Worldscrossing: È una promessa

di Aeriin
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***
Capitolo 3: *** Capitolo due ***
Capitolo 4: *** Capitolo tre ***
Capitolo 5: *** Capitolo quattro ***
Capitolo 6: *** Capitolo cinque ***
Capitolo 7: *** Capitolo sei ***
Capitolo 8: *** Capitolo sette ***
Capitolo 9: *** Capitolo otto ***
Capitolo 10: *** Capitolo nove ***
Capitolo 11: *** Capitolo dieci ***
Capitolo 12: *** Capitolo undici ***
Capitolo 13: *** Capitolo dodici ***
Capitolo 14: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 
 
Prologo
 
 
Thor non poteva fare a meno di sorridere nel percorrere i fastosi corridoi del Palazzo di Odino, diretto alle stanze della madre. Suo padre camminava al suo fianco: era stanco, provato dalla ferita che lo aveva privato di un occhio e prossimo al suo Sonno, ma il suo volto era quello sereno di chi ha vinto la guerra e torna dai suoi cari. 
Entrarono dopo aver ricevuto l’invito della donna, e Thor non riuscì ad impedirsi di affrettare il passo per arrivare tra le braccia della madre.
La vide seduta davanti al camino, i capelli sciolti che cadevano sulla veste da camera, un sorriso dolce a illuminarle il viso. Ciò che però gli fece spalancare gli occhi dalla sorpresa fu la vista del fagotto che Frigga teneva in braccio.
Odino la raggiunse e si sedette al suo fianco, accarezzando il capo del neonato con delicatezza. 
Il sorriso che accennò fu il primo da tempo ad essere sereno.
“Perché non me lo avete detto?” chiese inginocchiandosi davanti ai genitori.
“Non volevamo che questo ti distraesse dalla battaglia. Perdonami, ho chiesto io a tuo padre di tenerlo segreto.” Frigga gli accarezzò il viso.
“Non c’è niente da perdonare.” rispose sorridendo “Quanto tempo ha?”
“Due mesi, è nato tre notti prima della battaglia finale” la donna rivolse la propria attenzione al bambino, che in quel momento si era svegliato agitandosi. Thor guardò incantato i meravigliosi occhi verde smeraldo che fissavano ammaliati il volto di Frigga.
“Posso prenderlo in braccio?” chiese titubante accarezzandogli il dorso di una mano con un indice.
Frigga glielo porse, mostrandogli la posizione corretta per reggerlo. Quando tornò seduta i suoi occhi brillavano “Si chiama Loki.”
“Ciao, piccolo Loki.” gli sussurrò quando lui lo guardò. Suo fratello lo fissava confuso da quel volto che non aveva mai visto, ma dopo qualche istante si aprì in un sorriso sdentato e una risata entusiasta che lo conquistò. 
Quel bambino era lo cosa più bella del mondo. 
Strofinò il naso contro la punta di quello del fratello, facendolo ridere ancora. Loki gli afferrò un dito; la sua mano era così piccola da non riuscire a circondarglielo completamente, ma la sua stretta era decisa, anche se non forte.
Se lo strinse al petto, sopraffatto dal sentirlo morbido e caldo. 
Starò sempre con te, gli promise, e ti proteggerò contro tutti
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Angolino autrice:
è la mia prima long, non so che altro aggiungere. Spero che piaccia...
Ringrazio la mia Beta, Amestris, che si è sorbita non solo la correzione ma anche le mie paranoie…

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Capitolo 2
*** Capitolo uno ***


Capitolo Uno

 

 

Thor si inginocchiò davanti al trono di Odino, guardando il padre sedere solenne su Hlidskjalf* con Gungnir** stretta in pugno, il sorriso sicuro di un principe nella propria reggia a tendergli le labbra. 

L’All-Father invece aveva l’espressione severa di un re che deve pensare al proprio regno “Su Alfheim la guerra civile si è protratta fin troppo: Frey ha chiesto l’aiuto di Asgard e non intendo negarglielo. Thor, chiama i Tre Guerrieri e Sif e parti. Frey ti aspetta per l’ultima battaglia.”

“Sì, padre.” rispose Thor battendosi un pugno sul petto “Faremo strage di nemici e finiremo la guerra.”

“Va’…”

 

 

 

“Thor, dove vai?” 

La voce di Loki lo sorprese alle spalle, ma non lo fece sobbalzare. Suo fratello aveva l’abitudine di comparire all’improvviso nei momenti e nei posti più impensabili. Vederlo nelle scuderie non era poi così strano.

“Su Alfheim.” rispose continuando a sellare il proprio cavallo.

“Per la guerra di Frey?”

Questa volta si voltò a guardarlo “Come fai a saperlo?” 

Loki alzò le spalle “Madre e Padre ne parlavano.”

Il suo fratellino era fin troppo sveglio per i suoi sei anni.

Detto quello però si immusonì e abbassò lo sguardo “Quindi non andremo a cavalcare…” mormorò triste.

Si diede dello stupido, perché se ne era completamente dimenticato, ma gli sorrise ugualmente mentre si chinava per essere alla sua stessa altezza “No, non oggi, ma appena torneremo ti prometto che ti porterò fino alla scogliera orientale al galoppo più veloce che il mio cavallo possa fare.”

Lui lo guardò sorpreso “Davvero?”

“Certo, fratellino.” gli strinse una spalla e gli scompigliò i capelli ridendo della gioia dell’altro, poi si alzò e tornò a prepararsi per partire.

Loki prese una mela dal cesto e si avvicinò a Sleipnir, il cavallo di loro padre, che nitrì contento nel divorarla mentre si lasciava accarezzare dal bambino.

L’affetto che provava per il cavallo era ampiamente ricambiato dall’animale, che si lasciava avvicinare solamente da un paio di stallieri, Odino stesso e Loki. Ogni volta che Thor tentava di farlo gli otto zoccoli di Sleipnir tentavano immancabilmente di centrarlo.

“Thor, noi siamo pronti.” Sif li raggiunse già in sella, i capelli neri che le danzavano alle spalle e lo sguardo fiero di una valchiria.

La guerriera scoccò un’occhiata gelida a Loki “Lascialo in pace, dobbiamo partire e non abbiamo tempo da perdere.” gli disse in modo che solo il piccolo principe potesse sentirla.

Thor salì in sella con agilità “Adesso andiamo.” ribatté schietto mentre si calcava l’elmo in testa. 

Loki si fece da parte, senza aggiungere altro.

I due cavalieri raggiunsero Fandral, Hogun e Volstagg, e insieme partirono al galoppo lungo il Bifrost, lasciandosi presto alle spalle il castello, le scuderie e Loki.

Nella mente del principe c’era posto solo per l’imminente battaglia. Sentiva le mani prudere per il sangue che Mjollnir avrebbe bevuto.

Fu con quel pensiero che entrò nel Bifrost.

 

 

Frigga lo trovò in biblioteca.

Loki era seduto per terra a gambe incrociate, un libro aperto davanti a sé e molti altri impilati intorno. Si accomodò sulla panca posta sotto la finestra, la stessa contro la quale il bambino teneva appoggiata la schiena e sospirò.

La donna passò poi una mano sul capo del figlio minore, che sobbalzò spaventato; si era accorta perfettamente di come il suo sguardo fosse fisso sulle parole del libro e non immerso nella lettura.

Lui alzò lo sguardo su di lei e tentò un mezzo sorriso.

“Che cosa ti preoccupa?” gli chiese dolcemente continuando ad accarezzargli i capelli. Loki si avvicinò ancora di più, strusciandosi contro di lei come un gatto in cerca di coccole, strappandole un sorriso al pensiero.

“Niente.” 

“Sei sicuro che non sia niente? Puoi dirmelo…” 

Abbassò lo sguardo “Thor è partito…”

“Sì, visto il poco tempo vostro Padre ha dovuto mandarlo da Frey il più in fretta possibile.” tentò di spiegare.

“Non mi avrebbe salutato, se non lo avessi visto nelle stalle.”

Ciò che la colpì in maniera più forte - ciò che la colpì al cuore - fu il tono con cui disse quelle parole. Con una sofferenza e una rassegnazione che non poteva permettere o accettare sulle labbra di suo figlio.

Frigga si alzò e lo sollevò, prendendolo in braccio con naturalezza, dirigendosi verso Fensalir* e i suoi giardini. Loki posò la testa contro la sua spalla e la mano destra all’altezza del suo cuore, chiudendo gli occhi. 

Non si dissero altro finché la regina non si accomodò sull’altalena di vimini e morbidi cuscini posta davanti alla piccola fontana al centro dei tralicci delle rose, sistemandosi Loki in grembo.

“Ascoltami, piccolo mio.” lo costrinse a guardarlo alzandogli con gentilezza il mento “Ognuno ha pregi e difetti: Thor può essere forte e bravo in battaglia ma è troppo irruente, sbadato e poco attento; tu non sai ancora combattere ma sei furbo, veloce e incredibilmente intelligente. Quando Thor sarà re avrà bisogno di te, perché da solo non riuscirà mai a governare Asgard. Gli servirà la lungimiranza di una mente acuta. La tua.”

“La mia?”

“Sì. Nessuno di noi è perfetto da solo. Tutti cercano di colmare le proprie mancanze, si allenano o studiano per questo, ma non sempre è possibile. Il fatto che tu non sappia ancora combattere non significa che non sarai un grande guerriero un giorno; allo stesso modo Thor potrà non essere molto… costante nel dimostrartelo ma non smettere mai di pensare che ti voglia bene.” Frigga gli sorrise “Mi credi?”

Loki annuì convinto, sorridendole di rimando. Rimasero abbracciati a lungo, fino a quando lui non le chiese “Devi andare?”

“No, oggi non ci sono impegni che possano distrarmi da te.” gli rispose prima di iniziare a baciarlo ovunque, facendolo ridere mentre tentava di sottrarlesi. Un sorriso malizioso le comparve sulle labbra quando lo lasciò scivolare a terra “Dovrai correre veloce se speri di sfuggirmi.”

Loki la guardò stupito, ma quando si alzò per mettere in atto la sua minaccia iniziò a correre con gli occhi illuminati per la gioia.

Fino all’ora di cena, quando Fulla*** venne a chiamarli, regina e principe cadetto giocarono a rincorrersi nei giardini.

 

 

*Hlidskjalf: nome del trono di Odino 

**Gungnir: nome della lancia di Odino

***Fulla (e Hlin): sono le ancelle di Frigga nella mitologia nordica.

*Fensalir: nome del palazzo di Frigga

 

 

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Capitolo 3
*** Capitolo due ***


Premessa: a scanso di equivoci, le parti in corsivo che riguardano Loki sono dei flashback                                                     
 
 
 
                                                            Capitolo Due 
 
 
 
 
Thor colpì l’ennesimo nemico al volto, uccidendolo sul colpo, e si voltò per fronteggiare quello alle sue spalle. Sif al suo fianco mieteva vittime con la sua lancia, così come Fandral, Hogun e Volstagg intorno a loro.
La battaglia imperversava già da diverse ore ormai, ma il principe era sicuro che sarebbe durata fino al tramonto.
Frey era stato chiaro, quella guerra andava conclusa entro il mese per evitare altri danni e Thor non poteva che essere d’accordo con lui. 
Non per saggezza o strategia, ma per sete di gloria.
Per questo motivo lui e gli altri erano in prima linea dalla mattina, a combattere e a incitare gli uomini di Frey alla difesa della propria patria.
Non si sentiva mai così vivo come in battaglia.
Per questo non avrebbe smesso fino a trovarsi senza avversari contro cui combattere.
 
 
 
 
                                                                 ***
 
 
 
 
 
Loki continuò a correre, senza nemmeno guardarsi indietro.
Schivava le persone che come lui correvano in preda al panico, si rialzava quando cadeva, si asciugava le lacrime quando gli offuscavano la vista, sempre senza fermarsi. 
Prima di una battuta di caccia Skadi* ripeteva sempre che l’unica speranza di un cervo braccato è quella di correre senza pensare ad altro, di correre e basta, perché non può permettersi di distrarsi e rallentare. La voce della mezza gigantessa era l’unica cosa che le sue orecchie sentivano.
 
 
Si svegliò di soprassalto, trattenendo un urlo di terrore puro.
Artigliò le coperte e scandagliò la stanza con gli occhi sbarrati lucidi di lacrime, alla ricerca di un pericolo.
Cercò di calmarsi accendendosi una piccola fiammella verde sul palmo della mano, continuando a ripetere la formula quasi come un mantra.
Non appena riuscì a regolarizzare il respiro ritornò abbastanza lucido da pensare, anche se la paura continuava a schiacciarlo.
Ogni singola parte del suo essere gli suggeriva di correre da Thor per lasciarsi consolare dalle braccia del fratello, calde e forti come una fortezza. Ma Thor era ancora su Alfheim, Padre era caduto nel suo Sonno e non voleva agitare Madre, già oppressa dai compiti che solitamente spettavano al marito.
Non poteva andare da nessuno, ma non poteva nemmeno restare lì, nella sua camera, in balia di chissà quali mostri.
Si tolse le coperte di dosso e scese dal letto, rabbrividendo per il gelo del pavimento di marmo, e titubante raggiunse la porta.
Forse andare in camera da Thor sarebbe bastato. Forse il solo fatto che quella fosse la sua camera avrebbe tenuto lontani i mostri. Thor diceva sempre che lì gli incubi non avevano il coraggio di entrare; diceva anche che il suo mantello li teneva lontani, ma il mantello lo aveva portato con sé su Alfheim perciò poteva provare solamente a dormire sul letto di Thor, e sperare che bastasse.
Presa la decisione si sentì più sicuro e aprì la porta con fermezza, pronto ad evitare le guardie che solitamente piantonavano i corridoi delle camere reali.
 
 
 
Urtò contro qualcuno o qualcosa e cadde. Tentò di rialzarsi ma la gamba cedette e tornò a terra, trattenendo a stento un urlo di dolore.
Si guardò intorno frenetico, alla ricerca di un riparo, e solo in quel momento realizzò che intorno a lui c’erano solo macerie.
Cercò di calmarsi.
Non lasciare mai che la tua mente si fermi. Quando sei nei guai fa’ ciò che sai fare meglio: guarda, osserva, ragiona. Pensa.
Le parole di suo padre gli risuonarono in testa, scuotendolo dal terrore in cui era caduto. Doveva pensare.
Se non poteva muoversi doveva nascondersi, ma come? Gli elfi potevano essere sulle sue tracce, certo, ma qualcosa stava distruggendo tutto e nemmeno quello doveva trovarlo.
Strisciò fino ad alcuni detriti che formavano una sorta di capanna.
 
