La Guardiana della Foresta || Squadra Speciale Cobra 11||Alex Brandt fanfiction

di messy01
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***



 

Pov. Melissa.

Corsi dentro al villaggio. Schivai alcune persone che combattevano e mi diressi verso la capanna dove vivevo con i miei amici.

Il Popolo degli Alberi ci aveva attaccato di nuovo, e noi Popolo del Cielo cercavamo di stabilire una pace, una pace che non durava a lungo.

Alcune case erano andate a fuoco e il fumo usciva copioso, alimentato dall'aria.

Presi una lancia e la passai ad un guerriero lì vicino che aveva bisogno di una mano. Dopodichè ritornai a correre.

Eravamo riusciti a sopravvivere ancora una volta, ma il nostro villaggio era stato saccheggiato e quasi raso al suolo. Speravo solo che Lincoln fosse vivo. Octavia Blake la mia amica, stava assieme a lui. Octavia faceva parte del Popolo del Cielo come me, mentre Lincoln faceva parte del Popolo degli Alberi. Si era rifugiato con la nostra gente per scappare dalla sua. Gli davano la caccia solo perchè stava con Octavia. Popolo rivale significava stare dalla parte del nemico.

Il Popolo degli Alberi era violento e crudele, e aveva sviluppato usi, costumi e lingua diverse dalla nsotra che parlavamo la lingua tedesca. Sì perchè tutto questo si trova nascosto nelle foreste della Germania, al largo dalla civiltà umana. La città più vicina era Colonia e a volte ci andavo solo per lo stretto necessario.

La Nazione di Ghiaccio era ancora più cruenta, e proprio dal nome si poteva capire la loro morale.

Mio padre era scomparso cinque anni prima, quando era iniziata la fase più disastrosa della guerra. Era il comandante del nostro esercito, riforniva armi e addestrava i novellini che volevano fare parte della legislazione. Avevano attaccato lui per primo, assieme ai nostri soldati, decimandone a centinaia, pensando che quello fosse il punto strategico. E infatti lo era. Ora mio padre era scomparso, lo avevo cercato da tutte le parti, arrivando alla conclusione che fosse morto.

Mia madre invece era morta torturata da Azgeda*, quando io ero bambina. C'erano sempre stati degli attacchi durante la mia infanzia ma la cosa non era mai degenerata. Gli altri 12 clan volevano la nostra terra ed avevano cercato di proclamarla come loro, ma non ci erano riusciti.

Non avevo sorelle o fratelli. Avevo solo Lincoln e Octavia. Io e Octavia ci conoscevamo da quando eravamo bambine, lei aveva un fratello di nome Bellamy Blake, ed era una guardia anche lui. Io avevo 17 anni, Octavia 18. Bellamy 23 e Lincoln 22.

Io e Octavia avevamo una migliore amica di nome Sara, anche lei uccisa durante la guerra.

Tutti quelli che mi rimanevano erano Octavia e Lincoln, non potevo perdere anche loro.

Entrai nella nostra baita e corsi su le scale. Aprii tutte le stanze ma non  c'era ombra di Lincoln. Aprii la porta della sua camera e trovai Octavia con un tizio che le puntava un coltello alla gola.

Tirai fuori il mio coltello e mi misi in posizione di difesa, o almeno era quello che pensavo.

-Non ti muovere o la uccido.- disse l'uomo davanti a me.

-Ok, non farle del male.- dissi io.

Octavia era imbavagliata e con le mani legate davanti a lei, rendendole impossibile muoversi.

I capelli intrecciati come i Terrestri del Popolo degli Alberi usavano fare, le ricadevano leggermente disordinati sulla fronte.

Lincoln ci aveva insegnato a combattere, e adorava acconciarci i capelli come la sua gente usava fare.

Octavia non si definiva parte del Popolo del Cielo come me, visto che non avevamo quasi più nulla a cui legarci. Preferivamo stare dalla parte di Lincoln, che ci proteggeva quando avevamo bisogno.

