Un se... in sospeso

di Sanae77
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 01 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 02 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 03 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 04 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 05 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 06 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 07 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 08 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 09 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo EXTRA DA RIDERE Betaggi ***



Capitolo 1
*** Capitolo 01 ***


Tutto ha inizio dopo aver visto questa tavola

http://m.mangafox.me/manga/captain_tsubasa_pilot_chapter/c000/15.html

Ammetto che doveva essere una one shot.
E non chiedetemi perché è cresciuta così a dismisura, non ne ho la più pallida idea, ha preso corpo tra le dita mentre scrivevo.
Doveva essere una cosa spiritosa e divertente, ma mi sono resa conto che i temi toccati erano troppo delicati per non essere approfonditi… quindi e divenuta una long.
Non enorme credo una decina di capitoli.
Il tema affrontato sarà delicato, ma non volevo creare un altro ‘mattone’ tipo Quarto, quindi, spero che nonostante l’argomento trattato sia particolare, di esser riuscita a mantenere un tono quantomeno ‘allegro’ per questa storia che mi è sfuggita dalle dita.
 
Buona lettura.
 
Ps=Only è già in viaggio il corriere espresso con gli ansiolitici. XD (ti voglio bene ricordalo)
 
Sanae77
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Barcellona Spagna - Casa Ozora.
 
 
Che bello!
Che bello!
 
Non ci posso ancora credere!
Tra le mani sto rigirando questo foglio di carta da circa venti minuti.
La lettera che tanto aspettavo, quella per cui ho dato l’anima, l’incarico che tanto volevo.
Adesso è qua tra le mie mani.
Oddio: sono così felice.
Destinazione Germania!
L’istituto di ricerca per il quale lavoro da quando mi sono Laureata in Farmacologia mi ha affidato la sperimentazione di un nuovo medicinale.
Quindi dovrò affiancare il gruppo di ricerca tedesco.
C’è solo un problema: dirlo a mio marito.
E come il più infausto dei presagi sento infilare le chiavi nella toppa della porta.
“Amore, sono a casa!” esclama entrando e chiudendo.
“Tsubasa, sono in cucina.”
Sento che il borsone viene praticamente lanciato nel ripostiglio, quindi mi affretto e riprenderlo subito.
“Ozora! Vedi di disfare quel borsone prima che una colonia di batteri decida di prendere possesso della nostra casa!”
“Va bene Sanae” risponde ridacchiando.
Poco dopo avverto i suoi passi dietro di me.
Le sue braccia mi cingono la vita.
“Che mi racconti di bello? Ci sono novità?” Chiede allungando una mano a toccare il foglio che ancora rigiro tra le mani.
“Molte novità! Ricordi quel concorso che ho fatto per la sperimentazione di quel farmaco?”
“Mh-mh.”
“Ecco l’ho superato! E parteciperò al gruppo di ricerca!” esclamo soddisfatta.
Mi afferra per le spalle e dopo avermi voltata mi stringe sollevandomi in aria.
La cucina ruota tutta intorno a me.
O forse sono io a girare al suo interno… poco importa sono felice, mentre sento Tsubasa esclamare: “Sono orgoglioso di te; dobbiamo festeggiare!”
E dopo avermi posato a terra, corre al frigo per aprire una bottiglia di spumante.
 
Si questo vestito può andare.
Mi contemplo nello specchio.
Tubino attillato rosso.
Porta fortuna il rosso no?
Spero che me ne porti stasera, visto che dovrò affrontarlo a carte scoperte.
Ma dopo i tre anni di Brasile me lo deve!
Tsubasa ha deciso di portarmi a cena fuori per festeggiare, spero che la cena non gli vada di traverso quando saprà che dovrò stare via alcuni mesi.
 
Ci sediamo al solito tavolo; spero solo che non venga qualche tifoso a infastidirci.
Arriva il cameriere e ordiniamo i soliti piatti. Oramai è un'abitudine venire qua a mangiare cibo tradizionale spagnolo, ci piace da matti.
“Quindi, dimmi come si svolgerà questo nuovo lavoro?” la butta lì come se fosse la cosa più semplice del mondo. Adesso è il mio turno di vuotare il sacco.
“Allora: dovrò affiancare un gruppo di studenti e completare la ricerca. L’unico problema è che tutto questo durerà qualche mese Tsubasa” ammetto.
“Va beh, dov’è il problema se hai deciso che questo sarà il tuo lavoro.”
Temporeggio mentre riesco a prendere il tovagliolo e sistemarlo sulle gambe.
“C’è solo un problema… il centro di ricerca è in Germania” espongo dopo aver sollevato la testa e guardandolo dritto in volto.
Non voglio perdermi la sua espressione per niente al mondo.
L’acqua che stava sorseggiando gli va di traverso.
Dopo aver evitato di soffocare finalmente parla: “Ge-Germania!”
Ha gli occhi fuori dalle orbite.
“Già, Germania” ribadisco.
Il suo sguardo da rilassato si fa pensieroso.
“Sanae, ma è lontanissimo.”
“Il Brasile lo è di più.”
Una smorfia compare sulla sua bocca.
Colpito e affondato.
Alza le mani in segno di resa.
Forse ho esagerato, quindi in tono dolce e calmo tento di rimediare.
“Dai Tsubasa, Amburgo-Barcellona sono soltanto due ore e mezza di volo.”
Sospira e annuisce.
“Ok, e dove alloggerai?”
“Al campus è ovvio.”
“Sanae, non se ne parla… è per ragazzi: sei una donna sposata!”
Sbuffo roteando gli occhi al cielo, maledetta gelosia, tanto lo sapevo.
Francamente non è che abbia molta voglia di stare in un campus, con ragazzetti incentrati su feste, svago e amori adolescenziali.
“Al massimo affittiamo un appartamento, così potrò raggiungerti quando voglio. Sai che faccio? Sento Genzo, così può consigliarci sul da farsi e su come muoversi per un'eventuale casa.”
E neppure mi lascia il tempo di replicare che ha già sfilato il cellulare dalla tasca e lo sento parlare con l’SGGK.
Faccio spalluccia; in fin dei conti poteva pure andare peggio, alla fine non l’ha mica presa così male?
Ecco, adesso si è pure alzato per parlare più dettagliatamente con l’amico portiere.
Meglio così, non dovrò pensare a niente.
Pochi attimi dopo torna tutto soddisfatto.
“Allora? Che ha detto Wakabayashi?”
“Sanae ascolta…”
Mh… quando inizia così non mi piace per niente.
“Genzo ha detto che vuole a ogni costo ospitarti lui, non ha voluto sentire ragioni. Ha detto che la sua casa è molto grande e può darti una camera e uno studio tutto per te. Che non hai bisogno di affittare casa per il breve periodo che dovrai restare là. Sarai sua ospite” spiega soddisfatto.
“Oh ma bene hai messo il cane da guardia per controllarmi?” indago fissandolo seria, anche se mi scappa da ridere.
Scuote la testa.
“Si è offerto lui, non ha voluto sentire ragioni.”
Tenta miseramente di giustificarsi, ma so perfettamente che è contento che ci sia Genzo a controllarmi.
“Va bene, va bene tanto sarà solo per sei mesi” dichiaro arresa agitando le mani.
In realtà con il portiere non è che sia mai andata molto d’accordo ma adesso siamo grandi e sapremo convivere pacificamente… spero.
 
“Sei mesi – sospira – e il nostro progetto?”
Mi soffermo con la forchetta a mezza corsa tra il piatto a la bocca.
Già il nostro progetto: mettere in cantiere un futuro Ozora.
“Non vedo dove sia il problema, Tsubasa, proseguiamo come avevamo pensato no?”
“E se poi resti incinta?”
“Tsubasa è una gravidanza non una malattia” chiarisco.
“Ok, se lo dici tu.”
 
…Sette giorni dopo
 
“Sei sicura di aver preso tutto?”
La voce alle mie spalle mi fa riscuotere.
“Spero di sì.”
“Ricorda che ad Amburgo fa molto più freddo Sanae!”
“Me lo avrai ripetuto quelle tre o quattromila volte Capitano stai tranquillo, ho preso tutto.”
Si avvicina alle due valige e le afferra sicuro sollevandole.
“Sì, decisamente hai preso tutto” borbotta sbuffando fuori aria per la fatica.
Scendiamo nel garage e una volta caricati i bagagli partiamo in direzione dell’aeroporto.
 
Stanno chiamando il mio volo.
Mi volto per regalare un ultimo bacio al mio Capitano.
“Mi raccomando appena arrivi chiama!” mi esorta.
“Sta tranquillo appena metterò piede in terra straniera ti chiamerò!”
Mi stringe a lui, facendo aderire il suo corpo al mio.
“Mi mancherai” dice sfiorando le mie labbra.
“Anche tu” ammetto aumentando la pressione e baciandolo come si deve.
 
E davvero mi mancherà.
Il portellone si chiude, i motori iniziano a rullare, sono emozionata per la nuova avventura lavorativa che mi aspetta.
Allo stesso tempo ho una sorta di panico interiore a dovermi separare nuovamente da Tsubasa; dopo il lungo periodo che siamo stati distanti per colpa del Brasile.
L’aereo finalmente si eleva in volo: direzione Amburgo.
 
Aeroporto di Amburgo-Fuhlsbüttel
 
 Tra poco arriverà, praticamente il Capitano me l’ha affidata… Anego, mi ha affidato Anego.
Scuoto la testa per scacciare il pensiero delle nostre litigate sul campo da calcio.
Quanto tempo è che non la vedo? Ci penso, credo che l’ultima volta siano stati circa cinque anni fa, al loro matrimonio.
Sbuffo.
Già prevedo scintille con quella ragazzina.
Ma quando l’esile figura in prossimità del Gate, in arrivo da Barcellona, si muove sicura verso l’uscita a tutto penso fuorché ragazzina.
Il tempo passa per tutti, meglio così.
“Sanae” la chiamo.
Abbassa gli occhiali da sole soltanto quando si trova di fronte a me.
“Genzo?” chiede sbalordita.
“Già, in carne e ossa.”
“Accidenti era da così tanto tempo che non ti vedevo, che… che non ti avrei riconosciuto.”
Mentre lo dice mi squadra da capo a piedi.
“Benvenuta ad Amburgo.”
“Grazie mille.”
“Lascia che ti aiuti.”
“Ce la faccio non importa.”
“Insisto, Sanae, dai: lascia fare a me!”
“Va bene, grazie.”
 
Quindi raccolgo i suoi bagagli e andiamo verso l’auto. Una volta dentro faccio partire un po’ di musica, non so davvero da dove iniziare con lei, anche se dobbiamo condividere gli stessi spazi per sei mesi.
“Allora, raccontami di questo progetto, in cosa consiste.”
“Era tanto che provavo a entrare in un gruppo di ricerca sperimentale, così ho partecipato al concorso e l’ho vinto. La destinazione non è certa fintanto che il progetto non è stato assegnato, quindi domani si aprono le porte per un nuovo lavoro. E tu invece? Sempre e solo calcio?”
“Ovviamente, ti sembra possibile che il calcio possa mancare nella mia vita? Ma c’è anche una compagna. Siamo fidanzati da un anno.”
“Oh, questo non lo sapevo, quindi l’incallito scapolo ha capitolato?” domanda divertita.
“Calma calma, è tutto molto soft, ognuno vive a casa propria, sai che non amo impegnarmi per troppo tempo” rispondo divertito.
“Già il contrario di noi che ci siamo impegnati prestissimo” afferma spensierata.
“Allora come va la vita con il Capitano?”
“Bene, tutto prosegue per il meglio e non vedo l’ora di iniziare questo nuovo lavoro.”
“Oh, buon per te.”
La strada scorre veloce tra le risa divertite di Sanae ai miei racconti.
Sicuramente è molto più piacevole conversare con lei, adesso, che in passato.
 
Varchiamo la soglia di casa e lo stupore dipinto sul suo viso mi fa sorridere.
“Accidenti Genzo! Quando dicevi che avevi spazio per ospitarmi non scherzavi, sarà difficile incontrarsi” ammette sorpresa.
“Allora, al piano terra c’è tutto il reparto giorno con sala, cucina, studio e molto altro, lo scoprirai.
Al primo piano – dico precedendola sulle scale con le valigie in mano – ci sono le camere, qua a destra c’è la mia, mentre là in fondo al corridoio a sinistra c’è la tua con il bagno, il resto sono per eventuali ospiti, ma non temere non invito nessuno solitamente. Eccetto ogni tanto Clare che, ovviamente, si ferma da me.”
“Certo certo, non voglio intralciare la tua vita sentimentale, Genzo, ci mancherebbe.”
“Non temere sa del tuo arrivo, quindi stasera passa per conoscerti.”
“Ah, avrò così l’onore di sapere chi ha fatto capitolare SGGK” scherza.
“Con Clare sto bene, ma dire che mi abbia messo le catene o fatto capitolare ce ne passa cara Anego.”
“Anego? - esplode in una risata - era molto tempo che nessuno mi chiamava più così… mi fa pensare ai tempi della Nankatsu quando io e te non è che andassimo proprio d’amore e d’accordo eh!”
“Adesso però siamo cresciuti no?”
“Già, siamo proprio cresciuti.”
Arriviamo alla sua stanza, apro la porta e la invito a entrare.
Le valige le metto nell’angolo vicino al grande armadio.
“Clare arriverà tra circa due ore, tu rilassati e sistema la tua roba… benvenuta Anego!” e l’ultima parola la dico con un tono di voce canzonatorio.
Per tutta risposta mi lancia il cuscino della sedia che aveva di fronte, per poi esclamare: “Vediamo di non risvegliarla!”
Accorcia le distanze, si solleva sulle punte e posando le mani sulle mie spalle mi regala un delicato bacio sulla guancia.
“Grazie di tutto Genzo!”
“Figurati, mi sarei offeso se ti avessi saputa qua da sola. Ti aspetto di sotto.”
“Ok, a dopo.”
 
***
 
Vero che mi aveva avvisata.
Vero che erano amici da piccoli.
Ma ora che questa donna girella per casa di Genzo la cosa non mi sta affatto bene.
Sono troppo, come dire, in confidenza, ecco.
Stanno parlando a ruota libera da un’ora senza neppure interpellarmi, si stanno raccontando i vecchi tempi e ridono, ridono, ridono.
Inizio a odiare la sua risata.
Inoltre non mi aspettavo che fosse così carina.
Sbuffo per l’ennesima volta.
“Oddio, scusa Clare, ti stiamo annoiando con i nostri discorsi vero?”
“No, ma figurati Sanae, è bello scoprire qualcosa di Genzo; non mi racconta mai del suo passato!” mento spudoratamente, perché questa complicità che li lega mi va decisamente stretta.
“A parte che era uno spocchioso, gasato e… sono bravo solo io, voi sarete delle schiappe a vita direi che il tutto si può riassumere così.”
“Ah, ha parlato il maschiaccio della squadra, pensa Clare che mandavano lei a discutere con me per il campo” la sfotte.
“Non mi hai mai fatto paura Wakabayashi!”
Oddio, non posso crederci stanno di nuovo battibeccando sul passato.
Alzo gli occhi al cielo, sembrano due vecchie zitelle.
 
Decido così di alzarmi e andare in cucina. Margaret è intenta a servire il dolce. Neppure si sono accorti che mi sono alzata.
“Porto io il dolce di là.”
“Signorina, ma non importa ci penso io.”
“No, almeno faccio qualcosa.”
“Come vuole.”
Afferro i piattini e li porto ai due commensali.
“Bene ecco il dolce!” esclamo attirando la loro attenzione.
“Uh, che buono” risponde lei.
Al diavolo, mangia il dolce di gusto, seguita da Genzo, io sono perennemente a dieta, maledette sfilate.
“Tu non lo assaggi?”
“Clare non può, tra pochi giorni ha una sfilata.”
“Uh, che bello, fai la modella?”
“Sì, lavoro per Gucci.”
“Forte!”
 
Mi avvicino a Genzo e metto una mano sulla sua gamba da sotto il tavolo, lei può vedere poco, ma spero che capisca che deve togliersi dai piedi.
Lui è come pietrificato, non si aspettava questo gesto da me.
Si schiarisce la voce e avvicinandosi al mio orecchio sussurra: “Abbiamo ospiti Clare…”
Faccio finta di non comprendere e quando finalmente Sanae capisce, dove ho la mano, prima arrossisce, poi si alza di scatto e si congeda.
“Scusate, salgo in camera mia, sono molto stanca sapete il viaggio… Buonanotte…” lascia cadere la frase.
“Buonanotte.”
“Buonanotte Sanae” risponde lui imbarazzato.
Sparisce dalla nostra vista finalmente.
 
“Che diavolo ti è preso?” Sbotta lui all’improvviso.
“A me che diavolo è preso? A te piuttosto!”
“Non ho fatto niente” il tono è candido.
“Ah sì, allora vediamo; a parte ignorarmi tutta la sera e chiacchierare con lei direi che sì: non hai fatto niente…”
Solleva le mani al cielo, come a invocare chissà che testimoni.
“Sei gelosa.”
“E tu un cafone visto che ignori la tua ragazza per tutta la sera” controbatto.
“Era tanto che non ci vedevamo è ovvio che avessimo tante cose da raccontarci.”
Si avvicina e mi cinge la vita.
Il suo corpo caldo mi fa avvertire un brivido e non certo di freddo.
“Dai Clare, non ho voglia di litigare per la mia amica.”
Tengo ancora un po’ il broncio, giusto per fargli vedere chi comanda, ma quando la sua bocca inizia a percorre il collo lasciando una scia di baci cedo immediatamente alla sua richiesta.
“L’hai sempre vinta tu!” esclamo mentre sollevandomi di peso ci dirigiamo verso la sua camera.
Di Sanae neppure l’ombra per fortuna.




Dedicata a Genz e Love Candy77 in occasione di due date per loro importanti.
Avevo detto che avrei iniziato il 15 giugno, ma domani, a causa di uno sciopero... non ci sono.
Quindi... siete anche fortunate che potrete leggere con un giorno in anticipo.
E proprio perché me lo avete chiesto voi e perché ho una Beta stratosferica (GUIKY80)... altrimenti restava nel PC.
Gruppo Manicomio... vi adoro.
Sanae77

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Capitolo 2
*** Capitolo 02 ***


… sette giorni dopo Casa Wakabayashi
 
 
“Ah, non posso credere ai miei occhi! - esclama Sanae qua al mio fianco - No, no, non posso crederci è meglio della palestra in cui vado in Spagna, stanne certo!” il suo sproloquio continua, mentre sta girellando tra gli attrezzi della mia personale palestra adibita nel sotterraneo della casa.
“Vuoi dirmi che il Capitano non ne ha una tutta sua?”
Si volta come se avessi bestemmiato.
“Stai scherzando vero? A che vuoi che serva a noi una palestra? Lui si allena sempre alla società, in casa non c’è mai.”
Solleva le spalle come a sottolinearne l’ovvietà.
“Puoi utilizzarla se vuoi, tanto io di solito vengo la mattina presto non dovremmo darci fastidio.”
“Genzo, ci sono talmente tanti macchinari che è impossibile darsi noia. Grazie, inizierò già da stasera, ma prima devo uscire per cercare un’aspirina ho un tremendo mal di testa.”
“Vieni, saliamo di sopra ho delle compresse che possono andar bene anche a te.”
 
Decisamente non era solo mal di testa.
Adesso è sul divano tutta tremante in preda alla febbre.
“Ho freddo” borbotta battendo i denti.
Mi siedo vicino, la prendo tra le braccia e la faccio aderire al mio torace.
Trema.
“Forse è meglio chiamare il dottore Sanae.”
“No, sto bene qua con te, grazie.”
Prendo a massaggiarle la schiena, con lei completamente accovacciata tra le mie braccia, è distesa sul divano con gambe tutte rannicchiate.
La testa adagiata sul mio petto.
Scosto una ciocca di capelli dal viso, ha gli occhi chiusi, finalmente non trema più.
Il respiro si fa più pesante e non posso fare a meno che… che continuare a toglierle questo ciuffo ribelle dal volto. La scusa è buona per sfiorarle il viso.
La pelle scotta sotto le dita, ma è terribilmente liscia, setosa e morbida.
Gli occhi chiusi rilassati, le lunghe ciglia adagiate sugli zigomi, la bocca leggermente dischiusa.
È così bella.
Mi riscuoto dal pensiero avuto.
Che cazzo stai pensando Genzo!?
Faccio per spostarmi, ma la sua mano si stringe a pugno, sul petto, imprigionando la maglia.
“Non lasciarmi.”
Sospiro, che situazione!
“No, Sanae, non ti lascio, non temere” la rassicuro.
Ancora il suo respiro pesante: dorme per fortuna.
Lascio che il sonno l’avvolga totalmente, dopo la prendo in braccio e la porto nella sua camera.
L’adagio sul letto mettendole un’altra coperta.
Le sfioro con le labbra la fronte sussurrando un: “Buonanotte Manager.”
“Notte S.G.G.K.!”
Mi allontano dal letto non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo corpo, forse dovrei dormirle vicino per sicurezza, ha la febbre alta, scuoto la testa deciso.
È fuori discussione.
 
Entro in camera mia e mi corico. Dal comodino afferro la sveglia e la imposto a distanza di due ore, andrò a controllarla per stare più tranquillo.
Finalmente riesco a dormire.



 
Ma!
Ma!
Dove sono?
Il muro della nostra vecchia scuola, sto tornando a casa dopo gli allenamenti, ma non è propriamente questo il mio obiettivo.
Di fronte a me una figura minuta che si muove svelta: è Anego.
“Anche oggi vi abbiamo stracciato.”
Vedo il corpo irrigidirsi, stringere i pugni con le braccia distese lungo i fianchi e quando si volta le sue guance si gonfiano a più non posso per poi esplodere: “Vedrai che con il nuovo arrivato il risultato cambierà!”
“Ma chi? Quel nanerottolo? Come ha detto di chiamarsi?”
“Tsubasa Ozora.”
“Ah già, ma ricorda, non è certo per un soggetto che vincerete la partita, il gioco si fa in undici e visto che gli altri dieci sono schiappe…” lascio cadere la frase sollevando le braccia.
“Impareranno, sei soltanto uno spocchioso egocentrico.”
“E tu un maschiaccio mancato” dico sovrastandola con la mia stazza, adesso che sono arrivato a due passi da lei.
“Sparisci” mi intima.
“Facciamo una scommessa, se riesco a parare ogni pallone che tireranno verso la mia porta: TU uscirai con me!” perché ammettiamolo alla fine il suo carattere ribelle mi piace da impazzire.
Lei non si fa impressionare soltanto perché il mio cognome è Wakabayashi.
“COSA?!” urla con una faccia così sbigottita che stento a riconoscerla.
“Hai capito bene, se parerò ogni loro tiro: TU hai un appuntamento con me signorina!”
“Ma se hai appena detto che sono un maschiaccio” sbuffa.
“Beh, un maschiaccio carino!” la butto lì e lei arrossisce di botto.
Esplodo in una risata perché imbarazzata così non l’avevo mai vista.
“Ti odio!”
“È già un sentimento” le grido dietro mentre sto andando via.
 
 
L’odioso suono della sveglia mi fa sobbalzare nel letto.
La spengo in fretta; sono sudato fradicio.
Passo una mano su tutto il volto prima di ricordare il sogno.
Merda!
Ma che diavolo va a ripescare la memoria.
Mi alzo di scatto e corro al bagno, apro l’acqua fredda e lavo la faccia.
Voglio togliere questo pensiero.
Osservandomi allo specchio scorgo minuscole gocce che scendono sul volto, poco dopo parlo rivolto al riflesso.
“Toglitela dalla testa: è la moglie del Capitano!”
Già, la moglie del Capitano, chissà se davvero quel giorno non avessi preso alcun goal se lei sarebbe uscita con me… chissà?
Ma poi Anego si è scatenata per Ozora, era palese che nutrisse una profonda simpatia per lui.
Dopo sono semplicemente partito per la Germania accantonando ogni idea per lei, dopotutto non è che avessimo avuto chissà che contatti, ma adesso…
“Adesso, basta!”
Lo dico al riflesso, ma intanto mi muovo verso la sua camera; voglio controllare se sta bene.
 
***
 
Ho come l’impressione che un carro armato mi sia passato sopra.
Sollevo le coperte e cerco di capire dove sono.
Ok, sono nella mia camera, ma chi mi c’ha portato?
Un pesante respiro proviene da destra, lentamente giro la testa e vedo Genzo sulla poltrona che dorme.
A dirla tutta la posizione non dev’essere delle più comode.
Sorrido, che carino, era così preoccupato che ha deciso di vegliarmi tutta la notte.
Assottiglio lo sguardo e avvampo.
Cavolo è in t-shirt e boxer.
Oddio, ma com’è possibile?
La maglietta è molto attillata, riesco a intravedere le forme dei suoi muscoli.
Lo sto proprio fissando nel momento in cui lui apre gli occhi.
Restiamo un attimo a guardarci imbarazzati, dopo lui afferra una coperta e la passa intorno ai fianchi.
“Scu-scusa, ero venuto a controllare come stavi e devo essermi addormentato.”
Nego velocemente.
“Non importa, anzi grazie Genzo, sei stato così premuroso.”
“Come va?”
“Meglio, non mi sembra di avere la febbre.”
Per tutta risposta si avvicina toccandomi la fronte con la mano.
“No, non scotti. Vado a prepararti la colazione: succo d’arancia e crostata va bene?”
Lo guardo un attimo sbigottita, sbatto più volte le ciglia prima di pronunciare:
“Grazie, ma non vai agli allenamenti?”
Sulla porta si blocca e volta.
“Ho avvertito che non andavo, ieri sera mi hai fatto preoccupare con la febbre così alta, non potevo lasciarti da sola.”
Detto questo mi lascia lì: come un’ebete!
Neppure Tsubasa ha mai fatto una cosa così per me.
Lui non salterebbe mai gli allenamenti.
Cavolo Tsubasa: devo chiamarlo!
Quindi afferro il cellulare e lo faccio.
 
 
Tsubasa che ovviamente non ha risposto, guardo l’ora, più che lecito, è agli allenamenti.
Oddio non è che ieri sera si sia sprecato per cercarmi.
Insomma potevo anche essere morta.
Soltanto due messaggi sul cellulare e stop, avrà pensato che stessi dormendo.
Arrivo alla cucina e Genzo si destreggia egregiamente tra i fornelli.
“Dov’è Margaret?”
“È il suo giorno libero.”
“Oh, ma che bravo, non lo avrei mai detto.”
“Anego, non mi conosci.”
Il suo cellulare inizia a vibrare, lo afferra e risponde.
“Ciao mamma… Sì, lunedì prossimo va bene allora ci vediamo a cena… Anch’io un bacio!”
Resto un attimo sbigottita dalla telefonata.
“Ma tu… vai d’accordo con i tuoi?” domando incuriosita.
“Sì, perché?”
“Girano leggende metropolitane che tu sia cresciuto da solo e praticamente senza genitori.”
Esplode in una fragorosa risata.
“Vero che sono sempre in giro, ma ho decisamente un ottimo rapporto con i miei, tanto che lunedì prossimo sono a cena da loro, vieni con me?”
“Genzo, ma dai, non sono mica la tua ragazza, dovresti portare Clare piuttosto.”
“Neppure morto; ai miei genitori farò conoscere soltanto la mia futura moglie.”
“E io che c’entro scusa?”
“Sono sicuro che saranno contenti di vederti, sanno che sei stata la prima Manager della nostra squadra e della nazionale, quindi avranno piacere ad averti con loro, inoltre mia madre sente molto la mancanza di casa, magari fare due chiacchiere con una connazionale aiuta.”
“Allora accetto molto volentieri S.G.G.K.”
“Piantala di chiamarmi così!” esclama passandomi l’aranciata.
“E tu smetti di chiamarmi Anego allora…”
“Ma neppure per idea, mi piace, mi ricorda una ragazzina battagliera.”
Si immobilizza come se… avesse parlato troppo.
“Già, poi sono cambiata.”
Mi siedo e in silenzio continuiamo a fare colazione.
Un ricordo riaffiora prepotente, quella volta che voleva uscire con me per scommessa.
Non ho mai capito se volesse davvero uscire con me, o fosse soltanto un modo per prendermi in giro. Dopotutto prima dell’arrivo di Tsubasa davvero erano una squadra di schiappe.
Poi quelle frasi urlate.
 
“Ma se hai appena detto che sono un maschiaccio”
“Beh, un maschiaccio carino!”
“Ti odio!”
“È già un sentimento.”
 
Scuoto la testa e di sottecchi l’osservo.
Le possenti spalle, la mascella squadrata.
Indossa ancora la maglietta attillata, ma sotto ha i pantaloni dell’Amburgo.
Afferra un altro cornetto e lo addenta con gusto.
Porto l’aranciata alla bocca mentre non riesco a togliere gli occhi dai suoi movimenti così lenti e calibrati, perfetti direi.
La sputo quasi in blocco: che schifo.
“Oddio, è amara.”
“Mh?”
“Mi piace con lo zucchero.”
“Tieni prendi la mia è già zuccherata, sai pensavo che… ah… voi donne siete sempre a dieta.”
Scoppio a ridere.
“Le altre donne, io non sono a dieta e non devo fare la modella.”
“Già.”
“Quindi oggi che facciamo?”
“Non vai a lavoro?” chiede perplesso.
“No, non mi sento ancora al cento per cento.”
“Allora ho un’idea: oggi relax, piscina calda, sauna e bagno turco, per buttare fuori tutti i germi. Dopo film. Che ne dici?”
“Vuoi uscire e andare in un centro benessere per caso?” indago.
“Mh! Mi sa che non ti ho fatto vedere il lato nord della palestra vero?”
“No, Genzo mi sa di no! Però un’altra volta, proprio non me la sento di immergermi nell’acqua, ma accetto volentieri il film.”
“Aggiudicato il film!”
 
***
 
La guardo di traverso e mi fa sorridere il suo modo di saltellare sul divano a ogni scena più terrificante.
Ha un interessante modo di mordicchiarsi il labbro inferiore quando è agitata e nervosa.
“Se tieni le mani di fronte agli occhi Sanae non vedrai niente” le suggerisco.
“Non ce la faccio proprio.”
“Ma se hai scelto TU questo film? Ti avevo detto che ‘The Ring’ era un horror molto pauroso no?”
“Sì, sì me lo avevi detto, però è così famoso che ero curiosa di vederlo”.
Improvvisamente me la ritrovo abbarbicata al petto che stringe con entrambi i pugni la maglia.
Smetto anche ti respirare, non voglio spezzare il momento, lei volta il viso verso la TV e sbircia le immagini.
Mi scappa da ridere e non posso fare a meno di farlo.
Si volta di nuovo e preme la faccia sul torace, e anche se ho la maglia sento le sue labbra calde seguite dal fiato che arriva dritto alla pelle attraverso la stoffa.
Sta respirando veloce, ha paura.
In un gesto di protezione l’abbraccio mentre con la mano le accarezzo la schiena.
“Ehi, perché non cambiamo film?”
“Penso che tu abbia ragione” borbotta da sotto le braccia e incollata al petto.
Forse è meglio se si toglie da lì, inizio ad avvertire uno strano calore.
La discosto e cambio canale.
Cerco di mantenere un tono calmo e divertente al tempo stesso.
“Non ti farò mai più vedere un film horror, stanne certa!”
“E io non te lo chiederò più, puoi scommetterci.”
 
Un giorno totalmente in casa noi due da soli a non fare nulla.
Totale relax. Quanti anni sono che non passavo una giornata così?
Rifletto, e per quanto voglia scavare nella memoria non riesco a ricordare un momento del genere.
E sono stato bene con Sanae.
È la prima volta che trascorro una giornata con una donna senza dover partecipare a qualche cena importante o sfilata di moda di chicchesia…
Senza vestiti eleganti, senza dover prestare attenzione a come parli.
Una giornata da persone normali, lei in pigiama, io in tuta.
La comodità tutto il giorno.
Abbiamo giocato a Monopoli e Risiko.
Guardato film, preparato varie pietanze per il pranzo e ora siamo di nuovo in cucina insieme per organizzare la cena.
E mi piace da matti questa giornata, con lei, all’insegna della semplicità.
“Senti che buona?”
Si volta e me la trovo di fronte con una carota pelata e tagliata a pezzetti.
Praticamente mi sta imboccando.
Addento la croccante verdura e assaporo il gusto fresco.
“Ottima” rispondo afferrando un pezzetto dal piatto che ha preparato e imboccandola a mia volta.
“Fanno bene le verdure crude” le dico.
“Proprio per questo adesso preparo anche i ravanelli e finocchi.”
Torna al pianale dandomi le spalle.
“Puoi prendermi quella ciottola là il alto per favore?” chiede indicando l’oggetto del suo desiderio.
Mi avvicino e sfioro il suo corpo con il mio.
Deglutisco a vuoto mentre sollevo il braccio e raggiungo la ciottola in vetro che mi ha ordinato di prendere.
 
Scorro leggermente sul suo corpo e… ed è estremamente eccitante questa situazione, abbasso lo sguardo lei è immobile la testa piegata verso il basso.
Il coltello con il quale stava tagliando le verdure si è fermato, è lì sulla superficie.
La mano appoggiata a questa stretta in un pugno, sta respirando velocemente.
I capelli dondolano ai lati lasciando intravedere la pelle del collo.
Deglutisco ancora mentre le porgo la ciottola che ho tra le dita tremanti.
Faccio scorrere il braccio vicino a lei sfiorandola.
La piccola zuppiera adesso è vicino alla sua mano ancora stretta.
“Eccola” sussurro da dietro.
“Gr-grazie.”
Mi allontano.
Fuggo da lì.
Devo smetterla di flirtare con lei: adesso!
Tutta questa normalità, come se da sempre avesse abitato questa casa.
Tutta questa complicità, come se da sempre fossimo una coppia.
Mi manderà al manicomio ne sono certo.
 
La cena finisce tra silenzi sempre più imbarazzanti.
Evidentemente anche lei è rimasta colpita dal nostro contatto di poco fa.
Accenna un timido sorriso mentre mi propone di guardare un film insieme.
Nego con la testa.
“Meglio di no, Sanae.”
Uno sguardo profondo passa tra di noi con la consapevolezza che qualcosa sta cambiando.
“Ti aiuto a riporre e vado a letto.”
“Va bene, grazie.”
 
Con gesti lenti metto in ordine la cucina, facendo ben attenzione a evitare il minimo contatto.
Domattina a mente lucida tutto questo passerà ne sono certo.
“Buonanotte” dico appena finito.
“Notte a te Genzo!”
 
Vado in camera e chiudo la porta, mi appoggio a questa emettendo un profondo sospiro, e dopo essermi passato una mano su tutto il volto esclamo: “Perché Tsubasa mi hai chiesto di vegliare su di lei?… Perché?”
Un pugno volante impatta sullo stipite provocando un gran rumore e anche un gran dolore alla mano.
Sono proprio un’idiota.
Vado in bagno e faccio una bella doccia fresca per schiarirmi e idee.

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Capitolo 3
*** Capitolo 03 ***


… dieci giorni dopo Amburgo


Davvero non avrei mai immaginato che Amburgo fosse così bella.
Oggi Genzo è di riposo, così ha deciso di farmi fare un giro della città e devo dire che non mi aspettavo tutta questa magnificenza.
“Questo è il Municipio di Amburgo che è stato ricostruito, interamente, dopo che un incendio nel 1842 lo distrusse.”
“Oddio è bellissimo” esclamo osservando l’imponente struttura.
È mix di gotico, barocco e neo-rinascimentale. Molto grande, certo non si sono risparmiati. La facciata principale è larga 111 metri con una torre centrale alta 112. Resto incantata dalle parole del portiere, e devo ammettere che è un'ottima guida.
La città è fornita benissimo da mezzi pubblici, osservo Genzo al mio fianco che si destreggia in maniera sicura per le vie.
Ha tolto il cappellino, perché teme di essere riconosciuto, e indossato degli occhiali da sole, che con questa giornata plumbea non è che si addicano molto.
Devo ammettere che fa strano vederlo senza, sembra un'altra persona. Inoltre gli occhiali mascherano i suoi occhi.
I suoi splendidi occhi, oddio, che vado pensando.
Ma questo m’impedisce di capire dove si posa il suo sguardo e mi mette in imbarazzo, uffa.
Arriviamo alla Chiesa di San Michaelis. Che da lontano svetta con il suo campanile alto 82 metri, dal 1658 indica ai marinai che rientrano nel porto, attraverso l’Elba, qual è la direzione giusta.
“Bene e ora che hai scoperto il campanile che ne dici se andiamo fino in cima per guardare la città dall’alto?”
“Cioè TU vuoi arrivare lassù?” indico con un braccio l’altissimo campanile quasi con terrore.
“Dai possiamo scegliere se affrontare i 453 gradini o l’ascensore… a te la scelta.”
“453 gradini? Ma tu sei tutto matto!”
“Sei una pigrona Sanae dai muovi il culo.”
E imprigionandomi la mano mi trascina letteralmente su per i gradini dopo aver preso il biglietto.
“Avevi detto che potevo scegliere” piagnucolo mentre praticamente mi sta trascinando per le scale. Mano nella mano, dita intrecciate che non si sciolgono.
E mi piace questo contatto, mi piace.
Forse troppo.

“Ho pensato che oggi non mi sono ancora allenato, quindi questo può essere un buon sostituto.”
“Io non devo allenarmi però.”
Finalmente si ferma e posso così prendere un bel respiro, sono morta o sto per morire.
Il cuore batte all’impazzata.
“Tu mi vuoi morta” dico lasciandogli la mano e appoggiandomi al muro delle scale.
“Esagerata per due scalini!”
Risponde sorridendo, quel sorriso strafottente che… che “Fanculo Genzo in questo momento vorrei la tua testa su un piatto d’argento” lo ammonisco tra una boccata d’aria e l’altra.
“Sei fuori forma Anego” mi canzona.
“Non devo mica giocare a calcio, IO!”
“No, ma da piccola eri molto più allenata, non ti veniva il fiatone per così poco.”
“Così poco? Così poco?! 453 fottutissimi gradini.”
“Ahhh pigrona.”
E detto questo afferra ancora la mano e riprende il suo viaggio verso l’obiettivo.
E nonostante la gran fatica, nonostante mi stia venendo un tremendo mal di testa a furia di sentire il cuore nelle orecchie: devo dire che l’impresa appena fatta vale davvero.
Amburgo dall’alto è bellissima.
Mi perdo tra le parole di Genzo che continua a illustrarmi i vari quartieri e le prossime mete.
In base a quanto sta dicendo credo che questo sia solo l’inizio di questa faticosa giornata.


Dove diavolo mi ha portata!
Sono in imbarazzo, in profondo e totale imbarazzo.
Lo uccido. Giuro che lo uccido.
“Se è uno scherzo non è divertente!” lo rimprovero.
“Scherzo? Perché?”
“Hai visto quella vetrina?” chiedo tornando sui miei passi e afferrandolo per un braccio, per far sì che mi venga dietro. Ho appena visto un paio di mutande a forma di elefante… già immagino a cosa possa servire la proboscide. Avvampo al solo pensiero mentre Genzo esplode in una risata. Lo voglio morto!
“Beh, e allora che c’è di male? È un sexy shop… non t’imbarazzerai per così poco Anego! Sant Pauli è il quartiere più famoso a luci rosse di tutta Amburgo, pensa che qua vengono circa 15 milioni di ‘visitatori’ ogni anno!”
“15 milioni di deficienti!”
“Come siamo pudiche” dice picchiettandomi un fianco e canzonandomi per il rossore improvviso sulle guance.
“Piantala!”
“Comunque devi sapere che Sant Pauli era la meta preferita dei marinai di tutto il mondo che passavano le sere tra prostitute, birra e musica rock. Inoltre è proprio qua che i Beatles hanno cominciato la loro carriera suonando nei malfamati locali del Porto di Amburgo.”
“Ma dai, non ci credo!”
“Giuro, hanno iniziato proprio qua!” esclama indicando uno dei tanti locali.
Così entriamo e ci sediamo per gustare il piatto locale. Dopotutto è l’ora di pranzo.
Seduti al tavolo di questa specie di pub stiamo divorando un piatto tipico della zona. Finkenwerder Scholle, una sogliola cucinata con pancetta, e gli immancabili crauti con patate a far da contorno.
“Forse è meglio che al Capitano non racconto di questa gita.”
“Perché? Che c’è di male?”
“Genzo, mi hai portato in un quartiere a luci rosse” bisbiglio a bassa voce per non fami sentire. Ancora le gote si scaldano.
“Anego, non sei più una ragazzina, sei una donna sposata mica dovrò farti dei disegnini su certe cose.
Ancora scherza, ancora mi prende in giro e io vorrei il suo scalpo, non resisto e gli mollo un calcio sotto il tavolo.
“Sei impazzita!” esclama sorpreso.
“Smetti di prendermi in giro!”
Si sporge fino quasi a raggiungere il mio volto.
Afferra le gote con le mani stringendole leggermente come si fa con i bambini; poi esclama: “Confesso che adoro farti arrossire!”
Mi divincolo e incrocio le braccia al petto, sono furiosa.
“Sei impossibile.”
“E tu sei ancora più buffa arrabbiata.”
Veniamo interrotti dalla cameriera che ci consegna il dolce ordinato in precedenza. La Rote Gruetze, con lamponi, ribes rosso, nero e ciliegie.
Genzo prende una ciliegia e m’imbocca.
“Tieni almeno sarai meno acida.”
E non ci penso due volte mentre addento il frutto e anche il suo dito.
Lo ritrae velocemente mentre mi osserva sbigottito.
“Mi hai morso!”
“Smetti ti prendermi in giro allora.”
Ci fissiamo un attimo perplessi prima di voltarci e… notare che tutti ci stanno guardando, chissà che siparietto divertente stiamo inscenando.
“Sembriamo due ragazzini.”
“Già” rispondo prima di tornare seduta e iniziare a ridere con lui come una cretina.
E mi sembra di essere tornata a quando eravamo alle elementari e ci azzuffavamo per nulla.
Però: non mi ero mai divertita così tanto con il portiere!