 
Si bloccò all’ombra della terzultima colonna nel vedere due soldati a terra, la pelle e le vesti sporche di sangue e gli occhi aperti e vitrei. Attorno a loro c’erano cinque figure nere intente a uccidere l’ultima guardia, che cadde a terra con un tonfo sordo che gli riverberò nelle orecchie.
Gridò.
Una mano gli coprì la bocca da dietro mentre un braccio lo afferrava per la vita e lo sollevava da terra. Si agitò, cercando di liberarsi, mordendo e scalciando, ma fu tutto inutile.
Una delle figure si avvicinò con un coltello in mano “Se non vuoi che lo usi smetti immediatamente.” lo minacciò a voce bassa.
Elfi. Elfi Ljosalfar.
Si immobilizzò, terrorizzato. L’elfo ghignò “Sei davvero intelligente come dicono, piccolo principe.”
Lo sferragliare delle armature annunciò l’arrivo delle guardie, rimbombando sulle pareti amplificandosi.
“Cosa facciamo?” chiese qualcuno.
“Ce ne andiamo.” rispose l’elfo davanti a lui “E il principino viene con noi. Se Odino vorrà riaverlo dovrà darci ciò che vogliamo.”
I cinque elfi annuirono e si celarono con la magia. Loki sentì i peli rizzarsi al tocco di quel Seidr così ostile.
 
 
Qualcosa esplose, scaraventandolo lontano e distruggendo il suo rifugio. Rotolò su se stesso proteggendosi il volto mentre tossiva per la polvere. Colpì con la schiena qualcosa di appuntito che lo fece urlare e si rannicchiò su se stesso; alzò gli occhi per vedere cosa l’avesse colpito e rimase paralizzato davanti a un mostro di metallo dagli occhi rosso brace.
L’essere venne raggiunto da un uomo alto e muscoloso, vestito con degli strani abiti rossi, bianchi e blu e armato solo di un grande scudo circolare che, dopo aver girato su se stesso per aumentare la forza, lanciò contro il mostro colpendolo al collo, decapitandolo.
La testa rotolò fino a raggiungerlo e gridò di nuovo.
 
 
 
Gli elfi lo portarono nel bosco, fino ai monti della scogliera, senza mai lasciarlo o permettergli la fuga. Entrarono in una grotta apparentemente simile alle altre ma dalla quale proveniva un Seidr tale da renderla speciale. L’elfo del pugnale tracciò in aria una runa e all’istante si attivò un portale: era simile al Bifrost, anche se non così grande e luminoso, e sembrava più instabile, meno controllato.
Entrarono tutti nel tunnel, e mentre la testa gli girava per il movimento vorticoso dei lampi di luce sentì la presa su di sé farsi più leggera. Senza nemmeno pensarci morse il suo carceriere che colto di sorpresa lo lasciò andare spingendolo via; così però il suo piede uscì dallo spazio del sentiero e il vortice lo risucchiò, lontano dagli elfi, nel vuoto cosmico tra i mondi.
 
 
 
L’uomo con lo scudo si voltò verso di lui e nei suoi occhi azzurri lesse lo stupore di vederlo e la preoccupazione di saperlo in pericolo.
Erano quasi come gli occhi di Thor.
Il corpo del mostro iniziò ad emettere un suono acuto e l’uomo impallidì visibilmente mentre raccoglieva in fretta il proprio scudo e lo raggiungeva correndo. Si inginocchiò al suo fianco, piantando a terra lo scudo in modo che Loki ne venisse totalmente coperto, e gli si piegò sopra.
Non aveva ancora finito che il corpo del mostro esplose in maniera così fragorosa che Loki si tappò le orecchie urlando, serrando gli occhi per proteggerli dalla luce e dal calore.
 
 
 
Probabilmente era svenuto perché non aveva idea di come avesse fatto ad arrivare lì: si trovava in una piazza colma di gente che urlava e scappava.
Solo una cosa gli era chiara. Doveva scappare.
Si rialzò barcollando e iniziò a correre, senza badare ai fischi nel cielo, spaventato dagli elfi e contagiato dal panico degli altri.
Non sentiva il dolore dei profondi tagli che gli solcavano le mani, il volto e la schiena, non sentiva il pulsare del piede e il dolore alla caviglia.
Doveva scappare.
 
 
 
Quando le orecchie smisero di fischiare aprì gli occhi.
Lo scudo era ancora piantato davanti a lui, mentre l’uomo non lo schiacciava più a terra. Fu quello a convincerlo ad alzarsi per cercarlo.
La polvere non si era ancora posata, ma la sua vista era abbastanza acuta da riconoscere le sagome degli oggetti. Lo individuò nella macchia a qualche metro da lui, steso supino con le mani premute al petto.
Erano sporche di sangue.
Deglutì mentre avanzava verso di lui strisciando sui gomiti, resistendo all’impulso di scoppiare a piangere e rimanere immobile ad aspettare l’arrivo di Padre, Madre o Thor, e raggiunse l’uomo.
Questo ansimava per il dolore ma nel vederlo cercò ugualmente di sorridergli rassicurante “Non t-temere… Tra poco arriveranno i… i soccorsi.”
Loki si asciugò le guance prima di posare entrambe le mani al centro della ferita, ignorando il sussulto che gli provocò.
Ripensò a Frigga, quando lui si faceva male e la madre gli sorrideva prima di curarlo con la magia; una volta lei gli aveva detto che pensava a come era prima e immaginava di riportarlo a quello stato.
Pensò a come lo aveva visto prima dello scoppio e pensò di riparare la pelle e ricucire i tessuti. Sentì le mani diventare calde mentre uno strano torpore si diffondeva per tutto il corpo ma non si fermò finché non sentì di aver finito.
Non appena interruppe il contatto venne sopraffatto da una stanchezza così grande come non aveva mai provato e si accasciò a terra.
Faticava a tenere gli occhi aperti, quindi si abbandonò alle tenebre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Skadi: dea della caccia, più o meno
 
 
 
 
 
 
Angolino
Ci ho messo un po' ad aggiornare perché sono in vacanza e la connessione è difficile da trovare.
Chiedo scusa.

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Capitolo 4
*** Capitolo tre ***


Capitolo tre


Dopo due giorni dall’ultima battaglia Thor ricevette un ordine dalla madre: l’imperativo di tornare ad Asgard.
“Che cosa? Non può davvero volerci a palazzo. Non ora che siamo così vicini alla vittoria!” sbottò contro Fulla, che era venuta di persona a consegnargli la pergamena con il sigillo reale.
L’ancella non si scompose “Questa non è una richiesta, ma un ordine di una regina a un suo generale. Non puoi rifiutarti, a meno che tu non voglia macchiarti di tradimento.” rispose pacata e imperturbabile.
“Perché?!” continuò furioso, ribaltando tutto ciò che aveva sul tavolo nella sua tenda senza fermare i propri passi.
“Non devo essere io a dirtelo. Tua madre, la tua regina, ti ha dato un ordine, devi obbedirle anche senza conoscerne le motivazioni.” la donna si portò le mani sui fianchi ma addolcì lo sguardo “Devi credermi quando ti dico che la regina ha bisogno di te al suo fianco.”
Thor si zittì. Quelle parole erano così poco velate che era impossibile non comprenderne il senso. 
“Va bene, tornerò. Lo dirò a Frey e verrò con te su Asgard.”
Fulla annuì, concedendogli un sorriso mesto.


***

Cap si rialzò confuso, tastandosi il petto con entrambe le mani.
Poi gli occhi gli caddero sul bambino steso accanto a lui, e non contò più nulla che non fosse lui.

“Abbiamo distrutto tutti i soldatini. Missione compiuta.”
Natasha scosse il capo sollevata, ignorando volutamente l’infantilità di Tony. Avevano finito, il resto non importava.
“La popolazione?” chiese invece Bruce infilandosi gli occhiali.
“Al sicuro sulle navette dello SHIELD, stanno già partendo le prime squadre di soccorso alla ricerca dei superstiti.” rispose Clint.
“Dove siete?” chiese Natasha.
“Con gli altri al punto di attracco.” disse immediatamente l’arciere.
“Sono a qualche isolato da lì, ti raggiungo.” 
“A nord. Credo di aver appena evitato il campanile della cattedrale.” la voce di Tony era distorta dal comunicatore “Un paio di minuti sono da voi.”
“Ci vediamo lì allora.”


“Qualcuno ha visto Cap?” Tony atterrò a pochi passi da loro.
“No, non risponde da parecchio in effetti.” commentò Clint.
Natasha portò una mano all’auricolare “Cap! Cap se ci senti rispondi.”
“Bacchettone com’è lo avrebbe già fatto. Magari si è intrattenuto presso un negozio di antiquariato.” tentò di sdrammatizzare Tony “Vado a cercarlo.”
“Non serve, è lì.” si voltarono tutti verso Bruce e seguirono il suo sguardo fino alla figura che avanzava claudicando appena.
“Ehi, vecchietto. Ti hanno rubato il bastone?”
Ma ogni battuta morì alla vista di cosa il Capitano portava con sé: teneva in braccio il corpo di un bambino di non più di sei anni dagli abiti stracciati e la pelle sporca di terra e sangue; non si muoveva, restando abbandonato contro il petto del super-soldato. 
Bruce lo raggiunse correndo e afferrò il polso del bambino “Il battito c’è, ma è molto debole. Ha bisogno di cure…”
“Voglio che venga sull’elivelivolo con noi.” esclamò di colpo Cap “Tu saresti in grado di occuparti di lui?”
“Cerca di ragionare, i suoi genitori lo staranno cercando.”
“Non lo lascerò, glielo devo. Mi ha salvato.”
“Che cosa?”
“Ero ferito e mi ha salvato.” si indicò il petto, visibile attraverso lo squarcio della tuta “Mi ha guarito.”
“Vuoi dire che ha dei poteri?” anche Natasha si avvicinò.
“Sì…”
“Mutante o Inumano*?” Clint rimase a distanza ma li fissò intensamente.
“Non lo so, ma è potente.”
“Forse è nell’Indice** dello SHIELD, potremmo cercarlo…”
“No!” Cap strinse a sé il bambino, in un gesto quasi involontario di protezione “Se non fosse così lo consegneremmo nelle loro mani. Non voglio rovinargli la vita.”
“Di cosa stai parlando? Lo SHIELD aiuta le persone dell’Indice.”
Strinse gli occhi “Io so come trattano quelli diversi, e fidati raramente il loro è un vero aiuto. Non voglio che Fury sappia della sua esistenza.”
Tony si scoprì il volto, alzando le mani in segno di resa “Discutiamo dopo se informare il grande fratello, che ne dite? Ora è lui ad avere la precedenza.”
Lo sguardo di tutti si abbassò sul volto pallido del bambino.  
“Mi fa strano dirlo, ma Tony ha ragione.”
Cap annuì e guardò Bruce, che sospirò in segno di assenso “Muoviamoci, abbiamo perso fin troppo tempo.”


*****

Thor varcò i portoni della Sala del Trono con Mjollnir ancora in pugno, la rabbia a malapena contenuta sotto un’apparenza marziale.
Era solo, dato che aveva congedato i suoi amici.
Voleva affrontare sua madre senza di loro. Voleva sapere perché.
Frigga era ai piedi di Hlidskjalf*, accerchiata da cinque consiglieri e da Hlin; il suo volto era tirato, come se non dormisse da tempo, ma i suoi occhi erano lucidi e fissi sulla pergamena che il Primo Consigliere le mostrava.
Indossava l’armatura leggera sopra l’abito azzurro, cosa che lo stupì, ma non a sufficienza da farlo desistere dal suo intento.
“Voglio delle spiegazioni!” esclamò, facendo voltare tutti.
La regina lo guardò senza un’espressione, bloccando con un gesto le parole del Primo Consigliere. L’uomo chinò il capo e le porse una pergamena arrotolata.
“Lasciateci soli.”
Al suo ordine li lasciarono tutti e Frigga gli andò incontro a passo spedito.
“Perché ci hai richiamato?! Eravamo a un passo dalla vittoria! Padre ci ha mandato perché aiutassimo Frey a terminare la guerra, il nostro compito era quello di…”
“Il tuo compito è proteggere il tuo regno!” lo gelò lei “Devi pensare prima ad esso!” i suoi occhi al contrario lampeggiavano di rabbia “E ora servi qui.”
“Tutto questo perché Padre dorme?” solo in quel momento aveva registrato la sua assenza, e si arrabbiò ancora di più per questo “Io non sono un diplomatico!”
“No, non lo sei!” gridò sua madre, perdendo la calma “Ma Loki è scomparso e tu sei suo fratello: hai il dovere di aiutarmi a ritrovarlo!”
Quelle parole furono come una doccia fredda. Lasciò cadere Mjollnir a terra.
“Loki è scomparso? Quando?”
Frigga chiuse gli occhi, massaggiandosi le tempie “E’ stato rapito durante l’attacco di tre giorni fa al palazzo. Heimdall non lo vede e io non riesco a localizzarlo… Ho bisogno che tu vada a cercarlo.” la sua voce era fragile, come se tutta la sua forza fosse svanita all’improvviso. Era esausta, la sua era una maschera d’apparenza: la regina di Asgard non può mostrarsi debole, specialmente durante il Sonno di Odino. 
“Perché non mi hai chiamato prima?” chiese, il tono addolcito.
“C’era la guerra. Non potevo metterti in pericolo prima di una battaglia distraendoti da essa.” rispose lei tornando a guardarlo. Aveva gli occhi lucidi.
“Andrò a cercarlo e lo riporterò ad Asgard.” promise solenne.
Sua madre annuì prima di lasciarsi abbracciare.






*Hlidskjalf: nome del trono di Odino


*Mutanti e Inumani: i primi sono quelli come Wolverine, Charles Xavier (il Professor X) e gli altri dei film degli X-Men. I secondi fanno parte della serie tv Agents of SHIELD, senza entrare nello specifico hanno dei poteri anche loro, ma di natura un po’ particolare, comunque sono potenti. 
**Indice: in Agents of SHIELD chi ha dei poteri (non mutanti) viene inserito in questa lista per essere controllato.