Abbassai il coltello e lo misi per terra.

-Ok, ho abbassato il coltello, ora lasciala andare.- dissi io cercando di dissuaderlo.

Il tipo non rispose.

-Tu sei Roan, principe di Azgeda. Vero?- dissi smascherandolo.

-Sì, sono io. Io e i miei amici abbiamo preso Lincoln, e ora prenderemo anche lei.- disse premendo leggermente il coltello sulla sua gola.

-Spostati e fammi passare, oppure le taglio la gola.- disse spostando il coltello dal collo alla spalla e praticando un taglio di una decina di centimetri.

-Ok, ok. Non farle del male.

Roan si avvicinò e mi pugnalò sopra all'anca sinistra. Un gemito di dolore uscì dalle mie labbra, caddi a terra con il pugnale ancora conficcato.

-Octavia!- urlai verso Roan che la stava portando via.

Ma la testa iniziò a girarmi e tutto divenne buio.

 

-Tre giorni dopo.

Aprii gli occhi accecata da una forte luce bianca.

-Sono all'inferno, per caso?- pensai tra me e me.

-No, non sei all'inferno.- disse una voce familiare facendomi capire che avevo parlato veramente.

-Sei nell'infermieria. Abbiamo dovuto portarti qui per poterti guarire.- disse Jackson, l'infermiere.

Abby Griffin, il medico, entrò dentro alla camera.

-Ok, Melissa. Ora voglio fare qualche test. Devi dirmi quando senti l'ago.- disse la donna tirando fuori un ago.


Me lo passo' su tutta la gamba destra compresa la pianta del piede.

-Ai.- mi lamentai.

-Bene. l'hai sentito. Ora la sinistra.

Me lo passò una volta ma non sentii nulla. Non sentivo proprio la gamba da sopra il ginocchio in giù. Me lo passò un'altra volta sotto la pianta del piede, ma nulla.

-Perchè non lo sento?- chiesi allarmata.

-Ci sono stati gravi lesioni ai nervi della gamba sinistra. Wick ti ha già costruito un tutore con cui potrai camminare, sennò dovrai usare le stampelle.

-Ok, datemi un po' di tempo da sola.- dissi implorando loro di uscire.

Sentivo un vuoto nel petto. Octavia e Lincoln erano chissà dove là fuori mentre io ero bloccata lì.

Presi il tutore che era stato appoggiato sul mio letto e me lo infilai.

Mi tolsi il camice verde dell'infermeria e mi rivestii con i miei abiti puliti e stirati dentro una borsa al fondo del letto.

Mi allacciai gli stivali di cuoio e mi infilai la giacca.

Feci attenzione a non cadere, tirai su il cappuccio della felpa per non farmi riconoscere e mi avviai fuori dall'infermieria.

Uscii all'aria aperta. Alcune case erano state distrutte, altre rase al suolo e altre ancora incendiate. Le loro famiglie piangevano i loro morti, mentre i soldati rimasti iniziavano a ricostruire il villaggio.

Entrai nel centro di amministrazione del villaggio ed entrai nella stanza vicina alla sala riunioni.

-Octavia Blake e Lincoln sono scomparsi.- disse una guardia.

-Lo so, ma le varie circostanze non ci danno modo di agire.- disse il Cancelliere Kane.

-Che cosa sta dicendo? Mia sorella è sparita e lei la lascia là fuori a morire?- disse la voce di Bellamy

-Da come abbiamo deciso è meglio se rimaniamo tutti uniti. Nessuno può lasciare il campo fino a nuovo ordine.- disse la voe di Abby.

-Non abbiamo abbastanza truppe per andarli a cercare e ricostruire Arkadia. Non se vogliamo sopravvivere a questa guerra.- disse Kane.

-Fin troppe persone sono morte, dobbiamo fare qualcosa!- urlò Bellamy.

