Anche ai migliori capita di inciampare

di _Son Hikaru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1 ***
Capitolo 2: *** Giorno 2 ***
Capitolo 3: *** Giorno 3 ***
Capitolo 4: *** Giorno 4 ***
Capitolo 5: *** Giorno 5 ***
Capitolo 6: *** Giorno 6 ***
Capitolo 7: *** Giorno 7 ***
Capitolo 8: *** Giorno 8 ***



Capitolo 1
*** Giorno 1 ***


Giorno 1
 
Riccardo chiuse l’ombrello ormai pronto psicologicamente per affrontare quella faticosissima settimana di recupero.
Un intenso recupero di matematica .
Sospirò sconsolato chiedendosi come fosse stato possibile che proprio lui, Riccardo Di Rigo, il Virtuoso e regista della Raimon, fosse stato bocciato in matematica. Era sempre stato uno dei migliori in quella materia, fin dalle elementari, ma tutt’un tratto in quel secondo anno di scuole medie si era ritrovato a trovare quelle espressioni numeriche e letterali sempre più complicate e così, per pigrizia, e forse anche a causa della rivoluzione contro al Quinto Settore, la voglia di stare chinato sul libro di matematica era diminuita progressivamente, finendo con lo sparire del tutto.
Quando lo avevano scoperto i suoi genitori non avevano avuto la terribile reazione che si era aspettato lui (urla e almeno un milione di punizioni), anzi gli avevano sorriso comprensivi dicendogli che ogni tanto anche ai migliori capitava di inciampare. Ma lui non la pensava affatto così.
Lui si vergognava profondamente del poco, anzi pochissimo impegno che aveva dimostrato quell’anno verso la matematica. Si ripromise, prima di sedersi all’ultimo banco attaccato al muro, che mai più in vita sua avrebbe trascurato così una materia scolastica.
Mancavano poco meno di due minuti all’inizio delle due ore di lezione previste quando improvvisamente, veloce come un fulmine, una ragazzina dai capelli verdi raccolti in una coda tutta scompigliata entrò, quasi scivolando a causa della troppa velocità, nella piccola e angusta aula che era stata loro assegnata.
Qualcuno si lasciò sfuggire una risatina mentre con le guance arrossate dall’imbarazzo chiedeva scusa al professore per aver tardato al primo giorno di corso.
Riccardo la osservò curioso mentre prendeva posto nel banco accanto al suo rivolgendogli un timido sorriso in segno di saluto. Non gli sembrava affatto di conoscerla, anzi probabilmente quella era addirittura la prima volta che la vedeva. Eppure era strano, pensò aprendo il quaderno degli esercizi, se era entrata nell’aula riservata al recupero della sua classe doveva di certo farne parte anche lei. Tuttavia lui si riscoprì a non conoscere neppure il suo nome.
La prima ora di lezione era passata e Riccardo iniziava a sentire la noia avvolgerlo assieme ad un fastidiosissimo languorino che non faceva altro che distrarlo in continuazione dalle parole che pronunciava il professore.
Appoggiò la mano sullo stomaco, in un vano tentativo di farlo smettere di brontolare, ma non servì proprio a nulla perché aveva troppa fame. E come biasimarlo? Era da poco scoccato il mezzogiorno e il solo pensiero che avrebbe dovuto aspettare fino all’una per poter finalmente dare retta al suo stomaco lo tormentava.
“Psst”
Un flebile sussurrò arrivò alle sue orecchie distogliendolo dai suoi farneticamenti riguardo il cibo, costringendolo a voltarsi verso il banco che gli stava accanto. La ragazzina dai capelli verdi gli stava sorridendo in un misto di ilarità (probabilmente a causa del brontolio del suo stomaco) e comprensione
“Prendi questa metà” gli sussurrò porgendogli con discrezione metà di una barretta di cioccolato al latte
Lui la guardò confuso chiedendosi per quale motivo una perfetta sconosciuta dovesse prendersi così tanto disturbo per lui. tuttavia, a causa della troppa fame, non stette troppo a chiedersi cosa fare: accettò con un sorriso appena accennato la barretta bisbigliandole poi un “Grazie” colmo di gratitudine mentre staccava un primo pezzetto portandoselo alla bocca.
“Figurati, anche io sto morendo di fame” sorrise lei addentando poi la sua metà.
 
 
Angolino autrice <3
Bene bene eccomi di ritorno con un nuovissimo sclero solo per voi!!!
Ok lo so che nessuno è davvero entusiasta di vedermi… ma io ho deciso di tornare lo stesso per rendervi partecipe di ciò che produce nei momenti di ansia la mia mente ehehe.
Dunque vi spiego: ieri e oggi ho avuto lo scritto e l’orale dell’esame di recupero di matematica, essendo io una vera schiappa in questa materia l’orale è stato alquanto ansiogeno. Così mentre il professore mi chiedeva di enunciargli il primo teorema di Euclide ho pensato e se al mio posto ci fosse Riccardo? Sarebbe in ansia anche lui? Sarebbe preparato?
Inevitabilmente ho pensato anche ai corsi di recupero, che quest’anno a causa di motivi di salute (nulla di grave) non sono riuscita a frequentare. Erano ad un orario veramente inaccettabile quest’anno,ma non me lo ricordo più. Visto che mi hanno sempre delusa profondamente perchè non avevo nessuno a darmi coraggio ho deciso di dare un’amica a Riccardo. Un’amica che si scoprirà avere qualcosa di particolare, bah chissà cosa sarà mai ehehe lo scoprirete solo leggendo U.U
Comunque tornata a casa ero così in ansia che ho deciso di mettermi a scrivere il primo degli otto capitoli di questa storia, eh si non ho intenzione di scrivere una storia chilometrica, non è proprio da me U.U Spero però di non trasformarla come mio solito in qualcosa di strano e contorto da capire perfino per me, mi piacerebbe una volta ogni tanto scrivere qualcosa di semplice, ma è dura… non so se capite il mio problema ehehe
Se vi va scrivetemi nei commenti qualche piccolo episodio che vi è successo ai corsi di recupero o agli esami, e se mi ispirerà magari lo troverete all’interno della storia *W*
Il capitolo è lungo solo (a detta di Word) 563 parole, e io ne sono abbastanza fiera anche se è cortino, non lo immaginavo affatto chilometrico.
Spero che la mia idea non vi dispiaccia e che vi strappi un sorriso. Fatemi sapere cosa ne pensate ma siate clementi perché ho un cuoricino e potrei restarci male se siete troppo cattivelli nel criticarmi.
Credo di aver detto tutto
Un bacione
Hika<3

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Capitolo 2
*** Giorno 2 ***


Giorno 2
 
Entrò in classe sperando che anche quel secondo giorno di recupero intensivo di matematica si sarebbe svolto nella calma più totale.
La sua idea era quella di rimanere zitto zitto in disparte a prendere appunti, pregando che il professore non decidesse su due piedi di chiamarlo alla lavagna per risolvere una di quelle odiose disequazioni fratte. Lui sapeva risolvere solo quelle più semplici e comprensibili, non sapeva risolvere un problema di geometria e neppure un grafico. Se il professore l’avesse chiamato si sarebbe umiliato da solo, e la vergogna sarebbe stata tanta da impedirgli il giorno dopo di presentarsi a lezione.
Anche quel giorno la ragazzina dai capelli verdi era entrata in ritardo, ma questa volta a lezione già cominciata e ancora più in disordine del giorno prima. Si aggiustò frettolosamente i capelli in una treccia laterale, mentre quasi distrutta raggiungeva il banco accanto al suo.
Inevitabilmente Riccardo si chiese come mai fosse arrivata anche quel giorno in ritardo e soprattutto così tanto in disordine. Non sapeva molto sulle ragazze, ma quel poco che sapeva gli aveva insegnato che se c’era una cosa che proprio tutte le ragazze odiavano era farsi vedere in pubblico con i capelli o il trucco fuori posto. Stavano tutto il tempo a toccarsi i capelli e a spostarli da una parte all’altra della testa pur di essere certe di apparire sempre al meglio. Eppure ora che si soffermava un po’ di più a guardarla non le sembrava neppure truccata, e questo gli faceva piacere, almeno non era identica alle altre.
“Di Rigo, alla lavagna forza”
Al richiamo del professore Riccardo sussultò tornando finalmente a concentrarsi su quello che gli stava succedendo intorno.
Gli ci vollero quelle che a lui parvero ore intere, ma che in realtà si erano rivelate essere solo una manciata di secondi per metabolizzare che il suo incubo peggiore si stava per avverare. Mentre si alzava per dirigersi alla lavagna il cuore aveva iniziato a battere furiose nel suo petto, mentre nello stesso tempo sentiva la sua temperatura corporea aumentare a dismisura, proprio come quando ti si alza improvvisamente la febbre.
Lanciò al professore uno sguardo supplichevole, nel vano tentativo di fargli capire che se lo avesse mandato alla lavagna avrebbe ridotto il suo orgoglio in mille minuscoli pezzi, che nessuno dei suoi compagni si sarebbe preso la briga di raccogliere. Avrebbero riso tutti di lui e della sua ignoranza nella matematica, e questo non poteva proprio sopportarlo.
L’uomo però parve non capire e lo esortò quindi a raggiungere la lavagna con un cenno della mano, già pronto a passargli il gessetto bianco.
Deglutendo a vuoto per la paura Riccardo iniziò ad allontanarsi piano dal suo banco
“In bocca al lupo”
Un brivido lo percorse quando si sentì sfiorare improvvisamente la mano. Si voltò verso di lei che gli sorrideva incoraggiante stringendogli con estrema dolcezza la mano leggermente sudata per la paura.
Come rincuorato dal suo sorriso Riccardo si diresse a passo deciso verso la lavagna sussurrandole un: “Crepi” prima di allontanare la propria mano dalle sua.
Per sua immensa fortuna l’espressione che il professore aveva deciso di assegnargli non era poi così impossibile o terribile come aveva temuto.
Respirò profondamente per calmarsi prima di iniziare a risolvere l’espressione.
Era riuscito a mantenere la calma mentre risolveva l’espressione solo grazie al suo sorriso. Tornato al proprio posto si ripromise di ringraziarla a dovere, magari regalandole una barretta al cioccolato, proprio come aveva fatto lei il giorno prima.
“Sei stato bravo” gli bisbigliò lei sorridendo
“Grazie” sorrise lui
Lei guardò qualche istante verso il professore e non appena questi si fu voltato di nuovo verso la lavagna per scrivere il testo del’espressione che avrebbero dovuto risolvere, infilò la mano nella tasca più piccola della sua cartella estraendone poi un piccolo sacchetto di velluto azzurro come i suoi occhi.
Lo aprì cercando di non fare troppo rumore, poi con cautela porse tre dei sei biscotti al cioccolato che si trovavano al suo interno a Riccardo
“L’ansia mette fame, no?” domandò addentando uno dei biscotti ridacchiando piano
Se in un primo momento Riccardo aveva trovato strano quel suo ennesimo gesto carino nei suoi confronti decise di non curarsene più di tanto; quella ragazzina stava semplicemente cercando di essergli amica, e lui era più che felice di accettare la sua amicizia e i biscotti, ovviamente.
“Non immagini quanta” rispose addentando come lei il primo biscotto.
 