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Capitolo 5
*** Capitolo quattro ***


Premessa: nel film Phil Coulson (purtroppo) muore ma dato che mi è dispiaciuto troppo e nella serie Agents of SHIELD è vivo, qui è tornato dagli Avengers che lo hanno accolto a braccia quasi aperte.

 

 

 

 

Capitolo quattro

 

 

 

 

Loki si svegliò per quel rumore insistente che continuava a rimbombargli nelle orecchie. Si agitò appena, infastidito, e si portò le coperte sopra la testa, nella speranza di attutirlo almeno. La stoffa sotto le sue dita era ruvida e dura, consumata dai troppi lavaggi, e aveva un odore pungente, che sua madre non avrebbe mai scelto o sopportato.
Fu questo a fargli aprire gli occhi. Si alzò di scatto e artigliò la coperta, cercando di allontanarsi il più possibile da qualsiasi cosa, ritraendosi su se stesso come se temesse di essere colpito, gli occhi sbarrati dal terrore.
Era in una stanza completamente bianca, circondato da strane macchine che producevano il suono fastidioso.
“Hey calmati, calmati, sei al sicuro. Sei in ospedale.”
Si irrigidì di scatto, allontanandosi ancora dall’uomo che aveva parlato.
“Ti ricordi di me?” 
Annuì. Era l’uomo con gli occhi come Thor, quello che lo aveva salvato dal mostro. Sorrideva sollevato, senza l’arroganza di suo fratello.
Non lasciò le coperte, mantenendole all’altezza del viso.
“Non voglio farti del male, solo aiutarti. Sono un tuo amico, mi chiamo Steven Rogers, ma gli amici mi chiamano Steve, o Cap. L’ultimo è buffo, vero? Però è uno di quelli che mi rappresenta meglio.” continuò a guardarlo amichevolmente, nel tentativo di calmarlo “Tu come ti chiami?”
Loki inclinò verso destra il capo, e si scoprì le labbra. Avrebbe voluto rispondere, ma incominciò a tossire violentemente, tremando per la forza dei colpi. La gola gli bruciava come fuoco.
“Ecco, aspetta.” Steve gli riempì velocemente un bicchiere d’acqua e lo aiutò a berla, obbligandolo a farlo in piccoli sorsi.
Quando ebbe finito boccheggiò un paio di volte prima di rispondergli.
“Loki.” sussurrò appena si fu ripreso.
“E’ un piacere conoscerti, Loki.”

 

 

 

 

 

 

 

“Aspetta.” Tony posò la propria tazza di caffè sul tavolo “Vuoi dirmi che hai davvero intenzione di tenerlo con noi alla Stark Tower?”
“Cap, ragiona, i suoi genitori lo staranno cercando.” provò Natasha.
“Quando gliel’ho chiesto ha abbassato lo sguardo, a stento ha trattenuto le lacrime e ha detto ‘papà dorme’, non penso sia equivocabile.”
“Non puoi basarti solo su questo. Magari era solo svenuto, magari sua madre è viva e sta diventando pazza a cercarlo.” insistette Clint “Dobbiamo comunque cercarli.”
“Sì, ma nel frattempo non voglio che finisca in un orfanotrofio o nelle mani dello SHIELD. Possiamo tenerlo noi.” propose Cap deciso.
“Tutto questo per avere un mascotte? Potevamo trovare qualcosa di meno complicato.” commentò Tony sospirando. 
“Mi occuperò io di lui, non darà nessun fastidio ne sono sicuro.”  
Tony finì in un solo sorso il caffè “Ok, facciamola corta. Si vota: Bruce?”
“Per me non ci sono problemi.”
“Clint?”
“Fate quello che vi pare, io non farò la baby-sitter.”
“Nat?”
La donna si portò una ciocca di capelli dietro un orecchio “Io non farò rapporto a Fury, per il resto non voglio saperne niente.”
“A te non lo chiedo neanche e siete in maggioranza, quindi può venire, a patto che non tocchi nessuna delle mie cose.” concluse Tony.
“Grazie.”
L’uomo grugnì qualcosa “Come pensi di occuparti di…?”
Si zittì di colpo quando Coulson entrò nella stanza e l’agente lo guardò intensamente. Difficilmente l’uomo non era sorridente e affabile, ma ormai erano diventati tutti molto bravi a cogliere le sue emozioni dalle espressioni della sua faccia: quella era sospetto.
“Occuparsi di cosa?”
Steve annaspò per un momento, prima che Tony lo salvasse “Dell’ultima conquista di Cap, una bella ragazza mora, bisognerà vedere se gli perdonerà il bidone dell’altra sera… Magari aver salvato il mondo funzionerà come scusa, ma non so. Con Pepper di solito devo coprirla di regali.”
L’agente scosse il capo, rassicurato anche se non del tutto.
“Io non seguirei i consigli di Tony, questa è la prima relazione seria che ha da sempre, rischi di rovinarti.” continuò Clint mentre giocherellava con la punta di una sua freccia.
“Scusate se interrompo il teatrino di chiacchiere da migliori amiche… possiamo andarcene, signore?” Natasha si rivolse a Coulson direttamente.
“Sì, ero venuto per questo. Fury vuole dei rapporti sulla battaglia entro la settimana.”
“Farò del mio meglio.” Clint si alzò, imitato da tutti, e uscirono. 

 

 

 

*

 

 

Cap andò da Loki insieme a Bruce. 
Il bambino si illuminò di curiosità quando li vide arrivare.
“Ehi, ora che stai bene che ne diresti di andartene da qui? Noi abbiamo una bellissima casa non molto lontano.” Steve cercò di sembrare naturale.
Lui annuì e uscì velocemente dal letto, facendo attenzione a non sforzare la caviglia fasciata. Era vestito solo con gli abiti da ospedale.
“Appena arriveremo ti andrò a comprare degli altri vestiti.” gli disse mentre gli infilava la sua felpa e lo prendeva in braccio.
Loki si irrigidì al gesto ma non disse nulla, limitandosi a stringergli il collo.
I due uomini percorsero in fretta i corridoi fino alla macchina di Tony, che partì non appena chiusero la portiera. Clint e Natasha li seguirono su un’altra auto, e insieme entrarono nel traffico newyorkese.
Loki guardava tutto con gli occhi spalancati, come se non avesse mai visto nulla di tutto quello. Steve pensò che se davvero aveva sempre vissuto in quella città persa nel nulla era possibile che fosse così. 
Rimasero in silenzio per tutto il viaggio, fino all’arrivo. Entrarono tutti insieme nell’ascensore che portava ai piani privati della torre.
“Che ne dite del cinese take away stasera?” chiese Tony “Perché l’ho già ordinato e fatto consegnare.”
“Così tanta scelta? Mi commuovi Tony.” sbuffò Clint uscendo per primo e raggiungendo il tavolo della cucina, dove facevano bella mostra di sé i contenitori di cibo ancora caldi. L’arciere li aprì uno ad uno, dividendoli velocemente poi in base al contenuto, prese i propri e iniziò a mangiare.
Anche gli altri si sedettero. Loki invece rimase in piedi, immobile.
Steve aggiunse una sedia accanto alla propria e lo invitò ad avvicinarsi con un cenno; il bambino obbedì mentre gli metteva nel piatto del riso alla cantonese, un po’ di spaghetti e del pollo. 
“La regola è niente forchette quando si mangia orientale!” esclamò Tony nel vederlo porgerne una a Loki. 
Lo guardò male “Ha sei anni, puoi anche fare un’eccezione, non trovi?”
“La legge è uguale per tutti.” sorrise maligno lui “Ma puoi sempre imboccarlo tu, no?”
“Tony sei…” ma si bloccò a metà frase quando Loki gli rubò le bacchette e si mise in bocca un pezzo di pollo con abilità. Lo guardarono tutti straniti e lui arrossì appena, guardando Tony in segno di sfida.
Steve sorrise vittorioso in direzione del miliardario, che gli fece una linguaccia prima di tornare al proprio pasto. Il soldato prese un altro paio di bacchette e finalmente poté iniziare a mangiare.
Non lo avrebbe ammesso nessuno, ma erano tutti affamati.
La cena continuò tranquillamente tra chiacchiere e prese in giro, tanto che perfino Loki rise diverse volte alle battute di Stark e alle frecciatine di Natasha. Smisero solo quando il bambino appoggiò il capo al tavolo e si addormentò di colpo.
Gli Avengers si scambiarono occhiate imbarazzate prima che Steve si alzasse per portarlo a dormire nella propria stanza, ripiegando sul comodo divano nel salotto. Anche gli altri si ritirarono, ognuno nelle proprie stanze, in silenzio.
Steve si buttò sul divano con una coperta rossa - l’unica che era riuscito a trovare - e fece a malapena in tempo a coprirsi prima di crollare esausto in un sonno ristoratore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Noticina: 
Mi scuso per il ritardo, ci ho messo davvero troppo ad aggiornare questa volta. Chiedo perdono.

 

 

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Capitolo 6
*** Capitolo cinque ***


Capitolo cinque

 

 

La mattina dopo Steve si svegliò ugualmente presto, così tanto rispetto allo stile di vita degli abitanti della torre che decise di andare a correre.
Dopo i suoi soliti trentacinque chilometri buoni si fermò in un negozio e prese, a occhio, dei vestiti nuovi per Loki, dei jeans scuri e una maglietta azzurra, giusto per non lasciarlo con quelli dell’ospedale.
Tornò alla torre, si fece una doccia veloce e prese dalla propria stanza dei vestiti di ricambio, stando attento a non svegliare Loki durante il tutto.
I primi a raggiungerlo furono come sempre Natasha e Clint, che lo aiutarono ad apparecchiare per la colazione.
Bruce arrivò poco dopo. Tony e Loki si presentarono solo quando l’odore dei pancake si era diffuso ormai per tutta la torre.
Il bambino corse a sedersi, impaziente, mentre Tony barcollò sbadigliando fino alla sedia. Anche gli altri si sedettero aspettando i dolci.
Loki ne ebbe di più e fu il primo, tra le proteste di Tony sul viziarlo troppo dopo nemmeno due giorni.
Stavano mangiando tranquillamente finché non arrivò Pepper.
La donna uscì dall’ascensore a passo di marcia, il volto arrossato e teso dalla rabbia, e si piantò davanti a Tony con le mani sui fianchi “Anthony Edward Stark! Ti rendi conto che…”
Loki, in piedi vicino al frigo, fece cadere la tazza che aveva in mano, spaventato dall’entrata improvvisa della donna e dalla sua espressione, e il rumore distrasse la abbastanza da farle perdere il filo.
Il bambino rimase immobile, le mani che torturavano l’orlo della maglia; Steve lo raggiunse subito, asciugando il latte per evitare che si bagnasse i piedi e raccogliendo i cocci della stoviglie rotta.
Pepper si portò una mano a circondarsi la vita, poco sotto il seno, vi posò sopra l’altro gomito e si strinse la base del naso chiudendo gli occhi “Tony, ti prego, dimmi che non è come sembra…”
Il miliardario sgranò gli occhi, guardando terrorizzato Pepper e Loki in una specie di botta e risposta “Non è assolutamente come sembra! È di Steve, non mio.” rispose in fretta alzando la voce.
“Tony!” il nominato lo guardò storto “È un bambino, non una cosa.”
“È tuo lo stesso.”
“Qualcuno può spiegarmi?” Pepper abbandonò completamente l’aria arrabbiata in favore di una rassegnata e più amichevole. Si avvicinò a Loki e gli sorrise “Scusa se ti ho spaventato, io sono Virginia, ma puoi chiamarmi Pepper. Tu invece?”
“Loki.” rispose lui con un accenno di sorriso.
“Hai solo quei vestiti?”
“Gliene ho presi un paio di ricambio, ma non so se gli stanno.” disse in fretta Steve, con un’agitazione che fece sorridere tutti.
“Allora mi è venuta un’idea.” Pepper guardò Tony con un sorriso inquietante sulle labbra e il miliardario deglutì spaventato “Tu sei atteso dal consiglio di amministrazione che ha bisogno di te, quindi guai a te se non ti presenti, e io mi prendo una giornata libera per andare con Loki e Steve al centro commerciale. Qualcosa da ridire in proposito?”
“N-No, cara.”
“Ovviamente mi darai la tua carta, vero?” avanzò minacciosa, senza perdere il sorriso inquietante.
“Certo, cara.”
“La tua personale, senza limiti.” si avvicinò ancora di un passo.
“S-Sì, cara.”
“Perfetto. Mi cambio e sono da voi. Steve, aiuti tu Loki a cambiarsi?”
“Sissignora.”
Natasha e Clint non poterono impedirsi di ridere alla vista del Capitano sull’attenti.

 

 

Loki si era divertito come mai in vita sua. Pepper gli aveva chiesto i suoi colori preferiti e si era lanciata alla caccia di magliette, felpe, pantaloni, pigiami, calzetti, biancheria, giacche e quant’altro. Ogni volta che mostrava la carta che le aveva dato Tony tutti iniziavano a trattarla come una regina, ribaltando l’intero negozio alla ricerca di quello che chiedeva. Doveva avere una qualche magia dentro. Vedere Steve completamente sottomesso alla donna lo divertiva, ma gli mise anche una strana malinconia addosso.
Gli piaceva molto Pepper, assomigliava alla mamma.
Anche lei ogni volta che lo portava dal sarto ribaltava l’intero studio per trovare qualcosa che piacesse ad entrambi.
Quando le aveva detto di avere fame lei gli aveva comprato un panino strano ma che gli era piaciuto un sacco e un dolce freddo chiamata gelato.
Se ne era letteralmente innamorato e si era mangiato anche quello di Steve, troppo impegnato a controllare tutte le borse per accorgersene.
Stavano tornando a casa quando vide un negozio con file innumerevoli di libri impilate con cura; dopo essere entrati Pepper, con gli occhi sgranati alla vista del libro che aveva scelto, gliene aveva comprato uno e gli aveva promesso di fargli vedere la biblioteca di Tony.
L’aveva costretta a tornare velocemente a casa e si era perso nel leggere i titoli dei libri sugli scaffali, prendendone alcuni per impilarli intorno al divanetto dove si era accomodato.
Tutti, Tony in primis, erano passati a vederlo leggere libri di fisica quantistica e teorie matematiche ancora da provare. Il miliardario aveva alzato le spalle e se n’era andato borbottando “Poi faremo una discussione sulla scienza io e lui…” mentre Bruce lo aveva seguito con un più moderato “Dovremmo fargli un test d’intelligenza.”
Pepper aveva sospirato, in maniera molto simile a Frigga, e gli aveva portato la merenda, salutandolo prima di tornare al lavoro.
Quelle persone erano strane, ma gli piacevano.

