Lo Scrigno dell’Inverno

di Isara_94
(/viewuser.php?uid=897335)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una giornata tranquilla ***
Capitolo 2: *** È proibito solo se ti scoprono ***



Capitolo 1
*** Una giornata tranquilla ***


Salve a tutti! Benvenuti a questo esperimento di scrittura che è saltato fuori soprattutto per due motivi. Il primo è stata una lunga partita a Far Cry Primal e il secondo è perchè in genere mi piace mescolare il Marvel Movieverse con i persoanggi di Sherlock, non so ancora precisamente per quale motivo xD
è la prima volta che provo a postare una storia a capitoli, spero vi piaccia. Non mi dilungo oltre, buona lettura!

 




 
Dovevo restare al villaggio. Dovevo restare al villaggio. Dovevo restare al villaggio.
Dovevo.
Restare.
Al villaggio.
Improvvisamente la terra sotto i suoi piedi nudi aveva preso a tremare, i ciottoli sulla riva vibravano rimbalzando qua e là, staccandosi dalla parete scoscesa della piccola cascata e rotolando fragorosamente nelle non più così calme acque della sorgente. Jon l’aveva già provata quella sensazione quando aveva preso parte alla spedizione dei cacciatori che partivano per seguire i grandi branchi ai piedi delle montagne. Quindici inverni significava saper accendere un fuoco, costruirsi un’arma, usarla per cacciare e difendersi, recuperare dalle carcasse le cose utili senza far andare nulla sprecato. Diciotto voleva dire essere perfettamente in grado di cavarsela anche da soli e di poter contribuire a difendere e sfamare la tribù.
Si considerava un bravo cacciatore, ma era stato agghiacciante. Quello faceva sentire piccoli e indifesi anche i più esperti, con decine di cacce alle spalle. Perché un solo mammut camminando poteva sbilanciarti un po’, ma uno e tutti i suoi simili in gruppo erano decisamente un’altra questione: se potevano buttar giù anche un’intera foresta, che gli impediva di fare la stessa cosa col gruppo di umani che si permettevano d’andare a disturbarli?
Ma quello non era un mammut, né uno dei rinoceronti ricoperti di pelo lanoso che solitamente scendevano a sud all’inizio del disgelo, scoprì con un certo sollievo. Solo un’enorme, gigantesca mandria di alci. Così tanti insieme ancora non gli era capitato di vederli. Dovevano essersi spostati in gran numero per approfittare delle ultime praterie ancora verdi prima che finisse l’estate.
Capì perché gli animali correvano a rifugiarsi nel bosco quando riconobbe la figura scarmigliata che gli veniva incontro. L’unico abitante del villaggio che con i suoi quindici inverni appena trascorsi, ancora riusciva sempre a trovare un modo diverso per cacciarsi nei guai e trascinarsi dietro il primo che gli capitava a tiro, qualcuno che con una frequenza preoccupante tendeva a essere lui. Il più piccolo dei figli del capo, Sherlock.
Lasciò stare la rete e i pesci accettando di buon grado che quella sera poteva considerarsi fortunato se invece di andare a dormire con la pancia piena lo faceva che era ancora tutto intero. Non c’erano nemmeno i leoni delle caverne lì, dove l’aveva rimediata una tigre dai denti a sciabola quel piccolo disastro?! E soprattutto… perché una volta che l’aveva trovata non aveva avuto la grande idea di darsela a gambe prima di farla infuriare?!
Era evidente che ora il felino era deciso più che mai a prendere quello che ai suoi occhi doveva essere un pasto un po’ ossuto ma sicuramente soddisfacente.
-perché sono sempre quelli con le zanne Sherlock?!- sbottò esasperato attaccando a correre –ha ragione lo sciamano quando si chiede perchè ancora non sei nel mondo degli spiriti!-
Avevano seminato la belva con un po’ di astuzia, correndo nell’acqua e rifugiandosi in una crepa della parete rocciosa. Larga appena quanto bastava a far passare una persona non così ben piazzata, assolutamente troppo stretta per quel gatto troppo cresciuto.
Si appoggiarono alle rocce viscide di acqua e muschio, il respiro spezzato che rimbombava nella piccola cavità mezza allagata dalla cascata che formava il laghetto dove Jon avrebbe dovuto restare a pescare. Si erano guardati negli occhi per un secondo... ed erano scoppiati a ridere entrambi.
-doveva essere una giornata tranquilla- ansimò, tentando di far valere un po’ della sua anzianità per redarguire l’amico.
Sherlock non parve affatto toccato dal rimprovero –la tranquillità è noiosa-
-perché una tigre?!-
-non l’ho fatto apposta!- si difese quello –me la sono trovata davanti per caso-
Ormai Jon lo sapeva che “per caso” nella lingua del suo amico, significava che già stava facendo qualcosa di pericoloso e le cose gli erano sfuggite di mano. Unica spiegazione a tutto: stava provando qualcosa di strano, o come diceva lui “stava sperimentando”. Cosa sperimentava in particolare, lo sapeva solo lui.
Il moretto era già perso nelle spiegazioni di quanto rivoluzionario poteva essere usare la velocità di un animale per coprire distanze maggiori in minor tempo –solo che sono caduto da un alce e…-
-aspetta, che ci facevi sopra un alce?-
Provare a cavalcarne uno, beh, sicuramente bastava a spiegare il suo aspetto ancora più disordinato del solito. L’idea non era brutta in sé, sarebbe stato un gran progresso avere un modo più veloce per spostarsi. Magari con un animale meno scorbutico…
-e se provassimo con un cavallo?- si trovò a proporre,quasi senza rendersi conto di aver proposto di andare in cerca di un’altra mandria di animali poco disposti a tenersi un essere umano sulla schiena.
Dal modo in cui gli occhi chiari di Sherlock brillavano gioiosi nel buio, seppe di essere appena stato d’aiuto a non far finire tranquillamente un’altra giornata.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** È proibito solo se ti scoprono ***