-Mi dispiace, ma questo è l'ordine. Chi disubbidirà verrà arrestato.- dichiarò il Cancelliere.

Uscii determinata da lì e mi avviai verso la mia capanna. Fortunatamente non era stata incendiata.

Non me ne ero resa conto prima, ma era tutto in disordine. I piatti erano stati buttati a terra rotti, i tavoli rovesciati e le credenze spezzate.

Con aria stravolta mi diressi verso camera mia. Presi una borsa e ci misi dentro dei vestiti e i miei risparmi.

Mi avviai poi nel vecchio studio di mio padre. Qui adorava collezionare armi e rifugiarsi dopo il lavoro.

Era da un po' di tempo che non entravo in quella stanza della casa.

Presi qualche coltello e pugnale e me li sistemai nei foderi della cintura.

Presi poi il machete che mi aveva regalato Lincoln per i suoi addestramenti e me lo fissai sulla schiena.

Mi avvicinai alla scrivania di mio padre. Aprii il primo cassetto.

Documenti, documenti.

Cercai negli svariati cassetti, ma non trovai nulla. Poi mi girai verso il tavolo accanto al muro.

Aprii i cassetti e frugai dentro.


Finalmente trovai la sua agenda. La aprii e cercai tra i nomi.

-Semir Gerkhan, sto arrivando.

 

-Semir! Suonano al campanello!- urlò un ragazzo dentro all'appartamento.

Un ragazzo dagli occhi di ghiaccio, alto magro e capelli castani corti mi aprì la porta. Avrà avuto meno di 23 anni.

-Salve, sto cercando il poliziotto Semir Gerkhan.- dissi io.

-Sì, io sono il suo collega Alex Brandt.- disse lui.

-Alex, chi è?- chiese un uomo più basso di me con occhi e capelli castani dai tratti asiatici, affacciandosi alla porta.

-Sono Melissa, la figlia di Cristopher Argent. Voi due mi dovete aiutare.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


-E perchè dovrei aiutarti?- chiese Semir mentre camminavamo nella foresta.

-Perchè oramai ci sei dentro anche tu, mio padre mi ha raccontato della tua lealtà. Non sei un semplice poliziotto, sei un uomo d'onore.- risposi io.

-Anche tuo padre lo era.- disse Semir fermandosi.

-Lo so.- dissi guardandolo priva di espressione.

-Mi ricordo di quando è scomparso. Eri una bambina, guarda quanto sei cambiata in cinque anni. Ho lavorato al suo caso per trovarlo, ma anche se ho combattuto per non farlo mi hanno obbligato a chiudere il caso.

-Bhe, non sono più una bambina. So prendermi cura di me stessa.- dissi ripartendo.

-Sì, l'avevo notato.- disse Semir piano.

-Dove stiamo andando?- chiese Alex, il suo collega.

-Ci sono chilometri di foresta da attraversare per arrivare all'interno del loro territorio. Ci sono un mucchio di pericoli da affrontare, ci sono i Trikru, ci sono i Mietitori, uomini cannibali che non si sa come si trasformino in ciò. Vi sto chiedendo di aiutarmi, ma non siete obbligati. A pochi chilometri da qui c'è un capanno di caccia, mio padre mi raccontava che andavate a volte quando catturavate qualche animale per divertimento. Passeremo lì la notte, ovviamente se non volete tornare indietro e uscire illesi da questa storia. La scelta è vostra.

-E che mi dici dei tuoi amici?- chiese Semir.

-Octavia è stata rapita dal principe degli Azgeda durante l'attacco davanti ai miei occhi. Lincoln non l'ho più visto da quando è sparita Octavia. Il tutto è stato tre giorni fa. Se non sono già morti tutti e due e Lincoln non è stato rapito anche lui, sarà alla ricerca di Octavia. Sono tutto quello che ho, non posso lasciarli morire.

-E la tua gente?- chiese Alex.

