Bring me to life.

di ErZa_chan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo due. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque. ***
Capitolo 6: *** Capitolo sei. ***
Capitolo 7: *** Capitolo sette ***
Capitolo 8: *** Capitolo otto. ***
Capitolo 9: *** Capitolo nove. ***
Capitolo 10: *** Capitolo dieci. ***
Capitolo 11: *** Capitolo undici. ***
Capitolo 12: *** Capitolo dodici. ***
Capitolo 13: *** Capitolo tredici. ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno ***


Bring me to life

A mia mogliah RedPhoenix, senza la quale questa storia non sarebbe mai andata avanti.
A Leda e Ginevra, per la loro immensa pazienza.
E a Evilcassy e la sua Addison, loro sanno perché.

 

 Parte uno

 Capitolo uno

 

It's the moment of truth and the moment to lie
The moment to live and the moment to die
The moment to fight, the moment to fight, to fight, to fight, to fight


This is war – 30 seconds to mars

 

 

 

Lancio un altro grido, mentre percepisco il dolore che attraversa il mio corpo, sempre più forte.
Tengo gli occhi chiusi, il buio mi sommerge completamente: tutto quello che sento è l'orribile squarciarsi della mia pelle e lo scricchiolio disumano delle mie ossa.
Affondo i denti nel labbro per trattenere l'ennesimo urlo e sento il sapore del sangue in bocca.
Un violento conato di vomito mi attanaglia lo stomaco e non riesco a contenerlo.
L'odore acre della bile si mescola a quello ferroso del sangue e la testa mi esplode, mentre premo violentemente le mani sulle orecchie per non sentire le mie stessa grida

Accanto a me percepisco la presenza di un altro corpo, un'altra persona, che si dimena freneticamente come me.
Ma i suoi gemiti silenziosi, come se fosse stremata.
Vorrei poterle parlare, ma un altro conato mi fa morire le parole in bocca.
Premo le mani più forte, quasi volessi sfondarmi da sola la testa.
Non sarebbe male, sicuramente sarebbe meno doloroso di quello che sto provando adesso.

 

Sento chiaramente il mio corpo scricchiolare, come se qualcuno stesse cercando di modificarlo contro il suo volere e, forse, da quel poco che mi ricordo, potrebbe essere proprio così.
Mi sforzo di pensare ma i ricordi sono sfocati, inconsistenti.
Nella mia mente non c'è spazio che per il dolore.

 

All'improvviso sento come se migliaia di aghi cercassero di penetrare la mia pelle e urlo ancora, fino a non avere più fiato nei polmoni, che ormai bruciano per lo sforzo.
Sento il cuore battermi all'impazzata e perdo totalmente la concezione della realtà: il mondo intorno a me diventa solo un ammasso indistinto di suoni e odori e sento di poter cedere da un momento all'altro.
No. Devo resistere al dolore.

Non voglio morire.

Una parte di me si chiede perché lottare... In fondo sarebbe meglio andarsene una volta per tutte e abbandonare questa sofferenza.
Proprio mentre sto per arrendermi un ordine preciso mi rimbomba nella mente:
"Tu devi sopravvivere."
La voce di un uomo, a cui mi aggrappo con tutta me stessa.

Io voglio vivere.

Cerco di aprire piano gli occhi e allontanare le mani tremanti dalle orecchie.
All'inizio c'è solo oscurità poi, poco a poco, distinguo gli oggetti intorno a me.
Sono rannicchiata in un angolo di una stanza, piccola, quasi soffocante, con solo un piccolo neon ad illuminarla.
Per terra la sporcizia ricopre tutto e l'odore è opprimente.
La luce per un attimo mi ferisce gli occhi, che iniziano a lacrimare copiosamente.

Fantastico, ci mancava solo che cominciassi a piangere.

Lentamente striscio verso il corpo accanto a me, distante si e no due metri.
La ragazza, come ipotizzo dai lunghi capelli scompigliati, giace su un fianco, rannicchiata su se stessa in posizione fetale, i pochi stracci che ha adosso completamente sporchi.
E' completamente immobile e quanto la sfioro non dà segni di vita.
La giro pian piano e, con orrore, la osservo, mentre indietreggio impacciatamente.
Ha il viso totalmente deformato: gli occhi sgranati sono completamente persi nel vuoto e dalle orecchie e dal naso esce una quantità smisurata di sangue.
Le braccia, torte in una posizione innaturale, sono ricoperte di grossi lividi violacei e di peli.
Peli che non hanno nulla di vagamente umano: sembrano più quelli di una qualche bestia selvaggia.
Anche le mani sono agghiaccianti: riesco a intravedere lunghe unghie spezzate e dita tozze, quasi deformi.

Mi allontano sempre di più dal corpo, spaventata e confusa.
D'istinto porto lo sguardo sulle mie braccia che, però, sono assolutamente normali.
Tirando un sospiro di sollievo cerco di alzarmi in piedi e barcollo, cadendo malamente a terra.
Ringhiando di dolore ci provo nuovamente e, questa volta, riesco a mantenere un equilibrio precario, nonostante tutto il mio corpo urli di dolore.

Guardandomi intorno noto delle sbarre che non avevo visto ad una prima occhiata: sembrerebbe proprio che mi trovi in una cella. Una fetida, sudicia e squallida cella.
Mi avvicino lentamente e con la mano sfioro il metallo freddo delle inferriate, forse la prima sensazione piacevole che provo da quando sono cosciente.

All'improvviso sento qualcosa muoversi dall'altra parte e compare una luce, al di fuori della stanza.
Indietreggio spaventata, ritraendo velocemente la mano dalle sbarre.

"Non avere paura." mi dice la voce di un uomo, tremendamente familiare.

Ci metto un attimo prima di riuscire a associarla a quella che ho ricordato poco prima, quella che mi incoraggiava a stare in vita, quella per cui ho resistito.

Pian piano mi avvicino nuovamente alle sbarre e vedo che l'uomo a allungato una mano dentro la cella.

"Mi capisci?" mi chiede, con fare gentile.

Annuisco.

"Avvicinati." mi ordina e non posso far altro che obbedire.

Mi scruta per qualche secondo, rischiarando intorno a sé con una piccola torcia, dopodiché tende una mano e afferra la mia.

"Brava piccola ce l'hai fatta."- mi dice- "Al contrario della tua compagna..." aggiunge, con tono deluso, guardando verso la ragazza raggomitolata a terra, in posizione fetale.

Sto per aprire la bocca, per chiedere spiegazioni quando all'improvviso sento avvicinarsi dei rumori piuttosto violenti.
E degli spari.

Vedo il viso dell'uomo rabbuiarsi, mentre fissa torvo il corridoio da cui è arrivato.
Lo guardo con aria preoccupata ma lui si sforza di sorridermi.

"Andrà tutto ben.." sta sussurrandomi quando due colpi di pistola lo centrano in pieno petto.

Lo vedo stramazzare al suolo, in una pozza di sangue, impotente.

La torcia si spegne all'improvviso e il corridoio torna buio come prima e soltanto il piccolo neon rimane a illuminare debolmente la cella.
Sento ancora degli spari in lontananza e una cieca paura mi assale: ho resistito a un dolore così terribile per poi morire subito dopo?
Non se ne parla.

Proprio mentre mi decido a fare qualcosa, sento qualcuno muoversi nel corridoio.
Ha il passo leggero, quasi impercettibile, ma lo avverto comunque.
Si ferma proprio davanti alla cella e sbircia cautamente all'interno: la luce illumina appena i suoi lineamenti.
E' una donna, una donna dai capelli rossi.

La guardo torva e faccio per parlarle ma dalla gola mi esce solo un sibilo, che sorprende persino me. Sembra quasi quello di un serpente.

Vedo una velocissima scintilla di sorpresa illuminarle gli occhi, prima che torni seria e glaciale come prima.
Poi estrae una pistola e mi spara.

**

Natasha guarda la ragazza davanti a sé accasciarsi al suolo con un tonfo sonoro, mentre rifodera la sua arma.

"L'hai uccisa?" le domanda una voce maschile alle sue spalle.

"No, Clint, l'ho solo addormentata. Erano ordini di Fury: se trovate prigionieri o cavie portatele alla base." risponde lei freddamente, mentre in qualche rapida mossa scassina la serratura della cella.

"Ce ne sono due..." le fa notare l'uomo, mentre entrano.

"Credo sia morta, comunque vale la pena controllare." replica Natasha sbrigativa, avvicinandosi al corpo e tastando il polso.

"E' viva.."- sussurra, dopo qualche secondo, con una note di stupore nella voce, dopodiché si porta la mano all'auricolare-"Steve com'è la situazione al piano di sopra?" domanda.

"Tutto libero." si sente gracchiare il Capitano, dall'altro capo.

"Ottimo abbiamo bisogno di te qua, nel seminterrato. Vieni appena puoi." -ordina la russa, chiudendo la comunicazione. -"Ci aiuterà a portarle." spiega a Clint che annuisce pensieroso.

"Cosa c'è?" le domanda lei, pungente, notando un'espressione insolita sul volto del compagno.

"La ragazza, non quella che hai addormentato, l'altra..è strana.." commenta lui, senza riuscire a trovare le parole per descrivere ciò che è davanti ai suoi occhi.

"Sono cavie da laboratorio, che ti aspetti? E' già tanto che siano vive." risponde Natasha, non senza una punta di amarezza nella voce.

Barton annuisce e fa per controbattere ma l'arrivo di Captain America lo interrompe.

"Eccomi!" -esclama l'uomo non appena varca la soglia- "Cosa devo fare?"

"Portare loro fuori di qui."- gli risponde Natasha, indicando con un cenno del capo le ragazze -"Clint tu dagli una mano." ordina, prima di sgusciare via nel corridoio.

"Tocca sempre a noi il lavoro pesante..." sbuffa Clint, cercando di sdrammatizzare, mentre si carica in spalla una delle due.

"Già.."- concorda Cap, con aria afflitta- "Su andiamo." dice avviandosi fuori con una ragazza appoggiata sulla schiena.

Clint lo segue borbottando seccato.

**

Come apro gli occhi, la prima cosa che sento è una violenta fitta di mal di testa.
Pian piano tento di mettere a fuoco ciò che mi circonda: sto fissando un soffitto grigio, assolutamente insignificante, ma sono abbastanza sicura di non essere ancora in quella sudicia cella.

Sono viva.
Ce l'ho fatta.

Tutto d'un tratto, però, l'immagine dell'uomo che si accasciava a terra, colpito dagli spari, mi torna in mente violentemente, mandandomi nel panico.
Sono stata catturata?
E la donna dai capelli rossi?
Cosa vogliono da me?

Tento di mettermi in piedi e, per miracolo, ci riesco.
Mi guardo intorno e noto di non essere sola: sdraiata a terra, poco distante, c'è un'altra ragazza.
Lentamente realizzo che potrebbe trattarsi della stessa che era imprigionata con me: è praticamente irriconoscibile, dato che non ha più né gli artigli né le braccia orrendamente pelose che mi avevano turbata.
E' vestita di un camice bianco e ha i capelli cortissimi, quasi pelata.
Istintivamente mi passo una mano sul capo e mi rendo conto di essere nella stessa situazione: anche io sono pressoché rasata, tranne che per un sottile strato di capelli, che pizzicano le dita al tatto.
Distrattamente faccio anche caso al fatto che qualcuno deve aver anche disinfettato i miei tagli, ma non gli do molta importanza.

Mi avvicino, evitando il piccolo tavolo bianco al centro della stanza, proprio mentre la ragazza comincia a muoversi. Dapprima emette solo piccoli gemiti, in uno stato di dormiveglia, poi spalanca gli occhi e riesco a leggerci una paura indescrivibile, proprio come la mia.

Resto in silenzio, mentre la guardo provare ad alzarsi e, più di una volta, rovinare al suolo in malo modo. Quando capisco che da sola non può farcela, almeno non così debole, mi avvicino a lei e le porgo una mano, sulla quale fa leva.
Nemmeno il mio equilibrio è troppo stabile e per un attimo rischiamo di cadere entrambe, ma alla fine ci ritroviamo in piedi, a fissarci negli occhi. E' in quel momento che noto che sono azzurri, vitrei.
E' cieca.
Non è molto più alta di me, ma è di una magrezza impressionante, pare quasi uno scheletro.

Sul suo volto compare un piccolo sorriso di ringraziamento.
Lascio pian piano la presa e rimaniamo lì, entrambe, sole e spaventate.

All'improvviso la vedo alzare il viso, come se qualcosa avesse attirato la sua attenzione e, subito dopo, anche io percepisco dei passi che si avvicinano.
Sono estremamente vicini e, infatti, dopo pochi attimi, la porta si spalanca e la donna dai capelli rossi entra nella stanza.






chiacchiere inutili dell'autrice
Salve a tutti! Prima di tutto, grazie per aver letto questo primo capitolo! Questa storia nasce molti anni fa (nel lontano 2013) e resta archiviata in una cartellina del mio computer per molto tempo, fino a quando, qualche mese fa, non l'ho ritrovata. Mi scuso quindi se lo stile dei primi capitoli risulterà un po' "infantile" rispetto a quelli che seguiranno, ho fatto il possibile per adattarli :)
Le due protagoniste, che pian piano spero imparerete a conoscere, ultimamente sono diventate molto importanti per me. Sono dell'idea che ognuno sia libero di immaginare i personaggi come vuole, nel caso foste curiosi più avanti posterò le prestavolto "ufficiali" per le mie due bambine ahahaha
Che dire, grazie di tutto, se volete lasciatemi una vostra opinione!

Baci
Erza

 

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Capitolo 2
*** Capitolo due. ***


Capitolo due

I'm waking up to ash and dust
I wipe my brow and I sweat my rust
I'm breathing in the chemicals


Radioactive- Imagine Dragons

 

 

La donna fa scattare la porta dietro di sé e si dirige verso di noi.
Istintivamente indietreggio, urtando lievemente la ragazza accanto a me, che mi guarda perplessa.
Lei non capisce il perché della mia reazione: la crede amica, forse addirittura una nostra salvatrice, ma io ho visto cos'ha fatto in quella cella, ho visto i suoi occhi freddi mentre mi sparava senza esitazione a quell'uomo che voleva aiutarmi.

La rossa ci fissa un attimo, prima di iniziare a parlare, in una lingua che però non conosciamo.
La donna sbuffa irritata davanti alle nostre facce perplesse.

"Se parlo francese mi capite?" domanda poi, cambiando lingua. Ha un accento perfetto e non posso che rimanerne sorpresa.

Annuiamo, insieme.

"Ottimo. Siete state prelevate dallo S.H.I.E.L.D, dal bunker francese in cui eravate rinchiuse. Non avete molto da temere, sempre che mi diciate quello che sapete. Come vi chiamate?"

"Anaëlle." risponde la ragazza al mio fianco, in un sussurro.

Io ci penso un attimo, cercando di concentrarmi:
"Non lo so." rispondo poi, alla fine.

La mia voce è come un sibilo ed è strano sentirla, sembra quasi la prima volta.
Non riesco a ricordare nulla al di fuori del dolore provato e degli spari.
Tutto pare come sfuocato, non riesco a mettere a fuoco nulla del mio passato.

La rossa sbuffa, come seccata.
"Io sono l'agente Romanoff. Sapete quello che vi è successo? Sapete cosa hanno fatto su di voi?"

"No." le rispondo freddamente.

E se anche avessi saputo qualcosa, certo non l'avrei detto a te.

"Io invece qualcosa ricordo..."- dice Anaëlle - "Ricordo un lettino, bianco e un signore con una siringa che mi sussurrava di stare calma, che forse sarei sopravvissuta perché ormai erano quasi riusciti a stabilizzare i soggetti precedenti. C'era una gran confusione, non capivo quello che stava dicendo e poi..Ricordo solo dolore." conclude, fissando il vuoto.

La donna annuisce: "Forse per voi sarà dura da accettare, ma siete state usate come cavie, non sappiamo per che genere di esperimenti." - il suo sguardo sembra rabbuiarsi per un secondo, poi riprende- "L'unico ostaggio che avevamo preso è morto stanotte, pertanto non abbiamo informazioni attendibili. Se sapete qualcosa, non esitate a dircelo o saremo costretti a estrarvelo con la forza." conclude.

Il suo sguardo è indirizzato verso di me e non esito a ricambiarlo.
I suoi occhi verdi mi fissano glaciale, quasi con una nota disprezzo.
Dopo qualche attimo si gira ed esce, scrollando la chioma rossa, senza aggiungere neanche una parola.

Simpatica quanto un calcio negli stinchi, non c'è che dire.

***
"Natasha tutto bene?" le domanda preoccupato Clint, vedendola scura in volto.

"Si."- ringhia lei- "Non ho ottenuto nessun tipo di informazioni: Anaëlle, quella ragazza piagnucolosa, non sa nulla. Al contrario l'altra...quella senza nome, secondo me ci nasconde qualcosa."

"Non sarà solo che ti sta antipatica?" cerca di scherzare Barton, ma viene fulminato da uno sguardo glaciale.

"Non c'è niente da ridere, lo sai bene. Possiamo lavorare su di lei, sento che sappia più del dovuto. Che non lo ricordi o che non voglia dircelo non fa importanza: avremo le informazioni che ci servono."

Clint annuisce, torvo. L'estrema professionalità di Natasha lo spiazza sempre, nonostante ormai lavori con lei da anni.
"Parleremo ancora alle ragazze, ma adesso lasciale riposare per un po'. Non abbiamo idea del dolore che hanno provato.." cerca di calmarla.

Natasha sbuffa seccamente, tirandogli un'occhiataccia, che lo spiazza. Clint non può capire quanto, in quel momento, la donna si senta disorientata e, sebbene non lo ammetterebbe mai, persino turbata.
"Penso che prenderò la cloche. Comunque non manca molto all'arrivo." sbuffa, cercando di scrollarsi di dosso quella spiacevole sensazione di disagio crescente.

"C'è già l'agente May nella cabina di pilotaggio..." le fa notare Clint, perplesso.

"Almeno lei sa stare zitta." le risponde semplicemente Natasha, mentre sale le scalette dell'aereo e si allontana lasciandolo basito.

**

Cammino in tondo per la stanza, innervosita.
Anaëlle si è seduta al piccolo tavolino e tiene il capo appoggiato ad una delle sue braccine esili. Sembra stranamente calma, quasi fosse stordita.

Io invece non riesco minimamente a stare ferma: non ricordare assolutamente nulla mi fa arrabbiare davvero tanto.
Mi fermo di botto, sforzandomi di ripensare a quello che ha detto Anaëlle: un uomo, delle siringhe, dei lettini..perché a me tutto questo non dice nulla?
Eppure so che c'è qualcosa! Sento che i miei ricordi sono lì, annebbiati e come se potessi percepirli, ma non riesco a raggiungerli e questa cosa mi fa davvero incazzare.
Sibilo di rabbia e di frustrazione. Vorrei aver qualcosa da prendere a pugni, ma non credo sarebbe una buona idea. Non ci tengo a finire con qualche dito spezzato, ci mancherebbe solo quello.

"Perché sei arrabbiata?" domanda piano Anaëlle, girando lievemente la testa verso di me.
I suoi occhi azzurri mi fissano, anche se so che non mi possono vedere.
Credo che abbia un udito molto sviluppato: è stata la prima a percepire i passi nel corridoio e oltre a questo riesce a capire dove mi trovo pur non potendo vedermi.

"Come fai a sapere che lo sono?" domando poi, stupidamente.

Lei fa un gesto vago con la mano.

"Lo percepisco, non chiedermi come. Sento quello che mi succede intorno, riesco a vedere tutto, nonostante credo di essere diventata cieca." mi spiega, sempre col suo tono calmo.

"Si , sono arrabbiata."- le concedo alla fine-" Perché non riesco a ricordare nulla." dico, anticipando la sua domanda.

"Neanche io e quelle poche immagini che si formano nella mia mente non sono esattamente piacevoli..Fossi in te mi riterrei fortunata."

Per un attimo la sua risposta mi fa adirare ancora di più ma poi realizzo che non ha tutti i torti.
Mi lascio cadere pesantemente sulla sedia di fronte a lei, fissando il soffitto.

"Si potrebbe essere vero quello che dici, ma non sappiamo nulla di quello che sta succedendo, né di dove siamo. Non ti spaventa tutto questo?"

La ragazza si stringe nelle spalle:
"Un po' si, ma staremo a vedere cosa succede. Le cose non possono peggiorare, no?"

"No... Almeno credo."

Anaëlle mi fa un piccolo sorriso ed è allora che decido che mi sta simpatica.

**
Non so quanto tempo dopo, quando siamo ormai mezze assopite, sentiamo arrivare gli ennesimi passi dal corridoio e drizziamo la testa.
I passi sono più pesanti di prima, segno che non è la donna rossa.
Infatti apre la porta un uomo, poco più che un ragazzo, coi capelli biondi e vestito con una ridicola tuta blu aderente. Porta agganciato sulla schiena uno strano scudo a strisce, colorato di blu e rosso.
Ci lancia un'occhiata compassionevole, quasi si sentisse dispiaciuto per noi.
Scuoto la testa, infastidita e poi sibilo tagliente.

"Cosa c'è ancora? Vi abbiamo già detto tutto quel poco che sapevamo."
Lui, contro di ogni mia aspettativa, mi sorride gentilmente

"Non sono qui per questo. Siamo arrivati a destinazione: ho il compito di scortarvi all'esterno. " spiega, estraendo due sacchi di tela. Ha un accento  francese molto marcato, ma sa farsi capire.

"E di preciso cosa intendi per destinazione?" domando, incalzante, alla disperata ricerca di qualche informazione.

"Non posso risponderti mi dispiace. "-si limita a dirci- "Ora per favore state ferme che devo bendarvi."

Sbuffo irritata e penso che tirare un'altra rispostaccia potrebbe essere una buona soluzione, quando ho un'idea.

"Non c'è bisogno che bendi entrambe: Anaëlle è cieca." butto lì, sperando che la ragazza capisca cosa intendo fare e mi regga il gioco.

Anaëlle sorride imbarazzata e si gira verso il ragazzo, sgranando volutamente gli occhi vitrei. Lui esita un istante, ma si convince quando la vede alzarsi e inciampare malamente sulla gamba del tavolo.
La prendo al volo un attimo prima che cada, con una velocità che sorprende persino me.
Geniale: se non l'avessi vista poco prima percepire gli oggetti intorno a sé con sicurezza sconcertante giurerei che sia davvero totalmente incapace di vedere.
È proprio su questo che conto: magari riuscirà a capire cosa ci circonda e, senza un sacco in testa, lo farà di certo meglio.
Il ragazzo mi aiuta a rialzarla, dopodiché mi benda e mi afferra per una spalla, con gentilezza; con l'altra mano invece conduce Anaëlle, che finge di inciampare ogni due per tre.
Poi pian piano ci porta fuori: non vedo nulla ma percepisco le vibrazioni dei nostri passi scoordinati sul terreno e riesco a indovinare più o meno il tragitto che stiamo percorrendo.

"Steve dov'eri finito? Dobbiamo sbrigaci, Fury vuole un rapporto a breve!"

Questa voce odiosa la riconosco, anche se non capisco quello che dice: è il tono della rossa, la Romanoff.

"Scusa Nat, ci abbiamo messo un po'." risponde il ragazzo che ci accompagna.

La sento sbuffare nervosa. Ma come fanno i suoi compagni di squadra a sopportarla?

"Benda anche l'altra ragazza. Non è affatto cieca, stanno cercando di prenderci per il culo." aggiunge, in francese, perché anche noi capiamo.

Sibilo arrabbiata da dentro il mio sacco.
Questa donna è davvero insopportabile.

"Fammi indovinare, è stato il tuo infallibile spirito d'osservazione? Oppure la tua incredibile intelligenza?" le domando, ironica.

"No, le telecamere di sorveglianza. Ho sentito ogni cosa che avete detto. Siete furbe, ma non abbastanza."
Sembra quasi compiaciuta.

Reprimo l'impulso di balzarle alla gola mentre il ragazzo biondo è distratto bendando Anaëlle.
Potrebbe essere una scena decisamente divertente.
Mentre cerco di non farmi prendere dalla rabbia, sento l'odiosa rossa rivolgersi a un'altra persona che sta entrando, un uomo, ipotizzo dal passo pesante.

"Clint è tutto pronto?"chiede, con tono pratico.

"Si, la May sta facendo atterrare l'aereo, andiamo alla rampa."

Veniamo spintonate e tirate per un altro paio di minuti buoni.
Vado accidentalmente addosso alla Romanoff, che mi ringhia irritata.
Finalmente ci fermiamo e sento che siamo in una stanza più grande e intorno a noi ci sono molte più persone di prima.
È una donna alla mia destra a prendere la parola.

"Allora gli studi saranno affidati al dottor Banner?" chiede, con una voce, che pare di una ragazza molto giovane.

Non capisco nemmeno lei: comincia a diventare piuttosto irritante come cosa.

"Si, Simmons. Ordini di Fury." -le risponde un uomo , sbrigativo-"Natasha, Clint, Capitano ."- dice, pronunciando l'ultimo nome quasi in maniera reverenziale- "È stato un piacere avervi a bordo. Se mai avrete nuovamente bisogno non esitate a chiedere. "

"Grazie Coulson." dice l'uomo con cui parlava prima la rossa.

"Non c'è di che! Arrivederci Barton, Capitano.." risponde questo, ignorando la Romamoff, che sento scuotere il capo il maniera rassegnata.

"Mi reputo offesa Phil, sappilo." -gli ringhia la rossa.-"Almeno cerca di nascondere la tua venerazione per Steve..."

Non so la Romanoff abbia fatto una battuta o meno ma sento l'uomo che ha parlato fin'ora balbettare qualcosa mentre tutti scoppiano a ridere, poi veniamo trascinate giù da una rampa e sento i piedi sbattere sul cemento.
Facciamo qualche metro e ci aiutano a salire su quella che credo sia un'automobile e, finalmente, mi tolgono quell'odioso sacco dalla testa.

Più esattamente siamo in un furgone blindato; c'è una grata che ci separa dai conducenti della vettura, che noto essere la Romanoff e un altro uomo, ipotizzo sempre il solito.
Guardo le sbarre di ferro e rabbrividisco al ricordo della cella di poco prima e degli spari.
Distolgo lo sguardo e lo poso si Anaëlle, intenta a fissare il vuoto, il braccio ingessato adagiato di lato.

"Dove stiamo andando?" Butto lì dopo un po'.

"Non preoccuparti, verrete condotte in una delle basi dello S.H.I.E.L.D e lì sarete al sicuro." Mi rassicura l'uomo di cui non so il nome.

"Credete seriamente che noi ci illudiamo che anche voi non sperimenterete su di noi?"
È bello vedere che anche Anaëlle ha un po' di carattere.

È la Romanoff stavolta a prendere la parola, mentre guida.

"No. Sarò sincera con voi: probabilmente vi analizzeranno per capire 'cosa' siete e non sarà piacevole. Ma non vi faranno nulla di male, almeno credo."

"Natasha forse dovresti avere un po' più di tatto." La riprende il ragazzo biondo, parlando in francese affinché capiamo

Così la rossa si chiama Natasha.
Che nome da t....

"Oh bhe almeno lei ha un nome...." mi fa notare una vocina nella mia testa ma la ignoro.

"No, lasciala dire. Non mi sembra che si faccia tanti scrupoli comunque. Almeno non a sparare alla gente, per quello che ne so."
rispondo secca.

"Ti abbiamo salvata, vi abbiamo salvate, piccola impertinente.  Dovresti solo essercene grata invece di lamentarti così.  Era uno dei tuoi aguzzini, un bastardo che aveva sperimentato sui vostri corpi e lo rimpiangi?"
Mi ringhio la Romanoff, mentre sterza bruscamente.

Scuoto il capo: "È una sensazione strana. Non ricordo nulla ma sono convinta che lo conoscessi da prima e che non fosse crudele.."

"Siete entrambe confuse ed esauste" -cerca di rassicurarmi Steve-" In quella base non c'erano che scienziati e cavie. Quando ti torneranno i ricordi saprai dirci con esattezza, ma per adesso aspetta a giudicare. "

Sbuffo seccata. Avrò anche perso la memoria, ma non sono scema.
So quello che dico e anche bene, dei consigli di quel biondino me ne faccio poco e nulla.
Mi metto a fissare anche io il vuoto e nel furgoncino cala il silenzio.
**
Passa diverso tempo, nessuno parla.
Cominciano a farsi sentire i primi morsi della fame.
Chissà quant'è che non mangio...
È una sensazione così strana non riuscire a ricordarsi nulla.. Mi sento totalmente spaesata: conosco i nomi degli oggetti, so come usarli e riesco a parlare, ma è solo l'istinto. In realtà è come se fossi appena nata e sono totalmente confusa.
Vorrei tanto reagire più brutalmente ma non ho né le forze né gli strumenti per farlo.
È una brutta sensazione essere totalmente impotenti: sia io che Anaëlle siamo alla mercé di queste persone, piombate dal nulla e assolutamente imprevedibili.

Comunque è evidentemente nella mia indole essere impulsiva... L'ho capito dalle rispostacce che ho tirato: è assurdo è come se osservassi me stessa dall'esterno, scoprendomi poco a poco.
Non dovevo essere una persona facile, per nulla...

Scuoto il capo, cercando di non addormentarmi mentre mi perdo nei miei pensieri: se crollassi chissà cosa potrebbe essere successo al mio risveglio.
Vedo però che Anaëlle sta chiudendo gli occhi, reclinando la testa di lato.
A maggior ragione devo restare sveglia almeno io...

Il ragazzo biondo ci osserva, sembra quasi intenerito e questa cosa mi fa imbestialire.

Vorrei dargliene quattro, ma la vista comincia ad annebbiarsi e rischio di assopirmi.
Mi tiro un pizzicotto e sgrano gli occhi il più possibile ma non basta. Pian piano chiudo le palpebre e l'ultima cosa che vedo è il ragazzo che si avvicina per farmi appoggiare sulla sua spalla.



chiacchiere inutili dell'autrice
Salve a tutti! Ecco qua un secondo capitolo un po' striminzito, ne sono conscia..purtroppo ancora un paio di capitoli saranno abbastanza corti, ma vi assicuro che andando avanti ce ne saranno di più lunghi e articolati (fin troppo alcuni ahaha).
Questa storia si soffermerà molto sulle sensazioni delle due protagoniste (infatti è presente l'avvertenza "introspettiva"), per questa ragione le cose procederanno abbastanza lentamente. Insomma, non ci saranno subito sparatorie e superpoteri che le rendono fantastiche. Ho cercato di renderle il più realistiche possibili, per questo ci vorrà un po' prima che si adattino e capiscano cosa sta succedendo loro e, sopratutto, che entrino veramente in azione.
Spero che la storia non vi risulti noiosa per questa ragione!
Che dire, alla prossima!
Erza

(grazie a tutti coloro che hanno recensito il primo capitolo e messo la storia tra le preferite/seguite! Ve ne sono grata <3)


Ps: Il cameo di Coulson e la sua squadra era d'obbligo! Per chi se lo chiedesse, si tratta di Agents of S.H.I.E.L.D. Ho sempre voluto credere che gli Avengers, in praticolare Nat e Clint, sapessero che Coulson fosse sopravvissuto!

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Capitolo 3
*** Capitolo tre. ***


Capitolo tre

 

Just like fire, burning out the way
If I can light the world up for just one day
Watch this madness, colorful charade
No one can be just like me any way
Just like magic, I'll be flying free

Just like fire-P!nk

 


Mi sveglio bruscamente quando il veicolo frena.

Stropiccio un attimo gli occhi e vedo Natasha che apre le porte posteriori per farci uscire.
Mi avvicino a Anaëlle e le scuoto il braccio per farla alzare, dopodiché balziamo giù dal furgoncino. Stavolta non si prendono nemmeno la briga di bendarci, pertanto noto che siamo in un grande garage, illuminato fiocamente.

"Barton, hai avvertito Fury del nostro arrivo?" domanda la Romanoff, stranamente in francese.

L'uomo a fianco a lei annuisce.
Sono stupida nel constatare che adesso ha un arco e una faretra a tracolla. Certo che tra lo scudo del biondo e l'equipaggiamento di questo Barton...
Sono davvero una gabbia di matti.

"Saliamo di sopra, allora." ordina pratica la donna.

Il ragazzo biondo fa per aiutare Anaëlle, ma lei si scansa.

"Ce la faccio benissimo da sola." dichiara, mentre si appresta a seguire Barton.

Ottima risposta! Anaëlle mi piace sempre di più!
Natasha sbuffa irritata e io nascondo un mezzo sorriso compiaciuto

"Steve, ti ho detto che ci vede benissimo. Lasciala stare." ordina, seccata.

Steve la guarda un po' titubante, poi si limita a stringersi nelle spalle e obbedire.

Ci dirigiamo verso una grande ascensore centrale e saliamo piuttosto in alto.
Appena le porte si aprono nuovamente, schizzo fuori: ho appena scoperto stare chiusa in un posto così piccolo mi dà parecchia noia. Ho bisogno di aria, di stare da sola, di capire.

"Dove corri?" scherza la voce di Barton, mentre mi riacchiappa per un braccio.

