Cronache di una morte annunciata

di Ilhem_Rowling
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Peter. ***
Capitolo 2: *** James. ***
Capitolo 3: *** Lily. ***



Capitolo 1
*** Peter. ***


Cronache di una morte annunciata.







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Peter.


L’ometto era ancora disteso carponi sul pavimento di legno. Le assi scricchiolavano il loro disappunto per l’eccessiva vicinanza del suo sudicio volto contro il suolo.
Nessun essere al mondo avrebbe potuto essere più rivoltante di quell'immonda creatura dal cuore marchiato di tradimento e vigliaccheria.
Ogni scarica che dirompeva da quella maledetta bacchetta mortificava quel corpo flaccido e lo faceva sussultare come in preda a convulsioni epilettiche. Chiunque avrebbe preferito l’epilessia a quel genere di tortura.
« Ripetimi un po’, Minus, perché mai non dovrei porre fine alla tua miserabile e patetica vita? ».
Quell’uomo dall’aspetto serpentesco rimaneva immobile davanti alla grossa fiamma verde che danzava nel camino, con le mani ossute congiunte dietro la schiena, sfiorando appena la lunga veste nera come la notte senza stelle.
Dall’ometto giunse un gemito molto più sembiante allo squittio di un ratto appena finito in una trappola, cosa che fece gioire il suo esecutore, Rodolphus Lestrange. « Ammetto che mi sei tornato utile per i primi… » si portò una mano davanti al viso e alzava ad una ad una le dita come se stesse contando. Si fermò di colpo, lasciando l’anulare a mezz’aria. « … Diciamo per i primi tre mesi, Codaliscia »
Un eco di risate rauche e strascicanti si diffuse lungo tutta la tavolata, e il grassoccio essere mugugnò qualcosa di incomprensibile.
L’Oscuro Signore si portò una mano al petto, e si voltò, mostrando il profilo bianco cenere, imperlato dal bagliore della fiamma verde, che si divertiva a disegnare strane ombre con i chiaroscuri. Uno spettacolo ammaliante, ma terribile. Mai nessuno avrebbe voluto incrociare gli occhi color del rubino che erano l’infame punizione per tutto il sangue che era stato riversato ad opera di quel obbrobrio umano. Se mai ci fosse stato ancora qualcosa di umano in lui.
Lo sguardo avido di Bellatrix Lestrange si posò sulla schiena dell’ometto, e la donna si passò la lingua sui denti affilati che erano il prodotto di qualche strano scherzo della natura. « Mio signore, permetterebbe…? ». La mano di Voldemort scattò in aria, e il brusio di voci si interruppe all’istante, e anche l’espressione sadica sul viso della donna si spense con la stessa velocità con cui era apparsa.
