Haruka ½ di FueMarmalade (/viewuser.php?uid=959511)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Che strani tipi escono di casa al mattino! ***
Capitolo 2: *** Riunione in casa Tendou! ***
Capitolo 3: *** La promessa! ***
Capitolo 4: *** Welcome to school, Nagisa! ***
Capitolo 1 *** Che strani tipi escono di casa al mattino! ***
Haruka ½
Una
fredda giornata d'inverno avvolgeva le larghe e vaste strade di
Nerima, le quali erano sempre deserte di prima mattina; così
silenziose da far udir solamente il lieve venticello danzatore.
Tuttavia,
la quiete si smorzò a causa di udibili schiamazzi e forti
tonfi provenienti ogni volta dalla stessa abitazione: i Saotome erano
conosciute come persone alquanto “vivaci” nel quartiere,
per tale motivo le lamentele da parte dei vicini non tardavano mai a
mancare all'appello.
«Sapete
che vi dico?» aveva iniziato una voce mascolina e rauca,
l'unica spallina dello zaino nero messa in spalla «Andate
entrambi al diavolo».
Un'affermazione
fredda e distaccata, ma il soggetto a cui apparteneva quella voce non
poté neppure mettere un piede fuori dalla porta di casa, che
subito fu rispedito al suo interno. Fu allora che egli vide i due
occhi taglienti altrui: quegli occhi così tanto simili ai
propri e che in quel momento lo fissavano con rimprovero.
«Ti
è andato di volta il cervello?!» aveva sbraitato chi
aveva innanzi, emettendo un mormorìo carico di stizza.
L'altro
aveva roteato gli occhi azzurrini e aveva dato nuovamente le spalle a
quella che sembrava sua madre: vestita con una canottiera bianca e
dei pantaloni verde-scuro; leggere cordicelle stringevano le sue
caviglie sottili. Gli occhi erano grandi, un curioso e furbo
cerbiatto dallo scarlatto crine raccolto in un semplice codino
all'insù.
«Non
ho tempo da perdere con i vostri inutili combattimenti a quest'ora
del mattino, papà» aveva affermato il giovane, e in men
che non si dicesse una gelida secchiata d'acqua fredda bagnò
l'aperta felpa blu chiaro, la bianca maglietta candida e gli stretti
jeans color pece. Per non parlare delle vermiglie All Star, ormai
tutte fradice, che il giovane portava ai piedi.
«Bada
a come parli, Haruka!»
«Papà,
dacci un taglio!»
«Ranma,
sei un ingrato! Io cerco di impartir un sana lezione a mio nipote,
aiutandoti, e questo sarebbe il ringraziamento?!»
La
ragazza col codino rosso gli cacciò un forte pugno in testa
«Vuoi farla finita, una buona volta?!», il quale ebbe
immediatamente risposta dal più vecchio dei Saotome, che non
esitò a riderglielo con tutti gli interessi.
Sempre
la stessa storia, in quella casa non si poteva stare mai tranquilli
un attimo.
Non
solo suo nonno mangiava a sbafo e si approfittava della situazione,
abitando insieme a loro già da tanti anni ormai, ma si
comportava perfino da superiore: e suo padre gli teneva testa in
maniera decisamente testarda.
Ciononostante,
vi era una ancora di salvezza: nonna Nodoka, che al contrario del
compagno si rendeva utile in casa e aiutava sempre sua madre Akane
nelle faccende domestiche e, soprattutto, a metter mano ai fornelli.
Sarebbe stato un vero e proprio suicidio mangiare la cucina di sua
madre senza la supervisione di qualcun altro.
Haruka
strinse con veemenza i pugni delle mani, la stazza ch'era divenuta
più minuta, l'altezza nettamente più bassa, gli occhi
più grandi e smeraldini, i capelli dorati e bagnati a causa
dell'acqua fredda precedentemente buttata dal nonno.
«Io
vi AMMAZZO!»
Fu
allora che il giovane si girò verso i due, cominciando a
lottare con loro dinnanzi alla soglia di casa.
Dei
veloci e pesanti passi scivolarono sul pavimento quasi come due
enormi macigni, finché una terza figura femminile non fece la
sua apparizione: le mani ai fianchi e lo sguardo assottigliato.
«Ora
BASTA» aveva urlato ella, e in un attimo silenzio fu.
Tutti
rimasero impietriti, gli occhi fissi su di lei: sembrava come se una
valanga di neve gelida li avesse appena investiti interamente.
La
donna accennò un lieve sorriso sulle labbra rosee e
successivamente s'avvicinò agli interlocutori. Con sé
aveva portato una teiera ricolma d'acqua calda, perciò non
aspettò oltre e versò essa addosso al figlio Haruka ed
infine all'ormai marito Ranma. Quest'ultimo si passò una mano
sui capelli corvini, un cenno di barba sul mento e ai lati delle
guance gli davano più anni di quelli ch'egli ne aveva in
realtà. Ma era anche vero che era passato parecchio tempo
dalla volta in cui v'era stato quel finto matrimonio, sebbene anni
più tardi Ranma ed Akane avevan deciso di convolare a nozze lo
stesso.
Haruka
restò altri secondi a fissare il padre e il nonno con uno
sguardo che non sembrava promettere nulla di buono, ma subito dopo
diede a tutti le spalle e corse velocemente via da quella casa: si
premurò solamente di salutare la genitrice.
«Ciao,
mà!»
Akane
si portò una lunga ciocca di capelli corvini dietro
l'orecchio, andando a posizionarsi proprio di fronte alla porta
spalancata di casa.
«Vedi
di non fare tardi, stasera!»
«Ma
sentitela, la brava mammina!» Ranma aveva incrociato le braccia
sul largo torace e poi il viso era stato spostato alla propria
destra.
Akane
si girò fulminea verso il consorte e gli si avvicinò
con aria minacciosa.
«Mio
caro, non ti sembra di esagerare?»
Il
codinato la guardò di sottecchi, per poi incamminarsi verso la
cucina come se nulla fosse, il tono altezzoso di chi vuole farla
finita il più presto possibile.
«Non
ti preoccupare, mia cara» le aveva risposto, mentre ella gli
camminava dietro «Lo sto semplicemente fortificando».
Akane
arricciò il naso, mentre Genma sorpassò entrambi con le
mani dietro la schiena, ed evidentemente, con un finto sguardo solenne
stampato in volto.
«Vorrai
dire che lo stiamo fortificando,
forse».
Ranma
si fermò di colpo, fece per dire qualcosa, ma sua moglie lo
precedette:
«Penso
che siate troppo crudeli con Haruka: ha pur sempre diciassette anni».
«Devo
ricordarti cosa facevo io alla sua età?»
La
donna si zittì e subito dopo lanciò un'occhiataccia al
marito: ci mancava pochissimo prima ch'ella gli tirasse un veloce e
forte ceffone sul muso.
Lo
sguardo di Akane, però, finì sul codino di Ranma e
rimase a fissarlo per alcuni secondi.
Se
lo chiedeva già da un po', ma non poteva far altro che
domandarselo: Haruka portava i capelli scarlatti fino alle spalle,
questi legati da una liscia coda bassa. Ciò dimostrava quanto
egli e il padre fossero così simili, ma allo stesso tempo così
diversi.
“Un
giorno, chissà...”
*
* *
In
una casa un poco più lontana da quella dei Saotome, vi era
quella degli Hibiki: era modesta, avevano addirittura il giardino e
innumerevoli piante e fiori in bella mostra sul verde prato intriso
di rugiada.
