Walt Disney High School

di _Lyss_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. C’era una volta … il primo giorno di scuola. (pt. 1) ***
Capitolo 2: *** 2. C’era una volta … il primo giorno di scuola. (pt. 2) ***
Capitolo 3: *** 3. Di cavalieri in cerca d’amore e donzelle emancipate. ***
Capitolo 4: *** 4. Amici nel bene, nel male e in ritardo. ***
Capitolo 5: *** 5. Carramba che sorpresa! ***
Capitolo 6: *** 6. Stralci di vite totalmente casuali ***
Capitolo 7: *** 7. Ragione e Sentimento … ok, no, solo sentimento. ***
Capitolo 8: *** 8. Pensieri ***
Capitolo 9: *** 9. Da far girare la testa ***
Capitolo 10: *** 10. Coppie (im)probabili in un giorno di pioggia ***
Capitolo 11: *** 11. L’amore e l’amicizia, quanto se n’è parlato… ***
Capitolo 12: *** 12. Parte del tuo mondo ***
Capitolo 13: *** 13. Sul filo di un rasoio ***
Capitolo 14: *** 14. Piccoli problemi di cuore e non solo ***
Capitolo 15: *** 15. Il nostro destino vive in noi, bisogna soltanto avere il coraggio di vederlo. ***



Capitolo 1
*** 1. C’era una volta … il primo giorno di scuola. (pt. 1) ***


1. C’era una volta … il primo giorno di scuola. (pt. 1)
 
Tutto nella stanza era immobile, silenzioso.
La luce filtrava lieve attraverso le grandi tende bianche, un paio di ciabatte erano abbandonate accanto al letto, la sveglia era accuratamente sommersa da un jeans e anche il pesciolino nella boccia dormiva.
Un mattino perfetto che cullava la ragazza attorcigliata nel lenzuolo e ancora immersa nei sogni. Sarebbe servito un sole ben più alto per risvegliarla … o uno zio bacchettone.
Difatti la porta si spalancò inondando la camera di luce violenta e un ometto dai capelli rossi fece il suo ingresso a passo di marcia.
“ARIEL! Stai ancora dormendo? Oh signore! Signorinella alzati! Non ti permetterò di arrivare tardi il primo giorno di scuola!”
Nonostante il tono perentorio e lo sguardo infuocato, Sebastian ricevette come risposta solo un mugolio attutito dal cuscino ricoperto di capelli rossi.
“A-R-I-E-L! ALZATI ADESSO!”
Questa volta non si udì nemmeno un suono.
Sbuffò sonoramente rimpiangendo i giorni da scapolo nel suo vecchio monolocale … ah la famiglia! Era troppo vecchio per queste cose.
Riprese fiato per ricominciare a sbraitare, ma, d’improvviso, fu travolto da una furia corvina che mezza svestita si scagliò contro l’armadio. Ci mancava solo lei!
“Sorellaaa! Posso prendere la tua camicetta? Dove diavolo l’hai ficcata?”
E così dicendo, Melody, iniziò una vera caccia al tesoro tra i vestiti della sorella, senza crearsi eccessivi problemi nell’assumere le funzioni di una bomba atomica lanciando in aria tutto quello che le capitava in mano. Di norma Ariel l’avrebbe sbattuta fuori a calci, ma, ancora troppo assonnata, si limitò a sollevare una palpebra giusto per capire l’entità dei danni. Sebastian colse quel minimo movimento e tornò alla carica.
“Dai! Ti sei svegliata! Su, muoviti! Non mi far diventar cattivo!”
“Zio da quando sei capace di diventar cattivo?”
Si intromise Melody guadagnandosi un’occhiataccia.
“Invece di ironizzare potresti aiutarmi, no?”
Suggerì l’uomo e, senza aggiungere altro, la ragazzina afferrò il cellulare della sorella e si avvicinò alla boccia del pesce.
“Ariel … Flunder sta per avere compagnia”
Il tono era talmente serio che mise in allarme la maggiore, ben consapevole che Melody non si sarebbe fatta problemi a lasciar cadere il telefono.
“Tre …”
“Non oseresti.”
Tentò.
“Due …”
“Melody!”
Urlò.
“Uno …”
“Va bene! Va bene!  Lascialo”
Si alzò.
La piccola peste si scambiò uno sguardo soddisfatto con lo zio.
“Quando vuoi, zio, sono a tua disposizione”
Ariel li guardò furente e li fece uscire con un’esclamazione non proprio femminile.
Lanciò uno sguardo rassegnato allo specchio e, con il faccino più triste e scazzato del mondo, si chiuse in bagno al ritmo dei Metallica.
 
Il cortile della scuola si stava pian piano popolando e, nonostante tutti avrebbero preferito essere ancora a letto, un allegro chiacchiericcio riscaldava l’ambiente dato che alla fine i ragazzi erano contenti di rincontrarsi dopo mesi di lontananza.
“Siamo di nuovo qui. Wow. Sai? Non so se sopravvivrò quest’anno …”
Sospirò una ragazza dai lunghi capelli ramati.
"Oh non essere così drammatica Meg, infondo é l'ultimo anno, sarà divertente"
La rincuorò l’amica.
“Divertente un corno!”
Sbottò brusca. Infondo Megara non era certo famosa per il suo carattere dolce e amorevole.
“Però pensa … solo duecento fottutissimi giorni e poi volerò a Parigi per l’Accademia di danza e teatro! Non possiamo non sopravvivere!”
Lo sguardo smeraldino di Esmeralda s’illuminò, mentre lei si perdeva nelle sue fantasie.
“Guarda che così non mi aiuti”
Borbottò l’altra che, grazie ad una spiccata tendenza per il melodramma, si stava deprimendo sempre più.
“Mi mancheraiiiii”
Piagnucolò teatralmente.
"Fidati mi odierai per la quantità industriale di selfie che ti manderò"
Le strizzò l’occhio, prima di scoppiare a ridere insieme all’amica.
"Ciao ragazze"
Jane Porter si unì a loro con un sorriso smagliante, come sempre in perfetto ordine nel suo completo in stile college, solo qualche ciocca capricciosa sfuggiva dal morbido chignon.
"Vedi? Lei è contenta di essere tornata, prendi esempio Meg"
"Lei è una secchiona, é ovvio che sia contenta"
"Ehi! Non sono una secchiona!"
Si difese Jane piccata, ma ben conscia che le due stessero scherzando... più o meno.
“Si che lo sei!”
La prese in giro Esmeralda.
"Mi domando perché insista nel frequentarvi"
Sospirò Jane alzando gli occhi al cielo.
"Perché ci adori"
Rispose Meg sbattendo le ciglia con aria innocente.
Contemporaneamente il telefono di Jane squillò pretendendo attenzioni.
"Pronto? Oh... Si, arrivo subito"
"Uuuuh! Chi è che vuole tanta rapidità piccola Jane? D’estate hai trovato un bel maschione?”
Chiese Esmeralda che era sempre curiosa come una scimmia e che da anni sperava che Jane trovasse l’anima gemella. Se continuava a stare sola in mezzo ai libri e agli animale sarebbe di certo impazzita!
"No, scema, è Pocahontas. È nel parcheggio, vado a recuperarla. Ci vediamo dopo, fate le brave!"
Così si congedò per andare dalla migliore amica, ma le parole di Ez riecheggiarono nel cortile fin troppo forti e, purtroppo, non faticò a sentirle.
"Tanto prima o poi ci sorprenderai mettendoti con un tipo super sexy, lo sappiamo!"
Jane arrossì fino alle orecchie, ma continuò per la sua strada limitandosi a borbottare qualche insulto con il sorriso sulle labbra. 
 
Approfittando degli ultimi minuti di sacrosantissima libertà, un gruppo di ragazzetti oziava sulle scale, fregandosene altamente di ingombrare il passaggio.
Le ragazze erano tutte prese da un’eccitantissima discussione su un nuovo colore di smalto che, a detta loro, si abbinava perfettamente alle Superga in saldo al centro commerciale. I ragazzi invece facevano del loro meglio per ignorarle, dato che ascoltare le loro discussioni “avrebbe di certo distrutto il loro testosterone e gli avrebbe fatto crescere le tette” (cit. Artù). Hiro progettava sul suo quaderno qualche nuova diavoleria tecnologica, Mowgli e Artù si scambiavano strategie per superare i livelli impossibili di chissà quale gioco e Peter, neanche fosse stato un gatto, aveva abbandonato la testa in grembo a Trilly e si godeva le carezze che l’amica gli riservava distrattamente.
Quando una voce trillante distolse tutti dagli impegni.
“Salve ragazzi … Peter”
Una sorridente Wendy Darling si era avvicinata al gruppetto con al fianco Alice Liddell, una biondina perennemente distratta. Al sentire il saluto, Peter balzò in piedi, mentre gli altri guardavano la scena tra lo stupore e la curiosità.
“Ciao Wendy”
Salutò sorridendo e si godette lo spettacolo quando la ragazza si allontanò sculettando magistralmente, ben conscia di essere osservata.
“Asciugati la bava … maniaco!”
Lo rimproverò Lilo, Trilly invece sembrava aver perso la capacità di parlare e guardava l’amico con occhi sgranati. In realtà c’era poco da sorprendersi, lei e la Darling si erano giurate odio eterno ai tempi dell’asilo e a distanza di dodici anni mantenevano ancora la promessa, curandosi di lanciarsi di tanto in tanto sguardi taglienti e di fare commenti poco carini ad alta voce.
“Che c’è?”
“Hai … salutato … Wendy?”
Di parola in parola la voce di Trilly era diventata più acuta e sembrava stesse rischiando seriamente il collasso.
“Si, siamo amici, più o meno, è simpatica e … beh si, è strafiga”
Ora era collassata davvero.
“Amico sei nella merda”
Commentò Mowgli, mentre Trilly diventava paonazza.
“Peter James Matthew Pan! Dimmi che non frequenti quella stronza perbenista o giuro che ti tiro il collo!”
“Oooh piantala, non essere esagerata e comunque non sono affari tuoi”
Sbottò il ragazzo con noncuranza.
“Se prima eri nella merda, adesso dovrò cercare un vestito per il tuo funerale”
Commentò di nuovo Mowgli.
“NON SONO AFFERI MIEI?”
“No”
Tutti rimasero basiti da tanta secchezza, Trilly compresa che a quel punto girò i tacchi e salutò l’amico con un sonoro “Vaffanculo Pan” .
“Non sei stato carino, Peter”
“Diciamo che sei stato un idiota”
Sottolinearono Melody e Lilo prima d’inseguire l’amica, il rosso allora cercò sostegno dagli altri ragazzi, ma tutti lo guardavano come se avesse appena investito volontariamente un cucciolo di panda. Quindi era lui il cattivo? Solo perché aveva salutato una gnocca? Trilly invece poteva sclerare tranquillamente e avere l’appoggio di tutto il gruppo? Questo era ingiusto.
Con questi pensieri mandò al diavolo tutti e andò a comprarsi un caffè.
 
*driiin*
Scampanellò la campanella dopo tanto silenzio.
*driiiiiin*
Suonò per dare il via ufficialmente al nuovo anno scolo artico.
*DRIIIIIIIN!*
Insistette per costringere i ragazzi a darsi una mossa.
 
Dopo un momento di confusione, dove tutti si erano ammassati nel centro informazioni per ritirare gli orari, ora i ragazzi si dirigevano mestamente nelle diverse aule.
“Ehi! Vai anche tu a storia?”
Flynn annuì senza modificare il suo passo da condannato a morte. L’anno iniziava proprio bene, storia... odiava quella materia, lo annoiava terribilmente e aveva il vago sospetto di stare poco simpatico al prof.
“Non posso farcela. Sono già stanco … senza contare che Cuordileone inizierà a sbranarmi vivo da … adesso. Mi odia”
Si lamentò mogio.
"Certo che ti odia... Si ricorda ancora quando per il progetto sull'antico Egitto sei arrivato in classe avvolto nella carta igienica"
Chiarì Aladdin che, al contrario, aprrezzava quella materia e aveva salvato il culo a Flynn diverse volte. Seguivano il corso insieme fin dal primo anno ed era proprio dopo il progetto sull'antico Egitto che erano diventati amici, dato che Al era stato l'unico ad aiutare il compagno a liberarsi dalle bende improvvisate.
"Volevo dimostrare la mia creatività"
Rispose, tra l’offeso e il divertito, Flynn.
"Sei senza speranza"
Ridacchiò il più basso, ma l’amico non ci badò più di tanto, era improvvisamente preso da faccende più impellenti.
“Wow … che … ragazza!”
Esclamò estasiato quando una bella ragazza mora, dai tratti orientali, passò loro accanto lasciando dietro di se una scia di profumo al gelsomino.
"Non ti sembra un po' presto per iniziare a rimorchiare? Non sono nemmeno le nove"
Obbiettò Aladdin che mal tollerava certi comportamenti dell’amico.
“Si, ma l’hai vista quella? Da viverci per sempre felici e contenti. Inoltre Naveen mi sta alle costole”
Chiarì con il tono di uno che sta spiegando una cosa ovvia, mentre si girava ancora in dietro alla ricerca della nuova preda.
“Ancora con quella stupida scommessa?”
“Ehi! E’ una cosa seria! Devo mantenere il mio titolo di Sommo DonGiovanni”
Affermò con tono solenne.
Ancora più senza speranza, Al, entrò in classe puntando immediatamente all’ultima fila, Flynn lo seguì a ruota salutando distrattamente gli alti compagni. Tutti chiacchieravano allegramente fino all’arrivo del prof.
“Ragazzi miei, si ricomincia”
 
Ore dopo, una campanella decisamente più apprezzata sentenziò  l’inizio della pausa pranzo ed era quasi possibile sentire un unico grande sospiro di sollievo generale.
La mensa rimase per lo più vuota, la giornata era bella e quasi tutti, infatti, preferirono accamparsi sui prati curati o sulle panchine sotto gli alberi. Chi avrebbe mai rinunciato agli ultimi raggi di sole?
“Datemi qualcosa da mangiare o svengo”
Disse Anna mentre si sedeva sull’erba fresca.
"Ma se hai fatto colazione con un intero pacco di biscotti"
Ribatté Merida sedendosi accanto all’amica e uscendo un'appetitosa mela rossa dalla borsa.
"Non era proprio intero... Ed è stato sta mattina"
Puntualizzò la prima senza vergogna.
"Come fa una persona così piccola a contenere tanto cibo?"
Chiese sinceramente curioso Kristoff già pronto ad addentare un enorme panino salmone e carote (mistero come riuscisse ad ingurgitare con gusto quell'accoppiata)
"Manfi praficamenfe quanfo.. *cof cof* me"
Sputacchiò insieme a qualche briciola unta.
Anna lo ignorò mentre prendeva dalla borsa una sostanziosa vaschetta di insalata di pollo.
Quei tre erano amici da secoli e fondamentalmente era stato Kristoff a fondare il gruppo. Anna era la sua vicina di casa, mentre Merida frequentava con lui gli scout. Le due rosse erano sempre state le sue migliori amiche e avevano avuto modo di conoscersi al settimo compleanno del ragazzo, dopo gelosie iniziali, erano a loro volta diventate grandi amiche e spesso facevano fronte comune per mettere in imbarazzo l’unico uomo della situazione.
 "Cuginetta!"
Una voce alle spalle fece sobbalzare i tre.
"Robin!"
Esclamò Merida alzandosi e lanciandosi addosso al nuovo arrivato con un solo movimento. Il ragazzo le scompigliò affettuosamente i già terribilmente disordinati riccioli del suo stesso colore.
"Pensavo fossi ancora in Inghilterra"
"Um... No, sono dovuto rincasare per varie questioni …”
Rispose il cugino con aria vaga, era risaputo che Robin fosse un combina guai, anche se sempre con le migliori intenzioni.
“Ma tu piuttosto come va a casa?"
"Bene, i gemelli crescono e papà si arrabbierà molto quando saprà che sei tornato senza salutarlo"
"Nah. Sono il suo amato nipotino, temo più tua madre... Credo sia ancora incazzata per l'arco che ti ho regalato"
Rida ridacchiò dovendo ammettere che era vero. Ellinor aveva strillato per giorni ripetendo che le armi non si addicevano alle signorine.
"Però sai, sono migliorata tantissimo, sono più brava di te adesso"
Esclamò entusiasta la ragazza.
"È una sfida?"
"Forse"
Accennò con finta noncuranza.
"Bene, non vedo l’ora di massacrarti"
"Illuditi!"
Affermò ricambiando l'occhiata divertita del cugino dal viso volpino.
"Robin! Porca la miseria, muovi il culo?"
Un ragazzo in nero poco distante richiamò il rosso.
"La pazienza è la virtù dei forti, Uncino, non lo sapevi?"
Rispose sarcastico Robin, che salutò Merida e raggiunse il compagno che fumava impaziente.
 
 
 
 
A.A. 
Salve a tutti :) Intanto grazie di essere arrivati fin quaggiù senza esservi addormentati sulla tastiera, spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto e sarei davvero tanto tanto contenta se mi lasciaste anche un recensione (vanno bene anche insulti e ortaggi marci virtuali! Certo ... magari con una motivazione) Comunque, wow, sono davvero emozionata. Lavoro su questo progetto da un pò, ovviamente non è un'idea originale e so benissimo che ne esistono innumerevoli versioni in tutto il mondo, infatti il lampo di genio mi venne proprio leggendo la ff di "MagikaMemy" propro qua su efp, ma è un contesto così generale che ogni storia è una cosa a se e quindi spero possiate apprezzare la mia versione :)
Cosa dire sul testo ... come vedete ho modificato/creato qualche legame familiare per arricchire la storia e giustificare determinate relazioni, inoltre abbasserò il più possibile il tasso di orfanità dei personaggi perchè ... beh ... sennò sarebbe una tragedia! Questo primo capitolo è una presentazione generale, così come sarà il secondo che sarà sempre ambientato durante il primo giorno e che arriverà la prossima settimana! Spero di riuscire a mantenere infatti una cadenza settimanale, anche se non con un giorno fisso.
Che aggiungere? Direi niente o vi addormentate davvero! 
Quindi... un bacione, a presto :) Lyss
Ps: piccola curiosità, il secono e il terzo nome che ho attribuito a Peter non sono altro che i veri nomi dello scrittore che che inventò il suo personaggio James Matthew Barrie   
 
 

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Capitolo 2
*** 2. C’era una volta … il primo giorno di scuola. (pt. 2) ***


2. C’era una volta … il primo giorno di scuola. (pt. 2)
 
Anche le ultime ore erano state affrontate con sommo coraggio e il primo giorno volgeva al termine, ma ancora mancava un’impresa da affrontare: l’assemblea d’inizio anno.
Dagli altoparlanti prediluviani la voce dell’altrettanto prediluviana vicepreside, la professoressa Yzma Chakwas, annunciò l’inizio dell’assemblea facendo svuotare le aule, così tutti si diressero svogliati verso il piccolo anfiteatro scolastico dai sedili blu.
Biancaneve si accomodò in un posto a caso, rimuovendo con grande cura la polvere inesistente dai suoi pantaloni gialli.
“Mi domando che fine abbia fatto la sana abitudine di organizzare queste perdite di tempo alla prima ora”
Sbuffò annoiata.
Aurora, seduta a fianco, si stava controllando il trucco e le rispose con tono saccente:
“Hanno spostato l’assemblea all’ultima ora così i furbetti che pensavano bene di dormire un’ora in più sono rimasti fregati, certo, così la gente va via prima … ma tra i due mali …”
Posò lo specchietto e si guardò attorno. Sapeva di essere osservata da diverse paia d'occhi e le piaceva, se avesse potuto sarebbe salita sul palco distribuendo proprie foto a tutti. Se sei al centro della loro attenzione, pensava, sei al centro del loro mondo.
"Beh a me non dispiace stare un po’ fuori casa"
Affermò Cenerentola con una smorfia. Sapeva di essere una delle poche persone al mondo a non vedere l'ora di scappare a scuola, ma era anche vero che era una delle poche persone al mondo ad avere due odiose sorellastre. Anastasia e Genoveffa. Nonostante fosse cresciuta e non fosse più la loro schiavetta personale, quelle due riuscivano sempre a farle un certo effetto, erano la prova vivente che la perfidia umana non ha limiti.
Bianca intuì i pensieri dell’amica e le sorrise dolcemente.
“Tesoro, sai bene che dovresti mandarle a cagare, anzi avresti dovuto farlo anni fa, così mi avresti evitato l’ebbrezza dell’istinto omicida”
“No, davvero, ora va bene e adesso riescono ad essere molto più … civili”
“Inoltre adesso loro non sono altro che due cessi ambulanti, mentre tu sei una delle ragazze più popolari e sexy della scuola”
S’intromise Aurora, che intanto aveva scrutato con attenzione tutti i ragazzi, ma senza individuare il SUO ragazzo. Dove si era cacciato Filippo?
“Avete notizie dei ragazzi?”
Chiese scocciata.
“Mmm James mi ha detto che tornava a casa, aveva da fare, ma non so niente di Daniel e Filippo”
La informò Bianca, che se la rise sotto i baffi quando notò le guance di Ella imporporarsi al solo sentir pronunciare il nome di Daniel.
“Gli do dieci secondi per comparire o astinenza per un mese”
Già, Aurora era piuttosto drastica, fortuna che Filippo sembrò leggerle nella mente. Il cellulare trillò:
Arrivo. Ti vedo. Sei bellissima.
Beh forse, alla fine, l'avrebbe perdonato per il ritardo.
 
Dopo il tipico borioso discorso da preside, quello che tutti chiamavano il “Boss” o più ironicamente “Padre-degli-dei”, Zeus Theòs, lasciò il palco all’ultimo e ancora in carica rappresentante degli studenti: Milo Tach. La camicia leggermente sudaticcia gli aderiva al petto magro, gli occhiali erano storti sul naso e sul volto campeggiava un sorriso imbarazzato.
"Em... Salve"
Esordì, per poi continuare con la sua parte di discorso decisamente più lieta della precedente dato che trattava di feste ed eventi vari ed eventuali.
"Le liste per i gruppi extra scolastici saranno appese in settimana nella bacheca davanti al centro informazioni, mentre per aderire alle squadre sportive bisogna presentarsi al rappresentante dei gruppi sportivi, Lee Shang, con apposito certificato medico. Quindi vi prego di non tormentare i coach, loro non sono coinvolti in questa fase dell’organizzazione. Ricordo ancora una volta che l'area sul terrazzo non è agibile e che per qualsiasi cosa sono a vostra disposizione. Grazie"
Concluse il discorso ancora più sudato, ma questa volta a causa del caldo, e si affrettò a scendere dal palco per raggiungere il corridoio. Molti studenti erano già misteriosamente scomparsi durante il suo discorso e lui non voleva certo essere l'ultimo ad andare via.
Stava recuperando le ultime cose dal suo armadietto, nel quale spiccavano adesivi e calamite con scritte pittoresche come ad esempio  "Atlantide c'è" oppure "Potere nerd", quando qualcuno gli picchiettò la spalla.
“Ciao, Milo giusto?”
Dovette usare tutto il suo autocontrollo per annuire alla sua interlocutrice, non ricordava l'ultima volta in cui una ragazza carina, amiche escluse, gli aveva rivolto volontariamente la parola e questa ... beh ... era decisamente carina. I capelli erano tanto chiari da risultare bianchi e avevano diverse treccine arricchite con perline di legno, anche gli occhi erano chiari e spiccavano come due pietre d'acqua marina sulla pelle scura. Un mix decisamente particolare, ma sorprendentemente armonioso … ok, in realtà Milo l'aveva trovato sexy, ma armonioso suona meglio.
"Allora?"
"Come?"
Il ragazzo, stranamente distratto, aveva perso una parte di discorso. Ma che gli prendeva? Da quando un paio di occhioni gli facevo perdere la lucidità?
"Dicevo, faccio parte del gruppo di studi all'estero e sono appena arrivata per frequentare il mio ultimo anno qua... Però dovrei controllare i programmi e robe simili... Mi aiuteresti?"
Ecco spiegato tutto! Era straniera! Se c'era qualcosa che mandava in confusione Milo era l'accento estero, rendeva la parlata così interessante... merda... si stava distraendo di nuovo.
"Oh... Em ... Certo! Posso aiutarti con tutto, quando vuoi, potrei venire da te... Ma tu sarai ospite da qualcuno... Quindi potresti venire da me, ma senza impegno, cioè solo se ti va... non che dobbiamo fare roba particolare, solo organizzarci, ma se non vuoi venire a casa …"
Stava delirando.
"Da te è perfetto. Chiamami pure quando sei libero"
La ragazza gli porse un bigliettino con un numero telefonico scritto frettolosamente e con un bacio sulla guancia lo salutò.
"Aspetta! Come ti chiami?"
La bloccò Milo poco prima che sparisse oltre l'angolo.
"Kida Gakash Nedakh, tu puoi chiamarmi Kida"
E allora sparì davvero.
"Kida"
Ripeté come un idiota, tutta la fretta che aveva di andarsene era sparita.
 
 
*toc toc*
Una furente Nani si voltò verso il finestrino, dall’altro lato un sorridente ragazzo la guardava speranzoso. Sospirò esasperata e faticò eccessivamente per girare la manovella che abbassava il vetro, diciamo che non possedeva l’ultimo modello di Spider, o di Ford.
“Che vuoi Hawkins?”
“Ciao anche a te raggio di sole”
Nani gli lanciò uno sguardo tagliente, non era per niente dell’umore giusto, Lilo come al solito si faceva aspettare e lei sarebbe dovuta scappare a lavoro in meno di un’ora.
“Senti … mi dai un passaggio? Mi  morto lo scooter e sono a piedi”
Se a chiederglielo fosse stato chiunque altro, con ogni probabilità, Nani l’avrebbe mandato a cagare di gran corriera, ma Jim era un caso a parte … con quegli occhioni da cucciolo sarebbe riuscito a conquistare il mondo.
“Sali scemo”
“Ti ho mai detto quanto sei fantasticamente fantastica?”
“Può essere, ma una volta in più non guasta”
Jim esultò e fece al giro per sedersi. Contemporaneamente arrivò Lilo, che sfruttò la distrazione della sorella per scansarsi un cazziatone epocale, e si accomodò nel sedile posteriore.
“Ciao Jim”
Salutò e lui ricambiò con un sorriso distratto verso quella ragazzina dai lunghi capelli neri e la camiciona hawaiana rossa.
Il tragitto fino al Banbow fu breve. Il locale era della madre e il ragazzo ci lavorava ogni giorno, o meglio veniva “ingiustamente schiavizzato”, e così i suoi amici ci guadagnavano sempre qualcosa di buono da sgranocchiare gratis.
“Grazie bellezze, vi devo due porzioni di patatine giganti”
Salutò soffiando un bacio dalla punta delle dita.
“E gli anelli di cipolla!”
Aggiunse Lilo quando la macchina era già partita, ricevendo un segno d’approvazione dal ragazzo che in lontananza diventava sempre più piccolo.
“Tu, razza di sorella indegna, non credere di essertela scansata”
“Sorellona, ti ho mai detto quanto sei fantasticamente fantastica?”
Tentò la ragazzina.
“Ah, no! Tu non hai cibo unto e bisunto da offrirmi come merce di scambio!”
 
 
Casa dolce casa. Quant’era vera quest’affermazione!
Con un tonfo la porta le si chiuse alle spalle, appese il giacchino all’appendi abiti e raggiunse il salotto, già terrorizzata dall’idea di quello che ci avrebbe potuto trovare.
“Ciao papà”
Con occhio preoccupato scrutò i congegni con cui stava lavorando il padre.
“Ciao Belle! Come è andata oggi?”
“Al solito”
Rispose distratta per poi tornare ad informarsi sul suo ultimo passatempo... Anzi, sulla sua ultima invenzione rivoluzionaria.
“Una boccia che da automaticamente cibo ai pesci! Addio piccole vite stroncate per la dimenticanza umana!"
Belle annuì poco convinta.
Quando era piccola era innamorata delle idee del padre, lo reputava un genio e ammirava la sua mente brillante sempre attiva. Però, negli ultimi anni, le invenzioni erano diventate sempre più bislacche e aveva dovuto accompagnarlo sempre più spesso al pronto soccorso per piccole ferite e scottature. Forse avrebbe dovuto iniziarlo al golf.
“Hai sentito la mamma oggi?”
Buttò lì con aria non curante.
“No”
Il viso dell’uomo si oscurò.
"Chiamerà presto"
Lo rassicurò, ma non riuscì a suonare convincente nemmeno a se stessa.
"Si si, ma non hai impegni? Qua si fanno scintille! Ti consiglio di uscire o le tue sopracciglia scompariranno"
Louis rise con la sua tipica risata calorosa, riportando un po' di allegria nella stanza e confortando un po’ la figlia.
Con ancora un velo di tristezza intorno all’animo, Belle si buttò sul letto. Aveva troppe cose da organizzare prima che le lezioni riprendessero a pieno ritmo, ma era anche vero che non si sarebbe mai concentrata sapendo che un povero libro era abbandonato sul suo comodino in attesa di attenzioni.
Jane Eyre. Charlotte Brontë.
Girò la copertina rigida e rilesse la dedica affettuosa:
Alla mia cara amica Belle, con affetto e con la speranza che mi preparerai una relazione fantastica su questo libo. Xoxoxo Giselle.
Sorrise tra se e se, e involontariamente si voltò per guardare la loro foto sulla scrivania. Oltre il vetro l’amica le rivolgeva una scherzosa ed immobile linguaccia.
“Scansa fatiche!”
La canzonò, ma segretamente contenta di aver ricevuto quel libro che desiderava da tempo. Con l’umore nettamente migliorato, riprese il libro e dedicò tutta la sua attenzione alla struggente storia d’amore di Jane e Mr. Rochester, ignorando la sera che velocemente avvolse tutta la città.
 
Finì di spazzolarsi con cura i lunghi capelli rossi ed ignorò bellamente la matita nera che l’indomani mattina l’avrebbe fatta sembrare un panda-zombie, ma il bagno era troppo lontano per andare a recuperare lo struccante e lei non ne aveva certo voglia.
Diede la buona notte a Flunder e si mise a letto.
Uno sbadiglio le incurvò le labbra mentre i suoni della città, che non voleva andare a dormire, le fecero da ninna nanna. Tutti i pensieri e le preoccupazioni per l’anno che era appena iniziato scivolarono via, lasciando la mente in una dolce incoscienza, solo una frase, che non ricordava nemmeno di chi fosse e dove l’avesse letta, echeggiò tra i pensieri sempre più confusi:
Nella notte passiamo la metà della vita,
Ed è la metà più bella davvero.*

*J.W. Goethe


A.A. 
Buon dì a tutti prezzemolini di primvera :) Come va?
Ecco a voi il secondo capitolo, nonchè conclusione del precedente dedicato alla presentazione dei personaggi. Dovrei infatti, e sottolineo dovrei, aver fatto comparire tutti i personaggi o comunque tutti gli universi legati a tutti i personaggi, comparse bonus escluse ovviamente. I prossimi capitoli saranno più lunghi e approfonditi ;)
Mmm... che dire? Sono entrate in scena le tre "grazie" e si, non ho resistito a cadere nel clichè di farle amice ... e nemmeno a quello di farle cheerleader ... e nemmeno a quello di fare Aurora abbastanza stronza. Perdonatemi. Sono pessima. Ma vi prometto interessanti sviluppi specialmente per il personaggio di Bianca che sarà particolarmente strog (dovevo pur farmi perdonare, no?) 
James e Daniel sono, ovviamente, principe-azzurro-1 e principe-azzurro-2... mi servivano dei nomi ed ho improvvisato (quando ho scoperto che in realtà sarebbero Floriant e Christopher Rupert era troppo tardi >_< e ... andiamo... Christopher Rupert?), James è uno degli ottocento nomi che vengono affibbiati al principe azzurro (quello di Biancaneve) in Once Upon A Time, Daniel mi ispirava xD
Milo e Kida dovevano esserci, quel cartone è ingiustamente non-considerato, io invece lo adoro!
Idem per Jim, Lilo e Nani... e anche perchè Jim è sexy... *cof cof* 
Saranno comunque un bel gruppetto, insieme ad altri elementi, tutto votato al mare e al surf. E Jim era sempre sexy.
Belle è Belle, un pò più affannata del solito e con un'imprevedibile amica (adoro anche Giselle), come vedete però c'è una situazione particolare ... non temete! scoprirete tutto!
Infine il cerchio si richiude con Ariel, niente di speciale, volevo creare una narrazione ad anello per sentirmi figa xD

Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito, sia chi ha letto in silenzio. Spero che anche questo capitolo possa piacervi e vi invito nuovamente a darmi una vostra opinione e... la taglio qua o questo A.A. sarà infinito. Vi lovvo tutti.
Lyss

Curiosità:
Chakwas, cognome di Yzma, significa "vecchia, nonna" in antica linga inca. Credo sia azzeccato, no? xD
Tèhos, cognome di Zeus, per tutti i poveretti che come me non hanno mai studiato greco, significa dio. 




 

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Capitolo 3
*** 3. Di cavalieri in cerca d’amore e donzelle emancipate. ***


3. Di cavalieri in cerca d’amore e donzelle emancipate.
 
Uscì frettolosamente di casa, era terribilmente in ritardo e sarebbe servito un miracolo per arrivare a scuola in tempo con la bici.
Buttò le chiavi nella vecchia borsa di iuta ma, dato che quel giorno il destino le era avverso, quest’ultima le cadde a terra spargendo tutto il suo contenuto per il vialetto e … era tornato.
Nel cortile della casa accanto scintillava una grossa auto grigia, tutte le finestre dell’abitazione erano aperte e lui era in mezzo al giardino tutto concentrato sul suo cellulare.
Presa da un momento di vigliaccheria, Pocahontas, recuperò le sue cose e si preparò a fuggire in bicicletta come se non avesse visto niente.
 Magari non si sarebbe accorto di lei … magari nemmeno lui voleva vederla … magari … i loro sguardi s’incrociarono, aveva esitato un attimo di troppo.
“Ehi straniera!”
La sua voce calda la investì insieme a quel sorriso che sapeva sostituire il sole e, per un momento, si dimenticò come si respirava, ma solo per un momento, poi fu travolta dall’imbarazzo.
Gli si avvicinò con un sorriso forzato.
“John! Non sapevo foste tornati”
Sperò vivamente che il suo tono non sembrasse critico, ma effettivamente avrebbe dato qualsiasi cosa per rivedere quella casa vuota.
“Veramente ci sono solo io, il resto degli Smith è rimasto a Londra. Rassicura tuo padre”
Ridacchiò.
La ragazza ricordava ancora i balletti della felicità che aveva fatto il signor Matoaka, suo padre, quando i vicini erano andati via. Non correva buon sangue tra le due famiglie, specie dopo un litigio sui confini dei giardini, a causa del quale il padre di Pocahontas aveva preso a chiamare gli Smith “invasori inglesi” e non perdeva occasione per ricordare che i loro padri Powhatan erano stati schiavizzati da gente come loro. Si, il signor Kai tendeva spesso ad esagerare.
“Riferirò, ma … perdonami, ora devo andare a scuola. Ci vediamo”
Gli voltò le spalle e sospirò di sollievo, non era stato poi tanto tragico.
“Aspetta! Vuoi un passaggio?”
 “No! Cioè, grazie, ma non serve che ti scomodi, davvero”
“Nessun disturbo, devo andarci anch’io”
Le sorrise dolcemente e le aprì la portiera, ma lei era ancora titubante.
“Non sei un po’ troppo grande per la scuola?”
“Infatti sarò il nuovo bibliotecario e tutor studentesco. Sai, un lavoro provvisorio per mantenermi. Quindi, su, non fare storie e sali in macchina”
A quel punto non poté che obbedire.
L’imbarazzo era palpabile, non che John fosse a disagio, ma Pocahontas sembrava sul punto di spalancare la portiera e gettarsi dalla macchina in corsa, cosa che ovviamente a lui non sfuggì.
“Tutto bene?”
Le prese una mano con assoluta naturalezza, peggiorando nettamente le cose. Come diavolo faceva a comportarsi così? Era tremendamente strano e inappropriato dopo tutto quello che era successo. La tensione della ragazza raggiunse il limite massimo ed esplose.
“Sono fidanzata!”
Sbottò. John non  batté ciglio.
“E con lui tutto bene? Mi sembri nervosa”
Allora lo faceva apposta.
“Si, benissimo, sono molto innamorata. Sei tu che mi rendi nervosa”
Confessò infine.
“E perché mai?”
Pocahontas era sempre stata una pacifista convinta, ma in quel momento l’avrebbe volentieri preso a cazzotti, certo gli avrebbe rovinato quello stupendo viso angelico … ma era un sacrificio che andava fatto, non che le importasse di quanto fosse bello, ci mancherebbe.
“Voglio scendere”
Disse nervosa, non riusciva più a reggere quella discussione che le aveva mandato in pappa il cervello.
“Scendi”
Rispose tranquillo.
“Siamo arrivati”
Effettivamente erano nel parcheggio della scuola, aveva ceduto proprio alla fine, idiota! Con lo sguardo basso e il viso arrossato uscì dal veicolo maledicendosi mentalmente.
“Ci vediamo al ritorno?”
Chiese lui, sembrava speranzoso.
“No, grazie, torno con un’amica”
“Perfetto. Salutami il fidanzato!”
La salutò con tanto di occhiolino. Lei, dal canto suo, si allontanò frettolosamente desiderosa di stare il più possibile lontana da lui, dalla sua stupida auto e dal suo fascino magnetico.
A pochi metri di distanza vide Jane con gli occhi sgranati e la mascella a terra, la raggiunse di corsa prima che qualcuno la portasse in infermeria.
“Smettila di fare quella faccia”
“E tu dimmi che lui non era John Smith, ma un suo sosia”
“Era lui”
“Merda”
 
Eric uscì in cortile e quello che vide in quel momento l’avrebbe probabilmente segnato a vita. In piedi su un muretto, un Naveen senza maglietta suonava il suo ukulele e distribuiva volantini dall’improbabile color prugna, senza protestare alle foto che scattavano i passanti, anzi, si metteva pure in posa!
“Oh signore, che cazzo stai facendo?”
Chiese allibito il moro afferrando uno dei foglietti.
“Pubblicizzo la mia band e cerco un cantante”
Rispose l’altro senza smettere di suonare, almeno finché l’amico non lo trascinò giù dal palchetto improvvisato e gli ficcò una maglia in testa.
“Ehi! Antipatico!”
“Copriti, prima che qualche dodicenne svenga, e poi dico … ti sembra normale mettersi a cantare in mezzo alla scuola? Dovresti darci un taglio con Glee”
“Non insultare Glee! E poi stava funzionando alla grande, soprattutto con le ragazze”
Sorrise smagliante a tre gemelle che presero a ridacchiare come oche.
“Comunque, tu invece hai mangiato uno yogurt scaduto? Di solito non sei tanto acido”
Commentò lo sciupa femmine mentre riassumeva un aspetto composto.
“Sono solo nervoso”
Tagliò corto Eric, non era un buon momento per polemizzare, anche se sapeva che l’amico gli avrebbe fatto sputare il rospo in un nanosecondo.
“Ma va? Davvero? Non me n’ero accorto. Che ti è successo?”
Ecco, appunto.
Si sedettero su una vecchia panchina all’ombra di un grande albero. Di fronte troneggiava la statua del fondatore della scuola “Walter Elias Disney” rappresentato mentre, per un’inspiegabile ragione, teneva per mano un topo gigante. Si diceva avesse una fissa per quei roditori e infatti “Mikey”, così era stato soprannominato il topo, era diventato la mascotte della scuola. Scelta decisamente bizzarra, ma ormai c’erano tutti abituati.
"I miei stanno in fissa con la storia di dover trovare una ragazza per bene e blablabla"
Naveen rise di gusto.
"Chissà perché i miei certi discorsi non li fanno"
"Sai, forse, e dico forse, dipende dal fatto che il tuo letto è più frequentato di un country club"
"Che brutta visione che hai di me! Mica me le porto tutte a casa..."
Eric lo guardò sorpreso.
"... A volte facciamo da loro"
I due scoppiarono a ridere e il bel moro era decisamente più sereno, Naveen vince ancora!
“Sei pessimo Naveen, dico davvero”
“Nah, comunque se vuoi ti aiuto io a trovare una ragazza, ma tu mi devi trovare un cantatnte. Sono disperato”
Sembrava abbastanza serio, ma Eric dove diamine avrebbe trovato un cantante?
“Che ne so, vai in piscina no? Qualcuno canterà pure sotto la doccia”
Ipotizzò Naveen.
“Te l’ho detto, sei troppo fissato con Glee”
Sospirò Eric che non era poi tanto convinto del piano. E poi che fretta c’era? Aveva diciott’anni, mica quaranta, perché i suoi genitori dovevano stressarlo tanto? Non che non gli piacessero le ragazze, o che non avesse mai avuto esperienze (con Naveen come amico sarebbe stato impossibile), ma trovare quella giusta era un’altra storia e lui non aveva fretta.
“Invece secondo me i tuoi hanno ragione, sei giovane! Devi smetterla di fare l’uomo ombroso che suona il flauto alla luce della luna piena”
Lo esortò l’amico che ovviamente aveva una visione del mondo, e delle relazioni, tutta sua.
“Io non suono il flauto alla luce della luna piena!”
“Non importa. Voglio dire, sei fantastico e le ragazze sono la cosa più bella dell’universo, perché chiudersi a riccio? Anche se vuoi trovare la ragazza speciale, dovresti iniziare quanto meno a cercarla no? Altrimenti rischi che qualcuno la trovi prima di te”
Forse Naveen aveva ragione, guardarsi in giro non gli avrebbe fatto male e se qualcosa doveva succedere meglio così.
“Ti odio quando fai il saggio”
Si arrese.
“Non è vero, mi adori”
 
“Su, dai, muoviti!”
Una lunga chioma bionda sfrecciava per i corridoi trascinandosi dietro un’inerte Mulan, fin quando la folle corsa s’interruppe di botto davanti ad un’enorme bacheca tappezzata di volantini colorati.
“Non capisco questa tua agitazione, è solo l’iscrizione a dei banalissimi corsi, dovresti rilassarti”
La cinesina si era accasciata a terra col fiatone cercando di non morire d’infarto, al contrario Rapunzel era fresca come una rosa e analizzava con cura ogni foglietto alla ricerca di quelli che le interessavano.
“Sai che ci tengo tantissimo, non avrei mai rischiato di trovare tutti i posti occupati!”
Cinguettò mentre firmava l’adesione ai corsi d’arte, cucina e danza. Ripose poi la penna ad inchiostro rosa nella borsa e ammirò soddisfatta le sue firme che spiccavano su tutte le altre. No, non era una cosa normale, ma Rapunzel era tanto adorabile da poterselo permettere.
“Tu non ti iscrivi a nessun corso?”
Chiese curiosa a Mulan, che intanto sembrava essersi ripresa, ma che continuava a trovare i corsi un’enorme cazzata, lei era più tipo da divano e pessime serie tv da guardare con la nonna e stava proprio per esprimere questo concetto quando una terza voce s’intromise.
“Già tesoro, non fai nessun corso?”
La signora Fa era misteriosamente comparsa dal nulla e guardava la figlia con uno sguardo misto tra aspettativa e rimprovero, ovvero lo stesso sguardo che le rivolgeva da circa diciassette anni e che la ragazza non aveva mai sopportato.
“Mamma, che ci fai qua?!”
"Oh, dovevo sbrigare solo alcuni documenti, comunque ... Dovresti iscriverti a qual cosa, tua nonna è più impegnata di te"
Ora lo sguardo si era evoluto alla versione prova a dirmi no e ne pagherai le conseguenze, Mulan era incastrata, cercò disperatamente una scusa, si sarebbe appigliata a tutto pur di non iscriversi anche se sapeva di aver già perso la battaglia.
"Siiii, mi piacerebbe iscrivermi, ma... ma non ho la penna e non vorrei sprecare il preziosissimo inchiostro rosa di Punzy... Quindi, con sommo dispiacere, rinuncio. Ok, ci vediamo a casa"
A quel punto era pronta a battere in ritirata, ma ricevette il colpo di grazia.
“Tieni pure la mia penna”
D’oh! Assumendo la faccia di uno che ha appena mangiato cetriolini e marmellata, ma non può sputare, prese la biro della madre.
“Grazie”
Con entusiasmo inesistente si avvicinò alla bacheca e firmò a caso, senza guardare. Ma, quando si voltò per restituire l’arma del delitto, vide due facce allibite.
“Scelta … interessante, certo non ti facevo il tipo”
“Nemmeno io”
Concordarono la signora Fa e Rapunzel, a Mulan venne il panico e si voltò lentamente verso il tabellone per vedere cosa diavolo aveva firmato.
Fa che non sia educazione sessuale.
Fa che non sia educazione sessuale.
Poi individuò il modulo che aveva firmato.
Oh no, fa che sia educazione sessuale!
Ma il nome del corso era ben chiaro, stampato a lettere cubitali sul foglio giallo, non c’era scampo, sul modulo che aveva appena firmato campeggiava inesorabilmente la scritta ATLETICA.
Ora capiva benissimo lo sgomento delle due, come poteva dargli torto? Mulan era una delle persone più pigre sulla terra, odiava seguire gli ordini e comportarsi in maniera conformistica... insomma la persona ideale per una squadra sportiva, ma non poteva tirarsi indietro.
"Em... Io ho deciso di cambiare, voglio far lavorare un po' questi muscoli... Già... Volevo provare una cosa nuova"
La signora Fa non era del tutto persuasa, ma per una volta che la figlia dimostrava un briciolo di iniziativa non osò contraddirla.
"Certo, tuo padre sarà molto contento. Comunque ci vediamo a casa, fa la brava"
"Si, ciao mamma"
Mulan guardò la madre finché non scomparve dietro l'angolo, poi potette finalmente assumere un'espressione disperata.
“Merda, merda, merda”
"Non sapevo volessi darti allo sport"
Disse Rapunzel con innocenza.
"Infatti non volevo"
"Allora come farai?"
La bionda era seriamente confusa.
"Probabilmente scapperò di casa"
Ironizzò Mulan, ma poi dovette rassicurare l’amica per tutto il tragitto fino all'aula di letteratura ... Il sarcasmo non era il suo forte, povera innocente testolina platinata.
 
