La proporzione perfetta di Akane (/viewuser.php?uid=27)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Davvero bello ***
Capitolo 2: *** Maledettamente carino ***
Capitolo 3: *** Ho te ***
Capitolo 4: *** Un errore di valutazione ***
Capitolo 5: *** Perdonami ***
Capitolo 6: *** Finchè avremo cuore ***
Capitolo 7: *** La mia vita e la tua cicatrice ***
Capitolo 8: *** Non dimenticarmi mai ***
Capitolo 9: *** È il presente che conta ***
Capitolo 10: *** Il miracolo te lo devi creare ***
Capitolo 11: *** Che tu possa tornare indietro ***
Capitolo 12: *** La ruota riprende a girare ***
Capitolo 13: *** Un partner eccezionale ***
Capitolo 14: *** Non si danno false speranze ***
Capitolo 15: *** semplicemente poteva fidarsi ***
Capitolo 16: *** La vera forza ***
Capitolo 17: *** Il bello è così fragile ***
Capitolo 18: *** Sei molto importante ***
Capitolo 19: *** Gli scopi cambiano ***
Capitolo 20: *** Con tutti noi stessi ***
Capitolo 21: *** La promessa ***
Capitolo 22: *** Innocente e puro ***
Capitolo 23: *** Lo seguirei lo stesso ***
Capitolo 24: *** Non dimenticare cosa ti fa felice ***
Capitolo 25: *** Sopiti nel profondo ***
Capitolo 26: *** Ricordi autentici ***
Capitolo 27: *** Un compromesso accettabile ***
Capitolo 28: *** Hai solo il presente ***
Capitolo 29: *** Ti amerò comunque ***
Capitolo 30: *** Le cose importanti ***
Capitolo 31: *** Redenzione ***
Capitolo 32: *** Tu sei tu perchè... ***
Capitolo 33: *** Non molleremo ***
Capitolo 34: *** Che torni da me ***
Capitolo 35: *** Ed io dovrei accettarlo? ***
Capitolo 36: *** In questo mondo meraviglioso ***
Capitolo 37: *** Se è con lui ***
Capitolo 38: *** I predicatori scrittori ***
Capitolo 39: *** Fra civiltà avanzata e pirati ***
Capitolo 40: *** Una faida lunga un secolo ***
Capitolo 41: *** Quel pezzo che rimane di lui ***
Capitolo 42: *** Congelare i sentimenti ***
Capitolo 43: *** L'amore di chi lascia andare ***
Capitolo 44: *** Luce eterna ***
Capitolo 45: *** Un sole per sempre ***
Capitolo 46: *** Il giorno delle promesse mantenute ***
Capitolo 47: *** Il giorno perfetto ***
Capitolo 1 *** Davvero bello ***
la_proporzione_perfetta1
PREMESSA:
Eccoci qua, una nuova fic ha inizio. Il manga è Letter Bee di Asada, in questa pagina fatta da me ci sono molte
informazioni a riguardo, l'ho fatta io un paio di anni fa. Dovete
sapere che la devo sistemare perchè certe cose scritte non sono
completamente esatte e mancano alcuni dettagli poichè all'epoca
mancavano dei numeri che spiegavano molte cose importanti. (per esempio
Lode non è ciò che ho scritto, così come i gaichu, Reverse, molti
dettagli non sono proprio corretti...) Però la potete usare per farvi
un'idea. Alcuni link non funzionano ed anche quelli dovrò sistemare. In
linea di massima, se non avete mai letto il bellissimo manga potete
rimediare ora perchè è la meraviglia, ma se non vi va, potete leggere
lo stesso come una sorte di original, perchè nella fic ho spiegato al
mio meglio ogni cosa per capire pur senza aver letto il manga. Certo ve
la godete meglio col manga, ma anche senza si può fare.
La fic è quasi completa, ho scritto 36 capitoli, sono ferma nel finale
perchè manca l'ultimo numero del manga ed in base a quello scriverò il
finale della fic. E' divisa in 3 parti: la prima parla di Gauche e
Jiggy, la seconda di Zazie e Lag, la terza di tutti e quattro. Seguo le
vicende del manga per quel che ce n'è, in certi punti ho inventato
perchè se per Lag e Zazie c'era molto materiale, per Gauche e Jiggy no.
In effetti loro non sono una coppia accennata nel manga come invece
Zazie e Lag, ma ci sono tante similitudini fra Gauche - Lag e Jiggy -
Zazie, sia come personaggi, che come coppie: Lag adora Gauche, Zazie
adora Jiggy, Lag e Gauche hanno uno splendido rapporto e ad un certo
punto Jiggy e Zazie hanno una splendida collaborazione, perciò se Zazie
sta con Lag e si vede... anche Jiggy deve stare con Gauche, anche se
non si vede! Ecco così che ho iniziato a vedere in Gauche e Jiggy una
splendida coppia. Tecnicamente è una crack pairing, anche perchè nel
manga Asada accenna più a Jiggy e Largo, ma a me piace troppo con
Gauche. Una volta che ho iniziato a vedere tutte le similitudini, mi è
partita la proporzione. Jiggy sta a Gauche come Zazie sta a Lag. Perciò
Jiggy come Zazie e Gauche come Lag. Semplicemente perfetto.
I nomi: nel manga tradotto in italiano Gauche è Goos, ma io ormai ero
abituata a chiamarlo Gauche che è il nome originale. Si trova materiale
in rete se lo chiami Gauche, perciò... Gli altri nomi sono tradotti
circa bene, ho tenuto la traduzione italiana sempre per abitudine, ma è
vero che c'erano minime differenze.
I disegni che metterò ad inizio capitoli sono tutti fan art trovate in
rete, non mie ma degli aventi diritti. Così come i personaggi ed il
fumetto sono di Asada, io ci scrivo su per puro divertimento.
Le canzoni che ho scelto nei capitoli sono alcune delle quali che mi
hanno aiutato a scrivere, mi sono fatta la mia bella playlist.
Alcuni dettagli sui personaggi li ho dedotti dalle informazioni
inserite nel manga, altre le ho edulcorate, altre ancora inventate
completamente. La prima parte è stata quella più complicata e semplice
allo stesso tempo: è antecedente al manga, perciò le cose scritte sono
inventate da me, ho cercato di inserire le cose che Asada aveva messo a
riguardo, per esempio su Jiggy si sa poco del suo passato, per cui quel
poco che sapevo l'ho usato, poi ho aggiunto di mia intuizione.
Ok, come introduzione penso possa concludersi. Ci risentiamo nelle
prossime. Metterò circa un capitolo a settimana, ma c'è la mia
pagina autore se volete rimanere aggiornati su quando di preciso lo
faccio. Buona lettura. Baci Akane
LA
PROPORZIONE PERFETTA
PARTE
PRIMA
JIGGY STA A GAUCHE
1.
DAVVERO BELLO
"Viaggiare insieme
e' come un tango
come strade che si incrociano
un po' d'asfalto
un po' di fango per due vite che si sfiorano..... Cercano
viaggio verso qualche cosa che e' gia' dentro di noi
dentro gli sguardi e dentro le parole
siamo passeggeri e nn so ancora dove "
/Viaggio
- Piero Pelu/
Gauche, Jiggy e Aria si guardarono
l’un l’altro, in piedi davanti al direttore dell’Alveare, tutti e tre
in fila. Di lato a loro, ad osservarli sorridente, c’era Largo. Tre su
quattro Bee si sorrisero, il quarto rimase serio con l’aria dura e lo
sguardo imperturbabile, anche piuttosto sottile e penetrante, in
effetti. Gli occhi azzurri si soffermarono in particolare su Gauche, il
quale rabbrividì, ma accentuò il sorriso.
- Bene, sono orgoglioso di
presentare i nuovi Letter Bee. - Comunicò l’uomo paffuto e sorridente
seduto dietro la scrivania.
- Gauche Suede, ottimo esame, hai
stabilito il record di velocità nell’abbattere il gaichu… - Indicò un
ragazzo di media statura e corporatura dai capelli albini e gli occhi
gentili color viola, la pelle molto pallida. Indossava la divisa da
Letter Bee fornita insieme all’annuncio dell’esame passato a pieni
voti. Costui fece un cenno di saluto sorridendo e ringraziando per il
complimento.
- Aria Rink. - Continuò il
direttore. La ragazza aveva biondi e lisci capelli sciolti, in
mano il cappello, come anche gli altri. Una bella ragazza dall’aria
gentile e sorridente.
- Jiggy Pepper. Ci aspettiamo molto
anche da te, hai dimostrato eccellenti doti nell’uso del cuore. - Erano
andati tutti bene, ma i due ragazzi erano spiccati per le loro doti di
gestione dell’energia, cosa che solitamente si imparava con anni di
esperienza sul campo e soprattutto maturando. Loro, nonostante fossero
dei ragazzi giovani, sapevano già manovrare molto bene il proprio
cuore. Jiggy non fece cenni e non sorrise. Aria seria, occhi azzurri e
sottili, capelli mal gestiti castano rossicci che gli incorniciavano
disordinati il viso magro e per nulla amichevole.
- Vi presento Largo LLloyd,
forse lo conoscete già. È al momento uno dei nostri Bee più esperti. -
Il ragazzo dai capelli biondo cenere, lunghi fino alle spalle e gli
occhiali. Aria enigmatica, sorriso enigmatico. Fece un cenno e li
salutò, Jiggy lo guardò senza espressioni, Aria fece un passo di lato
verso Gauche, suo amico d’infanzia. I due insieme avevano deciso di
diventare Bee e si conoscevano molto bene. Gauche sorrise per il gesto
diffidente della ragazza, ma non disse nulla.
- Oggi è il vostro primo giorno di
lavoro, per cui vi darò io gli incarichi, da domani andrete in
segreteria. Per il primo incarico voglio che lavorate in coppia, per
prendere la mano. Andrete in zone mediamente pericolose. Aria lavorerai
con Largo, ti affido al nostro miglior Bee. Tu Jiggy con Gauche poiché
avete dimostrato già ottime doti e penso che vi troverete bene insieme.
Ecco i pacchi delle lettere da consegnare. Ricordatevi la firma di
ricevuta. -
Con questo li congedò senza troppe
cerimonie, ritenendo che consegnare in coppia come primo giorno
ufficiale era già un bel regalo che gli faceva.
Quando i quattro uscirono, si
guardarono sorpresi proprio per il fatto che sarebbero andati a coppie.
Aria, un po’ delusa, disse a Gauche che le sarebbe piaciuto fare il
primo giorno con lui, ma Largo le mise un braccio intorno alle spalle e
sorridendo le disse spavaldo che ci avrebbe pensato lui a lei. Aria lo
guardò severa e si scrollò da lui.
- Non ho bisogno di una guardia del
corpo, me la cavo bene. È solo che avevo piacere ad andare con lui! -
Largo non si perse d’animo e continuò ad avvicinarsi un po’ damerino:
- Sarà mio dovere farti sentire al
sicuro! - Aria sospirò seccata ed alzando gli occhi al cielo partì
stringendo il pacco di lettere da consegnare nella loro zona, dopo
alcuni passi inciampò e cadde, presa al volo da un pronto quanto mai
sorpreso Largo che le impedì di prendere una bella botta al sedere.
- Vedo come te la cavi bene da
sola! - Commentò sarcastico. I due andarono senza salutare, facendosi
sentire in tutto l’enorme Alveare di Yusari.
Gauche e Jiggy rimasti soli si
guardarono, uno sempre col sorriso gentile stampato in faccia e l’altro
serio.
- Diamoci una mossa, abbiamo un po’
di strada da fare! -
Disse freddamente infilandosi il
cappello in testa, imitato da Gauche che lo seguì incuriosito da quella
strana figura misteriosa.
- Chi è il tuo Dingo? - Chiese
riunendosi a Lode, il suo lupo, che l’aveva aspettato fuori
dall’ufficio del direttore. - Il mio si chiama Lode. - Disse
indicandogliela. Jiggy non si girò a guardare e non rispose subito. Una
volta fuori, fischiò verso l’alto e nel giro di pochi secondi un
meraviglioso falco planò sulla sua spalla.
- Harry. - Rispose senza guardare
la sua faccia meravigliata.
- Wow, è davvero molto bello!
Complimenti! - Jiggy non disse nulla e silenzioso si avviò verso la
stazione, alla ricerca di una carrozza che li avrebbe potuti portare a
destinazione.
L’alveare forniva anche il
biglietto del viaggio per chi non poteva viaggiare in modo
indipendente.
Gauche lo seguì mentre saliva su
una carrozza, capendo che non sarebbe stato un viaggio molto
comunicativo.
- Tu da dove vieni? Io vivo poco
distante da qua… - Cominciò Gauche stufo di stare lì in silenzio già
dall’inizio.
Jiggy rispose col nome di un paese
di Yodaka, piuttosto lontano da lì. Gauche rabbrividì.
- Ne avrai visti di gaichu… -
Commentò sapendo che in quella zona ce ne erano molti.
Jiggy alzò le spalle.
- Dopo un po’ ti abitui ed impari i
sistemi per evitarli. - Gauche lo guardò sorpreso della sua
indifferenza, ma almeno aveva parlato, era già una bella conquista,
pensò felice.
- A parte che con l’esame per
Letter Bee io non ne avevo mai visti, per fortuna. Vivo in una zona
abbastanza protetta… - Cominciò a spiegare. - Ma ne hai già dovuti
affrontare, a parte che in esame? - Ma quando lo guardò in attesa di
una risposta, lo vide pallido come un cadavere, tutto teso e contratto,
le braccia conserte strette e dure. - Jiggy, stai bene? - Chiese
notando chiaramente che stava male.
Jiggy fissava dritto davanti a sé
senza vedere niente e nessuno, all’ennesimo saltello della carrozza
trainata da due cavalli, si alzò, si sporse fuori dal finestrino e
vomitò. Gauche rimase esterrefatto e senza parole ad assistere alla
scena, quando Jiggy tornò seduto dentro aveva un’aria che era peggio di
uno zerbino, tornò alla posizione rigida di prima cercando quel
contegno che ormai era andato bello che perso.
- Soffri di mal di carrozza? -
Jiggy voleva negare l’evidenza ma sapeva avrebbe fatto una figura
peggiore, così stizzito rispose:
- Non si nota? - Gauche a quel
punto non trattenne un risolino.
- Scusa, ma hai un’aria così tutta
d’un pezzo che vederti così è in qualche modo divertente! Non avrei mai
detto che il tuo punto debole erano i trasporti! - Jiggy lo fulminò col
suo sguardo peggiore e Gauche smise di ridere e tornò a scusarsi. -
Perdonami, non lo faccio più. Mi farò perdonare. - Anche se non era
chiaro come avrebbe potuto.
- Avrai debolezze anche tu! Tutti
ne hanno! - Commentò seccato per essere in qualche modo in svantaggio
rispetto a lui. Come se fosse impensabile mostrarsi con punti deboli.
Gauche in poco inquadrò il suo carattere e con un certa abilità iniziò
le contro misure.
- Certamente, io ad esempio non ho
il senso del gusto. Per me i sapori sono tutti uguali. Tutti mi dicono
che mangio schifezze senza fare una piega. - Jiggy lo guardò torvo,
mentre cercava di domare un altro conato di vomito.
- Puoi evitare di parlare di cose
che mi fanno vomitare più di questa carrozza? - Lo rimbeccò. Gauche
sorrise scusandosi ancora.
- Hai ragione. Dunque… punti
deboli… ecco, sì! - Ci pensò un po’, poi se ne uscì trionfante: -
Preferisco i ragazzi alle ragazze! - Questo ebbe il potere di
sorprendere totalmente Jiggy che smise di avere la nausea per un
momento proverbiale. - Ma non dirlo in giro, è un segreto che non sa
nessuno! - Jiggy rimase ebete a fissarlo, la prima espressione vera e
propria che gli vide. Un’espressione un po’ buffa che Gauche non
avrebbe mai dimenticato, che mostrava il suo viso affilato, un po’
duro, ma affascinante ed interessante.
Poi la carrozza saltò ancora e lui
tornò a vomitare.
- Dovresti stenderti a terra, senti
meno i salti… - Suggerì Gauche sinceramente preoccupato. Jiggy non
voleva fare la parte del debole, addirittura stendersi a terra. Gli
piaceva fare una certa figura, sembrare forte lo aiutava a diventarlo.
Certe cose erano per i deboli, i sentimenti, le lacrime, i sorrisi, le
amicizie. Lui doveva essere produttivo, pratico, forte. Certe perdite
di tempo non erano per lui.
Però all’ennesimo conato, si stese
per terra e Gauche, sorridendo, si sedette giù con lui per non farlo
sentire inferiore, capendo com’era il tipo poteva essere una mossa
vincente.
- Ecco, metti questo sotto la
testa. - Gli diede la propria borsa a tracolla e gliela sistemò sotto
la nuca. Jiggy non aveva più le forze per opporsi e appena vide che
l’operazione l’aiutò davvero, si sentì molto meglio.
- Penso che ci siano soluzioni per
questo genere di problema, no? Forse qualche erba medica? - Suggerì
senza saperne abbastanza. - Magari se vai dal dottore dell’Alveare… -
Jiggy alzò le spalle.
- Appena ricevo il primo stipendio
mi prendo un cavallo di ferro. - Fu la prima volta che Jiggy si aprì
davvero di sua volontà senza essere costretto da qualche domanda. Che
poi avrebbe potuto rifiutarsi di rispondere, ma l’aveva sempre fatto.
Del resto Gauche non era proprio fastidioso come certe altre persone.Un
po’ impiccione, forse, ma abbastanza passabile.
- Ma quelli li devi alimentare col
tuo cuore attraverso un’ambra spirituale, come si fa con le armi… - Gli
fece presente Gauche, sorpreso della sua idea. Lo guardava da seduto,
mentre lui rimaneva steso e addirittura con gli occhi chiusi, trovando
più facile non fissare nulla. Lo stomaco cominciava a dagli tregua.
- Lo so, ma sono capace di gestire
il cuore. Se devo stare male ogni giorno che porto lettere, finisce che
non riesco a sparare nemmeno un proiettile quando scendo da qui! - Il
suo ragionamento era molto più logico.
- Ed in quel cavallo di ferro non
soffri il mal di trasporto? - Chiese curioso. Jiggy alzò le spalle.
- È un’altra cosa. Mi è capitato di
salirci su una una volta. È quello che fa per me! -
Rispose sicuro di sé. Gauche lo
osservò ammirato, sorpreso che alla fine si fosse sciolto con lui e
seguendo un impulso indomabile, gli sistemò alcune ciocche disordinate
di quel bel color rossiccio, sparsi sulla propria borsa blu scuro.
Jiggy sentì il gesto delicato ed
intimo delle sue dita, non aprì gli occhi e non si oppose. Fu investito
da un piacevole formicolio che si espanse dalla testa al resto del
corpo ed in breve si sentì anche meglio.
- Sai, io faccio il Letter Bee
perché è il lavoro più retribuito e se lavori bene puoi fare carriera e
guadagnare anche più soldi. Mio padre è morto recentemente, mia madre
Silvet è appena rimasta incinta ed ora spetta a me occuparmi di lei e
della mia futura sorellina o fratellino. Perciò mi sono deciso a fare
l’esame di Letter Bee. - Il silenzio calò fra loro, solo il rumore
della carrozza che dal pavimento si sentiva meno traballante. Jiggy
aprì gli occhi e li posò su quelli tristi di Gauche, tristi come il
sorriso che aleggiava sul su viso mentre cercava di essere forte.
- Come è morto? - Quella fu la
prima domanda che Jiggy pose a Gauche.
- Un incidente. - Rispose semplice
Gauche senza esagerare in discorsi che non aveva voglia di fare.
- Anche i miei sono morti. Ho
dovuto lasciare mia sorella minore in quel paese dimenticato da tutti
per il tuo stesso motivo. Il Bee è l’unico lavoro che paga davvero
bene. Devo guadagnare per loro. - Anche questo non glielo aveva chiesto
Gauche e i due si guardarono da quella posizione insolita, seri,
capendosi l’un l’altro molto bene.
- Io però lo faccio anche perché lo
trovo un bel lavoro. Consegni i cuori delle persone, le rendi felici.
Penso che sia appagante. - Aggiunse poi sempre guardandolo, reggendo il
suo sguardo intenso e non più ostile.
- Però è molto pericoloso.
Affrontiamo pericoli di ogni genere, per non parlare dei gaichu. - Gli
fece presente con un certo pragmatismo. Gauche sospirò ed annuì.
- Sì certo… ma ne vale la pena se
qualcuno ne trae della gioia, non credi? Non è la felicità che conta? E
anche se è quella di qualcun altro, poi quella diventa anche tua. -
Jiggy l’ascoltò mentre faceva filosofia a ruota libera, alla fine non
disse nulla, non avendo mai pensato all’aspetto della missione. Per lui
era solo stata una questione di soldi, nato e cresciuto in povertà,
aveva fatto sempre tutti i lavori possibili per aiutare la sua famiglia
composta da madre e sorella. Il padre era morto che erano piccoli e sua
madre per aiutare i figli si era messa con un altro uomo che Jiggy
aveva rifiutato. Era rimasto lì, ma senza vivere con loro. Rimaneva in
contatto con la sorellina a cui dava i soldi che guadagnava coi lavori
di fortuna giornalieri perché il patrigno non si occupava di loro. Poi
quando aveva capito che per aiutarli davvero doveva allontanarsi per
fare il Letter Bee, per quanto dura era stata, l’aveva fatto. Adesso
c’era riuscito, ma gli ci voleva ancora un po’ per raccogliere i
frutti. Non si sarebbe fermato davanti a niente. Sarebbe diventato
forte ed un bravo Letter Bee per aiutare la sua famiglia, questa era
l’unica cosa che contava davvero.
Quando finalmente arrivarono, Jiggy
ci mise un po’ a riprendersi, lo stomaco era ancora tutto sotto sopra e
Gauche non lo prese in giro, ma aspettò paziente che riprendesse colore
dandogli un po’ d’acqua da bere.
Jiggy l’accettò e quando cominciò a
sentirsi meglio, si avviò con Gauche verso il primo paese dove avevano
delle consegne.
La qualità migliore di Gauche era
quella di non essere un gran chiacchierone, sapeva stare in silenzio ed
essere discreto e questo Jiggy lo apprezzava molto. Tuttavia sapeva
anche parlare, chiaramente, e riusciva a farlo fare anche al silenzioso
collega.
Per il primo paese le consegne
andarono bene, se le divisero per fare prima ed una volta concluso si
ritrovarono alle soglie per passare al prossimo.
Fra uno e l’altro c’era un po di
strada da fare e siccome era zona gaichu, seguiti rispettivamente
da Lode ed Harry, uno in cielo ed uno accanto a Gauche, si avviarono
insieme.
Fuori dal paese, il buio divenne
sempre più intenso, ma grazie a questo alzando la testa verso il cielo,
potevano godere di un miglior spettacolo.
- Qua il cielo è più scuro. -
Commentò Gauche che non era mai stato così lontano da casa tanto da non
vedere molto bene per terra.
- Il sole è lontano. - Commentò
logico Jiggy senza guardare in alto.
- Ma hai mai visto così tante
stelle? Da Yusari il cielo non si vede così bene, la luce del sole
artificiale attenua un po’ e non si vedono così tante! - Commentò
Gauche. - Guarda che belle che sono! - Jiggy stava per guardare in
alto, quando il verso di Harry che sorvolava il cielo lo mise in
allerta e senza esitare afferrò Gauche per il braccio e lo strattonò
spingendolo contro la parete rocciosa che stavano costeggiando. Gauche
sorpreso e per nulla pronto, si prese una botta, poco dopo vide il
proiettile di Jiggy partire verso il burrone dall’altra parte della
parete rocciosa. Un secondo dopo, il gaichu faceva un salto in alto
staccandosi dal precipizio dove era salito attirato dai cuori delle
loro lettere. Colpito, ma non nel punto debole,cadde proprio davanti a
loro due. Lode in posizione a difendere Gauche, Jiggy la pistola in
mano che aveva appena sparato fermo davanti a lui, automaticamente,
senza nemmeno che ci avesse pensato un secondo.
Appena lo vide, lo riconobbe subito
e chiamò il gaichu col suo nome.
- Il suo punto debole è nella coda!
- Disse Gauche riprendendosi immediatamente, prendendo in mano la sua
pistola sparacuore.
Un istante dopo erano entrambi uno
di fianco all’altro a fissare il gaichu che, ripresosi dal primo colpo,
tornava alla carica.
- Dobbiamo separarci. Io lo
distraggo, tu gli vai dietro e gli spari alla coda! - Ordinò deciso
Jiggy, approfittando del fatto che erano in due.
Gauche annuì e accucciandosi contro
l’angolo della parete del sentiero non molto largo che stavano
percorrendo per passare da un paese all’altro, si preparò allo scatto
per passargli dietro appena il gaichu si sarebbe distratto.
Jiggy così si mise a correre nella
direzione opposta e una volta sufficientemente lontano, gli sparò sul
muso. Questo ovviamente attirò l’enorme animale che gli andò dietro,
affamato di altro cuore.
I proiettili della sparacuore erano
frammenti di cuore di chi sparava. La piccola pietra spirituale posta
nella pistola faceva da tramite, prendeva l’energia della persona che
sparava e la gettava fuori, chi la possedeva doveva indirizzarla nel
punto preciso.
Il gaichu era un enorme insetto
gigante attirato proprio dal cuore degli altri, perché lui non ne
possedeva, perciò sparandogli contro lo si attirava poiché gli si dava
esattamente ciò che voleva. Energia.
Il gaichu lo inseguì e Jiggy si
voltò per vedere se il piano funzionava, riuscì a intravedere Gauche
che si infilava dietro, una volta fattosi superare dal mostro.
Lo vide prendere la mira e caricare
il proiettile, così Jiggy si buttò a terra di schiena e sparò anche lui
sul davanti, per tramortirlo e distrarlo. Nello stesso momento, il
proiettile di Gauche risuonò nella coda ed esplose dentro il gaichu che
morì andando verso il dirupo al loro fianco. L’animale lì esplose in
mille piccole stelle d’energia, ma nessuna di esse si posò su di loro.
Jiggy si lasciò andare a terra
sospirando di sollievo per avercela fatta, poco dopo Gauche lo
raggiunse per vedere se stava bene.
- Tutto ok? - Chiese preoccupato
nel vederlo steso. Jiggy però stava lì perché lo sguardo era rimasto
attratto dal cielo stellato e a quel punto gli tornò in mente quello
che aveva detto prima dell’arrivo del gaichu.
- Hai ragione, è un bel cielo da
qua. È uguale a quello che vedevo io da piccolo, nel mio paese. - Un
altro piccolo tassello donato gratuitamente e di sua volontà. Gauche
rimase stupito della condivisione e del suo lasciarsi andare. Vide uno
sguardo nostalgico in quegli occhi azzurri e sempre freddi.
Gauche si sedette a terra accanto a
lui, stendendosi con lui, poi prese dalla borsa a tracolla un panino,
ne spezzò un pezzo e lo diede a Jiggy il quale senza ribattere
l’accettò e lo mangiò. Rimasero stesi ad osservare il cielo mentre si
prendevano una giusta e meritata pausa, mangiando un boccone.
- È proprio bello, eh? - Ripeté
Gauche rivolto al cielo stellato. Jiggy girò lo sguardo su di lui, sul
suo viso sereno e felice solo per l’essere lì a guardare le stelle.
- Davvero bello. -
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Capitolo 2 *** Maledettamente carino ***
la_proporzione_perfetta2
*Ecco il secondo capitolo. E'
bello scrivere su Jiggy, si sa un po' ma non troppo perciò ho potuto
spaziare molto. Poi la logica dice anche che per avere quel carattere
duro e difficile, deve avere avuto un infanzia non facile. Il verso
della canzone scelto era specifico al femminile, ma a parte il
dettaglio ho rivisto molto Jiggy, così l'ho usato lo stesso. Oltretutto
quella canzone era una di quelle che ascoltavo quando scrivevo (la mia
famosa playlist per il fantasy...). Il disegno è sempre una fan art
della rete, anche se nella mia fic a questo punto lui non ha ancora né
moto né cicatrice. A proposito della moto... il così detto cavallo di
ferro credo l'abbiano fornito l'Alveare a Jiggy, ma ho voluto fare
questa cosa che leggerete. Insomma, in questo capitolo delineo più
Jiggy, entriamo piano piano nel suo mondo per capire meglio le sue
fisse ed i suoi modi di fare. Buona lettura. Baci Akane*
2. MALEDETTAMENTE CARINO
"Apri i tuoi occhi e guarda fuori, cerca
di trovare uno scopo (alla
vita)sei stata rifiutata, e adesso non riescia trovare quello che hai
lasciato dietro sii forte, sii forte, adesso troppi problemi, troppi
problemi. non so a quale posto appartiene, lei appartiene. lei vuole
andare a casa, ma la casa di nessuno è dove lei sta, distrutta dentro
senza nessun posto dove andare, nessun posto dove andare, per
asciugare i suoi occhi, distrutta dentro"
/Nobody's
home - Avril Lavigne/
A fine giornata i Bee
tornarono all’Alveare con le ricevute, facendo rapporto. Quando Largo e
Aria videro arrivare Jiggy e Gauche parlando insieme, rimasero stupiti
e si fermarono dal fare quel che facevano.
Gauche sorrideva e Jiggy aveva una
strana cera, si teneva lo stomaco come se avesse qualche problema, ma
arrivati in segreteria, li incontrarono e smisero di parlare.
Gauche salutò cortesemente i due
colleghi e Jiggy non fece nemmeno un cenno, come se loro non ci
fossero.
- Allora è andato tutto bene, mi
pare! - Disse Largo a Jiggy allusivo. Jiggy alzò le spalle fingendo di
non avere per nulla la nausea per il viaggio di ritorno.
- Facile! In due è una passeggiata!
- Si concesse per dare più forza a quel che diceva.
Largo sembrava riferirsi a ben
altro, ma Gauche partì col resoconto dei gaichu incontrati. Non disse
nulla del mal di trasporto di Jiggy.
- Anche noi abbiamo affrontato dei
gaichu, ma è andato tutto bene! - Disse Aria. Largo poi si intromise
mettendole un braccio intorno alle spalle.
- Ehi, ma sapevate che lei suona il
proiettile? Lo crea suonando il violino! Non spara con una sparacuore!
- Era rimasto sorpreso di quella scoperta, ma Gauche chiaramente lo
sapeva.
- Certo che lo so, è molto brava a
suonare, vero? -
- Ed anche a cadere! - Commentò poi
senza pietà, ridendo di un’imbarazzata Aria.
- É un po’ distratta in effetti… -
Rispose Gauche cercando di essere meno impietoso.
- Un po’? Fortuna che ha il suo
dingo, altrimenti non arriverebbe più! La sorregge tutte le volte, è
come se avesse un sesto senso per le sue cadute! - I tre parlarono
spediti di Aria, delle prime missioni dei tre nuovi e dei rispettivi
difetti, ma al momento di dire se anche Jiggy ne aveva visto che se ne
stava lì zitto senza spiccicare parola, Gauche alzò le mani in alto.
- So che sembra impossibile, ma non
ha mostrato debolezza! È impeccabile! Spero di fare altre consegne con
lui, è un ottimo partner! - Con questo sorrise a Jiggy che lo guardò
stupito del fatto che non l’avesse preso in giro in merito al suo mal
di trasporto.
Largo notò quello scambio
impercettibile, come notava molte cose e se le annotava mentalmente.
Aria ovviamente non si rese conto
di nulla.
Quando poi si salutarono uscendo
insieme, Largo trattenne un attimo Aria.
- Ma quei due? - Chiese sorpreso.
Aria, ingenua, chiese:
- Cosa? -
- Insomma, vanno che sono
sconosciuti e tornano che sono amici! Jiggy parlava con Gauche quando
siamo arrivati! E c’era intesa! - Aria alzò le spalle.
- È impossibile non fare amicizia
con Gauche! - Per lei non c’era nulla di strano, ma Largo ovviamente
stava andando già oltre.
Gauche uscito fuori accompagnato da
Jiggy, prese verso sinistra, per tornare a casa, poco fuori la città.
- A domani! - Salutò Jiggy che
invece rimaneva incerto prima di prendere una direzione.
- Sì… ciao… - Salutò distratto il
giovane. Gauche si fermò e lo guardò grattarsi la nuca, poi aprire la
borsa e tirare fuori i propri spiccoli. Infine sospirò.
- Problemi? - Jiggy, che pensava di
non essere visto, si ricompose.
- No, no… - Mise via e fece per
avviarsi.
- Mi sembravi in difficoltà… -
Ormai Gauche aveva imparato a tradurre i suoi impercettibili momenti di
espressione. Jiggy esitò, poi alzò le spalle.
- Tutto bene. - Con questo si
avviò, cercando di essere indifferente. Ma Gauche, seguendo un istinto,
insistette ancora.
- Hai bisogno di un prestito?
Guardavi i soldi, forse non sei riuscito a fare la spesa? - Non
riusciva a capire, aveva intravisto un reale problema nel suo viso
serio. Jiggy tornò a guardarlo e pensando che non avrebbe mai mollato,
si decise a rispondere. Forse perché sentiva, dentro di sé, che di lui
poteva davvero fidarsi.
- Non ho ancora i soldi per
affittare una camera o un appartamento. - Gauche si fece serio e
preoccupato.
- E dove dormi? - Jiggy si strinse
nelle spalle.
- Fuori città. - Gauche inarcò le
sopracciglia senza capire. - All’aperto! - Esclamò allora seccato
Jiggy, non felice di mostrare quell’enorme debolezza. Ma prima era
stato corretto, per cui poteva fidarsi.
Gauche, realizzandolo, si prese il
viso fra le mani.
- Cosa?! - Disse scandalizzato,
impallidendo. Jiggy si avviò.
- Non sono problemi, guardavo
quanti soldi ho prima dello stipendio. Devo mangiare almeno una volta
al giorno. - Vedendo che andava verso l’esterno della città e non verso
una locanda od un’osteria, capì che non avrebbe mangiato.
Infatti lo seguì.
- E perciò oggi non mangerai di
nuovo? - Jiggy alzò ancora le spalle indifferente.
- Una dormita mi basterà. Poco
distante c’è una radura con un lago, mi rinfrescherò. Tanto il mese
passa in fretta. - Mise di fila più di un paio di parole per
convincerlo che non c’erano problemi, ma a quel punto Gauche lo afferrò
per il braccio e se lo tirò verso la propria strada usando anche una
certa forza.
- Andiamo, ti ospiterò io finché ti
servirà! - Disse deciso.
- Non se ne parla, posso
arrangiarmi! - Ma Gauche alzò la voce seccato.
- Non ti farò fare lo straccione!
Non ci dormirei la notte! Ho una camera grande, ci starai senza
problemi! A mia madre andrà benissimo! -
Jiggy alla fine si decise ad
accettare.
- Potevo cavarmela. Non ho vissuto
tanto meglio prima di venire qua. - Spiegò per convincerlo che andava
bene lo stesso. Ma Gauche non volle sapere ragioni.
- Ma adesso hai me. Se non recuperi
le forze come potrai lavorare tanto per guadagnare abbastanza per te e
per loro? - Jiggy rimase colpito dalla sua presa di posizione e
dal suo ‘adesso hai me’.
A quel punto si zittì e non
insistette. Gauche sentendo che non tirava, lo lasciò ed i due
camminarono insieme verso casa e Jiggy apprezzò una volta di più la sua
capacità di stare in silenzio in certi momenti. Quelli in cui aveva
bisogno di realizzare quanto bello fosse qualcosa che stava vivendo.
Sorprendentemente bello.
“Forse non ci sono solo difficoltà
da superare. Forse ogni tanto capitano anche cose belle.”
Pensò stordito da quella strana ma
bella sensazione.
La madre di Gauche era molto
gentile. La pancia leggermente gonfia si cominciava a vedere, lui
ricordò quella della propria madre, quando aveva partorito la sorella.
Aveva sensazioni contrastanti con il concetto di gravidanza. Da un lato
gli piaceva avere una sorella. Dall’altro se sua madre non si fosse
ritrovata incinta e vedova, non avrebbe accettato la compagnia di un
altro uomo. Quell’uomo che l’aveva fatto andare via di casa per non
doverlo sopportare un minuto di più.
- Meno male che non volevi mangiare
di nuovo! - Commentò ironico Gauche vedendo che poi Jiggy aveva
prosciugato il piatto. Questi lo guardò senza imbarazzarsi.
- Quando non sai se puoi mangiare
sempre, non sprechi nulla. -
Gauche sorrise dolcemente.
- Vieni, ti mostro il bagno e la
camera, hai qualche vestito? - Guardò la borsa con cui girava, che
aveva lasciato all’ingresso. Jiggy si strinse nelle spalle.
- Un paio… - Gauche non fece una
piega pensando che se avesse di nuovo fatto facce scandalizzate, si
sarebbe potuto sentire inferiore e da quel che aveva capito di lui, era
una cosa che odiava.
- Ti presterò qualcosa io, abbiamo
la stessa taglia. -
Jiggy chiuse gli occhi ed esitò
prima di alzarsi dal tavolo, la madre girata verso il lavandino che
lavava i piatti.
- Non voglio disturbare troppo. -
Gauche sorrise ancora, gli prese la borsa e salì le scale.
- Ho sempre sognato avere un
fratello coetaneo. - Jiggy alla fine si arrese e lo seguì, dopotutto
gli stava dando aiuto senza mostrarsi superiore, non glielo stava
facendo pesare. Era così naturale nel suo dargli quel che gli
necessitava.
- Quindi un gemello. - Precisò
pignolo. Gauche alzò le spalle.
- Anche! - Jiggy fece un cenno di
sorriso, poi entrò nella sua camera dove adagiò sul letto la sua borsa.
- Sistemerò un materasso per terra.
- Jiggy lo precedette.
- Dormirò io per terra. - Rimase
serio nel dirlo, non ammetteva mai repliche quando diceva qualcosa.
Gauche si grattò la nuca chiara e spettinata con un sorrisino buffo.
- Immagino non posso convincerti
del contrario. - Jiggy non lo guardò nemmeno, andò alla borsa e tirò
fuori l’unico altro paio d’abiti che aveva, che provvedeva a lavare e
asciugare quando serviva con mezzi di fortuna.
- Perciò quando dicevi ‘un paio’
era proprio un paio? - Chiese Gauche vedendo che si toglieva la camicia
della divisa da Bee. Jiggy non rispose e si sfilò anche i pantaloni.
- Ti ripagherò per la cortesia.
Appena mi arriva lo stipendio andrò per conto mio. - Gauche scosse il
capo e gli indicò la porta del bagno, appena fuori dalla camera.
- Non sono problemi, sono felice di
avere un fratello! - Ribadì gentile. Jiggy uscì, lo superò e gli lasciò
uno sguardo sottile intenso, che non seppe interpretare e che lo lasciò
senza fiato, come ormai spesso succedeva quando i due incrociavano i
loro occhi.
Rimasto solo, Gauche sorrise e si
toccò le guance per assicurarsi di non essere arrossito troppo.
Fortunatamente aveva un buon controllo di sé, cosa che non guastava.
Al suo ritorno Jiggy trovò alcuni
abiti da casa su una sedia ed un letto pronto per terra.
- Mi sono preso la libertà di far
lavare la tua divisa insieme alla mia. - Disse Gauche prendendo il
cambio per andare a lavarsi a sua volta dopo di lui.
Jiggy rimase incerto, ma alla fine
decise che non poteva discutere su tutti gli atti di gentilezza di quel
ragazzo, potevano essere pesanti.
Però era sempre più deciso a
ripagarlo.
Quando Gauche tornò dal bagno,
Jiggy era steso nel proprio letto per terra, sotto le coperte, le mani
sotto la nuca, i capelli spettinati che spiccavano sulle lenzuola
bianche.
Gli sorrise. Sorrideva sempre quel
ragazzo. Aveva un sorriso gentile e genuino. Non faceva le cose per
dovere, per educazione o per un tornaconto. Le faceva perché voleva
farle.
Per questo gli piaceva.
Si sistemò nel proprio letto,
vicino al suo, e si girò sul fianco sporgendo il viso per vederlo.
- Stai abbastanza comodo? - Chiese
piano.
Jiggy in compenso non sorrideva
mai, era sempre serio, era come se avesse dimenticato il sorriso. Forse
non l’aveva mai fatto.
“Magari a sua sorella…”
Si disse Gauche al suo cenno
affermativo.
- Come ti è sembrato il primo
giorno da Bee? - Chiese Gauche per fare un po’ di conversazione, non
voleva dormire anche se era stanco, aveva una specie di frenesia nello
stare in camera con lui. Gli piaceva, gli stava piacendo molto e se ne
stava accorgendo in modo inequivocabile.
Dormire poneva fine a quel momento
insieme e voleva prolungarlo il più possibile, con discrezione.
- Si può fare. - Rispose
pragmatico, pensando al lato pratico del lavoro. - Sapevo che era
difficile e sarà ancora più pericoloso, però si può fare. -
Gauche tornò a sorridere e fece
cadere la mano giù dal letto a giocare con le sue ciocche rosse sul
cuscino. Jiggy non lo respinse, era delicato. Piacevole.
- A me è piaciuto quando abbiamo
consegnato le lettere. Erano tutti così felici e sorpresi di riceverne.
In molti ci hanno chiesto se eravamo nuovi. Qualcuno era ostile, però
appena hanno visto la lettera che eravamo venuti a consegnargli, si
sono subito aperti. - Gauche vagò con lo sguardo altrove mentre giocava
coi suoi capelli provocandogli molti brividi di piacere. Jiggy non
poteva staccare gli occhi dai suoi, di quel colore così strano. Viola,
ma sotto una certa luce anche dai riflessi rossi. - La luce che si
accende in loro quando ne consegno una è bellissima. È come se
riprendessero a vivere! Lo trovo un lavoro bellissimo, non immaginavo
fosse così tanto appagante consegnare i cuori delle persone. - Jiggy
rimase colpito dal suo trasporto e lo invidiò. Lui metteva una barriera
fra sé e gli altri. Persino con sua sorella l’aveva messa. Perché
altrimenti non poteva fare quello che andava fatto. Se aveva legami con
qualcuno, non poteva riuscirci.
Doveva rimanere sempre lucido,
perciò qualunque concessione era fuori discussione per lui.
Eppure lo lasciava giocare coi
capelli.
E lentamente gli occhi si chiusero,
stanchi, pesanti, inebriato da un piacere insolito, mai provato. Da
quel contatto spontaneo, intimo, bello.
- Come sei puro. - Mormorò con voce
impastata mentre si addormentava. Forse in un certo modo sarebbe stata
una presa in giro, ma lì sembrò un complimento a Gauche il quale lasciò
cadere la mano e accolse il sonno a sua volta, felice di vedere il suo
viso segnato prima di dormire, felice di vederlo al mattino, quando
avrebbe riaperto gli occhi.
Aperti gli occhi, trovò la propria
mano stretta nella sua ed in un primo momento rimase inebetito a
fissarle, ma non la ritrasse.
Fece mente locale come se avesse un
sogno sulla soglia della mente da ricordare.
Poi sentì Jiggy lamentarsi nel
dormiveglia e si ricordò.
Si era lamentato nel sonno tutto il
tempo, agitandosi. Quando ad un certo punto aveva provato a svegliarlo
per calmarlo, Jiggy sentendo nel sonno la sua mano gliela aveva
afferrata stretta e solo a quel punto si era quietato. Aveva dormito in
quella posizione tutta la notte, sereno.
Gauche sorrise dolcemente, stava
per ritrarla pensando che uno come Jiggy si sarebbe sentito debole
svegliandosi con la mano nella sua, ma non fece in tempo. Il giovane
aprì gli occhi e come lui vide per prima cosa la sua mano.
Appena realizzò, la ritirò.
- Scusa, ti agitavi e quando ti ho
toccato per svegliarti mi hai preso la mano, ma visto che ti sei
calmato non l’ho tolta… - Spiegò subito Gauche tirandosi su sulle
ginocchia raggomitolate sotto di sé.
Jiggy fece un broncio e si sedette
stropicciandosi gli occhi sottili, i capelli ancor più spettinati.
- Ho incubi da quando mio padre è
morto. Mia sorella mi teneva la mano per calmarmi. - Poi pensò senza
dirlo, fissando per terra con sguardo duro:
“L’unico segno di debolezza. Mentre
dormivo. Da svegli non siamo mai stati così uniti. Certo non eravamo
disuniti. Eravamo normali, insomma.”
Gauche però non chiese nulla,
accettò quel po’ che gli aveva detto e si alzò sbadigliando e
stiracchiandosi.
- Dormito bene, comunque? - Chiese
facendo come se non fosse successo nulla. Jiggy l’apprezzò e si alzò a
sua volta uscendo dalla camera per andare al bagno.
- Molto bene, grazie. - Rispose
ricordandosi le buone maniere.
Gauche rimase ad aspettare fuori
dalla porta che Jiggy finisse, appoggiato alla parete, pensieroso al
ricordo dolce delle loro mani allacciate.
Sapeva che gli piacevano i ragazzi,
anche se non aveva mai avuto esperienze in quel settore. Così come
sapeva di piacere molto ad Aria, ma che lui invece provava solo del
semplice affetto fraterno.
“Quello che provo per lei è ben
diverso da quello che mi fa provare Jiggy!”
Pensò con le idee fin troppo
chiare.
Quando Jiggy aprì la porta, aveva
appena avuto quel pensiero e arrossì inavvertitamente.
- Stai bene? Hai la febbre? - Jiggy
gli toccò la fronte senza rifletterci, non un gesto da lui, troppo
attento. Quando lo toccò se ne rese conto tardi, aveva superato un
limite che non aveva mai superato con nessuno e che non avrebbe certo
voluto superare. Si era ripromesso di non legarsi, di non avere
contatti, di non avere motivo per essere debole.
Gauche rimase sorpreso, più rosso
che mai, senza più la capacità di controllarsi. E Jiggy, realizzando
che non era febbre ma imbarazzo, lo trovò carino. Arruffato, in
canottiera e pantaloncini. Rosso in un viso solitamente pallido.
“Maledettamente carino!”
Pensò ritirando la mano come se si
fosse scottato.
- No, mi sembra che non hai la
febbre. - Poi, rigido, andò oltre.
Gauche rimase sorpreso, chiuso in
bagno, a toccarsi la fronte.
Era la prima volta che aveva
riscontri su quel che aveva sempre pensato. Sapeva d’aver avuto certi
pensieri per alcuni ragazzi, ma lì era la prima volta che ne aveva
conferma. Che, avendo contatti con uno di loro, si sentiva rintronato e
al settimo cielo. Era proprio il suo mondo, quello gli piaceva, quello
lui era.
E, senza farsi grossi problemi,
l’accettò.
A colazione rimasero un po’ in
silenzio, poi la madre cominciò a parlare e le cose scivolarono via
come se fossero sempre state normali.
Dopotutto dipendeva solo da loro.
Jiggy e Gauche uscirono insieme di
casa e, mani in tasca, con la divisa completa e le lunghe sciarpe
bianche che scendevano intorno al loro collo, ripresero a conversare
discretamente, tranquillamente, amichevolmente, come se nulla fosse
successo.
Del resto ufficialmente non era
successo nulla.
- Sai, mi è venuto in mente che
conosco una persona… è un amico di famiglia, un fabbro. Sicuramente
costruisce cavalli di ferro, o quanto meno ne aggiusta. Sono mezzi rari
perché sono poco usati visto che funzionano con il proprio cuore e devi
saperlo quantificare, però sono certo che ne ha almeno una, magari
vecchia da aggiustare. Intanto che metti via i soldi posso chiedergli
se te ne prepara una, così quando potrai prenderla, sarà pronta! -
Jiggy rimase colpito dal fatto che si era ricordato di quel piccolo
dettaglio di cui gli aveva parlato. Alzò le spalle cercando di non
mostrare inclinazioni, sebbene dentro di sé fosse felice di sapere che
poteva avere davvero quel mezzo che aveva sempre sognato.
- Grazie, mi piacerebbe. - Un
piccolo segno verso di lui.
Un altro. Il cuore di Gauche
riprese a battere emozionato e accentuò il sorriso.
Con questo arrivarono all’Alveare,
dagli altri già lì che, di nuovo sorpresi, li fissarono in quella
dinamica chiaramente d’amicizia. E forse già qualcosa di più.
Se non altro per Largo era
evidente, non certo per Aria che era innamorata di Gauche.
- Vi siete incontrati qua fuori? -
Chiese la ragazza salutando l’amico.
Gauche guardò Jiggy per sapere se
poteva dire che era senza casa e che lo ospitava, ma pensando che
sarebbe stato un segno di debolezza che non voleva mostrare, evitò di
dire la verità.
- Sì, proprio qua fuori! - Largo
però assottigliò gli occhi e si sistemò gli occhiali, sicuro d’aver
percepito un’inclinazione sospetta nella voce.
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Capitolo 3 *** Ho te ***
la_proporzione_perfetta3
*Ecco un altro capitolo.
Torniamo nel mondo di Jiggy, così criptico, di cui non si sa molto.
Sappiamo che Jiggy deve il suo essere Bee a Largo Lloyd, ma non è mai
stato specificato nulla a tal proposito. Anche sulla sua infanzia si sa
poco se non che ha una sorella ed un fratello, di cui in certe
occasioni li definisce sorellastra e fratellastro, perciò ho spaziato
un po'. In questo capitolo ho creato un idolo nell'infanzia di Jiggy
collegato alla sua passione per il cavallo di ferro ed hai suoi modi da
tenebroso. Di Largo ce ne occuperemo più avanti. Buona lettura. Baci
Akane*
3. HO TE
"Seduti fuori
in attesa che le
parole arrivino Vivo la mia vita Cercando di fare ciò che è giusto E
spero in un giorno migliore Sai quelle parole che mi hai scritto mi
hanno portato in ginocchio E tutto ciò che sto dicendo è che... Sei a
casa Non sarai mai solo"
/Active
Child - Silhouette (Feat Ellie Goulding)/
Un’altra giornata di lavoro finì
nel migliore dei modi. Quel giorno erano andati da soli a consegnare
lettere, alcune vicine, altre un po’ più lontane. Entrambi avevano
affrontato alcuni gaichu ma se l’erano cavata bene.
Una volta concluso il turno di quel
giorno, Gauche e Jiggy salutarono ed uscirono insieme di nuovo,
lasciando Aria e Largo a guardare perplessi.
Giusto in tempo per sentire parte
del dialogo.
- Sai, oggi sono andato a
consegnare in un erboristeria. Ho provato a chiedere se avevano qualche
rimedio per il tuo problema… - Ma la porta si chiuse e Largo rimase con
la curiosità, nonché lo shock, per la realizzazione del fatto che Jiggy
avesse un problema e che Gauche lo stava aiutando a risolverlo.
- Non capisco cosa c’è di male se
sono amici. - Disse Aria fissando male Largo che faceva l’aria
esterrefatta.
- Nulla! - Esclamò lui allora. -
Sono loro che lo nascondono! - Aria sospirò e scosse il capo
andandosene a sua volta.
- Ecco, mi hanno dato questa erba
da sciogliere nel the prima di usare un mezzo, attenua i sintomi della
nausea! - Gli diede un sacchetto con le erbe, un sacchetto abbastanza
consistente. - Se funziona e te ne serve ancora, possiamo andare
insieme a prenderne!- Jiggy lo guardò e glielo riconsegnò.
- Non posso accettare anche questo.
- Gauche però glielo infilò in borsa.
- Il mio ospitarti è qualcosa per
cui mi ripagherai. Non è gratis. Questo invece è un regalo, voglio
fartene uno! - Jiggy sospirò lasciandosi andare di nuovo, suo malgrado
accettò.
- Allora ricambierò. - Gauche alzò
gli occhi al cielo.
- I regali non si ricambiano,
altrimenti non sono regali! - Jiggy si strinse nelle spalle rispondendo
indifferente, sebbene fosse colpito dai modi di quel ragazzo.
- Non sono abituato ad avere
debiti. - Gauche gli diede un pugno sulla spalla, il primo gesto di
stizza e rimprovero.
- I regali non sono debiti! Mi dai
la gioia di potertene fare uno? - Con questo Jiggy strinse le labbra e
lo guardò trovandolo di nuovo carino, come l’aveva trovato quella
mattina. Aveva dei momenti in cui si sentiva strano, accanto a lui.
Sorprendentemente bene. Non si era mai sentito così.
A quel punto si guardò intorno e
vedendo che lì nei pressi non c’era nessuno, gli tolse il cappello, gli
sistemò i capelli e rimase con la mano sulla sua nuca in quella che era
a tutti gli effetti una carezza.
Aveva seguito il suo istinto.
- Ti ringrazio. - Si decise, pur
senza sorridere. Gauche si bloccò e avvampò, rimase ebete a sentire
quelle mille sensazioni che lo invadevano da quello strano, bellissimo
gesto per nulla da lui. Così bello. Così intimo.
Jiggy, però, vedendolo così
imbarazzato e trovandolo ancora più carino, realizzò quale era quella
sensazione che provava da quando l’aveva visto la prima volta, dai loro
primi contatti.
La notò, la capì, la tradusse e
l’accettò senza perdere tempo.
E sorrise.
Con questo demolì definitivamente
Gauche che rimase imbambolato, fermo lì nell’angolo, rossissimo in
viso, senza la capacità di muoversi.
Jiggy gli rimise il cappellino da
Bee e riprese a camminare facendo finta di nulla.
“Ok, mi piace. Mi piace parecchio.
Ma posso gestirla, posso conviverci e gestirla.”
Con questo Jiggy si illuse che
sarebbe riuscito a non superare quei limiti che, ne era convinto,
l’avrebbero indebolito.
Si illuse, appunto.
Gauche rimase un attimo indietro,
inebetito da quel bel gesto inatteso, poi realizzando che si stava
allontanando, avanzò di corsa per riaffiancarlo, ricordandosi quello
che voleva fare prima che lo interrompesse…
- Senti, ti va di venire con me da
quell’amico di mio padre a vedere se ha un cavallo di ferro? -
Jiggy lo guardò mentre lo
affiancava trafelato, ancora un po’ deliziosamente rosso in quel suo
viso sempre pallido, poi annuì.
I due arrivarono insieme
nell’officina poco fuori città. L’officina era un garage di medie
dimensioni situato accanto ad una casa, Gauche entrò nel garage per
primo, seguito dal solito silenzioso e discreto Jiggy.
Il garage era pieno di
cianfrusaglie, come un vecchio antiquariato, con la differenza che
erano tutte cianfrusaglie da aggiustare. Di ogni tipo. Soprammobili,
materiale, strumenti.
Jiggy rimase impressionato dalla
quantità di roba che c’era e per poco pensò che qualcosa potesse
cadergli in testa e soffocarlo.
- Signor Ogure? - Chiamò Gauche
senza vederlo. Lo richiamò una seconda volta e a quel punto un rumore
da un punto imprecisato li fece girare. Il rumore divenne una piccola
frana che i due ragazzi seguirono, quando lo raggiunsero, l’alzarono
fino a trovare un piccolo signore intorno ai cinquant’anni, basso e
mingherlino, gli occhiali spessi e tondi, pochi capelli brizzolati
sulla testa, tutto sporco.
Quando Gauche lo rimise in piedi
sorridendo, il signore lo guardò e lo riconobbe.
- Oh, Suede! Che piacere rivederti!
Cosa ti porta in questo disastro? -
Gauche continuando a sorridere, si
raddrizzò e gli indicò Jiggy.
- Lui è il mio amico Jiggy Pepper.
Ha un lavoro da commissionarti. - Jiggy sentì del calore sentendo che
lo chiamava ‘amico’, ma come sempre non fece pieghe.
Ogure allora spostò lo sguardo su
di lui e notandolo lo salutò gentile.
- Piacere Pepper! Dimmi tutto! Come
posso esserti utile? -
Jiggy a quel punto spiegò quello
che cercava, specificando che non poteva acquistarla subito e che se
costava troppo, l’avrebbe pagata a rate.
Appena spiegò quel che voleva, cioè
un cavallo di ferro che funzionava col cuore, il signor Ogure si
illuminò tutto e come se tornasse bambino, cominciò a scavare nel mezzo
delle mille cianfrusaglie del suo garage, buttando all’aria, alla
ricerca di qualcosa.
- Ecco qua, vieni, vieni da questa
parte! Non avrei mai immaginato di trovare una persona con questa
passione in grado di usarla! L’ho costruita perché mi piaceva, ma
pensavo l’avrei esposta e basta, sapere che può essere usata mi riempie
di gioia, così tanta gioia che non immagini. -
Ogure mostrò loro un cavallo di
ferro già pronto, solo da ritoccare. Era grande, coi manubri alti, il
sedile lungo, imbottito e comodo dove ci si poteva salire in due. Nel
serbatoio lo spazio per l’ambra spirituale.
Jiggy, quando la vide, rimase di
sasso e per una delle rare volte mostrò sorpresa e meraviglia. Gauche
vide chiaramente i suoi occhi brillare, accendersi e diventare vivi.
- Ma questa… - Ogure capì dalla sua
reazione.
- L’hai già vista? - Chiese sapendo
che poteva essere possibile. Jiggy annuì.
- Quando ero piccolo un Bee è
venuto su questo stesso cavallo di ferro, tutto nero. Era un Corriere
Espresso. Sembrava così forte su questo gigantesco cavallo! - Gauche
rimase shoccato da quella sua condivisione, ma anche dal modo in cui
l’aveva raccontata. Poi proseguì dispiaciuto, toccando il manubrio
impolverato.
- Purtroppo quando sono venuto a
fare l’esame da Bee, mi hanno detto che lui era morto in un attacco di
gaichu. - Gauche si riempì di tristezza, ma Ogure rimase sorridente,
come colpito da un’apparizione.
- Quel ragazzo adorava questo
posto. Ha costruito lui il cavallo di ferro, con me. È una sua idea,
non ce ne sono molti in giro, perché devi essere in grado di gestire il
tuo cuore. Era un mio caro amico. - Il silenzio calò, nessuno parlò di
come era morto, di qualche triste dettaglio. La malinconia li avvolse
nostalgica. Poi il signor Ogure si riprese carezzando il mezzo. -
Sarebbe felice di vedere che qualcuno lo usa. Ed io sarei orgoglioso di
aggiustarlo per te. - Gauche sorrise anche per Jiggy, commosso, mentre
lui dopo aver guardato con morbidezza quello che sarebbe stato il suo
grande compagno per sempre, tornò a guardare Ogure e chinando il capo,
accettò.
- Sarei onorato di avere proprio il
suo. - Disse con formalità. - tornerò a prenderlo quando avrò il primo
stipendio, così parleremo anche di prezzi… - Ogure scosse il capo.
- Lo prenderai domani, non mi ci
vorrà molto per rimetterlo in sesto! - Jiggy si irrigidì.
- Ma non posso ancora pagare… -
Ogure allora mise entrambe le mani sul cavallo di ferro.
- Non importa, lo farai con calma
quando potrai. Intanto voglio che lo usi, mi dai la gioia più grande.
Torna domani e l’avrai! - Con questo Ogure si mise a lavorare sul
mezzo, senza ammettere repliche.
Jiggy non trovò modo di rifiutarsi
e sorpreso di tutta la gentilezza che stava ricevendo da quando era lì,
capì che valeva la pena tenere duro e resistere e provare le strade
difficili. Perché poi ricompensavano.
Una volta fuori Gauche sembrava
volare.
- Pensa te il destino! Dovevi avere
proprio il suo! Che bella storia! - Era molto entusiasta della cosa e
questo calmava Jiggy, che comunque era sorpreso delle coincidenze che
si erano verificate.
- Farai il secondo giro con me. -
Concluse deciso come se questo non fosse in discussione.
Gauche però lo guardò dubbioso
spegnendo il suo sorriso raggiante.
- Ma lo sai usare? La prima volta
non sarà mica facile… - Jiggy così lo fissò storto lasciandolo solo più
inquieto di prima, ed in risposta avanzò verso casa. - E quello cosa
significherebbe? - Chiese Gauche convinto che non sapesse guidare un
cavallo di ferro.
Ovviamente non ne cavò un ragno dal
buco.
- È per questo che hai quest’aria
da bel tenebroso? - Chiese Gauche in camera, dopo aver cenato ed
essersi preparati per dormire.
Jiggy lo guardò ironico, seduto per
terra nel proprio letto di fortuna. Gauche, in quello più sollevato,
arrossì. - Intendevo che hai un certo stile… parli poco, non sorridi
mai… hai modi da… beh, tenebroso… ti dai un tono, non mostri debolezze
perché vuoi apparire forte e… ti ispiri a quel Bee? - Jiggy capendo
cosa intendeva smise di guardarlo e annuì, poi decise di parlargliene.
- È venuto una volta sola nella mia
città dimenticata da tutti. Io non sapevo cosa fossero i Bee… mi ha
detto che consegna lettere per conto della gente. Era gentile e forte
al tempo stesso. Mi ha fatto fare un giro sul cavallo di ferro con lui.
Credo fosse originario di quel posto. - spiegò. - E così mi sono messo
a sognare di diventare come lui. Aveva un lavoro che lo portava a
viaggiare per tutto il mondo, aveva un mezzo meraviglioso ed era una
persona carismatica! Mi piaceva. - Gauche si chiese se il senso del suo
piacergli fosse ammirazione o altro, ma non osò chiederglielo.
- Credo che tutti abbiamo dei miti
che ci ispirano. È bello quando ci riusciamo, non trovi? - Jiggy tornò
ad osservarlo preso da quel discorso idealista e si ricordò di quanto,
idealista, lo era anche lui. Ed aveva deciso di diventare un Bee.
- L’importante è riuscire negli
obiettivi che ci poniamo. Non importa a quale costo. - Disse di nuovo
pragmatico e deciso. Gauche si toccò la nuca ricordando di quando
l’aveva fatto lui prima ed arrossì sperando in qualche altro gesto del
genere.
- Sei felice di guidare il suo? -
Chiese riferendosi alla moto del suo idolo. Jiggy annuì rimanendo però
serio.
- E perché non sorridi? Prima per
un momento ti sei emozionato. Quando l’hai riconosciuto. - Jiggy lo
guardò pensieroso, poi si alzò e si sedette sul letto con lui, gli
sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, poi si limitò a
guardarlo da vicino, sfiorandolo col proprio corpo, con l’aria così
intensa ed intrigante da turbarlo e togliergli il respiro.
- Non è più un gesto automatico. Il
sorridere è automatico per chi lo fa. Per me no. - Gauche, colpito dal
suo discorso che mostrava un infanzia davvero difficile, dispiaciuto
per lui, ma emozionato da quella vicinanza, mormorò con un filo di
voce:
- E cosa è automatico, per te,
invece? -
Jiggy ci pensò un po’, poi tornando
a sistemargli i capelli, come un istinto indomabile, rispose
malinconico:
- Tenere le emozioni lontane da me.
Ma ultimamente non ci sto riuscendo benissimo. - Gauche si aggrottò.
- Perché? -
- Perché le emozioni sono segno di
debolezza, io devo diventare forte se voglio aiutare la mia famiglia e
la mia città. - Gauche si riscosse e batté le palpebre un paio di
volte.
- Io intendevo perché non ci stai
riuscendo bene ultimamente… - Jiggy scivolò con la mano sulla sua
schiena, avvolta solo da una canottiera intima bianca, i brividi lo
ricoprirono.
- Perché ho qualcosa che non avevo
mai avuto. - Gauche lo guardò interrogativo, mentre dentro di sé aveva
mille accelerazioni e si sentiva male. - Ho te. - Non fu meno criptico,
ma trattandosi di uno che non diceva nemmeno se aveva fame, era una
grande cosa.
Gauche arrossì felice di essere
‘qualcosa’ per lui. Non aveva importanza di cosa. Era felice così.
- E ti dispiace? - Chiese
ritornando al discorso, mentre la mano di Jiggy indugiava sulla sua
schiena scivolando di lato, sul suo fianco permettendogli di avvolgerlo
con il braccio.
Gauche si sentiva morire.
- È molto bello. Spero non lo sia
troppo. - Gauche senza capire si aggrottò di nuovo.
- In che senso? -
- Che non mi distolga dai miei
obiettivi, dal mio lavoro, da quello che sono venuto a fare. Voglio
guadagnare molto per aiutare la mia città, la mia famiglia. -
- Ma io non potrei mai farti venire
meno ai suoi doveri… so che per te è importante e… - Gauche con un
pizzico di sana e vera ingenuità, fece di nuovo sorridere Jiggy in quel
modo per nulla automatico e per questo ancora più incredibile.
- Non tu di proposito. Ma potrebbe
essere una tua dote innata! - Gauche non capì subito cosa intendeva e
Jiggy così si avvicinò e gli sfiorò la tempia con le labbra, seguendo
l’ennesimo istinto indomabile. Pensando che, nonostante si fosse detto
di non fare nulla, una volta che stava provando cosa significavano le
emozioni, era difficile gestirle. Gauche era difficile da gestire.
“Spero che non mi deconcentri
davvero.”
E con questo, indeciso sull’essere
pronti o meno, decise di prendersi ancora un po’ di tempo prima di
arrendersi a quel che provava.
- Buonanotte. - Mormorò senza
spiegare nulla, tornando più criptico di prima. Jiggy si rimise nel suo
letto a terra e si girò dall’altra parte per dormire. Ovviamente non
riuscì ad addormentarsi. E non lo fece nemmeno Gauche, troppo eccitato
ed emozionato per riuscirci.
Confuso, felice, pieno di un
turbinio interiore, inebetito.
Incapace di capire se gli piaceva o
se aveva frainteso quelle parole dette e non confermate.
I sentimenti erano più complicati
dei gaichu!
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Capitolo 4 *** Un errore di valutazione ***
la_proporzione_perfetta4
*Ecco un altro capitolo. Il
rapporto fra Jiggy e Gauche progredisce molto velocemente ed entrambi
se ne rendono conto, ma se nello scorso capitolo Jiggy era convinto di
poterlo gestire, adesso comincia a capire che gestire dei sentimenti
come quelli che sta iniziando a provare per lui, non sono facili.
Vediamo in questo capitolo anche un po' di Largo Lloyd: nel manga
sappiamo che Jiggy gli deve il suo essere Bee e che un certo rapporto
c'è. Capiamoci un po'. Buona lettura. Baci Akane*
4. UN ERRORE DI VALUTAZIONE
"Posso
resistere a tutto tranne alla tua tentazione ma preferisco
camminare da solo piuttosto che cercarti qua attorno. Cadrei da solo
piuttosto che farmi trascinare da te Non avrebbe funzionato in ogni
modo quindi adesso è solo un altro giorno di solitudine"
/Another lonely day - Ben Harper/
Salire sul famoso cavallo di ferro
fu un’emozione senza pari, per Jiggy. Tale da riportarlo bruscamente
alla vita, più di quello che Gauche in quei due giorni era riuscito a
fare. Un brusco risveglio in quella che sembrava una bella vita, degna
di essere vissuta non solo per i doveri verso la propria famiglia, ma
anche perché si potevano provare emozioni e sensazioni fine a sé stesse
e stare bene.
Il vento fra i capelli, la sciarpa
bianca che volava dietro, il paesaggio che si mescolava diventando una
macchia violacea e poi su, il cielo al crepuscolo, le stelle
invisibili.
Una dura giornata di lavoro, un
gaichu difficile da uccidere ed alla fine quella ricompensa.
Ne valeva la pena, si disse. Si
poteva vivere di sacrifici, ma si poteva anche fare il proprio dovere
togliendosi delle piccole soddisfazioni, cercando in qualche cosa un
angolo di felicità.
Jiggy cominciò a sorridere da solo,
sapendo che nessuno lo stava vedendo e che non sarebbe apparso debole.
La sua vita stava cambiando e non
avrebbe mai immaginato che potesse essere anche bella, oltre che
difficile.
Quando tornò indietro da Ogure e
Gauche, guardò quest’ultimo e tendendogli la mano come con una
fanciulla, gli disse di salire, serio e composto.
- Ma ti piace? Pensi che sia
fattibile? Sei già caduto? - Chiese Gauche ignorando la sua mano,
eccitato e ansioso al tempo stesso.
Jiggy si alzò gli occhialini per il
vento che gli aveva dato il signor Ogure e lo guardò penetrante,
convincente.
- Sono nato per questo! - E alla
risata di Gauche, tornò a tendergli la mano. - Vieni, ti piacerà! -
Così Gauche la prese, provò il consueto brivido e salì a cavallo,
stringendo le braccia intorno alla sua vita stretta. Gauche sentì
subito la sensazione di forza provenire da lui, una forza che indicava
sicurezza in quel che faceva. Sentì i suoi muscoli rigidi per il dover
gestire un mezzo così grande, gli addominali tesi.
- Tieniti stretto. - E dopo di
questo, l’ambra posta sul serbatoio brillò. Un secondo dopo i due
stavano girando per le stradine sterrate fuori città.
La sensazione di Gauche fu
immediata. Strinse ulteriormente le braccia intorno a Jiggy e per
questo provò un forte calore espandersi ovunque. Il vento fra i
capelli, la sciarpa svolazzante, il paesaggio sfumato, le stelle
invisibili, colori che si mescolavano. Era tutto bello, ma ancora di
più lo era poter abbracciare così Jiggy senza inventarsi qualche scusa.
Stringerlo, appoggiare il mento alla sua spalla, il petto alla sua
schiena. Essere lì con lui.
- Ti piace? - Chiese Jiggy girando
il capo verso il suo, i visi più vicini per questo, gli sguardi ad un
soffio uno dall’altro, separati solo dagli occhiali da guida.
- È bellissimo! - Esclamò
entusiasta, senza capire bene se era bellissimo la corsa o Jiggy.
Lui a quel punto sorrise di nuovo,
felice che a Gauche piacesse anche perché era merito suo.
Girò ancora un po’, prima di
tornare indietro, afferrando un’idea, un sentimento, una sensazione.
- Sai, forse essere un po’ felici
non ti impedisce di adempiere ai tuoi doveri. - Disse più tardi, in
camera insieme. Entrambi stesi nei rispettivi letti, senza guardarsi.
Gli occhi rivolti al soffitto, l’aria sognante di Gauche, quella piena
di ideali di Jiggy.
- Lo penso anche io. - rispose
sorpreso Gauche di sentirgli dire questo.
- E penso anche che aiuti più gli
altri dando a loro i mezzi per aiutarsi da soli. - Gauche ci mise un
po’ a tradursi quella frase, si mise sul fianco senza guardare giù dal
letto e poco dopo spuntò il viso di Jiggy, più acceso che mai e per
questo strano. Particolarmente bello in quella luce negli occhi azzurri
e sottili. I capelli rossicci spettinati. - Potrei dare alla mia
famiglia una somma di denaro mensilmente per aiutarli, ma non
risolverei davvero i loro problemi e se dovessi morire facendo questo
lavoro pericoloso, tornerebbero al punto di partenza, non devono
dipendere da me. Ma devo aiutarli in qualche modo. -
- E come pensi di fare? - Chiese
Gauche che si sorprendeva ogni volta che parlava di sé e di cose
personali.
- Come loro, ci sono moltissime
persone senza casa, senza soldi… io vorrei dare loro un lavoro, a tutti
loro. Perché è questo che può aiutarli sul serio! Un rifugio. -
A quel punto Gauche capì.
- È un’idea fantastica, ma come
puoi fare? Ti serve una somma di denaro cospicua per aprire un’impresa
che… che dia lavoro a tante persone! -
- Voglio risolvere due problemi in
uno. - Riprese Jiggy deciso con le idee chiare. - Darò loro lavoro ed
anche un rifugio. - Gauche si era completamente perso, ma lui continuò
sicuro: - Farò costruire una cattedrale con un enorme campanile. Quello
diventerà il punto di riferimento di tutti i cittadini, il rifugio di
quelli senza casa. E per costruirla, loro avranno lavoro! - Gauche capì
che bella idea era.
- Potranno rifugiarsi lì e poi
trovare lavoro anche dopo, per mantenerla, per la gestione. Un posto
del genere nasce per aiutare i poveracci che non hanno cibo, un tetto…
- Cominciò Gauche abbracciando la sua idea sorpreso.
- In quel paese manca la speranza,
la speranza di avere un futuro migliore, di risolvere i propri
problemi, che le cose andranno meglio un giorno. Manca un luogo dove
rifugiarsi per regalare preghiere e prendere speranze e sentirsi
meglio. Darò quella speranza. Un luogo dove raccogliersi e pregare e
sentir suonare una grande campana che ti dica ‘un giorno le tue
preghiere si realizzeranno’. -
Gauche rimase ad ascoltare la sua
idea a lungo, colpito dalla sua voglia di parlare, dalle sue
confidenze, dal cuore che gli stava consegnando.
Rimasero a parlare insieme gran
parte della notte, finché il sonno li prese dolcemente.
Piano piano le cose stavano andando
in una bella direzione. Una direzione sorprendentemente meravigliosa.
- Manca da tre giorni, deve
essergli successo qualcosa! Non è possibile che manchi da così tanto
tempo! - Esclamò Gauche preoccupato, camminando su e giù. Aria lo
guardò sorpresa, sconvolta quasi da quella sua reazione ansiosa. Gauche
era famoso per rimanere sempre calmo e composto.
- Capita spesso che i Bee stiano
via per più giorni per delle consegne. Hai detto che ne ha chieste
tante, giusto? - Gauche sospirò capendo che lei aveva ragione, così si
sedette e cercò di calmarsi.
- Sì, ha detto che voleva lavorare
di più perché ha bisogno di soldi. Siccome oltre ad un fisso mensile,
ci corrispondono le approvvigioni, lui ne vuole consegnare tante… con
il cavallo di ferro, poi… - Aria era sorpresa di quel che sapeva di
lui, ma ancora di più della sua preoccupazione. Sentendolo un po’ più
calmo, gli chiese:
- Siete diventati tanto amici,
vedo… - Gauche abbassò le spalle tese fino a quel momento. - Non avevo
nemmeno idea che lo ospitassi. Per questo non ci vedevamo dopo il
lavoro? Stavi con lui? - Gauche si rese conto solo in quel momento
della sua mancanza di tatto, d’aver trascurato la sua migliore amica.
- Mi dispiace… - Disse con la
sensibilità che lo caratterizzava.
Aria arrossì e sorrise.
- Ma non importa, va bene lo
stesso… è bello se uno solitario come Jiggy si fa degli amici. - Gauche
a quel punto si chiese se fosse il caso di confidarsi con lei, ma
proprio in quel momento dall’orizzonte si sentì il rumore di un motore
e Gauche alzò la testa per guardare attento come spesso faceva Lode che
percepiva qualcosa. Infatti anche lei fece altrettanto. Poco dopo, dal
cielo apparve Harry, il falco di Jiggy. Gauche si rilassò
immediatamente, sorridendo sollevato.
- È tornato! - Esclamò felice. Aria
rimase colpita, ma sapeva che poteva prendersi molto a cuore i propri
amici e le persone a cui teneva, perciò non ne fece una questione di
stato.
Quando Jiggy giunse all’Alveare,
davanti cui i due erano seduti in attesa di andare a casa, lasciò il
cavallo di ferro e fece loro un cenno. Gauche si alzò in piedi ansioso
e lo guardò, era molto sciupato e sporco, ma fortunatamente integro.
Jiggy fece un cenno semplice e avanzò per entrare, ma lui ovviamente lo
fermò aprendo le braccia.
- Ma cosa è successo? Perché sei
stato così tanto via? Ero preoccupato! - Jiggy lo fulminò con lo
sguardo. Definire ‘fulmine’ i suoi occhi era il termine più
appropriato.
Gauche si immobilizzò capendo che
non voleva scene del genere specie davanti ad Aria o altre persone.
- Ho preso molto lavoro, sai
perché. - Disse a denti stretti, come se lo rimproverasse per averlo
esposto in quel modo davanti ad un’altra persona. Poi entrò. Gauche ci
rimase male, guardò Aria che aveva un’aria di scuse, come se sapesse
che era colpa sua la reazione di Jiggy, infine entrò a seguirlo.
- Senti, Aria è una mia cara amica,
perché non può sapere che lo siamo anche noi? -
Jiggy non rispose, continuò ad
avanzare verso la segreteria.
- Ok, comunque il fatto che lavori
tanto perché hai bisogno di soldi per l’impresa, non significa che non
hai bisogno anche di riposare! Guidi un mezzo col tuo cuore, poi
affronti gaichu sempre sparando con il tuo cuore, poi fai viaggi
infiniti e consegni lettere… devi anche riposare! Io ero preoccupato,
pensavo ti avesse mangiato un gaichu! Non avevo più tue notizie! -
Gauche era partito, colpa dell’agitazione che lo stava uccidendo. Non
ragionava, non capiva che non era proprio quello il luogo.
Jiggy alzò gli occhi al cielo, poi
si voltò di scatto e lo fermò freddamente:
- Suede, sto lavorando. E lavorerò
così tanto sempre. Ed il motivo lo sai. Adesso lasciami in pace! - Non
avrebbe voluto bloccarlo in quel modo, ma sentitosi messo alle strette
dopo che bene o male aveva sempre deciso da solo per sé stesso e fatto
le sue scelte liberamente, dover rendere conto a qualcuno lo fece
rivoltare.
Gauche si zittì e smise di
seguirlo, il cuore per un momento fermo.
Jiggy si rese subito conto d’aver
esagerato, ma non aveva nemmeno idea di come si metteva a posto
qualcuno a cui teneva senza mortificarlo. Era la prima volta che gli
capitava.
Poi scosse il capo ed andò a
lasciare le ricevute delle consegne.
La segretaria rimase sorpresa di
tutto il lavoro portato a termine con successo.
- Se continui così potrai prendere
in consegna il ruolo di corriere espresso. È un ruolo vacante e molto
remunerativo! - Disse la donna gratificandolo proprio nel modo in cui
Jiggy aveva sperato. Lì vicino, Largo fischiò nel sentire e nel vedere.
Solo allora si resero conto della
sua presenza e Jiggy lo guardò male poiché doveva aver chiaramente
sentito troppo.
- Sei in gamba, eh? Come ci si
aspettava! - Jiggy non rispose a Largo, ringraziò la segretaria e se ne
andò. Largo lo seguì ed i due passarono davanti ad un Gauche ancora
tramortito dalla brutale reazione di Jiggy. Non avevano mai litigato,
anche se definirlo litigio era una parola grossa.
Decise di non seguirlo, non aveva
nemmeno idea se voleva tornare a casa sua. Una volta fuori, vide lui
seguito da Largo e scuotendo il capo con le lacrime sulla soglia degli
occhi, si avviò così demoralizzato che ad Aria si strinse il cuore.
Evidentemente essere amico di uno come Jiggy non era facile. Proprio
come sembrava.
- Lasciami in pace. -
- E perché? - Largo tormentava
Jiggy senza parlargli, si limitava a stargli vicino mentre lui andava a
scaricare i nervi che gli erano saltati per via di Gauche. L’intenzione
era quella di trovare un alloggio alternativo, ma piuttosto che
chiedere a Largo dormiva all’aperto.
- Perché voglio stare solo e
riposare. - Jiggy era grato per quel che aveva fatto Largo per lui
prima di arrivare a Central per l’esame da Bee, però adesso era
diverso.
- Dove alloggi? - Nessuno sapeva
che i due vivevano insieme per quel periodo. Jiggy scrollò le spalle
andando verso l’esterno della città.
- Sono affari miei. - Largo rise e
non si perse d’animo.
- Voglio farti una domanda, poi ti
lascerò in pace. -
Jiggy alzò gli occhi al cielo
esasperato, perché non lo lasciavano stare? Cosa avevano tutti con lui?
- Perché devi farti gli affari
miei? Cosa ti interessa? Mi hai aiutato a trovare la mia strada come
Bee e ti ringrazio, ma mi chiedo perché l’hai fatto. Così come mi
chiedo cosa vuoi ora? - Esclamò secco, fermandosi improvvisamente.
Largo allargò le braccia senza turbarsi.
- Perché sei un tipo interessante,
spicchi subito. - Jiggy non capiva.
- Questo non spiega perché ti devi
fare gli affari miei! - Largo decise di fare la sua domanda.
- Perché se non vuoi amici, e non
voglio sapere perché non ne vuoi sebbene la cosa susciti la mia
curiosità, hai accettato l’amicizia di Suede? Si capisce che siete
diventati amici, anche se ti sforzi di nasconderlo! E non ti chiedo
nemmeno perché ti sforzi di nasconderlo, anche se vorrei sapere anche
questo. - Largo gli aveva fatto tre domande in una volta, spacciandola
per una. Jiggy lo fissò torvo, gelido e furioso.
- Vorrei sapere cosa avete tutti
con me. Io devo fare la mia vita, devo fare le mie cose, ho i miei
obiettivi e intendo raggiungerli a qualunque costo!Ti sono grato per
l’aiuto che mi hai dato per arrivare ad essere Bee, ma questo non ti
permette di farti gli affari miei. Se avrai bisogno di favori chiedi
pure, altrimenti lasciami in pace! - Questa non era una risposta, ma un
piccolo sfogo. I nervi tesi pronti a saltare.
Largo si accese una sigaretta e
attese enigmatico la sua risposta. Jiggy capì che se non gli diceva
qualcosa, non ne usciva, così si decise a rispondere:
- Non voglio amici perché mi
distraggono dal mio dovere. Per me è importante lavorare il più
possibile, guadagnare quanto più posso. Suede… - Esitò senza saper cosa
dire a proposito, poi scosse il capo e si voltò a guardare da un’altra
parte, quasi vergognandosi. - Suede è un errore di valutazione! -
Pensando d’aver risposto, se ne andò. Doveva riposare, per questo aveva
lasciato il cavallo di ferro in consegna in Alveare, perché altrimenti
non si sarebbe più ripreso se avesse continuato ad usarla.
Largo, mani in tasca, sigaretta fra
le labbra, sorrisino curioso, aggiunse:
- Credevi di poterlo gestire e non
ci riesci? I sentimenti stanno prendendo il sopravvento? - Jiggy si
fermò di spalle, strinse i pugni e si morse il labbro. Ci aveva
perfettamente preso. Ma odiava l’idea di parlarne con un altro. -
Ascolta, non voglio diventare tuo amico, non voglio rubarti tempo e
distrarti dal tuo compito. - Aggiunse capendo che si frenava per
questo. Jiggy si voltò duro.
- E allora cosa vuoi? - Largo si
strinse nelle spalle.
- Sono un ficcanaso di natura! -
Jiggy concordava, ma ancora non capiva cosa volesse.
Abbassò il capo rimanendo di lato,
pugni sempre stretti.
- Non ho previsto Suede. È
capitato. Pensavo di poterlo gestire, ma mi sta sfuggendo di mano. Non
voglio ferirlo, ma io non posso fermarmi ora. Ho un progetto importante
da realizzare, e lui lo sa. - Alla fine si stava confidando con lui per
cui non provava nulla, forse era per questo che lo faceva. I due si
misero finalmente a camminare insieme uscendo dalla città.
Largo offrì un tiro della sigaretta
quasi finita a Jiggy il quale rifiutò.
- Pensi di riuscire ad escluderlo,
ora? - Era proprio il problema di Jiggy.
- Sì. Posso escluderlo. So tagliare
fuori le persone. - Disse freddamente. Poi aggiunse stanco. - Però non
so se voglio farlo con lui… - Largo sorrise.
- Parlagli, apriti, spiega i tuoi
dubbi e le tue motivazioni, vedrai che capirà e ti verrà incontro. -
Non serviva parlare nel dettaglio di quel che Jiggy provava per Gauche
e viceversa. Era evidente, a Largo.
- Perché ti stai interessando, sul
serio? - Chiese Jiggy senza negare che forse parlare con Gauche
piuttosto che escluderlo era la cosa migliore.
Largo buttò il mozzicone consumato
e sorrise.
- Aria. - Jiggy lo guardò senza
capire. - Mi piace. Ma a lei piace Gauche. E a Gauche, a quanto pare,
piaci tu. A te chi piace? Non dire me, perché la cosa farebbe
complicata! - Scherzò per sdrammatizzare, ma Jiggy capì.
- Vuoi farci mettere insieme perché
così tu hai campo libero con Aria? - Chiese trovando la cosa meschina e
contorta. Largo rise ma sventolò le mani per frenarlo.
- Sebbene sarebbe una cosa degna di
me perché mi piacciono i raggiri e gli intrighi, non è questo il caso.
- Poi si mise a spiegare, mentre intanto erano arrivati nella radura
dove Jiggy si era rifugiato la prima settimana. - Mi piace Aria,
cercando di capire se avessi campo, ho capito che a lei piace Gauche.
Cercando di capire se stessero insieme, se anche a lui piaceva lei, ho
notato questo vostro strano rapporto che tentate di nascondere.
Apparentemente è solo amicizia, ma non si nasconde l’amicizia. - Jiggy
però lo fermò con un gesto della mano.
- Non stiamo insieme. - Largo annuì
ed alzò le spalle.
- Non cambia molto. - Poi continuò:
- Perciò una volta che noto qualcosa mi sale la curiosità e divento
impiccione. Comunque sono amico di Gauche, al di là di Aria sarei
felice se anche lui fosse felice. - Jiggy lo guardò penetrante cercando
di capire quanto sincero fosse e dietro le lenti dei suoi occhiali vide
due occhi enigmatici che sicuramente nascondevano delle cose, ma non
certo cattiveria. Era più simile a sé, si disse.
“Ha dei motivi suoi per fare quel
che fa e sicuramente è disposto a tutto per riuscirci, come me. Ma non
è una cattiva persona, tanto meno meschina. Ci somigliamo più di quel
che sembra. Io sono scostante con gli altri, lui ride e scherza, ma è
una forma di allontanamento anche questa.”
Per questo, Jiggy accettò quel
rapporto. Perché non si sarebbero disturbati a vicenda.
- Non sono convinto che parlare con
Gauche l’aiuterebbe a stare meglio quando me ne vado per giorni di fila
a fare consegne. Se mi detesta, però, smetterebbe di preoccuparsi. -
Espresse il suo pensiero e Largo alzò le mani.
- Lungi da me dal convincerti ad
aprirti con qualcuno, però farsi odiare da qualcuno non è facile come
sembra, credimi. - Con questo Largo sentendo la campana diciannovesima,
si ricordò di un impegno e salutandolo, si allontanò in fretta senza
aggiungere altro.
Jiggy sospirò e si sporse
verso il lago a guardare sulla superficie che rifletteva le stelle ed
il cielo al crepuscolo che si vedeva a Yusari.
- Io sono bravo a farmi odiare. In
questo modo le persone fanno la loro vita senza preoccuparsi per me e
stanno molto meglio. Lloyd questo non lo sa. - E di questo Jiggy ne era
convinto, ma non aveva idea che avrebbe finito per ricredersi.
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Capitolo 5 *** Perdonami ***
la_proporzione_perfetta5
*Ecco un altro capitolo. Jiggy
è stato leggermente indelicato ad allontanare Gauche, è convinto che
sia la cosa migliore per tutti e fondamentalmente ha una paura folle di
legarsi troppo a Gauche tanto da perdere di vista il proprio obiettivo:
fare soldi per poter costruire una cattedrae nella propria città natale
e dare lavoro e rifugio a tutti i poveri, fra i quali sua sorella. Ma
fra il dire ed il fare c'è di mezzo Gauche e lui il suo allontanamento
non l'ha preso molto bene. Buona lettura. Baci Akane*
5. PERDONAMI
"E'
così che io dimostro il mio amore [...] E' così che muore un angelo
[...] Forse dovrei gridare e chiedere aiuto [...] forse sono di una
razza diversa"
/Sail
- Awolnation/
Gauche rimase sveglio fino a che
non lo sentì arrivare, poi sospirò e si stese facendo finta di dormire.
Lo sentì parlare con sua madre,
gentilmente, sedersi a tavola accettando la cena che gli aveva tenuto
in caldo nonostante il tentativo di rifiuto, poi finalmente salì.
Aprì la porta, Gauche rivolto verso
il muro, di spalle.
Silenzio. Traffici, probabilmente
si stava cambiando.
Dopo un po’ lo sentì sedersi nel
suo letto a terra, infine la sua voce, fredda:
- Cosa stai facendo? - Chiese.
- Ti lascio in pace! - Rispose
Gauche sorpreso che non ci fosse cascato, non aveva nemmeno respirato.
Appunto.
- Come mi hai chiesto! - Aggiunse
seccato.
Era strano sentirlo così. Jiggy
sospirò e non lo forzò a girarsi e guardarlo.
- Era quello che non volevo
succedesse. Quando dicevo che non voglio distrazioni dai miei
obiettivi, intendevo questo! E tu mi hai detto che non avresti mai
potuto distrarmi, perché hai capito quanto è importante per me
realizzare il mio progetto. E poi mi fai storie se sto via per giorni a
lavorare! Davanti a tutti, per di più! Non siamo niente, Gauche. Siamo
solo amici, non abbiamo fatto nessun passo proprio per questo motivo ed
avevo ragione a frenarmi! - Silenzio. Le lacrime silenziose scesero
dagli occhi di Gauche, lacrime che Jiggy percepiva nonostante non
facesse un singhiozzo. Fece molta fatica a non andare da lui ad
abbracciarlo. Ci mise un po’ a parlare, cercò di soffocare il proprio
stato d’animo e facendo violenza su sé stesso, disse sforzandosi di
essere il più sostenuto possibile.
- Non preoccuparti, non saremo mai
niente. Fai quello che credi, non mi importerà più niente! Non ti
distrarrò e non ti parlerò davanti a nessuno, nemmeno da soli! - Non
avrebbe potuto reagire meglio, non gridò, non fece sceneggiate, ma non
fu dolce e comprensivo, perché il dolore che stava provando era così
umano che quella, dopotutto, era il minimo come reazione.
Jiggy chiuse gli occhi e si morse
il labbro. Si stava odiando, ma quel che contava era che fosse Gauche a
farlo. Così poteva fare la sua vita concentrato e non preoccuparsi per
lui, perché non poteva fermarsi, a nessun costo.
Jiggy non rispose, non disse nulla.
Però non dormì, come non dormì Gauche che rimase rigido verso il muro a
piangere silenzioso.
Il giorno dopo, la tensione la si
poteva tagliare con un coltello.
Il gelo che c’era fra loro si
respirava lontano un chilometro, tanto che Aria chiese subito a Gauche
cosa fosse successo, stessa cosa fece Largo con Jiggy. Gauche spiegò
che aveva litigato con Jiggy, mentre questi non rispose nemmeno, ma
Largo immaginò facilmente cosa doveva essere successo, infatti scosse
il capo dileguandosi silenzioso verso l’ufficio del direttore con cui
aveva certi rapporti privilegiati per il suo talento nel rigirarsi le
persone.
Poco dopo furono chiamati tutti i
Bee e consegnò il direttore stesso gli ordini di giornata, arrivato a
Gauche e Jiggy, disse:
- Questa volta farete la consegna
insieme, è lontano, in uno dei posti più pericolosi. In questi casi si
va in due e si portano tutte le lettere radunate, per fare un giro una
tantum. - Spiegò serio l’uomo.
- Non serve che andiamo insieme,
posso farlo da solo. - Disse secco Gauche dimostrando per la prima
volta ostilità aperta verso qualcuno. Jiggy non emise un sospiro.
- Non puoi andare solo laggiù… -
Cominciò freddo.
- Sì che posso, se non sono in
grado di farlo che Bee sono? Non voglio solo gli incarichi facili! -
Gauche era lanciato, si capiva che ce l’aveva con Jiggy, il direttore
cercò di imporsi, ma non ci fu verso.
- Con il dovuto rispetto, me la
sento di farlo da solo. E poi ho il mio dingo con me. Ho affrontato
gaichu anche in gruppo, ce la posso fare. - Era vero, aveva portato a
termine già missioni considerevolmente pericolose, il direttore non
poteva obbligarlo. Alla fine cedette, mentre Largo lo guardava torvo.
Una volta fuori, Jiggy prese Gauche
per il braccio, fermandolo.
- Non fare l’orgoglioso. Qua si
tratta di essere professionali e lucidi. Non puoi farlo solo! - Ma
Gauche usando il suo stesso tono brusco e tagliente, rispose:
- Invece posso, proprio come tu che
non vuoi distrazioni e lavori meglio così! - Infine strattonò il
braccio per poi andare, chiamando Lode che lo seguì senza fare una
piega.
Jiggy rimase fermo a guardarlo
dirigersi verso la stazione delle carrozze, sospirò e scosse il capo.
- Si farà ammazzare. -
- E rimarrai a guardare? - Chiese
Largo sorpreso che mollasse la presa.
- Ho voluto io farmi odiare. Ho
solo quel che ho cercato. - Rispose Jiggy conscio che lui sapeva
perfettamente cosa stava succedendo fra loro. Largo si accese una
sigaretta apparentemente a suo agio, come se già sapesse tutto.
- Hai cercato la sua morte?
Evidentemente i sentimenti sono molto più complicati di come pensavo. -
Con questo andò oltre, chiamando il
proprio Dingo per andare alla consegna.
Jiggy rimase fermo a guardarlo
allontanarsi, seccato da quel suo modo saccente di fare e ancor peggio
di aver ragione.
Strinse la sua di consegna e
valutando che non era molto lontano, decise di avviarsi e poi,
eventualmente di decidere successivamente il da farsi.
Montò sulla sua moto, si sistemò
gli occhialini da guida, l’accese e partì attivando l’ambra spirituale.
- Che si impicchi! - Grugnì Gauche
sceso dalla carrozza che non andava oltre un certo pezzo. Aveva un bel
po’ a piedi e purtroppo era uno di quei posti pericolosi pieni di
gaichu, ma arrabbiato com’era, era quasi felice di affrontarli per
poter sfogare la propria rabbia. Ed il dolore.
Come si poteva trattare in quel
modo qualcuno dopo quello che c’era stato?
Per Jiggy si metteva tutto da parte
in un attimo, senza problemi.
Come ci riusciva?
Stava superando una salita rocciosa
collegata all’altro versante da un pericolante ponte, la gola era molto
ventilata e buia, il sole da lì quasi non si vedeva.
Gauche si strinse la borsa che le
lettere da consegnare, guardò Lode e inghiottendo a vuoto, riprese a
camminare. Non era il posto più bello del mondo, sotto non si vedeva
niente, se non un buio profondissimo da cui potevano saltare su
miliardi di gaichu.
- Forse non è stata una grande idea
venire da solo… potevo chiedere se Largo Lloyd veniva con me… - Stava
per mettere piede sul ponte, quando non dal burrone, ma dalle proprie
spalle, sentì un verso purtroppo familiare.
Lode schizzò in posizione
d’attacco, dietro Gauche, mentre lui prendeva subito la pistola
sparacuore. Quando si girò a guardare, rimase senza parole. Non uno, ma
tre erano lì davanti a lui a sbarrargli la strada, l’avevano seguito
aspettando il momento migliore per attaccarlo.
- Dannazione! - Disse a denti
stretti cercando di individuare le tipologie.
Era buio, non era facile. Decise di
tirare un primo colpo per poter vedere meglio. Sapeva che scappare sul
ponte era una condanna a morte, non sarebbe mai tornato indietro.
Doveva sconfiggerli in quel momento. Subito.
- Lode, dobbiamo capire che
tipologia sono! - Disse a Lode. Il colpo partì e si infranse sul primo,
quello più davanti. Esplose sul suo muso e Gauche poté vedere,
fortunatamente li riconobbe e disse il loro nome.
- Il punto debole è sulla schiena!
- Gridò. - Ma da qua non ci sono modi per saltargli sopra e ferirli. -
Erano già in alto, non c’erano rocce da usare per sovrastarli. La
fortuna era che non volavano. - Non hanno le ali, se riesco a farli
cadere giù… - Gauche sapeva che era rischioso, ma decise di tentare il
tutto per tutto. - Lode prendi la borsa con le lettere, vai dall’altra
parte e aspettami lì, è importante salvare le lettere! - Lode lo guardò
contrariata, uno dei lupi più espressivi mai visti. Gauche sorrise
mentre teneva sotto tiro i gaichu che piano piano si avvicinavano. - Me
la caverò, vedrai che funzionerà! - Ma ovviamente non poteva saperlo.
L’ideale sarebbe stato affrontarli in due, uno faceva da esca e li
distraeva e l’altro trovava un sistema per colpirli sulla schiena.
Gauche legò la borsa sulla schiena
di Lode ed il lupo corse sul ponte, leggerissima e veloce. Una volta
dall’altra parte Gauche pensò per un momento a Jiggy.
Se solo avesse aspettato a litigare
con lui. Non per averlo lì ad aiutarlo, ma per non rischiare di morire
senza aver risolto le cose con lui.
“Morire senza fargli sapere quello
che provo per lui… che sciocco che sono!”
Infine, senza dargli le spalle,
indietreggiò iniziando a camminare sul ponte, con attenzione, pronto a
sparare per tramortirlo nel caso in cui fosse avanzato troppo presto,
doveva essere sufficientemente vicino all’altra sponda, per il ritorno
avrebbe cercato un’alternativa nel caso in cui il ponte sarebbe caduto.
“Sono in tre, mica saliranno tutti
sul ponte!” Era a metà, quando si rese conto che non lo seguivano. “Me
li ritrovo lì al ritorno, che diavolo dovrei fare? Se non la risolvo
ora, dovrò trovare un modo dopo…”
Gauche si fermò a tre quarti di
strada, guardò quanto mancava, poi tornò a guardare i gaichu e
sospirando tentò il tutto per tutto.
“Forse con un incentivo…”
Gauche così sparò verso di loro,
colpendoli di proposito come per indicargli che ne potevano avere
ancora di più.
- Avanti, saltate giù! - Così sparò
anche in basso verso il fondo del burrone, sotto di sé. Guardò la luce
illuminare il buio fitto e notò qualcosa muoversi. Gauche strinse gli
occhi distraendosi da quelli davanti a sé, tornò a sparare sotto e
guardò meglio.
A quel punto si sentì morire.
- Oh merda! Ma è un nido di gaichu!
Se cado è la fine. E se volano? - Stava per fare attenzione per capire
se si levavano rumori di ali, quando il ponte iniziò a traballare
violentemente e lui dovette aggrapparsi alla corda laterale che faceva
da sponda. Per poco non cadde, strinse forte la corda e la pistola e
tornando in equilibrio guardò la sponda dei gaichu.
L’esca del proiettile composto di
cuore aveva funzionato e l’istinto si sopravvivenza era stato superato
da quello di nutrimento.
Stavano cercando di raggiungerlo,
Gauche sparò verso quello che cercava di salire e che l’aveva fatto
quasi cadere, il colpo lo sbilanciò e tramortito, cadde giù.
Gauche sentì un moto di vittoria.
- E fuori uno! Avanti, fatevi
avanti! - Pronto a ricaricare e rifare la stessa cosa, il secondo
gaichu si fece avanti, ma con più decisione dell’altro, con molta più
fame e rabbia. Il ponte roteò completamente su sé stesso facendo un
giro della morte e Gauche non riuscì a rimanere su, infatti fece appena
in tempo ad aggrapparsi con entrambe le mani alla corda per non cadere,
la pistola rimase appesa al braccio grazie all’elastico a cui l’aveva
assicurata per casi simili.
Il ponte era tutto storto, ma
ancora legato all’altra sponda, forse per qualche strano miracolo.
Era appeso ad un filo,
letteralmente, e sapendo quale sorte l’attendeva se non sarebbe
riuscito a risalire, imprecò capendo quanto fosse nei guai.
Il ponte riprese a tremare
brutalmente, il gaichu stava tentando di salire di nuovo. Per quanto
fosse largo, quel ponte non avrebbe mai tenuto un gaichu.
Gauche lasciò una mano capendo che
doveva sparargli ora, conscio del rischio e conscio di non avere scelta
per la propria sopravvivenza, prese la pistola che fece scivolare dal
braccio alla mano, l’afferrò al volo, la caricò, puntò e sparò. Il
gaichu, colpito in pieno e sbilanciato, cadde di lato e finì giù come
il suo compagno.
- Ne manca uno, solo uno… - Cercò
di farsi forza e di riprendere la corda anche con l’altra mano, ma il
gaichu rimanente decise di salire in quel momento e Gauche mancò la
presa, ritrovandosi a tenersi con le dita di una sola mano. Stava
cedendo, stava mollando. Non poteva farlo.
“Non posso finire così, devo
trovare un sistema, un modo. Non voglio finire così. Non voglio!”
Pensò aggrappandosi con unghie e
denti alla vita che non voleva lasciare a nessun costo. Il volto della
madre, del padre che non c’era più, di Jiggy!
Jiggy.
Lui e quel grande rimpianto, quello
d’averla gestita male, non averlo capito davvero, non averlo aiutato,
d’aver sprecato tutto. Il ponte continuò a tremare, Gauche si sentiva
ormai mancare, la presa sempre meno forte. I proiettili sparati stavano
chiedendo il conto, le energie ormai scarseggiavano. Poteva sparare con
la mano libera, ma sapeva che a quel punto avrebbe completamente
mollato la presa, il cuore era stremato, lui lo era.
Non c’era una via d’uscita.
- Avrei dovuto accettare la
compagnia di Jiggy! - Disse a denti stretti.
- Già, avresti dovuto! - Una voce
da lontano, da dietro il gaichu. Una voce familiare.
Poi una luce. Gauche vide solo la
bestia cadere giù mentre risuonava ed esplodeva in mille piccole
stelle, l’energia che un tempo aveva avuto e che ora cercava dagli
altri, dalle lettere, dalle persone.
Cercò di rimettere a fuoco la
sponda, ma la mano cedette e mollò la corda proprio in quel momento.
Non ci fu il tempo di pensare, non
ci fu il tempo di respirare, nemmeno di sentire qualcosa, di capire
cosa provava, cosa succedeva. Fu troppo veloce.
La prima cosa che riuscì a
realizzare, fu che non stava cadendo, non si stava schiantando in un
nido di gaichu. Era ancora sospeso nel vuoto, ma la sua mano non
stringeva. Era stretta. Da un’altra mano.
Quando aprì gli occhi e li alzò,
vide. Jiggy lo stava tenendo, tutto steso sul ponte di nuovo stabile
poiché nessun gaichu stava tentando di salire.
Solo loro lì, uno appeso, l’altro
che lo teneva.
Poi delle gocce caddero sul viso di
Gauche, chiuse gli occhi, scosse il capo e li riaprì. Le gocce
continuavano a scendere, ma non era pioggia. Il cielo era stellato.
Le gocce venivano da Jiggy. Dal suo
viso. Dal suo occhio.
- Mio Dio Jiggy! La tua faccia! -
Esclamò sconvolto Gauche vedendolo solo in quel momento, pur il buio
non aiutasse non aveva dubbi. Quello che colava sul proprio viso da
quello di Jiggy era sangue e quell’ombra sulla sua guancia era uno
squarcio. Enorme. Orribile.
- Tu ne vedevi tre, lì sulla
sponda… - Rispose senza fare una piega. - Ma ce n’erano almeno altri
cinque o sei! L’ultimo è spuntato dal nulla, non l’ho visto in tempo! -
E con questo, Gauche capì e lasciò scendere le lacrime.
- Perdonami. -
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Capitolo 6 *** Finchè avremo cuore ***
la_proporzione_perfetta6
*Ecco un altro capitolo.
Gauche arrabbiato con Jiggy era andato da solo a fare una missione
molto pericolosa ed infatti poi nel percorso ha trovato dei gaichu che
l'hanno attaccato. Sarebbe finito male se non fosse arrivato Jiggy a
salvarlo. Un Jiggy ferito in viso. Il capitolo si chiudeva con Gauche
che si scusava con lui. Continuiamo da lì. Trovo la parte che arriva
ora molto bella e dolce e triste al contempo, quel triste fra le righe
per chi ha letto il manga. Beh, in ogni caso... buona lettura. Baci
Akane*
6. FINCHÈ AVREMO CUORE
"Esplodendo in
un cielo rosso
sangue Una lenta frana E il mondo che ci lasciamo alle spalle È quanto
basta per perdere la testa Scomparire e non tornare più… Quando cado a
terra Parlando con il cuore in mano Capisco che non ha alcun senso Tu
sei il mio porto di scalo Spari e mi lasci scorticato Adesso so che sei
incredibile Perché l’unica cosa che mi serve È l’amore che respiri
Metti le tue labbra sulle mie E potrò vivere sott’acqua Sott’acqua,
sott’acqua Sott’acqua"
/Underwater
- Mika/
Una volta issato su, Jiggy si
lasciò andare su mani e ginocchia in cerca di recuperare le forze per
finire il ponte ed andare dall’altra parte.
- E la moto? - Chiese Gauche che,
steso, si massaggiava il braccio con cui era rimasto appeso per un
tempo indefinito, forse un paio di minuti.
- L’ho messa al sicuro. - Jiggy
ansimava e si teneva metà faccia con la mano da cui continuava ad
uscire il sangue. - Adesso andiamo al paese e consegnamo, poi potremo
riposare e recuperare le forze. Non so te, ma io non ne ho più. -
Stabilì Jiggy stremato ed ansimante, eppure sempre cercando di darsi un
tono.
Gauche lo guardò da steso, lo vide
alzarsi su con la schiena ma per via della mano sul viso, non vedeva
bene l’entità del danno sul suo viso.
- Hai bisogno di cure immediate,
quanto ti fa male? È profondo? Fammi vedere… - Jiggy alzò l’altra mano
libera per impedirgli di toccarlo e guardare meglio, poi si alzò
faticosamente. Gauche strinse le labbra e si alzò in piedi anche lui,
poi con decisione lo prese dalla parte più sana e lo trascinò via dal
ponte.
- Non hanno costruito un ponte più
grande e resistente per impedire ai gaichu di passarlo. Sembra che
siano giù nel fossato e poi dall’altro lato dell’altura. Chi abita al
di qua è dimenticato dalla civiltà, ma anche dai gaichu.
Paradossalmente è pericolosissimo arrivarci, ma una volta che ce la fai
è il luogo più sicuro. Qua… - Gauche si mise a parlare di quel che
sapeva del paese in questione e Jiggy registrò sempre meno le sue
parole, fino a che la sua voce si fece un sussurro indistinto lontano,
sempre più lontano.
Ormai lui era salvo, il resto non
contava.
Gauche si sentì Jiggy completamente
addosso e realizzò che era svenuto. Lui non era messo tanto meglio, ma
avrebbe dato fondo anche a quel che non aveva pur di aiutarlo. Si
sarebbe preso cura lui di Jiggy.
Cercò di rimanere saldo e non farsi
prendere dal panico, ragionando per priorità.
- Devo raggiungere il villaggio.
Una volta là, troverò un rifugio e lo farò curare da qualcuno mentre
consegnerò le lettere. - Non si sarebbe dato per vinto, a nessun costo.
Ormai l’aveva capito.
A Jiggy importava, a Jiggy
importava di lui al punto da rischiare la vita.
- L’avrebbe data. Per colpa mia. E
devo sperare che si riprenda. È così buio che non vedo quanto è ferito!
Per aver perso i sensi, lui che gestisce così bene il proprio cuore,
deve aver dato fondo a tutto! -
“Forse non erano nemmeno solo 5 o
6… “
Gauche accompagnato da Lode e
sorvolati da un silenzioso Harry, avanzarono faticosamente verso il
villaggio e solo una volta arrivato ai limiti si fermò nella prima
casa, quella un po’ più isolata che sembrava facesse da vedetta, bussò
e fece appena in tempo a chiedere aiuto, che crollò in ginocchio
davanti al proprietario, sorpreso di vedere due Bee proprio lì.
- La prego, ha bisogno di essere
curato, lui ha ucciso 6 gaichu da solo ed io… - Gauche non riuscì a
finire la frase che l’uomo, guardando Jiggy, si mise la mano davanti
alla bocca.
- Per tutti i Santi! - Esclamò
impressionato. Gauche seguì il suo sguardo e solo allora vide in che
condizioni era effettivamente Jiggy, alla luce della casa.
Il viso era profondamente
squarciato sullo zigomo destro, proprio sotto l’occhio, un segno in
verticale che attraversava l’occhio chiuso ed uno in orizzontale che lo
sottolineava in modo macabro. Una bella croce che sanguinava copiosa.
Il viso ammaccato in diversi punti, pallido e sporco.
Anche l’altro braccio e la spalla
erano feriti, lo si capiva dalla divisa strappata ed insanguinata.
Gauche allargò la mano con cui lo sosteneva intorno alla vita e
realizzò che era rossa anch’essa.
“Pure il fianco. Tutta la parte
destra… ma come ha fatto a tirarmi su?”
A Gauche vennero di nuovo le
lacrime, ma si ricordò che aveva una priorità essenziale. Salvare
Jiggy. Si fece forza e l’uomo annuì prendendo al suo posto Jiggy,
alzandolo e trascinandolo dentro come aveva fatto Gauche fino a lì, ora
fermo in ginocchio all’ingresso senza la forza di muovere un muscolo
oltre lì.
- Vieni, vi aiuterò. Sono il medico
del paese. Qua ci arrangiamo come possiamo, vivendo fuori dal mondo
abbiamo la nostra comunità, il nostro modo di sopravvivere… - Cominciò
a parlare sorprendendo Gauche che fu felice di sapere che non era
ostile per il fatto che il mondo si fosse dimenticato di loro.
“Del resto i medici hanno una
missione, di solito… forse ho incontrato l’unico disposto ad aiutarci!”
Con questo si rialzò facendo un
grande sforzo, infine si trascinò dentro fino a dove lo sentiva
parlare, in quello che doveva essere l’ambulatorio.
Gauche non notò la presenza di
nessun altro, ma realizzò che era una casa con annesso uno studio dove
riceveva i pazienti che necessitavano.
“A quale divinità facciamo appello?
A chi si crede? Chiunque sia, lo ringrazio. Se la prima casa non fosse
stato un medico, che avrei fatto?”
Gauche si lasciò cadere in una
sedia, stremato, mentre Lode si sedeva lì accanto. L’accarezzò
facendole i complimenti, aveva ancora la borsa con le lettere legata
alla schiena, gliela sciolse e le appoggiò giù.
L’uomo che stava occupandosi di
Jiggy togliendogli i vestiti per capire l’entità del danno completo,
vide la borsa.
- Siete davvero dei Bee! Non ero
sicuro visto le condizioni in cui eravate. Qua non vengono Bee da
secoli. - Gauche tentò un flebile sorriso, mentre si concentrava su
Jiggy e sullo spettacolo impressionante che presentava il suo corpo
martoriato.
- Non ce l’ha con gli inviati del
governo? - Chiese sorpreso Gauche. L’uomo rise.
- Li vediamo così poco che avercela
con loro è una sciocchezza. Almeno per me. E poi quei pochi coraggiosi
che affrontano quel mare di gaichu solo per delle lettere non posso
certo mandarli via. Siete l’unico collegamento col mondo reale. Per
quanto possiamo avercela col governo… - Continuò a parlare come se non
avesse un ragazzo in pessime condizioni, ma non per questo smise di
fare il suo lavoro. Per prima cosa constatò che aveva dei graffi
profondi, come quelli del viso, sia nel braccio e spalla destri che nel
fianco fino a scendere sulla coscia.
- Gli rimarranno delle cicatrici
profonde, ma guarirà. - Poi cominciò col viso, la parte più grave. -
L’unica cosa che devo capire è se il suo occhio avrà conseguenze. -
Gauche si preoccupò.
- Pensa che perderà la vista? - il
dottore dopo avergli pulito per il grosso la ferita, gli aprì l’occhio
per una prima diagnosi, vide sotto la palpebra gonfia e chiusa, il
bulbo intatto.
- La pupilla reagisce, retina e
cornea sono intatti. In effetti anche la pupilla non presenta graffi.
Comunque gli hai salvato la vita. L’hai portato qua in tempo, adesso è
in buone mani. - Gauche sentendolo sospirò di sollievo, poi guardò il
resto del suo corpo nudo, le ferite non sanguinavano più, segno che non
erano troppo profonde.
Poi realizzò.
Jiggy era nudo, gli aveva lasciato
solo l’intimo.
Arrossì e distolse lo sguardo. Il
medico lo prese per un gesto di impressione.
- È la prima volta che vedi tanto
sangue? - Chiese pulendo meglio nel dettaglio la ferita del viso per
avvicinare i lembi di carne squarciati, sistemarli e fermarli insieme
per quanto possibile con garze e cerotti. Richiuse tutto con un’enorme
benda che gli coprì tutto l’occhio e la parte destra del viso, poi
passò al resto del corpo, eseguendo la stessa procedura.
- Sì io… devo dire che è la prima
volta… - Ammise dicendo una mezza verità. Era vero che non aveva mai
visto tanto sangue, ma nemmeno Jiggy così nudo era uno spettacolo che
si era concesso spesso, non fino a quei livelli in realtà.
- Se te la senti, di là c’è il
bagno. Puoi farti una bella doccia ed un bagno caldi. Non mi sembra di
vederti ferite addosso… - Gauche si guardò solo in quel momento.
- Sì, io… stavo per cadere dal
ponte, ho usato molto cuore contro i gaichu, ma poi lui ha fatto il
grosso e mi ha salvato. - Spiegò. Il medico sorrise ammirato.
- Hai un amico proprio in gamba. -
Gauche si alzò lentamente, sentendosi ancora senza forze.
- Lo è davvero. - Con questo andò
al bagno a prendersi cura di sé, cercando di recuperare anche lui un
po’ di forze.
Gauche si svegliò per primo, il
dottore gli aveva prescritto un po’ di riposo prima di andare a
consegnare.
Gli aveva detto che poteva usare
uno dei due lettini per i pazienti, ne aveva due nel caso si
presentassero più urgenze. Gli aveva spiegato che normalmente aveva un
infermiera che l’assisteva, ma in quell’occasione era a casa.
Quando aprì gli occhi, la prima
cosa che mise a fuoco fu Jiggy, steso accanto, dove l’aveva lasciato.
Dormiva, respirava regolarmente, aveva bende su tutto il corpo perché
dopo avergli pulito le ferite per chiudergliele con il sistema che
aveva utilizzato, aveva dovuto ricoprire perciò risultava tutto
bendato.
“Sembra una mummia.” Pensò
sorridendo. “Ma una mummia viva!”
Cercò di capire che ora poteva
essere e vide un orologio appeso al muro che indicava la seconda ora
della notte. Era troppo presto per andare in giro a consegnare.
Sospirò. Doveva riposare un’oretta ed invece non si era più svegliato.
“Si vede che avevo bisogno…” Notò
che vicino ai loro due lettini c’era un carrello con l’occorrente per
le medicazioni e c’erano delle barrette energetiche e dell’acqua per
entrambi. Gauche sorrise e si alzò piano a sedere. Lode alzò la testa,
fuori la finestra il falco di Jiggy era appollaiato a dormire.
Bevve un po’ d’acqua, poi iniziò a
mangiare la barretta guardando Jiggy. Il respiro regolare indicava che
stava bene, per quanto le ferite riportate potessero farlo stare bene.
“Avrebbe dato la vita per me. È
venuto a morire per me. Ed io l’avevo allontanato per orgoglio, perché
ero ferito. Se non mi vuole vicino perché lo distraggo in qualche modo,
accetterò la sua volontà, ma non lo metterò più in croce. Lui lo fa per
la sua gente, sua sorella. Non è giusto che pretenda qualcosa che non
può darmi. Sono stato egoista.”
Jiggy in quel momento mosse la mano
e lui mise giù la barretta che stava mangiando, scese dal proprio
lettino e si avvicinò al suo, trovata una sedia, si sedette accanto e
gli prese la mano che stava muovendo.
“Se ci fosse Aria potrebbe
risuonare il proiettile curativo!”
Pensò chiedendosi se il dottore
aveva usato qualche sistema per rigenerargli il cuore, come facevano
all’Alveare coi Bee malconci.
L’occhio scoperto si strinse più
volte, fino a che si aprì, istintivamente Gauche gli strinse la mano e
Jiggy girò la testa, lo vide e rimase serio a realizzare dove erano.
- Cosa… - La voce di Jiggy era roca
e provata, ma Gauche con un dolce sorriso gli spiegò dove erano e cosa
era successo, concludendo con un commosso:
- Mi hai salvato la vita. Ti sarò
per sempre debitore. - Jiggy non aveva la forza di cambiare la sua
mimica facciale, ma strinse a sua volta la mano di Gauche. - Perdonami
per essere stato così egoista e capriccioso! Non ti ho capito, ti ho
messo nella condizione di dovermi allontanare e mi sono messo in
pericolo pesando sulla tua coscienza, se non fosse stato per questo mio
sciocco comportamento tu… - Jiggy tentò di fermarlo senza successo e
Gauche scosse il capo e proseguì preso dai sentimenti sconvolgenti che
provava, il nodo alla gola, le lacrime sulla soglia degli occhi. Si
sforzò, respirò con calma e sorrise. - Accetterò la tua scelta di non
legarti a nessuno, non ti farò pesare più nulla, ti starò vicino se
avrai voglia, ma non ti chiederò più niente, lo giuro. Mai più. - Jiggy
sospirò, chiuse l’occhio sano e raccogliendo le forze si portò la mano
di Gauche alle labbra, infine gli baciò le dita. Il ragazzo trattenne
il fiato guardando quel gesto così intimo e dolce, un’ondata di calore
in grado di fargli recuperare tutte le forze perdute in un attimo.
- Non voglio che ti allontani da
me, ti voglio vicino. - Gauche lo guardò sorpreso, emozionato, il cuore
in gola. - Sbagliavo a volerti lontano. Non capivo che la tua
preoccupazione per me è il motore che mi fa muovere. Che tu sei la
ragione per cui torno all’Alveare dopo che ho fatto tutte le consegne.
- Gauche si aggrottò e lo guardò senza capire, convinto che stesse
delirando e l’avesse scambiato per i suoi familiari.
- Pensavo che fosse tua sorella, la
tua gente… - Jiggy chiuse l’occhio.
- Loro sono la ragione per cui
lavoro tanto e faccio il Bee. Tu sei la ragione per cui torno. - Gauche
inghiottì a vuoto, sempre più emozionato. Era molto più di quello che
avesse mai osato sperare, non voleva altro.
- Ti starò vicino, ci sarò sempre.
- Mormorò con un filo di voce. Jiggy riaprì l’occhio e lo posò sul suo
di quel bellissimo colore così innaturale, eppure pieno di sentimenti
vivi.
- Pensavo che legandomi mi sarei
distratto e non volevo che ti preoccupassi perché io non posso
fermarmi, starò via per tanto tempo, molte volte. Non voglio che mi
aspetti con l’angoscia. Per questo ti ho allontanato. - Jiggy mano a
mano che ne parlava, si sentiva meglio e trovava via via sempre più le
forze, aiutato da quelle loro mani strette, dalla sua vicinanza, dal
fatto che si stavano donando a vicenda i rispettivi sentimenti.
- Ti avrei aspettato con angoscia
anche se ti avessi odiato! - Jiggy accennò ad un sorrisino.
- Il punto è che sono io che avrei
aspettato te con angoscia. Se per colpa mia dovesse succederti qualcosa
non me lo perdonerei. Non voglio avere rimpianti, quando morirò voglio
andarmene dopo aver fatto tutto quello che potevo, che dovevo e che
volevo. -
Gauche era confuso, capiva che si
stava legando a lui, ma non era chiaro in che modo, così decise che ne
avrebbero potuto riparlare quando sarebbe stato meglio, con più
lucidità, magari.
- Va bene, ora dormi. - Jiggy
scosse il capo.
- Aiutami a bere, alzami un po’ le
spalle. - Chiese. Gauche pensando che fosse una buona idea, gli mise un
braccio intorno alle spalle e lo sollevò dolcemente, poi prese l’acqua
e lo fece bere.
Jiggy bevve tutto, era molto
assetato.
- Vuoi una barretta? - Jiggy scosse
il capo.
Per l’operazione Gauche gli aveva
lasciato la mano, fu quella che Jiggy gli mise sulla nuca, fra i
capelli bianchi spettinati che gli incorniciavano il viso dai
lineamenti delicati.
Gauche non realizzò subito, sentì
solo un brivido dietro la nuca, poi le sue labbra si posarono
delicatamente sulla proprie.
Gauche trattenne il fiato e si
irrigidì un istante. Uno solo. Quello dopo ogni parte del suo corpo si
stava rilassando e tenendo con una mano l’acqua e con l’altra le sue
spalle, si lasciò dolcemente fare, assaporando la sua bocca che lo
accarezzava senza osare niente alto.
Jiggy lo baciò a fior di labbra,
poi lo lasciò andare e da quella vicinanza ancora ubriacante, disse
guardandolo negli occhi così belli.
- Farei di tutto per la mia
famiglia, ma darei la vita per te. Stammi solo vicino. Ho bisogno del
tuo amore. - Questa volta fu estremamente chiaro, lucido e talmente
intenso da farlo arrossire e morire seduta stante.
Gauche chiuse gli occhi lasciando
scendere due arrendevoli lacrime cariche di emozioni e di cuore, tutto
il suo cuore lì. Appoggiò la fronte alla sua.
- Non ti lascerò mai. Ci penserò io
a te. Fai quello che devi fare, io ti aiuterò, ti aspetterò, ti curerò.
Ci sarò sempre. - Quelle promesse che si facevano, quelle promesse che
si sentivano, che si volevano mantenere, quelle promesse che poi
potevano volare via in un attimo, come un battito di ali. Quelle
promesse che non si sarebbero mai dimenticate finché il cuore ci
sarebbe stato.
Finché il cuore ci sarebbe stato.
Jiggy, commosso, lasciò andare una
piccola lacrima a sua volta, sconvolto dalle emozioni che ora
ribollivano in lui.
La vita era anche bella, la vita
poteva diventare meravigliosa.
- Finchè avremo cuore. - Disse
Jiggy.
- Finchè avremo cuore. - Ripeté
Gauche baciandogli l’occhio da cui brillava la lacrima.
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Capitolo 7 *** La mia vita e la tua cicatrice ***
la_proporzione_perfetta7
* Ecco un altro capitolo.
Gauche e Jiggy si sono messi insieme, finalmente. Ci han quasi rimesso
la pelle, però alla fine ne è valsa la pena. Vediamo com'è il viaggio
di ritorno, perchè a volte è proprio quello il bello. Il viaggio. Non
la meta o lo scopo. Adesso siamo in una delle mie parti preferite, i
due stanno felicemente insieme fino a che... beh, chi non ha letto il
manga si aspetti di tutto, ma per ora c'è da godersi dei bei momenti
felici. Buona lettura. Baci Akane*
7. LA
MIA VITA E LA TUA CICATRICE
/Aria
sulla IV corda - Bach/
Non ripartirono prima di essersi ripresi, le bende su Jiggy erano
diminuite di molto, la divisa era stata ricucita da una gentile sarta
del paese dopo aver ricevuto alcune lettere importanti.