 

 

 







 

Diciannove giorni dopo il rapimento, ad Asgard:

 

 

Odino si risvegliò dal suo sonno ancora troppo stanco perché fosse naturalmente finito. Si alzò lentamente e si vestì con gli abiti che Frigga gli aveva fatto preparare, previdente come sempre.
Uscì in corridoio, ignorando i saluti delle guardie che lo incrociarono, e puntò alle proprie camere; era tardi, Frigga doveva essersi ormai ritirata, per cui non perse tempo a cercarla nella Sala del Trono o nei suoi giardini.
Il camino era acceso, così come le candele e le pietre magiche che illuminavano la stanza, e seduta al tavolo del suo studio, il capo chino sulla lettera che stava scrivendo, c’era lei.
Frigga aveva i capelli in disordine e pesanti occhiaie a cerchiarle gli occhi chiari, che seguivano concentrati i movimenti della penna tra le sue mani.
Le accarezzò una spalla, allontanandosi appena quando lei sobbalzò sorpresa.
“Non credevo che ti saresti svegliato così presto!” si alzò per abbracciarlo, lasciandosi cullare dalla sua stretta.
“Amore mio, cosa ti preoccupa?” le accarezzò il capo, dolcemente.
“Ho fallito…”
Non aveva mai sentito la sua voce così sull’orlo di spezzarsi. Era come se stesse lottando con tutta sé stessa per non crollare in lacrime.
“Perché dici questo?”
“Loki è scomparso… Lo hanno rapito durante un attacco quasi venti giorni fa…” disse piano “Hanno preso il mio bambino.”
“Raccontami tutto.” sospirò stringendola a sé con più forza “Pagheranno per aver osato un simile affronto.”
Frigga si asciugò lacrime che non erano cadute e annuì, sollevata. Era la prima volta da quando erano sposati che si appoggiava a lui per non cadere; era tempo di ricambiarle il favore. Dividere un fardello lo rende più leggerlo, anche se in minima parte.
La fece sedere sul letto, al proprio fianco, e ascoltò con attenzione le parole della moglie, rassicurandola sulla correttezza delle sue scelte.
“Perché lo hanno preso?” chiese alla fine.
Odino la guardò e seppe che si era posta quella stessa domanda ogni giorno con la disperazione di chi cerca una risposta “Temo che non fosse lui il loro obbiettivo. Probabilmente puntavano a uno dei tesori custoditi dal Distruttore; Loki deve averli sorpresi e lo hanno rapito come merce di scambio.”
“Allora perché non hanno ancora avanzato richieste?”
“Forse Loki è riuscito a scappare, e sono senza nulla in mano…” disse in un patetico tentativo di consolarla.
“Altrimenti?”
Non le rispose, non aveva la forza di dire ad alta voce ciò che stava pensando: non riusciva ad ammettere l’unica altra opzione, da padre non poteva accettarla.
“È così, vedrai.”
Frigga gli si strinse contro, alla ricerca di un conforto che solo Loki avrebbe potuto darle.

 

 

 

 

 

 

Noticina:
Volevo ringraziare chi ha recensito, chi segue la storia e chi addirittura l'ha messa tra le preferite già da un po' ormai e anche chi legge e basta...

 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo sei ***


Capitolo sei

 

 

“È incredibile! Non ho mai visto nessuno con una mente simile!” Bruce continuava a ricontrollare i risultati del test, sconcertato dai risultati.
“Che non fosse umano lo sapevamo già, no?” Tony aveva analizzato uno dei capelli di Loki il terzo giorno di convivenza, e di sicuro non era un comune bambino.   I due scienziati avevano iniziato a studiare i poteri di guarigione di Loki non appena lui li aveva mostrati a tutti, curando il taglio che Steve si era fatto nel tagliare i pomodori per l’insalata.
Uno dei molti test che Tony infantilmente aveva tentato era stato quello di tirargli addosso degli oggetti, palle di gomma all’inizio, nel caso Pepper l’avesse scoperto, – ci teneva alla sua vita – e Loki si era difeso facendole esplodere a mezz’aria.
Da quello era partita la personale missione di Tony di scoprire tutti i poteri del bambino: c’erano stati inseguimenti all’ultimo fiato conclusi con la sparizione di Loki e risolti con l’utilizzo di occhi termici opportunamente modificati – capacità di diventare invisibili; docce bollenti trasformate in cascate di cubetti di ghiaccio – controllo della temperatura; libri le cui parole scomparivano sotto gli occhi inorriditi di Loki, trattati con inchiostro simpatico dal miliardario, concluse con delle scariche elettriche che avevano mandato in tilt l’intera torre – controllo dell’elettricità; esplosioni di lampadine quando Loki si spaventava o si arrabbiava – capacità di creare onde elettromagnetiche, secondo Bruce; sparizioni di tutte le posate della Torre, alle quali Loki rispose materializzandole dal nulla – controllo della materia.
Pepper alla fine aveva posto un limite a tutto quello, per questo erano giorni che Tony si limitava a tendergli agguati dietro gli angoli, in una sfida all’ultimo trucco che non aveva intenzione di perdere.
Loki, complici Pepper e Clint, si era armato a sua volta, e gli scherzi che organizzava ai danni del miliardario erano memorabili; specialmente l’arciere non aveva nessuna remora a procurare al bambino le liste di oggetti che richiedeva, divertendosi poi ad ammirarne i risultati.
Grazie alle registrazioni di Jarvis inoltre l’epica battaglia con i fucili ad acqua che aveva coinvolto in breve tempo tutti gli abitanti della Torre, schierati nelle squadre Loki-Clint-Bruce e Tony-Steve-Natasha, era stata documentata.
Erano passati diciannove giorni da quando Loki era arrivato alla Torre, ma ormai nessuno lo considerava più un bambino da salvare, era diventato una parte della loro vita, a pari posto con Pepper.

 

***

 

Thor disintegrò la roccia davanti a se’ con un solo colpo, ben piazzato, di Mjollnir. La frustrazione per non aver trovato nemmeno la più piccola traccia di Loki era insopportabile. Lui era il principe di Asgard, il vittorioso Dio del Tuono, non trovava possibile l’idea di fallire.
Aveva parlato coi suoi genitori la sera prima attraverso uno degli specchi magici della madre e vederla così provata, distrutta dall’ansia e dal senso di colpa, lo aveva turbato. Per lui Frigga era la fiera regina che attendeva il suo ritorno dalle battaglie sorridendo orgogliosa, non la donna in pena che aveva visto.
Nessun segno di Loki, né da Asgard né dai re degli altri regni. Suo fratello si era come volatilizzato, sparito da ogni luogo.
Si rifiutava di crederlo morto, anche se aveva sentito le cattiverie di Sif e le malelingue nelle altre corti. Loki non poteva essere morto.
Distrusse un altro macigno, tossendo appena per la polvere.
Doveva trovarlo, e lo avrebbe fatto, a costo di ribaltare l’intero cosmo per riuscirci. Era una promessa.
Dove ti sei andato a cacciare, fratellino?
“Thor!” la voce di Fandral lo distrasse, bloccandolo a metà di un colpo.
“Cosa c’è?”
“Il sole sta calando e ormai abbiamo ribaltato ogni centimetro di questo mondo. Non ha senso restare qui stanotte. Chiamiamo Heimdall e dormiamo per una notte ad Asgard, riprenderemo domani le ricerche.” alle sue spalle gli altri lo fissavano convinti delle sue parole.
“E sia, torniamo.” prese il mantello e l’elmo, posati fino a poco prima sul tronco mozzato di un albero “Heimdall, riportaci a casa.”
La luce iridescente del Bifrost lo accecò, cancellando le colline ondulate e verdeggianti di Vanaheim.

 

A palazzo Sif gli afferrò un polso, impedendogli di proseguire, e lasciò che gli altri si allontanassero.
Thor la guardò senza emozioni, attendendo una spiegazione.
“Ascolta, noi siamo tuoi amici e saremo al tuo fianco in qualsiasi battaglia…” iniziò la guerriera “… ma questa è persa ormai. Non ha senso continuare a ridicolizzare Asgard in tutti i Nove. Loki è scomparso da troppo, non puoi crederlo ancora vivo. Sai come funziona.”
Serrò la mascella “Sif, adesso basta.”
“No, devi ascoltarmi invece. Non puoi ossessionarti su questo; celebriamogli un degno funerale e lasciamolo al passato. Loki non tornerà, Thor, è inutile continuare a cercarlo.” la sua voce era dura, fredda, come un generale che parla alle sue truppe. I suoi occhi invece avevano un lampo che Thor sperò di fraintendere.
Non poteva essere soddisfazione quella nel suo sguardo.
“Se anche fosse morto” disse, e gli costò uno sforzo immenso dire quelle parole “Sarebbe ed è mio dovere vendicarlo. Mia madre ha il diritto di avere un corpo su cui piangere.”
“Non lo troveremo mai! Potrebbe essere in una qualsiasi buca in un punto qualsiasi dell’universo!”
“Allora scaverò in ognuna di esse.” replicò strattonando il braccio dalla sua presa “Da solo. Contro il volere di mio padre se necessario. Io ritroverò mio fratello.”
“Thor, non…”
“Dì agli altri di non presentarsi domani. Non verrete con me.” la interruppe furioso “Non rivolgermi la parola, non finché Loki non sarà di nuovo qui.” se ne andò a grandi falcate, diretto all’arena. Doveva sfogarsi o non avrebbe risposto di ciò che avrebbe potuto causare.
Diversi tuoni rimbombarono in cielo, rabbuiato da nuvole cariche di pioggia, mentre i fulmini si accavallavano tra di loro.

 

***

 

Odino sapeva di non potersi mostrare debole. Chiunque avesse rapito Loki non doveva credere di averlo danneggiato.
Uscendo dal suo Sonno aveva permesso a Frigga di mostrare tutta l’apprensione di una madre allontanata dal figlio, ma anche il suo cuore soffriva nel non sapere dove Loki fosse.
Lo aveva raccolto tra la neve e il sangue della sua gente e nonostante il tempo che era passato gli accadeva ancora di risentire, la notte, il pianto disperato di quel bambino innocente e vedere il suo volto tirato dalla fame e dal freddo.
Aveva visto ogni crudeltà in battaglia ma niente lo aveva colpito come gli occhi di Loki quella notte: rossi, gli occhi di un nemico, e disperati.
Suo padre lo avrebbe sgozzato, ponendo fine alla sua sofferenza. Tyr e ognuno dei suoi generali lo avrebbe fatto. Probabilmente anche Thor lo avrebbe ucciso, vedendo in quel gesto l’eliminazione di un futuro nemico. Odiava l’idea che fosse quello il pensiero di suo figlio e della maggior parte dei membri del suo esercito. Non era quella la base su cui fondare la pace tra i Mondi a cui anelava.
Poi aveva visto gli occhi di Loki e aveva pensato che sarebbe potuto essere lui a portare la pace. Si era rifiutato di considerarsi compassionevole per addossarsi la maschera di stratega ma quell’idea era svanita insieme al primo sorriso di Loki quando si era sentito avvolto nel calore del suo mantello.
Non era stato allattato da Frigga e non era figlio suo, eppure non si era mai sentito più protettivo di quel momento. Gli aveva dato da mangiare mollica di pane imbevuta nel latte, lo aveva portato ad Asgard e lo aveva riconosciuto come suo.
Poteva davvero fingere che non gli importasse nulla di lui?
Sì, doveva farlo, ma avrebbe fatto soffrire i responsabili di tutto quello.
Passò lungo il corridoio che ospitava gli appartamenti dei figli e nel farlo si fermò davanti la porta della camera di Loki.
Non ebbe la forza di aprirla, conscio di cosa avrebbe visto al suo interno.
Scosse la testa e proseguì.

 

***

 

Uscì dallo studio trattenendo uno sbuffo infastidito e concedendosene invece uno esausto. Occuparsi delle sue solite mansioni e di quelle di Odino era sfiancante, molto più di quanto avrebbe mai ammesso. Si passò una mano sul volto e poi nei capelli, nella speranza di rendersi più presentabile nonostante l’ora tarda rendesse i corridoi deserti.
Non vedeva l’ora di dormire quelle poche ore che le restavano prima dell’alba, prima di un nuovo giorno di politica e governo. Alzò una mano per aprire la porta dei suoi appartamenti, ma a metà del gesto si bloccò, paralizzata da un grido.
Loki.
Corse verso la camera del figlio, spalancando la porta con irruenza, senza curarsene. Se lo avesse spaventato avrebbe trascorso volentieri tutta la notte a tranquillizzarlo, stringendolo tra le braccia come era solita fare nelle sue visite notturne. Si aspettava - sperava - di vederlo rannicchiato sul letto, in lacrime, spaventato da un incubo.
Ma il letto, e così la camera, erano vuoti.
Le si bloccò il respiro in gola e per un momento non riuscì a riprendere fiato.
“Guardie!” lo gridò in corridoio, rivolta allo sferragliare che sentiva avvicinarsi in fretta. Espanse il proprio seidr per tutto il palazzo finche non lo percepì.
Loki era accerchiato da altre sei presenze che però non riuscì a identificare, schermate da qualche incantesimo. Al momento però non importava.
Bloccò cinque soldati, intimando loro di seguirla, e iniziò a correre in direzione di Loki, ringraziando le Norne per la magia innata del bambino; se ci fosse stato Thor al suo posto non sarebbe riuscita a stabilire così facilmente un legame.
Uscì dal palazzo a cavallo, ripercorrendo esattamente i passi dei suoi nemici tra le vie della città per non rischiare di perdere le loro tracce. Sentiva l’ansia crescere insieme alla paura di Loki, condivisa tramite la magia. 
Giunsero alle scogliere attraversando il bosco al galoppo più veloce in cui riuscì a lanciare il cavallo, ignorando i rami che le strappavano il vestito e graffiavano le braccia, e sentì la vicinanza di Loki in un formicolio alle dita.
Li avevano quasi presi. 
Dovevano essere per forza in una delle caverne, era l’unico posto che valesse la pena raggiungere, l’unico che potesse essere un rifugio da un inseguimento. 
Abbandonò il cavallo e iniziò ad arrampicarsi lungo la parete nonostante l’impedimento della gonna del suo vestito, concentrandosi per capire con precisione in quale grotta fosse il suo bambino.
Era a un passo dall’arrivare quando il legame con Loki si spezzò brutalmente, lasciando il vuoto nella sua mente. Si fermò di colpo, ansante, lasciandosi cadere seduta su una delle rocce che la circondavano.
Gli occhi le bruciavano per la voglia di piangere, la frustrazione e il dolore le bloccavano la voce.
“Mia regina, cosa succede?” i soldati la guardavano confusi. Lei non aveva spiegato nulla dopotutto, ma ora non aveva la forza di farlo.
Aveva fallito miseramente.

