Total Drama's Jäger

di Mr Lavottino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 0 ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** Capitolo IX ***
Capitolo 11: *** Capitolo X ***



Capitolo 1
*** Capitolo 0 ***


In una stanza dalle pareti completamente grigie, senza finestre e con solo una porta d’acciaio che faceva da tramite per un lungo corridoio, visibile dal vetro messo al centro della porta, un uomo, probabilmente sulla quarantina, stava seduto su una sedia di legno, unico arredamento presente nella stanza assieme a un letto, dove l’uomo aveva posato lo sguardo. Respirò profondamente, per poi alzarsi e appoggiarsi al muro.
I capelli neri e lisci toccavano la fredda superficie della parete, mentre gli occhi, di un colore ancora più nero, controllavano attentamente il ragazzo steso sul lettino, che a breve si sarebbe svegliato. Non aspettò molto, perché, circa due o tre minuti dopo, quello spalanco gli occhi, alzandosi di colpo e contorcendosi dal dolore per via di alcune ferite che aveva sul petto. Sentendosi osservato posò lo sguardo sull’uomo, che sorrideva soddisfatto. Sgranò gli occhi, indicandolo con un dito con faccia spaventata.
- Chris MClean?!- riuscì a dire, con voce tremante. L’altro si limitò a battere le mani e ad avvicinarsi al lettino.
- Esattamente, sono io! Finalmente ti sei svegliato! Sei stato in come per due mesi! Hai idea di quanto mi sia annoiato ad aspettare?- il ragazzo si toccò la testa, la quale gli provocava un dolore immenso.
- Che cos’è successo?- chiese, senza lasciare la presa sulla sua testa.
- Ma come, Nihal, ti sei svegliato dopo sessanta giorni ed è questa la prima cosa mi chiedi? Mi deludi.- il ragazzo in questione aveva i capelli rossi, gli occhi celesti ed era pieno di tatuaggi sulle braccia e sul petto. – Bene, se ci tieni tanto ti accontenterò. Non appena hai finito di pestare il tuo amico, la resistenza ha fatto crollare la villa e tu, per salvare quella bella castana, sei finito bloccato dai detriti, mentre gli altri sono riusciti a scappare. Poi il caso ha voluto che poco dopo io passassi di lì e, dopo aver spento l’incendio e spostato qualche maceria, ti ho trovato sotto un masso , in fin di vita. Inizialmente ho pensato di lasciarti morire, ma poi mi è venuta in mente una splendida idea. Ho preso delle nuove cavie, questa volta li rinchiuderò su un’isola, e voglio che tu vada con loro e li tenga d’occhio. Se fai ciò che ti dico ti farò tornare dalla tua ragazza. Allora, cosa ne pensi?- il rosso rise, coprendosi il volto con le mani.
- D’accordo. Lo farò. – tagliò corto, per poi riprendere a parlare di altro – Lei sta bene?- chiese, aspettando con ansia una risposta.
- È entrata a far parte della resistenza, quindi sì, credo stia bene.- rispose, facendo fare una sospiro di sollievo al ragazzo.
- Perfetto.-
- Parti tra dieci giorni, quindi per ora riposati.- gli disse, per poi uscire dalla stanza, lasciandolo solo.
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Salve a tutti! Questo è il primo capitolo del sequel di Total Drama’s Killer. Essendo una storia ad OC, dovrete inviarmi voi i personaggi, ma prima voglio dire una cosa: gradirei dei personaggi ORIGINALI, ovvero che non avete usato in nessun’altra serie ad OC, in modo da rendere il tutto più divertente, dato che noto che la maggior parte della gente conosce già la storia dei vari personaggi perché usati e riusati, quindi gradirei dei personaggi nuovi, anche creati sul momento. In più i personaggi non dovranno essere imparentati con i precedenti OC, a quello ci penso ;-).
 
Questa è la scheda:
Nome e cognome:
Età (sopra i sedici anni):
Descrizione fisica:
Descrizione caratteriale:
Look:
Orientamento sessuale:
Precedenti penali ( non siete obbligati a metterli)
Breve storia:
Detto questo vi saluto ;-) non appena mi saranno arrivati tutti gli OC metto il primo capitolo.
P.S.: Vi ricordo che facendo personaggi semplici è meglio

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Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Nihal camminava lungo il corridoio grigio, che ai suoi occhi appariva assai deprimente a causa della completa assenza di finestre, per andare a incontrare MClean che, pochi minuti prima, aveva mandato due suoi sottoposti a chiamarlo.
Gli avevano portato dei vestiti, alquanto semplici, un paio di jeans, una maglietta nera e un paio di converse rosse. Li aveva indossati senza badare troppo al tipo d’abbigliamento, infondo non gliene era mai fregato nulla di queste cose.
Era finalmente giunto, non senza qualche difficoltà, davanti allo studio del suo “nuovo capo”. Entrò senza nemmeno bussare, trovandolo a provarci con la sua segretaria. Non appena entrò questa si incamminò verso l’uscita, completamente imbarazzata.
- Non sei un po’ troppo vecchio per fare queste cose?- chiese, facendolo innervosire.
- Non sei un po’ troppo giovane per morire?- rispose a tono il moro, indicando la pistola poggiata sulla sua scrivania. Il rosso alzò le mani, come a voler indicare la sua sconfitta.
- Passiamo alle cose serie, perché mi hai chiamato qui?- fece il finto tonto perché, anche solo pensandoci un minuto, la soluzione era palese. L’altro aprì bocca più volte, prendendo aria e senza dire nulla.
- Beh, diciamo che ti voglio dare delle indicazioni.- Nihal si sistemò sulla sedia, interessato a quanto stava per dire – Iniziamo col dire che dovrai cambiare il tuo carattere. Sei troppo gentile e premuroso, ti voglio più freddo, ovvero come ti comporti quando non conosci nessuno e sei costretto a stragli accanto. Se vuoi proprio farmi felice basta che ti trasformi in “Black Nihal”, gli ho dato questo nome, favoloso non trovi?- si fermò, per dire quella cavolata, che mise depressione al rosso. – A parte gli scherzi, devi essere più cattivo. Per questo esperimento ho preso un “cast” un po’ particolare, soprattutto perché sono per la maggior parte femmine, quindi avrai un tuo harem, non sei felice?- questa battuta colpì Nihal nel profondo, che quasi cadde a terra.
- Ti prego, ho dei limiti anch’io. – Chris si limitò ad alzare gli occhi, ignorando quanto detto dal ragazzo.
- Insomma, ti stavo dicendo, dovrai essere un completo stronzo. Non mi interessa con chi, ma voglio che tu ti faccia dei nemici e che cerchi di mettere confusione nel gruppo, in modo da rendere il tutto più divertente. A proposito, ci sono anche dei parenti dei tuoi “vecchi amici” lascio a te il piacere di scoprire chi sono. Puoi andare, volevo solo dirti questo.- disse con fare sbrigativo, probabilmente perché voleva “divertirsi” con la sua segretaria. Ma il rosso non si mosse di un millimetro.
- Dimmi, MClean, cos’è questa storia della resistenza?- chiese, piegandosi in avanti e poggiando i gomiti sulle ginocchia, per poi intrecciare le dita tra loro e fargli sostenere la testa. Chris si limitò a ridere, maledicendo la perspicacia del ragazzo.
- Cazzo, non ti si può proprio nascondere nulla, eh?- voltò lo sguardo, evitando di cadere in quello gelato del rosso.
- Sai, un altoparlante in cantina mi ha chiaramente detto che c’è un piccolo gruppo che vuole ucciderci e loro hanno Diana, quindi vorrei informarmi un po’ di più.- si rimise composto sulla sedia, in attesa della risposta del moro, che assunse la posizione che aveva precedentemente il rosso.
- Alcuni soldati dell’esercito canadese si sono opposti ai miei hobby e hanno creato un battaglione per contrastarmi, supponiamo siano una ventina circa. Ma non è così problematico. Nel caso riuscissimo a sterminarli ci assicureremo di lasciare la tua ragazza in vita. – Nihal si leccò le labbra, pensando a quanto appena sentito.
- Non solo lei, anche Keel, Damian e Rui. - lo guardò con uno sguardo superiore, come se non accettasse rifiuti da parte del moro.
- Va bene, farò il possibile ora vai.- gli fece gesto di andarsene con la mano, facendolo sorridere. Il rosso si limitò ad alzarsi e a uscire dalla porta, senza nemmeno salutarlo.
Cercò di tornare nella sua stanza, perdendosi numerose volte nei corridoi tutti uguali, e imprecando diverse volte. Giunse finalmente alla camera che gli avevano dato dopo che si era ripreso ed era guarito dalle ferite, borbottando vari insulti all’architetto del palazzo. Non appena aprì la porta un fascio di luce lo costrinse a coprirsi gli occhi, dato che oramai si erano abituati al buio del corridoio che aveva più volte attraversato.
Chiuse la porta alle sua spalle e poi, con dei movimenti lentissimi, si affacciò dalla finestra, osservando il panorama. Il sole stava tramontando, causando quella sfumatura arancione che tanto lo intrigava. Non gli erano mai piaciute queste cose romantiche, forse perché il suo “piccolo problema” lo aveva portato spesso a isolarsi dagli altri, facendolo sentire per lo più solo. Una cosa che odiava con tutto se stesso era far male alla gente, sempre se non strettamente necessario, perché poi i sensi di colpa si facevano sentire e, purtroppo, quelli non puoi picchiarli affinché spariscano.
Ogni volta che pensava a tutte le malefatte che aveva fatto durante la sua trasformazione, sentiva come un groppo in gola, che a volte rischiava di causargli nausea per una o più ore.
Perché sì, Nihal Barlow aveva una “trasformazione”, non come quelle degli anime o dei cartoni animati, ma di quelle cattive, l’essenza del male. Basta poco, un bicchiere di alcol, e la personalità del ragazzo sarebbe stata completamente stravolta, portandolo dall’essere un ragazzo taciturno, tranquillo e gentile al diventare tutt’un tratto egoista, bastardo e facilmente irritabile, cosa che lo portava sempre a fare almeno un ferito. E con le medicine era peggio, non poteva assumere nemmeno l’antibiotico, cosa che lo portava a stare a letto per diversi giorni aspettando che le influenze guarissero da sole o, per come quando aveva avuto la polmonite, all’assunzione di farmaci, il tutto dentro una stanza chiusa e con delle corde che lo legavano alla sedia, in modo da non far alcun danno.
L’unico motivo per cui avrebbe voluto vedersi in quello stato era per osservare i suoi occhi. Questi, ogni volta che assumeva farmaci o alcol, si scurivano, diventando di un blu scuro, colore che lo faceva impazzire. Già, perfino all’essere più spietato che conosceva invidiava qualcosa, era sempre stato così. Non diceva esplicitamente i suoi problemi, ma aiutava spesso e volentieri gli altri, cosa li aveva convinti che lui non avesse bisogno degli altri, e per questo invidiava gli altri, perché avevano una persona come lui che li potesse aiutare in ogni momento.
Tutto questo da piccolo perché dopo essere cresciuto aveva capito come vivere in questo mondo, o almeno come sopravvivere, perché l’esistenza di una persona è comunque fatta da ciò che pensano gli altri di te e da come appari esteriormente. E Nihal aveva giocato su questo fatto. Appariva come un bel ragazzo, gentile e socievole, mentre dentro era completamente nero. I sensi di colpa lo stavano corrodendo dall’interno ed era così spaventato dalla sua condizione che aveva perfino paura a tenerla per se, informando tutti, nella, bassissima, speranza che qualcuno potesse aiutarlo. Quando Rui aveva acconsentito alla sua richiesta d’aiuto era stato probabilmente il momento più felice della sua vita.
Alla gente importa dei soldi, della fama e della bella vita, ma per chi è malato, perché lui si sentiva realmente così, anche se ufficialmente non lo era, tutto ciò che vorresti  è guarire e, anche a costo di vivere nella miseria, riuscire a portare avanti la tua esistenza, in modo da non spegnerti come un fiammifero.
La pensava così, si era fatto tutto un ramo filosofico su ciò, cosa che gli aveva dato un’ancora di salvezza “Sono malato, devo cercare di guarire” era una menzogna, lo sapeva benissimo, anche perché evitando di assumere alcol o medicinali la sua vita sarebbe potuta essere normale. Ma i suoi demoni, quelli creati dal senso di colpa, quelli che fingeva di non vedere e che aveva nascosto dietro una spessa maschera, che era impossibile da distruggere, loro non se ne sarebbero mai andati, sarebbero rimasti li per sempre. E lo sapeva, non aveva possibilità di liberarsi di loro perché anche quando si era sentito estremamente solo, sapevo che loro erano li, con lui.
Questo suo obiettivo che si era prefissato serviva solo come scopo di vita, in modo da non avere un’esistenza monotona e priva di senso.
Chiuse la finestra di colpo, interrompendo i suoi pensieri e ridendo di quanto fosse stupido, demoni? Mostri? Era tutta nella sua testa, in realtà nulla di tutto ciò era vero. Però lo sapeva che anche tra solo cinque minuti avrebbe detto il contrario. Perché in fondo, anche se solo in minima parte, lui ci credeva.
Qualcuno bussò alla porta, facendolo voltare e portandolo ufficialmente a chiudere la questione. Entrò un sottoposto di MClean che, come aveva notato dopo averne visti un bel po’, erano tutti uguali, i capelli rasati a zero, occhi tappati dagli occhiali, alti e con delle uniformi nere. Questi si avvicinò al rosso e gli consegnò una lettera, per poi andarsene senza nemmeno dire una parola.
Si rigirò la busta tra le mani osservando la strana tonalità della carta, un rosso acceso, quasi come i suoi capelli, che non aveva mai visto su quei pezzi di carta, che solitamente erano bianchi o giallastri. Decise di non pensare a queste cose inutili, preferendo aprirla per guardare direttamente il contenuto.
Informazioni sulla seconda stagione. I concorrenti saranno tredici, tu escluso, e sarete lasciati su un’isola deserta a largo dell’Ontario. Le uniche strutture presenti sono i due alloggi, con un totale di quattro stanze, con dentro quattro letti per persona, e la cucina, già piena di cibo, in modo che non moriate subito.
Gettò la lettera a terra, ghignando. Per riuscire a tornare alla normalità doveva cambiare carattere, essere più spregevole e manipolare gli altri.
Sapeva cosa gli sarebbe successo se avesse svelato agli altri la verità, avrebbe fatto la fine di Hanako. Mentre rifletteva sulla situazione in cui si era cacciato, sentì un rumore provenire da dietro di se e, quando fece gesto di voltarsi, perse conoscenza.
 
Al suo risveglio si accorse di non essere più nella camera della residenza di MClean, ma bensì su una spiaggia. Si toccò la testa dolorante, sentendo il sangue che, fuoriuscito dalla ferita, iniziava a seccarsi.
- Porca puttana, poteva anche andarci piano.- lentamente si avvicinò all’acqua, per poi bagnarsi una mano e cercare di pulire la ferita. Strinse i denti con forza, cercando di non pensare al dolore, dato che aveva un enorme livido sulla parte destra del cranio.
Intorno a se non c’era nulla. Era su una spiaggia e, davanti a se, non vedeva nulla, probabilmente perché doveva essere isolata dal mondo. Si guardò intorno più volte, tentando di riuscire perlomeno a localizzare il punto in cui era stato lasciato, contando che Chris gli aveva detto solo che c’erano due o tre strutture, ma non il preciso luogo di collocamento.
Decise di andare a cercare gli altri, in modo da poter poi trovare il dormitorio. Iniziò a camminare, guardandosi intorno ogni tanto, come se avesse paura di venir aggredito. Non si sentiva a suo agio, qualcuno lo stava osservando. Non erano le telecamere, ne era sicuro, probabilmente un altro essere umano oppure, opzione estremamente peggio e alla quale volle far finta di non aver pensato, un animale selvatico.
Fece più attenzione a ciò che aveva intorno, tentando invano di capire da dove venisse quello sguardo. La spiaggia terminava a circa cinquanta metri da lui, per far iniziare la foresta, dato che vedeva numerosi alberi. Per di più c’era anche un’enorme collina che pareva come divisa a metà e che dava sul mare, un salto da lì e saresti sicuramente morto per l’impatto con l’acqua.
Si avvicinò agli alberi e camminò lentamente, come a voler far uscire fuori il colpevole, poi, all’improvviso, si fermò di colpo.
- Potresti smettere di guardarmi da lì e scendere da quel cazzo di albero?- un brusio si sentì dal fogliame dell’albero e, dopo pochi attimi, una ragazza scese giù con un salto, atterrando appena dietro al rosso. Questo si voltò per esaminare il volto della “spia”. Aveva i capelli castano scuri racchiusi in una coda, gli occhi verdi e un fisico snello. Indossava una canottiera verde che le arrivava fino al sedere, che oscurava la vista del cavallo dei jeans attillati di colore nero che portava. Lo guardò, ridendo, facendogli fare una faccia stranita.
- Oddio, che faccia che hai!- lo sfotté, irritandolo. Non era solo una sgualdrina che lo spiava da sopra un albero, ma pure una di quelle che si credono simpatiche.
- Stai zitta. Perché mi spiavi?- domandò, quasi gelandola con i suoi occhi celesti. Lei si limitò a ridere, portando il rosso sull’orlo della disperazione.
- Vedi una persona per la prima volta e questa è la prima cosa che gli chiedi? Direi che, prima di spiegarti le miei motivazioni, dovresti presentarti, dato che hai approcciato tu il discorso.- gli disse, incrociando le braccia e sculettando, come se fosse una cosa naturale da dire.
- No, non credo proprio.- tagliò corto lui, grattandosi la testa e facendola sbuffare.
- D’accordo, ho capito. Mi chiamo Sophia Young e ho diciannove anni, piacere di conoscerti. - sorrise chiudendo gli occhi, per poi tendere la mano verso l’altro, che la afferrò riluttante.
- Ehm, io mi chiamo Nihal Barlow, ventiquattro anni. – la castana rimase un po’ sorpresa da questa presentazione, soprattutto perché non era stato educato e la cosa la faceva imbestialire. – Bene, ora che ho avuto “l’onore”- si interruppe e fece il gesto delle virgolette con le mani, come a voler dire che non gliene fregava nulla – di fare la tua conoscenza, direi che posso anche andarmene.- si girò da tutt’altra parte, cercando di liberarsi il più presto possibile di quella strana tizia.
- Non ti interessa più sapere perché ti spiavo?- domandò, posandosi un dito sulle labbra e facendo un’espressione triste.
- No, passo.- rispose tranquillamente, per poi proseguire per la sua strada.
- Ah, che coincidenza, anch’io devo andare da quella parte!- gridò, con tono palesemente fittizio. Il rosso si diede un colpo sulla fronte per la disperazione, senza ricordarsi di avere un livido, cosa che lo portò a imprecare diverse volte. Quindi i due iniziarono ad avviarsi verso la montagna, in modo da poter avere la vista dell’intero luogo.
Nessuno dei due disse una parola durante il tragitto, soprattutto perché la faccia di Nihal inquietava Sophia, che aveva paura anche solo di dirgli qualcosa, dato che non pareva un tipo socievole. I due iniziarono ad entrare nella raduna, notando l’enorme quantità di alberi che vi erano presenti, tutti alti due o tre metri. Ma c’era qualcosa, o meglio qualcuno, che rovinava la vista del paesaggio. Seduta con la schiena contro un albero, una ragazza dai capelli rasta di colore rosso, probabilmente tinti, teneva un filo d’erba in bocca, mentre con gli occhi grigi guardava l’ambiente intorno a se. La sua faccia era piena di piercing, precisamente un anello al naso, una medusa tra il naso e il labbro superiore, uno sul labbro inferiore e l’ultimo, almeno sul volto, era un comunissimo piercing sul ciglio sinistro, che, anche senza sapere il motivo, al rosso ricordò vagamente Zarin. La sua pelle chiara quasi rifletteva la luce, anche se ne passava poca grazie al fogliame dell’albero a cui stava appoggiata. Il suo vestiario era a dir poco strano, una canotta nera e un paio di pantaloni multicolore molto larghi rispetto alla sua taglia. Oltretutto, unica cosa che il rosso apprezzò di lei, le sue braccia erano piene di tatuaggi.
- Meglio evitarla.- provò a proporre Nihal, quasi come se avesse paura di lei, ma non fece in tempo, perché la castana corse verso di lei, con una mano alzato e urlando come una pazza. – Porca puttana!- riuscì giusto a dire, seguendola.
- Ehi, salve! Io mi chiamo Sophia, mentre questo musone è Nihal. Piacere di conoscerti.- si sporse con il corpo in avanti, mettendo le braccia dietro la schiena e intrecciando le mani, così da non perdere l’equilibrio.
La rossa si limitò a muovere i capelli, mostrando un laccio verde che li teneva legati e alcuni piercing sulle orecchie, cosa che fece quasi ridere il rosso, visto che, dal suo punto di vista, sembrava una di quelle lavagne su cui appendono gli avvisi con le puntine.
- Non gridare, disturbi la natura.- disse, sgranchendosi le braccia e mostrando il suo seno che, secondo entrambi, era enorme. – Io sono Ines. – si presentò, per poi alzarsi in piedi e far vedere quanto effettivamente fosse bassa.
- Non pesano quelle?- domandò Sophia, indicando il seno dell’altra e guardandolo con una faccia stupita, facendo anche venir voglia al rosso di morire per l’imbarazzo.
- Mah, veramente si portano bene, è una quinta.- Nihal giurò di aver visto delle stelline negli occhi della castana, che cercò di contenersi.
- Vuoi venire con noi?- le chiese, facendo alterare ancora di più il rosso, che già ne aveva abbastanza di lei, con un’altra strana sarebbe stato ancora peggio. L’altra si colpì i jeans, in modo da far cadere la terra che vi era rimasta sopra mentre si era seduta.
- Va bene.- tagliò corto, facendo assai felice Sophia. Le due iniziarono una conversazione, cosa che fece felice Nihal, poiché in quel modo la castana non lo avrebbe disturbato.
Proseguirono nella direzione che i due avevano intrapreso e al loro obiettivo di raggiungere l’altezza della montagna si aggiunse il trovare altre persone, o almeno per Nihal era così. Sapeva perfettamente quante persone c’erano sull’isola e riunirle tutte sarebbe stato un modo più rapido per tenerli tutti sott’occhio. La foresta che stavano attraversando era piccolissima, tanto che dopo dieci minuti si ritrovarono in una raduna spianata senza nemmeno un albero.
- Chi cazzo è che grida così?- il terzetto sentiva, in estrema lontananza, due voci che, urlando, infastidivano alquanto il rosso. Si avvicinarono lentamente, per andare a controllare o, nel caso la cosa fosse stata seria, fermare i due. In lontananza si vedevano due ragazzi, uno palesemente di origini polacche, o comunque di quelle parti, dato che aveva la pelle chiara, i capelli biondi, degli occhiali che coprivano gli occhi, sicuramente celesti, e un fisico slanciato, mentre l’altro completamente il contrario: carnagione olivastra, capelli neri e occhi marroni. Anche il suo fisico era completamente diverso da quello del biondo, ovvero completamente asciutto. Il primo vestiva una giacca nera aperta, che rendeva visibile la canottiera bianca che aveva sotto, rigorosamente con collo a v, e portava dei jeans stretti, che fecero mancare il fiato a Ines, abituata a taglie molto più larghe della sua. Il secondo invece indossava abiti che, probabilmente, costavano più delle stesse case dei ragazzi attorno a lui. Una camicia di cotone pregiato, con i primi due bottoni sbottonati, dei jeans neri di pelle e degli stivali, anch’essi del medesimo materiale, che probabilmente una persona comune si sarebbe solo sognato. Oltre che al suo vestiario, anche i suoi accessori, tra cui spiccavano dilatatori d’oro e braccialetti d’argento.
Quando si avvicinarono poterono udire le voci farsi più forti, così da poter capire per cosa stessero discutendo.
- Non accetto che sia tu a fare da leader al nostro gruppo.- il moro incrociò le braccia, guardandolo con tono superiore.
- E perché mai, scusa?- l’altro lo guardava con faccia stranita, come se per lui questa discussione non avesse il minimo senso.
- Perché mi sembri un plebeo. Hai sangue nobile?- chiese, più per sfotterlo che per altro.
- Ma stai male?- rispose il biondo, quasi shockato da ciò che stava sentendo. La loro “discussione” fu interrotta a metà da Sophie che, dopo aver visto gli animi a quello stato, gli era corsa incontro con una mano alzata.
- Salve!- gridò, attirando la loro attenzione – Vedo che anche voi siete stati lasciati su quest’isola, posso sapere i vostri nomi?- domandò, con un sorriso stampato in volto. I due la guardarono, un po’ sorpresi, soprattutto perché non si aspettavano proprio che una ragazza a caso sarebbe intervenuta urlando come una pazza e interrompendo il loro discorso.
- Io mi chiamo Wiktor, ho diciannove anni, piacere.- le sorrise, porgendole la mano, che lei afferrò e scosse in su e giù.
- Non credo ci sia bisogno di dirvi il mio nome, io sono un nobile, non un plebeo ignorante come voi.- Nihal si avvicinò al ragazzo, sussurrandogli delle parole che gli fecero cambiare completamente atteggiamento. – Scherzavo, scherzavo, mi chiamo Kynaston Durward Cavendis, ma voi potete chiamarmi signor Cavendis.- un’altra occhiata da parte del rosso e cambiò nuovamente la frase – Scherzo, scherzo, chiamatemi Kynaston.- guardò Nihal, che scosse la testa in segno d’assenso.
- Bene, ora che so i vostri nomi, posso sapere perché stavate litigando?- chiese la mora, sempre con quell’irritante sorriso stampato in volto.
- Ma, tu non ti presenti?- fece notare Wiktor, che intanto si era seduto sotto un albero lì vicino.
- Oh, che sbadat!- si colpì la fronte, per poi riprendere il discorso – Mi chiamo Sophia Young, e loro sono Ines e Nihal.- presentò anche i due, che si limitarono a fare un cenno silenzioso al biondo.
- Bene. Questo tipo non vuole che io sia il leader del nostro gruppo perché dice che non ho sangue nobile.- guardò male Kynaston, che ricambiò l’occhiata.
- Gruppo? Ma se siete in due?- Ines, che fino a quel momento era stata in silenzio, si intromise nella discussione, facendo notare un particolare abbastanza importante agli altri due che erano con lei.
- Beh, in realtà siamo in tre, solo che lei è molto timida, quindi si è nascosta dietro quel tronco lì. – indicò un albero, dalla quale spuntava una ciocca di capelli rosa, che a Nihal ricordò Hanako, e già la cosa lo mise in subbuglio. Si avvicinò a lei lentamente, guardandola poi con sguardo sorpreso.
Capelli tinti i rosa, occhi marroni, che prendevano quasi un quarto della faccia come grandezza, un fisico da bambina di dieci anni, senza seno e senza nemmeno il minimo accenno di curve. Indossava una maglietta a maniche corte nera, con sopra varie scritte in bianco in una lingua a lui sconosciuta, probabilmente tedesco, visto che aveva letto la parola “Leben”, che significava vita e di cui lui aveva un tatuaggio sull’inizio del collo, dei jeans cortissimi, probabilmente di taglia per bambini di dodici anni, e delle scarpe altissime, con un tacco probabilmente di dieci centimetri. Per quanto Chris gli aveva esplicitamente detto di essere più freddo e di comportarsi in maniera distaccato dagli altri ragazzi, proprio non riusciva a ignorare le ragazza come quella, timide e indifesa, in un certo senso gli ricordava Diana, anche se lei aveva un aspetto sicuramente migliore.
- Ehi, perché non esci fuori?- le chiese, accovacciandosi accanto a lei. Questa si limitò a guardarlo con i suoi occhioni, mettendolo in soggezione. Non rispose, probabilmente per la vergogna. – Puoi dirmi almeno come ti chiami?- la ragazza si morse il labbro, cercando di abbattere quel muro di timidezza che aveva dentro.
- M-Mi chiamo Costance.- la sua faccia si tinse di rosso per l’imbarazzo, mentre al ragazzo quel nome ricordava qualcosa. Anche sua madre si chiamava così, ma era da talmente tanto che non sentiva parlare di lei, quindi l’aveva quasi dimenticato.
- Sai, anche una mia stretta conoscente si chiama così. - le sorrise amaramente, cercando di distogliere i suoi pensieri da quell’argomento. – Dai, andiamo con loro.- le pose la mano, che afferrò con timidezza, per poi aiutarla ad alzarsi e portarsela dietro.
Non appena Sophia la vide, le andò in contro, guardandola con uno sguardo ammaliato.
- Che ci fa una bambina qui? Ti hanno lasciata da sola?- il rosso poté solo poggiarsi una mano sulla fronte dalla disperazione, mentre la rosa si era nascosta dietro di lui, aggrappandosi alla sua maglietta.
- H-Ho diciotto anni!- mise il broncio, cosa che la fece sembrare ancora più adorabile agli occhi della castana. Anche Ines, che era poco più alta di lei, dovette ammettere che stentava a crederci. Per lo meno lei aveva delle curve da donna e un seno immenso, mentre l’altra pareva effettivamente una bambina di dieci anni.
- Dal momento che ci siamo trovati, cosa facciamo?- domandò Wiktor, concentrando l’attenzione su di se, cosa che fece arrabbiare Kynaston.
- Noi ci stavano avviando verso la montagna, così da poter aver una vista completa dell’isola.- rispose Nihal, facendo però fare una faccia strana al biondo.
- Come sai che Siamo su un’isola?- il rosso iniziò improvvisamente a sudare freddo, mentre Wiktor si levava gli occhiali, così da poterlo inquadrare meglio con i suoi occhi celesti.
- Beh, non ne sono assolutamente sicuro, ma è difficile trovare una spiaggia simile in Canada.- si inventò una scusa, cercando di essere convincente. Il biondo si limitò a ridere, rimettendosi gli occhiali.
- Già, l’avevo pensato anch’io. Comunque mi pare una buona idea. – fece per avviarsi verso la meta, venendo però fermato dal moro, che si oppose fermamente.
- Non farò ciò che degli stupidi poveracci mi ordinano.- incrociò le braccia, opponendosi fermamente, facendo irritare gli altri.
- Per me non c’è problema.- iniziò Nihal – Puoi rimanere qui.- lo stuzzicò, facendolo sobbalzare. Alla fine il gruppo, composto da sei persone, perché, per quanto cercasse di nasconderlo, anche Kynaston li stava seguendo, seppur con la scusa di dover andare casualmente dalla loro parte. Camminarono per un bel po’, fermandosi qualche volta per delle piccole pause.
- Certo che è davvero lontana, non mi aspettavo ci fosse tutta questa distanza.- Wiktor si asciugò il sudore dalla fronte, cercando di avviare una conversazione con il gruppo.
- In effetti è vero, poi fa un caldo allucinante!- si lamentò Sophia, afferrando la maglietta e muovendola rapidamente, per far passare un po’ d’aria al petto. Gli altri si limitarono ad annuire, con il solo scopo di arrivare alla vetta il prima possibile. A un certo punto sentirono un piccolo tonfo, che li fece voltare. Costance, seduta a terra, stava piangendo a dirotto. Il tacco della sua scarpa destra si era rotto, impossibilitandola a camminare. Kynaston si limitò a sussurrare un “lasciamola qui”, mentre Sophia, vedendo quanto era adorabile, rischiò un infarto istantaneo.
- Forza, salta su. – Nihal si accovacciò, facendole cenno di salire sulla sua schiena. La ragazza esitò, per poi aggrapparsi alle sue spalle e lasciarsi portare da lui. Il gruppo riprese la marcia, mentre la rosa, in evidente stato di imbarazzo, copriva la sua faccia comprimendosi contro la schiena del ragazzo, che dal suo canto pensavo solo a quanto fosse leggera.
Attraversarono una specie di oasi, dove c’era un laghetto e vari alberi e scoprirono, con loro sorpresa, tre strutture.
- Porca puttana, sì!- urlò Wiktor, scattando verso di esse. Si fermò davanti alla porta di quello che sembrava essere un dormitorio, pronto a entrare. Fece un profondo respiro e afferrò la maniglia. Non appena riuscì ad aprirla uno sguardo spaesato si dipinse sul suo volto: una ragazza si stava cambiando proprio in quel momento ed era nuda davanti al biondo, che sentì il suo volto tingersi gradualmente di rosso. Questa aveva i capelli bianchi, la pelle chiara e gli occhi celesti. Lo guardava con aria spaventata, prima ancora di realizzare che l’avesse appena vista senza vestiti.
- Maniaco!- gridò, tirandogli contro tutto ciò che trovava vicino a se. Wiktor cercò di schivarle tutte, venendo però colpito diverse volte a cuscini e da scarpe lanciate dall’albina. Nihal e Kynaston, vedendo che era bloccato sulla porta senza entrare, gli andarono dietro, vedendo anche loro lo “spettacolo” che il biondo aveva davanti. La ragazza iniziò ad urlare ancora di più, finché il polacco non la prese per la mano e la invitò a calmarsi.
- Calmati e, per piacere, vestiti!- le disse, mentre lei lo guardava con le lacrime agli occhi. Non ci mise molto, fece innanzitutto uscire tutti e tre i ragazzi e poi si vestì, mise una maglietta bianca con dei jeans rosa e delle comunissime scarpe gialle. Uscì fuori, sempre rossa in viso, notando come, assieme ai tre “maniaci” ci fossero altre tre ragazze.
- Come ti chiami?- domandò Wiktor, sedendosi sugli scalini della struttura.
- Miyu Suzuki, ho sedici anni e solo un idol. – Nihal, che la cosa che odiava di più al mondo erano le vocine delle ragazze giapponesi degli anime, mise la testa tra le ginocchia, sperando che non avrebbe mai improvvisato un concerto, ma cosa più importante, sentì un brivido sulla schiena, che lo portò ad avere quasi paura di parlare.
- Q-Quindi sei una duemila?- domandò, indicandola con la mano tremante.
- Sì.- rispose tranquillamente, notando lo stato inquieto del ragazzo, il quale si mise una mano intesta e iniziò a borbottare frasi senza senso.
- Me lo sento, questa volta mi metteranno in carcere, assolutamente, non ho scampo.- ripeteva, mentre il polacco aveva compreso appieno il suo problema ed era andato lì vicino per consolarlo.
- Non ti preoccupare,non lo diremo a nessuno.- cercò di calmarlo, mentre Miyu, inconsapevole del motivo per cui il rosso si sentisse così afflitto, ci rifletteva, con un sito sulle labbra e una faccia corrucciata in volto.
- Comunque, siete arrivati adesso?- chiese lei, mettendosi in punta di piedi per poter arrivare quanto meno alla spalla di Kynaston, che la riabbassò posandole una mano sulla testa.
- Sì, eravamo là. – Wiktor indicò un punto imprecisato della foresta a ovest, tanto per fargli capire dov’erano.
- Allora sarà meglio che vi presenti agli altri.- sorrise, facendogli l’occhiolino e facendo il segno della vittoria con la mano, il tutto mentre sollevava una gamba da terra, cosa che fece rischiare di vomitare al rosso, che già non ne poteva più di lei.
- Altri? Quanti, precisamente?- domandò Sophia, avvicinandosi alla ragazza, accarezzandole più volte la testa con la mano.
- Beh, fammi pensare.- assunse una posa che per tutti, a eccezione di Nihal e Costance, che la reputava insopportabile, fu carinissima – Circa sette.- rispose, facendo sempre quelle strane pose a fine battuta.
Qualcosa non tornava, MClean gli aveva esplicitamente detto, o meglio lasciato per scritto, che i concorrenti totali erano quattordici, lui compreso, quindi ancora ne mancava uno. Non ci si scervellò più di tanto, pensando piuttosto a seguire l’albina.
Sophia e Miyu conversavano allegramente, mentre il resto del gruppo se ne stava in disparte, preferendo non intervenire in quello strano dialogo, dove la castana chiedeva allegramente, con tono allegro e in modo allegro cosa si provasse a fare l’allegra idol, la quale rispose allegramente che era un lavoro allegro, mentre il non allegro Wiktor rischiò seriamente di farsi venire il diabete per colpa di questa conversazione troppo dolce.
- Fatele smettere!- implorava, mentre Nihal gli dava il suo supporto morale.
- Eccoci, siamo arrivati.- disse, sempre con quella faccia allegra e sorridente. Davanti a se avevano una struttura grande e imponente, di colore verdastro e con il tetto marrone. Non appena l’albina aprì la porta si resero conto di quanto tutto quell’enorme spazio fosse sprecato. Giusto due lunghi tavoli, da circa quindici posti l’uno, e due lunghissime tavole di legno che fungevano da sedie, inoltre il soffitto, alto circa quattro metri, aveva solo un lampadario che, a dirla tutta, non illuminava nemmeno bene.
Seduti a uno dei due tavoli c’era una combriccola di sei persone, per lo più femmine, che conversavano tranquillamente.
- Ehi, Miyu, ce ne hai messo di tempo! E quelli chi sono?- chiese un ragazzo, che si voltò verso di lei con sguardo stupito. Aveva una carnagione olivastra, gli occhi neri e i capelli a spazzola. Il suo “semplice” vestiario era composto da una maglietta bianca, un paio di jeans strappati e da un paio di scarpe da ginnastica.
- Dai, Santons, non dire così!- iniziò, muovendo la mano con sguardo imbarazzato – Loro sono sei ragazzi che ho trovato qui intorno.- la frase non fu delle migliori, soprattutto perché Costance e Kynaston si sentirono trattati come degli animali domestici smarriti, cosa che li portò ad accentuare il loro odio verso la idol. Li presentò rapidamente, facendoli completamente squadrare dal gruppo .
- Direi di iniziare con le dovute presentazioni.- un ragazzo dai capelli arancioni, occhi verdi e pieno di lentiggini prese la parola, come se si sentisse il capo del suo gruppo, mentre si aggiustava freneticamente il maglioncino bianco che gli ricadeva sui suoi jeans sbiaditi.
- Non mi risulta che nessuno ti abbia eletto leader, Julien.- una ragazza del gruppo obiettò le sue parole. Capelli lisci e castani, occhi color nocciola, pelle chiara e un sacco di lentiggini sulle guancie. Anche lei aveva un vestiario tendenzialmente semplice, cosa che mise ancora di più in risalto Kynaston, ovvero una maglietta elasticizzata nera e dei pantaloni del medesimo colore, presi probabilmente da una tuta. Julien, che odiava essere contraddetto, si alzò in piedi, pronto a replicare.
- Zitta Tessa, torna a fare la troia!- la castana si alzò in piedi, pronta a colpirlo in volto, ma venne fermata da una tipa alquanto strana, che la afferrò da dietro e la rimise a sedere. Essa era senza alcun dubbio una dark, dato che indossava vestiti scuri, come la giacca di pelle e la T-shirt che si vedeva sotto o i pantaloni, jeans nero notte. Anche il suo trucco era pesante, soprattutto attorno agli occhi, dato che, se li chiudeva anche solo per un istante, pareva che avesse due buchi neri al posto delle palpebre.
- Ah, lasciami Agatha, questa è la volta buona che gli spacco il muso!- iniziò a dimenarsi, pronta a cogliere l’occasione in cui la dark avrebbe abbassato la guardia.
- Senti, questa è, forse, la cosa più intelligente che abbia mai detto, quindi non rompere le palle e torna tagliarti con il seghetto.- una frase piena di acidità, detto, senza alcun sentimento, da una ragazza seduta vicino a Julien, che sorrise di gusto nel sentire quella frase, come se non sapesse di essere appena stato insultato. Continuava ad allontanare i capelli grigi, probabilmente un tempo biondi dato che il fondo dei capelli era di colore giallo, mentre con gli occhi azzurri osservava divertita Tessa, che non sapeva come controbattere all’insulto, soprattutto perché nulla avrebbe potuto far offendere la grigia, che probabilmente non aveva emozioni, anche se in realtà l’avrebbe attaccata al muro, anche senza un motivo, nel caso si fosse sentita insultata.
- Bene, quindi sedetevi che iniziamo.- Julien invitò i sette a sedersi, mentre lui si sistemava con comodo sulla tavola di legno a cui era appoggiato. – Inizia tu, Agatha, facciamo il giro in senso orario.- la dark annuì silenziosamente, prima di iniziare a parlare.
- Mi chiamo Agatha Smith e ho diciotto anni. - tagliò corto, facendo assumere a tutti un’espressione stranita.
- Dicci qualcosa di te, forza.- la intimò il rosso, ricevendo un segno di assenso silenzioso.
- Da quando mia mamma è morta di cancro, quando avevo dodici anni, ho dovuto aiutare mio padre a crescere i miei quattro fratelli e, per cercare soldi, ho iniziato a spacciare, cosa che mi è costata un anno di riformatorio.- Nihal la guardò, con volto poco sorpreso, del resto era simile alla descrizione di Louise, rapida e senza emozioni, e tra l’altro erano andati al riformatorio per lo stesso motivo. La parola passò alla castana di fianco a lei.
- Io sono Tessa Aiden, ma voi chiamatemi pure Tessa, ho diciannove anni. Mia madre e mio padre se la sono svignata non appena sono nata e sono stata adottata da una famiglia omosessuale. Poi ho ucciso il mio tutor perché aveva tentato di violentarmi e ciò mi ha costretta a fuggire di casa, impossibilitandomi a finire gli studi. Ho vissuto prostituendomi fino a qualche mese fa, anche se ammetto di averci preso gusto.- l’unica parola che riuscirono a pensare tutti fu “troia”, o almeno così pareva da come si era descritta. Un’altra ragazza, che ancora non aveva nemmeno parlato, si presentò timidamente. Aveva i capelli bianchi cortissimi, ancora più chiari di quelli di Miyu, e gli occhi, o meglio l’occhio dato che aveva una benda che copriva l’occhio destro, era di colore blu. Vestiva con una giacca in pelle e dei pantaloni lunghi fino alle ginocchia, sempre del medesimo tessuto. Al polso aveva de bracciali neri, probabilmente anch’essi di pelle.
- Mi chiamo Ace White, ho ventuno anni. Sono stata abbandonata dai miei genitori, che odio profondamente, in una strada della mia città, con la scusa di andare a fare la spesa. Poi mi sono successe altre cose brutte, che però attualmente non intendo dirvi.- fu molto poco dettagliata, cosa che fece innervosire Tessa, che era arrivata perfino ad ammettere un omicidio.
- Eh no, cara, ora ci dici tutto!- si alzò in piedi, quasi con la voglia di avventarsi contro di lei.
- Lasciala in pace. - Nihal, che di segreti ne aveva in abbondanza e che per di più non gradiva particolarmente la presenza di Tessa, prese le difese dell’albina, che si limitò a dargli un’occhiata.
- Ti sta bene? Potrebbe essere una tipa pericolosa.- lo informò, pensando di spaventarlo, ma senza sapere che lui, di tipi pericolosi, ne aveva visti fin troppi.
- Diciamo che non vedo perché dovresti alterarti per un motivo così futile. E soprattutto non mi risulta che qualcuno ti abbia obbligata a dire tutte quelle cose.- mise il gomito sul tavolo e appoggiò il viso sul pugno, come a voler far intendere di non avere voglia di continuare quelle, a detta sua inutile, conversazione. Toccò a Miyu, che si era seduta proprio al fianco di Ace.
 - Mi chiamo Miyu Suzuki, ho sedici anni e di professione faccio l’idol. Mi sono trasferita da poco in Canada, perché ho vissuto per quattordici anni in Giappone, però i miei genitori erano inglesi, quindi non ho tratti asiatici. Grazie al supporto dei miei amici sono riuscita a realizzare il mio sogno, quindi è solo grazie a loro se. – Julien interruppe il suo discorso, probabilmente annoiato.
- Bene, andiamo avanti, ora tocca a te. – indicò Costance, che tirò su le spalle cercando di farsi forza.
- S-Sono Costance Peterson, ho diciotto anni e.- fu interrotta da Tessa che,alzandosi in piedi, ebbe da obiettare.
- No, non è possibile. Tu non puoi avere diciotto anni. – la rosa si sentì offesa e iniziò a pianger, venendo calmata da Sophia, che stava al suo fianco, la quale la coccolò prendendola sulle sue ginocchia e invitandola a continuare.
- Sono figlia unica e ho avuto un’infanzia felice ma, dato che la ritenevo monotona, sono stupidamente entrata in un giro di sesso, droga e alcol, da cui sono uscita da poco.- Nihal rabbrividì, sentendo quelle parole. Nessuno, ma veramente nessuno, si aspettava che quella ragazza potesse avere dei precedenti penali, soprattutto perché non gli avrebbero dato più di dodici anni. la parola passò a Sophia, che iniziò a presentarsi, con il solito tono altro e allegro.
- Ehi! Sophia Young, piacere di conoscervi! Ho diciannove anni e sono inglese. Mio padre era italiano ed è sfortunatamente morto in un incidente d’auto, ma io, mia madre e mio fratello non ci siamo persi d’animo e abbiamo continuato a vivere, portandocelo sempre nei nostri cuori!- il suo modo di fare, così dolce e smielato, stava dando problemi di stomaco a diversi dei presenti nella stanza.
- Ok, ora ho il diabete.- Julien si toccò la pancia, seriamente scosso. – Passiamo avanti, tocca a l’hippie.- indicò la rasta con un dito, che rispose di rimando con un’occhiataccia.
- Mi chiamo Ines Watson e ho da poco compiuto diciotto anni. Ho iniziato a fumarmi le canne quando avevo sedici anni perché la mia vita faceva schifo. Sono stata in riformatorio perché ho “accidentalmente” pestato una di quelle puttane a una festa, mentre ero sotto effetto di cocaina, e perché ho partecipato a varie rivolte a favore della legalizzazione della cannabis e dell’adozione dei bambini a coppie omosessuali.- durante il suo discorso ci fu un silenzio tombale, sia perché la sua voce bassa non era del tutto udibile, sia perché in un certo senso quella ragazza metteva angoscia e paura.
- Bene, dopo questa bella storia, passiamo a te, rosso.- Tessa guardò Nihal, aspettando con calma che questo iniziasse a parlare.
- Io sono Nihal Barlow e ho ventiquattro anni. Ho vissuto una tranquilla vita all’insegna della felicità con i miei parenti, vivevamo in un cottage enorme a Montreal, finché io non mi sono trasferito a Toronto per andare all’università, che ho finito quest’anno. Non ho precedenti penali e, cosa molto importante, sono allergico all’alcol e alle.- fu interrotto a metà da Kynaston, che lo guardò con faccia quasi dispiaciuta.
- Che vita di merda.- abbassò la testa e iniziò a muoverla, mentre teneva le braccia conserte.
- Dicevo, sono allergico all’alcol e alle medicine. Ho finito.- finì il discorso guardando male il moro, che si limitò a ridacchiare sotto i baffi. Beh, il rosso aveva chiaramente inventato tutto. Non una singola cosa di ciò che aveva detto era vera, forse l’unica cosa veritiera era stata detta da quel ricco egocentrico, ovvero che la sua vita faceva schifo. In realtà a casa il rapporto era pessimo, perché una volta da piccolo bevve del vino e picchiò sua sorella e suo padre, cosa che portò la sua famiglia ad avere paura di lui, principale motivo per cui si era trasferito da Montreal. Inoltre non era allergico all’alcol, ma non voleva che glielo somministrassero e, tanto meno, voleva che scoprissero il mostro che si celava al suo interno. I suoi pensieri furono interrotti dal moro, che iniziò a parlare.
- Benissimo, io sono Kynaston Durward Cavendish, e sono un nobile, cosa che voi vi sognate. Quindi, dal momento che io sono di un grado superiore a voi, dovrete chiamarmi Sir Cavendish.- iniziò, il tutto tenendo una mano sul petto, come a indicarsi.
- Ma che cazzo ti fumi?- lo mise a tacere Tessa, guardandolo male e facendolo sentire in soggezione – Torna nella tua casa del cazzo e non ci rompere i coglioni, sfigato.- il moro si alzò in piedi, pronto ad attaccare verbalmente la castana, che intanto lo aveva imitato.
- Oh, il tuo status sociale è così da basso da dovermi rompere i coglioni solo perché sei povera?- chiese, facendo una vocina dolce, per sfotterla ancora di più.
- Ti spacco la faccia, testa di cazzo.- strinse i pugni, pronta a colpirlo nel caso la discussione fosse andata avanti.
- Dai, ti aspetto, però attenta a non sporcarmi la mia giacca da cinquecento euro con la due da due soldi. Che c’è non ti sei potuta prostituire abbastanza per comprarti degli abiti decenti?- questa fu la goccia che fece traboccare il vaso perché, dopo aver sentito quelle parole, saltò addosso al moro, sedendosi a cavalcioni su di lui e iniziando a picchiarlo. Il ragazzo, per difesa, la colpì in pancia e poi la tirò contro il tavolo, facendola cadere con forza sul legno con la schiena. Tessa iniziò a rigirarsi per il dolore, mentre Kynaston riprese tranquillamente il suo discorso.
- Dicevo, sono la persona migliore che possiate trovare sul globo e oltretutto ho più soldi di tutti voi messi insieme. I miei genitori sono morti quando io ero appena nato e sono stato adottato dalla mia dolce zietta Hyacitha, non essendo andato in carcere come la maggior parte di voi, perché io sono un ragazzo tranquillo, e poi anche se ci andassi non sarebbe un problema pagare la cauzione e uscire da li, non posso quindi parlare di spiacevoli avventure, quindi termino qui.- disse, notando che, accanto a lui, Wiktor si stava spaccando in due dalle risate. – Che cosa ti ridi, plebeo?- domandò, irritato.
- Ma che cazzo di nomi avete in famiglia?- riuscì a dire, tra una risata e l’altra. Il moro cercò di prenderlo per il collo, venendo però sbattuto a terra dal biondo. – Facile con le ragazze, eh?- gli sussurrò all’orecchio, facendolo incazzare ancora di più.
- Io sono Wiktor Nowak, sono un polacco di diciannovenne e da circa una quindicina di anni vivo in Canada. Il mio sogno è diventare giornalista, motivo per cui vado all’università. Ah, dimenticavo, sono gay. – fece l’occhiolino in direzione di Julien, che lo guardava sbiancato. Inoltre, tutto questo discorso, l’aveva fatto mentre ancora teneva la faccia di Kynaston compressa contro il pavimento.
- Bene, finalmente è arrivato il mio turno! Io mi chiamo Santos Mels e sono spagnolo, ma all’età di cinque anni mi sono dovuto trasferire qui in Canada. Mio padre era uno stronzo omofobo e quando ha scoperto che ero gay, mi ha picchiato e ha ucciso mia mamma che cercava di difendermi. Quindi sono scappato di casa. – si girò, notando che nessuno l’aveva minimamente ascoltato. – Ehi, mi avete sentito?- chiese, con il broncio.
- Sì, certo.- cercò di farlo felice Sophia, sorridendogli.
- Allora dimmi come mi chiamo.- chiese a braccia conserte, mentre la guardava arrabbiato.
- Carlos?- fu più una domanda che una risposta schietta, cosa che lo portò ad arrabbiarsi, ma fu interrotto da Julien, che prese la parola.
- Io sono Julien Greenhill, ho diciassette anni e sono un fiero canadese. Sono il rappresentante della mia classe e odio essere contraddetto, le due cose che mi piacciono di più sono i gatti e i cani, anche se gli altri animali non sono poi così. – Agatha lo fermò a metà discorso.
- Taglia corto.- gli disse, con una voce senza alcun sentimento. Il ragazzo la guardò malissimo, scegliendo con cura come rispondere.
- Tu hai fatto la tua presentazione? Bene, ora io faccio la mia. Stai zitta e non rompere.- batté i pugni sul tavolo, facendolo tremare.
- Bene, tocca a te. – Nihal indicò Loanna, ignorando platealmente il discorso del rosso.
- Non ho ancora finito.- gli fece notare Julien, guardandolo negli occhi, come a voler fare una sfida tra quelli celesti dell’altro e i suoi verdi.
- Guarda là. – indicò un punto imprecisato della parete, facendolo voltare.
- Cosa c’è?- chiese, curioso.
-Il gran cazzo che me ne frega della tua presentazione.- rispose, facendo uscire una risata a tutti, mentre Julien riusciva a fatica a tenersi calmo.
- Sentite, io inizio, tanto non me ne frega un cazzo ne di voi ne di questa fottuta presentazione. Sono Loanne Chamber, ho diciotto anni. La mia bellissima infanzia è finita nel momento in cui ho gettato mio fratello dalla finestra.- fu fermata da Wiktor, che la guardò male.
- Perché cazzo lo ha fatto?- chiese, tremando.
- Volevo vedere se volava.- rispose, con tutta la tranquillità del mondo.
- Mi stai prendendo per il culo?- domandò il biondo, sperando che fosse così.
- Cazzo avevo cinque anni e mi hanno rinchiusa per due anni in un ospedale psichiatrico.- tutti rimasero a bocca aperta.
- Oh, Gesù. – Tessa, che nel frattempo si era rimessa a sedere, si coprì il volto, pensando a come veramente avessero raggiunto il fondo.
- Ho anche dato fuoco alla casa e il mio obiettivo è riuscire ad ammazzare i miei genitori.- concluse, come se tutto questo fosse stato normale.
- A te manca qualche rotella.- suggerì Nihal, pensando a tutto ciò che aveva detto. Mentre la grigia si preparava a rispondere alle provocazioni, la porta si spalancò all’improvviso, mostrando la figura di un ragazzo. Aveva i castani a spazzola, gli occhi neri ed era incredibilmente alto. Portava una giacca nera da cui si poteva notare una T-shirt con un motivetto di fiori blu e viola, un paio di jeans neri e delle scarpe da ginnastica blu.
- Eh, così c’è qualcun altro su quest’isola.- disse con tono poco emotivo, entrando dentro, con le mani in tasca.
- E tu saresti?- chiese Wiktor, lasciando la frase in sospeso.
- Aaron Cleverty, ho ventuno anni. Se volete conoscere qualcosa di me, vi basta sapere che da piccolo ero obeso e sono stato vittima di bullismo.- si presentò rapidamente, per poi mettersi a sedere tranquillamente, come se fosse stato solo un membro della combriccola che era semplicemente andato in bagno e poi era tornato.
- Beh, lasciamo stare. Qualcuno sa dove siamo?- chiese Sophia, sorridendo come al solito.
- Campo estivo Wawankwa, almeno sull’insegna c’era scritto così. – disse Julien. Nihal rise amaramente, pensando che MClean era proprio un tipo stronzo.
 
