L'incomprensibile ironia del globo

di Jane Ale
(/viewuser.php?uid=169666)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'immane lotta tra bene e male ***
Capitolo 3: *** Enny furiosa ***
Capitolo 4: *** Le eroiche battaglie di Enny ***
Capitolo 5: *** Tortuosi sentieri della vita ***
Capitolo 6: *** Io non fingo ***
Capitolo 7: *** Baci e bugie ***
Capitolo 8: *** Al peggio non c'è mai fine ***
Capitolo 9: *** Troppe verità ***
Capitolo 10: *** Illuminazione ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will


 

 

 

 

 

 

 

 

Prologo


Mi ero sempre ritenuta soddisfatta della vita che conducevo, avevo un padre e una madre felicemente sposati, una sorella minore vanitosa, ma, in fin dei conti, adorabile, una casa nella quale vivevamo felicemente e abbastanza persone che mi volevano bene.

Non avevo mai pensato di cambiare qualcosa, ero fortunata e ritenevo di non aver bisogno di chiedere più di ciò che la vita mi aveva dato.

Eppure non avevo previsto che qualcosa potesse alterare l’equilibrio che mi era stato donato, non avevo mai pensato che qualcosa avrebbe potuto cambiare in maniera irreversibile. Quale calamità naturale avrebbe potuto capovolgere tutto ciò che conoscevo?

Ebbene, bastò l’arrivo di un perfetto sconosciuto nella mia casa per sconvolgere la mia famiglia, il fantastico equilibrio che tanto amavo, ma, soprattutto, me.

Il perfetto sconosciuto si chiamava William Reddington, un bullo di strada che mia madre si era offerta di ospitare in casa nostra finché il giudice non avesse deciso del suo futuro. Perché mia madre, la bellissima Sierra Dawson, era una cavolo di assistente sociale con un senso materno fin troppo diffuso, così diffuso che aveva deciso di adottare un teppistello qualsiasi e di ospitarlo in casa nostra pur di non lasciarlo per strada. Ammirevole, se non avesse cercato di farmi impazzire fin dal primo momento.

 

E così, in una domenica di sole, William Reddington  entrò in casa Dawson portando scompiglio nella vita di ogni membro della famiglia, soprattutto in quella della dolce Evanna Dawson.

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice

Salve a tutti!

Ebbene sì, sono di nuovo qui con una nuova storia. Lo so, sembra quasi che non riesca a portarne a termine nemmeno una. In realtà sono tutte in via di scrittura, ma avevo davvero bisogno di cominciare qualcosa di meno triste. L'incredibile ironia del globo è una storia romantica senza pretese, a tratti quasi divertente. A volte serve staccare un po' la spina per dedicarsi a qualcosa che ci piace, ma che non affatichi corpo ed anima.

Spero che vi divertiate e vi affezioniate ad Eve e Will proprio come sto facendo io.

Un bacione,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'immane lotta tra bene e male ***


L'incomprensibile ironia del globo,
ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

1. L'immane lotta tra bene e male


Erano le sette e trenta quando decisi ad alzarmi dal letto. Avevo lasciato che la sveglia suonasse per ben trenta minuti senza fare niente, poi mia madre era entrata e, con fare non proprio calmo e rilassato, mi aveva intimato di far tacere l’aggeggio che continuava ad emettere un suono noiosissimo. A quel punto avevo dovuto costringere il mio corpo ad alzarsi, vestirsi, lavarsi, afferrare la borsa con i libri e recarsi al piano di sotto per la colazione.

-Buondì!- salutai la mia famiglia già seduta al tavolo.

-Buongiorno Eve!- mi salutò mio padre imburrando la sua fetta di pane.

Mathilda, mio sorella, stava infilando tre dita nel barattolo della crema al cioccolato, ma mia madre fu più veloce e lo ripose nello sportello in alto.

-Smettila Tilly, hai già mangiato abbastanza cioccolato. Eve, vuoi le frittelle?- mi chiese.

-No, grazie mamma, mi basta una fetta di pane e il succo.-

Amavo la mia famiglia, per quanti difetti potesse avere, non l’avrei scambiata con nessun’altra. Mio padre, Jerry, era un dentista, uno dei pochi in città e, nonostante non potesse essere sempre presente, non aveva mai trascurato “le sue donne”, come ci chiamava lui; Sierra, mia madre, lavorava come assistente sociale in un grande centro culturale, sociale e amministrativo in città. Si trattava  di una novità, aperto da solo tre anni, il centro riusciva a dare assistenza e sostegno in vari campi non solo ai cittadini, ma anche agli stranieri. Ero molto orgogliosa del lavoro che mia madre e le sue colleghe svolgevano per la comunità. Poi c’era Mathilda, mia sorella: aveva 9 anni ed era convinta di essere una star famosa in tutto il mondo. Nonostante i suoi atteggiamenti da diva e la sua furbizia oltremodo sfruttata, le volevo bene e ci tenevo ad essere un buon modello per lei.  Infine Duff, il barboncino che girava per casa come il padrone del mondo e che io non riuscivo a vedere come simpatico “amico dell’uomo”, ma solo come una bestia pronta a sbranarci (sì, avevo attitudini melodrammatiche tendenti alla tragedia).

Perfetta a mio avviso. Era così che avrei definito la mia famiglia, perlomeno fino a due giorni prima. Ovvero quando il tizio è arrivato.

-Non scende?- chiesi alla mamma riferendomi a lui.

-Eve, non essere crudele, non usare quel tono. E no, non voglio svegliarlo, ha ancora bisogno di ambientarsi. Oggi pomeriggio ho un colloquio al centro, decideremo cosa fare.- mi rispose con quel tono comprensivo che usava quando si calava nella veste lavorativa.

-Mamma, ti rendi conto che potrebbe essere uno zombie assassino o un fantasma? Nessuno lo vede mai e non esce da quella stanza da due giorni!- dissi stridula.

-Però è bello.- disse Tilly.

Le lanciai un’occhiata torva. –Sei troppo piccola per fare commenti del genere e si capisce benissimo che i tuoi gusti sono ancora precari e non ben definiti.-

Mio padre fece un risolino, mentre la mamma alzava gli occhi al cielo. Non vedevano niente di strano nel fatto di ospitare un perfetto estraneo in casa, per lo più un perfetto estraneo con precedenti penali che non si faceva mai vedere. Lo avevo incrociato solo due giorni prima, quando era arrivato da noi con un borsone pieno di quelle che dovevano essere le sue cose. Era piuttosto alto, castano, con due enormi occhi azzurri. Non si poteva definire proprio brutto, ma non avrebbe mai battuto il mio amato Ian Somerhalder. Lo avevo salutato sforzandomi di sorridere (sotto lo sguardo minatorio di mia madre) e mi ero presentata, ma lui mi aveva appena guardata, poi si era voltato chiedendo dove fosse la sua stanza e da lì non era più uscito. La mamma continuava a portargli i pasti in camera, ma io mi ero accorta che la mia scorta di biscotti ai cereali e cioccolato era stata saccheggiata, motivo per cui avevo dedotto che, qualche volta, il ladro scendeva per rapinarmi. E il mio odio per lui aumentava.

Mi alzai dalla sedia e feci per andarmene, poi mi ricordai una cosa.

-Ah, mamma, il tuo ospite ha finito il mio dentifricio alla menta forte, non è che potresti ricomprarlo? E, casomai, spiegargli di usare l’altro bagno? Grazie, ti adoro.- le dissi avviandomi alla porta per non darle il tempo di ribattere.

Uscii in strada e mi avviai alla fermata dell’autobus (non mi era concesso utilizzare l’auto per andare a scuola, secondo i miei genitori non c’era bisogno di produrre ulteriore inquinamento per un tratto così breve), dove trovai Lisa. Io, lei e Jean eravamo amiche dall’inizio dei tempi e, nonostante tutti i litigi che avevamo affrontato dall’infanzia, eravamo unite come non mai. Lisa era un ragazza magra e slanciata, con occhi marroni e lunghi capelli biondi, ereditati dalla madre di origini svedesi. Jean, invece, aveva una cesta di capelli rossi e riccioluti e dei fantastici occhi grigi. L’una l’opposto dell’altra, ritenevo che le mie amiche fossero entrambe bellissime.

-Lis!- la chiamai.

-Eve, come va? Il tizio?- mi chiese conoscendo la mia avversione per quell’intruso.

-Segregato come sempre. Comincio a pensare che abbia qualcosa di strano.-

Lei rise. –Fino ad ora, invece, lo ritenevi una persona normale?-

-No, ma almeno credevo fosse umano.-

Chiacchierammo tranquillamente fino a scuola, dove trovammo Jean ad aspettarci.

-Buongiorno!- ci salutò schioccando ad entrambe un bacio sulla guancia.

-Come va?- le chiesi.

-Benissimo. Ieri sono uscita di nuovo con Aiden, è stato così gentile.- diceva non riuscendo a trattenere un sorriso enorme. Aiden era il ragazzo che Jean frequentava da due settimane, quando, finalmente, lui le aveva chiesto di uscire dopo giorni di occhiate e mezzi saluti imbarazzati.

-Ti ha baciata?- chiese Lisa facendosi riconoscere per l’attenzione al lato pratico di ogni situazione.

Jean arrossì leggermente. –Beh, diciamo che ci siamo baciati, sì.-

-Quindi l’hai baciato tu?- continuò la mia pazza amica bionda, alla quale non era sfuggita la correzione.

-Potrebbe essere!- rispose l’altra con uno strano sorriso.

-Jean!- trillammo io e Lisa.

-Ragazze, dopo due settimane qualcuno doveva pur provvedere.- e scoppiammo tutte e tre a ridere mentre camminavamo verso la nostra aula.

La prime due ore di lezione, letteratura inglese, con la professoressa Grant, passarono velocemente. Ero sempre stata molto capace in letteratura e il mio amore per la lettura e la scrittura mi avevano sempre aiutata. Al contrario della matematica: la odiavo con tutta me stessa, nonostante avessi ottimi voti.

La lezione successiva, biologia, sembrava non finire mai, così cominciai a mandare bigliettini alle mie amiche per passare il tempo che ci separava dal pranzo.

Il pranzo era il momento che preferivo in tutta la giornata scolastica, potevo mangiare, chiacchierare e…guardare. Guardare cosa? Le ragazze, i ragazzi, Dean…

Dean era il mio sogno: era un ragazzo alto, biondo, profondi occhi neri e addominali da non dormire la notte. Mi ero innamorata di lui la prima volta che l’avevo visto e per anni l’avevo ritenuto il perfetto principe azzurro. Naturalmente non avevo mai trovato il coraggio di rivolgergli parola, ero troppo suggestionata dalle oche impazzite che gli vorticavano attorno e dal suo charme. In fin dei conti era un po’ come un attore famoso: guardare, ma non toccare, solo alcuni avevano il privilegio di essere ammessi al suo cospetto. E io mi ero rassegnata a guardare.

Quando la campanella suonò, mi alzai di scatto.

-Andiamo?- chiesi raggiante.

-Scommetto che vuole vedere Dean.- sussurrò Lisa a Jean.

-Ovvio che voglio vedere Dean. Dai, vi prego! Voi avete sempre un maschione in carne ed ossa con il quale soddisfare i vostri occhi, io posso solo ammirare da lontano.- dissi facendo sporgere il labbro inferiore per sembrare più tenera.

-Anche lui è in carne ed ossa, Eve. E io non ho maschioni in carne ed ossa con cui passare il tempo.- precisò Lisa.

-Solo perché l’ultimo che ti si è avvicinato è stato scaricato dopo qualche settimana.- le dissi.

-Troppo smielato.-

-Lisa, trovare un ragazzo che ti rispetta e mostra di tenerci non è una cosa smielata.- disse Jean.

-Povera cara, si sta per innamorare. Dobbiamo trovare una cura.- asserì Lisa avviandosi verso la mensa.

Dopo aver preso posto al nostro solito tavolo, cominciai la mia scansione quotidiana: come sempre Dean era seduto a due tavoli di distanza da noi con i suoi amici del basket e qualche ragazza che era riuscita ad infiltrarsi. Una in particolare era solita sedersi con loro da qualche giorno e non mi piaceva per niente. Lisa mi aveva detto che faceva parte della squadra di pallavolo e si chiamava Pearl. Che cavolo di nome è Pearl? Fisico perfetto, capelli perfetti, labbra perfette. Accidenti al destino che non mi aveva dato un nome abbastanza strano per diventare una ragazza popolare al livello di Pearl!

Sbuffai. –La odio.-

-Non hai niente da invidiarle.- mi disse dolcemente Jean.

-Se non il fatto che lei con Dean non ci ha solo parlato.- aggiunse Lisa. Jean la fulminò.

-Che ne sai?- le chiesi malamente.

-Si vede.-

Che risposta era “si vede”? Non si vedeva per niente. Non vedevo nessuna scritta lampeggiante sopra le loro teste, dunque nessuno poteva affermare con certezza che fossero stati a letto insieme. Eppure il sospetto…

-Da cosa?- le domandai.

-Dall’atteggiamento di lei quando lui la guarda. Si vede che sono stati, per così dire, intimi e lei non fa niente per celarlo. Anzi, sembra quasi che voglia alludere a un bis.- mi spiegò Lisa.  La mia amica, come si è capito, aveva avuto diverse esperienze nel campo, al contrario di me che, ovviamente, sguazzavo nella mia privata piscina di ingenuità e imbranataggine.

-Oh.- fu tutto ciò che risposi.


Quando tornai a casa, mi lasciai cadere sul divano. Socchiusi gli occhi e decisi che dieci minuti di sonno non avrebbero fatto del male, per di più ero sola in casa, nessuno mi avrebbe potuto rimproverare. Appoggiai la testa sul primo cuscino che riuscii ad afferrare e mi rilassai. La mia mente stava vagando in un universo parallelo nel quale io e Dean ci incrociavamo nel corridoio, lui mi notava e, abbagliato dalla mia bellezza, mi chiedeva di uscire con lui; sognavo già il nostro primo appuntamento, il secondo, il primo bacio che mi avrebbe dato, ma un rumore proveniente dal piano di sopra mi fece drizzare. Un ladro? Un assassino? E io ero sola ed indifesa. Mi alzai ed afferrai il candelabro che si trovava sopra il caminetto e mi appostai dietro la colonna che divideva il salotto dall’anticamera dove si trovavano le scale. Il killer cominciò a scendere le scale rumorosamente, mentre il mio cuore batteva freneticamente dalla paura. Contai i suoi passi sugli scalini e, quando seppi che era arrivato all’ultimo, mi preparai allo scontro. Sinceramente, non sapevo nemmeno da dove mi fosse venuta la pessima idea di affrontare un probabile pazzo psicotico che si era introdotto in casa mia con mezzi illeciti per derubarmi o, peggio, uccidermi. Respirai profondamente e mi scagliai contro il killer. Stavo per colpirlo in testa e abbatterlo al suolo con la mia potenza, ma questo mi afferrò per il braccio.

-Che cazzo stai facendo?- mi gridò.

Alzai lo sguardo per vedere la faccia del mio aggressore e non potei fare a meno di sentirmi la persona più idiota sulla faccia della terra: il tizio, mi ero completamente, totalmente dimenticata della sua presenza in casa.

-Oddio, scusami! Cacchio, tizio, mi ero dimenticata.. Potevo ucciderlo, accidenti.- borbottai un po’ a lui e un po’ tra me.

Lasciò il mio braccio e mi guardò perplesso. –Tizio?-

-Sì, insomma..non sapevo il tuo nome..Non potevo certo inventare!- dissi mettendomi sulla difensiva.

-Prova con Will.- mi disse.

-Oh..bene. Will. E io sono Evanna.-

-Ti sei già presentata.- fu ciò che mi disse con un irritante tono di superiorità.

-Pensavo che fossi sordo.- lo provocai.

-No, ero semplicemente irritato dalla tua voce.- ghignò mentre i suoi occhi azzurri luccicavano. “Carini”, pensai, mentre una voce interiore mi correggeva con “Belli”.

-Brutto str..- borbottai.

-Dicevi?-

-Che sei uno stronzo!- gli urlai in faccia.

Rise. –Oh, che parolone. Se lo sapesse la mammina.-

-Mia madre ti ospita in casa nostra e tu osi prenderla in giro?- ringhiai.

-No, Sierra è una donna simpatica. Peccato che la sua primogenita non sembri neppure sua figlia.- e si avviò verso la cucina con quel ghigno schifoso stampato sul volto.

Guardai la sua schiena allontanarsi e parlai. –La guerra è appena cominciata, ti farò fuggire a gambe levate da questa casa.-

-Parli della guerra tra bene e male? Non impegnarti troppo, non hai speranze.- mi sorrise malignamente.

-Tu sei di sicuro il male.-

-Senza dubbio.- mi rispose trapassandomi con l’azzurro dei suoi occhi facendomi rabbrividire. Poi si voltò per andarsene. Poi, dalla cucina, mi gridò: -Ah, ti ho ricomprato il dentifricio, così non rompi a tua madre.-

Non lo ringraziai neppure. Salii in bagno, feci una doccia veloce e mi lavai i denti. Non avevo guardato la confezione del nuovo dentifricio, ma il sapore nella mia bocca era inconfondibile: schifosissima fragola. Lo sputai disgustata e urlai.

Ero troppo impegnata a vedere rosso per accorgermi che qualcuno, dall’altra parte della porta, ridacchiava divertito pensando al vantaggio che aveva appena guadagnato.

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

Salve di nuovo,

per la seconda volta in meno di ventiquattro ore torno a tormentarvi. Il primo capitolo era pronto, quindi non ho resistito e ho deciso di pubblicarlo.

Spero vi piaccia. :)

Un bacione,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Enny furiosa ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Enny furiosa

 


Inforchettavo violentemente le verdure e sbuffavo.

Masticavo con aria assorta e sbuffavo.

Ingurgitavo mezzo litro d’acqua  e sbuffavo.

-La vuoi piantare?- mi fulminò Lisa. Sbuffai un’altra volta e vidi il suo sguardo omicida comparire.

-C’è qualche problema, Eve? Vuoi parlarne?- mi chiese Jean con il suo solito tono pacato.

Era stupido che non volessi confessare alle mie amiche cosa stesse mettendo a dura prova il mio stato d’animo, ma mi vergognavo ad ammetterlo, era un fatto troppo idiota per causare una reazione come quella. Alla fine, però, mi arresi.

-Il tizio.- sputai fuori rabbiosamente.

-Ancora lui? Mamma mia che palle, Eve! Cosa è successo? Ancora dentifricio alla fragola?- mi prese in giro Lisa.

Ignorai la sua provocazione, ricordando ancora il sapore schifoso della fragola nella mia bocca, e le raccontai cosa era successo la sera prima: la mamma era tornata dal centro entusiasta; era andata a fare la doccia canticchiando, si era asciugata i capelli cantando ad alta voce e poi era scesa a cucinare la cena portandosi dietro la radio per poter continuare a cantare. Per quanto amassi la voce di quella donna, quando si esibiva in concerti privati per la famiglia, poteva voler dire solo una cosa: ottime notizie sul lavoro. Una promozione? Un nuovo caso di bullismo? (sì, mia madre adorava l’idea di redimere un numero sempre maggiore di “piccoli criminali”, come li definivo io). Ebbene no, nessuna di queste era la risposta. Solo dopo aver fatto sedere tutti attorno al tavolo, Will compreso, aveva sganciato la bomba con un tono oltremodo allegro: il tizio sarebbe venuto nella mia scuola dalla settimana successiva.

Le gioie della vita!

La mamma aveva discusso con le sue colleghe e il preside della scuola e, alla fine, avevano convenuto che il modo migliore per inserire William nella società fosse quello di farlo integrare con i suoi compagni. E quale modo migliore, se non quello di mandarlo nella stessa scuola di quella che, al momento, rappresentava parte della sua famiglia provvisoria? (Porca vacca, io!). L’amatissimo ospite non si era mostrato troppo inorridito alla notizia, anzi sembrava che non gliene importasse niente, mentre io avevo avvertito il panico crescere a dismisura.

Tragedia di dimensioni apocalittiche! Cosa avrebbe pensato la gente sapendo che viveva in casa mia? Sarei diventata un’emarginata sociale. E se si fosse fatto degli amici poco raccomandabili e li avesse invitati a casa? O peggio, se avesse trovato una ragazza? Ero terrorizzata al solo pensiero di cosa sarebbe potuto succedere nella camera adiacente alla mia. Ma non avrei permesso niente di ciò: avevo letto un sacco di libri su ragazzi di strada che cercavano di rifarsi una vita normale e sapevo perfettamente come procedere per preservare la mia vita dalla sua pessima influenza.

Eppure il peggio non era ancora arrivato. Dopo cena, infatti, qualcuno aveva bussato alla mia porta e mi ero trovata davanti proprio lui, il criminale a riposo.

-Sierra mi ha dato l’orario. Ha chiesto se potevi controllare se avevamo qualche corso in comune.- mi aveva detto, ma il suo atteggiamento era completamente disinteressato.

Avevo guardato l’orario e sbarrato gli occhi: avevamo quasi tutti i corsi in comune. Mamma!!! Sapevo che lo aveva fatto di proposito, voleva che aiutassi il disgraziato che mi stava davanti, anche a costo di rovinarmi l’esistenza.

-Mmm, sì qualcosa in comune l’abbiamo.- avevo detto cercando di dissimulare la mia ira.

Evidentemente se ne era accorto, perché un ghigno era apparso sul suo volto. –Qualcosa? Ho l’impressione che passeremo molto tempo insieme, Evanna.- ed era scoppiato a ridere.

Avevo repirato profondamente e ignorato la sua risata. –Chiamami Eve, mi piace di più.- gli avevo detto sprezzante.

-Eve? Come New Year’s Eve?- aveva chiesto trattenendo a stento una risatina divertita. –Assolutamente no, già sei acida e zitella, non posso chiamarti con un nome così orribile. Sarebbe troppo! Enny è più carino, non trovi?-

Non seppi se essere offesa per quello che aveva detto di me, o negativamente sorpresa per il suo cattivo gusto in fatto di soprannomi. Enny? Ma cos’ero, una renna di Babbo Natale? Se ne era accorto anche lui, perché aveva continuato a prendermi in giro.

-Su, chiudi la bocca Enny, sennò finirai per ingoiare una mosca. E poi non devi essere sorpresa, è troppo evidente la tua zitellaggine.- aveva detto serio passandosi una mano tra i capelli già spettinati.

-Ascoltami bene tiz…William…Will, o come cavolo ti chiami, per tua informazione io non sono né acida, né zitella. Sono una persona solare, allegra, estroversa e carina. Non so cosa ti abbiano insegnato mentre ti addestravano per diventare un criminale, ma la gente normale non offende le persone appena conosciute. Non puoi giudicarmi così dal niente!- gli avevo urlato.

-Ma tu puoi, non è vero?- mi aveva risposto glaciale.

Mi ci era voluto qualche secondo per capire cosa avessi combinato, ma quando ci ero arrivata, lui aveva già sbattuto la porta della sua camera.

Rimproverandolo per avermi dato della zitella, lo avevo giudicato senza neppure conoscere la sua situazione e il suo passato; mi ero permessa di definirlo un criminale, senza sapere quali fossero le sue colpe. Ero la persona peggiore sul pianeta e non ero riuscita nemmeno a trovare il coraggio per andare a scusarmi.

Alla fine del mio racconto, Jean e Lisa mi guardavano stupefatte.

-Eve, tu non sei una persona cattiva, hai solo tirato fuori la tua parte più oscura. Hai esagerato, è vero, ma puoi sistemare tutto.- mi disse Jean per tranquillizzarmi.

-E come? Quel ragazzo tira fuori il peggio di me, non avevo mai trattato nessuno così.- mi lamentai.

-Tira fuori il peggio di te perché ancora non ti sei rassegnata che, per una volta, la tua famiglia voglia aiutare qualcuno di esterno. Cerca di fare uno sforzo e scusati al più presto. Non ti porterà via le persone a cui vuoi bene, Eve.-

Riflettei sulle parole di Jean: che la mia fosse realmente paura di perdere la mia famiglia? Non l’avevo mai pensata sotto questo punto di vista. Ma no, troppo infantile. Si trattava di puro e semplice odio verso i teppisti, niente di più. Comunque annuii alle parole della mia amica.

-E tu cosa ne pensi?- chiesi a Lisa che, fino a quel momento, era rimasta in silenzio.

-Sono d’accordo con lei.- disse riferendosi a Jean. Poi: -Almeno è figo?-

Scoppiammo tutte e tre a ridere. Lisa era pur sempre Lisa.


Erano le quattro e mezzo. Trenta minuti esatti da quando ero tornata a casa da scuola e ancora non avevo avuto il coraggio di andare a bussare alla porta di William per scusarmi. E dovevo pure sbrigarmi, mia sorella sarebbe rientrata da scuola in meno di un’ora.

Mi recai di fronte alla sua stanza, chiusi gli occhi e, chiamando a me tutto il coraggio che avevo, bussai. Il suo “Avanti” mi arrivò un po’ ovattato, ma mi bastò per aprire la porta.

Will era intento a cercare qualcosa dentro il grande armadio bianco presente nella stanza, vicino alla scrivania che mia madre aveva tirato fuori dal garage per metterla a disposizione del nostro ospite. Davanti all’armadio, sul lato opposto della stanza si trovava un letto da una piazza e mezzo che, prima del suo arrivo, era il letto degli ospiti, ma che, in realtà,  non era mai stato utilizzato da nessuno.

Mi schiarii la gola per segnalare la mia presenza, ma lui sembrò non farci caso.

-Ehm, William..- provai a chiamarlo.

Interruppe la sua frenetica ricerca e, chiudendo un’anta del grande mobile, posò i suoi grandi occhi del colore del cielo su di me. Non parlava, così decisi di farlo io.

-Mi volevo scusare per il mio pessimo comportamento di ieri sera, non dovevo permettermi di esprimere un giudizio su di te. Spero che deciderai di accettare le mie scuse.- dissi in tono grave e serio per fargli capire che lo pensavo veramente.

Lo vidi reprimere un sorriso, probabilmente ero sembrata fin troppo pomposa nel mio discorso.

-Ok.- mi disse.

-Ok cosa?- Ore passate a mettere da parte l’orgoglio per un semplice “ok”. Puah.

-Ok, le tue scuse sono state accettate.- specificò scocciato.

-Bene.-

-Bene.- e tornò a cercare l’oggetto misterioso nell’armadio.

-Ah, Enny?- mi richiamò mentre stavo per uscire. –Non preoccuparti, per il tempo in cui starò in questa casa ti aiuterò a guarire dal problema che hai. E non ringraziarmi, credo sia un dovere morale.-

-Di quale problema stai parlando?- gli chiesi non riuscendo a capire.

