And the sky fell down

di Emma_Powell
(/viewuser.php?uid=648540)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non ti puoi sbagliare ***
Capitolo 2: *** La fine si erge vicina e inaspettata ***
Capitolo 3: *** Sometimes quiet is violent ***
Capitolo 4: *** Rompo la quarta parete in maniera perfetta. Naturalmente. ***
Capitolo 5: *** Questo non è un capitolo ***



Capitolo 1
*** Non ti puoi sbagliare ***



Non ti puoi sbagliare


 
Marlene Stephens stava camminando ormai da ore, ma il campo continuava a non vedersi da nessuna parte. Eppure quando Talia le aveva dato le indicazioni le era sembrato abbastanza semplice. “Vai avanti finché non trovi i campi di fragole. Se ci sono dei satiri, sono quelli del signor D. Non ti puoi sbagliare.” aveva detto “E se moriamo per colpa tua, verremo a cercarti dall’ade per tormentarti per il resto dell’eternità. Chiaro?” Ma mentre parlava le aveva donato l’ultima freccia che le era rimasta nella faretra, cosa che aveva reso meno credibile la minaccia. Marlene si era preoccupata lo stesso , ma per un’altra ragione: le faretre delle cacciatrici erano state incantate in modo da non rimanere mai vuote. Sicuramente non era un buon segno se la loro luogotenente rimaneva senza munizioni  Poi aveva estratto due pugnali da caccia ed era tornata al combattimento, gridando ordini al resto del gruppo.
Il problema era che all’orizzonte non si vedevano né fragole né satiri, ma solo una distesa irregolare di alberi e, in alto, le stelle. In ogni altra occasione si sarebbe fermata per osservare Zoe Nightshade continuare la sua caccia nel cielo. Lo aveva fatto molte volte, da quando l’avevano persa, e ogni volta si era sentita in pace con se stessa. Ma quello non era il momento giusto per riposarsi: erano le quattro e mezzo del mattino e il suo senso dell’orientamento l’aveva abbandonata da un pezzo. In duecentodiciassette anni di servizio, tra l’altro, era andata al campo appena sei volte, passando sempre per la strada principale e accompagnata da Artemide e dalle sue sorelle. Se Zoe l’avesse potuta vedere in quel momento, si sarebbe coperta gli occhi con le mani e avrebbe negato di conoscerla.
Quella mattina Talia le aveva detto esplicitamente di non farsi notare, quindi Marlene aveva deciso di passare per il bosco, ma stava cominciando a ricredersi sull’intelligenza di quella scelta. Infatti stava correndo da appena un paio di ore quando aveva incontrato una Chimera, che l’aveva colta di sorpresa. Prima di essere ucciso il mostro le aveva portato via un bel lembo di pelle all’altezza del fianco sinistro, ma il pensiero di tutte le sue compagne in pericolo l’aveva fatta continuare a camminare. Solo che in quel momento, a distanza di sei ore di cammino, la fatica iniziava a farsi sentire. La fasciatura che aveva improvvisato dopo lo scontro era completamente imbrattata di sangue, che aveva cominciato a gocciolarle lungo la gamba, e non mangiava niente da quella mattina a colazione.
Doveva fermarsi ed accamparsi, decise. E se qualcuno o qualcosa avesse provato a darle di nuovo fastidio se ne sarebbe pentito amaramente.
Si appoggiò pesantemente ad un albero, lasciandosi scivolare a terra. Aveva bisogno solo di una mezzoretta di riposo, poi sarebbe potuta ripartire. Rimase per un po’ così, fissando il sangue che tingeva lentamente di rosso le foglie secche sotto di lei con i capelli scuri e sporchi davanti agli occhi, poi la torcia che teneva in mano iniziò a funzionare a scatti. Un minuto più tardi era spenta. Cliché.
Infilò rabbiosamente la torcia dentro lo zaino, maledicendo gli dei,  ma venne interrotta quasi subito da un ringhio gutturale. Altro cliché. Perché naturalmente non poteva fare un viaggio normale senza essere inseguita da qualche genere di mostro feroce. Sarebbe stato tutto troppo semplice.
In un secondo la cacciatrice si era tirata in piedi e aveva incoccato una freccia, pronta a darle di santa ragione a chiunque si fosse avvicinato.
- Non ho tempo per i tuoi trucchetti! – gridò – Se proprio vuoi farti uccidere, vieni fuori in fretta. Io sono qui.
Questa vola le rispose un ruggito vero e proprio. Qualcosa di luminoso iniziò ad avvicinarsi velocemente dal fondo della foresta, lasciandosi dietro una scia di alberi in fiamme. Marlene fece appena in tempo a balzare via per evitare di essere arrostita, ma cadde ugualmente di faccia, graffiandosi i palmi delle mani e il naso. Sbatté gli occhi un paio di volte, perplessa. Fuoco. In tutti i suoi numerosi anni con le cacciatrici non aveva incontrato molti mostri dotati di lanciafiamme incorporato. I draghi erano sicuramente i più comuni, ma ormai in quell’epoca ne erano rimasti pochi. All’inizio della sua carriera, quando aveva sedici anni sia d’aspetto che di età, aveva avuto a che fare con alcuni di loro, ma ormai era da almeno un secolo che non ne vedeva più uno. O forse no, non se lo ricordava. Durante la guerra contro i Titani, Crono aveva riesumato parecchi animaletti interessanti, quindi forse anche qualche drago. Ma comunque…
- E’ tutto qui quello che sai fare? – urlò di nuovo, rimettendosi in piedi – Fatti sotto!
E ripartì all’attacco. A volte l’unica cosa che la mandava avanti era la forza di volontà, e quello era uno di quei momenti: stava in piedi quasi per miracolo, ma aveva trovato comunque un briciolo di energia per correre incontro al drago, scagliando una freccia dopo l’altra. Quando arrivò abbastanza vicina si ritrovò a pensare che il drago in fondo fosse una creatura veramente affascinante. Il corpo ricoperto da scaglie lucide, nonostante fosse possente e ingombrante si muoveva con una fluidità quasi ipnotica, lasciandosi dietro la sua scia di distruzione e fuoco. Ma la cosa più importante che ricavò dal suo esame fu che il suo avversario era più grosso di quanto si era aspettata. Il che significava che era anche più lento.
Il mostro sputò un secondo getto di fuoco, ma questa volta era pronta. Approfittando di quel momento distrazione prese la rincorsa e spiccò un salto, pregando di aver fatto bene i suoi calcoli. Mentre era a mezz’aria avvertì una strana sensazione, come se stesse passando attraverso una bolla di sapone gigante, ma non ci fece caso più di tanto. Aveva problemi più urgenti da risolvere, probabilmente era la stanchezza che le giocava qualche brutto tiro. Ma appena atterrò sul collo del drago udì un rumore del tutto fuori luogo, quello di un corno da caccia. Per un attimo pensò che le sue compagne ce l’avessero fatta e che fossero venute per aiutarla, ma non le vide da nessuna parte. Quindi riprese ad arrampicarsi sull’animale, stringendo i denti. Piantò con decisione un pugnale su un occhio del drago, che ruggì di dolore, ma non era ancora abbastanza, doveva trovare una soluzione più definitiva. Cercò un appiglio più solido a cui aggrapparsi, ma venne scaraventata ugualmente via. Questa volta atterrò di schiena, e strisciò per parecchi metri prima di fermarsi. La testa le girava in maniera pazzesca, e ormai aveva esaurito ogni risorsa. Probabilmente tutte le sue compagne erano morte da un pezzo, e lei le stava per seguire. Sperò per un attimo di poter diventare anche lei una costellazione, come era successo a Zoe qualche anno prima. Era sicura che non se la passasse male, lassù. Poi vide una testa entrare nel suo campo visivo.
- Chi diamine sei? – chiese il proprietario della testa, bruscamente – E perché hai attaccato Peleo? Sei impazzita?
- Abbiamo bisogno di… - iniziò sussurrando Marlene, provando a produrre un suono articolato.
E i suoi occhi si chiusero.
 
Sedici ore più tardi la cacciatrice si risvegliò di botto, e la prima cosa che vide fu il sedere di un cavallo, cosa che la fece sospettare di aver riportato qualche danno a livello celebrale. Poi il cavallo si girò per rivelare un uomo di mezz’età con indosso un bel maglione di lana rossa, con disegnate tante renne bianche. Solo che l’uomo era il cavallo. E il cavallo era l’uomo.
- Non sto bene. – ne dedusse Marlene. Poi i ricordi cominciarono a tornarle in mente: tutta quell’acqua, l’ultima freccia di Talia, il bosco del campo, il drago e la testa. E iniziò a preoccuparsi.
- Per quanto ho dormito? – gracidò, con la bocca secca.
- Sedici ore. – rispose l’uomo cavallo – Eri più morta che viva quando ti hanno trovato.
Le ci volle un po’ per capire cosa avesse detto, ma alla fine ce la fece. Sedici ore. Sedici dannatissime ore. Sentì distintamente il panico salirle dentro.
- Lei è Chirone, giusto? Questo è il campo.
- Sì, figliola. – rispose lo sconosciuto gentilmente.
- Deve inviare immediatamente qualcuno in Alaska. Subito.
Cercò di alzarsi in piedi, e Chirone la lasciò fare.
- Cosa succede?
Marlene fece una smorfia, tastandosi il fianco.
- Ho bisogno di più nettare, fa ancora male. – disse, ignorando la domanda.
- Devi riposarti, non puoi andartene ora. Che cosa succede?
- Devo andare, hanno bisogno di me. E io ho bisogno di almeno quattro semidei, preferibilmente ragazze dotate di intelletto in grado di darci una mano. O sarà peggio per tutti. - Si avviò traballando verso un tavolino in fondo alla stanza, sopra al quale erano disposti tutti barattolini e alcune bottiglie. – Ah, ecco il nettare.
Il centauro si avvicinò, preoccupato, mentre la ragazza iniziava a bere avidamente dalla bottiglia.
- Se non so cosa succede posso fare ben poco. E comunque, non ho ancora capito chi sei.
Marlene mise giù la bottiglia e si toccò di nuovo il fianco, questa volta senza provare nessun dolore.
- Giusto. Mi chiamo Marlene Stephens, ho duecentodiciassette anni e sono una cacciatrice di Artemide. Se non ci muoviamo resterò l’ultima del gruppo. – ci pensò su – No, probabilmente sono già l’ultima del gruppo. Se non ci muoviamo moriremo tutti.
Il centauro non si scompose.
- Una cacciatrice. Effettivamente indossavi la giacca della vostra “divisa”… Perché dovremmo morire tutti?
La cacciatrice si voltò per osservare il suo interlocutore.
- Probabilmente le sembrerà impossibile, ma Pirra è risorta e vuole scatenare un secondo diluvio universale, come quello ordinato da Zeus quando stava ancora in Grecia. Sta cercando di ricongiungersi a suo marito ormai da un po’. E quando ce la farà, non ci sarà modo di fermarli.
Chirone accolse la notizia abbastanza bene, pensò Marlene. Rimase a fissarla per un minuto intero senza dire niente, poi si passò una mano sugli occhi. Aveva un’aria terribilmente stanca.
- Pirra, la moglie di Deucalione? I genitori dell’umanità? Come è possibile che siano tornati in vita? Le porte della morte sono state chiuse ormai da tempo, e non c’è altro modo di farli fuggire dagli inferi.
- E’ una bella domanda.
- E per quale ragione vorrebbero causare un nuovo diluvio universale? Loro erano gli unici ad essere sopravvissuti, sanno bene cose ne conseguirebbe.
Marlene individuò il suo arco appoggiato su una sedia vicina al letto su cui aveva dormito e lo prese. Il contatto con quel legno così familiare la tranquillizzò un po’.
- Anche questa è una bella domanda.
Chirone la studiò per un attimo mentre si aggiustava l’arco dietro la schiena, e la cacciatrice si sentì ancora di più a disagio. Lei era una sedicenne da duecentouno anni, aveva visto di tutto, ma quel tizio era vecchio quanto gli dei. Sembrava in grado di leggerle l’anima, in qualche modo che non riusciva a capire.
- Allora avremo bisogno di un’impresa.
 
 


ANGOLO chilometrico dell’AUTRICE:
Buonsalve a tutti e benvenuti in questa nuova e improvvisata fantastica storia ad OC! *applausi registrati*
É la prima volta che faccio qualcosa del genere, quindi mi scuso in anticipo per le cose merdose che potrebbero conseguirne. Il fatto é che questa storia mi é venuta in mente ieri notte, alle due, mentre mi interrogavo sui misteri della vita cercando di addormentarmi. Tutta la grande riflessione è partita da una versione di Greco che ho fatto ieri appunto su Deucalione e Pirra, e la cosa è abbastanza triste, ma quando sei mezzo addormentato ti vengono le peggio idee. Quindi questa mattina mi sono svegliata, ho fatto colazione e ho cominciato a scrivere di getto. Adesso che sono nella fase creativa, però, ho bisogno di personaggi da sviluppare, sennò divento irascibile. Quindi, ciancio alle bande, pensiamo alle schede =)
Ora, non so quanti semidei prenderò esattamente, potrei anche decidere che vanno tutti bene e fare i capitoli di venti pagine per dare un po' di spazio a tutti. Però, per ora ho deciso di lasciare la scena a... *rullo di tamburi* ...cinque OC! Sì, lo so, sono pochi. Ma, come ho già detto, questa é la prima storia del genere che faccio, quindi voglio procedere con gradualità. Quindi, cinque OC (più Marlene) saranno i protagonisti della storia, ma ho bisogno di almeno altri nove personaggi che verranno introdotti strada facendo. Sceglierò inoltre due OC che diventeranno cattivi (yee, antieroi everywhere!) Farò del mio meglio per renderli tutti ugualmente importanti, anche perché prevedo che inizierò subito ad affezionarmi ^.^
Quindi, ecco a voi la tanto agognata scheda.
 
Nome:
Cognome:
Secondo nome*:
Soprannome*:
Età con data di nascita:
Genitore divino e rapporti con esso:

Descrizione genitore mortale e rapporti con esso (é vivo? É morto? Lavora? Si è sposato? Ha avuto altri figli? Ecc…):
Storia (che deve includere almeno l'infanzia, come é arrivato al campo e una descrizione della sua posizione  "gerarchica" al campo):
Carattere (vi prego, niente elenchi di aggettivi. Voglio periodi formati da soggetto, predicato e complementi vari :] ):
Cosa ama:

Cosa odia:
Cosa teme:
Aspetto fisico:
Prestavolto:

Armi preferite (vi ricordo che oltre alle spade, ai pugnali e agli archi possono includere anche pistole, fucili d'assalto, mazze da baseball, boomerang, balestre, teasers, granate, martelli, accette, lance, lanciafiamme, oggetti contundenti vari e chi più ne ha più ne metta):
Poteri*
Rapporti con altra gente (volete che sia particolarmente amico di qualcuno o che odi qualcuno? Quale tipo di persona andrebbe bene per un'eventuale relazione amorosa? --> Non ho mai provato a sviluppare un personaggio omosessuale o bisessuale, quindi non li accetto, scusate. Già la storia ad OC é una cosa nuova per me, non voglio renderla ancora più pietosa cimentandomi in qualcosa altrettanto nuovo) (la storia é ambientata tra la fine di Eroi dell'Olimpo e Le sfide di Apollo, in quel periodo in cui i personaggi canonici se ne stanno per i cavoli loro, tutti felici e contenti, quindi preferirei tenerli fuori dalla storia. Questo per dire che se qualcuno vuole essere l'amante di Jason, la cosa é fuori discussione. Mentre i fratelli Stoll sono ancora terreno di caccia ¬_¬ )
Altro* (tutto quello che pensate possa completare la descrizione del vostro personaggio. Ha un animale domestico? Ha un hobby preferito? Suona uno strumento musicale? Sa giocare a croquet? Vuole fare l'astronauta, da grande? É un feticista dei piedi? Ama i chimichanga? Dorme con un peluche? - potrei andare avanti a lungo)
 
I campi contrassegnati con gli asterischi sono facoltativi.