 
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ecco a voi, il primo capitolo di Total Drama Jager. Ragazzi, sono 15 pagine di word, quindi vi chiedo di scusarmi il ritardo, ma i personaggi sono tanti e non volevo spezzare la presentazione in due.
Bene, ora vi saluto! Spero vi sia piaciuto il chappy.

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


- Quindi siamo su un isola che un tempo era usata come campo estivo?- chiese Wiktor, aggiustandosi i capelli con una mano, mentre guardava Julien, che si era limitato ad appoggiare i gomiti sul banco e a sporsi verso di lui.
- Non ne sono sicuro, ma suppongo di sì. Comunque  è il momento di discutere sul da farsi.- propose, ottenendo dei cenni positivi dagli altri.
- Penso che dovremmo cercare altre persone, non abbiamo nessuna certezza di essere gli unici su quest’isola.- fece notare Ines, sempre con quel tono calmo e tranquillo.
- Già, hai ragione.- Nihal supportò la sua idea, anche se sapeva che loro erano gli unici presenti all’interno dell’isola, in modo da poter sviare il gruppo verso una strada sbagliata e far contento MClean.
- Non sono d’accordo, secondo me dovremmo esplorare l’isola, poi, se li troviamo, potremo anche portarci dietro qualcun altro.- Julien controbatté l’idea della rossa, con uno sguardo corrucciato in viso che non ammetteva repliche.
- A questo punto mettiamola ai voti. – asserì Wiktor, che l’ultima cosa che voleva era sentirli litigare, ma il rosso lo fermò, parlandogli sopra.
- Dovremmo esplorare l’isola, non c’è altra soluzione.- batté i pugni sul tavolo, cercando di convincere, anche se suonava più come un ordine, gli altri a seguire la sua idea. Sophia, che non voleva assolutamente che il gruppo si rompesse il primo giorno, cercò di trovare una soluzione equa.
- Perché non ci dividiamo in due gruppi?- propose, sempre con quello sguardo irritante sul volto, che fece venire voglia a Kynaston e Costance di andare nel gruppo opposto della castana, qualunque esso sia stato – Allora, chi vuole esplorare l’isola vada dietro Julien, mentre chi pensa che cercare altre persone sia la meglio scelta vada dietro Wiktor.
Tutti scelsero un gruppo, tranne Nihal e la rosa, il primo perché, riflettendoci, era arrivato alla soluzione che, dal momento che già aveva sviato una buona parte dei ragazzi, avrebbe dovuto seguire Julien, in modo da ostacolarlo, e stava aspettando di vedere quale fosse quello meno numeroso. Costance invece si sarebbe unita al gruppo più numeroso, ovvero quello più forte. Essendo debole di carattere non procedeva mai in azioni personali, ma stava sempre dietro qualcuno. Sapeva di essere costretta all’inferno da quando aveva letto “La divina commedia”, precisamente il canto degli inferi, dove nel terzo canto parlava degli ignavi, ovvero coloro che non hanno vissuto la vita propria vita perché non hanno mai preso una parte o avuto un’idea propria, preferendo seguire il branco senza dire nulla. Sarebbe stata costretta a girare nuda per l’eternità inseguendo un’insegna, che girava a estrema velocità, mentre api e mosconi la pungevano, aumentando la sua agonia, e, come se non bastasse, il suo sangue sarebbe stato succhiato da dei fastidiosi vermi. O almeno questo aveva scritto Dante. Ma in quel momento non le importava nulla di ciò, tanto aveva ancora sessant’anni da vivere e forse per questo motivo non sarebbe mai riuscita a cambiare, proprio perché il lupo perde il pelo ma non il vizio. Si conosceva, anche con la droga aveva fatto così, era perfino arrivata a prostituirsi a dei cinquantenni, forse anche più grandi, in cambio di droga, la sostanza che, per evitare che tutti la prendessero in giro poiché assomigliava a una bambina, aveva iniziato ad assumere per sentirsi grande. Mille volte si era detto che avrebbe smesso, ma ci riuscì soltanto con l’aiuto dei suoi genitori.
Si sentiva una persona infima, una di quelle che vivono solo per levare ossigeno agli altri. Aveva tutto ciò che si potesse volere, data la ricchezza dei suoi genitori, che forse erano anche più ricchi della zia di Kynaston. Anche di questo non aveva detto niente, e il motivo era ridicolo: non ne aveva avuto voglia. Era pigra, estremamente pigra. Solitamente passava le giornate sul divano in posizione fetale, mentre messaggiava con le sue “amiche”, se così si potevano definire. Sapeva, era cosciente che stavano con lei solo per i soldi, ma senza di loro si sarebbe sentita ancora più solo di quanto non lo era già. Quando erano in giro insieme si sentiva come accompagnata da dei demoni, vedeva tutto nero e ciò, assieme agli insulti ricevuti per il suo aspetto, l’avevano portata a non aver neppure la voglia di alzarsi per andare a pranzare. Già, perché dopo che aveva rotto i ponti con la droga loro erano spariti.
Alla fine della fiera scelse di seguire Wiktor, solo perché il suo gruppo era in numero maggiore. Non disse nulla, si accodò tranquillamente, osservando, senza alcuna emozione, come Julien stava dando quasi di matto. Nel suo gruppo erano in due: lui e Nihal.
- Possibile che, a eccezione di lui, siate tutti così stupidi? Ma si può pensare agli altri mentre siamo bloccati su un’isola deserta?- si sfogò, mettendo alla prova il rosso, che cercava di contenere le risate.
- Ah, vaffanculo, ci vengo io con te. – Tessa si staccò dalla’altro gruppo, posizionandosi accanto al povero ragazzo, che stava dando di matto.
- Tu? Ma stai scherzando?- rise istericamente, pensando a quali enormi problemi avrebbe portato la presenza di quella svampita dai capelli castani.
- Eh? Ma ce le vuoi?- lo provocò, sporgendosi in avanti con un pugno alzato, facendolo avvicinare a se con l’altra mano. Il rosso li divise, tenendo per il colletto, come se fossero due bambini dell’asilo.
- Tralasciando le opinioni personali, andare noi tre da soli sarebbe pericoloso. Almeno due del vostro gruppo dovrebbero venire con noi.- propose, lasciando i due, facendoli cadere per terra. Wiktor ci pensò un po’, per poi rispondergli.
- Già, hai ragione. Ma non posso obbligare nessuno a venire nel tuo gruppo.- si poggiò una mano sul mento, pensando a qualcosa. In quel momento Ace, silenziosa come il vento, si mise accanto al rosso.
- Ci vado io. – disse schiettamente, mentre il biondo le dava l’ok. Dalla prima squadra si staccò anche Santos.
- Anch’io! Spero di esservi d’aiuto!- fece un sorriso che fece rabbrividire sia l’albina che il rosso.
- Bene, ora che siamo tutti direi di andare.- Wiktor indicò la porta, facendo segno di seguirlo.
- Ehi, chi l’ha detto che sei tu il capo?- Kynaston lo afferrò per una spalla, fermandolo. L’altro si limitò ridere, per poi girarsi, bloccargli i polsi e sbatterlo contro il muro. La sua bocca si fermò a pochi centimetri dal moro, che temeva di venire baciato, per poi spostare la traiettoria verso il suo orecchio.
- Facciamo come dico io, va bene?- gli sussurrò, con tono talmente sensuale da fargli venire il batticuore. Dato che Kynaston non accennava a rispondere, gli morse un orecchio, facendolo sussultare – Lo prendo come un sì. – poi si allontanò dal moro, vedendo come tutti lo guardavano strano. – Che c’è?- chiese, facendo il finto tonto.
- Davvero non te ne sei accorto?- ribatté Aaron, guardandolo un tantino preoccupato, il biondo si fece una gran risata, per poi uscire dalla stanza, seguito dagli altri.
Il gruppo si divise in due, a ovest il gruppo di Wiktor, mentre a est quello di Julien. Nihal, che era seriamente preoccupato, perché il rosso non sembrava un tipo sveglio e per di più voleva fare come gli pareva, cosa che lo aveva portato a volerlo tenere d’occhio. Quei ragazzi non si immaginavano nemmeno come sarebbe stata la loro permanenza su quella fottuta isola. Non era bloccati lì, bensì richiusi. Erano come animali destinati al macello, e la cosa lo metteva un po’ a disagio. Vedeva i loro sguardi tranquilli, che nemmeno si chiedevano come mai fossero giunti lì, e lui, che dal suo canto era preoccupato, pregava di poter stare calmo come loro. Solitamente, quando era in situazioni come quelle, si isolava dal mondo, con un MP3 pieno di canzoni dei Linkin Park o dei Sum41, cercando di calmarsi. Non che gli piacesse la musica, solo che aiutava a calmare i suoi pensieri, portandolo a mantenere la concentrazione.
Si era imparato tutte le canzoni a memoria, così da potersele cantare quando finiva in situazioni come quelle. Ovviamente non faceva sentire la sua voce, compieva il gesto dentro di se, riuscendo a ritrovare se stesso.
Si incamminarono verso la montagna, che era una collina, se non un promontorio, ma visto che era l’unica sporgenza dell’isola quello era il primo nome che poteva venirgli in mente. Julien continuava a parlare a vanvera per lo più litigando con Tessa, che gli rispondeva a tono, facendolo arrabbiare ancora di più.
- Sei un coglione!- lo insultò lei, per poi tirare dritto verso la loro meta.
- Smettila, stupida troia!- gli urlò, facendola voltare. La castana lo guardò malissimo, quasi pronta a saltargli in collo, se solo non fosse stato per Santos, che cercò di placare gli animi.
-Calmatevi, tutti e due, su!- disse, con tono sdolcinato, che fece vomitare entrambi.
- Stai zitto, finocchio.- lo zittì il rosso, ricevendo un colpo in faccia dal moro, che poi si avventò su di lui.
- Come hai detto? Dillo ancora, testa di cazzo! Ti faccio saltare la testa a suon di pugni!- non accettava, proprio non riusciva ad accettare, quando lo insultavano per il suo orientamento sessuale. Suo padre lo aveva fatto diventare così, un mostro. Non appena si sentiva insultato per ciò picchiava subito lo sventurato, con una ferocia da fare invidia a una bestia selvatica.
- Levati di dosso, frocio!- gli restituì il pugno, facendolo cadere a terra, per poi iniziare a colpirlo con diversi calci. Questo era uno dei vantaggi di Julien, tutti pensavano che fosse un tipo “tutto studio”, quando in realtà era parecchio a usare le mani. La gente lo sottovalutava, mentre lui, con tutta la tranquillità del mondo, li faceva ricredere, picchiandoli. Gli piaceva, era estremamente divertente picchiare chi lo considerava un debole. Lo prese per il collo e lo attaccò al muro, continuando a colpirlo con ferocia sul volto. – Dimmi, spagnolo del cazzo, è così che faceva tuo padre?- lo provocò, vedendo il suo volto assumere un’espressione adirata. Provocare la gente lo eccitava, lo faceva sentire superiore.
- Stronzo! Non parlare di lui!- gridò, guardandolo fisso nei suoi occhi verdi, che non parevano più umani. Gli altri li stavano guardando, Nihal con l’intento di intervenire quando uno dei due stesse per morire, mentre le altre due non avevano il minimo interesse per quella “lotta tra bambini”, come l’aveva chiamata Tessa.
- Oh? Abbiamo un cocco di mamma? Ah, no, giusto, lei è morta, vero? Tua padre, eh? Cazzo, un giorno             quel gran’uomo me lo devi presentare.- lo teneva per i capelli, sbattendolo più volte contro il tronco dell’albero. Però, all’improvviso, il moro si liberò dalla presa del rosso, iniziando a colpirlo ferocemente.
- Che cazzo ti ha dato il permesso di parlare di mia madre!- urlava, mentre il suo sangue cadeva sulla faccia di Julien, mischiandosi con quello che gli aveva appena fatto uscire con quei colpi. Nihal si avvicinò ai due, pensando che ormai fosse giunto il momento di fermarli ma il rosso, con uno scatto repentino, colpì Santos in testa con una pietra, facendolo cadere a terra di colpo. Un sacco di sangue cominciava a uscire dalla ferita, mentre gli altri tre osservavano la scena scossi.
- Ma che cazzo fai?!- gli aveva urlato Nihal, per poi prendere il moro e toccargli il collo, per vedere se respirava, notando  che, seppur debolmente, la vena batteva. Julien si era appena accorto di cosa aveva fatto, era stato così eccitato durante la rissa che stava agendo secondo i suoi istinti animaleschi, senza pensare minimamente. Iniziò a respirare affannosamente, toccandosi il cuore, preoccupato dall’eccessiva forza del battito, mentre Tessa si era accasciata al suo fianco, per sentire come stava.
- Ehi, Julien, tutto a posto? Ehi, rispondi!- il rosso svenne, mentre la castana lo scuoteva tra le sue braccia.
- Portiamolo nella sala da pranzo, li ci sarà sicuramente qualcosa con cui curarlo.- fece gesto alle due, per poi issarsi il corpo svenuto si Santos sulla schiena, iniziando a scendere la discesa per tornare al campo. Tessa portò Julien, mentre Ace si limitava a seguirli, senza spicciare una parola.
Non appena entrarono Nihal stese il malcapitato sul tavolo di legno, stessa cosa che fece la castana con il rosso, e poi si fiondò in cucina, alla ricerca di cose che gli sarebbero state utili. Non trovò granché, solo del sale e delle bende.
- Porca puttana! Nella villa almeno c’erano un fottuto kit di pronto soccorso!- si lasciò sfuggire, imprecando poi diverse volte.
- Villa?- chiese Tessa, senza capire a cosa si stesse riferendo, il rosso si bloccò, pensando a quanto fosse stata rischiosa la frase appena detta.
- Sì, beh, una volta sono andato in un campeggio in una villa e nella cucina c’era un kit medico, pensavo che anche qui sarebbe stato lo stesso.- disse tutto ciò con sguardo e tono serio, in modo da sembrare più convincente, la castana rispose con un gesto della testa, senza dare troppo peso a quelle parole, che invece Ace trovò alquanto strane.
Bendò la testa di Santos, pulendo tutto il sangue che gli aveva completamente sporcato la testa e la sua canotta  bianca. Fece un lavoro preciso, grazie a quando aveva visto Rui applicare le cure mediche ad Alex nella villa. Non appena ebbe finito si stese sulla panca, respirando affannosamente.
- Allora, io e Ace andremo a esplorare l’isola, tu resta qui, nel caso si svegliassero e facessero qualche casino.- il rosso chiamò a se l’albina, che lo seguì senza fiatare. Appena usciti però, questa lo fece voltare aggrappandosi alla sua maglietta, per poi parlargli.
- Tu hai un segreto, vero? Ti si legge in faccia.- pronunciò quelle parole senza emozione, come se non sapesse nemmeno cosa significasse ciò che aveva appena detto. Il rosso la guardò, si era già preparato a questa evenienza, quindi sapeva esattamente cosa dire.
- Anche tu, vero? Quell’occhio… ci vedi benissimo, vero?- l’albina sussultò, non appena sentì quelle parole, che la fecero sudare freddo.
- Come l’hai capito?- ritrovò la sua compostezza e lo guardò, con la faccia ancora più sospettosa. Nihal rise, probabilmente come non aveva mai fatto da quando era su quell’isola, facendo sentire Ace a disagio.
- Ma veramente ho tirato a caso, devo dire che mi ha sorpreso.- le disse, facendola sentire alquanto stupida. – Beh, se ci vedi perché lo tieni scoperto?- domandò, notando anche come l’albina fece una faccia un po’ insicura, come se avesse paura di rivelarlo. Il rosso aspettò un po’, per poi capire che probabilmente non avrebbe mai risposto.
Evitò l’argomento, pensando ad andare sulla cima del promontorio, così da poter avere una vista completa sull’isola. Camminarono per un bel po’, riuscendo finalmente a giungere in cima alla vetta. Si sedettero l’uno affianco all’altra, mentre il vento li accarezzava, come se si stesse congratulando con loro per l’impresa appena fatta.
- Cazzo, certo che fa freddo qui, eh?- chiese il ragazzo per avviare una conversazione.
- Già.- rispose seccamente lei, facendo fare una faccia delusa al rosso, che si aspettava una risposta un po’ più articolata.
- A quanto pare siamo veramente su un’isola.- disse, alzandosi in piedi e sporgendosi per il dirupo, in modo da poter vedere meglio anche possibili isole vicine. Ce ne era una, che però non poteva essere raggiunta a nuoto, necessitava di un’imbarcazione, come una barca o anche solo una canoa. Ace si mise vicino a lui, per osservare il sole, che bruciava talmente tanto da sentirsi quasi sciogliere. Faceva un freddo cane, ma lei si sentiva a suo agio, perché passare le notti di dicembre in un vicolo cieco senza niente con cui scaldarti era sicuramente peggio.
Ogni volta che ripensava a ciò che aveva vissuto in passato sentiva un vuoto nello stomaco, come se non avesse altro che rimpianti, ma quelli li hanno tutti. L’unica persona di cui si era fidata l’aveva tradita, portandola a essere diffidente con chiunque, soprattutto con chi cercava di essere gentile con lei. Grazie a questo suo distaccarsi dalla massa era diventata brava a osservare le persone. Riusciva a capire i loro stati d’animo più bui e cupi, anche perché lei li aveva provati tutti, se si parla ovviamente di emozioni negative. Per lei la felicità era come le stelle, le vedi e pensi di poterle toccare, ma sai comunque che ci sono milioni di chilometri che vi separano, riportandoti alla triste realtà.
L’occhio che teneva coperto era l’esempio più vicino che aveva, ovvero di come la felicità le scappasse sempre di mano. Ogni tanto sognava il momento in cui quel coltello le colpì l’occhio, facendole uscire un sacco di sangue. Si svegliava sempre di soprassalto in quelle occasioni, con la fronte sudata, e si toccava l’occhio, perché quel sogno, o meglio quell’incubo, segnava così fottutamente reale. Ci provava con tutte le forze a non pensarci, ma non ce la faceva, perché gli eventi traumatici rimangono impressi nella mente, come se fossero eternamente salvati lì.
L’unico modo sarebbe stato togliersi la vita. Ma così avrebbe solo fatto il gioco dei suoi genitori, quei bastardi che l’avevano abbandonata e che odiava con tutta se stessa. Nel momento in cui si svegliava durante questi brutti sogni metteva la testa tra le gambe e piangeva silenziosamente, sfogandosi.
- Dimmi, tu hai vissuto esperienze traumatiche, vero?- il rosso non ce la faceva più a vederla così, in silenzio accanto a lui, mentre fissava il cielo con nostalgia, come se volesse poter scappare dalla realtà per rifugiarsi in un posto in cui non sarebbe più stata ferita.
- Cosa te lo fa pensare?- non voleva ammetterlo, perché quel ragazzo era intelligente, e avrebbe potuto usare ciò a suo vantaggio, infondo lei non si fidava di nessuno, quindi voleva tenergli le distanze.
- Mi ricordi me. Anch’io ogni tanto lo faccio.- non alluse a nulla in particolare, restando vago, in modo che, se eventualmente l’albina avesse voluto continuare la conversazione, si sarebbe dovuta aprire con lui, dicendogli cosa la turbava.
- Hai davvero avuto così tanti problemi? A vederti non sembra.- faceva solo domande, dato che era il modo più veloce per evitare l’argomento. Lui rise amaramente, facendola stupire.
- Tu nemmeno immagini che cos’ho dentro di me. Sono completamente marcio.- le rivelò, come sempre senza entrare nel dettaglio e lasciando alla ragazza libera interpretazione. Ace, dal canto suo, non si aspettava che un tipo come lui, che dava l’impressione di essere solitario e freddo, potesse essere in realtà una persona nera, e non perché cattivo, ma poiché non provava più sentimenti.
- I tatuaggi li hai fatti per sfogarti?- domandò, alludendo a quelli che si vedevano dalla sua T-shirt, come un drago che circondava tutto il braccio destro o le numerose scritte sul sinistro.
- Nah, per me questa è arte. – sollevò l’arto destro, portandolo alla stessa altezza del mento, così da poter osservare meglio i suoi tatuaggi.
- Non è un motivo un po’ stupido?- lo punzecchiò, vedendo però il suo volto piegarsi in un sorriso.
- Anche se non sembra ho un diploma, quindi io e la stupidità non corriamo sulla stessa corsia. Ognuno i questi ha un significato particolare.- spiegò, mordendosi le labbra. – Ad esempio questo drago è simbolo di saggezza, mentre le scritte sulla mano sinistra sono frasi che, personalmente, trovo bellissime.- le indicò con un dito, passando sopra a una frase alquanto lunga “I belive in me, I and myself”, che le si addiceva proprio, credeva solo in se stessa, o meglio aveva imparato a crederci. Perché all’inizio non è facile, soprattutto per colpa della sua personalità debole.
La sua maschera era destinata a cadere a pezzi, sgretolandosi in mille pezzettini di cera che l’avrebbero messa a nudo, mostrano ciò che era realmente. Mentre quella di Nihal no, non sarebbe mai caduta. Era costruita di sentimenti oscuri, falsi e di ipocrisia, cosa che la portava a non poter essere distrutta. Perché rivelarsi per come era realmente non gli dava alcun vantaggio.
- Anch’io vorrei fermi un tatuaggio.- asserì lei, parlando per la prima volta di cosa provava e non di sospetti o altro.
- Sì? Cosa pensi di farti?- era contenta che finalmente fosse riuscita  a sbloccarsi, così da poter parlar un po’ con lui.
- Non lo so, forse un fiore, più precisamente un’adonide, oppure un aloe. – disse, pensandoci su. Il rosso si limitò a guardarla male.
- È un caso che tu abbia scelto due fiori che nel linguaggio dei botanici significano dolore e ricordo doloroso?- l’albina fece cenno di sì con il capo sorridendo amaramente.
- Conosci il linguaggio dei fiori?- cambiò argomento, cosa che lui notò ma che volle far finta di vedere, interessata.
- Ti ho detto che ho la laurea, no? E poi anche io ho un tatuaggio simile.- girò il braccio sinistro, lasciando vedere un fiore rosso con delle foglie verdi.
- Che cos’è?- chiese avvicinandosi al tatuaggio, così da poterlo ammirare meglio.
- Questo è un Amaranto Caudato, che significa disperazione.- le spiegò, notando con sua sorpresa quanto fosse curiosa al riguardo.
- Allora anche tu hai un tatuaggio pessimista, eh?- chiese, ridendo e contagiandolo, facendolo sorridere rumorosamente.
- Se è per questo ne sono pieno.- le rispose, per poi incamminarsi verso la discesa. – Vieni, torniamo giù.- le fece cenno di seguirla, per poi voltarsi per dirigersi alla sala da pranzo, seguito dall’albina.
 
 
L’altro gruppo si era inoltrato in un boschetto, dove aveva poi deciso di diversi in due.
-Quindi, ricapitolando, io, Kyanston, Ines e Agatha andremo verso il centro del bosco, mentre Costance, Loanne, Sophia, Aaron e Miyu cercherete qua intorno.- Wiktor, che aveva preso il comando della squadra, diede le direttive, per poi avventurarsi all’interno della macchia, scomparendo dalla vista dei cinque rimasti indietro.
- Noi faremo un giorno intorno agli alberi, sperando di trovare qualcuno.- Sophia iniziò a camminare intorno al boschetto, sempre con quel sorriso in volto. Gli altri si limitarono a seguirla, senza provare nemmeno a proporre un’idea. Perché a Costance non fregava nulla di ciò che stavano facendo, tanto meno di dove stessero esplorando e, probabilmente, non dava il giusto peso alla situazione, dato che era comunque rinchiusa su un’isola deserta. Invece Aaron voleva solo passare inosservato, l’unica cosa che chiedeva era di non venire interpellato troppe volte e di essere lasciato in pace. Anche quando aveva trovato la cucina era entrato aprendo la porta con un calcio e, non appena aveva visto i volti squadrarlo a quella maniera, si era presentato rapidamente, così da evitare che gli fosse posta qualsiasi domanda. Vedeva tutte le persone a lui estranee come avvoltoi, pronti a sbranarlo.
La sua infanzia non era stata felice, ma probabilmente tutti i presenti sull’isola erano come lui, perché nulla viene per caso. All’età di dieci anni pesava ottantatre chili, cosa che lo portava a essere preso di mira dai bulli molto spesso, poi, grazie all’aiuto di un suo amico, riuscì a farsi forza e trovò il modo di dimagrire, arrivando a pesare cinquantacinque chili a sedici anni.
In quel modo era riuscito a integrarsi nella società, ma i segni del passato su di lui erano rimasti. Odiava i bulli, odiava chi prendesse in giro chi era in sovrappeso e, spesso, finiva nei guai per ciò. Il caso più eclatante fu una rissa scoppiata in un pub, dove lui e il suo gruppo si affrontarono con una gang del posto che aveva insultato un loro amico perché grasso. Dopo la lite gli arrivò anche una denuncia, che lui strappò con tutta tranquillità, perché la coscienza ce l’aveva apposto.
- Ehi, parliamo un po’.- la rosa e il moro fecero una faccia imbronciata non appena Sophia pronunciò quelle parole, seguita da una risposta affermativa di Miyu, mentre Loenne si disinteressava semplicemente dell’argomento.
- Bene, perché non raccontiamo qualcosa della nostra infanzia più nel dettaglio? Così ci conosceremo meglio.- propose l’albina, seguita da urla di gioia della castana.
- Cosa? Stai scherzando?- Aaron aveva finalmente aperto bocca, bloccando l’entusiasmo delle due, che si voltarono a guardarlo – Non mi ricordo nemmeno i vostri nomi e dovrei parlarvi di cosa ho passato durante quel periodo di merda? Ma non farmi ridere. Ti ricordo che siamo bloccati su un’isola deserta, probabilmente a morire di fame, smettila con tutto questo entusiasmo.- disse con acidità, facendo ridere sotto i baffi Costance che, anche se la pensava esattamente allo stesso modo, non sarebbe mai riuscita a dirglielo in faccia.
- Non sappiamo ancora se è deserta.- constatò Sophia, muovendo freneticamente la mano, come a voler far riflettere il ragazzo, che però si limitò a guardarla male.
- Innanzitutto perché siamo qui? Ve lo siete chiesti almeno una volta? E soprattutto, come ci hanno portato qui?- le domande che porse fecero mutare completamente l’espressione delle due.
Non riuscivano a ricordare. Non avevano la minima idea di perché fossero lì e avevano sulla lingua quella sensazione spiacevole di quando ci si sta dimenticando di una cosa importante. Ma cosa?
- A quanto pare vi ha zittite, eh?- Loenne girò il coltello nella piaga mettendosi a ridere.
- Siamo nella stessa situazione.- le disse Sophia, mostrando per la prima volta uno sguardo scosso in volto, la grigia si limitò a ridere di gusto, facendola innervosire ancora di più, mentre Miyu stava iniziando a singhiozzare.
- A me non frega un cazzo! A quest’ora dovrei essere in carcere, quindi meglio qui. Non mi frega in che modo, o perché, io sia qui.- si morse il labbro superiore, cercando di calmare quella risata irritante che non riusciva a sopprimere in alcun modo.
- Ora calmatevi. Dobbiamo solo pensare su, prima o poi le cose ci verranno in mente.- Aaron calmò le due, per poi riprendere a camminare – Per adesso concentriamoci nel cercare un possibile superstite.- ordinò, venendo seguito a ruota dalle altre.
Costance ghignava, finalmente era successo, finalmente si erano resi conto di quello che stava accadendo. Finalmente non era più l’unica che si era posta quelle domande, che la attanagliavano sin dal momento in cui aveva incontrato Wiktor e Kynaston.
 