Salve di nuovo, volevo spendere qualche parola per ringraziare delle recensioni al primo capitoletto. Davvero, non sapete quanto piacere mi ha fatto vedere che l'idea anche se stramba è stata apprezzata!
Ok, lo so che siete qua per leggere la nuova aggiunta per cui non vi trattengo oltre e vi auguro una buona lettura :)
Alla prossima!







Dalla bravata della tigre la luna aveva mostrato per due volte tutte le sue numerose facce, ma Sherlock continuava a non potersi allontanare troppo con l’ordine tassativo di tornare a casa prima del tramonto. Suo fratello maggiore ora gli sguinzagliava dietro tutti i cacciatori se aveva anche solo il sospetto che stesse per combinarne una delle sue.
E John aveva finito le idee per tenere la mente del suo amico lontana dalla noia. C’era tanto da fare nel villaggio per tenersi occupati, ma Sherlock era diverso da tutti. Non bastava dargli soltanto un lavoro da fare, i gesti ripetitivi non lo aiutavano ad alleviare i pensieri che continuavano a scorrere prepotenti come i torrenti di primavera.
Era salito fino alla caverna che dominava il gruppo di capanne. Era un posto speciale, nelle sale più profonde e buie riposavano coloro che erano venuti prima e che ora proteggevano la loro gente dal mondo in cui vanno gli spiriti di quelli non sono più tra i vivi, solo il capo e la sua famiglia avevano l’onore di stare lì.
Secondo Sherlock più che un onore era uno sgarbo, dato che era quasi impossibile scaldarla adeguatamente in inverno e si era costretti a girare avvolti in coperte e pellicce per difendersi dagli spifferi. La grande sala aveva il soffitto decorato con scene di animali selvatici, alla luce guizzante del fuoco parevano prendere vita, e ovunque erano sparpagliati cesti e pelli tese ad asciugare per essere lavorate e ciotole piene di grasso che scacciavano un po’ dell’oscurità dagli angoli dove nemmeno il grande focolare riusciva a portare luce. Avevano perfino del miele, Sherlock era bravo a trovare gli alveari e prendere il dolce tesoro al loro interno senza farsi pungere… un po’ meno quando si trattava di tenerlo fuori dalla portata di Mycroft.
John cercò silenziosamente la chioma riccioluta che ormai riconosceva da chilometri di distanza. Era stata la donna del capo, intenta ad allargare la tunica del figlio maggiore aggiungendoci altri pezzi, a indicargli dove guardare con un cenno discreto. Era una nicchia appartata, con una copertura di pali e pelli ornate di conchiglie e perline cucite che aiutavano a tener caldo chi riposava, e un gran mucchio di erba sistemato sul pavimento e poi coperto di soffici pellicce. Un giaciglio scandalosamente comodo, per qualcuno che dormiva così di rado.
Sherlock quasi ruzzolò giù dal letto per la fretta quando sentì la madre annunciargli che aveva visite. Non fece altro che portarsi dietro un paio delle lucerne che aveva a portata di mano e dopo un secondo pensiero corse a recuperare dal focolare un paio di pani piatti in cui era stata avvolta della carne. John sospirò, ammettendo di essere un po’ invidioso: poteva mangiare carne quando voleva, e invece spesso e volentieri saltava i pasti e mangiava solo quando lo minacciavano.
Erano andati in una sala più piccola, che Sherlock aveva scoperto per caso esplorando casa. Aveva il soffitto più basso rispetto al resto e le pareti più lisce, John aveva subito pensato a metterle a buon uso con l’aiuto di un po’ di punte a carboncino e tanti colori. Con la destra teneva il rotolo ancora tiepido gustandoselo a grandi morsi, con la sinistra disegnava cercando di fare le linee più diritte che poteva con la poca luce disponibile.
-che ne dici?- commentò, finendo il profilo inconfondibile di un felino che rincorreva due figure umane.
-che non capisco perché ogni volta devi disegnare tutto quello che facciamo- commentò Sherlock, studiando scettico la nuova aggiunta sul muro già ricoperto di altre pitture dalla piattaforma che avevano costruito per raggiungere i punti più alti, da cui osservava tutto a testa in giù –non interessano a nessuno queste storie-
-sono le nostre avventure, tu mi ci trascini senza chiedermi il permesso e io mi assicuro che prima o poi la gente sappia che razza di disastro sei- cominciò a colorare la tigre con l’ocra – e poi non è detto, magari un giorno qualcuno esplorando le troverà…-