Scrivete tenendo conto che NON ACCETTO:
- Piú di due figli dei tre pezzi grossi IN TUTTO
- Figli di titani vari
- Mary Sue/Gary Stu
- personaggi stereotipati
- schede troppo brevi (ho bisogno di materiale di partenza se non volete che inizi ad improvvisare XD)
Anche se non voglio molti figli di “gente importante”, accetto mortali con la vista e figli di muse/ninfe e simili. Quindi, sbizzarritevi!
Tutte le schede devono essere inviate per messaggio privato, nella recensione ditemi solo il sesso, l'età e il genitore divino dell'OC. Potete inviarmi quanti OC volete ma tenete conto che i posti sono limitati. Se il vostro personaggio non compare non offendetevi :) Avete sette giorni per inviarmi i vostri OC, poi mi metterò a scrivere il primo capitolo. Scoprirete se i vostri personaggi hanno “vinto” o no con il procedere della storia.
Oh, e magari lasciate un commento sul prologo. Ditemi cosa ne pensate di Marlene :)
Okay, ora credo di avere scritto tutto quello che dovevo scrivere.
A presto
Emma ♥
 
P.S: Mi sono dimenticata di dire che questo è solo il prologo, i capitoli saranno più lunghi. E mi rendo conto che non tanta gente sa chi sono Deucalione e Pirra, solo noi poveri classicisti siamo costretti a farci delle versioni T.T  Vi posso solo garantire che nei prossimi capitoli spiegherò tutto meglio :)

 
 
 
Marlene Stephens
Cacciatrice di Artemide
 
Image and video hosting by TinyPic


 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** La fine si erge vicina e inaspettata ***


Salve, cari.
Prima che iniziate a leggere, vi do soltanto un consiglio (anche a costo di sembrare più strana di quanto già non sembri). Ho scritto questo capitolo ascoltando a ripetizione “Stressed out” dei Twenty One Pilots, e quindi ora non riesco a rileggerlo senza canticchiare come una scema. Se volete provare a leggere e ascoltare Stressed out contemporaneamente, secondo me il capitolo seguente rende di più. Sennò fate come volete :)
Ci vediamo di sotto.

 

La fine si erge vicina e inaspettata


 
Ethan Miller se ne stava tranquillamente seduto sugli spalti dell’arena insieme al resto dei suoi fratelli, osservando con aria annoiata una ragazza e un ragazzo che si scontravano. Non c’era assolutamente niente di emozionante nel loro allenamento, tanto che quando si era messo a sedere gli era bastato uno sguardo per analizzare la situazione e per decidere che non gli importava. Durante i suoi diciassette anni di età aveva assistito a talmente tanti combattimenti del genere da memorizzare ogni singola mossa possibile, ormai erano tutti così prevedibili. E non si poteva neanche dire che i due ragazzi fossero bravi. Insomma, la ragazza teneva perennemente scoperto il fianco sinistro, e il ragazzo muoveva le braccia con la stessa grazia di un mulino a vento. Per non parlare delle smorfie che facevano tutti e due ogni volta che tentavano di attaccare. Se si fossero trovati davanti ad un nemico dotato di occhi sarebbero stati spazzati via nel giro di due secondi.
Distolse lo sguardo da quella scena pietosa, con una specie di sbuffo incredulo.
Pivelli.
Di norma sarebbe stato ben attento a tenersi lontano da situazioni del genere, ma il suo “capo”, Michelle Roberts, quella mattina lo aveva preso da parte con aria scocciata.
- Così non si può andare avanti. – aveva esordito, con una specie di ringhio.
Ethan, che si stava avviando verso l’arena per il suo allenamento quotidiano, era rimasto abbastanza sorpreso. Parlava con Michelle giusto lo stretto necessario, quando doveva dare l’impressione di non fare proprio tutto di testa sua. Non aveva molta voglia di sorbirsi ramanzine e rimproveri, quindi ogni tanto si ricordava di farlo.
- Così come? – aveva domandato sistemandosi meglio le sue due katane dietro la schiena.
- Così, Ethan. Sai benissimo di cosa sto parlando. Non stai mai con il resto dei tuoi fratelli, continui a saltare ogni attività insieme e la notte scompari senza dirci niente. Rose tutte le volte che ti vede scoppia a piangere, perché ancora è scossa per quello che le hai detto tre mesi fa.
Oh, sì. Ethan si ricordava di Rose. Un’altra pivella.
- Non le ho detto niente di che. – si era difeso sbrigativamente.
- Oh, davvero? – Michelle aveva riso, sarcastica – Le hai detto che dopo la sua morte verrà ricordata come una completa fallita, e che nemmeno i genitori vorranno ammettere di aver avuto una tale perdente come figlia. Siamo tutti figli di Mnemosine, Miller, queste cose ce le ricordiamo!
- Ho solo detto quello che tutti stavano pensando. – aveva ribattuto senza provare il minimo imbarazzo.
- Ha nove anni, okay? Ed era la prima volta che prendeva in mano una spada, non puoi essere così critico. Probabilmente le hai rovinato l’infanzia.
- Ora non esageriamo, avrò al massimo…
- Il problema… - lo aveva interrotto Michelle alzando la voce - …non è Rose. Sei tu. Ti comporti come un sociopatico…
- Ma grazie.
- … e questo comportamento non è accettabile. Non finché ci sarò io a capo di questa cabina, capito? – gli aveva lanciato una lunga occhiata ammonitrice, poi aveva abbaiato – Dove stai andando, adesso?
- Nell’arena. Ad allenarmi.
- Bene. – la ragazza aveva tratto un respiro profondo – Adesso ci andiamo tutti insieme. Un’uscita di famiglia.
E così si era ritrovato sulle gradinate dell’arena, circondato dai suoi fratellastri e aspettando che due principianti finissero di rendersi ridicoli davanti a tutta la cabina di Mnemosine. Aveva provato a mettersi quantomeno un po’ in disparte ma Michelle lo aveva afferrato per un braccio e lo aveva trascinato in prima fila, in modo che non si potesse perdere niente. E infatti non si stava perdendo niente. Era una tortura.
Ethan accavallò le gambe. Poi si grattò la nuca. Poi prese a giocherellare con il fodero di una delle due katane. Poi iniziò a studiarsi le unghie. Poi si alzò in piedi, attirando immediatamente tutti gli sguardi su di sé.
Saltò giù dagli spalti con pochi, rapidi movimenti e si portò al centro dell’arena. I due ragazzi continuavano a combattere, senza guardarlo. E continuarono ad ignorarlo quando estrasse simultaneamente le due katane con un’elegante torsione del polso, disegnando nell’aria due circonferenze perfette con le lame.
- Ethan. – chiamò Michelle con tono di avvertimento, dagli spalti.
E poi il figlio di Mnemosine fu su di loro. Gli bastarono due colpi per metterli fuori gioco, esattamente come aveva previsto. Il ragazzo, che era caduto per terra, provò ad alzarsi ma Ethan non gli lasciò nemmeno il tempo di riprendere la sua arma, puntandogli una katana contro la gola.
- Siete veramente patetici, ragazzi. – disse senza sorridere – In ogni altra occasione vi avrei lasciato in pace. Fare schifo non è un crimine. Però adesso devo proprio allenarmi, e non ho tempo da perdere. Quindi siete pregati di sloggiare.
La ragazza gli lanciò un’occhiata gelida, poi tese la mano al suo compagno.
- Andiamo, Erick. Non ne vale la pena.
I due se ne andarono, scoccandogli delle occhiatacce da sopra le spalle.
- Sapevo che avreste capito. – disse con un accenno di sarcasmo.
Quando si girò di nuovo verso gli spalti scorse il viso di Michelle, che sembrava intenzionata ad ucciderlo nel sonno. Il labbro inferiore di Rose-la-Completa-Fallita tremava in modo allarmante e il resto dei suoi fratelli lo fissavano con uno sguardo a che esprimeva allo stesso tempo ammirazione, timore e disgusto. Tanto per cambiare.
Valutò se fare un inchino o meno, ma prima che potesse decidere il suono di un corno in lontananza lo distrasse.
- Un’adunanza. – disse stupita Michelle, dimenticandosi per un attimo della sua aria omicida – E’ strano.
- Forse ha a che fare con la ragazza che ieri ha provato ad ammazzare Peleo. – ipotizzò qualcuno dagli spalti.
- Oh, sì. Ho sentito dire che l’ha accecato.
Michelle alzò le sopracciglia, sorpresa.
- Va bene, andiamo. Non c’è tempo da perdere.
Ethan infoderò le due katane dietro la schiena, con aria indifferente. Quando passò vicino a Michelle, lei gli sibilò:
- E non credere che abbiamo finito qui.
Il ragazzo non si degnò neanche di dare una risposta. Michelle non gli stava nemmeno troppo antipatica, sapeva che faceva tutto il possibile per far andare d’accordo tutti i suoi fratelli, e la ammirava per questo. Anche perché a quanto pareva Mnemosine aveva deciso di avere figli da persone completamente diverse. All’interno della sua cabina si potevano trovare ragazzi di ogni età con ogni tipo di carattere.
Michelle, per esempio, che era figlia di un agente dell’FBI, si comportava come un despota.
C’era un gruppetto di ragazze che andavano in giro sempre insieme, parlando di cose inutili e spettegolando come figlie di Afrodite. Grazie alla loro memoria infallibile si ricordavano pressoché ogni singolo pettegolezzo del campo, e questo era non poco irritante.
Poi c’erano persone come Rose-la-Completa-Fallita, di cui Ethan non sapeva molto, perché era abbastanza sicuro che non contassero niente.
C’erano un po’ di nerd e un po’ di gente popolare, un po’ di ragazzi che si credevano divertenti e un numero ristretto di persone che Ethan riteneva simpatici, ma che non aveva mai provato ad avvicinare, per evitare di dover cominciare a partecipare alle attività insieme al resto della sua cabina.
E poi c’era lui. Quello che traumatizzava le bambine di nove anni con commenti inopportuni. Quello che non perdeva un’occasione per rendersi ancora più antipatico e odioso agli occhi degli altri. Quello che combatteva talmente bene da mantenere a debita distanza chiunque lo vedesse.
Una volta non era così. Insomma, non proprio così. Ethan ricordava la sua vita prima della morte del padre come quella di un’altra persona. Brad Miller era stato un uomo tranquillo e docile e magari, se fosse rimasto in vita un po’ più a lungo, anche il figlio avrebbe appreso qualcosa dalla sua temperanza. Ma questo non era successo, e il ragazzo aveva dovuto arrangiarsi. E aveva imparato a fare a modo suo.
Ethan scacciò quel pensiero quando avvertì più distintamente il metallo della sua medaglietta premergli contro il petto. Per qualche strana ragione, tutte le volte che pensava a suo padre, sembrava diventare più pesante. Sfiorò con delicatezza la catenina e si unì con un sospiro al resto dei suoi fratelli che si dirigevano verso l’uscita dell’arena.
 