 
- Ehi, polacco, dove cazzo stiamo andando?- Agatha, con il suo solito tono arrogante e acido, chiamò Wiktor, stanca i camminare nella macchia.
- Miss. Acidità ha detto la sua.- la incalzò lui, mettendo le mani in tasca e continuando imperterrito a dirigersi verso il centro di quel boschetto.
- Certo che sei uno stronzo.- questa volta le parole uscirono dalla bocca di Ines, facendo sentire la propria voce per la prima volta da quando erano partiti. Il biondo ridacchiò, piegandosi leggermente con la schiena.
- Ma no, non è vero.- riprese rapidamente compostezza, proseguendo la camminata verso il nulla.
- Porca puttana! Le zanzare mi stanno mangiando vivo!- iniziò a lamentarsi Kynaston, imprecando innumerevoli volte.
- Non ti preoccupare, non appena bevono il tuo sangue muoiono, sei troppo acido, forse anche più della dark. – non riuscivano a capire se Wiktor dicesse queste cose per offendere o per divertirsi, cosa che li irritava maggiormente.
- Non sai, ma proprio nemmeno immagini, quanto mi stai sul cazzo.- il moro lo insultò guardandolo con faccia arrabbiata, cosa che lo fece ridere ancora di più. Gli si avvicinò con calma, in modo che potesse sentire il suo respiro sul collo, per poi farsi sempre più vicino, fino a dargli un bacio secco e casto sulle labbra. Kynaston lo spinse via facendolo cadere,per poi pulirsi le labbra con il braccio, cercando di non vomitare.
- Ammettilo, in realtà ti è piaciuto.- Wiktor continuava a ridere, mentre l’altro era predo di uno shock emotivo. Lui, razzista, omofobo e rigorosamente ateo, era stato baciato da un ragazzo, che tra l’altro gli stava sulle palle.
La sua vita da signore era finita, tutto per colpa di uno schifoso bacio datogli da un omosessuale. Lo prese per il collo e lo tirò su, colpendolo con ferocia sul volto. Lo sbatté contro un albero, continuando a colpirlo, mentre le altre due osservavano la scena impaurire.
Gli occhi.
I suoi occhi non erano quelli di una persona normale. Non riuscivano più a vedere un pizzico di normalità in quelli, che ormai erano due buchi neri. Le pupille dilatate, i denti stretti e lo sguardo inferocito. Non poteva essere umano, sembrava più che altro una bestia inferocita che stava azzannando la sua preda.
Il biondo non riusciva a reagire, troppi erano i colpi che giungevano in sua direzione. Strinse i pugni e poi, con un movimento rapido della gamba, colpì il moro con una ginocchiata sulla pancia, facendolo cadere con la schiena a terra. Non lo toccò ulteriormente, si limitò ad asciugarsi il sangue che usciva dal naso con la manica della giacca, sporcandola di rosso, facendo poi segno alle due di seguirlo. Non sembrava arrabbiato, bensì soddisfatto, tutto ciò lo rendeva stranamente euforico. Questo era quello che cercava, un ragazzo forte, che sapesse quando andare alle mani. Certo non  era perfetto, ma poteva comunque andare, l’avrebbe fatto suo a tutti i costi.
Agatha e Ines aiutarono Kynaston ad alzarsi, in modo da poter raggiungere il biondo e riuscire così a tornare alla mensa. Il percorso che intrapresero al ritorno ebbe come sottofondo solo il canto degli uccelli e il rumore delle foglie o dei rametti che si rompevano al loro passaggio. Nessuno disse una parola, probabilmente per evitare di alterare nuovamente gli animi.
E a Ines tutto questo non piaceva. Milioni di volte aveva sentito quella tensione nell’aria, e la odiava con tutta se stessa. La stessa aria che tirava quando faceva a cazzotti con quelle puttanelle della sua età, o quando prendeva parte alle rivolte hippie. Per quanto fosse stata drogata sul momento, ancora si ricordava di quando aveva quasi ucciso una sua coetanea. Quella ragazza la insultava sempre a scuola, sia per via della sua altezza che per i suoi numerosi piercing e i dread che aveva in testa, così, una volta incontrata mentre era sotto effetto di cocaina, colse l’occasione per spaccargli letteralmente il muso, in modo da che non si scordasse mai del suo volto. Non se ne pentiva, ma sapeva di aver sbagliato, perché la sua fu una reazione eccessiva, anche se la ragazza ebbe sfortuna, soprattutto perché Ines si era appena lasciata con il suo ragazzo, cosa che la fece prendere ancora di più dallo sconforto, e la costrinse a sfogarsi sulla coetanea.
Per Agatha era normale, a scuola tutti la additavano come strana e diversa, quindi ci aveva fatto l’abitudine. Da quando sua madre era morta non riusciva più a essere felice e a esprimersi, cosa che la portò a chiudersi dietro una maschera fatta di tristezza e oscurità. Aveva un sacco di fratelli, e doveva assolutamente lavorare per riuscire a portare il cibo in tavolo, quindi lo stress era tanto, e la scuola non aiutava.
Era stanca, voleva solo fermarsi un attimo, ma non le era concesso, perché la dea bendata non era dalla sua parte, anzi, l’aveva fatta nascere nell’unico luogo in cui non poteva essere se stessa.
Quando il gruppo, nove in totale, si riunì, nemmeno chiesero cosa successo a Wiktor, bensì si limitarono a tornare alla “base”, tutti depressi.
Non appena arrivati trovarono Julien e Tessa che bisticciavano fuori dalla porta. Li salutarono con un cenno della mano e con un ghigno in volto.
- Avete trovato qualcuno?- chiese il rosso, incrociando le braccia al petto.
- No. - tagliò corto il biondo, irritandosi nel vederlo esultare.
- Te l’avevo detto.- entrò nella sala da pranzo, sorridente, seguito dalla castana. All’interno della sala Nihal e Ace stavano medicando Santos, al quale avevano applicato una fasciatura sulla testa.
- Che è successo?- chiese Sophia, con faccia sconvolta.
- Niente di che, Julien e lo spagnolo hanno avuto una piccola discussione.- tagliò corto Tessa, facendo sbuffare i due, che si guardarono male.
- Quindi, avete scoperto qualcosa?- sentendo la domanda di Agatha il rosso e l’albina si guardarono, quasi come a voler discutere su cosa rispondere.
- C’è un’altra isola oltre questa, ma è piuttosto distante. Inoltre, a parte queste tre strutture, sembra essere tutta macchia, quindi è probabile che ci siano animali selvatici. Comunque ora mangiamo.- Nihal spiegò ciò che avevano scoperto, per poi andare in cucina a preparare qualcosa da mangiare. Ma, nel momento in cui aprì il frigo, lo scoprì totalmente vuoto.
- Ehi, che succede?- Wiktor lo raggiunse, vedendo anche lui la situazione.
- Siamo nella merda.- riuscì a sussurrare, venendo però udito dal biondo.
- Eh, già.- tagliò corto, senza scrollare lo sguardo dal frigo.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Bonjour!
Ecco a voi il secondo capitolo! Per ora è tutto calmo, ma già dal prossimo inizierò a fare le cose sul serio, dato che probabilmente ci scapperà il primo morto.
Vi ringrazio per le recensioni dello scorso chappy e spero che anche questo vi sia piaciuto!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


La dispensa era vuota. Nemmeno la più piccola traccia di qualcosa di commestibile. Nihal respirava affannosamente, mentre nella sua testa stava insultando in maniera alquanto esagerata MClean. Aveva svuotato completamente la cucina, pensando che magari l’avesse solo nascosto, così da potersi divertire un po’, ma poi una strana idea gli balenò in mente. Chris stava li stava realmente osservando? Non aveva visto nessuna telecamera e, soprattutto, ancora non si era presentato ai ragazzi.
Poggiò le mani sulla testa, sfregando tanto da farsi male,cercando di pensare in maniera lucida. Nel frattempo anche gli altri arrivarono nella cucina, vedendo l’orribile spettacolo che avevano davanti.
- Cazzo, ci deve essere per forza!- strillò il rosso, ricontrollando ancora i cassetti che già aveva aperto.
- Scusatemi, non so se sono io che non capisco, ma voi avete per davvero dato per scontato che ci fosse del cibo su quest’isola?- le parole di Aaron fecero voltare il rosso, che lo guardò con sguardo preoccupato. Esatto, quello era l’errore che aveva fatto, si era fidato di MClean. Colpì violentemente l’anta della dispensa, per poi gettarsi a terra.
- In effetti ha ragione, perché eravate sicuri che ci fosse del cibo qua dentro?- ad aggravare la situazione fu Julien, che con tono sospettoso appoggiò la teoria del moro. Nihal aveva finito le parole, in evidente stato confusionale, mentre Wiktor, che era stato fregato al suo stesso modo, cercò di “salvare la faccia” a entrambi.
- C’è un frigo funzionante, quindi non sarebbe strano pensare che sia pieno di cibo, no?- asserì, guardandoli in faccia, senza perdere nemmeno per un attimo quella sua sfacciataggine che lo caratterizzava maggiormente. No, non si sarebbe mai fatto mettere i piedi in testa da quei due, assolutamente no.
- Voi sapete qualcosa!- urlò Tessa, in stato di panico, mentre il biondo cercava di non vacillare anche se aveva un sacco di accuse contro.
- Mi stai dicendo che sono una spia?- il polacco obiettò, alzando anche il tono di voce, mentre l’altra lo osservava con un’espressione arrabbiata in volto.
- Esatto!- le urla della castana gli arrivarono come un colpo al cuore. Odiava, ma proprio disprezzava dal profondo le persone come lei, che tendevano a incolpare qualcuno per la foga del momento.
- Smettetela tutti e due!- Sophia cercò, inutilmente, di calmare gli animi, contrapponendosi tra i due, che si osservavano con sguardo furenti, in modo da evitare il peggio.
- Facciamo così, dal momento che sono sospetti chiudiamoli qua dentro.- propose Loenne, con un’espressione sadica in volto, mentre tutti si voltarono verso di lei, soprattutto Nihal, che aveva già vissuto un’esperienza simile, ovvero quando sulla villa venne chiuso dentro una stanza da Thander e Rui. Le lanciò un’occhiata, ma non di rabbia o altro, un semplice sguardo, proveniente dai suoi occhi spenti, che avevano ormai smarrito la via.
- Ma stai scherzando?- ribatté Wiktor, gesticolando con le mani, mentre iniziava a irritarsi sempre di più.
- In effetti è una stronzata bella e buona.- intervenne Santos, appoggiando il biondo.
- Vedi, anche Carlos lo dice!- disse, facendo arrabbiare l’ispanico.
- Mi chiamo Santos.- ripeté, per l’ennesima volta, mentre il polacco lo guardava con espressione stupita.
- Ah, Santos, giusto.- poi si voltò verso la castana, che sembrava sul punto di esplodere.
- Non me ne frega un cazzo di quello che pensa quel finocchio!- strillò, tanto da farsi venire il fiatone. L’ispanico si stava avvicinando alla ragazza, con sguardo poco amichevole, venendo però fermato da Wiktor, che lo tenne fermo.
- Cioè… ma stiamo veramente litigando perché il frigo è vuoto? Ma non fatemi ridere.- sputò con acidità Agatha, sbuffando e alzando gli occhi annoiata. Tutta quella situazione le stava dando sui nervi, soprattutto perché non aveva cibo e sarebbe stato meglio procurarselo invece di incolpare persone a caso.
- Non è per questo, loro sanno qualcosa!- indicò Nihal, che ancora doveva riprendersi dallo shock subito precedentemente.
- Hai prove?- chiese l’altra, guardandola male.
- No, però…- il suo discorso fu interrotto dalla castana, che tanto già sapeva si sarebbe arrampicata sugli specchi.
- Allora non se ne fa niente. Stai solo accusando gente a caso. - quelle parole fecero adirare ancora di più Tessa, che si avvicinò con fare truce ad Agatha.
- Tu stai rischiando grosso.- le sussurrò, cercando di rimanere calma. Ma la dark non era così facile da sopprimere.
- Dimostramelo.- quella parola, detta con un tono abbastanza alto, fece perdere le staffe alla castana. La afferrò per il collo, affondando le unghie nella sua carne, facendole dei piccoli taglietti da cui sgorgò del sangue. La dark cercava di liberarsi dalla presa, senza però riuscire a far nulla, mentre gli altri guardavano la scena sbalorditi, senza sapere cosa fare. Ci pensò Wiktor a fermarla grazie con un forte colpo sulla testa di Tessa, che cadde a terra mollando la presa.
- Smettila, sei per caso impazzita?- la afferrò per le spalle e la tirò su, guardandola con espressione arrabbiata.
- Ma se invece di fare tutte queste cavolate andiamo a cercare cibo?- propose Miyu, con fare timido. No, quel posto non era assolutamente adatto a lei. Era cresciuta in un ambiente felice, circondata da persone che le volevano bene, mentre adesso non sapeva cosa le sarebbe potuto accadere. Aveva paura perfino di dire una parola, perché sapeva di essere la più facile da eliminare. Perché chi, come lei, era cresciuto nel lusso non poteva avere la stessa forza interiore di quelli che hanno affrontato mille emozioni negative, uscendo danneggiati ma comunque vivi.
- Io non mi considero al sicuro! Quel rosso è già da un po’ che agisce con fare sospetto!- Kynaston, che era stato in silenzio fino a quel momento, indicò Nihal, per poi aggredirlo verbalmente. – Mi sento in pericolo e un signore come me non può rischiare la propria vita, soprattutto perché la mia ha un valore superiore.- parlò tranquillamente, come se credesse fermamente in ciò che stava dicendo, dimenticandosi che, una volta morti, tutti fanno la stessa fine, sia ricchi che poveri, sia buoni che malvagi.
- Ti pareva. Sei sicuro di essere un maschio? A me sembri una checca.- Loenne, mantenendo quel mezzo ghigno sul volto, provocò il ragazzo, probabilmente perché interessata a una sua possibile reazione, dato che si era persa quella nel bosco.
- Ma che cazzo vuoi? Scommettiamo che ti faccio “volare” come tuo fratello?- la minacciò, vedendola compiacersi nel sentire quelle parole.
- Smettetela, tutti e due!- per la prima volta Ines alzò la voce, zittendo tutti e calmando i vari brusii – La idol ha ragione, dobbiamo cercare del cibo!- detto ciò si avviò verso la porta, aprendola con rabbia – Dal momento che non c’è cibo su quest’isola dobbiamo fare dei fottutissimi gruppi per cercarlo, quindi ora li stabiliamo. Nel primo gruppo ci saranno Tessa, Julien e Loenne, nel secondo Santos, Sophia e Wiktor, nel terzo Miyu, Agatha ed io, nel quarto Aaron, Kynaston e Costance e nell’ultimo Nihal e Ace. Cercate del cibo o che so io, basta che non mi rompiate i coglioni.- indicò il biondo e il rosso, ricevendo solo risposta dal primo. – Ora andiamo.- tutti uscirono dalla mensa con i gruppi prestabiliti da Ines, per lo più perché erano spaventati da questo lato che gli aveva mostrato, tranne Nihal, che rimase seduto con la schiena poggiata all’anta di uno scaffale e il volto tra le ginocchia, e Ace, che restò lì per rincuorare il ragazzo.
- Davvero non puoi dirlo?- sussurrò, senza specificare nulla e facendosi a malapena sentire dal rosso, che alzò la testa e la voltò in sua direzione, mostrando la sua espressione scossa all’albina, che provò pena per lui. Cosa poteva essere? Un segreto talmente grande da impossibilitarlo a farne parola con chiunque, doveva sicuramente essere una cosa che poteva mettere a repentaglio la sua vita.
- No, non posso. Non adesso.- alzò lo sguardo verso il soffitto,rimanendo abbagliata dalla luce che veniva dal lampadario.
- Io non so che tipo di segreto tu abbia, ma stare qui a deprimerti non ti aiuterà.- usò delle parole un po’ dure e dette con tono schietto, che lo portarono a guardarla negli occhi. Si mise a ridere e poi, con estrema lentezza, si alzò dall’angolino.
- Beh, hai ragione. Ti ringrazio.- le sorrise come mai aveva fatto in tutta la sua vita, per la prima volta un’espressione pura, quasi come se si fosse dimenticato di come era realmente. Nemmeno Diana era riuscito a farlo sorridere a questa maniera, non così. Perché quella è l’espressione di chi si sente sollevato dopo aver ricevuto aiuto, e per la prima volta qualcuno era riuscito a tirarlo su di morale.
- Non c’è di che.- tagliò corto, voltandosi imbarazzata – Ora andiamo, gli altri si saranno già avviati.- gli fece gesto di seguirla, mentre, facendo attenzione al non essere vista, un piccolo accenno di sorriso si era disegnato sul suo volto, forse per la prima volta dopo anni. Il rosso la seguì in silenzio, uscendo dopo di lei.
 
 
Tutti i ragazzi erano usciti allo scoperto, muniti di coltelli, alla ricerca di cibo. Passarono dieci minuti solo a camminare per arrivare in un boschetto, dove Wiktor sosteneva di aver visto un cervo.
- Dimmi Loenne, sei interessata a un omicidio?- la grigia si voltò, rivolgendo un grosso sorriso verso l’interlocutrice.
- Beh, potrei, Tessa. Dimmi pure i dettagli.- la castana sorrise non appena sentì quelle parole, iniziando già a sfregarsi le mani.
- Innanzitutto mi serve sapere se sei capace a creare una droga casalinga.- le introdusse, vedendola ghignare compiaciuta.
- Che domande sono? Dubiti per caso delle mie capacità?- le domandò, leccandosi le labbra, facendo già capire alla castana la risposta.
- Bene, vorrei far intossicare qualcuno.- sapeva che la grigia avrebbe capito benissimo a chi si riferiva, motivo per cui parlò vagamente.
- Oh, a quanto pare hai scelto un obiettivo problematico, eh?- la punzecchiò l’altra, continuando a ghignare, con la mano davanti alla bocca per cercare di coprire il sorriso che aveva sul volto.
- Già, è l’unico che ci ha detto il suo punto debole.- spiegò poi, facendo ricordare alla ragazza che aveva effettivamente di essere allergico ai medicinali e all’alcol.
- Perfetto, ci sto. Si preannuncia una cosa divertente.- le tese la mano, che Tessa afferrò, sempre con quel sorriso malato in volto. L’avrebbe fatto di nuovo, ancora una volta avrebbe ucciso qualcuno, e questa volta solo per un sospetto, ma alla fine non gli importava, tanto erano a migliaia di chilometri dalla civiltà. Avrebbe potuto fare tutto ciò che voleva e nel modo che più desiderava e questo la eccitava parecchio.
- Cosa state confabulando voi due?- Julien si avvicinò a loro, con uno sguardo alquanto sospetto in volto, cercando di squadrarle per capire le loro intenzioni.
- Fossi in te starei alla larga da qui.- rispose Loenne, ridacchiando, cosa che fece insospettire ancora di più il rosso.
- Beh, se dite così mi toccherà lasciar perdere.- mentì, forse anche troppo chiaramente, allontanandosi poi dalle due lentamente.
Quelle due stavano per fare qualcosa di brutto, se lo sentiva, probabilmente qualcuno ci avrebbe lasciato le penne. Le tenne d’occhio per un po’, senza però osservare nulla di pericoloso, Loenne raccoglieva tranquillamente delle erbe, mentre Tessa faceva scorta d’acqua. Ancora non aveva capito cosa stesse succedendo e ancora non sapeva che quella era l’unica occasione per fermare ciò che sarebbe avvenuto dopo. Ingenuamente decise di non pensarci, preferendo pensare alla ricerca del cibo, lasciandole sole, in modo che potessero finalmente attuare il loro piano.
Presero un bicchiere e lo riempirono d’acqua, poi Loenne versò alcune erbe tritate al suo interno, girando poi con un legnetto e facendole sciogliere nella bevanda, che assunse un colorito biancastro, simile a quello del the al limone.
- Perfetto, ora avrà gli stessi effetti di un alcolico, o meglio di una droga allucinogena.- spiegò la grigia, lasciando impressionata Tessa, che si voltò verso di lei con sguardo stupito.
- Come cazzo fai a sapere queste cose?- le domandò, facendola ghignare.
- Ho letto un libro.- rispose vagamente, mischiando ulteriormente il miscuglio e attendendo che si fossero sciolte perfettamente nel miscuglio.
- Adesso andiamo da lui e gli facciamo bere il contenuto, poi spacciamo tutto per una morte dovuta a intossicazione per colpa di un qualcosa che ha mangiato, giusto?- la castana ripeté nuovamente il piano che avevano pensato per uccidere Nihal, ricevendo un cenno positivo come risposta da parte della grigia.
Cercarono ovunque il rosso, imbattendosi in lui dopo una decina di minuti. Era seduto su un tronco, mentre parlava con Ace, che invece stava cercando delle erbe o qualche tipo di bacca. Avevano pensato anche a un piano nel caso fosse in compagnia. Loenne si avvicinò ai due, per chiamare l’albina e portarla via da lì.
- Ehi, Ace, mi sembra che Wiktor ti stia chiamando da ormai mezz’ora. È vicino alla mensa, ed è un bel po’ che grida il tuo nome. – fece cenno alla ragazza di seguirla che, dopo aver dato un’occhiata al rosso, si incamminò dietro di lei, chiedendosi perché mai il biondo l’avrebbe dovuta chiamare.
E così Tessa, dopo aver spettato un po’ di tempo, spuntò fuori dal nulla, dirigendosi verso il ragazzo.
- Ehi, hai sete? Kynaston e Julien hanno preparato del the con alcune erbe che abbiamo trovato e mi hanno detto di portarlo a tutti, mancate solo tu e Ace. – sviò l’argomento, passandogli il bicchiere.
- Lei è andata con Loenne da Wiktor, quindi penso glielo diano lì. – non sospettava nulla, cosa che la fece ghignare. Cercò di coprirsi il volto con una mano, mentre vedeva il rosso scolare tutta la bevanda in un solo sorso.
Sentì la testa pulsare, mentre tutto il corpo tremava, come sotto effetto di una forte scarica. La castana rideva, mentre Nihal, che si copriva il volto con un braccio, si accasciò a terra, come privo di sensi. Le sue risate si facevano sempre più forti, convinta di averlo assassinato, ma ciò che successo dopo la lasciò senza parole. Il rosso si alzò in piedi lentamente, sempre barcollando. Sentiva la testa scoppiare, mentre lo sentiva, riusciva a percepire che Lui stava venendo fuori, stava pian piano perdendo il controllo del suo corpo. Cercò i opporsi, ma non poteva niente, lasciandosi quindi accogliere tra le braccia di morfeo.
Qualcosa era cambiato, l’aria, la tensione e soprattutto il ragazzo. Un sorriso sadico si era dipinto sul suo volto, mentre gli occhi avevano assunto un colorito blu scuro, che a prima vista ricordava il cielo verso le ore serali, in cui per qualche secondo si perse.
Indietreggiò di qualche passo non appena vide che il suo obiettivo era lei, cercando di allontanarsi. Ma le sue gambe non si muovevano, forse qualche divinità voleva farle scontare i peccati che aveva commesso, oppure era semplicemente destino. Il rosso in quel momento le faceva paura, talmente tanta che respirava affannosamente, mentre pregava che qualcuno l’aiutasse.
- Oh, a quanto pare abbiamo una stronza che si diverte a intossicare gli altri, eh?- il suo tono era più strafottente e alto del solito, mentre l’espressione sul suo volto ricordava quella di una belva feroce, pronta a sbranare la vittima.
- No, cioè, io non lo sapevo.- cercò di scusarsi con le mani in faccia, mentre Nihal le si avvicinava pericolosamente. - È stata Loenne, mi ha obbligata, io non c’entro nulla!- tentò di urlare, ma la sua bocca venne tappata dalle mani del rosso, che iniziò a guardarla meglio.
Lo sentiva, sentiva il fiato del ragazzo sul suo collo, ma soprattutto sentiva che quelli sarebbero stati i suoi ultimi istanti di vita. Un’esistenza basato sullo sfottere la gente e comportarsi acidamente, arrivando per fino a uccidere delle persone per riuscire a sentirsi appagata. Anche in quel momento, mentre aspettava inesorabilmente che la sua inutile vita giungesse al termine, si sentiva insoddisfatta, avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto passare più tempo con le sue coetanee e le sarebbe piaciuto anche trovarsi un ragazzo. Ma la superbia è un peccato capitale, e lei ne era la prova evidente. Tutti erano sotto di lei, guai a chi non obbediva ai suoi ordini, oltretutto aveva fatto stare male numerose ragazze, facendo sesso con i loro fidanzati, in fondo se la meritava quella fine.
- Pensavo di potermi divertire un po’ con te, ma a quanto pare non sei il mio tipo. Peccato, se fossi nata con i capelli bianchi e gli occhi blu, al massimo verdi, avresti vissuto un’ora in più.- la castana lo guardò con sguardo stranito, pensando che forse, magari mosso per pietà, l’avrebbe risparmiata. Ma non aveva idea di cosa aveva davanti. Lui non le diede attenzione, la prese per i capelli e le sbatté con forza la faccia contro una roccia nelle vicinanze, facendola sanguinare copiosamente. Le fece dare numerosi colpi, fracassandole il cranio. Poi la gettò a terra, come se fosse una cartaccia, guardando il suo cadavere coperto di sangue e ridendo, come era da un po’ che non faceva, almeno in quella forma. Sentiva l’adrenalina in tutto il corpo.
Il suo primo omicidio.
Un mischiarsi di emozioni crescenti lo pervase, mentre si sentiva tremare, probabilmente per l’eccitazione. Voleva farlo ancora, voleva di nuovo sentire quell’adrenalina. Chi sarebbe stato questa volta la sua vittima? Ovvio, l’altra complice. Finalmente aveva trovato un qualcosa che lo facesse sentire soddisfatto, un qualcosa che avrebbe potuto usare come passatempo.
Si passò una mano tra i capelli, confondendo il sangue ancora fresco con il colore rosso acceso che aveva in testa, leccandosi poi le labbra, pronto a divertirsi ancora. Camminò con passo veloce, puntando verso la grigia, che, se quello che aveva detto ad Ace era in parte vero, doveva trovarsi nella stanza da pranzo. Ci arrivò senza problemi, anche perché la strada era tutto dritta, e a dirla tutta nemmeno molto distante, pensando a come fare un’entrata di scena figa.
- Ehi, Nihy, hai trovato qualcosa?- la voce di Sophia, che spuntò fuori da un cespuglio, lo fece voltare. Trattenne il vomito nel vedere come la ragazza stava tranquillamente sorridendo, anche se quella era una situazione alquanto disperata.
- Eh? Come mi hai chiamato? Porta rispetto, puttana.- non le mise le mani in collo, probabilmente perché aveva da fare, facendola comunque spaventare un sacco.
- Cosa hai fatto alle mani?- le indicò con un dito, facendo accorgere il ragazzo che esse erano tutte rosse, sporche del sangue di Tessa. Lo guardava con uno sguardo spaventato, mentre il suo corpo era paralizzato per la paura. Sperava con tutta se stessa di non ricevere la risposta a cui aveva pensato, cercando di convincersi che forse si era solo sbagliata, ma lei aveva già visto quel colore, lo stesso che suo padre aveva sulla maglietta il giorno dell’incidente che lo uccise, lo stesso con cui si era sporcata quando gli aveva prestato soccorso, anche se troppo tardi.
- Mah niente di che, ho solo messo in riga una stronza.- spiegò, alzando le spalle e ridendo, facendole notare come fosse strano il suo sguardo.
- Chi sei tu?- domandò, indietreggiando. Il ragazzo le venne in contro, facendole perdere l’equilibrio. Era spaventata, il cuore le batteva fortissimo, mentre osservava gli occhi blu scuro del ragazzo, che la squadravano da cima a fondo. Si inginocchiò, avvicinandosi poi al suo volto, fermandosi a pochi centimetri dalle labbra.
- Sono il vostro peggior incubo.- le sussurrò nell’orecchio, dopodiché le baciò la guancia, facendola arrossire. Si alzò, sempre in cerca della sua vittima, lasciandola lì, seduta per terra e con il cuore che le batteva a mille.
Più il tempo passava e più sentiva il bisogno di vomitare e di stendersi a terra. Il suo tempo stava scadendo, doveva darsi una mossa, altrimenti non ce l’avrebbe fatta, dato che quelli erano i segnali che la sua sbornia stava passando. “L’alcolico” che avevano preparato su due piedi non doveva essere così forte, dato che gli effetti stavano svanendo dopo a mala pena venti minuti.
Si appoggiò a un albero, nel tentativo di non svenire, cercando imperterrito i andare avanti, senza preoccuparsi delle sue condizioni. Poi la vide, accanto ad Ace e Wiktor, che parlava tranquillamente, dando ogni tanto delle occhiate in direzione del bosco dietro di lei, per vedere se la castana stesse tornando. O almeno questo è ciò che pensava, dato che non aveva la minima idea di cosa era accaduto alla povera Tessa, in quel momento il suo cadavere senza vita era sdraiato sull’erba, mentre la roccia, il suo volto e i suoi vestiti erano impregnati di sangue, come le mani di Nihal.
- Ehi, puttana!- urlò, con tutto il fiato in gola, facendo l’albina e il biondo. Loenne riconobbe quella voce, e sicuramente era l’unica che non avrebbe mai, ma proprio mai, voluto più sentire. Fu presa da dei brividi, ma non di paura, bensì di piacere. Aveva trovato qualcuno difficile da uccidere, qualcuno che le avrebbe dato del filo da torcere. Ed era eccitata, molto eccitata. Si voltò in sua direzione, ridendo come una pazza, mentre il rosso le si avvicinò pericolosamente.
- Ah, e così non sei morto, eh?- disse, quasi a volerlo sfottere, per poi sentirsi sollevata da terra. Nihal l’aveva afferrata per il colletto, pronto a colpirla.
- Purtroppo per te da sobrio tendo a sparare molte cazzate.- le sussurrò, prima i colpirla violentemente in volto, facendole subito sanguinare il naso, ma lei rideva, come se non le importasse di essere uccisa in quel momento, quasi come se fosse tutto un gioco.
- Fermati!- Wiktor si avvicinò ai due, venendo però malamente colpito dal rosso, che lo lasciò senza fiato con un colpo sullo stomaco, facendolo accasciare a terra dolorante.
- Fammi un po’ divertire, sai quella troia non era di mio gradimento, motivo per cui l’ho uccisa senza pensarci due volte.- la stuzzicò, palpandole il seno, pronto a stuprarla. La grigia gemeva, di sicuro non si aspettava ciò, pensava più a un combattimento all’ultimo sangue tra loro due, dove magari sarebbe anche riuscita a spuntarla, ma Nihal aveva stravolto le carte in tavola, o meglio lei non aveva pensato a ciò, dato che l’idea del rosso era sempre stata quella.
- Aspetta! No, non mi toccare!- lo colpì con un pugno, notando con orrore come la sua bocca si contorse in un sorriso.
- Dai, sarà divertente.- iniziò a baciarle il collo, costringendola a togliersi la maglietta, così da rimanere solo con il reggiseno e i pantaloni addosso, iniziando poi a stuzzicarla, muovendo lentamente le sue mani sulla sua schiena, provocandole la pelle d’oca. Quando fu soddisfatto dei “preliminari” le tolse i pantaloni, pronto a fare sul serio, ma una mano gli afferrò la maglietta, bloccandolo.
- Aspetta, non puoi farlo.- Ace, mostrando tutto il suo coraggio, dato che questa “mutazione” del rosso le aveva ricordato il ragazzo di cui si era innamorata e che l’aveva picchiata e maltrattata, al tal punto da ferirle l’occhio.
- E perché mai? Lei ha cercato di uccidermi, quindi come punizione me la scoperò malamente, così forte che non riuscirà nemmeno ad alzarsi per una o due settimane, peccato che poi l’ammazzerò subito, quindi non la lascerò nemmeno soffrire più di tanto.- si liberò dalla presa dell’albina, continuando ciò che stava facendo.
- Ti ho detto di no!- alzò il tono di voce, aggrappandosi ancora più fermamente alla sua maglietta, cercando invano di bloccarlo. Ma il rosso non accennava a fermarsi, cosa che la portò ad alzarsi a fargli voltare la faccia per poi colpirlo con uno schiaffo molto forte in faccia, lasciando anche il segno. Subito il ragazzo mollò la presa sulla grigia, saltando addosso ad Ace, bloccandole i polsi per terra e avvicinando pericolosamente il volto a quello dell’albina.
- Vuoi prendere tu il suo posto? Non ti assicuro che per te sarà divertente, quindi preparati, troietta. Ora che ti guardo meglio sei fottutamente bellissima, se non fosse per questa benda.- fece per rimuoverla, venendo fermato dalla ragazza, che cercò in ogni modo di impedirli di rimuovere la sua “protezione”, ma Nihal era di tutt’altro livello riguardo a forza, e riuscì quindi a strapparle via la benda con forza. – Ah, solo questo? Hai una cicatrice sull’occhio, ma non è che intacchi di tanto la tua bellezza. Ne ho viste decisamente di peggiori alla tua, quindi non vedo perché dovresti fare la pirata del cazzo.- l’albina teneva chiuso con forza l’occhio, in modo da impedirgli di vedere l’iride, questi però, capendo la situazione, le tenne ferma la testa e, usando l’indice e il pollice, le aprì l’occhio con forza, rimanendo stupito, mentre Ace iniziava a piangere disperatamente, implorandogli di non farlo.
- Un occhio viola? Porca puttana  che figata!- urlò, facendo sorprendere l’albina, che non si aspettava questa reazione da parte del rosso. – E tu tieni coperto un simile spettacolo? Cazzo, allora sei davvero idiota.- le sussurrò all’orecchio, facendola arrossire di colpo. Le baciò il collo numerose volte, costringendola a chiudere l’incavo, nel vano tentativo di fermarlo, inconsapevole che ci sarebbe voluto un miracolo per riuscire anche solo a fermare un mostro del genere. E quel miracolo avvenne, per quanto poco probabile, grazie a Wiktor che lo colpì alla testa con un ramo, facendolo svenire. Il rosso le cadde addosso, profondamente addormentato, con uno sguardo che era il completo opposto di quello che aveva avuto fino a qualche attimo fa, adesso sembrava tranquillo, come se i suoi turbamenti si fossero fermati. Lo scostò leggermente da sopra di se, guardando poi come erano messi Loenne e Wiktor, la prima si teneva il naso, cercando invano di tamponare il sangue che stava uscendo a fiumi, mentre il secondo si era appena messo a sedere, sempre reggendosi la pancia.
- State bene?- gli domandò l’albina, avvicinandosi a loro. La prima fece segno di no con la testa, mentre l’altro si limitò ad annuire con un gesto secco della testa, mentre la loro attenzione era fissa sull’occhio viola della ragazza, che lo coprì istintivamente non appena se ne rese conto.
- Cosa facciamo con lui?- domandò il biondo, mentre guardava il corpo svenuto di Nihal, che dormiva tranquillamente.
- Lo uccidiamo?- disse con voce furente Loenne, tentando di convincere i due, che risposero con un no secco all’unisono, facendola sbuffare – Ma ha ucciso Tessa!- non gliene importava gran che della morte della castana, ma questo poteva essere un pretesto per riuscire a eliminare un avversario.
- Se ho capito bene siete voi due che avete inizialmente cercato di ucciderlo, giusto? - fece notare Wiktor, guardandola con sguardo accusatorio, mentre la grigia si limitava a ridere, come se gliene importasse il giusto.
- Non è una reazione un po’ esagerata?- parlava come se il suo tentato omicidio non avesse valore, facendo innervosire i due, che la ritenevano una pazza.
- Dobbiamo capire come mai aveva questo atteggiamento.- il biondo dette uno sguardo al rosso, pensando a vari motivi per poter spiegare l’accaduto, il più probabile era per vendetta, ma lo sguardo e soprattutto il modo di agire sembrava quello di un’altra persona.
- Non è semplice? Per cercare di ammazzarmi.- Loenne non ci aveva nemmeno riflettuto su, probabilmente perché non dava la giusta importanza all’accaduto, cosa che l’aveva portata a trarre una conclusione affrettata.
- Cosa gli hai dato?- Ace anticipò il biondo, ponendogli quella domanda, con sguardo arrabbiato sul volto.
- Ho mischiato del tritato di Banisteriopsis caapi in un bicchiere d’acqua, è una pianta che provoca forti allucinazioni ed è usata come medicinale, quindi sarebbe dovuto morire sul colpo dato che aveva detto di esserne allergico. Inoltre ci ho aggiunto della Psychotria viridis, così da ottenere in tutto e per tutto un Ayahuasca.- spiegò nel dettaglio la grigia, facendo però storcere il naso all’albina.
- Se non mi sbaglio quella pianta è chiamata anche yagè o capii, ma entrambe vengono coltivate nel sud America, quindi non è possibile che tu le abbia trovate su quest’isola.- obiettò, mentre Wiktor lo guardava con sguardo perso, visto che non capiva nulla di ciò che stava succedendo, non riuscendo a seguire la conversazione delle due.
- Quest’isola deve essere situata nell’Ontario, perché quella è l’unica zona in cui il clima è simile a quello sudamericano, motivo per cui anche piante come quelle possono crescere.- Ace ci rifletté attentamente, pensando che in effetti era vero, in quella zona il clima era caldo e le piogge erano rare, cosa che lo portava a essere perfetto per la coltivazione di piante come quelle.
- Quindi, cosa può essere stato?- chiese in definitiva il biondo, notando con suo dispiacere che nessuna delle due sembrava in grado di dargli una risposta.
- A questo punto credo che ci tocchi chiederlo direttamente a lui.- Loenne lo indicò, felice nel vedere che ancora non si era svegliato, probabilmente perché la bevanda che gli avevano dato aveva fatto effetto e questa, quando l’effetto allucinogeno passa, fa dormire per una o due ore il malcapitato che ne ha fatto uso.
- Per adesso torniamo dentro, magari senza fare parola con nessuno di quello che è successo.- Wiktor si caricò Nihal sulle spalle e si avviò nella mensa, per poi stenderlo su un banco, lasciandolo lì. Le due lo raggiunsero subito, sedendosi sulle panche, senza un ben preciso piano in mente.
- A proposito Wiktor, il tuo gruppo?- chiese Loenne, con un ghigno sul volto, come se pensasse che il biondo li avesse tutti uccisi.
- Ci siamo divisi, io ho cercato qui mentre loro due sono andati uno a ovest e l’altra a est. - spiegò, stendendosi anche lui sul tavolo. – Invece Julien?- la grigia lo guardò, pensandoci un po’ su, ma senza trovare risposta, si limitò ad alzare le spalle, facendogli intuire che non sapesse dove fosse e, forse, che nemmeno si ricordasse di lui. – Ti pareva.- aggiunse, dandosi un colpo sulla fronte.
 
 
 
- Ehi Costance, hai trovato qualcosa?- Aaron si avvicinò alla rosa, notando che era sempre seduta per terra con la schiena appoggiata a un tronco, senza aver minimamente cercato qualcosa. – Potresti per lo meno provarci?- le chiese accovacciandosi, così da arrivare alla sua altezza, mentre lei si limitava a guardarlo con diffidenza, o almeno questo era quello che voleva lasciar capire.
Con la scusa di essere timida se ne stava seduta per terra, senza far niente e lasciando lavorare gli altri. lo guardava con quegli occhi color caffè, che in un certo senso lo mettevano a disagio, aspettando che si allontanasse, dato che non era minimamente intenzionata a dargli una risposta, ma il castano le tese la mano, invitandola a seguirlo. La afferrò con forza, facendosi aiutare per tirarsi su, e poi seguì in silenzio il ragazzo, senza nemmeno interessarsi a dove stessero andando.
- Ehi, potresti aiutare anche tu?- il castano si voltò in direzione dei Kynaston, seduto su una roccia e con lo sguardo annoiato.
- Stai scherzando? Mi si sporcano le scarpe e la maglietta, non so se lo sai, ma queste cose costano il triplo di te. – indicò il terreno paludoso, facendo sbuffare Aaron, che in quell’atteggiamento vedeva i bulli che lo perseguitavano da piccolo.
- Dai, Kyna, non rompere e vieni a darci una mano. – lo incitò, facendogli verso con la mano di raggiungerlo, dato che la roccia su cui era seduto era alta un metro, posizione ovviamente scelta per evitare che le sue scarpe si sporcassero.
- Come cazzo ti permetti? È già troppo che vi conceda di chiamarmi per nome, quindi quel fottuto soprannome tienitelo per te. – puntò il suo dito medio contro il castano, che stava visibilmente perdendo la pazienza, anche perché si stava facendo buio e aveva una fame da lupi.
- Facciamo così, o scendi da solo oppure vengo lì e ti spacco la faccia finché non vedo il tuo culo borghese giù da quel masso.- si scrocchiò le nocche, perché l’avrebbe fatto davvero, non aveva paura di un ragazzo montato, soprattutto ora che erano in un’isola sperduta e che la polizia non poteva fargli niente. Costance, invece, si limitava a guardare i due, ringraziando il cielo che quel castano viziato fosse così cocciuto, in modo da ritardare il più possibile la ricerca del cibo, dato che non ne aveva minimamente la voglia.
- D’accordo, scendo, basta non rompi!- Kynaston iniziò a scendere dal masso, quando all’improvviso perse l’equilibrio, cadendo in una pozza di fango, ciò che ne susseguì furono insulti contro autorità divine e diverse imprecazioni contro il castano, che lo aveva obbligato a scendere.
- È solo un po’ di fango.- disse Aaron, dando la giusta importanza alla cosa, mentre l’altro continuava a imprecare anche con tono alto.
- Ma stai scherzando?! Questi jeans costano trecento euro! E questo braccialetto almeno centocinquanta! Ora queste macchie non andranno più via, porca puttana!- preso dalla foga colpì il masso, facendosi male al piede e soprattutto, cosa che notò più del dolore, rigando le scarpe.
- Adesso che ti sei sfogato, possiamo andare?- domandò Aaron, più per sfotterlo che per altro, ricevendo un’occhiataccia da parte dell’altro, che si stava trattenendo dal dargli un pugno, anche perché sapeva che l’avrebbe picchiato per bene, quindi era meglio non rischiare. Si incamminarono in direzione opposto a quella che avevano preso prima, guardandosi di tanto in tanto intorno, per controllare se c’era qualcosa di commestibile nei dintorni, cosa che Costance e Kynaston facevano molto superficialmente, la prima perché non ne aveva voglia, mentre il secondo perché aveva paura di sporcare ulteriormente i suoi vestiti, cosa che spesso non gli faceva vedere delle piante che erano a due passi. Il castano si trovava in difficoltà, dato che doveva svolgere praticamente tutto il lavoro da solo, e in più era costretto a portare tutto ciò che trovavano, visto che “mi si sporcheranno le mani” oppure “non ho abbastanza forza per portarlo”, ovvero le scuse che avevano usato i due, costringendolo a lavorare da solo, senza nemmeno il minimo aiuto. Ovviamente quando le risorse che trovarono furono troppe fecero ritorno alla mensa, per portare lì il cibo che avevano, o meglio aveva, trovato.
 