***

Ok, ok forse ho esagerato con il quartiere a luci rosse.
Mi avevano portato qua una sera i ragazzi della squadra per festeggiare.
Ovviamente non faccio questo tipo di vita ma quella sera con tutta la squadra mi sono divertito tra varie prese in giro dei compagni.
Non sono andato a donne, non mi piace la prostituzione, comunque un paio di birre quella sera non sono certo mancate.
Forse portare qua Anego non è stata una saggia scelta, ma ho riso troppo.
Mi guardo il dito che porta ancora il segno della sua dentatura.
Cavolo che caratterino.
Ma come fa il Capitano a tenerla a freno?
Scuoto la testa perché con Tsubasa non l’ho mai vista comportarsi così, forse è un trattamento che riserva al suo nemico d’infanzia.
Bene, bene sorrido tra me, mentre varchiamo i cancelli della Miniature Wunderland.
Dopo la cultura un po’ di divertimento.
Wunderland è un capolavoro dell’arte della miniatura. Gli ideatori hanno ricostruito nei dettagli più impensabili la città di Amburgo e altre cittadine tedesche, le Alpi, la Svizzera, l’America, la Scandinavia.
Sanae saltella felice tra una cittadina miniaturizzata e l’altra.
Sembra una bambina, e io adoro vederla così felice.
Mi scalda il cuore e fa stare bene vedere quel sorriso stampato sul suo volto.
Siamo venuti qua anche con Clare, ma… ma con lei non ho provato tutto questo.
Tutto questo cosa poi?
Scuoto la testa tornando a guardare la moglie del Capitano.
Già, la moglie: devo tenerlo bene a mente.
“Oddio, è bellissima vieni” dice prendendomi la mano e intrecciando le dita con le mie.
La sensazione della sua pelle è magnifica.
Corre tra i passaggi pedonali che congiungono le varie opere e io la seguo con un sorriso ebete che certo non sono abituato ad avere, ma con lei… con lei il mondo, il tempo e lo spazio hanno assunto altri colori, altre tonalità.
Come diavolo farò quando se ne andrà e la mia vita piomberà ancora in questo grigiore?
Grigiore che non avvertivo prima del suo arrivo, ma che ora mi fa quasi paura.
Perché adesso la casa è invasa dalle sue chiacchiere, dalle sue risa e dalle sue incazzature.
E mi piace tutto di quello che condividiamo.
E adoro tutte le sue passioni.
Non credevo di avere così tanti punti in comune con Anego.
E pensare che da piccoli ci odiavamo… ma ora?
La guardo, le mani adesso si sono separate.
Perché lei è appoggiata alla balaustra dove sta osservando i personaggi, ambientazioni, luci, treni che funzionano realmente, aerei che si muovono sulla pista, taxi che aspettano i viaggiatori all’uscita degli aeroporti.
Il tutto è talmente curato che gli aeroporti riprodotti sono equipaggiati con luci e turbine che riproducono fedelmente il rumore originale di ciascun velivolo.
Li sta guadando come una bambina a cui hanno appena regalato la cosa che desiderava di più al mondo.
“Ti piace?”
“Genzo è la cosa più forte che ho visto in tanti anni, mi piace da impazzire.”
“Possiamo venirci ogni volta che vogliamo, non è così distante da casa.”
Si volta e getta le braccia al collo mentre sento un sonoro bacio impattarmi sulla guancia.
“Grazie, grazie!” esclama saltellando.
Ok, mi farà impazzire, solo adesso ne ho la consapevolezza, perché starle vicino è sempre più difficile.
Avrei voluto abbracciarla e farla roteare, ma non posso, non sono suo marito.
Marito che è anche il mio migliore amico. Devo tenerlo bene in mente.


Ma tutti i buoni propositi di tenere le distanze e quant’altro vanno a farsi benedire quando ci addentriamo in Jungfernstieg, ossia la via dello shopping. Tutti negozi di una certa importanza.
E sono un idiota per aver insistito nel fatto, che almeno una volta nella vita, lei dovesse comprare un vestito qua.
E ora che sono seduto in questa poltrona di lusso a vederla provare gli abiti penso che non sia stata una buona idea.
Questi vestiti sono tutti così… così sexy. Merda!
“Oddio questo è stupendo!” esclama rimirandosi nello specchio.
E devo dire che questo vestito indaco è bellissimo.
Lo spacco a lato della gamba lascia intravedere quel tanto che basta per risultare provocante e non volgare.
Sarebbe perfetto per una cena di gala.
“Ah Tsubasa non me lo farebbe mai mettere!”
“E perché scusa? Mica è volgare, anzi ti sta benissimo.”
“Ma dai e dove pensi che possa andarci con un abito del genere.”
“Io dico che le occasioni con il Capitano non ti mancano. Pensa quando il Barcellona vincerà, ci sarà una mega festa, mica vorrai essere da meno delle altre mogli?”
Inclina la testa dubbiosa, dopo torna a contemplarsi nello specchio compiendo un mezzo giro a destra e dopo a sinistra.
Bella. Non ho altre parole.
Scuoto ancora la testa, che diavolo sto pensando.
E poi non solo penso ma agisco e vorrei mordermi le mani per quello che sto per dire.
“Beh, te lo compro io, di sicuro un'occasione in questi mesi che starai qua la troviamo.”
Ho già detto che voglio vederla felice no?
E la sua faccia mi ripaga di questa piccola follia, la felicità esce da ogni poro mentre io sorrido soddisfatto.
“Non devi!”
“Certo che devo non vorrai mica farmi sfigurare?”
“Non credo che possiamo andare a una cena insieme Genzo, immagina i pettegolezzi…”
Abbasso lo sguardo, già la stampa.
“Beh, sai che facciamo, la cena la consumeremo a casa, chissenefrega!”
Perfetto, con questa ultima uscita mi gioco ogni buon proposito.
Mi alzo e vado verso la commessa che ci ha seguito finora. Non le do tempo di replicare.
“Prendiamo questo – dico rivolto alla ragazza, dopo mi volto – Sanae ti aspetto fuori.”
Devo prendere aria, vederla con quel vestito ha fatto andare il mio corpo a fuoco.

Poco dopo dei passi sommessi arrivano alle mie spalle.
Non mi volto mentre lei mi affianca.
“Grazie, ma non dovevi.”
“Ah, lascia stare ti sta divinamente e poi mi piace vederti sorridere.”
Ancora quel silenzio che cala tra di noi quando delle piccole confessioni si fanno strada nei nostri cuori.
E fa rumore questo silenzio. Un rumore assordante.
È il mio cuore che non riesce più a controllarsi in sua presenza.

Tutta questa immobilità viene spezzata dall’intruso di turno.
“Oddio non posso crederci ma sei il portiere dell’Amburgo?”
Ecco ci mancava pure il tifoso, tanto meglio, forse spezza quest’imbarazzo che è caduto su di noi.
Nella fretta di uscire non ho indossato gli occhiali da sole e ora ne pago le conseguenze.
“Sì, sono io.”
Sanae attende al mio fianco in silenzio.
“Posso avere un autografo?” chiede porgendo un foglietto e penna.
“Certamente” rispondo afferrandolo e iniziando a imprimere la mia firma.
“Se non sono troppo indiscreto: posso avere anche quello della tua ragazza?”
Restiamo un attimo inebetiti dall’affermazione del ragazzo.
Lei avvampa e io non devo essere da meno sento le goto belle calde.
“Non- non è la mia ragazza.”
Velocemente muove le mani di fronte ai nostri occhi.
“Ah si, ceeeeeerto, scusate non avevo pensato alla privacy e i giornali, non temere farò finta di non aver visto niente!”
“No, guarda, non hai capito, davvero, non sono la sua ragazza” ribadisce Sanae.
Fa l’occhietto come a confermare di aver ben capito, quando invece davvero non ha capito un cazzo.
“Ovviamente non siete fidanzati – dopo bisbiglia – non temete con me il vostro segreto è al sicuro.”
Ok, mi arrendo questo è un idiota totale, non si può pensare che inizi a capire da oggi.
Molto stufo del fraintendimento prendo il braccio di Sanae e la trascino via da lì.
“Dai andiamo questo è fuori come i terrazzi.” Le mormoro.
Lei inizia a sghignazzare mentre ci allontaniamo, evidentemente la sceneggiata è stata divertente.

Torniamo a casa stremati da questa magnifica gita.
Una volta entrati ci dirigiamo nelle nostre camere.
“Buonanotte” dice prima di separare le strade in cima alle scale.
“Buonanotte a te Anego.”
“Grazie per la magnifica giornata, mi sono divertita moltissimo.”
“Sono contento e non hai ancora visto tutto di Amburgo, possiamo certamente ripetere l’esperienza.”
“Più che volentieri, notte!”
Le porte si chiudono.
Mi appoggio con le spalle alla mia.
Stare con lei sta diventando sempre più bello.
Troppo bello, devo togliermela dalla testa.
Ora!
Ma temo che sia già entrata troppo in profondità per andarsene senza lasciare traccia.


… venti giorni dopo Amburgo



“Sanae… sei in casa?” la voce proviene dal piano superiore. Genzo dev’essere tornato. Guardo l’orologio, aggrotto le sopracciglia, è decisamente presto per lui.
Come mai è tornato adesso?
“Sono in palestra” rispondo da sotto.
Passi veloci scendono le scale.
Lancia la borsa a terra imbronciato.
Va allo stereo e accende la musica.
“Che è successo?” indago continuando a fare i miei esercizi.
“Si è rotta la caldaia al campo, quindi, niente doccia calda, devo riprendere subito l’allenamento prima di raffreddarmi.”
Detto questo toglie la giacca, la felpa e sale sul tapis roulant.
Imposta il programma e inizia a correre.
Resto un attimo stordita dalla nuova compagnia che ho in questa stanza.
Genzo è… è, fanculo non ho neppure una parola per definirlo.
Non so che cosa mi sta accadendo da quando condivido queste stanze con lui, da quando le nostre giornate scorrono tranquille insieme.
Tsubasa non è così presente a casa, è sempre al campo, o per allenarsi, o per allenare, o per parlare con allenatore – dirigente – compagni - custode tutti insomma.
Prima il calcio, dopo, forse, io.
Ma non è solo questo.
È qualcosa di più viscerale di più profondo, qualcosa che sembra rimasto in sospeso da quella famosa frase.

“Ma se hai appena detto che sono un maschiaccio”
“Beh, un maschiaccio carino!”
“Ti odio!”
“È già un sentimento.”

Credo che non esista tarlo più profondo del pensare al SE.

…cosa sarebbe stato se
…cosa sarebbe accaduto tra noi se
…cosa sarebbe accaduto se avesse parato tutti i goal.

Troppi SE stanno affollando la mia mente in questo momento.
Momento in cui non mi sono assolutamente resa conto di averlo vicino, estremamente vicino.
Scuote la testa.

“Non puoi fare così quest’esercizio, Sanae, ti farai male alla schiena!”
Mh? Dici a me?”
“No, al tuo riflesso nello specchio siamo in quattro in questa stanza non ti eri accorta” dice sorridendo e prendendomi in giro.
“Spiritoso, davvero spiritoso” lo canzono.
“Guarda si fa così.”

E non so come e perché ma sono tra le sue braccia.
Il respiro si blocca.
Lui è dietro, sento il suo torace sulla schiena.
Un braccio a fianco del mio che raggiunge il peso che tengo tra le mani.
Mani che adesso sono unite.
Mi mostra il movimento corretto e io sono andata a fuoco nel preciso istante che la nostra pelle è entrata in contatto.
Volgo lo sguardo a destra, dove le nostre braccia si muovono in sincronia.
Vedo i nostri muscoli tendersi per lo sforzo.
Sforzo minimo per lui, e per me, visto che il suo braccio mi accompagna.
Il movimento si ripete e io proprio non riesco a respirare, non più.
Il suo respiro muove delicato i miei capelli, in un ritmo lento.
Sembra quasi che stia inspirando il mio profumo.
E quando credevo che tutto questo fosse già terribilmente eccitante, accade qualcosa che fa vibrare tutta la pelle. Nell’attimo esatto in cui l’altra mano libera cinge il fianco sinistro.

“E qui – dice sfiorandomi il ventre – devi irrigidire gli addominali.”
Annuisco come un automa.
La sua voce così calda, roca e decisa.
L’esercizio continua, per l’esattezza vorrei che non finisse mai.
“Hai capito?”
Annuisco ancora incapace di proferire parola.
Sono completamente in balia di lui e del calore del suo corpo.
Calore che avverto distintamente su tutto il retro.
Calore che non vorrei che si spostasse da lì.

Ma l’incanto dell’esercizio finisce e con lui il calore.
Si allontana e sceglie un altro macchinario per completare il suo allenamento.
Ha deciso di rafforzare le gambe… come se ce ne fosse bisogno poi.
Tormento il labbro inferiore cercando un po’ di tranquillità.
Il telefono squilla, lo afferro: è mio marito.
Di colpo scendo con i piedi per terra, che diavolo sto combinando?

Afferro il cellulare e rispondo.
“Ciao Tsubasa.”
Genzo dalla sua posizione mi fa segno di salutarlo.

Parliamo un po’ del più e del meno.
Tra due giorni verrà a trovarmi.
Ne ho bisogno: decisamente!
Devo tornare con la testa sul binario giusto e si chiama Ozora, non Wakabayashi.

Ma è terribilmente difficile tornare su questo binario giusto se improvvisamente, ti ritrovi sollevata di peso e con la testa dondolante lungo la sua schiena prossima ad avere un incontro ravvicinato con i suoi glutei e a urlare come una quindicenne in preda all’isteria.
La canzone di Alan Walker – Faded si diffonde per l’aria, ed è perfetta.
Perfetta per questo istante.
Poco dopo l’acqua calda mi avvolge.
Mi ha letteralmente scaraventato in piscina, senza tanti complimenti.
Annaspo verso la superficie e quando riemergo lui che fa?
Sta ridendo da bordo della piscina come un bimbetto.
Me la pagherà.
Eccome se me la pagherà.
Non ho mai giocato così con nessuno, non avevo idea che sotto quella maschera burbera si nascondesse un fanciullo.
“Ah, Wakabayashi questa me la paghi!” esclamo incazzata nera mentre mi sto sollevando sulla scaletta.
Le note dolci ancora si disperdono nella stanza.
Affretto il passo e sono di fronte a lui.
Neppure l’accortezza di contenersi nella risata.
Prendo una leggera rincorsa e provo a spingerlo.
Niente, un muro, praticamente ci rimbalzo sopra.
“Anego, piantala!”
“Non sono più Anego, ho smesso di fare il maschiaccio.”
Mi scruta perplesso, poi con un dito affonda piano nella mia gota.
“Da come gonfi ancora le guance sembri sempre una ragazzina.”
E ride, di nuovo e di gusto. Poi quelle parole:

“Ah, ti odio”
“È già un sentimento!”

PIETRIFICATI.

Restiamo un attimo immobili, non posso crederci allora anche lui…
Più volte le nostre ciglia sbattono incredule, le bocche semi aperte; allora…
Scuoto leggermente la testa svegliandomi dal torpore che l’aveva avvolta.
Poi ricordo.
Ricordo che il solletico era il suo punto debole.
Quindi agisco, devo assolutamente spezzare questo stallo che si è creato.
Inizio a tormentargli il fianco. Scoppia a ridere e io con lui.
Indietreggia pericolosamente fintanto che il bordo della piscina non è finito.
Ho quasi vinto, ma nel momento in cui si accorge che sta per cadere nell’acqua, mi afferra per un polso trascinandomi con sé.
Tutto è ovattato mentre l’acqua calda intorno mi avvolge.
La musica ci accoglie anche sott’acqua, sorrido dentro di me, non si fa certo mancare nulla il portiere.
Apro gli occhi e lo vedo.
I colori hanno assunto tutti le stesse sfumature del celeste.
Celeste, come l’acqua che ci scorre intorno.
Mi sorride da sotto, i capelli ondeggiano di fronte al viso.
Minuscole bollicine passano tra di noi e accarezzano i nostri corpi.
Vorrei essere una bollicina in questo istante e sfiorare la sua pelle, ma il contatto non tarda ad arrivare perché, lo vedo allungare la mano, ma non sento nessun suono, l’acqua maschera tutto.
Maschera anche il contatto delle sue dita sul mio volto, maschera la sua mano che cinge la mia vita attirandomi a sé.
Aggrappata alle sue spalle mi sento trasportare verso l’alto.
Tutte intorno le bolle d’aria ballano con noi, sembrano sorriderci mentre ci solleticano.
E non vorrei tornare al mondo reale, vorrei starmene qua, dove tutto è ovattato, dove il rumore della vita vera non può arrivarmi alle orecchie.
Dove solo le note della canzone ci accolgono.
Fuori dal caldo liquido prendiamo aria a grandi boccate continuando a ridere come degli scemi.
Scemi che sono abbracciati e pericolosamente vicini.
Scemi che stanno conducendo un gioco seducente troppo pericoloso.

Perché io sono sposata.
Perché io sono la moglie del suo migliore amico.
Perché potrei rovinare un’intera nazionale di calcio.
Perché…
Perché…

Perché alla fine il tarlo del SE è rimasto insito in me. E la paura di scoprire cosa poteva essere stato si fa sempre più insistente.

Mi fa roteare più volte, fintanto che le risa si spengono e i fiati si spezzano.
Fintanto che al limite dell’imbarazzo ci stacchiamo.
Fintanto che torniamo al nostro ruolo di amici.
Amici e basta.

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Capitolo 4
*** Capitolo 04 ***


…venticinque giorni dopo aeroporto Amburgo
 
“È in arrivo il volo da Barcellona, siete pregati di attendere i passeggeri al gate 22.”
 
La voce dell’altoparlante è forte e chiara, non c’è più scampo Tsubasa sta atterrando.
In lontananza lo guardo e inizio ad agitare un braccio.
Lui mi nota e si precipita subito nella mia direzione.
Il portiere non è venuto, aveva da fare.
Meglio così, ho bisogno di ristabilire un contatto forte con lui.
E lo faccio subito appena sono tra le sue braccia.
Mi bacia con passione, dopotutto devo essergli mancata.
“Benvenuto ad Amburgo Capitano!” esclamo con saluto militaresco.
“Sanae, mi sei mancata molto.”
“Anche tu.”
Lo dico, ma… lo penso davvero?
Ho avuto così tante cose da fare che questi giorni sono volati, poi la sera a casa non sono mai stata sola, Genzo è sempre rimasto con me.
Ragiono un attimo, ma? Quanto tempo è che non si vede con Clare?
“Ehi, tutto bene?”
Scrollo le spalle.
“Certo, tutto perfetto. Genzo mi ha prestato l’auto per venirti a prendere.”
“Bene, lui dov’è?”
“Sai a quest’ora ha gli allenamenti. Vieni andiamo a casa, così potrai riposarti.”
“Non temere non sono stanco, anzi, visto che siamo soli in casa perché non ne approfittiamo?”
Arrossisco, anche se l’ultima parte della frase è stata soltanto bisbigliata al mio orecchio.
“Capitano!” l’ammonisco.
 
 
Mi sveglio contro il corpo caldo di mio marito.
Avevo davvero bisogno di ristabilire un contatto con lui, anche fisico.
Il suo respiro caldo contro il collo, mi solletica e rilassa.
“Mi sei mancata sai?”
Bisbiglia contro la mia pelle.
“Anche tu Tsubasa, tantissimo.”
E adesso ne sono consapevole: la lontananza è sempre stata difficile tra noi.
Come se poi non fossimo abituati, dopo il Brasile, ma ritrovarsi come anni fa… mi sembra di fare come i gamberi e tornare indietro.
“Ti va se andiamo a visitare Amburgo oggi, sai è davvero carina, Genzo mi ha portato già due volte in centro e mi sono promessa che dovevi vederlo anche tu!”
“Ottima idea, ma prima ho bisogno di far scorta di amore, per affrontare i giorni futuri.”
E nel giro di poco tempo mi ritrovo ancora avvolta dal caldo abbraccio di mio marito.
 
 
Passeggiamo per le vie di Amburgo quando un dolce ricordo mi assale.
Perché una volta partiti dal Brasile abbiamo girato un po’ per l’Europa prima di scegliere dove Tsubasa voleva giocare.
Ricordo ancora la frenesia di quei giorni, perché quello è stato un po’ il nostro viaggio di nozze.
Perché mio marito finalmente entrava a far parte del suo sogno. Giocare a livelli altissimi nel calcio europeo prima e mondiale dopo.
Noi felici e spensierati per le vie delle città più famose.
Felici e innamorati.
Mi volto, mano nella mano percorriamo le vie in silenzio.
Quando sono venuta con Genzo è stato così… così interessante ed eccitante allo stesso tempo.
Il modo di raccontare la storia di questa grande città da parte del portiere mi ha letteralmente incantata.
Tento di coinvolgere Tsubasa in un qualsivoglia discorso, ma lo vedo che si sta annoiando.
“Sai stasera abbiamo organizzato per andare al cinema tutti insieme, così conoscerai anche Clare la ragazza di Genzo.”
“Ah, perché ha una donna?”
“Sì, stanno insieme da circa un anno!”
“È una cosa seria allora per lui.”
“Boh, non so; lui afferma di no, sai non vuole portarla a mangiare dai suoi…”
“Perché Genzo va a mangiare dai suoi?”
“Certo, sai che noi ci siamo sempre fatti un sacco di film sui suoi genitori inesistenti? Ha un ottimo rapporto con i suoi parenti invece.”
“Chi lo avrebbe mai detto.”
“Già.”
 
 
… Cinema Amburgo
 
 
Non ho davvero capito perché siamo dovuti venire tutti insieme al cinema.
Vero che Genzo e Ozora sono amici da una vita.
Vero che lei è loro amica da una vita, ma io al cinema avrei voluto venirci soltanto con il mio ragazzo.
Ammettiamolo, da quando in casa girella questa qua, lui… è cambiato, tanto, troppo.
 
Oggi non esco, sai Sanae…
Oggi non posso, sai Sanae…
Oggi devo accompagnare Sanae…
Oggi pranzo con Sanae…
 
E che palle ‘sta Sanae…
 
Ok, sono amici.
Ok, era tanto che non si vedevano ma, cazzo, tutto gira intorno a lei.
Neppure con me è mai stato così.
Tutte queste premure non le ha mai avute.
E lei… lei fa la principessina sul pisello.
Inizio a odiarla sia chiaro.
Senza contare che il nostro tempo, che già era poco, si è ridotto drasticamente.
Anche adesso, nonostante siamo già seduti, i due continuano a parlare ininterrottamente.
Sollevo lo sguardo al cielo, mi sporgo all’indietro per guardare Tsubasa, ma non pare curarsene più di tanto mentre lo vedo armeggiare con il cellulare.
Afferro il braccio del mio ragazzo avvicinandomi al suo orecchio; finalmente mi dà udienza.
“Genzo, senti, avrei voglia di stare un po’ con te stasera, vieni da me?”
“Oh Clare, scusami, ma sai ci sono i miei amici e avevamo deciso di cenare tutti insieme.”
“Va bene, ma dopo cena?”
“Tsubasa ha portato dei video di quando eravamo piccoli e sinceramente avrei voglia di vederli, ovviamente sei la benvenuta.”
“Ok” ammetto stancamente: è una battaglia persa.
Ovviamente sono invitata: fanculo!
Le luci si spengono e alla buon'ora, afferro la grande mano del mio portiere e intreccio le dita alle sue.
Le stringe, ma sento svanire le ultime sommesse risate scambiate con l’altra.
 
***
 
Stasera vedremo i video di quando eravamo piccoli: non vedo l’ora!
Ho discusso del film con Genzo; Tsubasa sta guardando i risultati delle partire sul cellulare.
Siamo così schierati: Mio marito è alla mia destra, mentre ho il portiere a sinistra.
Clare ovviamente è dall’altro lato vicino a Genzo.
Luci spente si parte.
Questa trilogia degli Hunger Games mi piace da matti, inoltre ho già letto tutti i libri e li ho adorati.
Considerato che i film finora sono molto fedeli ai libri, direi che hanno fatto un ottimo lavoro.
Discutevamo di questo con Wakabayashi, perché anche lui ha letto i libri.
“Vado a prendere i pop-corn” dice improvvisamente Tsubasa al mio fianco.
“Ok, ti aspetto qua!”
“Genzo, vado un attimo al bagno!” esclama Clare rivolta al suo ragazzo.
“Mh-mh” risponde Genzo impegnato nella masticazione del mais.
“Vuoi?” dice poi rivolto a me porgendo il sacchetto che mette esattamente in mezzo.
“Grazie” rispondo pescando direttamente.
Uno, due, tre pop-corn, fintanto che, sfioro le sue dita dentro al pacchetto.
Rabbrividisco all’istante, i nostri respiri si bloccano mentre restiamo immobili con le mani incastrate nel sacchetto.
Le sue dita sopra le mie sono come pietra, immobili. Poi mi sfiora impercettibilmente. È caldo.
E quando giro la mano, piano, verso l’alto per far si che i nostri polpastrelli si sfiorino, penso che ho perso totalmente la ragione in questo istante.
Istante nel quale le nostre impronte digitali prendono a sfiorarsi in un delicato massaggio.
Ancora con gli occhi fissi puntati allo schermo come se niente fosse, come se le nostre mani non si stessero toccando; come se appartenessero ad altre persone.
“Accidenti c’era una fila…”
La voce di Tsubasa mi fa sobbalzare, e tolgo talmente velocemente la mano da lì che faccio cadere il pacco a terra.
“Scu-scusa” mormoro chinandomi per raccoglierlo.
Genzo compie il medesimo gesto e ci troviamo così, con i volti a un soffio l’uno dall’altro.
Restiamo a fissarci un secondo, sento quasi il suo respiro sulle labbra.
“Non fa niente” risponde riferito al pacchetto dei pop-corn finalmente al sicuro tra le sue mani.
Ancora ci siamo sfiorati mentre lo raccattavamo, ancora ci siamo soffermati, ancora ci siamo accarezzati.
Torniamo composti ai nostri posti.
Ma non so perché e neppure per quale pazzo motivo, ma sposto il ginocchio tanto da toccare il suo.
Mi volto lentamente per guardarlo, ma fa finta di niente mentre sento le nostre ginocchia sfiorarsi delicatamente.
Ok, è ufficiale: siamo impazziti!
Ma non posso farne a meno, ma non posso fare a meno del suo contatto.
Le mani quasi in sincronia tornano a pescare i pop-corn, anche se in bocca ne sto mettendo veramente pochi, sto cercando soltanto la sua pelle.
Pelle che continua a sfiorarsi, a toccarsi, a premere.
Da buio sta diventando nuovamente illuminato. Le mani tornano al loro posto.
Tsubasa va al bagno, Clare al bar.
Noi restiamo lì.
Sguardo fisso allo schermo spento.
“Sanae io…”
“Non parlare, ti prego non farlo, perché non ho una risposta.”
“Qualsiasi cosa stia accadendo, dobbiamo smettere… noi siamo amici.”
Mi scappa da ridere, perché amici non lo siamo mai stati, al massimo nemici. Quindi glielo dico: “Al massimo siamo stati nemici Genzo, adesso invece…” lascio cadere la frase perché non so più come gestire questa cosa.
“Adesso siamo amici e tali dobbiamo restare – sospira -  aiutami in questo, ti prego…”
Annuisco impercettibilmente.
Perché capisco cosa intende.
 
Anch’io non devo creare la situazione.
Anch’io devo fare la mia parte.
Anch’io devo mantenere il mio ruolo di moglie del Capitano.
 
E improvvisamente sento che questo ruolo mi va stretto, sento che avrei voglia di essere libera per vivere… questa… questa cosa? Esattamente?
Quest’attrazione?
Quest’avventura?
Questo sentimento?
Sentimento, che parola grossa, ho la testa confusa mentre i nostri compagni tornano seduti al loro posto.
Un ultimo sguardo al portiere. Quel sorriso appena accennato, oddio mi farà impazzire, ne sono certa.
Ce la metterò tutta, ma temo di essere già troppo avanti.
Lo penso, ma non lo dico.
 
Ancora una volta pietrificati allo schermo, ancora le ginocchia in contatto, ma stavolta non si accarezzano, stavolta si toccano senza amarsi.
Amarsi… che vado pensando, scuoto leggermente la testa mentre torno a guardare il film.
Film che in realtà non sto seguendo, fortuna che ho già letto il libro.
Libro e conseguente lettura, altro punto in comune con Genzo.
Sospiro, mi volto verso Tsubasa, l’amore di una vita.
Che cosa abbiamo in comune? A parte la scuola e il club del calcio?
Io leggo, studio, lui segue solo il calcio.
Non ha altri interessi.
Come mai noto tutto questo soltanto adesso?
Ripenso alla premura del portiere quando mi sono sentita male, alla giornata passata insieme in pieno relax di casa.
Vestiti comodi, senza tanti fronzoli.
Il ridere, lo scherzare insieme.
Torno a guardare Tsubasa, non ho questa complicità con lui… perché?
Lui gioca soltanto a calcio, ma non ‘gioca’ mai con me… invece Genzo.
Genzo, Genzo, Genzo.
Da quando sono arrivata non riesco a togliermelo dalla testa.
Finalmente il film finisce e torniamo verso casa.
 
… Casa Wakabayashi
 
Ho fatto benissimo a portare i video delle partite in cui eravamo piccolissimi.
“Oddio Sanae non mi ricordavo che quell’uniforme da maschiaccio ti donasse un’aria così minacciosa” esplode Genzo osservando il video e prendendo in giro mia moglie.
“Ah-ah, davvero spiritoso, alla fine ero l’unica a tenerti testa” risponde imbronciata.
“Sappi che te lo lasciavo fare soltanto perché eri una ragazza… alla fine!”
Continuano a battibeccare da tutta la sera, non hanno fatto altro che parlottare, di libri e non so che altro, parlano fitto fitto e dopo ridono.
Ma da quando hanno tutta questa confidenza?
Alzando un sopracciglio continuo a guardarli con crescente angoscia.
Effettivamente convivere per tutti questi giorni insieme, forse è naturale una cosa del genere.
Osservo Clare dall’altro lato, sbuffa sonoramente, ma nessuno pare curarsi di lei.
“Oddio Tsubasa, ma questo è l’incontro con Kojiro ho sempre temuto che non ne saresti uscito vivo!” esclama mia moglie.
Sorrido al ricordo, effettivamente stavo davvero male, è solo la grande passione per il calcio che mi ha permesso di andare avanti.
“Guarda che pur di vincere sarebbe sceso in campo anche senza le gambe” sbotta Genzo in un sorriso.
Già, lui mi conosce più che bene.
“Senti chi parla quello che sta in porta anche con i polsi rotti.”
“Dettagli!” risponde il mio amico.
“Scusate se interrompo i vostri ricordi, ma io sarei stanca e vorrei andare a letto!”
L’esplicita occhiata che Clare lancia a Genzo mi fa quasi arrossire.
“Sanae, andiamo anche noi?”
“Mh? Che peccato erano forti questi video” si lamenta.
Con la testa faccio un cenno per far si che capisca che siamo di troppo.
Sgrana gli occhi e borbotta un “Ops” facendo un finto sbadiglio.
“Oh, sì, pure io sono stanca meglio andare” si affretta a chiarire mentre si alza.
La seguo e auguro la buona notte a tutti.
 
 
Dopo che la notte è trascorsa tranquillamente, ci ritroviamo tutti in cucina per la colazione.
Genzo indossa solo dei pantaloni corti, ma che cavolo: sta sempre così a colazione?
Poi rifletto, ovvio è casa sua, nudo non è… però…
Anche Sanae è in canottiera e un paio di pantaloncini corti, forse un po’ troppo.
Entra e si siede.
Vado a fare l’aranciata seguito dal portiere.
“È per Sanae?”
“Sì, perché?”
“Di solito ci mette due cucchiai di zucchero, lascia faccio io” dice prendendomi la bibita dalle mani.
Mi volto un attimo stranito.
Mette la bibita tra le mani di Sanae dopo averla girata.
“Grazie” risponde lei con un sorriso.
Inarco un sopracciglio, ma che diavolo sta succedendo?
“Tu, Clare, non ricordo, la bevi l’aranciata?”
Ecco e con questa domanda la bocca mi cade sul pianale, come?
Conosce i gusti di Sanae, ma non quelli della sua ragazza?
Cioè! Il mondo si è capovolto e io non lo sapevo?
Poi un oscuro pensiero, neppure io so i gusti di mia moglie, mi ha detto che prendeva l’aranciata, ma usciamo sempre a orari differenti da casa e difficilmente consumiamo il primo pasto della giornata insieme.
“Sì, grazie, ma io la prendo amara” risponde Clare.
“Ah già la dieta” ribatte il portiere.
Sanae sghignazza; che ha da ridacchiare?
Genzo si è voltato, ma sta sorridendo anche lui, non posso crederci la stanno prendendo in giro?
Sembrano due ragazzini.
“Che avete da ridere?” indago.
“Mh, nulla sai Clare fa la modella e gli zuccheri sono vietati” mi spiega Sanae.
“E allora?”
“Allora niente ridevo perché l’altra volta Genzo mi aveva fatto l’aranciata amara e manca poco butto fuori tutto; ridevo per questo, ripensando a quella scena.”
“Piacerebbe anche a me zuccherata, ma sai… il mio lavoro me lo impone” dichiara un po’ stizzita la modella.
“Capisco, infatti non potrei mai e poi mai fare un lavoro come il tuo, compimenti per la tenacia” chiarisce mia moglie; anche se alla fine mica l’ho capito se la sta prendendo per il culo.
Il portiere se ne sta zitto al suo posto dopo aver portato l’aranciata alla sua donna, rigorosamente amara.
Continuo a restare perplesso sull’atteggiamento un po’ troppo complice del mio amico e di mia moglie.
Cerco di non pensarci mentre do la colpa alla convivenza forzata di questi giorni.
Non so quanto sia stata una buona idea chiederle di alloggiare qua.
Stasera partirò e sinceramente non sono così tranquillo, manca ancora così tanto tempo alla fine di questo progetto.
 
 
Stanno chiamando il mio volo. Afferro il trolley e con l’altro braccio cingo mia moglie baciandola con passione.
Con il mio amico ci siamo già salutati, è in disparte per lasciarci un po’ d’intimità.
“Allora ci sentiamo per telefono ok?”
“Perfetto Tsubasa, mi raccomando appena arrivi chiama!”
“Sarà fatto, a presto.”
Ci scambiamo un altro bacio veloce e dopo raggiungo il Gate.
Sanae raggiunge Genzo, lo affianca e insieme mi salutano.
Niente, questa strana sensazione permane mentre indietreggio salutando.
I due si voltano e vanno verso l’uscita, stanno parlando, dopo lui le scompiglia i capelli, lei ride e gli dà una gomitata nel fianco.
Adesso ridono tutti e due, non si voltano più.
Smetto pure io di guardarli perché questa complicità mi urta e non poco.
Imbocco l’entrata e supero i controlli del biglietto, forse mi sto facendo troppe paranoie.
Cerco di non pensarci mentre sistemo la valigia e prendo posto.
Ma la sensazione di inadeguatezza permane mentre l’aereo per Barcellona decolla.

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Capitolo 5
*** Capitolo 05 ***


Capitolo 05
 
Perché la scelta dei genitori di Genzo così uniti con il figlio?
Allora...
Primo: per uscire un po’ fuori dai soli schemi che ‘sti pori genitori siano dei bastardi…
Secondo: Genzo significa terzo figlio quindi deduco che possa essere stato pure coccolato e un po' viziato dai fratelli.
Terzo: a differenza di altri personagi nel manga Genzo interagisce con i suoi genitori... vedi la telefonata per andare in Germania. Altri personaggi sembrano proprio orfani in quanto le famiglie non compaiono affatto. Insomma, forse, Genzo non è così 'orfano' come spesso viene figurato.
Quarto: questa immagine potrebbe spiegare molte cose…

 

forse non è proprio vero che non tengano al figlio.
Buona lettura
Sanae77

 
 
… cena genitori Wakabayashi
 
 
Guardo i miei genitori discorrere con Sanae come se si conoscessero da decenni.
Mia madre poi… non ho davvero parole, sembrano complici.
“Sanae devi vedere com’era carino da piccolo, guarda guarda” la invita mostrandole le foto di quando ero poco più che poppante.
“Mamma per favore…” la voce rasenta la supplica sono in estremo imbarazzo.
Mi avvicino alle loro spalle e sento sghignazzare la manager.
E adesso capisco pure il perché.
Gli sta facendo vedere le foto di quando faccio il bagnetto, avrò più o meno tre-quattro anni.
Mi passo una mano su tutto il volto… che figura di merda!
“Anego, quanto vuoi per stare zitta?” tenterò la corruzione non ho altra scelta.
“Genzo queste non hanno prezzo, non quando lo racconterò a Ryo stanne certo.”
Le due donne esplodono in una risata e io so di essere fottuto.
Chi cazzo me lo ha fatto fare di portarla a cena dai miei?
Porca miseria mi sono sempre ripetuto di non portare ragazze da mia madre, perché tanto lo sapevo che la fine sarebbe stata questa.
“Vieni, lasciamole sole” dice mio padre da dietro indicandomi con la testa la porta dello studio.
È il momento di due chiacchiere tra uomini.
Entriamo e come la solito lo vedo avvicinarsi al bar.
Prende il suo liquore preferito e come sempre ne offre anche a me.
Tutte le volte ci prova, ma io non amo questi alcolici, in realtà non amo proprio i liquidi ad alta gradazione, ma papà tutte le volte tenta, credo sia più per cercare compagnia, che per bere.
“Carina Sanae, sembra proprio una brava ragazza. È tanto che state insieme?”
Che cavolo dice?
“Papà che vai pensando! Non è la mia ragazza, è la moglie del Capitano, di Tsubasa Ozora.”
“Beh, peccato, ha buon gusto il tuo amico, quella è una donna, non quelle ragazzette che ti girano sempre intorno, tutte ossa per giunta poi…”
Incasso le spalle perché so che cosa intende. Alla fine, io, non ho mai pensato a una storia seria.
“Clare è la mia ragazza adesso” la butto lì, ma in realtà non so neppure io il perché, quasi sembra una giustificazione.
“Ah, sì, l’ho vista su qualche rivista, è tanto che state insieme? Credevo vi foste già lasciati? Sei sempre così riservato Genzo sulla tua vita sentimentale, non puoi capire la gioia di tua madre quando ha saputo che portavi a cena Sanae stasera. Sai che spinge per vederti sistemato no?”
“Lo so, me lo ripetere tutte le volte che vengo a cena. Con Clare è un anno che stiamo insieme.”
“Bene allora ce la presenti?”
“No, per ora va bene così.”
Si avvicina e posa una mano sulla spalla.
“Non è ancora quella giusta vero?”
Nego con la testa, perché, di fatto, quella giusta forse io non l’ho ancora trovata.
“Magari è più vicina di quello che credi, solo che non vuoi vederla.”
Inarco un sopracciglio perplesso, mica si riferirà ancora a Sanae? È sposata che diamine.
Ancora risate provengono dalla sala.
“Ma che stanno combinando?” domando a mio padre sempre più preoccupato.
“Temo che tua madre abbia attaccato con i filmati, immagino che le foto siano finite.”
“Dei salvatemi” dico prima di precipitarmi alla porta e irrompere in sala.
E quello che vedo mi dà la prova di quanto io sia fottuto.
Sanae sta letteralmente piangendo dalle risate, che diamine gli sta facendo vedere?
Arrivo di volata vicino a loro e vedo…
Vedo anche troppo.
Non posso credere che mia madre le stia mostrando la gita in campeggio.
Per l’esattezza la disastrosa gita in campeggio.
Mi ero fissato di montare la tenda da solo, pessima idea!
Perché nella notte era crollato tutto e noi fratelli eravamo rimasti intrappolati sotto.
I nostri genitori a testimonianza dell’accaduto ci hanno ripreso con la telecamera fintanto che non siamo riusciti a liberarci.
Ed è questo che stanno guardando, noi intenti a lottare per uscire dalla tenda.
Avrò circa otto-nove anni e ne esco tutto infuriato in mutande e maglietta.
Sanae sta letteralmente piangendo.
“Anego, piantala di sfottere.”
“Gi-giuro che non ho mai riso tanto in vita mia Genzo, te lo giuro!” ribatte e insiste.
“Mamma per favore almeno tu?” tento la strada della compassione, ma niente mia madre si volta con occhi a cuoricino e risponde: “Ma amore eri così carino tutto arrabbiato!”
“Sì, sì è vero S.G.G.K. eri così caruccio con le guanciotte paffute e gonfie di rabbia”
Afferro il telecomando dalle mani di mia madre e spengo la tv.
Adesso basta.
“Non è bello che ridiate così senza contegno voi due?” le ammonisco.
Sanae si alza e para di fronte a me.
“Forza non fare il timido voglio continuare a vedere il filmato.”
“Ma neppure per idea, scordatelo.”
Sollevo un braccio in aria per impedirle di prendere l’oggetto del suo desiderio.
Praticamente mi sta scalando per raggiungere la meta.
Non ce la farà mai, sono molto più alto di lei.
La guardo mentre sbuffa e suda sette camice per raggiungere il suo obiettivo.
Poi non capisco e scivolando mi trovo sdraiato sul divano con lei spalmata sopra.
“Preso!” esclama divertita per essere riuscita a strapparmi il telecomando dalle mani.
Lo passa a mia madre e con tono complice esclama: “Lo nasconda, lo tengo a bada io!”
Mia madre lo prende divertita e che fa? Scappa in cucina dopo aver dato il via al video.
Afferro Sanae per i fianchi e la sollevo letteralmente, dopo la sposto di lato e l’adagio sui cuscini.
Sta ridendo come una bimba, è davvero bella quando le sue labbra si piegano all’insù.
I nostri sguardi s’incatenano per un attimo mentre con una mano le ho bloccato i polsi al petto.
Con un ginocchio ho intrappolato le gambe.
Non può certo farcela contro di me.
“Siete due vipere messe insieme.”
Sbuffa un sorriso.
“E tu sei un permaloso burbero, lasciami che voglio vedere il video.”
“Ma neppure per idea!”
“Tanto il telecomando lo ha tua madre.”
“Ora vado a sistemare anche lei non temere.”
Rispondo lasciandola e dirigendomi dov’è scomparsa mia madre: la cucina!
Quindi a grandi falcate raggiungo la mamma, con la coda dell’occhio vedo anche mio padre divertirsi come un matto da questo siparietto improvvisato.
Ma che diavolo sta succedendo in questa famiglia? Non avevamo mai fatto una cena così.
Per l’esattezza non avevo mai portato una donna a cena.
Per di più ho portato Anego a cena, perché quella seduta di là non ha nulla della composta Sanae che sono andato ad accogliere all’aeroporto.
Ma che sta succedendo?
 
