di se stesso. Non avrebbe mai lasciato che ti facessero del male, non fartene tu stesso, ne soffrirebbe a sua volta. - Si fermò, guardandolo dritto in viso con espressione seria ma rassicurante. Lentamente, Sasuke annuì.

- Lo so. – bisbigliò, a voce bassissima.

Per un attimo, quando avevano ricevuto la notizia del ricatto, a Kakashi parve che Sasuke fosse tornato il ragazzino tredicenne che aveva avuto come allievo e che tremava terrorizzato, quando nessuno poteva vederlo, davanti all’angoscia di un futuro inesistente.

Aspettò qualche istante, poi riprese la parola.

- Bene, allora sono sicuro che sarai d’accordo con me per il fatto di volerlo salvare, no? – Sasuke assunse un’aria corrucciata, vagamente infastidita.

- Certo, io non voglio debiti con quel dobe. - Kakashi annuì e sorrise lievemente sotto la maschera.

- Perfetto, perciò ci vediamo domani mattina all’alba alle porte di Konoha. – poi aggiunse, sicuro che il ragazzo, troppo shockato, non avesse seguito l’ultima parte del discorso con Tsunade – Visto che gli ANBU di Tsunade-sama hanno localizzato dove si trova, partiamo il prima possibile. – L’altro annuì semplicemente, quindi, con un ultimo cenno a mo’ di saluto, Kakashi si dileguò in uno sbuffo di fumo. Non c’era mai stato bisogni di troppe parole, fra loro due.  

 

 

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Capitolo 2
*** Seconda Parte ***


SECONDA PARTE.

 

 

 

 

- Bene. Prima che voi partiate, ho solamente una raccomandazione da farvi: dato che il Consiglio non sa ancora nulla, e non deve saperlo, dovete fare in modo che le guardie della prigione non possano comunicare con loro… lascio decidere a voi il da farsi. – spiegò Tsunade, con arie greve - Naturalmente, con questo non s’intende che dobbiate eliminarli per forza. Dovete solo fare in modo di metterli fuori gioco per avere il tempo di tornare al villaggio prima che possano dare l’allarme. Sono pur sempre ninja di Konoha, e non fanno che rispettare gli ordini. -

Kakashi, Sakura e Sasuke annuirono con serietà, poi si mossero al di là dei cancelli.

- Buona fortuna! Riportate a casa il moccioso, altrimenti non avremo mai un Rokudaime… -

 Il sorriso sghembo di Tsunade fece trasparire tutta la fiducia che riponeva in loro per quella missione. 

Partirono quindi, verso il luogo indicato loro dall’Hokage.

Attraversarono l’intera foresta, si fermarono solo poche ore e, finalmente, all’alba del secondo giorno giunsero a destinazione.

Il luogo dove tenevano prigioniero Naruto era un’ampia caverna, nascosta dalla fitta vegetazione. A guardia dell’ingresso, due ANBU della radice facevano pigramente la ronda.

Kakashi digrignò i denti, per nulla sorpreso. Come si era aspettata Tsunade, Danzo c’era dentro fino al collo.

Nascosti tra la fitta vegetazione, i tre membri del team 7 si scambiarono un cenno d’intesa. Kakashi sollevò un braccio e lanciò un muto segnale a Sasuke. Il moro rispose con un assenso del capo, poi si lanciò silenziosamente in avanti.

Durante la corsa, unì le mani a formare un sigillo, un sibilo sordo uscì dalle sue labbra e, immediatamente, lo sharingan brillò minaccioso nei sue occhi carmini. Quando apparve davanti ai due ninja, questi non fecero in tempo ad accorgersi di lui che erano già caduti a terra, sotto il potente effetto di un genjutsu. Assicuratisi che non vi fosse più nessuno, avanzarono cauti all’interno. Costituito da un unico grande corridoio che si diramava, alla fine, in due lunghi condotti.

- Sakura, tu con me! – ordinò sbrigativo il sensei, prendendo l’uscita a destra. Inevitabilmente, Sasuke si diresse a sinistra. Dividersi, in quel caso, era la scelta migliore.

Kakashi e Sakura percorsero velocemente l’anfratto roccioso, mentre ai lati scorrevano le varie celle vuote.