All'interno
dell'abitazione, una piccola figura se ne stava china sui libri,
seduta innanzi alla scrivania di camera propria. Questa alzò poi
il capo, e in quell'attimo notò che una piccola farfalla s'era
posata sul vetro della finestra, sbattendo pian pianino le piccole
alucce.
Gli
occhi color nocciola si illuminarono, una ragazza dall'età di
quattordici anni s'alzò dalla sedia e s'avvicinò al
piccolo esserino svolazzante, poggiando la mano destra sul vetro e
appannandolo un po'.
Quanto
avrebbe voluto sentire la brezza invernale carezzargli la pelle per
più tempo che solo qualche minuto il fine settimana, sentire i
capelli castani e cotonati andarsene per conto proprio a causa di
quel venticello tanto giocherellone.
Ella
sospirò e si sistemò gli occhiali rossi sul naso,
dopodiché uscì dalla camera e si diresse in cucina:
Shirokuro se ne stava seduta a fissare il frigo con lo sguardo fisso
e perso nel vuoto.
La
ragazza sorrise e le si avvicinò, carezzandole il capo
dolcemente, ed infine voltò il viso verso il frigo: vi era un
post-it attaccato sopra esso. Ella spostò il magnete a forma
di granchio che lo sorreggeva e, tenendo il fogliettino giallo tra le dita, cominciò
a leggere ciò che v'era scritto sopra:
“Buon
giorno, Nagisa cara. Io e papà stiamo portando il piccolo
Hiroshi dal pediatra.
Tieni
d'occhio Shirokuro e vedi di mangiare un po' di più che sei
tanto sciupata! Torniamo presto, non stare in pensiero,
Ti
vogliamo un mondo di bene,
Mamma
& Papà”
Nagisa,
poiché era il nome della ragazza con gli occhiali, sospirò
una seconda volta e riattaccò il post-it da dove l'aveva
preso.
Non
poteva uscire, poiché suo padre glielo aveva severamente
proibito: essendo che egli non aveva davvero senso dell'orientamento
c'era il rischio che anche Nagisa lo ereditasse. Dunque, onde
evitare, la ragazzina non era mai andata oltre la porta di casa senza
l'accompagnamento di qualcuno.
Sapeva
che suo padre era iper-protettivo e alquanto geloso nei suoi
confronti, non si rendeva conto di esagerare ma nonostante questo
Nagisa non s'era mai ribellata e lo aveva sempre assecondato.
Se
c'era una cosa che Nagisa aveva sicuramente preso da Ryoga Hibiki,
quella era senza alcun dubbio l'eccessiva timidezza: ma per ella
questa era stata triplicata per dieci, se non addirittura di più.
Nagisa
ritornò a guardare Shirokuro, poi si guardò intorno:
v'era un silenzio tombale così profondo da far accapponare
quasi la pelle.
«Ti
annoi anche tu, non è vero?» domandò la fanciulla
alla canide, inginocchiandosi davanti ad essa e avvolgendo le braccia
sul morbido collo altrui.
Shirokuro
la guardò intensamente e Nagisa fece lo stesso, non appena
ebbe puntato lo sguardo su quel faccino tutto pelo.
«Beh,
non penso che ritornare a casa sarà così difficile,
no?»
Fu
in quell'istante che Shirokuro abbaiò per la prima volta, in
tutto quell'arco della giornata. D'altronde, cosa mai poteva
andare storto?
*
* *
«Haruka
Saotome, ci rincontriamo di nuovo, a quanto pare».
«Youichi,
gira a largo. Vado abbastanza di fretta».
Youichi
Kunou era un ragazzo slanciato, dalla pelle diafana, dai capelli
color cioccolato lunghi sino alla schiena e legati da un'alta coda di cavallo. Non era un attacca brighe,
ma con Haruka aveva un conto in sospeso: suo padre glielo ripeteva in
maniera estenuante da quand'egli era solamente un bambino.
Estrasse
subito la spada di legno e andò all'attacco, facendo un alto
balzo e cercando di colpire il rosso sulla testa. Tuttavia, Haruka
aveva fatto un veloce salto e si ritrovò a sorreggere
strettamente la spada con i piedi, mentre le mani si tenevano
saldamente sul terreno.
«Ma
sei tutto matto?!» sbottò Saotome, mentre, con l'ausilio della spada, Youichi alzava
di peso il corpo dell'altro e lo lanciava via con forza.
Haruka
atterrò perfettamente in piedi nel lato opposto ove prima v'era il nemico, arcuando
le scarlatte sopracciglia.
Youichi,
quindi, gli puntò la lignea spada contro e lo squadrò
da testa a piedi con lo sguardo scuro.
«Non
posso ritenermi soddisfatto se ancora tu t'ostini a rimanere in
piedi, Saotome».
Il
rosso restò immobile e lo guardò con estrema freddezza:
«E'
la tua occasione, Youichi: perché non provi?» sulle
labbra di Haruka s'andò a creare un lieve ghigno. Youichi fece
un passo in avanti, stringendo la spada con un certo vigore «Non
chiedevo di meglio».
«Papà
ci ucciderà, Shirokuro», mormorò una femminea
voce «Forse avremmo fatto meglio a rimanere a casa...»
Fu
una frazione di secondo: Youichi scattò, allungò la
mano destra e con l'altra fece per colpire Haruka al ventre, il quale
però scansò con estrema facilità il colpo. Un
sorrisetto compiaciuto dipinse le labbra del figlio di Tatewaki
Kunou, gli occhi azzurri del rosso si sgranarono, poiché
Youichi si era dato una veloce spinta con l'aiuto della spalla
sinistra di Haruka, sfrecciando così verso l'alto.
In
aria, Youichi afferrò la spada con entrambe le mani
«Preparati, Saotome!»
Haruka
atterrò bruscamente sul terreno e notò che l'avversario
non lo stava prendendo in pieno ma bensì, non appena girò
il capo, egli si ritrovò a pochi passi da sé una
giovane ragazza in compagnia del suo cane bianco e nero –
quest'ultimo qualche passo più in là – che,
immobile, guardava la scena con curiosità ma a quanto pareva
con pochissima attenzione per ciò che la circondava. Difatti,
Youichi Kunou stava puntando proprio a lei, in quell'istante.
«Attenta!»
aveva esclamato il rosso, andandole addosso e scansandosi assieme ad ella
prima che la spada la centrasse in pieno capo.
Così,
Haruka Saotome, si ritrovò tra le braccia una totale
sconosciuta dagli occhiali dello stesso colore dei propri capelli.
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Capitolo 2 *** Riunione in casa Tendou! ***
Haruka ½
Haruka
stava stringendo a sé quel corpo minuto ed esile, il ché
non gli piacque per niente: non fu il fatto d'aver aiutato una
persona che era chiaramente in difficoltà a causargli tale
sensazione, ma bensì la chiara evidenza che il suddetto
individuo fosse una ragazza.
Haruka
Saotome odiava le ragazze. Le odiava tremendamente, non riusciva
davvero a sopportarle, chiunque loro fossero per lui non faceva la
differenza. Non le sopportava e basta.
Nagisa
strinse le palpebre e sussultò per l'inaspettato gesto che il
ragazzo dai capelli vermigli aveva compiuto nei suoi confronti.
D'improvviso, ella avvampò, percependo il calore corporeo e il
battito cardiaco altrui.
Erano
fin troppo vicini. Non era mai stata così vicina ad una
persona prima di allora, nemmeno coi suoi genitori o il suo
fratellino più piccolo era mai stata talmente appiccicata,
figuriamoci con un ragazzo; per non parlare d'un ragazzo atletico e
promettente come il nostro caro Haruka.