Kristofer Armstrong si chiedeva come facesse a vivere con un figlio di Talia e una figlia di Urania senza andare fuori di testa.
Era steso sul suo letto a leggere un libro. Di solito sceglieva con molta cura quando farlo, perché tutte le volte che iniziava non poteva fare a meno di esserne rapito. In quei momenti esistevano soltanto la carta e l’inchiostro, e se qualcuno avesse provato a disturbarlo avrebbe subito delle mutilazioni. Gravi mutilazioni. Quindi, per il bene di tutti, quel giorno si era messo a leggere poco prima di cena, quando ormai era buio da un pezzo.
Si stava appunto godendo quel momento di tranquillità quando qualcosa di morbido e fresco gli atterrò con forza sulla faccia.
La testa scarmigliata della cugina fece capolino dalla porta del bagno.
- Cosa cavolo… - iniziò con tono abbastanza rude Kris.
- Ehi. Non ti arrabbiare! Abbiamo un’emergenza!
Il ragazzo si alzò a sedere lentamente, chiudendo il libro.
- Che succede?
- Tate ha di nuovo rotto il tubo del lavandino. – spiegò con una specie di grugnito Silver  - Si sta allagando il bagno. E intanto Chirone ha ricominciato a suonare quel dannatissimo corno. C’è una cavolo di adunanza.
- Tranquilla, eh.
La ragazza fece una smorfia.
- E in tutto questo, io sono in pigiama da stamattina! – continuò indicandogli la massa informe di pile con disegnati tanti orsacchiotti che indossava.
Kris si passò una mano sopra gli occhi. La cabina trenta aveva solo tre abitanti, ma erano tutti talmente fuori dall’ordinario che compensavano in qualche modo la mancanza di altri fratelli e sorelle. All’inizio, Silver era stata la capo cabina, ma visto che Kris e Tate non perdevano un’occasione per tormentarla o per rinfacciarglielo, alla fine aveva deciso di rinunciare alla carica. “Tanto non siamo neanche fratellastri” aveva detto con un’alzata di spalle “Non ha molto senso cercare di addomesticarvi. Probabilmente Percy Jackson non l’ha tenuto in conto quando ha fatto costruire la cabina delle Muse.” Gli altri due avevano concordato, e la conversazione si era chiusa lì. Ma anche se Silver talvolta sosteneva il contrario, i tre ragazzi nel corso degli anni erano diventati uno il complementare dell’altro. Kris sapeva che Tate si segnava tutto quello che lui e Silver si dicevano quando litigavano, perché li considerava più comici dell’intera casa di Ermes. Tate sapeva che se qualcuno provava a svegliare Silver prima delle undici, non poteva uscirne con danni minori. E Silver sapeva che quando Kris si metteva a leggere, non doveva essere disturbato.
Quindi era abbastanza sicuro che quello non fosse un altro scherzo di Tate. Il ragazzo sospirò e si alzò dal letto.
- Come ha fatto, esattamente?
Silver si girò, come se Tate le stesse dicendo qualcosa dal bagno.
- Stava cercando ispirazione per una nuova commedia. – rispose la ragazza alzando gli occhi al cielo – Ha rotto il tubo del lavandino, ha guardato per un po’ l’acqua che scorreva, e poi ha deciso che non sapeva come aggiustarlo.
- Sei un idiota, Tate.
- Dice che ti ha sentito.
- Certo, sono io quello sordo, non lui.
Silver ghignò.
- Ha appena detto che questa frase si potrebbe usare bene in un’opera teatrale.
Kris, suo malgrado, scoppiò a ridere.
- Okay, ho capito. Sil, tu vatti a togliere quel pigiama con gli orsetti. Io vedo cosa posso fare con il tubo del bagno.
La cugina gli diede una pacca sulla spalla.
- Buona fortuna.
Quando Kris entrò nel bagno trovò un Tate con i capelli castani completamente bagnati e con una chiave inglese in mano. Continuava a sbattere una mano contro la pozzanghera che si stava formando con tutta l’aria di divertirsi un mondo.
- Cosa stai facendo? – chiese esasperato Kris.
“Ho trovato l’ispirazione!” annunciò Tate con il linguaggio dei segni. Anche se Kris era perfettamente in grado di parlare ed era quasi del tutto autonomo, quando Tate l’aveva conosciuto aveva deciso di impararsi il linguaggio dei segni, sostenendo che su un palcoscenico avrebbe fatto una gran figura. Kris gli aveva fatto notare che nemmeno lui sapeva come capirlo, e a quel punto l’amico aveva alzato gli occhi al cielo.
- Oh, dei. Sei un figlio di Polimnia, la musa del mimo, mi vuoi dire che non sei in grado di imparare a gesticolare? – aveva chiesto.
E così avevano imparato. Tate era stato abbastanza veloce anche essendo un figlio di Talia. Dopo una settimana tutti e due andavano in giro sbracciando come matti.
“Oh, davvero?” domandò il ragazzo nello stesso modo “Ciò non toglie che hai fatto un disastro.”
“Sì, e sta anche suonando il corno. Fottute adunanze. Non pensi che ci sia qualcosa di… poetico nell’acqua che scorre? Pensa ad un’enorme cascata.” Il ragazzo ci pensò su “Oh, sì, ecco! Un’enorme cascata che sceglie di cadere in testa a chi vuole. Come punizione. E’ una grande metafora, no?”
“Tate, sarò sincero. E’ orrenda. E non è nemmeno una metafora. Sei fatto?”
“Stai zitto, non hai la discendenza giusta per capire qualcosa di teatro. Penso che domani chiederò a Lynch, della casa di Efesto, di costruirmi un enorme cannone spara acqua. Sempre che non lo usi contro di me. Sai, non credo di stargli molto simpatico.”
“ Se permetti, abbiamo problemi più immediati. Come si fa a riattaccare questo tubo?”
E fu così che la cabina trenta arrivò con un quarto d’ora di ritardo all’adunanza. Silver aveva i capelli scuri ancora sparati da tutte le parti come se si fosse appena svegliata, Tate era completamente zuppo e si era portato dietro diversi fogli per appuntarsi le idee sui cannoni spara acqua e infine Kris si era dimenticato di lasciare nella cabina la chiave inglese, quindi la teneva in mano con aria imbarazzata. Presero posto in prima fila, proprio davanti al falò spento. Chirone, che si ergeva in tutta la sua statura, lanciò loro un’occhiata ammonitoria, ma non disse niente.
Vicino a lui c’era una ragazza sui sedici anni, con i capelli castano-rossastri legati in una treccia disordinata. Indossava un parka argentato, macchiato di sangue e teneva un arco a tracolla. Ma la cosa che aveva attirato l’attenzione del ragazzo era un’altra: la sua espressione. Da quando era diventato sordo, Kris aveva imparato a sfruttare al meglio i quattro sensi che gli rimanevano. E aveva imparato a leggere i volti delle persone. Quella ragazza sembrava aver appena perso qualcuno di molto importante. Ed oltre ad essere triste, era anche preoccupata. Molto preoccupata. Così preoccupata che il ragazzo ebbe un brivido. Non poteva significare niente di buono.
Tate gli diede una gomitata, distogliendolo dai suoi pensieri.
- E’ carina, la ragazza. – disse con un sorrisetto, osservandola.
Silver, dall’altra parte di Kris, alzò gli occhi al cielo.
- E’ una cacciatrice, Tate. Non vedi l’arco? E la giacca? E… tutto il resto?
- Sì. Figo, una ragazza guerriera. Allora?
La cugina si fece una risata, e Kris sorrise.
- Allora ha fatto un voto di castità quando è entrata a far parte delle cacciatrici. Se lo infrange muore. E con il fatto che le cacciatrici sono immortali… be’, per quello che ne sappiamo potrebbe avere anche mille anni. Uno più uno meno.
- Ehi, la mia era soltanto una constatazione, non è che…
Tate si bloccò con una faccia strana, poi arrossì e si girò verso gli altri due.
“Ci sta fissando!” disse con il linguaggio dei segni “E non sembra amichevole. Per niente.”
“Probabilmente si sta chiedendo perché sei tutto bagnato” rispose Kris “O perché stiamo gesticolando come degli idioti.”
“Capitan Ovvio, ti dico che mi sta fissando. E sembra più pallida di prima.”
- Ehi, ragazzi. Quante volte ve lo devo dire che non ho nessuna intenzione di imparare a “parlare” come voi? – fece Silver, irritata.
- Stavo dicendo che…
- Eroi! – esclamò Chirone, attirando immediatamente lo sguardo di tutti su di sé – Abbiamo una terribile notizia da darvi.
“Ah, ricordo ancora quando cercavano di mettere le terribili notizie in modo carino per non traumatizzarci” fece Tate, guadagnandosi l’ennesima occhiataccia da parte della cugina.
- Vi presento Marlene Stephens. – continuò Chirone inclinando la testa verso la ragazza – Forse avrete sentito dire che ieri sera qualcuno ha provato ad uccidere Peleo. Be’, è stata lei.
Un mormorio di disappunto si diffuse tra gli spalti. La ragazza guardò Chirone, seccata.
- Posso parlare io? – chiese bruscamente a Chirone. Poi, senza aspettare la risposta, ricominciò – Non vi preoccupate, gli ho solo cavato un occhio. E comunque è stato lui ad attaccarmi. Ma questo non è importante, okay?
Lanciò uno sguardo nervoso alla platea, e a Kris sembrò che si soffermasse veramente di più su di Tate. Poi distolse lo sguardo e si schiarì la voce.
- Sono una cacciatrice di Artemide. – riprese - Due settimane fa io e le mie compagne siamo partite per l’Alaska. Artemide ha avvertito qualcosa che non riusciva a spiegarsi, quindi abbiamo deciso di andare a controllare di persona. Abbiamo cercato di capire cosa stesse accadendo. Poi, una notte, Artemide è scomparsa. L’abbiamo cercata per un giorno intero, senza alcun risultato. La notte dopo, cioè due giorni fa, ha cominciato a piovere. Tanto. Ed è comparsa Pirra.
Questa volta il mormorio suonò perplesso. La cacciatrice fece roteare gli occhi.
- Pirra. Moglie di Deucalione. Quella che è sopravvissuta al primo diluvio universale ordinato da Zeus e che ha ricreato l’umanità lanciandosi dei sassi dietro le spalle… no?
La cacciatrice lanciò un’occhiata dubbiosa a Chirone, come a chiedere “Sul serio? Non aveva detto che sono semidei?”
- Sappiamo chi è Pirra. – rispose bruscamente un ragazzo dalla zona dove era seduta la cabina di Mnemosine. Kris se ne accorse solo perché Silver glielo indicò, per farli seguire il discorso. Era in occasioni come quelle che detestava ancora di più essere sordo. In ogni caso, riconobbe il ragazzo dalle due katane posizionate dietro la schiena: Ethan Miller. E vide anche che la cacciatrice mormorava “Oh, grazie, divina Artemide” con aria abbastanza sarcastica  – Ma non mi risulta che ci sia stato un secondo diluvio universale, ce ne saremmo accorti. Quindi, perché hai detto che Pirra è sopravvissuta al primo diluvio?
- Sei sveglio, per essere un ragazzo. Se mi fai spiegare ci arrivo.
Miller non parve molto contento di quel “per essere un ragazzo”, ma non commentò oltre.
- Pirra ha lasciato ad intendere che il suo scopo è quello di risvegliare il marito per dare inizio ad un secondo diluvio universale. – piegò la testa verso Miller.
- E come? – domandò a sorpresa Tate. Silver gli ripeté la domanda sillabando bene le parole.
La cacciatrice posò di nuovo lo sguardo su suo cugino, cercando palesemente di mantenere un’aria indifferente.
- Non si è fermata a spiegarlo. – rispose poco gentilmente – Il problema è che tutto il mio gruppo è ancora là: mi hanno inviato per chiedere aiuto. Quando sono andata via molte delle mie sorelle erano già morte, ma ormai credo di essere rimasta veramente l’ultima.
La ragazza strinse i denti, poi guardò Chirone.
- Quindi, se adesso vuole dire quella cosa della missione…
- Sì, certamente. Ragazzi, quello che Marlene ci ha appena detto non riguarda solo le cacciatrici, ma anche ognuno di noi. Ed è per questo… - il centauro si bloccò, e Kris non capì il perché. Poi Tate gli indicò Rachel, l’oracolo, che era caduto di faccia in mezzo al cerchio del falò.
- Ottimo. – brontolò Silver – Un diluvio universale e una cavolo di profezia. Le cose si mettono sempre meglio.
‘’La fine si erge vicina e inaspettata,
Nella Terra Oltre gli Dei, inevitabile ma addormentata.
Sei semidei immediatamente dovranno partire,
Se sapientemente la fine della terra vorranno prevenire,
Ma se con l’antico pregiudizio l'Ade verrà squarciato,
Il mondo intero sotto il cielo verrà schiacciato.
E quando lontana orami la speme sembrerà
Per la stella e la ladra,
Per la fucina e la memoria,
Per il giovane mascherato
E per la ragazza dannata…’’
Alla “a” di “dannata”, Rachel sgranò gli occhi e si portò una mano alla gola, tossendo.
’la ragazza dannata…’’
Tutti si sporsero simultaneamente in avanti, per sentire meglio. Poi l’oracolo girò gli occhi e cadde di nuovo giù. Questa volta erano preparati, e due ragazzi la sorressero prima che sbattesse per terra.
- Mi ha fermato… - mormorò, con voce debole e stupita – Non mi era mai successo…
Per un attimo regnò il silenzio più assoluto. Marlene continuò a fissare Rachel come se dovesse riprendersi e continuare la profezia da dove l’aveva interrotta. Poi tutti ricominciarono a parlare contemporaneamente, e Kris una volta tanto fu contento di essere sordo. Andarono avanti così per almeno due minuti, poi la cacciatrice fregò il corno di Chirone, che si era messo a parlare fitto fitto con  l’oracolo, e ci soffiò dentro con talmente tanta forza che Kris sentì il suono rimbombargli nella cassa toracica.
- State ZITTI! – urlò. Il ragazzo intuì che il tono dovesse essere parecchio autoritario, perché tutti smisero immediatamente di parlare – Per gli dei, quanti anni avete? Quattro? La situazione è grave!
Chirone si schiarì la voce.
- Sì, ehm… grazie, Marlene. Eroi, come avrete notato la profezia è incompleta. Non è mai successo, ma… - lanciò un’occhiata preoccupata verso Rachel – …considerato tutto, dobbiamo ordinare ugualmente una missione. E prepararci. Ora, abbiamo volontari?
La cacciatrice scosse la testa.
- Non servono volontari a caso. La profezia dice bene chi deve partire.
 
- La stella. – ripeté lentamente Chirone.
Silver Hunt trattenne bruscamente il respiro, capendo immediatamente cosa implicava tutto ciò. Kris e Tate si girarono a guardarla contemporaneamente, con del puro e inconfondibile panico nello sguardo. La ragazza fece del proprio meglio per non assumere la loro espressione, ma probabilmente il risultato non fu dei migliori. Trasse un respiro profondo, poi si alzò in piedi.
- Avete bisogno di una figlia di Urania. E a quanto pare io sono l’unica. Quindi… - rivolse uno sguardo nervoso alla cacciatrice, che la stava soppesando come per valutare se valesse qualcosa - … ehm, ciao. Mi chiamo Silver. E’ un piacere.
Marlene le fece un cenno con la testa, sorridendo appena.
 
- La ladra. – continuò Chirone, contando sulle dita – Una figlia di Ermes, quindi.
Nana iniziò a muoversi a disagio, dal suo posto a sedere. Vide Elizabeth impallidire. E Erika che si faceva minuscola. E la piccola Alice tirare su con il naso.
E cominciò a sentirsi veramente male.
- Abbiamo una volontaria? – domandò il centauro.
Nana aveva avuto un’infanzia difficile. Aveva passato anni e anni senza amici, sola e incompresa. La sua unica compagnia era stata quella di suo fratello, ma visto che era mortale al cento percento non l’aveva potuta seguire al campo. Quindi, all’età di quattordici anni si era ritrovata se possibile ancora più sola di prima.
E poi erano arrivati i due idioti. Travis e Connor Stoll, i re degli scherzi. C’erano voluti mesi prima che iniziasse a fidarsi, ma alla fine ce l’aveva fatta, e da allora si era sentita quasi un’altra persona. Anche perché, dopo aver consolidato la sua amicizia con i suoi capo cabina, quella con il resto dei suoi fratellastri era venuta quasi da se, e la cosa l’aveva sorpresa non poco. Durante quelle vacanze di Natale, poi, erano venuti pochi dei suoi fratelli, e questo le aveva dato l’occasione di legare ancora di più con pochi eletti. Non era mai stata molto altruista: nella maggior parte dei casi la gente non se lo meritava mai. Ma da quando era arrivata al campo, aveva conosciuto ben più di una persona per la quale avrebbe fatto volentieri un'eccezione.
In quel momento il pensiero che qualcuna delle sue sorelle dovesse partire per una missione pericolosa per salvare il mondo la faceva impazzire.
Ma anche il pensiero di partire per una missione pericolosa per salvare il mondo la faceva impazzire.
Travis, seduto nella fila davanti alla sua, l’aiutò a mettere tutto in prospettiva.
- Okay. Una persona in meno. Staremo più larghi, immagino.
Nana gli tirò un calcio da dietro, non troppo piano. Sapeva benissimo che stava scherzando, ma sapeva anche che quello che aveva detto non era del tutto impossibile. E quindi si alzò in piedi. Essendo alta appena un metro e cinquantasei, pensò che fosse meglio attirare l’attenzione su di lei, quindi allargò leggermente le braccia.
- Ecco la volontaria. – annunciò con voce ferma.
Travis si girò di scatto, incredulo.
- Mettiti subito a sedere! Sei impazzita?
Ma la cacciatrice aveva già annuito, lanciandole un’occhiata veloce.
 