Mia madre al di là dell’isola mi guarda divertita.
“Dai mamma piantala, non metterti anche tu a fare la bambina” la supplico.
Lascia il telecomando alle sue spalle e arrivando di corsa mi prende per le spalle.
A un soffio dal viso mi mormora: “Oddio Genzo è così carina Sanae, sarebbe perfetta per te!”
Mi passo una mano su tutto il volto.
“Ma che diavolo avete tutti stasera, è sposata, è la moglie del Capitano!” dichiaro esasperato.
“Uh, dettagli, Capitano che non c’è! Beh, sai che ti dico, non doveva lasciarla così tanto tempo da sola con un bel ragazzo come te poi…”
Sgrano gli occhi: ha bevuto, non c’è altra spiegazione.
“Mamma è una donna sposata per Dio! Con il mio migliore amico per giunta!” insisto.
Agita le mani di fronte al mio volto.
“È che siete così affiatati, così carini, non ti avevo mai visto così in sintonia con una donna Genzo!”
“Mamma… non mi avevi mai visto con una donna in generale finora” preciso. Perché non ho mai portato una donna dai miei genitori, perché hanno avuto notizie soltanto attraverso i giornali.
“Appunto per questo, stasera che hai portato lei… beh, è perfetta!”
Sollevo gli occhi al cielo.
“Ti ricordo che l’ho portata soltanto perché è ospite a casa mia, uno.
Non volevo lasciarla sola, due.
Pensavo ti facesse piacere parlare con una tua connazionale, tre.
Quindi qualsiasi idea malsana ti stia venendo in mente, beh! Fattela passare!” le ordino.
“Uff, più invecchi, più diventi scorbutico. Alla fine nessuna ti vorrà più. E io? Quando pensi di farmi diventare nonna: è? A novant’anni? Quando non potrò più giocare con i miei nipotini?”
I miei occhi si allargano ancora di più.
“Mamma per carità… chi ti ha detto che vorrò mai sposarmi.”
“Ricorda Genzo, il calcio finirà, è inevitabile, la gioventù passerà e a te non resterà niente. Mentre con una famiglia avrai ancora degli obiettivi di fronte a te, pensaci!”
Detto questo si solleva sulle punte mi avvolge in un caldo abbraccio e deposita un leggero bacio sulla mia guancia.
“Sei un bravo ragazzo amore, trovati una donna vera! Non quelle finte che hai frequentato finora, e vedrai che la tua vita migliorerà.”
Scioglie l’abbraccio e torna verso la sala.
Resto un attimo stordito dalle parole di mia madre.
Aggiro l’isola e prendo il telecomando, dopotutto ero venuto per questo no?
Torno in sala e guardo le due donne sedute sul divano, difficile che mia madre dica così di una ragazza. Anego deve proprio averla colpita.
Mi siedo e rido con loro, dopotutto la scena del campeggio era davvero esilarante. Papà al mio fianco annuisce soddisfatto.
Sembrerebbe tutto così perfetto se… se Anego non fosse sposata con il mio migliore amico.
 
***
 
Sulla soglia di casa Genzo mi aiuta a indossare il cappotto.
Sua madre mi abbraccia un’ultima volta prima di salutarci.
“Torna presto, stasera è stata una serata magnifica.”
“Grazie mille signora, ma non ho fatto nulla.”
“Oh, hai fatto molto, non avevo mai visto mio marito ridere così… è sempre così serio” dice picchiettando un fianco del consorte con il gomito.
“Mamma, allora ci vediamo tra due settimane.”
“Come tra due? Non vieni lunedì prossimo?”
“No, il prossimo non posso ho un ritiro.”
“Che peccato, mi raccomando però porta anche Sanae la prossima volta.”
“Non temere, resterà per molti mesi, avrete ancora svariate occasioni di parlare.”
“Bene, sono proprio contenta! Ehi, prenditi cura del mio bambino” dice poi rivolta a me salutandomi con la manina.
“Mamma ho venticinque anni, cavolo, non trattarmi come un poppante!”
“Non tema signora mi assicurerò che si pulisca bene le orecchie.”
Esplodiamo in una risata. Suo padre scuote la testa arreso e Genzo di conseguenza.
Dopo questi video si è giocato ogni reputazione.
“Andiamo!” dice prendendomi per un braccio e portando via da lì.
“Ho sempre sospettato che tu fossi permaloso.”
Saliamo in auto e dopo parla: “Sanae, non sono permaloso, ma stasera mi avete massacrato tu e mia madre.”
“Genzo non credevo ai miei occhi quando ho visto tutti quei video, hai dei ricordi magnifici con la tua famiglia.”
“Già, questo è vero, ma… sono privati, dai… ti ha mostrato le foto nude di quando ero piccolo, che vergogna.”
“Eri solo un bambino che c’è di male! Non farla lunga.”
“Vorrei vedere te al mio posto.”
Rifletto.
“Effettivamente… però eri troppo carino da piccolo.”
“Ah, grazie tante eh! Perché ora no?”
“Beh, ora sei anche meglio…” le parole sfumano in un tono di voce che quasi scompare, mentre sento salire il rossore sulle gote.
Cala un improvviso silenzio, mi volto verso il finestrino restando in contemplazione del paesaggio che scorre sotto i miei occhi.
Attendo che le guance tornino di un colore meno vistoso.
Spero che non si sia accorto di nulla, siamo in penombra per fortuna, ma la frase di certo non può che averla sentita.
Sospiro.
Dove andremo a finire con questa storia?
 
 
… trenta giorni dopo
 
 
… Amburgo casa Genzo
 
“Sì, sì, va bene stasera ci vediamo per una birra in quel pub, ok ci sarò” rispondo decisa al mio interlocutore telefonico.
Vedo Genzo seduto sullo sgabello della cucina intento a sorseggiare un’aranciata, lascia scattare un sopracciglio verso l’alto e dopo indaga: “Dove devi andare stasera?”
Agito le mani mentre al volo afferro un cornetto gli tolgo l’aranciata dalle mani e ne ingurgito un sorso. Mi guarda sempre più perplesso perciò mi giustifico: “Faccio tardi la tua è già zuccherata” addento il soffice cornetto quasi strozzandomi. Sono già in mostruoso ritardo e l’autobus non aspetta.
Tra un boccone e l’altro rispondo alla sua domanda.
“Allora, stasera, con i miei colleghi ci troviamo in un pub per una pizza, dopotutto è sabato e tutti ci meritiamo un po’ di svago dopo l’immenso lavoro di questa settimana.”
“Ma non ti vedi con Tsubasa?”
“No, sarà raro, lui è in pieno campionato e tra ritiri e partite non ho certo intenzione di tornare in Spagna a farmi accogliere da una casa vuota.”
“Ah! Pensavo che vi sareste visti.”
“Non questo week-end. Mh… È tardissimo ci vediamo stasera” detto questo esco dalla cucina e diretta infilo la porta: odio far tardi.
 
***
 
“Ok” torno a bere la mia bibita, ma un tarlo s’insinua in me e prima che sparisca dietro quella porta gli grido: “Sanae… stasera ti accompagno io al pub, è pericoloso per una donna sola girare per Amburgo.”
Si blocca e volta.
Un sorriso dolcissimo m’investe.
“Genzo, davvero non importa.”
“Insisto.”
“E va bene… ma con Clare te la vedi tu, è stata tua l’idea” detto questo gira il sedere ed esce come un tornado.
Resto pietrificato un istante prima di borbottare… cazzo Clare!
 
Afferro il cellulare e invento una scusa per stasera, non che dovessimo fare qualcosa di speciale, ma solitamente la sera ci vediamo.
Il giorno siamo sempre entrambi troppo impegnati.
Finisco l’aranciata e afferro un altro cornetto.
Finirà male con Clare se continuerò a star così dietro a Sanae, già me lo sento.
Ma, ma… non posso mandarla da sola con, con… scaccio il pensiero sono soltanto pochi giorni che conosce questi tizi, e se ci fosse un pazzo, squilibrato, maniaco?
Sto forse esagerando?
Ripensando però alle parole del Capitano… direi che, no, non sto esagerando.
 
E non ho affatto esagerato visto come sta evolvendo la serata.
Conto i boccali di birra sul tavolo e sono troppi per i commensali che vi siedono.
Devo riconoscere che i colleghi e colleghe di Sanae sono davvero simpatici e alla mano.
Soltanto uno è più grande rispetto al gruppo, ma ho capito essere il sovraintendente che dirige la ricerca.
Sarà un uomo sulla quarantina, che la guarda un po’ troppo insistentemente, ma essendo io sempre al suo fianco ha desistito da qualsiasi approccio.
Ci sono un paio di ragazze molto carine, hanno già chiesto a Sanae chi fossi, visto che il mio volto ricordava qualcuno.
Ovvio gioco nell’Amburgo…
Fa sempre piacere ricevere complimenti e vedere dipinto lo stupore sui volti della gente.
Anche se Sanae ha subito chiarito che non voglio seccature e che sono fidanzato.
Sollevo un sopraciglio e mi avvicino a lei dopo che ho udito la risposta.
“Che fai le metti in guardi da me? Oppure difendi Clare?” la stuzzico.
“Solidarietà femminile, so che sei molto pericoloso…” scherza.
“Ma chi io? Sono un bravo ragazzo.”
“Neppure mentre dormi.”
“Non puoi saperlo non hai mai dormito con me. Che poi dormire è un parolone” gongolo un po’ sull’ultima battuta.
“Ma piantala sbruffone!”
Il tintinnare di un bicchiere richiama la nostra attenzione.
“Bene, voglio fare un brindisi a questo magnifico gruppo di ricercatori. Che questa avventura ci porti a scoprire qualcosa d’importante per la scienza” dichiara il sovraintendente innalzando il boccale al cielo.
Mi fa quasi male il braccio da tante volte li abbiamo alzati, siamo tutti un po’ sopra le righe e ridiamo a ogni singola idiozia detta, ma quello che vedo in questo istante va al di là di ogni aspettativa.
L’uomo starnutisce in maniera violenta e i suoi capelli improvvisamente scompaiono dalla vista del gruppo, che lì per lì ammutolisce, per poi esplodere in una fragorosa risata, quando, la mano del ricercatore raccoglie il parrucchino dalla pizza filante.
Si affretta a indossarlo con ancora i fili di mozzarella che dal piatto arrivano alla testa.
NON POSSO CREDERCI!
Osservo un attimo Sanae lei si volta con occhi grandissimi, un micro secondo dopo è letteralmente accasciata sul tavolino piegata in due dalle risa.
E io non posso fare a meno che seguirla, una scena così non mi era mai, dico mai, capitata.
Ho fatto davvero bene a venire a questa cena era tanto che non mi divertivo così con gente comune, sto davvero bene con lei.
Mi volto, la osservo, forse sto troppo bene con lei…
 
 
Ok, ok stasera abbiamo esagerato con qualche bicchierino di troppo.
Me ne dà la conferma il vialetto di casa che osservandolo non è che sia propriamente in bolla.
O molto più semplicemente forse sono io che non cammino del tutto dritto.
Dei passi veloci arrivano alle mie spalle. Poco dopo un urletto.
“Portiere paramiiiii.”
E all’improvviso un peso aggrappato alla mia schiena. Non posso crederci mi è saltata addosso, è proprio andata.
“Sanae, ma sei impazzita. Potevamo cadere entrambi.”
“Ah, hai le spalle grandi, reggono bene” risponde ancora ancorata a me picchiando una mano sulla spalla, come a dare prova di quello che ha appena detto.
Metto le braccia dietro per sostenerla meglio.
Cammino così verso la porta di casa, con lei sopra.
Sta ridendo a crepapelle come una bambina, dopo la scena esilarante del suo collega che ha miseramente perso il parrucchino caduto nella pizza.
 
Credo di non aver mai riso tanto in vita mia.
“Oddio Genzo aveva un parrucchino, ma ti rendi conto? Un PARRUCCHINOOO!” e giù che ride di nuovo senza sosta vicinissima al mio orecchio. Si è sporta talmente tanto che i nostri volti sono quasi paralleli, e parliamo così, come se niente fosse, come se tutto fosse normale.
“Zitta, zitta, non dirmelo che ho ancora mal di stomaco.”
Arriviamo alla porta con passo terribilmente incerto, lei scende per permettermi di aprire.
La chiave nella toppa risulta essere una vera impresa.
“Fa provare me” dice lei improvvisamente afferrando le chiavi, ma niente non riesce, quindi afferro il piccolo oggetto di metallo e tento di nuovo.
Finalmente cede, e lo fa tutto insieme tanto che mi sbilancio in avanti e cado a terra, ovviamente Sanae mi cade rovinosamente addosso.
“Oddio, siamo caduti.”
“Tu, sul morbido di sicuro Sanae! Dai togliti sei completamente su di me” le chiarisco, come se non fosse già abbastanza difficile sentire il suo corpo così vicino, come se non fosse abbastanza complicato avere il soffio delle risa sulla pelle del collo.
Rabbrividisco, ma resto stoicamente immobile pancia a terra.
Avverto la rotondità del suo seno sulla schiena.
Le mani le sento risalire dalle spalle alla nuca lentamente.
Ha smesso di ridere, mentre io ho smesso di respirare.
“Co-cosa stai facendo Anego?”
“Tu non hai un parrucchino vero?” chiede mentre sghignazza come una scema.
“Ma che diavolo ti salta in mente?” rispondo mentre tento di alzarmi.
Finalmente si toglie da lì e sdraia di lato così che io riesco a voltarmi a pancia in su. Intanto con un piede do un calcio alla porta che si chiude con un tonfo secco.
“Cavolo fa pure freddo stasera! Ahia, che diavolo fai?”
“Genzo, noioso, mi piace tirarti i capelli, sai dovevo constatare se dicevi la verità.”
Si sporge quel tanto che basta sul mio petto, tanto che con la mano riesce a entrare tra i miei capelli, li accarezza.
Le dita là in mezzo le sento scorrere delicate, come la neve quando silenziosa cade di notte e la mattina al risveglio è tutto ovattato.
Ed è proprio così che mi sento in questo istante.
Annebbiato dall’alcol e dal suo tocco leggero.
Il viso a un passo dal mio, sento il suo odore mischiato alla birra che stasera certo ci ha tenuto molta compagnia.
Sono immobile. Il braccio sinistro è bloccato dal suo corpo, che adagiandosi sul mio lateralmente ne impedisce i movimenti.
Sento ancora il suo seno su di me, e solo il pensiero mi fa salire una vampata di calore improvviso.
“Avevi accettato quando ti avevo chiesto aiuto per restare amici.”
I suoi occhi nei miei.
Non sorridono più.
Nessuno dei due scherza più, siamo entrambi seri.
Sembra che improvvisamente tutto l’alcol che prima confondeva le nostre menti sia scomparso.
Siamo seri, tremendamente seri.
“Ma noi siamo amici.”
Nego.
Perché è troppo vicina, perché il suo odore mi conquista, perché la sua voce rimbomba nella mia testa.
Sono un uomo e non resisto più a questo stillicidio.
E anche se non dovrei anche se la ragione mi dice che è tremendamente sbagliato, sollevo il braccio destro e le afferro la nuca.
“Gli amici non fanno questo!”
E la bacio.
La bacio come non ho mai fatto con nessuna.
Sento rimbombare il cuore nel petto sotto al suo corpo.
Corpo che adesso è totalmente disteso sopra il mio.
Corpo che si sta muovendo con il mio.
Corpo che risponde al bacio e non solo.
Sento le mani infilarsi sotto la maglia, le dita scorrermi veloci sulla pelle.
Finalmente libero, il braccio sinistro trova il suo posto.
Perché mi rendo conto solo adesso, che lo stringo, che il fianco di Anego è adatto per il mio palmo.
Palmo che s’incastra perfettamente nella curvatura dei suoi morbidi fianchi.
Palmo che risale lentamente la sua pelle di seta sotto la maglia.
Pelle che s’incresca come il mare quando è sbattuto dal vento.
Anche l’altra mano abbandona la nuca per compiere lo stesso percorso della sorella.
Entrambe arrivano all’attaccatura del reggiseno.
Sono sempre più eccitato e non credo che questa cosa posa essere passata inosservata al suo corpo.
Si è tolta il cappotto, ma entrambi siamo ancora completamente vestiti.
Con un colpo di reni cerco di mettermi seduto, non ce la facciamo a staccare le labbra.
Mi aiuto con un braccio mentre con una mano sono ancora impegnato a lottare contro il laccio del reggiseno.
Intreccia le gambe alla mia vita imprigionandomi.
Il suo abbraccio si fa passionale, le mani mi stanno spogliando con foga.
La sento armeggiare con i bottoni dei jeans che indosso, ancora per poco.
Improvvisamente ci fermiamo, forse un istante di lucidità o di consapevolezza devo ancora decidere.
Le fronti appoggiate l’una all’altra.
Ansimiamo molto velocemente.
“Sanae io…”
“Zitto! Non parlare…” e non mi fa parlare mentre le sue mani afferrano la mia virilità oramai libera anche dai boxer.
E stavolta davvero non ce la faccio, ogni freno si spenge con questo gesto.
Gesto che mi porta a ribaltare la situazione e trovarmi su di lei.
La sento liberarsi dei pantaloni molto velocemente, tocco una natica e mi accorgo che è già nuda, evidentemente nello stesso istante ha fatto scendere anche la biancheria.
Ed è troppo che bramo questo istante.
Ed è troppo che portiamo avanti questo maledetto gioco.
Gioco che c’è sfuggito totalmente di mano.
Mano che è sul suo seno reso turgido dall’eccitazione.
E finalmente il suo corpo mi accoglie sprigionando tutto il calore che avevamo represso fin’ora.
Geme sotto le mie spinte, anche lei non aspettava che questo momento, lo sento.
Lo avverto da come si muove, da come mi cerca, da come vuole costantemente un contatto con la bocca, con le labbra, con il collo.
Le mani sembrano migliaia, le sento scorrere ovunque, so essere soltanto due, ma la sensazione è ben altra.
Finisce di spogliarmi così che possa assaporare finalmente il contatto con il suo seno.
Pelle contro pelle.
Spinte più veloci che si fanno sempre più esigenti.
Esigenza che sia mia, e mia soltanto.
Il piacere arriva improvviso, mentre la sento stringere ancora di più le gambe attorno al mio bacino.
Il mio seme si disperde in lei, mentre sussurri di piacere arrivano dritti al mio lobo facendomi rabbrividire.
Non avevo mai provato una sensazione così.
Non avevo mai provato un sentimento così.
Non mi ero mai lasciato andare con una donna così.
Così tanto da rischiare.
Con la moglie del Capitano poi.
Torno lucido all’istante.
Lei ancora ansante sotto di me mentre dalla bocca mi sfugge: “Ommiodio! Sanae che cosa abbiamo fatto…”
“Shhhh” sussurra sulle mie labbra per poi mordicchiarle e sigillarle con un altro bacio.
“Andiamo in camera” mi suggerisce.
Mi sollevo, vedo lei fare altrettanto.
Raccogliamo i vestiti sparsi sull’ingresso.
Sento la sua mano scivolare sulla mia e intrecciarsi a questa.
“Vieni andiamo a letto” ancora taccio completamente imbambolato da quanto accaduto e dal suo corpo nudo.
Arrivati in cima alle scale la vedo trascinarmi verso la mia camera, mi volto a sinistra; quella sarebbe la direzione che avrebbe dovuto prendere.
Quella è la retta via.
Ma la strada giusta è stata smarrita già sul portone d’ingresso e non solo.
Entriamo e chiudiamo lasciandoci tutto alle spalle.
La notte è ancora lunga e prima che il sole torni a far luce sui nostri pensieri possiamo amarci ancora.
Prima che la ragione torni a occupare questa mente offuscata dalla serata, dall’eccitazione, dal gusto del proibito.

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Capitolo 6
*** Capitolo 06 ***


Capitolo 06
 
 
… Amburgo casa Genzo
 
Provo a muovermi, ma qualcosa mi trattiene. Apro un occhio, la luce entra prepotente dal leggero spiraglio dello scure.
Ma che ore sono? Tento di gettare un occhio alla sveglia, ma…  non c’è.
Finalmente capisco che cosa mi trattiene e pesa addosso.
Il braccio di Genzo.
MH?
IL BRACCIO DI GENZO?
Tento di muovermi, ma proprio non riesco.
Anche se il mio leggero spostamento lo sta facendo borbottare.
“Ehi, dove vai?”
Sussurra all’orecchio baciandomi il collo.
Riconosco all’istante questo bacio, questo brivido, perché mi ha baciata così tutta la notte.
Notte che ho trascorso con lui.
Sollevo un secondo il lenzuolo e guardo verso il basso.
Sono nuda, mi volto leggermente, e anche lui.
Riesco a portare una mano alla bocca e a trattenere un urlo.
Provo a ricostruire il tutto.
E vedo, vedo tutto.
È soltanto colpa mia, e di quella birra di troppo, che ha cancellato ogni freno inibitore che finora ero riuscita a tenere a bada.
Abbiamo passato la notte in questo letto a fare l’amore.
E già capisco che non è solo sesso.
“Genzo?” lo chiamo piano, perché francamente tra tutti e due ieri sera eravamo molto su di giri, magari avrà creduto di essere con Clare.
“Mh?”
“Sei sveglio?”
“Sì…”
“Sai cosa è successo vero?”
“Sì… so cosa è successo.”
“Cosa facciamo?”
“Sei tu quella impegnata Sanae, io sono quello più libero.”
“E Clare?”
“Clare è l’ultimo dei miei problemi adesso. Non l’ho mai amata, non come mi sono reso conto di…”
Mi giro su me stessa. Adagio due dita sulle sue labbra.
“Non dirlo” sussurro.
“Perché non dovrei? Che cosa ho da perdere? Tsubasa… a questo punto è troppo tardi. Ieri sera era troppo tardi, ho perso un amico. Adesso non voglio perdere chi amo. Perché ti amo Sanae e non posso più ignorarlo, non dopo stanotte” afferma deciso.
“Genzo io…” e non finisco la frase perché davvero sono così confusa.
“Adesso non devi dire niente, prenditi il tuo tempo, ma io non voglio dividerti con nessuno, io ti voglio tutta per me.”
Annuisco.
 
Lo vedo afferrare il cellulare dal comodino. Si è allontanato, sento un freddo improvviso.
Scorre la rubrica e la chiamata parte.
“Clare, ah ciao, senti hai tempo per pranzo? Sì, bene ci vediamo al solito posto, devo parlarti.”
Sgrano gli occhi, lui ha fatto la sua scelta, è sempre stato così, sia in campo che nella vita, diretto, preciso e risolutivo.
Si solleva e nudo si dirige al bagno.
Osservo i movimenti lenti e scolpiti di quei glutei.
Glutei che ho avuto l’onore di toccare per tutta la notte.
Una vampata di calore invade le mie guance.
Si volta in prossimità della porta.
Bello, come lo spiraglio di luce che lo illumina.
“Vieni a fare una doccia con me?”
Lo butta fuori così, come se fosse la cosa più semplice del mondo.
Resto un attimo imbambolata da queste parole, non dovrei trovarmi qua, dovrei essere in camera mia, sono sposata.
Maledettamente sposata e non riesco a collocare il tempo, il luogo e lo spazio di quando quel “Ti odio” si è trasformato, e si sta trasformando, in qualcos’altro.
Scuoto la testa ancora sovrappensiero.
“Allora vieni? Inutile rimuginare tanto oramai il danno è fatto!” mi dice dal bagno.
Già danno, perché non abbiamo preso neppure delle precauzioni, con Tsubasa avevamo deciso di… avere un figlio.
Mi passo una mano su tutto il volto.
Sono proprio un’idiota, un’idiota.
Mi sollevo e raggiungo Genzo in bagno.
“Senti dobbiamo parlare” esclamo mentre m’infilo nella doccia.
Magari l’acqua calda farà sciogliere un po’ di tensione e di dubbi.
In che razza di situazione sono andata a cacciarmi?
 
***
 
“Credo che sia già girato a sufficienza Genzo.”
Mi riscuoto dalle parole che Sanae mi ha appena detto. Forse sono dieci minuti buoni che sto girando il caffè oramai freddo, ma la notizia che mi ha dato è… è sconvolgente.
Scuoto la testa come per svegliarmi da questo sogno.
“Sanae, aspetta, ricapitoliamo –dico passando entrambe le mani nei capelli – quindi non abbiamo preso precauzioni e tu non sei coperta.”
Nega e abbassa lo sguardo.
“Te l’ho detto: avevamo deciso di avere un figlio!”
Non so come chiederglielo senza offenderla, ma devo.
“Sanae, sei stata con tuo marito l’ultima volta che è venuto qua?”
“Dai, ma che domande!”
Sollevo le spalle e le braccia, possibile che non ci arrivi?
Poi la vedo sbianca. Ok, è andata con Tsubasa, com’è ovvio che sia.
Anche se mi sale un groppo in gola indescrivibile.
“Ok, ho capito non è necessario che tu lo confermi basta la tua espressione” dichiaro consapevole di che cosa possa implicare questa cosa.
“Se… se – farfuglia – se fossi incinta non saprei neppure di chi è!” esclama sconvolta dalle sue stesse parole.
È pallida, troppo, temo stia per avere un mancamento.
L’afferro con entrambe le mani per le spalle.
“Ehi, rilassati, affrontiamo una cosa alla volta, mica è detto che tu sia incinta dai.”
Annuisce contro il mio torace, stretta in un abbraccio, sento le sue lacrime impregnare la mia maglia.
“Dio che cosa ho fatto.”
“Che cosa abbiamo fatto, Sanae, insieme.”
“Devo parlare con il Capitano.”
La discosto leggermente.
“Aspetta, per dirgli cosa?”
“Che domande della gravidanza no?”
“Penso che tu debba riordinare le idee amore – sospiro è davvero troppo sconvolta perché ragioni in maniera lucida – ascolta, prima devi decidere che cosa vuoi, se stare con tuo marito e ignorare quanto accaduto, oppure restare qua con me ad Amburgo e lasciare Tsubasa; soltanto dopo, se davvero sarai incinta, allora potrai affrontare anche un altro problema ok?”
Annuisce mente sento il suo abbraccio farsi più stretto.
Con una mano inizio ad accarezzarle la schiena per infonderle sicurezza.
“Vedrai si risolverà tutto” le dico.
 
Abbiamo fatto colazione è al lavello che sta riordinando la cucina, le arrivo dietro e faccio scivolare le mani lungo le sue braccia fintanto che non arrivo alle sue immerse nell’acqua calda saponosa.
Le tocco, le sfioro, i suoi sospiri si fanno più pesanti.
“Avevamo detto di evitare qualsiasi contatto fintanto che non riesco a far chiarezza.”
“Non riesco a starti lontano dopo ieri Sanae, ho bramato per giorni questo contatto e ora… mi è impossibile tenerti a distanza.”
La vedo inclinare il collo lasciando scoperta la parte destra.
Mi chino leggermente per permettere alle labbra di tracciare una linea lungo il suo profilo.
La pelle s’increspa sotto il passaggio della bocca.
“Così non vale, sei sleale Genzo.”
“Sono settimane che mi stuzzichi Sanae, sono un uomo dopotutto ho resistito anche troppo fidati!”
Si avvita su se stessa e me la ritrovo di fronte.
“Davvero?” chiede guardandomi fisso negli occhi.
“Davvero” ammetto portando le mani bagnate intorno alla sua vita.
Faccio risalire le dita fin sotto le braccia, dopo la sollevo mettendola seduta sul pianale della cucina.
Le gambe si allacciano alla mia vita automaticamente.
“Ho ancora voglia di te” dichiaro mentre dal collo discendo verso il petto assaporando la sua pelle centimetro dopo centimetro.
Ansima mentre le mie dita prendono a sbottonare la camicetta.
Compare il reggiseno di pizzo bianco che indossa ancora per poco.
“Così non riesco a pensare” mormora tra un sospiro e l’altro.
Lascio stare quello che avevo in mente e la guardo negli occhi, che adesso sono completamente aperti e fissi nei miei.
“Forse non voglio farti pensare, forse voglio che tu sia solo mia, ti voglio tutta per me Sanae. Sai, da quando siamo insieme, mi è tornato in mente quella volta che ti ho raggiunta per strada.”
Aggrotta le sopraccigli a e mi osserva.
“Quale? Quando per scommessa volevi uscire con me?”
“Sì, proprio quella volta lì.”
“Ma davvero volevi uscire con me? O era solo un modo per farmela pagare di tutte le volte che abbiamo litigato per il campo?”
“Davvero volevo uscire con te, ma poi…”
“Cavolo Genzo, ma non potevi chiedermelo come tutti gli altri ragazzi? Io ho sempre pensato che tu volessi prendermi in giro…”
“Ero partito con questa intenzione; ma dopo mi sono reso conto che davvero sarei voluto uscire con te, perché tu sei sempre stata l’unica che mi ha tenuto testa, che non aveva paura del mio cognome.”
Sbuffa un sorriso.
“E perché mai dovrei aver paura del tuo cognome scusa?”
“Che ne so, di solito fa sempre una grande impressione: Wakabayashi.”
Esplode in un sorriso.
“Sei un po’ egocentrico lo sai, sì?”
“Non sono egocentrico” rispondo stizzito.
“Sì, amore lo sei!”
“Mi hai chiamato amore.”
Sgrana gli occhi; già, un gesto così involontario, ma bellissimo.
“Meglio del ti odio no?”
“Già, meglio del ti odio… quindi?”
“Quindi cosa?”
“Se mi hai chiamato amore ho qualche possibilità?”
Prende un profondo respiro, i suoi occhi brillano le sue labbra si avvicinano spaventosamente alle mie, la sua fronte adagiata contro la mia.
“Più di qualche possibilità, il prossimo week-end andrò a Barcellona, devo parlare con Tsubasa.”
“Hai deciso allora?”
“Sì, ho deciso e… non posso più ignorare questo sentimento che è nato tra di noi.”
Sento il cuore esplodere dalla gioia.
La sollevo e aggrappata a me la faccio roteare per la cucina.
“Dobbiamo festeggiare, ti porto a cena fuori.”
“Genzo…”
“Sì?”
“Calma, prima sistemiamo la nostra vita privata, sai i giornalisti ci andranno a nozze con questa storia… immagina.”
“Cavolo è vero, dopo devo vedere Clare.”
“Giusto, tu Clare e io Tsubasa.”
La poso a terra schioccandole un sonoro bacio sulle labbra.
“Ti amo Sanae, non so da quanto tempo, ma ora so di amarti.”
“Neppure io so da quanto tempo il Ti odio, si è trasformato in Ti amo.”
 
… poche ore dopo
 
“Grazie per essere venuta Clare.”
Si avvicina fa per darmi un bacio, ma con una scusa lo evito, ho visto la cameriera e con un cenno della mano attiro la sua attenzione appena in tempo.
Ho ancora il profumo di Anego sulle labbra, non voglio quello di altre persone.
Devo riuscire a trovare le parole giuste per non ferirla, sarà difficile, ha un carattere abbastanza vendicativo, spero non racconti ai giornali qualche cavolata.
“Figurati Genzo, anzi avevo voglia di passare un po’ di tempo insieme.”
Prendo un profondo respiro, siamo già seduti con le bibite di fronte.
Rigiro il bicchiere tra le mani.
“Non so da dove iniziare ma preferisco essere onesto con te, non voglio prenderti in giro, non è mia intenzione Clare. Sono davvero dispiaciuto, ma devo lasciarti non sono innamorato di te come un tempo.”
Sorride sarcastica incurvando le labbra da un lato solo, è più un sogghigno.
“Sapevo che era solo questione di tempo, vi avevo visti.”
“Visto cosa? E chi?”
“Non sono una stupita Genzo… il marito che ha detto? Immagino che non sarete più così amici adesso.”
Sgrano gli occhi, ma che diavolo dice, possibile che fosse già tutto così evidente?
“Non ho detto che ho un’altra Clare.”
“Ascolta, non sono una stupida, siete stati subito in sintonia dal primo giorno che ha varcato la soglia di casa tua, solo uno sciocco non poteva accorgersene, avete impiegato anche troppo tempo per rendervene conto… la scena della spremuta poi, anche Tsubasa vi ha guardato perplesso, secondo me anche lui ha capito subito qualcosa, sembravate una vecchia coppia, era solo questione di tempo.”
“Mi dispiace” e davvero provo questo sentimento adesso, perché non mi ero reso conto di quanto tutto questo fosse così palese.
“Tanto tra di noi non avrebbe mai funzionato, tu non sei come me, non sei per il mondo dello spettacolo. Abbiamo funzionato bene per le riviste, ma tu sei un uomo da famiglia. La famiglia vera, Genzo… non quella dei giornali! E io non avrei mai potuto dartela… quindi.”
“Mi dispiace Clare.”
“Oh, non devi dispiacerti per me, sono proprio curiosa di sapere che cosa dirà il tuo caro amico Tsubasa” afferma sarcastica.
“Dopo quello che è successo temo di non avere più un amico. Scusa ancora.”
Dico alzandomi e chiedendo alla cameriera il conto.
Pensavo peggio, ma evidentemente era più che pronta a ricevere questa notizia.
Mentre temo che per Sanae non sarà così facile.
Poi un dubbio, forse è meglio che vada con lei a Barcellona se le cose si mettessero male.
Tsubasa è sempre stato un ragazzo tranquillo e posato, ma dalla vita ha sempre avuto tutto e se adesso qualcuno gli porta via qualcosa di estremamente importante, non so davvero come possa reagire.
 
 
… tre giorni dopo Spagna
 
 
Osservo Genzo qua al mio fianco, vorrei tanto poterlo prendere per mano, ma per ora in pubblico davvero non si può.
Ha insistito così tanto per accompagnarmi, ma ha promesso che non salirà in casa, che non metterà bocca in nessuna discussione, proprio non si farà vedere, mi aspetterà in auto.
Solo se avrò bisogno potrò chiamarlo al telefono e lui verrà in mio soccorso se mai fosse necessario.
Ma sinceramente da Tsubasa non mi aspetto reazioni violente, anzi tutt’altro.
Il Capitano non lo farebbe mai, ma se questo lo fa stare tranquillo a me non costa davvero nulla.
Sono così agitata.
Avevo deciso per un week-end, ma ho preferito un lunedì, altrimenti avrei compromesso pure un'eventuale partita di campionato e ora Tsubasa non può permetterselo, sta andando così bene, anche se dopo che gli chiederò il divorzio non so davvero come potrà reagire.
Finalmente il taxi si ferma sotto casa.
Lancio un ultimo sguardo al portiere, che mi sorride fiducioso, ma non lo sfioro neppure con un bacio, perché sento tutta la tensione addosso.
Annuisco impercettibilmente al suo gesto rassicurante e imbocco la via di casa.
 
“Tsubasa sono a casa, ci sei?”
“Sanae?” la sua voce proviene dalla sala.
Chiudo la porta e prendo un bel respiro, devo cercare di stare calma.
“Ciao” dico spuntando dall’ingresso.
“Perché non mi hai detto che arrivavi ti sarei venuto a prendere no?”
“Ho preferito così!” mento spudoratamente, non ho intenzione di dirgli che Genzo mi ha accompagnata.
Mi siedo sul divano vicino a lui, mi guarda aggrottando le sopracciglia.
“Ehi, tutto bene?”
Prendo un respiro lungo anni. Tanti quanti sono quelli che sto con lui.
“Tsubasa dobbiamo parlare.”
Raddrizza di colpo la schiena e si mette sull’attenti.
“Senti – proseguo, ma non so davvero da dove iniziare – io mi sono resa conto che non ti amo più come prima.”
“Co-cosa?” chiede tra l’incredulo e il panico.
Panico che attraversa adesso il suo bel volto.
Non avrei mai voluto provocare un dolore così grande, mai, ma…
Mi viene da piangere anche se non dovrei, sento il labbro inferiore tremare impercettibilmente, tento di fermarlo con i denti imprigionandolo, ma il groppo alla gola riesce comunque a salire e dare un fastidio immenso.
Prendo ancora aria e proseguo.
“Voglio il divorzio Tsubasa, mi dispiace!”
Respira velocemente, per contenere lo stupore, la rabbia, non riesco a capire la sua espressione.
Dopo si alza e inizia a percorrere la sala avanti e indietro a grandi falcate.
Lo sento iniziare il suo monologo, il suo ragionamento interiore, spero che raggiunga la verità da solo, perché io non ce la faccio davvero a dirgli che mi sono innamorata del suo migliore amico.
“Che diavolo è accaduto in questo periodo Sanae? Tu sei cambiata, sei partita e avevamo deciso di avere un figlio.
Un figlio Sanae, ti rendi conto? Chi decide di avere un figlio non torna due mesi dopo e dice che vuole il divorzio, almeno che…”
Si blocca, oddio ecco ci siamo, ora perderà la ragione.
“Almeno che… tu non ti sia innamorata di un altro!”
E la consapevolezza fa spazio allo stupore.
Tutto si ferma mentre non riesco a dire niente se non annuire impercettibilmente.
Non voglio far rumore più di quanto non l’ho già fatto con il mio silenzio con il mio NON smentire questa sua ipotesi.
“Chi è?” tuona improvvisamente.
Mi riscuoto e sollevo lo sguardo, non avevo visto che adesso era così vicino.
Indietreggio sul divano intimorita.
“Allora chi è?” insiste, ma fa un passo indietro, forse ha visto la mia espressione timorosa.
“Non importa chi sia Tsubasa: è successo e basta, mi dispiace tanto!”
“Lo immagino sai…”
Ecco lo sapevo ci siamo.
“Sarà certamente qualche collega di lavoro che ti ha fatto il filo.”
Conclude, e come dargli torto si fida cecamente di Genzo non potrebbe mai pensare a lui.
“Tsubasa, davvero non è importante adesso!”
“E invece sì!” sbotta picchiando un pugno sullo stipite della porta.
Balzo in piedi spaventata.
Si volta.
“Scusa, non volevo spaventarti è che… che…”
Si avvicina e mi abbraccia, lo lascio fare mentre sento le lacrime fuggire al controllo.
Dopo tutto quello che avevamo passato, la lontananza, le difficoltà, il Brasile, tutto.
“Riproviamoci Sanae ti prego.”
Lo stringo forte, dopotutto, è e resterà sempre il mio Capitano.
Nego contro il suo petto.
“Mi dispiace – sussurro - mi dispiace.”
 