L’ultimo giorno, il dottore tolse la benda dal viso e constatando che
ormai si stava rimarginando e gli avrebbe fatto bene ossigenarsi, gli
permise di rimanere senza.
- Ti rimarrà una bella cicatrice a forma di croce sotto l’occhio, ma
non dovresti mai avere problemi alla vista. - Concluse dandogli il
nullaosta per muoversi.
Jiggy era stato diligente, aveva seguito tutte le terapie imposte per
recuperare le forze e le energie ed ora poteva riprendere la sua vita,
rimasta in sospeso anche per troppo.
- Ti dona! - Commentò allegro Gauche felice di poter tornare a casa.
Gli mancava sua madre, Aria, gli amici, l’Alveare…
Jiggy non disse nulla, si mise gli occhiali da motociclista per vedere
se gli facevano male, constatando che erano sopportabili annuì, se li
tolse e ringraziò il medico tendendogli la mano.
- La ringrazio infinitamente. Mi ha salvato la vita. - Il dottore
sorrise e gli strinse la mano.
- È il tuo amico che te l’ha salvata, io ho solo fatto il mio dovere… -
Gauche sorrise e l’abbracciò di slancio.
- È lui che ha salvato me, senza il suo arrivo sarei sul fondo del
burrone, pasto per gaichu! -
- Tutti si sono salvati a vicenda. Anche voi dandomi quella lettera, mi
avete salvato. Mi avete ridato la vita, pensavo che mio figlio fosse
morto, non ricevevo sue notizie da anni… sapere che è vivo e sta bene
ed è felice, è la salvezza, per me. -
La vita era strana, la vita era difficile, ma poi poteva anche
diventare bella. La vita poteva essere molte cose, una più diversa
dall’altra.
Erano saluti, erano addii, erano rivelazioni, erano sorprese, erano
lacrime, erano sorrisi, erano felicità, erano dolori.
La vita era anche amori e amicizie.
Tornarono sul ponte con circospezione, a pistole spianate, ma
constatarono che, fortunatamente, all’orizzonte non se ne vedevano più.
Tutti i gaichu della zona dovevano essersi concentrati quel giorno e
chiaramente avendo fatto piazza pulita, ce ne sarebbe voluto un bel po’
prima di rivederne.
- Se non altro dovrebbero poter essere più collegati col resto del
mondo, ora. - Disse Gauche felice per loro.
- Finchè non ne arriveranno altri. - Poi indicò il fondo del burrone
che stavano sorvolando sul ponte. - Qua ne restano comunque molti! -
Jiggy lo riportò bruscamente alla realtà, ma Gauche ormai era nella
fase della gioia per quel che aveva ottenuto da quella potenzialmente
disastrosa esperienza.
Arrivarono al cavallo di ferro nascosto poco distante, sollevato nel
vederlo intatta, Jiggy l’carezzò e Gauche scoppiò a ridere.
- Sembra tuo figlio! - Il compagno lo fulminò con lo sguardo.
- Lasceresti mai Lode da sola in un posto simile? - Chiese severo,
mentre la muoveva e la spolverava.
- Io non lascerei mai Lode da nessuna parte! - Rispose subito Gauche
rabbrividendo all’idea di separarsi dal suo lupo. - Ma Lode è un
animale vivo, questo è un oggetto inanimato! - Gli
fece notare divertito Gauche, sorpreso di quel suo attaccamento a
qualcosa, dopo che aveva passato i giorni a star distante da tutto e
tutti.
Jiggy lo ignorò e salì sopra al mezzo.
- Ma basta soffiarci un po’ di cuore dentro e trova la vita! - Così
dicendo, l’attivò ed il grande cavallo di ferro ruggì come un toro
pronto alla carica.
Gauche sorrise a quel suo bizzarro lato sentimentale.
- Sei insensibile su tutto, ma non tocchiamoti questo coso! - Commentò
divertito, schernendolo. Jiggy accelerò controllando che fosse sempre
tutto a posto.
- Lo vuoi un passaggio da questo oggetto inanimato? - Chiese polemico.
Gauche ridendo gli mise una mano sulla spalla e salì a cavalcioni come
lui, stringendogli poi le braccia intorno alla vita, appoggiando il
petto alla sua schiena. I brividi percorsero entrambi, così come una
sana eccitazione che li riscaldò subito.
- Non farmi cadere! - Disse trovando imbarazzante la posizione del
bacino contro il suo.
Jiggy capendo che era una delle prime volte che faceva qualcosa di
tanto audace, fece un sorrisino malizioso, ma non disse nulla e
semplicemente partì.
Il paesaggio cominciò presto a mescolarsi davanti a loro, il vento li
carezzò dolcemente, facendo alzare le loro sciarpe bianche.
Gauche alzò gli occhi in alto, il cielo era ancora nero, ma non si
vedevano le stelle perché si muovevano ad una velocità costante, non
troppo sostenuta. Jiggy si stava risparmiando, non gli interessava
arrivare prima. Guardò la sua sciarpa e seguì i lembi che poi si
univano ai propri, intrecciandosi. Sorrise.
Era una bella sensazione.
Si sentiva al sicuro, si sentiva bene. Era così bello essere lì con
lui, appoggiato alla sua schiena, lasciarsi trasportare come se
avessero le ali. Gauche chiuse gli occhi e si immerse ancor più
vividamente in quella sensazione specifica.
- Sembra di volare, se chiudi gli occhi. - Disse.
- È meglio che io non provi l’esperimento. - Rispose Jiggy serio.
Gauche aggrottò la fronte e li aprì sollevando la testa per guardare
una piccola parte del suo viso.
- Questa era ironia? - Chiese incerto. Jiggy continuò su quel tono
apparentemente serio.
- Ironico io?! Mai stato! Ma se vuoi provo a chiudere gli occhi. - A
quel punto Jiggy si raddrizzò, alzò la testa e chiuse gli occhi, Gauche
se ne rese conto ed impallidendo saltò sul sedile in ginocchio per
arrivare ai manubri e tenere dritta la moto che già cominciava a
traballare paurosamente. Per farlo si issò su Jiggy ricoprendolo col
suo busto sopra la sua testa, spuntò di lato ed arrivò schiacciandolo
brutalmente ai manubri che afferrò sopra le sue stesse mani.
- Sei pazzo? I gaichu ti hanno mangiato il cervello? - Gridò isterico
per la prima volta nella sua vita.
- I gaichu mangiano il cuore, non il cervello! - Lo corresse Jiggy
aprendo gli occhi, tuttavia continuò a lasciarlo fare, guardò il suo
viso così vicino al suo, appiccicato in effetti, contratto in
un’espressione di paura, infine scoppiò a ridere.
Gauche si mise ad imprecare.
- E questo ride! Non ha mai riso in vita sua e lo fa mentre cerca di
suicidarsi con me! -
- Dici che non sono mai romantico! - Rispose sempre con ironia, questa
volta marcata.
Gauche sarebbe rimasto shoccato e felice di sentire questi suoi lati
nascosti emergere, ma al momento era più invogliato a dargli un colpo
in testa per la paura che gli stava facendo provare.
- Ma puoi fare il romantico mentre siamo giù da questo affare! -
Commentò acido, tirando anche lui fuori un lato che nemmeno sapeva di
avere.
Jiggy continuò a stare piegato in avanti, con Gauche tutto appoggiato
alla sua schiena, alto sulle ginocchia per arrivare con le mani sulle
sue e guidare, sentiva la propria nuca appoggiata sul suo petto ed il
suo viso a portata di labbra.
Jiggy realizzò che c’era anche un’altra cosa che sentiva oltre a tutto
il resto.
- Mi pare che una parte di te non sia tanto spaventata! - Gauche
spalancò gli occhi e lo fissò dimenticando la guida, in quello si
ritrovarono a due centimetri di distanza, Gauche arrossì violentemente
e Jiggy tornò a ridere e vedendolo, l’arrabbiatura e la paura scemarono
finendo anche lui per ridere e rilassarsi inspiegabilmente.
- Credo sia l’adrenalina, pensavo ci schiantassimo! - si giustificò
imbarazzato, tornando a guardare avanti.
- Oppure semplicemente ti piace guidare! - Gauche si zittì e ci fece
caso, rimanendo in quella particolare posizione dietro di lui, tutto
coricato sopra.
Guardò davanti, il paesaggio roccioso, il punto focale davanti a sé,
quella strada sterrata, il cielo che si faceva via via sempre più
chiaro.
- È bello vero? - Disse Jiggy senza forzargli la guida e lasciandolo
fare docile. Gauche tradusse in sé quella sensazione di brivido che
l’attraversava dalla testa ai piedi, quell’energia che sentiva
rigenerarsi pur stesse usando anche il proprio cuore per guidare,
tenendo le mani sui manubri.
- Ora ho capito. - Disse Gauche senza tornare a sedersi dietro.
- Cosa? - Chiese Jiggy senza spingerlo.
- Come ci riesci, perché ci tieni tanto, perché lo fai. - Jiggy rimase
in silenzio e aspettò che completasse la frase. - L’energia che dai per
guidare, la prendi da questa meravigliosa sensazione che hai guidando.
Il vento in faccia, il potere di decidere una direzione, di raggiungere
velocemente o lentamente un posto, controllare il tempo, quasi. È
talmente bello, che questo ti carica mano a mano che tu carichi questo
affare gigantesco. -
Jiggy sorrise.
- Segreto svelato! - Gauche decise di lasciarglielo fare, seppure
rimase un attimo lì ad imprimersi quella sensazione particolare, mentre
l’abbracciava e guidava la sua moto. Poi gli lasciò un dolce bacio
sulla guancia e tornò a sedersi dietro, questa volta a cavalcioni e
cingendolo per bene, aderendo alla sua schiena ed al suo bacino, le
braccia intorno alla sua vita, il mento che spuntava sulla sua spalla.
- È bellissimo. - Disse Gauche. Jiggy rispose come spesso faceva alle
sue affermazioni su quanto qualcosa fosse bellissimo.
- Sì, lo è. - E mai si capiva se si riferisse alla stessa cosa che
intendeva lui, oppure a Gauche stesso.
Al loro arrivo, furono guardati come si potevano guardare dei fantasmi.
Gauche sorrideva, Jiggy era serio come sempre. Solo con un segno in più
sul viso.
- E non avete visto il corpo com’è ridotto! - Rispose scherzando
Gauche, mentre indicava Jiggy accanto a lui che avanzava verso la
segreteria in mezzo a un sacco di gente sorpresa e shoccata.
- Vi abbiamo dato per dispersi! - Disse Largo, il primo a riprendersi
dallo shock. Gauche consegnò le ricevute e disse che avevano avuto
successo.
- Abbiamo avuto qualche intoppo, ma ce l’abbiamo fatta. - Disse Jiggy
incolore.
- Qualche? - Fece ironico Largo. - Il tuo viso sembra un quadro
cubista! -
Gauche si girò verso di lui.
- Se non fosse venuto a cercarmi, non mi avreste più rivisto! - Disse
sorridendo pacato. Non finì di dirlo che Aria gli piombò al collo
abbracciandolo forte.
- Oh Dio ero così preoccupata, volevo venire a cercarti ma me lo
impedivano, dicendo che poi dovevano venire a cercare anche me! Stavo
impazzendo dall’angoscia! - Aria solitamente era una ragazza abbastanza
timida che stava al suo posto, anche se amava profondamente Gauche ed
era sua amica d’infanzia.
Però in certi casi era difficile trattenersi persino per lei.
Gauche l’abbracciò a sua volta guardando di sfuggita Jiggy che li
fissava con quel suo tipico sguardo sottile inquietante.
- Sto bene, sto bene. Grazie a Jiggy. Ce la siamo vista bruttissima, ma
abbiamo portato a termine la missione e abbiamo recuperato le forze. -
Gli diede due pacche sulla schiena e si sciolse dal suo abbraccio.
- Serve un proiettile curativo? - Chiese Aria ansiosa, i due si
guardarono allettati dall’idea.
- Beh, il viaggio è stato lungo e lui ha ancora diverse cicatrici da
rimarginare, non sarebbe male. -
Il proiettile di Aria lavorava sulle energie, rigenerandole. Queste,
poi, permettevano una guarigione più veloce al corpo esterno.
- Accettiamo volentieri… - Disse grato Gauche.
Jiggy non ribatté e decise di lasciarlo fare.
- Quanti gaichu erano? - Chiese Largo volendo sapere i dettagli, mentre
andavano in un luogo più appartato, all’interno dell’Alveare.
- Un paio. - Disse vago Jiggy.
- In fondo alla gola c’erano almeno un centinaio, un nido intero, però
non potevano volare o arrampicarsi per fortuna. Poi nella sponda da
dove venivamo noi, io ne ho visti 3 che mi hanno quasi fatto cadere dal
ponte. Due sono riuscito a gestirli, il terzo non ce l’ho fatta, ma è
arrivato lui. Poi è venuto fuori che ne aveva fatti fuori 5 o 6… ma
quando siamo tornati indietro, ne ho visti almeno una decina di corpi
morti! - Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Esagerato. -
- No no, ho contato! Erano di più! -
- Beh, anche 5 o 6 sono molti… - Commentò impressionato Largo.
- E non sai che ferite profonde aveva! Sanguinava molto! - Aria era
molto preoccupata e colpita dal racconto, i quattro si fermarono in una
stanza di riposo, i tre ragazzi si sedettero, Gauche e Jiggy vicini,
per ricevere il proiettile, Largo dietro di Aria, in piedi davanti ai
due.
- Come vi siete curati? - Chiese conscia che dovevano aver avuto
bisogno di un dottore vero.
- Sono riuscito a trascinarci al villaggio da quell’altra parte della
sponda e per fortuna il primo caseggiato era un medico. -
Aria sospirò di sollievo.
- Grazie a Dio! - Largo sorrise enigmatico.
- Evidentemente non era la vostra ora. - Lui era più fatalista, lei era
più credente.
Gauche e Jiggy non avevano una particolare tipologia di pensiero,
vivevano il momento senza farsi domande o giungere a conclusioni
particolari.
- Siete pronti? - Chiese Aria, che a sua volta lo era.
Aveva tolto il violino dalla custodia, l’aveva preparato ed ora, in
posizione, aspettava di poter cominciare.
Gauche guardò Jiggy inespressivo ed annuì.
A quel punto, la musica del violino di Aria, cominciò a suonare la
musica rigenerativa.
Aria sulla quarta corda, la malinconica e bellissima sonata che
riservava per le cure.
La pietra sul violino brillò e dopo poco il proiettile risuonò
prendendo forma in un lungo serpente luminoso che volteggiò nell’aria
fino ad arrivare ai due ragazzi che, appoggiando le teste all’indietro,
chiusero gli occhi abbandonandosi a quella meravigliosa sensazione.
Sentirono l’energia fluire in loro, ricoprirli di brividi e scaldarli.
Lentamente le teste scivolarono di lato una verso l’altra, le spalle si
incontrarono, i capi si incastrarono e tutto divenne sfumato, ogni cosa
assunse un’importanza diversa, ogni cosa venne messa da parte per
lasciare spazio a quel momento, quell’istante. Qualcosa di bello, così
bello da dover essere vissuto con abbandono. La mano di Gauche trovò le
dita di Jiggy il quale, troppo stanco, non la ritrasse. Largo uscì
dalla stanza, lieto che Aria suonando con gli occhi chiusi non li
vedesse.
Alla fine, per quanto rischioso era stato, era andato tutto a buon
fine.
“Direi che ne è valsa la pena!”
Gauche guardò Jiggy dal proprio letto, mentre sistemava il materasso
per dormire per terra. Era da molti giorni che mancavano, la madre
dalla preoccupazione aveva quasi partorito.
Si mordicchiò il labbro, poi indeciso ed imbarazzato, Gauche disse:
- Vuoi dormire qua per stanotte? - Jiggy per un primo momento pensò lo
dicesse perché era ancora un po’ provato dalle ferite.
- No, non preoccuparti, dormi pure tu. Aria ha fatto un ottimo lavoro
con quella sonata. - Perché mai nella sua vita avrebbe immaginato che
lui non intendesse separati.
- Ma io non intendevo scambiarci di posto. - Lo disse rossissimo in
viso, non sapendo dove avesse trovato il coraggio per dirlo.
Quando Jiggy capì, lo fissò subito, in piedi, sorpreso.
Chiuse la bocca dimenticata aperta e lo guardò stranito.
- Oh. - A quello Gauche si traumatizzò e cominciò a ritrattare come se
gli avessero pestato un piede.
- Scusa, era fuori luogo, sono stato precipitoso, dimentica, cancella,
io… - Non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo, il cuore gli batteva
fortissimo. Specie perché aveva tirato fuori un bel coraggio per dire
una cosa così poco da lui.
Jiggy realizzò quanto doveva averci messo a dire una cosa simile e
sorridendo si sfilò la maglia, rimase in canottiera e si sedette nel
letto con lui. Poi senza dire nulla chiuse la luce e si stese.
- Beh? - Chiese come se fosse normale, per non fargli pesare nulla più
di quanto già fatto.
Gauche lo guardò rossissimo, senza respirare. Era lì nel suo letto,
steso, in pantaloncini e canottiera intima, sotto le coperte che teneva
aperte per farlo stendere.
- Su! - Lo incitò ancora vedendolo imbamolato. A quel punto si decise e
si stese con lui.
Infilò le gambe sotto e si mise in un primo momento sulla schiena, poi
non sapendo come fosse il caso di posizionarsi, con Jiggy che lo
ricopriva con la coperta, lo guardò. Sorrideva dolcemente. Quei rari
sorrisi che non gli aveva mai visto che di rado e solo in quell’ultima
settimana insieme.
Fu lì che decise di non lasciar cadere quel dolce sorriso nel nulla. Si
girò sul fianco, verso di lui, nella posizione di Jiggy, solo a
specchio, e si accoccolò contro di lui che l’abbracciò dolcemente e gli
baciò la fronte. Poi gli prese il mento, gli alzò il volto verso il suo
e senza esitare lo baciò sulle labbra.
Non avevano esagerato con baci e manifestazioni d’affetto. Gauche non
aveva voluto fare troppi passi, pensando che Jiggy non fosse per quelle
cose.
Ed ora veniva ricompensato per la sua audacia e per avergli lasciato
tempi e spazi di manovra.
Le sue labbra coprirono dolcemente le sue, poi delicatamente si fece
largo la lingua calda e bagnata, il suo sapore di dentifricio, forse lo
stesso che aveva anche lui.
Piano piano il bacio divenne sempre più naturale ed audace, fino a che
Gauche perse completamente la ragione e si lasciò trasportare da lui e
da quel calore che gli stava facendo girare la testa.
Si baciarono per un tempo interminabile, poi senza andare oltre, senza
nemmeno fare mezzo cenno, Jiggy si sistemò sulla schiena e se lo tirò
sopra facendolo accoccolare sul suo petto. Gauche, mite, non oppose
resistenza mettendo il capo sull’incavo del suo collo, respirando il
suo profumo. La mano sul suo petto scivolò sulla spalla non più
fasciata, sotto i polpastrelli i segni delle cicatrici ancora fresche.
- Ti fa male? - Chiese riferendosi ai vari segni che aveva. Jiggy gli
prese la mano e se la portò al viso, Gauche alzò il capo e lo guardò
mentre si faceva toccare di proposito la cicatrice sotto l’occhio,
quella più evidente, che non aveva mai osato sfiorare.
- Ogni volta che la toccherò e la guarderò ricorderò di te e di quello
che provo per te. Che era tale da ottenere questo senza alcun
rimpianto. - Jiggy era sempre molto deciso, aveva le idee chiare e
quando parlava era molto sicuro di sé. Gauche a volte era un po’
insicuro, ma dopo di quello decise che non avrebbe più avuto dubbi su
di sé, su di lui e sulla propria vita. Che, come lui, sarebbe andato
avanti senza esitazione, seguendo il proprio cuore in ogni caso.
Sorrise, lo baciò per primo di nuovo, poi disse scivolando a baciargli
proprio la cicatrice sotto l’occhio.
- Ed io vivrò felice per te. Perché sono vivo grazie a quel che ci
lega. La mia vita sarà il segno del nostro legame. La mia vita e la tua
cicatrice. -
Perché niente avrebbe potuto separarli finché uno avrebbe avuto quella
cicatrice e l’altro la sua vita.
Eppure qual è la condizione che ci rende vivi? Cos’è che ci fa capire
che lo siamo? Svegliarsi ogni giorno, muoversi, respirare? O c’è
qualcosa in particolare che rende la vita tale?
Né Gauche né Jiggy avrebbero potuto capire, in quel momento, che non
era la vita in sé la questione, quanto ciò che li rendeva loro stessi.
Non la vita, ma il cuore.
L’anima.
Perché si vive in tanti modi, ma come?
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Capitolo 8 *** Non dimenticarmi mai ***
la_proporzione_perfetta8
*Ecco il nuovo capitolo. Un
po' in ritardo, ma eccoci. In questo capitolo siamo su una delle parti
descritte nel manga che riguarda Gauche. Nel manga lui perde il ricordo
di sua madre la notte del balenio, quando lei muore e nasce Silvet. E'
uno dei momenti chiavi per quel che lo riguarda e qua lo viviamo dalla
parte di Jiggy, soprattutto il dopo. Buona lettura. Baci Akane*
8. NON DIMENTICARMI MAI
Presi gli incarichi, i letter bee
uscirono alla spicciolata dalla segreteria, diretti all’uscita per
cominciare i loro compiti giornalieri.
Gauche vedendo che Jiggy rimaneva
stranamente indietro, lo aspettò senza capire cosa avesse.
- Che succede? - Chiese con aria
interrogativa.
Jiggy non fece espressioni
particolari, sembrava aspettasse qualcosa.
- Stai poco bene? Vuoi passare in
infermeria? - Continuò senza capire.
A quel punto il corridoio si svuotò
sufficientemente e negli occhi azzurri inespressivi di Jiggy apparve
una luce maliziosa.
- In effetti ho bisogno di una
controllata… ma non dal dottore… - Gauche, ingenuamente, allargò le
braccia senza capire.
- Devi sempre essere così criptico?
Di cosa hai bisogno? È il cavallo di ferro? - E Jiggy, con un
sorrisino, lo prese per il braccio, lo tirò bruscamente in uno degli
angoli ciechi dell’Alveare e spingendolo contro il muro lo coprì col
proprio corpo, fermandolo con le mani.
- Ho bisogno di una controllata da
te! - E con questo lo baciò veloce e deciso.
Gauche in un istante si ritrovò
bloccato in un angolo dal suo corpo ben sviluppato, la sua bocca contro
la propria, la lingua ad invaderlo, il suo sapore di dentifricio.
Gauche tornò a respirare poco dopo con un sorriso e lentamente scivolò
con le mani intorno al suo collo e poi sulla nuca, fra i suoi capelli
rossicci spettinati.
Il calore li avvolse con dolcezza,
mentre le loro labbra si fondevano in un bacio che li avrebbe
accompagnati per tutto il viaggio.
- Stai attento. - Mormorò Jiggy
protettivo, sulle sue labbra.
Gauche sorrise.
- Anche tu. - Dopo di che gli
sistemò il colletto della giacchetta, gli infilò il cappello e
controllò che i suoi occhiali da motociclista fossero a posto. Infine
gli diede un altro dolce bacio sulle labbra e con un sorriso andarono
ognuno per la propria strada.
Le cose andavano bene ultimamente.
Jiggy aveva trovato un
appartamento, aveva ricevuto il primo stipendio e se l’era preso. Poi
aveva iniziato a pagare la rata del cavallo di ferro, si era fatto la
scorta sufficiente di cibo per il mese ed infine il resto l’aveva messo
via, al sicuro, per poter realizzare il suo progetto di costruire una
cattedrale nella propria città natia.
Gauche lo vedeva felice mentre si
sistemava e realizzava passo dopo passo i suoi obiettivi. Non l’avrebbe
mai fermato o contrastato, sebbene gli mancasse averlo in casa, dormire
con lui.
Avevano sempre dormito abbracciati
da quando si erano messi insieme, Jiggy non aveva insistito per andare
oltre coccole e abbracci, come se sentisse che non era ancora pronto.
Come se non volesse rubargli la sua
innocenza.
In cambio Gauche non lo riempiva di
domande apprensive su come stava e come era andata la consegna, pur
stando via per dei giorni.
Funzionavano bene, Jiggy era sempre
più aperto e rilassato, con lui, e Gauche si sentiva più sicuro di sé,
le idee chiare, sereno e tranquillo.
Lentamente cominciarono a sentirsi
come se niente al mondo avrebbe mai potuto rovinarli in alcun modo.
Proprio niente.
Jiggy stava portando a termine
delle consegne, quando arrivò quel giorno.
Gauche aveva finito presto e stava
guardando la vallata dalla sua postazione preferita, dove si vedeva il
sole artificiale risplendere sulla capitale.
Quando balenò ripetutamente, quando
si spense e si riaccese, qualcosa accadde.
Gauche si sentì spegnere insieme al
sole, quel giorno.
Per alcuni secondi, ripetuti
successivamente, il buio calò su tutta la notte. La notte si fece
oscura e si portò via molte cose, da molte persone.
La sensazione di spegnersi, la
sensazione di non esistere, la sensazione di staccare la spina,
sospendersi, dimenticarsi di esserci.
Quella sensazione. Gauche dimenticò
anche quella, quella notte.
Furono istanti bravissimi che
fecero rabbrividire tutti, ma colpirono davvero solo alcuni.
Quando il sole smise di balenare,
Gauche tornò presente e si ritrovò sulla collina, davanti alla vallata
che si vedeva di nuovo.
Per lui fu come non essersene mai
andato, quasi che nulla fosse successo, alcun brivido, alcuna
sensazione mostruosa, gelida, di strappo interiore. Nulla. Gauche si
girò stranito, smarrito, con la sensazione che fosse successo qualcosa
di importante, una sensazione incapace di afferrare. Senza capire,
senza realizzare di cosa si trattava. Che a lui qualcosa mancava, che
gli era stato strappato qualcosa.
Aria corse a chiamarlo dicendo che
la madre stava partorendo ma si sentiva male, lui la guardò senza
capire, ma lei lo prese per il braccio e lo trascinò a casa agitata.
Quando entrarono, c’era la
levatrice mortificata che piangeva.
- Ho fatto il possibile, sono
riuscita a salvare la bambina, ma purtroppo tua madre… - Si fece forza
e lo disse. - Lei è morta. - Aria si raggelò coprendosi la bocca con le
mani, guardò subito Gauche cercando di capire come aiutarlo, come
avrebbe reagito. Forse avrebbe odiato per sempre la sua sorellina che
gli aveva tolto sua madre, in qualche modo.
Ma lui rimase inebetito, immobile,
indifferente per un secondo, si avvicinò al letto e alla donna che
stringeva fra le braccia una bambina che piangeva. Infine prese la
bambina, come se il letto fosse vuoto.
La strinse, l’alzò davanti al viso
per guardarla bene e sorridendo le parlò dolcemente:
- Silvet! La mia piccola tenera
Silvet! La mia unica famiglia! -
Dapprincipio le due donne non
capirono, si guardarono perplesse e guardarono Gauche che dava le
spalle al letto e cullava la sorellina che finalmente si calmava fra le
sue braccia.
- Suede, tua madre… - Tentarono di
fargli capire meglio la situazione, ma lui come se loro nemmeno
parlassero, andò fuori e cominciò a mostrarle il mondo, come se niente
altro esistesse. Come se niente mai fosse esistito prima di allora.
Aria iniziò a piangere, mentre la
levatrice semplicemente coprì il volto della donna morta, capendo che
quel balenio, che quelle tenebre di qualche minuto prima, si erano
portate via molto più che la vita di una donna che aveva messo al mondo
una bambina.
Si erano evidentemente portate via
anche un pezzo di cuore di Gauche, il quale, dopo quel giorno, non
avrebbe più ricordato sua madre.
Mai più.
Quando il sole balenò, Jiggy era
ben lontano dalla capitale ed anche da Yusari. Era in una zona di
Yodaka.
Si accorse dei flash del sole
artificiale, ma non ci fece molto caso.
Dopo un giorno rientrò a Yusari e
appena messo piede nell’Alveare, Aria si precipitò da lui,
all’ingresso, avendo sentito il motore del suo cavallo di ferro. Jiggy
ed Aria non avevano mai avuto grossi contatti, in competizione per
Gauche. O meglio, Aria non si era mai resa conto che l’astio di Jiggy
derivava da quello, secondo lei a Jiggy semplicemente non piaceva
nessuno tranne che Gauche, ma solo in qualità d’amico.
Perciò quando le si fiondò addosso
prendendolo per il colletto della giacca strattonandolo con le lacrime
agli occhi, gli venne un colpo.
Si sentì immediatamente morire,
sentì uno schianto dentro di sé, come se il suo cuore gli cadesse
finendo a terra.
Con la stretta dentro di sé,
spalancò gli occhi e riuscì a malapena a dire:
- Cosa è successo a Suede? - Perché
solo per lui, solo per quello lei poteva ridursi in quello stato e
correre dalla persona con cui aveva avuto meno contatti.
- Suede è… Suede è… - Ma non
riuscendo a dire nulla di più perché i singhiozzi le strozzavano la
voce, fu Largo a spiegare per lei, molto più calmo e distaccato.
- Suede ha dimenticato la madre. -
Fu come una sentenza. Jiggy lo guardò convinto che lo prendesse in
giro, essendo Largo Lloyd poteva essere. Ma Aria piangeva troppo, tanto
che dovette tenerla per le braccia per non farla scivolare a terra.
- Cosa? - Chiese aggrottando la
fronte, mostrando per la prima volta un’espressione, un’inclinazione,
un sentimento.
- C’è stato il balenio del sole
artificiale, ieri, non so se l’hai visto e dove eri… - Jiggy non mosse
un muscolo e Largo continuò. - Lui era sulla collina, è stato colpito
in pieno dall’oscurità. Quando è finita, è andato da sua madre che
aveva partorito la sorellina. Lei era morta, non ce l’ha fatta. Ma lui
l’ha completamente ignorata, come se non ci fosse mai stata. Tutte le
volte che le diciamo di lei, lui dice che non aveva una madre, se
proviamo a farlo ragionare non c’è verso. È come quando un gaichu ti
colpisce e ti ruba un pezzo di cuore… e tu dimentichi qualcosa… lui ha
dimenticato sua madre! - Jiggy, una mano sulla spalla di Aria col viso
affondato sul suo petto a piangere, l’altra stretta a pugno a cercare
di gestire, di controllare quell’enorme frana che l’aveva appena
investito.
Le ginocchia gli si irrigidirono, i
piedi si fecero pesanti e per un momento il sangue si gelò.
“E se ha dimenticato anche me?”
- Vai a vederlo, il dottore lo sta
riempiendo di visite… ma non sembra trovare risposte e soprattutto…
pare che non ci sia nulla da fare… -
Largo non poteva essere più
delicato di così. Si avvicinò, prese Aria sotto braccio e la tolse da
Jiggy il quale, una volta libero, si voltò verso le scale. Le guardò
con un sacro terrore ben evidente nel viso, non riusciva a parlare, a
respirare, a pensare.
La paura lo aveva gelato
completamente. In vita sua ne aveva passate tante, tanti brutti colpi
duri da digerire, durissime prove da superare, ma non aveva mai avuto
la paura che aveva in quel momento.
“La prima cosa bella, la prima cosa
davvero bella e che funziona, che mi aiuta, mi fa stare bene, mi fa
andare avanti ad ogni costo e tornare indietro… non può essere finita
così… come è possibile?”
Largo gli mise una mano sulla
schiena con gentilezza e questo lo riportò alla realtà, dandogli la
forza di muoversi e salire quelle maledette scale.
Quando raggiunse la porta
dell’infermeria, bussò e attese la voce che gli permettesse di entrare.
Quando lo udì, aprì e si fece
forza.
Quel passo fu la cosa più difficile
mai fatta.
Dentro c’era Gauche con una neonata
in braccio che dormiva succhiandosi il pugnetto, lui la guardava con
una dolcezza infinita e sorrideva.
Se non ci fosse stato un retroscena
così raggelante, Jiggy si sarebbe sciolto in quella che era la visione
più meravigliosa del mondo.
Ma in quel momento non riuscì ad
ammirarli. Scivolò coi piedi dentro, il cuore batteva impazzito nel
petto, la testa esplodeva, le gambe così maledettamente pesanti.
Gauche poi si girò a guardare chi
era entrato, lo vide e sorrise con la stessa dolcezza riservava alla
sorella. Si alzò e andò da lui felice, leggero, entusiasta.
- Ehi ciao! Guarda chi è arrivata?
Ti presento Silvet! Non è bellissima? Ha i capelli color del grano! -
Jiggy continuava a non respirare, ma si rese conto che il cuore
rallentò, smise di cercare di esplodere. Sgranò gli occhi e lo guardò
con attenzione nel viso, gli occhi spenti anche se felici, del suo
solito colore ambrato così belli. Gli mancava qualcosa, in quegli
occhi. Gli mancava un pezzetto di cuore. Però non il suo.
- Ti piace? - Chiese Gauche con
dolcezza. Jiggy allora la guardò come se si ricordasse della bambina
solo in quel momento, annuì spaesato, poi tornò a guardare lui
preoccupato, gli occhi pieni di lacrime, traduzione di un istante in
cui si era sentito morire.
- Sì… è bellissima… ma tu come
stai? - Gauche sorrise ancora e si sporse verso di lui baciandogli le
labbra. Questo gesto lo riportò alla vita in un istante, restituendogli
l’anima persa per un momento infinitamente lungo.
- Bene, sono tutti preoccupati, ma
io sto bene! - E con questo, Jiggy lo strinse forte a sé, lui e Silvet,
affondando una mano fra i suoi capelli bianchi e spettinati,
nascondendogli il volto contro il proprio collo. Chiuse gli occhi e
liberò un’espressione mista fra il sollievo ed il dolore.
- Non dimenticarmi mai, non
dimenticarmi mai, ti prego… non dimenticarmi… - E mentre lo diceva, non
trattenne più le lacrime.
Gauche, sorpreso e sconvolto da
quella reazione, spostò Silvet su un braccio per poterlo circondare con
l’altro.
- Ehi… ehi… - mormorò dolcemente. -
Non potrei mai dimenticarti… come potrei? - Ma Jiggy a quello scattò
col terrore di cui non riusciva ancora a scrollarsi, lo guardò come se
dicesse un’eresia indicibile:
- Come potresti? Hai dimenticato
tua madre! - Disse agitato per la prima volta in vita sua. Gauche era
sempre più sconvolto di vederlo così, infatti sospirando indietreggiò e
mise giù Silvet sulla carrozzina, poi tornò a lui sempre calmo e
paziente, nello sguardo qualcosa di diverso, qualcosa che non sarebbe
più tornato, come una nota inconsapevolmente nostalgica.
- Tutti mi parlano di questo fatto,
ma io non so cosa dire, non ricordo nulla, per me non c’è stato nulla
prima di Silvet. -
- Ma noi ricordi, di essere un Bee
ricordi, Aria la ricordi! - Rispose concitato, incapace di capire come
si potesse dimenticare una persona, per di più così importante.
Gauche spaventato da quella sua
reazione così shoccante, si strinse nelle spalle.
- Sì, ricordo tutti… ma per me non
c’è mai stata una donna a crescermi fino ad oggi. Io non… non ricordo…
non c’era, non c’era e basta… - Jiggy lo prese violentemente per le
spalle, sconvolto da questo, incapace di farsene una ragione per la
paura ancora così grande di poter finire come lei.
- Ma non stai male? Non ti senti
che manca qualcosa? Non senti il dolore, l’angoscia? Come pensi di
essere vissuto fino ad ora? Come è arrivata Silvet? Dal nulla? -
Domande una più lecita dell’altra, Jiggy le sputava fuori gridando,
scuotendolo, spaventandolo, ma lui non lo respinse e non chiamò
nessuno, lo lasciò fare, poi vedendolo terrorizzato, con le lacrime che
scendevano, lo abbracciò di slancio e lo strinse forte cercando
disperatamente un modo per rassicurarlo e calmarlo.
- Non sto male, non sto male,
credimi… non ti dimenticherò mai! Mi ricordo di te, di Aria,
dell’Alveare, del mio lavoro, di quel che ho fatto. Ma per me Silvet è
comparsa in casa mia ieri, non so come, non focalizzo il dettaglio sul
modo in cui è arrivata da me. So come nascono i bambini, ma non c’è un
ricordo di Silvet prima di ieri, mia madre non c’è, non esiste, non so
nulla… ma sto bene, non mi manca nulla, non ho dolore, non ho
tristezza, non ho nulla… sto bene, devi credermi. Se è successo
qualcosa, io non ne sono consapevole, sto bene. - Lo ripeté cercando di
calmarlo, sentendolo scuotersi come non l’aveva mai visto.
Jiggy si calmò alla sua stretta ed
alle sue parole, fino a che gli rimase solo una grande tristezza,
un’infinita tristezza, mentre la paura rimaneva dietro l’angolo. Dove
sarebbe sempre rimasta fino alla fine dei suoi giorni, convinto che
prima o poi sarebbe successo ancora, incapace di capire come poteva
essere.
- Ma hai affrontato un
gaichu? - Gauche si strinse nelle spalle separandosi da lui.
- No, io stavo guardando la
vallata, il sole artificiale… e poi ha balenato. Si è spento e riacceso
un paio di volte e poi… Aria è venuta a chiamarmi in lacrime. Dopo di
che c’era Silvet. - Spiegò. Per lui era tutto normale, era tutto a
posto. Non realizzava, non lo sentiva come una cosa grave, non la
viveva male.
Jiggy non sapeva più come sentirsi,
confuso e sconvolto si asciugò le lacrime, poi gli prese il viso fra le
mani fissandolo da vicino, intensamente, quasi arrabbiato.
- Giurami che ti ricordi di noi, di
tutto. - Gauche sorrise e gli carezzò il viso.
- Di tutto. Di come ti ho fatto
venire in casa con me perché vivevi all’aperto e non avevi soldi
nemmeno per mangiare, del cavallo di ferro che ti ho aiutato a trovare,
del primo giro insieme, di queste cicatrici… - A quel punto a Jiggy gli
venne in mente la promessa che si erano fatti.
Che sarebbero stati insieme finché
avrebbero avuto cuore.
Rabbrividì e premette
disperatamente le labbra sulle sue, rimanendo così, come ad imprimersi
nella sua mente, risucchiare quell’istante, cristallizzarlo, cercare
qualcosa di impossibile da dimenticare.
Gauche, sconvolto da quelle sue
reazioni, capì quanto grave doveva essere stato quello che gli era
capitato anche se non riusciva a percepirlo da sé, non riusciva proprio
a realizzarlo.
Lui davvero non stava male, lui
veramente non provava niente.
Appunto, niente.
Non verso una madre che per lui non
era mai esistita.
Jiggy accompagnò Gauche e Silvet a
casa, dove vide che ancora non c’era alcun allestimento per la piccola.
Ma, al contrario, c’era ancora il letto della madre. Lei era stata
portata via.
Jiggy rimase fermo a guardare la
stanza della donna, mentre Gauche posava la piccola sul letto libero
come se non fosse mai stato di nessuno, come se l’avesse preso proprio
per lei.
- Ci costruirò delle spondine,
altrimenti rischia di cadere. - Disse Gauche uscendo per poi tornare
con delle assi in legno e degli attrezzi.
Il magone salì di nuovo in Jiggy.
Gli dispiaceva per la madre di Gauche, era una donna così dolce,
l’aveva accolto senza problemi, l’aveva aiutato il primo mese. Ed ora
se ne era andata in quel modo, velocemente.
Non se ne capacitava, pur sapendo
che nel parto poteva essere dolorosamente normale.
- Anche mio padre è morto. - Disse
lugubre, mentre si avvicinava trasalendo ad una trave caduta troppo
rumorosamente.
- Come? - chiese Gauche non sapendo
le dinamiche.
Jiggy lo guardò impressionato,
l’ombra della paura sempre in agguato.
“Ecco, adesso mi guarderà e mi
chiederà chi sono…”
Prese l’asse e decise di aiutarlo,
testando il periodo per capire se poteva essere una condizione anomala
ma momentanea.
Assecondarlo forse poteva essere
l’unico sistema per non farlo stare davvero male.
“Se lui non prova nulla ma vede che
siamo tutti angosciati, si angoscerà per colpa nostra… e non potendo
fare nulla per risolvere la situazione, starà male e basta. Ora come
ora, per aiutarlo, dobbiamo fingere che vada tutto bene e alleggerirgli
un peso che non deve portare, perché non può fare proprio niente.”
Jiggy tornò con fatica alla sua
logica pratica e sempre utile nei momenti critici, così sforzandosi di
usare un tono piatto, spiegò del padre.
- Ti avevo detto che era morto
contro un gaichu. -
Gauche annuì cominciando a fissare
le travi verticali allo scheletro del letto. Jiggy gliele teneva, lui
batteva coi chiodi. Silvet, stranamente, non piangeva nonostante il
rumore del martello.
- Sì, è vero. - Si ricordò Gauche.
Jiggy lo osservava ad ogni mossa, con cura, cercando di capire se ci
fosse qualche cambiamento, se stesse peggiorando o migliorando.
- Ti ho parlato di mia sorella,
vero? - Chiese cercando di sembrare distratto. Gauche senza fermarsi
dal lavorare, annuì.
- Sì, certo. È rimasta con tua
madre e suo padre ed è molto forte. Non avete lo stesso padre, ma la
stessa madre. Vuoi far costruire una cattedrale per dare lavoro alla
tua gente e poi creare un rifugio sicuro per tutti quelli come voi che
sono senza lavoro e senza casa. - Gauche sapeva perché lui gli aveva
fatto quella domanda, l’aveva messo alla prova così rispose con molta
precisione. Jiggy sospirò di sollievo cercando di non darlo a vedere,
ma lui sorrise e gli sfiorò la fronte con il martello fingendo di
giocare.
- Visto che va tutto bene? - Jiggy
voleva ripetere che non andava tutto bene se stava facendo una culla
sul letto della madre morta solo il giorno prima, specie se lo faceva
perché non si ricordava di lei. Però si mangiò la risposta ed alzò le
spalle.
- Non si sa mai, mi sembra che ti
servano dei test ogni tanto. Magari ti dimentichi anche di come ci si
lava i denti, vai a sapere tu! - Cercò di essere acido come suo solito
per farlo ridere, ci riuscì ed il suo sorriso lo rassicurò. Era bello.
Un po’ naturalmente malinconico, ma sempre bello.
Splendido, anzi.
- Cosa vuoi sapere? - Chiese Gauche
fissando altre travi, capendo che così lo tranquillizzava.
“Lo fa per me. Mi ha visto
sconvolto e sta cercando di tranquillizzarmi.”
Pensandolo, scosse il capo e
facendo un’aria incerta, gli chiese la prima cosa che gli venne in
mente.
- Il nostro primo bacio? -
Gauche smise di battere e lo guardò
con quella dolcezza che lo contraddistingueva, anche se innegabilmente
malinconica.
- Fuori dal mondo, appena scappato
dalla morte. Dopo che mi hai fatto venire un colpo ed hai fatto l’eroe!
E senza nemmeno chiedermi il permesso! - Scherzò Gauche. Jiggy fece un
piccolo sorriso, dopo di questo smise di riempirlo di domande, cercando
faticosamente di domare quel suo stato angoscioso che continuava ad
attanagliarlo, nel terrore di vederlo dimenticarsi anche di lui.
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Capitolo 9 *** È il presente che conta ***
la_proporzione_perfetta9
*Ecco un altro capitolo.
Gauche ha dimenticato sua madre per colpa del balenio del sole
artificiale, senza avere idea di che cosa sia, del motivo e cosa
succederà poi, Jiggy cerca di affrontare la situazione in modo pratico
e lucido, cercando di capire come aiutare concretamente Gauche. Ma è
anche molto spaventato, in cuor suo, che Gauche possa dimenticare anche
lui. Come vivere da qui in poi con questa atroce consapevolezza? Buona
lettura. Baci Akane*
9. È IL PRESENTE CHE CONTA
"Io
– ti guarderò le spalle Io – ti aiuterò a vedere oltre Io – ti
proteggerò di notte Io – sto sorridendo accanto a te, in una lucidità
silenziosa"
/Silent Lucidity - Queensryche/
Silvet dormiva nella culla che
avevano finito di costruire, Jiggy aveva aiutato Gauche ad adattare la
casa alle esigenze di una bambina, facendo in modo che non potesse mai
farsi male da sola.
Dopo gli adattamenti alla casa, gli
preparò da mangiare mentre Gauche trasferiva il letto nella camera di
Silvet per starle vicino le prime notti, nel caso in cui si sarebbe
svegliata.
- Come farai quando lavori? -
- La mamma di Aria mi ha detto che
mi aiuta con piacere, almeno fino a che non potrà stare in casa da
sola. Ho accettato il suo aiuto, perché non posso permettermi di non
lavorare, Silvet ha solo me. -
Gauche e Jiggy finirono di mangiare
dopo aver fatto un po’ di piani pratici per affrontare quella nuova
vita, ma nell’aria apparentemente tranquilla di Jiggy, c’era sempre
un’ombra di paura.
Un’ombra vivida, che Gauche vedeva
molto bene.
Misero a dormire Silvet dopo che
Gauche gli aveva dato da mangiare e, sempre su indicazione della
levatrice, gli aveva fatto fare il ruttino.
- Sei portato. - Disse Jiggy dopo
aver sistemato la cucina, cosa che non aveva mai fatto.
- Per i bambini? - Chiese Gauche
posando la bambina addormentata nella nuova culla, nell’ombra della
camera dove solo una candela rimaneva accesa sul comodino.
Jiggy si strinse nelle spalle e
Gauche sorridendo gli arrivò davanti e gli carezzò il viso.
- Vuoi fermarti qua stanotte? -
Jiggy lo guardò serio, senza fare espressioni od inclinazioni, mentre
si domava a stento.
- Hai paura per la prima notte da
solo? - Lo testò di nuovo abilmente, incapace di smettere.
Gauche però non spense il sorriso e
nemmeno la sua serenità, una serenità un po’ offuscata.
Gli sistemò una ciocca rossiccia
dietro le orecchie e contemplò la sua cicatrice ed i suoi occhi
azzurri.
- Come lo sono sempre stato, a
parte quando vivevi con me. Era bello, mi piaceva. - Non si era
tradito, non aveva esitato.
- Perché proprio stanotte mi vuoi
qua? - Gauche non sospirò, ma continuò a carezzargli il volto
delicatamente.
- Perché hai paura che se te ne
vai, domani non mi ricorderò di te. Solo che non hai il coraggio di
dirlo. Non vuoi che questa situazione mi pesi. Ti stai sforzando, ma
sei terrorizzato. Ed io… - Si strinse nelle spalle. - Non so in che
altro modo convincerti che non mi dimenticherò di te! - Jiggy a questo
punto tornò a scoppiare nonostante avesse giurato di trattenersi.
- Non puoi saperlo, hai dimenticato
tua madre anche se tu non ricordi d’averlo fatto. E come hai
dimenticato lei senza nemmeno affrontare un gaichu, puoi dimenticare
me! Non dire più che non mi dimenticherai, perché non lo sai, un giorno
succederà, potrebbe succedere, tu non puoi assicurarmelo! - Gauche così
gli prese le mani e se le portò alla bocca cercando di placarlo, sempre
rimanendo calmo.
- Anche tu potresti dimenticarmi,
lavori molto più di me, usi un mezzo col tuo cuore, affronti tanti
gaichu pericolosi… - Jiggy scosse il capo stizzito.
- Non è la stessa cosa, a me non è
successo niente solo perché il sole si è spento! - Gauche si rese conto
che con le parole non poteva convincerlo, non in quel modo, comunque.
Ma le sue mani tremavano, i suoi occhi limpidi erano di nuovo cristalli
di acqua pronti a scendere sulle guance. Era forte, Jiggy,
incrollabile. Ed ora era così fragile e spaventato. Come poteva
aiutarlo? Come poteva?
Così si fece indietro verso il
letto preparato per terra e si sfilò la maglia.
- Per questo devi dormire qua
stanotte. - Disse suadente Gauche.
Jiggy si aggrottò senza capire.
Gauche si tolse anche i pantaloni.
- Perché non abbiamo tempo da
perdere. - Jiggy pensò subito che fosse impazzito e lo fermò dal
togliersi anche i boxer.
- No senti, non è così che mi
tranquillizzi! In effetti non c’è un modo, mi abituerò a vivere con
questa paura, come mi sono abituato a tutto… ma tu non devi… - Gauche
però gli prese la camicia da Bee che ancora indossava e gliel’aprì
deciso.
- Sì che devo. Perché hai ragione,
invece. Non posso assicurarti che non ti dimenticherò. Così come tu non
puoi assicurarlo a me. Col lavoro che facciamo, sappiamo cosa può
capitarci. Perciò non ho promesse adatte da farti, niente che possa
tranquillizzarti sul serio. - Jiggy si fermò e smise di bloccarlo.
Gauche gli fece cadere la camicia bianca dalle braccia, si adagiò a
terra come una foglia.
Le sue dita, poi, gli aprirono i
pantaloni che caddero ai piedi.
- Per cui dobbiamo creare dei
ricordi. - Disse prendendogli il viso fra le mani, le labbra sulle sue.
- E fare in modo che anche se li dimenticheremo, saranno valsi la pena
di essere comunque vissuti. Perché è ora che dobbiamo vivere, visto che
forse domani non ci saremo. Finché ci siamo, dobbiamo fare tutto senza
rimpianti, senza rimandare nulla. Perché poi potremmo non esserci. -
Con questo Jiggy se ne convinse definitivamente.
Era questo.
Era esattamente come diceva lui.
Si faceva le cose finché si poteva
farle, finché si era ancora sé stessi. Tutto lì.
E se poi ci si sarebbe dimenticati
uno dell’altro, si avrebbe pianto e si sarebbe stati male, ma almeno
avrebbero avuto un momento, anche uno solo, dove erano stati felici
perché avevano vissuto a pieno tutto.
Con questo lo baciò con trasporto,
togliendogli il fiato e facendo propria la sua bocca.
Le mani scivolarono veloci sul suo
corpo a fargli cadere il resto che indossava, altrettanto fece con sé
stesso, infine lo prese per la vita, lo sollevò facilmente e gli fece
circondare i fianchi con le gambe che si allacciarono intorno a lui.
Gauche lo strinse anche con le braccia cingendogli il capo e si lasciò
adagiare a terra, sul materasso e sulle coperte.
Il cuore iniziò a battere
fortissimo in entrambi, il sangue così veloce nei loro corpi, la
voglia, il desiderio, un’emozione così forte, così viva.
Si guardarono, una volta stesi uno
sull’altro.
- Mi sembra che il cuore debba
scoppiarmi! - Esclamò con un sorriso dolcissimo e gli occhi che
brillavano di un’emozione che Jiggy non avrebbe mai dimenticato.
Glieli baciò perché finalmente non
c’era l’ombra di prima, quell’ombra inconsapevole.
Finalmente era felice mentre lo
guardava.
Gauche sciolse le gambe, si sistemò
sotto di lui e Jiggy gli si mise sopra in modo da strofinare i loro
bacini, le loro erezioni che per la prima volta andavano oltre in modo
tanto audace.
Jiggy gli baciò gli occhi, gli
zigomi e scese sull’angolo delle sue labbra beatamente piegate in un
tenero sorriso dove non c’era nessun rimpianto.
Era semplicemente felice così e
Jiggy lo sentiva, lo percepiva.
E finché lui era così felice e così
vivo, non importava più niente.
Contava solo quel momento, quel
momento presente così vero, così bello.
Le loro labbra si sigillarono di
nuovo, mentre i desideri salivano. Scoprirono ogni cosa di loro stessi,
di cosa significava il piacere, l’amore, di cosa si provava quando si
andava oltre, quando si faceva la cosa più intima con la persona che si
amava.
E capirono cos’era amare.
Lo capirono mentre Jiggy scivolò
delicatamente e lentamente in lui, mentre lo lasciava che si abituava
al normale dolore della prima volta, mentre preoccupato si chiedeva se
fosse il caso di rimandare, mentre cambiavano posizione, mentre
tornavano a riallacciarsi, mentre ci riprovavano finché non andava
meglio, mentre poi riusciva ad entrare bene, finalmente, e a muoversi.
Lo capirono mentre il mondo spariva
e rimaneva un cielo stellato, il vento in faccia e le sciarpe al vento.
Le menti vagarono ai ricordi che li avrebbero per sempre legati, con le
mani di Gauche che carezzavano le sue cicatrici e quelle di Jiggy che
invece gli scostavano i capelli dal viso per capire quanto stava bene e
se doveva fermarsi.
Ma infine tutto andò bene, ci fu
qualcosa in quell’unione forse imperfetta perché la prima, ma proprio
per quello così bella.
L’inesperienza, i corpi non
abituati, però loro. Loro lì insieme, uno nell’altro, in sincronia,
uniti e fusi. Loro così belli. Loro così innamorati. Loro che vivevano
in pieno quel presente che forse non sarebbe stato eterno, ma che per
quel momento era semplicemente tutto quello che contava.
Tutto.
- Ti amo, non so se lo ricorderò
per sempre, ma so che adesso non sono mai stato così felice. Ti amo
Jiggy. - Jiggy tornò ad emozionarsi, mentre una lacrima scendeva ed il
corpo fremeva per il piacere raggiunto fino ad ogni massimo consentito,
gli baciò di nuovo gli occhi, bagnati della sua stessa emozione.
- Ti amo anche io, non sapevo cosa
fosse l’amore, non sapevo che si potesse amare. Non so se lo
ricorderemo per sempre, ma so che non amerò nessuno così. Se non
dovessi più avere te, non avrò nessun altro. - Gauche lasciò andare le
lacrime per la prima volta, d’emozione e felicità, lacrime belle. E
forse era meglio così, pensò Jiggy asciugandole con le sue labbra.
Che piangesse di gioia non
d’angoscia. Che pensasse che la vita era così bella che valeva la pena
di essere vissuta, che i dolori forse un giorno arrivavano, ma che per
ora stava così bene che non serviva pensarci.
Era meglio così, si disse Jiggy.
“E finché avrò un briciolo di
forze, farò tutto quello che è in mio potere per proteggere la sua
felicità e la sua vita, in qualsiasi modo io posso, lo farò.”
Con questo giuramento, lo strinse a
sé e chiudendo gli occhi catturò quel momento meraviglioso, perfetto e
sconvolgente.
Qualcosa era cambiato per sempre,
però lui era ancora lì.
Il suo Gauche era ancora lì.
Jiggy si stava allacciando i
bottoni della camicia della divisa, fermo davanti allo specchio del
bagno la cui porta era aperta.
Si guardava con aria seria
cominciando il nodo della cravatta. I capelli erano bagnati ed in
disordine intorno al viso magro, ma stavano comunque meglio del solito
poiché da asciutti prendevano fantasiose direzioni.
Gauche si svegliò dopo di lui per
il lamento della bambina. Fu così che si rese conto di essere steso da
solo sul letto improvvisato la sera prima.
Fece mente locale, si ricordò di
Jiggy e nel non vederlo si oscurò un attimo. Poi vide da fuori la porta
socchiusa una luce e immaginò fosse lui, così sorrise, sospirò di
sollievo e si alzò infilandosi la canottiera e i boxer della sera
prima. Tanto doveva farsi la doccia, si disse. Prese in braccio Silvet
che si era svegliata e le baciò la guancia.
- Sei un angioletto, hai dormito
tutta la notte, non so come hai fatto! - Si era preparato del latte,
come suggerito dalla pratica mamma di Aria, ma non era servito.
Con lei sul braccio ed il visino
appoggiato alla spalla, uscì dalla camera e guardò subito verso la luce
che trovò provenire dal bagno. Oltre la porta aperta, c’era Jiggy che
si faceva il nodo alla cravatta.
Sorrise ed andò da lui, annusò il
profumo del bagnoschiuma e del vapore della doccia appena fatta, poi si
sporse immettendosi fra lui e lo specchio e disinvolto come aveva fatto
molti altri giorni prima di quello, gli rubò un veloce bacio dalle
labbra.
Era il primo in presenza di Silvet,
a Jiggy parve strano.
Si erano messi insieme prima di
andare a vivere per conto suo e per non farsi scoprire dalla madre
sempre intorno, si rubavano i baci di nascosto. Era una specie di gioco
che facevano anche all’Alveare. Uno controllava che non ci fosse
nessuno, trovava un posto adatto al volo e spingeva l’altro lì,
nascosto, a baciarlo. Oppure alle spalle di qualcun altro, per essere
più audaci.
Jiggy lo trovava divertente, anche
se non rideva come faceva Gauche.
Era la prima mattina che non lo
facevano a casa di Gauche nascondendosi dalla madre.
Non si nascondevano proprio. Non
dovevano.
Per un momento sentì un moto di
tristezza simile a quello provato anni addietro, alla morte di suo
padre. Poi lo vide sorridente e spettinato e tutto venne spazzato via.
“Ora Gauche ha bisogno di me. La
versione più forte e serena di me. Ora e fino a quando ci sarà
concesso.”
Divenne molto più fatalista di
sempre, conscio che il destino poteva rubare la loro felicità in
qualsiasi momento.
- Dormito bene? - Chiese Gauche
allegro. Jiggy annuì facendo finta di nulla, il solito musone di primo
mattino. Non che poi negli altri momenti fosse più allegro.
- Tu? - Chiese poi, al contrario
delle altre volte che non glielo chiedeva mai. Gauche sapeva perché
glielo chiedeva, ma almeno non lo guardava più con il terrore in quei
due occhi azzurri.
Lo sentiva molto più rilassato e
sicuro, ora.
- Benissimo, grazie a te. - Disse
con una punta di malizia, riferendosi al fatto che avevano fatto
l’amore. - E sicuramente dopo ogni notte, andrà sempre meglio. - Jiggy
a questo faticò a non mostrare imbarazzo, ma chiaramente riuscì
egregiamente anche in questo. - Dicono che la pratica aiuti a godersi
meglio ogni volta di più l’atto. - Disse senza usare parole esplicite.
Gauche andò in cucina a preparare la colazione sempre con la piccola in
braccio, ridacchiando davanti al suo stoicismo. Appena solo Jiggy
arrossì, ma scosse il capo, sospirò e sorrise brevemente. Era meglio
così che assente.
Aveva visto persone senza il cuore,
completamente senza il cuore. Aver perso una piccola parte di sé era un
esito sorprendentemente buono se si considerava quanto brutto poteva
essere perderlo del tutto.
Doveva solo abituarsi a certe
piccole cose.
Lo raggiunse e lo vide alle prese
con la colazione ed una Silvet che ora non ce la faceva più a stare
buona e silenziosa. Non aveva pianto per tutta la notte, ma ora voleva
mangiare. Aveva fame. Cominciò tirandogli i capelli che gli ricadevano
sul collo, poi partì lamentandosi.
- Su, su, solo un attimo che… - Ma
girandosi vide Jiggy pronto, così senza pensarci due volte andò da lui,
gli consegnò la piccola Silvet e con lei il biberon.
- Ecco qua, mentre tu non fai
niente, renditi utile! Io preparo la colazione e mi lavo! - Jiggy non
ebbe tempo di lamentarsi, non glielo permise.
- Ma io non… - Tentò senza
successo.
- Non ci vuole niente, è a
temperatura ambiente come mi hanno insegnato, ficcaglielo in bocca e
lei farà tutto da sola! - Jiggy cominciò a mugugnare da solo convinto
che non fosse davvero così facile, ma dovette ricredersi perché
effettivamente appena Silvet aveva sentito sulle labbra il biberon, si
era attaccata vorace.
Così si zittì di colpo e rimase
fermo con la bambina fra le braccia a reggere il latte. E a fissarla
dapprima impacciato e col broncio, perfino imbarazzato, poi sempre più
sorpreso ed infine addirittura intenerito.
Dopotutto era bella davvero, non
aveva avuto tempo di ammirarla con tutto quello che era successo.
Gauche si fermò un attimo a vedere
come procedeva e vedendo che andava alla grande, sorrise intenerito.
Quella era un’immagine che sperava proprio di non dimenticare mai.
Non commentò sebbene volesse, fece
finta di nulla così Jiggy non si imbarazzò.
Una volta pronta la colazione, si
sedette a mangiare.
- Vuoi che faccio io? - Chiese.
Jiggy alzò le spalle trovando il modo di tenere Silvet sul braccio ed
il biberon con la stessa mano, il sederino sulle gambe. Così liberata
l’altra mano, poté mangiare anche lui.
- Combino. - Disse senza mostrare
particolari inclinazioni.
Gauche sorrise anche per lui.
- Sembri un padre impacciato alle
prime armi, ma te la cavi bene! - Jiggy alzò gli occhi su di lui
ironico.
- E tu sembri la madre, se è per
questo! Servizievole, attento e dolce come tutte le madri. - Gauche si
spense per un momento provando a ricordare se avesse ragione, ma non
gli venne in mente.
- Mi fido di te. - Concluse. Jiggy
non sospirò, ma si sentì di nuovo sconfitto.
La memoria non gli sarebbe più
tornata.
- Posso lasciartela mentre mi
faccio una doccia? - Chiese poi Gauche sparecchiando la tavola.
Silvet aveva finito il biberon e
Jiggy annuì col capo.
- Deve fare il ruttino… mettila
sulla spalla… - Gli sistemò un tovagliolo sulla spalla per evitare che
gli sporcasse la camicia, poi gli mise una mano sulla schiena della
piccola e disse di massaggiare un po’.
- Fra un po’ ti fa una sinfonia! -
Disse scherzando, mentre gli lasciava un bacio sulla testa ancora umida
ed andava al bagno.
Jiggy, rimasto solo, guardò la
piccola alzando la spalla su cui poggiava, la occhieggiò come riuscì,
poi sorrise teneramente.
- Almeno non ti ha dimenticato
ancora prima di averti con sé… sei fortunata, sai? -
Poi pensò alla notte che avevano
passato insieme ed il sorriso rimase magicamente sulle sue labbra,
appoggiando la guancia sulla testina della bambina.
Una notte che sperava di non
dimenticare mai.
“È il presente che conta. Stop.”
Con questo Jiggy divenne più forte
e davanti a Gauche, non vacillò più.
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Capitolo 10 *** Il miracolo te lo devi creare ***
*Ecco un altro capitolo.
Gauche si accorge che Silvet non cammina e comincia coi suoi progetti
per aiutarla, progetti che lo porteranno in una strada oscura. Ma per
ora lui e Jiggy hanno solo il presente e continueranno a prendersi cura
uno dell'altro, mentre guardano avanti ad un futuro che, ancora non lo
sanno, ma non sarà luminoso. Buona lettura. Baci Akane*
10. IL MIRACOLO TE LO DEVI CREARE
"Ovunque guardi adesso sono
circondata dal tuo abbraccio
tesoro riesco a vedere la tua aura sai che sei la mia unica buona
qualità sei tutto quello di cui ho bisogno e di più è
scritto su tutto il tuo viso tesoro riesco a sentire la tua aura
prego che non svanirà mai "
/Halo - Beyonce/
Gauche lasciò Silvet che cadde
immediatamente a terra, per l’ennesima volta.
Lo sguardo oscurato.
- È piccola, magari camminerà dopo,
no? - Disse Jiggy cercando di fare l’indifferente, anche se era
altrettanto preoccupato.
Gauche strinse le labbra in una
smorfia per nulla convinta.
- Non le muove. Non l’ho notato
subito, però non ha mai mosso le gambe… sai, di solito scalciano i
bambini, gattonano… lei… - La voce gli si incrinò e Jiggy guardò la
piccola seduta a terra che giocava ignara della preoccupazione del
fratello maggiore.
- Falla visitare. - Gli suggerì
pratico. Gauche annuì. - Magari basta qualche cura particolare. Ci sono
sistemi di stimolazione… viaggiando ne ho viste di tutti i tipi. -
Cercò di proporgli delle soluzioni senza azzardare teorie od ipotesi
inutili. Gauche sospirò e cercò di non farsi prendere da un’eccessiva
preoccupazione, pur non essendo facile.
Jiggy gli carezzò i capelli e tornò
a leggere il giornale che parlava del progetto che un misterioso
benefattore voleva far costruire in uno dei paesi di passaggio vicino
al ponte che collegava Yodaka a Yusari.
Jiggy tornò da Gauche dopo quasi
una settimana di consegne, lavorava sempre molto in qualità di unico
nuovo corriere espresso. I soldi che prendeva ne valevano la pena. Dopo
l’Head Bee, il Corriere Espresso era il più retribuito.
Non aveva potuto sentire e vedere
Gauche, il patto era che ognuno faceva la propria vita pur stando
insieme. Jiggy addirittura cercava di non passare troppe notti con lui,
per non essere troppo attaccato a Gauche o farlo dipendere da lui.
Voleva che se la cavasse da solo con Silvet, per quanto accettasse
naturalmente gli aiuti necessari.
Quando tornò dopo tutto quel tempo
senza vederlo, aveva una voglia incredibile di abbracciarlo, invece
rimase basito davanti al disordine ed allo sporco.
Quasi che fosse una casa
abbandonata. Si guardò intorno sorpreso mentre il cuore cominciava a
giocargli brutti scherzi.
Brutti a dir poco.
- Cosa… - Poi impallidì provando ad
immaginare cosa potesse essere successo. - Gauche? - Si precipitò col
cuore in gola in cucina, ma era altrettanto sporca, sicuramente non
mangiava lì da un paio di giorni. Così sempre più spaventato, quella
paura che aveva provato il giorno dopo del balenio, andò alla camera di
Silvet e lì tirò un respiro di sollievo, infatti si coprì la bocca con
la mano cercando di ricomporsi. Per un momento si era sentito morire.
Aveva pensato che fosse rimasto ucciso e nessuno gli avesse detto
nulla.
- Gauche, che è successo? -
Comunque qualcosa doveva essere accaduto di sicuro.
Lode alzò la testa e lo guardò
felice di vederlo, scodinzolò e gli andò incontro. Jiggy la carezzò, ma
tornò a Gauche seduto per terra che fissava il vuoto, la testa fra le
mani, tutto ricurvo.
Jiggy era sempre preoccupato, ma lo
vedeva vivo e reattivo, perciò non doveva essere niente di così tanto
grave. Non avrebbe certo immaginato le ripercussioni di quell’evento.
Si avvicinò e si accucciò, la mano
sulla schiena e di nuovo lo chiamò.
- Gauche? - Piegò la testa per
vederlo in viso e solo allora, nell’ombra della camera, Gauche si
accorse della sua presenza. Alzò la testa, lo guardò e reagì. Era come
se fosse stato da un’altra parte per molto tempo e fosse tornato solo
ora.
- Oh, sei tornato! - Esclamò con
voce rauca. Jiggy annuì senza sorridere, conscio che qualcosa doveva
essere andato male. Vedeva Silvet nel letto, seduta a giocare,
Lode lì con loro. Cosa poteva essere andato male?
Lo baciò delicatamente, infine gli
chiese cosa fosse accaduto. Gauche se ne ricordò e tornando cupo, si
voltò verso Silvet.
- L’ho fatta visitare già a due
medici, dicono che non camminerà. Ha una lesione alla colonna
vertebrale, sembra irreversibile per le conoscenze attuali. Quando
hanno saputo che è nata il giorno del balenio non si sono stupiti,
hanno detto che quando si è spento il sole, ci sono state ripercussioni
di vario genere. - Gauche cominciò a parlare inizialmente calmo, poi
sempre più agitato, tanto che Jiggy si trovò a stringergli la mano e
intrecciare la dita.
- Continueremo a cercare, giusto?
Ci sarà qualcuno che può fare qualcosa. Quelle stimolazioni funzionano
con dei cavi che si attaccano ad un’enorme scatola che si attiva con
un’ambra spirituale. I cavi si attaccano a qualcosa e a seconda
dell’intensità con cui la si regola, dà delle scariche. Sono vibrazioni
che penetrano nel corpo della persona, non sono letali, non fanno male.
Stimolano i muscoli atrofizzati. È una cura usata per guarire più
velocemente alcune ferite, ci sono ospedali all’avanguardia che… -
Jiggy iniziò a parlare di questa cura sperimentale che aveva visto in
qualche viaggio vicino alla capitale, nelle zone migliori di Yusari.
Gauche lo guardò tornando piano
piano alla luce, alla speranza persa per tutto quel tempo.
- E poi comunque chiederai anche
altri pareri medici! E se qua non c’è nulla di utile, andrai nella
capitale, in qualche modo, da qualche parte, troveranno una cura! -
Jiggy non era abituato ad arrendersi ai problemi, ma li sradicava
sempre, li affrontava e li abbatteva. Per questo non si sarebbe mai
fermato davanti ad un problema, di qualunque tipo.
Questa sua enorme forza d’animo
aiutò Gauche che tornò a rasserenarsi e a respirare, dopo giorni di
apnea.
Con un abbraccio pieno di slancio e
disperazione, si appese al suo collo e stringendo gli occhi, mormorò:
- Grazie. Grazie per essere
tornato. Non so cosa avrei fatto senza di te, lo giuro. Non lo so
proprio! Non abbandonarmi mai! - Jiggy sorrise.
- Sei tu che non devi mai
abbandonare me. - Gli ricordò. Gauche sorrise e tirando su la testa,
trovò le sue labbra che fece proprie.
- Notizie? -
Chiese la sera dopo Jiggy, mentre
rientrava da lui per il consueto saluto.
Gauche stava cambiando la piccola
Silvet dopo il bagnetto serale, lo trovò in bagno intento a vestirla.
Il ragazzo si voltò e gli sorrise
con dolcezza.
- Ho trovato qualcuno che sa di
quella cura, dicono che è sperimentale e non è sicura e quindi costa
molto. Dicono che su un adulto non provoca danni eventuali, ma su una
bambina così piccola rischia di avere effetti collaterali. Perciò mi
hanno suggerito di aspettare che cresca e diventi più forte in modo da,
nel peggiore dei casi, non avere conseguenze. Così posso mettere via i
soldi. - Jiggy si sentì subito fiero di lui, aveva tutt’altro
atteggiamento dalla sera prima. Era sicuro, deciso, le idee chiare.
Appariva forte, come voleva che fosse.
- Ottimo. Mi sembra un buon piano.
Comunque senti altri pareri, non è detto che ci sia solo quello. -
Gauche annuì e gli diede la sorellina perché era tutto bagnato anche
lui per averle fatto il bagno, così Jiggy prese Silvet mentre lui si
sfilava la canottiera ed i boxer facendo venire subito strane idee al
suo pubblico speciale. Gauche non se ne accorse nemmeno, continuò
invece a parlare di quel che aveva pensato, rimboccandosi le maniche.
- Certo, non starò fermo ad
aspettare! Lavorerò molto di più, guadagnerò tutto quello che posso,
cercherò una cura, la troverò! Sai… - Fece poi con aria particolarmente
risoluta, mentre finiva di asciugarsi. - Se divento Head Bee oltre che
guadagnare di più, posso andare alla capitale. Là sicuramente c’è
qualcuno che la può aiutare. - Jiggy con quello si distrasse
completamente e gli ormoni si calmarono mentre quella strana sensazione
di disagio lo lasciava perplesso.
- Head Bee? - Gauche annuì
infilandosi il cambio che si era portato. - Ma è difficile… e poi per
un periodo dovrai stare fisso alla capitale, non so quando potrai
tornare… - Gauche alzò gli occhi.
- Sono sacrifici accettabili. Pensa
lei senza camminare… no, se posso fare qualcosa lo farò, non importa
cosa. - Jiggy da un lato era felice che lottasse senza arrendersi,
quella forza di carattere era bellissima, dall’altra era dispiaciuto
all’idea di dover stare un po’ senza di lui. Ma dopotutto si erano
promessi di non intralciarsi mai.
Così mascherò come sempre tutto
quel che provava ed annuì vago.
- Fissa l’obiettivo e non fermarti.
Ricorda sempre il motivo per cui lo fai. - Gauche sorrise andandogli
davanti una volta vestito.
- Ora capisco come ti sentivi
quando mi dicevi di non distrarti. - Jiggy si chinò verso di lui alla
ricerca della sua bocca che, piegata in un dolce sorriso, trovò.
- Ed io ti ricordo di quello che mi
dici sempre. - Gauche separò le labbra dalle sue, lo guardò sorpreso e
lo disse:
- Ricorda perché lo fai, ma
ricordati anche di tornare da me? - Jiggy annuì serio, lo sguardo
intenso di chi voleva quella promessa solenne.
- Fai quello che devi, ma torna
sempre qua da me e da lei. - Gauche gli carezzò la guancia teneramente.
- Come fai tu. -
Jiggy a quel punto accennò ad un
sorriso.
- Come mi fai fare tu. - Gauche
rise e lo abbracciò tornando a baciarlo, la piccola Silvet con la
testina appoggiata sulla spalla di Jiggy, a guardare dietro di loro,
buona come il pane.
- Lo prometto. - Disse infine
appoggiando la fronte alla sua, occhi negli occhi, uno sguardo, un
momento che non avrebbero dimenticato, coi cuori che battevano veloci
come avrebbero fatto dopo cena, quando Silvet si sarebbe addormentata e
loro avrebbero finito di mangiare.
Quando, stesi nel letto, avrebbero
suggellato quella promessa con l’unione solenne dei loro corpi ed un
‘ti amo’ che ormai non avevano paura di dirsi, perché era vero e reale.
Quando era sovra pensiero, il suo
sguardo era nostalgico.
Jiggy se ne era accorto subito, lo
osservava ogni istante in cui erano insieme, senza che se ne
accorgesse.
Gauche non ne era conscio, ma gli
mancava sua madre.
Il non ricordarsi di lei gli aveva
reso più facile affrontare la sua vita dopo, però quando faceva le sue
cose in casa senza interagire con nessuno, lui aveva quell’aria
nostalgica. Appena qualcuno gli parlava o si rivolgeva a lui, era di
nuovo allegro e dolce.
- Questa settimana ho fatto molte
consegne difficili, ho chiesto di affidarmi gli incarichi più complessi
perché voglio diventar Head Bee. - Disse Gauche sedendosi sul divano
con lui a rilassarsi mentre Silvet giocava per conto suo nella sedia
con le rotelle che le aveva comprato. Poteva muoversi da sola usando le
mani sulle manopole poste sulle ruote grandi, sotto la seduta.
Era una bella invenzione e per lei
andava più che bene.
Jiggy lo guardò sedutogli vicino e
gli alzò una ciocca di capelli dal collo facendolo rabbrividire.
- Questo è fresco… - Commentò
riferendosi ad un cerotto bello grande sul collo scoperto. Di solito
c’erano o i capelli o la sciarpa, perciò non si vedeva. Gauche sorrise
come se non ci fossero problemi.
- Lo sai meglio di me, no? - Disse
con un pizzico di malizia. - Conosci ogni centimetro del mio corpo,
meglio di come lo conosca io stesso! - Jiggy ebbe un lampo di malizia a
sua volta e lasciando i suoi capelli scivolò con la mano sulla sua
coscia, a sfiorargli l’inguine coperto da dei comodi pantaloncini
corti. Non andò oltre perché ora Silvet cominciava a crescere e a
capire cosa succedeva, perciò davanti a lei tenevano un certo contegno.
- L’importante è che qua rimanga
tutto a posto! - Gauche non arrossì più come faceva ai primi tempi,
rise e girandosi verso di lui gli lambì l’orecchio con le labbra
sussurrando:
- È più che a posto, lì! - E con
questo vi infilò la lingua dentro facendo rabbrividire Jiggy che spostò
la mano dalla coscia all’inguine stesso.
- Ma senti lì… e poi sono io il
maniaco! - Gauche ridacchiò mentre stava per accogliere le labbra di
Jiggy e la sua lingua, quando Silvet andò a sbattere con la carrozzina
contro le loro gambe intrecciate facendoli ululare e saltare sul posto.
Le mani presto si separarono e tornarono ad un normale contegno.
Jiggy imprecò e Gauche rise.
- Dai, quando dorme sarò tutto tuo!
- Disse appoggiando la testa alla sua spalla e chiudendo gli occhi.
- Eh appunto… quando dorme? - Fece
imbronciato Jiggy. Gauche rise ma si mise ancor più comodo sul
compagno.
- È meglio che cominciamo ad andare
nella mia camera a passare la notte… - Disse Gauche mentre la voce
cominciava ad impastarsi dal sonno. - Tanto ormai dorme tutta la notte,
è brava. Se si sveglia le ho insegnato a chiamarmi. -
A Jiggy quell’idea piacque molto,
perciò cominciò a guardare la piccola in attesa che le calasse la
palpebra.
Purtroppo la palpebra calò a Gauche
poco prima di un’ultimo discorso nel dormiveglia.
- Non devi preoccuparti per me,
anche se torno stanco ed ammaccato sono contento. Faccio un bel lavoro,
consegno i cuori delle persone e le rendo felici. Nel mentre guadagno
per la mia Silvet e porto avanti il mio sogno di diventare Head Bee.
Sono felice e realizzato. - Mormorò voltando leggermente il capo verso
la sua comoda spalla.
Jiggy piegò il proprio sul suo con
dolcezza.
- Me ne guardo bene. Io torno in
condizioni peggiori. So bene cosa significa dare tutto per i propri
obiettivi. Non ti fermerei mai. Le ferite sono importanti, mostrano
l’impegno che mettiamo. Se non torniamo stanchi ed ammaccati significa
che non ci abbiamo dato abbastanza. - Gauche sorrise e cercò la sua
mano, Jiggy l’accolse ed intrecciarono le dita.
- Sapevo che mi capivi. Sei l’unico
che mi incoraggia. Gli altri sono sempre preoccupati a dirmi che
esagero… ma io so che posso farlo. - Jiggy gli baciò i capelli
argentei.
- Guai se non lo fai. Non puoi
piangerti addosso per le disgrazie e stare fermo ad aspettare un
miracolo. Il miracolo te lo devi creare tu. - Gauche aumentò la presa,
poi accolse il sonno con un dolce e tenero:
- Ti amo. - Ricambiato da un altro
bacio di Jiggy sulla sua testa.
- Anche io. -
Perché vivere il momento, ormai,
era diventata la cosa più essenziale di tutte. I progetti andavano
bene, erano vitali. Ma se la testa era giusto che fosse al futuro, il
cuore doveva essere al presente. Quello era il loro nuovo stile di
vita.
Gauche si addormentò su di lui e
Jiggy rimase lì a pensare a lui e a come cambiava quando interagiva con
gli altri, piuttosto da quando era solo o pensava di non essere
osservato.
“Anche se gli manca qualcosa, io e
Silvet colmeremo sempre questa mancanza!”
Dopo un po’ Jiggy si alzò
lentamente dal divano e lo stese mettendolo più comodo.
Poi prese Silvet ancora sveglia e
pronta per dormire, la cullò un po’ come ricordava che sua madre faceva
con la propria sorellina ed infine, una volta che gli occhi si furono
chiusi, la mise nel lettino che avevano costruito insieme in uno dei
momenti più duri della propria vita.
“Camminiamo in un percorso oscuro
ed il sole è così lontano che è irraggiungibile. Però spesso le stelle
arrivano e ci scaldano. Anche se piccole, sono sufficienti. Non abbiamo
molti motivi per essere felici, ci sono sempre problemi e sempre ne
avremo e forse i nostri scopi sono troppo pretenziosi, ma non ci
fermeremo. E riusciamo ad essere felici, ogni tanto, nonostante tutti i
maledetti problemi. Anche se per poco, possiamo ancora essere felici.”
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Capitolo 11 *** Che tu possa tornare indietro ***
la_proporzione_perfetta11
*Ecco un altro capitolo.
Questa volta succederà qualcosa di particolare, Jiggy incontrerà Zazie
per la prima volta, che non è la prima volta del manga, bensì... ho
voluto fare questa aggiunta al manga, dove anche Jiggy e Zazie si erano
incontrati prima che la storia iniziasse ufficialmente. Perchè Gauche
aveva incontrato Lag ispirandolo a diventare Bee, dando inizio alla sua
storia. Così anche Jiggy deve aver incontrato Zazie ispirandolo a
diventare Bee, dando inizio alla sua di storia. Questi i miei
ragionamenti. Sebbene quando poi Asada mostra la storia di Zazie, non
ci sarebbe spazio per il loro incontro, io ho voluto fare
quest'aggiunta innocente eppure importante. Così si motiva in
particolare il motivo dell'idolatria di Zazie a Jiggy. Buona lettura.
Baci Akane*
11. CHE TU POSSA TORNARE INTERO
"Io – Io lo
supererò Io – Io sopravviverò Quando il mondo cadrà a pezzi
Quando cadrò e toccherò il fondo Mi tirerò su Non provate a fermarmi Io
– Io non piangerò"
/Alice
- Avril Lavigne/
Jiggy strinse le mani sulle
maniglie del cavallo di ferro e assottigliò gli occhi. In alto,
sopra un punto specifico, Harry stava facendo diversi cerchi come ad
indicare che lì c’era il pericolo. Prese così la pistola sparacuore
pronto ad usarla ed accelerò l’andatura.
In breve arrivò nel punto designato
e vide che effettivamente c’era un enorme gaichu. Quando Jiggy lo vide
bene, realizzò che era uno dei più rari e feroci, di cui non si sapeva
quasi nulla. Non ricordava nemmeno il nome, ricorda solo d’aver letto
qualcosa nel manuale dei gaichu, qualcosa sul fatto che era a forma di
scorpione e che non si sapeva nulla a proposito. Pensando a come
identificare i punti deboli sconosciuti, fu allora che se ne accorse.
Il gaichu non veniva all’attacco
perché stava mangiando.
Sgranò gli occhi sorpreso mentre il
proprio cuore accelerava i battiti, conscio della portata del problema.
- Merda, sta succhiando il cuore di
qualcuno! -
Così con il cavallo di ferro si
spostò il più vicino possibile e cercando i tipici tentacoli con cui i
gaichu tenevano avvolte solitamente le vittime, vide che erano due
persone.
- Per prima cosa devo liberarli! -
Disse alzando la pistola e puntando proprio alla base dei tentacoli che
uscivano dalla bocca.
Sparò lì e fortunatamente questi
cedettero facendo cadere due persone, non si fermò a testare le loro
condizioni.
Una volta che ebbe mollato, Harry
si abbassò volando in circolo in direzione della bocca.
- Suggerisci la bocca? Hai ragione,
il resto sembra corazzato e quella coda ha tutta l’aria di essere
velenoso… - Il falco stridette e Jiggy così si mosse sul mezzo e si
spostò in tempo per evitare il colpo di un infuriato gaichu che era
stato interrotto mentre mangiava. Jiggy non perse tempo, mirò subito
alla bocca e fortunatamente il gaichu si illuminò da dentro, purtroppo
non esplose in tanti pezzi e stelle luminose, perse un pezzo dal muso,
stridette di dolore ed in quello, prima che Jiggy potesse caricare un
altro colpo e finirlo, quello sparì sotto terra e fu impossibile
ritrovarlo. Jiggy rimase lì sperando che Harry lo individuasse, ma
purtroppo non ci fu verso. Il gaichu era sparito, sarebbe andato a
rigenerarsi ed avrebbe fatto altri danni.
Jiggy imprecò fermandosi e
rinfoderò la pistola.
- Merda, ha fatto un sacco di danni
e non l’ho ucciso! - Esclamò guardando i ricordi che si mostravano a
lui grazie all’energia esplosa nella ferita procurata con il colpo
della pistola sparacuore.
Ricordi di due genitori ed un
piccolo bambino dai capelli neri. Una storia dolorosa e triste nella
quale avevano dovuto abbandonare il proprio figlio per il suo bene, per
salvargli la vita. E che, proprio quando erano tornati da lui a
prenderlo, questi li aveva rifiutati. I genitori se ne erano andati
senza potersi spiegare, e proprio lì erano stati attaccati dal
Laphroaig.
Jiggy chiuse gli occhi realizzando
che probabilmente quel bambino ora non avrebbe più saputo la verità su
di loro e lui non aveva nemmeno fatto giustizia.
Voltò il capo in direzione dei
corpi inermi, era chino su di loro a controllarli quando una voce lo
riscosse alle proprie spalle.
- Oh merda! - Sentì poco finemente.
Si girò sorpreso di quell’esclamazione e appena vide il bambino, lo
riconobbe subito. Era il figlio dei due che avevano appena perso
completamente il cuore.
Il piccolo non doveva avere più di
sei anni, probabilmente, e mano a mano che si avvicinava e vedeva chi
era stato colpito dal gaichu, rallentava e si faceva shoccato.
Lo raggiunse senza nemmeno notarlo,
concentrato, inorridito sui corpi riversi a terra. Si chinò per
toccarli, probabilmente girarli, ma Jiggy lo fece al suo posto e il
piccolo strinse i pugni incupendosi.
Jiggy lo guardò stupito. Non stava
piangendo e nemmeno facendo scenate. Era immobile, rigido, duro e cupo.
Stringeva i pugni come un adulto, ma non si stava piegando, non stava
scappando, non stava facendo nulla. Non una lacrima.
Ricordò le memorie appena viste dai
genitori e capì che probabilmente si sentiva in colpa, li aveva appena
mandati via, li aveva appena rifiutati, comprensibilmente. Come ci si
poteva sentire?
- Hanno perso il cuore. Del tutto,
temo. Però un medico potrà sapertelo dire meglio. - Disse cauto, piano,
senza indorare alcuna pillola.
Jiggy si rivide in lui in qualche
modo. Quando il padre era morto attaccato da un gaichu, salvandogli la
vita, un Bee era arrivato a strapparlo dal suo corpo inerme e l’aveva
portato a sua madre, dopo aver ucciso il gaichu. Sì, quel bambino gli
ricordava sé stesso. Troppo. Istintivamente, sentendosi partecipe del
suo dolore poiché l’aveva provato a sua volta, caricò i due corpi
ridotti allo stato vegetale, li mise riversi sul cavallo di ferro,
infine prese il bambino in braccio senza chiedergli nulla. Se lo mise
davanti a sé e salì a sua volta accendendo il motore.
- Tieniti. - Mormorò come se non
avesse scelta. Il bambino, perso in un mondo cupo a cui non aveva
accesso, lo fece come automaticamente e appena l’abbracciò, nascose il
viso contro il suo torace. Quell’abbraccio fu strano, lo investì di una
strana sensazione. Un tuffo nei ricordi, quelli che gli avevano
strappato il padre e si rese conto che stava facendo come quel Bee quel
giorno aveva fatto con lui.
Sospirò muovendosi verso il
villaggio vicino, alla ricerca di un ambulatorio medico. La presa
aumentò, le sue piccole braccia fecero finalmente forza, reagendo e
Jiggy ricordò come quella presa ferrea l’aveva aiutato a ritrovare il
coraggio di aprire gli occhi e smettere di piangere.
Non sapeva cosa dire, non c’erano
parole che potevano essere di conforto, specie per un bambino così
piccolo con una storia come quella.
‘Non piangere’, ‘torneranno’,
‘andrà tutto bene’, ‘è finita’.
“Non è finito proprio niente. È
appena iniziata!Moriranno.” Pensò. “Sono ancora vivi, ma moriranno.
Sono dei vegetali e lo saranno fino a che non si consumeranno anche nel
fisico e moriranno. Non mangeranno più, non faranno più nulla. Sono
finiti.”
Il bambino sempre stretto a sé,
come se dentro per quanto piccolo fosse avesse capito che non avrebbe
più avuto una seconda possibilità, o meglio dire nel suo caso terza,
coi suoi genitori.
Una volta arrivato dal medico della
zona, lo aiutò a tirare giù i corpi mentre, con aria grave e
dispiaciuta, conveniva con quel che aveva già capito da solo.
- Hanno completamente perso il
cuore, non gli rimarranno molti mesi di vita, così. -
- Come si chiama questo bambino? Ha
qualcuno? - Il medico scosse il capo dispiaciuto.
- Zazie è un gatto selvatico, non
ha nessuno. Se questi sono i suoi genitori, li ha appena ritrovati per
perderli subito. - Jiggy non fece alcuna espressione particolare
davanti ad un fato espresso in modo tanto crudo e realista, ormai non
si illudeva più che ci fosse un lieto fine per qualcuno, ma sapeva che
lottando e insistendo, i lieti fine potevano essere creati dalle
persone stesse che soffrivano.
Sperò che quel piccolo Zazie fosse
abbastanza forte da costruirsi da solo un futuro migliore di quello che
era ora il presente.
- Li terrete qua? - chiese sentendo
che il bambino si era chiuso in sé stesso senza ascoltare e guardare
quello che avveniva intorno a lui.
Il medico annuì guardando i due
corpi ormai inermi stesi in due letti singoli, uno vicino all’altro,
sembrava stessero solo dormendo.
- Zazie se l’è cavata da solo fino
ad ora, non so come… se la caverà ancora. Solo che un po’ mi dispiace
che lì ha ritrovati e persi lo stesso giorno. - Disse il medico come se
fosse pratico. Probabilmente in tutta Yodaka lo erano tutti, chissà
quante storie così, chissà quante tragedie.
Jiggy annuì e cercò di staccarsi da
Zazie, il bambino aumentò la presa e gli venne un nodo allo stomaco.
Era come stringere sé stesso, era come tornare indietro nel tempo,
quando il Bee aveva cercato di lasciarlo alla madre. Come si
affrontavano certi tragici eventi?
Con la verità.
Il medico cercò di aiutarlo, ma
Zazie non volle saperne, così Jiggy annuì dicendo che se ne occupava
lui. Il medico allora si congedò e lo lasciò solo in quella stanza
d’ospedale fin troppo grande per un bambino solo così piccolo.
Si sedette con lui e ancora
abbracciato e carezzandolo come ricordava gli era piaciuto a lui quel
giorno di tanti anni fa, parlò con calma ma chiarezza, senza indorare
alcuna pillola.
- I tuoi genitori sembrano vivi e
staranno così per un po’ di tempo, purtroppo si spegneranno senza che
nessuno possa farci nulla. Quel mostro, il gaichu, ha divorato tutto il
loro cuore. Non reagiranno più a nulla, non mangeranno, non berranno,
non parleranno. Non sarà facile, non sarà bello. Devi prepararti. Ti
aspetta la cosa più brutta della tua vita, ma se sarai così forte da
superare questo, supererai tutto. Niente nella tua vita sarà peggio di
questo. Per cui devi resistere perché loro hanno dato la vita per te e
non vorrebbero che ti spegnessi come loro. Hai capito? - Il bambino
respirava piano cercando di capire bene quello che diceva. Gelato, fra
le sue braccia. - Devi diventare forte anche per loro, devi trovare un
motivo per vivere, uno scopo. Vivranno in te se tu sarai così forte da
sopravvivere. Trova uno scopo e vivi per quello. Hai capito? Non devi
arrenderti. La vita è orribile, è la cosa più brutta del mondo. Ma un
giorno, se stringerai i denti e lotterai sempre con tutto te stesso,
scoprirai che ci possono essere anche cose belle. Te lo prometto. Che
le cose belle ci sono. Voglio che lotti per cercarle. Hai capito? -
Parlando pensò a Gauche ed una voglia immensa di vederlo e stringerlo
lo invase. Ingoiò il magone e sospirò, infine lo prese per le spalle e
lo staccò. Finalmente lo guardava in viso.
Il piccolo Zazie non piangeva più.
Forse gli aveva spezzato il cuore, forse non ce l’avrebbe fatta.
Ma in quei begli occhi da gatto,
Jiggy sperò ardentemente un giorno di rivederli vivi e sorridenti.
“Se dovessi pregare, pregherei che
questo bambino ce la facesse!”
Pensò baciandogli la fronte.
- Tieni duro, me lo prometti? -
Zazie annuì col broncio e gli occhi incupiti, arrabbiati. Gli occhi di
un bambino che aveva sapeva già quanto brutta era la vita e che
probabilmente non ci poteva fare nulla.
L’innocenza oscurata.
- Sono Jiggy Pepper. - Disse
infine. Dirgli il proprio nome poteva essere come donargli una piccola
speranza, un piccolo unico ricordo decente. Qualcuno l’aveva aiutato e
si chiamava Jiggy Pepper.
Stesi sul letto, nudi, la pelle
candida imperlata di sudore, quella di Jiggy coperta anche di
cicatrici, una nuova sulla guancia di Gauche. La sua testa sulla sua
spalla. Ascoltare i respiri.
- Sai, ho conosciuto un bambino,
oggi. Si chiama Lag Seeng. Era la lettera che dovevo consegnare. Un
pacco, in realtà. -
Disse Gauche con voce sfumata.
- È stato difficile? - Chiese
Jiggy. Gauche sorrise.
- Mi ha fatto un segno alla guancia
con la pistola… è particolare… ha un ambra spirituale sull’occhio
sinistro, è albino come me. All’inizio ha opposto resistenza, voleva la
mamma. È stato separato da lei e pare non abbia un padre. L’ho portato
da questa zia. - Spiegò Gauche come se sentisse che in qualche modo era
un evento importante di cui parlare. L’aveva fatto anche con Silvet
prima di uscire con Jiggy, i quali poi erano finiti a casa di
quest’ultimo.
Da quando lei era grande Jiggy si
era rifiutato di passare tutte le sere lì, come se lo inibisse. Come se
volesse limitarsi ad essere il mondo di Gauche e basta, una sorta di
esclusiva.
- Alla fine si è calmato ed è
diventato un bimbo dolcissimo! Aveva solo molta paura e voleva la
mamma. È triste perché forse non la vedrà mai più, ma gli ho promesso
che se fossi diventato Head Bee e sarei andato alla capitale, avrei
provato a cercarla. È stata portata là. - Jiggy ascoltava, parlava
dell’andarsene alla capitale Akatsuki come se fosse semplice. Jiggy non
voleva immaginare cosa poteva significare lasciare casa, Silvet, lui,
per andare a ricoprire una carica prestigiosa e molto ben retribuita
lontano da lì.
Avrebbe potuto tentare anche lui
quella strada, ma il ruolo di Corriere Espresso gli permetteva di
lavorare tanto ed essere al tempo stesso vicino alle persone che per
lui contavano.
Ora però quella cosa stava per
cambiare.
Perché Gauche stava andando in un
luogo dove lui non poteva raggiungerlo con un giro sul cavallo di
ferro. Ma non glielo avrebbe mai detto o fatto pesare, perché era
felice che inseguisse i suoi obiettivi ad ogni costo.
- Siamo diventati amici, l’ho
potuto abbracciare e lui piangeva! Piange un sacco, ma è un bambino,
penso che crescendo maturerà e diventerà forte! - Jiggy l’ascoltò e gli
venne in mente il bambino che invece aveva incontrato lui un po’ di
tempo prima.
- Anche io ho incontrato un
bambino. I suoi genitori hanno perso il cuore per colpa di un gaichu.
Sono diventati dei vegetali e moriranno. E lui è solo e così piccolo. -
Silenzio. Un silenzio pesante per quel che aveva detto. - A volte mi
chiedo chi diavolo ha costruito questo mondo di merda. - La finezza di
Jiggy rese l’idea e Gauche si mise a pancia in giù alzando il capo, lo
guardò da vicino giocando con le sue ciocche rossicce spettinate sul
cuscino, percorse la cicatrice sulla guancia.
- Non mi hai mai raccontato delle
tue avventure. Ti ha colpito questo bambino? - Chiese Gauche non
sapendo cosa rispondere.
Jiggy lo guardò sentendosi meglio
per quelle dita dolci sulla propria pelle ruvida.
- Mi sono rivisto in lui. Mi è
successa una cosa simile. Un Bee mi ha salvato da un gaichu, ma
purtroppo mio padre non ce l’ha fatta. Ma io non ero completamente
solo, avevo mia madre. - Gauche l’ascoltò attento, era bello ogni volta
che si apriva con lui.
- Quel Bee era Largo Lloyd. -
Gauche lo guardò meravigliato. - Mi ha ispirato lui a prendere quella
strada. Lui… è tornato anche altre volte a vedere come stavo, mi ha
proposto di diventare Bee perché ero portato e… mi ha dato il manuale
da studiare, le domande di iscrizione… mi è stato tanto dietro. Se lo
sono, è merito suo. - Gauche sorpreso sorrise.
- È il candidato al ruolo di
direttore, sapere che gli importa tanto degli altri lo rende un
candidato perfetto, non trovi? - Jiggy annuì senza sorridere a
sproposito, mentre una mano carezzava la curva lombare della sua
schiena.
- È un ficcanaso insistente che
vuole sapere i fatti di tutti, mi ha tormentato più volte per sapere
cosa succedeva fra noi, ha macchinato un sacco per farci mettere
insieme… forse solo perché punta ad Aria, in realtà… - Gauche rise.
- Però ci ha aiutato! - Jiggy
allora accennò ad un sorriso e alzò la testa baciandolo per imprimersi
quella bella visione.
- Ha detto che domani spediranno il
modulo per l’accettazione del nuovo Head Bee. - Disse poi Gauche. Jiggy
tornò serio, ma non cupo, solo pensieroso.
- Per cui in poco tempo dovremmo
sapere se ti accettano. - Guche annuì.
- E se così fosse, partirò per la
capitale per un tempo indefinito. Non so quando potrò avere la libertà
di tornare a casa, spero in un po’ di giorni di congedo ogni tanto.
Così torno a vedere te e la mia Silvet. - Jiggy scosse il capo e gli
mise la mano sulla faccia spostandoselo da sopra.
- Tu sei così sicuro di essere
accettato, sì? - Disse acido, alzandosi a sedere. Gauche rimase steso a
braccia larghe, divertito.
- Certo! Ho lavorato tanto! Ormai è
fatta! Hanno detto che se portavo a termine questo compito difficile,
il posto sarebbe stato praticamente mio! E ci sono riuscito! - Poi ci
rifletté. - Lag Seeng è stato il mio biglietto per diventare Head
Bee. Non lo dimenticherò mai quel bambino! -
Jiggy pensò a Zazie e si chiese se
ce la stava facendo.
“Se tornassi si aggrapperebbe a me,
invece deve farcela da solo. Come Silvet. Se stessi da lei e
continuassi a frequentare casa sua anche dopo, quando Gauche non ci
sarà, poi si aggrapperebbe troppo a me e non diventerebbe mai forte.
Anche Gauche. È diventato forte perché ha camminato con i suoi piedi.
Mia sorella deve farcela da sola, è forte perché ce la fa da sola. Io
sono forte perché ce l’ho fatta da solo.”
Jiggy aveva quell’ideologia che
l’aveva portato a traguardi importanti, perciò non si sarebbe piegato
facilmente.
Gauche scivolò sul bordo del letto
dove Jiggy era seduto, dandogli le spalle. Gli circondò la vita nuda
con le braccia e fece capolino col volto appoggiando il mento sulla sua
coscia. Alzò gli occhi viola e l’osservò dal basso. Lui aveva
un’espressione pensierosa, impenetrabile come sempre.
- A cosa pensi? - Chiese Gauche.
Jiggy a quel punto, dopo averci riflettuto, abbassò il capo e lo guardò.
- Che mi mancherai. E spero che tu
possa tornare ogni tanto. - Il resto non lo disse.
“E che tu non ti dimentichi più di
niente altro. Specie di me.”
Era inevitabile pensare che andava
più vicino alla causa che gli aveva tolto la madre dalla memoria.
Quando quel giorno il sole
artificiale aveva balenato, in qualche modo gli aveva strappato un
pezzo di cuore. La madre dai suoi ricordi.
Ora andava proprio lì dove quel
sole poteva completare l’opera.
Come non pensarci?
“Che sciocchezze. Tanti ci vanno e
tanti tornano! Ci sono funzionari statali di continuo che rompono le
palle. Perché dovrebbe succedere sempre qualcosa a Gauche?”
E così non disse nulla delle
proprie preoccupazioni, né ne diede cenno.
Gauche gli baciò il fianco e rimase
così, mentre Jiggy faceva scendere la mano sulla sua nuca e
l’accarezzava sui capelli bianchi e spettinati.
- Tornerò di sicuro. Potrò curare
Silvet e quando la vedremo correre saremo così felici da sposarci! -
Disse felice, entusiasta e sicuro di sé.
Jiggy ridacchiò scuotendo il capo.
- Sposarmi io? Sei pazzo? - La
risata di Gauche non l’avrebbe dimenticata. Lui no.
- Ci amiamo, perché no? - Jiggy
scivolò giù dal letto e si sedette per terra, affacciato sul bordo dove
stava lui a pancia in su. Gli prese il viso fra le mani e lo baciò al
contrario.
- Intanto parti e vedi di tornare
intero. Poi ci pensiamo a queste sciocchezze! -
Qualcosa a cui si sarebbe sempre
aggrappato, negli anni a venire.
In quei lunghi cinque anni di
assenza.
- Tornerò con un anello enorme! -
Gauche continuò a parlare di un ipotetico matrimonio fra loro e Jiggy a
tentare di farlo desistere, solo per puro divertimento. Mentre, in cuor
suo, sperava di poterlo fare davvero, un giorno.
Un giorno.
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Capitolo 12 *** La ruota riprende a girare ***
la_proporzione_perfetta12
* Un nuovo capitolo inizia, è
la fine della prima parte della fic che è divisa in almeno 4. Gauche
parte per la Capitale e chi ha letto il manga sa cosa succede,
altrimenti sorpresa! Per cui è un capitolo malinconico, Gauche va per
diventare il nuovo Head Bee e saluta Jiggy. Dal prossimo cambiamo
personaggi, si comincia con la seconda parte, ovvero quella su Zazie e
Lag e si prende l'inizio del manga. Buona lettura. Baci Akane*
12. LA RUOTA RIPRENDE A GIRARE
Ormai aveva salutato Silvet
che, fra le lacrime, gli aveva chiesto di non andare, che non le
importava di camminare, perché se lui era con lei, era felice lo stesso.
Ma lui era uscito di casa comunque.
Per l’ultima volta, nei panni di Gauche.
Jiggy l’aspettava fuori casa,
quella notte era stata l’ultima insieme.
Avevano spedito la richiesta e
ricevuto conferma.
Il messo statale stava venendo a
prendere il nuovo pretendente al ruolo di Head Bee.
Quel giorno sarebbe partito.
Gauche sorrise e si protese verso
di lui, solitamente Jiggy si scostava e gli diceva di controllarsi. Era
sempre convinto che mostrarsi in rapporto con qualcuno potesse renderlo
debole.
Ma in quel momento Jiggy non si
scostò, gli andò incontro col capo e prese le sue labbra con la
consapevolezza che poteva essere l’ultima volta e la speranza che così
non fosse.
Gauche lo visse con un senso di
tragicità dentro. Quello segnava la preoccupazione di Jiggy che si
stava tanto sforzando di non mostrargli.
In silenzio, serio, salì sul
cavallo di ferro e gli cinse la vita con le braccia.
Il petto contro la sua schiena, il
mento sulla sua spalla. Insieme a guardare la strada illuminata dai
fari del mezzo che si muoveva grazie al cuore di Jiggy.
- Tornerò. Tornerò per te e Silvet.
- Mormorò. Jiggy non diceva nulla, solitamente. Ma lì, senza girarsi a
guardarlo, duro come da molto non lo era con lui, disse:
- Promettilo. - Gauche gli baciò il
collo in un piccolo pezzettino lasciato libero dalla sciarpa bianca.
- Lo prometto. Tornerò sano e
salvo, intero, da te e Silvet. Farò camminare Silvet e sposerò te! -
Jiggy non aveva mai pregato, sebbene stesse facendo costruire una
cattedrale nella propria città.
Però lì pregò per la prima volta.
“Se esiste un Dio, me lo devi
restituire!”
Con questo arrivò all’Alveare, dove
tutti i Bee e gli impiegati erano raccolti per salutare la nuova
leggenda fra loro. Ogni volta che qualcuno stava per diventare Head
Bee, era sempre una grande notizia per loro.
Jiggy si fermò imprecando sul fatto
di essere visti arrivare insieme davanti a tutti quanti, ma Gauche
ridendo scese e gli lasciò la mano sulla spalla un pochino di più, poi
lo lasciò e facendo finta di non essere guardato da una cinquantina di
persone, si voltò verso Jiggy.
- Mi accompagni dentro? Devo fare
un’ultima cosa prima di partire, ma mi serve la tua assistenza. - Disse
tranquillo e misterioso.
Jiggy immaginava di cosa si
trattava. Largo in parte sorrideva soddisfatto, Aria invece era in
lacrime e lui la stava consolando.
Jiggy scese dal cavallo di ferro ed
entrò con lui ignorando tutti, Gauche li salutò composto.
Una volta dentro salirono le scale
e raggiunsero l’infermeria, bussarono e lieti che fosse vuota, si
infilarono dentro chiudendo la porta a chiave.
Una volta lì, Gauche si voltò verso
Jiggy, gli occhi lucidi, il volto sorridente.
- Ho un po’ paura. - disse. - Ma
sono anche eccitato. - Ammise. Jiggy gli sistemò il cappello sulla
testa e la sciarpa intorno al collo, stessa cosa fece con la giacca
allacciata di cui poi tenne il colletto per tirarlo a sé.
- È normale. Quel che conta è non
fermarsi mai. Devi andare avanti fino in fondo a qualunque costo. Ma
ricordarti sempre di… - Gauche completò per lui più calmo.
- Di tornare da chi amo, da chi mi
ama. Di fare in modo di tornare sempre. - Jiggy, felice che avesse
imparato, annuì e gli regalò un sorriso che nascondeva bene il proprio
stato d’animo.
- Tornerai da me e Silvet. -
Concluse per lui. Poi gli prese i viso fra le mani e lo baciò. Le
labbra e le lingue divennero una cosa sola. Il mondo sparì per un
momento e rimasero solo loro, aggrappati a quelle emozioni, a quei
sentimenti che nessuno poteva sapere se avrebbero potuto provare
ancora.
“Fa che non sia l’ultimo bacio!”
Pensarono entrambi.
Il bacio si protese per qualche
istante di più, poi sospirarono, si separarono, gli occhi di entrambi
lucidi. Jiggy toccò il mento di Gauche con l’indice ed infine gli fece
l’occhiolino.
- Te la caverai alla grande. - Ma
quello poteva solo sperarlo.
Gauche si riprese e più tranquillo
di come era entrato, gli strinse la mano, poi guardandolo negli occhi
disse che l’amava.
- Non dimenticarlo mai. Qualunque
cosa possa succedermi, anche se non dovessi più tornare, tu sai che ti
amo e il sentimento non muore anche se muore la persona che lo prova.
Possono succhiare via il cuore, ma una volta che si prova l’amore, con
o senza cuore… rimarrà per sempre. - Con queste parole Gauche baciò
ancora Jiggy, infine se ne andò.
Mentre saliva nella carrozza col
funzionario statale che lo doveva portare ad Akatsuki, una capitale
inaccessibile se non a chi aveva un permesso speciale come quello di
Gauche, Jiggy sospirò con la sensazione più brutta della sua intera
esistenza.
La sensazione che sarebbe stata
l’ultima volta che l’avrebbe visto.
Largo gli mise una mano sulla
spalla dopo aver consolato Aria che era infine corsa via. Jiggy non
fece nulla.
- Tornerà? - Chiese a Largo, il
quale rispose con sincerità.
- La vera domanda è come. - E con
questo i due rientrarono, come se sapessero che qualcosa in tutto
quello stonava.
Avrebbero capito di cosa si
trattava solo cinque anni dopo.
Come uno sparo nel buio, lo sparo
nel buio non sai chi colpisce e se colpisce qualcosa e non sai l’entità
del danno.
Quel proiettile colpì nel buio e lo
abbatté inesorabilmente.
Jiggy non avrebbe mai dimenticato
quel momento.
Il momento in cui la notizia della
nuova carica di direttore era arrivata insieme a quella della scomparsa
di Gauche.
Jiggy era così in piedi, rigido,
silenzioso, accanto ad Aria, davanti al novo direttore.
Largo, seduto dietro una ‘scomoda’
scrivania, guardò Aria con gli occhi gonfi di lacrime e sospirando
cercò di essere più umano e comprensivo possibile.
- Le circostanze sono le peggiori
che si potevano immaginare. - Disse Largo, mani giunte sotto il mento,
aria composta, tono dispiaciuto.
Le sciolse e allungò sul tavolo di
legno elaborato, due buste.
- Aria Rink, la tua richiesta di
impiego nell’Alveare con compiti diversi dal Bee è stata accolta. Sarai
la mia assistente personale, la mia segretaria. - Jiggy avrebbe pensato
malizioso che aveva ottenuto il suo scopo, alla fine. Ma in quel
momento si era decisamente dimenticato delle mire presunte di Largo su
Aria. Lei prese la busta con l’incarico ufficiale ed annuì.
Dopo le tracce perse di Gauche,
Aria aveva iniziato a lavorare sempre peggio e rischiando la vita
ripetutamente, aveva capito che non poteva più fare quel lavoro.
Largo poi guardò Jiggy.
- Il tuo ruolo non cambierà, sei
confermato come Corriere Espresso. Però avrai un compito in più oltre
alle consegne speciali. - Disse serio e professionale senza lasciar
trapelare nulla.
Jiggy prese la busta, l’aprì freddo
e lesse.
- Voglio che cerchi Gauche Suede.
Sei l’unico che può continuare a svolgere i tuoi compiti di Bee e
contemporaneamente cercare Suede. - Disse sempre composto.
- Pensavo fosse stato dato per
disperso. - Disse gelido, duro. Un muro innalzato fra lui e loro. Largo
sospirò.
- In via ufficiosa… - Jiggy e Aria
lo guardarono. - È un disertore. È andato via e non è più tornato. Ma
siccome non si è fatto vivo nemmeno qua, con Silvet, penso che gli sia
successo qualcosa. Voglio che lo cerchi, mentre porti avanti i tuoi
soliti incarichi. Che indaghi, cerchi di capire cosa può essere
successo. Sei l’unico in grado. Sei il più discreto. -
Aria rimase colpita da quel dialogo
e ancor di più dal sapere che Gauche era effettivamente scappato dalla
capitale abbandonando il suo ruolo di Head Bee.
- Non avrebbe mai lasciato il suo
ruolo dopo averlo faticosamente conquistato. - Disse lei.
- Per questo voglio capire cosa è
successo. Deve rimanere fra noi, ma penso che la capitale ci stia
nascondendo qualcosa. Cercheremo di capirlo senza farci notare. - Jiggy
provò un po’ di calore nel sentire quelle parole, quella confidenza,
quella verità da scoprire.
Come se avere uno scopo per Gauche,
potesse dargli la forza di andare avanti, qualcosa a cui aggrapparsi
per non crollare, per rimanere in sé.
Jiggy annuì senza fare una piega,
infine si congedò silenzioso. Aria rimase lì con lui, ancora persa
nelle rivelazioni scoperte, ignara di quel che Jiggy stava passando,
cosa di cui invece era consapevole Largo.
- Pensi che ci sono speranze? -
Mormorò.
- Penso che quello che è successo è
ben lontano dal normale e se possiamo fare qualcosa, Jiggy Pepper è
l’unico che ci può aiutare a farlo. - Aria allora sospirò, si sistemò
gli occhiali da vista che aveva iniziato a mettere da un po’, infine lo
guardò con più risolutezza.
- Fino ad allora, c’è un lavoro da
svolgere, vero? - Largo sorrise appoggiandosi allo schienale.
- Direi proprio di sì! -
- Congratulazioni per la carica di
nuovo direttore. - Fece Aria. Largo annuì.
- Grazie signorina Rink.
Congratulazione anche a lei. Come prima cosa le chiedo di accogliere i
nuovi aspiranti Bee. Si chiamano Zazie e Connor. - E così stava per
cominciare di nuovo.
Jiggy stava percorrendo il
corridoio con la lettera d’incarico in mano, stretta nel pugno. L’aria
dura che fissava davanti a sé, intransigente, inaccessibile.
L’aria di chi stava giurando a sé
stesso che non sarebbe mai crollato, che sarebbe andato avanti per
sempre ad ogni costo senza mai dimenticare i propri obiettivi e le
promesse.
Ricordandosi che non si pensa al
futuro ma solo al presente.
E che qualunque cosa sarebbe
successa od era già accaduta a Gauche, niente avrebbe tolto loro quel
che avevano vissuto e che erano stati.
“Forse è finita davvero o forse c’è
ancora qualcosa che si può fare, una piccola speranza. Non lo so. Ma
non mi fermerò. Perché niente mi toglierà quel che ho vissuto, la
felicità di quei giorni, la pienezza di quei sentimenti. Niente.”
Niente l’avrebbe fermato, perché
l’aveva sempre promesso a Gauche.
Era all’accettazione a prendere le
consegne, quando notò la presenza di due nuovi bambini probabilmente
coetanei.
Uno dei due aveva un’aria
familiare, rallentò e l’osservò senza fare una piega.
Il piccolo non lo vide.
Aveva un’aria da gatto, in qualche
modo glielo ricordava.
Un flash, un ricordo. Infine si
voltò in fretta e andò oltre, mentre sotto la sciarpa nascondeva un
sorrisino felice.
“Il piccoletto ce l’ha fatta. Come
si chiamava? Zazie?” Lo sentì esclamare, proprio mentre usciva.
- Lui è il grande Jiggy Pepper?! Ma
è il mio idolo! Io sono qua per lui! -
Jiggy si affrettò a chiudere la
porta e ad arrivare al cavallo di ferro, mentre un po’ di calore,
almeno un pochino, gli permetteva di trovare la forza di riaccendere il
proprio mezzo e salirci sopra.
“Ecco che la ruota riprende a
girare.”
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Capitolo 13 *** Un partner eccezionale ***
la_proporzione_perfetta13
*Ecco la seconda parte della
fic, questo gruppo di capitoli è esclusivamente su Lag e Zazie, in
particolare tenerò a seguire un pochino di più Zazie perchè nel manga
si è seguito Lag e per non riproporre le medesime cose, non sempre
quanto meno, ho 'giocato' così con le prospettive. Oltretutto le
vicende seguono la serie originale, molte delle cose inserite sono
successe realmente, ho proprio scritto manga alla mano, facendo
naturalmente le mie aggiunte. Perciò, come sempre, buona lettura. Baci
Akane*
PARTE SECONDA
ZAZIE STA A LAG
13. UN PARTNER ECCEZIONALE
"E
tu pensi che la compassione sia una colpa E non lascerai mai che gli
altri vedano la tua E sei sicuro di essere stato ferito come nessuno
capirà mai Ma un giorno il peso del mondo ti donerà la forza di andare
avanti."
/Robot boy - Linkin Park/
Bisognava essere in grado di
cavarsela da soli.
Essere forti da soli.
Andare avanti da soli.
Wasiolka, un enorme felino nero
dalle sembianze simili a quelle di una pantera, stava ancora dormendo
quando Zazie si alzò sbuffando dal letto e con la faccia imbronciata
già di primo mattino, si trascinò al bagno a fare i consueti bisogni.
L’animale, suo dingo, a quel punto si tirò su, si stiracchiò e seguì il
proprio padrone che continuò a trascinarsi fino in cucina. Zazie aprì
la porta del frigo e prese il latte. Appena lo fece, quattro deliziosi
gattini si arrampicarono su di lui miagolando con le vocine stridule.
Erano un gatto nero, due bianchi e
l’altro rosso.
- E piantatela! - Grugnì Zazie
bevendo il latte per primo.
Le zampette di quello rosso e di
quello nero si artigliarono sulle sue guance, uno per lato, come per
ricordargli di non berlo tutto. Erano uno per spalla. Poi c’era uno
bianco sulla testa che guardava da sopra ed infine l’altro bianco era
arrampicato sul petto, fortunatamente le unghie sulla canottiera e non
sulla pelle nuda.
Wasiolka aspettava seduta per terra
e lo guardava seria, in attesa della propria razione.
Zazie bevve ancora, i miagolii
divennero sgraziati e assordanti e così imprecando si chinò e versò il
latte in una ciotola piccola ed un’altra grande.
I gatti finalmente scesero giù e
bevvero facendo le fusa felici. Anche Wasiolka andò a bere soddisfatta.
Zazie fece un sorrisino, poi scosse
il capo e si ricompose col proprio broncio.
Infine andò a prepararsi.
Era un Letter Bee da un po’ di
tempo, ormai. Aveva subito dato prova delle sue ottime doti di ammazza
gaichu più che di consegne lettere. Non gli importava molto delle
lettere, era diventato Bee per poter uccidere i gaichu. Voleva
ucciderli tutti, specie quelli più cattivi e grossi.
Per questo si era tenuto in vita,
si era trascinato nei giorni successivi alla morte dei suoi genitori
solo per trovare un modo per dare senso alle loro vite.
Quello era stato il modo che aveva
trovato.
Si era alzato ed aveva fatto
domanda per diventare Bee, poi aveva studiato tutti i gaichu dal
manuale. Aveva imparato in fretta tutto quello che era conosciuto su di
loro.
Mano a mano che li studiava, si era
sentito montare da una rabbia sempre più grande.
Ne esistevano moltissimi, di ogni
tipo. Ma lui li avrebbe uccisi tutti.
Jiggy Pepper era un Bee, ma non un
Bee qualunque. Era il Bee che aveva trovato i suoi genitori, che aveva
allontanato il gaichu. Se non fosse stato per lui sarebbe morto quando
sarebbe arrivato a vedere di loro, li avrebbe trovati col gaichu che si
sarebbe cibato anche di lui.
Era stato lui a fargli capire qual
era l’unico modo per dare senso alle vite dei genitori.
I Bee uccidevano i gaichu, i gaichu
avevano ucciso i suoi genitori, lui avrebbe ucciso tutti i gaichu
diventando un Bee, fino a trovare quello che aveva ucciso i suoi. Il
resto non sarebbe più stato importante.
Fino a quel giorno.
Imbronciato e sbuffante alzò gli
occhi al cielo corrucciato e per nulla felice.
- Ma perché devo farlo io?! - Si
lamentò senza ritegno con il direttore Lloyd.
- Perché dopo Jiggy Pepper sei il
più bravo ad uccidere gaichu, fra quelli rimasti. Se dovessero avere
problemi, sicuramente sei il solo in grado di aiutarli. - Zazie alzò
ancora seccato gli occhi al cielo, senza riconoscere l’autorità del
direttore. Del resto non ne riconosceva mai una.
- Ma Connor? O Sullivan? -
Insistette.
Lloyd sorrise enigmatico dietro le
sue lenti da vista e cominciò a prepararsi la pipa.
- Sullivan è veloce a concludere le
consegne e Connor è bravo ad interagire con le persone e a convincere
gli altri ad accettare le lettere che non vogliono. Ma tu sei il
migliore ad abbattere i gaichu. E visto che si tratta di un esame per
Bee e che dovranno affrontare un gaichu per la prima volta, tu devi
essere il loro ispettore d’esame! - Con questo il direttore concluse,
non avrebbe cambiato idea e sebbene non volesse sentirsi orgoglioso,
alla fine inevitabilmente se ne sentì.
- Certo che sono il migliore, ma è
una palla di incarico lo stesso! - E con questo uscì sbattendo la
porta.
Zazie aveva mantenuto un certo
contegno solo i primi giorni, poi aveva lasciato perdere i convenevoli
e aveva tirato fuori il suo caratteraccio.
Quello che rispondeva male e che
attaccava tutti.
Lloyd sapeva la sua storia e aveva
capito che era il suo modo per non affondare. Per rimanere aggrappato
alla superficie. Così si sentiva forte. Avrebbe imparato che essere
forti era una condizione, non lo facevi. Lo eri.
E Zazie, sopravvivendo all’assenza
di cuore dei suoi genitori e poi alla loro morte, era diventato forte.
Aveva letto il suo dossier.
Non sembrava gran ché, si disse.
Lag Seeng era di razza albina un
po’ più piccolo di lui. Si presentava come un nanerottolo dall’aria
delicata. Ma il direttore aveva scritto che aveva un’ambra spirituale
nell’occhio sinistro e che il suo potere con la pistola sparacuore era
quello di intercettare e mostrare il cuore delle cose.
Capacità interessante, anche se non
utile in battaglia.
Apparentemente.
L’altro Bee era un tipo
apparentemente forte ed in gamba, dava più affidamento.
Letti i dossier, si avviò nella
gola, nascosto fra le alte rocce, in attesa che Wasiolka, il suo dingo,
l’avvertisse dell’arrivo del primo Bee. Quella era la strada del gaichu
dell’esame, quando gli aspiranti Bee sarebbero passati di lì, avrebbe
dovuto controllare che sostanzialmente non si ammazzassero.
“Spero di beccare il piccoletto
imbranato, così potrò menar le mani anche io!”
Pensò convinto che quello fosse
l’unica nota positiva.
Zazie rimase ben sorpreso di
scoprire il contrario.
Il primo ad arrivare fu l’altro
Bee, quello apparentemente più in gamba, ma appena il gaichu si era
presentato, lui si era bel bello bloccato.
Completamente.
Stava per intervenire, quando un
fulmine urlante gli era sfrecciato accanto, accompagnato da un’altra
saetta dorata.
I due si buttarono in un attimo
nella mischia, in fondo alla gola, al combattimento del gaichu che
effettivamente era piuttosto grande.
Zazie rimase senza parole a vedere
la loro modalità di combattimento, pistola stretta in mano e nemmeno il
tempo di realizzare che… beh, non avrebbe avuto bisogno di intervenire.
La saetta era proprio il
piccoletto, Lag Seeng, col suo dingo. Una ragazza maka.
Incredulo, assistette alla loro
vittoria e alla morte del gaichu.
Così, quasi in un attimo, quasi
come se fosse stata una passeggiata.
Condizioni finali a parte, visto il
tuffo nel fango dove aveva sporcato oltre che sé stesso e il suo dingo,
anche la lettera da consegnare, aveva fatto obiettivamente un ottimo
lavoro con il gaichu. Chiaramente la cosa che Zazie aveva notato
maggiormente, indipendentemente dalla missione in sé stessa, ovvero la
consegna della lettera.
Rimase in parte senza farsi avanti,
non andò a complimentarsi o a dirgli nulla.
Rimase indietro ad osservarlo
riprendersi e proseguire per la strada, verso la città dove avrebbe
dovuto consegnare.
“Però… vedi che le apparenze
ingannano! Quell’altro non è stato capace di fare nulla, lui ha
abbattuto il gaichu in un attimo!” Questo lo colpì come sul momento non
si rese nemmeno conto. Fu qualcosa che lavorò in lui lentamente nel
corso del tempo.