 
Quando Julien tornò nel punto in cui aveva lasciato le due donzelle, si sorprese nel vedere che le due non vi erano più, pensò che probabilmente si erano spostate per cercare del cibo, quindi non diede troppo peso all’accaduto, anche perché avevano in mente qualcosa, quindi era probabile che fossero “impegnate”. Decise comunque di andarle a cercare, giusto per assicurarsi che non fosse accaduto nulla di grave. Mentre cercava le due, arrivando perfino a controllare in mezzo ai cespugli, incrociò la strada di Ines, Agatha e Miyu, a cui pensò di chiedere informazioni sulle due.
- Ehi, avete per caso visto quelle due pazze che erano nel mio gruppo?- chiese, notando gli sguardi persi delle tre, che non avevano minimante idea di dove si trovassero.
- Boh, probabilmente starano litigando.- rispose acidamente Agatha, ricevendo delle occhiatacce da tutto il gruppo, che trovava pesante il suo essere “estremamente” schietto.
- Cazzo, come diavolo faccio a cercarle? Quest’isola è troppo grande.- si lamentò il rosso, calciando un sasso per terra con rabbia, perché stufo di dover giocare alla caccia al tesoro con le due.
- Se vuoi possiamo aiutarti noi.- propose Miyu, facendo voltare sia Ines ch Agatha, che non ne avevano la minima intenzione, soprattutto per Julien non era gradito dalle due, sbuffando sonoramente.
- Cosa? Dovremmo aiutare questo qua? Scusa ma io passo.- la castana si voltò, in direzione dell’accampamento, lasciandoli lì, senza dargli nemmeno il tempo di provare a convincerla, visto che sarebbe stato inutile.
- Anch’io, mi spiace ma ho di meglio da fare.- Ines salutò i due con la mano, per poi fare un piccolo scatto in direzione dell’altra e raggiungerla, posizionandosi al suo fianco, mentre Miyu le guardava allontanarsi con sguardo dispiaciuto.
- Perfetto. Che stronze.- disse ironicamente il rosso, mentre le due ragazze si allontanavano lentamente.
- Ti aiuto io, non ti preoccupare.- l’albina gli sorrise, facendolo un po’ imbarazzare, costringendosi a voltarsi dall’altra parte. Iniziarono a perlustrare tutta la zona intorno, chiamando le due per nome, in modo che, se fossero state vicine, gli avrebbero potuto rispondere, anche se probabilmente sarebbero stati solo insulti.
- Vado avanti.- sempre con quel sorriso in volto, Miyu fece uno scatto in avanti verso un cespuglio.
- Attente, rischi di cadere.- nemmeno il tempo di finire la frase che l’idol era seduta a terra.
- Te l’avevo detto.- ma quando si avvicinò ciò che vide lo scosse. Miyu, in lacrime, davanti al corpo inerme di Tessa, gettato a terra e pieno di sangue. Faticava a mettere insieme le parole e nessun suono usciva dalla sua bocca, che continuava a balbettare, prendendo aria. L’altra scoppiò in un pianto disperato, gridando come una forsennata, mentre il rosso era caduto in ginocchio, sotto shock.
La prima persona che aveva incontrato sull’isola, e la prima con cui aveva parlato, anche se stavano sempre a battibeccare, era morta e il suo cadavere era lì, davanti ai suoi occhi. Si sentì oppresso, come se una forte tenaglia gli stesse stringendo i fianchi, fino a far perforare i polmoni dalle costole. Non era dispiaciuto, tanto meno triste, solamente scosso, perché si era appena reso conto che la fine che aveva fatto Tessa sarebbe potuta capitare a lui, e non lo trovava nemmeno tanto strano che proprio lei fosse stata uccisa, perché se su un’isola con quattordici persone non provi ad andare d’accordo con qualcuno e alla prima occasione li provochi è normale che tu venga scelto come obiettivo da eliminare.
Adesso aveva capito cosa fare, doveva solo seguirli, accodarsi alla massa, cercando di rischiare il meno possibile, in modo da avere salva la vita. Sapeva, avendolo imparato a scuola, che l’individualità è essenziale in un gruppo, ma era meglio lasciare ad altri idioti quel ruolo, come Wiktor ad esempio.
Prese l’albina in collo e si voltò dall’altra parte, portandola lontano da lì, mentre questa continuava a piangere disperatamente, perché anche lei si era resa conto di dove fosse finita.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Buondì!
Con questo chappy vi avviso che le uscite saranno (molto probabilmente) settimanali, dato che mi ci vuole più tempo del solito per fare i capitoli, motivo per cui mi tocca abbassare il ritmo di uscite.
Dopo aver scritto questo testo ho automaticamente preso la laurea in biologia, dato che le ricerche che ho dovuto fare per trovare le piante adatte da citare sono state infinite, soprattutto perché poi dovevano adattarsi al clima e all’ambiente.
La prima morte. Che dire, sinceramente era da TDK che volevo far compiere un omicidio a Nihal, ma non mi è mai capitata l’occasione giusta, o meglio non l’ho voluta sfruttare fino in fondo, quindi sono felice di essere riuscito a usare il suo punto di debolezza come punto di forza.
Vi avviso che ogni morte sarà ricondotta ai sette peccati capitali, visto che ho notato che tutti i personaggi hanno dei tratti distintivi che li collegano ad essi, mentre, per chi resta fuori da questi, applicherò un diverso metodo, oppure potrei fare dei doppi peccatori, tanto non sarebbe una cosa così clamorosa.
Detto questo vi saluto ;-) 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Nihal si svegliò di soprassalto, respirando affannosamente e toccandosi la fronte, che grondava di sudore. Non ricordava esattamente cosa era successo, l’ultima immagine che aveva in mente prima del blackout era lo sguardo di Tessa, un sorriso maligno, dopo che gli aveva dato il “the”. Aveva un tremendo mal di testa, soprattutto quando cercava di ricordare, cosa che gli veniva assai difficile, o anche solo quando cercava di pensare.
Mosse la testa a destra e a sinistra, cercando di capire dove si trovava e soprattutto con chi, dato che si era reso conto di non essere mai stato in quel luogo. Era buio, tutto buio. Non un fascio di luce si intravedeva in quella stanza, che non era quindi identificabile, visto che il suo sguardo non si era ancora abituato all’oscurità. L’unica cosa che aveva capito era di essere sopra un letto. Cercò di alzarsi con estrema lentezza, in modo da evitare ulteriori dolori, dato che ne aveva su tutto il corpo, dirigendosi verso quella che, a prima vista, sembrava una porta, dato che la maniglia dorata era leggermente visibile, e la aprì con forza, rimanendo abbagliato alla luce del sole, che colpì i suoi occhi violentemente, anche se non era tutta questa luminosità. Voltandosi si rese conto di essere all’uscita del dormitorio e che, per quanto credesse che quella luce fosse fortissima, in realtà era solo l’alba e che, probabilmente, era stato portato su quel letto da qualcuno, che sicuramente stava dormendo.
Non aveva sonno, quindi escluse la possibilità di tornare a letto, soprattutto perché si sentiva da schifo e necessitava seriamente di acqua, visto che aveva la gola secca, causa l’incubo. Aveva fatto un brutto sogno, ma non se lo ricordava, o meglio non voleva ricordarlo, perché probabilmente il protagonista non era lui, ma bensì il suo lato oscuro. Decise di andare nella mensa, sperando che qualcuno avesse trovato un po’ d’acqua potabile durante la perlustrazione, visto che ormai gli era evidente che aveva trascorso la giornata a letto, a causa dell’intruglio che gli aveva dato la castana.
Riuscì, a tentoni, a raggiungere la porta, entrando senza pensarci due volte, anche perché faceva freddo fuori ed essendo vestito con abiti corti lo sentiva maggiormente. Notò una figura nera era seduta sulla panca con i gomiti appoggiati al tavolo, che lo fece alquanto spaventare dato che non gli era possibile capire chi fosse, così fece qualche passo, cercando di inquadrare meglio la figura. Capelli rossi, occhi verdi e fisico magro, era sicuramente Julien.
- Ehi, non hai sonno?- cercò di iniziare il discorso, anche perché l’altro non l’aveva nemmeno visto, ma lo sguardo che gli rivolse lo fece intimorire. I suoi occhi, spenti, lo osservavano con paura, come se stesse per essere attaccato da un momento all’altro, mentre cercava di controllarsi, per evitare di lasciar visibile questo momento di debolezza.
- Che c’è? Ho detto qualcosa di male?- chiese, notando come il respiro del rosso si faceva sempre più irregolare, cosa che lo fece stare in pensiero – Stai bene? Devo chiamare qualcuno?- iniziava a innervosirsi, dato che non riceveva nemmeno una risposta, da quello che ormai sembrava solo un cucciolo spaventato che lo guardava con gli occhi lucidi implorando pietà.
- Non uccidermi.- sussurrò, dopo vario tempo, facendo stranire il rosso, che non capiva a cosa si stesse riferendo, dato che lui aveva passato tutto il pomeriggio a letto.
- Ma che cazzo dici?- domandò, in maniera abbastanza rude, visto che ormai stava perdendo completamente la pazienza, e questo modo d’agire di Julien non aiutava.
- Non voglio fare la fine di Tessa, ti prego.- disse quelle parole con un filo di voce, come se avesse paura di farlo arrabbiare, quasi come se la persona davanti a lui fosse una macchina da guerra.
- Cos’è successo a Tessa?- il rosso si voltò in sua direzione, guardandolo fisso negli occhi celesti, e poi fece un’espressione arrabbiata. Nihal non capì bene cosa accadde, probabilmente perché il buio gli impedì di vedere bene, ma si ritrovò con la schiena a terra e con Julien sopra di lui, che lo reggeva per le spalle.
- L’hai uccisa! Te ne sei dimenticato?!- gli urlò in faccia, facendogli sgranare gli occhi. Ora ricordava, adesso riusciva a capire di cosa stesse parlando, perché non sentiva più quel dolore alla testa mentre cercava di pensare a cosa era accaduto il giorno prima. L’aveva uccisa, spaccandogli la faccia contro un masso, e l’aveva lasciata lì, come se nulla fosse. Poi aveva tentato di stuprare Ace e Loenne, venendo però colpito da qualcuno, probabilmente Wiktor, alla testa, ed era svenuto.
Spinse il rosso a terra, alzandosi velocemente per raggiungere l’uscita, per poi sedersi sulle scale e vomitare, senza riuscire nemmeno a trattenerlo. Aveva superato il limite, aveva distrutto l’unico tabù che lo teneva ancora tra le persone normali, aveva distrutto la sua moralità. Mille pensieri iniziarono a invadergli la testa, mentre delle lacrime iniziavano a solcare dai suoi occhi, che ormai erano spenti.
Si sentiva vuoto, completamente vuoto. La sua umanità era sparita, completamente prosciugata dalla sua parte oscura, che ormai aveva preso il sopravvento, senza dargli possibilità di difendersi. Peggio di quando aveva picchiato suo nonno, peggio i quando aveva ferito delle persone in un pub e perfino peggio di quando aveva stuprato Diana. Già, Diana, l’unica cosa che lo teneva ancora in vita, se non fosse per un piccolo problema, ovvero il fatto che la ragazza lo pensava morto. Tutta le emozioni negative che finora aveva sopportato stavano uscendo fuori, facendolo precipitare in un baratro senza fondo, da dove poi non sarebbe più uscito. Iniziò a correre, senza una meta precisa, come se avesse paura della sua stessa ombra, cercando di dimenticare cosa aveva fatto, anche se sapeva che era impossibile.
Dopo essersi rapidamente levato i vestiti entrò in acqua lentamente, tremando non appena entrò in contatto con il liquido, che era freddissimo a causa dell’alba, e iniziò a camminare verso il largo, con l’intento di suicidarsi, perché per lo meno avrebbe messo fine alla sua inutile vita, per lo meno avrebbe smesso di ferire gli altri e soprattutto di ferire se stesso, perché lui era quello che, alla resa dei conti, ne soffriva di più. Muoveva un passo dopo l’altro senza nemmeno pensare, come se la sua mente fosse andata completamente in trance, avvicinandosi sempre di più all’acqua alta. Il mare era mosso, quindi sarebbe sicuramente affogato sicuramente, anche perché in quelle condizioni gli unici muscoli che riusciva a muovere erano quelli delle gambe, che lo stavano trascinando violentemente nel baratro della disperazione, come se quella camminata significasse simbolicamente il suo avviarsi verso l’inferno.
Ormai l’acqua gli circondava il collo, come se stesse accarezzando tutto il suo corpo, mentre entrava nel gelido abbraccio della morte che era ormai a due passi. Un’onda lo colpì sul volto, facendolo andare sott’acqua e coprendo completamente il suo corpo, in modo da iniziare a fare ciò per cui era andato lì. Vedeva tutto buio, la poca luce del sole non gli permetteva nemmeno di vedere il panorama in cui sarebbe morto, intanto che continuava a venir mosso dalle onde.
Da piccolo il suo desiderio era quello di visitare l’oceano, cosa che purtroppo non aveva mai potuto fare per motivi finanziari, quindi morire lì sarebbe stato positivo per lui, visto che alla fine aveva realizzato il suo sogno. Poi sentì un braccio circondargli il petto e portarlo verso la superficie, facendogli cacciare la testa fuori dall’acqua ancor prima che se ne rendesse conto. Sgranò gli occhi mentre l’esile figura alle sue spalle lo trascinava verso la riva, visto che il suo corpo non accennava a muoversi, forse perché incantato da quelle presenza. Sentì la sua schiena sbattere contro la sabbia, mentre la figura gli si appoggiò sopra, per poi colpirlo con un violento schiaffo sulla guancia.
Era Ace che, con le lacrime agli occhi, continuava a colpirlo con la mano, pian piano sempre meno forte, perché non riusciva a trattenere il pianto, ormai incessante.
- Che cosa cazzo pensavi di fare?!- urlò, appoggiando i pugni sul suo petto, per poi farci pian piano sprofondare anche la testa, mentre le sue nocche battevano con forza contro lo stomaco del rosso, provocandogli un dolore che però non era nemmeno la metà di quello che stava provando l’albina, che singhiozzava cercando di trattenere le lacrime. – Credi che così si risolverà tutto?- riprese fiato, per poi gridargli quelle parole nell’orecchio, facendolo sentire talmente in colpa e, all’improvviso, scoppiò a ridere, come se le parole della ragazza fossero state talmente ovvio che quel gesto che aveva tentato di fare non lo avrebbe nemmeno dovuto pensare, perché lui lo sapeva, era cosciente che non sarebbe cambiato nulla, dato che ormai il danno era fatto. – Non provarci mai più! Capito?- mentre diceva queste parole scuoteva con forza le spalle di Nihal, che era come entrato in una specie di coma emotivo, che gli permetteva solo di ridere di se stesso. Cercò di parlare, ma dell’acqua uscì dalla sua bocca costringendolo ad alzarsi di colpo, così veloce da far quasi spaventare Ace, che finì tra le sue braccia. I loro sguardi si incrociarono, mentre il sole dell’alba li accecava, come a impossibilitarli a cambiare direzione, costringendoli quindi a cercare riparo in quell’occhiata che l’uno rivolgeva all’altro, come se fosse l’unico modo per uscire da quella situazione. La distanza tra i due volti era minima, talmente poca che i volti dei due si erano completamente tinti di rosso, in preda all’imbarazzo, anche se entrambi non volevano spezzare quel momento, che era come un’oasi in mezzo all’inferno che entrambi avevano vissuto nell’infanzia, quasi come se tutto il resto fosse cenere. E poi, senza che Nihal se ne rendesse conto, Ace azzerò la distanza tra le loro labbra, baciandolo di sorpresa e lasciandolo con gli occhi aperti per lo stupore. Le cinse le spalle e ricambiò il gesto, spingendola delicatamente contro la sabbia fredda bagnata dall’acqua dell’oceano, senza fermarsi un momento, almeno finché non si rese conto della “presenza” che li stava osservando, e soprattutto del fatto che lui fosse in mutande sopra una ragazza praticamente in intimo, cosa abbastanza equivocabile. Sophia, con sguardo imbarazzato e il volto totalmente rosso li guardava, tenendo la bocca aperta, e andando nel panico non appena vide i due voltare il loro sguardo nella sua direzione, visibilmente scioccati.
- Ehm, non ho visto niente, continuate pure.- sorrise, per poi allontanarsi e nascondersi dietro un albero, coprendosi la bocca con le mani, in modo da non urlare per lo stupore. Si voltò in loro direzione, vedendo che si erano fermati, probabilmente perché avevano compreso la situazione, il rosso si grattava la testa mentre ridacchiava, invece l’albina giocava con i suoi capelli con l’indice, cercando di smaltire l’imbarazzo.
Quando il sole iniziò ad alzarsi i ragazzi si svegliarono, dirigendosi subito verso la mensa, per vedere se qualcuno avesse preparato la colazione. Tra tutti Kynaston si stava lamentano perché, dato che aveva dormito con indosso il suo vestiario da cinquecento dollari, questi si erano stropicciati, oltre che sporchi per ciò che era accaduto il giorno prima, rendendoli impresentabili davanti agli altri.
- Porca puttana! Questa giacca l’avevo pagato duecento euro!- batteva con forza sull’abito, cercando di sistemare le pieghe, senza però riuscirci, cosa che infastidì Aaron, il quale non ne poteva più delle sue continue lamentele riguardo ogni singola cosa.
- Smettila cazzo, siamo tutti messi male riguardo il vestiario, quindi evita di fare la checca.- lo punzecchiò, con tono freddo e distaccato, che parve seriamente una minaccia verso il moro.
- Oh, scusami, la tua magliettina pagata tre euro al mercato sotto casa si è sporcata.- il castano lo sfotté, gesticolando per prenderlo in giro, visto che Aaron aveva questo vizio. – Come farò? A casa mia non c’è mai un euro, però potrei andare a indebitarmi.- cercò di imitare la sua voce, pensando di far infuriare il castano, che però non mosse un dito, dato che per tutta l’infanzia aveva avuto a che fare con persone come lui, e forse anche peggio.
- Potresti essere il prossimo, ne sei consapevole?- Loanne, con un sorriso a trentadue denti sul volto, fece verso a Kynaston, passandosi il dito sul collo, per fargli capire appieno il significato della frase.
- Sei seria?- a evitare che il riccone iniziasse un litigio, che probabilmente la grigia avrebbe stravinto, ci pensò Agatha, sfidandola con lo sguardo. Non le stava simpatica proprio per niente, spocchiosa, egocentrica e antipatica, decisamente troppo uguale a lei, anche se molto più cattiva e senza il minimo rimorso per ciò che faceva, infondo una persona che uccide suo fratello e ci scherza sopra non ha sentimenti.
- Perché non dovrei esserlo?- si leccò le labbra, sfidandola con lo sguardo, quasi come se volesse vedere fino a che punto era disposta ad arrivare, ma la castana non era facile da fregare, tanto che si limitò a sbuffare e a voltarsi dall’altra parte.
- Io non vorrei interrompere i vostri amorevoli litigi da coppia sposata, ma se ci fermiamo ogni due minuti non arriveremo mai.- alla fine Wiktor costrinse tutti a incamminarsi verso la mensa, senza fare ulteriori litigi, dato che ne aveva già abbastanza di quei battibecchi infantili.
- Miyu, tutto bene?- Santos abbasso la testa, in modo da poterla vedere bene. Aveva le occhiaie e gli occhi rossi, simbolo che aveva pianto tutta la notte, senza mai fermarsi. La sera prima, mentre tutti discutevano sul da farsi, l’albina non fece altro che piangere, scossa, dato che aveva trovato il cadavere senza vita di Tessa, una visione che, una persona sensibile come lei, non avrebbe mai dovuto vedere. L’immagine del cadavere sporco di sangue era impressa nella sua mente, come disegnata con un pennarello indelebile, e non sarebbe mai andata via, o meglio lei non sarebbe mai riuscita a superarla. Anche Julien gli era sembrato un po’ sottotono, al punto da non mettere bocca in nessuna delle decisioni prese dal gruppo, cosa che solitamente non faceva, dicendo sempre la sua e facendola dopo, perché ciò che diceva faceva.
- Ah, beh, sì. – mentì spudoratamente, rivolgendogli un falso sorriso, che però non venne notato dall’ispanico, evitandole quindi ulteriori domande da parte di questo.
Invece Wiktor, che di sorrisi fasulli nella sua vita ne aveva fatti a migliaia, se ne accorse subito, rivolgendogli un’occhiata rapida, notando come un’espressione triste le stesse tornando subito in volto. Ma alla fine lui non poteva far niente, gli era purtroppo impossibile curare quella tristezza che l’affliggeva dall’interno.
Giunsero al loro solito luogo di incontro, trovando  Ace, Nihal, Sophia e Julien già seduti a tavola, che si guardavano senza dire nemmeno una parola, preferendo un silenzio cupo a una conversazione forzata che li avrebbe sicuramente indotti a parlare di ciò che era accaduto il giorno prima. Li salutarono con un cenno, come se le parole non volessero nemmeno uscire dalle loro bocche, troppo occupate a mantenere quella barriera di silenzio che si era creata tra di loro e che permetteva al rosso di stare in quel luogo senza dare di matto.
- Oh, abbiamo dei mattinieri, eh?- Wiktor si sfregò le mani, sorridendo nel vedere tutti riuniti in quella stanza, così da poter tranquillamente discutersi sul da farsi, senza dover ripetere le cose una seconda volta. – Dal momento che il qui presente signor Barlow ieri sera era fuori gioco, suppongo di dovergli fare un resoconto di ciò che abbiamo deciso.- usò un tono altezzoso, probabilmente per tentare di abbattere quel muro di tristezza che si era formato nel gruppo. – Prenderò io il comando della squadra, quindi potete anche chiamarmi signor leader, e magari datemi anche del lei.- si mise a ridere come un ebete, mentre gli altri lo guardavano con volti spaventati.
- Vai avanti evitando queste puttanate.- lo incitò Ines, che non aveva messo bocca nella discussione che avevano avuto prima perché mezza addormentata, e l’ultima cosa che voleva era iniziare la giornata a quella maniera.
- D’accordo, stai calma.- sussurrò, facendo uno sguardo da cane bastonato – Dato che Julien non ha avuto obiezioni, da ora comanderò io, quindi ci distribuiremo in tre gruppi che specializzati, ovvero che caccerà, chi cucinerà e chi andrà in esplorazione.- Nihal voltò lo sguardo verso il rosso, quasi incredulo che, uno come lui, non avesse avuto da obiettare, ma dal suo sguardo, completamente perso in un punto imprecisato della sala, deduceva che non stava affatto bene.
- Passiamo alle cose importanti.- iniziò Loanne, interrompendo il “noioso” discorso del biondo, che sbuffò sonoramente. – Spiegaci, possibilmente entrando nel dettaglio, perché hai avuto quell’improvviso cambio di carattere dopo aver bevuto la bevanda che ti ho amorevolmente preparato.- poggiò i gomiti sul tavolo e si resse la testa con i palmi delle mani, mentre un sorriso angelico era dipinto sul suo volto, con lo sguardo puntato contro il rosso, che ricambiava con occhiate piene di odio.
- Quando bevo, anche solo un bicchiere, assumo farmaci o mi drogo perdo il controllo del mio corpo ed è come se un’altra persona iniziasse ad agire per conto suo. Il mio carattere si rovescia e divento violento e irascibile, credo sia dovuto a una qualche malattia o altro, forse una doppia personalità.- spiegò, ricambiando lo sguardo fermo e sicuro della grigia, che rise sotto i baffi, pensando a quanto fosse interessante quel tizio, l’aveva decisamente sottovalutato.
- Stai scherzando?- la voce di Agatha gli entrò in testa di colpo, sottraendolo a quella sfida di sguardi con Loanne, che si voltò come lui.
- Cosa intendi?- le chiese, appoggiando il braccio destro sul tavolo e voltandosi in sua direzione, così da poterla guardare meglio.
- Personalità multipla? Malattia? Tu semplicemente non reggi l’alcol, ecco tutto. Sai quante ce ne sono di persone come te? Non è che sei speciale, basta solo che non bevi ed è tutto apposto.- quelle parole lo colpirono nel profondo, facendolo sobbalzare di colpo. Rise, rise di se stesso e di quello che era ed era stato, rise, pensando a quanto fosse stato stupido a credersi per davvero unico e speciale, quando in realtà era solo una macchia in mezzo a un enorme dipinto quale era il mondo, in quell’immensa tela da disegno ci dovevano per forza essere persone come lui, o per lo meno molto simili. Intanto loro lo guardavano, mentre cercava di coprirsi il volto, in modo da non mostrarsi così debole davanti agli altri, che però non avevano capito la situazione. Tutti loro, nessuno escluso, aveva affrontato delle dure prove come lui, ognuno di loro aveva delle indelebili cicatrici addosso, dei segni che non potevano e non sarebbero mai potuti sparire, chi ce li aveva sul corpo e chi nell’anima. Pensò che forse, dopo essere uscito da quell’isola infernale, il suo atteggiamento sarebbe cambiato, permettendogli di vivere una vita normale, senza distanziarsi dalle altre persone come aveva fatto fino a quel momento, magari sarebbe anche riuscito a riallacciare il rapporto con i familiari, cosa che desiderava fortemente.
-Hai ragione, hai fottutamente ragione.- continuò a ridere, come se si fosse liberato di un peso, come se avesse finalmente accettato quella parte di se che aveva sempre considerato oscura, ed era bastato il dirglielo apertamente per fargli vedere il suo problema sotto tutt’altra prospettiva. Perché lui era un tipo intelligente, ma sulle cose mentali era una frana, motivo per cui spesso non riusciva a controllare le sue emozioni.
- Hai finito?- domandò la castana, guardandolo male, perché quest’aria festosa che aveva non le piaceva affatto, anche se quelle si potevano dire risate di gioia.
- Insomma, ti dicevo, ci siamo divisi in tre gruppi da gruppi, due da quattro e uno da cinque. Il primo è composto da me, Costance, Aaron e Kynaston, il secondo da te, Ace, Sophia e Loenne, mentre il terzo da Julien, Agatha, Santos, Ines e Miyu. Tutto chiaro?- chiese indicandolo con un dito, per poi continuare non appena lo vide annuire in sua direzione – Perfetto. Il primo gruppo si occuperà della cucina, il secondo della caccia e il terzo dell’esplorazione. Quindi adesso ognuno provveda alle sua mansioni.- batté le mani, facendoli alzare dal tavolo, dividendosi nei gruppi stabiliti dal biondo.
Tutti, tranne i membri del primo gruppo, uscirono dalla stanza così iniziarono a sistemare il cibo negli scaffali, di modo da trovarlo subito in caso di estremo bisogno. Non ci misero molto, anche perché la quantità di cibo che avevano raccolto il giorno prima era estremamente scarsa, oltretutto avevano anche dovuto sotterrare un cadavere, decisamente non una cosa da poco, visto che la fosse era stata scavata a mani nude.
- Illuminaci, leader, cosa dovremmo fare adesso?- domandò Aaron, strofinandosi le mani così da levare la polvere della terra che gli era rimasta sui palmi, con tono estremamente sfottente, che però non colpì minimamente l’orgoglio di Wiktor, che si limitò a pensarci su mentre era seduto sul tavolo, con i piedi appoggiati alla panca.
- Boh, credo dovremmo aspettarli qua, oppure potremmo provare a pescare qualcosa.- propose alzando le spalle, guardandoli uno a uno negli occhi.
- Ma scherzi? Non toccherò mai delle esche o dei pesci con queste mani, ma proprio mai. Che schifo, puzzano e sono viscidi, lo lascio a te quel lavoro.- ovviamente Kynaston ebbe da ridire, lasciando a bocca aperta i tre lì vicino. Perfino Costance rimase basita nel sentire quelle parole da checca, almeno lei non aveva voglia e, anche se non era una giustificazione valida, era sempre meglio della sua.
- Non ci credo. L’ha detto davvero.- il castano si colpì la fronte violentemente, come a voler convincere se stesso di non aver mai udito quelle parole, che gli fecero perdere la fiducia nell’umanità, perché se quello era un ragazzo degli anni novanta, quasi duemila, c’era da preoccuparsi.
- Per me non c’è problema, vorrà dire che ci mangeremo il cadavere di Tessa, visto che non hai voglia di pescare.- quella battuta, davvero di cattivo gusto, fece storcere il naso ad Aaron, che non era un amante del black humor, soprattutto se le battute lo coinvolgevano in prima persona, però, vedendo la faccia che fece Kynaston dopo aver sentito quelle parole, capì il perché di ciò. Perché, per quanto arrogante, infantile e svogliato, avrebbe, come tutti, preferito cacciarsi il cibo, piuttosto che mangiare della carne di un essere umano morto. In quella situazione disperata necessitavano di sfamarsi e di mantenere il controllo, quindi per loro era meglio evitare litigi stupidi o altre cose che non avrebbero giovato al gruppo.
- Bene, quindi suppongo che il tuo silenzio sia una risposta affermativa, quindi andiamo a disseppellire il corpo.- il castano lo guardò di sottocchio, per poi sussurrare delle parole a bassa voce che vennero udite dal biondo, ma che fece finta di niente. – Non ho sentito, potresti ripetere?- stava cercando di fargli abbassare le penne, facendogli capire l’importanza del fare lavoro di squadra, quindi quel suo umiliarlo era strettamente necessario, perché Kynaston era un ragazzo viziato, cresciuto nel lusso più totale, motivo per cui necessitava di uno scossone che lo riportasse alla realtà, in quella crudele e fottuta realtà che stava vivendo, dove era su un’isola deserta con altre dodici persone, senza cibo o altro.
- Andiamo a pescare.- disse infine, venendo battuto dal biondo in quella che ormai era una gara d’orgoglio, poi si alzò, dirigendosi in direzione della spiaggia, senza ricordarsi che non avevano ne esche ne canne da pesca.
Wiktor e Aaron uscirono dalla stanza, ma l’ultimo, voltandosi casualmente in dietro, vide che Costance era ancora seduta sulla panca e non accennava minimamente ad alzarsi per seguirli, così si avvicinò con calma, facendo venire dei malori alla rosa, che già sapeva che se la sarebbe portata dietro anche con la forza, se necessario.
- Che stai aspettando? Vieni.- si poggiò le mani sui fianchi, anche se era un gesto che solitamente fanno le donne, aspettando impazientemente che si alzasse, per quanto era consapevole che probabilmente avrebbe gradito rimanere là, senza fare niente.
- No. Vi aspetto qui.- sussurrò abbastanza forte per farsi sentire dal castano. Non aveva voglia nemmeno di parlare e, se avesse potuto, avrebbe anche smesso di respirare, perché per lei era faticoso.
- Forza, muoviti, devi venire anche tu. – aspettò un’eventuale risposta, per poi passare alle maniere brute.
- No, dico sul serio, starò qui a fare la guardia al cibo. – non appena finì di parlare le venne il fiatone per quanto era lunga quella frase, motivo che la convinse ancora di più a voler restare nella mensa. Aaron, stufo di aspettare, la prese per i fianchi e la sollevò da terra, caricandosela sulla spalla e iniziando ad andare in direzione del molo mentre Costance, dal canto suo, non aveva neppure voglia di obiettare, lasciandosi così trasportare dal ragazzo verso la meta da loro designata. Arrivarono dopo poco, perché i dormitori erano praticamente a due passi della spiaggia e trovarono Kynaston e Wiktor già con le canne in mano, pronti a pescare.
- Dove le hai trovate?- chiese, mettendo la rosa a terra, come se fosse un oggetto.
- Più in là c’è un ripostiglio pieno di queste esche surgelate e oggetti per pescare, l’ho visto quando sono andato a esplorare ieri. – rispose tranquillamente il biondo indicandoglielo, per poi guardarlo mentre si allontanava con la ragazza in mano, questa volta portata come se fosse una valigia, ovvero con un braccio che le cingeva la pancia e a peso morto.
Non appena la vide accelerò il passo, entrando rapidamente dentro la baracca, perché forse era meglio chiamarla così, un piccolo magazzino tutto rovinato e pieno di ragnatele, dove tutti gli oggetti al’interno erano arrugginiti o rotti. Prese una canna da pesca a caso tra quelle contenute in una scatola di legno, mentre alla ragazza diede un secchio e delle esche.
- Ora cammina da sola, per favore.- le chiese gentilmente, cercando di essere il più garbato possibile. L’altra si limitò a scuotere la testa in segno di assenso, prendendo gli oggetti in mano e seguendolo verso la spiaggia dove erano già pronti gli altri due.
 
 
Il gruppo più numeroso, ovvero quello formato da cinque persone, si stava dirigendo verso una foresta a caso, senza avere uno scopo preciso, forse l’unica cosa che volevano era fare contento il leader, così da non sentire le sue lamentele dopo.
Era ormai un po’ che camminavano e Agatha non ne poteva più, perché i piedi le facevano male e non riusciva nemmeno a respirare per il caldo torrenziale che faceva, tant’è che era tutto un lamentarsi con i membri del gruppo, che però non le davano particolari attenzioni, visto che Julien e Miyu erano troppo scossi per parlare di qualunque cosa, Ines la ignorava, come faceva con chiunque altro, e Santos si fermava a raccogliere i fiori, non prestandole dunque attenzione.
- Cazzo, sto soffocando!- continuava a dire la castana, sbattendo i piedi a terra e facendo una vocina stridula, che non si addiceva molto al suo carattere e al suo aspetto. Alla fine, dopo numerosi minuti di silenzio, Ines scoppiò, infastidita dalle sue continue lamentele.
- Abbiamo capito, ora smettila di rompere!- le urlò contro, facendole spuntare un broncio sul volto, pronta a risponderle a tono, venendo però fermata da Santos, che si era intromesso tra le due.
- State calme, forza. Non c’è bisogno di litigare.- poggiò le mani sul petto delle ragazze, che lo presero immediatamente a pugni, lasciandolo agonizzante in terra.
- Non provarci mai più.- lo avviso la rossa, calcando più volte il “mai” con tono minaccioso, mentre si aggiustava la maglietta, la castana invece si limitò a voltarsi dall’altra parte e ad allontanarsi dal gruppo.
- Vaffanculo, vado da sola.- scattò verso la foresta, sorprendendo tutti. Si era stancata di camminare, si era stancata di quell’isola e si era stancata di loro.
Correva, ignorando le parole del gruppo, che la invitava, anche se con poco entusiasmo, a tornare con loro, per evitare di perdersi dentro la macchia che, seppur piccola, era estremamente folta, tanto che da fuori era praticamente impossibile vedere l’interno. Arrivò davanti a una piccola grotta, accostandosi da un lato per vedere se ci fosse qualcuno al suo interno, ma non prestò abbastanza attenzione o meglio non pensò a cosa ci sarebbe potuto essere all’interno di quel buco. Venne spinta indietro con forza e si ritrovò un lupo sulla pancia. Pelo grigio, occhi rossi, danti appuntiti e bava sulla bocca, decisamente un selvatico, che la annusò, pronto a sbranarla, ma, quando si preparò a sentire il dolore dei denti che le dilaniavano la carne chiudendo gli occhi, notò che l’animale non si trovava più sul suo stomaco, ma bensì steso di fianco all’ingresso della grotta. Ines e Santos, coloro che avevano colpito il lupo, stavano in piedi accanto a lei, con un legno in mano.
- Tutto bene?- chiese la prima, senza levare gli occhi di dosso alla bestia, che stava lentamente rientrando nella tana. La castana si alzò con l’aiuto dell’ispanico e scacciò la polvere dai pantaloni, stava per ringraziare i suoi salvatori e tornare con loro al gruppo, quando due lupi saltarono addosso a Santos, mordendolo alla spalla e sulla coscia. La rossa cercò di colpirli invano, mentre il castano urlava in preda al dolore, cercano di scacciarseli di dosso.
- Andate avanti!- gridò con tutto il fiato che aveva in gola, facendo verso alle due di allontanarsi da lì.
- Ma che dici? Dobbiamo aiutarti.- Agatha stava quasi per mettersi a piangere, mentre l’ispanico affrontava i due lupi, armato solo di un bastone di legno neanche troppo robusto.
- Vi raggiungerò dopo.- strillò, facendo cenno alla rossa di portarsela dietro e questa, con le lacrime agli occhi, prese la castana per il braccio e la trascinò con se, verso il gruppo. Aveva mentito, era evidente, ma almeno era riuscito a farle allontanare da lì.
Santos la sentiva, sentiva sua madre che, dal paradiso lo chiamava, sentiva gli angeli cantare, anche se era ancora vivo, seppur per poco. Ma lo sapeva, era a conoscenza che, essendo omosessuale, non gli sarebbe stato permesso l’accesso in paradiso, condannato invece a rimanere bloccato per l’eternità all’interno dell’inferno, assieme ai peccatori di superbia. Perché, per quanto lui fosse sempre stato un ragazzo calmo e gentile, l’andare contro natura secondo la chiesa è un’offesa a Dio, condannando ciò come ribellione nei confronti del creatore. E, per quanto tutto ciò fosse ingiusto, l’aveva accettato, perché alla fine sapeva che era tutta una messa in scena, che sarebbe stato seppellito e sarebbe morto come gli altri, indipendentemente dalla religione, dall’orientamento sessuale o dalla classe sociale. I due lupi l’avevano del tutto sottomesso e ora si apprestavano a divorargli la faccia, lasciando sporcare di sangue la sua canotta bianca, che assunse quel colorito rossastro che simboleggiava la fine di una vita. La carne gli veniva strappata di dosso e il dolore era atroce, talmente tanto che non riusciva più nemmeno a pensare, la sua vita si stava spegnendo come una candela, lentamente e con sofferenza, perché venir sbranato vivo era una delle peggiori cose che gli potesse capitare. E morì così, sbranato da dei lupi e, seppur sacrificatosi per le due ragazze,senza nemmeno la certezza di andare in un ipotetico aldilà.
Le due proseguirono a corse verso la fine della macchia, nella quale si erano addentrati parecchio in profondità, motivo per cui erano molto distanti dal gruppo, che ormai avevano perso di vista. Ines, però, inciampò su un radice, slogandosi la caviglia, costringendo Agatha a fermarsi per controllare le sue condizioni.
- Ce la fai?- le chiese, con le lacrime che le rigavano gli occhi, in preda al panico.
- Non ti preoccupare, è tutto apposto.- rispose lei, guardandola negli occhi e cercando di tranquillizzarla. Proprio in quel momento un lupo spuntò da dietro, colpendo la rossa e facendola cadere a peso morto sul terreno, per poi assalirla.
- No! Fermati!- la castana cercò di avvicinarsi alla rossa, però altri tre lupi raggiunsero l’altro, azzannando sempre di più la povera ragazza, che si sentiva lentamente venire a mancare. Era giunta la sua ora, questo l’aveva capito, solo che non accettava il doversene andare lì, in quel posto sperduto.
- Vattene! Altrimenti sarà stato tutto inutile. Conto su di te. – le riuscì a dire, mentre strillava per il dolore provato. Se avesse dovuto dare una colpa alla sua morte sarebbe stata sicuramente l’ira. Il suo peccato era quello, il restare in silenzio per tanto tempo e poi scoppiare all’improvviso, senza risparmiare nessuno, in fin dei conti aveva vissuto una vita di merda, segnata da continue delusioni amorose e dall’essere insoddisfatta di se stessa. E lo sapeva, era pienamente consapevole che l’inferno la stava aspettando a braccia aperte e che quella buona azione compiuta prima non avrebbe cambiato la sua sorte da peccatrice.
Agatha era scappata con le lacrime agli occhi, cercando di non voltarsi e soprattutto evitando di ricordare il perché loro erano morti, ovvero perché lei, come una bambina, era corsa via offesa, invece di affrontare il problema. Vide Julien e Miyu e, evitando di rispondere alle loro numerose domande, li prese per il braccio e se li portò dietro, verso la spiaggia. Arrivati la videro in lontananza tre figure che stavano pescando, probabilmente il gruppo di Wiktor, così accelerarono il passo per mettersi al sicuro. Non appena si fermarono il rosso prese Agatha per le spalle e la scosse violentemente, cercando di capire cosa fosse successo.
- Ma che cazzo stai facendo?- le urlò contro, preso dal panico.
- Sono morti! Tutti e due! Cazzo!- calciò la sabbia con forza, facendola schizzare in aria, per poi cadere in ginocchio, versando milioni di lacrime.
- Come morti? Che cazzo stai dicendo?- Julien sgranò gli occhi, incredulo nel sentire quelle parole.
- I lupi li hanno sbranati.- disse lei, tra un singhiozzo e l’altro.
- E tu li ha lasciati morire? Ma sei stupida?- le urlò contro, facendola spaventare ulteriormente, mentre Miyu, scioccata, svenne, cadendo con un tonfo sonoro a terra. Era troppo, decisamente troppo per lei.
- Non potevo fare nulla.- cercò di giustificarsi, anche se sapeva che voleva solo sentirsi insultata, in modo da non avere quel senso di colpa che le attanagliava lo stomaco.
- Sono morti perché tu sei scappata come una bambina!- era proprio questa la frase che voleva sentirsi dire, la verità nuda e cruda, senza pensare a non ferirla, senza preoccuparsi di niente, solamente come erano andate le cose.
- Si può sapere cosa è successo?- chiesero all’unisono Aaron e Wiktor, che avevano visto arrivare i tre di corsa e si erano preoccupati, lasciando Kynaston e Costance a pescare al posto loro.
- Santos e Ines sono morti.- disse gelidamente il rosso – Ed è tutta colpa tua! Te l’avevo detto di tornare nel gruppo senza fare come cazzo ti pareva!- finì, urlandole contro con tutto il fiato che aveva in gola, mentre la castana era in lacrime.
- Stiamo calmi. Torniamo dentro e parliamone con calma.- il biondo prese la situazione in mano, aiutando Agatha ad alzarsi, per poi far gesto di prendere in braccio Miyu, venendo però bloccato da Julien.
- Qui ci penso io. – gli scostò la mano e afferrò l’albina per i fianchi, per poi tirarla su, tenendola per le gambe e per la schiena, come glia antichi romani quando portavano la propria moglie a visitare per la prima volta la casa. Non si fidava nemmeno un po’ di Wiktor, motivo per cui non voleva lasciarle la ragazza, preferendo tenerla d’occhio lui, anche perché, a parte la castana che per lui era come morta dopo ciò che aveva fatto, era l’unica rimasta del suo gruppo.
- Ti ricordo che è minorenne, quindi stai attento.- scherzò il biondo, facendo fare una smorfia al rosso, che lo guardava male.
- Fatti i cazzi tuoi.- rispose con freddezza, senza nemmeno preoccuparsi della, minima, possibilità di ferirlo. Poi si distaccò da lui, aumentando leggermente il passo, così da non poterci parlare.
 
 
 
Il secondo gruppo non aveva fatto altro che piazzare trappole ovunque ne avessero l’occasione, il tutto per cercare di catturare un animale selvatico, di cui però non c’era nemmeno l’ombra. Loanne, essendo un’esperta di trappole e di intrugli, si era leggermente allontanata da loro, alla ricerca di oggetti da poter usare per cacciare gli animali, Sophia invece si teneva a distanza da Nihal e Ace perché, dopo aver visto il rosso il pomeriggio del giorno prima in quel modo e la mattina verso l’alba i due mentre si stavano baciando, si trovava leggermente a disagio e in imbarazzo con loro, che dal canto loro si limitavano a lavorare tranquillamente, cercando di evitare ciò che era successo poche ore prima. Nihal era felice perché aveva capito di essere normale, e non aveva più bisogno di usare quella stupida maschera, che però ancora non si era sgretolata del tutto, mentre Ace ripensava a ciò che le era accaduto in mattinata. Esatto, dopo tre anni aveva baciato di nuovo qualcuno, e oltretutto era stata lei a prendere l’iniziativa, lasciando il rosso di stucco. Sentiva il suo cuore battere ogni volta che lui si avvicinava, come una bambina delle elementari alle prese con la sua prima cotta. Il rosso, dal canto suo, cercava disperatamente di evitare, semplicemente girandoci in torno, l’argomento, perché già era fidanzato con Diana, ma lei pensava fosse morto quindi non sapeva cosa fare, se lo sentiva, era consapevole che, se avesse continuato a passare del tempo con l’albina se ne sarebbe completamente innamorato, più o meno come amava la castana.
- Aiutatemi a montare questa cosa. – intanto la grigia era tornata, con vari legni di diverse misure in mano, per costruire una trappola basilare. – Allora, montate i tre legni in modo che si incastrino tra di loro e poi mettete questa bacca sotto. Quando si avvicina un animale colpito con il legno e uccidetelo, senza esitazioni.- spiegò, facendosi aiutare a mettere in piedi il marchingegno, che era abbastanza rudimentale.
Attesero più o meno una mezz’ora, prima che un tenero coniglietto si soffermasse sulla trappola, iniziando a mangiare la bacca. Prontamente Loanne uscì fuori dal cespuglio in cui era nascosta, facendo cadere i legni e uccidendo l’animaletto sul colpo, ignorando le lamentele della castana.
- Ma dai, non puoi uccidere un essere così tenero!- le disse, quasi con le lacrime agli occhi, soprattutto perché lei a casa aveva due coniglietti.
- Ma veramente a me fanno schifo, quindi li uccido con piacere.- rispose lei, fredda come sempre. Passarono quasi quattro ore lì, catturando nove conigli in totale, per poi tornare alla base, portandogli il cibo che poi avrebbero cucinato per pranzo.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
We, salve.
E, come aveva prontamente detto Pleurite, ci sono state due morti anziché una! Fategli un applauso, please, ora passiamo alle cose serie, questo è l’aggiornamento settimanale, dove purtroppo due giovani vite si sono spente, ovvero quella del piccolo Santos di soli diciassette anni e quella di Ines, di diciotto. Mi dispiace perché erano due ottimi OC, ma quando pensavo alla rossa al posto della sua faccia c’era scritto “sacrificami per il team”, ce la vedevo troppo a fare quella fine. Poi, ho ufficializzato il mio primo triangolo, alcune coppie si stanno formando, anche se alla fine saranno poche, vi avviso in anticipo e descritto a pieno la prima morte procurata da altri esseri viventi che non siano umani delle intere due saghe!
Vabbè, vi saluto. Alla settimana prossima ;-)