-Octavia e Lincoln, sono la mia gente. Gli Skaikru invieranno qualcuno a contrattare con il Comandante dei Trikru. Dubito che riusciranno a cavare una pace ora come ora. E per la cronaca, non sono una Skaikru.

-Perchè parli la lingua del Popolo degli Alberi?- chiese Semir.

-Me l'ha insegnata Lincoln, per sopravvivenza. La mia prossima mossa è quella di raggiungere il confine nemico ed entrare dentro. E se devo sporcarmi le mani per riavere indietro i miei amici, allora è quello che farò.

Il silenzio piombò tra di noi.

Arrivammo al capanno ed entrammo.

Una figura familiare si stanziava davanti al caminetto acceso.

Semir e Alex tirarono fuori le pistole puntandogliele addosso.

-No! Non sparate! E' un amico di Lincoln.

Semir e Alex si scambiarono uno sguardo.

Semir abbassò l'arma, ma Alex la mantenne.

Il guaritore dei Terrestri tirò fuori un machete da dietro la schiena in segno di difesa.

Misi una mano sul braccio di Alex e delicatamente glielo abbassai.

Per un momento tirai su i miei occhi nei sui color ghiccio e rimasi ammaliata. Distolsi lo sguardo e mi girai verso il gigante davanti a me.

-Ai laik Melissa kom Skaikru.*- dissi nella sua lingua. -Tu dovresti essere Rexo kom Trikru*. Sei amico di Lincoln, vero?

-Sì, vedo che parli un po' della mia lingua.- rispose lui mettendo via il machete.

-E' stato Lincoln, me l'ha insegnata.

-Dovresti farmi vedere la tua ferita, perchè stai sanguinando.- disse Rexo.

Mi guardai la maglietta sporca di sangue.

Mi avvicinai a lui e alzai la maglia di qualche centimetro.

-E' grave?- chiesi.

-Non so come tu abbia fatto ma, dovresti ringraziare Dio per essere ancora viva.- disse sollevando la garza.

-Ringrazia Roan kom Azgeda* se ce l'ho e se ho questo tutore alla gamba.

Mi girai verso Semir e Alex che avevano delle facce sorprese sul viso.

-Andate a cacciare qualcosa. Ci deve essere qualche cervo in giro.- ordinai.

Diedi loro il mio machete.

-Pulitelo dal sangue dopo.- dissi implorante verso la mia arma.

 Una volta usciti mi tolsi poi la maglietta in modo che il guaritore potesse lavorare meglio.

Rexo tamponò la ferita e mise un ungento per fermare il sanguinamento e favorire la cicatrizzazione. Mi mise poi una benda attorno alla vita per coprire la ferita.

-Grazie- dissi prendendo una maglietta pulita e mettendomela addosso.

-Roan mi ha pugnalato lacerandomi i nervi della gamba sinistra. Ora sono costretta a stare con questo o non riesco a camminare.

-Non penso che sia giusto quello che la mia gente sta facendo alla tua. La tua gente è piena di speranza, con buoni propositi, crede in Dio, mentre noi non siamo nulla di tutto questo. Oltre ad essere un guaritore sono anche un guerriero dell'esercito dei Trikru. La mia gente conosce solo violenza e morte. Voi invece cercate sempre di fare la cosa giusta, anche tu.

-Bhe, non tutti la pensano così, nemmeno la mia gente.

 

 

*Ai leik Melissa kom Skaikru= Mi chiamo Melissa del Popolo del Cielo

*Rexo kom Trikru= Rexo del Popolo degli Alberi

*Roan kom Azgeda= Roan della Nazione di Ghiaccio.

 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Pov. Melissa

Alzai lo sguardo verso il cielo stellato, consapevole in un'altra notte insonne. Avevamo acceso un fuoco davanti al capanno, e con delle coperte che avevo trovato, avevamo fatto dei sacchi a pelo.

Avevamo deciso di dormire all'aperto, in quanto il pavimento del capanno era marcio e dentro era pieno di umidità.