Durante la corsa, il sensei, leggermente più avanti rispetto a Sakura, frenò bruscamente e spiccò con balzo all’indietro nel momento in cui, inaspettatamente, una guardia gli si parò davanti. Quando riappoggiò i piedi a terra, l’uomo giaceva già a terra, privo di sensi, e Sakura aveva ancora il pugno alzato.

Ripresero a correre fino a che, non senza stupore, ritrovarono Sasuke davanti a loro, circondato da almeno cinque o sei guardie svenute e accasciate ai suoi piedi.

- Questa costruzione deve avere una pianta circolare. – constatò Kakashi, sorpreso. Onestamente, si aspettava qualcosa di più complesso.

Non sentendo alcun commento venire dai suoi allievi, si voltò verso Sasuke, ma notò che nella sua mano brillava il chidori. Seguì il suo sguardo che andò a soffermarsi su una porta blindata, a pochi metri davanti a loro. Doveva essere la cella d’isolamento e, con tutta probabilità, Naruto si trovava proprio là dentro, visto anche il numero nutrito di guardie poste a difesa di quella stanza.

Senza dire una parola, veloce ed efficiente, Sasuke si lanciò verso la porta, il braccio teso lungo il fianco.

Un gran fragore, il polverone, e i calcinacci sparsi disordinatamente al suolo preannunciarono il loro arrivo nella stanza.

Una volta all’interno, quando il fumo si fu diradato, constatarono che effettivamente il ragazzo era lì dentro. Legato alla parete da catene ai polsi e alle caviglie, gli occhi bendati e un dispositivo per il controllo del chakra al petto, Naruto era là, ferito e dimagrito in modo evidente di parecchi kg. Contusioni, lividi ed un braccio innaturalmente piegato, tagli più o meno profondi, infezioni diffuse e, dal modo affaticato con cui respirava, doveva avere anche qualche costola fratturata. In più, solo un straccio lurido copriva appena le sue parti basse.

Sakura si avvicinò precipitosamente, chiamando il suo nome, e il biondo tirò su di scatto la testa – movimento che gli procurò evidentemente dolore, perché gemette piano – e si irrigidì.

- S-Sakura-chan… ? – domandò, sorpreso e quasi speranzoso, con voce bassa e roca, particolarmente flebile, quando le mani di lei andarono ad appoggiarsi ai lati del suo viso.

- Sì, Naruto, sono io! – gli rispose lei, sorridendogli, anche se lui non poté vederla. La kunoichi gli tolse frettolosamente la benda dagli occhi e il biondo li chiuse di scatto per via del fastidio procuratogli dall’improvvisa esposizione alla luce, dopo tanto tempo di oscurità.

Nel frattempo che li apriva gradualmente, abituandoli al riverbero, Sakura si preoccupò di curare superficialmente con il chakra, le ferite più profonde.

- Sasuke! Kakashi-sensei…! C-come…cosa…? – fece confuso, quando finalmente poté aprire del tutto gli occhi, arrossati per via dello sforzo, e vedere tutti e tre i suoi compagni di squadra.

- Non c’è tempo per le spiegazioni ora, Naruto. Dobbiamo andarcene di qui. Tu hai bisogno di cure e dobbiamo tornare a Konoha prima che il consiglio venga informato. – fece Kakashi sbrigativo. Il jinchuuriki si limitò ad annuire, incerto. Era troppo provato per protestare. Lanciò un’occhiata penetrante a Sasuke e poi tornò a Kakashi.

- Grazie. – borbottò, prima di perdere i sensi.

 

 

* * *

 

 

- Ancora nulla? – Al cenno di diniego di Sasuke, Kakashi sospirò, spazientito.

In effetti erano diverse ore che Naruto era sotto le cure di Tsunade e Sakura.

Da quando lo aveva riportato a Konoha, quella mattina, non appena furono giunti, l’hokage l’aveva fatto immediatamente ricoverare.

Per via della lunga attesa, a turno si erano dati il cambio per andarsi a dare una rinfrescata, l’ultimo era stato Kakashi, che finalmente era tornato in ospedale. Non voleva stare troppo lontano da lì, preoccupato com’era per il suo allievo.