« Silenzio! » urlò, e attraversò la stanza con una calma e un’eleganza inappropriati per un uomo così crudele e senza un’etica. Il fruscio della veste era l’unico suono udibile in quella stanza.
I Mangiamorte erano in un religioso, quanto intimorito, silenzio.
L’Oscuro Signore si avvicinò all’ometto, quasi volesse aiutarlo a rialzarsi, poi gli puntò la bacchetta sotto il mento grasso, e lo costrinse ad alzare lo sguardo.
Peter Minus teneva gli occhi sigillati, come un semidio di fronte alla gorgone Medusa, e non avrebbe mai osato fronteggiare gli occhi sanguigni di quella creatura mostruosa conosciuta con il nome di Voldemort.
« Qualche ultimo desiderio, insulso scarto di fogna? » un altro scroscio compulsivo di risate, che avevano l’unica utilità di compiacere il Signore Oscuro.
Minus si nascose il capo, proteggendosi con le braccia, con le mani congiunte a supplicare il suo padrone di risparmiargli la vita.
Ma a cosa sarebbe mai potuto servire un topo di fogna al grande e onnipotente Lord Voldemort?
« I-io… io po-pos… posso tornarvi u-utile, pa-padrone ». Voldemort si unì alle risate dei Mangiamorte, e levò la bacchetta sopra la testa, pronto a servire il colpo di grazia a quella viscida creatura.
« IO SO DOVE SI NASCONDONO I POTTER! »
Quelle parole sortirono un effetto raggelante che invase l’intera stanza, e pietrificò i volti di tutti i presenti. Anche Voldemort non credeva a ciò che aveva appena udito. Avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Avrebbe potuto essere, in tutto e per tutto, onnipotente come un Dio.
Lord Voldemort sarebbe stato il nuovo Dio del Mondo Magico.
Grida di giubilo scoppiarono lungo tutta la tavolata di uomini in nero, e lo stesso Signore Oscuro lasciò che il fantasma di un ghigno malefico gli trapassasse il volto bianco.
I suoi occhi divennero più scuri del sangue che sgorga da un corpo mutilato, come se già stessero pregustando la vista degli insulsi cadaveri di coloro che avevano cercato di contrastarlo.
Nessuno avrebbe mai contrastato Lord Voldemort.
Nessuno si sarebbe messo contro un Dio.
James non avrebbe permesso che uno dei suoi migliori amici morisse per causa sua. James non l’avrebbe voluto morto.
James avrebbe capito.
James avrebbe avuto pietà di lui.
James era il vigliacco. James si nascondeva da almeno un anno insieme alla sua mogliettina e al suo figlioletto. James era il vigliacco.
Peter aveva fatto la cosa giusta.
Peter aveva affrontato il più grande Mago Oscuro di tutti i tempi.
James era scappato. James aveva pensato solo a come mettersi in salvo.
Peter si era messo in prima linea.
James aveva pensato solo a godersi la sua famiglia, mentre un altro al posto suo doveva rimetterci la pelle.
Peter era l’eroe.
James avrebbe capito.





