Cronache di una vigilia

di Jailer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***



Capitolo 1
*** I ***


La complicità estiva con Pennac e la Beauvoir mi ha portato a scrivere quanto riportato. È solo un incipit, ditemi voi se continuare. Da parte mia, mi sto divertendo un sacco, anche se non posso garantire sulla regolarità degli aggiornamenti.
Il calendario usato è quello gregoriano, già in uso dal XVI secolo. Per la cronologia mi sono affidata a questo sito: http://www.icavalieridellozodiaco.net/informazioni/articoli/CronoLC.htm . Pongo gli eventi all’incirca verso gli inizi della Guerra Sacra, poco prima. La vigilia in latino è il servizio di guardia notturna. Non so se diventerà una storia su una "coppia". 
E penso non ci sia nulla da dire: Sisifo una peppia, tanto quanto Manigoldo.

 

 

 

Enna, 13 luglio 1743

 

Quando il Maestro mi ha ordinato di intrattenere una corrispondenza regolare con te, al fine di tenerti al corrente dei fatti che avvengono nei territori sotto la mia giurisdizione, ho storto il naso – e tuttavia ho obbedito. Ancor tuttavia – e per sottolineare il contrasto userei l’espressione volutamente scorretta ma rafforzativa ma però – ma però il naso mi resta ancora storto. A che serve fare un resoconto quando non succede nulla?
Ebbene, Sisifo, tutto bene. Non ti chiedo scusa per il gioco di parole perché, dato che devo perdere tempo a scrivere lettere, devo riempirle abbastanza di futilità per far perdere a te il tempo per leggerle. Par condicio: non siamo noi i portabandiera della giustizia?
Quindi, niente di nuovo sotto al caldo sole di Sicilia. L’Etna borbotta un po’, come fanno i vecchi: senza più la forza di arrabbiarsi davvero. La cucina di qui mi piace ma gonfia.
Non uno Specter all’orizzonte: l’Italia non la vogliono nemmeno loro.
Questa  missione, chiamiamola così, non è che una veglia allucinata sul nulla. Una vigilia trascorsa nel deserto: riesci a immaginarla, tu, che sei rimasto ad Atene – l’ombelico del mondo?
L’ozio mi sta bene, comunque. Le cicale cantano forte e conciliano il sonno.
Mi hanno affiancato sei ragazzini – fin troppi: mi negano la quiete.

 

 

 

Athene, 20 luglio 1743

 

Nobile Manigoldo,

non avevo dubbi sul fatto che questa formalità ti risultasse una seccatura. Ti comprendo, ma ti prego di non farmi perdere tempo: io, a quanto pare diversamente da te, ho molto da fare.
Orde di Specters assaltano la Grecia dall’Ovest. Si sussurra che Ades sia risorto in un paesino dell’Italia centrale: le sue armate non si sono dimenticate la penisola, ma evidentemente non si sono ancora accorte della vostra presenza. Arriveranno anche in Sicilia e saranno tanto più feroci, perché combattono su un suolo che reputano essere loro.
Presso di noi si contano già i primi caduti, e sono numeri che non possiamo permetterci. Fa’ il tuo dovere di comandante e tutela le tue truppe: esse sono il corpo del loro generale.
I miei saluti,
Sagittarius

 

 

 

 

 

Enna, 1 agosto 1743

 