Finalmente, qualche ora più tardi, Sakura uscì dalla stanza in cui Naruto era stato ricoverato, e da dietro le sue spalle, poterono vedere Tsunade scambiare ancora qualche parola con il biondo steso sul letto, per spiegargli l’intera faccenda, prima di posargli una mano sulla spalla ed uscire a sua volta.

Si chiuse la porta dietro le spalle, salutando il ragazzo e promettendogli che sarebbe tornata a breve, e finalmente parlò loro:

- Dunque… - sospirò, corrucciata - … le sue condizioni sono veramente disastrose. È inutile nasconderlo. – disse, con aria greve.

Sasuke si irrigidì e trattene il respiro, Kakashi lo avvertì distintamente, ma fece finta di nulla, per il momento.

- Quindi? – domandò, rivolto all’Hokage. Lei annuì.

- Si riprenderà, Kakashi, non preoccuparti. Ma soffrirà le pene dell’inferno… - Sasuke strinse convulsamente un pungo.

- Kyuubi? – fece, non riuscendo a dire null’altro. L’Hokage negò con il capo.

- Purtroppo gli hanno imposto un ulteriore sigillo per limitare i poteri di Kyuubi. Abbiamo levato il dispositivo, ma l’effetto dovrebbe svanire nel giro di un anno, non in tempo da permettergli di guarire le ferite con il suo chakra. – spiegò – Ha quattro costole rotte, l’osso del braccio destro spezzato, contusioni, ferite d’arma da taglio infette, e… - la sua voce scemò. Sakura chinò lo sguardo, turbata.

- … non ci sono andati leggeri… lo hanno trattato come un prigioniero dei tempi delle grandi guerre ninja… e il loro disprezzo per lui in quanto jinchuuriki non ha affatto contribuito a frenarli. – Si bloccò, incerta. Kakashi comprese, sgranò l’occhio visibile, poi lo richiuse, pronto a sentire il seguito che aveva già inteso.

Sasuke, troppo giovane per sapere a cosa si stesse riferendo la donna, si fece avanti, spazientito.

- Che significa? – chiese, sollevando un sopracciglio moro. L’Hokage lo guardò, poi abbassò il viso e strinse i pugni.

- Sasuke, Naruto ha una recentissima lacerazione rettale che farebbe impallidire anche un veterano medico di guerra… -  Il moro la fissò, ad occhi spalancati. Strinse i denti e i pugni, bianco ben più del suo normale pallido colorito.

- Non so come faccia a non urlare ad ogni minimo respiro… e non oso immaginare quando dovrà andare in bagno… - aggiunse - …credo che l’unica cosa che gli conceda un po’ di tregua, al momento, siano gli antidolorifici. –

Sasuke avvertì distintamente Sakura singhiozzare lievemente, ma non gli importò. Tutto quello che riuscì a pensare, sebbene la sua stessa mente si rifiutasse di ammetterlo, fu “è colpa mia”.

 

 

* * *

 

 

 Nei giorni seguenti, tutti i suoi vecchi amici vennero a sapere che Naruto si trovava in ospedale, seppur fu fatto credere loro che il biondo si fosse ferito in missione. Con più o meno frequenza, la stanza del biondo ninja era affollata di gente.

Sakura, neanche a dirlo, si occupava costantemente del compagno, alternando parole di conforto e aiuto materiale, a pugni più o meno energici in risposta alle sciocchezze del biondo.

L’unico che ancora non si era presentato al giovane, era Sasuke. Il ragazzo si limitava a rimanere fuori dalla porta della stanza, e seppur venisse tutti i giorni per diverse ore, non era ancora entrato.

Quella mattina, quando Kakashi fece la sua comparsa in ospedale per la sua visita quotidiana al giovane allievo, lo trovò nuovamente lì, seduto fuori dalla porta.

Si scambiarono un’occhiata e il ninja-copia gli appoggiò una mano sulla spalla.

- Sasuke, non sarebbe ora che entrassi? –

- Non ne vedo il motivo. – commentò quello – il dobe è vivo, cosa servirebbe se io andassi entrassi a vederlo? – domandò retoricamente. Kakashi si abbandonò ad un sospiro e si accomodò di fianco  al moro.