Sibilo protestando ma non oppongo resistenza, so che sarebbe inutile.
Veniamo condotte lungo un anonimo corridoio grigio, fin davanti ad una grande porta a due ante.
La Romanoff le apre e ci ritroviamo in una grande stanza, con al centro un tavolo in vetro circolare.
In piedi lì accanto si trova un uomo di colore: è pelato e la prima cosa che noto, non appena distoglie gli occhi da degli ologrammi di fronte a lui, è che porta una benda sull'occhio destro.
Ci lancia uno sguardo torvo, prima di parlare.

"Romanoff, Barton, Rogers: voglio un rapporto dettagliato della situazione. Spiegatemi perché cazzo ci avete messo così tanto."

Non ho capito nulla di ciò che ha detto ma vedi Natasha a farsi avanti:

"Signore abbiamo avuto un contrattempo" - dice, indicandoci con un cenno del capo.- "Ci hanno rallentato notevolmente, sopratutto durante i trasporti. Inoltre non parlano una parola d'inglese neanche a pagarla oro, solo francese. " conclude.

Fury, come l'hanno chiamato prima, gira intorno al tavolo e si avvicina a noi.
Mi scruta, con aria severa. Dopodiché passa a Anaëlle e la osserva con maggiore attenzione.

"È cieca?" domanda poi, in francese.

"No. Hanno tentato di farcelo credere per capire il percorso fino alla base ma le abbiamo bendate entrambe." gli risponde Barton.

"Provano fin da subito a fare le furbe, queste qui?" ringhia Fury, ma non sembra realmente arrabbiato.

Io e Anaëlle ci stringiamo nelle spalle con aria innocente.

"In realtà è inesatto."- spiega la ragazza dopo un attimo di silenzio-"Sono oggettivamente cieca ma non sono totalmente priva della vista: sento ciò che mi circonda con precisione e capisco cosa succede intorno a me come se vedessi. Ma non vedo né forme nette né colori."

"Non farla bendare era l'unico modo per capire dove stessimo andando. Anaëlle ha capito cosa volessi fare e ha retto il gioco." dichiaro, venendole in aiuto.

"Che però non è durato molto." pensa bene di specificare la Romanoff.

Fury annuisce, serio: "Ne hanno di strada da fare queste due, prima di ingannare alcuni tra i migliori agenti dello S.H.I.E.L.D."

Vorrei specificare che è inesatto: Steve l'abbiamo preso in giro per dieci minuti buoni, prima che intervenisse la Romanoff, ma Fury mi interrompe ancora prima che riesca ad aprire bocca.

 

"Molto bene. Rogers portale da Banner, dovrà fare loro analisi approfondite: ci servono per capire quanto pericolose possano essere e, cosa ancora più importante, come sperimentavano sulle cavie umane. Dopodiché portale agli alloggi al piano di sotto." -ordina-"E, per l'amor del cielo, qualcuno dia loro qualcosa da mangiare prima che caschino per terra!"

Sorrido mentre il ragazzo ci accompagna fuori, lo sento rivolgersi alla Romanoff e Barton ma non capisco cosa dicano.
Pian piano le loro voci si affievoliscono e la stanza scompare dalla nostra vista.

**

Veniamo sballottate qua e là per corridoi, ascensori e stanze, fino a quando non arriviamo ad un grande laboratorio: le pareti sono bianche, così come molti dei mobili presenti. Da un lato vediamo un piccolo lettino, per le analisi.

Ho come la sensazione di aver già vissuto tutto questo ma non riesco a capire né dove né quando.

Rabbrividisco.

Forse, stando a quanto ha detto la Romanoff, i miei ricordi risalgono a quando sperimentavano su di noi.
Al centro c'è una scrivania e seduto dietro di essa un uomo dai capelli scarruffati, che, come entriamo, ci fissa, aggiustandosi gli occhiali sul naso.

"Queste devono essere le ragazze di cui mi ha parlato Fury. Molto bene." dice in francese, annuendo piano.

Steve gli dice qualcosa che non capisco, ma il dottore scuote la testa, come per voler sorvolare la questione. Probabilmente lo stanno ringraziando, ma non riesco a comprendere quello che dicono.

"Dottore posso lasciarla solo con le pazienti? Gradirei riposarmi.."dice poi Steve, nel suo francese esitante.

L'uomo annuisce: "Non c'è problema" -gli risponde, sorridente, poi si rivolge a noi-"Io sono il dottor Banner." si presenta, tendendo una mano.

Non la stringiamo.
Lui sospira piano e ci fa cenno di sederci.

"Devo farvi diverse analisi. Non abbiate paura, non saranno nulla di che. Successivamente a seconda degli esiti vedremo come procedere." spiega, estraendo diversi strumenti da un armadietto e raggiungendoci al tavolo.

Cosa vuol dire a seconda degli esiti? Che valuteranno se siamo esseri mostruosi o meno? Se abbatterci o tenerci in vita come animali?
Quando vedo il dottore avvicinarsi con una siringa, all'improvviso una parte di me vorrebbe scappare. È una reazione istintiva, dettata dalla parte di me che ancora possiede dei ricordi e inconsciamente ha paura.
Rigrazio la mia parte razionale e non batto ciglio, mentre vedo che Anaëlle inizia a tremare terrorizzata

Deve aver capito cosa sta per succedere e lei, che decisamente ha più ricordi di me, è spaventata in maniera inverosimile.
Indietreggia, allontanando la sedia dal tavolo e trema spaventata. Farfuglia qualcosa, scongiura di smetterla.

Sono turbata nel vederla perdere il controllo così e Banner non sembra meno sconcertato. 
Anaëlle comincia a sfregarsi i polsi, quasi fosse un tic e geme, sempre più terrorizzata dall'iniezione.

Ancora una volta è come se mi osservassi agire dall'esterno: è il mio istinto, il mio subconscio, che sa cosa fare.
Mi avvicino a lei piano e le poggio una mano sulla spalla. La guardo negli occhi vitrei, un gesto che sento di aver ripetuto già moltissime volte e le parlo:

"An, non devi avere paura." -le dico piano. Il diminutivo del nome non so davvero da dove sia uscito, ma non posso farci nulla. -"Per quanto tutti, qua dentro, sembrino leggermente deviati, non credo ci faranno del male. Il dottor Banner vuole analizzarci, è vero, ma la Romanoff ci aveva avvisate, no? Non ci uccideranno, tranquilla, né ci faranno del male. Almeno non troppo." aggiungo, scoccando un'occhiata al dottore.

Lui annuisce: "Sarà solo una puntura, tranquilla. E dopo non farò altri prelievi, promesso." la rassicura.

Passa un po' di tempo prima che Anaëlle smetta di tremare come un coniglietto impaurito, a quel punto la riconduco a sedere al mio fianco e arrotolo la manica del mio camice, dopodiché tendo il polso verso Banner:

"Prima io." dico con sicurezza.

Il dottore mi prende il braccio e, gentilmente, lo buca, prelevando il sangue.
La vista del liquido rosso e denso non mi dà alcuna noia, anzi lo fisso affascinata scorrere fin dentro la fialetta.

Quando tocca a Anaëlle ho paura che possa farsi prendere nuovamente dal panico, ma non è così. Resta ferma, immobile, mentre le viene prelevato il sangue, pare quasi una statua.

Le sorrido appena, incoraggiante e lei sembra percepire chiaramente il mio sorriso, visto che non esita a ricambiarlo. Banner sembra rilassarsi ora che la situazione si è tranquillizzata e anche io non posso fare a meno di tirare un impercettibile sospiro di sollievo e mormorare un ringraziamento in direzione del dottore che è riuscito a conquistare la nostra fiducia.
Lui ne sembra contento e, mentre ripone le siringhe e le fiale, increspa le labbra in un sorriso imbarazzato. Non posso fare a meno di notare quanto sia impacciato nonostante la bravura nel suo lavoro e mi fa quasi tenerezza, fino a quando non ricordo che è uno di loro e questo non porta a nulla di buono.

"Avremo i risultati delle analisi il prima possibile, nel frattempo dovrò sottoporvi ad una serie di test fisici."-Banner esita scrutando Anaëlle-"Sempre che vi sentiate pronte."

 

Annuiamo entrambe meccanicamente e il dottore sembra sorpreso dalla nostra risposta affermativa, ma non approfondisce ulteriormente, limitandosi a fare un breve cenno del capo in direzione della porta.
Anaëlle mi si avvicina e mi stringe la mano, in un gesto di muto ringraziamento: il calore della sua pelle è familiare e la forma affusolata delle sue dita è ben diversa dagli artigli mostruosi che sfoderava poco tempo prima, sul pavimento di quella cella gelida.

Banner ci fa strada tra i vari livelli della base e mi rendo conto che è molto più vasta di quanto pensassi: riesco a contare sette rampe di scale, corrispondenti ad al altrettanti piani, ma sono sicura che siano molte di più.
Il corridoio dove ci affacciamo e sufficientemente ampio e illuminato da grandi luci bianche che mi costringono a strizzare gli occhi.
Anaëlle rabbrividisce al mio fianco e le stringo con forza la mano, come per incoraggiarla e lei stringe i denti, con fare determinato.
Sto cominciando a pensare che forse avesse ragione sul mio conto: non avere ricordi mi porta senza dubbio ad essere la meno timorosa tra le due.
Mentre camminiamo esitanti in direzione in quella che immagino essere una palestra, scorgo Barton venirci incontro e salutare Banner con gesto della testa e poi posare il suo sguardo su di noi, scrutandoci.

"Già i test fisici?" domanda poi, con fare sorpreso. Il dottore annuisce, togliendosi gli occhiali con fare nervoso, quasi la domanda lo avesse messo a disagio.

"Penso che, per un po', non sia il caso di proseguire con quelli medici." risponde poi e Anaëlle increspa le labbra in un piccolo sorriso soddisfatto. L'agente Barton sembra comprendere la situazione poiché non ribatte ulteriormente e si fa da parte per lasciarci passare.

"Ah, Clint, per caso Natasha si sta allenando?" chiese poi Banner, titubante. Per un attimo ho come la sensazione che sia quasi imbarazzato ma poi scuoto la testa, scacciando quell'idea ridicola e mi concentro su Barton pare parve quasi intristito dalla domanda del medico.

"No, oggi pare essere di pessimo umore."

"E quando mai non lo è?" penso ed è solo quando noto l'occhiataccia che mi ha scoccato Barton che mi rendo conto di aver pronunciato quelle parole ad alta voce.
L'uomo mi scruta, torvo e poi si allontana in silenzio, dandoci le spalle.
Banner sospira e spalanca finalmente le porte della tanto attesa palestra, che si rivela essere un'enorme stanza pressoché vuota, sul cui soffitto sono presenti numerosi ganci, probabilmente per appendere sacchi da boxe. Sui muri corrono diverse spalliere e da un lato sono adagiate delle sacche contenenti, ad occhio e croce, armi. Mi domando perché quell'ambiente mi sembri così familiare e perché conosca il nome di gran parte degli oggetti adagiati per terra, ma non do troppo peso alla cosa mentre rivolgo la mia attenzione nuovamente al dottor Banner.

"Innanzitutto, desidererei cronometrare in quanto tempo percorrete il perimetro della palestra." comincia, estraendo il telefono dal taschino della giacca.

Sospiro, fingendomi annoiata ma in realtà sono quasi felice che non ci sottoponga a sforzi sovrumani come alzare pesi o arrampicarci sulle pareti. Corro per prima ad una discreta velocità, di sicuro superiore a quella di qualsiasi essere umano fuori allenamento, ma è Anaëlle a sorprendere me e il dottore: senza esitare, scatta e si muove con una rapidità assurda, in maniera elegante, come se fosse abituata a farlo ogni giorno.
Nel salto ad ostacoli, invece, siamo pressoché paritetiche, ma entrambe notiamo che io sono lievemente più agile e, sopratutto, coordinata nei movimenti, con una fluidità che An non possiede. Banner non commenta nessuno dei nostri risultati e apre bocca solamente per chiederci se siamo stanche e se vogliamo una pausa ma nessuna delle due sembra minimamente provata dagli sforzi fatti.
E' come se il mio fisico fosse abituato a certi movimenti, come se fossi nata per fare esattamente quello e la cosa non può che lasciarmi interdetta.
Scruto Anaëlle che salta l'ultimo ostacolo e penso che, probabilmente, tutto questo sia effetto degli esperimenti compiuti su di noi, che sono andati a modificarci in maniera permanente.
Sento un brivido percorrermi la schiena e stringo un pugno, nella speranza di riuscire ad allontanare quel nodo che mi attanaglia lo stomaco.

Forse è perché ho gli occhi socchiusi e sono sovrappensiero che non vedo minimamente arrivare il pugnale di legno alle mie spalle, ma lo sento chiaramente sibilare nell'aria e, senza neanche girarmi, lo schivo.
Quello che succede dopo è qualcosa di inspiegabile: il mio corpo freme e io non posso fare assolutamente nulla per fermarlo. Mi vedo scattare in avanti, verso la figura che ha scagliato l'arma e sobbalzo interiormente notando che la mia pelle è come squamata, ricoperta di scaglie. Serro le labbra e noto che qualcosa mi punge lievemente, mentre il sapore ferroso del sangue mi invade la bocca: denti.
Ho dei fottuti denti appuntiti, come un vampiro.

Oddio, sono diventata Belle Swan di Twilight.

Non so neanche da dove salti fuori quel pensiero in una situazione del genere, ma è come se la parte razionale di me stesse ridendo di tutto questo, mentre il mio corpo muta e si scaglia contro la mia avversaria. Si, è una donna e dai capelli rosso fuoco posso chiaramente dedurre che si tratti della Romanoff. Ho appena compreso di chi si tratti che il suo profumo -da quando noto i profumi delle persone?- mi travolge e la distanza che ci separa diviene pressoché nulla, mentre sibilo nella sua direzione e alzo un braccio come per colpirla.
E' un urlo ovattato, distante, che mi riporta alla realtà.
Anaëlle urla, mi prega di fermarmi, di non colpirla e qualcosa dentro di me scatta nuovamente: il mio colpo si ferma a mezz'aria, poi abbasso lentamente il braccio, mettendo a fuoco pian piano il volto della Romanoff, assolutamente impassibile.
Lo stesso non si può dire di Banner, che assume un inquietante colorito verdognolo, mentre guarda Natasha con aria stupida, forse quasi seccata.

"Hai visto ciò che volevi, Banner?" la voce di Natasha spezza il silenzio teso venutosi a creare e il dottore annuisce quasi meccanicamente, mentre si sfila gli occhiali.

"Non conosciamo i loro limiti, Natasha. Potevi farti molto male." sputa finalmente, dopo una lunga riflessione. La russa si stringe tra le spalle e mi osserva, più incuriosita che spaventata.
Un piccolo sorriso si forma sul suo volto e, per un attimo, penso di essermelo sognata.

"L'avrei evitata."-afferma poi, con una sicurezza che mi dà sui nervi-"E poi, Bruce, ho affrontato di peggio."

Non capisco l'allusione nelle sue parole, ma Banner abbassa lo sguardo, quasi in un gesto di scuse e Natasha scuote i folti capelli rossi, sospirando divertita.

"Rimane un gesto avventato." conclude il dottore, riponendo gli occhiali nel taschino e massaggiandosi le tempie.

Non posso fare a meno di concordare con lui e scruto Natasha, cercando di capire quale siano realmente le sue intenzioni: è una donna indecifrabile ma sono sicura che ognuna delle sue mosse sia freddamente calcolata. Mi ha lanciato un pugnale addosso col preciso intento di vedere la mia reazione che, probabilmente, è stata molto simile a ciò che si aspettava, poiché non ha mosso un muscolo davanti a ciò che è successo.
Anaëlle non sembra condividere il mio pensiero, in quanto mi si avvicina e mi sussurra in un orecchio:

"E' pazza."

Le mie labbra si increspano in un lieve sorriso, ma scuoto la testa.

"E' stronza"-le concedo-"Ma tutto men che pazza."

In un certo senso, si può dire che abbia appena difeso Natasha e ho come la sensazione che sia la prima di molte volte future.



chiacchiere inutili dell'autrice:
Salve a tutti! Ecco qua un altro capitolo e, non so se si nota, ma tra la prima e la seconda parte è totalmente cambiato il mio stile ahahah. D'ora in avanti i capitoli saranno più densi (non necessariamente lunghi) e, pian piano, succederanno sempre più cose.
Finalmente nel prossimo capitolo vi rivelo il nome della protagonista (evviva, posso smettere di chiamarla Lei ahhaha) e, se vorrete, i prestavolto scelti!
Questo è quanto, grazie mille a tutti quelli che continuano a seguire, recensire e semplicemente leggere.
A presto, spero
Erza

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro. ***


Capitolo quattro
 

I'm gonna live like tomorrow doesn't exist
Like it doesn't exist
I'm gonna fly like a bird through the night, feel my tears as they dry
I'm gonna swing from the chandelier, from the chandelier

Chandelier-Sia

 

Sono passati cinque giorni da quando si sono conclusi i nostri test fisici e io e Anaëlle siamo state spostate in due differenti stanze, poco più che celle, ma col letto decisamente più morbido.
Hanno ritenuto prudente separarci, per evitare ulteriori episodi come quelli avvenuti in palestra e, sebbene la cosa mi secchi profondamente, comprendo che sia la scelta logica migliore.
Così, quando l'agente Hill ce l'ha comunicato, non ho battuto ciglio, a differenza di Anaëlle che ha emesso una specie di uggiolio intristito, decisamente inquietante.
E' strano come entrambe percepiamo che il nostro legame sia forte ma nessuna delle due sappia cosa realmente ci avvicina: siamo forse sorelle? Migliori amiche? So per certo che questa è una delle centinaia di domande che tormenta entrambe mentre cerchiamo di fare luce su un passato praticamente inesistente.

Lancio ancora una volta in aria la pallina antistress datami da Banner e la riprendo al volo, lasciando che i pensieri mi travolgano. E' un suono sordo che mi distrae, facendomi scivolare la pallina di mano e facendola rotolare in un angolo della piccola stanza: qualcuno sta bussando alla porta. Mi alzo lentamente e faccio scivolare la mano sulla serratura, aprendo.

"Strano, non pensavo che qui allo S.H.I.E.L.D. foste così educati." scherzo, mentre Barton sbuffa lievemente, nascondendo un accenno di sorriso che si forma sulle sue labbra.

"Sei fortunata che non abbiano mandato Natasha." scherza, inaspettatamente.
Oggi sembra essere particolarmente di buon umore.

"Già mi manca!" esclamo e una risata sommessa attira la mia attenzione: Anaëlle è a pochi passi da noi e osserva, sempre che così si possa dire, la scena con aria divertita.
Barton sembra ignorare la mia risposta mentre ci fa cenno di seguirlo con un movimento del capo.
Mi stupisco del fatto che non ci ammanettino o prendano misure di sicurezza di alcun tipo, ma faccio appena in tempo a formulare quel pensiero che sento il metallo freddo serrarsi intorno ai miei polsi così come intorno a quelli di Anaëlle.


"Lo immaginavo." commento, guardando Clint, che pare sorpreso da quell'affermazione.


"Ma non mi dire! Forse perché sfoderi denti e scaglie con cui sbrani la gente?" mi domanda sarcastico e Anaëlle ride mentre alzo gli occhi al cielo e Barton torna a camminare per i corridoi, chiaramente soddisfatto di se stesso.
La stanza in cui veniamo condotte non ha nulla a che fare con tutte quelle viste in precedenza: non ci sono ostacoli, spalliere né tanto mento strumenti da laboratorio o per prelievi. Sembra quasi un ufficio sulla cui parete sono proiettati grandi schermi blu e con una grossa scrivania in vetro al centro, ricoperta di fogli e appunti di vario genere.

"Non sapevo che voi spie super tecnologiche aveste anche dei super uffici moderni!" commenta Anaëlle e sorrido, felice di sentirla finalmente aprire bocca.

"Non ne bastava una sarcastica...ce ne sono toccate due." borbotta sotto voce Clint e l'istinto mi suggerisce di battere il cinque ad Anaëlle, ma mi fermo, convinta che non sia il momento opportuno. Lei sembra fare lo stesso poiché si limita a lanciarmi un'occhiata che potrei benissimo interpretare come compiaciuta.

"Gi uffici super moderni sono solo per i super capi."

Una voce profonda ci fa sobbalzare all'improvviso e ci giriamo verso la porta d'ingresso, vedendo un uomo di colore stagliarsi sulla soglia: è vestito con un lungo impermeabile nero e ha una benda sull'occhio destro. Lo riconosco: è Fury, l'uomo che pochi giorni fa ci aveva mandate da Banner e che era rimasto particolarmente seccato dal fatto che avessimo provato a prenderci gioco dei suoi agenti...

"Questo è il momento in cui ci inchiniamo davanti al re?" bisbiglio a Barton e lui sorride misterioso.

"Chissà." mi risponde, vago e non posso fare a meno di apprezzare il fatto che stia al gioco.

"Immagino vi ricordiate di me: sono Nick Fury, il direttore dello S.H.I.E.L.D"-si presenta-"E avete già incontrato il dottor Banner." dichiara, mentre quest'ultimo entra nella stanza dietro di lui, facendoci un cenno di saluto con la mano.


Io e Anaëlle annuiamo, mentre scrutiamo il nuovo arrivato: il capo di quella gabbia di matti sembra un uomo incredibilmente freddo e razionale, cosa che non può che farmi piacere; forse sarà in grado di darci qualche delucidazione sulla nostra situazione, sul nostro passato.


"Sono qui per parlarvi della vostra permanenza nello S.H.I.E.L.D."- comincia Fury, fissandoci col suo unico occhio buono-"Sono stato informato della vostra amnesia il che, se devo essere sincero con voi, per noi è una grave perdita. Le poche informazioni di cui siamo al corrente per quanto vi riguarda non sono sufficienti per spingerci ad ulteriori indagini, per tanto speravamo che voi due foste in grado di dirci qualcosa di più sul vostro luogo di reclusione o sugli esperimenti praticati lì."

Io e Anaëlle scuotiamo la testa quasi in sincronia e sento un vago senso di disagio crescermi alla bocca dello stomaco, quasi mi sentissi in colpa.

"In realtà, siete state in grado di fornirci qualcosa." afferma Fury, appoggiando due cartelline bianche sul tavolo, davanti ai nostri occhi. Su una c'è scritto Anaëlle, sull'altra Soggetto Sconosciuto n4239, un nome che sembra calzarmi alla perfezione, penso ironicamente.

"Le nostre analisi." deduco, guardando Banner che annuisce.

"Io e un'équipe di medici siamo stati in grado di analizzare il vostro DNA con risultati sorprendenti."-afferma, proiettando con un gesto delle immagini sui grandi schermi blu-"Entrambe voi presentate dei tratti totalmente fuori dal comune, nonché una struttura genetica che si distacca da quella umana."spiega, indicando le immagini di un filamento di DNA.

"E' a tripla elica."-sento mormorare e mi giro verso Anaëlle, stupita-"Parte di un altro DNA è stato impiantato col nostro, non è vero?"

Tutti la fissiamo sgranando gli occhi e Clint la scruta, quasi divertito:
"Abbiamo un piccolo genio tra di noi."

"Penso di aver studiato qualcosa di inerente a questo tema."- si giustifica Anaëlle-"Ma non riesco a ricordare cosa."

Fury sospira ma non commenta ciò che la mia compagna ha appena detto, mentre Banner cerca di riprendere il filo del discorso:
"Come dicevo, ognuna di voi presenta dei tratti anomali. Siamo stati in grado di isolare i geni differenti e catalogarli..."-Banner sembra esitare, mentre ci scruta-"Catalogarli come animali." conclude poi. Lo guardo senza capire: animali? Siamo..ibridi?

"Il nostro DNA è stato integrato con quello animale.."-riflette ad alta voce Anaëlle-"Per questa ragione siamo in grado di correre più veloci, di saltare ostacoli e di percepire l'ambiente intorno a noi.."


"Esatto, i vostri sensi sono come acuiti, implementati da quelli degli animali di cui presentate caratteristiche parziali."-conferma il dottore-"Anaëlle, per quanto è stato possibile capire, il tuo DNA è stato fuso con quello di.."

"Un lupo." -mi intrometto-"L'ho vista sul pavimento di quella cella, quando la credevo morta e, adesso, capisco di cosa si trattasse."

"Queste ragazzine sono più sveglie di quanto pensassi." commenta Banner, beccandosi un'occhiataccia del direttore che lo costringe ad ammutolire.

"Un lupo di cui ancora non siamo stati in grado di identificare la specie di appartenenza..può essere che siano state impiantate una serie di caratteristiche provenienti da più razze, per avere un risultato migliore. Lo stesso discorso vale per te..con i serpenti."

Sgrano gli occhi a quell'affermazione e arriccio le labbra in una smorfia di disgusto e sconcerto. Serpenti? Perché proprio a me i serpenti?

"Ugh."- E' tutto quello che riesco a dire in risposta a Banner, che mi scruta come dispiaciuto-"La prego, almeno mi dica che sono in grado di avvelenare le persone." commento, sarcastica e certo non mi aspetto che Banner annuisca, lasciandomi basita.

"Puoi creare una paralisi e, forse, persino la morte, ancora non siamo in grado di stabilirlo per certo."

Il silenzio cade nella stanza, mentre sento la mia mascella scivolare a terra lentamente, mentre cerco di dare un senso a tutto quello che ho appena sentito Esperimenti, impianti animali, veleno. Il mio passato deve essere senza dubbio poco noioso e, all'improvviso, non sono più così sicura di volerlo ricordare.


"La prossima volta porta anche la museruola." commento alla fine, girandomi verso Clint che sbuffa divertito.

"La prossima volta, signorina, spero che sarete in grado di controllare voi stesse." -mi redarguisce Fury-"Sarete entrambe trattenute nello S.H.I.E.L.D. fino a quando non rappresenterete più un pericolo per la comunità."

"Suona molto come sequestro di persona." fa presente Anaëlle, ma viene prontamente ignorata.

"Alla fine del vostro addestramento di base, avrete la possibilità di scegliere se rimanere o meno, non saremo noi a costringervi a farlo." spiega Fury.

"Sento come se stesse per arrivare un "ma"." commento e, infatti, arriva dopo pochi secondi.

"Ma sarete sempre schedate nei nostri archivi e tenute d'occhio, come tutti i soggetti dotati di abilità fuori dalle norma." aggiunge il direttore e io sbuffò sonoramente, reclinando la testa sullo schienale della sedia.

"Quando arriverà il momento e farete la vostra scelta vi sarà spiegato ogni punto dell'accordo." aggiunge finalmente Fury. Vorrei dire di sentirmi rassicurata ma, ora come ora, mi sento solamente in gabbia, imprigionata in quel posto per l'eternità.

"Altro?" domando ironica e Fury non risponde, ma estrae due buste sigillate dal cassetto della scrivania.


Devo decisamente smettere di fare domande in questo posto.


"Le vostre nuove identità, dato che siete prive di memoria."-afferma-"Adesso ho concluso." dice poi, scrutandomi con lo sguardo.

"Fantastico.." borbotto, afferrando la mia cartella e la mia busta e stringendole per quanto posso con le mani ancora ammanettate.
E' ora di scoprire qual è il mio nuovo nome.


**

"Camille e Anaëlle De La Croix?"- domando-"Nomi più banali non potevano trovarne." sbuffo.
Anaëlle mi sorride mentre mi allunga il budino confezionato della mensa dello SHIELD.

"Forse mi prenderai per pazza, ma non riuscirò mai a chiamarti Camille." afferma, sedendosi e appoggiando il vassoio sul tavolo di metallo.

Capisco cosa intenda: sento perfettamente che quello non è il mio nome. E' vuoto, privo di significato e probabilmente lontano anni luce da come mi chiamavo realmente.

"Lo so."-rispondo alla fine-"Sei fortunata a ricordarti chi sei, lo sai vero?"

Anaëlle si stringe nelle spalle:"Non ricordo chi sono, solo come mi chiamo."

Sbuffo, scuotendo la testa:
"E' già una parte di te, della tua identità che non ti è stata strappata via."-rispondo, abbassando lo sguardo-"E poi, non sei costretta a chiamarti Camille!"

"Non è terribile come nome."-la voce fredda della Romanoff ci interrompe bruscamente-"Impara a conviverci."

Natasha si siede al nostro stesso tavolo e non posso fare a meno di notare che il suo vassoio è pressoché vuoto. Ignoro il suo commento riguardo alla mia nuova identità e le indico il budino.

"Non è male, sai? Dovresti provarlo." le consiglio, non senza una punta di scherno nella voce.

Natasha alza il suo sguardo su di me e sento un brivido percorrermi la schiena
"Passo volentieri." si limita a dire, lasciandomi perplessa. Mi aspettavo una frecciatina, un insulto, forse persino un pugnale conficcato nella fronte, ma non un'oculata e normale risposta come quella che ho appena ricevuto.

"Okay.." le concedo, tornando a guardare il mio pranzo.

"L'unica parola di inglese che hai imparato fin'ora, immagino."

Ecco, questa suona già più come la Natasha che conosco.

"Ci stiamo lavorando"-interviene Anaëlle-"Essere autodidatta non è uno dei nostri punti forti, sopratutto se si è ciechi!"

Natasha sospira, tra il seccato e il divertito, poi ci lancia una lunga occhiata penetrante:
"Ne parlerò con Fury." ci concede poi e non posso fare a meno di sorridere vedendola cedere così e lei pare notarlo, perché mi fulmina nuovamente con lo sguardo.


Penso che dovrò farci l'abitudine.
 

Anaëlle ci osserva come se fosse divertita, ma non riesco veramente a capire cosa trovi così comico di quella situazione; forse la vecchia me avrebbe potuto capirlo al volo ma Camille non è così sveglia.
Le porte della mensa si aprono nuovamente, lasciando entrare un gruppo di agenti affamati tra cui intravedo Barton, che viene nella nostra direzione.
Istintivamente gli sorrido, indicando Natasha con un cenno della testa e alzando gli occhi al cielo. Lui sorride e appoggia una mano sulla spalla di quella che suppongo essere la sua migliore amica, se non addirittura qualcosa di più, visto il modo in cui si guardano. Posso percepire chiaramente che c'è un'intesa molto forte tra i due, probabilmente sono compagni di squadra da molti anni.

"Anaëlle, quando avete smesso di farvi fare prendere in giro da Nat, seguimi. Camille, tu resti con lei." dichiara poi.

Lo guardo sbigottita e lui rimane impassibile, ma so per certo che se la sta ridendo molto in quella sua testolina da arciere che si ritrova.
Anaëlle mette da parte il suo vassoio e fa quanto le è stato detto e io sbuffò mentre seguo Natasha fuori dalla mensa.
Vado dietro alla Romanoff titubante, girandomi un paio di volte indietro per guardare Anaëlle che segue Barton.
Sono piuttosto confusa: cosa vogliono fare? Perché separarci?
La donna continua ad avanzare per il dedalo di corridoi, senza darmi una spiegazione, così sbuffo spazientita.

"Dove stiamo andando?"le domando, seccata.

Non mi risponde e io le sibilo contro infastidita. Odio essere ignorata così.

Finalmente si ferma di botto e spalanca una grande porta a due ante.
Riconosco questo posto: è la palestra dove qualche giorno prima Banner ci aveva portate per testare le nostre capacità, o per capire quanto fossimo pericolose, a seconda delle interpretazioni.
Adesso la stanza sembra diversa: senza tutti quei sacchi al centro appare molto più grande.
Di lato noto un ring che precedentemente non avevo visto... Forse ero troppo stordita per ricordarlo.
Natasha mi fa segno di seguirla e mentre cammina verso una rastrelliera, a cui sono appoggiati diversi tipi di armi. Vedo pugnali, archi e perfino dei bastoni di legno, piuttosto lunghi.
Con mio grande sconcerto, vedo la Romanoff afferrarne uno e lanciarmelo. Lo prendo al volo, mentre lei inizia a parlare:

"Prima maneggiare le armi da fuoco, bisogna saper usare il nostro corpo: è l'arma più importante. Adesso metti il piede destro in avanti e distendi il braccio, così." mi spiega, mostrandomi come fare.

E' piuttosto rapida e ma schivo istintivamente il suo colpo. Si dice che la mente dimentichi ma il corpo no e forse è per questa ragione che dei movimenti fluidi mi vengono spontanei e mi sposto con un'agilità che mi sorprende.
Il suo colpo fende l'aria accanto a me e quasi non lo vedo.
Vuole andarci subito giù pesante? Ma che stronza.
Non mi tiro indietro. Dovrei colpirle il costato scoperto, magari appiattendomi a terra, mi suggerisce una vocina nella mia testa, ma l'istinto sembra prendere il sopravvento mentre mi avvento su di lei, usando il pezzo di legno più come una mazza che come un bastone da combattimento, colpendo un po' alla cieca, giusto per il desiderio di vederla sbagliare.

Ma lei non sbaglia.

Para ogni colpo, da qualsiasi parte arrivi:

"Non si brandisce così, ti ho detto." ripete, cercando di colpirmi nuovamente, mostrandomi il movimento corretto.

Il suo colpo va a segno: il legno sbatte sul mio fianco destro, facendomi sibilare dal dolore.

Sul viso di Natasha si disegna un piccolo sorrisetto compiaciuto, che mi fa imbestialire: attacco con più foga, sta volta seguendo i suoi consigli e quel che resta della mia razionalità e noto che il bastone sfiora diverse volta il suo corpo, senza però mai toccarlo.