 
 
Angolino autrice <3
Eccomi qui con il nuovo capitolo *W* Se tutto andrà liscio come l’olio aggiornerò ogni giorno, esatto gente un capitolo al giorno U.U
Sperando solo che l’ispirazione non mi abbandoni….
Non credo lo farà perché questo Riccardo così spaventato dalla matematica mi rispecchia alla perfezione e quindi mi diverto un mondo a scrivere questa fic *W*
Anche in questo capitolo non si scopre granché sulla ragazza misteriosa dai capelli verdi, si vede solo quanto può essere dolce e fluffosa (?) *AAA*
Non so perché, forse perché l’ho creata io, ma la trovo semplicemente adorabile, è così carina e spontanea nonostante la sua goffaggine*W*
Beh dopo tutto io sono la scrittrice e devo amare i miei personaggi, no? Altrimenti non avrebbe senso scrivere di loro eheh, prometto comunque che nel capitolo di domani farò scoprire almeno il suo nome e qualcosa sulle sue origini e sul perché arriva costantemente in ritardo, e non vedo l’ora di vedere le vostre facce *AA*
A me comunque è capitato davvero di essere brutalmente chiamata alla lavagna ma io non sono stata fortunata come il caro Riccardo, di me hanno riso tutti e io sono morta dalla vergogna tanto che davvero il giorno dopo ho esitato ad entrare in classe -.-  i miei compagni sono davvero dei cattivoni uff.
A detta di Word questo capitolo ha 731 parole, dai mi è venuto un po’ più lungo di quello di ieriXP
Comunque tre recensioni O.O ma ci sono davvero? E sono davvero così belle *WW* Non sapete quanto mi rendano felice, soprattutto perché sono praticamente ansia in questi giorni a causa dell’esame di matematica. Praticamente vivo, mangio e respiro ansia çAç quindi sapere che la mia storia vi piace mi fa davvero felice.
Grazie! E grazie anche a tutti i miei lettori silenziosi e a MatsuokaRin e _Elwing che l’hanno aggiunta alle seguite *W*
Ora mi dileguo, le critiche sono bene accette ma abbiate tatto che ho sempre un cuoricino che batte io U.U
Hika<3

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Capitolo 3
*** Giorno 3 ***


Giorno 3
 
Quando quel giorno entrò in classe Riccardo non poté trattenere un’esclamazione di stupore nel trovare la ragazzina dai capelli verdi già seduta composta nel banco accanto al suo, con i capelli legati in due treccine un po’ disordinate.
“Oggi sei in orario” la salutò lui sorridendo mentre posava sul banco la propria cartella.
Lei ridacchiò arrossendo leggermente
“Non potevo tardare anche oggi, o il professore mi avrebbe punita. Così ho deciso di saltare gli allenamenti” rispose lei mentre apriva il quaderno per dare un’ultima rapida controllatina agli esercizi.
“Allenamenti?” chiese Riccardo curioso, mentre proprio come stava facendo lei controllava i suoi esercizi. Non avrebbe saputo dire con convinzione se fossero giusti o meno, lui sapeva solo che per risolverli ci aveva messo tutto l’impegno di cui era capace.
Lei annuì non accennando minimamente allo sport che praticava, come se fosse convinta che lui lo sapesse già, si limitò semplicemente a sporgersi verso il suo banco, stando in equilibrio precario sulla sedia, per dare una sbirciatina al suo quaderno e confrontare così i propri risultati con i suoi. Fu in quel momento che Riccardo si rese conto con estrema vergogna di non sapere ancora nulla di lei, né il suo nome, né la sua provenienza, perché gli sembrava abbastanza ovvio, dato che lì pareva non conoscerla nessuno (perché nessuno oltre a lui e il professore le aveva mai rivolto la parola), che si fosse appena trasferita alla Raimon e che proprio per quello era stata costretta a frequentare i corsi di recupero direttamente lì.
Decise quindi che era giunto il momento di smetterla di chiamarla con soprannomi o con un semplice e alquanto scortese “Ehi”, e così, fermamente convinto della sua tesi si azzardò a chiederle:
“Senti tu vieni da un’altra scuola? Non mi sembra di averti mai vista prima di questi giorni”
In un primo momento a Riccardo non parve davvero di aver sbagliato porgendole quella che a lui era parsa una domanda più che lecita, ma quando vide lo sguardo perplesso e colmo di delusione che lei gli stava rivolgendo iniziò seriamente a credere di aver commesso l’errore più grande della sua vita azzardandosi a parlare.
“Oh davvero?” la sentì bisbigliare mentre tornava a sedersi composta al suo banco. Teneva lo sguardo basso, e per un veloce istante a Riccardo parve quasi che i suoi occhi, solitamente allegri e pieni di vita, si fossero riempiti di lacrime. Lacrime che sicuramente aveva causato lui con la sua domanda, anche se in realtà lui non ne capiva il motivo.
“Ehi va tutto bene?” le chiese preoccupato dalla sua improvvisa tristezza.
Lei voltò piano il viso leggermente abbronzato e con voce atona disse:
“Davvero non sai chi sono?”
Lui scosse piano la testa, mentre una bruttissima sensazione si impadroniva di lui, sperava solo di non sentirle dire proprio quello che temeva: che erano in classe assieme da tempo.
“Eppure siamo in classe assieme dalla prima media” bofonchiò lei, e il suo tono era colmo di delusione.
Nel sentirle pronunciare quelle parole Riccardo sentì le guance andargli improvvisamente a fuoco a causa del troppo imbarazzo. Possibile che lui non avesse mai fatto caso ad una ragazzina tanto solare? Era così allegra e pasticciona che era quasi impossibile non notarla!
Beh a ben pensarci quella però non era la prima volta che gli capitava di dimenticare un nome o peggio ancora l’esistenza di qualcuno. Spesso nel corso soprattutto di quegli ultimi due anni di scuola, si era concentrato così tanto sul calcio e su di se da non fare quasi più caso a quello che gli capitava intorno.
“Ecco io…” provò a giustificarsi lui, ma lei lo bloccò subito regalandogli un sorriso amaro
“Tranquillo, non ti giustificare… mi capita di continuo” e queste furono le ultime parole che lei gli rivolse quel terzo giorno di corso di recupero.
Non uno sguardo, non un sorriso e neppure una parolina di conforto quando il professore lo aveva chiamato alla lavagna, dalle sue labbra quel giorno uscirono solo sospiri abbattuti che servivano solo a far sentire Riccardo ancora più in colpa.
Tutto quel tempo trascorso nella stessa classe e lui non si era mai accorto di lei, che in quei giorni si era dimostrata tanto buona con lui confortandolo di continuo e senza chiedere nulla in cambio. Era davvero uno stupido insensibile! E probabilmente ora lei non gli avrebbe più rivolto la parola, e come biasimarla? Ne aveva tutte le ragioni.
Ma lui non voleva perdere la sua amicizia, doveva fare qualcosa pur di farsi perdonare quella terribile svista.
 