Eravamo a fine settembre, una notte in cui non faceva ne troppo caldo ne troppo freddo.

Rexo era partito poco dopo avere cenato con noi. La carne di cervo abbrustolita a fuoco lento era buona, soprattutto quando Semir ed Alex avevano quasi discusso per decidere come cacciarlo.

Ero seduta con le gambe distese e la schiena appoggiata ad un'albero. Intanto intagliavo il pezzo di legno tra le mie mani.

Ripartimmo all'alba, continuando a camminare in mezzo alla foresta sconfinata, io con la mia spada sempre sguainata.

Passammo così altri quattro giorni, fino ad arrivare ad una pista.

Arrivammo ad un villaggio abbandonato, o almeno così sembrava. Quando capii cosa avevamo davanti, Semir ed Alex decisero di tirare fuori le loro pistole.

-State attenti, potrebbe esserci ancora qualcuno nel villaggio.- disse Semir.

Ma io non lo ascoltai ed avanzai prima di loro.

Un'espressione di orrore si dipinse sul mio volto, sentendomi lo sguardo dei due poliziotti addosso.

I morti erano ovunque. Ovunque mi girassi c'erano dei cadaveri, e non sapevo che direzione prendere non sapendo dove mettere i piedi.

L'odore di sangue annebbiava l'aria, assieme al ronzio delle mosce sopra i corpi.

-Ehi, c'è qualcuno qui. E' vivo.- disse Alex.

Riverso a terra vicino ad Alex, stava un ragazzo con capelli scuri intrecciati accuratamente.

Mi precipitai verso di loro.

-Come ti chiami?- chiesi notando che sanguinava.

Misi una mano sulla ferita all'addome, cercando di fermare l'emoraggia anche se inutilmente.

-Artigas del Popolo degli Alberi. Sono stati gli Skaikru, ragazza del cielo.- rispose lui.

-Perchè?- chiese Semir. -A quale scopo?

Artigas non rispose. Estrasse qualcosa dalla sua tasca e me la mise in mano.

-Che cosa significa?- chiese Alex.

-Non avere paura.-, continuò Artigas ignorando Alex. -La morte non è la fine.

-Chi ti ha detto questa frase? Chi ti ha dato questo oggetto?- chiesi. Artigas iniziò a boccheggiare, mentre il sangue iniziava a uscirli leggermente dalla bocca e gli bagnava le labbra.

-Ai gonplei ste odon.-, con questo disse le sue ultime parole.

-No, non puoi morire!- dissi obbiettando.

Lo sguardo di Artigas, oramai vuoto, era puntato nel mio.

-Yu gonplei ste odon.- disse Semir che sapeva leggermente quella lingua grazie ai trascorsi con mio padre, mentre gli chiudeva gli occhi.

Guardai ancora l'oggetto che mi aveva messo in mano, poi mi alzai, cerando di non far vedere che ero scossa.

-Vado ad accendere il fuoco.- dissi avviandomi all'esterno del villaggio, cercando di non guardare nessuno dei morti.

Una volta trovato un posto abbastanza distante dal massacro, decisi di posizionare lì la legna raccolta qua e là.

Feci una pira di legna disposta verticalmente a vulcano, con il centro libero. Presi un bastoncino e con un altro legato ad una cordicella scorrevole posto in verticale, lavorai il legno finchè dal buco formato non usciva del fumo. Avvicinai così della paglia e ci soffiai sopra. Nel farlo sentii lo sguardo di Alex su di me.

Una volta che la paglia ebbe preso fuoco, la presi e la spostai velocemente al centro del cerchio di legna. Soffiai sopra ancora una volta, così il vulcano di legna prese definitivamente fuoco.

Anche quella sera non riuscii a dormire.

Continuavo a rigirarmi tra le mani l'oggetto che mi aveva dato Artigas, una punta di freccia d'argento con un giglio sopra, simbolo della famiglia Argent.