Sai, Sisifo? Saresti molto persuasivo se il sottoscritto credesse in un qualsiasi concetto olistico e avesse davvero paura della morte e della disfatta. Ma vedo le anime – è la morte che danza – e le faccio persino una carezza.
Inoltre, non credo in alcun modo che la parte debba sacrificarsi in favore del tutto, né, francamente, che un tutto ci sia.
Io e i sei ragazzini che mi sono stati affidati come codazzo non siamo un corpo solo, né io sono un capo, né loro i miei uomini. Serviamo la stessa causa, ma siamo individui singoli, egoisti e, devo dire, tutti quanti piuttosto riottosi.
Quando mi fanno discorsi del genere do loro una pedata sul sedere. Confesso che lo farei anche con te – confesso anche che, malgrado tutto, non mi permetterei mai. Ma ti chiedo, a mia volta, di non farmi perdere tempo: è inutile giocare agli esaltati, gli unici detentori del nostro credo siamo noi stessi. È solo un caso il trovarci tutti insieme. E non vorrei mai l’onere della loro vita sempre sul punto di essere offerta per la mia.
Sono tutte fanfaluche (buffe queste parole da vecchi, nevvero?)
Ho detto loro di non chiamarmi Nobile Manigoldo, perché è ridicolo. Perché, gli ho detto, insomma, guardatemi.
Il più sfacciato e pratico di loro mi ha chiesto come dovrebbero chiamarmi.
Non fatelo, ho risposto. Adesso mi diverto guardarli annaspare in cerca di un vocativo quando hanno bisogno di me. La cosa li mette così tanto in crisi che hanno imparato a cavarsela da soli.
Attendiamo i signori Specters come Roma ha atteso Annibale, il quale sulla capitale non è mai arrivato. Scettici ma trepidanti.
Dovrei forse far qualcosa per attirare la loro attenzione?
Auguro a tutta l’armata un buon bagno di sangue.

 P.S.:  non sembra anche a te ossimorico fino al ridicolo quel Nobile Manigoldo con cui hai esordito? O forse volevi fare del sarcasmo – quello è ben accetto.
Insomma, guardami.

 

 

 

 

Atene, 15 agosto 1743

 
Egregio Signor che non deve essere chiamato,
l’occasione fa l’uomo ladro; come la guerra, o questa stimolante corrispondenza, a quanto pare, fanno il Nobile  Manigoldo filosofo.
Ti allego i resoconti di El Cid affinché tu capisca come debba essere un resoconto come quello che ti viene richiesto.
Dieci giorni fa, quando mi hai scritto la lettera, abbiamo fermato un attacco su Megara. Non abbiamo subito perdite, ma gli assalti riguardano anche civili, ti prego di stare in guardia.
Per quanto riguarda quanto mi hai chiesto: al momento no, non fate nulla che possa attirare la loro attenzione. Se le cose qui in Grecia dovessero volgere al peggio potrei richiamare alcuni dei tuoi uomini.
Saluti,

Sisifo

 

 

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Capitolo 2
*** II ***


Enna, 24 agosto 1743

Egregio Comandandante con-una-vena-sarcastica-che-nessuno-direbbe-mai,

morituri te salutant. Non mi dare del filosofo, ché poi comincio a sentirmi un novello Marco Aurelio, e inizio a recitare e a fare della filosofia una posa, e tutti sappiamo che non c’è nulla di più barboso di un uomo del genere. Soprattutto se quell’uomo si mettesse a scimmiottare quel malinconico imperatore.

Nessuno vorrebbe che questa corrispondenza diventasse più pedante di quel che già non è.

Il resoconto che mi hai mandato non l’ho letto, ma solo guardato da lontano. Ho cercato qualche pentacolo ben celato, sapendo che fosse di El Cid.

 Non ho trovato nulla di particolare in tal senso, ma guardandone la struttura deduco che, perché ti piaccia qualcosa di tal fatta, tu debba essere un appassionato di avanguardie* poetiche, oppure semplicemente affascinato dalla paratassi.

El Cid.

Scrive.

Tutto.

Così.

Oltre ad usare i toni di un profeta dell’Apocalisse. (Confesso, una letta gliel’ho data).

Ti suggerisco la simile ma più rilassante lettura di haiku giapponesi.

 

Oggi la cosa più simile ad un assalto è stato uno scoiattolo che, saltando da un ramo all’altro, mi ha fatto cadere una pigna sulla testa. Essa era resinosa e mi ha impiastricciato i capelli. Ho dovuto tagliare alcune ciocche sulla fronte, e adesso i ciuffi superstiti sembrano la coda di quello scoiattolo.

Se volessimo essere filosofi, troverei affascinante questa strana forma di metempsicosi, questo omologarsi di tutta la natura che sembra tendere verso un’unica forma.

. Quel che ho imparato in questa vita è che, se ti sforzi di credere in un pensiero abbastanza a lungo, esso diventa una consapevolezza interiorizzata.

Mi sforzerò dunque di credere a questa uniformità delle forme che va creandosi nell’universo ogni volta che guarderò il mio ciuffo scompaginato nello specchio.