Appena un attimo prima che il bus partisse, Jim saltò dentro e mostrò distrattamente il biglietto all’autista, mentre già cercava con lo sguardo un posto dove sedersi, il che sembrava praticamente impossibile dato che era salito per ultimo. Imprecò. Sua madre era stata davvero carina a non fargli aggiustare lo scooter per punizione e non era nemmeno riuscito a trovare Nani per scroccarle di nuovo un passaggio.
Miracolosamente intercettò un posto in fondo, vicino a una ragazza dai capelli rossi che guardava fuori dal finestrino, si precipitò sul sedile e poi poté rilassarsi con la musica a palla nelle orecchie.
“Bellissima canzone”
Commentò la ragazza a fianco, ma Jim notò solo il movimento delle labbra.
“Come scusa?”
Si tolse le cuffiette e mise in pausa l’Ipod.
“Paradise city. La adoro. Certo la tua versione canticchiata non era delle migliori, ma ...”
Sorrise divertita.
 Effettivamente era un’abitudine involontaria di Jim, quando sentiva la musica doveva cantare, peccato che con le cuffie non si rendesse mai conto del volume che usava facendo continuamente figure di merda, ma quella volta non sembrò importargliene.
“Conosci i Guns N' Roses?!”
Era letteralmente scioccato ed esaltato, ma soprattutto scioccato.
“Certo. Non dovrei?”
Chiese divertita dalla reazione del ragazzo.
“Sei una ragazza. Le ragazze ascoltano Justin Biber”
Rispose istintivamente, per poi rendersi conto che la ragazza in questione aveva un paio di converse nere mezze distrutte, un piercing al labbro inferiore ed un anello a forma di teschio. Probabilmente non sapeva nemmeno chi fosse Justin Biber.
“Mi sento ufficialmente offesa”
Scherzò la rossa.
“Comunque, sono Ariel”
“Jim”
Si strinsero la mano scambiandosi un sorriso.
“Quindi ti piace il rock?”
Jim era ancora incredulo, era la prima ragazza che incontrava ad avere i suoi gusti musicali.
“E’ il mio genere preferito, è quello che canto più spesso, sai mi immagino un giorno su un palco a spaccare chitarre e a seguire tutti i cliché dei rockettari”
E dopo questo, se gli occhi avessero davvero la capacità di cambiare forma, quelli di Jim sarebbero diventati due cuori enormi.
Iniziò così, in un autobus puzzolente, una delle più entusiasmanti discussioni sulla musica che Jim avesse mai affrontato e il fatto che Ariel profumasse di buono e gli sorridesse in maniera illegalmente sexy non centrava nulla ovviamente … nemmeno un po’.
Senza nemmeno accorgersene Jim perse la sua fermata. La rivelazione avvenne troppo tardi con un messaggio minaccioso di sua madre.
“Boicottato di nuovo il lavoro? Ti piace proprio camminare a piedi.”
Un lamento indefinito gli sfuggì dalle labbra.
“Sei nei guai?”
“Mia madre ha appena preso in ostaggio il mio scooter. Di nuovo. Avevo un turno al ristorante”
Ariel annuì comprensiva.
“Ti capisco, pensa che ormai mio padre si è arreso, non ci prova nemmeno più a farmi lavorare”
“Attività di famiglia anche tu?”
“Ristorante di pesce. E io non mangio pesce. Una volta stavo per vomitare su un cliente … mi fa troppo senso”
Raccontò con una faccia inorridita e divertita allo stesso tempo.
“Io sono costretto ad andarci, ma almeno devo servire muffin e cappuccini”
“Oh, io quelli finirei per mangiarli”
Rise Ariel e fu come sentire il suono di mille campanelle.
Così, per sentirla ridere ancora, Jim raccontò delle misteriose sparizioni di torta al cioccolato e di tutti gli aneddoti divertenti che gli venivano in mente.
Iniziarono a parlare animatamente di quest’altra situazione comune, finendo col raccontare dei loro sogni e delle loro aspirazioni, delle loro passioni e delle difficoltà.
La pensavano uguale praticamente su tutto.
Entrambi amavano il mare, sentivano la necessità di esplorare nuovi mondi e andavano matti per i pancake col burro d’arachidi.
Fermata dopo fermata entravano sempre più in sintonia.
Dopo le prime tre fermate, Jim la considerava una ragazza interessante.
Dopo altre due, un’anima affine.
Arrivati al capolinea era praticamente innamorato.
“Mi sa che dobbiamo scendere”
Con un sorriso un po’ triste i due scesero dal mezzo.
“Beh, è stato bello conoscerti Jim”
Salutò Ariel, che però sembrava proprio non voler andar via.
“Già”
Rispose trasognato il ragazzo. Poi si accorse che sarebbe stata opportuna una frase più complessa … e un’aria meno da deficiente.
“Em … già … beh, qualche volta potresti venire a surfare con me e i miei amici”
Ariel si illuminò.
“Sarebbe fantastico! Certo! Allora ci vediamo a scuola”
Lo abbracciò velocemente e andò via, voltandosi nuovamente un paio di volte verso di lui.
Con l’aria di uno che ha appena visto il paradiso, Jim risalì sull’autobus.
“Ehi, sai che dovresti rifare il biglietto?”
Lo rimproverò il guidatore, ma fu presto convinto dallo sguardo supplicante.
“Va bene, solo per questa volta. E solo perché la ragazza era carina”
 
Arrivata a casa pensò di potersi godere uno di quei momenti, più unici che rari, in cui poteva pensare solo a se stessa. Ovviamente era solo un’utopia, tant’è che il solo entrare nel palazzo si dimostrò un’impresa.
Una ragazza dai capelli rossicci uscì di corsa dal portone quasi travolgendo la povera Tiana.
“Ops, scusami!”
Ma la ragazza non sembrava molto dispiaciuta del quasi incidente, mostrava un sorriso splendente ed era tanto ricolma di gioia che sembrava avesse inghiottito una stella, non sarebbe riuscita a fingere tristezza nemmeno volendo.
“Dai Dimitri, muoviti!”
Dal portone comparve un giovane dall’aria esasperata
“Arrivo, Ania, arrivo”
Sospirò. A Tiana sembrò che stesse per mandare la ragazza a quel paese, ma poi si accorse di come la guardava. Era uno sguardo totalmente innamorato, carico di devozione e protezione, lo stesso sguardo che aveva visto tante volte negli occhi dei suoi genitori.
La coppia andò via e finalmente la ragazza poté salire a casa, ma anche lì le speranze di un pomeriggio tranquillo furono soppresse.
“Dobbiamo festeggiare!”
“Ciao anche a te, mamma”
Sorrise mentre si toglieva con grande soddisfazione le scarpe.
"Ho appena ricevuto un'importantissima commissione e molto ben pagata! Prendo il vino buono!"
Annunciò con un sorriso a trentadue denti.
La madre di Tiana era un'eccellente sarta, ammirata da tutti, ma ai giorni d'oggi nessuno andava a farsi fare vestiti su misura ed era costretta a sprecare il suo talento in orli e cavolate simili che ovviamente fruttavano ben poco.
"I clienti sono quei due ragazzi usciti da poco? Lei era ... Raggiante"
La signora Eudora ricomparve con due calici e una bottiglia di rosso.
"Bellissima, non è vero? Una ragazza stupenda, anche lui, ma lei in particolare ha un che di regale"
Tiana annuì
"Non sono di qua, vero? Avevano dei nomi strani... Ania?"
"In realtà si chiama Anastasia, Ania a quanto ho capito è un nomignolo. Comunque si, sono russi e mi hanno commissionato un abito da sposo e un abito da sposa!"
"Wow, è stupendo mamma!"
La ragazza alzò il bicchiere e brindò con la madre, una commissione del genere non sarebbe arrivata di nuovo facilmente.
"Giá, lei ha molta classe, sono contentissima. E poi, ho pensato, che dato l'importo potremmo tirare avanti per un bel po’ ... Tirare avanti senza che tu faccia due lavori"
Ecco come rovinare l'atmosfera.
"Mamma, no, non possiamo cullarci sugli allori. Sto benissimo e sai che non trascuro la scuola"
"Non mi preoccupo della scuola, ma di te, del tuo tempo...  Non avrai più diciassette anni tesoro"
"Io sto investendo il mio tempo  per un futuro migliore"
Tiana era sul piede di guerra, era ben chiaro dalle mani chiuse a pugno e dalle braccia strette lungo i fianchi, ma la signora non voleva mollare.
"Lo stai investendo o lo stai sprecando?"
"Mamma!"
"Io voglio vederti sistemata, felice"
"Ti prego di non riprendere più questo discorso così... bigotto, sto benissimo, ora vado nella mia camera. Preparo io la cena"
E marciando come un militare arrivò nella sua stanza e sbatté la porta.
Eudora sospirò sconsolata.
"Aiutala, mandale qualcuno che le apra gli occhi"
Mormorò fissando la foto del marito.
 
 
 
 A.A.
Salve a tutti donnole e donnoli (?)! Eccomi tornata con il terzo capitolo di questa bislacca storia, come vedete le cose iniziano ad ingranare e spero che si possa finalmente iniziare con la storia vera e propria. 
La prima a fare la sua comparsa è Pocahontas, un personaggio non molto considerato, ma che io trovo splendido anche se troppo ... perfetto? Quindi eccola qua in piena crisi, perchè è one of us, è per essere one of us la crisi è necessaria. Inoltre non nego di essermi voluta vendicare per il secondo film su cui stendo un velo pietoso, perchè preferire qualcuno a quel biondone è inconcepibile... è uno dei personaggi maschili fisicamente meglio riusciti!  #teamSmith #il-primo-amore-non-si-dovrebbe-scordare-mai #il-biondo-che-conquista
Passiamo da un fangirlamento all'altro, si perchè in quella scuola sono tutti potenziali reclute di abercrombie. Su Eric e Naveen non ho molto da dire, volevo farveli conoscere meglio, spero di essere riuscita nell'intento e spero che vi siano piaciuti.
Idem per Mulan e Rapunzel, sta a voi darmi le vostre impressioni ^^
Ecco... adesso c'è la bomba... Jim e Ariel, Ariel rock sottolineo, credo siano carini insieme e Naveen aveva ragione quando diceva ad Eric di muoversi. Che succederà? Riaccoppierò la coppia? o farò scoppiare tutto facendo un casino? Lo scoprirete... un giorno... muahahahah intanto si accettano scommesse xD
Chiudiamo con Tiana e la solita solfa della donna libera e indipendente, ma Tiana  così e l'accettiamo comunque. Piccola comparsata di Anastasia, non è Dinsey ... ma... la amo troppo, quindi ogni tanto farà capolino con la scusa delle nozze.
Vi ringrazio di aver letto, spero che il capitolo vi sia piaciuto ... magari potreste lasciare una recensione! si accetta tutto ;) Ringrazio chi ha recensito la scorsa volta e chi mi legge in silenzio.
Un bacio,
Lyss

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Capitolo 4
*** 4. Amici nel bene, nel male e in ritardo. ***


4. Amici nel bene, nel male e in ritardo.
 
“Scordatelo! L’ho vista prima io!”
“Ti piacerebbe! Togliti dalle palle Rider!”
Se qualche ignaro passante quel giorno fosse andato nella caffetteria della scuola, avrebbe potuto vedere, con suo sommo stupore, due ragazzi apparentemente grandi e vaccinati spintonarsi e rincorrersi neanche dovessero raggiungere l’ultimo pacco di patatine del pianeta Terra. Ad assistere a quel preoccupante spettacolo invece c’era solo Aladdin, gli altri erano troppo assonnati per farci caso o semplicemente conoscevano abbastanza Flynn e Naveen da non considerarli nemmeno.
Alla fine, comunque, tra spintoni e insulti, arrivarono contemporaneamente alla meta, sebbene sudati e scompigliati.
“Ehi ciao, come và? Posso sedermi?”
Dissero in coro.
Jasmine, che stava tranquillamente bevendo un caffè, li guardò sconcertata.
“Prego?”
I due pretendenti si guardarono in cagnesco, avrebbero dovuto inventarsi qualcosa per non ritrovarsi entrambi del caffè bollente in faccia.
“Oh, perdonaci. Sono Flynn Rider e lui è Naveen qualcosa …”
“Naveen Di Maldonia, per servirti”
E, con sguardo carico di charm, le fece un baciamano che la ragazza sembrò non apprezzare particolarmente.
“Sì, certo … comunque stiamo effettuando un’indagine scolastica riguardo …?”
Flynn cercò supporto nel rivale, ormai erano sulla stessa barca.
“Sul pensiero degli studenti riguardo al vivisezionamento delle rane e dei ranocchi”
“Il vivisezionamento delle rane?”
La ragazza era sempre più sorpresa, e di certo non piacevolmente. Allarme rosso!
“E’ una tematica delicata ti pare? Quelle povere vite sacrificate per noi! Noi che nemmeno riflettiamo sulla loro sofferenza e ci mettiamo a giocare con i loro organi interni. Ma non ci pensa nessuno? Anche quei giocosi esserini verdi hanno un cuore!”
Ora anche Flynn guardava con occhi spalancati Naveen, quel ragazzo aveva un ottimo talento da attore, l’aveva quasi convinto.
“Potrei vomitare”
“Vuoi un fazzolettino?”
Tentò Flynn.
“Sparite”
Ora la ragazza era ufficialmente furente.
“Ok, ciao”
Risposero nuovamente in coro e fuggirono da quegli occhi fiammeggianti.
Anche Aladdin, che stava dietro, si beccò un’occhiataccia.
“Fai parte anche tu del gruppo degli idioti corteggiatori?”
Chiese con astio Jasmine, odiava quando i maschi si comportavano in quel modo, quando la consideravano solo un trofeo da vincere, lo trovava umiliante e andava su tutte le furie.
“Em, no. Cioè li conosco, ma io non corteggio”
Al era imbarazzatissimo e seriamente dispiaciuto per il comportamento idiota dei due, la ragazza lo notò e sembrò rilassarsi, anzi ora sorrideva divertita.
“Bene, allora vai a dire ai tuoi amici che sono i deficenti”
“Oh, lo sanno già”
Risero.
“Um, quindi uno era Flynn, l’altro Naveen e tu? Sai così memorizzo i nomi e vi evito come la peste”
Il poveretto fece una smorfia non proprio contenta, perché lo ficcavano sempre nei casini?
“Aladdin. Beh, è stato un piacere … più o meno … ti lascio al tuo caffè. Addio”
E si allontanò a disagio con le guance sempre più tendenti al porpora, la ragazza invece non si era assolutamente scomposta e lo guardò intenerita. Lui non sembrava così male.
“Ehi”
L’aveva raggiunto senza avere un vero motivo, quel ragazzo le ispirava semplicemente simpatia e non le andava che andasse via in quel modo.
“Per informazione, dato che si sono presentati tutti, io sono Jasmine”
E con una scossa ai capelli corvini si allontanò lasciando dietro di se una scia di profumo al gelsomino e di caffè e un esterrefatto Aladdin.                          
 
Nani e David erano chini su un quadernetto e parlavano freneticamente su cosa effettivamente servisse per la gita al mare del fine settimana, ignorando bellamente la povera Lilo che tentava di dire la sua.
“David, amore, come ti devo dire che non possiamo portarci dietro anche il barbecue?”
“Ma potremmo preparare una cena fantastica! Con tanta carne succulenta …”
“Ho detto di no!”
 “Daiii”
“No”
Lilo sospirò con aria di sconfitta, meglio non mettersi in mezzo a quei due. Il suo sguardo si spostò quindi su Jim, solitamente era quello più attivo in queste discussioni, ma adesso se ne stava impalato con lo sguardo perso nel vuoto.
“Jim? Ti senti bene?”
A quel punto, anche i piccioncini la smisero di litigare e prestarono attenzione all’amico.
“Sembra che gli si sia spento il cervello”
Commentò David preoccupato.
Nani scosse la testa, possibile che non capissero? Era palese! Stava sempre imbambolato, non mangiava e sorrideva senza nessun motivo apparente. Diagnosi: era innamorato.
“Devi dirci qualcosa, Jim?”
Gli posò una mano sulla spalla e quello si risvegliò dalla sua dolce trance.
“Oh! Come? Si, veramente si. Volevo chiedervi se sabato potrei portare una ragazza”
Sorrise un po’ imbarazzato, mentre la più grande delle Ohana fece un’espressione  trionfante, ci aveva preso!
“Ovviamente!”
Però, Jim, non poteva mica illudersi di lanciare una notizia del genere e uscirne indenne. Il gruppo iniziò a tempestarlo di domande più o meno lecite.
Chi è? E’ della nostra scuola? Come l’hai conosciuta? Quanto porta di reggiseno? (domanda seguita da una sberla sulla nuca del povero David)
Soltanto quando la fantasia dei tre si esaurì, il ragazzo poté ritenersi libero. Raccolsero le loro cose ed erano pronti ad andarsene, quando l’ultimo elemento del gruppo si degnò a comparire.
“Scusatemi, sono mortificato, ma il prof di fisica mi ha trattenuto per mezz’ora e poi l’armadietto non si apriva e …”
Il poveretto sembrava davvero stremato e strabordante di sensi di colpa.
“Rilassati amico, ti farai perdonare”
Lo rassicurò David.
“Ad esempio dando un passaggio al tuo migliore amico”
Jim colse la palla al balzo e si assicurò un mezzo decisamente più veloce della vecchia Madza di Nani.
“Ok, ci vediamo all’uscita”
Accettò il penitente e scappò per non arrivare in ritardo anche alla lezione di letteratura, riuscendo comunque a sentire in lontananza il saluto dell’amico.
“Sta volta arriva puntuale Eric!”
 
L’ultima campanella suonò con vigore e venne ringraziata dall’intera scuola
Quasimodo, zaino in spalla, s’incamminò verso la palestra per chiamare Esmeralda. L’ultima ora la dedicava alla preparazione dello spettacolo di danza e non si accorgeva mai quando era tempo di tornare a casa.
Entrò nella stanzetta collaterale alla palestra principale e rimase un attimo nascosto. Esmeralda ballava a piedi nudi davanti ad un enorme specchio, seguendo tutta concentrata una melodia ipnotica. Era decisamente bella e decisamente seducente.
Quasimodo la guardava con occhi sognanti quando tornò alla realtà scuotendo forte la testa. Doveva ricordare qual’era il suo posto.
“Ehy Esme!”
La ragazza si voltò.
“Ciao Quasi”
Spense lo stereo e depositò un bacio sudato sulla guancia dell’amico.
Si ricompose velocemente e uscirono.
“Sta venendo davvero bene il pezzo, farai furore allo spettacolo di fine anno”
Commentò sincero il ragazzo.
“Ah ah”
Rispose distrattamente Esmeralda.
“Sai? Tra poco potrò ufficialmente andare a vivere da solo … è una cosa fantastica! Però avrò bisogno di te per sistemare l’appartamento. Che ne pensi?”
“Cazzo!”
“Come?”
Quasi si voltò verso l’amica. Era diversi passi indietro e guardava disperata la borsa, e chiaramente non aveva sentito mezza parola di quello che lui le aveva detto.
“Tutto bene?”
Si preoccupò.
“E’ un dramma”
“Esme? Che succede?”
Ora era davvero allarmato.
“Io … io … non ho la mia ciambella al cioccolato post allenamento!”
La cosa sconcertante è che sembrava davvero sconvolta, ma Quasimodo sorrise paziente, sapeva bene che un’Esmeralda con un calo di cioccolato era peggio di uno zombie. Se non ballasse, probabilmente sarebbe diventata una botte ambulante.
“Ti accompagno al bar”
“Davvero? Ma non è di strada”
“Figurati”
La ragazza sorrise raggiante e iniziò a fare le feste come un cucciolo.
Una volta ristabilita la quantità di cioccolato necessaria alla sua sopravvivenza, Esmeralda ascoltò attentamente l’amico.
“Certo che ti aiuto! Tutto pur di vederti fuori dalla casa di quel maniaco!”
Batté forte il pugno sul cruscotto della macchina, facendosi anche male.
“Non esagerare, è sempre l’uomo che mi ha cresciuto”
Le fiamme erano ben visibili negli occhi della ragazza.
“Ma fammi il piacere! Ti ha trattato da schiavo e da recluso … Fosse per lui saresti ancora barricato nella tua camera. Non ti mandava nemmeno a scuola! E’ un miracolo che il sacerdote della sua parrocchia l’abbia convinto! Che poi quello stronzo fa tutto il religioso, ma non ho bisogno di ricordarti quello che ha provato a farmi! Non è tuo padre, Quasimodo, E’ il tuo carceriere!”
Finì la sfuriata con le guance arrossate e lo sguardo furente. Non aveva mai odiato nessuno in tutta la sua vita, nessuno tranne Claude Frollo.
“Ok, rilassati. Ti ho detto che vado via da lì”
Esmeralda espirò e si lasciò andare sul sedile, ma era ancora visibilmente turbata.
“Senti … ti andrebbe un po’ di shopping?”
Lo guardò sconvolta.
“Sei impazzito Quasi?”
Ma un sorriso già si affacciava sul suo volto.
“Non per me scema … ma non ti ho ancora fatto un regalo di compleanno”
Ora sorrideva palesemente.
“Ma il mio compleanno è tra quattro mesi!”
“Rimane il fatto che non te l’ho ancora fatto”
Con naturalezza svoltò verso il centro commerciale.
“Ho visto un vestito che ti starebbe benissimo”
“Quasi? Sei il migliore”
“Naah”
Si scambiarono uno sguardo carico d’affetto.
Tutto pur di vederti felice. Tutto.
 
Killian non poteva certo definirsi un ragazzo paziente, anzi sapeva benissimo di risultare spesso troppo puntiglioso con i suoi amici che ribattevano scherzosamente con un: “Si, capitano!”
Però cazzo … mezz’ora di ritardo! Robin l’aveva nel DNA la capacità di distrarsi e di perder tempo.
Annoiato, Uncino, passeggiava avanti e indietro nel parcheggio guardando nervosamente l’orologio che ticchettava.
D’un tratto un ragazzo gli arrivò a dosso, era mingherlino, ma correva abbastanza veloce da fargli cadere la borsa con tutti i libri lasciando interdetto Killian.
Il colpevole, un ragazzetto dalla faccia elfica, non si curò minimamente di scusarsi e continuò a correre e sghignazzare con una ragazza dai boccoli biondi.
Ma come già detto, Killian non era un tipo paziente.
“Ehi! Ragazzino!”
Quello si girò sorpreso.
“Che dici di raccogliermi i libri?”
“Come scusa?”
“Tu li hai fatti cadere, tu li raccogli”
Il tono era abbastanza minaccioso e lo sguardo non era più incoraggiante.
Il ragazzetto lanciò uno sguardo alla sua amica che sembrava impaziente e piena d’aspettativa, così decise di giocare a fare il duro.
“Mi sembra che tu abbia entrambe le mani, quindi puoi prenderteli da soli”
Una risata sarcastica sfuggì dalle labbra di Killian che si avvicinò allo sbruffone e lo prese per una spalla.
“Amico, capisco che tu voglia fare il fighetto con la bambolina laggiù, ma … fai come ti ho detto, davvero, così potete ricominciare a giocare a rincorrervi”
Questa volta aveva usato un tono basso quasi gentile, ma il veleno era percepibile in ogni sillaba pronunciata. Stava davvero perdendo la pazienza.
“Peter?”
Chiamò l’ochetta incoraggiando il rosso a peggiorare la situazione.
“Non mi faccio dare ordini da uno che mette più eye-liner della mia ragazza”
Bisogna ammetterlo, Peter aveva fegato.
Ma questo non gli evitò il cazzotto dato, con tanto di anelli, da Uncino.
*sbem!*
Peter crollò a terra, subito soccorso dall’amichetta.
“Io ti avevo avvertito”
Commentò freddo Killian che aveva preso a raccogliere i libri.
“Ah, e se mi rincontri … cambia strada. Coglione”
Proprio in quel momento, Robin si degnò ad arrivare.
“Uncino, che cazzo hai fatto?”
“Ha detto che metto troppo eye-liner”
Robin sospirò e si avvicinò a Peter che ancora si lamentava a terra.
“Fa vedere”
Il piccoletto inizialmente oppose resistenza.
“Senti ho preso tanti cazzotti nella mia vita, molti dei quali proprio da quello lì, quindi fa vedere … mmm … niente di rotto”
Sentenziò facendolo alzare.
“La prossima volta però evita di prendertela con chi è più grosso di te. Ora sparite”
La coppietta si dileguò in un batter d’occhio.
“E tu …”
Continuò Robin rivolgendosi all’amico.
“Dovresti fare un corso per controllare la rabbia”
“Nah, bisogna insegnare a quei deficienti chi comanda e che, ragazza o no, devono rimanere al loro posto. Comunque muoviti che tra poco picchio anche te”
Disse divertito mentre saliva sul pick-up di Robin.
“Yoga?”
“Metti in moto”
“Meditazione buddista?”
 
 

A.A.
Salve a tutti compagni d'avventura! Quest'oggi, ahimè, devo essere sintetica per questione di tempo ... so ... Grazie per aver letto questo quarto capitolo, come al solito spero che vi sia piaciuto e ringrazio chi la scorsa volta ha recensito, chi ha aggiunto questa storia bislacca alle seguite e chi legge in silenzio. VE AMO TUTTI.
Dato che non posso fare il mio solito discorsetto... perchè non ci pensate voi? Scrivetemi chi e cosa vi è piaciuto o meno (si accettano anche critiche! nessun razzismo!) e, perchè no, vostre idee, considerazioni, opinioni... quello che vi pare! E' sorprendemente piacevole parlare  con la gente di EFP (Nox, si, questa era per te <3 )
Quindi... basta. Un bacione.
Lyss

Curiosità:
-Matoaka, cognome di Pocahontas nello scorso capitolo, è il vero nome dell'indiana... infatti Pocahontas era solo un nomignolo!
-Killian, nome di Uncino, è tratto dalla serie tv Once upon a Time

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Capitolo 5
*** 5. Carramba che sorpresa! ***


5. Carramba che sorpresa!
 
La scuola era iniziata da poco, ma già gli studenti la mattina sembravano degli zombie assetati di caffè e le prime ore erano sempre un dramma.
Attendendo che la prima campanella suonasse presuntuosa, i ragazzi più mattinieri tenevano sotto assedio la caffetteria o stavano accasciati su scale e panchine non del tutto svegli. Anche chi aveva un alto tasso di favolosità non riusciva proprio a brillare prima delle otto e mezza.
Questo era il caso di Esmeralda e Megara che stavano provando vanamente ad articolare una conversazione resistendo all’impulso di sbadigliare ogni millisecondo, solo Quasimodo sembrava sveglio e pimpante.
“E quindi pensavo che il verde potesse essere carino per le pareti, ma forse è troppo, non so, che ne pensate?”
“Si … verde … carino”
“A me piace il viola”
Il ragazzo roteò gli occhi, magari era il caso di lasciarle sonnecchiare, era uno dei pochi momenti in cui sembravano piccole e innocenti. Dal canto suo era troppo preso dai preparativi del SUO appartamento e anche solo il pensiero di sbadigliare era impossibile. Così tirò fuori dalla borsa un libro per ripassare, ma i suoi pensieri volavano a quel delizioso divanetto che aveva visto qualche giorno prima.
“OMIODIO!”
Di scatto Ez si alzò e iniziò a correre verso un punto imprecisato come impazzita.
Quasi, confuso, si voltò verso Megara, ma questa sembrava saperne quanto lui e si limitò a sollevare le palle. Poi tutto fu più chiaro.
Esmeralda tornò saltellante con accanto un Febo ricoperto di rossetto. Il sonno le era evidentemente passato.
“Guardate chi è tornato!”
Trillò felice come una bambina a Natale, di fatti non riusciva a stare ferma e non riusciva nemmeno a smettere di stringere convulsamente il braccio, ormai dolorante, del ragazzo.
Quasimodo e Meg si alzarono per abbracciare affettuosamente l’amico di cui avevano dovuto fare a meno per tutta l’estate, dato che era partito per un corso d’addestramento militare, che gli avrebbe garantito un buon posto nell’esercito una volta conclusosi l’anno scolastico.
Un po’ drastica come soluzione, ma in un certo senso s’era volta a suo vantaggio, almeno in campo amoroso. Da anni ormai faceva il filo ad Esmeralda che però continuava a friendzonarlo di brutto, soltanto quando l’aveva visto partire per il campo il suo cuoricino si era sciolto e adesso stavano felicemente insieme da quattro mesi.
Il biondo ricambiò il calore dei compagni, con un po’ di difficoltà dato che Ez si era ancorata al suo braccio, e raccontò con vivacità e dovizia di dettagli qualche avventura che aveva affrontato in divisa.
Poi la campanella annunciò fastidiosamente l’inizio delle lezioni e il gruppo si divise in due, ragazze e ragazzi.
Per qualche passo Febo e Quasimodo camminarono in silenzio.
Nonostante un inizio burrascoso, dovuto soprattutto alla gelosia per Esmeralda, la relazione tra i due era diventata ottima e forse, per Quasi, Febo rappresentava il suo unico vero amico.
Per diverse volte il biondo sembrò sul punto di parlare, ma senza riuscire proferire parola.
“Dimmi pure”
Lo esortò tranquillo Quasimodo.
“Senza rancore, vero? Cioè, non ti da fastidio che io stia con lei, giusto?”
Sembrava sinceramente preoccupato e questo non sfuggì agli occhi dell’amico.
“Senza rancore”
Lo tranquillizzò.
E il rancore non c’era davvero.
Aveva accusato il colpo quando Esmeralda stessa gli aveva fatto sapere della relazione, ma col tempo se n’era fatta una ragione, preferiva vederla tranquilla ed equilibrata con un suo amico che vederla passare da uno sconosciuto all’altro.
Certo, non poteva dire di non provare niente per lei, ma sembrava che il tempo stesse guarendo tutto e, in fondo, aveva sempre saputo di non avere speranze.
Con l’umore incupito l’uno e più sereno l’altro, entrarono in classe per affrontare un particolarmente nervoso prof di fisica.
 
Belle, seduta a primo banco, attendeva con ansia l’inizio della lezione ignorando spudoratamente la piccola Giselle che parlava vivacemente da ore di quanto fosse favoloso il tessuto che aveva comprato a metà prezzo e di come non vedeva l’ora di utilizzarlo per un’incantevolissima gonna. Per fortuna di Belle, la ragazza si zittì quando entrò il professore.
Riccardo Cuordileone, il miglior insegnante di storia che Belle avesse mai avuto. Un omone possente che sapeva farsi valere, ma senza farsi disprezzare, e che amava profondamente la materia, come se lui stesso avesse sguainato una spada sui campi di battaglia di cui parlava.
Il prof stava iniziando a parlare quando la porta si aprì.
“Perdoni il ritardo, signore”
Un ragazzo alto e dagli eccessivamente lunghi capelli rossi entrò in classe.
“Oh! Signor Roses. E’ un piacere vederla, non sapevo frequentasse questo corso”
Lo accolse il prof con il suo solito buon umore.
“Ho dovuto modificare un po’ il mio orario per questioni personali”
Gelido. Il nuovo studente non era stato freddo, ma proprio gelido.
“Capisco, bene, si accomodi pure. Sono certo che si troverà benissimo”
Così il giovane si sedette infondo senza degnare nessuno di uno sguardo. Uno spiffero d’aria invernale sarebbe stato senza dubbio più amichevole.
L’attenzione di Belle fu attirata da una sorta di squittio emesso da Giselle.
“Stai bene?”
La rossa annuì con forza, anche se le guance rosse e gli occhi sgranati testimoniavano il contrario.
“Giselle?”
Insistettè.
“Non ti rendi conto? Quello è Adam Roses! E’ praticamente l’Edward Cullen di questa scuola!”
Probabilmente credeva di aver rivelato chissà che cosa, ma Belle era più confusa di prima.
“Non mi sembra luccichi”
Constatò.
*badum tsss*
“Spiritosa! Non è un vampiro … forse … Ma è bellissimo, ricchissimo, intelligentissimo e non frequenta nessuno. Se ne sta sempre per i fatti suoi e mi hanno detto che vive in un castello!”
La ragazza stava entrando in iperventilazione e probabilmente solo grazie a delle forze mistiche stava riuscendo a non urlare. La compagna, al contrario, era delusa dalla rivelazione. Quella scuola era già abbastanza piena di stronzi, uno in più non avrebbe fatto molta differenza.
“E questa cosa mi dovrebbe colpire perché?”
“Il fascino del bello e tenebroso Belle! E’ chiaro! Ma su che pianeta vivi?”
Viveva sul pianeta dove la gente non si esalta per un riccone strafottente, ma Giselle aveva la capacità di entusiasmarsi per ogni cosa e ci rimaneva malissimo se non veniva assecondata. Chiuse la bocca soltanto perché ripresa dal professore, altrimenti avrebbe fatto di tutto per convincere Belle della sensazionalità della cosa.
“Bene, se la signorina Andalasia permette, inizierei la lezione. Quest’oggi vi propongo un progetto fondamentale per immergervi nella materia che andrete studiando. Sarete divisi in coppie e vi occuperete di una ricerca dettagliata, e spero innovativa, di un periodo storico assegnatovi … Inutili, signor Rider, gli  sguardi d’intesa col signor Ababua. Sarò io a scegliere le coppie”
Diversi lamenti si sollevarono, ma nessuno andò oltre. Quello che diceva il prof era legge.
“Ho preso questa decisione per evitare che fosse solo uno dei due a lavorare. Ho dovuto modificare qualcosa dato l’arrivo del signor Roses, ma dovrebbe andare bene. Iniziamo proprio da lei, è uno studente brillante e merita qualcuno che le tenga testa, la signorina Beauté sarà perfetta. Vi occuperete del romanticismo.”
Belle lanciò un’occhiata al suo futuro compagno di studi, sembrava non gli fregasse nulla e non si era nemmeno preso la briga di controllare chi fosse la sua compagna.
Il professore continuò a formare le coppie fino alla fine dell’ora. Gli altri ragazzi si stavano accordando su come e quando lavorare insieme, mentre Adam era andato via.
Maledicendolo ad ogni passo, Belle lo raggiunse al suo armadietto.
“Scusami?”
Il ragazzo le rivolse un’occhiata scocciata.
“Sono la tua compagna in storia, credo che dovremmo metterci d’accordo per il progetto”
Chiarì Belle.
“Ah, si. Venerdì a casa mia. Alle cinque puntuale. Non amo perdere tempo”
E senza aggiungere altro le porse un biglietto da visita con indirizzo e numero. Davvero? Andava in giro con biglietti da visita?
“Quindi hai già deciso tutto? Non hai preso in considerazione che IO potrei avere delle opinioni o delle esigenze? Perché non facciamo da me?”
Belle in generale era una ragazza tranquilla, ma odiava sentirsi messa in secondo piano e da brava femminista qual era attaccava senza pietà tutti gli individui di sesso maschile che pretendevano di dominare.
“Se hai tre computer di ultima generazione, una biblioteca rifornita delle migliori enciclopedie e una domestica che fa il tè più buono della nazione, sarò felice di venire a casa tua”
La ragazza rimase senza parole. Sperò vivamente che quel tipo stesse scherzando.
“Bene il tuo silenzio è eloquente. Ci vediamo venerdì”
Così le chiuse l’armadietto in faccia e si allontanò lasciandola lì come un’idiota.
Belle era ancora in mezzo al corridoio sotto shock quando fu raggiunta da Giselle.
“Allora? Com’è il vampiro?”
Chiese curiosissima.
“Non è un vampiro, è una bestia!”
 
Andare via da scuola dopo la fine delle lezioni era sempre un piacere, piacere che veniva di gran lunga amplificato se potevi farlo tenendo per mano il tuo ragazzo e avendo davanti la prospettiva di un pomeriggio a base di coccole.
“Che bello, è un po’ che non abbiamo un po’ di tempo tutto per noi”
Sorrise Hans mentre Anna cercava le chiavi della porta.
“E’ così bello che accetteresti di vedere finalmente il Titanic?”
Insieme avevano visto tanti film romantici, ma il Titanic no, troppo deprimente a detta di Hans, non si addiceva alla loro stupenda storia.
“Ah io ci ho provato”
Rise Anna entrando in casa. Hans la seguì e non perse tempo per concederle un bacio dolcissimo, ma non proprio casto. Era decisamente da troppo che non stavano da soli.
“Se la prossima volta inviti di nuovo Kristoff – pausa per un altro bacio- lo butto fuori a calci – pausa notevolmente più lunga e … calorosa- tu sei mia”
La ragazza, sorpresa per la tanta passionalità del ragazzo, non fece in tempo a rispondere che furono interrotti.
“Anna”
La rossa si voltò e trovò la sorella che li fissava con sguardo austero.
“Elsa!”
Si staccò velocemente da Hans e si avvicinò a lei, ma non provò nemmeno a sfiorarla.
“Mamma e papà non mi avevano detto che avessi finito tuo stage in Europa”
Commentò Anna, facendo riferimento agli studi d’architettura della sorella maggiore.
“Non l’ho finito, infatti. Sono tornata per controllarti mentre loro sono via … e evidentemente ho fatto bene”
Adesso il suo sguardo freddo era rivolto verso Hans, che era rimasto in disparte, ma che non si fece intimorire dalla giovane donna.
“Salve, sono Hans Soder … il ragazzo di Anna. Ho sentito molto parlare di te”
Sorrise cordiale e le porse la mano, che però non venne stretta.
“Non ti ho mai sentito nominare. Comunque dovrei parlare con mia sorella in privato, se non ti dispiace”
Il braccio gli ricadde lungo il fianco e fece un passo indietro. Che ragazza simpatica.
“Certamen …”
“No!”
Intervenne Anna.
“Quello che mi devi dire, puoi dirlo davanti a lui”
“Credo, invece, che sia opportuno che se ne andasse”
Continuò Elsa, ma, nonostante Hans concordasse, fu trattenuto da Anna che sembrava non volesse rimanere sola con la sorella.
“Molto bene”
Sospirò la maggiore.
“Trovo molto deludente il tuo comportamento, Anna, i nostri genitori sono via da meno di ventiquattro ore e tu già ti sei premurata di portare un ragazzo a casa pensandola vuota. E’ un comportamento riprovevole”
Aveva esposto tutto con estrema calma, ma aveva comunque raggelato la sorella.
“Ma … noi non avevamo cattive intenzioni e poi i nostri genitori conoscono benissimo Hans, non sarebbe stata la prima volta che veniva qui”
Spiegò Anna che trovò subito l’appoggio nel ragazzo.
“Davvero, avremmo visto un film e mangiato una pizza, tutto qua”
“Certo, stavate proprio scegliendo cosa vedere quando siete entrati. Comunque pretendo che tu te ne vada”
Commentò Elsa che diventava sempre più dura, come il ghiaccio che si congela sempre più.
Non trovando molto d’aggiungere, Hans, strinse la mano ad Anna e senza dire niente andò via.
La porta si chiuse con un tonfo secco.
“Sei stata molto sgarbata Elsa, Hans non se lo meritava … e nemmeno io”
La voce della ragazza era bassa così come lo sguardo, per celare al meglio le lacrime che avevano iniziato a rigare le guance.
“Ho già esposto la mia opinione”
“Ma non ne avevi il diritto!”
Rispose Anna, adesso con voce alta e gli occhi puntati verso la sorella, nonostante le lacrime continuassero a sgorgare.
“Non mi hai mai considerata, non ci vedevamo da due anni e non ti sei mai fatta sentire se non quando ti chiamavamo per le feste, e adesso vieni qua e pretendi di dettar legge! Mi tratti da sgualdrina come se non mi conoscessi, anzi, forse è perché non mi conosci affatto!”
La tempesta di sentimenti, che la giovane aveva covato per anni, fuoriuscì investendo violentemente Elsa.
“Io ho lasciato tutto per venire qua da te, tutto”
“Potevi pure farne a meno! Nemmeno sei arrivata che hai fatto casini!”
“B-A-S-T-A”
La maggiore delle due scandì ogni singola lettera della parola con fredda autorità e forse qualcosa in più, che però Anna non riuscì a cogliere.
“Vattene in camera tua e senza replicare”
Una statua di freddo marmo, ecco cosa sembrava Elsa in quel momento, il freddo ritratto di una regina. L’altra non aprì bocca, ma, invece che dirigersi verso la camera, mirò all’entrata e andò via.
Un singhiozzo per nulla freddo sfuggì dalle labbra di Elsa.
“Si, non ti preoccupare Ez, sto benissimo …”
Un bacio umido si depose sulla spalla nuda di Megara.
“… mi dispiace di non aver partecipato alla festa di ben-tornato, ma proprio non potevo rimandare, Febo mi perdonerà …”
Un secondo bacio, questa volta sul collo.
Infastidita la ragazza si alzò dal letto, trascinandosi tutto il lenzuolo per rimanere coperta e lasciando l’altro come mamma l’aveva fatto.
“… grazie per aver capito, salutami tutti”
Chiuse la telefonata e si voltò.
“La prossima volta impegnati di più per farci scoprire, mi raccomando”
Si rivolse acida verso l’uomo che intanto si era infilato i boxer e le si era avvicinato.
“Non essere sciocca, tesoro, non farei mai niente per … comprometterci”
Le accarezzò lascivamente i capelli, ma lei si scostò ancora.
“Non ce la faccio più, è la mia migliore amica e continuo a mentirle da mesi. Questa relazione deve finire, voglio che finisca”
“Davvero?”
Chiese sarcastico.
“Eppure non mi sembravi tanto disperata poco fa, questa relazione la voglio tanto io quanto tu, non mentire … me ne accorgo”
Erano amanti da Natale, lei e Ade, fratello del preside della scuola che la stessa ragazza frequentava, ma l’uomo non amava essere ricordato per questo. Proprietario di un’importante ditta di pompe funebri e coinvolto in affari ben più grossi e loschi, Ade Thèos, era potente e pericoloso … ecco per cosa voleva essere ricordato.
All’inizio Meg aveva trovato eccitante la loro relazione che rasentava i limiti della pedofilia e che era arrivata al momento giusto, era stanca di bambocci idioti che pensavano solo al football, molto meglio un uomo vero che sapeva quello che voleva e poi, si sa, il fascino del potere è ineguagliabile; ma adesso il tutto iniziava a pesarle, bugie su bugie, incontri clandestini e segreti sussurrati tra le lenzuola, tutto era più grande di lei e, dopo averle già rubato la fanciullezza, minacciava di schiacciarla.
Ma voleva davvero smetterla?
Guardò il corpo scolpito dell’amante, il viso affilato e gli occhi, gli occhi che sembravano ardere come fiamme. Era sexy.
Era sexy, era potente, era uomo.
No, non voleva smetterla.
Il sorriso soddisfatto che si dipinse sul volto di Ade, le fece capire che aveva letto ogni suo singolo pensiero.
“Ho fame, dovrebbe esserci della moussaka  in frigo. Vestiti, ti aspetto sotto amore”
La baciò, si leccò le labbra e sparì oltre la soglia della porta.
Dannata. Era dannata per sempre.
 