Si
stava agitando, il viso era divenuto completamente paonazzo; le
labbra spalancate e leggermente tremule, gli affilati canini che
s'andavano a conficcare sulla carne inferiore d'esse, con una lieve
pressione.
«Merda,»
il ragazzo ringhiò tra i denti «Se l'è svignata,
quel maledetto».
Nagisa
alzò piano il volto, finché non ebbe sulla propria
visuale il bel delineato viso del giovane Saotome, il quale andò
successivamente a lanciarle un'occhiata gelida e diretta.
«Stai
bene?» le aveva domandato, mettendosi in piedi e issando senza
alcun consenso l'altra. Una volta accertato che i piedi d'ella la
reggessero in equilibrio sull'asfalto, Haruka si voltò in
direzione del Liceo Superiore ch'egli frequentava, ficcando la mano
destra all'interno della medesima tasca della felpa blu chiaro.
La
fanciulla sussurrò un flebile «Sì», il viso
chino sulle scarpe bianche ginniche a lei appartenenti, le mani che
si torturavano l'un l'altra quasi con timore. Un occhio curioso, poi,
sbirciò il ragazzo incamminarsi, notando i quattro piercing
per tutta la lunghezza dell'orecchio destro: era davvero molto
moderno, quel ragazzo. Non indossava nemmeno l'uniforme scolastica;
questo stava a significare che lui era... era uno di quei tipi che
venivano etichettati come -ribelli-?
“Probabilmente”,
pensò Nagisa “Sarà
davvero popolare, tra le ragazze”.
«E-ehi!»
lei si guardò intorno velocemente e poi corse dietro al rosso,
sfiorandogli accidentalmente un braccio. Lui girò il volto in
sua direzione, cominciando a sentire l'irritazione sulle tempie.
La
castana inghiottì il groppo ch'aveva in gola, «Vo-volevo
ringraziarti, per prima!»
Haruka
si fece di qualche passo lontano, l'espressione che non accennava a
volersi mutare «Oh,» fece, fissandola «Nessun
problema».
Quell'espressione
e quella serietà mettevano la timida Nagisa davvero in
soggezione: sembrava sul serio che lo stesse distraendo da qualcosa
di davvero importante.
«Beh,
devo andare» si liquidò immediatamente Haruka, il quale
non voleva di certo arrivare in ritardo il primo giorno di scuola.
Così
Nagisa rimase immobile, fissando lo sconosciuto ragazzo dai capelli
rossi andarsene via con aria indifferente alla faccenda – e a
quanto pareva, per tutto ciò ch'egli aveva attorno –.
Ella
portò l'attenzione verso Shirokuro, la canide stava facendo
capolino da dietro un palo della luce e stava fissando la padroncina
con intensità.
Nagisa
le andò incontro e, posandole una mano sul capo, sospirò
piano, come se qualcosa dentro sé l'avesse delusa.
«Su,
bella. Torniamo a casa...»
Shirokuro
abbaiò ed infine si mise di fianco alla giovane, pronta ad
aiutare la fanciulla a ritrovare la strada per ritornare a casa.
*
* *
«Pronto?»,
Nodoka aveva appena afferrato il telefono senza fili ed aveva
accettato la chiamata «Oh, Kasumi! E' davvero bello risentirti,
va tutto bene?» la donna rise, portando una mano vicino alle
labbra «Sì, anche noi. Tuo padre come sta?»
Nodoka
restò a parlare con Kasumi per qualche minuto circa, poi
disse: «Beh, certo che ci saremo, mia cara.
A
stasera!»
In
quell'esatto istante Akane passò per il corridoio,
asciugandosi le mani impastate sul grembiule a quadretti rosa e
bianchi «Chi era?», domandò quindi, ella.
«Tua
sorella Kasumi. Sai com'è apprensiva per certe cose
riguardanti la famiglia» Nodoka portò poi una mano sulla
guancia, «Cielo, Akane. Ti serve per caso una mano?» le
domandò la suocera, mentre la donna dai capelli corvini
arrossiva con leggerezza. Sul naso e sulle guance un pizzico di
cenere che stava a significare solo una cosa:
La
cucina messa a soqquadro.
*
* *
«Sono
a casa!», esclamò Haruka, rincasando e facendo per
togliersi le scarpe rosse.
Akane
gli urlò dalla cucina «Bentornato, tesoro!» e
Haruka fece spallucce, per poi raggiungere la madre laddove ella era.
«Ciao,
mà, nonna» salutò il ragazzo, puntando gli occhi
azzurrini sulle due donne «Cosa state facendo?»
«Un
dolce per tuo nonno Soun» disse Nodoka, accennando sulle labbra
un piccolo sorriso «Te lo sei dimenticato? Oggi compie gli
anni, quindi dobbiamo fargli una sorpresa».
Il
giovane tacque, così Akane lo avvertì senza troppe
cerimonie, «Ti conviene andarti a fare un bel bagno caldo prima
di andare: tuo padre e tuo nonno Genma sono già belli che a
mollo».
«Okay»
fu la risposta secca di Haruka, prima di lasciare definitivamente
quella stanza.
«Non
trovi anche tu che Haruka sia un così bel tenebroso, Akane?»
se ne uscì sognante la più anziana, emettendo un
risolino «Così virile!»
La
corvina fece cadere la frusta per montare la panna sul pavimento, non
appena udì le parole di Nodoka. Akane sbatté le
palpebre più e più volte, per poi ridacchiare con un
po' d'imbarazzo.
*
* *
«Fortunatamente
siamo tornate sane e salve... Shirokuro, sei una grande!»
Aveva
esclamato Nagisa, strusciando il viso su quello tutto pelo
dell'animale, il quale non esitò a scodinzolare per la
felicità.
Dopo
qualche secondo, ecco che la porta di casa si spalancò,
facendo udire alla giovane l'inconfondibile tintinnìo dei
campanellini posizionati in alto alla porta, come decorazione.
«Ehi,
Nagisa-bella di papà! Siamo tornati!» Ryoga aveva fatto
la sua entrata in scena, ed insieme a lui vi erano anche sua moglie
Akari, e Hiroshi, il fratellino della timida Nagisa. Quest'ultima
s'alzò e andò incontro ai suoi famigliari, felice
finalmente di poterli rivedere.
«Come
mai ci avete messo così tanto?» la risposta la giovane
già la sapeva, ma fare un po' di conversazione famigliare non
avrebbe fatto loro di certo male. Ciononostante, doveva rimanere in
silenzio riguardo l'uscita clandestina di quella mattina; altrimenti
suo padre si sarebbe davvero arrabbiato con lei, e lui non ne
avrebbe, di conseguenza, mai più avuto fiducia.
«Tuo
padre diceva tanto di aver trovato una scorciatoia», aveva
iniziato Akari, i capelli color pece raccolti in un ordinato chignon
alto «... e alla fine siamo finiti ad Okinawa».
«E'
stato molto divertente, sorellona!» esclamò Hiroshi,
ridendo allegramente; il viso così simile a quando Ryoga era
un bambino di soli sette anni. Due vere gocce d'acqua, sebbene il
piccolo Hiroshi fosse certamente più vivace e spedito: quindi
il suo opposto «Un granchio si era impigliato ai capelli di
papà e non si scollava più! E' stato uno spasso!»
Ryoga
testò se i suoi lunghi capelli fossero ancora intatti: v'era
stato parecchio tempo per farli diventare così tanto lunghi, e
quel granchio stava per rovinare tutta la sua preziosa fatica durata
anni.