-La tua acidità.- mi disse prima di scoppiare a ridere.

Uscii dalla stanza sbattendo la porta, ma non prima di avergli gridato dietro la mia nobile risposta. –Spero tu finisca a Narnia, stronzo!-

Cominciai a studiare biologia per attenuare la rabbia, ma dopo dieci minuti avevo già chiuso il libro; mandai un messaggio alle mie amiche e chiesi loro di venire a casa mia. Gelato, chiacchiere e compagnia, ecco quello che mi serviva.

La prima ad arrivare fu Lisa.

-Allora, dov’è l’uomo misterioso? Voglio vederlo.- disse con un tono che faceva presagire soltanto guai.

-Lis, ti ho già detto che non è né bello, né simpatico. Puoi credermi.-

-Tesoro, io applico la regola di San Tommaso: toccare con mano per giudicare.- asserì con un sorriso soddisfatto.

-Non voglio nemmeno immaginare cosa intendi TU con “toccare con mano”. Povero San Tommaso…- le risposi mentre andavo ad aprire a Jean che aveva appena suonato.

Insieme alla mia amica più normale, entrò anche mia sorella che era appena scesa dallo scuolabus.

-Jean, dillo anche tu alla nostra Eve che è molto importante il ruolo della mano quando si vuole conoscere un uo…-

Ma il mio urlo impedì a Lisa di terminare la frase. –Non davanti a Tilly! È solo una bambina!-

-Oh, ma quanto sei bigotta!-

-Lis, davvero, non puoi dire queste cose.- mi aiutò Jean.

-Che palle! Tilly, mi raccomando, non diventare una ragazza-suora da grande.- disse Lisa rivolgendosi a mia sorella.

-Cosa significa?- le chiese lei.

-Te lo spiegherò quando sarai più grande, ma tu prometti. In cambio ti preparo una ciotola di gelato.-

E così Lisa era riuscita a corrompere anche mia sorella, che era già corsa in cucina ad attendere il premio promesso.

-Sei un’idiota.- dissi a denti stretti.

Quella pazza si limitò a sorridere e a farmi l’occhiolino, mentre Jean scuoteva la testa.

Dopo aver mangiato e chiacchierato del più e del meno, mandai mia sorella nella sua stanza a fare i compiti, mentre noi ci spostammo sul divano.

-Non hai proprio intenzione di presentarcelo, vero?- mi domandò Lisa con tono melodrammaticamente deluso.

Se c’era una cosa che quella ragazza non riusciva ad accettare, era una risposta negativa; che si trattasse di una relazione, di una richiesta ai genitori o di una pretesa, il suo obiettivo era quello di non perdere mai. E l’avrei persino ammirata se non mi avesse rotto le scatole in maniera così esaustiva. A cosa le sarebbe servito conoscere il tizio? Quel ragazzo portava solo guai e io non avrei voluto che la mia amica si trovasse immersa in problemi più grandi di lei. E poi chi le assicurava che le sarebbe piaciuto? C’erano alte possibilità che non fosse il suo tipo, in fondo non era una gran bellezza. “Bugiarda”, mi disse la mia vocina interiore. Beh okay, forse, esteticamente parlando, non era da buttare, ma non importava, perché Lisa non l’avrebbe conosciuto. E neppure Jean, mi affrettai ad aggiungere mentalmente.

-Lisa, cosa vuoi? Vuoi che vada su, bussi alla sua porta e lo preghi di scendere perché voglio presentargli le mie migliori amiche? Mi prenderebbe per scema!- conclusi alzando il tono della voce più del dovuto.

-Eve, non c’è bisogno che ti agiti, Lisa stava rompendo le scatole come sempre.- intervenne Jean per cercare di calmarmi. Forse avevo reagito male, ma non avevo più voglia di sentirmi ripetere le stesse cose. Guardai Lisa per controllare se ci fosse rimasta male, ma lei mi stava scrutando attentamente.

-Ti piace?- mi domandò dopo qualche secondo.

-Chi?- le chiesi facendo fatica a seguire il filo dei suoi pensieri.

-Il tizio, chi sennò? Cavolo quanto dormi alle volte, Eve!- sbottò lei.

-Ma cosa fumi?- gridai incredula. –A me quello non piace per niente, non lo sopporto e poi lo conosco appena.-

-Nessuno dei tre fatti che hai elencato è rilevante. Anzi, potrebbe essere tutta una tattica per dissimulare il fatto che ti senti attratta da lui.- mi disse lei con la sua aria da esperta.

-Lisa, ascoltami.- le dissi calma. –Il fatto che nei film la ragazza che dice queste cose, alla fine, nasconda un sentimento di dimensioni epocali nei confronti del ragazzo, non significa niente. Io non lo posso vedere perché è arrogante e vivrà a spese della mia famiglia per non so quanto tempo, non c’è nessuna attrazione fatale, né amore represso dietro il mio comportamento. Ficcatelo in testa e non mi far ripetere più, grazie.- poi abbozzai un sorriso soddisfatto. Sorriso che non fu ricambiato perché le mie amiche sembravano fissare un punto alle mie spalle in un improvviso, innaturale, religioso silenzio. Mi voltai lentamente, divisa tra la paura di vedere una tarantola sul muro vicino alle scale e il terrore di dover fuggire da uno zombie impazzito.

Ma c’era solo William. C’era solo William, in piedi dietro di me, che aveva, molto probabilmente, sentito il mio discorso e sorrideva malizioso.

-Parlavate di me?- chiese mentre i suoi occhi facevano la radiografia alle mie amiche.

-No.- risposi risoluta.

-Avrei giurato di aver sentito il mio nome.- continuò lui, questa volta puntando lo sguardo sul Lisa, la quale si riscosse subito.

-Piacere, sono Lisa.- si presentò porgendogli la mano. –Eve ci ha parlato molto di te. William, giusto?-

Non importava essere un genio per capire che la mia amica non lo trovasse così disgustoso come lo avevo descritto io.

-Per te Will.- le disse lui con uno sguardo malizioso. –E tu chi sei?- chiese a Jean.

-Mi chiamo Jean.- rispose lei con tono tranquillo.

-Dunque siete le amiche di Enny. Non pensavo che potesse conoscere persone così carine.-

A quell’affermazione Lisa rise emettendo un suono simile a quello di una gallina sgozzata, mentre Jean si limitò ad un sorriso di circostanza. Io, intanto, stavo pensando al modo più doloroso per torturarlo, mentre il mio sguardo cercava di emettere raggi laser per colpirlo.

-Allora..- cominciò Will sedendosi sul divano accanto a noi, ma lo interruppi.

-Allora niente. Mi dispiace, ma le mie amiche se ne stavano per andare, giusto?-

Ignorai le proteste di Lisa e, prendendo Jean a braccetto, mi avviai verso la porta, convinta che l’altra pazza mi stesse seguendo. Invece era ancora seduta sul divano, molto vicina a William, e parlava con lui di qualcosa che, evidentemente, la faceva ridere.

-Lisa!- la richiamai.

Si alzò sbuffando e, dopo aver calorosamente salutato il suo nuovo amico, ci raggiunse sulla porta.

-Sei sempre la solita, Eve. Stavamo flirtando e tu ci hai interrotti. Quando imparerai a riconoscere i segnali?- mi chiese scocciata.

-Ops, ma che sbadata. La prossima volta presterò più attenzione.- le risposi sarcastica. Mi credeva un’idiota?

Jean rise, ma Lisa sembrò soddisfatta. Così ci salutammo.

Tornai in salotto e trovai William intento a scrivere qualcosa sul suo cellulare.

-E così,- mi disse guardandomi serio –non provi nessuna attrazione fatale nei miei confronti? La cosa mi ferisce, Enny!-

I miei occhi si spalancarono e le guance diventare rosse per l’enorme quantità di sangue che vi era affluita. Dovevo essere uno spettacolo divertente, perché lui scoppiò a ridere freneticamente.

-Dovresti vedere la tua faccia!- mi disse in preda alle risate.

Abbandonai l’ipotesi di farlo fuori, mi voltai e, sbattendo forte le scarpe, mi avviai verso la mia camera. Prima di chiudere la porta, però, gli gridai:

-Vaffanculo, William!-


Quella sera, appena finito di cenare, William si alzò con la scusa di andare a riposarsi: voleva godersi quei pochi giorni che gli rimanevano prima di cominciare la scuola. Oh che caro ragazzo!

-Ha fatto enormi passi avanti.- disse mia madre. –Siede con noi a tavola, parla, oggi mi ha persino raccontato di aver conosciuto le tue amiche, Eve.-

-Pensa che gioia!-  “Svendita di sarcasmo. Tutto gratuito!”

-Evanna, non usare quel tono.- mi riprese mio padre.

-Will dice che sei acida.- disse con nonchalance mia sorella.

-Ah sì? E cos’altro ti dice su di me quel bastar..-

Ma mia madre non fece finire la frase. –Vai a buttare la spazzatura, Eve. Grazie.- e mi sorrise.

Poteva impedirmi di parlare, ma non mi avrebbe mai impedito di ucciderlo, prima o poi.

Presi i sacchetti della spazzatura e mi recai nel giardino dove tenevamo i bidoni. Aprii quei contenitori puzzolenti e ci lasciai cadere dentro gli enormi fagotti pieni di sporco. Feci una smorfia disgustata, poi richiusi i bidoni.

Non so bene cosa mi fece alzare lo sguardo verso le finestre che davano sul giardino, tra cui quella della camera di William, ma ringrazio ancora l’illuminazione divina che mi permise di compiere quell’azione. Quel matto, infatti, si era arrampicato sul cornicione della finestra con l’intento di saltare quei due metri che lo dividevano da terra. Altro che riposo! Chissà quante altre volte aveva preso in giro i miei genitori con la scusa di stare chiuso nella sua stanza, mentre sgattaiolava di nascosto chissà dove. Quella volta, però, la provvidenza aveva voluto che io lo scoprissi.

Mi ritrassi sotto la veranda per non farmi vedere, aspettai che saltasse, poi feci un passo avanti.

-Ma guarda un po’ chi si vede!- gli dissi fingendo un tono sorpreso.

Che non si aspettasse di trovarmi lì, lo dedussi dal pallore della sua faccia. Dolce vendetta!

-Dove stai andando?- chiesi.

-Non sono affari tuoi!- mi rispose sulla difensiva.

-Ah no? Allora non te la prendi se informo mamma di questa tua scappatella notturna? O, forse, dovrei dire scappatelle?-

-Mi stai ricattando.- Non era una domanda.

-No, assolutamente. Sto solo dicendo che mia madre non sarebbe contenta di sapere che il suo caro William la notte scappa per andare chissà dove, mandando la sua fiducia a farsi benedire.- spiegai.

-Cosa vuoi in cambio?- mi chiese sprezzante.

-Stai comprando il mio silenzio?-

-Sì, se serve a farti chiudere quella boccaccia che ti ritrovi!-

Lo guardai con odio: quanta cattiveria metteva nelle sue parole?

-Vattene.- gli dissi.

-Starai zitta?- mi domandò.

-Per stasera sì. Voglio dimostrarti che io non sono stronza come te.-

Non attesi la sua risposta, entrai in casa e augurai la buonanotte ai miei genitori.

Intanto, là fuori, Will stava riflettendo su quello che gli avevo detto, ma questo non potevo saperlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

Buonasera!

Eccomi di nuovo con il secondo capitolo di questa strana storia. Mi sto divertendo veramente molto a scrivere di Eve e Will; le parole, le situazioni, i discorsi vengono fuori da soli, speriamo che questo “momento creativo” non finisca troppo presto.

Come avrete capito, Evanna è una ragazza simpatica, un po’ ingenua, allegra, ma ogni tanto le sue tendenze melodrammatiche prendono il sopravvento e un semplice litigio, dal suo punto di vista, può apparire come una tragedia dai contorni comici.

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, ricordate e preferite, e coloro che hanno trovato il tempo per lasciare una recensione. Grazie davvero, mi ha fatto molto piacere. 

Spero che il capitolo sia di vostro gradimento. :)

Un bacio,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Le eroiche battaglie di Enny ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Le eroiche battaglie di Enny



Aspettavo Lisa da quaranta minuti. Mi aveva pregata di accompagnarla a fare shopping al centro commerciale, sembrava che il mio aiuto fosse di vitale importanza. Aveva detto che un ragazzo le aveva chiesto di uscire, quindi aveva assolutamente bisogno di un vestito nuovo; io, come sempre avevo accettato, guadagnandomi quaranta minuti di solitudine di fronte al bar del centro commerciale.

Provai a chiamarla per la terza volta, ma la voce registrata della segreteria fece aumentare il mio istinto omicida. Per un attimo pensai di lasciarla al suo destino e tornarmene a casa, poi feci appello al mio buon cuore e decisi di prendere un tè ben zuccherato, almeno mi sarei addolcita un po’ prima del suo arrivo. Uscii dal bar ed assaggiai la bevanda che tenevo tra le mani, ma mi accorsi troppo tardi del fumo che usciva dal bicchierone.

-Porca vacca!- imprecai con la lingua ustionata.

Forse avevo alzato troppo la voce, perché, tra le lacrime, vidi una figura avvicinarsi e porgermi un fazzoletto.

-Tutto bene?- mi chiese.

-Sì, mi sono solo bruciata con questo tè del cavolo.- dissi alzando il viso per guardarlo e ringraziarlo. Ma come ogni disgrazia che l’universo aveva progettato per me, anche quella non poteva che terminare con il mio desiderio di scomparire.

Dean, infatti, mi fissava con uno sguardo preoccupato, non del tutto convinto che stessi bene.

-S-sto bene.- dissi balbettando come un’idiota. –Grazie del fazzoletto.-

Lui mi sorrise. –Scusa se mi sono intromesso, ma pensavo stessi piangendo.-

-No, sono solo esagerata nelle reazioni.- dissi mentre la mia faccia andava a fuoco.

-Comunque io sono Dean.- si presentò porgendomi una mano.

La afferrai reprimendo l’impulso di ridacchiare per l’emozione. –Piacere, Evanna.-

Mi sembrava di essere stata catapultata in uno di quei telefilm adolescenziali che guardavo sempre nel pomeriggio: lei è in difficoltà, lui la aiuta e si innamorano. Il mio sogno. Non avevo sentito quella famosa scarica sulla schiena quando le nostre mani si erano toccate, ma non era importante, perché io ero già cotta di lui e, se tutto fosse andato secondo copione, lui mi avrebbe dovuto confessare di essere innamorato di me da un po’. Perché, a quel tempo, ero davvero una sciocca ragazzina che pensava all’amore come qualcosa di unico, travolgente e romantico, una ragazzina che pensava che “quello giusto” sarebbe arrivato e si sarebbe palesato ai suoi occhi senza nessuno sforzo. In fin dei conti, però, non ero da biasimare: nessuno mi aveva detto che i sentimenti veri sono tutta un’altra storia, che l’amore non sempre arriva e che, quando lo fa, deve far male prima, per stare bene dopo, ma, soprattutto, nessuno mi aveva detto che “quello giusto” non esiste, perché nessuno è perfetto e l’amore va al di là delle categorie e dei pregiudizi.

Un briciolo della cruda verità, però, mi fu scagliato addosso quando Dean decise di continuare la nostra conversazione.

-Frequenti il liceo, Evanna?- mi chiese con quel suo sorriso spensierato. Lo fissai qualche secondo, poi decisi di rispondere senza espormi troppo.

-Sì, vado al St. George.-

-Davvero? Anch’io, non posso crederci, non ti ho mai vista.-

Per quanto mi sentissi inutile in quel momento, per quanto volessi un pala per sotterrarmi e, forse, tirargliela in testa, decisi di giocare con lui.

-Nemmeno io.- asserii cercando di sembrare naturale. –Che coincidenza! Fortunatamente sono all’ultimo anno, non lo sopporto più quel posto.- Il tono da gallina che usai sorprese anche a me, ma non mi importava, non volevo che scoprisse che, in realtà, ero molto più che consapevole della sua presenza in quel liceo.

Lo vidi sgranare gli occhi. –Anche tu all’ultimo anno? Impossibile! Avremmo dovuto vederci almeno alle…-

-Alle assemblee?- lo interruppi. –Oh, sai quando sono in quell’ambiente non faccio molto caso alle persone, ho un bel po’ da fare.- e gli sorrisi maliziosa. Non sapevo bene cosa stessi facendo e dove volessi andare a parare con quel discorso da “donna in carriera” che non mi si addiceva per niente, ma il fatto che non mi avesse mai vista, mi aveva mandata in bestia. Ero una sfigata? Sì, nessun problema ad ammetterlo. Invisibile? Giammai.

Individuai Lisa scendere dalla scala mobile e cercarmi con lo sguardo. Vidi i suoi occhi spalancarsi e capii che mi aveva trovata.

-Ehm..Dean..è stato un piacere conoscerti, ma adesso devo andare. Grazie ancora.- dissi sollevando il fazzoletto che tenevo ancora in mano insieme al bicchiere maledetto.

-Allora ci vediamo a scuola, Evanna. Sono felice di averti incontrata.- mi salutò.

Sorrisi e mi affrettai a raggiungere la mia amica. Ma quando aprii la bocca per insultarla in tutte le lingue che mi venivano in mente, lei mi precedette.

-Stavi parlando con Dean! Ho visto bene?- trillò tutta emozionata.

-Sì, mi ha dato un fazzoletto.- risposi con aria di sufficienza.

-Un fazzoletto? Stavi piangendo?-

-Ma sei scema o cosa? Mi sono bruciata con questo tè e ho cominciato a lacrimare. Lui mi ha vista, mi ha chiesto se stavo bene e niente. Finita lì.- mentii.

-Non ti ha detto altro?- chiese non troppo soddisfatta.

-Ha detto che era felice di avermi conosciuta e che ci vediamo a scuola.- Mezza verità.

-Non ci posso credere!- urlò e non potei fare a meno di paragonarla ad un’oca. –Secondo me hai fatto colpo.-

-Tu un colpo lo hai preso in testa. Mi spieghi perché sei arrivata con quasi un’ora di ritardo?- le chiesi con molta poca calma.

-Ho perso l’autobus, sono dovuta passare da casa a cambiarmi e..-

-Tu sei pazza! Mi hai fatto aspettare perché dovevi cambiarti per venire al centro commerciale? Forse sono più pazza io ad assecondarti. Non potevi mandarmi un messaggio?-

-Cellulare scarico.- mi rispose con un’espressione vagamente dispiaciuta. –Dai Eve, adesso sono qui, possiamo dedicarci allo shopping!-

-Certo!- le dissi ironicamente. –A proposito, chi è questo tipo? Non me ne hai parlato quasi per niente.-

-Oh, nessuno, un ragazzo.-

-Fin qui ci sono. Perché tutto questo imbarazzo, Lis?-

-Non so, mi piace. È stato carino con me.- disse distogliendo lo sguardo.

-Quindi siete già usciti?- chiesi confusa.

-No, diciamo che mi è stato presentato da una persona e si è comportato in modo diverso, è stato gentile. Insomma, mi ha chiesto di uscire, non ci ha provato. È strano, capisci?-

Stava cercando di spiegarmi un concetto che mi sfuggiva: Lisa era uscita con migliaia di ragazzi, tutti avevano sempre mostrato interesse nei suoi confronti e lei aveva ceduto. Cosa c’era di diverso?

-Ma Lis..- mi interruppi. Il mio cervello aveva colto il punto: lui non ci aveva provato con lei, lui era stato gentile. –Oh!- dissi soltanto.

-Cosa?- mi chiese.

-Tu non ci sei andata a letto!-

Lisa arrossì. –Che genio! No, va bene? Lui non ha cercato di portarmi a letto.- disse imbarazzata.

-Sai che è una cosa bella, vero?-

-Adesso non fare la romanticona diabetica, non è niente di che.- si affrettò a sminuire il tutto.

-Come vuoi. Mi racconterai del vostro appuntamento?- le chiesi sorridendo.

-Mi pare ovvio, quando mai non ti ho fatto il resoconto particolareggiato dei miei appuntamenti?-

-Fin troppo particolareggiato.- ridacchiai.

 

Uscimmo dal centro commerciale due ore dopo con almeno otto buste piene di nuovi acquisti. Lisa si era resa conto di dover rinnovare il suo guardaroba in vista di ulteriori appuntamenti con questo ragazzo misterioso. –Non voglio essere troppo ottimista, ma nel peggiore dei casi questa roba servirà per consolarmi. Un investimento per il futuro, ecco.- aveva detto per giustificare l’incredibile somma che aveva speso.

Una volta arrivata a casa, mi trovai davanti la più utopica delle scene: William era seduto sul divano con mia sorella sulle sue gambe, mentre mia madre, quella traditrice, appoggiava un piatto pieno di panini sul tavolino situato di fronte al divano.

-Tesoro, ciao!- mi salutò sorridendo. –Ti stavamo aspettando.-

-Per la merenda?- chiesi sorpresa.

-No, dobbiamo parlare di domani, non ricordi?- Troppo bello per essere vero.

-Domani?- chiesi pensando a quale evento particolare potessi aver dimenticato.

-Il primo giorno di scuola di Will.- mi disse lei con ovvietà.

-Ah, sì.-

-Avrete molte lezioni in comune, giusto? Così potrete fare amicizia e tu potrai aiutarlo ad ambientarsi.- Fare amicizia? Mi aveva preso per una bambina dell’asilo?

-Certo.- dissi ironica.

-Evanna!- mi chiamò mia madre con tono perentorio. –Domani tu e William andrete a scuola insieme, gli fornirai tutte le informazioni di cui avrà bisogno e lo aiuterai se dovesse avere problemi. Sono stata chiara?-

Lanciai un’occhiata a quella sottospecie di individuo che, fingendo di giocare con mia sorella, se la rideva sotto i baffi. –Cristallino. Adesso, se non ti crea disturbo, me ne vado in camera mia.- le dissi.

Salii le scale e feci sbattere la porta. La odiavo quando faceva così. La odiavo perché mi imponeva cose che non volevo fare, la odiavo perché aveva portato uno sconosciuto in casa senza chiedere l’opinione di nessuno, la odiavo perché aveva anteposto la sua vocazione lavorativa alla sua famiglia. Aveva sgretolato il mio piccolo nido di felicità.

Sentii bussare. –Mamma, non sono dell’umore. Qualsiasi istruzione tu mi debba fornire per domani, può aspettare.- sputai acida.

Sentii una voce maschile ridacchiare e capii che non si trattava di mia madre.

-Cosa vuoi?- gli chiesi senza invitarlo ad entrare. Lui, però, non si fece problemi ed aprì la porta trovandomi distesa sul letto.

-Stai piangendo?- mi chiese soffocando un sorriso.

-Ma cosa avete tutti oggi? Non sto piangendo, sono solo stanca.- lo aggredii.

-Quanta rabbia!-

-Vorrei vedere te al posto mio, costretto a fare da balia ad un tizio che vive in casa tu a e nemmeno conosci.- e sbuffai.

-Tu non mi farai da balia. Per quanto rispetti tua madre, non ho intenzione di andare a giro con una palla al piede, motivo per cui a scuola faremo finta di non conoscerci.-

Lo osservai meravigliata. –Parli sul serio? Non è uno scherzo per incasinarmi con mia madre?-

-E permetterti di ricattarmi con quella storia della mia uscita? Nah!- mi disse con una smorfia.

-Mi pare giusto. Accetto, tu vivi la tua vita, io la mia. Questa storia non arriverà agli orecchi di mia madre e neppure quella della tua fuga.- confermai.

-Affare fatto.-

Fece per uscire dalla mia stanza, ma lo fermai.- William.-

-Sì?-

-Grazie.- dissi con un enorme sforzo.

Lui scoppiò a ridere. –Sto facendo un piacere a me stesso.-

-Vaffanculo!- gli gridai. –E non sono una palla!- dissi riferendomi alle sue parole di qualche minuto prima.

-No, sei solo mooolto pallosa.- sghignazzò lui.

Afferrai il cuscino e glielo lanciai addosso, ma lui fu più veloce ed uscì, mentre il cuscino non raggiungeva nemmeno la porta. Avrei dovuto allenarmi a lanciare oggetti.

 

Quando la mattina successiva mi svegliai, sorrisi. C’era qualcosa nella mia testa che mi diceva che non avrei dovuto essere così allegra, ma non riuscivo a ricordare il perché.

Andai in bagno, mi lavai, mi vestii e mi recai al piano di sotto. Quando arrivai in cucina, però, il motivo per cui non avrei dovuto sorridere era seduto a fare colazione. Avrei voluto sbattere la testa nel muro per non essermene ricordata, ma non avrei dato a nessuno la soddisfazione di vedermi disperata.

-Non fai colazione, Eve?- mi chiese mio padre.

-No, papà, non ho fame.-

-Poi svieni.- mi disse mia sorella. –Come quella volta..-

-Smettila Tilly!- Non volevo che raccontasse aneddoti imbarazzanti davanti a Will. –Mangio questi.- dissi afferrando due biscotti.

-Io vado.-

-Evanna, devi aspettare Will.- mi ricordò mia madre.

-Lo aspetto alla fermata.- dissi.

-No, Eve, prendete la macchina questa mattina.-

Se avesse solo avesse potuto (perché, vi assicuro, avrebbe voluto), la mia mascella si sarebbe spalancata così profondamente non solo da arrivare a toccare il pavimento, ma anche da permettermi di staccare la testa a morsi a tutti i presenti in quella casa.

Avevo la patente da più di un anno, non avevo mai combinato danni, ero sempre stata alle loro regole per quel che riguardava l’uso dell’auto e non mi ero mai lamentata per il fatto che non la potessi usare per andare a scuola. Eppure, avevano cambiato idea. Per Will. Avrei potuto produrre fumo dal naso, ne ero certa. Afferrai le chiavi con rabbia.

-Ti aspetto in macchina.- dissi a William prima di andarmene senza salutare.

-Ciao tesoro!- mi salutò mio padre.

-Buona giornata!- aggiunse mia madre.

-Buona giornata!- urlai di rimando con poca gentilezza trattenendomi a stento dal concludere la frase in modo poco consono.

Mi infilai nell’auto ed accesi la radio per farmi compagnia. Cercai un cd tra quelli che ricordavo di avere nell’auto e ne infilai uno che avevo creato qualche settimana prima per avere compagnia alla guida. Senza accorgermene, cominciai a canticchiare a voce alta le parole della canzone. Quando lo sportello del passeggero si aprì, feci un salto.

-La tua voce è così gracchiante che riesce a superare la carrozzeria dell’auto.- mi prese in giro quel cretino di William.

-Nessuno ti obbliga a salire sulla mia auto ed ascoltarmi.- dissi.