Il mio fiato caldo formava sbuffi di vapore in quella partcolarmente fredda notte.

Sentii qualcuno svegliarsi, così lo misi via nella tasca del mio giacchino di pelle. Presi la mia spada e iniziai ad aaffilarne la lama.

Alex si alzò e venne nella mia direzione.

-Non dormi?- chiese lui.

-Raramente riesco a dormire.- dissi guardando le fiamme del fuoco.

-C'è un bel cielo stellato non credi?- chiese lui.

-Sì, se vai al fiume qua vicino, puoi vedere il riflesso della luna sull'acqua. E' carina come cosa.

Alex si avviò, mentre le parole di Artigas mi risuonavano nella mente.

"Non avere paura, la morte non è la fine". Quella frase me la diceva sempre mio padre, fino a quando cinque anni prima era stato rapito.

Semir si svegliò anche lui, e venne a sedersi davanti al fuoco, opposto a me.

-Come mai sveglia?- chiese Semir.

-Non riesco a dormire. E' così tutte le notti, raramente capita che io ci riesca.- dissi.

-Sei molto cambiata da quando è scomparso tuo padre. Adesso sei quasi sempre concentrata, una volta eri sempre allegra, sorridevi sempre.- disse Semir toccando dei tasti che non volevo facesse. -Sembra quasi che tu ti sia costruita una corazza. Una gabbia in cui hai rinchiuso te stessa, i tuoi sognie e le tue emozioni in modo da essere forte. Che cosa ti è successo?

-Tu sai della scomparsa di mio padre, di come sia improvvisamente scomparso nel nulla.- dissi seguita da Semir che annuiva.

-Il problema è perchè sia scompaso, giusto?- chiese lui.

-Improvvisamente certamente, ma lui stava cercando il resto della mia famiglia, mia madre, mia sorella e mio fratello. Mia madre era venuta a sapere che lui era scomparso, ma era solo una trappola. Io e mio fratello siamo andati con lei, ma siam stati catturati. Solo allora mio padre è partito per cercarli e da lì è scomparso veramente.

Mi fermai cercando di regolare le mie parole, come avevo sempre fatto.

-Ti prego, continua.- disse lui.

Sentii alle mie spalle come se ci fosse qualcuno che ci osservava, ma era solo un presentimento, così ignorai leggermente la mia gabbia interna e continuai.

-Mia sorella Costia, era legata sentimentalmente a Lexa, la Comandante dei Trikru. Fu rapita dalla Regina di Ghiaccio degli Azgeda, che pensava sapesse i suoi segreti. L'hanno torturata, uccisa e le hanno tagliato la testa, mandandola nel letto della Comandante.- la mia voce era ancora abbastanza normale, mentre le emozioni stavano affiorando.

-E sai che cosa hanno fatto a mio fratello Francis? Prima lo hanno ucciso a sangue freddo davanti ai miei occhi, mentre cercava di difendermi, poi gli hanno tagliato la testa e al suo posto gli hanno cucito quella del suo lupo. E mia madre? Hanno detto di averle tagliato la gola fino all'osso, per poi gettarne il corpo nel fiume.

Una lacrima mi solcò la guancia, ma io la asciugai velocemente.

-Melissa, mi dispiace per quello che hanno fatto alla tua famiglia, ma se c'è ancora qualche possibilità che tuo padre sia vivo, io giuro che ti aiuterò a ritrovarlo, così come ti aiuteremo a trovare Octavia e Lincoln. Melissa, devi capire che questo è un posto fratturato dall'odio e dalla sfiducia, e non hai bisogno di avere quella corazza, che non riesci a mantenere intatta ogni volta che qualcosa ti ricorda i tuoi familiari. Tu sei già forte.

-Io non mi sento così.- obiettai.

-Bhe, invece lo sei. Vedrai che quando lo realizzerai le cose andranno meglio.- disse Semir.