Sibilo frustrata, sfoderando i denti: li sento pungermi nuovamente le labbra, ma non mi fanno male.
Lei li nota, ma non sembra farci troppo caso, mentre io sono sorpresa e amareggiata da come non riesca a tenerli sotto controllo.

E pensare che potrei saltarle alla gola e avvelenarla in un secondo..
Una bastonata passa a un millimetro dalla mia testa e mi abbasso appena in tempo per schivarla.

Okay forse non sarebbe così facile colpirla.

Mi rialzo velocemente e istintivamente salto, usando tutta la forza che ho nelle gambe.
Quando sono in aria faccio roteare i bastone e sferro il colpo, ma lei para la stoccata con disinvoltura e mi fa ruzzolare a terra.
Non demordo. Se solo la mia pelle fosse un pochino più resistente potrei subire colpi senza battere ciglio e atterrarla mentre è impegnata a cercare di colpirmi.

Mi metto un attimo in ginocchio, il bastone appoggiato sulle gambe e, non curandomi della Romanoff, cerco di concentrarmi. Durante il test di Banner mi ricordo che il mio corpo si era ricoperto come di scaglie..Se solo adesso potessi fare lo stesso...

Stringo ancora di più le palpebre, sforzandomi e all'improvviso sento come se una patina gelata ricoprisse la mia pelle.
Esulto interiormente: posso tenerlo sotto controllo, se voglio.
Cerco di trasformare solo le braccia e mentre le sento mutare, percepisco un attacco provenire alle mie spalle.
In una frazione di secondo scivolo lateralmente, schivandolo e poi apro gli occhi: Natasha ha provato a colpirmi alle spalle.

"Sei sleale." commento, rialzandomi in piedi e attaccandola.

Il mio tentativo di trasformazione è parzialmente riuscito: soltanto le mani e le braccia fino al gomito sono ricoperte di scaglie, ma è sufficiente.
Non schivo l'attacco successivo della Romanoff ma lo blocco usando l'avambraccio, dopodiché scivolo lateralmente e cerco di colpire il fianco scoperto.

Vorrei poter dire di averla colpita, ma è lei a colpire me. Senza nemmeno capire come, mi ritrovo a terra, il bastone che rotola lontano e probabilmente un paio di brutti lividi sul fondo schiena.
Impreco piano, rialzandomi dolorante.

Natasha mi osserva con uno sguardo indecifrabile.

"Non era una cattiva idea"- mi concede alla fine-"Forse Fury non si sbagliava sulle vostre potenzialità. Adesso in posizione, forza. Non andrai mai da nessuna parte in questa maniera."

 

Mentre attacco nuovamente, riprendendo quella danza infernale, mi chiedo se Anaëlle se la stia cavando meglio.



chiacchiere inutili dell'autrice:
Il capitolo è in ritardo, lo so, perdonatemi! Purtroppo, è sempre più difficile conciliare studio e scrittura e trovare il tempo per pubblicare, ma vi prometto che farò del mio meglio! Che dire, finalmente habemus nomen! Camille è la protagonista di questa storia, affiancata da Anaëlle e il loro rapporto è ciò a cui tengo di più in assoluto, ma non voglio spoilerarvi nulla in merito!
In ogni caso, spero che il capitolo vi sia piaciuto: finalmente cominciamo a vedere che lo Shield ha deciso cosa fare di Cam e An e, presto, vedremo come si evolveranno le cose! Che ne pensate per ora dei rapporti tra i vari personaggi? Vi avverto subito che ci saranno delle evoluzioni..impreviste!
Ma ho già detto fin troppo! Fatemi sapere cosa ne pensate, se avete un minuto di tempo.
Alla prossima, spero

Erza

 

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque. ***


Capitolo cinque
 

But when I'm cold, coldoh when I'm cold, cold
there's a light that you give me when I'm in shadow
there's a feeling you give me, an everglow
like brothers in blood, sisters who ride
and we swore on that night we'd be friends til we die.
Everglow-Coldplay

 

 

Non so esattamente dopo quanto tempo Natasha mi concede una pausa.
Sono passate diverse settimane da quando ho iniziato ad allenarmi con lei, e sono piuttosto contenta di essere riuscita a controllare meglio la mia trasformazione di giorno in giorno.
Certo, so per certo che ci sono margini di miglioramento, ma è già un buon inizio.
Per quanto riguarda l'aspetto prettamente fisico del combattimento, invece, persino la russa si è detta sorpresa e ha affermato che, probabilmente, sono già stata allenata in precedenza. La trasformazione tuttavia ha influito sul mio controllo e, sopratutto, sulla mia forza fisica e sul mio istinto, mandando in fumo buona parte di ciò che già conoscevo.

In poche parole, oltre ad avermi trasformata in una bestia, mi hanno pure resettato parzialmente.
Scuoto la testa come per allontanare quei pensieri e lancio un'occhiata alla Romanoff: non so perché ma adesso pare una persona diversa da quella che, quando ero rinchiusa nella mia cella, spaventata e confusa, avevo visto come un mostro dai capelli rossi, lo sguardo gelido e demoniaco.
Certo, Natasha non è dissimile, ma non è così crudele..almeno credo.
E' una donna difficile, per non dire impossibile da decifrare ma penso che sotto quella scorza di pungente ironia e crudeltà si celi una persona in grado di provare dei sentimenti.

Forse è anche per questo che il nostro rapporto pian piano si sta evolvendo, anche se non saprei dire se positivamente o meno.
Abbiamo cominciato a parlare senza necessariamente insultarci o tirarci frecciatine e io sto imparando a tollerare le sue occhiatacce fredde che sono, in ogni caso, notevolmente diminuite nel tempo.
Natasha non è una tipa di molte parole, almeno non con gli sconosciuti: l'ho vista più volte scherzare e ridere con Clint e persino col Capitano.
Se dovessi descriverla direi che è una persona che muta a seconda delle necessità, dalle mille maschere, pronta ad indossarne una diversa in ogni momento. Con me usa quella dell'insegnante spietata e severa e mi tiene a distanza, so che lo fa, per questo ho smesso di porle domande che riguardassero lei o lo S.H.I.E.L.D.
In ogni caso, è un'ottima tutor ed è grazia a lei se, pian piano, comincio ad orientarmi in quel posto: siamo andate spesso in giro, dalla palestra al poligono di tiro, dalla mensa agli alloggi e, ogni tanto, spesso quasi stesse parlando con se stessa, Natasha mi spiega le disposizioni dei vari livelli e da chi sono occupati. Pian piano ho cominciato a capire che, forse, questo è il suo modo di mostrarsi gentile. Sebbene non continui a capire la sua avversione nei miei, nei nostri confronti, le sono grata del fatto che non ci abbia abbandonate a noi stesse, ma non penso che lo ammetterei mai

"In piedi." mi ordina nuovamente e obbedisco senza fiatare. La Romanoff mi scruta qualche secondo, poi appoggia la katana* di legno e io faccio lo stesso: la lezione è finita.
E' tarda era, penso sia addirittura passata l'ora di cena, ma fare gli straordinari con Natasha non è una novità, ormai anche Anaëlle ha smesso di aspettarmi per andare a mensa.

"Il direttore Fury, visti i progressi di entrambe, ha comunicato a me e all'agente Barton che sia tu che Anaëlle avete l'autorizzazione ha lasciare la struttura." mi comunica, con voce atona.

La guardo, incerta, mentre fruga nel suo grande borsone e mi porge un badge in cui è contenuta una chiave elettronica.
"Ma?" incalzo, sapendo che, se si tratta di Fury, non può che esserci un ma.

"Ma sotto stretta sorveglianza per evitare incidenti, fughe e un altro paio di cose che so che potrebbero passarti per la testa." mi risponde Natasha. Le mie labbra si increspano in un sorriso a quelle parole:

"Ehy, non sono mica un'adolescente in fase ribelle!" -ribatto-"La mia nuova identità dice che ho ben ventitré anni, ho superato quella fase." scherzo.

"Fisicamente si...mentalmente ne sei sicura?" mi domanda lei, sarcastica.

"Non lo so, tu l'hai superata?"

Occhiataccia. Gelida.
Okay, adesso me la sono proprio cercata, lo ammetto.

"Se volete la mia sincera opinione, non l'ha superata nessuna delle due." la voce di Clint riecheggia nella palestra ed entrambe ci giriamo per fulminarlo con lo sguardo.

"Taci, Barton." lo zittisce Natasha e io annuisco, dandole man forte.

" E io che pensavo di andare a bere qualcosa tutti insieme.."

A quelle parole la mia espressione muta e mi ritrovo ad annuire nuovamente, questa volta in sua direzione. Anaëlle, poco dietro di lui, scoppia a ridere e mi viene incontro, prendendomi la mano.

"Andiamo." -mi esorta-"Riscopriamo l'alcool e la libertà."

"Sopratutto l'alcool." sottolineo, seguendola e sorridendo come non facevo da tempo.

"Nat, andiamo?" le domanda Clint, aprendo la porta della palestra.

"Sarà per un'altra volta, Clint."

La sua risposta ci lascia interdetti e posso sentire chiaramente la delusione di Clint ma ciò che mi sorprende è il fatto che persino io ci sono rimasta male.
Non riesco neanche a capire perché: Barton mi sta offrendo una serata di libertà totale dopo mesi di confusione, di sforzi e di reclusione in quella dannata base, eppure non riesco ad esserne più entusiasta come fino a qualche secondo fa.
Guardo Natasha, intenta a fasciarsi le mani, probabilmente per una sessione di boxe molto intensa e scuoto la testa, girandomi verso Anaëlle:

"Non tornare troppo ubriaca."- e raccomando, lasciandola di stucco-"E tu, tienila d'occhio, Barton."

Clint pare ancora più sorpreso di Anaëlle, ma annuisce ed esce dalla palestra, facendo strada. An si gira un'ultima volta a guardarmi, quasi si accertasse che io stia bene e allora le sorrido, incoraggiante, prima di guardarla sparire nell'ascensore poco distante insieme a Barton.
Sospirando, rientro nella palestra dove trovo una Natasha che mi scruta dalla testa ai piedi, stranita.

"La smettete tutti di guardarmi come se avessi appena ucciso qualcuno?" sbotto.

All'improvviso ho come la sensazione di essere profondamente indesiderata: sono tentata di andarmene e, a giudicare dall'espressione della mia insegnante, la mia presenza è a dir poco sgradita. Ammetto che sia una situazione imbarazzante e di aver agito senza pensarci su due volte, ma non potevo semplicemente andarmene e lasciarla lì da sola...Odio la mia indole impulsiva più di ogni altra cosa al mondo, al momento.
Dopo qualche secondo, Natasha si stringe finalmente nella spalle:

"E io che speravo di stare finalmente sola." dice poi, alzando gli occhi al cielo. Sorrido, sentendomi all'improvviso meglio: posso rimanere.

"Temo che ti toccherà sorbirti la mia presenza ancora per un po'." -la avverto, afferrando una lunga fascia bianca e avvolgendomela intorno al palmo della mano-"Allora, come si boxa?"

**
Quando mi lascio cadere sul letto sono distrutta, sento ogni singola parte del mio corpo accartocciarsi su se stessa e urlare di dolore. Penso sia stato il modo di Natasha di ringraziarmi per essere rimasta, del resto aveva proprio bisogno di qualcosa su cui sfogare la sua rabbia repressa.
O qualcuno.

Sono così stremata che non riesco a chiudere occhio, l'adrenalina ancora in circolo e i pensieri, troppi pensieri, che mi affollano la testa. Per questo sento perfettamente la porta della camera che si apre lentamente e la mia mano corre all'interruttore, accendendo la luce.
Anaëlle è in piedi sulla soglia, gli occhi gonfi e un sorriso ebete stampato sul volto.

"Ti ha fatta ubriacare." sospirò, lanciando una serie di insulti mentali a Barton.

Anaëlle annuisce come se avessi appena detto la cosa più esilarante del mondo e scoppia a ridere, reggendosi a stento in piedi. La prendo al volo un attimo prima che si schianti al suolo e ho un incredibile déjà vu della prima volta che ci siamo viste nell'infermeria dello S.H.I.E.L.D.

"Devi smetterla di stramazzare al suolo." sospiro tra me e me, mentre la stringo tra le braccia e la trascino quasi di peso sul mio letto disfatto.

Anaëlle mi guarda confusa con i suoi grandi occhi vitrei; ogni tanto mi scordo del fatto che, apparentemente, sia realmente cieca. Sono abituata a pensarla come autonoma, indipendente, perfettamente in grado di distinguere ciò che la circonda senza esitazione.

"Camille."-sobbalzo sentendola pronunciare, per la prima volta da quando lo possiedo, il mio nome-"Di che colore sono i miei capelli, Camille? E i tuoi? Perché non posso vederlo?"

Rimango spiazzata da quella raffica di domande e esito a darle una risposta concreta.
"Non lo so An, non lo so.."- le confesso alla fine-"Però posso dirti che hai dei bellissimi capelli biondi e io mori che per ora sono corti, molto corti ma vedrai che cresceranno molto."
Improvviso, cercando di tirarla su di morale.

"Non siamo molto credibili come sorelle.." -commenta e non posso fare a meno che darle ragione. Non ci somigliamo neanche un po', anche perché lei è diversi centimetri più alta di me e decisamente più esile e slanciata.-"Camille, tu credi che noi lo siamo davvero? Sorelle intendo."
Tutte queste domande che nessuna delle due aveva avuto il coraggio di pronunciare fino a questo momento stanno riaffiorando una ad una, mettendomi veramente in difficoltà.

"Non so neanche questo."-ammetto-"Ma ti prometto che lo scopriremo, okay?"
Le stringo una mano mentre la fisso negli occhi, alla ricerca di un cenno di assenso. Finalmente annuisce, convinta della mia proposta.

"Ho paura, Camille."

"Anche io, An."-la rassicuro-"Tantissima paura. Ma questa è la nostra realtà adesso e, per quanto ci disorienti, dobbiamo dare il meglio di noi, capito?"

Anaëlle tira su col naso distrattamente, mentre delle grosse lacrime cominciano a rotolarle lungo le guance pallide. Qualcosa scatta dentro di me a quella vista e lo stomaco mi si stringe in una morsa ferrea mentre mi sdraio al suo fianco e la stringo forte contro il mio petto, un gesto che sento di aver ripetuto già decine di altre volte.
Il legame che abbiamo è qualcosa che non riusciamo a spiegarsi ma è radicato nel profondo, ben oltre ciò che riusciamo a percepire, ne sono sicura. Ogni tanto mi chiedo che esperienze abbiamo condiviso in passato, se siamo sempre state amiche, se siamo cresciute insieme. Mi piace credere che siamo sorelle, o forse migliori amiche, addirittura figlie di madri diverse, che spiegherebbe tutte le nostre differenze fisiche.

"Non mi piace Camille."-dichiara, tra una lacrima e l'altra-"Non è il tuo nome." mi confessa, stringendomi.

"Pensi di poterti ricordare quale sia veramente il mio, An?" la incalzo, speranzosa.

Anaëlle scuote la piccola testolina e abbassa lo sguardo
"Ci ho provato tanto, te lo giuro. Ci ho pensato ore, sforzandomi di ricordarlo, di ricordare qualcosa ma non ci riesco..non so perché non ci riesco."-ricomincia a singhiozzare contro il mio petto e mi sento così dannatamente impotente che vorrei urlare-"Mi dispiace."

Le accarezzo lentamente la testa e le sorrido:

"Stai tranquilla, va tutto bene. Staremo bene, te lo prometto."

"Promesso?"

"Promis juré*" le dico, dandole un bacio sulla fronte. Non so bene da dove escano fuori quelle parole, ne questo gesto così inaspettato, ma so che è la cosa giusta da fare in questo momento-"Adesso riposa, ne hai bisogno."

Anaëlle annuisce e chiude gli occhi e faccio lo stesso, mentre la stringo ancora a me e, pian piano, ci addormentiamo.


Chiacchiere dell'autrice:
(* promis juré è l'equivalente del pinky promise inglese o il giurin giurello italiano! Katana invece è una spada giapponese, quelle per gli allenamento sono in legno!)
Salve a tutti! Ed eccomi qua di nuovo, anche se un po' in ritardo. Se devo essere sincera con voi, nonostante gli impegni avevo una mezza idea di aggiornare sabato scorso, ma ho notato che in realtà questa storia non è molto seguita, il che mi dispiace perché ci tengo veramente tanto ( a tal proposito vorrei ringraziare Pourring_Rain11 che continua a recensire e lasciarmi il suo parere rendendomi veramente felice!)
Che dire, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Penso sia il caso di rivelare finalmente le prestavolto scelte mesi fa dalla mia RedPhoenix! Camille è *rullo di tamburi* Kaya Scodelario, mentre Anaëlle è la bellissima Yael Grobglas! Vi allegherò dei link per le loro foto al più presto, se volete intanto cercatele <3
Un bacio a tutti
Erza

Ps: qualcuno ha già in mente qualche possibile ship? ;)

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Capitolo 6
*** Capitolo sei. ***


Capitolo sei

There's a party going on in here
It's been happening for many years

You weren't invited and don't want to stay
But keep partying anyway

Mika-Last Party

 

Un mese dopo

Ultimamente non sono molte le cose che mi hanno sorpresa.
Insomma, essere sballottata in giro da super spie e super eroi, scoprire di essere un ibrido frutto di esperimenti, vedersi assegnata una nuova identità sono cose che ti plasmano, ti rendono adattabile ad ogni situazione ed evenienza, giusto?
Giusto?
Spero lo sia, perché in questo momento quello che ho appena sentito pronunciare dall'Agente Hill mi avrebbe potuto fare spalancare la bocca dalla sorpresa.

"Libertà quasi totale?"

La voce di Anaëlle tradisce notevolmente la sua emozione, ma anche il suo shock.
La Hill annuisce porgendoci le nostre cartelle, aggiornate regolarmente da due mesi a questa parte.

"Siete passate da essere classificate come potenzialmente un pericolo pubblico a soggetti considerati stabili." ci spiega sinteticamente la Hill.

"Beh, congratulazioni a noi per la promozione." scherzo, sfogliando la cartella.

Noto che sono ancora classificata come soggetto sconosciuto n4239 e sorrido mentre sfoglio i vari documenti che vi sono contenuti. Noto le prime analisi mediche, poi i diversi studi che Banner ha effettuato su noi e dei rapporti, inizialmente quotidiani, poi settimanali, sul nostro comportamento e sui nostri allenamenti.

"Aggressività evidente, presenta una perdita del controllo?"- leggo, ad alta voce-"E' successo una volta, perché la Romanoff aveva pensato bene di pugnalarmi alle spalle." sottolineo e sono estremamente tentata di aggiungerlo a penna, con una bella calligrafia svolazzante e un cuoricino intorno alla parola Romanoff.

Un cuoricino tempestato di frecce.

La Hill incrocia le braccia sotto il seno e mi fissa, alzando un sopracciglio con fare seccato:
"L'agente Romanoff è stata redarguita a sufficienza per quel gesto, ma questo non vi riguarda."

Spalanco la bocca a quelle parole: l'avevano..messa in punizione? Sgridata?
All'improvviso l'immagine di una piccola Natasha imbronciata che va a sedersi in un angolino in punizione mi balena in mente e non posso fare a meno di reprimere una risatina soddisfatta.

"Inizialmente non vi ritenevamo adatte ad essere a piede libero senza un'adeguata sorveglianza tuttavia i recenti rapporti dei vostri supervisori ci hanno fatto cambiare idea, almeno per il momento." aggiunge la Hill.

"In pratica, non fate stronzate o vi rimettiamo il guinzaglio."-sintetizzo-"Capito."

Camille presenta una determinazione notevole e, per quanto indisciplinata e testarda, apprende in fretta il controllo delle sue capacità.

Una nota di Natasha risalente a pochi giorni prima che non può fare a meno di farmi sorridere nuovamente

Ritengo che Camille sia pronta ad effettuare una scelta in merito alla sua permanenza nello S.H.I.E.L.D. Ha acquisito le abilità basilari del combattimento e non mostra segni di squilibrio caratteriale o mentale

Un tesoro, come sempre.
Immagino sia il suo modo di dire che non sono una totale pazza, a differenza sua. Nonostante questo, però, non posso che esserle grata per quelle parole: lei e Barton ci hanno permesso di avere accesso ad un piccolo sbocco di libertà e, sono sicura, che buona parte del merito vada anche a quei rapporti freddi, professionali eppure decisamente comunicativi.

"Agente Hill."-Anaëlle riporta la nostra attenzione sul punto principale di quella convocazione-"Se saremo indipendenti, come faremo dal punto di vista economico?"

Santa Anaëlle che sa porre sempre le domande giuste al momento appropriato.
Maria Hill la guarda come compiaciuta del fatto che qualcuno l'abbia domandato, poi, sedendosi, ci porge due fogli scritti in maniera fitta e una penna e capisco che si tratta della scelta decisiva di cui parlava Fury.
All'improvviso sento un vuoto all'altezza dello stomaco e, non so per quale assurda ragione, mi ritrovo a pensare che vorrei veramente che Natasha fosse qua a ringhiarmi e a spronarmi a fare la cosa più giusta.
Con lo sguardo cerco Anaëlle che sembra aver capito la situazione perché mi stringe la mano con fare incoraggiante mentre la Hill prende nuovamente la parola per spiegarci le clausole, se così si possono chiamare, di quel contratto.

"Lo S.H.I.E.L.D vi dà la possibilità di restare o meno, la scelta spetta solo a voi. Nel caso in cui firmiate, inizierete il vostro percorso come agenti e valuteremo o meno se sia il caso di farvi partecipare ai corsi dell'Accademia. In entrambi i casi riceverete uno stipendio mensile che vi permetterà di vivere indipendentemente. Se non firmaste, invece, sarete totalmente libere: ovviamente sorvegliate per un periodo di tempo che riterremo necessario. I vostri nomi, inoltre, compariranno sempre sull'elenco dei nostri soggetti dotati di capacità fuori dal comune."

"Rimaniamo potenziali bombe a orologeria, certo." -Anaëlle annuisce, ascoltando le parole dell'agente Hill-"Lo S.H.I.E.L.D ci tutelerà anche da eventuali minacce?" domanda poi, all'improvviso.

La guardo sorpresa e anche la Hill sembra colpita ma annuisce prontamente

"Nei limiti del possibile." -risponde-"Temi qualcosa, Anaëlle?"

Riconosco immediatamente l'indagine velata celata dalle sue parole ma mi arrendo all'evidenza: se mai entreremo nello S.H.I.E.L.D ogni nostra informazione sarà loro, quindi tanto vale che comincino a mettere da parte quel poco che sappiamo.

"E' solo una sensazione, agente Hill."-sospira Anaëlle-"Siamo cavie a piede libero, testimonianze viventi di esperimenti umani...pensa davvero che siamo al sicuro?"
Per un momento rimango spiazzata totalmente da quelle insinuazioni: non ci avevo mai riflettuto, non così approfonditamente almeno da temere per la mia, per la nostra sicurezza, ma adesso mi rendo conto che entrambe potremmo essere parte di un progetto ben più grande di quello che ci aspettiamo.

Anche Maria Hill sembra pensarci su un attimo:

"Faremo il possibile per tutelare le vostre identità e le vostre origini." ci concede alla fine e Anaëlle annuisce, soddisfatta.

"C'è un'ultima cosa che voglio fare prima di accettare."-esordisco, afferrando la penna poggiata sul tavolo.

Prendo la mia cartella e cancello quella serie di cifre identificative che mi sono state assegnate con un frego, poi scrivo semplicemente "Camille" al loro posto.
Una nuova identità, un nuovo inizio e, finalmente, un senso al mio nome.

"Adesso possiamo firmare."

**
L'aria di New York mi invade i polmoni con prepotenza mentre un sorriso enorme si stampa sul mio viso e su quello di Anaëlle, che non mi ha lasciato la mano neanche per un secondo da quando siamo uscite dalla base sotterranea dello S.H.I.E.L.D, poco fuori dal centro abitato.
La Jeep che ci ha portato in città è già scomparsa nel traffico mentre entrambe veniamo sballottate sul marciapiede dalla folla impaziente di passare.
Estraggo il cellulare datoci in dotazione della Hill, insieme ad una carta di credito e un grosso zaino nel quale mettere quei pochi effetti personali che abbiamo e scorro velocemente la rubrica, controllando i numeri che vi sono salvati. Intravedo quello di Natasha, Clint e un paio di numeri per le emergenze, uno del quale sotto la voce "Linea Sicura."

"An, guarda, c'è uno Starbucks!" esclamo, alzando gli occhi dallo schermo.

Sono sicura di aver già vissuto una scena simile, con me che trascinavo Anaëlle ad ingurgitare litri di frappuccino e ciambelle di ogni tipo, ma non do molto peso alla cosa mentre attraverso l'enorme strada tenendo per mano la mia amica.

"Sei una bambina!" mi urla dietro, mentre corriamo attraversando le strisce, in preda ad una gioia irrefrenabile.

"Lo so, me lo dici sempre!" rispondo, automaticamente.

C'è un momento in cui ignoro la sensazione di totale stupore che mi invade il petto e raggiungiamo in un balzo il marciapiede per poi fermarci di botto. Sento il mio cuore che mi martella nel petto, inebriato da quella libertà e dall'improvviso frammento di memoria che è affiorato sulle mie labbra senza pensarci.
Anaëlle sembra provare lo stesso perché si avvicina a me e mi abbraccia così stretta che penso di soffocare.

"Ehy"-la chiamo dopo un po'-"Ricorda che dovresti essere cieca, in teoria." le ricordo mentre ci sciogliamo da quella stretta così confortante.

Anaëlle annuisce e mi porge il braccio: "Per questo ho te!" -scherza-"Ho sempre desiderato un cagnolino!" esclama, accarezzandomi la testa e scompigliandomi i capelli.

Faccio finta di abbaiare sommessamente mentre trattengo una risata e la trascino dentro Stabucks, ordinando per entrambe un Chai Latte e un Frappuccino al Caramello. Non so come, ma sono sicura di aver azzeccato i gusti di entrambe e infatti gli occhi di Anaëlle si illuminano al sapore del Frappuccino e un grande sorriso le si stampa sul volto.
La guardo soddisfatta mentre sorseggio il mio Chai quando il telefono comincia a vibrare nella tasca del mio giacchetto di pelle e prendo ad armeggiare con la zip nel maldestro tentativo di tirarlo fuori.

"E' Natasha!" esclamo poi, stupita.
Anaëlle mi guarda e scuote la testa:

"Alla fine, forse, non ti detesta così tanto." commenta, arricciando il naso in una smorfia divertita.

"Se potesse, mi ucciderebbe con le sue stesse mani." commento, alzando gli occhi al cielo.
Non lo penso veramente, almeno non del tutto. Forse che si limiterebbe a strangolarmi fino alla svenimento ma, alla fine, potrebbe addirittura risparmiarmi.

"Sicura?" incalza Anaëlle e io annuisco prontamente.

"Assolutamente."-rido, mentre rispondo al telefono-"Pronto, qui parla una detenuta fresca fresca di libertà! A cosa devo l'onore?" domando e posso sentire chiaramente Natasha alzare gli occhi al cielo dall'altra parte della cornetta, anche senza vederla.

"Volevo solo accertarmi che tu non avessi ancora ucciso nessuno con il tuo veleno mortale."-commenta, acida-"O con la tua simpatia travolgente." aggiunge, sarcastica.

"Ho imparato dalla regina dell'ironia." ribatto e non posso fare a meno di trattenere un sorriso pensando che, fino a qualche settimana fa, questa conversazione mi sarebbe costata un paio di costole rotte e un occhio nero nel migliore dei casi.

Natasha sbuffa divertita:
"Senti, lingua biforcuta, mi chiedevo se tu e Anaëlle aveste già trovato un posto in cui trascorrere la notte."

Wow, si sta forse preoccupando? Sono abbastanza sicura che dietro questa telefonata ci sia senza dubbio Barton. Lancio un'occhiata sorpresa ad Anaëlle che aggrotta le sopracciglia senza capire la mia espressione di pura sorpresa.

"Non ancora."-rispondo alla fine-"Perché ci stai forse offrendo il divano di casa tua? Se è così, accettiamo volentieri! Tranquilla, ci stringiamo."

"Non provarci, biscia."- mi ferma prontamente-"Io e Clint ci chiedevamo semplicemente se aveste bisogno di una mano a trovare un albergo."

"Oh, adesso capisco, non vuoi che invadiamo il vostro nido d'amore!" la prendo in giro. Anaëlle ridacchia di sottofondo e Natasha mi insulta in qualche lingua che non capisco, russo suppongo.

"Ti mando l'indirizzo."- ringhia alla fine-"Solo per stanotte, Durak.*"

Immagino sia un insulto e anche poco velato, così non esito a ricambiarlo.

"Mi segnerò questa vittoria sul calendario, Conne.**"

Riattacco mentre alzo il pollice vittoriosa ad Anaëlle che non può fare a meno di ridere:

"Sei una bambina." mi riprende poi.

"Tecnicamente ho ventitré anni." le faccio presente

"Secondo me, non arrivi neanche ai venti, sono solo stati generosi sulla carta d'identità."

"Può essere."-le concedo alla fine-"Forza, andiamo! Abbiamo la casa di una super spia da invadere."

**
L'appartamento di Natasha non è piccolo e spartano quanto mi aspettavo ma neanche enorme e super arredato: è molto semplice, contenete poche cose necessarie.
Mi guardo intorno e scruto ogni oggetto ma non oso toccare nulla sebbene l'istinto mi suggerisca di ficcanasare ovunque: non voglio far arrabbiare Natasha più del dovuto e, per quanto mi diverta stuzzicarla, sento che quel posto contiene una parte di lei che ancora nessuna di noi ha scoperto e non intendo violarla.
Può suonare stupido, ma quella casa è un contesto totalmente diverso da quello dove ho imparato a conoscere la spietata agente Romanoff, così mi limito ad appoggiare sul pavimento dell'ingresso il mio borsone e aspettare che dica qualcosa.

"Guardate che non vi mangio mica." -pronuncia finalmente, alzando su di noi i suoi occhi grandi occhi verdi-"Al massimo vi avveleno nel sonno."

"Pensavo fosse una mia prerogativa quella." ribatto

"Non sfidare una Vedova Nera, biscia."

"Altrimenti?" incalzo.

"Non arriverai a domattina per scoprirlo." conclude freddamente Natasha e io sospiro impercettibilmente: sarà una notte molto lunga.

"Io ci tengo alla mia pelle, non farla arrabbiare." mi mormora Anaëlle io non posso fare a meno di concordare, così mi zittisco e seguo la russa nel soggiorno di casa sua dove vedo un divano letto appena rifatto. Natasha ce lo indica con un cenno della testa e Anaëlle ed io ci lasciamo cadere pesantemente i nostri zaini prima di sederci entrambe.

"E' molto più morbido di quello dello S.H.I.E.L.D" commenta Anaëlle, sdraiandosi e chiudendo gli occhi.

"Le super spie si danno al lusso appena possono, non lo sapevi?" le rispondo.

"Camille, un'altra parola e ti faccio dormire sullo zerbino."

Vorrei dire che è stata la minaccia di Natasha a zittirmi ma la verità è che sono rimasta colpita dal fatto che mi abbia chiamata per nome: sebbene abbia letto i numerosi rapporti su di me in cui lo utilizzava, durante gli allenamenti si era limitata a darmi perlopiù ordini sintetici e diretti.
Ancora una volta non riesco a capire perché la cosa mi colpisca tanto, così mi limito ad allontanare il pensiero e roteare gli occhi sbufando, giusto per non darle soddisfazione.

"Buonanotte." ci saluta Natasha freddamente, uscendo dalla stanza.

Sento la porta di camera sua che si chiude ed è come se avesse messo tra di noi altri due o tre muri spessi centinaia di metri.

"'Notte." biascico poi, al vuoto, mentre sento un'incredibile stanchezza invadermi.

Anaëlle sembra scrutarmi qualche secondo prima di scivolare sotto le coperte e io non esito a seguirla e faccio appena in tempo ad appoggiare la testa sul cuscino che gli occhi mi si chiudono.

**
Non so per quanto tempo ho dormito ma quando ma sveglio è ancora notte fonda.
Mi guardo in giro e non mi sorprendere distinguere le forme dei vari oggetti nel buio: una delle molte caratteristiche che ho scoperto e di avere non solo una visione termica notturna ma anche l'abilità di capire ciò che mi circonda grazie, probabilmente, ad una somma di vari sensi tra cui l'udito e l'olfatto che mi permettono di avere una ricostruzione piuttosto fedele dell'ambiente dove mi trovo.
Mi giro e osservo Anaëlle ancora assopita e sorrido mentre mi alzo cercando di fare meno rumore possibile. Scivolo tra le lenzuola e appoggio i piedi sul pavimento freddo del soggiorno, rabbrividendo, poi mi alzo e mi dirigo verso il bagno in punta dei piedi ed è quando sto per far scivolare la mano sulla maniglia che noto una piccola porta socchiusa.
Un piccolo alito di vento la fa scricchiolare e capisco che, quasi sicuramente, porta ad una terrazza.

"Non farlo."- mi dico sottovoce-"Non ficcanasare."

