I need pie

di UuLinda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Quando Dean Winchester si era svegliato quella mattina, non avrebbe mai potuto immaginare che la sua giornata potesse diventare tanto brutta tanto velocemente.
Era un martedì come tanti, e come tutti i martedì si era svegliato presto, aveva fatto la doccia, si era vestito ed era sceso alla caffetteria sotto casa per la sua fetta di torta. Ed ecco che lì era avvenuto il fattaccio.
Nel Caffè c'era molta gente: chi in giacca e cravatta per prendere il proprio espresso prima del lavoro, chi in tenuta da jogging di ritorno da una corsa nel parco. E poi c'era Dean, con la sua giacca di pelle, jeans e maglietta dei Metallica.
La fila procedeva lentamente; nel caldo della caffetteria sembrava di stare all'Inferno. Dean smaniava per la sua colazione, uno dei pochi vizi che si concedeva ogni giorno e di cui non poteva fare a meno. Quando finalmente venne il suo turno, capì la causa della lunga fila. Un ragazzo con degli incredibili occhi blu pieni di panico lo fissava da dietro il bancone. Sicuramente uno nuovo.
"Un caffè lungo e una fetta di torta."
Il ragazzo, il cui cartellino lo identificava come Castiel (Davvero?! Ma che razza di nome è Castiel?), prese impacciato un bicchiere di carta, riuscendo nel contempo a farne cadere un'intera colonna e arrossì.
"Nome?" La voce bassa e roca avvolse la mente di Dean, che dopo un attimo di turbamento si riscosse e glielo disse.
Castiel lo scrisse sul bicchiere, che passò quindi al ragazzo alla grande macchina dietro di lui. Poi si spostò dal bancone al frigo torte... ed è qui che Dean si arrabbia sul serio. Esistono poche cose in grado di far arrabbiare Dean Winchester, ma sicuramente la più grave era questa: la torta era finita.
"Mi dispiace. Non c'è più torta"
La voce di Castiel si fece largo nella mente di Dean, che però riuscì solo a dire "Cioè?"
Il tono allarmò Castiel, che fissando lo sguardo negli occhi verdi di Dean provò a calmarlo. "Mi dispiace. È finita un attimo fa. Magari vuole qualcos'altro..."
Nonostante la mente di Dean avesse registrato le parole dell'altro distorcendole in una proposta indecente (l'effetto di guardare troppi porno, sicuramente), queste non ebbero alcun effetto. Dean sembrava in stato di shock.
Molti di fronte a questa scena si sarebbero arrabbiati o spazientiti, ma non Castiel, che era a detta di tutti un vero angelo.
Quindi, armandosi di pazienza e non poco imbarazzo, fece "Se è disposto ad aspettare qualche minuto, trovo il modo di fargli avere la sua torta."
Questo riuscì a penetrare lo stato catatonico in cui era immerso Dean, che si riscosse con un sussulto. "Oh Dio sì. Aspetto. Sono... mi metto a quel tavolo là."
E, preso il caffè, si diresse ad una poltroncina nell'angolo del locale.
Quando, una decina di minuti dopo, Castiel lo raggiunse, lo trovò in uno stato penoso, immobile a sorseggiare il suo caffè, con lo sguardo perso nel vuoto.
"Ecco la tua torta."
Il sorriso accennato sul volto di Castiel mutò in uno sguardo di meraviglia quando a quelle parole Dean si illuminò completamente.
Gli occhi dei due collisero e Castiel rimase ancor più stupefatto nel vedere che l'altro era veramente felice. Per una fetta di torta.
"Come hai fatto a trovarla? Mi hai salvato dalla perdizione!"
Castiel ebbe l'impulso di sedersi davanti a Dean, ma era reticente. Vedendo la sua lotta interiore, Dean gli fece segno di accomodarsi. E mentre addentava il suo angolo di paradiso (la torta), Castiel si fece coraggio e disse "Ne avevo fatte altre, ma non erano ancora pronte. Il tempo di cottura è piuttosto lungo."
Dean si pietrificò con un boccone a mezz'aria e la bocca aperta. Castiel rimase interdetto, non capiva la sua reazione. Ma fu tutto più chiaro quando Dean se ne uscì con "Tu fai le torte?! Tu?"
"Non capisco a cosa ti riferisci"
Dean, vedendo la confusione sul volto di Castiel, si spiegò "Vengo tutti i giorni qui solo per questa torta. È la fine del mondo. Mi sono sempre immaginato che a farla fosse una dolce vecchietta grassa o una catena di montaggio..."
"Oh no no! L’ho sempre fatta io! Solo che oggi si è ammalato Steve, il commesso, quindi ho dovuto sostituirlo alla cassa."
"Meglio per me! Altrimenti non avrei mai avuto la mia fetta."