Il momento in cui Zazie, guardando
qualcuno, non l’aveva odiato per partito preso ma invece ne era rimasto
colpito.
Zazie non odiava tutti, poteva
riuscire ad avere rapporti vari, buoni, anche d’amicizia. Ma in un
primo impatto respingeva e detestava chiunque. Ad eccezione di Jiggy
Pepper, il quale però non aveva più rivisto una volta cresciuto.
Quell’incontro rimaneva nebuloso nella propria mente di bambino,
shoccato per l’esperienza vissuta e per i propri genitori. Gli era
rimasto il nome e la forza con cui l’aveva salvato. Solo quello.
Ma lì, in quel momento, davanti a
Lag che proseguiva il suo esame imperterrito, Zazie provò qualcosa di
ben diverso dall’astio.
Provò sorpresa.
Solo semplice e pura sorpresa.
Prima i complimenti, poi un pugno.
Quello era Zazie.
L’approccio diretto con Lag fu un
po’ caotico, preso in contropiede dalla sua reazione alla notizia della
scomparsa di Suede, Zazie l’aveva respinto e trattato male.
Solo dopo, una volta saputa da
Connor la sua storia, si era pentito di come l’aveva messo a posto.
Come sempre prima reagiva, male
ovviamente, poi pensava. Se pensava. Spesso non faceva nemmeno quello.
Suede era l’idolo di Lag, era
diventato Bee per lui. Un po’ come lui che lo era diventato grazie a
Jiggy Pepper.
Ed ora Suede dopo essere andato
alla capitale per ottenere il titolo di Head Bee, aveva lasciato il
lavoro ed era sparito.
La tristezza di quella storia era
pari solo alla propria, pensò Zazie andandosene e chiedendo a Connor di
scusarsi con Lag al proprio posto per il modo in cui l’aveva trattato.
Era scappato da un momento
imbarazzante. Non si era mai scusato con nessuno, iniziare ora con quel
ragazzino non era il massimo della vita. Però aveva agito d’impulso
dicendo a Connor di farlo al suo posto.
Poi era andato via.
“Diventerà forte ora. Io lo sono
diventato vivendo coi miei genitori col cuore perduto e sono venuto qua
inseguendo la strada mostrata da Jiggy Pepper. Lui è venuto qua per
inseguire, come me, il sogno mostrato dal suo idolo, Suede, per poi
scoprire che ha mollato tutto e se ne è andato. Adesso starà male, ma
poi si rialzerà e diventerà forte. Il dolore aiuta, l’odio aiutano a
restare a galla, a non affondare. Imparerà anche lui, come ho fatto io,
come hanno fatto tutti.”
Con questo, Zazie corse a
comunicare al direttore che l’unico ad aver passato l’esame era stato
Lag Seeng.
Come di tradizione, la prima
missione ufficiale di Lag come Bee, fu affiancato da un altro, in quel
caso uno più esperto.
Zazie, sbuffando, si avviò con Lag
verso la meta prescelta.
Inizialmente il silenzio fece da
padrone, ma una volta superato il centro della città, Zazie cominciò a
guardarlo di sottecchi, imbarazzato e per questo seccato.
Voleva capire se ce l’avesse ancora
con lui e se Connor gli avesse detto che gli dispiaceva.
Lag leggeva l’ordine consegnato dal
direttore Lloyd e non si accorse di essere fissato goffamente.
All’ennesimo minuto di silenzio, Zazie ovviamente esplose alla sua
maniera, incapace di usare gentilezza.
- Ce l’hai ancora con me? No perché
se è così devi crescere un po’! Quando ti ho trattato male non sapevo
molte cose, e poi comunque potevi parlare, no? Spiegarti meglio! Dovevo
venire a saperlo da Connor che Suede è il tuo idolo? - Zazie attaccò
Lag con un tono sostenuto e sgarbato, Lag così lo guardò meravigliato,
preso in contropiede, senza capire cosa stava dicendo.
Ritrovatosi con quello sguardo
innocente e sorpreso, Zazie arrossì ancora di più e guardò in alto
allargando esagerato le braccia.
- Perché non accetti le mie scuse?
- Gracchiò esasperato, seccato dal fatto che dovesse rendergli così
difficile la questione. Che poi perché mai se ne preoccupava tanto?
Aveva fatto altre missioni in coppia con gente che detestava. Il
silenzio era stato d’oro!
Adesso gli sembrava di non poterlo
sopportare, con quel ragazzino.
- Ma io le ho accettate! Connor mi
ha detto che ti dispiaceva e che ti scusavi per il tuo atteggiamento,
che non sapevi la mia storia… sei stato molto carino. - Poi aggiunse
con un sorriso tenero: - Mi ha detto che sei un po’ difficile come
carattere, impacciato coi sentimenti, però sei un bravo ragazzo. - E
così Zazie divenne color pomodoro mentre si irrigidiva e andava avanti
come una scheggia per evitare quel momento eccessivamente sdolcinato.
- Va bene, allora muoviamoci! -
Borbottò seccato, odiandosi per aver stupidamente sollevato quella
questione.
- Ero pensieroso perché cercavo di
capire la strada migliore per arrivare qua e… - Zazie sbuffò.
- La so io, basta che mi segui! -
Lag rimase un po’ spiazzato da quei suoi modi, tuttavia ricordandosi le
parole di Connor sospirò ed aumentò l’andatura.
Niche e Wasiolka dietro di loro
controllavano i loro padroni.
- È un bellissimo animale, il tuo
dingo! - Wasiolka alzò la testa e mosse le orecchie orgogliosa del
complimento. Zazie, che adorava il suo dingo, cadde facilmente nella
sua trappola.
- Il più bello ed il più forte! -
Rispose fiero affiancando di nuovo Lag il quale sorrise dolcemente.
- Ti piacciono i gatti? - Chiese
capendo che anche come modi di fare Zazie era selvatico come un gatto.
Zazie annuì, solo se parlava di
quel che gli piaceva era una persona normale.
Lag ci mise poco a capirlo e a
prenderlo per il verso giusto.
- Sì, molto! - Esclamò Zazie con un
certo entusiasmo. Poi tossicchiò e si ricompose. - Il tuo dingo invece
è davvero una ragazza maka? - Chiese un po’ per curiosità ed un po’
perché le conversazioni si facevano in quel modo. Il silenzio era
peggio.
- Sì, in realtà non so che razza
sia, dicono che abbia a che fare col maka… per me è un’amica preziosa!
-
- Niche è il dingo di Lag! -
Esclamò Niche convinta e decisa, sentendo che parlavano di lei.
- Non sai niente di lei? - Lag si
strinse nelle spalle.
- L’ho incontrata mentre venivo qua
per fare l’esame, era un pacco abbandonato in una nicchia e… - Zazie
rise.
- Perciò l’hai chiamata Niche? -
Lag arrossì e Zazie si trovò a pensare instupidito che fosse molto
carino quando arrossiva.
- Sì, non ho molta fantasia, vero?
- Si derise da solo imbarazzato. Zazie così smise di ridere e scosse il
capo.
- È un nome come un altro. - Lag
così si rilassò capendo che Connor aveva avuto ragione su Zazie.
- Connor ha ragione, sei un ragazzo
difficile ma in gamba. - Disse senza rifletterci. Zazie avvampò
totalmente a disagio coi complimenti, specie se fatti così dolcemente,
fece finta di sentire qualche rumore dietro l’angolo.
- Aspetta qua, io e Wasiolka
andiamo a controllare se ci sono gaichu, ho sentito qualcosa! - Lag ci
credette e rimase indietro, mentre lui e la sua pantera correvano
dietro una parete rocciosa.
Poi ci ripensò.
- Ma insomma, mica sono una
principessa da proteggere! Anche io sono un Bee! - E così gli corse
dietro.
Per fortuna di Zazie si trovarono
effettivamente contro un gaichu che comunque sconfissero in pochissimo,
con un’eccezionale e sorprendente coordinazione.
Per un momento, pensò Lag stordito,
pensò che fosse il suo partner da sempre.
Zazie pensò la stessa cosa mentre
si vantava della propria bravura coi gaichu e del fatto che Lag fosse
fortunato ad essere affiancato da lui nella prima missione. Ovviamente
per mascherare l’imbarazzo sia di prima, sia quello provocato
dall’eccitazione di quella coordinazione.
“È un partner eccezionale, in
realtà!”
- Però devi imparare a dosare il
cuore o sverrai ogni volta che spari un colpo! - Lo rimproverò brusco,
lieto di aver qualcosa da ridirgli. Troppi complimenti non andavano mai
bene.
Lag, con la testa che gli girava
per il colpo eccessivo sparato, annuì e rimase un attimo giù.
- Hai ragione, scusa… è che non so
bene come si fa… - Zazie sospirò e gli andò davanti accucciandosi.
Piegò la testa e lo guardò con quella sua aria selvatica.
Lag alzò lo sguardo e vedendolo in
quella posizione, sorrise.
- Sembri un gatto! - Commentò poi.
Zazie arrossì, essere paragonato al
suo animale preferito era un bel complimento.
- Ti devi concentrare quando spari,
non devi eccitarti troppo, non caricarti così tanto di entusiasmo. Vai
con troppa foga. Devi essere più distaccato quando spari, se la
situazione non richiede eccessivi sforzi. -
spiegò deviando da quello che per
lui era un complimento. Lag si mise a sedere ascoltandolo ed annuì
interessato.
- Ok, credo d’aver un po’ capito. -
Disse. Zazie vide il copricapo tutto storto che gli stava in modo buffo
sulla testa, così ridacchiando glielo sistemò.
- Sembri un moccioso! - Lo prese in
giro. Lag arrossì e Zazie tornò a trovarlo carino, per questo si voltò
in fretta e tolse subito le mani dai suoi capelli. - Andiamo! - Disse
poi brusco, sperando di aver ritrovato un po’ di contegno.
“Sembro un idiota! Spero non se ne
accorga!”
Pensò arrabbiato con sé stesso
perché gli stava piacendo Lag troppo facilmente.
Piacendo, poi, in sensi che nemmeno
lui stava comprendendo bene.
Lag rimase male del fatto che non
lo aiutasse ad alzarsi, ma lo fece Niche che lo pulì dalla polvere
perché il suo Lag doveva essere lindo e perfetto in ogni momento.
Zazie scosse il capo e si affrettò
ad avanzare, poco dopo Lag e Niche lo seguirono.
Il silenzio durò poco. Lag riprese
con le domande su quello che aveva percepito sembravano essere i gusti
di Zazie, in quel caso i combattimenti, e così il dialogo tornò in un
attimo con una facilità che, trattandosi di uno complicato come Zazie,
era davvero da rimanere sconvolti.
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Capitolo 14 *** Non si danno false speranze ***
la_proporzione_perfetta14
*Ecco
il nuovo capitolo. Lag e Zazie approfondiscono la loro conoscenza e
Zazie finalmente comincia a mostrare anche altri aspetti di sé, pur
rimanendo il solito selvatico. Le vicende si intrecciano con quelle
reali del manga e fra quelle inserisco dei retroscena che non c'erano.
Le parti del manga in certi punti sono raccontate velocemente per non
riprodurre del tutto numero per numero. Buona lettura. Baci Akane*
14. NON SI DANNO FALSE SPERANZE
"Noi
popolo combattiamo per la nostra esistenza
non pretendiamo di essere perfetti
ma siamo liberi
sognamo i nostri sogni da soli
senza nessuna resistenza
svanendo come le stelle che
vorremmo essere"
/Oasis
- Little by little/
Zazie lo confondeva.
Istintivamente gli piaceva, ma non
faceva molto testo perché a lui istintivamente piacevano tutti.
Però aveva certi atteggiamenti che
sembravano lo respingessero.
Sapeva bene cosa aveva detto
Connor, però ugualmente non lo capiva.
Era scorbutico e tendeva a stare
per conto suo, ma se aveva bisogno c’era sempre. Spesso Zazie compariva
nei momenti più topici, come per magia. Come se sapesse che Lag aveva
bisogno in quel momento.
E per questo suo confonderlo,
ovviamente, lo incuriosiva.
- Come è andata oggi? - Chiese Lag
gentile, una volta tornato all’Alveare ed averlo incontrato mentre
scendeva dall’infermeria con un cerotto sulla faccia.
- E secondo te come è andata? -
Disse sgarbato tenendo il cappello in mano e trascinando la giacca. La
camicia bianca tutta sporca e fuori dai pantaloni, i bottoni mezzi
slacciati.
Lag ci rimase male e nella sua
incapacità di mascherare le emozioni, fece un’espressione mortificata.
Zazie si morse il labbro e fece una smorfia, poi girò la guancia e
gliela mostrò sebbene fosse coperta da un cerotto.
- Sto bene, potevo fare a meno di
farmi medicare da quel pazzo, ma Connor ha insistito. - Il tono era
sempre un po’ sostenuto, ma meno antipatico di prima.
- Mi dispiace. - Lag non registrò
la questione ‘quel pazzo’, rimase concentrato sulla sua ferita.
- Non è mica colpa tua. - Rispose
sempre su quel tono, andando avanti.
- No, ma mi dispiace lo stesso. -
Replicò seguendolo poiché aveva dato le consegne alla reception.
- Come vuoi. - Rispose andando
oltre. Lag stava per arrendersi quando lo vide zoppicare un po’, così
si raddrizzò e gli corse ancora dietro.
- Zazie, ma zoppichi! - Zazie
sbuffò.
- Oh, è una sciocchezza! -
- Ma se… - Zazie però uscì
dall’alveare e così Lag col broncio lo inseguì insieme a Niche e
Wasiolka.
- Che c’è ora? - Chiese Zazie
sempre seccato vedendo che lo seguiva.
Lag non avrebbe mollato certo ora
che aveva visto che zoppicava.
- Vengo a darti una mano! Devi
riposare e tenere il piede alto! Se ti lavi la divisa e ti fai da
mangiare da solo, non ti riposerai! - Insistette. Zazie replicò che non
serviva e che stava bene, ma ovviamente non ci fu verso e alla fine Lag
si introdusse da solo nel piccolo appartamento di Zazie dove quattro
gattini gli vennero incontro miagolando e facendo le fusa.
Zazie non lo invitò ad entrare, ma
non si diede per vinto ed entrò lo stesso.
Appena Niche e Wasiolka misero
piede dentro, i gatti andarono da loro ed in breve i sei finirono in un
loro mondo.
- Che belli! - Esclamò Lag
guardando la scenetta che lo faceva sorridere teneramente. - Come si
chiamano? - Zazie lo guardò come se dicesse eresie, mentre faceva
volare le scarpe, la borsa da viaggio, la sciarpa, il cappello e la
giacca. Lag corse dietro a raccogliere.
- Gatti! - Esclamò finendo anche di
togliersi la camicia sporca. Lag recuperò tutto e riordinò, poi lo
seguì per la casa disordinata e silenziosa.
- Ma avranno un nome! -
- Non gliel’ho chiesto! - Esclamò
Zazie senza scomporsi.
- Certo, perché non parlano! Glielo
devi dare tu! - Fu la risposta logica di Lag. Zazie sbuffò e si tolse
anche i pantaloni, rimanendo in boxer. Lag arrossì finendo in bagno con
lui, si bloccò un momento, poi prese i pantaloni sporchi e la camicia
lasciata per terra e, insieme alla giacca, la mise in una cesta con la
quale sarebbe andato alla ricerca del necessario per il lavaggio.
- Avanti, lascia perdere… - Disse
Zazie.
- Che ne dici di scegliere dei nomi
insieme? - Disse con un dolce sorriso, mentre aspettava con la cesta in
mano che Zazie finisse di spogliarsi per lavare anche il resto.
Zazie alzò un sopracciglio
scettico, per nulla intenzionato a denudarsi del tutto davanti a lui.
- Gatto uno, gatto due, gatto tre,
gatto quattro. Adesso esci che finisco di spogliarmi! - Lag fece il
broncio.
- E di che ti vergogni? Siamo due
ragazzi! Non hai niente che io non ho! - E con questo Zazie alzò gli
occhi al cielo e seccato si tolse anche il resto, lanciandoglielo
addosso.
- Vuoi anche lavarmi per caso? -
Così dicendo aprì l’acqua calda e si infilò dentro. Lag rimase
imbambolato, rosso scarlatto, a guardarlo nudo. Impreparato.
- Pensavo di non avere niente in
più di te! - Lo scimmiottò Zazie notando il suo fastidioso imbarazzo.
Stare lì completamente nudo non era
certo l’ideale, ma l’imbarazzo di Lag cominciava ad essere terapeutico
e sicuramente divertente.
Così invece di lanciargli l’acqua
per farlo uscire, gli indicò il lavandino.
- Metti ammollo lì la roba con un
po’ di detersivo, poi mi arrangio. - Lag si riscosse staccandogli
finalmente gli occhi di dosso e senza dire nulla, eseguì ma in aggiunta
strofinò le macchie da pantaloni e camicia, limitandosi ad una passata
generale sulla giacca.
- Lag, davvero… - Ma Lag, che
sembrava per nulla intenzionato dal muoversi da lì, continuò il suo
compito ricoprendo la sua voce con altre chiacchiere che non
c’entravano nulla.
- Secondo me quello nero ti
somiglia! - Disse riferendosi di nuovo ai gatti. - quello nero lo
chiamiamo Zazie! - Zazie scosse il capo e finì per ridacchiare.
- Uno di quelli bianchi allora sarà
Lag, visto che somiglia a te! - Lag sorrise radioso.
- Che bello, un gatto che si chiama
come me! - Zazie ridacchiò imbambolato e finì di sciacquarsi.
- L’altro bianco lo chiamiamo
Gauche se vuoi. - Disse con un tono sorprendentemente leggero. Lag lo
guardò con le lacrime agli occhi al solo sentirlo e sorrise grato,
facendo imbarazzare di nuovo Zazie che si ricordò di essere nudo.
Chiuse il rubinetto e si avvolse nell’asciugamano. Lag si dimenticò di
Gauche e del gatto e fece scivolare lo sguardo su Zazie che zoppicò
fuori cercando di far finta di nulla.
Era una situazione strana,
pensarono entrambi.
Lag aveva pensato che fra quasi
coetanei non ci dovessero essere problemi nel vedersi nudi, per questo
si era imposto di rimanere per aiutarlo e fare quello che gli aveva
promesso, ma ora era sempre distratto.
Chissà perché, si disse.
Calò il silenzio e Zazie,
imbarazzato ed impacciato, andò in camera e si vestì lasciando che il
silenzio continuasse il suo corso.
Lag uscì dal bagno dopo aver steso
i panni e lo vide che cercava di fare la cena.
- No, siediti, faccio io! - Corse
da lui ai fornelli e lo spinse su una sedia.
- No senti, hai fatto abbastanza,
me la sono sempre cavato da solo, perché… - Lag però prese le uova e le
aprì sulla padella sul fuoco.
- Chi ti piace a te? Hai un idolo?
Così chiami il quarto con quel nome! - Disse Lag tornando al discorso
gatti. Ogni volta che fra loro si creava dell’imbarazzo in qualche
modo, tirava in ballo i gatti.
Zazie rimase preso in contropiede,
così rispose subito senza nemmeno rifletterci.
- Jiggy Pepper! -
Lag lo guardò sorpreso.
- Il signor Jiggy è il tuo idolo? -
Chiese incredulo.
Zazie annuì, poi guardò il gatto
rimasto, il rossino.
- Il colore è perfetto per lui! -
Lag lo vide sorridere dolcemente,
una di quelle sfumature che non gli aveva mai visto. Poi guardò meglio.
“No, ma è proprio arrossito!” E a
questo fece quasi bruciare la frittata.
- Lag, vorrei mangiare qualcosa di
commestibile e non di cancerogeno! - Esclamò Zazie indicando la
padella. Lag allora si riprese, mentre sconvolto realizzava che oltre
allo shock per vedere Zazie arrossire nel pensare a Jiggy, aveva anche
sentito un certo fastidio.
“Potrei anche dirgli che ho
incontrato una persona che dice che Jiggy non è così grandioso come
dicono tutti.” Ma poi inciampò guardando Zazie che prendeva in braccio
proprio il gatto rosso con un’espressione davvero tenera. Il fastidio
aumentò, in contrasto con il senso di tenerezza che gli stava
ispirando.
Così decise di lasciar perdere.
“Quando lui ha parlato male di
Suede io sono uscito di testa. In realtà non ne so così tanto di Jiggy
Pepper, ma sta facendo costruire una cattedrale nella sua città natale,
ha fatto un bel gesto.”
Dopo di questo si sedette a
mangiare con lui pensando che tanto poi Silvet gli avrebbe fatto la
zuppa super schifosa e quindi non avrebbe mangiato niente.
Niche mangiava con loro, al tavolo,
mentre Wasiolka aspettava il proprio turno dopo.
- E quindi hai la passione per
Jiggy Pepper? - Chiese Lag curioso di saperne di più, senza capire cosa
fosse quello strano sentimento.
Zazie arrossì.
- È un gran figo! Voglio diventare
come lui! Guida il suo cavallo di ferro e gira il mondo! Non c’è
consegna che non gli riesca! - Lag lo guardò un po’ dubbioso sul
termine ‘gran figo’ ma decise di non sottolinearlo. Zazie sembrava
partito nel parlare di lui, perciò alla fine lasciò perdere.
- Tu invece? Come hai conosciuto
Suede? Era una leggenda prima di quello che è successo… - Rimase vago
sapendo che Lag era molto suscettibile, così il ragazzino spiegò la
storia.
Che era stato consegnato da lui in
qualità di pacco postale. Gli aveva salvato la vita.
- Capisco perché non puoi credere
alla storia che ha lasciato il lavoro. - Disse serio Zazie, guardando
il proprio piatto vuoto.
Lag si strinse nelle spalle.
- Non so cosa gli sia successo, ma
lo scoprirò. - Zazie non replicò, trovandolo interessante in quel suo
lato deciso e sicuro.
“Più che interessante, intrigante!”
Pensò senza mezzi termini.
I due rimasero lì ancora un po’ a
fare conversazione, a parlare di Lag e di Jiggy e di quel che
significavano uno per l’altro, senza che Zazie raccontasse la propria
storia e che Jiggy l’aveva salvato da piccolo dal gaichu.
Infine Lag si congedò, dicendo che
se gli fosse servito qualcosa avrebbe dovuto chiamarlo.
Zazie sorrise malizioso.
- Sembri una moglie premurosa! -
Commentò facendolo arrossire. Lag, con Niche a seguito, rimase impalato
sulla porta dove Zazie era in piedi per chiudere e salutarlo. Poi la
malizia lasciò il posto a qualcosa di semplicemente dolce, piccolo e
breve.
- Grazie, comunque. - Zazie gli
spettinò i capelli sulla fronte facendogli sentire dei strani e
piacevoli brividi. Poi, con quella calda sensazione nel cuore, Lag andò
a casa da Silvet.
Felice d’aver aiutato Zazie e
legato un pochino di più con lui.
Sperando di poter conoscerlo ancora
meglio, assetato di novità al suo riguardo.
- Non sarai mica esaurito? Ti stai
facendo visitare come si deve? - Disse Zazie notando un giorno che Lag
veniva a lavoro con delle occhiaie profonde ed un’aria sciupatissima.
L’aveva notato immediatamente ed
aveva capito cosa poteva avere, specie considerato che aveva capito il
tipo. Lag era ancora incapace di dosare bene il proprio cuore.
“Quell’idiota!” Pensò mentre anche
Connor si sincerava della cosa. Non fecero in tempo a dire molto che
fece il suo ingresso trionfale il dottore dell’Alveare, Thunderland Jr.
Alla sua presenza, al primo piano,
affacciato alla balconata delle scale, cominciò a parlare con aria
lugubre spiegando che non si doveva usare troppo cuore.
- Suo padre è l’head doctor del
laboratorio scientifico mondiale. Sono una famiglia di pervertiti! -
Presentò Zazie inorridito ricordando tutte le volte che aveva cercato
di spogliarlo con la scusa di vivisezionarlo.
Chiaramente sapeva che non poteva
farlo, per cui la sua conclusione era la perversione!
Dopo la presentazione ed una
spiegazione ancor più raccapricciante di quello che faceva quell’uomo,
ovvero dissezioni per la ricerca scientifica, Zazie si divertì a vedere
il viso spaventato di Lag.
Dopo, ovviamente, le cose
degenerarono come al solito.
Il dottore aveva preso Steak per
dissezionarlo, così Niche aveva attaccato il dottore, soprannominato da
Zazie dottor Cadavere. Questi si era chiaramente buttato nella mischia
chiamando a raccolta anche Wasiolka.
Se poteva menar le mani, specie
contro l’odiato pervertito, non si tirava certo indietro.
Sempre perché era fin troppo ovvio,
le cose nelle stanze del dottor cadavere degenerarono fino a che Lag,
per contenere Zazie oltre che Niche, che stavano di nuovo esagerando
con la foga degli attacchi, dovette intervenire sulla sua testa,
dandogli un colpo col taglio della mano.
Solo così Zazie si arrestò dalla
sua intenzione di sparare malevolenza a tutto andare per il gusto di
ferire il famoso pervertito.
Fu così che alla fine della fiera,
Lag riportò la calma e quietò gli animi alquanto agitati di un po’
tutti, ma in particolare del selvatico Zazie.
“Se fosse lui accoppiato con Niche
sarebbero terribili!”
Pensò Lag ansimante dopo aver
liberato Steak e visto che in realtà il laboratorio del dottore era del
tutto normale.
Zazie ci rimase male dall’essere
stato impunemente fermato, ma visto che era stato Lag non si vendicò
come avrebbe fatto con qualunque altro essere umano vivente. Anche non
umano.
Dopo, Lag venne colpito dai ricordi
legati a quella stanza, ricordi dove c’entrava il suo obiettivo, la sua
ossessione, tutto ciò per cui aveva lavorato e continuava assiduamente.
Gauche Suede era amico del dottore
e rivederlo lo riportò in uno stato emotivo di profondo turbamento.
Al suo risveglio stavano tutti bene
e si erano calmati, Niche era di nuovo con Steak e per questo buona
come un agnellino. E Zazie era con altri gatti che il dottor pervertito
aveva osato rubare senza spiegazioni, conquistando così altro nuovo
odio da parte sua.
Per questo ora anche Zazie era un
cucciolo felice che faceva le fusa coi suoi adorati gatti.
La visione di Zazie coi gatti
piacque particolarmente a Lag, tanto che si riprese dallo shock di
quella visione del dottore con Gauche.
Fu in quell’occasione che in
qualche modo si ridiede una sorta di luce di speranza, una nuova
flebile, soffocata luce.
Il dottore sperava di avere una
traccia su Gauche e sapendo del forte legame di Lag con lui, decise di
mandarlo in missione affidandogli una missiva in un posto dove voleva
che il piccolo Bee trovasse tracce di Gauche.
Sentendo cosa il dottore stava
chiedendo a Lag, Zazie si fece attento e serio, consapevole fin troppo
bene cosa comportava quella richiesta.
Aggrottato, non disse nulla e si
limitò ad uscire di nuovo di malumore.
Non disse una sola parola, né a
Lag, né a Connor.
Silenzioso se ne tornò per conto
suo, alle sue consegne, per nulla intenzionato a saperne qualcosa, come
se volesse innalzare un muro.
Profondamente infastidito non tanto
dalla nomina di Gauche Suede, quanto da quello che significava mandare
Lag in missione alla ricerca di una traccia del suo idolo.
“Non si danno false speranze ad uno
che ha così tanto a cuore una situazione tanto disperata. Lag ne uscirà
distrutto e nessuno potrà consolarlo! Quel dottore è un idiota!”
Pensò avviandosi verso nuove
consegne, solitario e arrabbiato.
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Capitolo 15 *** semplicemente poteva fidarsi ***
la_proporzione_perfetta15
*Ecco il nuovo capitolo.
Continuiamo ad intrecciarci con gli eventi del manga. Nella missione
affidata dal dottore, Lag e Connor finiscono come sempre nei guai e se
non fosse per l'arrivo tempestivo di Zazie, non ce l'avrebbero mai
fatta. Non sono andata nel dettaglio, ma ho descritto abbstanza
velocemente, soffermandomi poi sui punti importanti che mi
interessavano, per sottolineare i momenti in cui le cose iniziano a
rinforzarsi fra Lag e Zazie. Nella seconda parte invece passiamo alla
parte del manga in cui Lag incontra Noir, ho deciso di descriverlo
riportando anche i dialoghi e le scene del manga perchè era una cosa
importante ai fini della storia, visto che nella fic si legge di un
Gauche sparito nel nulla. Mentre sono meno dettagliata nelle parti meno
importanti ai fini della fic. Spero che sia chiaro quel che intendo.
Comunque, buona lettura. Baci Akane*
15. SEMPLICEMENTE POTEVA FIDARSI
"Fai attenzione a ciò che desideri,
e un giorno arverrà,
come il giorno in cui ti ho visto e
il mio passato non c'era più."
/Ruu Campbell - The Call/
Lag andò in missione a cercare
tracce su Gauche Suede, accompagnato da Connor. Per strada, parlando
con lui, lo ringraziò d’averlo accompagnato perché così si sentiva più
sicuro, ma non poté fare a meno di pensare anche a Zazie, infatti disse
che sarebbe stato meglio avere anche lui.
Non era tanto una questione di
sicurezza personale, quanto che, semplicemente, gli piaceva stare con
lui tutte le volte che poteva.
Ed anzi ogni volta che sapeva
qualcosa su di lui, la curiosità saliva, il cuore batteva fortissimo.
Fu così che approfittò e senza
usare alcuna astuzia o malizia, chiese a Connor di lui il quale fu ben
lieto di parlare del suo amico e della sua particolare capacità di
battere i gaichu e il suo poco rendimento nel consegnare le lettere.
- I genitori di Zazie vennero
attaccati da un gaichu quando lui era piccolo e persero la vita. Dice
che è diventato Bee per vendicarsi dei gaichu. Perciò a volte sembra
che la sua priorità sia uccidere gaichu e non consegnare la posta. -
Quel discorso sconvolse Lag in
qualche modo.
Lo sconvolse nel profondo,
turbandolo e macchiando in qualche modo quel sentimento che stava
nascendo nel suo cuore.
Come poteva uno forte e gentile
sotto la dura corazza, essere anche così insensibile? I Bee
consegnavano i cuori delle persone, era un lavoro importante. Come
poteva essere più interessato ad uccidere gaichu?
Poi pensò al suo tipo di
proiettile, che sparava malevolenza poiché evidentemente carico di odio.
“Lui è vivo grazie all’odio che
prova per quei gaichu. Non posso sapere cosa ha passato, da solo, dopo
aver perso i genitori. E se è qua, se è vivo grazie all’odio per i
gaichu… beh, non posso colpevolizzarlo. Però come… come si può
fregarsene delle lettere? Il cuore è la cosa che conta di più! Zazie
non può essere così!”
Lag ne sarebbe rimasto turbato fino
al momento del confronto con lui, fino a quando non l’avrebbe rivisto e
avrebbe capito.
- La persona che ha perso tutto il
cuore per colpa del gaichu smette di parlare e di mangiare e alla fine
s’indebolisce e muore. Sono privi di cuore, come delle marionette. Io
non l’ho mai visto di persona ma… - Per lui concluse Lag, realizzando
che davvero non si poteva giudicare qualcuno senza aver vissuto le sue
stesse cose.
- Chissà se Zazie l’ha visto
accadere con i suoi occhi… - La tristezza lo invase pensando a cosa
poteva aver vissuto, con cosa poteva essere cresciuto.
Non poteva immaginare di vedere le
persone che amava senza cuore, completamente senza cuore.
Il dolore per Zazie fu grande,
nonostante la delusione nell’apprendere che non gli importava molto
delle lettere, ma solo dei gaichu.
Comprensibile, ma triste nel suo
complesso. Enormemente triste.
Arrabbiato col dottore, arrabbiato
col direttore, arrabbiato col vicedirettore, arrabbiato con Gauche
Suede, arrabbiato con Connor e arrabbiato con Lag.
Ma, peggio di tutto, fortemente
arrabbiato con sé stesso.
Perché, nonostante fosse contrario
con le false speranze che tutti continuavano a dare a quel ragazzino,
Zazie era andato da Lag e Connor a controllare che stessero bene.
Che Lag stesse bene.
Perché false speranze o meno,
sofferenze inutili o meno, non poteva permettere che quel tipo morisse
per la stupidità di qualcuno e perché amava troppo uno disperso che
probabilmente aveva perso il cuore.
“Perché io so come si sta quando
chi ami perde il cuore. E non so se è il caso del signor Suede, ma per
aver lasciato la sorella ed un lavoro che amava tanto, può essere solo
morto o aver perso il cuore. Ed in entrambi i casi io so come si sta.
Perciò se c’è qualcuno che può aiutare Lag, dopo questo disastro di
missione suicida, quello sono io. Non lo merita nessuno, il mio aiuto.
Però Lag è stato messo in mezzo in un modo crudele da un Bee che prima
l’ha conquistato e poi l’ha abbandonato.
Quel Suede non risponderà mai per
questa ossessione malata di Lag e per tutti i pericoli che gli farà
correre per causa sua. Però non gli permetterò di fare ulteriori danni
a quel ragazzino.”
Se qualcuno gli avesse chiesto il
motivo per cui lo faceva, non avrebbe saputo rispondere. Anzi, non
avrebbe detto nulla.
Ma il suo arrivo alla città di
consegna-missione-ricerca, fu a dir poco provvidenziale e, come spesso
era successo nel caso di Zazie e Lag, arrivò a salvarlo col suo solito
tempismo eccezionale.
E lo fece con un ghigno orgoglioso
di esserci riuscito e fiero di sé stesso.
Lag era ormai salvo, lui era
arrivato.
Appena lo vide, gli vennero le
lacrime agli occhi.
Zazie era arrivato, sarebbe andato
tutto bene.
Il sollievo, la gioia, la sicurezza
di farcela.
La gratitudine perché, qualunque
fosse il suo obiettivo principale, comunque di base rimaneva quel bravo
ragazzo che a modo suo l’aiutava nei momenti giusti.
Sempre.
Zazie attaccò i malintenzionati che
stavano facendo del male a Lag e Connor ed in un attimo li annientò con
una precisione, forza e sicurezza ammirevoli.
- Non fate i furbi, voi. Io non
sono caro e buono come i Bee dietro di me. - Disse seccato e minaccioso
puntando la pistola ai due uomini che avevano reso la vita di Lag e
Connor a dir poco complicata.
Calmate momentaneamente le acqua,
Zazie fece il gradasso denigrando i due in difficoltà, per alleggerire
la situazione e non dover fare la parte del bravo ragazzo che arrivava
a salvare gli amici. Cosa che per qualche motivo lo faceva sentire un
debole.
Lag era felice di vederlo, ma si
sentiva infastidito dall’essere denigrato da lui.
Tuttavia rimase colpito dagli occhi
concentrati e seri di Zazie quando venne a sapere la storia toccante
della ragazza che stavano aiutando, con cui si erano imbattuti per
quella missione che era di gran lunga degenerata.
La ragazza si chiamava Ann ed aveva
perso il padre per colpa di un gaichu.
Lag fissò immediatamente Zazie e lo
vide diventare cupo e serio, mettere da parte le proprie manie di
grandezza e buttarsi in quella missione nuova, come se fosse un ordine
del direttore, come se fosse così importante aiutare quella ragazza,
che non poteva farne a meno.
Lag lo guardò confuso. Dava come
sempre mille segnali contrastanti.
Passava dal fare la parte di quello
che non gli importava di niente e nessuno se non dei gaichu, a quello
che invece aveva a cuore tutto e tutti.
Da girare la testa.
Anzi. Da perderla proprio.
Suo malgrado sentì gli ordini del
piano di Zazie e si concentrò sui propri doveri, decidendo di chiarire
a missione conclusa.
La missione si concluse con un
doloroso combattimento con un gaichu che tirò fuori un po’ di ricordi
di Zazie, il piccolo in attesa del risveglio dei suoi genitori. Un
piccolo che non aveva mai pianto, mai più nemmeno una volta.
Lag in quel momento non era
presente, ma sentì le voci dal tunnel e capì che dovevano essere quelli
di Zazie, capì che doveva essere stato preso dal gaichu, capì che
doveva essere sul punto di non farcela.
Con la paura di perderlo, con la
paura di perdere anche lui, Lag pregò di fare in tempo e arrivò
all’ultimo a salvare lui il principe che solitamente lo salvava in
extremis.
Lag arrivò da sotto, come il piano
di Zazie voleva, colpì il gaichu che aveva avvolto lui, la ragazza Ann
ed altri accorsi ad aiutare. I ricordi esplosero insieme al proiettile
che uccise il gaichu, tutti furono liberati e dalle memorie di una di
quelle persone, poterono vedere Gauche che, anni addietro, dopo aver
salvato le stesse persone uccidendo un gaichu, incontrava un membro di
Reverse, l’organizzazione che puntava a rivoluzionare il governo di
Amberground.
‘Colui che non poteva essere
diventato spirito’, una creatura umana solo per metà, in questi ricordi
fluttuanti nell’aria, aveva proposto a Gauche di far parte della loro
organizzazione perché il governo nascondeva molte verità, fra cui il
motivo per cui Silvet non poteva camminare e quello che l’aveva privato
del ricordo della madre.
Ma in questi ricordi Gauche rifiutò
la sua proposta tornando per la sua strada.
Un rifiuto che lasciò dell’amaro
per l’espressione sicura di questo individuo rivoluzionario misterioso
che, chiaramente, non aveva avuto l’aria di arrendersi al suo ‘no’.
Fu lì che in Lag si insinuò l’idea
che fosse stato preso da lui, successivamente. Che Gauche non se ne
fosse andato, ma fosse stato rapito da loro.
Fu lì che, come predetto da Zazie,
la luce di una speranza si accese seriamente in modo che, un giorno,
sarebbe stata anche troppo dolorosa.
Zazie si avvicinò a Lag, dopo aver
concluso le ultime cose nella città e tornare al lavoro, prendendolo in
parte.
- Stai bene? Sei sicuro? - Chiese
Zazie col broncio e brusco. Lag lo guardò spaesato. - Hai usato troppo
cuore? Quando torni all’Alveare fatti visitare. - Grugnì ancora serio
senza l’ombra di un sorriso, chiaramente impacciato, ma non per questo
dimentico delle cose davvero importanti: la salute di Lag.
Questi rimase perso a guardarlo
preoccupato, così come si era inebetito ad ascoltarlo mentre
rassicurava Ann, la ragazza del posto che avevano aiutato, che d’ora in
poi sarebbe venuto lui a ritirare le lettere dei cittadini.
Ed in un attimo decise che poteva
anche rinunciare a capire quel ragazzo così complicato e difficile,
così contraddittorio e pieno di aspetti spigolosi e spesso proprio
misteriosi.
Non perché non potesse fare luce,
ma perché non serviva.
Semplicemente poteva fidarsi.
Lag sorrise dolcemente ed annuì.
- Sto bene. Adesso torniamo a fare
rapporto. Tu non vieni? - Zazie si grattò la testa arrossendo.
- Ah, ho ancora molte consegne,
vado per conto mio! - Lag ci sarebbe rimasto male prima.
Lì, invece, sorrise ancora di più e
gli sfiorò il braccio.
- Grazie per essere venuto, senza
di te non so cosa avremmo fatto. - Zazie a quel calore nel cuore
arrossì e si sentì leggero. Stupido.
Così scosse il capo e imbarazzato
salutò e se ne andò.
Lag stava bene, il pericolo era
passato. Il resto non contava.
Sebbene quelle cose sapute sul
conto di Suede potevano avere certe ripercussioni che sperava non
avrebbero turbato troppo Lag. Perché, ormai sempre più, era lui quello
che contava.
Lag e Niche stavano tornando
indietro dalla cittadina della missione a piedi, separato da Zazie e
Connor. Stava guardando la lettera che il dottore gli aveva chiesto di
consegnare a ‘Colui che non è diventato spirito’, nella speranza che le
ultime parole che gli aveva detto Gauche prima di non vederlo più, più
di cinque anni prima, avessero un senso o li aiutassero a capire se
questa creatura potesse sapere qualcosa di Gauche.
Non aveva potuto consegnare la
lettera al vero destinatario, ma avevano salvato delle persone
innocenti e scoperto nuovi indizi, per cui era contento. Stava
maturando in lui l’idea che potesse essere stato rapito da Reverse,
quando la sua mano venne presa da qualcuno che fermò il suo cammino.
Niche, in quel momento, si era
separata da lui per seguire qualcosa che aveva sentito, una potenziale
minaccia.
Lag, in quel momento, in quel posto
buio, davanti a quella persona vestita con lunghi abiti neri ed un
copricapo scuro dello stesso colore, era solo.
Il sangue si gelò quando mise a
fuoco il suo viso. Il suo indimenticabile viso, la cicatrice sotto
l’occhio destro che gli aveva provocato lui nel primo e unico viaggio
insieme, identica a come la ricordava nonostante gli anni passati.
Il ricordo del dolce Gauche che
l’abbracciava affettuoso si sovrappose a quello di questo ragazzo
vestito di nero, con un mantello che lo ricopriva.
I suoi occhi erano bui, spenti,
vuoti, privi di una qualunque luce, di un qualunque tipo.
- Gau…che? - Mormorò Lag senza
realizzare, senza riflettere, senza capire.
- Per ordine di una data persona,
io prederò la presente lettera indirizzata a ‘colui che non è potuto
diventare spirito’. La prego di collaborare. - Disse freddamente quello
che sembrava Gauche, prendendogli la lettera.
Lag rimase fermo senza parole,
senza ancora la capacità di capire e ragionare.
Il giovane, fatto quel che doveva,
si girò e fece per andarsene. Solo a quel punto Lag si riattivò e lo
inseguì chiamandolo a gran voce, dicendogli che era vivo e che era
felice di vederlo, convinto che fosse lui, perché nonostante i vestiti
lunghi e neri, i capelli nascosti e l’aria seria e fredda, il viso era
il suo, la cicatrice anche.
- Sono io! Sono Lag Seeng! Cinque
anni fa mi hai consegnato come lettera! - Per un momento, nella fretta
e nello shock, senza saper cosa pensare, credette che potesse averlo
dimenticato. Non si chiese perché gli prendesse la lettera e se ne
andasse, non aveva nemmeno capito cosa aveva detto.
Perché il suo Gauche non poteva
averlo dimenticato.
L’aveva salvato, l’aveva protetto e
portato sano e salvo dalla zia, poi l’aveva abbracciato e gli aveva
detto che erano amici.
Aveva dato una luce, una speranza,
una ragione di vita, qualcosa da inseguire, uno scopo da raggiungere.
Lag era diventato un Letter Bee
solo per poter essere come lui, lui che aveva sempre consegnato le
lettere perché erano i cuori preziosi delle persone, lui che le
consegnava a costo della sua stessa vita, nonostante amasse la
sorellina sola al mondo senza di lui.
Lag non poteva concepire una sola
valida spiegazione a quel suo comportamento.
Con le lacrime agli occhi gli
chiese se si ricordava di lui, gli disse che era diventato Bee solo per
emulare lui. A quel punto, Gauche si fermò e si girò, lo guardò vuoto,
freddo, scostante, privo di una qualunque inclinazione.
Il viso magro, sciupato, i capelli
lunghi sotto il cappello nero, il viso mezzo nascosto dalla stoffa
scura del mantello che scendeva lungo il corpo, coprendolo,
svolazzando.
- Questa è la prima volta che la
incontro, piccolo letter Bee. A quanto pare mi ha scambiato per qualcun
altro. E addirittura per un letter Bee. - Era davvero completamente
diverso dal suo Gauche, nei modi, negli sguardi. Però era lui, Lag lo
vedeva, quel segno sul viso, i suoi tratti distintivi, il colore dei
suoi capelli bianchi e dei suoi occhi viola.
- NON È POSSIBILE! - Gridò Lag
incapace di accettare che non fosse lui.
- Io sono un marauder, un predone.
Se il mestiere di voi Bee è consegnare, il mio è sottrarre. - Rispose
calmo e gelido, fissando senza inclinazioni.
- Marauder? Allora hai davvero
perso il cuore?! - Per la prima volta cominciò a crederci, a
concepirlo, a lasciare spazio nella propria mente l’idea che fosse
così, che non ci potesse essere altra spiegazione che quella che aveva
sempre rifiutato. Poi gli chiese se si ricordava di Silvet, sua
sorella, testardamente convinto che comunque se era vivo dovesse
esserci qualcosa da fare.
Gauche tornò a voltarsi per
andarsene, con un silenzio come risposta.
Ma si fermò, rimase di spalle.
- Io non ho intenzione di farle del
male, quindi arrivederci piccolo Letter Bee. - Disse calmo avviandosi.
Quella era l’indifferenza. Non
l’odio. Non una qualche intenzione negativa.
Quello era perdere il cuore, si
disse Lag per un istante, prima di rincorrerlo ancora, incapace di
lasciarlo andare in ogni caso, in qualunque stato lui fosse.
Incapace di mollare.
Lo raggiunse di nuovo, gli afferrò
i vestiti e gridandogli, lo scosse piangendo con la sua tipica
esplosione di sentimenti e di emozioni.
Tante Gauche non ne aveva, tante
lui ne era pieno per tutti.
Gli disse di Silvet che continuava
ad aspettarlo sola, gli chiese di tornare con lui, gli disse di Aria e
del dottore, gli disse che tutti stavano aspettando il suo ritorno,
senza sapere che quello che l’aspettava più di tutti era Jiggy Pepper.
Gauche aspettò che si calmasse e lo
lasciasse andare, ma non vedendo altra scelta alzò la pistola con
l’ambra spirituale nera, la puntò al piccolo Bee di cui non ricordava
nulla e che insisteva con una storia che per lui non aveva senso. Poi
disse:
- Io sono un marauder, il mio nome
è Noir. - Dopo di che sparò stordendolo e tramortendolo col potere
della sparacuore.
Non gli fece effettivo male fisico,
lo paralizzò mentre le lacrime si cristallizzavano nei suoi occhi, a
terra, impossibilitato a muoversi.
La sua schiena che si allontanava
ed infine un ultimo flash, un ricordo flebile trasmesso direttamente
dal colpo del cuore di Gauche.
Nero, buio. Un risveglio difficile.
‘Dove sono? Io chi sono?’ E nel
buio un’altra ombra, la stessa che aveva visto nei ricordi della
missione appena conclusa, il famoso essere chiamato ‘colui che non
poteva essere diventato spirito’.
‘Lo sceglierò io, il tuo nome sarà
Noir…’
Un momento troppo breve per fargli
capire come dal suo Gauche dolce e determinato, era arrivato ad essere
lui, indifferente, vuoto, freddo. Nero.
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Capitolo 16 *** La vera forza ***
la_proporzione_perfetta16
*Ecco un altro capitolo. Il
capitolo riprende il momento nel manga in cui Lag torna indietro dopo
aver incontrato Noir, in quell'occasione Niche se ne va convinta di non
essere un bravo dingo. Non ho descritto gli eventi nel capitolo, però
ne ho parlato perchè ho scritto del prima e del dopo. Poi saltiamo e
passiamo al momento nel manga in cui Lag incontra Jiggy, quello l'ho
inserito un po' anche se non nel dettaglio e poi mi sono soffermata sul
dopo, che ho aggiunto ed inventato. Le cose fra Lag e Zazie continuano
a crescere a vista d'occhio, arriverà presto il momento in cui non
potranno fare a meno di vedersi per quel che sono. Buona lettura. Baci
Akane*
16. LA VERA FORZA
"Noi tutti
stiamo vivendo in un
sogno, Ma la vita non è ciò che sembra Oh tutto è un casino E tutti
questi dolori che ho visto Mi portano a credere Che tutto è un disastro
Ma voglio sognare Voglio sognare Lasciatemi sognare"
/Dream - Imagine
Dragons/
Zazie non sapeva nulla di quello
che era successo poi una volta che si erano separati, ma rimase col
presentimento che Lag avesse bisogno di qualcosa, sentì così la
necessità di vedere come stava.
Rimase un po’ indeciso sul da fare.
Andare a casa sua era troppo, forse, però non poteva rinunciare a
vederlo. Stava bene? Era successo qualcosa?
Quando prima era tornato
all’alveare aveva sentito tutti parlare di Gauche Suede e di un
incontro con Lag. Si era fatto raccontare ed avevano detto che pareva
che Gauche avesse perso i ricordi e lavorasse come marauder,
probabilmente per Reverse, e si faceva chiamare Noir.
“Come starà Lag?”
Si era chiesto uscendo
dall’Alveare, capendo che senso aveva avuto la sua sensazione per tutto
il viaggio di ritorno.
Era un passo troppo lungo, forse,
ma l’idea che quel piccoletto piangesse lo infastidiva, così
semplicemente l’aveva fatto.
Era andato da lui.
Silvet era fattibile, si disse.
Poteva vederla anche ogni giorno.
Non gli dava troppo fastidio, tutto sommato e così avrebbe fatto.
Da lì in poi, Zazie non avrebbe
saltato un giorno, spesso nemmeno una mattina. Sarebbe venuto lì
sempre, tutte le volte per vedere Lag, tutte le volte possibili ed
oltre.
Zazie sarebbe tornato lì sempre.
- Hai risolto con Niche? - Chiese
Zazie accompagnando Lag a casa, dopo che era diventato matto a cercarla
in giro per la città.
Lag, stanco ma felice, camminava
con Niche attaccata all’altro braccio, di nuovo serena.
Era stato a ringraziare il signor
Gobeni per essersi preso cura momentaneamente di Niche ed in
quell’occasione avevano parlato di Gauche e del fatto che anche lui
veniva a fare manutenzione della sua arma lì.
Infine gli aveva dato un proiettile
lettera. Un particolare proiettile dove dentro andava inserita una
piccola lettera arrotolata, il proiettile messo nella pistola e sparato
al destinatario.
Molto più potente del consueto
proiettile del cuore semplice che sugli umani aveva relativo effetto.
Lag l’aveva preso e ci pensava
tornando insieme a Zazie e Niche.
- Sì, tutto bene. - Disse tornando
a lui.
- E con il signor Suede? - Chiese
impacciato e arrossendo perché era una cosa sentimentale per i suoi
canoni chiedergli di quello che sicuramente l’aveva fatto piangere. Lag
trasalì al suo nome, poi sospirò mentre Zazie lo scrutava apprensivo.
- È stata dura. Molto. - Ammise
finalmente. - Però questo proiettile lettera mi dà la speranza di farlo
tornare un po’ in sé. Voglio riportarlo qua comunque. - Zazie sospirò e
scosse il capo chiedendosi se potesse lasciargli la sua illusione o se
dovesse ridimensionarlo per impedirgli poi di stare troppo male.
Lag si accorse che era contrariato
e ormai, avendo imparato a conoscerlo, lo guardò diretto e gli chiese
cosa avesse, cosa ne pensasse.
- Senti, io ho visto coi miei occhi
gli esiti della mancanza di cuore. Non c’è verso di recuperarlo. Si può
solo morire, dopo. - Lag fece il broncio, rallentò e Zazie l’aspettò.
- Sì, però lui cammina, parla,
respira… lui non è… - Zazie capì che doveva aver saputo dei propri
genitori ed un po’ si sentì in difetto, in qualche modo. In qualche
stupido modo. Come se ora fosse debole ai suoi occhi.
- È vero, forse non ha perso del
tutto il cuore. Forse gli rimane un briciolo minuscolo che gli permette
solo di vivere, ma senza i ricordi non è più Suede. Non… non li
recupererà, non lo sarà più! - Lag a quel punto si fermò e lo guardò
torvo, arrabbiato, di nuovo acceso.
- Non puoi saperlo! Ci proverò in
tutti i modi! Sempre! Se il proiettile lettera non funzionasse gli
sparerò tutto il mio cuore! Lo farò incontrare da Silvet, lo porterò
dal dottore! Non mi arrenderò! Lui è vivo, Zazie! Non è inanimato! -
Insisteva come aveva sempre insistito su tutto. Sul scoprire di Suede,
sul ritrovarlo, sull’indagare, sul vederlo. Alla fine ce la stava
facendo.
Zazie capì d’aver esagerato come
sempre così sospirò e gli mise le mani nelle spalle per calmarlo. Lag
smise di respirare.
- È solo che non voglio che passi
quello che ho passato io. Quando preparavo ogni giorno una zuppa per i
miei genitori, per quando si sarebbero ripresi. Una zuppa che non hanno
mai mangiato. Voglio che tu capisca perfettamente che a questo mondo
quando perdi una cosa, la perdi per sempre. È brutto, ma è così! - Lag
gli prese le mani dalle spalle e le strinse forte fra le sue, le
lacrime agli occhi, la foga ma non la rabbia. Zazie provò un calore
ubriacante.
- È orribile quello che ti è
successo. E non oso immaginare cosa hai passato. Ma Suede è vivo. Non è
come era una volta, ma è vivo. Non è inanimato. Finché si muoverà e
respirerà e parlerà, io tenterò qualunque cosa. Non mi perdonerei mai
di non aver provato. - Zazie capì che aveva sempre sbagliato tutto.
Aveva sempre pensato che essere
forti significava non provare sentimenti, combattere e non legarsi a
nessuno. Non mostrare debolezze. Debolezze come le emozioni belle,
buone, delicate.
La speranza.
Ma il modo di vivere di Lag, per
quanto fosse sicuramente più doloroso e difficile, lo portava ad essere
sicuramente più forte.
Tentare qualunque cosa, in
qualunque situazione, nonostante non ci fosse speranza. Provarci
comunque. A costo di rimanere delusi, di ricevere una brutta botta. E
poi rialzarsi e riprovarci la volta dopo.
“Questa è la vera forza.” Pensò
sconvolto Zazie, con le mani strette nelle sue.
Infine sorrise in una delle rare
volte che lo faceva, poi si chinò e gli baciò la guancia in modo molto
casto, per i suoi canoni.
- Grazie per essere come sei. - Lag
arrossì violentemente e rimase imbambolato, Zazie così poté sfilare le
mani e con un occhiolino malizioso che gli ridava un po’ di tono, se ne
andò.
Lag si toccò la guancia mentre
Niche, stanca, lo tirava da sola verso casa di Silvet.
Qualcosa era successo.
Qualcosa era decisamente successo.
L’incontro con Jiggy fu qualcosa di
spirituale, di mistico, da un certo punto di vista.
Un po’ per il modo in cui era
successo, in una di quelle situazioni spiritualmente spossanti e
sconvolgenti dove un gaichu gli aveva quasi rubato l’identità, fino al
flash dei suoi veri ricordi, della sua vera persona. Il primo che gli
era tornato a riportarlo alla realtà, era stato su Zazie.
Jiggy arrivò a salvare Lag in quel
frangente, abbatté il gaichu in questione e lo caricò nel cavallo di
ferro riportandolo a casa. In quell’occasione parlarono di quanto
successo, dell’avventura appena vissuta e della morte di Lag scampata
per un pelo. Si era trovato risucchiato in una falsa realtà per colpa
dei sentimenti troppo negativi.
Jiggy per cui spiegando quanto
accaduto, finì anche per rimproverarlo un po’.
Aggiungendo anche cose che
colpirono Lag, poiché l’idea che dava il signor Jiggy Pepper era uno
che non si interessava a niente e nessuno, eppure era venuto a salvarlo
e gli aveva poi detto cose particolari.
Colpito. Come se avesse percepito
qualcosa, dietro quel discorso. Lo stato d’animo stesso di Jiggy,
qualcosa serrato dietro a mille muri di cemento armato. Un animo
inaccessibile, un cuore nascosto.
La prima cosa che venne in mente a
Lag fu Zazie. Si emozionò come se fosse stato lui, poi capì la sua
ossessione per quel ragazzo. Un’ossessione che l’aveva ingelosito
inspiegabilmente, ma che ora capiva.
Jiggy aveva una specie di aura
intorno. Forse perché allontanava tutti e per questo risultava
attraente nei modi, nel tipo che era, nel fare.
- Da quanto ho visto deduco che tu
abbia il potere di percepire il cuore immesso negli oggetti, ma… finire
suo prigioniero è saltato debolezza. -
Lag amareggiato non trovò più il
coraggio di guardarlo ed annuì con una sensazione di deja vu. Zazie
aveva quel modo di pensare.
“Buffo che non si conoscano e non
si siano mai incontrati, visto che la pensano uguale sull’essere forti!”
Lag si scusò e si giustificò
dicendo che entrando in quella torre e leggendo le lettere di un uomo
anziano, morto lì dentro, aveva assorbito il suo risentimento ed aveva
perso la memoria per un momento, vivendo la realtà che quell’uomo
voleva vivesse. Tuttavia, pur in quella situazione negativa, quell’uomo
era stato gentile con Lag e l’aveva riempito di una nostalgia che finì
col farlo piangere nel fargliene parlare a Jiggy.
- Le lettere incarnano il cuore che
le persone vi infondono. Però può trattarsi di sentimenti a senso
unico. E non è detto che siano benevoli nei confronti del destinatario.
Diventa un Bee dal cuore forte che non si lascia condizionare né dalle
buone né dalle cattive intenzioni altrui. -
Disse Jiggy a quel punto senza fare
una piega davanti alle sue lacrime ed al suo dispiacere per quel che il
vecchio aveva passato.
Lag era troppo emotivo, tutto
l’opposto suo.
Jiggy non mostrò compassione, lo
rimproverò e gli disse che la forza era estraniarsi dai sentimenti.
Quello di cui era convinto Zazie
Lag pianse, pianse anche una volta
salito sul suo mezzo con lui, con Niche dietro di loro.
Dopo un po’ si calmò e ci ripensò.
Percepiva qualcosa dal signor
Jiggy. Come la voglia di dire qualcosa, qualcosa che però l’avrebbe
reso debole, sentimentale.
In un secondo momento ci ripensò e
capì che dare consigli su come migliorare, per uno così freddo e
scostante, non era molto comune.
Però con lui l’aveva fatto, quasi
l’avesse a cuore nonostante non si fossero mai conosciuti prima.
Dopo un po’, col vento che lo
carezzava strappandogli via ogni pensiero ed emozione, Lag alzò la
testa e vide il cielo che sfuggiva alla vista, grazie alla velocità del
cavallo di ferro.
Le sciarpe che volavano alte dietro
di loro. Le braccia di Lag intorno alla vita di Jiggy.
Così, col cuore stranamente più
leggero, guardò le cose da un’altra prospettiva e si scusò,
ringraziando la premura del signor Jiggy. Dicendo che aveva imparato
qualcosa di nuovo sulle lettere.
A quel punto avvenne il secondo
miracolo che diede conferma che dietro quel muro di cemento armato, o
di ghiaccio allo stato puro, c’era un cuore palpitante come quello che
avevano tutti.
- Anch’io volevo incontrarti. -
- Eh? - Chiese Lag convinto d’aver
capito male.
- Mi è arrivata un lettera dai miei
fratellastri nella città di Kyrie… -
- Eh? Da Neri? - Chiese stupito
Lag. Neri era una ragazza che aveva incontrato Lag prima di diventare
Bee, aveva avuto una disavventura con lei, ma l’aveva aiutata a fare
emotivamente pace con Jiggy. La prima volta che aveva sentito parlare
di lui.
- Sì, ti sono grato Lag Seeng. Hai
salvato mia sorella.. Non lo dimenticheremo mai. - Disse arrivato alle
porte della città dove viveva Lag con Silvet.
Jiggy si fermò permettendogli di
scendere, mentre Lag rimaneva smarrito davanti alla sua gentilezza e
gratitudine.
A bocca aperta lo vide infine
girare per andarsene, alzare le dita in segno di saluto e con un
piccolo sorrisino e la cicatrice ben visibile alle luci della città,
mormorò:
- Incontriamoci ancora, Lag. -
Infine Jiggy se ne andò col vento ed il rombo del cavallo di ferro.
Lag rimase fermo a guardare la scia
luminosa del suo mezzo, incantato, ammaliato.
Sebbene inizialmente gli avesse
fatto un’impressione strana, una bella persona ma sulle sue ed
indifferente a tutto, adesso si era ricreduto.
Aveva qualcosa, aveva qualcosa di
grande dentro di sé.
E capiva come Zazie si era potuto
infatuare di lui, nonostante la cosa gli creasse fastidio per qualche
motivo.
“È davvero un gran figo!” Si disse
ripetendo le tipiche parole di Zazie. “Sarà gelosissimo ed invidioso
quando glielo dirò!” E con l’intenzione di fargli gola, corse a casa di
Silvet sperando di trovarlo lì come ogni giorno da un po’ di tempo.
Felice della prospettiva di
rivederlo così tanto, sempre di più, come se ormai fosse parte della
famiglia. Parte di sé.
Zazie andò ovviamente fuori di
testa. Ed ovviamente era da Silvet ad aspettare l’arrivo di Lag,
insieme a Connor. Ormai facevano tappa fissa.
Appena Lag arrivò disse con gli
occhi che brillavano:
- Zazie non ci crederai mai chi ho
incontrato! -
Zazie, che stava mangiando evitando
con cura la zuppa super schifosa di Silvet, disse disinteressato:
- E chi sarà mai, un moccioso
piagnucolone come te? - Lag con aria tronfia che solitamente non aveva
mai, sapendo di suscitare una grande invidia in Zazie, si avvicinò a
lui ed imitando la sua espressione da ‘gran figo’ come la definiva
Zazie, disse abbassando il tono della voce:
- Il signor Jiggy Pepper in
persona! - Zazie che stava masticando un boccone, aprì la bocca e
lasciò uscire tutto il contenuto che si rovesciò sul piatto facendo una
figura alquanto obbrobriosa!
Si dimenticò di masticare ed
ingoiare ed anche respirare. Divenne un ciocco di legno, rosso acceso,
con gli occhi fuori dalle orbite. Lag si mise a ridere tutto felice
d’averlo colpito, così iniziò a togliersi un po’ la divisa e si aprì i
primi bottoni della camicia, sedendosi infine a tavola per mangiare
anche lui.
Connor continuò ad ingurgitare, al
contrario di Zazie che smise completamente per riempire di domande Lag
su cosa era successo, cosa aveva fatto, come era stato, cosa aveva
detto, come aveva respirato, come si era mosso.
Lag raccontò mangiando fino al
‘Fammi vedere!’ di Zazie, che ordinò a Connor di impersonare il
‘cavallo di ferro’ di Jiggy su cui mise Lag sopra, a cavallino.
Lag, ridendo, fu felice di ripetere
la scena del saluto, con le due dita alte e l’aria da bel tenebroso.
- Incontriamoci ancora Lag! - Zazie
gridò come una ragazzina innamorata, una groupie, Connor rimase a fare
da cavallo a Lag e Lag rimase lì sopra a ridere spensierato, divertito
e felice d’aver provocato tale reazione in Zazie che, comunque, era
tutta per un altro individuo e non per lui.
Avevano fatto gli scemi per tutta
la serata, poi Connor era andato a casa sua dopo aver fatto il cavallo
di Lag, mentre Niche e Silvet erano andate a dormire a loro volta.
Zazie troppo eccitato per andare a
dormire, aveva obbligato Lag a rimanere ancora lì a parlargli di Jiggy,
fin tanto che Lag, facendo il serio, gli aveva chiesto come mai aveva
quella fissa per lui.
- Seriamente, dico. Capisco la cosa
del ‘figo’ eccetera, ma la tua è un’adorazione particolare… - Lag
voleva capire, un po’ perché era davvero geloso nonostante capisse che
l’adorazione di Zazie per Jiggy non toglieva niente alla loro amicizia,
un po’ perché era una cosa che per Zazie era importante e quindi la
voleva conoscere meglio.
I due erano rimasti per terra dopo
aver fatto a ripetizione la scena del saluto, erano appoggiati alla
parete con la schiena e Zazie con un sorriso che si spegneva, un po’
malinconico, si strinse nelle spalle guardando in basso. Lag, accanto a
lui, lo scrutò. Era scarmigliato e spettinato, molto a suo agio. Era
contento che rimanesse lì e che si sentisse a suo agio in quel modo. Ed
era contento che venisse ogni giorno ed ogni mattina.
- Mi ha salvato lui. Il gaichu
stava per prendere anche me con i miei genitori. Lui è arrivato ed è
riuscito a far sì che se ne andasse. Purtroppo per i miei non c’era
niente da fare. Jiggy ha cercato di uccidere il gaichu, ma l’ha solo
ferito gravemente ed è scappato. Era bello grosso e forte. Purtroppo è
scappato per rigenerarsi e lui, che era solo, non ha potuto fare molto
di più. Ma mi ha salvato. - Lag rimase colpito, non respirava nemmeno.
Non aveva mai saputo niente di
quella storia, Zazie gli aveva raccontato poco e niente, mai dei
genitori in particolare, del momento in cui il gaichu l’aveva derubato
dei suoi.
Rimase di sasso nell’apprendere che
era stato Jiggy a salvarlo.
- Proprio come Suede ha salvato me…
- Disse fra sé e sé, a fior di labbra, abbassando lo sguardo.
Cominciava a sentirsi stupido della
gelosia che provava per quell’adorazione che Zazie aveva per Jiggy. Era
come se Zazie lo fosse di lui e Suede.
- Ho pochi ricordi di quel giorno,
ero sotto shock. So che mi sono appeso al suo collo e mi sono ripreso
quando mi ha lasciato a casa. I miei erano stesi nei letti, immobili,
dei vegetali. Mi avevano cercato di spiegare che non sarebbero tornati,
ma io mi concentrai su Jiggy e sulle sue parole. Più che lui, che ero
piccolo, mi sono rimaste impresse le sue parole, la sua voce bassa e
profonda. Era ferma, forte. Ha detto di diventare forte anche per loro,
di trovare uno scopo e non arrendermi mai, di lottare a tutti i costi e
stringere i denti, che le cose belle ci sono, un giorno le troverò.
Devo lottare per trovarle. -
Lag rimase colpito da quella storia
e da quel discorso, non avrebbe mai immaginato che Jiggy potesse dire
cose del genere, di incoraggiamento, ma anche positive.
- Non sembra positivo e felice. In
effetti è molto enigmatico. Non… non si mostra mai. Fa quello che deve,
aiuta, ma poi è distante, freddo. È come se ci fosse un muro fra lui e
gli altri. - Disse Lag condividendo le sue impressioni.
Zazie l’ascoltò curioso.
- Hai detto che hai conosciuto la
sua sorellastra, Neri? - Lag annuì e spiegò le circostanze, Zazie
ascoltò bevendo ogni parola, arrossendo nel finale.
- E così ha una sorellastra ed un
fratellastro… si è occupato di loro finché era lì, poi è andato a fare
il lavoro più retribuito e pericoloso per avere i soldi per dare una
casa, un rifugio, una speranza, un lavoro a loro… è un grande. Vedi la
concezione di aiuto di cui parla? Dare la possibilità agli altri di
essere forti, di sopravvivere da soli, di farcela da soli. È così che
si deve fare. Sei forte se ce la fai da solo. - Lag ricordò le parole
di Jiggy sulla moto.
- Ha detto una cosa simile. Che
devo diventare forte senza farmi più coinvolgere dai sentimenti
positivi e negativi delle lettere e delle esperienze che incontro
lavorando. Praticamente di tenere fuori i sentimenti. Così si diventa
forti. - Zazie annuì con un sorriso, arrossendo per aver avuto una
visione così simile alla sua. Lag fece il broncio infastidito del suo
rossore, della sua dedizione.
- Ma per me non è vero. - Zazie
così tornò alla realtà e lo guardò.
- Certo che è vero! Te l’ho detto!
Non vivere con la speranza di salvare tutti, non farti coinvolgere così
tanto! Potrebbe andare male e poi come la supereresti? Io ho visto cosa
succede a chi è senza cuore. - Ribatté duramente Zazie. Lag sospirò e
si girò verso di lui, gli prese la mano con trasporto, mentre si faceva
di nuovo investire dai mille sentimenti che provava. Gli occhi lucidi,
ma l’aria risoluta e convinta.
- I sentimenti ti rendono più
forte, Zazie! Senza forse non soffrirai, ma non soffrire non significa
essere forti! Sei solo più povero! Sono i sentimenti che ti rendono
umano, è il cuore che ti rende umano, vivo. Svuotarlo di sentimenti non
ti rafforza. - Zazie rimase smarrito, specie dalla mano che stringeva
la sua e dal trasporto del suo dolce viso a poca distanza del proprio.
- Io non lo so, sai. Ho vissuto
allontanando tutti e fidandomi di pochi. E sono diventato forte. Supero
gli ostacoli grazie al mio odio, i proiettili contengono il mio dolore.
Cosa sarei senza? - Lag si fece più vicino, con foga.
- Appunto! Sono i sentimenti che ti
rendono forte! -
- Ma sono sentimenti negativi, tu
parli di tutto quello che porta un’emozione! - Lag insistette:
- Te l’ha detto Jiggy! Il bello
esiste! Cercalo! - Zazie non sapeva più cosa pensare, aveva paura che
se si fosse aperto troppo alla vita, ai sentimenti e alle persone, poi
avrebbe solo sofferto e si sarebbe indebolito.
- Io non odio, non riesco ad
odiare, e forse è vero che non sono abbastanza forte, però non mi
arrendo e vado avanti per la mia strada! A tutti i costi. Coi miei
sentimenti. - Zazie fece un’aria smarrita, poi un sorriso strano e
mettendo la mano sulla sua guancia, lo carezzò.
- Tu ami così tanto che un giorno
starai così male che non ce la farai a rialzarti. Ma a quel punto sarò
lì per te. - Infine gli baciò l’angolo della bocca, seguendo
quell’impulso indomabile. Positivo. Bello.
“Le cose belle esistono davvero. Ed
ora che ne ho trovata una, che dovrei fare, Jiggy? L’accetto nella mia
vita o la escludo? Sarebbe debolezza?”
Lag rimase esterrefatto dal gesto,
avvampò e si beò di quel calore immediato che lo fece sentire carico di
un’energia strabiliante.
- Però non voglio che cambi mai. -
con questo Zazie si alzò e gli diede la buonanotte, lasciandolo
imbambolato sul pavimento a guardarlo.
Era una scelta di vita, era una
cosa complicata. Avere un sistema che funzionava, che un giorno veniva
rivoluzionato. Cosa fare? Adeguarsi, cambiare, oppure rimanere fedele
ai propri modi?
Zazie non sapeva proprio cosa fare,
ma non aveva idea che presto avrebbe semplicemente agito, senza più
chiederselo. Seguendo semplicemente il proprio istinto. Né più né meno.
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Capitolo 17 *** Il bello è così fragile ***
la_proporzione_perfetta17
*Il nuovo capitolo si colloca
negli eventi riguardanti Blue Notes Blues: all'inizio ci sono Lag e
Zazie prima della sua partenza, poi però non seguo nel dettaglio quanto
succede, poichè è già illustrato a dovere nel manga e questa parte di
fic si concentra sul rapporto fra Lag e Zazie. Poi seguiamo nel manga
l'incontro fra Zazie e Gauche versione Noir, quello l'ho descritto
perchè l'ho ritenuto importante nell'ottica del far avvicinare
interiormente Zazie a Lag ancora di più. Buona lettura. Baci Akane*
17. IL BELLO È COSÌ FRAGILE
"Vengo su solo per scoprire il
tuo gioco vengo su solo per mostrarti
che hai torto fuori, le foglie morte sono sospinte dal vento prima che
morissero avevano degli alberi ai quali appendere le loro speranze"
/The funeral - Band of horses/
Lag si sentì strattonare la sciarpa
tanto che per poco non si strozzò.
Si fermò e stringendosi il collo,
si girò tossendo con un colore bluastro poco rassicurante. Vedendo che
era un imbronciato Zazie, si riprese e si mise a sorridere.
- Zazie! - Esclamò. Zazie però non
ricambiò il sorriso e lo puntò severo con un dito.
- Non ci devi andare da solo! -
Esclamò infuriato. - È pericoloso! Ho appena detto di tutto al
direttore! Come può mandarti solo? - Lag capendo che era preoccupato,
sventolò le mani cercando di apparire come uno che aveva tutto sotto
controllo.
- No, andiamo, non è così
pericoloso in realtà. Vado solo a vedere a cosa portano le tracce che
hanno trovato su Suede. - Zazie però si avvicinò ancora di più, di
scatto, e sempre più furioso.
- APPUNTO! - Gridò. Poi sospirò
spazientito ed abbassando il tono, lo tirò per una manica in parte
vedendo che attirava troppi sguardi nella grande hall dell’Alveare.
Trovato un angolo appartato lo mise
contro il muro e con le mani ai fianchi, cominciò a brontolare di
nuovo.
- Senti, stai cercando le tracce di
un marauder! È una persona pericolosa! E per di più in uno dei paesi
più lontani di Amberground. Blue Notes Blues è all’estremo nord! - Lag
sospirò sorridendo pacifico, lieto che si preoccupasse tanto per lui.
Lo trovava dolce nella sua brutalità.
- Sto cercando le tracce di Gauche
Suede, un mio amico che ha perso la memoria, ma non sé stesso. - Zazie
sospirò alzando gli occhi al cielo.
- Stai cercando Noir un predone che
ruba le lettere per conto di Reverse, l’organizzazione antigovernativa!
Non sono dei santi! -
- Ma è Suede! - Replicò ancora Lag
insistendo, facendosi più serio.
- Quando si tratta di lui non
capisci nulla! - L’apostrofò geloso guardando altrove. Poi riprese di
nuovo infervorato. - Non ha ancora i ricordi. Forse col tuo proiettile
lettera li recupererà, ma non lo sai! Per il momento è Noir, un
marauder. È pericoloso! Quando l’hai incontrato ti ha sparato per
impedirti di seguirlo! - Gli ricordò il momento più doloroso dopo
l’allontanamento di sua madre, anni addietro. Lag si oscurò ed i suoi
occhi sempre dolci e sorridenti si fecero pieni di lacrime pronte ad
uscire. Zazie capì e sospirò scuotendo il capo. - So che tenterai
sempre il tutto per tutto per lui o non te lo perdoneresti, e non
voglio che lasci perdere. È solo che… non voglio che lo fai solo, tutto
qua! Finché non recupererà la memoria, lui è un nemico. E fargliela
ritornare non sarà facile! Tu prendi questa cosa troppo sottogamba. Tu
e tutti gli altri! - Scoppiò ancora Zazie con un tono meno astioso e
brusco di prima, comunque preoccupato e per questo imbronciato.
Lag capì che lo era, così prese un
paio di respiri, si asciugò le lacrime sulla soglia e gli prese le mani
facendosi guardare e guardandolo.
- Vado solo ad indagare, non farò
nulla. Se le cose si fanno pericolose, correrò a chiedere rinforzi! Non
andrò oltre quel che posso fare da solo. - Lo rassicurò col suo dolce
sorriso. Zazie arrossì nel sentire un tale calore provenire dalle loro
mani allacciate. - Non preoccuparti. - Disse ancora. Zazie scosse il
capo sempre rosso in viso, impacciato.
- Mi preoccupo invece. Faccio le
consegne e corro da te! Non sarò molto lontano da lì! - Zazie gli disse
le consegne che doveva fare, così Lag sorrise.
- Visto? Non sarai dall’altra parte
del mondo! - Questo forse doveva aiutarlo a tranquillizzarlo.
Zazie trattenne poi le sue mani.
- Promettimi di non esagerare, di
non mettere a rischio la tua vita se proprio non serve! -
Quando erano arrivati a quello? Se
lo chiese Lag mentre dolcemente annuiva.
- Lo prometto. - Con questo Zazie
provò un enorme istinto di baciarlo, come se la sua paura di non
rivederlo intero lo divorasse spingendolo a cogliere ogni istante
possibile con lui, senza sprecare un solo soffio di vita.
Dopo aver vissuto una vita come la
sua, trovare una persona a cui teneva tanto gli faceva capire che Jiggy
Pepper aveva avuto ragione. Che le cose belle capitavano. Ma anche che
come capitavano, potevano svanire in un attimo.
“Il bello è così fragile ed
evanescente!”
Pensò guardandolo andare via senza
averlo baciato.
“Giuro che quando ci rivediamo lo
faccio e al diavolo tutto!”
Con questo, arrossendo, arrabbiato
anche per questo suo atteggiamento così idiota, tale lo definiva
l’imbarazzo, andò anche lui verso la propria destinazione con a seguito
Wasiolka.
Certe cose non erano facili.
Lasciar andare nel probabile
pericolo chi si voleva bene, per esempio. Quella era una delle cose
peggiori che Zazie stava sperimentando.
Lag a Blue Notes Blues fece
esperienze molto intense.
Prima di tutto scoprì moltissime
cose su Suede, perciò il viaggio aveva dato i suoi frutti dal punto di
vista del motivo per cui era venuto lì.
Ed in secondo luogo, aveva scoperto
la storia e la provenienza di Niche, la bambina Maka.
Una storia dolorosa ed
impressionante che vedeva la sua preziosa amica Niche come una creatura
leggendaria di duecento anni, figlia di una donna e di una divinità
animale dalla forma di uccello immortale.
Nonché gemella di una ragazza che
si era sviluppata più di lei.
Fu lì che Lag e Niche si separarono
momentaneamente, per permettere alla sorella e al Maka di rigenerare la
piccola Niche ferite gravemente e addestrarla almeno un po’, poiché era
davvero indietro per i suoi duecento anni.
Lag acconsentì alla separazione
capendo che era per il bene di Niche e decise che nell’attesa si
sarebbe unito a Zazie, nella città vicino.
Nel tragitto rifletté sulle tristi
e sconvolgenti notizie apprese.
Gauche aveva perso il cuore nella
capitale, era stato salvato alla deriva da Reverse, dall’essere inumano
chiamato ‘Colui che non è potuto diventare spirito’.
Costoro erano esperimenti, erano
molti. Il governo negli anni aveva cercato di riprodurre gli insetti
spirituali, incrociando umani a creature animali. Questo però non aveva
portato a buoni risultati e quindi avevano scaricato gli esperimenti,
tutti falliti, e chiuso il progetto. Tali persone si chiamavano ‘coloro
che non erano potuti diventare spirito’.
Avevano capacità superiori agli
umani, a seconda dell’incrocio con cui erano stati fatti.
Gli insetti spirituali erano
insetti fusi con le ambre, pietre magiche. L’unione aveva dato vita
alle ambre spirituali che davano energia al pianeta in mancanza di un
sole vero. Erano la fonte di energia che gli umani usavano per
qualsiasi cosa, attivata in una certa maniera, grazie al cuore delle
persone.
Lag rimuginò sulle notizie scoperte.
Gauche dopo aver perso la memoria
ed essere stato salvato da quell’individuo, era stato affiancato ad un
altra ragazza frutto di esperimenti che l’aveva curato e rimesso in
piedi, insieme avevano visitato la città natale di Gauche per vedere se
qualcosa ritornava nella sua mente, ma poiché nulla era successo,
Gauche aveva deciso di tornare a Reverse e far parte di loro poiché
l’avevano salvato.
Lag pensò che potesse essere per
quello, ma nei ricordi non si capiva il motivo per cui aveva deciso di
lavorare per loro. Questo essere, questo loro leder, aveva chiamato
Gauche ‘Noir’, dandogli una serie di ordini.
Fra cui andare a Blue Notes Blues,
entrare nella caverna dove riposavano i gaichu in embrione, congelati
dal Maka che li sorvegliava insieme alla gemella di Niche, e svegliarne
uno, il più grosso che trovava.
Gauche l’aveva fatto, così adesso
Lag aveva scoperto la presenza, da qualche parte, di un enorme e
pericoloso gaichu risvegliato da Reverse, probabilmente per attaccare
la capitale.
Lag concluse che Reverse era
un’organizzazione malvagia che volevano far del male alle persone solo
per sovvertire il governo. Erano imperdonabili, andavano trovati,
sorvegliati e fermati.
Ma Gauche che operava per conto
loro sotto le sembianze di Noir, non aveva certo colpa.
Si limitava ad eseguire gli ordini
di chi l’aveva salvato.
“Eppure ha dato alla ragazza che lo
aiuta il nome di Lode. Non ricorda nulla ma qualcosa c’è. Ha delle
sensazioni, ha dei rimasugli. Ed è vivo. Ci deve essere ancora qualcosa
di Gauche lì dentro. Deve.”
Lag non si sarebbe arreso, ora meno
che mai.
Era così vicino a lui che doveva
andare avanti. Doveva assolutamente farlo.
Zazie stava setacciando tutto il
nord-est per raccogliere le lettere da portare all’alveare, come il
compito dei Bee voleva da sempre.
Quando si ritrovò con la metà delle
lettere che solitamente ritirava in quella zona, capì che Reverse aveva
il dominio di quelle terre e che qualunque cosa stessero architettando,
era in pieno svolgimento.
Non si capacitava di cosa pensavano
di trovare nelle lettere della gente comune, poveracci per lo più, che
potesse servire loro per sgominare il governo contro cui lottavano.
Tuttavia non era tipo da farsi troppe domande. L’unica cosa era che non
riusciva a fare bene il suo lavoro per colpa di questo problema.
Reverse aveva rubato un sacco di
lettere e sicuramente lui era a rischio, dal momento che girava in
pieno territorio nemico.
Nonostante questo, nonostante fosse
lui quello più in pericolo, si preoccupò per l’ennesima volta di Lag.
“Spero che stia bene!”
Pensò seccato e di malumore per il
lavoro che stava andando male.
Stava pensando a lui, quando sentì
poco distante dei rumori, confermata la presenza di qualcuno da
Wasiolka, Zazie si precipitò infuriato, sperando di trovare uno dei
responsabili delle poche lettere raccolte nelle città.
- Non so chi cacchio sei ma adesso
sono di pessimo umore! Se vuoi qualcosa da me vieni fuori entro dieci
secondi! UNO DUE TRE QUATTRO DIECI! TEMPO SCADUTO! AOTOGE! SPINA
AZZURRA! - Zazie gridò facendo il solito baccano e impaziente sparò
subito il proiettile del cuore contro chiunque esso fosse, fregandosene
dell’idea di poter colpire qualcuno che non c’entrava.
Non gli importava. E poi l’istinto
gli diceva che era un marauder.
Poteva essere solo uno di loro!
Appena sparò arrivò a visibilità e
mentre la scia del proiettile svaniva mancando il bersaglio, Zazie
rimase di sasso, bloccato. Il tempo si sospese del tutto, fu come se
per un momento il mondo si fermasse.
Davanti a lui c’era Gauche Suede,
lo scopo di Lag, la sua ossessione.
La sua fonte di gelosia.
- Il mio nome è Noir e prederò le
sue lettere! - Disse gelido fermo davanti a lui, puntandogli la sua
pistola sparacuore, senza farsi turbare dal fatto che davanti a sé
aveva un ragazzino di quattordici anni.
Zazie si riprese subito dopo le sue
parole e ricaricando la pistola, grugnì furioso:
- Non dire cazz… - Purtroppo non
fece in tempo: Noir, ovvero Gauche, sparò il proiettile del cuore a
Zazie tramortendolo e facendolo finire a terra privo di forze, incapace
di reagire nell’immediato.
Sparò anche a Wasiolka che gli si
stava gettando contro, mettendo anch’essa fuori combattimento, poi si
chinò sul piccolo Zazie a terra e prese le lettere dalla sua borsa.
In quello, stremato, Zazie cercò di
fermarlo. Gli afferrò il braccio e disperato, furioso, pieno di un
risentimento per lui e per quanto stava facendo soffrire Lag, disse:
- Non ti lascio le lettere stronzo
di un Gauche Suede… - Gauche lo afferrò per il colletto alzandolo verso
di lui di scatto, lo guardò in viso sentendo quello che gli avevano
detto essere il suo vero nome. Zazie lo guardò a sua volta sotto
sforzo, cercando di rimanere sveglio, mentre l’effetto del suo
proiettile lo bloccava e gli toglieva via via sempre più forze.
Riuscì a sogghignare sarcastico e
provocatorio:
- Macchè Noir del cavolo… - Disse
faticosamente, senza mollare fino all’ultimo briciolo di forze. - Lag
ha detto che riporterà indietro il tuo cuore… aspetta e vedrai! - Si
aggrappò a Lag e alla sua promessa, trovando in lui una pallida
speranza di rivincita. Poteva uccidere quell’odioso Suede oppure
aspettare di rivederlo tornare in sé e ricoprirlo di insulti. In ogni
caso, per quanto debole fosse come rivincita dal suo punto di vista di
orgoglio ferito, pensò che Lag fosse comunque la sua migliore opzione.
Gauche con un copricapo nero ed i
capelli bianchi più lunghi che scendevano sul collo, non fece una
piega, lo scaraventò a terra e si alzò andandosene con le lettere ormai
rubate.
- Aspetta, voi di Reverse che
diavolo state tentando di fare?- Chiese mentre Suede se ne andava.
Non si fermò e non rispose, ma
proprio mentre la sua figura solitaria se ne andava, Zazie fu colpito
dagli effetti del proiettile del cuore di Gauche e vide parte della sua
vita fino a quel momento.
Nel perdere i sensi fu risucchiato
da quel suo ricordo, il momento in cui Gauche aveva liberato la larva
del gaichu, il Cabernet, permettendogli di completare la trasformazione
in un mostro enorme e gigantesco dall’aspetto di una grande spaventosa
libellula.
Vedendolo librarsi in volo nei
ricordi di Gauche, Zazie si svegliò di scatto e si alzò a sedere
gridando agitato:
- QUELLO È… - ma non finì
perché la sua testa si scontrò con quella di Lag con un suono sordo.
Lag tramortito finì steso in KO,
mentre Zazie sembrò non aver nemmeno sentito il colpo.
Vedendo Lag lì, Zazie capì che
doveva essere stato trovato da lui.
“Ma guarda che caso!”
- Dove siamo? - Chiese lasciando il
povero Lag steso a terra con un bernoccolo enorme sulla fronte che si
era scontrata con la sua in quel risveglio traumatico.
Lag dopo un po’ si riprese e si
rimise a sedere massaggiandosi la fronte.
- Nella città di Pierce. - Spiegò
che alcuni cittadini l’avevano trovato privo di sensi poco lontano da
lì e l’avevano portato in città per curarlo. Lag, finita la sua
missione ed in attesa del ritorno di Niche, era arrivato lì alla
ricerca proprio di Zazie, trovatolo in quelle condizioni che l’avevano
fatto preoccupare molto.
- Noir mi ha fregato le lettere! -
Disse come prima cosa. Lag si alzò e lo guardò sconvolto.
- Gauche?! L’hai incontrato? -
Chiese shoccato e pieno di speranza. Ma Zazie non sembrava intenzionato
ad approfondire l’incontro, disse solo che sicuramente quelli di
Reverse erano nei paraggi e che se non erano a Pierce allora erano
nella città vicina, dove stava lavorando Connor.
Così Zazie senza spiegare altro per
non far rimanere troppo male Lag, si alzò e gli ordinò di sbrigarsi che
dovevano andare da Connor a controllare che stesse bene e che Reverse
non stesse facendo danni.
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Capitolo 18 *** Sei molto importante ***
la_proporzione_perfetta18
*Con
un po' di ritardo arriva un nuovo capitolo. Nel manga c'è una scena
specifica che ho sempre pensato fosse una 'zag' perfetta, era come se i
due avessero appena fatto qualcosa di tenero e coccoloso. Mi riferisco
a quando Lag e Zazie sono sulla carrozza per andare a Lament, dopo che
Zazie ha avuto lo scontro con Noir e Lag lo ha recuperato. Stanno
raggiungendo Connor per vedere se sta bene e là incontreranno proprio
Noir e Lode che, con Reverse, stanno agendo in un convento per portare
avanti i loro loschi piani che hanno a che fare col risveglio di un
gaichu di nome Cabernet, molto molto forte. Ed in quel piccolo momento
Asada ha mostrato Lag e Zazie seduti vicini nella carrozza che guardano
il proiettile spalla contro spalla. Quella scena mi ha sempre fatto
pensare a quello che ho scritto qua. Infine si comincia con il glorioso
travestimento di Lag in ragazza, altra cosa che mi ha fatto impazzire
nello shipparlo con Zazie visto che si capisce che è lui che lo aiuta a
travestirsi e che poi lo vediamo mentre lo apprezza rosso in viso.
Insomma. Siamo seri. Asada voleva questo, ed io l'ho scritto per lui!
Buona lettura. Baci Akane*
18. SEI MOLTO IMPORTANTE
"Esplodendo in un cielo rosso sangue
Una lenta frana E il mondo che ci
lasciamo alle spalle È quanto basta per perdere la testa Scomparire e
non tornare più… Quando cado a terra Parlando con il cuore in mano
Capisco che non ha alcun senso Tu sei il mio porto di scalo Spari e mi
lasci scorticato Adesso so che sei incredibile Perché l’unica cosa che
mi serve È l’amore che respiri Metti le tue labbra sulle mie E potrò
vivere sott’acqua Sott’acqua, sott’acqua Sott’acqua"
/Underwater
- Mika/
Trovarono una carrozza e chiesero
di dirigersi a Lament, la città vicino, dove c’era Connor.
Con loro non c’era nessuno, così si
sedettero nel sedile di legno, uno accanto all’altro.
Zazie in quel momento si ricordò
della promessa che aveva fatto a sé stesso.
Quando l’avrebbe rivisto l’avrebbe
baciato perché non si poteva lasciar andare il presente, la cosa più
preziosa.
Però quello era il momento migliore?
Zazie si voltò verso un Lag
pensieroso.
“Potrebbe anche essere l’unico…”
Pensò tragico e negativo come suo
solito.
Arrossì pensando a come si dava un
bacio sulla bocca a qualcuno, non ne aveva mai dati, non sapeva nemmeno
bene come si faceva.
Cioè teoricamente sì, ma non
l’aveva mai fatto.
E dunque? Si voltava, afferrava Lag
per la faccia e gli stampava la bocca sulla sua?
Non aveva avuto problemi a
riconoscere in lui il suo unico momento felice, perciò chi se ne
importava anche se era un ragazzo e solitamente si baciavano le ragazze?
“E poi è così carino che starebbe
bene anche come ragazza!”
Pensò come se avesse senso.
Zazie stava un po’ sragionando, ma
alla fine fu Lag ad interrompere il momento.
- Senti Zazie, perché non mi dici
cosa è successo di preciso? -
- Eh? - Chiese senza capire a cosa
si riferisse, soprappensiero.
- Sì, con Gauche… - Zazie tornò ad
infastidirsi. Parlava sempre di lui. Parlava sempre e solo di lui.
Aveva solo lui in testa!
Chi poteva sapere se lo ricambiava?
Magari lo respingeva!
- Quello non è Gauche. Quello è
Noir! - Lag non capì subito e lo guardò interrogativo.
- Ma è la stessa persona. - Zazie
sospirò spazientito e si voltò di più verso di lui.
- No! quello con cui abbiamo a che
fare ora è Noir! Noir! Gauche Suede non farebbe mai quello che fa Noir!
Non colpirebbe altri Bee, non ruberebbe le lettere! Non risveglierebbe
degli enormi Cabernet gaichu! - Lag lo guardò sconvolto.
- È quello che ho visto io nella
grotta a Blue Notes Blues! - Esclamò. Zazie si ricordò di quello che
era andato a fare.
- Cosa hai scoperto? -
Lag non ebbe problemi a dirglielo,
così gli raccontò di come era andato a risvegliare un gaichu
embrionale.
Zazie scosse il capo.
- Non capisco cosa abbiano in
mente… - Brontolò Zazie col broncio.
- Ma quindi ti ha colpito con un
proiettile? - Zazie alzò le spalle.
- Non dormivo perché ero stanco,
sai? - Rispose sgarbato, infastidito che si interessasse sempre tanto
di Gauche.
- Lo so… - Disse Lag pensando a
come ottenere le informazioni senza infastidirlo ancora. Sospirò e
guardò dispiaciuto a terra. - Quando ti ho visto privo di sensi in quel
posto mi è venuto un colpo. Non ti svegliavi e stavo morendo di
preoccupazione. - Disse piano. Questo funse da calmante a Zazie che lo
guardò più schiarito di prima.
- Sto bene, era solo uno stupido
proiettile del cuore. Niente di che. - Improvvisamente quello che gli
aveva fatto Noir non era nulla di grave, pur di non far preoccupare
Lag.
- Davvero? - Chiese tornando ad
alzare gli occhi.
Così si trovarono a guardarsi
seduti vicini, spalla contro spalla. Zazie sorrise.
- Davvero. - Poi sospirò e si fece
serio. - Noir mi ha sparato, mi ha tramortito e rubato le lettere, non
c’è niente da dire. Quando l’ho chiamato Gauche Suede mi ha afferrato,
ha avuto una reazione, ma quando gli ho detto che tu l’avresti
riportato indietro, lui non ha fatto nulla. Se ne è solo andato. -
Concluse raccontandogli quel poco. Evitò di dirgli che il gelo di quel
ragazzo l’aveva impressionato.
Gli occhi di Lag si riempirono di
lacrime alla fiducia cieca di Zazie, una fiducia che in quel frangente
non gli aveva mai dimostrato. Gl aveva sempre detto di non fare troppo
affidamento su quella missione, che poteva anche andare tutto male. Ed
ora era lì a crederci.
Il calore che sentì lo ricaricò di
una forza ed una voglia senza pari.
- Grazie di credere in me, Zazie.
Per me è molto importante. - Poi vedendolo serio nel ricambiare il suo
sguardo, un po’ imbarazzato aggiunse: - Tu lo sei. - Si morse il labbro
facendosi forza, andando fino in fondo, per far sì che Zazie si fidasse
sempre di lui come in quel momento. Doveva averlo dalla sua parte per
riuscire in quell’impresa. - Sei molto importante. - Aggiunse
impacciato non sapendo come spiegare quello che provava. Sapeva sempre
parlare bene di sentimenti ed ora, di quelli, non ne era proprio in
grado. Proprio per nulla.
Zazie e la sua felicità nel sapere
che provava la stessa cosa, fecero il resto.
Lo trovò adorabilmente impacciato,
sorrise e sicuro di sé si protese e lo baciò.
Semplicemente appoggiò le labbra
sulle sue, senza toccarlo con niente altro che le sue labbra. Un bacio
dolce, leggero, semplice, caldo.
Le mani abbandonate giù, non la
capacità di toccarsi, di muoversi.
Lag avvampò, Zazie si rilassò
felice.
- Le cose belle esistono. - Ripeté
le parole di Jiggy che gli erano sempre risuonate nella testa sin da
piccolo.
In quel momento sperò di
incontrarlo di nuovo per potergli dire che quel giorno, quelle parole,
l’avevano salvato in più di un modo.
“Spero di poterlo ringraziare.”
Lag guardò Zazie sentendosi mollo,
completamente privo di forze. Che effetto strano gli stava facendo. Si
sfiorò le labbra da solo, dove poco prima c’erano state quelle di
Zazie.
- Anche tu sei molto importante. Lo
sei in questo modo. - Zazie ripeté le sue impacciate e tenere parole,
poi appoggiò la testa all’indietro, la nuca sullo schienale di legno
della carrozza che si muoveva. Lag fece la stessa cosa.
- Ce la faremo tutti insieme. -
Disse poi tornando a respirare e riallacciandosi ai discorsi di prima,
come se quel piccolo bacio fosse una meravigliosa parentesi. La più
importante.
Dopo di quello, Zazie tornò
all’argomento preferito di Lag, rassegnandosi a parlarne ancora e
ancora.
- Hai scritto la lettera per il
proiettile che gli devi sparare? - Chiese. Lag lo prese e glielo mostrò
avvicinandosi di nuovo a lui. Zazie lo prese e lo guardò.
- Sì, prima di andare da Pierce. -
- Sul serio? Bravo, ce l’hai fatta!
- Zazie sorrise entusiasta, cambiando completamente modi e tono. Non
era mai stato così positivo. Lag, spaesato, fece la parte che
solitamente faceva lui esprimendo il dubbio su fatto che potesse
funzionare, così Zazie proseguì con la sua opera di incitamento, cosa
che non aveva mai fatto perché solitamente sempre pessimista e
negativo.
Però lì era diverso.
Lag l’avrebbe fatto comunque,
perciò doveva fare in modo che lo facesse credendoci e che agisse
sempre senza il minimo dubbio, per evitare che in quelli inciampasse e
sbagliasse.
Non doveva esitare.
- Certo che lo raggiungerà! - disse
sicuro di sé e maligno. - Altrimenti gli sparo un proiettile di
malevolenza e lo deprimo di brutto! Gli devo ricambiare il favore! -
Sbottò mettendola su un piano di scherzo, per sdrammatizzare. Lag
cominciò a sentirsi meglio. Era bello che lui credesse tanto in sé. Era
meraviglioso.
Parlarono di Reverse e dello scopo
che potevano avere nel rubare le lettere e nel risvegliare un gaichu di
quel genere, Lag tornò a preoccuparsi e Zazie a quel punto lo afferrò
per il collo stritolandolo col braccio e strillando allegro gli disse
di non pensare che tanto era inutile.
Lag per poco non soffocò, poi lui
allentò la presa e gli lasciò un dolce bacio fugace sull’orecchio, dove
mormorò un tenero:
- Ce la farai e basta. Vedrai. -
Lag arrossì e si ammorbidì fra le sue braccia in quello che
improvvisamente era diventato un abbraccio da dietro dove poter stare
comodamente appoggiati e sentirsi al sicuro.
Adesso che ci credeva anche lui,
non poteva certo sbagliare. Nella maniera più assoluta.
Si ricongiunsero con Connor il
quale era perso dietro ad una bellissima ragazza che aveva visto una
volta sola in un convento, si era arenato lì perché cercava di
rivederla, così ogni giorno comprava biscotti da Sunny, un’altra
ragazza che lavorava allo stesso convento, sperando di rivedere quella
che gli piaceva.
Lag e Zazie inizialmente
sottovalutarono la cosa, ma quando ad un certo punto videro che si
trattava di Lode, la ragazza-dingo di Gauche-Noir, Lag capì che i
sospetti erano veri.
Reverse aveva piani a Lament,
stavano architettando qualcosa e visto che erano lì per indagare e
scoprirne di più, il piccoletto partì in quarta per approfondire le
ricerche e del tutto intenzionato ad infiltrarsi nel convento in
questione, cominciò a spartire ordini a Zazie, irritandolo non poco.
I nervi di Zazie saltarono del
tutto quando realizzò che era tutto fuoco e fiamme perché pensava che
nel convento ci fosse anche Gauche insieme a Lode, la ragazza che non
era diventata spirito, che avevano visto prendersi cura di lui nei suoi
ricordi. Gauche l’aveva chiamata come il suo lupo, dimostrando d’avere
ancora qualcosa di lui dentro di sé.
Le vene delle tempie iniziarono a
battere forte. Zazie stava per esplodere.
- Quando si tratta del signor
Gauche tu perdi la testa! ‘Va a chiedere istruzioni!’ un cavolo! -
Ribatté seccato, con la gelosia salita a livelli esponenziali. Poi capì
che comunque Lag sarebbe entrato in quel convento a fare ricerche lo
stesso, perciò capì che era meglio aiutarlo invece che contrastarlo.
- ‘Ccidenti! E va bene! - Poi lo
guardò esasperato, scocciato dal vederlo così preso da quel ormai ex
bee. - Però tu come hai intenzione di infiltrarti? Quello è un
monastero femminile! L’ingresso è vietato agli uomini! -
Lag a quel punto si fermò e guardò
seccato il posto come se fosse un nemico, infine sbuffando si mise le
mani ai fianchi, gonfiò il petto e sbottò:
- E va bene! Mi vestirò da donna! -
Zazie per poco non si soffocò con la saliva nel sentirlo, poi lo guardò
bene per capire se fosse serio. Constatato che lo era, scoppiò a
ridere.
- Ma dai, ti farai beccare subito!
Lag! Sarai ridi… - Ma Lag sparì e riapparve con dei vestiti femminili
pagati ad una ragazza col bucato steso fuori da casa sua.
Lag, deciso ad andare fino in
fondo, spinse Zazie in un vicolo cieco dove nessuno avrebbe potuto
vederli e si spogliò. Zazie continuò a ripetere che sarebbe stato
ridicolo mentre lo vedeva denudarsi. Ad un certo punto si fermò e si
zittì.
Il piccoletto si voltò verso di lui
facendo cadere la gonna sulle gambe.
- Beh? Sono davvero così tanto
ridicolo? - Chiese consapevole che sicuramente non faceva una grande
figura.
Quando mise a fuoco la faccia di
Zazie, capì che non era rossa dal ridere, ma rossa dall’imbarazzo.
Stava facendo pensieri poco casti
su di lui, Lag lo capì nell’immediato e allargando le braccia, disse:
- Zazie, ti sei incantato? - Zazie
si riscosse e riprese colore. - Sto male? Non sono credibile? - l’altro
tossì.
- Male non è il termine che userei,
in effetti… - Lag non capiva.
- Insomma, sono tanto terribile? -
Zazie sogghignò e gli mise il mantello rosso intorno alle spalle,
allacciandoglielo sotto il mento, poi gli sollevò il cappuccio e gli
sistemò i capelli in modo che gli coprissero il più possibile il viso.
- Terribile? Sei più carino di
tante ragazze! - Lag lo guardò con i suoi occhi spalancati trattenendo
il fiato.
- Non prendermi in giro, basta che
sia passabile. - Zazie ammiccò prendendogli poi il viso fra le mani con
decisione.
- Passabile? Sei molto più che
passabile! - Infine avvicinò le labbra al suo orecchio dove sussurrò
suadente: - Sei terribilmente carino! - Poi si corresse. - Anzi,
carina! - Dopo di questo gli leccò il lobo con estrema malizia, senza
resistere. Lag venne ricoperto da brividi e spalancando gli occhi si
immobilizzò mentre il calore divampava a quel gesto. - Miao! - Miagolò
scivolando sul viso per baciarlo sulle labbra, un po’ meglio di quanto
aveva fatto sulla carrozza.
Lag rimase imbambolato fra
un’emozione e l’altra non sapeva proprio come muoversi e che pensare.
Solo che quando Zazie faceva così, lo scioglieva in una pozzangherina.
Era così bello!
Zazie lo lasciò andare guardandolo
insistentemente, con uno sguardo affiliato ed affamato, di chi si
mangiava qualcuno.
- Sto davvero bene? - Chiese
impacciato.
- Sei perfetto! - Poi lo tirò verso
l’esterno mettendogli un cestino in mano con la pistola sparacuore
dentro, coperta da un canovaccio. - Ora va. - Disse mentre lo faceva
passare davanti a lui, lì gli diede una pacca sul sedere e con
l’occhiolino, aggiunse: - Mia bella gattina! -
Lag avvampò come non mai e rigido
come un pezzo di legno, si ritrovò spinto in mezzo alla stanza, con
Zazie dietro l’angolo che lo guardava e rideva esterrefatto di quanto
stesse bene.
Lag alla fine entrò nel convento e
come detto da Zazie, fu così credibile che Sunny, la ragazza
all’accoglienza, non dubitò mai delle sue sembianze.
Una volta visto entrare ed appurato
che era maledettamente carino vestito da donna, Zazie andò da Connor
dicendogli di tenere d’occhio il monastero perché era una sede di
Reverse, si assicurò che facesse da guardia a Lag che era anche senza
Niche, infine, per nulla convinto di lasciarlo lì, si rassegnò ad
andare a Central, all’Alveare, a chiedere istruzioni.
Lasciare Lag in un covo di Reverse,
da solo, non era un pensiero che lo tranquillizzava, Anzi. Lo detestava
proprio, ma non poteva farci molto. Quando Lag si intestardiva su una
cosa, non cambiava idea. Poteva solo assisterlo come poteva.
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Capitolo 19 *** Gli scopi cambiano ***
la_proporzione_perfetta19
*Il nuovo capitolo da ora lo
metterò il martedì, fissiamo nuovi giorni col nuovo anno. Allora...
siamo ad un punto cruciale del manga, perciò ho dovuto riportare le
vicende descritte nel fumetto, in certi punti sono stata fedele e
dettagliata, altri invece sono stata più veloce e generica sempre
per il discorso che comunque non volevo riscrivere completamente il
manga. Però qua succedono cose importanti, perciò mi sono giostrata
così. Siamo allo scontro decisivo fra Lag e Noir, Lag spara il suo
proiettile lettera a Noir, ma arriva anche il Cabernet che vuole
succhiare tutto il loro cuore, Zazie cercherà di proteggerli, ma il
gaichu è davvero enorme. Buona lettura. Baci Akane*
19. GLI SCOPI CAMBIANO
"Qui non c’è più traccia di te Posso
vederlo nei tuoi occhi Canta
l’inno degli angeli E dì l’ultimo addio Luce fredda sopra di noi La
speranza riempie il cuore E svanisce Pelle bianca come l’inverno Mentre
il cielo ritorna grigio I giorni vanno avanti per sempre Ma sono ancora
dalla tua parte Possiamo inseguire l’oscurità insieme Se vai tu
lo farò anch’io"
/Anathem of the angels - Breaking Benjamin/
Corse come se avesse il diavolo
dietro, con la sensazione più terribile della sua vita.
Era quello trovare la cosa più
bella?
Aver paura ogni secondo di perderla?
Zazie alla fine non ce l’aveva
fatta a tornare indietro all’Alveare e lasciare lì Lag in quel covo di
pazzi. Ci aveva provato ma il suo istinto aveva preso il sopravvento.
Era come se non potesse andare contro sé stesso, fare una cosa con la
testa piuttosto che col cuore, l’istinto, non era nelle sue capacità.
Mandò Wasiolka a fare rapporto, con
una lettera di spiegazioni, poi fece dietrofront e corse verso Lament,
sperando di trovare Lag in tempo.
La corsa diede i suoi frutti, stava
arrivando alla cittadina quando si fermò vedendo un grande flash rosso.
- L’inconfondibile proiettile del
cuore di Lag! - Esclamò aggrottandosi. - Se spara significa che è nei
guai! - Così aumentò la corsa, dirottando all’esterno, in direzione
della luce.
Giunse appena in tempo. Lag stava
per essere colpito dal proiettile cuore di Gauche, il quale con un tono
odioso stava dicendo che non era più amico di Lag, perché era Noir, e
che avrebbe predato la sua vita.
- Un paio di palle! - Grugnì
saltando da una roccia, afferrando Lag per il cappuccio e togliendolo
dalla direzione del proiettile nero di Gauche.
Il secondo dopo lo teneva sempre
per il cappuccio rosso, appoggiato a terra su un’altra roccia dove era
approdato col salto, e pistola alla mano tuonò furioso e geloso:
- Giù le mani dalla mia bella! -
Esclamò infervorato, col cervello totalmente sconnesso.
Lag avvampò capendo di essere stato
salvato da Zazie, ma che lo aveva chiamato in modo imbarazzante.
L’imbarazzo crebbe quando Zazie
rincarò la dose, sragionando alla grande:
- NON TI PERMETTERÒ DI FARE I TUOI
PORCI COMODI! NON SOTTOVALUTARE NOI LETTER BEE! - Il problema non era
poi tanto le lettere che predava e l’essere dalla parte di Reverse,
quanto l’aver tentato di far del male ripetutamente al suo Lag.
Come poteva?
E dire che Lag tentava sempre il
tutto per tutto per lui, per salvarlo.
Quel maledetto meritava dolori
atroci, non salvezza!
Per un momento lo odiò, poi si
ricordò di Lag ancora steso a pancia in giù ai suoi piedi, con la gonna
ancora indosso. Così sogghignò e mise totalmente da parte Noir per
occuparsi del suo Lag. Lo aiutò a sollevarsi e tenendolo per la
schiena, come fosse la sua principessa, disse avvicinando il viso al
suo a chiedere un bacio:
- Sono venuto ad aiutarti bella
gattina! - Lo chiamò di nuovo così e di nuovo Lag avvampò, tuttavia
imbarazzo a parte, si sentì felicissimo di vederlo.
- Zazie! Non eri tornato
all’alveare? -
- Ho affidato il rapporto a
Wasiolka! - Esclamò Zazie tirando fuori i suoi vestiti e dandoglieli. -
Lo sapevo che se non ci sono io… - Disse con il suo solito ego
gigantesco.
Lag lo lasciò dire, felice di
potersi mettere dei pantaloni al posto di quegli imbarazzanti abiti da
donna per cui tutti l’avevano stranamente preso in giro.
Zazie infine lo lasciò
affacciandosi dalla roccia alta su cui erano approdati.
- Mettiti almeno il pezzo sotto
dolce Lag! - Disse col solito ghigno divertito. Ormai era partito. Lag
era suo, poteva dire quello che voleva, trattarlo come voleva. Era suo.
Stop.
Lag avvampò ancora.
- Quanto insisti. Zazie! - Cercò di
riprendere un po’ di contegno, ma così dimostrò solo di essere una
‘dolce fanciulla’ adorabile.
Zazie era felice di essere arrivato
in tempo, il suo Lag doveva rimanere intatto, innocente, puro e
naturale.
Come piaceva a lui.
Con l’entusiasmo per essere
arrivato al momento giusto, tese il braccio oltre la rupe e impugnò la
pistola sparacuore con tutta l’insana intenzione di tramortire Gauche
il più possibile. Sapeva che Lag ci teneva, ma qualche sbattuta non
gliela toglieva nessuno. Per il momento, lo stava odiando. Detto fatto,
sparò verso di lui.
Gauche fece la stessa cosa e i loro
proiettili del cuore si scontrarono annullandosi. Una grande luce
esplose nel posto accecando tutti e Zazie approfittò per prendere di
nuovo Lag e scendere dall’altra parte, nascondendosi momentaneamente a
loro.
Lì Lag, di nuovo vestito da
ragazzo, si lamentò con Zazie del fatto che aveva perso il proiettile
lettera e che aveva sparato un proiettile normale a Gauche mostrandogli
tutti i propri ricordi, ma che non gli aveva fatto il minimo effetto.
Zazie lo guardò stupito.
Lag stava vacillando.
Il suo Lag, per la prima volta da
quando lo conosceva, stava vacillando nella storia con Gauche.
Vacillando davvero.
No, non poteva. Non poteva proprio.
Per questo gli spinse il proiettile
lettera trovato per terra poco prima di raggiungerlo, glielo mise sulla
guancia con forza e seccato disse:
- Guarda qui! - Esclamò
imbronciato.
- IL PROIETTILE LETTERA! - Strillò
entusiasta Lag, meravigliato di vederlo ancora, convinto d’averlo
perduto per sempre. La sua unica speranza di aiutare Gauche.
- Con quello lo raggiungerai! -
Asserì Zazie preparandosi ad uscire allo scoperto, pistola alla mano,
aria divertita. Se si menava un po’ le mani, come poteva non esserlo? -
Ti copro io! -
Lag tornò a sentirsi sicuro.
Se c’era Zazie dalla sua, poteva
riuscirci.
- Andiamo dolce Lala! - Disse
alzando il braccio verso l’alto dal rifugio in cui erano.
- Guarda che mi sono messo i
pantaloni! - Brontolò Lag senza capire come mai era tanto in fissa col
suo travestimento.
Suo malgrado, come ordinato da lui,
uscì allo scoperto sul suo sparo verso il cielo.
La pistola sparacuore di Zazie
sparò la spina azzurra, il proiettile del quattordicenne. Fu come un
fuoco d’artificio che esplodeva, le scie azzurre vibrarono nel cielo
blu oltremare, la notte divenne giorno per un istante e mentre Lag
correva verso Gauche, distratto dal proiettile di Zazie, la pioggia di
spine azzurre cadde su Lode.
“In fondo al cuore di Noir c’è
sicuramente Gauche Suede.” Pensò Lag correndo a perdifiato mentre
caricava la pistola col proiettile lettera. “Devo sparare con la
convinzione che il proiettile lettera raggiungerà il suo cuore!”
- Riporterò indietro Gauche e
fermerò Reverse! - Gridò arrivando innanzi a Noir.
Questi, che non vedeva per via
della pioggia di Zazie, allungò il braccio per sparare.
- Non puoi fermare Reverse, la
rinascita è già iniziata! - Proprio nel momento in cui i due erano uno
davanti all’altro e si stavano per sparare, Lode li fermò dopo aver in
qualche modo superato la pioggia del proiettile di Zazie.
Disse che non avrebbe mai permesso
a nessuno di loro di toccare Noir perché era troppo importante per il
progetto di Reverse, di rivoluzionare il mondo. A modo loro lo stavano
salvando. L’idea era quella di spegnere il sole artificiale che
suddivideva il mondo in classi sociali dove l’ultima era all’ombra di
sé, immersa nelle tenebre.
Esattamente in quel momento arrivò
Connor con la dolce Sunny priva di cuore, fra le sue braccia. L’amico
in lacrime che diceva che il gaichu aveva appena mangiato il cuore di
tutto il monastero di Lament, compresa Sunny.
Questo funse da interruttore per
Lag il quale non riuscì a fermare quell’enorme ondata di sentimenti che
sarebbero esplosi fuori da lui come una bomba atomica, la cui onda
d’urto avrebbe investito tutti con esiti perenni.
Noir a quel punto sparò per
fermarlo, come intuisse, come sentisse che gli stava succedendo
qualcosa, però Lag esplose comunque in una luce ancor più grande.
Il suo occhio spirituale brillava
come se si stesse caricando per far risuonare un proiettile, ma lui era
fermo, preda dei sentimenti di dolore che stava provando per quel che
aveva fatto Reverse.
Assorbito il proiettile di Noir,
rimase avvolto in una luce luminose che rese la notte come il giorno.
Zazie mise sotto tiro Lode
impedendole qualunque mossa, Noir immobile incapace di capire cosa
fosse successo e cosa fare, Connor con Sunny, tutti esterrefatti.
Infine Lag alzò la pistola verso
Noir e con le lacrime di una rabbia bruciante, gridò:
- NOIR, NON RIPORTERÒ INDIETRO
GAUCHE! CANCELLERÒ LA TUA ESISTENZA! - E con questo, sparò.
Il proiettile passò il corpo di
Gauche in un istante, poi tutto si fece silenzio.
Dall’esplosione al nulla, un
istante, un momento.
Il corpo di Gauche cadde a terra
privo di sensi, Lode si precipitò da lui mentre Zazie correva da un
luminescente Lag, esterrefatto per quel che aveva fatto ma ancor di più
preoccupato. Non ebbe tempo per assicurarsi sulle sue condizioni.
In cielo, proprio verso di loro,
stava volando l’enorme gaichu cabernet con le sembianze di una
libellula enorme.
Quattro ali ed una lunga coda
massiccia.
- È stato attirato qua dal tuo
cuore, hai finito per creare problemi! - Disse seccata Lode che non
sapeva cosa fare con Noir svenuto.
Zazie si mise davanti ad un Lag
finito a terra per l’enorme scarica di cuore, mentre Connor, furioso
per lo stato della sua amica Sunny, andò contro il gaichu senza
esitare, per vendicarsi.
Connor cominciò ad inveire furioso
contro il gaichu sopra le loro teste e Zazie capì subito che da sotto
erano troppo esposti.
- Smettila, qua giù siamo solo
delle prede! - E come se fosse una predizione, il gaichu buttò
fuori dei lunghi e sottili tentacoli coi quali colpì alla cieca sotto
di sé.
Con una forza incredibile aprì
delle profonde crepe nel terreno, una delle quali fece cadere Noir,
preso al volo da Lode che tentava di non farlo andare giù.
Ferma in un posto estremamente
esposto ad altri attacchi, capì che sarebbe finita male. Nessuno
sarebbe arrivato per loro. Ormai erano spacciati. Era la fine.
Connor venne sbalzato via e Zazie
afferrò Lag per la giacca e lo tirò via portandolo al più sicuro
possibile.
Per un momento fu il caos più
totale, sotto le mire del gaichu che reclamava altro cuore, altro cibo.
Il loro.
Lag cercò di alzarsi per
combattere, ma la pistola gli cadde di mano. Tremava.
- Non ho più forze… - Mormorò
stupito senza capire, rimanendo in ginocchio accanto a Zazie.
- Hai usato troppo cuore con quel
proiettile lettera. Se spari di nuovo lo perderai del tutto. Tu prendi
il signor Gauche e allontanati da qui! -
Un altro tentacolo si conficcò nel
terreno davanti a loro, mancandoli di poco e Zazie si girò per andare
incontro al gaichu che continuava a volare sopra di loro, alla ricerca
di cuore.
- ZAZIE! - Chiamò preoccupato Lag
capendo cosa voleva fare.
Zazie sapeva che voleva fermarlo,
ma sapeva anche che non avevano scelta.
Per Lag, Gauche era troppo
importante, mentre per lui lo era Lag. E comunque era troppo debole per
combattere.
Non avrebbe mai permesso a Lag di
morire.
- Vai, lo terrò a bada io! Non
permettere che quella donna si porti via Gauche! - Ordinò brusco senza
fermarsi un secondo. I suoi occhi lo imploravano, ma Lag capì che non
c’era alternativa. O così o rimanevano tutti a morire lì!
- Perdonami Zazie! - Mormorò Lag
con un filo di voce e le lacrime agli occhi. Un’ultima occhiata. Il
cuore in gola. La paura che potesse essere l’ultima. Sempre quella, ma
ora più di altre.
In risposta Zazie si girò dandogli
la schiena, alzò la pistola e si mise a sparare verso il gaichu per
distrarlo.
Lag a quel punto andò.
Zazie sapeva che si stava
sacrificando, che la speranza di uccidere quel gaichu erano pari a zero.
Era un gaichu antico, totalmente
sconosciuto. Non si sapeva nulla e per scoprire il punto debole doveva
essergli vicino, ma se lo era poi lui l’afferrava coi tentacoli per
divorargli il cuore.
Senza contare che aveva appena
combattuto contro Gauche e Lode ed era al limite anche lui. Pochi
proiettili ancora, uno, forse… e si sarebbe perso.
La situazione era a dir poco
disperata, ma sapeva che lo stava facendo per la sua unica cosa bella.
La cosa più bella della sua vita.
La cosa per cui valeva la pena
morire nonostante la propria vendetta non era ancora consumata.
“Gli scopi cambiano, quando
incontri le persone giuste!”
- Che bel casino! Per quanto ci
pensi non ho la minima impressione di poter vincere! - Disse sorridendo
con un ghigno tipico suo, l’aria da gatto stremato che non si
arrendeva.
Lag lontano a recuperare Gauche,
poco distante da lui Connor privo di sensi.
- A quanto pare non è ora di
piagnucolare! - Esclamò infine rialzando il braccio con la pistola.
Pallido, sudato, con le occhiaie,
estremamente provato e senza forze. Tremava.
Non ce l’avrebbe fatta.
Ma Lag era ancora lì. Non era
ancora in salvo.
Così caricò quel po’ di cuore che
aveva dentro e sparò al gaichu conscio che senza colpire il punto
debole, era cuore del tutto sprecato.
Disperazione.
O forse amore.
Quell’unica cosa in grado di far
andare avanti qualcuno finito. Quell’unica cosa che muoveva ancora e
ancora e ancora, anche quando non se ne aveva più.
Zazie non si sarebbe mai arreso. A
costo di morire.
Per Lag.
Lode riuscì a tirare su dal dirupo
buio Gauche, che lei chiamava Noir, ma purtroppo cadde giù al suo
posto. Lag arrivò in tempo per afferrarla, cercò di salvarla lo stesso,
eppure lei colpita dal cuore di quel bambino, capendo che non sarebbe
mai riuscita a tirarla su senza cadere anche lui, lasciò la presa e si
abbandonò al buio che la inghiottì.
Proprio in quel momento lui e
Gauche vennero presi dai tentacoli del gaichu, poco distante Zazie
aveva esaurito la sua riserva e pur volendo sparare, non poteva. Le sue
forze erano svanite del tutto, era sulle ginocchia, cercò di rialzarsi
senza successo e quando assottigliò la vista, vide che Lag e Gauche
erano stati presi.
Ma come fare?
Come salvare il suo Lag?
Non poteva arrendersi.
Non poteva…
Lag e Gauche, presi dal gaichu
cabernet erano alla deriva, avvinghiati a lui ai suoi tentacoli che
succhiava il loro cuore senza fermarsi.
Lag non sapeva cosa fare, aveva
quasi finito il cuore e non poteva sparare, ma era anche vero che il
gaichu glielo stava comunque prendendo.
Decise di tentare il tutto per
tutto e sparare ancora una volta, alzò gli occhi e cercò di capire dove
fosse il suo punto debole. Da sotto non vedeva molto se non la sua
pancia da cui uscivano altri tentacoli e le quattro grandi ali.
Fu lì che la voce fin troppo
familiare di Gauche si sentì.
Era provato, estremamente debole ma
sveglio.
Lag cercò di capire chi fosse,
Gauche o Noir, ma non ne ebbe tempo.
Gauche parlò come se facessero
quello da una vita.
- Il cabernet ha più di un punto
debole, ma dobbiamo sceglierne uno insieme e sparare all’unisono,
perché abbiamo esaurito entrambi il cuore. Dobbiamo unire le forze.
Miriamo ad una delle sue ali. - Lag non ci pensò nemmeno.
Semplicemente lo fece.
Si concentrò, tese il braccio nello
stesso identico momento e modo di Gauche e uniti dalla presa del
tentacolo, spalla contro spalla, caricarono il cuore facendo risuonare
il proiettile ad una delle ali.
Il colpo esplose nel cabernet che
li lasciò andare e mentre loro cadevano, con essi anche una delle ali.
Erano momentaneamente liberi. Il
gaichu stava scappando, battendo in ritirata, per rigenerarsi.
Sconfitto solo per quell’istante.
Un istante necessario per salvare
tutti.
Zazie corse da lui appena riuscì a
recuperare un briciolo di forze, col cuore in gola e la paura bruciante
di vederlo morto, privo di cuore.
Invece lui e Gauche erano lì a
terra vivi. Gauche svenuto, lui chino a piangergli sopra mentre diceva
che si era svegliato per un momento e l’aveva aiutato.
- L’ho percepito! Il suo cuore
dolce e gentile era tornato per un momento! Era la persona forte e
gentile che conoscevo! - Disse piangendo mentre Zazie li guardava
smarrito, sollevato che lui fosse vivo, ma non sapendo cosa sperare da
quel momento.
Non sapendo cosa aspettarsi.
Gauche era con loro, privo di
sensi, Lag gli aveva sparato il proiettile ed ora piangeva.
Da lì poteva cambiare tutto. In
meglio, o in peggio.
Zazie pregò che fosse in meglio.
Ora come ora, contava solo la felicità di Lag. Solo quella.