- La fucina. – riprese il centauro alzando un altro dito.
Arold non stava seguendo molto la conversazione. Cioè, sì, aveva capito che c’era un grande pericolo imminente che comprendeva la risurrezione di Deucalione e tante altre belle cose come il secondo diluvio universale e via dicendo. Ma questo succedeva più o meno ogni volta che tornava al campo per le vacanze, quindi non vedeva dove fosse il dramma. Ci sarebbero stati dei bravi eroi pronti a sistemare tutto, e poi sarebbero potuti tornare alla normalità, a non fare niente.
- Cioè noi. – fece notare svogliatamente, alzando una mano.
Nyssa gli lanciò un’occhiataccia, intimandolo palesemente a restare zitto. Il semidio si limitò a salutarla con la mano.
- Esattamente. – disse la cacciatrice – Ci sono volontari? Possibilmente di sesso femminile?
Arold si era dimenticato del problema delle cacciatrici con i ragazzi. Per qualche strana ragione la cosa lo fece ridere.
Alzò di nuovo la mano, con un sorriso diabolico.
Tanto non aveva programmi particolari per le vacanze invernali.
 
- Va bene, Arold. – Chirone annuì, mentre la cacciatrice fulminava con lo sguardo il figlio di Efesto - Poi c’era la… memoria, mi sembra. Quindi la cabina di Mnemosine.
Ethan si fece improvvisamente attento e si mise a sedere meglio. Le cose si facevano interessanti.
- Un volontario?
I ragazzi si guardarono, a disagio. Poi Michelle fece una smorfia rassegnata e fece per alzarsi in piedi. Il ragazzo pensò velocemente a cosa sarebbe potuto succedere nella sua cabina senza di lei. Probabilmente sarebbe impazzito nel giro di ventiquattro ore. E poi pensò anche che la ragazza non sarebbe stata molto utile in una missione del genere. Non sapeva combattere, né fare altre cose significative. Aveva solo una buona memoria, niente di più. Mentre lui sapeva fare praticamente tutto, a parte relazionarsi con altre persone. Cosa che comunque non sarebbe servita a molto in una missione. E se ne andava la salvezza del mondo, be’… Mise a sedere sua sorella senza troppi complimenti e si alzò.
- Io. – disse Ethan il più fermamente possibile.
Incontrò lo sguardo di Marlene, che rimase impassibile. Ethan ebbe la sensazione che se la ragazza avesse potuto lo avrebbe colpito con una freccia nella croce degli occhi.
Problema suo.
 
- E il giovane mascherato. – Chirone aggrottò la fronte – Diceva giovane mascherato, giusto?
Marlene scrollò le spalle.
- Mi sembra di sì. Che cosa dovrebbe significare?
Tate era troppo occupato a scambiarsi occhiate sconsolate con Kris per seguire in alcun modo la conversazione. Poi sentì un la voce di Chirone, più vicina del dovuto.
- Tate. Sei tu.
Tate alzò le sopracciglia, perplesso.
- Scusi?
Il centauro si era piazzato davanti a lui, e lo stava fissando dall’alto verso il basso, con un’espressione cupa in volto.
- Il giovane mascherato.
Il ragazzo aprì la bocca. Poi la richiuse.
- Eh? – chiese alla fine, poco elegantemente.
Kris impallidì ulteriormente.
- Sei figlio di Talia. La musa della commedia. – gli disse con voce abbastanza tremula.
- Talia é sempre stata raffigurata con una maschera. - spiegò pazientemente Chirone - Quindi questo potrebbe essere un riferimento a lei. Non vedo altre alternative.
A quel punto la ragazza carina che sfortunatamente era anche una cacciatrice spuntò fuori da dietro Chirone.
- Be', sarà meglio trovare un'alternativa perché io non ho nessuna intenzione di viaggiare con lui. - disse senza guardarlo.
Tate aveva appena finito di realizzare che sarebbe dovuto partire anche lui per una missione suicida, quindi non si accorse subito della sua ultima frase, e non trovò un argomento valido per ribattere. L'unica cosa che disse fu un "ehi" non troppo convinto.
Chirone si girò a guardare la cacciatrice con aria costernata.
- Figliola, qual è il problema?
Già, quale era il problema? Il ragazzo era curioso di saperlo. Era ragionevolmente certo di non aver mai visto prima quella tizia, ma lei aveva continuato a guardarlo di soppiatto per tutto il tempo, quella sera. E non con uno sguardo amichevole. E probabilmente la cosa non dipendeva dal fatto che era bagnato dalla testa ai piedi, come sosteneva Kris. Cioè, sapeva di essere irritante, ma non gli sembrava di aver fatto – ancora -niente di particolare per meritarsi quelle occhiate glaciali.
Tate prese a fissare la ragazza senza quasi rendersene conto, aspettando una risposta. Marlene sembrava leggermente in difficoltà.
- Non le devo nessuna spiegazione, signore – ringhiò.
Chirone parve sorpreso.
- Non è possibile cambiare la profezia. Tate è l’unico figlio di Talia esistente che conosciamo, oltre ad Antifane.
- Uh, sì. Io e Antifane non ci sentiamo da un po’. – intervenne il diretto interessato, aggrottando la fronte.
- Questo perché è morto nel 311 a.C. – rispose il centauro, poi concluse, rivolto a Marlene - Quindi credo che la scelta sia piuttosto ristretta.
La cacciatrice guardò prima Chirone, poi spostò lentamente lo sguardo su di Tate. Nonostante sembrasse pronta ad ammazzarlo senza provare rimpianti, il ragazzo si ritrovò a pensare che avesse veramente degli occhi fantastici, anche se non riusciva a capire bene il colore. Erano verdi? O grigi?
- Va bene. Ma se muore prematuramente non dia la colpa a me. – poi si chinò leggermente verso il figlio di Talia – Ti ho avvertito.
- Sissignora.
- Sta’ zitto. – sibilò, poi si raddrizzò e si rivolse all’intera platea - E’ abbastanza chiaro che io sia la ragazza dannata. O non sarei rimasta l’ultima cacciatrice, costretta a salvare il mondo insieme ad un gruppetto di semidei inesperti e stupidi. Quindi faccio parte di questa missione. Quelli che sono stati scelti vadano subito a prepararsi, partiamo tra un’ora. E farete meglio a rivelarvi un po’ meglio di come sembrate, perché da voi dipende la salvezza dell’umanità. Tutto chiaro?
Silenzio.
- Perfetto.
La cacciatrice fece un cenno a Chirone e se ne andò.

 

 
ANGOLO centrale dell’AUTRICE:
Che quindi non è un angolo, genio.
Tu stai zitto, Arold. Sei solo arrabbiato perché il tuo POV è veramente corto. Togli quel lanciafiamme, ha detto che ci rifaremo nel prossimo capitolo, e che cavolo. Neanche io e Nana siamo state considerate molto, ma non facciamo tutte queste scenate come te.
E se uccidi Emma nessuna delle tue gesta verrà presa in considerazione. Quindi, per gli dei, fattela finita.
Grazie Silver. Grazie Nana. Arold, se non stai fermo ti farò morire io. Nel prossimo capitolo. O magari ti faccio venire un attacco di dissenteria che non ti fa partire per la missione. Capito?
Questo è sleale.
Zitto.
Ehm, sì, salve. Se siete arrivati alla fine di questo capitolo avete conquistato tutta la mia stima, complimenti. E’ venuto lungo in maniera indecente.
Ah! Non ti facevo un tipo da doppi sensi.
E infatti solo tu ci hai visto il doppio senso. Ho detto di togliere il lanciafiamme.
Okay, qui la situazione si sta facendo pericolosa, quindi mi sbrigo a dire quello che devo dire sennò ci resto secca.
Dunque, i sei della profezia sono al completo. Ma non pensate che mi sia dimenticata del resto degli OC che mi avete inviato, perché non è così. E’ stato difficile scegliere, perché sono tutti fatti veramente bene, ma presto potreste ritrovarvi con un figlio di Demetra o una figlia di Chione tra capo e collo. Credo di averlo già detto nel capitolo precedente, ma lo ripeto lo stesso: i personaggi “secondari” compariranno nel corso della storia, quindi l’unico modo che avete per sapere se avranno un ruolo è leggere. Potreste avere qualche sorpresa già dal prossimo capitolo.
Ah, è comodo così. Adesso sono costretti a sorbirsi tutta questa storia.
Non iniziare pure tu, ti prego. Faccio così perché ancora ho solo una vaga idea di quali personaggi inserire.
Proprio a questo proposito, volevo comunicare una cosa. Tolti i cinque pargoli prescelti, Kris (a cui sto preparando un bel po’ di fatiche da compiere. - Sì, che bello! Sofferenza!) e alcuni semidei cattivoni che mi sono già preparata, gli OC che rimangono non sono molto numerosi. Soprattutto perché ancora c’è gente che mi deve mandare le schede, ma vabbè. Comunque, la mia grandiosa idea era quella di lasciare aperte le iscrizioni finché non trovo almeno altri cinque OC adeguati. Quando li avrò tutti ve lo farò sapere. Intanto, se volete prenotarvi dovete scriverlo nella recensione, con i soliti dettagli (sesso, età e genitore divino del personaggio). Mandate le schede per messaggio privato. E... basta. Spero di essere stata chiara.
Non sei stata chiara.
Non te l’ha chiesto nessuno.
Oh, quasi dimenticavo. Ditemi se ho reso in maniera soddisfacente i vostri personaggi, e ogni tanto magari passate e lasciate una recensione per monitorarli. Potreste ritrovare un Ethan che inforna biscotti al cioccolato per tutti o una Nana improvvisamente alta tre metri.
Si, okay. Sfotti pure. Perché tanto tu sei alta.
Era per dire.
Questo è tutto . Ci sentiamo nel prossimo capitolo!
Emma
Silver
Nana
E Arold!

Passo e chiudo.
 
 
Prestavolti (in ordine di apparizione)
Ethan Miller
 
Image and video hosting by TinyPic
 
Kristian Armstrong

Image and video hosting by TinyPic
 
Silver Hunt

Image and video hosting by TinyPic
 
Tate Haze

Image and video hosting by TinyPic
 
Nana Reed

Image and video hosting by TinyPic
 
Arold Lynch

Image and video hosting by TinyPic
 

 
 
 
                                                                                                                                                                                 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Sometimes quiet is violent ***


Salve a tutti, gente! Sono tornata :)
Vi do un altro consiglio, come ho fatto una settimana fa (si okay, sono pallosa, lo so), e poi vi lascio al capitolo. Quando arrivate all’ultimo paragrafo, che sarebbe il settimo, prendete youtube, cercatevi “Car Radio” dei Twenty One Pilots e leggetelo con la musica sotto.
Perché ancora i Twenty One Pilots? Perché sì U_U
E con questo, ci vediamo in fondo.

Sometimes quiet is violent


 
Arold, nonostante avesse ormai avuto tempo per rifletterci, ancora non si era pentito della sua decisione.
Era più che sicuro che le sue capacità sarebbero state indispensabili, in quella missione, e questo gli bastava. E poi, tutte le scelte che aveva preso d’impulso erano state le migliori. Quando era fuggito invece di aspettare l’arrivo degli assistenti sociali dopo la morte di sua madre aveva trovato il campo. Quando  la mattina prima aveva deciso di andare a fare una passeggiata anche se erano solo le cinque era stato il primo ad arrivare da Peleo, ed era stato sempre lui ad impedire che la cacciatrice venisse miseramente inghiottita dal drago. Quando qualche mese prima aveva deciso di iniziare ad unire dei pezzi di metallo a caso, si era ritrovato in mano un lanciafiamme perfettamente funzionante.
Questo per dire che il figlio di Efesto si fidava del suo istinto. Quindi non aveva nulla da temere, probabilmente avrebbe salvato il mondo e sarebbe stato accolto come un eroe, al campo. E poi aveva litigato da poco con suo fratello Anthony, non riusciva più ad entrare dentro la sua cabina senza sentirsi soggetto delle sue occhiatacce. Forse gli avrebbe fatto addirittura bene andare via per un po’.
Quando arrivò davanti alla casa grande, come aveva prestabilito Chirone, era decisamente ottimista e di buon umore. Erano le nove, ma dal momento che era inverno inoltrato, il cielo era così scuro che sembra molto più tardi. L’unico punto illuminato era la veranda, quindi Arold si accomodò su una panca sotto la luce e cominciò a controllare che il suo equipaggiamento fosse a posto. Sistemò meglio il suo lanciafiamme dentro lo zaino, verificò di avere munizioni a sufficienza e si assicurò che Barkie fosse ancora in modalità trasporto. Poi cominciò a gironzolare intorno alla casa, con le mani nelle tasche dei jeans. L’unico rumore era quello della voce della cacciatrice proveniente dall’interno. Il suono gli arrivava distorto dalle mura, ma a giudicare dal tono della voce, sembrava che ci fosse qualcosa che non le stava bene. Per un po’ provò ad origliare, ma alla fine iniziò ad annoiarsi e cominciò a giocherellare con la zip dello zaino.
La prima persona che arrivò fu la ragazza della cabina 11, quella che si chiamava Nana e che era incredibilmente bassa. Si scambiarono appena un cenno di saluto, poi lei si infilò gli auricolari e si mise a sedere sotto un albero, ignorandolo alla grande. A quel punto Arold si ricordò di essersi dimenticato le cuffie. Stava per tornare dai suoi compagni, ma la porta della casa grande si aprì così violentemente che andò a sbattere contro il muro. Ne uscì la cacciatrice, con un pugnale stretto in mano e tutta l’aria di volerci infilzare qualcuno. Appena lo vide, strinse gli occhi.
Okay, sarebbe sopravvissuto per un po’senza musica.
Alzò le mani, conciliante.
- Da nessuna parte. E’ dove volevo andare, da nessuna parte. Non mi muovo, capo.
- Sarà meglio.
E con questo infoderò con un gesto rabbioso il pugnale. Lo fece senza strapparsi via i pantaloni e il ragazzo, suo malgrado, provò un filino di ammirazione
- Sei sempre così simpatica? – si informò abbassando le mani.
- Hai un desiderio di morte? – ribatté la ragazza, poi si girò e tornò dentro casa, lasciando Arold parecchio perplesso.
Dopo altri cinque minuti arrivò Ethan Miller. Arold non lo conosceva di persona, ma tutti al campo sapevano chi era, quindi lo riconobbe subito.
- Sono in ritardo? – domandò bruscamente.
Nana aveva ancora le cuffiette, quindi rispose lui.
- No, mancano ancora Tate e Siver, i due tizi della cabina 30.
- Sono sempre gli ultimi. – spiegò Chirone uscendo dalla casa grande – Un carattere di famiglia, immagino.
Ethan alzò le spalle e si mise a sedere anche lui sotto un albero, fissando il vuoto. A quanto pareva, Arold avrebbe avuto dei compagni di viaggio molto ciarlieri. Ma forse era un bene: non gli piaceva quando le cose scendevano troppo sul personale. Almeno non avrebbe dovuto raccontare la storia della sua vita a tre perfetti sconosciuti.
Passarono altri cinque minuti, durante i quali lui e Chirone si fissarono senza dire niente, facendo ogni tanto un sorriso di circostanza. Poi si sentì un’imprecazione proveniente da qualche parte ai piedi della collina, e la voce di una ragazza che cominciava a brontolare.
- Tate, sei patetico.
- Sta’ zitta e aiutami.
I due ragazzi comparvero dall’altra parte rispetto a dove erano arrivati tutti. Tate aveva i capelli ancora inspiegabilmente umidi, ed era pieno di foglie.
- Eccoli qui. Siamo tutti? – domandò Chirone.
- Manca Marlene. – notò Nana districandosi velocemente dalle cuffiette.
- Marlene è qui. – rispose la diretta interessata comparendo sull’uscio della porta.
A queste parole Tate sobbalzò e si girò a guardarla, ma la cacciatrice rimase con lo sguardo fermamente puntato su Chirone.
- Oh, wow. – fece Arold – Non pensavo che ci si potesse materializzare all’interno dei confini del Campo.
Silver fece una specie di smorfia divertita, ma tornò subito seria.
- Bene, uhm... sì. – il centauro fece segno ai ragazzi di avvicinarsi. Li fisso uno alla volta e rivolse a tutti un sorriso d’incoraggiamento.  – Non ho molto da dirvi, in realtà. Il vostro compito è quello di andare in Alaska e trovare un modo per fermare Pirra.
- Preferibilmente rimanendo in vita. – aggiunse tetramente la cacciatrice.
- Come? – domandò giustamente Nana, inarcando un sopracciglio.
Chirone parve vagamente imbarazzato.
- A questo dovrete pensare voi.
Tate e Silver si scambiarono un’occhiata eloquente, Ethan sporse in avanti la mandibola come per ringhiare, e Arold accarezzò l’impugnatura di una delle sue Glock 17, come sempre quando iniziava ad innervosirsi.
- Okay, questo è… rassicurante. – rispose con un filo di sarcasmo la ragazza.
- Se avessi avuto un po’ più di preavviso vi avrei potuto aiutare, ma purtroppo Marlene è rimasta svenuta per sedici ore, quindi l’informazione ci è arrivata un po’ tardi. Intanto io farò qualche ricerca, quando troverò un modo per aiutarvi ve lo farò sapere. E nel frattempo voi raggiungerete l’Alaska, in modo da non perdere del tempo prezioso.
 - Abbiamo almeno un mezzo di trasporto, o dobbiamo pensare noi anche a quello? – intervenne Silver, senza nascondere il disappunto nella voce.
- Per il mezzo di trasporto, ho trovato io la soluzione. O saremmo dovuti partire a piedi. – rispose la cacciatrice con un tono abbastanza seccato.
- Come dovremmo viaggiare, quindi? – chiese Arold.
La cacciatrice, invece di rispondere, si infilò due dita in bocca e fece un fischio acuto. Qualche secondo più tardi sei cervi uscirono fuori dagli alberi, e uno iniziò ad annusare l’orlo della maglietta di Nana, facendole prendere un accidente.
Ethan li osservò con aria critica.
- Cervi? Dovremmo… cavalcarli?
La cacciatrice accarezzò il muso a quello più vicino, e per la prima volta Arold le vide in faccia un’espressione umana.
- Questi non sono animali qualunque. – rispose continuando a coccolare l’animale – Sono i cervi che trasportano la biga di Artemide quando di notte trasporta la luna. Sono abituati a molto peggio rispetto a qualche leggero semidio.
- Io ho anche un pesante lanciafiamme. – fece Arold alzando una mano.
- Se il tuo lanciafiamme non pesa più di una tonnellata, lo puoi portare.
A quel punto Arold iniziò ad osservarli con molta più attenzione. Dovevano avere delle zampe veramente resistenti per reggere così tanto peso. Se fosse riuscito a costruire una macchina del genere sarebbe stato fantastico.
Marlene diede un’ultima pacca sul muso del cervo, poi si girò verso il resto del gruppo.
- Be’, io direi di andare. Scegliete un cervo, ho preso io le riserve di nettare e ambrosia per tutti. Potrete dormire durante il viaggio, non c’è pericolo che cadiate.
 