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Capitolo 2
*** James. ***





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James.


Da bambino lui adorava Halloween. Merlino, se l’adorava! Avrebbe persino detto di adorarlo più del Natale, perché, che diamine!, ad Halloween c’era tutto un altro tipo di atmosfera.
Continuava a rigirarsi fra le dita l’incarto della caramella mou che aveva mangiato almeno un’ora prima.
Non aveva la forza, o il coraggio, di alzarsi da quella poltrona.
Passò le lunghe dita sul bracciolo di velluto, e subito dopo se le portò agli occhi. Quanto avrebbe voluto dormire.
Non l’avrebbe mai fatto. Non ci sarebbe riuscito.
Sentì un debole vociare fuori dalla sua abitazione, e scattò in piedi, catapultandosi contro il vetro della finestra, e quasi staccando la tenda per l’agitazione: erano solo una coppia di anziani, probabilmente di ritorno dalla messa di quella sera nella piccola chiesetta lì vicino.
James non dormiva più sonni tranquilli. Anzi, non dormiva più da almeno due mesi. Si limitava a stendersi completamente vestito sul letto, fissando il soffitto, fiducioso che un giorno quello stesso soffitto gli avrebbe rivelato come uscire da quella situazione.
Nell’ultimo mese aveva smesso persino di andare di sopra in camera da letto. Rimaneva lì, seduto sulla sua poltrona, a guardare fuori dalla finestra.
Attendeva qualsiasi cosa potesse arrivare da un momento all’altro.
Non gli era mai importato, da adolescente, di morire a causa della guerra, perché sapeva di combattere per una giusta causa, e per una vita che fosse degna di essere ritenuta tale.
James ora aveva qualcosa per cui valesse la pena restare vivo. Qualcosa per cui valeva la pena lottare.
James aveva il dovere di rimanere vivo, aveva il dovere di far da padre a suo figlio, di far da marito a sua moglie.
James non poteva lasciare Harry. James non voleva lasciare Harry. Lui amava Harry.
James non poteva lasciare Lily. James non voleva lasciare Lily. Lui amava Lily.
Lui voleva avere una vita con Lily ed Harry. Una vita felice, una vita serena, una vita lunga.
James non voleva morire.
James… « James! ». Lily aveva posato una mano sulla spalla del marito.
« Sei pallido » accostò la fronte a quella del giovane uomo, tenendogli le mani ben strette ai lati del viso, e gli lasciò un lieve bacio. « Stai bene? »
James annuì, ma chiuse gli occhi. Lui non stava bene. James aveva paura che i suoi giorni fossero prossimi al termine. Lui non voleva lasciare Lily. Lui amava Lily.
Le strinse la mano, e la scostò dal suo viso, stringendola leggermente. Poi la lasciò andare.
La lascio andare.
La lascio andare.
James chiuse gli occhi. « James » la voce di Lily gli arrivò lontana e amara, « Guardami ».
Ma James le diede le spalle, e si concentrò di nuovo sulla finestra. Nemmeno un bambino in giro a fare dolcetto o scherzetto.
« James, ti prego » la voce di Lily, ora, era rotta dal pianto. Appoggiò la testa sulla spalla dell’uomo, e iniziò a singhiozzare sommessamente, come se non volesse farsi sentire. James chiuse gli occhi ancora. Se fosse bastato solo chiudere gli occhi per allontanarsi da tutto quel dolore…
Dal piano di sopra provenne il pianto leggero del bambino, probabilmente aveva appena avuto un brutto sogno.
« Lily… Harry »
Lily si asciugò gli occhi, e fece per voltarsi. « Ehi. Vieni qui » James allargò le braccia, e Lily non esitò a gettarvisi. Le accarezzò il viso, « Va’ da Harry ».
James non avrebbe mai voluto lasciare Lily, nemmeno per un secondo. Ma non riusciva nemmeno a guardarla a lungo senza che la paura di perderla prendesse il sopravvento.
Iniziò a fare avanti e indietro per la cucina.
Lui e Lily meritavano più tempo.
Harry meritava più tempo.
Harry non meritava di crescere in un’era così oscura.
James in quei giorni non poteva far altro che guardare fuori dalla finestra. Aveva bisogno di essere sicuro che non ci fosse nulla lì fuori.
Nulla lì fuori. Nulla…
Qualcuno c’era, lì fuori. Qualcuno stava aprendo il cancello d’ingresso.
No, non era possibile. Nessuno poteva entrare. NESSUNO.
Qualcuno stava attraversando il vialetto.
Qualcuno si stava avvicinando.
James urlò con quanto più fiato aveva in gola. Non poteva essere. Loro avevano bisogno di più tempo.
« LILY! »
« James! Che c’è? Cosa succede? »
« Lily, prendi Harry e scappa! È lui! Scappa! Corri! Io cerco di trattenerlo! »
« James, ma che stai dicendo? »
« È LUI, SCAPPA! »
L’uomo si precipitò fuori dalla cucina. La porta d’ingresso si spalancò, e una risata acuta riecheggiò per tutta la casa.
James aveva bisogno di tempo ora più che mai. James ora doveva proteggere la sua famiglia.
Harry… Lily…
Non li avrebbe lasciati.
James, Lily ed Harry sarebbero rimasti insieme fino alla fine.
La sua famiglia meritava più tempo.
Una luce verde. Una risata. Un grido.
Perdonami, Lily. Perdonami, Harry.




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Capitolo 3
*** Lily. ***





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Lily.