L’ultimo morso e la torta era finita. Dean aveva un’espressione così soddisfatta da rendere Castiel orgoglioso di sé. Gli piaceva quello strano ragazzo; gli veniva naturale parlare con lui. Quindi parlarono. Stettero un’infinità a quel tavolo a conversare del più e del meno.
Quando infine Dean si alzò, Castiel ebbe un attimo di panico: non voleva che finisse. Qualunque cosa fosse, non voleva finisse adesso.
"Purtroppo devo andare. Devo pur guadagnarmi i soldi per mangiare la tua torta. " disse Dean ammiccante.
Castiel, seppur con rammarico, lo seguì, alzandosi in piedi.
"Per oggi non ti preoccupare, offre la casa."
Dean lo scrutò per un attimo, quindi gli prese la mano stringendola con forza "Grazie Cass."
Le guance di Castiel si tinsero di rosso a quel soprannome e rimase imbambolato fino a quando Dean non arrivò all’uscita del locale.
"Ah Cass, a domani!" e scomparve dietro la porta.
Castiel rimase un attimo a fissare il punto dov’era scomparso Dean; non era la prima volta che lo faceva. Mesi prima aveva notato quel ragazzo dagli occhi verdi e il sorriso affascinante dal retro del locale, dove non poteva essere visto. E da allora lo aveva aspettato ogni giorno, seguendolo con lo sguardo, senza sapersene spiegare il motivo.
"Dean."  
Il solo sussurrarlo gli faceva martellare il cuore.
Non vedeva l’ora che fosse il giorno dopo.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Quando la mattina dopo Dean non si presentò al Caffè, Castiel si preoccupò molto.
Come per un trauma, nelle sua mente passarono tutte le cinque fasi, quelle dell'elaborazione del lutto: prima la negazione (sarebbe arrivato, magari è solo in ritardo), poi la rabbia (mi ha promesso che sarebbe venuto!), la contrattazione (magari potrei andare a cercarlo), quindi la depressione (non verrà mai, è tutta colpa mia, non avrei mai dovuto parlargli), per finire con l'accettazione.
Pensava di aver fatto intuire troppo, della sua ossessione per Dean Winchester, e che per questo il ragazzo si fosse volatilizzato nonostante l'amore per la sua torta. Anzi, probabilmente lo avrebbe odiato per avergli tolto la possibilità di mangiarla senza essere a disagio (conclusione del tutto improbabile, ma scusatelo, è traumatizzato).
Quindi, con il cuore a pezzi, spense le luci del negozio e si preparò a chiudere.
Dopo aver controllato che fosse tutto al proprio posto, tirò giù la serranda, ma venne bloccato da una voce debole, dietro di sè.
"Posso avere una fetta di torta?".
Castiel si girò in un secondo, gli occhi fuori dalle orbite, e davanti a lui si stagliò un'immagine bella e orribile allo stesso tempo: bella perché Dean era lì, magnifico come sempre col suo sorrisetto strafottente; orribile perché il sorriso era pieno di dolore e i suoi vestiti di fuliggine. Ad un primo sguardo il ragazzo poteva sembrare normale, ma Cass era abbastanza vicino da sentire l'odore di bruciato che emanava.
Quando Dean fece un passo avanti, cadde come un sacco sul marciapiede e lì rimase. Castiel, impaurito, corse verso di lui e si inginocchiò al suo fianco.
"Che ti è successo? Dean!"
"Mmpnf"
"Che?"
"Mpppffzzz..."
Quando Castiel riuscì a girarlo sull'asfalto del marciapiede, Dean aveva gli occhi chiusi e russava, già con un filino di bava alla bocca.
Cass rimase incantato a guardarlo, ma si riscosse subito guardandosi attorno, per non dare l'impressione di essere un pervertito che fissa gli altri dormire, per di più in mezzo alla strada. Non c'era nessuno in vista.
"E ora che faccio?"
Provò a scrollargli una spalla, ma l'unica risposta fu un borbottio irritato. Di sicuro non poteva lasciarlo là per terra.
“Uff."


Quando Dean aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il bianco. Era girato sul fianco su di un letto e tutto ciò che vedeva era un armadio bianco accanto ad una finestra dalle tende bianche.
Dove diavolo era finito?!
Quando riuscì a girarsi, con un po' di dolore, vide blu. Degli enormi occhi blu lo fissavano da pochi centimetri di distanza.
"Cass?"
"Come stai?"
Dean ci mise un po' a capire la domanda: quegli occhi, così vicini, così blu, oltre a quella voce profonda e preoccupata gli mandarono in pappa il cervello per un momento. Quando si riprese riuscì a rispondere con voce roca "Mai stato meglio", per poi iniziare a tossire come un dannato.