Dopo la notizia, in casa, sembravamo due automi che si mettevano in accordo sui dettagli, è stato tutto così triste.
Scendo le scale, guardo l’orologio, sono passate solo due ore.
Abbiamo il volo tra altre due, aspetteremo in aeroporto.
Due ore per chiudere una storia d’amore, mi sembra impossibile.
Sono felice che non abbia insistito sul fatto di chi potesse essere la persona coinvolta in questo pasticcio, ma prima o poi dovrò dirglielo.
Per ora facciamogli assimilare il discorso del divorzio, poi si vedrà.
 
Salgo in auto e finalmente mi rilasso.
Rilascio tutta l’aria che ho trattenuto finora e sento la mano di Genzo depositarsi sulla mia, è tremendamente calda.
Mentre le mie sono gelide.
“Tutto bene?”
Annuisco.
“Non ho voglia di parlarne adesso, devo ancora assimilare bene cos’è accaduto.”
“Ok. Ci porti all’aeroporto per favore” dice rivolto al tassista.
 
La macchina viene messa in moto e finalmente partiamo.
Mi volto un secondo per capire bene quello che sto facendo.
Ho deciso di trascorrere la mia vita accanto al portiere e ancora non mi sembra vero.
Mi avvicino a lui e sicura di essere lontana da sguardi indiscreti mi adagio sulla sua spalla.
Un braccio mi circonda attirandomi a sé.
“La parte più difficile è andata, forza.”
“Genzo, non ha capito che sei tu. Ha capito che c’è un altro, ma non immagina chi sia.”
“Una cosa per volta, sarà già troppo sconvolto così, meglio una cosa per volta.”
“Decisamente.”
La macchina scorre nel traffico, verso la mia nuova vita, verso il mio nuovo destino.
 
***
 
Dopo che ha chiuso la porta sono rimasto come pietrificato.
Non posso credere di essere passato dalla felicità più totale alla tristezza più profonda.
Cerco di capire che cosa sia accaduto, che cosa sia successo, perché è cambiata così?
Maledetto lavoro in Germania, poteva trovare qualcosa qua in Spagna? No, ad Amburgo l’hanno spedita.
Guardo la televisione, è accesa.
La guardo, ma in realtà mica la vedo.
Ha detto che aveva nuovamente l’aereo tra due ore, starà aspettando la partenza nella sala d’attesa immagino.
Non posso lasciarla andar via così.
No, non posso, io la amo ancora.
Veloce afferro una felpa e le chiavi della macchina, mi metto al volante e guido come un matto.
Devo tentare il tutto per tutto, dopotutto quello che abbiamo passato, non posso arrendermi così.
Quindi a gran velocità mi dirigo al parcheggio sotterraneo, scendo e prendo a salire le scale di corsa.
Guardo il cartellone delle partenze e appena individuo il mio obiettivo mi precipito al Gate indicato.
Ma la mia corsa subisce un improvviso arresto quando un inconfondibile cappellino, che riconoscerei in mezzo a milioni di persone, mi appare in tutto il suo rosso smagliante.
Sono seduti vicini stanno parlottando. Mi nascondo dietro una colonna, devo capire prima di agire, magari l’ha soltanto accompagnata.
Ma quel tarlo maledetto s’insinua nei miei pensieri.
Alla mente riaffiorano tutti i gesti, spremuta, la premura, lo zucchero, la complicità, i sorrisini, le battute.
Poi ricordo anche quando sono andati via insieme dall’aeroporto dopo avermi accompagnato.
Ridevano beati e felici.
Il respiro non riesco più a regolarizzarlo nonostante cerchi di non andare in iperventilazione.
Ma certo… è la storia più vecchia del mondo: il migliore amico.
Scuoto la testa e mi do del cretino da solo perché sono stato praticamente io a spingerla nelle sue braccia.
Ancora il fiato è corto e il cuore non accenna a diminuire i battiti.
Mi sporgo dal mio nascondiglio improvvisato; Sanae sta chiaramente parlando a ruota libera Genzo semplicemente annuisce, poi quel gesto, lui allunga la mano scosta la ciocca di capelli dal volto di mia moglie e poi discende lungo il profilo e gliel’adagia sulla guancia.
Sanae si appoggia e chiude gli occhi mentre lui le deposita un bacio sulla fronte.
Perfetto ho visto ciò che dovevo vedere e che non avrei mai pensato d’immaginare neppure nei sogni più funesti.
Decido così, d’impulso, di uscire dal mio nascondiglio e mostrami a loro.
A grandi falcate arrivo proprio alle spalle di Genzo, scuoto la testa mentre resto a fissare le spalle che per anni hanno difeso la nostra porta e che adesso mi stanno portando via la moglie.
“Adesso è tutto più chiaro!” esclamo in tono fermo e deciso.
Vedo lui lasciarle la guancia e voltarsi sorpreso.
Anego invece scatta in piedi sull’attenti.
“Tsu- Tsubasa posso spiegare…” farfuglia confusa.
Una smorfia di disprezzo si forma sulle mie labbra.
“Che cosa vorresti spiegare eh? Che te la fai con il mio migliore amico?”
Eludendo il traditore l’ho avvicinata e sono di fronte e lei.
La sovrasto, Genzo è alla mia sinistra, ma non interviene, per fortuna.
Abbassa lo sguardo a terra, si vergogna.
Fa bene a vergognarsi, deve vergognarsi.
“Mi dispiace tanto Tsubasa”
L’afferro per un braccio.
“Guardami quando ti parlo” le intimo.
“Ehi, vacci piano Capitano, così le fai male!”
“Wakabayashi, tu hai già fatto abbastanza.”
Una mano si posa sulla mia spalla, è la sua.
Sento montare un’improvvisa rabbia, lascio andare Sanae e mi volto furibondo.
“Che vuoi?”
“Mi dispiace per come sono andate le cose, ma cerchiamo di comportarci da persone civili. Parlale, ma tieni giù le mani ok?”
“Pensi che voglia farle del male? A lei? Vuoi sapere a chi farei volentieri del male? A te Genzo. Perché eri il mio migliore amico, perché mi sento tradito.”
“Non credo che tu le faresti mai del male ma cerca di calmarti; per quanto mi riguarda, possiamo vederci da soli.”
Una minuta figura si intromette fisicamente tra di noi.
Con le mani puntate ai nostri toraci ci allontana.
“Piantatela di fare gli idioti, siamo in un aeroporto internazionale volete attirare gli sguardi di tutta la gente?”
Ci sta rimproverando tutti e due, mi verrebbe voglia di prenderla a sberle, è anche colpa sua se si è creata questa situazione di merda.
“Sparisci Sanae!”
Adesso la sua attenzione è solo per me.
Le mani appoggiate entrambe sul mio petto, mi guarda dal basso.
“Tsubasa, per favore. Posso solo immaginare la tua rabbia, ma te lo chiedo per piacere: comportiamoci da persone civili!”
Le afferro i polsi incurante del mio ex amico al mio fianco.
“Non puoi distruggere tutto così, per una cottarella passeggera, avevamo deciso di mettere su famiglia Sanae…”
Cerco di abbracciarla, ma lei si divincola dalla mia presa.
“Scusa, scusa, non è una cottarella io… io… io lo amo!” dichiara convinta voltandosi a guardarlo.
Genzo ha gli occhi sbarrati che continuano a fissarla.
Lo sguardo è un misto tra lo stupore per la dichiarazione ricevuta e… e l’amore che anche lui prova.
Non posso crederci è davvero finita, non è una semplice scappatella come avevo immaginato c’è qualcosa di più profondo, quasi di vecchio, di qualcosa rimasto in sospeso.
“Che diavolo è successo tra voi eh? Voi che vi siete sempre odiati…”
La lascio andare, adesso mi sta guardando quasi con compassione.
“Francamente Tsubasa non ho capito quando questo odio si è trasformato in qualcos’altro, mi dispiace.”
“Anche a me Capitano, sono così mortificato per la nostra amicizia e per il profondo rispetto che ho sempre nutrito nei tuoi confronti, ma non posso negare quello che provo per Anego.”
“Taci: traditore! Se non fossimo in un aeroporto di avrei già tirato un pugno.”
I nostri sguardi s’incrociano, dal mio sguardo solo scintille per lui.
“Se fossi al tuo posto reagirei esattamente come te…”
“Ditemi che è un sogno e che presto mi sveglierò… ditemelo!” insisto facendo rimbalzare lo sguardo tra i due.
Cala un silenzio pesante tra di noi.
Vedo Sanae affiancare Genzo, si scrutano un attimo dopo vedo lui allungare un braccio e cingerle la vita.
Sbatto le palpebre più volte incredulo assistendo a questa scena.
“Hanno chiamato il nostro volo” chiarisce il mio ex amico.
“Ci sentiamo Tsubasa… davvero perdonami.”
Resto come un idiota a guardare loro due che di spalle si stanno dirigendo verso il loro volo.
Non si voltano neppure una volta e quando vedo le loro dita intrecciate che attraversano i controlli del Gate, capisco tutto in una volta che davvero è finita.
Finita per sempre, l’ho persa ed è stato il mio migliore amico a portarmela via.
Non penso che riuscirò mai a perdonarlo… anzi a perdonarli, perché la colpa è di entrambi.
Faccio un paio di passi indietro incapace di togliere lo sguardo da quelle mani unite.
Incapace di farla andar via, anche se solo con gli occhi, perché il suo corpo è già lontano, perché è già tra le braccia di un altro, perché la mia vita è cambiata improvvisamente nel giro di tre ore.
E non lo avrei mai creduto possibile, non lo avrei mai immaginato che la mia Sanae, al mio fianco da una vita, adesso sia al fianco di un'altra persona, mi pare una cosa contro natura.
Il futuro adesso lo vedo come un uomo solitario che ha perso per sempre il suo amore.
Respiro ancora male, ma finalmente sono riuscito a sganciare gli occhi da lì, o più semplicemente sono scomparsi dalla mia visuale, questo non lo so, perché è stato come un momento di black-out dove il cervello si è improvvisamente spento.
E finalmente riesco a muovere i primi passi per tornare all’auto prima e a casa poi.
Casa che da oggi vivrò da solo.
Subito un pensiero: devo cambiarla, devo andare via da lì, non posso vivere in una casa dove ho vissuto con lei, piena di ricordi e satura di lei.
Con questa consapevolezza nel cuore afferro il cellulare e contato quella dell’agenzia, se non faccio subito qualcosa sono certo che impazzirò.
 
 
… In volo verso Amburgo
 
 
L’improvvisata del Capitano all’aeroporto proprio non era prevista, anche se alla fine credo sia stato meglio così.
Meglio mettere subito le carte in tavola e affrontare la realtà.
Osservo Sanae che seduta vicino al finestrino sta guardando le nuvole in basso.
Mi avvicino e bisbiglio: “Tutto ok?”
Si volta, vedo una lacrima scivolare via sulla guancia, sollevo la mano e la cancello con il pollice.
“Genzo, mi ha fatto una profonda tenerezza Tsubasa, non volevo fargli questo, non volevo vederlo soffrire così.”
“Ti ha sempre amata Sanae, anche se non lo dava a vedere, anche se ha sempre messo il pallone al primo posto, ma ti ha sempre amata.”
Non posso certo dirle il contrario, lo abbiamo sempre saputo tutti, forse anche prima di loro stessi, i loro sentimenti erano palesi a chiunque.
“Lo so, è per questo adesso mi sento così da cani vero?”
Annuisco mentre asciugo un’altra lacrima con il dito.
Mi chino e bacio un’altra che fugge birichina scendendo dalle lunghe ciglia adesso socchiuse in un pianto silenzioso.
“Ehi, sei stata onesta con lui, non hai da rimproverarti nulla.”
Accenna un timido sorriso.
“Ti confesso Genzo quando ho detto quella frase, la pensavo veramente”
“Che mi ami?”
“Sì, che ti amo” risponde fissandomi negli occhi. Sorride, è davvero bella.
Dopo continua “Solo che… per me è strano non pensare a Tsubasa, è una vita che penso a lui e… forse era solo un’abitudine, oramai, non so. So soltanto che adesso quando sono con te il mio cuore…”
E non la lascio finire, perché decido di baciarla, lì, prima che l’incanto si spezzi, prima che il mio cuore decida di rallentare la sua corsa, prima che riesca a farle sentire quanto il mio batte forte.
E batte forte, solo per lei, come non mi era mai successo prima.
Mentre i nostri sapori si confondono, mentre le nostre dita si sfiorano.
“Sei mia adesso, soltanto mia” ripeto sfiorandole le labbra con teneri baci.
E bacio ancora quel timido sorriso che spunta dalle sue labbra.
 
Finalmente a casa, finalmente noi.
Non saranno facili i giorni avvenire, non sarà facile il futuro insieme.
Non sarà facile la prima partita che dovrò giocare con Tsubasa in Nazionale e non sarà facile giocare contro in Europa, ma dovremmo farlo per il Giappone e per le nostre squadre, che contano su di noi.
 
“Ehi, che ne dici di una bella nuotata e dopo sauna per rilassarsi e toglierci di dosso questa pesante giornata?”
“Dico che hai sempre delle ottime idee Genzo, sono distrutta.”
Lasciamo i bagagli direttamente in corridoio, ci penseremo più tardi.
La sorprendo alle spalle togliendole la giacca e prendendola tra le mie braccia.
 
“Ehi, che intenzioni hai?”
“Che domande, buttarti in acqua vestita.”
“Sei pazzo!” risponde aggrappandosi al collo stretta stretta.
“È una tattica la tua?”
“Ovviamente SGGK, se mi butterai in piscina dovrai seguirmi; non ho certo intenzione di arrendermi così!”
E non lotto neppure quando arrivato sul bordo mi tuffo con lei nella piscina riscaldata.
Ancora una volta siamo sommersi dall’acqua, ancora una volta tutto è attutito dal liquido caldo che ci circonda.
Ma stavolta posso.
Posso attirarla a me e lentamente baciarla mentre risaliamo per prendere fiato.
Anche se l’aria che ci serve per fondere le nostre labbra è già sufficiente, respiriamo la stessa.
Continuiamo a baciarci mentre le mani freneticamente cercano la pelle sotto i vestiti.
Gli indumenti compaiono galleggianti intorno a noi riempiendo sempre più la piscina di stoffa e rendendoci sempre più nudi.
“Avrei già voluto farlo l’altra volta tutto questo.”
Le mani scorrono sulla sua schiena in un lento e lungo massaggio dalle spalle fino alle natiche.
La pelle s’increspa sotto le dita che lente si muovono per gustare l’attimo.
“Anch’io avrei voluto far questo” risponde intrecciando le gambe alla vita e tuffando le dita tra i miei capelli mentre mi bacia con passione.
Resto un attimo stordito del suo improvviso slancio, ma certo non mi lascio intimorire mentre mi avvicino al bordo della vasca e la faccio aderire.
Tutto cambia nel giro di un attimo.
Le semplici carezze si trasformano e io non ce la faccio più a contenere la mia voglia.
E dopo aver liberato la mia virilità entro in lei quasi con urgenza, come a dover rivendicare qualcosa di mio che era andato perduto nel tempo, ma che adesso ho ritrovato e che non mi lascerò certo sfuggire.
Le strappo un gemito che finisce con diventare musica per le mie orecchie.
Il ritmo si fa più incalzante sotto le spinte che si fanno sempre più esigenti profonde e veloci.
La sento stringersi a me, avvolgersi totalmente al mio corpo, alla mia parte più intima.
Ha provato piacere e nel momento in cui sento che sto per raggiungere il culmine, esco da lei.
Ansimo per il piacere provato.
Ma non voglio rischiare ancora, non in questo momento che siamo ancora così instabili.
“Oddio!” bisbiglia sull’incavo del mio collo.
“Mi fai perdere la testa Sanae” dichiaro mentre deposito teneri baci su quelle labbra che per tanto ho bramato in questi giorni.
“Lo vedo” risponde sorridendo.
 
Ed è così che iniziamo la nostra vita insieme. Per ora tra le mura di casa, il resto verrà dopo.
Abbiamo quattro mesi per abituarci a tutto questo.
Abbiamo quattro mesi prima del ritiro con la nazionale.
Prima che come coppia incontreremo nuovamente il Capitano.
Io dovrò anche affrontarlo come compagno di squadra e non sarà per niente facile.

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Capitolo 7
*** Capitolo 07 ***


Capitolo 07
 
 
… un mese dopo Amburgo
 
Tanto lo sapevo, nella mia vita le cose semplici non esistono.
E ne ho la conferma mentre rigiro il test di gravidanza tra le mani.
Due linee, due fottutissime linee compaiono in bella vista.
Che disastro! Un profondo è preannunciato disastro.
Passo una mano su tutto il volto.
È umido: ovvio sono sudata per l’angoscia, ma quando, dopo il calcolo effettuato, mi sono resa conto di avere un giorno di ritardo ero già consapevole di quale fosse il motivo.
“Allora?” chiede Genzo entrando in bagno.
“È positivo.”
“Merda” impreca lui sganciando un pugno contro la porta.
“Oh, ma bene, che persona matura.”
Lo guardo inespressiva aspettando una sua reazione.
S’inginocchia di fronte a me e abbraccia stretta.
“Scusa, scusa, non volevo reagire così, è solo che…”
“Lo so, lo sapevamo, per l’esattezza; non sappiamo di chi sia…”
“Vorrei soltanto che fosse mio; solo questo Sanae!”
“Anch’io Genzo, tutto sarebbe più facile per non dire perfetto, ma la mia strada con Tsubasa non è mai stata facile e ora… forse dovrei pensare bene a questa scelta, forse se è suo dovrei tornare indietro… oddio non so più che fare, come comportarmi.”
Tiro le ginocchia al petto e ci nascondo la testa aiutata dalle braccia.
Due possenti mani si posano sulle mie spalle. Mi cullano e accarezzano.
“Ehi, una cosa alla volta, anche se fosse figlio del Capitano non cambierà niente tra di noi, Sanae io ti amo troppo per lasciarti andare via, capito?”
Annuisco, ma proprio non ce la faccio a trattenere le lacrime. Perché deve complicarsi tutto così improvvisamente?
Perché non ho ascoltato Tsubasa quando ha suggerito che iniziassimo dopo il progetto del lavoro a mettere in cantiere un figlio? Sono proprio una sciocca, immatura, e ora ne pago le conseguenze.
“Sanae, non temere riusciremo a trovare un equilibrio. Inoltre potrebbe anche essere mio no?”
Già, potrebbe anche essere suo. Sorrido al pensiero perché sarebbe perfetto e bellissimo, ma ho la sgradevole sensazione che come al solito Ozora sia arrivato per primo.
“Devo chiamare Tsubasa.”
Sollevo lo sguardo e lo fisso tirando su con il naso.
Inarca un sopracciglio, ma annuisce.
“Sentiamo se può venire lui qua, non credo sia molto salutare stressarti con il volo… più di quanto, tu, non lo sia già.”
Non posso che dargli ragione perché un po’ la fatica lavorativa, un po’ lo stress della situazione e… ammettiamolo negli ultimi giorni un sonno devastante si era impadronito di me. Adesso ne conosco il motivo.
Avevo immaginato che ci fosse qualcosa di diverso, sentivo delle sensazioni strane, odori che improvvisamente mi schifavano, fitte a basso ventre, insomma sospettavo, già prima del test, di poter essere incinta.
“Ok, provo a chiamarlo io.”
Mi blocca per un braccio.
“Se non te la senti posso chiamarlo io, Sanae!”
Lo guardo fissandolo negli occhi.
“Non è necessario Genzo, non voglio creare tensioni tra di voi più di quanto già non ne abbia create, per favore.”
“Insisto, non voglio che tu ti agiti.”
Mi strappa un sorriso vederlo così in apprensione.
“Ehi, non sono moribonda o malata. Sai che sei davvero carino quando ti preoccupi così?”
Adagio una mano sulla sua guancia calda, si è rasato stamattina ed è morbidissimo.
“Comunque, penso io a Ozora.” Ribadisce.
Sollevo lo sguardo al cielo, perché so che sarà fiato sprecato con lui, tanto ha deciso così.
“Va bene papà” lo prendo in giro.
Si solleva e offre le sue mani, le afferro e letteralmente mi sento alzare da terra.
Meglio di un ascensore.
“Forza andiamo a fare colazione, mammina” mi esorta prendendomi un po’ in giro.
Con una sonora pacca sul sedere esco dal bagno; sa sempre come strapparmi un sorriso.
“Faccio una telefonata e ti raggiungo.”
Mi coglie alla sprovvista girando per la sala. Appoggiandomi allo stipite, vedo che afferra il cellulare dalla console.
 
“Hai deciso di affrontare subito il Capitano?”
“Meglio togliersi il dente.”
“Come farai a farlo venire qua?”
“Sanae, inutile girarci intorno, gli va detto.”
“Ma vuoi dirglielo così per telefono?”
“Altrimenti come scusa? Ah, sì, vecchio amico mio, sai dovrei parlarti… se mi manda a quel paese è più che lecito non trovi?”
“Giusto: quindi?”
“Non preoccuparti, ci penso io, tu vai pure a preparare la spremuta.”
“Agli ordini capo.”
“E piantala di prendermi per il culo” mi grida dietro scomparendo in sala.
Sghignazzo tornando sui miei passi, tutto questo nasconde perfettamente l’enorme angoscia che m’invade dalla risposta al test.
 
***
 
Scorro la rubrica fintanto che il cognome Ozora non compare.
È mattina ed è presto, spero che non dorma.
Scuoto la testa, impossibile che possa dormire; certamente sarà a correre.
Faccio partire la chiamata e quando sento il suo fiato corto so di aver colpito nel segno.
“Che vuoi?”
“Non voglio disturbarti: quindi andrò dritto al punto.”
“Bene, perché non ho tempo da perdere con te.”
Cerco di mantenere la calma.
Dopotutto non posso biasimarlo.
“Ascolta Tsubasa dovresti venire qua: dobbiamo parlare!”
“Ah, adesso vuoi parlare, e come? Da amico o da amante di mia moglie?”
Prendo un profondo respiro so che sta cercando lo scontro e vuole dirmene di cotte e crude, ma non credo sia proprio né il momento, né il caso.
“Dobbiamo affrontare una questione piuttosto seria – mi soffermo e butto fuori la bomba – Sanae è incinta.”
“Sai che diamine me ne frega se…”
Si blocca improvvisamente, cala un profondo silenzio tra noi.
Ok, ha perfettamente capito la situazione, dopo una risata amara e sarcastica.
“Non è tuo vero?”
“Non è possibile saperlo sai noi…”
“Sta zitto! Non voglio sapere nulla, domani prendo il primo volo e voglio parlare con mia moglie. Perché è ancora mia moglie, per ora, sia chiaro; da solo. Hai capito?”
Stringo un pugno tanto da farmi male, fortuna che è in un’altra nazione altrimenti lo avrei già attaccato al muro. So perfettamente che è ancora sua moglie, ma lei ha fatto la sua scelta, cazzo!
“Avrai il tuo tempo per parlare con lei senza essere disturbato, è una donna libera dopotutto, ma ricorda che non deve agitarsi.”
“Oh, ma come sei premuroso paparino!” mi sfotte.
“Tsubasa, di chiunque sia il bambino non ha colpe quindi, cerchiamo di comportarci da persone mature.”
“Fanculo Genzo, se tu non ti fossi intromesso, adesso gioiremo insieme di questa notizia, mi hai rovinato la vita.”
“Domandati piuttosto perché tua moglie è finita tra le mie braccia… forse le tue fottute colpe ce le hai anche tu. Non sei così immune sai, e neppure così perfetto. Come non lo sono io del resto. Quindi, fattene una ragione sono cose che succedono più spesso di quanto immagini.”
“Certo è la storia più vecchia del mondo rubare la moglie all’amico.”
“Ti ricordo che eravamo in due Ozora, certe cose non si fanno da soli.”
E aggancio perché davvero sono stufo delle sue accuse, affronteremo la cosa domani, da uomini, e non per telefono.
A grandi passi torno in cucina, Sanae sta prendendo i biscotti.
“Aspetta ti aiuto.”
Arrivo dietro di lei e le adagio un bacio sul collo, dopo afferro i biscotti.
“Tutto bene la telefonata?”
Intanto si volta e punta i suoi occhi dritti nei miei.
“Domani ha detto che viene.”
Rispondo senza cercare di far trasparire emozioni.
“Accidenti ha accettato subito, non avrei creduto.”
L’afferro per le spalle. “Senti Sanae, secondo me Tsubasa vuol tentare di riavvicinarsi a te con la scusa del bambino.”
Abbassa lo sguardo, la vedo è veramente confusa.
“Ehi, - intanto che parlo le metto due dita sotto al mento così che i suoi occhi tornino a tuffarsi nei miei – non voglio costringerti a nulla ma non farti condizionare dal bambino che porti in grembo. So che è difficile, ma devi pensare solo a chi ami davvero; indipendentemente da chi sia il padre di questo piccolino.”
Le sfioro la pancia in una tenera carezza.
La sua fronte appoggiata al petto è così calda.
“Vorrei tanto che fosse tuo Genzo.”
Lo bisbiglia, e poco dopo mi trovo circondato dalle sue braccia.
“Vedi hai già la risposta; se vuoi che sia mio… sai già chi ami e che cosa vuoi per il futuro, e anche se fosse del Capitano, lo amerei ugualmente perché comunque è una parte di te e ti amo così tanto… Sanae.”
 
 
…. Giorno dopo Amburgo
 
Suona il campanello vado ad aprire perché so perfettamente chi troverò di fronte.
Infatti la figura di Tsubasa a grandi falcate sta già percorrendo il vialetto d’ingresso.
Dal passo sostenuto non promette nulla di buono.
Si sofferma un attimo prima di attraversare la porta di casa.
Un solo cenno della testa tra noi e niente più, ma quando la sua spalla sfiora la mia non resisto, gli arpiono un braccio e continuando a guardare la strada sibilo tra i denti.
“Vedi di non farla agitare e di mantenere la calma, io sarò in cucina.”
Strattona l’arto e si libera dalla presa superandomi.
“È in sala; in fondo a destra.”
Giusto per mettere le cose in chiaro, non sarò così lontano.
Sbatto la porta e vado dove detto. Devo solo riuscire a mantenere la calma e non intromettermi nei loro discorsi: l’ho promesso a Sanae.
 
***
 
Entro in sala come una furia, parte già male, non pensavo davvero che ad accogliermi sulla porta ci fosse lui.
Ma appena varco la soglia della stanza la figura minuta in attesa che guarda fuori dalla finestra mi fa stringere il cuore.
Spero solo che questo amore non si trasformi in altro, perché se si tramutasse in odio non saprei come gestirlo, come arginarlo.
I miei passi riecheggiano, quel tanto che basta perché lei si volti.
La luce la illumina ed è proprio come la ricordavo, la mia Manager: bella!
“Sanae…” sussurro raggiungendola.
Poi quel gesto che non mi sarei mai aspettato.
Appena mi avvicino e faccio per abbracciarla lei indietreggia mettendo avanti le mani.
In automatico lascio cadere le mie lungo i fianchi.
“Ciao, Tsubasa.”
Il suo sguardo dritto nel mio, e adesso che cosa dobbiamo fare? Questa è la mia ultima occasione, è la possibilità di poterla riavere per me.
“Come stai?”
Parto da qualcosa di semplice per cercare di arrivare a tutto quello che voglio dirle dopo.
“Bene, grazie. Vieni sediamoci.”
Con un gesto della mano m’invita verso il divano di pelle nera che troneggia di fronte al grande camino.
Si siede mentre nervosamente contorce le dita chiuse tra le gambe.
“Tsubasa io…”
Ma decido di non farla neppure iniziare.
Le prendo le mani e le stringo tra le mie, sono così gelide.
“Ascolta Sanae, torna a casa e facciamo finta che tutto questo non sia mai esistito, è nostro questo bambino, lo sappiamo entrambi.”
Nega, vedo una lacrima solcarle il volto.
“Non è detto.”
La butta fuori lì a denti stretti.
“Non pensarci diciamo che è nostro e basta, torna a casa.”
Sgrana gli occhi incredula.
“Non posso tornare a casa Tsubasa, io non provo più gli stessi sentimenti di prima per te, e questo non posso ignorarlo, inoltre secondo te Genzo starebbe con le mani in mano sapendo che potrebbe essere suo figlio?”
Mollo la presa sulle sue mani.
Perché ho bisogno di stringerle a pugno e sfasciare qualcosa, ma espiro e inspiro aria per cercare di darmi un contegno.
“E pensi che io potrei fare altrimenti? Stare zitto e buono mentre mia moglie se la spassa con il mio migliore amico magari con in grembo mio figlio?”
Le ultime parole escono con un disprezzo tale che me ne meraviglio pure io.
Forse un briciolo di quell’amore folle si sta già trasformando in un altro sentimento.
“No… non ho detto questo, troveremo una soluzione”
Mi alzo di scatto, adesso basta! Devo riprendere in mano le redini di questa situazione.
Decido di inchinarmi fintanto che basta per arrivare vicino al volto. Mi guarda perplessa prima e dopo nelle iridi dei suoi occhi vedo passare un lampo di timore.
E fa bene ad averne, perché sono stato fin troppo paziente.
“Bene, Sanae, te la dico io la soluzione. Quando scopriremo di chi sarà questo bambino tutto si risolverà, perché se è mio non ti darò mai il consenso per portarlo fuori dalla Spagna… sono stato chiaro?”
Annuisce intimorita dal mio gesto.
Allungo due dita sotto al mento perché deve capire bene le mie intenzioni, non sto scherzando.
“Tu tornerai a casa e sarà vicino alla mia, se non vuoi abitare con me ma ricordati che IO non rinuncerò a mio figlio perché TU devi rotolarti tra le lenzuola con Wakabayashi. Siamo intesi?”
 
Come se si risvegliasse dal torpore si alza di scatto.
“STAI ROVINANDO TUTTO!” mi grida sul viso.
“NO, TU HAI ROVINATO TUTTO, POTEVA ESSERE IL MOMENTO PIÚ FELICE DELLA NOSTRA VITA, INVECE SI È TRASFORMATO IN UN DISASTRO!”
Le trema il labbro, è sull’orlo di una crisi di pianto. Vedo le ginocchia piegarsi e poi cade seduta sul divano.
Indietreggio e faccio per uscire, non credo ci sia molto altro da aggiungere.
Un’ombra mi passa veloce accanto e corre verso di lei.
S’inginocchia e la culla. Sento un’improvvisa acidità salire alla bocca dello stomaco.
Mi volto e imbocco l’uscita prima di commettere un gesto irreparabile.
 
 
… due mesi dopo casa genitori Wakabayashi
 
 
Di nuovo a cena a casa dei genitori di Genzo e stavolta sono in estremo e profondo imbarazzo.
“Dobbiamo dirglielo, non possono sapere la cosa dai giornali.”
Dichiara il portiere poco prima di entrare.
“Aspettiamo che sia nato per favore!”
“Sanae, non posso permettere che mia madre lo venga a sapere dai giornali, inoltre potrebbero anche aiutarci con i giornalisti se intervistati.”
Nego vistosamente con la testa.
“Non sono pronta per tutto questo.”
Afferra le mani dentro le sue e ci fissiamo in volto.
“Non abbiamo molto tempo, inoltre non posso nascondere una cosa così grande ai miei genitori, cerca di capire: io ho un ottimo rapporto con loro, non voglio rovinarlo.”
Annuisco e torno a guardarmi i piedi.
Due dita mi sollevano il mento.
“Ehi, vedrai che mia madre capirà ok?”
Si china e mi bacia.
Proprio in quel preciso istante la porta si apre e noi ci voltiamo come due idioti quindicenni sorpresi dalla mamma sulla porta di casa.
“Ommioddio” cinguetta la madre di Genzo.
“Che tempismo mamma, complimenti” borbotta infastidito tirandomi dentro per un polso.
Prevedo una serata molto differente da quella delle altre volte.
“Buon – Buonasera” riesco a dire prima di ritrovarmi in sala senza il cappotto.
Inizio già a perdere i passaggi della serata… andiamo proprio bene.
Ma non è tutto, la madre mi cattura un braccio e trascina in cucina.
Mi volto terrorizzata a fissare il portiere, e con tutta tranquillità che fa? Mi saluta con la mano, come per dire… andate tanto d’accordo! Bene sbrigatela tu, visto che quando siete insieme sono la vostra vittima sacrificale.
TI ODIO formo sul labiale della bocca.
Per tutta risposta mi manda un bacio seguito da un TI AMO.
 
Lo voglio morto: adesso!
 
Ok, sono prigioniera e me ne rendo conto quando spalle all’isola della cucina iniziano le domande.
“Sanae, dimmi: ci sono novità vero?”
Annuisco. Afferrandomi le mani mi avvolge in un caldo abbraccio.
Per gli Dei, come farò a dirle del bambino.
Ok, una cosa alla volta.
“Ho lasciato mio marito” bisbiglio ancora avvolta dalle sue braccia.
Si distacca e mi afferra la spalle.
“Lo avevo detto già la prima volta che eravate troppo affiatati, a Genzo l’ho subito fatto capire che eri perfetta per lui… quindi state insieme?”
“Sì, stiamo insieme da circa due mesi.”
Sento sopraggiungere dei passi, mi volto e finalmente si è degnato di venire in mio soccorso mister simpatia.
“Mamma non intimorirla.”
La madre lo scaccia con un gesto della mano.
“Zitto tu! L’avevo detto io che eravate fatti l’uno per l’altro”.
Lo vedo rigirare gli occhi al cielo e dopo sbuffare un sorriso.
“Mamma tu non vedevi l’ora di vedermi accasato” il tono è leggermente canzonatorio.
“Noioso, va via e lasciami chiacchierare con la mia splendida nuora.”
“Ehi, piano piano, mamma, rilassati ok? Stai correndo decisamente troppo.”
“Ci sarebbe anche un’altra novità signora” intervengo così da smezzare subito tutti gli entusiasmi.
Inarca un sopracciglio e dopo aggrotta l’intera fronte.
Adesso lui è al mio fianco, cingendomi la vita e allontanandomi da sua madre sembra quasi che voglia proteggermi.
“Sanae è incinta!” E la butta lì senza nessuna esitazione.
La madre si porta le mani al volto così da tappare la bocca.
Chissà forse sta tentando di soffocare un gridolino di gioia.
“Mamma aspetta perché c’è un problema.”
Ecco: fine della felicità! Il suo volto si fa improvvisamente serio.
E tocca decisamente a me questa parte, visto che il ‘casino’ l’ho combinato io.
“Vede… purtroppo è accaduto tutto così improvvisamente che…” ma non riesco a finire.
“Mamma non sappiamo di chi sia il bambino” ed è così che lui, completa la frase per me.
Ci guarda un secondo smarrita, mentre le sue pupille rimbalzano dall’uno all’altra.
“Com-com’è possibile?”
Inizio a girare per la stanza in preda alla frenesia di spiegare quanto io sia idiota.
La madre non interviene mai durante il mio monologo.
Finalmente mi fermo e resto a fissarli imbambolata.
Genzo mi sorride teneramente.
Sento il respiro affannato tanta è stata la foga nello spiegare.
La madre prima scuote la testa dopo copre la distanza che ci separa e… mi avvolge in un caldo abbraccio.
“Non devi agitarti altrimenti farà male al bambino.”
Annuisco tra le sue braccia, e devo dire che in questo istante mi viene anche da piangere… e lo faccio.
Sembra incredibile, ma riesco a lasciarmi andare tra le braccia della madre di Genzo, anche perché mia madre non l’ha presa proprio bene.
Prima mi ha dato dell’incosciente, dopo della cretina; non che avesse tutti i torti.
Una grande mano mi scompiglia i capelli, la riconoscerei tra mille.
È il mio portiere.
“Ehi, non piangere non posso vederti così.”
Tiro su con il naso e discosto dalla madre.
“Scusate e che mi son lasciata andare. Sapete l’agitazione…”
La donna mi avvicina un palmo alla guancia.
“Sai certe volte sfogarsi e piangere non può che far bene, allenta tutte le tensioni… Bene: andiamo a tavola che tuo padre ci aspetta.”
Così si congeda da noi lasciandoci soli.
“Sono un disastro” mormoro abbracciata al suo petto.
“Un bellissimo disastro.”
 
A tavola l’argomento è stato esposto anche al padre.
All’inizio ha scosso la testa, ma dopo ha sorriso perché ha detto di non aver mai visto suo figlio così felice, e che per lui è questo quello che conta.
Tutto si può affrontare con l’amore, ha detto.
Mi rendo conto di quanto io stia bene in questa famiglia, sentendomi protetta e coccolata, forse non mi sono mai sentita così.
Forse la lontananza da casa, prima per il Brasile, dopo per la Spagna, chissà… non mi ero resa conto di quanto mi mancasse la mamma, o comunque una figura vicina della famiglia.
Osservo ancora Genzo scherzare con i genitori… e spero proprio che noi riusciremo a costruire un rapporto bello e sereno come lui dimostra avere con i suoi.
Confortati dalle persone che più in questo momento ci sono vicine torniamo più leggeri verso casa.
In famiglia lo sanno e lo hanno accettato. Non potevamo chiedere di più.

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Capitolo 8
*** Capitolo 08 ***


Capitolo 08
 
… Quattro mesi dopo ritiro della nazionale
 
Sono passati quattro mesi da quando ho scoperto di essere incinta; finalmente è arrivato il momento tanto atteso quello in cui io e il mio nuovo compagno dobbiamo dire a tutti gli altri di questa novità.
E quale migliore occasione di un ritiro in nazionale?
A Yukari ho già accennato qualcosa, ma al telefono era davvero difficile confidarle tutto.
Ci saranno proprio tutte Yoshiko, Yayoi, Azumi e la mia migliore amica Yukari.
La pancia si nota a mal fatica e devo dire che almeno in questo mi ritengo fortunata visto che è inverno.
Vorrei sganciare una bomba alla volta in realtà, senza considerare che ci sarà da affrontare anche la stampa.
So già che saremo sulla bocca di tutti.
Già qualche testata Spagnola ha notato la mia assenza sugli spalti.
Tsubasa si è sempre difeso con un no comment e non ha tirato in ballo niente di tutto quello che sta succedendo.
E gli sono eternamente grata per questo, in fondo ha sempre odiato mettere in piazza la sua vita privata, spero solo che continui così.
 
Appena faccio il mio ingresso nella sala, vedo Yukari sbracciarsi da lontano, Genzo mi osserva avanzare dal banco delle bibite.
Abbiamo deciso di fare le cose con cautela. Una cosa alla volta, anche se temo che il Capitano non starà così zitto, non con la sua dolce metà in campo, questo è certo.
Sono quasi sicura che Taro sappia già tutto, figurati se non si sono sentiti al telefono e quindi di conseguenza anche Azumi è già al corrente della situazione.
Fortunatamente è sempre stata una ragazza molto discreta e riservata, proprio come Taro.
Con la coda dell’occhio infatti intravedo la coppia d'oro sul terrazzo che sta parlando, proprio come pensavo.
 