 

 

Si svegliò di soprassalto, agitata dall’incubo che aveva appena fatto.
Rimase sdraiata, ancora troppo stanca per alzarsi, e si passò una mano sul volto, per scacciare quei ricordi dalla mente.
Già, perché cosa c’era di peggio di un incubo che ripercorre il passato? Un ripetersi infinito di qualcosa che ti ha fatto soffrire, giusto perché non basta il tormento da svegli a pagare le tue colpe.
Chiuse di nuovo gli occhi, affondando il viso nel cuscino di Loki.
Il suo era il sonno di chi è esausto. Aveva studiato invano fino a notte fonda i testi magici alla ricerca di un incantesimo che le permettesse di trovare il minore dei suoi figli.
Era disperata. Nessuno dei grandi maestri di seidr era riuscito a spiegare come fosse possibile la sua sparizione.
Heimdall avrebbe dovuto vederlo, ma c’erano zone che sfuggivano ai suoi occhi.  Gli incantesimi di localizzazione avrebbero dovuto trovarlo, ma c’erano le correnti di seidr tra i mondi e la magia intrinseca di diversi luoghi a disturbare il legame. Altri incanti avrebbero dovuto localizzarlo, ma fallivano e questo stava diventando una sfida per i sapienti: se anche Loki fosse morto, affermazione che era valsa diverse occhiatacce della regina a molte persone, avrebbero dovuto trovare il suo corpo, o tracce di esso.
Non si poteva scomparire così, non si poteva e basta.
Quindi dove accidenti era finito Loki?
Nella mente della regina vorticavano le voci di tutti i saggi che aveva incontrato, tutte le volte che aveva ripetuto di sentire che era vivo, che la connessione con lui non si era interrotta, anche se non la sentiva più.
All’alba Fulla o Hlin l’avrebbero svegliata, portandole altri tomi da leggere, in un cerchio che le sembrava durasse da sempre.
Non si sarebbe arresa.
Avrebbe riabbracciato il suo bambino. 


Era trascorsa qualche ora da quando aveva ripreso il suo lavoro e ora cercava di raggiungere lo stato di calma necessario a provare l’incantesimo che aveva davanti. La formula era semplice, ma incredibilmente lunga.
Non era di particolare utilità, troppo antica per avere una precisione degna di nota; era una formula usata dalle donne di un tempo per assicurarsi che i mariti fossero ancora in vita durante le lunghe campagne militari.
I dubbi e le obiezioni sollevati negli ultimi giorni l’avevano spinta a dubitare persino del proprio seidr.
Si concentrò e iniziò a recitarla, accogliendo con un sorriso e una risata il brivido che le corse nella schiena, così forte da farle battere i denti.
Loki stava bene.
Era vivo.

 

 

 

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Capitolo 8
*** Capitolo sette ***


Capitolo sette

 

 

Si svegliò di colpo, artigliando le coperte mentre un brivido di gelo gli correva lungo la schiena.
Si guardò intorno disorientato e impiegò diversi istanti per ricordarsi di essere nella sua camera a casa di Tony.
Si alzò, correndo in cucina affamato. Si aspettava di vedere Steve con in mano piatti di frittelle o Natasha intenta a spremersi le arance per il succo, e invece non c’era nessuno. Andò a vedere nella camera di Steve, in quella di Tony e Bruce, si azzardò a guardare perfino in quella di Clint e Natasha.
Nessuno. Era da solo.
Per un momento sentì le lacrime bruciargli gli occhi e se li sfregò per evitare che cadessero. I guerrieri non piangono, diceva suo padre.
“Signorino Loki, ben svegliato.”
Sobbalzò alla voce di Jarvis, ma si sentì immensamente sollevato.
“Jarvis, dov’è Steve?”
“Il signor Rogers e gli altri sono partiti presto, il direttore Fury li ha chiamati per un’emergenza.” rispose schietta l’intelligenza artificiale “Ma la signorina Potts è nel suo ufficio, se desidera andare da lei.”
“Mi ci porti?” chiese tentennando appena.
“Certamente.” le porte dell’ascensore si aprirono, e a Loki parve quasi che Jarvis stesse sorridendo.

 

*

Emily Parker* era una delle due assistenti di Virginia Potts da oltre sette anni ormai e amava il suo lavoro nonostante lo stress e la fatica che comportava. Erano sette anni che conviveva con le stranezze della Stark Tower e del suo proprietario e credeva che nulla sarebbe più riuscito a stupirla.
Ma quando si sentì tirare la gonna e vide un bambino spettinato in pigiama verde a stelle gialle guardarla assonnato e chiederle dove fosse Pepper rimase senza parole. Le ci vollero diversi secondi prima di riuscire a reagire.
Senza dirgli nulla lo guidò lungo i corridoi fino all’ufficio della signorina Potts. Bussò, sempre senza distogliere gli occhi dal bambino.
“Avanti.”
“Mi scusi, ma c’è un bambino che chiede di lei… è sceso dall’ascensore privato del signor Stark.” si sentì in dovere di specificare mentre apriva completamente la porta.
Lei spalancò gli occhi “Loki, che cosa ci fai qui?”
Lui sembrò vergognarsi alla domanda “Non c’è nessuno di sopra…”
“Nessuno?”
“Jarvis ha detto che sono usciti presto.” rispose lui mesto.
La donna gli fece cenno di avvicinarsi “Emily, potresti procurarmi un tavolino per bambini e un blocco da disegno?”
“S-Sì, certo signora, vado.” balbettò richiudendosi la porta alle spalle.
 

“Hai fatto colazione?” gli passò una mano tra i capelli, nel tentativo di pettinarglieli almeno un poco.
Loki diniegò appena, sfregandosi gli occhi. Il pigiama era troppo grande per lui, tanto che le maniche gli arrivavano a metà dita e i pantaloni strisciavano a terra.
“Vieni con me, ci prendiamo qualcosa da mangiare al bar qui di sotto, ci stai?” gli tese una mano, che lui afferrò, e lo trascinò di nuovo in corridoio, guidandolo
fino agli ascensori. Ignorò gli sguardi stralunati di tutti i suoi collaboratori continuando a parlare tranquillamente con Loki.
“Jack, potresti portarci un caffè, un bicchiere di latte e qualche biscotto?” chiese non appena entrò nel locale.
“Certo, signora.” Jack sorrise amichevolmente “E il nostro giovane amico? Un nuovo impiegato? Li prendete sempre più giovani.”
Loki sogghignò senza però lasciare le gambe di Pepper.
“Già, forse bisognerebbe dire qualcosa al capo. Ne parlerò a Tony.” la donna lo fece sedere su uno degli sgabelli e prese posto accanto a lui.
“Ecco.” Jack diede a Loki la colazione con un sorriso.
“Signora… posso chiederle.. chi…?”
“Non è figlio mio, né di Tony, se intendi questo. Diciamo che è un ospite.”
“Non volevo certo dire quello, signora…”
“Certo che no.” sospirò prima di bere il proprio caffè.
Le sarebbe servito.
 

Emily era riuscita a trovarle davvero un tavolo per Loki a tempo record, e ora il bambino disegnava tranquillamente in un angolo del suo ufficio.
Era stato incredibilmente bravo per la sua età, non aveva fatto rumore né aveva cercato continuamente la sua attenzione. L’aveva addirittura aiutata in un paio di occasioni come interprete, quando le mail dei suoi contatti in giro per il mondo non erano tradotte correttamente o in maniera integrale.
Non si era stupita più di tanto, quel bambino congelava le cose e diventava invisibile, il fatto che parlasse più di una lingua non era poi così strano.
Quando finalmente concluse l’ultima videochiamata erano le due passate; Emily le portò la sua solita insalata e un panino per Loki, insieme a un muffin al cioccolato, che il bambino adorò.
Rimasero insieme tutto il giorno, fino a quando la torre non si svuotò di impiegati. Loki le regalò tutti i disegni, uno dei quali rappresentava loro due seduti nella stessa posa ai rispettivi tavoli, quasi fossero due versioni della stessa cosa; Pepper si ripromise di incorniciarlo in ufficio.
“Signorina Potts, il signor Stark mi ha chiesto di dirle che non tornerà prima di domani mattina.”
“Grazie, Jarvis.”sospirò lei alzandosi “Potresti ordinarci due pizze?”
“Certo.”

 

 

 

 

Alla sera:

 

Si rigirò di nuovo, aggrovigliandosi nelle lenzuola ancor più di quanto già non fosse. Era tardi, lo sapeva, e sapeva ancora meglio che non sarebbe successo, ma non riusciva a staccare gli occhi dalla porta.
La mamma andava sempre a salutarlo la sera e anche Thor, quando non era ubriaco in qualche taverna, passava in camera sua.
Alcune volte, quando anche a casa sua non riusciva a prendere sonno, aveva sorpreso suo padre a guardarlo; aveva finto di dormire, spaventato dall’idea di una punizione, e Odino era rimasto a lungo sulla soglia della sua camera da letto prima di raggiungerlo per baciargli la fronte e rimboccargli le coperte.
Però ora Thor era su Alfheim, Padre dormiva, Madre aveva troppo da fare e lui non era a casa.
Non sarebbe venuto nessuno.
Pepper lo aveva fatto ma lei non era la mamma.
Strinse la presa sulle lenzuola. Gli mancava.
Gli mancavano la mamma e Thor, ma loro non sapevano dov’era e lui non sapeva come dirglielo. Midgard non aveva contatti con Asgard.
Aveva provato a chiamare Heimdall - forse si era distratto e per questo non lo aveva sentito e visto - ma no nera successo nulla.
Non un segno, niente.
Forse… forse non mi vogliono.
Era logico dopotutto. Quando non vuoi una cosa non la cerchi.
Affondò il viso nel cuscino, per soffocare le lacrime.

 

 

****

 

 

Pepper poteva quasi vedere Tony riempirsi di nuovo il bicchiere mentre ascoltava la sua sfuriata via telefono. Lo ignorò.
“Non potete lasciare Loki da solo! Ha sei anni, è troppo piccolo!”
“Era un’emergenza, altri robot di Ultron hanno attaccato una città in Ungheria, siamo dovuti andare!”
“Potevi almeno avvertirmi o mandare qualcuno! Tony sei abbastanza maturo da sapere queste cose! Noi abbiamo la responsabilità di badargli, e non provare a dire che un compito di Cap. Avete sbagliato tutti, perché nessuno di voi ci ha pensato.”
Tony rimase in silenzio, e ormai viveva con lui da abbastanza tempo da sapere che significava che riconosceva di avere torto.
Sospirò, abbandonando l’aria arrabbiata. Tony non aveva certo avuto tutti questi esempi di amore parentale, forse davvero per lui era scontato svegliarsi e scoprire che non c’era nessuno in casa.
“Ascolta… avresti qualcosa in contrario se passassimo un weekend alla villa?”
“Come?”
“Se non è un problema ovviamente… pensavo fosse una buona idea…”
“Sì, certo… Chiamerò qualcuno per il pranzo.”
“Grazie.” 
“Ci vediamo domani mattina.”
“A domani. Buonanotte.”

 

*

 

Steve non poté impedirsi, appena arrivati alla Torre, di andare nella camera di Loki.
Dormiva, erano a malapena le cinque dopotutto, ma il suo volto era teso; da come era rannicchiato sembrava quasi che volesse proteggersi da qualcosa, come se quel letto fosse improvvisamente diventato troppo grande.
Per un momento ebbe come la sensazione di aver rotto qualcosa, che quel giorno Loki avesse ricordato o scoperto qualcosa che ora temeva.
Lo coprì con un’ulteriore coperta, quella rossa che il bambino sembrava adorare, e lo lasciò da solo.
Pepper aveva ragione, dovevano farsi perdonare.
Avrebbe pensato a qualcosa.
Intanto si diresse in cucina, iniziando a preparare gli impasti per torta al cioccolato e frittelle. Almeno quella mattina la colazione sarebbe stata ancora calda.



 

 

 

 

*Emily Parker: mi sono inventata un nome.



 

Noticina:
Lo so che nel capitolo scorso Loki leggeva di argomenti complessi ecc e qui invece disegna come un normale bambino... Credo che come contrasto però non stoni: si può essere dei geni e divertirsi ugualmente a disegnare coi colori (anche perché dubito che ad Asgard ci sia qualcosa di simile). E poi Loki che regala i disegni a Pepper era una scena che mi piaceva davvero troppo.
Per il resto questo è un capitolo di passaggio, non è colpa sua se è uscito così.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 9
*** Capitolo otto ***


Capitolo otto

 



 

“Freya, amica mia, a cosa devo questa visita improvvisa?” Frigga la fece accomodare davanti al fuoco, lasciando ai servi il mantello fradicio di pioggia. La dea dell’amore era meravigliosa anche in quelle condizioni, coi capelli arruffati e gonfi e i segni del viaggio sul volto.
“Forse ho trovato un modo per metterti in contatto con Loki.” disse lei tendendo le mani verso il fuoco.
“Quale?” chiese in fretta, lasciando che l’ansia trapelasse dalla sua voce.
"Non voglio illuderti, non potrai localizzarlo. Quella che ti propongo è una magia antica, fatta per gli elfi e modificata affinché anche seidrmaidr* di altre razze potessero fruttarla. Questo però ha lo svantaggio di mettere in contatto a un livello che va oltre la fisicità. Non potrai distinguere i mondi ma potrai cercare relativamente senza sforzo in ognuno di essi e parlargli, in caso riuscissi a trovarlo.”
“Sapresti insegnarmelo?”
“Sono qui per questo. Ho portato le pergamene sulle quali io stessa l’ho studiato, e ti guiderò nei primi tentativi.”
“Grazie.” Frigga prese i rotoli commossa “Grazie davvero.”