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Capitolo 20 *** Con tutti noi stessi ***
la_proporzione_perfetta20
*Qua oggi finisce la seconda parte
della fic dedicata a Lag e Zazie, con il prossimo ci sarà la terza e
torniamo a parlare di tutti e quattro, perchè Gauche torna all'ovile,
anche se... beh, leggendo il manga lo sapete, per gli altri: sorpresa!
In questo capitolo Lag e Zazie tornano verso l'Alveare con Gauche privo
di sensi ed ormai i due si sono messi insieme, è solo ora di parlarne e
consolidare il loro tenero e dolce percorso! Buona lettura. Baci Akane*
20. CON TUTTI NOI STESSI
Le sue lacrime non si sarebbero mai fermate se non si fosse chinato
Zazie e, prendendogli il viso fra le mani, non l’avesse baciato.
Zazie fermò le sue lacrime, quel giorno come molti altri aveva fatto a
modo suo.
Con le labbra, bruscamente e poi via via sempre più dolcemente, sulle
sue guance bagnate e salate e poi sul suo orecchio dove mormorò con gli
occhi chiusi e voce sfinita, rotta di preoccupazione.
- Sono così felice che stai bene. - Perché poi il resto era in secondo
piano.
Lag aprì la bocca sorpreso, il calore esplose e smise di piangere, gli
occhi rimasero bagnati, ma le lacrime non scesero più.
Così Zazie approfittò e gliele chiuse con le proprie in un bacio casto.
Lag arrossì ma si lasciò fare mettendogli le mani sulle braccia,
tenendolo a sé, traendo da lui la forza per rialzarsi ed andare ancora
avanti.
Chiuse gli occhi sorpreso e felice, felice di essere lì con lui che
aveva sempre creduto nelle sue capacità nonostante tutto. Si abbandonò
con trasporto ad un bacio a cui da lì in poi si sarebbe sempre più
abituato, eppure sempre con la sua caratteristica innocenza, sempre,
sarebbe arrossito un po’.
Zazie gli prese il viso fra le mani, sorrise e lo guardò felice.
- Sapevo che ce l’avresti fatta. - Lag si ricordò della paura nel
separarsi da lui.
- Pensavo sarebbe stata l’ultima volta che ti avrei rivisto. -
Zazie sorrise e gli schiacciò la punta del naso con il dito.
- E dire che di solito sei tu quello positivo convinto che ce la
facciamo sempre! - Zazie aveva quel modo di risollevarlo e girare le
cose. Anche quelle che l’angosciavano. Zazie arrivava e lo prendeva in
giro e tutto assumeva un tono leggero, sopportabile, diverso.
Se aveva dei dubbi, Zazie glieli toglieva.
Se stava male, Zazie lo faceva sorridere.
Se non sapeva cosa fare, Zazie sì.
- Non avrei mai fatto niente senza di te! - Disse seguendo quel
pensiero, rimanendo seduto a terra accanto ad un Gauche che continuava
a dormire. Zazie rise e gli spettinò i capelli.
- Sei tu quello che ha staccato un’ala al cabernet! Io non l’ho nemmeno
scalfito! - Solitamente Zazie si auto celebrava per alleggerire le
situazioni, ma in quel caso con Lag non lo poteva fare.
- No dico davvero. Se non mi avessi ridato il proiettile lettera… è
stato grazie a quello che Gauche è tornato in sé in quel breve istante.
Io non avrei saputo che fare… e poi sempre, ogni volta che io mi perdo,
dubito, mi scoraggio arrivi tu e mi dai un pugno in testa e mi dici di
non pensare e di farlo e basta! Quante volte mi hai incoraggiato? Se
non ci fossi stato tu, tutte quelle volte, io… - Zazie decise di
sdrammatizzare sorridendo trionfante.
- Ebbene lo so, sono vitale. L’ho sempre detto! - Lag si rilassò e
smise di sentirsi in procinto di piangere di continuo.
- Grazie di esserci. - Disse poi dolcemente. Zazie gli fece
l’occhiolino e lo baciò di nuovo.
- Di niente. - Rispose per chiudere quel discorso imbarazzante.
Lag gli prese il viso con le mani e lo fermò lì avanti a lui ad un
soffio dalle labbra. Zazie sospese il respiro.
- Ti voglio bene, Zazie. Ti voglio bene in un modo che non so nemmeno
definire. - Zazie, piano, aggiunse.
- Come… come lo vuoi a Gauche e Silvet? - Lag ci pensò, poi deciso
scosse il capo.
- È diverso. È un bene grande per tutti, ma… ma gli altri non mi piace
quando mi baciano. - Con questo arrossì ed abbassò gli occhi
lasciandogli il viso. Zazie morì di tenerezza ed esplose nel sentirlo e
nel vederlo così timido e spontaneo.
Era così per lui.
- Allora sarà meglio che lo rifaccio… - Disse basso avvicinando il
viso, chinandolo di lato fino a che i loro occhi tornarono ad
incontrarsi, le labbra le une sulle altre. I fiati trattenuti. - Le
cose belle si devono fare tante volte, no? - Disse malizioso. Lag
arrossì e chiuse gli occhi abbandonandosi a quel bacio che voleva, come
aveva voluto gli altri che erano arrivati in contropiede ed
inaspettatamente.
Eppure naturali come una favola, come se fosse l’unica cosa giusta da
fare.
Si baciarono e Zazie fu più audace delle altre volte, gli diede un
bacio vero, uno di quelli che fermò il tempo per un momento togliendo
ogni dubbio su quel che provava uno per l’altro.
Quel volersi bene, andava decisamente oltre. Molto oltre. E lo sarebbe
andato ancora di gran lunga.
Connor si rimise in piedi ed andò con Sunny a Lament sperando che la
ragazza si riprendesse. Invece Zazie e Lag salirono sulla carrozza con
Gauche ancora svenuto. La carrozza faceva tappa a Pierce, una città
vicino. Lì Zazie sarebbe sceso per cercare il gaichu, mentre Lag e
Gauche sarebbero andati all’Alveare.
Nella carrozza i due rimasero ancora soli, seduti sulla panca di legno.
Zazie amava i gatti, ma non era tipo da troppe coccole, non era una
persona fisica nel senso appiccicosa. Però era entusiasta e rumorosa
quando c’erano occasioni particolari. Come ad esempio entrare in azione
per i gaichu, in quei casi si esaltava un sacco. Oppure quando rivedeva
Lag dopo un po’.
- Vorrei tornare con te all’Alveare, ma è più importante dare il colpo
di grazia al gaichu finché è ferito. -
- Sono preoccupato che ci vai da solo. - Disse infatti Lag col broncio.
Zazie ridacchiò schernendolo, colpendolo col piede che aveva alzato
sulla panca in una posa comoda e scomposta.
- Adesso che so che bisogna colpirlo alla base delle ali è diverso!
Vedrai che non avrò problemi! - Per lui era più importante mettere al
sicuro Lag, questo significava anche finire la minaccia numero uno, il
gaichu.
- Però non esagerare, se vedi che è troppo difficile torna indietro a
cercare aiuto! - Insistette Lag. Zazie rise mettendosi le mani dietro
la nuca.
- Promesso. - Lag si sentì meglio, mentre i due si guardavano felici
che quello non fosse stato l’ultimo sguardo.
Non avrebbero mai dimenticato i sentimenti provati in quei momenti.
- Sai… ho avuto paura. Ce l’ho tutte le volte che ci separiamo. E se
non ti rivedo? Come si fa? - Chiese smarrito Lag.
Lag sembrava forte perché andava sempre avanti e tentava il tutto per
tutto, ma la verità era che esitava e dubitava molte volte. A
spronarlo, tutte le volte era sempre Zazie, il quale senza il minimo
dubbio gli dava le risposte che lo tiravano su rafforzandolo davvero.
Zazie infatti si protese verso di lui, mise giù il piede e con aria
decisa gli carezzò il viso con un dito, sorridendo sicuro di sé.
- Per questo si vive il presente senza pensare al futuro e a cosa sarà
o non sarà. Si vive con tutte le forze possibile il momento, battendosi
ora, come se domani non ci fosse. - Lag rimase colpito da questa sua
filosofia di vita, qualcosa che non gli aveva mai sentito.
Però era vero, si disse rilassandosi.
Non poteva pensare sempre a cosa sarebbe stato, bisognava avere fede
nel presente, vivere quello che c’era lì. Lag gli prese la mano e
annullò la piccola distanza dandogli un dolce bacio, il primo di sua
iniziativa.
Zazie, sorpreso, lo subì di buon grado e lo guardò felice di vederlo
così meglio rispetto ad altre volte.
Zazie si appoggiò con la schiena alla carrozza allungando le gambe sul
sedile, Lag si girò verso Gauche di nuovo e sospirando si lasciò andare
giù steso, con la testa sulle gambe di Zazie che gli fece posto. Si
appollaiò sul suo grembo come uno dei gattini che cercavano coccole.
Zazie sorrise sorpreso, impacciato con i contatti così teneri, ma suo
malgrado gli carezzò la testa sistemandogli i capelli bianchi sulla
fronte.
- Sai, dai ricordi raccolti nelle mie ricerche, ho visto che Gauche e
la signorina Aria dovevano avere una relazione. O meglio lei ne era
innamorata, non so se lui la ricambiava. Però… pensavo… cosa deve
essere per lei o per chiunque fosse nel suo cuore, vedere che chi ami
ti ha dimenticato e lasciato così? L’ho sempre vista forte e sicura,
però chiaramente penso che soffra, ha un cuore gentile. - Zazie alzò le
spalle.
- La signorina Aria con Gauche? - Fece quasi scettico.
- Perché no? - Chiese Lag capendo che non ci credeva. Zazie alzò le
spalle.
- Non so, una sensazione. - Lag sorrise, di solito avevano motivo di
esserci.
- Però anche se stava con qualcun altro… beh, lui se ne è andato, ha
dimenticato tutto e tutti. Anche Silvet, per esempio. Fanno tutti i
forti, non ci pensano, vanno avanti sperando di rivederlo e che tutto
torni come prima… ed ora una speranza c’è, ma… cosa deve essere per chi
lo amava? - Zazie capì dove voleva andare a parare e continuò a
carezzarlo con la dolcezza inattesa che nessuno poteva vedere in lui se
non Lag.
- Stai pensando se succedesse a noi? -
Silenzio.
- Dopotutto potrebbe succedere. Quel gaichu, prima… ci era quasi
riuscito e quando tu mi hai detto di prendere Gauche e tornare
all’Alveare… - La sua voce si ruppe di nuovo e Zazie lo sollevò da sé
fino a farsi guardare in viso, con la sua solita aria sicura e decisa,
un sorriso incrollabile. Lag si sentì subito meglio.
- Rimarranno i ricordi in chi che non perde il cuore. Chi siamo rimarrà
vivo nell’altro. Quel che proviamo, lo vivrà l’altro per entrambi. E
anche se non dovesse più esserci speranza, vivremo ricordando quel che
avevamo, perché l’abbiamo vissuto a pieno, senza risparmiarci nulla,
senza rimpianti. - Zazie diede molta forza alle sue parole e Lag tornò
a stare meglio, come sempre. Sorrise in quella posizione a gattoni che
gli faceva vincere di nuovo il soprannome di ‘Bella gattina’ che gli
aveva dato Zazie.
- I sentimenti non muoiono. Anche se li dimentichiamo, una volta che
sono esistiti, in qualche modo, in qualcuno, in qualcosa esisteranno
sempre. - Aggiunse Lag riprendendosi. Zazie sorrise e gli rubò le
labbra di nuovo, come a suggellare quella specie di promessa che fece
anche a voce.
- Prometto che se dovessi perderlo tu il cuore… farò quello che stai
facendo tu per Gauche. Tenterò qualunque cosa. E mi aggrapperò a quello
che abbiamo ora, che vivremo con tutti noi stessi. -
Lag, con dolcezza:
- Con tutti noi stessi. - Promise a sua volta.
Una promessa come un eco che si agganciò ad un’altra.
L’eco del tempo che corse a rotta di collo all’indietro, intrecciandosi
in altri due destini simili, tristi, forse senza speranza o forse con
una luce che si era appena riaccesa.
Quell’eco risuonò a loro insaputa, mentre il vento riportò a Jiggy una
sensazione strana, senza motivo.
Come se quel giorno, tornando all’Alveare, l’avrebbe rivisto.
Poi una fitta fastidiosa che ricacciò oltre il proprio muro di gelo.
Gauche non c’era più.
Lag tornò a guardare Gauche che dormiva, poi tornò ad appoggiarsi su
Zazie sospirando, scaldandosi in quel torpore interiore che lo stava
ricaricando lentamente, dolcemente.
L’eco tornò.
Le promesse a volte si spezzavano, ma a volte si potevano mantenere.
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Capitolo 21 *** La promessa ***
la_proporzione_perfetta21
*
Inizia la terza parte della fic. Qua i protagonisti sono tutti e 4,
infatti le loro vicende si intrecciano, loro si intrecciano e
soprattutto seguiremo tutti e quattro. E' un po' la mia parte preferita
perchè non devo fare a meno di due e poi torna Gauche! Anche se
inizialmente, chi ha letto il manga lo sa, sarà Noir. Ad ogni modo
andiamo per gradi: Largo Lloyd non ha mai acceso una sigaretta, ma è
una cosa che Jiggy rivela solo nell'ultimo numero, perciò se prima
avevo parlato di sigarette fumate, era un mio errore. Che altro dire?
Spero che vi godiate il momento toccante. Largo dice a Jiggy che hanno
trovato Gauche. Buona lettura. Baci Akane*
PARTE TERZA
JIGGY COME ZAZIE, GAUCHE COME
LAG
21. LA PROMESSA
"I miei
occhi sono d'acqua
Lo specchio più
fedele
Intrepido nel
mio sussurro
Lacrima sul
fuoco
di una
confessione"
/Teardrop - Civil
Twilight/
Era abituato al buio, ma quel
giorno era particolarmente pressante, soffocante.
Jiggy era tornato all’Alveare a
fare rapporto a Largo Lloyd in persona circa i suoi svariati compiti
che faceva per conto suo.
Quel giorno c’era qualcosa di
strano, aveva avuto una sensazione durante la strada. Come se quella
sera, tornando lì, avrebbe rivisto Gauche. Poi l’aveva scacciata con la
razionalità tipica con cui faceva tutto.
Varcata la soglia sentì fermento.
Tutti i Bee non facevano che parlottare, ma non capiva cosa poteva
essere.
Era arrivato dopo il solito, l’ora
di chiusura dei turni era passata da un pezzo, i Bee cominciavano ad
andare a casa, così come gli impiegati. Però lo facevano parlando
strabiliati di qualcosa che non distingueva.
Jiggy se ne disinteressò, eppure
con una piccola parte di sé continuava a sentire, come se sapesse che
era importante.
Entrato nello studio di Lloyd, lui
era rivolto verso la grande finestra che dava su Central, la città
dell’Alveare, la provincia di Yusari.
Jiggy fece rapporto come al solito,
freddamente, scostante.
Era stato lui ad individuare un
predone sospetto e a comunicarlo al direttore il quale aveva mandato
Lag ad indagare a Blue Notes Blues.
Jiggy non l’aveva mai incontrato,
più volte ci era andato vicino e l’aveva cercato come a sentire che
lui, che quel marauder in particolare, era importante, era diverso.
L’aveva sempre sfiorato, ma Lloyd
l’aveva trovato per lui e portato lì.
Anzi.
Riportato.
Per lui, perché glielo aveva
promesso.
‘Il tuo cuore è sempre più
gelido.’, gli aveva detto un giorno nel corso di quei cinque anni.
‘Parli tu che sembri mister
ghiacciolo? Sorridi e fai il gentile, sembri avere a cuore tutti, ma ti
importa davvero?’ Aveva risposto acido Jiggy.
Lloyd aveva sorriso come sempre,
gentile ed enigmatico. Poi aveva detto:
‘Non so quanto mi ci vorrà, ma
prometto che te lo riporterò qua. Perciò non perdere la chiave per
aprire di nuovo il tuo cuore.’ Jiggy ormai non ci credeva più, perciò
disilluso aveva risposto.
‘Ormai non ci credo più, non serve
che ti sforzi. Per il mio cuore è tardi, non c’è una chiava per
riaprirlo. Gauche se l’è portata via.’
Solo con lui ne parlava, solo lui
sapeva. Lloyd ne sapeva molte di molti.
‘Non so in che condizioni sarà, non
so che Gauche Suede sarà. Ma te lo riporterò.’
Jiggy non aveva mai dimenticato
quella conversazione. Era una serata simile a quella.
Lloyd rivolto alla finestra, in
piedi, ascoltava il suo rapporto con voce gelida.
Come quella volta, si era voltato.
Come quella volta gli aveva sorriso gentile, con una luce enigmatica
nello sguardo.
Jiggy non aveva mai capito Lloyd,
perché aiutava gli altri, che tornaconto avesse. Però l’aveva sempre
fatto, apparentemente gratis. Aveva capito che non si poteva ottenere
tutte le risposte e che a volte bisognava solo accettare gli altri per
quello che erano.
Con lui era sempre stato giusto ed
in gamba. L’aveva aiutato molto. Il resto non contava.
- Ho io delle notizie per te. -
Disse con quel sorriso strano, la sigaretta spenta all’angolo della
bocca.
- Sarebbe? - Chiese Jiggy dritto, i
capelli spettinati sparati da tutte le parti, rossi. La cicatrice sotto
l’occhio.
- Ti ricordi la promessa che ti
feci? Te l’avrei riportato. - Jiggy non l’aveva mai dimenticata, anche
se non aveva voluto darci peso, sarebbe stato doloroso crederci.
Jiggy smise di respirare.
- È in infermeria. Il dottore sta
cercando di curarlo. È privo di sensi e non capiamo le sue effettive
condizioni. Ma troveremo un modo per aiutarlo. - Poi sorrise. -
Dopotutto è qua, no? -
Jiggy non sentì più il proprio
corpo, la sua bocca si mosse da sola alla ricerca di qualcosa di
razionale a cui aggrapparsi.
- Come… -
- Lag Seeing. - Rispose calmo. -
Gli ha sparato il proiettile lettera. Deve aver provocato qualcosa in
lui. Adesso vediamo se è possibile recuperare il suo cuore coi suoi
ricordi. Non voglio creare false illusioni, conosci meglio di me i
rischi e le possibilità, però è qua. Dopo cinque anni, è di nuovo qua.
- Con questo gli fece il cenno di andare a vederlo.
Jiggy non sapeva come muoversi, si
ritrovò a camminare come in un sogno, dimenticandosi del mondo esterno,
delle persone che scivolavano via intorno a lui.
Dimenticandosi di pensare.
Gauche era lì, Gauche era di nuovo
lì. Il suo Gauche era lì.
Se lo ripeteva come un forsennato,
la sola cosa che ripeteva.
I suoi piedi raggiunsero
l’infermeria dove il dottor Thunderland Jr stava prendendo le funzioni
vitali di un Gauche steso nel letto, privo di sensi, con un casco
carica cuore sul capo.
La pelle diafana, i capelli candidi
sparsi sul cuscino, un lenzuolo che mostrava solo il suo petto in una
canottiera bianca.
Il cuore cominciò a scoppiargli e
per un momento guardò se aveva in mano la pistola.
Non si stava controllando tanto
bene, come sempre.
Respirava? Camminava? Cosa stava
facendo?
Jiggy raggiunse il letto, il
dottore lo vide e si sorprese. Non l’aveva mai visto interessarsi a
nulla, vederlo lì lo shoccò.
Gli disse qualcosa, ma la sua voce
rimase lontana.
Poco dopo il silenzio, il vuoto
intorno a lui.
Jiggy realizzò che li aveva
lasciati soli.
Lo sguardo focalizzato sul suo viso
addormentato, la cicatrice piccola sotto l’occhio che gli aveva fatto
proprio Lag, si ricordava di quella volta. Quando era tornato a casa e
gli aveva parlato di quel bambino particolare. Quando l’aveva visto
anche lui, gli era sembrato di essere lì con Gauche di nuovo.
Aveva provato un enorme desiderio
di far parte della vita di quel bambino, al contrario di come invece
era uscito da quella di Silvet per far sì che crescesse forte. O forse
per non sentire troppo la mancanza di Gauche. Vederla, essere in quella
casa… non sarebbe andato avanti, non ce l’avrebbe fatta. Si sarebbe
indebolito e lui aveva bisogno di essere forte, per trovarlo e
realizzare i suoi obiettivi.
Ed invece con Lag Seeing aveva
voluto rivederlo, anche se poi non l’aveva mai fatto.
Era sciupato, ma era lui.
Inconfondibilmente lui. Lo sfiorò
sul petto scostandogli il lenzuolo dove vide le molte cicatrici che
aveva in più spuntare dall’indumento sottile che indossava.
Erano aumentate, come le proprie.
La vita era andata avanti, ma a che
prezzo?
La sensazione della sua pelle
ruvida e fredda sotto le dita lo scosse di nuovo, gli occhi gli si
offuscarono.
Cosa stava facendo? Cosa stava
provando?
Cosa stava vivendo?
Vide delle gocce scendere sulla
pelle di Gauche, le toccò, alzò le mani e se le guardò.
Lacrime.
- Sto piangendo? - Si chiese roco.
Si toccò le guance. Bagnate. Stava piangendo. Dio, stava piangendo ora
dopo una vita passata ad ingoiare dolore e difficoltà? Quando era
scomparso Gauche non una lacrima, quando aveva dimenticato la madre non
una lacrima, quando Jiggy stesso aveva perso il padre non una lacrima.
Ed ora che Gauche era di nuovo lì,
piangeva.
Sentì le proprie forze venirgli a
meno, così si sedette sul bordo del letto e appoggiando i gomiti ai
lati di Gauche, strinse i pugni vicino alla sua testa, gli prese i
capelli lunghi, bianchi, strinse e si chinò su di lui poggiando la
fronte alla sua. Le lacrime non gli permettevano più di vedere. Ma le
labbra si posarono sulle sue inanimate, fredde, immobili.
Respirava, il cuore batteva,
flebile. Era vivo. Non aveva idea in quali condizioni, ma era lui. Era
lui ed era vivo.
Aveva passato gli anni senza avere
sue notizie, poi improvvisamente aveva avvistato e sentito di un
marauder di Reverse su al nord. Aveva cercato di incontrarlo, con la
sensazione che fosse importante trovarlo di persona. Non ci era mai
riuscito.
Ma forse l’unico in grado di fare
qualcosa era stato proprio Lag, per il suo particolare potere di
rivelare il cuore degli oggetti, delle persone.
Forse in qualche modo le loro vite
erano intrecciate ed indissolubili, ognuno col proprio ruolo, ognuno
col proprio scopo.
Forse, in qualche modo, andava bene
così.
Non avrebbe più separato le sue
labbra, sarebbe rimasto lì su di lui per sempre.
Ma un rumore alla porta lo riportò
alla realtà, bruscamente.
Sobbalzò e si alzò, si asciugò in
fretta gli occhi, sfiorò di nuovo la mano di Gauche e prendendo
respiro, andò verso la porta aprendola lui stesso.
In viso di nuovo l’espressione
indifferente, i modi sicuri.
Il dottore lo guardava curioso:
- Lag sta venendo con Silvet. -
Avvertì come se intuisse che non volesse farsi trovare lì mentre
c’erano altri.
Jiggy annuì.
- Ci sono speranze? - Chiese
freddamente, sperando non si capisse quanto contava quella risposta. Il
dottore sospirò e si strinse nelle spalle.
- Non lo so, Jiggy. Il fatto che
sia qua vivo in qualche modo è già molto più di quello che per anni
abbiamo osato sperare. Però non ti nascondo che è difficilissimo che
recuperi la memoria. Quella volta non c’è stato verso di
restituirgliela, no? Ricordo che i dottori fecero di tutto, ma sua
madre la perse per sempre. Non voglio creare illusioni per nessuno.
Finché non si sveglia, non posso azzardare ipotesi. Potrebbe recuperare
qualcosa, potrebbe usare i ricordi immessi da Lag per interpretare
Gauche… potrebbe non cambiare niente… io non lo so. Finché non si
sveglia… - Jiggy annuì, strinse i pugni, indurì il respiro e lo
sguardo, poi andò via dritto per la sua strada, uscendo da lì,
sperando, pregando dentro di sé che l’universo gli regalasse un secondo
miracolo.
Scendendo le scale incrociò Lag che
aiutava Silvet a salire con la carrozzina, aiutato da altre persone. Lo
salutò, Jiggy sorrise fugace, grato per la sua piccola grande impresa.
Stava parlando a Silvet spiegando
che senza Zazie non ce l’avrebbe mai fatta, che lui era stato
essenziale, perché ad un certo punto aveva perso il proiettile e la
speranza e lui glielo aveva riportato dicendo che ce l’avrebbe fatta, e
l’aveva aiutato anche contro il cabernet mentre gli permetteva di
recuperare Gauche privo di sensi.
Jiggy si sentì più leggero.
Quel Lag poteva fare miracoli,
evidentemente. Forse gli riuscivano perché non era solo a tentarli.
“Zazie, eh? Vuoi vedere che è QUEL
Zazie?”
Pensandolo, uscì e tornò a casa.
Per una sera sarebbe riuscito a
dormire abbastanza bene. Per una notte, la campana della speranza
avrebbe suonato per lui.
Zazie era tornato senza successo.
Fatto rapporto al direttore Lloyd,
aveva parlato delle sue impressioni e delle varie possibilità, poi era
uscito congedandosi.
Stava andando da Lag quando lo
incontrò che usciva dall’infermeria.
- Hai finito le consegne? - Chiese
avendo saputo che aveva fatto consegne anche lui nonostante Gauche non
si fosse ancora svegliato. Lag quando lo vide sorrise.
- Sì. Sono passato a vedere come
sta Gauche, ma non ci sono cambiamenti. - Disse poi.
- Bisogna avere pazienza, eh? -
Cercava di essere tranquillo anche Zazie anche se si sentiva strano
all’idea che ora Gauche fosse lì, l’idolo di Lag.
Anche se poi bisognava vedere come
si svegliava.
- Senti, devo andare a casa a
lavare la divisa e mangiare qualcosa, ti va di farmi compagnia? Lavo
anche la tua! - Chiese Lag con un’aria imbarazzata e quasi di scuse.
Zazie si ravvivò subito e con un’espressione maliziosa annuì.
- E me la togli tu, bella gattina?
- Chiese ironico.
Lag avvampò e roteò gli occhi in
alto dandogli un pugno sul braccio.
- Ma la smetti di chiamarmi così? -
- No, stavi così bene vestito da
donna… - Lag sbuffò sentendosi svirilizzato, cosa che di solito non gli
faceva problemi ma lì con lui sì.
Zazie lo circondò col braccio
stringendoselo a sé.
- E va bene, ti faccio compagnia.
Ma solo se ti tolgo io i vestiti! - Commentò sempre malizioso, in pieno
suo stile. Lag era sempre un po’ imbarazzato, ma gli piaceva quando
faceva così. Sdrammatizzava. Alleggeriva una situazione potenzialmente
pesante e strana.
Cosa erano? Una coppia?
Era difficile da dire… comunque
stavano insieme, questo era tutto quel che contava.
- E Silvet? - Chiese poi Zazie
uscendo dall’Alveare.
- È lì, non si stacca da suo
fratello. Ha detto che è tornata un attimo a casa e mi ha preparato la
cena. - Zazie sorrise.
- Anche se c’è suo fratello, pensa
sempre a te, eh? - Lag si strinse nelle spalle con aria un po’ generica.
- Mi vede come suo fratello, l’ho
sostituito per molto tempo… - Lag piegò la testa e si rivolse a lui. -
Sei geloso? - Fece poi improvviso. Era un’impressione che aveva avuto
da molto, non aveva mai avuto il coraggio di esprimerlo, poi sentendolo
irrigidirsi perché lui non glielo chiedeva scherzando, ma serio,
aggiunse ridacchiando rosso in viso: - Ammetto che io un po’ lo sono
quando parti in quarta per il signor Jiggy. Diventi di mille colori,
gli occhi ti brillano! -
Spiegò col cuore in gola,
spaventato dal fatto che Zazie potesse prendersela.
- Ti secca se andiamo a casa mia?
Ho i gatti da dar da mangiare. - Gatti che magicamente apparivano anche
all’Alveare durante le riunioni coi Bee. Non quelli di casa sua, ma
probabilmente tutti i gatti del vicinato. Si arrampicavano su Zazie e
stavano con lui.
- Ma la cena di Silvet… - Disse Lag
incerto.
- La zuppa super schifosa? La vuoi
proprio? - Lag rise.
- No, in effetti salterei
volentieri… è solo che non vorrei che ci rimanesse male… - Zazie alzò
le spalle.
- Passerai a buttarla via di
nascosto! - Disse con la sua tipica cattiveria.
- Oh andiamo, non potrei mai! -
- Allora lo farò io al tuo posto! -
I due continuarono a scherzare,
alleggerendo ulteriormente un’atmosfera sempre sul filo, da quando la
questione di Gauche era diventata così gigantesca.
Gauche, Reverse, la rivoluzione, il
Cabernet…
E poi i sentimenti…
Zazie aprì la porta di casa e i
quattro piccoli gatti l’attaccarono affamati, miagolando a lungo ed
incessantemente, si arrampicarono su di lui e gli rimasero addosso
mentre lui faceva finta di niente, con Lag che rideva.
Una volta in casa si diedero da
fare, Lag per le divise e Zazie per le cene di tutti, animali compresi.
Niche e Wasiolka mangiarono poi si
accoccolarono insieme per terra, le due erano molto legate e si
adoravano, specie perché Niche capiva gli animali e parlava il loro
linguaggio.
Ben presto Lag e Zazie rimasero
soli, con le pance piene. Lag si mise a sistemare la cucina in
pantaloncini e canottiera, lo stesso vestiario di Zazie in quel
momento.
- Dormi qua? - Lag lo guardò
sorpreso, ricordandosi improvvisamente di quello strano rapporto nato
non da molto fra loro e di cosa significava passare la notte insieme.
Avvampò.
- Devi mica andare dal signor
Gauche? Tanto se si sveglia ti chiamano! - Disse brusco Zazie col
broncio, vedendo che se la stava prendendo, Lag si affrettò ad
accettare.
- Va bene, dormo qua per stanotte.
Devo riprendere le forze… -
Zazie sorrise vittorioso
illuminandosi tutto, poi lo prese per la canottiera e se lo tirò poco
gentilmente in camera dove si buttò con lui sul letto e chiudendo la
luce lo abbracciò da dietro, come fosse il suo peluche.
Lag si lasciò fare, rimase lì fra
le sue braccia, contro il suo petto, a guardare il buio davanti a sé
prendere forma. Si concentrò sul suono del suo cuore che sentiva contro
la schiena, mentre il calore della loro pelle e del loro abbraccio lo
riscaldava facendolo stare bene.
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Capitolo 22 *** Innocente e puro ***
la_proporzione_perfetta22
*Ecco un nuovo capitolo, anche
questo è diviso in due, uno su Lag e Zazie ed un altro su Jiggy e
Gauche. Per il momento è la prima coppia a darci delle gioie, gioie
molto tenere e cucciolose. Affrontare l'argomento intimità con loro è
stato parecchio complicato, spero di essermi giostrata abbastanza bene.
Per gli altri due invece bisogna avere pazienza, Gauche è ancora
addormentato e Jiggy non se la passa ancora bene. Nel frattempo ho
accennato a quello che nel manga, a livello di trama, succede realmente
intorno a loro. Buona lettura. Baci Akane*
22. INNOCENTE E PURO
"Avanti
ora prova a capire Il modo in cui mi sento Quando sono nelle
tue mani Prendi la mia mano vieni al riparo Loro non possono ferirti
adesso Perché
la notte appartiene agli amanti Perché la notte appartiene al
desiderio Perché la notte appartiene agli amanti Perché la notte
appartiene a noi"
/Because the night - Patty Smith/
- Senti Zazie… ma ti dà fastidio se
mi preoccupo di Gauche, se mi prendo cura di lui come posso? - Tornò
sull’argomento di cui poi non avevano parlato e Zazie sospirò capendo
che non poteva scapparne. Le sue mani sul petto di Lag continuavano a
carezzarlo, mentre le gambe rimanevano agganciate intorno alle sue,
come bloccandolo.
Il broncio.
- No, non mi dà fastidio… è solo…
beh, vorrei essere io il centro di tutti i tuoi pensieri, invece è il
signor Gauche. Tutto lì. -
Lag si aggrottò.
- In altre parole sei geloso! -
Zazie saltò subito su raddrizzando la testa, ma non lo mollò ovviamente.
- E anche tu lo sei del
signor Jiggy! - Replicò come per non mettersi da solo in una posizione
scomoda.
Lag avvampò poi sospirò
ammettendolo.
- Siamo gelosi. - Zazie si calmò di
nuovo e le mani cominciarono a scendere furbe, il più giovane continuò
il proprio discorso. - È una cosa bella? Vuol dire che ci vogliamo
tanto bene… pensiamo sempre uno all’altro, oltre che… al signor Jiggy e
a Gauche… - Espresse il pensiero ad alta voce, mentre Zazie finiva con
la mano sulla sua pancia liscia, sotto la canottiera intima. Lag
sospirò di sorpresa e piacere ai brividi che gli trasmetteva, mentre
con le labbra Zazie andò a parlargli all’orecchio, scivolando sul
collo, sfiorandoglielo come se lo carezzasse. Lag si immobilizzò, pieno
di scariche elettriche.
- Cosa provi per Gauche? - Chiese
in un sussurro.
Lag trovava difficile rispondergli
con la sua bocca e la sua mano che gli facevano quelle cose che non
aveva mai provato.
- Mi ha salvato la vita da piccolo.
Quando gli uomini cattivi sono venuti a prendere la mia mamma per
portarla alla capitale, sono rimasto solo. Lui è arrivato, mi ha preso
e mi ha portato dalla zia Sabrina che mi ha cresciuto come un figlio
finché non sono diventato Bee e sono venuto qua. Gauche mi ha salvato
la vita, mi ha fatto capire cosa volevo diventare. Lui. Ero una
lettera, per lui, ma ha rischiato la vita per me, l’avrebbe data e solo
per consegnarmi. Perché ero il cuore di qualcuno, il cuore della mia
mamma. Mi ha insegnato come bisogna essere. Forti e gentili. Se sono
quello che sono lo devo a lui, quando ho dei dubbi penso a cosa farebbe
Gauche. - Zazie non era meno geloso, però poteva capire meglio il suo
sentimento perché era uguale a quello che nutriva lui per Jiggy.
- Anche per me è una cosa simile.
Jiggy… non ricordo molto di lui, ricordo il suo nome e la sua voce che
mi diceva di diventare forte da solo, senza nessuno. E di cercare le
cose belle nella vita, di non arrendermi a nessun costo. Fissare
l’obiettivo e vivere per quello. Senza di lui non so, forse sarei
rimasto a piangermi addosso. Perdere i miei in quel modo è stata dura,
ha dato il via ad una serie di situazioni brutte, non è stato facile e…
beh, quando pensavo a chi volevo diventare, pensavo Jiggy Pepper.
Perché lui è forte e combatte i gaichu. -
Lag fece il broncio.
- Però tu arrossisci quando si
parla di lui… e dici che è figo e… - Zazie rise contro il suo collo,
baciandolo, mentre la mano andò giù sotto i suoi pantaloncini.
- Ma che carino che sei così
geloso! Guarda che per me ci sei solo tu! - Disse facendo squittire Lag
per l’intraprendenza improvvisa.
- Zazie! Ma che fai!? - Disse
stridulo cercando di fermare la sua mano che faceva festa da solo.
Zazie ridendo non si fermò.
- Ti dimostro che per me sei
l’unico! L’unico che amo alla follia e che voglio sempre per me! -
Rispose con il suo tipico fare possessivo.
Lag tentò di opporsi,
imbarazzatissimo, però alla fine l’insistenza di Zazie vinse grazie al
piacere inevitabile che scaturì da quei gesti intimi.
Lentamente si arrese, lasciandolo
fare. Mentre sempre rosso in viso, chiudeva gli occhi e si abbandonava
a quelle sensazioni incredibili e nuove.
Il piacere esplose con il suo
occhio di pietra spirituale che iniziò a brillare rosso vivo nella
stanza. Questo bloccò immediatamente Zazie che pensò di vederlo
esplodere in mille stelline luminose.
Lag ebbe il suo primo orgasmo, ma
Zazie si spaventò rimanendo a secco del medesimo piacere.
In quel momento ebbe una strana
impressione.
“Sembra come una pistola sparacuore
sempre in procinto di caricarsi ed attivarsi. Se prova qualcosa di
troppo forte, quell’affare nell’occhio si attiva. E se non si dovesse
fermare? Se non dovesse più calmarsi? Quella pietra cosa farebbe? Cosa
succederebbe? Un conto è se si attiva con la pistola in mano, la
pistola spara. Ma quando si attiva senza alcuno strumento, che fa poi?
Prima quando si combatteva contro il cabernet e contro Gauche e Lode…
lui si è illuminato tutto in questo modo, la sua pietra nell’occhio ha
iniziato a fare questa cosa… ha assorbito il colpo ricevuto, ha
annullato il proiettile… ma cosa significa? Devo preoccuparmi per lui?”
Zazie iniziò a realizzare che in
Lag c’era davvero molto più di quello che appariva.
Non disse nulla, sorrise malizioso,
se lo girò posizionandolo supino e guardandolo con la testa appoggiata
al braccio piegato accanto a lui, gli carezzò sicuro di sé il viso
controllando che l’occhio fosse tornato a posto.
- Convinto? - Lag lo guardò
smarrito.
- Eh? -
- Mi dicevi perché arrossisco col
signor Jiggy… pensi ancora che mi piaccia più di te? - Lag si morse il
labbro, non sapendo come gestire quelle cose da grandi.
- Beh io ora… sono confuso… non ho
mai provato cose simile e… - Zazie rise e gli baciò la guancia
accoccolandosi accanto a lui.
- Non ti chiederò di ricambiare se
non ti va. Voglio che tu faccia quello che ti senti. E non andrò oltre
finché non ti sentirai pronto. Sei così innocente e pure che forse è
sbagliato sporcarti, no? - Lo disse senza avere idea di averlo pensato,
ma poi realizzò che era vero.
Innocente e puro.
Era questo Lag, forse era questo
che lo bloccava e che lo faceva esplodere di luce in certi momenti.
Forse era sbagliato fargli provare cose da grandi, pensò.
Forse Lag doveva rimanere così come
era, innocente e puro.
Lag si voltò sul fianco e nascose
il viso contro di lui.
- Mi è piaciuto. È stato strano ed
intenso, la prima volta che provavo fisicamente una cosa così bella che
poi è stata anche emotivamente incredibile. Bellissimo… - Poi la voce
si impastò e scemò nel sonno. - La prossima volta voglio che lo provi
anche tu… - Zazie sorrise. - … perché è davvero meraviglioso… -
Dopo di questo Lag si addormentò e
Zazie sospirò di sollievo.
Non l’aveva macchiato, non l’aveva
rovinato. Anche se ora rimaneva con la voglia anche lui.
Dopotutto era l’età in cui gli
ormoni partivano a mille immettendo una voglia matta di provare certe
cose, la curiosità, sperimentare, viverle.
Era l’età in cui si cominciava a
pensarci, a volerlo. Per lo meno per Zazie. Forse per Lag era un po’
presto.
“Magari aspetto che sia più pronto…”
E con questo incredibile riguardo
che Zazie non avrebbe certo potuto avere per nessun altro, si
addormentò anche lui.
Non sapeva cosa pensare, ma era
bello e basta. Poteva anche semplicemente viverlo.
Jiggy sentì il rintocco della notte
fonda, così si alzò, si preparò e senza usare la moto per non farsi
sentire da tutti quanti, andò all’Alveare.
Allontanarsi dalla casa di Gauche
era stato un modo per allontanarsi da tutto quello che glielo
ricordava.
“Se non guardi i luoghi dove sei
stato con lui, se non guardi gli oggetti che ha usato tanto, se non
stai con le persone con cui lui stava, lentamente il sentimento si
offusca. È come se te lo dimenticassi. Se non avessi fatto questo non
sarei sopravvissuto al dolore. Adesso sono gelido, come dice Lloyd,
però sono ancora vivo e non sono crollato. È stata pura sopravvivenza.”
Silenzioso entrò nell’Alveare, si
guardò intorno. Era tutto vuoto e buio.
Piano salì le scale e senza
incrociare nessuno fece capolino nell’infermeria.
Silvet era lì, ma dormiva nella sua
sedia, dall’altra parte del letto.
La guardò.
Non l’aveva voluta vedere nemmeno
una volta, dopo che Gauche se ne era andato. Lei non sapeva del
rapporto che li legava, quando aveva frequentato casa era troppo
piccola, poi avevano iniziato a stare insieme al di fuori, o a casa
propria.
“Però è cresciuta bene, vive la sua
condizione svantaggiata con forza e coraggio. Era sola, ma se l’è
cavata bene, si è rinforzata.”
Era il suo modo di vedere le cose.
Lo sguardo tornò subito su Gauche,
addormentato.
Indossava ancora la canottiera
bianca ed il casco e delle flebo attaccate al braccio, il misuratore di
cuore indicava che c’era ancora riserva, che non era esaurito.
“Perché non si sveglia?”
Si chiese senza poterlo chiedere a
nessuno.
Sospirando gli prese una mano fra
le proprie e strinse, la sollevò e gliela baciò, poi si sedette sul
bordo del letto e rimase a vegliarlo per il resto della notte, pensando
che così forse il proprio cuore potesse infondersi in Gauche e
svegliarsi.
“Se solo funzionasse così. Se solo
un tocco, la forza del pensiero, potesse trasferire la propria energia
ad un altro. Invece solo se hai un certo tipo di potere, ma solo grazie
ad una pietra, uno strumento adeguato e ad una predisposizione
naturale. Come Aria. Lei ha queste caratteristiche. Lo fa. Però
evidentemente non è sufficiente. Io vorrei solo che da queste mie mani,
il mio cuore passasse a lui, che Gauche si svegliasse e tornasse quello
che era prima che sparisse.”
Jiggy rimase ad osservarlo a lungo,
pensando a lui, a loro. A quanto l’aveva cercato, ai ricordi più belli
insieme, a cosa aveva significato la loro relazione, come l’aveva
cambiato, in meglio? In peggio?
Jiggy non riusciva a capirlo. Ma
ora stare lì e sperare in un risveglio, in un miracolo… era peggio di
quando lo cercava in giro per il mondo senza successo.
L’aveva creduto morto, si era
adeguato. Ed ora era lì, con un altro nome, senza ricordi.
“Quella volta ho accettato il
Gauche che non ricordava sua madre. L’ho preso com’era, l’ho accettato
com’era. Ma ora non ricorda nulla. Sarebbe sempre il mio Gauche? Cosa
lo rende il mio Gauche? I ricordi? Sono quelli che gli danno il
carattere, la personalità che amavo? Sono il vissuto che plasma la
persona o è la persona che plasma i ricordi?
Se ora si sveglia senza memoria e
non la recuperasse mai… sarebbe sempre lui? La sua persona, la
personalità, i modi di essere, ciò che mi ha fatto innamorare, ci
sarebbe ancora?”
Jiggy rimase a pensarci senza
risposta, poi sentì il rintocco del mattino, sospirò, si alzò, si chinò
e lo baciò dolcemente sulla bocca. Lo carezzò.
Poi se ne andò silenzioso, come era
arrivato. Come un fantasma.
Nella mente fece risuonare la
campana della sua città, la campana che aveva fatto costruire per le
preghiere.
La fece suonare con la mente e
accompagnò al suono la sua richiesta al Cielo.
“Che si svegli e stia bene. Solo
che si svegli e stia bene e possa vivere ancora sereno. Che possa
essere ancora felice. Non importa come e con chi e cosa ricorderà. Con
o senza di me non importa. Solo che si svegli, che stia bene e che sia
ancora felice.”
La sua preghiera volò al Cielo e si
unì a quella di molte altre persone che pregavano per lui nella
speranza di rivederlo di nuovo.
Il ritrovamento di Gauche, anche
seppure nelle sembianze di Noir, aveva dato il via ad una serie di
eventi destinati ad andare in crescendo sempre più, purtroppo non
avevano la benché minima idea di dove si sarebbero spinti, pur senza
volerlo.
Un destino che faceva girare la
ruota in modi misteriosi, intrecciando le vite di persone che
apparentemente avevano poco a che fare le une con le altre. O forse
molto più di quello che si poteva sembrare.
Un intreccio unico nel suo genere.
In qualche modo le cose erano già
scritte, in qualche modo il sentiero era già tracciato.
In qualche modo Gauche era stato
destinato ad andare nella Capitale, perdere il cuore nella Luce,
scomparire, essere ritrovato e riportato all’Alveare.
In qualche modo, tutto quello che
era successo anche dopo, era importante per l’umanità.
Seppure sembrasse crudele e
grottesco, una storia scritta da un sadico, probabilmente.
All’Alveare vennero due inviati
statali con il compito di attestare le voci che giravano. In
particolare quelle che volevano il ricercato Bee, Gauche Suede, tornato
all’ovile.
Garrard e Valentine. Ex Bee, uno
dei più famosi, insieme al suo dingo, un uomo barbuto, eccentrico,
caotico e molto forte, estremamente legato al suo ormai non più Bee.
Garrard prese in breve il comando
della situazione e vedendo molte infrazioni e azioni losche da
verificare, come prima cosa destituì il direttore Largo Lloyd dal suo
ruolo, sostituendosi ad esso momentaneamente. Poi rifilò Lag alle Cold
Letter, come in una sorta di retrocessione. Infine spedì Zazie alla
caccia del Cabernet con l’ordine di non tornare all’Alveare senza il
grande gaichu che ancora minacciava il mondo.
Dopo di che, ordinò al dottore di
rimettere in sesto Suede perché una volta sveglio avrebbe dovuto
portarlo alla Capitale, per il giudizio che l’aspettava con l’accusa di
diserzione.
Gauche Suede era scappato nella
funzione dei suoi doveri, senza lasciare spiegazione. Era il grande
ricercato.
Tutto questo ebbe un certo esito
sulle vicende successive.
Sebbene la destituzione di Lloyd
sembrasse crudele, così come tutte le altre mosse di Garrard,
successivamente si sarebbe rivelato l’unico vero alleato contro un
Governo che usava i Bee per i loro comodi da ormai fin troppi anni. Un
Governo che teneva dei segreti inenarrabili che ormai era ora di
svelare per poter rimediare.
Era ora di fermare l’organo
mondiale che metteva in ginocchio la povera gente.
Fu per questo che Garrard sollevò
Lloyd dal suo incarico, perché lui aveva un ruolo troppo importante in
quella storia, un ruolo che non avrebbe potuto ricoprire rimanendo
legato alla sedia dell’Alveare.
Gauche continuava a non dare cenni
di ripresa, Thunderland Jr non sapeva cosa fare, aveva tentato un po’
tutto.
Quella mattina Aria gli portò un
febbricitante Lag, lo mise nel letto accanto a Gauche e mise anche a
lui un casco che ricaricava il cuore.
Lag aveva dato fondo a troppo cuore
dopo il nuovo incarico di Cold Letter, le lettere mai consegnate per
svariati motivi che lui una ad una stava riuscendo a recapitare.
Purtroppo il suo cuore non aveva
retto e aveva dovuto arrendersi alle cure del dottore.
Stava parlando con lui circa il
giorno del balenio ed i ricordi di Gauche sottratti in quell’occasione.
Il pezzo di cuore che era stato divorato dal sole. Quello non era stato
l’unico, il dottore disse a Lag che anche lui aveva dimenticato delle
cose lo stesso giorno e pareva non essere stato l’unico ad avere
conseguenze anche più catastrofiche.
Quel giorno, infatti, era stata
fissata una missione di manutenzione per il sole artificiale, durante
il volo di un dirigibile con a bordo diverse persone fra cui il dottore
stesso, alcuni Bee, dei tecnici addetti ai lavori e un esponente del
governo.
Il sole aveva iniziato a balenare e
mentre si accendeva e spegneva, il dirigibile cadeva. I danni che
provocò specie ad alcuni di loro furono inenarrabili e permanenti,
alcuni persero un pezzo di cuore, altri lo persero del tutto. Molti
però riportarono danni fisici notevoli.
Il balenio lasciò il segno per
sempre in molti.
Lag realizzò che quel sole doveva
avere un segreto dietro di sé ben più grande di quello che loro,
semplici persone, potevano immaginare.
Capendo con una piccola parte di sé
che doveva essere colpevole e responsabile in qualche modo delle
condizioni di Gauche, poiché lui era stato nella capitale e quindi
nella Luce, il suo cuore iniziò a caricarsi tramite l’ambra dell’occhio
che cominciò a brillare.
Il dottore cercò di calmarlo, ma
purtroppo l’ambra continuò a brillare sempre più del suo tipico rosso
acceso, come se dovesse sparare un proiettile, come in alcune altre
occasioni era successo. Quando si emozionava troppo, quando i suoi
sentimenti erano talmente grandi da non poter essere contenuti dal suo
piccolo corpo di dodicenne.
Il misuratore di cuore andò oltre
il limite massimo senza il minimo cenno di normalizzazione. Il dottore
iniziò a preoccuparsi, non sapendo cosa fare per riportarlo alla
normalità.
Lui infatti aveva il problema
opposto di Gauche. Se Gauche aveva poco cuore, Lag ne aveva troppo.
- Così esploderà! - Esclamò agitato.
Fu esattamente lì che tutto cambiò
di nuovo.
O meglio, che l’ingranaggio
momentaneamente inceppato, riprese a girare e muoversi.
La ruota tornò ad avviarsi a pieno
ritmo, e mentre il piccolo era in uno stato di trance, iper caricato di
un’energia strabiliante proprio lì accanto a Gauche, sognò di paesaggi
bianchi mai visti e scenari ben lontani da lì, che altri occhi avevano
vissuto, non i suoi.
Silvet arrivò in quel momento e
assistette ad un Lag in sovraccarico e ad un dottore preoccupato che
non sapeva come calmarlo.
Lag si illuminò e dalla sua luce
uscirono le finestre dei suoi ricordi, visibili ai presenti.
Ricordi di Lag, ma anche ricordi
non suoi, di persone e scenari che non poteva aver mai visto, perché
illuminati dalla luce.
Immagini della capitale.
E in aggiunta, finestre oscurate,
bloccate, ricordi in attesa di essere sbloccati e ricordati.
Fu allora che il dottore iniziò a
realizzare che in Lag doveva esserci ben altro, oltre che un’ambra
spirituale al posto dell’occhio sinistro.
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Capitolo 23 *** Lo seguirei lo stesso ***
la_proporzione_perfetta23
*Ecco il nuovo capitolo. Si
riferisce in modo piuttosto preciso e dettagliato agli eventi del
manga, quando Noir si sveglia e nel frattempo Largo Lloyd chiede a
Jiggy si aiutare Zazie a far fuori il Cabernet, il grande gaichu, che
vola verso la capitale. Le cose che descrivo sono le stesse dal manga,
ma approfondisco il loro punto di vista e come si sono sentiti. In due
parole, qua abbiamo Lag e Gauche all'inizio e Zazie e Jiggy alla
fine! Buona lettura. Baci Akane*
23. LO SEGUIREI LO STESSO
"Posso dirti perchè la gente muore sola
Posso dirti perché La
gente impazzisce Posso mostrarti come Puoi fare lo stesso Posso dirti
perché La fine non arriverà mai Posso dirti che sono Un'ombra sul sole
Forme di ogni grandezza Si muovono dietro i miei occhi Porte nella mia
testa Sigillate dall'interno Ogni goccia di fiamma Illumina una candela
Ricordi di colui Che vive nella mia pelle."
/Shadow on the sun - Audioslave/
Dopo l’esplosione, la luce si
quietò improvvisa, come un boato che devasta e poi lascia la pace ed il
silenzio più assordanti.
Il misuratore di cuore tornò a dei
livelli accettabili, l’occhio si spense e Lag smise di vibrare.
- Si è stabilizzato… - Disse il
dottore sorpreso guardando il bambino.
Silvet si avvicinò agitata
chiamandolo ed in quello lui si voltò e la vide, era sveglio,
cosciente, la vedeva. Era di nuovo lì.
Sudato, ansimante, arrossato per la
fatica e la febbre, ma lì.
Lag la guardò con aria sconvolta,
poi faticosamente parlò:
- Ho appena fatto un sogno molto
lungo… ho visto il paesaggio nostalgico di questo mondo così bello…
tanto… tanto tempo fa… -
- Dottore… - Chiamò alle loro
spalle una voce flebile ed incerta.
Il dottore si voltò e spalancò
l’unico occhio che gli era rimasto, poiché l’altro era stato strappato
via nel giorno del balenio.
Incredulo. Shockato.
Anche Silvet e Lag si voltarono a
guardare e quel che videro li lasciò sconvolti al suo pari.
Gauche era seduto sul letto,
sveglio, e li guardava.
I piedi appoggiati a terra, il
lenzuolo scostato, la biancheria intima addosso, i capelli bianchi
lunghi fino al collo tutti spettinati, l’aria provata, un po’ spenta.
Ma lui lì, sveglio.
I suoi occhi viola si posarono
sulla sorella e la riconobbero.
- Silvet. - La chiamò calmo.
Il tempo si fermò, nessuno fiatava,
nessuno osava nemmeno pensare.
Fu lei la prima a reagire, sebbene
fosse sotto shock come gli altri.
Cinque lunghi anni ad aspettare
quel momento, il momento di poterlo riabbracciare, ed ora era lì,
sveglio, la guardava e la riconosceva.
Corse con la carrozzina da lui, si
precipitò oltre e si aggrappò a lui che la prese e la strinse con
dolcezza, sorridendo dolcemente e, dolcemente, carezzandola.
- Sei diventata grande, Silvet. -
Mormorò con la sua tipica delicatezza. qualcosa che Noir non aveva mai
avuto in nessuna occasione.
Solo in un breve momento, quando
l’aveva aiutato a ferire il Cabernet per potersi liberare. Quando in
quel momento Gauche aveva chiamato Lag per nome, l’aveva fatto col suo
tono. Quello lì.
Il tono gentile.
Il dottore era stordito quanto gli
altri, convinto che anche se si fosse svegliato sarebbe sempre stato
nei panni di Noir, ovvero senza memoria.
- Gauche… - Mormorò Lag nel letto,
incredulo, incapace di capire, di reagire. I sentimenti, le emozioni
bloccate per un lunghissimo proverbiale momento.
Poi Gauche lo guardò, sorrise
dolcemente e lo chiamò per nome.
Di nuovo.
- Sei Lag Seeing vero? Volevo tanto
incontrarti… - Con quel sorriso, con quella gentilezza, con quell’aria
un po’ nostalgica e sempre un po’ stanca, ma dolce, così dolce…
Era esattamente come Lag lo
ricordava, come l’aveva conquistato, come gli aveva dato la forza di
voler essere. Era esattamente lui. E si ricordava. Lo ricordava.
Il suo Gauche era tornato.
Le lacrime, il tuffo, l’abbraccio.
Le sue braccia ad accoglierlo insieme a Silvet, i tre caduti a terra.
Loro stretti insieme, i piccoli a piangere, Gauche a consolarli.
Dolcemente. Gentilmente.
Gauche era tornato.
Colui che gli aveva dato uno scopo,
un obiettivo, un motivo, che l’aveva salvato, il primo amico, la
persona migliore che avesse mai incontrato. Lui, il suo Gauche, era
tornato.
Quando Jiggy aveva ricevuto
l’incarico dal direttore Lloyd di recarsi in un luogo specifico, era in
osteria a bere e a farsi bello davanti ad altri Bee o impiegati
dell’Alveare. Era molto apprezzato nell’ambiente, lo idolatravano, lo
mettevano su un piedistallo come se fosse un VIP e qualunque cosa
dicesse o facesse, lo ammiravano. Questa cosa gli piaceva, così ci
marciava su. Era uno dei pochi vizi che si concedeva.
Ne stavano parlando in quel momento.
- Un incarico del direttore Lloyd?!
-
- Ex direttore vorrai dire!-
- Cosa?! -
- Ma sì, non sai che è stato
licenziato? -
- Il direttore Lloyd?! Ma da chi? -
- Un incaricato del governo! -
Esclamò. - Un tale Garrard che ora è momentaneamente direttore. -
Jiggy riconobbe il suo nome,
Garrard era un famoso Bee che era andato alla capitale per diventare
Head Bee, poi non si era sentito più nulla di lui e si era vociferato
che ce l’avesse fatta.
“Ma che succede?”
Si chiese Jiggy alzandosi dal
tavolo seccato.
- Andrai dal direttore Lloyd lo
stesso? - Chiese qualcuno ad un silenzioso Jiggy che non aveva
proferito parola.
Jiggy non rispose ed uscì.
“Me lo deve dire in faccia che non
fa più questo lavoro.” Poi si incupì ulteriormente e mentre si metteva
gli occhiali da corsa e saliva sul cavallo di ferro, aggiunse: “E
comunque decido io a chi obbedire!”
Largo Lloyd era stato molto
importante per Jiggy, l’aveva salvato da piccolo da un gaichu e l’aveva
chiaramente invitato a diventare forte e Bee per imparare a difendersi
e proteggere chi amava. Perché solo così si poteva vivere alla pari di
chi cercava di schiacciare i poveracci.
Quelle sue parole rimbombavano ora
nelle orecchie.
Non si era mai interessato a lui,
era stato lui ad interessarsi a Jiggy. E l’aveva aiutato anche una
volta diventato Bee.
Largo aveva fatto il Bee per un
po’, il tempo di fare carriera a Yusari e raggiungere la carica di
direttore. Non aveva mai avuto un dingo, ma aveva sempre portato a
termine le sue missioni.
L’aveva aiutato con Gauche come se
fosse una missione sua, anche quando era sparito gli aveva promesso che
avrebbe fatto luce sulla faccenda. Ora glielo aveva riportato.
“Volevo rivederlo prima del
prossimo incarico, ma è più importante vedere che diavolo ha in mente
Largo!”
Pensò Jiggy aumentando l’andatura.
Non era mai stato bravo ad
esprimere i propri sentimenti, ma in qualche modo era legato a Largo, a
modo suo gli voleva bene e se aveva un amico, poteva dire che era lui.
L’aveva un po’ plasmato, in un certo senso. Mentore?
Non aveva mai voluto dimostrargli i
propri sentimenti, la gratitudine l’aveva espressa seguendo il suo
consiglio di diventare Bee. Per lui quello era stato il momento in cui
lo ringraziava.
Eppure ora che stava per andarsene
chissà dove a fare chissà cosa… ora era lì a correre per dirgli che non
gli importava da che parte stava, cosa faceva, che piani aveva e perché
faceva quel che faceva.
Contavano le azioni e le sue non
avevano mai portato al male di qualcuno. Anzi.
Jiggy lo raggiunse mentre Largo
diceva stupito che aveva fatto presto.
Una volta che si fermò e si tolse
gli occhiali spegnendo il motore, lo rimbeccò acido:
- Con chi credi di parlare? - Lo
sguardo si sollevò al cielo dove il grande gaichu Cabernet volava via
verso Yusari. - Sono arrivato tardi, quello è il cabernet di cui
parlava l’incarico… - Disse poi facendo finta di nulla, non intendeva
nemmeno accennare agli ordini a cui non doveva tecnicamente obbedire.
- Già… quel cabernet si sta
dirigendo verso la Capitale, inseguilo in fretta ed intercettalo. -
Disse Largo facendo finta anche lui di nulla, come se tutto fosse
normale.
- Ricevuto. - Rispose serafico
Jiggy accendendo il motore assordante.
- Aspetta! - Lo fermò un momento
Largo e a quel punto sollevò da terra Zazie.
- Ti affido anche questo, è Zazie,
portalo sul tuo cavallo di ferro! -
Jiggy si fermò e lo guardò con
stupore.
- Zazie… - Mormorò come se lo
conoscesse, ma non direttamente. Ed infatti era così.
Eccolo lì il piccolo Zazie che
aveva salvato da piccolo da quell’orribile gaichu Laphairogh. Un
insetto scorpione enorme.
Zazie era cresciuto, aveva
quattordici anni, si era fatto un nome, cominciava ad essere noto.
L’aveva sentito spesso, ma non l’aveva mai incrociato di persona.
Lo osservò svenuto appeso alla mano
di Largo che lo teneva per la collottola della divisa. Del sangue
scendeva dalla sua fronte, era stato colpito duramente.
- Un ragazzino che tra i Bee gode
di capacità di combattimento particolarmente alte. - Disse Largo che
l’aveva salvato dal gaichu.
Zazie, su ordine di Garrard, aveva
cercato e trovato il cabernet, aveva tentato di farlo fuori ma
purtroppo era stato ridotto male ed era stato salvato da Largo,
arrivato lì giusto in tempo proprio alla ricerca di tracce di Reverse.
- Ti sarà certamente d’aiuto e sarà una buona esperienza per lui. -
Jiggy non accennava a prenderlo, al contrario, dopo averlo guardato
seriamente, disse:
- Direttore… è vero che è stato
destituito? - Chiese infine, colpito da questo fatto di cui non poteva
davvero far finta di nulla.
Ritrovava Gauche, ammesso che poi
si sarebbe svegliato, e se ne andava Largo?
- Sì… ormai non sono più un tuo
superiore né altro… quindi ero anche preparato a ricevere un rifiuto
quando ti ho inviato l’avviso di incarico.. Garrard ha dato ordine di
rientro alla sede, no? -
- La smetta! - Jiggy gli dava del
lei da quando era diventato direttore, era nel suo stile eseguire
ordini e sottostare a regole alla lettera, facendo finta di nulla.
Largo lo guardò senza capire e lui proseguì questa volta seccato: - È
stato lei a fare di me un Bee. Mi ha donato qualcosa di cui andare
orgoglioso. E questo non lo dimenticherò mai per tutta la vita. Sono io
che decido da chi prendere ordini! -
Largo ne rimase estremamente
colpito e ovviamente ci scherzò su per sdrammatizzare e alleggerire un
momento che gli stava pesando dentro. Non sapeva cosa sarebbe successo,
aveva dei piani, ma erano azzardati e non certo perseguibili da tutti.
Per cui per lui quello era un addio. Aveva provato a farlo nel suo
stile, scherzando con tutti. Aveva scherzato con Aria per la quale
provava qualcosa da molto tempo.
Ed ora provava a scherzare con
Jiggy, a cui si era legato in qualche modo, forse rivedendosi, forse
provando a sperare per lui quello che non aveva mai potuto avere per
sé.
- Gwaaa! Mi fai venire i brividi,
Jiggy Pepper! - Disse con una smorfia divertita. Jiggy non si scompose,
sapendo che era il suo modo per ringraziarlo. Non voleva mai niente in
cambio se non fedeltà.
Quello era il suo modo per
ringraziarlo di ciò che aveva fatto per lui.
Eseguendo i suoi ordini anche ora
che non aveva l’autorità per darglieli.
- Tieni prendi questo! - Disse
ancora alzando Zazie svenuto.
- Ha preso una bella botta, sarà in
grado di lavorare? - Chiese prendendolo a sua volta per la collottola.
- A-ha… quando si sveglierà dietro
al suo idolo diventerà vispo e arzillo in un baleno! - Disse semi
scherzando e semi serio, come sempre.
Jiggy caricò Zazie dietro, a
cavallo come lui, Largo glielo sistemò e gli legò un laccio intorno ai
loro corpi.
- E lei direttore? - chiese Jiggy
pronto per ripartire, il motore acceso, uno sguardo a quello che era
stato il suo unico amico per cinque lunghi anni di assenza di Gauche.
- Vi raggiungerò subito… - disse
sorridendo.
Jiggy lo guardò bene e capì che
dietro quel sorriso gentile, c’erano dei piani di cui non voleva
renderlo partecipe. Probabilmente per proteggerlo.
- Ok. - Disse capendo che era un
addio.
“Spero di rivederlo comunque.”
Dopo di questo, aumentò il motore e
partì all’inseguimento del cabernet.
Il mondo poteva sprofondare nelle
tenebre, ma quel che contava era rimanere fedeli a sé stessi. E questo
lo si poteva fare solo in un modo.
Non tradendo chi l’aveva sempre
aiutato.
Il vento in faccia, un senso di
libertà. Ecco che la calma tornava a scorrere dentro di lui, in
contrasto con l’inquietudine.
“E se Gauche dovesse rimanere Noir
per sempre, lo seguirei lo stesso. Perché anche se lui ha perso tutto
il suo cuore e non può recuperarlo, una sua parte è sempre in me.
Perciò lo seguirò ovunque. Non posso tradire me stesso. Chi amo. Non
importa se lui non se lo ricorda. Lo ricordo io.”
Con questa decisione, aumentò la
velocità.
L’aria sul viso fu la prima
sensazione fisica. Poi il rumore, un rumore assordante a disturbare il
suo sonno.
Una posizione non proprio comoda,
seduto appoggiato con la faccia a qualcosa. Qualcosa di abbastanza
comodo, ma nel complesso non certo meglio di un letto.
E le mani erano legate intorno a
quel qualcosa.
Piano piano Zazie riprese possesso
di sé.
Il vento, un rumore assordante, un
qualcosa a cui era aggrappato. Un senso di movimento.
Non era fermo.
Il paesaggio scorreva via e vibrava
tutto. Era una sensazione confortante nel complesso. A Zazie piaceva. A
Zazie piaceva davvero molto.
Aprì gli occhi e cominciò a
muoversi, le prime fitte lo colpirono, si lamentò, poi si guardò
intorno e cercò di fare mente locale e mettere a fuoco.
- È vero, sono stato messo KO da un
marauder… - Disse ricordandosi la lotta col marauder di Reverse a
guardia del Cabernet. Poi aveva combattuto anche con lui. Infine il
buio. - Ma questa? - Disse riferendosi al mezzo che lo stava
trasportando.
Poi capì guardando meglio.
- Un cavallo… di ferro?! -
- Ti sei svegliato? - La voce lo
raggiunse da davanti, placido, calmo.
Zazie lo guardò e solo lì, solo
allora, la sua nuca, il suo profilo, gli fecero davvero realizzare.
Il suo cuore si fermò di colpo.
- J-JIGGY PEPPER?! - Strillò come
una ragazzina isterica, assordando Jiggy che se lo teneva dietro la
schiena.
- Zazie. - Si girò brevemente per
guardarlo, i loro occhi si incontrarono. Zazie stava per svenire, ma
era troppo felice ed eccitato e aveva di nuovo improvvisamente una
grande energia in corpo. Stava per scoppiare, gli venivano le lacrime.
Cominciò a bofonchiare e
gorgheggiare dimenticandosi l’uso corretto delle parole. Ci infilò a
caso un ‘sto sognando?’.
- A dopo le chiacchiere Zazie. - Lo
redarguì frettoloso Jiggy, trovandolo particolarmente ed insolitamente
divertente quel suo idolatrarlo in una situazione tanto critica.
“Che priorità ha?!”
Ma Zazie era istinto e cuore. Non
ragionava di certo.
- Ora stiamo inseguendo il gaichu
Cabernet diretto verso la capitale, guarda… - Lo aggiornò brevemente
mentre passavano in mezzo ad una città deserta e distrutta. Non più
un’anima viva.
Il gaichu era passato di lì e si
era ‘rifornito’.
- Lo prenderemo nella prossima
città, tieniti forte! - Concluse Jiggy pragmatico senza troppi giri di
parole.
Zazie arrossì e annuì stringendo
meglio le braccia intorno alla sua vita.
L’emozione era alle stelle e
sebbene fossero in stato d’allarme e stessero andando a rischiare la
vita, Zazie era felice di avere le braccia intorno al suo adorato Jiggy
Pepper.
Per Zazie si stava realizzando un
sogno e le cose andavano di gran lunga oltre i suoi massimi desideri.
Jiggy era stato il suo modello da
seguire, diventare forte come lui per ottenere i propri scopi.
In qualche modo gli era entrato
dentro ed ora l’incarnazione dei suoi desideri era lì con lui, era
reale, era effettiva.
Il suo cuore scoppiava di gioia.
Pochi chilometri e il cabernet era
di nuovo visibile all’orizzonte color indaco tempestato di stelle, un
orizzonte che sfociava in un sole luminoso, un puntino per ora lontano.
- Eccolo. - Disse Jiggy. Zazie si
affacciò alla sua spalla e vide quel che vedeva lui. Una scena
rivoltante. Il cabernet era giunto alla città successiva e si stava
abbuffando di cuore.
I due si precipitarono lì e con una
coordinazione perfetta, senza bisogno di parlarsi e darsi ordini,
agirono nell’immediato.
Avvicinati notarono che il gaichu
aveva preso un neonato. Zazie si sganciò dai lacci che lo tenevano a
lui al sicuro, poi si piegò di lato insieme a Jiggy che girava il mezzo
intorno al Cabernet, aiutando le manovre curve. Infine raggiunto il
punto più vicino ai suoi tentacoli, Zazie saltò dal cavallo in corsa e
afferrò al volo il neonato, strappandolo al gaichu.
Cadde a terra con lui, proteggendo
il piccolo che consegnò felice alla madre accorsa.
- Lo inseguiamo, sali Zazie!
- Disse Jiggy aspettando Zazie prima di ripartire.
Zazie con un sorriso inspiegabile
sulle labbra, saltò dietro di lui e tornò ad abbracciare la sua vita.
- Andiamo! - Gridò con un
entusiasmo che lasciava perplesso Jiggy.
Era come se fosse felice di andare
a caccia di un gaichu così forte.
“Ma era moribondo, dove ha trovato
le forze? Quando Largo ha detto che sono il suo idolo pensavo
scherzasse…”
Evidentemente il potere dei
sentimenti non era da sottovalutare, si disse tornando all’inseguimento
del cabernet che non distava molto.
- Di qui in avanti il gioco si farà
pericoloso. Vuoi scendere? - Disse Jiggy per puro scrupolo. In un certo
senso gli dispiaceva perdere Zazie perché inadeguato al combattimento,
o spaventato dalla dura lotta.
- NEMMENO PER SCHERZO! - Strillò
Zazie stringendosi di più alla sua schiena. Jiggy ridacchiò.
Da quanto non lo faceva?
Le ultime volte erano state con
Gauche.
Stava sentendo qualcosa, ora con
Zazie così eccitato. Forse era la sua incoscienza, ma qualcosa di quel
ragazzino gli stava piacendo, lo stava trovando divertente.
“Andare a caccia di gaichu sul
cavallo di ferro col signor Jiggy Pepper? Non scenderei neanche morto!”
Pensò felice, senza la minima
esitazione. In quel momento c’erano solo lui, Jiggy, il cavallo di
ferro ed il cabernet. Non poteva chiedere di meglio.
Lag, magari. Ma non lì in quel
disastro apocalittico a vederlo rischiare la sua vita troppo preziosa.
Lag era meglio al sicuro a casa. L’avrebbe protetto lui, poi gli
avrebbe raccontato di quell’incredibile avventura meravigliosa.
Jiggy aumentò l’andatura prendendo
una piccola salita ed eccolo lì il mostro, sopra le loro testa, che
volava a pochi metri dal terreno.
Zazie lo guardò e non se ne
spaventò nemmeno un istante.
- Signor Jiggy! Si dice che il
punto debole del Cabernet sia alla base delle sue quattro ali! -
- Si dice? Non è un dato certo? -
Chiese perplesso dei modi di fare e affrontare le cose di Zazie. Poteva
essere un disastro avere un informazione sbagliata, ma per lui non
sembrava un problema. Si andava e si provava, se poi andava male
pazienza. Si riprovava in un altro modo. Certo l’opzione ‘resa’ non era
contemplata.
E se nel frattempo si moriva o si
perdeva il cuore?
Pazienza, era successo facendo il
massimo, lottando con unghie e con denti, senza darla vinta a dei
bastardi mostri giganteschi.
- È un mostro che non si fa vivo
dall’antichità, quindi non ci sono testimonianze dirette! Sai che
soddisfazione sconfiggere quel bastardo… Stavolta lo abbatto di brutto!
- Gridò Zazie sempre da dietro la sua schiena, alzando la pistola con
una mano, mentre con l’altra si teneva a Jiggy.
Questi rise davvero.
- Sei divertente Zazie. - Disse
sorprendendo il ragazzino dietro che lo guardò con gli occhi fuori
dalle orbite. - Guardando te mi torna alla mente Dead End, il mio paese
natio. - Gli ricordava la propria infanzia, sé stesso nei primi anni di
vita, quando le cose erano anche belle, quando si giocava alla lotta,
quando i pericoli erano divertenti, quando i cambiamenti erano
eccitanti. Nonostante la povertà, i rischi, le cose brutte e tristi.
Zazie era quello. Erano in un enorme pericolo, rischiavano la vita, ma
lui era eccitato dall’idea di combattere ed era sicuro di farcela. Non
aveva un solo pensiero negativo o pessimista.
Lui era certo che ci sarebbero
riusciti.
Non c’erano dubbi. Quel Zazie gli
piaceva proprio.
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Capitolo 24 *** Non dimenticare cosa ti fa felice ***
la_proporzione_perfetta24
*Ecco un nuovo capitolo. Passiamo
dal seguire fedelmente le vicende del manga all'andare 'dietro le
quinte'. La battaglia contro il gaichu cabernet è lunga e si articola
in diverse fasi, ora si conclude un di queste e prima di passare a
quella finale, vediamo un po' se Zazie approfitta di questi momenti
preziosi con Jiggy. Mi è sempre piaciuta la particolare simlarità e
sincronia innata fra loro due, dovevo approfondire. Buona lettura. Baci
Akane*
24. NON DIMENTICARE COSA TI FA FELICE
"durante la battaglia
ci tireranno giù
ma per favore, per favore
usiamo questa possibilità
per far cambiare le cose
e stanotte
possiamo dire per davvero
che insieme siamo invincibili"
/Muse
- Invincible/
- Miriamo all’ala anteriore sinistra, Zazie! Non lasciarti sfuggire il
momento giusto! - Ordinò Jiggy riportandolo alla realtà del mostro che
inseguivano poco sopra le loro testa, a rotta di collo su per una rupe
di rocce.
Una rupe che stava per terminare in mare aperto.
- Sissignore! - Strillò Zazie entusiasta preparando la pistola.
Zazie aveva visto quella stessa ala essere fatta fuori da Lag e Gauche,
purtroppo aveva avuto tempo di rigenerarsi ed era cresciuta.
Ma avrebbero finito il lavoro loro.
La roccia sotto le loro ruote finì, la moto continuò a correre
nell’aria. Zazie guardò sotto e invece di gridare spaventato e tenersi
più stretto a Jiggy, gridò e rise divertito, meravigliato, estasiato:
- UOAAA! SIAMO IN ALTO DI BRUTTO! - Risata. - Proprio quello che ci si
aspetta dall’uomo tra gli uomini, Jiggy Pepper! - Ormai Zazie era
partito, non che si fosse mai trattenuto, ma ora era proprio
impossibile chiudergli la bocca e pretendere contegno. A momenti poteva
dirgli che l’amava alla follia. - CHE BELLA VISTA! - Sotto di loro non
c’era il mare come aveva pensato, ma un precipizio a strapiombo che
finiva su un’altra distesa rocciosa e impolverata. Non certo un bel
paesaggio, tanto meno un posto sicuro dove atterrare.
Rischio, pericolo, probabilità di schiantarsi se non di morire carpiti
dai tentacoli del Cabernet.
E lui era lì a ridere meravigliato di quel che stavano facendo, sospesi
nel nulla, sotto un mostro pericoloso.
“Ma è reale o lo sto proiettando io perché mi sentivo solo ed avevo
bisogno di un nuovo amico?”
Pensò incredulo Jiggy, sempre con un ghigno sulle labbra nel sentirlo
tanto felice proprio nel momento più sbagliato di tutti.
Fu proprio a quel punto, senza bisogno di dirglielo, che i due tesero
le braccia con le pistole e caricando i proiettili del cuore, li
spararono in perfetta sincronia contro l’ala sinistra anteriore dal
cabernet.
Perfettamente un’unica cosa.
La luce azzurra e blu partì dalle loro pistole e si schiantò sull’ala
che si staccò completamente in un colpo solo.
L’obiettivo era stato colpito.
Il Cabernet cominciò a volare storto e sbattere contro le molte rocce
presenti.
Il posto era come una sorta di Kenyon con molte rocce allungate e
ricurve dove correre con la moto e lanciarsi da una all’altra, saltando
come dei grilli.
Ed era quello che Jiggy e Zazie stavano facendo, rincorrendo il gaichu
con tre ali, che volava storto e basso senza riuscire a prendere il
volo.
Non avrebbero mollato.
Sapevano che c’erano vicini e sebbene Zazie si stesse divertendo molto,
capiva perfettamente l’importanza di dargli il colpo di grazia ora.
- Dobbiamo avvicinarci! - Disse dopo aver pensato che Jiggy non poteva
averne ancora per molto. Aveva corso col cavallo di ferro usando il
proprio cuore per molti chilometri, aveva sparato un proiettile. Non
poteva avere ancora molte riserve. Eppure continuava a correre e
saltare col suo mezzo, come niente.
Sicuramente un numero che solo al grande Jiggy poteva riuscire.
Purtroppo stavano per finire il percorso per rincorrerlo. Se arrivava
al fiume, poi non avrebbero potuto continuare ad inseguirlo e a quel
punto sarebbe arrivato a Yusari.
Zazie cercò ci incitare Jiggy consapevole che avevano i minuti contati,
ma fu proprio a quel punto che all’orizzonte di una delle rocce curve e
strette che stavano percorrendo, fece capolino un altro Bee, Moc
Sullivan.
C’erano dei rinforzi. Forse potevano farcela.
Anche Harry e Wasiolka stavano aiutando cercando di deviare la
traiettoria del gaichu. Erano tutti lì.
Moc li aiutò permettendo a Wasiolka di liberarsi, poi Jiggy e Zazie
ripresero a rincorrerlo per dargli il colpo di grazia, ma a quel punto
anche il proiettile della signorina Aria si levò vibrante nell’aria e
con esso apparve lei, tornata in servizio per l’occasione.
Zazie rimase esterrefatto nel guardarla vestita da Bee. Il proiettile
colpi il gaichu, non un proiettile curativo, ma uno d’attacco questa
volta.
Tutti stavano dando il loro contributo.
Non potevano mancare l’appuntamento, pensò Zazie. Toccava a loro,
dovevano farcela. Dovevano abbatterlo ora. In quel momento, l’ultimo
capolinea prima del fiume.
- Zazie occupati dello sterzo! - Disse a quel punto Jiggy. A Zazie
venne un colpo. - Collabora alla guida così potrò sparare meglio il mio
proiettile. - Aggiunse mentre Zazie tornava dal mondo dei morti per la
notizia che doveva guidare.
Non tornò subito di un colorito normale, Jiggy gli spiegò come fare per
guidare il cavallo di ferro e lui rimase rosso ed eccitato tutto il
tempo, senza il minimo ritegno.
- SISSIGNORE! - Strillò ancora senza sapere dove trovasse forze ed
entusiasmo per gridare felice. - Il cavallo di ferro dei miei sogni! -
Zazie si puntellò nelle piccole pedane che c’erano una per lato, così
in piedi sulla destra, proprio attaccato a Jiggy che vi stava seduto a
cavalcioni, prese al suo posto il manubrio ed eseguendo gli ordini
continuò a guidare mentre lui, mollando la presa, poté afferrare meglio
la pistola sparacuore e caricare completamente il suo proiettile.
- Il fiume signor Jiggy! - Esclamò Zazie che guidava verso il finale
della roccia.
Jiggy caricò sentendosi stremato, si concentrò, prese la mira all’ala
ferita, attaccata per poco. L’unica speranza per farlo cadere in acqua.
Sulle grida di Zazie, Jiggy sparò. Il proiettile blu esplose contro il
cabernet ed ecco un’altra ala staccarsi, l’anteriore destra.
Il cabernet rimase con due ali sole a volare sul fiume, Zazie si fermò
a guardare gridandogli contro rabbioso.
- Cadi, perché non cadi maledetto?! - Purtroppo il cabernet, pur
volando basso, non cadde.
Continuò a volare piano ed incerto, ma la direzione rimase invariata.
Yusari prima, la capitale poi.
Era la fine?
Non ci erano riusciti, ci erano andati vicini, ma non ci erano
riusciti.
Zazie crollò a terra lasciando che la moto si spegnesse, Jiggy si
lasciò scivolare giù a sua volta con lui, stremato, senza riuscire a
stare più in piedi, e prima di pensare, realizzare, organizzarsi ed
allarmarsi, la melodia curativa di Aria si levò vibrante nell’aria.
Il violino, Aria sulla Quarta Corda, li carezzò dolcemente e piano il
mondo riprese colore, mentre l’energia tornava piacevole.
Jiggy e Zazie rimasero a terra seduti insieme a bearsi di quella
piccola dolce magia. Una magia che a Jiggy riportò alla mente quel che
forse Gauche aveva scordato, ma che lui, invece, non avrebbe mai
dimenticato.
Uno dei momenti più belli con lui.
Quando lei li aveva curati suonando quella stessa canzone.
Quando si erano presi dolcemente per mano.
Guardò quella di Zazie lì vicino e pensò con tristezza.
“Se solo fosse lui.” Poi alzò gli occhi alle stelle. “La speranza
risuona. Finché c’è vita, si può sperare. Lui è ancora vivo. Si
sveglierà. Sarà in qualche modo ancora il mio Gauche. Devo tenere viva
la speranza.” Chiuse gli occhi e pregò. La campana suonò nella sua
mente. Una preghiera salì al cielo.
I Bee si misero d’accordo per tornare all’Alveare, mentre Harry volava
con un avviso per dire di mettersi in stato d’allarme.
Aria andò con Moc con la carrozza, mentre Jiggy disse che si sarebbe
rimesso subito in corsa con Zazie.
Questi lo guardò da terra, con occhi luminosi.
Jiggy si era già rialzato e si stava rimettendo a posto i vestiti tutti
scomposti per la folle corsa.
Aria e Moc ripartirono.
Jiggy era perplesso sulla notizia che gli aveva portato Aria. Quando
Lloyd l’aveva salutata, le aveva detto che voleva provare a prendere
contatti con Reverse per capire le loro vere intenzioni. Cosa che
chiaramente lasciava perplesso Jiggy.
“Mi fido di lui, però vorrei che fosse meno enigmatico!”
- È stato incredibile! - Disse Zazie rimanendo a terra con le gambe
aperte ed alzando le braccia in alto coi pugni chiusi, come esultasse.
Jiggy lo guardò senza capire come potesse essere tanto entusiasta di
aver fatto scappare il Cabernet.
- Far scappare il Cabernet? - Chiese acido, mentre si metteva meglio
anche il cappello.
Zazie, che si era tolto il suo, rise lanciandolo in aria e
riprendendolo per poi rimetterselo al contrario:
- Quello è stato meno incredibile! Ma io intendevo guidare il tuo
cavallo di ferro! Combattere al tuo fianco! Quello è stato incredibile!
- Jiggy fece un ghigno voltandosi dall’altra parte, cercando un po’ di
contegno, sempre per la sua distorta idea che le emozioni indebolivano
e sorridere era un’emozione.
- Lo so. - Disse strafottente riferendosi al fatto che era incredibile
guidare il proprio mezzo e combattere con lui.
“Sei stato anche tu incredibilmente all’altezza!”
Pensò sorpreso, guardandosi bene dal dirlo.
- Dobbiamo muoverci, ora! - Zazie lo guardò stupito dal basso.
- Ti sei già ripreso? Guidare il cavallo è faticoso. - Jiggy lo guardò
altezzoso.
- Per chi mi prendi? Mi basta poco! Se ci impiegassi una vita a
recuperare non avrebbe senso guidare il cavallo di ferro! - Zazie
ridando allargò le braccia e senza ritegno esclamò a gran voce:
- Hai ragione, non può essere che il grande Jiggy Pepper ha una
debolezza! Sei un grande! Spero di diventare come te, un giorno! -
“Non che tu lo sia già, ma sei sulla buona strada… “ Pensò Jiggy
guardandolo mentre sbrodolava cuori per lui senza ritegno.
“È imbarazzante. Non per me, ma per sé stesso!”
Avrebbe voluto ridere un sacco, dentro di sé si stava divertendo molto.
Non aveva mai avuto a che fare con uno così!
Non aveva problemi ad esprimere in modo estremamente diretto il proprio
stato d’animo.
- Se continui a lavorare così, hai buone possibilità. - Disse Jiggy
ammettendolo ad alta voce, come per dargli un piccolo premio che,
dopotutto, si meritava.
Era stato bravo fino a lì, non aveva mai dovuto dirgli nulla, solo
quando gli aveva spiegato come guidare la moto.
Zazie aveva occhi e bocca spalancata, le stelle al posto dello sguardo
ebete.
- Davvero?! - Jiggy tese la mano in sua direzione per aiutarlo ad
alzarsi.
Zazie lo guardò con quasi le lacrime agli occhi, ormai la dignità non
sapeva proprio cosa fosse.
- Certo. - Asserì calmo Jiggy, Zazie gli prese la mano e lui lo tirò su
in piedi, poi andò al cavallo di ferro e lo mosse preparandolo a
ripartire. Gli diede un’occhiata per vedere se c’erano danni, ma
sembrava tutto a posto, così lo girò.
- Non è facile guidarlo, tu ci sei riuscito subito e fra l’altro non
l’ho mai dato a nessuno. - Volle ricompensarlo per l’ottimo lavoro,
senza di lui non sarebbe riuscito a staccare ben due ali al Cabernet.
“Sono sempre stato convinto che i calci in culo aiutano più delle
parole dolci, però è anche vero che quando avevo Gauche che mi
incoraggiava a mettercela tutta, ero molto più forte di ora.”
Pensò chiedendosi poi come stava.
- Chissà il signor Suede se si è svegliato? E Lag starà bene? Non lo
vedo da un sacco di giorni, sono a caccia di questo bastardo da un
sacco, ho perso la cognizione del tempo… hai notizie? - Jiggy
rabbrividì. Nel modo in cui aveva pronunciato il nome di Lag, c’era la
stessa sfumatura con cui lui pronunciava quello di Gauche.
- No, quando sono andato via da Central, dormiva ancora. -
La notizia del suo risveglio non l’aveva raggiunto in tempo.
Non sapeva che intanto lui non solo si era svegliato grazie ad una
strana risonanza con il cuore di Lag, ma sembrava anche ricordarsi di
tutto e di tutti. Sembrava essere tornato il vecchio Gauche gentile e
forte. Quello che viveva con la sorella Silvet e con il suo amico Lag.
Jiggy salì e avviò il motore col proprio cuore, poi fece un cenno a
Zazie che saltò sopra in un attimo, afferrandosi alla sua vita,
appiccicandosi a lui.
I due partirono lasciando il promontorio a ridosso del grande fiume che
separava Yodaka da Yusari.
Dovevano raggiungere il ponte e attraversarlo in fretta, nel frattempo
gli altri Bee rimasti a Central avrebbero protetto i cittadini facendo
del loro meglio.
Il paesaggio riprese a scorrere veloce, il vento a colpirli e sopra di
loro, le stelle divennero delle piccole scie luminose che scivolavano
via veloci.
Le sciarpe dei due Bee si unirono dietro di loro, come due paia di ali.
Ogni volta che lo toccava, Zazie si emozionava ed il suo cuore si
caricava di una gioia incredibile.
Ricordava quel flash di quando era piccolo, sebbene era stato sotto
shock.
Le circostanze del loro incontro erano state particolari.
Il gaichu Laphariog aveva attaccato i genitori di Zazie che l’avevano
abbandonato da neonato e che per questo lui, nel rivederli dopo diversi
anni di povertà e maltrattamenti nell’orfanotrofio, dopo che era
diventato un teppista solitario chiamato randagio il cui unico amico
era rappresentato da una specie di gatto troppo cresciuto, Wasiolka,
lui li aveva cacciati via pieno di odio e risentimento.
Poco dopo, mentre loro se ne erano andati, aveva sentito un gaichu
attaccare nelle vicinanze ed era corso a vedere. Troppo tardi.
Non aveva provato nulla, nel vedere i genitori privi di cuore. Non
sapeva nemmeno cosa era successo loro, era la prima volta che
incontrava un gaichu. Se non fosse arrivato Jiggy, avrebbe riservato lo
stesso trattamento anche a lui, il grande scorpione stava per
attaccarlo, quando un proiettile blu lo aveva fatto scappare in fretta.
Jiggy aveva provato ad inseguirlo, ma vedere un bambino in condizioni
incerte l’aveva fatto fermare.
Non sapeva perché si era fermato, per Zazie non aveva avuto senso.
Stava cercando di abbattere un gaichu in fuga, perché era tornato
indietro?
Zazie ci pensò in quel momento. Vissuta dal suo punto di vista, la cosa
era ben diversa da come l’aveva percepita Jiggy quel giorno.
- Sai, quelli erano i genitori che mi avevano abbandonato da piccolo. -
Disse improvviso appoggiando la fronte alla sua schiena, come se si
vergognasse di dirlo, ma non potesse evitare di confidarsi. Come se
fosse impossibile, per lui, evitare quel dialogo.
Jiggy capì che si ricordava.
- Pensavo l’avessi dimenticato, mi sei sembrato sotto shock. -
Rispose Jiggy apparentemente indifferente. Zazie continuò.
- Lo ero, ma non mi sono dimenticato il tuo nome e le tue parole. Di
diventare forte e lottare per quel che volevo. Trovare uno scopo e fare
di tutto per ottenerlo. Che i miei genitori non si sarebbero mai
ripresi. Che sarebbe stata dura, da lì in poi, ma che dovevo lottare. E
che le cose belle esistevano, di cercarle. - Jiggy non ricordava
nemmeno di aver detto quelle cose. Gli era sembrato di prendere il
bambino per vedere come stava e, una volta sentiti arrivare i cittadini
in soccorso, andarsene.
Eppure sentendo le sue mani stringersi intorno alla sua vita, ricordava
d’averlo stretto. E ricordava di nuovo quel che aveva provato.
Si era rivisto in lui, in quel che era successo a lui da bambino.
Quando suo padre era morto per proteggerlo da un gaichu, quando poi era
arrivato Largo Lloyd a salvarlo e gli aveva detto che solo un Bee
poteva uccidere i gaichu, che i Bee erano quelli davvero forti e di non
fare l’eroe. Che avrebbe ucciso lui il gaichu per il piccolo Jiggy.
L’aveva fatto davvero, poi era tornato altre volte a fornirgli inviti a
diventare Bee. Il manuale da imparare, la scheda d’iscrizione, il
permesso di passaggio provvisorio.
Lloyd si era impegnato molto per lui, non aveva mai capito perché, lui
non gli aveva mai chiesto nulla.
Ma quando aveva salvato il piccolo Zazie aveva capito perché l’aveva
fatto.
Si era rivisto in lui e probabilmente anche Lloyd aveva passato una
cosa simile.
- Sei diventato Bee. E sei anche piuttosto conosciuto per le tue
capacità di combattimento. Ce l’hai fatta, alla fine. - Zazie sospirò e
sorrise con un pizzico di nostalgia e malinconia.
- Ho anche trovato qualcosa di bello. Però finché non porto a termine
la mia promessa, non posso distrarmi troppo. - A Jiggy venne un flash.
Lui e Gauche avevano preso le stesse decisioni, all’inizio. Non
distrarsi con una relazione per non perdere di vista i loro obiettivi.
Ma non erano riusciti a starsi lontani. Alla fine era contento d’aver
vissuto, sia pure per un paio di anni soltanto, quella storia. La
migliore della sua vita. Almeno in punto di morte avrebbe avuto
qualcosa di davvero bello da ricordare.
- Le cose belle non ti indeboliscono, Zazie. - Disse mentre si
avvicinava al ponte di collegamento fra le due zone di Amberground.
Zazie alzò lo sguardo e occhieggiò stupito il suo profilo.
- Però possono far perdere di vista l’obiettivo. - Jiggy non fece una
piega, ma rispose.
- Ti danno la forza per andare fino in fondo. - Con questo non aggiunse
altro.
Zazie voleva chiedergli perché l’aveva salvato quel giorno, ma la
risposta la sapeva. L’aveva fatto per lo stesso motivo per cui Zazie
salvava tutti quelli che incontrava.
Era una vocazione.
Al contrario fremeva per chiedergli cos’era la sua cosa bella, visto
che non sapeva di una compagna o nulla di simile.
Ma si mangiò la domanda e al contrario continuò la propria confidenza:
- Ho promesso ai genitori con cui ce l’avevo, che li avrei vendicati ed
avrei ucciso quel gaichu. Sono diventato Bee per ucciderlo. Mi sento in
colpa perché se non li avessi mandati via, se avessi accettato il loro
ritorno forse saremmo stati felici, avrei avuto un’altra vita. Invece
sono cresciuto da solo dal primo alito di vita fino al mio arrivo
all’Alveare. A rubare, a lottare, a venire denigrato. Aspettavo che si
svegliassero, preparavo la zuppa per farli mangiare quando si sarebbero
ripresi. Ma non l’hanno mai mangiata. Sono morti con me lì. Forse avrei
dovuto… forse avrei dovuto saperli perdonare anche se mi avevano
abbandonato… - I sensi di colpa avevano divorato Zazie da quel giorno,
si era tormentato e non ne aveva mai fatto parola con nessuno.
Connor era l’unico che sapeva un po’ più di altri la sua storia. Poi
Lag. A Lag aveva detto qualcosa, ma non sapeva molto.
Eppure ora era lì a parlarne con Jiggy, a confidarsi, a dirgli tutto,
aprirgli il suo cuore con una facilità sconcertante. Dopo aver
combattuto all’unisono contro il gaichu, come se non avessero fatto
altro che quello da una vita.
Jiggy l’ascoltava silenzioso senza interromperlo, capendo cosa doveva
essere stata la sua vita e perché il suo proiettile erano frammenti di
odio e malevolenza. Un randagio. Zazie era cresciuto come un randagio.
Eppure ora aveva conosciuto l’amicizia, l’amore ed era così entusiasta
di fare quel lavoro, di andare in missione con lui, di superare le
prove. Aveva trovato un suo equilibrio, aveva trovato un modo per
farcela e non continuare ad essere triste e pieno di odio.
- Cosa ti ha salvato? - Chiese improvviso Jiggy, per la prima volta a
mostrare interesse per altri al di fuori di Gauche e magari di Largo
Lloyd.
Zazie alzò la testa e appoggiò il mento sulla sua spalla come un
gattino.
- Come fai a dire che mi sono salvato? Non ho ancora mantenuto la mia
promessa… - Zazie non capiva.
Jiggy voltò il capo verso di lui e si guardarono da vicino, sempre in
movimento, sempre con l’aria che li carezzava.
- Sei una persona in gamba, Zazie. E non sei triste. Sai essere gioioso
anche solo per una lotta ad un gaichu gigantesco. Ho visto persone
consumate e senza speranza, tu non sei fra queste. - Zazie, colpito dal
modo in cui l’aveva visto, si rese conto che aveva ragione.
Non era triste, non era demotivato, non era ancora pieno di odio come
prima di diventare Bee.
Ci pensò per capire cosa era successo che gli aveva dato l’entusiasmo
di affrontare le cose, sempre a modo suo, ma comunque di non
abbattersi.
- Essere Bee. - Asserì poi. Jiggy sorrise tornando a guardare
l’orizzonte. Stavano percorrendo il ponte, ormai erano alla volta di
Yusari. La seconda parte della lotta li avrebbe attesi, una lotta senza
possibilità di fallimento, quella volta.
- Mi ha salvato diventare Bee. Non perché ho sconfitto molti gaichu.
Quello mi faceva godere molto, lo ammetto. - Jiggy sogghignò. Era
davvero il suo compagno ideale. Peccato per la differenza d’età e per
l’amore incancellabile che provava per Gauche! - Sono i cuori che
consegno con le lettere. Quando faccio felice qualcuno per una cosa che
faccio io. Ecco cos’è che mi ha salvato. -
“ E poi Lag sta dando un grande contributo!”
Ammise fra sé e sé, trovando un’informazione eccessiva da dare al suo
idolo.
Già andare in missione con lui era una gran cosa. Se poi ci si
aggiungeva il confidarsi, aprirsi, confessarsi, era il massimo. Se
fosse finita con loro che ammazzavano il Cabernet, sarebbe stato un
sogno perfetto. Meraviglioso.
- Non dimenticarlo mai, Zazie. - Disse Jiggy uscendo dal ponte,
imboccando Yusari. - Non dimenticare mai cosa ti fa sentire
felice. Non perdere di vista le cose importanti, a nessun costo. -
Zazie sorrise trovando in quelle parole, nuova linfa vitale che
l’avrebbero aiutato ancora ad andare avanti, senza mai fermarsi, per
nessuna ragione.
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Capitolo 25 *** Sopiti nel profondo ***
la_proporzione_perfetta25
*Ecco un altro capitolo, è
tutto ambientato nel manga, ovvero sono scene ed eventi inseriti nel
manga, però siccome erano importanti per la trama li ho messi anche io,
non è facile descrivere quel che succede in un fumetto, specie lì che
sono scene piuttosto movimentate e succedono moltissime cose. La prima
parte è su Lag e Gauche, si scopre chi è davvero lui dopo il suo
risveglio. Nella seconda si torna con Zazie e Jiggy che arrivano a
Central inseguendo il grande gaichu cabernet. Perciò ci giostriamo fra
rivelazioni, considerazioni ed azioni. Buona lettura. Baci Akane*
25. SOPITI NEL PROFONDO
"Tu nei miei ricordi
stai ancora splendendo nel mio cuore
Il cuore che mi passa accanto
si bagna di lacrime copiose"
/Kurenai
- X Japan/
Zazie era molto felice, anche se
era stato quello più di tutti a scontrarsi con il cabernet e quindi
quello che si era fatto più male rispetto agli altri.
Era felice perché le cose con il
suo idolo, Jiggy Pepper, andavano bene. E lo era perché era a caccia
del gaichu con lui, sul suo cavallo di ferro.
Nonostante stesse compiendo una
missione rischiosissima ormai da giorni, lui era felice e niente
l’avrebbe abbattuto.
Non avrebbe mai immaginato che
rincorrendo un mostro, si sarebbe ritrovato poi così al settimo cielo.
Questo era chiaramente grazie a Jiggy.
Non era la stessa cosa per il
piccolo Lag, il quale dopo aver svegliato Gauche in un modo che non era
chiaro nemmeno a lui, si era ritrovato ad affrontare la verità più
dolorosa di tutte.
Gauche in qualche modo era riuscito
ad andare a casa con Lag e Silvet, però dovendo andare a fare delle
consegne, li aveva lasciati cercando di sbrigarsi.
Sembrava proprio il loro Gauche.
Aveva gli stessi atteggiamenti, modi di fare, gusti. Era lui. Non
lasciava dubbi.
Sembrava che il proiettile lettera
l’avesse riportato alla sua vita, non poteva crederci nemmeno lui.
Stava cercando di sbrigarsi, quando
si ritrovò nei guai fino al collo. L’intervento di Gauche gli salvò la
vita, come quel giorno di molti anni prima, quando l’aveva consegnato
come lettera alla zia e gli aveva salvato la vita.
Tornarono insieme a casa dopo aver
completato la missione, Gauche si caricò in spalle il piccolo Lag
stremato, anche questo come quel giorno, quando si erano conosciuti.
Lag non ci poteva credere. Era la
cosa più bella che avesse mai osato sperare.
Il suo Gauche era lì con lui,
l’aveva aiutato, l’aveva salvato, lo trasportava come quel giorno.
Sembrava che il tempo non fosse mai andato avanti, che le cose brutte
non fossero mai capitate. Gauche era esattamente come l’aveva lasciato,
come lo ricordava. Proprio uguale.
Eppure.
Eppure?
Solo dopo a casa il flash ritardato
di un frammento del cuore di Gauche, gli aprì gli occhi.
Per salvarlo, Gauche l’aveva
colpito con la sua sparacuore poiché aveva anche la capacità
rigenerante.
Solo seduti tutti insieme con
Silvet a mangiare la cena, a tavola, Lag venne colpito dal frammento
del suo ricordo.
Il suo cuore gli mostrò quel che
aveva dentro attualmente Gauche. Vide quello che aveva vissuto lui fin
lì, vide chi aveva dentro.
E il dolore che provò nel
constatare che erano solo ricordi di Noir, non ebbe paragoni.
Lag pianse incapace di trattenere
le lacrime, ma non disse nulla. Non gli chiesero nulla. Anche Silvet
aveva le lacrime facili specie ora che il suo fratello era lì.
Lag ingoiò la verità che aveva
scoperto, poi dopo cena, una volta che Silvet si fu addormentata, lo
raggiunse fuori, affacciato al tetto della casa. Lo spettacolo notturno
della città di Central li avvolse, una brezza soffiava, mentre il
silenzio li cullava.
Un silenzio innaturale. Come la
bellezza che si apriva davanti ai loro occhi.
Tetti illuminati dalle luci delle
case, più avanti, verso la capitale, il sole artificiale portava loro
parte della luce tanto agognata da tutti.
Una bellezza ed un silenzio
momentanei, come quella pace.
Come la felicità che Lag aveva
provato nell’essere lì con il suo Gauche.
Era in piedi a guardare il
paesaggio che invece non gli era mancato.
Il vento gli portò il profumo di
bagno fresco di Lag. I capelli e la camicia si scostavano all’indietro.
Gauche non si voltò verso Lag che
rimase indietro.
- Te l’ho detto. Che tutto il tuo
cuore è passato attraverso me. - Iniziò calmo, con voce che tradiva
un’emozione sofferente enorme. - E con il trascorrere del tempo riesco
a percepirlo sempre più. - Disse ancora Lag, stingendo il pugno come
faceva anche Gauche, rigido, fermo sul bordo della terrazza sul tetto,
fatto di pietra.
Continuò a dire quel che aveva
visto, la sua vita nei panni di Noir, quel che gli aveva fatto capire
che non era Gauche.
Poi l’emozione fu incontenibile e
Lag iniziò ad alterarsi, alzando la voce, mentre le lacrime ormai
impossibili da trattenere scesero senza pietà:
- Io ho visto la persona che c’è
nel profondo del tuo cuore… colui che ha ricevuto la mia lettera. Da
quando ti sei svegliato tu ci hai ingannato per tutto il tempo? - Il
dolore esplodeva attraverso la sua voce rotta dal pianto, ma Gauche
continuava a dargli le spalle e a stare zitto.
- I MIEI RICORDI E I TUOI CON
SILVET, TUTTO… HAI SAPUTO OGNI COSA TRAMITE IL PROIETTILE LETTERA CHE
TI HO SPARATO IO?! - Sperava lo smentisse, che gli desse una prova
contraria, perché Lag avrebbe sempre sperato, nonostante le evidenze,
il dolore, la crudeltà di una verità che non aveva cuore di vivere, ma
che non poteva nascondere.
- Io ci credevo, credevo che fosse
tornato il vero Gauche… Silvet lo crede ancora e invece… tu non sei
Gauche… sei Noir, vero? - Solo a quel punto Gauche finalmente si voltò,
lo sguardo non più dolce e gentile, non più il suo sorriso. Solo
un’aria fredda, vuota, indifferente.
Ed eccola lì la verità, davanti ai
suoi occhi.
- Se potessi avrei voluto diventare
Gauche Suede. - Mormorò tristemente Gauche, abbassando lo sguardo
mentre un sorriso nostalgico e dispiaciuto aleggiava sul suo viso,
bello come lo era sempre stato. - È come dici tu, Lag Seeing. Io sono
Noir il marauder di Reverse. - Dall’alto di un tetto vicino, il suo
mantello nero cadde verso di lui che lo prese con una mano, il fruscio
fu accompagnato da un salto silenzioso di un’altra figura agile e
sottile.
Lode, la ragazza che non era potuta
diventare spirito, saltò davanti a Noir col coltello in mano per
attaccare Lag nel caso avesse posto resistenza.
- Lode, sei ancora viva! - Disse
Lag sorpreso, senza nascondere la sua gioia nel saperlo.
Noir fermò Lode dall’attaccarlo,
non intendeva fare nemmeno un graffio a Lag.
- Mi spiace di averti ingannato ma
c’è qualcosa che devo fare assolutamente fino al punto da spingermi a
tanto. - Disse consapevole che aveva ferito enormemente Lag.
Eppure c’era qualcosa che gli
impediva di affondare il colpo definitivo. Poteva semplicemente
tramortirlo e andarsene senza spiegazioni, senza una sola parola.
Invece era rimasto lì facendo la
parte di Gauche, coccolandosi Silvet e Lag. Uno privo di emozioni, uno
vuoto come Noir non avrebbe mai finto. Per quale motivo farlo?
Lag non capiva, così come non
capiva cosa dovesse fare a tutti i costi.
- Devi spegnere il sole
artificiale? Perché? Perché devi depredare le persone della luce?
Perché continui a rubare le lettere e il cuore degli altri? Non ti
ricordi niente della capitale, no? Eppure perché? - Lag non capiva e
piangeva e gridava, addolorato per questo. Incapace di farsene una
ragione. Senza capire nemmeno perché avesse finto fino a quel momento.
Per lui, quel Noir ora era un
mistero insoluto.
Noir non era tenuto, non avrebbe
dovuto.
Eppure gli spiegò della povertà e
sofferenza vista a Yodaka, la fascia sociale più povera di Amberground.
Gli spiegò delle persone soggette agli esperimenti, buttate via in una
discarica dal governo. Gli spiegò del dolore per cui combatteva al
fianco di Reverse. Ma aggiunse anche un’altra verità, come se non fosse
capace di nasconderla, di evitarla, di non parlarne. Seguendo questo
richiamo di gentilezza ed onestà verso Lag.
- Hai detto di aver visto il mio
cuore, allora anche tu li conosci il terrore e il disgusto nei
confronti del sole artificiale che giacciono sopiti nel profondo del
mio cuore. Nei ricordi di Gauche non c’è nulla di ciò che gli è
accaduto nella capitale, però faccio sogni spaventosi, sono frammenti
ma quando mi sveglio capisco che sono scene reali vissute strettamente
legate al sole artificiale e non ne capisco il significato ma so che è
rimasta incisa nel mio cuore una sola volontà. Devo assolutamente
spegnere il sole artificiale. Lo devo al me stesso che è rimasto qua
dentro. Se l’hai visto anche tu dovresti capirlo. Se mi fermerai dovrò
spararti. Ti chiedo di lasciarmi andare. - Gauche tirò fuori la
pistola, ma tutti sapevano che non l’avrebbe usata per fargli del male,
solo eventualmente per fermarlo.
In Lag rimaneva quell’incertezza.
Perché aveva fatto finta di essere
Gauche. Perché, perché?
Non poteva darsi pace. Per quanto
fosse sconvolto, addolorato, arrabbiato per l’inganno, non capiva
perché fare finta? Per sfuggire a Garrard?
Eppure no, eppure doveva esserci
qualcosa, come c’era quando parlava delle memorie rimaste di Gauche.
Qualcosa di lui c’era ancora. Qualcosa ci sarebbe sempre stato.
E a rispondergli le sue lacrime.
- Niente, non percepisco niente…
volevo solo incontrare di nuovo Gauche Suede… -
Fu così che Gauche abbassò l’arma
capendo che non l’avrebbe fermato, consapevole di quello che aveva
percepito dall’inizio.
Che quel Lag Seeing non sarebbe mai
stato una minaccia.
Noir non sentiva molto di Gauche.
Ma quel poco, per lui, era impossibile non seguirlo. Era un istinto
così forte e nostalgico che gli impediva di andare contro di esso.
Avrebbe potuto evitare di fingersi
Gauche, ma quando si era svegliato con Lag e Silvet aveva percepito il
forte desiderio di Gauche di stare ancora una volta con loro. Non era
riuscito a contrastarlo.
E con esso, altri desideri, altre
persone, altri volti da vedere.
Era come se dentro di sé sentisse
scalpitare Gauche per uscire, ma non avesse la forza di farlo
definitivamente.
Ricordi, memorie incise in lui, in
fondo al suo cuore. Memorie così radicate grazie ai sentimenti provati
per quelle persone che niente, nemmeno il sole artificiale, avrebbe mai
potuto cancellare.
- Potresti dire a Silvet che Gauche
è dovuto partire prima per la capitale con il signor Garrard? Non
vorrei ferirla più di così. - Disse piano, con un sussurro gentile.
Lag, sconvolto, scattò verso di lui
per gridargli che non doveva fare Gauche se non lo era. Perché quello
era il suo sguardo gentile, la sua voce gentile, il suo Gauche gentile.
Ma lì c’era Noir!
Stava per colpirlo per farlo
smettere, quando la campana delle emergenze suonò in tutta Central.
Lag si fermò e si girò a guardare,
nel mentre Noir si mise il mantello nero e si avviò con Lode, poi si
fermò e con un’aria triste, lo salutò.
- Non posso andare contro il mio
cuore. Però i sentimenti che nutro per te e Silvet appartengono a
Gauche, sono autentici, vengono da dentro di me. - Lag lo guardò, le
lacrime agli occhi nel riconoscerlo ancora una volta. - Grazie della
lettera Lag Seeing. - Dopo di questo, con una folata di vento lui e
Lode se ne andarono per i tetti, verso quella che era la loro missione
di spegnere il sole artificiale e vendicare il Gauche Suede sopito
dentro di sé.
Era vero, si disse Noir correndo
insieme a Lode dopo averle detto che non dovevano depredare i Bee. Loro
facevano ciò in cui credevano e non era niente di male nei confronti
delle persone. Anche loro cercavano di proteggere le persone che
avevano sofferto. Non aveva senso combattere i Bee, per abbattere il
governo.
Il Noir prima del proiettile
lettera avrebbe sparato a Lag per assicurarsi di poter portare a
termine i propri scopi, ma lui non se l’era sentita.
In lui, ormai, non c’era solo Noir.
In lui, ormai, c’erano dei
sentimenti ingovernabili, sentimenti di un Gauche Suede, forse, non del
tutto perduto.
Per quanto si erano organizzati,
per quanti avessero dato la loro disponibilità, per quanti piani
avessero usato, il Cabernet arrivò nei pressi dell’Alveare, pochi
chilometri e sarebbe arrivato lì a riempirsi di cuore prendendo tutte
le lettere nell’archivio e continuando a divorare i cuori delle persone
di Central radunate dall’altra parte, sulla collina.
Persino Garrard si buttò nella
mischia nel disperato tentativo di rallentarlo.
Per tutti la priorità era fermarlo
in attesa dell’arrivo di Jiggy e Zazie, gli unici che avevano avuto
risultati concreti contro il mostro, staccandogli ben due ali.
Il fatto che l’altra l’avesse
staccata Lag e Gauche era emblematico, poi era ricresciuta, ma
l’avevano fatto.
All’orizzonte si poteva sentire il
rumore del motore del cavallo di ferro. Dovevano resistere poco.
Dopo la botta emotiva presa con
Noir, Lag aveva avuto problemi a sparare il proiettile che non era
uscito, così era rimasto anche gravemente ferito.
Connor era arrivato e l’aveva
tratto in salvo ed insieme avevano proseguito l’inseguimento del
Cabernet.
In uno stato d’animo di totale
incertezza, Lag si fece portare dall’amico in carrozza nel disperato
tentativo di riprendersi e di riuscire a sparare ancora. Nel dubbio più
totale, uno di quei dubbi neri da cui non sapeva sa si sarebbe
risollevato, veniva portato nella lotta all’ultimo sangue.
Jiggy e Zazie arrivarono
nell’esatto istante in cui Garrard era preso dai tentacoli del
Cabernet. I suoi dolorosi ricordi di un’anticamera della capitale dove
aveva vissuto per gli ultimi anni a lavorare, si liberarono nell’aria,
mentre lui pareva sempre più perdere le proprie forze insieme al suo
cuore.
Ricordi di un dialogo con Largo
Lloyd che gli diceva che era libero di agire perché quello era il
momento di rivoluzionare il governo e di vendicarsi.
Jiggy e Zazie frenarono ai limiti
del luogo del combattimento e con una sincronia ormai assodata, anche
se del tutto naturale per loro, mirarono e spararono insieme.
Il proiettile liberò l’attuale
direttore che cadde e venne raccolto dal suo possente dingo.
Zazie venne distratto dai restanti
frammenti del cuore di Garrard che rivelavano dei segreti ben nascosti,
ma Jiggy lo richiamò portandolo all’ordine.
Zazie scese per combattere con più
libertà, ma Jiggy lo fece rimanere con sé. Si trovava bene a combattere
insieme a quel ragazzino, capiva perfettamente la strategia in
qualunque situazione, era come se gli leggesse nel pensiero. Non doveva
dirgli cosa fare, lo faceva.
Zazie si concentrò e tornò al
Cabernet che cominciava ad assumere sempre più delle grottesche ed
enormi sembianze umane. Rideva inquietante. Aveva mangiato così tanto
cuore, che cominciava ad assumere caratteristiche umane.
Il primo degli ultimi rinforzi ad
arrivare fu Connor.
Appena lo vide, Zazie si esaltò
come un matto, come sapesse che con lui doveva esserci per forza il suo
Lag. Lo sentiva nell’aria, sentiva che era vicino. L’avrebbe rivisto
dopo tanto, avrebbero ancora combattuto insieme. Lui, Lag e Jiggy. Cosa
chiedere di più?
Senza bisogno di mettersi
d’accordo, Connor e Zazie cominciarono a sparare proiettili e Jiggy si
avvicinò con il cavallo di ferro al bordo del precipizio su cui il
Cabernet stava in precario equilibrio.
Sparò con loro, nella simbiosi già
comprovata.
Uno dei migliori attacchi combinati
mai ricordati.
Il gaichu incassava ed incassava e
non era chiaro quanto subisse e quanto si nutrisse. La forza raggiunta
era mostruosa, ma non si sarebbero mai dati per vinti e fu allora, fu
proprio allora, mentre il Cabernet perdeva il poco equilibrio che
aveva, mentre stava per cadere, che Lag si precipitò dalla collina
ripida, si tuffò come non avesse gravità. Per un momento parve volasse.
E mentre era lì in volo, con la
pistola in mano caricata, lo sguardo fisso sul Cabernet in procinto di
cadere, pensò solo alle persone che aveva ferito, quelle che aveva
perso, quelle senza il loro prezioso cuore. A quelle che voleva
proteggere. Tutte. Non ne dimenticò una.
In quel modo, sparò al centro del
gaichu, trapassando i suoi orribili tentacoli a forma di bocca. Sparò
il suo proiettile del cuore color rosso intenso e lo passò da parte a
parte, entrando nella corazza.
Finalmente il cabernet cadde nel
precipizio che si era aperto sotto di lui.
Niche afferrò Lag al volo
impedendogli di cadere a sua volta e si puntò a sua volta nella parete
rocciosa a lato. Teneva sospeso Lag nel vuoto, proprio al centro di
quel buco nero profondo.
Sopra, ai bordi e tutt’intorno, si
affacciarono tutti gli altri che avevano contribuito in quella lotta
all’ultimo sangue.
Il primo a strillare felice ed
entusiasta fu ovviamente Zazie, troppo felice di rivederlo. Il cuore
carico come se non avesse sparato da giorni e giorni all’inseguimento
più faticoso della storia dei Bee.
Il suo Lag era lì e stava bene, il
resto non contava.
- LAG SEI SANO E SALVO! -
- ZAZIE! - Esclamò felicissimo Lag
nel vedere Zazie. Quanto gli mancava?
- Te la cavi bene bella gattina!
Miao! - Fece il verso Zazie in quello che era diventato un loro codice
segreto. Ormai Lag aveva rinunciato a redarguirlo, sebbene l’avesse
chiamato così davanti a tutti.
Jiggy infatti aumentò il motore
richiamando la sua attenzione, capendo che quei due dovevano essere la
coppia di turno.
Lag lo notò e lo salutò, Jiggy
ricambiò col gesto delle dita.
“Come me e Gauche… “ Pensò mentre
Lag salutava anche Connor, Garrard e Valentine, il suo dingo rumoroso.
“spero che a loro vada meglio di come è andata a me…”
Ma di tempo per i convenevoli non
sembrava essercene molto.
Il cabernet era caduto colpito
duramente, ma era morto? Il suo corpo non era esploso, nessuna luce si
era dispersa nel cielo.
Poteva essere ancora vivo.
Garrard riportò tutti alla realtà e
Lag rimase lì sospeso da Niche, completamente esposto al possibile
ritorno del gaichu. La pistola puntata nel vuoto, concentrato a sparare
ancora. Era al limite, sanguinava ed era ferito. Non sapeva nemmeno se
poteva sparare ancora, ma lì cerano tutti quelli che contavano, che
amava. Silvet poco più lontano con gli altri del villaggio, il suo
Zazie, l’Alveare, i suoi amici.
Non avrebbe più vacillato. Con o
senza Gauche. Con o senza obiettivi raggiunti. La vita di chi amava era
troppo importante.
Non avrebbe mai più dubitato di sé.
Zazie, Jiggy, Garrard e Connor si
sporsero a loro volta nel burrone mirando nel vuoto per coprire Lag nel
caso in cui il Cabernet sarebbe spuntato, ma nel silenzio apparente di
quell’istante infinito, fu Jiggy a notarlo.
Appena lo vide, chiamò Zazie, il
primo nome, l’unico che riteneva alla sua altezza, così utile da
affiancarlo nelle battaglia peggiori e più rognose e pericolose.
Le battaglie che si facevano con
strategia, senza bisogno di mettersi d’accordo.
- Zazie… - Disse solamente. Zazie
alzò lo sguardo all’orizzonte buio, dove guardava anche lui.
Assottigliò lo sguardo e vide quel che vedeva lui.
Uno stuolo infinito di gaichu
strisciava veloce verso di loro, attirato dal cuore sparato per colpa
del Cabernet.
E a Zazie fu chiaro cosa voleva da
lui Jiggy.
Chiaramente non si sarebbe tirato
indietro, anche se quella era davvero una di quelle missioni
impossibili. Affrontare un enorme gaichu, ma uno, era un conto. Tanti,
una marea infinita, tutti insieme… beh, quello equivaleva a scavarsi la
fossa.
Eppure Jiggy l’aveva chiamato per
farlo e lui non si sarebbe tirato indietro. Oltretutto lì c’era il suo
Lag. Doveva proteggerlo a tutti i costi.
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Capitolo 26 *** Ricordi autentici ***
la_proporzione_perfetta26
*Ecco il nuovo capitolo.
Rimaniamo in quel che è successo nel manga, perciò in scene originali
descritte già molto bene da Asada, ma riempiamo e arricchiamo con i
retroscena di Noir. Cosa gli è successo fra il voler usare il Cabernet
per distruggere il sole e la decisione di aiutare gli altri Bee ad
uccidere il gaichu? Cerchiamo di capirlo meglio in quella fase confusa
e particolare. Anche perchè abbiamo un Jiggy a poca distanza da lui. E
se l'avesse visto durante la battaglia? Buona lettura. Baci Akane*
26. RICORDI AUTENTICI
"allora dammi una ragione
per dimostrare che ho torto
per lavare questa memoria pulita
lascia che le alluvioni
attraversino
la distanza nei tuoi occhi
dammi una ragione
per riempire questo vuoto
riempi lo spazio che c'è
fa che sia abbastanza
da raggiungere verità e bugie
attraverso questa nuova divisione"
/New Divide - Linkin Park/
Noir e Lode lasciarono la città di
Central recandosi alla periferia. La loro intenzione era quella di
attirare il Cabernet, guidarlo in un certo modo verso la Capitale.
Si misero al riparo dalla folla e
dagli occhi, in attesa dell’arrivo del gaichu che sapevano era alle
soglie.
La città era in allarme, le persone
non in grado di combattere si radunavano nella collina dietro la città,
mentre ogni Bee in grado di combattere era chiamato ad impugnare la
propria arma e andare al di là delle mura, nell’ultima difesa della
gente innocente.
Avrebbero dato la vita.
Noir si fermò a guardare la scena
che si consumava davanti ai suoi occhi, avvolto nel suo mantello nero,
con il copricapo del medesimo colore.
Lo sguardo non era freddo e vuoto
come prima. Lode lo guardava e lo vedeva diverso.
Aveva fatto cose non da lui. Aveva
risparmiato quel ragazzino, aveva giocato a fare il loro amico ed ora i
suoi sentimenti, il suo modo di fare era differente.
Dopo averla condotta vicino a casa
di Silvet, si era appostato lì in attesa di vedere cosa sarebbe
successo al Cabernet.
Silvet con tutta la gente era
uscita all’estremità della collina, sperando di salvarsi.
Noir non disse una sola parola, non
mosse un dito.
Il cabernet era arrivato, ogni Bee
si era buttato nella battaglia, sparando proiettili per lo più inutili.
Garrard, il direttore e funzionario
del Governo, stava rischiando la vita per impedire al gaichu di andare
dalla gente.
Non sarebbe mai stato sufficiente.
Cercava di farlo cadere in un burrone che si era aperto nelle rocce.
Non ci sarebbe riuscito.
Noir vide arrivare in suo aiuto due
ragazzi, due Bee, sopra un cavallo di ferro che faceva un gran baccano.
Vide i due fermarsi e sparare in
sincronia contro il Bee e salvare Garrard.
Il Cabernet era sull’orlo del
precipizio ma non sarebbe bastato nemmeno quello.
Quando Noir mise a fuoco i due Bee,
uno dei due attirò in particolare la sua attenzione. Assottigliò gli
occhi color viola, qualcosa in lui stava reagendo alla vista del Bee
più grande, quello coi capelli rossi spettinati, coperti in parte da un
cappello.
Degli occhiali in plastica sul viso
per proteggerlo dal vento e sotto, su una guancia, una grande cicatrice
a croce.
Una cicatrice a croce.
Improvvisamente il cuore di Noir
cominciò a battere forte, quasi come quando era entrato in risonanza
con quello di Lag, ma era un po’ diverso.
Era la stessa cosa che gli era
successo quando si era svegliato, quando aveva visto Silvet e Lag lì.
Il cuore gli aveva fatto male, ma
non male di sofferenza. Male di gioia.
Noir si strinse il petto, più
pallido del solito, mentre una reazione in lui lo stava quasi mettendo
in ginocchio.
Gli occhi gli bruciavano. Era
paralizzato, non riusciva a muoversi. Lode lo vide e si preoccupò
chiedendosi cosa gli stesse succedendo.
- Forse non ti sei ripreso dal
proiettile del moccioso? - Disse preoccupata per l’unica persona che
per lei contava, anche più di Reverse stessa.