Nessuno provò a dormire.
Tre quarti d’ora più tardi, Nana era aggrappata saldamente al collo della sua cavalcatura, e stava facendo di tutto per non guardare di sotto. Quando era salita sull’animale, si era presa un attimo per osservare i suoi lucidi occhi neri, così intelligenti che la ragazza si era sentita un po’ rassicurata. Ma la sensazione era durata ben poco, perché non appena era riuscita a montare in groppa (il cervo, tra le altre cose, aveva anche un’altezza considerevole, quindi le servì un po’ di tempo), l’animale era partito a tutta velocità, senza darle nemmeno il tempo di salutare Chirone. Dopo quasi cinquanta minuti di viaggio, il non dava nessun segno di voler rallentare il passo, e continuava ad andare come un fulmine. Sentiva distintamente i suoi muscoli lavorare incessantemente sotto di lei, e questo le stava facendo venire la nausea.
Certo, poi c’era il trascurabile dettaglio che la sua cavalcatura volava.
No, non in senso figurato.
Era in groppa ad un dannatissimo cervo volante, e la cosa non le piaceva neanche un po’. Soprattutto perché la cacciatrice non si era presa nemmeno la briga di avvertirli, prima di partire. La ragazza era ragionevolmente certa di non soffrire di mal di aria, ma quel viaggio non le stava facendo troppo piacere.
- A quanti metri siamo? – aveva chiesto all’inizio del viaggio Ethan, sporgendosi tutto dal suo cervo, e facendo rabbrividire Nana.
Marlene, che ora era l’immagine della tranquillità, aveva fatto qualche conto, osservando il paesaggio che scorreva velocemente sotto i loro piedi.
- A cinquecento, più o meno. Di solito sono abituati a viaggiare sui diecimila, ma dopo sarebbe difficile respirare, per noi.
Arold, dietro di lei, non sembrava molto preoccupato. Continuava ad andare a zig-zag, e aveva tutta l’aria di divertirsi un mondo. E così il suo cervo.
Più indietro c’erano Tate e Silver, ma Nana non aveva voglia di girarsi per vedere cosa stessero facendo. Preferiva non venire sbalzata via, se si poteva evitare.
Si ritrovò a pensare che probabilmente non avrebbe fatto amicizia con nessuno di loro. Le serviva sempre molto tempo per decidere se fidarsi o meno di una persona, e altrettanto per avvicinarla. E poi il gruppo era composto da persone inavvicinabili già di loro, ognuno con un carattere abbastanza difficile. Nel migliore dei casi la faccenda si sarebbe conclusa con una bella rissa.
Per esempio, Marlene non era certo il massimo della simpatia e aveva già dato chiaramente ad intendere che li considerava un branco di idioti. Certo, aveva appena perso tutte le sue sorelle, forse una volta passato il trauma sarebbe diventata meno indisponente, ma per ora Nana non moriva dalla voglia di parlarci.
Poi c’era Ethan, che faceva parte della categoria “belli ma stronzi”. A differenza della cacciatrice, era così più o meno da sempre, quindi non aveva nessuna speranza di migliorare. Nana sapeva bene che il ragazzo diceva senza problemi quello che pensava e, se non avesse avuto così tanta paura del suo parere, probabilmente l’avrebbe considerato un pregio, ma in quel momento era soltanto una ragione in più per tenersene a debita distanza.
Arold era strano. Tutti al campo potevano dire di aver parlato un discreto numero di volte con lui, ma nessuno poteva dire di conoscerlo. Aveva trovato un’arma abbastanza efficace per tenere lontane le persone: il sarcasmo. Al figlio di Efesto bastava uno sguardo per individuare tutti i tuoi difetti e due secondi per elencarteli nel modo più sgradevole possibile, il tutto sorridendo con aria angelica. La prima volta che ci aveva parlato, grazie agli dei, aveva sono fatto un commento sottile sulla sua altezza, ma lì si era fermato. La ragazza pensava che se avessero ricominciato da dove si erano interrotti avrebbe perso le staffe egli avrebbe spaccato il naso con un pugno.
Nana non conosceva quasi per niente Tate ma le stava già più simpatico rispetto a Marlene, Ethan e Arold. Da quello che aveva potuto vedere, era parecchio maldestro e non faceva altro che cadere e rovesciarsi cose addosso, ma sembrava anche veramente gentile. Quella sera l’aveva visto parlare con il ragazzo sordo usando il linguaggio dei segni, e aveva trovato la cosa molto dolce. Insomma, Tate era il tipo di persona che piaceva a lei, e avrebbe anche potuto provare a dirgli qualcosa, ma lui stava praticamente sempre con Silver.
Anche Silver, in effetti, non le sembrava antipatica. L’idea che si era fatta di lei era quella di una ragazza determinata e forte. Al campo l’aveva già vista litigare parecchie volte con chiunque infastidisse il ragazzo sordo, e questo le aveva fatto guadagnare parecchi punti. In effetti quella ragazza era simile a lei, sotto alcuni aspetti. Ma il problema che si poneva in questo caso era lo stesso di Tate. Quei due non si staccavano un secondo.
Ma probabilmente Nana non avrebbe avuto bisogno di nessuno per quella missione. Si trattava solo di salvare il mondo. Poi sarebbe potuta ritornare dalla sua vera famiglia, nella cabina 11.
O, ehm... sarebbe morta.
E su questa nota allegra un altro cervo volante si piazzò vicino al suo, mentre la ragazza in groppa si aggrappava saldamente alle corna dell’animale.
- Dannazione, avevo detto piano. Piano!
Nana alzò le sopracciglia, mentre l’altra si rimetteva lentamente in posizione eretta, tirando un gran sospiro di sollievo.
- Tutto bene?
Silver annuì.
- Non mi importa cosa dice la cacciatrice, per me questi affari sono instabili. – si scostò una ciocca di capelli dalla faccia.
- Oh, allora non sono l’unica che la pensa così.
La figlia di Urania ghignò.
- Certo che no. Tate là dietro ancora non è riuscito a farsi capire dal suo cervo. Ha qualche problema con l’accelerazione.
Gli lanciò un’occhiata da dietro una spalla e Nana si azzardò a fare lo stesso. Tate effettivamente stava discutendo animatamente con la sua cavalcatura. Quando si accorse che le due ragazze lo stavano guardando rivolse loro uno sguardo sconsolato.
- Vai benissimo, Tate! – urlò la cugina trattenendo una risata – Continua così!
- Non è divertente. – replicò il ragazzo.
Silver si girò verso di Nana.
- Invece lo è. – le disse – In ogni caso… ci tenevo a parlare con l’unica persona oltre a me che sembra starci con la testa in questa allegra compagnia. Io sono Silver.
Nana non poté fare a meno di stupirsi del tono amichevole dell’altra ragazza. E dovette anche ammettere che non le dispiaceva.
- Nana. Ti stringerei la mano, se non fossi occupata a strangolare un cervo sacro ad Artemide.
- Oh, non mi offendo, non ti preoccupare.
E da lì partì una lunga conversazione, cosa che stupì non poco Nana, che era abituata da sempre a diffidare della gentilezza altrui.
 
Kynaston Durward Cavendish non aveva niente da fare. Odiava il falò serale perché la maggior parte delle volte gli toccava ad ascoltare quegli orrendi canti di gruppo, cercando di non dare da matto. Aveva detto a Chirone almeno cento volte che quello strazio non gli piaceva. Non gli piaceva per niente.
Ma lui l’aveva voluto ascoltare? Certo che no.
E allora va bene, che educasse pure il resto del campo in quel modo pietoso, se non voleva dargli retta. Lui si dissociava. 
Quell’inverno era arrivato prima di tutti i suoi fratellastri, quindi aveva la cabina 12 tutta per lui. Era la cosa migliore che gli era capitata da quando era arrivato, almeno se voleva dormire in santa pace poteva farlo senza che nessuno iniziasse ad esercitarsi nella preparazione del mosto e simili davanti il suo letto. E poi, ora che poteva fare quello che voleva aveva fatto cambiare il suo scomodo letto a castello con un largo letto a due piazze con materasso ad acqua, senza sentire tutti i suoi compagni lamentarsi, come era loro solito. Quindi, la sua cabina era un ottimo posto dove stare per evitare i canti di gruppo.
Quella sera, però, erano soltanto le nove e mezza, non aveva voglia di andare a dormire subito. Per una persona come lui, abituato ad addormentarsi tutte le notti alle quattro, era anche un filino umiliante essere costretti a fare qualcosa del genere. Kynaston era rimasto per un attimo sull’uscio della porta, indeciso sul da farsi, e alla fine si era allontanato. Sentiva che una passeggiata in spiaggia non gli avrebbe fatto male. Poi sarebbe andato a dormire, e il giorno dopo avrebbe fatto una bella chiacchierata con Chirone su quali dovessero essere le sue priorità. Come coinvolgere tutti i semidei e non proporre attività adatte solo ai bambini di tre anni.
Kynaston annuì, soddisfatto. Come programma, poteva andare.
Così si avviò con passo spedito verso il mare.
 
Astrea Daystars amava il falò serale. Le piaceva la luce del fuoco che illuminava i volti della gente, adorava arrostire i marshmallow con gli altri e scherzare con gli amici. I canti di gruppo, poi, erano proprio il massimo. Ma quella sera aveva come l’impressione che non sarebbe stato divertente come sempre: dopo una profezia del genere nessuno era più molto tranquillo. Era proprio su questo fatto che la cabina di Apollo stava cercando di basare i giochi che avrebbero fatto quella sera, ma essendo anche loro abbastanza giù di morale il risultato stava venendo veramente pessimo.
- E poi parte la scenetta in cui Ethan decapita un lestrigone con una katana. – stava dicendo in quel momento Kayla, segnandosi tutto su un blocchetto per appunti – Sol, hai voglia di fare il lestrigone? I capelli blu ce li hai già, e puoi metterti quel pigiama orrendo che si è portato Will, quello tutto azzurro. Saresti perfetta.
Sol come il sole e sol come la quinta nota musicale. Sol era Astrea. Non si ricordava esattamente perché le avevano dato quel soprannome, però le piaceva.
- Il lestrigone? Io… - Sol ci pensò su. Per qualche strana ragione, quella sera voleva andare in spiaggia, a vedere il mare. Ne aveva proprio voglia, e non capiva il perché – Credo che questa sera non verrò al falò.
- Perché? – domandò immediatamente Will, comparendo al fianco di Kayla.
- Sono solo un po’ stanca, non ti preoccupare. Penso che andrò a fare una passeggiata in spiaggia, o qualcosa del genere, e poi andrò a dormire presto.
Will alzò un sopracciglio, poi diede una gomitata alla sorella.
- Ho capito. – bisbigliò rumorosamente – Sonno di bellezza. Lasciamola in pace.
Sol sorrise, poi si rivolse a Kayla.
- Se vuoi domani faccio il lestrigone decapitato. E anche Ethan, se è necessario. Contemporaneamente. Potremmo creare una nuova forma di teatro, ci pensi?
La ragazzina alzò gli occhi al cielo.
- Okay, okay. Per questa vola sei perdonata. Ma se domani non vedo il mio lestrigone mi arrabbio.
Sol scoppiò a ridere e si avviò saltellando verso la porta.
- Lo sapete che vi voglio bene, vero?
Will fece un gesto incurante con una mano, ma stava sorridendo.
- Ce lo ripeti dalle cinque alle venti volte al giorno, svaporata. Certo che lo sappiamo.
- Era per ricordarvelo. – rispose.
E si chiuse la porta alle spalle.
 