 

 

***

 

 

“Si può sapere perché da due settimane quelli che dovrebbero essere dei supereroi si rifiutano di uscire di casa?” Fury entrò a passo marziale, fulminando con lo sguardo chiunque e qualunque cosa.
Tony, l’unico presente nell’attico, inarcò un sopracciglio “Nick, è un piacere rivederti… Iniziavi a mancarmi!”
“Poco sarcasmo, Stark.”
“Così mi offendi.” rispose lui portandosi una mano al cuore “Ma ci terrei a precisare, tanto per la cronaca, che a me non hai mai chiesto di uscire.”
“Mi riferivo al Capitano infatti.”
“Allora perché te la prendi con tutti?”
“Stark, non farmi perdere tempo! Dov’è Rogers?”
“Jarvis?” chiese Tony versandosi da bere.
“In libreria per il signorino, signore.”
“Il signorino? Chi sarebbe?”
“L’amico immaginario di Steve?” tentò lui.
“Stark! Non farmi perdere tempo.”
Tony lo guardò scocciato “A Loki piace particolarmente farsi chiamare così. Che vuoi farci, c’è qualcuno con un ego più esagerato del mio…”
“La vedo molto difficile, Stark.” Fury incrociò le braccia “Chi è Loki?”
“Dov’è Loki, Jarvis?”
“Non lo so signore, le telecamere non lo inquadrano.”
“Ho capito, controlla con gli scanner e passami gli occhiali.”
“Il grande Stark con gli occhiali? Mi deludi…”
“Non vorrei mai, ma per fortuna non sono da vista.”
“E quindi?”
“Sono termici.”
“Perché?”
“Ogni tanto diventa invisibile.”
“Stark, ti avverto, o mi spieghi cosa sta succedendo o ti…”
“Calmati, adesso te lo presento.” Stark aggirò il bancone del bar e si avvicinò alle vetrate “Coraggio, non ti farà niente. Non rischierebbe mai di far arrabbiare il suo preziosissimo capitano.”
“Sei completamente impazzito?”
Tony continuò ad ignorarlo “Loki, se torni visibile e non lo dici a Pepper ti do’ il cioccolato.”
“Una tavoletta?”
Fury sobbalzò a quella voce apparsa dal nulla. 
“Un quarto. Vuoi rovinarmi?”
“Mezza.” ribatté la voce.
“D’accordo.” a patto fatto un bambino di circa sei anni comparve esattamente davanti all’uomo. Era seduto rivolto verso le vetrate, come se fino a un momento prima avesse osservato la pioggia abbattersi su New York.
“Direttore ti presento Loki. Loki lui è il capo dello SHIELD, per inciso incolpa lui se Cap è sempre fuori.” esordì Tony con un inchino plateale.
Il bambino dedicò a malapena un’occhiata a Fury prima di dedicarsi completamente a Tony “Il cioccolato?”
“Chi sei, uno strozzino? Dammi almeno il tempo di liquidare lui.” il miliardario si rivolse a Fury “C’è altro?”
“Voglio delle spiegazioni! Chi è questo bambino?”
“Ti ricordi i soldatini nei dintorni di Sokovia?”
“I robot costruiti da Ultron, e quindi da te, che avete affrontato il mese scorso? Sì, credo di ricordarmeli.” rispose Fury sarcastico.
“Ecco, loro. Cap lo ha salvato e Loki ha salvato lui, quindi Steve ha deciso di tenerlo.” tornò al bancone e bevve finalmente il suo drink.
“Avete rapito un bambino?”
“Chi ha rapito un bambino?” ripeté Cap, uscendo in quel momento dall’ascensore carico di borse.
Il “Voi!” disperato di Fury fu coperto dall’entusiastico “Steve!” di Loki, che corse da lui al settimo cielo.
Il soldato gli sorrise “Tony ha fatto il bravo?”
“Hey! Ero io il baby-sitter qui.” protestò Tony.
Steve gettò un’occhiata complice a Loki “Glielo lasciamo credere?” gli chiese.
Lui annuì divertito.
“Ho capito, tutti contro il povero Tony.”
Anche Pepper entrò, le braccia cariche di documenti e lo sguardo stanco “Il povero Tony deve firmarmi delle carte, e stasera ti ricordo che c’è il Galà della Stark-Expo, al quale saresti pregato di presentarti.” posò tutto accanto a lui prima di guardare Fury e posarsi le mani sui fianchi.
“Direttore, potremmo parlare un momento a quattr’occhi? Ora che sa di Loki vorrei discutere con lei delle chiamate notturne improvvise.”
“Signorina Potts, non capisco…”
“Non le ruberò molto tempo, glielo prometto.”
 

“Tony, dov’è Fury? Qui fuori c’è il suo jet.” Clint entrò con ancora l’arco in mano, affiancato da Natasha e Bruce.
L’interpellato non fece in tempo a rispondere che Pepper comparve in sala, seguita dal direttore dello SHIELD.  La prima aveva l'aria soddisfatta, il secondo aveva la stessa espressione di un bambino sgridato per qualcosa che invece riteneva legittimo.
Fury salutò con un cenno i presenti e si infilò tra le porte dell’ascensore prima che queste si chiudessero.
“Cosa gli hai detto?” Tony guardava la fidanzata come se avesse davanti il suo idolo.
“Nulla di che… Abbiamo il weekend libero.”
“Chiamo il catering.”
“Perfetto.” Pepper gli sorrise, scoccandogli un bacio a fior di labbra.
“Cosa ci siamo persi?”
“Vuole portare Loki al mare, per cui party in villa.”
“Grande.” Clint sogghignò infantilmente. Chissà cosa avrebbe progettato Loki con a disposizione l’intero oceano “Quando si parte?”
“Domani. Stasera c’è il Galà.”
Lo sguardo disperato di Tony fece sorridere tutti.

 

Dopo un paio d’ore passate a guardare Tony impazzire nel prepararsi Natasha tirò una gomitata nelle costole a Clint “Sbaglio o anche tu hai un impegno?”
“Hai ragione! Meglio andare o non arriverò in tempo.” salutò in fretta e si infilò nell’ascensore prima che qualcuno avesse anche solo il tempo di pensare a delle domande.**

 

 

 

 

Pepper indossava un meraviglioso abito rosa perla che le fasciava il corpo in maniera sublime. I lunghi capelli rossi erano raccolti in una crocchia alta e gli orecchini con pendenti di diamante - il suo ultimo regalo di compleanno - le sfioravano il collo.
Uno splendore tutto suo.
Le offrì il braccio e insieme salirono la scalinata ricoperta dal tappeto rosso, sorridendo ai flash dei giornalisti. All’interno la serata era delle più classiche, un rinfresco davanti alle vetrate e un bar accerchiato di gente, un chiacchiericcio basso e costante diffuso tra i partecipanti.
Il loro arrivo non venne accolto in modo particolare e presto vennero separati, ognuno impegnato coi rispettivi “colleghi”.
Solo quando uscì sulla terrazza per porre ufficialmente fine all’esposizione Pepper tornò al suo fianco, dove rimase fino a fine serata.
Tony si congedò appena possibile, trascinandola al piano superiore rispetto a quello del party.
“Che cosa vuoi fare?”
“Oh, nulla. Senti la musica?” chiese casualmente.
“D-Davvero?” lei sgranò gli occhi e non poté trattenersi dal ridere nel vederla con quell’espressione stupita.
“Dovresti approfittare di questi momenti. Non mi capitano spesso.”
“Il tuo lato romantico è davvero sorprendente.”
“Come tutto il resto, d’altronde.” le tese una mano, che lei accettò, e iniziarono a seguire la musica. Sapeva ballare, sua madre gli aveva pagato delle lezioni da ragazzino, ma erano anni che non lo faceva. Pepper era più impacciata, ma si vedeva che adorava farlo. Per una sera poteva anche concederglielo.

 


 

 

 

 

 

*seidrmaidr: coloro che usano il seidr, i maghi.
**per chi volesse "L'impegno di Clint" è una storia esistente nella sezione degli avengers.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Capitolo nove ***


Premessa: so che non c’è la spiaggia, o almeno nel film non si vede. Facciamo finta che ci sia, se non privata almeno nelle vicinanze.









Capitolo nove

 





“Allora?” Tony aveva scelto la Ferrari e aspettava appoggiato contro il cofano l’arrivo di Pepper, Steve e Loki. Clint, Natasha e Bruce erano intorno a lui, rispettivamente vicino a una porsche e a una Harley Devidson.
La donna lo fulminò con lo sguardo ma infilò ugualmente la propria borsa nella sua macchina. Delle leggere occhiaie e qualche residuo di mascara sulle ciglia erano l'unica testimonianza della serata precedente.
Loki aveva già in mano una pistola ad acqua. Steve invece caricò nel baule le altre due valigie.
“Bene, la strada la sapete tutti? Ci vediamo là.” Tony saltò dentro e mise in moto, partendo per primo con una leggera sgommata.
Bruce fu il secondo, seguito dalle due spie.
Pepper sospirò “Dov’è che avevamo visto quel fucile a pompa da quasi un litro? Voglio annegare Tony oggi. O fargli mangiare la sabbia, devo decidere.”
Il bambino sorrise divertito, Steve la guardò come se fosse impazzita.
Se Tony era stato maturo la sera prima ora toccava a lei essere infantile.

 

 


Ne aveva approfittato per farsi un giro, usando la potenza della sua nuova Ferrari lungo le strade semi deserte della costa - avere tutte quelle macchine in garage senza mai usarle era uno spreco oltre che un’eresia - ma aveva leggermente perso la cognizione del tempo, tanto che fu l’ultimo ad arrivare.
Si cambiò velocemente, indossando il costume, e uscì per scendere in spiaggia; si bloccò nel vedere lo sgabello con sopra due pistole che gli bloccava l’ingresso.

“Ben arrivato. Questa è la tua arma, la guerra è aperta. Cerca di trovare degli alleati e sconfiggi il capo per vincere. Altrimenti la resa sarà l’unica alternativa.” 

La scrittura era di Pepper. Avrebbe giocato anche lei? Si faceva interessante.
Prese le armi, controllò che funzionassero e riempì nuovamente i serbatoi. Poi si calò nella parte.
Il primo che riuscì a trovare fu Bruce, con ancora le spalle bianche per la crema. In mano aveva un fucile dal doppio serbatoio.
“Alleato?”
“Credo di sì. Non conosco altri piani.”
“Perfetto. Seguimi e cerca di impegnarti. Non sarà un moccioso di sei anni ad avere il mio scalpo.”
Fu una battaglia epocale.


 


La sera Loki non era ancora sicuro di aver eliminato tutta la sabbia che gli si era infilata tra i capelli e nelle orecchie dopo che era inciampato correndo.
Clint lo aveva salvato, costringendo Tony alla fuga a colpi di gavettoni-granate, ma si era fatto valere eliminando addirittura Natasha, schierata contro di lui dopo che per errore l’aveva bagnata quando ancora era neutrale.
Alla fine avevano vinto quando Tony, dopo due ore e mezza di agguati e corse a perdifiato tra le molte trincee e barriere costruite in precedenza, lo aveva eliminato credendo fosse il capo e Pepper, la vera regina, lo aveva centrato in pieno petto con il suo fucile a pompa.
Tony si era dichiarato sconfitto prima di gridare la vendetta dei morti e sparare a raffica tutto quello che aveva sui due, colpendoli con l’acqua ghiacciata presa in cucina.
Alla fine avevano smangiucchiato dei sandwiches preparati dal catering sconvolto ed erano crollati - per lo meno Loki, Pepper, Tony e Bruce (stranamente sopravvissuto) - sui rispettivi letti.
A cena la discussione fu sulle tecniche adoperate quel pomeriggio, principalmente per prendere in giro Tony, e finì con una partita a poker.
Ovviamente Loki, a cui le regole erano state insegnate in decimo giorno alla Torre, stravinse su tutti. Solo Natasha gli diede filo da torcere, fallendo per tre caramelle nell’impresa di batterlo.
Quando si stese sul letto sentì di nuovo quel brivido freddo lungo la schiena, ma questa volta, anche se non seppe dire perché, lo fece sorrise.

 

 

 

 






Angolino:
Okey, questa cosa è un orrore ed è infinitamente corto, chiedo umilmente perdono. È più che altro una scena di stacco per non accavallare troppo gli eventi, e ogni tentativo che ho fatto per allungarlo o era orribile o spezzava troppo il filo del racconto, per cui è rimasto così.
Spero che il prossimo - che seguirà all'istante - possa un po' compensare.
 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo dieci ***


Capitolo dieci




 

 