Noir scosse il capo e sorpreso
disse:
- Non lo so… - Si concentrò su quel
Bee che combatteva insieme all’altro. - È come se ci fosse una
reazione… - Lode lo guardò senza capire cosa intendesse.
- Una reazione di chi? -
- Di Gauche Suede. - Lode spalancò
gli occhi sorpresa come poche volte era stata da quando si era
svegliata nei panni di quella creatura mezza umana, mezza fiore e mezza
animale.
- Gauche Suede?! - Esclamò
incredula. - Ma non dovresti avere ricordi suoi. Sono autentici o sono
i ricordi immessi da Lag Seeing? - Noir scosse il capo focalizzandosi
completamente su quel Bee lontano non così tanto da non vederlo
distintamente, si muoveva a cavallo della sua moto, sparava insieme
all’altro Bee più piccolo. A loro si erano uniti altri a dare man
forte, il Cabernet stava per cadere ed in quello arrivò il piccolo Lag
precipitandosi su di lui a sparare un forte proiettile del cuore.
Il Cabernet cadde giù e Lode si
protese incredula e nervosa. Non potevano averlo sconfitto.
- Sono sensazioni autentiche. Non
c’erano traccia in quelli di Lag… - Lode allora lo guardò di nuovo,
sempre pallida.
- Ma su chi? -
- Su quel Bee… - Disse puntando al
Bee sul Cavallo di Ferro. - Capelli rossi con la cicatrice sul viso. -
Lode lo guardò.
Erano tutti fermi immobili in
silenzio, attenti a guardare nel buco. Lag tenuto su dalla sua dingo,
Niche. Sospeso nel vuoto, la pistola puntata sul fondo pronto a sparare
ancora se fosse risalito.
Poi il Bee dai capelli rossi alzò
la testa vedendo all’orizzonte altri gaichu. Noir si voltò e vide la
stessa cosa e si riprese allarmandosi, guardò subito Silvet, troppo
esposta a questi altri che stavano sopraggiungendo in cerca di cuore.
Un branco enorme.
- Silvet si farà male! - Esclamò
guardando gli altri Bee troppo lontani da lei. - Lode, ti prego! - Un
gaichu spuntò proprio vicino alla gente dove c’era anche Silvet e lei,
sbuffando seccata perché non capiva cosa c’entrassero con lui, si
precipitò da lei, la prese al volo poco prima dell’attacco di uno di
quei gaichu minori e la mise in salvo dicendo di stare attenta perché
poi lui si sarebbe rattristito.
Infine corse da Noir che si
affrettò a nascondersi.
I Bee si misero a combattere contro
gli altri gaichu, erano arrivati altri due. Riconosceva uno come Aria
Rink, una ragazza che, dai ricordi di Lag, doveva essere stata una
amica di Gauche.
- Non ce la faranno mai! - Disse
Lode negativa, vedendo la fatica che facevano nel tenerli a bada. - E
se torna il Cabernet a guardia c’è solo… - Ma non riuscì a finire la
frase che un getto dalle profondità della terra, risalì enorme e
potente investendo Lag e Niche, i quali, feriti, volarono via mentre il
Cabernet risaliva ricomponendosi in un’altra forma, una forma umana,
grottesca, gigantesca, deformata, ma vagamente umana.
- Ha preso così tanto cuore che
assume fattezze umane. - Disse Lode.
Ma Noir era ora concentrato su Lag,
avvolto da una parte dei capelli in movimento di Niche. Una Niche ben
diversa da quella che avevano visto fino ad ora, bambina. Quella Niche
era improvvisamente cresciuta e molto più forte, usava i capelli come
fossero mani che mutavano in forma e grandezza, sembravano infiniti.
Niche, furiosa, iniziò a fare a pezzi il Cabernet fino a fermarsi a
metà, quando la bestiola con loro le disse che Lag era vivo, anche se
molto ferito.
A quel punto Niche abbandonò la
battaglia e saltò sulle mura della città, dove c’era il dottore a
controllare la situazione.
Noir si voltò verso il Bee che
aveva risvegliato in lui una reazione e stringendo le labbra, sollevato
nel vederlo vivo a combattere senza mollare, andò a Central, tornando
fra le mura che aveva abbandonato poco prima.
Lode lo seguì chiedendogli cosa
volesse fare e perché si comportasse in quel modo.
- Sento qualcosa, Lode. Come sento
l’odio verso il sole artificiale, sento l’affetto verso Silvet e Lag. E
lo sento anche per quel Bee. Un affetto diverso da quello per i due
bambini. Per lui è qualcosa di… - Noir cercò dentro di sé il termine
adatto, poi lo disse sicuro. - carnale. - Lode arrossì gelosa.
- Gauche era in rapporti con lui. -
Dedusse freddamente. - Ma che vuoi fare, ora? Non hai detto che è più
importante spegnere il sole? Se loro sconfiggono il Cabernet, chi
spegnerà il sole? -
Noir però non si fermava, come
animato da qualcosa di più forte di qualunque ragionamento fatto fino
ad ora.
- Non è questo il modo giusto. -
Asserì deciso. - Voglio spegnere il sole per la memoria rimasta di
Gauche Suede, me stesso. Però non a scapito di tutto il mondo. Non è
questo il modo, Lode. - Asserì deciso correndo dal dottore per vedere
come stava Lag. Sentendo il bisogno di assicurarsi delle sue
condizioni. - E poi una volta che il Cabernet mangia il sole, chi lo
ferma dal mangiare il resto del mondo? - Lode rallentò rimanendo
indietro. Erano ragionamenti umani, erano ragionamenti di chi aveva un
cuore, ma non un cuore qualunque. Di chi aveva un cuore gentile, forte
e onesto.
“Gauche Suede è ancora vivo.”
Pensò senza esitare. Si chiese se
doveva seguirlo ancora, se avesse senso farlo. Poi sentì una spinta
dentro di sé che la intimò a seguirlo nonostante tutto, ovunque.
Evidentemente la stessa che provava
Noir in quel momento.
Un essere dentro di sé,
probabilmente l’animale con cui l’avevano incrociata, voleva rimanere
con Noir. O meglio, con Gauche.
“Hanno detto che Suede aveva un
dingo lupo. Che sia quello l’animale con cui mi hanno incrociato?” Si
chiese ricordandosi che nei ricordi di Gauche, introdotti da Lag, il
suo dingo si chiamava Lode, proprio il nome che Noir aveva dato a lei.
“Che io sia quel dingo?”
Noir arrivò nella postazione del
dottore che stava curando Lag il quale si era risvegliato. Era ferito e
affaticato e a malapena teneva gli occhi aperti, non riusciva nemmeno a
stare in piedi, ma stava dicendo che doveva andare, doveva andare dagli
altri ad aiutarli. Il Cabernet si era rigenerato quando Niche aveva
smesso di farlo a pezzi.
- Se prende fattezze umane, il suo
punto debole deve essere lo stesso degli uomini. - Ripeté il dottore. -
Dovete distruggere il suo cuore, posto nello stesso punto di un uomo
normale, nel petto. - Aveva mandato Niche a farlo, ma Lag si era
svegliato dicendo che doveva andare anche lui.
- Ma tu non puoi farcela, Lag. -
Ripeté Thunderland.
Noir a quel punto si fece avanti.
- Lo accompagno io. - Aveva seguito
il suo indomabile istinto. Quello che lo stava facendo rimanere, quello
che gli stava facendo provare dei sentimenti per Silvet, per Lag e per
quel Bee.
Il dottore guardò Lag che perdeva i
sensi, poi vide Noir e si sorprese. Sapeva da Lag che Gauche era Noir
che fingeva di essere Gauche, sapeva che se ne era andato per seguire i
suoi piani. Ma ora perché era lì, vestito da Noir, ma con uno sguardo
gentile?
- Cosa vuoi, Noir? Una volta per
tutte… non puoi interpretare tutte le parti che vuoi di continuo! Tu
devi sceglierne una e seguirla! - Il dottore non aveva paura di Noir
nonostante fosse teoricamente dalla parte di Reverse, coloro che avevan
risvegliato quel mostro gigantesco.
Noir si avvicinò, Lode era a
controllare la battaglia dove Niche faceva a fette, letteralmente, con
una potenza devastante, il Cabernet nella sua forma più grande mai
avuta.
Si chinò e prese il piccolo Lag fra
le braccia, guardandolo con un affetto naturale e spontaneo.
Il dottore lo vide e si zittì. Non
stava fingendo, anche perché ormai era venuto allo scoperto, sapevano
tutti di lui.
- Sto solo seguendo la memoria
incisa nel mio cuore. Ho provato ad ignorarla concentrandomi sulla
volontà più grande residua nel cuore di questo corpo. - Disse sincero
guardandolo negli occhi. - Ma non posso ignorare che lui non vuole che
contribuiamo a ferire così tante persone. E non vuole che lasciamo
indietro Lag. O che Silvet muoia. - “O che quel Bee finisca male.”
Pensò senza dirlo, come sentendo di
non doverlo fare.
- Chi non vuole? - Chiese il
dottore senza capire. Noir si alzò e si caricò Lag, ancora svenuto,
sulle spalle, prendendo per lui anche la sua pistola. Poi lo guardò
sapendo che non l’avrebbe fermato.
- Gauche Suede. - Con questo, Noir
andò accompagnato da Lode che l’aggiornava sull’andamento della
battaglia.
- Niche sta scoprendo il cuore del
Cabernet. Gli altri Bee si concentrano sui gaichu tutt’intorno, li
tengono a bada a stento. Ma alcuni si stanno per esaurire, non so
quanto ne avranno. -
Noir annuì gentile.
- Grazie Lode. -
Se Lag voleva andare dai suoi amici
a combattere, lui l’avrebbe portato lì e l’avrebbe aiutato. Perché era
quello che voleva Gauche.
Un colpo, un gaichu che esplodeva.
Quello era Jiggy.
Zazie era di poco da meno. Non ci
metteva molto di più. Concentravano al massimo il loro cuore per non
doverne usare troppo per un solo mostro. In modo da poterne abbattere
di più.
Niche stava facendo un gran lavoro
col Cabernet, facendolo in pezzi.
Dopo che si era interrotta per
portare Lag dal dottore, il Cabernet si era rigenerato, ma lei era
tornata ed aveva continuato a colpirlo coi suoi capelli di lame.
- Zazie! - Chiamò Jiggy, attirato
dalla luce delle mura. Il dottore stava comunicando con loro col codice
morse dicendogli un messaggio. Senza pensarci Jiggy aveva chiamato
Zazie, come se comunque gli altri contassero ben poco e lui fosse
l’unico utile, l’unico a cui dovesse dirlo.
- Il punto debole è il cuore del
Cabernet. -
- Steak e Niche lo stanno
scoprendo, preparatevi a colpirlo. - Gridò poi a voce il dottore anche
agli altri.
- Sali Zazie! - Chiamò Jiggy
rianimando il cavallo di ferro, il motore riprese a ruggire e Zazie
saltò dietro Jiggy seguendolo alla volta del Cabernet sempre più
ridotto.
Era bello, pensò Zazie. Era
bellissimo far parte della squadra personale del signor Jiggy.
Ma non aveva idea che era bello
anche per lui avere un partner su cui contare, uno affidabile, degno
delle sue lotte di alto livello che si trovava sempre a fare.
Jiggy e Zazie arrivarono ai piedi
dei resti del Cabernet.
Niche lo aveva fatto a pezzi fino a
scoprire il muscolo cardiaco, un enorme cuore sospeso sopra le loro
teste.
Dall’altra parte, Lag e Noir.
Poco distanti Connor, Garrard e
chiunque altro ancora in piedi a combattere con una pistola spara
cuore.
Tutti i presenti alzarono
perfettamente sincroni le pistole e caricarono i loro proiettili.
E, tutti insieme, gridarono ai
proiettili di partire, ognuno col proprio nome.
Istantaneamente molteplici scie
colorate corsero impazzite da mille direzioni alla velocità della luce
e tutte insieme arrivarono all’enorme cuore, l’unico resto del
terribile Cabernet che aveva seminato tanto dolore.
Tutti in quel colpo misero la
disperazione, la rabbia, l’odio, la speranza. Tutti pensarono alle
persone perse per colpa di quel mostro. Tutti pensarono al bene che
stavano facendo, che avrebbero fatto da lì in poi.
Ognuno mise tutto sé stesso.
Le scie luminose colpirono il cuore
contemporaneamente che esplose nel cielo notturno, un cielo che divenne
azzurro chiaro per degli infiniti secondi. Il cielo si nascose a quella
luce accecante. Poi tante piccole stelle scesero su di loro, dolcemente
si posarono su ognuno, mentre solo il silenzio, dopo il boato.
Un silenzio innaturale.
Nessuno osava respirare, nessuno
osava muoversi. Tutti rimasero immobili con i capi rivolti al cielo,
gli occhi stretti a cercare di capire se era finita, se era finita
davvero.
E così era.
Il gaichu Cabernet era svanito,
svanito del tutto. Il cielo tornò buio, le stelle lì meravigliose a
tempestare il manto blu scuro.
Zazie si lasciò cadere giù dal
cavallo di ferro di Jiggy che si spense, ognuno aveva esaurito del
tutto le proprie riserve, non sarebbero riusciti a sparare ancora, né
Connor, né Aria, né Garrard.
I dingo, compresa Lode,
continuavano a respingere gli altri gaichu minori rimasti che
continuavano ad arrivare alla ricerca del cuore che li aveva attirati
lì.
Ognuno ne aveva esaurito, perciò i
gaichu si concentravano nell’unico posto da cui ne percepivano.
Uno solo.
Dove erano Lag e Noir.
Lag, dopo il colpo, era svenuto.
Noir aveva colpito Lag con un
proiettile curativo, che però non era il suo forte. Lag aveva potuto
sparare solo un colpo, adesso non riusciva proprio a rimettersi in
piedi.
I gaichu stavano arrivando da lui,
come invece percepissero che c’era. Nonostante a lui non sembrasse
perché non riusciva più a risvegliarsi, lì il cuore c’era.
I gaichu dicevano questo.
Noir, ancora in piedi, sparava a
raffica ai mostri che si avvicinavano affamati, chiamava a gran voce
Lag dicendogli di svegliarsi che gli serviva aiuto.
Ma Lag non poteva sentirlo.
Il proiettile sparato da Noir aveva
riversato in lui un ricordo che nemmeno lui sapeva di avere.
Un ricordo di quando era nella
capitale.
Una sorta di ricordo bloccato.
Lag era in Noir. Lag era in Gauche.
Nel bianco del suo cuore, c’erano
tante finestre, tanti ricordi. In primo piano quelli di Noir, che
ricordava senza fatica. Ma Lag capì di dover cercare quelli di Gauche.
Se era in lui, nella sua coscienza, dovevano esserci anche i suoi.
Cercò e trovò una cassetta chiusa,
trovandosi magicamente una chiave in mano, aprì e una volta che vide,
ne rimase sconvolto.
Il buio di Gauche che dormiva in un
luogo oscuro, con un casco in testa che gli succhiava via tutta la
forza vitale ed il cuore.
Era nella capitale? Erano i ricordi
dimenticati di Gauche della capitale?
E poi una voce di donna, gentile.
Che gli diceva di chiamarsi Anne e che aveva visto dai suoi ricordi il
suo piccolo Lag.
- Gauche, tu hai perso molti
ricordi ma non hai perduto te stesso. Fuggi. - Disse quella voce
liberando un Gauche senza memoria.
Dopo di quella scena, il buio si
fece bianco e la voce di quella donna si mise a parlare a Lag stesso,
come se fosse lì. Era una lettera ricordo sopita dentro un istante
mnemonico di Gauche.
La voce parlò a Lag dicendogli di
essere sua madre, di andare dalla zia Sabrina che l’aveva cresciuto e
ascoltarla, di cercare la verità. Infine disse che gli voleva bene,
infinitamente bene. E che era la loro unica speranza.
Lag capì che era sua madre, la
madre perduta, che gli avevano strappato dalle braccia per portarla
alla Capitale, che non aveva più rivisto, la madre che cercava
disperatamente.
E con tale disperazione si mise a
piangere, il dolore di Lag esplose e proprio mentre fuori c’era Noir
attaccato da mille gaichu, la luce uscì da lui come era già successo in
altre occasione in cui si era sovraccaricato di emozioni e sentimenti.
La luce uscì da lui e accecò tutti,
mutando di nuovo la notte in giorno. Ogni gaichu venne spazzato via e
per un momento, per un momento lunghissimo, nessuno vide più nulla,
sentì, capì.
Per un istante fu come il vuoto.
Poi, tutto tornò alla normalità.
La notte, di nuovo con le sue
stelle. Nessun gaichu, un silenzio piacevole, la brezza, gli amici che
gli correvano incontro per vedere se stavano bene e i ricordi di Lag
ben impressi, ricordi di quel che aveva visto in Noir, ricordi del suo
Gauche e di sua madre.
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Capitolo 27 *** Un compromesso accettabile ***
la_proporzione_perfetta27
*Eccoci qua, in questo nuovo
capitolo invento tutto completamente, la battaglia è finita e prima di
tornare alle scene del manga, mi sono divertita un po' a metterci del
mio. E fra questo, c'è il tanto atteso incontro fra Jiggy e Noir. Avrà
reazioni quest'ultimo? Buona lettura. Baci Akane*
27. UN COMPROMESSO ACCETTABILE
"Quando
ho già visto questo luogo? dove ho visto il tuo viso? dobbiamo esserci
incontrati attraverso gli anni
spiriti nell'iperspazio siamo già stati innamorati non è un déjà vu, la
prima volta che ti ho baciato ho incoraggiato il tuo ritorno una vita
un rapido sguardo di Grazia e poi nulla più un amore per sempre, nella
mia anima l'eternità nei tuoi occhi l'infinito tra le mie mani
attraverseremo i cieli il viaggio non finirà mai"
/Foreverland -
Belladonna/
Zazie scese dalla moto cadendo per
terra, privo di forze. Non ce l’avrebbe fatta a rialzarsi in tempi
brevi. Aveva sparato più di chiunque altro, era alla caccia del
Cabernet da prima di tutti gli altri, prima ancora di Jiggy.
- È finita davvero. - Disse Zazie
dopo la grande luce proveniente da Lag che aveva ucciso gli altri
gaichu.
- Ma chi è quel ragazzino? - Chiese
Jiggy stupito di quanto aveva visto.
- Lo chiamano il figlio della luce.
Ora hai capito perché. - Zazie voleva rialzarsi e trascinarsi da lui,
ma non ne aveva le forze, le gambe non gli reggevano.
- Ma come fa? - Jiggy era
sinceramente stupito. Zazie si girò verso di lui alzandosi a sedere,
sorrise in un modo indecifrabile.
- E chi lo sa? Quel che conta è che
lo faccia! -
- Ma non vuoi cercare di saperne di
più? - Per Jiggy era normale, non era una persona curiosa, ma Lag che
brillava come un sole annullando tutti i gaichu in un attimo, aveva
dell’incredibile. Persino per lui era impossibile non farsi domande.
- No, non voglio. - Disse Zazie a
quel punto, posando i suoi occhi castano scuri in quelli azzurri di
Jiggy. - Lag è Lag, non importa chi o cosa sia. Non lo amerei di meno!
- Jiggy rimase colpito dalle sue parole, così come dalla sua forza nel
dirle.
Che provava qualcosa di speciale
per lui l’aveva dedotto stando tanto con lui in quella lunghissima
giornata. Era bello che lo ammettesse senza problemi, lui non aveva mai
voluto far trapelare i propri sentimenti per Gauche, solo Lloyd li
aveva visti.
“Non importa chi o cosa è, per lui
non cambia niente. Lo ama comunque.”
Jiggy chiuse gli occhi e sorrise
pensando a Gauche. Forse era quella la risposta che cercava.
Cosa rendeva una persona tale? I
ricordi conservati riguardo la propria vita vissuta? La consapevolezza
di sé?
“Il carattere, la personalità
innata incisa nel nostro DNA. Il carattere dipende da quel che viviamo,
se ce lo scordiamo, che carattere viene plasmato? Eppure due persone
vivono la stessa cosa, ma hanno due caratteri diversi. Perché dipende
dal proprio essere.”
Jiggy scese dal cavallo di ferro
ormai spento, non aveva nemmeno un po’ di cuore, ma riusciva a reggersi
ancora un po’ in piedi, così tese la mano a Zazie e l’aiutò ad alzarsi.
Questi sorrise e lo ringraziò.
- È l’amore di chi ci ama a
renderci chi siamo. - Concluse Jiggy. Zazie si strinse nelle spalle.
- Secondo me è così. - Jiggy fece
così un cenno leggero, come di gratitudine.
- È stato bello combattere insieme.
- Zazie avvampò e trattenne il fiato.
- Anche per me. Un onore. Grazie. -
Jiggy fece un piccolo ghigno, poi sentendo Connor avvicinarsi, lo
lasciò.
Connor arrivò a verificare le
condizioni del suo amico ed insieme si avviarono uno appoggiato
all’altro alla volta di Lag. Jiggy guardò il cavallo di ferro spento ed
alzando le spalle si accinse a spingerlo verso casa, per farlo doveva
passare per la vallata dove si era consumata la battaglia finale,
proprio dove Lag aveva brillato. Poi risalire la collina ed allora
avrebbe trovato l’ingresso a Central.
Era poco dietro Zazie e Connor,
quando lo sguardo risalì sulle figure che stavano controllando le
condizioni di Lag.
Silvet era scesa dalla collina con
la signorina Aria, Zazie e Connor arrivarono anche loro da Lag.
Jiggy si fermò, le gambe smisero di
funzionare definitivamente.
Era diventato di piombo ed anche il
respiro non usciva regolare, piuttosto era come se il cuore mancasse
dei battiti.
Lo stomaco si contrasse in una
morsa durissima.
Lì, vicino a Lag e agli altri,
c’era una persona che mai in vita sua avrebbe immaginato di vedere, non
in quelle circostanze, non in piedi con una pistola in mano.
- Gauche…? - Chiamò con un filo di
voce, senza riuscire a farsi più avanti.
L’aveva lasciato addormentato, poi
se ne era dovuto andare e non aveva saputo più nulla.
Ed adesso era lì. Era lì in piedi,
aveva chiaramente combattuto con Lag. Era lì.
Gauche era lì. Il suo Gauche era
lì.
Sveglio. Vivo.
Ma era davvero lui?
Sentendolo chiamare, Gauche si girò
e quando lo vide, anche lui ebbe una reazione, ma non propriamente
quella che si sarebbe aspettato, non quella in cui aveva sperato.
Gauche impallidì più ancora di
quanto già non era di norma, spalancò gli occhi viola, così simili a
quelli autentici del ragazzo che amava. Così uguali.
“Sono i suoi, sono i suoi ma…”
Tremante, il giovane si avvicinò.
Era provato quanto loro, ma il suo tremore derivava da dentro. Era
simile al proprio. Per un momento il mondo intorno si annullò, per un
momento Jiggy provò l’irrefrenabile impulso di buttarsi su di lui e
stringerlo davanti a tutti, baciarlo forte.
- Credo che noi fossimo legati,
giusto? - Disse Gauche con un tono gentile, così simile, così uguale al
SUO.
Per Jiggy fu come se una lama si
conficcasse nel cuore dandogli il colpo di grazia.
- Sei Noir… - Mormorò con voce
sospesa, in procinto di crollare. Noir annuì, dispiaciuto.
- Il proiettile lettera di Lag mi
ha dato i ricordi che mi riguardano, ma solo quelli che erano a sua
conoscenza. Purtroppo pare che ciò che è andato perduto, lo sia per
sempre. - Disse cercando di essere il più delicato e gentile possibile.
Jiggy non capiva perché lo era, non capiva perché era tanto dolce nel
parlare con lui, non capiva nemmeno perché lo guardava così come
l’aveva sempre guardato il suo Gauche.
E lì, in piedi, in un istante,
fissandolo in quegli occhi tanto amati, vedendo la sua luce in fondo ad
essi, capì.
“Ciò che rende sé stessa una
persona è l’alito di vita stessa. Finché anche un soffio di cuore vibra
dentro, lei sarà sempre lì! E Gauche c’è. Non ricorderà nulla, ma lì
c’è il mio Gauche. Lì c’è.”
Jiggy allungò la mano tremante per
toccarlo, gli occhi gli bruciavano lucidi, ma in quello Silvet arrivò
chiamando Gauche. Ancora non sapeva.
Noir chiuse gli occhi dispiaciuto,
li riaprì e scusandosi con Jiggy con un sorriso malinconico, si voltò
verso la sorella per dirle che non era Gauche, ma Noir.
Jiggy strinse il proprio mezzo e si
avviò verso l’Alveare, aveva bisogno di ricaricarsi. Come tutti,
naturalmente.
E Gauche aveva bisogno di… poi si
corresse. Noir? Noir aveva bisogno di trovare un posto?
“Gauche ce l’ha un posto, non deve
trovarlo. Il fatto che lui non ricordi coscientemente, non toglie che
lui è il mio Gauche e che il posto ce l’ha!”
Decise di lasciargli del tempo per
consolare la sorella, poi sarebbe tornato da lui per fargli il suo bel
discorsetto.
Prima l’aveva colto impreparato,
non si era di certo aspettato di rivederlo sveglio.
Se era Noir perché si era schierato
con loro, alla fine?
“È Gauche, solo che lui non ne è
del tutto consapevole. Ma finché c’è chi lo ama, lui non smette di
essere chi è davvero. Forse faticherà ad accettarlo, ma deve capire chi
è. Io l’aiuterò a farlo. Adesso non lo lascerò più andare.”
Zazie riabbracciò Lag e subito si
sentì meglio, come se si rigenerasse all’istante.
- Sai, ho combattuto tutto il tempo
con Jiggy Pepper! Sono salito sul suo cavallo di ferro, ho corso con
lui, l’ho anche guidato per un certo tratto! Lag, è stato meraviglioso!
Eravamo sincronizzati, non abbiamo mai avuto problemi a capire cosa
volevamo uno dall’altro! Io… non so cosa dire, è stata l’esperienza più
bella della mia vita! - Zazie parlava a macchinetta mentre aiutava Lag
a risalire la collina per andare all’Alveare, insieme ad un Connor che
rideva un sacco.
- La più bella?! - Chiese Lag
stupito e con un delizioso broncio. Zazie lo guardò sorpreso.
- Certo! Sono sicuro che mi
capisci, hai combattuto con Gauche, alla fine si è svegliato, era lui,
no? Altrimenti se era Noir di certo non ti avrebbe aiutato… alla fine
tutto è andato bene, te l’avevo detto di non dubitare! - Zazie sembrava
incapace di zittirsi e Lag sospirò mentre si girava dietro per vedere
Noir che avanzava con Aria e Garrard. Silvet aveva deviato verso casa,
probabilmente piangeva.
Lode punzecchiava Niche e Valentine
punzecchiava entrambi. Gli altri Bee a seguito e tutt’intorno.
- Non è così. - Disse Lag
rattristandosi con un sospirone. Zazie lo guardò spalancando gli occhi.
- Come no? Lui… - Lag si strinse
nelle spalle dispiaciuto, confuso.
- Ha deciso di aiutarci perché ha…
- Lag cercò le parole per descriverlo. - una memoria residua di Gauche,
una sorta di istinto verso determinate cose. Per questo lui fino ad ora
ha cercato di abbattere il sole. Sente che Gauche lo odia. Però ha
anche sentito che non vuole ferire la gente innocente, per questo ha
smesso di seguire Reverse e ci ha aiutato. E poi… - Abbassò lo sguardo
pensieroso, insicuro, Zazie strinse la presa intorno al suo braccio che
lo reggeva, reggendosi a lui a sua volta.
- E poi? - Chiese.
- Ha detto che non vuole ferire le
persone che sono care a Gauche, Silvet, me… sta solo seguendo quello
che sente provenire da Gauche, il residuo di Gauche… non so se questo
potrà crescere o se è il massimo che avremo, ma è molto più di quanto
credevo quando mi ha detto di essere Noir e che Gauche non sarebbe mai
tornato. - Zazie lo fissò sorpreso, non sapeva come la stava prendendo,
era dispiaciuto ed incerto ma sembrava aver ammortizzato il colpo. La
stava prendendo sorprendentemente bene. Così gli diede una testata per
stimolarlo e tramortendolo lo fece finire addosso a Connor che si
lamentò.
- Bene, no? Abbiamo un membro di
Reverse dalla nostra parte, magari ci aiuterà a stanare quei bastardi!
E poi fra avere un bastardo che finge di essere nostro amico ed uno
sincero che non finge di essere nostro amico, ma che è comunque dalla
nostra parte… beh, è meglio quest’ultimo, no? - La metteva giù facile e
leggera, come una sciocchezza. Lag con un bernoccolo in testa lo guardò
in trance senza capire una parola di quel che aveva detto, così Zazie
col broncio grugnì:
- È un compromesso accettabile! -
Tradusse. - È dalla nostra parte, non finge più e soprattutto lascia
che l’istinto di Gauche prevalga per quel che può. C’è ancora Gauche lì
dentro. - Lag non l’aveva ancora vista sotto questo punto di vista. Lo
guardò sorpreso, Zazie aveva la capacità di vedere le cose con
chiarezza ed obiettività. Per questo stava bene con lui.
- Giusto. - Disse sorridendo di
nuovo leggero, girandosi verso un gentile Noir che spiegava ad Aria
come stavano le cose. Dietro, Niche e gli insulti a Lode e Valentine.
Wasiolka lì con loro. - Un compromesso accettabile. - Molto più di quel
che, ad un certo punto, aveva pensato di poter avere. Quando aveva
perso la fede e creduto che tutto fosse andato perduto.
- Avanti, spogliati! - Disse il
dottore.
- Nemmeno per idea! - Grugnì Zazie.
Il dottor Thunderland jr lo guardò
male.
- Ho detto spogliati! - Ordinò più
seccato.
- Ed io ho detto di no! E aggiungo
pervertito! - Rispose sfacciato Zazie. La vena nella tempia del dottore
si vide pulsare.
- Come faccio a visitarti se non ti
spogli? -
Zazie rimase seduto sul letto, ma a
braccia conserte e rivolgendogli la schiena, occhi chiusi, aria
testarda.
- Tu fai sempre spogliare tutti per
visitarli quando poi basta che gli ficchi quegli aghi nei bracci e ci
dai quelle sostanze rigenerative! -
Il dottore rimase impettito a
guardarlo, poi con la pressione alle stelle e la voglia di dare una
testata a quel ragazzino impertinente, andò da lui e lo spogliò con la
forza. Zazie pose resistenza, ma era parecchio indebolito per via della
lunga lotta a cui si era sottoposto, così finirono sul letto, Zazie
sotto il dottore che lo sovrastava schiacciando per immobilizzarlo,
cercava di respingerlo, ma ormai gli aveva tolto tutto, rimanevano solo
i boxer.
Fu in quel momento che Lag entrò
sentendo le urla di Zazie.
- Ehi tutto ben… - Ma quando vide
Zazie steso, nudo, sotto il dottore tutti avvinghiati uno all’altro,
sbiancò, poi divenne di mille colori fra cui uno strano blu feroce e
con occhi fiammeggianti e l’ambra che sembrava caricare un proiettile,
un grugnito al posto della sua voce si sentì:
- Voi… voi cosa… cosa… - Lag era
geloso marcio, aveva ovviamente frainteso tutto e sebbene il dottore
non capisse cosa avesse tanto da prendersela, Zazie che lo capiva
scoppiò a ridere trovandolo molto carino così geloso.
- Sto cercando di spogliarlo per… -
Spiegò il dottore, ma Lag a quel punto prese e se ne andò sbattendo la
porta.
- Siete due pervertiti! - Esclamò
furioso.
Zazie continuò a ridere, mentre il
dottore si alzò a sedere a cavalcioni sul ragazzino con le sole mutande
addosso.
- Ma cos’ha capito? Figurati se mi
piacciono i bambini! A me piacciono gli adulti! -
- Sì e intanto mi spogli ogni volta
che devi visitarmi! - A quel punto il dottore tornò ai suoi doveri e
guardandolo finalmente nudo, si illuminò e prendendo lo stetoscopio, si
chinò su di lui auscultandogli il cuore.
- Hai passato molto tempo dietro al
Cabernet, più di tutti gli altri. Sei stato il primo ad inseguirlo
appena appresa la sua esistenza, sei quello che ha speso più cuore
contro di lui. Voglio essere sicuro che tu stia bene. Se sei ferito sei
il tipo che non lo dice. - Zazie scosse il capo e si arrese alzando le
braccia alte sopra la testa, smise di combattere, troppo stanco per
avere successo.
- Sbrigati che devo spiegare a
quello scemo che non è come pensa! - Il dottore auscultò il suo cuore
che in realtà sembrava regolare, così scese da lui e cominciò a
controllare bene ogni centimetro del suo corpo.
- E cosa gli interessa se io e te
abbiamo davvero una relazione? - Zazie alzò gli occhi al cielo seccato.
- Saresti un pedofilo, tanto per
cominciare! -
- Oh, andiamo… come se ti dispiace
essere toccato da me! - Il dottore adorava stuzzicare Zazie, non lo
faceva con tutti, ma lui sì perché reagiva sempre come un esagerato.
Con le dita gli pizzicò un capezzolo e Zazie scalciò sfiorandolo di
poco.
- Sei un pervertito, visto? -
Il dottore rise sadicamente mentre
gli scostava i capelli dalla fronte per controllare la ferita che non
sanguinava più copiosamente, ma che non era ancora rimarginata.
- Questa è profonda… - Così dicendo
prese gli strumenti e iniziò a medicarlo.
Zazie sospirò e tornò a quietarsi,
arrendendosi. Le sue mani esperte sulla fronte gli stavano dando tanto
fastidio quanto sollievo, a breve sarebbe stato di nuovo bene. Sebbene
stare nudo davanti a lui non gli piaceva per nulla.
- Quindi tu e Lag… - Zazie avvampò
e fece una smorfia cercando di guardare da un’altra parte.
- Macché… - Il dottore ridacchiò
chiudendogli la ferita sulla fronte con una benda.
- Perché no? È piuttosto evidente
che vi piacete, non c’è mica niente di male… - Zazie sospirò e aprì di
nuovo gli occhi guardando nel vuoto, accanto a sé, serio e pensieroso.
Il dottore gli mise il casco che misurava il cuore, mentre infilava il
famoso ago al braccio per iniettargli un siero che l’avrebbe aiutato a
rigenerarsi più in fretta.
- Ma Lag è… piccolo… non capisce
bene la natura dei sentimenti, ne prova tanti, forti, per tutti e… -
Non voleva illudersi di essere così speciale, anche se effettivamente
un certo rapporto ormai ce l’avevano.
- Mi sembra che non faccia scenate
di gelosia per tutti. - Rincarò indulgente il dottore.
Zazie alzò le spalle sempre senza
guardarlo, mentre il dottore preparava il secondo letto per un altro
paziente da controllare. Aveva deciso lui la priorità, in base a chi
aveva combattuto e quanto.
- Mi sembra di sporcarlo. Lo sento
puro e innocente, ci ho provato, si lascia fare, prova qualcosa, ma
non… non so, mi sono bloccato ad un certo punto. Ho come la sensazione
di sporcarlo. Come se lui fosse speciale. - Il dottore lo guardò
colpito dal suo discorso maturo per un quattordicenne. Piegò il capo di
lato e senza farsi vedere sorrise dolcemente.
- Che sia diverso dagli altri è
vero, ma non devi evitare per partito preso. Scoprilo, conoscilo. Non
pensare di sapere com’è. Vivilo sulla pelle. - Zazie lo guardò stupito
di quel suo discorso, si girò incredulo della sua serietà e della sua
utilità, però non fece in tempo a ringraziarlo che aveva aperto la
porta e chiamato il prossimo paziente.
- Jiggy! - Zazie avvampò di nuovo
realizzando che doveva visitare e curare lui. Quando si voltò, vide il
giovane in uno stato di crisi mistica, occhi spalancati, alzato sui
gomiti e di mille colori.
- Che c’è? Jiggy Pepper ha
consumato molto cuore, ha combattuto quasi quanto te… per di più lui
guida il cavallo di ferro, devo assicurarmi che prima di riaccenderlo,
sia del tutto rigenerato. E non è tipo da aspettare molto prima di
rimontare in sella. - Spiegò il dottore.
Zazie non riuscì a proferire parola
e il secondo dopo, Jiggy entrava sistemandosi nel letto accanto a
quello di Zazie. Lo notò e lo salutò come se ormai fossero qualcosa di
molto simile ad amici, per quanto il grande Jiggy potesse averne.
- Spogliati. - Disse il dottore a
Jiggy che si sedette sul letto. Questi lo guardò fulminandolo con le
sue due lame sottili e azzurre, affilatissime.
- Scordatelo. - Il dottore alzò gli
occhi al cielo esasperato!
- Siete uguali voi due! Siete gli
unici che mi creano sempre problemi! Vi ho visto nudi mille volte!
Siete fra i più incoscienti, quelli che si riducono sempre peggio!
Perché non volete mai spogliarvi davanti a me? - Jiggy rimase duro
davanti a lui mentre Zazie rimaneva a bocca aperta a guardarlo,
incredulo che anche lui avesse i suoi stessi problemi col dottore.
- Si chiama pudore! - Rispose
gelido Jiggy, lanciando poi uno sguardo eloquente a Zazie. Zazie
avvampò.
- È per me? Posso andarmene! Devo
trovare Lag per dirgli che questo è un pervertito, ma che non lo sono
pure io e… - Quando Zazie era imbarazzato parlava a macchinetta. Jiggy
così lo fermò.
- Non sei tu. -
- E comunque non puoi andare da
nessuna parte. - Lo fermò il dottore che poi prese un’ascia in mano
rivolto a Jiggy. - Se devo costringere anche te, lo farò! -
- Ah, ma lui mica lo violenti, eh?
- Strillò Zazie indignato. Jiggy lo guardò meravigliato.
- Ah, violenti ragazzini, eh? Ma
bravo! Lo sapevo che eri un pervertito! Se osi toccarmi guai a te - Il
dottore così si ritrovò con la seconda vena pulsante sulla tempia.
- Sebbene tu rientri più nei miei
gusti personali… fidati che non alzerò un dito nemmeno su di te. Se
collabori. - E così dopo la consueta mezz’ora passata a convincere i
due più testardi dell’Alveare a spogliarsi per farsi visitare, ebbe
successo e riuscì a fare il suo dovere.
Zazie non voleva guardarlo per non
metterlo in imbarazzo, ma chiaramente non poteva evitare che i suoi
occhi si incollassero al suo corpo quasi del tutto nudo.
E appena lo vide, smise quasi di
respirare.
Il corpo di Jiggy era coperto di
cicatrici dalla testa ai piedi, frastagliate e di diversa natura,
ottenute in molti modi nel tempo. Aprì la bocca meravigliato mentre il
dottore gli infilava l’ago per la flebo e gli metteva il misuratore di
cuore in testa intimandolo di stare steso.
- Sorprendentemente oggi Zazie ti
batte in quanto a ferite! - Disse il dottore ironico.
- Visto che non serviva mi
spogliassi? -
- Ma che vuoi, amo vederti nudo. -
- Lo so. - E questa conversazione
assurda ebbe fine con il dottore che usciva dall’infermerie dicendo che
sarebbe tornato dopo.
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Capitolo 28 *** Hai solo il presente ***
la_proporzione_perfetta28
*Ecco un altro capitolo. Dopo
la lotta contro il cabernet servono cure e riposo e c'è un momento
preciso fra la fine della battaglia e la riunione dei Bee con Noir in
cui i ragazzi hanno tempo di trovarsi, respirare e confrontarsi. In
principio Zazie ha l'occasione di parlare di nuovo con Jiggy, così come
Lag con Noir, ma poi finalmente le coppie si ritrovano. Ma come sarà
l'incontro privato e da svegli di Jiggy e Noir? Buona lettura. Baci
Akane PS: il disegno che ho scelto è di Asada, ma non è Jiggy però
visto che me lo ricorda molto, l'ho scelto lo stesso per lui. Così come
Akane Tachibana di I'll è uguale a Zazie...*
28. HAI SOLO IL PRESENTE
Il silenzio non rimase molto, li
coccolò per un paio di minuti, poi Zazie fu il primo ad interromperlo.
Non osava guardare ancora Jiggy.
Aveva passato una vita ad
idolatrarlo a distanza, ed ora in poco tempo l’aveva visto e ci aveva
combattuto a fianco. Non sapeva bene cosa dire, ma non voleva sprecare
quel tempo prezioso concesso ancora una volta con lui.
- Quel dottore è proprio strano. -
Disse facendo finta di nulla. Jiggy rispose secco:
- È un pervertito! - Zazie così
prese il via a parlare infervorato.
- Infatti, ha candidamente ammesso
che gli piacciono anche gli uomini! - Jiggy così lo guardò con aria
apparentemente indifferente, ma nessuno dei suoi sguardi era tale sul
serio, altrimenti non li lanciava proprio.
- Piacere uno dello stesso sesso
non è essere pervertiti… tu stai con Seeing, giusto? Sei pervertito? -
Zazie avvampò per il suo essere tanto diretto, ma era lo stesso per
lui, sempre. Così incassò.
- Infatti io sono pervertito. Ma
con lui e basta. Anche se… - Arrossì ancora e guardò dall’altra parte,
vergognandosene. - è difficile fare il pervertito con lui, perché mi
sembra di sporcarlo troppo! - Aveva questo peso dentro e non sapeva
come levarselo, prima ne aveva parlato addirittura con il dottore che
gli aveva consigliato di non precludersi nulla. Ad un certo punto
l’avrebbero saputo tutti e non gli importava molto.
Non lo poteva sapere ma in quello
lui e Jiggy erano diversi.
Come lo erano nell’esprimere i loro
istinti, i sentimenti, le emozioni. Zazie era puro istinto selvatico,
esagerava quasi in tutto, era estremamente diretto. Jiggy ingoiava
tutto, teneva ogni cosa dietro un muro, non esprimeva nemmeno uno
starnuto.
- Come mai? - Chiese interessandosi
a qualcuno e qualcosa per la prima volta dopo tanto tempo. Aveva un
tono vagamente indulgente, oltre che interessato, anche se cercava di
mantenere il solito contegno. Non voleva sembrare troppo coinvolto, ma
quel Zazie… quel Zazie non riusciva a tenere le distanze. O meglio era
lui che non riusciva a tenerle da Zazie. Lo viveva diversamente dagli
altri. Anche da Gauche stesso chiaramente. O da Lloyd, per cui provava
un senso d’amicizia abbastanza netto.
Per Zazie…
“È più come se mi rivedo in lui. E
spero che non diventi come me. E che sia più felice di me.”
Non voleva facesse i suoi errori.
- Perché è pulito, è diverso dagli
altri, ci ho provato, ci sta, ma… è troppo pulito. Non ci sono
riuscito. - Era chiaro a cosa si riferiva, ma Jiggy non se ne
imbarazzò, così decise di premiare il suo coraggio.
- Io ho passato gli anni a
combattere con la speranza di rivederlo. - Disse enigmatico e
sibillino. Zazie trattenne il fiato e si girò a guardarlo, Jiggy
fissava il soffitto mentre la sostanza iniettata dal dottore cominciava
a fare effetto anche su di lui. - Da un lato non volevo sperare perché
poi se non fosse tornato ci sarei rimasto troppo male. La speranza è
debolezza. Io devo essere forte. - Continuò serio, composto, senza
particolari inclinazioni. - Dall’altro ho sempre continuato a cercarlo
e sperare di ritrovarlo, sapendo che doveva esserci da qualche parte. -
Zazie voleva chiedergli se si riferiva al signor Gauche, ma non osava
andare così oltre.
- E alla fine? - Chiese con un filo
di voce.
Jiggy si voltò a guardarlo con
un’aria un po’ più morbida.
- Alla fine non so cosa abbia
vinto, la speranza o il cinismo. Però lui è tornato. Non è come
speravo, come pensavo, come doveva. Però è qua e non importa in che
condizioni è e che destino ha. È tornato qua e a me basta. - Zazie capì
che parlava proprio di lui e decise che questo sarebbe rimasto fra
loro, non l’avrebbe detto nemmeno a Lag. Anche perché lui non sapeva
tenere la bocca chiusa.
- Ma col senno di poi era meglio
sperare o no? - Jiggy fece uno dei suoi rari e brevi sorrisi appena
accennati.
- Non lo so. Il punto è questo. Non
puoi sapere come sarà una cosa, o come è davvero. Ti puoi fare i tuoi
film e credere in quello che vuoi. Alla fine le cose vanno come devono
andare, le persone sono come devono essere. Indipendentemente da come
le vivi tu. Perciò cerca solo di non avere rimpianti se un giorno lui
dovesse perdere sé stesso. Il presente è tutto ciò che hai. Il passato
spesso viene perduto, il futuro a volte è inarrivabile e non sarà
quello che volevi. Hai solo il presente. - Zazie si sentì più leggero e
più chiaro con le proprie emozioni ed i sentimenti.
Dopotutto aveva ragione.
Avevano solo il presente.
Capendo che Jiggy e Gauche erano
una coppia, e nel saperlo si sentì un privilegiato perché era chiaro
che nessuno nemmeno sospettava, e vedendo cosa era successo a loro,
capì quello che doveva fare.
“Lag è qua adesso. Non posso
sprecare il prezioso presente con lui. Potrebbe essere tutto quello che
ci è concesso. Non avrò rimpianti, un giorno.”
- Grazie. - Mormorò colpito e
grato, quasi con una strana dolcezza. Un Zazie ben diverso da quello
scontroso e rumoroso e selvatico che conoscevano tutti.
Jiggy non fece nulla.
- Spero che alla fine valesse la
pena sperare… - Aggiunse poi riferito alla sua triste storia con
Gauche.
Jiggy sospirò e guardò in alto con
gli occhi che pizzicavano.
- Lo spero anche io. -
Lag e Noir erano nell’altra stanza,
l’infermeria era composta da un paio di queste e all’occorrenza
potevano allestirne altre.
Il dottore aveva finito anche con
loro, ci aveva impiegato poco perché avevano collaborato.
Rimasti soli, Noir fu il primo a
parlare come se avesse bisogno di confidarsi e sentisse di poterlo fare
solo con lui, perché dopotutto lo capiva meglio degli altri. In qualche
modo. Forse.
- Sai, quando ho incontrato quel
Bee con la cicatrice in viso… - Lag lo guardò sorpreso.
- Jiggy Pepper? - Nella sua
ingenuità Noir annuì e fece quel che Gauche non avrebbe mai fatto.
Parlò della sua storia con Jiggy.
- Ho avuto una sensazione come
quella che ho con te e Silvet. Il cuore di Gauche reagisce a certe
persone, a quelle a cui teneva particolarmente. Anche col dottore, per
esempio. - Lag sorrise sapendo che avevano un bel rapporto.
- Quindi eri amico di Jiggy? Ma lui
non sembra… - Noir annuì.
- Per questo… non si è mai
avvicinato a me. Tutti da quando sono qua sono venuti a parlarmi, ma
lui no. Eppure quando l’ho visto ho sentito una forte reazione. Non so
proprio cosa fossimo, ma il fatto che lui non mi abbia cercato… - Lag
era molto sorpreso, ma capendo che Noir aveva bisogno di confidarsi più
di ogni altro, l’ascoltò.
- Ma prima avete parlato, mi
sembra… - Noir annuì ancora stringendosi calmo e placido nelle spalle.
- Sì, mi è sembrato emozionato
anche lui, ma era anche rigido, come se volesse ma non potesse. Non so,
non capisco bene. Tu non lo conosci? - Lag si strinse nelle spalle e
disse quel poco che sapeva.
- Jiggy Pepper è solitario, nessuno
sa molto di lui. Sembra che solo l’ex direttore Largo Lloyd fosse in
sufficienti rapporti da saperne qualcosa. Però non so altro. - Poi
ridacchiò. - Zazie lo adora, è il suo idolo. È una persona molto forte,
però è solitaria. - Noir ascoltò bevendo ogni cosa che poteva dirgli,
con un interesse spontaneo e assetato. - Secondo me devi parlargli e
chiedere a lui, non penso che nessuno sappia nulla. Non ho mai saputo
niente di voi due, so molte cose di Gauche, ho incontrato molte persone
che lo conoscevano, mi hanno dato i loro ricordi con lui, ma di Jiggy
Pepper non una traccia con nessuno. Nessuno sa nulla di voi se c’è
qualcosa da sapere. Perciò devi chiedere a lui. - Noir annuì.
- Grazie. Lo farò. - Perché sentiva
dentro di sé che lui era una delle cose che non poteva, non poteva
assolutamente lasciar perdere.
Le due coppie uscirono nello stesso
istante dalle due infermerie.
Usciti dalle porte, si fermarono e
si guardarono notandosi.
Il primo a reagire fu Zazie che si
avvicinò a Lag ricordandosi della scenata di gelosia di prima, quando
era entrato col dottore che lo stava spogliando.
- Ehi, senti, il dottore è un
pervertito, ma io non c’entro nulla! Non devi essere geloso! Io sono
solo tuo, bella gattina! - Lag avvampò e fissò i due ragazzi che si
facevano indietro, mentre Niche e Lode riprendevano a discutere come
sempre.
- O… ok… è che vi ho visto in quel
modo e non ho ragionato. Ma va bene… scusa! - Zazie sorrise
compiaciuto.
- Ma dai, è stato bellissimo
vederti così! - Continuò malizioso e totalmente a suo agio in quei
discorsi. Poi riprese: - allora come stai, ti sei ripreso? -
Lag sorrise dolcemente annuendo.
- Bene, il dottore mi ha dato una
cosa che mi ha aiutato subito. - Poi mostrò le molte bende che aveva
per le ferite riportate. - queste le devo portare per un po’. -
- Ma ti fa male? - Chiese Zazie
impressionato di quanto era messo male e del fatto che fosse già in
piedi. Lag continuò sorridendo.
- Un po’ ma non è niente di
eccessivo. Posso farcela. - Nella sua ingenuità non c’era di certo
niente di malizioso. Jiggy, dietro di loro di un paio di passi,
accompagnato da Noir apparentemente indifferente come lui, fece un
ghigno impercettibile. Zazie rise ben più sguaiato e lo circondò col
braccio avvicinando la bocca al suo orecchio malizioso:
- Sono contento, mia bella gattina,
perché sono in astinenza! - Lag capì cosa intendeva ed avvampò mentre
Noir li guardava stupiti ed ammirato della loro disinvoltura. Specie
quella del ragazzino dai capelli neri. Jiggy non fece espressioni, però
scosse il capo.
“Ha decisamente le idee chiare!”
Ed ovviamente lo invidiava per
questo. Come invidiava che Lag fosse sé stesso e non avesse perso
praticamente tutto il suo cuore.
Lasciò che le loro voci sfumassero
davanti a loro per rivolgersi a Noir, per lui comunque sempre il suo
Gauche.
- Dobbiamo aspettare per la
riunione, ci sono molte persone da curare e cose da sistemare. Però
hanno richiesto tassativamente la nostra presenza per gli aggiornamenti
e fare il punto della situazione. -
Noir annuì con gentilezza e calma,
Lode dietro di loro che li seguiva con la solita Niche che starnazzava
insulti alla dingo di Noir. Per qualche ragione le due non si
prendevano affatto.
Davanti, a ridosso delle scale, Lag
e Zazie si erano appartati a parlare. Jiggy e Noir videro le loro
espressioni ora serie e non più maliziose.
Passandogli vicino, prima di
decidere come e dove aspettare l’inizio della riunione in quel caos che
si espandeva davanti a loro in quasi ogni parte dell’Alveare, sentirono
Lag dire a Zazie che dopo la riunione sarebbe partito per andare dalla
zia Sabrina che aveva una cosa importante da dirle.
- Quando Noir mi ha sparato un
proiettile curativo, mi ha mostrato un ricordo di Gauche. Era proprio
l’ultimo ricordo di Gauche, di quando era alla Capitale. Aveva già
dimenticato tutto, ma ha incontrato mia madre che l’ha liberato dicendo
che non era ancora del tutto perduto. E gli ha detto di dirmi tramite
una lettera ricordo di andare dalla zia Sabrina a cercare la verità su
di me. - Spiegò Lag ad un Zazie attento ed imbronciato.
- Qualunque cosa sia devi aspettare
di rimetterti! Sei molto ferito! - Lag sorrise.
- Certamente, il dottore non mi
farebbe mai partire subito. - Lag sospirò.
- E poi vengo con te! - Aggiunse
Zazie convinto. Lag rise.
- Devo farlo da solo e poi siamo a
corto di personale, qualcuno deve riprendere a consegnare. - Lag aveva
ragione, ma ci mise molto a convincere Zazie della cosa.
- Ti va se andiamo ad aspettare da
qualche parte più tranquilla? Io ho ancora un po’ di mal di testa. -
Disse Jiggy dando per scontato che avrebbero aspettato insieme. Noir
rimase stupito dell’invito, ma si sentì felice dentro di sé.
Gauche era contento di appartarsi
con lui. Poi una frase si formò nella testa.
- Non ti piace molto la gente,
vero? - Jiggy lo guardò sorpreso. Aveva capito che in lui di Gauche
c’erano solo istinti primordiali, per così dire. Per cui come sapeva
che non gli piaceva la gente?
Noir sorrise gentilmente proprio
come faceva Gauche.
- È un’intuizione. - Spiegò. Poi si
rivolse a Lode. - Lode, puoi darmi un po’ di tempo? Devo parlare con
lui. - Lode guardò Jiggy che la guardava a sua volta chiedendole
privacy. La ragazza dingo annuì seria. - Credo che anche Lag abbia
bisogno di un po’ di tempo con Zazie. - Aggiunse intendendo di badare a
Niche. Lode alzò gli occhi al cielo seccata.
- Ecco, anche da baby sitter alla
stupida dingo sbadata di Lag! - La soprannominava stupida e Niche
ricambiava con altri vari epiteti poco gentili.
Noir sorrise un po’ divertito,
seppure sempre tranquillo. Poi guardò Jiggy e attese che gli facesse
strada.
Era emozionato e felice, non sapeva
come esprimere quel che sentiva, però sapeva che voleva essere lì con
lui.
Per lui era difficile giostrarsi.
Quando si era svegliato nella
discarica attraverso la quale era scappato, Lode l’aveva aiutato e
salvato, ma non aveva mai avuto l’ombra di un ricordo di sé. Perciò gli
era venuto spontaneo seguire Lode e poi Lawrence di Reverse e fare
quello che volevano.
Quando dormiva aveva degli incubi
terrificanti che riguardavano il sole, sentiva un odio profondo, un
terrore acuto. Perciò aveva seguito Reverse. Spegnere il sole era la
sola cosa sensata per sé stesso.
Però piano piano aveva aggiunto
tasselli ad un sé stesso a pezzi che non sapeva nemmeno cosa dovesse
provare.
Lag piano piano e con insistenza
gli aveva restituito sensazioni ed impressioni e poi dei ricordi suoi
che però venivano da lui. Ma adesso era meglio di prima. Adesso aveva
un film, od una parte di esso, che gli mostrava chi era. Non sentiva di
essere quella persona, però sapeva di esserlo. Era meno angoscioso di
prima. Anche se, chiudendo gli occhi, aveva sempre gli stessi incubi ed
ora che le sensazioni e le emozioni di Gauche prendevano il
sopravvento, Noir non sapeva come muoversi. Non aveva veri e propri
ricordi di sé, erano istinti, erano comunque qualcosa, ma non
abbastanza da poter tornare a vivere come prima.
Era incerto su come comportarsi,
come muoversi, cosa fare.
Perciò nella confusione profonda in
cui si trovava, aveva deciso di vedere come andavano le cose con calma
e poi di vivere secondo il proprio cuore, quel po’ che gli era rimasto,
quelle briciole di sé che gli parlavano.
Jiggy era uno di quei frammenti,
anche se molto confuso e flebile.
Lo portò nel magazzino, un posto
impolverato e poco illuminato, dove c’erano molti armadi e scaffali
pieni di vecchie lettere mai consegnate, ammucchiate ovunque.
Noir rimase impressionato nel
vedere, ma notò che alcuni scaffali erano vuoti e che su una scrivania
c’era una targhetta.
‘Sezione Cold Letter’
- Cold Letter? - Chiese. Jiggy si
appoggiò proprio al tavolo, le braccia conserte, l’aria d’attesa.
- Qua possiamo parlare tranquilli.
- Disse aspettandosi qualcosa, forse un cambiamento, una rivelazione,
una maschera che veniva via. Non sapeva nemmeno lui cosa, in realtà.
Noir, in piedi davanti a lui a poca
distanza, lo guardò meravigliato.
- Di cosa? - Chiese gentile.
Jiggy sospirò infastidito
stringendo le mani sulle braccia incrociate sul petto. Si morse il
labbro cercando di non dargli un pugno. I nervi, già messi molto a dura
prova, stavano per saltargli.
- Di noi! Di cosa ricordi! Insomma!
Non ci vediamo da cinque anni, non ho notizie di te e poi spunti
improvvisamente nei panni di un marauder. E non solo! Fai lo smemorato!
Poi fai il bello addormentato e Dio solo sa se ti risveglierai! Infine
combatti con noi ma dici di non essere Gauche! Andiamo! Sii coerente! -
Noir non sapeva come prenderla, non sapeva cosa dire.
- Capisco che posso confondere,
però non è una posa. - Disse serio, dispiaciuto di seccarlo tanto.
Jiggy sbuffò e sciolse le braccia,
prese bordi e strinse. I capelli erano liberi dal cappello, tutti
spettinati che andavano da ogni parte, di quel colore rosso castano
delizioso. I suoi occhi sottili erano inferociti e azzurri, lo
penetravano denudandolo.
Noir era attratto dalla cicatrice
sotto l’occhio.
Aveva come una sensazione. Uno
strano senso di colpa.
Jiggy notò che gliela fissava e se
la toccò.
- Cosa ti ricorda questa? - Noir
scosse subito il capo.
- Nulla. - Jiggy capì che mentiva e
si staccò dal tavolo.
- Forse hai le idee un po’ confuse.
- Iniziò camminando lento ma deciso verso di lui, Noir non aveva paura
di niente, aveva affrontato qualunque situazione e prova, ma quella lo
metteva a disagio.
Tanto che indietreggiò con la
stessa lentezza con cui Jiggy avanzava.
Per lui era impossibile fermarsi,
aveva atteso cinque lunghi anni senza speranza, chiudendo il proprio
cuore in una morsa d’acciaio. Poi l’aveva rivisto ed era crollato.
Aveva pianto sul suo volto addormentato, senza sapere se era arrivato
tardi o se si sarebbe risvegliato.
Era vero, forse non era del tutto
Gauche, forse era ancora confuso e certe cose non le ricordava, ma
l’aveva guardato col suo sguardo, si era emozionato, non poteva
negarlo.
L’aveva visto.
Qualcosa c’era.
E comunque quello era Gauche, il
suo corpo, il suo amore era sempre lì, intatto. Non importava che lui
invece non si sentisse Gauche e non ricordasse d’amarlo. Lui l’amava.
Disperatamente. E stava per scoppiare a guardarlo senza poterlo
toccare.
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Capitolo 29 *** Ti amerò comunque ***
la_proporzione_perfetta29
*Ecco un altro capitolo. Qua in
parte ci sono certi fatti successi nel manga che descrivo senza essere
particolareggiata, perchè poi per lo più mi concentro su Noir e Jiggy.
La strada è lunga, ma Jiggy non si darà mai per vinto, ora che ha
ritrovato il suo Gauche, anche se non ricorda più niente, non lo
lascerà più andare! Purtroppo però lì c'è solo Noir, ci sono davvero
speranze o è una battaglia persa in partenza? Buona lettura. Baci Akane*
29. TI AMERÒ COMUNQUE
"Sono stato in ogni buco nero
All'altare della stella scura Il mio corpo ora sta implorando
Sebbene stia supplicando di tornare Al mio cuore Al ritmo
della mia anima Al ritmo della mia coscienza Al ritmo dei
"si" Di essere liberato dal controllo"
-
U2 - Moment of surrander -
Noir continuò ad indietreggiare fino a scontrarsi con una parete di
scaffali piena di lettere, alcune caddero. Jiggy lo bloccò fermandosi a
pochi centimetri da lui.
Le mani ai lati dei suoi fianchi ad impedirgli una fuga. L’aria sicura
di sé, anche un po’ arrabbiata.
- Io non ricordo nulla, sono Noir, so che per chi era legato a Gauche è
difficile crederlo visto che questo è il suo corpo, ma sono Noir e… -
Ma Jiggy non era più in grado di ascoltarlo. In parte non gliene
importava nulla di chi pensava di essere o non essere, tanto meno di
cosa era matematicamente o moralmente giusto.
D’altro canto nessuno poteva sapere cosa sarebbe successo dopo, quante
occasioni avrebbe avuto di stare con lui. Jiggy ormai aveva capito che
bisognava cogliere l’attimo e non stare fermi ad aspettare. E se
l’attimo non arrivava, doveva crearselo. Non transigeva proprio a tal
proposito.
Non più.
Così gli prese il viso fra le mani e senza esitare, posò le labbra
sulle sue, zittendolo.
Le fece sue, gliele succhiò e appena lo prese, la foga esplose in lui
insieme ad ogni sentimento possibile.
La disperazione, la mancanza, la tristezza, l’angoscia e poi ora la
felicità, il piacere, il sollievo. Era tutto lì.
Noir posò le mani sul suo petto, ma invece di respingerlo il suo corpo
rimase immobile, lo tenne contro di sé e lasciò che anzi Jiggy si
appoggiasse di più a lui. Il suo bacino prepotente aderì al proprio ed
un’ondata di calore immane lo invase. Cos’era?
Cos’era quel caldo?
Le ginocchia molli, il sangue correva nelle vene ed il cuore andava
così folle nel petto.
Non riusciva più a pensare e capire, gli occhi gli si riempirono di
lacrime mentre una sensazione nostalgica si faceva largo.
Noir aveva passato i primi tempi a rifiutare quel che gli diceva Lag,
rifiutare di essere Gauche perché lui non ricordava, perciò non aveva
senso, non era lui.
Poi piano piano aveva capito e si era arreso al fatto che anche se non
lo ricordava, comunque non completamente, beh, lui era ugualmente
Gauche,
La lingua di Jiggy si infilò fra le sue labbra decise, incapace di
fermarsi. Noir preso in contropiede schiuse la bocca, piegò la testa e
gli venne incontro. Il contatto, l’intreccio lo portò in una dimensione
meravigliosa dove era leggero e bello.
Non sapeva perché farlo, nemmeno come, semplicemente il proprio corpo
si stava muovendo da solo.
Ed eccolo lì. Eccolo lì quel sentimento sfiorato, intuito, confuso. Ora
era lì bello chiaro. L’amore non si cancellava. Così come non si era
cancellato quello verso Silvet e Lag ed altre persone.
L’amore restava in una sorta di bolla smerigliata, che non gli
permetteva di vedere bene attraverso. Non sapeva nulla, se non che
Gauche amava quel ragazzo. Il resto forse non contava. Le domande
sarebbero sorte un altro giorno su cosa era giusto o sbagliato, sul
perché farlo, se farlo. Per il momento contava quel bacio e
quell’incapacità di staccarsi. Presero respiro, Jiggy si separò appena
dalla sua bocca. Continuava a tenergli il viso fra le mani e lo
guardava con una tale dolcezza e commozione che Noir ne rimase
profondamente colpito.
- Lo amavi tanto… - Disse piano, con voce roca.
- Lo amo ancora. Più di prima. - Rispose senza esitazione. - La memoria
della testa non funziona ancora, ma hai la memoria del copro. Il tuo
corpo reagisce. Ti aiuterò a ricordare. - Noir sospirò chiudendo gli
occhi.
- Potresti non riuscirci mai. - Jiggy alzò le spalle deciso.
- Ci proverò lo stesso. -
- E se non funzionerà? -
- Ti amerò comunque. Non ti lascerò più andare, non importa il resto. -
Noir non sapeva cosa pensare e come comportarsi, aveva molte cose a cui
pensare ed era sempre confuso, inebriato in quel piacere e nella gioia
del cuore di Gauche. Forse era meglio prendersi una pausa per
riflettere.
- Devo assimilare la cosa. - Mormorò. - Quando sarò pronto ti chiederò
di noi. - Jiggy tornò a baciarlo.
- Ti dirò di noi anche se non sarai pronto. - Jiggy sembrava avere
molto le idee chiare. Davvero molto.
Forse l’unico che sapeva come fare con lui e che non andava sulle uova,
senza osare, senza sapere, senza capire. Jiggy sapeva, capiva. Voleva.
- Non importa cosa ricorderai e se ricorderai. Io ti amo lo stesso e ti
amerò per sempre. Non amo i tuoi ricordi o il nostro passato. Io amo
te. Sei sempre tu. Gentile, dolce, calmo, forte. Sei sempre tu. E ti
amo così. Ricorderò io per te. - Dopo di questo Jiggy chiuse gli occhi
e appoggiò la fronte contro la sua guancia, in un gesto d’abbandono e
cedimento.
Ce l’aveva fatta. Non importava se non era perfetto. Ce l’aveva fatta.
Era lì. Era lì e basta. Il resto non contava. Noir, colpito dalle sue
emozioni e dai sentimenti che gli trasmetteva, lo avvolse dolcemente
fra le braccia, seguendo un impulso indomabile. Chiedendosi quanto
giusto fosse alimentare quella speranza.
Conclusa la riunione d’aggiornamento, le notizie che erano venute fuori
non erano per nulla confortevoli.
Mettendo insieme il sapere di Garrard che veniva dall’anticamera della
Capitale, con quello che sapeva Noir tramite la visione di Lag, venne
fuori che la situazione non era rosea e probabilmente era anche peggio
di come sapevano.
Il sole artificiale era creato dal governo ed era composto dal cuore
delle persone che vivevano nella capitale Akatsuki.
Perciò chiunque vi entrasse si ritrovava come Gauche, privo di cuore.
La madre di Lag, chiunque essa fosse, doveva ricoprire una certa carica
perché aveva potuto vedere nei ricordi ormai perduti di Gauche, suo
figlio Lag. Grazie a ciò l’aveva liberato. Però una persona che poteva
fare una cosa simile doveva essere importante. Lag non aveva idea di
chi fosse, perciò Garrard autorizzò la ricerca del piccolo Bee che
doveva andare a scoprirne di più da sua zia.
Appreso che il sole era fatto dai cuori delle persone, erano tutti
concordi nello stare attenti, tenere un profilo basso ma gli occhi
aperti, perché era il caso di iniziare a pensare a qualcosa.
Garrard inoltre rivelò a Noir di essere stato lui e Valentine, con
l’aiuto del suo capitano, a farlo fuggire da là.
Infine stabilirono di tenere d’occhio Lloyd che aveva preso contatti
con Reverse, rivelando indirettamente d’avere qualcosa in mente, di
voler fare qualcosa.
Lloyd nascondeva qualcosa di importante, Garrard ne sapeva qualcosa, ma
si limitò a chiedere a qualcuno di controllarlo da lontano per capire
se potevano fidarsi di lui o temerlo.
Jiggy si incaricò di farlo, colpito dal fatto che fosse apparentemente
passato dalla parte del nemico.
Reverse era un’organizzazione contro il governo, quello stesso governo
che faceva esperimenti incrociando persone con animali e vegetali,
uccidendo e torturando chiunque non fosse riuscito. Quel governo che
aveva creato un sole usando il cuore delle persone.
Garrard aveva visto cose rivoltanti nella città che circondava la
capitale di cui nessuno era a conoscenza.
Perciò definire Reverse il nemico era prematuro, così come capire da
che parte stesse Lloyd.
Jiggy aveva fatto quel ragionamento, come tutti, ma in aggiunta aveva
messo la consapevolezza che non era cattivo. Aveva avuto mille
occasioni per essere malvagio e ferire gli altri, invece aveva sempre
aiutato tutti nell’ombra, senza quasi farsi scoprire, facendo sempre un
po’ il buffone che prendeva tutto alla leggera.
Lloyd nascondeva qualcosa, Jiggy lo sapeva, ma si era sempre fidato
perché era una persona buona, in fondo.
Adesso doveva capire perché era passato dalla parte di Reverse, se
doveva seguire lui o andargli contro.
Le cose erano ben diverse da come aveva pensato e da come erano state
fino a quel momento.
La riunione venne sciolta dopo aver assegnato ad ognuno vari compiti ed
aver accolto Noir e Lode fra i loro.
- Per il momento andate tutti a riposare, quando vi siete ripresi
voglio ognuno ai propri compiti! -
Li congedò burbero Garrard, il direttore.
Avevano molto a cui pensare, da assimilare, considerare. Dovevano
capire da che parte stare, chi erano i buoni, chi i cattivi. Dovevano
capire tante cose.
- Accetterai la proposta di Silvet? - Chiese Lode camminando a fianco
di Noir, nella città tranquilla.
Non la si riconosceva nemmeno, considerando quanto caos c’era stato
prima.
- Non lo so, dovrei farlo? Dopotutto non sono suo fratello. -
Lode rispose indifferente:
- Lei lo sa. - Aria aveva fatto da tramite tra i due e gli aveva detto
che la piccola aveva piacere di averlo a casa sua lo stesso.
Noir sospirò.
- Non so cosa dovrei fare. Sono tutti così convinti che io sia comunque
lui in qualche modo. Ma io non mi ci sento. Dovrei? - Lode non sapeva
cosa rispondere.
- Dopotutto loro lo sanno e ti vogliono lo stesso. - Poi vide oltre
l’angolo, in una via secondaria di Central, una figura appoggiata fuori
da una porta. Il cavallo di ferro parcheggiato fuori. Lode aveva capito
che c’era qualcosa con quel ragazzo, ora era anche lì ad aspettarlo e
Noir pur non ricordando nulla a livello cosciente, aveva fatto la
strada per casa sua.
- Devi solo seguire il tuo cuore. Ne hai poco, ma non significa che tu
non ce l’abbia. - Lode voleva solo che Noir fosse felice, a lei poco
importava con chi.
Non conosceva Jiggy, però era meno pressante di Silvet e Lag, per
esempio.
Noir rallentò vedendo la sua figura seduta fuori casa. L’aria
pensierosa.
- Io vado a fare un sopralluogo per vedere se è tutto tranquillo e
faccio il solito rito. - Lode aveva bisogno di un po’ di tempo, di
notte, per rigenerare la sua parte composta da fiore. L’altra era
composta da un animale, mentre quella predominante era quella da
ragazza.
Noir capì che a Lode piaceva spontaneamente Jiggy, così sorrise, annuì
e la ringraziò.
Non sapeva nemmeno lui cosa fare, però era vero che camminando senza
meta era arrivato a casa sua. E lui l’aspettava fuori.
Si avvicinò e si fermò. Noir era avvolto nel suo mantello nero, ma
senza il copricapo i capelli bianchi erano liberi, gli carezzavano il
viso serio, un po’ confuso, senza particolari espressioni.
Un piccolo sospiro. Jiggy alzò i suoi occhi azzurri penetranti e li
posò sui suoi viola.
Rimasero un po’ a guardarsi. Poi Jiggy si alzò in piedi e chiuse la
porta di casa e la luce.
- Voglio fare una cosa. - Disse senza salutarlo, anche un po’ brusco in
effetti. Noir ci rimase di stucco.
- Cosa? -
Jiggy prese il mezzo e lo sistemò davanti a lui, poi ci salì e l’avviò,
infine si mise gli occhiali per poter vedere anche col vento in faccia.
- Sali. -
- Ma non ti sarai ripreso da tutto il cuore usato… - Disse preoccupato.
Jiggy fece un sorrisino trionfante.
- Lo sapevo che non sei cambiato sul serio. Solo in apparenza, ma se ti
lasci un po’ andare sei sempre tu. - Poi allungò la mano aperta verso
di lui. - Avanti. - Lo intimò ancora.
Noir non sapeva se doveva alimentare la speranza di quel ragazzo, ma
sentì il proprio corpo ricoprirsi di brividi e scalpitare per farlo.
Così, lentamente, titubante, mise la mano sulla sua. Jiggy gliela
strinse, lo tirò verso di sé e lo fece salire dietro, a cavallo di quel
mezzo strano e rombante.
Infine gli prese le mani e se le mise intorno alla vita.
- Tieniti. - Detto questo, sgasò e partì.
In un primo momento Noir andò all’indietro, poi si prese a Jiggy e
aderì a lui per non cadere.
Jiggy sentì la sua presa farsi più forte, lo sentiva rigido dietro di
sé, la testa alta, a disagio.
Uscì velocemente dalla città e scese per la collina dove avevano
combattuto il Cabernet. Infine arrivò sulle vie rocciose che si
dilungavano intorno a Yusari.
Salite e discese scoscese, salti su rocce ricurve e poi ancora su,
ancora più in alto.
La sensazione era semplicemente incredibile. Noir non si era mai
sentito così, ma il suo corpo era a suo agio. Dopo un paio di corse e
salti, si sentì rilassare magicamente. Gli stava piacendo.
“Anzi, è una cosa che a Gauche piaceva.”
Non aveva dubbi che fosse così. Noir si trovò a sorridere sorpreso, lo
sguardo correva nel paesaggio intorno che si confondeva come una
macchia indistinta. Il vento che l’accarezzava, il profumo dei capelli
rossi di Jiggy che gli solleticavano il viso.
Appoggiò il mento alla sua spalla facendo capolino, per vedere
l’orizzonte.
Una linea sottile che si muoveva e sfumava come tutto intorno, dei
colori violacei. E poi su.
- Guarda! - Esclamò Jiggy alzando il mento. Noir seguì la direzione
indicata e guardò in alto.
Il fiato gli si fermò.
Il cielo era meraviglioso, visto in movimento.
- Le stelle sono scie luminose! - Commentò. - È veramente bellissimo! -
Disse sincero, sorpreso di quel che stava provando, di come poteva
sentirsi ancora vivo.
- Lo è davvero. - E nella mente una piccola vaga risonanza.
Avevano avuto una conversazione simile?
Un’impressione. A volte l’aveva.
Jiggy si fermò in un luogo completamente disabitato e deserto, a
riprendere un po’ di energia. Spense il motore rumoroso e rimase un
silenzio dolce e vellutato.
Si spostarono sul lato del cavallo di ferro, le gambe giù dallo stesso
lato, uno seduto accanto all’altro a guardare in alto, il cielo così
bello di una notte così perfetta, per una volta.
- Mi piaceva andare in giro con te così… - Disse più sicuro. Jiggy
sorrise brevemente ed annuì. Noir lo guardò. - Perché non sorridi quasi
mai? Se lo fai poi ti ricomponi. -
Jiggy rabbrividì. Erano dialoghi che avevano avuto a suo tempo e allo
stesso modo rispose.
- Se non sorrido mi sembra di dare l’idea di essere più forte. E se la
do, mi ci sento davvero. - Noir rimase impressionato. - Anche tu non
sorridi. Un tempo lo facevi sempre. - Noir abbassò lo sguardo
dispiaciuto.
- Non ci riesco. Penso a quello che ho perso e che forse non tornerà,
ma che vorrei riavere. A quello che ho passato, al terrore che sento
senza ricordarlo. A come sono ridotto. Non riesco a sorridere. Ogni
tanto mi riesce… -
Jiggy non parlò subito. Lasciò che il silenzio si ricomponesse, poi
dopo un po’ gli prese la mano e giocò con essa. Era rovinata, c’erano
cicatrici sul dorso e sul polso.
- Non devi opporti. - Disse poi. Noir si girò a guardarlo sorpreso.
- A cosa? -
- Alle cose che provi, che vivi, che senti. Devi lasciarti andare. Non
devi combattere l’essere Gauche. -
Noir rimase colpito da questo suo consiglio.
- Una volta sono venuto qua. Per vedere se i ricordi mi tornavano. Ma
non ho provato nulla. - Jiggy scosse il capo ed intrecciò le dita alle
sue senza chiedere il permesso. Noir lo lasciò fare.
- Ti opponevi. Non volevi essere chi non ricordavi. Eri chiuso. Adesso
hai vissuto una serie di cose che ti hanno aperto. Lag ha fatto molte
cose… - Noir annuì concorde, guardando le loro dita intrecciate e
sentendo un dolce calore. Non riusciva a respingerlo, non riusciva
proprio.
- È perché sono aperto che sento cose che prima non sentivo? - Jiggy
alzò le spalle.
- Il ricordo che Lag ha visto dentro di te era di Gauche. Non di Noir.
E sua madre ha detto che non sei del tutto perduto. Per me questo
basta. - Per lui non c’erano dubbi. Era lui, avrebbe ricordato. E
comunque, in ogni caso, rimaneva la persona che amava. Ma ne era
sicuro?
- Tu mi vedi ancora come il tuo Gauche nonostante tutto. Ma è vero o ti
stai solo illudendo? - Jiggy si girò e lo guardò con una pace nel viso
che Noir la vide subito. Un’espressione distesa molto dolce e
rilassata. Allungò l’altra mano e gli carezzò la guancia.
- Ma tu sei il mio Gauche. Solo che non lo sai. Sto con te e non mi
sembra di essere con uno sconosciuto. Ti riconosco. In questa dolcezza,
in questo abbandono, in questa pazienza. In questa gentilezza. Sei
sempre tu, Gauche. - Noir sussultò a quel nome e a quelle parole e
sussultò alle sue dita che scivolavano sulle sue labbra.
Infine non si oppose di nuovo, non ne aveva la forza, non pensava di
poterlo fare.
Sentiva una forza attrattiva per lui che non aveva mai provato per
nessuno, non a quei livelli così carnali.
Jiggy si protese e lo baciò ancora, Noir si rilassò e aprì subito le
labbra accogliendolo e venendogli incontro.
Forse non era giusto, ma non riusciva ad opporsi. E questo era un
fatto.
- Perciò forse non devo oppormi nemmeno a Silvet e agli altri… - Jiggy
sorrise vicino alle sue labbra contemplando la sua bellezza così
delicata seppure un po’ oscura per quello che aveva passato e per ciò
che aveva perduto.
- Secondo me è la cosa migliore. Lascia che il residuo di Gauche che
c’è, viva quello che amava. Ti sentirai meglio tu stesso. - Eppure lui
lo sentiva, lui lo vedeva.
Noir abbassò gli occhi sulla cicatrice, ma ancora non osò chiedere.
Jiggy decise di aspettare e vedere se per caso gli tornava in mente da
solo.
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Capitolo 30 *** Le cose importanti ***
la_proporzione_perfetta30
*Ecco un altro capitolo, qua
le cose si fanno particolari. Da un lato c'è Lag e la scoperta della
sua vera identità e di chi sia sua madre. Era una parte molto
importante, perciò l'ho messa, solo in una versione più 'narrata' che
'mostrata', visto che effettivamente è già tutto nel manga. Nell'altra
parte c'è Noir e quel suo essere sempre più un 'due in uno'. Piano
piano che vive le persone del suo passato, gli istinti di Gauche
riemergono spontanei e lui invece di combatterli, si lascia sempre più
andare. Perciò vediamo con Jiggy fin dove si spinge, cosa prova, cosa
vuole. Buona lettura. Baci Akane*
30. LE COSE IMPORTANTI
Le luci si erano spente e Silvet si
era addormentata con Niche e Wasiolka.
Connor era andato a casa sua e
Zazie, in camera con Lag, se lo studiava attento a capire cosa pensava
e come si sentiva.
- Stai pensando al sole, all’ex
direttore Lloyd, a tua madre e a Noir? - In breve riassunse piuttosto
precisamente quello che albergava in lui. Lag, sovra pensiero, lo
guardò meravigliato sentendosi in colpa per non essere lì presente con
lui.
- Scusa… - Zazie rise e si sfilò la
camicia dando per scontato che avrebbe dormito con lui. Lag non se ne
turbò, anzi. Notando che si metteva comodo nel suo letto sorrise
sollevato: non avrebbe potuto passare la notte da solo. Aveva bisogno
del calore di qualcuno che lo amava così com’era senza sapere nulla di
lui.
- E di cosa? È il minimo che tu sia
pensieroso e preoccupato, con tutto quello che è successo in poco
tempo. - La sensazione era quella di avere una spada di Damocle sulla
testa. Poteva essere un disastro, oppure andare avanti con un po’ di
fortuna.
Ma era ora di sapere. Lag ormai era
risoluto ad andare in fondo a tutto.
Zazie lo vedeva e lo capiva, non
intendeva fermarlo.
Si stese e scostò le coperte
facendogli posto. Lag arrossendo dolcemente, si stese con lui,
accoccolandosi sul suo braccio, contro il suo collo. Zazie se lo tenne
a sé e lo avvolse con le braccia rimanendo sul fianco, rivolto verso di
lui.
- Finchè non avrò la mia vendetta
non riesco a pensare al mio futuro, lo sai? Vivo il presente come se
non avessi un domani. Finché non avrò ammazzato il gaichu dei miei
genitori io… non riesco a pensare ad altro. È tutto in secondo piano… -
Disse un po’ per fargli sapere che anche lui aveva pensieri, un po’ per
dirgli che lo capiva.
Lag lo guardò stupito, da vicino.
- Davvero? Tutto questo non ti
turba? - Zazie alzò le spalle.
- Mi turbano molte cose, ma la mia
priorità è quel gaichu. Quando l’avrò abbattuto inizierò forse a
preoccuparmi delle cose come fai tu, come fate tutti. - Il pensiero
andò a Jiggy, persino lui era interessato alle vere intenzioni di Largo
Lloyd, anche lui era toccato da quella faccenda e ci teneva a capire
perché e cosa stesse facendo. Tutti avevano qualcosa: lui semplicemente
annuiva e andava oltre, alla prossima consegna, sperando di incontrare
quel maledetto Laphairog.
- E… e lui è più importante anche
di me? - Zazie sorrise mentre Lag arrossiva timidamente. Così gli
scostò i capelli dal viso e glieli sistemò meglio, poi avvicinò le
labbra all’angolo della sua bocca e lo baciò piano, gustando quel
momento.
- Nessuno è più importante di te.
Però questo non toglie che ho il mio obiettivo. - Lag capì cosa aveva
voluto dirgli e girandosi a guardarlo negli occhi, sorrise grato
perché, ancora una volta, l’aveva rimesso in piedi togliendogli ogni
esitazione e dubbio. Come faceva sempre.
- L’obiettivo è una cosa, le cose
importanti sono un’altra. - Zazie sorrise e lo baciò sulla bocca,
delicatamente. La mano sul petto esitò. Ripensò ai discorsi fatti col
dottore e con Jiggy sullo sporcare Lag e ai loro consigli di non
sprecare il presente perché era l’unica certezza.
Però la mano rimase ferma, non
tornò ad esplorare come quella volta, quando era quasi esploso per le
emozioni forti provate.
Non sapeva cosa c’era in Lag, ma
c’era qualcosa di diverso e se sperimentare certe cose prima di saperne
di più lo poteva portare in qualche modo a ferirlo, era meglio
trattenersi e aspettare, anche se gli faceva male l’idea di non sfogare
i propri ormoni sparati al massimo.
Lag si rilassò nel sentire che non
sarebbe andato oltre, così si accoccolò contro di lui e si lasciò
andare.
- Ti voglio bene, Zazie. Come non
ne voglio a nessuno. - Poi si corresse. - Voglio bene a tutti, ma a te
in modo diverso. Se non ci fossi tu io… - Ma il sonno prese il
sopravvento e non finì la frase. Zazie sorrise e lo guardò soddisfatto
e dolcemente.
Voleva fare quello che avevano
detto loro: non sprecare le occasioni, potevano essere le uniche. Non
vivevano in un mondo sicuro, e le cose che stavano scoprendo davano
esattamente quella conferma. Ma non poteva, non ci riusciva proprio.
Forse un giorno sarebbe successo
qualcosa che li avrebbe sbloccati, ma fino ad allora, più di quello non
sarebbe riuscito a fare.
“Spero solo che la verità che
cerchi non ti ferisca.”
Pensò ascoltando un istinto dei
suoi, una delle sensazioni che poche volte sbagliavano.
Eppure sapeva che dal proprio
destino non si scappava e se lo si faceva, poi le conseguenze erano
devastanti. Lui, i suoi genitori, lo sapevano.
Lag partì e lasciò il magone a
Zazie.
Era una missione a tempo
indeterminato, Lag tornava da sua zia Sabrina alla ricerca della verità
sul suo conto, sulla sua nascita. Avevano tutti la sensazione che su
Lag ci fosse qualcosa di grosso da sapere, ma Zazie meglio di chiunque
altro, più ancora di Lag stesso. Perché l’aveva visto tutte le volte
esplodere di luce od essere sul punto di farlo. Sentiva, percepiva,
toccava la sua purezza, quella che lo bloccava dal stare con lui
ed andare fino in fondo.
Aveva una sensazione, ma non la
espresse a nessuno.
“Quando tornerà tutto sarà diverso,
tutto cambierà. Ed ho paura del modo in cui cambierà!”
Suo malgrado lo incoraggiò a
cercare la verità e a non fermarsi a nessun costo.
Lui prese le consegne di Lag delle
Cold Letter e vedendo alcune destinate a dei luoghi risaputi
pericolosi, Aria chiese a Connor di andare da lui.
Quei luoghi sarebbero stati fatali,
ma forse dopotutto destinati a lui. Forse, in effetti, se Lag era a
cercare la verità su di sé, era giusto che anche lui mettesse un punto
sul proprio passato che lo tormentava impedendogli di andare oltre.
Il dottore propose a Noir un
esperimento.
Quando Lag era entrato nei suoi
ricordi grazie ad un proiettile sparato da lui, aveva avuto accesso ad
un ricordo sigillato, Lag l’aveva aperto ed aveva visto qualcosa di
Gauche. Perciò pensò che valesse la pena controllare.
Fece sparare a Noir tanti
proiettili a seconda di quanto poteva resistere e mano a mano che
sparava, controllava i ricordi che emergevano.
Erano tutti o di Noir o i ricordi
immessi da Lag, però ce n’erano molti bianchi, ovvero sigillati. Il
dottore sperava di poterli sbloccare in qualche modo come aveva fatto
Lag, così i due lavorarono a lungo su quello.
Fra tutti, un solo ricordo fu
visibile. Appena lo vide, Noir si rese conto di non conoscerlo
coscientemente.
Rimasero di stucco nel constatare
che quella era l’imperatrice.
Una bellissima donna dai capelli
dorati incastonata in un macchinario enorme simile ad un organo, alla
cui base stava seduto un individuo, da dietro sembrava un Bee.
- Quello deve essere l’Head Bee. E
quel macchinario su cui sta l’Imperatrice… cosa sarà? - A Noir venne
una fitta, vedendolo si rese conto di saperlo, dentro di sé c’erano
quelle informazioni, scalpitavano per uscire. Lui lo sapeva. E quel
viso così familiare, quel viso… di chi era?
Lo stesso viso lo stava vedendo Lag
dopo aver aperto e ‘rivelato’ la lettera che la madre di Lag, Anne,
aveva lasciato alla zia Sabrina.
Raccontò della nascita di Lag come
di un miracolo, generato e non creato.
Anne era arrivata dalla signora
Sabrina una notte di dodici anni fa, aveva vissuto un po’ lì con lei
cercando di rendersi utile, aveva modi aristocratici e non era per
nulla pratica della vita comune che si faceva a Yodaka. Sbrina aveva
capito che aveva un segreto ed un’identità ingombrante, ma non le aveva
mai chiesto nulla.
La notte del balenio, lei era fuori
a guardare il sole accendersi e spegnersi.
Poi improvvisamente la luce del
sole l’aveva trovata e colpita in pieno ventre, si era gonfiato e
Sabrina l’aveva aiutata a partorire. Non un bambino, ma luce pura.
Incontaminata.
Anne diede a Sabrina un’ambra
spirituale rossa da mettergli nel corpo per non farlo sparire, appena
lo fece lui aveva preso forma umana, un bellissimo neonato piangente
con l’occhio sinistro di ambra.
Il bambino fu chiamato Lag Seeing e
visse con loro per un po’ di tempo, fino a che la madre venne portata
via da degli uomini dalla capitale e lui abbandonato.
La verità non si fermò a quello.
Sabrina la quale si era separata da
loro dopo la nascita, si era vista recapitare Lag come pacco da Gauche
Suede. Anne l’aveva affidato a lei, la sola che avrebbe potuto
crescerlo.
Anne era una bellissima donna dai
lunghi capelli color del grano.
La stessa donna apparsa nei ricordi
di Noir.
La stessa impressa nelle medaglie
che la gente idolatrava.
L’imperatrice.
La sua voce salutò Lag attraverso
la lettera che stava rivelando col suo proiettile speciale, parlò al
suo prezioso figlio, ringraziò Sabrina per essersi presa cura di lui e
aver mantenuto il segreto.
Spiegò che nonostante la sua
nascita anomala, lui rimaneva il suo figlio prezioso.
Lag era il frutto della luce del
sole, il sole creato dai cuori delle persone per uno scopo importante,
lo stesso scopo che la stirpe della sua famiglia adempiva da
generazioni nel posto antecedente alla capitale, Kagerou.
Lo faceva usando ‘imperatrice’, un
macchinario enorme posto al centro della Capitale Akatsuki, a forma di
organo suonato dall’Head Bee.
Non gli spiegò nel dettaglio di che
compito si trattava, ma era in relazione al sole artificiale ed era
molto importante.
Gli disse che l’attuale imperatrice
stava morendo e che presto sarebbero venuti a prenderla per
sostituirla.
Lag scoprì così che sua madre era
stata presa per sostituire a sua volta la sua, di madre, per un compito
misterioso ma importante legato al sole, un sole composto dai cuori
delle persone. Lo stesso sole che poi dodici anni fa aveva creato lui.
Realizzò così anche che la loro
stirpe generava donne, le uniche in grado di portare avanti il compito
in questione. Ma Lag essendo nato maschio, era stato scartato. Il
problema sorto, che loro non potevano ancora immaginare, era che nel
non avere un’erede della stirpe, una volta che Anne sarebbe morta, quel
compito sarebbe rimasto in sospeso. Un compito che, in sospeso, non
poteva rimanere.
Lag, accompagnato da Niche e Lode,
rimase basito nel realizzare quella verità, ma le parole dolci e
amorevoli della madre l’aiutarono a non crollare sotto un peso
schiacciante.
Era luce, non carne ed ossa, però
era una persona lo stesso ed aveva un compito importante.
Anne gli disse di cercare le
persone nate nel giorno del balenio e di guardare attraverso di loro i
segreti celati dal sole in quella notte. I segreti primordiali del loro
mondo.
Una verità nascosta doveva essere
svelata e lentamente cominciava a rivelarsi a loro.
Lag se ne andò con l’incertezza di
come sentirsi. Non era arrabbiato con sua madre, aveva fatto quello che
doveva, sentiva attraverso quei ricordi tutto l’amore che nutriva per
lui.
Era una stirpe speciale e lui era
fatto di luce, ma perché era nato uomo? Perché se tutti nascevano donne
per far brillare il sole, lui era nato uomo?
“Forse lo devo spegnere, quel sole.
Rubano i cuori delle persone per tenerlo acceso, perché? Perché? Come
possono? Come può mia madre sacrificare tante persone per farlo
brillare?”
Tale verità non gli si sarebbe
rivelata ancora, non prima del ritorno di Largo Lloyd, l’unico a
conoscere tale verità.
Mentre Noir scendeva dalle scale
dell’infermeria per raggiungere il salone principale dell’Alveare,
Jiggy arrivava coi rapporti della giornata conclusi.
Lo vide e si fermò aggrottandosi,
si indurì e alzò lo sguardo verso il dottore affacciato al balcone.
“Quel maniaco ha esagerato, come al
solito!”
Noir aveva effettivamente una
brutta cera, era pallido e stremato. Saltava subito all’occhio che
aveva esagerato.
- Sto bene. - Disse Noir con
gentilezza. - Abbiamo fatto un esperimento. Ci sono ricordi di Gauche
in me, li stiamo sbloccando. - Jiggy si fermò, aveva capito che era
contrariato e così gli stava spiegando cosa era successo. Jiggy sentì
un paio di occhi addosso, stupiti nella loro conversazione.
- Vai a riposare? - Noir annuì. -
Casa mia è aperta. - L’altra volta, prima della sua scomparsa, Jiggy
aveva sempre fatto tutto di nascosto per non sembrare debole ed
esporsi. Adesso sembrava intenzionato a lasciarsi un po’ più andare.
Aria li vide, stupita, e si ricordò
dei vaneggiamenti di Lloyd di quegli anni, quando le diceva che fra
quei due c’era una strana amicizia.
Il fatto era che Jiggy, a parte che
con Lloyd stesso, non aveva mai avuto rapporti e vedere che ne aveva
era sorprendente, con Noir era anche shockante.
“Forse si prendono perché entrambi
hanno i cuori nascosti dietro dei muri di cemento armato!” Si disse
divertita.
Noir chinò il capo gentilmente.
- Grazie, pensavo di andare da
Silvet. È stata così gentile da portarmi la zuppa e chiedermi di venire
da lei. Anche Lode è via, con Lag. Forse si sente sola. Ti va di venire
a cena con noi? - Jiggy si irrigidì, si guardò subito intorno e scosse
velocemente il capo. Era andato ben oltre.
- No, grazie. Comunque non
esagerare con quell’idiota! -
‘Quell’idiota’ era il dottore. Noir
sorrise divertito quasi come una volta, pensò Jiggy leggero.
C’erano buoni segni di speranza, in
Noir c’era sempre più Gauche ed i ricordi ne testimoniavano il suo
ritorno. Forse non sarebbe mai tornato del tutto, ma anche un solo vago
soffio andava bene.
Quei sorrisi gentili, quei modi
pacati dicevano che era lui comunque. Non importava come voleva farsi
chiamare. Era il suo Gauche. Il resto non contava.
Con questo Jiggy andò via
obbligandosi ad andarci piano, per quel giorno ne aveva avuto
abbastanza di esperimenti. Doveva proteggerlo.
Ovviamente, le intenzioni erano
buone, ma rimasero tali perché dopo aver mangiato da solo a casa, si
era alzato seccato ed era andato a farsi un giro. Un giro che,
casualmente, era terminato davanti casa di Silvet e di Gauche.
“Come una volta. Quando Silvet è
diventata grande, io rimanevo qua e lui usciva, passavamo il tempo
insieme fuori o da me. Mi sentivo a disagio persino con lei. Ero
maniacale nel nascondere la nostra relazione. Ed ora, se tornassi
indietro, la mostrerei al mondo. Ora non sono capace di stare zitto
davanti a cinquanta persone che ci guardano. Non sono capace di non
mostrare la mia preoccupazione. Mi sono rammollito! Che incapace! Lloyd
riderebbe di me!” Pensando a lui si fermò alzando gli occhi verso
Yodaka, dove sapeva era rintanato con Reverse ad architettare qualcosa.
“Lloyd… sarebbe felice di vederci
di nuovo insieme. Direbbe di non darmi per vinto e proporrebbe qualche
assurdo esperimento. “ Poi ci pensò meglio. “O forse ci spierebbe
mentre ci baciamo!”
Jiggy scosse il capo, poi gli occhi
si stesero in uno sguardo sereno nel vederlo uscire.
- Silvet dorme, vuoi entrare? -
Noir non ricordava veramente, aveva
quelle memorie recondite, quegli istinti inarrestabili. Ed in tale
modo, ormai, viveva.
Jiggy annuì e si fece avanti
passando l’uscio dove lui era fermo per farlo entrare, rallentò, lo
guardò intensamente, mise la mano sulla sua sullo stipite e si chinò a
sfiorargli le labbra seguendo il suo indomabile desiderio di toccarlo
ogni volta che poteva, di non negarsi mai quella gioia.
- Mi sei mancato. - E di dirglielo
senza paura di sembrare debole.
Era stato forte abbastanza, adesso
poteva anche essere debole, se in quello poi era felice.
“Adesso è ora di essere felice.”
Jiggy l’aveva baciato poi gli aveva
tolto lentamente i vestiti, stessa cosa aveva fatto con sé, erano
rimasti con la biancheria intima e l’eccitazione visibile. Noir lo notò
e si sentì presto allo stesso modo.
Lo desiderava molto, non era
difficile capirlo.
Però era ancora incerto su quanto
giusto fosse.
- Mi sento un intruso fra voi. -
Ammise con le sue mani sui fianchi. Jiggy sorrise sul suo collo,
facendolo rabbrividire.
- Ed io mi sento felice per la
prima volta dopo cinque lunghi dolorosi anni. - Noir gli mise le mani
fra i capelli spettinati e con dolcezza lo abbracciò nascondendogli il
viso contro il collo.
La voce di Jiggy aveva tremato
d’emozione.
Si lasciò stringere e lo strinse a
sua volta, mentre il calore lo avvolgeva.
- Non sei un intruso, sei il mio
amore. - Sdolcinato oltre ogni dire, debole, fragile, osceno quasi.
Eppure così felice.
- Ma non sono né Noir né Gauche…
sono un po’ l’uno ed un po’ l’altro… - Jiggy lo spinse fino a stenderlo
sul letto, con lui si stese e se lo coricò sopra tirandosi su le
coperte. Non avrebbero fatto nulla finché Gauche non si sarebbe sentito
meno incerto ed ‘intruso’.
- Sei il mio compagno, sei l’uomo
che amo. Non importa come vuoi chiamarti. Sei tu. E sei mio. - Disse
deciso carezzandogli i capelli sottili e bianchi.
- Giorno dopo giorno mi abituo
sempre più, sto trovando una sorta di equilibrio, ma penso che ci
voglia un po’… - Jiggy sorrise ed annuì.
- Ed io testerò il tuo livello.
Giorno dopo giorno. - Noir sorrise e mise la mano sul suo petto. Non
importava nei panni di chi lo abbracciava o a chi Jiggy riservava tutto
quell’amore. Stava bene ed entrambi erano consapevoli di tutto.
“Oltretutto pur volendo fermarmi,
non ci riesco. Sono riuscito a tenere le distanze con tutti, ma con lui
non riesco. Non posso respingerlo. Il modo in cui lo vuole Gauche è
sconvolgente. Il modo in cui lo voglio io. Ma è giusto lasciarmi andare
anche se non mi sento del tutto LUI?”
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Capitolo 31 *** Redenzione ***
la_proporzione_perfetta31
*Ecco un altro capitolo. Da un
lato Zazie a le vicende col suo gaichu, quello che aveva ucciso i suoi
genitori. E' una vicenda Zazie-centrica che nel manga è descritta molto
bene, per cui non ho preso tutto per riportarlo, ho cercato di
descriverla dal punto di vista di Lag. Dall'altro sbirciamo come se la
cavano Jiggy e Noir, se la loro confusione si dipana o se hanno un
piano. Buona lettura. Baci Akane*
31. REDENZIONE
"Quando
ti trovavi nella veglia della devastazione quando aspettavi sul
bordo dell'ignoto E con il cataclisma che pioveva giù piangendo dentro,
"salvami adesso" eri lì impossibilmente da solo Ti senti freddo e perso
nella disperazione ? Fai crescere la speranza ma il fallimento è tutto
quello che hai conosciuto Ricorda tutta la tristezza e frustrazione E
lasciala andare lasciala andare Ed in uno squarcio di luce che ha
accecato ogni Angelo Come se il cielo avesse esploso i Paradisi nelle
stelle Hai sentito la solennità della grazia temprata Cadendo nello
spazio vuoto Nessuno lì ad afferrarti tra le sua braccia"
/Iridescent - Linkin Park/
In un momento per Zazie si cancellò
ogni cosa.
Appena vide la sagoma nelle rocce,
realizzò che era quello il momento. O ora, o mai più, era arrivato il
momento di chiudere i conti col passato, chiuderli definitivamente e
saldare il suo debito, ammesso che ne avesse mai avuto uno.
- Laphairog... - mormorò guardando
la sagoma dell'enorme scorpione.
Un gaichu antico e per lo più
sconosciuto.
In pochi l'avevano visto in azione,
in pochi erano sopravvissuti.
Non si sapeva quale fosse il suo
punto debole.
Vedendo la faccia di Zazie, ma
ancor prima sapendo che quella era l'alcova del gaichu a cui aveva dato
la caccia da una vita, Connor corse verso l'Alveare a chiamare
rinforzi, conscio che ne avrebbero avuto bisogno e che Zazie non
avrebbe ragionato nel migliore dei modi.
Zazie rimase solo a far fronte a
quella minaccia, inizialmente doveva solo localizzarlo, poi aspettare
Connor coi rinforzi per attaccarlo, ma tutti sapevano che non avrebbe
aspettato nessuno.
Connor ne era cosciente, per questo
quando incontrò per strada Lag, pensò che fosse un segno del cielo e
che dovevano sbrigarsi.
Connor spiegò a Lag la situazione e
questi non si fece dire nulla.
Tempo due secondi e stava correndo
verso il villaggio in cui aveva lasciato Zazie.
Lo conosceva, sapeva che quando si
fissava su una cosa non lo smuovevi. Era per giunta selvatico, non
usava mai il cervello, specie per combattere.
Mentre si dirigeva a rotta di collo
da lui, nella mente le parole di quando si erano salutati.
"Sono importante, ma il suo
obiettivo è un'altra cosa." Quella volta gli era sembrato rassicurante,
ora non gli sembrava così tanto bello.
"Ti prego, ti prego fa che arrivi
in tempo, ti prego..." Ogni falcata una preghiera, consapevole che era
quasi una lotta disperata.
Sicuramente Zazie aveva trovato il
gaichu e ci stava combattendo, ne era certo.
Il cuore gli stava scoppiando nel
petto e non si rese conto subito che non stava più pensando alla
questione della sua nascita e di sua madre.
Che fosse un essere e non una
persona, ormai era in un piccolo angolo di sé.
Adesso contava solo Zazie.
Il suo Zazie. Il resto era in
secondo piano.
Quando arrivarono, il mostro aveva
già colpito, lo potevano vedere, ma la scheggia che cadeva verso un
precipizio al momento fu giudicata molto più importante del gaichu e di
qualunque cosa stesse per succedere.
Zazie era caduto, Zazie non stava
cercando di rimanere su, di afferrarsi a qualcosa. Zazie stava cadendo.
- NICHE! - gridò Lag disperato
verso la sua dingo. Niche non se lo fece ripetere, si buttò e lo prese
al volo, prima dell'impatto col suolo di sterpaglie, terra e roccia.
Appena in tempo.
Lag e Connor, accompagnati da Lode,
accorsero in fretta da lui passando dalla strada che portava lì sotto.
Si precipitò su di lui e iniziò a
scuoterlo, Zazie era messo male, non reagiva, era svenuto e ferito.
- Ha combattuto da solo! Questo
scemo! - stava dicendo Connor arrabbiato,
- Ti prego, ti prego Zazie, Zazie
sveglia! -
Lag iniziò a scuoterlo forte e a
gridare, Lode sbuffò pensando che se era in fin di vita, così poteva
solo morire, Niche invece cominciò a dire a Lag di leccarlo che se
stava male lo curava la saliva, come faceva solitamente lei quando Lag
era ferito.
Questi arrossì fra le lacrime. Era
in confusione, non capiva cosa avesse senso e cosa no, lo stava per
fare quando si sostituì a lui Wasiolka che si mise a leccarlo in faccia
come aveva suggerito Niche.
A quel punto si svegliò, Zazie
riprese i sensi e la prima cosa che mise a fuoco dopo la lingua ruvida
e familiare di Wasiolka, fu la mano di Lag che stritolava la sua fin
quasi a rompergliela.
- Zazie stai bene? Mi hai fatto
morire! - strillò Lag con ventimila decibel che perforarono il cranio
dolorante di Zazie. Si mise a sedere e scostò Lag, non doveva
deconcentrarsi, lui lo deconcentrava sempre.
Il Laphroaig era troppo importante,
ora.
- Si sto bene, ora vado a finire il
lavoro, il bastardo si sta dirigendo in città! Quella maledetta ha un
anello che lo controlla! Controlla il gaichu! Vuole fare una strage! -
Zazie si stava riferendo ad una ragazza cieca che inizialmente l'aveva
aiutato, fino a che non aveva scoperto che voleva uccidere il gaichu;
l’aveva avvelenato poco per giorno, a sua insaputa.
Questo aveva reso impossibile a
Zazie il combattimento, il gaichu l'aveva sopraffatto in poco che ora
era alla volta della città. La ragazza aveva sofferto, l'aveva visto
nei suoi ricordi, però quello che era diventata, una guida per un
gaichu malefico, non era la risposta alle sue sofferenze.
Zazie si rialzò e traballando si
diresse all'uscita di quel posto.
- Che fai?!- chiese allarmato Lag.
- Vado a rincorrerlo, devo farlo
fuori io! - Ringhiò seccato Zazie testardo. Non avrebbe mollato, a
nessun costo.
- Ma non puoi, hai preso un duro
colpo! -
- Non importa, devo andare! - Zazie
non avrebbe mollato, così Lag gli diede un calcio che lo fece finire a
terra in un attimo!
- Lo vedi? Sei così debole che ti
atterro perfino io! - esclamò Lag planando su di lui. Zazie rimase giù
stringendo i denti furioso.
Le lacrime di rabbia si
affacciavano proprio ora, non aveva mai pianto, mai. Era stato forte,
ed ora doveva fare quelle scenate? Ma dai!
Lag capì che per lui era davvero
molto importante, così sospirando gli prese le mani e con dolcezza lo
fece ragionare.
- Zazie, tu non sei solo... - Zazie
a quel punto spostò gli occhi sui suoi d'ambra. Le lacrime si
fermarono. Non scesero. - Usa noi! -
Zazie lo guardò e poi guardò gli
altri, persino Lode era lì in attesa della loro decisione.
- Lo faremo insieme! Useremo una
strategia! -
- Non sappiamo nemmeno quale sia il
suo punto debole! - Asserì Connor.
Zazie annuì arrendendosi, non era
solo. Aveva sempre pensato a quella lotta come la sua, ma aveva
sbagliato. Non la doveva fare solo, lui non era solo.
Fu così che si convinse, sia pure
riluttante, a farsi momentaneamente da parte per poter abbattere quel
maledetto Laphroaig.
La strategia consisteva
nell'aspettare il gaichu nella cattedrale dove la gente si era radunata
per scappare. Il gaichu dopo aver setacciato la città sarebbe andato in
cattedrale e avrebbe trovato Zazie ad aspettarlo. Dopo essere stato
attaccato da Lag, Connor, Niche e Lode.
Fra tutti l'avrebbero stancato e
trovato il punto debole, poi Zazie l'avrebbe ricevuto e dopo essersi
ripreso dal veleno, l'avrebbe fatto fuori.
Fu una strategia abbastanza
vincente, anche se poi abbatterlo del tutto non fu facile.
Tutti diedero un prezioso
contributo e Niche e Lode dimostrarono, sia pure riluttanti, di essere
una squadra formidabile.
Il Laphroaig guidato da Emille, che
si era fatta prendere da lui per fornirgli cuore di continuo, stava
andando verso Zazie in attesa proprio del gaichu, ma più indebolito di
quanto non arrivò.
Un istante intercorse fra la loro
resa dei conti.
Zazie in quel momento ripensò al
proprio tuffo nei ricordi, alla difficoltà avuta da piccolo come
randagio, al rifiuto per gli altri, alle cose che rubava perché non
aveva scelta. Alla rabbia provata nel rivedere i suoi genitori che
l'avevano abbandonato. Il suo rifiuto.
Se non li avesse rifiutati, se solo
non li avesse rifiutati...
Se l'era ripetuto per molto tempo,
per sempre. Ora poteva fare una cosa per loro.
Uccidere quella bestia.
Lag e Niche dietro il gaichu
gridarono quale era secondo Steak il suo punto debole.
Zazie così gli andò incontro, i
propri genitori nel cuore, curati fino alla fine senza risultato se non
la morte.
Ciò che era perduto non lo si
recuperava.
In quel colpo Zazie mise tutto il
suo dolore, il suo rimpianto, la sua tristezza, i suoi sensi di colpa.
Avrebbe potuto avere una vita
felice se non li avesse odiati, quando li aveva rivisti.
Invece li aveva odiati ed aveva
avuto una vita triste.
Solo Lag, solo il suo Lag gli aveva
ridato la gioia di vivere, un'altra prospettiva.
Solo lui.
E a lui pensò mentre si lasciava
cadere dal ponte, stremato, senza forze, dopo aver esaurito il cuore, o
per lo meno pensandolo.
A lui e al dispiacere di averli
lasciati.
Lui, i suoi amici.
Aveva ucciso il gaichu, aveva
vendicato i suoi genitori, poteva abbracciare un po' di pace. Un po’.
Eppure quanto avrebbe voluto
abbracciare Lag, invece.
Si abbandonò al destino, senza
averne più.
E il destino lo baciò.
A volte ciò che si perdeva, non era
andato per sempre.
Riaprire gli occhi e rivedere Lag
che aveva saputo prenderlo al volo grazie a Niche, fu trovare il
paradiso.
Quel benessere, quello stare bene,
quel calore. E quelle lacrime.
Il suo amore era lì ed insieme
avevano fatto giustizia al suo cuore.
Leggerezza.
Si tolse il braccio dalla vita con
delicatezza, poi scivolò giù dal letto e andò fuori dalla camera
cercando di fare il più silenziosamente possibile.
Jiggy era molto insistente, ma
nella sua insistenza, non lo forzava troppo.
Insomma, l’aveva fatto rimanere a
dormire da lui, ma non gli era saltato addosso.
Non capiva cosa aspettava, eppure
era chiaro che lo voleva ed anche molto.
A Noir andava meglio così, non
riusciva a respingerlo e a stargli lontano, aveva come una frenesia
innata. Però era anche vero che era agitato, dentro di sé. A disagio.
“Mi sembra di essere un ladro, un
intruso…”
Pensò andando fuori in terrazzo a
guardare la città addormentata.
Alzò lo sguardo sulle stelle e
sorrise mentre si sentiva meglio.
Inconfondibilmente meglio.
Era una visione che lo metteva a
suo agio.
Il vento, da lì, soffiava un po’
più fresco. Noir rabbrividì stringendosi nelle braccia, non si era
messo nemmeno una giacchetta, era uscito con la canottiera.
Come faceva Jiggy a desiderarlo e a
non saltargli addosso?
Per quanto era incerto sul da farsi
per una questione etica e morale nei confronti di Gauche, lo voleva.
Sapeva di volerlo. E se Jiggy l’avesse fatto, aveva deciso di non
respingerlo.
Ma Jiggy sembrava intenzionato ad
aspettare che fosse lui a farlo per primo, proprio per evitare di
forzarlo, in qualche modo.
Insomma, un giro un po’ contorto di
attese vicendevoli. Il risultato era che dormivano insieme anche
abbracciati, si baciavano, ma non facevano altro.
Il sesso era tabù.
“Eppure se era una cosa che
facevano, forse stimolerebbe qualcosa in Gauche…”
Una folata di vento più forte
scompigliò i capelli in avanti, si strinse di più le mani sulle braccia
e proprio in quell’istante una coperta l’avvolse da dietro e con essa
due mani e due braccia.
Noir si rilassò subito contro di
lui e lo guardò con gratitudine sentendosi meglio.
- Grazie. - Mormorò tornando alle
stelle che lo calmavano.
- Non riuscivi a dormire? - Chiese
Jiggy.
Noir annuì.
- Mi sento un intruso. - Ogni tanto
glielo ricordava e Jiggy diceva che erano solo sciocchezze.
- Quando la smetterai? - Noir non
fece una piega e appoggiò solo la testa alla sua che lo teneva fra le
braccia possessivo.
- Pensi che ricorderò mai? -
- Gli esperimenti col dottore
stanno portando a galla qualcosa, no? - Noir annuì.
- Dice che fare le cose che facevo
prima mi aiuta a tornare sempre più me stesso. - Jiggy girò il capo per
guardarlo meglio in viso.
- Ed è così? Come ti senti? -
- Ho dei flash ogni tanto.
Sovrapposizioni di ricordi. Confondo qualcosa del passato con qualcosa
di ora. Ma solo se faccio le stesse cose di prima. Per questo sto da
Silvet. Il dottore vuole convincere il direttore a farmi rifare il Bee.
- Jiggy lo guardò con un sopracciglio alzato.
- E tu vorresti? - Noir si strinse
nelle spalle, lo guardò con un’aria che non gli dispiaceva e carezzando
l’idea sorrise senza staccargli gli occhi dai suoi, così vicini.
- Perché no, dopotutto mi piace
riavvicinarmi al vero me stesso. È come se trovassi la strada di casa
dopo essermi perso per molto. Sono belle sensazioni. - Jiggy capì che
Noir voleva tornare Gauche, però non voleva essere già confuso con lui
perché non lo era ancora.
- E cosa pensi di noi? - Chiese poi
Jiggy. Tendeva a non mettergli pressione, però non mollava mai. Stava
sempre con lui appena poteva. Era come se volesse che succedesse in
modo naturale, ma al tempo stesso tentasse di farlo accadere.
Noir non si opponeva.
- Forse sto rubando la vita di
Gauche, il ragazzo di Gauche, la casa di Gauche… - Jiggy si aggrottò.
- Sono le tue… -
- Sì, infatti. Però sono ancora
nella fase… beh, è proprio tutto mio? - Per Noir non era facile e Jiggy
lo capiva, per questo non voleva esagerare e violarlo troppo.
Rimase a guardarlo intensamente,
con un desiderio molto forte. Lo guardò e lo strinse, poi fu Noir ad
annullare la distanza delle loro labbra.
Jiggy aprì le proprie e accolse le
sue, succhiò la sua lingua e lo accolse con la propria.
Calore, dolcezza, sollievo.
- Però non riesci a trattenerti
quasi più… - Gli fece notare Jiggy con un sorrisino malizioso, vicino
alla sua bocca.
Noir si colorò leggermente di rosso
sulle guance candide e nascose il viso contro il suo collo, girandosi
un pochino verso di lui anche col corpo.
- Certe cose sono più forti di me.
Perché è lui. -
Rimasero in silenzio così, stretti
uno all’altro, ad ascoltare il vento e guardare le stelle.
- Sai cosa rende tale una persona?
- Chiese Jiggy dopo un po’. Noir voleva proprio saperlo, era la grande
domanda.
- Cosa? -
- Ognuno ha un’essenza. Una
caratteristica che lo distingue, che lo fa essere sé stesso se c’è. Tu
sei tu perché sei gentile. - Noir si sentì caldo ed in pace nel
sentirlo. Forse non era davvero perso, a volte lo credeva, a volte ci
si sentiva. Altre arrivava Jiggy e gli dava tutte le sue certezze. La
sua forza. Specie quella interiore. Così Noir lo disse senza saperlo
davvero, senza ricordarlo. Lo disse perché lo sentiva.
- E tu sei tu perché sei forte. -
Jiggy si ritrovò con gli occhi che gli pungevano. Era quello che
cercava di essere da una vita, sentirselo dire da lui era una bella
conferma.
“È Noir, non è Gauche. Però sono
sicuro che ad averlo detto era il mio Gauche…”
E con questo lo baciò lui,
carezzandogli il viso.
Non sapeva quanto giusto fosse
quello che faceva. Però non intendeva cedere, non intendeva mollare.
Noir era l’unica possibilità di riavere il suo Gauche. Doveva
insistere, tenere duro, non mollare.
Doveva.
Doveva proprio.
Se non ci sarebbe riuscito, sarebbe
successo dopo ogni suo possibile tentativo.
|
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Capitolo 32 *** Tu sei tu perchè... ***
la_proporzione_perfetta32
*Ecco un altro capitolo, in
questo c'è un pezzettino di Noir e Jiggy parecchio importante perchè
Noir comincia ad avere dei vaghi flash della sua vita precedente, in
quanto in lui, in un piccolo angolino di sé, c'è ancora un pochino di
Gauche ed emerge nei sentimenti e negli istinti. Poi passiamo a Lag e
Zazie: tornano a casa dalle loro missioni ed è tempo di raccogliere
impressioni e motivazioni: per Lag non è facile affrontare la verità su
di sé, specie perchè ancora non sa bene tutto. Ma per fortuna Zazie non
ha dubbi su ci sia il suo ragazzo. La scena (capirete quale leggendola)
non è stata facile, fino all'ultimo ero indecisa se farla (in assoluto
nella fic) o no, ma alla fine ho deciso di scriverla. Spero sia venuta
decente: considerando che sono dei ragazzini per me non è stato facile.
E dunque buona lettura. Baci Akane*
32. TU SEI TU PERCHÉ…
- Cosa?! Un giorno intero per
ripararlo?! - Esclamò Jiggy seccato. Il povero meccanico lo guardò
mortificato.
- Mi dispiace però non posso
metterci di meno… - Jiggy grugnì qualcosa, poi se ne andò altezzoso e
teatrale, gelando il meccanico con uno sguardo di lame affilate.
Noir sorrise, si chinò e si scusò
con lui al suo posto.
All’uomo che li aveva visti insieme
il giorno in cui Jiggy aveva preso il cavallo di ferro, sembrò di
tornare indietro nel tempo.
Fu una bella sensazione.
Anche Noir ebbe un flash, di
quell’uomo sorridente che consegnava la moto per la prima volta a
Jiggy.
- Gauche, ho molte consegne da fare
e sono senza mezzo, ti va di accompagnarmi e mi aiuti? - Disse Jiggy
improvviso appena fu fuori. Noir era uscito con Jiggy e l’aveva
accompagnato all’Alveare: il dottore aveva detto che per ora avevano
finito con gli esperimenti e che voleva convincere il direttore a
fargli fare di nuovo il Bee.
Lode era ancora con Lag in
missione, tardavano a tornare, ma si supponeva che si fossero
incontrati con Zazie e Connor e che avessero avuto dei contrattempi.
Poi Jiggy era uscito con le
consegne, si erano salutati facendo attenzione a non essere visti ed
infine aveva cercato di mettere in modo i suo cavallo di ferro. Senza
successo.
Così l’aveva accompagnato dal
meccanico.
- Ma… dici che posso senza il
permesso? - Jiggy alzò le spalle.
- E chi mai dovrà saperlo? - Noir
fece un sorrisino, poi annuì e mentre una strana frenesia lo inebriava,
accettò.
- Ma come ci muoviamo? Senza il tuo
mezzo faremmo molto tardi… -
- Lo so. Dovremmo usare una
carrozza. - Noir annuì seguendolo, trovò strano il suo tono freddo e
teso. Era sempre un po’ così, ma ora lo era davvero tanto.
Poi una sensazione, un flashback o
qualcosa di simile. Non disse nulla, si limitò a seguirlo verso la zona
delle carrozze, ne pagarono una dicendo il percorso che dovevano
prendere.
Infine, silenziosamente, salirono.
Il mezzo partì e Noir non ci mise
molto ad assumere un curioso colorito verdastro.
Noir così completò il suo flash con
una sorta di ricordo vero e proprio e lo fece ridendo.
Ridendo davvero.
Se Jiggy non fosse stato troppo
male, l’avrebbe abbracciato felice di vederlo così. Se appunto la
voglia di vomitare non fosse più grande in lui.
- Tu soffri il mal di trasporto! -
Esclamò ricordandolo. Jiggy ne era felice, ma si sentiva male lo
stesso. Si mise una mano davanti alla bocca e fece per vomitare, così
Noir lo prese per le spalle e lo accompagnò a stendersi sul pavimento
della carrozza.
Si mise con lui, supino, a guardare
il soffitto. I movimenti si sentivano di meno.
Jiggy stava male, ma decise di
concentrarsi su quel momento magico.
- L’hai fatto identico anche la
prima volta che ci siamo incontrati. Prima missione insieme. Non avevo
il cavallo di ferro. -
Noir rimase con un sorriso
nostalgico che gli aleggiava nel bel viso marmoreo.
- Ti ho fatto stendere e ti ho
toccato i capelli. E tu non hai detto nulla. - Jiggy voleva piangere,
ma a quello si contrapponeva l’istinto di vomitare.
- Lo ricordi? - Noir allungò la
mano girando la testa verso di lui, sorrise appena, dolcemente gli
toccò i capelli alla stessa maniera.
- Non proprio. È quello che ho
fatto e che volevo fare ora. E se è vero quello che dite, cioè che la
mia essenza è invariata… - Jiggy gli prese la mano e intrecciò le dita.
- Sei proprio tu. Sei tu e basta.
Accettalo. - Noir non disse nulla, si sentiva euforico anche se non
voleva osare esserlo. Si soffocava, si tratteneva. Non era proprio
tornato Gauche, non aveva i suoi ricordi, semplicemente aveva i suoi
sentimenti, i suoi modi, il suo carattere. Era lui, come diceva Jiggy,
e ne era sempre più consapevole. Ma il fatto di non avere i suoi
ricordi, lo frenava dal lasciarsi troppo andare.
Eppure quella mano non riusciva a
staccarla dalla sua. Non poteva proprio.
- Per quanto sia un maniaco, è
bravo, lo devo ammettere… - Disse Zazie tornando a casa dopo essere
stato spogliato e curato dal dottor Thunderland Jr.
Lag rise mentre diceva a Niche e
Lode che potevano andare perché lui accompagnava Zazie a casa.
- Voglio assicurarmi che stia
davvero bene… - Disse cercando di convincere Niche a lasciarlo solo.
- Niche è il dingo di Lag ed in
quanto dingo di Lag deve stare con Lag! -
Lode sbuffò alzando gli occhi al
cielo seccata.
- Stupidona, devono stare soli! -
Ormai Lode aveva capito quel sistema. Anche Noir e Jiggy lo usavano.
Una scusa qualunque per poter stare soli.
Adesso Lode cominciava a
recuperare, sia pure in pochi istanti, i ricordi del lupo di Gauche, a
conferma che era stata incrociata proprio con lei. Forse per questo
aveva trovato Gauche dopo che era scappato senza memoria dalla
capitale.
Comunque voleva solo che lui fosse
felice, il resto non contava, non come, non perché.
Quindi lo lasciava solo con quel
Jiggy, anche se non capiva perché dovessero fare quel che facevano
prima, quando Noir era Gauche. Ora non lo era davvero, non del tutto.
Lode non capiva, ma non le
importava. Era più importante aiutarlo ad essere felice e quando era
con quel ragazzo, per qualche strana ragione, lo era.
- Perché devono stare soli? E poi
Wasiolka va con loro! - Niche insisteva per stare con Lag il quale
rosso ed imbarazzato per la schiettezza di Lode, rimaneva rigido per la
strada, con Zazie che invece rideva ed avanzava senza problemi.
- Wasiolka non gli crea imbarazzo.
- Niche così cominciò chiedendo cosa era ‘imbarazzo’ sbagliando
ovviamente la parola. Lode l’afferrò per i capelli e la tirò verso casa
di Silvet, dove Noir le aveva detto che voleva alloggiare.