 
Angolino autrice<3
Ed eccomi qui alla pubblicazione, in tempi record, del terzo capitolo di questa storia! Ancora non ci credo di essere arrivata davvero a pubblicare il terzo capitolo e ad aver già in mente il prossimo, mi sembra un sogno dopo il periodaccio che ho passato! Per un anno intero non sono più riuscita a concludere una storia, neppure le one shot, ed ero davvero disperata, quindi se riuscirò a completare questa storia mi sentirò davvero realizzata!!
Oggi mi sento incredibilmente felice perché ho appena scoperto di aver passato l’esame di matematica e quindi di essere passata in terza!!! Ero così preoccupata, la matematica davvero non la capisco, proprio come Riccardo.
E parlando di Riccardo, accidenti che guaio che ha combinato!! O.O certo che non accorgersi così della presenza di una persona è davvero grave!
E poi cerca pure di giustificarsi, vi giuro ho provato un po’ di fastidio mentre scrivevo questo capitolo, insomma è proprio imperdonabile una cosa del genere!
Ora la ragazzina, di cui ancora non sapete nulla ma chiedo venia era necessario per i fini della storia.
Non c’è molto da dire su questo capitolo a parte che ci ho messo una vita per finirlo perché non avevo la minima idea di come far reagire lei, ovviamente male, né di come avrei fatto porgere la fatidica domanda a Riccardo eheheh. Amo come ho fatto reagire lei, è fantastico spegnere così Riccardo *AAA*
Questo capitolo ha 754 parole secondo il mio amatissimo Word, dai miglioro sempre di più, no? ehehe
Detto questo santo cielo siamo arrivati a ben 8 recensioni, no dico 8!!!! Ma la mia storia è davvero così carina da meritarsi 8 recensioni in così pochissimo tempo, mi sento il cuore straboccare di felicità! Grazie mille a tutti voi miei recensitori! <3
E grazie anche a tutti coloro che leggono in silenzio.
Grazie anche a Mangaka_17 che ha aggiunto la mia storia alle seguite *A*
Grazie davvero a tutti
Al prossimo capitolo
Hika<3

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Capitolo 4
*** Giorno 4 ***


Giorno 4
 
Quel giorno Riccardo aveva pensato di recarsi un po’ prima del solito a scuola, nella speranza di incontrarla all’entrata e chiarire subito quello spiacevolissimo malinteso fra di loro.
Non sapeva con esattezza quali parole sarebbe stato più opportuno usare in quel caso, sapeva semplicemente che desiderava con tutto il cuore fare pace con lei promettendole che ora che la conosceva non si sarebbe mai più dimenticato di lei.
La aspettò sul muretto che precedeva l’entrata principale della scuola per quella che a lui era parsa un’eternità, con il cuore che batteva furioso nel petto al solo pensiero di doverla affrontare così presto e senza un vero e proprio discorso in mente.
Guardò l’orologio che portava al polso, mancavano ancora cinque minuti e la lezione sarebbe iniziata, possibile che fosse in ritardo di nuovo e proprio quel giorno?
No, si disse, il giorno prima pur di non tardare aveva addirittura saltato gli allenamenti di… di non sapeva ancora cosa pensò con irritazione, mentre, imitando gli altri studenti, entrava a scuola.
Non appena varcò la soglia della porta dovette reprime un’esclamazione di stupore: lei era già arrivata e sedeva al primo banco accanto alla finestra, praticamente dal lato opposto al suo.
Vedendola così lontana Riccardo si sentì pervadere il cuore da una grande tristezza. Si maledì più e più volte per quel terribile errore che gli stava costando un’amicizia nata in un modo tanto spontaneo, e alla quale sentiva già di tenere in modo particolare.
Probabilmente però la possibilità che lei decidesse di accettare le sue scuse era davvero molto bassa visto che non si era neppure seduta accanto a lui.
“L’ho combinata davvero grossa” pensò sospirando piano.
Accortosi di essersi già dato per sconfitto scosse la testa per allontanare quello stupido pensiero di rinunciare a chiarire tutto, facendo ondeggiare i riccioli color cenere: non poteva e non voleva arrendersi. Avrebbe elaborato un discorso talmente bello e pieno di pentimento che lei non avrebbe potuto fare altro se non perdonarlo.
“Di Rigo!” di nuovo, impegnato com’era nella scrittura mentale del suo discorso, Riccardo non rispose all’ennesimo richiamo del professore.
“Di Rigo, ti decidi a rispondermi!” urlò allora stizzito il professore piazzandosi davanti a lui.
“Che c’è!” esclamò Riccardo irritato più che mai nel sentirsi continuamente chiamare. Ma era così difficile capire che in quel momento non voleva essere disturbato?
Quando però alzò lo sguardo per capire chi lo stesse disturbando a quel modo incontrando quello furibondo del professore, il cuore smise di battergli per qualche secondo a causa della paura.
Il poverino degluttì a vuoto prima di dire in uno stato di profondo imbarazzo:
“Mi-mi scusi non volevo”
Scatenando una risata generale da parte dei suoi compagni.
Quando il momento di ilarità fu passato Riccardo fu mandato alla lavagna per risolvere due delle equazioni più complicate e indecifrabili che il professore era riuscito a trovare nel loro libro come punizione per il tono irrispettoso che aveva usato nei suoi confronti.
Per nulla soddisfatto, e profondamente imbarazzato e umiliato dagli errori terribilmente sciocchi che aveva commesso nella risoluzione degli esercizi, tornò a sedersi al proprio banco con un sospiro. Almeno la tortura per quel giorno era finita, non lo avrebbe più chiamato alla lavagna, o almeno era quello che sperava lui.
“Jane ora tu” al richiamo del professore questa volta non si alzò una delle solite ragazzine dal trucco e dai capelli sempre perfetti presenti nella sua classe, ma lei, che anche quel giorno era priva di trucco e con i capelli verdi che ricadevano in morbide onde fino a toccarle le spalle.
“Jane” ripeté Riccardo nella propria mente, era davvero un bellissimo nome, adatto ad una ragazzina dallo sguardo e il sorriso tanto dolce e contagioso.
Finite le due ore di recupero Jane aveva raccolto in fretta le sue cose uscendo poi, veloce come un fulmine, dalla classe senza dare a Riccardo il tempo di fermarla per poterle parlare con calma mentre percorrevano assieme la lunga rampa di scale che portava al piano terra.
Probabilmente, pensò Riccardo mentre si lanciava al suo inseguimento scendendo i gradini a due a due, aveva capito la sua intenzione di voler parlare dell’accaduto, e quindi cercava in tutti i modi di evitarlo. Ma lui non le avrebbe mai permesso di andarsene così, senza prima avergli dato il tempo di scusarsi. Sperava solo non fosse ormai troppo tardi.
Uscito da scuola con il fiatone lo accolse la pioggia, che cadeva furiosa dal cielo.
Sorrise rincuorato quando, dopo essersi guardato attorno con estrema attenzione, finalmente la vide. Era seduta sul muretto, protetta da un delizioso ombrello giallo pastello. Guardandola si chiese come mai non se ne fosse ancora andata, sembrava aspettare qualcuno, e nel suo cuore Riccardo sperava di essere proprio lui quella persona.
“Jane!” la chiamò avvicinandosi con passo frettoloso a lei
Lei voltò il viso nella sua direzione, gli occhi azzurri leggermente sgranati come se fosse sorpresa nel sentire pronunciare il suo nome proprio da lui.
“Cosa c’è?” chiese, e nella sua voce Riccardo poté sentire quella nota di rancore che provava nei suoi confronti dopo quello che le aveva detto.
Aprì la bocca come per dire qualcosa, ma si rese ben presto conto di aver completamente dimenticato tutte le belle parole del suo discorso. Tutte tranne una: “Scusami”
Aveva passato tutta la lezione a ripetersi che quell’unica parola non sarebbe mai bastata per farsi perdonare un torto del genere, ma forse si sbagliava. Così trasse un respiro profondo e con il cuore che batteva a mille per la paura disse:
“Scusami” la guardò negli occhi azzurri ora lucidi e sorpresi come se non si aspettasse di ricevere delle scuse da parte sua
“Ti prego perdonami” ripeté lui chinando il capo per non farle vedere che anche lui aveva gli occhi lucidi e prossimi al pianto.
Avrebbe voluto dirle che si vergognava profondamente di non essersi mai accorto di lei in quegli anni e che lei aveva perfettamente ragione ad odiarlo, ma non riuscì a trovare le parole per farlo, quindi rimase in silenzio ad aspettare una sua risposta.
 
 
 
Angolino autrice <3
Fiuu mamma mia che fatica che è stata scrivere questo capitolo! Non volevo risultare banale o troppo sdolcinata ed è proprio per questo che ho deciso di fare una fine non fine! Quindi vi lascio con un po’ di suspance, se così si può chiamare -.- scoprirete domani se Jane ha deciso di perdonarlo eheheh
Allora finalmente dopo tre capitoli in cui vi ho fatto penare si scopre il nome di questa ragazzina misteriosa! Jane, ci ho messo una vita per sceglierlo. È un nome che io amo perché è lo stesso della protagonista del “Segreto della Sabbia” ho visto solo 7 episodi di quell’anime ma sono bastati per farmi innamorare della protagonista *A* e quindi ho deciso di chiamarla così, spero vi piaccia ^^
Comunque a me è capitato davvero di non sentire il professore che mi chiamava, ok va bene io mi stavo facendo un bellissimo riposino e quindi non gli ho risposto male, però Riccardo ce lo vedevo a rispondere così eheh mi fa proprio tanto del tipo che quando si distrae a pensare ai fatti propri si dimentica di tutto e tutti ahahah
Spero non vi sia sembrato un capitolo stupido o eccessivamente sdolcinato e poco credibile, però io ho provato ad immedesimarmi in Riccardo e ho pensato a cosa avrei pensato in un’occasione del genere. Ammetto di essere un tipina abbastanza romantica, ma non esageratamente… ok a chi la do a bene io amo l’amore e credo di starlo dimostrando con questa storia completamente e totalmente fluf U.U
Questo capitolo ha ben 1003 parole! Non ci credo, mi dono superata questo è di tanto più lungo degli altri *A*
Ringrazio con tutto il cuore coloro che recensiscono, leggono silenziosamente e aggiungono ai seguiti, mi date la forza di portare avanti questa storia!
Se notate errori di battitura come maiuscole mancate o lettere sappiate che io ce la metto tutta ma la mia tastiera è vecchia vecchia e non posso pretendere troppo da lei ehehe
Un bacione
Hika<3