Arrivo al gruppo delle ragazze e la mia migliora amica mi arpiona subito un braccio trascinandomi in disparte.
Non mi concede neppure il tempo di salutare le altre.
“Sanae, allora mi spieghi che diavolo sta succedendo? Dov’è il capitano?”
“Yukari, Tsubasa è sul terrazzo con Taro non lo hai visto?”
“Non sei venuta con lui? Perché non siete insieme?”
“No, sono quattro mesi che non viviamo più insieme.”
Mi afferra per le spalle spingendomi ancora più in disparte.
“Che cosa?”
“Yukari che ti prende? Lasciami. Hai capito bene, io e Tsubasa ci stiamo lasciando.”
Credo di non aver mai visto il volto della mia amica tanto sconvolto, sta boccheggiando come un pesce, proprio non riesce a formulare né un pensiero, né una frase.
“Che diavolo state combinando Sanae?”
“È finita Yukari… ho chiesto il divorzio.”
“Non- non posso crederci, state insieme da una vita che cosa è accaduto Sanae!”
“Non lo amo più, sembra impossibile, ma non provo più gli stessi sentimenti che provavo prima.”
 
Non è convinta, mi conosce troppo bene e capisce subito che c’è dell’altro.
Scuote la testa più volte incredula di fronte a una notizia tanto grande, poi cambia espressione assottigliando lo sguardo.
“Hai un altro vero?”
Abbasso la testa, è davvero impossibile mentirle, ma se ammetto questa cosa il passo da fare per dire CHI è il mio nuovo compagno è davvero breve.
Non so cosa fare ma evidentemente il tempo che sto impiegando è notevole e Yukari come sempre intuisce tutto prima che io parli.
Altrimenti che migliore amica sarebbe.
“Il tuo silenzio è più che eloquente Sanae, sputa il rospo: chi è?”
“Yukari, per ora preferisco tenere la cosa ancora riservata è un momento molto delicato, non vorrei che la stampa ci andasse a nozze.”
“Oh cielo, allora è grave, allora è qualcuno che conosco” afferma più che convinta.
“Ti prego non ora.”
“Va bene, va bene, ma prima che questo dannato ritiro finisca voglio sapere tutto. Dai torniamo dalle altre.”
 
Mentre percorro il breve tratto che separa dalle altre ragazze Azumi mi fissa dritta negli occhi poi con un leggero cenno della testa m’invita verso il buffet.
“Aspetta, vado a prendere qualcosa al buffet” dico a Yukari prima di arrivare dal gruppetto.
Mi avvicino al tavolo e attendo Azumi.
Non passa molto prima che avverta la sua presenza vicino.
“Sanae, come stai?”
Una mano a stringermi la spalla per infondere un po’ di coraggio.
“Cosa ti ha detto Taro?”
“Secondo te?”
“Tutto.”
“Infatti, tutto, come procede la gravidanza?” chiede dolcemente indicando con la testa il grembo. So che stanno provando ad avere un bambino, ma che questo purtroppo non arriva.
“Bene, grazie. Le altre ancora non lo sanno.”
“Lo so, non spetta certo a me dirlo. Sarò onesta Sanae faccio fatica a pensare a te e Genzo.”
Sbuffo un sorriso ironico mentre rispondo: “Faccio fatica pure io, non temere.”
“Avete deciso per ora di tenere nascosta la vostra relazione?”
“Una cosa alla volta Azumi, prima il divorzio con il Capitano, dopo il resto.”
“Non potrai nascondere a lungo la gravidanza.”
“Lo so. Senti Tsubasa come lo hai sentito? Come sta?”
“È venuto da noi per tre giorni Sanae, è molto arrabbiato e frustrato, temo che non sarà facile.”
“Mi ha minacciata sai, ha detto che se il bambino è suo non mi lascerà mai l’autorizzazione ad andare via dalla Spagna.”
Annuisce, immagino che le stesse parole siano state espresse anche a loro.
“Sanae, cerca di capirlo è successo tutto così all’improvviso… per voi doveva essere un momento di felicità.”
“Lo so, non riesco neppure più a parlare con lui dopo che ha saputo del bambino.”
“Dagli tempo.”
“Hai ragione.”
“Vieni andiamo da loro, magari vi farà bene stare un po’ insieme.”
Sospiro perché non so quanto possa essere una buona idea.
Mi volto un secondo e proprio come avevo immaginato i suoi occhi sono su di me.
Sento delle vibrazioni quando mi guarda.
Genzo è preoccupato mentre con passo incerto mi sto dirigendo insieme ad Azumi sulla terrazza.
 
***
 
Avere un ottimo amico è tutto.
E con Taro posso mettere davvero la mano sul fuoco.
Certo l’avrei messa anche per Genzo fino a cinque mesi fa.
“Stanno arrivando.”
La voce del mio amico mi fa sobbalzare, sono diversi mesi che non incontro Sanae.
Sinceramente l’idea di rivederla qua mi ha angosciato fino a togliermi il sonno, ma prima o poi doveva accadere.
Hanno avuto l’accortezza di venire separati, almeno questo.
Non riesco più a tenere a bada la stampa però, dovrò almeno dichiarare che ci stiamo separando, ma non so davvero come affrontare il discorso del bambino, anche perché a breve si vedrà e non potremo esimerci.
“Ciao.”
“Ciao, Sanae, come stai?”
“Bene grazie tu?”
“Me la cavo.”
“Vi lasciamo un attimo da soli” la voce pacata del mio compagno mi lascia a questo incontro con mia moglie. Tra poco ex.
“Volevo ringraziarti per non aver fatto dichiarazioni alla stampa.”
“Non credo che possa durare per molto, credo invece che già stasera dovremmo dire qualcosa.”
Annuisce.
“Possiamo affrontare soltanto una cosa alla volta? Possiamo dire soltanto del divorzio?”
“Mi pare la cosa più sensata, anche se non credo si potrà mascherare per molto la gravidanza.”
“Hai ragione, ma possiamo affrontarla dopo questa questione.”
“Come preferisci, sei tu che verrai presa di mira, non certo io.”
E mi esce veramente acida quest’ultima risposta.
“Credo che ci coinvolgerà tutti invece, l’intera nazionale per l’esattezza. Spero che questo non comporti problemi alla vostra resa in campo.”
“Fortuna che gioco in attacco e ho pochi contatti con la porta.”
Insomma non sono obbligato a giocare con Wakabayashi.
“Già.”
Cala un profondo silenzio imbarazzante tra di noi. Non mi ero mai sentito così con lei, mai.
Dopo un lasso di tempo durante il quale, nessuno dei due riesce a proferire parola; decido di congedarmi e raggiungere gli altri.
 
Sanae la vedo di sfuggita raggiungere le ragazze, le vedo parlottare, già tutte sanno, già tutti sanno, lo leggo nei loro occhi nei loro sguardi.
Genzo cerca di mantenere un atteggiamento composto, cercando d’ignorare i commenti delle persone che hanno visto sempre me e Sanae come coppia indissolubile.
Arrivo al gruppo che si è riunito vicino al tavolo delle bibite.
Mi unisco a loro, ovviamente avevo immaginato bene, siamo l’argomento della serata, era inevitabile, solo dal fatto che siamo arrivati separati.
“Abbiamo saputo delle vostre difficoltà Tsubasa mi dispiace tantissimo.”
Ryo, è lui a parlare, credo sia la prima volta che lo vedo così serio.
Genzo mi guarda e vorrei urlare al mondo intero che in mezzo a tutto questo disastro c’è lui.
E l’occasione d’oro si presenta quando Hikaru butta lì una frase che davvero racchiude tutto.
“Quando accadono certe cose è perché c’è un altro di mezzo, non ho dubbi.”
“Lo credo anch’io.”
Rispondo guardando il mio rivale negli occhi.
“Non posso crederci, dai non Sanae” chiarisce Mamoru mentre sorseggia una bibita.
“E pensate che è la storia più vecchia del mondo; è una persona che non avrei mai immaginato, una persona che ho sempre considerato come un fratello.”
Bene adesso ho l’attenzione di tutti. Genzo inclina le labbra di lato in una smorfia di disappunto. Tanto prima o poi doveva venir fuori no? Quindi che tutti sappiano che razza di amico hanno in nazionale.
“Vero Genzo?”
Il mio sguardo fisso nel suo.
“Non credo sia il momento più adatto per mettersi a discutere di questa cosa.”
Faccio un passo avanti, tutti sono storditi dal nostro comportamento.
“Invece io credo sia proprio il momento ottimale per dire a tutta la squadra che il mio migliore amico se la spassa con mia moglie; che lei è incinta e non sappiamo di chi sia… insomma è giusto che lo sappiano da noi invece che dalla stampa vero Genzo?”
Quel sorriso sghembo che tanto ho adorato in campo contro i nostri avversari adesso mi fa montare un’enorme rabbia.
“Che diav-diavolo state dicendo?”
La voce ci Ryo rimbomba tra questo cerchio di calciatori sbigottiti dalla notizia.
“Vieni andiamo.”
Ed è Taro che mi trascina via di lì, prima che le mie mani strinte in un pugno atterrino su quel sorriso che adesso sto odiando.
Lascio a lui tutti i convenevoli della spiegazione, che si arrangi, io ho già la stampa da gestire. E in base a quello che ci siamo detti prima con Sanae decido di affrontarla subito, così cerco un giornalista e gli regalo uno scoop da prima pagina, almeno qualcuno sarà contento.
 
***
 
Ho solo confermato, che altro c’era da aggiungere, fanculo a tutti.
Alla fine meglio così: via il dente, via il dolore.
E nel preciso istante in cui mi congedo vado da lei.
Lei che è tutta la sera che osservo da lontano, lei che vorrei proteggere da tutto questo.
Sarà come un’onda anomala che travolgerà le nostre vite, ma quando tutti si saranno dimenticati di noi, l’onda tornerà al suo posto e il mare tornerà nella sua sede naturale.
Dopo, tutto, tornerà a tacere e noi continueremo la nostra vita. Dobbiamo soltanto superare questo momento e attendere la nascita del bambino.
La raggiungo, appena sono dietro di lei tutte le altre ammutoliscono.
La vedo voltarsi piano quasi intimorita.
Sposta gli occhi a destra poi a sinistra mentre mormora: “Che fai qua avevamo deciso…”
“Tsubasa ha dato spettacolo lo sanno tutti; oramai inutile continuare la farsa – mi chino e le sfioro l’orecchio – preferisco tornare il albergo, non voglio problemi stasera… vieni via con me?”
“Immaginavo. Sì, vengo via con te.”
Torna a guardare le ragazze che ancora incredule mi stanno fissando. Avrei voglia di gridare la mondo intero che non hanno di fronte un marziano.
Diamo il tempo a tutti di digerire la notizia.
Penso questo mentre tento di auto convincermi che tutto andrà bene.
“Ragazze ci vediamo al prossimo raduno.”
Liquida tutte con questa frase poi si volta e superandomi si dirige verso l’uscita.
L’affianco mentre insieme lasciamo la sala.
Insieme, vicini, come non lo siamo mai stati.
 
***
 
“Ma-ma che diavolo sta succedendo?”
Chiedo rivolta alle mie amiche. Mi guardano e quasi tutte fanno spalluccia, eccetto Azumi che si volta e cerca lo sguardo di Taro.
In entrambi i loro occhi leggo preoccupazione.
Sopraggiunge Ryo di corsa fugando ogni nostro dubbio.
“Yukari, non hai idea di che cosa ci ha appena detto Tsubasa.”
“Cosa?”
“Lui e Sanae divorzieranno.”
“Questo lo sappiamo.”
“Ma non sai il perché” afferma tutto trionfante.
Nego vistosamente
“Sanae e Genzo stanno insieme!”
Porto le mani istintivamente alla bocca coprendo lo stupore che ne è uscito.
Le mie pupille registrano lo stesso sbigottimento sulle facce di tutte le altre.
“Non posso crederci.”
“Aspetta non è tutto… Sanae è incinta e non sanno di chi sia il bambino.”
“Ommioddio!”
“Adesso basta! Piantatela – Taro interrompe tutti facendoci sobbalzare – Finitela di fare salotto e pettegolezzi, sono e rimarranno sempre i nostri amici, quindi dobbiamo proteggerli da tutto quello che ne conseguirà dopo che la stampa lo scoprirà. Proprio non riuscite a capire in che pasticcio ci cacceremo tutti se non restiamo uniti? Volete perdere l’affiatamento di tutta la nazionale, o ancora peggio perdere i nostri amici? Già la situazione è intricatissima, non mettiamoci anche noi e cerchiamo di proteggerli.”
“Hai ragione Taro, scusaci” mormora il mio ragazzo.
“Taro ha ragione, dobbiamo cercare di difendere la nostra squadra da tutto questo, e i nostri amici.” Affianco la metà della Golden Combi per sostenere la sua teoria. Gli altri dopo un secondo di smarrimento annuiscono e tornano composti come sempre.
 
Riesco ad allontanarmi quel tanto che basta per fare una telefonata.
“Pronto?”
“Sanae…”
Un sospiro proviene dall’altro capo del telefono.
“Yukari, sono molto stanca, è stata una serata molto impegnativa, per favore possiamo rimandare l’interrogatorio a domani!” esclama in tono rassegnato perché tanto sa già che non cederò.
“Ho chiamato solo per dirti che se hai bisogno io sono qua, per qualsiasi cosa. Tutto questo non influirà sulla nostra amicizia… Siamo tutti con voi.”


“Grazie, sei un'amica.”
“Gli amici ci sono nel momento del bisogno e delle cazzate.”
La sento scoppiare a ridere.
“Grazie.”
“Per cosa?”
“Per avermi strappato un sorriso in questa pessima serata.”
“Ah… guarda che poteva andare peggio.”
“Impossibile! Peggio di così?”
“Oh sì, immagina Ryo che balla in mutande sul tavolo mezzo brillo.”
Ancora ride.
“Ok, hai visto, è un’immagine ripugnante, quindi sì, poteva andare decisamente peggio. Ora ti lascio sarai stanca.”
“Yukari… Grazie.”
“Dovere, ci sentiamo domani, ti voglio bene.”
“Anch’io, notte.”
“Notte.”
 
Interrompo la comunicazione e fisso il cellulare.
Cavolo Sanae, come diavolo hai fatto a cacciarti in un casino simile… penso.
Un sorriso si forma sul mio viso.
Temo che Anego sia tornata e che sia stato proprio Genzo a risvegliarla.
 
 
… Giorno dopo il ritiro, Amburgo
 
 
E neppure nella previsione più funesta avrei creduto che un giornale potesse essere tanto spietato.
Lo sto ancora rigirando tra le mani.
Ma Tsubasa! Che cazzo ha dichiarato?
 
Il fantasista del Barca, forse, tradito dal suo migliore amico.
 
Il ritiro della Nazionale giovanile Giapponese ha rivelato degli inquietanti retroscena. Dopo un’intervista rilasciata spontaneamente dal Capitano, veniamo a conoscenza che lui e sua moglie stanno divorziando.
Un amore nato dall’infanzia, coltivato sui campi da calcio, sopravissuto a lunghe assenze, pare sia tramontato con l’incarico della moglie per l’industria farmaceutica dove effettua lo stage in Germania.
Voci di corridoio narrano che lei abbia un altro.
La foto la ritrae insieme al portiere, con il quale si allontana dalla festa del ritiro. Tutto ci fa presagire che forse il tradimento sia doppio, sia della moglie, ma anche del migliore amico… continua.
 
Dopo aver letto l’articolo però capisco che il giornalista ha semplicemente fatto uno più uno.
Lo stage in Germania e noi due che andiamo via insieme.
Siamo stati troppo ingenui, ma tanto era davvero inutile tirarla per le lunghe.
 
Sanae scende le scale ed entra in cucina.
Ha la faccia assonnata e i capelli scompigliati.
“Buongiorno.”
“Giorno… novità?” chiede indicando il giornale con la testa.
“Mh-mh.”
“Fa vedere” mi esorta arrivando alle spalle.
Si appoggia alla schiena e non solo sento il suo seno, ma anche la pancia che sta diventando sempre più ingombrante.
“Oddio!” esclama stupita dall’articolo.
La sua preoccupazione la deve avvertire anche il bambino perché sento distintamente sulla schiena un calcetto.
E questo movimento mi lascia senza parole.
Le sue mani mi stringono le spalle.
“Hai sentito?” domanda con voce tremante.
Annuisco, perché ho sentito così nettamente il movimento che il mio cuore s’è fermato un secondo.
Giro su me stesso aiutato dallo sgabello sul quale sono seduto, così me la ritrovo in mezzo alle gambe e mosso dall’emozione la stringo a me con tutto l’amore di cui sono capace.
Mi abbraccia stretto mentre le sento mormorare.
“Come vorrei che fosse tuo.”
Una mano scende ad accarezzarle il ventre.
“Lo amo già come se lo fosse. E anche se non dovesse essere mio, non importa sarà come se lo sia.”
Si discosta un secondo i nostri occhi s’incatenano.
“Ti amo Genzo.”
“Io di più.”
Rispondo stringendola a me.
 
 
… Spagna
 
 
Scuoto la testa mentre leggo su internet il giornale che è stato pubblicato dal reporter al quale ho rilasciato l’intervista.
Che idiota, ha inserito anche cose che ovviamente non avevo detto ma stupidi non sono e francamente l’altra sera era facile fare uno più uno.
Rimugino ancora: come è possibile che la mia si sia trasformata così radicalmente in pochi mesi?
Osservo il nuovo appartamento dove sono tornato.
Davvero non potevo stare dove abbiamo vissuto felicemente insieme per tanti anni.
Ogni angolo mi ricordava lei, ogni mobile che abbiamo scelto insieme era impregnato del suo odore.
Mi manca Sanae, mi manca come l’aria.
Mi accascio sulla sedia dalla quale stavo leggendo.
Prendo la testa tra le mani e cerco di ricostruire la nostra vita, fino a trovare il punto esatto dove ci siamo persi.
Perché ancora mi tornano in mente le parole di Genzo.
Eravamo in due, e anche tu non sei immune da errori.
Vero, ma io ancora non ho capito dove posso aver sbagliato così tanto da perderla.
Ripercorro quei giorni trascorsi con loro, e rivedo tutto.
La complicità, il capirsi con uno sguardo, una parola condivisa che fa esplodere entrambi in una risata.
La conoscenza dei gusti personali dell’altra persona, la cura che avevano l’uno dell’altra.
Ho saputo che Genzo è rimasto a casa quando ha avuto la febbre… io non l’ho mai fatto.
Io non conosco i gusti di mia moglie, per esempio non sapevo che adora la spremuta, o che fosse appassionata di libri.
Che leggesse.
Alla fine penso e ripenso, ma io so davvero poco di lei.
A parte che da ragazzina si occupava di tutta la nostra squadra e che era innamorata del Capitano.
Capitano che da sempre ha pensato prima al calcio e, forse, dopo a lei.
Il portiere in fondo non ha tutti i torti, io non ho mai fatto un sacrificio per lei, ho sempre pensato solo a me stesso, credendo che anche lei condividesse le mie passioni.
Invece solo adesso mi rendo conto che ne coltivava altre a me sconosciute.
E mi manda in bestia sapere che lui in pochi mesi possa conoscerla meglio di quanto io ho avuto l’occasione di fare in questi anni.
Forse non dovevo concentrarmi così tanto sulla carriera.
Carriera che ha fatto mettere da parte la cosa più importante che avevo tra le mani.
Che ha fatto fallire il mio matrimonio.
Vero che lei sapeva che cosa l’aspettava, ma l’amore va coltivato e io non l’ho fatto.
E ora arriva questo bambino, che…
Francamente non so neppure io che cosa desiderare.
Perché se fosse mio forse ho una possibilità di ricucire e recuperare con lei.
Scuoto la testa perché so: è troppo tardi!
Ho aperto gli occhi troppo tardi.
Ma se quel bambino è mio, voglio avere l’occasione di crescerlo e di amarlo, e certamente non è possibile in un’altra nazione.
Quindi di una cosa sono certo, mi spiace per lei, ma dovrà tornare in Spagna, con o senza il portiere, francamente di questo me ne infischio, sono affari loro, non miei.
Cullato da questo pensiero esco per recarmi all’allenamento.
 
 
… tre mesi dopo Spagna
 
 
Ex moglie del fantasista del Barca già in dolce attesa.
 
Oramai è confermato il doppio tradimento.
Non è mai stato dato annuncio ufficiale, ma più volte l’ex signora Ozora è stata fotografata in compagnia del portiere dell’Amburgo.
Le ultime foto tolgono ogni dubbio sulla dolce attesa della signora. Ogni volta che la coppia viene avvicinata dai giornalisti il portiere, in modo molto distaccato, dichiara sempre un NO COMMENT, secco. Dopotutto sappiamo quanto questi personaggi siano riservanti nel mantenere la loro vita privata al di fuori delle testate giornalistiche… continua.
 
Altro tempo è passato da quando lei è andata via.
Altro tempo trascorso in solitudine, altro tempo che mi ha dato modo di riflettere, e forse Genzo non aveva tutti i torti perché ho dato il suo amore troppo per scontato, perché non l’ho coltivato, ma stavamo insieme da una vita, per me era una cosa consolidata che non era possibile cambiare.
Un dato certo.
Solo ora capisco che di certo e sicuro nella vita non c’è nulla e non bisogna mai dare niente per scontato.
Lei la davo per scontato, sempre al mio fianco, ovunque e comunque.
Non ho annaffiato il nostro amore, e non volendo lei ha trovato chi invece l’ha coltivato.
 
So che ha finito lo stage in Germania e che adesso ha preso una pausa per via del bambino.
Anche se mi ha già detto che l’azienda per la quale andrà a lavorare è in Spagna, dopo lo stage le hanno già proposto un lavoro, è sempre stata molto brava Sanae, forse solo io ignoravo tutto questo; tutta questa determinazione.
Poi ricordo però l’Anego che ha sempre vissuto in lei, certo, dopo le elementari era cambiata, ma ovviamente questo lato del suo carattere battagliero non è mai morto.
Forse proprio Genzo le ha offerto il modo di farlo emergere nuovamente, chissà.
Manca un mese al parto e davvero non so come comportarmi, ha detto che comunque mi avviserà quando sarà il momento.
Si è già informata ha detto che per scoprire la paternità del bambino ci vorranno al massimo tre giorni.
Devo solo decidere se andare lì, per il parto, o attendere il test.
Poi un dubbio s’insinua nella mia mente… se fosse mio figlio non posso mancare il giorno in cui verrà al mondo, quindi seduta stante decido che dovrò esserci.
 
 
Sento suonare il cellulare adagiato sul tavolo della cucina.
Lo afferro e rispondo senza controllare chi sia.
“Pronto?”
“Tsubasa, sono Genzo.” Sentire la sua voce mi fa irrigidire tutto il corpo, è più forte di me non posso farne a meno.
“Che vuoi?” un borbottio sommesso arriva dall’altro capo, e immagino anche il perché, ogni volta che ci sentiamo non sono certo il re dell’assertività.
“Ascolta Sanae ha rotto le acque, la sto portando in ospedale, era per avvertirti.”
Cala un attimo di silenzio, tanto che lui…
“Ehi, mi hai capito?”
“Sì, prendo il primo volo!”
E aggancio; merda ci siamo, mi tremano le gambe.
Afferro i primi panni al volo, fortuna che è un martedì e non devo giocare fino a domenica, preparo una valigia velocemente e mentre sono in auto prenoto il volo per Amburgo.
 
Il taxi mi lascia proprio di fronte all’ingresso.
Prendo un profondo respiro e varco quelle porte direzione maternità.
Sono passate 5 ore da quando il portiere mi ha chiamato.
Sanae ancora non ha iniziato neppure il travaglio, dicono che può succedere, che dalla rottura del sacco alle doglie può passare molto tempo.
Mi fermo un attimo nella hall e decido di prenotare una stanza in albergo almeno per questa notte, visto che non sappiamo quanto ci vorrà.
Genzo ha detto quinto piano stanza 22.
Destino infame il numero della sua maglia.
Scuoto la testa per i pensieri assurdi che faccio.
Percorro il corridoio e finalmente arrivo a destinazione, busso e quando sento dall’altro lato che mi danno il permesso di entrare afferro la maniglia e lo faccio.
Camera privata e bellissima, non avevo dubbi conoscendo il portiere.
Lui seduto sulla poltrona lì vicino, Sanae distesa sul letto con un macchinario vicino che emette un suono calmo e costante.
“Ciao Tsubasa!” esclama lei sorridendo.
Mi avvicino al letto titubante. Genzo si alza.
“Vi lascio un attimo da soli.”
“Grazie” mormora Sanae.
Cala il cappellino sul volto ed esce.
Non mi capacito della figura femminile che ho di fronte, non avevo ancora avuto l’occasione di vederla a gravidanza così avanzata.
“Co-come stai?” le domando affiancandola al lato del letto.
“Bene, il travaglio non è ancora iniziato, stiamo aspettando.”
“Ma è in anticipo di un mese, non ci saranno dei problemi?”
“No, stai tranquillo, all’ultima ecografia avevano già stimato un peso di quasi tre chili, non dovrebbero esserci problemi.”
Annuisco. Sono come incantato da questa figura che ho di fronte. A Sanae la maternità dona, è così bella.
Ma la cosa che mi attira di più è il suono che emette il macchinario.
“Che cos’è questo rumore?”
“Mi stanno facendo il tracciato e questo è il suono del battito della bambina.”
“Bambina? Non me lo avevi mai detto.”
“Non me lo avevi mai chiesto… non mi hai mai chiesto niente, Tsubasa…” constata incassando le spalle.
E ha tremendamente ragione, non le ho chiesto mai niente di lei o della gravidanza, ma… al diavolo non so neppure se è mio.
“Sai è difficile se non sai se è tuo.”
“Capisco, anche se un semplice tutto bene… non avrebbe guastato…”
Sospiro, perché forse tutti i torti non li ha.
Afferra la mia mano e la mette sulla pancia.
“Senti” bisbiglia come a non voler interrompere la magia.
E avverto dei leggeri movimenti sotto la sottile pelle.
Le gambe mi tremano mentre prendo posto sulla sedia lì a fianco.
Non riesco a togliere la mano da lì, anche perché… era tanto che non accarezzavo Sanae e questo me ne dà la possibilità.
Volto lo sguardo per puntare i miei occhi lucidi nei suoi.
“È… è… bellissimo” sussurro.
Annuisce e mi regala un flebile sorriso, quasi nascosto, quasi intimo; dopotutto questa meraviglia potremmo averla creata noi, chissà.
A breve lo scopriremo.
I nostri occhi ancora si scrutano mentre la bambina continua a muoversi., sorrido anch’io, ma è lei a spezzare l’incanto distogliendo lo sguardo e puntandolo oltre la finestra.
Butto fuori l’aria che non mi ero reso conto di trattenere.
Poteva essere tutto bellissimo e perfetto, invece…
Mi sistemo meglio sulla sedia lasciando il suo ventre.
Il silenzio è calato nessuno dei due parla più, pochi attimi dopo dei passi; non ho neppure bisogno di voltarmi per sapere che è lui.

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Capitolo 9
*** Capitolo 09 ***


… ospedale Amburgo
 
Finalmente ci siamo.
In tarda serata sono iniziate le doglie e ora stiamo andando in sala parto, dopo una discussione con il Capitano su chi doveva starci: Sanae non ha avuto dubbi su chi voleva al suo fianco, e ovviamente sono io.
Mi dispiace, ma in due non ci avrebbero fatti entrare.
Adesso lui aspetta fuori dopo che è arrivato di corsa dall’albergo nel quale alloggiava.
Fortunatamente la dilatazione è stata abbastanza veloce.
Ogni tanto mi fa sorridere per le imprecazioni che sta tirando fuori.
Nell’ordine…
 
  • Non so chi di voi due dovrò uccidere ma vi garantisco che sarà una morte lenta e dolorosa.
  • Vi odio.
  • Se mai ne dovessi fare un altro lo adotto.
  • Sono proprio una cretina prenderò la pillola a vita.
  • Ti uccido Genzo perché sei il più vicino adesso.
 
Io ovviamente annuisco e le do ragione, chi diavolo ha il coraggio di contrastarla?
Forse era meglio far entrare Tsubasa. Lo penso per un secondo prima di scuotere la testa e ragionare sul fatto che potrò canzonarla a vita per questi momenti.
 
Ma ora che siamo giunti alla fine e la vedo soffrire davvero, con il dolore che fa contrare il suo volto… ecco, adesso prenderei volentieri il suo posto, perché IO non posso vederla soffrire così.
Non dice più niente è concentratissima sulla respirazione e sulle istruzioni che sta ricevendo dall’ostetrica.
L’aiuto a sollevare le spalle e le sorreggo la testa per agevolarla nelle spinte.
“Dai altre due spinte e ci siamo, forza!” la incita la donna.
Mi sta stritolando una mano, ma poco importa; anche se ho il dubbio che potrò giocare domenica se continua così.
E come aveva detto l’ostetrica dopo le due spinte sento il corpo di Sanae rilassarsi e lasciarsi andare.
Butta fuori tutta l’aria trattenuta mentre tra le mani della donna vedo agitarsi una testina minuscola ricoperta da una miriade di capelli scurissimi.
E piange la bambina, a pieni polmoni.
Sanae la segue a ruota mentre mi chino per baciarla in fronte.
Una lacrima cade sulle sue guance, non ho potuto fare a meno di emozionarmi.
Dopo le prime cure viene adagiata sul grembo materno e immediatamente si attacca al seno per succhiare avidamente.
“Siete bellissime” dichiaro mentre bacio ancora Sanae sulla fronte e afferro una minuscola manina che riesco ad accarezzare con il solo pollice.
Oddio, è così piccola.
Afferra con la piccolissima mano il mio dito e lo stringe forte, sento il cuore esplodere dalla gioia, chi se ne frega di chi è figlia: è così bella!
“È il tuo ritratto Anego!”
“Dici?”
“Dico.”
“Benvenuta piccolina” mormora alla figlia.
 
“Bene signora, come chiamiamo la bambina?”
Lei si volta osservandomi un attimo smarrita, quindi vado in suo aiuto.
“Intanto mettete soltanto il cognome della madre Nakazawa, appena avremo il test di paternità vi faremo sapere.”
“Perfetto signor Wakabayashi”
“Ci eravamo raccomandati per la massima riservatezza” affermo in tono deciso.
“Non tema, la vostra privacy sarà rispettata.”
 
Siamo tornati in stanza, adesso, Tsubasa è incantato a guardare la culla dove dorme la bambina.
Le sta accarezzando una mano. Sanae sta riposando.
Mi alzo dalla sedia e lo raggiungo.
“Bella è?” chiedo. Da una parte bisogna iniziare.
“Bellissima, assomiglia a Sanae.”
“È la stessa cosa che ho detto io appena l’ho vista.”
“Genzo, se è mia la voglio vicina.”
Sguardo deciso, dritto negli occhi, come quando entra in campo.
Per vincere, solo per vincere.
“Capisco, ti chiedo solo una cosa se fosse… almeno il primo mese permettile di avere qualcuno al suo fianco sarà stremata. Lascia che resti qua.”
“Scordatelo. Prenderemo una signora che l’aiuti non temere.”
Mi passo una mano su tutto il volto, mi sa che non capisce che cosa intendo.
“Ha bisogno di avere vicino un compagno anche se ci fosse bisogno durante la notte, non lo capisci?”
“Non mi mancano certo i soldi per mettere una donna giorno e notte in casa e poi se ha necessità posso restare io, la casa dove abitavamo è sempre disponibile.”
 
“Tsubasa, io non torno nella nostra vecchia casa sia chiaro!”
Anego mi sa che si è svegliata e ha sentito tutto.
Seduta nel letto con le braccia intrecciate sotto al seno ha un piglio più che battagliero.
“E allora dove?”
“Non temere se dovessi tornare in Spagna prenderò un’altra abitazione dove ovviamente potrà alloggiare anche Genzo, e questa non può certo essere la nostra vecchia casa. Inoltre inutile affrontare l’argomento adesso, aspettiamo le analisi.” Risoluta, decisa, seria. Anego, stop.
Restiamo tutti e due in silenzio. Ci ha zittiti entrambi con poche parole.
Già inutile affrontare adesso l’argomento.
 
 
E la risposta arriva anche prima del previsto per fortuna.
Osservo la culla scuotendo la testa.
 
Hikari Ozora
 
 
E come ho sempre sospettato fin dall’inizio: il Capitano è arrivato per primo!
E ora tutto si complica, tutto assume delle sfumature grigie oltre che rosa.
Il rosa, per fortuna, me lo regala Hikari con la splendida tutina che indossa. La prima che abbiamo comprato insieme io e Sanae.
Tsubasa è partito stamattina, ha detto che al massimo tra quindici giorni vuole sua figlia in Spagna prima di prendere un avvocato.
Sanae accarezza la testa della figlia, mentre una lacrima solca il suo bel viso.
“Ehi, stai tranquilla troveremo una soluzione, non temere.”
“La soluzione è soltanto una, dovrò tornare in Spagna e noi potremmo vederci raramente.”
“Ti confesso che avevo già contattato un agenzia, Sanae, e avevo già visto una casa, non volevo darti anche questo pensiero, se vuoi a tutto questo ci penso io, il resto verrà da sé ci organizzeremo.”
Solleva il volto guardandomi smarrita, i suoi occhi brillano, tra le lacrime che vedo chiaramente sulle lunghe ciglia.
“Dai non voglio vederti piangere” dico passando il pollice sotto al suo zigomo per asciugare la goccia che fuggita da un occhio stava scivolando lentamente giù.
“Cosa ho fatto per meritarti Genzo? Per meritare tutto questo?”
“Mi hai amato e hai colorato le mie giornate, mi sembra il minimo che io possa fare per te. Inoltre, non avercela con Tsubasa, nella sua situazione avrei fatto esattamente la stessa cosa, insomma, un figlio è un figlio, non è soprammobile.”
Mi chino e la bacio.
“Grazie” sussurra dopo aver risposto al bacio.
 
 
***
 
 
Non so davvero come posso meritare tutto quello che il portiere, viziato, spocchioso e acido, che io credevo, sta facendo per me.
Varco la soglia di casa con Hikari tra le braccia, la sala è invasa da decine di palloncini rosa e mazzi di fiori.
“Bentornata a casa: amore.”
Osservo con occhi sgranati tutti gli addobbi che sono stati messi per l’arrivo a casa della piccola.
Scorro le composizioni floreali e i vari pacchetti.
I nomi dei nostri amici compaiono in ogni angolo, mi viene da piangere, perché nonostante tutto, lo scandalo, la confusione, sono tutti al nostro fianco e nessuno di loro ha mai concesso un pettegolezzo a chicchessia.
“Ha telefonato Yukari, ha detto che domani verrà a trovarti.”
Mi volto stupita.
“Ma come? Viene qua in Germania?”
“Non ha voluto sentir ragioni, ha detto che vuole vedere Hikari.”
Mi risponde sollevando le spalle, dopo aggiunge.
“Temo che non sarà l’unica visita, anche Azumi mi ha chiesto l’indirizzo, però della casa in Spagna, ha detto che se vuoi può restare con te per un po’ se hai bisogno.”
“Oddio, la chiamo subito, è davvero carina, e accetto volentieri il suo aiuto, non me la sento di stare da sola con Tsubasa che passerà in continuazione e tu che non ci sarai.”
“Hai ragione, chiamala, ne sarà felicissima.”
“Poi lei e Taro adorano i bambini, è già da tempo che provano ad averne sai?”
“Davvero? Non lo sapevo, mi dispiace per loro.”
“Anche a me, spero che presto possano darci la lieta notizia.”
“La casa in Spagna è pronta, ho chiamato l’arredatrice e mi ha mandato le foto, quindi quando arriverai non temere, sarà già tutto sistemato. L’ho incaricata di farci trovare anche la spesa fatta, comunque ti accompagno e resto un paio di giorni va bene?”
Lo raggiungo e sollevandomi sulle punte lo bacio a fior di labbra.
“Ti ho già detto che ti amo oggi?”
Fa finta di pensarci…
“Mh - oggi forse no!”
Sorrido.
“Beh, ti amo portiere.”
“Anch’io manager.”
 
 
Finalmente nel mio letto. Mi volto e vedo Genzo profondamente addormentato. Lo osservo, il volto disteso e rilassato, non ho davvero idea di come possa affrontare tutto questo così serenamente. Ma tutte le volte che mi guarda mi sento così amata, ed è questo amore che permette tutto questo. Non so quanti uomini avrebbero accettato una cosa del genere, deve amarmi davvero molto.
Come io mi sono resa conto di amare lui, dopotutto.
Disteso con un braccio sollevato vicino alla testa e a pancia sotto; non sa quanto è maledettamente sexy in questa posizione.
Indossa soltanto i boxer e la canottiera, mi mordo il labbro inferiore perché so già che passerà del tempo prima di poter avere nuovamente dei rapporti.
Che palle!
 
La bambina stanotte si è svegliata almeno quattro volte per mangiare, doverose, ma noi non siamo abituati e si vede.
Oggi lui si è preso un giorno di riposo e credo che abbia fatto decisamente bene, visto che tutte le volte si è alzato per aiutarmi.
Soltanto quindici giorni così e dopo dovrò volare in Spagna… e sarò da sola.
Inoltre non posso chiedere al portiere di svegliarsi la notte, lui deve allenarsi.
Certo questa era la prima notte, ma dovrò decisamente arrangiarmi.
Dei mugolii provengono dalla culla vicino al letto.
Veloce mi alzo e prendo la piccola prima che lo svegli.
Mi dirigo verso la cameretta per cambiarla e allattarla.
 
“Sanae, sei sveglia?”
Apro un occhio guardandomi intorno, Hikari dorme sul mio petto.
Io sono sulla sedia a dondolo e devo letteralmente essere caduta in un sonno profondo.
“Insomma” biascico sbadigliando.
“C’è Yukari.”
“Falla entrare.”
 
“Oddio, Sanae, scusa ti ho disturbato?”
“Figurati è che siamo tutti molto stanchi.”
Si avvicina e mette seduta nella sedia che il portiere le ha portato.
“Vi lascio sole, vado a dire alla domestica di aggiungere un posto a tavola.”
“Grazie amore” rispondo.
La mia amica ride sotto i baffi.
“Beh, che hai da ridere?” Le chiedo inarcando un sopracciglio.
“Sanae perdonami; ma sentirti chiamare Genzo AMORE è strano, molto strano.”
Ci guardiamo un attimo e dopo scoppiamo a ridere.
“Ok, Yukari, ok! Ammetto che è quasi comica la cosa.”
“Dopo tutti quegli anni passati a inseguire il Capitano” si alza e mima teatralmente me da giovane che rincorro Tsubasa.
“Smetti di fare l’idiota.” Rispondo sghignazzando.
Ed ecco che tutte le attenzioni vengono concentrate sul versetto che si è elevato dalle mie braccia.
“Oddio, fammela vedere. Presa com’ero dal canzonarti un po’, non mi ero accorta di questa meraviglia.”
Si avvicina, perciò decido di alzarmi e porgerle la bambina.
“Ecco la piccola Ozora!” dichiaro passandogliela.
“Immagino avresti voluto una piccola Wakabayashi.”
Faccio spalluccia, oramai è andata, inoltre la amo già così tanto che il cognome che porta poco importa.
“Certo, sarebbe stato più semplice, ma inutile piangere sul latte versato, vieni scendiamo di sotto.”
Invitandola con la mano, mi faccio precedere.
 
Hikari si è addormentata e beatamente ronfa dentro la carrozzina.
Siamo tutti seduti a tavola per il pranzo, non mi ero accorta di aver dormito sulla sedia a dondolo della cameretta per quasi tutta al mattinata.
Dovevo essere davvero stanca.
“Confesso che non credevo di trovarvi così rilassati, certo siete stanchi e si vede, ma non credevo di trovarvi così… come dire… affiatati.”
Ci scambiamo un'occhiata perplessa con Genzo, che diavolo vuol dire?
“Oh… non mi guardate così, l’intera nazionale ha scommesso che non sareste durati più di due mesi insieme… quando lo hanno saputo. Dopotutto da piccoli bisticciavate sempre.”
“Ah, ma grazie che begli amici.” Rispondo facendo finta di essere infastidita.
Lei mi scaccia gesticolando con entrambe le mani.
“Ascoltami bene: Anego! Noi avevamo abbandonato questa figura – si sporge e picchietta un dito sulla spalla del portiere che solleva un sopraciglio quasi infastidito… mi fa ridere questa scenetta – evidentemente l’S.G.G.K. l’ha fatta riaffiorare in tutto il suo splendore.”
Afferro un tovagliolo, l’appallottolo e glielo lancio.
Lo riceve in pieno volto, si volta facendomi una linguaccia.
“Sei proprio un’idiota Yukari, come sempre del resto.”
Tutti e tre ci mettiamo a ridere di gusto, ma abbassiamo subito il tono prima che la piccola si desti.
E avere la tua migliore amica al tuo fianco in qualsiasi situazione non può che far bene, decisamente.
 