«Non
ha più importanza, questo!» aveva esclamato l'ormai
padre, volgendo il viso altrove per l'imbarazzo. Akari rise
leggermente, «Oh, quasi dimenticavo!» Disse la donna,
alzando un indice verso l'alto «Prima mi ha chiamato la
signora
Kasumi, ci ha tutti invitati
alla festa di compleanno di suo padre. Dato che mi sembrava scortese
rifiutare le ho detto che ci saremmo andati: sono sicura che non ci
annoieremo, lì a casa dei Tendou!»
Quando
ancora erano in macchina, Ryoga quasi non causò un incidente
stradale non appena udì quel cognome: avrebbe rivisto Ranma e
il suo primo amore Akane dopo tanto tempo, perciò non aveva
idea di come avrebbe reagito una volta incontrati faccia a faccia.
Era
a conoscenza, tuttavia, che i due avevano avuto un figlio: si
chiamava Haruka. Lo sapeva perché l'ultima volta che s'erano
visti era stato all'ospedale, quando Akane aveva dato alla luce il
pargoletto. C'era anche da dire che quel maledetto di Ranma, quando
era stata sua moglie a partorire la primogenita Nagisa, non s'era
degnato nemmeno di inviare una semplice cartolina.
Ma
nonostante Ryoga Hibiki fosse ormai sposato, quella fetta d'amarezza
era stata sin troppo dura da digerire, e non faceva che tormentarsi e
sentirsi in colpa per questo: amava Akari, davvero tanto, ed il suo
amore era sincero, ma Akane non avrebbe mai potuto dimenticarla,
perché egli non ne aveva il coraggio.
Il
capo famiglia non disse niente, si limitò solamente a fare un
lieve cenno col capo.
«Sono
dei vostri amici?» aveva domandato Nagisa, osservando i
genitori.
Ryoga
le si avvicinò e le scompigliò i capelli con una mano,
disegnando sul suo volto un sorrisino
«Una
specie».
*
* *
«Ecco,
lo sapevo!» brontolò Akane «Adesso siamo in
ritardo!»
Ranma
fece un veloce cenno con la mano e poi disse «Macché
ritardo, tu ti preoccupi per niente, te lo dico io!»
«Hai
voglia di litigare, per caso?» aveva risposto con prontezza la
moglie, tenendo stretto al petto il pacco regalo, mentre Ranma aveva
sopra il palmo d'una mano il dolce impacchettato per il festeggiato.
Il
codinato girò il capo offeso, borbottando qualcosa di poco
carino nei confronti della consorte: Haruka lo udì, ma scelse
di far finta di non aver sentito alcunché.
La
corvina diede una veloce occhiata agli altri, successivamente fece
per suonare il campanello di casa, ma qualcuno aprì l'enorme
portone prima del previsto.
«Avvertenza
immediata: ti conviene spendere solamente duemila e cinquanta yen, o
per te, lo giuro, saranno guai seri».
«Nabiki?!»
fece Akane, sgranando di poco gli occhi. La sorella maggiore sbatté
le palpebre e subito dopo si rivolse a chi aveva oltre la cornetta
«Richiamami, quando hai finito» e dopodiché
riattaccò, ficcando lo smartphone all'interno della giacca
firmata di pelle nera «Oh, ciao, sorellina. Come va la tua vita
da casalinga?»
Akane
non poté che guardarla in malo modo, storcendo le labbra, ma
assumendo tuttavia un atteggiamento altezzoso: «A gonfie vele,
caro il mio avvocato».
Nabiki
sorrise, in successione rivolse l'attenzione al ragazzo dal crine
scarlatto «Sei davvero molto cresciuto dall'ultima volta che ci
siamo visti, Haruka».
«Già»,
le rispose lui, che per l'occasione aveva indossato una semplice
camicia nera e dei pantaloni del medesimo colore: questi eran
strappati da davanti, molto moderni per la generazione d'oggigiorno,
ma strani per quella che la precedeva.
*
* *
«Vi
ringrazio tutti di cuore!» Soun dovette trattenere le lacrime
per la troppa commozione: Kasumi era stata davvero una brava
organizzatrice.
«V-v-v-visto,
K-K-K-Ka-Kasumi? E' a-a-a-andato tutto p-p-per il me-meglio...»
balbettò Tofu, andando come sempre in brodo di giuggiole ogni
volta che aveva di fronte la moglie.
La
donna rise dolcemente, congiungendo le mani innanzi al viso.
«Sono
così felice» ammise ella, osservando il padre
emozionarsi di fronte a tutte quelle persone a lui care.
«Bravo,
Soun! Continua così, sono davvero fiero di te! Ha-ha-ha!»
Ovviamente,
poteva mancare all'appello il buono e caro vecchio Happosai? Il
quale, per ovvi motivi, si era trasferito da Ranma e famiglia.
Soun,
che prima era visibilmente allegro, divenne alquanto nervoso e
agitato. L'uomo si avvicinò al vecchio e lo abbraccio
fortemente: cos'erano quelle che aveva sulle gote? Ancora lacrime di
gioia?
«Mi
siete davvero mancato, Maestro!»
Erano
lacrime di disperazione,
a dire il vero.
Kasumi
rise leggera «Sapevo che gli sarebbe piaciuto rincontrarlo!»
affermò, poi parve sovrappensiero e subito dopo ella s'alzò
da tavola «Sarà meglio andare a preparare del thé.
Prevedo che la serata sarà un po' movimentata».
Canticchiando,
ella sparì nei meandri della cucina.
Intanto,
Haruka, che se ne stava seduto in un angolino dell'enorme giardino
dell'abitazione, all'aperto, rimase a fissare le miliardi di stelle
sconfinate là, in alto nel cielo. Nagisa se ne stava
inginocchiata innanzi al laghetto, dove colorati pesci danzavano
lenti e inesorabili. Hiroshi si divertiva un mondo ad infastidirli
con l'ausilio d'un bastoncino di legno.
«Lo
prendo! Lo prendo!» fece il bambino, sbattendo qua e là
ciò ch'aveva in mano, facendo schizzare l'acqua un po'
ovunque.
«Hiroshi,
smettila!» si lamentò Nagisa, alzandosi e allontanandosi
prima che il fratellino facesse qualcosa di davvero peggiore e si
bagnasse interamente il corpo.
In
quell'attimo, ella si strinse per le spalle, puntando lo sguardo sul
ragazzo dai capelli rossi.
Certamente
era rimasta a dir poco sorpresa nel rincontrare nuovamente quel
ragazzo: Nagisa aveva pensato che non l'avrebbe più rivisto
dopo quella mattina, e invece, la sorte aveva voluto farli incontrare
ancora una volta. Che strano, a volte, il
Destino.
Nagisa
fece per rientrare dentro e sedersi di fianco alla madre, quando, di
colpo, si sentì una chiarissima voce sbraitare con disappunto.
«Mi
spieghi cosa diavolo significa questa, dannato di un Ranma?!»
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Capitolo 3 *** La promessa! ***
Haruka ½
«Mi
spieghi cosa diavolo significa questa, dannato di un Ranma?!»
aveva sbraitato Ryoga in preda ad una crisi di nervi, un pugno chiuso
e diretto verso il muso del coetaneo, mentre nell'altro stringeva con
una spudorata energia qualcosa di cartaceo. Ranma lo fissò
interdetto, scansando il colpo con facilità, tuttavia l'altro
uomo era a dir poco furioso e continuava a cercare di colpirlo con
insistenza, come se desiderasse vederlo in terra tramortito.