Buona guerra,

Cancer

 

 

Sempre il 24 agosto 1742

giornata intensa

 

Breve cronaca di guerra sulla cosa più simile ad un evento bellico accaduta nei dintorni di Enna:

ho incontrato finalmente uno Specter: se ne andava in giro con l’aria di qualcuno che non sta facendo nulla di particolare. Passeggiava con il suo lungo naso all’insù, e per un attimo quasi mi è dispiaciuto doverlo abbattere.

Tuttavia, egli era colpevole di andare in giro con una Surplice addosso; ed io, in virtù del Cloth che portavo addosso, ho fatto ciò che tutti quelli che hanno una Cloth addosso, che l’abbiano per caso oppure no, devono fare a coloro che portano una Surplice addosso, anche per costoro vale la clausola che sia per caso o no. L’ho eliminato.

Ecco la regina di tutte le regole di una guerra.

Dunque, l’ho abbattuto. Nel farlo, tuttavia, a causa del ciuffo tagliato che mi finisce sempre sugli occhi, mi sono sfasciato la testa finendo contro un ramo.

Eravamo proprio su un pendio, io e quel che rimaneva dello Specter (una carcassa ciondolante tra le mie braccia); anche l’albero era su un pendio.

Non saprei ben dire cosa sia successo: non ho visto il ramo e me lo sono preso proprio in mezzo agli occhi. L’urto è stato notevole e l’albero si è staccato dal pendio, portando con sé il terreno sotto le sue radici – che era anche la terra sotto ai miei piedi, e ci ha trascinati giù. Lo Specter è finito semi-sepolto dalla frana. Per quel che mi riguarda, pareva mi avessero fatto lo scalpo.

I ragazzini che mi avete affibbiato (perché, poi?) mi hanno guardato basiti.

Per sembrare democratico, gli ho chiesto che cosa ne pensassero.

C’è una pallida e petulante fanciulla che ha balbettato che, in somma sintesi, (e per dirla nel modo in cui avrebbe voluto dirla ma non aveva potuto), non si aspettava che un Gold Saint potesse essere un tale imbecille.

Questa è la mia storia triste di oggi. Ed è anche la tua storia triste e di chiunque abbia portato questi lucidi scafandri quali sono le Gold Cloth.

La gloria di un’armatura dorata ci toglie il privilegio della fallibilità umana. Raggiunte certe altezze, non sembra nemmeno più possibile cadere.

Per ripicca, visto che sono democratico, gli ho detto di sistemare la frana, impacchettare il cadavere e fare quello che si fa con tutti i cadaveri dei nemici: lasciarli marcire da qualche parte, purché lontano da noi.

I Gold Saint che non possono fallire, non possono di certo fare questi lavori da schiavi.

“Operate per il mondo, coraggio.”

Chissà se il loro odio mi permetterà di emanciparmi da questo status in cui l’errore è per me inconcepibile. Il disprezzo riporta tutto alle sue giuste dimensioni.

Capiranno che sono fallibile tanto quanto sono permaloso, ingiusto e crudele per carattere. E che il giorno in cui, per umore, sarò più ingiusto e rancoroso, sarò anche più fallibile.

Nell’avversione anche le virtù più alte vengono offuscate: cadono nell’abisso, lì è la mia dimora. Lì mi sento a mio agio.

Queste divagazioni sono dovute all’insonnia.

Effettivamente anche io sono come quei ragazzini: guardo la luna e credo ciecamente che essa non potrà mai cadere dal cielo. Poi un giorno mi picchierà sulla teste e la guarderò con la stessa aria di sufficienza con cui mi hanno guardato loro.

È solo una questione di proporzioni, probabilmente.

Vorrei trovare il modo di dirgli, tuttavia, che i grandi scudi difendono sempre piccoli uomini.

Ma questa è una frase troppo imponente per me, e non lo farò.

 

 

 

 

 

*Il termine avaguardie è anacronistico

Chiedo scusa per il ritardo dell’aggiornamento. L’università mi sta logorando, non è proprio il periodo più roseo della mia vita e non ho tempo né forza per mettere a copiare quanto scrivo su un pulcioso blocchetto. Tuttavia il calore che avete rivolto alle mie storie ultimamente, mi ha fatto sentire in dovere di aggiornare. Se non altro per dirvi grazie, davvero.

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