-Invece sì, o vuoi deludere la mammina?- ridacchiò mentre partivo.

Sbuffai. –Prima o poi mi lascerà vivere.-

-Non capisco se sei più irritata dalla mia presenza in casa tua o dalle conseguenze che sei costretta a sopportare per colpa dei tuoi.- affermò dubbioso.

-Tu che dici?- gli chiesi.

-Entrambe, ma la seconda prevale.- rispose convinto. E, forse, non aveva completamente torto.

-Questo vorrebbe dire che in fondo non ce l’ho proprio con te?- domandai.

-Più o meno.-

-Impossibile. Opto per entrambe a questo punto.- Lui rise e non potei fare a meno di unirmi.

Alla fine, però, fui costretta silenziosamente ad ammettere che Will non era così antipatico come avevo creduto; non mi dispiaceva scherzare con lui, anche se ogni occasione era quella giusta per prendermi in giro. Forse la sua teoria era giusta e il mio umore era così nero per colpa dell’atteggiamento che i miei genitori, mia madre in particolare, avevano assunto nei miei confronti dal suo arrivo.

Parcheggiai nel primo posto libero, presi la mia borsa e scesi dall’auto. William mi imitò.

-Bene, questa è scuola.- gli dissi indicando l’edificio imponente di fronte a noi.

-Carina.- ironizzò.

-Dunque, adesso ti accompagno in segreteria così puoi avvertire del tuo arrivo, poi andiamo in classe. A quel punto sarai libero, ci vediamo alla macchina dopo le lezioni.- dissi in tono sbrigativo.

-Posso arrivarci da solo in segreteria. Per il resto ci sto.-

-Sei sicuro?- Il mio timore stava nel fatto che potesse uscire dal cancello e non presentarsi a scuola. Mia madre mi avrebbe uccisa e lui sembrò cogliere la mia paura.

-Enny, rilassati, non ho intenzione di fuggire.- mi rassicurò con un ghigno che aumentò la mia preoccupazione. Decisi di fidarmi, non mi andava di controbattere ancora.

-Ok, allora ci vediamo all’uscita. Buona giornata.- lo salutai.

Lui mi fece un cenno con la mano, così mi avviai verso la mia aula. Jean e Lisa erano già arrivate, le salutai e presi posto al mio banco.

-Non c’eri stamani in autobus.- mi fece notare Lisa.

-Mia madre mi ha fatto prendere l’auto. Sapete, il principino sta per affrontare il suo primo giorno di scuola.- dissi tra i denti.

-Tua madre ti ha fatto prendere l’auto per venire a scuola?- chiese Jean incredula.

-Lasciamo perdere, ho i nervi a fior di pelle.-

-E lui dov’è?- chiese Lisa con fin troppa curiosità.

-Dovrebbe essere andato in segreteria, poi seguirà la prima lezione con noi.- dissi mesta.

Vidi gli occhi di Lisa brillare in modo strano, ma non ci feci troppo caso, quella scalmanata era solita impazzire per le novità. Anche Jean lo aveva notato, ma, come me, lasciò perdere e si limitò a scrollare le spalle.

-Chissà come ti saluterà il tuo bel Dean stamani.- esordì Lisa dopo qualche minuto di silenzio.

Vidi l’espressione confusa di Jean, così le raccontai cosa era successo il pomeriggio precedente e, anche in quel caso, evitai di dire che Dean non aveva la più pallida idea del fatto che frequentassimo qualche lezione insieme.

Circa tre secondi dopo, l’oggetto del nostro discorso fece la sua comparsa insieme all’ultima persona, dopo Pearl, con cui avrei desiderato vederlo: William.

Come se non bastasse, i due decisero di sedersi dietro di noi, così abbassai la testa nella speranza che Dean non mi riconoscesse. Proprio quando decisi di essere fuori pericolo, però, l’incredibile (mica tanto) avvenne.

-Evanna?!- mi chiamò Dean incerto. Respirai profondamente e mi voltai.

-Dean, ciao!- E l’Oscar come migliore attrice va a…

-Ma tu frequenti questo corso? Cioè l’hai sempre frequentato?-

-Eh già.- Non ad Evanna Dawson. La mia credibilità era veramente inesistente.

-Incredibile che non ci siamo mai visti fino ad oggi.- disse ancora con quel tono di chi cade dalle nuvole.

-Davvero, inspiegabile.- sorrisi e spostai lo sguardo su William che osservava la scena divertito.

-Oh certo!- disse Dean. –Lui è William, è appena arrivato.-

Lo scemo in questione sogghignò. –Ci conosciamo già. Loro sono Lisa e Jean.- presentai le mie amiche per evitare domande sul fatto che William ed io ci conoscessimo.

Lui le salutò gentilmente, ma non potette aggiungere altro perché il professore fece la sua comparsa. Io, intanto, benedicevo il suo tempismo.

Quando suonò la campanella che segnalava la pausa pranzo, Dean ci chiese se volevamo unirci a loro, ma rifiutai anche per le mie amiche. Così lo guardai alla mensa con il suo solito gruppo, tra cui Pearl, e Will.

-Per quale motivo hai rifiutato?- mi aggredì Lisa. –Questo è il motivo della tua invisibilità, Eve, tu allontani tutto e tutti, come puoi pretendere di essere notata?-

Mi sentii come se una lancia mi avesse trafitto, una lancia scagliata dal mio compagno di battaglia. E anche Jean sembrava pensarla così dallo sguardo truce che lanciò a Lisa. Possibile che, dopo l’imbarazzante conversazione di quella mattina con Dean, non avesse capito?

-Cosa hai detto?- le chiesi freddamente.

-Ho detto che sei una stupida ed è tutta colpa tua se ti ritrovi in queste condizioni. Ti lamenti tanto, ma quando quello che ti piace si decide a parlarti, scappi.- urlò lei.

-Ignorerò la parte in cui, implicitamente, mi dai della disagiata sociale, altrimenti direi cose di cui potrei pentirmi. Andando oltre, se davvero non capisci che ho rifiutato perché fino a ieri pomeriggio lui non sapeva neppure che fossi al mondo, allora sei un’amica di merda.- le dissi con tutta la sincerità possibile.

-Non dire cazzate, lui sa che esisti, altrimenti non ti verrebbe dietro come un cagnolino.- Ostinata la ragazza.

-Lisa, ascolta bene, perché mi umilierò solo una volta: Dean ha scoperto della mia esistenza soltanto ieri. Non aveva idea di quale scuola frequentassi fino a quando non me l’ha chiesto ed è rimasto stupito quando ha scoperto che, oddio che coincidenza, la sconosciuta frequenta la sua stessa scuola. E mi sono sentita così da schifo che non ho voluto dirgli che sapevo chi fosse, ma ho finto di non averlo mai incontrato. Questo è quanto.- conclusi arrabbiata.

Jean, che lo aveva capito subito, scuoteva la testa in silenzio. Lisa, invece, era sorpresa.

-Quindi lui.. Ecco perché stamani.. Io credevo che ieri.. Che emerito imbecille, però!- disse indignata. Come se non fosse successo niente e non avessimo urlato come pazze nel mezzo del corridoio, mi mise un braccio intorno alle spalle e continuò: -Così non va bene. Se non ti ha notata fino ad ora è proprio un rimbambito e non ti merita. Solo perché ieri ha scoperto quanto tu sia bella, non può certo atteggiarsi da cavalier servente. No, no, questo tipo di persone non mi piacciono e tu devi assolutamente imparare a dominare quelli come lui. In effetti non era proprio il caso di pranzare con loro.-

Scossi la testa, ma non riuscii a trattenere un sorriso.

-Andiamo a mangiare?- propose Jean.

Mentre camminavamo, però, Lisa si avvicinò al mio orecchio.

-Scusami.- mi sussurrò. Sapevo quanto fosse difficile per lei chiedere scusa.

Senza voltarmi sorrisi, le afferrai la mano e la strinsi. Significava “scuse accettate”.

 

Il resto della giornata passò abbastanza tranquillamente: evitammo Dean il più possibile, cosa che mi impedì di incontrare William troppo spesso, seguimmo le lezioni comunicando con i nostri soliti bigliettini e ritrovammo la pace che quella mattina avevamo perduto.

Poi, finalmente, la campanella suonò e, dopo aver salutato le mie amiche, mi affrettai ad arrivare alla mia auto. Salii e aspettai William, sperando che arrivasse velocemente. Dopo dieci minuti, fortunatamente, fece la sua comparsa.

-Ce ne hai messo di tempo.- gli feci notare.

-Scusa, ma ho dovuto salutare tutti i miei nuovi amici. Sai, sono un tipo molto socievole.-

-Che culo!- mi sfuggì.

-A quanto pare anche tu hai socializzato.- mi disse con un sorrisino malizioso.

-Eh?-

-Dean.-

-Ah!- esclamai fingendo di non dare importanza alla cosa. –No, mi ha solo dato un fazzoletto ieri al centro commerciale.-

Lui rise. –Certo.-

-Cos’hai da ridere?- domandai stizzita premendo l’acceleratore con foga.

-Rilassati, Enny! Dicevo solo che è strano che non vi siate mai visti prima di ieri, siete in classe insieme da un po’.-

-Può capitare.-

-Certo, eppure scommetterei sul fatto che tu sia cotta di lui da un pezzo.- disse con tono serio.

-Sbagli.-

-Sarà.. Comunque carina quella Perl.-

-Si chiama Pearl.- lo corressi automaticamente.

Lui ridacchiò e io capii di essermi fregata da sola. –Oh vaffanculo!- gli dissi solamente.

Passò qualche minuto in cui nessuno dei due disse niente, poi, con un tono troppo gentile per uscire dalla sua bocca, parlò.

-Enny, posso chiederti un favore? Ho un appuntamento con alcuni amici tra venti minuti, mi chiedevo se potevi prestarmi l’auto, non ce la farei a piedi in così poco tempo.-

Sperai vivamente che stesse scherzando, ma sembrava davvero serio.

-Tu sei tutto pazzo!- gli risposi con una risata isterica. –Io dovrei prestarti la Eve-mobile? Non se ne parla!-

Trattenne una risata quando dissi il nome dell’auto, poi tornò alla carica. –Ti prego, giuro che la riporto sana e salva tra qualche ora. Devo solo incontrarmi con degli amici.-

-Dove?- chiesi.

-A un campo da basket, facciamo una specie di allenamento.-

-Ti accompagno io.- gli dissi.

-E il ritorno me lo faccio a piedi?- brontolò.

Ancora oggi mi chiedo dove trovai tutta quella generosità. –Ti aspetto, ma alle sette voglio essere a casa.-

Lui sorrise. –Grazie Enny. Non sei così pallosa a volte.-

Poi fece una cosa che non mi sarei mai aspettata: allungò la mano per scompigliarmi i capelli, ma la delicatezza che ci mise, fece sembrare quel gesto una carezza.

-Non toccarmi i capelli.- lo ammonii per nascondere l’imbarazzo. Lui rise.

Guidai per dieci minuti mentre Will mi indicava quale direzione prendere. Arrivammo in una zona che non conoscevo bene, non lontana dal centro, ma sicuramente più decadente. Le case erano più vecchie e meno curate di quelle del mio quartiere, le strade erano vuote e i negozi inesistenti. L’unica attrazione in mezzo a quell’insieme di case era il campo da basket di fronte al quale Will mi aveva fatta parcheggiare. Vidi alcuni ragazzi con un pallone che ci fissavano. Probabilmente i suoi amici.

-Vai.- gli dissi.

-Non vieni?- mi chiese.

-No, ti aspetto qui, faccio un giro.-

-Meglio che tu venga con me.- mi disse serio.

-Davvero, non c’è problema. Sarò qui per le sei e mezzo.-

-Enny, non voglio che tu giri da sola in questo posto, ok?-

Il suo tono preoccupato mi fece sussultare. –Vengo con te.- mi arresi.

Entrammo nel campetto e notai che ad aspettarlo c’erano cinque ragazzi: due stavano tirando al canestro, mentre gli altri tre erano venuti a salutarci. Quello più basso, con i capelli neri e le spalle larghe tre volte le mie, mi fu presentato come Steve; accanto a lui c’era Adam, il più alto di tutti, forse più di Will, capelli castani e occhi verdi smeraldo; l’ultimo si chiamava Ross, capelli biondi, quasi rossicci e sguardo penetrante che, avrei giurato, mi stesse facendo una radiografia completa. Gli altri due, mi fu detto, si chiamavano Tom e Jess e quasi scoppiai a ridere quando nella mia testa comparve l’immagine del cartone Tom e Jerry per la somiglianza che c’era non solo tra i nomi, ma anche fisicamente.

Will mi disse di sedermi sulla panchina in legno sul bordo del campo, loro, intanto, si sarebbero riscaldati e poi avrebbero fatto una partita.

Poco dopo, però, Ross disse qualcosa ai suoi compagni e venne a sedersi accanto a me.

-Non ti alleni?- gli chiesi.

-Il mio ginocchio non ce la fa ancora a reggere un allenamento. Il mese scorso sono stato operato.- mi spiegò.

-Mi dispiace.-

-Passerà.- mi disse sorridendo.

-Perché vi allenate?- chiesi con curiosità.

-Ci piace giocare a basket. Quando eravamo bambini, io e Will, sognavamo di giocare nell’NBA. Come vedi, il nostro habitat non ci ha permesso di far avverare il nostro sogno, ma ci piace continuare a giocare e partecipare alle competizioni tra quartieri.-

Mi piaceva il modo in cui Ross rispondeva alle mie domande, era gentile e mi spiegava qualsiasi cosa volessi sapere. Era un ragazzo davvero carino, anche fisicamente. “Soprattutto fisicamente!”, precisò la mia vocina interiore mentre fissavo le sue enormi braccia muscolose.

-Siete cresciuti qui?- domandai.

-Sì, e ci viviamo ancora. A parte Will, naturalmente.-

Avrei voluto chiedergli di più, soprattutto riguardo il passato di Will, ma gli altri ragazzi si avvicinarono per fare una pausa e bere un po’ d’acqua.

-E così tu sei l’amica di Lis?- mi domandò quello che doveva essere Tom.

Come diavolo faceva a sapere di Lisa? Non ci capivo più niente.

-Conosci Lisa?- domandai confusa.

-La conosciamo tutti.- rispose Jess. –Will l’ha portata con noi quando sono usciti. Una tipa molto allegra, oserei dire.-

-Usciti?- chiesi.

-Adesso basta.- disse Will. –Torniamo ad allenarci.-

-Sì.- disse Tom rivolto a me. –Molto allegra, c’è chi lo sa bene tra di noi.- e ridacchiò malizioso.

Mi voltai verso William. –Tu sei uscito con Lisa?- gli chiesi.

-Non ci sono proprio uscito..-

-William!- Gli altri stavano in silenzio, nessuno osava più parlare per paura che mi potessi rivolgere in quel modo anche a loro.

-Più o meno. Sarebbe più corretto dire che l’ho portata con me e l’ho presentata ai miei amici, non è stata un’uscita.- tentò di spiegarmi, ma vedevo che era in difficoltà.

-Lisa è la mia migliore amica e fa parte della mia vita, tu non dovevi neppure prendere in considerazione l’idea di avvicinarla. Sapevo che non avrei dovuto presentarti le mie amiche!- urlai isterica.

-Non capisco perché te la stia prendendo tanto, mica te l’ho rubata.-

Lo fulminai con lo sguardo. Poi, senza una parola, presi le chiavi e mi diressi alla mia auto senza salutare.

-Dove cavolo vai?- lo sentii gridare dal campo.

-A casa. Buona passeggiata!- Salii, misi in moto e partii.

Ero furiosa con William per aver mandato all’aria un’altra parte della mia vita, per essersi intromesso e avermi portato via anche la mia migliore amica. In fin dei conti, però, sapevo che la rabbia più grande era indirizzata verso Lisa, la persona che avevo ritenuto mia amica fino ad allora e che non era stata in grado di dirmi la verità. Ecco spiegato il motivo di tanto mistero intorno all’identità del suo nuovo ragazzo!

Ero delusa ed arrabbiata con la mia amica, eppure non riuscivo a non indirizzare una parte della mia rabbia verso William. Perché Lisa? Perché non un’altra ragazza? Cosa aveva lei di così attraente?

Schiacciai l’acceleratore e cercai di non pensare a quanto quella notizia mi avesse dato noia.

Perché sì, ero arrabbiata e delusa, ma una minuscola parte di me era disturbata dal fatto che il ragazzo misterioso di Lisa fosse Will.

Di disturbi, però, ne avevo tanti, così decisi di non dargli importanza.

Feci un respiro profondo e mi preparai ad affrontare la delusione che sarebbe conseguita dal confronto con Lisa. Chissà cosa ne sarebbe stato della nostra amicizia…

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

 

Salve! :)

Mi scuso per l’attesa, so che è stata più lunga rispetto all’ultima volta, ma sto cercando di studiare per un esame (anche se la voglia è inesistente), per cui ho dovuto togliere un po’ di tempo a Will ed Eve.

 

Dunque, in questo capitolo succedono un po’ di cose: Evanna conosce il tanto agognato Dean, il quale non sembra proprio disinteressato alla ragazza; William comincia il suo percorso scolastico nel liceo di Eve; facciamo la conoscenza degli amici di Will e scopriamo chi è il misterioso ragazzo di Lisa (…chissà).

Non vi anticipo niente, ma vi ricordo che i fatti sono narrati dal punto di vista di Eve, questo significa che molte cose appaiono a noi come sembrano ai suoi occhi, ma non come sono realmente. Perciò, attenzione alle apparenze! :D

 

Spero abbiate apprezzato il capitolo. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite e coloro che hanno recensito. Siete delle persone magnifiche.

 

Alla prossima.

Baci,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Tortuosi sentieri della vita ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will



 

 

 

 

 

 




4. Tortuosi sentieri della vita





Avete presente quando state sognando, ma un rumore lontano comincia a distrarvi fin quando non siete risucchiati fuori dal sogno? Ecco, è proprio quello che stava succedendo a me: mi ero addormentata sul divano, ma il suono del campanello stava letteralmente uccidendo le mie orecchie e aveva fatto svanire la pace onirica in cui ero avvolta. Mi decisi ad alzarmi ed andai ad aprire.

-Mi spieghi cosa diavolo sta succedendo?- urlò Lisa entrando in casa mia come una furia. –Prima mi scrivi di venire a casa tua subito, senza una spiegazione, poi mi fai aspettare dieci minuti con il dito incollato al campanello. Eve, cosa è successo?-

-Lisa, calmati, mi ero addormentata.- le dissi. –Siediti.- e le indicai il divano.

-Okay, mi sto preoccupando. Eve, stai bene?-

Mi strusciai gli occhi ancora assonnati e mi voltai a guardarla. –Sarò sincera, Lisa. No, non sto bene, perché quando scopri che la tua migliore amica ti racconta cazzate su cazzate non puoi stare bene!- dissi alzando un po’ troppo il tono.

-Cosa stai dicendo?- mi chiese guardandomi incredula.

-Sto dicendo che sei uscita con William e non mi hai detto niente! Mi hai riempita di bugie con la storia del ragazzo misterioso, ti ho persino aiutata a scegliere l’abito giusto per il vostro appuntamento e poi vengo a sapere che il tuo nuovo cavaliere è il tizio che vive abusivamente in casa mia? Pensavo che avessi un minimo di dignità.- Stavo delirando alla grande, sembravo un’invasata che si sbracciava e si contorceva senza sosta.

-Oh mio Dio, tu hai battuto la testa!- disse Lisa con gli occhi spalancati.

-Vuoi dirmi che non sei uscita con William?- chiesi irata e disturbata dalla calma con cui mi aveva risposto.

-No, assolutamente, ma tu non hai capito niente.-

-Mi stai dando della stupida?- sbraitai ancora più forte. A quel punto Lisa si alzò, mi prese per le spalle e cominciò a scuotermi.

-Ti devi dare una calmata, Eve!- mi ordinò fermamente mentre mi trascinava a sedere sul divano al suo fianco.

Quando ero diventata una pazza schizofrenica senza accorgermene? C’era sicuramente una spiegazione comprendente un qualche essere soprannaturale alla mia reazione spropositata. Perché sì, riflettendoci qualche secondo, mi rendevo conto di quanto risultassi ridicola agli occhi della mia amica. Anzi no, non ridicola, semplicemente matta.

-Adesso io ti spiego tutto, ma tu stai zitta. Va bene?- mi domandò Lisa. Annuii.

-Dunque, io sono uscita con Will, lo ammetto. È stata una mia idea, era carino, così gli ho lasciato il mio numero e mi ha portata fuori con i suoi amici. Abbiamo parlato un po’, ma ho capito subito che non è il mio tipo e, chiaramente, io non sono il suo.- spiegò lei gesticolando con le mani come suo solito.

-Quindi vi siete baciati perché non vi piacete?- chiesi acida.

Lei mi fulminò. –Mi fai finire? Oggi sei veramente strana.-

-Va bene, sto zitta.- le dissi incrociando le braccia.

-Dicevo che mi ha portata fuori con i suoi amici, no? Ecco, uno di loro era particolarmente carino. Così, dopo aver chiarito la situazione con Will, ho cominciato a parlare con questo ragazzo e una cosa tira l’altra..-

-E vi siete baciati.- conclusi io.

-Siiii!- trillò lei esaltata. –Dovresti vederlo, Eve. Adam è così carino.-

-Adam?- chiesi stupita.

-Lo conosci?- domandò confusa.

-Sì, cioè no. Oggi ho accompagnato Will giocare a basket e ho conosciuto i suoi amici, è lì che ho scoperto tutto. O, almeno, credevo. Quindi tu esci con Adam?-

-Esatto!- rispose lei tutta sorridente. –Adesso ti sei calmata, gelosona?-

-Ma cosa dici? Io non sono gelosa. Di chi, poi? Di William?- chiesi scoppiando a ridere.

-Eve, la reazione che hai avuto è tutto fuorché normale: tu eri gelosa. Non è che ti piace?-

-Lis, perfavore, sii seria. Sai benissimo che la mia reazione era dovuta al fatto che pensavo che tu mi avessi mentito, non c’entra niente il tizio. È tutto un fatto di sincerità ed amicizia, ma adesso che ho capito è tutto sistemato.- affermai convinta.

-Certo, come no. Quindi ho dovuto subire la tua furia solo per una questione di amicizia? Ma fammi il piacere, tu William lo vorresti avere nudo nel letto!- sghignazzò lei.

-Chi è la pazza tra noi adesso?- domandai pregando di aver sentito male l’ultima parte del suo discorso.

-Sempre tu, perché ancora non ci hai combinato nulla.- continuò lei ridendo.

-Sai che sei malata di sesso?- le chiesi. –Non tutti gli esseri umani ne sono ossessionati.-

-Certo, tesoro. Io vivo per il sesso e lo dico senza problemi, ma tu non vuoi ammettere neanche di essere attratta da Will. Hai un problema, Eve.- dichiarò con l’aria di chi la sa lunga.

-Non ho nessun problema, amica mia, perché non sono attratta da nessuno. Le tue supposizioni sono infondate e completamente sbagliate.-

-No, non mi sono mai sbagliata su una cosa del genere. E poi, dimmi, Eve, com’è che dall’arrivo di Will non ti interessi più a Dean? Lo eviti, oserei dire, proprio adesso che ha cominciato a parlarti. Sbaglio?- chiese con un sorriso sornione stampato sul volto.

-Sì, sbagli alla grande. Io non evito nessuno, è che mi agito troppo a stare vicina a Dean.-

-Questa è la più grande stronzata che abbia mai sentito!- disse lei ridendo sguaiatamente. –Ti prego, Eve, non dire altro, potrei morire dal ridere.-

 

Quella sera me ne andai a letto molto presto chiudendo la porta a chiave. Non che avessi paura di affrontare William (sia mai!), ma il pensiero di dover ammettere di averlo lasciato a piedi per una cosa che in realtà non era neppure accaduta, mi metteva un po’ a disagio. Certo, io mantenevo comunque la mia larga dose di ragione, in fondo aveva portato fuori la mia migliore amica, ma non credevo che lo avrebbe capito dopo una camminata di troppi chilometri. Il mattino dopo, però, il momento del confronto arrivò. Quando uscii di casa, infatti, trovai Will appoggiato alla mia auto.

-Stamani guido io.-

Scoppiai a ridere. -Cosa ti fa pensare di poter guidare la mia auto?-

-Tua madre ha detto che va bene, le ho chiesto il permesso.- disse con un sorriso vittorioso.

Sbuffai e salii dal lato del passeggero. –Ti vuoi vendicare? Confessa!-

-Enny, tu stai male, di cosa mi dovrei vendicare? Del fatto che ieri sera mi hai lasciato a piedi senza una spiegazione? Beh, i presupposti ci sarebbero tutti, ma non intendo spaccarti l’auto per questo.- mi derise.

Mi sentii leggeremente più tranquilla, ma non troppo. –Mmm, ok.-

-Dunque?- mi domandò.

-Cosa?-

-Voglio sapere il motivo per cui ho dovuto camminare chilometri dopo l’allenamento ieri sera, mi sembra il minimo.-

Sì, glielo dovevo, ma non avevo intenzione di parlare. O meglio, non sapevo come spiegare il mio giustissimo punto di vista affinché emergesse tutta la legittimità del mio comportamento. Era tutta una questione di sintassi. Quindi, per risolvere la controversia, scossi la testa.

-Non hai intenzione di dirmelo?- mi chiese con una nota minacciosa nella voce.

-No.-

-Buon viaggio, allora!- ridacchiò prima di accostare l’auto. –Puoi scendere, Enny.-

Era uno scherzo? Come si permetteva? –Mi stai invitando a scendere dalla mia auto?- urlai.

-Non è un invito, è un ordine. E, per favore, non strillare come una gallina.-

-Non ho intenzione di muovermi da questo sedile. E, per la cronaca, gallina sarà la tua ragazza.- gli dissi guardandolo in cagnesco.

-Allora parla. E, per la cronaca, non ce l’ho la ragazza.- mi rispose scimmiottando il mio tono.

-Non mi importa.-

-Facevo per correggerti. Allora, scendi o parli?-

Sbuffai e borbottai un "fanculo" prima di rispondere. –Parlo.-

Sorrise soddisfatto e ripartì. –Dunque?- mi sollecitò.

-Ero arrabbiata con Lisa per avermi mentito.- dissi scocciata.

-Quindi mi hai lasciato a piedi perché era arrabbiata per il fatto che sono uscito con la tua amica?-

-Perché non me l’ha detto, l’ho dovuto scoprire dai tuoi amici. E tu non dovevi uscirci!- asserii furiosa.

-E perché mai?- mi domandò ridendo quasi apertamente.