«Si
può sapere che diamine ti prende?!» gli chiese il
codinato, deviando un ulteriore colpo «Hai sbattuto la testa o
cosa?!»
«Dannato!
Adesso hai pure voglia di scherzare, eh?!» il corvino dalla
gialla bandana digrignò i denti, mostrando i due canini
affilati e bianchissimi. Ranma, in quell'attimo, bloccò la
mano di Ryoga col palmo d'una mano, fissandolo con serietà.
Dopodiché i suoi occhi si posarono su ciò che Ryoga
stringeva con così tanta rabbia.
“Una
lettera?” pensò
Ranma, aggrottando le sopracciglia,“Qui
c'è qualcosa che non mi quadra affatto...”
Con un'agile mossa, il codinato
diede un veemente calcio in faccia all'amico-nemico, il quale volò
direttamente all'interno del piccolo laghetto adornato da medi massi
massicci. Subito dopo, la lettera ch'egli aveva in meno svolazzò
in direzione di Ranma, che l'afferrò con agile prontezza.
«Ranma, che succede?!»
Akane si precipitò ove i due litiganti stavano animatamente
discutendo: praticamente all'entrata della palestra. Ella si guardò
attorno, poi, a passo spedito, si diresse verso Ranma con le mani sui
fianchi «Ecco, siamo alle solite! Devi smetterla di provocare
il povero Ryoga!»
Ma Akane non ricevette risposta,
poiché il marito sembrava essere del tutto sbiancato per
l'estremo choc che gli aveva causato la lettura.
«Cosa ti prende? Sembra
che tu abbia appena visto un fantasma!» Akane strappò di
mano la lettera a Ranma e, in quel momento, tutti gli altri fecero la
loro apparizione innanzi alla palestra Tendou.
«Akane,
che hai?» Nabiki si era fatta più vicina alla sorella:
quest'ultima aveva gli occhi sgranati e sembrava anche parecchio
scossa. Ranma si scrocchiò le nocche delle dita e, lentamente,
le ossa del collo «TU,
dove pensi di andare, padre degenere?!»
Difatti, Genma stava per
svignarsela via come suo solito, ma Ranma fu più veloce e gli
balzò sulla schiena, incollandolo al pavimento e gonfiandolo
di botte.
«Calmo, Ranma! Lascia che
papà ti spieghi!» Genma cercò di giustificarsi,
ma invano, poiché il figlio lo strinse per la collottola e
avvicinò il viso d'egli al suo.
«Ti ascolto», il
tono alquanto minaccioso e lo sguardo adirato erano carichi
d'umiliazione e vergogna.
Haruka se ne stava con la
schiena incollata al muro e le mani ficcate all'interno delle tasche
dei jeans, mentre Nagisa e Hiroshi arrivavano proprio in quel
momento.
Gli occhi color nocciola della
fanciulla sbatterono fra loro e poi fissarono tutti i presenti, sino
a ché non individuarono il foglio di carta che la madre del
ragazzo dai capelli scarlatti teneva in mano.
“Una...
lettera?”
Ryoga ritornò a passi
svelti e pesanti, incrociando le braccia al petto; del vapore caldo
fuoriusciva dall'acqua che sgorgava dai vestiti e dalla pelle d'egli.
Akari gli era di fianco, sorreggendo con entrambe le mani il manico
d'una dorata teiera.
Genma, dopo esser stato lasciato
dalle grinfie del primogenito, si sistemò meglio i vecchi
occhiali sul naso «E' una lunga storia».
«Accorcia»,
sintetizzò seccamente l'uomo dal codino color pece.
Genma sudò freddo,
spostando gli occhi a destra e sinistra, finché non ebbe
Haruka e Nagisa sul suo campo visivo.
«Akane, ti ringrazierei
infinitamente se tu leggessi ad alta voce il contenuto di quella
lettera» fece Genma, non distogliendo lo sguardo laddove
l'aveva appena puntato.
Akane aprì bocca ma tutto
ciò che fece fu boccheggiare, poiché Ryoga l'aveva
prontamente preceduta:
“ Gentilissimo signor
Hibiki, nonché mio carissimo Amico di Penna,
Come concordato anni addietro,
terrò fede al nostro giuramento e, poiché sono
fermamente sicuro che tu farai la stessa cosa nei miei confronti,
sono davvero lieto che mio figlio Haruka, in un armonioso futuro
prossimo, possa prendere in moglie la tua cara e dolce nipotina
Nagisa.
Ti ringrazio, dunque, per i
soldi che tu stesso hai dato a mio padre di persona. Senza di quelli
non avremmo mai potuto permetterci le medicine per curare mia moglie
dalla grave malattia che l'affligge ormai da troppo tempo.
I miei più sinceri e
cordiali saluti,
Ranma Saotome ”
«C'è scritto
proprio così» puntualizzò Nabiki, facendo
capolino dalla spalla di Akane ed indicando quindi la lettera con
l'indice della mano destra.
La bocca di Ranma si spalancò,
ancora incredulo, mentre Ryoga ribolliva dalla rabbia: l'aveva letta
una sola volta ma ogni lettera scritta in quel foglio non l'avrebbe
mai e poi mai dimenticata.
«Da quand'è che va
avanti questa storia?!» Genma ricevette un bel cazzotto sul
capo da Ranma, «Che grave malattia dovrei mai avere?!»
disse Akane, dando in contemporanea con il marito un secondo pugno al
suocero.
«Hai osato persino
simulare la mia firma» esclamò ricolmo di risentimento
il codinato «Non ti perdonerò mai!»
«Non così in
fretta, Ranma!» Genma scansò il calcio che il figlio
aveva cercato di dargli e successivamente lo additò con
l'indice accusatore «Quella firma è autentica!»
I presenti si sorpresero, Nagisa
era rimasta senza parole ed Haruka sembrava tranquillissimo riguardo
alla faccenda.
«Quindi ti sposerai?»
chiese Hiroshi alla sorella maggiore, la quale arrossì
violentemente a quella domanda: «C–cosa?!»
«Ovvio che no, Hiroshi!
Questa è tutta una buffonata!» soggiunse Ryoga,
avvicinandosi velocemente all'uomo col codino, «Vero?»
Genma si mise tra i due uomini,
emise un pesante colpo di tosse, e poi disse:
«Era un giorno alquanto
piovoso, quando...»
{
FLASHBACK }
Ranma entrò in camera da
letto, grattandosi la nuca e sbadigliando lievemente, una mano
rivolta vicino alla bocca.
Happosai era lì, col suo
enorme fazzoletto ripieno di pizzi e merletti dell'amata biancheria
intima femminile: alla collezione, vi erano stati appena aggiunti dei
reggiseni e delle mutandine appartenenti ad Akane.
«Ehi, ciao Ranma! Non
pensavo che Akanuccia tenesse certi completini sexy nel suo
guardaroba!» esclamò malizioso il Maestro, ridacchiando
tra sé e sé. In meno di qualche secondo il vecchio era
già vicino all'uomo e aveva cominciato a punzecchiarlo con
velocità da vari lati, saltellando euforico «Su,
ammettilo, furbacchione! Cos'è che fate te ed Akanuccia
adorata quando non ci sta nessuno in casa, mhmm?!»
Ranma arrossì ed afferrò
con violenza Happosai per il viso, spingendolo con tatto alcuno sulla
lignea pavimentazione «Adesso ti spacco, maledetto porco!»
Happosai aveva i – finti –
lacrimoni, tirò su col naso, come se la vittima fosse lui, e
fissò Ranma con gli occhioni lucidi da bambinone.