Bianca si stava accuratamente smaltando le unghie, stando attenta a non versare la boccetta sul soffice tappeto bianco (di nuovo).
James, disteso sul letto, fissava il soffitto con aria pensosa.
“Cosa ti farebbe smettere di essermi amica?”
Chiese di punto in bianco.
“Che razza di domanda è?”
Rispose Bianca ammirando il suo capolavoro rosso.
“Tu rispondi”
Il tono era serio, preoccupato.
“Beh, non sarei più tua amica se combinassi qualcosa di grave … un omicidio ad esempio, ma dipende dalle circostanze. Probabilmente l’unica cosa che non ti perdonerei è comprare l’ultimo rossetto Red Apple esistente per poi buttarlo via. Questo si che non te lo perdonerei”
Rise la ragazza.
James però restava taciturno e questo la preoccupava. Che avesse davvero fatto qualcosa? Qualcosa d’imperdonabile?
“James? Sai che puoi dirmi …”
“Sono gay”
La stanza divenne silenziosa e il ragazzo sembrava sul punto di piangere.
“Tutto qua?”
“Come sarebbe a dire tutto qua?”
Finalmente la guardò in faccia per accertarsi che avesse sentito bene.
“Sarebbe a dire che lo sapevo, l’avevo capito. Sono pur sempre la tua migliore amica, no?”
James rimase imbambolato, con un grosso punto interrogativo dipinto in viso.
“Mi hanno convinto le scarpe Ferragamo che mi hai regalato per il compleanno. Erano troppo perfette … sommando questo a tutte le centinaia di indizi precedenti … non sono stupida, James”
Spiegò con nonchalance Biancaneve.
“Quindi lo sai mesi? E … e per te va bene?”
La voce sorpresa non nascondeva un certo sollievo e un pizzico di commozione che fecero intenerire la ragazza. Si sedette accanto a lui.
“Certo. Basta che non inizi a fregarmi i ragazzi”
Scherzò.
“Oh, Nana”
James l’abbracciò con trasporto, ora era commosso davvero.
“Però ho una domanda …”
“Dimmi”
Ora era palesemente più tranquillo.
“Perché me lo dici proprio adesso?”
Di botto il viso del ragazzo divenne rosso e James iniziò a guardarsi intorno fingendo indifferenza.
“No! Hai conosciuto uno!”
Trillò Bianca battendo le mani.
“Può essere …”
Rispose vago James.
“Chi è? Lo conosco? Dimmelo! Oooh, voglio vederlo!”
Biancaneve si era decisamente esaltata e il ragazzo dovette tenerla per le spalle per non farla saltellare più.
“Nana”
Era serio e la ragazza tornò composta.
“Non posso dirtelo. E’ ancora presto … stiamo … provando. Ma ti prometto che quando saremo pronti, sarai la prima a conoscerlo”
Bianca rispettò la decisione e non fece più domande.
Così, dopo un altro abbraccio fraterno e un sorriso affettuoso, tutto tornò normale tra film dalle trame improbabili e popcorn zuccherati.
“Grazie, Nana”
 
 
 A.A.
Amatemi! Ho aggiornato con due giorni d'anticipo! Voglio un applauso!
*silenzio di tomba*
*manco i grilli si pronunciano*
*i cespugli rotolanti del vecchio west (?) entrano in sciopero*
Em... so... comunque grazie per aver letto anche questo capitolo! Spero, come sempre, che vi sia piaciuto... anzi, lo spero un pò di più, perchè ne sono particolarmente soddisfatta ^^" 
Inizialmente doveva avere un'atmosfera molto "SORPRESA!" da festa a sorpresa ... alla fine  diventato "SORPRESA." merda. Si, mi è scappato un pò di troppo pathos. 
Ovviamente le scene più importanti solo le ultime tre, certo Belle finalmente ha incontrato Adam... ma avranno i loro momenti, cosa ne pensate? Elsa è una stronza, Meg se la fa con Ade (ammettetelo. tutti voli li shippavate!) e il principe azzurro è davvero gay. Mi sa che vi devo delle spiegazioni.
Elsa doveva essere "fredda", ma non poteva starnutire mini-pupazzi di neve ... inoltre ho sempre pensato che se avesse fin da subito parlato con Anna, si sarebbe risparmiata anni di gastrite da stress e ... Anna è la mia preferita *schiva i divani, le incudini, e una palla da demolizione*
Rivaluto invece la figura di Hans perchè l'ho amato, per tre quarti di film cercavo una soluzione al triangolo amoroso fino a quando la disney non mi ha causato un trauma in fantile adolescenziale.
Meg e Ade ... beh ... c'è intesa fra i due, tutti amiamo Ade e chissene se è quasi, QUASI, pedofilia (Meg è già maggiorenne quando inizia la relazione)... amatemi *sguardi di supplica*
James... volevo assolutamente inserire una componente omosessuale, perchè in una scuola dei nostri tempi è molto più probabile che ci sia che il contrario, l'ho trovato giusto, realistico e ... tenero. Però tra i tanti omaccioni su chi doveva ricadere la cosa? Sul possente Hercules? Sul mysterious as the dark side of the moon Shang? Ovviamente no, quindi è toccata allo sfigato in calzamaglia, che è davvero femminile... spero di riuscire a plasmare un personaggio più complesso dell'originale ... incrocio le dita.
Bene. Ora tocca a voi parlare... che ne pensate del capitolo? Devo fugire in Congo? lasciatemi una recensione! Anche perchè lancio un piccolo sondaggio... vorrei scrivere una shot ... uno spin-off, ma sono indecisa, quindi scegliete voi tra: "Ade-Megara come tutto ebbe inizio" o "Quello che successe tra Frollo ed Esmeralda". Due temi simili, ma con tantissime differenze. 
Ringrazio sempre chi ha recensito, chi ha aggiunto la storia alle seguite/preferite e chi legge in silenzio. Vi amo quanto Giselle ama gli scoiattoli <3

Curiosità: 
Soder, cognome di Hans, in svedese significa "sud"... infondo è il principe delle Isole del Sud

 

 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 6
*** 6. Stralci di vite totalmente casuali ***


6. Stralci di vite totalmente casuali
 
Passi frettolosi riecheggiarono dalla grande scala di legno e la signora Elinor intavolò le frittelle. Due teste rosse fecero il loro ingresso in cucina e, nonostante le facce assonnate, guardarono con vivo interesse la colazione.
“Buon giorno ragazze”
“Giorno signora Dun Broch”
Salutò Anna, mentre Merida aveva già divorato metà dolce, guadagnandosi un’occhiata di rimprovero dalla madre.
“Hai dormito bene cara?”
“Oh si, benissimo. Grazie ancora per l’ospitalità”
“Di nulla …”
Il discorso fu interrotto da un tonfo proveniente dal piano di sopra, seguito da tre risate birichine. Allarmata, Elinor, scappò dai bambini prima che distruggessero qualcosa … di nuovo.
Le ragazze avevano già finito la colazione in silenzio, le bocche erano state troppo impegnate per parlare, quando la padrona di casa ritornò seguita da tre demonietti dai faccini angelici.
“Comunque tesoro …”
Si rivolse ad Anna.
“… vorrei che tu ti riappacificassi con tua sorella, non che abbia creato disturbo, ma l’ho sentita molto preoccupata al telefono”
Elsa aveva telefonato la sera prima, quando si era resa conto che la sorella non sarebbe tornata a casa, Anna aveva sentito la signora sprecarsi in rassicurazioni e si era davvero sentita pessima, ma poi si rese conto che Elsa non stava nemmeno provando a parlare con lei, a risolvere la cosa e la rabbia si riversò nuovamente nelle sue vene.
“Promettimi che tornerai a casa dopo scuola”
Insistette Elinor con il suo tipico tono da mamma ansiosa.
“Promesso”
E un sorriso rivelò che la donna si era tranquillizzata.  
“C’è Hans fuori!”
Annunciò Merida e le due uscirono per andare a scuola, senza però essere perse dal materno sguardo attento.
 
Il professor Marlin Brooks, insegnante di biologia marina, stava animatamente parlando delle migrazioni delle Caretta caretta e della loro incredibile longevità, ma Trilly non era proprio dell’umore per ascoltare.
Il caschetto biondo spettinato, il viso stanco senza un filo di trucco, le magliettine attillate sostituite da un enorme felpone vecchio e un’aria perenne da anima in pena. No, non era proprio dell’umore giusto.
Tutta la colpa poteva essere attribuita a quell’idiota, infantile, testa-rossa in piena tempesta ormonale conosciuto con il nome di Peter Pan, che aveva ben pensato di “fidanzarsi ufficialmente” con Wendy Stronza Darling e di iniziare ad ignorare bellamente gli amici, Trilly compresa … anzi, Trilly specialmente. La biondina, neanche a dirlo, c’era rimasta secca ed era da giorni che sembrava aver dimenticato la voglia di vivere in fondo all’armadio.
“Trilly … psss … Trilly!”
La ragazza voltò gli spenti occhi azzurri verso Lilo, seduta a due banchi di distanza.
“Oggi vieni a studiare da Melody?”
“No.”
Rispose secca e già pronta a tornare a non-ascoltare la lezione.
“Ehi! Psss! Ma suo zio fa i gamberi fritti! Tu adori i gamberi fritti!”
Effettivamente adorava i gamberi fritti, erano così croccanti e … gustosi e … saporiti … stava quasi per convincersi, ma poi si ricordò che anche Peter adorava i gamberi, come, come avrebbe mai potuto mangiarli senza pensare a lui? Come avrebbe fatto a non far correre la mente a tutti i momenti in cui avevano diviso quel delizioso piatto insieme? Come avrebbe cancellato la consapevolezza che quei momenti non sarebbero più tornati?
“No. Odio i gamberi fritti.”
A quelle drastiche parole Melody, l’unica che in tutto questo stava dando retta al professore, si voltò sconvolta.
“Ma non dire sciocchezze! Oggi tu vieni da me e ti mangi quei gamberi!”
“Giusto!”
La spalleggiò Lilo.
Trilly scosse la testa e abbassò lo sguardo sul libro.
Apprezzava gli sforzi delle amiche, davvero, ma non ci riusciva proprio ad andare avanti, era ancora troppo presto per sorvolare sulla questione, perché Peter non era solo un amico che si era allontanato, era un pezzo di lei che le avevano tranciato nella maniera più dolorosa possibile.
I due si conoscevano da undici anni, ovvero, da quando la famiglia Pan si era trasferita nello stesso quartiere della famiglia Tinker Bell, portandosi dietro un bimbetto testardo e temerario che ci mise ben poco a guadagnarsi la cieca amicizia di una minuscola Trilly.  Crebbero così l’una insieme all’altro e guai a dividerli! In quei casi, le urla e i capricci invadevano mezza città e non smettevano finché i due non venivano riavvicinati. Però, almeno nel cuoricino di Trilly, crebbe anche il sentimento che da amicizia diventò amore;
la ragazzina se ne rese conto a dieci anni quando, per gioco, Peter le diede uno scherzoso bacio a stampo mentre giocavano al principe e alla principessa, in quel momento il cuore le tremò e seppe che mai avrebbe smesso d’amare Peter. Quella consapevolezza si era rivelata veritiera e, arrivata l’adolescenza, Peter smise del tutto di essere il suo migliore amico e diventò l’amore più grande della sua vita, a volte le faceva male restargli a fianco senza poter esprimere i suoi sentimenti, ma avrebbe sopportato la qualunque per lui.            
Ecco, ecco perché non poteva mangiare quei dannati gamberi fritti.
“Trilly … Trilly!”
Melody la richiamò e si risvegliò dal suo sogno ad occhi aperti, ma il tono di voce usato dalla moretta si era rivelato troppo udibile anche dal prof.
“Basta! Signorine Mermaid, Tinker Bell e Ohana, state disturbando la lezione, non è da voi. Non pensate di andarvene appena suona la campanella, visto che avete tanta voglia di parlare, lo farete la prossima settimana  esponendo una ricerca approfondita sulle tartarughe marine”
In classe calò un silenzio tombale e le tre amiche formularono lo stesso identico pensiero:
Maledizione, Peter!
 
L’ultima ora sarebbe stata dedicata ai primi incontri dei gruppi sportivi, di conseguenza anche della squadra di atletica.
Ricevuti gli incoraggiamenti dalle amiche, Mulan si incamminò verso lo spogliatoio femminile.
Si era praticamente impiccata con le sue mani e grazie ad uno dei filosofissimi discorsi di suo padre, uno di quelli che iniziavano con “Figliola” e terminavano con “Tutto l’universo condivide un’unica grande anima”, era andata in fumo anche la possibilità di ritirarsi, alternativa che a quanto pareva avrebbe gettato disonore su mezza Cina.
Arrivata allo spogliatoio indossò la tuta decisamente troppo grande per lei, ma l’unica che era riuscita a recuperare. Si guardò intorno e iniziò ad avere la nausea.
Tutte le ragazze sembravano così … atletiche
con degli abiti … atletici
e un atteggiamento decisamente … atletico.
Mulan ebbe un attimo di esitazione. Sarebbe davvero stato così grave portare disonore su mezzo continente asiatico? Infondo non l’aveva ancora vista nessuno, se fosse riuscita a ritirarsi lentamente magari …
“Ehi, Fa”
Alle sue spalle comparve Tiana, non erano amiche, ma frequentavano lo stesso corso di matematica. L’onore della Cina era salvo.
“Ciao Kikker”
“Chiamami pure Tiana, comunque, non sapevo frequentassi atletica”
“Già, appena iniziato … ma tu non fai tipo mille mila cose?”
Tiana sorrise orgogliosa di se, le piaceva dimostrarsi capace di gestire il suo tempo alla perfezione, così come non si permetteva mai di sembrare stanca.
“Si, ma la squadra da crediti extra e potrei ottenere una borsa di studio, inoltre …”
“Inoltre è una stakanovista come poche”
Una terza ragazza si era inserita nella discussione, sembrava più piccola, ma decisamente tosta.
“Piacere, sono Merida”
“Mulan”
Sorrise intimidita dall’ultima arrivata.
“Io faccio parte della squadra perché non so star ferma, mica per autolesionismo. Sono certa che Tiana morirà di infarto prima o poi”
Continuò la rossa scatenando risatine e consensi generali da tutte le presenti, meno Tiana ovviamente.
Mulan stava iniziando quasi a sentirsi a suo agio quando un fischietto risuonò prepotente.
“Il generale ci chiama!”
Scherzò Merida.
“Um e com’è il capitano?”
Chiese Mulan preoccupata.
“Shang? Un tipo apposto”
La tranquillizzò Tiana con un sorriso gentile.
“Sicuramente ha ogni cosa al posto giusto”
Commentò Merida, che questa volta ottenne anche l’approvazione di Tiana che si disse pienamente d’accordo.
Alla ragazza asiatica sfuggì il senso della discussione, ma le bastò uscire in cortile per afferrare il concetto.
Un ragazzo stava davanti a tutti, i lineamenti asiatici confermavano la sua identità, ma diciamo gli occhi a mandorla non erano le prime cose che venivano notate, considerando anche che non aveva la maglietta.
Magari questa esperienza sportiva non sarebbe stata tanto male.
Il gruppo si dispose ordinatamente davanti al capitano.
“Salve a tutti, benvenuti e bentornati al gruppo di atletica della nostra scuola. Sono Lee Shang vostro capitano e coach”
Parlava distrattamente controllando la lista dei partecipanti, ma il tono era comunque fermo e sicuro.
“Vedo nomi nuovi … Kida Gakash, si … abbiamo parlato prima …”
Fece un cenno ad una ragazza dai bellissimi occhi azzurri e dal fisico perfetto.
“ … Mulan Fa, devi essere tu”
Le si avvicinò, ora i due erano separati da meno di un metro e mentre lui la studiava con occhio critico, lei cercava di guardarlo in viso … solo in viso.
“Non sei una matricola, ma è la prima volta che ti vedo qua”
Osservò attento.
“Em … si, ho deciso di modificare la mia routine”
Gli rifilò la solita risposta, ma Shang non sembrò particolarmente soddisfatto.
“Frequenti sport fuori dalla scuola?”
“No”
“Hai frequentato sport negli ultimi tempi”
“No”
Rispose Mulan con un filo di voce.
Ora il disappunto era palese sul suo viso.
“Troppo magra, non  hai praticamente massa muscolare”
Fino a quel momento, Mulan ringraziava chi le diceva di essere magra, lo considerava un fattore positivo, ma il tono aspro di Shang la fece morire di vergogna. La ragazza pregò affinché la terra la inghiottisse, ma evidentemente non era il suo giorno fortunato.
Dopo un ultimo sguardo di disappunto, Shang si allontanò con passo militare.
“Voglio essere chiaro su una questione: questo non è un passatempo, se state cercando solo un modo per distrarvi per qualche ora, sarò ben lieto di indicarvi l’uscita. Questa è una squadra. La vittoria di uno è la vittoria di tutti, il fallimento di uno è il fallimento di tutti … e io non ho la minima intenzione di fallire. Sono disposto a dare il massimo, sono pronto a versare sudore e sangue e lo stesso pretendo da voi. Preparatevi quindi fisicamente e psicologicamente. Io vi renderò pronti a tutto, ma se non collaborate non mi farò tanti scrupoli a mandarvi via. Spero di essere stato chiaro”
Tutti annuirono, ma Mulan ebbe la fortissima sensazione che quel discorso si riferisse unicamente a lei.
Non sarebbe stata tanto male come esperienza.
Sarebbe stata molto peggio.
 
Dalla finestra della biblioteca la vide passare, bella e con i capelli scompigliati dal vento, e non seppe resistere. Si scusò con la Signora Packard, bibliotecaria anziana e con un’eccessiva passione per il fumo, e volò fuori dall’edificio.
“Serve un passaggio, WWF?”
Pocahontas sobbalzò.
“John … hai ricominciato a chiamarmi così?”
“Non ero certo io che a sei anni urlavo davanti ad ogni hamburger di voler chiamare la World Wide Fund For Nature”
La prese in giro scompigliandole i capelli, vizio che si portava dietro dall’epoca degli hamburger.
“Allora lo vuoi o no il passaggio?”
L’aria scherzosa fu sostituita da un atteggiamento volutamente provocante e la mano scivolò dalla testa fino ai fianchi, che strinse con ardore. Lei divenne rossa e lui sorrise soddisfatto, amava farla impazzire, essere il suo punto debole.
“No. Non mi serve un passaggio”
La risposta negativa non scoraggiò il baldo giovane, che non aveva la minima intenzione di farsi rifiutare.
“Non dirmi che hai un’alternativa più allettante di me”
“Veramente si”
John battè le palpebre sorpreso e si rese conto che la ragazza stava guardando qualcosa, anzi qualcuno … qualcuno che si stava avvicinando con aria furente. Un ragazzo altro dai capelli castani si avvicinò ai due, lo sguardo fisso sul braccio che cingeva Pocahontas come a volerlo disintegrare; John lo capì bene e non fece nemmeno un movimento per allontanarsi dalla ragazza, anzi, sorrise sornione,  ma fu lei a staccarsi a forza.
“John, ti presento John Rolfe, il mio …”
“Ragazzo, sono il suo ragazzo”
Sottolineò il moro geloso.
“John … Rolfe … sul serio? WWF ok che ti piacciono gli inglesi e il nome John, ma sembrerebbe quasi che ti sono mancato”
Effettivamente John non aveva tutti i torti e le analogie non si fermavano solo al nome e alle origini; stessa mascella squadrata, occhi chiari, incarnato chiaro e perfino la bocca era tremendamente simile a quella di Smith, con una tinta si sarebbero potuti spacciare per fratelli.
“Ti assicuro che nessuno ha sentito la mancanza di nessuno”
Rolfe era sulla difensiva, il che era normale dato che il suo peggior incubo gli si era materializzato davanti biondo, bello e avvinghiato alla sua ragazza.
“Per favore, smettetela di fare i bambini, soprattutto tu”
Con Rolfe davanti, Pocahontas era riuscita a tranquillizzarsi, ma non le piaceva per niente la vicinanza tra i due John.
“Come la signora desidera”
Smith fece un piccolo inchino.
“Bene, vi lascio alle vostre faccende da innamorati e torno a lavoro. E’ stato un piacere conoscerti John”
Ma, prima di voltare alle spalle alla coppia, scoccò un bacio sulla guancia di Pocahontas e rapido le sussurrò all’orecchio:
“Tanto lo so che ti sono mancato”
Facendo perdere un battito alla fanciulla.
I due fidanzati salirono in macchina e nell’abitacolo si respirava un clima teso. Doveva smetterla di salire in macchina con ragazzi di nome John!
“John …”
Voleva spiegare, scusarsi per la scena che il ragazzo si era trovato davanti, perché lui non se la meritava, perché, nonostante somigliasse tanto a John Smith, non aveva la stessa infantile leggerezza e noncuranza e Pocahontas sapeva che ne era rimasto ferito nell’orgoglio.
“ John io …”
“Se mi devi lasciare fallo adesso”
“Come?”
“Non prendermi in giro, se siamo destinati a separarci voglio che accada prima di diventare un cornuto”
Le parole la spiazzarono, erano l’ultima cosa che si sarebbe aspettata.
“Io non ti voglio lasciare! Ti amo!”
“Lo so …”
Sussurrò John, quasi rassegnato, con la pesante consapevolezza che la ragazza non gli stesse mentendo, ma che presto quelle parole sarebbero state portate via dal vento.
“John guardami, guardami ho detto!”
La macchina era ormai ferma davanti a casa Matoaka, John la guardò.
“Io non ti tradirò mai, né con John Smith né con altri. Io ti ho scelto e tu hai scelto me, non conta altro”
La baciò con triste dolcezza, lentamente, assaporando con cura le labbra della ragazza.
“Ci sentiamo dopo”
Lei scese dall’auto e la guardò andare via.
 
“AAAAAAAAAH!”
Un urlo di terrore echeggiò dal salotto.
Jane allarmata, ancora con le chiavi in mano, corse a raggiungere Esmeralda per vedere cosa fosse successo e la trovò armata di un ombrello, che brandiva minacciosamente contro un ragazzo allibito.
“Jane! Chiama subito la polizia! Devono arrestare questo ladro!”
Nonostante la situazione fosse decisamente comica, Jane si trattenne dal ridere perché l’amica era davvero terrorizzata … e il ragazzo lo era ancora di più.
“Ciao Tarzan”
“Lo … lo conosci?”
Ez abbassò lentamente l’arma ancora diffidente.
“Si e ti sarei grata se non lo picchiassi”
“Lo sarei anche io”
Li guardò confusa e si arrese definitivamente, peccato, sarebbe stato figo catturare un ladro.
“Esmeralda Tarzan, Tarzan Esmeralda. E’ uno studente privato di mio padre”
I due si strinsero la mano e lei lo analizzò meglio di una macchina a raggi X.
“Non mi avevi detto di avere amici sexy!”
“EZ! Scusala”
“Nessun problema”
Il ragazzo sorrise divertito e compiaciuto e Miss Trouillefou fu spedita in camera per evitare altri pasticci.
“Non puoi esiliarmi!”
“Si invece! E’ casa mia”
“Ma … ma …”
“Vai sopra o niente ripasso di chimica”
In tutto questo Tarzan si godeva lo spettacolo ridendo sotto i baffi.
“Tipino simpatico, non volevo spaventarla, ma tuo padre mi ha detto di aspettarlo dentro”
“Non ti preoccupare”
I due rimasero un po’ in silenzio a fissarsi, lo facevano sempre e ogni volta si ritrovavano più vicini del previsto. Jane non sapeva spiegare razionalmente questo comportamento, semplicemente rimaneva senza parole, ma non riusciva a smettere di guardarlo, di studiarne il volto e di spegnere totalmente il cervello quando si perdeva nei suoi occhi. D’un tratto poi si riprendeva, si rendeva conto che il suo respiro caldo le solleticava la pelle e si allontanava balbettando e arrossendo. Non era razionale, ma le piaceva e ormai il suo album da disegno era stracolmo di ritratti abbozzati di quel viso incantevole.
“JAAAANEEEE! SE TI DEVI IMBOSCARE FALLO DOPO! MI HAI PROMESSO RIPETIZIONI!”
Com’è che Esmeralda riusciva ad essere invadente anche quando non era presente?
Ancora una volta le guance di Jane s’imporporarono e lei corse a nascondersi nella sua stanza dove però l’attendeva una Ez avida di dettagli.
“Voglio sapere tutto!”
“Non c’è niente da sapere, anzi si, la lezione di chimica!”
“Oooh andiamo! Non dirmi che è una relazione Platonica!”
“L’equilibrio acido-base …”
“Noiosa!”
 

A.A.
Dico subito che non ho idea di come sia uscito questo capitolo, l'ho dovuto far uscire con le tenaglie e, sfinita, mi sono arresa alla versione nata di getto. Sinceramente non l'ho riletto, non mi va, perchè so che non mi convincerebbe per nulla, ma la storia almeno ha fatto qualche passettino avanti.
Ringrazio quindi chi è arrivato fino in fondo a questo mostriciattolo e chi spenderà qualche secondo per recensirlo e consigliarmi (siate spietate! me lo merito!).
Tanto affetto va, come sempre, a chi ha recensito i capitoli precedenti e a tutti coloro che mi leggono in silenzio (ma vorrei tanto sentire la vostra voce! le vostre opinioni sono fondamentali!)
Ripropongo il sondaggio dello scorso capitolo: vorreste uno spin-off su "Ade/Megara" o su "Frollo/Esmeralda"? 
Devo scriverlo per farmi perdonare!
A presto, Lyss

Curiosità:
-Dun Broch, cognome di Merida, è il nome del clan a cui appartine (Wikipedia docet)
-Brooks, cognome del professor Marlin, è il cognome del doppiatore di Marlin il pesce pagliaccio, papà di Nemo (da cui è tratto il prof)
-Kikker, cognome di Tiana, significa ranocchio in Afrikaans
-La Signora Packard è un personaggio di Atlantis
-Trouillefou, cognome di Esmeralda, è il cognome originale di Clopin protettore e semi-padre adottivo della zingara nell'opera di Hugo(qui sarà il suo vero padre)

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Capitolo 7
*** 7. Ragione e Sentimento … ok, no, solo sentimento. ***


7. Ragione e Sentimento … ok, no, solo sentimento.

Il mondo li aveva graziati concedendo un’ultima calda giornata prima di tingersi d’autunno. Il mare splendeva ondoso, accarezzato dal vento marino e vegliato dal sole, e la spiaggia era priva della confusione estiva. Era un momento perfetto.
Jim era passato a prendere Ariel e Melody, che si era autoinvitata con l’appoggio di Lilo e la minaccia di fare la spia al signor Tritone, e adesso sfrecciavano per la strada con l’auto, concessa straordinariamente dalla signora Hawkins, invasa dalle note dei Led Zeppelin.
Arrivarono in spiaggia poco dopo, con grande sollievo di Melody che stava per staccarsi le orecchie, dove trovarono Nani, David e Lilo.
“Aloha!”
“Ciao ragazzi”
Iniziarono subito a sistemare le cose. Jim e David scaricarono le macchine, Lilo e Melody erano state nominate addette alle vivande e le rispettive sorelle maggiori stendevano tovaglie e piantavano ombrelloni.
“Sai, sono davvero felice che tu e Jim vi siate incontrati, ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino … più d’un amico …” mormorò Nani quando ancora i ragazzi erano lontani.
Lei ed Ariel si conoscevano da tempo tramite le sorelle, ma avendo già ognuna il loro gruppo non si erano mai frequentate assiduamente.
“E poi è fantastico che non sia più l’unica ragazza della situazione, Lilo esclusa”.
La rossa sorrise imbarazzata, non sapeva bene come rispondere, certo le piaceva Jim e l’atmosfera che si era creata con i ragazzi, ma non voleva pressioni, avrebbe vissuto la cosa passo dopo passo e l’essere già etichettata come ragazza di Jim non le andava proprio.
“Scusa, non volevo metterti a disagio”
 “Non ti preoccupare, devo farci l’abitudine … sto … sperimentando” ammise Ariel, sperando che la ragazza non fraintendesse. La discussione, però, dovette morire là, per il ritorno dei ragazzi.
“Mi sembra tutto pronto … manca solo Eric, perché la cosa non mi sorprende?”
“Ha mandato un messaggio, viene dopo, dice di iniziare pure”
E così iniziarono e tutto fu stupendo.
Le risate, gli scherzi, le cadute di chi la tavola da surf non l’ha mai usata, gli schizzi e le gare d’apnea. Poi fu la volta del sole, della sabbia che si appiccica ovunque, dei giochi scemi e, perché no, di sguardi dolci e mani appena sfiorate. E pregò Jim, pregò che tutto questo non finisse.
Dopo pranzo bastò una frase sussurrata all’orecchio e la nuova coppietta si allontanò passeggiando sulla spiaggia.
“Ti stai divertendo?”
Ariel annuì convinta con lo sguardo perso nell’orizzonte e si rese conto che non era mai rimasta sola con un ragazzo che le piaceva, eppure non era a disagio, tutto era naturale, semplice. Con questi pensieri intrecciò la sua mano a quella di Jim, spostando lo sguardo dall’azzurro del mare all’azzurro degli occhi del ragazzo.
“E’ bello stare con voi … stare con te”
Come spesso in presenza di Ariel, Jim perse la capacità di parlare e forse sarebbe stato inutile, perché il martellare del suo cuore stava comprendo tutti gli altri suoni.          
“Cosa accadrebbe se provassi a baciarti?” chiese con voce rauca. Aveva la gola secca.
Nonostante fossero già cotte dal sole, le guance di Ariel divennero ancora più rosse.
“Dovresti provare per scoprirlo, non credi?”
“Mi sa che hai ragione”
Le loro voci erano diventate un soffio leggero che si perse nel vento, ma non importavano, non servivano, bastavano gli occhi per far capire quello che il cuore stava pretendendo.
Il tempo si fermò.
Si avvicinarono di un passo.
Accostarono i corpi, i volti.
Le mani esploravano, i respiri s’intrecciavano. 
Gli occhi si chiusero …
“Ehy, Jimbo!”
Cazzo!
Come uno specchio che s’infrange a terra, l’atmosfera svanì e i due, più imbarazzati che mai, si sciolsero dall’abbraccio. Da dietro una dunetta era spuntato un ragazzo alto dai capelli corvini, che con un’espressione mortificata si rese conto di aver interrotto qualcosa.
“Oh, scusate. Nani non …” tossicchiò davanti allo sguardo di Jim, che era l’equivalente di un: ringrazia che l’omicidio è perseguibile penalmente.
“Tu devi essere Ariel … Eric, piacere di conoscerti” cambiò discorso e porse la mano alla ragazza, che ricambiò la stretta e sorrise amichevole.
“Mi avevano mandato a dire che i panini sono pronti … ma forse preferite restare da soli”
“Lascia stare” brontolò burbero Jim.
“In effetti sto morendo di fame!”
Ariel provò a smorzare la tensione, afferrò il braccio del ragazzo e lo trascinò verso il piccolo accampamento, dove furono accolti da birra fredda e panini appetitosi.
L’aria, se possibile, era ancora più leggera e piacevole di prima, probabilmente perché era arrivato il capo.
Non era una questione di vera e propria sottomissione, Eric non era “l’ape regina”, ma gli amici non potevano che gravitargli attorno facendo da spalla alle sue battute e dando corda ai suoi discorsi. Carismatico, ma non egocentrico … fu la prima cosa che Ariel pensò di lui. Catalizzava l’attenzione dei presenti senza volerlo, era il solista di un’orchestra perfetta.
Ma a Nani non sfuggiva mai nulla, abituata com’era a dover tener d’occhio una peste come Lilo, e nemmeno quella volta gli sfuggì che qualcosa non andava. Jim s’era fatto ombroso, il motivo era palese, Eric era riuscito ad eclissarlo di nuovo … anche agli occhi di Ariel. In realtà anche la stessa Ariel s’era resa conto della situazione, ma non poteva farci nulla, Eric era il pifferaio magico e lei un topolino incantato.
“Em … Eric, vai a prendere l’acqua in macchina? E’ nella borsa-frigo”
Il ragazzo sbuffò, ma si alzò per affrontare con coraggio la sabbia rovente fuori dall’oasi degli ombrelloni, seguito a ruota dalla rossa e da Melody.
“Noi invece dobbiamo proprio andare, dovrebbe essere arrivato l’autobus” spiegò Ariel.
“Non potete proprio restare fino a cena?”
“No … o nostro padre ci servirà come piatto del giorno ” rispose Melody scocciata.
“A questo punto la prendo io l’acqua, vi accompagno”
Si alzò anche Jim, mentre Eric tornò a sedersi, ancora inconsapevole del cazziatone sussurrato che stava per fargli Nani e che scoppiò non appena Jim, Ariel e Melody furono abbastanza lontani.
“Sicura che non vuoi uno strappo in macchina?”
“Non c’è bisogno che tu perda tempo, guarda … ecco l’autobus”
La grossa vettura gialla si fermò a pochi passi. Melody salì subito, Ariel indugiò.
“E’ stata una bella giornata”
Jim annuì, ma teneva lo sguardo basso, quante … quante cose voleva dirle!
La ragazza gli pose una mano sul viso, lui l’ancorò con la sua e finalmente alzò gli occhi.
“Ti amo”
Si pentì immediatamente di averlo detto, gli era scappato e non poteva più riafferrarlo.
“Jim … io … devo andare”
Ariel fece scivolare le sue dita via da quelle di lui e quasi in lacrime andò via.
Si sentiva pessima, voleva rispondergli, voleva dirgli “Si! Anchio!” e concludere il tutto con una scena da film … ma non l’amava, non ora, non ancora … e questo spezzò il cuore ad entrambi.
L’autobus partì e Jim rimase.
 Solo molte ore dopo trovò il coraggio di mandarle un messaggio.
“Colpa mia. Troppo presto”
“Aspettami”
 
Belle controllò di nuovo il biglietto da visita con su scritto l’indirizzo di casa Roses, no, non s’era persa, ma intorno a lei c’era il nulla. Seguì la strada che era diventata un sentiero e quando s’inoltrò nel bosco perse le speranze, stava proprio per fare retromarcia infatti, quando intravide un grosso cancello nero, scese dalla Vespa ed ebbe la conferma di trovarsi nel posto giusto.
Villa Roses
Il nome della famiglia era incorniciato da splendide rose in ferro battuto, fiore che era onnipresente nel giardino oltre la cancellata, tanto che l’aria era impregnata del loro odore. Poco narcisista, dicevano.
Riuscì ad entrare e si avventurò nella tenuta trascinando il suo motorino.
Il giardino era splendido. Fontane, panchine e rose, rose fino allo sfinimento, non c’erano altre parole se non “splendido”, ma l’estrema bellezza era ammantata dalla decadenza e dalla trascuratezza, così tutto appariva un ricordo dimenticato di giorni gloriosi.
Le vennero i brividi e, senza accorgersene, si ritrovò davanti all’immensa villa, che la stupì oltre ogni modo.
Non c’erano campanelli e si sentì un po’ stupida a battere il batacchio, ma non passarono che pochi secondi prima che il portone si spalancasse. Un uomo magro, dai capelli castano chiaro e il naso buffo l’accolse sorridente.
“Bonjour! Vous dovete esseve mademoiselle Belle, le monsieur Adam la sta aspettando!”
 “Et vous êtes-vous, monsieur?”
Gli occhi dell’uomo s’illuminarono, era da anni che non sentiva parlare un compatriota!
“Ma che maleducato! Je suis Antoine Lumière, il maître della casa, ma pvego! Vi accompagno dal padvone!”
Da vero galantuomo francese le fece strada continuando a chiacchierare animatamente con il buffo accento facendosi scappare, non poi tanto raramente, dei termini nella sua lingua madre. Intanto Belle, continuava a guardarsi intorno costatando che anche l’interno, come il giardino, era tanto bello quanto trascurato.
L’allegra chiacchiera fu interrotta da un omino panciuto dai baffetti improbabili.
“Lumiére! La smetterai mai di rubarmi il lavoro? Scusate signorina, sono David Tockins, il maggiordomo … spero che il mio collega non le abbia portato noia?”
Lumière assunse un’espressione offesa e borbottò qualcosa che suonava come: “ennuyeux nuisance Anglais”*, ma soltanto Belle lo percepì, o lo comprese, e ridacchiò divertita.
In tutto questo trambusto s’erano fermati davanti ad una porta che, al suono delle voci, venne spalancata rivelando un Adam dal volto annoiato … e quando mai!
“Ah, sei arrivata. Entra. Voi due tornate a lavoro”
Il tono antipatico con cui aveva parlato fece perdere tutto il buon umore a Belle, sapeva certo che Adam non era Mr. Simpatia, ma a livello di socievolezza faceva concorrenza ad un generale nazista.
“Allora, ho già fatto la ricerca aggiungendo più dettagli possibili –le passò una cartella stracolma di fogli- ovviamente puoi effettuare le modifiche che più ti aggradano, non vorrei che ti sentissi presa poco in considerazione –sorrisetto bastardo- poi potremmo consegnare tutto al prof”
La ragazza lo fissò sgomenta … no, non l’aveva fatto davvero.
“Vuoi un tè prima d’andare?”
“Quindi secondo te, dopo essermi fatta mezz’ora di strada, prendo le scartoffie e vado via? Mi hai preso per la tua segretaria?”
“No, se fossi stata la mia segretaria non avresti avuto la possibilità di apportare delle modifiche”
Faccia da schiaffi non bastava … faccia da esecuzione capitale rendeva meglio.
“Senti, io non voglio stare con te e tu non vuoi stare con me, facciamo questo lavoro nel modo più indolore possibile, ok? Quindi ora tu te ne vai, fai quello che devi fare e le nostre vite si separeranno per l’eternità … non mi sembra male come cosa”
“Almeno una consolazione”  sbottò Belle mentre si dirigeva verso la porta.
Lui la guardò dalla cima delle scale e le fece ciao, ciao con la mano … la violenza …
“Mademoiselle!”
Lumière corse alla porta.
“Va già via?”
“Così ha deciso sua altezza reale” rispose con tono sarcastico.
“Oh, mi dipiasce tanto, spevo di vincontvalla signorina”
“Non si preoccupi, almeno io non ci devo convivere, spero anch’io di rincontrarla”
I due si scambiarono un’affettuosa stretta di mano. Era davvero un brav’uomo Lumière, che ingiustizia dover lavorare per quel narcisista.
Belle andò via, sperando di non dover rimettere mai più piede in quella casa dimenticata dal cielo.
 
*(fastidioso inglese noioso)

Hans l’amava, con tutto il suo cuore.
 Ogni dettaglio del suo volto, ogni incantevole pregio e ogni dolcissimo difetto, era, ai suoi occhi, la perfezione.
Amava il suo arrossire davanti ad un complimento improvviso, amava il canticchiare distratto quando era sovrappensiero, amava quando sbuffava portando gli occhi al cielo …
Ma se avesse dovuto scegliere cosa amava di più, Hans avrebbe scelto l’ingenuità dei suoi baci, come quelli tra bambini; lo baciava con dolcezza e un po’ di timidezza, era sempre lui a dover approfondire, a cercare la passione in quel cuore puro … e lui l’amava da morire, l’amava anche per questo.
 
The Ring, vi prego, The Ring
Karate Kid!”
“Ma no! Meglio: P.s. I love you!”
I Miserabili?”
Le quattro si scambiarono occhiate degne di una partita a poker, ma alla fine si arresero e si lasciarono cadere sull’enorme letto di Jasmine.
“Non riusciremo mai ad accordarci su un film, vero?” disse Rapunzel con un sorriso a fior di labbra, le piaceva che lei e le sue amiche fossero tanto diverse, tutto si … equilibrava. Ariel era l’alternativa, sempre pronta a far bastian contrario, Mulan la macchietta, senza di lei non avrebbero mai riso tanto, Jas l’affascinante, a volte sembrava appartenesse ad un mondo dorato e lontanissimo, ma non avrebbe abbandonato l amiche per tutti i diamanti dell’universo, e poi c’era lei … la piccola, dolce, ingenua Rapunzel con la testa sempre tra le nuvole e forse era questo il suo ruolo, essere la sognatrice … non suonava tanto male.
“Punzy?” Mulan la riportò alla realtà.
“Come? Che mi sono persa?”
“Stavamo estorcendo con la tortura, dettagli sull’appuntamento di Ariel” chiarì Jas, ammiccando complice.
 “Oh! Si! Com’è andata con il bello ribelle?”
La rossa guardò le sue amiche, aveva sperato che se lo dimenticassero, ma evidentemente il naso rosso l’aveva tradita. Mannaggia!
“Em, è andata” Si mantenne sul vago, ma il pubblico non era soddisfatto, meglio accontentarle e abbreviare le sofferenze.
“Ecco … ho provato a surfare, un disastro, i panini erano ottimi, ha detto di amarmi, abbiamo preso il sol …”
Urla esaltate invasero la stanza, le ragazze iniziarono a saltellare e perfino la gattina Raja miagolò incuriosita.
“Calma, calma” Intervenne Jas, prima che le distruggessero la camera, “Ariel, tesoro, non puoi sganciare una bomba del genere e sorvolarci … ti ha detto che ti ama?”.
Dire che si sentiva osservata era un eufemismo, la rossa era accerchiata da occhioni in attesa di scoop e no, non aveva la minima possibilità di fuggire.
“Si, gli è scappato … credo, si è scusato, ha capito di aver affrettato troppo le cose. Non che questo cambi la situazione”
“E tu???” chiesero in coro.
“Io sono confusa” ammise con vergogna “non so che fare, come comportarmi! Non voglio prenderlo in giro, ma mi piace … solo che … non posso fingere di essere la fidanzatina entusiasta che tutti si aspetterebbero”.
Dopo aver buttato tutto fuori, si rese conto di sentirsi meglio, sollevata. Le amiche la guardavano comprensive e fu ancora una volta Jasmine a pronunciarsi:
“Ma tu vuoi stare con lui? Come sua ragazza intendo, a prescindere da quello che tutti si aspetterebbero”
“Si … No … Forse?”
“Questo devi saperlo tu” Sottolineò Mulan.
“E’ che oggi è arrivato un suo amico, un bel ragazzo, e ho totalmente smesso di dare attenzione al povero Jim. Se mi piacesse … in quel modo, non sarebbe dovuto accadere no?”
Le amiche si scambiarono rapide occhiate, nemmeno loro sapevano che dirle, ma concordavano tutte sul fatto che Ariel aveva ragione, non sarebbe dovuto accadere. Captando le parole delle ragazze, capacità degna solo delle migliori amiche, Ariel nascose il viso in un cuscino.
“Sono una stronza. Faccio schifo. E’ ingiusto! Sono ingiusta!” piagnucolava.
“Ma no, sei solo oggettiva. Saresti ingiusta a fingere che non sia successo niente”
“Davvero?”
“Certo!”
“Ragazze vi amo!” le assalì tutte insieme con un mega abbraccio pigiamoso di gruppo.
La tensione si stemperò e le chiacchiere tornarono leggere, ma Rapunzel dovette togliersi un dubbio:
“Ma com’era questo bell’amico?”
“Rapunzel!”
 