-Lisa è una delle mie migliori amiche, tu devi stare fuori dalla mia vita. Potevi uscire con chiunque, perché lei?-

Si strinse nelle spalle. –Me l’ha chiesto lei, ho solo accettato, mi sembrava scortese rifiutare.-

-Povera stella, gli sembrava scortese! Ti sembra una buona ragione per uscire con una ragazza?-

-Beh sì. Se la ragazza è carina e mi chiede di uscire, accetto. Semplice.- disse.

-Quindi ti piace?- domandai.

-Non male, ma non è il mio tipo. Mi pare che la nostra serata lo abbia dimostrato.-

-E ti dispiace?- chiesi prima che potessi rendermene conto.

-Cosa significa?- domandò lanciandomi una strana occhiata.

-Niente, ho sbagliato. Perché non è il tuo tipo?-

-Enny, sei sfiancante! Non lo so, non credo che sia il tipo di ragazza con cui mi piacerebbe uscire, è troppo esibizionista, sicura di sé…egocentrica, ecco.- concluse.

-William, stai parlando della mia migliore amica.- lo ammonii.

-Me lo hai chiesto tu.-

Entrammo nel parcheggio della scuola. Nessuno dei due parlò finché non scendemmo dall’auto. Mi stavo avviando all’entrata quando Will mi richiamò e mi voltai a guardarlo.

-La prossima volta che sei gelosa, cerca di non farlo vedere, Enny.- sghignazzò prima di incamminarsi verso il gruppo dei suoi "amici". Non trovai niente di brillante da dire, così mi limitai a freddarlo con lo sguardo.

Arrogante, presuntuoso, pieno di sé e puro bugiardo. Io non ero gelosa. Era lui a credersi infallibile e bellissimo. Ma, ne ero più che certa, era tutto fuorché infallibile.

E bellissimo?, chiese la vocina nella mia testa prima che la uccidessi. Ma era troppo tardi, aveva già parlato.

 

Quel pomeriggio, dopo la lezione, William mi lasciò a casa prima di andare all’allenamento con la mia auto, così sarebbe stato sicuro di non restare a piedi. Avevo pensato davvero di strangolarlo, ma poi avevo pensato che non sarebbe stato facile trovare una scusa convincente per i miei genitori.

Mi sedetti al tavolo della cucina e cominciai a mangiare i cerali dalla scatola che era rimasta sul tavolo dalla mattina (troppo bello che qualcuno, oltre a me, si ricordasse di mettere in ordine ogni tanto). Quel giorno, a scuola, avevo notato l’assenza di Dean, mentre Pearl era stata fin troppo presente, sempre vicina a Will. Non che mi importasse, ma lei stava, più o meno, con Dean e non trovavo corretto il fatto che ci provasse con un altro ragazzo in sua assenza. Perché sì, lei ci provava con William, sapevo riconoscere certi atteggiamenti dopo tutte le puntante di serie tv al femminile che mi ero guardata! Quanto sapevano essere crudeli e scorrette le donne! Certo, non sempre, ma per essere la categoria umana dotata di cervello e sentimenti, alle volte, si trasformavano in mostri senza cuore, quasi al livello degli uomini. O, forse, anche oltre.

Il campanello suonò facendomi sobbalzare. Quando aprii la porta, mi trovai di fronte l’ultima persona che mi sarei aspettata di vedere sul mio pianerottolo.

-Dean, ciao! Cosa ci fai qui?- chiesi cercando di sembrare disinvolta.

-Volevo parlare..-

-Volevi parlare con Will? Mi dispiace, ma non è in casa, è all’allenamento.- gli spiegai senza neppure lasciarlo parlare.

-In realtà, Eve, volevo parlare con te.- mi disse grattandosi la testa con imbarazzo.

Oh, questa non me l’aspettavo. –Oh, bene, sì. Accomodati.-

Gli indicai il divano e ci sedemmo. –Dimmi tutto.- lo incitai.

-Eve..- cominciò, ma poi si bloccò e fece vagare il suo sguardo per il salotto.

-Oddio, è successo qualcosa di grave? Hai bisogno di aiuto?- chiesi preoccupata dal suo comportamento.

Lui, in risposta, ridacchiò. –No, scusa, non volevo farti agitare. Il fatto è che mi sono reso conto di una cosa e non è semplice, perché non pensavo di volere qualcosa in questo modo.-

Annuii come chi capisce perfettamente ciò che gli viene detto, ma in realtà non stavo capendo un bel niente. Miseriaccia, che problema aveva? Droga, alcol, soldi?

-Quindi capisci il mio problema?- chiese speranzoso.

-Direi di sì e voglio aiutarti in qualsiasi maniera.- dissi cercando di rassicurarlo. In fondo se un amico aveva bisogno di aiuto per una questione difficile, non potevo tirarmi indietro.

-Dici davvero?- domandò sorpreso. –Quindi uscirai con me?-

Stavo per annuire di nuovo, ma mi bloccai. Cosa aveva detto?

-Come, scusa?-

-Eve, vuoi uscire con me?-

Okay, fermi tutti. Si trattava di uno scherzo? Non era affatto divertente, però. Non si deve giocare con i sentimenti delle persone. Ma, soprattutto, quali erano i miei sentimenti in quel momento? Perché per essere innamorata persa di Dean da una vita, la mia reazione non era quella che avevo immaginato per quel momento. Perché non poteva avere problemi con la droga? Oppure con l’alcol? No, stavo delirando, a me Dean piaceva dall’inizio dei tempi, cosa andavo a pensare? Io volevo uscire con lui!

-Beh sì, credo si possa fare.- risposi cercando di sorridere.

-Davvero? Oddio Eve, non sai quanto mi senta più leggero. Non sapevo cosa avresti risposto, poi non sapevo a chi chiedere, l’unico sarebbe stato tuo cugino, ma dopo che mi sono lasciato con Pearl..- disse caoticamente.

Un momento, Dean conosceva mio cugino Phil? E cosa c’entrava con lui e Pearl? E poi, quando si erano lasciati? Si stava rivelando il pomeriggio più strano della mia vita.

-Eh?- fu tutto ciò che riuscii a chiedere per sintetizzare la nebulosa di informazioni nella mia testa.

-Non lo sai? Io e Pearl abbiamo chiuso dopo che mi ha confessato di aver baciato tuo cugino Will, così non me la sono sentita di parlare con lui di te. Insomma, era pur sempre la mia ragazza.- disse, ma non sembrava davvero dispiaciuto.

Will..bacio..Pearl..Will..mio cugino..questa volta l’avrebbe pagata, oh sì!

-Mi dispiace per Pearl, però hai fatto bene a non parlarne con William, anche perché non siamo così uniti da parlare delle nostre vite private.-

-Non andate d’accordo?- chiese con fin troppo interesse.

-Ci sopportiamo, ecco.- Ma nemmeno quello, forse.

-Capisco.-

-Quindi adesso stanno insieme, lui e Pearl?- domandai per curiosità.

-Credo di sì, ma non so cosa dirti, in fondo Pearl non è tipo da relazioni serie e, scusa se te lo dico, ma neppure Will lo sembra.-

-Su questo non c’è dubbio.- dissi dandogli ragione.

-Allora io vado.- annunciò alzandosi.

Mi alzai anch’io per accompagnarlo alla porta. –Okay. Ci vediamo domani?-

-Certo. A domani, Eve. Sogni d’oro per stanotte.- e prima che potessi rendermene conto, si avvicinò al mio volto e sfiorò le mie labbra con le sue.

Non reagii, rimasi immobile e lo guardai allontanarsi mentre mi sorrideva. Mi aveva, più o meno, baciata come fanno i principi con le principesse. Le nostre labbra si erano sfiorate sotto il portico della mia casa al tramonto. Ero, a farla breve, incredula. Dean, il bacio, la dichiarazione, William, mio cugino, Pearl e ancora il bacio. Ero stupefatta.

Ma la cosa che mi lasciava ancora più di sasso, era la reazione al bacio di Dean. Lo sfarfallio nello stomaco, il batticuore, il respiro spezzato.

Tutto quello che io non avevo provato.

Era decisamente un bel casino. E addio al romanticismo!

 

Saltai la cena con i miei, mi feci un panino, salutai la mia famiglia e mi rifugiai in camera. Scordandomi, però, di chiudere la porta. Quando William rincasò, mi trovò seduta sul letto con lo sguardo perso nel vuoto.

-Enny, hai visto un fantasma?-

-Sì, infame, il tuo!- dissi lanciandogli la prima cosa che trovai, ossia il contenitore degli integratori che tenevo sul comodino.

Bloccò il tubetto con una sola mano. –Ma sei scema?!- si infuriò.

-Io no, ma tu sì, pezzo di idiota! Ti avevo detto di stare fuori dalla mia vita e tu che fai? Vai in giro a dire che sei mio cugino!-

-E tu attenti alla mia vita solo per questo? Mica ti ho offesa! Mi sembrava più semplice spiegare il perché vivessi in casa tua con questa scusa, tutto qui.- mi spiegò. E per un attimo, solo per uno, fui tentata di dirgli che poteva andare bene, ma mi fermai in tempo dal commettere un tale errore.

-Posso andare adesso?- domandò.

Non risposi. –Dean mi ha chiesto di uscire. Oggi pomeriggio si è presentato qui e mi ha pure dato un bacio.- gli spiegai. In condizioni normali non gli avrei mai detto una cosa del genere, ma mi serviva per fargli dire la verità.

-Ah, dunque l’imbecille si è rimesso in gioco.- ridacchiò.

-Non chiamarlo così!-

-Ma è vero, non è colpa mia-

-E tu hai cercato il primo imbecille che passava per rubargli la ragazza, giusto?- lo accusai.

-Cosa stai dicendo?- domandò sorpreso.

-Non è vero che hai baciato Pearl facendoli lasciare?-

-Quindi è questo che ti ha raccontato?- domandò serio.

-Perché, evidentemente, è quello che è successo.- ribadii.

Scosse la testa. –Ti conviene fare attenzione a Dean e alle sue parole, Enny. Non è tutto oro quello che luccica. Non ti sembra strano che si sia dichiarato così, di punto in bianco, proprio a te che gli morivi dietro?-

-Credi che non possa piacere a qualcuno? Pensi di essere l’unico a suscitare interesse? Vuoi mettermi in guardia da qualcuno che mi potrebbe prendere in giro quando tu sei il primo a farlo?- chiesi irata.

-Lascia stare, Enny, capisci sempre quello che vuoi. Ti chiedo solo di stare attenta.- mi ammonì.

-A chi? A lui o a te?-

-Stai delirando!-

-Hai baciato Pearl, sì o no?-

Annuì. –E l’hai baciata quando stavano ancora insieme?- domandai ancora.

-Sì, ma lui aveva..-

-Ma niente!- lo interruppi. –Mi sembra più che sufficiente per capire da chi devo stare lontana. Buonanotte Will.- lo congedai.

Uscì sbattendo la porta. Che testa di ca..volo!

Lui mi metteva in guardia da Dean, lui che aveva baciato Pearl distruggendo una coppia, aveva detto a tutti che ero sua cugina, era uscito di nascosto con la mia migliore amica e, cavolo, aveva baciato Pearl!

Ed io ero irritata da qualcosa che nemmeno sapevo definire. Fin troppo irritata.

 

 

 

 


 

Note dell’autrice:


Buonasera a tutti!

Intanto mi scuso per il ritardo, sono veramente imperdonabile, ma quando c’è di mezzo l’università la gestione del tempo mi sembra sempre impossibile da domare.

Cosa ne pensate di questo capitolo? Non è molto interessante, né intenso, ma è un punto di partenza per capire cosa sta passando per la testa di Eve. Qualcosa sta cambiando e se ne sta rendendo conto, chissà.

Come sempre ci tengo tantissimo a ringraziare coloro che hanno inserito la storia tra le seguite, le ricordate e le preferite, coloro che hanno recensito e anche coloro che si limitano a leggere. Grazie a tutti! :)

Alla prossima.

Un bacione,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Io non fingo ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will




 

 

 

 

 

 

 

 



5. Io non fingo


 



Quando avevo telefonato a mia madre e le avevo spiegato la situazione, lei mi aveva detto: “Tranquilla Eve, uno di noi ti raggiungerà immediatamente” ed io avevo dato per scontato che lei o mio padre sarebbero arrivati a tenermi compagnia e confortarmi.

Nemmeno venti minuti più tardi, però, mi ero pentita di aver chiamato a casa. Le porte scorrevoli del Pronto Soccorso si erano aperte e Will, con le sue braccia muscolose e la sua statura imponente, aveva fatto la sua entrata teatrale spettinandosi i capelli.

-Enny, come va?- mi chiese come se ci fossimo appena incontrati al parco.

Lo fulminai e incrociai le braccia sul petto. –Ho un piede rotto.-

-E basta?-

-Spero tu sia scherzando, idiota.- gli risposi.

-Sembrava fosse successo un cataclisma dalla telefonata che hai fatto a Sierra! In fin dei conti stai bene.- disse ridacchiando.

Non risposi e continuai a fissare imperterrita il lucido pavimento bianco. Lui si sedette nel posto alla mia destra, poi prese il piede senza scarpa, ovviamente quello rotto, e se lo posò sulle gambe.

-Non dovresti poggiarlo a terra.- si giustificò. Io annuii senza ringraziarlo.

Due ore e mezzo più tardi, stavamo tornando a casa dall’ospedale con un enorme gesso al mio piede destro e due scomodissime stampelle. Will era stato molto gentile con me, mi aveva sorretta quando l’infermiera mi aveva chiamata per fare la radiografia ed era entrato nella stanza con me quando mi avevano messo il gesso, ma ancora non lo avevo ringraziato.

-Will..- lo chiamai.

-Mmm, dimmi Enny.-

-Volevo dirti che sei stato molto carino oggi pomeriggio, quindi grazie.- dissi velocemente.

Lui sorrise divertito dal mio tono. –Non c’è di che. Quindi adesso mi parlerai di nuovo?-

Ed eccolo lì il motivo che mi faceva odiare i ringraziamenti di ogni genere: perché mai, dopo la parola “grazie”, le persone chiedevano sempre di più, come se avessi avuto un debito da estinguere? Che senso aveva tirare fuori quel discorso?

-Will, cosa c’entra adesso?- chiesi sbuffando.

-È una settimana che non mi rivolgi la parola, oggi sono venuto in ospedale appena Sierra me l’ha detto e le due cose non sono collegate? Almeno io sto cercando di capire quale sia il problema.- disse irritato.

-Il problema è il tuo atteggiamento nei confronti degli affari miei.- risposi acida.

-Ovvero Dean.- tradusse lui.

-Esatto!- confermai. –Non solo te la fai con la sua ex ragazza, ma hai anche contribuito a farli lasciare e pretendi che io non esca con lui perché, secondo te, vorrebbe solo infilarsi nelle mie mutandine. Dico bene? E come se non bastasse hai fatto in modo che durante questa settimana non mi chiedesse di uscire, sbaglio?-

-Non è colpa mia se non voleva rinunciare a nessuna uscita con il gruppo.- disse ridacchiando.

Tentai, invano, di incenerirlo con lo sguardo.

-Enny, non arrabbiarti, ma lui vuole davvero entrare nelle tue mutandine e visto l’ideale romantico che continui ad immaginarti come uomo ideale, beh, credo che non sia il caso che ciò avvenga.- mi spiegò tranquillo.

-Ti stai preoccupando della mia candida virtù, quindi?- chiesi cercando di non risultare troppo sarcastica.

Lui rise. –Puoi farne quello che vuoi della tua virtù, ma Dean ti farebbe stare male, quindi evita di concederla proprio a lui. Il mio è un consiglio da amico.-

-Quindi se fossi una sgualdrina di prima categoria non mi diresti niente, purché non mi facessi spezzare il cuore dal ragazzo che mi piace?- domandai incredula.

-Enny, no! Non capisci, non voglio che tu diventi una sgualdrina, ma so che Dean ti farebbe stare male. A te piace da molto tempo, è evidente a tutti, lui compreso, ma non esiterebbe a lasciarti come ha fatto con quelle prima di te.- concluse serio.

-A quella prima di me ci hai pensato tu, no?- chiesi con una punta di acido.

Lui sbuffò. –Pearl ha fatto le sue scelte. Non ti spiegherò la situazione, ma Dean non si è comportato bene e io sono stato felice di volgere la situazione a mio vantaggio. Ma smettila di dare la colpa a me, Enny, non sai nemmeno come è andata.-

-E tu non me lo vuoi spiegare.-

-Esatto.- disse.

-Allora io continuerò ad aspettare di uscire con Dean. Non c’è ragione per lasciar perdere.- asserii sorridendo falsamente.

Will scosse la testa. –Fai come vuoi, ma non venire a dirmi che avevo ragione.-

-Non lo farei mai!-

-Mai dire mai, Enny.-

 

Il mattino seguente, a scuola, raccontai gli avvenimenti del giorno prima alle mie amiche, dal Pronto Soccorso alla discussione avuta con Will.

-Siete due idioti.- fu il commento illuminante di Lisa.

-Casomai lo è lui. Cosa c’entro io?- chiesi irritata.

-Tu sei la più scema, forse, ma anche lui non scherza. Dice che Dean vuole entrare nelle tue mutande ed è vero, ma perché non gli chiedi cosa vorrebbe fare lui? Sono sicura che, se tu potessi leggergli nella testa, scopriresti cose interessanti. E, già che ci sei, dovresti leggere anche nella tua di teste, visto che stai deliberatamente ignorando i suoi segnali.- disse animatamente per poi tornare a guardarsi nel piccolo specchio che teneva sempre in borsa. Fissai Jean allibita. Da quando Lisa faceva così lunghi? E da quando sparava così tante cavolate in un colpo solo?

-Lis, ma che stai dicendo?- le chiesi cercando di trovare un senso a quel discorso.

-Eve, sarò chiara: tu e Will siete attratti l’uno dall’altra. Non so come succedano cose come questa, ma voi siete inconsapevolmente, inconsciamente, ignorantemente attratti l’uno dall’altra. Non riuscite a vederlo, ma è così. Non sto parlando di sentimenti e romanticismo, ma di pura e semplice reazione ormonale, cosa che so riconoscere abbastanza bene.- asserì con quel tono sicuro che aveva quando parlava di relazioni.

Scossi la testa e mi voltai verso Jean. –Anche tu la pensi così?-

Lei mi sorrise timidamente spostando un ricciolo dalla fronte. –Non proprio.-

-Cioè?-

-Secondo me c’è qualcosa di più, oltre all’attrazione, intendo.- disse in un bisbiglio.

-Bene, le mie amiche sono andate.- dissi ridendo incredula degli ultimi discorsi. Era sicuramente uno scherzo! –Scherzate, vero?-

-Mamma mia, non ti sopporto!- disse Lisa stizzita dalla mia domanda. Si alzò in piedi, poi mi guardò: -Una cosa che non ho capito, Eve: com’è che ti sei rotta il piede?-

Sentii il sangue affluire alle guance. –Ho tirato un calcio ad un cancello di ferro.- bisbigliai.

-E perché mai l’avresti fatto?- domandò Jean.

-Ero arrabbiata per aver pestato la cacca di Duff.- ammisi abbassando lo sguardo.

Lisa cercò di rimanere seria, ma poi scoppiò a ridere insieme a me e a Jean.

 

Dopo pranzo mi avviai arrancando verso l’aula di calcolo, mentre Lisa e Jean seguivano il corso di chimica. Stavo per raggiungere la porta e il tanto desiderato banco, quando Dean mi chiamò.

-Eve, ho saputo del tuo piede, mi dispiace.- mi disse.

-Sono cose che capitano.- risposi sorridendo.

-Volevo chiederti se ti andava ancora di uscire con me, ma vista la situazione..-

-Non ti preoccupare, riesco a muovermi quasi perfettamente.- dissi sperando che mi credesse.

-Sei sicura?- chiese non del tutto convinto.

-Certo!-

-Che ne dici di una cena? Così puoi stare seduta.- propose allora.

-Perfetto, è un’ottima idea.-

-Domani sera?-

-Aggiudicato!- dissi sorridendo come per mostrare tutti e trentadue i miei denti.

-Allora ti mando un messaggio per l’orario.- mi disse abbassandosi verso di me. Avrei voluto rispondere in modo carino e accattivante, ma quando le sue labbra sfiorarono le mie in un casto bacio, rimasi immobile come un pesce senza trovare le corde vocali. Riuscii solo a sorridere e a salutarlo con la mano mentre se ne andava.

Quando scomparve dietro l’angolo, mi appoggiai al muro e mi battei una mano sulla fronte: riuscivo sempre a fare la figura della stupida, come se nessuno mi avesse mai baciata in tutta la vita! Non che avessi baciato chissà quanti ragazzi, ma rimanere ferma come un pesce lesso era troppo anche per me, e che cavolo!

Chiusi gli occhi e respirai profondamente, ma una voce parlò al mio orecchio: -Sei proprio una testona, Enny!-

Sorrisi e mi voltai a guardarlo. –Te l’avevo detto che non avrei mollato.-

-Lo so, ma cerca di ricordare anche quello che ti ho detto.-

-Non servirà.- risposi per poi entrare in classe.

 

Quando la campanella suonò, mi alzai pronta ad andare a casa: era stata una giornata lunga e stancante, in più quel mattone che avevo al piede pesava un quintale faceva caldo. E tutto perché avevo pestato il ricordino lasciato da mio inutile cane! Mi avviai lungo il corridoio alla ricerca di un custode che mi potesse accompagnare all’ascensore, ma non trovai nessuno. Cercai in alcune classi vicine, nel ripostiglio, nei bagni, ma di un custode nessuna traccia. Mi appoggiai alla parete per aspettare; qualche minuto più tardi, dalla classe davanti a me, uscì Will.

-Che fa lì, Enny? Mi aspettavi?- sorrise malizioso.

-Se oggi sei stato promosso custode della scuola, allora sì, aspettavo te!- risposi sarcastica.

Sbuffò sorridendo. –Sempre la solita simpaticona. Che ti serve?-

-Te l’ho detto, un custode.-

-Cosa ti serve dal custode, Enny?- chiese senza perdere la pazienza.

-Che mi accompagni in ascensore, va bene?-

-Non puoi andarci da sola?- chiese divertito, forse intuendo la mia risposta.

-Ho paura.- dissi a voce bassissima, quasi impercettibile.

Will ridacchiò. –Immaginavo.-

-Stronzo!- lo apostrofai mentre continuava a ridere.

-Dai Enny, sei così divertente alle volte. Comunque ti accompagno io.- disse.

-No, grazie. Posso aspettare.- ribattei testarda.

-Così tua madre chiamerà la protezione civile per il tuo mancato ritorno a casa.-

-Tu le dirai che sono ancora viva.-

-Andiamo, fifona.- disse incamminandosi verso l’ascensore.

Lo seguii, ma dentro di me stavo morendo: non volevo salire su quel coso con lui, non avrebbe fatto altro che aumentare la mia paura per prendermi in giro.

Will premette il pulsante e le porte si aprirono.

-Allora?- mi sollecitò.

Sbuffai e montai su quel coso mentre un foglio si staccava dalla parete sopra la mia testa e si depositava sul pavimento.

-Aspetta Will, c’era un foglio..-

-Enny, che ti importa, era un volantino.- disse premendo lo zero.

-Ma poteva essere importante!-

Uno, al massimo due secondi più tardi, l’ascensore si bloccò di botto. Mi ci volle un istante per realizzare che uno dei miei più grandi incubi si era appena realizzato!

-Ecco cosa poteva essere quel foglio, idiota!- gli urlai. –Era appeso sopra le porte dell’ascensore, probabilmente è guasto.-

-Credo che non sia una probabilità.- disse preoccupato.

Iniziai a fare respiri profondi, ma il fiato era sempre più corto e la rabbia accecava la mia capacità di ragionare.

-Sei un coglione, William!-

-Non risolverai nulla ad insultarmi.- appurò lui. –Piuttosto tira fuori il telefono e chiama qualcuno.-

-Giusto!-

Presi il telefono dallo zaino e composi il numero di casa, ma naturalmente non rispose nessuno. Provai a chiamare mia madre, mio padre, Jean, ma nessuno rispondeva. Così mi rassegnai e chiamai l’ultima persona che avrei voluto avvertire in un momento del genere. Al terzo squillo rispose.

-Lisa, sono io, ho bisogno di aiuto.- le dissi rassegnata.

-Che succede, Eve?- domandò preoccupata dal mio tono di voce.

-Sono bloccata nell’ascensore della scuola.-

-Oddio, chiamo subito qualcuno! Non preoccuparti, respira e cerca di non pensare alla situazione, ti libero io!-

-Grazie Lisa!-

-Dille di fare presto.- disse Will.

-Chi c’è con te?- chiese Lisa, alla quale non sfuggiva mai niente (accidenti!).

-William.- ammisi.

-Ohh!- e percepii una leggera risatina. –Non preoccuparti, penso a tutto io.- mi disse in tono poco, ma veramente poco, rassicurante.

-Lisa, per carità, tirami fuori di qui!- le urlai prima che riattaccasse.

Lanciai il telefono nello zaino e tirai un pugno alle porte. –C’è qualcuno?- chiesi gridando.

-Enny, calmati! Così ti romperai una mano e nessuno ci salverà.- cercò di placarmi Will mettendomi una mano sulla spalla.

Guardai prima la sua mano, poi lui ed arrossii. Non mi aveva mai toccata prima. Lui tolse la mano ed io mi allontanai, per quanto possibile. Scivolai lungo la parete dell’ascensore e mi sedetti per terra. Qualche minuto più tardi Will mi imitò.

Non so quanto tempo dopo, lui parlò. –Cos’è che ti spaventa negli ascensori?-

-Questo.- dissi accennando con la mano al fatto che eravamo sospesi nel niente.

-Ma sei viva, respiri e stanno venendo a salvarci.-

-Potrei essere a casa, se solo tu mi avessi dato ascolto per un minuto.- risposi.

Will strinse gli occhi, poi parlò. –Evanna, qual è il tuo cazzo di problema? Spiegamelo, perché il tuo atteggiamento è davvero un mistero per me! Sto cercando di esserti amico, so che non accetti il fatto che viva sotto il tuo tetto, ma non dipende da me, anch’io preferirei essere a casa mia, ma ho fatto delle cazzate e non potrei nemmeno tornarci. Tua madre mi ha ospitato, ma se la situazione deve essere questa, dimmelo. Sono disposto anche ad andare via, ma smettila di rispondermi come fossi un mostro!- concluse arrabbiato.

Aveva ragione. In effetti ne aveva un bel po’. Non ero stata molto carina nei suoi confronti, lui, invece, stava sforzandosi di essere gentile. Era persino venuto al Pronto Soccorso al posto dei miei genitori. Beh, non che fossi stata in pericolo di vita, ma nessuno si era preoccupato di venire, solo lui.