«Non ti vergogni a
prendertela con un povero vecchio!? Guarda che lo dico ad Akane!»
«Tu non dirai proprio un
bel niente» ribatté il corvino, facendosi più
vicino al Maestro «Anche perché adesso esalerai l'ultimo
respiro!»
Detto ciò, Ranma fece per
colpire Happosai più e più volte, ma egli scansava
qualsiasi suo colpo.
Fecero tutto il giro
dell'abitazione, alla fine si ritrovarono entrambi nella stanza ove
dormivano Genma, Nodoka ed Haruka, quest'ultimo in un futon a parte.
Immediatamente, s'udì uno
strano tonfo, simile alla caduta d'un corpo sul pavimento.
«Cosa c'è, hai
paura?» lo provocò Happosai, ghignando altezzosamente.
Ranma s'alzò le maniche
lunghe della maglietta cinese blu-scuro e strinse con maggior
intensità la mano destra, si lanciò poi verso l'anziano
ma questi sembrò come teletrasportarsi altrove, – era
incredibilmente veloce! – quindi l'uomo col codino perse
l'equilibrio e cadde in terra, col palmo della mano bello che aperto
su un cuscinetto intriso di... inchiostro?!
«Accidenti a te!»
Ranma fece per alzarsi ma con un colpo deciso, ad Happosai bastò
sfiorare l'interlocutore con la pipa, che quest'ultimo volò
via.
Improvvisamente, una mano
apparve da dietro all'armadio scorrevole, proprio dove Ranma era
stato fiondato: essa teneva un foglio bianco, fece una lieve
pressione sul palmo dell'uomo e poi scomparve da dove era arrivata.
Happosai,
nel frattempo, se l'era svignata con tutto il suo ben
di Dio.
«Fa che ti abbia
nuovamente sotto mano, e poi vedi come ti concio» ringhiò
alla fine Ranma, rimettendosi in piedi con un fulmineo balzo.
«E questo?» fu
allora che s'accorse d'avere il palmo della mano inchiostrata, ed in
contemporanea, dell'abbondante inchiostro che macchiava un po'
ovunque il pavimento della stanza, accompagnato da altrettanti
oggetti sparsi qua e là.
Ranma s'allarmò,
sbiancando: se Akane e sua madre avessero visto tutto quel casino,
probabilmente si sarebbero arrabbiate come non mai.
Quindi, onde evitare qualsiasi
battibecco con le donne di casa, avrebbe fatto meglio a mettere tutto
in perfetto ordine.
Intanto,
l'artefice di quel genialissimo
piano,
aveva approfittato della fuga del grande e vecchio Maestro, per
darsela anch'egli a gambe levate:
Si era nascosto sotto il tatami,
successivamente aveva spalancato un poco di più la porta
scorrevole già di per sé aperta, ed aveva levato le
tende senza lasciare traccia, come un abile ladro.
{
END OF FLASHBACK }
«E' andata proprio così!»
annuì Genma, come se nulla fosse, indicando il retro della
lettera e facendo chiaramente vedere l'impronta digitale del figlio.
Quest'ultimo gli diede un ennesimo pugno e poi sbraitò: «Come
osi dirlo con così tanta naturalezza?!»
«Dove credi di andare,
tu?» Akane afferrò il nano anziano per il vestito color
bordeaux e poi lo girò verso di sé, la mano opposta già
pronta per spedirlo in alto nel cielo.
«Suvvia, Akanuccia mia,
stavamo solo giocando... Per farmi perdonare ti darò un
bacino!»
Un forte tonfo si procreò
all'improvviso: il piede destro di Haruka premeva contro la nuca
dell'anziano e, infine, come se questi fosse un pallone da calcio, lo
spedì in alto: sperando che oltrepassasse l'atmosfera
terrestre e che non si facesse mai più rivedere.
L'azzurro degli occhi del
giovane andarono ad incontrare quelli del nonno; gelido e
irremovibile gli andò incontro. Genma impallidì,
portando le mani in avanti, «Dai, Haruka, nipote mio:
parliamone!»
Ma nonostante quello che si
poteva pensare, il rosso non fece niente: egli si fermò
innanzi al nonno e, semplicemente, rimase a guardarlo.
«Non ho intenzione di
sposarmi. Tanto meno fidanzarmi con una come quella lì»
mise in chiaro il ragazzo, dopo un breve attimo di silenzio «Tra
l'altro,» egli non poté che enfatizzare la cosa,
guardando la fanciulla di sottecchi: «non è il mio
tipo».
A Nagisa sembrò come se
centomila coltelli affilati le venissero conficcati sulla schiena.
Ella deglutì e strinse le mani sul petto: ecco che, senza
neanche pensarci, s'era messa a guardare in terra.
Non poteva certo immaginare, che
la vera natura di quelle parole fosse un'altra: Haruka odiava... le
donne. Le odiava perché lui stesso lo era, lo era per metà,
gli era stato ereditato e lui, sfortunatamente, non poteva farci
niente.
“Sei
diverso, siamo diversi.
Non
sarai mai un bambino normale,
Haruka. Vedi non dimenticarlo”.
Suo nonno Genma era stato molto
chiaro, quella volta, sebbene all'epoca il figlio di Ranma avesse
solamente cinque anni: questo lo aveva a tal punto traumatizzato, da
portarlo verso l'attuale strada.
In sostanza, era tutta colpa di
Genma se il nipote era cresciuto con tali pensieri fissi e
intoccabili. Ranma non lo aveva ancora perdonato, per questo.
Haruka fece per andarsene, ma
ecco che da dietro egli sbucò l'uomo col codino, il quale lo
strinse fortemente per le spalle.
«Una promessa è una
promessa», affermò Ranma, sospirando piano, «Quindi,
figlio mio, comportati da uomo e prenditi le tue responsabilità».
«Caro, non agitarti, ti
prego» Akari stava trattenendo il marito per un braccio, la
teiera che prima aveva in mano era ormai finita in terra, la calda
acqua che bagnava il duro asfalto «Vedrai che andrà
tutto bene».
Ryoga strinse i denti e, a
fatica, proclamò con un tono abbastanza carico di nervosismo:
«E va bene,» una
vena pulsava insistentemente sulla tempia destra «ma se osa
soltanto farle del male, io giuro che lo rispedisco all'altro mondo!»
Haruka si staccò dal
padre con un secco movimento della braccia proiettate in avanti e,
senza dire niente, s'incamminò. Passò vicino a Nagisa,
che lo guardò per pochi attimi, distogliendo poi in maniera
fulminea lo sguardo altrove.
«Stammi alla larga»,
gli sussurrò egli, una volta abbastanza vicino a lei, e
dopodiché la sorpassò, ritornandosene dall'altra parte
della casa, dove vi erano rimasti Soun, Kasumi, Tofu... e i nuovi
arrivati Tatewaki e Youichi.
Nagisa cercò di
trattenere le lacrime: in fondo, perché avrebbe dovuto
versarle? Quel ragazzo, alla fine fine, neanche lo conosceva.
«Nagisa!» Ryoga
allungò una mano in direzione della ragazza, ma quest'ultima
era già scappata via.
Ranma
si mise di fianco al coetaneo, «Lasciala stare. Vorrà
rimanere sola, immagino». Ryoga gli lanciò
un'occhiataccia, poi rivolse lo sguardo laddove la figlia era
scomparsa. Anche Akane ed Akari parvero fare lo stesso, mentre i due
corpi di Genma ed Happosai erano stesi al suolo e si lamentavano per
il dolore subìto – Happosai ritornato indietro come un
boomerang dal calcio del giovane rosso, e Genma pestato dai violenti
colpi del figlio Ranma.