Quasi ogni due mesi, Filippo, passava una settimana a casa di Milo. I loro padri erano grandi amici, così, quando i signori Mountbatten partivano per questioni di lavoro, lasciavano l’amato figliuolo a casa Thatch. Ma quella sera anche i genitori di Milo erano assenti e Filippo era passato a prendere le pizze. Davanti alla porta, si rese conto  di aver dimenticato le chiavi e iniziò a torturare il campanello. Nessuna risposta.
“Milo? Milooooo??? MIIIILOOOOOOO!!!”
Era pronto a sfondare la porta (si, tutto si fa per una pizza), quando quest’ultima si spalancò.
“Ma sei scemo?” Inveì Milo.
“Non rispondevi”
Entrò in casa tranquillamente, ma poi iniziò a rendersi conto della situazione … l’amico era in mutande e con gli occhiali mal’inforcati, diversi libri e documenti erano sparsi attorno al tavolo, in corridoio avvistò anche una scarpa di Milo e una gonna azzurra, una canotta e un reggiseno, che era abbastanza certo non appartenessero all’ amico. Sul volto di Filippo si dipinse la consapevolezza.
“Non ci credo” mormorò guardando incredulo l’altro.
“Non ci credo!” ripeté scoppiando a ridere, ma dovette ricomporsi con l’arrivo di una terza figura. Kida spuntò dalla stanza del ragazzo con indosso una camicia di quest’ultimo, grande classico, afferrò distrattamente i suoi vestiti e si avvicinò ai ragazzi.
“Salve” salutò allegra.
Filippo continuava a guardare prima lei e poi Milo, alternò gli sguardi diverse volte e, infine, alzò un braccio.
“Dammi il cinque fratello. Sei un mito”
Ma lo sguardo del ragazzo gli spense l’entusiasmo e rinunciò abbassando la mano.
“Bene, bellezza che fai? Mangi con noi?” chiese a Kida, di cui non sapeva nemmeno il nome.
“Oh no, devo proprio andare, grazie lo stesso” In tutto questo s’era infilata la gonna, mentre il resto era finito appallottolato in borsa.
“Milo, è stato … un piacere, ci sentiamo presto” gli diede un bacio a stampo “ e grazie anche a te …” si rivolse all’altro.
“Filippo”
“Filippo”
Salutò nuovamente entrambi e sparì dietro la porta.
“Ok, ora possiamo magiare? Sto morendo di fame e sono abbastanza certo che lo stesso vale per te” fece l’occhiolino.
Milo borbottò qualcosa d’incomprensibile, arrossendo fino alla punta delle orecchie, e si sedette a tavola.
“Oh, il mio amichetto cresce”
 

A.A. 
Salve a tutte polpettine fangirlanti! (?)
Come avreste sicuramente notato (*credici*), ho aggiornato con un giorno di ritardo, ma c'è una motivazione! Giuro! Infatti, la vostra cara Lyss, ha assunto una schiava  beta per correggere le bozze, signori e signore ... fate un applauso a Enn! Colei che metterà i puntini sulle i, le virgole al loro posto e si assicurerà che io non scriva boiate! 
Detto ciò ... ringrazio i recensori e i lettori (*ve amo*) e spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto, avete sempre la possibilità di recensire per farmi sapere cosa ne pensate ;) 
Ho cambiato anche l'impaginazione dei dialoghi, che dite? la preferite così? 
E volevo chiedervi se voleste che corregga anche gli scorsi capitoli.
Per quanto riguarda il sondaggio, ha prevalso la scelta "Ade/Megara", ma non temete! Arriverà anche "Esmeralda/Frollo", solo un pò dopo ... infatti ho intenzione di creare una raccolta di shot, da aggiornare in maniera del tutto irregolare, per raccogliere dei momenti non raccontati qua nei capitoli :) 
Ok ... il mio A.A. è infinito ... fatemi sapere cosa ne pensate di tutte queste piccole news e del capitolo ovviamente! 
A presto, *abbraccio di gruppo*
Lyss

Curiosità:
- Il nome di Lumière, Antoine, è ispirato da Antoine Lumière  (appunto) artista e fotografo francese ... mi piaceva come suonava e gli ho rubato il nome.
- Il nome di Tockins, David, è preso dal suo doppiatore originale
- Mountbatten, cognome di Filippo, è il vero cognome del principe Filippo ... duca di Edimburgo, marito della regina Elisabetta II ... qua si scherza poco!

Ps: per qualsiasi domanda, dubbio, curiosità, richiesta, quello-che-ve-pare... non esitate a contattarmi!

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Capitolo 8
*** 8. Pensieri ***


8. Pensieri
 
Si specchiò un'ultima volta per accertassi che fosse tutto a posto.
Capelli? Perfetti.
Rossetto? Fantastico.
Decollate? ... Diciamo che si fa quel che si può.
Fece un lungo respiro e si avviò, con passi frettolosi, verso la sua vittima.
*cof cof*
Nada.
*COF COF* insistette e ottenne l'attenzione di Naveen.
"Salve?" le sorrise incuriosito e lei rischiò di svenire.
"Ciao, sono ..."
"Charlotte la Bouff" completò lui cogliendola volutamente di sorpresa "Cosa posso fare per te, principessa?"
Lotte ebbe la sensazione che non sarebbe riuscita a completare la conversazione senza un attacco di cuore, ma doveva provarci.
"So che cerchi un cantante e credo di poterti essere utile"
"Non dirmi! Oltre che essere stupenda, sai anche cantare?"
Adulatore. Adulatore maledettamente bravo.
"Vorrei tanto dirti si ... Tanto ... Ma il canto non rientra nelle mie qualità. Tuttavia ho un buon orecchio e un certo talento ereditario per gli affari, così pensavo di farti da talent scout"
"Talent scout?" questa proprio non se l'aspettava.
"Dimmi il tipo di cantate che cerchi e tra una settimana sarà tutto tuo"
Naveen si chiese se la ragazza avesse davvero questo potere, effettivamente ne sembrava convinta ed era pur sempre una la Bouff, tentar non nuoce ... Inoltre sospettava che avrebbe avuto guadagni anche in altri campi.
"Mi sembra una bellissima idea!"
"Davvero?!" esclamò la ragazza quasi incredula.
"Ma..."
"Ma?"
"Credo che saremo costretti a fare degli incontri privati per meglio organizzarci, che ne dici? Sta sera al Chez Remy?
Eccolo. L'attacco era arrivato. Doveva necessariamente essere morta ed essere finita in paradiso, in quale mondo terreno Naveen l'avrebbe invitata al ristorante più esclusivo della città? Questo andava molto, molto al disopra delle sue aspettative!
  "Allora?"
"Omiodiosi! Mille volte si!" ok, forse si era esaltata un po' troppo, ma il ragazzo la trovò adorabile.
"Bene, allora ti passo a prendere alle otto. Ora, con grande dispiacere, ti devo lasciare"
Le sfiorò appena il viso e si allontanò a grandi passi.
Charlotte rimase intontita per diversi secondi ... Poi, resasi conto della situazione, iniziò ad urlare e saltare di gioia. Per evitare di implodere, iniziò a correre cercando Tiana, saltandole letteralmente addosso quando la trovò.
"Tiaaaaaaaa!!!!" esclamò soffocandola in un abbraccio.
"Lotty -*cof cof*- ti voglio bene anch'io, ma -vano tentativo di respirare- ho bisogno d'ossigeno" affermò Tiana con voce strozzata e spinse delicatamente Charlotte per liberarsi.
Una volta riacquista la vitale quantità d'ossigeno nel corpo chiese: "Qual'è la causa di tutto questo entusiasmo?"
"Io. Naveen. Sta sera. Appuntamento!" ed esplose in un'altra ondata di gridolini.
L'amica, però, non mostrò l'entusiasmo sperato. Tiana si limitò a fissarla perplessa battendo un paio di volte le palpebre.
"Ah" fu il meglio che uscì dalle labbra tinte di color lampone.
Lotte le puntò il dito contro, sapeva esattamente cosa stava per dirle e non voleva sentirlo.
"Taci, non ti azzardare a farmi la morale. Passerò una serata fantastica, con un ragazzo fantastico, che tu lo voglia o no"
"Penso soltanto che Naveen non sia il ragazzo con la migliore reputazione" sottolineò con un sorriso di scuse, ma il volto di Charlotte si fece ancora più indispettito.
"Credi che non lo sappia? Ma almeno IO mi divertirò, sai, sono cose che si fanno alla nostra età ... E se non sarà l'uomo della mia vita, pazienza" nella loro totale frivolezza, le parole della bionda colpirono ed affondarono Tiana. Non si divertiva abbastanza, glielo dicevano tutti, era vecchia dentro. Inizialmente replicava con la convinzione che tutto il suo sacrificio avrebbe fruttato nei giorni avvenire, ma adesso non riusciva a non pensare a tutte le cose che si stava perdendo: i pomeriggi shopping e gelato, i film strappalacrime al cinema o quelli horror da vedere sul divano, feste improvvisate e ragazzi. Non aveva mai avuto un ragazzo, non aveva mai baciato un ragazzo e la cosa ... Stava diventando pesante.
Chi sei tu per contestare la felicità altrui? Solo perchè sei una vecchia brontolona, non vuol dire che debbano esserlo anche gli altri. La rimproverò una vocina nella sua testa a cui dovette, suo malgrado, dare ragione.
"Vai e conquista il mondo Lotty!" si arrese.
"Oh, a me basta conquistare lui" rise Charlotte contagiandola.
 
Aurora osservava attenta il passeggio per il cortile, faceva ancora abbastanza caldo per godere delle panchine e dei prati verdi, ignorando del tutto Filippo che, anzi, stava diventando fastidioso con il suo chiacchierare noioso.
"Amore, non mi interessa delle conquiste del tuo amico sfigato, quindi non ti preoccupare di rendermi partecipe" lo interruppe senza troppi preamboli, troppo concentrata sul sorridere civettuolamente ad uno studente con i dread per risultare gentile.
"Grazie mille" sbuffò Filippo seriamente scocciato.
"Per cosa, tesoro?" chiese lei ingenuamente, non aveva notato nemmeno l'aria infastidita del suo innamorato.
"Per l'interrompermi sempre, sbattendotene altamente della mia vita" non fece riferimento al flirtare con gli altri, ne avevano già discusso e lui si era arreso alla vanità radicata nella ragazza, ma non poteva tollerare anche di essere trattato come un oggetto d'arredamento.
"Ma sono io la tua vita" ribatté la ragazza, questa volta ben consapevole della brutta piega che stava prendendo il discorso.
Filippo si alzò di botto, trattenendo a stento un vaffanculo che gli era sorto dal cuore.
"Stavo scherzando" si scusò, più o meno convinta, la ragazza "mi interessa la tua vita, le prestazioni sessuali di Milo ... un po' meno" gli si avvicinò e gli intrecciò le braccia al collo, ma quel giorno Filippo era particolarmente determinato e voltò lo sguardo.
"Se non ti vado bene basta dirlo, anzi, sarò ben felice di farmi da parte" adesso fissava malamente l'ignaro ragazzo dai dread. Questa presa di posizione stava infastidendo Aurora, molto.
"Sei impazzito? Tu sei il mio ragazzo, chiaro? Non provare nemmeno a fare questi discorsi"
"Perché? Quanto piangeresti?" la sfidò.
Voleva la guerra? L'avrebbe ottenuta.
"Piuttosto che preoccuparti di quello che succederebbe a me, hai valutato le conseguenze che subiresti? Ti distruggerei, Filippo, farei di tutto per renderti l'ultimo essere di questo universo ... e ci riuscirei, lo sai" aveva sibillato queste parole con perfidia e, forse, con un pizzico di paura senza però allontanare il suo corpo da quello di lui.
"Senza contare che tu mi ami" aggiunse quasi con dolcezza.
Il ragazzo stava per ribattere, ma fu zittito da un bacio, molto più che appassionato e l'effetto non sarebbe stato molto diverso se avessero iniziato un rapporto sessuale. Tant'è che la ragazza ottenne presto quello che voleva, sentì il cuore di Filippo galoppare a riprova delle sue ultime parole e avvertì chiaramente un altro genere di reazione fisica ... un pò più in basso. A quel punto, solo a quel punto, si staccò dal ragazzo e andò via senza dire niente, lasciandolo con la consapevolezza che, nonostante tutto, l'amava davvero.
 
La chiave fece un po' fatica nella serratura, ma alla fine la porta si spalancò su un monolocale dalla vernice scrostata e il parquet macchiato.
"Tadaaa" esclamò Quasimodo ironico, ma segretamente davvero emozionato. Esmeralda si guardò intorno.
Pochi mobili riempivano lo spazio rendendolo quasi più triste: un angolo cottura, un tavolo di plastica bianca con due sedie di legno pieghevoli, una libreria traballante e un'altrettanto instabile scrivania, sopra una piccola rialzatura, che creava un ambiente a sé, occhieggiava un letto dalla coperta blu, l'unico pezzo accettabile di tutto il mobilio era un divanetto verde.
"Ovviamente è tutta da risistemare, ma è mia" puntualizzò orgoglioso il ragazzo.
"Ci serviranno i rinforzi, ma è fattibile" annuì Ez che subito iniziò a progettare in grande, non facendosi mancare consigli via sms da Megara con tanto di foto.
"Dobbiamo iniziare quanto prima i lavori" affermò sicura "ci servono pennelli, vernice, tappeti ... Dio, tanti tappeti!"
"Calmati tigre, non sono multimilionario" le ricordò Quasi.
"Oh, si trovano cose adorabili anche a poco prezzo, bisogna saper comprare" spiegò occupando il divano. Effettivamente era comodo.
Quasimodo la raggiunse con due birre.
"Ad una nuova avventura!"
"Ad una nuova avventura" brindarono.
Le discussioni su un possibile arredamento durarono ancora un po', per lo più impegnate dall'arringa della ragazza che stava facendo di tutto per convincere l'amico sul fascino delle tende viola e rosse che avevano notato il giorno prima, ma il ragazzo aveva pur sempre una dignità.
"C'è solo un problema, dovrei tornare a casa, quella vecchia, per prendere le ultime cose"
"E quale sarebbe il problema?"
"Frollo mi ha esiliato da quella villetta a vita, sono un ingrato alla fine" l'amaro che aveva in bocca si sentì tutto, in ogni sillaba, specialmente nel nome di quello che era stato suo padre.
"Ci vado io" affermò decisa Esmeralda.
"Non se ne discute!" Quasi non l'avrebbe mai permesso, aveva i brividi al solo pensiero della ragazza da sola con Frollo, era successo una volta ed era bastata.
"Non mi farà del male!"
"Non lo puoi sapere! Ecco perché non dormi da me da mesi, non lo puoi sapere".
Sapeva benissimo quanto Ez fosse testarda e questo lo terrorizzava
"Quasimodo, mi accompagnerà Febo, tranquillo" lo rassicurò.
Effettivamente questo servì a calmarlo, ma gli fece provocare una brutta sensazione che molti avrebbero identificato come gelosia.
Devi ricordarti che è la sua ragazza, non la tua. Sottolineò la sua coscienza, quella che proprio non aveva niente a che fare col cuore, ma che spesso aveva ragione.
Infatti non sono geloso e poi con lei passo del tempo splendido anche senza essere il suo ragazzo, facciamo molte cose divertenti provò ad autoconvincersi.
Si, e immagina quante cose "divertenti" fa con Febo. Scacco matto.
Si alzò e aprì le finestre dai vecchi infissi, trovandosi a pensare che il panorama non era per niente male.
"Quasimodo?"
Tornò alla realtà con un sobbalzo.
"Prometto che farò attenzione" disse Esmeralda senza aver capito i veri pensieri del ragazzo che si limitò ad annuire.
"Ordiniamo due pizze? Ho fame" si ritrovò a dire. Non aveva davvero fame, ma si era reso conto di quanto fosse prezioso il tempo con Esmeralda e di quanto fosse importante prolungarlo il più possibile.
Non è tua, quindi goditela prima che qualcuno venga a reclamare i suoi diritti gli aveva consigliato la coscienza prima di tornare a star zitta. Mangiare la pizza sembrava un buon modo per iniziare.
 
Posò il libro in russo nella gigantesca libreria, proprio vicino a quello in tedesco, preceduto da uno in francese e da un altro in tedesco.
Ognuno aveva i propri hobby, le proprie manie, ma quella di Jasmine era davvero strana: quando era nervosa o annoiata iniziava ad imparare una nuova lingua, in modo da potersi distrarre. Era bilingue di nascita e sicuramente poliglotta, data la facilità con cui andava avanti, ma che una ragazza di diciassette anni parlasse sette lingue non s’era mai sentito.
Inglese, arabo (madrelingua), francese, tedesco, spagnolo, portoghese, italiano e adesso si stava avvicinando al russo. Certo, non era sempre sciolta e con un accento perfetto, ma con un allenamento più intenso si riprendeva alla grande. Più lingue s’imparano, più è facile impararne nuove. Glielo aveva insegnato suo padre, diplomatico di professione, e l’aveva preso sul serio, anche perché voleva seguire le sue orme. Sognava di viaggiare e le risultava necessaria la capacità di farsi capire da tutti.
*miaooo*
Raja miagolò attirando la sua attenzione e i suoi grattini.
“Gattina viziata!” l’appellò con affetto e se la trascinò sul grande letto a baldacchino.
Lì, nella grande stanza lussuosa, per un momento si sentì davvero sola, fuori posto quasi. Meditò di chiamare Ariel per un take-away dell’ultimo secondo, ma conosceva Tritone abbastanza da desistere e si limitò ad accendere la radio (non lo stereo, le piaceva sentire le chiacchiere dei conduttori).  Ritornò sul lettone ripassando mentalmente le ultime nozioni di russo, quando partì una canzone d’amore e si ritrovò ad arrossire, ringraziando che non ci fosse nessuno a vederla. Infatti Jasmine aveva un segreto.
Non di quelli gravi e tremendi, un piccolo dolce segreto che adorava tenersi per se; non ne aveva parlato neanche con le sue amiche, troppo concentrate su Ariel al momento, e poi era una cosa davvero piccola e stupida … e ne era maledettamente gelosa.
Per farla breve lei, Jasmine Badr al-budūr, la rifiuta-pretendenti per eccellenza s’era presa una sbandata e anche bella forte! Dopo l’incontro al caffè aveva tenuto sott’occhio Aladdin, rendendosi conto che lo cercava sempre più spesso con lo sguardo e che sorrideva come una scema quando lo vedeva. Non gli aveva mai rivolto nuovamente la parola, ma il solo scrutarlo da lontano l’aveva fatta cadere in trappola. Aladdin era simpatico, gentile, più timido dei suoi comparozzi, ma probabilmente più intelligente e si, non era cieca, era decisamente carino … ok bello … diciamo pure dannatamente sexy.
Perché non gli si era avvicinata allora? Perché era un’idiota testarda e aveva deciso che non si sarebbe “abbassata a tanto”. Era un’idiota, si. In verità non sapeva nemmeno come comportarsi, aveva avuto tanti, troppi corteggiatori, ma non si era arresa a nessuno e adesso si sentiva una demente.
Inoltre era abbastanza rincitrullita da non rendersi conto che anche il ragazzo stava facendo le stesse cose ed era ugualmente cotto, ma il suo tenersi lontano non era dovuto dalla testardaggine, era semplicemente intimorito. Aveva visto Jasmine agire contro Flynn e Naveen, i conquistatori del mondo, e sapeva bene di che livello fosse … che speranze avrebbe mai avuto lui? Era solo un “normale” ragazzo, che usciva con dei pazzoidi e non poteva permettersi molto oltre un appuntamento al Mc Donald.
Se solo si fossero parlati … ma si sa, la comunicazione scarseggia oggigiorno.
 
Il ristorante, elegantissimo, aveva ancora tanti tavoli vuoti, miracolo giustificato dal giorno feriale. Il ragazzo pensò fosse meglio così, più intimità. Entrò scortando galantemente Charlotte, più bella che mai, e con lei si sedette vicino alla finestra che affacciava s’un roseto.
La ragazza era tutta presa dal sistemarsi al meglio e Naveen colse l’occasione per osservarla. La trovò graziosa con quella buffa piuma rosa tra i capelli e l’abitino Chanel abbinato, inoltre le doveva riconoscere un certo coraggio. Niente male.
Lotty sollevò lo sguardo e si ritrovò gli occhi nocciola di Naveen fissi su di lei. Arrossì.
“Sei carina quando t’imbarazzi” commentò lui distrattamente, ora era concentrato sul menù “Cosa prendi?”
“Oh, non saprei, quello che ti va”
Arrivò il cameriere e Naveen ordinò due piatti del giorno, pesce a quanto sembrava.
Continuò ad osservare Charlotte, a studiarne l’atteggiamento e il carattere, per sapere come meglio comportarsi. Le piacevano i complimenti, chiaramente, era molto decisa e frizzante quando parlavano di determinati argomenti, ma se la coglieva di sorpresa sembrava tornare una bimba ingenua dalle guance arrossate.
Faceva così con tutte le ragazze, si comportava come un cacciatore che analizza la preda, era questa la parte che trovava divertente, ma che a volte lo portava a pensare. Non era come Flynn, sempre spontaneo ed impulsivo, no, lui recitava, si creava una parte ad hoc per la situazione in modo da non sbagliare nemmeno un colpo … quindi, cos’è che le ragazze trovavano di tanto attraente in lui? L’aspetto? I soldi? La finzione? Qualcuno apprezzava davvero Naveen?
Sapeva che sarebbe bastato poco per scoprirlo, semplicemente doveva lasciarsi andare, ma non sapeva cosa sarebbe successo dopo e questo non gli andava bene. Però Charlotte sembrava sincera, magari …
“Cos’e che ti piace di me?” ecco, l’aveva chiesto e la ragazza si trovò di nuovo in difficoltà.
“Beh, wow che domanda curiosa” le sfuggì una risatina imbarazzata.
“Sei un bel ragazzo e sai come si trattano le donne, sei intelligente, elegante … una specie di principe azzurro direi, ecco perché mi piaci”
Naveen valutò con attenzione la risposta ricevuta, era lui il ragazzo descritto? Forse. E forse non era “no”, forse andava bene.
“E a te? Cosa piace di me?” azzardò Lotty, col volto seminascosto dal bicchiere.
“Avrai modo di scoprirlo, inoltre mi hai fatto un grande favore”
La ragazza non capì bene la risposta, ma la cena fu servita e non ebbe modo di ritornarci su. Tutto fu delizioso, non solo il cibo.
Si può tentare pensò Naveen si può tentare.
 

A.A.
Salve a tutti bocconcini alla Nutella *cerca vanamente di imbuonirseli*, sono tornata dall'oltretomba e l'ho fatto con un capitolo più introspettivo del solito (troppo?), in generale ne sono soddisfatta, spero che piaccia anche a voi ... se ho esagerato, però, fatemelo sapere!
Inoltre sto ultimando la shot Ade/Megara, ne sono contentissima e non vedo l'ora di sottoporla al vostro giudizio!!! La scuola è quasi finita, possiamo farcela, spero di non ritardare più così tanto.
Ringrazio davvero di cuore tutti voi membri di questa famiglia che si sta allargando tra recensioni e preferiti, vi adoro, e ringrazio il gruppo di facebook che mi aiuta davvero a migliorarmi. Spero di non deludervi.
Dopo tutto sto pathos, vi mando un bacione.
Alla prossima, 
Lyss 

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Capitolo 9
*** 9. Da far girare la testa ***


9. Da far girare la testa
 
Camminava a passo svelto con lo sguardo basso, tutto solo, con le mani affondate nelle tasche dei jeans. Sollevò la testa riconoscendo delle voci e vide Hiro e Artù seduti sul muretto, loro però non avevano visto lui. Rimase incerto per un po’, ma si prese di coraggio e si avvicinò ai due ragazzi.
“Ehi” salutò.
I due lo fissarono come se fosse apparsa davanti a loro qualche figura sacra, che però non doveva stargli particolarmente simpatica. Gli occhi erano sgranati e le labbra schiuse, ma nessuno dei due si premurava di nascondere un certo astio.
“Guarda chi ci rivolge la parola, Artù, sorprendente, non trovi?”
“Sconvolgente direi” commentarono acidi.
“Dai ragazzi”si lagnò Peter, ma i due continuarono imperterriti.
“Sono commosso, davvero, è un miracolo!”
“Credi che dovremmo avvertire la chiesa? Il numero del papa è sulle pagine gialle?”
Tanta antipatia era però giustificata, Peter infatti non parlava con i suoi amici da giorni, troppo impegnato con Wendy, anche solo per un sorriso o un saluto in corridoio e probabilmente era stata la stessa signorina a suggerirgli tale tattica, ecco perché osava avvicinarsi solo adesso che era da solo.
“Mi dispiace, sono stato uno stronzo” questa volta si stava scusando ed era sincero.
“Secondo te perché parla al passato?”
“Non so”                                                                
“Ok, ok, ho capito! Sono uno stronzo. Contenti?”
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa, comunicando mentalmente come solo i veri amici sanno fare. Presa la decisione, si decisero a parlare, mettendo al corrente il terzo del loro dialogo silenzioso.
“Che dici? Lo perdoniamo?”
“Ti direi di si, ma se poi ricomincia? Senza contare che le ragazze ci prenderebbero a sprangate”
“Sono certo che Peter sia pronto a scusarsi con tutti e a riutilizzare le buone maniere, anche perché sa che in caso contrario saremo noi a prendere a sprangate lui. Vero Peter?”
Adesso entrambi fissavano Pan, con tale intensità, che il ragazzo non avrebbe stentato a credere che gli stessero scrutando l’anima.
“Vero” confermò. Rivoleva i suoi amici, Wendy si sarebbe arrabbiata, ma se teneva a lui come diceva avrebbe certamente capito. Forse.
“Ben tornato allora” Hiro gli tese una mano e Artù gli sorrise amichevolmente a allora capì: anche se Wendy si sarebbe arrabbiata, ne valeva certamente la pena.
 
Finirono con grande soddisfazione il frappé alla fragola e si godettero la sensazione del sangue invaso dallo zucchero. Era una sensazione rara in effetti, in presenza di Aurora certe cose erano severamente vietate, specialmente ora che aveva l'umore totalmente nero a causa di un "Filippo capriccioso" per definirlo come lei. Così quei momenti di relax, per Biancaneve e Cenerentola, erano perle rare.
"Lo senti?" chiese la mora con faccia estasiata.
"Cosa?"
"Niente. Nessuno che ripete io, io, io ... Sublime"
Cenerentola sorrise d'accordo, non le faceva piacere escludere Aurora così, ma stare senza di lei per un po' era effettivamente bello.
"Siamo delle amiche di merda" constatò sistemandosi il laccetto nero al collo "se ci sentisse ..."
"Ma non ci sente e non stiamo facendo niente di male. Piuttosto, passiamo ad argomenti più piacevoli, tu e Daniel?" Bianca rivolse all'amica uno sguardo curioso, anche se sapeva bene quale sarebbe stata la risposta, bastava guardarla in faccia! Era radiosa!
"Non stiamo insieme, attenzione, ma ..."
"Ma vi sentite sempre, vi guardate teneramente e vi accoppiate come conigli!" concluse l'amica.
"Che dici! Sarà successo una volta!" replicò Cindy tutta rossa "Mentre tu e James?"
Biancaneve si strozzò con la sua stessa saliva, giusto per non risultare sospetta.
"È successo qualcosa?" si emozionò Cenerentola.
Si, mi ha detto di essere gay
"No, è il mio migliore amico! Mi farebbe un po' senso, tipo incesto va" tagliò corto Bianca, provò a cambiare discorso ma fu battuta sul tempo.
"Ma se gli muori dietro! Perché non lo ammetti? Ricordi alla festa di Filippo? Ti sei ubriacata tanto da saltargli addosso e strappargli la camicia" rise di gusto, ma la compagna non la imitò.
"Eravamo tutti ubriachi, nessuno si ricorda niente"
"Tranne me" sorrise angelicamente, cosa che le riusciva particolarmente bene data la chioma aurea e gli occhi di cristallo.
"Comunque gli voglio un gran bene, ma nulla di più. Siete voi fissate" insistette Bianca e Cenerentola, per non risultare indiscreta, finse di crederci.
Si avviarono lentamente verso l'aula di fisica, passeggiando mano nella mano in maniera infantile.
 "Bianca?" Cenerentola si fermò davanti alla porta, appena prima di entrare.
La mora la guardò curiosa.
"Se ne vuoi parlare ..."
"Di che?"
Cindy non aggiunse altro, le sorrise ed entrò in classe.
Ha capito tutto pensò rassegnata Biancaneve.
Erano una strana accoppiata quelle due, una biondina tutta chic e una corvina pin-up, ma erano amiche, di quelle che non hanno bisogno di discorsi sensati o spiegazioni dettagliate, di quelle incontratesi un po' per caso, ma che rimarranno per sempre insieme.
 
La cucina della scuola, ovviamente, non era niente di che: semplici banconi, troppi pochi forni e pentole a caso. Tuttavia gli occhi di Rapunzel brillavano nemmeno stesse per partecipare a Master Chef e, quando si sedette al suo posto, non poteva far altro che guardare ammirata tutti gli strumenti a sua disposizione. Probabilmente il suo entusiasmo era dovuto dal freno che sua madre, Gothel, aveva posto alla sua passione per i fornelli quando la biondina aveva mandato a fuoco le tende ne vano tentativo di preparare dei biscotti.
"Non ti avvicinare più alla mia cucina!" aveva strillato la donna mentre domava il piccolo incendio.
Oh, ma si ricrederà! Diventerò una cuoca provetta! Annuì convinta a se stessa.
Al suo fianco, Ariel era meno entusiasta, stato d'animo condiviso dalla maggior parte degli alunni, che avevano scelto il corso di cucina solo per poter far merenda e per avere la strana sensazione di "mangiarsi" i compiti.
La rossa giocava annoiata con una forchetta in attesa della comparsa del prof.
"E se usassimo le forchette come pettini?" bofonchiò senza un vero perché.
"Credo che sarebbe scomodo e antigienico, ma soprattutto scomodo" concluse Rapunzel legandosi i lunghi, lunghi capelli biondi.
Le discussioni insensate per occupare il tempo erano iniziate in ogni postazione doppia, infatti, appena dietro le due ragazze, Flynn e Aladdin discutevano con aria seria della poca mascolinità dei grembiuli dotati dalla scuola.
"È umiliante, potevano risparmiarsi la forma arrotondata, sembro una ... Casalinga" si lamentò il più alto, Flynn.
"Oh, no! Ti manca il fiocco, ma saresti splendida"
"Mi sposeresti?"
"Ovviamente!"
Presero a ridacchiare come due idioti, guadagnandosi un'occhiataccia da Ariel a cui risposero con due occhiolini perfettamente sincronizzati.
Finalmente il prof arrivò. Era giovane, un ragazzone ben piazzato, dai capelli neri e l'espressione gentile ... E forse un po' tonta.
"Salve ragazzi, io sono Kronk Pepikrankenitz, ma facciamoci tutti un grande favore e chiamatemi semplicemente Professor Kronk"
Ai ragazzi fece subito simpatia, anche perché era evidente la minima differenza d'età, e persino Flynn, che diffidava degli insegnanti come razza, dovette ammettere che sembrava un tipo apposto.
"Allora ragazzi, oggi iniziamo con qualcosa di semplice, il mio piatto forte! Gli sformatini di spinaci"
Un Bleaaah si diffuse per la stanza, ma il prof rimise tutti sull'attenti precisando che non ammetteva proteste su suoi sformatini e subito le coppie iniziarono ad armeggiare impacciate sotto la sua saggia guida.
"Bene, ora prendete la padella per saltare le verdure ... La cosa più importante adesso è l'amore, gli spinaci devono sentire la vostra buona volontà e anche io! Su! Fuori le padelle!"
Ariel e Rapunzel si guardarono intorno, non c'era nessuna padella!
"Rapy guarda meglio, magari è la giù"
"Qui non c'è niente!" affermò la ragazza nel panico, come avrebbero fatto gli spinaci?! Tragedia!
"Allora cercala nella credenza comune" risolse la rossa intenta a stendere la pasta, almeno avere un ristorante di famiglia serviva a qualcosa.
Fortunatamente nella credenza c'era effettivamente una padella, che Rapunzel prese trionfante.
"Trovat ..."
*SBENG*
Leggiadra e attenta come sempre, Rapy aveva appena preso in pieno un ragazzo, che si era accasciato a terra con esclamazioni non proprio delicate che ben esprimevano il suo dolore.
"Oddio! Scusascusascusa!" la ragazza era mortificata, ma presto vennero i soccorsi, ovvero il professor Kronk e un Aladdin piegato in due dalle risate, difatti la vittima era il povero Flynn.
"Tutto bene ragazzo?" s'informò preoccupato il docente, era il suo primo giorno di lavoro! Che cavolo!
"Il mio naso, il mio povero naso ..." gemette l'infortunato "... Ditemi che è ancora perfetto!"
"Forse dovresti andare in infermeria" propose Ariel, anche lei giunta per dare aiuto ... E per godersi la scena.
"Giusto! Bionda, accompagnalo ... cerca solo di non colpirlo" decise Kronk "voialtri a lavoro! Questi sformatini non si cucineranno da soli!"
Flynn prese del ghiaccio dal freezer e si avviò in infermeria seguito da Rapunzel, che continuava a scusarsi nonostante lui le avesse ripetutamente detto di star bene (dopo essersi accertato di essere ancora splendido, ovviamente)
Il dottore della scuola, Dottor Dolce, dopo essersi assicurato che il ragazzo non avesse niente di rottom, li fece accomodare sulle poltroncine della sala d'aspetto.
"Scusate, ma un imbecille ha esagerato nel laboratorio di chimica, torno subito" sospirò l’uomo.
I ragazzi si sedettero l'uno di fronte all'altra, in modo che Rapunzel potesse continuare tranquillamente a guardarlo con apprensione e a porgli domande sulla sua condizione.
"Ti ho detto di star tranquilla biondina, ho la testa dura"
"Avrei potuto sfracellarti il cranio con quella cosa! Mi sento troppo in colpa!"
"Non credo che una padella sia tanto letale" constatò Flynn, ma questo non calmò la ragazza, che assillò anche il dottore non appena fece ritorno.
"Niente di rotto? E se avesse un trauma cranico? Una commozione celebrale?"
Le mani del ragazzo fecero una capatina nei paesi bassi, approvata da uno sguardo divertito del dottor Dolce.
"Tesoro, sono laureato in medicina e sono certo che il tuo compagno sta benissimo. Fortunatamente sei solo uno scricciolo distratto, neanche volendo gli avresti potuto fare tanto male" la rassicurò l'uomo dalla pelle scura e dal tono dolce, che era divertito e intenerito da quella ragazzetta preoccupata.
"Se poi ti senti tanto in colpa, offrigli un cupcake e siete apposto" la zittì prima che potesse ricominciare.
"A me sta bene" accordò Flynn, i cupcake sono sempre i cupcake.
Finalmente Rapunzel sospirò di sollievo e accettò il compromesso.
I due uscirono dalla stanza e rimasero d'accordo per incontrarsi l'indomani al bar per fare colazione.
"E scusa ancora" concluse la bionda.
"Ti prego basta! Via, vai via e non ti scusare più" la canzonò bonariamente Flynn e dopo un sorriso si separarono.
Solo dopo un po' il ragazzo si rese conto di una cosa: però, effettivamente, era carina.
Ma concluse che non avrebbe mai flirtato con una che gli aveva dato una padellata e chissà che ansia stare con una come, come ... non ricordava il nome. Beh comunque per una volta una ragazza riusciva a non avere alcuna attrattiva su di lui.
Perché é troppo piccola ed innocente e ansiosa. Concluse soddisfatto, si era troppo ansiosa per lui.
 
Sentì le energie scivolare via dal suo corpo, il sole picchiarle malignamente in testa con i suoi allegri raggi beffardi, l'aspra terra invaderla ogni dove come un cattivo presagio. Era la fine, ne era certa.
Non si sarebbe rialzata, non questa volta, la sua breve ed insulsa vita era giunta al termine, meglio accettare la realtà e accogliere la morte ...
"FA!" una voce lontana ringhiò il suo nome, subito avvertì la presenza di qualcuno vicino a lei.
"Fa alzati. Intralci il passaggio" è bello sentire che le persone si preoccupano per te. La ragazza si alzò.
Era inciampata durante la corsa ad ostacoli e aveva pensato bene di rimanere a terra, giusto per non guardare la vergogna negli occhi, si era pessima, ma ne era cosciente almeno.
Shang la guardava duramente, come sempre, e Mulan pensò che stesse per rimarcare il concetto che la identificava come "pecora nera del gruppo" o "vergogna e sciagura della squadra". Invece usò solo due parole, lapidarie, che la fecero vergognare ancora di più: "Dobbiamo parlare"
Mulan attese che tutti andassero via, non poteva sgattaiolare furtivamente, aveva due occhi a mandorla puntati di sopra come fucili ad un'esecuzione. Fu Shang ad avvicinarsi.
"Devi andartene, non posso costringerti ufficialmente, ma voglio che tu te ne vada. Sei solo un impiccio" Li Shang non era un ragazzo cattivo, anzi fuori dal contesto "squadra" era piuttosto simpatico e gentile, ma in quel momento, per Mulan, incarnò il puro male. Ovviamente sapeva di non essere un'atleta fantastica, non era nemmeno un'atleta, sapeva di essere imbranata e molto sotto gli standard degli altri, ma da questo, dal ricordarle di essere la peggiore per spronarla, al parlare così, a farla sentire una nullità, ne passava.
Mulan rimase in silenzio.
"Sono certo che troverai la tua strada, ma non è questa" continuò Shang "devi solo imparare a dare il massimo"
*tac*
La ragazza sentì chiaramente una molla scattare nel suo cervello e d'un tratto fu travolta dai ricordi, ricordi di tutte le volte in cui sua madre le aveva detto che non si impegnava abbastanza, che non era capace di dare il 100%, che così non avrebbe mai concluso niente e ancora ricordi sugli sguardi rassegnati quando falliva, occhi che dicevano: "me l'aspettavo", infine rivide suo padre, che sempre l'aveva supportata, lo rivide felice come quando gli aveva parlato del corso d'atletica. Questa volta non poteva fallire, questa avrebbe deluso lui, se stessa.
"Io non me ne vado" disse a se stessa, ma la sentì anche Li.
"La tua situazione è disperata, non puoi continuare così" adesso stava usando un tono più dolce, che avesse visto anche lui la valanga di pensieri negli occhi della ragazza?
"Allora continuerò in un altro modo, cambierò, ho solo bisogno d'aiuto. Ma ti prego, non cacciarmi"
Shang non si aspettava parole tanto appassionate e non poté non rimanerne colpito, di tempo non ne aveva molto, aveva già i suoi impegni, ma un angolino magari l'avrebbe trovato, perché improvvisamente voleva aiutare quella ragazza e lo voleva perché dopo giorni di allenamenti aveva visto in lei finalmente la grinta che aveva tanto cercato, sarebbe stato un ipocrita ad abbandonarla.
"Ti allenerò in privato. Ai miei orari e con i miei modi. Questa sarà l'ultima chance"
Il faccino triste di Mulan si illuminò e, prima di andare via, gli di essere pronta a tutto, ma lui? Lui era pronto a tutto?
 
Era già sera quando tornò a casa, cercava di passare più tempo possibile fuori, ma alla fine doveva sempre varcare quella soglia con la sola speranza che la sorella fosse già a letto. Questa volta però, fu sorpresa da una voce maschile.
"Ehi Anna"
La ragazza sorrise ed istintivamente andò ad abbracciare "l'intruso", ovvero niente di meno che Jack Frost, partner di pattinaggio sul ghiaccio di Elsa da anni e, ormai, uno di famiglia. Non era però il fidanzato di Elsa, ci avevano provato quasi per gioco, ma per quanto belli e affiatati sul ghiaccio, come coppia erano un disastro.
"Che ci fai qui?" chiese la rossa.
"Tua sorella voleva ... Supporto. Ci sta male per la vostra situazione"
Anna sbuffò sonoramente e fece per andare a chiudersi in camera.
"Aspetta, aspetta ... Non voglio fare l'avvocato del diavolo, ma sa di aver sbagliato, solo che non sa come scusarsi"
"Parlandomi?"
"Sai com'è fatta" insistette Jack, che davvero voleva aiutare, teneva molto ad entrambe le sorelle.
"Si lo so, rovina sempre tutto, ecco perché vi siete lasciati"
"Che c'entra questo? Non stavamo bene, la colpa non è di nessuno"
"E il pattinaggio? Parliamo di come ti ha piantato per partire abbandonando tutto e tutti" a questo non seguì risposta, entrambi sapevano che Elsa era partita per studiare, ma questo non significa che avesse fatto meno male.
Si sentì un lieve tonfo, una porta che si chiudeva di scatto.
"Stava ascoltando" constatò Jack passandosi una mano tra i capelli chiarissimi, inquietantemente simili a quelli di Elsa.
"Vai a consolarla, io ho sonno" Anna gli scoccò un bacio sulla guancia e andò a dormire.
Jack bussò alla porta della maggiore diverse volte.
*toc toc toc*
Ma non ricevette nessuna risposta, non un suono, come se la stanza fosse vuota. Possibile che si fosse già addormentata?
No, Elsa non dormiva, anzi quella notte  rimasero tutti e tre ben svegli.
Elsa, nel suo letto, sentiva e risentiva le accuse della sorella ed era tormentata dal silenzio eloquente di Jack. Che fosse davvero un mostro?
Jack, accampato sul divano, non riusciva a non cercare un metodo per far rappacificare le due sorelle. Lui non ne era coinvolto, certo, ma, nonostante a volte si comportasse da ragazzino, aiutare gli altri era nella sua natura, era quello che lo rendeva speciale. Cosa fare quindi?
E Anna, Anna che non era abituata a serbare rancore, visse una lotta interiore. Da una parte voleva andare ad abbracciare Elsa, ma dall'altra i momenti in cui era rimasta sola le bruciavano ancora. Quale parte sarebbe prevalsa?  


A.A.
Un grande CIAO a tutti! Ma che bello, siamo in estate! *si arma di ombrellone, palla e crema solare*
So, so perfettamente, di essere in ritardo, ma sono un'incostante quindi direi che le scadenze non fanno più testo. Tuttavia mi impegnerò al massimo per aggiornare almeno una volta a settimana! Giuro! 
Inoltre, non so se sapete, è anche iniziata la mia raccolta di shot spinn-off! *esulta incredula* la prima è stata proprio quella scelta da voi su Ade e Megara, ecco il link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3146800&i=1 
Spero vi piaccia! E spero vi sia piaciuto questo capitolo che oscilla dal demenziale (indicativa la presenza di Kronk, grande amore di tutti noi) al drammatico (più o meno), non  vedo l'ora di sapere cosa ne pensate ;) E ovviamente se avete domande, curiosità, proposte (anche per le shot!) o quello che ve pare sono sepre a vostra disposizione.
Vi mando un bacione *SMACK!*
A presto :3

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Capitolo 10
*** 10. Coppie (im)probabili in un giorno di pioggia ***


10. Coppie (im)probabili in un giorno di pioggia
 
Non smetteva di muoversi, era in preda all'ansia. Batteva il tacco a terra, giocherellava con la penna, torturava i capelli, ma non riusciva a fermarsi, come avrebbe potuto? Qualcosa era andato storto.
 Il professore aveva consegnato i compiti di storia a tutte le coppie, tutte tranne alla sua e non era certo un buon segno.
"Magari è tanto bella che vuole congratularsi in privato" aveva azzardato Giselle sottolineando, poi, che Belle e Adam erano stati affiancati per un motivo: erano i migliori.
Ma la brunetta non riusciva a tranquillizzarsi, cercò con lo sguardo il suo compagno in cerca di sostegno, ma il signorino se ne stava allegramente sbattendo, piuttosto scarabocchiava annoiato e fissava i goccioloni di pioggia che scivolavano sui vetri delle finestre.
La lezione finì e Belle sentì che la fine era arrivata. Prese le sue cose e si avvicinò alla cattedra in cerca di spiegazioni, sperando sotto, sotto che Giselle avesse ragione, o che semplicemente il prof li avesse saltati per distrazione. Illusa!
"Hai fatto bene ad avvicinarti, cara. Roses, vieni qua anche tu - Adam fu bloccato ad un passo dall'uscita - devo parlarvi" il tono era troppo grave e ogni speranza nel cuore della ragazza appassì.
"Sono spiacevolmente sorpreso dal vostro lavoro, non si vede la minima collaborazione, anzi, si distinguono nettamente le parti trattate dall'uno piuttosto che dall'altra. Avete lavorato separatamente, contraddicendo le mie indicazioni e creando un brutto compito" il silenzio si face assoluto, nessuno osava aggiungere altro dopo quelle parole deluse e Belle sentiva gli occhi farsi lucidi, non era abituata a certi commenti negativi.
"Professore io... " iniziò per scusarsi, ma Adam la interruppe con poco garbo: "Ho riletto il lavoro e non concordo con lei professore, è ben fatto. Abbiamo effettivamente agito in momenti diversi, ma solo per creare un prodotto migliore. Non funzioniamo bene come coppia, una forzata convivenza avrebbe compromesso tutto"
La ragazza aspettò che Cuor Di Leone sbattesse fuori quello screanzato, ma attese vanamente, al contrario si rivolse a lei: "Quello che dice il signor Roses è vero?" non potè che annuire.
"Ma sono certa che, se avessimo una seconda occasione, potremmo agire meglio, insieme" commentò e fu colpita da un'occhiataccia di Adam, il professore invece sembrava compiaciuto.
"Bene, vi concederò la grazia, mi dispiacerebbe lasciarvi un brutto voto, avete una settimana per rimediare. Potete andare"
Belle ringraziò e salutò con un sorriso, Adam non fu altrettanto delicato, non era contento e non mancò di sottolinearlo una volta usciti dall'aula.
"Sei un'idiota?! Lo stavo convincendo sulla nostra bontà d'azione!" la aggredì.
"Non siamo qui per trattare con i professori" commentò la ragazza indignata.
"Certo, meglio leccargli il culo!"
"Non ti permettere!"
"Perché non è vero? Sai anche tu che quel compito è buono, ma adesso dobbiamo rifarlo ... Insieme" caricò quanto più disgusto sull'ultima parola e probabilmente intervenne tutto il paradiso per impedire a Belle di mollargli un ceffone.
"Peggio. Per. Te." concluse lapidaria e si allontanò da quell'essere come si fugge da un cassonetto dell'immondizia.
Arrivata al suo armadietto intravide un'altra sgradevole figura maschile puntare dritto verso di lei, non era proprio giornata!
"Non ho tempo Gaston" provò a liquidare in fretta il nuovo arrivato alto, pompato e impuzzolito dalle sigarette.
"Com'è che non hai mai tempo per me, dolcezza? Le altre fanno la fila"
"Vai dalle altre allora" commentò secca.
"Ma io sono pazzo solo per te" insistette Gaston con un sorriso lascivo ed ebbe l'ardire di cingerle le spalle. Ribrezzo.
"Non è il momento" sbottò Belle scocciata e si divincolò immediatamente dalla stretta, temeva di vomitare.
Per evitare altre scocciature si chiuse nel bagno delle ragazze per evitare altre scocciature, accompagnata dal delicatissimo commento di Gaston: "Quando ti finisce il ciclo, chiamami amore!"
Tutti a lei dovevano capitare sti gran signori?
 