Al diavolo, solo un'occhiata veloce.
La porta cigola mentre la apro cercando di non fare troppo rumore e, appiattendomi, scivolo all'interno, trovandomi davanti ad una rampa di scale che salgo pian piano, come se ogni rumore potesse farmi beccare.
Quando arrivo in cima la prima cosa che vedo è una figura di spalle, appoggiata alla balaustra, che ammira il paesaggio: ha una vestaglia addosso e i capelli raccolti una piccola crocchia rossa e sembra totalmente assorta nei suoi pensieri.
Natasha.
Okay, forse è il caso che me ne vada. Faccio per girarmi ma la sua voce mi interrompe

"Guarda che ti ho sentita."

Era stato troppo facile fino a questo momento.

"Non volevo disturbarti."-rispondo prontamente-"Ero solo curiosa."

Natasha si gira e mi scruta nella penombra notturna, poi increspa le labbra in un piccolo sorriso:
"Nessuno ti ha mai detto di quanto invadente tu sia?" mi domanda.

Esito un secondo, poi abbasso lo sguardo:
"Non lo so."- le dico sinceramente-"Per ora, sei la prima che ricordi."

Natasha sorride amaramente e mi fa un cenno della testa, come per dirmi di raggiungerla e io non esito ad obbedire: ho imparato che se lei vuole qualcosa, bisogna accontentarla ed in fretta.
Mi affaccio anche io alla grande balconata e guardo New York sotto i nostri piedi: il paesaggio mi mozza il fiato e sorrido guardando quelle centinaia di luci che risplendono nella notte.

"Wow." mi lascio sfuggire e Natasha mi osserva, divertita dalla mia reazione.

Restiamo in silenzio per diversi minuti, entrambe assorte nei nostri pensieri mentre contempliamo quella vista spettacolare.
"Natasha, posso farti una domanda?" le chiedo, dopo un po'.

"No." mi risponde immediatamente.

"Fingerò di non aver sentito."

"Invadente."

"Lo so."-rispondo, sospirando-"Perché ci odi?"

Eccola, la bomba a ciel sereno. Adesso che gliel'ho chiesto posso considerarmi morta entro i prossimi trenta secondi, in una visione ottimistica della situazione.
Natasha si gira a guardarmi con un'aria indecifrabile e comincio a credere che forse sia meglio tirarmi giù dalla balaustra da sola prima che lo faccia lei perché sono sicura che ne sarebbe in grado.

"Non vi odio."-esala poi, dopo un tempo che sembra interminabile-"Tu mi stai particolarmente antipatica, ma questo è un altro discorso."

"E' reciproco, tranquilla." la rassicuro non senza una punta di ironia nella voce.

Natasha scuote la testa e si mordicchia un labbro, il primo gesto di nervosismo che le abbia mai visto fare da quando la conosco. Sembra come indecisa se rispondermi sinceramente o lasciare correre, così aspetto semplicemente che prenda una decisione.

"Prima di entrare nello S.H.I.E.L.D"- inizia poi-"Ero una spia russa del KGB, addestrata fin da bambina ad essere un arma letale: l'agente Barton era stato inviato per uccidermi, ma ha scelto diversamente."
La ascolto con attenzione mentre pronuncia quelle parole che pesano come un macigno
"La Red Room, la branchia del KGB dove ho vissuto da quando ne ho memoria, sperimentava sulle sue reclute e, spesso, ci cancellava i ricordi impiantandone di falsi al loro posto, è così che sono cresciuta."

All'improvviso capisco perché provi tanto astio nei nostri confronti.

"Se avessi potuto, quando vi ho trovate in quella cella, vi avrei uccise entrambe."-mi confessa-"Se qualcuno l'avesse fatto con me allora, prima che mi trasformassero in un mostro, forse gliene sarei stata grata."

"Sono contenta che tu non l'abbia fatto, invece."- trovo il coraggio di formulare dopo un po'- "Non tanto perché questa vita in cui mi sento completamente persa mi piaccia, per nulla, ma per il fatto che tutto questo"- indico il paesaggio con un cenno della testa-"Vale la pena di essere visto. Per me e Anaëlle quella notte in quella cella è stato un nuovo inizio. Non so cosa sia successo nel mio passato, non so se potrei mai convivere con me stessa se scoprissi di aver ucciso qualcuno o peggio..ma ora come ora posso limitarmi ad essere Camille, ad essere libera da tutto. Non so se abbia un senso." ridacchio alla fine, guardandola.

"Sai fare ragionamenti più profondi di quanto non sembri." commenta Natasha e io alzo gli occhi al cielo per l'ennesima volta.

"E tu sei una stronza."-ribatto. C'è un attimo di silenzio in cui esito, poi mi decido ad aggiungere qualcosa che penso da diverse settimane ma non ho mai avuto il coraggio di formulare- "Sei una stronza priva di tatto, ma non sei un mostro. La prima volta che ti ho vista mi sei sembrata un demone, forse il fatto che mi hai sparato ha influito decisamente sulla cosa e ti ho odiata con tutta me stessa. In cinque minuti sei riuscita a farmi incazzare una quantità infinita di volte e ho pensato di volerti saltare alla gola ma sono contenta di non averlo fatto."- dico, tutto d'un fiato-"Sei stronza, ma non sei un mostro, non con noi almeno."

Natasha sembra riflettere attentamente su mie parole e mi chiedo se qualcuno sia mai stato così sincero (e inappropriato) con lei come me in quel momento.

"Sei veramente invadente, Camille."- mi dice alla fine-"E logorroica."

"Ho capito, me lo farò scrivere sulla carta d'identità, accanto al fatto che ho ventritré anni."

Natasha arriccia le labbra in un altro sorrido divertito e fa per tornare verso le scale, ma la fermo prima che possa scomparire dalla mia vista.

"Natasha."- la chiamo-"Grazie."

Non so esattamente a cosa sia dovuto questo ringraziamento: forse al fatto che ci abbia lasciate dormire in casa sua oppure che, in un modo o nell'altro, ci abbia tollerate e sia arrivata persino a parlare con me. So solo che, in questo momento è la cosa giusta da dire.
La donna mi fa un cenno d'assenso con la testa e scende le scale, lasciandomi sola a contemplare New York.





*stronza in russo
**stronza in francese


Chiacchiere dell'autrice:
Oh mio dio, è già passato un mese dall'ultima volta che ho aggiornato! Mi scuso tantissimo per il ritardo, ma tra un impegno e l'latro ho completamente perso la concezione del tempo!
Che dire, pian piano vediamo le cose evolversi, Cam ed An uscire dalla loro "prigione" e cominciare a instaurare un rapporto con i loro supervisori, sopratutto Camille con Natasha, nonostante l'astio iniziale.
So che questa storia non ha un ritmo veloce e talvolta può risultare lenta, ma vi assicuro che ci saranno anche capitoli d'azione me, è un mio difetto, non riesco a scrivere senza caratterizzare a pieno gli OC e definire i loro rapporti con gli altri personaggi! Spero non me ne vogliate per questo!

Grazie a tutti quelli che seguono e recensiscono, alla prossima
Erza

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Capitolo 7
*** Capitolo sette ***



Capitolo sette
 
I was born in that summer when the sun didn't shine
I was given a name that doesn't feel like it's mine
Lived my life as the good boy I was told I should be
Prayed every night to a religion that was chosen for me 

Promiseland-Mika

Veniamo svegliate da quello che definirei come papà Barton in azione.
Clint scuote gentilmente Anaëlle per una spalla e mi rigiro tra le lenzuola per guardarlo, tentando di non ridergli in faccia.
Non resisto per molto.
"Adesso esclamerai Buongiorno principesse?" gli domando, alzandomi in piedi.

Sento Natasha dietro di me che guarda la scena altrettanto divertita e mi giro sorridendole.
"Buongiorno biscia." mi saluta.

"Preferivo principessa a questo punto." sbuffo, gonfiando le guance indispettita.

Anaëlle e Clint si lanciano uno sguardo d'intesa prima di alzare gli occhi al cielo, scuotendo la testa.
Sono sicura che, nell'ultimo periodo, quei due abbiano sviluppato un rapporto totalmente diverso da quello mio e di Natasha, forse più vicino a un legame padre-figlia. 
Ogni tanto mi chiedo come sarebbero andate le cose se avessi avuto io la possibilità di allenarmi con Clint...Anaëlle non mi racconta quasi mai nulla in proposito tranne quando viene a sapere di qualche aneddoto divertente o qualche informazione riguardante lo S.H.I.E.L.D, ma non mi sono mai curata più di tanto della cosa...diciamo che Natasha mi ha dato abbastanza grane, sopratutto all'inzio, da non aver tempo di essere gelosa del rapporto tra Clint e Anaëlle.

"La principessa gradisce della colazione?" mi domanda Clint, canzonandomi.

"Fammi pensare un attimo."-rifletto-"Vorrei delle uova, della pancetta, dei cereali col latte, della frutta, dello yogurt e dei pancakes!" rispondo a tono.

"Perfetto! Li vuoi a forma di stella, di dinosauro o di elefante?" 

"Orso polare." sibilo.

"Io vi voglio fuori da casa mia tutti tra venti minuti." si intromette Natasha sorseggiando il suo caffè. Clint prova ad obiettare qualcosa  ma Natasha alza lo sguardo dalla sua tazza e lo fulmina con lo sguardo-"Venti minuti." ribadisce e capiamo che c'è poco da scherzare.

**
L'Avengers Tower si staglia maestosa davanti a noi e non posso fare a meno di constatare che si tratti di una pacchianata oscena nel cuore di New York, ma pur sempre una pacchianata con un certo fascino.
La grande A blu risplende nel cielo e sono costretta a socchiudere gli occhi per poterla ammirare meglio. All'improvviso, mentre sto per distogliere lo sguardo, realizzo che nessuno ci ha mai menzionato il progetto Avengers, eppure ne sono perfettamente al corrente.
Natasha Romanoff, Clint Barton, Steven Rogers (il ragazzo biondo che ho visto quando siamo state trasportate alla base dello S.H.I.E.L.D?), Bruce Banner, Thor e Tony Stark.
I loro nomi riecheggiano nella mia mente con prepotenza e sono costretta a chiudere gli occhi mentre una fitta di violento mal di testa mi assale.

"Ehi, stai bene?" 

Anaëlle mi si avvicina e mi appoggia dolcemente una mano sulla spalla, con fare protettivo. 
Annuisco ma non sono così sicura di quel che sta succedendo: sono forse ricordi? E perché mai dovrei ricordarmi degli Avengers, di tutta la mia vita proprio di loro?
Una paura irrazionale mi assale mentre le parole di Natasha mi riecheggiano nella mente.

"I KGB dove ho vissuto da quando ne ho memoria, sperimentava sulle sue reclute e, spesso, ci cancellava i ricordi impiantandone di falsi al loro posto."

Il tintinnio dell'ascensore in arrivo mi riscuote all'improvviso: non mi sono neanche resa conto che siamo entrare nella torre tanto ero presa dai miei ragionamenti.
Ho paura.
La consapevolezza del terrore che mi sta assalendo mi fa mancare il terreno sotto i piedi a mi aggrappo alla prima persona che trovo vicina.
Anaëlle, penso, ma è quando mi ritrovo lo sguardo penetrante ti Natasha che mi scruta capisco di aver stretto il suo braccio. Faccio per lasciarla andare ma, evidentemente, c'è qualcosa nel mio sguardo che la allarma perché fa segno a Clint e An di proseguire senza di noi.
Le porte dell'ascensore si chiudono di nuovo e finalmente scivolo in ginocchio, le mani premute sulle tempie mentre la testa sembra volermi esplodere.

"Cosa succede, Camille?" mi domanda Natasha, accucciandosi accanto a me.

"Natasha Romanoff, Clint Barton, Steven Rogers, Bruce Banner, Tony Stark, Thor."- ripeto come una cantilena-"Nessuno ci ha mai parlato del progetto Avengers."- cerco di spiegarle, ma boccheggio.
Natasha, comunque, sembra aver capito al volo quello che intendo.

"Ricordi?" mi domanda, incalzante.

"Non lo so."-le rispondo sinceramente-"Natasha e se fosse questo quello che vogliono, chiunque siano?" Ci cancellano i ricordi, ci fanno trovare da voi tutti, ci fanno introdurre negli Avengers e poi ci...attivano."

C'è qualcosa nelle mie parole che mi suggerisce che quelle non siano solo ipotesi, sento una consapevolezza nel petto che mi disorienta.
Natasha mi guarda e, per la prima volta, vedo una reale preoccupazione nel suo sguardo.

"Lo avevo preso in considerazione."-ammette poi, dopo qualche secondo-"Io stessa ci sono passata, ma questo implicherebbe ben più di semplici esperimenti umani, Camille. Vorrebbe dire che si è creato un vero e proprio sistema paragonabile a quello del KGB in Francia." 

La sua voce freme e alzo lo sguardo giusto in tempo per cogliere un barlume di orrore nei suoi occhi. Posso solo immaginare cosa stia provando in quel momento e, all'improvviso, mi sento così stupida ad averne parlato a lei senza esitazione, senza considerare cosa potesse significare per lei.

"Non potete saperlo, Natasha. Pensavo lo S.H.I.E.L.D fosse più prudente di così." boccheggio.

"Lo  S.H.I.E.L.D non prende in considerazione organizzazioni segrete sepolte da decenni, Camille."- mi risponde duramente-"Comunque sia, ti assicuro che non c'è nulla da temere, ora come ora potrai anche saperti trasformare in una biscia arrabbiata, ma non riusciresti neanche a scalfire la superficie dello  S.H.I.E.L.D." mi rassicura, addolcendo il tono.

Annuisco, poco convinta:
"Voglio saperne di più, Natasha. Sento che c'è qualcosa in profondità, qualcosa che mi sfugge e non riesco a raggiungere." -formulo confusamente-"Forse, se riuscissi a capire se siamo una minaccia.."

Natasha mi ferma ancora prima che possa completare la frase:
"Se sarete una minaccia, ce ne prenderemo cura noi, Camille. Per adesso, limitati a ricordare ciò che puoi, qualsiasi cosa ci possa essere utile per delle indagini."

"Lo farai presente a Fury?" domando, speranzosa.

"Il prima possibile."-mi rassicura e sento parte del peso che ho sul petto alleggerirsi-"Adesso alzati, biscia, non ho firmato un contratto per farti da baby sitter." dice, tendendomi una mano.

"Stronza." sibilo mentre mi aggrappo alle sue dita affusolate e mi rimetto in piedi.
Mi aspetto un'occhiata di quelle gelide, invece Natasha incrina le labbra in un sorriso impercettibile, quasi compiaciuto, lasciandomi spiazzata.

"Andiamo, quel megalomane Stark ci aspetta." dice poi, mentre le porte si aprono nuovamente.
Ridacchio e la seguo fuori dall'ascensore.

**
Tony Stark è esattamente il genio miliardario che mi aspettavo, solo un po' più basso del previsto.
Ci accoglie nell'enorme soggiorno- soggiorno è riduttivo- dell'ultimo piano dell'Avengers Tower e non posso fare a meno di guardarmi intorno, stupefatta.
Non appena arrivo, Anaëlle mi si avvicina e mi stringe una mano, in maniera apprensiva, ma la rassicuro, promettendola che la metterò al corrente di quanto è successo.
E' Stark a interrompere il nostro dialogo fitto fitto in francese

"Ed eccole qui, le nuove reclute del nostro amato Pirata Nick." scherza. 
Il suo francese è esitante, ma comunque migliore di quello di Capitan America. Stark sembra esserne al corrente, poiché,all'improvviso ci lancia qualcosa, che afferriamo entrambe al volo.

"Non male, ragazzina."- dice, rivolto ad Anaëlle-"Com'è che funziona? Sensi super sviluppati? Super udito? Super velocità?" 
Posso cogliere una chiara punta di sarcasmo nella voce di Stark ma non mi irrita quanto sembra fare con Natasha, che non può fare a meno di fissarlo, torva.
Credo che questi due abbiano dei trascorsi decisamente poco piacevoli..

Anaëlle sorride:
"Tutte tranne la super velocità." risponde poi.
Stark sembra sorpreso, ma non troppo.
Osservo ciò che ci ha porto poco elegantemente prima e vedo che un auricolare, ma lievemente più articolato. Tony deve aver colto il mio sguardo interrogativo, poiché si infila il suo auricolare e ci incita a fare lo stesso con un cenno della mano. Obbediamo e lo vediamo annuire, compiaciuto.

"Traduttore simultaneo."-afferma poi-"Parlatemi qualsiasi lingua e la capirò." ci incita poi.

Natasha sibila qualcosa in russo e mi sorprendo di riuscire a capirla:
"Megalomane egocentrico." 

"Anche io ti voglio bene, agente Romanoff."-le risponde-"Ma ti preferivo decisamente come segretaria obbediente."
Non capisco a cosa si stia riferendo Stark ma vedo chiaramente una scintilla di rabbia negli occhi di Natasha:
"Io ti preferivo quando eri stato licenziato dalla tua stessa società." ribatte freddamente.

"Ouch!" -le fa eco Clint, ridendo-"Copito e affondato, Stark."

"Ogni tanto mi chiedo come faccia ad esserle amico, Legolas. Non hai paura che ti mangi mentre dormi?" incalza Stark

Clint si stringe nelle spalle con fare indifferente

"Uno ci fa l'abitudine, dormo con un occhio aperto."

Sento chiaramente la gomitata di Natasha nelle costole del povero Barton che scricchiolano in maniera inquietante..spero non abbia nulla di rotto.

"Quindi, fatemi capire bene."-esordisco-"Voi sareste gli eroi che salvano il mondo?"

"Vi comportate sempre così?" mi fa eco Anaëlle.

"Solo quando non c'è il Capitano, altrimenti guai a chi osa fare battute!"-risponde Stark-"E' rimasto all'umorismo degli anni '40." aggiunge, facendomi sorridere.

"Signore, vorrei ricordarle che ha un appuntamento alle 13.00"

Una voce meccanica risuona nella sala, facendo sobbalzare me e Anaëlle.

"Che cos'è?" domanda An, allarmata.

"Natasha, ricordavo la tua voce un po' diversa." dico, facendo riferimento alla battuta sulla segretaria.
L'occhiataccia di Natasha vale l'espressione di puro stupore e divertimento sulla faccia di Stark.

"Mi piace la ragazza, è una mini-me." dice, indicandomi con un cenno della testa.

"Dio ce ne scampi." sospira Clint.

"Io sono J.A.R.V.I.S"-si presenta la voce meccanica-"L'assistente virtuale di Mister Stark."

"E' inquietante." -commenta Anaëlle e non posso fare a meno di concordare-"In ogni caso, qualcuno ha intenzione di dirci cosa ci facciamo qui?"

Adoro quando fa le sue domande dirette e pertinenti ogni situazione.

"Forse volevano farci vedere questo circo, in fondo sono divertenti." le rispondo e lei si stringe nelle spalle come per darmi ragione.

"Fury ha ritenuto opportuno rivolgersi a te per il loro equipaggiamento, visto come sei riuscito ad ideare un costume su misura e funzionale per ognuno di noi." -spiega Clint-"Non credo che una normale tuta dello S.H.I.E.L.D possa reggere gli artigli di Anaëlle.."

"E le scaglie di Camille." aggiunge Natasha.

"Competizione per l'allievo migliore?" mi domanda Stark, indicandoli.

Mi stringo nelle spalle:
"Non che io sappia..ma tutto può essere tra quei due." commento e Tony mormora qualcosa in assenso.

"J.A.R.V.I.S, voglio un body-scan completo di Kaa il serpente e Balto il lupo"- ordina poi-"E procurati i loro file dello S.H.I.E.L.D."

"Immediatamente."

"Khaa, Balto, Robin Hood e Anastasia."- proclama Stark, guardandoci-"Se mai facessero un film dei cartoni Disney, sareste un cast perfetto!"

Natasha sbuffa seccata mentre io non posso fare a meno di reprimere un sorriso: da quando siamo arrivate, Stark è l'essere umano più...umano che incontro. Niente super spie glaciali, regole e contratti da firmare con una pistola praticamente puntata alla testa, il che è grandioso.

"Quando hai finito, tesoro, che ne dici di mettere una firma qui e approvare la ristrutturazione della nostra villa a Malibù?"

Una donna decisamente alta (forse grazie a quei tacchi a spillo neri su cui sta in equilibrio con una sicurezza impressionante) e dai capelli biondi raccolti in un'alta coda stretta entra nella stanza con disinvoltura, facendo con la testa un cenno di saluto a Clint e Natasha. Stark la raggiunge in un secondo e le posa un bacio sulla guancia.
"Comprende anche l'allargamento del garage?" le domanda, mentre firma velocemente.
La donna alza gli occhi al cielo:

"Del garage, della piscina e dell'area di atterraggio sul tetto per le armature." puntualizza poi, riprendendosi i moduli.

"E' per questo che la amo." -ci dice Stark, indicandola-"Efficienza."

"Ed educazione."-aggiunge lei, avvicinandosi e tendendomi la mano-"Sono Virginia Pepper Potts, amministratrice delegata delle Stark Industries."

Le sorrido e lo stesso fa Anaëlle e Pepper ci squadra coi suoi grandi occhi azzurri e sorride:

"Lo S.H.I.E.L.D vi recluta sempre più giovani." sospira poi.

Mi stringo nelle spalle e faccio per risponderle, ma è Natasha interviene prontamente:

"Sembrano più piccole di quello che sembrano, sopratutto Camille, ma sono più che maggiorenni."-dice-"E poi, io ho iniziato più giovane."

Ignoro la frecciatina, anche se mi annoto di ricambiarla a breve e mi concentro sulle due donne, cercando di capire quale possa essere il loro rapporto: sembrano essere in confidenza, ma percepisco un certo gelo tra di loro, come del rancore serbato per molto tempo.
Pepper sorride come rassegnata e annuisce in direzione di Natasha, senza aggiungere una parola.

"Se vi servisse un posto dove stare per un po', l'Avengers Tower ha qualche stanza da offrirvi." ci dice poi, sfoderando un sorriso di convenienza. Lo ricambio: da quando ho memoria, è la persona più gentile che abbiamo incontrato.

Quando Pepper se ne va, restiamo tutti in silenzio per qualche secondo, come se la sua entrata in scena avesse alterato l'equilibrio ed è la voce di J.A.R.V.I.S a riscuoterci da quel torpore.

"Mr Stark, ho completato il body-scan, le consiglio di iniziare a lavorare sulle tute al più presto."

"Tranquillo, J.A.R.V.I.S, sono un genio non ci metterò più di qualche ora, mi conosci."

"Appunto..." commenta sarcastico il maggiordomo e sorrido notando come un programma sia dotato di senso dell'umorismo.

"Sei così poco fiducioso,  J.A.R.V.I.S!"- lo rimprovera Stark, ma senza cattiveria-"Avrete un equipaggiamento che resisterà persino all'Hulk, anzi chiederò l'aiuto proprio di Banner per progettarlo!"

Il nome di Hulk mi suona familiare, ma non lo associo a un volto e non capisco il nesso tra lui e Banner, così io e Anaëlle ci limitiamo a ringraziare uno Stark ormai gi  preso dai suoi ologrammi blu proiettati nell'aria e seguo Natasha e Clint fuori da quel posto quasi surreale.

"Accetterete l'offerta di Pepper per quanto riguarda gli alloggi all'Avengers Tower?" ci domanda Clint.

"Si" risponde Natasha prima che io e Anaëlle possiamo anche solo formulare una risposta.
Ci vuole decisamente fuori dal suo soggiorno di casa sua al più presto e non voglio certo darle questa soddisfazione.

"No."-ribatto-"Troveremo un nostro appartamento." affermo convinta, girandomi in direzione di Anaëlle che non sembra molto convinta delle mie parole-"Sarà divertente, vedrai!"- incalzo e la vedo sospirare rassegnata.

"Vi do ventiquattr'ore."- dichiara Natasha, gelida-"Sbrigatevi a cercare un posto."

E' decisamente di cattivo umore, eppure poche ore fa mi ha salvato da un attacco di panico incombente con un sorriso stampato sul volto.
Annuisco e, quando mi gira le spalle e si appresta a seguire Clint verso gli ascensori, le afferro un braccio.
Devo smetterla di fare gesti così avventati, mi annoto mentalmente mentre si gira e sento un brivido percorrermi la schiena.

"Cosa c'è che non va?" le domando, concisa.

Lei mi scruta un attimo, poi scuote le spalle:

"Non sono affari tuoi." mi risponde.

Sento una delusione crescente invadermi il petto, ma non mi arrendo.

"Lo so, voglio solo capire." ammetto candidamente.

Natasha mi scruta con aria indecifrabile, poi sospira e prosegue verso gli ascensori e, proprio quando penso che mi abbia semplicemente liquidata così, la sento parlare.

"Due anni fa, una delle mie missioni prevedeva osservare Stark e mandare rapporti che lo riguardassero allo S.H.I.E.L.D poiché era considerato un soggetto instabile. Mi sono finta la sua segretaria, Natalie, per mesi e, quando ha perso la società, sono diventata quella di Pepper. Lei mi detestava all'inizio, probabilmente era gelosa delle occhiate che Stark mi lanciava ma, dopo che avevano litigato, abbiamo cominciato a legarci."- mi racconta-"E' stata una figura familiare per un po' di tempo." mi spiega.

"Poi ha scoperto chi sei veramente." concludo per lei, capendo.

Natasha annuisce:
"Non che mi aspettassi una reazione diversa, nessuno si fida più di me dopo che viene a conoscenza del fatto che sono un'agente dello S.H.I.E.L.D. Stark non dormirebbe più nella mia stessa stanza neanche a pagarlo oro il che è l'unica nota positiva della mia fama da assassina." conclude, sorridendo amaramente.

"Mi dispiace."-le dico, sinceramente-"Ma, se ti può consolare, non ti libererai di me così facilmente."

"Allora sono tranquilla."-ironizza-"Invadente." sottolinea, per l'ennesima volta.

"Magari posso essere una buona psicologa."

"I tuoi pazienti si suiciderebbero dopo la prima seduta."

"Stronza."

Una risata divertita segue il mio insulto e Natasha si allontana, lasciandomi lì, sola, con una sensazione indecifrabile che mi invade il petto e un mezzo sorriso che arriccia le mie labbra, mente scuoto la testa e la guardo andare via.
**
Ci mettiamo più di quattro ore, tra telefonate e ricerche online, a trovare un appartamento libero. 
Quando finalmente ci comunicano che possiamo visitarlo e iniziare il trasferimento il giorno stesso, io e Anaëlle tiriamo un sospiro di sollievo.
Do un'occhiata all'indirizzo e, per qualche assurda ragione, mi sembra familiare.
Ci metto un secondo a confermare la mia teoria e sorrido pensando a come il destino, talvolta si diverta malignamente.

"Dovremo dirlo a Clint e Natasha." mi suggerisce An, ma scuoto la testa.

"Oh, no, sono sicura che Natasha lo verrà a sapere molto presto da sola."
Lei mi guarda con aria interrogativa e mi accingo a spiegarle il piano che sto per mettere in atto.

**
Toc, Toc, Toc.

Natasha sbuffa, chiedendosi chi possa essere a quell'ora a bussare alla sua porta. 
In ogni caso, qualcuno molto fortunato da trovarla in casa, date le sue recenti missioni che la facevano stare all'esterno per settimane intere.
La russa tasta il coltello a serramanico nella tasca, giusto per essere sicura in caso si trattasse di qualcuno di poco gradito e si dirige verso l'ingresso, aprendo la porta, ancora legata con la catenella, di uno spiraglio necessario per guardare all'esterno.

"Si?" 

"Sorpresa!" esclamo, sbucando davanti alla soglia e stringendo una torta multistrato che sono riuscita a comprare una manciata di minuti fa.
Natasha biascica qualcosa in russo, tra cui un "che cazzo." che distinguo molto chiaramente grazie al traduttore di Stark che ho ancora incastrato nell'orecchio.

"Ho sentito che in America è tradizione portare un dolce ai nuovi vicini di casa."-le spiego-"E visto che io e Anaëlle ci siamo appena trasferite nell'appartamento al piano di sopra..."

Natasha mi guarda con aria indecifrabile, direi a tratit furiosa, poi mi dice, semplicemente.
"Sono russa, non americana."
E chiude la porta.
Rimango in piedi con la torta in mano, speranzosa.
Da quando il fatto che Natasha mi consideri conta così tanto per me? Da quando ci rimango male per una rispostaccia, io che le provoco e me le cerco?

"Okay, allora te la lascio qui." le dico alla fine, dopo una decina di minuti buoni.

Mi allontano salendo le scale ed è quando ho ormai superato la prima rampa che sento la porta scattare e, quando mi giro, la torta è sparita dalla soglia e un sorriso vittorioso è comparso sulle mie labbra.
Anche i russi cedono ai dolci, a quanto pare.




Chiacchiere dell'autrice:
Salve a tutti! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, dal prossimo inizia un po' di azione e la storia di An e Cam comincia a venire pian piano a galla! Un vostro parere sarebbe tanto gradito, intanto ringrazio tutti quelli che leggono e seguono, grazie <3

Erza

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Capitolo 8
*** Capitolo otto. ***


Capitolo otto
 
When the lights turned down, they don't know what they heard
Strike the match, play it loud, giving love to the world
We gonna let it burn burn burn burn
Burn-Ellie Goulding

 

Un piccolo vuoto d'aria mi fa trattenere il fiato mentre l'aereo traballa, riassestandosi.
Giocherello nervosamente col guanto nero che mi avviluppa la mano e, prendendo un bel respiro, faccio l'ennesimo resoconto della missione in corso per calmarmi un attimo.
Siamo partiti da cinque, forse sei ore e la nostra destinazione è Lyon, una città nel sud est della Francia. 
A quanto pare, è proprio lì che un gruppo di scienziati pazzi aveva deciso di chiudere delle ragazzine in un bunker che adesso è sotto sequestro dello S.H.I.E.L.D.
Sono giorni interi che mi chiedo come lo S.H.I.E.L.D stesso sia riuscito a scovarlo e trarci in salvo ma, a quanto pare, sono informazioni riservate.
"Compartimentazione" l'ha definita Fury o, come diciamo più semplicemente io e Anaëlle "Fatevi gli affari vostri."
Noi ci troviamo su questo volo per necessità più che altro: dei semplici agenti di livello 1 come noi non sarebbero neanche autorizzati a uscire di casa senza essere accompagnati dalla mamma a quanto pare, ma Fury spera che, tornando in Francia, possa tornarci parte della memoria.
Natasha, Clint, il Capitano e Banner sono venuti con noi e hanno il compito di impedirci di fare pressoché qualsiasi cosa che vada all'infuori di respirare; non avendo esperienza sul campo, essendo poco più che civili, dobbiamo evitare di cacciarci nei guai e, sopratutto, usare i nostri poteri, come amano definirli loro. In pratica niente scaglie o zanne e, in ogni caso, spero di non averne bisogno.

Anaëlle, seduta accanto a me, appoggia la testa sulla mia spalla e le sorrido.

"Ho un cattivo presentimento." mi dice poi, dopo qualche attimo di silenzio.

"Ehi, penso sia normale."-cerco di tranquillizzarla-"Magari troveremo delle informazioni che ci riguardano o ricorderemo qualcosa."

Cerco di essere ottimista anche se, nel profondo, non sono convinta che sarà tutto così semplice.
Ciò che mi preme maggiormente è capire veramente cosa ci sia dietro a tutto questo, se si tratti di una qualche organizzazione o se sia, invece, un gruppo di pazzi isolato.
C'è anche un'altra ragione per cui non vedo l'ora di entrare finalmente in quel maledetto bunker: l'immagine di quell'uomo, quello a cui Natasha ha sparato senza pietà, ancora mi tormenta.
Non riesco a farne una colpa né a lei né allo S.H.I.E.L.D e non li biasimo certo per aver aperto il fuoco in luogo del genere e avendo le informazioni in loro possesso, tuttavia vorrei pote capire.
Capire è tutto ciò che voglio fare fin da quando mi sono risvegliata.

Anaëlle annuisce alle mie parole e io le cingo le spalle con una mano, come per tranquillizzarla, poi ci assopiamo entrambe.
**
Il viaggio in macchina dura poco più di mezz'ora e quando finalmente scendiamo, ci ritroviamo in mezzo alle colline, su un grande prato verde. La strada non è asfaltata ed è poco più che un viottolo tra la natura nella quale ci addentriamo in silenzio.
Il Capitano fa strada con Natasha e Clint, mentre Bruce ha deciso di rimanere a sorvegliare l'auto...Forse non è fatto per i lavori sul campo, del resto è uno scienziato e un dottore, non penso sappia impugnare una pistola, ma Fury ha detto che avrebbe fatto parte del Team in caso di emergenza.
L'entrata del bunker è ai piedi di una piccola collina, in mezzo al nulla più totale il che mi fa sospettare che lo S.H.I.E.L.D tenesse d'occhio questo posto da molto più tempo di quello che ci vuol fare credere. 
Quando le grandi porte blindate si aprono davanti a noi sento un brivido percorrere la mia schiena e capisco cosa intendesse Anaëlle quando ha detto di aver avuto un cattivo presentimento: quel posto mi fa venire voglia di scappare, di correre il più lontano possibile e sparire dalla faccia della terra.
Sento la mano esile di Anaëlle intrecciarsi con la mia in un gesto ormai spontaneo e il Capitano ci lancia un'occhiata preoccupata.