Notai che mi stava dando le spalle.

-Will..- lo chiamai sfiorandogli la schiena con un dito. Lui si voltò di scatto e mi ritrovai il suo volto più vicino al mio di quello che pensavo.

-Dimmi.- sussurrò.

-Hai ragione.- dissi.

-Lo so.- scherzò accennando un sorriso.

Sorrisi anch’io. –Dico sul serio, non volevo trattarti male. Non voglio che tu te ne vada, alla fine mi fa piacere avere compagnia in casa.- ammisi. –Solo..-

-Solo..?- mi chiese.

-Non mi piace che ti intrometta in cose che non ti riguardano.-

-Ancora Dean?-

-Sì, ancora Dean.- dissi tirandomi un po’ indietro.

-Perché vuoi farti del male, Enny?-

-Lui non mi farebbe del male, lo so.-

-Non puoi saperlo. Almeno fidati di me.-

Abbassai lo sguardo. –Non credo di poterlo fare.- ammisi.

-Per la storia di Pearl?- chiese.

-Per tutto, Will! Tu hai contribuito a farli lasciare e adesso mi vieni a dire di stare lontana da lui, per di più senza raccontarmi com’è andata. Io non ti conosco, non riesco a fidarmi di te sulla parola quando i fatti dicono tutt’altro!- dissi con sincerità.

-Bene, almeno hai detto quello che pensi veramente.-

-Mi dispiace.-

-Non è vero, sii sincera fino in fondo, Enny. A te non importa nulla, sono uno sconosciuto per te, no?-chiese con un sorriso amaro.

Non so cosa mi prese, ma mi sentii in colpa, così in colpa da avvicinare la testa alla sua spalla ed appoggiarvela cautamente. Sentii il suo corpo irrigidirsi dalla sorpresa e poi, subito, rilassarsi.

-Non sei uno sconosciuto.- dissi. –Sei parte della famiglia.-

Allungò una mano e la fece sfiorare con la mia. –Grazie.- sussurrò.

Passammo qualche minuto fermi in quella strana posizione che, per lo sforzo che mi era costata, era l’equivalente di un abbraccio. Poi il mio cellulare squillò.

-Enny, sono con i tuoi genitori al piano terra, tra poco i vigili del fuoco vi tireranno fuori.- mi disse Lisa.

-Davvero?- urlai staccandomi da Will. –Grazie Lis, ti adoro!-

-Ci stanno salvando!- dissi a Will dopo aver riattaccato e, senza pensarci, lo abbracciai.

Lui ricambiò l’abbraccio delicatamente, forse per paura che mi arrabbiassi. Poi si staccò e, senza darmi neppure il tempo per capire, posò le sue labbra sulle mie. Avvertii il mio cuore perdere un battito, ma mi staccai immediatamente andando ad appiattirmi alla parete dell’ascensore. Lui, invece, si mise davanti alle porte dandomi le spalle.

Per il resto del tempo nessuno dei due parlò. Neppure quando i vigili del fuoco ci fecero uscire e i miei genitori si precipitarono ad abbracciarci entrambi, nemmeno quando salutai Lisa con un veloce bacio sulla guancia prima di salire in auto, neppure quando arrivammo in casa ed ognuno di noi andò nella propria stanza.

 

Dopo cena Lisa mi aveva telefonato per capire il mio strano atteggiamento del pomeriggio, ma io evitai di raccontarle tutto dando la colpa alla paura e al trauma. Beh, avevo realmente subito un trauma in quell’ascensore, anche se non quello che credeva lei!

Il cellulare vibrò per segnalare l’arrivo di un messaggio. Era di Dean.

Non vedo l’ora sia domani. Alle sette va bene?

Risposi pregando di sembrare interessata quanto dovevo. Perfetto. Un bacio :)

Dopo averlo inviato mi detti mentalmente della stupida per il pensiero precedente. Io ero interessata, veramente, perché mai avrei dovuto fingere? A me Dean piaceva e volevo uscire con lui.

Grugnii ed uscii dalla stanza zoppicando per andare a bussare alla camera vicina alla mia.

-Entra.- disse la voce di Will dall’interno.

-Posso farti una domanda?- chiesi dopo aver richiuso la porta alle mie spalle.

Lui annuì.

-Cos’era quello?-

-Quello cosa, Enny?-

-Nell’ascensore..-

-Ero felice di tornare a casa, quindi ho ricambiato l’abbraccio.- disse semplicemente.

-E il bacio?- chiesi insistendo.

-Non era un bacio.-

-E cos’era?- domandai ancora.

-Non lo so, mi andava. A te non va mai di fare una cosa?-

-Sì, ma non vado in giro a baciare le persone!-

-Io sì.- ma capì di aver detto una cavolata. –Non in quel senso.-

Risi amara. –No Will, il senso è proprio quello giusto!- e me tornai in camera mia.

Afferrai il cellulare e mandai un sms a Dean.

Anch’io non vedo l’ora sia domani.

Io non dovevo fingere un bel niente, ero davvero interessata.

E, allora, perché avevo sentito il bisogno di inviare quel messaggio?

 

 

 

 

 


 

 

 

Note dell’autrice:


Salve a tutti! :)

 

Scusate il mio immenso ritardo, mi dispiace davvero tanto, ma non sono stata molto abile nell’organizzarmi con gli esami all’università.

Che ne pensate del capitolo? So che in alcuni punti sembra la tipica commedia americana, ma è una storia molto leggera, una letture per divertirsi, quindi qualche luogo comune ci sta. :)

 

Ringrazio tutti coloro che seguono/ricordano/preferiscono la storia e coloro che dedicano piccola parte del loro tempo a recensire. Siete speciali!

 

A presto!

Baci,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Baci e bugie ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will



 

 

 

 

 

 

 




6. Baci e bugie





La macchina parcheggiò davanti a casa mia e il motore si spense.

-Grazie.- dissi sorridendo.

-Grazie a te!- rispose Dean togliendosi la cintura. –Mi fa piacere che tu abbia accettato il mio invito alla fine.-

-Sono stata bene. E il gesso non è stato un problema.- dissi ridendo del mio piede ancora gigantesco. Erano passate due settimane dal piccolo incidente, ma ne sarebbero dovute passare altre due prima che il mio povero piedino potesse tornare a respirare.

-Ti va di andare a mangiare qualcosa sabato prossimo?- mi domandò.

-Certo.- risposi sorridendo. Guardai l’orologio e sospirai. –Io devo andare.-

-Oh sì, non avevo visto l’ora. Ci vediamo domani?-

Annuii, ma non mi mossi. Cosa dovevo fare, salutarlo, scendere, baciarlo? Odiavo la fine degli appuntamenti, mi mettevano in crisi. Quanto cavolo ero imbranata?

-Allora buonanotte!- dissi aprendo lo sportello.

Ma lui mi richiamò. –Eve..-

Non ebbi il tempo di voltarmi completamente nella sua direzione, perché Dean mi afferrò e mi stampò un bacio sulle labbra. L’ennesimo sfioramento di labbra. Sorrisi nel modo più convincente possibile e scesi dall’auto. Camminai fino alla porta, lo salutai con la mano ed entrai.

Camminai zoppicando fino al salotto e quasi mi prese un infarto quando trovai Will disteso sul divano a guardare la televisione insieme a Ross.

-Che ci fate qui?- chiesi a voce troppo alta per quell’ora.

-NBA.- rispose soltanto.

-Oh giusto, il basket notturno.-

-Non lo definirei così.- si intromise Ross ridendo.

-Non mi importa.- dissi andando in cucina.

-Come è andato l’appuntamento?- mi chiese Will senza muoversi dalla sua comoda posizione.

-Bene.-

-Solo “bene”?- sogghignò.

-Bene è bene, cosa dovrei dire?-

-Se fosse andato veramente bene ti risparmieresti le risposte acide.- disse in tono saccente.

Sbuffai ed aprii il frigo. Nemmeno l’ombra di un succo di frutta o di un’aranciata, a cosa serviva avere un frigorifero?

Tornai in salotto e captai una parte di conversazione tra quei due.

-Lasciale stare, Will.-

-Ma quello è un idiota, dice cose…-

Mi intromisi. –Cos’è che dice? Finisci il discorso, forza Will!-

-Niente, non stavo parlando di te.- mi rispose con una smorfia.

-Sarà bene, non sono affari tuoi, ne abbiamo già parlato.- lo fulminai.

-Come sta il tuo piede?- mi domandò Ross per smorzare la discussione che sarebbe sicuramente nata.

-Meglio, grazie. Sembro un elefante che cammina, ma almeno non sono costretta a stare a letto.- risposi stringendomi nelle spalle.

-Ma di cosa ti preoccupi Enny! Un elefante lo sembravi già prima, non c’è bisogno che ti giustifichi.- sghignazzò Will passandosi una mano tra i capelli.

Ross alzò gli occhi al cielo. –Will, dai...-

-Tranquillo Ross, non è colpa tua se è un coglione.- gli dissi sorridendo. Poi mi voltai verso il cretino che viveva in casa mia e gli mostrai un dito medio. –Lo vedi questo?- chiesi. –Beh, è il fratello di questo!- sbraitai mostrando entrambe le dita.

Lui scoppiò a ridere. –Non prendertela Enny, dai!-

Lo ignorai. –Buonanotte Ross, mi ha fatto piacere rivederti.- lo salutai sorridendo.

Poi, senza degnare Will di uno sguardo, zampettai fino alle scale, le salii e mi chiusi nella mia stanza.

Quanto poteva essere imbecille? Impiccione ed imbecille. A volte era simpatico, però. No, col cavolo, nessuna simpatia, ricordavo ancora quella sottospecie di bacio nell’ascensore. Argh… Me le avrebbe pagate tutte, prima o poi!

 

Quando, verso le due, uscii dalla mia stanza per andare a fare pipì, trovai il bagno occupato. Qualche minuto dopo ne uscì William con un asciugamano in mano e un semplice paio di pantaloncini sportivi addosso.

E basta! Capelli bagnati, niente maglia, niente scarpe, niente…beh, non sapevo cos’altro poteva mancargli, ma non ci tenevo a scoprirlo.

Bugiarda!

Zittii la voce nella mia testa e lo guardai in faccia per evitare di fissare qualsiasi parte del suo corpo.

-Oh Enny, cosa fai?- mi chiese appena mi vide.

-Devo usare il bagno.-

-Sì, certo. Se aspetti tolgo le mie cose.-

-Non importa, faccio veloce.- risposi chiudendo la porta.

Quando uscii era ancora lì fuori. –Buonanotte.- gli dissi freddamente.

-Enny, senti…-

-Cosa?-

-Mi dispiace per prima, non volevo prenderti in giro.- si scusò.

-Peccato che tu non riesca a fare altro se non prendermi in giro o farti gli affari miei. Dovresti seriamente pensare ad un modo per smetterla, è irritante.- ammisi.

-Scusa.- disse ancora.

-Ho capito.-

-Non vuoi accettare le mie scuse.- e non era una domanda. –Perché?-

-Ti sei scusato per cavolate, ma hai tralasciato un fatto che richiederebbe davvero il mio perdono.- dissi suonando fin troppo tragica. Ah, io e la mia drammaticità del cavolo!

Alzò gli occhi al cielo per poi fissarmi intensamente. –Cosa avrei combinato di così grave?-

Bene, le opzioni erano due: o soffriva di un disturbo bipolare che gli impediva di ricordare alcuni momenti della sua vita, o mi stava prendendo in giro. Soppesai le alternative e decisi di non lasciarmi imbambolare, aveva sicuramente capito, così non risposi e mi limitai ad alzare le sopracciglia.

-Da quando un bacio necessita di perdono?- domandò capendo a cosa mi riferissi.

-Da quando non è richiesto!-

-Non ti sei nemmeno tirata indietro! E poi siamo sinceri, non era neppure un bacio, è stata la svista di un momento.- disse per poi passarsi una mano sugli occhi.

-Messa così fa sicuramente un altro effetto, molto raffinata come cosa. Una svista!- borbottai arrabbiata mentre gesticolavo frenetica.

-Oh Cristo, Enny, ma non ti va bene niente! Se ti dico che ti ho baciata, vuoi che implori il tuo perdono, ma se dico che non era un bacio vero ti offendi, qual è il tuo problema?- chiese esasperato.

Abbassai lo sguardo. –Spiegami perché mi hai baciata, ma non proprio.-

-Eh?- domandò non capendo il mio discorso.

-Perché mi hai baciata? E perché non l’hai fatto per bene?- chiesi guardandolo negli occhi con il desiderio, però, di sotterrarmi.

Lui spalancò gli occhi. –Allora è questo il problema? Volevi che ti baciassi davvero?-

-No!- dissi arrossendo. –Cioè sì, ma non per quello. Con tutte quelli che puoi sbaciucchiarti dovevi dare noia proprio a me? Non ha senso questa cosa. E poi, se proprio devi farmi un dispetto, fallo per bene, non trattarmi come se non fossi neppure degna di essere presa in considerazione!-

-Credi che fosse tutto uno scherzo?-

-Sì, ne sono sicura.- risposi.

-E credi anche che non ti abbia baciata perché non mi piaci?- domandò ancora.

-Certo, altrimenti non avresti messo in scena tutto quel teatrino. So che sono uno dei tuoi bersagli preferiti, ma non sempre i tuoi scherzi sono divertenti.-

Lo guardai e non potei fare a meno di notare la sua espressione sorpresa. Poi socchiuse gli occhi e parlò. –Hai ragone, Enny.-

Feci per dire qualcosa, ma mi interruppe. –Hai ragione, ho sbagliato a trattarti in quel modo. Permettimi di rimediare adesso.-

Non capii e, vi giuro, se solo avessi immaginato cosa intendeva con quelle parole, non sarei rimasta immobile come un pezzo di marmo mentre lui si avvicinava, mi spingeva al muro tenendomi per i fianchi e si chinava a baciarmi.  Quando sentii le sue labbra a contatto con le mie, quando mi resi conto del vero significato della sua frase era ormai troppo tardi: non riuscivo a muovermi, era come i miei arti si fossero improvvisamente paralizzati.

Poi, però, si staccò. –Avevi ragione, ci sono cose che devono essere fatte per bene.- mi sussurrò quasi sulle labbra. Ebbi all’incirca tre secondi per realizzare che mi avrebbe baciata davvero, così alzai il viso nella sua direzione e feci scontrare le nostre bocche.

Mi sembrava di vivere la scena dall’esterno: le nostre lingue si scontravano e si rincorrevano freneticamente, le sue mani erano poggiate delicatamente sui miei fianchi, mentre le mie erano artigliate alla sua maglietta. Spostai le mani tra i suoi capelli mettendomi in punta di piedi e lo strinsi ancora di più a me. Mi sentivo come una quindicenne alla sua prima pomiciata, ma cosa importava? Era solo un bacio, uno sfizio che mi dovevo togliere per stare meglio.

Ma l’idillio fu interrotto dall’aprirsi di una porta al piano di sopra.

-Eve, sei tu?- chiese mia madre dalle scale.

Non riuscivo a muovermi, ma pregai che almeno la mia voce riuscisse ad uscire. –Sì, scusa mamma, non volevo svegliarti.-

-Con chi stavi parlando?-

-Nessuno.- risposi troppo velocemente. –Cioè io…-

-Con me.- esordì Will togliendomi dall’imbarazzo (e togliendomi pure le mani di dosso).

-Will? Cosa ci fai alzato?- domandò lei sorpresa.

-Ci siamo incontrati davanti al bagno e abbiamo avuto una discussione su chi dovesse andare per primo.- raccontò con naturalezza. Perché non sapevo dire le bugie come lui?

Mia madre sbuffò. –Siete impossibili voi due insieme! Adesso andate a letto però. Buonanotte!- ci salutò.

Sentii la porta chiudersi e tirai un sospiro di sollievo. Cosa sarebbe successo se mia madre ci avesse visti? Accidenti, non si poteva nemmeno fare esperimenti sociologici in santa pace! Che poi proprio un esperimento sociologico non lo era, si trattava più di una specie di scherzo, una presa in giro. Chi non aveva mai baciato qualcuno per gioco?

Sì, stavo blaterando, ma la mia mente non riusciva ad elaborare. Guardai Will e lo trovai a fissarmi.

-Cosa pensi?- mi chiese.

-Sai dire bugie molto convincenti.- dissi.

-Questione di abitudine.- replicò.

-Non ne dubito. Bene, credo che andrò a letto adesso.-

-Hai avuto il bacio della buonanotte e te la svigni così?- chiese con una strana nota nella voce.

-Che significa?-

-Spero che tu sia contenta adesso che hai avuto il tuo bacio.- Sembrava quasi…cattivo.

-Will, chiariamo una cosa, si è trattato di un bacio a conclusione dello stupido scherzo che avevi iniziato nell’ascensore. L’hai detto anche tu, non vedo dove sia il problema.- dissi.

-Perché hai voluto che ti baciassi, Enny?-

-Non l’ho voluto io, sei stato tu a dire…- ma non mi fece finire.

-Sii sincera!- tuonò.

Mi sentii così piccola ed infantile: avevo voluto che mi baciasse, era vero, ma al tempo stesso ero arrabbiata perché lo aveva fatto. Cosa potevo dirgli? “Scusa, sono confusa perché i miei ormoni sono impazziti e non sanno quello che vogliono”?

-Non volevo che tu pensassi a me come una che non può essere baciata.- ammisi.

-Che vuol dire? Una che non può essere baciata?- domandò confuso.

-Avevo paura che ti facesse schifo baciarmi, volevo la conferma al fatto che nell’ascensore non ti fossi trattenuto per questo. Pensavo l’avessi capito.-

-Quindi non ti piaccio?-

La sua domanda mi colpì: cosa intendeva? Aveva pensato che mi fossi presa una sbandata per lui? Sì, ero attratta da lui, non negavo di avere la bava alla bocca ogni volta che era senza maglietta, ma non mi piaceva. Almeno non nel senso in cui poteva intere lui, non come mi piaceva Dean.

Quel pensiero mi bloccò. Dean.

Io uscivo con lui, era lui che avrei dovuto baciare. Come cavolo avevo fatto a dimenticarmene? Mi trattenni dallo sbattere la testa nel muro e risposi a Will.

-No Will, tu non mi piaci. Non in quel senso perlomeno. Io esco con Dean, è lui il ragazzo che mi piace da anni. Non nego di essere stata attratta da te, ma si è trattato solo di un bacio; te l’ho detto, non volevo sentirmi in quel modo. Tutto qui.- spiegai sperando che fosse d’accordo con me.

-Tutto qui.- ripeté.

-Già. Ma è tutto ok, vero?- chiesi.

Lui mi guardò dritto negli occhi. –Perché non dovrebbe essere tutto ok? Volevamo toglierci questa soddisfazione e ci siamo baciati. A dirla tutta è stato abbastanza imbarazzante, quindi basta. Storia chiusa.- concluse con un sorriso tirato.

Feci una risatina. –Sì, è vero, piuttosto imbarazzante. Non proprio un bacio da manuale, ecco.-

-Buonanotte allora.- mi disse prima di dirigersi verso la sua stanza.

-Buonanotte.-

Quando mi distesi sul letto, però, un pensiero che mi balenava in testa da qualche minuto, prese il sopravvento sugli altri ed esplose nel mio cervello: “Non proprio un bacio da manuale? Hai ingerito una dose di deficienza per sbaglio?”

In effetti non sapevo perché lo avevo detto, forse in risposta al suo commento sul fatto che fosse stato imbarazzante. Eppure io avevo creduto che quel bacio fosse stato…wow! Beh, forse non il più bel bacio della storia, ma almeno della mia vita. Evidentemente per lui non era stato così, forse facevo schifo davvero!

Il panico mi assalì, ma l’arrivo di un messaggio sul mio cellulare mi distrasse.

Penso a te, non riesco a dormire.

Oh merda! Dean. Cosa potevo rispondere?

Io, invece, mi intrattengo pomiciando con il mio coinquilino. Sicuramente sarebbe stato un messaggio sincero, ma lui non avrebbe apprezzato, così decisi di non rispondere fingendo di dormire.

Un bel modo di iniziare un rapporto con una persona!

 

Il mattino successivo sembravo uno zombie a scuola: occhiaie per le mancate ore di sonno, nervosismo per il mio aspetto e ansia per i mille pensieri.

Come potevo alternare momenti di calma assoluta a giorni di caos perenne nella mia vita? Non era una cosa equilibrata!

-Eve, cos’hai fatto? Sembri morta!-

-Troppo gentile, Lis!- risposi sarcastica.

-No, davvero, ma ti sei vista?- rincarò la dose con il suo solito tatto.

-Sì, faccio paura, lo so! Non ho chiuso occhio, mi sento una merda  e sarei rimasta volentieri nel mio letto!- sbottai affondando il volto tra le mani.

Jean mi massaggiò delicatamente la schiena. –Vuoi raccontarci cosa è successo?-

Scossi la testa. –Troppo complicato.-

-Dean bacia male?- chiese Lisa. Drizzai la testa di scatto: come faceva ad andare così vicina alla realtà ogni volta?

-Ho indovinato?- si esaltò vedendo la mia reazione.

-No, è Will che non bacia male.- ammisi mugolando.

Due brevi istanti di silenzio e la bomba Lisa esplose. –Cosa hai detto? Lo sapevo, lo sapevo! Sono un genio, ce ne avete messo di tempo però. Mi devi raccontare tutto.-

Scossi la testa. Era completamente pazza! Raccontai loro tutta la storia, dall’ascensore, all’appuntamento con Dean, fino al bacio tra me e Will. Quando ebbi concluso, però, Lisa non parlò.

-Oddio..- fu tutto quello che Jean riuscì a dire.

-Già, sono brava a combinare casini.- confermai.

-No, io intendevo un altro tipo di oddio.-

La guardai senza capire.

-Il suo era un “oddio, ma quanto state male!”- mi illuminò Lisa.

-Non sono io quella che sta male!- mi difesi.

-Sì, invece. Non hai capito che Will è cotto di te?-

Scoppiai a ridere senza ritegno. –Voi pensate questo? Ma cosa avete in testa?-

-No, cos’hai tu in testa! Sei stupida, Eve!- mi gridò Lisa.

-Lisa, calmati.- l’ammonì Jean. –Non sei stupida, però vedi solo quello che vuoi vedere, Eve.- mi disse.

-Non è vero. A Will non piaccio e lui non piace a me, gliel’ho anche detto.-

-E anche lui te lo ha confermato?- domandò Lisa.

-No, però il concetto era quello.- dissi non troppo convinta.

Lei scosse la testa. –Eve…-

-No ragazze, ascoltatemi bene, io non gli piaccio. Era un semplice scherzo che è degenerato! Può essere stata l’attrazione del momento, ma niente di più, ne sono certa.- confermai.

-Quindi la reazione di Will dopo il bacio ti è sembrata normale?- mi incalzò Lis.

-No, però…-

-Lisa ha ragione.- intervenne Jean. –Potrebbe provare qualcosa per te.-

Mi rifiutai di ascoltarle. –No, vi sbagliate e ve lo dimostrerò.-

Mi alzai dal tavolo a cui eravamo sedute e mi recai a cercare Will ignorando le mie amiche che mi chiamavano. Non capivo perché non si limitavano a guardare i fatti piuttosto che arrampicarsi a storie senza senso.

Camminai fino al cortile dove pranzava sempre con i suoi nuovi amici e notai il suo cappellino rosso fuoco vicino ad un albero. Cercai di raggiungerlo velocemente, ma quando fui abbastanza vicina, mi accorsi che non era solo. Anzi, era fin troppo in compagnia.

Le braccia di Pearl gli avvolgevano la vita, mentre lui le palpava il sedere con grazia. Probabilmente si sarebbero anche baciati se lei non mi avesse vista.

-Scusa, c’è qualcosa che non va?- mi chiese.

-Io no…cioè…-

-Evanna! Cosa ci fai qui?-

La prima cosa che pensai quando Will pronunciò quella frase fu che aveva usato il mio nome intero; la seconda fu che non era contento di vedermi.

-Ti stavo cercando.- dissi in imbarazzo.

-Cosa è successo?- domandò.

-Volevo chiederti una cosa, ma ho trovato la risposta, quindi è inutile. Grazie comunque.-

Mi voltai per andarmene, ma mi richiamò.

-Sicura che sia tutto ok?- mi chiese.

-Certo.- risposi accennando un sorriso e tornando sui miei passi.

“Visto amiche mie? Ve l’avevo detto.”

Perché i “te lo avevo detto” fanno sempre male, anche quando ce li diciamo da soli? Eppure non avevo ragione per stare male, anzi la mia teoria era stata confermata e le mie preoccupazioni avrebbero dovuto prendere il volo.

Ma come da copione, non mi sentivo affatto meglio.

Decisi di tornare dalle mie amiche, ma prima mi fermai davanti al mio armadietto. Lo aprii e posai lo zaino. Presi il cellulare dalla tasca interna e notai che avevo ricevuto un messaggio. Lo aprii.

Ciao Eve, sono Ross. Come stai?

Ross? L’amico di Will? Come aveva avuto il mio numero?

Domanda sciocca, doveva essere stato il cretino per forza. Ma perché mai mi aveva cercata?

Salvai il numero e digitai velocemente una risposta.

Ross, ciao! Io tutto bene, tu?

Mi infilai il cellulare in tasca e mi avviai verso la mensa. Ero stanca di pensare e farmi problemi inutili: piacevo a Will? Perché Dean non mi aveva ancora baciata? Perché Will lo aveva fatto? E io perché lo avevo fatto? E adesso cosa voleva Ross? Forse Will gli aveva detto del bacio?

Il cellulare vibrò. Lo tirai fuori e lessi la risposta di Ross.

Tutto bene. Stasera Will mi ha invitato a cena da voi, volevo sapere se a te andava bene. Non volevo presentarmi senza prima consultarti, non voglio essere una presenza sgradita. :)

Sorrisi. Che carino!

Mi farebbe molto piacere invece! :) A stasera!

Perché mai continuavo a farmi così tanti complessi? Il mondo andava avanti anche senza tutti i miei problemi, perché non riuscivo a farmi scivolare le cose di dosso?

Sospirai e continuai a zampettare lungo il corridoio. Un giorno, forse non troppo lontano, avrei capito come mai il destino continuava a mettermi alla prova in quel modo dandomi troppe cose a cui pensare.

C’è sempre un motivo per cui la vita di ciascuno di noi va in una determinata direzione, magari non lo capiamo subito, ma a momento debito tutto viene sempre rivelato. L’importante è continuare a camminare.