Andare in piscina la rilassava da sempre, non gareggiava più da anni, ma rimaneva un'ottima valvola di sfogo. Quando si tuffava, tutti i pensieri rimanevano a bordo vasca e più nuotava più sembravano lontani. Preferiva effettivamente il mare, la libertà veniva amplificata, ma sapeva accontentassi e, mai come in quel periodo, quella distrazione le era vitale.
Dopo la giornata al mare, le cose con Jim si erano fatte... strane, si, strane. La sera messaggiavano a lungo, accolti dalla sintonia che si era subito mostrata tra di loro, ma quando non c'era uno schermo a dividerli tutto diventava più complicato. Erano entrambi imbarazzati, non riuscivano ad essere spontanei per paura di far intendere qualcosa di troppo  e non sapevano come gestire il "rapporto fisico". Ad esempio, come si dovevano salutare? Un semplice cenno era troppo freddo, ma un bacio o un abbraccio confondevano le cose. In fondo non sapevano nemmeno che rapporto fosse il loro, erano più di amici? Probabilmente. Erano altro? No.
Gli amici poi non aiutavano, se ne stavano li a fissarli in attesa di qualcosa, rendendo la situazione ancora più imbarazzante.
Era finita così, che Ariel iniziasse ad evitare Jim, controllando sempre prima di svoltare l'angolo ed evitando anche i messaggi serali. Questa situazione non le piaceva, Jim le mancava e si sentiva una codarda, ma che fare?
Dopo la nuotata liberatoria si avviò verso le docce, la piscina era vuota e per abitudine si mise a canticchiare note a caso, ma che presero una forma decisa durante lo shampoo, rimbombando per i grandi locali deserti.
 
Eric entrò in piscina e con grande soddisfazione si rese conto di essere solo, non era un nuotatore e gli stavano antipatici i palloni gonfiati, ma doveva allenarsi per quando andava sulla barca ... Si sa, se si è circondati dal mare è meglio sapere come dare qualche bracciata. Qualcosa però colpì la sua attenzione. Su una panca vicino alla vasca c'era un cellulare, presumibilmente di una ragazza considerata la cover nera con un teschio fucsia fluo.
In giro non si vedeva nessuno, ma gli era parso di sentire qualcosa vicino agli spogliatoi. Avvicinatosi alla porta delle ragazze rimase incantato e si dimenticò di tutto, una voce angelica l'aveva catturato con una dolce melodia senza parole. Rimase lì piantato come un cretino e non si rese conto che la voce si faceva più forte, venne quindi colto alla sprovvista quando la porta si aprì e Ariel inciampò su di lui.
La botta a terra gli chiarii le idee, in particolare quelle che urlavano: "RAGAZZA SVESTITA SOPRA DI TE!", il telo doccia mezzo scivolato nella caduta copriva infatti ben poco del corpo di Ariel.
Eric serrò gli occhi per delicatezza e per evitare spiacevoli conseguenze, anche perché nemmeno lui era molto coperto con il suo costumino aderente.
"Non ho visto niente!" giurò con gli occhi ancora chiusi mentre la ragazza si alzava in tutta fretta.
"Che ci facevi dietro la porta?" chiese Ariel ormai del colore dei suoi capelli.
"Ho trovato un cellulare ..." il giovane indicò il povero apparecchio ruzzolato al suolo con loro, si premurò di raccoglierlo e di porgerlo all'altra.
"Grazie - si strinse ancora di più nell'asciugamano che improvvisamente sembrava troppo piccola - addio" si volatilizzò nello spogliatoio, esempio seguito da Eric che corse nella zona maschile. Quando uscì di nuovo, Ariel era scomparsa.
 
Nel parcheggio della scuola, Meg cercava da secoli di far ripartire la moto, ma l’unica cosa che era cambiata era stato un puntualissimo acquazzone molto della serie: come potrebbe andare peggio?
 Si stava pentendo amaramente del momento in cui aveva deciso di entrare in contatto col mondo dei centauri … le due ruote non facevano per lei.
Smontò e tirò esasperata un calcio alla ruota ormai infangata.
“Ahi!” 2-0 per la moto.
“Ha bisogno di aiuto signorina?”
“No!”
Ripose di botto senza nemmeno guardare il suo interlocutore, era uno spirito indipendente lei.
“Ma … mi sembra in difficoltà”
Si voltò frustando l’aria con una coda di cavallo zuppa e vide per la prima volta chi tanto gentilmente (e fastidiosamente) voleva darle una mano. Beh … mica male. Davanti a lei in tutto il suo splendore una specie di dio olimpico le sorrideva in maniera gentile da sotto un ombrello arancione.
“Si. Sono una donzella. Sono in difficoltà. Me la cavo da sola. Buona giornata”
Evidentemente un paio di pettorali perfetti e un viso degno di Apollo nulla potevano contro la caparbietà della ragazza. Strano come ragiona la gente, vero?
“Mi permetta di insistere”
Senza accettare ulteriori opposizioni, il ragazzo si avvicinò alla moto, posò l’ombrello e, in quattro e quattr’otto, la capricciosa vettura tornò dal mondo dei morti con un potente rombo.
“Oh, grazie”
“Di nulla, ho una moto molto simile e so che certe volte possono fare i capricci”
Qualsiasi altro ragazzo avrebbe pronunciato questa frase cercando di essere il più macho possibile, sforzandosi proprio di emettere testosterone, soprattutto avendo davanti una ragazza come Meg, la cui maglietta era diventata pericolosamente aderente a causa dell’acqua. Invece lui sprizzava bontà d’animo e innocenza da tutti i pori. Curioso.
“Gentile, bravo con i motori ... ti hanno anche dato un nome insieme a tutti quegli ondeggianti  pettorali?”
“Io … em … si … sono…”
“Sei sempre così eloquente?”
“Hercule, io mi chiamo Hercules” L’aveva evidentemente imbarazzato e la situazione stava diventando più divertente ogni minuto che passava, peccato non avesse tanto tempo da perdere, necessitava di un phon.
“Hercules, io preferisco Megafusto”
Nuova ondata di rossore, Megara non potè evitare di sorridere maliziosamente. Quel tipo era adorabile.
“Beh, grazie di tutto Herc … è stato un vero spasso” concluse ammiccante, ma con un velo di dispiacere, si stava proprio godendo il momento.
“Aspetta! Potrei darti un passaggio” esclamò Herc improvvisamente.
 “Me la caverò, sono grande e forte, so allacciarmi le scarpe e tutto il resto”
“Beh, ci becchiamo in giro per la scuola. A presto … em … non ricordo il tuo nome”
“Megara. Per gli amici Meg” sorrise suadente “Ciao, ciao Megafusto”
Con grande stile salì sulla moto e partì, lasciando dietro di se un Hercules sognante.
 
Si convinse che la sfiga la stava perseguitando, tanti disastri non potevano certo accadere casualmente! Quella mattina, Pocahontas, aveva forato la gomma della bici che aveva dovuto trascinare fino a scuola, si era versata il cappuccino sulla maglia bianca e ovviamente aveva dimenticato le chiavi dell'armadietto dello spogliatoio dove avrebbe potuto rimediare un cambio. Nervosa, aveva risposto male a John (Rolfe ... meglio precisare) scatenando una discussione insulsa, aveva quasi distrutto un dinamometro nel laboratorio di fisica e, adesso, era rimasta fuori casa dato che le sue chiavi erano dentro, insieme a quelle dello spogliatoio, senza contare il diluvio universale che aveva deciso di piombare sulla città.
Sbuffò frustrata e si rannicchiò il più possibile sotto la piccola tettoia che sporgeva dal terrazzino. Il tentativo fu piuttosto inutile, in verità, e in breve si ritrovò i jeans zuppi fino alla coscia e i capelli sembravano dotati di una volontà propria, una volontà piuttosto bastarda e vendicativa per essere precisi. Cercò mentalmente qualche via per entrare dentro, ma era ben consapevole che non c'era modo d'entrare, suo padre era molto scrupoloso per certe cose e aveva montato delle finestre anti-intrusione; con la pioggia, poi, era impensabile anche solo pensare di correre da Jane, che stava a qualche centinaio di metri di distanza , però, magari, sarebbe passata a prenderla!
Entusiasta dell'idea recuperò il cellulare dalla borsa ... E ovviamente era scarico. Cazzo! Grazie universo, davvero! Non farò più la raccolta differenziata!
Le sue invettive mentali furono interrotte da un clacson. John Smith le sorrideva dall'auto.
"WWF! Che fai fuori casa? Ti prenderai una polmonite!" le urlò per farsi sentire sopra lo scroscio dell'acqua e Pocahontas fece segno di non avere le chiavi.
"Vieni da me!" suggerì lui, poi tirò dritto ed entrò nella sua proprietà.
La ragazza non sarebbe voluta arrivare a tanto, Smith e tutto quello che lo riguardava era zona proibita, ma era un caso disperato! Sentiva già i brividi nelle braccia. Si arrese alle necessità e corse verso la casa vicina, dove venne subito accolta da un piacevole terpore e da uno sguardo preoccupato di John.
"Vai subito ad asciugarti, ti prendo qualcosa da mettere ... Il phon è nel mobiletto del bagno" non ebbe bisogno di aggiungere altro per ottenere infinita gratitudine.
"Grazie, ti devo un favore abnorme" ringraziò Pocahontas tornando asciutta e ricascai data data dal bagno.
"Mi spiace che il pigiama ti stia tanto grande, ma non ho altro" disse John indicando l'abbigliamento improvvisato, gli abiti della ragazza erano stesi alla bell'e meglio sullo scalda salviette del bagno.
"Oh, questo va benissimo, anzi è molto comodo!" lo rassicurò, ed effettivamente era davvero molto comodo e caldo e profuma di buono, di lui suggerì un angolino della sua testa velocemente zittito.
"Ho ordinato delle pizze per cena, ti ho preso un hawaiana senza pancetta, non sia mai che tu ingerisca i resti di un altro essere vivente non vegetale" sorrise, splendidamente.
"Non dovevi disturbarti! Avrei potuto cenare a casa!"
"Io ho fame, inoltre so benissimo che tuo padre torna tardi ... Non mi andava di mangiarti davanti"
"Allora grazie, per esserti ricordato della pancetta"
Si guardarono negli occhi e sembrò quasi che il tempo corresse al contrario, riportandoli a troppi anni prima. Pocahontas distolse lo sguardo.
Parlarono tranquillamente e la combo pizza-birra rese l'aria più rilassata.
"Devo scusarmi per il comportamento da cafone dell'altro giorno, spero che tu e il tuo ragazzo non abbiate litigato ... È che ... Ero geloso" confessò dopo l'ultima fetta di margherita. La ragazza rimase in silenzio, non le sembrava il caso di confessare le paure di John Rolfe, ma stranamente non si sentiva nemmeno di accusare Smith per il suo comportamento sconveniente e anche se non l'avrebbe mai ammesso, in un certo senso ne era lusingata e capiva le azioni del bel biondo. Fece un sorriso carico di significato e lui la capì, seppe di essere stato perdonato.
"Da quanto state insieme?" chiese innocentemente, pura curiosità.
"Due anni e mezzo, ci siamo conosciuti ad una festa dove eravamo stati entrambi trascinati ... Nemmeno a lui piace la confusione - sorrise involontariamente - abbiamo iniziato a parlare, ci siamo incontrati qualche giorno dopo, mi ha invitato a cena molto galantemente, e il resto è storia" raccontò brevemente Pocahontas, avrebbe potuto abbondare con i dettagli impressi a fuoco nella sua mente, come il buon profumo dei fiori bianchi che aveva ricevuto dopo l'appuntamento, ma parlare di certe cose con quel John le sembrava sbagliato, innaturale. Lui aveva studiato attento le sue espressioni, la guardava fisso con i suoi occhi azzurri e cercava di cogliere ogni dettaglio, smorfia ed emozione.
"A me le feste piacciono" sospirò infine, non un vacillamento aveva riscontrato in Pocahontas, che amasse davvero quel fantoccio?
"Oh lo so, ti odiavo per questo. Era uno stress!"
"Ma ci hai messo un anno per dimenticarti di me" sottolineò John serio, sempre più attento. E questa volta venne soddisfatto dalle stesse parole della ragazza.
"Non ti ho mai dimenticato, John, lo sai" ammise Pocahontas con strana tranquillità "Ma dovevo reagire, non pensavo che saresti tornato"
"Però eccomi qua"
"Troppo tardi"
"Si può sempre rimediare"
"No"
"Poci"
"Io amo lui, non ti ho dimenticato, ma non sono rimasta a piangerti. In due anni e mezzo ho costruito tanto, senza di te. Non distruggermelo"
Si zittirono, rimasero ognuno avvolto dalle proprie emozioni, si evitarono. Il temporale era cessato e si sentì chiaramente il rumore di una macchina, era tornato il signor Matoka. Continuando a non dir niente, Pocahontas prese le sue cose e si avviò verso la porta.
"Grazie per la cena e l'aiuto" con queste parole fredde andò via, Smith non alzò nemmeno lo sguardo.
Ma non era finita, lo sapevano entrambi.
 
"Un tè caldo è quello che ci vuole con questo tempaccio" sorrise dolcemente Jane, posando le due tazzine bianche sul tavolino, accomodandosi poi sulla poltrona di fronte a Tarzan. Il ragazzo aveva appena finito la lezione col professor Porter e non aveva potuto fare a meno che accettare di buon grado una chiacchierata con la bella figlia del prof, diventata ormai la vera ragione delle lezioni di cui evidentemente non necessitava più, era riuscito finalmente a rimettersi in pari col programma.
"Come va a casa?" chiese gentilmente Jane.
"Bene, molto, i ragazzi che abbiamo portato con noi dall'ultimo viaggio, si stanno ambientando e sono davvero felici. Ovviamente è merito di mia madre, è davvero fantastica"
La domanda non era stata casuale, Tarzan e sua madre Kala, gestivano una casa famiglia  che accoglieva bambini e ragazzi africani, provenienti dalla sede base dell'associazione "Hakunamatata" alla quale i due dedicavano molto tempo, erano infatti i numerosi viaggi in  Africa ad aver rallentato lo studio di Tarzan.
"Quando pensi di tornare là?"
"Ormai in estate, c'è un nuovo direttore che sostituisce Kerchak, un certo Simba. Si occupava di una sede nella zona della savana, ma l'ha lasciata in mano a sua figlia e suo genero. Sono persone in gamba, non saremo costretti a fare salti mortali"
"Ma tu non vedi l'ora di tornare" indovinò Jane, cosa non difficile dato l'evidente attaccamento di Tarzan a quel luogo, attaccamento giustificato dalla sua storia.
Tarzan non era di origini africane, non era uno dei ragazzi salvati, ma la sua vita non era stata meno travagliata; era figlio di due volontari inglesi, morti durante una missione quando lui era piccolissimo, anni dopo gli raccontarono che erano stati attaccati da un leopardo. Fu preso da Kala che lo crebbe come un figlio, lui stesso la giudica la sua vera madre, più difficile fu il rapporto con il marito della donna, Kerchak, che vedeva nel bambino solo un cattivo sostituto del figlio che la coppia aveva perso tempo prima. Era stato così un sollievo il trasferimento nella nuova casa dove Kerchak, rimasto in Africa, non avrebbe potuto più vessarlo, ma quando morì, Tarzan, scoprì un forte dolore ... Alla fine era stato la cosa più simile ad un padre che avesse avuto.
"Portami con te!" continuò Jane "Sarebbe un'occasione fantastica per studiare la fauna e la flora, inoltre potrei essere molto d'aiuto" lo guardava con gli occhi del cuore, aveva finalmente dato voce al suo desiderio più grande.
"Non è una passeggiata, Jane, si tratta sempre di tre mesi in un paese disastrato e io ... mi sentirei responsabile" non voleva certo dirle di no, ma la situazione non era semplice.
"Ma so cavarmela! Ti prego!"
"Vedremo, c'è tempo" mediò il ragazzo, se la discussione fosse andata avanti, si sarebbe ritrovato il giorno dopo su un aereo, come avrebbe potuto resisterle?
"Beh, non è un no" accettò soddisfatta Jane. Si alzò per posare le tazzine ormai vuote, s'era fatto anche un po' tardi e non voleva sequestrare Tarzan. Sparecchiò in fretta e accompagnò il ragazzo alla porta. Commise però, il grande errore di incrociare il suo sguardo ed arrivò in fretta quella strana sensazione confusa, che solo quegli occhi turchesi erano capaci di scatenare. Senza il benché minimo controllo del suo corpo, si ritrovò a fare un piccolo balzo per eliminare la distanza tra il loro corpi, che diventarono una cosa sola grazie ad un bacio improvvisato. In maniera quasi comica, ci rimasero entrambi di sasso, la stessa Jane non aveva ben chiaro cosa fosse successo, ma, troppo imbarazzata per fare altro, ridacchiò nervosa e chiuse la porta in faccia al povero Tarzan, che riuscì a muoversi soltanto una manciata di minuti dopo.
Sono un'idiota pensò sconsolata la ragazza, correndo a rintanarsi nella sua stanza per la vergogna.
Sono un idiota sospirò il ragazzo nel tragitto verso casa, perché non aveva fatto niente? Non aveva reagito? Praticamente voleva baciare Jane da sempre!
Però è stato fantastico gongolarono entrambi  
 

A.A.
Hola! Eccomi di nuovo qui, puntuale come un orologio rotto! 
Capitolo freddolino per contrastare u'caudu che ha invaso la Sicilia (mi scioglierò!) e tutto concentrato su coppie canon, alcune si incontrano, altre si scontrano, altre ancora si maciano <3 tanto ammore <3
Spero vi sia piaciuto e spero che vi vada di lasciarmi la vostra opinione ^^ io vi mando un gigantesco abbraccio ... state diventando tanti! Non so come ringraziarvi se non continuando a scrivere, vorrei potervi conoscere tutti.
Vi ringrazio ancora, vi ringrazio tutti ... recensori, lettori, seguitori (?), preferitori (?????) e vi lascio con una notizia: 
Non so se la prossima settimana aggiornerò, perchè sarò a Disneyland Paris! Beh, spero quantomeno di trovare ispirazione xD
ciaoooo
 
 
 

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Capitolo 11
*** 11. L’amore e l’amicizia, quanto se n’è parlato… ***


11. L’amore e l’amicizia, quanto se n’è parlato…
 
Rapunzel aggiunse un altro libro alla sua altissima pila che, già difficile da trasportare, si fece più barcollante che mai. Ora basta, vai al bancone ed esci da questo luogo ordinò perentoria a se stessa, anche se non era mica colpa sua se il nuovo ed affascinante bibliotecario le aveva sorriso invitandola a prendere tutto quello che desiderava, sarebbe stato certo scortese non assecondarlo ... Anche se il poverino non aveva preso in considerazione quale gigantesca attrattiva esercitassero i romanzi su Rapunzel, specialmente i grandi classici d'amore e le favole.
Si avviò a passo incerto verso l'uscita, con il tesserino tra i denti, quando qualcosa catturò la sua attenzione. Tra le decine di titoli, scolastici e non, colse con la coda dell'occhio una scritta familiare: Il piccolo principe. Tutti i suoi buoni propositi svanirono e, depositato nuovamente il bottino, si arrampicò sulla scaletta per fare suo anche quel volume. Era il suo libro preferito dell'infanzia, ma l'aveva perso durante un trasloco e per punire la sua distrazione, Gothel, si era rifiutata di ricomprarlo. Già si emozionava all'idea di rileggerlo.
Mentre afferrava il libro, vide oltre gli scaffali una figura nota.
"Flynn!" chiamò contenta e, il tempo che Punzi impiegò a scendere i pochi pioli, quello fece capolino nel corridoio. "Ehi, biondina" salutò cordiale.
Non si vedevano da un paio di giorni, dalla colazione di scuse post padellata, che era stata  sorprendentemente piacevole per entrambi. Lei, che non era abituata a rimanere sola con un ragazzo, si ritrovò perfettamente a suo agio e lui, che temeva di annoiarsi con quella tappetta ansiosa, trovò naturale essere divertente e gentile con la ragazza.
"Sono tutti tuoi?!" chiese Flynn tra il sorpreso e il divertito indicando i libri a terra.
"Si, cioè no, sono della biblioteca ovviamente, ma voglio prenderli in prestito" scostando un lunghissimo ciuffo biondo raccolse tutto tra le braccia esili, trovando subito supporto in quelle ben più allenate di lui. "Ti aiuto" disse Flynn, più per la paura di vederla schiacciata sotto quell'enorme mole di carta, che per galanteria.
"Ti piace leggere?" domandò curiosa Rapunzel.
"Un tempo di più, i romanzi d'avventura. Ora non ho molto tempo ... O molta voglia" ammise Flynn sentendosi quasi in colpa. Perché si sentiva in colpa?
Appoggiarono il cumulo sul bancone d'ingresso e Rapunzel gli porse un libro: Sandokan. "Dovrebbe piacerti, prendilo tu" sorrise talmente dolcemente che il ragazzo non seppe rifiutare, un libro avrebbe potuto anche leggerlo per ... Per lei? Scosse la testa a quel pensiero, se una cosa era certa, era che la biondina non era il suo tipo, continuava inoltre a non ricordarne il nome!
"Rapunzel" una calda voce maschile suonò dall'altro lato del bancone. Ecco come si chiama!
"Wow, davvero tutti questi?!" continuò sorpreso John, il bibliotecario.
"Se non è un problema..."
"Tu puoi fare tutto quello che vuoi" ammiccò il biondo facendo arrossire notevolmente la ragazzina, Flynn decise che gli stava antipatico. Conclusero le pratiche in fretta e il tipo si offrì anche di aiutare Rapunzel con il carico. Assolutamente antipatico.
"La posso aiutare io" s'intromise Flynn rimasto in silenzio intento a guardare male il bibliotecario/fotomodello fallito.
"Grazie ad entrambi, ma ce la faccio. Mia ma... macchina, la mia macchina è qua fuori" li tranquillizzò la ragazza con un sorriso, prese le sue cose e dopo un altro saluto andò via sotto lo sguardo attento di Flynn e quello curioso di John.
"Comunque amico stai tranquillo, non volevo provarci con la tua ragazza" commentò il biondo. "Oh. Come?! Cosa? No, no non è la mia ragazza! La conosco appena!" Flynn entrò in difensiva, ma sotto la barba si potevano indovinare delle guancia arrossate che fecero sorridere il bibliotecario "Come dici tu"
 
Il corridoio era vuoto, gli unici suoni giungevano attutiti dalle aule dove si teneva lezione. Jasmine sentiva il cuore battere come un colibrì impazzito, non era abituata a fare certe cose, saltare le ore, ma era una situazione urgente per cui valeva la pena mettere da parte la correttezza da brava studentessa. Non mi devo far vedere, non mi devo far vedere era l'unica cosa che riusciva a pensare.
La porta che dava sul retro della palestra, luogo totalmente selvaggio, era solo a pochi passi dietro l'angolo e sembra ben chiusa, scosse la testa per scacciare i pensieri negativi, erano l'ultima cosa che le servivano. Si prese di coraggio e andò, poggiò la mano sulla maniglia ... Non era chiusa! Forse un po' rigida, doveva metterci un po' di forza, una bella spinta sarebbe bastata Uno, due...
"Dove credi di andare?" un assistente scolastico, la targhetta diceva Razoul, la guardava sospettoso.
"Io ... Io ..." Non tentennare!  "Io mi sono persa" disse con voce più sicura, ma chissà come mai non sembrò convincere l'uomo.
"Ah davvero? Allora lasci che ti mostri la strada per l'ufficio del preside" ridacchiò soddisfatto. "No, per favore ..."
"Jasmine!" una voce echeggiò nel corridoio, seguita dalla comparsa di Aladdin. "Jasmine ti sei persa di nuovo! Mi hai fatto saltare geometria!" il rimprovero spiazzò guardia e ragazza che fissavano il ragazzo come impazzito.
"Scusi mia cugina, è caduta dalla bici ed è diventata un po' ...  smemorata" continuò convinto, facendo addirittura intendere che la poverina non avesse tutte le rotelle apposto, fortunatamente era vero il contrario e questa colse subito il suggerimento del salvatore.
"Oh nonno non ti arrabbiare, volevo solo andare in bagno e mi sono persa!"
Razoul continuava a passare lo sguardo da uno all'altra "Siete veramente cugini?" non era del tutto convinto, ma effettivamente i due si somigliavano leggermente grazie ai colori e ai tratti mediorientali, inoltre sorvegliando quella zona sperduta dell'istituto non aveva spesso contatti con i ragazzi.
"Già, le dispiacerebbe se prendessimo un po' d'aria?" chiese gentilmente il ragazzo "dovrei darle le sue medicine"  sussurrò poi confidenzialmente mostrando un flacone di pillole, beh, quello era vero! Convinto dalla prova e intenerito dalla ragazzetta che sembrava molto confusa li fece uscire. "Io non vi ho mai visto, che sia chiaro" li ammonì prima di richiudersi la porta alle spalle.
I due si allontanarono un po' per essere certi di non essere uditi, poi scoppiarono a ridere.
"Ottimo salvataggio, grazie mille" applaudì Jasmine ancora con le lacrime agli occhi per le risate.
"Tu non te la cavi male ad improvvisare" aggiunse Aladdin
"Oh non è vero, altrimenti me la sarei sbrogliata da sola, ma che medicine gli hai fatto vedere?"
Al tirò fuori il flaconcino, rivelando che conteneva solo gomme da masticare, le teneva saggiamente nascoste per non farsele fregare da Flynn "è fissato, vuole sempre un delicato alito alla menta, ma non vuole andare a comprarle perché il tabaccaio ha minacciato di fucilarlo, credo abbia avuto una tresca con la figlia" raccontò divertito.
"È stato con il mondo" commentò disgustata Jasmine, ma al momento era altro ad interessarle non Flynn Rider "Io ti devo un favore enorme, quello che vuoi, ora però devo andare" sorrise riconoscente e voltò le spalle, ma Al non era soddisfatto e la raggiunse in due falcate "Dove vai?"
"Non credo siano affari tuoi" rispose divertita, temette di risultare troppo brusca,  ma era troppo di fretta per rifletterci più di tanto.
"Mi dovevi un favore, no? Questo è il minimo"
Jasmine sospirò, doveva dargli ragione e, ora che si erano calmate le acque, si rese conto di essere da sola con Aladdin. Oddio. Respira. Prima di parlare si schiarì la voce.
"Avevo la necessità di uscire da qui  per poter partecipare ad concorso di danza, è un'occasione molto importate, pensa che una mia amica il prossimo anno si trasferirà a Parigi. Ma mio padre non è molto d'accordo" spiegò incupendosi sul finale.
Jasmine voleva molto, molto bene a suo padre, però spesso si sentiva eccessivamente controllata, così, anche se lei stessa agognava la carriera diplomatica progettata dal padre, sentiva ogni tanto la necessità di fare qualcosa di unicamente suo.
Guardò il delizioso orologio blu che portava al polso, scoprendo con sommo orrore di essere vergognosamente in ritardo, più di quanto sospettasse, ma non riusciva a dire ad Aladdin di levarsi dai piedi, le sarebbe riuscito più naturale staccarsi un braccio a morsi. Proprio di lui doveva salvarmi!
"Senti, non ho molto tempo ... se ti va puoi accompagnarmi" Puoi accompagnarmi?! Certo, Jas, mettiti a flirtare.
"Em, io non saprei" Ecco, l'hai spaventato "Ma suppongo che nessuno sarà tanto dispiaciuto se accidentalmente salto anche storia dell'arte e botanica, faccio schifo in entrambe" Ha detto siiii!!! Gioì internamente Jasmine, limitandosi però ad annuire esternamente.
Raggiungere la scuola di danza dove si teneva il privino fu un'impresa, era piuttosto lontana e i due compagni d'avventura improvvisati dovevano anche star bene attenti a non farsi vedere da poliziotti che si sarebbero potuti dimostrare troppo curiosi. Tra loro non parlavano molto, come se una volta rotto il ghiaccio ne fosse uscito il disagio, ma non riuscivano a trattenere certe occhiate troppo languide che si lanciavano senza che una si accorgesse dell'altro. Arrivati a destinazione, un grande edificio color crema, incontrarono una spazientita Esmeralda, passata l'anno prima,  che avrebbe dovuto presentare la nuova candidata.
"Potevi perdere altro tempo, tanto il tuo è solo il prossimo turno" sbottò, tanto alterata da non notare il ragazzo, non era un tipo paziente e quel posto, anche dopo un anno, le metteva un ansia pari solo alle interrogazioni in matematica della prof Malefica.
"Scusa se sono minorenne, ho dovuto fare i salti mortali pre arrivare e solo grazie a ..."
"Si si, mi spiegherai dopo, ora vai!" Ez spinse l'amica dentro che non ebbe nemmeno il tempo di salutare Aladdin. Questo si spolverò la maglietta color melanzana Oh, ha un buco si accorse con dispiacere La mamma di Tiana dovrà rammendarmi anche questa. Lanciò un ultimo sguardo alla scuola dalle vetrine lucenti e si incamminò verso scuola scuotendo la testa, colpito ed affondato dalla consapevolezza di essere solo un illuso.
                               
"Centro!" esultò Merida con tanto di balletto della felicità e godette ignobilmente nel vedere la faccia infastidita di Robin che era sotto di un paio di punti.
"Sai benissimo che è Uncino ad avermi distratto" borbottò insoddisfatto. "Scusa se respiro" intervenne l'amico tirato in ballo "non è colpa mia se sei irrimediabilmente attratto dalla mia stupefacente persona" gli soffiò un bacio dalla punta delle dita.
Quando Robin riuscì ad accettare più o meno sportivamente la sconfitta, il curioso trio si accomodò sul retro del pick-up del rosso per rinfrescarsi con birra e succo di mele. Il vento soffiava leggero scuotendo il cespuglio che Merida aveva per capelli e la camicia di tartan del cugino.
"Allora, bimba, c'è qualcuno a cui dobbiamo spaccare la faccia? Qualche maschietto troppo curioso ad esempio" s'informò Robin, era figlio unico e per lui Merida era una sorellina da proteggere e, nonostante fosse un (bel) po' scapestrato, con lei diventava attentissimo.
"Non c'è nulla di cui ti devi preoccupare" tagliò corto la ragazza imbarazzata "Piuttosto tu e Marion?" cambiò discorso puntandolo sulla fiamma storica del cugino, con la quale la relazione non era mai stata semplice, apparentemente per colpa della schizzinosa famiglia di lei, costringendo il poverino ad avere sempre una tempesta nel cuore.
"Si fa quel che si può" rispose elusivo
"Quindi scopate quando avete tempo?" s'informò Uncino ridendo nascosto dalla bottiglia verde della Henikein, risata subito fermata dalla precisazione di Robin con la quale sottolineava che, almeno lui, non aveva ragnatele nei boxer. Merida assisteva alla scena con grande divertimento.
"Ok, chiaro, evitiamo i discorsi di questo genere" tagliò corto Killian, sempre riservatissimo sulla sua vita privata anche con lo stesso Robin, era fatto così e anche se avesse avuto qualcuno di speciale nel cuore, nulla si sarebbe potuto capire dai glaciali occhi marcati di nero.
"Piuttosto, sono entrato nella band di Naveen" annunciò con notevole soddisfazione, Robin gli fece i complimenti e si scambiarono un cinque fraterno. Se era vero che della vita sentimentale di Uncino si sapeva ben poco, l'amico conosceva benissimo le passioni che gli turbinavano nell'animo, due su tutte: i motori e la musica. Ah ... E le sigarette ovviamente.
"Con quale ruolo?" chiese Merida, che frequentava da poco il ragazzo.
"Tastiera"
"Questo tipo ha le manine di fata quando suona" ridacchiò Hood "meno quando picchia la gente"
La ragazza strabuzzò gli occhi, che si fecero ancora più grandi quando scoprì che l'ultimo ad aver ricevuto i servigi di Killian era Peter Pan. "Lo conosco! È nella squadra di atletica ... salta decisamente in alto e corre veloce"
"Non abbastanza" un sorriso compiaciuto lampeggiò sul viso del moro, non senza una certa perfidia.
"Quella troia della sua ragazza non sarà contenta" lo avvisò la Merida.
"Come se potrebbe importarmi"
"Oh ti importerà eccome, la Darling non guarda in faccia a nessuno"
 
Non si era mai domandata come dovessero sentirsi i matador nell'arena, non ne aveva mai avuto occasione, ma in quel momento pensò che la sensazione doveva essere quella che stava provando in quel momento lei stessa.
Occhi ansiosi e curiosi puntati addosso, un'aria d'attesa snervante, carica d'incertezza, e persino la polvere che, levandosi da terra, le pizzicava il naso. Rimaneva una domanda, lei era il toro o il tipo destinato ad essere incornato?
"Tranquilla Trilly" le sussurrò Melody rassicurante. Tranquilla un corno!  Avrebbe voluto rispondere, evidentemente tutto il loro anno aveva saputo del litigio con Peter (cosa che poteva anche giustificare data la ridicola teatralità che aveva assunto la cosa), ma sperava che almeno l'eventuale rappacificazione avvenisse in privato.
"Meglio così, almeno Lilo non può saltargli al collo per poi occultarne il cadavere" aveva detto Mowgli per giustificare la scelta di usare il cortile come ring.
Così, adesso, Trilly poteva tranquillamente riconoscere diversi sguardi impiccioni: Aylin stretta al suo Taron, Terk, le ragazzine petulanti che ironicamente Lilo chiamava amichette ... Le veniva da vomitare. Almeno non c'era traccia di Wendy, solo in lontananza aveva scorto Alice, ma sembrava troppo presa da un biscotto anche solo per provare a fare l'informatrice.
Capì di essere arrivata al punto X quando vide un capannello composto dai suoi amici, la guardarono e poi rivolsero uno sguardo minaccioso alle loro spalle, Hiro borbottò qualcosa   a qualcuno che doveva essere Peter e si allontanò insieme a Artù e Mowgli.
Ora stavano uno di fronte all'altra, Peter e Trilly, che, dopo anni di totale condivisione, non si parlavano da due settimane a mezzo. Alla ragazza sembrò che tutta quella folla esagerata sparisse, riusciva a vedere soltanto gli occhi dispiaciuti di Peter.
"Ciao Campanellino" Bene, usa l'artiglieria pesante pensò Trilly sentendo il suo vecchio nomignolo, si era riproposta di fare un po' la sostenuta, ma adesso non riusciva nemmeno a fermare un vago tremolio alle mani. Non disse nulla per evitare di singhiozzare.
"Scusa, ho fatto il cretino"
"Questo si era capito" commentò, non molto discretamente, Melody da dietro.
"Devo scusarmi con tutti, ma con te in particolare" si guardò intorno "Potrai mai ..." quel perdonarmi non fu mai pronunciato, la piccoletta gli era già saltata al collo, per abbracciarlo s'intende, e affondava il viso nella maglietta verde.
"Bene ragazzi, ora potete andare! Non c'è stato nessun omicidio" annunciò Hiro facendo ampi gesti con le braccia come un vigile urbano "Circolare!"
Andati via gli estranei, il più ristretto gruppo di amici si raccolse e Trilly riuscì a lasciare andare il rosso.
"Non costringermi mai più a doverti perdonare una cosa simile" lo minacciò con uno sguardo carico di significati, non so se ce la farei.
"E in caso, non credo che nessuno muoverebbe un mignolo per salvarti da me. Sei un emerito coglione Pan" s'intromise Lilo dandogli una pacca sulla spalla, non era un tipo violento, ma se le sfioravano qualcosa, o qualcuno, a cui teneva si trasformava in una specie di mostro alieno.
"Beh, tutto è bene, quel che finisce bene. Siamo di nuovo una squadra e Peter pagherà la pizza per tutti" esultò Mowgli dando l'imput per un abbraccio di gruppo.
Solo Artù notò un'ombra dietro una finestra vicina, sembrava Wendy e non sembrava una Wendy felice... ma era stata sicuramente una sua impressione.
 
Accoccolata sul divano che odorava pelle di casa Tatch, con le gambe su quelle di Milo e la testa nell'incavo del suo collo, Kida si sentiva felice.
Gli ultimi mesi erano stati un gran trambusto, aveva cambiato casa, scuola e paese, non vedeva mai i suoi genitori, perché Skype era risultato un mostro fantascientifico agli anziani occhi di suo padre, e le mancava ogni granello di sabbia di Atlantide.
Poi però aveva incontrato Milo, Milo con gli occhiali tondi, Milo serissimo durante le lezioni casalinghe di atlantidese, Milo che la guardava come fosse un miracolo ... un soffio e si era innamorata, un battito di ciglia ed era come se lo conoscesse da tutta la vita, così si ritrovava a bighellonare sempre più spesso a casa del ragazzo (ora adeguatamente vietata a gente invadente) approfittando delle frequenti assenze dei suoi genitori.
Kida poteva, quindi, affermare con certezza di conoscere perfettamente Milo, infatti non mancò di notare la lieve tensione delle spalle e le labbra appena arricciate. Qualcosa non andava.
"Che c'è?" si sollevò dalla sua posizione accucciata per poterlo guardare meglio in viso, era pensieroso, non si era sbagliata.
"Niente!" preso di sorpresa, non si era preparato a mentire e la voce gli uscì in falsetto, non si illuse nemmeno di essere apparso convincente. "Stavo solo pensando che non sono mai venuto a casa tua, non conosco nemmeno i tuoi coinquilini mentre tu conosci tutti i miei amici" le lanciò una veloce occhiata per assicurarsi di non essere apparso lamentoso, ma Kida gli sorrideva dolcemente.
"Ma tu conosci le mie amiche, i miei coinquilini sono una cosa a parte e quella non è davvero casa mia" spiegò pratica. Milo non replicò, ma era evidente che non fosse convinto e la ragazza temette che stesse per ricominciare con le sue fisse del non essere degno di lei e blablabla. Non sopportava vederlo in quello stato.
"Sai che ti dico? Sta sera è la serata del cinese, ordiniamo tutto da Chien-Po ed è un crimine che tu non abbia mai assaggiato i suoi ravioli al vapore" si alzò di slancio dal divano ed afferrò la giacca sotto lo sguardo incredulo del suo ragazzo.
"Dici davvero?"
"Assolutamente"
 
La casa di Kida non era in centro, tutt'altro, ma il piccolo quartiere dov'era posizionata era tranquillo e con un fascino tutto suo, tanto che a stento si sentiva la mancanza delle ordinate zone ricche. La strada era costeggiata su entrambi lati da bassi palattezzi a tre piani, tutti colorati - e un po' scoloriti ad essere sinceri- e tutti caratterizzati da un qualcosa di unico e bizzarro, ad esempio, quello che ospitava il ristorante cinese era rosso acceso con un enorme gong ammaccato accanto alla porta d'ingresso e spesso, chi usciva distrattamente, ci andava a sbattere e per tutta la strada echeggiavano le profonde note.
La casa di Kida, occupava tutti e tre i piani, e quindi i rispettivi tre piccoli appartamenti, di un palazzo blu scrostato con, su un lato, uno stupefacente murale di un anonimo artista che aveva abbellito la facciata con dei vivacissimi colibrì in volo.
Fronteggiava il negozio Caverna delle meraviglie, antiquario gestito da tale Genio -nessuno conosceva il suo vero nome- e Cassim Ababua, padre di Aladdin. Il primo riusciva ad uscire, dal mucchio di roba che affollava il locale, proprio quello che il compratore desiderava, mentre il secondo riusciva a stupire con antichi pezzi preziosi che sembravano sussurrare affascinanti storie. Kida adorava quel negozio, che sembrava essere uscito da un libro di lontani racconti orientali e dove, inoltre, aveva avuto anche occasione di fare amicizia con Al.
 
Dopo aver lanciato un'occhiata al familiare quadretto, che formavano i vari locali, la ragazza aprì il  portoncino facendo strada all'innamorato.
"Tre piani, niente male" commentò Milo guardandosi intorno, tutto era giovane, colorato e disordinato e il ragazzo si ritrovò a pensare che la vita in quella casa non doveva essere molto diversa da un perpetuo pomeriggio tra amici.
"In realtà è ancora troppo piccola. Qua - Kida indicò con un ampio gesto tutto il pian terreno - ci sono cucina, soggiorno, studio e bagno. Sopra la mia camera, quella di Chel e quella di Marina e Simbad, più un altro bagno. All'ultimo piano dormono Prometeo, Tullio e Miguel, c'è anche lì un bagno" mentre Kida spiegava la disposizione della casa e provava a ordinare/nascondere vari oggetti sparsi in giro, Milo osservava una foto del gruppo di coinquilini cercando di associare le facce ai nomi. Sapeva che nessuno di loro, Kida esclusa ovviamente, andava alla Disney High e, addirittura, i tre ragazzi più grandi studiavano già all'università, ma non sapeva altro. Sembrano simpatici.
"Ma non c'è nessuno?" chiese non sentendo la leggendaria confusione narratagli da Kida, ma quest'ultima non ebbe tempo di rispondere, che dei passi suonarono pesanti sulle scale e una voce si diffuse furiosa in tutte le stanza.
"Giuro, Simbad, che se non trovo la piastra, questa volta vi uccido!"
Una ragazza bassina e piuttosto formosa, fece la sua comparsa con le fiamme che le ardevano nei bei occhi scuri,ma vedendo la coppia si fermò sorpresa, dando l'impressione di essersi dimenticata di essere furiosa.
"Chel, sta sera abbiamo un ospite" la salutò la coinquilina che venne bellamente ignorata.
"Tu devi essere Milo!" si avvicinò curiosa al ragazzo "Kida parla in continuazione di te, ti prego dille di smettere" gli strinse la mano a mo' di saluto, Ma Milo era troppo incredulo per proferir parola "Parla in continuazione di me?" Credevo si vergognasse di me!
"Fino alla nausea, peggio di quando Tullio e Miguel hanno i loro momenti di smancerie" a parlare un ragazzone barbuto che a Milo ricordò la versione cresciuta di Flynn. "Sono Simbad ... Comunque, amico, ti devo un favore, mi hai salvato dalla furia di Chel" gli sussurrò confidenzialmente facendogli l'occhiolino, fortunatamente la ragazza parve non sentirlo, o finse di non farlo per mantenere il controllo davanti al nuovo arrivato, e afferrò carta e penna "Rimani a cena qua, vero? Moriamo tutti di riempirti di domande imbarazzanti, non puoi deluderci. Cosa ti piace di cinese?"
Alla fine Milo si ingozzò di ravioli al vapore, contenuti in adorabili scatoline con il disegno di un panda- "Po il panda, è la mascotte del ristorante" aveva spiegatoTullio e Miguel aveva commentato che l'animale aveva un nome poco fantasioso dato che il ristorante si chiamava da Chien-Po, anche se effettivamente assomigliava al proprietario- ed ebbe modo di fare amicizia con tutti gli abitanti della casa, che gli parvero assolutamente fantastici.
Chel, Tullio e Miguel, studiavano alla Dremworks High School, altro liceo della città. Chel era una ragazza sudamericana molto intelligente e curiosa, i ragazzi si divertivano a farle saltare i nervi, ma se voleva sapeva riportarli con una sola occhiata, inoltre era quella che cacciava tutti fuori dai guai; Tullio e Miguel, spagnoli, si conoscevano da sempre cosa che appariva lampante dal modo in cui sembravano dipendere l'uno dall'altro anche per le minime cose, si completavano, l'uno più pragmatico e l'altro con la testa fra le nuvole, il caso volle che dopo una litigata furibonda e un silenzio sostenuto mantenuto per un mese, tutto perché si erano entrambi invaghiti di Chel, avevano realizzato di essere innamorati l'uno dell'altro e ormai facevano coppia fissa da più di un anno.
Simbad, Marina e Prometeo, il primo persiano e gli altri due italiani, studiavano all'università rispettivamente geografia marina e scienze politiche (sia Marina che Prometeo); Simbad e Marina avevano lo stesso carattere presuntuoso ed intrepido, ma era la ragazza ad averla sempre vinta sul fidanzato e, a quanto pareva, era riuscita a strappargli una proposta di matrimonio, lui era pazzo di lei; Prometeo era l'animo tranquillo del gruppo, quello che teneva a bada la coppia quando iniziavano a fare scintille a furia di sbattere le loro teste dure, era un tipo apposto.
 