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Capitolo 5
*** Giorno 5 ***


Giorno 5
 
Riccardo sospirò amaramente. Era entrato in classe di ottimo umore, felice di essere riuscito il giorno prima a chiarire le cose con Jane, ma quando lei era entrata in classe non aveva potuto evitare di notare con disappunto che nel suo viso quell’ultimo giorno di recupero c’era qualcosa di diverso e che lo irritava profondamente: una sottile linea nera le contornava gli occhi azzurri.
Perché si era truccata? Doveva forse iniziare a credere che anche lei in realtà fosse una di quelle ragazzine frivole interessate solo a farsi vedere sempre perfetto? Eppure lei era così bella senza il trucco a deturparle il viso ambrato. I suoi occhi spiccavano sul suo viso anche senza l’aiuto della matita o del mascara.
Si era forse illuso di aver incontrato una ragazza diversa dalle altre?
Quel giorno anche i suoi capelli verdi erano stati pettinati con grande cura in una coda alta, non un capello era fuoriposto. A vederla così in ordine non gli sembrava neppure lei.
“Ehi Riccardo” lo chiamò lei sussurrando nel solito tono allegro.
Lui si voltò a guardarla accigliato, non aveva molta voglia di parlarle ora che era conciata in quel modo ridicolo, aveva l’impressione di parlare con una bambola.
“Sì?” rispose lui senza preoccuparsi minimamente di nasconderle la sua irritazione.
Jane sgranò gli occhi sorpresa più che mai di sentir parlare proprio lui , che il giorno prima le era parso tanto dolce, con un tono così acido.
“Volevo darti questo”  rispose sorridendo porgendogli metà di un Kinder Cereali. Qualsiasi cosa avesse scatenato quel suo improvviso malumore, pensò Jane convinta, un po’ di cioccolato gli avrebbe fatto senz’altro bene. Magari non gli avrebbe fatto passare completamente la rabbia ma era certa che sarebbe servito a farlo sorridere anche solo pochi attimi.
Riccardo guardò prima la barretta che gli porgeva e poi il suo viso, le sue labbra stavano luccicando in un modo innaturale e questo non faceva altro che far accrescere la sua rabbia.
“No grazie” rispose allontanando piano la sua mano ed evitando di guardarla in faccia.
Lei lo guardò ancor più sorpresa, qualsiasi cosa lo avesse fatto arrabbiare doveva essere davvero grave per fargli rifiutare così in quel modo del cioccolato.
“come mai?” gli chiese allora mentre riavvolgeva la barretta nella carta, sistemandola di nuovo nella borsa.
“Perché non mi piace” rispose acido lui
Quando Jane alzò lo sguardo dalla cartella nella quale stava riponendo la barretta si ritrovò lo sguardo marrone e serio, incredibilmente serio e deluso di Riccardo puntato addosso, come se la stesse rimproverando silenziosamente, ma lei non ne sapeva il motivo.
In quel momento non seppe spiegarsi il perché, ma quando il suo sguardo si intrecciò per un veloce istante a quello del ragazzo sentì gli occhi inumidirsi, come se in realtà quel “non mi piace” lo avesse rivolto a lei e al modo in cui quel giorno aveva deciso di presentarsi a scuola, e che a dirla a tutta non piaceva neppure a lei.
Ma cos’avrebbe dovuto fare se non accettare in silenzio?
Voltò con estremo imbarazzo lo sguardo verso la lavagna, in un vano tentativo di allontanare quell’irritante senso di repulsione che ora provava verso se stessa, che si era lasciata mascherare in quel modo assurdo dalle sue amiche solo per poter essere finalmente accettata da loro, rinnegando così il proprio io e quello in cui aveva sempre creduto.
Era sempre stata certa che non servisse il trucco per rendere davvero bella una persona. Eppure quel mattino, quando le sue amiche le si erano avvicinate non aveva trovato la forza per rifiutare la loro proposta, e così si era lasciata truccare e pettinare come piaceva a loro.
Sapeva bene quanto moralmente sbagliato fosse il suo gesto, ma in quel momento il desiderio di essere finalmente accettata dalla classe aveva preso il sopravvento su tutto il resto.
Ora però si vergognava profondamente di quello che aveva fatto. Ma più di tutto la disgustava quella sensazione di piacere che aveva provato quando si era vista riflessa nello specchietto della sua amica. Si era sentita finalmente una ragazza normale, esattamente come tutte.
Era durata solo pochi istanti, a il suo ricordo unito alla durezza dello sguardo e delle parole di Riccardo bastarono a farle capire che se non fosse uscita subito dalla classe avrebbe finito con l’esplodere lì, e farsi vedere mentre piangeva era l’ultima cosa che voleva, si era dimostrata fin troppo debole quel giorno.
Così, ottenuto il permesso di andare in bagno, decise che vi sarebbe rimasta chiusa fino al termine della lezione, e se qualcuno fosse andato a cercarla (e lei dubitava sarebbe successo) avrebbe detto di essersi sentita improvvisamente male.
I minuti passavano veloci, e ben venti ne trascorsero da quando Jane aveva chiesto con voce leggermente tremante di poter uscire dall’aula.
Mentre si alzava dal proprio posto a Riccardo non era sfuggito lo strano luccichio nei suoi occhi, e neppure la tristezza che si era impossessata di loro, come se fosse sul punto di lasciarsi andare ad una crisi di pianto.
Fu proprio quello a spingerlo ad andare a cercarla quando finalmente il professore si era reso conto che in aula mancava qualcuno, gli ci era voluto così tanto tempo perché Jane era così silenziosa nel corso della lezione che non ci si accorgeva della sua presenza in aula. Motivo per il quale anche lui in quegli anni non aveva mai fatto caso a lei.
Percorse il corridoio a grandi falcate, fermandosi solo una volta arrivato davanti al bagno delle ragazze, dove era certo l’avrebbe trovata.
Si guardò intorno con circospezione prima di entrare veloce come un fulmine e con le guance arrossate per l’imbarazzo, all’interno del bagno.
Si guardò intorno qualche attimo spaesato: tutte le porte dei bagni erano chiuse, ed essendo lui un ragazzo, e quindi un intruso lì, non poteva certo aprirle una ad una come se fosse la cosa più normale del mondo. Decise che avrebbe bussato, e che se qualcuno gli avesse chiesto per quale assurdo motivo si trovasse lì lui si sarebbe limitato a dire la verità.
Non ebbe neppure il tempo di dare il vi alla sua ricerca che alle sue orecchie giunse la voce chiara e terribilmente tremula di Jane che parlava al telefono con qualcuno, probabilmente suo padre pensò dopo averla ascoltata.
“Ti  prego puoi venire a prendermi?” si era fermata pochi secondi, nel corso dei quali Riccardo, seguendo il suono dei suoi singhiozzi, era riuscito a trovare la porta del bagno in cui si era rifugiata.
“Forse sono stato troppo duro facendole capire così che truccata non mi piaceva” pensò appoggiandosi piano alla porta.
“No, lo so che è l’ultimo giorno… ma ti prego non lasciarmi qui, non da sola” aveva supplicato lei in preda ai singhiozzi, probabilmente il suo pianto era cessato da poco più di qualche minuto.
Poi non l’aveva più sentita parlare, fu il tipico “tack” prodotto dal telefono che si chiudeva a fargli capire che la sua telefonata era terminata. Non sentendola più singhiozzare si decise e bussò piano alla porta dicendo:
“Jane stai bene?”
Ci fu qualche interminabile attimo di silenzio prima che lei si decidesse a rispondergli con tono incredibilmente acido, sicuramente dovuto al fatto che le sue parole l’avevano ferita.
“che vuoi?”
“Sapere se stai bene” rispose semplicemente lui.
“Non è vero” biascicò lei, e Riccardo non poté evitare di darle ragione. Sapeva che di salute stava bene, ciò che davvero gli interessava sapere era perché avesse deciso all’improvviso di truccarsi.
“Hai ragione” ammise lui sospirando “ Voglio sapere perché l’hai fatto”
“Cosa?” chiese lei
“Truccarti come le altre!” rispose lui battendo irritato il pugno contro la porta in legno del bagno, incapace in quel momento di trattenere la rabbia che quel gesto gli aveva provocato.
La sentì sussultare per la sorpresa prima di ribattere con finta convinzione:
“Sono una ragazza, è normale!”
Ma cosa stava facendo, pensò mentre si asciugava le lacrime con il dorso della mano, cercava ancora di convincersi che tutto quello fosse giusto?
“Non è vero” replicò lui sempre più irritato.
“E tu che ne sai?! Tutti mi giudicano perché non mi trucco, tu perché mi trucco, allora cosa dovrei fare?!” la nota acuta che raggiunse la sua voce nel pronunciare l’ultima parola era un chiaro segno che per l’ennesima volta da quando si era chiusa lì dentro stava per scoppiare a piangere.
“Ora basta” disse serio lui “Esci di lì e parliamone faccia a faccia”
Non sapeva se quello sarebbe bastato a convincerla a farla uscire in tempi brevi, ma era certo che prima o poi si sarebbe decisa, e lui sarebbe rimasto lì ad aspettarla, pronto ad aiutarla a capire il suo sbaglio.
Per su fortuna Jane non ci mise che pochi minuti per decidersi ad uscire.
Riccardo la osservò: il corpo esile scosso dai forti singhiozzi e le mani messe a coprire il viso, quasi si vergognasse a farsi vedere di nuovo con tutta quella roba sulla faccia.
Non si soffermò tanto a riflettere su cosa fare e cosa no, sapeva, in cuor suo, che solo l’abbraccio di un amico sincero poteva consolarla in quel momento. Così, seppur con movimenti impacciati ed estremamente imbarazzati, la strinse con dolcezza a se, lasciando che lei, dopo un primo momento di stupore, abbandonasse il viso sul suo petto per lasciarsi andare nuovamente al pianto.
Non appena aveva sentito quanto forti erano i suoi singhiozzi, Riccardo aveva capito che la sua frase era stata solo la goccia che fa traboccare il vaso, e che in realtà sotto a tutta quella faccenda c’era qualcosa di più complicato e doloroso per Jane, e le sue parole glielo avevano dimostrato.
Tuttavia non le chiese nulla, si limitò, una volta superato l’iniziale imbarazzo di trovarsi così vicino a lei, a scioglierle i capelli per accarezzarli piano.
“Scusa” la sentì biascicare poi contro il suo petto, il tremolio del suo corpo era cessato come anche i singhiozzi.
“Perché chiedi scusa a me?” chiese lui
“Perché io non penso” la sua frase fu interrotta da un singhiozzo acuto “Di essere in grado di perdonarmi” concluse in fine.
Riccardo non parlò più, pensando che se l’avesse fatto probabilmente lei non si sarebbe più confidata con lui, quindi aspettò paziente che riprendesse il suo discorso.
“Io non vado bene… sono troppo timida e sciatta per le mie amiche… nessuno si è mai accorto della mia presenza. Per un momento quando mi hanno proposto di truccarmi e pettinarmi ho pensato che finalmente mi avrebbero accettata. Eppure ogni volta che mi invitano alle loro feste qualcosa mi impedisce di andarci, ed in quei momenti mi odio con tutte le mie forze, perché vorrei essere come loro ma non ci riesco”
Riccardo sussultò, profondamente turbato dalle parole cariche di tristezza e amarezza che la sua amica aveva appena pronunciato. Quando l’aveva invitata silenziosamente a spiegargli il perché del suo comportamento non si sarebbe mai aspettato così tanta fiducia da parte sua.
Si conoscevano appena da cinque giorni eppure lei gli aveva confidato con tanta semplicità i suoi tormenti, lasciandolo senza parole per qualche istante.
La strinse leggermente più forte a se, nel tentativo di farle capire che lui le sarebbe stato accanto qualsiasi cosa sarebbe successa da quel momento in poi.
“Non farlo più, non rinnegare più te stessa. Non hai bisogno del trucco per piacere agli altri, perché se non sanno apprezzarti per ciò che sei davvero allora non ti meritano affatto. Sei molto più bella senza trucco e con i capelli tutti scompigliati” terminò la frase con una piccola risata per smorzare almeno un poco tutta quella tensione.
Le labbra sottili di Jane si stirarono in un dolce sorriso mentre finalmente si decideva a ricambiare l’abbraccio di Riccardo.
“Grazie” sussurrò poi.
Usciti da scuola, al termine delle lezioni, Riccardo la seguì con lo sguardo correre verso una grande macchina rossa.
Sorrise, quando voltandosi verso di lui per salutarlo un’ultima volta vide i suoi occhi azzurri di nuovo allegri e raggianti, ma soprattutto liberi del trucco.
 