Kris era di nuovo sul suo letto. Quando era rientrato nella cabina 30 aveva trovato il libro che stava leggendo giusto qualche ora prima ancora posato sul copriletto. Lo aveva buttato per terra e lo aveva spedito con un calcio sotto il letto di Silver. Poi era andato in bagno e si era messo ad asciugare furiosamente il pavimento, che era ancora bagnato dopo l’ultimo esperimento di Tate.
Dopo questo si era ributtato sul materasso, chiudendo gli occhi.
Era strano stare da solo nella loro cabina, non gli era mai capitato prima. Essendo sordo, la cosa che gli dava fastidio non era tanto il silenzio, ma piuttosto l’assenza di ogni tipo di movimento. Era tutto così immobile, così triste, che Kris avvertì il bisogno impellente di iniziare a prendere a calci qualcosa. Continuava ad immaginarsi tutte gli incidenti che avrebbero potuto avere e arrivò addirittura a pensare che probabilmente almeno uno dei due, quando sarebbe ritornato, avrebbe avuto un arto in meno. O non sarebbe ritornato per niente. E poi, il ragazzo dovette ammetterlo, forse era anche invidioso. La profezia aveva scelto loro, loro soltanto. Per il resto dei semidei che erano stati chiamati era diverso, loro si erano fatti volontari. Ma Tate e Silver erano stati scelti perché erano gli unici ragazzi in vita corrispondenti alla descrizione della profezia. Perché lui no? Perché non poteva essere con loro, come loro?
Dopo questo pensiero, Kris si vergognò di se stesso. Erano partiti per una missione pericolosa, non per una gita in campagna. Perché pensava a queste cose?
Improvvisamente decise che aveva bisogno di fare una passeggiata. La spiaggia sarebbe andata benissimo per schiarirsi un po’ le idee. Così si alzò in modo quasi meccanico e si mise la giacca.
 
Kynaston si era appena reso conto che il mare di notte, d’inverno faceva veramente schifo. Era mosso e burrascoso, le onde facevano casino e la temperatura si era abbassata di almeno altri cinque gradi. E poi si era raggruppato un mucchio di alghe viscide e nerastre proprio davanti ai suoi piedi, e la cosa non gli faceva molto piacere. Guardò ancora per qualche secondo tutta quell’acqua infrangersi sulla spiaggia, poi decise che ne aveva abbastanza. Quando però fece per girarsi si ritrovò davanti un ragazzo con i capelli rossicci. Si squadrarono per un attimo, poi Kynaston ordinò:
- Spostati.
Il ragazzo rimase a guardarlo, impassibile, e Kynaston iniziò ad irritarsi.
- Ho detto di toglierti, sei sordo o cosa?
A quel punto il ragazzo alzò leggermente un angolo della bocca e fece per dire qualcosa, ma perse improvvisamente l’equilibrio e cadde in avanti. Kynaston, che si era spostato in tempo prima che gli finisse addosso, si trovò faccia a faccia con una ragazza con i capelli blu dall’aria spaesata.
- Oh, scusa. Scusa tanto! Non volevo! – iniziò a dire, tendendo una mano al tizio per terra – Ho iniziato a correre e non riuscivo più a fermarmi. E’ tanto bella la sensazione della sabbia fresca sotto i piedi, non trovi?
No, Kynaston non trovava.
- Scusa, sul serio! Stai bene?
Il ragazzo, che stava ancora fissando la sabbia, rispose:
- Ahi.
- Ti sei fatto male?
Kynaston osservò meglio i capelli rossi del ragazzo.
- Tu sei quello sordo! – esclamò.
- Non ti preoccupare, non mi sono fatto niente. – disse il ragazzo sordo alla ragazza con i capelli blu, che intanto aveva sgranato gli occhi alle parole di Kynaston.
- Sei quello sordo? Il figlio di Polimnia?
Il ragazzo annuì, togliendosi la sabbia dai vestiti.
- E quest’idiota dietro di me dovrebbe essere “quello viziato”, il figlio del signor D.
Il ragazzo si mise in modo da poterli vedere entrambi.
Kynaston era troppo sorpreso dal fatto che l’altro avesse capito cosa aveva detto da non notare il fatto che gli aveva anche dato dell’ idiota.
- Ma quindi ci senti! – esclamò.
Il ragazzo fece una faccia strana.
- No.
- ALLORA PERCHE’ CAPISCI QUELLO CHE DICO? – domandò alzando la voce la ragazza.
- Perché leggo il labiale, non c’è bisogno che urli.
- Oh. E perché riesci a parlare, allora?
Il ragazzo sembrò iniziarsi a stancare.
- Perché non sono sempre stato sordo, okay? Ora, cosa diamine…
Il ragazzo si interruppe quando una goccia d’acqua gli arrivò sul naso. Poi una atterrò sulla fronte della tizia blu e un’altra in un occhio di Kynaston, che cominciò ad imprecare. E iniziò a piovere tutto di un colpo, lasciando i tre semidei sbigottiti.
- In teoria non dovrebbero esserci delle difese che non fa piovere all’interno dei confini del campo? – domandò la ragazza tirandosi su il cappuccio dell’impermeabile. Kynaston non lo aveva notato prima, ma la tizia blu indossava una specie di mostro di plastica trasparente con disegnati tanti arcobaleni sopra un pesante maglione arancione. Rabbrividì.
- Sì. – confermò.
Il ragazzo sordo si tolse una ciocca di capelli bagnati da davanti gli occhi.
- Non credo che sia un buon segno. Soprattutto non dopo quello che ci ha raccontato la cacciatrice.
Rimasero tutti e tre in silenzio, a fissare il cielo coperto. Poi Kynaston alzò le spalle.
- Be’, avete rovinato la mia passeggiata. Grazie. Ora, se permettete, io vado a…
La fine si erge vicina e inaspettata,
Nella terra oltre gli Dei, inevitabile ma addormentata.
La ragazza con i capelli blu fece un salto in aria, e così Kynaston. Il tizio sordo invece aprì leggermente la bocca, e indicò il mare, impallidendo visibilmente.
Kynaston seguì il suo sguardo, e si pentì immediatamente di averlo fatto. Perché dalle onde stava emergendo qualcosa.
Sei semidei immediatamente dovranno partire,
Se sapientemente la fine della terra vorranno prevenire…
Era una testa. Una testa con pochi lunghi capelli bianchi ancora attaccati. Rivoli di acqua salata le scivolavano sulle zone pelate, portando via grossi pezzi di pelle. E la faccia non era sicuramente migliore: sembrava appartenere ad una mummia in decomposizione da almeno qualche eone. La pelle bagnata sembrava carta ingiallita, e la bocca era completamente senza denti. Quando però la donna – perché si trattava di una donna, secondo Kynaston – la aprì di nuovo ne uscì un paguro che zampettò via scomparendo da qualche parte all’altezza delle orecchie della mummia.
Ma se con l’antico pregiudizio l’Ade verrà squarciato,
il mondo intero sotto il cielo verrà schiacciato.
Il particolare più strano, però era un altro. Gli occhi della mummia brillavano come due led verdi, cosa che non contribuì alla tranquillità di Kynaston. Erano gli occhi che Rachel aveva tutte le volte che pronunciava una profezia.
E quando lontana ormai la speme sembrerà,
Per la stella e la ladra,
Per la fucina e la memoria,
 Per il giovane mascherato,
E per la ragazza dannata
Poco da fare resterà.
Con un ultima risorsa la missione potrà essere salvata,
Vinta con il sacrificio di una vita illimitata.
E le ossa della grande madre dalla folle dovranno tornare,
Se contro l’acqua un’ultima volta si vorrà trionfare.
Mentre parlava, la mummia era uscita dall’acqua riuscendo miracolosamente a non ribaltarsi. Sfoggiava un mostruoso vestitino da hippie tutto strappato e rovinato, oltre ad una grande quantità di collanine piene di alghe intorno al collo.
Forse Kynaston iniziò a tremare.
Poi la mummia ruotò lentamente per fissare a turno ognuno di loro. I suoi occhi, da verdi divennero bianchi e lattiginosi, e Kynaston ebbe l’impressione che stesse sussurrando qualcosa.
E poi si disintegrò.
I tre rimasero in silenzio per almeno due minuti, continuando a fissare il vestito a fiori che la mummia si era lasciata dietro. Alla fine Kynaston alzò lo sguardo e diede una piccola pacca sulla spalla del ragazzo sordo.
- Cosa ha detto alla fine, mr Io-leggo-il-labiale?
Il ragazzo si riscosse.
- Una sola parola: finalmente.
La ragazza con i capelli blu diede un calcetto ad una collana.
- Ragazzi, credo che quello fosse il nostro vecchio oracolo.
- E quella la fine della profezia che Rachel non è riuscita a dire. – aggiunse Kynaston.
Rimasero ancora un po’ in silenzio, con il vento che fischiava nelle loro orecchie e le onde del mare sempre più vicine. Alla fine fu il ragazzo sordo a dire quello che stavano pensando tutti.
- Qualcuno deve avvertire i sei della profezia.
 
Toby Sullivan, negli ultimi giorni, aveva scoperto alcuni lati di se stesso che non si sarebbe mai aspettato di trovare. Ad esempio, non avrebbe mai pensato di essere un ladro tanto bravo, così come non avrebbe mai pensato di poter essere così organizzato.
Non avrebbe mai pensato di essere un traditore.
Eppure eccolo lì, a sfrecciare in mezzo alla foresta del campo con addosso delle scarpe volanti, inseguendo ancora una volta un sogno. Lo aveva già fatto più e più volte, come quando era fuggito dalla polizia dopo la morte di suo padre. Quella volta stava cercando un posto dove sarebbe stato accettato, ma non l’aveva trovato. Il campo non era che un’illusione, e lui lo odiava. Con tutto se stesso. E odiava allo stesso modo gli dei, sua madre e tutti gli altri. E quindi aveva trovato un nuovo sogno da inseguire, ma quella volta sapeva che quello a cui stava andando incontro era proprio quello che voleva.
Schivò velocemente un albero e si aggiustò gli auricolari. Tyler Joseph gli sussurrava in un orecchio ormai da un po’ e Toby trovava la cosa rassicurante. A volte si chiedeva se i Twenty One Pilots fossero entrati nella sua testa mentre scrivevano i testi di alcune canzoni.

Sometimes quiet is violent
I find it hard to hide it
My pride is no longer inside
It’s on my sleeve
My skin will scream
Reminding me of
Who I killed inside my dream
I hate this car that I’m driving
There’s no hiding for me
I’m forced to deal with what I feel
There is no distraction to mask what is real
I could pull the steering wheel

Toby arrivò in una piccola radura e lì si fermò, ordinando alle scarpe alate di posarlo a terra. In alto, tra le cime degli alberi, si scorgeva il cielo stellato e le nuvole che avanzavano velocemente, coprendolo. Il figlio di Nemesi chiuse gli occhi mentre una goccia gli cadeva su una guancia.

I have these thoughts
So often I ought
To replace that slot
With what I once bought
‘Cause somebody stole
My car radio
And now I just sit in silence

Sei ombre comparvero nello spicchio di cielo che rimaneva, e Toby sorrise. Finalmente.
And now I just sit in silence
Alzò con decisione una mano.
Inspirò una volta.
And now I just sit in silence
E lasciò andare il respiro. Le sei ombre caddero.
AND NOW I JUST SIT IN SILENCE
 

 
ANGOLO di nuovo centrale dell’AUTRICE:
Che quindi non è un angolo, okay, ho capito, Arold.
Non sei simpatica.
Nemmeno tu.
Ri-salve a tutti. Qui Emma.
E Arold.
E Tate Haze, al vostro servizio.
E io non dirò niente del genere.
Dai Ethan, stai rovinando tutto. Il ritmo era perfetto.
Concordo.
Solo perché ho accettato di fare questa cosa non significa che mi voglio rendere ridicolo, Haze.
Disse il tizio con due katane perennemente sulla schiena.
Ripetilo.
Disse il tizio…
Okay, okay. Abbiamo capito che sei molto macho, Ethan, ora non c’è bisogno di picchiarsi. State tranquilli un attimo o vi farò morire tutti per mano di Toby Sullivan.
Oh, è Toby Sullivan della cabina di Nemesi quello che ci sta facendo impazzire i cervi, allora?
Quello ancora più misantropo di Ethan?
Non faccio commenti.
Sì, lui. Ora, zitti un secondo.
Come avrete notato, sono stati inseriti altri tre personaggi *applausi registrati* vale a dire Kynaston, Sol e Toby. Quindi la quota di OC usati sale a nove. Sono piuttosto fiera di me.
Adesso non montarti la testa, però.
Non c’è il rischio con te qui a criticare, caro.
Comunque, volevo dire che è in questo modo che compariranno i nuovi OC quando verrà il loro momento, nel caso non si fosse capito.
Oh, e poi volevo chiedere a quelli che hanno letto la parte di Toby con Car Radio in sottofondo cosa ne hanno pensato. Perché il risultato non mi convince tanto: sarebbe stato meglio se avessi preso un po’ meglio le misure con la musica e il testo della canzone, solo che dopo sarebbe venuto un paragrafo di almeno due pagine :I
In ogni caso, non era mia intenzione uccidervi con i Twenty One Pilots e i loro testi estremamente allegri, è che la creatrice di Toby ha detto espressamente che il suo OC adora il suddetto gruppo, quindi ho pensato che ci stesse bene.
E poi anche tu adori il suddetto gruppo, quindi hai pensato che ci stesse pure meglio.
Precisamente.
Okay, questo è quanto. Lascio le iscrizioni aperte ancora per un capitolo, poi nel prossimo chiuderò. Se volete mandarmi qualche OC, muovetevi C:
Ci si sente tra una settimana!
Si spera, almeno. Devo ricordarti che tra due giorni devi tornare a scuola?
No T.T Potevi stare zitto, che cavolo.
Emma
Arold
Tate
*si inchina*
Ethan

Passo e chiudo.
 

Altri prestavolti in ordine di apparizione :)
 
Kynaston Durward Cavendish
(toglietegli qualunque cosa abbia sull'orecchio e ci siamo)
 
Image and video hosting by TinyPic

Astrea Daystars
 
Image and video hosting by TinyPic

Toby Sullivan

Image and video hosting by TinyPic

Arold, smettila!
Ehehehe.

Image and video hosting by TinyPic


 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Rompo la quarta parete in maniera perfetta. Naturalmente. ***



Rompo la quarta parete in maniera perfetta. Naturalmente.