- Farebbe bene a lui, perché non fa altro che domandarmi di te ogni giorno, visto che non ti ha ancora visto, e a te stesso. – quando il ragazzo gli lanciò un’occhiata perplessa, lui aggiunse – Hai bisogno di vederlo per capire, e riuscire a perdonarti per quel che è successo. – E prima che l’Uchiha potesse chiedergli qualunque cosa – anche se dubitava l’avrebbe fatto – si alzò e sparì all’interno della stanza.

Una volta all’interno, Kakashi si trovò davanti il sorriso di Naruto, sinceramente felice di vederlo.

- Kakashi-sensei! – lo salutò, infatti.

- Yo, Naruto! – mormorò lui, in risposta. Si avvicinò al letto, infilando tranquillamente le mani delle tasche dei pantaloni.

- Come ti senti, oggi? – domandò pacato. Il biondo ridacchiò.

- Meglio, sensei, decisamente! – Sapeva che mentiva, lo capiva dai suoi occhi – che ancora non si erano liberati della patina opaca che li ricopriva -, ma non disse nulla per contraddirlo.

- Bene, ne sono felice. – esclamò, infatti – Ho buone notizie per te Naruto! – Il biondo lo guardò incuriosito.

- Davvero? – Lui accennò ad un assenso con il capo.

- Tsunade, in seguito a quanto è successo, ha destituito il Consiglio. A breve nominerà i nuovi membri scelti da lei personalmente. – Naruto si illuminò.

- Grande! Sono sicuro che uno di loro sarà sicuramente lei, sensei! E anche ero-sennin! – annunciò gioioso. Kakashi si portò una mano dietro la nuca, imbarazzato. Ridacchiò lievemente e socchiuse gli occhi.

- Non so, può darsi…- rispose. Il jinchuuriki annuì vigoroso.

- Ne sono sicuro sensei, vedrai! – e si batté debolmente una mano sul petto, come a rimarcare la sua promessa. Subito dopo, il suo sguardo si rabbuiò e abbassò il capo.

- … e Sasuke…? – Il sensei sorrise.

- Tranquillo, Naruto, Sasuke non corre più alcun pericolo. – lo rassicurò, e Naruto sorrise nuovamente, poi sospirò.

- Sensei, Sas’ke è molto arrabbiato con me, vero? – Il più grande assunse un’aria corrucciata.

- No, non credo. Cosa te lo fa credere? –

- Beh, non è ancora venuto qui. Conoscendolo, sarà arrabbiato con me perché lui “non ha bisogno dell’aiuto di nessuno” e non avrei dovuto intromettermi nelle sue faccende… - concluse, con tono quasi ironico.

- Naruto, tu l’hai fatto per salvargli la vita, perché gli vuoi bene. Questo lo capisce anche lui, per quanto sia testardo. – sorrise. Naruto lo fissò speranzoso, poi però si incupì di nuovo.

- Questo lo so, ma Sasuke è… Sasuke! –

- È vero. – gli concesse, ripensando alla cocciutaggine del suo allievo prediletto  - Ma Sasuke non è arrabbiato, si sente in colpa. -.

- Non capisco… - ammise Naruto, vagamente confuso. Kakashi sospirò.

- Lui crede che sia colpa sua se tu ti sei dovuto sacrificare per salvargli la vita, anche se non lo ammetterà mai, neppure a se stesso. - Spiegò. Naruto sbarrò gli occhi.

- Ma non è vero! – berciò – Sono io che ho scelto di farlo! Non avrei mai permesso che gli facessero del male! Lui è il mio migliore amico, il fratello che non ho mai avuto! L’unico che mi ha accettato fin da subito per quello che sono! Farei di tutto per lui! – affermò con fervore. Il jonin più anziano annuì.

- Lo so. – affermò convinto – e lo sa anche lui, ma credo che non possa fare a meno di sentirsi comunque in colpa, perché anche se non lo ammette, ti vuole bene anche lui, Naruto. Come un fratello. – il biondo si lasciò sfuggire un sorriso.

- Cercherò di convincerlo a venire a trovarti, cosicché possiate chiarirvi. – Il più giovane annuì, e lui gli fece un cenno con il capo.

- Ora vado, ci vediamo domani, Naruto. –

- A domani. – E il ninja-copia scomparve in uno sbuffo di fumo.