 
Angolino autrice<3
*Arriva in ritardo di due giorni*  vi prego non sparatemi per il mio ritardo, sono stata così tanto depressa che neppure le sigle dei puffi riuscivano a tirarmi su di morale.
Dovete sapere che la notte del 2 ho chattato con una mia amica che non vedo da anni perché si è trasferita e mi sono brutalmente resa conto che non abbiamo più nulla che ci accomuni. Mi sembra proprio che lei sia già entrata nel mondo degli adulti e che ne sia immensamente felice. Per come l’ho sempre vista io il primo passo di una ragazza verso questo mondo è proprio il trucco (io non mi sono mai truccata U.U) e la cosa mi da sempre immensamente fastidio, specie perché ormai arrivate all’età di 14 anni mi sembra che le ragazze si sentano quasi in dovere di truccarsi solo per poter essere accettate da tutti. Il che mi pare immensamente sbagliato, e questo pensiero mi ha portata a decidere volontariamente di non truccarmi.
Tuttavia iniziata la prima superiore ho iniziato a sentirmi immensamente diversa da tutte le altre mie compagne, che a contrario di me sembravano quasi già donne, e quindi sono stata portata a pensare fosse giusto truccarsi. Non ho mai avuto il coraggio di farlo perché ho sempre avuto la saggia guida di mia sorella, alla quale tra l’altro dedico questo capitolo, come in realtà tutta la storia, a farmi capire che non avevo bisogno di truccarmi per farmi accettare da qualcuno che in realtà non accettava il mio essere.
Nel corso della seconda mi è successo un episodio simicissimo a quello che ho descritto nel mio capitolo, sono andata a casa di una mia amica e mi sono lasciata truccare, quando mi sono vista non sembravo neppure più io e tutto quello che mi hanno detto dopo è servito solo ad aumentare la mia rabbia e repulsione verso tutto quello che ha a che fare con il trucco e cose simili che secondo me servono solo a mascherarsi imitando un prototipo di perfezione. Per carità non ho nulla di male verso le ragazze che si truccano, mi da solo fastidio che spesso obblighino una persona timida a diventare come loro solo perché pensano che sia giusto così, ma non lo è.
Quindi cari lettori se trovate che questo capitolo sia intriso un po’ di odio, fate bene a pensarlo, perché è proprio così. Io non ho la forza di dire a queste mie amiche che quello che mi hanno fatto è stato orribile per me quindi ho deciso di scriverlo perché è l’unico modo che ho per riuscire ad esprimermi liberamente.
Non me ne vogliate quindi perché non ho nulla contro le ragazze che si truccano^^
Spero comunque che il capitolo vi sia piaciuto, anche perché mi ci sono voluti due giorni per scriverlo eheh è lungo ben 1989 parole *AA* ne vado immensamente fiera, anche perché sono felice del modo in cui ho gestito entrambi, specie Riccardo che rappresenta tutta la mia irritazione ehehe
Ringrazio tutti coloro che recensiscono, siete la mia forza per andare avanti, e anche coloro che leggono e basta, davvero grazie di cuore *WW*
E nulla ora mi dileguo perché altrimenti l’angolino autrice diventa più lungo del capitolo
Hika<3<3
 
P.S Alla fine ho deciso di ripubblicarlo ora perché sto già scrivendo il penultimo capitolo e non ho più voglia di aspettare XP