La serata fu fantastica, divertente e affascinante -Milo adorava incontrare nuove culture- ma quando si ritrovò da solo nella stanza di Kida, dalle pareti azzurre e con le piante che pendevano dal soffitto, non riuscì a trattenersi dal domandare alla ragazza una cosa che lo logorava dall'arrivo alla casa: "Perchè non volevi portarmi qua?" chiese con la voce il più serena possibile. Kida arrossì lievemente "Mi spaventava il tuo giudizio" ammise, ma il ragazzo continuò a guardarla confuso e dovette spiegarsi meglio "Si qua è tutto un gran casino e qualcuno potrebbe definire l'ambiente promiscuo, non volevo pensassi male di me"
"Non potrei mai pensare male di te!" Milo schizzò dalla poltroncina su cui si era seduto e raggiunse la ragazza sul letto "Nessuno potrebbe!"
"Beh, mio padre l'ha fatto, quando gli ho raccontato di questo posto mi ha ordinato di tornare ad Atlantide, ho disobbedito. Certo mi manca casa, ma non rinuncio a tutto questo"  aveva concluso la frase guardando negli occhi il fidanzato e stringendosi a lui. Tutti i dubbi, le incertezze, che Milo aveva avuto svanirono e davanti agli occhi non gli rimase che la tristezza di Kida che finalmente si era aperta con lui. L'amò più che mai.
Si chinò a baciarla e la situazione si fece subito più interessante considerando che erano già stesi a letto, ma, sebbene in casa non ci fosse nessun Filippo, furono prontamente interrotti.
*dum dum dum* rimbombò il muro.
"Vi ricordo solo che le pareti sono di carta crespa e che io voglio dormire senza avere gli incubi, grazie" la voce di Chel giunse soltanto lievemente attutita dall'altra stanza e i ragazzi, dopo essere entrambi paurosamente arrossiti, scoppiarono a ridere di gusto.  


A.A.
Salve amici! Ebbene si, sono viva, ma giuro ch fino a pochi giorni fa ero rinchiusa in una casetta priva di connessione internet e priva di computer! Quindi vi chiedo umilmente perdono, ma, questa volta, non è dipeso tutto da me, che poi l'ultima parte del capitolo l'abbia finita or ora sono dettagli. 
Comunque ecco un capitolo un pò più corposo degli altri, volevo dare un pò di spazio alla coppia Milo-Kida perchè sono adorabili, ma non hanno molte opportunità di esprimersi. Ho guarnito il tutto con un'accozzaglia di personaggi Dreamworks ... credo sia una cosa divertente che vivano tutti insieme come studenti fuori sede, voi che ne pensate? Inoltre stravedo per Tullio e Miguel, che sono magicamente diventati una coppietta... scusate... non era previsto... genialate dell'ultimo secondo, anche se effettivamente è una cosa che mi è venuta in mente l'ultima volta che ho visto il film.
Stiamo divagando ...
Ringrazio tutti per aver letto il capitolo, spero vi sia piaciuto! Fatemi sapere le vostre opinioni! E ringrazio tutti quelli che recensiscono, mettono tra i preferiti e leggono in silenzio, e ATTENDONO... non so come farmi perdonare! 
O forse si... ho già aggiornato la raccolta di spinn-off (vi lascio il link sotto) e presto aggiungero un capitolo bonus tutto per voi ... vi anticipo che il protagonista sarà un tipino simpatico e con un naso stupendo xD
Spero di farmi sentire al più presto, un bacio
Lyss

link: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3146800&i=1

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Capitolo 12
*** 12. Parte del tuo mondo ***


12. Parte del tuo mondo
 
Con tutta la concentrazione di cui era dotata, Melody, cercava di seguire la spiegazione di Hiro sull’ultima lezione d’informatica. Di solito studiavano da lui, Tadashi era molto più silenzioso di Ariel e si offriva spesso di dare una mano quando la ragazza era in preda alla difficoltà, ma questa volta il fratellone aveva ben altri progetti con Honey Lemon e Hiro era fuggito da casa col naso arricciato per il disgusto, non era ancora arrivato alla fase in cui i maschietti iniziano ad apprezzare le dolci doti femminili.
“Quindi, tenendo conto della RAM a disposizione …”
*dliiin dlon*
Melody ringraziò il cielo per il salvataggio, non ci stava capendo nulla, Hiro dava troppe cose per scontate!
Aprì la porta e batté le palpebre per lo stupore, era convinta che a suonare fosse stato lo zio, ma il ragazzo che aveva davanti era svariati centimetri più alto e le sorrideva smagliante, le pareva di averlo visto parlare con la sorella di Lilo.
“Ciao, cerco Ariel, è in casa?” disse senza smettere di sorriderle, era carino, ma non il suo tipo, così non perse tempo a chiamare la sorella con un urlo non molto garbato. La rossa sbucò dal corridoio con aria annoiata, la maglietta sporca d’inchiostro e dei pantaloncini consumati.
“Melody quando la smetterai di sbraitare come una pescivendola?” disse con tono scocciato, roteando i grandi occhi azzurri e facendoli posare sulla figura incorniciata dal bianco telaio della porta. Senza pensare sbattè la porta in faccia al poverino senza proferir parola, se non un cazzo! Dettato dall’agitazione. Melody, ancora lì, la guardava perplessa, cercando di capire se la sorella era cosciente di quello che aveva appena fatto.
Il campanello suonò di nuovo e si sentì chiaramente Eric chiedere se andasse tutto bene. Ariel cacciò la sorella con un’occhiata decisamente chiara e, dopo un respiro profondo, riaprì la porta quasi sperando che il ragazzo non ci fosse più. Ovviamente c’era, eccome.
“Scusami, sono scivolata” improvvisò, Tanto peggio di così … “Comunque, se vuoi parlarmi dell’altro giorno, sappi che non c’è problema, è acqua passata” aggiunse frettolosa e impaziente di richiudere definitivamente la porta.
Dopo la giornata al mare, non solo evitava Jim, ma anche tutti i suoi amici ed Eric in particolare, perché, doveva ammetterlo almeno a se stessa, aveva contribuito in maniera non leggera al suo turbamento e dopo l’incidente in piscina l’aveva bollato come zona proibita. Era stato troppo imbarazzante, troppo perché potesse far finta di niente e fingere che la situazione non sarebbe stata diversa se fosse caduta addosso a David Kawena.
“Non sono venuto per l’altro giorno, cioè si, ma non per quello che pensi tu” chiarì “mi fai entrare?” non avendo molta altra scelta, Ariel lo fece accomodare nella sua stanza miracolosamente ordinata – in cucina c’erano Melody e Hiro, che avevano l’esagerato divieto di stare in camera da soli- e gli offrì del succo d’arancia.
“Bene, allora, la causa di ciò che è successo l’altro giorno è che mi ero imbambolato a sentirti cantare, hai una voce stupenda e si dia il caso che un mio amico cerchi un cantante per la sua band”
Ariel rimase col bicchiere sospeso a mezz’aria “Mi stai offrendo un posto in una band?” era incredula.  “In realtà credo che ti spetti un provino, ma non ho dubbi sul risultato” spiegò candidamente Eric “sempre che tu sia interessata”. Ci vollero un paio di secondi prima che Ariel riuscisse ad articolare un semplice si, ma bisogna ammettere che era stato un si! davvero notevole, traboccante di gioia ed entusiasmo, entusiasmo che le sfuggì di mano e la portò a stringere in un abbraccio riconoscente Eric, ma, resasi conto della situazione, si staccò immediatamente col cuore che le martellava nel petto.
“Emm, credo di poterti accompagnare anche adesso, so che ci sono le prove” continuò il ragazzo dopo un momento d’imbarazzo ed uscì dalla stanza per permettere ad Ariel di cambiarsi.
Salirono in auto, una bella Nissan blu che profumava di menta, e si diressero verso casa di Naveen, il cui garage – uno dei tre a dire il vero- era stato trasformato in un’eccellente sala prove.
“Giusto per precisare, in piscina non ho davvero visto nulla” disse Eric un attimo prima di scendere e di andare incontro all’amico, Ariel fu stranamente grata per le sue parole e un certo sollievo le si diffuse nel petto.
 
“Quindi tu sei la sirena ammaliatrice? Graziosa, mi piace il tuo stile” commentò Naveen porgendo ad Ariel la mano e squadrandola dalla testa ai piedi “Io sono Naveen, il proprietario della baracca” con un gesto svelto della mano indicò la strepitosa villa alle sue spalle. Accompagnò i due nuovi arrivati dal resto della band e si sbrigò con le dovute presentazioni: “Killian alla tastiera, Terk batteria, Kristoff al basso … abbondiamo di K effettivamente, io sono alla chitarra e voce. Ragazzi, lei è Ariel, la nostra possibile salvezza” i tre dissero in coro un poco convinto Ciao Ariel, era la quarta candidata dopo tre proposte di Charlotte, che, dopo un’ottima impressione iniziale, si rivelavano tutte avere difetti madornali. Invitarono quindi la ragazza nella zona palco e si disposero tutti attorno per godersi lo spettacolo.
Il faretto sulla testa le faceva scintillare i capelli, che emanavano un caldo riflesso rosso come se fossero incastonati di rubini, era agitata e il sudore le gocciolava lungo la schiena incollandole alla pelle la canottiera pervinca, avrebbe voluto togliersi la giacca.
Chiuse gli occhi per non sentire la pressione degli sguardi altrui ed iniziò a cantare.
 
What would I give to live where you are?
What would I pay to stay here beside you?
What would I do to see you
Smiling at me?
Where would we walk
Where would we run
If we could stay all day in the sun?
Just you and me
And I could be
Part of your world
 
I don't know when
I don't know how
But I know something's starting right now
Watch and you'll see
Someday I'll be
Part of your world
 
Riaprì lentamente gli occhi, arrossata per la fatica e l’emozione, così, per un momento non notò i visi stupiti dei ragazzi, tutti a bocca aperta e incapaci di fare alcunché se non fissarla. Imbarazzata, e lusingata, fece un piccolo inchino e si allontanò dalla luce del faretto attendendo il palese responso.
“Credo sia stata la cosa più bella che abbia mai sentito” sussurrò Naveen, come a non voler rovinare l’incanto che era rimasto sospeso nell’aria, ma non fece che dare il via alle acclamazioni di tutti gli altri membri della band che chiesero a gran voce la sua entrata nel gruppo “Non hai nemmeno la possibilità di rifiutare, devi essere la nostra cantante … e, quando morirò, vedi di essere alle porte del paradiso ad accogliermi” intervenne Uncino con gli occhi luccicanti. “Come se avessi una chance di andare in paradiso” aggiunse con ironia qualcuno, Terk forse.
“Bene, allora è fatta, domani a scuola ti darò tutte le informazioni che devi sapere. Per oggi la riunione è sciolta perché, signori, devo sistemare i nuovi fiammanti strumenti gentilmente offerti dalla mia carta di credito. Con loro e la nostra nuova sirena stellina – fece il baciamano ad Ariel – conquisteremo il mondo” dopo aver assaporato le acclamazioni entusiaste, cacciò tutti via, trattenendo Eric, che si era guadagnato qualcosa da bere. “Io … dovrei accompagnare Ariel” disse con voce stentata, non proferiva parola da quando la ragazza aveva iniziato a cantare.
“Oh, non ti preoccupare, posso tornare da sola” la rossa ringraziò nuovamente Naveen e, imitando gli altri membri del gruppo, scomparve dalla porta del garage.
“Tutto bene amico?” chiese Naveen preoccupato, Eric aveva ancora lo sguardo allucinato.
“Non lo so”
“E’ per lei? Devo ammettere che è piuttosto carina ed ha una voce che farebbe innamorare gli angeli. Ti ha stregato, eh?” sorrise divertito e diede delle sonore pacche sulle spalle all’amico, ma quest’ultimo non reagì, se non con un commento disperato: “Questo non va affatto bene”
 
“Grazie per essere arrivate ragazze”
La signora Leah accolse col solito garbo Bianca ed Ella, ma l’agitazione era evidente. Nonostante l’età, mostrava ancora tutta la sua bellezza fine ed elegante che aveva trasmesso ad Aurora, ma era di carattere più debole, tanto da ritrovarsi spesso in difficoltà con la figlia tanto esuberante quanto desiderosa di avere controllo su tutto e tutti. Così, quando aveva telefonato agitata per la sua piccolina, affermando che qualcosa non andava, le due amiche avevano fatto il prima possibile per andarle in aiuto. Effettivamente non sentivano Aurora dal giorno precedente e non potevano evitare di provare una vaga preoccupazione.
“E’ tornata a notte fonda e dorme ancora, temo si sia ubriacata. Ne sapete niente?” spiegò la donna mentre avanzavano per il corridoio lastricato in marmo, il rumore dei tacchi riecheggiava fastidioso e interruppe il riposino della gattina di casa, Minù, che si allontanò indignata.
Fu Biancaneve ad aprire la porta e fu la prima ad essere investita da una zaffata di alcool. La stanza era totalmente al buio, non si distingueva nemmeno il letto dove doveva essere crollata la proprietaria, in tutta fretta le ragazze aprirono le finestre in cerca di luce e aria fresca.
Aurora era effettivamente a letto, in uno stato a dir poco pietoso, con il trucco sbavato e una scarpa ancora indosso. Bianca la scosse dal sonno e ordinò con voce ferma un caffè amaro alla signora Leah, che guardava addolorata la figlia, Cenerentola, invece, aveva già riempito un secchio d’acqua gelida e lo versò, senza troppe cerimonie, addosso all’amica.
“Svegliati bella addormentata, hai bisogno di una doccia”
Sorpresa dall’acqua, Aurora si alzò di botto, ma non fu una bella idea dato che assunse un colorito peggiore di quello che già aveva.
“La mia testa …” lamentò con bocca impastata.
“Vai sotto la doccia” ribadì Ella “Puzzi come una botte ammuffita” questa volta, però, fu ascoltata e, barcollante e confusa, Aurora si diresse in bagno. Nel frattempo le ragazze riordinarono la camera e ringraziarono la signora Peels per il caffè, provando a consolarla sullo stato della figlia.
“Cosa cazzo ti è successo?” chiese Biancaneve quando l’amica sembrò tornare in se.
“Non lo so”
“Non lo sai? Torni a casa ubriaca fradicia e non sai perché?” la bruna rischiava un attacco di nervi, non sopportava i comportamenti idioti, ma sapeva che dietro quella sbronza doveva esserci qualcosa, Aurora era sempre stata troppo maniaca del controllo per lasciarsi andare, ma non riusciva ad immaginare niente che non riguardasse il suo ego smisurato.
“Mi vuoi rispondere o devo tirare ad indovinare?”
“Bianca …” intervenne Ella per calmarla, fu come se non avesse aperto bocca.
“Vediamo, eri così concentrata sulla tua magnificenza dal non badare a quanta roba mandavi giù”
“Biancaneve”
“Dio! Quando la smetterai di pensare solo a te stessa? Ci sono delle persone accanto a te, persone che si preoccupano, che hanno dei sentimenti!” sbottò con violenza.
“BIANCANEVE BASTA!” il tono autoritario di Cenerentola la sorprese e solo in quel momento si accorse che Aurora era in lacrime, anzi, singhiozzava incapace di prendere respiro e le ci volle un bel po’ per riprendersi quel che bastava per parlare con voce roca.
“Non ero distratta dalla mia magnificenza, cercavo di distrarmi da … qualcos’altro, ma temo di non esserci riuscita”
“Cos’è successo tesoro?” chiese Cenerentola con modi ben più dolci dell’amica, che adesso sembrava molto dispiaciuta per il suo fare sgarbato e accarezzava con dolcezza i lunghi capelli biondi di Aurora.
“Filippo mi ha lasciata” quella frase cancellò ogni accusa rimasta nelle menti delle amiche, che rimasero interdette dalla gravità della cosa. Sapevano che le cose tra i due non andavano in maniera ottimale ultimamente, Filippo si era spesso lamentato con James e Daniel del comportamento della fidanzata, ma nessuno avrebbe mai messo in dubbio la solidità del suo amore. Filippo rappresentava tutto quello che c’era di buono in Aurora, l’unico capace di contenere le sue crisi da prima donna e aveva sempre preferito passare per un idiota piuttosto che scatenare dei litigi. Cos’era cambiato?
“E’ venuto qua e con tutta la serenità del mondo mi ha piantata, come se la cosa non lo sfiorasse minimamente. Ho pianto, ho urlato …”
“L’hai minacciato” ipotizzò Biancaneve
“Si, anche, ma ero disperata! Sono disperata. Se lui non è più parte del mio mondo, cosa mai potrò combinare di decente?” ricominciò a piangere, consapevole più che mai di tutti i suoi errori, consapevole di essere stata una stronza e di aver passato troppe volte il segno.
“Ragazze dovete riportarmelo”
 
“Arti marziali?! Sarebbe questa la tua soluzione?” Mulan guardava a bocca aperta Shang, che, come se nulla fosse, faceva volteggiare una grossa asta dall’aria poco amichevole.
“Migliorano la forza, l’equilibrio e la concentrazione, ovvero tutto ciò di cui tu sei sprovvista, sono più efficaci di ogni altra cosa” spiegò pratico il ragazzo.
“Ma non posso farlo!”
“Perché?”
“Sono una ragazza e le ragazze non combattono, altrimenti si sbecca lo malto”
“Viva la parità tra sessi” sospirò Shang, posò il gun e si piazzò davanti alla sua allieva “Sei una ragazza ed imparerai a combattere come un uomo, non hai altra scelta. Ora, colpiscimi”
Mulan arrivava appena alla spalla di Shang ed era grossa meno della metà, ma provò l’irrazionale paura di fargli del male, quindi non provò nemmeno ad usare tutta la sua forza e il risultato fu un pugnetto ridicolo, che lasciò perplesso il ragazzo “Ti prego impegnati, non starò qua tutto il giorno” sbuffò. Questa volpa Mulan si impegnò, a tal punto da farsi male nell’urto con i pettorali d’acciaio, ma non ebbe nemmeno il tempo di rifletterci che fu presa per il polso e scaraventata con malagrazia a terra.
“Ma sei impazzito?!” urlò dolorante, temette di essersi slogata qualcosa.
“Terapia d’urto. Colpiscimi di nuovo”
Irritata dalla mossa imprevista, si alzò e colpì ancora e ancora Shang, finendo ancora e ancora a terra, sempre incitata a riprovare. Alla fine iniziò a tempestarlo di pugni con entrambe le mani, con tanto di urlo da battaglia, e continuò senza interruzione fino a rimanere senza fiato.
“Bene, direi che abbiamo raggiunto la giusta grinta, ricordati di questa energia quando combatti, ma non perdere mai la concentrazione o sarai più vulnerabile” e con una mossa repentina del piede la rimandò al tappeto.
“Non ti ho fatto nemmeno un po’ male?” chiese delusa Mulan, era esausta, si sentiva esausta e non era certo contenta che quello fosse stato solo il riscaldamento, ma il resto della lezione fu più tranquilla, Shang le insegnò le posizioni base e la sbatté a terra solo altre volte per puro scopo dimostrativo.
“Sei andata meglio di quanto mi aspettassi” tentò in un goffo complimento, ma la ragazza sorrise appena, ogni millimetro del corpo le implorava pietà.
“Credi davvero che io abbia qualche possibilità?” chiese Mulan prima di uscire dalla palestra. “Credo che tu abbia molte possibilità” la risposta era seria, si capiva dallo sguardo di lui.
I due si salutarono per strada e, mentre tornavano a casa, erano già un po’ diversi.
 
Era stato Jack a organizzare tutto, aveva scelto un buon ristorante, aveva parlato gentilmente con entrambe le sorelle e, adesso, stringeva la mano di Elsa da sotto la tovaglia. Era spaventata, non era mai stata brava in queste situazioni, inoltre era ancora ferita dalla lontananza di Anna, che faceva di tutto per passare meno tempo possibile in casa.
“Non può essere sempre compresa e compatita, deve imparare a chiedere scusa” aveva spiegato la rossa a Jack durante l’incontro di due giorni prima e il ragazzo aveva dovuto ammettere di essere d’accordo, Elsa non aveva un carattere facile, ma facendo leva sul suo buon cuore aveva convinto Anna a dare una chance alla sorella.
Così eccolo, in mezzo ad una disputa familiare della sua ex ragazza, che gli si era arpionata alla mano come se stesse per precipitare in un burrone. “Non smetterò mai di ringraziarti” commentò con voce tremante d’ansia “A volte mi domando perché ti abbia lasciato, o perché tu sia ancora qui”
“Pessimo partner, ottimo amico” scherzò Jack con un sorriso incoraggiante, proprio mentre Anna e Hans entravano nella sala mano nella mano, la gonna di lei frusciava tra i tavoli mentre lo sguardo era fisso su Elsa.
“Sera” salutò tranquillo Hans prima di sedersi, subito seguito dalla fidanzata.
Per un po’ furono i ragazzi a portare avanti la discussione, Jack fu eternamente grato ad Hans per il supporto, ma le sorelle si limitavano a commenti veloci e vaghi. Arrivati al secondo, erano tutti piuttosto stufi della situazione: “Non che la cena non sia ottima, ma mi aspettavo altro dalla serata, delle scuse ad esempio” la buttò lì Anna, con tono sorprendentemente tranquillo. Jack sentì Elsa irrigidirsi al suo fianco e avrebbe voluto potersi esprimere al suo posto, ma sapeva che il suo compito era finito, poteva soltanto lasciare da sole le ragazze.
 “Hans, prendiamo una boccata d’aria? Ti offrirei una sigaretta, ma non fumo”
“Oh, tranquillo nemmeno io”
I due si alzarono e uscirono dal locale, l’aria iniziava ad essere più pungente la sera, ma, se questo fece sfregare le mani ad Hans, la cosa sembrò del tutto indifferente a Jack, che non si curò nemmeno di abbassare le maniche del maglione che aveva tirato su.
“Sei molto carino a fare quel che fai, ma mi chiedo se tu abbia uno scopo” accennò Hans guardando l’altro dall’alto in basso, nonostante fosse più piccolo di diversi anni, lo superava abbondantemente di una testa.
“Mi piace vedere la gente felice, specie la gente a cui tengo e conosco Anna ed Elsa da troppo tempo per non provare per entrambe un sincero affetto” l’altro sembrò colpito dalla sincera dichiarazione, non si poteva dubitare di ciò, e iniziò a provare una certa ammirazione per quel giovane uomo dai capelli candidi.
“Comunque tu e Anna siete molto carini insieme, state molto meglio di me ed Elsa, mi dispiace che tu sia stato mal giudicato”
“Grazie, però mi sembra strano che la vostra storia sia finita male, colpa del suo caratteraccio?” s’incuriosì Hans, ormai totalmente a suo agio con Jack, il quale sembrava dispensare allegria e serenità come Babbo Natale faceva con i regali.
“Più che altro ci mancava quel tocco in più, quel qualcosa che fa diventare il semplice affetto amore. Capisci che intendo? Nonostante volessi innamorarmi perdutamente di Elsa non ci riuscivo, non potevo … che ironia”
“Sembra che la vita a volte si diverta a giocare con i nostri sentimenti”
“Beh, ma almeno tu sei stato fortunato”
“Già”.
 
All’interno della sala, Anna ed Elsa, si erano fissate in silenzio per un po’ prima di far fuoriuscire una valanga di parole e qualche lacrima dovuta alle forti emozioni. Dall’esterno qualcuno avrebbe colto soltanto qualche “Scusami. Ti voglio bene. Sorelle. Basta”, ma tra loro si creò una magia che fece dire tutto quello che era stato tenuto nascosto per una vita.
“Voglio smetterla di autoescludermi, voglio stare al tuo fianco, essere una brava sorella maggiore e fare parte del tuo mondo” concluse Elsa con gli occhi lucidi, non aveva mai parlato così apertamente a nessuno cosa che, si rese conto, essere stata una sciocchezza soprattutto nei confronti della sorella, che aveva accettato ogni sua scusa e spiegazione e adesso le stringeva le mani con infinito affetto.
“Non avrei nemmeno dovuto giudicare Hans così frettolosamente, si è dimostrato un buon compagno e sono felice che ci sia stato quando io mancavo di compiere il mio dovere”
“C’è tempo per rimediare a tutto” sorrise contenta Anna “l’importante è aver capito i propri errori, anch’io avrei dovuto essere meno dura”.
Il tutto si concluse con un emozionante abbraccio e con il proseguimento della cena in maniera molto più piacevole.
“All’amore, in tutte le sue forme, e alla sincerità” brindò Jack
“Alla sincerità” fecero coro le sorelle.
 Hans sembrava distratto.
 


A.A.
Salve bella gente! 
*cri cri cri*
Sono io, Lyss!
*si vede un cespuglio secco rotolare*
Ok, ok la verità è che sono imperdonabile per tutto questo ritardo, ma spero di ricevere un minimo di comprensione se aggiungo che ho iniziato il quinto e che frequento pure scuola guida. Perdonatemi. Non posso nemmeno dire che una cosa del genere non si ripeterà più, anzi! Temo che la cadenza settimanale sia morta da tempo, ma voi mi volete ancora bene???
Andando al capitolo ... spero vi sia piaciuto!!! (lasciate una recensione per opinioni e consigli), è stato scritto in un arco temporale moooolto lungo e diverse parti erano pronte da tempo, spero non si noti troppo. Io vi ringrazio con tutto il cuore per aver sopportato me e l'attesa.
Un bacio,
Lyss

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Capitolo 13
*** 13. Sul filo di un rasoio ***


13. Sul filo di un rasoio
 
Nel generale turbinio di disgusto e ansia, Trilly, riusciva a dare alla scuola un piccolo grande merito: l’aveva resa una cheerleader.
 Gli allenamenti erano un raggio di speranza tra i compiti in classe e l’improbabile cibo della mensa, anche perché, la ragazzina, era piuttosto brava nel suo ruolo da flyer e si gustava a pieno i complimenti delle compagne.
Come al solito, entrata nello spogliatoio, andò al suo armadietto e distratta mise la combinazione, ma, forse, era stata fin troppo distratta e quello decise di rimanere saldamente chiuso. Riprovò.
Riprovò ancora.
E ancora.
Un gridolino di esasperazione le sfuggì dalle labbra, quello era da anni il suo posto e da anni aveva lo stesso codice, perché tanto spirito di ribellione?
Finalmente vide Aurora, capo cheerleader e responsabile della stanza, ed espose frettolosamente il problema, chiedendosi se magari qualche bidello aveva delle tenaglie.
“Oh tesoro, quale imbarazzante errore!” disse con viso dispiaciuto la più alta delle due.
“Tranquilla, non è mica colpa tua se il lucchetto è difettoso”
“Ma il lucchetto non è difettoso, è la combinazione sbagliata … vedi … quello non è più il tuo armadietto” chiarì con un imbarazzo magistralmente recitato.
“Ok, allora qual è il mio nuovo posto?” Trilly si sentiva nervosa, avvertiva chiaramente che qualcosa non andava e conosceva abbastanza Aurora da ben interpretare il suo sguardo di finta innocenza.
“Temo che tu non abbia più alcun posto, non servi più alla squadra” s’intromise una petulante voce, grondante di soddisfazione e facilmente identificabile in Wendy Darling, che sfoggiava sfrontata la sua nuova divisa e agitava fastidiosamente i pon-pon.
“No, non puoi avermi tolto il posto per lei! Sai che non è un bene per la squadra! Aurora, ragiona!” ovviamente Trilly sapeva che Aurora e Wendy erano cugine, ma quest’ultima non si era mai interessata più di tanto al cheerleading, mentre la prima aveva sempre dimostrato obbiettività nel suo giudizio e grande devozione alla squadra. Sostituire Trilly con Wendy per mera vendetta, perché non c’erano dubbi sul movente, era pura follia ed evidentemente lo pensavano anche le altre ragazze della squadra.
“Aurora, sai che adoro avere nuovi membri, ma cacciare Trilly è da pazzi! E’ il nostro miglior elemento!” intervenne Giselle, che aveva assistito da lontano alla scena.
“Per non parlare del fatto che non riuscirò mai a lanciare in aria quella” aggiunse con meno garbo Biancaneve, indicando la Darling, che, in effetti, aveva una stazza decisamente maggiore di Trilly.
“Insomma!” esclamò irritata Aurora “IO sono il capitano, giusto? E a ME spettano queste decisioni. Se dico che Wendy è dentro, Wendy è dentro. Se Trilly è fuori, è fuori. E adesso diamoci una mossa!” aveva parlato con antipatia e presunzione, senza curarsi di mantenere la sua consueta patina di buonismo, ma nessuno poteva fare altro che lanciare qualche occhiata stupita e indignata.
Prima di scoppiare in lacrime per la rabbia, Trilly, che non voleva certo dare questa soddisfazione alle due cugine, uscì dallo spogliatoio sbattendo la porta ed esponendo tutto il suo vocabolario da scaricatore di porto, non era difficile immaginare che un certo Pan se la sarebbe dovuta vedere con quel concentrato esplosivo di rabbia.
Le restanti ragazze entrarono in palestra scoraggiate, solo Bianca si fermò un secondo in più con Aurora. “Se ti comporti così, non porti certe domande”.
Quelli furono gli allenamenti più disastrosi della storia.                      
 
Smith guardava con diffidenza i muffin stantii della caffetteria e constatava con amarezza che il Bembow era troppo lontano per mangiare qualcosa di decente nella pausa pranzo. “Lascia stare quelli, fanno più schifo di quello che sembra, prendi un toast” John Rolfe gli era comparso alle spalle e guardava con altrettanta diffidenza i dolcetti. Seguito il consiglio del coso, come ormai l’aveva soprannominato il biondo, si sedette ad uno dei pochi tavolini liberi, notando con stupore che coso lo seguiva.
“Cos… John posso fare qualcosa per te?” addentò il toast, era effettivamente buono.
“Ti chiedo, nella maniera più educata che mi è concessa, di lasciare stare la mia ragazza” “Wow, quanto ardore! Quanta virilità per difendere l’onore della tua donna” lo canzonò Smith “Scommetto che quei muffin erano ottimi e me li hai sconsigliati per arrecarmi offesa” diede un altro morso al toast.
“Io … sto facendo davvero uno sforzo immane per non spaccarti la faccia, solo perchè so che questo non farebbe piacere a Pocahontas e io rispetto le sue decisioni” una nuova luce di rabbia accese lo sguardo di Rolfe, voleva davvero spaccare la faccia all’altro John e davvero la sua forzata gentilezza era un modo per tenere a freno le mani, Smith sembrò rendersene conto:“Ti ha raccontato dell’altro giorno, vero?” le labbra strette del bruno gli diedero una tacita conferma “Ti assicuro che non ho fatto niente che andasse contro la sua volontà e mi sono fermato, con non poche difficoltà, quando lei mi ha chiesto di farlo”
“LEI TI AVEVA CHIESTO DI LASCIARLA STARE!”
Nella caffetteria calò il silenzio, tutti fissavano quel tavolino appartato occupato da due giovani tanto simili, l’uno pietrificato al suo posto, l’altro con il viso sconvolto ed il fiatone. Ci vollero un po’ di secondi prima che ognuno tornasse alle proprie faccende, nel frattempo Rolfe riuscì a ridarsi un contegno e continuò con calma: “Ti aveva espressamente detto che la tua vicinanza le procurava dolore, ma tu hai approfittato della sua debolezza per te e come credi stia adesso? Quando mi ha confessato di … averti baciato … io ho dovuto consolare lei. Non ti rendi conto? La stai distruggendo”
“Io la amo”
“Allora smettila di torturarla, non essere egoista e pensa a lei” il tono era diventato basso, sofferente e supplichevole, ma lo sguardo di Smith rimaneva determinato.
Cos’è l’amore? Piegarsi o lottare?
“Sai perché sta male? Perché sente un dovere nei tuoi confronti, è convinta di non poterti lasciare, quando sappiamo tutti che ama me. Chi è il vero egoista?”
Rolfe accusò il colpo, sapeva benissimo che una parte di Pocahontas era ancora legata al ragazzo che adesso aveva di fronte, sapeva benissimo che all’inizio era stato più un balsamo per guarire che un compagno vero e proprio, come ora sapeva benissimo che il suo rapporto con Pocahontas non era più un semplice ripiego, l’aveva visto l’amore negli occhi di lei, ma non sapeva altrettanto bene se quello sarebbe bastato.
“Io non smetterò di fare un bel niente, le proverò tutte per rubarle un bacio e un altro ancora, le farò capire cos’è il vero amore. Quindi non venirmi a chiedere di arrendermi, ma se vuoi che rimanga con te, lotta”.
Smith uscì dalla caffetteria senza voltarsi indietro, lasciando il toast intatto per metà, le sue parole, che sembravano una dichiarazione di guerra, rimbombarono per lungo tempo nella mante di Rolfe.
Lotta, lotta, lotta.
 
“Ho già detto che questa cosa non mi piace?”
“Almeno un milione di volte, amore”
Febo lanciò un’occhiata preoccupata ad Esmeralda, che finse di non vederla concentrandosi sulla canzone alla radio. Parcheggiarono poco prima di casa Frollo e, in silenzio, si avviarono verso la porta. La ragazza stava per bussare, ma fu colta da un tentennamento, quella era la stessa porta alla quale aveva bussato tempo prima e le avrebbe aperto il medesimo uomo. Rabbrividì.
“Ez?”
“Fai tu” si scansò per far passere Febo e gli prese la mano in cerca di rassicurazione, era così calda, salda, si convinse che sarebbe andato tutto bene. Il ragazzo bussò.
*tum tum tum*
L’aria si fermò per gli infiniti secondi dell’attesa e cadde il gelo quando il padrone di casa aprì la porta. Esmeralda strinse ancora più forte la mano.
“Cosa posso fare per voi?” con disinteresse negli occhi e nella voce, Claude Frollo si rivolse unicamente a Febo, ma l’aveva vista, certo che l’aveva vista … aveva detto voi.
“Dobbiamo prendere le cose di suo figlio, signore” la voce del ragazzo era tesa, non vedeva Frollo da tempo ed era la prima volta che lo faceva consapevole di ciò che aveva fatto, si sorprese nel riuscire a guardarlo negli occhi.
“Certo, gli scatoloni sono nella stanza. Uscendo chiudete la porta” non si preoccupò nemmeno di fare strada, ritornò nel suo studio ed Ez gli fu grata per questo, ma continuava a sentire degli occhi invisibili puntati addosso.
“Facciamo in fretta” sussurrò a Febo.
Gli scatoloni erano fortunatamente pochi e il lavoro procedette senza intoppi, tranne un laccio della Converse di Esmeralda che decise di slacciarsi prima dell’ultimo viaggio, fece cenno al ragazzo di iniziare ad andare e in due secondi risolse il problema, peccato che furono due secondi di troppo. L’incontrò sulle scale.
“Vorrei passare, è l’ultimo scatolone” la voce le tremò un poco, ma abbastanza da far comparire un sorriso lascivo sul volto dell’uomo. “E’ da tanto che non ti vedevo, sei cresciuta”gli occhi che prima sentiva invisibili, adesso le erano realmente addosso, la scrutavano avidi di dettagli e la fecero impallidire.
“Vorrei passare” ripeté lottando contro l’impulso di correre via lasciando tutto lì.
Frollo si scansò, ma non provò nemmeno a distogliere lo sguardo dalla ragazza che, vista da dietro, senza l’ingombro dello scatolone, era ancora più apprezzabile. “Bellissima”. Esmeralda corse via.
“Tutto bene?” Febo le tolse il peso dalle braccia e lo sistemò nel cofano, gli era parso di vedere Ez un po’ pallida. “Benissimo” sorrise raggiante, mentre si stringeva nella giacchetta leggera.
 
I ragazzi si abbandonarono sul letto stremati, decisamente soddisfatti, ma più stanchi del previsto. “E’ stato … beh, siamo una bella coppia” commentò Belle mentre tentava di ridare una forma accettabile ai capelli, sul volto aveva stampato un sorriso compiaciuto.
“Quando decidiamo di cooperare, si, ma non nego che quel tocco aggressivo che nascondi dietro gli occhiali da secchiona non è affatto male” ogni sillaba trasudava una malizia che fece arrossire la ragazza, servendo un’occasione troppo ghiotta affinché Adam se la lasciasse sfuggire. Con un unico movimento fluido, le rotolò di sopra, puntellandosi con gomiti e ginocchia per non schiacciarla, ingabbiata tra le sue braccia non gli era mai sembrata tanto piccola.
“Adam … cosa fai?” se prima Belle era arrossita, adesso stava prendendo fuoco, per quanto si sentisse a disagio, non riusciva a contenere un’ondata ormonale che iniziò a farle palpitare il cuore.
“Pensavo …” le si premette ancora di più addosso, accostò le labbra all’orecchio di lei soffiando caldamente le parole, con una mano le prese una ciocca di capelli, le piaceva spettinata.
“Bene, sono contenta, è un grande passo avanti” cercò di ironizzare la ragazza, che si maledisse per essersi messa una gonna proprio quel pomeriggio, inutile sperare che Adam non avesse notato la facile via d’accesso e presto una mano cominciò a risalire la sua gamba.
“Pensavo, che dopo tanto studio potremmo anche rilassarci” una miriade di sensazioni diverse esplosero nel cervello di Belle, confusa, non riuscì a proferir parola e, anche se ne fosse stata capace, sarebbe stato del tutto inutile dato che si ritrovò la bocca di Adam sulla sua.
Che stai facendo?! Datti un contegno urlò la voce della ragione nella sua testa, ma era così difficile ascoltarla, tutto era così piacevole … Belle! … molto, molto piacevole … Isabelle! … fin troppo piacevole … ALLARME ROSSO!
La mano del ragazzo aveva osato troppo, in un attimo di lucidità, Belle, si rese conto della situazione e, in preda al panico, gli mollò un ceffone. Lo schiaffo colse di sorpresa Adam facendolo subito allontanare dalla ragazza.
“SEI IMPAZZITA?!” tuonò alla compagna, che era ormai scesa dal letto e afferrava frettolosamente le sue cose.
“Io non sono quel tipo di ragazza, mi dispiace, ma devo andare via”
Arrabbiato per il rifiuto, Adam, la strattonò malamente dal braccio “Non fare l’idiota, tu non vai da nessuna parte” un gemito di dolore sfuggì dalle labbra di lei, non era riuscito a ontenere la sua forza, la lasciò immediatamente andare.
“Solo perché ho fatto la cazzona per qualche minuto, tu non hai alcun diritto su di me” sbottò con tutto il suo orgoglio femminile prima di lasciarlo da solo come un cretino.
“Vattene pure! Come se la situazione non ti stesse piacendo! Puritana di sto cazzo!” le urlò dietro, attirando l’attenzione di Lumiere e di Tockins.
“Signore che succede?” chiesero allarmati.
“Si è scandalizzata per qualche bacio troppo focoso” non era abituato a non avere ciò che voleva e Belle sembrava avere la magica capacità di irritarlo all’ennesima potenza.
“Ma la lasciate andare così?”
“Certo, non sono mica uno stupratore … che poi cosa mi è saltato in mente? Baciare quella cosa odiosa? Il troppo studio mi deve aver stordito” borbottò rivolto più a se stesso che ai domestici, aveva bisogno di un tè, ma i due uomini continuavano ad essere scioccamente preoccupati: “Signorino Adam, ma la ragazza non sa che la via del ritorno è franata! Con il motorino potrebbe farsi molto male!”
“Peccato”
“Signore!”
Quei due avevano maledettamente ragione! Per tornare sulla strada principale, dalla villa si poteva usare una scorciatoia che passava dal retro, ma adesso che era franata bisognava ripercorrere la via del bosco per evitare di sbandare e finire oltre una scarpata … peccato che si fosse dimenticato di dirlo a Belle. Afferrò il cappotto e montò sulla sua di moto, ben più potente della buffa Vespa azzurra della ragazza, almeno sarebbe riuscito a raggiungerla.
Neanche fossero i diretti discendenti di Nostradamus, Lumiere e Tockins non avrebbero potuto fare una previsione più accurata, la Vespa di Belle si era ribaltata e la proprietaria giaceva sotto incastrata. “Merda!” imprecò Adam, che si affrettò a liberarla dall’ingombro, peccato che, nel sollevare il motorino, il terreno sotto i suoi piedi cedette e, mentre la ragazza riuscì ad alzarsi, il suo salvatore cadde rovinosamente urlando dal dolore.
Ci volle un po’ prima che Belle riuscisse a sollevarlo, caricarlo sulla Vespa e, faticosamente, riportarlo a casa, ma alla fine poté affidarlo alle dei domestici e riprendere fiato. “Povera cara, che faticaccia” Mrs Brick le aveva offerto una calda tazza di tè e le spazzolava i capelli per rimuovere terriccio e polvere, Belle dovette ammettere che era estremamente rilassante e piacevole, ma la sua mente rimaneva concentrata su Adam.
“Come sta?” chiese ansiosa, qualunque cosa gli fosse capitato, era colpa sua.
“Caviglia slogata e un gomito sbucciato, sopravvivrà” ringraziata con cuore la gentile signora, Belle corse dal suo salvatore ritrovandolo nervoso mentre Tockins cercava di fasciargli il piede “Oh andiamo, signore collabori”.
“Non è certo colpa mia se sei un incapace, finirai per rompermela quella caviglia!”
“Ci penso io” la ragazza si era avvicinata cercando di recuperare la situazione, aveva fatto un corso di pronto soccorso e aiutare era il minimo data la dinamica dei fatti. Effettivamente, con notevole maestria, Belle riuscì a fissare bene la parte lesa, ma Adam sembrava un bambino ipersensibile incapace del minimo contegno.
“Ahia! Mi fai male”
“Non ti farei tanto male se restassi fermo”
“Beh, se non fossi corsa via come una pazza, questo non sarebbe successo!”
“Se avessi esagerato, io non sarei fuggita!”
“Beh … e tu non avresti dovuto darmi false speranze”
“Ma tu avresti dovuto controllarti!”
Lumiere, Tockins e Mrs Brick assistevano increduli a quel botta e risposta, mai nessuno aveva osato alzare la voce sul signorino Roses e rispondergli a tono; i loro occhi trasbordavano curiosità di sapere come sarebbe andata a finire.
“Ora stai fermo” concluse perentoria Belle, mentre il ragazzo si limitò ad assumere un’espressione scocciata. Incredibile.
“Comunque, grazie per avermi aiutata” aggiunse dopo un po’, con tono ben più dolce che un’ancor più grande incredulità diffuse sul volto di Adam. Nessuno era mai riuscito a tenergli testa, ma nessuno gli aveva mai mostrato un briciolo di gratitudine … forse perché non se l’era mai meritata, non aveva mai pensato effettivamente agli altri, eppure quelle parole erano suonate così piacevoli.
“Dovere”
 
Spento il computer, Ade raggiunse la sua bella sul divano.
Era una di quelle sere con troppo lavoro, passate col telefono all’orecchio, le dita che correvano sulla tastiera del PC e una sigaretta sempre in bocca. Quanto le odiava! Così noiose e snervanti! Ma aveva magicamente scoperto che bastava poco per migliorare il tutto, la sola presenza di Meg rendeva tutto più piacevole, staccare gli occhi dallo schermo e vederla accoccolata sul sofà … beh … lo incoraggiava a lavorare più velocemente. Dal canto suo, Megara, non disdegnava affatto qualche ora di totale relax nell’unico luogo dove aveva imparato ad essere se stessa, senza genitori pronti a recriminare e amici dal giudizio facile; soltanto lei, un televisore hd e delle piacevoli attenzioni maschili.
“Mi domando …” iniziò l’uomo, allungando senza la minima discrezione il collo “quale ragazzotto sia capace di distrarti da American Horror Story” prima che potesse leggere alcunché, il telefono che destava tanta curiosità, sparì sotto un cuscino e il faccino della proprietaria si fece indignato: “Non sono affari tuoi, poi chi ti dice che sia un ragazzo?”
“Zucchero, se avessi potuto vedere la tua espressione, non avresti avuto neanche tu il minimo dubbio, ho faticato moltissimo a rimanere seduto alla scrivania”
“Oh, poverino” gli concesse un bacio, ma l’uomo era abituato ad ottenere sempre tutto quello che voleva, soprattutto risposte: “Davvero, sai benissimo che non ci sono problemi se vuoi passarti lo sfizio di qualche bambinetto, ma mi sembrava avessi chiuso con loro”
Meg non poté trattenersi dal ridere, ecco il grande uomo d’affari diventare tutto verde per la gelosia e fare giri di parole per sondare la concorrenza.
“Non ti dirò mai chi è, ma non ti agitare tanto, sto solo giocando un po’ … mi intenerisce, non ci sa proprio fare con le ragazze, adoro metterlo in difficoltà”
“Perfida” la strinse ancora più a se “comunque non mi stavo affatto scaldando” chiarì.
“Quindi non sei geloso?” chiese nel tono più scettico esistente, già sapendo quale fosse la verità, nonostante le risposte che le avrebbe rifilato.
“Geloso? Io? Mai! L’importante è che nessuno sia così sciocco da portarti via, ma questo perché odio perdere i miei giocattolini. Il giorno in cui diventerò geloso mi prenderanno fuoco i capelli, cara”
Megara si alzò con fare preoccupato.
“Dove vai?”
“A cercare un estintore”
Peccato che non ebbe tempo di andare da nessuna parte, aveva trovato attività più piacevoli da svolgere.
 