"Ve la sentite?" ci domanda poi.

Trovo estremamente carino il fatto che si preoccupi per noi in una maniera così dolce, proprio quando, la prima volta che lo abbiamo incontrato, sosteneva Anaëlle ad ogni passo, come se avesse timore che potesse rompersi da un momento all'altro. Anche se all'inizio pensavo che non fosse molto sveglio, mi rendo conto che probabilmente ha solo un grande cuore.

"Mai state meglio."-gli rispondo, facendogli l'occhiolino-"Tanto ci proteggi tu, no?"

Il capitano arrossisce lievemente e Anaëlle mi tira una gomitata nelle costole per poi sorridere, alzando gli occhi al cielo.
"Scusala, è sempre così." mi giustifica infine.

"E' una biscia invadente e infantile."-puntualizza Natasha-"Che non sa a tenere a freno la lingua."

Sibilo infastidita mentre la lingua biforcuta mi sfiora i denti con fare minaccioso.

"Okay ragazze, devo separarvi con la forza?" ci canzona Barton.

"Non ci riusciresti." rispondiamo in coro io e Natasha e il povero Clint non può fare a meno di arrendersi mentre Anaëlle gli batte una pacca sulla spalla cercando di confortalo.
All'improvviso tutta la tensione accumulata sembra essere sparita mentre un grande sorriso mi si allarga sul volto e mi rendo conto che tutta la rabbia che provavo quando ero stata tratta in salvo da quel posto era andata sparendo, forse proprio grazie a tutti loro.
Non lo ammetterei mai, ma avere con me Anaëlle, Natasha, Clint e persino il Capitano mi fa sentire finalmente sicura.

"Entriamo." dichiara alla fine il Capitano, mettendo fine a quel patetico teatrino.

Non appena mettiamo piede dentro, delle flebili luci arancioni illuminano una lunga scala di cui non riusciamo a scorgere la fine. Il buio è opprimente e Anaëlle trema lievemente, così stringo la sua mano nella mia mentre cominciamo a scendere, gradino dopo gradino.
L'odore è stranamente familiare e mi rendo conto di avere una memoria olfattiva maggiore di quella che credevo mentre distinguo l'odore del terriccio fresco sotto le nostre scarpe, della plastica bruciata delle luci e della vernice ormai scrostata sulle pareti. L'odore che mi colpisce più di tutti, comunque, è sempre quello di Natasha che, per qualche strana ragione, sovrasta sempre tutti gli altri.
La discesa sembra non finire più e quando finalmente entriamo nel bunker vero e proprio ho come un terribile déjà vu e mi blocco immediatamente, guardandomi intorno: conosco perfettamente la planimetria di questo posto, ogni singola stanza, ogni anfratto.
Faccio scivolare la mia mano da quella di Anaëlle e mi dirigo come un'automa verso la cella dove eravamo rinchiuse e, quando ci arrivo, ne accarezzo lievemente le sbarre, come per paura di farmi male.
Un flash di quella notte mi invade mentre rivedo quell'umo accasciarsi a terra privo di vita e sobbalzo istintivamente, allungando una mano come se potessi fare qualcosa per aiutarlo.

"Stai bene?" la voce di Natasha mi fa sobbalzare e, girandomi, rivedo quel demone dai capelli rossi che ho tanto temuto ed è quando noto lo sguardo allarmato della russa che mi rendo conto che la mia pelle si sta ricoprendo di scaglie. 

"Si." le rispondo poi, quasi sussurrando.

"Andiamo, dobbiamo cercare qualche documento che possa ricondurci alle origini di questa sperimentazione." mi dice poi, appoggiandomi una mano sulla spalla.

Forse è quel gesto che mi riporta alla realtà e finalmente metto a fuoco il suo volto, lontano anni luce a quello di un mostro. Le sorrido mentre annuisco e lei arriccia le labbra in un sorriso incoraggiante che, per qualche assurda ragione, mi scalda il cuore.
La sala principale del bunker e piuttosto spoglia, tranne per quanto riguarda il grande tavolo centrale, pieno di fiale, distillatori e siringhe gettate alla rinfusa.
Anaëlle ci si avvicina e le sfiora con fare quasi reverenziale e, come se ne conoscesse il contenuto, ne afferra una, annusandola.

"Morfina." dichiara poi, poggiandola.

La guardo incuriosita, poi ricordo che non è la prima volta che dimostra di avere conoscenze scientifiche: anche nello studio di Banner, infatti, aveva capito di cosa parlasse il dottore ancora prima che lui lo spiegasse.

"Sangue."- sentenzia, annusandole un'altra-"E secrezioni di veleno."
 
"A quanto pare ho trovato mia mamma!" scherzo, cercando di risollevare il morale generale.

L'unica a sorridere, scuotendo la testa, è Natasha, mentre il Capitano sembra piuttosto straniato del fatto che io sappia essere ironica in una situazione del genere. Aveva ragione Stark quando diceva che non ha veramente umorismo!

"Questo ha un odore strano."- Anaëlle ci fa concentrare nuovamente sulla nostra missione-"Penso sia un serio sperimentale."

"Prendiamone, un campione potrebbe rappresentare una fonte notevole di informazioni." ordina il Capitano e non posso fare a meno di concordare.

"Ragazzi, penso di aver trovato l'archivio." ci chiama Clint e so già che ha scovato la stanza adiacente al laboratorio ancora prima di vederla.
Lo raggiungiamo e lo troviamo intento a guardare in diversi cassetti, tutti vuoti.

"Lo S.H.I.E.L.D ha già preso tutto quello che era possibile, evidentemente non era nulla di significativo." fa presente il Capitano.

"No."-dichiaro, con una convinzione inaspettata-"C'è qualcos'altro, ci deve essere. Ma non qui."

L'istinto mi suggerisce di tornare nuovamente verso la cella, che sembra attrarmi come una calamita. Con passo deciso ripercorro l'angusto corridoio, ignorando la sensazione di terrore crescente che mi attanaglia lo stomaco e stringo di nuovo il metallo delle sbarre, osservando la serratura spaccata. Lentamente apro la porta che cigola sotto il mio tocco e sento Anaëlle scivolare nella stanza dietro di me. L'odore di paura e di morte mi assale violentemente e boccheggio mentre il neon sul soffito sfrigola, illuminando fiocamente la cella.
Il muro è composto da grandi blocchi di pietra e Anaëlle fa scorrere una mano sulle rocce come se potesse percepirne l'essenza.

"Il quarto blocco a partire dal basso." -dichiara poi, appoggiandoci sopra il palmo-"E' vuoto."

Non faccio in tempo a registrare quell'informazione che Anaëlle l'ha...polverizzato.
Una lastra di pietra spessa almeno dietro centimetri distrutta dal pugno di una ragazza gracile come lei.
"Wow."-si lascia sfuggire Clint-"Questo ancora non lo avevamo scoperto."

"Pare che avrai concorrenza, Steve." scherza Natasha, lanciando un'occhiata divertita al Capitano.

"Okay, allontanatevi immediatamente di lì." ci ordina poi Rogers e, controvoglia, faccio un paio di passi indietro.
"C'è un fascicolo all'interno." gli comunico.

"Una quarantina di pagine circa, ad occhio." aggiunge Anaëlle.

Amo la sua autoironia, nonostante tutto non si è mai pianta addosso per la sua cecità, almeno non da sobria: ha una grande forza d'animo celata dietro quella fragilità apparente.
Rogers annuisce, poi inserisce cautamente una mano nell'anfratto e ne estrae la cartellina rosso fuoco.

Succede in un istante: il mio corpo urla, ogni senso sembra impazzire mentre sento un sonoro "click" nell'aria, che nessun'altro tranne Anaëlle pare percepire.

"Fuori!"-urlo-"Tutti fuori!"

C'è un momento di spiazzamento generale poi afferro il braccio di Anaëlle e la spingo fuori dalla cella con quanta forza ho in corpo  mentre Clint e il Capitano si precipitano dietro di lei.
E' Natasha che mi prende il polso e mi costringe a correre verso le scale d'uscita mentre una violenta fitta di dolore alla testa mi fa chiudere gli occhi e boccheggiare.

Il rumore dell'esplosione alle nostre spalle mi assorda, mentre un fiotto d'aria bollente ci avvolge. Le pareti del bunker tremano e un grosso pezzo di soffitto crolla dietro di noi, mentre corriamo all'impazzata, cercando di salvarci la vita.
Siamo a un soffio dal primo gradino quando le pareti crollano completamente sulle scale, separandoci dal resto del gruppo. L'esplosione ci raggiunge con violenza, sbalzandoci via e separandomi bruscamente da Natasha, che vedo sbattere contro la parete di roccia.
Non faccio in tempo ad urlare che il fiato mi viene mozzato dal violento impatto al suolo e l'ultima cosa che sento prima che tutto diventi nero è la voce di Anaëlle che grida il mio nome.

**
Quando apro gli occhi, la prima cosa che sento è un forte mal di testa. 
Immediatamente mi guardo intorno in cerca di Natasha e, non trovandola, sento un senso di panico crescente alla bocca dello stomaco.
Percepisco il calore opprimente intorno a me ma, in qualche modo, non ne sono infastidita.
Mi prendo un secondo per osservare le mie mani e, come sospettavo, le ritrovo ricoperte di scaglie: sto assorbendo calore, proprio come fanno i rettili, animali a sangue freddo.
Pian piano faccio leva sul suolo rovente e mi alzo in piedi, reggendomi a stento sulle mie stesse e gambe mi guardo intorno tra i detriti e la polvere, in cerca di Natasha.
Muovo un paio di passi incerti, soffocando un attacco di tosse e mi inoltro nel bunker, nella direzione in cui l'ho vista impattare con la roccia e, finalmente, riesco a scorgere i suoi capelli rossi.

"Natasha!" la chiamo, avvicinandomi quanto più velocemente posso.

La donna è riversa al suolo, gli occhi chiusi e l'aria pallida, troppo.
Nuovamente, un senso di terrore mi assale, ma cerco di non farmi dominare dalla paura.
Le metto freneticamente una mano sul collo e cerco il suo battito cardiaco e quando finalmente lo percepisco tiro un sospiro di sollievo.

"Avanti, Natasha." -la sprono, prendendo dolcemente la sua testa tra le mani e sollevandola dal suolo-"Non farmi scherzi."

Noto che la sua fronte è imperlata di sudore: fa caldo, troppo caldo, devo assolutamente portarla fuori di qui prima che abbia un collasso.
Senza troppe cerimonie me la carico sulle spalle e noto che è molto più leggera di quanto pensassi, per essere una super spia tutta muscoli.
Un passo dopo l'altro cerco di trascinarci fino a ciò che rimane delle scale d'uscita, nella speranza di trovare un varco attraverso quale passare.
Un colpo di tosse mi scuote violentemente e sono costretta a fermarmi per riprendere fiato.
Dannazione, i miei super poteri non potevano comprendere anche la super forza come Anaëlle o Capitan America?
Con un ultimo sforzo deposito Natasha su ciò che rimane delle scale, bloccate completamente dai detriti e i pezzi di cemento franati su di esse.
Cerco disperatamente uno spiraglio ma non oso cercare di spostare le rocce, ancora troppo instabili. Se provassi a creare un passaggio verso l'esterno, rischierei di farci crollare l'intera struttura addosso, seppellendoci vive.
Mi giro ad osservare Natasha ancora priva di sensi e sento che il calore è aumentato, facendo ribollire tutto intorno a noi. 
Quella dannata tuta dello S.H.E.L.D rischia di scioglierlesi addosso se non faccio qualcosa così, senza troppe esitazioni, sfodero i denti e la strappo di netto . 
Allargo lo squarcio con le mani fino a distruggere del tutto quella dannata tuta e, per un attimo, mi sfiora il pensiero di Stark piuttosto irritato per quello che ho fatto, ma lo scaccio immediatamente.
Mentre tolgo ciò che rimane dell'armamento da Natasha, non posso fare a meno di notare di quanto sia bella: è perfettamente proporzionata, magra al punto giusto, quasi il suo corpo fosse stato costruito su misura, con tutti i pezzi giusti.

C'è un altro dettaglio che non posso che annotare: l'intimo nero di pizzo durante una missione.
Oh, si, la prenderò in giro fino alla morte per questo.
Un piccolo sorriso si forma sul mio volto, nonostante la situazione pressoché disperata.

"Dimmi..che non mi hai appena spogliata."

La voce di Natasha è poco più di un soffio, così flebile che a malapena riesco a sentirla. Non ha neanche aperto gli occhi, quasi stesse parlando nel sonno, ma sono sicura che sia decisamente cosciente.
"Può essere."- le rispondo-"Resta sveglia, Nat." le intimo poi, stringendole la mano.

"Quanta confidenza." mormora ancora e non posso fare a meno di sorriderle.

"E' il minimo, visto che sto facendoti da babysitter." le rispondo a tono.

Un piccolo sorriso si forma sul suo volto, ma è subito sostituito da un espressione di dolore e da un mugolio sommesso.

"Ci tireranno fuori." 

Vorrei dire di star rassicurando lei ma, in realtà, sto solo cercando di convincermi che succederà, di non perdere le speranze. La sento annuire impercettibilmente e le stringo la mano, mentre la osservo come se quel semplice gesto potesse tenerla attaccata a me e impedirle di cadere nuovamente nell'incoscienza.

"Ossigeno."-bisbiglia-"Manca l'ossigeno."

Ha ragione, l'aria è bollente ma, in qualche maniera, riesco a respirare comunque, forse anche grazie alle squame disseminate sul mio corpo.
Forse potrei riuscire a respirare per entrambe, almeno per un po'.

"Me ne pentirò." bisbiglio tra me e me, mentre le prendo gentilmente il mento tra le mani e lo avvicino al mio volto.

"Tanto ormai ti ho già spogliata." scherzo un attimo prima di poggiare le mie labbra sulle mie.
La sento fremere a quel contatto e cerco di restare concentrata, inalando quando più ossigeno possibile e cercando di trasmetterglielo in quella che definirei una respirazione bocca a bocca improvvisata. 
Vorrei dire di non star provando niente, ma quando sento il suo sapore, inconfondibile quanto il suo odore, invadermi la bocca, il mio cuore si ferma per un secondo. Ha le labbra morbide, troppo morbide.
Dannazione, dovevo rimanere intrappolata sottoterra proprio con una femme fatale come lei?
Quando finalmente mi stacco da quel bacio, sempre che così possa definirsi, che sembra essere durato un'eternità, la vedo sorridere, mente apre i gradi occhi verdi e mi fissa:

"Invadente." mi bisbiglia.

"Avventata." la correggo, divertita.

Lei sta per aggiungere qualcosa ma, all'improvviso, il terreno trema sotto i nostri piedi e scatto in piedi, allarmata, cercando di scorgere un possibile cedimento nelle pareti o nel soffitto.
Un ulteriore boato scuote la terra ed è nel momento in cui capisco che proviene dall'esterno che la parete di roccia che ci separa dall'uscita va in frantumi, esplodendo sopra di noi.
Istintivamente mi getto su Natasha, facendole da scudo contro i frammenti di roccia che ci investono con forza inaudita, graffiandomi il viso e le mani.
Un urlo squarcia l'aria e quanto apro gli occhi vedo un enorme gigante verde sovrastarci e scrutarci con aria inferocita, forse confusa. 
C'è un attimo in cui ci osserviamo in silenzio e nei suoi tratti scorgo qualcuno di familiare, un volto conosciuto.

"Banner?" mormoro.

"Hulk."- grugnisce lui-"Hulk spacca!" aggiunge, tirando un cazzotto alla parete di pietre, già instabile di suo.
Perfetto, è pazzo e noi dobbiamo assolutamente uscire di qui. Con le ultime forze che mi rimangono sollevo Natasha da terra e la stringo tra le braccia, cercando di correre verso ciò che rimane delle scale.
Hulk alle mie spalle non accenna a smettere di sfogarsi su quel che resta del povero bunker e sento la struttura cedere pezzo dopo pezzo sotto di noi, mentre arranco verso l'aria aperta.

"Natasha, Camille!" una voce familiare risuona nelle mie orecchie, mentre delle braccia all'improvviso strappano Natasha dalla mia presa e mi aiutano a mantenere un equilibrio precario.

"Camille!"
Questa è decisamente Anaëlle, ne sono sicura. Non faccio in tempo a formulare quel pensiero che vengo stretta in un abbraccio quasi soffocante ed entrambe rotoliamo per terra, su quella che riconosco essere l'erba del prato subito fuori dal bunker.

"Temevo fossi morta, temevo che foste entrambe morte!" mi dice e sento che ha la voce spezzata dal pianto.

"Sai che non mi faccio abbattere da così poco." riesco a mormorare finalmente, dopo qualche secondo.

"Senti, sbruffoncella, che ne dici di allontanarci di qui prima che Hulk decida di uscire da quel maledetto bunker?" 

Clint mi tende un braccio e mi tiro in piedi, annuendo.
"Natasha ha bisogno di cure mediche, immediatamente." gli comunico e lui annuisce:

"Sono in arrivo." mi comunica nel momento esatto in cui un quinjet plana sul prato davanti a noi, aprendo la rampa posteriore. Anaëlle mi afferra la mano e ci affrettiamo a raggiungere il Capitano che sostiene Natasha, ancora incosciente e piuttosto svestita.
Me la farà pagare, ne sono certa.

Mentre salgo sull'aereo, mi giro a guardare le rovine fumanti di quella che era stata la nostra prigione e quando un Hulk piuttosto incazzato ne esce saltando e lanciando un urlo che fende l'aria circostante, non posso fare a meno di sorridere.

**
La cartellina rossa per la quale abbiamo rischiato la via è sparita tra le mani di Maria Hill e mentirei se dicessi che non sapevo che sarebbe finita esattamente così in cui il Capitano gliel'ha consegnata.
La cosa mi manda fuori di testa ma, ora come  ora, non è il nostro problema maggiore, così decido di aspettare prima di urlare e fare una scenata reclamando ciò per cui sono rimasta rinchiusa sotto le macerie.
Siamo ancora seduti sulle scomode seggiole di plastica da quando il volo è atterrato nella base parigina dello S.H.I.E.L.D e nessuno di noi è riuscito a chiudere occhio.
Sono stata sottoposta ad una serie di test e analisi da quando ho messo piede qua dentro e il dottor Banner stesso ha spiegato a l'équipe di medici francesi le mie caratteristiche genetiche e tutte quelle cose che ancora non ho ben capito e non ho intenzione di studiare a breve.
Sono stata dimessa quasi immediatamente, risultando illesa tranne per un paio di graffi dovuti all'impeto dell'Hulk per il quale Bruce non smetteva di scusarsi.

"Come stai?"

E' la prima volta che il Capitano mi rivolge la parola da quando siamo lì e il fatto che continui a preoccuparsi per me e Anaëlle mi fa sentire, in qualche modo, più tranquilla.
Mi stringo nelle spalle, incapace di dargli una risposta completa.
Steve mi guarda e fa un mezzo sorriso, un misto tra incoraggiamento e rassegnazione.

"So come ci si sente quando uno dei compagni di squadra è in pericolo."-mi confessa poi, alla fine-"Sono spesso considerato come il leader, durante la guerra delle truppe, ora della missioni dello S.H.I.E.L.D. Molti mettono al primo a posto la riuscita della missione, ma io ho sempre pensato che i compagni fossero la vera responsabilità di un buon capo."

Okay, un discorso toccante senza dubbio, ma mi chiedo dove voglia andare a parare.

"E' una ramanzina per avervi messi in pericolo insistendo per tornare in quel bunker?" gli domando poi, quasi con tono di sfida.

"No, Camille, tutt'altro."- replica, lasciandomi spiazzata-"Il modo in cui hai fatto si che tutti uscissimo da quella stanza quando hai capito che c'era una bomba mi ha dimostrato che possiedi veramente quel coraggio che ostenti."

"Io non ostento.."-cerco di ribattere, ma una sua occhiata mi fa sospirare, mentre gli concedo una piccola vittoria-"Potrà anche essere stato eroico, ma adesso Natasha è ricoverata qua e ancora non ne abbiamo notizie, a causa di uno stupido capriccio."

Ed eccolo finalmente, il senso di colpa che mi attanaglia lo stomaco da quando siamo scese da quel dannato quinjet e ho guardato Natasha riversa sulla barella, con una maschera d'ossigeno premuta sul volto. Lo stesso senso di colpa che mi opprime da ore impedendomi di dare un morso a quel panino che Barton si è impegnato a reperire nella caffetteria della base.

"Camille, tu hai fatto tutto il possibile per lei." mi rassicura Steve.

Oh si, tutto il possibile che comprendeva baciarla, cosa piuttosto imbarazzante che ancora non ho rivelato neanche ad Anaëlle.

"Quando Fury ha messo insieme gli Avengers, nessuno pensava potesse funzionare. Eravamo disuniti, ci odiavamo e ognuno voleva fare di testa propria, ma dopo la battaglia di New York le cose sono cambiate. Fidarci l'uno dell'altro è ciò che facciamo quotidianamente, così come coprirci le spalle a vicenda."- mi racconta, abbassando la testa e fissandosi le mani intrecciate tra di loro-"In quel bunker, ti sei presa cura di Natasha come ognuno di noi avrebbe fatto, non rimproverarti per non aver potuto fare di più, ma pensa che, senza di te, starebbe molto peggio di quanto non stia adesso."

E' come se qualcuno mi avesse appena dato un grande libro di filosofia e me l'avesse fatto leggere tutto d'un fiato, lasciandomi senza parole per almeno dieci secondi buoni.

"Wow."-riesco a formulare alla fine-"Parli come un vecchio saggio." lo canzono alla fine.

Steve sbuffa e mi sorride, alzando la testa e, in quel preciso istante, un po' quel nodo d'angoscia che  si era formato all'altezza del mio cuore si allenta.
"Me lo dicono in molti." scherza e sono stupida nel vedere che, forse, persino lui ha senso dell'umorismo.

"Stark?" azzardo, sorridendo per la prima volta dopo quelli che mi sembrano secoli.

Steve non dice nulla, ma il suo sguardo è di per sé una risposta più che sufficiente.
Incrocio le braccia sotto il seno e scuoto il capo, soffocando una mezza risata del tutto inappropriata.
Il Capitano, forse, non è così malaccio come sembrava.
E' proprio mentre sto per fargli un'altra domanda pertinente lo S.H.I.E.L.D e il progetto Avengers che la grande porta bianca che conduce verso il pronto soccorso si apre, lasciando uscire Banner in compagnia di un piccolo uomo tarchiato che avrà all'incirca una cinquantina di anni.
Il primo a scattare in piedi e Clint, seguito da noi altri, proprio come soldatini sull'attenti.

"L'agente Romanoff ha subito diversi traumi dovuti all'alta temperatura a cui è stata sottoposta e al forte impatto con la parete rocciosa al momento dell'esplosione."-inizia il medico di cui non so il nome-"Tuttavia, per quanto possiamo appurare, non vi sono lesioni allarmanti."

"Teoricamente, la maggior parte dei danni avrebbe dovuta essere stata causata dalla mancanza di ossigeno al cervello ma questo, per qualche strana ragione, non pare essere successo."-ci spiega Banner e lo ringrazio mentalmente per star parlando un linguaggio comprensibile anche a noi comuni mortali-"Adesso sta riposando, ma non dovrebbero esserci traumi cranici né neurologici permanenti. Ce ne accerteremo quando si sveglierà." conclude, lanciando una lunga occhiata a Clint, che annuisce.
"Grazie dottore." gli dice Steve, appoggiandogli una mano sulla spalla in segno di riconoscenza.

Personalmente, tutto quello che mi circonda pare come ovattato, superfluo, mentre un senso di sollievo mi invade, facendomi respirare di nuovo dopo quelle che sembrano ore.
La voce di Anaëlle, a un soffio dal mio orecchio, mi riscuote all'improvviso.

"Nessuna mancanza di ossigeno, uh?" incalza, con un tono che non lascia dubbi al fatto che abbia capito cos'è successo tra quelle macerie.

"E' stata molto fortunata." le sibilo, distogliendo lo sguardo.

"Certo, a baciare una ragazza avvenente come te." incalza ed io non posso fare a meno di sentire di nuovo quella sensazione invadermi lo stomaco, ma è subito soppiantata da un'irritazione ostentata che nasconde un imbarazzo notevole.

"An!"- sta voltala mia voce  è ben più che un semplice sibilo, sembra quasi un ringhio adirato-"Sparisci dalla mia vista." le intimo, ma lei non sembra rendermi sul serio mentre mi stringe a sé e mi bacia gentilmente sulle testa, in un gesto che definirei materno.
Finalmente sorrido anche io, scuotendo la testa e mi lascio coccolare da quell'abbraccio del quale, ormai, non posso più fare a meno.






chiacchiere dell'autrice:
Salve a tutti! Prima di tutto Buon Natale in ritardo e Buon Anno in anticipo! So di non aggiornare da molto ma, devo ammettere, che il fatto che la storia sia poco seguita e recensita mi ha buttata molto giù. So che efp è poco frequentato ormai, tuttavia, essendo una storia che mi sta molto a cuore, speravo in qualche feedback in più (ringrazio la mia bomber che, invece, non si smentisce mai e fa delle recensioni bellissime.)
Che dire, questo capitolo è più lungo e finalmente c'è un po' di azione! Spero vi sia piaciuto! 
Alla prossima, spero
Erza

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Capitolo 9
*** Capitolo nove. ***


Capitolo nove 
 
I’m a princess cut from marble, smoother than a storm.
And the scars that mark my body, they’re silver and gold,
My blood is a flood of rubies, precious stones,
It keeps my veins hot, the fire's found a home in me.
I move through town, I’m quiet like a fight,
And my necklace is of rope, I tie it and untie.
Yellow flicker beat-Lorde

 

Una settimana dopo

Mi lascio cadere scoordinatamente sulla poltroncina dello studio di Fury e mi guardo intorno con fare svogliato, mordicchiandomi l'interno della guancia in attesa di sapere il perché di questa convocazione.
Certo, non si può dire che non ne abbia un'idea, ma ormai ho imparato che con lo S.H.I.E.L.D tutto può essere.
La porta dello studio di apre con un suono metallico e faccio per accogliere Fury quando mi ritrovo davanti a una matassa di capelli rossi terribilmente familiare. 
Natasha mi fissa un secondo mentre scatto in piedi e muovo un passo verso di lei, per poi fermarmi in mezzo alla stanza, incerta sul da farsi.
La abbraccerei se si trattasse di una persona normale, ma è Natasha, il che esclude a priori molteplici atteggiamenti che potrei assumere in questo momento.
"Dovresti essere ancora a letto."-esordisco poi, con tono severo-"Vanifichi tutto il mio lavoro." aggiungo, incrociando le braccia e guardandola con aria torva.
Natasha non si perde in parole inutili e solleva un lembo della maglia, facendomi vedere le poche lacerazioni create dai detriti dell'esplosione completamente rimarginate.
"Super metabolismo?" azzardo, avvicinandomi.
"Stark."-mi risponde-"Un prototipo di culla rigenerativa."
"Funziona anche sui traumi cranici?" incalzo, cercando di mascherare  la mia evidente preoccupazione.
"Sto bene, Camille."- sbotta Natasha-"Ho visto di peggio." mi rassicura e non posso fare altro che sospirare rassegnata.
Del resto non potevo certo aspettarmi che una super spia russa si legasse a un letto anche solo per una decina di giorni.
Natasha mi appoggia una mano sulla spalla incrinando le labbra in un piccolo sorriso e parte di quella tensione che aleggiava nell'aria pare allentarsi, soprattutto quando ghigno meschinamente esordendo in un sonoro
"Allora carina la biancheria in pizzo!"
Questa esclamazione che mi vale un'occhiata gelida e una serie di epiteti in più lingue così vasti e variopinti da poter riempire un dizionario.
Non posso fare a meno di scoppiare a ridere come non facevo da tempo, mentre l'ansia accumulata in quei giorni, il senso di colpa  e la paura che qualcosa, qualsiasi cosa, potesse essere andata storta, scivolano via disperdendosi come foglie spazzate via dal vento.
Vorrei che fosse una sensazione eterna, ma è nel momento stesso in cui Nick Fury, accompagnato da praticamente tutti gli Avengers, ad eccezione di Stark e Thor, entra nella stanza con un'espressione torva stampata sul volto che capisco che la pacchia è già finita. 
Anaëlle, a fianco di Barton, mi cerca con lo sguardo per poi venire a sedersi accanto a me, sfoderando uno dei suoi candidi sorrisi che hanno la capacità quasi magica di rassicurarmi immediatamente.
"Clint dice che Fury ha qualcosa su di noi." mi mormora poi, avvicinandosi al mio orecchio e parlando così flebilmente che a stento capisco cosa dica.
Annuisco e sento un formicolio diffuso in tutto il corpo probabilmente dovuto al nervosismo. Anaëlle appoggia la sua mano sulla mia, ancora adagiata sul bracciolo della poltroncina e intreccio le mie dita con le sue, in un gesto ormai istintivo.
Sentire la sua mano serrata intorno alla sua mi fa sentire meno sola, mi tranquillizza all'istante e mi restituisce quella lucidità necessaria per affrontare le situazioni più spinose come quella che stiamo per fronteggiare.
Anaëlle ed io diventiamo un tutt'uno, legate dallo stesso passato tormentato, lo stesso presente incerto, ci stringiamo per supportarci l'un l'altra.
Nick Fury rimane in piedi, al centro della stanza e scruta ognuno di noi col suo occhio buono.

"Ho delle notizie per voi."-esordisce poi-"E non saranno piacevoli."
Fantastico.
"L'ultima missione condotta da Romanoff, Barton e Rogers ha riportato alla luce delle informazioni che allo S.H.I.E.L.D erano sfuggite. In questa cartella"-spiega, brandendo il fascicolo rosso ritrovato nel bunker-"Vi sono schedate quattro persone, due delle quali di nostra conoscenza."
Il suo sguardo si posa su di noi e sento un peso enorme bloccarsi all'altezza del mio stomaco.
"Prima di mettervi al corrente di ciò, però, c'è qualcosa che vorrei discutere con te, agente De La Croix."
Per un attimo penso che stia parlando di Anaëlle, ma quando incrocia le braccia e alza il suo sguardo su di me, sospiro, capendo che la ramanzina che ho atteso per una settimana intera dopo l'esplosione è finalmente arrivata.
"Sarò sincero con te: qui allo S.H.I.E.L.D non gradiamo coloro che prendono iniziative personali come decidere di frugare in vecchie celle dismesse in cerca di documenti."- dice, con un tono che non ammette repliche- "Tuttavia, ti sei dimostrata brillante, intuitiva e con grandi capacità deduttive e non mi riferisco solo al ritrovamento di questi fascicoli."

Lo guardo con aria interrogativa, senza sapere cosa ribattere, così lascio che continui a parlare, impaziente di sapere dove quel discorso andrà a parare.

"Sei stata capace di agire sotto pressione, prendendo le decisioni giuste al momento giusto. L'agente Romanoff ha riportato come tu le abbia salvato la vita tra quelle macerie, cosa che non tutti sarebbero stati in grado di fare."

Mi giro verso Natasha che abbozza un sorriso notando l'espressione di totale stupore sul mio volto.

"Per questa ragione ritenimo giusto promuoverti al livello 3. Uscendo dall'Accademia dello S.H.I.E.L.D, spesso si è già al livello 5, ma il vostro caso è un'eccezione particolare. Sono fiducioso che apprenderete direttamente sul campo a fianco dei nostri validi agenti Barton e Romanoff, con l'aiuto di qualche supereroe." aggiunge poi, facendomi l'occhiolino.

Rido, sollevata da quel gesto e, finalmente, riesco a mormorare un ringraziamento, senza riuscire a togliermi quello stupido sorriso a 32 denti stampato sul volto.
Anaëlle mi stringe la mano con enfasi e sorride, quasi avesse ottenuto lei stessa la promozione e non posso fare a meno, per un secondo, di essere felice come non lo sono da mesi.
Felicità che so, però, avere un prezzo.
"Qual è il motivo reale di questa riunione, signore?" trovo il coraggio di domandare finalmente, ben consapevole del fatto che la risposta sarà tutto men che gradevole. 
Fury sospira pesantemente, poi apre la cartellina rossa e mi tende un fascicolo che afferro con delicatezza, quasi potesse sgretolarsi tra le mie mani.
"Ciò che riguarda voi due è contenuto qui." -mi dice poi-"Lo S.H.I.E.L.D ritiene opportuno che voi siate messe al corrente in modo totale del contenuto di questa cartella, per cercare ogni eventuale traccia di ricordi che vi siano legati. Domande?"
Io e Anaëlle scuotiamo la testa meccanicamente poi, trattenendo il fiato, faccio scivolare i fogli tra le mie mani e leggo la prima pagina.
Ciò che mi colpisce immediatamente è una foto di Anaëlle, nome e cognome stampati a fianco ed una serie di informazioni personali  redatte sotto di essi.

"Anaëlle Laurent"-leggo lentamente, girandomi verso di lei-"Nata il 4 agosto 1990 a Parigi, Francia."
La vedo fare due conti velocemente, poi sorride con aria di sfida
"Ho ventitré anni." scandisce lentamente, con tono vittorioso.