Le loro voci si persero per le vie
in breve tempo.
- Quelle due fanno una bella
coppia, non credi, bella gattina? - Chiese Zazie tutto allegro,
ostentando una gioia un po’ sospetta.
Lag si lasciò prendere per mano da
lui e tirare verso casa.
- Bella coppia in che senso? -
Ovviamente Lag non ci poteva arrivare e Zazie rise divertito, aprendo
la porta di casa. Venne investito subito dai suoi gatti affamati, ben
cresciuti rispetto a quando erano appena arrivati.
Lag si ricordò i nomi che gli
avevano dato e si perse a sorridere.
- Hanno portato fortuna, secondo
te? - Zazie non capendo a cosa si riferiva, lo guardò e solo dopo capì.
- Perché li abbiamo chiamati come
loro ed adesso Gauche è tornato? -
Lag si strinse nelle spalle.
- Dire che è tornato è una cosa
grossa. - Asserì togliendosi la giacca logora e le scarpe piene di
polvere.
- Però è quanto di più vicino a
Gauche, dici che ha i suoi modi, il suo carattere è invariato. - Lag
annuì. Era un modo di vedere le cose.
Zazie era notoriamente negativo e
pessimista, ma solo con lui diventava ottimista e positivo. Perché Lag
era sempre pieno di dubbi ed incertezze, così si preoccupava di tirarlo
su.
I due diedero da mangiare ai gatti,
poi lavarono velocemente le divise e le misero a stendere.
La cena l’avevano fatta
all’Alveare, il dottore non li aveva mandati a casa senza.
- Sei sicuro di stare bene? -
Chiese Lag guardando Zazie mentre si sedeva piano sul letto.
Zazie lo guardò.
- Certo, te l’ho detto. Il dottore
fa magie. Per quanto per farle mi debba palpare… beh, insomma, sto
bene. Ma tu non te ne vai mica anche se io sto bene, no? - Lag lo
guardò senza capire a cosa si riferiva. Zazie si stese e gli fece
spazio. - Passi la notte qua? - Lag capì e arrossì.
Suo malgrado annuì meccanico e
rimanendo in biancheria intima come lui, si stese accanto a Zazie nel
suo letto.
Si vergognava un po’, ma quella
notte più che mai aveva bisogno di lui.
Dopo la scoperta sconvolgente, non
aveva avuto tempo di assimilare nulla. Era subito stato sbalzato nella
realtà di Zazie, nel suo problema. L’aveva aiutato a non pensarci, ma
doveva farlo, si sentiva in un limbo ed ora che tutto era fatto e
finito, aveva bisogno di qualcuno che lo capisse e sapesse come
gestirlo, come raddrizzarlo, come rimetterlo in carreggiata.
Chi era? Cos’era? Una stirpe, non
davvero umano. Che cosa doveva fare? Che compito aveva sua madre?
Tante domande, poche risposte ed
una sensazione.
Quella di doversi sbrigare.
- Io intendevo… come stai dopo aver
ucciso il gaichu dei tuoi genitori… - Disse piano con un tono intimo.
Non ne aveva parlato. Aveva solo pianto appeso al suo collo.
Zazie che piangeva, che
impressione.
Poi si era asciugato subito le
lacrime ed aveva fatto lo scorbutico dicendo che stava bene.
Le bende intorno al petto dicevano
che aveva altri segni sul corpo, forse non gli facevano male, ma li
aveva.
Zazie si sistemò sulla schiena
mentre Lag si mise sul fianco per guardarlo, curioso di quel che si
teneva dentro, conscio che qualcosa c’era.
Inizialmente non aveva pensato di
dover dire nulla, di non volerlo fare. Ma lì con Lag accanto a lui che
glielo chiedeva, come non rispondere?
Così ci pensò per la prima volta da
quando era successo.
Come stava?
Sospirò.
- Leggero, credo. Sai… io ho
vissuto sentendomi fortemente in colpa… i miei sono stati attaccati da
quel gaichu perché io li ho respinti quando eran venuti a riprendermi.
Ho vissuto nel rimpianto e nel senso di colpa, riversando in questa
vendetta la mia liberazione. - Lag lo guardò attento trattenendo il
fiato.
- E ti senti libero? - Chiese
piano.
Zazie si girò e lo guardò con uno
sguardo diverso dal solito sempre un po’ scorbutico e selvatico, uno
sguardo adulto, consapevole.
Sereno.
- Sì. Forse non è vero che
uccidendo quel gaichu ho saldato il mio debito. O forse un debito non
l’avevo perché loro mi avevano abbandonato… -
- Ma… - Lag stava per partire ma
Zazie lo fermò alzando un po’ la voce.
- Lo so che l’hanno fatto perché
altrimenti mi avrebbero venduto come schiavo per dei debiti che
avevano. - Lag gli aveva mostrato la lettera col suo proiettile
speciale che i genitori avevano lasciato a Zazie prima di abbandonarlo.
Zazie non aveva mai avuto il coraggio di aprirla e leggerla. Lag
gliel’aveva ‘mostrata’.
La loro storia era molto triste e
giustificava di gran lunga il loro doloroso gesto, però quel che aveva
passato Zazie da piccolo, dopo il loro abbandono, non era stato facile.
- Non so. - Fece Zazie dopo un po’
di pausa. - Avevo un debito? L’ho saldato? Chi lo sa. Però io ho fatto
il mio, ho fatto quello che potevo, quello che dovevo. E mi sento
leggero. Punto. - Poi si voltò verso di lui e lo guardò risoluto e
sorridente. - E felice. - Lag capendo che era riferito a lui, sorrise e
appoggiò la fronte alla sua tempia chiudendo gli occhi. Zazie si
rilassò e chiuse anche lui i propri. Quel momento era perfetto.
- Redenzione. - Disse. - Penso si
chiami redenzione. La trovi da solo facendo qualcosa che ti fa sentire
riscattato. - A Zazie piaceva la redenzione e annullò la poca distanza
che c’era, baciandolo dolcemente sulle labbra.
Lag l’accolse sentendosi meglio e
sollevato lui stesso. Quella notte aveva bisogno di lui, una specie di
bomba atomica era in procinto di esplodere e più evitava di pensarci,
peggio stava.
Zazie sollevò il braccio e lo mise
intorno a lui avvicinandolo a sé, se lo sistemò addosso e Lag adagiò la
testa contro il suo petto.
Dopo quella volta Zazie non aveva
più esagerato coi contatti che lui stesso definiva da maniaco. Gli era
piaciuto molto, non capiva perché non avesse più voluto. Forse si era
pentito? Eppure lo cercava sempre lo stesso, era così dolce.
- E tu invece? - Chiese Zazie dopo
aver finito la propria confessione.
Lag sospirò. Ora toccava a lui. Era
lì per quello, l’aveva cercato apposta.
Si morse il labbro e Zazie iniziò a
giocare coi suoi capelli, cosa che lo rilassò, mentre lo ricopriva di
brividi.
- Io… beh, ti ho già raccontato
tutto… - Disse incerto non sapendo nemmeno cosa dire, non ne aveva
idea. Come si sentiva? Cosa ne pensava?
- Credi di essere diverso da prima?
Ti senti inumano? Credi di non dover fare le cose che fanno gli altri
per qualche ragione? - Zazie iniziò con le domande a raffica,
probabilmente quelle che sapeva doveva avere per la testa perché lo
conosceva.
Il peso era così grande, ora. Un
macigno che lo schiacciava a terra, non riusciva a risalire, a
respirare. Non ce la faceva proprio.
Zazie sentendo che non rispondeva,
alzò la testa e lo guardò.
Quando vide le sue lacrime
silenziose scendere dagli occhi, la sorpresa lo colse.
- Lag! - Esclamò meravigliato. Lag
però si coprì il viso con le mani non avendo il coraggio di mostrarsi
così debole per un motivo che nemmeno sapeva. Perché aveva voglia di
piangere? Perché?
Zazie lo spinse stendendolo sulla
schiena e gli si mise sopra, appoggiato su un gomito, l’altra mano a
prendergli un polso per scostare la mano dal viso. Lo guardò mentre
piangeva copiosamente, senza fare il solito chiasso.
- Lag… ehi, dai… - Lì per lì non
sapeva cosa dire, Lag piangeva e basta così lo abbracciò si appoggiò a
lui ricoprendolo col proprio corpo, come per nasconderlo. - Va tutto
bene, non vede nessuno. Puoi piangere. - Mormorò capendo che invece ne
aveva bisogno.
Lag abbracciò Zazie e aumentò le
lacrime. I singhiozzi sempre più forti scuotevano il suo corpo e quando
un po’ si calmò, Zazie con le labbra al suo orecchio iniziò a
mormorare.
- Sei sempre il mio Lag. La mia
bella gattina. - Lag strinse gli occhi che gli bruciavano.
- Non lo so. -
- Lo so io. Sei sempre tu. -
- Ma non sono fatto di carne e
sangue, sono fatto di luce. Sono diverso. Non so cosa sono, cosa devo
fare, perché… - Iniziò con la raffica di domande che lo tormentavano da
quando era uscito da casa di zia Sabrina.
Zazie allora si alzò sui gomiti e
lo guardò torvo.
- Sei concreto come me! Sarai anche
nato dalla luce, ma ora sei umano! - Lag però era completamente confuso
su questo, non sapeva cosa dire, cosa pensare e Zazie glielo lesse
negli occhi d’ambra pieni di lacrime.
- Cosa mi rende umano? La mia
essenza è diversa dalla tua! - Non sapeva cosa e come pensare.
Mentre lo diceva, realizzava cosa aveva dentro di sé, cosa macinava.
- Questo ti rende umano! - E partì
con la mano fra le sue gambe, prese la sua erezione e iniziò a muovere.
- Il piacere. Le sensazioni. - Lo baciò sulle labbra, scese sul collo.
- I sentimenti. - Zazie era un treno e Lag preso in contro piede iniziò
a sentire mille sensazioni insieme, brividi di piacere, eccitazione,
desiderio inaspettato.
- Quello che provi, è la stessa
cosa che provo io! - La bocca di Zazie scese sul suo petto, dove gli
aveva alzato la canottiera. Corse con la lingua sui suoi capezzoli,
stava andando molto oltre e nemmeno ci stava pensando. Era troppo
lanciato, l’idea che Lag non si sentisse umano era assurda, era molto
più umano di molti altri.
Lag ormai era confuso nel piacere,
riusciva a pensare sempre meno.
- Ti tocco e sei reale. - Aggiunse
scendendo con la bocca sul suo ventre. Lag trattenne il fiato
sentendolo che sostituiva la lingua alla mano nella sua stessa prima
volta. L’aveva desiderato ed immaginato a lungo ed ora era lì. Stava
succedendo. Lo stava facendo. Gli stava piacendo.
Lag spinse automaticamente il
bacino contro la sua bocca alzando le mani ai lati del viso, si prese
al cuscino e strinse. Le emozioni traboccavano in lui, così vivide e
sconvolgenti, così forti. Di nuovo il suo cuore iniziò a caricarsi
tramite l’ambra all’occhio e Zazie si fermò, la pietra tornò a
spegnersi, ma lui era eccitato e lo guardò in attesa, sperando che non
si fermasse.
Si stava sentendo così
meravigliosamente umano, per la prima volta da quando sua madre gli
aveva detto la verità.
Ed era la sola cosa che aveva
cercato.
- Quello che provi tu, è quello che
provo io. Ed è estremamente umano e reale. -
Zazie finì di togliere gli
indumenti che rimanevano, andò fra le sue gambe, lo preparò alla meglio
ed infine pensando che doveva provare tutto nel modo più umano
possibile, entrò in lui.
Lag si sentì lacerare e le lacrime
tornarono agli occhi.
Gli fece male, ma Zazie ebbe la
delicatezza di fermarsi e permettergli di abituarsi, gli carezzò il
viso e gli baciò le lacrime, infine riprese a muoversi.
- È quello che provo io… così
bello… così doloroso… così umano… - Una spinta, dolore. Un’altra,
sempre più in dentro.
- Lo senti? - Chiese ansimando
mentre l’eccitazione saliva sconvolgente.
Lag stringeva gli occhi, annuì.
- Fa male? - Lag annuì.
- Ma è anche bello. È strano… è
così caotico… - Rispose fra i respiri affannati. Zazie gli prese il
labbro e succhiò continuando a muoversi.
- Sei così umano, Lag. Sei così
vivo. Sei vivo. Sei vivo. - Iniziò a ripeterlo ad ogni spinta che
cresceva in lui l’eccitazione e il piacere. Fino a che i gemiti si
unirono e le braccia di Lag lo circondarono. Zazie così rallentò e andò
a stuzzicarlo con la mano per completare l’orgasmo, quando vide il suo
occhio brillare capì cosa gli stava succedendo e non si spaventò.
Non stava per esplodere. Erano i
suoi sentimenti di luce che traboccavano in lui.
Non c’erano gaichu da eliminare,
Zazie riprese a muoversi insieme alla sua mano, seguendo la reazione
della sua ambra e l’orgasmo li avvolse in una luce meravigliosa che li
cullò e li scaldò portandoli in un universo ben diverso da quello in
cui vivevano. Un paesaggio di luce, verde e azzurro. Una posto
meraviglioso.
Si ritrovarono poi ansimanti,
sudati, sconvolti e pieni di una frenesia nuova.
I corpi caldi, allacciati insieme.
Le lacrime agli occhi cristallizzate.
Un istante. Un istante quasi
eterno. I loro occhi si incontrarono e lì videro l’amore. Così umano
anche quello.
- È il fatto che ami, che ti rende
te, Lag. Così come Gauche è Gauche perché è sempre gentile e premuroso.
Tu sei tu perché ami. Non importa come sei nato e cos’altro hai dentro.
Ti amo lo stesso. - Non glielo aveva mai detto.
Lag strinse gli occhi e nascose il
viso contro il suo collo. Lo abbracciò e rimase così contro di lui.
- Ti amo anche io. Qualunque cosa
succederà ed io debba fare ti amerò sempre. Ricordalo. - Non aveva idea
del motivo per cui glielo aveva detto in quel modo, a Zazie fece
impressione, si alzò aggrottato ma lui lo baciò subito.
Quel momento, quell’istante non
sarebbe andato perduto. Quello era il loro presente e al momento era
tutto ciò che contava. A prescindere da quanto sarebbe stato inciso
nelle loro memorie.
Comunque era lì, ormai era loro.
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Capitolo 33 *** Non molleremo ***
la_proporzione_perfetta33
*Ecco un altro capitolo. L'ho
corretto guardando la partita perciò spero di non aver fatto
strafalcioni, in quel caso chiedo scusa. Siamo tuffati completamente
nel mondo di Noir: Jiggy ha le idee chiare, in lui vede Gauche e farà
di tutto per riaverlo o per lo meno per avere quanto di più possibile
c'è lì ancora del suo Gauche. Per Noir è diverso, non è fcile capire
qual è il suo posto e sebbene ha sempre più sensazioni e sentimenti di
Gauche, non si sente ancora lui sul serio, tuttavia non contrasta quel
che è rimasto dentro di sé. Lag arriva come un piccolo angelo a dargli
un po' di luce. Buona lettura. Baci Akane*
33. NON MOLLEREMO
"Non puoi
capire che non ti laserò finchè non avremo finito qui, e poi scoprirai
dove tutto è andato storto. Niente dura per sempre tranne te e me, tu
sei la mia montagna tu sei il mio mare, l'amore può durare per sempre
tra me e te. Tu sei la mia montagna tu sei il mio mare."
/Mountains - Biffy Clyro/
Era un paesino posto a ridosso di
un monte, per arrivarci bisognava attraversare la gola su un ponte
traballante.
Jiggy avanzò per primo pensando che
effettivamente fosse perfetto per ripercorrere le loro tappe.
“Se lo cercavo apposta, non mi
veniva così.”
Poi si voltò a guardare la sua
reazione e lo vide fermo all’inizio. Non aveva ancora messo piede sul
ponte.
Jiggy fece un ghigno.
- Reminiscenze? - Chiese divertito.
Noir si riscosse, lo sguardo serio e concentrato su quel vuoto sotto il
ponte, così nero.
La luce del sole artificiale non
arrivava nemmeno di poco, si vedeva solo grazie alle stelle.
- Gauche? - Chiamò visto che non
rispondeva. Jiggy era fermo proprio ad un paio di metri da lui,
sospeso nel vuoto.
Noir si riscosse e lo guardò
stupito.
- Ecco… ho una certa inquietudine…
- Jiggy si avvicinò e gli tese la mano, Noir la prese silenzioso e lo
seguì mentre lo guidava davanti a sé.
La sua stretta gli infuse subito
più tranquillità, strinse a sua volta la mano istintivamente e Jiggy
sorrise. Era così bello essere di nuovo con lui a consegnare. Come quel
giorno, come quella volta.
- Cosa ti ricordi? - Chiese
sperando in qualche flash. Noir si strinse nelle spalle esitante,
camminavano piano, ma Jiggy era molto più concentrato su di lui che sui
probabili gaichu che potevano venire dal fondo della gola.
- Niente di specifico. Forse è
successo qualcosa in un posto del genere? - Jiggy annuì e composto si
girò a guardarlo, ma appena posò gli occhi su di lui impallidì e senza
pensarci un secondo lo strattonò e lo spostò dietro di sé, alzò il
braccio libero, puntò la pistola e sparò.
Non potendo riflettere su che
gaichu fosse e su quale fosse il suo punto debole, il gaichu non morì.
Indietreggiò, ma poi tornò alla carica.
- Maledetto. - Ringhiò Jiggy
dovendo lasciare la mano di Noir per poter muoversi meglio. Voleva
correre verso il gaichu e mirare meglio, il ponte era troppo ballerino
e non riusciva a combattere in modo efficace, ma Noir si prese alla sua
sciarpa e per poco non lo strozzò.
- Non andare! - Disse con un tono
spaventato.
Jiggy lo guardò distraendosi.
- Questo non è da te! Non mi
impediresti mai una lotta, ma mi… - Noir non lo fece ripetere, avanzò
deciso verso di lui, tese il braccio che appoggiò alla sua spalla e con
maggiore stabilità, nonostante il ponte tremasse, disse:
- Dimmi dove! - Noir non aveva
ancora tutte le sapienza sui gaichu che aveva Gauche, perciò chiese a
lui e Jiggy senza rifletterci che non era mai consigliabile
permettergli di sparare, rispose quale era il punto debole del gaichu.
Noir sparò e grazie all’appoggio di
Jiggy, riuscì a colpire subito.
Il gaichu esplose nel cielo in
mille piccole stelle che caddero come per magia su di loro e i ricordi
partirono da entrambi, ricordi che, per guardarli, non si resero conto
dell’equilibrio che andò a mancare a Noir.
Jiggy se lo vide cadere da davanti
agli occhi proprio mentre cercava fra i ricordi di Gauche qualcosa di
utile.
Lo afferrò al volo proprio mentre
cadeva dal ponte, il proiettile del cuore sparato l’aveva
momentaneamente debilitato e l’instabilità del posto in cui erano, non
gli aveva permesso di rimanere saldo. Aggiungendoci i ricordi che si
mostravano sopra le loro teste, il quadro era completo.
Jiggy si stese sul ponte nella
posizione più sicura possibile, poi con le spalle e col busto si sporse
tenendogli la mano.
Noir alzò lo sguardo su di lui e
nello stesso momento che un flash gli attraversava la mente, la stessa
scena si mostrava sopra la sua testa. Spostò gli occhi viola e guardò
il ricordo di Jiggy su loro due nella stessa posizione di ora.
Nel ricordo un Jiggy ferito al viso
e tutto malconcio nel resto del corpo, vestiti strappati, sporco,
sanguinante teneva un altrettanto malandato Gauche appeso solo alla sua
mano.
Il sangue colava dal viso di uno a
quello dell’altro e nel vedere quel ricordo, le lacrime scesero dagli
occhi di Noir. Lacrime che non pensava nemmeno d’aver mai potuto
versare di nuovo. Non ricordava come si piangeva, non ricordava cosa
fossero i sentimenti positivi. Non ricordava più le cose belle, sapeva
che c’erano state nella vita di Gauche, le invidiava e sperava di
potergliele restituire per sentirsi di nuovo così, ma non l’aveva mai
davvero provato.
Anche se… anche se con Jiggy era
stato così bene che aveva voluto rimanere con lui proprio per questo.
Il suo Jiggy.
Il suo amore. Lui che gli aveva
salvato la vita, lui a costo della propria.
- La cicatrice… - Mormorò… Jiggy
capì che aveva ricordato e che probabilmente guardava sopra di loro la
scena. E con un sorriso sicuro di sé e felice, completò la frase:
- E la mia vita. -
- La nostra promessa… - Anche Jiggy
aveva voglia di piangere, non capiva se aveva ricordato o se stava
guardando il ricordo, però stava piangendo, si stava emozionando, Noir
stava avendo dei sentimenti autentici.
Jiggy lo sollevò e lo riportò sul
ponte, al sicuro, dove si stesero entrambi supini, sulla schiena, a
guardare il resto dei ricordi sopra di loro.
Loro in quel paesino sperduto, in
quella casa durante le cure. E poi quel primo dolcissimo bacio, la loro
promessa, il risultato di quel che ormai provavano da un po’, la resa.
Finché ci sarà la vita e quella
cicatrice sul viso di Jiggy, il loro amore sarebbe sempre esistito. In
un modo o nell’altro.
Noir girò la testa fino a guardarlo
in viso, poi con le dita sfiorò la cicatrice che guardava da giorni con
una sensazione nostalgica.
- Perdonami… se non fosse stato per
te sarei morto. Ma se non fosse stato per me, non avresti avuto questa.
- Jiggy si voltò verso di lui sorridendo, uno dei rari sorrisi che
aveva solo con pochi eletti.
Gli prese la mano posata sul
proprio viso e se la portò alle labbra.
- Senza di questo non ci saremmo
mai decisi a metterci insieme ed è stata la cosa più bella della mia
vita. Non rimpiango nulla, anche se poi tu sei scomparso ed hai perso
la memoria. Perché mi hai restituito la vita. - Noir si mise sul fianco
a guardarlo meglio.
- Ma poi quanto sei stato male? Io
tutt’ora non ricordo… -
- Ma quel che provi c’è sempre.
L’amore non viene cancellato da nulla. Anche se perdi il cuore, l’amore
rimane. - Jiggy era diventato quasi un poeta perché gli piacevano le
scene ad effetto, perciò anche le frasi. Ed essere acclamato. Lo
trovava divertente, anche se non lo dimostrava mai.
Aveva anche scritto delle poesie,
dei pensieri su Gauche, delle lettere per lui che aveva promesso di
dargli se fosse tornato.
Aspettava che tornasse davvero il
suo Gauche.
- Mi dispiace non capire quanto sei
stato male per colpa mia. - Jiggy si protese verso di lui, si issò sui
gomiti e si mise sopra a tenerlo fermo.
Lo contemplò nel buio del momento,
i ricordi erano svaniti e non c’erano più luci ad illuminarli, ma lo
vedeva bene e gli piaceva alla stessa maniera in cui gli piaceva quella
volta.
- Nemmeno io posso capire come ti
senti e come sei stato. Sapere che nella capitale hai subito cose
atroci, che ti hanno succhiato via tutto il cuore, è insopportabile…
cosa deve essere per te? Hai ancora quel terrore per il sole ed io non
posso nemmeno immaginarlo, non solo non posso capirlo. Vorrei solo
poter condividere tutto con te, per darti sollievo, però posso solo
cercare di ridarti la tua vita, la vita che ti spetta. Posso solo
cercare di farti stare bene, di renderti felice ora. -
Noir, serio, gli prese il viso fra
le mani e l’attirò a sé con dolcezza.
- Ma è giusto rifarmi una vita ed
essere felice senza aver portato a termine la giustizia per Gauche e
per tutti quelli che come noi hanno avuto la vita rubata dal sole? -
Jiggy scosse il capo.
- No, ma noi non ci fermeremo.
Abbiamo uno scopo e lo perseguiremo. Questo però non ci impedirà di
stare insieme. Anche perché non hai scelta! Adesso che ti ho ritrovato
non ti lascio più. - Noir si sentì scaldato da quelle parole, da quella
seconda promessa fatta a lui. Non sapeva ancora come sentirsi. Gauche?
Noir? Una via di mezzo? Però si sentiva bene con lui. Forse stava
rubando da Gauche, forse era legittimo e giusto. Però sapere che Jiggy
non avrebbe comunque mollato, come non avevano mollato Silvet e Lag, lo
faceva stare bene, felice.
- Non molleremo. E aggiusteremo le
cose per tutti. - Concluse. Jiggy sigillò quella decisione, quella
promessa, baciandolo lì dove erano, in quel ponte sospeso nel nulla.
Le novità portate da Lag furono
molte e sconvolgenti, la verità cominciava a delinearsi agli occhi di
tutti e Jiggy era perfettamente consapevole che Lloyd doveva saperne
più di tutti.
L’aveva sempre percepito, ma non si
era mai interessato alla sua vera identità e alle cose che poteva
sapere. Era sempre stato concentrato sullo svolgere il suo dovere.
Ma tornare in rapporti con Gauche e
vederlo così preso dal risolvere quella situazione con Lag, specie dopo
le notizie portate, lo aveva fatto repentinamente cambiare.
Fino a quel momento il suo mondo
era stato quello.
Svolgere il lavoro di Bee,
risollevare la sua vecchia e povera città con sua sorella e suo
fratello. Pensare a Gauche. Stop.
Forse il governo era corrotto.
Forse nascondeva una grande verità sconcertante.
Eppure chi se ne importava?
Dopo aver ritrovato Gauche le cose
erano cambiate, gli era cominciata a montare dentro un’ira senza pari.
Ogni volta che lo vedeva, pensava a chi l’aveva ridotto così. Chi gli
aveva strappato la sua vita.
Come avevano potuto farlo? Come
avevano osato?
Non era più stato capace di
rimanere indifferente. Di fare il suo.
Non era proprio più stato in grado.
Ed ora era lì a pensare a come fare
per saperne di più, per risolvere quella situazione, per far smettere
il governo che rubava i cuori delle persone, che aveva rubato il cuore
al suo Gauche.
Quando Lag disse che lui era parte
di una stirpe speciale che aveva il compito di mantenere il sole
artificiale, ma che dovevano trovare le cinque persone nate nel giorno
del balenio per rivelare la verità di Amberground e scoprire come
risolvere le cose, Noir aveva deciso di aiutarlo e di buttare tutto sé
stesso in quella missione.
E se lo decideva Noir, lo decideva
Gauche. Di conseguenza Jiggy realizzò che anche lui doveva fare
qualcosa. Era arrivato il momento una volta per tutte.
“Largo Lloyd ha risposte, si è
unito a Reverse. Sa delle cose che ci possono aiutare. Adesso basta
tenerlo d’occhio da lontano, bisogna andare da lui e vedere cosa sa! O
non ne usciremo vivi!” La sensazione era proprio che le cose stavano
diventando davvero più serie di quel che avevano mai percepito.
Una sensazione precisa, in effetti.
Fu così che decise, senza
condividere con nessuno, tanto meno Noir, di andare ad indagare a
diretto contatto con Lloyd. Una sorta di ultima spiaggia.
Vista dal suo punto di vista poteva
essere l’unico a sapere concretamente cosa fare, perché che il Governo
lavorasse contro la gente di Amberground era ormai una realtà, ma
bisognava capire cosa davvero facevano e soprattutto perché.
Un sole creato al costo dei cuori
delle persone non era normale, andava molto al di là della voglia di
vivere agiatamente.
Doveva scoprire la verità per il
suo Gauche. Per la vita che gli avevano rubato per sempre.
- L’hai presa bene… - Mormorò Noir
guardando davanti a sé il paesaggio stellato, fuori dalla terrazza di
casa di Silvet.
- Che non sono una persona normale
ma sono di luce? - Chiese Lag capendo a cosa si riferiva.
Una brezza leggera fece stringere
Lag fra le coperte.
Vedendo che Noir si era deciso ad
accettare la proposta di Silvet di vivere lì con lei, aveva deciso di
‘staccarsi’ per una notte da Zazie.
Lag aveva voluto un po’ indagare
sullo stato d’animo di Noir, se c’erano delle speranze, come mai aveva
accettato di vivere lì con Lode.
Lode dormiva con Niche nel salotto,
non che le due avessero legato tanto da fare comunella e dormire
insieme, ma Lode aveva bisticciato con Niche finché si erano
addormentate.
Avevano un loro modo di stare
insieme.
Lag aveva preso in parte Noir e gli
aveva chiesto di andare fuori, sul terrazzo di casa, a fare due
chiacchiere.
Avevano fatto una riunione ed
avevano cercato un modo per trovare le persone nate nel giorno del
balenio.
Proprio quella sera Lag aveva
cercato di trovare le informazione insite in Silvet in quanto persona
nata nel giorno del balenio.
Senza successo.
Silvet non aveva voluto saperne,
spaventata all’idea che potesse vedere chissà cosa di segreto e troppo
privato.
Per un momento si era dimenticata
che Noir non era suo fratello, l’aveva chiamato ‘fratellino’ scappando
da un Lag intenzionato a spararle il proiettile rivelatore contro. Era
stato un momento particolare, intimo, divertente. Familiare.
Noir si era scaldato e non aveva
messo le distanze.
- Io non riesco a capire chi sono
fra Noir e Gauche e tu sembri a tuo agio con la storia del corpo di
luce ed il compito speciale di tua madre, l’imperatrice di Amberground.
- Aveva riassunto in modo concreto la situazione.
Lag sospirò guardandolo brevemente
per poi tornare a fissare le stelle con un sorriso dolce sul viso, al
ricordo di come l’aveva superata.
- Zazie. - Disse solo. Noir capì,
chiuse gli occhi e pensò a quanto per lui Zazie fosse come Jiggy era
per sé, nonostante i ricordi non fossero chiari.
- L’amore non chiude mai. - Lag
sorrise ed annuì.
- Anche lui ha appena concluso un
momento delicato, ha realizzato il suo grande scopo ed ora ha… come
dire? Finito il suo percorso? Adesso ne deve iniziare un altro, è
libero dalle catene di prima e così… beh, ci siamo trovati a parlarne.
Io del mio ‘chi sono, chi non sono?’ e lui del suo ‘cosa farò ora?’. Ho
avuto un bel crollo. Come ne ho spesso, in realtà. - Noir lo guardò
stupito stringendosi nelle spalle coperte solo da una maglia leggera,
rabbrividì per il vento e Lag gli porse un pezzo della sua coperta.
Noir decise di prenderla e lo
ringraziò gentilmente stringendosi a lui, sedendosi accanto. Stretti
sotto la stessa coperta, Noir chiese stupito:
- Crolli? Tu? - Lag rise.
- Non sembro averne? - Noir scosse
il capo.
- Per quella che è stata la mia
esperienza con te, no. - Lag, felice di essere lì con lui che sembrava
proprio davvero il suo Gauche, arrossì e chiuse gli occhi appoggiando
la testa sul suo braccio, come poteva fare con un fratello maggiore che
l’aveva aiutato nei momenti più duri.
Noir non lo respinse, sorrise
dolcemente e rimase così.
- Lo sono. Sono una persona molto
insicura, ma tutte le volte ho avuto Zazie. Anche Connor mi ha aiutato
molto. E Niche. Ma Zazie… senza di lui non avrei fatto nulla di tutto
ciò che ho fatto. - Era bello che lo ammettesse senza problemi.
- Sei tutto l’opposto di Jiggy. -
Lag lo guardò meravigliato che lo nominasse, specie nelle vesti di uno
che doveva essere in rapporti con Noir. Davvero lo era? E quando lo era
stato?
Ricordò la conversazione avuta dopo
il Cabernet sconfitto.
- Allora la sensazione che lo
riguardava? - Lag fece presto le operazioni deducendo da solo quel che
Noir poi non gli aveva più detto.
Noir lo guardò di sottecchi per
capire la sua reazione.
- Sì. Non mi sbagliavo. Lui però ha
un modo suo di vivere le relazioni. Le nasconde. Pensa che lo
indeboliscano. O meglio che se gli altri lo vedono legato a qualcuno,
lo giudichino debole. Per lui è importante che tutti lo vedano e lo
credano forte. E questo implica non mostrare debolezze, non ammettere
di avere bisogno, di non essere in grado, di non essere capace… - Lag
capì cosa aveva inteso.
- Per me è essenziale. Per me la
vera forza sta nelle persone che mi circondano e mi aiutano. Non sono
io ad essere forte, sono i miei amici, le persone che amo e che mi
aiutano e mi sostengono, ad esserlo. E mi danno un po’ della loro
forza. - Noir colpito dal suo modo di vedere le cose guardò la sua
testa dai capelli bianchi come i propri, argentei sotto la luce delle
stelle e quella tenue del sole che non era molto lontano da lì.
Dolcemente lo carezzò con lo
sguardo mentre decideva di circondarlo col braccio.
Lag strinse gli occhi tenendosi
aggrappato a quella bella sensazione. Gauche era sempre lì, non era
svanito.
- Farò di tutto per proteggere chi
amo ed anche tutte le persone di Amberground. Perché le sento vicine
per qualche motivo. E mia madre ha dato un senso a questo bene che
voglio a tutti, un bene immotivato, se non fosse che… -
- Sei fatto del loro cuore. Il
cuore di tutti è lì dentro di te. - Lag sorrise e aprì gli occhi
risoluto guardando avanti.
- Non so cosa posso o non posso
fare, ma non mollerò. Farò di tutto per aiutare le persone che hanno
sofferto e stanno ancora soffrendo. Fermerò quel Sole. In qualche modo
lo farò. È questo che devo fare. - Noir lo guardò ammirato. Aveva le
idee chiare, Zazie l’aveva aiutato a trovare il proprio posto.
Pensò a sé. Jiggy vedeva il suo.
Jiggy vedeva il posto di Noir che Noir non riusciva a vedere. Eppure
nonostante fosse insicuro su cosa dovesse fare e come dovesse sentirsi
e considerarsi, non lo mandava via, non lo allontanava.
- Io non so quale sia il mio posto
e come dovrei sentirmi. Jiggy dice che sono comunque Gauche e devo
riprendere con la sua vita, seguendo il suo cuore, che è il mio. Senza
sentirmi in colpa od un intruso. - Lag alzò la testa e lo guardò
curioso.
- Ma tu? - Noir sospirò e guardò
avanti, un’orizzonte dove si intravedeva il sole che odiava.
- Non lo so. Forse lo capirò solo
dopo che avrò messo pace in questo po’ di cuore rimasto. - Lag capiva
benissimo cosa intendeva. Non lo poteva biasimare.
- Spegneremo il sole e metteremo
pace nei cuori di tutti. Ma lo faremo senza far soffrire più nessuno. -
Reverse ci aveva provato usando
mezzi sbagliati che avevano sacrificato un gran numero di persone, non
era quello il modo. Pensare che Lloyd si fosse unito a loro era
inquietante, eppure aveva conosciuto quell’uomo, aveva visto, sentito
la bontà che c’era in lui. Forse con delle ombre, dei segreti, qualche
mistero insoluto. Ma non era cattivo, Lag ne era certo.
Il suo passare a Reverse lo
lasciava senza parole.
Eppure ora erano tutti lì a cercare
un modo per battere il Governo.
Forse era giusto unirsi tutti
quanti e farlo insieme?
Ogni tanto se lo chiedeva, ma poi
pensava a Zazie e a cosa avrebbe detto a proposito e ogni dubbio
svaniva.
“Direbbe che il modo che si usa è
essenziale perché ogni azione ha una conseguenza. E chi ottiene un
risultato usando mezzi disgustosi, può solo avere conseguenze
disgustose.” Lag sorrise. “Probabilmente direbbe qualcosa del genere! E
avrebbe ragione.”
- Zazie è la tua forza. -
- È il motore che mi fa andare
avanti senza perdere di vista me stesso. - Rispose senza esitare,
ricordando come l’aveva rimesso in carreggiata proprio il giorno prima.
Noir pensò a Jiggy.
E per lui? Per lui cos’era Jiggy?
“La mia speranza di felicità.
L’unico che mi fa stare bene. Eppure è mio davvero? È mio diritto? È la
mia vita comunque?”
Noir non trovò risposta e
sospirando rimase lì senza dire più nulla.
Era difficile, era così difficile.
E forse non ne sarebbe nemmeno mai uscito.
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Capitolo 34 *** Che torni da me ***
la_proporzione_perfetta34
*Ecco un altro capitolo, un
giorno di ritardo per via di Pasqua e pasquetta. Comunque siamo in un
punto cruciale del manga, quando Lloyd finalmente svela tutta la verità
sul sole artificiale. Quel che di cela dentro è agghiacciante ed il
piano che presenta lui è molto estremo, ma del resto non sembrano
esserci alternative. E su queste verità che ho deciso di descrivere in
modo chiaro ma di non soffermarmi troppo perchè sono già ampiamente
illustrate nel manga, vediamo la decisione di Lag e Noir che prende
piano piano forma. Buona lettura. Baci Akane*
34. CHE TORNI DA ME
"La
luce all'orizzonte ieri era più luminosa con ombre che le
sovrastano, Le cicatrici iniziano a scomparire, Abbiamo detto che
sarebbe
stato per sempre ma poi è scivolato via Siamo alla fine dell'ultimo
ballo in maschera"
/Final
Masquerade - Linkin Park/
Quella mattina Zazie andò a fare
colazione da Lag, come sempre.
Noir lo guardò senza fare una
piega, sorridendo dentro di sé per il modo tenero che avevano di stare
insieme.
Zazie era molto sicuro di sé e
adorava Lag, si vedeva.
Lo chiamava ‘bella gattina’ e Lag
arrossiva tutte le volte, però nessuno poteva dire niente a Lag che
altrimenti Zazie lo fulminava male.
Non gli importava proprio di
nascondere quel che provava, né tanto meno la loro relazione.
Noir li invidiava. Li trovava belli
e li invidiava davvero.
Uscirono tutti insieme, il
direttore Garrard aveva appena accettato di riprendere Noir come Bee
per aiutarli nella ricerca delle persone nate nel giorno del balenio,
oltre che per aiutarli con le molte consegne rimaste.
Così la casa si svuotò
improvvisamente.
Silvet nel vederli uscire ebbe una
strana sensazione. Noir lo notò e le sorrise.
Si incamminò con Lode che
battibeccava con Niche, mentre Zazie parlava fitto fitto con Lag
mettendogli il braccio intorno al collo tutto allegro per sapere se
aveva scoperto qualcosa da Silvet che era nata nel giorno del balenio.
I due fecero una scenetta
divertente a riguardo, Lag era disperato e pensava di lasciar perdere
Silvet.
- Avanti, troverai sicuramente gli
altri! E vedrai che poi Silvet ti permetterà di guardarle dentro! -
Zazie era sempre così ottimista quando si trattava di lui. Quella
mattina sembrava non volergli restituire il braccio e arrivati
all’Alveare a momenti glielo staccò quando vide Jiggy fermo lì con il
suo cavallo di ferro.
Si tolse gli occhiali da guida,
lanciò uno sguardo penetrante a tutti quanti e si soffermò su Noir, il
quale ebbe un gran bel tuffo allo stomaco.
Lag sentì il braccio staccarsi e
vide che Zazie era di nuovo perso, così gli diede una gomitata e geloso
entrò di corsa senza dire nulla.
Zazie così si distrasse e facendo
un segno reverenziale al suo Dio, Jiggy Pepper, inseguì di corsa Lag
dentro, inseguiti da Wasiolka e da Niche. Lode rimase un attimo ferma
seccata.
- Lode… - Chiese gentilmente Noir.
Lei sbuffò esasperata, suo malgrado
con un ‘sì sì’ entrò.
Lode raggiunse le due dingo e
rimasero nell’atrio a dare un po’ di spettacolo. Puro allenamento,
dopotutto.
Lag aveva il broncio, stava andando
dritto a prendere le consegne, quando Zazie lo afferrò per la sciarpa e
per poco lo strozzò.
- Lag, andiamo! - Lag si girò col
broncio.
- Cosa?! - Zazie scoppiò a ridere,
cosa che non aiutò per nulla la sua posizione. Lag infatti lo fissò
anche peggio e si tolse la sciarpa pur di andarsene. Era arrabbiato.
Perché era sempre così svenevole con Jiggy? Non stava con lui?
Zazie con la sua sciarpa in mano
riprese ad inseguirlo e gliela mise al volo intorno al corpo,
legandogli anche le braccia. Lo voltò su sé stesso per un paio di volte
in modo da imbrigliarlo del tutto, poi veloce come un lampo lo trascinò
in uno dei famosi angoli dell’edificio.
Poi, al buio e al sicuro, come se
poi gli importasse che qualcuno vedesse, gli prese il viso fra le mani
e ridendo lo baciò.
- Smettila! Sai perché sono
arrabbiato! Tu sei tutto cuori per Jiggy! Ma non è lui il tuo ragazzo!
- Zazie scoppiò d’amore e di gioia, adorava quando faceva il geloso ma
fu ancor meglio sentire che si definiva il suo ragazzo.
- Amore. Sai che ti amo! - Questo
spense subito Lag. Adorava quando glielo diceva.
- È un colpo basso. - Disse sempre
col famoso delizioso broncio.
- Sei la mia gattina! - Fece piano
appoggiandosi a lui con tutto il corpo. Gli carezzava il viso e gli
sfiorava le labbra con le proprie, l’aria sicura di sé, divertita. -
Miao! - Concluse poi tornando a baciarlo.
Lag si arrese in fretta e ricambiò
il bacio, sperando di essere liberato per poterlo abbracciare. Zazie lo
accontentò e quando poté stringergli le braccia intorno al collo, una
sensazione stranissima lo invase.
Nostalgia. Quasi paura.
Lag si aggrottò trasformando
l’abbraccio ed il bacio in qualcosa di molto sentito, molto più di un
semplice saluto giornaliero.
Era come… “se fosse l’ultimo.”
Ebbe un flash, come una voce non
sua, una voce dentro di sé, recondita.
Lag spalancò gli occhi spaventato,
terrorizzato, lo guardò e Zazie se ne accorse subito, pensando che
fosse ancora geloso si affrettò a spiegare per la millesima volta:
- Lag, sai che adoro Jiggy, ma è te
che amo! È solo te che desidero! Sei tu la mia gattina! - Era il suo
modo impacciato per dire cose dolci e tenere che non era in grado di
dire.
Lag scosse il capo ricacciando
indietro le lacrime.
- No, non è questo. Lo so. -
Sorrise cercando di farsi forza. Sospirò. - È… - Ma non riusciva
proprio a spiegarsi, così scosse il capo e sorrise sperando di essere
convincente.
- Ma cos’hai? - Zazie ovviamente
non l’avrebbe mai lasciato andare via, così Lag gli cercò le mani,
gliele prese e sospirò.
- Ho una strana sensazione. Come se
oggi dovesse essere un giorno importante. - Però era più negativo che
positivo, solo che non glielo disse. Zazie sorrise e con la sua
sicurezza caratteristica, lo strinse tirandolo verso l’ingresso.
- Allora sarà un grande giorno! -
Lag non commentò, si tenne stretto a lui e pregò che fosse vero. Pregò
che fosse proprio così.
Quando si separarono, si
guardarono.
Ognuno la propria missione.
Ognuno il proprio compito.
Lag con una persona legata al
giorno del balenio, Zazie altrove.
Uno sguardo. Una sensazione. Una
preghiera.
Che quello non fosse l’ultimo
sguardo.
Jiggy esitò con Noir prima di
entrare, rimase davanti all’ingresso a guardarlo. Aveva deciso che quel
giorno sarebbe andato a chiedere a Largo Lloyd cosa sapeva una volta
per tutte. Si sarebbe finalmente mosso come si doveva.
Però decise di non dirglielo, se
poi era un buco nell’acqua era peggio la speranza che poteva accendere
in Gauche e poi spegnerla.
Noir fece un cenno composto senza
capire cosa intendesse con quella lunga occhiata ferma, così si mosse
per entrare, sapeva che non voleva fare ‘certe cose’ davanti agli
altri.
Ma Jiggy, sorprendendolo
profondamente, lo fermò per la mano, gliela strinse e si sporse a
baciarlo. Un bacio sulle labbra, come uno stampo. Un saluto.
Noir ebbe una strana sensazione.
Molto strana. L’aveva già provata.
Come se quello dovesse essere
l’ultimo bacio.
Jiggy non fece una piega, non
lasciò trasparire nulla.
Noir rimase lì fermo, la sua bocca
veloce, la sua mano esitante.
Un ricordo che non voleva saperne
di uscire. Una sensazione inquieta.
Poi Jiggy, senza dire nulla, lo
lasciò. Noir rimase inebetito, ma fece per entrare convinto di essere
seguito. Quando vide che Jiggy invece si metteva gli occhiali e tornava
al cavallo di ferro, si fermò e lo guardò meravigliato, sempre più
inquieto.
- Cosa fai, non entri? - Jiggy
allora tirò fuori uno dei suoi sorrisi particolari, un po’ un ghigno in
realtà. Scosse il capo, salì sul suo mezzo e l’accese facendo un gran
chiasso.
- Ho già una missione per oggi. È
molto importante. -
Noir rimase incerto.
- Ci vediamo stasera? - Non glielo
aveva mai chiesto, non l’aveva davvero mai cercato per primo. Non in
quel modo. Jiggy sorrise meglio, più dolcemente, in quel modo che solo
Gauche aveva visto.
- Non so… - Una risposta che lasciò
l’amaro in Noir che non seppe cosa dire. Non disse nulla.
Lo vide andare con una strana
sensazione e si ricordò di una sorta di pensiero già avuto non in
modalità uguali, ma forse vagamente simili.
“Che torni da me.”
Una preghiera, una speranza.
La sua scia rimase nell’aria per un
po’, poi sparì.
Qualcosa stava cambiando di nuovo,
qualcosa non sarebbe mai più stato come prima.
Il tempo stava per scadere.
Le cose non andarono come previsto.
Ma le cose non sarebbero mai potute
andare come previsto, perché nessuno avrebbe potuto prevedere una cosa
simile.
Lag aveva trovato una creatura nata
nel giorno del balenio e dopo averli aiutati, si era ritrovato lì con
un Jiggy sopraggiunto quasi per caso ed un Noir accompagnato da Lode,
versione Bee e Dingo.
Lag era a sua volta con Niche e una
nuova Bee, una strana ragazza dai capelli rosa e una coda tonda
nascosta dai pantaloni, il suo nome era Chiko.
Il suo carattere non era certo
facile e sembrava sospetta.
La creatura nata nel giorno del
balenio che avevano aiutato, rivelò un posto quando Lag sparò il
proiettile del cuore su di lui. Un posto che aveva già avuto
l’occasione di vedere con un’altra ragazza incontrata, nata nello
stesso giorno.
Era un posto particolare e
specifico, che però non aveva mai visto. Chiaramente un richiamo ad
andarci, probabilmente la rivelazione di qualche segreto importante di
Amberground.
Quando Jiggy arrivò per puro caso,
attratto dai proiettili del cuore sparati da Lag, arrivò a cose fatte e
rimase ad osservare l’evolversi delle cose passivamente.
Poco dopo arrivò anche Noir con
Lode.
I due si scambiarono uno sguardo
particolare, ma non si fecero cenni e non si dissero nulla.
Jiggy non aveva ancora raggiunto
Largo, aveva deviato vedendo il proiettile sparare da lì vicino.
Noir, invece, era arrivato proprio
cercando Lag.
Gli consegnò una lettera
giustificandosi che visto il destinatario, aveva pensato fosse molto
importante.
La lettera era proprio di Largo
Lloyd, per conto di Reverse.
Era un invito a raggiungerlo nella
nuova sede posta a Blue Notes Blues per condividere delle importanti
verità.
Lag sparò sulla lettera e rivelò il
cuore. Il suo proiettile gli permetteva di mostrare la storia degli
oggetti o quel che era riversato in essi.
Così vide Largo mentre rimetteva in
piedi Reverse insieme a Lawrence, che metteva insieme tutte le creature
che non potevano essere diventate spirito, e trovava proprio Chiko.
La Bee era una delle creature che
non potevano essere diventate spirito, ma Largo la trattava con affetto
dicendo che lei era molto speciale per la salvezza del mondo.
Lei, infatti, oltre alla coda
tonda, aveva anche due orecchie da coniglio.
Nei ricordi comparsi dalla lettera,
si sentì anche la voce di Largo che parlava a Lag, conscio che avrebbe
usato il proiettile per saperne di più.
La sua voce spiegava che c’era un
grande segreto dietro il sole artificiale prodotto dal macchinario
imperatrice, e dalla stirpe di Lag.
Il sole, infatti, era un enorme
continuo proiettile del cuore sparato nel cielo, ma non a caso. Teneva
a bada da secoli un gigantesco gaichu di nome Spiritus pronto ad uscire
dall’ambra spirituale che lo intrappolava. Se si sarebbe schiuso e
formato completamente, sarebbe diventato il gaichu più grande, feroce e
primordiale mai incontrato. Ed esso avrebbe distrutto il mondo intero.
Decisero così di andare subito a
Blue Notes Blues da Largo, Jiggy si caricò Lag, mentre Noir e Lode
andarono con Chiko in carrozza, come erano arrivati.
Uno scambio di sguardi ulteriore
fra Jiggy e Noir, poi nella testa del primo dei due un pensiero.
“Forse è destino che lo facciamo
insieme.”
Non si spiegava il motivo per cui
proprio il suo Gauche fosse capitato lì in quel momento a fare la
stessa cosa per cui era lì lui.
Per il tempo di arrivare a
destinazione, ognuno rimase per conto proprio a pensare a quello che il
proiettile aveva rivelato.
Un enorme gaichu bestiale sopito
dentro un’ambra che stava per liberarlo. Addormentato dal sole
artificiale, un enorme proiettile del cuore sparato dall’Imperatrice,
tramite un macchinario che portava lo stesso nome, usato dall’Head Bee.
Attivato con i cuori delle persone della Capitale.
“Siamo alla fine del mondo?”
Pensò Lag chiedendosi se avesse
rivisto Zazie.
“Farò di tutto, di tutto per
salvare il posto dove Gauche possa essere ancora felice, almeno un po’.
Non lascerò niente di intentato.”
Jiggy ormai era risoluto, era
troppo importante. Prima del suo ritorno avrebbe lasciato che le cose
andassero passivamente per il loro verso, ma ora che lui era di nuovo
lì, non poteva stare fermo a guardare, ad aspettare.
Ed era tutto molto peggio di quel
che avrebbe immaginato.
Da Reverse vennero accolti e
condotti nel luogo della rivelazione.
Largo Lloyd e Lawrence tenevano
regolarmente dei convegni durante i quali parlavano alla gente che
veniva da tutte le parti di Yodaka per conoscere l’acclamata verità, il
solo che si prendesse la briga di dirla senza mezzi termini.
E verità fu.
Largo era il figlio del generale
del governo che era a capo di tutte le operazioni di Amberground,
specie quella che aveva dato vita ad esperimenti umani, i cosiddetti
‘coloro che non potevano essere diventati spirito’.
Largo era uno di quegli
esperimenti. In lui il padre aveva impiantato gli organi della madre,
dopo aver trasformato lei stessa in una pianta ed averla infine uccisa.
Largo si era ribellato al padre
dopo aver trovato tutte le informazioni possibili da reperire.
E fra queste c’era un antico
manoscritto che rivelava l’esistenza di un enorme gaichu primordiale,
Spiritus, tenuto a bada dal governo con un enorme sole artificiale, un
proiettile sparato usando i cuori delle persone, sacrificati lentamente
un po’ per volta nel corso degli anni.
La questione era che la vita
dell’Imperatrice stava giungendo al termine e non c’era un erede in
grado di continuare al suo posto. E comunque non poteva essere quella
la soluzione. Prima o poi la gente da sacrificare sarebbe comunque
finita e anche se così non fosse stato, non era possibile allevare in
seno una bestia simile. Specie se per farlo si dava vita ad un sistema
crudele che riduceva all’osso le persone e dava vita alle classi
sociali preda di povertà estrema.
La proposta di Largo era quella di
sparare un ultimo grande proiettile tramite la ragazza coniglio, Chiko,
la più vicina al diventare spirito.
Il progetto originale era chiuso e
fallito ma aveva dato vita a lei. Il governo a suo tempo si era
ripromesso di creare gli insetti spirituali incrociando persone e cose
o animali.
Lei era la più riuscita e la sola
in grado di sparare un tale proiettile.
Questo proiettile, però, per essere
sufficientemente forte, chiedeva il sacrificio di molte persone che
avrebbero dovuto fornire tutto il loro cuore alla ragazza. Questo però
avrebbe risolto il problema una volta per sempre, uccidendo il gaichu e
mettendo fine al sole artificiale che aveva creato le classi sociali,
la piaga di Amberground.
Era un sistema drastico, ma era
l’unico per risolvere le cose per sempre.
Al termine della ‘rivelazione’, le
persone si dispersero e Largo ricevette in privato Lag e gli altri, chi
sconvolto, chi contrariato, chi apparentemente indifferente.
Lag si oppose subito dicendo che
non poteva essere quello il modo per salvare il mondo, per quanto
quella verità fosse terribile. Non si poteva sacrificare tante persone
per salvarne altre, non sarebbe stato molto diverso da quello che aveva
fatto per anni il Governo contro cui si combatteva.
Largo rispose calmo che era aperto
ad altre soluzioni, quella era la sola che lui aveva trovato.
Lag e Noir non ci misero molto ad
andarsene senza dargli il loro appoggio.
Noir se ne era andato da Reverse
proprio perché non gli piaceva i loro sistemi troppo drastici.
Lag voleva le stesse cose, ma non a
quei costi, perciò Noir si trovava molto più in linea con lui.
Quando i due se ne andarono, si
fermarono realizzando che non erano seguiti a ruota da Jiggy, il quale
rimase fermo nella stanza con Largo.
Noir si gelò, fermandosi a
guardarlo incredulo. Le gambe si irrigidirono, il sangue ribollì nelle
orecchie che iniziarono a fischiare forte. Lo sguardo di ghiaccio.
Jiggy non fece una piega. Non
un’espressione. Non un solo gesto.
- Non vieni? - Chiese Lag per conto
di Noir. Jiggy scosse il capo.
- Voglio parlare ancora con Lloyd.
- Disse pacato.
Lag molto più espressivo di loro
fece per esplodere, pensando alla delusione di Zazie nel vederlo lì che
passava dalla parte di Reverse.
- Non puoi accettare i loro metodi,
mi rifiuto di credere che si possa fare solo questo! - Jiggy socchiuse
gli occhi sfuggendo quelli di Noir zitto che lo fissava furioso, senza
proferire parola.
- È l’unico che ha offerto una
soluzione concreta. Voglio solo capire bene di cosa si tratta e quanto
altro sa. - Disse incerto se fosse il caso di far capire che non era
dalla parte di Largo, ma voleva solo sfruttare a fondo ogni sua
conoscenza, sicuro che se ne fosse tenuto un paio per sé, com’era nel
suo stile.
“Certo se lo dico, Lloyd col cazzo
che mi dice tutto. Devo mostrarmi incerto, possibilista… insomma…” E
così Largo sorrise meravigliato del fatto che si fermava lì, ma forse
non poi così tanto.
Noir vide nel suo sguardo la
speranza di quel gesto. In realtà era quello che aveva sperato. Jiggy
gli era sempre stato fedele, a modo suo. Averlo dalla sua parte era un
bel sollievo.
L’ondata bollente che invase Noir
gli fece dimenticare quel vuoto gelido provato per molto tempo. Lì, di
freddo, c’era ben poco.
Non disse nulla, non fece nulla.
Solo si girò e se ne andò duro,
rigido, pugni stretti e quella delusione, quella bruciante delusione
che lo stava distruggendo.
Non aveva mai provato una cosa
simile, non la ricordava per lo meno.
Ma se provare sentimenti era
quello, non voleva. Preferiva non sapere come si amava, come ci si
sentiva bene, come si era felici. Preferiva farne a meno.
Disse a Lag di dover andare a
controllare una cosa in un posto lì vicino, mandò Lode con Lag e Niche
il quale aveva ricevuto un messaggio dal ragazzo che avevano aiutato
proprio prima di andare a Blue Notes Blue, il proprietario della
creatura nata nel giorno del balenio che aveva rivelato un certo posto.
Nel messaggio scriveva che si era
ricordato dove aveva visto quel posto, sapeva qual era e gli indicò
come trovarlo.
Lag decise di andarci subito e sia
Chiko, sia Lode lo accompagnarono.
Noir andò nella caverna dove aveva
risvegliato il Cabernet per conto di Reverse poco tempo prima. La
caverna del Maka, la creatura leggendaria genitore di Niche e di sua
sorella.
Andò lì per sapere cosa fare e
trovò il Maka morto e lei, la sorella di Niche, sul punto di mollare a
sua volta.
Le due creature avevano tenuto a
bada molti altri gaichu in fase embrionale come il Cabernet per molti
anni. La loro morte avrebbe probabilmente liberato tutti quei gaichu.
Noir andò lì per avere delle
risposte su Spiritus visto che il Maka era molto antico, ma vedendo che
era morto si trovò a dover rinunciare e si chiese cosa dovesse fare a
quel punto: tornare a Central? Cercare Lag?
Il pensiero di Jiggy lo stava
uccidendo dentro, non voleva pensarci, voleva essere in grado di
cancellarlo, voleva proprio.
Però come? Come faceva se bruciava
tanto?
“Lo cancellerò. Se vuole passare
dalla parte di Largo Lloyd e di Reverse che faccia. Per me è finito.”
Tornando indietro a Central in
attesa di Lag per coordinarsi con un altro piano, la testa non si
staccò da lui. La delusione era enorme, non poteva credere che dopo
tutte quelle promesse, tutto quello che aveva fatto per tornare con
lui, per tirargli fuori quei ricordi, i sentimenti sopiti… lui poi gli
voltasse le spalle per le notizie sulla fine del mondo.
Non poteva crederci.
Si rifiutava.
La delusione era così grande da non
poter essere digerita facilmente. Forse non l’avrebbe mai, mai
accettata.
Eppure lui tornò indietro.
Lag non lo fece.
|
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Capitolo 35 *** Ed io dovrei accettarlo? ***
la_proporzione_perfetta35
*Ecco un altro capitolo. Le
cose ormai sono ad uno dei punti di maggior phatos sia per Lag e Zazie,
che per Jiggy e Noir/Gauche. Jiggy ha deciso di rimanere da Lloyd per
capire quante cose sa e se possono fidarsi di lui, ma Noir non sa che
intenzioni ha e pensa che sia semplicemente passato dalla sua parte.
Non la prenderà bene, specie alla resa dei conti. Zazie, invece, deve
affrontare la notizia più difficile della sua vita e non sarà facile.
Buona lettura. Baci Akane*
35. ED IO DOVREI ACCETTARLO?
"Vengo su solo per scoprire il tuo gioco vengo su solo per mostrarti
che hai torto, le foglie morte sono sospinte dal vento, prima che
morissero avevano degli alberi ai quali appendere le loro speranze"
/The
funeral - Band of horses/
- Mostrami quello che c’è nel
profondo del tuo cuore. - Disse Jiggy serio, mentre Lloyd sembrava
voler solo scherzare.
Lo guardò per un paio di secondi
cercando di capire quanta autonomia avesse e quanto ne potesse uscire
quella volta, Jiggy però non cedette di un passo, fermo in piedi in
mezzo alla stanza, appena lasciati soli dagli altri.
Lloyd non ce l’aveva con nessuno di
loro, non ce l’aveva davvero con nessuno. Non ce l’aveva mai avuta,
anzi.
Jiggy poi era fra quelli che gli
erano sempre piaciuti, aveva un modo di fare molto quadrato e preciso.
- Come mai sei tanto interessato a
queste cose, ora? Hai sempre fatto il tuo e basta. - Jiggy non fece una
piega.
- Ti ho sempre ammirato. -
- Davvero? Mi fai rabbrividire! Non
sei uno che fa complimenti! - Rispose scherzando ancora.
- Lo sai bene. - Aggiunse serio. -
E sono sicuro che tu non sia un egoista che pensa solo a sé. -
- È questo che sembro? - Chiese
facendosi serio.
- Sembri aver perso il tuo cuore.
Ed io sono sicuro che ci sia, ci deve essere. Non mi piacerebbe una
persona diversa. - Lloyd si aggrottò smarrito a quelle dichiarazioni
così risolute.
- Ma Gauche? - Chiese sapendo della
loro storia.
Jiggy si fermò, non doveva esitare.
Doveva far sì che si aprisse.
- Sai bene che quello è Noir. Del
mio Gauche non è rimasto nulla. Dopo di lui, poche sono le persone a
cui voglio bene e che ammiro. - Lloyd era colpito dalle sue parole,
così chiuse gli occhi e sospirò decidendo che poteva mostrarsi
completamente a lui. Dopotutto Jiggy lo stava facendo, con fatica ma lo
faceva.
Così, lentamente e con uno strano
sorrisino che aleggiava sul suo viso, si tolse gli occhiali e cominciò
a sbottonarsi la camicia.
Jiggy rimase di sasso.
“Cosa ha capito, ora?” Largo mosse
dei passi verso di lui, sempre con quell’aria indecifrabile addosso,
sempre spogliandosi.
Poi gli si fermò davanti e poco
prima di sfilarsi la camicia, Jiggy gli mise le mani sulle sue.
- Hai capito male. - Lloyd chiuse
gli occhi e si accese una sigaretta prima di finire.
- Ho capito benissimo invece. - E
con questo, dopo un tiro di fumo, lasciò cadere la stoffa leggera lungo
le braccia, questa poi a terra.
Tutto il suo corpo era pieno di
enormi e profondi solchi, delle cicatrici che mai sarebbero andate via.
Jiggy sgranò gli occhi rimanendo
senza parole, senza un briciolo di pensiero.
- Mio Dio… - Mormorò.
- Era vero quando dicevo che sono
il primo esperimento di mio padre. - Jiggy così si riprese, batté le
palpebre e si ricordò di Gauche. Questo non bastava per capire quanto
sapesse e quanta altra speranza ci fosse per salvare il mondo dove
voleva che il suo Gauche fosse ancora felice, per quel che poteva.
Così prese il bastone di Lloyd,
tolse il tappo sul fondo e glielo mise in mano. Poi serio e risoluto,
ordinò:
- Adesso mostrami. - Lloyd non era
deluso fino a lì.
Ugualmente non avrebbe mai pensato
di poter avere in lui un alleato. Forse aveva perso la speranza con
Gauche, non credeva che potesse tornare e voleva vendicarsi, voleva
capire se il suo sistema era efficace. Cercava di fidarsi del tutto.
Comprensibile dopotutto.
Largo guardò la mano nella sua che
gli metteva il bastone che usava per sparare proiettili. Poi guardò
Jiggy. La sua mano fredda e ruvida come il resto del suo corpo coperto
da cicatrici di altro genere rispetto alle sue. Cicatrici di battaglie
estenuanti con i gaichu.
Lo meritava. Jiggy più di molti
meritava tutta la verità, una vendetta, una fine migliore.
Così prese, glielo sfilò di mano e
glielo puntò addosso. Infine senza esitare sparò.
Il proiettile del cuore di Lloyd
penetrò Jiggy e con esso un insieme di ricordi reconditi lo
fulminarono. Un film si svelò dietro i suoi occhi che roteavano
all’indietro facendogli perdere i sensi per un tempo quasi infinito.
Un tempo che rivelò finalmente
tutta la verità celata nel cuore di Lloyd.
Al posto di Lag tornò la ragazza
Bee che non poteva essere diventata spirito, Chiko, con una lettera di
Lag per tutti.
Una lettera che spiegò che nella
grotta dei frammenti del cuore delle creature nate il giorno del
balenio, perciò si parlava dei frammenti del sole stesso in un certo
senso, aveva trovato delle creature mitologiche molto vicini agli
insetti spirituali, si trattava della stessa razza di Steak,
l’animaletto che stava sempre con Niche.
Lì era venuto a contatto con
l’ultimo degli insetti spirituali che gli aveva mostrato come da secoli
anche loro si erano immolati per mantenere sopito il grande gaichu
primordiale, Spiritus.
Però aveva infine detto che grazie
all’insetto spirituale che risiedeva nel suo occhio sinistro, Lag
poteva trovare un modo per abbatterlo senza sacrificare nessuno come
invece voleva fare Reverse.
Però questo modo richiedeva un
grande sacrificio ed un lungo addestramento intensivo da parte di Lag.
Lag così aveva deciso di rimanere
in quel posto con l’insetto spirituale ad addestrarsi, cercando di fare
in tempo.
Probabilmente avrebbe dovuto
rinunciare alla sua umanità e quando sarebbe tornato non l’avrebbero
riconosciuto, ma lo faceva per poter salvare tutte le persone che
amava, tutta Amberground ed il mondo stesso.
Lo faceva per loro.
Zazie rimase impietrito nel
sentirlo.
Impietrito non si avvicinava
nemmeno, in effetti, a quello che era il suo reale stato d’animo.
Zazie era tipico esplodere con
mille emozioni e reazioni istintive focose, ma lì non fece nulla, non
disse niente su Lag.
Fu come se il suo cervello
bloccasse ogni flusso riguardante Lag. Come se lo cancellasse.
- Non ci posso credere che Jiggy
sia passato dalla parte di Reverse! Quelli devono sacrificare persone!
- Fu ciò che disse furioso. Connor lo guardò incapace di capire cosa
c’entrasse con Lag che non sarebbe tornato.
- Penso piuttosto che voglia capire
meglio e valutare la situazione più approfonditamente. - Spiegò
Garrard, il direttore. - Mi aveva detto di volersi fare un’idea di
tutto quello che sapeva Lloyd una volta per tutte. Penso che voglia
questo. - Zazie scosse il capo aggrappandosi disperatamente a quella
speranza.
Se anche lui lo abbandonava, se
anche lui se ne andava… a cosa si sarebbe aggrappato? Come sarebbe
andato avanti?
Conclusa la riunione, in molti si
congedarono con degli ordini precisi che riguardavano effettivamente le
richieste di Lag di fare ricerca e raccolta.
Noir espresso con compostezza a
Garrard di voler dare il suo contributo alla causa. Sentendo la
richiesta di Lag, a Noir era venuto in mente qualcosa legato alla
ragazza maka, la sorella di Niche. Garrard accettò e se ne andò.
Zazie era ancora lì in quel
momento, con Connor e Aria.
- Perché?! - Grugnì Zazie mentre
tutti se ne erano andati, sciogliendo la seconda riunione.
- Il sole torna a balenare sempre
più spesso, segno che l’imperatrice e l’Head Bee sono davvero agli
sgoccioli, non resisteranno a lungo… - Disse Aria.
- Lo so, ma perché dovremmo fare
quello che ci ha detto Lag? Non è nemmeno tornato a salutarci! Va a
perdere la sua umanità e ci saluta con una lettera e noi dovremmo
semplicemente accettare ed eseguire come dei bravi soldati? - Connor
aveva aspettato quello scoppio, Zazie era rimasto impietrito per un bel
po’, tutto il tempo della lunga riunione avuta, ma sapeva che non
avrebbe resistito molto, anzi era strano non l’avesse fatto subito.
Aria non sapeva cosa dire. Noir parlò calmo, comprendendo bene la sua
delusione, la stessa che aveva per Jiggy.
- È la sola cosa giusta da fare. -
Asserì. - E poi Lag ha dimostrato di meritare la nostra fiducia cieca.
Non penso che lo faccia con piacere, lo fa perché è la sola cosa da
fare. - Parlò con logica inoppugnabile e Zazie prese e scagliò la
propria borsa contro il muro, a pochi centimetri da Noir. I capelli si
mossero, lui no.
- E TU COME FAI AD ACCETTARE TUTTO
COSÌ E BASTA? IL TUO JIGGY È PASSATO DAL NEMICO, FORSE! E NON FAI UNA
PIEGA! LAG CHE DICI DI VOLERE ANCORA BENE COME UN FRATELLO SI
SACRIFICHERÀ E TU NON FAI UNA PIEGA! ED IO NON RIESCO NEMMENO A PENSARE
A COSA SARÀ LA MIA VITA SENZA LAG! MI SENTO COSÌ MALE CHE MI RIFIUTO DI
PENSARCI, DI ACCETTARLO, DI ASSIMILARLO! MA PER TE È FACILE, NON CE
L’HAI IL CUORE, VERO? È SEMPRE STATA TUTTA UNA FINTA! ALTRO CHE ‘IN LUI
C’È SEMPRE GAUCHE! LUI È ANCORA LÌ’ E LAG? E LAG QUANDO TORNERÀ CHE NON
SARÀ PIÙ SÈ STESSO? E LUI? SARÀ COME TE? ED IO DOVREI ACCETTARLO? JIGGY
CI HA PROVATO ED È SCAPPATO! ECCO LA RISPOSTA! - Così se qualcuno
ancora non l’aveva capito, lo scoprì in quel momento.
Noir rimase impietrito, non riuscì
a dire una sola parola, ma l’esplosione di Zazie lo colpì dritto al
cuore, così come le sue lacrime che furiose uscivano.
Noir respirò calmo, chiuse gli
occhi cercando disperatamente di contenere quel turbinio di emozioni
provocate da lui, poi con gentilezza chiese a tutti di uscire. Una
volta rimasto solo con Zazie, gli prese le mani e con una dolcezza
tipica di Gauche, colpito dal suo dolore così vivo ed invidiabile,
disse:
- L’amore che provi per lui non
morirà. Lui sarà sempre Lag finché tu lo amerai in questo modo. Non
devi mai smettere di amarlo. Lag sarà Lag nell’amore che provi per lui.
Abbi fiducia in lui. Lui può compiere le sue imprese immense solo
perché tu credi sempre in lui. È questo che mi ripete sempre. Lo dice
anche a Silvet e agli altri. Che se non fosse per te che hai sempre
creduto in lui e l’hai aiutato, non ce l’avrebbe mai fatta. Non
abbandonarlo ora, non ce la farebbe da solo. - Zazie rimase in
silenzio, le lacrime cristallizzate nelle sue guance, la testa che
esplodeva, il cuore gli faceva così male, così tanto male.
Il suo Lag forse non sarebbe
tornato, non come prima. Forse l’avrebbe perso. Il suo Lag voleva
sacrificarsi per salvare tutti. E a lui? A lui cosa sarebbe rimasto?
- Salverà il mondo e lo renderà
meraviglioso com’era un tempo. È questo che ti lascerà Lag. - Aggiunse
poi gentilmente, asciugandogli le lacrime, come se gli avesse letto nel
pensiero.
- Vivi sempre questo amore per lui,
non smettere mai di amarlo. Lui è fatto di cuore, un cuore è vivo
quando ama e quando viene amato. - Zazie chinò il capo e si lasciò
cullare da quelle parole che assorbì e fece sue.
Se ne bagnò e nascondendo la fronte
contro il suo collo, pregò. Mentre il suono della campana della
speranza rimbombava nella propria mente.
“Fa che ce la faccia. Ti prego. Fa
che sopravviva, fa che ce la faccia e che sopravviva. Fa che non si
perda. Fa che il mio Lag rimanga sempre il mio Lag.”
Non chiese la salvezza del mondo,
non chiese un miracolo.
Chiese solo aiuto per Lag.
Tutto ciò che contava per lui.
Poi rialzò il capo, si asciugò gli
occhi e sorridendo sicuro di sé come sempre alzò i pugni in aria con
fare entusiasta.
- Ok, devo andare a cercare le
persone che rimangono e a raccogliere lettere! Quando Lag tornerà, avrà
bisogno di queste cose! - Come se non fosse successo nulla, come se
avrebbe rivisto Lag a fine turno e sarebbe stato tutto come sempre.
Invece avrebbe dovuto aspettare un
anno intero. E comunque non sarebbe più stato come prima. Niente lo
sarebbe più stato.
Noir lo guardò uscire deciso,
rinato, un altro Zazie.
Il cuore pieno del suo calore,
dello sconvolgimento che la sua reazione gli aveva provocato.
Si guardò le mani, tremavano. Dio,
quello era amare?
Quello era davvero amare?
Aveva aspettato molto tempo prima
di muoversi in modo decisivo, prima di scegliere chi essere, come
vivere, cosa fare.
Ed ora, proprio nella situazione
peggiore di tutte, Noir aveva deciso.
“Jiggy si prenderà le sue
responsabilità, che gli piaccia o no è colpa sua se io ho deciso così!”
Fu così che prese Lode con sé e se
ne andò, tornando a Blue Notes Blues da Jiggy e Lloyd.
Era ora di andare fino in fondo a
sé stesso.
Gauche tornò a Blue Notes Blues,
l’ultima tappa conosciuta di Jiggy.
Quando vide che il suo cavallo di
ferro era ancora lì fuori, assottiò furioso lo sguardo. Non era mai
stato più arrabbiato di così. Mai.
Da quando era Noir, per lo meno.
Probabilmente nemmeno da Gauche.
Vedendolo tornare, gli accoliti di
Reverse lo respinsero dicendo che non poteva stare ancora lì, che
l’altra volta era stato espressamente riferito di farlo entrare, ma
quella volta non avendo disposizioni, non potevano. Lode fece per
reagire subito, ma Gauche fuori di sé com’era alzò la pistola a
proiettili di piombo contro di loro, in pieno Noir style.
Lo sguardo sottile e feroce, di un
gelo senza pari, li immobilizzò all’istante facendo loro capire che
poteva farlo. Che quel Noir non era da sfidare.
- Vorrei ricordarvi che ho
risvegliato un potente Cabernet senza battere ciglio e che poi, sempre
senza battere ciglio, ho tradito Reverse. Non mettetemi alla prova su
cos’altro potrei fare senza battere ciglio. -
Lode lo guardò sorpresa. Nemmeno
lei l’aveva mai visto così arrabbiato.
Minaccia efficace. I guardiani si
fecero da parte pensando che Lloyd e gli altri sarebbero stati
perfettamente in grado di cavarsela da soli.
Noir andò dritto nelle stanze di
Lloyd, ricordandosi dove erano stati condotti l’altro giorno, dietro
gli stessi che li avevano fatti passare, li seguivano per non alzare
polveroni inutili.
Al momento di entrare, questi
provarono a fermarlo.
- Aspetta, lo avvertiamo noi! - Ma
Noir questa volta guardò Lode e lei scattò scaraventandoli in un
battito di ciglia dall’altra parte del corridoio.
Una volta che la porta fu libera,
Noir entrò senza esitare, senza bussare, senza annunciarsi.
Il cuore in gola, quelle emozioni
in lui erano un turbinio schiacciate a stento pronte ad esplodere. Noir
stesso aveva paura di cosa poteva succedere se fossero emerse, se le
avesse lasciate andare.
Appena aprì la porta, la prima cosa
che vide fu Largo Lloyd senza la camicia, a torso nudo. Le cicatrici
sul petto. Profondi solchi chiari sulla pelle.
Poi vide Jiggy addormentato sul
divano, i vestiti scomposti e disfatti, la giacca tolta, una coperta
addosso.
Noir spalancò gli occhi per la
prima volta e, sempre per la prima volta, quel calore divenne un fuoco
bruciante che lo divorò da dentro. Il fuoco esplose e tutto in lui
divenne un fischio assordante.
Lloyd si girò a guardarlo senza
capire chi avesse osato entrare così, poi vedendo Noir rimase
meravigliato. La sigaretta ormai consumata fra le labbra piegate in un
sorriso enigmatico nei suoi che accentuò nel vederlo. Non aveva nemmeno
gli occhiali.
Lloyd lo fece apposta. In quel
momento capì probabilmente ogni cosa. Il motivo per cui Jiggy era
rimasto e aveva voluto saperne di più, come stavano le cose fra loro. E
volle divertirsi un po’, vendicarsi probabilmente. O testare.
Così portò le mani alla cintola dei
pantaloni fingendo di allacciarli. Non se li era tolto, non avevano
fatto nulla, ma Noir in quel momento non lo sapeva e quel che pensò fu
inevitabilmente una cosa. Una ed unica.
“Come ho fatto a farmi prendere in
giro così? Forse era tutto un piano di Lloyd sin dall’inizio, per
mettermi alla prova e capire quanto potesse spingersi oltre con me,
esperimento fallito o riuscito? Come usarmi? E Jiggy era dalla sua, lo
è sempre stato. È il suo amante, il suo seguace! Mi ha preso per il
culo tutto il tempo. Ed io che ho ritrovato l’amore che provavo per
lui, che l’ho riesumato, che l’ho accettato, riavuto.
Ed io che lo amo ancora. Ma me la
paga.”
Jiggy aprì gli occhi in quel
momento, la testa gli doleva, la nebbia gli impediva di mettere bene a
fuoco la realtà in cui era. Il sogno di Lloyd era stato lungo e
tormentato, molto toccante e sconvolgente. E gli aveva aperto gli
occhi.
La bontà nel profondo del cuore di
Lloyd, le nobili intenzioni, le reali aspettative di un bambino che era
scappato dalla casa degli orrori di un padre osceno, il suo cercare la
verità del mondo per salvarlo, il suo diventare Bee per aiutare gli
altri. La sua ricerca della luce, la luce buona, la luce pura. Largo
Lloyd era Largo Lloyd. Ed il suo metodo non era né giusto né sbagliato.
Era solo un metodo, forse difficile, forse troppo duro. L’unico?
Quando capì che c’era qualcuno
nella stanza al di là di loro, cercò di metterlo a fuoco.
Era steso. Perché era steso? E si
sentiva anche comodo coi vestiti. Coperto. Si abbassò le coperte e vide
che l’aveva messo sul divano, gli aveva tolto la giacca e aperto alcuni
bottoni della camicia.
- Maniaco. - Mormorò ricordando che
ogni tanto aveva fatto finta di provarci con lui. Finta?
Ma quella fu esattamente la parola
da non dire.
Quando vide Noir realizzò solo una
cosa.
Quella furia nel suo sguardo non
gliel’aveva mai vista. Mai. E di certo non avrebbe pensato di
potergliela vedere, non a lui.
- Gauche? - No, a Noir no. Ma forse
a Gauche sì.
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Capitolo 36 *** In questo mondo meraviglioso ***
la_proporzione_perfetta36
*Ecco un nuovo capitolo in
mostruoso ritardo, chiedo perdono! Settimana piena e all'insegna dello
scrivere. Dunque, siamo in un momento importante fra Gauche e Jiggy,
infatti il capitolo è interamente dedicato a loro. Li avevamo lasciati
a Blue Notes Blues da Lloyd, Gauche furioso, dopo aver saputo che Lag
cerherà di sacrificarsi per salvare tutti e dopo aver visto la reazione
devastante di Zazie, si convince a seguire il proprio istinto e torna
da Jiggy che era rimasto da Lloyd apparentemente per passare dalla sua
parte, in realtà per scoprire tutti gli altri segreti che nasconde. Ed
ora vediamo che succede quando arriva lì! Buona lettura. Baci Akane*
36. IN QUESTO MONDO MERAVIGLIOSO
"Portami sull'ansa del fiume Portami alla fine della battaglia Lava via
il veleno dalla mia pelle Mostrami come essere di nuovo completo Fammi
volare su un'ala d'argento Oltre il nero ove le sirene cantano
Riscaldami nell'incandescenza di una (super)nova E lasciami cadere nel
sogno sottostante Perchè sono soltanto una crepa In questo castello di
vetro"
/Castle
of glass - Linkin Park/
Jiggy si alzò a sedere, la testa
gli girava, ma certamente non poteva stare a poltrire ancora.
Gauche era chiaramente furioso con
lui, ma cosa ancor più importante era tornato.
Poi si vide di nuovo. Era in
condizioni equivoche. E guardò anche Lloyd. Pure lui non scherzava.
Così tornò a guardare Gauche.
Ovviamente la lingua non la frenò,
non l’aveva mai frenata. Forse un giorno avrebbe imparato. Forse.
- Sei mica geloso? Guarda che non
abbiamo fatto niente! Volevo solo… - Gauche stringeva la pistola a
proiettili di piombo in mano. E la stringeva davvero convulsamente.
Per un momento pensò volesse
sparargli.
Poi si diede dell’idiota, si alzò e
gli andò vicino ignorando completamente Lloyd che sembrava anche
divertirsi, chiaramente.
- Dovevo assicurarmi di come
stavano le cose e… - Gauche fece un passo indietro deciso e altrettanto
deciso alzò la pistola a piombo e la puntò contro di lui. Jiggy non
respirò, sgranò gli occhi e mostrò per la prima volta sorpresa, timore.
Poi effettivamente autentica fifa.
Alzò le mani in alto, ai lati della
testa.
- Ehi, Gauche? - Chiamò cauto, il
sangue gelato, le ginocchia molli. I suoi occhi viola erano due lame
piene di un odio che non gli aveva mai visto addosso. Nemmeno nel
momento peggiore di Noir.
- Perché mi hai preso in giro?
Perché? - Jiggy sempre con occhi spalancati e shoccati cercò di
annaspare e ragionare, di tornare a sé. Difficile con quello sguardo e
quella canna puntata davanti alla fronte.
- Andiamo, non ti ho preso in giro,
dovevo solo assicurarmi di tutta la storia una volta per tutte! Largo,
diglielo anche tu! Non è successo nulla! Mi ha sparato il suo
proiettile ed ho visto tutta la sua storia! -
Lloyd però rimase fermo sorridendo
come un ebete.
- Oh andiamo Jiggy, perché devi
sminuire quel che è successo? È stata una splendida connessione
interiore… - Jiggy alzò gli occhi al cielo esasperato, mentre
ovviamente Gauche diventava ancor più livido.
- Largo? Davvero? - Fece invece
Gauche sottolineando che l’aveva chiamato per nome. Jiggy si morse il
labbro, la pistola sempre più vicino.
- Ok, senti… - Ma non sapeva bene
cosa dire a quel punto. - Non vorrai mica spararmi davvero! -
Puntualizzò per prima cosa, come priorità assoluta.
- In questo momento lo voglio
eccome! Mi hai tradito, mi hai usato, mi hai rigirato! Eri d’accordo
con lui dall’inizio per testare i miei limiti, se fossi un esperimento
riuscito o fallito, quanto utile potevo essere alla vostra stupida
causa! E se penso che io invece sono riuscito a tirare fuori gli
autentici sentimenti di Gauche per te, se ho addirittura accettato
quella mia parte che soffocavo perché non sentivo mia. Se penso che,
dannazione, ho accettato di amarti e di viverlo a pieno! E tu invece
eri d’accordo con lui! Voglio spararti? Certo! - Gauche non urlava,
Gauche non avrebbe mai urlato. Parlava sempre gelido, affettato,
glaciale. Le sue parole tagliavano molto. Jiggy si sentiva morire. Si
sentiva al colmo della gioia e si sentiva morire al tempo stesso.
L’aveva ritrovato sul serio. Quello
era davvero lo sguardo di Gauche. Non un Gauche a metà. Un Gauche che
aveva fatto pace con sé stesso, che aveva deciso di accettarsi, sia
pure senza i ricordi di un tempo, ma con la personalità ed i sentimenti
di prima, identici ed invariati.
Gauche si era accettato ed era lì
per quello.
Peccato che ora aveva appena
rovinato tutto.
Gli occhi gli si riempirono di
lacrime sia di gioia che di terrore e dolore. Un miscuglio simultaneo
di mille emozioni, poi Lloyd sospirò e scosse il capo decidendo di
intromettersi.
- Sebbene volevo vedere fin dove
poteva spingersi Noir o Gauche che sia, penso sia meglio in nome delle
nostre vecchie autentiche, per quanto mi riguarda, amicizie, darvi una
mano. - E con questo mise la propria sulla pistola di Gauche e la
disarmò velocemente.
Altrettanto velocemente gliela
tolse di mano, prima che Gauche potesse reagire ed usarla.
I due lo guardarono meravigliati,
un po’ seccati, incerti.
Aveva fatto un gran disastro ed ora
cosa voleva? Davvero aiutarli? Perché?
Ma Jiggy lo sapeva perché. L’aveva
visto.
- Adesso che non siete pericolosi,
parlate sul serio. - Gauche rimase a fissarlo torvo mentre invitava
Lode ad uscire. - Hanno bisogno di stare soli. Credo che sia il
momento. - Lode non era convinta di lasciare Gauche solo con Jiggy, ma
l’amico la guardò accennando ad andare. Così uscì. Lloyd con la camicia
in mano, li guardò prima di uscire e sorrise sornione.
- Poi non dite che non ho mai fatto
niente per voi. - Dopotutto non era vero, Jiggy lo sapeva. Aveva sempre
fatto le cose a modo proprio, però non per egoismo, non sempre.
Gauche e Jiggy rimasero finalmente
soli e Jiggy come prima cosa andò a chiudere a chiave la porta. Si
sentiva meglio.
Lo guardò da lì un istante, poi
scrollò le spalle scacciando le lacrime scongiurate.
- Comunque a titolo informativo lui
è innamorato perso per Aria. Sul serio, intendo. - Gauche lo guardò
sempre furioso. Jiggy alzò le mani di nuovo in segno di pace e resa. -
Sul serio, l’ho visto! Mi ha sparato il proiettile. Vuoi che te lo
mostri? - Jiggy disperato ed esasperato alzò la pistola verso il
soffitto pronto a mostrare i propri ricordi recenti, ma Gauche lo fermò
convincendosi che quello era già una prova.
Eppure stava ancora bruciando, si
sentiva ancora impazzire follemente.
E bruciava, non sapeva come
fermarsi, come placarsi. Frenesia.
Vita. Una tale vita.
Alzò le mani ignorando i ricordi
che voleva mostrargli e se la guardò. Stava tremando.
Jiggy abbassò la pistola e
l’appoggiò insieme alla giacca. Poi andò da lui e delicato, come in
punta di piedi, gli prese il mento fra le dita, leggero. Indice e
pollice.
Sollevò il suo volto e lo guardò
incerto, coi sentimenti sempre lì, quella paura d’aver perso e rovinato
tutto e la speranza di averlo ritrovato per sempre.
- Volevo solo capire una volta per
tutte la sua posizione. Doveva pensare che io fossi dalla sua parte,
altrimenti non mi avrebbe mostrato nulla. Per convincermi
definitivamente l’ha fatto. Ha una storia orribile, è figlio del
generale Balor a capo dei progetti più osceni di Amberground. Quello
che ha passato lui noi non lo immaginiamo nemmeno. Vuole spazzare via
il Governo e riportare la luce su tutta Amberground e davvero non ce
l’ha con nessun altro. Solo che non crede ci siano altri mezzi se non
questo. È drastico, ma almeno è una soluzione definitiva. È sincero. Ed
io, onestamente, vedendo le cose come stanno… non penso abbia torto. Se
quello è il solo modo per salvare il mondo, il mondo dove voglio che io
e te siamo felici per sempre… beh, forse dobbiamo lasciarlo fare. -
Gauche lo guardò aggrottandosi serio, senza capire come potesse dirlo.
- Io non posso stare fermo ad aspettare una probabile fine del mondo.
Voglio provare a salvarlo, questo mondo. Per te. Darti un posto dove
poter essere ancora una volta te stesso. E felice. E voglio esserlo con
te. - Lo specificò e Gauche si rilassò sotto le sue dita, quelle due
dita che lo tenevano.
Quel viola affilato si colorò di
riflessi lucidi.
- Non c’è solo questo modo. Sono
venuto a prenderti per portarti con me. Devi aiutarmi. Lag ha trovato
un altro sistema, forse si sacrificherà, forse non sarà più sé stesso,
ma dice che c’è quest’altro sistema. Ed io sono andato dalla ragazza
maka, la sorella di Niche che ci può aiutare, ma ho bisogno di te,
Jiggy. - Jiggy rimase sospeso, le cose si stavano muovendo molto meglio
di quel che aveva pensato, sperava non fosse un sogno.
- Di qualunque cosa si tratti, sono
con te. - Disse subito senza esitare. La gioia stava tornando a farsi
strada nel suo cuore.
Il suo Gauche era lì, non l’aveva
perso. E aspettava lui.
Il suo Gauche.
Il suo adorato Gauche. Gli occhi
tornarono a pizzicare, le lacrime ad affacciarsi. Così li chiuse e
semplicemente annullò la breve distanza rimasta. Lasciò il suo mento,
posò la mano sulla sua guancia candida ed infine, con una delicatezza
inaudita, lo baciò.
Lente le braccia di Gauche salirono
a circondargli il collo e a stringersi a sé, fino ad appoggiarsi con
candore e purezza.
Avergli sentito dire che voleva
stare con lui, vivere quel che provava, che lo amava, gli aveva
restituito un sogno che non aveva mai osato fare fino in fondo, l’aveva
carezzato ed osservato, ma mai vissuto. Ed ora Gauche glielo aveva
detto.
Staccò le labbra per un soffio, il
suo sapore in bocca, aprì gli occhi e lo guardò intensamente da vicino
con le sue iridi azzurre.
- Mi ami davvero? - Chiese prima di
immergersi definitivamente in quel meraviglioso sogno.
Gauche sorrise dolcemente,
arrendendosi a quelli che erano sentimenti autentici e reali di cui non
poteva più fare a meno. Maledettamente, irrimediabilmente suoi.
- Sì, ti amo. E anche io voglio
lottare per poter vivere con te, felice, in questo mondo meraviglioso.
-
A quel punto le lacrime di Jiggy
furono definitivamente liberate. Questa volta davanti a lui, non di
nascosto. Gliele consegnò e Gauche, sorridendo dolcemente, se ne prese
cura.
Quel bacio non si concluse lì.
Le dita di Gauche scivolarono sulla
sua camicia già mezza slacciata. Il fastidio di sapere che gliel’aveva
aperta Lloyd per chissà quale motivo, gliela fece togliere con più
intenzione, quasi con foga. Jiggy rimase sorpreso del gesto e del modo,
si separò dalla sua bocca per guardarlo incredulo che fosse davvero
lui. Gauche aveva gli occhi chiusi e la fronte aggrottata, era seccato,
infastidito e turbato di quel che provava.
Capì che era combattuto non sul
cosa fare, e nemmeno sul farlo o meno. Era combattuto per il modo in
cui doveva farlo.
Jiggy così gli prese i lembi della
giacca e gliel’abbassò facendola cadere a terra.
Le dita di Gauche scorrevano sulle
sue cicatrici vecchie provocate da molti gaichu. Jiggy gli aprì i
bottoni della camicia da Bee.
Flashback vividi. Quante volte
l’aveva spogliato prima di perderlo? Quante gli aveva tolto quella
divisa?
Le mani non si sarebbero mai
staccate da lui, mai più.
Quando ebbe il suo corpo caldo e
liscio sotto le dita, trattenne il fiato.
Era identico a quella volta, era
tutto uguale. Tutto.
Gauche lo sentì esitare, tendersi
emozionato, così riaprì gli occhi e lo guardò. I suoi azzurri erano
lucidi e non tradivano quell’emozione fortissima.
Fu Gauche il primo ad andare
avanti.
Gli aprì la cintura, piano, mentre
la foga passava, la lotta interiore, la gelosia, il fastidio.
Aprì i bottoni dei pantaloni. Il
tempo iniziò a rallentare.
Lento.
Il respiro a fondo.
Gli occhi pieni del suo viso, non
si perdevano un centimetro di loro, non riuscivano a smettere di
guardarsi.
Lasciò che i pantaloni scivolassero
fra i piedi, Jiggy se li levò insieme alle scarpe e andò a slacciargli
i suoi. Gauche però non gli fece prendere il sopravvento, lo spinse
leggermente indietro verso il divano e si inginocchiò davanti a lui, a
quel punto gli abbassò i boxer, sempre con gesti lenti di chi pensava
attentamente a quel che faceva e si godeva ogni singolo istante, ogni
più insignificante gesto, come se ricordasse, come se facesse quel che
da tempo voleva rifare.
Gauche si leccò le labbra e
l’eccitazione divampò in un attimo.
Il tempo da lento iniziò a correre,
ma senza esitazioni, lotte, incertezze di alcun tipo. Nessun
intrusione.
Il tempo corse, il fuoco si accese
e nell’istante in cui le labbra e la lingua di Gauche si posò sul suo
membro, Jiggy gettò la testa all’indietro, si abbandonò e chiudendo gli
occhi rivide, rivisse e riprovò ogni cosa. Intatta, tale e quale. Non
c’era una sola sensazione differente da quella volta. Non una sola.
Era così uguale a lui, così uguale
a quelle volte.
Era così dannatamente lui. Senza
ricordi? Ma chi diavolo se ne importava?
Era lui.
Gli mise le mani sulla nuca, fra i
suoi capelli lisci e bianchi e accompagnò i movimenti della sua testa
contro il proprio inguine che cresceva eccitato insieme al calore, al
fuoco.
- Gauche… - Lo chiamò roco
sentendosi già al limite. Naturale dopo tutto quel tempo.
Gauche capì di interrompersi e
smise. Jiggy lo fece alzare un po’ bruscamente, ma Gauche si eccitò
ancora di più e si alzò togliendosi in fretta il resto di quel che
ancora indossava.
Jiggy vide che era eccitato e
carico, lo stava desiderando molto e vederlo così vivo, così talmente
pieno di emozioni e sensazioni, gli fece scoppiare la gioia più
profonda.
Gli prese il viso fra le mani e si
avventò sulla sua bocca, lo violò e prese possesso di lui, della sua
lingua, del suo sapore. Gauche si lasciò totalmente trasportare da quel
Jiggy pieno di fuoco.
Finì per spingerlo sul divano, lo
stese e si mise su di lui. Le mani lo inchiodarono, poi la bocca uscì
dalla sua e assaggiò, mangiò il resto del suo corpo. Il suo sapore
esplose nella sua lingua. Lo leccò, lo fece suo, lo avvolse, lo divorò
fino a scivolare fra le gambe aperte per lui che l’aspettavano e
prendergli tutto quello che era lì per lui. Gauche premette la testa
all’indietro, gli occhi chiusi, l’aria in totale abbandono e il bacino
a spingerlo nella sua bocca che lo possedeva.
Le mani fra i suoi capelli. Prese
le sue ciocche rosse e lo chiamò perso.
- Jiggy… Jiggy non ce la faccio
più… - Mormorò in piena esplosione. Non era mai stato così vivo.
O forse sì.
Jiggy lo accontentò, si staccò dal
suo inguine e gli spinse le gambe contro il petto sparendo con il volto
al di sotto, nella sua apertura. La bocca, la lingua e poi le dita si
occuparono di lui, Gauche gemette ancor più forte, stava di nuovo per
venire, era un’esplosione continua, sempre più forte di prima, che
minacciava ogni volta di strapparlo via da lì.
“Ma io ho già provato queste
sensazioni… il mio corpo lo ricorda…”
Pensò con trasporto, succhiandosi
il labbro. Non resisteva, non poteva attendere ancora.
- Vieni! - Lo chiamò non potendo
aspettare ancora.
Jiggy risalì e lo guardò. Gauche
era eccitato ed accaldato, la pelle candida delle guance era rossa, il
corpo imperlato di sudore. Così naturalmente sensuale. I capelli
spettinati intorno al viso così meraviglioso come sempre, gli occhi di
un viola acceso e le mani strette sulle ginocchia che stringeva al
petto, in una posa provocatoria ed erotica. Così abbandonato.
I loro occhi si incontrarono, Jiggy
calò su di lui col suo corpo, pronto ad entrare. Prima di farlo il viso
sul suo, le labbra schiuse, gli leccò le sue che aprì e gli andò
incontro. Un bacio umido e carico di desiderio.
Poi il mondo sparì. Jiggy con un
movimento deciso e fluido entrò, Gauche si tese e si fermarono così. Un
momento interminabile.
Infine i muscoli si rilassarono
piano piano, lui si abituò. La memoria del corpo.
I brividi iniziarono a ricoprirlo,
esplodere, confonderlo.
Dolore? Piacere? Elettricità?
Cos’era?
Jiggy cominciò a muoversi in lui
piano piano e nel farlo le cose in qualche modo andarono meglio.
Piano piano quei brividi confusi
divennero sempre più chiari, un calore partì dal basso ventre ed
esplosero in mille frammenti nel proprio corpo quando aumentò il ritmo
e l’intensità. Jiggy toccò il punto di massimo godimento in Gauche ed
il suo corpo che in un attimo aveva ricordato tutto, facendo come se
non avessero mai smesso, gli rilanciò un piacere sempre più forte ed
intenso. Piacere che divenne un orgasmo unito a miliardi di frammenti
di Jiggy. Frammenti della loro relazione, frammenti della loro vita
insieme, frammenti di tutto qui che aveva significato per lui, quanto
bello era stato ogni singolo momento insieme. Frammenti preziosi,
indelebili, vivi grazie ai sentimenti cristallizzati che non si erano
mai spenti.
Gauche strinse le braccia introno
alla testa di Jiggy attirandolo a sé, i gemiti esplosero insieme
all’orgasmo e questo fece perdere totalmente il compagno che ebbe
immediatamente un orgasmo a sua volta e l’esplosione fu identica, ogni
ricordo, ogni momento, ogni pezzo di cuore di Gauche risuonò in Jiggy.
Ogni cosa sopita, mai cancellata, gli ritornò centuplicata.
Era felice. Era maledettamente
felice.
Di nuovo.
“Allora si può vincere questo
maledetto destino del cazzo!” Pensò Jiggy lasciando una piccola
minuscola lacrima.
Gauche lo strinse a sé sfinito,
entrambi uno sull’altro erano crollati dopo il piacere provato,
incapaci di muoversi.
I respiri in sincronia.
Il mondo svanito di nuovo. Ogni
problema. Ogni dovere.
Solo loro due.
Potevano scappare, evaporare,
svanire ed essere felici insieme fino alla fine del mondo, forse
prossima, forse scongiurata da Lag o da Lloyd.
Jiggy uscì ma gli rimase sopra a
ricoprirlo col suo corpo ruvido e forte, gli prese il viso fra le mani
e lo carezzò dolcemente, con cura. Poi sorrise.
- Sarò con te fino alla fine, non
mi importa che fine sarà purchè sia con te! - Gauche a quello rise.
- Come sei diventato poetico e
romantico! La solitudine e la sofferenza ti hanno reso un autore senza
tempo! - Lo canzonò nonostante adorasse quando parlava così. Jiggy gli
mordicchiò l’orecchio nascondendo poi il viso contro il suo collo.
- Non ti piace il mio romanticismo?
- Gauche chiuse gli occhi e lo tenne sé, le dita fra i capelli
rossi spettinati.
- Lo amo. Come amo te. E sono
felice che tu sia con me ad ogni costo. -
- Fino alla fine. - Tornò a dire
una delle sue massime ad effetto e Gauche sorrise, poi gli prese il
viso e lo baciò.
Era bello così. Jiggy e la sua
contraddizione fra romanticismo poetico e razionalità schietta.
Un contrasto meraviglioso.
- Andiamo ad aiutare Lag. - Con
questo lo baciò, infine lo fece alzare ed iniziarono a vestirsi.
- Prima devo andare a salutare mia
sorella e mio fratello a Dead End. - Disse Jiggy vestendosi.
Gauche, immaginandolo, annuì.
- Andrò a salutare anche io Silvet.
Ma non dire nulla a nessuno di questo. Dobbiamo farlo solo noi e
nessuno deve saperne nulla. - Jiggy annuì. Non era per lui un problema
tenere segreti.
Pensò un attimo a Zazie,
assurdamente. Con la storia di Lag in trasformazione e snaturazione,
sicuramente stava perdendo la testa.
“Spero che tenga duro.”
- Passa a tranquillizzare Zazie.
Non dirgli nulla, ma tranquillizzalo. perché è convinto che sei passato
dalla parte di Reverse e con Lag che forse perderà sé stesso, è fuori
di sé. Non sa dove sbattere la testa. - Disse Gauche leggendogli nel
pensiero. Jiggy non fece una piega, ma annuì.
- Ci vediamo fra un giorno. - Si
diedero appuntamento in un posto specifico, poi una volta ricomposti
uscirono. Era ora di preparare le cartucce finali.
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Capitolo 37 *** Se è con lui ***
la_proporzione_perfetta37
*Ecco un altro capitolo.
Quando ho scritto la fic, sono arrivata all'ultimo numero che mancava
ed aspettavo che mi mostrasse che diavolo era andato a fare Noir, così
dopo un'attesa considerevole, arrivato il fantomatico ultimo numero,
sono riuscita a sapere che dopo aver liberato la sorella di Niche, si
era fatto portare da lei oltre oceano per recuperare un sacco di altre
lettere per Lag. Così questo capitolo in realtà l'ho scritto dopo aver
letto l'ultimo numero, ma si riferisce al momento prima della pausa che
c'è nel manga, quella finale, quando poi Lag va ad 'allenarsi' con
l'insetto spirituale del suo occhio e Noir sparisce misteriosamente
fino al momento della battaglai finale. Di Jiggy non viene
espressamente detto nulla se non che si è sincerato con Lloyd delle sue
intenzioni. Questo capitolo conclude la terza parte della fic, col
prossimo inizia la quarta e ultima perchè credevate che mancasse poco?
Illusi! Di cosa da scrivere poi ne ho trovate e non poche! E per ora,
buona lettura. Baci Akane*
37. SE È CON LUI
"Che Dio ci salvi tutti Bruceremo dentro
ai fuochi di mille soli ? Per
i peccati delle nostre azioni, I peccati delle nostre parole I peccati
dei nostri padri I peccati dei nostri giovani"
/The requiem - Linkin Park/
Un sapore amaro in bocca.
Il sapore dell’addio.
Jiggy assottigliò gli occhi alzando
il mento con aria dura e risoluta.
Quello non sarebbe stato un addio.
- Com’era? - Chiese Gauche a Jiggy,
affiancandolo da dietro. Jiggy seduto sul cavallo di ferro si voltò a
guardarlo e non fece nessuna piega particolare:
- Abbattuto, sta perdendo la fede.
- Capì di chi parlava nonostante Jiggy avesse salutato anche la sua
famiglia.
- Dovresti dargli motivo almeno tu
di non perderla. - Disse Gauche calmo. Jiggy inarcò un sopracciglio
senza capire.
- È Lag che gliene sta dando… -
Gauche sospirò paziente guardandolo al suo fianco, Lode che scrutava
calma l’orizzonte mentre Harry svolazzava sopra le loro teste.
- Sì, ma Lag è la persona che ama.
Tu sei il suo Dio, da sempre. Lag gli mancherà e lo farà vacillare, ma
se anche tu lo deludi perché sparisci, come si sentirà? Quale motivo
avrà per andare avanti? - Jiggy rimase colpito dal suo ragionamento
così altruistico in stile Gauche. Sorrise malizioso.
- Dovrei stare con lui invece che
con te? Dovresti deciderti, prima mi chiedi di aiutarti e poi mi dici
di non deluderlo? - Gauche scosse la testa sempre con un piccolo
sorriso tirato, gli occhi malinconici di Noir gli ricordavano che non
era ancora tornato.
- No, se mi lasci non avrò pietà. -
Minacciò senza mostrare alcuna aria oscura e tetra. Jiggy pensò che
fosse estremamente sexy così, ma si trattenne.
- Hai le idee molto chiare, vedo! -
Rispose ironico.
- Devi venire con me, ma non per
questo abbandonare Zazie. -
- Io non ho nessun obbligo verso
nessuno, solo mia sorella e mio fratello! - Replicò seccato. - Da
quando ‘devo’ qualcosa a Zazie? Perché? Sai di quanti sono l’idolo? -
Jiggy ne era perfettamente consapevole e questo aveva ben nutrito il
suo ego che tendeva a gonfiarsi di suo. Amava essere ammirato, essere
il primo. A Gauche era sempre stato secondo, ma di lui poi si era
innamorato, perciò l’aveva accettato.
- Hai instaurato un legame con
Zazie, c’è una connessione. - Jiggy lo guardò corrucciato e lui
continuò calmo e sorridente: - Avete combattuto insieme contro il
Cabernet, vi siete confrontati molto volte successivamente, avete avuto
modo di parlare ancora… quello significa avere un legame! - Spiegò
quello senza cuore dei due. Jiggy, il quale per teoria aveva tutto il
suo cuore nel petto, fece una smorfia imbronciata.
- Bene, gli manderò aggiornamenti
regolari tramite Harry e me ne farò dare da lui! - Concluse seccato
arrendendosi alla teoria per cui Zazie era importante per lui in
qualche strana maniera. Poi mise in moto il rombo che a Gauche piacque
e quando fu salito dietro di lui, a cavalcioni, lo prese per i fianchi
e si assicurò di non volare via una volta partito.
- Sai, avete qualcosa in comune… -
Disse come se rispondesse ad una muta domanda di Jiggy. Questi voltò la
testa di lato.
- E cioè? - Gauche aveva saputo
qualcosa di Zazie tramite Lag e Silvet i quali amavano parlare.
- Cioè eravate entrambi soli e
arrabbiati prima dell’arrivo delle persone che avete amato. - Silenzio.
Jiggy a quel punto non disse nulla, accelerò e partì.
Forse aveva ragione.
“Perciò anche Gauche e Lag hanno
qualcosa in comune… “ Pensò fra sé e sé mentre si dirigeva a Blue Notes
Blues. “Si fanno amare subito da chiunque!”
La grotta si stagliava davanti a
loro, Jiggy non ci era mai stato. Gauche gli disse di fermare il
cavallo e di spegnerlo fuori, perché l’abitante della grotta nel lago,
era molto irascibile.
- Si può sapere una volta per tutte
cosa dobbiamo fare? - Chiese Jiggy il quale ora era in vena polemica.
Gauche, che ormai era bravo a
gestire i polemici, rispose paziente, sceso dal cavallo di ferro.
- Dobbiamo liberare la ragazza
maka. - Jiggy si aggrottò.
- Chi? -
- La sorella di Niche. - Jiggy si
figurò un’altra bambina petulante e selvatica.
- Per forza? - Chiese spontaneo non
essendo felice di avere a che fare coi bambini rompiscatole. Gauche
ignorò la sua domanda.
- Abbiamo bisogno del suo immenso
potere per fare quello che dobbiamo. -
- Ma si può sapere che diavolo
dobbiamo fare? - Chiese ancora. Gauche, paziente, continuò le sue
risposte criptiche.
- Per prima cosa liberiamo la
ragazza-maka. Poi ci porterà oltre oceano. - Jiggy rimase zitto, si
corrucciò, cercò di immaginare l’oceano. E cercò di immaginare l’oltre
oceano.
- Perché? - Chiese naturalmente.
Gauche alzò finalmente gli occhi al cielo.
- Non puoi semplicemente fare una
cosa che ti viene detta senza discutere sempre? - Domanda retorica che
presupponeva il silenzio e l’azione.
- No! - Rispose invece secco Jiggy
senza muoversi dall’ingresso della caverna, tutt’intorno era di neve e
ghiaccio, c’era molto freddo, il rumore dell’acqua del lago che entrava
nella caverna alta e buia era piacevole, pacifico, quasi.
Gauche scosse il capo e scrollò le
spalle entrando. Jiggy rimase fermo sconvolto dal suo non rispondergli.
- Oltre oceano ci sono molte terre.
- Rispose Lode per Gauche. Jiggy la guardò sempre polemico.
- Sì, inesplorate! - Lode alzò le
spalle.
- Dobbiamo raccogliere quante più
lettere possibili, l’ha detto Lag. Queste terre le setacceranno i Bee.
Noi andiamo oltre. - E con questo Lode entrò seguendo Gauche.
Jiggy voleva ancora sapere molte
cose, ma almeno aveva una vaga idea di che cosa stavano per fare.
Così sbuffando entrò ricongiuntosi
a Gauche, poi nell’ombra della caverna che si allungava verso una sorta
di antro, riprese sussurrando.
- Ma come ci andiamo oltre
l’oceano? - Gauche alzò gli occhi di nuovo. Lui era l’unico in grado di
mettere a dura prova la sua leggendaria pazienza.
- Per questo ci servono i grandi
poteri della ragazza maka! -
- Ok, ora ho capito perché dobbiamo
liberarla. Anche se ancora non capisco da cosa e soprattutto in cosa
consistono questi poteri, Niche usa i capelli come spade, non mi sembra
che abbia poteri particolari. - Gauche non rispose fino a che la
caverna si aprì nell’antro dove da un lato si stendeva il lago. Le
pareti erano completamente ghiacciate, ma c’era una sorta di luce che
veniva dall’acqua e non solo dall’acqua.
Mentre Jiggy chiedeva:
- Comunque da cosa dobbiamo
liberarla? - girò lo sguardo verso la fonte di luce e vide da cosa
dovevano liberarla.
La ragazza maka, per nulla piccola,
tozza e bruttina, era sospesa sul ghiaccio in tutta la sua intera e
splendida nudità, una bellissima ragazza dai tratti un po’ selvatici, i
lunghissimi capelli d’oro splendevano dando a quel luogo buio e freddo,
un alone dorato meraviglioso.
I capelli si alzavano intorno a lei
in tante corde che si concludevano con delle gabbie. Queste gabbie
erano dorate come i suoi capelli e dure come delle spade infrangibili.
Erano ovali, sembravano come delle uova gigantesche e stavano sospese,
o meglio appese, intorno a lei.
- Oh merda. - Disse poco finemente
Jiggy. All’interno delle gabbie, c’erano tanti gaichu embrionali che
dormivano, gaichu che avevano iniziato a formarsi ma che non si erano
mai completati. - Questo è il famoso cimitero dei gaichu! È qua che hai
svegliato quel maledetto stronzo di un Cabernet!- Esclamò sconvolto e
seccato Jiggy realizzando in cosa consisteva la prima parte della
missione. - Ecco perché non potevi farlo da solo! - Gauche alzò la
spalla.
- Potevo. Ma poi ci mettevo troppo!
- Esclamò con aria vagamente boriosa. Jiggy lo guardò sorpreso, poi
fece un fischio e scosse il capo prendendo in mano la pistola.
- Ce ne hai messo di tempo, stupido
umano! - Gracchiò la ragazza maka.
- Ha un brutto carattere. - Spiegò
piano Gauche a Jiggy.
- Ma dai! - Replicò ironico.
- Dovevo portare qualcuno che mi
aiutasse. - Spiegò calmo Gauche.
- E quel qualcuno è quel petilante
lamintoso? - Jiggy guardò Gauche aggrottato e spaesato.
- Ha qualche problema con la nostra
lingua, ma si fa capire. - Spiegò ancora prendendo anche lui la pistola
sparacuore in mano, mentre Lode ed Harry si preparavano all’azione.
- Ok scusa un secondo però. - Fece
Jiggy alzando l’altra mano libera. Lode alzò gli occhi al cielo
seccata, voleva darsi da fare e lui non era mai soddisfatto. - Perché
li sta tenendo? È lei che li imprigiona! Pensavo dovessimo liberarla! -
Gauche indicò la ragazza con la mano aperta, l’aria di chi voleva
sparare a Jiggy invece che ai gaichu.
- Sono gaichu embrionali, non del
tutto sviluppati. Per questo congelati e addormentati. Se lei li
lascia, il ghiaccio si scioglierà e questi si svilupperanno del tutto e
si sveglieranno. E sono tutti gaichu molto più forti degli altri, sono
tutti simili al Cabernet. Finchè li uccidiamo ora è un conto. Ma poi ci
vorrà più tempo! -
Jiggy a quel punto aveva capito e
ironico tornò ad impugnare bene la pistola.
- Ma va! Mica mi ricordo quanto ho
faticato a farlo fuori! -
- Tu? - Chiese Gauche polemizzando.
- Io ho fatto la gran parte del
lavoro! -
- Con Zazie! - Puntualizzò Gauche.
- Con Zazie. Però gli ho strappato
praticamente tutte le ali! -
- Avete, Jiggy, avete! Quando fai
qualcosa con qualcuno si chiama lavoro di squadra e si usa il ‘noi’. -
Spiegò ancora quello ‘senza cuore’. Jiggy sbuffò.
- Sì beh, noi! - Concesse Jiggy
spostandosi per guardarli tutti.
- E comunque alla fine gli abbiamo
sparato tutti insieme, a quel punto è morto! - Gauche ci teneva a
precisare che tutti avevano fatto la loro parte.
- Devo ricordarti che se non fosse
stato per te, quel maledetto Cabernet non avrebbe mai fatto quel
disastro? - Gauche lo guardò con sguardo sottile, di nuovo indeciso se
sparare a lui o ai gaichu.
- Devo ricordarti che all’epoca
avevo perso me stesso? - Jiggy voleva replicare che ora non aveva
proprio ritrovato il suo cuore, ma sarebbe stato un colpo mancino, così
si mangiò la lingua per la prima volta.
- Se avete finito di discutere come
una vecchia coppia bisbetica, abbiamo un lavoro da fare! - Li ammonì
seccata Lode. I due ragazzi la guardarono ricordandosi per cosa erano
lì e sospirando annuirono tornando al dovere.
- Direi di farlo uno per volta. -
Disse Gauche.
- Tutti insieme è impossibile! -
Rispose Jiggy.
- Se non la finisci ti sparo! -
Replicò freddamente Gauche. L’altro
fece mezzo sorrisino.
- Così mi ecciti! - In risposta il
compagno arrossì, poi finalmente indicarono il primo alla sorella di
Niche, la quale lo lasciò andare liberandolo.
Il gaichu cadde nella terra dove il
ghiaccio si faceva sempre meno intenso e duro.
Non sarebbero durati molti.
- Il maka è morto, era lui
che si occupava di controllare questi gaichu e tenerli addormentati,
per impedire alla natura di venire rovinata. Però poi lui è morto e lei
è rimasta a portare avanti da solo il suo compito, solo che i ghiacci
si stanno assottigliando e questa caverna non rimarrà gelata per
sempre. Un giorno si risveglieranno tutti. - La spiegazione completa
arrivò durante la battaglia, Jiggy ascoltò senza replicare, poi
iniziarono a sparare per rompere il ghiaccio, come Gauche e Lode
avevano fatto tempo prima col Cabernet.
Non ci volle molto per il ghiaccio
per sgretolarsi, quando fu a pezzi, il gaichu iniziò a muoversi come se
non fosse mai stato sospeso nel gelo per anni immemori.
- È ancora un embrione, ma si sta
già sviluppando! - Notò Gauche.
- È velocissimo! - Concordò Jiggy
che l’aveva già visto con il Cabernet.
- Quale sarà il suo punto debole? -
Chiese Gauche. I due ragazzi messi uno all’opposto dell’altro, intorno
al gaichu che si muoveva e si sviluppava una volta scongelato, lo
tenevano sotto tiro pronti a sparare. Lode dall’altra parte, verso il
muso, per attirare la sua attenzione all’occorrenza.
- Harry! Fai attenzione! - A quel
punto Harry, il falco di Jiggy, iniziò a sorvolare il gaichu fino ad
avvicinarsi sempre più: sentendosi infastidito da qualcosa, il gaichu
sebbene si stesse sviluppando e fosse quindi ancora molto confuso,
iniziò a muoversi. Tentando di attaccarlo, venne distratto da Lode la
quale si buttò contro di lui rovesciandolo. Il tentacolo mancò Harry,
il gaichu rotolò come un cucciolo di tartaruga e rimase a pancia in su
mentre i tentacoli dalla pancia cercavano di rimetterlo dritto.
- La pancia! - Concluse Jiggy dopo
il test di Harry.
Con questo i dingo si fecero da
parte e i Bee spararono contemporaneamente sulla pancia esposta,
proprio dove i tentacoli spuntavano.
I raggi della sparacuore si
concentrarono nello stesso punto, il proiettile esplose e risuonò
all’interno del gaichu che poco dopo esplose.
Jiggy rimase senza parole.
- È stato facile! - Esclamò
incredulo ricordando la fatica fatta con l’altro gaichu.
- Siamo in quattro. - Spiegò
Gauche. - E oltretutto se li affronti mentre sono in fase di sviluppo
sono più deboli. Anche i dingo trovano più facilmente il punto debole
perché solitamente è rappresentato dalla parte del corpo che sta
cercando di crescere. - Jiggy annuì attento.
- Perciò quando è sviluppato e
formato è difficile capire qual è il punto debole. -
- Si va più a tentativi. - Ma
questo Jiggy lo sapeva. A volte era impressionato nel vedere quante
cose sapeva Gauche, non per nulla era lui ad essere diventato Head Bee,
l’unico della loro generazione.
Alzarono le pistole sparacuore
appoggiandole sulle proprie spalle, Harry si posò su una sporgenza alta
della caverna, mentre Lode con il coltello in mano si accucciò ai
limiti del lago, pronta ad affrontarne un altro.
- Adesso dobbiamo farlo altre dieci
volte! - Concluse infine Gauche serio osservando la ragazza maka ferma
con altre bestie simili addormentate.
- Che stiamo aspettando? - Ora un
sorriso divertito aleggiava sulle labbra di Jiggy, Gauche scosse il
capo come se un’altra vecchia reminiscenza gli tornasse nel guardarlo
così felice di combattere.
- Tu ti annoi proprio a non fare
nulla, vero? - In risposta Jiggy chiese di librare il gaichu più forte.
- Cominciamo da quelli difficili,
via il dente via il dolore! -
“Non cambierà mai.” Pensò
istintivamente Gauche come se potesse ricordarlo davvero. Poi si fermò.
In effetti no, in effetti non poteva. Però lo sapeva lo stesso.
- Potremmo mica darle un nome? -
Disse Jiggy seduto a terra, vicino al lago. Il fiato gli era appena
tornato regolare, ma il corpo gli doleva in molti punti. Non era stato
facile farne fuori tanti, sebbene embrionali quei gaichu erano stati
molto forti anche in quel momento.
Anche se poi essere i due bee più
forti, specie a livello combattivo, aveva aiutato parecchio.
- I nemi sono per chi affartiene a
qualcuni, io non affartengo a ninguno! - Jiggy alzò gli occhi al cielo.
- Come sopporti la sua parlata
scorretta? - Chiese sgarbato davanti alla ragazza maka che si stava
ricoprendo il corpo con una ciocca dei propri capelli, usati come
vestiti aderenti.
- E lui come supporta te? - Chiese
lei di rimando con la vena che le batteva sulla tempia.
- A dire il vero non so come
sopporto entrambi! - Commentò basso Gauche sperando di non essere
sentito.
Jiggy e la ragazza maka lo
guardarono male, mentre Lode tornò con un po’ di provviste per il
viaggio, nessuno chiese come le avesse procurate.
- Siamo pronti? - Disse lei
freddamente. Gauche si asciugò il viso dopo esserselo sciacquato e si
raddrizzò annuendo.
- Possiamo muoverci. - Rispose
guardando Gauche che si decideva a sciacquarsi anche lui prima di
rimettersi in moto.
- Tanto potremo riposare durante il
viaggio. - Fece Jiggy tirandosi su in piedi. Si sentiva ancora molto
debole, ma una bella dormita avrebbe fatto il suo dovere.
Gauche guardò la ragazza maka per
capire se era pronta, lei si voltò verso la caverna che era stata la
sua casa per tantissimi anni, guardò il luogo dove aveva vissuto con il
maka a vegliare i gaichu, dove aveva osservato silenziosamente il mondo
che andava via via sempre più in rovina, il luogo da cui aveva
allontanato ogni forma di vita per preservarlo puro.
Non sapeva bene quel che provava,
però era ora di andare oltre, si disse.
Era ora di provare qualcos’altro.
“Penso che il maka lo vorrebbe. Non
per gli uomini stupidi, ma per il mondo che un tempo era meraviglioso.”
Pensò fra sé e sé senza accorgersi
che nel pensare non sbagliava le parole!
Gauche e Jiggy, in piedi uno
accanto all’altro, si girarono a guardarla, in attesa verso il tunnel
che portava all’esterno. Lode già fuori, Harry inviato a Zazie con un
messaggio che l’avvertiva che stavano andando oltre oceano con la
sorella di Niche a raccogliere altre lettere.
Infine la ragazza maka uscì per
prima, seguita dai due ragazzi che si guardarono colpiti della facilità
con cui le cose stavano andando fino a quel momento.
- Non so ancora come attraverseremo
l’oceano… - Chiese Jiggy il quale era irritato dal non avere chiaro
ogni dettaglio del piano. Essere solo un gregario e non il comandante
di una missione era seccante, ma se a comandare era Gauche andava bene.
Ogni tanto ripensava a come era
iniziata, come erano stati inesperti… e vedere come ora erano forti ed
i numeri uno, era davvero incredibile. Era una bella sensazione.
- Con una nave. - Rispose
semplicistico Gauche uscendo dalla caverna del maka.
- Quale? -
- Quella che farà coi suoi capelli!
- Quando finalmente lo seppe, Jiggy si sentì meglio. Annuì senza
replicare su quanto efficace potesse essere una nave fatta di capelli,
sapeva che il materiale di quei capelli era ben diverso da quelli
normali.
- Chissà cosa troveremo nelle terre
oltre oceano… - Disse invece recuperando il suo cavallo di ferro e
salendoci sopra per condurlo alla riva dell’oceano.
La neve rifletteva una luce bianca
che non c’era davvero, ma si vedeva sufficientemente bene considerando
che Blue Notes Blues era ai limiti estremi della luce artificiale.
Seguirono l’affluente del lago che
lo collegava all’oceano, non era un fiume molto lungo, non avrebbero
tardato molto ad arrivarci.
- Non è una missione che avrei
svolto da solo. - Ammise infine Gauche. - Proprio perché è estremamente
pericolosa. Non immagino cosa ci troveremo. Forse nessuno ci conosce,
forse non sanno nemmeno dell’esistenza del sole artificiale e del
Governo. Perché dovrebbero aiutarci? No, non è una missione che avrei
fatto da solo. - Jiggy lo guardò un po’ sorpreso, poi sorrise.
- Beh, non pensarci! Tanto ci sono
io! - Concluse con il suo solito egocentrismo, in quell’occasione
voluto. Gauche ridacchiò.
- Per questo la faccio. - A volte
non serviva parlare di sentimenti. Nel loro caso, certe frasi, certe
ammissioni, certi gesti valevano più di un ‘ti amo’ o di qualsiasi
altra dichiarazione.
Arrivarono non molto dopo, in quel
luogo la scogliera scendeva a strapiombo, ai suoi piedi l’immenso mare
nero si infrangeva creando un fragore continuo. Quella notte il mare
era un po’ agitato, il vento soffiava in modo particolare.
Il buio era fitto, pur
assottigliando lo sguardo, non si vedeva una linea d’orizzonte, una
fine, un qualcosa. Non si vedeva nulla.
Era come buttarsi dentro un buco
nero, non c’era la minima idea di dove stavano andando e cosa stavano
per fare. Non c’era.