Castiel lo guardò scettico.
"Ok, forse non benissimo..." disse quando si riprese, "ma dove sono?".
Le guance di Cass si imporporarono "ecco, ehm... sei a casa mia."
"Abbiamo fatto sesso?"
Fu il turno di Cass di tossire come un dannato. Intanto Dean si mise a ridere, facendo capire ad un rossissimo Cass che stava scherzando.
Quando però a Dean venne in mente la sera precedente, il sorriso si spense sul suo volto, sostituito dallo shock e dal dolore. Cass, ancora imbarazzato, guardava da un'altra parte, ma nel momento in cui si accorse del pesante silenzio si fece serio e con uno slancio abbracciò Dean, che rimase rigido per la sorpresa. Quando iniziò a tremare, Castiel lo strinse ancor più forte, ed allora Dean si sciolse, ricambiando l'abbraccio con emozione.
"La mia casa... è andata"
Fu il turno di Cass di irrigidirsi: "In che senso?"
"Un incendio... "
"Mi dispiace tanto, Dean."
L'abbraccio di Cass era diventata l'unica cosa in grado di tenere Dean intero; sentiva che se lo avesse sciolto, anche la sua vita si sarebbe sfatta e sarebbe scoppiato a piangere come un bambino. Quindi strinse la maglia del moro con tutte le sue forze.
Dopo qualche minuto, quando Castiel sentì Dean più tranquillo, lo lasciò, sciogliendo l'abbraccio. Dean fece ricadere le braccia ai lati del corpo, come una marionetta a cui erano stati tagliati i fili, ma, dopo un sospiro profondo, alzò lo sguardo deciso.
"Devo andare."
Cass si fece prendere dal panico, iniziando a girare per tutta la stanza "Dove vuoi andare? Non è meglio prima una doccia? Hai fame?" E in un momento di lucidità, disse la cosa giusta: "Magari vuoi una fetta di torta?"
Dean alzò lo sguardo attento, lo fissò intensamente e sorrise come una sposa il giorno delle nozze (figuratevi che da bambino aveva sognato di sposarsi con una torta, ve lo giuro).
"Ebbene, fammi strada." E scostate le lenzuola, si alzò agile in piedi... ritrovandosi senza pantaloni. Dean, confuso, si guardò attorno, ma non trovandoli in tutto quel bianco si rivolse al ragazzo "stavolta te lo chiedo seriamente: abbiamo fatto sesso?"
Cass, ritornando del colore dei pomodori, si passò nervosamente una mano tra i capelli.
"No... eri svenuto!"
"Vuoi dire che se non lo fossi stato lo avremmo fatto?"
Il sorrisetto malizioso di Dean stava rendendo complicata la respirazione del povero Castiel, che non capiva se stesse scherzando.
Nel dubbio, evitò la domanda, la cui risposta avrebbe probabilmente sconvolto Dean , e riportò la sua mente all'ordine, ma non prima di aver immaginato parecchie cosette interessanti. Sì, molto interessanti... Ehm ehm.
"I tuoi pantaloni sono ad asciugare, la torta è in cucina, seguimi."
Dean, notando il cambio di argomento, sorrise divertito, facendo segno a Cass di fargli strada. Quindi lo seguì lungo un corridoio, con lo sguardo fisso sul di dietro del ragazzo.
La sua mente stava decisamente apprezzando, così come un'altra parte del suo corpo, e se da un lato la cosa lo intrigava, dall’altro lo scioccava non poco: lui non era gay, dannazione! La sua reputazione con le ragazze era più che invidiabile. Il perché di questo improvviso interesse gli era estraneo, ma ebbe ben poco tempo per pensarci, perché l’odore della torta lo richiamò all’ordine.
Quando alzò lo sguardo, Dean si ritrovò in una spaziosa stanza… bianca.
“Cos’è questa fissa per il bianco?”
Cass, che nel frattempo si era chinato sul forno per controllare lo stato della torta, si rialzò di scatto, guardandosi attorno imbarazzato “Mi tranquillizza…”
Dean lo guardò dubbioso, ma non fece commenti.
“Siediti, la torta è quasi pronta, ti prendo i pantaloni intanto.” E, detto questo, uscì dalla cucina per rientrare subito dopo coi jeans di Dean, che indossò in un attimo. Dopo aver chiuso la zip, rialzò lo sguardo e notò che quello dell’altro era fisso su di lui. Beh, più precisamente sulla sua patta. Cass, smascherato, si schiarì la gola in imbarazzo e si curvò sul forno per estrarre la torta, dando di nuovo spettacolo per la mente perversa di Dean.