Le rispondo con una smorfia e continuo la mia lettura

"Alta 1.75 metri, capelli biondi, occhi azzurri. Tratti particolari: nessuno."
Nulla che non sapessimo già.
Lancio un'occhiata alla scheda che segue e mi appresto ad enunciarla ad alta voce, cercando di sembrare il più rassicurante possibile.
Legami personali
Madre (Deceduta): Louise Leclercq
Padre  (Deceduto): Antoin Laurent
Sorella minore (deceduta): Evelyne Laurent
Madre (adottiva, deceduta): Françoise Duval
Padre (adottivo): Vincent Dubois
Sorella (Adottiva): Nadia Dubois

Esito un secondo e vedo che Anaëlle ha assunto un'espressione di puro sgomento, così stringo la sua mano come per farle forza e riprendo la lettura
"Anaëlle cresce a Parigi frequentando scuole private in compagnia dell'amica fedele Nadia Dubois. Figlia unica di Antoin Laurent e Louise Leclercq rimane orfana a seguito di un incidente stradale in cui perde anche la sorella, all'età di 13 anni. Viene adottata da Vincent Dubois e sua moglie Fraçoise Duval, la quale perirà in un incendio.
"-Si unisce alla branchia sperimentale Guardian nel maggio 2008 come biologa.
-A giugno 2013 si oppone alla sperimentazione umana insieme alla compagna Nadia Dubois. A causa del loro tradimento  le due reclute mandate dal quartier generale fuggono dal nostro controllo.
Dopo una ponderata riflessione, il consiglio decide di sottoporre Anaëlle e Nadia alla sperimentazione.
Esiti:..."
La voce non è ancora stata compilata: la cartellina deve essere stata nascosta poco prima del nostro ritrovamento da parte dello S.H.I.E.L.D.
Predo un profondo respiro e cambio pagina, aprendo il mio profilo.
Anaëlle è molto scossa, così appoggio la cartellina sul grande tavolo in legno e mi protendo verso di lei, stringendola.
Anaëlle non si oppone e appoggia la testa sul mio petto, mentre le accarezzo i capelli con fare rassicurante.
Mentre le aggiusto una ciocca bionda dietro l'orecchio sento che ha le gote rigate di lacrime, così le do un piccolo bacio sulla fronte

"Qualche ricordo?" le domando finalmente.
La sento annuire contro il mio petto, ma non aggiunge altro, così mi limito a tenerla stretta a me, cercando di sostenerla come meglio posso. Vorrei dire di star meglio di lei, ma una morsa di ferro mi attanaglia lo stomaco e, se potessi, fuggirei da quell'ufficio seduta stante, probabilmente vomitando.
Ma non posso permettermelo, non con Anaëlle così fragile tra le mie braccia: ha bisogno di qualcuno che la sostenga mentre i brandelli di memoria che possiede la soffocano poco a poco.
Ripenso alle parole che mi disse poco dopo il nostro ritrovamento, a come fossi fortunata ad aver rimosso ogni traccia del mio passato e delle sperimentazioni e non posso fare a meno di pensare che vorrei che anche lei fosse nelle mie stesse condizioni. Vederla piangere, apparentemente indifesa, mi fa venire voglia di prendere a pugni ogni cosa sul mio cammino pur di farla sorridere nuovamente.
"Vai avanti." -mi mormora poi, dopo qualche secondo-"Leggi anche il tuo profilo."
Annuisco mentre le accarezzo dolcemente i capelli e riprendo in mano la cartellina rossa
"Nadia Dubois."- leggo. Nadia, come sospettavo, sono sempre stata io. Assaporo il suono di quel nome sulle labbra e sorrido ritrovandomici.-"Nata il 29 maggio 1990 a Parigi, Francia. Ho ventitré anni!" esclamo, vittoriosa.
Un risata collettiva percorre la stanza e persino Anaëlle accenna a un sorriso, mentre mi giro in cerca di Natasha che scuote la testa, rassegnata alla mia esuberanza.
"Vediamo...sono alta 1.65 metri, capelli castani scuri, occhi marroni. Segni particolari: nessuno."
L'elenco di legami familiari che segue è molto simile a quello di Anaëlle in quanto mia sorella adottiva, l'unico tratto positivo di tutto quel profilo.
"Legami personali
Madre  (deceduta): Françoise Duval
Padre: Vincent Dubois
Sorella (Adottiva): Anaëlle Laurent"
Un altro conato mi assale, ma mantengo la voce ferma, ostentando una sicurezza che non mi appartiene.
"Nadia cresce a Parigi frequentando scuole private in compagnia dell'amica fedele Anaëlle Laurent. È figlia di Vincent Dubois e sua moglie Fraçoise Duval la quale perisce per incidente in un incendio di natura dolosa appiccato dal padre."
Sento un groppo all'altezza della gola e faccio una piccola pausa, cercando di recuperare il fiato che mi viene a mancare.
Mio padre ha bruciato viva mia madre.
Mi ripeto quelle parole come una filastrocca fino a quando non assumono un significato concreto nella mia mente, facendomi salire un senso di nausea destabilizzante.
"Il padre si trasferisce a Lione dove permette a Nadia e ad Anaëlle di proseguire gli studi. Nadia si dimostra maggiormente portata per le discipline fisiche della compagna.
A maggio 2008 si unisce alla branchia sperimentale Guardian come addestratrice e sorvegliante di reclute.
Nel giugno 2013 si oppone alla sperimentazione umana insieme alla sorella Anaëlle Laurent . A causa del loro tradimento  le due nuove reclute mandate dal quarter generale fuggono dal nostro controllo.
Dopo una ponderata riflessione, il consiglio decide di sottoporre Anaëlle e Nadia alla sperimentazione.
Il padre non oppone resistenza.
Esiti: ...."
Finisco di leggere che la mia voce è ormai ridotta a un sussurro. Seguono diverse foto con annotati differenti nomi.
Osservo quella di Anaëlle in camice da laboratorio, i lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta e lo sguardo concentrato
"Anaëlle Laurent durante la creazione del siero A-5"
La foto che segue, invece, è mia. Mi rappresenta in tenuta militare, le braccia incrociate dietro alla schiena e uno sguardo duro nel quale non mi riconosco per nulla.
"Nadia Dubois. Sorvegliante."
Lancio la cartellina sul tavolo in un gesto colmo di ira, come per allontanarla da me il più velocemente possibile, poi mi giro a cercare lo sguardo dell'unica persona nella stanza a cui so di potermi aggrappare.
Natasha mi fissa con aria indecifrabile e una morsa mi assale al pensiero del disprezzo che può provare in quel momento.
Eravamo due aguzzine, Anaëlle ed io, due mostri devoti a una causa raccapricciante. Poco importa se ci eravamo opposte,  era accaduto dopo anni e anni di obbedienza e silenzio, cosa che non riesco a tollerare.
"Quelle cartelle non sono complete." -riesce a formulare con uno sforzo enorme, come se ogni parola pesasse come un macigno-"Non avremo mai fatto qualcosa del genere senza una motivazione valida." tento di giustificarci.
"Ne sono certo."- mi risponde Fury, con un tono che di certo ha ben poco-"Ma proprio a causa di questo contenuto sospettiamo che possa esserci ben altro che una semplice sperimentazione umana dietro il vostro ritrovamento. Voi siete state vittime di questo sistema, ma prima lo avete alimentato, forse contro la vostra volontà,  ma lo avete fatto. Abbiamo bisogno che raccogliate ogni dettaglio che vi torni in mente, ogni possibile indizio sui membri di questo concilio, i leader di questo movimento."
Annuisco, ma sto ascoltando poco o nulla di quello che il direttore sta dicendo.
Quella foto mi tormenta, il mio sguardo gelido e spietato mi si è conficcato nel cuore come una scheggia e non riesco a smettere di negare l'evidenza, la mia vera natura svelata davanti al mio sguardo.
Mi faccio ribrezzo.
"Vi fidate ancora di noi?"
La domanda di Anaëlle riecheggia nell'aria e tutti tacciono per diversi secondi, secondo durante i quali sento il cuore martellarmi freneticamente nel petto mentre scruto con lo sguardo tutti i presenti, cercando anche solo la minima esitazione nel loro sguardo.
È Natasha a prendere la parola
"Quando l'agente Barton mi ha portata qua, allo S.H.I.E.LD, ero diffidente e schiva. Avevo precedenti molto più...significativi dei vostri, eppure Coulson e il direttore Fury mi hanno dato un badge e uno schiaffo morale ed eccomi qua."
"Io venivo da un circo, eppure si sono fidati a mettermi in squadra." le dà man forte Clint.
"Davvero, ragazzi?"- scherza Banner-"L'altro potrebbe farvi a pezzi da un momento all'altro, eppure lo S.H.I.E.L.D mi ha cercato per il progetto Avengers."
Le loro parole, per un attimo, mi rassicurano e accenno ad un sorriso in direzione di Bruce che lo ricambia senza esitare.
"Lo S.H.I.E.L.D riconosce delle potenzialità, non è un orfanotrofio."- rettifica Fury-"Voi due siete senza dubbio un'ottima risorsa, non possiamo permetterci di perdervi."
"Ci fidiamo."- il Capitano, in silenzio fino a quel momento, alza lo sguardo su di noi-"Potete dire che sono all'antica, ma so riconoscere un buon soldato, qualcuno su cui contare durante una spedizione, qualcuno come voi due."
"Parli come un vecchio saggio." gli rispondo  e lui sbuffa divertito, scuotendo la testa.
"L'unico vecchio saggio qua dentro è quasi commosso."-commenta ironicamente Fury-"Così commosso che se non vedo i vostri culi fuori di qui tra cinque secondi, vi spedisco tutti in Siberia."
Obbediamo all'istante e, mentre trascino Anaëlle fuori da quel dannato ufficio, lei si gira verso Nick e si sforza di sorridere
"Grazie, signore, per averci dato una possibilità."
Annuisco, come per sottolineare le sue parole, poi usciamo finalmente di lì.
**
Fury guarda sparire oltre la porta quelle due ragazze piombate tra capo e collo dello S.H.I.E.L.D e non può fare a meno di sorridere, pensando a quanti progressi hanno fatto da quando sono arrivate lì.
Merito degli Avengers, particolarmente degli agenti Barton e Romanoff che sembrano averle prese particolarmente a cuore ma, in generale, di ognuno dei supereroi che le ha spalleggiato in quei mesi.
Anche se il direttore Nick Fury non lo ammetterebbe mai, è orgoglioso della squadra che ha creato.
**
 
"Corri." la mia voce risuona chiara, risoluta.
Un ordine.
La ragazzina davanti a me, avrà su per giù la mia età, annuisce e mi guarda con occhi colmi di spavento e, al tempo stesso, di gratitudine.
"Vai, vai!" la spingo verso l'uscita e lei varca la soglia del bunker e comincia a correre nel grande prato buio davanti a noi.
La vedo girarsi indietro una sola volta, prima che sparisca del tutto nella notte.
Non faccio in tempo a compiacermi della riuscita di quella fuga che un sacco viene calato sulla mia testa.
Annaspo in cerca d'aria mentre mi sento soffocare. Urlo, mi divincolo, le mani che cercano freneticamente di strappare il tessuto che mi impedisce di respirare.
L'ultima cosa che sento prima di cadere a terra è l'urlo di Anaëlle in lontananza.

**
Mi tiro a sedere di scatto, sentendomi soffocare. Boccheggio cercando di inalare e le mie mani si stringono convulsamente intorno alle lenzuola mentre cerco di capire cosa sia successo.
Ricordi, incubi.
Mi guardo intorno e vedo Anaëlle assopita al mio fianco: non devo aver urlato, visto che sembra dormire serenamente.
Cerco di respirare regolarmente ed è solo quando mi passo una mano sul viso che mi rendo conto che sto piangendo.
Cerco di asciugarmi come posso con la manica del pigiama, poi scivolo fuori dalle coperte. Sono tentata di svegliare Anaëlle, di raccontarle cosa ho sognato, di farmi abbracciare fino a quando non mi calmo, ma non lo faccio.
La osservo dormire e mi rendo conto che voglio soltanto che riposi dopo una giornata come quella che abbiamo appena trascorso, così le poggio un bacio sulla fronte e chiudo la porta della camera alle mie spalle.
Non so bene come finisco davanti al pianerottolo dell'appartamento di Natasha, neanche ricordo di aver sceso le scale condominiali in pigiama nel cuore della notte.
Esito un secondo prima di bussare, poi ripenso a come, nell'Avengers Tower, Natasha sia venuta in mio soccorso, riuscendo a calmarmi, così mi decido a bussare.
Dalla rapidità con cui scatta la serratura deduco che neanche lei fosse a letto, infatti mi si para davanti un'agente Romanoff  in vestaglia ma perfettamente sveglia e lucida.
È una frazione di secondo ma, per un attimo, non posso fare a meno di notare quando realmente sia bella, anche senza la sua divisa e trucco che sfoggia quotidianamente.
Alzo il mio sguardo su di lei e, come incontro il suo, sono tentata di andarmene ma l'espressione di Natasha, tutto d'un colpo, si addolcisce, come se  vedermi in pigiama con gli occhi gonfi di sonno e di pianto sul suo pianerottolo l'abbia colpita al punto tale da farsi da parte e farmi entrare nel suo appartamento. 
Esito un secondo e lei si gira e mi lancia una lunga occhiata penetrante con quegli occhi verdi in cui non posso fare a meno di perdermi per qualche istante.
"Pensi di congelare lì?" mi domanda poi dopo un tempo che sembra interminabile.
"Non sono mica il Capitano." mormoro in risposta, entrando nel piccolo ingresso e lasciandomi avvolgere dal torpore della casa.
Natasha mi indica con un cenno del capo il divano e mi accomodo, accoccolandomi in un angolo e tirando le gambe al petto, mentre un crescente senso di tranquillità mi invade mentre mi guardo intorno e mi concentro su ogni dettaglio del soggiorno, cercando di distogliere i miei pensieri dall'incubo di pochi minuti fa.
Noto sulla mensola vicino alla poltrona, una foto che, pochi giorni fa, non c'era: ritrae Natasha che sorride a fianco di Clint, un sorriso candido, genuino. 
La trovo la foto più bella del mondo.
"Clint ha insistito perché la incorniciassi." mi dice, sedendomi accanto a me e porgendomi una tazza di the fumante.
La prendo delicatamente, cercando di non scottarmi e soffio un po' per raffreddare la bevanda.
"Ha fatto bene."-sentenzio alla fine-"Sei bellissima in quella foto."

Mi rendo conto di quello che ho detto solo quando noto l'espressione sorpresa di Natasha
"Segnatelo, non lo dirò mai più." -aggiungo-"È la stanchezza." mi giustifico.

Natasha scuote la testa e incrina le labbra in un piccolo sorriso mentre sorseggia il suo the senza dire nulla. Sembra quasi compiaciuta delle mie parole e non posso fare a meno di pensare che, per una volta, le lascerò avere questa soddisfazione.
Rimaniamo in silenzio diversi minuti, ognuna immersa nei propri pensieri mentre stringiamo tra le mani le tazze bianche smaltate ancora tiepide.
"Scusa se sono piombata qua in piena notte." dico alla fine.

Non sono veramente dispiaciuta di averlo fatto, ma immagino che Natasha non l'abbia gradito particolarmente.
"Basta che non diventi un'abitudine, invadente come sei."-mi risponde, facendomi sorridere-"In ogni caso, non stavo dormendo."

"Incubi?" le domando.

"Demoni."
Annuisco e abbasso lo sguardo sul mio the, incerta se raccontarle del mio sogno o meno, poi mi decido a prendere un profondo respiro e buttare tutto fuori, lasciando che le parole fluiscano come un fiume in piena.
Natasha mi ascolta senza dire una parola, mi scruta coi suoi grandi occhi verdi, come se fosse totalmente assorta nel mio racconto.
Quando finalmene finisco di parlare, noto che nel suo sguardo c'è una vena di tristezza che non mi aspettavo di trovare.

"Ho paura." -le confesso alla fine, senza riuscire a trattenermi-"Paura di chi sono veramente."

"Il tuo passato non definisce il tuo presente, Camille."-mi risponde finalmente Natasha-"L'esuberante, invadente Camille che conosciamo è la persona che sei veramente, nessun'altro può dire diversamente. Hai scelto di diventare un'agente dello S.H.I.E.L.D, di lottare per la tua sopravvivenza, Camille è ciò che sei adesso."
Le sue parole mi colpiscono come uno schiaffo mentre la osservo parlare, totalmente assorta nel suo discorso.

"Forse scoprirai di aver fatto cose orribili, forse no e dovrai convivere col tuo passato, ma non lasciare che ti impedisca di vivere la tua vita. I demoni tornano sempre a cercarti, ti tormentano, ma ti spingono anche a diventare una persona migliore."

"Tu ricordi il tuo passato, Natasha?" trovo il coraggio di domandare dopo qualche secondo. So che il KGB sperimentava sulle sue reclute, ma non posso fare a meno di chiedermi se, almeno in parte, una parte della sua memoria si sia preservata.
La russa abbassa lo sguardo e si stringe nelle spalle ostentando un'indifferenza che so essere solo una facciata, un modo per non essere ferita.
Una maschera.

"Sprazzi. Volti."-mi spiega-"La Red Room amava programmare le sue reclute, cancellare i loro ricordi e impiantarne di fasulli al loro posto. Ci facevano credere di essere ballerine, donne dell'alta società, persone famose e, al momento giusto, trovavano il modo di riattivarci."
Inorridisco sentendo quelle parole, ma la lascio continuare

"Non so se i ricordi che possiedo siano reali o meno, se siano frutto di una manipolazione o siano azioni che ho compiuto veramente. L'unico periodo che ricordo nitidamente è il mio addestramento, fino alla mia cerimonia d'iniziazione come Vedova Nera. Sono le uniche memorie che non hanno mai scalfito, forse per far si che rimanesse sempre una coscienza di noi da permetterci di portare a termine le nostre missioni."

Resto in silenzio mentre la osservo sorseggiare il suo the, assorta nei suoi ricordi: Natasha non sembra il genere di persona che si confida con il primo che passa e sono sicura che, ad eccezione di Clint, nessuno sappia veramente che cosa le passi per la testa, se sia felice o sia tormentata dal suo passato, se stia effettivamente bene.
Forse Fury e lo S.H.I.E.L.D si preoccupano per lei, ma solo perché è un'ottima risorsa, una degli Avengers su cui sanno di poter sempre contare. 
Aldilà di Clint, con chi parla Natasha? Chi le sta a fianco nei momenti difficili, quando si sveglia nella notte a causa degli incubi sulla Red Room?
Mi mordo un labbro e sospiro tristemente, appoggiando la mia tazza ormai vuota sul tavolino e stringendo le braccia intorno alle ginocchia.

"E io che pensavo di avere un passato di merda..." esalo finalmente.
Le labbra di Natasha si incrinano in un sorriso intristito

"Ognuno di noi ha qualcosa da nascondere, Camille."-mi risponde-"Io non sono un soldato, non sono un eroe immacolato che combatte sul campo: sono una spia e, in certi campi, bisogna sporcarsi le mani per raggiungere la vetta, che tu lo voglia o meno."
"Sei rimasta vittima di un sistema perverso, Natasha, questo non fa di te un mostro." affermo con sicurezza, girandomi verso di lei.

"Io volevo uccidere, Camille, volevo essere l'eccellenza, la Vedova Nera." replica seccamente.

"No"-ribatto-"Hai fatto ciò che dovevi per sopravvivere nel tuo mondo, Natasha. Non sto dicendo che le tue azioni siano giustificabili, che uccidere sia giusto o stronzate simili"-prendo un profondo respiro-"Ma non riuscirai a convincermi di essere un mostro, non la Natasha che conosco adesso."

"Neanche la Camille che conosco io è un mostro."-ribatte inaspettatamente-"È solo fastidiosamente invadente e logorroica."

"Dai, in fondo ti sto simpatica." sdrammatizzo, sorridendole.

"Molto in fondo." risponde mentre le sue labbra si arricciano in un piccolo sorriso malizioso.

Alzo gli occhi al cielo mentre sospiro rassegnata al fatto che non riuscirò mai ad ottenere una piccola soddisfazione da Natasha.
Restiamo qualche minuto in silenzio, assorte nei nostri pensieri.
Non posso fare a meno di essere compiaciuta del fatto che Natasha parli con me senza indossare quella maschera che ha sfoggiato per mesi ogni volta che incontrava il mio sguardo.
Ultimamente, soprattutto dopo l'esplosione del bunker, mi sono resa conto che succede spesso che mi giri a cercarla, anche solo in cerca di un cenno di approvazione o un mezzo sorriso malizioso che ormai ho imparato a riconoscere.
È strano come la concezione che ho di lei si sia distaccata tanto da quella prima impressione, quel demone dai capelli rossi nella cella, dall'aguzzina che ci intimava di tacere mentre venivamo trasportate nella base dello S.H.I.E.L.D.
Sono passati pochi mesi, ma il nostro rapporto è decisamente cambiato, in maniera così graduale che a stento ho avuto modo di accorgermene.
Eppure eccomi qui, seduta sul divano di casa sua cercando di farmi rassicurare da quella che, fino a poco tempo fa, era una completa sconosciuta.
Mi chiedo se a Nadia sarebbe piaciuta la fredda e spietata Natasha Romanoff o se l'avrebbe odiata come facevo io all'inizio, se le avrebbe dichiarato guerra e sarebbero diventate nemiche giurate. 
Forse a Nadia non sarebbe piaciuto
nulla di tutto questo tranne Anaëlle. 
Mi mordo il labbro, sconfortata da quel pensiero e abbasso lo sguardo, cercando di concentrarmi su qualsiasi cosa che non sia il mio passato o qualsiasi cosa ad esso inerente. 
Sento lo sguardo di Natasha posarsi su di me e mi tornano in mente le sue parole: Camille è la persona che conosce, non Nadia. Camille è chi sono e sono sempre stata da quando sono in grado di ricordare: una nuova persona nata dalle ceneri di qualcuno da seppellire nei meandri della mia mente per sempre.
Confortata da quel pensiero sento gli occhi che, pian piano, mi si chiudono, reclamando le ore di sonno perdute.
Scivolo sul divano fino ad appoggiarmi alla spalla di Natasha, che si irrigidisce ma non si scansa.
Questa volta l'ultima cosa che sento prima di addormentarmi è una coperta che viene poggiata dolcemente sulla mia schiena.



Chiacchiere dell'autrice:
Salve a tutti! Scusate per la lunga assenza dettata da un sacco di impegni! Sono molto felice nel constatare che qualcuno ha cominciato a seguire ( e recensiere) la mia storia durante la mia assenza, ne sono veramente tanto felice!
Che dire! In questo capitolo cominciamo ad esplorare il passato di Cam (o forse sarebbe meglio dire Nadia?) e An e il loro rapporto con il resto del team, che si mostra molto protettivo. Il rapporto tra Natasha e Cam è speciale e, insieme a quello di An e Cam, è decisamente il mio preferito.
Spero di avervi incuriosito! A breve si concluderà la prima parte e inzierà la seconda, a cavallo con gli eventi di Captain America TWS e tanta azione!
Alla prossima, 
Erza

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Capitolo 10
*** Capitolo dieci. ***


Capitolo dieci

Catch my name for kicks
Thinking I would be right by your side
I don't feel adequate
Thinking I'm a monster in disguise
We've gone down every list
Stuck but I have got to begin to resist
Caught up with the fact that life will be dark.

Gravel to Tempo-Hayley Kiyoko

Il risveglio non è piacevole quanto lo immaginavo. Qualcuno mi scaraventa giù dal divano dove sono accoccolata e rovino malamente al suono, mugugnando infastidita.

"Che cazzo.." formulo con voce ancora impastata dal sonno.

"Non. farlo. mai. Più. "

Un cuscino mi sbatte in faccia con prepotenza, svegliandomi del tutto. Un'Anaëlle furiosa è in piedi davanti a me e brandisce con fare violento la coperta che, fino a qualche secondo fa, mi avvolgeva.

"Mi sono svegliata ed eri sparita, ho temuto che avessi fatto qualche stronzata delle tue!"

"Dai..non ne faccio così tante." cerco di difendermi.

La coperta mi arriva in faccia in malo modo e capisco che Anaëlle fa sul serio.

"Perché l'hai fatta entrare?" urlo in direzione di Natasha che assiste alla scena con le braccia conserte e un'espressione divertita stampata in faccia.

"Chi sono io per mettermi in mezzo a due sorelle che si sono appena ritrovate?" mi domanda con fare innocente.

"Non so, forse una super spia russa super agile e super prepotente?" rispondo.
Natasha si stringe nelle spalle e non muove un singolo dito per venire in mio soccorso mentre Anaëlle mi afferra per il bavero del pigiama e mi scaraventa di nuovo sul divano.

"Scusa."-esalo alla fine, coprendomi il viso con le mani-"Scusa, non lo farò più, promesso."

Anaëlle tace e abbasso un attimo le mie difese per controllare che stia bene quando una cuscinata di colpisce nuovamente. 
Sta volta le blocco il polso prima che possa scappare e la tiro a me, abbracciandola.

"Scusa."- le mormoro nuovamente, accarezzandole i capelli-"Non ti lascerò mi sola, promesso."

Anaëlle sbuffa indispettita ma non ribatte ulteriormente e tiro finalmente un sospiro di sollievo mentre mi giro in direzione di Natasha che, in tutto questo tempo, non ha smesso di osservarci un secondo, godendosi la nostra piccola rissa.
**
Se anni fa qualcuno le avesse detto che un giorno si sarebbe ritrovata con due sorelle che facevano a botte nel soggiorno di casa sua, Natasha avrebbe pensato che quel qualcuno fosse matto. Invece eccola lì,  ad assistere ad una scena che non può che farla sorridere sebbene cerchi di mascherarlo. 
In pochi mesi Anaëlle e Camille hanno travolto la sua vita, in particolare quest'ultima: la fredda e razionale Natasha l'aveva allontanata, come faceva con tutti coloro che conosceva e Camille, con la sua testardaggine e la sua insolenza, si era fatta spazio nella sua bolla privata, senza demordere neanche per un secondo.
Natasha le è segretamente grata per questo ma, avedo una dignità da mantenere, cerca di non darlo troppo a vedere, sapendo che Camille, in qualche modo, ne è già a conoscenza senza bisogno di troppe parole.
Natasha sospira mentre si perde nei suoi pensieri.
Il fatto che il passato delle due sorelle sia tormentato e così simile al suo la fa rabbrividire spesso e, durante i primi mesi di addestramento le aveva detestate, vedendoci riflessa sé stessa molti anni prima. 
Quando aveva detto a Camille che, se avesse potuto, le avrebbe uccise entrambe, sapeva di non star mentendo: meglio morire che vivere un vita fatta di sofferenza, in cui la sola esistenza era una lotta perenne contro i propri demoni.
Forse assolvere due ragazze così giovani da un peso come quello le era sembrata la scelta più giusta, più misericordiosa, ma adesso che le guarda azzuffarsi come due gattini sul suo divano Natasha capisce finalmente il significato delle parole che Camille le aveva detto quella notte in terrazza.

"Sono contenta che tu non l'abbia fatto, non tanto perché questa vita in cui mi sento completamente persa mi piaccia, per nulla, ma per il fatto che tutto questo vale la pena di essere visto."
Natasha ha sempre saputo che il gesto di Clint,  la scelta di salvarle la vita, avesse un valore immenso, ma solo ora che guarda Anaëlle e Camille si rende finalmente conto di quanto una vita come la sua, come la loro, segnata da momenti orribili e violenza inaudita, abbia un effettivo valore.
Natasha capisce finalmente che la sua vita valeva la pena di essere salvata, proprio come la loro.

"Quello è un sorriso?!" urla Camille con la delicatezza che la contraddistingue e Natasha scuote la testa, divertita.

"Forse." le concede e l'espressione di Camille è qualcosa di impagabile mentre esulta senza ritegno.

"Finalmente una soddisfazione." commenta e Anaëlle le batte il cinque, come sono solite fare.

Il loro legame talvolta è infantile, ma Natasha non può fare a meno di trovarlo estremamente affascinante: ha sempre pensato che amare qualcuno sia un peso ma, nei momenti difficili come quelli che hanno passato Anaëlle e Camille, non può che essere un sollievo.
Natasha aveva avuto un'unica amica alla Red Room, Marina (*). Era una bambina meno avventata della piccola Romanoff e sicuramente più ingenua, forse proprio per questo era morta che aveva appena vent'anni.

"Per questo l'ho uccisa" si corregge immediatamente Natasha.

Le avevano ordinato di farlo, considerandola un elemento debole in occasione di una missione sotto copertura. Marina aveva fatto l'errore di mostrarsi felice nel suo ruolo, col suo ragazzo e il loro stupido gatto che lei adorava e la Red Room non poteva certo lasciare che si allontanasse così dai loro insegnamenti.
Natasha le aveva sparato alla fine della missione e aveva esitato, non si vergognava ad ammetterlo. Aveva esitato guardandola negli occhi e vedendoci la sua migliore amica, la sua compagna di fughe, di missioni e di allenamenti.
Ma le aveva sparato lo stesso, insieme al suo gatto e il suo tanto amato ragazzo, perché quelli erano gli ordini e, se avesse disobbedito, sarebbe stata punita.
Marina è uno dei suoi tanti demoni, uno dei ricordi che la Red Room non ha scalfito, lasciato nella sua mente perché la plasmasse, la facesse diventare quel mostro senza cuore che era la Vedova Nera.
Natasha si riscuote da quei pensieri solo quando il telefono sul tavolo squilla con prepotenza nel silenzio mattutino.
La russa si appresta a rispondere mentre vede lampeggiare sullo schermo il nome di Maria Hill, poi quel che rimane del sorriso sul suo volto svanisce del tutto.

**

Vedo Natasha sbiancare e capisco che è successo qualcosa che deve averla scossa parecchio, così cerco il suo sguardo, ma sembra totalmente assorta nella telefonata con la Hill, così lascio che attacchi prima di tartassarla di domande.

"Cosa succede?" incalzo.

"Tutto bene?" mi fa eco Anaëlle, sciogliendosi dal mio abbraccio.

Natasha si morde l'interno della guancia, tic che tradisce il suo nervosismo quando non deve mantenere una maschera di fredda professionalità e annuisce.
"Preparatevi."-ci ordina poi, cercando qualcosa all'interno delle tasche della sua giacca di pelle nera-"Quando avete finito raggiungetemi alla macchina." dice poi, facendo tintinnare delle grosse chiavi scure.
"La Maserati là fuori?" dico, strabuzzando gli occhi.
Natasha si stringe nelle spalle
"È veloce."- si giustifica poi-"E noi abbiamo fretta."
**
Quando entriamo nella base dello S.H.I.E.L.D non mi sorprendo nel vedere Clint e Cap che ci aspettano insieme alla Hill. Non appena li nota, Anaëlle si dirige verso e di loro e sfodera uno di quei suoi soliti sorrisi cristallini mentre Clint le scarruffa i capelli in un gesto affettuoso.
Se non fosse così legata ad Occhio di Falco, al quale momentaneamente sembra rivolgere tutte le sue attenzioni, sospetterei che Anaëlle abbia una piccola cotta per il Capitano, visto che sembra sempre andargli incontro o sorridergli candidamente.

"Le hai aggiornate?" domanda Maria a Natasha, andando dritta al punto. La russa scuote la testa

"Non avevo informazioni sufficienti." risponde poi, col suo tono professionale.

L'agente Romanoff è in azione, non c'è quasi più traccia della Natasha che solamente stanotte mi ha portato una tazza di the e una coperta sul suo divano.
La Hill annuisce comprensiva, poi si rivolge a me e Anaëlle con la freddezza che la caratterizza:

"Da poche ore lo S.H.I.E.L.D ha individuato una cellula che effettua sperimentazioni umane. Grazie ad alcuni contatti siamo riusciti ad invididuarne la posizione." spiega.

"Francia?" provo a indovinare.

"San Pietroburgo." mi risponde.

Vedo Steve e Clint scrutare Natasha, come se si aspettassero una qualche reazione da parte sua. Lei invece rimane impassibile, le braccia incrociate sotto il seno, lo sguardo fisso su Maria.

"Russia?"-commenta Anaëlle -"Abbiamo prove del fatto che sia parte al progetto Guardian?"

"No."-replica la Hill-"Ma sospettiamo che vi possa esser un collegamento. Questo è quello che scopriremo noi."-aggiunge -"Insieme a Rogers, Barton e voi due."

"E Stark?" -domanda Steve-"Potremmo non farcela da soli."

"Ci serve massima discrezione."-risponde Maria-"Stark non è esattamente ciò che definierei silenzioso."

"Per quanto possa concordare"-interviene Natasha-"Steve potrebbe avere ragione. Se è ciò che penso, Maria, non andranno giù leggeri."
Sento della preoccupazione nelle sue parole  e cerco di decifrare la sua espressione impassibile, senza troppi risultati. 
La Hill sembra rifletterci un attimo, poi finalmente annuisce; evidentemente i pareri degli agenti di livello così alto contano molto anche in situazioni critiche.

"L'attacco a questa base servirà anche da diversivo." -riprende la Hill-"L'agente Romanoff raggiungerà un suo contatto per cercare informazioni riguardanti questo progetto Guardian."