- Siate sicuri? Può ezzere molto
piriculoso. Potrebbe anche non ezzerci nulla oltre l’osceano. - Disse
la ragazza maka seria, in direzione di Gauche e Jiggy.
I due si guardarono per capire se
c’era dell’incertezza, se uno dei due aveva paura, se era un suicidio.
Probabilmente lo era. E sicuramente entrambi avevano paura, perché era
normale.
Si girarono verso la direzione del
sole artificiale che da lì non si vedeva.
Presto sarebbe stato così sempre ed
ovunque.
Tornarono a guardarsi ed infine
annuirono.
- Andiamo. - Concluse sicuro
Gauche. Jiggy lo lasciava comandare solo perché era lui, però poi
avrebbe riscosso la ricompensa per la sua pazienza.
A quel punto la ragazza maka annuì,
si sollevò oltre la scogliera, sul mare oscuro. Alzò le braccia in alto
alla cui estremità, al posto delle mani, c’erano delle zampe da bestia
con tanto di artigli, identiche a quelle di Niche. Lentamente al posto
delle zampe si allungarono delle piume d’oro, le stesse che si estesero
su tutto il corpo da donna sinuoso, piume d’oro che partivano anche dal
viso e si aprivano in due meravigliose ali. Nel frattempo da dietro di
sé i capelli iniziarono a muoversi e fluttuare. Nel buio si vedeva
poco, ma mano a mano che i capelli prendevano forma e si ingrandivano,
l’oro dei suoi capelli creavano come un alone di luce flebile, ma che
permetteva loro di vedere a sufficienza.
Qualche istante dopo, davanti a
loro e alla scogliera, sospesa sul mare e sulle onde, c’era un enorme
galeone perfetto, completamente d’oro e dalla luce propria, non
intensa, ma sufficiente.
Jiggy rimase senza parole e
proverbialmente stupito, Gauche sapeva cosa poteva fare coi capelli,
l’aveva visto da Niche, ma non aveva minimamente immaginato che potesse
trasformarsi in una donna uccello, simile ad una fenice d’orata.
Sorrise con dolcezza e chinò la
testa.
- Grazie mille, sorella di Niche.
Il suo aiuto sarà prezioso. E questa nave è meravigliosa. - La ragazza
dall’aria scorbutica e selvatica fece un’aria compiaciuta e si spostò
mettendosi col fianco della nave verso la scogliera alla quale si
accostò per permettere loro di salire. Jiggy prese il cavallo di ferro,
l’accese e con una piccola rincorsa saltò dentro senza grossi problemi.
Infine la spense e scese. Dopo di lui salirono Gauche e Lode.
- Siamo tutti? - Chiese la maka per
sapere se potevano partire.
- Aspetta un secondo. - Rispose
Jiggy guardando verso le terre che stavano lasciando. Assottigliò gli
occhi azzurri, fischiò verso il cielo nero dove il vento faceva volare
i capelli e le sciarpe, infine alzò il braccio piegato e qualche
istante dopo, anche Harry approdò sul galeone.
- Ora possiamo andare! - Disse
soddisfatto.
La maka in versione uccello, si
spostò e cominciò a muoversi, decidendo di sorvolare l’oceano piuttosto
che navigarlo, per facilitarsi il compito.
I ragazzi guardarono la terra
conosciuta allontanarsi, uno strano senso di timore li invase, forse
stavano andando a morire, ma rimanere lì senza fare nulla avrebbe
probabilmente avuto lo stesso esito.
E comunque qualunque cosa sarebbe
stato, l’avrebbero affrontato insieme.
“Anche la morte, se è con lui, mi
sta più che bene!”
Pensò drammatico ma convinto Jiggy.
Poco diverso fu il pensiero di Gauche mentre si girava a guardare il
proprio compagno con il falco sulla spalla, mentre sfilava il biglietto
di Zazie per leggerlo.
“Con lui andrà tutto bene.”
- Cosa dice? - Chiese mascherando
benissimo i propri stati d’animo, come faceva pure Jiggy.
- ‘Voi siete pazzi da legare, ma è
stato un onore conoscervi. Darò un’occhiata alle vostre famiglie per
voi. Comunque ci rivedremo se non altro nell’aldilà. E mi sa che non
aspetteremo molto! Il tuo fedele fan numero uno. Zazie!’ -
Silenzio.
- Ha scritto davvero così? - Chiese
Gauche scettico. Jiggy gli diede la lettera annuendo serio. - Quanto
ottimismo! - Commentò incredulo leggendolo.
- E cosa vi aspettate? Almeno lui è
consapevole che è una missione suicida! - Replicò Lode lugubre e
tagliente come suo solito.
- Non ha torto… - Sottolineò Jiggy.
Gauche sospirò e scosse il capo
avanzando verso la coperta del galeone, cercando un posto meno
ventilato del ponte di poppa.
- Attenzione a non mostrare troppo
entusiasmo che vi potrebbe uccidere! - Sbottò ironico sparendo in
coperta. Jiggy e Lode si guardarono ed alzarono le spalle, Lode fu la
prima a seguirlo dentro, Jiggy esitò e diede un’occhiata all’orizzonte,
col vento sferzante e gelido.
Che andassero a vivere o a morire,
era con la persona che contava di più al mondo. E questo era tutto ciò
che contava davvero.
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Capitolo 38 *** I predicatori scrittori ***
la_proporzione_perfetta38
*Ecco
un altro capitolo. Scusate per il ritardo, ma purtroppo ho avuto una
settimana impegnativa e quando pubblico voglio anche correggere prima.
Allora, qua inizia la quarta e ultima parte, perciò abbiamo ancora un
bel po' di capitoli da leggere. Iniziamo col gruppo più strano mai
visto che, oltre oceano, viaggia alla cieca alla ricerca di lettere per
Lag. Noir/Gauche con Jiggy, la sorella maka di Niche e Lode arrivano
finalmente a destinazione, cosa troveranno nella prima terraferma? Lo
ammetto, mi sono divertita molto a scrivere queste parti completamente
nuove. Buona lettura. Baci Akane*
PARTE QUARTA:
LA PROPORZIONE PERFETTA
38. I PREDICATORI SCRITTORI
"E tutte le cose che non mi hai mai detto
E tutti i sorrisi che per
sempre mi tormenteranno Non tornerai mai a casa Non tornerai mai a casa
Io potrei? Io dovrei? E tutte le ferite che mi lasceranno cicatrici per
sempre Per tutti i fantasmi che non mi raggiungeranno mai Se cado"
/The
ghost of you - My Chemical Romance/
Lode era di vedetta, i suoi occhi
speciali vedevano bene al buio e faceva un’ottima cronaca di quel che
c’era innanzi a loro.
- Mare. Oceano. Notte. Nebbia.
Vuoto. Mare. Ancora mare. Ancora mare. -
- Entusiasmante davvero! - Aveva
commentato Jiggy dopo aver controllato che il suo cavallo non subisse
danni.
- Certo che potevi lasciarlo là… -
Commentò Gauche ironico vedendolo rientrare, portandosi un bel
venticello fresco da fuori prima di chiudere la porta. Jiggy lo ignorò
totalmente come se non avesse appena bestemmiato.
Il lavoro della ragazza maka era
stato a dir poco eccezionale, aveva saputo curare ogni dettaglio, come
se sapesse, come se ci fosse stata. E forse il maka che l’aveva
generata, aveva visto un mondo prima di quello presente. Un mondo con
galeoni, mercanti ed avventurieri, un mondo senza gaichu, un mondo
piacevole dove vivere.
Gauche rabbrividì stringendosi
nella giacca, seduto in un angolo della cabina.
- Freddo? - Chiese Jiggy notando il
suo gesto.
Gauche fece spallucce.
- Un po’. Tu no? - Jiggy alzò le
proprie poi piegò la testa.
- Un po’. -
- Non immaginavo che in mare aperto
fosse così freddo. Secondo te quanto ci vorrà prima di raggiungere una
delle terre? -
- A sentire Lode sembrerebbe mai! -
Replicò acido ed infastidito, mentre si toglieva la giacca.
- Cosa fai? - Chiese Gauche vedendo
che si slacciava anche i bottoni della camicia. - Ti sembra il momento?
- Aggiunse arrossendo. Jiggy lo guardò in piedi e fece un sorrisino
malizioso.
- Vedo che hai pensato subito a
quello! - Gauche rimase ebete.
- A cosa dovrei pensare? Ti stai
spogliando! - Jiggy gli diede le spalle e sistemò i vestiti che si
toglieva uno sopra l’altro come a creare una sorta di coperta.
Gauche, seduto proprio vicino dove
lui li stava mettendo, dapprima rimase stupito nel vedere che non
rabbrividiva, poi notò le cicatrici che quando avevano fatto l’amore
aveva percepito confusamente in quell’insieme di sensazioni
meravigliose e fortissime.
Gli occhi abituati alla penombra e
l’alone dorato che emetteva il materiale dei capelli della ragazza
maka, gli permisero di osservarle. Allungò sorpreso la mano
dimenticando il fresco.
- Sei… sei pieno! - Disse senza
fiato, sfiorando con i polpastrelli i segni chiari che solcavano la sua
pelle sulla schiena ruvida. Jiggy sussultò a quei tocchi e si girò.
- E dici a me che non è il momento?
- Commentò malizioso. Gauche ignorò il tentativo di alleggerire un
momento un po’ strano e vide che anche sul torace ne aveva molte.
- Quante… come le hai… - Chiese.
Jiggy alzò le spalle e gli prese le mani che lo sfioravano colpito da
quel che vedeva. Lo alzò in piedi e iniziò a spogliarlo a sua volta.
Lentamente. Agganciando il suo sguardo un po’ perso, un po’
malinconico.
- Anche tu ne hai molte… - Le dita
scivolarono dentro i lembi della camicia, sfiorarono i segni che aveva
anche Gauche nella sua pelle candida. Portò lungo le braccia la camicia
insieme alla giacca. Gauche rabbrividì ancora.
Jiggy prese i vestiti e li sistemò
sopra i propri, infine si sedette a terra, si mise Gauche contro di sé
fra le gambe aperte, l’avvolse e una volta che la sua schiena si adagiò
sul suo petto e che la pelle calda fu una sull’altra, Jiggy sistemò
quella sorta di coperta che aveva fatto sopra di loro, infine strinse
Gauche avvolgendolo con le braccia cercando di coprirlo e tenerlo il
più possibile.
- Meglio? - Chiese al suo orecchio.
Gauche dopo lo stupore del gesto che non si era aspettato, annuì
rilassandosi e girò la testa verso la sua, così vicine che i respiri
erano uno sulla pelle dell’altro.
- Molto. - I corpi si scaldavano
fra di loro, così come quei vestiti adagiati sopra di loro, le braccia
intrecciate insieme alle dita e le bocche di nuovo unite a suggellare
quella decisione.
La decisione di stare insieme del
tutto senza precludersi più nulla, senza aspettare dei miracoli che non
sarebbero avvenuti. Quel che era perduto, era perduto, ma loro
rimanevano loro ed il sentimento che si era rinnovato forte e puro come
prima, lo testimoniava.
Rimasero abbracciati così per il
resto del viaggio senza fare niente altro di speciale. Sentendosi e
stando bene in quel modo.
Parlarono un po’ delle esperienze
passate, Jiggy raccontò qualche ricordo insieme, Gauche sorrise
nostalgico. Infine si addormentarono, la testa di uno nell’incavo
dell’altro.
Un quadro che nessuno rovinò fino
all’arrivo alla prima terra.
Jiggy era a cavalcioni sul cavallo
di ferro, Gauche seduto dietro di lui, le mani alla sua vita, pronti
per scendere.
Lode aveva detto che erano arrivati
alla terra ferma, perciò si erano preparati per scendere.
- Cosa ti sembra? - Chiese Gauche.
- Non si vede nulla, solo una
spiaggia. È tutto buio. -
- C’è vita? - Chiese spazientito
Jiggy. - Perché se facciamo tutta questa fatica per nulla… -
- Tu? Tu fai fatica? Sono io che vi
transporto, io faccio fatica! Babbei! -
- Ah gli insulti li dici giusti! -
- Come diavolo faccio a sapere se
c’è vita? Vedo solo un fazzoletto di terra! -
- Stiamo calmi, adesso scendiamo e
vedremo. -
- È un eufemismo! Qua non c’è
nemmeno un vago sentore del sole artificiale… -
- Bene, i nostri occhi ormai sono
abituati al buio, useremo le luci del tuo cavallo di ferro e poi quando
potremo accenderemo una torcia di fuoco! -
- Arrangiatevi, basta che snodate
così ripposo! -
- Devi essere pronta a salpare
subito, potrebbe essere così pericoloso che dobbiamo scappare. -
- Scappare? Nemmeno per sogno! Si
combatte! Ad ogni costo! -
- Oh cielo, ti prego, abbiamo una
missione più importante del tuo orgoglio! -
- Cosa c’è di più importante del
mio orgoglio? -
- Siete una perdita di tempo, io
vado! -
E mentre Lode stava saltando giù,
Harry tornò dopo essere stato in avanscoperta. Trillò qualcosa
avvicinandosi e Lode, ferma sulla balaustra della nave, guardò ed
ascoltò.
- C’è gente oltre la spiaggia e gli
scogli. - Tradusse la dingo. Gauche sorrise trionfante.
- Andiamo! - Concluse vittorioso
pizzicando i fianchi di Jiggy il quale scrollò la testa e mise in moto
il cavallo. Il rombo fece il solito chiasso, ma le tenebre vennero
finalmente un po’ illuminate e poterono vedere oltre la nave dorata.
- Senti, ma come pensi di scend… -
Non fece in tempo a chiederglielo, che Jiggy dopo aver dato gas, partì
spedito. Il cavallo con loro due sopra, passò subito oltre il ponte e
la balaustra e con un enorme salto poderoso, planò giù sulla spiaggia a
poca distanza da loro. Lode a terra ad aspettarli, Harry a volare in
cerchio sopra le loro teste.
Con un salto e alcuni piccoli
rimbalzi sul sedile, i due ragazzi arrivarono a terra e si fermarono,
coi fari Jiggy illuminò un po’ la spiaggia che si alzava su alcuni
scogli.
- Trovi una strada per andare
oltre? - Chiese Gauche spuntando alla sua spalla. Jiggy si mise la
sciarpa bene intorno al collo e si sistemò gli occhiali protettivi.
Guardò a destra e poi a sinistra, infine fece gli abbaglianti e
realizzò.
- Ok, tieniti forte. Non mi fermerò
finché non troverò forme di vita. - Poi si corresse lugubre. - Sperando
che siano intelligenti e non un branco di imbecilli ritardati come il
governo. - Gauche rise e sulla sua risata Jiggy partì, mentre Lode si
arrampicava direttamente sulla scogliera.
L’avventura iniziava sul serio, non
c’era più un viaggio nel nulla da aspettare, ora dovevano darsi da
fare.
La spiaggia verso sinistra si
alzava congiungendosi gradualmente alla scogliera e di conseguenza al
resto della terra ferma.
La spiaggia di ghiaia sottile
divenne ben presto una stradina compatta di terriccio e proprio come un
tipico paesaggio di Amberground, il deserto roccioso si srotolò intorno
a loro.
Inizialmente in attesa della neve e
del ghiaccio, una sorta di prolungamento di Blue Notes Blues, si
accorsero che dovevano essersi spostati più ad est che a nord e che
questo determinava aride terre di canyon dove si poteva scendere e
salire con il cavallo di ferro in corsa, dove si poteva anche saltare e
divertirsi non poco.
Gauche, stringendo le braccia
intorno al suo corpo, notò una sorta di frenesia provenire dal suo
addome, dal suo respiro.
- Ma ti stai divertendo? - Chiese
Gauche appoggiando il mento sulla sua spalla. Jiggy voltò leggermente
il capo e sorrise con un ghigno.
- No, che dici! - Gauche rise
appoggiando la fronte contro il suo collo in un gesto molto intimo e
naturale. - È il paradiso per uno che usa il cavallo di ferro! -
Dopotutto, si dissero, non era così male quella missione.
I fari illuminavano la strada che
saliva e scendeva e si interrompeva, giunto nei pressi di un salto
particolarmente lungo, Jiggy aumentò l’accelerazione e lo fece mentre
Gauche impallidiva nel realizzare cosa stava facendo quel pazzo. Non
riuscì nemmeno a dire ‘ci schianteremo’ che stava volando letteralmente
nel vuoto.
Gauche curioso guardò giù e da
pallido divenne direttamente un cadavere.
Le mani si strinsero ad artiglio
sulla pancia piatta di Jiggy e finì per morderlo incapace di emettere
un suono.
Di cose ne aveva viste, ma un nido
di serpenti giganti gli mancava proprio.
- Vai vai vai che se cadiamo qua… -
Disse poi al suo orecchio stringendo gli occhi. Jiggy, fra il dolore
del pizzicotto ed il morso e poi l’urlo all’orecchio, si shoccò della
sua reazione tanto che sbagliò l’atterraggio e invece di arrivare nella
roccia più alta, mancò la ruota posteriore e scivolò giù, nel gradino
più basso del burrone. A quel punto Jiggy si fermò stabilizzando la
moto in quello scalino roccioso basso e stretto. Intorno a loro pareti
alte, al di sotto un buco di non molti metri che li separava da quel
nido di serpenti giganti.
- Come se non bastassero i gaichu
ci sono anche gli animali geneticamente modificati! Cos’è, una base
segreta del governo? - Jiggy iniziò a brontolare in direzione dei
serpenti come se il modo in cui erano caduti non fosse poi così
rilevante.
- Jiggy, ma dovevi proprio saltare?
Non potevi fare una delle strade meno pericolose? Sul versante destro
c’erano meno buchi fra le rocce! - Lo rimproverò Gauche come una
fidanzata seccata. Jiggy si scostò e lo guardò incredulo.
- Che ne hai fatto del mio Gauche
impassibile? Stai andando fuori carattere! Ne hai viste e passate
molte. Sia come Noir che come Gauche! - Questo lo riportò un po’ in sé,
sia pure con fastidio. Gauche sospirò e si ricompose.
- Hai ragione, ma questo tuffo nel
buio non è il meglio. L’ultima volta ci ho rimesso un bel po’ se te ne
sei dimenticato… ora… ora che mi sono un po’ ripreso a fatica, che ho
un nuovo senso per vivere… insomma, ho paura di perdere di nuovo tutto.
E la prossima volta non so se riuscirò a rimettere i pezzi insieme. -
Jiggy, sconvolto da quell’ammissione, scese dal cavallo di ferro e lo
guardò meglio, corrucciato, sconvolto.
- Ma era così anche prima… - Gauche
si strinse timidamente nelle spalle.
- Sì, beh… ma prima non avevo te…
non per quel che potevo ricordare. La mia vita inizia con la nascita di
Noir, lo sai. E da quel momento in poi per me ci sono state solo
angoscia e tenebre. Poi Lag mi ha restituito gradualmente dei pezzi di
me. E tu… beh, tu… - Jiggy sorrise e lo circondò con un braccio
nascondendogli deciso il viso contro il proprio collo.
- Non esiste nulla al mondo in
grado di portarti via di nuovo da me. - Poi prese la pistola sparacuore
dalla borsa sul cavallo di ferro, la caricò e ad una velocità tipica
sua, con uno sguardo feroce, sparò alle spalle di Gauche, verso il
fondo del burrone buio, dove le ombre sibilline si allungavano verso di
loro.
Jiggy sparò stringendo Gauche e i
serpenti, colpiti in pieno, si ritirarono colti di sorpresa e
tramortiti.
I due si sciolsero e guardarono in
fondo, anche Gauche strinse la pistola sparacuore, pronto a sparare.
- Non sono gaichu, non credo che
faccia effettivamente molto un proiettile… -
- Dobbiamo risalire. - Jiggy guardò
l’altezza e lo spazio di manovra. - Ma mi serve più spazio per la
rincorsa ed il salto e poi in realtà… -
- Io non so sincha di me cosa
foreste! - La voce seccata e severa e poi un istante dopo, una presa di
oro solido ad avvolgerli un istante prima che i serpenti tornassero
all’attacco. Mancarono le loro fauci per pochi secondi, poi i capelli
della ragazza maka posarono Gauche e Jiggy sulla parte alta del canyon,
insieme al mezzo di trasporto che Jiggy si preoccupò di controllare.
- Pensavo dovessi riposare. - La
ragazza maka alzò le spalle.
- Non mi serve molto per
ricoricarmi! - Gauche sorrise e chinò il capo gentile, ringraziandola.
- Sei preziosa. Ti ringrazio. - Lei
ritirò i capelli che la ricoprivano come un costume e guardò verso un
punto preciso, puntandolo con il suo artiglio di drago.
- Là c’è un viggallio. Credo che la
vostra amica meza raggazza, mezo lupus e mezo flore sia quasi arrivata.
- Gauche e Jiggy annuirono, salirono di nuovo sul cavallo di ferro che
ruggì riaccendendosi. - E là, invece… - Disse la ragazza maka che
vedeva egregiamente in quell’immensità oscura. - Ci sono alcuni gaichu
che vi ispettano! - Jiggy rimase perplesso sui toni che usava per dire
le cose, ma non la corresse sapendo che era permalosa.
- Grazie. - Disse di nuovo Gauche
paziente stringendo la pistola.
- Propongo di ammazzarli per
dimostrare la nostra buona fede. - Disse Jiggy muovendosi verso i
mostri.
- Propongo di ammazzarli per
sopravvivere! - Corresse Gauche perplesso anche lui per le sue
priorità.
- Beh, anche. - Gli concesse il
compagno accelerando per arrivare prima dai gaichu.
Ma del resto quando i due migliori
Bee combattenti erano insieme in missione, cosa c’era che non potessero
fare con successo?
L’ultimo gaichu esplose con un
bagliore luminoso, portando un’insolita luce nel grande canyon buio e
deserto.
Jiggy e Gauche si fermarono,
ansimanti, a guardare l’effetto che conoscevano bene, le stelle
scaturite dall’esplosione del gaichu li ricoprì e in quel momento molte
finestre di ricordo si aprirono sopra le loro teste, mostrando
frammenti di cuore dei due ragazzi lì presenti.
Alcune si posarono sulla sorella di
Niche che aveva scoperto poteva essere divertente combattere.
Ricordi della sorellina, di quando
si erano separate con dolore, quando poi aveva incontrato il maka che
l’aveva cresciuta come una figlia. Il dolore nel separarsi da lui una
volta morto, la promessa di vegliare nella loro grotta, la capacità di
trasformarsi nella forma più simile al maka padre, ovvero un uccello
leggendario a forma di fenice.
Di Jiggy si videro dei ricordi
insieme a Gauche il quale li vide curioso e meravigliato, un enorme
senso di nostalgia lo investì, come se gli mancassero quei ricordi che
non aveva più, come se volesse averli di nuovo.
In uno di questi, dopo aver
sconfitto un gaichu insieme, erano rimasti stesi per terra in una delle
terre più buie di Amberground e insieme avevano guardato il cielo
stellato.
Gauche aveva detto che il cielo
stellato era davvero bello, Jiggy aveva risposto lo era davvero, ma
l’aveva detto guardando Gauche al suo fianco.
Gauche sorrise cercando Jiggy il
quale arrossì distogliendo lo sguardo. I ricordi scemarono con il
solito alone di meraviglia e nostalgia.
- Guarda, non è meraviglioso? -
Disse allora guardando il cielo stellato, tanto simile a quello del
ricordo appena visto.
Jiggy sussultò e alzò lo sguardo.
Era identico. Lo stesso cielo, nonostante le terre ed il tempo fosse
diverso. Le stesse stelle, tantissime, luminose.
Poi guardò Gauche, sorrise come
quella volta e rispose.
- Davvero bello. - Gauche abbassò
lo sguardo su di lui, memore del ricordo appena visto, e vide che
faceva come in quella finestra di ricordo. Sorrise dolcemente e gli
prese la mano seguendo quell’istinto così forte che lo faceva essere
proprio come l’autentico Gauche, proprio lui in ogni gesto,
esclamazione, istinto, solo senza i suoi ricordi.
Jiggy la strinse sentendosi meglio
ed un verso schifato li fece distrarre uno dall’altro.
- Sto per vommitare. In tanti anni
di sveglia non ho mai vissuto niente di più noioseante. - La ragazza
maka non era molto sentimentale, anzi, per nulla. Per questo era
riuscita a diventare tanto forte, probabilmente. Anche se poi in realtà
a rinforzare i maka erano propri i sentimenti.
Gauche sorrise divertito in sua
direzione, mentre Jiggy recuperò il cavallo di ferro rispondendole
sferzante:
- Disse quella che non ha osservato
altro che gaichu addormentati per duecento anni! -
Gauche sogghignò mentre lei si
sollevava in volo sopra di loro, trasformandosi di nuovo in una donna
uccello il cui corpo femminile era ricoperto di piume dorate che si
estendevano nelle grandi ali sulle braccia, tirando a Jiggy un calcio
con le gambe trasformate in coda nel superarlo. Jiggy la fissò male con
la vena della tempia pulsante, ma quando Gauche salì dietro di lui
carezzandogli il braccio, si quietò subito.
- Andiamo? Ormai siamo vicini. -
Jiggy partì senza ribattere più, docile come un agnellino quando a
gestirlo era lui.
Il villaggio era stile nomade, ma
le tende avevano l’aria di essere ben costruite e solide.
- Mercanti. - Disse Lode ferma sul
limitare del villaggio, le braccia conserte, l’aria seccata. Harry si
posò sulla spalla di Jiggy una volta fermato, li aveva aiutati a
combattere i gaichu mentre Lode era andata in avanscoperta.
Fermata poi, probabilmente,
dall’astio che i mercanti dovevano avere nei confronti degli stranieri.
- Quanto sarà grande questa terra?
- Chiese Gauche pensieroso.
- Harry dice che sono un gruppo di
isole più o meno ravvicinate fra loro. Alcune grandi, altre più
piccole. - Spiegò Lode. Gauche annuì.
- Penso abbiano fatto un mondo a
parte. Sono abbastanza isolati da Amberground, perciò hanno trovato un
loro modo di vivere e andare avanti. Non sarà facile convincerli ad
aiutarci. -
- Comunicheranno in qualche modo,
vuoi che non conoscano i Bee? - Disse Jiggy incredulo che lì, con tanto
di gaichu, non avessero alba dei porta lettere e di tutto quello che ne
concerneva.
- Non è detto. -
- Mi sono avvicinata, ho provato a
dare un’occhiata, ma mi hanno subito guardato male. Ho provato a
parlare con qualcuno ma mi hanno ignorata. Ho capito che sono mercanti,
vivono come i nomadi, solo che non credo si spostino tutti, mi sembrano
ben sistemati… -
- Non mi stupisce che non ti
abbiano calcolata. - Commentò Jiggy acido beccandosi una brutta
occhiata dall’interessata.
- Cosa vorresti dire? -
- Che non sei socievole! -
- Parla l’amico di tutti! - Rispose
acida a sua volta.
- Per questo deve andare Gauche.
Lui ispira fiducia. Sa sorridere! -
- Ma essattamente cosa diabete
fare? - Chiese la ragazza maka, ferma accanto a loro.
- Chiedere lettere. Chiedere che
scrivano lettere di speranza per Lag. -
- Sapranno descrivere? - Chiese la
ragazza.
- Intendi scrivere? Beh, speriamo…
- Dopo un po’ di incertezza, Lode e Jiggy mandarono Gauche a
socializzare e tastare il terreno.
Tornò poco dopo a mani vuote.
- Non si fidano. -
- Hai detto che abbiamo ucciso dei
gaichu? -
- Non mi credono, non sanno chi
siamo, da dove veniamo e cosa sono i Bee e non credo abbiano mai
scritto una lettera in vita loro. - A quel punto capirono quanto invece
difficile poteva essere quella missione. Un conto era chiedere lettere
a chi conosceva la situazione di Amberground e si sentiva coinvolto in
prima persona dall’Apocalisse che stava per arrivare, un altro era
chiedere collaborazione a chi non era mai stato coinvolto negli affari
di un mondo a loro troppo lontano.
- Come li sconfiggono i gaichu? -
- Hanno creato armi con le pietre
spirituali, come noi. Solo che le usano le persone comuni, sono più o
meno tutti in grado di combattere, sanno difendersi, insomma… - Gauche
era perplesso, non sapeva se fosse il caso di insistere o meno, forse
dovevano andare al prossimo villaggio sperando in più collaborazione.
- Oltretutto credo che usino le
pietre molto meglio di noi. - Aggiunse Lode la quale aveva dato uno
sguardo anche prima.
- Sì, fanno funzionare molti
oggetti, come tu fai muovere il cavallo di ferro. - Gauche aveva notato
anche quello.
- Mi chiedo in città cosa ci sia. -
Rifletté curioso Jiggy.
In quel momento, un tonfo fra loro
ed il villaggio li fece saltare sorpresi.
Dopo che la polvere della terra
sollevata si riabbassò, davanti a loro ed alla gente che si era girata
sorpresa, comparvero i resti dei gaichu morti. Poi la ragazza maka,
seccata e scontrosa, indicò coi capelli Gauche e Jiggy.
- Ecco cusa hanno fatto per voi
quegli inciapaci. Descrivere qualche stupita lottera non è la fine del
mundo! - Tuonò arrabbiata la sorella di Niche, mentre gli altri stupiti
la guardavano. - ALLORA ANDATE A DESCRIVERE O NO?! - Gridò furiosa
vedendo che ancora stavano lì e non reagivano. Gauche si coprì la
fronte sconsolato, mentre Jiggy ghignava rivalutando quella creatura
pesante e fastidiosa.
- Noir… - Disse invece Lode seria.
- Sì, sì, vado… - E così tornò dai
mercanti a spiegare meglio le cose, notando che ora se non altro aveva
tutta la loro attenzione.
Ci volle un notevole impegno nel
far capire la situazione, la storia di Amberground, chi erano loro e
cosa stava per succedere. Ci volle ancora più tempo per insegnare
cos’era una lettera e, peggio del peggio, a scrivere.
Però alla fine, dopo diversi giorni
passati coi mercanti del canyon, se ne andarono con un bel numero di
lettere, radunate in molti sacchi e sistemate su una specie di carrello
fatto dai capelli della ragazza maka che dopo essere diventata una
nave, ora era un carro.
Non senza continue lamentele
sgrammaticate.
Tuttavia, alla fine, il risultato
era quello che contava.
Ben presto il gruppo dei quattro
stranieri composto da due umani i cui uno senza memoria, una ragazza
drago ed un esperimento fallito, venne conosciuto nelle terre
oltreoceano come il gruppo dei predicatori scrittori. In quanto
predicavano una storia da profeti, quasi, ai limiti del fantasy per
gente come loro vissuta ben lontano da soli artificiali e Governi
loschi. E, comunque, chiedevano di scrivere.
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Capitolo 39 *** Fra civiltà avanzata e pirati ***
la_proporzione_perfetta39
*Ecco un altro capitolo.
Continuano i capitoli ambientati 'nella mia testa', ovvero quello che
io ho completamente inventato ed immaginato liberamente. La seconda
isola in cui Jiggy, Gauche e gli altri si imbattono è più avanzata
della precedente e più organizzata, ma ha anche una storia che
inizialmente non si noterà. Nel mentre Jiggy si interroga sul motivo
per cui lo sta facendo, se crede davvero nella salvezza e soprattutto
come vede Gauche ora che non è più né Noir né il ragazzo di cui si è
innamorato la prima volta. Buona lettura. Baci Akane*
39. FRA CIVILTÀ AVANZATA E PIRATI
"Sono
un angelo con un fucile
Combatterò finché la guerra non sarà vinta Non mi importa se il cielo
non mi riaccoglierà Getterò via la mia fede, piccolo, Solo per poterti
tenere al sicuro Non sai che sei tutto ciò che ho? E io Voglio vivere,
non solo sopravvivere, Stanotte"
/Angel with a shotgun - The Cab/
La seconda isola non era molto
distante, era più grande della prima ed era più sviluppata, persino per
loro. In molti usavano strani mezzi di trasporto per muoversi, simili
al cavallo di ferro di Jiggy, solo a forma di scatola enorme, con
quattro ruote. Erano simili a dei rottami, però grazie ad una pietra
spirituale che il guidatore usava, si potevano muovere da un posto
all’altro.
La città era ben costruita e molto
grande, sicuramente una capitale per l’isola.
Case di pietra con diverse
funzioni, moltissime persone usavano le loro pietre in molti modi per
avere comodità quotidiane.
- Penso che queste isole
trabocchino di pietre spirituali… - Disse Jiggy logico vedendo quanta
roba c’era che funzionava con quelle pietre.
- Se è così, ci saranno anche molti
gaichu… - Rispose altrettanto logico Gauche.
- Sapranno difendersi, tutti usano
i poteri delle pietre ed anche molto meglio di Amberground. - Replicò
Lode ammirata di come lì la vita si era sviluppata a modo loro.
Non l’avevano nemmeno finito di
dire, che furono distratti da una sirena che suonò sopra la città,
tutti gli abitanti intenti nelle loro faccende, si fermarono alzando le
teste; riconoscendo l’allarme, tutti si misero a correre, chi al
riparo, chi a recuperare armi per poi schierarsi verso i limiti della
città, in posizione d’attacco.
Armi simili a pistole sparacuore,
alcune davvero grosse che si appoggiavano sulla spalla e sembravano
degli enormi tubi.
Jiggy, Gauche e Lode rimasero
fermi, le loro armi in mano automaticamente capendo che doveva
trattarsi di un allarme gaichu.
Una voce dall’alto gridò la
direzione ed un nome, probabilmente la tipologia di gaichu con cui li
avevano categorizzati. La voce doveva essere dell’uomo di vedetta e
probabilmente stava su una sorta di torre.
I tre si schierarono insieme alle
persone pronte a combattere, decidendo di cominciare rendendosi utili.
Poco dopo proprio dalla direzione
annunciata, un grosso gaichu poco più piccolo del Cabernet, comparve ai
limiti della città. In poco, con sistema ed organizzazione, le persone
si mossero ed alcune cominciarono a fare da diversivo, mentre le altre
si posizionavano più in alto per colpire meglio. I primi spari di cuore
colpirono la corazza senza sortire effetto, il gaichu cercò di
attaccarli infastidito e così scoprì la schiena, punto debole. Appena
ebbero visuale, molti raggi colpirono contemporaneamente dall’alto e il
gaichu esplose risuonando con la tipica luce stellata. Finestre di
ricordi di chi veniva colpito da quei piccoli luccichii di cuore
comparvero sopra le loro teste, come una magia a cui qualcuno guardava,
qualcuno no.
E proprio mentre le scene di vita
di qualcun altro si esprimevano davanti agli occhi distratti di tutti,
un secondo allarme risuonò.
- Gauche! - Chiamò Jiggy che non si
era perso a guardare gli affari degli altri. La gente si riscosse e si
rimise in posizione, ricaricando le proprie armi, ma prima che loro
potessero capire di cosa si trattava, Jiggy, Gauche e Lode erano già
partiti verso il secondo gaichu che, proprio da dietro la collina da
cui era venuto l’altro, era comparso enorme e strisciante.
Senza seguire alcuna strategia ed
agendo completamente di testa loro, i tre si mossero con una sincronia
perfetta. Lode andò contro la bestia distraendola, Jiggy saltò di nuovo
sul cavallo di ferro accendendolo e Gauche corse in una posizione
congeniale per osservare come reagiva il gaichu a Lode. Infine quando
notarono qual era il posto che aveva difeso istintivamente dall’attacco
di Lode e del suo coltello, i due capirono e a distanza lo dissero
contemporaneamente.
- La pancia! -
- Dobbiamo farlo saltare! - Esclamò
allora Gauche. Jiggy sorrise accelerando.
- Ci penso io, tieniti pronto! -
Gauche impallidì nel capire cosa aveva in mente, si sentì un attimo
mancare le forze nel vederlo correre come un pazzo contro il mostro.
- Jiggy, sei pazzo, non ce la
farai… - Ma non riuscì a finire che lo vide arrivargli proprio davanti,
l’enorme insetto strisciante era pronto a fermarlo, ma Jiggy invece di
virare o fermarsi, impennò il proprio mezzo ed usando il muso del
gaichu saltò su di lui volando verso il cielo. Per prenderlo si alzò
inarcandosi, inseguendolo con lo stesso muso che era stato colpito
dalle sue ruote.
A quel punto Gauche mirò e caricò
il proiettile verso la pancia completamente scoperta, sparò e il raggio
lo colpì proprio nel suo punto debole.
La bestia, colpita, si sollevò
completamente in aria sbattendo contro Jiggy il quale perse il
controllo del cavallo di ferro e mentre il gaichu risuonava nell’aria
con una luce accecante, lui cadeva a terra da un’altezza considerevole
e per non rompere il suo adorato mezzo, si fece più male lui
ovviamente.
Gauche si assicurò che il mostro
andasse al creatore, poi corse preoccupato verso Jiggy, a terra sotto
il cavallo di ferro.
- Jiggy! Jigggy, come stai? -
Chiamò agitato. Quando lo voltò tenendogli la testa, la prima cosa che
vide fu il suo sorriso divertito.
- È stato un bel salto! - Poi cercò
subito con lo sguardo il cavallo di ferro. - È mica rotto? - Gauche
sbuffò scuotendo la testa e offeso per la sua insensibilità e per la
sua incoscienza, lo lasciò di schianto facendolo cadere con la nuca sul
terreno. Jiggy si lamentò e si alzò a sedere faticosamente.
- Ahio! Andiamo, Gauche! Che ho
fatto ora? - Si lamentò massaggiandosi la nuca da cui notò usciva anche
del sangue.
- Guarda, cadendo mi sono pure
fatto male… merito un bacio! - Disse con gran faccia tosta mostrandogli
il palmo insanguinato.
Gauche lo guardò convinto di
ignorarlo perché l’aveva fatto preoccupare troppo, però quando vide che
effettivamente perdeva sangue da qualche parte, si preoccupò e gli
tolse sciarpa e cappello per controllare.
- Brutto idiota, ti sei fatto male.
- Brontolò come avrebbe fatto l’autentico Gauche. Jiggy sorrise
compiaciuto e felice. Si poteva essere felici con la fine del mondo
alle porte ed i ricordi del proprio fidanzato perduti per sempre?
A volte se lo chiedeva.
- Se mi curerai tu, starò bene! -
Disse malizioso tendendosi verso il suo viso per prendersi un bacio.
- Io al vostro posto riconsidererei
il momento per certe cose. - La voce di Lode li fermò brusca, i due si
girarono a vedere cosa intendeva e quando notarono una bella folla
radunata intorno a loro, realizzarono che forse era il caso di
rimandare la pomiciata.
Avevano giusto un paio di cose da
spiegare ad un bel po’ di sconosciuti che, loro ancora non lo sapevano,
avrebbero tassativamente collaborato con loro.
La conquista, talvolta, non era
facile. Ma nemmeno impossibile, dopotutto.
- Almeno questi sanno scrivere! -
Disse Jiggy sedendosi nel letto, tenendosi la testa fasciata dove era
stato medicato meticolosamente poche ore prima.
Gauche, dopo essersi sfilato i
vestiti, si sedette dall’altra parte del letto matrimoniale che avevano
loro fornito.
- La questione gaichu ci sta
facilitando molto il compito. - Disse Gauche stendendosi sotto le
coperte, imitato da Jiggy anch’egli senza vestiti. Si accoccolò contro
di lui e si girò per guardarlo in viso. Una mano ad accarezzarlo
dolcemente sul viso, a scostargli i capelli bianchi cresciuti che
glielo incorniciavano fino al collo. I piedi intrecciati subito ai
suoi, freddi, si scaldarono poco dopo.
- Quando vedono che li combattiamo,
ci ascoltano. - riassunse Jiggy. Gauche sorrise guardandolo,
rilassandosi ai suoi tocchi. Poi sfiorò la sua fronte fasciata da una
benda bianca che gli stringeva i capelli rossi come un cerchio.
- Come stai? - Chiese dopo aver
passato le ore a spiegare a quella gente chi erano e qual era il loro
compito e come stavano le cose oltre oceano.
Dopo averlo spiegato ad un paio di
persone, accettarono il loro aiuto per spargere la voce. Sarebbero
rimasti in città un po’ di tempo, il necessario per permettere a tutti
di sapere quei fatti e di scrivere delle lettere.
Il medico che aveva curato Jiggy,
aveva fornito loro una camera dove dormire.
- Bene, ne ho passate di peggio. -
E con peggio intendeva un certo ricordo legato al primo bacio.
- Lo vedo. Il tuo corpo parla, il
viso è una cartina geografica… - Commentò Gauche sfiorandogli la croce
sotto l’occhio. Jiggy sorrise e lo baciò dolcemente.
- Quando me la sono fatta eravamo
in una situazione simile. Poi, mentre aspettavi che guarissi, ti ho
baciato per la prima volta e ci siamo messi insieme. - Rivelò divertito
Jiggy. Gauche, malinconico, si rese conto in cosa ancora mancava
nell’essere sé stesso. E si dispiacque d’aver perso un ricordo tanto
bello e prezioso.
Jiggy glielo lesse negli occhi che
per lui non avevano segreti e carezzandogli la guancia, mormorò
avvicinandosi alla sua bocca.
- Ma creeremo altri ricordi che non
perderai mai più. - Quando lo disse, suggellò la promessa con un bacio
che trasmise a Gauche di nuovo la tranquillità che ultimamente era
diventata una sorta di motore essenziale.
Le loro labbra si schiusero e si
fusero insieme, mentre le lingue si mescolavano in un tutt’uno.
Era la fine del mondo? Forse.
Ma i loro corpi rispondevano al
piacere che si trasmettevano. I loro corpi si perdevano nel piacere
immenso che provavano mentre le mani si sfioravano, si toccavano fino
ad ogni punto più intimo.
Il calore cresceva insieme alla
loro energia, mentre i corpi si strofinavano ed il mondo spariva in uno
che entrava nell’altro.
Che fosse la fine o l’inizio, per
loro, in quell’istante, non contava più. Contava solo poter essere lì
insieme una volta ancora. Una volta in più. Ed un’altra di nuovo.
Jiggy si svegliò per primo, stare
lì era strano. Era come essere fuori dal mondo, in un altro universo
parallelo, dove nessuno Spiritus stava per risvegliarsi per risucchiare
i cuori di tutti.
La gente viveva coi problemi della
gente di Yodaka, ma non sapendo dell’esistenza di una classe sociale
medio e alto borghese, non viveva nel dolore e nell’invidia.
Semplicemente lì erano tutti sullo stesso piano, nessuno stava meglio e
non c’erano angoscia e dolore da affrontare.
“Le tenebre le ha create la luce…
il male lo ha creato il bene. L’invidia lo ha creato il bello. Il
negativo lo ha creato il positivo.”
La riflessione appena sveglio si
perse sulla visione di Gauche che, addormentato sul letto, aveva il
lenzuolo abbassato alla vita. Era prono e un braccio finiva sotto il
cuscino. I capelli bianchi si perdevano sulle lenzuola chiare. Jiggy
glieli scostò sorridendo.
“Il nero lo ha creato il sole.”
Pensò a lui, a Noir. Lo viveva come Gauche perché si era lasciato
andare ai propri istinti primordiali, si comportava come Gauche,
parlava come Gauche, ma in realtà era ancora Noir.
Ormai era abituato al fatto che
quello era la miglior versione di Gauche che avrebbe potuto avere. Non
aveva le sue memorie, però era lui. Provava i suoi stessi sentimenti
per lui. Si amavano ancora. Una cosa autentica non poteva morire mai.
“Non tutto è perduto per sempre.”
Pensò poi chinandosi a baciarlo
prima di alzarsi silenzioso e scivolare nel bagno a rinfrescarsi.
Dovevano stare lì un po’, il tempo
di radunare le lettere come da richiesta.
Avevano trovato pratico mostrare ai
responsabili della città i propri ricordi in modo che vedessero coi
loro occhi quel che succedeva oltre oceano.
Erano rimasti sconvolti dalla
verità.
“Forse questo li rovinerà, li
macchierà.” Rifletté togliendosi le bende dalla testa e sciacquandosi
sotto l’acqua. “Però se non facciamo niente, comunque moriranno e non
sapranno nemmeno perché. Almeno così c’è una possibilità.” Anche se non
era convinto di poterci credere. Forse non ci credeva. Nemmeno nel
metodo estremo di Largo Lloyd.
“E allora perché sto facendo tutto
questo? Per seguire Gauche? Per passare tutti gli ultimi istanti con
lui?” sorrise fra sé e sé mentre il sapone scivolava via dal suo corpo.
Era probabile. “Ogni istante con lui lo vale tutto, considerato
l’inferno passato senza. Sì, lo farei. Anche solo per questo.”
La tenda si scostò ed una figura
familiare lo spostò rubandogli il getto dell’acqua. Jiggy si voltò
sorridendo ad un insonnolito Gauche che si accoccolò contro di lui,
raccolto con le braccia contro il suo petto. L’acqua dolcemente ad
avvolgerli.
“Oh, sì… è per lui che lo faccio.
Almeno se moriremo, sarà comunque insieme.”
No, Jiggy non credeva proprio nella
salvezza, però se doveva scegliere un modo di morire, sceglieva quello.
Il corpo snello e pallido di Gauche, i suoi occhi sottili e d’ambra, le
sue labbra morbide. Quell’aria così spenta, eppure così dolce al tempo
stesso.
Gauche non era del tutto lì, però
il suo cuore c’era. Lo abbracciò. Lo sentiva.
Non avevano finito di vestirsi, che
un secondo tipo di allarme risuonò su tutta la città chiamata Hunkrast.
Jiggy e Gauche si guardarono
attenti.
- Non è l’allarme gaichu. - Disse
Jiggy infilandosi in fretta la camicia sotto ai pantaloni, e poi la
fibbia della cintura. Gauche concordò finendo di vestirsi in velocità,
poco dopo Lode comparve alla porta senza bussare, ma loro avevano già
le armi in mano.
- Quelle non vi serviranno! - Disse
sbrigativa indicando le pistole sparacuore.
- Che è successo? - Chiese Gauche.
- Questo è l’allarme pirati. -
- Pirati?! - Loro avevano a che
fare coi predoni, i pirati erano la versione marina.
- Pare che qua ci siano frequenti
attacchi pirati, è un arcipelago, un insieme di isole, questa è la più
grande e avanzata, ha un incredibile miniera di pietre spirituali e
degli ingegneri capaci di creare qualsiasi cosa con esse. È la città
più assediata dai pirati. - Spiegò sbrigativa Lode mentre metteva loro
in mano due pistole normali a proiettili di piombo. Gauche le aveva già
usate quando era Noir, Jiggy la guardò perplessa, mentre suo malgrado
seguiva Lode che spiegava quel che aveva saputo.
- Ma sanno difendersi bene dai
gaichu, avranno prevenzioni anche con i pirati, no? - Lode si fermò
alla porta principale della locanda dove erano ospiti d’onore.
Strinse le spalle e piegò la testa
dubbiosa.
- Sì, beh… a quanto pare affrontare
i gaichu è più facile delle persone… -
Il caos era scoppiato davanti a
loro, gente che correva, colpi di armi da fuoco, fendenti, colpi di
mazze, lame affilate, ogni sistema per combattere. Vetri rotti, oggetti
lanciati.
In breve era l’anarchia, come se
l’ottimo sistema d’organizzazione visto il giorno prima, fosse solo un
ricordo lontano.
- Pazzesco! - Esclamò Jiggy
convinto di avere una missione facile per le mani.
- Avranno attaccato la sorella di
Niche? - Chiese Gauche preoccupato per la ragazza maka che era rimasta
a riva con i capelli trasformati in nave e le prime sacche di lettere
sopra.
- Potrebbero averci anche provato…
- Disse Lode, ma Jiggy completò per lei leggendo il tono.
- A loro discapito! - Un ghignò
aleggiò e Gauche annuì concorde.
- In effetti sa difendersi.
Preoccupiamoci di aiutare questa gente, altrimenti altro che lettere… -
Con quello controllò il caricatore della pistola, mentre Jiggy lo
guardava stupito, corrucciato.
- Non siamo assassini di persone,
Gauche. - Gli ricordò temendo per un momento che Noir avesse ripreso il
sopravvento. Gauche prese la pistola di Jiggy e la controllò, poi gli
spiegò come usarla. Infine gliela restituì e sorrise.
- La useremo per difendere della
brava gente che vuole aiutarci. Con queste si può anche solo ferire,
non necessariamente uccidere. - Jiggy guardò come qualche uomo stava
usando le pistole in questione e l’effetto sulle persone colpite.
- Beh, non mi pare che quelle siano
solo ferite… - Disse acido indicando un pirata morto.
- Non possiamo controllare gli
altri. - Disse Gauche spingendo Jiggy dietro una colonna, subito fuori
la locanda, per proteggersi dai colpi vaganti. - Ma possiamo
controllare noi. - Gauche così strinse la pistola e la puntò contro un
pirata che stava per colpire a morte un civile. Sparò alla gamba e
questi cadde ferito e dolorante, perdendo l’arma. Lode corse a
recuperarla e la tenne per sé, infine diede un colpo alla nuca al
ferito che svenne, mettendolo fuori gioco.
- Gambe e braccia e li ferisci. Li
disarmi. Li metti fuori gioco. Passi oltre. - Spiegò pragmatica Lode,
Gauche annuì e la dingo partì uscendo dal riparo per buttarsi nella
cosiddetta mischia.
Gauche poi guardò Jiggy per vedere
se era pronto. Jiggy guardò il marasma che si consumava davanti a lui,
guardò la pistola e sospirando alzò le spalle annuendo.
- E andiamo! - Dopo di questo,
insieme uscirono avanzando all’attacco dei pirati. Dicendo
ufficialmente addio al loro ‘viaggetto niente male’.
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Capitolo 40 *** Una faida lunga un secolo ***
la_proporzione_perfetta40
*Ecco qua un altro capitolo.
Continuano le vicende di Jiggy, Gauche & co! Giunti in un'isola
apparentemente normale, Hunkrast, dove la gente ha avuto un buono
sviluppo autonomo, lontani dagli affari e dalle vicende di Ambeground e
dal Governo, proprio quando sembrava che le cose stessero andando bene
per una volta, arriva un attacco pirata ed ecco che le cose si
complicano. Una nuova battaglia all'interno di una guerra più grande
prende forma ed anche se loro non avrebbero voluto intromettersi,
questa volta non hanno scelta. Vediamo cosa significa Gauche per Jiggy
nonostante non sia più il suo autentico ragazzo, ma quanto di più
vicino. Buona lettura. Baci Akane*
40. UNA FAIDA LUNGA UN SECOLO
"La tua libertà
si sta consumando, quel che diventeremo è il contrario di quel che
vogliamo. Inchinati."
/Muse - Take a bow/
Gli spari delle pistole facevano un
gran chiasso, lasciando una puzza di piombo nell’aria. Una nuvola si
alzava lenta e incessante sopra la città. Ad un certo punto vedere
divenne complicato e Jiggy si mise la sciarpa sul viso per coprire naso
e bocca e solo con gli occhiali da corsa riuscì a continuare a mettere
fuori combattimento i pirati il cui numero era sorprendentemente
elevato.
“Sono ben organizzati per essere
dei bastardi!”
Pensò non avendo idea di cosa ci
fosse dietro attacchi simili.
Purtroppo perse presto di vista
Gauche e Lode, sperò che se la cavassero e che stessero bene e appena
notò che i pirati rimanenti si ritiravano, i residenti alzarono le armi
in alto gridando vittoriosi.
- Si ritirano! - Urlarono felici.
Jiggy rimase con occhialini e sciarpa sul viso, mise alla cintura la
pistola di piombo, vicino alla sparacuore, e prendendo un pezzo di
cartone da terra iniziò a sventolare per togliere la polvere, in modo
da dissiparla e ritrovare Gauche.
Lo chiamò inizialmente calmo, poi
spazientito, poi arrabbiato.
Gauche non rispondeva e mano a mano
che trovava persone, feriti, morti o sani che fossero, mano a mano che
la nuvola si diradava, si rese conto che di Gauche non c’era traccia.
- Hai visto Gauche? - Chiese Lode
senza assicurarsi sulle condizioni di Jiggy di cui probabilmente le
importava poco.
Jiggy scosse il capo corrucciato,
chiaramente nemmeno lei lo aveva visto.
- Dividiamoci, questa zona l’ho già
setacciata. - Disse lui indicando quel che aveva controllato.
- Io ho visto di là! - Rispose lei
pratica partendo alla volta di un altro angolo di città.
Dopo diverso tempo passato a
cercare Gauche, realizzarono con orrore e angoscia quale era la verità.
- Ragazzi, mi dispiace essere io a
dirvelo, ma probabilmente i pirati lo hanno rapito. - Disse uno dei
responsabili della città. Jiggy lo fissò come si poteva fare con uno
scarafaggio, Lode fu più brava a controllarsi.
- Come rapito? E perché? È un
forestiero, non ha nulla a che fare con voi! - tuonò Jiggy mettendo
automaticamente la mano alla pistola di piombo.
- E vallo a chiedere a quei pazzi!
Ogni volta che attaccano rubano tutto quello che riescono, per lo più
pietre ed oggetti che funzionano con le pietre. E poi se riescono
rapiscono consiglieri, capi o responsabili! - rispose veloce e
spaventato dai suoi modi furiosi, le mani alte davanti al viso.
- Ma perché?! - Tuonò ancora,
avvicinandosi sempre più adirato. - Non ha senso! Prendono oggetti che
non hanno, che per loro sono preziosi! Che se ne fanno delle persone?!
- Jiggy non riusciva proprio a capire e si aggrappava a quello per
sapere quanto grave potesse essere il rapimento di Gauche.
- Beh… c’è una faida fra noi e
loro. Noi siamo la città sviluppata, siamo i ricchi, per loro. Loro
invece sono quelli sotto sviluppati. I poveri. Sono nati in terre
desolate, senza pietre e ricchezze di alcun genere e tutto quello che
sono in grado di fare è rubare. -
- Questo lo capisco, ma perché
prendere le persone e non solo le cose? - Jiggy stava per estrarre la
pistola e sparargli, la vena gli batteva nella tempia e la rabbia
cresceva copiosa.
- Vedi… - Fece a quel punto l’uomo,
come se capisse che in qualche modo la sua gente era responsabile. -
Loro hanno da sempre chiesto di integrarsi a noi, di vivere con noi. Ma
noi glielo abbiamo sempre impedito… -
- E perché?! - Jiggy cominciò a
gelarsi nel vedere finalmente l’odio recondito e probabilmente giusto
di quei pirati.
- È semplicemente così da
generazioni, noi ci limitiamo a portare avanti una sorta di usanza.
Sono problemi che risalgono ai nostri nonni. Forse, semplicemente, una
mela marcia non diventerà mai buona da mangiare! - La spiegazione
sconvolse e shoccò Jiggy come ancora non pensava potesse succedere.
Guardò Lode la quale aveva un’aria liberamente schifata, poi lui scosse
il capo e alzò gli occhi al cielo incredulo.
- E poi sono loro i bastardi? -
Poi voltò lui le spalle andandosene
affiancato da Lode.
- Senti, mi dispiace, è che… -
Cercò di giustificarsi l’uomo. Jiggy si fermò e strinse i pugni, voleva
tagliarli fuori, ma poi si rese conto che non poteva assaltare i pirati
nel loro covo da solo con Lode. E poi aveva bisogno delle loro lettere.
Si morse il labbro e sospirò
frustrato. Lode lo guardò stupita.
- Ok. - Grugnì a denti stretti. —
Ok!- E si voltò puntando il dito furioso contro di loro, il tono duro:
- Adesso raduna tutti quelli rimasti in grado di combattere! Tutti
insieme andremo a recuperare le persone rapite! Dopo di che ci darete
le vostre lettere e ce ne andremo! Queste sono le uniche scuse che
accetteremo! Altrimenti suggerirò al gaichu Spiritus, quando si
sveglierà, di cominciare da questa città! - Chiaramente non poteva
farlo, ma loro non avevano idea di cosa poteva fare la gente di
Amberground. Per loro erano al pari dei maghi, quasi. Per qualche
strana ragione ignota.
Jiggy aveva dato l’ordine di
radunare tutte le armi a disposizione, sembrava avere tutta
l’intenzione di fare una strage e da come controllava le munizioni che
gli portavano come se fosse il generale dell’esercito, aveva un’aria
furiosa.
- Vuoi ucciderli tutti? - Chiese
Lode che si limitava ad affilare il suo coltello.
- Certo! - Rispose secco senza
alzare lo sguardo dalle numerose armi, fra pistole, mitraglie e
addirittura dei cannoni chiamati bazooka.
- Questo è quello che farei io. -
Disse lei prendendo in mano una mitraglia che vedeva per la prima
volta. Erano molto sviluppati, ma non avendo mai avuto a che fare con
il governo, i problemi e gli affari di Amberground, per questo avevano
potuto e dovuto arrangiarsi e seguire un progresso sorprendente.
- Ed è quello che farò io. -
Concluse secco Jiggy prendendo una pistola e puntandola per provarla.
Non era molto diversa dalla sparacuore, solo che serviva più fermezza
nell’uso.
- Certo. Prima di Noir. - Poi Lode
alzò gli occhi al cielo e sospirò infastidita. - Gauche. Prima di
Gauche, o nel periodo in cui non c’era… avresti agito così. Ma lui ti
ha cambiato. Ti cambia ancora. Non sei più così. Non devi. - Jiggy mise
giù la pistola con un tonfo, mentre intorno a loro nella sala centrale
del palazzo militare, il via vai continuava. Prese una mitraglia e
cercò di capire come si usava, i movimenti erano sempre più furiosi,
come la sua espressione cupa.
- Invece ti sbagli! Sono ancora
così. Devo. E voglio! Hanno preso Gauche, hanno preso il mio Gauche!
Non la passeranno liscia! Non importa chi sono e che storia hanno. Non
sono affari miei! - Era incastrato in un’inquadratura rigida con dei
paraocchi enormi, Lode sospirò e gli corresse la posizione della
mitraglia, più pratica di armi di lui.
- Non vuoi, invece, perché sai che
Gauche non vorrebbe. E tu sei il primo a non volerlo scontentare. - Con
questo Lode si prese una pistola a piombo e delle munizioni, poi disse
che lo aspettava fuori, dava un’occhiata di perlustrazione al porto e
che controllava la sorella di Niche.
Jiggy rimase solo a pensarci,
dubbioso, arrabbiato, nervoso e con la voglia di usare quel cannone
così grande. Poi sospirò e scosse iroso la testa strofinandosi il viso.
Voleva solo riavere Gauche, tutto
lì. Quella storia per lui era una seccatura, non gli importava nulla di
aiutare quella gente, non più di quanto potesse importargli aiutare il
resto di Amberground.
Per lui contavano sua sorella, suo
fratello, le persone che aveva conosciuto, che lo avevano aiutato, che
erano stati buoni con lui. Come Lag, Lloyd, Aria, il dottor Thunderland
Jr.
Zazie.
“Quello non sarebbe in grado di
guidare un esercito. Lavora meglio da solo. No, Zazie si sarebbe
infiltrato da solo di nascosto, avrebbe recuperato Lag, sempre di
nascosto, e se ne sarebbe andato. Poi Lag lo avrebbe obbligato ad
aiutare anche gli altri!”
A quel pensiero sorrise, poi si
fermò e si raddrizzò serio mentre l’idea prendeva forma rapida.
“Però ha ragione, se vado con un
gruppo armato fino ai denti quel che ottengo è l’ennesimo scontro
sanguinoso e chissà quante vittime, magari fra le quali proprio Gauche.
In realtà sebbene il primo istinto è quello di andare con un cannone a
farli tutti fuori, devo usare il cervello. Se l’obiettivo è riavere
Gauche sano e salvo, devo usare l’astuzia, non la forza.”
Jiggy rimase ancora un attimo a
pensare fissando assente le armi che venivano portate e la gente che
andava a radunarsi in un salone a parte, come da lui ordinato, in
attesa di un piano.
Ci mise qualche minuto al termine
del quale scosse il capo ancora, prese due pistole e diverse munizioni,
si assicurò di avere il solito coltello di scorta, la pistola
sparacuore, infine prese una giacca ed un copricapo tipici di quelle
parti, ammassate in un tavolo in fondo. Li indossò e silenzioso senza
farsi notare se ne andò.
Quando Gauche si svegliò, la prima
cosa che sentì fu una forte fitta alla testa sfociata ben presto in un
dolore continuo. La seconda fu il freddo e l’umido che penetrava fin
nelle ossa.
Si raggomitolò e si strinse nei
vestiti logori e bagnati che indossava, probabilmente si stava anche
ammalando, da quanto dormiva in quel freddo, bagnato a quel modo?
I capelli si erano asciugati male
ed erano un bianco sporco, sul crespo andante e spettinati. Gauche si
guardò intorno, era più buio di fuori dove almeno le stelle davano una
minima visuale.
Cercò di abituare gli occhi al buio
e di capire se c’erano rumori o respiri. E c’erano entrambi.
Persone che tremavano, dal respiro
si capiva bene.
- Quanti siamo? - Chiese per capire
dove fossero e quanti.
- Almeno una decina, temo… - La
voce familiare dell’uomo responsabile della città con cui aveva parlato
il primo giorno, gli rispose. Gauche gattonò fino a raggiungerlo e vide
la sua ombra seduta contro una parete dura e bagnaticcia. Da qualche
parte uno scolo, delle gocce.
- Siamo in una grotta. - Disse
capendolo dall’umidità e dal rimbombo di quelle gocce. - Da quanto? -
- Sarà un paio d’ore… - Gauche
annuì.
- Dobbiamo stare vicini e cercare
di scaldarci. - Il capo concordò e chiamò a sé gli altri prigionieri,
poi Gauche si fece raccontare la storia, il motivo dei rapimenti oltre
che dei saccheggi.
- È una guerra che va avanti da
generazioni, si è perso il vero senso di questa faida. Noi ci siamo
ritrovati con questo odio sfrenato e basta. -
- Potrebbero occupare la città,
impossessarsene. Farvi prigionieri nel vostro paese. Perché rubare,
rapirvi e ritirarsi? - Il capo si strinse nelle spalle.
- Siamo superiori in numero ed
armi. Siamo più forti. - Gauche annuì capendo, anche se era incredulo
sulla motivazione di quella guerra.
- Perché non trovate un accordo per
smetterla? Non avete nemmeno idea del perché vi combattete e vi fate
del male… - Il capo non sapeva cosa rispondergli, in realtà.
- Non hanno mai cercato il dialogo,
noi ci siamo sempre limitati a difenderci, loro capiscono solo il
linguaggio delle armi. Noi rispondiamo a tono. Se volessero parlare,
noi parleremmo! - Una risposta ragionevole, si disse Gauche.
Ora stava solo da sentire l’altra
campana e vedere perché non cercavano un dialogo.
Gauche ne aveva passate molte e
sapeva che da solo poteva fare poco se non provare a capire al meglio
la situazione. Jiggy sicuramente stava per guidare un assalto in stile
distruttivo, voleva evitare di fare stragi inutili. E poi magari fare
qualcosa gli impediva di sentire quel freddo micidiale.
- Dov’è lo straniero di
Amberground? - Una voce bassa e seria si levò dal fondo della caverna
in cui erano radunati. Gauche si drizzò, quella voce era familiare. Era
mascherata, forse, ma familiare.
Non riuscì a fare velocemente mente
locale, specie per il fatto che aspettava Jiggy ad armi spianate con un
gran chiasso a seguito. Perciò pensando che fosse il momento perfetto
per parlare con i pirati, come li chiamavano i residenti, si fece
avanti alzandosi in piedi, sempre intirizzito e freddoloso.
- Eccomi, sono qua. - Rispose con
voce chiara e calma, avanzando verso la voce, per ora solo un’ombra e
niente altro.
- Per di qua, il capo vuole parlare
con te. - Disse l’uomo a Gauche, una volta che l’ebbe davanti. Gauche
avanzò e appena furono fuori dall’antro della caverna, in una sorta di
galleria di collegamento fra un antro e l’altro, la mano ferrea si
chiuse sul braccio di Gauche fermandolo. Poi immediatamente imprecò.
- Dannazione, sei così bagnato!
Tremi! Porca puttana, così ti ammalerai! Maledetti bastardi! - E prima
di poter capire cosa stava succedendo, Gauche si trovò ricoperto di una
giacca uguale a quella dei pirati.
- Ma che… - L’uomo lo spinse in un
angolo ancora più buio e contro la parete gli si mise davanti, poi
vicino al suo viso si scoprì la parte inferiore, la bocca ed il naso.
La testa era avvolta in una stoffa lunga legata sulla nuca che scendeva
sulla schiena, in stile pirata. Ma Gauche riconobbe la voce e la
cicatrice che al buio intravedeva.
- Jiggy! - Esclamò mettendogli le
braccia al collo. L’abbraccio li riscaldò entrambi lasciandoli in una
sorta di pace momentanea, un sollievo che non pensavano avrebbero mai
potuto provare solo per essersi rivisti.
- Ti aspettavo con un esercito a
sparare a caso! - Disse separandosi da lui, Jiggy ridacchiò mettendogli
in mano una pistola a piombo.
- Era quello che volevo fare, ma
Lode ha detto che non ti sarebbe piaciuto. - Gauche sorrise.
- Per quanto mi abbia conosciuto
come Noir, ora ha capito subito qual è la mia autentica indole… -
Rispose sorpreso, sorridendo. - Dov’è? -
- È fuori, controlla la situazione,
che non arrivino rinforzi e cose così. Mi sono infiltrato da solo, ho
messo fuori gioco le guardie fuori dalla caverna e ho preso i loro
vestiti. Qua dentro è così buio che non ci si vede un cazzo! Non è
stato difficile. Adesso ce ne andiamo. Tieni, nascondi i capelli
bianchi! - La giacca era la stessa usata dai pirati che aveva abbattuto
fuori di guardia, era nera. Jiggy tirò fuori una seconda bandata e
gliela legò sulla testa, ma Gauche alzò il dito e lo fermò deciso.
- Non se ne parla, cosa facciamo
una volta che ce ne andiamo? - Chiese con fermezza. Jiggy alzò gli
occhi al cielo.
- Cerchiamo delle isole senza
psicopatici! -
- E pensi di trovarle? -
- Intanto penso che dobbiamo
andarcene! - Brontolò seccato. Gauche però calmo e deciso non cambiò
idea.
- Senti. Ci sono almeno una decina
di prigionieri, oltre tutto ci servono le lettere di tutti! E
quest’isola è grande, ci saranno altre città da controllare. Non
possiamo semplicemente andarcene! - Continuò Gauche usando la bandana
non per mascherarsi ma per asciugarsi meglio. Gli restituì la pistola.
- E cosa suggerisci di fare? -
Gauche sorrise e gli prese il viso fra le mani con un sorriso placido
in quel misto fra il vero Gauche e Noir.
- Semplice. Risolviamo questa
vecchia faida! - Jiggy alzò gli occhi al cielo di nuovo imprecando.
- Facile! - Brontolò. Gauche
sorrise e lo baciò.
- Fai finta di essere uno dei loro,
copriti la faccia. Certo che con quella cicatrice non fatichi a
passarti per uno di loro. - Gauche era convinto di quello che faceva,
Jiggy per nulla, ma chiaramente, come sempre, si faceva quello che
voleva lui. Perché Gauche era Gauche.
“E poi prendo in giro Zazie che
accontenta sempre Lag?”
Così dicendo lo vide che si
toglieva la giacca dei pirati, lui a quel punto si coprì la faccia,
strinse la pistola e scuotendo la testa gli fece strada verso la grotta
dove erano radunati gli altri pirati.
A quel punto rimaneva solo una
cosa. Sperare che Gauche sapesse davvero quello che faceva. Anche se
dal fatto che era l’unico sopravvissuto dalla capitale e poi da
Reverse, c’era da credere che potesse fare qualunque cosa.
Per Jiggy comportarsi come uno di
loro non fu difficile, usò semplicemente il suo tipico tono duro e
tagliente quando introdusse Gauche con i polsi legati per finta.
- Il prigioniero di Amberground ha
chiesto udienza. - Disse secco.
Gli altri pirati si stupirono della
richiesta.
Nell’antro in cui erano radunati,
sufficientemente grande per contenere una ventina di uomini dai
trent’anni in su, c’era un fuoco acceso attorno cui erano radunati per
scaldarsi, sembravano intenti in una riunione per stabilire il da farsi
coi prigionieri.
Si fermarono e guardarono Jiggy,
nell’ombra, la bocca coperta con un fazzoletto, una bandana sui
capelli, la pistola stretta in mano, l’altra a tenere Gauche.
- E tu l’hai accontentato? - Chiese
iroso uno di loro staccandosi dal gruppo. Quella era una sorta di
prigione, i presenti erano una minima parte dei pirati totali radunati
in altri lidi.
- Non avevo ragione per
rifiutarglielo. Non è uno di loro, è uno straniero. - La logica di
Jiggy non la batteva nessuno, Gauche si sentì soddisfatto al suo
fianco. Gli uomini si guardarono scrutandosi per capire cosa fosse il
caso di fare, poi quello che sembrava il capo si staccò dal gruppo e si
fece avanti. La pistola nella cintura insieme ad un notevole coltello a
portata di mano.
- Parla, straniero. Vuoi proporci
uno scambio? - Era la cosa più sensata a cui pensare.
Gauche non aveva la minima paura,
paura era la luce del sole artificiale, paura era Akatsuki, paura era
la montagna di corpi scartati dal progetto sperimentale spirito
artificiale. Paura era ben altro, che quello.
Lo sguardo alto, gli occhi viola
fissi su quelli dell’uomo poco più alto di lui, sulla cinquantina, un
ruolo ereditato da un padre morto, probabilmente, che l’aveva
indottrinato per far quanto più male possibile.
- Vorrei chiarire subito la mia
posizione. Io sono neutro, non sono dalla parte di nessuno. Mi trovavo
là per gli stessi affari per cui poi avrei cercato voi. - Disse calmo
ma con voce chiara.
- E sarebbero? - Chiese l’uomo un
po’ impaziente ed un po’ curioso.
- Sono nativo di Amberground,
Yusari. Sono un Bee, un portalettere. Sono stato nella capitale, ho
visto il sole artificiale coi miei occhi. Ho perso il cuore in quel
sole. Sono quasi morto. Sono resuscitato col nome di Noir. Mi sono
perso. Ho viaggiato alla ricerca di una vendetta, un riscatto, ma poi
mi sono ritrovato ricongiungendomi con la mia vita precedente. Ma quel
che ho perso non lo ritroverò più e questo per colpa del sole che ha
fatto a me quel che ha fatto e continua a fare a miliardi di persone
innocenti. Sono qua per portare un messaggio, per spiegare come stanno
le cose nel mondo che abitate, per svelare segreti vitali e per una
richiesta d’aiuto disperata. In cambio di questo, vi aiuterò a mettere
la pace fra voi ed i residenti di Hunkrast. - Lo disse con una calma ed
una padronanza di sé che colpì subito il capitano davanti a lui. I suoi
occhi fissi non batterono ciglio, il suo tono non esitò un istante.
Jiggy sospese il fiato, la mano
stretta nella pistola abbandonata lungo il fianco, pronto ad usarla a
costo di andare contro tutti al suicidio sicuro.
Ci fu un momento durante il quale
era chiaro l’esito incerto.
Poi l’uomo davanti a loro incrociò
le braccia al petto e con aria interessata e corrucciata, disse:
- Ti ascolto. Come pensi di
aiutarci a porre fine ad una faida che va avanti da un secolo? - Il
tono non era canzonatorio, non era convinto che fosse uno spaccone
anche perché Gauche non si era assolutamente presentato con
presunzione. Però era sinceramente curioso di sapere come lui,
straniero di un altro mondo, potesse aiutarli.
Gauche non sorrise, non si turbò,
non si intimidì.
- Voglio sapere la vostra storia. -
Disse semplicemente, senza fare discorsi altisonanti di pace ed
uguaglianza. Il capitano rimase di nuovo colpito da quei suoi modi
semplici e diretti, non aveva paura di essere sfacciato. Alcuni
reagirono con rabbia, convinti che stesse esagerando in qualche modo,
ma poi l’uomo alzò la mano e li fermò serio senza guardarli nemmeno.
Nessuno fiatò.
La luce tenue e calda del fuoco li
illuminava solo parzialmente, la voglia di avvicinarsi e scaldarsi
nonostante la paura di essere riconosciuto per Jiggy era alta, però non
si mosse.
- Sai, quello che hai detto… sulla
luce che ti ha rubato il cuore, e poi sul perderti e ritrovarti seppure
senza quel che hai perduto… mi colpisce… sembra il destino simile a
quello di molti dei miei uomini andati alla ricerca di posti migliori
dove stabilirci. - Gauche e Jiggy cominciavano ad immaginare una storia
infame e triste dove un popolo nato nella sfortuna di un’isola priva di
pietre spirituali e ricchezze, si era ritrovato a stare lì nell’ombra e
nel freddo a macinare odio ed invidia, trasformandosi in quel mostro
che poi, a guardarlo alla luce di un fuoco tenue, non sembrava altro
che un povero animale denutrito.
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Capitolo 41 *** Quel pezzo che rimane di lui ***
la_proporzione_perfetta41
*Eccoci con un altro capitolo,
questo è l'ultimo sulle avventure di Gauche, Jiggy, Lode e la sorella
di Niche nel mondo oltre oceano. Concludiamo le vicende dell'isola
Hunkrast e della faida fra i residenti ed i pirati ed immergiamoci in
un'altra reatlà dove, per uscirne, dovranno essere pronti a sacrificare
di più che qualche ora del loro tempo. Mi sono divertita molto a creare
situazioni e scenari nuovi incrociandoli con il mondo di Letter Bee, in
un ipotetico oltre oceano peggiore di Amberground per certi versi, per
altri più fantasioso. Avrei una mezza idea di tornare con un'altra fic
a scrivere ancora di questi posti e di queste avventure, ma vedremo.
Buona lettura. Baci Akane*
41. QUEL PEZZO CHE RIMANE DI LUI
"Una
gara La vita è una gara Ma io vincerò Sì, vincerò Ed accenderò la
miccia E non perderò mai E scelgo di sopravvivere A qualunque costo"
/Muse
- Survival/
Jiggy guardava Gauche esterrefatto,
scuotendo la testa mentre il capo del villaggio stringeva la mano al
capo dei pirati in una sorprendente tregua che non aveva portato ad
alcun spargimento di sangue, non più di quello che era stato prima, in
città.
- Che c’è? - Chiese Gauche notando
che Jiggy lo guardava senza crederci.
- Riesci a fare qualunque cosa. Non
importa cosa. Tu riesci. - Disse incredulo. Gauche sorrise dolcemente e
si avvicinò al compagno piegando la testa di lato.
- Stai bene con la bandana, ora che
ti vedo fuori dalla caverna. - Rispose come se fosse normale.
Jiggy prese una ciocca incrostata
dei suoi capelli con aria schifata.
- Tu invece fai schifo coi
capelli sporchi! -
- Perciò significa che non mi
toccherai finché non mi lavo? - Chiese malizioso. Jiggy annuì convinto.
- Matematico! - Con questo tornò a
controllare i due uomini rappresentanti di due fazioni opposte da
generazioni.
- Il male comune crea alleanze? -
Lode intervenne raggiungendoli dopo aver avvertito di corsa il gruppo
di residenti radunati in mare, pronti a sbarcare e attaccare.
Gauche si strinse nelle spalle e
Jiggy li indicò col mento.
- Hanno visto coi loro occhi quel
che succede ad Amberground… si sono cagati sotto! - Gauche ridacchiò al
modo in cui l’aveva detto e aggiunse un po’ del suo:
- Hanno capito che se c’è speranza
di salvarsi, è solo unendo le forze di tutti. E poi ho usato il trucco
dei proiettili del cuore con loro. - Lode lo guardò senza capire come
avesse potuto.
- Gli ha dato la sparacuore ad uno
e poi all’altro, nel faccia a faccia. Naturalmente quei due imbecilli
si sono sparati pensando che potessero farsi del male, anche se non
come i proiettili di piombo. -
- E poi il proiettili del cuore
hanno fatto il resto. - Concluse lei.
- Hanno visto e sentito che ognuno
era in buona fede e che non avevano la minima idea del perché dovessero
odiarsi. L’hanno semplicemente fatto. - Continuò Gauche calmo mentre i
prigionieri uscivano scortati dai pirati con le armi abbandonate.
- I pirati rubavano perché non
avevano scelta. I residenti li respingevano perché loro li derubavano.
Ed in pochi anni si è perso il senso di tutto questo. - Riassunse Jiggy
amaro, con aria di disapprovazione e rimprovero.
- Odiare è più facile che amare. -
Disse Lode con la stessa durezza.
- La verità è che erano così
stanchi anche loro di uccidersi a vicenda, che appena qualcuno ha
mostrato loro la verità, l’hanno abbracciata. - Gauche rimase ad
osservare le due diverse popolazioni che cominciavano ad interagire fra
di loro, andando verso le navi per spostarsi nell’isola più grande di
Hunkrast, dove il resto della popolazione li aspettava per ricominciare
e ricostruire, increduli che davvero fosse finito tutto.
- La paura fa miracoli. Questa pace
la dobbiamo all’imminente Apocalisse. Se dobbiamo trovare qualcosa di
buono da questo scempio è questo. - Disse infine Jiggy osservando i due
capi parlare di piani e programmi, in quando i pirati erano molto più
capaci nel combattere, mentre i residenti nel costruire. Gauche e Lode
lo guardarono incuriositi e lui continuò: - Nessuno vuole morire
davvero ed il mondo sta finendo. Si stanno creando alleanze inaudite
ovunque, le faide crollano, si collabora a vicenda. Reverse e i Bee
alleati? Ma ci credete, voi? - Con questo Jiggy si voltò e se ne andò
alla ricerca di un posto in una della navi di salvataggio, voleva solo
tornare in quell’albergo e aspettare che Gauche si disincrostasse per
poi scaldarsi con lui nel letto, mangiare, riposare.
Ogni momento poteva essere
l’ultimo, lui lo viveva così.
Gauche sorrise dolcemente mentre
Lode lo seguiva indicandogli una piccola scialuppa che stava già per
partire.
“Se sopravviveremo tutti, il mondo
non sarà mai stato così unito! Forse per avere la pace, bisogna avere
la guerra. Ha senso?” Al richiamo di Jiggy, Gauche si affrettò e li
raggiunse. Un’altro passo per completare la sua missione, era stato
fatto.
E Jiggy e Lode stavano bene.
C’era ancora speranza dopotutto.
I polsi stretti nelle corde che
tiravano le braccia allargandole. Ogni muscolo era indolenzito, mentre
i brividi di freddo li percorrevano.
Anche le caviglie erano legate in
modo da tenere le gambe larghe. Bloccati come appesi in una croce.
- Se riusciamo a liberarci da qui,
questa volta rinunciamo alle lettere! - Grugnì a denti stretti Jiggy
esasperato.
A volte gli sembrava di essere in
una giostra dove quando ti fermavi, scendevi in una casella a caso e
dovevi avere fortuna, una maledetta fortuna.
- Se ci liberiamo li facciamo
ragionare! - Commentò Gauche calmo guardando Jiggy nella sua stessa
posizione a croce.
- Auguri per quello! - Sbottò
seccato. - Non è che ci fanno un favore dandoci retta, lo fanno a loro
stessi! Sembra che ci venga qualcosa in tasca venendo ad avvertirli! -
Continuò arrabbiato cercando di non abbandonarsi al freddo che lo
intorpidiva.
- Beh, gli chiediamo delle lettere…
- Lo fece ragionare Gauche ancora una volta, sempre mantenendo la
tranquillità. Jiggy scosse il capo incredulo.
- Vorrei sapere come fai! - Gauche
sorrise.
- Presto Lode arriverà. - Commentò
calmo.
- Bene, nel frattempo pensa a come
convincere quegli idioti a farti sparare un proiettile per mostrare
quello a cui non credono! -
Nell’isola successiva i due ragazzi
erano stati catturati e disarmati, creduti delle spie venute dall’altro
mondo per sovvertire le sorti del Paese. Non potendo sparare con la
sparacuore, non avevano avuto l’occasione di mostrare la loro buona
fede. Li avevano subito imprigionati.
Almeno erano insieme!
Un movimento fluido e leggero
attirò la loro attenzione, i due si girarono e videro con sollievo Lode
ed il suo coltello saltare giù dal soffitto.
- Siamo finiti all’inferno! -
Commentò Lode liberando prima Gauche e poi Jiggy.
- Quanto ottimismo! - Commentò
acido Jiggy.
- Beh dai, non sarà così grave… -
Cercò di alleggerire Gauche massaggiandosi i polsi liberi. Jiggy si
avvicinò per vedere le sue effettive condizioni, poi gli mise la giacca
che gli avevano tolto, recuperatala da una sedia nell’angolo della
stanza in cui erano tenuti prigionieri.
- Lasciate che vi spieghi! -
Rispose secca Lode mentre cercava in giro delle armi senza successo,
ripiegando perciò su dei tubi in ferro che consegnò a Gauche e Jiggy.
- Siamo nei sotterranei. La
struttura è scavata nel terreno, è come una torre al contrario, noi
siamo nel livello più basso. I livelli sono 6. Il sesto è il piano
terra, da cui si può uscire. Su ogni piano c’è un laboratorio
sperimentale. Credo che siamo finiti negli scarti del governo. Se il
governo è il cattivo perché hanno fatto sperimenti e hanno dei segreti
atroci, questi sono i cattivi dei cattivi, sono quelli che il governo
ha reputato eccessivi ed hanno esiliato. Perciò le cose che vedrete nei
piani superiori fanno schifo, ma se vogliamo salvarci e continuare con
la missione, non possiamo fermarci e porre fine a tutto. Dobbiamo
salire silenziosi come dei fantasmi e salpare da quest’isola! Qua non
troveremo lettere, solo orrori. -
- Come dicevi, l’inferno. -
Concluse di nuovo Jiggy concordando con Lode.
Gauche, sistemato nella sua calda
giacca da Bee, si avvolse la sciarpa intorno al collo, mentre Jiggy si
allacciava la propria stringendo meglio l’asta di ferro che sarebbe
stata l’arma.
- Proprio per questo non ce ne
andremo senza fare nulla. - Disse Gauche sicuro.
- Hai sentito che ho detto? Non
troveremo lettere! - Gauche scosse ancora la testa.
- Non lasciamo indietro nessuno,
non chiuderemo mai più gli occhi. Siamo scappati da un ambiente uguale
a questo. E non faremo finta di nulla. - Gauche era molto serio e
chiaramente non sembrava ammettere repliche.
Jiggy e Lode lo guardarono risoluto
e sospirarono in perfetta sincronia, scuotendo i capi rassegnati.
- Siamo in tre, siamo disarmati e
non conosciamo niente di questo posto. - Tentò infine Jiggy sapendo la
sua risposta.
- Allora come prima cosa ci
armeremo. Devo essere io a ricordarvi che siamo fra i tre più forti nel
combattimento e nelle strategie? - Rispose sempre calmo e padrone di sé
e della situazione Gauche. Jiggy sospirò mentre Lode alzava gli occhi
al cielo.
- Se dobbiamo farlo è meglio
sbrigarci, parlavano di un grande evento fra non molto. - Con questo i
tre si guardarono e d’accordo per cominciare, si avviarono alla porta
che separava i sotterranei dalle scale e quindi dal piano superiore.
Il caos dirompeva intorno a loro,
l’ultimo piano divenne palco di una battaglia molto più sanguinosa di
quel che avrebbero voluto od immaginato.
Guidati dai tre stranieri, i
prigionieri liberati, cavie delle iene del governo, così li aveva
soprannominati Jiggy durante la conquista dei vari piani, ognuno stava
dando il proprio contributo, ma chiaramente incattiviti da quello che
avevano subito, presto divennero praticamente ingestibili.
Gauche andava dritto senza
fermarsi, sparava ad uno e proseguiva, sparava all’altro e proseguiva.
Nella mente i ricordi di quello che
aveva trovato nei piani appena superati, ricordi che si sovrapponevano
coi propri, quando era finito nella discarica del governo insieme a
migliaia di corpi morti.
Non poteva, non voleva fermarsi.
Uno ad uno cadevano. Jiggy, vicino
a lui, faceva piazza pulita preciso e senza esitare. Non guardava
intorno, non cercava alcun capo o membro importante. Lui si limitava a
fare spazio intorno a Gauche e a controllare che nessuno arrivasse a
lui una volta che andava avanti.
E fece in tempo ad alzare gli occhi
oltre la sua testa per vedere il fucile di precisione nell’angolo alto
del piano che stavano conquistando.
Fu una frazione di secondo, più un
riflesso che altro.
Come se il suo corpo fosse
programmato per muoversi in quel modo in una situazione del genere.
Il luccichio, un rumore secco
provenire dall’alto e prima ancora di pensare, Jiggy si stava buttando
su Gauche, trascinandolo a terra.
Gauche non avendo visto il
cecchino, si sentì spingere a terra improvvisamente e senza capire si
sgrovigliò da Jiggy.
Rimase seduto e appena lo vide,
impallidì.
Jiggy non si mosse subito.
Gauche lo prese per le spalle e lo
girò supino, guardandolo in viso.
- Jiggy! Jiggy! - Chiamò agitato,
improvvisamente quella guerra era dimenticata, era uno sfondo lontano.
Improvvisamente il caos intorno non esisteva.
Per un momento Gauche riconobbe la
disperazione, strisciante, avvolgerlo. Riconobbe perfettamente quella
sensazione di paura raggelante che gli impediva di ragionare e capire.
Le sue mani sporche di sangue, il sangue del ragazzo che amava, che
Gauche amava, un Gauche non del tutto tornato ma che in quel momento
sembrava esplodere dentro di lui, come se fosse lì, sempre lì, pronto
ad uscire.
Il mondo sbiadì e gli occhi si
offuscarono, poi bruciarono e le lacrime scesero mentre prendeva il suo
viso privo di sensi, lo stringeva a sé, lo abbracciava gridando senza
la forza di urlare, di usare la voce.
Gridò disperato dentro di sé
stringendo forte gli occhi.
- Dai, è solo una ferita… - Disse
tossicchiando, la voce flebile contro il suo collo, dove aveva nascosto
il suo viso. Gauche lo scostò e lo guardò sospendendo lacrime, fiato e
reazioni.
Jiggy lo guardava con un’aria
sorridente, divertita, maliziosa. Poi alzò la mano e lo carezzò.
- Quanto sei apprensivo, sembravi
molto più distaccato! - Disse cercando di scherzare, sia pure lo
facesse con fatica visto il dolore alla schiena.
- Come… come stai? Dove ti ha
colpito? - Jiggy si mise faticosamente sul fianco.
- La schiena… ma penso verso la
spalla… - Il dolore era espanso ovunque e non era facile capire, in un
momento simile, quando sentivi un calore bruciare ovunque.
Il sangue era caldo, ma Jiggy
conosceva la sensazione fin troppo bene.
- Andiamo, devo portarti via di
qua, devo curarti! - Disse cercando di alzarsi con lui, tenendolo dalla
parte più sana.
- Ehi, adesso che la battaglia è al
culmine vuoi filartela? - Lo prese in giro. Gauche appoggiò la fronte
alla sua chiudendo gli occhi, ritrovando un po’ della calma persa.
- Ho delle priorità, fra le quali
c’è salvarti. - Ammise di nuovo calmo e diretto. Jiggy sorrise e gli
rubò un bacio veloce.
- Sistemami nell’angolo e vai dal
capo di questi sciroccati. Fatto fuori lui, finirà tutto… - Disse Jiggy
alzandosi aiutato da Gauche, preoccupato.
- Ma tu… -
- Non morirò se ti sbrighi! - Alla
fine Gauche tornò lucido ed in sé e capì che Jiggy aveva ragione,
arrivati a quel punto non solo non potevano fermarsi, ma avevano la
responsabilità di farlo finire.
Riluttante lo mise in un angolo,
coperto da un’impalcatura che gli permetteva non essere visto. Gli
lasciò la pistola carica e dopo un ultimo sguardo apprensivo che
ricordava tanto i tipici sguardi di Gauche, andò di nuovo nella
mischia. Jiggy strinse le labbra in una smorfia, chiuse gli occhi,
prese respiri profondi, poi riaprì gli occhi, impugnò bene la pistola,
sollevò il braccio e appoggiandolo all’impalcatura davanti, seguì
Gauche puntando a tutti quelli che gli stavano intorno, pronto a
sparare all’occorrenza.
Nessuno, nessuno glielo avrebbe mai
portato via.
Nessuno.
Steso a pancia in giù in uno dei
letti del laboratorio che avevano appena conquistato, le dita sottili
ed esperte di uno dei medici che vi lavoravano, stava richiudendo la
ferita di Jiggy.
Lui gli occhi aperti posati su un
concentrato Gauche che guardava con cura quel che il dottore faceva.
Avevano prosciugato quel posto, la
torre degli orrori, avevano liberato ed aiutato tutte le vittime e
quelle in condizioni instabili, ora erano in cura dagli stessi medici e
scienziati che li avevano ridotti in quelle condizioni.
Uno di loro ora stava curando Jiggy.
Nessuno di loro si era messo a fare
cose simili intenzionalmente, si erano limitati a lavorare sotto le
direttive costrittive delle iene del governo, perciò non avevano avuto
scelta che eseguire. L’unico da cui si erano dovuti guardare era stato
il direttore scientifico, colui che aveva progettato i vari livelli e
che controllava che i suoi sottoposti eseguissero gli ordini, nessuno
era lì di propria spontanea volontà, nessuno godeva nel trasformare
quella gente o nel vivisezionarla.
Dopo aver fatto fuori il direttore
scientifico e quello esecutivo di quel posto, in poco tempo la
battaglia era stata sedata con un annuncio e la dimostrazione che i
responsabili di quel posto erano morti. Così ogni soldato, ogni
scienziato, chiunque combattesse costretto dagli eventi, si era fermato
ed arreso.
Lode aveva aperto le porte esterne
per far andare via chiunque volesse andarsene, mentre aveva obbligato
gli scienziati a sistemare quel che si poteva sistemare sulle povere
vittime.
- Stai facendo grandi cose per
essere Noir. - Disse Jiggy il quale ogni tanto cercava di ricordare a
sé stesso che non era completamente il suo Gauche.
Gauche lo guardò sorpreso:
- L’istinto di una persona,
l’essere profondo e recondito, non muore finché un briciolo di cuore
resiste. - Spiegò calmo il compagno. Jiggy sorrise da steso, con la
faccia schiacciata sul lettino, mentre il dottore chiudeva la ferita
curata. L’ennesima cicatrice di guerra in un corpo non certo liscio e
perfetto.
Allungò il braccio verso di lui e
Gauche gli prese la mano.
- Lo so che lì c’è ancora un
pizzico di Gauche. - Rispose più calmo. - Ogni tanto ho bisogno di
sentirlo. - Sorrise.
- Perché non mi senti ancora
completamente lui? - Chiese l’altro, sapendo perché Jiggy di tanto in
tanto lo testava. Lui spense il sorriso, ma tirò a sé la sua mano
facendolo avvicinare al lettino, se la portò alle labbra e la baciò.
- Perché so che un giorno tornerai
tu al cento percento. Fino ad allora mi tengo quel pezzetto di lui che
mi è rimasto. -
“Perché pur di stare senza, anche
un piccolo pezzo va bene.”
Eppure era strano, eppure era quasi
come tradire l’autentico Gauche. A volte gli sembrava di stare facendo
un torto alla sua memoria, altre sapeva di non avere scelta, che quella
era la realtà, ora. Quello era il Gauche più Gauche che avrebbe mai
avuto e non aveva i suoi ricordi, ma c’era il suo carattere, i suoi
comportamenti. Lui li vedeva, come li aveva visti Lag. Quel modo di
salvare chi incontrava, quel rivedersi in ogni vittima, quel non
lasciare indietro nessuno.
Ed il preoccuparsi fino allo stremo
per le persone che amava.
Lì c’era sempre Gauche.
Eppure… eppure quel pezzo mancante,
di tanto in tanto, mentre lo guardava assente nei propri pensieri, in
un ricordo che non tornava, in un cuore martoriato… quando Gauche aveva
lo sguardo di Noir, a Jiggy in quei momenti si sentiva stonato e si
chiedeva se mai, alla fine di tutto quello, avrebbe ritrovato quella
nota. La nota che mancava, che stonava.
“Qualunque cosa succeda lo seguirò
ovunque. Perché in ogni caso lui è lì. E sarà comunque per sempre il
mio Gauche. In ogni caso.”
Con questo giuramento, lo attirò a
sé e gli rubò un bacio suggellando a sé stesso quella promessa. Aveva
smesso di sperare nella vita da tempo, adesso si limitava ad accettarla
così com’era. Semplicemente.
La nave d’oro composta dai capelli
della ragazza maka, trasformata nel corpo in ragazza uccello con delle
splendide ali per volare e sorvolare il mare, salpò sollevata nelle
oscure acque. Metà del ponte era pieno di sacchi di lettere, il viaggio
era ancora lungo e di isole da scoprire, isole da conquistare, isole da
salvare ce ne erano molte.
Gauche, Jiggy e Lode, aiutati dalla
sorella di Niche, non si sarebbero fermati fino a che non avrebbero
scovato ogni forma di vita, fino all’ultimo giorno, fino all’ultimo
secondo disponibile.
Per Lag, per la speranza di un
futuro migliore in cui forse solo Gauche credeva ancora, ma per cui
valeva la pena dare fondo ad ogni istante delle loro vite.
Perché per gente come loro, la resa
non era mai stata un’opzione, né mai lo sarebbe stato. E se per salvare
il mondo Lag aveva bisogno di lettere, loro gli avrebbero raccolto
tutte le lettere del mondo. Tutte.
Ad ogni costo. Nella speranza che
il sacrificio che stava compiendo il loro piccolo amico, non fosse
vano. Mai.
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Capitolo 42 *** Congelare i sentimenti ***
la_proporzione_perfetta42
*Ecco un altro capitolo. Da
qui si torna a Zazie e Lag e agli eventi del manga, certe parti sono le
stesse del fumetto perciò lì non sono stata molto approfondita e
descrittiva, mentre mi sono soffermata di più sul resto, retroscena e
scene extra. Ormai ci avviciniamo al gran finale, ma questo non
significa che mancano pochi capitoli, che poi totali sono 47. Penso di
aggiornare sempre il sabato salvo eccezioni. Buona lettura. Baci Akane*
42. CONGELARE I SENTIMENTI
"L'erba
era più verde La luce più brillante Il gusto più dolce
Circondati da amici Le notti di meraviglia La lucente nebbia
mattutina L'acqua corrente Il fiume senza fine Per sempre e sempre"
/High
Hopes - Pink Floyd/
‘Devi lasciarlo andare.’
“Come posso?”
‘Se non riuscirai a lasciarlo
andare, fallirai. Tutti saranno perduti.’
“Ma io lo amo.”
‘Se fallirai, morirà anche lui.’
“Come posso lasciarlo andare così?
I sentimenti sono sempre stati la mia forza…”
‘Proprio perché sono la tua forza,
devi chiuderli. Altrimenti quando ti serviranno per salvare tutti, non
ne avrai abbastanza.’
“Ma io non posso semplicemente
smettere di provarli.”
‘Non è questo che devi fare. Devi
chiuderli. Soffocarli. Congelarli.’
“Congelare i miei sentimenti…”
‘Specie quelli per lui.’
Silenzio.
‘Se lo ami, ci devi riuscire. Devi
riuscirci.’
Lacrime.
I giorni passarono, la disperazione
aumentò.
Il sole si spegneva sempre di più,
per sempre più tempo e Zazie aveva iniziato a capire che qualcosa che
poteva fare per Lag c’era, oltre a quanto aveva chiesto. Poteva
diventare più forte.
Per lui.
- Un mondo salvato da Lloyd chi mai
lo vorrebbe? - Si diceva con Connor, in attesa del suo ritorno. -
Mentre un mondo salvato da Lag, quello sì… -
Zazie non perse mai la fede, giorno
dopo giorno si rafforzò mentre il mondo andava via via sempre più alla
deriva.
I Bee si divisero nettamente da
Reverse cominciando a lanciare una personale campagna per la salvezza
di Amberground. Non li combattevano e non erano in guerra con loro come
una volta, ma non erano nemmeno effettivamente alleati. Ormai non
nascondevano più la verità catastrofica, avevano svelato tutto sia
Reverse che i Bee, volevano far sapere come stavano le cose, cosa c’era
dietro al sole che si spegneva sempre più spesso.
L’imperatrice stava morendo, il
sole era un caricatore che teneva sopito l’enorme gaichu primordiale,
Spiritus. Alla sua morte, egli si sarebbe svegliato.
Oltre questo, avevano rivelato che
il sole era il sacrificio dei cuori di tutte le persone.
In molti si schieravano dalla parte
di Reverse. Lloyd aveva raccolto molti sacrifici umani mentre la
ragazza coniglio, Chiko, arma finale per il proiettile che avrebbe
dovuto uccidere il gaichu, si preparava per andare alla capitale.
Sarebbe stata scortata dall’ufficiale governativo che aveva
ufficialmente richiesto un sostegno per l’Head Bee. Lloyd, poi, con
tutte le persone pronte a sacrificarsi per diventare parte del
proiettile della ragazza, si sarebbero mossi in modo alternativo.
Garrard aveva raccolto la richiesta
di sostegno da parte del governo per l’Head Bee che aveva il compito,
tramite il macchinario nella capitale, di sparare attraverso
l’Imperatrice conto il gaichu nel cielo.
Aveva intenzione di proporre Lag,
se fosse tornato in tempo, ma aveva chiesto agli altri Bee che se la
sentivano di prepararsi e proporsi per essere valutati ed eventualmente
prelevati dal capitano proveniente dalla capitale.
Così Zazie aveva passato il resto
dei mesi lontano da Lag.
L’aveva aspettato rinforzandosi in
attesa del suo ritorno. Sapeva che sarebbe tornato e lui l’avrebbe
sostenuto con tutto sé stesso.
La consapevolezza che forse non
sarebbe più stato sé stesso lo frenava dal sperare che il suo ritorno
fosse idilliaco, però l’avrebbe amato comunque. Se l’era giurato. Lag
l’aveva fatto anche per lui, non gli avrebbe voltato le spalle.
Era sicuro che ci sarebbe riuscito,
come l’aveva sempre saputo tutte le altre volte che poi aveva compiuto
i suoi miracoli.
Ogni tanto si parlava di Jiggy e
Noir che erano spariti nel nulla, avevano chiaramente in mente
qualcosa. O meglio Noir.
Di Jiggy nessuno aveva avuto
notizie dopo il suo avvicinamento a Reverse.
Solo Zazie.
Per puro caso, probabilmente.
L’aveva visto nella sua città
natale, era lì per delle consegne e ritirare le offerte per Lag che
aveva richiesto lettere di sostegno da parte della gente.
Jiggy era lì, quel giorno a
salutare suo fratello e sua sorella.
Da Lag aveva saputo la sua storia
il quale li aveva incontrati come primissima avventura, prima ancora di
diventare Bee.
Gli aveva detto che non aveva mai
rivisto i suoi familiari dopo che era diventato Bee, ma che aveva fatto
costruire una cattedrale ed un campanile, il rifugio di tutti loro
senza una casa, senza una speranza.
Realizzando quanto strano fosse, si
era fermato. Un miscuglio fra la gioia ed il terrore. Non aveva la
divisa da Bee. Però non era là con Reverse.
Cosa pensare?
- Jiggy? - Aveva chiesto incerto.
Jiggy così l’aveva visto ed era
rimasto impassibile per un po’, incerto probabilmente sul da farsi. Poi
aveva sospirato e si era avvicinato anche a lui. I due si erano
appartati insieme al cavallo di ferro su cui si erano seduti entrambi.
- Devo andare. - Gli aveva detto
criptico come se fossero in rapporti, come se gli dovesse spiegazioni.
Il cuore di Zazie aveva preso a battere impazzito fino a fargli male,
gli occhi a bruciargli.
- Passi con quelli là? - Aveva
detto sprezzante, quasi schifato. Jiggy aveva chiuso gli occhi
sospirando.
- No, ma non so se tornerò e non so
cosa vado a fare. So solo che devo andare. - Non che questo fosse
meglio.
- Ma… ma scappi? Lasci loro per cui
hai lavorato tanto? So che non hai mai dimostrato di provare qualcosa,
ma so che lo provi! Hai fatto costruire una cattedrale… - Zazie
era partito col suo consueto turbinio esplosivo. Jiggy aveva sorriso
ricordandosi perché gli era piaciuto tanto quando avevano lavorato
insieme. Poi, con fermezza, aveva spiegato.
- Gauche ha una specie di piano, mi
ha chiesto di aiutarlo. Non so di cosa si tratta, so solo che gli serve
il mio aiuto. Ed io ovviamente glielo darò. Qualunque sia il costo
finale. - Zazie era rimasto colpito dal suo discorso, l’aveva guardato
da vicino, il suo profilo dritto, impassibile, uno sfondo o
di mare e stelle meravigliose. Il
sole aveva di nuovo balenato. Quanti avevano appena perso il cuore?
Ogni volta che succedeva, qualcuno si perdeva inesorabilmente.
Erano rimasti fermi, sospesi in
quel nulla, un vuoto straziante che decideva chi avrebbe vissuto e chi
sarebbe morto.
Sarebbe toccato a loro?
Zazie aveva stretto gli occhi
convinto di dimenticare tutto proprio lì e si era aggrappato al
pensiero di Lag.
“Spero di rivederti anche se mi
perdo. In qualche modo.”
Pensiero sconnesso, il solito che
aveva.
Quella volta la sua mano si era
istintivamente stretta su quella di Jiggy il quale l’aveva tenuta.
Poi il sole era tornato. Qualunque
significato avesse, la vita del mondo era agli sgoccioli.
Zazie aveva riaperto gli occhi.
Erano ancora tutti lì. L’aveva guardato in fretta per vedere se Jiggy
si era perso, ma dal suo sguardo aveva capito che era ancora lui.
Quello che si sforzava di essere
forte, ma che in realtà teneva solo duro.
Così era arrossito, si era scusato
e gli aveva lasciato la mano.
- Scusa, non è facile. - Jiggy non
aveva fatto una piega.
- Per questo dobbiamo fare
qualcosa. Non staremo a guardare la fine o la salvezza. Tenteremo
qualcosa. Perciò sii forte, Zazie. Continua a lottare per quello che
vuoi, con ogni mezzo. La resa è essa stessa la morte. Se lo fai,
togliti subito la vita, sarebbe inutile proseguire. - Era stato
particolarmente drastico in quel momento. Zazie ne era rimasto colpito,
ma le sue parole si erano incise nella sua memoria, nel suo cuore.
Si era riempito e scaldato mentre
una forza d’animo subentrava con la forza di una frana rocciosa che
investiva tutto.
E lì aveva deciso che sarebbe
diventato più forte. Non per sostituirsi a Lag, ma per aiutarlo. Perché
quando sarebbe tornato, avrebbe avuto comunque bisogno di aiuto.
- Sono contento che non sei passato
da Reverse. Quelli non hanno capito nulla. - Aveva detto pur non
sapendo i dettagli come lui. Jiggy non glieli aveva spiegati.
- Gauche è venuto a prendermi. -
Zazie si era aggrottato, aveva notato che non lo chiamava Noir come
tutti.
- Ma è tornato lui? - Una domanda
che nascondeva una speranza. Se Noir poteva tornare Gauche dopo essersi
perso, allora anche Lag nel caso in cui si fosse perso, sarebbe potuto
tornare.
Jiggy si era stretto nelle spalle
guardando insicuro in alto.
- Non i suoi ricordi. La memoria
del corpo sì. Così come il suo cuore di fondo è sempre lo stesso. Il
DNA. Ciò che lo compone. Lui è Gauche, Punto. Può non ricordare cosa ha
fatto da piccolo, ma non toglie che lui è lui. E se una volta mi ha
amato, mi ama anche la seconda. Perché se una cosa deve andare in un
modo, ci andrà comunque. - Zazie era rimasto colpito anche da quel
discorso, il calore lo aveva invaso, gli occhi si erano messi a
bruciargli.
- Allora posso sperare ancora… -
Aveva detto riferendosi a Lag. Jiggy sapeva che parlava di lui. Aveva
sospirato.
- Devi. - Aveva risposto deciso.
Zazie aveva preso così respiro e si era riempito di una forza
rinnovata.
Ce l’avrebbe fatta.
Aveva deciso che ce l’avrebbero
fatta.
Perciò quando Lag tornò, lui era in
un’astinenza di un anno completo passato ad aspettarlo senza lo
straccio di una notizia. Tutti erano convinti che non ce l’avrebbe
fatta in tempo, molti cominciarono a perdere la speranza. Forse non era
riuscito nella sua impresa di rinnovarsi.
Ma Zazie aveva atteso consapevole
che sarebbe tornato.
Perché lui lo sapeva, dentro di sé.
Un gaichu, un balenio, il buio, un
flash.
Il proiettile da dietro le loro
teste vibrò nell’aria, sfiorò delle lettere sulla carrozza, la luce
esplose accecante ed il gaichu venne totalmente investito, abbracciato
e annullato.
Zazie non aveva bisogno di girarsi
per sapere che era lui.
Si girò già con le lacrime agli
occhi, il cuore smise di battere, il petto gli fece male.
Il mondo era appena esploso con il
gaichu.
Lag era tornato. Lag, il suo Lag,
era di nuovo lì.
Lag.
Zazie e Connor corsero da lui, ma
presto si fermarono realizzando che c’era qualcosa.
Lag era diverso, ma solo un po’
cresciuto. I capelli candidi, lisci e più lunghi gli incorniciavano il
viso, gli occhi d’ambra.
Un sorriso dolce, composto. I
lineamenti maturi, ma sempre delicati e belli.
Non un’ombra di qualcosa di
disumano, anzi.
Eppure non era questo che bloccò
Zazie dal saltargli addosso.
Tanto meno Connor.
A bloccarlo, a stonare, furono le
lacrime che mancarono.
Lag non piangeva. Non saltava per
primo su di loro, non gridava esuberante e felice. Sorrideva, diceva di
essere felice di rivederli, ma non lo dimostrava.
Zazie se ne rese conto all’istante.
La conferma l’ebbe quando gli
mostrarono Silvet, priva di cuore. In uno dei baleni svariati di
quell’anno, lei aveva perso completamente il cuore.
Noir non si era più fatto vivo,
nessuno nominava Jiggy. Lloyd e Revere avevano in mano metà della
popolazione pronta a sacrificarsi per i loro figli, mentre l’Alveare
lavorava sul rafforzare i Bee, l’unica cosa.
I cambiamenti erano molti, la
situazione disperata, le notizie orribili.
Ma Lag ascoltò tutto, guardò tutto
e rimase composto. Freddo. Apparentemente sembrava dispiaciuto e
colpito, Connor non se ne era reso conto, forse anche gli altri. Aria e
Garrard avevano notato la sua crescita, avevano attribuito a quello il
suo cambiamento.
Ma Zazie non ne era ingannato e in
lui la delusione esplose mutandosi in una rabbia ed un rifiuto
esemplari.
Tutta la sofferenza, quanto aveva
tenuto duro senza non averne più? Quanto gli era mancato?
Era stato disposto a tutto per lui,
però cosa era successo al suo Lag?
Prepararsi ad un Lag diverso era un
conto, ma quello non era il suo Lag.
Quello era come Noir.
Era un essere che aveva
completamente perso il cuore.
“E questo dovrebbe salvarci tutti?”
Eppure non era per quello la sua
rabbia.
La sua rabbia era per il modo in
cui aveva tenuto duro e per cosa?
Per questo?
Se fosse rimasto con lui forse il
mondo sarebbe finito, ma almeno sarebbe morto insieme al suo Lag, al
Lag autentico che amava.
Perderlo per un fantoccio inutile
che comunque non poteva salvarli era orribile, non poteva accettarlo.
Non per tutte le volte che si era rifiutato di piangere la sua assenza.
Lo prese in parte, la prima notte.
Fu subito.
Lag era tornato a casa propria,
quella ormai vuota di Silvet. La casa abbandonata anche da Noir e Lode.
Zazie l’aveva accompagnato.
Niche e Wasiolka come ai vecchi
tempi, addormentati insieme, felici di rivedersi.
Loro seduti insieme al tavolo della
cucina, dopo un pasto del tutto normale.
Le cose sembravano non essere
cambiate molto, apparentemente. Solo loro erano cresciuti nell’aspetto,
erano maturati nel carattere.
Eppure era diverso.
- Che è successo, Lag? - Chiese
Zazie andando subito al punto appena erano rimasti finalmente soli.
Lag sorrise composto.
- Molte cose, Zazie. Ma non saprei
nemmeno descrivertele… - Zazie si alzò e si sedette sul tavolo, proprio
davanti a lui. Le braccia conserte. L’aria corrucciata.
- Ero pronto a rivederti con delle
corna e le squame da drago… - Disse esagerando quello che intendeva con
‘perdere la propria umanità’, come gli aveva detto nella lettera
d’addio.
Lag rise ma fu una risata di
facciata. Costruita.
Zazie si sentiva montare.
- Anche io pensavo di tornare così,
quando l’insetto spirituale mi ha detto che avrei perso la mia umanità
per fondermi con l’essere della pietra del mio occhio. Invece pare che
dopotutto avesse esagerato. Meglio no? - Zazie voleva prenderlo a
pugni, ma decise di fare un ultimo disperato tentativo. Perché lui
voleva, lui voleva crederci. Credere in lui. Voleva sbagliarsi, ma
sapeva che non era così.
Si protese così verso di lui, gli
sollevò il mento con due dita e piegò il capo alla ricerca delle sue
labbra.
Lag non si oppose, rimase morbido
verso di lui, lasciò che le sue labbra lo toccassero, lasciò che lo
baciassero. Ma non reagì, non rispose sul serio. Fu un bacio del tutto
freddo.
E tanto freddo fu quello, quanto
doloroso fu per Zazie. La rabbia uscì, si staccò, scese giù dal tavolo
e fissandolo furente e tempestoso, lo puntò col dito.
- Non so chi tu sia, ma rivoglio il
mio Lag. Non ho aspettato tanto per questa pallida imitazione! -
Ringhiò subito, cominciando a camminare per la cucina come un toro
impazzito. Lag rimase seduto, sorpreso che gli ci fosse voluto così
poco per capirlo.
Voleva spiegargli, voleva potersi
lasciare andare, ma ormai era bloccato, severamente bloccato. Ormai
nemmeno volendo avrebbe potuto.
Eppure quanto voleva corrergli
incontro e piangergli addosso.
- Non so di cosa parli. - Rispose
freddamente invece.
Zazie così prese il piatto da cui
aveva appena mangiato e lo scagliò contro di lui, lo sfiorò di un
soffio, i capelli si spostarono e Niche si svegliò di soprassalto,
imitata da Wasiolka.
- Sì che lo sai! -
- Zazie… - Lag si alzò, ma Zazie
fece un altro passo indietro coi pugni stretti.
- No senti, finché non torni Lag
non rivolgermi la parola! Non credere di potermi ingannare! Io lo amo,
io lo conosco! Chiunque tu sia aveva ragione Lag quando diceva che non
saresti più stato umano. Ora capisco cosa intendeva. Però sappi una
cosa! Per salvare il mondo ci vuole cuore. E tu non ce l’hai! Se pensi
che questo possa salvarlo, ti sbagli di grosso! Lag ha qualche
speranza. Tu no! - Zazie eruttò tutto fuori in un’esplosione di lava
furente, gridò ogni cosa, pugni stretti, forsennato. Poi sentendo le
lacrime pungergli gli occhi, tirò un calcio alla sedia, la ruppe e
arrabbiato con sé stesso per aver resistito tanto, uscì di corsa
sbattendo la porta, seguito dal suo dingo.
Il mondo poteva anche cancellarsi,
ora. Non gliene importava più.
In un momento non gliene importava
più.
Lag rimase solo, Niche a guardarlo
seria.
Si voltò di spalle, alzò gli occhi
in alto, trattenne il fiato e si morse il labbro convulsamente.
“Non posso nemmeno questo?”
‘No. Lo sai che lo fai anche per
lui.’
E Lag lo sapeva, ma questo non lo
rendeva più facile.
Fu la cosa più difficile non dirgli
nulla, non condividere quel fardello e continuare sulla via imposta ed
imparata dalla guida dell’insetto spirituale del proprio occhio che
ormai aveva preso il sopravvento.
Quello era il loro modo di essere.
Soffocare i sentimenti, contenere
il proprio cuore per esplodere in un unico determinato momento.
E poi, forse, si sarebbe consumato
e sarebbe diventato quello che tutti gli insetti spirituali diventavano
quando si esaurivano.
Gaichu.
E i suoi amici avrebbero dovuto
sconfiggerlo ed ucciderlo.
Ma almeno avrebbe salvato tutti.
O forse si sarebbe semplicemente
dissolto visto che era la pietra spirituale a dargli forma umana, se la
pietra si fosse esaurita del tutto con quel colpo, lui non avrebbe più
avuto forma.
Almeno avrebbe regalato a loro, al
suo Zazie, un mondo meraviglioso in cui vivere ancora.
Il test consisteva in una prova
particolare dove i candidati all’aiutare l’Head Bee nella capitale
dovevano uccidere un numero considerevole di gaichu.
Chiko, la candidata di Reverse, non
combatté dicendo che avrebbe sparato un unico proiettile contro il
gaichu della capitale.
Zazie esplose furioso contro Lag,
incapace di trattenere la sua rabbia ormai alle stelle.
Lag salvò Zazie.
Quando esplose il suo proiettile
per salvargli la vita, Zazie perse i sensi e vide.
Vide Lag e le conversazioni con
l’insetto spirituale del suo occhio di ambra, sentì il suo dolore,
provò le sue lacrime.
Lag non glielo avrebbe potuto dire,
ma glielo poté mostrare.
Quando si svegliò pianse lacrime
amare, dolorose, tutte quelle che Lag aveva faticosamente imparato a
soffocare per diventare ‘insetto spirituale’ lui stesso.
Lag era lì, era dentro quella
persona tornata improvvisamente per la missione.
Lag era dentro quell’involucro
esteticamente convincente.
E piangeva. Piangeva di continuo.
Piangeva tutte le lacrime che il Lag esterno non poteva piangere.
E gridava tutto il suo immenso
amore per loro.
Zazie sapeva di non poter andare da
lui, abbracciarlo e dirgli che sapeva. Però non farlo fu la cosa più
difficile della sua vita.
Quando il giorno dopo andò alla
stazione per salutarlo, lo chiamò come una volta.
‘Bella gattina’.
Lo strinse con un braccio facendo
un enorme sforzo per non baciarlo, stringerlo più forte, abbracciarlo
come si doveva.
Fu bravo, rimase lì.
Fece finta di nulla, cercando di
fargli sentire che aveva capito, che lo perdonava. Per farlo partire
leggero. Per far partire il Lag dentro quello esterno.
- Ti amo. - Poté mormorargli
all’orecchio senza farsi sentire dagli altri.
Forse l’ultimo che gli diceva.
Forse l’ultimo ricordo insieme.
Il cuore di Zazie stava esplodendo
anche per Lag, ma ora sapeva che lì dentro anche lui stava esplodendo
allo stesso modo.
“Eppure fa che lo riabbracci
ancora.”
Pregò Zazie lasciandolo andare.
Salì sul treno con le lettere
raccolte durante l’anno e a Chiko, entrambi scelti dall’esaminatrice.
Costei era un capitano
dell’esercito di Amberground, un membro del governo, però era allo
stesso tempo parte di un gruppo di ribelli, nonché fidanzata di
Garrard.
Una volta che il treno fu partito,
Garrard raccolse tutti e spiegò che il piano era di andare anche loro
alla capitale ed aiutare Lag nella battaglia finale.
Zazie rinacque e così come lui
rinasceva, proprio mentre Lag e Chiko andavano alla capitale, il sole
si spense di nuovo.
L’apocalisse stava per cominciare.
|
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Capitolo 43 *** L'amore di chi lascia andare ***
*Ecco un altro capitolo. Ormai
siamo 'in pieno manga', perciò ho deciso di descrivere più i retroscena
che le scene da Asada mostrate, capirete cosa intendo leggendo. Se nel
manga si segue il punto di vista di Zazie sul treno e nella battaglia
contro i Gaichu, e poi quello di Lloyd nell'incontro con suo padre, qua
seguo Jiggy sempre nelle medesime scene. Ho usato questo trucco per non
ridescrivere tutto quel che già è stato visto e letto. Le cose ormai
sono critiche e si sa che si va incontro alla morte e alla distruzione,
ma loro nonostante tutto ci vanno e combattono dando tutto quello che
hanno, Jiggy e Zazie sono lì per dare una grande forza di volontà:
combattere nonostante da qualche parte i loro compagni stiano
rischiando la vita. Combattere comunque. Buona lettura. Baci Akane*
43. L’AMORE DI CHI LASCIA ANDARE
"Oggi
Siamo stati in piedi sul muro Abbiamo riso del sole Abbiamo riso
delle pistole Abbiamo riso di tutto E quando loro Ci hanno detto di
andare Non li abbiamo considerati Come tutte le altre volte Ma sapevamo
poco.
Oggi cerco un segno con le fiamme tra le mie mani una linea
nella sabbia tra il tuo e il mio spazio ed è venuto, come
il fuoco da sotto.
Puoi provare ad intimidire o a ruggire ma quando il momento ti
chiama sì, otterrai ciò che è tuo! "
/A
line in the sand - Linkin Park/
Zazie stava salendo sul treno,
quando sentì uno stridio lontano raggiungerlo. Si aggrottò e si girò
verso il cielo stellato, buio come ormai era abituato a vedere.
Era da molto che non sentiva quel
verso, aveva perso le speranze di tornare a sentirlo, a volte credeva
di avere le allucinazioni. Ma in quel momento capì che non stava
sognando.
Nel via vai generale dei
caricamenti delle lettere, una volta che il capitano dell’esercito
della capitale aveva riportato indietro il treno per loro, Zazie seguì
il verso provenire dal cielo. Nessuno lo notò correre incontro a
qualcosa di invisibile, quasi. Nessuno notò che senza respirare e con
gli occhi sgranati e pieni d’emozione, alzava il braccio in attesa.
E nessuno vide Harry, il falco di
Jiggy, planare su di lui e posarsi con le zampe ad artiglio, come se
ormai fosse un’abitudine, quasi.
- Allora è vivo! - Esclamò con
l’emozione alle stelle. Lo scoppio di felicità gli procurò gli occhi
lucidi e faticò a non piangere, ma da dietro, dal treno, Garrard
richiamò tutti all’ordine. - Dannazione, devo andare! -
Zazie si affrettò a slegare la
lettera di Jiggy dalla zampa e l’aprì usando una delle torce poste nei
dintorni per vedere al buio completo.
Aprì la lettera e la lesse.
‘Ciao Zazie, spero tu stia bene.
Non ho potuto scriverti prima, eravamo troppo lontani anche per Harry.
Però stiamo tutti bene e stiamo tornando. Ci incontreremo nella
Capitale, da Lag. Mi raccomando, non è il momento di mollare, è il
momento di conquistare. Sono sicuro che un modo per arrivare ad
Akatsuki lo avrete trovato. A fra poco. Jiggy.’
La gioia che scaturì in lui
nonostante la situazione ed il saluto a Lag che gli era parso tanto un
addio, fu rigenerante.
Jiggy stava bene e l’avrebbe
rivisto e qualunque cosa erano andati a fare al di là dell’oceano,
dovevano esserci riusciti.
- C’è speranza, c’è speranza,
cazzo! - Esclamò più a sé stesso che ad Harry.
Garrard lo richiamò di nuovo e lui
rispose che stava arrivando.
Prese in fretta carta e penna e
sbrigativo scrisse nel foglio stropicciato quattro parole, poi le diede
ad Harry e gli disse di portarlo a Jiggy.
Un colpo del braccio ed il falco
spiccò di nuovo il volo. Dopo di ché Zazie corse sul treno carico di
una voglia di sbaragliare un esercito intero pur di aiutare Lag nella
sua impresa titanica.
- Non lo lasceremo solo, non è
solo. Non lo sarà mai. - Ripeté a denti stretti salendo sul treno.
- Siamo tutti? - Chiese Garrard.
Zazie annuì vedendo Wasiolka.
- Andiamo da Lag! - Borbottò con
una convinzione che fino a pochi giorni prima non aveva avuto, non così
spiccata.
Garrard diede l’ok al macchinista
ed il treno partì, poi notando la differenza da prima di Zazie, lo
occhieggiò sospettoso.
- Si può sapere che succede,
ragazzo? - Zazie stava cercando fuori dal finestrino per vedere Harry,
ma non era già più visibile. Così scuotendo il capo sospirò.
- Niente, non vedo l’ora di fare a
pezzi un po’ di mostri! -
- E allora andiamo a farli a pezzi!
- Replicò Garrard dando una pacca compiaciuta a Zazie. Gli era sempre
piaciuto quel ragazzino, aveva una forza d’animo che in pochi
mostravano, nonostante fosse anche fragile.
“A volte sembra che la sua forza
derivi da quel che prova per Lag. Mi chiedo se non dovesse tornare da
noi, alla fine di tutta questa storia… che ne sarà di Zazie.”
E con questo pensiero andò a
controllare che tutto fosse pronto.
Jiggy stava controllando il cavallo
di ferro, in uno dei pochi angoli liberi della nave composta dai
capelli magici della maka.
Con le sue grandi ali, create da un
corpo che era una via di mezzo fra quello di una donna e quello di un
uccello dorato leggendario, il maka, volavano verso la capitale dopo
aver superato l’oceano.
Il ponte era pieno zeppo di
lettere, Lode era sistemata su uno dei pali orizzontali della nave e
controllava la vedetta.
Gauche si sedette vicino a Jiggy,
mentre si muovevano a gran ritmo e velocità.
- Tutto ok? - Chiese guardando i
suoi movimenti sicuri mentre stringeva alcuni bulloni sui freni.
- Sì, perché? - Rispose Jiggy
fingendo indifferenza.
- Beh, stiamo tutti convergendo ad
Akatsuki… - Disse come se fosse ovvio. - Se hai conti in sospeso
dovresti provare a chiuderli. Non penso ci sarà un’occasione migliore,
sai? - Jiggy lo guardò senza capire e Gauche sorrise dolcemente
pulendogli un segno di olio nero dal viso.
- Di chi parli? - Gauche si protese
poi e gli baciò le labbra leggero.