 

 

 

 

 

 



Note dell’autrice:

Salve a tutti!

Eccomi con un nuovo capitolo! :)

Spero che sia di vostro gradimento, anche se il grado di pazzia raggiunto dalla mia mente sfiora l’inverosimile. Cosa dire? Evanna è molto confusa, non capisce bene cosa sta succedendo dentro di sé, figuriamoci se comprende i comportamenti di Will! Will, invece, l’ha baciata…però ha quasi baciato anche Pearl! Che sia confuso anche lui? :P

Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/ricordate/seguite e anche coloro che hanno dedicato un po’ del loro tempo alla recensione dei capitoli. Grazie davvero!

Spero di riuscire ad aggiornare abbastanza velocemente.

Un bacione,

Jane

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Al peggio non c'è mai fine ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




7. Al peggio non c'è mai fine

 

 

 

 


Eravamo seduti intorno al tavolo, io, Will, Ross e la mamma.

No no, non avete capito male, ho detto mia madre! Mio padre aveva deciso di accontentare mia sorella e portarla a mangiare i pancakes per cena. Ovviamente proprio quella sera!

Stavamo mangiando le lasagne comprate in rosticceria (che mia madre si era preoccupata di riscaldare!), ma nessuno parlava.

-Allora Ross,- cominciò la mamma interrompendo quel silenzio imbarazzante. –Studi?-

Ed eccola lì, la domanda che preannunciava l’inizio di un minuzioso interrogatorio.

-No, signora Dawson. Mi sono diplomato lo scorso anno.- rispose Ross educatamente.

Mia madre sorrise e io tirai un sospiro di sollievo.

-Chiamami Sierra. Dunque cosa fai adesso? Lavori?- continuò lei.

-Sì, aiuto mio padre nella sua officina, aggiusto soprattutto le moto. Poi, quando posso, faccio da aiuto allenatore nella squadra di basket dei bambini del quartiere.- spiegò lui.

Lanciai un’occhiata a mia madre e capii che Ross aveva fatto colpo: ammirazione e approvazione in un solo sguardo, Ross aveva conquistato la completa attenzione di mia madre con poche parole.

Will, che ancora non aveva aperto bocca, sbuffò.

-Tutto bene? Sei così silenzioso, Will.- disse mia madre preoccupata. –Non ti piacciono le lasagne?-

-No, Sierra, la cena è davvero buonissima.- rispose lui con un sorriso leggermente tirato.

-Quindi ti occupi dei bambini?- riprese quella donna fin troppo curiosa rivolgendosi a Ross.

-Esatto.-

Lei annuì e tornò a mangiare le sue lasagne. Per il momento Ross era salvo e il silenzio tornò a regnare nella stanza. Pochi minuti più tardi, però, mia madre tornò alla carica.

-Come mai questo silenzio? Non so che tipo di segno sia, ma ogni tanto mi fa piacere non sentirvi litigare. Sai Ross, questi due non riescono proprio ad andare d’accordo!-

Lui ridacchiò. – Lo so bene, signora.-

-Proprio stanotte li ho trovati a litigare per andare in bagno. Sono due calamite, se uno dei due è nelle vicinanze, l’altro lo percepisce e il litigio si scatena come per magia!- concluse lei scuotendo la testa.

Sentii il sangue affluirmi alla testa e dovetti bere per non rischiare di affogarmi con le lasagne al solo pensiero della notte precedente. Nel momento esatto in cui allungai la mano per afferrare la bottiglia dell’acqua, però, anche Will fece lo stesso e le nostre mani si sfiorarono. Sobbalzai e distolsi lo sguardo, mentre lui sussurrava delle scuse.

Se mia madre sembrò non fare caso a questo gesto, non potei fare a meno di notare lo sguardo indagatore di Ross su di noi. Pensai subito che Will avesse evitato di raccontare all’amico del nostro incontro davanti al bagno. Chissà se aveva mantenuto il silenzio anche sull’incontro pomeridiano con Pearl… Avrei scommesso qualsiasi cosa che quella gatta spelacchiata fosse stata al centro dei suoi discorsi per tutto il giorno!

Presi un respiro e cercai di non arrabbiarmi, in fondo non c’era motivo di prendersela, ero stata io la prima a sminuire il nostro bacio. Se a lui piaceva Pearl a me non importava, io ero felice di uscire con Dean. Dean che era dolce e affettuoso, Dean che mi portava fuori e mi faceva sentire importante, Dean che non mi faceva mai arrabbiare…Dean che non mi baciava. No, quell’ultimo punto non c’entrava niente. Cosa andavo a pensare? Certo che Dean mi baciava, solo che lo faceva in maniera delicata.

Sì, certo, da oggi “delicato” è sinonimo di “non ci metto la lingua, non vorrei soffocare qualcuno”!, disse la vocina nella mia testa. Avrei voluto darmi una botta in testa per farla stare zitta, ma anche solo per un secondo fui d’accordo con lei. Non era tanto il fatto che non mi avesse ancora baciata “per bene”, quanto che Will l’avesse fatto e mi fosse piaciuto, e non era questione di paragoni, perché sicura che se Dean mi avesse baciata mi sarebbe piaciuto molto di più, ma il problema era che non sembrava intenzionato a farlo.

Ed io continuavo a pensare alla labbra di un altro che, con forte ostinazione, continuavo a combattere, fisicamente e psicologicamente.

 

Dopo aver finito di cenare, mia madre spedì i due ragazzi sul divano a guardare la tv, mentre io l’aiutavo a lavare i piatti e a servire il gelato. Avevo appena preso in mano un bicchiere quando mia mamma esordì in maniera intelligente.

-Allora, cosa ne pensi di Ross?- mi chiese.

-Cosa dovrei pensare? È simpatico, intelligente e gentile.- le risposi non capendo dove volesse andare a parare.

-E a livello estetico?- insistette.

-Carino.-

-Oh, insomma Eve, ti piace o no?- sbottò irritata dalla mia poca loquacità.

La guardai incredula. –Ma sei impazzita? Non so da dove ti vengano certe idee!-

-Ti ho visto mentre eravamo a cena, eri tesa, ti irrigidivi, poi arrossivi. Confessa, è la presenza di Ross che ti fa quest’effetto?-

“Ancora una volta la tua mente acuta e penetrante si è applicata e sei arrivata alla conclusione sbagliata, mamma!”. Questo è ciò che avrei voluto gridarle, ma non avrebbe capito l’aulica citazione, per cui mi limitai a guardarla come si guardano quei parenti che, ad ogni Natale, ti strizzano le guance chiamandoti “bella bimba”: con aria omicida.

-Evanna Norma Dawson, rispondi a tua madre!- mi esortò facendo salire ulteriormente la mia rabbia. Non bastava che mi stesse torturando per sapere cosa mi passava per la testa, doveva persino usare il mio nome per esteso, come a volermi ricordare il mio arrivo in un momento della sua esistenza costellato dalla visione dei film di Marylin Monroe. Ebbene sì, non vi erano dubbi sull’origine del mio (orribile) secondo nome.

-No, non mi piace. Sei un’impicciona, mamma, e non sai neppure interpretare i miei comportamenti così bene. Smettila di giocare all’investigatore, te ne prego!- mi lamentai tra l’esasperato e il divertito senza, però, capire l’enorme verità dietro le parole che avevo pronunciato. Verità che, ad una mamma del calibro di Sierra Dawson, non sfuggì.

Non sai neppure interpretare i miei comportamenti così bene.

-Ci sono andata vicina, lo sapevo!- trillò estasiata.

-Ma che…?-

-Taci, figlia ingrata, la mamma deve pensare!- mi zittì scuotendo la mano davanti al mio naso.

Se solo avessi realizzato cosa stessero macchinando i suoi neuroni, siate fiduciosi, avrei impedito che portassero a termine il loro lavoro.

-Ci sono!- esultò facendomi sobbalzare.

-Mamma, che stai dicendo?- le chiesi impaurita dalla sua pazzia.

-Come ho fatto a non capirlo? A te piace Will!- decretò con quell’aria da maestrina di chi la sa lunga.

-Hai fatto asportare il cervello?- domandai incredula.

-No no, adesso mi torna tutto. Il rossore sulle guance, il salto quando vi siete sfiorati, tutti quei litigi. Come ho potuto non pensarci prima?- concluse battendosi il palmo sulla fronte.

-Hai sbagliato di nuovo, a me non piace Will, ma Dean!- le dissi con sicurezza.

-Dean? Quello allergico ai baci?-

-Mamma!-

-Scusa tesoro, non volevo.- mi disse realmente dispiaciuta.

-Come fai a saperlo?- chiesi infuriata.

-Diciamo che potrebbe essermi capitato di alzare la cornetta del telefono mentre eri al telefono con le tue amiche e…-

-No, questo è troppo!- gridai uscendo dalla cucina. –Nessuno sa farsi gli affari propri in questa casa?-

Non prestai attenzione alle facce di Will e Ross quando passai davanti al divano, ma mi fiondai su per le scale e mi chiusi in camera mia.

Una famiglia di impiccioni maleducati, ecco cos’era la mia! Dov’erano finiti il rispetto reciproco e il diritto alla privacy? Sì, ero tragica come al solito, ma ero arrabbiata ed infastidita dal comportamento di mia madre e dalle sue false insinuazioni. E poi, su quali basi mi accusava di essere attratta da Will? Per uno stupido sfioramento di mani? Ma cosa ne sapeva lei di quello che era successo tra noi e la nostra reciproca antipatia? Niente. Ecco, non sapeva niente e avrebbe dovuto farsi gli affari suoi.

Qualcuno bussò alla porta della mia stanza.

-Mamma, vattene!- urlai.

-Evanna, sono Ross.- mi rispose il ragazzo dal corridoio.

-Oh, scusami. Al momento sono impegnata, ma se fai veloce puoi entrare per qualche minuto.- risposi suonando ridicola persino a me stessa.

Ross entrò e mi trovò a sedere sul letto con in mano un pupazzo.

-Scusa, non intendevo disturbarti visto che stai…pettinando i pupazzi.- disse cercando di reprimere una risata.

Sbuffai e non potei fare a meno di sorridere. –Non avevo voglia di parlare, non sono impegnata.-

Lui annuii. –In realtà sono venuto per salutarti, ma tua madre voleva che mi assicurassi che tu stessi bene.- ammise.

-Benissimo.- risposi stizzita. Poi aggiunsi: -Non è colpa tua, sei solo una delle tante vittime di Sierra. Odio i comportamenti di quella donna, non riesce mai ad essere una semplice madre, deve sempre essere l’assistente sociale, la terapeuta, la maestra ma io sono sua figlia e non capisce che non deve utilizzare gli stessi metodi che usa quando lavora. Mi irrita incredibilmente!-

-Non credo che lo faccia con cattiveria, probabilmente è così abituata ad aiutare le persone in un determinato modo che non si rende conto di essere troppo invadente.- mi disse Ross con tranquillità.

-No, non ho mai pensato che la sua fosse cattiveria, ma non voglio essere trattata come un “caso” dei suoi. Sono pur sempre sua figlia, ma invece di parlare con me, scopro che origlia le mie telefonate. Che bel modo di volersi bene!-

-Sierra avrà sbagliato, ma forse il suo era un modo per essere parte della tua vita, per non rimanere indietro su ciò che ti accade, non credi?-

Lo guardai. –Non lo so.-

Lui rise. –Sei così buffa, Enny.-

-Non chiamarmi così.- lo ammonii un po’ troppo duramente.

-Perché?- mi chiese dispiaciuto. –Pensavo fosse il tuo soprannome.-

-No, è semplicemente il modo in cui mi chiama Will. Pensa che Eve sia orribile, quindi ha inventato questo schifo di abbreviazione.- spiegai.

-Perché ce l’hai così tanto con lui?- mi chiese Ross notando la mia avversione nei confronti dell’amico.

-Divergenze interne?-

-Lo stai chiedendo a me?-

Risi. –No, è che non lo so neppure io. Inizialmente non lo volevo in casa mia, ci facevamo i dispetti, poi ho scoperto che non era così male parlare con qualcuno ogni tanto, ma dopo l’ascensore…insomma, dopo un po’ abbiamo cominciato di nuovo a litigare e non lo so, non riesco a sopportare quel suo atteggiamento da “sono troppo sicuro di me e non sbaglio mai”.-

-E il bacio non c’entra niente con la ripresa dei vostri litigi?- mi chiese tranquillo.

Boccheggiai e incanalai la saliva nel condotto sbagliato, motivo per cui cominciai a tossire. Come faceva a saperlo? Quindi Will aveva parlato anche di questo? Volevo sotterrare la testa sotto il cuscino, ma Ross avrebbe capito che l’argomento mi metteva a disagio (se non l’aveva capito già dopo l’attacco di tosse!).

-Te ne ha parlato lui?- domandai.

Annuì. –Mi ha accennato qualcosa, diciamo così.-

-Si sarà pavoneggiato dello scherzo ben riuscito, lo immagino già.-

-Penso che tu abbia una visione distorta dei suoi comportamenti, Eve. So della tua tesi dello scherzo, il fatto che abbia organizzato tutto per prenderti in giro, ma non è così: Will non è il tipo, non farebbe mai qualcosa per ferire gli altri. Non posso negare che agisca di impulso e secondo le voglie del momento, ma non ha mai fatto scherzi del genere.- mi spiegò Ross.

-E chi te lo assicura? Forse ci sono lati di lui che non conosci, hai visto come mi tratta? Con me l’avrebbe fatto uno scherzo così. O meglio, l’ha fatto!- risposi gesticolando.

-Eve, ti posso assicurare che il comportamento che ha con te mi ha fatto pensare a tutto, fuorché un’antipatia nei tuoi confronti, anzi, lui ti vuole bene!- disse scuotendo la testa con un sorriso.

-Se lo dici tu, ma io non sono convinta.- e tornai a guardare il mio pupazzo spelacchiato.

 

Quella sera, dopo che Ross se ne fu andato, decisi di uscire dalla mia stanza e scendere al piano di sotto. La casa sembrava deserta, così mi fiondai sul divano ed accesi la tv. Qualche secondo dopo, però, sentii una voce provenire dalla cucina. Mi avvicinai e, restando dietro il muro, cercai di ascoltare: era Will, molto probabilmente al telefono.

-Sì, ti ho detto che va bene.- pausa. –Sai che non è quello il problema, ma non è casa mia e non posso portare chiunque.- altra pausa. –Non essere petulante, Pearl, ti ho detto che va bene.-

Mi bastò sentire il nome di quell’incubo di ragazza per fare due più due: quella gatta morta voleva che lui la portasse in casa nostra, in casa mia, e pensavo di sapere cosa volesse fare con lui sotto il mio stesso tetto. Questo, però, non sarebbe mai avvenuto, a meno che non mi avessero uccisa!

Ma chi pensava di essere quella ragazzina da quattro soldi per poter dettare legge in casa mia? Lei non sarebbe mai andata a letto con Will, almeno non nel luogo in cui vivevo io. Opportunista, insulsa, maleducata e dai facili costumi, gliel’avrei fatta vedere io la serata perfetta! Non sarei più uscita di casa, avrei fatto in modo che quell’edificio non restasse mai vuoto, che mente geniale!

Tornai sul divano e feci finta di niente. Quando William mi vide, sobbalzò.

-Oh sei qui!-

-Già.-

-Io ero al telefono.- disse mostrandomi l’apparecchio che aveva in mano. Si stava forse giustificando? Si sentiva in colpa per qualcosa? Avrei voluto chiederglielo, ma dovevo fingere di non aver sentito la sua conversazione.

-Bene.- risposi indifferente. Lui si sedette sul divano, ma sul lato opposto al mio. Ottima scelta!

-Allora, ti è passata l’arrabbiatura con il mondo?- chiese accennando un sorriso.

-No.-

-E sentiamo, cosa sarebbe successo di così grave?-

-Non sono fatti tuoi.- risposi continuando a fissare lo schermo di fronte a me.

-Siamo tornati al punto di partenza, quindi?-

-Che vuoi dire?-

-Tu che non mi parli, i tuoi sbalzi di umore, nessun rapporto tra di noi…- elencò a mo’ di spiegazione.

Mi voltai per guardarlo in faccia. –Non c’è mai stato alcun tipo di rapporto tra di noi, solo perché qualche volta abbiamo parlato senza litigare non significa che siamo grandi amici.- E il premio per la più grande testa di cavolo mai esistita va a…

-Ah giusto, anche la pomiciata di ieri sera rientra nei convenevoli tra conoscenti. Scusa, mi era sfuggito!-

…Will. Quel premio l’avrebbe sempre vinto lui, perché per quanto cercassi di fare la stronza, lui mi avrebbe battuta in ogni singola occasione.

-Non venire a rinfacciarmi quel bacio come se ti importasse di essere stato usato per una “pomiciata”, come hai detto tu, altrimenti stamani non ti avrei trovato con Pearl!- mi infuriai.

-Allora lo ammetti, mi hai usato!- mi accusò lui alzandosi in piedi.

Scherzava, giusto? –Io avrei usato te? Sei fuori! Casomai è esattamente l’opposto, sono io che sono stata vittima di uno dei tuoi scherzi perché in un attimo di debolezza sono stata così sciocca da baciarti pensando ad altro!-

-E a cosa pensavi? Sentiamo quale grande pensiero possa averti spinto ad appiccicarti alla mia bocca!- mi provocò.

-Pensavo a Dean! Stavo pensando a quanto mi piace e quindi l’ormone che stravede per lui si è sbagliato ed è successo quello che è successo.- Bugia, enorme bugia! Potevo sentire le metaforiche unghie della mia mente stridere mentre cercavano di arrampicarsi su uno specchio. Che scena patetica, ma mica potevo dirgli che in quel momento il mio ormone festaiolo avrebbe voluto che gli saltassi addosso!

Probabilmente, però, non ci credette, perché scoppiò a ridere. –Enny, ma che storie ti inventi? Non ci credi neppure tu, ammetti di essere attratta da me e chiudiamo questa storia.-

-Ma io non sono attratta da te!- urlai saltellando per sfogare la rabbia.

-E allora perché ti ha dato noia il fatto che stamani abbia baciato Pearl?- chiese con un ghigno stampato in faccia.

-Non mi ha dato noia.- risposi, ma feci l’errore di abbassare lo sguardo e Will captò la mia bugia.

Si avvicinò a me, mi prese il mento con una mano e mi alzò il viso in modo che lo guardassi negli occhi.

-Dimmi che non ti ha dato noia, che non sei attratta da me e che quel bacio è stato un lapsus del momento.- disse in tono serio non lasciando mai i miei occhi.

Volevo davvero riuscire a dirgli quelle cose respirando normalmente, ma tutto ciò che mi uscì fu uno sbuffo seguito da un biascicato: -Non mi piaci.-

-Ritenta.- mi intimò avvicinando il suo volto al mio.

Aprii la bocca, ma non dissi niente e la richiusi subito dopo. Will si avvicinò ancora e tentò di appoggiare le sue labbra sulle mie, ancora, ma prima che potesse farlo, qualcosa dentro di me scattò. Lo allontanai con una spinta e mi mossi velocemente per mettere una certa distanza tra noi.

-Chi è che sta giocando, Will? Rispondimi! Vuoi che ammetta che sono attratta da te? Bene, sono attratta da te, non so spiegarti per quale motivo, ma ieri sera avevo voglia di baciarti e quando oggi ti ho trovato con Pearl ci sono rimasta male, perché ho pensato di aver fatto bene a sentirmi usata. E poco fa non hai fatto altro che darmi l’ennesima conferma!- lo aggredii.

-Enny, ascoltami…- cominciò quasi dispiaciuto, ma non lo feci parlare.

-Non ho finito! Io sono stata sincera, ma sono anche stata corretta, perché se avessi voluto portare avanti questa discussione, avrei potuto farti la stessa domanda con la quale mi ha tormentata: perché tu mi hai baciata, invece? Sei attratto da me?.- feci una pausa e lo guardai. Aveva uno sguardo mortificato che non fece altro che rafforzare la mia tesi. Scossi la testa e mi voltai per tornare nella mia stanza.

-Sei solo uno stronzo, William!-

 

Inutile dire che non ci rivolgemmo la parola per giorni. O meglio, lui tentava di parlarmi ed io lo ignoravo, finché decise di lasciar perdere e si unì a me in un silenzio di tomba.

Qualche giorno dopo essermi tolta il gesso al piede, Lisa mi passò a prendere per andare a fare un aperitivo insieme a Jean. Dopo aver spettegolato sui nostri compagni di scuola ed aver espresso il nostro disappunto sulla quantità di compiti da fare, Lisa non perse l’occasione per virare il discorso sul suo argomento preferito.

-Allora Eve, ancora non hai parlato con Will?- chiese con un sorriso sulle labbra.

-La risposta è la stessa della settimana scorsa e di quella prima: no!- risposi scocciata dalla sua insistenza. Ogni occasione era buona per incitarmi a cercare un contatto con l’individuo che abitava sotto il mio stesso tetto.

-Non essere così scostante, almeno lascialo parlare, senti cosa ha da dirti.- mi disse come faceva ogni volta che entravamo nel discorso.

Sbuffai. –No, ne abbiamo già parlato.-

-Quello che Lisa sta cercando di dirti è che, probabilmente, la sua spiegazione riuscirebbe a darti risposte sul perché ha agito così.- intervenne Jean per evitare che esplodessi.

-Lo so, Jean, ma non credo che una risposta del tipo “Ti ho presa in giro, mi fai schifo” riuscirebbe a calmarmi.- chiarii.

-Ma tu sei idiota! Non vuoi capire che è proprio qui che ti sbagli? Lui è attratto da te e te l’avrebbe anche detto se tu lo avessi lasciato parlare una buona volta!- mi rimproverò Lisa con i suoi soliti toni soavi.

La guardai in cagnesco. –Non so se mi fai più arrabbiare o pena!- le dissi.

-E perché ti farei pena?-

-Perché, nonostante la situazione, continui a voler vedere del buono in lui.-

-O, forse, sei tu che sei così accecata dai tuoi preconcetti da non riuscire a vedere al di là del tuo naso.-

Jean annuì impercettibilmente alle parole di Lisa, ma era troppo gentile per confermare le sue parole ad alta voce, motivo per cui si limitò a sorridermi incoraggiante nella speranza che, prima o poi, avrei dato ascolto alle parole della nostra amica.

 

Qualche pomeriggio dopo, mi trovavo ancora una volta nella macchina di Dean parcheggiata di fronte a casa mia. Erano solo le cinque e, dopo aver fatto merenda in una fantastica cioccolateria, ci eravamo trovati a non saper cosa fare.

-Che ne dici se guardiamo un film da me?- proposi dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio.

-Ci sto!- accettò subito Dean. –Cosa guardiamo?-

-Non so, che genere preferisci?- chiesi.

-Potremmo guardare uno dei film di Iron Man, che dici?-

Annuii. –Certo, mio padre ha comprato tutti i dvd!-

Scendemmo dall’auto e Dean mi prese per mano in quel breve tragitto fino alla porta di casa. Mentre tiravo fuori dalla borsa le chiavi di casa, Dean mi mise una mano sotto il mento e alzò il mio volto affinché si trovasse in corrispondenza del suo. Non mi ci volle molto per collegare quel gesto a quello identico di Will due settimane prima. Il mio cuore cominciò a battere all’impazzata. I nostri nasi si scontrarono, le nostre labbra si sfiorarono e giocarono qualche secondo tra loro, fino a quando non sentii la lingua di Dean farsi strada nella mia bocca. Per un secondo, solo per un maledettissimo secondo, i miei occhi videro William e non Dean di fronte a me, ma si trattò di un attimo, giusto il tempo di realizzare che, sì, finalmente ci stavamo baciando. Mi alzai sulle punte e circondai il suo collo con le braccia per avvicinarlo di più a me. Le nostre lingue si inseguivano con movimenti circolari, mentre le sue mani scorrevano su e giù lungo la mia schiena. Tentai di avvicinarlo ancora di più a me infilando una mano tra i suoi capelli, ma lui interruppe il bacio.

-Credo sia meglio entrare.- mi disse con un velo di imabarazzo. Avevo sbagliato qualcosa? Gli avevo, forse, morso la lingua senza rendermene conto? O, probabilmente, era davvero una così pessima baciatrice?

Annui ed infilai la chiave nella toppa. Mentre aprivo la porta, notai che Dean si stava specchiando in una finestra.

-Mi hai spettinato!- disse sorridendo. Non seppi spiegare il motivo, ma quella sua affermazione scherzosa mi irritò.

Entrammo in casa e chiusi la porta. Attaccammo i cappotti all’attaccapanni e lo feci accomodare in salotto.

-Torno subito, vado un attimo in bagno. Fai come se fossi a casa tua.- gli dissi lasciandolo a curiosare tra i dvd di mio padre.

Mentre salivo le scale, però sentii un rumore provenire dal piano di sopra.

-C’è qualcuno? Mamma sei tu?- provai a domandare.

I miei erano andati a trovare mia nonna, mia sorella era da un’amica, mentre Will, per quel che mi riguardava, poteva anche essere sperduto nel deserto purché fosse fuori di casa. Pensai che fosse il nostro cagnolino, ma poi ricordai che mia madre aveva insistito per portarlo con sé conoscendo il mio odio nei confronti di quella bestia. E allora chi poteva essere? Un ladro?

Feci un respiro e provai di nuovo: -C’è qualcuno? Chi siete?-

Dean si affacciò in fondo alle scale. –Tutto bene, Eve?-

Non ebbi il tempo di rispondere, perché una porta si aprì e ne uscì Will con i capelli completamente spettinati e con la maglietta stropicciata.

-Evanna, cosa ci fai a casa?- mi domando fin troppo sorpreso.

Sentii la rabbia attraversare il mio corpo. –Potrei farti la stessa domanda!- risposi sprezzante.

-Pensavo che tu non ci fossi, così ho pensato di guardare un film con Pearl.- mi spiegò grattandosi la testa. Era in difficoltà, lo percepivo.

-Quindi c’è anche lei?-

Non appena lo domandai, la ragazza uscì dalla camera di Will affiancandolo.

-Cosa ci fa lei qui?- chiese a Will come se io non esistessi.

-Ci abito, cretina!- le risposi prima di riuscire a frenare la lingua.

-Cosa ci fa lei qui?- domandò Dean che aveva appena salito le scale per vedere con chi stessi parlando. Che coincidenza, aveva usato persino le stesse parole dell’oca!

-Bene, adesso siamo al completo!- annunciai sarcastica.

La tensione nell’aria era alle stelle, nessuno parlava, ma tutti ci guardavamo con rabbia. Se la mia vita fosse stata un film, sicuramente sarebbe stata una commedia scadente e di cattivo gusto, non ne avevo dubbi.