 
E come sempre quando vuoi che le cose non passino, che non volino, quando vuoi che il tempo si fermi, tutto pare accelerare, i fatidici quindici giorni dettati come regola dal mio ex marito sono scaduti e io mi trovo su questo maledetto aereo che mi condurrà in Spagna lontano da Genzo e vicino a Tsubasa.
Osservo Hikari che dorme placida e ora che ha quindici giorni la somiglianza con il Capitano è davvero notevole, è cambiata da quando è nata, assomigliava così tanto a me.
Avrei voluto che assomigliasse a Genzo, così sarebbe stata sua figlia.
Sospiro, forse un po’ troppo forte. La pressione sul mio braccio aumenta.
Genzo mi sorride, un gesto un po’ nervoso, sa che dopo questi giorni trascorsi in Spagna, insieme, dovremmo separarci.
E resterò sola con Tsubasa, anche se non abiterà con me, immagino che sarà una forte presenza.
Dovrò escogitare qualcosa per non averlo sempre intorno e per non far arrabbiare Genzo, perché so che è molto geloso, come so che teme che il mio ex, vista la vicinanza, voglia riprovare a ricucire un rapporto.
Lo temo anch’io per l’esattezza, ma nella mia testa ho le idee ben chiare e un solo cognome: Wakabayashi.
 
Finalmente il viaggio è finito, Hikari c’ha dato del filo da torcere, temo che l’aereo non le piaccia così tanto, ma come biasimarla così piccola e già sballottata da una nazione all’altra.
Varchiamo la soglia della nuova casa e purtroppo non faccio in tempo neppure a godermela perché la piccola piange e richiede il seno.
“Vieni” mi esorta Genzo.
 
E quello che noto è troppo bello per essere vero.
Mi accompagna in fondo alla sala dove si trova una veranda con una sedia a dondolo. Di fronte un bellissimo giardino in stile giapponese.
“Ho pensato che qua puoi allattare in tutta tranquillità e non sentire troppo la mancanza di casa.”
“È… è meraviglioso. Tu sei pazzo, quanto hai speso per tutto questo?”
“Ah, non devi preoccuparti di queste cose, e poi quando sono qua voglio sentirmi a casa mia… ecco, così mi sento a mio agio.”
“Non hai perso il vizio delle cose in grande Genzo.”
Sorrido al pensiero che anche in Giappone la sua casa era la più maestosa di tutte.
“Diciamo che amo le cose belle – si avvicina mi sfiora una guancia e dopo un flebile bacio sussurra – come te!”
Gli brillano gli occhi quando mi guarda e io mi sento così amata.
Ma la piccola non sente ragioni.
“Scusa” dico mettendomi seduta sul dondolo e offrendo il tanto atteso pasto alla mia piccolina.
Mi rilasso mentre lei mangia soddisfatta.
“Vado a mettere le valigie in camera. Quando hai fatto vieni che ti faccio vedere la cameretta di Hikari e la nostra.”
Mi volto sorridendo.
“Non oso immaginare che cosa avrai inventato dopo che ho visto la veranda e il giardino.”
“Piantala di prendermi in giro” il tono è bonario mentre lo vedo sparire diretto al reparto notte.
 
 
Inclino un sopracciglio dopo aver letto la targhetta sulla porta di Hikari.
 
La principessa dorme qui
 
“Ok, Wakabayashi non credi di esagerare un tantino?” mimo il gesto con le dita per indicare la quantità.
Solleva le mani a mo di difesa.
“Io non c’incastro nulla è stata l’arredatrice” ha pure il coraggio di giustificarsi mentre entro e noto che… è ingiustificabile.
“Ok, sei del tutto pazzo, questa non è una cameretta è una stanza giochi. Che cavolo hai detto a quella povera disgraziata dell’arredatrice.”
“Che domande: le ho detto che la stanza doveva essere divertente e con più di un letto, sai per gli amichetti o – si avvicina cingendomi da dietro mi abbraccia stretto – eventuali fratelli o sorelle.”
Sollevo gli occhi al cielo, perché passerà del tempo prima che riaffronti tutto quel dolore lì, può scordarselo: Tzé!
“Metti bene in conto che sarà più POI che PRIMA.”
“Ho molta pazienza IO” risponde baciandomi il collo.
“Sai essere anche molto persuasivo quando fai così però” mi volto per incrociare le sue labbra.
Ed era tanto che non ci baciavamo così, ne avevo decisamente bisogno.
 
 
***
 
 
Ieri sono arrivati, come da accordi. Arrivo di fronte al cancello e dopo essermi palesato entro in questa magnifica villa.
Tutta su un piano, circondata da un bellissimo giardino, si tratta bene il portiere non c’è che dire.
“Vieni, Sanae è in veranda che sta allattando.”
È lui a fare gli onori di casa.
“Bene” rispondo entrando e andando dove mi è stato indicato.
“Vieni, Tsubasa siediti qua.”
Il tono di Sanae è calmo e tranquillo, è così bella con nostra figlia in braccio mentre le concede il seno.
Domani Genzo partirà e finalmente noi saremo soli.
“Come sta il mio tesoro?” dico avvicinandomi e accarezzando un piedino.
“Benissimo, mangia come una maialina” le passa un dito dietro l’orecchio e giù fino al collo, la bambina sorride, ma non molla il seno.
Poco dopo si stacca e lei la solleva per farle fare immagino il ruttino, ma mi sbagliavo si alza in piedi afferra un panno e me lo mette sulla spalla.
“Ehi, che fai?”
“Come che faccio! Vuoi fare il papà giusto? Bene iniziamo, mettila così – dice indicandomi la posizione – e falle fare il ruttino.”
Mi tremano le braccia mentre accolgo mia figlia sulla spalla.
Sono così emozionato, è così piccola e indifesa. Ha un odore fantastico e la pelle di velluto ora che strofina la fronte contro il mio collo.
Mi allontano un attimo da Sanae cullandola, così da godermi tutto questo momento. Poteva essere tutto perfetto se…
“Ciao amore mio” sussurro alla piccola dandole un bacio sulla testina.
Sento una mano stringere la spalla.
“Sarai un ottimo padre Tsubasa.”
La voce cristallina e sincera di Sanae mi tranquillizza.
“Spero di far meglio di come ho fatto il marito.”
“Tsubasa io… non devi rammaricarti è accaduto e basta, non sei stato un marito cattivo, è finito l’amore, non lo credevo possibile ma è successo.”
“Sì, è finito l’amore perché forse non l’ho coltivato.”
“Allora non lo abbiamo coltivato in due. La colpa non è mai di uno soltanto.”
“Ti ho data per scontato, invece non lo eri.”
Mi volto e incrocio il suo sguardo, ma ha gli occhi lucidi. Dopo abbassa il volto e mormora: “Non diamoci colpe è accaduto e basta.”
Allungo una mano per accarezzarla, ma lei indietreggia.
“Scu-scusa devo andare un attimo al bagno.”
Sospiro mentre si allontana, sarà dura.
Più dura del previsto.
 
 
Hikari dopo un po’ si agita quindi decido di addentrarmi alla ricerca di Sanae.
In cucina però scorgo Genzo.
“Hai visto Sanae? La bambina è nervosa.”
“Forse ha bisogno di essere cambiata vieni.”
Lo seguo aggrottando un sopracciglio.
Ci addentriamo nel reparto notte fino alla stanza della piccola.
Resto sbalordito dalla cameretta*, ma che diamine…
 
“Tu sei proprio sicuro di non aver esagerato?” Dico osservando l’albero finto che spunta in fondo alla stanza. La manager mi aveva accennato al discorso della cameretta, ma non credevo una roba del genere.
“Zitto non dirmi niente, ha già infierito abbastanza Sanae, ma la colpa è dell’arredatrice.”
Mi viene da ridere, mentre l’occhio cattura uno scivolo e un'altalena che penzola dall’albero ovviamente. I toni sono tutti rivolti alla natura sembra di stare all’aperto.
Siamo arrivati al fasciatoio.
“Adagiala qua. Lì – dice indicando un cesto – c’è tutta la roba per il cambio.”
Fa per andarsene, ma io arpiono il suo braccio.
Gira la testa: prima guarda la mano ancora stretta a lui, dopo solleva un sopracciglio con fare interrogativo, come a dire ‘beh, e ora che vuoi?
“Genzo, io non ho mai cambiato mia figlia.”
Quel sorriso sghembo strafottente compare sul suo volto, ed è lecito che io lo odi tanto in questo istante vero? Perché capisco che lui sa farlo e io no.
Ma poi mi sorprende con quelle parole.
“Dai vieni, ti faccio vedere.”
Quindi, senza nessuna intonazione a presa in giro o che altro, con movimenti sicuri e delicati Hikari torna bella profumata come prima.
La solleva e me la porge.
“Sai che avrò bisogno di altre lezioni vero?”
“Sono sicuro che Sanae sarà felice di dartene.”
Detto questo si congeda e sparisce dalla mia vista.
 
Resto un attimo a guardare la cameretta, odo dei passi provenire dal corridoio, infatti pochi attimi dopo la mia ex compare sulla porta.
“Tutto bene?”
“Sì, tutto ok.”
“Perfetto, senti pensavo, visto che Hikari è molto piccola e non può stare troppo lontana da me per via della poppata, ho deciso che mi toglierò il latte e te lo metto in biberon già pronti con la dose, così non sarai obbligato a stare con me.”
“Ma Sanae io… insomma, per me non è un problema.”
“No, Tsubasa, è giusto che ognuno compia la sua vita e non debba dipendere dall’altro. Genzo mi ha detto che ti ha mostrato come si cambia, se vuoi lo facciamo altre volte insieme, ma è giusto che tu abbia la tua indipendenza con lei, devi essere in grado di sostituirmi in tutto.”
Allunga le braccia e io capisco che è giunto il momento di andare quando lei mormora.
“Vieni da mamma, amore adesso facciamo la nanna.”
“Passo per darti una mano nei prossimi giorni.”
“Passa pure quando vuoi, comunque dopo domani arriverà Azumi, resterà con me una decina di giorni, sai: per farmi abituare.”
“Perché non prendi un aiuto?”
“Perché preferisco gestirla io, o solo da persone che conosco. Ci vediamo, scusa, ma sta crollando dal sonno.”
“Ciao.”
Quindi esco dirigendomi all’uscita.
“Ti accompagno…”
Sollevo un braccio, in cenno negativo alla proposta di Genzo.
“Non importa conosco la strada.”
E se pensavo che questa vicinanza con Sanae mi avrebbe offerto un'occasione, ora capisco che è impossibile, lei mi sta tenendo a debita distanza.
Dovrò solo farmene una ragione, definitiva.
 
 
***
 
 
Rigiro tra le mani il giornale che sto leggendo in taxi.
Taxi che mi sta portando a casa di Sanae, sono felice che abbia accettato il mio aiuto.
Mi ha spiegato quanto si senta in difficoltà da sola e con Tsubasa tra i piedi.
Magari poteva aspettare qualche altro giorno prima di obbligarla a venire in Spagna.
Torno con gli occhi sull’articolo.
Ma perché non li lasciano semplicemente in pace? C’è una creatura di mezzo proprio non hanno il minimo tatto.
 
Hikari Ozora
 
Finalmente si chiarisce il dubbio che aveva assalito tutti i nostri lettori da quando la ex moglie del Capitano Ozora convive con il portiere della Nazionale Giapponese. Non ci capacitiamo di come sia potuto accadere tutto questo, non solo il divorzio tra la solida coppia, ma la gravidanza si è conclusa con la nascita di una piccola Ozora e non una Wakabayashi come tutti avevamo immaginato.
Infatti tutti pensavano che il divorzio fosse dovuto proprio a questo fatto.
Che la moglie di Ozora fosse incinta del portiere e che per questo si fossero lasciati con il marito.
Ci smentisce in tutta questa confusione il cognome della piccola.
Prosegue…
 
 
“Sciacalli!” mormoro al giornale stringendolo con un po’ troppa forza e sgualcendolo.
“Diceva signorina?”
“No, niente mi scusi.”
 
Finalmente giungo a destinazione, stamattina ho fatto colazione con la mia stessa bile: dopo aver letto il giornale l’incazzatura era a livelli stratosferici.
Suono e dal citofono mi risponde la voce di Sanae.
Anche sul portone c’è lei ad accogliermi con la bambina tra le braccia.
“Sono così felice che sei qua con noi. Grazie!”
“E io sono felice di aiutarti con questo splendore” rispondo prendendo una manina della bambina.
“Vieni ti faccio vedere la tua stanza.”
La seguo; le dirò dopo del giornale.
 
In cucina glielo mostro, ma mi stupisce subito.
Fa spalluccia, dopo afferra un’altra copia dello stesso e me la porge.
“Ero già uscita a comprarlo, Genzo mi ha chiamata dalla Germania.”
“Proprio non hanno altro da fare che scrivere queste cavolate” borbotto guardando ancora il titolo.
“Azumi: è già tanto che non sia venuta fuori la notizia del test di paternità.”
Annuisco e sospiro.
“Lasciamo perdere, tieni…”
Mi porge la bambina, le mie mani tremano mentre l’accolgo tra le braccia.
È di una tenerezza disarmante, vorrei tanto che anche io e Taro riuscissimo a creare un gioiellino così.
Sembra leggermi nel pensiero quando avverto la mano adagiarsi sulla mia guancia per sciogliersi in una carezza.
“Vedrai anche voi stringerete presto un fagottino tra le braccia…”
“Lo spero tanto Sanae, sai, Taro e Tsubasa avevano parlato e scherzando avevano detto… pensa se i nostri figli nascessero lo stesso anno e poi giocassero insieme…”
“Beh, il Capitano non aveva fatto i conti con un fiocchetto rosa” dice facendo il solletico sotto al mento della figlia.
Ci guardiamo e scoppiamo a ridere.
Credo proprio che mi farà bene stare un po’ di tempo con loro.
Ed è così che iniziano le mie giornate con la prima manager e sua figlia.
 
 
 
 
Questo per darvi un idea della cameretta ;-)
*http://idacorr.net/wp-content/uploads/2015/12/Bambini-Giocare-Camera-Progettazione-Con-Albero-Casa-Decorazione.jpg

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


… venti giorni dopo
 
 
Non credevo che sarebbe stato così difficile vivere senza di loro.
Sanae mi riempie di foto e messaggi, ma non è come averle qua.
Sto girando a vuoto per la casa da circa un’ora, io non ce la faccio a vivere così, con lei in Spagna.
Fortuna che ci sono tre giorni di riposo, domattina dopo l’allenamento prenderò il primo volo disponibile e correrò da lei… anzi da loro; perché non avrei mai creduto ma il batuffolo rosa mi manca moltissimo.
Sospiro ancora controllando le valigie già pronte per domani.
Ancora poche ore e le rivedrò.
Afferro il telefono e la chiamo.
“Ciao, finita la giornata?”
“Sì, non vedo l’ora di essere a domani e prendere quel maledetto aereo.”
“Come siamo scontrosi, forza pensa a domani e cerca di rilassarti. Tutto bene oggi con gli allenamenti?”
“Le solite cose.”
“Goal presi?”
“Stai scherzando? Nessuno che diamine.”
“Portiere?”
“Mh?”
“Ti adoro quanto t’infiammi.”
“La smetti una buona volta di prendermi in giro?”
“Genzo…” la sua voce è cambiata sembra si sia trasformata in un sussurro.
“Sì?”
“Ho voglia di te.”
Sospiro e sorrido mentre mi sono completamente appoggiato allo stipite della porta. Perché mi manca come l’aria.
“Anch’io: non immagini quanto…”
“Ti aspetto, a domani.”
 
 
E finalmente domani è arrivato.
Percorro il vialetto di casa a grandi falcate, infilo le chiavi e apro.
“Sanae, sono a casa.”
“Ciao Genzo.”
E non era certo la voce che mi aspettavo di trovare.
“Tsubasa, che cosa ci fai qua?”
“Che domande, sono passato a vedere Hikari.”
Sbuffo un po’ di aria che non mi ero reso conto di trattenere.
Sento dei passi sopraggiungere dal reparto notte.
Sanae comprare con la piccola in braccio, e… francamente me ne infischio se c’è lui.
“Ciao.”
La raggiungo in fretta, vorrei baciarla, ma lei frappone tra noi due la bambina.
Capisco, così, che non vuole di fronte a lui.
“Bentornato” mi strizza un occhio come a tranquillizzarmi, dopo mi supera sulla sinistra e raggiunge il Capitano.
“Allora Tsubasa, ha mangiato, è pulita sistemata, lì c’è la carrozzina se vuoi puoi portarla in giro, credo che per le prossime tre ore sia a posto.”
“Ma non vieni con noi?” le chiede lui.
Sollevo gli occhi al cielo, mentre Sanae nega con la testa.
“Azumi dov’è?” chiedo.
“È dovuta partire un giorno prima, Taro si è stirato un polpaccio e deve stare a riposo assoluto, quindi, l’ho spedita quasi a calci nel sedere. È giusto che stia con suo marito, ha detto comunque che tornerà.”
“Bene.”
Si è creata una situazione di stallo nessuno parla, francamente sto aspettando che Tsubasa esca…
Anego mi stupisce; mette la figlia nella carrozzina, dopo si gira verso Tsubasa e parla: “Bene, è pronta per la passeggiata con il papà.”
Ed è impossibile per lui rifiutare.
Quindi afferra il mezzo ed esce con la figlia.
Appena chiusa la porta, Sanae ci si appoggia e sbuffa fuori un sorriso.
Dopo punta i suoi occhi nei miei e si avvicina come un felino che ha individuato la sua preda.
Si muove sinuosa verso di me.
Ancora credo che non abbiamo sbattuto le palpebre.
Sento l’unghia del suo indice passarmi sotto al collo.
“Bene S.G.G.K, sfruttiamo queste tre ore a nostro favore.”
“Vuoi dire che possia-…”
“Diciamo che ci proviamo, dopotutto da una parte dobbiamo iniziare no? E oggi abbiamo tutto il tempo che vogliamo, prendiamocela comoda.”
Ed è talmente tanto che non facciamo l’amore, tra il fastidio per la pancia ingombrante e per il parto dopo, che la sollevo direttamente come una sposa che supera la porta della casa nuova.
Ha preso a baciarmi il collo durante tutto il tragitto.
Imbocco subito la porta della nostra camera.
Porta che chiudo con un calcio.
La poso a terra in prossimità del nostro letto.
Siamo soli finalmente e posso amarla di nuovo.
Lentamente la spoglio, lei si solleva sulle punte e arriva fino al mio orecchio: “Dovremmo far finta che oggi sia la mia prima volta sai…”
“Non temere, farò conto che lo sia, anzi, ne sono onorato.”
 
 
“Non ricordavo che tu fossi così morbida, Sanae.”
Ansimiamo l’uno nella bocca dell’altro. Mentre i baci non si risparmiano.
“E io avevo quasi scordato che potesse essere così bello.”
“Tutto bene? Hai sentito dolore?”
Nega e sorride.
“No, tranquillo!”
“Allora possiamo iniziare dal principio.”
Una risata cristallina esce dalle sue labbra.
“Vedo che il periodo di astinenza forzata ti ha fatto bene…” il tono è leggermente canzonatorio.
“Diciamo che stavo per impazzire… e non per il sesso, Sanae, è stare lontano da te che mi fa impazzire, non vivere la quotidianità con voi mi rende triste e nervoso. Io sto bene solo dove ci siete voi, mi sento solo ad Amburgo.”
Il mio tono è serio non ho certo voglia di scherzare.
Afferrandomi il viso con le mani lo blocca, fintanto che le sue labbra non raggiungono le mie. Dopo avermi baciato con passione sussurra:
“Non pensiamoci, la bambina crescerà e sarà più facile gestire il tutto. Potrà restare dal Capitano anche per la notte e io magari potrò raggiungerti.”
Sorrido, perché non voglio darle pensiero in questo momento di ritrovata intimità ma a me non basta. Non più. Quindi decido seduta stante che m’impegnerò a trovare un'altra soluzione.
 
 
Apro gli occhi allungo la mano, ma lei non c’è.
Il suo lato del letto è vuoto ed è freddo, quindi capisco che è già da un po’ di tempo che deve essersi alzata.
Passo una mano su tutto il volto per scacciare gli ultimi residui di sonno, scalzo e cercando di fare meno rumore possibile vado alla ricerca di Sanae.
Una leggera cantilena proviene dalla cameretta di Hikari, è ancora molto presto, forse sta tentando di riaddormentarla.
Mi soffermo sullo stipite e resto incantato a guardarle.
Sono così belle.
La bambina dorme tra le sue braccia, Sanae le sussurra dolci paroline, e quando mi concentro finalmente riesco a scorgere qualche spezzone di questo monologo, perché Hikari dorme profondamente e non può certo sentire quello che la madre sta dicendo.
“Sai dobbiamo essere forti io e te, perché in questa grande casa spesso saremo da sole, e dovremo essere felici anche in due, e non dobbiamo mai far sapere a quel burbero di un portiere quanto la sua presenza ci manchi…”
Si sofferma sospira e una lacrima brilla nel primo raggio del mattino.
Un improvviso groppo mi nasce in gola.
È sempre così allegra e solare, non aveva mai manifestato questa sofferenza, ho sempre pensato che fosse, in un modo o nell’altro, abituata alla lontananza.
Improvvisamente m’illumino e capisco.
Ovviamente è abituata; lo sa più che bene che cosa significa.
Tsubasa è stato lontano da lei per tre lunghi anni.
Quindi sa perfettamente che sacrifici comporta questa cosa.
Io invece? Lo so?
Alla fine quando ho scelto di venire in Germania è come se di fatto mi fossi avvicinato ai miei genitori.
Certo ho lasciato gli amici, ma ho sempre avuto la mia famiglia, e finora io non ero mai stato innamorato.
Ancora un sussurro: “No, amore non dobbiamo fargli sapere quanto invece ci manca, perché adesso la sua carriera è al culmine e non possiamo permetterci cambiamenti, ma sono sicura che nel futuro troveremo un soluzione.”
La lacrima cade sulla figlia e lei l’asciuga veloce.
“Scusa piccolina mia.”
Un sorrido dolce si distende sulle sue labbra, e dopo essersi sollevata dalla sedia va verso il lettino per coricare la figlia.
Svelto torno in camera non voglio che mi sorprenda.
Ma questi discorsi non possono che confermare la scelta che ho fatto.
 
 
… dieci mesi dopo
 
 
“Hikari, lascia stare la pianta ho detto!”
Da quando gattona non ho più un attimo di tregua.
Suona il campanello, finalmente il Capitano è arrivato.
“Vieni” dico aprendo la porta e correndo subito dalla piccola peste che si è interessata un po’ troppo ai CD del portiere.
“Tutto ok?” Chiede il mio ex.
“Era meglio quando stava ferma nel passeggino.”
E appena avvertita la voce del padre gattona come un razzo nella sua direzione.
“Pa-pa.”
“Sì, amore papà è venuto a prenderti, andiamo al parco a mangiare un gelato che ne dici?”
La solleva facendola roteare, per tutta risposta ottiene una risata immensa a ben quattro denti e due manine paffute che battono incessantemente.
Sono così belli.
Finalmente vedo Ozora sereno, è stata così dura.
Sarà così dura.
“Vieni a mangiare un gelato con noi?”
Mi riscuoto alla richiesta di Tsubasa.
“No… io” tentenno.
“Guarda che se per una volta usciamo tutti e tre insieme non succede niente, non ti mangio Sanae.”
Sospiro, perché so, che dovrei regalare a mia figlia dei momenti solo con noi tre, ma è difficile riallacciare con lui… e Genzo è geloso marcio.
Sposto il peso da un piede all’altro temporeggiando, ma dopo cedo.
 
E ora che siamo tutti insieme al parco credo di aver fatto una saggia scelta a regalare questo momento a mia figlia.
In mezzo a noi sta facendo vola vola ridendo serena.
Arrivati al chiosco dei gelati ci sediamo.
Tsubasa torna con tre coni.
“Fragola e panna se non ricordo male.”
Sorrido…
“Ricordi bene.”
Mangiamo in silenzio il gelato mentre Hikari è intenta a giocare nella sabbiera, il suo cono era piccolo e ha finito prima, adesso si sta beatamente passando della sabbia con un'altra bambina.
“Dove abbiamo sbagliato Sanae?”
Mi volto di scatto, non mi aspettavo una domanda così, dopo tutto questo tempo.
“Te l’ho detto… è successo, non si poteva prevedere.”
“Ti trascuravo vero?”
“Ho sempre saputo che nella tua vita il pallone era al primo posto, e ti avevo accettato così, per com’è giusto che sia, per come sei fatto tu. Ma poi… non so cosa sia accaduto con Genzo. Mi sentivo al primo posto, considerata e complice. Non ho mai avuto questa complicità con te… mi dispiace.”
“Se solo potessi tornare indietro… è tardi ora vero?”
Mi volto totalmente verso di lui.
Metto una mano sul suo viso, l’ho amato così tanto.
“Sì, Tsubasa, è tardi.”
Annuisce e tra noi cala un silenzio di riflessioni.
Passa un tempo indefinito prima che lui parli di nuovo.
“Pensavo… secondo te posso assumere una baby sitter per Hikari? Vorrei portarla a dormire anche a casa mia e tenerla più a lungo ora che il seno non è più il suo pasto principale.”
Muovo la testa in senso affermativo.
“Credo sia un’ottima idea anche se sono sicura che saresti in grado di badare a lei senza nessun problema, ma se questo ti fa sentire più tranquillo, non vedo un motivo per il quale dovrei essere contraria.”
“La scegliamo insieme?”
Sorrido, ma nego.
“Deve stare a casa tua, non a casa mia.”
“Ok, recepito. Però ho un’ultima richiesta da farti.”
Sollevo gli occhi al cielo.
“Vai spara.”
“La prima notte che dormirà da me… puoi restare anche tu?”
Sgrano gli occhi: è impazzito?!
“Tsubasa, ma che dici?”
Agita le mani.
“Aspetta, temo solo che la bambina non riconoscendo la casa si metta a piangere… invece se tu fossi lì…”
Lascia cadere la frase mentre io passo in rassegna la proposta, che, di fatto ha una ragione ovvia e precisa…
Dovrei farlo capire anche a Genzo però.
“Vediamo, non ti prometto nulla, ci penso, magari posso restare fino a tardi e poi vado a casa, ti faccio sapere.”
Sputa fuori un sorriso sarcastico.
“Cos’è: Genzo non vuole?”
Ok, mi vuole provocare non devo cadere in trappola.
“No, Tsubasa, sono IO che proprio non me la sento.”
“Hai paura che accada quello che è accaduto in Germania con il portiere?”
Mi punzecchia, non devo cedere.
Così decido di alzarmi raggiungo Hikari e la sollevo da terra.
“Andiamo amore, per oggi la passeggiata è finita.”
Così mi avvio seguita a ruota dal Capitano.
“Sanae, aspetta…”
Ma non mi fermo, so di essere nel torto, ma non ho certo intenzione di litigare qua in un parco pubblico.
Mi affianca.
“Sanae io…”
“Tsubasa, lasciamo perdere, non ho voglia di discutere sulla pubblica piazza. Ci vediamo domani.”
Ed è così che all’uscita del parco le nostre strade si dividono portandoci ognuno alla propria dimora.
 
 
… Due giorni dopo, Amburgo
 
 
Inspira
Espira
Inspira
Espira
 
Non avrei mai creduto che quelle lezioni di concentrazione potessero servirmi in questo istante.
Istante nel quale sto stringendo, poco garbatamente, il giornale tra le mani.
 
Non tutto è perduto
 
Una famiglia felice.
Questo quello che appare dalle nostre foto. I coniugi Ozora fanno fare vola-vola nel parco alla loro figlia. Molto probabilmente la lontananza con il portiere e la vicinanza con il marito. (Oramai ex da voci certe) hanno permesso ai due di chiarire.
In questa splendida sequenza di foto osserviamo i volti rilassati dei protagonisti.
Il campione Giapponese, dopo un periodo scadente dal punto di vista calcistico sta tornando a brillare come prima.
Che sia merito del riavvicinamento con la ex moglie?
Certo tutti sappiamo quanto influisca la tranquillità familiare sul rendimento.
Prosegue…
 
Devo calmarmi, sono soltanto giornalisti che stanno cercando la notizia e lo scoop.
So che Sanae è più che certa della scelta fatta.
Continuo a guardare il cellulare, non resisto lo afferro e la chiamo.
“Pronto?”
La sua voce calda mi avvolge facendomi ingelosire ancora di più.
“Buongiorno.”
“Portiere buongiorno, passata bene la notte?”
“La notte sì, è la colazione che mi è andata di traverso, Sanae.”
“Perché? Che cosa è accaduto?”
“Non hai ancora letto il giornale vero?”
“No.”
“Aspetta ti mando una foto.”


“Genzo io…”
“Dimmi che cosa sta succedendo per dio” forse la frase mi è uscita un po’ troppo sopra le righe visto che sento il suo respiro cambiare e dopo parte.
“Non sta succedendo proprio nulla, abbiamo solo portato la bambina al parco, ma non sarà neppure l’ultima volta sia chiaro. Se i giornalisti non hanno meglio di cui parlare… beh, peggio per loro. E mi meraviglio di te, che pure ci credi. Idiota!”
Detto questo mi aggancia il telefono in faccia.
Fisso un attimo il cellulare stordito. Una rabbia improvvisa m’investe, afferro la felpa ed esco. So perfettamente che cosa fare e dove andare.
Tre ore dopo raggiungo la meta. Sta piovendo e sono bagnato da capo a piedi.
Imbocco il vialetto di casa spalanco la porta entrando come una furia.
Percorro a grandi falcate il corridoio e finalmente arrivato individuo l’oggetto del mio desiderio.
Sanae.
È in veranda e si sta occupando delle piante.
“Anego, non provare mai più ad attaccare il telefono mentre stiamo parlando!”
Un urlo terrorizzato la sconvolge, si sbilancia e cade all’indietro.
Indietreggia con lo stile di un gamberetto strisciando a terra.
E la scena sarebbe davvero comica se non fossi incazzato come una bestia.
“Gen-gen…” neppure riesce a formulare il mio nome da quanto è lo stupore.
Mi avvicino sovrastandola. Lentamente una piccola pozza si sta formando ai miei piedi.
Finalmente si alza con sguardo furente e dito puntato al mio petto inizia lo sproloquio.
“Tu sei un folle… che diavolo ci fai qua?”
“Non provare mai più a riattaccare il telefono: siamo intesi?”
“Sentiamo altrimenti che cosa mi fai?” Domanda in tono sarcastico sollevando prima le mani al cielo per poi adagiarle sui fianchi con fare di sfida.
“Questo!”
E me la carico sulle spalle dirigendomi nel reparto notte.
 
 
***
 
 
Sto tranquillamente sistemando i fiori quando una voce… per l’esattezza la sua voce mi fa vibrare il corpo.
Mi volto e trovarmelo alle spalle tutto bagnato da capo a piedi non solo mi spaventa ma eccita da impazzire.
Quei jeans attillati fradici gli donano come un dio. Ha lanciato la felpa zuppa sulla sedia e quello che intravedo sotto mi fa salire un'ondata di caldo incredibile.
Ma non crederà mica di averla vinta così; quindi inizio a battibeccare come si deve. So che l’articolo lo ha fatto infuriare, ma Tsubasa resterà sempre il padre di Hikari e io non posso ignorarlo.
Sbraita e i muscoli si tendono. Bene sentiamo che cosa ha da dire.
“Sentiamo altrimenti cosa mi fai?” Chiedo a presa in giro.
E dopo la risposta mi carica sulle spalle.
Scalcio senza ritegno dando l’impressione di essere quantomeno un po’ incazzata.
Non ha neppure idea invece di quanto io voglia raggiungere la nostra camera.
Spalanca la porta e dopo averla chiusa a chiave mi scaraventa sul letto.
Ansimiamo entrambi, vuoi per la leggera colluttazione, vuoi per il fervore del momento.
Mi sta fissando a braccia conserte. Non riesco a non tartassare il labbro inferiore. Decido di osare di più a questo punto.
“Beh, finita la scena da uomo delle caverne?”
“No.”
E me lo ritrovo addosso che mi bacia schiacciandomi sotto di lui con tutto il suo peso.
Le mie mani stanno togliendo la maglietta bianca zuppa d’acqua, per toccare quella pelle liscia che sotto arde.
Non capisco più niente mentre i baci si consumano tra il mio collo e il petto.
Petto oramai nudo dopo che la maglia è stata strappata con foga.
“Sei solo mia” ripete in continuazione.
La nenia prosegue mentre inebriata da lui rispondo: “Solo tua.”
I baci si alternano alle risposte sempre più spezzate.
I ti amo sussurrati tra i capelli, tra le labbra, tra la pelle.
E sono davvero soltanto sua mentre i nostri corpi uniti si muovono all’unisono.
Mentre il piacere ci avvolge nel suo caldo abbraccio.
Mentre Genzo si adagia delicatamente sul mio corpo.
Mentre le mani sfiorano la morbida pelle lasciando scie di brividi che prolungano il momento del piacere.
Il momento in cui i cuori tornano a battere nel petto.
Il momento in cui il desiderio è stato soddisfatto.
Il momento in cui i respiri tornano ad essere regolari.
 
 
Confesso che mi scappa da ridere. “Non ti facevo così geloso portiere!” Esclamo passando le mani tra i suoi capelli e fissandolo intensamente negli occhi.
“Anego sposami! Mettiamo fine a tutte queste dicerie.”
Strabuzzo gli occhi incredula, ma un sorriso scorre sulle labbra.
“Stai scherzando?”
“Non sto scherzando. Sei mia, voglio solo che sia chiaro a tutti.”
Ed è serio, estremamente serio.
Porto una mano al mento con fare riflessivo.
“Mh… devo valutare bene, vediamo geloso, possessivo e un po’ cavernicolo!”
“Simpatica, simpatica davvero!” si sta alterando, quindi lo afferro per le guance costringendolo a tuffare i suoi occhi antracite nei miei.
“Quello che vedo in realtà però… è un portiere tanto innamorato quindi la mia risposta è: sì!”
“Ti amo Nakazawa!”
“Anch’io Wakabayashi!”
 
 
Apro un occhio quando sento Hikari piangere, mi sollevo di scatto afferrando il lenzuolo.
“Ehi” il mugolio infastidito di Genzo mi fa sobbalzare.
Oddio, allora non era un sogno. È piombato qua in casa e ha chiesto di sposarmi.
“Cavolo” borbotto mentre vado in cameretta dalla piccola.
Una volta recuperata entro di nuovo nella nostra stanza e la metto nel lettone, lei appena vede il portiere perde la testa, quindi gattona spedita nella sua direzione mettendosi sulla schiena a cavalcioni.
Dopo inizia a saltellare tutta felice sbrodolando un “Waka-waka.”
“Accidenti che risveglio” mugugna lui lasciandosi fare ogni tipo di tortura possibile.
La tolgo; così da permettere almeno che si metta a pancia in su.
Ma dura poco perché la bambina torna a torturarlo mettendosi proprio su questa.
“Vedi: con te gli addominali vengono benissimo, Hikari, dovrei proporti all’allenatore” e ride alla bambina, sono bellissimi insieme.
“Waka-waka!”
“Possibile che tu mi chiami come una canzone? Con tutti i diminuitivi possibili proprio questo” le dice prendendo le manine paffute e agevolandola nel gioco.
Dopo sollevandola la fa volare come un aereoplanino.
Ci sa fare, non c’è che dire.
Una volta atterrata sul suo petto la bambina gli getta le braccia al collo e lo stringe forte dandogli ripetuti baci sulle guance.
“Mamma mia che ruffiana abbiamo qua!” esclamo dando delle leggere pacchette sul culetto coperto dal pannolone.
“Cara Hikari sei proprio sfortunata, pensa te… quando dovrai uscire con il primo ragazzo e dovrai passare il test di ben due padri!”
“Ah, sarà Ozora a decidere” risponde il portiere sicuro di sé.
“Sai che non ci credo neppure se ti vedo, che non avrai niente da obiettare se lei uscisse con uno che non ti piace?”
Fa spalluccia…
“Io non direi assolutamente niente, il padre è Tsubasa… Io lo aspetterei semplicemente in un vicolo molto buio.”
Ci guardiamo ed esplodiamo in una risata.
La bambina ride con noi, sono felice che nonostante le tensioni e le inevitabili discussioni lei stia crescendo serena.
Ma la nostra vita non sarà certo come quella di una normale famiglia, avremmo sempre una terza persona che influirà inevitabilmente nelle nostre scelte.
“Genzo devo chiederti una cosa, ma prima che tu vada in escandescenza dammi la bambina.”
 
 
***
 
 
Sto facendo una sfuriata per la stanza dopo quello che mi ha detto Anego.
Porca miseria, vuole che resti a dormire da lui, perfetto, giusto, sacrosanto è sua figlia, ma non può chiedere che si fermi anche lei.
Credo solo che sia una scusa bella e buona.
E sto tentando di farglielo capire.
Certo, lo ammette anche lei, ma per il bene della figlia vuole restare fino a tardi, così se si sveglia e piange lei può essere lì.
Solo per la prima volta ha detto.
Tento ancora di regolarizzare il respiro.
Cavolo non mi era mai capitato di dover mettere in pratica questa tecnica per due volte di seguito in meno di dodici ore.
Non ho mai provato così tanta gelosia verso una donna. Per l’esattezza è la prima volta che la provo ed è la prima volta che mi batte così il cuore.
 
Hikari mi guarda come se stesse seguendo una partita di tennis spostando la testa a destra e a sinistra.
Mi blocco proprio di fronte e lei e immediatamente allunga le braccia per essere presa.
“Anche se sbraiti non fai poi così paura” ammette la mia compagna con un alzata di spalle.
“Siete due streghe. E va bene, vada per questa mezza nottata, ma appena arrivi a casa mi telefoni.”
“Anche se è notte fonda?”
“Certamente.”
“Guarda che se volessi far qualcosa non importa mica l’orario…” vuole stuzzicarmi e ci sta riuscendo divinamente.
“Mh… Anego che nervi, lo so benissimo… voglio solo sapere quando arrivi a casa e che stai bene.”
“Oh, ma che premuroso!”
Mi paro di fronte a lei.
“Ti diverte tanto prendermi in giro?”
Si alza dal letto e solleva sulle punte. Dopo avermi sfiorato le labbra con un bacio sussurra: “Da impazzire portiere, vado a fare una doccia.”
E mi lascia lì con il fagotto il mano.
“Ringrazia solo che ho Hikari tra le braccia altrimenti…”
“Altrimenti?” chiede sporgendosi oltre lo stipite della porta.
“C’è una minore in stanza, meglio che taccia. E datti una mossa che tra due ore ho il volo.”
“Ma non stai qua per qualche giorno?”
“Anego, sono venuto inventando una scusa, devo tornare subito ad Amburgo.”
Si sbatte il palmo della mano sulla fronte.
“Non posso crederci tu sei pazzo.”
La raggiungo.
“Sì, pazzo di te!”
E la bacio.
 
 
Ancora aeroporto; ancora Amburgo; ancora questa maledetta casa vuota.
E ora che ho deciso di sposarla non posso continuare questa vita così.
Devo assolutamente trovare una soluzione, non possiamo certo essere marito e moglie in due nazioni differenti.
Quindi chiamo il mio procuratore e gli espongo il piano.
Dovrò fare delle sostanziali modifiche nella mia vita, ma per lei questo e altro.
Mi darà ancora del pazzo, ma poco m’importa, così non posso andare avanti, questo è certo.
Raccolgo la busta che giace sulla console chiusa.
La apro e un ennesimo invito a una festa importante è lì che mi guarda spavaldo.
Odio queste cose… anche se… forse per una volta può volgere a mio favore.
Afferro il telefono e chiamo Anego.
“Sono arrivato.”
“Fatto buon viaggio?”
“Sì, senti…”
“Mh… come mai quando parti così suona sempre male?”
“Perché tu sei prevenuta. Tra circa quindici giorni ho un festa della società dove gioco, avrei piacere se tu fossi al mio fianco ufficialmente, Sanae.”
La sento sospirare…
“Per favore…” aggiungo.
“Parlo con il Capitano per sentire se posso portare la bambina per qualche giorno lì, ma non ti prometto niente, cerca di capire.”
“Cerco di capire che prima o poi dovremmo fare la nostra vita e non dipendere sempre da Tsubasa.”
“Sei geloso.”
“Sarò geloso, ma tu gliele dai tutte vinte.”
Ancora un sbuffo, pare un toro infuriato.
“Non ho voglia di litigare ancora con il rischio che magari tra due ore e mezza piombi qua in casa come un pazzo, quindi dammi il tempo di chiederglielo.”
Mi mordo la lingua per non mandarla a quel paese.
“Però ti è piaciuto…”
“Mh… passabile.”
“Come passabile… SANAE!”
Esplode in una risata cristallina.
“Oddio, sto morendo… avrei voluto vedere la tua faccia; giuro!”
E continua a ridere senza alcun ritegno.
“Vuoi che prenda ancora il prossimo volo?” il tono è un mix tra il minaccioso e l’erotico.
“Magari… amore, a parte di scherzi, prometto che glielo chiederò.”
 