"Se si concentrano su di noi non avranno modo di seguirla." -commenta Steve-"Potremmo darle una finestra di tempo libero."

"Un attacco inaspettato potrebbe distrarre anche i piani amministrativi di questa associazione, nessuno noterà Nat per un po'." conclude Clint.

Okay, quindi se ho capito bene Natasha non verrà con noi in Russia. Ho come la netta sensazione che non sia solo dovuto al contatto che deve raggiungere, visto gli sguardi apprensivi che le hanno rivolto Clint e Steve poco fa.
Comincio a pensare che vi possa essere un collegamento col passato di Natasha, con la Red Room che mi ha nominato più volte. Forse era localizzata proprio a San Pietroburgo il che spiegherebbe la preoccupazione notevole di Natasha, quasi conoscesse già ciò a cui andremo incontro.
Il pensiero di affrontare un'altra missione come quella in cui sono rimasta schiacciata dalle rovine senza Natasha al nostro fianco mi fa esitare,  forse addirittura mi spaventa. Natasha è il mio punto di riferimento e, per quanto odi ammetterlo, penso che mi sentirei persa senza le sue pungenti battute in punto di morte.

"Voglio andare con l'agente Romanoff." dichiaro. L'occhiataccia della Hill è immediata e lo sgomento generale si percepisce chiaramente.
Imparerò mai a stare zitta? Perché parlo sempre prima di pensare?

"Voglio dire, se ci sbagliassimo? E se le stessero alle calcagna nonostante il diversivo? Non sappiamo quanti siano e anche sono sicura che salterebbero molte teste, Natasha potrebbe non uscirne indenne. Dico bene?"

Ci ho provato, almeno sembra che io abbia fatto un ragionamento coerente, forse sembro addirittura intelligente.
"Ha ragione."- Santo Clint, prima o poi gli dovrò dire quanto bene gli voglio.-"Nat se a cava tranquillamente da sola, ma un supporto non può certo fare male."

"Agente Romanoff?"-La Hill si rivolge a Natasha, rimasta in silenzio-"Ti invito a considerare il fatto che Camille è inesperta e una potenziale minaccia per la tua copertura."

"Ehy!"-protesto -"So essere silenziosa se voglio."
Natasha alza un sopracciglio, come se mettesse in dubbio quella mia affermazione .
"Davvero." aggiungo, col tono più serio che riesco a fare.

"Per me va bene." -esala alla fine-"Posso gestirla."

"La smettete di parlare come se non fossi qua?" esclamo, nascondendo non troppo bene quella nota compiaciuta nella mia voce.

Una risata sommessa accompagna la mia affermazione, poi Anaëlle prende la parola

"Dove si trova il contatto dell'agente Romanoff?"
È preoccupata, lo percepisco chiaramente. Lentamente scivolo al suo fianco e le stringo la mano.

"Norvegia."-risponde Natasha-"Si è ritirato in uno dei pochi posti difficile da raggiungere, nascosto sotto falso nome. In pochi siamo in grado di rintracciarlo, ma lui si fida di me."

"Potrebbe essere una trappola?" domanda ancora An, apprensiva.

"Se sei una spia, c'è sempre questo rischio." afferma Clint.

"Staremo attente, An, te lo prometto."-la rassicuro-"Sei tu quella che si butta nella mischia o sbaglio?"-aggiungo, sorridendo-"Non preoccuparti per me, starò bene."
Anaëlle annuisce, esitante, poi mi stringe in un abbraccio, il secondo in questa giornata.

"Hai promesso di non lasciarmi sola." mi ricorda.

"Promis juré.(*)" le ripeto, sottovoce.

"Promis juré." mi risponde, stringendomi.

"Voi due, se le si torce un solo capello vengo a cercarvi."- intimo poi a Clint e Steve-"Riportatemela tutta intera."

"Baderemo noi a lei, Camille." mi rassicura il Capitano.

Possibile che ogni volta che lo guardo io rimanga incanta da quegli occhi azzurri? Come si fa ad essere così belli? 
La gomitata di Anaëlle dritta nelle mie costole mi riscuote e non posso fare a meno di ridere a sentirla sbuffare seccata.
Forse la cotta se l'è presa sul serio, alla fine.
"Partiremo tra due ore, ci terremo in contatto costantemente, sono stata chiara?" ordina Maria.
Annuiamo tutti insieme, poi schiocco un bacio sulla fronte di Anaëlle

"Non morire, An."
"Neanche tu, Cam."
La lascio andare lentamente, come se fosse così fragile da romperla, poi saluto Steve e Clint con un cenno del capo e mi appresto a seguire Natasha fuori dalla stanza.
Mi giro un'ultima volta ad osservare Anaëlle che discute dei dettagli del piano d'attacco col resto del team e sento lo stomaco stringermisi in una morsa ferrea.
L'idea di lasciarla andare da sola mi terrorizza, ma non dubito delle sue capacità neanche per un istante. Non poter essere lì per proteggerla, però, mi spaventa terribilmente.

"Starà bene." -Natasha mi rivolge la parola per la prima volta dopo quelle che paiono ore.-"Cap e Clint avranno cura di lei."

"Hai una fiducia incrollabile nei tuoi compagni di squadra." commento, sorpresa.

"Se la sono guadagnata."-mi risponde-"Prima del progetto Avengers, Clint era il solo al quale avrei affidato la mia vita, adesso non è più così. Salvare il mondo ci ha uniti notevolmente." scherza e sorrido alle sue parole.

"Stark è compreso in questo discorso?" domando, ridendo davanti alla sua espressione.

"Purtroppo si."-commenta-"Anche Stark è parte del team, uno degli Avengers: ha salvato il mondo, a modo suo."

"Scenico?" domando

"Terribilmente."
Ridacchio a quella risposta e salgo in macchina con Natasha, allacciandomi la cintura e guardandola afferrare il volante.
È nel momento stesso in cui mette in moto che un sorriso si allarga sul mio volto, nonostante le preoccupazioni causatemi dall'imminente missione: per la prima volta da quando sono lì, sono contenta di fare parte del team degli Avengers, di essere un agente dello S.H.I.E.L.D. 
Sfrecciamo sulla strada ad una velocità folle con una destinazione precisa: Norvegia.



Chiacchiere dell'autrice:
Salve a tutti! Eccoci qua con un altro capitolo e la fine della prima parte della storia! Che dire, spero che vi sia piaciuta. Mi farebbe tanto piacere sentire un vostro parare in merito prima dell'inizio della seconda parte.
Un grazie di cuore a tutti quelli che leggono,
Erza

(*) è come il "giurin giurello" italiano, un modo di dire un po' infantile che è rimasto ad An e Cam dalla loro amicizia da bambine <3

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Capitolo 11
*** Capitolo undici. ***


Parte due

 Capitolo undici
 

Lights will guide you home
And ignite your bones
And I will try to fix you

Fix you-Coldplay

 

Anaëlle

Il Capitano, Steve, si è dimostrato premuroso fin dall'inizio di questo viaggio. Mi sorride spesso, si accerta che io stia bene, si preoccupa per la sua squadra in una maniera che trovo veramente ammirevole.
Anche Clint, a modo suo, sta facendo in modo che io non mi preoccupi di nulla, infatti mi ha appena porto un'altra pistola da nascondere non so bene dove, dato che le due fondine della cintura e quella nell'interno coscia sono già piene.
La tuta che Stark ha ideato è ottima e mi permette movimenti fluidi, inoltre vi è installato un dispositivo che accentua la mia percezione dello spazio circostante e il tessuto di cui è fatta non influisce minimamente sul mio tatto, così sono in grado di sentire immediatamente ogni cosa che mi sfiora. Ma non è finita qui: nell'auricolare speciale che mi è stato dato è presente anche una miniatura di J.A.R.V.I.S, ovvero una piccola voce robotica collegata ad uno scanner che mi descrive i colori degli oggetti di cui percepire solo la forma e le dimensioni.

In pratica, sono sempre meno cieca, il che non può che rendermi felice.

Mentre giocherello con le pagine di una rivista trovata in aereo non posso fare a meno di chiedermi se Camille stia bene, se sia già atterrata, se corra dei pericoli. Da quando siamo arrivate allo S.H.I.E.L.D si è presa cura di me, mettendo da parte se stessa fin troppe volte ma, talvolta, mi ha fatto prendere degli spaventi osì grandi che il solo pensiero mi fa venire voglia di tirarle uno schiaffo, forse anche due.

Quando ha scelto di andare in Norvegia con Natasha, sono rimasta interdetta: avevo dato per scontato che avremmo affrontato la missione in Russia insieme, ancora non posso credere di essere sola su questo volo, ma la mia delusione è stata subito soffocata dall'ansia che mi ha attanagliato lo stomaco e tutt'ora sembra volermi soffocare.

Camille è tutto ciò che io non sono: euforica, estroversa, divertente.
E' la mia controparte, ci equilibriamo come la notte e il giorno e non posso pensare di perderla, in realtà il solo averla lontana mi scombussola non poco.
Ciò non vuol dire che non sappia cavarmela benissimo da sola, ma saperla a centinaia di chilometri mi fa sentire come se una parte stessa di me mi fosse stata portata via.

"Preoccupata?"

La voce del Capitano mi riscuote e quando me lo trovo davanti, sorridente, parte del mio malumore sembra svanire immediatamente.
Vorrei parlargli, spiegarli come mi sento, ma le parole non sono decisamente il mio forte: Camille parla, io ascolto e faccio le domande al momento giusto, scocco la freccia con precisione nel caos, come mi aveva detto Clint.

"Un po?'" rispondo alla fine.

Lo sento alzare lo sguardo su di me e osservarmi, forse incuriosito e uno stupido sorriso compare sul mio volto senza che io possa fare assolutamente nulla per fermalo.
Dio solo sa quanto io mi stia sentendo stupida in questo momento.

"E' normale, andrà tutto bene. Non è detto che si arrivi ad uno scontro fisico." mi rassicura.

Scuoto la testa, aggiustando una ciocca dei miei corti capelli biondi dietro un orecchio.

"Non è per quello" ribatto.

E' vero, il combattimento non mi fa paura, per quanto non sia totalmente sicura di essere adatta all'azione sul campo di battaglia. L'aggressività non è nelle mie corde, almeno fino a quando sono la tranquilla e pacifica Anaëlle: quando il lupo o qualsiasi cosa sia prende il sopravvento, fa quasi tutto l'istinto. Di solito se si somma alla rabbia l'effetto è micidiale e mi sorprendo io stessa della violenza con cui agisco, in maniera decisamente...animalesca.

"Camille?" mi domanda allora Steve, accennando un sorriso comprensivo.

Annuisco e sospiro, abbassando lo sguardo. E' buffo come sia facile decifrarmi, evidentemente ho molto da imparare prima di nascondere le mie emozioni come fanno Natasha e Clint.

"Dirti di non preoccuparti sarebbe inutile"-ribatte.-"Ma è in mani sicure, di questo puoi stare certa. Natasha è..imprevedibile, ma sa badare ai suoi compagni di squadra, l'ha provato ampiamente durante la battaglia di New York."

Sorrido, rincuorata dall'incrollabile fiducia di Steve negli Avengers e mormoro un "grazie" sommesso. Potrei giurare di sentire un mezzo sorriso che incrina le labbra del Capitano e mi sento nuovamente una perfetta idiota.

"Il Capitano e la Lupacchiotta!" -esclama una voce all'improvviso, fin troppo familiare.

Stark, col suo solito tempismo, compare sul retro del suo jet privato che ci sta portando fino a San Pietroburgo e si tira su gli occhiali da sole con cui sembra vivere in simbiosi, facendomi l'occhiolino-"Interrompo qualcosa?"- domanda poi, ironico-"Due introversi come voi riescono a comunicare?" aggiunge poi, genuinamente incuriosito.

"Cosa vuoi, Stark?" Il tono seccato di Steve è accompagnato da un'occhiataccia in direzione del miliardario, la cui espressione è impagabile.

Camille riderebbe molto della situazione e anche io non posso fare a meno di scuotere la testa sbuffando divertita.

"Siamo in dirittura d'arrivo"-risponde Tony.-"Il jet sta per atterrare. Lupacchiotta, sei pronta?"

"La lupacchiotta ha un nome, sarebbe ora che tu lo imparassi" sbotta Steve.

Okay, questa non me l'aspettavo proprio. Certo, il soprannome che Stark mi ha affibbiato non è così fastidioso, ma no mi dispiacerebbe essere chiamata Anaëlle, una volta ogni tanto.
Stark fa un gesto della mano come per scacciare le parole del Capitano lontano da sé, poi si allontana com'è arrivato, come se niente fosse.

"Grazie, non importava" -dico, guardando Steve.-"Non mi dà noia, veramente. Magari lupacchiotta diventerà il mio nome di battaglia" cerco di scherzare.

Steve scuote la testa e mi sorride, divertito:

"Hai un bel nome, non vedo perchè non usarlo"-replica e non posso fare a meno di abbassare o sguardo mentre qualcosa mi si agita freneticamente del petto-"E' solo un po' complicato da pronunciare" aggiunge.

"Puoi chiamarmi An, se vuoi"- suggerisco, senza pensare.-"E' più semplice. E corto" mi affretto a spiegare, cercando di non balbettare. Nessuno a parte Camille ha mai usato quel soprannome, per un attimo, ho paura di metterlo in imbarazzo, ma lui annuisce, sorridendomi.

"Allora, An, è ora di atterrare."

Annuisco e, col cuore decisamente più leggero di quando siamo partiti, lo seguo, raggiungendo il resto della squadra.

**
Il piano d'attacco non è dei più complicati, anzi a differenza dell'agente Romanoff e di Camille, non dobbiamo curarci di essere silenziosi. La base è registrata come centro di addestramento militare nella periferia di San Pietroburgo ed è recintata da un doppio muro, filo spinato e qualche altra cosetta che Stark non avrà problemi a fondere.
Banner sarebbe stato ideale nello sferrare un attacco come questo, ma non si è dimostrato entusiasta all'idea di unirsi alla squadra d'attacco, così, proprio come è successo al bunker, è rimasto in disparte e verrà contattato solo se strettamente necessario.

"Codice Verde" è la parola chiave e Bruce sembra più tranquillo così che non sul campo di battaglia, così lo S.H.I.E.L.D. ha scelto di assecondarlo.

Clint si occuperà di colpire le guardie sul perimetro esterno, mentre io Cap, la Hill e il resto della squadra faremo breccia, entrando all'interno e raccogliendo quante più informazioni possibili, cercando di non farci ammazzare.

La finestra di tempo che dovremmo riuscire a dare a Camille e Natasha è di circa due o tre ore, per cui inizieremo l'azione solo quando loro saranno finalmente atterrate e in prossimità del loro contatto.
In questo momento siamo nascosti poco lontano dall'imbocco della strada e fa un discreto freddo, ma la cosa non mi dispiace per nulla anzi, adoro la sensazione del nevischio sulla mia pelle e dell'aria gelida nei polmoni mentre sto accucciata tra gli alberi ad osservare il passaggio dei veicoli miliatari. Per la prima volta, mi sento veramente come un lupo che sta per attaccare la propria preda: i sensi sono all'erta, ma non sono in ansia. Il mio respiro è regolare, così come il mio battito cardiaco, i muscoli tesi, pronti a scattare.

Clint mi si affianca, incoccando la prima freccia e mi fa un cenno d'assenso che non esito a ricambiare. In tutti quei mesi la nostra intesa è cresciuta e il modo in cui si è sempre preoccupato per me, un po' come un padre o un fratello maggiore decisamente apprensivo, mi fatto sentire a mio agio nello S.H.I.E.L.D più di quanto voglia ammettere.

Il segnale arriva in maniera quasi inaspettata mentre la voce della Hill gracchia nel mio auricolare.

"Romanoff è in posizione, iniziamo."

Una scarica di adrenalina mi invade, spazzando via la pacifica e dolce Anaëlle e lasciando il sopravvento al lupo, che balza giù dalla scarpata con un salto mostruoso, atterrando sul duro cemento innevato. Vedo Stark volare nel cielo sopra di me e una serie di razzi partire dalla sua armatura, andando ad infrangersi sulle recinzioni.

Gli spari cominciano a riecheggiare nell'aria e posso percepire con chiarezza le pallottole che sfrecciano poco lontane da noi, ma le evito tutte.
All'improvviso davanti a me si para una grande jeep verde militare e non faccio in tempo ad inquadrare l'uomo col mitra che punta verso di me che una freccia lo fa stramazzare violentemente al suolo. Colgo l'attimo per lanciarmi contro l'auto e distruggere con un pugno il finestrino, afferrando il guidatore e scaraventandolo a terra con un ringhio sommesso. Il suo compagno prova a spararmi dall'interno del veicolo, ma scivolo sul tettuccio della jeep e distruggo la lamiera con gesto secco, afferrandolo per la collottola e lanciandolo sulla neve, il più lontano possibile.

"An, alla tua destra!" la voce del Capitano risuona nelle mie orecchie un attimo prima che una pallottola sfrecci a un millimetro dal mio volto. Vedo Steve balzarmi davanti e proteggerci entrambi da una scarica di fucile col suo scudo a stelle e strisce, per poi avventarsi sul nostro aggressore e stenderlo con un pugno ben piazzato.

"Grazie." e la mia voce risuona come un ringhio, cosa che trovo agghiacciante.

"Andiamo, Stark e Barton ci coprono" mi dice, mentre corre in direzione del grande cancello in ferro ormai divelto dalle esplosioni causate da Stark e dalla Hill.

Mentre seguo il Capitano lungo la strada, noto con la coda dell'occhio un uomo alle spalle di Maria, impegnata a sparare addosso ad un paio di sentinelle sul perimetro della base.
Decido di fare una piccola deviazione e con uno slancio la raggiungo, avventandomi sull'uomo un attimo prima che apra il fuoco. Il corpo a corpo è violento, ma disarmarlo non è difficile, ma quando mi trascina sulla neve, schiacciandomi sotto di lui, maledico il fatto di essere così dannatamente leggera.

Un pugno arriva nella mia direzione e lo evito come meglio posso, poi reagisco d'istinto e sferro un a ginocchiata nello stomaco dell'uomo che boccheggia, esitando il tempo necessario per sfilarmi dalla sua presa, afferrare la sua testa e batterla violentemente contro la mia.

Okay, forse non è stata la mossa più furba del mondo, ma considerando che è stramazzato a suolo privo di sensi, decido che poteva funzionare.

"Wow, lupacchiotta, sei aggressiva" commenta Stark, fluttuando sopra di me.

Mi stringo nelle spalle, massaggiandomi la fronte imperlata di sudore e decisamente dolorante.

"Ti serve un passaggio da Rogers?" mi domanda poi, atterrando al mio fianco.

Annuisco e non faccio in tempo a registrare cosa sta succedendo che Iron Man mi afferra e all'improvviso siamo in aria, sorvolando il campo di battaglia. Un paio di spari arrivano nella nostra direzione, ma Tony li evita tutti, per poi lasciarmi andare da una discreta altezza a fianco di Steve. Atterro con una capriola decisamente scenica e mi aggrappo al braccio teso del Capitano mi tornare in piedi, mentre Stark torna all'attacco sul fianco scoperto della base.

Irrompiamo dalla porta principale con violenza, scardinandola insieme. Per un secondo sento la voce di Camille che mi prende in giro, definendolo un momento "decisamente romantico", ma la scaccio con un gesto secco della testa. Non posso farmi distrarre.

L'interno dell'edificio è scarsamente illuminato e questo non fa che insospettirmi. Mi fermo un secondo e inspiro profondamente, chiudendo gli occhi e lasciando che i miei sensi abbiano il sopravvento:

"Non siamo soli"- comunico a Steve e alla Hill, che ci ha appena raggiunti.-"Si muovono al buio, è una trappola."

"Quante sono?" mi domanda Maria.

"Almeno tre persone, piccine, ragazze oserei dire dal loro odore"-le spiego.-"E degli uomini, hanno dei fucili, posso sentire la polvere da sparo" aggiungo.

"Se l'agente Romanoff avesse ragione e le ragazze non fossero semplici ostaggi o cavie, usciamo di qui al più presto. Sono stata chiara?" ordina la Hill e io e il Capitano annuiamo all'unisono, anche se non ho idea a cosa si riferisca.

Comunque sia, penso che lo capirò a breve.

Non faccio in tempo a formulare quel pensiero che qualcosa di muove intorno a noi: una figura femminile scivola nell'ombra e, prima che possa anche solo capire le sue intenzioni, sento la Hill gemere di dolore mentre un taglio si apre sulla sua guancia.
Ringhio guardandomi intorno e, per la prima volta, sono felice di essere cieca: il buio non è un ostacolo e posso vedere la figura della donna in piedi davanti a noi, che brandisce un pugnale nella mano destra.

Mi avvento su di lei con uno slancio e, evidentemente, la colgo di sorpresa, perché per un attimo esita, ma si riprende quasi immediatamente, evitando il mio pugno.
Adesso che siamo una ad un soffio dall'altra, mi rendo conto che è poco più che una bambina: ha i capelli raccolti due lunghe trecce laterali ed è diversi centimetri più bassa di me, ma non per questo meno veloce, anzi. Con un balzo impressionante mi è alle spalle e sembra quasi voli quando si avvita in aria e si fionda su di me, cercando di raggiungere il mio collo.

Paro il suo colpo con l'avambraccio e riesco ad afferrarla per una treccia, scagliandola lontano. Il coltello le scivola di mano e, per un momento, il tempo si gela mentre lo osserviamo entrambe cadere a terra tintinnando, poi scattiamo, cercando di afferrarlo.
La bambina si china un secondo prima di me e ringrazio i miei sensi di lupo che mi urlano di indietreggiare il più velocemente possibile mentre si rialza e cerca di trafiggermi.

"An!" sento la voce del Capitano urlare alle mie spalle, che mi sprona a tornare indietro, ma qualcosa mi spinge a non demordere, a continuare a lottare.

La bambina davanti a me, però, sembra come paralizzata mentre sente Steve chiamarmi.

"Anaëlle?"-formula poi, a voce così bassa che quasi non la sento-"Sei...Anaëlle?"

Rimango interdetta mentre la guardo rifoderare il piccolo coltello e avvicinarsi a me, esitando.

Qualcosa nella sua voce suona terribilmente familiare, ma non riesco a capire. Non riesco a ricordare.

"Sono io"esalo alla fine. C'è qualcosa nella mia voce che, evidentemente, non la convince, perché indietreggia, scrutandomi.

"L'hanno fatto anche a te, vero?"-mi domanda poi-"Non ti ricordi chi sono..Ti hanno riprogrammata."

Quell'affermazione mi colpisce come un pugno all'altezza dello stomaco, ma mi costringo ad annuire

"Tra le altre cose"-sospiro.-"Non voglio combattere contro di te. Dimmi il tuo nome, so che da qualche parte nei meandri della mia memoria ci sei anche tu." le dico, cercando di suonare il più convincente possibile.

I ricordi, ogni tanto, riaffiorano, forse basterebbe un nome, un qualcosa a cui aggrapparmi per innescare una reazione a catena. Se solo riuscissi a capire..

"Mi faranno del male"-balbetta. La sua voce sembra rotta dal pianto-"Non posso andarmene. Sono una di loro adesso."

"Una di chi?"-la incito-"Ti assicuro che non ti torceranno un capello se vieni con me. Posso proteggerti, te lo prometto."

Forse sono ingenua, ma qualcosa mi dice che non sta mentendo, né recitando. C'è un qualcosa nel suo tono, nel modo in cui si muove così familiare che mi fa venire voglia di urlare, se solo potessi farlo.

"Se scoprissero che mi ricordo di te, mi riprogrammerebbero, tornerei ad essere come tutte loro. Lo fanno sempre, quando cominciamo a mostrare di avere dei sentimenti, quando capiamo cosa ci sta succedendo. Ma io sono una brava attrice, so obbedire, così non lo fanno, non con me" cerca di spiegarmi, tremando.

"Anaëlle!"

All'improvviso il Capitano è al mio fianco ma lo blocco con un gesto della mano ancora prima che possa dire o fare qualsiasi cosa che comprometta quella situazione così delicata.

"Se tu sai chi sono, sai che non voglio farti del male" cerco di dirle, nel tono più gentile possibile.

La vedo esitare, poi scuotere la testa.

"Mi hanno fatto vedere delle foto, dei filmati in cui tu...tu facevi delle iniezioni a delle bambine come me, come noi."

Sento il mio cuore sbriciolarsi a quelle parole e i pugni mi si serrano automaticamente, mentre un sento un nodo alla gola sempre più grande.

"Le ho fatte fuggire"-le dico poi, mentre una lacrima mi scorre lentamente sulla guancia.-"Sono scappate e hanno preso me e Camille...Nadia, al posto loro."

La vedo illuminarsi a quelle parole, mentre sgrana i grandi occhi e la bocca le si apre in una piccola "O" di stupore.

"Anche Nadia è qua? Hanno riprogrammato anche lei?" mi domanda, freneticamente.

Annuisco, ma non faccio in tempo a risponderle che sento il suono di diversi spari riecheggiare nell'aria e muovo la testa, cercando di capire la provenienza di quel rumore.

"Ragazzi, non per interrompere qualsiasi cosa che state facendo, ma qua sono arrivati i rinforzi."

Ci comunica Stark e io e Steve ci scambiamo uno sguardo d'intesa, mentre mi rivolgo di nuovo alla bambina, tendendole una mano.

"Vieni con me"- le dico.-"Ti proteggeremo."

La vedo esitare, poi si guarda indietro, come se temesse qualcosa alle sue spalle ma, pian piano, appoggia la sua mano così minuta sulla mia e annuisce, lasciando cadere a terra il coltello riposto nella piccola cintura intorno ai suoi fianchi.
Le sorrido incoraggiante, poi in un gesto repentino, me la carico sulle spalle e cominciamo a correre verso l'esterno il più velocemente possibile.

"Stark, mi serve un passaggio" gli urlo, mentre evito una raffica di spari e stringo a me la ragazzina, evitando che venga colpita.

"Dovrei considerare di mettere su un'industria di trasporti"- mi risponde.-"Stark's taxi suona bene, non trovate?"

"Se non ti sbrighi sarà un'azienda di pompe funebri!" gli urla Steve di rimando.

Sento Stark sbuffare sonoramente e trattengo un sorriso, totalmente inadeguato alla situazione, mentre il miliardario atterra accanto a noi e, con il suo raggio laser, fulmina un paio di militari alle nostre spalle.

"La ragazzina?" mi domanda, indicando con un cenno del capo la bambina ch elo guarda con gli occhi sgranati, totalmente stupefatta.

"E' con noi"- gli comunico.-"Ha bisogno di protezione e potrebbe essere una buona fonte di informazioni" cerco di riassumere, il più velocemente possibile.

"Fury, invece, dovrebbe decisamente aprire un orfanotrofio" commenta prima di afferrarci entrambe e spiccare il volo. Stringo a me la ragazzina per paura che possa scivolare, ma lei sembra affascinata da quell'altezza e per la terza volta in pochi minuti, posso vederla totalmente stupefatta.

Istintivamente sorrido e qualcosa in fondo al mio cuore sembra smuoversi, come una porta chiusa da molto, troppo tempo.
Il suo nome affiora alle mie labbra senza che io sappia come ci sia arrivato

"Evelyne" mormoro ma le mie parole si perdono nel suono degli spari e del vento che ci travolge mentre voliamo via da quel campo di battaglia.




chiacchiere inutili dell'autrice
Lo so, mi sono fatta attendere un sacco! Avevo un po' perso  le speranze con questa storia, ma tengo troppo a Cam e An per trascurarle, così ho deciso di riprendere ad aggiornare! Vi ringrazio per la vostra pazienza! (Vi è piaciuto quest'inaspettato cambio di punto di vista?!)

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Capitolo 12
*** Capitolo dodici. ***


Capitolo dodici

Runaway while you can
Everything is coming to an end
Please don’t swear
This story can not begin again

Runaway-Urban Strangers

 
 
Natasha distoglie un attimo lo sguardo dalla strada deserta per osservare la sua compagna di viaggio, normalmente fin troppo loquace, che si è addormentata come una bambina, con la testa appoggiata al finestrino e i piedi sul cruscotto dell'automobile.
La russa sorride, pensando a come Camille sia stata vigile per tutto il viaggio in quinjet, durato fin troppe ore, per poi crollare non appena aperto lo sportello di quella carcassa anonima con cui sono partite da poco.
Come Natasha aveva previsto, Camille non aveva smesso un secondo di tartassarla di domande, con la curiosità insaziabile che la caratterizzava, ma non l'aveva trovata fastidiosa: ormai si è abituata alla sua esuberanza, al suo modo di non rispettare assolutamente i limiti e le decisioni altrui, come quella di Maria di mandarla in missione in Russia.
Se ci ripensa, Natasha non è molto sicura del perché abbia accettato di portarsi dietro un'agente inesperto come Camille, ma il modo in cui la francese si era preoccupata per lei l'aveva fatta sorridere, sopratutto per la sua ingenuità. Camille non l'ha mai vista veramente in azione e, in un certo senso, Natasha ne è contenta: sa che Camille la ammirerebbe ammirata, già lo fa, ma, per il momento, è l'unica a vederla come una persona, non come una super spia straordinaria.
Averla accanto è un po' come avere una radio costantemente accesa, ma Natasha si è resa conto che quando Camille non c'è, non può fare a meno di mancarle.
Fino a quando non le piomba nel soggiorno nel cuore della notte, allora si ricorda del perché si rifuta di condividere il suo appartamento con qualcuno.
Natasha sorride e torna a concentrarsi sulla strada, scorgendo il paesino dove sono dirette sbucare in lontanaza, tra le valli.
La russa si porta una mano all'auricolare e lo accende:

"Hill, ci siamo" comunica poi, senza esitazione.
 

È ora di iniziare.
 
**

Pensavo che Natasha mi avrebbe scaraventata giù dall'auto con violenza, riprendendomi per essermi addormentata, invece quando mi sveglia sembra che non abbia nessuna fretta.
 
"Buongiorno a te, biscia" mi dice, sfoderando un sorriso del tutto inaspettato.
 
"Tutto questo buon'umore mi spaventa" -sbadiglio, stiracchiandomi e uscendo dalla vettura con andatura traballante.-"A cosa è dovuto?"
 
Natasha si stringe nelle spalle e mi rifila una delle sue occhiate indecifrabili, così mi limito a ricambiare il suo sorriso e tutto il malumore accumolato durante il viaggio sembra svanire mentre ci incamminiamo verso l'entroterra.
Il nostro contatto si chiama Vladimir Sokolov, ma adesso è conosciuto come Olaf Dahl, un mite pescatore norvegese che abita a Bleik, un paesino a nord delle isoleVesteralen, sopra il circolo polare artico. Natasha mi ha spiegato che dopo il crollo dell'Unione Sovietica gran parte degli uomini che facevano parte di progetti segreti come la Red Room si sono uniti alla malavita: molti di loro sono invischiati in traffici umani, di organi, di bambini e di droga, altri gestiscono dei mercati neri e delle reti sotterranee di informazioni private.
Natasha mi ha detto di aver venduto lei stessa segreti di vario genere all'offerente più alto dopo che la Russia aveva perso il suo controllo su di lei, cosa che non mi ha sorpreso più di tanto.
 
Vladmir, a quanto pare, è stato tra i pochi a cambiare identità e a condurre una vita apparentemente normale, ma Natasha mi ha detto di sapere per certo che i suoi contatti con il mercato nero non siano cessati e che le sue informazioni possano essere discretamente affidabili.
Vivere così a nord, secondo lei, lo fa sentire protetto da eventuali minacce esterne, soprattutto in periodi come questo, quando d'inverno la neve sotterra ogni cosa, la notte dura per mesi e Bleik diventa un paese pressoché inaccessibile se non si possiede un jet privato come ilnostro che atterri nell'areoporto più vicino, nonostante le lastre di ghiaccio sulla pista.
 
Già, non è stato un bell'atterraggio,
 
Io e Natasha seguiamo le strade illuminate, uniche luci in quella notte perenne, fino a raggiungere una piccola casetta in legno rosso, costruita su palafitte proprio accanto al porticciolo dove sono attraccate barche di diverse dimensioni.
 
"Non ti ho ancora chiesto perché lui si fidi così tanto di te" le dico, poco prima che bussi alla porta dell'abitazione.
 
Natasha mi scruta un secondo con i suoi grandi occhi verdi per poi rispondermi molto brevemente.
"Mi deve un favore."
 
Vorrei domandarle cosa sia successo esattamente, ma Natasha batte due pugni sulle assi di legno prima che io possa aprire bocca. La porta si socchiude e posso intravedere la figura di un uomo, ad occhio e croce sulla cinquantina, che ci osserva con fare sospettoso attraverso lo spiraglio.
Un sorriso illumina il volto di Vladmir nel momento in cui riconosce Natasha e spalanca la porta, facendosi da parte per farci entrare.

"Natalia!"- dice, sorridendo a Natasha-"Bella come sempre."
 
La russa sfodera un mezzo sorrriso di convenienza e scuote la testa:
"Ciao anche a te, Vladmir."
 
Li guardo un attimo, stranita: penso di aver appena scoperto il vero nome di Natasha, ma non posso esserne sicura. Natalia è...un bel nome, nel complesso, forse addirittura più di Natasha e le calza alla perfezione quindi decido che, perché no, mi piace!
Sono così assorta nei miei pensieri che non mi accorgo di Vladmir che mi scruta, alzando un sopracciglio.