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Capitolo 6
*** Giorno 6 ***


Giorno 6
 
Con il cuore che batteva furioso nel petto per l’agitazione Riccardo si rigirò per l’ennesima volta nel letto portandosi dietro la leggera coperta bianca, che ora, a causa delle innumerevoli volte in cui si era girato, aveva finito con l’attorcigliarsi intorno alle sue gambe.
Era troppo agitato, pensò sbuffando mentalmente mentre con la mano si liberava dalla stretta della coperta.
Il solo pensare che il mattino seguente avrebbe dovuto affrontare l’esame scritto di matematica gli metteva addosso un’ansia quasi incontrollabile che gli impediva di dormire.
Grandioso, pensò mettendosi seduto a gambe incrociate, non solo la sua preparazione sarebbe stata scarsa l’indomani, ma anche la sua concentrazione e la voglia di concentrarsi lo sarebbero state visto che non riusciva a chiudere occhio.
Aveva avuto tre lunghi mesi di vacanze estive per prepararsi all’esame una volta che il corso era terminato, ma non avendo potuto chiedere aiuto a nessuno era stato costretto a sbrigarsela da solo, e i risultati che aveva ottenuto non erano affatto incoraggianti. Sentiva che non sarebbe mai riuscito a risolvere uno degli esercizi della verifica, sarebbe entrato nel panico e tutto quello che era faticosamente riuscito a farsi entrare in testa in quei mesi sarebbe sparito una volta osservato il foglio della verifica.
“Sarà un disastro” si disse sconsolato “Per  non parlare poi della parte orale dell’esame, come faccio a superarla?”
Si portò le mani ai capelli tutti arruffati nel vano tentativo di allontanare tutta quella negatività dalla sua mente, doveva cercare di pensare positivo perché certo i professori non avrebbero mai deciso di bocciarlo solo per quella stupida matematica, o almeno era quello che lui si augurava con tutto il cuore.
A distoglierlo dalle sue riflessioni inquiete ci pensò la dolce melodia che aveva messo come suoneria del cellulare che ora era posato sul comodino accanto al letto. Si sporse per afferrarlo,ma chi poteva chiamarlo all’una di notte?
Non badò al nome che appariva scritto in grande al centro dello schermo e con voce sorpresa chiese:
“Pronto?”
“Ciao, scusa se ti chiamo così tardi…”
Non ci mise che pochi attimi per riconoscere quella vocina sottile e incredibilmente gentile, sorrise senza neanche rendersene conto.
“Tranquilla Jane” rispose lui “Va tutto bene?” chiese leggermente preoccupato dal tono sconsolato della sua voce. La sentì sospirare con rassegnazione.
“Ecco io….” Cominciò con voce flebile “Io non riuscivo a dormire e ho pensato che magari anche tu potevi essere agitato come lo sono io e… e ho pensato che potevamo confortarci a vicenda, no?”
Riccardo sentì le guance divenirgli improvvisamente tiepide al pensiero che, nonostante l’ansia che la tormentava, Jane non si fosse dimenticata di lui e avesse pensato di chiamarlo per confortarlo.
Nonostante i tre mesi di vacanza nel corso dei quali si erano visti e sentiti più o meno spesso, imparando a conoscersi un po’ di più, lui non poteva proprio evitare di stupirsi ogni volta davanti alla sua gentilezza così naturale e disinteressata. Non si aspettava nulla in cambio, lei era così di natura.
“Tranquilla” rispose lui “Neppure io riesco a dormire, sono troppo in ansia”
“Io questa sera ho faticato perfino a mangiare”
Riccardo ridacchiò “Io invece non ci sono proprio riuscito, è la prima volta che devo affrontare un esame di recupero, confesso che sento lo stomaco completamente sottosopra… e se non passo?”
“Ma no è impossibile che non lo passi, ti sei impegnato così tanto!” tentò di confortarlo lei
“Ma ho dovuto fare tutto da solo, non ho potuto chiedere aiuto a nessuno”
“Ancora meglio!” cinguettò allegra lei “Vorrà dire che ti sentirai ancora più fiero quando penserai ci aver superato l’esame contando solo sulle tue forze!”
Riccardo ridacchiò, rincuorato almeno in parte dalle parole piene di convinzione di Jane, ora gli sembrava quasi di sentirsi più sicuro e pronto per affrontare quell’esame.
“Tu invece ti senti pronta?”
Jane ridacchiò piano prima di dire:
“Ho studiato tutta estate con mio padre ma nulla, nonostante tutta la mia buona volontà non sono riuscita ad ottenere i risultati che speravo. Grafici e problemi geometrici non hanno proprio voluto saperne di restarmi in mente” e mentre parlava a Riccardo parve quasi di vederla assumere un piccolo broncio contrariato dal risultato scarso dei suoi studi.
“Vorrei dirti: tranquilla ti aiuterò io, ma mentirei perché siamo proprio sulla stessa barca, e forse io sono messo molto peggio di te”
A quelle parole Jane non poté proprio trattenersi dallo scoppiare a ridere, e Riccardo trovò che anche per telefono la sua risata suonasse meravigliosamente bene. Era così naturale e contagiosa che ben presto anche lui si ritrovò disteso sul letto con la mano libera a stringere la pancia nel vano tentativo di bloccare la sua risata, o almeno di contenerla per non rischiare di svegliare i suoi genitori.
Improvvisamente la risata di Jane si interruppe e lui la sentì urlare con tono dispiaciuto:
“Scusa papà non volevo disturbarti, davvero!”
Ora che ci pensava, nonostante avessero passato l’estate praticamente assieme, lui ancora non sapeva il suo cognome. Lei non glielo aveva mai detto.
Pensò, non appena lei fu tornata a concentrarsi sulla loro conversazione, che non ci fosse nulla di male se glielo chiedeva.  Stava appunto per farlo quando la vocina allegra di Jane lo precedette dicendo:
“Non posso più parlare al telefono, o è la buona volta che mio padre si arrabbia sul serio. Ti va di vederci domani alle otto davanti a scuola? Ci sosteniamo a vicenda almeno”
Riccardo sorrise prima di rispondere con tono squillante: “Ma certo! Però non fare tardi” la ammonì poi.
“Tranquillo” rispose lei accennando un piccolo sbuffo, e Riccardo era certo avesse appena gonfiato le guance.
Si salutarono allegramente e finalmente, rincuorati dalla conversazione appena avuta, riuscirono ad addormentarsi e allontanare le proprie menti dal pensiero dell’esame.
 
 
 
Angolino autrice<3
Eccomi qui finalmente con il nuovo capitolo!  Questo è il sesto e purtroppo è anche il terzultimo capitolo della storia… mi fa davvero strano pensare che ho quasi finito di scrivere il penultimo, non mi capitava da un sacco di tempo XP
Beh comunque parlando della storia, in questo capitolo non succede poi granché semplicemente, mentre ero sul letto a contorcermi per il mal di pancia, non ricordo più che giorno fosse, mi è venuta voglia di descrivere in un modo carino e coccoloso (o almeno spero carino e coccoloso) la paura che Riccardo poteva aver provato la sera prima dell’esame di matematica.
Jane è una ragazzina timida ma molto naturale e quindi mi è sembrato che ci stesse bene che decidesse di punto in bianco di telefonarlo solo per sapere come stava il suo migliore amico U.U
A me sembrava una cosa molto carina, e ammetto di essere abbastanza fiera di questo capitolo, anche se forse è più corto degli altri, secondo word ha 953 parole, beh dai non è poi così tanto corto ehehe.
Comunque spero di essere riuscita a rendere bene Riccardo, lui a me è sempre sembrato un personaggio abbastanza complessato e un po’ insicuro, quindi il fatto che abbia così tanta paura di dover affrontare questo esame mi sembrava in linea con il personaggio.
Oggi non ho molto da dire nell’angolino perché sono davvero molto ma molto stanca, ho lavorato per tutto il pomeriggio su delle tavole per progettazione çAç la terza liceo è tostissima e pensare che questa è solo la prima settimana di scuola ed io mi sono già depressa ascoltando le spiegazioni delle nuove materie di indirizzo… ma a voi non importa della mia vita scolastica, vi rompo già abbastanza con le mie storie, che sforno periodicamente alla notte perché dormire la notte è banale ehehe
Ok dai la smetto di parlare a vanvera solo per riempire un poco l’angolino autrice. Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto, se avete commenti o critiche fate pure, sono aperta a tutto ma ricordatevi che ho un cuoricino che batte e potrei restarci male se siete troppo cattivelli.
Detto questo un bacio grande grande a tutti coloro che leggono in modo silenzioso e in modo particolare a _Elwing (sorellona mia*A*) e Alexiochan che commentano tutti i capitoli rendendomi immensamente felice e dandomi la forza di proseguire nella scrittura di questa mia piccola storiella.
Hika<3
 