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Capitolo 4 *** Welcome to school, Nagisa! ***
Haruka ½
Passarono
esattamente cinque secondi pieni, e fu allora che Ryoga realizzò
l'ovvietà della situazione: Nagisa si sarebbe sicuramente
persa, da sola ed indifesa per le buie strade di Nerima, senza
nessuno che tutelasse la sua candida incolumità.
Ryoga
aveva lasciato l'abitazione dei Tendou già da un bel po',
Akari era rimasta indietro in compagnia di Hiroshi e gli altri, molto
probabilmente a parlare di quanto successo quella sera.
L'uomo
era davvero preoccupato, correva senza sosta, chiamando la figlia a
gran voce, ma all'improvviso egli fu costretto a fermarsi: era
arrivato innanzi alla propria casa e seduta sui gradini dell'ingresso
vi era proprio Nagisa, le sue mani eran sulle guance e il capo era
chino, ella sospirava piano, persa nei suoi sconfinati pensieri.
In
quell'attimo, quasi Ryoga non ci credette, era sollevato nel poter
rivedere la figlia sana e salva, dunque non aspettò altro
tempo e le corse incontro con le braccia spalancate «Nagisa,
bambina mia!» cominciò Ryoga e, non appena fu vicino ad
ella, lui le si inginocchiò dinnanzi, la avvolse strettamente
tra la sue forti braccia e le baciò con dolcezza il crine
castano.
«Temevo
di averti perduta per sempre!»
Nagisa
sbatté le palpebre, il volto che cominciava a variare dal
rosso al viola in maniera repentina: «P–papà, così
mi soffochi!»
Il
corvino con la gialla bandana sembrò non darle ascolto: era
così contento di aver ritrovato il suo dolcissimo angelo.
«Vedrai,
papà non ti lascerà mai più andare.
Te
lo promette sul suo onore».
*
* *
Un
mese dopo, sia gli Hibiki che i Saotome s'erano trasferiti
nell'abitazione del padre di Akane, poiché ormai, in un certo
senso, dovevano abituarsi a considerarsi “parenti” l'un
con l'altro.
«Roba
da non crederci», si lamentò Ranma, prendendo con le
bacchette un poco del riso all'interno della sua ciotola e
portandoselo vicino alle labbra. «Non vedo perché questo
potrebbe cambiare il problema di fondo» soggiunse Ryoga che
stava tra Ranma e la figlia Nagisa, quest'ultima totalmente rossa in
volto, intenta a fissare un punto imprecisato del tavolo.
«Fatela
finita» affermò Akane, guardando storto il consorte. Nel
frattempo Akari osservava il marito con aria preoccupata.
Kasumi
sorrise, passando la ciotola appena riempita di riso al marito Tofu,
che sebbene avesse il cervello in pappa dalla visione della moglie,
riuscì a sorreggere l'oggetto senza romperlo o far cadere il
contenuto sul pavimento «Ecco a te», disse ella, mentre
l'altro cominciava a mangiare: «F–Fi finfrazio, Kafumi.
E' daffero una bonfà!»
Il
Dottore aveva per caso preso di nuovo il tovagliolo, scambiandolo per
il proprio cibo?
Kasumi
ridacchiò, portandosi una mano vicino alla bocca «Come
sei buffo!»
In
quel momento Haruka s'alzò da tavola e, come se nulla fosse,
fece per andarsene via.
«Ci
si vede» fece egli, facendo un lieve cenno con la mano e
ficcando poi sia questa che l'altra dentro alle tasche della felpa
blu-chiaro.
«Haruka
caro, aspetta!» esclamò Nodoka, alzandosi dalla sua
postazione e raggiungendo il ragazzo con un piccolo sorriso sulle
labbra «Dato che abiteremo tutti insieme per parecchio tempo,
noi tutti abbiamo pensato che Nagisa verrà nella tua stessa
scuola. Così, per la gioia del suo caro papà, non ci
sarà rischio che possa perdersi, se sarà al tuo
fianco!»
Ryoga
si trattenne dal ribattere, sebbene fosse visibilmente nervoso,
ciononostante egli rimase seduto senza muovere un dito, a mangiare la
sua colazione.
Nagisa
alzò il viso e guardò tutti i presenti: aveva sempre
studiato in casa sotto tutela di sua madre, e non era minimamente
abituata alla socializzazione, a parlare con degli sconosciuti. Non
le era mai stato concesso, anche se lei lo aveva da sempre
desiderato, in fondo alla sua anima.
«Quindi
potrò davvero... uscire?» chiese incredula la fanciulla,
Nodoka quindi le mise una mano sulla spalla e poi annuì «Ma
certo che puoi farlo, mia cara».
Nagisa
era una ragazza molto intelligente per la sua età, aveva un QI
fuori dal comune e superiore alla media: per questo, quando Ryoga ed
Akari avevano incontrato il preside, quest'ultimo non aveva battuto
ciglio all'ammetterla nel proprio istituto – c'era da dire,
tuttavia, che, quella volta, era passata una bella mezz'ora
abbondante, tra cazzoti e rapate quasi a zero di capelli.
«Aspetta
un attimo qua!» esclamò Akane, correndo e svoltando
l'angolo dell'anta della porta scorrevole sinistra.
In
tutto ciò, Haruka rimase del tutto impassibile a guardare la
scena.
“Che
si dia una mossa, almeno”,
pensò solamente egli, voltando lo sguardo altrove.
*
* *
«Sapevo
che ci saresti stata un incanto!» cinguettò Akane, le
mani congiunte e gli occhi che s'eran illuminati di pura meraviglia
«Sei proprio un amore!»
Nagisa
si sistemò gli occhiali rossi, per poi far ricadere quella
mano a sorreggere la cartella bruna, assieme alla gemella. Ella non
sapeva davvero cosa dire «L–La ringrazio, signora
Saotome», balbettò poi, come sempre in imbarazzo.
«Non
ti preoccupare, Nagisa-chan. D'altronde io non vado più a
scuola, e poi la mia divisa ti sta perfettamente. Sembra quasi fatta
su misura per te!»
Akane
le rivolse un sorriso tenero e comprensivo, subito dopo andò a
spingerla per le spalle, da dietro, avvicinandola laddove si trovava
il figlio dai capelli scarlatti.
«Su,
su, andate! O farete tardi a scuola!»
Nagisa
diede l'attenzione prima ad Akane, poi andò a guardare Haruka,
il quale si stava già incamminando per uscire fuori di casa.
La
giovane, ovviamente, non poté che seguirlo, mettendosi dietro
ad egli.
«A–Aspetta!»
*
* *
«Il
suo nome è Nagisa Hibiki, ha studiato sino alla scorsa
settimana in casa, sotto la tutela dei propri genitori per parecchio
tempo, e adesso è qui per intraprendere una vita scolastica
assieme a tutti voi. Vedete di andare d'accordo e farla sentire a
proprio agio, qui nella 2 – A.
Date
a lei il benvenuto!»
Si
udirono vari bisbigli, i quali misero parecchio in soggezione la
fanciulla dai morbidi capelli castani. Ella si morse il labbro
inferiore e non sapeva come comportarsi, tanto meno cosa dire in un
momento come quello.
«Ehm...
Salve a tutti,» aveva cominciato con voce sottile «io
sono Nagisa Hibiki» detto ciò, fece un piccolo inchino
verso i nuovi compagni di classe «Piacere di conoscervi».