« Andiamo, Lily! Corri! » una risatina leggera riecheggiò tra le fronde degli alberi. Era davvero una giornata meravigliosa.
La bambina dai capelli rossi ansimava. Sua sorella era di certo molto più veloce di lei, nella corsa. Lily non riusciva a starle dietro.
« Eddai, Petunia, aspettami! »
D’improvviso la bambina dai capelli biondi si fermò, irrigidendo le spalle. Il cielo divenne plumbeo, e i tuoni rombavano nel cielo come motori di motocicletta. Il vento si alzava, e la piccola Lily cominciava a piangere.
Il volto di Petunia apparve in cielo, nessuna traccia di umanità nella sua espressione fredda e nei suoi occhi rossi.
« SEI UN MOSTRO! »
Lily spalancò gli occhi. Lo stesso sogno la stava tormentando da settimane a quella parte.
Non aveva più sentito Petunia da quando… be’, l’ultimo contatto che avevano avuto era stato quando si era vista ritornare indietro la lettera che l’avvertiva della nascita di Harry, con un grave inchiostro rosso impresso sulla busta da uno di quei timbri degli uffici postali, che diceva “RISPEDIRE AL MITTENTE”.
Sapeva che sarebbe andata così, ma in un piccolo angolo del suo cuore ci aveva comunque sperato. In quell’ultimo mese aveva deciso di “sistemare” tutto ciò che le era possibile, in caso il peggio fosse accaduto. Ovviamente, l’aveva solo deciso, perché ogni volta che provava a scrivere lettere alla sua famiglia, o ai suoi amici, anche solo per un addio che – lei sperava – fosse solo provvisorio, il suo sistema nervoso crollava, e cominciava a piangere.
Ma non davanti a James.
Lui cercava sempre di sdrammatizzare, di rimanere calmo.
Lo faceva per Harry, e lo faceva per lei, ma Lily era convinta che, principalmente, lo faceva per sé stesso, per non impazzire.
Lily sapeva che per lui nulla era più importante di lei e di Harry.
Ma Lily sapeva anche che il suo James, quello che aveva disdegnato per ben sei anni ad Hogwarts, quello di cui si era innamorata, quello per cui aveva aperto gli occhi, quello che aveva sposato, proprio quel James Potter, con i capelli neri come la pece, l’ossessione per il Quidditch e la battuta sempre pronta, se ne stava andando.
Stava svanendo.
James Potter stava morendo.
Quella sera ne aveva avuto la conferma. James non c’era più.
« LILY! »
L’urlo di James le congelò il sangue nelle vene, era quanto di più terrorizzato avesse mai sentito uscirgli dalla gola. Nemmeno la sua voce gli apparteneva più, ormai.
« James! Che c’è? Cosa succede? »
« Lily, prendi Harry e scappa! È lui! Scappa! Corri! Io cerco di trattenerlo! »
« James, ma che stai dicendo? »
No, non poteva essere. In alcun modo, non era possibile. « È LUI, SCAPPA! »
Non portarti via James, ti prego.
Di sotto si sentiva un trambusto infernale, e la risata di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato violava ciò che un tempo era stata la loro casa, dove Lily e James avevano passato più di un anno insieme ad Harry, dove Harry aveva mosso i primi passi, dove Harry aveva rovesciato a terra un vaso orribile mentre svolazzava sulla sua scopa giocattolo in giro per casa, dove Harry li aveva chiamati per la prima volta mamma e papà… dove Harry aveva perso James.
Lily si era affacciata sulle scale, solo per assistere all’istante in cui la vita del suo amato James veniva spezzata, e i suoi occhi color nocciola si abbagliavano per un solo attimo di una fredda luce verde.
Probabilmente avrebbe dovuto proteggere Harry, e scappare, come le aveva detto James.
Ma non ebbe la forza. James Potter era morto.
Niente l’avrebbe riportato da lei, e da Harry.
No! Lei non l’avrebbe lasciato. Il suo egoismo la pregò di raggiungere il suo amato.
Lei non avrebbe continuato a vivere senza James. Non avrebbe potuto.
Lei amava James. Ed era ingiusto che avessero avuto a disposizione così pochi anni.
No! Non poteva fare questo ad Harry! Cosa gli sarebbe accaduto, se anche lei l’avesse lasciato?
L’avrebbe protetto. Con la sua stessa vita. Era stato quello il loro compito, suo e di James, proteggere Harry con la loro vita.
“Lui non vincerà”.












NdA: Chiedo umilmente perdono per il mio ingiustificabile ritardo, considerato anche il frutto scadente del tempo che ho avuto a disposizione, ma devo ammettere di aver trovato un po' difficile immaginare, interpretare, e trascrivere i pensieri e le emozioni di Lily, al momento della sua dipartita. Ero certa solo di una cosa: che il suo unico pensiero fosse rivolto al suo James, e al piccolo Harry.
E ho pensato al suo unico momento di debolezza venuto fuori dopo aver (probabilmente) visto il suo amato morire, e al conseguente e giustificabile egoismo nel voler andare da lui.
Inoltre vorrei specificare che tutto ciò costituisce un "midquel" (termine del tutto inappropriato all'argomento, ma non saprei come altro definirlo) della one shot - o drabble, non lo so più nemmeno io - su James.
Inoltre credo che Lily, durante il suo periodo di reclusione a Godric's Hollow abbia speso più di una volta un pensiero alla sorella Petunia, e ho voluto delineare una specie di connessione tra le due, riguardo quella notte, avvenuta in sogno.
A presto.

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