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Di sicuro tornare alla mensa e trovare solo sette persone sedute al tavolo, anziché undici, non era un buon segno, tanto che i quattro, che erano appena tornati dalla loro “battuta di caccia” pensarono subito al peggio, capendo di averci azzeccato non appena incrociarono gli sguardi abbattuti dei presenti.
- Cos’è successo?- chiese Sophia che, seppur lo aveva intuito, volle fare quella domanda, giusto per essere sicura.
- Quella puttana ha fatto morire Ines e Santos!- urlò Julien, alzandosi in piedi di scatto e puntando il dito contro Agatha, che aveva ripreso a piangere con la testa appoggiata al tavolo. Il rosso non lo accettava, già era morta Tessa, adesso anche quei due ci avevano lasciato le penne, sempre per colpa di qualcun altro.
- Sono stati sbranati da dei lupi, lei non centra niente.- cercò di giustificarla Aaron, guardandolo malissimo, dato che credeva di capire cosa stesse provando la castana in quel momento, ma non lo poteva neanche lontanamente immaginare, perché quello che aveva provato lui e quello che stava provando la ragazza erano due tipi di dolori completamente diversi.
- No! Tu non c’eri! Li ha lasciati lì!- sbatté le mani sul tavolo con furore, mentre delle lacrime iniziavano a uscirgli dagli occhi verdi, che stavano pian piano perdendo fiducia in se stessi, visto che tutta questa discussione era solo una messa in scena, voleva solo poter dare la colpa a qualcuno.
- A me risulta che nemmeno tu eri presente in quel momento, o almeno così ha detto Agatha.-  Wiktor, con il suo solito sguardo freddo e tagliente bloccò Julien, che si rimise a sedere, pensando a cosa dire.
- Ha ragione, li ho uccisi io. – sussurrò la castana, scoppiando in un pianto ancora più rumoroso e disperato, mentre Aaron, che era seduto accanto a lei, cercava inutilmente di consolarla.
- Te l’avevo detto!- strillò, colpendo ancora il tavolo, con più forza di prima, tanto da farsi sanguinare le nocche.
- Mi dispiace interrompere le vostre fottute discussioni da telenovelas spagnola, ma io non ci ho capito un cazzo.- ci si mise anche Loanne ad aggravare la situazione, non capiva mai quando doveva parlare e quando doveva invece stare zitta, cosa che urtava il rosso a tal punto da fargli provare un odio profondo per quella ragazza, che non era altro che un blocco di ghiaccio che sapeva solo fare commenti strafottenti contro gli altri. Nihal le diede una piccola botta in testa, cercando di farle capire che non era il momento di dire simili cose. Era palese che Julien stesse per esplodere dallo stress, quindi non dovevano in alcun modo irritarlo perché non potevano sapere cosa avrebbe potuto fare.
- Agatha si è allontanata dal gruppo, quindi Ines e Santos sono andati a cercarla e dei lupi li hanno sbranati per difenderla.- spiegò Wiktor, con i piedi poggiati sul tavolo e un tono che lasciava intendere il suo essere stufo di questa situazione.
- E allora? Perché la difendi? È palese che sia colpa sua.- Loanne si leccò le labbra, guardando Aaron e facendogli l’occhiolino, con il solo intento di farlo innervosire, perché così era più divertente. Il castano si limitò a serrare i denti, cercando di mantenere la calma e di non cedere alle provocazioni della grigia, che intanto aveva subito un altro colpetto da Nihal, questa volta sulla fronte.
- Te l’avevo detto!- ripeté Julien, colpendo il sotto del tavolo con un calcio talmente forte da farlo tremare.
- Stai calmo.- lo sguardo di ghiaccio del biondo lo stoppò, costringendolo a calmarsi.
- Io voglio tornare a casa! Non ce la faccio più!- Kynaston, che fino a quel momento era rimasto seduto e composto sulla sua sedia, si alzò in piedi, colpendo la superficie legnosa con i palmi, mentre il sudore gli grondava dalla fronte. – Ho provato a non farmi domande, ma ormai non ci capisco più un cazzo! Perché siamo qui? Quando ci hanno portati qui? Che cazzo di giorno è oggi? Perché sono rinchiuso in una fottuta isola con dei fottuti plebei?- sentendo quelle parole tutti abbassarono il volto, consapevoli che le parole del castano erano vere. Avevano provato in tutti i modi a evitare l’argomento, in modo da non deprimersi e da riuscire così a mantenere la loro sanità mentale. Dopo questa breve discussione si susseguirono cinque giorni di silenzio, dove ognuno di loro non fece altro che pensare, provando a capire il perché di tutto questo. Oltre ai conigli catturati nel secondo giorno, non riuscirono più a catturare nient’altro, cosa che li portò a non mangiare quasi nulla, tanto che tutti loro iniziavano ad avere paura per la propria sanità mentale, perché rischiavano seriamente di impazzire, tanto che Julien, che ancora non aveva superato le tre morti accadute fino a quel momento, era arrivato a mangiare degli insetti pur di riempirsi lo stomaco, cosa che gli altri, in particolar modo Kynaston, si erano rifiutati di fare. Le serate le passavano rinchiusi dentro i dormitori, con la paura di venir sbranati dai lupi, a eccezione di Loanne e Sophia, che andavano a fare un “giro di ricognizione” ogni sera.
Solamente quelle due in tutto quel putiferio sembravano ancora in forma, cosa che fece molto insospettire Wiktor, che trovava strano che due persone, in particolare due ragazze, che avevano la corporatura più debole della sua, riuscissero ancora a camminare senza crollare al suolo dopo quattro giorni senza cibo. Nel volto della castana leggeva un continuo senso di rimorso, oltre che gli occhi, un tempo verde scintillante, si erano spenti a tal punto da chiedersi se fosse ancora viva. Doveva aver fatto qualcosa di mostruoso, qualcosa che andava contro l’etica umana, perché una ragazza come lei, solare e sempre allegra in qualsiasi situazione, non poteva smettere di avere quell’atteggiamento così all’improvviso. Pensava di sapere cosa potesse aver fatto, ma voleva credere di sbagliarsi, perché non poteva realmente essere arrivata a tanto.
La prova la ebbe quando, andando disperatamente a caccia di cibo con Aaron, seppur in un giorno nuvoloso, vide che la fossa in cui era stata seppellita Tessa sotto sopra. Degli ossi erano gettati al fianco, mentre la testa, le mani e i piedi della ragazza erano accatastati dentro la buca, con tanto di ossa ancora attaccate. Il castano quasi svenne davanti a tale scempio.
- Ma che diavolo è successo qui?- si tappò la bocca con una mano, cercando di non gridare. Posò lo sguardo sulla terra, notando come fosse impregnata di sangue secco. – Saranno stati i lupi. Sono proprio delle bestie fameliche.- constatò, colpendo il terreno con un pugno carico di disperazione e rassegnazione.
- Lo sai qual è la peggior bestia?- Wiktor mosse un passo verso la buca, togliendosi gli occhiali da sole e guardando fisso negli occhi Aaron, con uno sguardo arrabbiato che non gli si addiceva per nulla. Si abbassò e prese un osso da terra, rigirandoselo tra le mani. Era stato fatto tutto in modo troppo ordinato, la spiegazione che aveva dato l’altro non poteva tornare, la testa e gli arti erano stati staccati con precisione e le ossa non erano minimamente danneggiate, e da questo deduceva che non poteva trattarsi di un animale, perché solitamente i lupi tendono a mordere anche l’osso, dato che sono comunque gli antenati della razza canina.
- No. – rispose seccamente, spaventando Aaron col tono di voce che aveva assunto.
- L’essere umano.- si voltò, calcando a pieno i passi, tanto da lasciare delle impronte delle suole, dirigendosi a cavalcate verso la mensa, seguito dal castano, che non disse una parola. Non aveva capito a cosa si riferisse, almeno non ancora. Arrivò nella sala, aprendo la porta con forza e vedendo, con sua fortuna, come fossero tutti lì, seduti sulla panca e con le teste appoggiate al tavolo, che furono costretti ad alzare non appena il biondo lo colpì con forza con i palmi, costringendoli a sollevare il capo.
- Ehi, ma che ti prende?- sussurrò Julien con tono piatto, che non aveva nemmeno la forza di dare un aspetto arrabbiato a quella frase, che non avrebbe nemmeno voluto dire, visto che doveva risparmiare le energie.
- Chi è stato!?- urlò, appoggiando con forza l’osso che aveva raccolto sul tavolo, rischiando di romperlo. Tutti alzarono lo sguardo verso l’oggetto, rimanendo inorriditi non appena si resero conto di cosa era.
- Dove l’hai preso?- domandò Nihal, guardandolo con uno sguardo spento e nemmeno tanto sorpreso, perché non ne aveva la forza.
- Sulla tomba di Tessa.- rispose, cercando di trattenersi, mentre gli altri realizzavano cosa volessero dire queste parole. Miyu scoppiò a piangere, venendo prontamente stretta forte da Julien, che ormai sentiva come un fratello maggiore, perfino Costance, che solitamente evitava anche solo sorprendersi, perché le pesava ovviamente, rimase di stucco, sentendo un brivido lungo la schiena. Ace, invece, gettò uno sguardo su ognuno dei ragazzi presenti, sperando che nessuno rispondesse positivamente, perché lei, come Wiktor, ci era arrivata.
- Hanno dissotterrato un cadavere, sì fa schifo, ma che c’è di male?- chiese Kynaston, che ancora non aveva capito il motivo della rabbia del biondo, alzando le spalle e facendo un’espressione disgustata. – Potrebbe essere stato un animale selvatico.- stesso identico errore di Aaron.
- Ripeto con delle parole più appropriate. Chi cazzo si è mangiato il cadavere di Tessa!?- sbatté nuovamente i palmi contro il tavolo, rischiando seriamente di spezzarlo, poi voltò lo sguardo verso Loanne e Sophia, mentre gli altri rischiavano di vomitare al solo pensiero. La prima era calma e composta e lo guardava con sguardo di sfida, mentre l’altra stava tremando, simbolo che stava per crollare. Difatti scoppiò in un pianto ancora più disperato di quello di Miyu, facendo voltare con orrore tutti.
- Ma stai scherzando, vero?- Julien riuscì a dire solo questo, ridendo per il nervoso, perché non voleva credere a ciò che aveva detto Wiktor, non aveva mai nemmeno immaginato di far una cosa simile, la dava talmente per scontata che non si era posto nemmeno il problema. Era un tipo focoso e che saltava subito alle conclusioni, ma non era scemo, gli bastò fare due più due per capire chi fosse il colpevole. Chi era che ogni sera usciva? Chi tornava a mezza notte passata? E chi riusciva ancora a reggersi in piedi dopo cinque giorni che non metteva in bocca nulla? Semplicissimo, le stesse persone di cui il biondo sospettava, Loanne e Sophia, oltretutto il pianto della castana aveva confermato ogni dubbio.
- Spero riusciate a darmi una spiegazione!- gridò nuovamente il biondo, guardando le due fisse negli occhi, mentre tutti ormai avevano dedotto che, al novanta per cento, le colpevoli erano loro. La grigia si mise a ridere, dandosi anche dei forti colpi sullo stomaco, cercando di smettere, mentre l’altra continuava a piangere a dirotto, come se tutti i sensi di colpa che aveva tenuto dentro per quei cinque giorni stessero uscendo tutti insieme, pronti a sbranarla. – Rispondetemi, dannazione!- quest’urlo quasi fece tremare la stanza, mentre di sottofondo si sentiva il rumore della pioggia che iniziava a battere contro l’edificio, rendendo ancora più inquietante i momenti di silenzio che si susseguivano dopo le continue imprecazioni del biondo.
- Non siamo state noi.- rispose Loanne guardandolo fitto con i suoi occhi grigi, tentando di tenere in piedi un muro che ormai stava per crollare, o che forse era già crollato da un pezzo, almeno per Sophia, che si limitava a singhiozzare.
- Provamelo.- Wiktor riprese compostezza, sfidandola con il tono di voce, che era passato dall’arrabbiato al curioso. La castana stava per scoppiare, lo sentiva.
- Provami tu che siamo state noi.- incrociò le braccia al petto e mosse i fianchi, pensando di averlo incastrato, quando in realtà si era appena scavata la fossa da sola. Era al limite, ancora poco e avrebbe dato sfogo alla sua frustrazione durata cinque giorni.
- Bene, allora dimmi: ho mai detto che siete state voi due? Direi che il tuo avere paura di questa situazione ti ha tradito. Mi spiace, ma hai perso.- si sporse in avanti sul tavolo, avvicinandosi alla ragazza, che si stava mordendo il labbro con forza, rischiando di tagliarselo, mentre le unghie si erano incastrate nel legno del tavolo, da quanto forte lo stava stringendo, dato che aveva capito il suo errore e come si era fregata praticamente da solo. Ancora poco, ancora poco e non ce l’avrebbe più fatta.
- Ti ho detto di. – Loanne si era alzata in piedi e stava per mettersi a urlare, presa dalla disperazione, quando fu interrotta da Sophia.
- Sì, siamo state noi! L’abbiamo mangiato noi il cadavere di Tessa!- gridò in direzione del biondo, che tramutò il suo sorriso beffardo in un’espressione disgustata rivolta alle due. La grigia colpì il tavolo con un pugno, rischiando di slogarsi il polso dalla forza che ci aveva messo.
- Esigo, anzi, esigiamo una spiegazione plausibile per questo.- iniziò la frase con tono basso, per poi alzarlo gradualmente con l’andare avanti delle parole, fino a diventare un urlo sovraumano.
- Cinque giorni fa, dopo che non abbiamo mangiato nulla, ho visto Loanne uscire fuori, così l’ho seguita e..- fu fermata dalla grigia, visto che ogni due parole si fermava a prendere fiato.
- Questa troia mi ha seguito e, quando mi sono accorta della sua presenza, ormai avevo iniziato a mangiare, pensa che aveva una faccia così spaventata che mi ha fatto tenerezza.- sussurrò quelle parole, come a voler rallegrare l’atmosfera, senza però alcun effetto – Quindi mi sono avvicinata a lei e l’ho sedotta, o meglio abbiamo scopato, e poi gli ho fatto mangiare la carne, poi le ho detto che se ne avesse fatto parola con qualcuno avrei detto a tutti che anche lei aveva mangiato la carne.- spiegò, con una naturalezza che quasi fece spaventare i ragazzi. – Dovevate vedere come godeva.- disse a bassa voce, muovendo la mano e ridendo come un’ebete.
- Ma hai idea di cos’hai fatto?!- le strillò addosso Agatha, che fino a quel momento era rimasta immobile sulla panca, troppo scossa per parlare.
- Dimmi, mia cara acida, chi ha fatto peggio tra me e te? Io mi sono mangiata un cadavere, ma tu hai fatto morire due persone, quindi non farmi la predica. Pensi che tutti abbiano già dimenticato ciò che hai fatto perché per cinque giorni nessuno ha detto niente? Ma fammi il favore.- sputò quelle parole con odio, con il solo intendo di aprire ancora di più la ferita che la castana aveva nel cuore, cercando di rovinarla dall’interno, in modo che sarebbe stata poi facile da eliminare.
- Smettila.- rispose seccamente Ace, guardandola con il suo solito sguardo gelato, che solitamente portava tutti ad aver paura dell’albina, ma questo non era il caso di Loanne, lei non era un essere umano, era un diavolo sceso in terra.
- Oh, la nostra povera bambina che cerca di difendere la sensibilità di qualcuno?- fece il classico tono che si assume quando si parla con gli animali domestici, come a voler intendere la sua superiorità rispetto all’albina – Che c’è, il fatto di non aver mai avuto una casa, o meglio di essere stata abbandonata, ti ha spezzato il cuore a tal punto di difendere chiunque si senta come te, anche se per diversi motivi?- Ace spalancò gli occhi a quelle parole, facendo gesto di alzarsi, venendo però bloccata da Nihal, che rimise a sedere.
- Come lo sai?!- sussurrò, vedendo un ghigno dipingersi sul suo volto.
- Hai lo stesso sguardo di un cucciolo abbandonato e non provi emozioni, se non negative. Sei decisamente una ragazzina complessata.- spiegò rapidamente, dato che l’argomento non le interessava.
- Che stronza.- disse il rosso, venendo però ignorato dalla grigia, che di insulti ne aveva ricevuti decisamente peggiori.
- E vi dico un’altra cosa. - si fermò, puntando a turno il dito contro ognuno di loro – Nel caso mi venisse fame non mi farò problemi ad arrivare a cacciarvi, per poi mangiarvi.- tutti sentirono il sangue gelarsi nelle vene, consapevoli che, se l’occasione si fosse presentata, l’avrebbe fatto davvero.
- E io ti prometto che, se ti azzardi anche solo a toccarci, ti ammazzerò con le mie mani. - le rispose a tono Wiktor, alzando leggermente il collo, per darsi quell’area di superiorità che gli serviva per combattere una donna del genere. Loanne si alzò dal suo posto e uscì dalla stanza, senza dar troppo peso al diluvio che era da poco scoppiato, lasciando i dieci rimasti spaventati e depressi più di prima.
Quella sera, a notte fonda, Sophia sgattaiolò fuori dal dormitorio, dirigendosi verso il promontorio. Non ci mise molto ad arrivare, dato che stava camminando a grandi falcate, ignorando il freddo e facendosi guidare dal senso di colpa, che la stava pian piano portando a esplodere.
Sentiva il vento battergli sul volto, come se potesse volare, senza però effettivamente staccarsi da terra. La maschera, la robustissima maschera che aveva portato fino a quel momento, quella maschera che la faceva sembrare sempre così allegra e spensierata, ma che in realtà serviva a nascondere il suo senso di disagio in mezzo alla gente, provocato dall’improvvisa morte del padre e dalla malattia terminale della madre. Aveva imparato a sorridere, a sembrare sempre felice e a non arrabbiarsi mai, ma poteva bastare, non ce la faceva più, era sempre stata una che si faceva condizionare facilmente, motivo per cui non aveva mai nemmeno provato a fumare o a drogarsi, perché sapeva che non se ne sarebbe più potuta separare. E quella sera l’avrebbe passata così, a deprimersi e a osservare i pezzi della sua falsa personalità cadere a terra, riducendosi in polvere.
- Hai intenzione di deprimerti così per tutta la vita?- dietro di lei spuntò Loanne, che la chiamò facendola voltare. Vista così, sotto le stelle e con il vento che le muoveva i capelli pareva una dea, ovviamente una di quelle cattive, ma la castana non badò troppo alla cosa. – Dimmi, vorresti espiare tutti i tuoi peccati?- le si avvicinò, parlandole praticamente nell’orecchio, mordendolo non appena finito e facendola sussultare.
- Sì. – rispose lei, abbassando la testa, come se ormai non potesse più far nulla per farsi perdonare dopo ciò che aveva fatto. Stupida. Nihal e Agatha avevano fatto cose decisamente peggiori, ma al primo non fregava praticamente niente, mentre l’altra aveva solamente abbassato la cresta, senza però deprimersi come lei, che aveva solo mangiato un cadavere, già morto, quindi non aveva nemmeno dovuto uccidere la persona.
- Allora dovresti saltare.- l’avvolse in un caldo abbraccio da dietro, iniziando a baciarle la guancia, per poi voltarla in sua direzione e lasciarle un lungo bacio sulle labbra. Le indicò il precipizio, come se fosse la sua unica possibilità di ammenda – Verrò con te. – le sussurrò quelle tre parole nell’orecchio, che le fecero battere fortissimo il cuore. La prese per mano e la fece alzare, portandola davanti al vuoto totale, un altro passo e sarebbero morte. – Al mio via.- si girò e la baciò nuovamente, venendo ricambiata dalla castana, che ormai era assuefatta dalla sua presenza. – Via.- non appena sentì le parole saltò.
Solo dopo si rese conto che la grigia aveva lasciato la sua mano e l’aveva lasciata precipitare da sola, solo dopo si rese conto che l’aveva presa in giro e che ci era cascata alla grande, ma ormai era troppo tardi, solo allora si rese conto di aver peccato di invidia, di essersi lasciata andare troppe poche volte, preferendo lavorare per il bene della sua famiglia e, segretamente, invidiava chi aveva intorno, tanto da non volerli assolutamente vedere felici, perché lei aveva avuto sfortuna e loro no. Era una peccatrice di invidia d’animo, troppo occupata a pensare a come stessero bene gli altri e non a ciò che per se stessa era davvero importante. Precipitò con un tonfo sordo nell’acqua, facendo alzare l’acqua, che poi avvolse completamente il suo corpo senza vita, perché era morta sul colpo e, anche se non fosse deceduta subito, con le onde che c’erano, dovute al forte vento, difficilmente si sarebbe salvata. Era stata invidiosa di chi non aveva commesso peccati su quell’isola maledetta, cosa che le era costata la morte, lei infondo era cos’, dura fuori ma fragile all’interno, decisamente non adatta a quel clima di odio che si respirava in quel luogo maledetto.
Loanne rise, trovava veramente divertente vedere le persone che, prese dalla disperazione, si toglievano la vita, come se in quel modo potessero fare ammenda. Lei aveva ucciso suo fratello, bruciato la propria casa, era scappata da un ospedale psichiatrico e come se non bastasse voleva cercare i suoi genitori, per poi ucciderli tra atroci sofferenze, e sapeva, o meglio era giunta alla conclusione, che il suicidio, l’autolesionismo e qualsiasi altra cosa di quel tipo era solo un modo per scappare da una realtà troppo crudele per quell’individuo che, essendo debole di carattere, si arrendeva facilmente al primo ostacolo che trovava, cadendo in quella che chiamano depressione, ma che in realtà è la consapevolezza di aver fallito. Si girò, tornando nei dormitori lentamente, gustandosi a pieno quest’eccitazione che le era presa nel momento in cui la castana era saltata, infondo era tardi e gli altri stavano sicuramente dormendo.
La mattina seguente, quando si svegliò, notò un grande trambusto, che la fece alzare dal letto, portandola ad andare nel luogo da cui provenivano le voci. Ciò che trovò le fece capire di aver iniziato la giornata con il piede giusto, tanto che la sua bocca si contorse in un ghigno di soddisfazione. Il corpo, senza vita, di Sophia era derivato a riva, probabilmente grazie alla corrente, e a trovarlo erano state Agatha e Miyu, si considerò fortunata, perché voleva che proprio l’idol trovasse il cadavere, così da rimanere ancora più traumatizzata. Mosse qualche passo veloce verso il gruppetto che si era formato intorno alle due, facendosi poi spazio, poi iniziò a piangere, come se le importasse qualcosa della morte della castana, con delle lacrime finte, che anche la persona più stupida avrebbe capito essere più di gioia che di tristezza, ma in una situazione disperata come quella una cosa così futile passava inosservata, per fortuna della grigia, che non voleva nuovamente fare i conti con Wiktor, dato che quel ragazzo forse era anche più astuto di lei. Anche gli altri le raggiunsero, rimanendo scossi davanti alla visione del cadavere. Nihal e il biondo gettarono un’occhiata veloce verso la bionda, che si stava coprendo un palese ghigno con le mani, mentre continuava a fingere di piangere disperata, pensando di poter fregare qualcuno, cosa che forse non era nemmeno tanto improbabile, visto che Miyu e Agatha erano abbastanza facili da manovrare. Come sempre Kynaston e Aaron rischiarono di vomitare, mentre Ace, Costance e Julien si limitarono a osservare la scena, senza dire una parola.
- Com’è successo?- chiese Wiktor, senza esprimere le proprie opinioni, decidendo invece di concentrarsi sul trovare una spiegazione logica a ciò che era successo.
- Non lo sappiamo, io e Miyu abbiamo trovato il cadavere qui, steso sulla riva. - spiegò Agatha, piangendo come una bambina, la permanenza sull’isola l’aveva distrutta, quella che prima era una forte ragazza sicura di se e senza paura, adesso si sarebbe spaventata anche per un ramo schiacciato accidentalmente con il piede, infondo è in quelle situazioni che esce la vera personalità di una persona, ovvero quando in gioco c’è la morte, perché quello è l’unico errore che si commette una volta sola, dato che poi non si può più recuperare.
- Allora suppongo che si sia suicidata.- disse, muovendo rapidamente l’indice e avvicinandosi ulteriormente al corpo, che poi rigirò più volte, per cercare ferite o altro. – Non ha ferite mortali, quindi credo si sia gettata da là. – indicò il promontorio,senza nemmeno guardarlo.
- Come fai a esserne sicuro? Se è come dici tu allora il cadavere non sarebbe dovuto arrivare fin qui.- notò Julien, facendo fermare per un attimo il ragionamento del biondo.
- Hai ragione, ma c’è una cosa che non abbiamo considerato, ieri il vento tirava verso ovest, quindi le onde devono averlo portato qui.- rifece quel gesto con il dito, che Kynaston trovò assai irritante, continuando poi a pensare a come risolvere definitivamente il problema. – E la causa del suicidio è alquanto evidente: sensi di colpa.- concluse, ricevendo anche un applauso da Nihal, che era giunto alla sua stessa conclusione.
- Però qualcosa non torna.- proprio il rosso fece notare questo particolare, facendolo voltare di scatto – Una persona piena di sensi di colpa non si suiciderebbe mai, o almeno lo farebbe dopo che qualcuno glielo abbia proposto o gli abbia fatto intuire che non è gradito.- tutti lo guardarono scioccati e con un’espressione stranita in volto dato che non capivano dove volesse andare a parare.
- E tu che ne sai?- gli chiese Julien, guardandolo alzando un ciglio, come a voler sapere il perché della tanta esperienza del rosso, che si limitò a ridere prima di rispondere.
- Stai parlando con una persona che sensi di colpa ne ha a non finire.- si indicò con il pollice, guardandolo con un’espressione alquanto inquietante.
- Non c’è comunque certezza che qualcuno l’abbia convinta, o costretta, a gettarsi, ma se davvero è così, allora lo ammazzerò con le mie mani!- disse Loanne, sedendosi vicino al copro e stringendogli la mano, continuando a versare quelle lacrime fasulle.
- Allora puoi anche saltare da lì. – Nihal le fece gesto di andare al promontorio, come se fosse lei il colpevole.
- Mi stai accusando?- urlò, girando la testa in sua direzione, cercando di capire dove avesse sbagliato per poter essere sgamata in così poco tempo.
- Eh, già.- le rispose a tono, accovacciandosi accanto a lei, ricevendo uno schiaffo sulla guancia, sulla quale lasciò il segno rosso, colpendolo così forte da fargli girare la testa.
- Come puoi essere così crudele?- gridò, asciugandosi le lacrime con il braccio, mentre il rosso rideva, consapevole di averla incastrata. Tutti gli altri si limitavano a guardarli, senza proferire una parola.
- Ti ho vista, o meglio, ti abbiamo vista.- Loanne spalancò gli occhi grigi, guardandolo con uno sguardo tra l’arrabbiatura e la paura, perché questa volta difficilmente l’avrebbero lasciata andare. – Io e Ace ieri sera siamo usciti, perché lei mi è venuta a chiamare sostenendo che tu non fossi nel tuo letto. Ti abbiamo vista mentre convincevi Sophia a saltare, ma volevo vedere la tua falsa reazione quando avremmo trovato il cadavere, quindi le ho detto di stare zitta.- mise l’indice sulla bocca, come a mimare il gesto che aveva fatto all’albina, mentre la grigia riprendeva compostezza, iniziando a ridere.
- E pensare che mi ero assicurata che nessuno ci vedesse.- distolse lo sguardo dal rosso, gettandolo per terra, per poi alzarsi, dirigendosi verso la mensa.
- Dove stai andando? Perché cazzo l’hai uccisa?- urlò Julien, che di domande in testa ne aveva a milioni, poiché non capiva l’atteggiamento della grigia.
- Io non ho fatto niente, è lei che si è buttata, perché era debole.- il rosso fece per scattare in sua direzione , venendo però fermato Aaron e Nihal, che gli tennero bloccati i bracci.
- Ve l’avevo detto che andava uccisa!- strillò, cercando di liberarsi dalla presa dei due, seppur inutilmente.
 
Per pranzo mangiarono qualche bacca trovata in giro e poi si divisero, alla disperata ricerca di cibo. Ace convinse, o meglio costrinse, Nihal a seguirla, perché non ne poteva più di quella distanza che si era creata tra i due dopo che l’aveva baciato. Per tutti gli otto giorni passati lui aveva mantenuto le distanze, cercando di passare meno tempo possibile con l’albina, cosa che a lei non sfuggiva, perché era bravissima a osservare le persone, e la cosa la irritava, perché non riusciva a capire il motivo dell’atteggiamento del rosso. Lo portò in un luogo isolato, dove avrebbero potuto discutere in pace, senza venir disturbati da terzi.
- Perché siamo venuti qui?- chiese il rosso, dopo che l’albina ebbe lasciato la sua mano, mentre lei si metteva a sedere su una roccia.
- Dimmi che cos’hai.- non fece nemmeno finta di farla sembrare una domanda, ma bensì un ordine alla quale era praticamente costretto a rispondere.
- Cosa intendi?- fece il finto tonto, consapevole che con lei non avrebbe funzionato, ma tentar non nuoce, quindi ci provò ugualmente.
- Sono otto giorni che mi ignori.- si alzò dalla roccia e si avvicinò al ragazzo, che stava pian piano diventando sempre più nervoso, perché uno dei motivi per cui difficilmente si fidanzava erano proprio queste liti, che odiava da morire. – Voglio, o meglio pretendo, che tu mi dica il perché.- lo guardò dritto negli occhi, sfidando il suo sguardo ghiacciato con il suo bicolore, dato che, dopo che, da ubriaco, le aveva detto che i due colori diversi erano belli, non portava più la benda, quasi a volerlo obbligare a parlare.
- Beh, la verità è che tecnicamente io ho già una ragazza.- si grattò la testa, e disse tutto in maniera piuttosto schietta, preferendo non mentirle.
- Cosa vuol dire tecnicamente?- incrociò le braccia, guardandolo in modo sospettoso.
- Lei pensa che io sia morto.- l’albina fece un’espressione stranita, come se la cosa che avesse sentito era praticamente impossibile, ma aveva sottovalutato i casini in cui Nihale si era cacciato, decisamente fuori dalla norma.
- Beh, lei mi ha visto morire ma io non sono morto.- spiegò, gesticolando per cercare di spiegarle meglio la situazione, anche se era apparentemente impossibile.
- Spiegati meglio.- disse lei, spalancando gli occhi, mentre il rosso si colpiva la fronte con forza, dato che non sapeva minimamente spiegare, o meglio non poteva farlo.
- Non posso dirti di più, ma è andata così, è crollato un edificio e io sono rimasto bloccato dai detriti e questa ragazza pensa che io sia morto.- Ace sospirò, avvicinandosi ancora di più al ragazzo, che la guardava con fare sospetto.
- Io sono innamorata di te, quindi gradirei che tu decidessi tra noi due. Se è come dici è piuttosto semplice, se scegli lei puoi non dirle di me e quindi ricomparire nella sua vita, mentre se scegli me basta che tu non ti faccia più vedere la lei.- alzò le spalle, sorprendendo Nihal, che non si aspettava avrebbe avuto una reazione così pacata, anche se vedeva della tristezza e della delusione nei suoi occhi.
- Non è così semplice, o almeno io non voglio che sia così. – l’albina rialzò il viso, piegandolo leggermente, cercando di capire a cosa si riferisse.
- Cosa intendi? Queste due sono le soluzioni che ti porterebbero a non avere problemi.- non capiva, proprio non riusciva a comprendere il perché di quelle parole.
- Non lo ritengo giusto nei vostri confronti. Io mi sono innamorato di tutte e due, per motivi diversi, quindi non è giusto trattarvi così, credo che tutte e due dobbiate essere al corrente della situazione.- Ace si mise a ridere, pensando di aver decimante sottovalutato l’orgoglio del rosso.
- E quali sarebbero questi motivi?- lo stuzzicò, tenendo le braccia incrociate. Lui ci pensò un attimo e poi rispose.
- Lei è carina, timida e ha un bel carattere, in più è riuscita a perdonarmi quando l’ho fatta soffrire. Tu sei carina, timida e hai un bel carattere, in più riesci a capire come mi sento, perché abbiamo vissuto situazioni simili.- la ragazza gonfiò la guancia destra, sbuffando.
- Ma così non mi hai detto praticamente niente e non mi sembrano motivi poi così diversi!- imbronciò il viso, voltandosi dall’altra parte. Il rosso le poggiò una mano sulla spalle e la fece voltare, baciandola non appena gli fu possibile, sorprendendola.
- Ecco, farei cose del genere con entrambe.- l’albina si toccò le labbra con le mani, diventando tutta rossa in volto, mentre Nihal continuava a grattarsi la testa, perché quella situazione l’aveva messo visibilmente a disagio.
- Comunque, se non vuoi darmi una risposta, voglio che mi tratti normalmente.- lo indicò con un dito, facendolo anche in modo altezzoso.
- Certo.- rispose lui, ridendo , per poi incamminarsi verso la mensa – Adesso andiamo.- la invitò a seguirlo, trovandosela poco dopo attaccata al braccio.
 
 
Aaron non capiva. Non capiva perché Costance dovesse comportarsi così. Non riusciva a comprendere l’atteggiamento di quella strana ragazza, che però lo incuriosiva, a tal punto di fargli la predica per qualsiasi situazione. Era arrivato a seguirla ovunque, anche se seguirla era un parolone, visto che si spostava solo se strettamente necessario, facendole notare in qualsiasi occasione qualunque cosa, anche la più insignificante, facesse di sbagliato. Nemmeno la rosa capiva, non capiva perché quel castano così alto passasse le giornate a seguirla e a preoccuparsi per lei,  se lo ritrovava sempre tra i piedi, qualsiasi cosa facesse, che fosse andare a dormire, la accompagnava fino alla porta, andare sulla spiaggia, la spaiava a distanza pensando che non se ne accorgesse, perfino in bagno, dove l’aspettava fuori la porta, per poi seguirla nuovamente. E lei non aveva nemmeno voglia di dirgli di smettere, perché gli pesava. Nel caso gli avesse risposto? Beh, avrebbe sicuramente dovuto iniziare una discussione o almeno gli avrebbe dovuto spiegare i motivi per cui lo trovava per certi versi irritanti, e non voleva spendere energie per qualcosa di così infimo come un litigio con quel ragazzo.
Non è che le dispiacessero le attenzioni che le rivolgeva, anzi, essendo una ragazza che doveva solitamente avvicinarsi agli altri e che veniva accettata in un gruppo solo perché ricca, trovava in qualche modo piacevole che qualcuno le si fosse avvicinato a quella maniera, solo che trovava il suo modo di fare soffocante.
Ogni volta che gli veniva vicino sapeva già che si sarebbe lamentato con lei perché sprecava il suo tempo, oppure si sarebbe semplicemente messo a guardarla, senza dire una parola.
- Costance non troverai mai un ragazzo se non ti apri con nessuno.- le disse quel pomeriggio, cercando disperatamente di approcciare discorso, perché stava impazzendo dato che faceva solo domande e non riceveva risposte. La rosa, miracolosamente, decise di rispondere.
- Ne ho avuti molti di ragazzi.- rispose freddamente, senza mettere la benché minima emozione in quella frase.
- Oh, sono contento per te. – la guardò, visibilmente sorpreso, perché la riteneva come una di quelle ragazze timide e asociali che non facevano niente tutto il giorno. Ma non sapeva che sotto quel guscio c’era una ragazza che aveva paura di restare sola, che non voleva assolutamente rimanere sola, era il suo incubo più grande e arrivava perfino ad alzarsi dal divano e uscire per anche dieci ore pur di sentirsi accettata da qualcuno. Dopo che aveva smesso con la droga era stata nuovamente allontanata dagli altri, motivo per cui aveva deciso di smettere di comunicare con le persone, preferendo il silenzio. Aaron invece era il contrario, da piccolo aveva sempre scelto il silenzio, venendo allontanato perché in sovrappeso, ma poi, grazie all’aiuto di un suo amico, era riuscito ad aprirsi con il mondo, riuscendo a uscire da quel tunnel di solitudine e di odio verso il mondo riuscendo a interagire con altre persone. Voleva aiutarla, desiderava aiutarla con tutto se stesso, perché non voleva vedere più persone come lui, ovvero tristi e depresse.
- Ho perso la verginità a quindici anni. – fui lei stessa a continuare la conversazione, seppur con una piega piuttosto strana.
- Wow, e quanti anni aveva il ragazzo?- chiese, aspettandosi che si trattasse di un coetaneo.
- Cinquantanove.- rispose rapidamente, stringendosi ancora di più le gambe verso il petto piatto e chiudendo gli occhi. Il castano rimase scocciato.
- E perché mai?- le domandò, guardandola quasi con pietà.
- Per prendere della droga, altrimenti i miei amici non mi avrebbero accettato nel loro gruppo.- non appena sentì queste parole Aaron si alzò e si sedette vicino a lei, stringendola a se.
- Mi dispiace. Devi aver passato un’infanzia orribile. Anche la mia non è stata rose e fiori, ma in confronto alla tua…- si fermò, mentre Costance aveva spalancato i suoi occhi color caffè, non aspettandosi minimamente quel gesto da parte del castano. Cresciuta da sola, con dei genitori che non vedeva quasi mai e dei falsi amici che servivano solo a placare quel vuoto che sentiva dentro, non poteva credere che un ragazzo, che non fosse interessato ai suoi soldi, la trattasse a quella maniera. Non si oppose a quel contatto, bensì si lasciò sopraffare da quella piacevole sensazione di caldo che il corpo del ragazzo gli stava dando in quel momento. Lui invece si stava vergognando di se stesso, perché non l’aveva mai compresa appieno, giudicava la sua svogliatezza come un capriccio, visto che era cresciuta in una famiglia ricca ed era stata probabilmente viziata, non aveva mai nemmeno pensato che, sotto quell’atteggiamento, ci potesse essere qualcosa di più profondo, radicato nel tempo. Le accarezzava i capelli rosa con una mano, mentre l’altra le cingeva il fianco sinistro. Per quanto quella ragazza sembrava visibilmente una ragazzina di dodici anni doveva ammettere che sarebbe rimasto così per sempre, a stretto contatto con quella ragazza che, dal primo istante in cui l’aveva vista, lo aveva incuriosito a tal punto da dedicarle continue attenzioni. Si staccarono dopo un po’, quando Agatha entrò nella stanza, senza accorgersi di ciò che era accaduto tra i due.
 
L’ultima cosa che Kynaston avrebbe voluto era passare del tempo con Wiktor, e proprio quest’ultimo l’aveva preso per un braccio e se lo era portato dietro, in direzione del capannone. Quel biondo gli stava antipatico, troppo spocchioso e arrogante, praticamente uguale a lui, sempre allegro e spensierato, ma pensò che comunque fosse un bene perché, quando il giorno prima lo aveva visto arrabbiato, si era spaventato.
- Mi spieghi cosa dobbiamo fare in questo capannone?- chiese il castano, aggiustandosi i capelli con una mano, mentre attendeva la risposta dell’altro, occupato a cercare qualcosa in un’enorme cesta piena di utensili da lavoro.
- Per stare un po’ da soli, no?- gli si avvicinò con fare seducente, facendolo indietreggiare fino a farlo sbattere contro la parete, poggiandogli poi le mani sui fianchi, che questo scostò violentemente.
- Non toccarmi, io sono di una razza superiore.- tenne la mano alzata e lo sguardo fisso su di lui per un po’, finché il biondo non si volto ridendo.
- Sto scherzando, ci serve una pala. Dobbiamo seppellire il corpo di Sophia dove Loanne non lo possa trovare.- spiegò facendolo rabbrividire, perché lui non voleva assolutamente trasportare un cadavere.
- E perché hai portato me?- gli domandò, irritandosi quando un sorriso si dipinse sul volto di Wiktor.
- Perché pensavo sarebbe stato divertente.- chiuse un occhio e gli fece la linguaccia, divertendosi non appena lo vide stringere i pugni cercando di non pensare a quelle provocazioni.
- Io non lo tocco. Mi fa schifo.- lo guardò con gli occhi socchiusi, come a volerlo costringere a cambiare accompagnatore, ma le parole del biondo lo spiazzarono completamente.
- Infatti lo porterò io, tu devi solo prendere la pala e scavare la buca. – gli disse tranquillamente, come se quello fosse ciò che aveva sempre avuto in mente.
- Scherzi? Se poi mi entra la terra nelle unghie?- si guardò le sue, perfette, mani, pensando a quanto sarebbe stato problematico rimuovere l’eventuale sporcizia. Wiktor si limitò a sospirare, cercando di non infilargli l’arnese dove non batte il sole.
- Puoi almeno portare la pala?- chiese, con voce sfottente, come se Kynaston fosse un bambino di cinque anni, anche se di atteggiamento lo era e come. Lui ci pensò un po’ prima di rispondere.
- Solo se non è arrugginita.- il biondo si portò una mano alla fronte, pensando a quanto dovesse essere stato viziato quel ragazzo, a tal punto da non voler nemmeno toccare cose sporche.
Trovò la pala dopo poco, passandola al castano, che inizialmente tentennò ad afferrare, venendo però convinto dallo sguardo furente dell’altro, che non accettava risposte negative. Mentre si apprestavano a uscire Kynaston inciampò su un buco nel pavimento, facendo ridere di gusto Wiktor, che si reggeva la pancia con le mani dalle tante risate che si era fatto. Nel fare il gesto di alzarsi notò un quaderno sotto un mobile e, non appena vide che il biondo non era girato in sua direzione, lo afferrò rapidamente, mettendoselo in tasca. Lo avrebbe letto dopo, con calma e, se fosse stato il caso, avrebbe riferito anche gli altri della sua scoperta, che però pensò di tenere segreta.
Arrivarono a uno spiazzo verde, ovvero il luogo in cui Nihal e Sophia avevano incontrato Ines quando si erano svegliati sull’isola, dove un albero altro circa tre o quattro metri regnava e lì sotto decisero di seppellire il corpo della castana, che, come deciso, era stato portato da Wiktor, lo stesso a cui toccò scavare la buca. Se ne andarono appena finito, senza nemmeno lasciare un fiore sulla tomba, come se non importasse, ma infondo non dovevano far capire alla grigia che il corpo era nascosto lì, quindi non gli conveniva lasciare indizi così evidenti.
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Eccomi! Iniziò col darvi un annuncio, l’altro ieri avevo pubblicato una storia, che però ho cancellato per motivi di tempo, quindi la ricaricherò quando lo troverò opportuno.
In questo Chappy ho finalmente messo il cannibalismo e, per chi fosse interessato, il nome Jager è dovuto dalla frase detta da Loanne “se necessario vi caccerò”, perché in tedesco la parola significa cacciatore. È morta la prima dell’allegra compagnia, e alcune coppie si sono stabilizzate. Cosa sarà mai il quaderno che ha trovato Kynaston? Lo scoprirete nella prossima puntata!
Detto questo vi saluto e vi ricordo che, se avete idee per quanto riguarda il continuo della storia vi ascolto con piacere, quindi mandatemele pure per messaggio privato.
Grazie per la visita e l’eventuale recensione ;-)
 
 
 
P.S.: Terza stagione confermata, non vi dico di più. ;-)