«Quant'è
carina!» mormorò uno studente all'amico che stava di
fronte a lui.
«Un
vero schianto!» fece l'altro, squadrandola da capo a piedi.
Haruka
se ne stava nel suo solito posto di fianco alla finestra, intento a
guardare il panorama all'esterno d'essa.
«Su,
Hibiki. Scegli pure il posto che preferisci!» aveva affermato
il prof., cercando di infonderle coraggio «E voi, laggiù,
fate silenzio!»
Nagisa
s'incamminò e, passo dopo passo, si ritrovò a guardare
dapprima Haruka, e poi attorno a lei: tra i vari ragazzi che la
stavano studiando, vi era una bella ragazza dai tratti occidentali,
la pelle candida, gli occhi violacei e i capelli cortissimi, d'uno
splendente biondo cenere, a maschiaccio.
«Ehi,
ciao! Qui è libero!» ella le sorrise, inclinando il capo
da un lato; sembrava davvero tanto cordiale e simpatica, quella
studentessa «Il mio nome è Victoria e provengo
dall'America» rise lei, mentre Nagisa le si sedeva accanto
«Spero potremmo diventare ottime amiche, noi due!»
La
castana la guardò intimidita, tuttavia annuì piano col
capo e con fil di voce infine disse: «Lo spero anch'io...»
*
* *
Era
appena suonata la campanella che annunciava la ricreazione e, Nagisa,
sbadata com'era, si era dimenticata il proprio pranzo casa, avvolto
nella confezione candida preparata da Kasumi.
«Hai
fame, vero?» le chiese Victoria, le mani dietro la schiena e lo
sguardo sbarazzino «Il mio bentou è troppo per me. Se
vuoi possiamo fare a metà!»
Nagisa
sgranò gli occhi, portò i palmi delle mani in bella
vista e scosse il capo «Non c'è davvero bisogno,
credimi! Va bene così».
Victoria
assottigliò gli occhi e strinse la nuova arrivata per una
spalla, il braccio che le avvolgeva la il retro del collo «Non
ti preoccupare, sweetheart. Per me è un vero piacere. In
fondo, stiamo cercando di diventare amiche, no?»
«E–Ecco,
io...» mormorò Nagisa, ma proprio in quel momento
innanzi alle due ragazze si prostrò Haruka, che senza “se”
e senza “ma” aveva teso un braccio, la mano che stringeva
il fazzoletto contenente il pranzo della fanciulla.
Egli
lo poggiò sui palmi delle mani di Nagisa e poi le diede le
spalle «Fa più attenzione la prossima volta.
Fortunatamente, avevo preso entrambi i nostri bentou, prima di uscire
di casa».
Victoria
aguzzò l'udito, «Come... prima di uscire di casa?»
ella sbatté le palpebre e arricciò il nasino alla
francesina.
«Come,
non lo sai, Vick?» due studentesse si fermarono in quel momento
vicino a Victoria e Nagisa «Loro due sono fidanzati».
«Fi...
Fidanzati?!» Victoria spalancò le labbra, quasi sotto
choc. Haruka, che stava per andarsene via, si fermò di colpo,
si girò verso le due studentesse e poi disse loro: «Chi
vi ha detto questo?»
Una
di queste rispose «Beh, stanno cadendo volantini per l'intero
istituto. Ormai tutti parlano solo di voi!» in quel momento ad
Haruka venne porto un piccolo foglietto rosato «Guarda tu
stesso, se non mi credi».
Haruka
assottigliò lo sguardo, dopodiché appallottolò
il volantino e lo strinse con forza nella mano destra «Io giuro
che lo uccido», borbottò il rosso, iniziando a correre
verso il cortile «Stupido vecchio!»
Nagisa
boccheggiò, poi si voltò verso Victoria e, con fatica,
affermò: «Lo hanno deciso i nostri parenti...»
La
bionda la guardò di sottecchi e poi, senza dire una parola,
sorpassò Nagisa, facendo per andare via.
«Victoria,
che ti prende?» chiese la castana, girando il capo e andando
poi incontro all'Americana «Stai male?»
Victoria
fu alquanto vaga: «Pensavo avremmo potuto diventare ottime
amiche, Nagisa Hibiki,» le disse, continuando a camminare «Ma
a quanto pare, siamo destinate ad essere rivali.
Ed
io non sopporto, chi si intromette così all'improvviso come
hai appena fatto tu».
Nagisa
la fissò, del tutto senza parole: come mai aveva cambiato
atteggiamento in tal maniera? Cosa le aveva fatto di male?
“Non
è che forse a lei...”
*
* *
«Cosa
diavolo ti è saltato in mente?!» Genma-Panda era disteso
in terra e Haruka lo stava prendendo a calci con una certa violenza,
«Dovevi per forza farci stare al centro dell'attenzione, eh?!»
Genma-Panda
rotolò sino all'entrata del cancello della scuola, lasciando
dietro di sé dei lignei cartelli con su scritto varie frasi e
scomparendo poi nel nulla.
[
Prenditi le tue responsabilità! ]
[
Il fine giustifica i mezzi. ]
[
Comportati da vero uomo! ]
Sulla
fronte di Haruka fu possibile vedere una vena pulsargli sulla tempia,
egli poi afferrò un cartello e, sbattendogli un ginocchio
contro e stringendo forte la lignea superficie con le mani, non poté
che spaccarlo in due parti perfettamente uguali.
Questi
gliela avrebbe fatta davvero pagare.
Gliela
avrebbe fatta pagare con gli interessi.
*
* *
«Siamo
a casa» annunciò il rosso una volta varcata la soglia
dell'abitazione. Nagisa stava dietro di lui, e aveva le gote
leggermente arrossate.
Fu
allora che apparse Nodoka, «Oh, siete tornati» constatò
ella, una mano sopra la guancia destra «Sai, Nagisa cara, la
prossima volta ricordati di portarti il pranzo. Altrimenti ti
toccherà digiunare per tutto il giorno, e questo, te lo dico,
non va affatto bene per una signorina come te!»
Nagisa
rimase interdetta per qualche secondo, poi volse lo sguardo in
direzione del ragazzo con la bassa coda vermiglia: ma di lui neanche
l'ombra. Si era del tutto volatilizzato.
Fu
allora ch'ella realizzò ciò che Haruka aveva fatto.
Dunque,
quel giorno, le aveva ceduto spontaneamente il pranzo, pur sapendo
che sino a che non fossero tornati a casa, non avrebbe toccato più
altro cibo.
“Quindi...”
rifletté la giovane, “si è preoccupato per
me?”
*
* *
La
rossa chioma toccò il ruvido tetto di casa Tendou, le mani
eran poste dietro alla nuca e lo sguardo era fisso sul cielo bluastro
innanzi ai suoi azzurrissimi occhi assottigliati.
«Si
son fatti tutti un'idea sbagliata,» disse fra sé e sé
il ragazzo «e tutto questo dopo che le avevo fermamente detto
di starmi il più lontano possibile». Alla fine Haruka
sospirò, rimase in quella posizione per altri secondi, poi
egli percepì un chiaro ed innaturale spostamento d'aria,
dunque si rimise subito in piedi e si mise in posizione di difesa,
osservando ogni cosa ch'aveva attorno.
«Finalmente
ti ho ritrovato, haaraamee*» disse improvvisamente una
mascolina e rauca voce con un giapponese un poco incerto. Era chiaro,
con il nuovo interlocutore del giovane Haruka, fosse straniero.
«E
tu, chi saresti!?»
*“bastardo”
in Indiano
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