-Dunque, come facciamo?- chiesi rivolgendomi a Will. –Uno di noi deve uscire.-

-Noi avevamo intenzione di guardare un film.- rispose lui.

-Anche noi. Quindi, tiriamo una monetina e guardiamo chi se ne deve andare?- domandai sarcastica.

-E se guardassimo un film tutti insieme?-

Non poteva aver detto una cosa del genere. Sul serio? Voleva veramente che ci sedessimo tutti nel mio salotto a guardare un film come due coppie felici? Davvero non notava l’ironia della situazione? No, certo che no. Perché il ragazzo che mi stava davanti, ossia il ragazzo che avevo baciato in preda ad una crisi ormonale, lo stesso che usciva con la ex del ragazzo con cui uscivo io, aveva il cervello di un criceto e pretendeva che partecipassimo ad un episodio in versione horror di “Appuntamento a 4”. Poteva andare peggio di così?

In quel momento avrei risposto sicuramente che no, peggio di così non sarebbe mai potuta andare. Però, come spesso accade, mi sbagliavo. E ancora oggi, quando credo che una situazione non possa peggiorare, cerco di ricordarmi che il mondo ha un senso dell’umorismo criptico, a tratti macabro. Un humor che noi umani non potremmo mai capire, ma del quale siamo vittime.

Quindi, amici miei, se qualche volta nella vita penserete di aver toccato il fondo, non disperate, ma ricordatevi sempre di quella che io chiamo l’incomprensibile ironia del globo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell’autrice:

Buonasera a tutti!

Ebbene sì, sono di nuovo in ritardo, ormai non c’è più speranza per me. Vi prego di perdonarmi! Come state? :)

Comincio col dire che non è uno dei migliori capitoli che io abbia scritto, o meglio, non mi convince fino in fondo. Probabilmente la mia vena creativa ha avuto un attimo di crisi, chissà, o forse sto solo invecchiando. Nel complesso, però, ritengo di aver raccontato tutto ciò che volevo che si sapesse in questo capitolo: gli indizi che Sierra comincia a cogliere, il dialogo tra Enny e Ross, quello tra Enny e Will, il finale che porta Eve alla disperazione totale. Sì, devo ammettere di averla fatta diventare matta in questo capitolo!

Voi cosa ne pensate? Che idea vi siete fatti a questo punto della storia?

Come sempre ringrazio coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite e coloro che dedicano parte del loro tempo alla recensione dei capitoli. Siete una gioia! :)

Come sempre, aspetto i vostri commenti.

A presto!

Un bacione,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Troppe verità ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




8. Troppe verità

 

 

 

 


Se mi avessero detto che un giorno mi sarei trovata a sedere sul divano di casa mia tra Dean e Pearl, non ci avrei mai creduto. Se avessero aggiunto che affianco a Pearl si sarebbe seduto William, beh, probabilmente avrei avuto un collasso da risata. Perché? Ma perché, cari miei, un appuntamento a quattro sul mio divano, guardando una stupida commedia sentimentale, dopo aver beccato Pearl e Will che stavano per andare a letto insieme, era sicuramente la cosa più comica e lontana dalla realtà che avrei mai immaginato di poter vivere. Eppure stava succedendo sul serio. E stava succedendo a me.

-Che palle questo film!- esclamò Pearl dopo neanche un’ora di visione.

-Guarda che l’hai scelto tu.- le ricordai poco educatamente.

-Pensavo fosse più carino, guarda la protagonista, è una tale..cozza!- commentò lei.

-E questo perché si è rifiutata di andare a letto col tizio che, in segreto, si faceva già la puttanella di turno?- la aggredii. Solo quando ebbi pronunciato quelle parole, però, mi resi conto di quanto fosse comica la situazione, per cui non aspettai la sua risposta ed aggiunsi ridacchiando: -Anzi no, lasciamo perdere. Non capiresti mai.-

Mi sembrò di vedere William sorridere, ma probabilmente fu solo un’impressione. Così mi voltai verso Dean. Sembrava un po’ a disagio e continuava a passare lo sguardo sui presenti nella stanza senza mai proferire parola.

-Tutto bene?- gli chiesi appoggiando la mia mano sulla sua.

-Certo.- disse sforzando un sorriso. –Credo, però, sia il momento di tornare a casa, è quasi mezzanotte.-

Lo fissai un po’ delusa, ma sperai che non se ne accorgesse. –Oh, sì, scusami, non avevo visto l’ora.-

-Noi possiamo andare un po’ in camera tua, Will.- esordì brillantemente Pearl.

-Non credo sia il caso.- rispose lui con delicatezza. –Magari facciamo un’altra sera.-

Non in casa mia!

-Allora mi riaccompagni a casa?- chiese lei speranzosa.

-Non ho un’auto, Pearl, lo sai.-

-Puoi fartela prestare da lei!- disse indicandomi.

Per un attimo fui incerta se si trattasse di uno scherzo o meno, ma vedendo che nessuno si decieva a ridere, presi la parola. –Okay, tu sei nata senza qualche neurone sul serio! Ma come ti viene in mente che io possa prestare la mia auto a lui per portare il tuo sedere a casa? Comincia pure a camminare, signorina.- dissi muovendo le braccia furiosamente in un modo che ricordava spaventosamente mia madre.

-Qual è il tuo problema, brutta coz..?-

-Pearl, forse è il caso che tu te ne vada.- la interruppe Will appoggiandole una mano sulla schiena con fin troppa intimità.

-Come mi hai chiamata?- gridai rivolta a quella sottospecie di oca. –Finisci la frase, gallina da allevamento!-

-Ho detto che sei una cozza, sei acida e bruttina, per questo sei sempre arrabbiata con tutti!- gridò lei di rimando. –E galline saranno quelle due stupide con cui vai in giro!- aggiunse riferendosi a Lisa e Jean.

-Adesso basta!-

Mi voltai nella direzione dalla quale proveniva il rimprovero e quasi mi sorpresi di vedere Dean con i pugni stretti e lo sguardo furente. Era stato davvero lui a parlare con quel tono?

-Siete due bambine, ma non vi sentite ridicole ad insultarvi così? Me ne vado, questa serata non ha più senso.- Poi puntò lo sguardo su di me. –Chiamami quando hai recuperato la calma.-

Annuii appena, senza dire una parola. Dean fece per andarsene, ma Will lo fermò.

-Dean, forse è il caso che riaccompagni tu Pearl vista l’ora. Sempre se non è un problema.-

Non aveva davvero chiesto una cosa del genere a Dean, giusto? Era la mia immaginazione che costruiva strane scene e le rendeva quasi reali, ne ero convinta. Ma poi Dean annuì.

-Nessun problema.- rispose. E io desiderai ardentemente picchiare la testa così forte da svegliarmi anni e anni dopo.

-Pearl, a te va bene?- le chiese William.

-Certo, non mi va di tornare da sola.- cinguettò lei sfiorando il braccio del ragazzo maliziosamente

-Bene.-

Dean aprì la porta, si voltò accennando un saluto generale e si avviò verso la sua auto lasciandomi pietrificata; Pearl indugiò qualche secondo bisbigliando qualcosa all’orecchio di Will, poi, con studiata lentezza, gli lasciò un bacio a pochi centimetri dalle labbra. Dopo aver messo in scena tutto quel teatrino, sorrise e seguì Dean fuori dalle mura della mia casa.

Non appena la porta si chiuse, la prima sensazione che mi assalì fu quella di essere libera, ma durò meno di un nanosecondo, perché i miei occhi incontrarono quelli di William, facendomi avvampare di rabbia.

-A che gioco stai giocando, Reddington?- chiesi decisa, ma calma. Non volevo fargli capire quando fossi realmente arrabbiata.

-A cosa ti riferisci, Dawson?- mi domandò prendendosi gioco di me.

-Non ho idea di quale sia il rapporto che hai con la tua ragazza, ma a me non piace condividere, motivo per cui non mi va a genio il fatto che adesso il suo enorme culo sia posato sulla macchina del mio..- stavo per dire “il mio ragazzo”, ma mi corressi in tempo, perché io e Dean non stavamo insieme. -..del ragazzo con cui esco!-

-Che però non è il tuo ragazzo!- infierì lui dopo essersi reso conto del mio errore.

-Sei uno stronzo! No, non stiamo insieme, ma questo non significa che sia disposta a vederlo con altre ragazze, non ti pare?-

-Quanto sei ingenua, Enny! Ma non vedi che è proprio questo il punto? Uscite insieme da un po’ e lui non è ancora il tuo ragazzo. E, nonostante ciò, ha accettato di riportare a casa quella che è la sua ex fidanzata! Ti rendi conto di quanto sia ridicola la situazione?- mi chiese allargando le braccia in segno di esasperazione. Come se fosse lui quello a dover essere esasperato!

-Io vedo solo quanto ti piaccia farmi stare male.- dissi senza neppure accorgermi che una lacrima involontaria era sfuggita ai miei occhi. Mi girai e feci per raggiungere le scale, ma Will mi bloccò prendendomi per un braccio.

-Stai piangendo?- mi domandò prendendomi per le spalle e facendo in modo di vedermi in faccia.

Scossi la testa. –Sarò stanca.- e non seppi quanto fosse una bugia.

Mi fissò qualche istante, forse incerto se credermi o meno, poi, senza dire una parola, mi tirò a sé e mi abbracciò.

Inutile dirvi che mi maledissi innumerevoli volte quando il mio corpo, agendo istintivamente, ricambiò il gesto portando le mia braccia a stringerlo forte. Appoggiai la testa sul suo torace e mi lasciai cullare.

-Non è mai stata mia intenzione farti del male. In nessun modo.- mi sussurrò piano.

Avrei tanto volto credergli. –Hai capito, Enny?- mi domandò non udendo risposta.

Avrei tanto voluto credergli, così intensamente che, pur di convincermi, annuii. –Ho capito.- risposi in un sospiro. Poi, armandomi di coraggio, mi staccai da lui.

-Dove vai?- chiese sbarrando gli occhi sorpreso dal mio gesto.

-A letto.- dissi solamente.

-Enny, non voglio insistere, ma pensa a quello che ti ho detto su Dean.-

Strinsi gli occhi. –Non c’è niente a cui pensare, Will. Hai già sottolineato tu il fatto che ancora non stiamo insieme, non credo ci sia altro a cui prestare attenzione, no?- domandai con una punta di acidità.

-Perché fingi di non capire?- chiese portandosi le mani alla testa. –Non è questione del fatto che non stiate insieme, o forse sì, ma non come intendi tu!-

-E allora in quale senso? Illuminami tu, mi pare di capire che tu abbia tutte le risposte!- sputai con rabbia.

-Evanna, smettila! Non sono io che ti sto prendendo in giro, apri gli occhi ed esci da quella favola che ti sei costruita! Come mai pensi che Dean abbia accettato di accompagnare Pearl a casa senza problemi? Pearl, la sua ex, la stessa che lo ha tradito baciando me, il ragazzo che ha proposto che fosse lui a riaccompagnarla! Ti rendi conto di quanto sia tutto surreale? E poi perché non si è ancora deciso ad ufficializzare il vostro rapporto? Non è per colpa tua come ti ostini, non sei tu il problema, Enny! Chiedigli di spiegarti perché ancora non sei la sua ragazza e già che ci sei domandagli anche da quanto tempo non si vede con Pearl, scommetto che la risposta, quella vera, ti potrebbe sorprendere!- gridò con forza spaventandomi.

Chiusi gli occhi e scivolai a sedere sulla scala alle mie spalle. –Non ti credo.- dissi scuotendo il capo. –Mi stai dicendo un sacco di bugie.-

-Enny, guardami!- mi ordinò avvicinandosi a me.

-No!-

-Enny..-

Scossi di nuovo la testa e lui si abbassò di fronte a me, in modo che i nostri volti fossero alla stessa altezza. Chiusi di nuovo gli occhi per non vederlo.

-Guardami.- sussurrò a pochi centimetri da me.

-Enny, apri gli occhi e guardami.- insistette, ma invece di fare ciò che mi aveva chiesto, portai le mani a coprirmi gli occhi.

-Cazzo, Evanna! Per una volta tira fuori le palle e affronta quello che ti succede!- gridò afferrandomi un polso per togliermi le mani dalla faccia. Non appena sentii quel piccolo contatto tra noi, scattai.

-Lasciami stare!- gli urlai allontanando le mani e trovandomi così faccia a faccia con lui.

-Finalmente!-

-Finalmente un cavolo, William! Cosa vuoi da me? Spiegami cosa stai cercando di ottenere con tutti questi discorsi, perché non l’ho davvero capito!-

-Credi che stia cercando di trarre qualche vantaggio da questa situazione? Lo credi davvero, Enny?- mi domandò alzandosi in piedi. –Non hai capito niente, come sempre del resto!-

Mi alzai a mia volta per fronteggiarlo. –Certo, sono sempre io quella che non capisce, sono io quella ingenua che tutti cercano di fregare e sono io quella che nessuno vuole! C’è qualcosa che vuoi aggiungere ancora o per oggi hai finito?- chiesi sfiorando l’isterismo.

Lui scosse la testa amareggiato. –Vedo che ti ostini a rimanere ferma sulle tue posizioni. Mi dispiace, io ci ho provato, ma non posso combattere contro i mulini a vento. Potrei provare a spiegarti tutto di nuovo, a fare in modo che tu afferri il vero significato di quello che sto dicendo, ma non sarebbe giusto, né per, né per me. Soprattutto per me. Non ha senso cercare di darti più di quello che al momento sei disposta a ricevere, quindi faccio un passo indietro. Detto ciò, spero davvero che, prima o poi, capirai.- concluse abbassando lo sguardo.

Non avevo capito una sola parola del suo discorso: capire cosa? Darmi più di quel che posso ricevere? Passo indietro? C’era qualcosa che mi sfuggiva, ma non riuscivo a capire cosa fosse.

-Cos’è che non capisco, William?- provai a chiedere, ma lui aveva già cominciato a salire le scale per andare in camera sua e l’unica risposta che ricevetti fu uno sguardo triste.

Quando mi decisi ad andare a dormire, passai davanti alla sua porta e provai a bussare senza, però, ottenere risposta. Troppe domande affollavano la mia mente quella sera, volevo sapere quanta verità su Dean ci fosse nelle parole di Will, se davvero mi stesse solo prendendo in giro e continuasse a frequentare Pearl, ma soprattutto volevo sapere qual era la cosa che Will credeva che io non capissi. Cosa stavi cercando di dirmi, William?

 

La mattina seguente decisi di restarmene a letto, fin quando il campanello di casa mia si mise a suonare insistentemente. Di malavoglia lasciai il mio caldo rifugio, infilai una felpa e, legando i capelli in una coda di cavallo, andai ad aprire. Immaginate la mia sorpresa quando mi trovai di fronte un Dean abbastanza trasandato e con gli stessi vestiti della sera precedente.

-Dean, cosa ci fai qui?- chiesi sopresa.

-Io..io devo dirti delle cose.- disse senza, però, guardarmi.

-Dean, ma stai bene? Cosa ti è successo?-

Lui chiese gli occhi e sospirò. –Sì, sto bene, ho solo bevuto troppo.-

-Hai bevuto? Quando? Ieri sera..- mi interruppi quando pensieri fin troppo maligni si impossessarono della mia mente. –Tu e..?-

-Devo parlarti, Evanna.- disse, questa volta guardandomi negli occhi con convinzione.

-Ti ascolto.-

-Non vuoi entrare?- domandò gentile.

-Credi che abbia bisogno di sedermi?- chiesi amara, ormai certa delle mie quasi-convinzioni.

-Eve..-

-Eve niente! Dimmi quello che devi dire e chiudiamo la cosa!-

-Mi dispiace, Eve, tu non meriti niente di quello che sto per dirti, ma proprio perché non lo meriti è giusto che tu lo sappia, tacere non farebbe che peggiorare il tutto.- disse cercando di prendere la mia mano con la sua.

La allontanai bruscamente. –Dean!- lo ammonii.

-Okay, bene. Quello che sto cercando di dirti è che ieri sera mi sono ubriacato in un locale. Con Pearl. Dopo essermene andato da casa tua.-

-E?- lo invitai a continuare.

-E…insomma, siamo..siamo andati a letto insieme.- ammise distogliendo lo sguardo.

-Da quanto va avanti questa storia?- chiesi impassibile.

Lui mi guardò stupito. –Da quanto? No, ti giuro che è stata l’unica volta.-

-Dean, guardami e dimmi da quanto tempo va avanti questa storia?-

Non riusciva a guardarmi negli occhi, il che non prometteva niente di buono. Più non mi guardava, più la convinzione che Will mi avesse detto la verità si faceva spazio in me.

-Non è mai finita, vero? Tu e Pearl non vi siete mai lasciati, probabilmente avete litigato, te la sei presa perché aveva baciato Will e poi, magari, vi siete accordati per uscire con una seconda persona. Lei con William e tu con me, la finta "cuginetta" del ragazzo che si stava portando a letto la tua storica fidanzata. E, cacchio, quanto suona stupido tutto ciò! Perché io sto solo supponendo, sto solo sparando storie a caso, sperando che tu mi dica che mi sto sbagliando, ma ho troppa paura di guardarti in faccia e porti quella dannata domanda. Perché se ti domandassi quanto c'è di reale in tutto ciò, tu mi diresti che è tutto vero. O sbaglio?- gli urlai addosso con le lacrime agli occhi.

Lui scosse la testa. –No, non ti sbagli.-

Feci due passi indietro e cercai di chiudere la porta in faccia a quel verme che mi stava davanti, ma lui fu più veloce di me e mi impedì di chiuderla con un piede.

-Eve, aspetta, lasciami spiegare!- mi implorò.

-Ma spiegare cosa? Mi sembra tutto molto chiaro.-

-Io ci tengo davvero a te, lo so che non riesci a credermi..-

-No, infatti. Non riuscirai a farmi cambiare idea, quindi vattene e lasciami in pace.- gli ordinai.

-Lascia almeno..-

-Vattene!- ripetei.

Lui obbedì, lasciò andare la porta e si voltò per andarsene. Solo dopo qualche secondo una domanda attraversò la mia mente.

-Dean!- lo richiamai. –Perché hai deciso di dirmi la verità?-

-Non so se posso dirtelo.- mi rispose evidentemente a disagio.

-Non credo tu sia nella posizione di omettere qualcosa.- osservai.

Lui sospirò. –William, è stato lui a costringermi a farlo. Mi ha chiamato questa mattina presto, mentre ero ancora con Pearl e..-

-Basta così, ho capito.- Poi, senza aggiungere altro, chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai scivolare a terra.

Avevo una tremenda voglia di piangere, una voglia così grande che mi premeva sul petto impedendomi di respirare bene. Ma non potevo ancora lasciarmi andare, c’era qualcosa che dovevo fare prima.

Salii le scale di corsa e mi fiondai in camera di Will senza nemmeno bussare.

-Svegliati, brutto pezzo di merda!- gridai incurante del fatto che stesse ancora dormendo. –Ho detto che ti devi svegliare!- e gli scaraventai contro un cuscino che si trovava in fondo al letto.

-Enny, ma che cazzo fai? Hai perso la testa?- mi chiese spaventato.

-Tu sapevi tutto sin dall’inizio, ma sei stato zitto! Non solo mi hai lanciato velate frecciatine accusandomi di essere ingenua, ma hai anche lasciato che Dean mi usasse, perché era l’unico modo per continuare a scoparti la sua ragazza. E tutte quelle frasi sul non volermi far soffrire, erano solo cazzate!- urlai fuori di me.

-Non è vero, Enny! Io l’ho fatto per proteggerti, per questo ho chiamato Dean questa mattina, non potevo sopportare che continuasse a prenderti in giro.- disse alzandosi dal letto per avvicinarsi a me.

-Non osare avvicinarti, stronzo! Mi hai rifilato bugie su bugie, volevi che scoprissi da sola che Dean mi stava prendendo in giro, così la tua relazione con Pearl sarebbe stata salva, non è così?- chiesi puntandogli l’indice contro.

-No, Evanna, non è così. Ragiona, ti prego! Non ti ho detto come stavano le cose perché non mi avresti creduto, avresti pensato che ti volessi solo allontanare da Dean. Non mi importa niente di Pearl, sul serio, non è mai stata niente per me! E stamani ho telefonato a Dean perché si era spinto troppo oltre, non potevo sopportare di vederti stare male ancora. Devi credermi, Enny, tengo tantissimo a te, non farei niente per ferirti! Tu sei…importante.- disse come se gli costasse un enorme sforzo.

-Ma guardati, non riesci neppure a mentirmi con dignità!- sputai velenosa incapace di credere alle sue parole. –Sei solo un verme, proprio come Dean.-

-Continui a non voler capire, ti ho appena detto che a te ci tengo e che ti reputo importante e tu continui a dirmi che ti prendo in giro?- mi chiese avvicinandosi ancora.

-Stammi lontano!- gli gridai spostandomi verso l’esterno della stanza. –Giuro che se solo provi a toccarmi, ti uccido! Esci dalla mia vita, non ti voglio più vedere. Lascia questa casa, vai da Pearl, da Dean, da chi vuoi, anche all’inferno, ma stai lontano da me e dalla mia famiglia! Sei stato una disgrazia dal primo momento in cui hai messo piede in questa casa!- e corsi in camera mia senza voler vedere l’espressione del suo volto.

Ero stata una stronza e lo sapevo, avevo esagerato, ma il solo pensiero di doverlo vedere per giorni sotto il mio stesso tetto mi terrorizzava. Doveva andarsene, era l’unica soluzione.

Mezz’ora dopo sentii la porta sbattere. Will se ne era andato e, se le mie parole avevano fatto effetto, non sarebbe più tornato.

 

Erano passate quasi due settimane da quando William se ne era andato, per l’esattezza erano tredici giorni e sette ore. Non l’avevo più visto neppure a scuola e quando avevo provato a chiamarlo per sapere se avesse bisogno delle sue cose, lui non aveva risposto. Mia madre mi parlava a stento, convinta che la colpa del ritorno del “cattivo” comportamento di Will, fosse tutta mia. E sì, ero cosciente del fatto che fosse colpa mia, motivo per cui non avevo avuto il coraggio di contraddire mia madre, ma non sapevo nemmeno come spiegarle che il fatto che William se ne fosse andato non era minimamente legato al suo precedente comportamento. Dunque, per semplificare il tutto, accettavo le accuse di mia madre e l’ira di mia sorella per averle fatto perdere il suo “futuro fidanzato”.

Ero sicura di aver sentito mia madre parlare al telefono con lui un giorno, ma quando ero entrata in cucina per chiederle con chi parlava, lei aveva evitato la mia domanda scuotendo la mano e mormorando un semplice “lavoro”. Quando, però, avevo “per caso” letto un sms da parte di William sul suo cellulare, avevo capito che mia madre sapeva più di quel che voleva farmi credere, a partire dall’attuale dimora del ragazzo. E se nessuno si degnava di dirmi qualcosa, poteva significare solo una cosa: Will non voleva che io lo trovassi. Ed io non potevo dargli torto.

Qualche pomeriggio dopo ero seduta sul divano insieme a Lisa. Jean non era potuta venire, ma io avevo bisogno di raccontare alle mie amiche gli avvenimenti di quelle ultime settimane. Per cui decisi di parlarne almeno con Lisa.

-Adesso ho capito perché eri così strana in questi giorni!- disse lei alla fine del mio racconto. –Ed io che pensavo si trattasse dell’ennesimo litigio tra di voi!-

-Eh già.-

-E poi Dean, come si è comportato, che stronzo!-

Io annuii.

-E Will sapeva tutto fin dall’inizio? Non ci posso credere! Però non credo ti abbia mentito, secondo me l’ha fatto davvero per proteggerti, ti vuole bene e si vede.-

Stavo per annuire di nuovo, ma mi fermai in tempo. –Cosa hai detto?-

-Eve, lui ci tiene a te.- disse Lis con fare accondiscendente.

-Cos’è, ti lasci abbindolare anche dal racconto delle sue parole?- l’accusai.

-Eve, io sono sempre dalla tua parte, lo sai! Credo solo che questa volta ti stia sbagliando su di lui e sulle sue parole.-

-Come sempre del resto, no? Io sono quella che non capisce niente, lo dice sempre anche lui!-

Lisa mi guardò perplessa, così le raccontai per filo e per segno il dialogo avuto con William la sera dell’appuntamento a quattro.

-Oh cielo! Per quale motivo sei ancora seduta su questo divano e non in una camera da letto con lui, Evanna Dawson?-

-Tu stai male, ti sembra il momento di incoraggiarmi a fare sesso? Con William per di più?- le chiesi quasi scandalizzata dalla sua mancanza di serietà per l’argomento.

-Il ragazzo ha ragione da vendere, tu non capisci! Cosa credi che volessero dire le sue parole? Sveglia, principessa, tu gli piaci! Ecco perché ti ha sempre messa in guardia da Dean, ecco perché ti ha fatto quel discorso che è sembrato tanto strano ai tuoi orecchi ed ecco perché ha minacciato Dean affinché confessasse tutto!-

Non potevo crederci. O, forse, non volevo. Perché le parole pronunciate dalla mia amica non suscitavano in me orrore e repulsione? Perché tutti i pezzi sembravano andare al loro posto? Perché ero una tale idiota?

La verità era che una piccola parte di me aveva sempre sperato che il motivo per cui William aveva agito in quel modo fosse un motivo diverso dalla semplice voglia di portarsi a letto Pearl. Non avrei pensato di potergli piacere, mi sarebbe bastato che fosse un motivo un po’ più “nobile”. Ma ora che le parole della mia amica assumevano senso anche nella mia testa, anch’io mi domandavo cosa ci facevo ancora a sedere sul quel divano. Perché, che volessi ammetterlo o no, a me Will piaceva, probabilmente da parecchio tempo, ed era arrivato il momento di fare chiarezza tra di noi.

Così feci la cosa più sensata delle ultime due settimane: afferrai il cellulare e cercai il numero dell’unica persona che mi poteva aiutare a risolvere quella dannata situazione.

Poi avviai la chiamata e cominciai a pregare, mentre Lisa, al mio fianco, sorrideva orgogliosa. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

 

Buonasera!

So che dovrei vergognarmi a presentarmi qui con un ritardo del genere, ma spero che non mi odierete più del dovuto. :)

Ho sempre tenuto molto a questa storia e non è mai stata mia intenzione abbandonarla, solo che, a volte, gli eventi della vita sono così inaspettati, o farei meglio a dire imprevisti, che fare programmi diventa complicato. Ho passato un brutto periodo pieno di brutti avvenimenti insieme alla mia famiglia e ancora non è passato; so che non può sembrare una scusa valida, ma quando succede qualcosa di brutto, le parole sono le prime ad andarsene. Non si tratta di ispirazione, di idee, ma proprio della capacità di riuscire a comporre un discorso che arrivi agli altri. Ed io mi scuso per questo con voi, spero che capirete.