 
… quattro giorni dopo, Spagna
 
 
Osservo la tavola, tutto è finemente apparecchiato per stasera.
Hikari resterà a dormire, Sanae ovviamente ha detto di no, ma non nascondo che sto tentando di riconquistarla.
Il campanello suona e io corro ad aprire.
Sanae con un piccolo trolley compare sulla porta.
Allevio subito il peso delle borse e la faccio accomodare.
Hikari è talmente curiosa di esplorare la nuova casa che a mal fatica mi ha salutato.
“Ciao. Tsubasa ti consiglio di togliere quelle due piante, non so il perché ma adora mangiare le foglie.”
“Oddio se ti sentisse mia madre… lo facevo io da piccolo.”
“Ecco, ora si spiega tutto!”
Papà” ed ecco un piccolo gattino che si sta arrampicando sulle mie gambe, quindi mi chino e la prendo tra le braccia.
“Schifo, Hikari, le piante, non si mangiano.”
Pa-pa, one
“Non sono buone, fanno male al pancino” dico toccandoglielo.
Mentre Sanae prende le povere piantine incriminate e le mette a distanza di sicurezza.
“Venite andiamo a mangiare, ho preparato in cucina così è meno dispersivo e più intimo.”
“Accidenti, non sapevo che tu cucinassi, per lo meno, non lo avevi mai fatto prima.”
“Hai ragione, non ho mai fatto una cosa così carina nei tuoi confronti… prima.”
Restiamo un attimo in sospensione, ma è lei a spezzare l’imbarazzo chiarendo:
“Buttiamoci tutto alle spalle… quindi cosa hai cucinato di buono?”
“Confesso che io ho solo apparecchiato e che la mamma di Pinto mi ha preparato la paella, se non ricordo male era il tuo piatto preferito.”
Avvicinandomi con la mano sposto un ciuffo mettendolo dietro al suo orecchio.
Lei fa un passo indietro e finisce di sistemare il mio lavoro incompleto.
Ci fissiamo un secondo negli occhi, dopo lei distoglie lo sguardo e capisco che questo tipo di effusioni non posso più permettermele.
Oramai è troppo tardi per qualsiasi tentativo di conquista, la vedo come si tiene a distanza.
“Sediamoci e mangiamo, così dopo ti spiego tutto su come fare con Hikari. Dovrai farle anche il bagnetto.”
“Va beh, lo abbiamo fatto altre volte a casa tua no?”
“Vero, ma ora dovrai riuscire da solo, come se io non ci fossi.”
Annuisco mentre mi siedo a tavola.
La cena scorre tranquilla tra vari aneddoti del passato e ricordi della nostra vita insieme.
Ogni tanto si distrae con il cellulare, temo sia Genzo, ma non posso farci davvero nulla, oramai siamo divorziati.
Hikari gattona tra la cucina e la sala, dove sono stati sparsi vari giochi. Non la perdiamo mai di vista.
Finito il dolce decidiamo di guardare un po’ di tv nell’attesa dell’ora della nanna.
“Tsubasa senti dovrei dirti una cosa, anzi due.”
“Quanto mi faranno incazzare?”
“Abbastanza…” ammette.
“Vai, sono pronto.”
“Tra circa quindici giorni devo raggiungere Genzo in Germania, vorrei portare la bambina.”
Mi alzo di scatto e inizio a passeggiare.
“Scordatelo!”
“Lo sapevo, perché devi sempre rovinare tutto.”
“Ah, io rovino tutto? Senti chi parla…”
“Ti ho già chiesto scusa un milione di volte è successo e mi dispiace, ma oramai sto con lui, credo che tu debba fartene una ragione.”
“Non temere, me la sono fatta.”
“Beh, non mi sembra, comunque ho la soluzione. Andrò ad Amburgo senza Hikari, starà da te così non uscirà dai confini spagnoli e tu sarai tranquillo.”
Ammettiamolo il tono è sarcastico e mi rendo conto che con questa cosa mi ha incastrato.
“Ma tu non puo-…”
E non mi fa finire si avvicina e punta un dito al petto.
“Sia chiaro, su tua figlia hai voce in capitolo, su di me NO. Ah, ho anche un’altra notizia prima che tu la venga a sapere dai giornali… io e Genzo ci sposiamo.”
Resto come un ebete a fissarle il volto, ha gonfiato le guance come da ragazzina. Dio, erano secoli che non vedevo quest’espressione.
Tutto è perduto, adesso la certezza si concretizza attraverso queste parole.
“Credo sia meglio che torni a casa, sono certa che saprai cavartela alla grande Tsubasa, sei un ottimo padre.”
Si china dalla figlia e dopo le classiche raccomandazioni del caso afferra la borsa salutandomi.
“Mi raccomando se hai bisogno non esitare chiamami, tanto al massimo in quindici minuti sono qua da te.”
Annuisco e non riesco a proferire altre parole se non Ciao.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


… quindici giorni dopo: Germania.
 
 
“Tu sei proprio sicuro che stasera sia il caso?”
Sanae sta finendo di prepararsi per la festa di stasera. Ha indossato lo splendido vestito che le regalai tanti mesi fa quando insieme visitammo Amburgo.
Hikari è in Spagna con suo padre e noi, per la prima volta, possiamo essere una semplice coppietta da quando è nata la bambina.
Sospiro e sollevo gli occhi al cielo, perché avrò già risposto circa trenta volte alla stessa domanda.
“Anego, non è che hai qualche ripensamento sulla mia proposta vero?”
Sto lottando con questo maledetto nodo della cravatta.
Arriva lei quindi con semplice gesti mi fa voltare per averla di fronte.
Armeggia un attimo con il nodo e poco dopo sento esclamare:
“Fatto! Portiere… nessun ripensamento.”
Si solleva sulle punte donandomi un bacio sfuggente.
Passo un braccio intorno alla vita e l’attiro.
“Fermo lì - dice puntandomi i palmi al petto e tentando di allontanarmi – ho appena finito di truccarmi, non vorrai rovinare tutto?”
“Casomai sarà difficile starti lontano.”
Tento ancora di imprigionarla, ma sfuggevole come un ‘anguilla mi sguscia via dalle braccia.
Non prima di avermi tracciato una scia con l’unghia sotto al mento.
Sinuosamente si allontana…
“Sono certa che stanotte troverai il modo di starmi vicino.”
E detto questo sparisce dietro la porta da cui era arrivata.
Mi passo una mano su tutto il volto, mentre ripenso all’ondeggiare del suo corpo.
Espira, inspira.
Dovevo immaginare che con Anego questa tecnica mi sarebbe tornata utile.
 
L’auto ci lascia proprio di fronte all’ingresso.
Come un vero cavaliere che si rispetti vado dal suo lato e apro la portiera.
E già prima che le afferri la mano per aiutarla a scendere una valanga di flash c’investe.
Vedo lei ripararsi dalla luce con un palmo.
Ma sotto l’ombra improvvisata un magnifico sorriso compare ai miei occhi.
“Beh, mi sa che stasera avranno di che parlare.”
Osserva sollevando un sopraciglio e guardandosi intorno.
“Che dici gli regaliamo un bacio da scoop.”
“Wakabayashi non oserai mica…”
Ma non la faccio finire mentre l’afferro per la vita e stringendola a me, la bacio, lì, di fronte a tutti.
Giusto per ribadire il concetto che lei è mia adesso e di nessun altro.
Sento il rumore delle macchinette impazzite per il nostro bacio improvviso.
Sorrido sulle sue labbra mentre mormoro.
“Adesso avranno ragione di sparlare.”
I miei occhi s’incantano nei suoi e non riesco a smettere di fissarla così bella, con le guance arrossate per la vergogna e l’imbarazzo crescente.
Mi discosto leggermente mentre le nostre pupille ancora non accennano a sciogliere l'incastro.
“Sei pazzo!”
 
“Scusate avete niente da dichiarare?”
Volto un attimo lo sguardo verso l’improbabile domanda del giornalista di turno.
Con il sorriso che da sempre mi caratterizza sbuffo un po’ di aria fuori dalle labbra socchiuse mentre bofonchio un… “Secondo lei?”
Ma non voglio svelare tutto in pochi minuti, altrimenti che gusto ci sarebbe?
Per una volta ho il coltello dalla parte del manico e questo mi permetterà di sfruttarlo al massimo.
Porgendo la mano alla mia futura moglie c’incamminiamo in direzione della struttura dove si svolgerà la festa.
Ancora vari scatti si consumano prima che raggiungiamo l’ingresso.
“Hai avvertito Tsubasa vero?”
“Tranquillo l’ho avvertito, ma tu sei sicuro…”
Mi volto e afferro le sue mani.
“Non son mai stato più sicuro di una cosa come in questo momento: Sanae.”
I suoi occhi brillano di una luce che non avevo mai notato.
Nessuno mi aveva mai guardato così, nessuno mi aveva mai amato così.
“Ah, togliti che poi alla fine mi farai piangere, zuccone!”
Mi spinge via con i palmi delle mani, si volta e cerca di raggiungere la sala.
Mi guardo un attimo in giro e dopo essermi accertato che nessuno ci possa vedere le mie dita raggiungono il suo sedere mollandole un pizzicotto.
“Brutto!” si volta imbufalita.
Con le dita affondo nelle guance gonfie di rabbia.
“Ho sempre adorato quel maschiaccio di Anego in fondo” dico spiazzandola.
“Portiere me la pagherai…” sbuffa.
“Sì, sì certo poi stanotte facciamo i conti eh, adesso ho una dichiarazione da fare, quindi aspettami di là.”
Con fare stizzito distende le braccia e chiude i pugni, prima di allontanarsi con passo collerico mentre la sento imprecare… maledetto portiere dei mie stivali.
 
Vedo il mio obiettivo a pochi metri di distanza.
Mi soffermo al tavolo delle bibite e dopo aver preso un bicchiere di bollicine inizio a parlare:
“Allora Martin, che ne dici di uno scoop?”
“Wakabayashi… ma quale onore! Tu che vuoi sempre star fuori dalla prima pagina, che cosa ti spinge adesso a far sì di essere la notizia del giorno?”
“Poche domande, che ne dici di due notizie bomba in anteprima? E l’esclusiva futura di quello che comporterà?”
“Wow wow aspetta vita privata o calcistica?”
Sollevo il calice osservando il liquido all’interno e senza guardarlo esclamo: “Entrambe!”
 
 
… Giorno dopo Spagna
 
 
Scuoto la testa mentre leggo il grande titolo sulla testata giornalistica più importante di tutta la Spagna e osservo la foto che fa corredo all’articolo.
Ancora la gelosia non riesco a farla cessare, le mie palpebre sbattono più e più volte di fronte a questo profondo bacio che il mio ex amico e la mia ex moglie si sono scambiati di fronte a tutti. Scuoto la testa e torno al titolo dell’articolo.
Ho davvero sbagliato tutto.
E queste grandi lettere in testa alla pagina mi fanno capire quanto io abbia dato sempre la priorità alle cose sbagliate.
Genzo è sempre stato molto più maturo di me, io, in fin dei conti, sono sempre stato quello che voleva inseguire il suo sogno.
E l’ho raggiunto il mio sogno, ma quanto mi è costato?
Ho messo in primo piano il lavoro e non ho coltivato invece l’amore che sempre mi aveva accompagnato, dandolo per scontato, come una cosa, certa, sicura.
Un amore che andava nutrito e che io forse ho fatto morire lentamente senza neppure rendermene conto.
 
 
Genzo Wakabayashi
in difesa della porta del Real Madrid
Ieri sera il portiere ha annunciato ufficialmente la sua uscita dalla squadra dell’Amburgo per entrare in quella del Real Madrid.
La decisone è stata presa in maniera coscienziosa e ragionata, tanto che lo stesso portiere ha dichiarato: “A seguito delle mie prossime nozze con la signorina Nakazawa ho deciso di trasferirmi nel paese dove lei lavora. Perché la famiglia va avanti a tutto e io senza non potrei stare…”

“E bravo portiere! Sicuramente hai avuto più intuito di me” esclamo ad alta voce alla cucina vuota.
Sento squillare il telefono, il nome di Sanae compare in sovraimpressione.
“Ciao Tsubasa, Hikari tutto bene?”
“Certo, sta benissimo, siamo in giardino a prendere un po’ di sole primaverile. Volevo complimentarmi con Genzo.”
“Uh?”
“Ho letto il giornale, fa i miei complimenti al portiere.”
Attimo di silenzio e dopo uno sbuffo superficiale arriva dritto al mio timpano.
“Mi prendi in giro? Vuoi fargli i complimenti perché si sposa con la tua ex moglie?”
Non riesco a capire di che cosa stia parlando quindi incuriosito indago.
“No, Sanae, questo me lo avevi già detto tu in anteprima veramente…”
“Giusto e allora per cosa scusa?”
“Non hai letto il giornale vero?”
“No, perché?”
Genzo ci sa fare, senza dubbio ha sfruttato i giornali per farle una sorpresa, non sono cose che mi riguardano quindi resto vago.
“Niente, magari compralo c’è un articolo molto interessante.”
“Ok, lo comprerò! Tra due giorni torno in Spagna, per te non è un problema vero?”
Il problema è che ti ho persa Sanae non certo che stai altri due giorni in Germania; lo penso, ma ovviamente non lo dico.
“Nessun problema; con Hikari andiamo d’amore e d’accordo”
“Tsubasa…”
“Dimmi.”
“Non ho mai avuto alcun dubbio che saresti stato un buon padre.”
Annuisco anche se lei non può vedermi.
“Grazie, anche se prima del padre avrei dovuto essere un buon marito…”
Un sospiro, da lei.
“Sono sicura che un giorno troverai la persona giusta.”
“Ce l’avevo, non ho saputo annaffiare questo splendido fiore che avevo tra le mani.”
“Mi dispiace!”
“Anche a me, e non immagini quanto.”



“Ci sentiamo stasera, così do la buonanotte alla piccola.”
“Va bene a stasera, ah… dimenticavo.”
“Dimmi.”
“Ho trovato la baby sitter, è una ragazza che sta per prendere la laurea in pedagogia e per mantenersi gli studi stava cercando lavoro, domani inizia, vorrei comunque che tu la conoscessi.”
“Tsubasa… io mi fido di te, se la reputi all’altezza sono certa che non lasceresti mai tua figlia in cattive mani, quindi non temere non ho niente da obiettare.”
“Allora ci sentiamo stasera.”
“Perfetto a stasera.”
 
 
…Germania
 
 
Ancora mi frullano per la testa le parole di Tsubasa sull’articolo.
Quindi prendo il tablet e lo collego subito alla rete cercando informazioni su questo misterioso articolo.
E quando finalmente lo trovo mi muore il fiato in gola.
Veloce salgo le scale e spalanco la porta di camera.
Genzo sta ancora dormendo, diciamo che la serata e la notte sono state… impegnative.
Il sangue bolle se ripenso alla nottata appena trascorsa.
“Che diavolo combini?!”
Sbotto spalancando le tende.
“Amore – sbiascica aprendo un solo occhio - buongiorno anche a te…”
“Che cosa significa questo? Eh?”
“Anego, se hai intenzione di svegliarmi così tutte le mattine… te lo dico subito chiedo il divorzio prima del matrimonio… che diamine!”
Solleva il cuscino e infila la testa sotto.
Non mi arrendo e gattonando arrivo vicino a lui.
“Credo che tu mi debba delle spiegazioni, caro!”
Si mette seduto di scatto e i suoi occhi improvvisamente più che svegli mi puntano.
“Qual è. Il. Tuo. Problema.” Scandisce bene come se fossi scema.
“Questo è il mio problema – sbraito mostrando lo schermo con il pezzo incriminato - l’articolo di giornale e le decisioni che predi senza interpellarmi.”
“E allora?”
“E alloraaaa? Hai cambiato squadra per me? Senza chiedermi nulla poi… hai lasciato la squadra in cui hai fatto carte false per essere accettato, dove hai sudato sette camice.”
“Ripeto: e allora? Non sono cose che ti riguardano, la mia carriera non ti riguarda. VA BENE!?” il tono è alterato.
Gonfio le gote e sbotto: “Non se cambi squadra a causa mia!”
Il suo volto si avvicina la mio.
“Non voglio una moglie in un’altra nazione, io voglio stare con te! Chiaro il concetto!”
Scuoto la faccia come per svegliarmi. “Nessuno aveva mai…”
Ma non mi fa finire afferrandomi per le spalle e guardandomi fisso negli occhi parla, ma è il suo cuore a farlo perché lo vedo nel fondo delle sue pupille.
E il battito accelera improvvisamente mentre le parole arrivano dritte al cervello.
“Perché non posso fare a meno di te, perché non voglio più tornare in una casa vuota, in una casa dove non ci sono le tue risa e quelle di Hikari, perché non voglio più stare solo, perché voglio formare una famiglia con te.
E perché non posso fare a meno di questo.”
E mi bacia.
Scivolo sotto di lui lasciando che il suo corpo mi avvolga completamente.
Lasciando che il suo abbraccio mi protegga da tutto e tutti.
Improvvisamente capisco che è la scelta giusta, che non si può vivere a distanza e che la vita non è fatta di solo calcio.
La mentalità del Capitano forse ha distorto anche il mio pensiero e le vere priorità che ci sono nella vita.
E la prima di tutte è l’amore seguita a ruota dalla famiglia.
Famiglia che formerò con lui.
E davvero non so quando quest’odio si è trasformato in amore.
Ma ora che l’ha fatto mi piace da impazzire.
 
 
… dieci giorni dopo
 
 
Sono eccitatissima, e lo è anche Hikari, stasera arriverà Genzo e sarà per sempre; niente più aerei; niente più lontananze forzate.
Sento le chiavi rumoreggiare nella toppa.
“Arriva!” esclamo rivolta a Hikari che con passo traballante tenta di raggiungere la porta. Sta muovendo i primi passi la mia piccolina.
“Waka-Waka” risponde prontamente, ha capito benissimo che sta per arrivare.
La porta si apre e lui compare tutto pieno di valige, mi getto al collo baciandolo con passione.
“Benvenuto Amore.”
“Che accoglienza!”
“Waka!”
Si china e afferra la bimba mettendola in mezzo.
Contemporaneamente depositiamo un bacio a testa sulle guanciotte della piccola peste.
“È bello essere finalmente a casa, con voi.”
Nei suoi occhi umidi leggo quello che ho sempre sperato… felicità.
Mi stringo al suo petto e attraverso il calore cerco di fargli capire quanto io gli sia grata per questa decisione che ha preso.
Che ha preso per noi.
“Beh, mi fate entrare oppure restiamo tutta la sera sulla porta?”
Sospiro e mi rendo conto di essere davvero felice in questo momento.
Chiudo la porta alle nostre spalle e so che da stasera in avanti questa sarà la nuova famiglia Wakabayashi.
 
 
… sette mesi dopo
 
 
Sto per afferrare la maniglia quando una mano si posa delicatamente sul braccio.
“Ehi, portiere…”
Mi volto, Sanae mi guarda preoccupata.
“Dimmi…”
“Non inveire troppo con il Capitano ok?”
Un sorrido traverso si forma sulle mie labbra.
“È la prima partita in cui ci scontriamo in questo campionato, ogni giornalista attende questa giornata da molto tempo. Non verranno delusi.”
“Zitto; ancora vedo i titoli dei giornali a grandi lettere Barcellona -  Real Madrid… non solo in campo Prima o poi dovranno arrendersi all’idea che nessuno qua fa la guerra no?”
“Prima o poi ci lasceranno stare, ne sono certo, quando si renderanno conto che le ostilità sono finite, si stancheranno.”
“Speriamo.”
Si solleva sulle punte baciandomi.
“Buona fortuna.”
 
Esco e raggiungo lo stadio, oggi sarà una grande partita con un rivale di tutto rispetto, uno dei pochi che ha violato la mia rete da fuori area.
E non vedo l’ora di giocarla questa partita.
Quando però scendo dall’auto un branco di giornalisti mi assale.
Riesco a defilarmi a mal fatica e infilarmi in una porta di servizio dal quale ho visto un mio compagno di squadra sbracciarsi.
È Natureza, un vero portento della natura, ho visto solo Ozora giocare così, quasi si equivalgono.
Quasi, perché Tsubasa non è mai da sottovalutare, mai.
 
“Grazie” dico al mio salvatore.
“Figurati, da quando sei arrivato tu, i giornalisti non ci danno tregua.”
“Eh, lo so, vuoi perché prima giocavamo insieme…”
Ma non mi fa finire…
“Beh, anche avergli rubato la moglie non aiuta eh!”
Sbuffo, ma annuisco.
“No, non aiuta di certo.”
“Buona fortuna per oggi, noi faremo il possibile, ma temo che Ozora si scatenerà, insomma gli hai soffiato la donna, almeno in campo vorrà vincere.”
Sistemo meglio il cappello sulla testa sollevando il mento deciso a raccogliere la nuova sfida.
“Lo so, troverà pane per i suoi denti.”
Mi batte una mano sulla spalla e insieme andiamo verso gli spogliatoi.
 
Il fischio dell’arbitro d’inizio da il via a questa sfida.
Non abbiamo fatto altro che scrutarci da lontano.
Le tenterà tutte e a più riprese, devo stare attentissimo.
Rivaul è molto in forma oggi, ho osservato molti video sul loro gioco. Tsubasa ha trovato un secondo Taro in questo compagno.
Certo, non ha la stessa intesa come la Golden Combi, ma ci si avvicina.
Come immaginavo, dopo uno sguardo veloce si buttano verso la mia porta.
Sistemo meglio il cappello e attendo.
Istruisco la difesa, ma so che sarà inutile: è me che cerca.
Non posso crederci, ha già sfoderato il tiro, che conosco benissimo tra l’altro.
Con un balzo l’anticipo e il pallone si ferma sicuro tra le mie mani.
Sollevo la testa e lo guardo…
Molto bene, prova da fuori aria, scuoto la testa.
Mi hai fregato una volta Ozora, basta e avanza, penso tra me.
 
Passo la palla ai miei compagni con un lungo rinvio, dritto verso il nostro fenomeno, Natureza.
 
Il tempo passa e nessuno segna il goal tanto sperato.
Più volte ha tentato da fuori area, ma non cedo.
Mi ha sfiorato pure l’idea di concedergli almeno un goal, per farmi perdonare, ma conoscendolo, per una cosa del genere, mi salterebbe alla giugulare… con tutte le sacrosante ragioni di questo mondo per giunta.
 
E come pensavo la partita si conclude con uno 0 a 0.
Lascio la porta inviolata con grande soddisfazione, a centro campo Ozora è lì: fermo che aspetta.
Tende la mano verso la mia e io l’afferro con gioia.
Perché io l’ho sempre considerato un grande amico, e non ha idea di quanto mi sia dispiaciuto per quello che è accaduto con Sanae ma non potevo ignorare questi sentimenti tanto profondi.
 
“Bellissime parate, complimenti!”
“Grazie, il tuo gioco è notevole, ma… mi hai fregato una volta da fuori area Capitano – scandisco bene la parola come a volergli dimostrare il mio appoggio in campo quando giocheremo insieme, sempre e comunque – e non mi lascerò sorprendere di nuovo.”
Sorride, vari flash si concentrano sulla nostra stretta di mano.
Forse questo gesto metterà finalmente tutto a tacere.
“Tenterò di nuovo e ci riuscirò!” il suo sorriso spensierato fa buttare fuori tutta l’aria che avevo trattenuto e mi rilasso.
È come ai vecchi tempi: per fortuna.
“Accetto la sfida” rispondo stringendo ancora di più la stretta.
Le ostilità sono finite, i nostri sguardi sono sereni, siamo pronti a prendere ognuno la nostra strada, e continuare a giocare insieme come da piccoli, ma adesso lo facciamo insieme come ci eravamo promessi: in Nazionale.
 
 
Epilogo… Quattro anni dopo.
 
 
Seduta sulla sedia a dondolo della veranda continuo a guardare i petali dei fiori che stanno cadendo dall’albero. Si stanno formando le prime foglie e i fiori stanno per cedere il passo ai frutti.
Tocco la fede che da tre anni è tornata sulla mia mano sinistra. Ultimamente la sera sono costretta a toglierla, ho le dita che spesso e volentieri sono gonfie come zampogne.
Sorrido sfiorandomi la pancia.
Oramai manca davvero poco.
E stavolta so anche chi insultare.
Ancora le labbra s’incurvano all’insù al pensiero di quando ho partorito Hikari.
Sento la porta sbattere, mi sollevo facendo forza sulle braccia e dal corridoio vedo spuntare la mia monella e il mio adorato portiere.
“Tutto bene? Ti sei riposata?”
“Sì, sì grazie.”
“Mamma, noi siamo andati al parco e abbiamo trovato papà con Takao.”
“Benissimo e cosa faceva?”
“Mh… niente tutte le volte che lo vedo dorme, che scatole, io vorrei vedere i suoi occhi.”
“Mi ha detto papà che li ha presi tutti dalla sua mamma, che sono celesti.”
“E il bambino che hai dentro la pancia mamma come pensi che li avrà?”
Chiede avvicinandosi e posando entrambe le mani sull’enorme sporgenza che ho di fronte. Sembro più una botte che una persona.
Mia figlia è tenerissima, nonostante nel giro di poco tempo si debba ritrovare comunque con due fratelli… non ha perso il suo sorriso e la sua spensieratezza.
 
Perché Tsubasa si è sistemato e anche lui ha allargato la famiglia, e sono davvero contenta. È cambiato tantissimo, adesso per fortuna le sue priorità sono altre. E nonostante le prime difficoltà devo dire che con la bambina abbiamo fatto un ottimo lavoro; certo siamo una famiglia un po’ allargata, ma abbiamo trovato tutti un nostro equilibrio.
Torno però a rispondere a mia figlia.
“Chissà; dipende se ha preso da me o da Genzo.”
“Spero da Waka, perché i suoi occhi sono molto più belli dei tuoi mamma.”
Con aria birichina fugge verso la sua cameretta scomparendo alla nostra vista.
“Hai capito la signorina qua presente? Che carinerie riserva a sua madre!”
“Beh, è innegabile!”
Sollevo un sopracciglio e lo guardo di traverso.
“Ma bene un attacco di egocentrismo in piena regola” lo canzono.
“Già, senti, ma possibile che non possa chiamarmi Genzo come tutti?”
Sollevo le spalle in segno di resa… in realtà neppure ho mai tentato di farla cambiare; primo perché a me piace e secondo perché a lui infastidisce, quindi la cosa mi diverte.
Avviandomi verso la veranda continuo a guardare fuori, è così bello.
Due braccia mi cingono da dietro così che io possa trovare sostegno adagiando la schiena al suo torace.
Sospiro di sollievo rilassando la vita indolenzita dal peso della gravidanza a termine.
“C’era anche Mirasol con loro?” indago.
Annuisce sulla mia spalla.
“Come sta? So che il parto è stato molto lungo.”
“Non so, io l’ho vista bene, e… ho visto felice anche Tsubasa, sono davvero contento per loro… chi lo avrebbe mai detto che la baby sitter sarebbe stata così d’aiuto.”
“Ho fatto proprio bene a non oppormi a quest’idea del Capitano.”
“Decisamente, hai fatto la scelta giusta.”
“Anch’io sono felice per lui… che si sia rifatto una famiglia e che abbia avuto una seconda possibilità. In fin dei conti tra noi era semplicemente finita, ma è sempre stato una bravissima persona.”
“Concordo.”
 
Dal frutto del nostro amore un piccolo calcetto.
Genzo sposta la mano per sentire meglio…
“Senti qua: una parata in piena regola!”
Il tono è fiero e orgoglioso, decido quindi di riportarlo con i piedi per terra.
“Magari sta ballando il lago dei cigni che ne sai?”
Sbuffa e poi contrattacca.
“Ma figurati tale padre tale figlio, gli insegnerò ogni trucco che ho appreso in tutta la mia carriera.”
“Questo vuol dire che dovremmo mettere una porta in giardino vero?”
“Ovviamente, che diamine!”
Certo ovviamente che domande stupide che faccio… sorrido.
Le mani ancora a cercare il figlio.
Non avrei mai creduto che il burbero portiere potesse essere così tenero e pieno di attenzioni.
Ho sempre pensato che il mio destino fosse Tsubasa, l’amore di un’intera vita.
Il primo amore, quello che non si scorda mai.
Invece sulla mia strada un portiere ha arrestato la mia corsa, facendomi capire le priorità della vita e quanto io sia importante per lui.
Anche accantonando la sua carriera per favorire la nostra famiglia.
Mentre l’abbraccio mi scalda penso che quel progetto lavorativo di sei anni fa mi abbia portato verso il mio destino.
Destino che era rimasto in sospeso e comunque ha trovato la sua strada per venir fuori.
La vita è anche questo, improvvisazione e scelte.
Seguire l’amore paga sempre.
L’Anego sopita si è risvegliata e ha ritrovato il suo portiere.

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Capitolo 12
*** Capitolo EXTRA DA RIDERE Betaggi ***


Che dire: anche questa è finita!
Devo ringraziare prima di tutto la mia stratosferica Beta (Guiky80), che mi fa sempre schiantare dalle risate a ogni betaggio…
Kara, che mi ha corretto altre cavolate, perché la mia Beta si era persa quando Genzo era in Boxer (ebbene sì non capisce più nulla e non mi corregge il testo… il bello è… che mi avvisa pure, perciò sono consapevole a quello che vado incontro: se Genzo è nudo i betaggi vanno a farsi fottere)
Grazie a chi ha recensito, ha chi lo ha fatto in privato e a chi ha letto in silenzio.
Che altro dirvi se non: alla prossima.
E ora come di consueto godetevi gli sproloqui della mia Betuzza.
Grazie a tutte
Sanae77
 
 
 
 
 
 
Capitolo 01
 
Adesso è qua tra le mie mani.
Oddio: sono così felice.
Destinazione Germania! (destinazione: GENZO GENZO GENZO!)
 
 
 
Mi afferra per le spalle e dopo avermi voltata mi stringe sollevandomi in aria.
La cucina ruota tutta intorno a me.
O forse sono io a girare al suo interno… (eh cara anche perché vedere i mobili che vagano sarebbe quandomeno strano e da ricovero) poco importa sono felice, mentre sento Tsubasa esclamare: “Sono orgoglioso di te; dobbiamo festeggiare!”
E dopo avermi posato a terra, corre al frigo per aprire una bottiglia di spumante. (spumante? Un calciatore salutista come lui? Spumante! Pezzente! Genzomio avrebbe avuto come minimo una riserva di champagne invecchiato 20anni!)
 
 
 
Spero che me ne porti stasera, visto che dovrò affrontarlo a carte scoperte.
Ma dopo i tre anni di Brasile me lo deve! (cara altro che tre anni in Brasile.. e le agonie di Nankatsu mentre lui si trastullava col pallone?)
 
 
 
Il suo sguardo da rilassato si fa pensieroso.
“Sanae, ma è lontanissimo.” (uff noioso!)
“Il Brasile lo è di più.”
Una smorfia compare sulla sua bocca.
Colpito e affondato. (brava! bastarda dentro!) Alza le mani in segno di resa.
Forse ho esagerato, quindi in tono dolce e calmo tento di rimediare.
“Dai Tsubasa, Amburgo-Barcellona sono soltanto due ore e mezza di volo.” (hai controllato? Io mica lo so eh, mi fido!)
Sospira e annuisce.
“Ok, e dove alloggerai?”
“Al campus è ovvio.”
“Sanae, non se ne parla… è per ragazzi: sei una donna sposata!” (antiquato troglodita!)
Sbuffo roteando gli occhi al cielo, maledetta gelosia, tanto lo sapevo.
Francamente non è che abbia molta voglia di stare in un campus, con ragazzetti incentrati su feste, svago e amori adolescenziali. (Tesoro due sole parole: TOY-BOY)
 
 
 
“Genzo ha detto che vuole a ogni costo ospitarti lui, non ha voluto sentire ragioni. Ha detto che la sua casa è molto grande e può darti una camera e uno studio tutto per te. Che non hai bisogno di affittare casa per il breve periodo che dovrai restare là. Sarai sua ospite” spiega soddisfatto. (donna fortunata!)
 
 
 
Mi volto per regalare un ultimo bacio al mio Capitano. (l'amore di una vita... ricorda questa frase cara: L'AMORE DI UNA VITA!!!!)
 
 
 
E davvero mi mancherà. (se se riaprliamone tra un paio di capitoli)
Il portellone si chiude, i motori iniziano a rullare, sono emozionata per la nuova avventura lavorativa che mi aspetta. (lavorativa... se...)
Allo stesso tempo ho una sorta di panico interiore a dovermi separare nuovamente da Tsubasa; dopo il lungo periodo che siamo stati distanti per colpa del Brasile.
L’aereo finalmente si eleva in volo: direzione Amburgo. (GENZO GENZO GENZO)
 
 
 
“Accidenti era da così tanto tempo che non ti vedevo, che… che non ti avrei riconosciuto.” (ma dai! È famoso! Con tutte le riviste e i programmi di calcio del capitano, non hai mai incrociato una foto di Genzomio!? Bah che gente!)
 
 
 
“Ce la faccio non importa.”
“Insisto, Sanae, dai: lascia fare a me!” (con me non dovrebbe nemmeno insistere! Gli farei fare tutto ma proprio tutto!)
 
 
 
Accorcia le distanze, si solleva sulle punte e posando le mani sulle mie spalle mi regala un delicato bacio sulla guancia. (eh cara... la guancia... sì proprio la guancia... riprliamone sempre tra un po' di capitoli)
 
 
 
Stanno parlando a ruota libera da un’ora senza neppure interpellarmi, si stanno raccontando i vecchi tempi e ridono, ridono, ridono. (ridono? Di chi è questa storai?! La mia beta non vuole che si rida tanto! Siamo matti!?)
 
 
 
Al diavolo, mangia il dolce di gusto, seguita da Genzo, io sono perennemente a dieta, maledette sfilate. (oh cara, io non sfilo, ma ti capisco! Però, anima mia, sai che se stai sopra tu, bruci un sacco di calorie in più che a stare sotto? Impara cara impara!)
 
 
 
Si avvicina e mi cinge la vita. (e qui ogni donna capitola!)
Il suo corpo caldo mi fa avvertire un brivido e non certo di freddo.
“Dai Clare, non ho voglia di litigare per la mia amica.”
Tengo ancora un po’ il broncio, giusto per fargli vedere chi comanda, ma quando la sua bocca inizia a percorrere la scia del collo(allora a me di Clare fotte una sega, ma non farmi correggere in questi momenti comunque! Dicevo, io metterei: inizia a percorre il collo lasciando una scia di baci) cedo immediatamente alla sua richiesta.
“L’hai sempre vinta tu!” esclamo mentre sollevandomi di peso ci dirigiamo verso la sua camera.
Di Sanae neppure l’ombra per fortuna.
(ancora cara... neppure ombra ancora... ricorda: io non parlo mai a vanvera!)
 
 
Capitolo 02
 
 
“Puoi utilizzarla se vuoi, tanto io di solito vengo la mattina presto non dovremmo darci fastidio.” (ma io voglio darti fastidio!!! Sanae pussa via, mi metto io a fare esercizi con lui... betamia!? ARMADIETTI!!!! CI SONO GLI ARMADIETTI VERO?!)
“Genzo, ci sono talmente tanti macchinari che è impossibile darsi noia. Grazie, inizierò già da stasera, ma prima devo uscire per cercare un’aspirina ho un tremendo mal di testa.”
“Vieni, saliamo di sopra ho delle compresse che possono andar bene anche a te.”(che uomo dalle mille risorse!)
 
 
 
 
“Forse è meglio chiamare il dottore Sanae.”
“No, sto bene qua con te, grazie.” (eh grazie, e chi non starebbe bene lì con lui!)
 
 
 
Gli occhi chiusi rilassati le lunghe ciglia adagiate sugli zigomi (ora, va bene le lunghe ciglia, ma non arrivano fino agli zigomi, cos'è? Potresti dire solo: le lunghe ciglia celano i suoi occhi, te va che bella frase! Oh come sono ispirata con genzomio! MIO checchè se ne dica!), la bocca leggermente dischiusa.
È così bella.
Mi riscuoto dal pensiero avuto.
Che cazzo stai pensando Genzo!? (e comunque: CHE CAZZO STAI PENSANDO GENZO! INSOMMA!)
 
 
 
Mi allontano dal letto non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo corpo, forse dovrei dormirle vicino per sicurezza, ha la febbre alta, scuoto la testa deciso.
È fuori discussione. (certo per sicurezza e niente altro vero?! Bah...)
 
 
 
“Impareranno, sei soltanto uno spocchioso egocentrico.” (un bellissimo spocchioso egocentrico, prego!)
“E tu un maschiaccio mancato” dico sovrastandola con la mia stazza, adesso che sono arrivato a due passi da lei. (Oddio ecco io ho già caldo, quando Genzo sovrasta qualcuno... è la mia fine!)
“Sparisci” mi intima.
“Facciamo una scommessa, se riesco a parare ogni pallone che tireranno verso la mia porta TU uscirai con me!” perché ammettiamolo alla fine il suo carattere ribelle mi piace da impazzire. (Ma sì ammettiamolo pure)
 
 
 
“È già un sentimento” le grido dietro mentre sto andando via.
(oooooo ma che bellino non è!?!?!?! no dimmelo! Che bellino non èèè?!)
 
 
 
Voglio togliere questo pensiero. (con l'acqua? Un'idropulitrice nell'orecchio allora!)
Mi osservo allo specchio, minuscole gocce scendono sul volto, poco dopo parlo al mio riflesso. (ora IO voglio fare la goccia!)
“Toglitela dalla testa: è la moglie del Capitano!”
 
 
 
Assottiglio lo sguardo e avvampo.
Cavolo è in t-shirt e boxer. (beh anche lui! Tante paranoie perché è la moglie del Capitano, e Genzo non si, e Genzo toglitela dalla testa, e Genzo fai il bravo e poi va da lei in boxer!? Certo un gran bel vedere, ma dai! Dov'è la coerenza! Che gente!)
Oddio, ma com’è possibile? (basta non mettere i pantaloni! Insomma! La febbre le ha dato alla testa?)
 
 
 
“Ho avvertito che non andavo, ieri sera mi hai fatto preoccupare con la febbre così alta, non potevo lasciarti da sola.” (oh che uomo premuroso!!!!)
 
 
Quindi afferro il cellulare e lo faccio.
(spero non ci sinao errori, perché dopo Genzo in boxer... ciao!)
(VEDETE CON CHI HO A CHE FARE??? CONGENZO IN BOXER VA IN PANNE)
 
Insomma potevo anche essere morta. (con Genzo!? Ma andiamo lo sanno tutti che sei in una botte di ferro!)
 
 
 
“Girano leggende metropolitane che tu sia cresciuto da solo e praticamente senza genitori.”
Esplode in una fragorosa risata. (e se è sexy con il sorriso sghembo... se sbotta a ridere dev'essere il ritratto della beltà!)
 
 
 
Indossa ancora la maglietta attillata, ma sotto ha i pantaloni dell’Amburgo. (e qui muoio! Se toglie la maglietta io vengo! sappilo!)
 