Frigga aspettò pazientemente che Odino la raggiungesse. Freya sedeva davanti a lei, tranquilla e sicura di sé, i capelli sciolti sulle spalle.
La regina degli dei teneva in mano il libro preferito di Loki, una serie di racconti provenienti da tutti i Mondi che lei stessa gli aveva regalato l’anno prima. Era la cosa che più spesso Loki toccava, quella che meglio di tutti poteva fare da catalizzatore e guida.
“Eccomi.” Odino fece il suo ingresso solennemente, ma gli anni di convivenza le avevano insegnato a riconoscere i segni dell’apprensione sul suo volto.
Freya annuì, concentrata sull’incantesimo.
Anche lei annuì, alzandosi e posizionandosi al centro della stanza.
Lanciò un’ultima occhiata rassicurante al marito prima di chiudere le palpebre e iniziare il rito; la formula era complicata rispetto ad altri incantesimi, e difficile da pronunciare.
Sentì all’improvviso la testa leggera e il corpo pesante e per un momento temette di crollare ma riuscì a concentrarsi a sufficienza da rompere l’ultimo ostacolo e liberare la mente nel flusso di seidr che collega i Mondi.
Per un momento si sentì quasi ebbra, benché non lo fosse mai stata in vita sua, e solo con un grosso sforzo non lasciò la sua mente libera di perdersi seguendo uno qualsiasi dei grandi flussi che la circondavano. Era accerchiata da serpeggianti strisce dai colori accesi, sfere abbaglianti di luci delle sfumature dell’iride, lampi bianchi e rossi, flash di immagini che la sua mente non riusciva a riconoscere… era impossibile capire dove fosse. Sentì la mente di Freya accanto a se e percepì quella di Odino lontanissima, nonostante sapesse di averlo affianco. Strinse la presa sul libro di Loki, o almeno ne ebbe l’intenzione, e iniziò ad allontanarsi: prima come se affondasse nella melassa, con una lentezza esasperante, e poi sempre più veloce, corse fino ai confini dell’universo magico e tornò indietro, attraversando luoghi e menti tra i più esotici. Continuò imperterrita per quelle che le parvero ore prima di sentirlo.
Lo percepì come una scossa, la sensazione di essere osservati che le formicolava sotto la pelle, e seppe di averlo trovato. Inseguì quella piccola sfera verde pallido lottando contro un vento contrario, cavalcando un flusso lì vicino come le barche fanno con le onde per raggiungerlo, usandolo come protezione da quelli troppo vicini che le si opponevano.
Quando finalmente gli fu accanto gli regalò una carezza leggera che lo fece irrigidire di colpo. Non demorse, continuando a sfiorarlo nel tentativo di farsi riconoscere; non ci volle molto prima che Loki le concedesse l’accesso.
La mente del suo bambino era ancora bianca e senza confini, troppo giovane perché fosse caratterizzata come quella di un adulto.
Loki era in piedi davanti a lei, vestito con strani abiti che lei non aveva mai visto, in nessuno dei Mondi; aveva i capelli spettinati e il viso stanco ma sembrava stare bene.
Quando lui la vide si illuminò di colpo.
“Mamma!” gridò correndo verso di lei, un sorriso a distendergli il volto.
Si allontanò alla stessa velocità a cui lui le si fece incontro, lasciando inalterata la loro distanza. Non poteva avvicinarsi troppo, rischiava di contaminare la coscienza del bambino con la propria ed era l’ultima cosa che voleva.
L’espressione di Loki nel rendersene conto fu una pugnalata al cuore. I suoi occhi feriti la trapassarono da parte a parte.
“Cucciolo, che bello vederti.” gli disse piano, dolcemente “Ti ho cercato tanto in questi giorni.”
Loki non diede segni di averla sentita.
“Stai bene?” glielo chiese per placare l’ansia. I suoi pensieri non necessariamente erano specchio della realtà in cui si trovava.
Lui annuì appena. Vedeva le lacrime che inumidivano i suoi occhi.
“Sei solo? C’è chi ti ha preso da noi?”
“Ci sono Steve e Pepper… Mamma dove siamo?” chiese lui confuso.
“Questa è la tua mente.”
Si incupì ancora di più a quelle parole e non fu difficile capire perché. Ebbe paura di quell’espressione.
“Sono reale, sono davvero io.” disse immediatamente “Non riusciamo a trovarti, amore mio, Thor e tuo padre ti stanno cercando ovunque e questo era l’unico modo che avevo per parlarti…”
Sul volto di Loki si accese una scintilla di speranza “Vieni da me?”
“Devi dirmi dove sei. Ti ho trovato ma non so dove sei. Tu invece? Puoi dirmelo?” chiese, non riuscendo a impedirsi di avanzare di un passo. Anche se era conscia di essere una proiezione magico-mentale la voglia di abbracciarlo era immensa.
Loki si guardò intorno tappandosi le orecchie “Mamma? Mamma!”
“Sono qui! Sono ancora qui… Loki!”
Lo vide piegarsi su se stesso e prima che anche solo potesse pensare a cosa fare uno scoppio rosso sulla destra la accecò. Non riuscì a distinguere le figure ma Loki dovette riuscirci perché gridò di terrore e si ritrasse.
“No! Aspetta non…” ma non fu abbastanza veloce.
Il bambino si ritirò completamente, interrompendo così bruscamente il loro contatto che lei si ritrovò catapultata nel proprio corpo senza preavviso.
Barcollò e sentì le mani forti di Odino sorreggerla per impedirle di cadere.
Riuscì a socchiudere gli occhi e vide Freya guardarla ansiosa accanto al Re degli Dei, che invece mostrava tutta la propria preoccupazione.
“Frigga, come ti senti?”
Si portò una mano al volto, sentendo le lacrime scendere a bagnarle le dita.
“Che cos’ho fatto… Li ho portati da lui…” mormorò prima di perdere i sensi.

 



 

Loki si riebbe con un singulto e uno spasmo. Tremava violentemente.
“Stai bene, piccolo?” Pepper gli passò tra i capelli, nella speranza di calmarlo, ma Loki singhiozzò accovacciandosi su se stesso. Nascose il volto tra le braccia e iniziò a piangere, terrorizzato.
Steve gli accarezzò la testa, scambiando uno sguardo sconvolto con la donna.
Che cosa era successo?
“Loki…”
“Stanno arrivando! Stanno arrivando qui!” gridò spaventato.
Tony non fece in tempo a chiedere “Chi?” che le finestre esplosero, mandando a gambe all’aria Pepper e Bruce, mentre gli altri riuscirono a restare in equilibrio in qualche modo, rotolando al riparo dietro tavoli e divani.
Pepper tossì rialzandosi e vide sei figure nere avanzare tra la polvere. Sembravano armate di coltello, spade e archi.
“Sei stato una preda interessante, piccolo principe, ma questo gioco finisce qui!” ringhiò quello centrale “Sei mio!”
Loki strisciò allontanandosi da loro. Il sorriso maligno dell’altro aumentò.
La donna cercò di raggiungerlo, ma l’esplosione l’aveva rintronata e dovette posare entrambe le mani a terra per non ribaltarsi.
Anche gli altri si mossero: Tony richiamò l’armatura, Clint e Natasha presero in mano arco e pistole – fortunatamente non lontani – e attaccarono i nemici, Steve invece caricò a mani nude quello che doveva essere il capo.
Il primo pugno andò a segno, il successivo invece venne bloccato da una specie di barriera invisibile che quasi gli ruppe una mano.
Anche i colpi di Tony vennero respinti.
Il capogiro passò e Pepper raggiunse e strinse Loki a se’, sollevandolo di peso per allontanarlo dal combattimento; Bruce la aiutò, proteggendola con il proprio corpo e guidandola tra i detriti. Respirava lentamente, nel tentativo di non perdere la calma.
“No! Non lo porterete via.” un’esplosione distrusse la porta, e loro evitarono al pelo di restarci schiacciati sotto.
I parametri del colpo erano incredibilmente simili a quelli del signorino Loki alla Torre, signore lo informò Jarvis dal casco dell’armatura.
Bene, i suoi esperimenti sarebbero tornati utili alla fine.

 



 

Heimdall aggrottò la fronte, interrompendosi a metà della frase. Thor lo guardò in silenzio, aspettando che fosse il guardiano a dirgli cosa avesse attirato il suo sguardo.
“Guai su Midgard, mio principe. Un gruppo di elfi Ljosálfar sta attaccando i guerrieri tuoi amici.”
“Mandami da loro. Sono valorosi compagni, non posso non aiutarli.”
Il Bifrost si aprì in risposta, luminoso e potente come nient’altro avesse mai visto. Thor varcò sicuro l’ingresso, la mano già stretta su Mjollnir, pronto a combattere non appena si fosse materializzato sulla terra.
Il fallimento nella ricerca di Loki aumentava la sua sete di sangue.
Il suo martello chiedeva battaglia.
Il suo cuore voleva vendetta.





 

 

 

 

 


 

Angolino:
E (finalmente) succede qualcosa! 
 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** Capitolo undici ***


 


Capitolo undici







 

 

Thor atterrò nello squarcio del tetto, barcollando per mantenere l’equilibrio sulle macerie. La casa di Tony era devastata e vide almeno cinque elfi minacciare i suoi amici.
“Che cosa ci fai qui!?” chiese Natasha da dietro il divano, intenta a cambiare il caricatore alla pistola.
“Perché gli elfi vi hanno attaccato?”
“Sono elfi quelli? Buono a sapersi. Come li sconfiggiamo?” rispose la spia sporgendosi per sparare contro l’elfo più vicino al nascondiglio di  Pepper.
Thor avanzò velocemente, alzando minacciosamente Mjollnir.

 

Loki scappò dalle braccia di Pepper, ignorando il suo grido. Loro volevano lui, doveva andarsene. Corse verso il corridoio, scansando le macerie e gli incantesimi degli elfi. Era strano, vedeva il loro seidr, lo percepiva come non gli era mai successo. Lo sentiva.
Lanciò un paio di incantesimi, nascondendo alla loro vista Pepper e deviando i loro colpi da Clint, prima che gli comparisse davanti lo stesso elfo che aveva parlato a palazzo. Aveva un pugnale in mano.
“Sei stata una preda sfuggente, principino, ma ora sei mio.” gli afferrò un braccio, strattonandolo con forza, facendolo urlare di terrore.
“Lasciami!” si divincolò, ma la presa dell’altro era impossibile da spezzare.
“Mi servi vivo, ed è l’unico motivo per cui lo sei ancora! Sta’ fermo.” lo tirò verso di se’, bloccandolo in modo da impedirgli di fuggire.
Non smise, iniziò a tirargli calci e arrivò a mordergli la mano che cercava di farlo tacere. L’elfo non gridò, ma si liberò con uno scatto prima di colpirlo sul capo, tramortendolo.
L’ultima cosa che sentì fu il grido di Pepper e un tuono tra i più forti che avesse mai sentito.

 

Thor colpì l’ultimo elfo rimasto con Mjollnir prima di afferrarlo e scaraventarlo a terra. Solo allora si accorse di chi fosse.
“Algrim*! Cosa ci fai tu qui? Cos’hai contro questa gente?”
L’elfo ghignò, anche se il risultato fu più che altro una smorfia di dolore. “Quanto può essere grande la tua stupidità, figlio di Odino.” disse sputando un grumo di sangue.
Lo sollevò, stringendolo sul collo “Di cosa parli?”
Algrim scosse il capo, per quanto gli era possibile “Non potrai mai essere il nuovo Padre Tutto.” voleva offenderlo, ma era chiara la rabbia nel suo sguardo. Erano circondati dai cadaveri dei suoi compagni e sapeva di non avere speranze contro il dio del tuono.
“Rispondi alla mia domanda!”
L’elfo mosse una mano e prima di poterglielo impedire scomparve.
Rimase a stringere il vuoto. Ringhiò, furioso.
“Thor!” il grido di Cap lo fece voltare appena in tempo da vedere i cinque fantocci che Algrim aveva evocato. Non erano avversari temibili - troppo stupidi e lenti - ma abbastanza lunghi da uccidere; non avrebbe avuto modo di inseguirlo.
Algrim attraversò il portale sotto ai suoi occhi.
Pagherai per il tuo affronto, è una promessa.

 

 

Pepper corse da Loki, raccogliendolo da terra.
Il bambino teneva gli occhi socchiusi ma quando lo sollevò reagì in maniera normale, guardandola e stringendosi a lei.
“Stai bene?”
“Sì… Tu?” il bambino le sfiorò il taglio sulla fronte, che iniziò a rimarginarsi.
“Non stancarti, un taglietto così può guarire da solo.” gli sorrise rimettendolo in piedi e spolverandogli i vestiti “Chi sono quelli?”
“Non lo so… Io ero a casa quando loro sono venuti.” mormorò abbassando gli occhi “Ma non so perché.”
“Non ti toccheranno più. Thor li ha sconfitti.”
“Thor?!?” Loki la guardò sconvolto, come se non se lo aspettasse. Si sporse per vedere oltre le sue spalle e il suo sguardo si illuminò.
“Aspetta non…” ma lui ormai si era lanciato verso il guerriero. Tese una mano per afferrarlo ma riuscì solo a sfiorare la stoffa della sua maglietta prima che le sfuggisse.

 

Thor abbatté il fantoccio fracassandogli il cranio e si voltò di scatto, sentendo rumore di pietre smosse. Trattenne un ringhio di frustrazione e rabbia. Mjollnir era già alto sulla sua testa, pronto a uccidere l’ultimo di quei maledetti affari, quando vide chi in realtà era alle sue spalle. Riuscì a bloccarsi in tempo, deviando la traiettoria del colpo in modo da mancarlo.
Lo guardava terrorizzato, sconvolto forse, tremante.
Rimase a fissarlo per due secondi buoni prima di realizzare chi aveva davanti: un bambino sporco di polvere e con il volto graffiato, un bambino vestito da midgardiano che lo guardava spaventato, un bambino dai capelli neri e gli occhi verdi.
“Loki!”
Lasciò cadere Mjollnir e si inginocchiò davanti a lui. Nello stesso tempo Loki si alzò, lanciandosi contro di lui.
Strinse a se il fratello, circondandolo con le braccia e gli accarezzò il capo. Sentì le sue mani stringere la stoffa della sua maglia e il suo capo contro il petto, lo sentì fresco contro la pelle accaldata per la battaglia.
“Loki, per le Norne, non sai quanto ti ho cercato!”
Lo fece riemergere sotto l’insistenza dei suoi mugolii, sorridendo. Lo prese in braccio, continuando a tenerlo stretto, ridendo al sorriso contento che Loki fece. Non lo avrebbe lasciato.
Solo in quel momento si ricordò dei suoi amici.
Tony, Pepper, Cap e Bruce li fissavano sconvolti, Clint e Natasha erano più composti ma si capiva ugualmente che erano scioccati.
Loki si voltò verso di loro ma non aprì bocca, così stava per farlo lui quando Tony lo precedette “Sei suo fratello e non ce lo hai detto? Sono settimane che scandagliamo l’intero pianeta alla ricerca della tua famiglia e invece vieni da Asgard! Che cosa ti costava dircelo?”
Thor lo guardò confuso. Di cosa parlava?
“Io… non lo sapevo.” rispose Loki offeso, impuntandosi “Potevate essere dei nemici.”
“Ti abbiamo insegnato a giocare a poker!”
“Nei Nove tutti ci conoscono, solo voi no. Non pensavo che…” Loki indicò il fratello con un gesto eloquente.
“Mi devi delle spiegazioni, figlio di Stark.” tuonò Thor, interrompendoli.
“Anche voi ne dovete a noi, mi pare.” rispose Tony allargando le braccia “Ogni volta che compari la mia casa viene distrutta! Voglio almeno la storia completa del perché dovrò ristrutturare tutto di nuovo!”
“Che ne dite, torniamo alla Torre e ordiniamo la cena?” propose Pepper, il cellulare già in mano.