Nonostante tutto, però, mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto. Non allietatevi troppo però, non è ancora il momento del lieto fine! ;)

Come sempre sono curiosa di sapere cosa ne pensate e aspetto le vostre recensioni, se avete voglia di farmi sapere le vostre opinioni. Ringrazio tutti coloro che hanno inserito la storia tra le seguite/ricordate/preferite, tutti coloro che hanno lasciato una recensione e anche tutti coloro che si limitano a leggere.

Un abbraccio grande a tutti,

Jane

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Illuminazione ***


L'incomprensibile ironia del globo,

ovvero come Evanna perse il senno per colpa di Will

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Previously on L'incomprensibile ironia del globo:

Eve scopre che Dean e Pearl non avevano mai smesso di vedersi e che, anche la sera precedente, erano finiti a letto insieme; inoltre, scopre che Will era a conoscenza di tutto ciò. I due litigano e, dopo parole abbastanza forti, Eve dice a Will di andarsene. E lui obbedisce. Dopo due settimane non ci sono ancora notizie del ragazzo, così Eve, preoccupata, decide di fare una telefonata...

 

 

 

 

 

 

Now:

 

9. Illuminazione

 

 

 


Uno squillo. Due squilli. Ti prego. Tre squilli.

-Pronto, Eve?-

-Ross! Sì, sono io, non pensavo avresti risposto.-

Accennò una risata. –C’è un motivo in particolare per cui pensavi che non avrei risposto?-

Almeno un milione. –Forse..-

-Senti, Eve, so perché..-

-No, Ross. Lasciami parlare, altrimenti non riuscirò a spiccicare parola e avrò fatto questo sforzo inutilmente. Ho sbagliato, ok? Non volevo dire quelle cose e non credo debba spiegarti a quali cose mi riferisco. Non volevo che se ne andasse..almeno non sul serio. E mi sono pentita. Adesso ho capito e tu devi aiutarmi perché sono passate settimane e non ho la più pallida idea di dove sia!- dissi arrivando in fondo quasi senza fiato.

-Eve, anche se volessi aiutarti, e di ciò non sono sicuro, non potrei farlo al momento.-

-T-tu non vuoi aiutarmi?- balbettai sorpresa.

-Non credo che meriti il mio aiuto, Will è il mio migliore amico.-

-Ross..-

-Fammi finire, Eve. Io non so dove sia in questo momento. All’inizio stava da me, poi se ne è andato, ma non mi ha voluto dire dove. Qualche volta l’ho incontrato in giro per il quartiere, ma negli ultimi giorni non ci siamo visti. Mi dispiace.- ammise. Dal suo tono seppi che stava dicendo la verità.

-E se gli fosse successo qualcosa?- domandai con una punta di apprensione che mi fece assomigliare a mia madre.

Ross scoppiò a ridere. –Sei davvero preoccupata per lui, Evanna? Will sa badare a se stesso, non è la prima volta che scompare. Stai tranquilla, se lo dovessi vedere ti farò sapere e non lo informerò della telefonata.-

-No, aspetta...tu glielo devi dire!- dissi alzando la voce. –Non deve pensare che non l’ho cercato.-

-Non credo sia una buona idea.- obiettò lui.

-Senti Ross, non me ne frega niente di ciò che credi. Scusa la brutalità, ma ho sbagliato e sto cercando di rimediare, non ostacolarmi così.- dissi più sinceramente di quando avessi voluto.

-Eve, lui non era molto ben disposto nei tuoi confronti quando è arrivato qui, ecco.-

Quella volta fui io a ridere. –Credi che mi aspetti che non mi odi? So benissimo che in questo momento sono il primo essere umano che vorrebbe far sparire dalla faccia della terra, ma non posso arrendermi. L’ho combinata grossa stavolta.-

-Su questo siamo d’accordo.- mi prese in giro.

-Quindi posso contare su di te?-

-Un sms. Niente di più. Un sms se lo dovessi vedere.-

-Grazie Ross!-

 

Erano passati quattro giorni e ancora nessuna notizia da Ross.

Sapevo di dover essere paziente, ma non ne potevo più di tutta quella situazione, a partire da mia madre che mi teneva all’oscuro di qualsiasi informazione riguardasse Will e mia sorella che mi accusava di averlo fatto scappare. Avevano ragione, lo ammettevo, ma stavo facendo di tutto per rimediare. Anzi, non appena avessi ricevuto quel benedetto sms da Ross, sarei corsa da lui e mi sarei fatta perdonare in qualche modo.

Certo, sempre se avessi ricevuto quell’sms.

Se Ross mi aveva detto la verità e non sapeva dove fosse Will, allora era probabile che avesse qualche difficoltà a rintracciarlo. Eppure una piccola parte di me era ancora convinta che, per fedeltà al suo migliore amico, Ross non mi avrebbe mai rivelato la sua attuale dimora. Era una cosa stupida, lo sapevo, perché Ross non avrebbe avuto problemi a mandarmi a quel paese, ma non lo aveva fatto, quindi dovevo stare tranquilla ed aver fiducia in lui.

Una piccola e lontana voce nella mia testa mi diceva che se non avessi combinato quel casino, non mi sarei trovata immersa in una quotidiana piscina d’ansia e rimorso, ma una voce più possente la sovrastava e la istigava a tacere con la scusa che fosse inutile piangere sul latte versato. Insomma, la mia coscienza stava facendo di tutto per alleggerirsi di quel macigno di cui l’avevo caricata.

Quando suonò la campanella della fine delle lezioni, mi avvicinai alle mie amiche.

-Ancora niente?- domandò Jean.

Scossi la testa. –Continuo a pensare che non avrò mai sue notizie.-

-Non essere tragica.- mi brontolò Lisa. –Devi dargli tempo.-

-Ma se Ross sapesse dove si trova?-

-Allora te l’avrebbe già detto.- disse Jean.

-Oppure ti avrebbe mandata a fanculo dicendoti di non cercarlo più.- aggiunse Lisa con la sua solita schiettezza.

Le loro parole, pur non confortandomi del tutto, erano riuscite a calmarmi.

-Avete ragione, non mi devo far prendere dal panico. Prima o poi Ross mi scriverà, io andrò da Will, ovunque lui sia, mi scuserò, implorerò per il suo perdono e tutto andrà per il meglio.- dissi per autoconvincermi.

-E poi, finalmente, sarete liberi di darci dentro come ricci!- esultò Lisa.

-Lisa!- gridammo in coro io e Jean. Era senza speranze quella ragazza.

-Cosa c’è? È la verità, nessuna di noi può negare l’attrazione che c’è tra voi.-

-La mia priorità adesso è scusarmi, tutto il resto è secondario.- asserii convinta.

-Quindi reputi secondario anche il fatto che, la sera prima del vostro litigio, ti abbia fatto capire che gli piaci da impazzire?- mi stuzzicò ancora la mia amica.

-Sì, adesso conta solo il suo perdono.-

Jean sorrise guardandomi intenerita. –Tranquilla Eve, andrà tutto per il meglio, ne sono convinta.-

 

Quando arrivai a casa, trovai mia madre a sedere sul divano con un fascicolo del lavoro aperto sulle gambe. Era la prima volta dalla “fuga” di Will che ci trovavamo da sole in casa, faccia a faccia. Non che avessi paura di un confronto diretto, ma l’idea di doverle spiegare come si fossero svolti realmente i fatti mi creava un’agitazione non indifferente all’altezza dello stomaco.

-Ciao mamma!- la salutai cercando di risultare il più tranquilla possibile.

-Ciao Evanna.- mi rispose senza neppure alzare la testa. Aveva utilizzato il mio nome per esteso, non prometteva bene.

-Tutto bene a lavoro?- le chiesi.

Lei alzò lo sguardo e mi fissò per qualche secondo. –Non lo so, non direi bene.-

Stavo iniziando a preoccuparmi. -È successo qualcosa?-

-Oggi ho ricevuto una lettera in cui mi avvertivano che se Will non tornerà sotto la mia tutela entro una settimana, mi toglieranno il suo caso e verrà affidato ad una famiglia secondo le regolari pratiche.- mi spiegò con tono glaciale.

-Significa che dovrà andare a vivere con dei perfetti sconosciuti.- mormorai.

-Esattamente. E sai perché, Evanna? Perché sono diciassette giorni che se ne è andato da questa casa e non sono ancora riuscita a scoprire dove si trovi.-

Abbassai la testa. Era inutile che la mia coscienza cercasse di addolcire la pillola, ero stata una stronza egocentrica che aveva cacciato di casa un ragazzo pieno di guai solo per una stupida cotta adolescenziale finita male.

-Mi dispiace.- sussurrai sperando che mi sentisse.

-Non me ne faccio niente del tuo dispiacere, Evanna.- mi disse tagliente alzandosi in piedi e avvicinandosi. –Quello che voglio è una spiegazione.-

-Adesso sei ingiusta, mamma.- le dissi cercando di trattenere il magone che mi si era formato in gola. –Ho sbagliato, lo so, non avrei dovuto litigare così con lui, ma non puoi trattarmi così.-

Il suo sguardo parve addolcirsi un poco. –Eve, non ti sto incolpando della sua fuga, quello che voglio capire è perché abbia deciso di andarsene. Cosa è successo tra voi?-

Rimasi stupita. –Lui non ti ha detto niente?-

-No, mi ha soltanto mandato qualche sms per dirmi che stava bene e che se ne sarebbe andato da qui, ma che dovevo stare tranquilla perché aveva un posto dove stare.-

-Nient’altro?- chiesi pensando al nostro litigio.

-No, è per questo che volevo avere spiegazioni da te, mi pare più che evidente che debba trattarsi di un qualcosa che è avvenuto tra voi.- asserì convinta.

Annuii. –La mattina in cui se ne è andato abbiamo discusso in maniera piuttosto pesante. Gli ho detto cose tremende, cattiverie irripetibili, ma ero così arrabbiata con lui. E poi, alla fine, gli ho gridato di non farsi più vedere.- confessai.

-E qual è stata la causa scatenante della discussione?- domandò lei.

Distolsi lo sguardo e arrossii. –È complicato da spiegare.-

Mia madre mi fissò e poi, sorprendentemente, sorrise.

-Perché ridi?- le chiesi perplessa.

-Vedi, Eve, in queste due settimane sono stata preoccupata perché ho pensato che Will fosse ricaduto in un brutto giro e che tu sapessi qualcosa, ma non tu me lo volessi dire. Adesso, però, capisco di aver sbagliato tutto e mi è chiaro anche il perché tu non volessi parlarmene.- mi spiegò.

-E questo ti fa sorridere?- domandai continuando a non capire.

-Oh, sì!- sogghignò lei. –Ovunque sia, credo che Will stia bene, magari sarà arrabbiato e inondato di emozioni a lui sconosciute, ma non sono convinta che sia un male.-

-Stai dicendo che non ti importa più che sia scomparso?-

-Non sto dicendo questo, Eve! Ovviamente voglio ritrovarlo e convincerlo a riportarlo a casa, ma penso che sarai più che in grado di farlo tu.-

-Io?-

-Vorresti dirmi che non hai provato a cercarlo?- chiese con l’aria di chi la sapeva lunga.

Arrossii di nuovo. –Come fai a saperlo?-

Questa volta rise apertamente. –Ti sembrerà strano, ma sono stata giovane e con il cuore in fermento anche io.-

Mi si avvicinò e mi abbracciò. –Vedrai che riuscirai a sistemare tutto.- mi disse.

Ricambiai l’abbraccio sorpresa: mia madre non era arrabbiata con me perché lo avevo fatto fuggire, aveva solo creduto che le stessi nascondendo qualcosa. Per di più, con il suo solito fiuto da investigatrice, aveva anche capito che Will non mi era indifferente, ma al momento era il minore dei miei problemi.

Mi sentii un po’ meglio, anche se non del tutto, e sperai che avesse ragione lei, che sarei riuscita a sistemare quel casino e la situazione sarebbe tornata alla normalità.

 

Dopo cena mi misi sul letto a riflettere: Ross non mi aveva ancora scritto niente, ma non potevo aspettare ancora a lungo perché, sebbene fosse più tranquilla, mia madre rischiava di perdere la tutela di Will e io non volevo che lui fosse affidato a degli estranei. Il mio desiderio che tornasse a vivere con noi, in parte per il lavoro della mamma, ma non potevo negare di sentire la sua mancanza in casa.

Se Ross mi aveva detto la verità, non sapeva davvero dove fosse e, a detta di Lisa, neppure Adam aveva la più pallida idea di dove potesse essere, per cui anche l’idea di andarlo a cercare al campo da basket poteva essere scartata a priori. Certo, avrei sempre potuto vagare senza meta per il suo quartiere nella speranza di vederlo comparire, ma non sembrava un’idea molto saggia, soprattutto dopo che mi aveva raccomandato di non andare in giro da sola per quelle strade.

Ma allora come avrei fatto a trovarlo?

La mamma aveva detto che lui le aveva scritto di avere un posto dove stare e, conoscendo a grandi linee la sua situazione, non poteva essere la casa in cui era cresciuto, ma se non era neppure dai suoi amici, chi lo stava ospitando.

Rifletti, Evanna. Rifletti.

Se fossi fuggita e avessi cercato rifugio, sarei sicuramente andata da una delle mie amiche. O, perlomeno, da qualcuno di cui mi fidavo, che conoscevo da tanto tempo e che sapevo mi avrebbe accolta senza fare troppe domande. Quindi, per via deduttiva, anche Will doveva trovarsi da qualcuno che gli voleva bene e che lo avrebbe accolto senza fare troppe domande, qualcuno che non era uno dei suoi amici.

Ma, mi illuminai, i suoi amici avrebbero dovuto sapere di chi si trattava!

Presi il cellulare dalla scrivania e avviai la chiamata senza preoccuparmi dell’orario.-

-Pronto, Eve?-

-Ross, scusami per l’ora, ma ho bisogno di farti una domanda.-

-So quello che vuoi chiedermi, ma ancora non..-

Lo interruppi. –Non sai dove si trovi Will, ma non è questo che voglio sapere, o meglio, posso scoprirlo se rispondi a questa domanda.-

-Va bene, spara.- mi disse.

-Conosci qualcuno a cui Will sia particolarmente legato, una persona che conosce da tanto tempo e che lo accoglierebbe senza troppe obiezioni?-

-Ci stai parlando.- mi rispose immediatamente ridacchiando, m capii che si era un po’ offeso per non averlo preso in considerazione.

Mi detti della stupida per la mancanza di delicatezza. –Hai ragione, Ross. Volevo dire a parte te, conosci qualcuno da cui potrebbe andare a cercare rifugio?-

Tacque per qualche secondo, forse per riflettere. –Potrei sapere dove si trova, ma non sono sicurissimo: è vero, la conosce da sempre, ma per come erano andate le cose tra loro, non so..ma sì, lo avrebbe accolto senza dubbio.-

Ignorai il battito accelerato del mio cuore quando Ross mi aveva fatto capire che si trattava di una ragazza e che tra loro era successo qualcosa e, invece di perdere la testa per uno stupido accenno di gelosia ingiustificato, cercai di restare focalizzata sulla questione principale: il ritrovamento di Will.

-Come si chiama?- chiesi in tono pratico.

-Kris Martin.-

-Puoi farmi avere il suo indirizzo?-

-Penso di sì, ti mando un sms appena ho la conferma.- mi rispose.

-Ti ringrazio davvero, Ross.-

-Eve?-

-Dimmi.-

-Non ho intenzione di impedirti di andare da lei, ma sappi che potresti trovare..qualche resistenza, diciamo così.- mi disse con difficoltà.

-Ross, posso immaginare ciò che stai cercando di dirmi, ma adesso la mia priorità è trovarlo e parlargli. Tutto il resto è secondario.-

-Credo che, nonostante il vostro litigio, tu sia una persona fantastica.- mi disse e avrei giurato che stesse sorridendo.

Accennai una risata. –Ricorda di dirlo anche al tuo amico quando lo vedrai, la tua intercessione per me è una delle poche speranze di perdono.-

-Hai più speranze di quante tu creda.- mi disse prima di chiudere la comunicazione.

 

La mattina seguente, al mio risveglio, trovai il messaggio di Ross con l’indirizzo di questa misteriosa Kris. Sebbene cercassi di non pensarci, avevo capito che dovesse trattarsi di qualcuno di veramente importante per lui, qualcuno che non si era limitato ad essere una semplice amica per lui. Però non potevo lasciarmi distrarre da questo pensiero, soprattutto ad un passo dalla soluzione del casino che avevo combinato.

Scesi le scale ed andai in cucina.

-Buongiorno a tutti.- salutai la mia famiglia con un sorriso.

-Buongiorno Eve!- mi salutarono in coro.

–Vuoi qualcosa da mangiare?- chiese mio padre.

-No, grazie, non ho fame.- Ero troppo agitata per buttare giù qualcosa. –Volevo parlare con la mamma.-

-Vuole dei soldi.- si intromise la mia sorellina con il suo solito tono da donna vissuta.

La guardai male. –Mathilda Dawson, sai che chi si fa gli affaracci suoi, vive cent’anni?-

Lei non si scompose. –Oh, ma io ho intenzione di vivere più di cento anni e poi non mi faccio gli affari tuoi, è che sono intelligente e capisco le cose al volo.-

Quella bambina aveva dei seri problemi! Avevo sempre più dubbi sul nostro effettivo legame di parentela, probabilmente la sua culla era stata scambiata con quella di un’altra bambina all’ospedale. Quanto era probabile? Okay, forse così ero troppo cattiva.

Mi limitai ad incenerirla con un’ultima occhiata, poi mi rivolsi alla mamma, -Puoi venire un attimo in salotto?-

Lei annuì e ci spostammo nella stanza vicina.

-Potrei sapere dove si trova Will e sto andando da lui, quindi oggi non andrò a scuola. Non ti sto chiedendo il permesso, perché lo farò comunque, però ti prego, lasciamelo fare senza arrabbiarti!-

Sì, in poche parole la stavo informando che avrei saltato la scuola e stavo implorando affinché mi giustificasse. Mi sarei persino messa in ginocchio se fosse stato necessario.

-Va bene.-

-Mamma, ti pre…aspetta, hai detto che va bene?- chiesi stupita.

-Sei sicura di sapere dove si trova?-

-Ho avuto un’intuizione e al novanta percento sono sicura di trovarlo lì, ma…-

-Perfetto, non ho bisogno di sapere altro, mi fido di te, Eve.- e mi sorrise.

-Grazie mamma.- le dissi abbracciandola.

 

La casa di Kris si trovava a qualche strada di distanza dal campo da basket in cui ero stata con Will quella volta in cui avevo conosciuto i suoi amici. Era una casa a schiera bianca e con un piccolo giardino poco curato davanti. Parcheggiai accanto al marciapiede e scesi dall’auto. Tutta la sicurezza e la buona volontà che mi avevano accompagnata durante il viaggio stavano lentamente fuggendo lontani da me, lasciandomi in preda alla paura e all’ansia.

E se non l’avessi trovato?

O peggio, se l’avessi trovato e non avesse voluto parlarmi?

In fin dei conti, avrei dovuto prendere in considerazione anche lo scenario peggiore, il quale sembrava farsi sempre più reale via via che mi avvicinavo all’abitazione.

Salii i due gradini del portico e, senza rifletterci troppo, suonai il campanello.

Ecco, l’avevo fatto, il mio destino era segnato!

Quando la porta si aprì, la figura che mi trovai davanti mi lasciò a bocca aperta: si trattava di una ragazza alta, un bel pezzo più alta di me, dalla pelle abbronzata in maniera uniforme, lunghi capelli lisci color platino, due grandi occhi marroni e labbra carnose coperte da un lucidalabbra color carne. Per farla breve, era una delle più belle ragazze che avessi mai visto!

-Chi stai cercando?- mi chiese con aria sorpresa.

-Oh, ehm…sei tu Kris?- le chiesi sentendo le mie guance andare a fuoco.

Lei annuì. –E tu sei?- Il suo tono non era propriamente amichevole, si vedeva che era sulla difensiva.

-Mi chiamo Evanna, Evanna Dawson.- mi presentai.

Vidi i suoi occhi spalancarsi, ma solo per un attimo, perché tornò immediatamente ad accigliarsi. –Non mi dice niente il tuo nome.-

Il suo sguardo mi intimoriva, ma non mi lasciavo ingannare dal suo atteggiamento, avevo capito che aveva già sentito parlare di me.

-Secondo me sì, anche se è molto più probabile che tu mi conosca come Eve o…Enny.- dissi facendo una pausa prima di pronunciare quel soprannome.

-E anche se fosse?- chiese con aria di sfida.

-Ho bisogno di parlare con Will e sono convinta che tu lo stia ospitando.- le dissi senza tanti giri di parole.

-Cosa ti fa pensare che sia da me?-

Le sue domande stavano cominciando ad irritarmi, ma non dovevo perdere la calma. –Chiamala intuizione.-

Kris accennò una specie di sorriso che, però, somigliava ad un ghigno. –Sai, se non pensassi che sei una stronza, direi che hai una bella testa, Enny.-

Probabilmente si trattava di un mezzo complimento, ma non riuscivo a percepirlo come tale, considerato il tono con il quale mi si rivolgeva.

-Non mi importa quello che pensi tu di me!- dissi mostrando più coraggio di quello che avevo in realtà. –Voglio parlare con Will, so che è qui e non mi muoverò da questo portico finché non avremo chiarito!-

-Allora auguri, ragazzina!- mi rispose lei con una risata derisoria.

-Non ne ho bisogno.- le risposi. –Vuoi chiamarmi Will o devo farlo io con il rischio di farmi sentire da tutto il vicinato?-

Mi fissò senza parlare per qualche secondo, poi spalancò la porta e mi fece passare.

-Grazie.-

-Lo faccio solo per vederlo mentre ti manda a fanculo di persona.- mi disse con la leggerezza di chi ti sta augurando buona giornata.

Quella ragazza era completamente fuori di testa. Bella, ma pazza da legare!

Mi fece accomodare nel un piccolo salotto al di là della porta.

-Stai qui, vado a chiamarlo.- mi disse senza un briciolo di cortesia.

La sentii salire le scale ed aprire una porta. Qualche parola sussurrata, una risposta troppo lontana per essere colta e poi il rumore della porta che si chiudeva. Scese di nuovo le scale e tornò da me.

-Scende tra poco, gli ho detto che c’è qualcuno per lui. Io vado in garage, mi piacerebbe vederlo mentre ti prende a calci nel culo, ma non gli piace che mi immischi troppo nelle sue faccende. Per cui, ciao Enny, buona fortuna!- mi disse prima di voltarsi e dirigersi verso la porta.

-Ciao Kris, è stato un piacere!- risposi ironicamente.

Lei si voltò con lo stesso ghigno di prima e poi chiuse la porta.

Ma cosa cavolo ci aveva trovato Will in una così? Quella ragazza era una pazzoide maleducata e instabile, aveva bisogno di uno bravo che la aiutasse a rivedere le sue priorità!

Avevo ancora lo sguardo rivolto alla porta quando sentii dei passi sulle scale e, quando mi voltai, Will era a pochi passi da me, sull’ultimo scalino.

La sua prima reazione fu di sorpresa, come rivelavano i suoi occhi dilatati e la sua bocca spalancata; poi, però, assunse un’espressione completamente diversa, come se avesse fatto calare una maschera impenetrabile sul volto.

-Cosa ci fai qui, Evanna?-

Fino a quel momento non mi ero resa conto di quanto mi fosse mancata la sua voce, ma quando pronunciò il mio nome capii che avevo seriamente sottovalutato la sua importanza nella mia vita.

Stavo cercando le parole giuste, ma mi accorsi che tutti i discorsi che mi ero preparata durante il viaggio in macchina sembravano stupidi e inutili. Quindi mi lasciai guidare dall’istinto.

-Sono qui perché sono una cretina e voglio scusarmi con te.- dissi cercando il suo sguardo.

Guardami.

-Non le voglio le tue scuse, sei stata piuttosto chiara l’ultima volta che ci siamo parlati.- rispose senza guardarmi negli occhi.

-Will, perfavore, guardami e ascolta quello che ho da dire!- lo pregai.

-Non mi interessa.-

-Ti prego!-

-No, non voglio ascoltarti, puoi anche andartene!- disse alzando il tono della voce.

-Will, guardami!- implorai.

E mi guardò. Ma lo sguardo che speravo di trovare non c’era. –Forse non sono stato abbastanza chiaro, Evanna. Non mi interessa niente né di ciò che hai da dire, né delle tue scuse, ma, soprattutto, non mi interessa che tu sia qui, non mi interessi tu!-

Boom, colpita e affondata.

No, a questo non ero preparata. E capii come si dovevano sentire i civili che si ritrovavano coinvolti in una guerra che non avevano visto arrivare.

Disarmati e senza possibilità di uscirne vivi.

 

 

 

 

 

 

 

 

Note dell'autrice:

 

Ciao a tutti!

Come state? Dopo tutto questo tempo quasi mi vergogno a tornare fuori così. Sono stata assente per tanto tempo, ne sono consapevole. Potrei stare qui ad elencarvi le ragioni, ma sarebbe inutile e poi non voglio trovare troppe giustificazioni: saprete benissimo come va la vita, ci sono alti e bassi, momenti migliori ed altri peggiori. Sebbene non abbia mai pensato di abbandonare la storia (e MAI lo farò), ho passato un periodo di "buio" per quanto riguarda la scrittura, un momento in cui il solo pensiero di scrivere qualcosa mi faceva stare male. E non perché avessi perso l'ispirazione per la trama o perché non mi piacesse più, ma perché mi portava alla memoria ricordi che avrei preferito restassero sepolti. Mi sembra così difficile da dire, ma sento che almeno una piccola spiegazione ve la dovevo.

Comunque sia, questa sera, mentre mi facevo la doccia, Eve e Will sono piombati all'improvviso nella mia testa e non se ne sono andati finché non ho buttato giù il nuovo capitolo. So che magari non è quello che vi aspettavate, ma era necessario che, almeno per questa volta, Will comparisse soltanto alla fine, in una piccola parte. Ovviamente nel prossimo capitolo ci sarà "il grande scontro" tra i nostri due protagonisti.

Come sempre, se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate, lasciate una piccola recensione. Ringrazio tutti coloro che hanno continuato a seguire la storia dopo tutto questo tempo e anche tutti coloro che l'hanno appena scoperta, spero che continuerete a seguirmi (nonostante tutte le mie "paturnie" :D).

Un bacio,

Jane

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=2447973