Cinque volte vibrò il telefono e cinque volte sullo schermo del telefono nascosto apparì la scritta: Megafusto.


A.A.
Salve personcine!
Col Natale alle porte, ho pensato bene fosse il caso di finire quel capitolo iniziato mesi fa per farvi un piccolo regalo <3 *finge di non essere un'autrice pessima*
Coooomunque ecco qua un capitolo pieno di situazioni, gente che si vendica, dichiarazioni di guerra, interessantissme sedute di studio e divinità gelose. Spero vi sia piaciuto, come sempre attendo i vostri pareri e suggerimenti sempre graditissimi ed immeritati.
Vorrei ringraziarvi per la pazienza, per le recensioni, per avermi inserito tra i seguiti e anche per avermi letto senza proferir parola. Io vi adoro tutti e vi ringrazio di cuore.

Come sempre vi lascio i link de....
- La raccolta di shot con sempre protagonisti i nostri personaggi preferiti (l'ultimo capitolo è su Flynn!): http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3146800&i=1
-Il mio profilo fb per essere sempre aggiornati (na volta ogni morte di papa) o per qualche chiacchiera: https://www.facebook.com/Lyss.Tarstark
- di una pagina per fangirl dove ogni tanto faccio la mia comparsa: https://www.facebook.com/Langolo-dello-sclero-fangirl-1108502705844456/?fref=ts

Un bacione!
_Lyss
 

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Capitolo 14
*** 14. Piccoli problemi di cuore e non solo ***


14. Piccoli problemi di cuore e non solo
 
Quel sabato mattina si era rivelato particolarmente caldo, per essere ottobre inoltrato, e Jane aveva potuto tranquillamente abbandonare il cappotto sul sedile posteriore della Jeep di Tarzan.
Era raggiante, bellissima con la sua camicetta gialla e una lunga gonna verde, che solo a lei poteva stare così bene; i capelli avevano abbandonato il consueto look raccolto, le incorniciavano il viso, si spettinavano quando scuoteva la testa mentre rideva. Era così diversa, riusciva a vederlo anche lei, ma la colpa era tutta del ragazzo che adesso guidava canticchiando una canzone trasmessa alla radio.
Era passata una settimana dall’incidente, prima che Tarzan trovasse il coraggio di ripresentarsi a casa Porter, sette lunghi giorni in cui Jane aveva temuto e bramato il suo arrivo:
 “Hai lezioni oggi, papà?” chiedeva con voce carica d’ansia, non sapendo quale risposta sarebbe stata peggiore.
“No, cara” si sentiva sempre rispondere, allora sorrideva, un po’ amareggiata, e andava a struccarsi. Ma, alla fine, qualcuno suonò il campanello.
 “Mi avevi detto di non avere lezioni” commentò sorpresa, alzando gli occhi dal documentario che stava seguendo svogliata.
“Infatti” rispose divertito il professore, comparendo nel salotto con Tarzan al seguito. Fece comparire un sorrisetto sotto i grandi baffoni bianchi e, credendo di non essere visto dal ragazzo, fece un imbarazzante occhiolino d’intesa alla figliola. Aveva, ovviamente, capito tutto.
Qualche chiacchiera vaga, un paio di appuntamenti passati nel parco o sulla spiaggia e piccole premure quotidiane dopo, Tarzan e Jane facevano coppia. E dire che ci avevano provato a rallentare le cose, ma diventavano così smielati quando erano insieme, che ogni sforzo si volatilizzò nell’aria, con grande soddisfazione di Esmeralda, che adesso andava vantandosi di aver capito tutto per prima.
“Guarda che non siamo obbligati” disse di punto in bianco Tarzan, la radio aveva il volume basso e il suo sguardo si era fatto preoccupato, ansioso.
“Invece si, inoltre non vedo l’ora di conoscere il tuo branco
Quando parlava della sua famiglia, Tarzan, non riusciva mai a nascondere l’amore e l’orgoglio che provava per ogni singolo membro o il senso di responsabilità che sentiva nei loro confronti. “E’ come se fossimo un branco e io dovessi prendermi cura di tutti loro” aveva spiegato una volta, colpendo la sensibilità di Jane, rimasta intenerita e ammaliata da tanta bontà d’animo.
“Ma …” provò a ribattere il ragazzo.
“Ma mi giudicheranno senza il minimo scrupolo, partiranno prevenuti, s’impegneranno per farmi sentire a disagio, mi guarderanno male e sarà praticamente impossibile superare il loro esame. Lo so, ma non importa, hanno ragione a essere così gelosi … anch’io lo sarei” il tono di voce era tranquillo e divertito, le labbra incurvate la facevano somigliare tremendamente al padre, ma gli occhi erano rimasti seri e fissi sul volto di Tarzan. Possibile che più lo guardasse, più se ne innamorasse?
“Sarebbe divertente vederti gelosa” commentò a voce alta il ragazzo.
“Oh, non ti converrebbe mica”
“Cosa ho fatto per meritarti?”
“Potrei domandarmi lo stesso” quasi, se si stava in silenzio, lo si poteva sentire il cuore di Tarzan palpitare frenetico, come volesse scappare dal petto per raggiungere l’oggetto di tanta ammirazione.
 
La casa famiglia era un molto distante dal centro città, ma poteva vantare un enorme giardino rigoglioso e un numero impressionante di stanze, che offrivano, accoglienti, una promessa d’asilo. Il nome dell’associazione, Hakuna Matata, dava il benvenuto da un grosso cartello colorato.
Non appena la grossa macchina si fermò, una preoccupante quantità di occhi attenti iniziò a curiosare dalle finestre, ma soltanto tre impavidi cuccioli, due maschietti e una femminuccia, si fecero avanti con i loro capelli riccissimi, le gambette paffute e lo sguardo indagatore.
“Ciao”si rivolsero direttamente a Jane.
“Ciao, piccoli” ricambiò sinceramente emozionata.
“Sei la nuova fidanzata di Tazzan? E’ bella” era stata la bambina a prender parola, concludendo la frase rivolgendosi ai due amichetti, che annuirono soddisfatti.
“Anche tu sei molto bella” stava andando tutto bene e, forse, se fosse riuscita a conquistare totalmente quei tre angioletti, sarebbe apparsa più simpatica anche al resto della combriccola. Peccato che la sua mini interlocutrice non ci mise molto a smontare i suoi piani pacifici: “Però pecché vuoi rubarci Tazzan? Ora non giocherà più con noi!” il faccino scuro si fece talmente triste che a Jane si spezzò il cuore per il senso di colpa.
“No, tesoro, Tarzan giocherà ancora con voi. Chi vi ha detto questa bugia?”
“Terk” era stato lo stesso Tarzan risponderle con tono spazientito, mentre guardava esasperato l’arrivo di una ragazzina dalla cresta nera.
“Ho detto solo la verità, insomma, immagino che ora avrai attività più … interessanti … che giocare a nascondino” spiegò pratica la nuova arrivata, non facendo altro che intristire ancora di più i bambini, oramai sull’orlo del pianto.
“Terk sta scherzando, non datele ascolto, più tardi giocheremo tutti insieme” li tranquillizzò il ragazzo, cercando di non lanciare qualcosa contro l’amica.
“E lei giocherà con noi?” insistette la piccola indicando con la manina Jane, che avrebbe fatto la qualunque per guadagnarsi un sorriso di quei bimbi.
“Ovviamente!” rassicurati e coccolati, i tre moschettieri trotterellarono via contenti, permettendo alla coppia di entrare in casa.
“Non è stato affatto carino da parte tua, Terk” Tarzan si rivolse all’amica con aria di rimprovero, ma la cosa non sembrò disturbarla più di tanto.
“Oh, perdonala amico” un ragazzo panciuto fece la sua comparsa “sai com’è: fa tanto la dura, ma alla fine è sentimentale da morire. Si è ingelosita un po’” questo si che la disturbò, la disturbò parecchio, ma le sue lamentele furono semplicemente ignorati dal resto del gruppo.
“Jane, lui è Tantor. Tantor, Jane”il padrone di casa fece le dovute presentazioni.
“E’ un piacere conoscerti, in fondo è merito tuo se, il nostro ragazzone qui, va sempre in giro con un sorriso smagliante” il ragazzo le strinse con vigore la mano di Jane, suscitandole immediata simpatia grazie alla sua allegria e spontaneità.
“Comunque zia Kala vi aspettava in cucina” s’intromise Terk sentendosi poco considerata.
 
Ci vollero non più di cinque secondi, affinché Kala e Jane si conquistassero a vicenda e sarebbero rimaste a chiacchierare per ore, se Tarzan non avesse reclamato i suoi diritti sulla fidanzata. Tutti, tutti, s’innamorarono della ragazza dai grandi occhi azzurri, perfino Terk, dopo aver fatto per un po’ la sostenuta, dovette ammettere che non era così malaccio. Così, soltanto nel tardo pomeriggio, i due piccioncini riuscirono a ritagliarsi un momento tutto loro.
“Devo mostrarti qualcosa” aveva esordito Tarzan, trascinando Jane sotto la casa sull’albero più grande che avesse mai visto.
“Ok, questa non è una casetta, è un appartamento!” aveva esclamato sconvolta.
“E’ la riproduzione di una che abbiamo in Africa, ma quella è immersa nella giungla, qua dobbiamo accontentarci del giardino. E’ comunque l’oasi di pace della casa, a volte, vivere con tanta gente non è facile, così ci si rifugia quassù”
La struttura era davvero grande, sembrava essere parte integrante del gigantesco albero su cui era costruita, ma mancava qualcosa: la scala per salire.
“Devi arrampicarti!” aveva spiegato il ragazzo, come fosse una cosa assolutamente scontata, peccato che la capacità atletica di Jane non la pensasse allo stesso modo. Dopo qualche vergognoso tentativo, si fece letteralmente tirare su da Tarzan, che si muoveva tranquillo e disinvolto come fosse cresciuto tra le scimmie.
“La smetterai mai di sorprendermi? Sai anche arrampicarti sugli alberi” la ragazza lo guardava sbalordita.
“Sono cresciuto praticamente nella giungla africana, cosa ti aspettavi?” effettivamente il ragionamento era sensato e spiegava l’insana passione che il ragazzo aveva per il parkour. Qualche giorno, guardandolo saltare tra blocchi di cemento, lastre di ferro e altra roba decisamente troppo solida, Jane sarebbe morta d’infarto per la paura, molto meglio gli alberi.
L’interno della casa era fantastico, non mancavano divani e mensole piene di libri e riviste, una credenza di snack, uno stereo a batterie e, addirittura, un letto dall’aria comoda.
“Wow” Jane non riusciva a dire altro, era, come sempre quando si trattava di Tarzan e del suo mondo, incredibilmente stupefatta.
“Dovresti vedere l’originale, è ancora più bella, ci si può tranquillamente vivere e non nego di averlo fatto”
“Portamici allora” lo sguardo della ragazza aveva smesso di vagare per le stanze, concentrandosi sull’elemento più bello: lui.
“Staresti davvero in quel posto? Senza tutte le comodità della città, senza linea internet, senza biblioteche e tv, senza niente?” Tarzan non riusciva a comprendere tanta insistenza, per lui l’Africa era casa, ma Jane? Era davvero pronta a mollare tutto per studiare la flora e la fauna del continente nero? Cosa passava per la mente di quella splendida ragazza?
“Forse, mio caro, ti sfugge qualcosa” commentò lei notando la confusione in quegli occhi color mare.
 “Rinuncerei a tutto, si, starei davvero in quel posto, perché è il tuo posto. Starei lì, starei con te” Tarzan rimase senza respiro, ogni parola, ogni gesto di risposta sarebbero sembrati sciocchi. Allora la baciò.
 
“Quei due stanno facendo un giro molto meticoloso della casa, è un bel po’ che sono lassù” commentò Tantor guardando il grande albero della casa.
“Si, si. Scommetto che volevano studiarne con cura e precisione la camera da letto” Terk tirò via l’amico dal giardino, ridacchiando maliziosa.
 
“Ah! Abbiamo vinto. Di nuovo” Tullio e Miguel si scambiarono un cinque sotto lo sguardo infastidito di Flynn: “Questo perché barate”
“Anche voi barate” si difese Tullio indicando i due avversari. Era il loro classico poker a coppie del sabato pomeriggio: liberavano qualche tavolo piastrellato della Caverna delle meraviglie, avvicinavano le prime sedie trovate e iniziavano una sfida a chi barasse meglio.
“Oggi Al è fuori forma” spiegò ironico Flynn, indicando il compagno “Soffre per amore”
“Davvero? Ne voglio sapere di più!” Genio, che stava sistemando delle bambole dall’aria piuttosto antica, mollò tutto e si unì al gruppo di ragazzi con sguardo incuriosito. Aladdin era come un figlio per lui, ma, a differenza di Cassim, non esitava a berci birra e parlare di ragazze.
“Non c’è niente da sapere” borbottò il ragazzo, sentendosi eccessivamente al centro dell’attenzione, ma ci pensò l’amico a spifferare tutto al posto suo: “Si è innamorato della ragazza più inarrivabile del pianeta, stronza e maledettamente ricca”
“Non è stronza!” sbottò Al “Il fatto che abbia mandato a cagare te e Naveen, denota soltanto il suo buon gusto” continuò ironico, ricevendo l’approvazione dei presenti.
“Comunque ha ragione a dire che è irraggiungibile, mentre io sono solo uno sfigato” lasciò cadere il viso sul tavolo, ricevendo amichevoli pacche sulle spalle da Flynn: “Queste donne ci distruggono”
“Dovreste prendere in seria considerazione di fare come noi, niente più drammi nel decidere se passare una serata romantica con la tua dolce metà o se guardare la partita col tuo migliore amico” commentò Tullio, seguito a ruota da Miguel:“Perché sono la stessa persona!” si scambiarono uno sguardo smielato. Per un brevissimo momento, Flynn e Aladdin, sembrarono valutare la cosa fissandosi con attenzione e cercando di immaginare una loro possibile relazione. L’esperimento fallì miseramente:
“Senza offesa, ma non credo faccia per me”
“No amico, non sei affatto il mio tipo”
I due ragazzi spagnoli alzarono le spalle: “Mica tutti possono essere fortunati”
“Ragazzi, ragazzi state sbagliando approccio! Invece di pensare a come dimenticare la principessa, dobbiamo rendere Al un bel principe!” s’intromise Genio con tono risoluto “Allora, cosa ti piace tanto di lei?”
“Oh Genio, lei è intelligente e spiritosa e … e …”
“Carina?”
“Stupenda! Ha due occhi che sembrano … e i capelli … wow … e il sorriso” tutto il malumore sembrò scomparire, lasciando il posto ad uno sguardo trasognato e una perfetta espressione da ebete.
“Dici che sta bene?” sussurrò preoccupato Miguel al fidanzato.
 “Dico che questo qua è innamorato forte” Rispose Tullio con aria divertita, non s’era mai fatto prendere tanto da una ragazza, certo la storia con Chel aveva creato parecchi casini, e, guardando l’evidente stato confusionale dell’amico, ringraziò se stesso per essere passato all’altra sponda. Dovevano dargli una mano. Assunse quindi un’aria esageratamente effemminata, subito imitata da Miguel (non avevano bisogno di battere ciglio per capirsi) e imitando Nigel de Il diavolo veste Prada commentò:
“Sistemati i capelli, non devi accogliere un nido di rondini, e i pantaloni larghi non vanno di moda da quando gli spagnoli conquistarono il Sud America”
“Metti qualche goccia di profumo, la colonia maschile è qualcosa di d-i-v-i-n-o” aggiunse Miguel, sottolineando l’ultima parola schioccando le dita a destra e sinistra.
“L’aria da timidone romantico ci piace, molto carina”
“Giusta anche la simpatia, quel sorrisone che ti ritrovi è fantastico”
“Ma ti prego … “ iniziò Tullio “Non provare minimamente a fare il figaccione!” conclusero in coro, con lo stesso tono di voce, la stessa espressione e la stessa posizione con le mani sui fianchi. Soddisfatti della coordinazione, e dei preziosi consigli concessi, si scambiarono nuovamente il cinque  con quanto più stile potessero metterci.
“Oooook” Aladdin era dubbioso, e anche un po’ inquietato, rivolse quindi uno sguardo supplicante a Genio, che intanto aveva preso a vagare per il negozio afferrando roba apparentemente a caso.
“Una giacca, occhiali retrò, sempre molto fighi, il profumo richiesto dai signori – Tullio e Miguel sollevarono i pollici- un tappeto, porta candele, piatti e bicchieri di vari servizi, cuscini eeee un fantastico grammofono” elencò una volta tornato dai ragazzi con un carrello pieno, già razziato da Flynn, che aveva preso il pieno possesso degli occhiali da sole usando la scusa “A me stanno molto meglio”.
“Em, cosa dovrei farci con tutta questa roba?” ma era rimasto qualcuno sano di mente ad aiutarlo?
“Tu lascia fare a noi, Tullio? Sai ancora fare dei piani eccezionali?”
“Ovviamente”
Ora Al aveva paura, tanta paura.
 
 
“Dovrei capirti?! Spero vivamente che tu stia scherzando” James si passò nervoso una mano tra i capelli, ringraziando quella forza mistica che gli stava impedendo di scagliare il telefono, nuovo di zecca, contro il primo muro a disposizione.
“Credi che per me invece sia facile? … Ma cosa? La cosa più importante dovrebbe essere la nostra relazione! … NON ME NE IMPORTA UN CAZZO!” sbraitò, lanciando poi uno sguardo preoccupato alla finestra. Era a casa di Cenerentola con Neve, Filippo e Daniel quando aveva ricevuto la telefonata, era corso in giardino non immaginando che la cosa sarebbe stata tanto lunga, quasi si poteva riconoscere nell’erba un piccolo solco tracciato dalla sua camminata veloce.
“Se sei così titubante possiamo anche chiuderla qua … ah, no? … Dimostramelo! Vieni da me sta sera” chiuse gli occhi già immaginando la risposta che arrivò puntuale, ma che non fu meno deludente.
“Ovviamente. Non ti azzardare a chiamarmi di nuovo” chiuse la chiamata, guardò lo schermo e la forza mistica svanì: l’Iphone 6s nero volò in un cespuglio, mancando, fortunatamente, il muro in mattoni a cui era indirizzato. Il ragazzo urlò dalla frustrazione, ma poi si arrese al fatto che il cellulare non sarebbe tornato indietro da solo e andò a recuperarlo.
 
“Tutto bene?” Biancaneve fece capolino da una porta tinta di verde, rivolgendo uno sguardo preoccupato all’amico.
“Benissimo” rispose borbottando James, mezzo sommerso da foglie e allegri fiorellini gialli, che evidentemente non sapevano che era giunta l’ora di appassire.
“Che ci fai li in mezzo?” si avvicinò di qualche passo, sbirciando curiosa, era più interessata al pessimo stato emotivo, ma ritenne più saggio chiedere del cespuglio, uscì dalla tasca una sigaretta e attese una risposta a tutte le domande che aveva tacitamente fatto. Ci volle un po’, ma alla fine James riemerse dalle frasche col telefono un po’ graffiato in mano e vittima del silenzio eloquente dell’amica spiegò a grandi linee i fatti: “Mi ha telefonato per avvisarmi gentilmente del fatto che, anche questa volta, mi pianta in asso. Non l’ho presa bene e questo coso – sbandierò il cellulare- ne ha pagato le conseguenze” tolse di mano la sigaretta all’amica, ma, invece di buttarla, come al suo solito, se la portò alla bocca.
“E da quando fumi?”
“Da adesso …” il tono incazzato fu vanificato da un eccesso di tosse, che lo convinse a lasciar perdere e a tornare il mozzicone alla legittima proprietaria.
“James …” iniziò Bianca, ma non sapeva che aggiungere. Andrà tutto bene? Non lo sapeva, non sapeva nemmeno il nome del tipo che aveva causato tanta confusione. Non ci pensare? La frase più idiota del secolo, come si poteva non pensare a quello che ci tormentava? Impossibile e Biancaneve lo sapeva bene. Ci sono qua io per te? Questo era vero, ma probabilmente non sarebbe servito a molto, non più, lei era solo Biancaneve ed era chiaro che non era abbastanza. Ora anche lei aveva voglia di scagliare il suo telefono.
“Dobbiamo rientrare” concluse James.
Seduti attorno al tavolo nel salottino dalla carta da parati azzurra, i restanti membri del gruppo discutevano animatamente. Per un momento, prima di tornare alla realtà, Neve si concentrò sulla stranezza di ritrovarsi a casa di Ella: per anni quella bella villa era stata la sede dell’inferno, il signor Cristal viaggiava moltissimo per lavoro, lasciando la figliola alla mercé della seconda moglie e delle figliastre, che non si creavano scrupoli ad approfittare dell’eccessiva gentilezza e bontà d’animo della ragazzina. Grazie al cielo, adesso, il padre di Cenerentola non si spostava quasi mai e la situazione, seppur non del tutto amorevole, era diventata quantomeno tranquilla.
“Filippo, tu non te ne rendi conto, con te Aurora ha perso la sua parte migliore e adesso è praticamente …”
“Satana” Bianca terminò la frase accorata dell’amica, riprendendo il suo posto accanto a lei. L’incontro non era altro, infatti, che una stramba riunione volta a convincere Filippo a tornare con Aurora, la quale, dopo la rottura, aveva messo molta cura nel rendersi odiosa ad ogni essere vivente e non.
“Al contrario, io sono rinato. Sto benissimo adesso e non trovo gioia più grande che nel non dover più impazzire per soddisfare ogni sua stupida esigenza” il ragazzo si scusò con un sorriso, ma non poteva certo tornare con Aurora solo perché stava facendo più capricci del solito.
“Ma vi amate ancora!” insistette Ella, sentendosi un mostro alzando la voce – non è nella sua natura essere più sgarbata di un passerotto- ma il ritorno di Filippo era l’unica valida alternativa alla disperazione dell’amica, perché era di questo che si trattava: disperazione. Il fatto che Aurora la dimostrasse seminando il panico attorno a se, era un altro, enorme, problema.
“Beh, ma non può certo diventare un martire per questo” intervenne Daniel con voce pacata, per niente d’accordo con le ragazze, ma che non voleva deludere lo stupendo angelo biondo col faccino dispiaciuto che aveva davanti … com’era carina.
“Già, è vero la amo ancora in qualche modo, ma sto cercando di farmi un favore e dimenticarla” concordò Filippo, mentre rubava un biscotto da tè da un piattino di porcellana “Dovreste fare lo stesso anche voi” concluse una volta inghiottito il dolcetto.
Il problema era che aveva perfettamente ragione, nessuno poteva pretendere di sacrificarlo per un bene superiore, Aurora si era meritata la rottura e se Bianca e Cenerentola cercavano di porre rimedio alla cosa, era solo in nome di un’amicizia ben più profonda delle apparenze. Magari, se la ragazza fosse stata disposta a cambiare … ma chi volevano prendere in giro? Aurora non sarebbe cambiata mai.
“Comunque vi ammiro, sono felice che Aurora abbia qualcuno ancora capace di volerle bene, spero che non ve la prendiate con me” un sorriso sincero illuminò il bel volto di Filippo nel quale si poteva vedere una vaga tristezza, la tristezza di qualcosa di bello che va in rovina.
Dopo pochi minuti, il gruppo si sciolse. Filippo accompagnò a casa Biancaneve e James, chi, in quella macchina, fosse di umore peggiore era difficile da decidere, ognuno chiuso in un silenzio amareggiato nel quale meditare sui propri drammi; Daniel rimase a casa Cristal con la scusa di aiutare Ella e sistemare.
“Non dovevi rimanere per qualche tazza di tè sporca” Cenerentola, seduta sopra il bancone della cucina, guardava il ragazzo intento ad asciugare l’ultimo piattino. Era stato così galante, gentile, che in un attimo i problemi di Aurora e Filippo si erano volatilizzati, non la riguardavano più, anzi, non la riguardavano mai quando quel paio di stupendi occhi nocciola le si posavano sul viso. “Magari non sono rimasto solo per questo” ipotizzò Daniel, concluso il lavoro da perfetto casalingo, poteva dedicare tutta la sua attenzione ad Ella. Le accarezzò i capelli, il viso, si perse nel blu dei suoi occhi e avvertì forte la necessità di baciarla … non provò nemmeno a resistere.
“Daniel, aspetta” fermarlo in quel momento, fu fare violenza su se stessa, ma Cenerentola aveva bisogno di risposte e no, non le andavano più bene quelle piccole avventure occasionali quando il resto della comitiva voltava lo sguardo.
“Hai perfettamente ragione …”
“Tu mi piaci, Daniel, mi piaci davvero”
“E tu piaci a me”
“Quindi …”
“Quindi, appena andrò via, potrai chiamare Biancaneve per annunciarle che stiamo insieme ufficialmente, così quando ti bacerò non mi sentirò più un ladro”
“Davvero?”
“Si, ma non ho la minima intenzione di andarmene ora”
Il sorriso dell’uno, si fece sorriso dell’altra, si fusero in un bacio, che nessuno interruppe troppo ubriacati dalla contentezza del riscoprirsi come coppia.
 
Un’occhiata allo specchio per accertarsi di essere perfetto, una mano tra i capelli per scompigliarli ad arte, spray orale alla menta … era incredibilmente fantastico! Iniziava a comprendere Narciso, anche lui sarebbe stato capacissimo di innamorarsi di se stesso, peccato che le ragazze gli piacessero troppo per rinunciarvi.
Afferrata la giacca scese svelto le scale, salutò con noncuranza i genitori e si diresse in garage, peccato che tutte le chiavi delle auto fossero scomparse.
“Papà! Ci hanno derubato!” urlò spaventato, era tornato in casa correndo e guardava sconvolto la perfetta calma dei suoi genitori, perché non chiamavano la polizia?
“Le chiavi sono nella mia camera, figliolo, nessuno ruberebbe delle chiavi senza quello che possono aprire” l’uomo non aveva tutti i torti, non ci aveva pensato. Annoiato dalla perdita di tempo fece per tornare sopra, ma fu ulteriormente fermato: “Naveen, vieni qua” che cavolo! Aveva un appuntamento lui.
“Stai uscendo con una ragazza?”
“Ovviamente pà, la porto da Atlantica e se non mi facessi ritardare te ne sarei grato” sorrise esasperato, ma sembrava proprio che non lo volessero lasciare andare: “E’ la stessa ragazza che hai portato in tutti i ristoranti più costosi della città?” intervenne sua madre, solo in quel momento Naveen si accorse che avevano dei fascicoli in mano, il saldo della banca indovinò.
“La ragazza è Charlotte la Bouff – scandì bene il cognome – credo che tu conosca suo padre, puoi ben capire quindi che non è tipo da fast food” sperava di essere stato chiaro, ma non doveva essere proprio la sua giornata.
“Se è una la Bouff credo che possa permettersi da sola di fare spese da Tiffany, sul serio Naveen, stai spendendo un capitale!” arrabbiato, il padre, gli sbatté le carte della banca ai piedi. Nel cadere si sparpagliarono sul pregiato tappeto persiano, rivelando nero su bianco cifre esorbitanti. “E lo fai con qualsiasi sciacquetta ti capiti sotto le coperte, senza contare tutti i soldi per i nuovi strumenti musicali e le cazzate che compri per te stesso” ahi, papà arrabbiato, ahi.
“Mi dispiace, davvero, prometto che conterrò le spese. Ora posso avere le chiavi?” non gli piaceva affatto come si stava mettendo la situazione, non gli piaceva per niente. Fin da piccolo era stato abituato ad avere tutto ciò che voleva, era questo il bello di far parte di una famiglia ricca, non doversi preoccupare del denaro per comprarsi la felicità … ma evidentemente la felicità di Naveen era troppo costosa: di anno in anno spendeva sempre di più, senza far nulla per far crescere gli affari di famiglia, continuando così in pochi anni avrebbe potuto rovinare quello che generazioni avevano conquistato con fatica e impegno.
“Sta sera non vai da nessuna parte, ho già annullato la prenotazione, è ora che il principino impari la lezione” il signor Roger era tornato composto, ma lo sguardo rimaneva duro, era abituato a gestire centinaia di dipendenti e non si sarebbe fatto scrupoli a mettere in riga suo figlio: “D’ora in poi non avrai più accesso al conto di famiglia, non ti sarà dovuto nulla se non lo stretto necessario: cibo, biancheria, libri di scuola. Per il resto dovrai pensarci da solo a guadagnartelo, ti ho già trovato un lavoro”
“Un la … lavoro?” Naveen incredulo si accasciò su una poltrona, aveva perso il suo solito sorriso carismatico e s’era fatto pallido in volto, gli serviva un bicchier d’acqua … o di vodka “Mamma, ti prego fai qualcosa”
“Concordo pienamente con tuo padre, non avrai un soldo finché non dimostrerai di essere cambiato” anche la sua ultima possibilità era morta, la donna che a dieci anni gli aveva regalato il primo cravattino Armani, adesso gli voltava le spalle. In che universo parallelo era finito? Come poteva tornare indietro?
“Mi avete convinto, non spenderò più un centesimo, lo giuro. Ma, per favore, non fatemi questo” implorò disperato, tutto, ma lavorare no.  Gli passò di mente pure l’idea di sposare Charlotte immediatamente, ma sebbene la ragazza non gli avrebbe negato un certo entusiasmo, dubitava che i signori la Bouff l’avrebbero presa bene.
“Inizi la prossima settimana al bar Mamma Odie, tranquillo non è molto frequentato da ragazzi, ho avuto pietà. Ricorda, però che io ti ho trovato il posto, se ti facessi licenziare dovrai cavartela da solo” il tono di suo padre non ammetteva repliche, adesso doveva solo preoccuparsi di salvare la sua reputazione e di annullare l’appuntamento con Lottie, non aveva idea di come ne sarebbe uscito vivo.
 
Hello from the outside
At least I can say that I’ve tried
To tell you I’m sorry for breaking your heart
But it don’t matter, it clearly doesn’t tear you apart
Anymore, ooooohh
Anymore, ooooohh
Anymore, ooooohh
Anymore, anymore
 
“Basta Melody!” esplose Trilly “Se sento un’altra volta questa canzone, faccio volare lo stereo dalla finestra, mi stai deprimendo”
“Ehi, piano, lo stereo è mio” s’intromise Lilo che, per precauzione, spense l’oggetto di tante proteste.
“Che volete farci? Soffro per amore!” con comica teatralità si lasciò cader sul letto, iniziando a singhiozzare: “Oh, me tapina!”
“Ma da quando ha problemi di cuore?” s’informò Trilly guardando scettica l’amica, che aveva ricominciato a cantare Hello. Davvero, in certi casi l’omicidio dovrebbe essere legale.
“Mmm non saprei, pensavo avesse chiuso col biondino del campo estivo”
“Faccia da scemo! Vero! L’avevo totalmente dimenticato …”
“Alexis” s’intromise Melody, che aveva smesso di cantare “Faccia da scemo si chiamava Alexis, ma non c’entra niente. Il problema ora è Hiro”
“Hiroooo????” Lilo e Trilly avevano parlato in coro e le loro facce mostravano la stessa espressione incredula.
“Niente di che, studiamo spesso insieme e avevo pensato di rendere le cose più interessanti” chiarì immediatamente “comunque, gli ho chiesto se fosse interessato a qualche ragazza ultimamente e lui … ancora non posso crederci …” si nascose il viso tra le mani, scuotendo la testa come a voler scrollare via il ricordo della conversazione, che, nel suo cervello, non faceva che sottolinearle quanto Cupido ce l’avesse con lei.
“Oh! Oh! Fammi indovinare! Ha detto di essere innamorato di tua sorella … no! E’ innamorato di Artù!”
“Secondo me le ha rivelato di essere asessuato o una cosa simile”
“Beh effettivamente questo spiegherebbe molte cose”
Melody guardò sconvolta le due amiche che, in tono assolutamente serio e concentrato, facevano supposizioni sempre più assurde e, prima che si scoprisse che il povero Hiro era in realtà un robot, decise che era molto più saggio fermarle: “Trova niente male la principessa Zelda … e non stava scherzando”
“Zelda della Nintendo?”
“L’ho detto io che era asessuato” commentò vittoriosa Lilo ricevendo una cuscinata dall’amica, che riteneva la situazione di estrema gravità. Il ragazzo doveva necessariamente avere qualcosa che non andava, oppure essere sfigato da far paura, ma rimaneva il fatto che ogni buona speranza di Melody era andata a farsi strabenedire, va bene tutto, ma competere con una ragazza inesistente era troppo.
“Vedi il lato positivo, quando si accorgerà di non poter ottenere molto da quella cosa in pixel magari si accorgerà di te, io non ho speranze” cercò di consolarla Trilly, che dal canto suo era sempre più incasinata con quell’idiota di Peter e la sua piccola perdita del controllo dopo che era stata sbattuta fuori dalla squadra non aveva migliorato la situazione.
“Aspetta, quali erano le parole precise? Quando imparerai a mettere la museruola a quella stronza ripulita di Wendy?! Ci credo che si è arrabbiato” scoppiò a ridere Melody, aveva ancora la scena davanti ai suoi occhi, trattenersi era impossibile.
Troia, in realtà ha detto: a quella troia ripulita, non stronza il che è anche peggio” puntualizzò Lilo che, in nome dell’affetto per la biondina, evitò di seguire l’esempio di Melody ormai con le lacrime agli occhi.
“Ero arrabbiata e, lo ammetto, quando mi arrabbio tendo ad esagerare lo sanno tutti” scrollò le spalle con fare indifferente, ormai del tutto arresa all’idea di essere in perenne conflitto con Peter. Ma meglio così, che non averlo affatto nella sua vita, no?
“Comunque, Lilo cara, tu che fai tanto la saggia … non dirmi che non ti piace nessuno” la ragazza fu colta alla sprovvista e non riuscì a mantenere la solita maschera stoica, le guance le si imporporarono smascherandola immediatamente.
“Bingo!” esultò Trilly, Lilo era una persona piuttosto riservata e poco propensa alle manifestazioni d’affetto, che dimostrava con piccoli gesti. Non aveva nemmeno mai mostrato particolare interesse per qualche ragazzo, e rimaneva distaccata dai discorsi degni delle dodicenni, che spesso animavano Trilly e Melody. Inutile dire che la rivelazione infiammò di curiosità le due amiche.
“Ok, ok, ma se ve lo dico, promettete di mantenere il segreto?” chiese titubante, per nulla contenta di dover rivelare una cosa del genere.
“Lilo, siamo le tue migliori amiche! Non lo diremmo a nessuno per tutto l’oro del mondo” la rassicurò la biondina, sorridendo incoraggiante. Ma, proprio quando la ragazza stava per parlare, la porta si spalancò e Nani, David, Eric e Jim fecero irruzione nella cameretta.
“Ecco la cena!”
“Focaccine, muffin e altra roba appena sfornata al Benbow”
Poggiarono tre grandi vassoi sul tappeto, aspettandosi le acclamazioni delle ragazze, che però non arrivarono. “Beh, cos’è questo silenzio?” s’informò Nani.
“Nulla, Lilo ci stava per rivelare il suo amore segreto”
“MELODY!” se gli sguardi di Lilo e Trilly avessero potuto uccidere, la signorina Mermaid sarebbe finita all’altro mondo in un lampo.
“Questa si che è una discussione interessante!” intervenne David, non preoccupandosi minimamente di risultare inopportuno.
“Non dirò mai quel nome a nessuno dei presenti, piuttosto mi faccio trasformare in un pesce e mi faccio mangiare da Stich” ribatté Lilo, quasi morta dalla vergogna.
“Beh, tanto peggio di me non puoi stare” commentò Trilly “Perché Peter Pan? Non potevo innamorarmi di … Jim?” chiese retorica con tono esasperato.
“Quando vuoi biondina, io sono di sotto” il ragazzo ammiccò maliziosamente, ma la sua farsa fu rovinata dal sempre più inopportuno David: “Guarda che non ci crede nessuno, l’intero mondo sa che muori dietro sua sorella” disse innocentemente indicando Melody, ma l’amico non la prese affatto bene e lo mandò a quel paese.
“Che ho detto?!”
“Ti prego riempiti la bocca con qualcosa, prima di fare ulteriori danni” Nani lo trascinò al piano di sotto, sperando di non trovare Jim troppo depresso, seguita a ruota da Eric diventato improvvisamente paonazzo ed evidentemente a disagio.
 
Era notte fonda quando Nani raggiunse la sorella sull’amaca in giardino.
“Ehi, le ragazze dormono?” sussurrò
“Come ghiri, i ragazzi? Hanno fatto pace?”
“Si, adesso sembrano grizzly in letargo. Ti ho sentita scendere, tutto ok?” Lilo si limitò ad annuire, stava col naso all’insù, guardava le stelle. Guardava sempre le stelle quando era triste, la tranquillizzavano, l’aveva fatto anche quando erano morti i suoi e Nani, ad appena sedici anni, aveva dovuto lottare per dimostrare di essere in grado di prendersi cura di tutto.
“Quindi ti piace qualcuno …”
“Non ci provare” la bloccò immediatamente, poteva essere anche la sua sorellona, ma Lilo aveva deciso di portarsi il segreto nella tomba.
“Nemmeno qualche indizio?”
“No!”
“Quindi lo conosco” dedusse “Se non lo conoscessi qualche dettaglio non farebbe la differenza, fammi pensare a chi potrebbe essere il tuo tipo…”
“Complimenti Sherlock” Lilo tornò a guardare il cielo, ma si premurò anche di avere un’aria particolarmente imbronciata e scocciata.
“Messaggio ricevuto, ma sappi che sono sicura che anche tu piacerai a lui” le accarezzò i capelli con fare protettivo, quando era cresciuta così tanto? La ricordava quando da piccola andava in giro con una strana bambola di pezza e con una vecchia polaroid faceva foto ad ogni cosa.
“Io non ne sono così certa”
“Non contraddire tua sorella! Guardati, sei fantastica. Se non rimarrà folgorato allora è uno stupido e mi preoccuperò personalmente di prenderlo a calci” le strizzò un occhio con fare complice.
“Odio ammetterlo, ma ti voglio bene” e in quella serata d’ottobre, Nani ottenne il privilegio di un abbraccio. “Ti voglio bene anch’io”.


A.A.
Salve topastri dai pantaloni rossi! 
Ecco qua il frutto delle vacanze di Natale... diciamo vacanze di Natale allungate, ma facciamo finta di niente. A tal proposito: Buon Anno! (meglio tardi che mai) 
Spero che il capitolo vi piaccia, mi sono impegnata particolarmente, nonostante non ci siano svolte decisive. Come sempre ringrazio chi mi lascerà un'opinione, un commento, una critica, tutto è ben accetto :) 
Ringrazio anche chi mi segue, chi mi ha precedentemente recensito, chi, anche in silenzio, apprezza questa storiella strampalata. Senza di voi nemmeno esisterebbe. 
Prima di lasciarvi, vi chiedo un piccolo consiglio: su cosa vi piacerebbe che incentrassi il prossimo spinn-off? Si accettano anche proposte anomale, come un trasferimento ad Hogwarts o un ritorno nel mondo delle fiabe... non so, sono bloccata, mi affido a voi! Qui il link alle shot precedenti: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3298177
Vi mando un bacione e tante gocciole...
Lyss

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Capitolo 15
*** 15. Il nostro destino vive in noi, bisogna soltanto avere il coraggio di vederlo. ***


15. Il nostro destino vive in noi, bisogna soltanto avere il coraggio di vederlo.
 
Dopo una serie di disastrosi allenamenti, finiti con ragazze in lacrime e pon-pon distrutti, la scuola aveva deciso di affidare il gruppo delle cheerleader ad un supervisore, che avrebbe motivato e controllato le ragazze nel migliore dei modi. La figura scelta per questo delicato ruolo – ditemi se non è delicato il dover trattare con una ventina di ragazze in piena adolescenza – era Gioia Musy, un’allegra tipetta dai capelli blu, sempre desiderosa di diffondere felicità e con la lieve tendenza ad imporsi sugli altri.
“Su ragazze! Più vita! Sorridete … Biancaneve non devi supportare una squadra di morti viventi” saltellava per la palestra motivando le ragazze, ma tanto entusiasmo non era sempre ben accetto e l’unica capace di tollerare Gioia per più di cinque minuti era Giselle, ma Giselle riusciva a tollerare chiunque.
“Giuro che la prendo a calci” borbottò Bianca sull’orlo di una crisi di nervi, in mezzo a tutti i suoi casini mancava proprio una tizia dall’aria perennemente fatta forse dovrei chiedergli chi è il suo spacciatore … meditò.
“Ora, ragazze, ci dedicheremo alle prove di fiducia, chi se la sente di fare un salto mortale dal tappeto elastico?!” fortunatamente il folle piano della “coach”, come voleva essere chiamata lei nonostante la perplessità dei colleghi, fu interrotto dall’arrivo della vicepreside Yzma e dall’ondata di silenzio che la seguì.
“Signorine Peels, Cristal e Dwarf siete richieste dal preside” le ragazze si scambiarono un’occhiata preoccupata, mentre tutto il resto del gruppo le fissava incuriosito, cosa voleva il preside da loro? Erano nei guai? Se si, perché?
“Subito” gracchiò infastidita la vecchia donna, non c’era niente che gli stava più antipatico dei ragazzini e non ne faceva mistero.
 