 

***





“Heimdall, dov’è Thor?”
“Su Midgard, mio signore.”
“Perché è lì? Non ci sono maghi che permettano loro di arrivare su Asgard, è una perdita di tempo.”
“Un gruppo di elfi ha attaccato i guerrieri vendicatori, è andato in loro aiuto. Brama la foga della battaglia.”
Odino sospirò pesantemente nello spostare lo sguardo al varco dorato del Bifrost “Il sangue non laverà rabbia e dolore…” mormorò rivolto al vuoto, serrando l’occhio subito dopo.
Ci aveva pensato, più e più volte, a scatenare una guerra contro tutti e otto i Mondi. Per rabbia e per frustrazione, per vendetta.
Non poteva permettersi di apparire debole, non poteva permettere che uno dei principi di Asgard venisse rapito dentro le mura del palazzo.
L’All Father era il garante della pace doveva essere il più forte, per poter imporre giustizia sugli altri. Lui non lo era più ormai.
L’aiuto che avevano chiesto aveva mostrato ad amici e nemici come colpirli e metterli in ginocchio.
Non avrebbero dovuto permetterlo.
Strinse le mani contro i fianchi e sentì gli orli della pietra che Loki gli aveva regalato lune or sono; rivide lo sguardo di Frigga distrutto dal senso di colpa e capì che stava mentendo a se stesso.
Avrebbe mosso mari e monti per salvare il suo bambino, quel bambino salvato dalla neve e dalla morte, e non avrebbe mai barattato il suo nome con la vita di suo figlio.
Si voltò verso l’uscita “Manderò qualcuno, voglio che sia usato come messaggero in caso accedesse qualcosa…” lo avvertì secco.
Il guardiano non rispose, restando immobile al proprio posto, lo sguardo perso sui Mondi.




 

***




 

“Com’è possibile che tuo fratello riesce a usare le bacchette a sei anni e tu stai pugnalando il tuo cibo senza pietà?” chiese Tony infilandosi un gamberetto in bocca con scioltezza.
Thor lo guardò imbarazzato, posando i due legnetti con cui stava litigando da mezz’ora buona “Ehm… Ecco…”
“Tony…” Pepper richiamò stancamente il fidanzato, continuando a mangiare rassegnata. Sapeva che non avrebbe smesso.
“Su Alfheim si usano queste posate, per questo nostra madre ha insegnato a Loki come usarle.“ spiegò il Dio del Tuono.
“Ma Thor non ha mai imparato. La mamma ci ha rinunciato, dice che porterà solo me se dovessero invitarci.” commentò Loki sadico.
“Il valore di un re non si misura dalle posate con cui mangia.” sbottò Thor guardandolo male.
“Tieni, prova con questa.” Steve gli diede una forchetta mosso a pietà, ignorando le proteste di Tony riguardo la regola.
La cena continuò tra chiacchiere più o meno banali, finché Loki non si arrampicò sulle ginocchia di Thor e dopo poco si addormentò. Tutti gli altri si congedarono, ma i due fratelli rimasero a lungo immobili, nella penombra dei neon dei grattacieli.
Solo dopo diverso tempo, a notte inoltrata, il dio portò il fratello minore nella sua stanza, posandolo con delicatezza sul letto; non se ne andò, rimase seduto accanto a lui a guardarlo.
Gli accarezzò i capelli soprappensiero.
“Thor…”
“Non volevo svegliarti, torna a dormire…” gli sussurrò piano.
Loki gli si strinse contro “Dormi con me?” lo supplicò.
“Non avevo intenzione di andarmene.” rispose con un sorriso, stendendosi al suo fianco e lasciando che il fratellino gli si accoccolasse contro il petto.
Tornò ad accarezzargli i capelli, nello stesso gesto che compiva anche per consolarlo dagli incubi. Questa volta non lo fece per convincerlo di aver sognato, ma per essere sicuro di essere sveglio.
“Hai fatto preoccupare la mamma, sai?”
“Le sono mancato?”
“Sei mancato a tutti.” Thor lo abbracciò “Tantissimo. Madre non ti lascerà mai più uscire dalle sue stanze.”
Loki accennò un sorriso “Non è brutto…”
“Dopo pochi minuti mi pregheresti di salvarti.” disse con un sogghigno.
“Mi è mancata la mamma.” rivelò piano “La chiamavo e lei non veniva… Nemmeno tu e papà siete venuti…”
“Mi dispiace. Mi dispiace tantissimo. Non ti sentivo… Sei sparito, nemmeno Heimdall riusciva a vederti. Ti ho cercato ovunque per i Nove Mondi.”
Loki socchiuse le palpebre “Non qui?”
“La Terra non è nostra nemica, chi ti aveva rapito sì. Ho cercato i nemici di Asgard… Ho fallito. Sono un pentapalmo dopotutto.”
“Sì…” Loki chiuse gli occhi, stringendo la sua tunica.
Si addormentò così e dopo aver coperto entrambi con il proprio mantello Thor non lo toccò più, per lasciarlo riposare.
Il suo fratellino era stato bravo, meritava una notte tranquilla.



 


***
 




Heimdall lasciò che un sorriso soddisfatto gli stirasse le labbra.
“Signore, cosa succede?”
“Corri dalla regina, e dille di venire. Ho buone notizie per lei.” 













 

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Capitolo 13
*** Capitolo dodici ***




Capitolo dodici






Non le importava, e lo aveva già deciso ancora prima di usare il Bifrost.
Non avrebbe badato a diplomazia, etichetta e politica.
Appena il portale si chiuse iniziò a farsi largo tra le persone, seguendo la scia finalmente percepibile del seidr di Loki, fino ad arrivare a una delle torri più alte della città.
Là davanti c’era un gruppo di sei persone e non ebbe bisogno di avvicinarsi per riconoscere i capelli biondi di Thor. Continuò ad avanzare, impaziente, e quando vide una testa mora sporgere dalla spalla del figlio maggiore sentì il cuore scoppiarle; il suo seidr lanciò un richiamo, che lo fece girare.
Gli occhi di Loki brillarono e il bambino sfuggì dalle braccia di Thor per correrle incontro.
Aumentò il passo, arrivando a una vera e propria corsa, e si chinò per sollevarlo nello stesso momento in cui lui tese le braccia verso di lei.
“Mamma!”
Lo strinse al petto, affondando le dita nei suoi capelli, e sentì le lacrime pungerle gli occhi quando lui le circondò il collo con le braccia.
“Il mio piccolo Loki… sei stato bravissimo. Mi sei mancato così tanto…” si allontanò quel poco che fu sufficiente a iniziare a ricoprilo di baci. Lui rise, cercando di fermarla allontanandosi, ma lei non gli lasciò scampo.
Erano settimane che non sentiva la sua risata, non lo avrebbe lasciato smettere così presto.



Cap e gli altri rimasero a guardare la scena.
Vedere Loki ridere in quella maniera era… bello. Persino Thor sorrideva dolcemente.
“Quella è…?”
“Nostra madre.” rispose Thor tranquillo “Venite, voglio presentarvela.” il dio andò verso di loro, guadagnandosi lo sguardo grato della donna. Li invitò ad imitarlo con un gesto e, primo fra tutti Cap, obbedirono.
Loki si tese verso di lui “Mamma lui è Steve!”
“Regina Frigga, è un piacere incontrarla…” Cap tentò un inchino, ma lei fu più veloce a bloccarlo “No, vi prego. Coloro che si sono occupati di mio figlio non mi devono nessun inchino, anzi sono io ad essere in debito con voi. Nessun obbligo vi portava a prendervi cura di Loki, ma lo avete fatto ugualmente. Grazie.”
“Mi ha salvato la vita, ero io ad essere in debito con lui.”
Frigga sorrise, imitata da tutti.








Asgard:



Frigga prese Loki sul proprio cavallo e insieme cavalcarono fino al palazzo. Per le strada in molti li additarono sorpresi, come se non si aspettassero davvero di rivedere il principe cadetto.
La regina ignorò tutti mentre finalmente arrivavano sulla strada principale, addobbata a festa per il ritorno di Loki.
Thor cavalcava dietro di loro; sapeva che il suo era un modo di non oscurare il fratello, il solo a dover essere festeggiato, e gli era grata per questo.
Quando arrivarono nel cortile della reggia due valletti presero le redini del cavallo e Thor aiutò Loki a scendere mentre lei lo imitava. Lo riprese in braccio, incurante di etichetta e tradizioni, e affiancata dal figlio maggiore iniziò a percorrere la grandiosa scalinata che li divideva dalle porte del Palazzo. In cima ad essa Odino li attendeva con il volto sereno.
Non aveva Gungnir, così come non portava nulla che potesse guastare l’aria di festa. Era insolito vederlo così.
La mano di Loki si spostò verso il suo collo, aumentando la pressione su di esso “Padre è arrabbiato?” sussurrò così piano da essere quasi inudibile.
Frigga non gli rispose, sorrise soltanto mentre affiancava il Re degli Dei.
Odino si avvicinò ancora e senza una parola le prese Loki dalle braccia, posandoselo contro il petto con dolcezza; posò la fronte contro quella del figlio, accarezzandogli il capo, e gli sorrise appena “Bentornato a casa.”
Loki ricambiò con quello che a parere di tutti fu il sorriso più luminoso di sempre.
Odino lo portò fino alla sala dei banchetti, dove vennero accolti dagli altri guerrieri come degli eroi, e lo fece sedere sulle sue ginocchia per tutta la durata della cena. Thor narrò di come Loki aveva ingannato gli elfi e aiutato i guerrieri di Midgard nel combattere i loro nemici e tutti acclamarono il nome del piccolo principe.
Rimasero al banchetto finché non fu Loki a chiedere di ritirarsi e Thor lo accompagnò. Lo guardò infilarsi sotto le coperte e sorrise.
“Dormi bene, domani dobbiamo alzarci presto.”
“Perché?” Loki si alzò di scatto, guardandolo con gli occhi che brillavano dalla curiosità.
“Ti avevo promesso che al mio ritorno avremmo fatto una cavalcata fino alla scogliera. Ora sono tornato perciò…”
Il suo fratellino sorrise, illuminato dalla gioia “Davvero?”
“Sì, certo.”
Loki gli saltò al collo, ridendo, e anche lui non poté impedirselo.
Era tutto come doveva essere.






















Noticina:

Questo all'inizio nellla mia mente doveva essere l'epilogo, poi mi sono accorta che mancava ancora una cosa essenziale e quindi ho aggiunto un'ultima parte e trasformato questo in un minicapitolino. Chiedo perdono per l'ennesimo testo troppo corto.
Quindi ci vediamo venerdì per l'epilogo e la fine di questa storia.
Grazie ancora a chi ha letto fino a qui.

Aeriin



 

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Capitolo 14
*** Epilogo ***


Epilogo




 

 

Quando Odino andò negli appartamenti di Frigga la donna era già in piedi, intenta a riordinare la scrivania. In quelle settimane innumerevoli libri e pergamene si erano accumulati sul tavolo, tutti letti e scartati con irritazione, come si poteva facilmente capire dal disordine.
Le sorrise, ricevendone uno in risposta, ma il suo sguardo cadde sulle uniche pergamene che erano rimaste ancora in bella vista, davanti alla sedia come se fossero lì per essere lette. O fossero appena state arrotolate.
Le sfiorò con i polpastrelli “Hai passato la notte a studiarle?”
“Solo qualche ora… Non era una lettura entusiasmante.” rispose lei divertita, continuando a impilare i libri. Era una gioia vederla così serena.
“Sei riuscita a capire perché Loki era irrintracciabile?”
“Sì… Da quello che mi ha raccontato è riuscito a scappare perché mentre attraversavano un portale naturale è stato risucchiato nello spazio tra i mondi.” Frigga si fermò per guardarlo, sottolineando così le sue parole “Credo che qualsiasi cosa gli sia successa là abbia attivato la magia che scorre nel suo sangue… Aveva paura e il suo seidr ha reagito rendendolo invisibile a qualsiasi incantesimo: è stata una difesa istintiva dagli elfi di Algrim, ma ha interferito con le nostre ricerche e con la vista di Heimdall. Inoltre, da quello che gli amici midgardiani di Thor mi hanno raccontato, Loki ha dato sfoggio parecchie volte di incantesimi e manipolazioni magiche spontanee e questo mi preoccupa…”
“Per quale motivo?”
“Ci vogliono anni di studio per imparare a fare ognuno degli incantesimi che Loki ha compiuto e nessuno prima d’ora era mai riuscito a rendersi completamente irrintracciabile, a sparire completamente. Ho sempre saputo della sua propensione alla magia - la potenza del seird di Farbauti* era nota in tutti i Mondi - e credo che l’aver attraversato il vuoto tra i mondi lo abbia reso in qualche modo un mago naturale, come nessun seidrmaidr prima d’ora è mai stato. Dovrà imparare a controllare il suo seidr ora che si è sbloccato.”
“Non gli impedirò di studiare magia…” Odino le sorrise “Ma ora non pensare al futuro, goditi solo il suo ritorno.”
La prese a braccetto, cercando di mitigare la sua ansia. Uscirono così dalla stanza, come due fidanzati e contro ogni etichetta, diretti alla sala da pranzo privata della loro famiglia. 
La tavola era già stata apparecchiata e preparata per la colazione.
Peccato che fosse deserta.
“Dove sono Thor e Loki?” chiese Frigga al paggio accanto alla porta.
“I principi hanno preso l’occorrente per un pasto frugale dalle cucine e sono partiti un paio d’ore dopo l’alba.” rispose lui in fretta.
“Partiti? Per dove?”
“Non lo so, mia regina. Hanno preso il cavallo del principe Thor.”
Odino lo congedò con un cenno, invitando la moglie a sedersi. Quella mattina sarebbero stati soli.
I due sovrani si guardarono divertiti, nella mente lo stesso pensiero.
Sorrisero al pensiero dell’espressione di Loki quando quella sera avrebbe raccontato loro della cavalcata.

 

 

 







 

*Farbauti: Laufey e Farbauti sono i genitori biologici di Loki (a vostra scelta se considerarli secondo la mitologia norrena o secondo l'universo marvel).















Noticina:

E così tutto finì.    *col tono di un bardo che racconta storie epiche davanti al fuoco* 
Cavolate a parte non potevo concluderla senza una spiegazione (più o meno) plausibile di come e perché Loki non fosse rintracciabile, così ecco questo mini-coso per chiarire un po' la situazione....
Spero che sia piaciuta a chi è arrivato fino alla fine.


A questo proposito volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto, seguito, recensito e messo la storia tra le preferite.
Ogni volta che mi arrivava una recensione (o controllavo sulle tabelle) saltellavo di qua e di là per la contentezza, quindi davvero grazie. 


Aeriin

 

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