 
Tate era stato abbandonato da Silver ormai da un pezzo quando il cervo iniziò a fare strani versi.
Per un attimo si chiese se il problema fosse lui, ma poi vide che anche gli altri sembravano in difficoltà.
- Perché ho come la sensazione che non sia normale? – urlò alla cacciatrice.
Marlene stava guardando il suo cervo con gli occhi sgranati, e sembrava che stesse soffrendo quasi quanto lui.
- Perché non lo è.
La ragazza appoggiò la testa sul collo dell’animale con un aria così affranta che per un attimo Tate fu tentato di consolarla. Poi però si ricordò di essere anche lui su un cervo volante impazzito, e la cosa lo aiutò a dare un ordine alle sue priorità.
- Dobbiamo scendere. – disse Ethan – O ci schianteremo per terra.
Quasi a farci apposta, gli animali iniziarono a perdere quota e a prendere velocità producendo un rumore orribile, cosa che non migliorò molto l’umore generale.
- Invece di ribadire l’ovvio, perché non troviamo una soluzione? – urlò Nana per farsi sentire sopra il vento. Non sembrava molto tranquilla, in quel momento.
- Ci dobbiamo buttare. – disse Arold, con un tono stranamente serio.
- Sei impazzito? – sbottò Silver - Ci schianteremmo a terra in ogni caso!
- Be’, allora come credi di fare? – rispose il figlio di Efesto con lo stesso tono – Sono proprio curioso di sentire la tua risposta.
- Be’, sicuramente…
- No, ha ragione lui. – la interruppe Marlene alzando la testa - Dobbiamo buttarci.
L’intero gruppetto si girò a fissare la ragazza, tutti – compreso Arold - con la stessa espressione a metà tra l’incredulo e il terrorizzato. La cacciatrice li ignorò alla grande e fece passare una gamba sul dorso dell’animale, per ritrovarsi con i piedi nel vuoto.
- Gli alberi attutiranno il colpo e al massimo qualcuno si romperà un braccio, ma per quello abbiamo l’ambrosia. Se restiamo sui cervi, ci faremo più male, credetemi. L’importante è che cadiate bene.
Gli alberi attutiranno il colpo? Al massimo qualcuno si romperà un braccio?
- E se non cadiamo bene? – domandò Arold, che adesso sembrava molto meno sicuro dell’efficacia della sua idea.
- Porteremo dei fiori sulla tua tomba. – rispose Ethan mettendosi come la cacciatrice.
La ragazza gli rivolse un mezzo sorriso.
- Mi hai tolto le parole di bocca. – gli disse, poi passò lo sguardo sul resto del gruppo – Vi dirò io quando saltare, okay? Al tre.
- Un attimo, e se… - iniziò Tate, cercando di farsi sentire.
- TRE!
Ethan si buttò per primo, con una specie di capriola. Poi fu il turno di una Nana parecchio rassegnata e di una Silver palesemente agitata. Arold si lanciò gridando “uiii!” e Tate cadde letteralmente dal cervo a causa di uno scossone troppo forte. Marlene fu l’ultima.
 Prima che decidesse di rimuovere i ricordi di quella caduta, la sensazione di vuoto allo stomaco, il vento che gli fischiava nelle orecchie e tutto il resto lo perseguitò nei suoi incubi per molto tempo. Tutto quello che riuscì a sentire furono le urla dei compagni e la voce della cacciatrice che cercava di dare qualche dritta su come rallentare la discesa. Poi andò a sbattere contro qualcosa di duro, che gli si infilzò con decisione sulla spalla, e atterrò di faccia su un ramo di un albero. Marlene fece lo stesso qualche metro più in basso rispetto a lui, ed emise lo stesso verso dei cervi di Artemide. Poi però si rialzò subito e incoccò velocemente una freccia.
- Dove diamine siete finiti? – sibilò.
Tate provò ad alzarsi e scoprì di avere una bella ferita all’altezza della sua clavicola sinistra. Di norma non si impressionava facilmente, e quel caso non fece eccezione, però… quello era sangue. Tanto sangue.
Aggrottò le sopracciglia, osservando il liquido rosso gocciolargli sul palmo della mano, e si chiese se fosse il caso di prendere qualche appunto da riusare in una commedia.
Naa, okay, troppo drammatico.
- Ehi!
La cacciatrice alzò lo sguardo e lo individuò. Lui la salutò allegramente con una mano.
- Sto morendo dissanguato. Qualche consiglio?
La ragazza fece roteare gli occhi.
- State tutti bene, a parte questo idiota?
Il resto della compagnia rispose con dei brontolii indistinti. Nana cadde giù da un albero alla sua destra con un gemito sconsolato.
- Ottimo. State attenti, tra poco arriveranno anche i cervi.
A quelle parole una carcassa piovve dal cielo, facendo passare al ragazzo la voglia di scherzare. L’espressione della cacciatrice si indurì ancora di più. Poi iniziò ad arrampicarsi sul tronco dell’albero, per raggiungerlo.
- Vieni qui. – gli disse, evitando accuratamente di guardarlo negli occhi. Tate notò che aveva le guance tutte graffiate, dettaglio che trovò... dolce, per qualche strana ragione. Poi si riscosse e decise che non era per niente dolce.
Niente in quella ragazza era dolce.
In qualche modo riuscirono a scendere entrambi dall’albero senza procurarsi ulteriori danni fisici, e suo malgrado Marlene fu abbastanza attenta a non farlo cadere di nuovo da un ramo.
Quando toccarono terra si ritrovarono davanti il resto del gruppo con tagli e sbucciature assortite disseminate su tutto il corpo, ma nessuna stava sanguinando come Tate. Appena Silver lo vide sgranò gli occhi.
- Oh, dei! Cosa ti è successo? – urlò correndogli incontro.
Tate non si sentiva proprio così messo male. Certo la spalla gli faceva parecchio male, ma sicuramente non era niente di troppo preoccupante.
- Sono caduto da un cervo volante. – le ricordò.
- A proposito – ringhiò Silver spostando lo sguardo su Marlene – E’ stata una pessima idea.
- No, sto bene. Sul serio, non è colpa sua. Almeno non siamo morti tutti. Ora però forse avrei bisogno di una fasciatura, o qualcosa di simile. Sto continuando a sanguinare.
La cacciatrice si passò una mano sugli occhi, con un sospiro stanco.
- Okay, capito. Nana, cerca di capire dove siamo finiti. Ethan e Arold, controllate che non ci sia nessun pericolo qui intorno. Non è normale che i cervi siano caduti così dal cielo: sono stati maledetti. Individuate chiunque l’abbia fatto e eliminatelo. Silver, trova un modo per ripartire al più presto che non comprenda l’andare a piedi. Non credo che Tate ce la farebbe.
Per un attimo la fissarono tutti con aria stupita, e Tate ebbe l’impressione di capire il perché. Insomma, non poteva arrivare, farli cadere da cervi volanti e poi iniziare a dare ordini come se niente fosse.
- E tu cosa farai? – domandò con un tono abbastanza pericoloso Nana.
- Sistemo la sua spalla.
- Oh, certo. Sistemi la sua spalla.
Marlene inspirò rumorosamente dal naso, poi gli tolse la giacca senza tanti complimenti, in modo che tutti vedessero come era messa. Tate si azzardò a guardarla, e se ne pentì subito. Aveva una strana posizione.
- Se qualcuno crede di poter sistemare una spalla lussata, prenda pure il mio posto. Ma da quello che mi ha detto Chirone, avete altre… - esitò un attimo – qualità.
- Era una specie di complimento? – si informò Arold.
- Qualità che ancora non ho visto. Quindi muovetevi.
- Come non detto.
La cacciatrice individuò Ethan e annuì in modo quasi impercettibile, come per dire “conto su di te”. Il figlio di Mnemosine sospirò poi prese il figlio di Efesto per un braccio.
- Va bene, Lynch. Muoviamoci.
E i due scomparvero in mezzo al bosco. Tate sentì Arold dire qualcosa riguardo ad un lanciafiamme. Nana e Silver si scambiarono uno sguardo affranto e si allontanarono anche loro. A quel punto Tate era rimasto da solo con la cacciatrice, e non era del tutto sicuro che la cosa gli facesse piacere. Soprattutto perché Marlene teneva ancora l’arco stretto in mano.
- Come si sistema una spalla lussata? – volle sapere Tate, con tono colloquiale.
- Intanto spogliati. – ordinò l’altra riponendo l’arco.
Il ragazzo alzò le sopracciglia, stupito. Probabilmente si era sbagliato, ma gli sembrava di averla vista arrossire sotto tutti quei graffi che aveva in faccia.
- Solo la felpa, stupido. Non posso curarti se hai cinquanta strati di vestiti sopra la ferita.
- Oh. Sì. Ehm… sono due gradi, credo.
- Non fare il bambino. Sbrigati.
Tate eseguì, parecchio a disagio. Passò i dieci minuti successivi borbottando cose sconnesse tipo “Non fa poi così male” e “Cervi volanti, cavoli” finché Marlene non gli disse di farsela finita. Il momento peggiore arrivò quando gli tirò una specie di pugno da ninja sulla spalla per farla tornare a posto, e forse Tate lanciò qualche imprecazione, ma si riprese subito.
In ogni caso, la sua spalla era stata appena medicata e lui era ancora a torso nudo quando Ethan arrivò di corsa, con le katane sguainate. In lontananza si sentì qualche sparo e, la voce di Arold che gridava “Ah, adesso non fai più tanto la spavalda!”
- Dove sono Silver e Nana? – domandò ansimando.
- Da qualche parte qui intorno, immagino. – rispose Tate, iniziando a preoccuparsi.
- Devono venire subito qui. Siamo circondati.
A quel punto Arold sbucò dal bosco. Impugnava due pistole fumanti dall’aria pericolosa, e aveva un sorriso da pazzo.
- Stanno arrivando. – annunciò.
- Non stai parlando di Nana e Silver, giusto? – chiese sbrigativamente Marlene prendendo l’arco.
- No. Parlo delle signore morte con le zampe da mulo.
- Come?
Tate rimpianse il fatto di non essersi portato dietro niente per appuntarsi quello scambio di battute.
Poi si sentì un latrato in lontananza, poi un cane di metallo saltò fuori da dietro un cespuglio, facendolo tornare alla realtà. La cacciatrice gli puntò una freccia contro.
- Ferma, è con noi. – fece Ethan, piazzandosi davanti al cane.
- Quello è… tuo? – domandò Tate, fissandolo con aria stupita.
- No, è mio. – Arold corse verso di lui e gli accarezzò con affetto la testa – Barkie. Modalità difesa per me, e quest’altra gente. Credi di potercela fare?
Il cane abbaiò una volta, un suono a metà tra quello di una sirena antinebbia e quello di un trapano elettrico.
- Bravo, bello. Ora, come si fa con queste tizie strane?
Marlene sembrava sconcertata.
- Cosa intendevi con “signore morte con le zampe da mulo”? Empuse?
- No. Sono… - Arold si bloccò, poi scrollò le spalle – Be’, sostanzialmente sono come quella.
A quel punto la prima signora morta con le zampe da mulo uscì dal bosco, e nessuno in quel gruppetto parve troppo contento.
La donna indossava un lungo vestito rosso tutto strappato, e dall’orlo si vedevano bene due zoccoli. Tate non sapeva se erano gli zoccoli di un mulo, ma la cosa lo lasciò ugualmente sconcertato. Le braccia e la faccia della donna erano cosparse da numerose ferite e di bruciature, e risaltavano in modo sgradevole sulla sua pelle pallidissima. E il viso non era sicuramente migliore: i capelli neri tutti aggrovigliati, gli occhi grigi spiritati e la bocca screpolata semiaperta non contribuivano a darle un’aria amichevole.
Marlene batté le palpebre un paio di volte, poi disse:
- Questa è un’Anarada. Mangia le persone. –  e lanciò uno sguardo significativo al figlio di Talia, ancora a torso nudo.
Tate prese velocemente la giacca a vento e se la infilò con una risatina nervosa.
- Uhm… sì. Giusto.
Ma naturalmente l’Anarada lo aveva già individuato. La donna scoprì i denti con una specie di ringhio.
E poi gli saltò addosso.
 
Silver si era persa. Tutte le volte che si diceva che le cose non potessero andare peggio, ecco che arrivava qualche nuovo problema, come se la vita gli stesse dicendo “volevi farmela, eh?”
Insomma, già il fatto di abbandonare Kris da solo nella cabina 30 non le era piaciuto, ma era stato necessario. Partire per una missione da cui dipendeva la salvezza del mondo, be’, anche quello era stato necessario. Ma lasciare Tate, il suo mezzo fratello con una spalla lussata, alle prese con una cacciatrice lunatica e in grado di farlo fuori in due secondi se la avesse irritata, quello non era stato necessario. Non le piaceva il modo in cui lui la guardava, e le piaceva ancora di meno il modo in cui lei lo guardava. Sembrava indecisa se prenderlo a pugni o se abbracciarlo, anche se aveva sempre l’aria di una più propensa alla prima opzione.
Comunque, era troppo impegnata a pensare a queste cose per concentrarsi sulla strada. Quindi si era persa in mezzo al bosco.
Di notte.
Quando chiunque avesse maledetto i loro cervi era ancora in libertà.
Lei doveva solo trovare una soluzione per andarsene da quel posto. Non doveva perdersi, accidenti.
Stava per tornare indietro, ma un movimento alla sua sinistra la fece immobilizzare. Portò lentamente una mano alla cintura e ne estrasse una delle sue due falci. Era stato Kris a consigliargli quelle armi, un anno prima. Aveva visto che era assolutamente incapace di fare qualunque cosa con una spada, quindi avevano passato un pomeriggio intero a rovistare nell’armeria, finché non avevano trovato una falce tutta arrugginita. Quella notte, sua madre gli aveva fatto trovare due mezzelune d’argento ai piedi del letto, cosa che aveva causato la quasi-deacpitazione di Tate. In ogni caso, quando Silver era armata di falci, era praticamente imbattibile, ma ciò non significava che in quel momento non avesse paura.
Stava per lanciare la prima falce, ma la testa di Nana comparve da dietro un albero.
- Sono io, ferma! – disse alzando le mani.
Silver, grazie al cielo, tirò un sospiro di sollievo e non una falce.
- Non farlo mai più!
Nana si avvicinò velocemente. Aveva un’aria abbastanza preoccupata.
- Che succede? – domandò Silver.
- Ho sentito degli spari. Non era Arold quello con le pistole?
- Pistole? – ripeté la ragazza. L’idea di un Arold armato in quel modo non la entusiasmava troppo.
- Sì. Hai presente? Pistole.
Nana fece finta di spararle tendendo l’indice e il medio verso di lei.
- Bum!
- Okay, capito.
- Quando sono nervosa mi rendo ridicola. – ammise Nana scrollando le spalle.
Silver sorrise.
- Bella cosa. Io di solito mi nascondo sul tetto della mia cabina. Solo che ora… hai capito.
Rimasero per un attimo in silenzio, poi Silver si riscosse.
- Be’, immagino che dobbiamo andare a dare una mano. Se tu conosci la strada.
Nana annuì.
- Andiamo.
Quando raggiunsero la radura in cui stavano prima si ritrovarono nel bel mezzo di un combattimento, e i loro compagni sembravano abbastanza in difficoltà. Tanto per iniziare, Tate aveva in mano la sua spada, cosa che non succedeva quasi mai, e andava in giro menando fendenti e facendo saltare occasionalmente qualche testa. Non sembrava divertirsi molto, a giudicare dal numero di imprecazioni che stava spargendo sul nemico, ma se la cavava abbastanza bene. Ethan, invece, era tranquillo in modo impressionante. Si muoveva con una grazia quasi innaturale, facendo mulinare le katane come se non avessero nessun peso. Intorno a lui c’era una quantità spropositata di cadaveri. Arold, be’… Arold sparava. Non sembrava seguire una logica precisa, ma ogni singolo colpo che tentava andava a finire nella croce degli occhi del bersaglio con una precisione micidiale. Marlene non si vedeva da nessuna parte.
Comunque, la cosa che preoccupava maggiormente la ragazza era il fatto che, nonostante i semidei se la stessero cavando in modo egregio, per ogni nemico abbattuto ne spuntavano altri tre pronti a prendere il suo posto. E poi, certo, la spaventava anche il fatto che il nemico in questione fossero delle tizie con gli zoccoli.
Una cosa che avrebbe messo agitazione a tutti, a parer suo.
- Cosa cavoli sono, esattamente? – chiese, perplessa.
Ma quando si girò vide che Nana era già partita, e a quanto pareva stava combattendo a mani nude. Anzi, no. A ben guardare, aveva due tirapugni. Forte.
Silver stava per partire, sperando solo di non sfigurare troppo con le sue falci d’argento, quando qualcuno la afferrò per una spalla, facendola girare di scatto. Una di quelle tizie con le zampe da mulo le sorrise. Aveva una freccia infilzata sulla testa.
- Ecco la nostra stella. – disse con un gorgoglio – Dobbiamo parlare con te.
E poi tutto divenne nero.
 