Non appena misero piede nell’ufficio del preside Theòs, poterono tirare un sospiro di sollievo. L’uomo, infatti, accolse con un sorriso smagliante le tre studentesse ancora sudate e poco coperte dalla divisa della squadra.
“Sono mortificato di aver interrotto il vostro allenamento, prego accomodatevi” le poltrone di pelle erano comode e la stanza profumava di pulito, non ci voleva molto ad intuire che era il luogo dove si facevano affari.
“Vi domanderete perché vi ho chiamate ovviamente, state tranquille non ho niente da rimproverarvi … caramella?” l’uomo porse una ciotolina di vetro stracolma di caramelle al miele, nessuna delle tre ne approfittò anzi, tutta questa gentilezza appariva sospetta.
“Bene, andiamo al dunque” continuò “Correggetemi se sbaglio, ma mi trovo di fronte a: il capitano delle cheerleader; la ben quattro volte eletta La più bella del reame, ci aspettiamo tutti l’en plein signorina Dwarf; la rappresentante del gruppo volto all’impegno umanitario … tutte e tre grandi amiche, ragazze popolari e, se mi è concesso dirlo, molto belle” se prima Bianca, Aurora e Cenerentola erano sospettose, adesso non sapevano proprio cosa pensare, a che pro questa sviolinata?
“Signor preside, la ringraziamo per i complimenti, ma ancora ci sfugge come potremmo esserle utili” commentò Ella, prima che qualcun’altra azzardasse parole inadeguate dettate dal nervosismo. Che il preside apprezzasse la bellezza femminile era cosa nota e si vociferava che non poche tra le insegnanti più avvenenti avessero passato lungo tempo nel suo ufficio, ma l’idea che spostasse l’attenzione sulle studentesse era tanto ripugnante quanto impossibile.
“Come sapete non manca molto al trentuno ottobre e la tradizione vuole che la scuola organizzi una fiera a tema, voi, se volete, sarete le organizzatrici” qualunque pensiero affollasse la mente delle tre si tramutò subito in sorpresa, soltanto Biancaneve nutriva ancora qualche dubbio: “Non c’era un comitato per le feste?”
“Troppo costoso e poco unito, l’ultima festa dell’anno scorso è stata un disastro, non deve accadere mai più” non potevano dargli torto, per il ballo di fine anno il comitato aveva scelto il tema America anni 20, cosa davvero molto carina, se non avessero deciso di inserire “l’angolo del proibizionismo”, dove a nessuno erano vietati shottini di super alcolici … neanche a dirlo tutti si erano ubriacati talmente tanto da scatenare l’ira dei genitori e dei bidelli, che avevano passato un’intera giornata a ripulire macchie di vomito.
“E pensa che affidare il tutto a delle adolescenti migliori la cosa?” Bianca lo guardava ironica, se mai avesse organizzato una festa per una mandria di ragazzi, non avrebbe certo fatto mancare l’alcool.
“Sapete cosa piace ai giovani, lavorate bene in gruppo e l’unica paga che v’interessa è la popolarità. Inoltre, se fate casini, so come farvene pentire” era stato decisamente convincente.
“Il budget non è molto alto, ma potete coinvolgere qualunque dei vostri compagni e fare ciò che più vi aggrada, basta che sia legale. Lavorate bene e vi affiderò tutte le feste dell’anno, non senza premiarvi con dei crediti extra. Accettate?” L’idea era decisamente allettante, ma Cenerentola e Biancaneve erano afflitte dal medesimo dubbio: era il momento adatto? Aurora non aveva ancora superato la rottura e l’accumulo di stress la portava a dare di matto, forse non era il caso di affidarle una tale responsabilità.
“Siamo davvero lusingate dalla sua proposta, che arriva in un periodo particolare e …”
“E sarà un ottimo modo di mettersi in gioco, accettiamo” Aurora interruppe Ella, non le avrebbe permesso di perdere quest’occasione.
“Siamo d’accordo, allora. Questi sono i documenti con tutte le indicazioni necessarie, ma se avete domande non esitate a bussare alla mia porta” il preside accompagnò il trio fuori dall’ufficio, ancora più sorridente di quando le aveva fatte entrare, amava concludere ottimi accordi.
 
“Tesoro, non dovevi accettare per forza” Cenerentola non era ancora convinta della cosa, era fin troppo consapevole del pandemonio che sarebbe potuta diventare.
“Vuoi che mi distragga dalla storia con Filippo, no? Bene, questo mi sembra un ottimo modo”
“E credi che riusciremo ad organizzare tutto da sole? Aurora, sii realistica, per una volta non ci basterà sbattere le ciglia e, se falliamo, faremo una figura di merda davanti a tutta la scuola” protestò Bianca, non ancora convita dall’accordo, concluso troppo in fretta dal preside per essere a loro favore.
“Infatti non ho la minima intenzione di fare tutto da sole e so già a chi chiedere una mano, ma sarà dura da convincere”
“Convincere chi?”
 
Con fare insofferente Hans posò il deodorante nell’armadietto dello spogliatoio, cercando di ignorare l’urlo disperato di ogni suo singolo muscolo.
 Secondo certe voci di corridoio, qualche settimana prima in sala professori, Miss Sinclair aveva osato mettere in dubbio le capacità del coach Fil, insinuando che un omuncolo dalle gambe corte e la pancia larga non sembrava certo la figura ideale per insegnare le discipline sportive. Neanche a dirlo, Filottete l’aveva presa malissimo e, solo perché si trovava davanti ad una signora, aveva preferito mantenere un certo contegno, il fatto che suddetta signora fosse cintura nera di arti marziali miste e avesse seguito un durissimo addestramento militare era solo un dettaglio. Così, l’ira ingabbiata del prof, aveva deciso di riversarsi sui poveri alunni costretti ad allenamenti estenuanti, che non lasciavano speranza di sopravvivenza ai più deboli.
“Ehi Hans” Kristoff distolse il rosso dalla sua catena di maledizioni e lamentele mentali e lo inondò di goccioline quando scrollò i capelli ancora bagnati dopo la doccia.
“Kristoff” ricambiò garbatamente il saluto, tornando immediatamente alle sue occupazioni iniziali, non si aspettava certo che la discussione andasse avanti e non aveva la minima voglia di incoraggiarla, ma evidentemente quel giorno il ragazzone era pieno di buona volontà: “Quindi … em … hai fatto qualcosa di interessante ieri?”
Un sorriso divertito, intenerito quasi, addolcì il viso di Hans convincendolo a portare pazienza per quei goffi tentativi di discussione. Non è che non volesse parlare con Kristoff, ma da tempo si era convinto che diventare forzatamente amici fosse una cosa sciocca. Erano semplicemente diversi, interessi diversi, gusti diversi, caratteri diversi … l’unica cosa che condividevano era Anna ed era proprio lei a sognare un futuro in cui tutti sarebbero stati grandi amiconi, facendo pressione sui due ragazzi affinché socializzassero.
“Kristoff, te l’ha mai detto nessuno che non sai affatto recitare?” chiese con tono gentile e vagamente ironico.
“Si notava così tanto?”
“Che non ti interessasse niente della mia giornata di ieri? Abbastanza, ma si apprezza lo sforzo” pensò che sarebbe stato carino dargli delle pacche sulle spalle d’incoraggiamento, ma fermò la mano convincendosi che sarebbe stato inadeguato, non era certo un camionista lui.
“Dirai ad Anna che ciò provato, vero?”
“E loderò il tuo impegno e la tua affabilità”
“Non sono certo di cosa significhi affabilità, ma grazie! Vado a mettermi qualcosa addosso” seguì con lo sguardo il biondo, momentaneamente coperto solo da una ridicolmente corta asciugamano, e capì perché tutti gli chiedessero come facesse a non impazzire di gelosia quel ragazzo è una montagna di muscoli, chissà come è riuscito a farsi certi pettorali … era talmente assorto che non riuscì a voltarsi abbastanza velocemente quando anche la ridicola asciugamano sparì, mostrando al mondo dei glutei apparentemente di marmo. Già, come faccio a non essere geloso? Si domandò mentre tornava a concentrarsi sul suo armadietto semi vuoto, cercando di non scorgere altre natiche, per la giornata aveva fatto il pieno. Probabilmente è merito di Anna concluse, infatti, nonostante fosse palese che Kristoff provasse qualcosa per la ragazza, quest’ultima era talmente persa di Hans da non lasciare il minimo dubbio sulla sua fedeltà. E’ la ragazza perfetta, ma,  chissà perché, questo pensiero lo riempiva di tristezza.
“Chissà che hanno combinato le ragazze” sospirò Giselle, mentre usciva dalla palestra insieme a Charlotte. Dopo che Aurora, Bianca e Ella erano andate dal preside, si era aperto un acceso dibattito su cosa le avesse fatto convocare, ma, nonostante l’accesissima fantasia di tutta la squadra delle cheerleaders, nessuna proposta era stata ritenuta soddisfacente e il mistero era rimasto aperto.
“Te l’ho detto, la dolce Rorie avrà ucciso qualcuno e le altre hanno occultato il cadavere” spiegò sbrigativa Lottie, fortemente convinta che la sua ipotesi avesse perfettamente senso. Giselle lasciò correre, dopo aver saltellato e fatto ruote per due intere ore, non aveva la forza necessaria per combattere la mente caparbia dell’amica, inoltre non era del tutto certa di poter escludere l’idea di Aurora come omicida.
In contro al duo, che aveva spostato l’attenzione sulla nuova linea di rossetti MAC – a sentire Charlotte, c’era la serissima possibilità che qualche colore sarebbe riuscito a prendere il posto di Pink Nouveau, in vetta da anni nel suo cuore -  si presentò Edward, subito pronto a liberare la fidanzata dal peso della borsa e a salutarla con un bacio, facendo arricciare il naso a Charlotte davanti a quel ritratto di perfezione amorosa.
“Giselle, sei una pessima amica, sappilo” commentò con stizza, ultimamente era poco tollerante nei confronti delle coppie felici e la colpa, neanche a dirlo, era tutta di Naveen.
“Sbattermi in faccia il tuo perfettissimo fidanzato, non hai un goccio di sensibilità”
“Lottie, Naveen ti ha regalato una collana di perle per aver saltato uno, e dico uno, degli appuntamenti con te, perché aveva problemi di famiglia … mi sembra un ottimo fidanzato”
“Scoiattolina, dovrei regalarti una collana di perle?” intervenne Edward preoccupato, sembrava che rendere felice Giselle fosse la missione della sua vita, missione che seguiva egregiamente, senza tollerare di aver avuto alcuna mancanza. Qualcuno l’avrebbe definito nauseante.
“Non me ne frega nulla delle collane di perle, papi me ne compra quante ne voglio, mi interessa avere un fidanzato che mi porti la borsa e mi prepari il caffè  d’orzo” il viso tondo di Charlotte era diventato rosso per la frustrazione, abituata – male – ad avere sempre tutto ciò che voleva e come lo voleva, non riusciva a concepire come qualcuno non si comportasse esattamente come lei si aspettava. Se Giselle ed Edward erano tanto carini da essere chiamati Edwelle, perché lei e Naveen non potevano diventare i Lotteen?
La coppia si scambiò uno sguardo intenerito e la ragazza cercò le parole giuste per far capire all’amica quanto anche lei fosse fortunata: “Tesoro, tutte le coppie sono diverse e, per far funzionare bene le cose, bisogna scendere a compromessi. Probabilmente tu sei la prima ragazza seria di Naveen, già questo dovrebbe farti capire quanto lui tenga a te, devi dargli il tempo di imparare” Charlotte sospirò, forse Giselle aveva ragione.
“Scommetto che stavate parlando di Naveen” al gruppo si era unita Tiana, stava attendendo Lottie nel parcheggio per farsi riaccompagnare a casa, e guardando la faccia dell’amica, non poteva avere dubbi su quale fosse l’argomento della discussione.
Stavamo, adesso non più. Ho bisogno di una seduta di shopping intensivo e tu, sorella, mi accompagnerai” al solo pensiero del suono della carta di credito che strisciava, Charlotte si era rianimata di entusiasmo.
“Se non vengo dilapiderai il conto in banca di tuo padre, il mio è un compito fondamentale” Ed era assolutamente vero, senza nessuno che le ponesse un freno, Charlotte sarebbe stata perfettamente capace di comprare negozi interi … e l’aveva fatto.
Prima che le due partissero con la Mini rosa di Lottie, Giselle fermò Tiana: “Ehi, c’è qualche problema se domani passo da tua madre? Vorrei perfezionare quel book per il colloquio e solo lei può aiutarmi”
“Nessun problema, lo sai che ti adora” un sorriso illuminò il volto di Giselle e la macchina dal colore improbabile andò via.
Il colloquio al quale doveva presentarsi era davvero importante, se avesse fatto colpo l’avrebbero presa come stagista presso un’importante azienda sartoriale. Un ottimo primo passo nel mondo della moda e l’esperienza di Eudora come sarta era stata un aiuto prezioso, non le restava che sistemare gli ultimi dettagli e avere tanta buona fede.
 
“MERIDA!” 
“Che c’è? Che ho fatto? Sono appena entrata!” protestò la ragazza dai capelli ribelli, aveva effettivamente appena messo piede in casa, possibile che avesse già combinato qualche guaio? Seguì lo sguardo furioso di Elinor nel tentativo di capire come avesse fatto a scatenare la sua ira in otto secondi netti e … ah … sul parquet splendente, risaltavano atroci una manciata di impronte fangose, che minacciavano di moltiplicarsi se Merida avesse osato muovere un altro passo.
“Scusa” bofonchiò mentre la donna le porgeva un paio di ciabatte e si adoperava per ripulire quel disastro.
“Sei peggio dei tuoi fratelli, che l’ho fatta a fare una figlia femmina se non si preoccupa nemmeno del fango? Quando imparerai ad essere più … più … aggraziata?” ecco di nuovo il solito discorso sulla sua assenza di femminilità, Elinor l’aveva fatto così tante volte, che ogni membro della famiglia sarebbe riuscito a ripeterlo alla perfezione, per questo non fu difficile per Merida ignorarla spudoratamente e andare a rintanarsi in camera sua.
Tutto nella stanza era come l’aveva lasciato: una sedia a dondolo sormontata di vestiti, la scrivania fastidiosamente occupata dai libri di scuola, poster sgualciti d’improbabili band folk - rock e una bacheca in sughero piena di foto. Ma, sulla spessa coperta a quadretti, qualcosa si stagliava come aveva fatto prima il fango sul pavimento, rompendo l’armonia di tutta la camera: un imbarazzante, svolazzante abitino azzurro.
“E questo cos’è?!” gridò, mentre sollevava l’oggetto incriminato con disgusto, nemmeno si fosse trattato di un pannolino sporco.
“Oh, sono felice che ti piaccia” commentò ironica Elinor apparsa alle sue spalle “è un regalo da parte mia” Merida la guardò dubbiosa, quel coso non era affatto nel suo stile e aveva anche l’aria di essere troppo stretto … magari riesco a rifilarlo ad Anna, a lei questa roba piace. “Beh, grazie mamma. Mediterò a lungo, molto a lungo, su quale occasione sia adatta per indossarlo” era già pronta a nasconderlo nell’angolo più buio del suo armadio, quando la donna tornò alla riscossa col suo discorso sulla femminilità: “Sai, tesoro, non voglio cambiare il tuo stile, ma temo che, a furia di frequentare sempre e solo ragazzi – anche abbastanza rozzi- tu possa dimenticare quanto è bello sentirsi ogni tanto una principessa” sentirsi ogni tanto una principessa, davvero?
“Io non frequento solo ragazzi, Anna è la mia migliore amica e nella squadra di atletica ci sono un sacco di fanciulle, non devi fare un dramma se trovo le gonne scomode!”
“Puoi provarlo al meno?” il tono era stato così supplicante, che Merida mise per un momento da parte la sua dignità, pentendosene immediatamente. Era peggio del previsto. L’abito le stava stretto da ogni lato facendole mancare il respiro, le maniche, decorate con odiosi fiorellini bianchi, la rendevano impacciata e la gonna era ridicola sotto ogni punto di vista: troppo corta, troppe pieghe, troppo da bambolina. Nonostante ciò, Elinor, ebbe il coraggio di affermare, con aria assurdamente sincera: “Sei un amore!”
“Spero tu stia scherzando”
“Sta sera farai un figurone a cena con i colleghi di papà, quanti complimenti prenderai!”
“Aspetta, sta sera cosa?”
“Vengono a cena MacGuffin, Macintosh e Dingwall, con prole al seguito ovviamente” Merida strabuzzò gli occhi, avrebbe dovuto indossare quella roba davanti a tutti? Senza contare che quei tizi non le stavano affatto simpatici, tutti convinti di essere i migliori e con il figlio migliore, pronti a fare battutine sulle femmine e tremendamente bigotti … era davvero una coincidenza il fatto che fossero tutti e tre vedovi? Quelle poverette si saranno suicidate per la disperazione concluse.
“Io sta sera esco” affermò perentoria, ma non l’avrebbe scampata così facilmente.
“Non se ne discute! Non offenderai i nostri ospiti con la tua assenza. Questa sera ci sarai e ti comporterai da perfetta signorina, soprattutto con i ragazzi”
“Non hai detto che frequento troppo i maschi? E poi perché devo indossare questo vestito per intrattenere scemo, più scemo e il gay represso?” si lagnò, se proprio doveva partecipare al supplizio, non poteva farlo indossando i jeans?
“Merida! Sii rispettosa!”
“Ma è vero!”
“Se è vero o no, non conta. E indosserai quel vestito” il tono da mamma orsa non ammetteva repliche e la ragazza iniziò a prepararsi psicologicamente ad una serata terribile.
 
Dopo una noiosissima estenuante giornata scolastica, non c’era cosa migliore che andare al Benbow, sedersi al solito tavolo pieno di graffi e inspirare a fondo l’odore di pancetta e cappuccino.
“Non c’è cosa che desideri di più di un doppio cheeseburger, chi è con me?!” Flynn si sfregò le mani, già pregustando quel delizioso ed abnorme panino dai cui lati colava cheddar come fosse oro …  Puro godimento … ma il pubblico non era evidentemente entusiasta quanto lui, Naveen prestava tutta la sua attenzione al cellulare – probabilmente stava rispondendo al duecentosettantaseiesimo sms di Charlotte-  e Al faceva finta di niente fissando il soffitto l’avevano ridipinto di recente?
Flynn sbuffò spazientito come un cucciolo in cerca di attenzioni e, non ottenendole, iniziò con la tattica delle frecciatine: “Fratello, capisco che se quel piccoletto di Al mangia qualcosa, diventa uno gnomo panciuto … ma tu sei sufficientemente slanciato!”  Ovviamente funzionò. Aladdin gli lanciò uno sguardo indispettito, sopportava la qualunque, ma non i riferimenti ironici alla sua modesta altezza; però la vanità di Naveen superava qualsiasi complesso d’inferiorità e risultò ancora più piccato del basso amico: “Sufficientemente? Sono più alto di te!”
“Si, ma non hai il mio potere di trasformare le calorie in stupendezza”
“Io non ho bisogno di poteri, la mia stupendezza è stata direttamente un dono divino”
Sebbene la corsa al titolo di Sommo Don Giovanni fosse cessata quando era iniziata ufficialmente la relazione tra Lottie e Naveen, la sana competizione che infiammava gli animi dei due amici non si era certo spenta. Potevano passare ore a discutere su chi fosse migliore in qualsiasi cosa … migliore nello sport, migliore nel look, migliore nel mangiare la pizza senza mani e così via … portando al logoramento dei nervi di chiunque avessero intorno, Eric e Aladdin erano pronti a giurare che questa fosse la causa di ogni suicidio sulla terra.
“Vi rendete conto che stupendezza non è una vera parola?” s’intromise Aladdin esasperato, ora aveva bisogno di una birra.
“Comunque sia io sono più stupendo di te, lo dimostra il fatto che ho una ragazza” Naveen incrociò le braccia soddisfatto, illudendosi di aver messo un punto decisivo alla discussione.
“Parli della stessa ragazza che ti porterà presto ad una nevrosi? Amico, meglio single che stare con una pazza - maniaca del controllo come Charlotte, scommetto che non mangi perché l’ha deciso lei, per non ritrovarsi con un fidanzato ciccione” a quelle parole Al buttò indietro la testa in segno di resa, ci mancava la discussione su Charlotte, ora aveva bisogno di due birre.
“Non sono problemi tuoi” Naveen si mosse a disagio sulla panca di legno, consapevole di aver fatto un grosso errore giocandosi la carta della fidanzata, sapeva fin troppo bene quale fosse il pensiero di Flynn a riguardo, il pensiero di tutti a riguardo si corresse mentalmente Flynn è solo l’unico che ha le palle per dirmelo.
“Sul serio, perché ci stai? E’ palese che ti dia fastidio” ci fu un lungo silenzio prima che Naveen rispondesse, aveva sempre ignorato la domanda o dato risposte sciocche, ma ora che aveva tutto da mettere in discussione –suo padre non aveva cambiato idea sul lavoro e il suoi fondi erano sempre più esigui– aveva bisogno di dirlo a voce alta, dire perché si era appigliato a quella ragazza tanto carina quanto irritante: “Charlotte è vera. Sono stato con tante ragazze così finte da far concorrenza alle Barbie, tutte sorrisi, sesso e Naveee mi compri questo??? Lottie non è così, le faccio regali perché mi va e non perché me li chiede, lei desidera soltanto la mia presenza … è gratificante” sospirò di sollievo, bella sensazione aprirsi col mondo.
“Amico, sono commosso. Hai fatto un discorso intelligente” Al lo guardò con ammirazione, ignorando il disappunto sul viso di Flynn, ma il ragazzo si era arreso e tornò a concentrarsi sul suo argomento preferito: se stesso. “Rimane il fatto che voglio un doppio cheeseburger e voi due non mi farete mangiare da solo come un imbecille”
“Oh d’accordo, chiamate Jim e facciamola finita” tutto quel discutere aveva fatto venire fame anche ad Aladdin – più che altro non era saggio buttare giù due birre a stomaco vuoto e delle patatine fritte non gli sarebbero dispiaciute – che fece vagare lo sguardo per il locale, ma quando trovò l’amico non poté far altro che sorridere: “Mi sa che Jimmy è troppo impegnato per servirci, sta rimorchiando”
Flynn e Naveen scattarono come due cani da punta, increduli che quello sbarbatello di Hawkins riuscisse a comprendere anche il significato della parola “rimorchiare”, peccato che dalla loro posizione non riuscissero a vederlo. Pretesero più dettagli.
“Beh, è appoggiato al suo tavolo e sta dicendo qualcosa, lei sorride … sono piuttosto carini, credo le abbia offerto della torta”
“Ma chissene di cosa stanno facendo, lei chi è?” Flynn tamburellava le mani sul tavolo divertito, fremente dalla voglia di alzarsi e andare a stringere la mano a Jim “Scommetto che si tratta di Ariel, ho sentito che è pazzo di lei” commentò.
“Cosa? A Jim piace Ariel?! Oh … questo spiega molte cose, povero Eric” Naveen sembrava star vivendo un momento di epifania, confondendo però gli altri due amici.
“Cosa c’entra Eric? Non dirmi che anche a lui piace Ariel!” dimenticandosi di cheeseburger, Jim e quant’altro, Flynn era entrato in modalità pettegola, frequentava decisamente troppe ragazze.
“Ragazzi, frenate. Quella non è Ariel, è l’amica bionda … cammina sempre anche con Jasmine” sospirò melanconicamente pronunciando il nome della ragazza che non lo faceva dormire la notte, forse gli altri avevano ragione, doveva darsi una mossa e l’avrebbe fatto l’indomani, si! Le avrebbe comprato dei fiori, dei gelsomini ovviamente e …
“Flynn che cazzo fai?” E Naveen lo riportò nel mondo reale.
“Dove sta andando?”
“Non lo so! Appena hai detto bionda è sbiancato, poi si è alzato senza dire una parola” Naveen si spostò nel posto accanto ad Al, per poter vedere meglio cosa diavolo stesse combinando Rider, che stava puntando dritto a Jim.
 
“Ehy, Super-Hawkins!” con fare decisamente anomalo, Flynn abbracciò Jim, senza dimenticarsi delle fraterne pacche sulle spalle e lasciando interdetto il ragazzo colto di sorpresa. C’era palesemente qualcosa di strano nel suo atteggiamento, ma c’era sempre qualcosa di strano nell’atteggiamento di Flynn e Jim decise che era meglio far finta di nulla ricambiando il saluto.
“Ciao Flynn” fino a quel momento il ragazzo aveva fatto particolare attenzione a non abbassare lo sguardo, fingendo di ignorare totalmente la presenza di Rapunzel. Fu un sollievo per lui poterle rivolgere il migliore dei suoi sorrisi.
“Biondina! Non ti avevo visto, che ci fai qui tutta sola?”
“Nulla di particolare: cerco ispirazione e mi faccio offrire dell’ottima torta di mele” cinguettò la ragazza.
Evitando di dare ascolto alla vocina nella sua testa che gli suggeriva di picchiare Jim, Flynn continuò a sorridere e si sedette di fronte alla ragazza con la stessa fluidità che avrebbe avuto un manico di scopa.
“Ti dispiace un po’ di compagnia? Jimmy portami un’altra fetta di torta e due tè alla pesca, offro io” rimarcò con particolare insistenza le ultime due parole e non riuscì ad evitare di guardare l’amico in cagnesco fino a quando non fu abbastanza lontano, a quel punto si rilasso e guardò incuriosito gli schizzi che ricoprivano il tavolo: “Sono bellissimi” commentò sinceramente ammirato.
“Il club d’arte ha il compito di realizzare un murales nel cortile della scuola e io sono stata scelta per realizzare il disegno di base. Sono in crisi, non so cosa fare” un sorriso teso comparve sul viso di Rapunzel, era strano vederla così nervosa e senza motivo tra l’altro! Quei disegni erano tutti stupendi, così creativi e originali che, per Flynn, l’unico vero problema sarebbe stato scegliere quale eliminare.
Poi, da sotto gli altri fogli, sbucò una bozza accesa di color oro e porpora, così bella che non riuscì a trattenersi dal prenderla in mano. Un sole brillante dominava uno sfondo di fiori, ghirigori e immagini sinuose apparentemente casuali, ma che sembravano voler raccontare qualcosa … un segreto magari … ora nemmeno scegliere era più un problema.
“Dovresti proporre questo” la ragazza lo guardò stupita, non aveva nemmeno contemplato l’idea di inserire quel disegno tra le opzioni, era semplicemente uno schizzo uscito di getto mentre cercava delle vere idee. “Non credo sia il caso, penso che un planisfero sia più adatto o dei ritratti di figure importanti” indicava diversi fogli, ognuno rappresentante un’idea fantastica, ma nessuna riusciva convincerlo tanto quanto quel sole … la rappresenta, la rappresenta alla perfezione cazzo si ritrovò a pensare, mentre un’insolita sensazione di calore lo invadeva totalmente. Fermò con delicatezza le mani della ragazza, che ancora rovistavano frenetiche tra i fogli in cerca dell’idea migliore.
“In quanto studente ti rassicuro sul fatto che vorrei ci fosse questo sul muro della scuola, un’esplosione di vita e creatività, non qualcosa che mi spinga inconsciamente a studiare e poi siete il club d’arte , no? Beh questa mi sembra decisamente arte” Rapunzel fissò il suo sguardo su di lui, gli occhioni verdi sgranati e per un momento si dimenticò di respirare. Nessuno, mai nessuno in diciassette anni aveva parlato con tanta passione di un suo disegno e certamente sapeva di essere brava, ma suscitare delle emozioni era una cosa diversa e la mano di Flynn, sulle sue, era così piacevole …
“Ecco l’ordinazione” Jim posò piatti e bicchieri con cura, cercando di evitare i disegni che aveva avuto il piacere di osservare prima, e sorrise divertito alla vista dei due che si affrettavano ad allontanare le mani l’uno dall’altra. “Vi porto qualcos’altro?” rifiutarono rapidi e Jim quasi si dispiacque per aver chiaramente interrotto un bel momento, quasi.
 
Mentre tornava al lavoro, lasciandosi alle spalle la buffa coppia, Jim fu richiamato da “due tipi loschi” appartati in un angolo.
“Che state facendo?” chiese, ma già conoscendo la risposta: non era certo un caso che quello fosse un ottimo punto da dove spiare il tavolo di Rapunzel e Flynn.
“Dicci cosa hai sentito” ordinò secco Naveen, non sapeva se essere stupito o preoccupato, aveva visto decine di volte Flynn provarci con una ragazza, ma in quel momento si stava comportando in maniera del tutto anomala.
“Stanno parlando di disegni e si tenevano per mano, più o meno, credo fosse più un gesto involontario” spiegò velocemente, gli sarebbe piaciuto rimanere lì a complottare, ma aveva del lavoro da sbrigare.
“Non ci posso credere, Flynn ha una cotta!” esultò Al, non vedeva l’ora di congratularsi con lui e di vendicarsi per tutte le battutine su Jasmine.
“Non ha una cotta, non sta nemmeno flirtando” controbatté Naveen “E quel ragazzo ha un minimo d’onore, sa che Jim aveva la precedenza”
“Su cosa avrei la precedenza?” ecco, l’ultimo briciolo di voglia di lavorare era svanito.
“Su Rapunzel, ci stavi provando prima tu” Hawkins scoppiò in una risata divertita, quei due avevano l’intuito di un topo ubriaco. “Io non ci sto provando con lei, faccio solo il carino perché è un’amica di Ariel, magari poi parla bene di me” detta a voce alta, quell’idea sembrava parecchio stupida, ma era disperato … e sarebbe stato anche licenziato se avesse continuato a poltrire con quei due, obbligandoli a prendere una birra scomparve nelle cucine.
 
“Alla fine Sandokan mi è piaciuto molto” il tavolo aveva riassunto un aspetto ordinato, ma la torta nel piatto era scomparsa lasciando Flynn ancora affamato, un giorno ci incontreremo cheeseburger.
“Davvero? Non pensavo che l’avresti letto …” notando lo sguardo spiacevolmente sorpreso di Flynn, Rapunzel cercò di rimediare: “Cioè, immagino che tu abbia un sacco di cose più divertenti, che leggere uno stupido libro” non pensava quello che diceva, glielo si leggeva in faccia, ma era l’opinione più popolare tra i ragazzi e non voleva certo passare per un’asociale.
“L’ho trovato, invece, molto interessante” tanto interessante da fargli recuperare serie tv vintage e mettere a soqquadro il negozio di Cassim alla folle ricerca di un cappello come quello di Yanez, ma questo non era necessario che la biondina lo sapesse.
Per la cronaca: quel cappello gli stava da Dio.
 “Magari qualche volta potremmo andare in biblioteca insieme, hai evidentemente un gusto migliore del mio in fatto di libri” le guance di Rapunzel si imporporarono, senza volerlo l’aveva invitata ad uscire … perché questa ragazza è stata mandata per confondermi? “Oppure potresti farmi una lista” ridacchiò nervoso. Lui non era mai nervoso.
“Certo, ti farò avere un elenco” io non voglio un elenco! Io voglio, cosa voglio io? Dannazione!
Dopo aver dato un’occhiata ansiosa al suo telefono, Rapunzel raccolse tutte le sue cose frettolosamente, confondendo il già confuso Flynn: “Dove scappi?”
“Ora devo proprio andare, ma troveremo sicuramente un momento per parlare dei libri, così ti farò sapere anche del murales e, oh, grazie mille per la merenda” bella come il sole e col viso arrossato, Rapunzel andò via.
Ma Flynn non ebbe molto tempo per rimanere da solo: “Allora Rider, c’è qualcosa di cui vuoi parlarci?” mai gli sguardi dei suoi amici lo inquietarono tanto.
 
“E dovresti vederlo Fergus! Il mio ragazzone nel campo da rugby è un portento!” era da circa un quarto d’ora che MacGuffin sproloquiava sulle superlative qualità del figlio, figlio che tra l’altro non era in grado di formare frasi di senso compiuto … le carotine non sono mai state così interessanti sbuffò mentalmente Merida, spappolando sedicesima carota bollita – si, stava tenendo il conto- quando Macintosh attirò la sua attenzione: “Un giorno capirai anche tu, vecchio mio, aspetta che quei tre birbantelli diventino grandi e capirai le vere gioie di essere padre!”
“Il tutto elevato al cubo!” concordò MacGuffin, sorridendo al piccolo Hamish, che però preferì contraccambiare con una linguaccia. Bravo piccolo! La ragazza doveva ricordarsi di conservargli una fetta di dolce …
“A dire il vero, non ho alcun bisogno di aspettare, la mia Merida mi rende già più che orgoglioso” ammise Fergus in un attacco di amore paterno, dimostrando che qualcuno a quel tavolo era ancora in grado di ragionare, peccato che evidentemente fosse un’eccezione: “Senza offesa, ma la danza e il canto, per quanto adorabili, non possono competere con i veri sport!” Dingwall, finito di ripulire il piatto, s’intromise nella discussione, ansioso di dimostrare quanto anche lui fosse ottuso.
 Merida non riuscì più a trattenersi: “Non so ballare e, per fortuna di tutto l’universo, non mi dedico al canto. Tiro con l’arco e faccio parte della squadra di atletica mista, quindi gareggio anche contro ragazzi e, permettetemi di aggiungere, anche con notevole successo … mi pare che questi siano veri sport” il tono insolente e irritato le fece guadagnare un’occhiataccia dalla madre, ma l’appoggio di Fergus era tutto per lei e le facce sorprese dei tre uomini valevano la qualsiasi. Girl power, bitch!
Ovviamente però, Macintosh e la sua mente ridotta, riuscirono a rovinare questo momento di totale trionfo: “Una signorina con i pantaloni, eh? Fergus non è che hai combinato qualche guaio durante il concepimento? Ah! Poveretto chi riuscirà a metterle l’anello al dito!” il tono non era offensivo, divertito piuttosto, e la mente ridotta sopracitata non gli permetteva di comprendere di essere stato un perfetto cafone. Rossa in volto, Merida era pronta a risultare ben più insolente di prima, anzi, era pronta ad iniziare una vera e propria rissa per difendere il suo onore e magari, se sbatte la testa abbastanza violentemente, ricomincia a pensare … stava immagazzinando abbastanza aria nei polmoni per cominciare a sbraitare, quando un calcio sotto al tavolo la distrasse momentaneamente dal suo violento intento.  Incrociò lo sguardo eloquente della madre e si costrinse a mordersi la lingua trattieniti, trattieniti, trattieniti. Nemmeno a Fergus doveva essere sfuggito lo sguardo furente della figlia e prese la saggia decisione di allontanarla dai suoi ospiti: “Prima del dolce, perché non parliamo tra uomini? Tesoro, tu accompagna i ragazzi in taverna e divertitevi un po’”.
 
L’idea che quei tre tipi violassero la sua taverna, non le piaceva granché. Era una stanza piuttosto grande dove si riuniva spesso tutta la famiglia, ognuno impegnato nelle proprie attività, ma comunque vicino agli altri, era un luogo sacro di unione e amore familiare e nessuno di quei tre sbruffoni era minimamente degno di metterci piede.
Il giovane Macintosh occupò, senza troppi complimenti, la grossa poltrona di Fergus ed iniziò a guardarsi intorno con aria annoiata: “E adesso che si fa?”
“Football di noi parlare potremmo” propose a stento il giovane MacGuffin, fortunatamente averlo sentito parlare tutta la sera aveva allenato l’orecchio di Merida e degli altri, riordinare le sue strambe frasi era diventato quasi divertente.
“Certamente, ma non vorrei mai offendere la padrona di casa … probabilmente preferisci parlare di make-up” a differenza del padre, il giovane Macintosh, sapeva bene quando una sua frase poteva risultare offensiva e vedere il fastidio sul volto altrui era certamente la parte che lo divertiva di più, peccato avesse trovato pane per i suoi denti: “Sarebbe fantastico! Sono certa che potrei imparare molto da un esperto come te, sei così grazioso che il correttore si nota appena” la controffensiva di Merida scatenò l’ilarità degli altri due ragazzi e alla fine fu la faccia di Macintosh quella a tingersi di fastidio.
“Detto questo, chi vuole una birra?” propose allegramente la rossa, forse, se si interveniva in tempo, i giovani MacGuffin e Dingwall sarebbero potuti risultare una compagnia quantomeno accettabile.
“Tu bevi birra? Non è molto femminile come cosa” ecco, era sembrato troppo bello, MacGuffin rimane la mia unica speranza.
“Probabilmente hai ragione, ma anche Macintosh lo fa, quindi suppongo vada bene” scrollò le spalle con fare indifferente, ma non risparmiò l’ospite preso di mira da un’occhiata ironica. Occhiata che fu la classica goccia che fa traboccare il vaso.
“Hai finito con queste battute da quattro soldi?” il ragazzo si alzò furibondo dalla poltrona, effettivamente Merida aveva esagerato e lo sapeva ma ha iniziato lui!
“Allora smettila di fare battute da quattro soldi sulle ragazze, o userò altri modi per dimostrarti che non siamo affatto inferiori” Non c’era nulla da fare, era una guerrafondaia.
“Femminile non figura inferiore è, diverso ma noi siete da oggettivamente, offesa tuoi nessuna confronti”
In un momento di silenzio perplesso, Merida e Macintosh, sul punto di scannarsi un attimo prima, si scambiarono uno sguardo confuso. “Questo è troppo anche per noi”
“Credo volesse dire” intervenne Dingwall “Che nessuno vuole offendere le ragazze, ma bisogna ammettere che sono obbiettivamente diverse dai ragazzi” un applauso da MacGuffin confermò la sua interpretazione.
“E perché mai dovremmo essere diverse? E’ vero, ad alcune piacciono cose stupide, come il rosa o gli unicorni o gli One Direction, ma anche a diversi ragazzi piacciono cose stupide” i tre si scambiarono uno sguardo poco convinto, poverini non era colpa loro se erano stati cresciuti con una mentalità limitata.
“Come posso dimostrarvi di non star sparando cazzate?” chiese esasperata Merida, più a se stessa che a loro, le serviva un’idea … cosa? Una sfida di bevute? Una rissa? Un ... una sfida a freccette! L’illuminazione le era venuta grazie al tirassegno appeso alla parete di fronte, erano anni che lei e suo padre ci perdevano serate intere, con il sottofondo di Elinor che si lamentava su quanto fosse poco adatto ad una bambina quel barbaro gioco da bar. Perfetto.
“Vi sfido. Se riesco a battere tutti e tre voi pseudo – uomini, non oserete più pronunciare frasi che implichino l’idea inferiorità o ineguaglianza femminile per tutto il resto della vostra vita e dovrete ammettere la sconfitta davanti a tutti” guardò fisso i tre ragazzi cercando segni di tentennamento, ma sapeva che erano troppo orgogliosi per rinunciare e sperava di potersi fidare del loro senso dell’onore.
Recuperò la vecchia tazza scheggiata dove conservavano le freccette e ne consegnò una ad ognuno con aria solenne, tenendone tre per se stessa. Macintosh fece un passo avanti, sarebbe stato il primo a tirare, ma esitò per un momento: “E se sarai tu a perdere? Rimangerai tutto quello che hai detto?”
“Certamente”
Il ragazzo prese un respiro profondo, spostò un ciuffo di capelli dall’aria tanto fastidiosa quanto setosa e tirò. La freccetta fendette l’aria con decisione, ma mancò clamorosamente il bersaglio, mandando in crisi il giocatore e facendo spuntare un sorriso vittorioso sul viso della ragazza. “Non cantare vittoria, puoi ancora perdere!” l’ammonì Macintosh, mentre spingeva MacGuffin a provare, se quel mastodonte sapeva giocare a football sarebbe riuscito a lanciare una freccetta, no?
Effettivamente il tentativo del ragazzone andò meglio, riuscì perlomeno a colpire il bersaglio, sebbene nella sua parte più esterna. La frustrazione di Macintosh era tangibile.
Fu la volta di Dingwall, ma il ragazzo era troppo scoraggiato dai fallimenti degli amici per metterci impegno, tirò così a caso, senza restare a guardare cosa avrebbe colpito il suo dardo.
 “Non ci credo” sibilò Merida, spingendo l’ultimo sfidante a voltarsi … aveva fatto centro! “Beh, nessun problema” aggiunse la ragazza, non voleva certo mostrarsi preoccupata, avrebbe dato troppa soddisfazione a Macintosh. Ora toccava a lei.
Superare il punteggio di Mr. Capelli-da-sogno non sarebbe stato difficile, ma Merida voleva dare spettacolo e con il primo colpo fece già centro.
Il massimo punteggio le permise di battere anche MacGuffin.
“Non credi mica di poter centrare il bersaglio per tre volte?” concentrata com’era sul lancio, non si rese nemmeno conto di chi avesse pronunciato la frase, nella sua mente sentiva solo il proprio respiro e vedeva soltanto il cuore del tirassegno.
Tirò.
Per un attimo tutti trattennero il respiro, fin quando un rumore confermò che si, Merida aveva centrato il bersaglio tre volte.
“Yaaaaaaaaaa!” urlò in un eccesso di gioia, iniziando a saltare qua e là per celebrare la sua vittoria schiacciante. Dingwall e MacGuffin, sportivamente, si congratularono con lei mentre Macintosh non riusciva proprio a reprimere il broncio. Era stato ferito nell’orgoglio.
Richiamati dagli schiamazzi, gli adulti fecero il loro ingresso nella taverna chiedendo quale fosse la causa di tanta agitazione.
“Papà prendi la birra! Li ho battuti! Li ho battuti tutti!” esultò la ragazza.
“Merida! Ma di cosa stai parlando? E da quando bevi birra? Oh cielo! Il tuo vestito!” Elinor afferrò la figlia per un braccio per poter osservare meglio un brutto strappo sul vestito nuovo. “Te l’ho detto che era troppo stretto, muovendomi per giocare deve aver ceduto” si giustificò la ragazza, troppo euforica per mostrarsi davvero dispiaciuta e troppo impaziente nel vedere l’ammissione dei tre ragazzi che, bisogna ammetterlo, non tardò ad arrivare: “Merida ci ha dimostrato come le ragazze possano essere superiori ai ragazzi, ha battuto onestamente tutti e tre in una sfida che avrebbe dovuto favorire il cromosoma Y. Siamo stati tutti degli idioti a pensare che avere le tette sia una debolezza” il giovane Macintosh aveva parlato con fermezza, nelle sue parole si poteva appena cogliere qualche nota di fastidio e irritazione, ma nulla che non fosse dovuto a qualcuno che aveva appena perso una scommessa.
Gli uomini guardavano stupefatti il gruppetto di giovani, ma, di fronte ad una tale ammissione di colpa, non ebbero il coraggio di aggiungere nulla. Magari anche loro avrebbero imparato qualcosa quella sera.
“Bene! Adesso che siamo tutti d’accordo, andiamo a prenderci quelle birre!” l’idea dell’alcool riportò l’allegria nella comitiva, solo la povera Elinor era demoralizzata dall’idea della sua povera casa piena di uomini ubriachi, avrebbe fatto bene a controllare quanti bicchieri sarebbero stati riempiti. Tutti si spostarono dalla taverna per tornare in salone, ma questa volta fu Merida ad esitare: “Paul, aspetta un attimo!” il giovane Macintosh si fermò sorpreso, ormai i due erano soli nella grande stanza e si poteva sentire l’eco delle risate altrui, a quanto pareva Fergus aveva iniziato a cantare.
“Paul, sai il mio nome?” chiese con sarcasmo il ragazzo, l’aver ammesso i suoi errori non significava che avesse iniziato a nutrire un profondo affetto nei confronti della ragazza dai capelli a cespuglio, anzi …
“Mi dispiace di aver esagerato sta sera, non volevo risultare cattiva, insomma non ho niente contro di voi
Noi chi? Noi ragazzi? Beh lo voglio ben sperare, sarebbe seriamente un problema …”
Voi omosessuali” lo interruppe “Lo sai che l’ho capito e, per quanto vale, non mi importa un granché di chi ti porti o meno a letto, questo non ti rende una persona diversa … se non sei Mr. Simpatia non è certo per colpa dei tuoi gusti sessuali” lo pensava davvero, credeva in ogni singola parola che aveva pronunciato e ci credeva con tutta se stessa. Sapeva cosa significava essere additata come sbagliata, lei era sbagliata perché non le interessavano le scarpe col tacco, era sbagliata perché non aveva nemmeno i buchi alle orecchie, era sbagliata perché non aveva mai fatto la stupida dietro un ragazzo, cosa che aveva fatto mettere in dubbio più volte la sua sessualità rendendola stanca di ripetere continuamente “No, non sono lesbica”.
Ci aveva messo un po’, ma alla fine l’aveva capito, lei non era sbagliata, lei era solo Merida e pazienza se agli altri non andava bene, non aveva bisogno di chi non riusciva ad amarla così.
“Non ho idea di che cosa tu stia parlando” rispose con noncuranza Macintosh, ma intimamente grato di quella piccola precisazione, forse un giorno sarebbe riuscito ad ammettere la verità.
 


N.A.
OMMIODDIO SCUSATEMIIIIIIII!!!!!
Non solo sono in abominevole ritardo - probabilmente qualcuno era pronto a chiamare "Chi l'ha visto?"- ma non ho nemmeno la minima idea di come sia il risultato finale di questo lungo parto. Il capitolo è stato scritto in mesi e mesi, quindi non oso immaginare quanto appaia frammentato, ma dovevo pubblicarlo. 
7000 parole che mi pesavano sullo stomaco, dovevo liberarmene, andare avanti e sperare di essere più attiva. Gli ultimi mesi di scuola sono stati un casino, poi gli esami (ehy! ho portato una tesina sulla Disney!) e ora sto studiando per entrare all'università ... vi chiedo comprensione. 
Ora mi affido a voi e alle vostre recensioni, che non mi sono mai state tanto necessarie. Ho bisogno anche di voi per rientrare in carreggiata.
Come sempre vi amo e amo i vostri messaggi (siete carinissime!) 
Un caldo abbrccio
_Lyss

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