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Non appena si fu separato da Wiktor, Kynaston si diresse verso uno spiazzo verde dove nessuno avrebbe potuto vederlo, per poter così leggere il quaderno in santa pace. Ancora non voleva comunicare agli altri della sua scoperta perché, nel caso fosse stato utile per scappare dall’isola, ci sarebbero potute essere delle discussioni all’interno del gruppo, dato che trasportare dieci persone fuori da quel luogo sarebbe stato complicato.
Trovò un posto all’ombra sotto un albero e decise di sedersi lì, sfogliandolo rapidamente senza leggere, notando come la maggior parte delle pagine fossero bianche. Esaminò anche la copertina, di colore blu e con delle righe bianche ai lati, che facevano tanto scuola elementare, oltretutto era un quaderno piccolo, come quelli per prendere appunti. Alla fine si decise e iniziò dalla prima, sempre un po’ insicuro riguardante il contenuto, ma ciò che trovò lo scosse completamente, perché era una cosa che non si aspettava minimamente.
- “A te che troverai questo quaderno, spero vivamente che tu faccia parte della troupe di soccorso, perché altrimenti vuol dire che sei segregato qui come me, o meglio noi. Il nostro gruppo è ormai decimato, non ricordo nemmeno quanti fossimo in partenza, ma ora siamo solamente in quattro e moriremo probabilmente di fame, quindi, nella speranza che nessuno legga questo quaderno, perché significherebbe essere in una situazione di pericolo estremamente alta, e io prego che non sia così, ti scriverò tutto ciò che abbiamo scoperto nei nostri due mesi di permanenza sull’isola. Inizio con il dirti che ti trovi a Wawanakwa, struttura inizialmente progettata per dei campi estivi e successivamente abbandonata a causa della lunga distanza tra questa e l’Ontario, città più vicina, quindi questa è a tutti gli effetti un’isola sperduta. Inoltre ti informo che, probabilmente, è stato qualcuno a rinchiuderti lì, o a rinchiudervi, dipende quanti poveri sventurati sono stati portati lì con te, purtroppo noi non siamo riusciti a scoprirlo, quindi non posso darti informazioni più dettagliate. Non scriverò i nostri nomi per motivi di privacy e tanto meno dirò cosa abbiamo fatto durante la nostra permanenza in questo luogo sperduto, si lo so che è una cavolata, ma ci tengo! Nella pagina dopo c’è una mappa di Wawanakwa, con tanto di segnali per le strutture, quindi spero vivamente ti sia d’aiuto.”-
Questo poema lo rattristì molto, anche se nemmeno lui sapeva il perché, ma decise di non farci caso, tanto che girò subito la pagina senza soffermarsi troppo sulle parole scritte nella prima, con una calligrafia visibilmente femminile, visto il mondo curvo con cui scriveva le lettere, guardando subito la mappa. Era disegnata in bianco e nero, con tanto di rilievi accuratamente elencati, oltre che, come aveva scritto quella ragazza, le strutture. Due alloggi, una mensa, un magazzino e un teatro. Le avevano esplorate tutte tranne l’ultimo, ma un appunto a fondo pagina li informava che non avevano bisogno, dato che era praticamente spoglio e senza alcuna attrezzatura utile. Sfogliò un’altra pagina, trovandoci un altro poema, questa volta scritto con calligrafia maschile, più rapida e meno precisa.
- “Lei è morta. Quindi sarò io a scrivere il continuo di questo fottuto libro, ti chiedo per tanto di ignorare i segni lasciati dalle lacrime che mi stanno cadendo in questo momento, allora, non esistono modi per fuggire da qui, di questo ne siamo sicuri, siamo rimasti in due, ma cercheremo in tutti i modi di tornare a casa, anche se sappiamo che sarà impossibile. Ti dirò delle cose utili per mantenere alto il morale del gruppo ed evitare che impazziscano: per prima cosa evitate dispute inutili all’interno del gruppo, perché non farete altro che scannarvi a vicenda, senza ottenere risultati, te lo dico perché il nostro gruppo si è dimezzato in questa maniera. Seconda cosa, non lasciate indietro nessuno, fate gruppo. Terza e ultima cosa, non che la più importante, non mangiate i vostri compagni morti. Non arrivate a quel livello, perché non ve lo potrete mai perdonare, non cibatevi di carne umana, ve lo chiedo in ginocchio, perché so come ci si sente, ed è veramente una sensazione da schifo. Inoltre, se qualcuno fosse già arrivato a quel punto, tenetelo d’occhio, perché potrebbe essere più pericoloso di come credete, parlo al plurale nella speranza che il vostro gruppo sia numeroso, visto che il nostro in soli cinque giorni era già dimezzato. Non ho più altro da dirti, solo che mi dispiace di aver nascosto il quaderno, ma non si sa mai che fine possano fargli fare. Buona fortuna, ne avrai bisogno.”-
Non li conosceva, non sapeva nemmeno i loro nomi ma delle lacrime iniziarono a scendergli dagli occhi, bagnandoli il viso e costringendolo ad asciugarsi con la manica destra, lasciandovi delle piccole macchie scure. Era stato il tono con cui, mentalmente, aveva letto la parte scritta dal ragazzo. Doveva essere triste, ma davvero tanto, dato che, solamente leggendo quelle dieci righe, chiunque si sarebbe messo a piangere. E da come aveva parlato il loro gruppo si era comportato in maniera simile dal suo, anche se ancora non erano arrivati a scannarsi a vicenda per qualsiasi cosa, anche se non mancava molto. Ora sorgeva il problema più grande, avrebbe dovuto mettere al corrente gli altri di questa storia? Se qualcuno come Miyu fosse venuta a sapere che non c’erano possibilità di andarsene da quel posto si sarebbe andata nel panico ancora di più e la cosa non avrebbe aiutato, inoltre quella mappa poteva tornare utile per eventuali rifugi nel caso si fosse perso, oppure per scappare da Loanne, visto che in sul quaderno c’era esplicitamente scritto di fare attenzione a chi avesse già compiuto atti di cannibalismo.
Le persone che poteva informare erano solo tre, ovvero Ace, Wiktor e Nihal, dato che gli altri non gli sembravano adatti, dato che Aaron sarebbe probabilmente andato nel panico, come del resto Miyu, Agatha e Julien, mentre a Costance probabilmente non sarebbe fregato nulla di ciò, e infine Loanne, che era totalmente fuori discussione, visto che era l’unica a cui veramente doveva tenerlo nascosto. Di sicuro il polacco era quello con cui aveva più avuto a che fare, visto che gli altri due gli facevano paura e non era sicuro di come trattarli, quindi fu quello che gli venne in mente maggiormente, anche se non voleva averci niente a che fare. Decise comunque di cercarlo, incamminandosi verso la mensa, visto che, la maggior parte delle volte, lo trovava sempre lì, a meditare su cosa avrebbero dovuto fare da quel momento in avanti, visto che, per quanto facesse lo spocchioso e prendesse in giro tutti all’interno del gruppo, era anche quello che si preoccupava di più, cosa che aveva dimostrato il giorno prima, quando si era arrabbiato per il gesto estremo di Loanne e Sophia.
Fece per alzarsi, quando il quaderno gli scivolo di mano, cadendo a terra e, nel risollevarlo, si accorse che dalla copertina era caduta una busta, con sopra incise delle parole “A Chris MClean”. Si rigirò la busta tra le mani, indeciso se aprirla, ma poi si ricordò di quando, all’età di sei anni, sua zia aprì la lettera che i suoi genitori gli avevano lasciato per quando sarebbe diventato maggiorenne, cosa che lo fece distaccare dalla parente, facendogli provare quasi odio nei suoi confronti. Se era indirizzata a quel Chris era giusto che l’aprisse lui, dato che probabilmente l’aveva scritto la stessa ragazza che aveva iniziato il quaderno, visto che la calligrafia era simile, e probabilmente il tizio a cui era indirizzata la lettera era lo stesso che lo aveva finito. Rimise la busta dove l’aveva trovata e si incamminò verso la mensa, per poter parlare con Wiktor, percorrendo la strada anche con una certa fretta. Aprì la porta di scatto e lo trovò lì, con la testa appoggiata al tavolo e le braccia penzolanti, con fare svogliato.
- Ehi, polacco, ti devo parlare.- si sedette davanti a lui, tenendo nascosto il quaderno, preferendo aspettare il momento più opportuno per tirarlo fuori. Il biondo alzò la testa e poggiò le braccia sul banco, guardandolo con sguardo annoiato e assonnato, forse l’aveva idealizzato troppo dato che più che pensare al gruppo sembrava che stesse dormendo.
- Dimmi, Kyna, sono tutt’orecchie.- il castano lo guardò male, come a ricordargli che odiava i soprannomi, dato che per via del suo nome lungo e strano erano soliti dirgli “ehi, posso chiamarti Kyna? Sai, il tuo nome è un po’ troppo difficile da ricordare” e questa cosa lo faceva arrabbiare, perché si sentiva preso in giro da quelli che sua zia definiva “plebei” oppure “ragazzi poveri”. L’altro si limitò a riderci su, facendogli cenno con la mano di continuare a parlare.
- Hai presente quando siamo andati nel magazzino?- volle strutturare bene il discorso, in modo da rendere più facile la discussione.
- Certo.- rispose seccamente,  intrecciando le dite tra loro e poggiandovi sopra la testa.
- Bene, meglio così. In quell’occasione sono caduto e. - fu interrotto dalle risate di Wiktor, che si stava tenendo la pancia, visto quando l’aveva fatto divertire quell’avvenimento.
- Certo che me lo ricordo! Che schiappa! Hai fatto un volo allucinante.- disse tra una risata e l’altra, mentre si batteva con forza la mano sulla gamba, cercando di smettere, mentre Kynaston si stava visibilmente irritando.
- Ecco, ho trovato questo.- finse un sorriso, visibilmente forzato, tirando fuori da sotto il tavolo il quaderno e porgendoglielo, notando come si zittì non appena vide quella copertina blu.
- Che cos’è?- chiese, sfogliando rapidamente il libro e vedendo che quasi tutte le pagine erano bianche, cosa che lo incuriosì maggiormente.
- Sembra sia un libro lasciato da delle persone che sono state abbandonate qui, proprio come noi.- poggiò la testa su un pugno, aspettando che il biondo finisse di leggere le due pagine. Non ci mise molto e, non appena ebbe concluso la lettura, poggiò il quaderno sul tavolo, aggiustandosi i capelli con una mano, mentre si copriva il volto con l’altra, nel tentativo di capire a pieno cosa aveva appena letto. Su quell’isola ce li aveva portati qualcuno, questo era evidente, ma averne la conferma a quella maniera era pur sempre una cosa non da poco, inoltre si erano raccomandati di tenere d’occhio chiunque avesse già compiuto atti di cannibalismo, anche se Loanne l’avrebbero tenuta sotto controllo in qualunque occasione, visto che era mentalmente instabile, e dovevano anche evitare dispute all’interno del gruppo, perché potevano effettivamente essere pericolose, dato che, più o meno tutti, avevano comunque delle esperienze nel “passare alla mani”. Si grattò il mento, pensando a cosa fare, era evidente che il castano gliel’aveva mostrato in segno di fiducia, visto che non sembrava saperlo nessun altro a eccezione di loro due, per di più c’era anche un’ottima cartina che designava tutte le strutture dell’isola e altri luoghi altrettanti importanti.
- Che cose dovremo fare, lo diciamo anche agli altri?- chiese consiglio a Kynaston, che iniziò a massaggiarsi il collo, cercando di decidersi  velocemente. Non farne venire a conoscenza nessuno sarebbe stato come un tradimento, o meglio una dimostrazione di non aver fiducia nei loro confronti, ma del resto c’erano delle persone che non dovevano assolutamente venire a conoscenza delle situazione, tipo Miyu, Agatha e Loanne, giusto per fare dei nomi, quindi la situazione era più complessa del previsto. Alla fine si alzò al posto, tenendo sempre lo sguardo puntato verso il biondo.
- Dobbiamo dirglielo per forza. Vado a chiamarli.- si voltò e uscì dalla stanza, mentre il biondo rimase lì, aspettando il suo ritorno con gli altri, pensando a come potergli spiegare la situazione.
 
 
Julien stava cercando Miyu da un po’, circa una mezz’ora, perché non riusciva più a trovarla, dopo che l’aveva persa di vista poco prima di pranzo. La cercò ovunque, perfino nei bagni, perché sì, in quel posto sconosciuto anche a Dio c’erano dei bagni, anche funzionanti, con il solo problema che, essendosi ossidati e arrugginiti con il tempo, l’acqua usciva fuori color rame, cosa che non allettava i ragazzi a farsi la doccia rischiando il tetano. Decise di introdursi nella macchia, sperando vivamente che l’albina si fosse introdotta lì, perché altrimenti non rimanevano altri luoghi in cui cercare, camminò per un po’, finché un rumore alla sua sinistra, proveniente da un cespuglio, catturò la sua attenzione, facendolo spaventare, dato che poteva essere un lupo o un’altra specie pericolosa a lui sconosciuta. Trattenne il respiro, cercando di non fare rumore, sentendo quel brusio proveniente dalla siepe farsi sempre più forte, finché alla fine, con un gesto felino, non si avvicinò di scatto, trovando tutto l’opposto di ciò che si aspettava. Lì, stesa a terra, c’era Miyu, con la bocca e la maglietta sporche di blu e delle bacche in mano, mentre rideva senza un preciso motivo, cosa che fece spaventare il rosso.
- Ehi, alzati. Vieni, ti do una mano. – fece per cingerli le spalle con un braccio, venendo però malamente scansato dall’albina, che mutò la sua espressione da sorridente a furioso, guardandolo nei suoi occhi verdi, come se volesse fargli del male. – Tutto a posto?- provò a chiedere, ma la ragazza gli saltò in collo, facendolo sbattere rovinosamente contro terra e impossibilitandolo ad alzarsi, dato che lo spingeva verso terra e faceva pressione sul diaframma con un ginocchio. Julien tentò di liberarsi a mani nude, ma la ragazza non accennava minimamente a mollare la presa sul suo stomaco, rischiando di soffocarlo. Mentre tentava di ucciderlo gli parlava, dicendo però cose senza senso che il rosso non capì.
- Mike perché vuoi che me ne vada? Non ti piaccio? Rispondimi!- strillava ad alta voce, spaventando ancora di più il povero ragazzo, che stava per perdere le staffe, visto che la situazione gli stava sfuggendo di mano e di li a poco sarebbe probabilmente morto per mano dell’albina.
- Ma che stai dicendo?- provò a chiederle, sapendo già che probabilmente non gli avrebbe risposto, dato che sembrava sotto l’effetto di qualche droga.
- Perché mi odi? Rispondimi o ti ammazzo! Perché vuoi che vada in Canada e che mi allontani da te? Io ti amo! Perché, perché, perché! Io voglio restare con te!- iniziò a scuotergli le spalle, facendogliele sbattere violentemente contro il terreno, causandogli ulteriore dolore. Non ce la faceva più, doveva reagire altrimenti sarebbe per davvero morto lì, senza sapere nemmeno perché. Afferrò il primo oggetto che riuscì a raggiungere con la mano, ovvero un sasso, e la colpì violentemente sul volto, mettendola al tappeto.
- Cazzo! Ma che avevi?- domandò, più a se stesso che alla ragazza, avvicinandosi lentamente al suo corpo, guardando in che condizioni versava. Aveva moderato la forza in modo da non ucciderla ma, non appena si poggiò le mani sul suo collo per sentirne io respiro, si rese conto che probabilmente aveva colpito troppo forte. Miyu era morta, con il cranio spaccato per colpa di Julien che, anche se l’aveva fatto per legittima difesa, si sentiva stordito, come se non potesse perdonarsi ciò che aveva fatto. Iniziò a gridare e a piangere, portandosi la testa della ragazza sul petto e imbrattando la sua maglietta di quel liquido rosso che usciva dalla ferita dell’albina. Non aveva commesso nessun peccato, nella sua vita si era sempre comportata bene, passando il suo tempo a cercare di aiutare chi era in difficoltà. L’unico rimorso che aveva era quello di non aver detto a Mike, il ragazzo che le piaceva e che abitava in Giappone, cosa provava per lui. Ma si sa, una vita vissuta per gli altri è buttata e quest’isola non era assolutamente il posto per lei, una povera ragazza come lei, che in quel momento, tra le braccia di Julien, sembrava un angelo, non aveva possibilità di sopravvivere in mezzo a quel mondo selvatico, dove gli istinti primari venivano per primi.
Ace e Nihal, che avevano sentito il rumore fatto da Julien durante il suo pianto, li trovarono, coprendosi la bocca per ciò che avevano davanti. Il rosso si avvicinò al ragazzo, controllando se l’albina fosse viva, mordendosi la maglietta con rabbia non appena scoprì che non aveva più battito e, dopo aver visto la pietra insanguinata in mano al ragazzo, lo prese per il colletto e lo sbatté contro un albero con violenza iniziando a gridare.
- Sei stato tu?! Rispondi!- Julien si limitò a continuare a piangere, almeno finché l’altro, con un forte colpo sul volto, lo risvegliò da quello shock.
- Non avevo altra scelta, ma non volevo ucciderla. Mi si è avventata addosso pronunciando frasi senza senso.- spiegò tra le lacrime, non convincendo minimamente Nihal, che era già pronto a sferrargli un altro pugno, venendo però bloccato dall’albina, che gli fermò il braccio.
- Perché la sua maglietta è sporca di blu?- domandò al rosso, ricevendo però un’alzata di spalle da questo, che continuò a singhiozzare.
- Cosa vuoi dire?- domandò l’altro, guardandola con i suoi occhi celesti, cercando di capire a cosa si riferisse la ragazza, che stava leccando una macchia dalla maglietta di Miyu, tentando di capire cosa avesse mangiato.
- Deve essersi cibata di bacche di Cipresso, vengono usate come stupefacenti  e istigano la rabbia repressa all’interno di ognuno di noi, probabilmente l’ha mangiata pensando che fosse commestibile, quindi è possibile che ciò che ha detto Julien sia vero.- il rosso lasciò la presa sul ragazzo, che stava continuando a piangere disperato, mentre continuava a guardare il volto angelico della ragazza.
- C’è un Cipresso qui vicino?- le chiese Nihal, vedendo l’albina scuotere la testa in segno di assenso e indicando un determinato punto della raduna, dove un alto albero, con il tronco alquanto sottile, ma veramente lungo e dalle foglie fine si intravedeva anche a occhio, senza bisogno di avvicinarsi ulteriormente.
- Allontaniamoci da qui.- propose Ace, facendo cenno al rosso di portare il corpo della ragazza, mentre lei si apprestò ad aiutare Julien, che barcollava in preda allo shock e riusciva a malapena a stare in equilibrio, così gli poggiò un braccio sulla spalla, aiutandolo a reggersi in piedi.
Arrivarono in cinque minuti, nei quali Nihal aveva imbrattato ancora di più la sua maglietta di sangue per via del cadavere di Miyu e Julien non aveva fatto altro che singhiozzare, cercando di smorzare i suoi sensi di colpa. Venne loro incontro Kynaston, sbracciando con le mani, come se dovesse dirgli una cosa importante, che, non appena si avvicinò ulteriormente vedendo il corpo senza vita e ricoperto di sangue della idol, si mise una mano sulla bocca per non gridare dal terrore. Indicò il corpo senza alludere a niente, perché la paura non gli permetteva nemmeno di fiatare. I tre proseguirono verso la mensa, dato che ritenevano Wiktor il loro leader e doveva essere informato dell’accaduto.
Non appena entrarono videro che anche Loanne, Agatha, Costance e Aaron erano già presenti nella stanza, probabilmente in loro attesa, che sbiancarono alla visione dell’albina tra le mani di Nihal. Quando tentarono di chiedere cosa fosse successo furono bloccate dal biondo, che parlò sopra gli altri.
- Nihal, posa il cadavere sul tavolo, ora abbiamo  cose più importanti a cui pensare, ci penserò io a sotterrarlo.- a quelle parole Julien si liberò con forza dal braccio di Ace, per poi attaccare verbalmente Wiktor.
- Ma stai scherzando? Dobbiamo occuparci subito del suo corpo!- strillò, calciando con forza il tavolo, e avvicinandosi ulteriormente.
- Ha ragione, dobbiamo prima pensare al cadavere.- asserì Aaron, con l’assenso di Loanne e Agatha, che guardavano con ira il biondo, anche se la prima lo faceva probabile mentre per divertimento, visto che non gliene fregava quasi nulla della morte di Miyu.
- Ascoltiamolo, se arriva a mettere in secondo piano una cosa così grave deve per forza essere qualcosa di importante.- propose Ace, ricevendo però solo insulti e brusii contro, a opera della grigia e della castana.
- Ma taci! Non mi interessa, dobbiamo prima sotterrare il cadavere.- sputò Loanne, con tanta di quell’ipocrisia che, lei stessa, rischiò di scoppiare a ridere.
- Così puoi mangiartelo, eh?- la incalzò Nihal, incrociando le braccia al petto e guardandola con fare serio, probabilmente irritato dal tono con cui aveva risposto all’albina.
- Ti ricordo che il cadavere che ho mangiato l’hai ucciso tu. – rispose a tono, riuscendo però solo a farlo ridere.
- Quindi stai dicendo che ho ragione?- il rosso la fissò per qualche secondo e, vedendo che iniziava a sbuffare ed esitava a rispondere, capì di aver vinto quel round.
- Non mi interessa, dobbiamo solo trovare un luogo dove seppellirla! Se non ti sta bene il nostro gruppo finisce qui, perché io con un insensibile del cazzo non voglio fare team. – Julien si avvicinò al biondo, talmente tanto che i loro volti quasi si toccavano, minacciandolo di ammutinare il gruppo.
- Prego, fai pure.- con la mano lo invitò a incamminarsi verso la porta – Se c’è qualcuno a cui non interessa ciò che sto per dire e preferisce ammutinare e seppellire il cadavere che poi si mangerà Loanne è pregato di farsi avanti.- Aaron e Agatha, e di conseguenza Costance, visto che il gruppo era in maggioranza si accodarono al rosso, spezzando così in maniera definitiva il gruppo in due.
- Te l’avevo detto. La maggioranza preferisce fare gli essere umani.- il rosso alzò i diti medi, facendo innervosire l’altro, che era pronto a rispondergli, venendo però bloccato.
- Visto che siamo di meno ce ne andiamo noi.- disse rapidamente Kynaston, prendendo per la mano Wiktor e portandoselo dietro con la forza, seguito da Nihal e Ace. Uscirono e si diressero verso la macchia, senza un’apparente meta.
- Ma che cazzo combini?- disse il biondo, con tono di voce irritata, mentre si liberava dalla presa del castano.
- È meglio così, ora che i gruppi si sono divisi potrebbero arrivare a ucciderci, meglio far perdere le nostre tracce.- lo scosse per le spalle, come a volerlo far ragionare.
- Allora anche tu ce li hai due neuroni, eh?- lo prese in giro Nihal, notando come, a differenza delle altre volte, Kynaston si limitò a ridere, senza replicare o tentare di dimostrare la sua superiorità come faceva di solito.
- Andiamo al teatro.- più che una proposta fu un ordine, alla quale Wiktor obbedì senza obiettare, mentre glia altri due erano un po’ sconcertati, visto che non avevano ancora letto il quaderno e non erano a conoscenza delle informazioni di cui erano al corrente loro.
- C’è un teatro?- domandò l’albina, con faccia si incuriosita che stranita, visto che non avevano mai visto una struttura simile sull’isola.
- Vi spiegheremo tutto quando arriveremo lì. - tagliò corto il biondo, facendole cenno di seguire loro due, senza farsi troppe domande, visto che, non appena possibile, le avrebbero risposto.
Camminarono per una ventina di minuti, visto che l’edificio era da tutt’altra parte rispetto ai dormitori e alla mensa, senza contare che la strada non era del tutto rettilinea e spesso piccoli laghi o alberi ostruivano il passaggio, costringendoli a girarci intorno e quindi a perdere ulteriore tempo, motivo che fece lamentare molto Kynaston. Il teatro era una struttura imponente, alta circa venti metri e larga trenta, costruita con del legno, ormai andato a male, cosa intuibile per via del colore scuro che aveva assunto il materiale, motivo per cui i ragazzi ebbero anche solo paura di toccare le assi che tenevano quella “catapecchia” ancora in piedi. Un enorme sipario copriva il palco che, non appena i ragazzi rimossero il telo, si rivelò essere messo abbastanza bene, o meglio ci si poteva perlomeno camminare sopra senza avere paura che crollasse. C’erano anche dei camerini, senza però alcun attrezzo di scena o altro ma, essendo un luogo al chiuso, era un ottimo posto dove dormire, visto che difficilmente avrebbero deciso di riunirsi all’altro gruppo, visto com’erano orgogliosi.
- Adesso potresti spiegarci?- domandò Nihal, sedendosi su una delle sedie che avevano trovato lì, accuratamente messe in cerchio, cosa che fece destare dei sospetti a Kynaston, visto che probabilmente a metterle in quella formazione era stati gli “antenati” che avevano scritto sul quaderno che aveva trovato.
- Certo.- rispose Wiktor, che intanto si era calmato, facendo cenno al castano di passargli ciò che stava nascondendo sotto la maglietta. Ne estrasse un piccolo libro, o meglio un quaderno, che poi gli passò, intimandogli di leggere. Ace gli si avvicino, in modo da poterlo fare anche lei, senza dover aspettare che il rosso avesse finito. Fu una lettura sconcertante e pesante, che però fece accendere una lampadina nella testa di Nihal, che stava pian piano mettendo insieme i pezzi.
- Non c’è altro?- domandò sfogliando rapidamente le pagine vuote, cosa che avevano fatto tutti coloro che lo avevano avuto tra le mani, con un’espressione amara in volto. Kynaston gli fece cenno di passargli il quaderno, per poi estrarre dalla copertina una busta, che passò velocemente al rosso, il quale la afferrò saldamente. Quasi svenne nel leggere cosa c’era scritto sopra “A Chris MClean”, deglutì rumorosamente, attirando l’attenzione dei tre, che spostarono lo sguardo su di lui, che stava iniziando a sudare freddo.
- Lo conosci?- chiese Wiktor, esponendosi in avanti, in modo da poter sentire meglio qualsiasi cosa avesse da dire. Doveva riflettere. Loro gli avevano mostrato quel quaderno perché si fidavano di lui, e probabilmente ancora di più dopo quello che era successo una mezz’ora prima, quindi avrebbe dovuto dirglielo? Oppure era meglio tenersi tutto per se? Infondo il conoscere chi li aveva rinchiusi lì non avrebbe di certo aiutato il gruppo a evadere dall’isola, anzi, forse si sarebbero solo avventati contro i lui, ma almeno quei tre dovevano saperlo.
- Ragazzi, c’è una cosa che devo dirvi.- tutti gli occhi erano puntati verso di lui, come se ciò che stava per dire fosse di vitale importanza, anche se non era decisamente da sottovalutare. – La verità è che io. – all’improvviso cambiò idea, come se il suo sesto senso lo informasse del pericolo che si celava dietro quell’atto di fiducia, di sciuro Ace lo avrebbe perdonato, ma loro due? No, probabilmente non lo avrebbero lasciato in pace, forse sarebbero arrivati a torturarlo o altre cose del genere.
- Tu cosa?- lo incalzò il biondo, sempre più interessato. Gli era bastata un’occhiata al prima volta che l’aveva visto per capire che aveva un segreto che non poteva dire e, forse, il momento di svelarlo era giunto.
- Io conosco MClean. È il padre di una mia amica.- mentì, coprendo la testa con le mani e facendo un’espressione triste.
- Per caso è morta?- domandò Ace, notandolo abbattuto e cadendo in pieno nel tranello del rosso.
- Già, si chiamava Heather.- spiegò, mentre Kynaston sgranò gli occhi, come sorpreso da quella rivelazione.
- Per caso è la ragazza che è morta due mesi fa?- domandò, poggiandosi una mano sul mento e aspettando risposta da parte dell’altro.
- Sì. – rispose tagliando corto, cercando di capire il perché di tutto lo stupore del castano, che era ancora perso nei suoi pensieri.
- Se non mi sbaglio era la figlia di un gangster che costrinse lo stato Canadese a lasciare i sospettati dell’omicidio nelle sue mani, poi li ha rinchiusi in una casa che è crollata per causa di un’esplosione di gas provocata dai ragazzi che tentavano di evadere. Mi sembra siano morti tutti.- spiegò Wiktor, ma gli altri sembravano già conoscere quella storia.
- Mio cugino era lì. – con sguardo cupo Kynaston parlò, facendo sorprendere gli altri, Nihal in particolare – Si chiamava Zarin, era uno stronzo numero uno, ma mi stava comunque simpatico. È morto lì, in quel luogo di merda e non abbiamo nemmeno trovato il cadavere.- finì, sorridendo amaramente e facendo capire al rosso molte cose. MClean era tornato sulle macerie della villa per prelevare i cadaveri, visto che ne sarebbero mancati quattro, inventandosi poi una banalissima scusa.
- Se non mi sbagliò l’identità dei ragazzi non fu mai resa nota. – Nihal cercò conferme, perché era possibile che, dopo il decesso, iniziassero a venire fuori i loro nomi e la cosa non era buona per lui.
- Esatto, nessuno sa con certezza chi fosse all’interno della villa, anche un mio conoscente, o meglio un bullo che mi sfotteva, era stato rinchiuso lì, mi pare si chiamasse Alex, un patito di magia nera, che coglione.- confermò Ace, mentre anche questo nome fece tornare numerosi ricordi nella mente del rosso, che finse comunque un’espressione colpita, come da norma.
- Quindi cosa facciamo con la lettera?- chiese l’albina, incrociando le braccia e attendendo una risposta dagli altri.
- Non vorrei aprirla, ma darla a MClean sembra pericoloso, quindi direi di leggerla.- propose Wiktor, notando l’insicurezza di Kynaston e cercando di calmarlo prendendogli la mano, cosa a cui il castano nemmeno fece caso. Lentamente il biondo aprì la busta, estraendone il contenuto, ovvero una pagine di quaderno piegata, che non appena aperta si rivelò essere una lettera che Wiktor lesse subito ad alta voce.
- “Chris, suppongo tu sappia chi ti sta scrivendo questa lettera, quindi nemmeno mi presento come dovrei fare. Tra poco morirò, quindi mi tocca fare in fretta senza soffermarmi troppo sui dettagli, cosa che già sto facendo, proprio come una stupida! Allora, devi andare avanti e cercare di uscire da quest’inferno, per noi che non siamo riusciti a farcela. C’è una barca abbandonata dall’altra parte del teatro che ho accuratamente nascosto, ma che può portare al massimo quattro persone, quindi scappa con quella in casi estremi. Ora ho però qualche dubbio che tu riesca a trovare questa busta, quindi non deludermi! Infine volevo che, nel caso tu riesca a scappare per davvero, di tenere d’occhio mio figlio, per favore. Per adesso vive da dei miei parenti, quindi voglio che lo controlli e che tu faccia di tutto per renderlo felice. Buona fortuna Chris, sappi che ti ho amato.”-
Tutti e quattro rimasero a bocca aperta, senza sapere cosa dire, finché un rumore dietro di loro non li costrinse a voltarsi.
- Oh, e così c’è un modo per scappare da qui, eh? Sapevo che seguirvi mi sarebbe stato utile.- la voce di Loanne entrò nelle orecchie dei ragazzi, mentre la grigia saliva sul palco, con un ghigno malefico in volto. Quello sarebbe stato un problema, veramente un grosso problema.
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed eccomi qua, con il capitolo con più colpi di scena of eva!
Tra citazioni di vecchie opere, parentele, libri e bacche allucinogene diciamo addio alla “mascotte” del programma, ovvero la piccola Miyu, che ci lascia comunque con onore, essendo l’unica senza peccato. Loanne si dimostra perfida come al solito, Kyanston sta crescendo e Wiktor gli sta dando una grossa mano e infine Nihal rischia di svelare il suo segreto, rimangiandosi poi tutto all’ultimo. Nihal, volevo fare proprio un discorsetto su di lui: è indubbiamente il protagonista della serie, per questi due motivi:
Ha vinto la scorsa serie.
È un personaggio innovativo e interessante.
Quindi, se vi state chiedendo come mai lui appare più di altri il motivo è quello, ovvero che è il PROTAGONISTA, perciò è normale, ma che dico, è ovvio, che sia quello su cui si basano la maggior parte dei ragionamenti, anche perché è l’unico che viene sa TDK, quindi è l’unico con cui mi è possibile fare collegamenti con quest’ultima.
Detto questo vi saluto, e vi ricordo che, nel caso qualcuno avesse qualche idea per la storia, sono disposto ad ascoltarvi ;-)

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


- Oh, e così c’è un modo per scappare da qui, eh? Sapevo che seguirvi mi sarebbe stato utile.- Loanne si arrampicò sul palco, salendoci e raggiungendo i quattro che, quasi a bocca aperta, non si aspettavano di essere spiati da qualcuno. Tra tutti Wiktor riuscì a mantenere maggiormente la calma, riuscendo a risponderle con tono di sfida, come a suo solito.
- Esatto, ma ora illuminaci, perché ti sei rivelata? Non sarebbe stato più facile prendere il tuo gruppo e scappare con loro anticipandoci?- la grigia iniziò a ridere, confermando che avesse qualcosa di losco in mente.
- Ma veramente a me non piace il mio gruppo e non me ne frega niente della morte di quella bimba, gli ho dato corda solo per poter spezzare il gruppo.- spiegò, con estrema calma, mentre Nihal a stento si tratteneva dal colpirla con forza in volto, anche perché Ace lo stava tenendo per la maglietta, impossibilitandogli a compiere qualche gesto impulsivo.
- Bene, spiegaci qual è il tuo piano.- il biondo la invitò a continuare il discorso con una mano, cercando di capire ove voleva andare a parare.
- Io non dirò niente ai quattro sfigati, ma in cambio mi porterete con voi.- propose, guardandosi le unghie e gettando un’occhiata su ognuno dei ragazzi presenti nella stanza.
- La barca ha solo quattro posti.- Kynaston trovò la scusa più ovvia, visto che non voleva direttamente dirgli che avrebbero volentieri rifiutato la loro offerta, visto che probabilmente avrebbe per davvero informato gli altri e la cosa si sarebbe fatta più complicata.
- Non mi importa, voglio venire con voi.- mosse la mano rapidamente, simbolo che se ne fregava, continuando a guardare Wiktor negli occhi, aspettando che facesse la sua scelta.
- Per ora abbiamo deciso di non andarci, ci andremo più avanti e ti chiameremo, basta che tu tenga la bocca chiusa.- il castano sbuffò incredulo, non si aspettava che il biondo avrebbe ceduto così facilmente a una provocazione da parte di Loanne, ma decise di non badarci troppo su.
- Perfetto, così va meglio. Ora scusatemi ma torno dal mio gruppo.- si voltò con eleganza, uscendo dal teatro e dirigendosi verso la mensa, per poter così riunirsi col suo gruppo. Avrebbe fatto sicuramente la spia, infondo per lei stare li era divertente, quindi non aveva fretta di andarsene, almeno non ancora. Non appena entrò nella cucina li trovò lì, seduti sulla panca e senza nulla da fare.
- Dove sei stata? – domandò Aaron, posando il suo sguardo su di lei, con fare sospetto.
- Ho fatto visita all’altro gruppo e ho scoperto un modo per andarcene da qui.- disse lei, notando come tutti sollevarono le loro teste per ascoltare ciò che aveva da dire. – C’è una barca dall’altra parte dell’isola, il problema è che ha solo quattro posti.- finì di spiegare, notando come la delusione e il dubbio prendeva spazio sui loro volti. Uno di loro sarebbe dovuto rimanere fuori.
- Come facciamo a decidere chi resta fuori?- chiese Agatha, facendo ghignare la grigia, che voleva proprio questo, ovvero una lite interna nel gruppo.
- Non ne ho idea, ma in qualche modo dobbiamo fare.- la buttò lì Julien, che desiderava con tutto se stesso poter tornare alla civiltà, perché tutto ciò lo stava facendo lentamente appassire.
- Se dobbiamo guardare il lato pratico Costance è quella che ci potrebbe aiutare di meno.- constatò Loanne, mettendosi una mano sotto il mento, mentre alla rosa fregava il giusto, dato che quando la ragazza aveva detto che qualcuno sarebbe dovuto rimanere fuori quel qualcuno sarebbe stata lei, era sempre così. La prima a essere esclusa.
- Non sono d’accordo.- asserì Aaron, alzandosi in piedi e sbattendo i palmi contro il tavolo, attirando l’attenzione su di se. La diretta interessata volto il volto verso il castano, che stava guardando la grigia con astio, accennando un sorriso che nessuno notò.
- Era solo una costatazione.- sbuffò quella, appoggiando il gomito sul tavolo e la testa sul pugno.
- Possiamo provare a salire tutti e cinque.- propose Julien, alzando le spalle, mentre Loanne stringeva i denti per la rabbia. L’affetto che quel ragazzo provava per la rosa aveva mandato a monte il suo piano, costringendola a dover cambiare strategia.
- Però c’è un problema.- fece presente la grigia, che aveva comunque un piano di riserva – Dobbiamo rallentare l’altro gruppo.- schioccò la lingua sul palato, mentre gli altri quattro, meglio dire tre perché a Costance anche solo pensare pesava troppo, rifletterono sulle sue parole, cercando una possibile soluzione al “problema”.
- Come possiamo fare? Io non voglio ucciderli.- si lamentò Agatha, gesticolando con la mano e facendo irritare maggiormente Loanne, che stava cercando di far arrivare gli altri dove era giunta lei con il suo ragionamento, ma era una cosa più difficile del previsto.
- Possiamo far crollare il teatro in cui alloggiano, in questo modo non moriranno e noi saremmo avvantaggiati.- si batté il pugno sulla mano, facendo finta che l’idea le fosse venuta sul momento, anche se in realtà era ciò che pensava da l’inizio della conversazione. Quei quattro erano troppo furbi, mentre il suo gruppo attuale era stupido e facilmente manipolabile.
- D’accordo, mi pare una buona idea, ma come faremo a far crollare una costruzione del genere?- chiese Julien, mettendo le mani avanti, perché nel caso avessero fallito non voleva vedersela ne con Nihal che con Wiktor.
- Il legno è marcio, basta colpire con forza il pilastro che sorregge il teatro e il gioco è fatto.- spiegò, facendo calmare il rosso.
I quattro si misero in marcia, ovviamente Costance fu portata in spalle da Aaron, visto che aveva cercato di evitare la fatica con un “vi aspetto qui”, cosa che aveva portato il castano a usare le maniere forti, praticamente obbligandola a seguirlo, cercando di arrivare il più presto possibile e facendo meno rumore possibile. Quando giunsero alla struttura rimasero di stucco, vedendo come era diroccata e malmessa, tanto che le tribune, dietro alle quali si nascosero, spiando il gruppo e attendendo il momento di agire.
- Vedete quel palo sulla destra? Ecco, dobbiamo colpirlo con forza e l’edificio crollerà.- spiegò la grigia, facendo annuire tutti e tre i ragazzi, che rimasero sull’attenti per approfittare della prima occasione che gli sarebbe caduta sotto mano.
- Ora che sono distratti veloci.- Aaron assunse il comando, facendo cenno agli altri di seguirlo, arrivando quindi davanti al pilastro della struttura, che si ergeva per circa quindici metri, fino a toccare il tetto. Questo era messo trasversalmente ed era collegato ad altri tre pali, che però, se avessero perso il peso del principale, sarebbero crollati come tessere del domino. Julien prese un respiro profondo e colpì il legno, danneggiandolo seriamente e facendo tremare la struttura, poi fu il turno di Aaron che, colpendola a piena potenza, fece cadere il pilastro, provocando il crollo della struttura. Cadde tutto il teatro, sbriciolandosi in pezzi e sotterrando i ragazzi dentro.
Agatha guardò la scena quasi con le lacrime agli occhi, tremando e cercando invano di calmarsi, perché ormai le era difficile farlo, almeno dopo quello che aveva visto in quel momento.
- Wiktor, Wiktor!- le urla di Kynaston le entrarono nell’orecchio, mentre il corpo del biondo, steso a terra, era ricoperto di sangue, con due pezzi di legno conficcati nello stomaco.
- Ehi, non gridare. S-Sto b-bene.- sussurrò, riuscendo a malapena a farsi sentire dal castano, che stava iniziando a piangere disperato.
- No, cazzo! Tu non stai bene per niente.- gridò, mentre Nihal e Ace si avvicinavano al biondo, che era stato l’unico a rimanere ferito da quell’incidente, visto che loro erano usciti per capire come mai la struttura stesse tremando. Il castano toccò lo stomaco di Wiktor, cercando ci capire cosa fare.
- Kyna, così ti s-sporcherai l-le mani, a-attento.- quelle parole furono di troppo, dato che iniziò a sputare del sangue. In quel momento alzò il braccio destro al celo e strinse la mano in un pugno, mentre delle lacrime uscivano dai suoi occhi. – Cazzo, s-speravo perlomeno d-di m-morire con s-stile, ma nemmeno questo, e-eh? R-Ragazzi, s-salvatevi a-anche per me, e-e magari u-uccidete quella troia.- continuò a tossire sangue, finché non chiuse gli occhi e lasciò cadere la mano, aspettando così fine la fine della sua vita. I peccati per lui si sprecavano, ma probabilmente quello che più gli si addiceva era la superbia. Di sicuro, dopo una vita passata degnamente, si sarebbe aspettato di venire ucciso per il bene del gruppo, tanto per potersi dare un po’ di autocommiserazione, ma nemmeno quello gli fu concesso. Per lo meno era riuscito a chiamare Kynaston con il suo soprannome e a vederlo piangere, cosa che non si aspettava, ma che aveva apprezzato. Prima di chiudere definitivamente gli occhi gettò un’occhiata su Nihal, mimando delle parole con la bocca, che, fortunatamente, il rosso riuscì a comprendere il labiale “Dietro il teatro”. Proprio in quel momento il castano alzò gli occhi, vedendo la faccia di Agatha spuntare dall’angolo e, con la vista offuscata dalla rabbia, corse incontro alla ragazza, che non poteva muoversi dalla paura, era come bloccata. Cercava di correre, ma la sua mente glielo impediva, forse perché infondo doveva andare così, era già stata miracolosamente salvata una volta, e per di più due persone ci avevano rimesso la pelle, quindi era giusto così. Il pezzo di legno che Kynaston aveva raccolto durante la sua carica le si conficcò nello stomaco violentemente, lasciandola senza fiato e facendole sputare sangue. Il castano continuava a conficcare l’oggetto nel corpo di Agatha con forza sovraumana, tanto da perforarle un polmone, lasciando poi l’oggetto all’interno del corpo della sventurata.
- M-Mi dispiace.- sussurrò, in lacrime, non voleva più vivere, dopo questa basta, aveva definitivamente chiuso.
- Non me ne faccio un cazzo delle tue scuse!- urlò con rabbia, colpendola con un calcio nel punto ferito e facendole uscire talmente tanto sangue da fare morire dissanguata sul colpo.
Il suo peccato era indubbiamente l’accidia, si era comportata da merda sin dall’inizio e poi aveva subito un drastico cambiamento, causato dalla consapevolezza di aver fatto due vittime con il suo atteggiamento scontroso. Il suo unico rimorso erano i suoi cinque fratelli, che il padre avrebbe dovuto sfamare da solo, ma poi ci pensò a fondo e alla fine arrivò alla conclusione che era meglio così, per lo meno c’era una bocca da sfamare. E morì così, convincendosi della sua inutilità e con una morte atroce.
Ace e Nihal non riuscirono a bloccare in tempo Kynaston che, dopo aver compiuto quel gesto disumano, si era accasciato accanto al corpo di Wiktor, piangendo disperato. I due erano ancora scossi, ma infondo lo capivano, aveva perso l’unica persona a cui aveva dato confidenza in quel fottuto inferno e tutto ciò era successo perché aveva trovato quel quaderno, ma di questo non si poteva lamentare, almeno sapevano come scappare da lì.
 
Aaron correva con Costance in collo, correva da talmente tanto tempo che le sue gambe erano a pezzi, ma non poteva fermarsi. Si controllò dietro, vedendo solamente Julien, cosa che lo fece alquanto preoccupare.
- Dov’è Agatha?- domandò, continuando a correre, senza ricevere risposta dal rosso, che non poteva permettersi di perdere fiato visto quanto stava correndo, ma il castano si bloccò di colpo, facendo spaventare la rosa. – Dimmi dove cazzo è Agatha.- lo afferrò per il colletto, vedendo i suoi occhi iniziare a bagnarsi.
- L’ha ammazzata Kynaston!- gridò con rabbia, spingendo via Aaron e guardandolo con aria shoccata – L’ha infilzata con un fottuto pezza di legno!- riprese, concludendo a pieno in discorso.
- Perché non l’hai aiutata?- si sporse in avanti, colpendolo nel volto e facendolo cadere rovinosamente a terra.
- E come cazzo facevo?- si alzò, pronto a rispondere al colpo subito, ma guardando l’espressione dell’altro pensò bene di tirarsi indietro. Le sopracciglia aggrottate, le labbra piegate in un’espressione arrabbiata e il respiro affannoso, simbolo che stava per esplodere.
- Dimmi, Julien, hai visto Loanne?- domandò, mentre pian piano faceva mente locale su ciò che era accaduto.
- No, qui non c’è. – rispose, mordendosi un labbro e cercando di capire dove stava andando a parare.
- Non ora, dico mentre facevamo cadere il teatro.- riformulò la domanda, facendo spalancare al rosso, che si prese qualche secondo per rispondere adeguatamente.
- No, non mi pare di averla vista.- l’espressione del castano si tramutò da arrabbiata a disgustata, mentre l’altro tentava di capire il perché.
- Quella puttana!- gridò, colpendo un albero con un pugno. Fece scendere Costance dalle sua spalle e la passò, come se fosse uno zaino, a Julien. - Tienila d’occhio.- gli disse, senza dargli il tempo di rispondere, perché scatto in direzione opposta, ovvero dove la grigia aveva sostenuto si trovasse la barca per fuggire.
 