 
 
“No, Genzo mi sa di no! Però un’altra volta, proprio non me la sento di immergermi nell’acqua, ma accetto volentieri il film.” (senti donna! Hai rotto il cazzo! Questo è lì già sexy da morire così e tu rifiuti la piscina calda con lui!? No vabbè io non posso continuare a betare con questa cretina nella storia! bah)
 
 
 
“Puoi prendermi quella ciottola là il alto per favore?” chiede indicando l’oggetto del suo desiderio.(adesso: l'oggetto del suo desiderio una ciotola! Quando hai Genzo dietro! No vedi che è scrma!?)
Mi avvicino e sfioro il suo corpo con il mio.
Deglutisco a vuoto mentre sollevandomi leggermente sulle punte raggiungo la ciottola in vetro che mi ha ordinato di prendere. (NO NO NO NO NO NO NO, è una pertica d'uomo! non può sollevarsi sulle punte! Non lo accetto! NO TOGLILO!)
Scorro leggermente sul suo corpo e… ed è estremamente eccitante questa situazione, abbasso lo sguardo lei è immobile la testa piegata verso il basso. (se lei non gode nemmeno qui, giuro me ne vado!)
 
 
 
Faccio scorrere il braccio vicino a lei sfiorandola. (Se va beh! Mettile una mano nei pantaloni fai prima eh! Però è la moglie del capitano! Certo... ce lo ricordiamo una volta sì e quattro no, ma è un dettaglio...)
La piccola zuppiera adesso è vicino alla sua mano ancora stretta.
“Eccola” sussurro da dietro.
“Gr-grazie” risponde.
Mi allontano.
Fuggo da lì. (E VIENI QUI!)
Devo smetterla di flirtare con lei: adesso! (adesso... tra un po' puoi riprendere)
Tutta questa normalità, come se da sempre avesse abitato questa casa.
Tutta questa complicità, come se da sempre fossimo una coppia.
Mi manderà al manicomio (MARIUCCIA! VIENI DA NOI!) ne sono certo.
 
 
 
“Perché Tsubasa mi hai chiesto di vegliare su di lei?… Perché?” (perchè se invece ti chiedeva di ospitarla senza vegliare su di lei, era già appecorinata sul tavolo! Ma Sanae? La carota è finita nella cena o se l'è portata in camera?)
Un pugno volante impatta sullo stipite provocando un gran rumore e anche un gran dolore alla mano.
Sono proprio un’idiota. (un gran bell'idiota caro)
 
 
 
 
CAPITOLO 03
 
“Questo è il Municipio di Amburgo che è stato ricostruito, interamente, dopo che un incendio nel 1842 lo distrusse.” (che uomo colto!)
 
 
La città è fornita benissimo da mezzi pubblici, osservo Genzo al mio fianco che si destreggia in maniera sicura per le vie. (mezzi pubblici? Genzo? Mezzi pubblici???)
 
 
Devo ammettere che fa strano vederlo senza, sembra un'altra persona. Inoltre gli occhiali mascherano i suoi occhi. (io te l'avevo già detto, che togliere il cappellino non è che lo rendesse un'altra persona, però è vero potrebbe passare più inosservato...)
I suoi splendidi occhi, oddio, che vado pensando. (la verità! Cara la semplice verità!)
 
 
“Sei una pigrona Sanae dai muovi il culo.” (lo muovo io il culo Genzo... su di te!)
 
 
E mi piace questo contatto, mi piace.
Forse troppo. (MA SMETTILA! CHE PALLE DI DONNA, TANTO OZORA CORRE CON LA PALLA CHE TE FREGA)
 
 
 
“Beh, e allora che c’è di male? È un sexy shop… non t’imbarazzerai per così poco Anego! Sant Pauli è il quartiere più famoso a luci rosse di tutta Amburgo, pensa che qua vengono circa 15 milioni di ‘visitatori’ ogni anno!” (sciocchino... la porta nel quartiere a luci rosse... burlone! Adesso il fatto che sia la moglie del capitano non ci interessa più...)
 
 
 
Scuoto la testa tornando a guardare la moglie del Capitano.
Già, la moglie: devo tenerlo bene a mente. (ecco, magari non a fasi alterne. Ricordalo e ciao oppure meglio ancora: dimentica e ciao)
 
 
 
Marito che è anche il mio migliore amico. Devo tenerlo bene in mente.
(se certo)
 
 
“Prendiamo questo – dico rivolto alla ragazza, dopo mi volto – Sanae ti aspetto fuori.”
Devo prendere aria, vederla con quel vestito ha fatto andare il mio corpo a fuoco. (oddio ma lo voglio anch'io uno che mi compra vestiti così, che non vuole sentire obiezini, che io farei giusto per cortesia, e poi paga e mi aspetta fuori: tesoro volo da te!)
 
 
 
E fa rumore questo silenzio. Un rumore assordante.(oh ma che bella frase!)
È il mio cuore che non riesce più a controllarsi in sua presenza.
 
Tutta questa immobilità viene spezzata dall’intruso di turno.
“Oddio non posso crederci ma sei il portiere dell’Amburgo?”
Ecco ci mancava pure il tifoso, tanto meglio forse spezza quest’imbarazzo che è caduto su di noi.
Nella fretta di uscire non ho indossato gli occhiali da sole e ora ne pago le conseguenze. (e certo! Perchè con gli occhiali invece! Tesoro: hai un fisico da urlo!!! che grida: sono un portiere, bello e famoso, fate di me il vostro sexytoy... e io lo voglio quel sexytoy è!)
 
 
 
Resto un attimo stordita dalla nuova compagnia che ho in questa stanza.
Genzo è… è, fanculo non ho neppure una parola per definirlo. (TESORO IO NE HO TANTISSIME! VUOI L'ELENCO?)
 
 
 
Il respiro si blocca.
Lui è dietro, sento il suo torace sulla schiena.(sì, solo quello?!)
 
 
 
“Hai capito?”
Annuisco ancora incapace di proferire parola. (NO NON HAI CAPITO! SE NO SI SPOSTA)
 
Ma l’incanto dell’esercizio finisce e con lui il calore. (Vedi!? rintronata!)
 
 
Devo tornare con la testa sul binario giusto e si chiama Ozora, non Wakabayashi. (uff... che palle)
 
 
Dove solo le note della canzone ci accolgono. (bellissimo!!! senti un po': lo sai che sono frasi come queste che mi fanno creare le shottine che tanto ti piacciono?!)
 
 
Fintanto che torniamo al nostro ruolo di amici.
Amici e basta.
(e qui il fandom ti ucciderà, per aver portato tutti sull'orlo dell'orgasmo e averla smezzata!)
 
 
Capitolo 04
 
 
 
Lo dico, ma… lo penso davvero? (eh infatti)
Ho avuto così tante cose da fare che questi giorni sono volati, poi la sera a casa non sono mai stata sola, Genzo è sempre rimasto con me.
Ragiono un attimo, ma? Quanto tempo è che non si vede con Clare? (chi? Ma chissenefrega!)
“Ehi, tutto bene?”
Scrollo le spalle.
“Certo, tutto perfetto. Genzo mi ha prestato l’auto per venirti a prendere.”
“Bene, lui dov’è?”
“Sai a quest’ora ha gli allenamenti. Vieni andiamo a casa, così potrai riposarti.”
“Non temere non sono stanco, anzi, visto che siamo soli in casa perché non ne approfittiamo?” (no vabbe, vorresti farmi credere che non vuole andare a vedere il campo di allenamento dell'Amburgo e vedere se riesce a segnare da fuori area a Genzo? Altro che ooc qui cara!)
Arrossisco, anche se l’ultima parte della frase è stata soltanto bisbigliata al mio orecchio.
“Capitano!” l’ammonisco.
 
 
Mi sveglio contro il corpo caldo di mio marito.
Avevo davvero bisogno di ristabilire un contatto con lui, anche fisico. (se certo, e che contatto! zozzoni!)
 
 
 
Il modo di raccontare la storia di questa grande città da parte del portiere mi ha letteralmente incantata. (il modo di raccontare ti ha incantata... certo certo come no!)
 
 
E che palle ‘sta Sanae… (e beh ha anche ragione sta ragazza insomma diciamocelo!)
 
Ok, sono amici.
Ok, era tanto che non si vedevano ma, cazzo, tutto gira intorno a lei.
Neppure con me è mai stato così.
Tutte queste premure non le ha mai avute.
E lei… lei fa la principessina sul pisello. (tesoro se il pisello è quello di Genzo... chiamala scema!)
 
 
 
Questa trilogia degli Hunger Games (THE DOME!!!!!) mi piace da matti, inoltre ho già letto tutti i libri e li ho adorati.(IO PURE IO PURE!)
 
 
 
È caldo. (È caldo, turgido, eretto: tesoro è Genzo!!!!)
 
 
 
Ok, è ufficiale: siamo impazziti! (e tesoro in effetti... ma come darti torto! Cioè: mister turgido a sinistra e mister pallone attaccato al culo a destra, la scelta non è così ardua!)
 
 
 
Pelle che continua a sfiorarsi, a toccarsi, a premere. (ma Tusbasa non ha preso i pop corn? pezzente!)
 
 
Tsubasa va al bagno, Clare al bar. (dio ma sta gente cosa continua ad andare in giro!?)
 
 
E improvvisamente sento che questo ruolo mi va stretto, sento che avrei voglia di essere libera per vivere… questa… questa cosa? Esattamente? (Scappatella, scopata, cornificazione, i termini sono infiniti cara)
 
 
Io leggo, studio, lui segue solo il calcio.
Non ha altri interessi. (che uomo vuoto! Ma povero capitano!)
 
 
Genzo, Genzo, Genzo. (e qui mi devi pagare i diritti)
Da quando sono arrivata non riesco a togliermelo dalla testa. (beh abiti con lui!)
 
 
 
“Tu, Clare, non ricordo, la bevi l’aranciata?”
Ecco e con questa domanda la bocca mi cade sul pianale, come? (in effetti cazzo anche Genzo, un elefante in una cristalleria!)
 
 
 
“Capisco, infatti non potrei mai e poi mai fare un lavoro come il tuo, compimenti per la tenacia” chiarisce mia moglie; anche se alla fine mica l’ho capito se la sta prendendo per il culo. (e per me un pochino sì eh)
 
 
 
Smetto pure io di guardarli perché questa complicità mi urta e non poco. (io sarei tornata indietro, cazzo tiri una gomitata a Genzo!? Oh!)
 
 
 
Capitolo 05
 
 
Sai che spinge per vederti sistemato no?” (signora lasci, spingo io! Non si preoccupi)
 
 
Nego con la testa, perché, di fatto, quella giusta forse io non l’ho ancora trovata. (eh forse...)
 
 
“Ma neppure per idea, scordatelo.”
Sollevo un braccio in aria per impedirle di prendere l’oggetto del suo desiderio. (tesoro: l'oggetto del desiderio è più in basso... un braccio alzato non fa differenza!)
 
 
 
“Uh, dettagli, Capitano che non c’è! Beh, sai che ti dico, non doveva lasciarla così tanto tempo da sola con un bel ragazzo come te poi…” (cuore di mamma... ha ragione cazzo!)
 
 
 
“È che siete così affiatati, così carini, non ti avevo mai visto così in sintonia con una donna Genzo!” (perché non ha visto me signora! Si fidi!)
 
 
Detto questo si solleva sulle punte mi avvolge in un caldo abbraccio e deposita un leggero bacio sulla mia guancia. (oh che carini! Potresti essere tu con Seby sai... anche se mi auguro che lui non veda solo pallone in futuro!)
 
 
 
Sembrerebbe tutto così perfetto se… se Anego non fosse sposata con il mio migliore amico. (Dettaglio del tutto irrilevante... l'ha detto anche la mamma!)
 
 
 
 
“Beh, ora sei anche meglio…” (tanananaaaaaaaaaaa) le parole sfumano in un tono di voce che quasi scompare, mentre sento salire il rossore sulle gote.
 
 
 
Dove andremo a finire con questa storia? (Te lo dico io! La so già!)
 
 
 
Resto pietrificato un istante prima di borbottare… cazzo Clare! (eh già cazzo!)
 
 
Sto forse esagerando? (ma nooo figurati! E quando mai!)
 
 
“Solidarietà femminile, (se proprio guarda!) so che sei molto pericoloso…” scherza.
 
 
 
L’uomo starnutisce in maniera violenta e i suoi capelli improvvisamente scompaiono dalla vista del gruppo, che lì per lì ammutolisce, per poi esplodere in una fragorosa risata, quando, la mano del ricercatore raccoglie il parrucchino dalla pizza filante. (CHE SCHIFO!)
Si affretta a indossarlo con ancora i fili di mozzarella che dal piatto arrivano alla testa. (DAI CHE SCHIFO!!!)
NON POSSO CREDERCI! (NEMMENO IO!)
 
 
La chiave nella toppa risulta essere una vera impresa. (eddai! Non riesce a centrare un buco! Mi ribello!!!! Genziane in rivolta!)
 
 
 
Le dita là in mezzo le sento scorrere delicate, come la neve quando silenziosa cade di notte e la mattina al risveglio è tutto ovattato. (oh ma che romantico!)
 
 
“Zitto! Non parlare…” e non mi fa parlare mentre le sue mani afferrano la mia virilità oramai libera anche dai boxer. (oddio che caldo infame!)
 
 
Il mio seme si disperde in lei, mentre sussurri di piacere arrivano dritti al mio lobo facendomi rabbrividire. (PRESERVATIVO! LO DICO SEMPRE A MIA NIPOTE!)
 
 
 
Capitolo 06
 
 
 
Provo a ricostruire il tutto.
E vedo, vedo tutto. (e fallo vedere anche a noi!)
 
 
 
Perché ti amo Sanae e non posso più ignorarlo, non dopo stanotte” afferma deciso. (Oh bello lui!)
 
 
 
“Adesso non devi dire niente, prenditi il tuo tempo, ma io non voglio dividerti con nessuno, io ti voglio tutta per me.” (oh amore mio!)
 
 
Osservo i movimenti lenti e scolpiti di quei glutei. (eh cazzo allora?! Anch'io li voglio vedere!)
Glutei che ho avuto l’onore di toccare per tutta la notte.
Una vampata di calore invade le mie guance. (e cara altro che le guance invade a me!)
 
 
 
 
“Allora vieni? Inutile rimuginare tanto oramai il danno è fatto!” mi dice dal bagno. (cara vai di là in camera, vado io in bagno con lui!)
 
 
 
 
“Così non vale, sei sleale Genzo.” (tesoro hai inclinato tu il collo, cazzo vuoi! È un uomo! E che uomo!)
 
 
 
“Non ho detto che ho un’altra Clare.” (non offendere la sua intelligenza Genzo dai!)
 
 
 
Tsubasa è sempre stato un ragazzo tranquillo e posato, ma dalla vita ha sempre avuto tutto e se adesso qualcuno gli porta via qualcosa di estremamente importante, non so davvero come possa reagire.
(e beh caro mio... non esattamente benissimo!)
 
 
 
Fa bene a vergognarsi, deve vergognarsi. (sì così massiccio e incazzato capitano!)
 
 
 
“Piantatela di fare gli idioti, siamo in un aeroporto internazionale volete attirare gli sguardi di tutta la gente?” (eh però insomma... tanta roba quei due che se le danno... ricordo ancora il ritiro, quando vedono il giornale, e Tsuabsa vuole lasciarlo per tornare da lei e chiarire, e Genzo lo picchia, e Taro li guarda... oh che bella scena era...)
Ci sta rimproverando tutti e due, mi verrebbe voglia di prenderla a sberle, è anche colpa sua se si è creata questa situazione di merda. (no guarda, onestamente: è solo colpa sua!)
 
 
 
“Anche a me Capitano, sono così mortificato per la nostra amicizia e per il profondo rispetto che ho sempre nutrito nei tuoi confronti, ma non posso negare quello che provo per Anego.” (e qui un pugno ci stava tutto! Sei mortificato?! Ma sparati! E se lo dico io da genziana...)
 
 
Respiro ancora male, ma finalmente sono riuscito a sganciare gli occhi da lì, o più semplicemente sono scomparsi dalla mia visuale, questo non lo so, perché è stato come un momento di black-out (i morizawa!!!!) dove il cervello si è improvvisamente spento.
 
 
“Sei mia adesso, soltanto mia” ripeto sfiorandole le labbra con teneri baci.
E bacio ancora quel timido sorriso che spunta dalle sue labbra.(oh cara come sei fortunata! Dice che sei sua!!!)
 
 
Posso attirarla a me e lentamente baciarla mentre risaliamo per prendere fiato (che belli!)
Anche se l’aria che ci serve per fondere le nostre labbra è già sufficiente, respiriamo la stessa. (passandoci i microbi a manetta... ma che bellini!)
 
 
Le semplici carezze si trasformano e io non ce la faccio più a contenere la mia voglia. (E non contenerti)
 
 
 
Sta provando piacere e nel momento in cui sento che sto per raggiungere il culmine, esco da lei.(ecco e le smezza l'orgasmo? No va beh ma che gente!)
Ansimo per il piacere provato.
Ma non voglio rischiare ancora, non in questo momento che siamo ancora così instabili.
“Oddio!” bisbiglia sull’incavo del mio collo. (ti odio perchè mi hai smezzato l'orgasmo, glielo puoi dire è!)
 
 
 
Capitolo 07
 
 
“Lo so, lo sapevamo, per l’esattezza; non sappiamo di chi sia…” (donna di facili costumi)
 
 
 
Annuisco, ma proprio non ce la faccio a trattenere le lacrime. Perché deve complicarsi tutto così improvvisamente? (perché sei una zozzina, se tenevi le gambette chiuse...) Perché non ho ascoltato Tsubasa quando ha suggerito che iniziassimo dopo il progetto del lavoro a mettere in cantiere un figlio? Sono proprio una sciocca, immatura, e ora ne pago le conseguenze. (amen)
 
 
Già, potrebbe anche essere suo. Sorrido al pensiero perché sarebbe perfetto e bellissimo, ma ho la sgradevole sensazione che come al solito Ozora sia arrivato per primo. (e beh è il Capitano! È primo in tutto scusa!)
 
 
Mi strappa un sorriso vederlo così in apprensione. (che uomo! Il mio uomo! Nakazawa vai fuori dai coglioni!)
 
 
Adagio una mano sulla sua guancia calda, si è rasato stamattina ed è morbidissimo. (come il culetto di un bimbo!!! carino!)
 
 
Meglio di un ascensore. (beh adesso, paragonarmelo a un ascensore!!! ma santa apce! Va beh che è scultoreo, marmoreo, granitico, luuuuuuuungo, tuuuuuuuurgido... oddio scusami assento un attimo per il bagno, torno subito!)
 
 
“E piantala di prendermi per il culo” mi grida dietro scomparendo in sala. (Infatti piantala, lo prendo io per il culo, o meglio per quei glutei marmorei che si ritrova... fanculo torno in bagno!)
 
 
“Che vuoi?” (sì il Capitano così incazzato mi piace da morire!)
“Non voglio disturbarti: quindi andrò dritto al punto.”
“Bene, perché non ho tempo da perdere con te.” (beh incazzato ok, scortese con Genzomio no eh!)
 
 
“Oh, ma come sei premuroso paparino!” mi sfotte. (beh a onor del vero l'avrei sfottuto anch'io, gliel'ha servita so un piatto d'argento...)
 
 
“Fanculo Genzo, se tu non ti fossi intromesso, adesso gioiremo insieme di questa notizia, mi hai rovinato la vita.” (sì fanculo genzo, non potevi restare tra le braccia di quella che ti chiama genzomio, no! Dovevi rompere i coglioni a mia moglie! Così devi dire Tsubasa!)
 
 
“Vedi hai già la risposta; se vuoi che sia mio… sai già chi ami e che cosa vuoi per il futuro, e anche se fosse del Capitano, lo amerei ugualmente perché comunque è una parte di te e ti amo così tanto… Sanae.”
(oddio ma come si fa a non amare un uomo che dice queste cose!?!?!)
 
 
 
Si siede mentre nervosamente contorce le dita chiuse tra le gambe. (ah certo, adesso chiudi le gambe! Tzè che gente!)
 
 
 
Mollo la presa sulle sue mani. (beh dai gli dice di riflettere, ma lo prende per il culo? Ma tu non hai riflettuto prima di tuffarti in piscina, e di cadere su di lui nell'ingresso e spogliarlo e averlo... beh Tsubasa parliamone, io ti voglio bene, ma dopo che una ha avuto Genzo tra le mani... sul corpo... dentro al corpo... oddio vado in bagno!)
Perché ho bisogno di stringerle a pugno e sfasciare qualcosa, ma espiro e inspiro aria per cercare di darmi un contegno. (sfascia il tavolino, tanto Wakabayashi lo ricompra mica si perde via per così poco...)
 
 
Proprio in quel preciso istante la porta si apre e noi ci voltiamo come due idioti quindicenni sorpresi dalla mamma sulla porta di casa. (carini! Beccati lì sull'uscio!!!
 
 
Lo voglio morto: adesso! (tesoro saltella su di lui prima che si afflusci se lo uccidi)
 
 
Sembra incredibile, ma riesco a lasciarmi andare tra le braccia della madre di Genzo, anche perché mia madre non l’ha presa proprio bene. (eh figurati se le madri delle donne la prendono bene!)
 
 
 
Tutto si può affrontare con l’amore, ha detto. (ma che carini i coniugi Wakabayashi-nel-mulino-bianco, cioè associare Genzo al mulino bianco ti viene che è una meraviglia ultimamente.....)
 
 
Capitolo 08
 
 
Sono passati quattro mesi da quando ho scoperto di essere incinta; finalmente è arrivato il momento tanto atteso quello in cui io e il mio nuovo compagno dobbiamo dire a tutti gli altri di questa novità. (evviva la vita!)
E quale migliore occasione di un ritiro in nazionale? (eccerto! Sai come è felice il mister di questo sconvolgimento!?)
 
 
 
E gli sono eternamente grata per questo, in fondo ha sempre odiato mettere in piazza la sua vita privata, spero solo che continui così. (le ultime parole famose...)
 
 
 
Abbiamo deciso di fare le cose con cautela. Una cosa alla volta, anche se temo che il Capitano non starà così zitto, non con la sua dolce metà in campo, questo è certo. (Ahahahah TARO!!!! maglioncino rosa, salto in braccio e presa al volo... e poi là nel Regno degli Ozora.. shhhh)
 
 
 
Sospiro perché non so quanto possa essere una buona idea. (Infatti per me è pessima!)
 
 
 
Cala un profondo silenzio imbarazzante tra di noi. Non mi ero mai sentito così con lei, mai. (caspita sai che mi dispiace un sacco per loro, non mi par vero di vederli così freddi e distaccati... e succede a me che già so che accade, tu immagina uno che non sa una mazza!)
 
 
 
“Non posso crederci, dai non Sanae” chiarisce Mamoru mentre sorseggia una bibita. (il corpo di Mamo*amen)
 
 
 
“Invece io credo sia proprio il momento ottimale per dire a tutta la squadra che il mio migliore amico se la spassa con mia moglie; che lei è incinta e non sappiamo di chi sia… insomma è giusto che lo sappiano da noi invece che dalla stampa vero Genzo?” (e meno male che due secondi prima ha detto 'sì sì una cosa alla volta... eccerto!)
Quel sorriso sghembo che tanto ho adorato in campo contro i nostri avversari adesso mi fa montare un’enorme rabbia. (ha adorato il sorriso sghembo, o cielo che nessuno lo dica a Taro! Povera stella lui non ce l'ha il sorriso sghembo!)
 
 
E in base a quello che ci siamo detti prima con Sanae decido di affrontarla subito, così cerco un giornalista e gli regalo uno scoop da prima pagina, almeno qualcuno sarà contento. (capisco la foga del momento, la rabbia, la frustrazione, ma Capitano... contegno...)
 
 
 
 
Dopo, tutto, tornerà a tacere e noi continueremo la nostra vita. Dobbiamo soltanto superare questo momento e attendere la nascita del bambino.(bazzecole proprio)
 
 
 
Insieme, vicini, come non lo siamo mai stati. (questa immagine è bellissima, è l'immagine della forza secondo me, la forza che li unisce in questo momento in cui Tsubasa fa il pirla!)
 
 
 
“Adesso basta! Piantatela – Taro interrompe tutti facendoci sobbalzare – Finitela di fare salotto e pettegolezzi, sono e rimarranno sempre i nostri amici, quindi dobbiamo proteggerli da tutto quello che ne conseguirà dopo che la stampa lo scoprirà. Proprio non riuscite a capire in che pasticcio ci cacceremo tutti se non restiamo uniti? Volete perdere l’affiatamento di tutta la nazionale, o ancora peggio perdere i nostri amici? Già la situazione è intricatissima, non mettiamoci anche noi e cerchiamo di proteggerli.” (grande Taro, via un po' di pastiglie a tutti e ciao... a no già che ci sei vai a consolare Tsubasino tuo...)
 
 
 
Temo che Anego sia tornata e che sia stato proprio Genzo a risvegliarla.
(evviva Genzomio!)
 
 
 
Giro su me stesso aiutato dallo sgabello sul quale sono seduto, così me la ritrovo in mezzo alle gambe e mosso dall’emozione la stringo a me con tutto l’amore di cui sono capace. (che bello Genzomio!!!!)
 
 
 
“Lo amo già come se lo fosse. E anche se non dovesse essere mio, non importa sarà come se lo sia.(fosse ... credo... MELLL!)”( E QUANDO NON SIAMO SICURE INVOCHIAMO L’ALTRA BETA AHAHAHAHAH)
 
 
 
“Io di più.”(oh ma che romantico non è... ozora stai là e non rompere i coglioni)
 
 
 
Vero, ma io ancora non ho capito dove posso aver sbagliato così tanto da perderla. (guarda mettiti comodo che ti facico l'elenco.)
 
 
 
Capitano che da sempre ha pensato prima al calcio e, forse, dopo a lei. (almeno è onesto... ma che vita triste capitano! Apri la finestra e buttati giù!)
 
 
 
Non ho annaffiato il nostro amore, e non volendo lei ha trovato chi invece l’ha coltivato. (stile: il contadino cerca moglie!)
 
 
 
 
“Che vuoi?” un borbottio sommesso arriva dall’altro capo, e immagino anche il perché, ogni volta che ci sentiamo non sono certo il re dell’assertività. (assertività... come sei colta beta mia! Son tutta un fremito!)
 
 
 
Destino infame il numero della sua maglia. (grande Garnzomio! Avrà fatto carte false per averla! Immagina se gli hanno proposto la stanza 10!)
 
 
 
“Non me lo avevi mai chiesto… non mi hai mai chiesto niente, Tsubasa” constata incassando le spalle. (stronzo!)
 
 
 
 
Non riesco a togliere la mano da lì, anche perché… era tanto che non accarezzavo Sanae e questo me ne dà la possibilità. (sì so che vorresti mettere la mano più in basso in mezzo alle gambe, ma ora non si può ozora... lì la metterà il dottorino...)
 
 
 
non ho neppure bisogno di voltarmi per sapere che è lui. (eccerto, torna a controllare che tu non faccia lo zozzino!)
 
 
 
Capitolo 09
 
 
Sanae non ha avuto dubbi su chi voleva al suo fianco, e ovviamente sono io. (tiè Ozora! Uno a zero!)
Mi dispiace, ma in due non ci avrebbero fatti entrare. (ma che ti dispiace! Ma smettila!)
 
 
 
Lo penso per un secondo prima di scuotere la testa e ragionare sul fatto che potrò canzonarla a vita per questi momenti. (che bastardo! Sexy ma bastardo!)
 
Ma ora che siamo giunti alla fine e la vedo soffrire davvero, con il dolore che fa contrare il suo volto… ecco, adesso prenderei volentieri il suo posto, perché IO non posso vederla soffrire così. (occhi a cuoricino!)
 
 
 
“Non tema, la vostra privacy sarà rispettata.”
(le ultime parole famose!)
 
 
 
E come ho sempre sospettato fin dall’inizio: il Capitano è arrivato per primo! (e Genzomio... la donna sbagliata... prendevi me, tu venivi subito e per primo... e ciao al capitano!)
 
 
 
“Ti confesso che avevo già contattato un agenzia, Sanae, e avevo già visto una casa, non volevo darti anche questo pensiero, se vuoi a tutto questo ci penso io, il resto verrà da sé ci organizzeremo.” (che uomo tutto d'un pezzo!)
 
 
 
“Cosa ho fatto per meritarti Genzo? Per meritare tutto questo?” (guarda: io me lo domande tipo dal secondo capitolo... ci fossi stata io, tale domanda non era nemmeno da porsi!)
 
 
 
“Grazie” sussurra dopo aver risposto al bacio.
(questo Genzo me lo hai fatto troppo serio e rispettoso del Capitano, uffa... un bel vaffanculo ci stava da dio!)
 
 
 
“Beh, ti amo portiere.”
“Anch’io manager.”
(ma io lo amo di più, come si fa a farglielo sapere?! Che vita difficile!)
 
Finalmente nel mio letto. Mi volto e vedo Genzo profondamente addormentato. Lo osservo, il volto disteso e rilassato, non ho davvero idea di come possa affrontare tutto questo così serenamente. (me lo domando pure io... per me ha assoldato un killer... così, un lavoro pulito, tipo il cecchino di las vegas!)
 
 
 
 
Disteso con un braccio sollevato vicino alla testa e a pancia sotto; non sa quanto è maledettamente sexy in questa posizione. (io lo so, fatti più in là che lo guardiamo insieme!)
Indossa soltanto i boxer e la canottiera, (merda! Fa caldo!) mi mordo il labbro inferiore perché so già che passerà del tempo prima di poter avere nuovamente dei rapporti.
Che palle!(ci penso io! Non vorrai mica lasciarlo a stecchetto vero?)
 
 
 
Lo temo anch’io per l’esattezza, ma nella mia testa ho le idee ben chiare e un solo cognome: Wakabayashi. (WWW, Wallashi, insomma basta che non sia Ozora, e va tutto bene! Anche Misaki andrebbe bene... no eh... va beh)
 
 
 
“Non hai perso il vizio delle cose in grande Genzo.” (megalomane.... bellissimo, sexyssimo, dolce, romantico, arrapante, muscoloso, da mordere... quindi cara che sia anche megalomane, ma chissenefrega!)
Sorrido al pensiero che anche in Giappone la sua casa era la più grossa(grossa, proporzionata a qualcosa di suo....) di tutte.
 
 
 
Il tono di Sanae è calmo e tranquillo, è così bella con nostra figlia in braccio mentre le concede il seno. (dai fa vedere i capezzolini al Capitano? Va beh che li ha visti per primo però... davanti a Genzo... eddai! Hai un po' la fissa del seno in vista, anche in quell'altra lei allattava la bimba davanti a Taro e Genzo!) (DICE CHE SONO FISSATA CON L’ALLATTAMENTO… MA CHE DIAVOLO DEVE FARE UN NEONATO!?!? BAH)
 
 
Ha un odore fantastico e la pelle di velluto ora che strofina la fronte contro il mio collo. (che carina... si strofina contro il papino... carina...)
 
 
“Ti ho data per scontato, invece non lo eri.” (la colpa è di un tocco di figo allucinante! Chiamiamo le cose col loro nome: Wakabayashi!)
 
 
 
Quel sorriso sghembo strafottente compare sul suo volto, ed è lecito che io lo odi tanto in questo istante vero? Perché capisco che lui sa farlo e io no. (sì è abbastanza lecito capitano!)
Ma poi mi sorprende con quelle parole.
“Dai vieni, ti faccio vedere.” (un santo! Non un portiere, hai fatto un santo!)
 
 
 
È di una tenerezza disarmante, vorrei tanto che anche io e Taro riuscissimo a creare un gioiellino così. (impegnati cara! Cosa cazzo fai in Spagna, non si fa via posta! Vai a ciulare!)
 
 
 
“Lo spero tanto Sanae, sai, Taro e Tsubasa avevano parlato e scherzando avevano detto… pensa se i nostri figli nascessero lo stesso anno e poi giocassero insieme…” (o cielo un'altra golden combi... come Doki e Manami... anche se poi non hanno giocato insieme.. va beh)
 
 
Capitolo 10
 
“Goal presi?”
“Stai scherzando? Nessuno che diamine.”(cazzo dici Sanae? Cosa fai offendi!? Tsè che gente!)
“Portiere?”
“Mh?”
“Ti adoro quanto t’infiammi.” (va la va! Come lo adoro io nessuno mai!!!)
 
 
 
“Che domande, sono passato a vedere Hikari.” (che domanda del cazzo Genzo!)
 
 
 
Capisco, così, che non vuole di fronte a lui. (uff pallosa di donna! C'è Genzo che vuole baciarti!)
 
 
 
“Ma non vieni con noi?” le chiede lui.
Sollevo gli occhi al cielo, mentre Sanae nega con la testa. (beh dai Tsubasa, li ho sollevati pure io gli occhi al cielo perima di vedere Genzo farlo! Ma andiamo! Arriva lui e lei viene con te? Ma non esiste!)
 
 
 
Si è creata una situazione di stallo nessuno parla, francamente sto aspettando che Tsubasa esca… (francamente lo aspettiamo tutti, giusto per veder comparire i tuo i muscoli, il tuo deretano, il tuo... cazzo c'è ancora una minore!)
 
 
 
Dopo punta i suoi occhi nei miei e si avvicina come un gatto che ha individuato la sua preda. (un gatto? Ma dai almeno una pantera, una tigra? Un gatto... ma dai!)
Si muove sinuosa verso si me.
Ancora credo che non abbiamo sbattuto le palpebre.
Sento l’unghia del suo indice passarmi sotto al collo. (sgozzamento?)
 
 
 
Porta che chiudo con un calcio. (ma lasciala aperta tanto non c'è nessuno!)
La poso a terra in prossimità del nostro letto. (ma lanciala giù e prendi me al volo portiere! Mi vedi? Arrivo di corsa da Milano in tutto il mio splendore e con i kg in più!)
 
 
 
“Dovremmo far finta che oggi sia la mia prima volta sai…”
“Non temere, farò conto che lo sia, anzi, ne sono onorato.” (se ti piacerebbe... va che l'ha già sverginata quell'Ozora là... certo se ti svegliavi prima e la prendevi là contro al muro il giorno della scommessa... allora...)
 
 
“Non ricordavo che tu fossi così morbida, Sanae.” (anche il mio ragazzo dice che sono morbida.... però poi lui aggiunge 'il mio cinghialino' e ti passa la poesia...)
Ansimiamo l’uno nella bocca dell’altro. Mentre i baci non si risparmiano.
“E io avevo quasi scordato che potesse essere così bello.” (scordato?! Fai sesso con Genzo e lo scordi!? No guarda io non posso andare avanti così!)
 
 
Un improvviso groppo mi nasce in gola. (anche a me....)
 
 
“Guarda che se per una volta usciamo tutti e tre insieme non succede niente, non ti mangio Sanae.” (no se vuole il gelato perchè dovrebbe mangiare te? Egocentrica donna!)
 
 
 
“Fragola e panna se non ricordo male.” (che schifo!)
 
 
 
Mangiamo in silenzio il gelato mentre Hikari è intenta a giocare nella sabbiera, il suo cono era piccolo e ha finito prima, adesso si sta beatamente passando della sabbia con un'altra bambina. (come Hayate... va che affoga né, quello là è quasi morto mentre le due donzelle ciarlavano!)
 
 
 
Dovrei farlo capire anche a Genzo però. (ecco sì facciamoglielo capire...)
 
 
 
Detto questo mi aggancia il telefono in faccia. (e qui, nonostante mi stia sul cazzo perché ciula con Genzomio davanti ai miei occhi, e mi tocca pure betare le sue ciulate: parte un'ovazione per la cara manager!)
 
 
 
Indietreggia con lo stile di un gamberetto strisciando a terra. (il seno scoperto, i gamberi in giro... hai delle fisse strane ragazza!)
 
 
 
E me la carico sulle spalle dirigendomi nel reparto notte.
(E UN'OVAZIONE IMMENSA! QUANDO IL MIO AMOOOOOORE PER LUI, PARTE PERI L PORTIERE! QUESTA è LA SCENA Più BELLA DI TUTTA LA STORIA!)
 
 
 
Sbraita e i muscoli si tendono. Bene sentiamo che cosa ha da dire. (ma che te frega cosa ha da dire! Se i muscoli si tendono......)
“Sentiamo altrimenti cosa mi fai?” Chiedo a presa in giro.
E dopo avermi risposto mi carica sulle spalle.
Scalcio senza ritegno dando l’impressione di essere quantomeno un po’ incazzata. (Giusto l'impressione...)
 
 
 
E me lo ritrovo addosso che mi bacia schiacciandomi sotto di lui con tutto il suo peso. (oddio che scena erotica! Ho pure cannato colore, chissenefrega!)
 
 
 
Le mie mani stanno togliendo la maglietta bianca zuppa d’acqua, per toccare quella pelle liscia che sotto arde. (ardo anch'io! Come il fuoco.... come un Flyriano!!! occhi che brillano!)
Non capisco più niente mentre i baci si consumano tra il mio collo e il petto.
Petto oramai nudo dopo che la maglia è stata strappata con foga.
“Sei solo mia” ripete in continuazione. (oh sì!)
La nenia prosegue mentre inebriata da lui rispondo: “Solo tua.” (sì sì sì!)
 
 
I respiri si regolarizzano dopo qualche minuto.
(bene, a posto così grazie!)
 
 
 
“Siete due streghe. (come Lisa e Mari, ma povero Genzomio! Che gente gli affibi) E va bene, vada per questa mezza nottata, ma appena arrivi a casa mi telefoni.”
 
 
 
 
“Sì, pazzo di te!”
E la bacio. (oh che uomo!)
 
 
 
“Tsubasa senti dovrei dirti una cosa, anzi due.”
“Quanto mi faranno incazzare?” (uh il Capitano parte in quarta, ci piace!)
 
 
 
“Ah, io rovino tutto? Senti chi parla…” (touchè!)
 
 
 
Annuisco e non riesco a proferire altre parole se non Ciao.
(sì proprio ciao però!)
 
 
 
Capitolo 11
 
 
 
Non prima di avermi tracciato una scia con l’unghia sotto al mento.(un altro sgozzamento, mmm sesso selvaggio ci piace!)
 
 
L’auto ci lascia proprio di fronte all’ingresso.
Come un vero cavaliere(cavaliere.... con la regina... e il re con la principessa... mi sovviene qualcosa...) che si rispetti vado dal suo lato e apro la portiera.
 
 
 
“Adesso avranno ragione di sparlare.” (bello!!!! il bacio improvviso lo adoro!!!)
 
 
 
“Scusate avete niente da dichiarare?” (che domanda del cazzo)
Volto un attimo lo sguardo verso l’improbabile (esatto) domanda del giornalista di turno.
 
 
 
 
Nessuno mi aveva mai guardato così, nessuno mi aveva mai amato così.(perchè non conosci me, stolto portiere)
 
 
 
Il problema è che ti ho persa Sanae non certo che stai altri due giorni in Germania; lo penso, ma ovviamente non lo dico. (ma povero capitano...)
 
 
 
“Ce l’avevo, non ho saputo annaffiare questo splendido fiore che avevo tra le mani.” (perchè credevi fosse una pianta grassa a cui serviva poca acqua... stolto Tsubasa, propiro stolto, dovevi chiedere conferma a XXX..)
 
 
 
Mi stringo al suo petto e attraverso il calore cerco di fargli capire quanto io gli sia grata per questa decisione che ha preso.(attraverso il calore... si chiama così adesso? Da noi si dice patata per esere educati)
 
 
 
Esco e raggiungo lo stadio, oggi sarà una grande partita con un rivale di tutto rispetto, l’unico che ha violato la mia rete da fuori area. (eh certo, perchè Hyuga ti ha violato ben altro in altri posti, in altre storie... mmm)
 
 
 
È Natureza, un vero portento della natura, ho visto solo Ozora giocare così, quasi si equivalgono.(quasi, il capitano è il capitano per cortesia!)
Quasi, perché Tsubasa non è mai da sottovalutare, mai. (ecco appunto)
 
 
 
Rivaul è molto in forma oggi, ho osservato molti video sul loro gioco. Tsubasa ha trovato un secondo Taro in questo compagno. (no la golden combi non si può scoppiare! Ma povero Taro, vuoi dire che Rivaul lo inculerà prima di lui?)
 
 
 
“Ovviamente, che diamine!”
Certo ovviamente che domande stupide che faccio… sorrido. (Appunto che domanda idiota, è già strano che non ci sia ancora la porta!)
 
 
 
Seguire l’amore paga sempre.
L’Anego sopita si è risvegliata e ha ritrovato il suo portiere.
(ERA MIO IL TUO PORTIERE!!!! BRUTTA SQUALDRINELLA GIAPPONESE!!!! WEEEEEHHHH LO VOGLIO IO!!!! UFF...)
BELLA QUESTA ONE SHOT...(qua mi prende palesemente in giro… visto che doveva essere una one shot)
AHAHAHA

 

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