Sol aveva fatto molte cose strane, nella sua vita. Si era tinta i capelli con i colori dell’arcobaleno, aveva giocato a basket contro una squadra di satiri, aveva tenuto un corso di danza alla cabina di Ares, facendo preoccupare parecchio Will. Però non aveva mai pensato di poter diventare la compagna di non-missione di un ragazzo sordo e di un multimilionario viziato.
- Dobbiamo partire noi. – aveva detto Kris, quando si erano resi conto della responsabilità che avevano.
Sol ci aveva pensato su. L’idea non la entusiasmava molto.
- E perché, scusa?
- E’ un segno se la profezia è stata rivelata proprio a noi! Io non avevo nessuna intenzione di venire in questa spiaggia, ma poi ho sentito qualcosa… come se dovessi farlo. Non è un caso se noi tre siamo qui, insieme. L’oracolo ci ha appena ordinato di partire per una missione.
Sol aveva lanciato uno sguardo perplesso a Kynaston, che era impallidito visibilmente.
- Be’, okay, questo è vero, ma… - aveva iniziato la ragazza, insicura, ma era stata subito interrotta dal figlio di Dioniso.
- E’ fuori discussione. – aveva affermato, poi aveva girato i tacchi e aveva fatto per andarsene.
- No, aspetta! – aveva esclamato Sol – Dobbiamo parlarne, almeno!
Ma il ragazzo non aveva rallentato per niente il passo.
- Non dirmi che hai paura. – aveva sibilato a quel punto Kris, senza scomporsi.
Kynaston si era fermato, continuando a dargli le spalle. Quando si era voltato, era rosso in faccia.
- Tu dovresti avere paura. Sei solo uno stupido ragazzino sordo, non dureresti un minuto fuori dal campo, ma a quanto pare hai un qualche strano istinto suicida, che io non ho. Scusa se non voglio morire a diciannove anni!
Kris non era sembrato particolarmente impressionato, e Sol aveva iniziato ad ammirarlo.
- D’accordo, allora. Se hai paura non è un problema. Ma pensa a quando tutti verranno a sapere che non hai avuto il coraggio di fare quello che uno stupido ragazzino sordo ha fatto.
La ragazza aveva alzato le sopracciglia, prendendo immediatamente una decisione.
- Un ragazzino sordo e una ragazzina con i capelli blu. – aveva aggiunto, e Kris le aveva sorriso, riconoscente.
Kynaston sembrava messo alle strette.
- Sul serio, Kris, credi veramente che sarebbe utile, in una missione? – aveva rincarato Sol – Scommetto che al primo accenno di pericolo scapperebbe.
Kynaston, a quel punto, aveva fatto una smorfia infastidita.
- E’ una scommessa? Io vinco le scommesse.
Si erano guardati negli occhi per un lungo istante, entrambi con aria di sfida. Alla fine Sol aveva sfoggiato il suo sorriso migliore  e aveva cinguettato:
- Dimostralo.
E così ora erano stavano correndo uno dietro all’altro nella foresta del campo, senza parlarsi né guardarsi. Kris l’aveva costretta a mettersi un cappello nero, perché i suoi capelli erano troppo riconoscibili, e la cosa non le era piaciuta molto, ma alla fine lo aveva fatto. In fondo, da loro dipendeva la salvezza del mondo, anche se in modo indiretto. Qualche sforzo doveva farlo anche lei.
Il piano, fondamentalmente, era quello di ritrovare i sei della profezia e di aggiornarli, poi avrebbero potuto fare quello che avrebbero voluto. Sol aveva come l’impressione che Kris sarebbe rimasto con i suoi compagni di cabina, ma lei sarebbe tornata al campo. Il fatto di essersene andata senza dire niente a  nessuno le pesava, continuava a pensare che se le fosse successo qualcosa avrebbe voluto almeno abbracciare un ultima volta Will, interpretare contemporaneamente il lestrigone e Ethan Miller per far contenta Kayla o… salutarli, almeno.
Si girò un attimo per controllare se le luci del campo erano ancora visibili. Il cielo tuonò.
- Muoviti. – grugnì Kynaston.
E Sol riprese a camminare.
 
Taras Constantine era da solo, tanto per cambiare.
Sì, sì. Lo so. Che tristezza, vero?
La cosa ormai non gli creava più nessun disturbo il che, pensandoci bene, è ancora abbastanza triste. Una volta, forse, ci sarebbe stato male, ma ora era diventato completamente indifferente per questo genere di cose. Non gli importava se aveva solo diciassette anni e già si trovava a dover risolvere problemi come “cosa mangio questa sera?”, non gli importava se per andare avanti doveva scavalcare qualche questione etica e… indovina un po’? Non gli importava neanche cosa pensasse la gente di lui.
Che ci vuoi fare, Taras era strano.
Tutto questo non era evidente ai più. Non sto parlando del fatto che fosse strano, questo è sicuramente evidente ai più. Intendo quella cosa molto poetica che ho detto prima, quella sul fatto che se ne fregava altamente di tutti, okay? Per qualche ragione che Taras non aveva ancora capito, in ogni città in cui era capitato aveva sempre smosso la pietà di qualcuno. Forse dipendeva dai suoi capelli biondi e ricci, che gli toglievano sempre almeno due anni. Succede tuttora.
“Oddio, questo piccolo ragazzino indifeso è tutto da solo in giro per Los Angeles senza genitori? Ma è terribile! Forza, vieni, andiamo dai servizi sociali, che ne dici?”
Taras aveva sempre detto di no. Nel modo più assoluto.
Era già fuggito due volte da varie case famiglia, una dalla sua famiglia affidataria e almeno cinque volte da altrettanti orfanotrofi. Quando lui e suo padre avevano deciso di partire per l’America era stato per una vita migliore, di sicuro non per rimanere intrappolati con gente ipocrita e stupida. E poi, non aveva ancora sorpassato la morte di suo padre: farsi una nuova famiglia sarebbe stato ingiusto nei suoi confronti.
Quindi si era ritrovato in mezzo alla strada.
Una scelta da matti, penserai tu.
Io preferisco dire che dà un certo carattere al personaggio, ecco.
In ogni caso, non si poteva dire che Taras fosse felice – insomma, immagino che non lo sarebbe nessuno in una situazione del genere – ma non si poteva nemmeno definire triste. Come abbiamo già detto, era abituato. Così, quando incontrò una fantastica ragazza armata di battutine sarcastiche e strani cerchi di bronzo celeste ottimi per decapitare persone, rimase abbastanza stupito nel constatare che la sua compagnia non era poi così male.
Ci mancherebbe altro, caro.
Questo accadde la notte in cui i nostri sei eroi ufficiali e i nostri altri tre eroi meno ufficiali partirono per la loro missione. Te lo stavi chiedendo, vero?
Oh, un attimo. C’è bisogno di dire che la sopracitata fantastica ragazza armata di battutine sarcastiche e strani cerchi di bronzo celeste ottimi per decapitare persone è la stessa ragazza che sta rompendo la quarta parete con questa grazia sovraumana?
Sì, be’. Ciao. E’ un piacere parlare con te, ma questo spazio è dedicato a Taras. Le cose importanti, come ad esempio la mia magnificenza, sono state surclassate da Constantine. Ah, che imbarazzo.
Per tornare al piccolo Taras, il giorno in cui ebbe la fortuna di incontrarmi era a Las Vegas. Vagava ormai da parecchio tempo senza una meta precisa e con l’impellente bisogno di mangiare qualcosa che non fossero nachos scaduti. Cammina cammina, si ritrovò davanti ad un enorme casinò.
Il casinò si chiamava “Casinò Lotus” ed è uno dei posti peggiori in cui un mezzosangue potesse entrare, ma Taras non sapeva di essere un mezzosangue, quindi non si pose nessun problema quando varcò la sua soglia.
Immagino avesse intenzione di rubare qualcosa di buono.
Naturalmente non ce ne fu bisogno, perché appena entrò si ritrovò davanti un lotofago vestito cameriere dall’aria simpatica e servizievole, pronto ad esaudire ogni suo desiderio.
Sì, Taras di tanto in tanto era anche parecchio ingenuo.


 


 
ANGOLO sempre in mezzo dell’AUTRICE:
Tutti insieme:
CHE NON E’ UN ANGOLO, ALLORA.
Okay, bene.
Però hai ragione, è più carino in mezzo.
Grazie, Sol.
Sì, è vero. Di lato viene sempre tutto spiaccicato.
Ecco, qualcuno con un po’ di gusto.
Non cambia niente se sta di fianco, Emma. Niente. Adesso muoviamoci, non ho tempo da perdere.
Ricevuto, capo.
Dunque.
Ciao a tutti! Qui Emma
E Kynaston
Marlene
E SOL!
Se non te la fai finita a saltellare di do un pugno.
Okay, no.
Vi starete chiedendo: “Che cos’è questa cosa merdacchiosa che ho appena letto?”
Oppure: “perché questo capitolo è più corto degli altri?”
O anche:  “Come hai fatto a finire un capitolo in tempo nonostante sia iniziata la scuola?”
O:  “Chi è la tizia strana che rompe la quarta parete senza nemmeno presentarsi?”
E la creatrice di Taras si starà chiedendo: “Come faccio ad ammazzarla se non so dove vive?”
Non ti preoccupare, creatrice di Taras. Nel caso ci penso io, ad ammazzarla.
Niente sangue, prego.
Shh.
Queste, miei cari Watson, sono delle domande più che legittime. Rispondiamo con ordine:
1) Questa cosa merdacchiosa che avete appena letto è l’ultimo capitolo di questa ff. Lo so, la cosa non è così immediata. Non si riconosce se non ci sono canzoni dei Twenty One Pilots, vero?
2) Questo capitolo è più corto degli altri perché ho eliminato un POV, per la precisione quello di Marlene.
Certo. Grazie.
Perché non volevo farlo stare troppo vicino a quello di Tate, quindi mi dispiace ma dovrai aspettare ancora un po’.
3) Non lo so. Non lo so.
*inizia a piagnucolare*
Va tutto bene, è solo la scuola, niente di che!
Non. E’. Niente. Di. CHE!!!
4) La tizia strana che rompe la quarta parete è un altro OC. Metterò presta volto e nome nel prossimo capitolo, per ora deve essere riconosciuta solo dalla creatrice e da ME :)
5) Non mi ammazzi, e il gioco è fatto. No okay, mi scuso umilmente per aver cambiato un po’ la storia di Taras. Okay, un po’ tanto. Però ti assicuro che le parti fighe del suo background sono rimaste immutate. Dagli una possibilità, nel caso non ti piacesse potremo discutere su quella cosa della mia uccisione.
Avevamo detto niente sangue.
Sì, Kynaston. Lo spero anche io.
Ditemi cosa pensate di questo aborto capitolo, perché ho bisogno di sentirmi realizzata.
E ora... DICHIARO LE ISCRIZIONI UFFICIALMENTE CHIUSE, ho i miei pargoletti pronti all'azione, e sono contenta così
Eeeee…. Okay, è tutto.
Ci sentiamo la settimana prossima, sempre che non mi succeda qualcosa di spiacevole prima.
Qualcosa che include la mia testa, un dizionario di greco e un evidenziatore fucsia.
Non credo di aver capito.
Nemmeno io.
Questo perché non ha alcun senso.
Ehi. Tu non hai mai dovuto fare una versione di greco. Ci credo che per te non ha senso.
Quindi, dicevamo…
Sì, a presto.
Emma
Kynaston
Sol
Marlene
 
Passo e chiudo!
 
Prestavolto di… *rullo di tamburi*
Taras Constantine!


Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Questo non è un capitolo ***





Questo non è un capitolo, mi dispiace.
E Emma si diverte a ribadire l'ovvio come un'idiota.
Zitto, Arold.
Vi devo delle scuse, non mi sono fatta sentire per tipo due settimane anche se quanto vedo siete in parecchi a leggere questa storia. Sono state cause di forza maggiore, sul serio.
Sta parlando della scuola. Parla sempre della scuola.
Ehi, non vedi quel brutto dizionario di greco sopra la mia scirvania? Prova a capirmi, almeno. E' terribile per me.
Non saprei. Io non vado a scuola. E la mia mente è programmata per leggere il greco antico, quindi non ho nessun problema a finire quella versione che hai lasciato a metà e che hai intenzione di copiare.
E allora aiutami.
Ehm... devo andare, adesso. Ci sentiamo più tardi, eh?
Torna qui! Tate!

Okay, niente da fare.

Parlando di cose importanti, non so quando riuscirò a continuare questa storia. Le idee non mi mancano, ho già pianificato tutto nei minimi dettagli, il problema sta nel tempo. Non ho tempo per leggere, non ho tempo per disegnare, posso ascoltare la musica solo quando vado a scuola (e solo per cinque minuti, visto che il mio accompagnatore pretende di riuscire a ripassare scienze camminando in mezzo alla strada e facendo contemporaneamente conversazione con me. Giusto questa mattina stava per finire sotto il camion della spazzatura)  e... indovinate un po'? Non ho tempo per scrivere. Questa cosa mi porterà presto ad un crollo nervoso, lo sento.
In ogni caso, con grande disappunto dichiaro questa storia SOSPESA per due mesi. Giuro solennemente che a dicembre darò segni di vita, e allora non ci sarà scampo per nessuno. Giuro solennemente anche che manderò un messaggio privato a quelli che hanno i loro piccoli OC in azione, in modo di non abbandonarli a loro stessi. Sempre che vi faccia piacere, eh. Ditemelo.
Eeeee... niente. E' tutto. Mi scuso ancora con chi segue questa storia, e vado a fare i compiti.
Adieu

Emma
Arold
E Tate

Passo e chiudo
 


 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3520185