 
Kynaston, Ace e Nihal seppellirono il cadavere di Wiktor accanto a quello di Sophia. Il castano era in lacrime, ma non rinunciava a quell’espressione arrabbiata che aveva in volto, per quanto avesse fatto “giustizia” al compagno morto, invece gli altri due decisero di non parlare di cosa aveva fatto ad Agatha, onde evitare una qualche spiacevole discussione.
- Dove andiamo adesso?- domandò, guardando Nihal negli occhi che, prima di decidere, consultò con uno sguardo Ace, che però scosse la testa. Estrasse il quaderno dalla tasca e controllò la mappa.
- Qui dice che a est c’è un campo da pallamano, andiamo lì?- propose, aspettando una risposta da due, perché, nelle sue esperienze passate e future, aveva imparato ad ascoltare l’opinione degli altri, per quanto potesse essere sbagliata e priva di senso, anche solo per renderli partecipi.
- Per me va bene, dobbiamo allontanarci da qui.- l’albina appoggiò la sua teoria, iniziando a camminare in direzione del luogo scelto come destinazione.
- D’accordo, ma facciamo in fretta.- quando anche Kynaston ebbe detto la sua partirono ufficialmente, facendo attenzione, come sempre, a non fare rumore e cercando di non farsi vedere da eventuali animali o persone. Nihal, guardando il castano, si sentì sorpreso. La prima volta che l’aveva visto gli era sembrato uno smidollato troppo pieno di se, che probabilmente sarebbe morto subito, ma si era rivelato un tipo astuto e sveglio, come lo dimostra la sua decisione di mostrare il libro a Wiktor per primo, cosa che poi aveva portato a tutto quel casino, ma che alla fine era stata una scelta saggia. Adesso lo vedeva sotto occhi diversi, lo trovava più maturo e ne era felice, perché, con quell’atteggiamento, ce l’avrebbe fatta a sopravvivere fino alla fine, sempre che ci fosse stata una fine.
Raggiunsero il campo dopo una mezz’oretta, proprio quando il sole iniziava a calare, a occhio e croce saranno state le cinque, e furono sorpresi nel notare la strana struttura. Era un enorme rettangolo coperto da una teca di plastica alta circa cinque metri, con tanto di spalti, alquanto mal ridotti, mentre le linee ai bordi del campo erano alquanto sbiadite.
- Ora cosa facciamo?- chiese Ace, mettendosi a sedere su una delle panche, ma cambiando idea non appena udì lo strano umore prodotto da essa, che simboleggiava che non doveva essere molto resistente.
- Probabilmente loro prenderanno la barca, quindi direi di restare qui per un po’ e di trovare un altro piano per lasciare l’isola.- dopo la morte di Wiktor, Nihal aveva assunto il comando, diventando a tutti gli effetti il leader del loro trio, perché chiamarlo gruppo era un po’ un’esagerazione.
- Beh, hai indubbiamente ragione.- Kynaston si stese sugli spalti, ignorando il rumore di pietà emesso dalla struttura in legno, decisamente marcio. Il sangue che aveva sulle mani iniziava a tirargli la pelle, cosa che lo infastidiva un sacco, oltretutto era sporchissimo e la cosa lo urtava ancora di più, ma aveva deciso di smettere di pensarci, perché adesso pensare a un piano era molto più importante.
- Io do un’occhiata in giro. – asserì Ace, iniziando a camminare per tutto il campo, senza un obiettivo bene preciso.
- Stai meglio?- domandò Nihal al castano, senza guardarlo direttamente sul volto.
- Adesso sì. – rispose con tranquillità, pensando di darla a bere al rosso, ma lui sapeva che era una maschera che stava usando per non scoppiare a piangere, almeno non di nuovo. Aveva iniziato ad affezionarsi al biondo e questo era morto nemmeno due giorni dopo.
- Allora dobbiamo andarcene anche per loro che sono morti.- disse quelle parole con il solo scopo di irritarlo, in modo che si potesse liberare di tutti i pesi che aveva in corpo.
- Come puoi dire una cosa del genere?! Sono morti, non possono più fare un cazzo! Sai che gliene frega se noi sopravviviamo?!- cercò di non urlare, guardando con uno sguardo furente Nihal, che si limitò a sorridergli.
- Ora ti sei sfogato?- chiese, facendo un po’ stranire il castano, che rispose scuotendo la testa, senza il coraggio di dirgli a parole la gratitudine nei suoi confronti, perché aveva capito dove stava andando a parare.
- Ragazzi!- urlò Ace, avvicinandosi a corsa ai due. In mano aveva un pezzo di carta.
- Che cosa succede?- chiese il rosso, alzandosi dalla panca e andandogli in contro. La ragazza gli pose il foglio, facendoglielo leggere.
Le cavie che il signor MClean ha portato sull’isola, suo figlio compreso, si sono uccisi tra di loro in meno di cinque giorni, cosa che ha più che dimezzato il gruppo. Un’altra settimana e potrò tornare a casa.
Solamente questa frase, quasi meno di due righe. Adesso dovevano scoprire a cosa si riferiva.
 
 
 
Aaron raggiunse il luogo indicato dalla grigia e la trovò lì, mentre stava spingendo la barca a mare. Subito le corse incontro urlandole addosso, facendola voltare.
- Dove cazzo pensi di andare?- gridò, fermandosi a pochi passi da lei, per poi avvicinarsi ulteriormente, prendendola per il braccio e strattonandola a se.
- Stavo mettendo la barca a mare, poi vi sarei venuta a chiamare.- mentì, cosa che il castano notò, ormai conosceva il suo modo di fare, sporco e meschino, tipico delle persone che odiava.
- Mi prendi per il culo? Tu sapevi che il piano sarebbe stato un fallimento, vero? Lo hai fatto per far morire qualcuno, giusto?!- urlò, costringendo la ragazza a opporre resistenza, fino a liberarsi dalla presa di Aaron, che la guardava con astio.
- Non è vero.- altra menzogna, motivo per cui le si avvicinò e la colpì sul volto con uno schiaffo, facendole voltare la testa e arrossire la guancia.
- Va a farti fottere!- gli rispose a tono, stringendo i pugni e cercando di spaventarlo, senza effetto.
- Dimmi la verità, o giuro su mia madre che ti ammazzo qui, seduta stante.- la minacciò, con un pugno alzato, cosa che portò Loanne ad alzare istintivamente le braccia, in segno di difesa.
- D’accordo, è vero, l’ho fatto per quel motivo. Volevo solo far salvare il resto del gruppo.- un altro schiaffo, questa volta sull’altra guancia.
- Che idiota. Adesso andiamo dagli altri, poi scapperemo da qui.- usò un tono sprezzante per dire quelle parole, cosa che irritò la ragazza. Non riusciva più a trattenersi, voleva farlo, ad ogni costo. Estrasse la lama dalla maglietta e, non appena il castano si voltò dall’altra parte, indicandole la strada da seguire, conficcò la lama del coltello nel suo collo, spingendola sempre più a fondo, facendogli uscire un sacco di sangue. Il ragazzo tentò di parlare, ma senza riuscirci, perché la lama gli aveva perforato la gola, impossibilitandolo a gridare in cerca di aiuto. Ma alla grigia non bastava, estrasse il coltello e lo ripiantò sulla schiena del malcapitato, gustandosi la scena e iniziando a ridere, mentre leccava la lama insanguinata, attenta a non tagliarsi e con fare sensuale.
- Fanculo, muori stronzo!- gli sussurrò all’orecchio, continuando a colpirlo, anche se sapeva che era praticamente già morto. Aveva abbassato la guardia, e per questo si stava maledicendo. Il suo peccato? Probabilmente l’ira, visto che è anche definita “eccessivo senso della giustizia” e quella frase gli si addiceva perfettamente, tanto che il suo primo reato era stata una rissa con dei bulli che lo tormentavano alle medie. Tutto sommato aveva vissuto una bella vita, perché aveva ottenuto vendetta su tutti quelli che alle elementari lo sfottevano, definendolo un grassone, però non riusciva a darsi pace. Chi si sarebbe preso cura di Costance? Dopo aver pensato a ciò delle lacrime iniziarono a scendere dal suo volto, mentre sentiva il coltello infilarsi ancora e ancora nella sua pelle, tanto che il suo sangue l’aveva ricoperto completamente, dandogli quella sensazione di caldo, che lo avvolse a se, come se tutto ciò fosse una preparazione del calore dell’inferno.
Loanne era piena di sangue, la sua maglietta e i suoi pantaloni si erano completamente tinti di rosso e quel sorriso spaventoso sul suo volto non accennava ad andare via. Le era piaciuto, e anche tanto. Ma, siccome il destino non era dalla sua, da dei cespugli davanti a se sbucarono fuori Julien e Costance. E la ragazza, dopo aver visto il corpo di Aaron steso a terra, scese dalle spalle del rosso, mentre delle lacrime iniziavano a scendergli dal volto. Guardò la grigia con un’espressione arrabbiatissima, talmente truce che la ragazza si spaventò, inconsapevole di ciò che sarebbe presto accaduto.
- Sei stata tu?- domandò, con voce bassa. Lei non rispose. – Ti ho chiesto se sei stata tu!- urlò, probabilmente per la prima volta da quando era sull’isola, la grigia iniziò a ridere istericamente, aprendo le braccia.
- Esatto l’ho ucciso io. – si toccò le labbra con la mano, imbrattandola con quella sostanza rossastra, facendolo giusto in tempo, perché poco dopo la rosa le saltò in collo.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Tre morti, esattamente, avete capito bene. Aaron, Agatha e Wiktor. Pensavate che chi fosse nel gruppo con il protagonista non sarebbe morto? Ahahhahahahahah ovviamente loro erano i più gettonati a decedere.
Scopriamo tante belle cose nuove e, tra poco, inizia il secondo arco della storia, che a me piace chiamare “Skull Island Theory”, presto capirete perché Theory.
Bene, vi ricordo, per l’ennesima volta, che sono disposto ad ascoltare eventuali consigli da parte vostra.
Ora vado, al prossimo Chappy ;-)
P.S.: aggiornamento flash perché ho la febbre e non sono uscito di casa. Poor me XD. Ah, è anche piuttosto corto, sorry.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


- Sei stata tu?- domandò Costance, con voce bassa. Loanne non rispose. – Ti ho chiesto se sei stata tu!- urlò, probabilmente per la prima volta da quando era sull’isola. La grigia iniziò a ridere istericamente, aprendo le braccia.
- Esatto l’ho ucciso io. – si toccò le labbra con la mano, imbrattandola con quella sostanza rossastra, facendolo giusto in tempo, perché poco dopo la rosa le saltò in collo.
Il coltello le scappò di mano, finendo vicino al copro di Aaron, motivo per cui la rosa, seppur piccola, riuscì a sopraffarla. Le unghie finte che portava sempre le erano tornate utili, visto che ci stava graffiando il corpo della grigia, che cercava di respingerla con pugni e calci, ma la rabbia della ragazza non si sarebbe calmata con così poco, tanto che sembrava sfavorita.
Ma ci mise poco a ripristinare l’equilibrio, la colpì in volto con un pugno e poi le saltò in collo, iniziando a colpirla, senza l’obiettivo di ucciderla, solamente per farle male e godeva a quella visione. La ragazzina che metteva le mani davanti, mentre lei le scostava e poi, con un gesto rapido della mano, la colpiva con forza.
- E ora inizia il bello.- si abbassò verso di lei, sussurrandole quelle parole all’orecchio, ma tutto ciò che ottenne fu un pugno sullo stomaco, cosa che la fece innervosire ulteriormente. Prese un sasso da terra, pronta a spaccarle la faccia, ma ovviamente Costance fece resistenza, tentando di  bloccarla con quelle braccia fine che si trovava, le quali ovviamente non reggevano il confronto con quelle della grigia.
E poi lì, a guardarle azzuffarsi, c’era Julien. Se ne stava lì, con le gambe ch gli tremavano e gli occhi spaventati, incapace di aiutare la rosa, che continuando così sarebbe sicuramente morta.
- Hai rotto il cazzo, smettila di fare resistenza, tanto morirai ugualmente!- strillò Loanne, scostano gli con forza la mano, pronta a romperle la testa, ma un evento del tutto inaspettato modificò gli eventi che si era immaginata nella sua testa, ovvero quello in cui lei uccideva Costance e poi scappava dall’isola. Aaron si alzò barcollando e, con un ultimo gesto disperato, prese il coltello a terra e tagliò la gola della grigia, impedendole così di ammazzare la rosa che, ormai con le lacrime agli occhi, si era quasi rassegnata a fare quella fine.
- E-Ehi, t-troia, mai d-dare le spalle al nemico.- le disse all’orecchio, mentre affondava sempre di più il coltello nella sua carne. Questa si contorse dal dolore, toccandosi la gola non appena il castano lasciò la presa sul suo incavo, facendola cadere a terra come un oggetto. Beh, di sicuro sarebbe finita all’inferno, questo era ovvio, ora Lucifero doveva decidere solo con quale peccato condannarla, perché per lei, davvero, se ne sprecavano. Era una peccatrice di accidia per via del suo carattere, ovviamente peccava di superbia e di lussuria, e anche di tutti gli altri, ma questi erano quelli che tendeva a “seguire” più spesso. Da quando era su quella maledetta isola la sua condizione mentale si era aggravata, portandola pian piano a impazzire definitivamente, facendole fare delle cose mostruose, ma delle quali non si pentiva minimamente, perché infondo lei lo sapeva, era cosciente di essere strana, di essere malata. Aveva ucciso suo fratello, aveva spinto Sophia al suicidio, e le altre brutte azioni erano talmente tante che non si potevano nemmeno contare, l’unico suo rimorso sarebbe stato quello di non aver ucciso i suoi genitori.
Non fece nemmeno in tempo a chiudere gli occhi, che morì dissanguata dalla profondità del taglio. Il suo corpo cadde a terra, coperto si sangue e con le pupille dilatate, simbolo che, per quanto la sua fosse stata una morte veloce, non era stata del tutto indolore, soprattutto perché, come aveva detto Aaron, aveva fatto un errore basilare, ovvero dare le spalle al nemico.
- S-Stai bene?- chiese il castano a Costance, poco prima di caderle addosso.
- Questo dovrei chiedertelo io!- strillò lei, iniziando a piangere a dirotto. Lui le accarezzò la testa, con un sorriso dolce stampato in volto, seppure coperto di sangue.
- N-Non piangere, i-i tuoi bellissimi o-occhi si rovineranno.- la guardò negli occhi e poi, con un gesto veloce, posò le sue labbra su quelle della rosa, lasciandola di stucco. Si staccò da quel contatto dopo pochi secondi e la guardò, con un sorriso amaro. – B-Beh, modestamente mi s-sarebbe piaciuto che r-ricambiassi.- le disse, facendola piangere ancora di più. Costance lo prese per le guance, baciandolo nuovamente, sempre con le lacrime agli occhi e con i continui singhiozzi, fonte dell’unico rumore in quel momento, vista la scena.
- Così va bene?- chiese, senza riuscire a trattenere quelle gocce, che continuavano a cadere a terra, mischiandosi con il sangue di Loanne.
- Perfetto.- riuscì a dire, prima di sputare sangue dalla bocca, simbolo che a breve sarebbe morto. Le poggiò la sua testa sulle sue ginocchia, guardandolo tentando di mostrarsi forte, ma fallendo miseramente. Aaron alzò la mano destra e la poggiò sulla guancia della ragazza, come per farle forza.
- Ti amo. – sussurrò, mentre la vista si faceva sfocata e gli occhi iniziavano a chiudersi.
- Anch’io. – riuscì a dire, facendo così sorridere il ragazzo, che morì con un’espressione felice in volto. E così Costance pensò che la vita era proprio bastarda, lei che non aveva mai ottenuto niente finalmente riceveva ciò che le serviva, ovvero una persona che la accettasse per ciò che era, senza soldi o altro di mezzo, e gliela portavano via così, senza darle nemmeno il tempo di guastarsi a pieno quelle emozioni positive che aveva nel cuore, ormai rimpiazzate dalla tristezza che stava provando in quel momento. Sentiva l’amaro in bocca, perché si era accorta troppo tardi di essersi innamorata di quel ragazzo, che inizialmente trovava seccante e che, alla fine, oltre che a portarla sempre in giro, le aveva pure salvato la vita.
Julien la lasciò sfogarsi, guardando con espressione triste la scena, con il colore rosso che dominava sugli altri colori, troppo spenti per poter competere con quello della sostanza, colore che solitamente non era abituato a vedere, ma che in sole due settimane l’aveva abituato alla sua visione, tanto che non provava più disgusto a vedere un cadavere, almeno finché tutto intero. Costance aveva il vestito completamente sporco di sangue, come le mani e una guancia, ovvero quella che il ragazzo le aveva tocca poco prima di morire, ma non se ne preoccupava, forse perché era troppo scossa da ciò che era accaduto, oppure perché la tristezza si era impadronita di lei, rendendola immune a qualsiasi cosa.
- Dovremmo andare.-suggerì dopo un po’ il rosso, guardandola da dietro, con la paura che gli rinfacciasse il non averla aiutata prima, perché lui odiava quando qualcuno gli faceva notare i suoi errori, soprattutto se grossi come quello.
- Voglio seppellirlo.- la rosa si alzò, appoggiando delicatamente la testa del castano sulla sabbia, facendo impregnare i capelli del liquido rossastro, mentre, ancora con le lacrime agli occhi, guardava il ragazzo davanti a se, come se lo stesse minacciando.
- D’accordo, facciamolo.- acconsentì lui. Si sentiva estremamente in colpa, motivo per cui sarebbe perfino andato sulla luna se solo lei glielo avesse chiesto. Cercarono un punto dove scavare una buca, ma ne trovarono una naturale, dove il rosso, dopo aver portato il corpo di Aaron sulla schiena ed esssersi imbrattato la maglietta, poggiò il cadavere, ricoprendolo poi di foglie. Costance non ce la fece trattenere le lacrime, tanto che scoppiò nuovamente, lasciando che quelle gocce calde le offuscassero la vista, senza provare nemmeno a farle smettere.
- Dove andiamo adesso?- chiese lei, sedendosi a terra e premendo le gambe contro il seno piatto, per poi bloccarle con le mani.
- Aspettiamo gli altri tre. Dopo ciò che gli abbiamo fatto mi pare il minimo.- suggerì Julien, ancora angosciato. La morte di Aaron non era colpa sua, eppure non riusciva a darsi pace in alcun modo, perché la triste scena a cui era stato costretto ad assistere lo aveva fatto deprimere, e la cosa non aiutava, non in quella situazione. Cosa avrebbe fatto sua cugina Elly in quella situazione? Se lo chiedeva sempre, perché lei per lui era come un punto di riferimento, motivo per cui, quando aveva saputo della sua morte, era caduto in una mini-depressione durata circa un mese, ma poi riuscì fortunatamente a superare quel periodo buio, tornando il solito Julien, comandino ed egoista.
- Verranno?- eccola, la domanda che non voleva sentire ma che, purtroppo, la rosa aveva fatto, perché infondo era ovvio chiedersi una cosa simile, visto tutto il putiferio che era successo.
- Spero di sì. – incrociò le dite, cercando di dimostrarsi forte agli occhi della ragazza, dato che ora che aveva perso Aaron sembrava più spenta del solito, e probabilmente non si sarebbe più accesa. Aspettarono lì, sperando che i tre si facessero vivi, mentre erano seduti su degli scogli, con lo sguardo puntato verso la nave che rasentava la loro salvezza, anche se il panorama era rovinato dal cadavere di Loanne, che non avevano avuto la voglia ne il coraggio di seppellire, perché un demonio come quello non meritava nemmeno una degna sepoltura.
 
 
 
- Sentite, non so voi due piccioncini cosa vogliate fare, ma io voglio andare a prendere quella fottuta barca, così da poter scappare da qui.- dopo un’ora di silenzio, Kynaston si alzò i piedi, facendo fare un brutto rumore alla panca su cui era seduto, e attirando a se l’attenzione dei due, che lo guardarono inespressivi, analizzando le parole appena dette dal castano, constatando qual era la miglior scelta da fare.
- Potrebbero averla già usata i quattro rimasti.- Ace gli ricordò che, dopo che aveva ucciso Agatha, il numero di persone nel gruppo di Loanne era sceso a quattro, motivo per cui potevano prendere la barca e scappare, lasciandoli lì.
- Non mi interessa, meglio andiamo lì, magari troveremo qualcosa di utile.- indicò il pezzo di carta tra le sua mani, dato che c’era la possibilità che, vicino alla barca, qualcuno potesse aver lasciato un messaggio.
- Hai ragione. Ci conviene andare.- lo appoggiò il rosso, alzandosi in piedi, in direzione della porta, pronto a uscire, ma si bloccò all’improvviso, stringendo con forza la maniglia.
- Che c’è?- domandò il castano, alzando un ciglio e con le braccia incrociate. Nihal voltò lo sguardo verso loro due, con fare preoccupato.
- È possibile che ci ammazzino non appena arrivati lì, quindi state in guardia, non dobbiamo fare altre morti.- i due lo guardarono negli occhi con espressione seria, rispondendo affermativamente con un movimento della testa, per poi seguirlo mentre usciva dalla struttura. Non corsero, ne tantomeno andarono di fretta, tanto che arrivarono al luogo che era buio, dato che ci avevano messo il doppio del tempo, visto che si erano anche fermati a cercare del cibo, poi videro la barca, vicino alla riva.
- Che cazzo è?- Kynaston indicò un punto non precisato nell’oscurità che si stava muovendo, proprio davanti a loro. L’ombra muoveva le braccia, come a volerli invitare ad andare lì, cosa che fecero, sempre con estrema prudenza.
- Chi sei?- chiese semplicemente Ace, sempre in guardia e pronta a colpire se necessario, ma, avvicinandosi, si resero conto che, il tizio che sbracciava per chiamarli a se, era Julien.
- Vedo che siete arrivati.- attaccò lui il discorso, mentre il castano lo guardava con disprezzo, visto che aveva contribuito alla morte di Wiktor, anche se non sapeva che aveva fatto più di Agatha.
- Testa di cazzo, ci aspettavi?- sbottò Kynaston, avvicinandosi pericolosamente al rosso, venendo però fermato da Nihal, che prese le redini.
- Dov’è Loanne?- chiese, guardandolo, con gli occhi celesti che brillavano in quel buio, che a momenti non permetteva nemmeno di distinguere chi aveva davanti.
- È morta. Anche Aaron.- tagliò corto, dato che non voleva parlarne, visto che stava facendo di tutto per dimenticarsi quella scena.
- Hai prove?- rispose di rimando quello, mentre il rosso si incamminava in un punto non precisato della spiaggia.
- Ecco il cadavere.- indicò il corpo della grigia, stesa a terra in una pozza di sangue, con tanto di occhi aperti.
- Perfetto, noi domani scapperemo da qui.- lo avvisò, mentre toccava il collo della ragazza, per vedere se era effettivamente morta, cosa che fece ovviamente schifare Kynaston, che ebbe da ridire sull’azione dell’altro, che però non lo ascoltò, preferendo evitare inutili battibecchi, seppur amichevoli. Si guardò la mano, notano come questa si fosse tinta di roso scuro, per poi andarla a sciacquare in acqua.
- Vorremmo venire con voi.- disse con tono di voce piuttosto alto, probabilmente perché non sapeva bene come dirlo, visto che era la prima volta che si affidava a qualcuno spontaneamente.
- Scherzi? Dopo quello che avete fatto sarebbe il minimo lasciarvi morire qui.- sputò con acidità Kynaston, mentre continuava a guardare nauseato il cadavere davanti a lui.
- Va bene.- rispose però Nihal, facendo sussultare il castano, che voltò lo sguardo verso di lui, trovandolo accovacciato davanti all’acqua, mentre faceva scorrere avanti e indietro la mano.
- Eh?- riuscì a dire l’altro, incredulo di aver davvero udito quelle due parole, che suonavano come un perdono nei confronti dei due.
- Però ricordati che non ci dimenticheremo ciò che avete fatto. Mai.- disse quelle parole con tono minaccioso, calcando maggiormente l’ultima parola, probabilmente nella speranza di intimorirlo, come a volergli far intendere che un altro affronto non sarebbe stato tollerato dai tre. Il rosso nemmeno rispose, per paura di irritarlo, così andarono tutti a dormire.
La mattina seguente Kynaston, Nihal e Julien spinsero la barca in acqua, ponti a partire. Quel pezzo di legno, visto che non sembrava molto resistente, era composto da due panche ai lati, dove ci si sarebbero seduti i rematori, e un’ultima al centro, destinata ai passeggeri, che teoricamente sarebbero dovuti essere due, ma Ace aveva preso Costance in collo, così da permettere al castano di sedersi, visto che i due rossi avevano deciso di remare.
Iniziarono, non senza qualche brivido di paura, preparati a ciò che, probabilmente andavano in contro, visto che i remi non sembravano molto robusti, cosa che peggiorò ulteriormente la situazione. Il cielo però, dopo qualche minuto, iniziò a scurirsi, simbolo che a breve sarebbe iniziato a piovere, e il vento aveva iniziato ad alzarsi, tanto che in poco tempo iniziarono a sbattere contro le onde, visto che stavano remando contro corrente, cosa non molto sicura.
La barca riuscì a resistere per una decina di minuti, ma alla fine, a causa di Nihal, al quale scivolò il remo dalle mani per via dell’acqua, essa iniziò ad andare a casaccio, rischiando di rivoltarsi. L’imbarcazione dondolava pericolosamente, mentre andava sempre più alla deriva e a breve si sarebbe schiantata sugli scogli, distruggendosi completamente, ma Julien, bloccando il remo in modo che la barca potesse girare, riuscì a indirizzarla verso la riva, giusto poco prima che un’onda enorme si schiantasse su questa, facendoli precipitare tutti e cinque sulla riva, fortunatamente salvi.
- Porca puttana!- urlò Kynaston, poco prima di vomitare quel poco che aveva mangiato la sera prima, schifandosi del suo stesso vomito. Gli altri si limitavano a respirare affannosamente, ringraziando le divinità celesti per essere sopravvissuti, ma consapevoli che allo stesso tempo erano rimasti bloccati su un’altra isola.
- Dove siamo?- domandò Costance, mentre l’albina lasciava la presa sui suoi fianchi, stendendosi a terra.
- Credo sull’isola accanto a quella da dove veniamo.- ipotizzò Nihal, che si ricordava quello strano monte a forme di teschio, visto che l’aveva visto il primo giorno, mentre esplorava l’isola con Ace, Julien e Santos.
- Tutto questo casino per niente?- Julien calciò la barca, rompendola ulteriormente.
- Chi è?- una voce che non avevano sentito prima li fece voltare, facendogli capire che, fortunatamente, l’isola non era disabitata come credevano. Un uomo alto, con la carnagione scura e una cuffietta bianca gli venne in contro, con un mitra in mano, puntato verso Julian, dato che era la fonte del rumore.
- Ehm, siamo dei naufraghi, veniamo dall’altra isola.- si affrettò a rispondere l’albina, spaventata all’idea di dove diventare uno scolapasta a causa dell’arma in mano al nero, che però la abbassò, sospirando come sollevato.
- Cazzo, quindi vi siete salvati solo voi?- disse, più rivolto a se stesso, con sguardo abbattuto.
- Come, scusa?- domandò Kynaston, pensando che, forse, quel tipo sapeva qualcosa.
- Niente. Seguitemi, prego.- fece cenno con la mano di seguirlo, cosa che il gruppo fece senza nemmeno un po’ di diffidenza, visto che non sarebbe stata molto d’aiuto. Camminarono per un po’ per un sentiero, visibilmente artificiale, che probabilmente collegava all’accampamento del soldato, visto che non sembrava essere solo. E infatti, quando uscirono dalla piccola macchia in cui si erano addentrati, videro delle tende montate, con tanto di jeep parcheggiata vicino.
- Ehi, DJ, finalmente sei tornato! Ma che diavolo… aspetta, sono loro?- un ragazzo spuntò fuori da una delle tende color militare. Aveva i capelli neri con una cresta verde in cima, gli occhi azzurri e diversi piercing sul volto. Guardava i ragazzi con uno sguardo ebete, come se non avesse mai visto un essere umano.
- Già, sono gli unici sopravvissuti.- spiegò quello, mentre il moro si avvicinava ulteriormente, come per guardarli meglio.
- Ah, e così lui è vivo, eh?- guardò il nero, che rispose con cenno affermativo della testa, cosa che lo portò a toccarsi la mosca che aveva sotto le labbra con le mani. – Bene, mi presento. Io sono Duncan e lui è DJ. Facciamo parte della resistenza ed eravamo venuti qui apposta per salvarvi.- un urlo di gioia, di Julien, emerse dalla folla, mentre ascoltavano quelle parole, che da tanto aspettavano di udire.
- Perché non siete venuti prima?- domandò Nihal, intrecciando il suo sguardo gelido con quello del punk, che ricambiò volentieri.
- Pensi sia facile trovare un’isola deserta senza sapere nemmeno dov’è?- lo sfotté, incrociando le braccia e mettendo il busto davanti. – Allora, non ho voglia di giocare all’amicone, quindi ve lo dico subito: avete presente lui, il signorino Nihal Barlow? Ecco, questo bel ragazzo è stato mandato da Chris MClean, ovvero colui che vi ha rinchiuso lì. – si fermò, per indicare il luogo da cui erano arrivati – Per controllarvi e rendere “più interessanti” le cose. Quindi, in poche parole, è una spia. - il rosso rimase a bocca aperta, mentre gli altri quattro lo guardavano, con un’espressione sconvolta in volto, più di tutti Ace.
- È vero?- domandò, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni. Quello non rispose, grattandosi il collo, come a voler evitare l’argomento, visto che aveva davvero paura di risponderle. – Dimmelo!- urlò, alzando lo sguardo bicolore verso di lui.
-È vero.- tagliò corto, mentre un colpo sulla sua guancia arrivò, direttamente dall’albina, che lo colpì con così forza da fargli voltare la faccia.
- Sapevo che c’era qualcosa che volevi dirmi, ma pensavo riguardasse solo te! E invece tu sapevi tutto!- delle lacrime iniziarono a scendergli dagli occhi, mentre Kynaston e Julien lo guardavano con sguardo arrabbiato, cosa che fece perfino Costance.
- Mi dispiace.- sussurrò, ricevendo però solo un altro colpo, ancora più violento del primo.
- Chi cazzo se ne frega se sei dispiaciuto! Hai idea di cosa hai fatto?- chiese, quasi per farlo sentire apposta in colpa, usando anche un tono molto arrabbiato.
- Mi dispiace interrompere la vostra lite, ma io avrei altro da dire. Voi resterete in vita, ma questo verme lo uccideremo.- si passò la mano sul collo, mimando il gesto dello sgozzamento, mentre l’albina alzava di scatto la testa, come spaventata.
- Non potete farlo!- urlò, stringendo ancora di più i pugni, tanto da farsi dei tagli sui palmi delle mani. Duncan la guardò alzando un ciglio, come se non capisse cosa stesse dicendo.
- Lo hai appena schiaffeggiato e ora lo vuoi anche difendere? Come sono complicate le donne.- si toccò la fronte, per poi passarsi la mano sui capelli e sbuffare, annoiato da tutte quelle perdite di tempo.
- Ha ragione. Sarà pure un traditore di merda, ma è grazie a lui che siamo arrivati qui.- Kynaston , a sorpresa del rosso, sembrava non volerlo morto, anche se l’espressione truce sul suo viso gli faceva intendere che prima o poi glielo avrebbe fatta pagare, confermando il suo pensiero nei confronti del castano, era decisamente maturato.
- Va bene, se insistete tanto allora vi ammazzo tutti.- estrasse una pistola dalla tasca, pronto a colpire, ma in quel momento un oggetto cadde da terra, emanando una nuvola di fumo, e, un istante dopo, Nihal perse conoscenza.
 
Quando si risvegliò si accorse di essere in una grotta, illuminata da delle torce appese alle pareti, e steso su delle foglie. La testa gli doleva e per questo motivo fece fatica ad alzarsi. Vedeva tutto un po’ sfocato, tanto che rischiò di ricadere a terra, riuscendo però a reggersi al muro, e iniziò a percorrere il corridoio davanti a se, anche perché era l’unico. Non appena giunse alla fine una alquanto inaspettata sorpresa lo accolse, tanto che un sorrisetto si formò sul suo volto.
- Keel?- domandò, come per essere sicuro, mentre l’altro gli faceva l’occhiolino e gli veniva in contro. Aveva i capelli rossi, gli occhi neri, era altissimo e un tatuaggio copriva tutto il collo, cosa che lo faceva assomigliare molto a Nihal.
- Ehi, Nihal! Quanto tempo! Sbaglio o mi sembri messo un po’ male?- lo sfotté, con malo gusto, mentre l’altro a stento tratteneva un coniato di vomito.
- Ma vai in culo. – riuscì a dire, prima di iniziare a tossire rumorosamente.
- Cazzo, vi rivedete dopo tre mesi e questa è la prima cosa che vi dite?- da un angolo buio spuntò fuori un altro volto a Nihal conosciuto.
- Rui, perché non vieni qui, invece di rompere il cazzo?- quello si avvicinò, mostrandosi sotto la luce della torcia. Capelli neri, occhi celesti, basso e senza alcun “segno particolare”. Corse incontro al rosso e lo abbracciò, facendolo leggermente spaventare, soprattutto quando sentì il commento da dietro le quinte di un’altra voce, che ben ricordava.
- Smettila di fare il gay, asessuato.- anche Damian si rese visibile, avvicinandosi ai tre. Portava ancora quel cappello sopra i capelli castani, e una magliettina rossa che si abbinava con i suoi occhi verdi.
- Stai zitto, stronzo.- lo sfotté Nihal, facendo ridere gli altri due. – Dove sono gli altri?- chiese, poi, vedendo i loro sguardi abbuiarsi.
- L’albina, quella con i capelli rosa e il rosso sono stati catturati. Siamo riusciti a salvare solo te e il moro, che sta dormendo di là. – lui colpì la parete con un pugno, imprecando – Non ti preoccupare, li riprenderemo.- lo rassicurò Keel, sedendosi poi su un sasso.
- Non c’è un po’ di cose che mi dovete dire? Tipo perché la resistenza vuole uccidermi?- i tre si guardarono, come a decidere chi dovesse comunicargli tutto ciò che avevano passato da quando lo “credevano” morto, alla fine iniziò Keel a parlare, facendogli un riassunto generale della faccenda.
- Allora, dopo che sei “morto” ci hanno portato al quartier generale della resistenza, dove ci hanno addestrato per circa due mesi e mezzo. Poi ci hanno fatti trasferire qui e sono sorti diversi problemi. La resistenza ha affondato la nave di MClean, ha ucciso tutte le persone a bordo tranne lui, che è stato preso in ostaggio. Una sera Damian ha sentito Duncan, il capo dei ribelli, anche se credo che tu abbia avuto modo di conoscerlo, parlare con Chris e dirgli “Dove hai portato Nihal?” la cosa ci fece sospettare qualcosa, così siamo andati a chiederglielo, e ci ha informato che non solo eri vivo, ma che loro volevano ucciderti.- spiegò rapidamente, lasciandolo a bocca aperta.
- Quindi anche Diana lo sapeva?- per la prima volta da quando era lì aveva chiesto di lei, anche se aveva notato la sua assenza sin da subito, ma Rui scosse la testa in segno negativo.
- No, lei ancora non sa nemmeno che ti abbiamo salvato, avrebbe potuto fare qualche azione avventata. Sta dormendo nell’altra stanza.- disse poi il moro, vedendogli abbassare la testa, visto che non aveva minimamente idea di cosa dirle non appena l’avrebbe rincontrata.
- Comunque, sappi che ci siamo staccati dalla resistenza quindi.- fu fermato dal rosso, che gli parlò sopra.
- Me ne sono accorto.-
- Cazzo fammi finire, allora dicevo.- un’altra interruzione.
- Scusami, non volevo.-
- Mi stai prendendo per il culo?-
- Può darsi.-
- Fammi finire, cazzo! Abbiamo salvato MClean e vuole parlarti, ci sono cose di cui non può metterci al corrente a meno che non ci sia tu. – riuscì a dire Rui, dopo le numerose interruzioni da parte di Nihal.
- D’accordo, lo incontrerò subito.- decise di concentrarsi su quello, che era decisamente più importante, anche se si sarebbe dovuto trattenere dal colpirlo al volto molto violentemente, visto quello che gli aveva fatto passare, tra l’altro anche due volte.
- Si può sapere che cos’è tutto questo casino?- e proprio mentre si era convinto di mettere le relazioni in secondo piano, Diana entrò nella stanza, strusciandosi gli occhi, dato che si era appena svegliata, e con addosso dei pantaloncini corti e una maglietta che le lasciava intravedere l’ombelico. Non appena mise a fuoco la scena quasi svenne.
Nihal, proprio quel Nihal che era morto per salvarla era lì, davanti ai suoi occhi. Gli corse addosso, piangendo come una disperata, visto che non capiva. L’aveva visto chiaramente morto, o meglio aveva visto le macerie sotterrarlo. Lui ricambiò l’abbraccio, stringendola a se.
- Sei vivo?- chiese, tra i vari singhiozzi. Le accarezzò la testa, con un’espressione felice in volto e poi, con il tono più dolce che gli riuscì le rispose.
- Sì, sono vivo.- sussurrò quelle parole, mentre la castana continuava a piangere. I suoi occhi verdi non la smettevano di lacrime, perché sorpresa, sollevata e confusa.
- Mi sei mancato.-
- Anche tu. –
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Tadaaaaaaaaaaaan.
Aaron eroe nazionale, Loanne finisce male. Ebbene ecco a voi la resistenza, visto che la volevate tanto XD.
In questo numero abbiamo assistito alla riunione del cast di TDK, ma nel prossimo scioccanti verità verranno a galla, facendovi confondere, in modo cruento.
La fine si avvicina (mancano tre o quattro capitoli), e le verità verranno presto a galla, come lo scontro Ace VS Diana che aspettate tanto.
P.S.: nel caso non abbiate capito bene l’aspetto degli OC presentati, date un’occhiata al capitolo due di Total Drama Killer’s.
P.S.S.: aggiornamento flash post febbre.

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Capitolo 10
*** Capitolo IX ***