–…e non ci capirà assolutamente niente…- canticchiò dispettosamente l’altro.
John sbuffò, resistendo alla voglia di usare il colore per rifargli la faccia dopo la critica non richiesta –e allora provaci tu se sai fare di meglio!-
-certo che posso fare di meglio! Prima che ti presentassi qua, stavo pensando che dovremmo inventare un sistema di comunicazione differente. Le pitture portano via un sacco di spazio, sarebbe più veloce trovare un modo per associare un simbolo a una parola- cominciò –qualcosa che possano fare tutti, facile da imparare… magari anche più conciso, così su una parete ci starà di più! Potremmo rappresentare la nostra lingua, invece di disegnare quello che vogliamo dire-
Ti ha appena detto che sei un pessimo pittore, non devi farlo contento…
Niente da fare, proprio mentre lo pensava il biondo aveva già esclamato un “meraviglioso!” che aveva illuminato lo sguardo del moretto. Sherlock amava ricevere complimenti per le sue idee o intuizioni, dopotutto John era l’unico che lo faceva, tutti gli altri o lo evitavano o lo cacciavano via magari dopo aver visto spiattellato ai quattro venti qualcosa che doveva restare segreto.
Ma seppe prendersi una mezza rivincita, quasi involontariamente. Allungò la punta di carboncino verso le sottili dita color alabastro –forza allora, fammi vedere-
E lì la sicurezza con cui Sherlock aveva spiegato la sua idea geniale vacillò un po’. Teneva il pezzetto di carbone senza sapere effettivamente cosa farci, e passarono un bel paio di minuti prima che finalmente, affondando una mano fra i capelli con fare imbarazzato, ammettesse –forse devo pensarci ancora un po’-
John si riappropriò del carboncino –e va bene, continua a pensarci- concesse con finta aria di superiorità –ma fino a quando non ti viene in mente come mettere la nostra lingua sulla parete, per le storie fatti andar bene i miei disegni!-
Aveva continuato a colorare in silenzio, immaginando Sherlock ancora steso con le mani giunte sotto il mento immerso nei suoi pensieri. Tra loro non serviva per forza parlare, capitava diverse volte che semplicemente stessero così per delle ore, e di solito era anche divertente constatare come qualcuno tendesse a perdere la concezione del tempo in quei momenti. Magari riapriva gli occhi che il sole era calato da un pezzo stupendosi pure d’aver passato mezza giornata così. John ci aveva fatto l’abitudine, accettando che Sherlock gli stava bene per com’era anche con tutte le sue stranezze.
-Gavin mi ha detto che sono arrivati stranieri, gente dalle colline- disse a un tratto Sherlock –ormai saranno qui entro sera, vogliono parlare con papà-
Sorrise al pensiero che la persona più geniale non solo del villaggio ma forse anche di tutta quanta la vallata era negato nel ricordare un nome –prima volevi dire Greg, vero?-
-ti sto raccontando la cosa più interessante da almeno due lune e tu pensi a come si chiama quello che obbedisce a quella foca grassa di mio fratello come un cagnolino?!- esclamò oltraggiato, tornando alla sua calma quasi subito –piuttosto, ti unisci a me?-
Aveva come l’impressione che gli stava proponendo qualcosa che non avrebbe assolutamente dovuto fare, ma la curiosità era tanta –per fare cosa?-
Sherlock sospirò, seccato -davvero John, cerca di stare al passo ogni tanto!- si tirò su appoggiandosi sui gomiti –se arrivano stranieri, mio padre deve sentire che cosa vogliono. Ci sarà anche il consiglio del villaggio, lo sciamano e Mycroft che non perde occasione di ficcare il naso dappertutto. Faranno di tutto per non avermi fra i piedi stasera-
Oh ora sì che aveva capito. Era un trucchetto che funzionava sempre: Sherlock faceva di tutto per farsi affidare alla famiglia di John, sapendo che sua madre e sua sorella avevano il sonno pesante, e poi nel bel mezzo della notte tornava a casa sua a spiare la riunione. Ovviamente, il tutto in buona compagnia.
Era proibito ascoltare i discorsi per chi non faceva parte del consiglio e se si veniva scoperti le cose si facevano poco piacevoli, ma come ogni volta non appena provò a farlo presente, la risposta fu la stessa.
-la parola chiave è “se”- il ghigno diabolico di Sherlock si era ampliato in un sorriso con troppi denti –potrebbe essere pericoloso, vuoi davvero farmi andare per conto mio?-

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3513403