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Capitolo 7
*** Giorno 7 ***


Giorno 7
 
Riccardo osservò Jane sedersi con un sospiro stanco accanto a lui posando quasi con una sorta di rassegnazione la schiena contro la parete.
Aveva la fronte sudata e le guance leggermente arrossate, forse a causa dello sforzo mentale al quale era appena stata sottoposta, guardandola in volto aveva davvero l’aria di una persona stravolta che aveva appena terminato un’estenuante giornata di lavoro. E come biasimarla, se il professore l’aveva presa in ostaggio per più di trenta minuti per sottoporla a quella tortura che era l’esame orale di matematica?
Al solo pensiero che presto quella tortura sarebbe toccata a lui, Riccardo si sentiva letteralmente mancare. Aveva ripetuto un numero indefinibile di volte tutte le formule geometriche presenti nel programma del recupero, le sapeva a memoria, eppure non poteva proprio evitare di sentirsi incredibilmente impreparato: non avrebbe mai saputo come mettere in pratica tutte quelle parole che a lui parevano completamente prive di senso.
“Jane va tutto bene?” si azzardò a chiederle rompendo finalmente quel silenzio carico di tensione.
Jane sospirò piano scostandosi un ciuffo della frangetta dagli occhi prima di costringersi ad abbozzare un sorriso e dire:
“Sì tranquillo, mi ha solo stancata un po’ tutta quella matematica… ma in fondo credo sia andata abbastanza bene”
Riccardo sorrise in un certo senso rincuorato dalle parole dell’amica, se lei, che non sapeva fare neppure le cose più facili, non aveva combinato disastri allora probabilmente anche lui sarebbe riuscito a superare quella difficilissima prova.
“Meno male, sei rimasta lì dentro un bel po’” commentò poi con una risatina, giusto per smorzare la tensione e far sorridere Jane.
Lei lo guardò con gli occhi leggermente lucidi, e Riccardo ebbe l’impressione che in realtà fosse stato un vero e proprio disastro, ma che per evitare di mettergli addosso ancora più ansia lei avesse preferito mentirgli. Stava per dirle qualche parola per confortarla quando la voce profonda del professore pronunciò il suo nome.
In quel momento, sentendosi chiamare all’improvviso, a Riccardo parve che il mondo avesse deciso di fermarsi su quel determinato momento, riproponendolo più e più volte nella sua mente come  se fosse la scena di un film che si continua a riavvolgere.
“Di Rigo è il tuo turno!”
Degluttì a vuoto sentendosi chiamare di nuovo.
Si voltò istintivamente verso Jane puntando lo sguardo marrone nel suo, nel disperato tentativo di ricevere conforto da quei piccoli e brillanti frammenti di cielo primaverile: aveva paura e soltanto Jane era in grado di confortarlo.
Come se avesse letto nella sua mente, Jane gli sorrise stringendogli con estrema dolcezza e delicatezza la mano leggermente tremante.
Anche la mano di Jane, notò Riccardo, tremava leggermente, proprio come se anche lei avesse paura per lui, tuttavia nel suo sguardo poteva leggervi solo la sua incrollabile fiducia nelle sue capacità.
“Sarà breve” lo confortò lei stringendo leggermente più forte la sua mano “In bocca al lupo” disse in fine lasciando piano la presa sulla sua mano.
“Crepi” rispose lui entrando finalmente in aula.
Mentre si sedeva nella sedia davanti al professore Riccardo sentì braccia e gambe farsi incredibilmente più rigide, mente il cuore gli batteva talmente forte in petto che per alcuni minuti interminabili gli parve che l’unico suono che arrivasse alle sue orecchie fosse proprio il suo ritmico, e quasi assordante, “tuttum”.
Si costrinse a pensare, mentre il professore dava una rapida controllata agli esercizi che aveva svolto nel corso dell’estate, che tutto sarebbe andato per il verso giusto se solo avesse mantenuto la calma.
Come prima cosa il professore gli chiese di correggere due espressioni che aveva sbagliato dimenticandosi di scrivere una parte del testo; che errore stupido, pensò subito Riccardo mentre cercava di fare ordine nella sua mente per ricordarsi il metodo risolutivo che avrebbe dovuto usare.
Nonostante il panico iniziale che lo aveva assalito, non gli sembrava un’interrogazione così terrificante. Ben presto, però, terminato di risolvere le due espressioni fu costretto a ricredersi perché il peggio non era ancora passato. Mentre risolveva le due espressioni non aveva davvero tenuto conto dell’unico esercizio che aveva risolto per metà: il grafico.
Era riuscito solo a trovare i punti, unirli perché formassero un triangolo, e a trovare la misura dell’ipotenusa, ma solo grazie ad un bigliettino in cui aveva scritto tutte le formule che non avevano proprio voluto saperne di rimanergli in testa. Ma pretendere da lui che riuscisse a trovare da solo l’altezza  e altre misure che nemmeno aveva capito era decisamente troppo.
“Come mai non l’hai risolto?” chiese con calma rassegnazione il professore
“Ecco io… non sapevo come fare” biascicò lui abbassando con estremo imbarazzo lo sguardo. Sentiva le guance andargli letteralmente a fuoco per la vergogna, ma proprio non era riuscito a trovare una scusa migliore. Certo avrebbe preferito evitare di dire la verità al professore proprio nel corso dell’esame, ma sperava lo stesso che non avrebbe infierito troppo sull’esito della prova.
“Dai lo sai il primo teorema di Euclide?” chiese portandosi la mano a massaggiare gli occhi come stanco di quella situazione.
Riccardo annuì deglutendo a vuoto prima di ripetere il teorema che con estrema fatica era riuscito a farsi entrare in testa.
Purtroppo, proprio come temeva lui, il solo memorizzare quelle formule e teoremi non era servito a nulla perché riuscire a metterli in pratica nel corso degli esercizi era tutt’altra cosa, e per riuscirci nel corso dell’interrogazione il professore era stato costretto ad andare in suo soccorso più di una volta.
Quando finalmente, dopo una trentina di minuti, fu uscito dall’aula gli ci vollero alcuni attimi per riprendersi dalla fatica che era stata portare avanti quella difficilissima interrogazione. Lui avrebbe preferito uscire immediatamente da scuola e tornare il più in fretta possibile a casa in modo da potersi buttare sul letto e deprimersi per l’orrenda figura che aveva appena fatto, ma Jane, vedendolo così sconvolto, lo aveva praticamente costretto a fermarsi qualche minuto sul muretto fuori scuola con lei prima di farlo tornare a casa.
“Tieni” disse lei mettendogli davanti al viso metà di una Fiesta.
Riccardo guardò prima la merendina poi lei chiedendosi come potesse essergli venuto in mente di portarsi del cibo anche il giorno della prova orale.
“Me l’ha data mio padre questa mattina, dice che assumere una giusta quantità di zuccheri dopo uno sforzo fa bene” rispose prontamente lei davanti al suo stupore.
Riccardo non poté fare a meno di ridacchiare “Beh” iniziò poi prendendole la merendina dalle mani “Tuo padre ha proprio ragione. Dopo tutta questa matematica mi ci voleva proprio una bella ricarica” concluse poi addentando sorridendo il soffice pan di spagna ricoperto di glassa al cioccolato.
Mentre mangiavano in silenzio Riccardo si ritrovò a pensare che tutto sommato quel corso di recupero non era stato poi così terribile come aveva pensato, in fondo, si disse sorridendo, era solo grazie alle sue inaspettate carenze in matematica che aveva potuto incontrare Jane.
In un certo senso doveva ringraziare il suo professore.
 
 
 
 
Angolino autrice<3
Salve a tutti ecco mi qui con il penultimo capitolo della storia! Santo cielo mi fa così strano essere finalmente arrivata alla descrizione degli esami! Ero certa che mi sarei fermata archiviando la storia assieme a tutte le altre nel dimenticatoio, e invece no eccomi qui che sto per iniziare a scrivere l’ultimo capitolo *AA*
Ammetto che aver preso mooolto ma moltissimo spunto da quello che è stato il mio esame di recupero di matematica, con l’unica differenza che io i compiti non li avevo… tralasciamo questo dettaglio che è meglio (li avevo fatti ma erano così disastrosi che ho preferito evitare un’altra brutta figura ehehe). Anche io come il povero Riccardo ero certa sarebbe stata una passeggiata poi è arrivato lui, il grafico e sono andata nel pallone O.O
Il professore mi ha guidata nella risoluzione del problema e sono riuscita a cavarmela, ma da sola non avrei fatto granché.
Spero non abbiate trovato ridicolo che Riccardo abbia ammesso così di non essere stato capace di risolvere un esercizio, mi sembrava una cosa carina perché sapete no lui è sempre così perfetto in tutto quello che fa, che almeno un difetto dovrà averlo, no? Ho pensato potesse essere la matematica, volente o meno con tutto l’impegno che può averci messo se una cosa non entra in testa non ci entra punto ehehe.
Ho descritto una Jane un poco depressa all’inizio, credo proprio che il suo esame sia andato anche peggio di quello di Riccardo, poverina questa matematica butta a terra proprio tutti XP
Anche io avrei voluto mangiarmi una bella Fiesta (amo quelle merendine alla follia) dopo il mio esame ma io ero sola, non avevo nessuno lì a confortarmi e quindi sono tornata a casa, anche perché sono intollerante al latte e non posso mangiarle più tutte quelle merendine uffa!
E così vi ho anche spiegato come mai Jane si porta dietro un quintale di cioccolato al latte, io ne sono stata privata nella vita vera e quindi nelle mie storie tutti i miei personaggi amano e possono mangiare il cioccolato U.U
Bene spero che questo capitolo (di 1144 parole) vi sia piaciuto, se vi va lasciatemi un commentino e se avete delle critiche fate pure, ma abbiate tatto.
Detto questo ringrazio infinitamente _Elwing, la mia sorellona dolce che mi riempie sempre di complimenti su questa storia *W*, e Alexiochan ,che mi fa andare in brodo di giuggiole ad ogni commento che mi lascia. Davvero grazie mille perché mi incoraggiate tantissimo *W*
Un bacione
Hika<3