In quei tre mesi che non si erano visti Diana era parecchio cambiata, sia di aspetto fisico che caratteriale. I suoi capelli erano cresciuti, arrivandole fino alle spalle, si era alzata di qualche centimetro e aveva perfino un tatuaggio, più precisamente una N tatuata sul polso destro, che risaltava sulla pelle bianca della ragazza. Dopo la presunta morte di Nihal il suo carattere si era indurito, rendendola più determinata di quanto non lo era prima. Però, sul lato sentimentale, non era cambiata, almeno non agli occhi del rosso, che la trovava timida e dolce, tanto da arrivare a piangere.
- Potreste uscire dalla stanza?- chiese ai quattro, che si incuriosirono, pensando che, probabilmente, voleva solamente passare un po’ di tempo con la ragazza ma, cosa che notò Rui, la sua espressione era leggermente triste, come se dovesse dirgli un qualcosa di brutto.
- Che cosa c’è?- domandò, lasciando la presa sulla sua schiena e sollevandosi, continuando ad asciugarsi le lacrime, che le impedivano di vedere bene la figura che aveva davanti.
- Andrò dritto al dunque. Mi sono innamorato di un’altra ragazza e l’ho baciata, anche se non ti ho dimenticata.- a quelle parole la castana reagì di istinto, colpendolo sulla guancia con forza, zona in cui aveva già preso un colpo da Ace e che quindi gli faceva ancora molto male, visto la forza sovraumana dell’albina. – Ah, me l’aspettava.- si toccò il punto dolorante, massaggiandolo più volte.
- Non è il modo migliore di iniziare una conversazione con una ragazza che non ti vede da tre mesi e che ti credeva morto.- un sorriso amaro le si dipinse sul volto, mentre guardandola negli occhi si poteva capire quanto fosse arrabbiata in quel momento.
- Lo so. – rispose, ridendo e contagiando anche l’altra che, per quanto non avesse voglia, fu contagiata da quella risata che non sentiva da troppo tempo.
- Io ti amo ancora.- si passò una mano sui capelli, guardando per terra dalla vergogna.
- Anch’io. Quindi voglio conoscere quella ragazza, poi ce la giocheremo alla pari, infondo non la biasimo se si è innamorata di te. E sappi che io non voglio perdere. – posò una mano sulla bocca, in modo da cercare di bloccare quella risatina che le era presa, che più divertita era amara come il veleno, come il boccone che gli aveva appena fatto mangiare lui. L’amava ancora, ed era sicura che su questo non mentiva, ma non sapeva che tipo fosse la seconda ragazza, se era più bella di lei, più intelligente e più adatta alla esigenze del ragazzo. Di sicuro avrebbe lottato lealmente, ma avrebbe fatto di tutto per non perdere, perché si era innamorata di quel ragazzo dai capelli rossi e pieno di problemi, e non voleva perderlo perché, come le diceva sua nonno, “una vera signorina non perde mai”, motivo per cui a scuola puntava sempre a prendere voti alti, come del resto in ogni attività sportiva.
- Grazie.- i suoi ringraziamenti furono interrotti proprio da lei, che lo baciò a tradimento, chiudendo gli occhi per potersi gustare a pieno quel momento, che tanto aveva sperato arrivasse, anche se sapeva che sarebbe stato impossibile, almeno credeva. Quando si staccarono la guardò sorpreso, pronto a dirle qualcosa, ma lei lo bloccò, mettendogli un dito sulle labbra.
- Hai da fare, no?- domandò, alludendo al discorso che avrebbe dovuto fare con MClean, altra cosa che lo sbalordì.
- Lo sapevi?- chiese a bocca aperta, sempre più incredulo che quella fosse la Diana che conosceva, che in confronto era tanto timida e solitaria.
- Ho sentito qualche spezzone di conversazione non appena mi sono svegliata.- fece una linguaccia in sua direzione e poi gli indicò un vicoletto, dove si trovava il moro, poi si alzò e uscì dalla stanza, sculettando, giusto per attirare la sua attenzione.
- Cazzo, che tipa. – si passò una mano sul volto e poi si sollevò con le braccia, pronto a dirigersi verso il suo “peggior nemico”, o anche comunemente detto suo eterno salvatore, visto che gli aveva effettivamente salvato la vita. Lo trovò girato di spalle, mentre disegnava su una parete con un sasso. Aveva riempito il muro di disegni rurali, come immagini di cervi o altro, come nei tempi antichi.
- Ah, allora sei vivo, Nihal. Vedi questi? Quando tornerò in Canada dirò in giro che questo posto è pieno di oggetti antichi, così ci guadagnerò milioni!- aprì le braccia, come a voler indicare la quantità che di soldi che avrebbe ricevuto.
- Egocentrico come sempre, eh?- incrociò le braccia, sedendosi davanti a lui. – Vai dritto al dunque, dimmi tutto quello che mi devi dire.- fece cenno con la mano di iniziare, così il moro si girò in sua direzione, pronto a iniziare l’odissea che doveva dirgli.
- Ti avviso, questa storia potrebbe turbarti, sei pronto alle conseguenze?- chiese, guardandolo con sguardo serio.
- Certo.- fece anche un cenno positivo con la testa, in modo da sembrare ancora più convinto, cosa che fece piacere all’altro.
- Inizierò dall’inizio, questa storia è di circa venticinque anni fa. Mio padre, un gangster come me, organizzò un “reality della morte” per decidere il suo degno successore. Non ricordo quanti eravamo di preciso, ma una persona mi colpì, a tal punto che me ne innamorai.- si fermò, notando che il ragazzo non era minimamente scosso dalla cosa. – Suppongo tu abbia già trovato il quaderno, vero?- il rosso rispose con un cenno, dato che non voleva interromperlo ulteriormente. – Questa donna era bellissima però aveva un figlio, anche se solo perché era stata stuprata. Sai cos’è un colpo di fulmine, vero? Ecco, credo si possa definire così. Avevamo molte cose in comune e il mio amore era ricambiato, però il clima di quell’isola non era adatto all’amore, così ho fatto qualcosa di spregevole, ma preferirei non parlartene. Quella donna è anche colei che ha iniziato il quaderno e ha scritto quella lettera, perché sì, se te lo stai chiedendo, l’ho letta un milione di volte.- sorrideva amaramente mentre raccontava ciò, cosa che trovò strana.
- Nella lettera parlava di un figlio, è Heather?- chiese, facendolo ridere, come se avesse detto un’enorme cavolata.
- Heather è morta a ventuno anni, mentre la storia che ti sto raccontando è di venticinque anni fa, ricordi?- il rosso aprì la bocca, come se si fosse ricordato di quel dettaglio solo sul momento, oltretutto il tono con cui parlava MClean lo stava mettendo leggermente a disagio. – Quella ragazza era tua madre. E tu sei il bambino di cui si parla in quella lettera.- lo disse velocemente, in modo così rapido che il ragazzo ci mise qualche attimo a realizzare ciò che aveva detto.
- Come?- domandò, ridendo istericamente, come se tutto ciò che stesse dicendo non avesse senso.
- Hai capito bene. Hai letto il contenuto della lettera?- lui ripose di sì, sempre con un cenno – Perfetto, allora sai che dovevo proteggere suo figlio, ciò tu. Ora dimmi, ricordi la ragazza che hai stuprato un po’ i tempo fa e per cui hai passato diversi guai?- continuò, facendolo scioccare sempre di più.
- Sì. – rispose fermamente, quasi come se avesse paura di sentire la risposta. Una volta, dopo aver erroneamente mangiato un gelato contenente dell’alcol, aveva stuprato una ragazza e aveva passato diversi guai per ciò.
- Quella ragazza è morta. E tu saresti dovuto essere ucciso con la pena capitola, visto che non era altro che la figlia di Don Clarson, un altro famoso gangster. Ma io avevo promesso a tua mamma che ti avrei tenuto d’occhio, quindi ti ho fatto.- fu interrotto dal rosso, che si alzò in piedi.
- Tutto ciò che dici non ha senso! Io ho una famiglia.- urlò, disperato.
- Quando hai i soldi puoi anche convincere una famiglia a caso ad adottare un bambino orfano, sai? E poi una vera famiglia allontanerebbe un ragazzino di dodici anni in quel modo? Avevano semplicemente paura di te, perché non sapevano chi fossero i tuoi genitori- tutto tornava e la cosa lo metteva sempre più in confusione. – Dicevo, approfittando della morte di Heather, ragazza che ho adottato, perché dopo tua madre non sono più stato capace di amare nessun’altra donna, ho avuto il consenso di Don per rinchiuderti nella villa, nella quale ho fatto mettere altre dodici persone e sì, ho praticamente fatto guerra allo stato canadese. Dimmi Nihal, perché non hai mai beccato una trappola? Perché, proprio nel momento in cui tutti erano calmi e tranquilli, il tuo lato oscuro si è rivelato, in modo che evitassero così di tentare di ucciderti stupidamente? Ma ora viene il bello. Nel mio testamento saresti tu a ereditare tutto. Duncan, il capo della resistenza, lo ha saputo, così ha fatto bombardare la villa, nel tentativo di ucciderti e con la scusa di “salvarvi da me”, direi che c’è anche quasi riuscito. E poi, ultimo ma non meno importante, perché Chris MClean, criminale ricercato dalla polizia canadese, dovrebbe tornare in un luogo dove poco prima è stata la polizia senza alcun motivo? Ero ovviamente venuto lì per te, sperando che fossi vivo.- rise, asciugandosi il sudore dalla fronte, perché quella conversazione era veramente snervante.
- Non capisco. Io non riesco a capire!- si portò le mani sui capelli, respirando affannosamente, mentre cercava di rielaborare nella testa quell’infinita quantità di informazioni di cui era venuto a conoscenza.
- Insomma, era tutta una falsa. Si la tua avventura nella villa che quella sull’isola.- intrecciò le dita tra loro, guardandolo fisso negli occhi.
- Sull’isola?- solo allora si accorse di essersi dimenticato una parte, cosa che lo fece sobbalzare.
- Cavoli, è vero non te ne ho parlato, scusami.- si scusò rapidamente, per poi riprendere il discorso. – Ho cercato di approfittare della tua “falsa morte” per far perdere definitivamente le tue tracce e permetterti poi di vivere una vita felice. Ti ho spedito su un’isola ma la resistenza ha abbattuto la nave in cui viaggiavo, ovvero quella che doveva portarvi i viveri, e poi qualcuno ha fatto la spia. Ti ricordo che ti abbiamo tenuto d’occhio dall’inizio alla fine.- continuò a ridacchiare, probabilmente per il nervoso, mentre il rosso assottigliava gli occhi.
- Ma non c’erano telecamere!- ribadì lui, ripensando a quante volte le aveva cercate.
- E invece sì, solo che erano spente e ben nascoste. Quello stronzo di Nelson è riuscito ad attivarle grazie a un nerd che si è portato dietro. Comunque, ti dicevo, hai presente Tessa, quella povera ragazza a cui hai frantumato il cranio? Bene, se tu eri la spia, lei era la spia che doveva spiare te, scusami la ripetizione. Secondo te perché una ragazza dovrebbe provare a ucciderti dopo appena quattro ore, rischiando di mettersi tutti contro? L’unico inconveniente era che non sapeva del tuo problemino, quindi ci è rimasta fregata. Il suo compito era di ucciderti nel caso qualcuno sospettasse di te, oppure se stessi in qualche modo soffrendo.- questa volta fu Nihal a ridere, perché la situazione gli stava leggermente sfuggendo di mano, e rischiava di non capirci più niente.
- Quindi tu saresti il buono?- gli chiese, tappandosi un occhio con la mano.
- Oh, assolutamente no. Io sono quella persone che, per difenderti da morte certa, ho fatto decedere attualmente – si fermò, contando quante persone avevano perso la vita in quell’odissea con le dita – diciassette persone, credo. Inoltre si mi sono messo contro la polizia, resistenze varie e anche l’altro gangster, perché ha scoperto che tu non sei morto. Ma ne vale la pena, infondo glielo avevo promesso.- non fu chiaro riguardo a chi si riferisse, ma Nihal si fece una mezza idea.
- Suppongo debba ringraziarti, vero?- domandò, calmandosi e puntando lo sguardo verso il basso, con tono malinconico.
- Oh, no, non devi. Sono io a dovermi scusare per averti fatto affrontare tutto questo, ma non potevo dirtelo, almeno non ancora. Sai, pensavo a un finale come quello dei film, dove io in punto di morte ti rivelavo tutto e poi ti lasciavo un’intera comunità mafiosa tra le mani, ma forse tutto ciò era abbastanza fantascientifico.- tutti e due sorrisero all’unisono, per l’orribile battuta del moro che, se non fosse stato per quella situazione, probabilmente non avrebbe mai scaturito nemmeno una smorfia al rosso.
- Com’era mia madre?- ancora non lo accettava, era confuso, ma adesso non era il momento per deprimersi, quindi stava cercando di sviare l’argomento, in modo da poter evitare di pensare a tutti i dubbi che gli attanagliavano la mente.
- Bellissima, quando torneremo nel mio ufficio ti faccio vedere una foto. – scherzò, rendendosi poi contro del tono confidenziale e amichevole con cui stavano parlando, ridendo sotto i baffi.
- Lo spero.- si alzò, pronto a tornare dagli altri.
- Sai cosa dobbiamo fare, vero?- lo sguardo di Chris diventò serio, come quello di Nihal, che si voltò in sua direzione con un’espressione decisa in volto.
- Ne sono consapevole. Solo un’ultima cosa, MClean.- lo guardò negli occhi, come a minacciarlo – Non dare per scontato che io ti creda.- il moro si mise a ridere, mentre lui usciva velocemente dalla “stanza”, se così si poteva chiamare quel buco illuminato a malapena da una torcia.
In quel momento si sentiva come svuotato dall’interno. L’unica cosa a cui riusciva a pensare era come fosse stato magnificamente preso in giro, prima dalla resistenza e poi da MClean. Aveva creduto a quel punk da strapazzo, motivo per cui era quasi morto, senza avere nemmeno un dubbio, anche perché ancora non era a conoscenza di essere l’erede di Chris. Anche quello era un problema, in breve sarebbe dovuto diventare il leader di un’associazione mafiosa, andando in giro a commettere crimini e cose simili, ma avrebbe potuto sempre cedere tutto a qualcun altro, visto che non era minimamente interessato a diventare un criminale, infondo l’obiettivo della sua vita era quello di “essere una persona qualunque”, intrappolato in quelle quattro mura che la società ha deciso di chiamare normalità, una stanza buia senza luce.
- Avete finito?- chiese Keel, appoggiato al muro con la schiena e con le braccia incrociate, mentre lo guardava con sguardo preoccupato, vista l’espressione che aveva in volto.
- Sì. - tagliò corto, sedendosi a terra e aspettando che qualcuno iniziasse una conversazione.
- Quindi, qual è il piano?- domandò Rui, poggiando il braccio sul ginocchio e osservando Keel, che doveva essere il leader del gruppo, con espressione curiosa.
- Adiamo la, gli spacchiamo il culo e ci riprendiamo gli ostaggi, no?- rispose Damian, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
- Certo, e già che ci siamo ci beviamo pure un caffè.- lo sfotté il moro, facendo ridere gli altri.
- Innanzitutto loro sono una decina, noi sei, quindi già sarà difficile tenergli testa, in più sono armati fino al collo. Useremo la stessa strategia dell’altra volta. Capito?- tutti fecero un cenno d’assenso, tranne Nihal, che si girò intorno dato che non capiva a cosa si riferissero – Ah, giusto. In pratica facciamo un prendi e fuggi.- il rosso spalancò la bocca, ricordando ciò che era accaduto quando l’avevano salvato.
- Kynaston ancora non si è svegliato?- domandò, con un tono leggermente preoccupato, facendoli voltare verso di lui.
- Kynache?- ovviamente Damian non poteva non commentare in modo sarcastico quella frase, visto che effettivamente il nome del ragazzo era molto singolare e i ricchi erano i suoi bersagli preferiti.
- Il castano.- spiegò, guardando poi Keel, che però scosse la testa.
- No, non ancora.- rispose poi, seguendo con lo sguardo il rosso, che si stava alzando probabilmente per andarlo a chiamare.
Kynaston stava ronfando beatamente, con la mano sulla pancia e completamente fuori dalla coperta che avevano steso a terra per non farlo sporcare, cosa che non si addiceva a un “patrizio” come lui. Gli afferrò le spalle e le scosse violentemente, trattenendo una risata quando quello, svegliatosi di soprassalto, cacciò un gridolino da donna, che non gli si addiceva per niente.
- Dove siamo?- domandò, alzandosi lentamente e toccandosi la testa. Si massaggiava le tempie con gli indici, mentre faceva forza con le gambe per alzarsi, aiutato dal rosso.
- Non lo so di preciso, ma hanno rapito Costance, Julien e Ace. Dobbiamo riprenderceli, vieni di là che ti spieghiamo il piano.- gli disse rapidamente, venendo però bloccato dal castano, che lo prese per la maglietta.
- Sei pentito per ciò che hai fatto?- chiese, con tono brusco, stringendo ancora di più la presa sul tessuto. L’altro nemmeno si voltò per rispondergli, preferendo non metterci la faccia.
- No, non mi pento di questa scelta. Mi spiace solo che voi abbiate dovuto pagarne il prezzo.- dopo aver sentito quelle parole Kynaston lasciò la presa, senza nemmeno rispondergli, perché di parole non ne aveva più. Ora doveva pensare ai fatti e ad agire.
 
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Il capitolo è corto. Eh già, probabilmente il più corto che io abbia mai scritto, però devo dire che mi sembra ieri quando, appena iscritto al sito, per me scrivere una pagina era già tanto, davvero bei tempi XD.
Ho deciso di “spezzarlo” in due, perché molti di voi potrebbero non capire il ragionamento che ho fatto sulla storia, se avete bisogno di chiarimenti non esitate a chiederlo.
Come sempre vi ringrazio della visione e vi ricordo che sono disponibile a eventuali vostre idee riguardo l’andamento della storia.

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Capitolo 11
*** Capitolo X ***


- Allora, te lo chiedo un’altra volta.- fece una pausa, così da rendere di più l’idea – Dove cazzo sono andati quei coglioni?- domandò, con tono aspro e arrabbiato, battendo il piede di porco contro la sua mano, come  a minacciarlo.
- Non lo so! Siamo appena arrivati su quest’isola!- la voce bassa, delle leggere imprecazioni e un tono sottomesso, ecco come era stato ridotto Julien ai membri della resistenza. L’avevano portato in una tenda con la forza e poi, dopo averlo legato a una sedia, era iniziata la tortura, che più andava avanti a più diventava crudele, passando dal gettare un secchio d’acqua sulla sua faccia coperta da un panno a infilargli numerosi aghi sulla schiena. In quel momento era arrivato al “settimo livello”, come gli aveva esplicitamente detto quel punk maledetto, che continuava, senza mostrare pietà o disgusto per ciò che stava facendo, a infliggergli delle torture disumane.
Dopo il panno bagnato aveva preso un dado e, dopo averlo lanciato, gli aveva staccato tanti denti quanti il numero uscito, in quel caso due, questo sadico gioco fu ripetuto per ben tre volte, portandogli via undici denti su trentadue, e poi, con un sorriso alquanto malato sul volto, gli aveva versato dell’alcol in bocca, in modo che disinfettasse il tutto facendolo soffrire.
Poi era stato il turno degli aghi, prendeva i piccoli oggetti di metallo, li scaldava con l’accendino e glieli conficcava nella schiena. La regola era semplice: ogni volta che si lamentava o diceva una singola parola la quantità di aghi che avrebbe infilato nella sua schiena sarebbe aumentata di dieci, e al momento aveva ben ottanta buchi, visto che poi li aveva rimossi, il tutto per versare dell’acqua ossigenata sulle ferite.
La quarta tortura riuscì a malapena a sopportarla, visto che il gioco consisteva nel tagliargli un dito ogni volta che rispondeva “Non lo so” a una domanda, inutile dire che glieli aveva tagliati tutti, perché la richiesta era “Dove sono andati gli altri” e lui, ovviamente, non lo sapeva.
E, proprio quando pensò che avesse raggiunto il peggio, il punk tirò fuori il suo vero repertorio. Prese un verme e glielo infilò nell’orecchio, sorridendo quando il rosso iniziò a muoversi come un matto, nel vano tentativo di farlo uscire, senza tuttavia riuscirci. Quella era sicuramente la tortura meno dolorosa, ma al livello psicologico la peggiore. Si lamentava di continuo, dicendo di “sentire dei rumori”, cosa che faceva sbellicare dal ridere il verde, che ghignava, come se fosse contento del fatto che il rosso non gli rispondesse di modo che potesse continuare con quel “passatempo”, perché lui lo riteneva ciò.
Julien non riuscì a spiegarsi bene come una mente umana potesse anche solo immaginarsi una tortura come quella che gli fece provare il punk, ovvero la sesta. Questo prese sette chiodi e un martello e poi, con forza smisurata, glieli conficcò  cinque nel petto, formando un pentagono, mentre gli altri due glieli conficcò nei capezzoli, ridendo come un pazzo non appena il rosso iniziò a gridare di dolore, mentre cercava di calmare i respiri irregolari che faceva, dovuti all’atroce dolore che stava provando. Oltretutto ogni volta che chiudeva gli occhi Duncan gli tagliava un dito dei piedi oppure lo usava come campo da freccette, colpendolo con violenza e facendo conficcare le puntine di ferro all’interno della carne dello sventurato, ch era costretto a subire, poiché legato a una sedia, con le manette ai piedi e ai polsi. Il pazzo prese un filo di rame e lo incastrò nei chiodi e poi, guardandolo fisso nei suoi occhi verdi, tirò fuori un teaser, facendogli intuire cosa volesse fare. Julien nemmeno rispose, tanto sapeva che sarebbe stato solo uno spreco di fiato, perché in quelle cinque ore glielo aveva detto un sacco di volte di smetterla, facendolo però solo esaltare di più. Non appena la punta del teaser entrò a contatto con il chiodo il ragazzo iniziò ad avere i brividi per poi iniziare a soffrire a causa della folgorazione. Smise dopo un minuto, giusto il tempo che il petto del malcapitato si fosse riempito di lividi.
E poi arrivo la settima, e ultima, tortura. Prese il piede di porco e lo colpì sugli arti, rompendoglieli.
- Allora, ti muovi a rispondermi?- domandò, toccandogli con la mano il braccio, in modo a farlo urlare il più possibile.
- Non lo so! Cazzo, ti ho detto che non ne ho idea!- strillò, continuando a piangere disperatamente. Questa risposta, secondo il punk troppo insolente, gli costò un colpo, alquanto forte, sul volto con il pezzo di ferro, che gli fece sputare altri tre denti.
- Basta, mi sono rotto le palle.- sussurrò, come se tutto quello fosse stata una partita a un videogioco o simili, poi impugno il piede di porco con presa salda e lo conficcò nel petto del ragazzo, lasciandolo senza fiato, infine, con un gesto veloce, attaccò il teaser all’arnese, uccidendolo con la scossa. In suoi ultimi istanti furono così veloci che non riuscì nemmeno a “pensare a cosa stesse accadendo”. Sicuramente il suo peccato era la superbia, ma nessun’essere umano meritava una fine del genere, non in quel modo.
Non appena il punk fu sicuro che il ragazzo fosse deceduto uscì dalla tenda, senza nemmeno chiuderla. Fuori ad aspettarlo c’era una ragazza, dai capelli neri e blu, appoggiata a un albero e con un’espressione disgustata in volto, che lo guardava male.
- Ti sei divertito, eh?- iniziò acida, andandogli in contro, mentre questo continuava a ridere.
- Esatto, è stato molto divertente.- rispose lui, solo per provocarla, difatti ricevette uno schiaffo sulla guancia, che lo fece voltare dall’altra parte, senza però fargli perdere quel ghigno sul volto.
- Ma che cazzo di problemi hai? Non c’era bisogno di ucciderlo ne tanto meno di torturarlo! Sapevi che non poteva dirti niente! Li hai tenuti d’occhio fino a ieri, cazzo!- lo sbatté contro l’albero, incurvando le ciglia, per sembrare ancora più arrabbiata, ma lui, per tutta risposa, capovolse le posizioni e la baciò in bocca, sorprendendola.
- Se ti senti frustrata sessualmente basta chiedere, una scopata non si nega a nessuno.- le sussurrò all’orecchio, tenendole il mento con l’indice e facendola arrossire.
- Ti sembra questo il modo di trattare una ragazza?- una terza voce, proveniente da dietro di loro, li fece voltare. Un ragazzo dai capelli biondi e occhi celesti gli veniva incontro, con le braccia incrociate e un sorriso beffardo sul volto, come a voler sfottere i due.
- Senti Geoff, ti ho salvato la vita una volta, quindi non ci metto niente a riprendermela e ad ammazzarti una volta per tutte.- scherzò il punk, colpendolo con un pugno sul petto, con forza appositamente moderata, con fare amichevole.
- Quella volta ero quasi morto, cazzo. Mi dispiace solo per Trent, era un bravo ragazzo.- abbassò lo sguardo, ripensando a quando MClean aveva inviato i suoi scagnozzi nell’edificio in cui alloggiavano i due per tenere d’occhio la villa, uccidendo il suo compare, mentre lui si era miracolosamente salvato grazie all’arrivo di Duncan sul luogo.
- Nah, era un coglione. Ma puoi farti ammazzare in quel modo?-si accese una sigaretta, appoggiandosi a un albero, attendendo che o il biondo o la mora riprendessero la conversazione.
- Duncan! Duncan!- una voce, proveniente dal dentro dell’accampamento, lo fece voltare verso sinistra. DJ stava correndo in sua direzione, con il mitra in mano e lo sguardo preoccupato.
- Che cazzo c’è? Mi stavo rilassando.- sbuffò annoiato, battendo un pugno contro la superficie ruvida del legno con rabbia.
- Li abbiamo trovati.- lo informò con voce seria. Il punk gettò la sigaretta a terra, facendo cenno ai due di seguirli.
 
- Allora, ripassiamo il piano. Rui getterà la cortina, Nihal, Diana e Kynacoso salveranno i sopravvissuti mentre io e Damian attireremo l’attenzione.- Keel muoveva freneticamente il braccio, in evidente stato di tensione, mentre squadrava uno a uno tutti i “membri del gruppo”.
- Ehi, un po’ di rispetto.- brontolò Kynaston gettando le mani sul petto e facendo il broncio, offeso. Ignorarono questa affermazione, probabilmente perché svagarsi troppo non sarebbe stato un bene, non in quella situazione. Dovevano restare concentrati, altrimenti rischiavano di fallire, dato che i nemici erano il doppio di loro. A un certo punto Rui si alzò in piedi, cercando di motivare tutti con uno dei suoi soliti discorsi.
- Ragazzi ce la possiamo fare, infondo sono solo degli stupidi idioti che.- il rumore di uno sparo e il suo discorso si interruppe a metà. Una macchia rossa cominciava a espandersi sul petto del moro, costringendolo ad accasciarsi a terra.
- Chi erano gli stupidi idioti?- Duncan, ancora con la canna fumante per via del colpo, fece il suo ingresso nella grotta, girandosi la pistola tra le mani. Rideva con tranquillità, mentre i cinque rimasti lo guardavano a occhi spalancati.
- Come hai fatto a trovarci?- Keel si alzò in piedi disperato, mentre dalla sua fronte iniziavano a scendere delle gocce di sudore freddo, proprio come quel momento dall’atmosfera così glaciale. I suoi occhi neri erano puntati verso quelli azzurri del punk, come se ci fosse un’attrazione reciproca, visto che non riusciva proprio a interrompere quel contatto.
- Già, chissà. Damian, tu hai qualche idea?- tutti si voltarono in direzione del biondo, che lo guardava con le braccia incrociate, cercando di tenere ferma  la gamba, che continuava a muoversi per l’agitazione che stava provando in quel momento.
- Damian? Sei stato tu?- domandò con voce tremante Nihal, sempre con lo sguardo rivolto in sua direzione, come tutti i presenti nella grotta del resto.
- Sì. - rispose seccamente, voltandosi verso i suoi, ormai ex, compagni con un’espressione seria in volto, come se non si pentisse di ciò che aveva fatto.
- Ma che cazzo ti è preso?- strillò il rosso, colpendo la parete con un pugno, mentre lo guardava con astio.
- Forza non hai capito il perché mi sono unito alla resistenza. Io voglio uccidere MClean, non mi frega un cazzo del resto! E se tu lo vuoi vivo perché aveva delle “intenzioni nobili” a me non frega assolutamente niente, perché è colpa di quella merda se Elly e Suzanne sono morte e io non intendo perdonarlo!- strillò, in direzione di Keel, che lo guardava sempre più allibito. Per tutto il tempo non aveva voluto altro che uccidere Chris, per tutto il tempo era stato dalla parte del nemico. La sete di vendetta lo aveva prosciugato, portandolo a compiere un gesto sconsiderato, come dare supporto a delle persone del genere e a tradire i suoi amici.
- Bene, ora che il gruppo è venuto a conoscenza del colpevole, direi che è tempo di finirla. Ah, giusto, Keel caro, dovresti imparare a bloccare i tuoi ricevitori, altrimenti è troppo facile accedervi.- Duncan, e così tutti gli altri dietro di loro, puntarono le loro armi in direzione del gruppo, pronti a fare fuoco. – Al mio tre. Uno. Due. Tre.- proprio nel momento in cui sussurrò quelle parole un alone di fumo si sollevò in aria, rendendo impossibile vedere nulla all’interno della grotta.
- Scappate!- una voce, di Keel, si propagò per tutta la grotta, mentre il piccolo gruppo tentava di uscire, ignorando  i continui spari provocati dal gruppo del punk, che cercava di mirarli alle cieca. Il rumore degli spari si confondeva con quello dei numerosi passi compiuti dai cinque, che cercavano di scappare. Dopo circa cinque minuti la cortina aveva cessato di funzionare, rendendo possibile vedere chi era stato colpito. A terra, a eccezione del corpo del moro che aveva ucciso prima, c’era anche quello di Keel, che però era ancora in vita, anche se ferito da numerosi colpi su tutto il petto.
- Oh, a quanto pare il leader del gruppo non è riuscito a scappare, eh?- lo sfotté Duncan, causando le risate dei suoi compari, mentre con il piede premeva sulla sua pancia, aumentando la fuoriuscita del sangue. Questo tossì rumorosamente, mentre continuava a gemere, impotente davanti a così tante persone, consapevole che sarebbe morto lì, in quel posto così squallido.
- Tanto p-perderete. V-Voi non potete b-batterli, perché il male perde sempre, no?- domandò, senza nemmeno sapere più cosa stesse dicendo. Era confuso e si sentiva svenire, il suo corpo era sempre più pesante e il sangue che gli bagnava il braccio era caldo, talmente tanto da cullarlo come se fosse sotto delle coperte.
- Ma va a quel paese. Non siamo mica in una fiction.- sputò acido, per poi aumentare la forza con la quale stava schiacciando il rosso, fino a farlo morire dissanguato. Guardò con disprezzo il cadavere e poi, con un cenno della testa in direzione di Damian, gli fece capire di andare da MClean, per finire ciò che aveva iniziato. Con passo lento si avviò verso l’altra stanza, tenendo la pistola con presa insicura, come lo era del resto il suo sguardo. Per quello, per quel momento aveva fatto morire due dei suoi compagni e probabilmente avrebbe causato la morte anche degli altri tre rimanenti.
Deglutì, prima di rendersi visibile agli occhi del moro, che lo guardava con un sorriso beffardo in volto.
- Ah, e così alla fine hai deciso di tradire chi ti aveva salvato, eh?- si mise composto, pronto a morire.
- Stai zitto. È colpa tua.- urlò, scuotendo la pistola, come a fargli capire la sua posizione rispetto a lui.
- No, non è colpa mia. Sei stato tu a far venire il nemico qui. Di conseguenza io non c’entro nulla.- alzò le spalle, nell’ormai ovvio tentativo di provocare ulteriormente il biondo.
- Se solo tu non ci avessi rinchiuso lì Elly sarebbe ancora viva!- urlò, mentre dai suoi occhi cominciavano a uscire delle lacrime per via della disperazione.
- Se tutto ciò non fosse accaduto tu non l’avresti conosciuta. Di conseguenza non te ne saresti innamorato.- Damian iniziò a tremare, soffocato dai singhiozzi, senza però distogliere lo sguardo dal moro.
- In breve è solo grazie a me se l’hai conosciuta. Comunque, volevo dirti una cosa prima che mi “fucilassi”.- si fermò, per fare il verso delle virgolette con le mani – Hai presente, quel moretto che era qui prima? Ecco, lui è il cugino della tua adorata Elly. Ed era il suo unico parente di sangue rimastole. Ciò significa che prima hai rischiato di far morire una persona molto importante per la tua amata.- intrecciò le dita tra di loro, mentre quello continuava a guardarlo, come se non capisse bene cosa stesse succedendo.
- Cosa dovrei fare?- domandò, mentre le lacrime che gli cadevano dagli occhi continuavano ad abbattersi sul terreno, creando delle piccole chiazze scure.
- Cosa avresti dovuto fare. Ti sarebbe bastato avere fiducia nei tuoi compagni, ma hai preferito pensare a ciò che per te era più importante, ma che non valeva il prezzo pagato.- un rumore sordo e, non appena il biondo riaprì gli occhi, il corpo di MClean era a terra, con un buco in testa e un’espressione stupita in volto. Cacciò un urlo spaventato, visto che non si aspettava l’intervento di qualcuno, che si scoprì essere il punk.
- Mah, che stronzate. Muoviti, dobbiamo andare ad ammazzare il rosso.- si accese una sigaretta, dirigendosi poi verso l’uscita con il suo gruppo, calciando anche il cadavere del rosso a terra. Uscirono dalla grotta, per tornare in direzione delle macchine, così da poter tornare alla base.
- Capo, Harold è svenuto e manca una macchina.- la voce di un sottoposto lo costrinse a voltarsi in sua direzione.
- Cosa? Ma che cazzo! Vabbè, tanto su quest’isola di merda non c’è il codice strdale.- proprio mentre diceva così sentì un dolore lancinante al braccio. Un proiettile l’aveva colpito, prendendolo alla sprovvista. – Porca puttana! Un’imboscata! State giù!- urlò, mandando in panico i soldati, che cercarono di nascondersi dietro le auto. Alcuni furono colpiti e uccisi sul momento, cosa che fece assai adirare il punk.
- Duncan, siamo sotto attacco.- urlò DJ, poco prima di venire colpito allo stomaco, accasciandosi a terra tra le numerose urla di dolore.
- Maledizione!- si gettò al fianco del nero, trascinandolo in un lato che riteneva sicuro, così da cercare i curarlo – Non mi puoi morire così! Forza, resta sveglio!- urlò, colpendolo con dei leggeri schiaffetti sul volto, per non farlo addormentare.
- E-Ehi, l’hai detto. I-In g-guerra queste cose succedono.- sussurrò, per poi sputare del sangue, che finì sulla sua divisa militare, macchiandola ulteriormente, poi chiuse gli occhi, lasciandosi collare tra le braccia della morte. Il punk stentava a crederci, continuava a scuoterlo e a chiamare il suo nome, come se stesse semplicemente dormendo, perché non avrebbe mai accettato la sua morte, non la sua. L’aveva sostenuto in ogni suo piano, aiutandolo come meglio poteva. Era una spalla, era un amico, era un compagno.  Vederselo morire così, davanti agli occhi senza poter fare nulla, questa doveva essere la punizione che il diavolo aveva deciso di affibbiargli, crudele e cruda. Si alzò con lentezza, rischiando di andare a sbattere contro la jeep e poi, con un gesto furtivo, estrasse la granata dalla cintura e la tirò verso la foresta, ovvero da dove provenivano gli spari.
- Figli di puttana! Uscite fuori!- un’esplosione enorme coprì le sue parole, mentre si apprestava ad avvicinarsi all’esplosione, per poter vedere chi, oltre ai tre sopravvissuti, li stesse attaccando, perché ci doveva essere per forza qualcun altro. Sgranò gli occhi nel momento esatto in cui vide il volto del traditore. – Gwen! Ma che cazzo! Proprio tu?- si avvicinò ulteriormente alla dark, la quale era ferita alla gamba per via della bruciatura, per cui era impossibilitata a muoversi. – Hai fatto morire DJ! Dammi una cazzo di spiegazione!- urlò, schiacciandole la ferita con il piede.
- Non mi piace il tuo modo di lavorare!- strillò, spostandosi rudemente.
- Ma che dici? Lavoro come tutti gli altri.- alzò le spalle, anche se ferite, battendo poi sulle cosce, come annoiato.
- Torturare gli ostaggi come fai tu è da malati!- non appena udì quelle parole prese la dark per il collo e la sollevò, stringendo sempre di più.
- Sul serio? Beh, peccato che non ho tempo, altrimenti ti sarebbe toccato.- estrasse la pistola e la colpì in testa, uccidendola sul colpo, poi gettò il cadavere a testa, ma in quel momento un rumore di sparo attirò la sua attenzione. Cameron, un ragazzino basso, gracile, dalla carnagione scura come gli occhi e con gli occhiali, gli aveva sparato, mancandolo. Duncan lo guardò alzando un ciglio.
- Muori!- urlò, sparando altri colpi, ma sempre mancandolo, visto che di esperienza non ne aveva, dato che lavorava solo in laboratorio oppure come medico.
- Hai perso la tua occasione.- con un gesto rapido estrasse il coltello dalla cintola e corse incontro al ragazzo, squarciandogli la gola con un colpo deciso, uccidendolo sul colpo. Si guardò intorno, notando chi fosse sopravvissuto e chi no. Della sua squadra c’era solo lui, mentre i traditori erano sicuramente andati a salvare gli ostaggi, per poi scappare. Salì su una jeep, pronto a partire, ma qualcuno di strano attirò la sua attenzione. Dal veicolo uscì fuori Damian, completamento illeso, che si era rifugiato all’interno, così da poter evitare ogni sparo.
- Sono tutti morti?- chiese, con le lacrime agli occhi, ottenendo solo un segno d’assenso dal punk.
- Muoviti, devi venire con me, dobbiamo farli fuori.- ordinò, notando che però il biondo non si era mosso di un millimetro – Che stai aspettando?- domandò, impaziente di partire.
- Io non vengo, non voglio più tradirli.- strinse i pugni, convinto di ciò che diceva.
- Ah, che palle, ora mi tocca ucciderti.- i due estrassero la pistola all’unisono, sparando. Il punk si toccò la spalla, ovvero il punto ferito dal colpo, mentre il biondo cadde a terra con un tumore sordo, causa una ferita proprio al centro della fronte, che gli aveva causato morte istantanea – Mocciosi di merda.- dopo essersi sfogati partì, in direzione del campo.
 
 
- Ace stai bene?- Nihal entrò nella tenda, slegando l’albina, che gli saltò in collo, in lacrime.
- Ci hai messo troppo.- disse, tra un singhiozzo e l’altro, mentre il rosso la abbracciava per calmarla.
- Dove sono Julien e Costance?- domandò, evitando ulteriori perdite di tempo, visto che avevano giusto una decina di minuti prima che il punk li avesse raggiunti, a meno che Gwen non fosse riuscita a ucciderlo, cosa che vedevano altamente improbabile.
- Costance dovrebbe essere in un’altra tenda, mentre Julien l’hanno portato da una parte, ma non so di preciso dove.-  spiegò, tentando di ricordare se il ragazzo che l’aveva preso avesse detto qualcosa riguardo alla posizione in cui avrebbe scortato il rosso, senza però giungere a nulla.
- Lui è morto e, sinceramente, non vi consiglio la visione del suo cadavere, è un qualcosa di piuttosto schifoso.- Geoff entrò nella tenta, con Costance in braccio, visto che quella non accennava minimamente a muoversi, avvisando i due del deceduto.
- Ehi, biondino, spiegami perché ci avete aiutati. Non eravate dalla parte del pazzo?- chiese Nihal, alzandosi da terra e scuotendo i suoi jeans, impregnati di polvere.
- Hai detto bene, è un pazzo, motivo per cui abbiamo preferito tenere la nostra coscienza il più pulita possibile. In breve non siamo d’accordo con i suoi metodi.- fece cenno ai due di seguirlo, per poterli finalmente salire sulla nave che li avrebbe condotti alla “civiltà”.
- Quanti siete?- chiese Ace, massaggiandosi i polsi, visto che li aveva tenuti legati per tre ore circa.
- Eravamo in cinque, ma due sono rimasti lì a sparare al nemico, quindi per ora siamo in tre.- spiegò, continuando a camminare in direzione dello scafo – Eccoli, lei è Bridgette e lui è Noah.- indicò i due con la mano, presentandoli. La prima era una bellissima ragazza, dai capelli biondi e gli occhi verdi, con un fisico meraviglioso, ma alquanto bassa, mentre il secondo era palesemente di origini indiane, con i capelli scuri come gli occhi, la carnagione abbronzata e uno sguardo inespressivo sul volto.
- Senti, Geoff, rimandiamo le presentazione a dopo.- tagliò corto l’indiano, che si limitò a stringere la mano ai due rapidamente, gesto compiuto poi anche dalla bionda.
- D’accordo, pensiamo a scappare.- concordò lui, con sguardo serio in volto.
- Mi ci vorranno dieci minuti per fare il pieno.- spiegò Noah, facendo deglutire i tre, consapevoli che quasi sicuramente non avrebbero avuto tutto quel tempo, motivo per cu spinsero i due a darsi una mossa.
- Vi aiuto anch’io. – Geoff li seguì, sperando di poter contribuire, magari accelerando i tempi.
- E così è lei, vero?- Nihal e Ace si girarono, sentendosi chiamati. Davanti al loro c’era Diana, con le braccia incrociate e un’espressione curiosa nel viso, che si avvicinò all’albina guardandola attentamente. – Occhio bicromatico, eh?- si poggiò la mano sul mento, esaminando le caratteristiche di quella che ormai era la sua rivale.
- Lei è Diana, la ragazza di cui ti ho parlato.- non appena udì quelle parole Ace fece lo stesso, ovvero si voltò in sua direzione e la esaminò da cima a fondo, tenendo quel sorriso beffardo che la caratterizzava maggiormente sul volto.
- Ah, quindi è la mia avversaria.- si lasciò sfuggire, assottigliando lo sguardo, decisa a vincere, come lo era del resto la castana.
- Sullo scafo avremo tempo per decidere.- la castana le puntò il dito, ma in quel momento un rumore assordante attirò la loro attenzione. Ace cadde a terra con un tonfo sonoro, mentre un figura usciva da un cespuglio.
- Siete stati lenti, troppo lenti!- strillò quella, che si rivelò essere Duncan, il quale teneva un mitra in mano, l’arma con cui aveva colpito la malcapitata.
- Diana, scappa e portati Ace dietro, vi raggiungo dopo.- disse rapidamente il rosso, con il cuore che gli batteva in gola.
- Non posso lasciarti qui!- provò a convincerlo, perché quasi sicuramente quello chi avrebbe rimesso le penne e lei non poteva accettarlo.
- Non abbiamo più tempo! Vattene subito!- la castana si mise l’albina sulle spalle e si incamminò verso la barca, correndo il più veloce possibile. Il rosso, invece, si incamminò verso il punk, il quale teneva il mitra puntato verso di lui, seppure il suo avversario fosse disarmato.
- Scusami, mi piacerebbe giocarmela alla parti con te, ma ho da prendere una barca.- sparò un colpo, ma il rosso lo schivò, nascondendosi dietro una tenda. Rapidamente partì al contrattacco, lanciandogli un sasso e saltandogli poi addosso, facendogli cadere il mitra.
I due iniziarono a picchiarsi a pugni, dove però il punk era sempre avvantaggiato, visto l’addestramento ricevuto, cosa che svantaggiò molto Nihal. Duncan si mise sopra di lui a cavalcioni, colpendolo con ferocia sul volto e facendolo macchiare completamente i sangue ma poi, con un gesto veloce della gamba, il rosso ribaltò la situazione, riuscendo perfino a colpirlo in volto, danneggiandogli il naso. I due si alzarono, aspettando il momento opportuno per attaccare visto che erano a due metri di distanza e la prima mossa era sempre la più rischiosa. Però, improvvisamente, il punk si mise a ridere, per poi estrasse dalla cintola una pistola e, senza nemmeno fiatare, sparare al rosso sullo stomaco, prendendolo in pieno.
- Te l’ho già detto, non ho tempo, quindi ti uccido subito.- prese la mira sulla testa, sperando di ammazzarlo sul colpo, ma il suo proiettile non colpì il bersaglio, perché qualcuno si mise davanti.
Diana, che aveva lasciato l’albina sulla barca ed era tornata indietro, cadde a terra, colpita sulla fronte, morendo sul colpo. Il rosso sentì come uno strappo al cuore, mentre la castana cadeva a terra, ormai senza vita. Si alzò di colpo gettando il punk a terra con una spinta e poi inizio a colpirlo in faccia. Infine, con un gesto rapido della mano, prese la pistola e gli sparò un colpo sul cuore, uccidendolo.
Con le poche forze che gli rimanevano si alzò e si sedette accanto al corpo della castana. Le prese la mano e poi, lentamente, chiuse gli occhi, sperando di poterla rincontrare all’aldilà, per ringraziarla e per chiederle scusa di non averla scelta. Era troppo perfetta, e la perfezione non si addiceva minimamente a un tipo come lui. Si stese a terra, aspettando il momento in cui il cuore avrebbe smesso i battere, con il solo rimorso di non aver potuto dire chiaramente ciò che provava ad Ace.
 
 
 

 
 
EPILOGO Anche l’inferno ha una fine.-
 
- Nihal, andiamo! Forza, svegliati!- il rosso aprì lentamente gli occhi, sbattendoli più volte, in modo da potersi abituare all’abbagliante luce della lampada presente nella stanza. cercò di alzarsi, ma i dolori che aveva erano troppi, perciò gli era impossibile anche solo muovere un muscolo.
- Dove sono?- chiese, tossendo e sentendo un atroce dolore alle costole.
- Ah, finalmente ti sei svegliato, cavoli ho temuto il peggio!- una ragazza castana, con la carnagione abbronzata e gli occhi color cioccolata gli sorrideva, guardandolo con espressione allegra.
- Courtney?! Che ci fai qui?- chiese, alzandosi, cercando di sopportare il dolore.
- Il mio fratellone è ricoverato in ospedale perché è stato sparato e io dovrei restarmene a casa senza fare nulla? Cavoli, che scemo che sei.- appoggiò le mani sui fianchi, guardandolo con espressione arrabbiata e offesa.
- Certo, certo, ho capito. Sai cos’è successo?- domandò, toccandosi la testa, per via del forte dolore che sentiva.
- Lei no, ma io sì. – un ragazzo, ovvero Geoff, entrò nella stanza, sedendosi su una delle sedie libere. Diede una pacca sulla spalla del rosso, che urlò dal dolore, facendo fare una strana faccia al biondo, che cercò di scusarsi in tutti i modi – Mi dispiace, scusami. Comunque, vuoi sapere cos’è successo?- domandò, giusto per conferma, ricevendo uno sguardo convinto dal rosso. – Bene. Diana è morta, così come Rui, Damian, Keel e Chris. da quell’inferno siete usciti vivi solo tu, Ace, Kynaston e Costance. Io e Kyna ti abbiamo preso e ti abbiamo portato sulla barca e poi Bridgette ti ha curato.- spiegò con lentezza, guardando l’espressione di Nihal farsi sempre più cupa.
- Ho capito, grazie. Ace come sta?- il biondo rise, facendolo sentire un idiota, e poi rispose.
- Girati.- eseguendo il comando notò due occhi di colore diverso guardarlo dal lettino accanto al suo. Ace era lì, seduta e con un vestitino bianco, che non le si addiceva per niente, addosso.
- Potreste lasciarci soli per un po’?- chiese, venendo subito accontentati dai due, che si alzarono i direzione della porta, non senza qualche “buona fortuna” da parte di Courtney e di qualche occhiata da parte di Geoff.
- C’è qualcosa che mi devi dire?- lui la guardò con un’espressione seria che quasi la spaventò.
- Volevo dirtelo quando tu e Diana vi siete incontrate, ma non ne ho avuto i tempo. Ho scelto te. E l’ho sempre saputo, solo  che non riuscivo ad ammetterlo perché nel profondo provavo quell’affetto nei confronti di Diana, che però non era amore, mi sentivo più come un fratello maggiore. Basta, volevo dirti solo questo.- l’albina iniziò a ridere e poi, con estrema lentezza, si alzò dal letto, salendo addosso al rosso. – Ehi, mi fai male!- strillò quello, lei lo baciò, zittendolo.
- Sì, suppongo che come dichiarazione possa anche andare.- disse, per poi continuare a baciarsi con il rosso, in fondo aveva aspettato tanto, no?
Riguardo agli altri, Kynaston mise la testa apposto, avendo capito ciò che passano i “plebei”, ovviamente senza levarsi i vizi, impegnandosi per finire la scuola, almeno. Costance rimase la solita, ma per lo meno ebbe uno stimolo per vivere grazie ad Aaron, visto che doveva a lui il suo essere in vita, motivo per cui prese il diploma.
A entrambi toccò prendere le redini degli affari di famiglia, così come a Nihal, il quale dovette badare all’associazione mafiosa che Chris gli aveva lasciato tra le mani, con Ace ad aiutarlo, limitandone i crimini e il raggio d’azione, grazie a un accordo con Geoff, diventato tenente della polizia.
Qui dovrebbe essere messa la frase “E vissero tutti felici e contenti”, ma ovviamente non era tutto finito, altre insidie si nascondevano anche negli angoli più remoti della loro vita, e a breve un altro evento di grande importanza avrebbe cambiato completamente la loro esistenza, ma questa è un’altra storia.
 
 
ANGOLO AUTORE:  
Cavolo, è veramente finita! Che dire, scusatemi lo sfogo, ma mi ero stancato di leggere recensioni uguali dove si lamentavano delle mie scelte.
La terza stagione forse a Settembre, dico forse perché ancora non sono sicuro di farla, visto che non ho moltissimo tempo.
Ho ritardato di ben dieci giorni perché volevo finire tutto in un capitolo, quindi scusatemi, ma l’ho trovato più conveniente.
Ringrazio tutti voi che avete letto e recensito, davvero, grazie di cuore, è stato divertente.
Beh, ora ci salutiamo, ma è solo un arrivederci, perché tra un po’ inizio un’altra long, che però non è interattiva.
Bye! 

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