Passammo un attimo di silenzio. Continuavo a guardare le fiamme, sentendo ancora quella presenza dietro di me, negli alberi.

- Ogni notte, quando provo a dormire non faccio altro che pensare a come sono morti.

Sentii dietro di me i passi di Alex provenire dagli alberi.

Mi alzai, riinfilai la mia spada nel fodero e me ne andai, diretta verso il fiume.

Alex, che forse era lui la presenza dietro gli alberi e che quindi aveva sentito tutto, cercò di seguirmi. Semir però lo fremò.

-No, non sta scappando. Ha solo bisogno di spazio. E tempo.

Mi sciacquai il viso con un po' di acqua gelata, consapevole che proprio in quel fiume avevano gettato il corpo di mia madre, che il suo sangue ne aveva tinto le acque color cremisi, e che quindi il suo sangue ora era sia sulla mia faccia, come sulla mia coscienza, come per incolparmi ripetutamente della sua morte.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Pov. Melissa

 

Mi avvicinai di soppiatto all'albero, nascondendomi dietro di esso. Alex e Semir si nascosero in altri due rispettivi alberi.

Feci loro segno di fare silenzio per non farci sentire dagli altri Terrestri. Avevamo finalmente raggiunto uno dei gruppi più rilevante dei Trikru, il Popolo degli Alberi, vicino a Ton DC, il loro villaggio. Questa congregazione era guidata da Indra, una dei sotto comandanti più fidati della Comandante. Indra era inoltre stata la maestra di Lincoln nell'arte delle armi e della guerra; era lei che lo aveva reso un guerriero.

Raccolsi una pietra da terra e la tenni stretta in mano.

-Aspettatemi qui.- sussurrai ad Alex.

-Che cos..?- rispose lui, ma io ero già andata.

-Che cosa è successo al "Non prendere decisioni affrettate"?- disse Semir ad alta voce attirando la voce di un Terrestre.

Da dietro un'altro albero aspettai che fosse abbastanza lontano dall'accampamento, poi uscii allo scoperto dal mio nascondiglio.

Indra probabilmente spaeva che cosa era successo a Lincoln. Se quest'ultimo non era a cercare Octavia probabilmente era stato catturato dai Trikru.

Presi la pietra e, arrivata alle spalle del Terrestre, con tutta la forza che avevo gliela diedi in testa. Il Terrestre si rivelò essere Nyko, un guaritore, l'unico guaritore di Ton DC. Potevo usare questo a mio vantaggio.

Il Terrestre cadde a terra rantolante, ma non privo di sensi. Presi una corda dal mio zaino e gli legai la bocca e le mani.

-Ma che vuoi fare?- chiese Semir.

-Porto indietro Lincoln.- risposi decisa.

-Con uno scambio? Se vai la fuori, ti farai ammazzare!- disse Alex.

Non lo ascoltai, non lo guardai nemmeno negli occhi.

Presi la bottiglia d'acqua di Alex e la vuotai mezza in faccia a Nyko.

-Ho bisogno che tu sia sveglio.- dissi. Tirai fuori la mia spada dal fodero dietro la schiena e tirai in piedi Nyko, puntandogli la mia arma alla gola.

Nyko grugnì, probabilemte per il dolore alla testa.

Mi incamminai verso il villaggio attraverso una conca tra due collinette che portavano all'inizio delle abitazioni.

Semir cercò di seguirmi ma venne fermato da Alex.

-Aspetta, stiamo a vedere.

Continuai a camminare, puntando la mia spada alla gola di Nyko. Due secondi dopo avevo una decina di arcieri pronti a scoccare contro di me.

Davanti a me, sulla cima della collinetta comparve Indra.

-I laik Melissa kom Skaikru, e voi avete qualcosa che io voglio!- urlai.

-I laik Indra kom Trigeda. Chit yu gaf?- disse lei.

Aggrottai le sopracciglia, non capendo quello che mi aveva detto. Lincoln ci aveva insegnato la loro lingua ma non completamente.