Quando si rialzò, aveva una magnifica torta tra le mani. Dean si sedette su una sedia, ovviamente bianca, e aspettò con impazienza che Castiel tagliasse la torta. Batteva il piede a terra come un bambino, tanto che Cass ebbe paura che se non avesse fatto in fretta gli sarebbe saltato addosso.
Finalmente la fetta fu posta davanti a Dean, che ci si buttò con tutto il suo entusiasmo, ustionandosi mani e lingua. Una volta spazzolato il piatto, fece un sospiro con soddisfazione e si mise le mani sulla pancia, come una mamma che ha appena scoperto di essere incinta. Cass intanto lo guardava tra il divertito e l’incantato.
Sentendosi gli occhi addosso, Dean alzò lo sguardo in quello dell’altro e fece serio “Non so davvero come ringraziarti.”
Castiel sapeva che non si stava riferendo solo alla torta. Quello strano ragazzo aveva sconvolto la sua routine nonché la sua mente; era capace di fargli perdere la calma con uno sguardo, quella calma che aveva sempre ricercato nella sua vita. Eppure, non si era mai sentito meglio, o più vivo. Sapeva che non sarebbe potuto tornare quello di prima. E nemmeno voleva.
Quello che voleva, più di qualunque cosa avesse mai desiderato, era conoscere Dean Winchester, entrare nel suo mondo e diventarne parte essenziale.
Quindi rispose “Raccontami tutto.”

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Capitolo 3
*** 3 ***


"Raccontarti? Non penso sia giusto coinvolgerti..."
Cass si incupì; sapeva che non erano affari suoi, che conosceva Dean da due giorni di numero e che non aveva alcun diritto di pretendere spiegazioni, ma non poteva farne a meno.
"Ti prego, voglio solo aiutarti."
Dean era combattuto: se da un lato voleva raccontare tutto a quello strano ragazzo che gli ispirava una inusuale fiducia, dall'altra aveva paura che ciò che avrebbe detto avrebbe potuto metterlo in pericolo.
Dopo interminabili secondi di silenzio, Cass si fece avanti dicendo "Dean, non voglio costringerti, ma io mi sento già coinvolto e in più non ho intenzione di abbandonarti adesso."
Dean sentì un lieve tepore allargarsi nel petto a quelle parole, ma non poteva lasciarsi condizionare dalle proprie emozioni, non quando c'erano delle vite in gioco. Quindi scacciò indietro il falso senso di sicurezza che sentiva e scosse la testa.
"Non capisci, non è perché non mi fidi di te o altro, ma questo potrebbe metterti in pericolo, ed io non posso permetterlo."
Castiel lo guardò coi suoi occhioni blu da cucciolo ferito, fissandolo senza battere ciglio.
"Ti prego."
Dean cercò di spostare lo sguardo, ma non ci riusciva: quegli enormi occhi lo avevano come ipnotizzato e senza neanche accorgersene cominciò a parlare.
"Quando ero piccolo mia madre morì a causa di un incendio, mentre io e mio fratello ci salvammo per miracolo. Si scoprì poi essere stato un incendio doloso, e da allora mi sono promesso che avrei preso il responsabile e impedito che altri subissero quello che abbiamo subito noi. Per questo sono diventato prima pompiere e poi investigatore antincendi. Nell'ultimo mese si è verificata una serie di incendi dolosi che ho scoperto essere collegati, ma a quanto pare il responsabile mi ha preso di mira, infatti la scorsa notte hanno dato fuoco a casa mia. E non volevo coinvolgerti per paura che possa capitarti qualcosa."
Dopo aver detto tutto in un fiato, finalmente Dean riuscì a distogliere lo sguardo dagli occhi di Cass, che al procedere del racconto si erano scuriti sempre più per la preoccupazione.
Mentre Dean non capiva come avesse potuto raccontare tutta la sua vita ad uno sconosciuto e stava dando la colpa a qualche tipo di stregoneria, Cass non sapeva che dire.
Continuava a fissarlo come in shock, con le labbra semi aperte per la sorpresa. Mai si sarebbe immaginato una storia simile, e venire a sapere che Dean era in pericolo e che qualcuno aveva tentato di ucciderlo, perché è di questo che si trattava, lo faceva stare male.
Il primo a riprendersi fu Dean, che con uno scatto si alzò dalla sedia, lo fissò intensamente e disse deciso "ti ringrazio per tutto, davvero, ma devo andare."
E, guardandolo per l'ultima volta, si diresse alla porta di casa e poi fuori, richiudendosela alle spalle con un tonfo soffocato.
Il rumore riuscì a scuotere Cass, che era rimasto a fissarlo shockato senza dire una parola. Realizzò in un attimo che Dean se ne era andato e che avrebbe potuto non rivederlo mai più.
Quindi, prese le chiavi di casa, lo rincorse giù per le scale.

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