 

 

* * *

 

 

Sasuke non si sentiva ancora pronto ad affrontarlo ( che idiozia, lui era un Uchiha! Non aveva assolutamente paura di affrontare proprio nessuno. Tanto meno quell’idiota di Naruto ), ma il giorno seguente, si ritrovò comunque all’interno della stanza dell’amico prima ancora che se ne rendesse conto. Si rese ancor più conto di non esserlo, soprattutto quando lo vide ragionevolmente steso su un fianco, per via della sua impossibilità di appoggiare il fondoschiena. Il cuore pulsò dolorosamente alla vista e al ricordo delle parole di Tsunade e dei giorni passati in ospedale a sentire il compagno gridare di dolore ogni qual volta si dovesse alzare per un qualunque motivo, o andare al bagno. Per via dei gemiti di sofferenza che si lasciava sfuggire la notte durante il sonno, quando la sua coscienza era sopita e lui non era in grado di soffocarli, che sentiva ancora rimbombare nella sua mente, fra le pareti del suo cervello.

Scosse il capo, cacciando via i quei pensieri tormentosi, poi puntò lo sguardo sul biondo.

- Teme, nessuno ti ha mai insegnato che si bussa, prima di entrare in camera di qualcun altro? – berciò Naruto, ma il ghigno che gli increspava le labbra smontava la sua frase rabbiosa. Sembrava così naturale, ma lui sapeva quando stesse soffrendo in realtà; quelle erano esperienze che certamente lasciavano il segno. Però non ne era sorpreso più di tanto: il jinchuuriki era uscito da un’infanzia tutt’altro che semplice con il sorriso, probabilmente era in grado di superare anche questo. Era forte, Naruto.

- Tsk. – fu la secca, concisa risposta di Sasuke, prima che si avvicinasse e si accomodasse su una sedia di fianco al letto, relegando ancora una volta il suoi pensieri in un angolo della mente – Taci, dobe. –

- Come ti permetti?! Io ti…! – si bloccò, fermando anche il movimento concitato delle sue braccia.

- Finalmente ti sei deciso a farti vivo! – disse. Sasuke lo fissò bieco.

- Figurati se io ho tempo da perdere per venire a trovarti. – sibilò sprezzante.

- Bastardo d’un…! – ma non riuscì a concludere la frase che venne interrotto dall’altro.

- Perché l’hai fatto? Non te l’ho chiesto! – domandò questi, all’improvviso.

L’aria si fece improvvisamente pesante, perse tutta la sua leggerezza di poco prima, e Naruto si tese; erano giunti alla resa dei conti.

- L’ho fatto perché lo volevo. – rispose – perché non avrei mai permesso che ti facessero del male. -

- Mi pare di averti già detto che non voglio che tu t’impicci della mia vita, usuratonkachi! –

- Smettila con questa storia! – si infervorò allora, il biondo – Credi davvero che ti avrei lasciato morire?! Soprattutto dopo tutta la fatica che ho fatto per riportarti indietro, teme! – batté un pugno sul letto, ma poi si ritrovò a mugolare di dolore, poiché aveva battuto il braccio rotto.

- Dannazione! – sbottò.

- Idiota. – Naruto gli ringhiò contro.

- La verità è che non sopporti l’idea che qualcuno ti aiuti! Che io ti aiuti! – proseguì sempre più infervorato  - Perché tu sei “il grande Sasuke Uchiha” e non hai bisogno dell’aiuto di nessuno, tanto meno di un dobe come il sottoscritto, non è vero?! Non sopporti l’idea di dover essere protetto da me! -. Sasuke si alzò di scatto, a sua volta, perdendo l’aria composta ed indifferente che solitamente lo caratterizzava.

- Non dire idiozie, imbecille! – replicò – Non hai capito nulla! Tu non hai mai capito nulla, come al solito! - Con la mano sana, Naruto lo afferrò per il bavero del colletto e se lo portò a pochi centimetri dal viso.

- E allora dimmi, bastardo, illuminami! Cos’è che non avrei capito?! – Sasuke si strattonò via dalla presa del compagno.