-Ho detto "Che cosa vuoi, Melissa del Popolo del Cielo?"- tradusse Indra.

-Lincoln! So che lo avete voi!- ipotizzai cercando di capire se fosse così.

-Lincoln è un traditore!- rispose lei affermando la mia teoria.

-Per me no.- dissi io. Per enfatizzare la mia richiesta diedi l'elsa della spada sul collo di Nyko facendolo cadere in ginocchio.

-Porta Lincoln nel posto in cui l'ho visto l'ultima volta, lui sa dove. Solo tu e lui. Hai fino al tramonto. Se vedo qualcun'altro, uccido il tuo guaritore.

-Ok, come vuoi.- disse Indra ritirandosi lontano dalla mia vista.

Camminai all'indietro, usando Nyko da scudo.

Tornai da Alex e Semir.

-Ma che ti è saltato in testa?- chiese Semir.

-Ora ho il mio scambio, è tutto ciò che conta. Una volta che avremo Lincoln potremmo cercare Octavia.- dissi camminando.

Semir iniziò a scortare Nyko.

-E cosa ti fa pensare che lo ridaranno indietro?- chiese Alex.

-Nyko è il loro unico guaritore, se non portano Lincoln, Nyko è morto.- dissi normalmente, continuando a camminare.

Alex mi afferrò il braccio, volatndomi verso di lui.

La faccia contratta metteva ancora in risalto i suoi occhi vitrei, animati da rabbia nei miei confronti.

-Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Uccidere un'uomo?- urlò Alex.

-Sì, lo farò se necessario.- gli urlai contro.

-Se lo farai darai inizio a una guerra che non avrà fine! Questa non sei tu!

-Sì, questa sono io. Questa sono quella che sono diventata, questa è la vita che non ho scelto ma che sono stata costretta a scegliere, piena di lotta, geurra e spargimenti di sangue! Buona o cattiva, giusta o sbagliata, è il mio unico modo!

Respirai prendendo fiato, guardandolo negli occhi e rendendomi conto di quanto fossimo vicini. Improvvisamente mi sentii in imbarazzo, e per non dare nell'occhio questa cosa, mi liberai dalla presa con uno strattone.

Continuai a camminare da sola, seguita da Semir ed Alex che scortavano Nyko. Riinfoderai la mia spada e proseguii verso il lago.

 

Al tramonto appiccai il fuoco, vicino al lago. Ero rimasta silenziosa per tutto il tempo, notando come i due poliziotti si scambiavano occhiate che esprimevano ciò che non potevano dire ad alta voce.

Sentimmo dei passi e io mi affrettai a sfoderare la mia spada da dietro le mie spalle.

Indra comparve assieme a Lincoln. Zoppicava e aveva un occhio gonfio. Chissà che cosa gli avevano fatto.

-Lincoln.- dissi vedendolo.

Lui alzò la testa e mi sorrise.

- Hai mantenuto la tua parola, adesso io mantengo la mia.- dissi.

Avvicinai Nyko e con la mia spada, tagliai la corda dalle sue mani. Poi slegai quella attorno alla sua bocca.

Lo stesso fece Indra con Lincoln.

Liberai Nyko, che quando incontrò Lincoln si scambiarono delle parole.

-Grazie, amico.- disse Lincoln a Nyko.

Lincoln mi aveva parlato della sua amicizia con Nyko.

Lincoln era quasi arrivato, quando sentii una ramo spezzarsi da in mezzo agli alberi.

Lincoln voltò la testa verso il bosco, identificando ciò che aveva causato il rumore.

-Mietitori!- urlò.

Un gruppo di cannibali uscì da in mezzo agli alberi.

Riaggauntai la mia spada e cercai di batterne uno con un fendente, ma questo mi disrmò e mi buttò a terra. Sbattei la testa contro una roccia, probabilmente. Cercai di reagire al dolore, e alla testa che girava, ma il buio sovrastò la mia vista.

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