- Lo sai di chi. Pensi che possa
farcela da solo? Hai visto che sta morendo, sai cosa vuole fare. Vuoi
lasciarglielo fare? - Jiggy gli aveva raccontato di Largo Lloyd, di
quel che aveva visto, le sue reali intenzioni e quello che Largo aveva
fatto per lui da piccolo, quando l’aveva convinto a diventare Bee e
l’aveva aiutato in ogni passo.
Jiggy lo guardò, Gauche rimase con
il mento sul suo braccio, seduti per terra vicino al cavallo di ferro.
Smise di trafficare, si pulì le mani e pensieroso lo tirò verso di sé
appoggiando la guancia sulla sua fronte.
- Gli devo tanto, è vero. E sta
morendo. - Gauche chiuse gli occhi rilassandosi un po’ per il viaggio
che rimaneva prima dell’arrivo nell’occhio del ciclone.
- Non solo sta morendo. Lui sta
andando a morire. - Inizialmente Gauche era stato ferocemente geloso di
Largo, ma poi Jiggy gli aveva spiegato tutto ed aveva capito. Tutti
avevano il proprio mentore, il proprio idolo, la propria guida. Lloyd
era quello di Jiggy, così come Jiggy era quello di Zazie.
- Lo so. - Rispose serafico,
indurendo lo sguardo verso l’orizzonte buio. Il sole artificiale si era
spento di nuovo, ma non accennava a riaccendersi. Le cose stavano
andando sempre peggio ed ormai gli occhi erano abituati a vedere al
buio.
- Farai qualcosa? - In quel momento
lo stridio di Harry lo riscosse, così si sciolse da Gauche per alzarsi
in piedi, sollevò il braccio piegato e il falco si posò poco dopo,
lasciando andare il foglio stropicciato.
Gauche si alzò e si appoggiò a lui
per vedere. I capelli della maka erano di un particolare materiale
d’orato che creava una sorta di alone luminoso, fioco ma sufficiente
per poter leggere.
- Zazie. - Disse aggrottandosi per
capire gli scarabocchi scritti. - Stiamo andando ad ammazzare i mostri
alla capitale. Ci vediamo là! - Jiggy si sentì orgoglioso per qualche
ragione della sua risposta. Forse sapere che in tutto quel tempo era
ancora vivo, stava bene e non aveva perso la voglia e lo spirito
combattivo.
Forse, dopotutto, si era
preoccupato per lui.
- Per prima cosa andrò ad aiutarlo.
Ci saranno molti gaichu, cercheranno l’enorme quantità di cuore che Lag
sparerà a Spiritus, e poi stanno arrivando valanghe di lettere piene di
cuore. - Disse Jiggy ragionando con logica. Gauche lo guardò
consapevole che non sarebbe stata la sola cosa che avrebbe fatto una
volta sceso.
- Spero che lo trovi in tempo. -
Rispose poi misterioso, sedendosi di nuovo sul ponte della nave, vicino
al cavallo di ferro, fra i mille sacchi di lettere raccolti.
Era ovvio che non si riferiva a
Zazie. Jiggy sospirò e si sedette.
- Non posso lasciare Zazie solo. -
Gauche annuì.
- Guai se lo facessi. - Era felice
di vedere che era sensibile anche davanti ad altre persone, che ci
teneva, che cercava di aiutare anche gli altri e non solo lui.
Però ormai lo conosceva, sapeva che
aveva quel tormento, dentro di sé.
Lloyd gli aveva dato la vita,
spingendolo a diventare Bee.
Non l’avrebbe abbandonato, non
poteva. Era venuto via per aiutarlo, ma adesso doveva continuare
facendo quello che era giusto.
Jiggy si sedette accanto a lui e
gli circondò la schiena col braccio tenendolo contro di sé.
- Quando arriveremo alla capitale
per prima cosa cercherò Zazie e lo aiuterò coi gaichu. - Ripeté
convinto.
- E gli altri Bee… - Puntualizzò
Gauche facendogli notare che pensava solo in termini di ‘Zazie’, come
se lui fosse non proprio il suo fratellino, in quanto quello vero
l’aveva lasciato un po’ a sé stesso perché doveva crescere e diventare
forte da solo, la sua famosa filosofia. Ma forse più come una missione.
Come Jiggy era stata la missione di Lloyd.
- Sì, beh, anche… - Gauche
ridacchiò divertito e Jiggy fece finta di nulla alzando un po’ il tono.
- E poi vedo se trovo Lloyd e come sta. - Decise. Gauche annuì
rimanendo con un bel sorriso sulle labbra.
- Io porterò le lettere a Lag. Ci
vediamo quando abbiamo finito tutto. - Lo disse con la sicurezza che ce
la facessero. Che alla fine di tutto, sarebbero riusciti a rivedersi e
a stare insieme, proseguire come niente.
Jiggy lo scostò per guardarlo
serio, intensamente. Gauche sorrideva, ma gli occhi erano quelli di
Noir. C’era sempre quella piccola mancanza, nel suo sguardo. Sempre ci
sarebbe stata.
- Miraccomando. Lo scopo è di
rivedersi, alla fine. - Sottolineò secco. Gauche annuì.
- Mi sembra ovvio. -
Jiggy gli prese il viso con una
mano, stringendogli un po’ il mento fra le dita, l’aria risoluta.
- Non mi importa salvare il mondo
se tu muori. - Gauche rise divertito.
- Come sei melodrammatico! - disse
baciandolo.
- Seriamente, Gauche. - Lo richiamò
Jiggy.
- Seriamente. - Rispose l’altro
tranquillo. - Ci rivediamo dopo che abbiamo fatto tutto. - Dopo che lo
disse, suggellarono quella promessa con un altro bacio, uno di quelli
che rimanevano nelle bocche per un po’, il cui sapore accompagnava
anche dopo che si separavano.
Poco dopo, Lode gridò.
- Capitale! - E così iniziò anche
per loro.
Jiggy avviò il motore, si era fatto
un po’ di spazio nel ponte per poter saltare giù.
L’altezza non era elevata, la maka
volava ad un paio di metri dal suolo e Jiggy aveva fatto questi voli
molto spesso dalle rocce durante le consegne.
- Li vedi? - Chiese Jiggy mentre
scaldava il motore del cavallo di ferro.
- Vedo il treno, ci sono gaichu in
arrivo, sembrano cercare loro! - Rispose Lode dall’alto del palo di
vedetta.
- Staranno trasportando altre
lettere per Lag. - Rispose Gauche vicino alla balaustra per guardare
giù a sua volta.
- La nave di Reverse è arrivata da
un pezzo, sono già sbarcati tutti. - Aggiunse Lode.
- Va bene. - Fece poi con le mani
strette sul manubrio, Gauche si voltò a guardarlo e da oltre la propria
spalla i due si scambiarono un ultimo sguardo. Annuirono, Gauche
sorrise, Jiggy fece un cenno teso. - Io vado da Zazie, voi trovate Lag.
A dopo. -
Dopo di questo, Jiggy partì,
attraversò tutto il ponte e la passerella fra i sacchi di lettere,
infine volò oltre il parapetto, sfiorando Gauche di pochi centimetri.
La sua sciarpa ed i suoi capelli bianchi si scostarono, il suo sguardo
lo seguì trattenendo il fiato.
Strinse le mani convulsamente nel
bordo fino a che divennero bianche, si morse il labbro ed un senso di
preoccupazione l’accompagnò per tutto il volo di Jiggy col suo cavallo
di ferro. Un cavallo che per un momento sembrò avere le ali.
“Fa che lo riveda davvero, dopo…”
Pregò Gauche con gli occhi che gli bruciavano. Lasciarlo andare ed
esortarlo a fare la cosa giusta non era stato facile, ma sapeva che
doveva aiutare Zazie e Lloyd. Lo sapeva.
- A volte lasciar andare è il più
grande atto d’amore. - Disse Lode sapendo cosa si agitava nel suo
compagno di viaggio.
Gauche annuì, poi proteso tutto in
avanti per vedere quando atterrava, lo vide arrivare sulla terra ferma
sano e salvo. Il cavallo di ferro fece un paio di sobbalzi, ma Jiggy
aumentando l’andatura riuscì a rimanere in piedi e a proseguire la
corsa come se non avesse appena fatto un volo di svariatissimi metri.
- Atterrato. - Disse poi Lode,
Gauche sospirò di sollievo.
A volte si chiedeva cosa sarebbe
cambiato in lui ritrovando il cuore che aveva perso.
Avrebbe amato di più le persone che
amava ora? Che amava proprio per la memoria dell’anima insita in lui?
Oppure avrebbe amato di meno, magari?
Cosa, in che modo la sua vita
sarebbe diversa?
Ma poi si diceva che era inutile
pensarci, perché quel che era andato perso, era perso per sempre.
Anche se poi pensava con affetto a
Silvet, a Lag, ad Aria, al dottor Thunderland. Ed amava profondamente
Jiggy.
Allora si diceva che in ogni caso
non tutto si perdeva. Che qualcosa restava lo stesso, qualcosa era
incancellabile. E quello nessuno glielo avrebbe mai portato via.
Accelerò quando in lontananza vide
sopraggiungere una marea di gaichu piazzarsi proprio davanti alle
rotaie.
I gaichu bloccarono la strada del
treno che iniziò a frenare per non arrivargli addosso, Jiggy
assottigliò lo sguardo con l’ansia che saliva.
Forse non si sarebbe fermato in
tempo e comunque quei gaichu erano davvero tanti.
Per un momento la questione lettere
venne messa in totale secondo piano.
Accelerò l’andatura, prese la
sparacuore e la tese davanti a sé, infine mirando ad un dei punti
deboli del primo gaichu in vista, sparò.
Il raggio blu oltremare sfiorò la
fiancata del treno e colpì il mostro che esplose in mille piccole luci
che illuminarono quel buio ormai pesto.
Il sole era definitivamente spento,
non si sarebbe più illuminato e qualunque cosa stesse succedendo dentro
Akatsuki, dove c’era l’organo dell’imperatrice, ormai era chiaro che
lei doveva essere morta.
Jiggy fermò il cavallo di ferro
sopra una collina a ridosso delle rotaie e con ancora la pistola in
mano, cercò immediatamente Zazie all’interno del treno. Lo vide
affacciato ad uno dei finestrini, il mezzo ancora in movimento, ma in
rallentamento.
Una strana gioia nel rivederlo, si
sentì vagamente idiota ma fece egregiamente finta di nulla. Zazie
riconosciuto immediatamente il suo proiettile, lo cercò sulla collina e
appena lo vide, si illuminò arrossendo come suo solito.
- Nella vita si può conquistare
tutto quello che si vuole, a patto che si sia disposti a perdere tutto.
E questo Zazie è il momento di conquistare! -
Disse Jiggy a voce chiara parlando
proprio a lui, per incoraggiarlo a darci dentro e a non mollare.
Sapeva quanto doveva essere dura
per lui, stava andando dalla persona che amava senza avere idea di che
intenzioni avesse, come pensava di concludere tutta quella storia.
E sopra le loro teste il grande
uovo gigantesco che conteneva Spiritus, il gaichu primordiale,
risuonava come se stridesse. Era una specie di lamento, un verso, un
urlo. Non era chiaro cosa fosse, ma qualcosa da lì stava uscendo.
Il guscio che aveva contenuto il
gaichu per secoli, lo scheletro del sole artificiale, iniziava a
sprigionare delle lingue di luce attraverso le crepe.
Spiritus stava uscendo e ad ogni
crepa, ad ogni spiraglio che trovava, risucchiava da qualche parte nel
mondo un’intera città privandola completamente dei cuori. Nemmeno il
bisogno di avvicinarsi fisicamente, pur da lì, pur così distante, lui
riusciva a nutrirsi.
La speranza stava morendo, la
speranza era appesa ad un filo sottile e si chiamava Lag.
Jiggy pensò a cosa avrebbe fatto se
la speranza della salvezza del mondo intero fosse stata nelle mani di
Gauche.
“Io l’avrei rapito e glielo avrei
impedito. A costo di gettare il mondo nel caos! Non l’avrei mai
lasciato.”
Perciò sapeva quanto dura dovesse
essere per Zazie, quanta voglia di correre da lui a vedere come stava.
Invece serviva lì fuori a combattere i gaichu.
Zazie saltò giù dal treno chiamando
a gran voce Connor e senza discutere, si mise a sparare ai gaichu e a
combatterli.
Un colpo, due colpi, correndo,
saltando, andando loro incontro. Senza sosta, senza arrendersi.
Ben presto a loro si unirono anche
gli altri Bee del treno in grado di combattere, ma tanti gaichu
abbattevano, tanti ne arrivavano. Come se non ci fosse fine.
Jiggy sparava e combatteva senza
perdere di vista Zazie, se la stava cavando meglio di come ricordava.
Era migliorato molto. Lo guardò muoversi e sentì uno sciocco moto
d’orgoglio, come se fosse una sorta di erede.
Ci teneva in qualche modo.
Una strana sensazione d’euforia lo
invase, ricordò in un istante quando avevano combattuto insieme contro
il Cabernet, le prodezze realizzate insieme sul cavallo di ferro,
durante il lungo inseguimento.
La sorpresa e l’imbarazzo di Zazie
nel ritrovarsi con lui e poi la gioia pura e spontanea nel fare una
cosa simile col suo idolo.
L’aveva fatto sentire di nuovo
vivo, dopo lunghi anni passati a sentirsi sempre più morto senza
Gauche.
Gli era piaciuto essere
sincronizzato in modo così spontaneo con qualcuno.
Ed ora era uguale, se ne rese conto
mentre dalla distanza prendevano di mira gli stessi gaichu grossi per
colpirli nello stesso punto, contemporaneamente, e farli fuori in un
istante. Mentre poi colpivano i gaichu più piccoli dividendoseli senza
doversi mettere d’accordo.
Sapevano chi, quando e come.
Euforia.
Erano fatti per combattere insieme.
Jiggy fece un ghigno e guardò nella
sua direzione, fra un colpo e l’altro.
Anche Zazie stava sorridendo,
nonostante la situazione disperata. E non si sarebbe fermato.
“Sta bene, sta meglio di quel che
pensavo. Avevo paura che avesse perso lo spirito combattivo, la sua
vitalità, invece è lì come sempre che non si ferma e non si darà tregua
finché l’ultimo mostro non sarà caduto. Non c’è da preoccuparsi per
lui.”
Poi con la coda dell’occhio vide
una carrozza ferma ad un albero, poco distante dalla ferrovia.
Due figure in piedi vicino
all’albero rinsecchito, una delle due familiari.
Jiggy trattenne il fiato.
Largo Lloyd con suo padre. Smise di
respirare per un istante.
“Forse è ora che ricambi il bene
che mi ha fatto.”
Pensò ricordando quello che aveva
visto nel cuore di Lloyd, quando glielo aveva finalmente mostrato.
Non voleva uccidere suo padre,
semplicemente guardarlo un’ultima volta prima di morire. E ricordargli
cosa aveva fatto a sua madre, sua moglie.
Solo questo. Poi, semplicemente,
voleva porre fine alla propria vita già duramente provata, una vita che
comunque non sarebbe andata avanti per molto.
Jiggy si trovò ad un bivio a quel
punto. Intervenire sui suoi desideri letti fin troppo facilmente,
oppure lasciargli fare come voleva?
Aveva diritto lui di decidere come
Lloyd doveva morire? Aveva diritto di impedirglielo?
In un nano secondo, guardando che
dopo aver salutato suo padre se ne andava tirando fuori una sigaretta
da un contenitore diverso dal solito, un contenitore dove ce ne era
solo una, Jiggy decise.
Che fosse suo diritto o meno, non
era il momento di arrendersi comunque, come aveva detto a Zazie per
stimolarlo a non darsi per vinto nonostante tutto.
Così senza aspettare un secondo di
più tese la pistola e sparò verso la sigaretta sulle sue labbra, la
prese in pieno e prima che se l’accendesse, la fece volare via.
Non era quello il modo di morire.
Se proprio doveva, poteva farlo in modo più utile per la causa
mondiale.
Lag aveva bisogno di aiuto, non di
gente che si sacrificava da sola.
Questo gli avrebbe detto a Largo.
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Capitolo 44 *** Luce eterna ***
la_proporzione_perfetta44
*E qua c'è la fine del manga,
ma non della mia fic. Non potevo concludere così. Chi ha letto il manga
sa cosa sta per succedere. Per scrivere come sempre ho cercato di
amalgamare le scene importanti scritte nel manga con qualcosa di extra,
da 'dietro le quinte' per così dire. Chiaramente quel che fa Lag era
centrale e così spero solo di averlo reso bene. Se possibile sarebbe
meglio leggere ed ascoltare le due canzoni scelte per questo capitolo.
Buona lettura. Baci Akane*
44. LUCE ETERNA
"Che
Dio ci benedica tutti Siamo gente che ha perso la fede che vive
sotto il tiro di un'arma carica E non può essere sconfitta, Non può
essere superata, Non può essere sopraffatta, Non può essere sorpassata
NO ! Come ricordi in freddo decadimento, Trasmissioni che echeggiano
lontano, Lontano dal mio mondo e dal tuo, Dove gli oceani sanguinano
nel cielo. E Quando chiudo gli occhi stanotte, verso sinfonie di luce
accecante. Sollevami, lasciami andare"
/The
catalyst - Linkin Park/
Chiko non era riuscita a sparare il
suo proiettile contro Spiritus usando il macchinario dell’Imperatrice,
i cuori delle persone arrivate da Reverse per sacrificarsi per farle
sparare quel proiettile, erano così pieni d’angoscia che lei non ce la
fece. Così, dopo aver fallito, si rimise anch’ella nelle mani di Lag,
come tutti.
Per lui non fu facile riprendersi
dallo shock di vedere la madre morente, la loro guida, nonché Head Bee,
gli spiegò che non potevano liberarla perché era la sola che impediva
ala grande quantità di cuori nel calderone di disperdersi. Tuttavia lei
ormai non era più in grado di sparare alcuna energia vitale contro
Spiritus per tenerlo a bada, ormai era morente e non sarebbe riuscita a
riprendersi. Lag non poteva fare assolutamente nulla per lei, se non
spazzare via definitivamente Spiritus e per quello gli servivano le
lettere della gente, i cuori di tutti.
Dentro la capitale, nel cuore del
calderone, dove erano loro, non si percepiva quel che stava succedendo
fuori.
Da dentro, l’esterno era un
mistero, era quasi lontano anni luce. Ma a riportarli alla realtà delle
cose, a fargli capire quanto grave fosse la situazione, arrivarono i
residui della battaglia che si stava consumando.
Le vetrate del soffitto si ruppero
e finalmente poterono vedere.
Spiritus si stava risvegliando, il
guscio che lo conteneva, un sole ormai spento poiché non più nutrito da
nessuno, si stava crepando e da ogni fessura lingue luminose
scaturivano come delle fruste che avevano vita propria. Fluttuavano nel
cielo fino ad arrivare a terra, in una qualunque parte del mondo,
piombavano su una città intera e in un battito d’ali tutte le persone
perdevano i loro cuori completamente.
Una, due, tre, cinquanta, cento
città in un lampo ed aumentavano mentre erano lì a chiedersi come fare.
Non ce l’avrebbero mai fatta prima
della fine, Spiritus ormai, da dentro, era sveglio. Presto sarebbe
uscito del tutto. Presto non avrebbero visto solo le sue lunghe code di
luce che succhiavano via la vita della gente. Presto avrebbero visto
tutto il grande gaichu primordiale.
Esattamente nell’istante in cui si
chiesero come fare, dal pezzo di cielo che vedevano da lì dentro, si
mostrò a loro un grande galeone fluttuante, creato e condotto dalla
sorella di Niche versione ragazza-uccello dorato.
Al suo interno, oltre a pacchi di
lettere infiniti, c’erano anche Lode e Gauche.
La sorella di Niche prese lei e Lag
e li spostò sul tetto del calderone della capitale, una specie di
grande cattedrale visto da fuori, il soffitto sfondato.
Li posò sopra mettendoli così
esattamente sotto Spiritus.
Poi la ragazza maka con la nave si
sistemò fra Lag e Spiritus in attesa.
Dalla nave spuntò Gauche sorridendo
verso Lag il quale, sorpreso, felice e a bocca aperta, lo vide e lo
salutò.
I due si rividero di nuovo dopo un
tempo quasi infinito, un tempo a digiuno per molti.
Fu strano vedersi in quel momento.
Lag era più adulto, mentre Noir era molto più simile a Gauche.
- Con l’aiuto della sorella
maggiore di Niche ho portato i cuori di tutti quelli che vivono lontano
da qui, nelle terre oltre l’oceano. Qua ci sono i desideri e le
speranze di tutti. - Disse Gauche calmo. Sotto di loro, la ragazza maka
aveva preso il treno con le lettere portate dai Bee, rimasti a terra a
combattere contro i gaichu che li cercavano attirati dalla marea di
lettere accumulate.
Ed ora erano tutti lì. I desideri
ed i cuori di tutti. Tutte le persone del loro prezioso mondo, in
attesa di essere utili, di poter aiutare Lag in quell’impresa
disperata.
Un peso enorme, un mondo intero
sulle spalle.
Il momento era giunto.
Lag rimase un istante fermo, senza
respirare, a guardare le lettere sopra la sua testa. Quel peso, quel
mondo, quell’universo ora aspettava lui. Sarebbe stato in grado?
Avevano tutti sacrificato ogni cosa per questo. Zazie stesso aveva
sacrificato i propri sentimenti per permettergli di salvare tutti,
capendo che la propria felicità non poteva venire sopra quella di
altri.
Gauche e Jiggy avevano rischiato le
loro vite per raccogliere tutte quelle lettere nelle sconosciute terre
oltre oceano. Così come tutti i Bee rimasti che avevano fatto
esattamente la stessa cosa.
Ognuno, lì dentro, persino Lloyd
aveva fatto del suo meglio pensando di salvare le persone.
Adesso tutto si radunava sopra la
propria testa, tutto finiva nelle proprie mani.
Tutto.
- Spara. - Sentì poi. - SPARA! -
Gridò infine Gauche verso Lag, tuonando senza esitazione. - SPARA LAG
SEEING! -
E fu così che Lag ritrovò la
sicurezza e di nuovo con la convinzione di quando era arrivato, strinse
la pistola sparacuore ed iniziò a caricarsi per sparare il nuovo
proiettile imparato. Un proiettile che si amplificava coi cuori delle
persone, con le lettere.
Un proiettile che avrebbe dato
fondo all’intero potere dell’insetto spirituale nel proprio occhio,
colui che gli dava forma e che gli permetteva di non tornare ad essere
luce pura.
Jiggy si avvicinò a Zazie con Lloyd
dietro le sue spalle.
Gli aveva chiesto di poter parlare
con Lag, l’ultimo desiderio. Si stava spegnendo, non ce l’avrebbe fatta
ad andare oltre per molto tempo. Non si era ucciso, però voleva parlare
con Lag, così Jiggy voleva portarlo sulla nave di Gauche e Lode sul
cavallo di ferro.
Si fermò da Zazie che teneva ancora
a bada i gaichu.
- Ascolta! - Disse poi
interrompendolo. Zazie smise di sparare e si girò, quando lo vide con
Largo Lloyd in quelle condizioni emise un verso schifato, Lloyd lo
ringraziò ironico.
- Beh, direttore, ha un’aspetto
orrendo! - Disse senza peli sulla lingua.
- Non sono più il vostro direttore.
- Corresse paziente Lloyd, sempre con il suo strano sorriso sulle
labbra.
- A dopo i dettagli! - Li
interruppe seccato Jiggy. - Zazie, lo porto sulla nave. Non ci stiamo
più di due. - Disse rivelando poco velatamente la sua intenzione
originale di portare lui con sé.
- Chiedo scusa, ma ogni tanto
prendo ancora la via preferenziale… - Scherzò Lloyd per allentare la
tensione. Zazie sparò ad un gaichu tornando a guardare i due sul
cavallo di ferro che aspettavano una sorta di benestare.
- Come pensi di fare? Non sono
dietro l’angolo… - Gli fece notare Zazie. Jiggy puntava all’interno
delle mura, il portone ormai sfondato da Reverse lasciava la via aperta
a tutti. Da lì si intravedeva l’interno della capitale, fatta di
colline, alberi rigogliosi e salite che si concentravano intorno alla
cattedrale, ovvero il calderone dell’alveare, dove per anni erano
rimasti addormentati i cuori da sacrificare per Spiritus, dove
l’Imperatrice e l’Head Bee avevano reso possibile quell’orribile
destino. Da lì, verosimilmente, avrebbe trovato un posto dove
buttarsi per raggiungere la nave.
- Mi lancerò! - disse come se fosse
una cosa da nulla.
- Oh beh, allora in questo caso… -
Commentò Zazie sapendo cosa poteva fare con quel cavallo di ferro visto
che l’aveva fatto con lui.
- Come, che pensi di fare tu!? -
Stridette Lloyd invece guardandolo contrariato. Non aveva mai avuto
molta simpatia per quel mezzo, al contrario di Zazie.
- Vuoi parlare con Lag? - Chiese
freddamente Jiggy fissandolo di sbieco. Lloyd sospirò rassegnato.
- Immagino che se chiedo a te una
cosa simile, non ci si può aspettare niente di indolore… -
- Pensavo che volessi morire! - Lo
rimbeccò seccato Jiggy.
Zazie lo guardò torvo.
- Era tutta una scena per passare
come eroe! - Disse velenoso, geloso che fosse sul cavallo di ferro con
lui.
Jiggy sospirò spazientito, sparando
ad un gaichu alle spalle di Zazie.
- Sono venuto solo per dirti che
non posso portare te. Però torno quando lo lascio. - Comunicò senza
ammettere repliche di nessun tipo. Zazie rimase sorpreso delle sue
intenzioni, non aveva immaginato che fosse così preoccupato per lui.
Certo, che gli scrivesse ogni tanto per dirgli cosa stava facendo era
sospetto, però sentirlo che voleva portarlo con sé ed aiutarlo era
motivo di gioia.
Annuì sorridendo orgoglioso.
- Andate. - Disse quindi. Jiggy
girò il mezzo per partire, Lloyd si tenne stretto pregando se non altro
di arrivare vivo sulla nave, non voleva che la propria morte fosse
invano. - Lloyd. - Lo fermò poi Zazie. Si voltò, i suoi occhi si
posarono sui suoi scuri, attraverso le lenti da guidatore. - Portagli i
miei saluti. -
Non disse ‘lo aspetto’, o ‘che si
sbrighi’. Perché in cuor suo ormai lo sapevano tutti.
Lo sapevano che non sarebbe
tornato.
Lloyd annuì, Jiggy girò il volto
per non guardarlo oltre, perché non poteva reggere il suo sguardo e
dirgli che lo sapeva anche lui, che Lag non sarebbe tornato da loro.
Infine partirono.
Poco dopo da dentro le mura,
proprio sotto la grande nave volante dove erano tutte le lettere, una
luce iniziò a brillare e a scaturire.
Zazie la riconobbe subito. La sua
luce era diversa da quella di chiunque altro. Persino da quella del
sole artificiale.
La sua luce era un’altra.
- È Lag! - Esclamò guardando in sua
direzione.
Poco dopo, quella luce divenne un
raggio, il raggio di luce colpì le lettere e si centuplicò, infine
continuò il suo viaggio contro il guscio di Spiritus e lo investì
completamente.
In un istante si fece giorno su
tutta la capitale ed il tempo si fermò. Per un momento fu come se si
fermasse. Nessuno respirava, nessuno si muoveva, nessuno sapeva nemmeno
di essere ancora vivo. Per un momento fu come la fine del mondo
concentrata in un istante. Poi, quando la luce scemò, lo stesso mondo
sospeso nel nulla iniziò a tremare, un rombo viscerale li scosse,
qualcuno azzardò l’ipotesi che fosse il tentativo di Spiritus di
opporsi al proiettile di Lag, qualcun altro gridò che qualunque cosa
fosse, era ora di scappare e mettersi in salvo.
- Scappare? E dove? - Gridò Zazie
ironico non vedendo vie di fuga.
Fu tutto veloce e caotico, il
rombo, il tremore generale e poi delle strilla, strilla acute, potenti,
che ferivano le orecchie.
Il guscio si era rotto e da quello
erano usciti tutti i cuori rubati nel corso di anni ed anni.
Una valanga di luce ritornò
indietro dal guscio aperto e tutti i cuori che stavano nutrendo
Spiritus, da esso scapparono e tornarono ai legittimi proprietari.
Da fuori loro videro solo questo.
Poi le urla. Urla particolari, urla
inumane. Urla indescrivibili.
Il terrore nelle ossa di chiunque.
E tutti lo sentirono.
‘MAMMA CUORI’
Come se fosse vivo, come se fosse
senziente, come se avesse uno scopo, un motivo, una coscienza,
un’anima.
Infine lo videro, mentre cercavano
di scappare da lì.
Lo videro mentre realizzavano il
vero significato della parola paura, un significato che fino a quel
momento non avevano capito davvero.
Dal guscio aperto da Lag, dopo
tutti i cuori rubati, uscì Spiritus molto più affamato di prima, perché
ogni pasto che lo teneva relativamente calmo, era ora svanito.
Il gaichu primordiale aveva così
una forma di ape, un’ape gigantesca il cui pungiglione posteriore era
lungo e acuminato.
Quello stesso pungiglione iniziò a
scagliarlo sotto di sé, alla ricerca del nemico che gli aveva rubato i
cuori.
Alla ricerca di Lag.
Zazie lo realizzò, mentre lo
guardava da fuori e Garrard lo trascinava via a forza, al posto di
permettergli di entrare nelle mura e raggiungere Lag. Zazie lo realizzò
e si sentì morire.
Stava succedendo ora, stava
succedendo in quel momento.
Lag aveva sparato il suo
proiettile, aveva liberato i cuori, ma purtroppo anche Spiritus ed ora
questi si stava vendicando. L’avrebbe trovato. L’avrebbe trovato e
l’avrebbe trapassato col suo maledetto pungiglione gigantesco.
Il suo Lag stava per morire, stava
morendo in quel momento.
La fine era ora, si disse Zazie
mentre le proprie lacrime restavano congelate sulla soglia degli occhi,
incapaci di uscire, com’era incapace il proprio tempo di proseguire.
Non ce l’avrebbe fatta. Era stato
tutto vano.
Tutto vano.
Dopo che Lag sparò Hikaribari,
il proiettile di luce amplificato dai cuori delle lettere, il guscio
che conteneva Spiritus ed i cuori rubati, si ruppe definitivamente e da
quello spiraglio fuoriuscirono tutti i cuori che per anni ed anni erano
stati risucchiati. Ogni cuore, ogni anima, ogni pezzetto di
consapevolezza, di speranza venne liberato dalle catene di quel lungo
incubo.
Lag venne investito in pieno da
quel flusso e la sua anima funse da calamita per quelle che gli stavano
nel cuore.
Perciò trovò Silvet e l’afferrò al
volo.
Vide quel che aveva passato sin da
piccola e poi nella sua assenza, infine vide il resto del puzzle che
rimaneva.
Quando sua madre, Ann,
l’Imperatrice, gli aveva detto che per sapere cosa fare doveva radunare
le memorie antiche dei soggetti nati il giorno del Balenio, lui non era
riuscito a radunarle tutte.
Ma lì in quel flusso trovò le due
memorie mancanti, quella di Silvet e quella dell’ultimo individuo. Così
Lag che teneva in sé anche quelle delle altre precedenti, si abbandonò
ad esse e poté finalmente vedere le origini del loro mondo, quel
segreto inenarrabile che avrebbe potuto salvare tutti, la sola cosa
rimasta, l’ultimo atto, il gesto estremo.
Tutto racchiuso in quell’istante.
Una storia intera durata anni,
secoli da un certo punto di vista, per concludersi in quel momento, in
quell’atto, in quella visione.
Fu così che Lag vide. Vide tutto.
Ed in quello capì cosa avrebbe
dovuto fare, qual era l’ultima cosa rimasta.
Nello sparare il proiettile
dell’insetto spirituale del proprio occhio, questi si era consumato per
dare fondo al suo potere completo.
Quel che rimaneva di Lag, la forma
umana, sarebbe rimasta tale per poco, ormai.
Per agire gli rimanevano pochissimi
aliti di vita, prima di dissolversi.
Istanti. Istanti eterni. Istanti
vissuti per sempre nei cuori di chiunque l’avrebbe ricordato.
Un destino, una vita, una luce, un
senso, un significato.
Il riassunto di ogni domanda, il
riassunto di ogni gesto, il punto conclusivo.
Un istante per realizzare ogni
cosa.
Quando Lag riprese i sensi, dopo la
visione avuta, vide Niche sopra di sé che lo riparava coi propri
capelli posti a scudo. I due si guardarono. Lei sorrise perché stava
bene ed era vivo.
Poi gli cadde sopra.
Il pungiglione di Spiritus l’aveva
trapassata completamente e lei, per proteggere Lag, se lo era preso
tutto.
Niche cadde su Lag, morta.
- Farò disperdere le tenebre!
Porterò la luce!È il momento di far risuonare questi cuori! -
Puntò la sparacuore stringendo a sé
l’inerme Niche e caricando l’arma di tutto sé stesso, s’incanalò e si
sparò da solo verso Spiritus, il gaichu primordiale che stava uccidendo
chiunque incontrasse.
Si sparò prima di disperdersi nel
nulla. Nel farlo, mentre spariva, si concentrò perché lui ora sapeva
cosa fare e come farlo. E l’avrebbe fatto.
Infine sparì, l’arma cadde a terra
senza più nessuno a stringerla.
Il dolore di Lag fu assoluto ed
immediato, come un’esplosione atomica.
Il mondo intero si illuminò con la
potenza di mille soli esplosi insieme.
Chiunque fosse nelle vicinanze fu
investito da una calda e dolcissima onda d’urto che lo fece cadere a
terra e chiudere gli occhi.
Poi, nelle menti, una voce.
Una tenera, delicata dolce carica
di dolore, consapevolezza, accettazione e maturità.
La voce di chi ora avrebbe preso le
cose nelle sue mani, la voce di chi sapeva cosa fare e l’avrebbe fatto.
La voce della conclusione.
Jiggy saltò dalla roccia più alta
trovata all’interno della capitale e planò direttamente sul ponte della
nave di Gauche, il quale si fece in parte e per quel breve lasso di
tempo si sentì sollevato nel rivederlo.
Lo fece come se fosse abituato,
Lloyd lo notò, ma non disse nulla.
Scese subito dal cavallo di ferro e
si affacciò al bordo della nave piena di sacchi di lettere. In parte
Gauche guardò shoccato Jiggy e per un momento, un momento troppo veloce
per essere colto e capito, fu come se Gauche guardasse Jiggy per la
prima volta dopo un lungo sonno.
Il flusso di Lag divenne un fiume
in piena, una cascata che sgorgava al contrario, dalla terra al cielo e
lì investì tutti.
Lloyd chiamò Lag dicendo di
portarlo con sé, trasformarlo in luce, consumare il suo cuore per
usarlo come energia contro il gaichu, ma lui non lo prese.
L’anima di Lag incontrò quella di
Niche e di sua madre e da esse trasse la forza per completare l’atto
finale, poiché nessuno li avrebbe più separati.
Fu così che Lag si infranse contro
Spiritus ad una velocità massima, nelle vesti del proiettile definitivo
e finale.
Il grande gaichu risuonò sopra di
loro illuminando il mondo a giorno e mentre egli si dissolveva in
miliardi di piccole stelle luminose, Lag scendeva sotto forma di
essenza, dolcemente dai suoi amici a salutarli, spiegando loro cosa
sarebbe successo da lì in poi.
La voce della consapevolezza, la
voce della conclusione, la voce dell’amore, la voce della luce.
Lo videro un’ultima volta nelle sue
sembianze di bambino, sembianze assunte grazie ad una pietra spirituale
che ormai non c’era più, sembianze che non servivano essere mantenute.
Con dolcezza spiegò.
Quando aveva potuto vedere la
memoria antica di Amberground, aveva visto che prima di Spiritus c’era
un sole vero che illuminava tutto il mondo, ma poi l’oscurità l’aveva
mangiata gettando il mondo nelle tenebre.
Così Lag aveva capito il
significato della luce dentro di sé e mentre si incanalava
abbandonandosi alla sua forma reale e definitiva, disse che sarebbe
diventato lui il nuovo sole.
Un sole che avrebbe brillato per
tutti quanti, per sempre.
Infine ringraziò tutti uno ad uno,
affidò la gente di Amberground a Largo Lloyd chiedendogli di guidarli
per il tempo che gli sarebbe rimasto, lo ringraziò per la speranza che
aveva riposto in lui quando aveva condiviso la verità celata dietro al
sole artificiale, ciò che aveva dato inizio a tutto.
- Connor, Zazie, amici miei… -
Zazie era a terra, in quel momento. Avvolto dalla sua luce calda, una
luce che aveva vissuto, nella quale si era bagnato molte volte, una
luce che amava profondamente in un modo inspiegabile.
Vi si abbandonò sentendolo lì con
lui. In lui.
- Vi voglio e vi vorrò sempre bene.
- Connor scoppiò a piangere, Zazie non trattenne le lacrime e sentì
quel ‘ti amo e ti amerò sempre’ dritto nel proprio cuore, qualcosa che
sarebbe stato solo suo per sempre, che lui avrebbe sempre saputo,
sempre sentito.
Un’ondata di calore lo invase
mentre cercava di mitigare il grande dolore che avrebbe potuto farlo
impazzire.
- Ma tu guarda questo stronzetto
malefico… bella gattina, fai sempre di testa tua, eh? - Ma dopotutto
l’aveva saputo dal momento in cui aveva ricevuto quella lettera insieme
agli altri, quando aveva detto che avrebbe trovato un modo per salvarli
tutti.
L’aveva capito in quel momento ed
il dolore vissuto da quel momento poi era stato un lungo e faticoso
cammino verso l’accettazione di qualcosa difficile da digerire, ma che
alla fine aveva capito non poter cambiare.
Accettare l’inaccettabile. Era
possibile?
Venendo ad Akatsuki quel giorno,
l’aveva fatto.
Quando aveva stretto il collo di
Lag prima di farlo salire sul treno, l’aveva salutato in quel momento.
Per sempre. L’ultimo istante in cui le sue braccia avevano toccato il
suo corpo umano. E forse l’aveva sentito davvero, in quel momento, che
poi non l’avrebbe più toccato. Ma allo stesso modo aveva saputo che
l’avrebbe risentito ancora, che l’avrebbe avuto ancora davanti a sé.
Quello l’aveva percepito col suo istinto selvatico. Che era un addio,
ma non la fine.
Zazie visse quel saluto con
rassegnazione, piangendo perché era inevitabile, ma pronto ad esserne
colpito.
Lag salutò Gauche e Lode
chiamandolo Noir, quando aveva liberato i cuori aveva incontrato quello
di Silvet, ma non aveva capito cosa poi era stato di quelle anime.
Gauche era in piedi e sorrideva con
la dolcezza tipica sua, la dolcezza che aveva visto quel giorno, quando
si erano incontrati per la prima volta, quando poi dopo averlo
consegnato alla zia si erano salutati.
Lag gli disse che se era diventato
un Bee era stato grazie a Gauche e Lode, perciò li ringraziava dal
profondo del suo cuore per essere semplicemente esistiti.
Gauche però sorridendo disse che se
c’era qualcuno che doveva ringraziare, quello era lui. E che piuttosto
sperava di diventare lui un Bee come Lag.
La voce ed il dolce saluto di Lag
raggiunse tutti su Amberground, chiunque avesse incontrato in vita
sentì la sua carezza, infine andò da Silvet, a casa insieme ad Aria ed
al dottore in attesa della fine.
E la fine arrivò.
Sotto forma di luce.
Silvet, che aveva perso
completamente il cuore nel lungo periodo passato da sola in attesa del
ritorno di Lag, si alzò in piedi ritrovando non solo il proprio cuore,
ma anche la capacità di camminare perduta quando era nata, per via del
Balenio.
Silvet piangeva, in piedi sulle sue
gambe, le braccia aperte.
Lag prese forma nella luce che le
venne incontro, un’ultima volta, insieme a Niche.
La salutò.
Infine si dissolse definitivamente
diventando quel sole che sarebbe per sempre rimasto con loro, un sole
che li avrebbe accompagnati in ogni passo, che avrebbe sostenuto,
consigliato, ascoltato e che non avrebbe mai fatto sentire solo
nessuno.
E per chiunque avesse cercato
ancora Lag, avrebbe potuto sentire la sua voce. La sua risata
cristallina. Il suo spirito nel loro cuore per sempre, in ogni istante,
ovunque.
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Capitolo 45 *** Un sole per sempre ***
la_proporzione_perfetta45
*Ecco un altro capitolo.
Sappiamo che Silvet si è risvegliata e si è alzata, perciò sappiamo che
ha recuperato tutto il suo cuore. Da questo principio ho scritto questo
capitolo. Lag è diventato il sole, un sole vero, che splende alto ed
illumina tutto e si muove nei cicli di giorno e notte per ricoprire
tutto il pianeta. Prima di lasciarli ha salutato tutti ed ha chiesto a
Lloyd di guidare Amberground in questa rinascita, anche se ormai il suo
corpo sta morendo. La vita riprende, ma Zazie rimane senza il suo Lag,
vediamo come reagisce e come farà. Buona lettura. Baci Akane*
45. UN SOLE PER SEMPRE
"Tu lo
sai che non è la fine Si' che lo sai... Che viene maggio E sciolgo le
brine.
[...]Così ti cerco E grido forte Da
in mezzo al mondo Solo io Posso
trovarti Solo io E inginocchiarmi Solo io per innalzarti Mio sole mi
senti Solo io Da quante lune Solo io Ti aggiusto il cuore Solo io Io
sono un'ombra E tu, e tu sei il sole Così mi manchi E grido forte"
- Zucchero - E' delicato -
Non avrebbe più rialzato gli occhi,
fosse stato per lui.
Quando Jiggy era arrivato per
vedere come stava, l’aveva visto seduto per terra a piangere con il
viso chiuso fra le mani, così l’aveva raccolto e fatto salire sul
cavallo di ferro dicendo che l’avrebbe riportato a casa.
Jiggy e Gauche stavano andando a
casa da Silvet, Aria ed il dottore. Quest’ultimo sarebbe stato preso e
portato alla capitale per aiutare Largo Lloyd e tutti gli altri feriti
i quali considerato quel che era successo, non erano molti.
Lloyd doveva essere rimesso in
sesto il più possibile per poter condurre la gente in quel nuovo
Amberground e predisporre bene le cose per il nuovo domani. C’era solo
una persona in grado di curare qualcuno in maniera adeguata.
Così Jiggy, Gauche e Lode avevano
deciso di tornare a Central a recuperarlo, usando la nave volante della
sorella di Niche.
Non avevano idea di che cosa
avrebbero trovato, avevano visto tutti le anime volare via, ma non
sapevano cosa ne era stato.
‘Vado a recuperare Zazie.’
‘Perché?’
‘Perché ha perso Lag. Sarà
distrutto. Avrà bisogno di me.’
‘Ma lui non l’ha perso…’
Jiggy non aveva capito subito le
parole di Gauche, così come non aveva capito cosa gli era successo
mentre i cuori venivano liberati.
A prima vista sembrava uguale, Noir
aveva iniziato a vivere secondo l’istinto insito in sé da un po’,
ormai, e si comportava già come Gauche, per questo Jiggy lo chiamava
così. Per cui no, non aveva notato.
A quel punto aveva allargato le
braccia, aveva alzato il viso e chiudendo gli occhi si era rilassato in
un’espressione di gioia ed abbandono. Jiggy aveva tremato, per un
momento, a quella visione. Ma ancora non ci aveva voluto
intenzionalmente vedere quello che gli era parso per un istante, un
flash velocissimo.
‘Non lo sentite?’ Aveva detto
rapito. Jiggy e Lode avevano guardato in alto, verso il cielo azzurro e
terso, più bello di così non era mai stato, il colore vero del cielo
non l’avevano mai visto.
E quel sole, quel sole era così
bello, ora.
Jiggy così aveva capito.
‘Lo porto con me, torno subito.’
Jiggy era sceso con la moto con una
facilità quasi sconcertante, portando giù Lloyd come richiesto, il
quale voleva rimanere lì e vedere cosa rimaneva della capitale dopo
l’attacco sia dei gaichu ora annientati insieme al colpo finale di Lag,
sia dopo l’attacco di Spiritus.
La ragazzo maka accontentò Gauche e
spostò la nave abbassandola alla portata di Jiggy e Zazie.
Erano risaliti più in fretta, ma il
piccolo bee non si era staccato dal cavallo di ferro e nemmeno da
Jiggy, così insieme erano ripartiti.
I due giovani si guardarono
eloquenti.
‘Non vuole staccarsi.’ Diceva lo
sguardo di Jiggy.
Gauche sorrise consapevole, poi
annuì e si avvicinò dolcemente, gli mise una mano sulla schiena e lo
carezzò confortandolo senza troppe cerimonie, gesti o parole.
- Zazie… - Mormorò piano. Zazie non
si mosse, strinse di più la presa intorno al corpo di Jiggy. - Zazie… -
Insistette Gauche piano. - Guarda… - Disse poi. Zazie non si mosse
ancora, così gli mise la mano sulla spalla tirando leggermente. -
Guarda su… - Zazie scosse il capo. - Sì… guarda solo questo… - Zazie
sospirando snervato, decise di staccarsi per guardare, per farlo
smettere. Appena mosse gli occhi verso il cielo, Gauche poté aggiungere
sorridendo. - Guarda quanto è bello. -
A quel punto gli occhi si
spostarono in alto, la prima cosa che videro e che prima si era
rifiutato di guardare, fu l’azzurro intenso. Uno splendido azzurro
chiaro.
Zazie spalancò gli occhi e
trattenne il fiato, gli occhi pieni di lacrime si cristallizzarono e
smisero di scendere lungo le guance.
Jiggy si girò verso di lui a
guardare la sua reazione, interdetto, incredulo, poi indicò col braccio
di affacciarsi giù dalla nave, Zazie si protese senza fiato.
Sotto, la nave sorvolava l’isola di
Akatsuki dove erano stati ora, un’isola verde e rigogliosa grazie al
sole artificiale che aveva splenduto per anni. Alberi verdi, erba
brillante, fiumi.
Poi l’isola finì e cominciò il
mare.
Un grande mare blu, le cui acque
specchiavano il cristallo del cielo e la luce brillante del sole che
rimandò tanti piccoli diamanti, come stelle accecanti, su verso di
loro. La superficie quel giorno era calma, un piatto con alcune piccole
dolci onde che portavano bellezza all’occhio umano.
Zazie riprese a piangere, ma non di
angoscia.
Poi spostò lo sguardo più avanti,
scendendo dal cavallo di ferro, per guardare meglio. Si affacciò al
parapetto e vide verso Yusari, il cerchio di terra di mezzo, dove aveva
lavorato come Bee per la maggior parte dei suoi anni. La rotaia che
stavano sorvolando si sarebbe presto congiunta alla seconda isola
circolare, un enorme anello che si allargava intorno ad Akatsuki, la
capitale.
E da lì già la vedeva.
Terre aride dove la polvere faceva
da padrone, ma non era polvere grigia, era polvere marroncina, il
colore della terra era marrone. Vide i manti rocciosi di svariate
qualità di grigio brillare al contatto con il sole, alcune erano
bianche e sembravano minerali preziosi.
In alcune zone c’era un po’ di erba
secca che a fatica si trascinava verso l’entroterra dove villaggi
colorati davano sfoggio di un’architettura che non aveva mai notato, di
cui non aveva mai goduto.
- Non è bellissimo? - Ripeté
Gauche. Zazie non si asciugò le lacrime, quella volta.
Sorrise ed annuì capendo cosa
voleva dire.
- Era così meraviglioso? - Disse
riferendosi ad Amberground. Gauche sorride avvicinandosi, si appoggiò
alla balaustra insieme a lui, i gomiti e le mani giunte, un’aria persa
in quel bellissimo spettacolo sotto di loro.
- Lo è sempre stato. Solo che non
potevamo vederlo. - Poi spostò gli occhi viola sui suoi scuri e pieni
di lacrime che lentamente avevano smesso di scendere. - Grazie a lui
adesso lo vediamo. - Jiggy si avvicinò ai due, rimanendo in piedi
dietro, Lode seduta su uno dei pali portanti della nave a guardare
dall’alto lo stesso scenario che non aveva mai pensato potesse essere
così bello.
Jiggy sorrise vedendo Zazie aprirsi
e risollevarsi e sorrise vedendo Gauche con la sensibilità che gli
aveva fatto perdere la testa la prima volta. Invariata nonostante
tutto.
Nonostante tutto.
Jiggy strinse gli occhi con
un’intuizione che tornò a scacciare per paura di una cocente delusione.
- Lag non è morto, Zazie. Non è
svanito per sempre. Non lo senti? Lui è qua! Ci ha salvato, ci ha
regalato questo mondo meraviglioso che grazie a lui sarà sempre
bellissimo ed ora lo possiamo vedere davvero. Ed è qua. Non lo senti?
Devi farci caso, devi concentrarti, lo devi cercare perché altrimenti
non lo noti, però se ti fermi, ti raccogli e ti concentri, lo senti. -
Gauche chiuse gli occhi ed alzò il volto verso il cielo, il caldo sole
lo carezzò dolcemente e Zazie fece la stessa cosa, mentre Jiggy
preferiva perdersi nel suo ragazzo.
Zazie chiuse gli occhi e abbandonò
il capo all’indietro, si rilassò, respirò calmo, svuotò la mente da
ogni paura, angoscia e pensiero e si concentrò solo sul calore di quel
sole che non aveva mai provato. Un calore vero, autentico, diverso da
quello del fuoco. Un calore che penetrava fin dentro le ossa, fino
all’anima e ricaricava il cuore sfinito, perso e sgonfio.
L’energia riprese a scaturire
lentamente.
‘Ciao Zazie’
La sua voce risuonò nella mente e
Zazie spalancò gli occhi di scatto, incredulo, shoccato.
Gauche li aprì a sua volta,
sorridendo consapevole. Jiggy, capendo cosa doveva essere successo,
rimase senza parole e si avvicinò a Gauche mettendogli le mani alla
vita per baciargli la nuca, come a ringraziarlo d’averlo salvato nel
momento in cui Zazie stava per perdersi.
- Lo posso sentire! - Gauche annuì
maturo e fraterno.
- Lo potrai sentire sempre. Lui non
è morto. Lui è qua. E lo sarà più di prima. Solo che è in una
consistenza e forma diversa. Ma non ti mancherà mai davvero se vivrai
aperto come lo sei ora. Se lo lascerai entrare, lui non ti farà mai
sentire solo, lo sentirai sempre. - Zazie tornò a piangere, ma di
gioia, incapace di concepire la sua vita con un Lag spirituale ma
comunque estremamente presente.
Chiuse di nuovo gli occhi e si
sedette alla balaustra, le gambe verso l’esterno senza la minima paura
di cadere. Le mani ai lati, un sorriso sulle labbra.
“Bella gattina, non te ne sei
andato!”
‘Fai una cosa per me, Zazie, puoi?’
Disse poi la tenera voce di Lag, una voce più adulta e soave, ma sempre
sua.
“Tutto quello che vuoi.”
‘Sorridi, Zazie. Sorridi sempre.
Perché il mondo è un posto meraviglioso. E voglio vederti ridere
sempre.’
Zazie così sorrise pensando che
fosse sempre lui, che diventare il sole non l’aveva cambiato per niente
e che era meglio così. Perché era quel Lag ingenuo, dolce ed ottimista
di cui si era innamorato ed era quel Lag che avrebbe sempre amato.
Non era come averlo vicino,
stringerlo, baciarlo, parlargli di persona. Non era come averlo lì sul
serio. Però poteva abituarsi, poteva farselo bastare. Purché la sua
presenza non gli fosse mai mancata.
Una folata di vento caldo
l’avvolse, Zazie piegò la testa e sorrise con dolcezza aprendo gli
occhi sulle terre di Yusari che cominciavano sotto di loro.
No, non gli sarebbe mai mancato. E
sì, ce la poteva fare.
Approdati a Central, nello spiazzo
subito fuori le mura della città, Jiggy e Gauche si separarono. Gauche
e Lode andarono da Silvet, Aria ed il dottore per vedere come stavano e
spiegare cosa era successo, mentre Jiggy accompagnò Zazie a casa sua,
avendo chiesto di stare un po’ in pace.
Jiggy poi sarebbe andato a trovare
sua sorella e suo fratello, dopo molti mesi che non li vedeva più.
I due si congedarono
momentaneamente per andare ognuno dalla propria famiglia.
Rivederlo fu per Silvet un tuffo
nel passato, come se dopo un lungo incubo si fosse risvegliata
rivedendo la cosa più bella di tutte.
Nonostante fossero rimasti lì, Aria
ed il dottore avevano capito cosa doveva essere successo perché dopo il
risveglio di Silvet, era scoppiato un sole incandescente e mentre esso
si era alzato su nel cielo, più alto del sole artificiale, la figura di
Lag e Niche era scesa salutandoli sorridenti.
Gauche così la vide alzarsi e
corrergli incontro, gettandogli le braccia al collo e piangendo di
gioia nel rivederlo, e di tristezza nel sapere che Lag non sarebbe
tornato, nell’averlo capito in quella visione di prima.
Lo strinse senza pensare che
l’ultima volta che l’aveva visto, un anno prima, lui era Noir e non
sembravano esserci speranze per Gauche.
Lo abbracciò come se fosse suo
fratello, forte, felice di rivederlo dopo quel lungo buio angosciante.
Gauche così la vide correre e
saltargli con le braccia al collo, rimase pietrificato nel vederla
camminare.
Silvet, la sua Silvet camminava. La
sua piccola dolce sorellina stava bene e camminava e nonostante lui
l’avesse sentito sulla propria pelle, non aveva osato immaginare cosa
avrebbe potuto significare ad ampio spettro, non aveva osato sperarlo,
forse. Nel caos di tutte quelle cose successe in un attimo, non aveva
avuto modo di riordinare le idee.
Ma la strinse a sua volta, forte, e
lasciò che le lacrime scivolassero per la prima volta dopo un lungo
tempo, così gli parve in quel momento.
Il cuore gli sembrava scoppiare nel
petto.
La tenne forte a sé, le carezzò i
capelli setosi e con un dolce sorriso fra le lacrime silenziose,
mormorò al suo orecchio, davanti agli occhi attoniti di Aria e del
dottore.
- Nostra madre sarebbe così felice
di vederti camminare, sorellina. - Appena lo disse, Silvet e gli altri
capirono immediatamente cosa significava e anche per loro, sebbene
avessero visto Silvet svegliarsi e camminare, non avevano avuto modo di
capire fino in fondo quanto era successo.
Solo lì, solo in quel momento.
Fu un momento sacro, indescrivibile
per tutti e persino Lode, lì in un angolo, sentì un’inconcepibile
voglia di saltare loro addosso e stringerli forte, come un tempo
avrebbe fatto nella propria forma animale.
I ricordi del lupo che per anni
aveva accompagnato Gauche e Silvet tornarono davanti a quella scena e
mentre la famiglia si riuniva, una lacrima traditrice scese,
testimonianza dello spirito del lupo ora forte in lei. Il lupo che
avrebbe per sempre, di nuovo, vegliato su di loro.
- Sei tornato. - Mormorò Silvet
piangendo. - Sei tornato da me! Lag ci è riuscito. -
Mai un pianto fu più consacrante.
Zazie rientrò silenzioso in casa,
sospirò guardando i gatti venirgli incontro, mentre Wasiolka li
salutava come fosse loro madre.
- Dovete essere affamati… - Mormorò
guardando le ciotole vuote.
I gatti ormai erano grandi rispetto
a quando li aveva mostrati a Lag la prima volta, il ricordo di quel
giorno, di quando avevano scelto i nomi insieme, tornò inesorabile e si
sentì strano, ora, ad essere lì proprio con Jiggy.
Zazie si voltò verso di lui fermo
all’ingresso che li fissava un po’ torvo, come se fossero dei nemici.
- Si chiamano Lag, Zazie, Gauche e
Jiggy. - Disse tirando fuori dall’armadio una scatoletta di cibo per
gatti e versandogliela nella loro ciotola, poi prese quella dell’acqua
e la riempì.
Fece la stessa cosa con quelle di
Wasiolka, mentre Jiggy si aggrottava.
- Chi li ha decisi? - Chiese
stranamente interessato.
- Lag. - Rispose con un sorriso
Zazie a quel caldo ricordo piacevole. Una risata nella mente lo fece
trasalire, una risalta acuta e cristallina.
Sentendola Zazie andò svelto alla
finestra e l’aprì lasciando entrare i caldi raggi del sole, appena lo
carezzarono insieme ad una folata tiepida di aria, si sentì meglio.
Jiggy stava scuotendo la testa.
- Hai molti ricordi con lui… -
Disse poi guardandosi intorno, l’appartamento di Zazie era un gran caos
e sicuramente prima di partire per la capitale non era stato molto in
casa, qualcuno probabilmente aveva badato ai gatti, ma lo riconoscevano
come padrone. Zazie si sedette sul divano, stanco.
- Ne ho davvero tanti. - Il sole
riempiva la stanza e Zazie spostò il cuscino per fare posto. Jiggy però
scosse la testa.
- Devo andare, voglio sbrigarmi ad
arrivare a Dead End. - Era la città dove sua sorella e suo fratello
vivevano.
- Lo so, non è per te. - Disse
Zazie sorridendo come non aveva mai fatto nemmeno dopo l’arrivo di Lag
nella sua vita. Jiggy lo guardò meglio.
Era diverso, lo vedeva bene.
In cosa era diverso? Sembrava più
solare, aperto. Sorrideva molto e sebbene appena l’aveva raccolto sulla
moto gli fosse sembrato angosciato ed appesantito tanto da credere
d’averlo perso per sempre, ora sembrava più leggero e sereno che mai.
“O è impazzito o sta davvero bene.
Ma vorrei saperlo prima di partire.”
Ormai Zazie era come un fratello,
oltre che una sorta di erede. Si rivedeva in lui e quella reazione era
insolita.
Ricordava come era stato quando
Gauche era stato dato per disperso. Erano stati anni terribili e appena
appresa la notizia aveva avuto voglia di sparire e non farsi più vivo
con nessuno.
Aveva addirittura avuto pensieri
suicidi, sul ciglio di dirupi altissimi col suo cavallo di ferro pronto
a buttarsi.
La reazione di Zazie era
sconcertante e non capiva se poteva esserne sollevato oppure se dovesse
preoccuparsi.
Zazie gli era entrato in qualche
modo, vedeva molti pezzetti di sé e forse era per le circostanze con
cui l’aveva incontrato. Vedere il Bee forte che era diventato l’aveva
riempito di orgoglio.
“Forse è così che si sentono i
genitori quando hanno a che fare con i guai o le soddisfazioni dei
figli!”
Lo pensò ma non l’avrebbe mai
condiviso con nessuno.
- Stai bene? - Chiese poi serio.
Zazie annuì, sospirò e si guardò intorno allargando le braccia, come se
accogliesse qualcuno seduto accanto a lui.
- Non lo vedo, ma lo sento. Lo
sento benissimo. Lui è seduto qua vicino a me, non mi lascia. E capisco
che ora Lag è il sole, che è alto nel cielo, scalda tutto, e che farà
le cose che il sole fa qualunque esse siano. Però in qualche modo lui è
qua ed io lo sento. È come se fosse… - Zazie cercò il termine giusto
senza che gli venisse e Jiggy, impressionato, lo capì da solo.
- Onnipresente… - Disse sorpreso,
pensando invidioso che se in quegli anni oscuri lui avesse sentito
Gauche in quel modo, forse, non avrebbe cercato di togliersi la vita
tante volte, non sarebbe andato contro qualunque missione suicida,
qualunque gaichu forte. E non avrebbe passato le notti a piangere
sperando di perdere anche lui il cuore per sempre.
Il male che aveva provato non
l’avrebbe mai abbandonato, ma vedere che non sarebbe stato così per
Zazie fu un enorme sollievo.
- Sì, è una presenza costante,
ovunque, sempre. Non so spiegarlo, penso che in qualche modo il suo
spirito, il suo cuore, la sua coscienza sia rimasta ed è legata a chi
lo ha amato. Ha senso secondo te? - Jiggy sorrise, forse per la prima
volta davanti ad un altro che non fosse Gauche. Zazie rimane senza
parole ed impallidì.
- Lo ha per te, non conta niente
altro. - Disse semplicemente senza analizzare delle sensazioni tanto
personali.
Zazie rimase a guardarlo, poi
abbassò gli occhi sui gatti che salivano a cercare coccole e carezze
facendo le fusa. Tutti e quattro facevano a gara a chi se ne prendeva
di più e Zazie si mise a ridere, mentre i gatti chiamati Zazie e Gauche
andavano ad accoccolarsi nell’alcova vicino a lui, che aveva sistemato
come se dovesse esserci davvero Lag lì con lui.
Jiggy sorrise guardandoli.
- Loro due erano molto affezionati
a Lag. - Spiegò Zazie avendo conferma che in qualche modo lì c’era
qualcosa di Lag, che il suo essere il sole non lo faceva sparire, ma
essere presente in modo diverso da prima. Non aveva una forma, ma aveva
sempre il suo cuore, la sua anima, la sua coscienza e tutto il suo
vissuto.
Jiggy sorrise senza stupirsi più di
nulla, sollevato di vederlo così sereno.
- Allora io vado, mia sorella e mio
fratello saranno preoccupati. - Zazie annuì e lo salutò. Felice di
vederlo lì, interessato e che si prendesse cura in quel modo di lui.
- Starò bene, grazie. - Disse
sereno. - Appena torna il direttore mi rimetterò a lavorare, c’è un
sacco da sistemare. - Aggiunse poi mentre le energie gli tornavano
all’idea di tenersi occupato e darsi da fare.
Soprattutto all’inizio, dare fondo
ad ogni briciolo di forza l’avrebbe aiutato ad abituarsi a quel nuovo
modo di vivere. Un modo dove Lag non era fisico ma inconsistente,
eppure lì, sempre lì con lui.
Jiggy annuì fiero dietro quel suo
sguardo azzurro ed apparentemente composto, poi andò via.
La porta si chiuse e Zazie
abbandonò il capo dietro di sé, le mani sul pelo dei gatti che gli
trasmettevano il loro piacevole vibrato grazie alle fusa.
- Andrà tutto bene, da qui in poi,
vero Lag? - Chiese ad alta voce Zazie.
‘Assolutamente sì.’
Zazie sorrise e si abbandonò alla
stanchezza e ai nervi che finalmente si rilassavano, mentre il calore
del sole lo avvolgeva con una dolcezza familiare, accompagnandolo in un
sonno dove Lag era di nuovo lì, intento a cucinare qualcosa che avrebbe
bruciato come al solito.
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Capitolo 46 *** Il giorno delle promesse mantenute ***
la_proporzione_perfetta46
*Ecco un altro capitolo, siamo
agli sgoccioli ma non è ancora l'ultimo. Credo che un po' tutti ora
aspettiate quello che sta per succedere, che dopo tutta la fatica che
fa Lag (tutto il manga si basa su questo in realtà) per ritrovare prima
Gauche e poi il suo cuore, questi finalmente se lo viva appieno. Adesso
è ora di vivere e di essere felici e di mantenere tutte le promesse
fatte e mai mantenute. Arriva l'ora di un giorno davvero bellissimo. E
niente, buona lettura. Baci Akane*
46. IL GIORNO DELLE PROMESSE MANTENUTE
"Ricominciamo
da capo perchè non possiamo
ricominciare da capo?
Diamoci la possibilità di ricominciare da capo! E saremo buoni Questa volta faremo faremo le cose
giuste è la nostra ultima
possibilità di perdonare noi stessi"
/Muse - Redemption/
“ZAZIE ZAZIE ZAZIEEEEE!”
La sua vocina trillò nella testa di
Zazie facendolo svegliare di soprassalto, spalancò gli occhi e si alzò
a sedere sul letto, i capelli neri particolarmente sparati, gli occhi
così sottili che le pupille nemmeno si vedevano. Si guardò intorno e la
sua voce tornò a trapanargli il cervello:
“ZAZIE, ANDIAMO! STA SUCCEDENDO
ORA!”
- Ma cosa? - Biascicò senza capire
che stava dicendo. I gatti salirono di corsa e Wasiolka si mise a
camminare per la camera come se fosse eccitata. I gatti miagolavano ma
non per la fame, bensì per qualcosa che li rendeva felici.
“GAUCHE E JIGGY!”
- Ahio e smettila di gridare, ti
sento bene! - Si lamentò Zazie tappandosi le orecchie, come se questo
potesse mitigare la sua voce che trasmetteva direttamente nella sua
testa.
“Scusa, non è facile capire come
funziona ora!”
Zazie sospirò e si alzò
trascinandosi giù dal letto, verso la cucina, alla ricerca del latte
che per lui era meglio del caffè. Cose da selvaggi!
- Di cosa parli, che sta succedendo
a Gauche e Jiggy? -
chiese ad alta voce, com’era
consuetudine. Chi lo sentiva parlare da solo lo spediva dal dottore per
delle visite, ma ormai anche il dottore aveva capito che Zazie sentiva
Lag. Cioè lo sentiva davvero, mentalmente.
“Jiggy sta per scoprire che Gauche
è di nuovo Gauche!” Zazie si aggrottò guardando dritto davanti a sé,
ripetendosi le sue parole per provare a darci un senso.
- Perché, chi era prima? -
“Noir. Cioè era Gauche, aveva i
suoi comportamenti, i suoi istinti profondi, i suoi sentimenti… però
non ricordava nulla, no? Aveva perso quasi tutto il suo cuore!”
Spiegò Lag faticando a calmarsi.
- Ok. Ed ora invece li ha
recuperati? - Chiese pacifico come se non fosse quella gran cosa
interessante come la credeva Lag. Mise il latte nelle ciotole dei gatti
e di Wasiolka.
“Ma certo, come tutti! Quando ho
aperto il guscio di Spiritus col primo colpo, sono tornati indietro
tutti i cuori risucchiati e sono tornati ai legittimi proprietari, è
stata una sorta di calamita naturale!” Continuò a spiegare Lag nella
sua testa. Zazie si diresse al bagno facendo i propri bisogni mentre
parlava privo di entusiasmo.
- Ma scusa, è successo giorni fa,
tutti abbiamo capito che i cuori sono tornati indietro, Silvet cammina
ed è sveglia… - Rispose schietto senza capire come potesse succedere
solo ora.
Lag sospirò spazientito e seccato
trasmettendogli così un mal di testa lancinante di cui Zazie si
lamentò.
- Ahia! -
“Scusa!” Disse subito Lag
calmandosi. “Ma Jiggy non ha visto Silvet, è andato via subito,
ricordi? È andato da sua sorella e suo fratello! Ci è rimasto un po’,
ha aiutato la città che era stata attaccata da gaichu e da uno degli
attacchi di Spiritus!”
- Perciò non sa che i cuori sono
tornati indietro? - Chiese Zazie sciacquandosi il viso. - Io sono già
tornato al lavoro, c’è un sacco di lavoro arretrato, Lloyd sta
disponendo la ricostruzione delle città disastrate… - Zazie lo spiegò
come se Lag non lo sapesse.
“Ovunque c’è molto lavoro da fare,
Jiggy ha capito che deve essere successo qualcosa perché si è chiesto
come mai le città sono state attaccate e si vedono le macerie, ma non
ci sono vittime senza cuore? Come mai stanno tutti bene? Ha finalmente
capito che qualcosa non quadra e siccome Gauche comunque si comporta da
Gauche da un po’, non collega tutto, non gli torna qualcosa, ma non gli
è venuto su che Gauche deve aver recuperato la memoria! Ma ora sta
tornando all’Alveare da Gauche e lui gli ha preso un anello, perché si
erano promessi che quando Gauche sarebbe tornato dalla capitale, dopo
essere diventato un Head Bee di successo, si sarebbero sposati e lui
gli avrebbe regalato un anello! È una promessa fatta prima di separarsi
e di perdere la memoria, una cosa che sa solo Jiggy e basta! Ed ora lui
tornerà e Gauche vuole dargli l’anello e scoprirà che ha recuperato la
memoria, che è tornato il suo Gauche al cento percento!”
Zazie capì, difficile il contrario.
Si mise a ridere mentre si spogliava per indossare la divisa da Bee,
aveva un’altra giornata di lavoro che l’aspettava e intendeva farlo con
entusiasmo.
- E li devi spiare per forza? -
“Non è che li spio, io li vedo.
Sono ovunque, ricordi? Sento i pensieri ed i sentimenti di tutti,
capisco tutti e vedo. Vedo cosa stanno facendo. Vedo contemporaneamente
cosa fa Jiggy e cosa fa Gauche! Se ti sbrighi e corri all’Alveare ora,
dovresti vedere la scena! Andiamo, è bellissimo!”
Zazie sospirò, poi provò ad
immaginare la faccia di Jiggy che si commuoveva e non riuscendoci si
decise che effettivamente questo non lo poteva perdere.
- Ok, hai ragione! Jiggy commosso
che risponde ad una proposta di matrimonio non lo posso perdere!
WASIOLKA, ANDIAMO! -
E così, vestito in fretta coi
vestiti ancora fuori ed i capelli in disordine, si mise a correre fuori
di casa, col sole caldo e dolce che gli carezzava il viso di primo
mattino, insieme al tenero buongiorno di Lag che spuntava ad est
colorando il cielo di meravigliosi bagliori rosa e viola.
Il mondo esterno non era mai stato
tanto bello.
Gauche era nervoso per la prima
volta in vita sua.
Stringeva l’anello che gli aveva
preso e cercava di capire se gli sarebbe piaciuto, poi si rispondeva
che tanto il problema non era il piacergli l’anello o meno ma la
risposta in sé.
Avrebbe potuto dire che dopo tutto
quello che era successo non credeva nei legami eterni e che sposarsi
era una stupida istituzione inutile, che non rendeva un legame più
stretto e che non impediva alle cose brutte di succedere.
Lo conosceva bene e poteva essere
così.
Però sperava ugualmente che avrebbe
risposto di sì.
- Tornerà oggi? - Chiese Silvet
consegnandogli la scorta della zuppa super speciale per la giornata di
lavoro che si apprestava a svolgere. Gauche trasalì e la vide in piedi
davanti a lui che lo guardava con uno splendido sorriso e due occhi
bellissimi, vivi. Per un momento si perse in lei, la sua sorellina ora
era una ragazza bellissima, stava bene e camminava.
“Non solo le cose brutte accadono,
anche quelle belle. Ora Jiggy lo sa. Vedrai che dirà di sì!”
La voce di Lag risuonò nella sua
testa. L’aveva aiutato a scegliere, aveva scrutato nei gusti di Jiggy
ed aveva visto che genere di anello gli sarebbe piaciuto. Era suo
complice dall’inizio. Gauche sorrise anche a lui e si rilassò.
- Lag ha ragione. - Disse Silvet la
quale aveva sentito la sua stessa frase, avendo lui parlato ad
entrambi.
- Come sempre… è snervante il fatto
che quel mostriciattolo abbia sempre ragione! - Scherzava così Silvet
per contrastare il magone che aveva tutte le volte che lo sentiva, le
mancava molto, ma sentirlo sempre presente l’aiutava.
- Però Jiggy non sa le conseguenze
di quello che è successo quel giorno. È andato nella sua città natale e
si è fermato per aiutare a ricostruire, ha mandato Harry ad avvertire
il direttore che oggi sarebbe potuto tornare operativo, che sarebbe
tornato puntuale per il turno di inizio. - Spiegò lui pragmatico come
non sempre riusciva ad essere. - Non è detto che abbia capito che i
cuori sono stati restituiti a tutti. Non ha visto Silvet e non si è
accorto che sono tornato me stesso al cento percento. -
Silvet rise e lo abbracciò.
- Non ti facevo così ansioso,
quando eri con me lo mascheravi dietro quel sorriso tranquillo e
sicuro! - Gli baciò la fronte fra i capelli bianchi e lunghi. - Andrà
tutto bene, vero Lag? -
“Ne sono sicuro!”
La sua voce lo tranquillizzò.
Uscì così di casa con la borsa e la
divisa da Bee, una volta fuori vide Lode che parlava con la sorella di
Niche.
- Abbiamo finalmente un nome! -
Disse lei trionfante, stufa di parlare dell’utilità di accettare un
nome, come aveva fatto Niche.
La ragazza maka aveva ripreso le
sembianze umane, ad eccezione per le mani da bestia. Il corpo era
vestito grazie all’uso dei propri capelli, come aveva fatto altre
volte. Sembrava una donna bellissima a tutti gli effetti, la versione
adulta che avrebbe potuto avere Niche un giorno.
I lunghi capelli dorati, gli occhi
blu con le pupille sottili, le zampe da maka.
- Ah sì? - Chiese Gauche avviandosi
con Lode e la ragazza. - E quale sarebbe? -
- Sun. -
- Per il sole? - Gauche lo capì
subito. - In onore di Niche? -
- Per far sentire in colpa
quell’egoista di sorella che è diventata sole insieme al piccoletto! -
Lo corresse. Lode scrollò le spalle senza replicare, almeno aveva
parlato in modo corretto ed era una bella conquista.
“NICHE NON È EGOISTA, NICHE È UN
BRAVO DINGO!” La vocina stridula e petulante di Niche tuonò nella testa
della sorella la quale si mise a discutere con lei sul motivo per cui
era in realtà egoista, Lode avvicinò Gauche ignorandola.
- Ha deciso di rimanere, non ha più
un compito in quanto erede maka, perché l’abbiamo liberata dai gaichu,
i gaichu non ci sono più, almeno per il momento. Dice che vuole
esplorare il mondo che non ha mai potuto vedere dovendo rimanere
rintanata nella grotta col maka. - Gauche annuì sorridendo felice.
- Siete diventate buone amiche, ti
dà molto ascolto… - Lode sbuffò scrollando di nuovo le spalle, cercando
un po’ di contegno mentre arrossiva.
- È lei che si è attaccata a me, io
le lascio fare quello che le pare. - Gauche ridacchiò capendo che non
amava dimostrare i propri sentimenti, ma chiaramente si era legata alla
ragazza maka che cercava un nuovo ruolo nel mondo.
- Tu piuttosto, torna oggi, no? -
Disse lei riferendosi a Jiggy. Gauche si tese un po’ ed annuì. - Glielo
darai? - Si strinse nelle spalle spaesato, incerto.
- L’idea è questa. Spero che
accetti. - Lode non sorrise, fece finta di nulla fingendosi brusca come
sempre.
- È ovvio che accetterà, ti amava
prima, ti amava dopo e ti amerà ancora di più ora! Che sciocchezze! -
Gauche sorrise contento e rilassato, anche se in cuor suo continuava a
rimanere ansioso.
Aria disponeva i compiti ai Bee
mano a mano che arrivavano, secondo gli ordini del direttore Garrard.
Non guardava nemmeno in faccia chi
arrivava. Seduta dietro il banco d’accoglienza, guardava la lista che
aveva in mano dove c’era scritto il nome del Bee ed il numero della
borsa da consegnare insieme al foglio delle consegne, il Bee diceva il
proprio nome, lei automaticamente leggeva il numero e consegnava foglio
e borsa con lettere o pacchi.
- Zazie. -
- Oh Zazie, aspetta qua, il
direttore ha deciso di formare una squadra per una missione speciale
oltre oceano. Sarete tu, Jiggy Pepper, Gauche Suede e rispettivi dingo.
Spera che la ragazza maka si unisca alla squadra e vi aiuti ad
attraversare l’oceano come ha già fatto prima, perché ci sono
moltissimi pacchi e lettere da portare nelle terre oltre il mare e
visto che Suede e Pepper lo hanno già fatto, vuole rimandarli, ma
vorrebbe ci andassi anche tu. -
Zazie colto di sorpresa annuì.
- Non sono arrivati Gauche e Jiggy?
- Aria non lo guardò nemmeno, scosse il capo e si sistemò gli occhiali
sul naso passando alla lista.
- Arriveranno. Prossimo? -
- Visto che andate nelle terre
oltre oceano vorrei che deste un messaggio a tutte le loro città da
parte della nuova guida di Amberground… -
Zazie guardò chi aveva parlato e
spalancò gli occhi, Aria non si degnò nemmeno continuando a leggere fra
i documenti e a rispondere in perfetto automatismo, fredda e calcolata.
- Per una cosa simile serve il
permesso del signor Lloyd, nessuno può parlare a nome suo se non lui
stesso o dei diretti incaricati. -
- Per questo sono venuto di
persona, speravo che Garrard potesse aiutarmi con questo compito e vedo
che mi ha letto nel pensiero. -
Aria così, seccata e sbrigativa,
alzò la testa per vedere chi le stava facendo perdere tempo, ma si
fermò vedendo un enorme cesto pieno di molte cose davanti al viso della
persona che aveva parlato.
- Chi… - Chiese perdendosi nella
risposta ed in una voce che ora cominciava a riconoscere, nonostante
fosse diversa.
- Questo è per te, dolce Aria. Sono
i souvenir che ti avevo promesso quando ho lasciato il ruolo di
direttore dell’Alveare. Spero che ti piacciano e che mi perdonerai per
il ritardo. -
Quando finalmente abbassò il cesto
appoggiandolo sul bancone, davanti agli occhi esterrefatti di Aria, la
vide senza respiro fissare prima il cesto e poi, finalmente, lui.
Zazie si fece in parte mentre nella
testa la voce di Lag risuonava commossa con uno stucchevole:
“OHMMIODDDIOOO!”
Che lo rese sordo per un momento.
Davanti ad Aria, sorridente e con
una sigaretta spenta, stava Largo Lloyd. I capelli biondo cenere lunghi
fino alle spalle, lisci ed in ordine, gli occhiali neri squadrati, una
camicia tenuta fuori dai pantaloni ed i primi bottoni aperti.
- Ben ritrovata mia dolce Aria,
spero che ti sia mancato! -
Aria rimase senza fiato e parole
per un lungo momento, quando capì che era Lloyd e che stava molto
meglio di quello che le avevano raccontato, che la sua pelle stava
tornando rosea e liscia e che stava addirittura in piedi da solo, fece
il giro del bancone e si precipitò ad abbracciarlo. Gli gettò le
braccia al collo sorprendendolo, lui non aspettandosi un gesto simile,
così impetuoso e fuori dal suo stile, rimase con le braccia larghe fino
a che poi, un istante successivo, le mise le braccia intorno alla vita
e si decise a stringerla a sua volta, sollevandola da terra.
Aria piangeva, nascondendo il viso
contro il suo collo ancora un po’ ruvido, non del tutto cicatrizzato.
Ma comunque suo.
La sensazione della stretta gli
ridiede vita e li riportò alla realtà.
- Pensavo non ti avrei più rivisto,
ero furiosa con te perché avevi scelto una strada del genere, da solo,
senza accettare l’aiuto di nessuno e… e credevo saresti morto! Come
mai… come mai stai meglio? Si vede che stai meglio! - Lloyd era
diventato la guida di Amberground rifiutando qualsiasi soprannome
altisonante come Re, Imperatore, Presidente o simili. Aveva accettato
solo Guida.
Dopo aver iniziato a disporre le
ricostruzioni in tutto il paese e mandato esploratori a visionare i
danni, era potuto venire a Yusari, a Central, al suo adorato Alveare.
- Beh, si chiama elioterapia. A
quanto pare Lag è un sole migliore di quello finto di prima e… basta
che sto esposto per minimo otto ore al giorno al sole e le mie cellule
si rigenerano, lentamente. Forse dovrete sopportarmi per più tempo del
previsto, spero non sarete tristi all’idea. - Scherzò spiegando come
stavano davvero le cose e Aria si separò dalla stretta per poterlo
guardare corrucciata.
- Sii serio ogni tanto! -
- Ma lo sono! Chissà quanto mi
avrete odiato tutti ed ora sono la guida di Amberground! Dubito che
sarete tutti contenti che il capo di Reverse… -
Aria gli pizzicò le guance seccata
per farlo smettere.
- Siamo tutti felici che tu stia
bene e sapere che non morirai ma anzi guarirai è splendido. Io… - Si
asciugò il viso dalle lacrime rendendosi conto della scenata che aveva
appena fatto nella hall dell’Alveare, davanti a chissà quanti Bee.
“Zazie, si amano, guarda come sono
belli, non sono bellissimi?” Disse Lag a Zazie controllando che la
comunicazione arrivasse solo a lui e non a tutti i presenti.
Zazie sospirò ed alzò le spalle
andando verso l’uscita, totalmente disinteressato a quelle cose
romantiche.
- Prendetevi una camera! - Lanciò
uscendo, Aria arrossì e si separò in fretta, imbarazzata, mentre Lloyd
ridacchiando si sistemò i vestiti e gli occhiali.
- Mi piacerebbe tanto poter bere
una delle tazze di thè che mi preparavi tu… - Disse calmo e tranquillo
senza il minimo imbarazzo, colpito in cuor suo da quella bella
reazione. Dopotutto qualcosa di buono doveva averlo fatto se quella era
la sua reazione.
Dopotutto aveva scelto bene. Vivere.
“Ne varrà ancora la pena.” Pensò
fra sé e sé seguendo Aria che lasciava il proprio compito di consegnare
ai Bee le lettere ad una sostituta.
“Ne dubitavi?” La voce di Lag lo
fece sorridere.
“Prima sì, ma ora sono pieno di
speranza. Grazie a te!”
Lag gli carezzò la schiena
facendogli sentire la sua mano calda invisibile sotto forma di raggio
di sole che filtrava dalle finestre aperte.
Zazie uscì dall’Alveare con
Wasiolka che raddrizzò le orecchie in una direzione specifica, anche il
ragazzo guardò dalla stessa parte come per una sorta di istinto.
Qualche istante dopo il rombo del motore di Jiggy lo raggiunse, la sua
figura sul cavallo di ferro si fece sempre più vicina, fino a che si
fermò proprio davanti a lui, posando il piede con lo scarpone a terra,
si tolse gli occhialini e gli fece un cenno senza nemmeno mezzo
sorriso. Zazie sorrise al suo posto, arrossendo emozionato come ogni
volta che lo vedeva. Lag gli lanciò una fitta alla nuca, geloso. Anche
quello come sempre.
“Ehi senti piantala, tu non ci sei
fisicamente ed io non sarò per sempre consacrato a te, sappilo! Se
dovessi innamorarmi per qualche miracolo, non puoi boicottare tutta la
mia vita!”
Pensò infervorato perdendosi perciò
il saluto di Jiggy che gli chiedeva come andava.
“Lo so, che credi, ma non avrai mai
Jiggy!”
“Perché dovrei volere Jiggy?”
“Non lo so, dimmelo tu!”
- Zazie? - Chiamò il soggetto
conteso vedendolo assente, impalato davanti a lui con aria battagliera.
Zazie si riscosse e lo guardò spaesato. - Tutto bene? - Chiese poi.
- Oh sì, Lag è geloso, ma si
abituerà a questo nuovo assetto! - Jiggy stava per chiedere di cosa
dovesse essere geloso, ma da dietro l’angolo arrivarono Gauche, Lode e
la sorella di Niche.
“Zitto e guarda!” Tuonò Lag tutto
eccitato nella sua mente, mentre assisteva al loro incontro quasi
sacro.
Una sorta di canzoncina solenne si
udì nella testa di Zazie che voleva andare a mangiare limoni. Per il
momento odiava ogni forma di romanticismo e relazione felice, però non
poteva negare che era curioso della reazione di Jiggy.
I due si videro, Jiggy scese dal
cavallo di ferro spegnendolo, si tolse il cappello e lo sbatté dalla
polvere, gli occhiali appesi al collo con l’elastico nero.
Gli occhi azzurri e sottili si
posarono su quelli di Gauche, Lode rallentò separandosi da Gauche di
proposito, chiedendosi se volesse farlo ora o aspettare la fine del
turno. Fece un cenno a Sun di seguirla e lei senza capire lo fece solo
per chiederle cosa significasse quel cenno.
Le due ragazze, per così dire visto
che in realtà erano entrambi incroci con altri animali, si fermarono da
Zazie, anch’egli in parte rispetto a Jiggy e Gauche.
In pubblico non avevano ancora
fatto nulla, nessuno aveva mai visto i due avere rapporti ed approcci
né in amicizia né tanto meno in chiave di coppia.
Si guardarono con aria
significativa, sostenuta, entrambi incerti su come comportarsi. Erano
al momento davanti a persone fidate che sapevano tutto, ma erano
davanti all’Alveare, poteva entrare ed uscire chiunque da un momento
all’altro.
Eppure non si vedevano da alcuni
giorni, l’entusiasmo nel ritrovarsi uno davanti all’altro fu per
entrambi innegabile.
La gioia, la sensazione di calore
associata al sole che li coccolava alzandosi in cielo. Un sole
particolarmente caldo, effettivamente. Raggiante.
- Come va? Tutto bene? - Chiese
Jiggy rigido, domando a stento la voglia di abbracciarlo e baciarlo.
Gauche sorrise dolcemente.
- Molto bene. Tu? Non tornavi più
ero preoccupato. - Disse senza sforzarsi di nascondere quel che
pensava. La mano stringeva il pacchetto con l’anello che gli aveva
comprato in quei giorni.
Non era il posto migliore, nemmeno
il momento. Ma dopo aver atteso letteralmente una vita, la voglia di
farlo subito era tale che rendeva Gauche impaziente e sull’orlo di una
crisi di nervi.
Jiggy capì subito che c’era
qualcosa e lo guardò curioso.
- C’erano disordini nella mia
città, ho aiutato a sistemare. Però stavano tutti sorprendentemente
bene! - Gauche sorrise annuendo.
- Ne sono contento. Perché sei
sorpreso? - Jiggy si strinse nelle spalle, rimanendo davanti a lui,
fermo sugli scalini insieme a Gauche che decise di sedersi in parte
rispetto all’ingresso, opposti a Lode e Zazie che però fissavano
cercando di non essere notati. Scarsi risultati ovviamente.
Jiggy ebbe conferma che Gauche
aveva qualcosa, sedersi lì a chiacchierare prima di un turno non era di
certo la cosa più sensata da fare. Capì che doveva dirgli qualcosa e
che forse non sapeva come, siccome di norma non succedevano mai cose
simili, lo assecondò e si sedette vicino a lui.
- Beh, Spiritus colpiva coi suoi
raggi di luce acchiappando cuori di città intere, noi l’abbiamo visto.
Ma sebbene le città siano distrutte, nessuno ha perso il cuore. -
Spiegò Jiggy calmo.
- Lag ha sistemato tutto, come
aveva detto. Ha liberato i cuori che aveva preso, questi sono tornati
ai proprietari. - Rispose sforzandosi di non arrivare subito al sodo,
stringendo con una mano il pacchetto nella tasca della giacca da Bee.
Jiggy lo guardò attentamente, gli
nascondeva qualcosa e se non si sarebbe sbrigato a dirgliela l’avrebbe
obbligato con la forza. Però in quel momento le sue parole risuonarono
come un campanello.
- Un momento, hai detto che i cuori
sono tornati indietro? - Lo realizzò solo in quel momento. Aveva avuto
così tante cose a cui pensare, così tante persone da controllare…
Zazie, la sua famiglia, la sua gente… che si era completamente
dimenticato di fare il punto effettivo della situazione in quel senso.
Non aveva minimamente pensato al
flusso di cuori liberato da Lag che, davanti ai suoi occhi, era
fuoriuscito dal guscio di Spiritus una volta rotto.
Gauche sorrise annuendo, mentre
capiva che forse ci era arrivato. Il cuore iniziò a battergli forte,
impazzito, come se dovesse scoppiargli. Non si era mai sentito tanto
emozionato e tanto vivo come in quel momento. Da un lato il terrore di
essere per qualche ragione rifiutato, dall’altra la frenesia di
chiederglielo subito.
Jiggy così si voltò a guardarlo,
spaventato dentro di sé dal capire quello che gli era appena sorto.
“É lui? È tornato il mio Gauche per
intero? O non c’era niente da fare?”
- Sai, Silvet cammina ora… - Iniziò
piano con un filo di voce, guardandosi le mani strette insieme fra le
gambe. Jiggy fissava intensamente il suo profilo regolare, le sue
sopracciglia chiare quasi trasparenti, i capelli candidi come la neve
di quel colore così incredibile.
- Cosa…?! - La voce gli morì in
gola realizzando cosa significava che Silvet camminava.
Gli morì senza possibilità di
tirare fuori un suono, un solo suono, ma spalancò gli occhi mentre
immobile lo fissava con l’ansia alle stelle. Lo stomaco stretto in una
morsa, non si era mai sentito così male.
Gauche infine trovò il coraggio,
tirò fuori il pacchetto, lo aprì e gli mostrò il contenuto. Jiggy lo
guardò perdendosi un istante.
Due anellini, due piccole fedine
d’argento brillavano davanti ai suoi occhi, particolarmente belle sotto
la luce del sole.
Jiggy li guardò, si aggrottò senza
capire, poi sgranò di nuovo gli occhi e si dimenticò di respirare e
chiudere la bocca.
- Oh mio… - Non disse nulla di più.
Gauche sorrise, prese una delle due fedi e gli prese la mano, prima di
infilarglielo all’anulare sinistro, lo guardò attentamente.
- Prima di andarmene alla capitale
per diventare Head Bee ti ho promesso che sarei tornato con un anello e
che ti avrei sposato. Purtroppo ci ho messo un po’ a mantenere quella
promessa, ma spero che vorrai accettare ancora. - Una piccola pausa,
Gauche alzò lo sguardo sul suo in totale assenza. Si fece ancora più
forza, poi con un sorriso incoraggiante chiese: - Jiggy Pepper vuoi
sposarmi? -
E lì, solo lì capì davvero cosa
significava riavere del tutto il suo Gauche e non accontentarsi di una
delle sue versioni, la più vicina all’originale.
Lì capì cos’era che rendeva tale
una persona.
Poterla guardare negli occhi e
sapere che non aveva perso un solo istante della sua vita fino a quel
momento.
In quel momento lo guardò e vide
quella luce, la luce di Gauche. Il suo Gauche.
Gli occhi gli bruciarono e non
riuscì a trattenere le lacrime che non si rese conto nemmeno di stare
versando.
- Sei tornato… - Mormorò infine
sconvolto, forse a quel livello per la prima volta. Al livello da non
riuscire a muoversi e a dire altro. Il livello in cui piangere era la
sola cosa che il proprio corpo riusciva a fare.
- Vuoi sposarmi. Jiggy? - Ripeté
Gauche più sereno ora che lo vedeva così felice.
Jiggy non riuscì a dire nulla, la
gola era legata, perciò si limitò ad annuire piangendo più forte e
Gauche sorridendo gli infilò l’anello, infine l’abbracciò stretto
nascondendogli il viso pieno di lacrime contro il proprio collo. Jiggy
si strinse a lui e respirò il suo sapore, mentre la sensazione di
quell’anello al dito era la più bella mai avuta, la migliore.
Quando glielo aveva detto, anni fa,
l’aveva preso in giro dicendo che per gente come loro sposarsi era
assurdo.
Poi aveva passato i mesi e poi gli
anni sperando di poterlo fare, sperando ardentemente di vederlo tornare
con quell’anello. Quando era tornato, ma non era più stato lui, aveva
capito che a volte i sogni rimanevano tali. Però aveva lottato facendo
di tutto per riavere la versione migliore del suo Gauche, consapevole
che non avrebbe mai riavuto quello vero, quello completo, quello che se
ne era andato sorridendo, dicendo che un giorno l’avrebbe sposato.
Ed ora era lì e quell’anello
stringeva nel suo dito, a smentirlo e dirgli che invece i sogni si
potevano realizzare e che si poteva essere felici ancora, dopo che si
perdeva tutto.
Ancora.
- Ti amo e voglio sposarti. Se mi
lascerai di nuovo ti ucciderò! - Disse poi fra i singhiozzi ma ben
convinto e convincente. Gauche sorrise e rabbrividì, era così da lui
quella risposta che si rilassò solo nel sentirla. Anche Jiggy ora stava
bene ed era tornato in sé. Però lo lasciò solo per farsi mettere a sua
volta l’altro anello uguale al proprio e per farsi baciare.
Si presero i visi fra le mani e al
diavolo il posto, al diavolo dove erano, al diavolo che sentiva la
presenza di altre persone. Al diavolo tutto.
Lì in quel momento, guardandosi
negli occhi, c’era una cosa ben più importante.
Sorrisero e finalmente si
baciarono.
Le labbra suggellarono quella
promessa finalmente portata a compimento, una promessa che aveva dovuto
aspettare molti anni, ma che alla fine era stata realizzata.
“Grazie d’avermelo riportato, Lag.
Ti sarò per sempre debitore!”
Pensò Jiggy.
“Ho solo mantenuto una promessa.”
Finalmente il giorno in cui la
parola data veniva realizzata, era arrivato. Dopo una lunga attesa, era
arrivato.
Tutt’intorno la vita continuava, la
gente andava a veniva, passavano davanti ai due che si baciavano fra le
lacrime e dall’altra parte Zazie si asciugava una lacrima brontolando
con Connor per sfogare i nervi, mentre Sun chiedeva a Lode cosa
stessero facendo e Lode le rispondeva che si facevano i fatti propri,
sia pure in mezzo alla strada.
Anche Lloyd con il solito sesto
senso speciale per i momenti perfetti, uscito a prendere un po’ di sole
insieme ad Aria, guardò soddisfatto la scena mentre cingeva il braccio
intorno alle spalle della donna che gli piaceva da sempre.
Ognuno, alla fine, aveva mantenuto
le proprie promesse.
Il sole quel giorno splendeva alto
e caldo nel cielo azzurro, così limpido e terso da riempire i cuori di
tutti quelli che lo guardavano.
Era un sole vero, che arrivava in
ogni angolo del pianeta.
Un sole davvero perfetto.
Le vite di tutti proseguivano per
la loro strada, da dove si erano interrotte, senza più la paura per il
domani.
Da lì in poi si poteva ricominciare
a ricostruire.
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Capitolo 47 *** Il giorno perfetto ***
la_proporzione_perfetta47
*Ecco qua il finale di una fic
chemi ha tenuto compagnia per molto tempo fra il scriverla prima e il
pubblicarla poi, sarà un anno in tutto? Penso di sì... La mia
conclusione arriva col desiderio di scrivere qualche fic ancora su
questo nuovo futuro, vediamo se mi uscirà qualcosa, state sintonizzati
sulla mia pagina facebook per aggiornamenti di vario genere. Spero che
la fic sia piaciuta, così come il finale e questo splendido manga, uno
dei più belli mai fatti di sempre. Grazie per avermi seguita. Buon
finale. Baci Akane*
47. IL GIORNO PERFETTO
"Ho
trovato un modo per farti entrare ma non avevo mai davvero avuto
un dubbio restando nella luce della tua aureola ho il mio
angelo, adesso E' come se tu mi avessi svegliata ogni mia
regola che tu hai infranto è il rischio che sto correndo
non ti respingerò mai Ovunque guardi adesso sono circondata
dal tuo abbraccio tesoro riesco a vedere la tua aura sai che sei la mia
unica buona qualità sei tutto quello di cui ho bisogno e di più è
scritto su tutto il tuo viso tesoro riesco a sentire la tua aura
prego che non svanirà mai (Riesco a sentire la tua aura) aura"
/Halo - Beyonce/
“Smettila di grattarti!” Disse Lag
a Zazie.
- Ma mi gratta! - Rispose lui
arricciando il naso, grattandosi a tutto andare mentre si avviava per
strada accanto a Wasiolka.
“Però stai benissimo!” Esclamò
entusiasta Lag nella sua testa.
- Ma mi gratta! -
- Zazie, smettila, sembra che hai
le pulci! - Disse Connor raggiungendolo dalla propria via che si
incrociava con quella di Zazie. Questi lo guardò e sbuffò smettendo di
grattarsi. - Stai bene, sembri una persona normale! - Aggiunse
guardando il suo amico vestito sorprendentemente bene, con un completo
serio di colore nero. La camicia bianca, la cravatta ancora slacciata.
- E quella? -
- Hai finito col terzo grado? -
Sbottò Zazie sulla difensiva trattandolo male perché si sentiva
ridicolo con quel completo.
Connor ormai era abituato e lo
ignorò attaccando a parlare di tutto quello che gli passava per la
testa, a ruota libera.
I due arrivarono davanti
all’Alveare dove alcune carrozze erano in fila pronti per partire una
volta che tutti gli invitati sarebbero arrivati.
Radunati c’erano già quasi tutti.
Zazie vide Aria più bella che mai
accanto ad un raggiante ed anche lui ben vestito Largo Lloyd. Lloyd
dopo ulteriori giorni di elioterapia era migliorato ancora ed i due
sembravano essersi messi finalmente insieme.
Il dottore Thunderland Jr stava
tormentando Lode, Sun e Chiko perché voleva vivisezionarle, Garrard e
Valentine parlavano con Aria e Lloyd e quando arrivarono Zazie e Connor
si radunarono per salutarli, Lloyd si mise a ridere della cravatta
aperta di Zazie, Aria si offrì di chiuderla, ma lui sventolò la mano
dicendo che sarebbe stata l’ultima cosa prima di entrare in chiesa, o
sarebbe morto soffocato.
- Comunque sei un figurino! - Disse
il dottore sistemandogli una ciocca di capelli neri, perfettamente
pettinati e quindi con una forma per una volta normale. - Anzi, sei
irriconoscibile! - Zazie si girò con una smorfia. - Quasi da mangiare!
- Il dottore amava fare il maniaco con lui perché lui reagiva sempre
male ed infatti gli lasciò un pestata nel piede che lo fece ululare e
ridere insieme.
- Dov’è Jiggy? - Chiese sperando di
poter partire presto.
- Mio fratello lo sta convincendo a
venire! - Silvet spuntò da dietro, arrivata in quel momento. Il
gruppetto si girò a guardarla. Silvet era lì sola ed era anch’ella
molto bella, quel giorno. Un bell’abito sbarazzino che probabilmente
non aveva mai messo, i capelli raccolti in un’acconciatura ed un filo
di lucida labbra.
- Cosa significa che lo sta
convincendo? - Chiesero tutti in coro in allarme. Silvet chiuse gli
occhi e sospirò.
- Non lo so esattamente, siamo
passati a prenderlo e lui ha detto di andare che non poteva uscire, non
so bene. Mio fratello ha detto di andare avanti. -
- Non se ne parla nemmeno, non si
parte senza gli sposi! - Esclamò Lloyd.
- Probabilmente è un po’ di ansia,
dopotutto è il loro grande giorno! -
Lode alzò gli occhi al cielo
seccata mentre Sun non capiva cosa ci fosse da allarmarsi. Chiko
rideva.
- Ha scelto lui la location! Ha
voluto a tutti i costi sposarsi nella sua cattedrale, dalla sua
famiglia. Che ha, ora? - Si lamentò Garrard che non amava molto
aspettare senza fare nulla.
- Vado a vedere… - Disse Lloyd il
quale era amico di Jiggy da molti anni.
- No lascia, vado io! - Lo superò
Zazie. - Sono più veloce! - Con questo si mise a correre verso casa di
Jiggy, lasciando un contrariato Lloyd a lamentarsi dell’insolenza dei
giovani.
- Giovani? Sei tu che sei vecchio!
Io mi sento ancora giovane! - Esclamò il dottore lanciandogli una
frecciatina al suo amico.
- Lo dici solo perché così ti senti
più libero di provarci con Zazie! Ti ricordo che questo non toglie i
dieci anni di differenza che avete! E poi lo sai che è proprietà
privata! - Per quanto scherzasse, Lloyd conosceva bene Thunderland.
Proprio per le sue stravaganze non andava sottovalutato o dato per
scontato. Era effettivamente in fissa con Zazie.
In risposta lui rise ma non disse
nulla, con Garrard che alzava gli occhi al cielo e Valentine che si
lamentava dell’attesa.
- Un matrimonio! E che sarà mai?
Tutte queste cerimonie! -
Zazie arrivò presto da Jiggy e vide
fuori appoggiato alla porta Gauche, ben vestito di bianco e pettinato
anche lui.
Per un momento Zazie ebbe una
visione e sovrappose il viso di Lag al suo che gli sorrideva
mortificato.
“Credo che se fossi rimasto umano e
fossi cresciuto, saresti diventato come lui, sbaglio?” Chiese Zazie
ebete. Lag sorrise.
“Ho preso molto da lui quando mi
sono formato, perché quando io prendevo forma, lui perdeva un pezzo del
suo cuore, nello stesso identico momento.” Zazie annuì alla
spiegazione, così si avvicinò a Gauche e gli mise una mano sulla
spalla.
- Che dice? - Gauche si strinse
nelle spalle senza capire.
- Che devo andare e che non può
venire con me. Non mi fa entrare, è chiuso a chiave. -
- Ma ha detto che non vuole
sposarsi? - Era così assurdo che gli veniva da ridere nel dirlo, Gauche
fece un’espressione preoccupata.
- No, certo che no, ma… - Zazie
capì che doveva prendere le cose nelle sue mani, per una volta, e
affrontarle alla sua maniera, sebbene di solito nessuno voleva che lo
facesse.
- Ok, ci penso io, vai dagli altri.
- Gauche lo guardò esitando, ma Zazie sorrise spingendolo poco
gentilmente.
- Forza forza, fra simili ci si
intende, te lo spedisco subito! -
Così dicendo, con un calcio che per
poco non lo sporcò nel suo bel vestito bianco, lo allontanò.
Quando fu andato, Zazie bussò coi
pugni come per buttare giù la porta, poi spazientito chiamò a gran
voce:
- Avanti Jiggy, sono Zazie, è
andato via! Se non apri butto giù la porta, lo giuro! E guarda che sono
capace! Volevo essere io oggi a sposare Lag invece sei tu che sposerai
Suede, scusa se ho le palle girate! Esci subito o… - Finalmente la
porta si aprì, per poco il pugno non colpì il viso di Jiggy, ma si
fermò in tempo. Zazie lo guardò sorpreso, convinto di trovarlo in
pigiama.
Invece indossava il suo vestito da
cerimonia, trovato grazie ad un utile Largo Lloyd che aveva ben pensato
di fargli un bel regalo di nozze.
Se non fosse stato lui il
cerimoniere, in quanto unica guida ufficiale di Amberground ne aveva il
potere, avrebbe scelto lui come testimone di nozze, invece aveva
‘ripiegato’ su Zazie.
Vestiva perciò bene, col suo abito
di nozze color blu, perfino i capelli quel giorno erano
sconvolgentemente a posto. Tutto perfetto. E dunque?
Jiggy buttò la cravatta e Zazie
provò il forte istinto di fare la stessa cosa, poi prese gli occhiali
da corsa e le chiavi del cavallo di ferro.
- Cosa vuoi fare? - Chiese senza
parole Zazie mentre tornava dal suo imbambolamento. Jiggy vestito da
sposo stava maledettamente bene e Lag gli diede un colpo in testa per
il rossore particolarmente accentuato, una cosa che non gli sarebbe mai
andata via.
- Cosa ti sembra? - Zazie spalancò
gli occhi vedendolo chiudere la porta e andare al suo mezzo, non ci
stava credendo nemmeno vedendolo, non poteva essere come sembrava.
- Scappi e lasci Suede? Sei pazzo?
È l’amore della tua vita, lo hai aspettato cinque anni, poi quando è
tornato nei panni di Noir hai fatto di tutto per riaverlo al meglio che
potevi ed ora che è tornato lui al cento percento e che ti ha chiesto
di sposarlo, dopo che hai detto sì, scappi? Non è un comportamento
degno del mio Dio! - Zazie non si rese nemmeno conto d’averlo detto.
Non aveva mai fatto mistero della sua adorazione nemmeno davanti a lui,
ma non era mai andato oltre un certo limite.
Sentì la gelosia bruciante di Lag
che si limitava ad ascoltare incredulo a quel che succedeva.
“Lag, vuole davvero andarsene?”
Chiese mentre Jiggy saliva sul cavallo di ferro col suo bel vestito
elegante.
“Non lo so, non mi fa mai entrare,
è uno dei pochi che non mi ha mai permesso. Devono lasciarmi entrare e
così posso leggere in loro e posso comunicare…” Zazie sospirò
impaziente constatando che nemmeno un vero Dio poteva essere d’aiuto.
Effettivamente le cose che Lag poteva fare a parte illuminare il mondo
e dare una serie di benefici anche a livello salutare, erano ben pochi.
Jiggy avviò il motore, poi lo
guardò in attesa.
- Non vieni? - Zazie rimase senza
parole di nuovo. Il suo Dio, il suo idolo, la persona che aveva sempre
venerato gli chiedeva di passare il resto della sua vita con lui?
Da un lato si trovò seriamente
allettato dalla cosa, per quanto fosse impossibile crederci ci pensò.
Lag era una sorta di spirito divino inconsistente, c’era, ma non
fisicamente. Sarebbe stato solo tutta la vita e lì che altro aveva?
Amici, un lavoro che gli piaceva, ma la sua vendetta personale era
stata consumata, i gaichu probabilmente erano morti per sempre… cosa
c’era lì per lui? Solitudine, rimpianti. Quando andava in giro a
consegnare lontano, ci pensava. E se non tornava più? Perché tornare?
Però Lag gli diceva che comunque
ormai aveva la sua vita, la sua vita era il Bee e gli piaceva rendere
felici gli altri, gli piaceva molto quel che aveva indietro e lui lo
sentiva. Zazie rispondeva che però gli mancava davvero. Davvero molto.
Troppo per fare quel che faceva prima come niente fosse, ora lui non
c’era, non c’era davvero. Non come voleva che ci fosse.
Guardò così Jiggy che gli chiedeva
di seguirlo e pensò che forse con lui potesse andarsene nonostante
tutto.
Poi però immaginò Gauche piangere e
immaginò Lag piangere di conseguenza, perché se Gauche piangeva, apriti
cielo. Il dolore di un Dio Sole poteva essere devastante! E poi lui non
poteva saperlo triste.
- Jiggy, si affrontano i problemi,
me lo hai insegnato tu. Nella vita si può conquistare tutto quello che
si vuole, a patto che si sia disposti a perdere tutto. E questo Jiggy è
il momento di conquistare! Hai l’amore della tua vita a portata di
mano, il Jiggy che adoro e che venero e che mi fa andare avanti
sperando di poter essere come lui, il Jiggy che a volte è l’unica
ragione di vita rimasta, non scapperebbe! - Esagerò di proposito, però
era vero che lo vedeva come il suo modello da sempre ed ora che Lag era
il dio del sole e che i gaichu erano morti, compreso il responsabile
della morte dei suoi genitori, poche cose, davvero poche, gli
rimanevano. L’adorazione per Jiggy era una di queste. Il volerlo
emulare, l’essere il più possibile come lui.
Jiggy lo guardò colpito da quelle
sue parole, dai suoi sentimenti. Rimase serio per un istante soppesando
il suo stato d’animo che doveva essere ben più devastante di quel che
desse a vedere, infine chiuse il motore del cavallo di ferro, gli
occhiali di gomma non ancora infilati pendevano intorno al collo.
- Zazie, non voglio scappare. Si
può sapere perché diavolo l’hai pensato? Non lascerei mai Gauche
nemmeno se lui mi respingesse e tornasse ad essere Noir! - Zazie si
irrigidì facendo il broncio.
- Beh, tu hai mandato via Suede
dicendo di andare che non potevi venire con lui… - Jiggy chiuse gli
occhi lasciando andare la testa all’indietro, rivolta verso il cielo,
snervato.
- Ed è così! Non si può fare il
viaggio verso la chiesa insieme, porta male! Dannazione, Zazie! E
dannazione a lui! Cosa ha capito? - Solo lì si rese conto che
probabilmente Gauche insisteva nell’andare insieme perché aveva capito
che non volesse più sposarlo.
- Beh, non è che sei stato tanto
specifico quando hai detto ‘non posso venire con te!’ - Saltò su sulla
difensiva Zazie. Jiggy scosse la testa esasperato e prese carta e penna
dal taschino interno, dove su un tovagliolo scrisse a Gauche che si
sarebbero visti direttamente in cattedrale e che lui e Zazie andavano
col cavallo di ferro, perché gli sposi non potevano viaggiare insieme
prima delle nozze.
Poi diede il biglietto ad Harry che
volò a pochi isolati, andando da Gauche.
Zazie rideva insieme a Lag.
- A volte la tua stitichezza di
parole è leggendaria, Jiggy! - Ormai aveva una certa confidenza con
lui, anche se continuava a fargli lo stesso effetto di sempre.
- Andiamo? - Zazie sospirò e salì
in moto decidendo che i capelli ordinati non erano cosa che faceva per
loro.
Il paesaggio scorreva veloce come
avevano potuto ammirare altre volte, un paesaggio però diverso, non più
arido e notturno. Il cielo era terso ed azzurro, il sole li scaldava e
l’erba cominciava a mutare l’aspetto di quegli spazi sconfinati.
- Stai bene, Zazie? - Chiese da
davanti, mentre guidava.
- Sì, certo. E tu? - Rispose di
rimando.
- Bene, è ovvio. - Domanda strana,
si disse. - Ma come stai senza Lag? - Zazie si aggrottò.
- È sempre con me… - Diede la prima
risposta, quella che dava sempre. Ma Jiggy non si fece sfuggire quello
che vedeva fra le righe.
- Prima quando pensavi che ti
proponessi di scappare insieme hai esitato. - Zazie fece una smorfia
nascondendo il viso contro la sua schiena, strinse la presa intorno
alla sua vita istintivamente, sentendosi meglio.
- È che a volte vorrei poterlo
stringere ancora. Lo sento ed emotivamente non mi manca, anzi. Però…
però mi mancano le braccia che mi stringono, mi manca il suo corpo da
abbracciare, la sua bocca. Certe cose, sai… - Jiggy sapeva bene, sapeva
anche meglio di lui anzi.
- Ad un certo punto mi sono
rassegnato. Quando Gauche era disperso. Mi sono rassegnato, dopo un po’
che lo cercavo senza notizie. Ed ho aspettato la fine inesorabile,
speravo di morire in qualche missione, mi buttavo in quelle peggiori ma
nessuna era abbastanza difficile. - Zazie sollevò il volto a guardare
la sua nuca dove i capelli rossicci volavano al vento, spettinandosi di
nuovo.
- Come ci sei riuscito? A rimanere
vivo, intendo. - Chiese piano capendo che la risposta poteva aiutarlo,
sperando che lo facesse.
- Era troppo vivo in me. Ogni volta
che la fine era vicina, ogni volta che bastava una mia piccola spinta
ed il gioco era fatto, lo sentivo. Sentivo che mi diceva di alzarmi e
di muovermi, che non era ancora ora. Non era ancora ora. E non sapevo
perché, però mi alzavo e riprendevo. Non ho mai saputo perché in cinque
lunghi anni di assenza totale, io dovessi andare avanti. Ma l’ho fatto.
Solo dopo ho capito. Gauche non era morto, sarebbe tornato da me. -
Zazie si rattristò appoggiando la fronte sulla sua schiena, sulla sua
giacca liscia che si gonfiava con l’aria.
- È diverso, io so che non tornerà.
Lag è il sole e sentirlo con me è già un grande regalo. A volte però
vorrei solo… fare così! - Strinse la presa intorno al suo corpo e lo
fece con una tale nostalgia che a Jiggy vennero le lacrime, mentre
Zazie sentiva dentro di sé quelle di Lag, silenzioso e dispiaciuto per
quella sua mancanza che mai in nessun modo avrebbe potuto colmare. Mai.
- Quello che volevo dire è che non
puoi sapere perché è giusto resistere e andare avanti. Però dentro di
te lo senti. Senti che devi. E segui quella forza invisibile che ti
dice di andare avanti comunque, perché un giorno troverai la risposta.
Un giorno capirai perché dovevi resistere. - Zazie non rispose, lasciò
che le parole potenti e penetranti di Jiggy gli entrassero dentro e vi
si aggrappò. Se il suo dio in terra diceva di tenere duro, valeva la
pena tenere duro. Lui ci era riuscito ed oggi si sposava. Oggi colmava
la sua felicità ai massimi storici.
Valeva la pena dargli retta.
Jiggy e Zazie arrivarono per primi
alla cattedrale dove la sorella Neri ed il fratellino, cresciuti a
vista d’occhio in poco tempo, li accolsero con un bel sorriso.
Dopo aver finito la costruzione
della cattedrale, era stato disposto un rifugio per bisognosi e loro
due ne erano a capo, se ne occupavano su richiesta del benefattore
della cattedrale, Jiggy Pepper.
Dead End era rinata.
Jiggy e Zazie scesero dal cavallo
di ferro e si sistemarono i capelli ormai sparati in mille direzioni
come sempre. Neri scosse il capo ed invece di abbracciare Jiggy chiese
all’altro fratellino di recuperare un pettine.
- Dai non serve… -
- Certo, ti sposi facendo il
porcospino, sai che bello! Potevi venire in carrozza almeno oggi? -
Chiese lei seccata guardando poi Zazie. - E tu? Bello il testimone con
la cravatta aperta! Non chiedo nemmeno che fine ha fatto la tua! Vi
siete trovati, non poteva essere una coppia diversa di sposo e
testimone! Ah vieni qua e sta zitto! - Così dicendo prese Zazie per il
colletto della camicia e iniziò a legargli la cravatta intorno al
collo, mentre Zazie si lamentava del fatto che non voleva minimamente
avere un guinzaglio al collo.
- Non ti ho chiesto il parere!
Almeno tu sii decente! - Ordinò Neri stile generale. Jiggy fece segno a
Zazie di non ribattere, infine arrivò il fratellino con il pettine e
Neri pettinò entrambi rendendoli di nuovo decenti.
- Adesso si ragiona! Su entrate! -
Con questo li spinse dentro. - Andate all’altare! -
- E la canzone? - Neri alzò gli
occhi al cielo esasperata e facendo un cenno al famoso fratellino
minore, gli disse di andare a suonare.
Il piccolo corse a lato dell’altare
ed iniziò a suonare l’organo rendendo sacro quel luogo estremamente
bello.
La cattedrale da fuori era grande e
presentava un campanile molto alto, la campana d’oro rintoccava a
festa. Dentro era ancora più bello, ogni dettaglio era curato ad arte e
sebbene Zazie non se ne intendesse, rimase a bocca aperta a percorrere
la navata centrale, fra i sedili di legno.
Si emozionò camminando accanto a
Jiggy, pensò che aveva un suo modo di voler bene.
Non era stato molto accanto alla
sua famiglia, ma aveva lavorato duramente per costruire un luogo così
bello e carico di una sacralità che riempiva di speranza. Si fermò
davanti all’altare insieme a Jiggy e guardò l’affresco lì davanti. Una
donna con un bambino, l’imperatrice e Lag, tali lo vide Zazie. Sorrise
con gli occhi lucidi.
“Questo posto è come te, Lag.
Rappresenta la speranza per tutti i poveracci di questo mondo. Ed ora
tu, come sole, rappresenti la speranza per i poveracci di tutto il
mondo. Sono fiero di te. Anche se mi manchi da morire.”
Lag non rispose, ma due braccia lo
strinsero forti e sicure togliendogli il fiato. Zazie spalancò gli
occhi e per un momento pensò che Lag si fosse incarnato per un istante,
un breve istante. Poi sentì le braccia troppo adulte per essere le sue
e realizzò che era Jiggy. Questo non rese il momento meno emozionante,
perché capì come mai lui, proprio lui, faceva una cosa simile. Si
abbandonò all’abbraccio più incredibile di sempre e lo ricambiò
stringendo gli occhi, mentre una lacrima scappava fugace.
“Ti amerò per sempre anche io,
Zazie. E lo sai.”
- Non puoi avere l’abbraccio di
Lag, ma puoi avere l’abbraccio di ogni altra persona. Non è la stessa
cosa. Ma è un abbraccio. Ed in ognuno c’è un pezzo di lui, no? -
Mormorò contro la sua testa. Jiggy lo fece solo perché in quel momento
quel posto era completamente vuoto ad eccezione per il fratellino che
suonava all’organo una dolce sonata.
Il mondo andava avanti, così come
la vita ed anche se non era perfetta, poteva ancora valere la pena di
essere vissuta.
La carrozza arrivò con una certa
calma, con la ferrea convinzione di Lloyd che le spose dovessero farsi
attendere. Gauche dopo la seconda volta che ribadiva che erano due
sposi uomini, ci aveva rinunciato.
Scesero tutti quanti e Lloyd chiese
di aspettare qualche istante ad entrare per dargli modo di sistemarsi e
prepararsi.
Gauche e Jiggy non avevano voluto
un prete, nonostante Jiggy avesse fatto costruire una cattedrale non
era particolarmente credente.
Avevano deciso per un matrimonio
civile, però avevano scelto la location per motivi prettamente
sentimentali. Quel posto era caro a Jiggy.
Neri, vicino alle porte aperte,
indicò agli invitati di entrare e disporsi nelle prime file dei banchi.
Entrando videro Jiggy e Zazie con sollievo, sorpresi nel vedere un
Jiggy così ben vestito ed entrambi così ben pettinati.
Gauche e Silvet si guardarono, soli
davanti all’uscio.
Il sole splendeva alto, Lag era lì
con loro ed entrambi lo sentivano chiaramente.
- Sto bene? - Chiese Gauche a
Silvet. Lei sorrise con gli occhi pieni di lacrime che stentava a
fatica a trattenere, la risata altrettanto lacrimosa di Lag.
“Non piangere Silvet!” Le disse con
la voce rotta di pianto.
“Nemmeno tu, Lag!” Gauche sorrise
pulendole una lacrima che scivolava traditrice da sotto l’occhio
lievemente truccato.
- Sei perfetto, fratellone! -
- La mamma sarebbe contenta… -
Disse poi, felice di poterla ricordare, mentre si rendeva conto cosa
gli era mancato dal giorno del balenio in poi. Quel calore nel ricordo
di lei. - Le somigli molto, lo sai? - Aggiunse poi lasciando perdere
l’idea di asciugarle tutte le lacrime che ormai scendevano copiose.
- Davvero? - Chiese piangendo. Lui
annuì sorridendo. - Jiggy è fortunato a sposarti, sarete felici! -
Rispose lei a quel punto sistemandogli una ciocca di capelli bianchi.
Gauche annuì e si girò porgendole
il braccio.
- Andiamo? - Lei annuì e lo prese,
insieme varcarono la soglia percorrendo la navata, insieme ad un
felicissimo Lag, davanti agli occhi raggianti di tutti i loro amici.
Ed era bello farlo sulle proprie
gambe, insieme, fratello e sorella, entrambi con ogni cosa al proprio
posto.
Gauche alzò gli occhi, notò
brevemente tutti che li guardavano sorridenti, poi finalmente vide
l’altare davanti cui c’erano Lloyd vestito per bene pronto a celebrare
il matrimonio civile, poco distante c’era Zazie col suo tenero broncio
e l’aria sempre un po’ malinconica.
Poi lì, in mezzo a loro, c’era lui.
Jiggy vestiva di blu, un bel blu
oltremare, pantaloni e giacca lisci di una stoffa molto più pregiata di
quel che avrebbe potuto immaginare per lui. La camicia classica,
bianca. Nessuna cravatta o farfallino. Gauche sorrise notandolo. I
capelli rossicci erano pettinati, era forse la prima volta che li
vedeva così in ordine che gli incorniciavano il viso ed il collo. La
cicatrice sotto l’occhio destro simbolo del loro amore. Come
dimenticare ogni istante così prezioso?
Gauche percorrendo la chiesa
accanto a sua sorella, verso l’unica persona che aveva davvero amato,
si emozionò nel capire la differenza da prima. Da ogni versione di sé
ad ora, gli era comunque sempre mancato qualcosa, c’era sempre stata
una sorta di nostalgia incomprensibile. Sempre.
Ed ora che ogni pezzo era tornato
al proprio posto, solo ora lo capiva. Solo ora vedeva la differenza.
Essere davvero vivi, completamente
vivi, essere veramente sé stessi era ben diverso dall’accontentarsi di
quel che si poteva essere, di quel che si poteva avere.
Aveva vissuto sempre pensando che
un giorno forse avrebbe trovato quello strano qualcosa che gli mancava,
ed ora che percorreva la chiesa verso la persona che amava e che stava
per sposare. Ora capiva che quel giorno era arrivato. Il giorno in cui
si sentiva pieno e completo.
Si fermò davanti a Jiggy lasciando
Silvet dall’altro lato dell’altare rispetto a Zazie, in quanto sua
testimone.
Si presero poi per mano, davanti a
un Lloyd sorridente, pazientemente in attesa di quel momento forse da
molto più tempo di tutti gli altri.
- Sei bellissimo. - Mormorò Gauche
sorridendo felice, davvero completamente felice.
Il giorno in cui si poteva sentire
pieno.
Jiggy sorrise ed un suo sorriso
poteva valere tutte le fatiche che si dovevano fare per ottenerlo.
Lo guardò vestito di bianco, un
abito elegante, in pantaloni, giacca e camicia dal taglio semplice ma
perfetto. I capelli dello stesso colore, ordinati intorno al viso, un
po’ più in parte del solito sulla fronte. Meraviglioso come sempre. Gli
occhi viola brillavano pieni di una felicità che gli aveva visto
identica solo prima del giorno del Balenio, quando si era innamorato di
lui per la prima volta.
Jiggy riconobbe quella luce che per
anni, poi, gli era mancata.
Il suo Gauche era tornato.
- No, tu sei bellissimo. - rispose
indicando che lo era per quella parte che ora splendeva in lui.
Così Jiggy si protese e gli lasciò
un bacio sulla guancia, dopo di che si girarono verso Lloyd, pronti a
fare quel passo importante e tanto agognato.
Il girono in cui ogni risposta
trovava luogo, ogni promessa vedeva la luce.
Il giorno in cui la felicità era
totale e non solo a metà.
Il giorno in cui i sorrisi erano
pieni e di desideri non ne nascevano più.
Il giorno in cui chi si amava
l’avrebbe fatto per sempre e senza nuvole all’orizzonte.
Il giorno era quello.
Zazie li vide uno accanto
all’altro, felici e raggianti, meritevoli di quel giorno perfetto.
Un po’ triste guardò fuori da una
delle alte vetrate colorate, una era un po’ aperta e da lì vide un
piccolo pezzo di cielo ed un piccolo pezzo di sole, i raggi penetravano
la cattedrale in quel luogo sacro.
Infine sospirò e sorrise a Lag,
comunque sempre lì con lui.
FINE
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