- Che diavolo vuoi che me ne importi?! – gli gridò contro – Sono stufo di vedere le persone che mi voglio bene morire una dopo l’altra! - Era rosso in viso dalla rabbia e la vergogna ( non era mai stato così diretto ), ma Naruto non ci fece caso, troppo preso dallo sgomento. Finalmente comprese: Kakashi aveva ragione! Sasuke si sentiva in colpa.

- Sas’ke, quella è stata una MIA decisione! È la MIA vita e decido  IO cosa farne! E se voglio farmi imprigionare per salvare il tuo culo ingrato, allora lo faccio! Non ho bisogno di chiederti il permesso! – berciò furibondo – E comunque io sono qui! E sono vivo! Mi avete salvato voi, così ora non sei nemmeno più in debito! Quindi: fine del problema! -

Sasuke tacque qualche istante, indeciso. Infine, non sapendo che dire, si lasciò cadere sulla sedia, sconfitto. Incrociò le braccia al petto ed imprecò sottovoce, girando lo sguardo, sprezzante, come era solito fare fin da bambino.

- Tsk, fai come vuoi, allora, idiota! - Naruto si rilassò, consapevole di aver vinto, e si lasciò andare ad un gran sorriso.

Anche se non poté vederlo, perché la sua bocca era coperta da una ciocca di capelli, anche il moro si abbandonò ad un impercettibile sorriso.

 

 

* * *

 

 

Quando Kakashi giunse in ospedale, quella mattina, non si aspettava minimamente quello che gli capitò di vedere, perciò ne rimase comprensibilmente sorpreso.

Davanti alla camera dove avevano ricoverato Naruto, un capannello di infermiere e pazienti curiosi faceva la spola davanti alla porta semichiusa della stanza, ridacchiando di tanto in tanto.

Vi si avvicinò, incuriosito, e non poté fare a meno di sorridere sinceramene contento.

Sasuke si era finalmente deciso ad entrare, ed ora, i due litigavano e si stuzzicavano a vicenda come al solito, come non fosse successo nulla, quasi un anno intero non li avesse mai separati e i due non avessero fatto altro che stare insieme da una vita intera.

E finalmente, la consueta luce che li caratterizzava, tornò a brillare negli intensi occhi azzurro cielo di Naruto.

 

 

Fine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Amado: porte scorrevoli esterne, fatte di carta di riso, con le quali si chiude la casa di notte. Solitamente danno sulla veranda che è posta tutt’intorno alla casa, e poi sul giardino interno.

 

 

Note: dunque, come credo sia abbastanza chiaro, il colore che ho scelto è “Sky Blue” ( azzurro cielo ), in relazione al colore degli occhi di Naruto.

Il personaggio che mi era stato assegnato è Kakashi. Non è il protagonista, ma in realtà non ve n’è uno in particolare: la storia ruota, più o meno, intorno a tutto il team 7, seppur i personaggi presi più in considerazione siano Naruto, Sasuke e Kakashi. Ammetto che Sakura è trattata un po’ più marginalmente.

Capisco che il ritorno “non giustificato” di Sasuke possa disorientare leggermente, ma non mi sono dilungata su questo argomento poiché non era nel mio interesse. Ciò di cui volevo occuparmi, non riguarda quell’aspetto della storia. È un’eventualità ipotetica ( in cui, in fondo, spero io stessa), fra le tante varianti. Nella situazione corrente, dove l’attenzione è focalizzata su tutt’altro, “ il ritorno di Sasuke”, è quello che possiamo definire “ un’altra storia…”.

Per il resto, non ho null’altro da aggiungere; credo che il messaggio, e ciò che debba essere compreso, salti fuori con sufficiente semplicità e trasparenza. La mia intenzione è che chi legge ci arrivi da sé, senza una mia esplicita spiegazione. Il messaggio deve giungere chiaro e diretto, nella sua profondità, nell’immediato.

È una storia breve e semplice, senza troppe pretese, però da non fraintendere e sottovalutare: tratta temi delicati e di difficile esposizione. Spero che questo sia chiaro. 

 

 

Desidero, inoltre, ringraziare NaruYondaime, Talpina Pensierosa e Capitatapercaso per le loro recensioni.

Con questo, concludo. Grazie per l’attenzione. Saluti, Izayoi007

 

 

 

 

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