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Capitolo 8
*** Giorno 8 ***


Giorno 8
 
Quando Riccardo, svoltato l’angolo del marciapiede, entrò finalmente nell’immenso cortile della scuola si sorprese nel ritrovarlo praticamente deserto, l’unica presenza erano gli alti e robusti alberi di ciliegio, non vi era nemmeno uno di tutti gli innumerevoli studenti che nel corso delle vacanze aveva dovuto preparare uno o più esami di recupero.
Sembrava proprio che a nessuno, a parte lui e Jane (che sarebbe arrivata a breve), importasse di conoscere i risultati degli esami.
Poco male, si disse poi, almeno se avesse scoperto di essere stato bocciato non si sarebbe dovuto sorbire le risatine divertite di tutti i suoi compagni o di tutti quegli studenti ai quali i professori lo avevano costretto a dare ripetizioni nel corso dell’anno, e che certamente sarebbero stati più che felici di deriderlo.
Se avesse scopeto di essere stato davvero bocciato l’unica persona che sentiva di volere veramente al suo fianco era Jane, perché solo il suo sorriso era in grado di confortarlo.
Arrivato in prossimità del muretto, davanti al quale si sarebbe dovuto incontrare con Jane, Riccardo non poté proprio trattenere un’esclamazione di stupore nel trovarvi seduto Axel Blaze, colui che fino a qualche tempo prima era stato il Grande Imperatore del Quinto Settore.
Con il cuore che gli batteva stranamente più veloce in petto, Riccardo costrinse le proprie gambe a muoversi per avvicinarsi, seppur a passo lento, a lui.
“Buon giorno signor Blaze” si affrettò a salutarlo cordialmente lui. Sentiva le spalle incredibilmente rigide al solo pensiero che Axel, l’attaccante della Raimon che lui aveva sempre ammirato, potesse non approvare lo scarso impegno che aveva dimostrato nel corso dell’anno passato nella matematica.
Axel alzò lo sguardo leggermente assonnato puntandolo su Riccardo. Lo guardò per qualche istante prima di salutarlo con un sorriso appena accennato.
“Ciao Riccardo, come stai?”
“Bene grazie, la gamba ormai è già completamente guarita” rispose lui cercando di non risultare troppo rigido.
“Ne sono felice” sorrise Axel
“Grazie” Riccardo accennò un inchino leggermente imbarazzato da tutta quella situazione. Si chiese inevitabilmente per quale assurdo motivo Axel Blaze fosse lì proprio in un giorno di vacanza, quando perfino il club di calcio era chiuso. Forse, pensò sorridendo mentalmente, era stato colto da un’improvvisa nostalgia dei vecchi tempi e aveva deciso di tornare a fare una visita alla Raimon.
“Sei qui per i risultati degli esami?” gli chiese subito Axel per evitare che fra di loro scendesse fin da subito un silenzio imbarazzante.
A quella domanda Riccardo si irrigidì ancora di più, non aveva proprio voglia di dire ad Axel  dell’esame di recupero, era una cosa della quale si vergognava profondamente e preferiva di gran lunga evitare di raccontarlo a troppe persone. Ma in fondo Axel non poteva sapere del suo esame e quindi avrebbe sempre potuto raccontargli una piccola bugia. Stava appunto per farlo, raccontandogli che in realtà lui era lì semplicemente come supporto morale per una sua amica che sarebbe arrivata a breve, quando, quando allegra e inconfondibile la vocetta di Jane lo fece voltare di scatto  verso la scuola.
Allontanandosi con una piccola corsetta dall’edificio Jane li raggiunse in pochi secondi.
“Eccoti finalmente, oggi ti sei fatto attendere” lo canzonò con un sorrisetto lei.
Riccardo ridacchiò sommessamente evitando di rispondere alla sua provocazione proprio davanti ad Axel, come se davanti a lui volesse sembrare un ragazzo perfetto, dai modi garbati e dalle emozioni controllate.
“Lei è…” era sul punto di presentare Jane ad Axel ma le parole gli morirono in gola sostituite da un “eh?” sorpreso e appena bisbigliato quando sentì Axel chiamare la sua amica per nome. Si conoscevano già?
“Ci hai messo tanto Jane, stai bene vero?” chiese lui con apprensione
“Sì, ho solo aiutato un professore a portare in aula dei fogli, erano cos’ tanti papà che mi ha fatto un po’ di pena e gli ho offerto il mio aiuto” rispose sorridendo allegramente lei gironzolandogli attorno come fosse un cagnolino bisognoso di attenzioni. Axel non perse tempo e subito le carezzò affettuosamente i capelli verdi raccolti in una coda tutto fuorché ordinata, facendola ridacchiare e arrossire leggermente.
Suo padre…
Riccardo si fermò a queste parole, e nonostante le avesse sentite chiaramente con le proprie orecchie non riusciva davvero a crederci.  Come poteva essere possibile che a soli undici anni, perché Axel aveva solo undici anni in più di Jane, avesse avuto una figlia?
Cercò di convincersi che era stato solo frutto della sua fantasia e che in realtà lei non lo aveva affatto chiamato papà. Era solo l’ansia per il risultato dell’esame a giocargli brutti scherzi, e poi non si assomigliavano per nulla!
Tuttavia vederli parlottare così allegramente, come se si conoscessero da sempre, accese nel suo cuore una grande curiosità, così grande che si dimenticò per qualche attimo delle buone maniere che lo avevano sempre contraddistinto, e senza preoccuparsi di nascondere la sua incredulità si intromise nel loro discorso e chiese:
“Hai detto papà?”
Quando Jane si voltò a guardarlo, puntando lo sguardo nel suo, a Riccardo parve quasi sorpresa da quella domanda, come se per lei fosse una cosa ovvia. Poi il suo sguardo si riaccese, come se le fosse venuta un’idea all’improvviso, e sorridendo imbarazzata si affrettò a dargli spiegazioni:
“Scusa” biascicò lanciando una veloce occhiata ad Axel “È che ormai ci ho fatto l’abitudine e quando qualcuno mi chiede di mio padre non mi viene più naturale dire che sono stata adottata”
“Adottata?!” esclamò lui
La prima cosa alla quale aveva pensato Riccardo nel sentire quella parola, fu che era stata veramente fortunata, sì perché in molti avrebbero voluto ritrovarsi al suo posto, e vivere ogni singolo giorno della propria vita assieme al leggendario attaccante della Raimon capitanata da Evans. Come seconda cosa invece, anche se a dire la verità avrebbe preferito non ammetterlo neppure a se stesso e rimanere chiuso nella sua certezza, era che se Jane era figlia adottiva di Axel allora lui doveva sapere tutto sul suo esame, e pensare che lui era stato addirittura sul punto di mentirgli. Che vergogna, pensò arrossendo leggermente.
“Esatto…” Jane lo guardò, sembrava quasi sconvolto “Va tutto bene?” si azzardò a chiedergli allora lasciandosi sfuggire una risatina.
Riccardo scosse piano la testa, facendo ondeggiare i riccioli color cenere, costringendosi ad allontanare quel fiume di pensieri dalla sua testa.
“Sì, è solo che mi ha sorpreso saperlo… quindi il tuo cognome è Blaze?” chiese poi
“Ufficialmente lo è, ma a scuola per non dare troppo nell’occhio utilizzo ancora quello con il quale sono nata. Ma se ti fa piacere posso dirteli entrambi, così scegli quello che preferisci” sorrise lei
Pensando che non fosse opportuno farle tornare alla mente ricordi legati alla sua famiglia, sicuramente dolorosi, decise che Blaze sarebbe andato più che bene.
“No mi basta questo” le rispose sorridendo.
“Bene!” rispose lei “Allora muoviamoci, il professore che ho aiutato mi ha detto che i risultati sarebbero usciti ora” disse facendogli cenno di seguirla all’interno del grande edificio.
I cartelloni esposti erano tanti, quindi ci misero quella che a loro parve un’eternità per trovare quello della loro classe.
Guardando il tabellone Riccardo degluttì a vuoto in preda alla paura. Ecco ora avrebbe finalmente scoperto il risultato dell’esame e di tutta la fatica che aveva impiegato per riuscire a memorizzare qualche regola di matematica. Non si sentiva ancora pronto ad affrontare una possibile bocciatura, o meglio la bocciatura che era certo di essersi meritato.
Accortasi del suo stato d’animo Jane gli prese gentilmente la mano
“Andrà tutto bene, è impossibile che tu sia stato bocciato, vedi?” disse indicando la scritta “promosso” accanto al suo nome.
Nel leggere quella parola sul volto di Riccardo si dipinse un largo e radioso sorriso che subito contagiò Jane, che scoppiò in una risata argentina.
Erano passati, il suo impegno era stato finalmente ripagato e lui non poteva essere più felice di così.
 
 
 
Angolino autrice<3
Ed eccoci finalmente all’ultimo capitolo di questa piccola storia.
Santo cielo, confesso di essere davvero molto ma molto emozionata, questa è la primissima long (se così si può chiamare una storia con solo otto capitoli) che termino dai tempi della mia iscrizione al sito, quando avevo solo 11 anni, quando scrivevo senza preoccuparmi di nulla. Era da cinque anni che non riuscivo a terminare una storia, ho passato davvero un bruttissimo periodo dopo aver concluso la seconda serie (diciamo così) della mia primissima storia, ed essere qui a commentare l’ultimo capitolo di una mia storia mi rende davvero immensamente felice *AAA*
Ho riscritto questo capitolo almeno 6 volte, non ne potevo più di scrivere e cancellare e scrivere e cancellare, santo cielo è stata una faticaccia, e nonostante tutto il tempo che ci ho speso ancora non ne vado fiera uff…  mi sembra uscita una grande idiozia, ma in fondo che altro avrei potuto scriverci? Il corso di recupero e l’esame erano andati e mi restava solo il risultato eheh, quindi ho pensato che sarebbe stato carino raccontarvi (anche se moooolto brevemente) qual cosina sulle origini di Jane U.U
Ebbene gente siete rimasti senza parole come il caro Riccardo?
Ho scelto di farla adottare proprio da Axel in onore di mia sorella, che ama alla follia Axel, dice sempre che lo vorrebbe come padre, anche se in realtà lo sposerebbe ma… ehm ok se vado avanti mi uccide ehehe e quindi ho scelto lui insomma XP
Spero che Riccardo non sia risultato banale, io cerco sempre di immedesimarmi nel carattere dei personaggi e quindi mi sembrava ci stesse bene l’agitazione di Riccardo davanti ad Axel, io non avrei proprio esitato a mentirgli ehehe, inoltre tramite Riccardo molto spesso sfogo gran parte del mio malcontento nei confronti di certi comportamenti dei ragazzini, come ad esempio ridacchiare davanti alla bocciatura di un altro… ho visto ragazzi che l’hanno fatto e mi ha dato fastidio.
Dunque spero che il capitolo (di 1296 parole*W*) vi sia piaciuto, se volete lasciatemi pure un commentino, ma se avete una critica da farmi ricordate che ho un cuore e quindi siate delicati U.U
Grazie di cuore a tutti coloro che hanno seguito questa storia, un ringraziamento speciale alla mia sorellona (_Elwing) preferita che mi ha dato davvero tante ma tantissime idee per i capitoli di questa storia e grazie perché hai recensito ogni capitolo *AAA*, e ad Alexiochan che ha seguito tutta la storia commentando ogni singolo capitolo dandomi forza e voglia, soprattutto voglia, di continuare questa storia.
Davvero grazie grazie a tutti per aver seguito questa storia così importante per me
Un bacione (con la promessa di rivedersi prestissimo)
Hika<3<3

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