"Lei?" domanda poi con tono sospettoso, in direzione di Natasha.
 
"E' con me"-risponde lei, sbrigativa.-"Puoi fidarti."
 
"La Natalia che conoscevo lavorava da sola" ribatte l'uomo con un ringhio.
 
"La Natalia che conoscevi aveva smesso di credere di essere una ballerina da pochi anni e faceva quello che doveva per sopravvivere" dice Natasha, algida.
 
"Farai sempre quello che serve per sopravvivere, Natalia, lo sappiamo entrambi." sospira l'uomo, facendoci accomodare in cucina, sedute al grosso tavolo di legno.
 
Ascolto lo scambio di battute in silenzio, osservando il cambiamentodi Natasha da gentile e cordiale a gelida e spietata al primo accenno al suo passato e alle persone a lei care. Forse non dovrei sentirmi così tanto lusingata dal fatto che Natasha abbia dichiarato di fidarsi di me, ma non posso fare a meno di sentire qualcosa al centro del petto, come un calore crescente che mi spinge a incrinare le labbra in un sorriso che tento di nascondere alla meno peggio.
 
"Può essere"-gli concede Natasha, alla fine.-"Adesso per andare avanti ho bisogno di tutte le informazioni possibili che sei riuscito a reperire in merito ad una possibile riattivazione della Red Room."
 
Anche se non me l'aveva mai detto chiaramente, sapevo che il punto saliente dell'intera indagine era proprio quello: Natasha temeva che, in qualche modo, la Russia avesse ricominciato a sperimentare su delle ragazzine indefese, proprio com'era lei.
Vladmir accede una sigaretta e aspira a lungo prima di risponderle.

"E' un terreno rischioso Natalia, adesso che ne sei fuori dovresti goderti la tua libertà."
 
"Pensi veramente che io ne sia fuori, Vladmir?"-ribatte lei, incalzante-"Non ne sei mai fuori" aggiunge, con tono fermo.
L'uomo sembra rifletterci su un attimo, poi accavalla le gambe e giocherella con la sigaretta tra le sue mani.

"Ti risponderò, ma solo perché sono ancora in debito con te per la vita della mia piccola Yuliya" esala finalmente e tiro un sospiro di sollievo.
 
Ce l'abbiamo fatta, avremo le informazioni mancanti, forse riusciremo davvero a rimettere a posto i pezzi di questo puzzle infernale.
 
"Ti ringrazio, Vladmir" Natasha sorride e l'uomo annuisce, prima di cominciare a parlare.
 
"Ho cominciato a sospettare che la Red Room fosse tornata in azione anni fa, quando lui è ricomparso e le sue foto hanno cominciato a circolare nel mercato nero." -A quelle parole vedo Natasha irrigidirsi impercettibilmente, poi annuisce, silenziosa-"Ma tu questo lo sai già, vero Natalia? L'hai incontrato, ad Odessa durante una missione con Occhio di Falco, o mi sbaglio?"
 
Okay, mi sto decisamente perdendo in questo discorso, così rimango in silenzio ad ascoltare.
 
"Si"-risponde finalmente Natasha.-"Mi ha sparato. Proiettili di fattura sovietica, nessuna rigatura. 
È un fantasma, ho provato a rintracciarlo, ma non lascia tracce. Se non sapessi che è lui, penserei di essere impazzita."
 
Sembra pronunciare quelle parole con uno sforzo immenso, come se quest'uomo di cui sta parlando fosse qualcuno a lei molto caro. Per la prima volta mi trovo a considerare l'idea che Natasha possa aver avuto qualcuno nel suo passato di cui sono all'oscuro, qualcuno che ha amato, a cui ha tenuto particolarmente. L'idea mi urta con violenza e non posso fare a meno di sentire una spiacevole sensazione attanagliarmi lo stomaco, con mia grande sorpresa.
 
"Abbiamo cominciato tutti a farci domande da quel momento in poi"-sospira Vladmir.-"Chi lo manovra? Qual è il loro scopo? Ci saranno altre sperimentazioni?"
 
Natasha annuisce: "Si, ci ho pensato a lungo Vladmir. Dopo Odessa ne ho parlato con lo S.H.I.E.L.D, poi ho raccolto quante più informazioni possibili, ma sono frammentate e in nessun fascicolo compare il suo nome."
 
Quelle parole mi cospiscono come un pugno in pieno volto: Natasha mi aveva detto di aver scartato questa possibilità a priori, che lo S.H.I.E.L.D. Sarebbe stato a conoscenza di un'associazione come la Red Room, che lei stessa non credeva fosse possibile.
Sento il suo sguardo posarsi su di me e serro la mascella, deglutendo.
Forse avrei dovuto capirlo, una spia non fa che mentire, evidentemente.
Evito accuratamente di guardarla e serro le mani in un pugno, resistendo alla tentazione di prendere a pugni il tavolino davanti a me fino a fracassarlo in mille pezzi e torno a concentrarmi sulle parole di Vladmir.
 
"Lui è solo una marionetta nelle mani di qualcuno di ben più potente, Natalia. E' come cercare un ago in un pagliaio, adesso ne sono sicuro. Qualsiasi cosa ci sia sotto, è ben più della Russia o dell'Unione Sovietica dove siamo cresciuti: ci deve essere qualcuno che tiene uniti tutti i fili e non si parlo solo di San Pietroburgo o di Lione, potrebbero esserci basi ovunque."
 
"Se questo fosse vero, vuol dire che non si tratta più solamente del progetto Vedova Nera, ma di sperimentazioni di ogni tipo: potrebbero esserci più branchie con chissà quale fine."
La voce di Natasha adesso freme di rabbia e, molto probabilmente, di disgusto.
 
"Esatto."-risponde Vladmir, spegnendo la sua sigaretta-"
È quello che ho pensato anche io, così ho collegato un po' di pezzi, notando che l'unica cosa che accumuna tutti questi eventi è la perdita di memoria dei soggetti coinvolti. Il Soldato d'Inverno ti ha sparato, non si è ricordato chi tu fossi, le ragazze che avete ritrovato si sono scordate ogni cosa che le riguardasse, tu stessa hai sperimentato il lavaggio del cervello dell'Unione Sovietica. C'è una metodicità di fondo, un modo di agire e di lavorare che si ripete in maniera quasi sistematica..."

"Prendono dei ragazzi o delle ragazze, li addestrano e poi ci sperimentano sopra con differenti sieri o tecniche di addestramento." -conclude Natasha per lui-"Stanno cercando di creare un'arma perfetta e non si tratta più di una superspia ma di veri e propri mutanti, geneticamente modificati."

"Ogni settore potrebbe generare un'arma perfetta e sommandole tutte insieme otterrebbero un esercito, agendo in totale silenzio" ci spiega Vladmir.
 
"Un guardiano"-mormoro. Sia Natasha che Vladmir mi fissano, con aria interrogativa.-"Il progetto Guardian mirava alla creazione di qualcuno con dei...poteri, se così si possono chiamare, che supervisonasse, che vegliasse sugli altri."
 
"Un leader"-mi viene incontro Natasha.-"Qualcuno che ubbedisca a chiunque sia dietro a questo complotto e abbia abilità sovrannaturali da sfruttare a loro vanataggio."
 
Annuisco, certa della mia affermazione:
"
È solo un pezzo del puzzle"-cerco di spiegare.-"Chissà quante basi piene di cavie e differenti sieri ci sono in giro per il mondo." esalo, sconcertata.
 
"Il Soldato d'Inverno potrebbe essere soltanto una prima arma, reduce dai tempi dell'Unione Sovietica, che quest'associazione usa per portare avanti i suoi progetti"-mi spiega Vladmir.-"Chissà da come e da quanto agisce sotto coperturna, modifica il corso della storia, plasma gli eventi a loro favore."
 
"Come le troviamo prima che lui trovi noi?" domando, concitata.
 
"Non puoi"- È Natasha a rispondermi, alzando lo sguardo su di me e scuotendo la testa-"Il Soldato d'Inverno è un'ombra, appare e scompare senza lasciare traccia come ci è stato insegnato, esegue gli ordini. Non c'è nulla di umano in lui, niente che potrebbe tradirlo."
 
"Qui ti sbagli, mia cara Natalia"-le parole dell'uomo incuriosiscono sia me che Natasha, che cerchiamo di capire cosa intenda.-"C'è una persona che potrebbe riportarlo indietro, un uomo di cui sia io che te conosciamo il nome."
 
Un mercenario, ipotizzo. Qualcuno di così forte da riuscire a sfidare una tale macchina da guerra, qualcuno ancora più forte di lui.
 
"Vladmir, lui a Odessa non mi ha riconosciuta"-gli fa presente Natasha.-"Dopo tutto quello che abbiamo passato, non aveva la minima idea di chi io fossi: mi ha sparato. Cosa ti fa pensare che tornerebbe indietro questa volta?"
 
"Non sono uno scienziato, Natalia. Sto solo ipotizzando che, spesso, abbiamo bisogno di qualcuno che amiamo per far si che la nostra mente torni a funzionare correttamente."
 
"
È vero"-asserisco.-"Spesso quando guardo Anaëlle ho sprazzi di ricordi, azioni che compievamo insieme, modi di dire, di guardarci, di parlare che mi riportano sempre e comunque a lei."
 
"Un'ancora" -mi fa eco Vladmir.-"O un'esca, se preferisci. Se riuscite ad avere Il Soldato d'Inverno, sareste un passo avanti a chiunque tenti di far sprofondare il mondo nel caos. Sai bene quanto me che servirebbero anni per trovare un rimpiazzio, qualcuno alla sua altezza che non sia la Vedova Nera."
 
Natasha annuisce:
"Vorrei che fosse così facile, Vladmir."
 
"Nulla è facile in questa vita, ma tu sei Natal'ja Al'janovna Romanova e se qualcuno può mettere fine a tutto questo sei proprio tu."- afferma Vladmir con sicurezza-"Qui puoi trovare varie informazioni che ho raccolto sul Soldato d'Inverno: alcune le conoscerai già, in altre sei addirittura coinvolta, ma forse potrebbero essere un punto di partenza per un'indagine più approfondita. Inoltre ci sono un paio di pagine anche su delle voci che girano su delle possibile sperimentazioni, sparizioni di bambini e contrabbandi di steroidi, sieri e la morte di numerosi scienziati che vi erano invischiati" dice, tendendole un fascicolo.
 
"Fammi indovinare, suicidi?" dice Natasha, sorridendo tristemente.

"Tutti quanti"-risponde Vladmir.-"Li fanno sparire non appena sanno troppo...pillole, impiccagioni, una pistola puntata alla tempia..:" l'uomo si porta due dita alla testa e simula il gesto di uno sparo.
 
"Bum" mormoro, pian piano.
 
"Bum" mi fa eco lui, asserendo.
 
"Ti ringrazio infinitamente, Vladmir" -dice finalmente Natasha, dopo diversi attimi di silenzio, alzandosi e stringendo a sé la cartellina. La seguo e sorrido all'uomo in un gesto di gratitudine.-"Salutami tua figlia" aggiunge.
 
"Yuliya ne sarà felice"-borbotta Vladmir.-"Ti adora da quando era bambina."
 
Per a prima volta da quando abbiamo messo piede in quella casa vedo Natasha sorridere genuiamente alle parole dell'uomo.
"Addio Vladmir" lo saluta poi.
 
Mi giro un'ultima volta indietro mentre varchiamo la soglia della piccola casa in legno e vedo l'uomo fare un cenno della mano nella nostra direzione, che ricambio.
Poi seguo Natasha nell'oscurità.
 
**
Vladmir li sente arrivare ancora prima che possa vederli. In un gesto rassegnato aspira per l'ultima volta dalla sua sigaretta appena iniziata per poi spegnerla nel piccolo portacenere in vetro sopra il caminetto, in attesa.
Sapeva che sarebbero venuti sin da quando aveva scelto di incontrare Natalia, non si era mai illuso di essere al sicuro, ma non rimpiange neanche per un momento la decisione presa.
La porta viene sfondata con violenza e Vladmir si ritrova a pensare che, per quanto lo riguarda, avrebbero potuto bussare, tanto non sarebbe comunque andato da nessuna parte tra la neve e i mari gelidi della Norvegia.
Cinque o sei uomini irrompono in casa sua, uno di loro è persino in giacca e cravatta, calvo e ha l'aria decisamente stupida.
 
"Siete arrivati tardi" sorride Vladmir, vittorioso.
 
L'uomo lo guarda per qualche istante, poi fa un cenno della testa ad uno dei suoi scagnozzi, che tira fuori una pistola dalla fondina legata alla vita. Vladmir socchiude gli occhi, cercando di intravedere il badge appeso alla giacca di tutti quei sicari e, nel momento stesso in cui riesce a mettere a fuoco, un proiettile esplode nel suo petto.
Vladmir si accascia a terra, un barlume di stupore che ancora illumina i suoi occhi ormai immobili.
 
Jasper Sitwell lo osserva morire gustandosi ogni secondo della sua agonia, poi afferra il cellulare e sorre la rubrica, fino a trovare il nome del suo capo.
"Lo abbiamo ucciso"-comunica.-"Ma l'agente Romanoff non è più qui."
 
"Non importa"-gracchia una voce, in risposta.-"Adesso, abbiamo un problema ben più grave. Capitan America e il suo team sono riusciti a prendere una delle bambine, a San Pietroburgo. Non possiamo lasciare che parli."


"Ricevuto, ci mettiamo all'opera" conclude Sitwell, chiudendo la conversazione.
 
Dall'altra parte del mondo, il direttore dello S.H.I.E.L.D Alexander Pierce sospira, preoccupato.
Ha cercato di lasciare una scia di briciole di pane per illudere gli Avengers: la base a Lione, poi quella a San Pietroburgo, tutti luoghi accuratamente ripuliti, privi di qualsiasi indizio che potesse tornare a loro utile. L'unico modo per nascondere l'HYDRA, per non far capire che fosse infiltrata così in profondita in una delle società spionistiche più potenti al mondo era dirottare l'attenzione di Fury e del suo gruppo di pupilli.
Eppure, questa volta, qualcosa li aveva traditi. Le bambine non avrebbero dovuto avere ricordi del loro passato, né tanto meno un'autonomia tale da decidere di scappare, eppure una astupida quattordicenne era riuscita a metterlo in difficoltà e non poteva permettersi che parlasse, che affondasse il loro piano accuratamente studiato per anni.
 
L'HYDRA non falliva mai.


chiacchiere inutili dell'autrice:
Salve a tutti! A rilento e con mesi di ritardo, pian piano porto avanti questa storia che, forse, è quella che mi sta più a cuore tra tutte quante. Spero che aprezziate questo capitolo!
Un bacio

Erza

 

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Capitolo 13
*** Capitolo tredici. ***


 Capitolo tredici


The animals, the animals
Trapped, trapped, trapped 'till the cage is full
The cage is full
Stay awake
In the dark, count mistakes
The light was off but now it's on
Searching the ground for a bitter song
The sun is out, the day is new
And everyone is waiting, waiting on you
And you've got time

You've got time-Regina Spektor
 
 
Sono in silenzio non so da quante ore, la testa che sembra voler esplodere e una rabbia al centro del petto che non fa che crescere, minuto dopo minuto. Sono stata un'idiota a pensare di potermi fidarei di Natasha e dello S.H.I.E.L.D, a pensare che ci dicessero la verità sul nostro conto, che ci tenessero al sicuro.
Vorrei dire di avercela con Fury o con la Hill, ma la verità è che mi sento tradita da Natasha più di chiunque altro. Le ho aperto il cuore dopo il ritrovamento di quella dannata cartellina rossa, le ho detto di avere paura, di sospettare che ci fosse qualcosa di grosso sotto e lei ha...finto, finto che le mie parole fossero un fulmine a ciel sereno per tutti loro, che fosse questo ad averli portati ad indagare in quel fottuto bunker dove siamo saltati per aria.
Sempre che anche quella non fosse tutta un'altra enorme recita.
Serro i pugni e chiudo gli occhi, cercando di calmarmi.
Cosa potevo aspettarmi dalla famigerata Vedova Nera? Un abbraccio cordiale, un sorriso spontaneo e una sincerità disarmante?
Sono stata veramente un'ingenua, solo adesso me ne rendo conto.
La gentile e disponibile Natasha era solo l'ennesima delle sue maschere, probabilmente un semplice modo di avvicinarsi a me per capire, per scoprire se nei miei ricordi ci fosse qualcosa di utile per il suo tornaconto personale.
Lo stomaco mi si stringe in una morsa e non so più so ho voglia di piangere o prendere a pugni qualcosa, qualsiasi cosa, fino a polverizzarla.
 
Uno scossone scuote il quinjet, costringendomi ad aprire gli occhi e guardarmi intorno: Natasha è seduta nella cabina di pilotaggio, la cloche stretta tra le mani e le grosse cuffie che le coprono le orecchie.
Sebbene potrebbe insierire tranquillament eil pilota automatico, ha scelto di guidare per tutta la durata del viaggio, probabilmente per schiarirsi le idee su quanto ha appena sentito.
Vorrei poter dire con certezza che quell'espressione ferita sul suo volto è reale, che vedere riaffiorare frammenti del suo passato dal nulla la fanno soffrire, ma ormai non sono più certa di cosa sia reale e cosa un'enorme finzione.
 
Mi stringo nella grande felpa e tiro su il cappuccio, cercando da isolarmi da qualsiasi cosa mi circondi e portandomi le ginocchia al petto, appoggiandoci la testa.
Non è questo che conta, adesso. Non è Natasha, non è lo S.H.I.E.L.D, è questa...qualsiasi cosa sia che manipola le persone come me e Anaëlle, che sperimenta, che cerca di accrescere il suo potere.
Mi chiedo come io e An siamo arrivate ad unirci ad un orrore tale, se fossimo coscienti di quale fosse il loro vero scopo, se siamo state costrette.
Voglio credere che se non fossimo state trasformate, i nostri nomi sarebbero comparsi in quella lista di finti suicidi: del resto avevamo permesso che le due ragazzine scappassero, ci eravamo rbellate a quel sistema disumano.
Un'idea mi balena per la mente: e se fossimo state infiltrate? Quante possibilità c'erano che non fossimo realmente fedeli all'associazione?
Scarto immediatamente questa opzione, ripetendo di non illudermi, di non idealizzare ciò che è stato cercando una sorta di redenzione probabilmente inesistente.
 
Non sento Natasha sedersi davanti a me, non fino a quando si schiarisce a voce e sobbalzo, tirando su la testa. E' solo in quel momento che mi rendo conto di avere le guance umide, rigate di lacrime. Mi asciugo velocemente con la manica della felpa e cerco di assumere la mia espressione più seria, ma senza molto successo a giudicare dallo sguardo di Natasha.
 
"Cosa vuoi?" le domando, freddamente. La mia voce trema, nonostante cerchi di essere il più risoluta possbile.
 
"Parlare" mi risponde semplicemente, come se fosse la cosa più innocente del mondo.
 
"Non ho nulla da dirti, Natalia" sottolieno il suo nome con enfasi, sibilando.

"Sapevo che ne saresti venuta a conoscenza, portandoti in questa missione"- sospira lei, aggiustandosi i lunghi capelli rossi dietro un orecchio.-"Preferivo che lo sentissi da me che non da chiunque altro all'interno dello S.H.I.E.L.D" mi spiega.
 
"Sentirmi dire cosa?"-sbotto, finalmente, lasciando che la rabbia  repressa fino a quel momento prenda il sopravvento-"Che già sospettavate che la Red Room fosse tornata in azione? Che tu stessa avevi già cominciato a mettere insieme i pezzi prima ancora di trovare me e Anaëlle?  Che non era la prima volta che lo S.H.I.E.L.D veniva a sapere della cosa?"
 
"Erano informazioni riservate" ribatte lei, con un tono così professionale che mi fa imbestialire. Non può trattarmi come una qualsiasi agente di livello basso, non a me, non dopo tutto quello che abbiamo passato, dannazione.

"Vaffanculo le informazioni riservate!"-urlo-"Non è una questione di fottute informazioni, Natasha, io mi fidavo di voi, io mi fidavo di te. In un mondo in cui brancolo totalmente nel buio, in cui qualsiasi cosa che riguardi il mio passato mi terrorizza, io avevo scleto di fidarmi delle tue parole, di stare tranquilla e poi scopro di essere frutto di una serie di esperimenti a catena di cui già sapevi?"- domando, furiosa-"Ho scelto la presona sbagliata di cui fidarmi. Non fai che mentire e io sono un'idiota" concludo, serrando la mascella e abbassando lo sguardo.
 
"Camille"-mi chiama lei, risoluta.-"Camille, guardami"- dice nuovamente.-"Nadia, dannazione, alza quel cazzo di viso e smettila di piangerti addosso."
 
Sobbalzo sentendo usare il mio vero nome e, finalmente, alzo lo sguardo e incontro i suoi occhi verdi, normalmente freddi come il diamante, che mi fissano con un'aria così umana che, per un secondo, mi illudo che non sia l'ennesima messa in scena.
 

"È vero, ho omesso delle informazioni, non ti ho parlato dei miei sospetti, ma non solo a te. Steve, Clint..nessuno di loro sa che io abbia cercato il Soldato d'Inverno dopo Odessa, nessuno di loro, neppure il mio migliore amico, sa quanto significasse lui per me."

Le sue parole riescono a catturare la mia attenzione, così resto in silenzio, ad ascoltarla.

"Si chiamava James Barnes, ma nessuno lo conosceva con quel nome tranne me. Il KGB lo aveva trasformato in una macchina da guerra, reso pressoché immortale da un siero molto simile a quello usato su di me e sul Capitano. Venne deciso che avrebbe addestrato le ventotto ragazze selezionate per il progetto Vedova Nera: all'inizio nessuna di noi credeva a quella voce, si diceva che fosse solo una leggenda, una figura creata dalla Grande Madre Russia per intimorire l'America, eppure, un giorno comparve dal nulla nella nostra palestra, al centro del grande tappeto rosso dove ci allenavamo"- Natasha fa una piccola pausa, come per prende fiato e mi rendo conto che sta esitando.-"Ci innamorammo. Lui è stato  l'unica cosa umana all'interno della Red Room, in tutti quegli anni di orrori, l'unica cosa che mi rendesse veramente Natalia."
 
"E poi?" le domando. Ormai la mia rabbia si è completamente attenuata mentre pendo dalle sue labbra, curiosa di sapere il resto della storia.
 
"Sono successe varie cose. Sono stata riprogrammata, sono stata data in sposa e lui è venuto a cercarmi nel teatro dove ero diventata prima ballerina."-un piccolo sorriso triste incrina le sue labbra scarlatte-"Mi ha svegliata. Il KGB non poteva perdonargli una cosa simile: lo hanno recuperato e fatto sparire dalla circolazione. Ho pensato che fosse morto per anni fino a quando ad Odessa non l'ho guardato negli occhi e ho rivisto ciò che restava James, l'uomo che conoscevo."
 
"Lo hanno riprogrammato, per questo non ti ha riconosciuta"-mormoro.-"E ti ha sparato."
 
 Natasha annuisce, mordicchiandosi l'interno della guancia:
"Avrei preferito che fosse morto, saperlo ancora in azione mentre lo torturano, alternano la sua memoria e ci giocano come un burattino..."
 
Non c'è bisogno che finisca la frase per capire come si sente, così faccio un gesto che, fino a qualche minuto fa, non mi sarei mai aspettata di compiere: mi avvicino e appoggio una mano sulla sua, sorridendole.
Natasha mi guarda, interdetta, poi mi sorride:

"Mentire è ciò che faccio, Camille"-mi dice poi.-"Potrei stare inventandomi ogni parte di questa storia e non te ne accorgeresti."
 
"Lo so"- le dico, contro ogni sua aspettativa.-"So che indossi mille maschere diverse e vorrei veramente che con me tu fossi semplicemente Natasha, ma so che non è possibile: non posso pretendere che tu smetta di essere una spia, non posso chiederti di essere sempre sincera con me, so di non contare così tanto nella tua vita. Ma voglio scegliee di crederti, almeno per questa volta. Forse me ne pentirò, anzi quasi sicuramente, ma non posso mettere in dubbio ogni tua parola, impazzerei."
 
L'espressione della temibile Vedova Nera in questo momento è qualcosa di impagabile e mi rendo conto che, forse, sono stata fin troppo sincera. Ho detto quello che pensavo senza ferarmi a riflettere per l'ennesima volta, lasciando che le emozioni prendessero il sopravvento.
Non sarò mai una brava spia, è ora che cominci a farmene una ragione.
 
"Non è vero, comunque, ciò che hai detto prima"-mi dice Natasha dopo qualche attimo di silenzio.-"Ho indossato una maschera con te, all'inizio, ma ho smesso diverso tempo fa."
 
Le sue parole mi colgono di sorpresa: Natasha non sembra esattamente il genere di persona che si confida con gli altri con così tanta facilita, che lascia trasparire i suoi sentimenti in tutta onestà come sta succedendo in questo momento.
Di nuovo sento quella sensazione di calore invadermi e un sorriso idiota spunta sul mio volto senza che possa fare nulla per mascherarlo.
 
"È che sono maledettamente invadente, non puoi fare nulla per fermarmi"- scherzo, facendola ridere sommessamente.-"Posso farti una domanda?" Le chiedo poi.
Mi attendo una risposta sarcastica o un'occhiata cinica di ironia delle sue, invece Natasha , con mia grande sorpresa, annuisce.
 
"Lo ami ancora?"

So che è un argomento estremamente delicato, ma sento come la necessità di sapere, per comprendere meglio il quadro generale, mi dico.
Assolutamente per quello.
La vedo esitare e sono pronta a scusarmi, a dirle che non deve rispondere per forza che lei comincia a parlare, così mi zittisco.
 
"È difficile essere innamorati di un fantasma"-mi dice, sorridendo tristemente.-"Penso di aver smesso di amarlo molti anni fa, è scivolato via pian piano col passare del tempo..ci sono state altre persone" aggiunge, con mio grande stupore.
 
L'idea di Natasha innamorata è qualcosa che non mi aveva mai neanche sfiorata prima di questo dialogo al limite del surreale e tutt'ora non riesco ad immaginarmela che arrossisce davanti a qualcuno o in preda al batticuore.
L'ho sempre vista come una donna forte, indipendente, ma adesso mi rendo conto che è molto più umana di quanto lasci trasparire e, sebbene lo avessi già intuito da molto, mi ritrovo a pensare che sia qualcosa dolce, scoprirla capace di provare sentimenti come tutti noi comuni mortali.
Sorrido e annuisco, comprensiva, per poi ricordarmi di quel tutt'altro che piccolo punto che ancora non abbiamo affrontato.
 
"Natasha, chi è l'uomo che potrebbe aiutare Il Soldato d'Inverno?" formulo, non senza esitazione.
 
L'espressione di Natasha muta improvvisamente e posso cogliere un barlume di preoccupazione nel suo sguardo.

"Camille, qui si va ben oltre i segreti dello S.H.I.E.L.D e della mia esperienza personale in merito alla cosa. Se te lo dicessi, dovrei chiederti di mentire a tutti quelli che conosciamo, inclusa Anaëlle."
 
Le parole di Natasha, per un secondo, mi fanno esitare: l'impellenza di avere una risposta e la curiosità mi divorano, ma non so se sono pronta a mentire alla persona più importante della mia vita, né sono sicura di saperlo fare. Significherebbe fingere indifferenza qualora la cosa uscisse fuori, mettere su un teatrino come quelli che Natasha improvvisa di continuo.
Indossare una maschera.
Ci rifletto attentamente prima di darle una risposta sincera:
 
"A me va bene"-le dico.-"Posso riuscirci."
 
Natasha sembra sorpresa, probabilmente perché ho appena accettato di omettere l'informazione più importante di quell'intera missione a mia sorella, ma non commenta la decisione che ho preso.
 
"Prima di essere preso dal KGB, James "Bucky" Barnes era un sergente nel 107esimo reggimento durante la Seconda Guerra Mondiale. Si era arruolato insieme al suo migliore amico, Steven Rogers, diventato poi Capitan America."-

Sgrano gli occhi e sento la mascella scivolarmi lentamente a terra mentre mi trattengo dal dire una qualsiasi cosa che, in quel momento, sembrerebbe sicuramente stupida.

-"Fu dato per morto durante una missione, Steve se n'è sempre fatto una colpa. Il suo corpo, però, non venne mai ritrovato."
 
"L'ha preso il KGB per farne un'arma perfetta"- concludo, chiudendo finalmente il cerchio.-"Natasha, Steve non ne ha la minima idea?" domando, mentre un senso di disagio crescente che mi invade. Comincio a pensare che, forse, avrei preferito non sapere.
 
Natasha scuote la testa:
"No. Credimi, non è stato facile mentirgli, tacere per tutto questo tempo sapendo quando James contasse per lui, ma se venisse a saperlo potrebbe scoppiare il caos e lo S.H.I.E.L.D. non può permetterselo, non in tempi come questo. Il Capitano è un soldato, il migliore tra tutti, ma sai bene che per le persone che ama farebbe di tutto."
 
"Dio, Natasha, che casino" -sospiro, massaggiandomi le tempie. Ho la testa che sta per esplodere e non sono neanche sicura di aver assimilato a pieno tutte le informazioni shockanti della giornata.-"Il fatto che abbiate tutti cento e passa anni rende tutto così caotico" sospiro. Rifletto un attimo su quelle parole e poi sorrido malignamente, guardandola-"Nat, quanti anni hai tu veramente?" domando, a sorpresa.
 
"Ventitr." mi risponde, con sicurezza e, per un attimo, quasi non mi rendo conto che mi stia prendendo in giro.
 
"Forse intendevi duecentotrenta, uno zero in più ." ribatto finalmente e l'occhiataccia che segue mi fa capire di aver fatto centro mentre sorrido vittoriosa.
 
"как вы скучны, Nadežda." borbotta.
Come sei noiosa, Nadia.
 
"Sai che ti capisco, vero?"-dico, indicando il traduttore di Stark nel mio auricolare-"Nadia in russo suona quasi bene, potrei farmelo piacere" sdrammatizzo.
Natasha maschera un mezzo sorriso mentre si alza in piedi e, mentre torna verso la cabina di pilotaggio, mi indica la cloche accanto alla sua con un cenno della testa

"Vediamo di sfruttare queste ore morte, Nadežda" mi dice poi, con tono pratico, prima di inziare a spiegarmi, con mia infinta sorpresa, come pilotare un quinjet.
 
**

Se credevo che saremmo state noi quelle a portare notizie sconvolgenti, mi sbagliavo di grosso.
I miei modesti calcoli non avevano previsto una ragazzina piombataci tra capo e collo e una sorella completamente sconvolta dalla cosa al punto tale da preoccuparsi a stento di come sia andato il nostro viaggio.
La bambina, adesso, si trova chiusa in una tipica sala da interrogatori e siamo tutti riuniti fuori, cercando di decidere cosa fare.
Natasha è la più scettica in merito alla situazione: se davvero la ragazzina è una piccola Vedova Nera che arriva dritta da uno dei rami ormai di nuovo in operazione della Red Room, potrebbe star fingendo. Un'infiltrata insomma, così innocente da prenderci in giro tutti.
 
"L'ho fatto io stessa, alla sua età"-dichiara Natasha.-"Un bel faccino e due occhioni dolci sono più che sufficenti per distrarti il tempo necessario per piantarti un coltello nel cuore."
 
"È diverso, Nat"-interviene Clint.-"Ha riconosciuto Anaëlle, si è fidata solo di lei, sa chi sia Camille."
 
"È facile giocare una persona che non si ricorda nulla del suo passato, puoi farle credere qualsiasi cosa tu voglia e, fidati, alla sua età la Red Room ti ha preparato abbastanza bene da poter sopravvivere sotto copertura per anni. " ribatte Natasha, gelida.
 
Il cuore mi si stringe in una morsa, sapendo che, per la seconda volta oggi, Natasha sta rivivendo frammenti tutt'altro che piacevoli del suo passato.
Forse anche per questo dichiararmi d'accordo con Clint mi costa uno sforzo notevole, ma non posso tirarmi indietro, non in una situazione del genere.
 
"Voglio parlarci."-dico-"Mi fido di Anaëlle, se dice di avere degli sprazzi di memoria riguardanti questa ragazzina, non posso ignorarlo: so cosa si provi ed è qualcosa che va aldilà di ogni possibile complotto."
 
Anaëlle mi sorride e mi ringrazia sottovoce mentre le cingo le spalle con un braccio e le poggio un bacio sulla tempia.
 
"E se fosse una mossa voluta? E se, di proposito, la Red Room avesse schierato contro di noi qualcuno che conoscete?"-incalza nuovamente Natasha-"Hanno sempre amato questo genere di giochi perversi, illudendo gli altri di avere un qualche potere decisionale per poi rivelare ogni loro debolezza."
 
"È un'opzione che non possiamo escludere"-le risponde Steve.-"Ma non sapremo mai la verità stando qua a discutere tra di noi inutilmente."
 
"Voglio parlarle anche io"-interviene Anaëlle, sovrastando le altre voci.-"Capirò se sta mentendo o meno, ne sono sicura."
 
"Vengo con te" -la spalleggio immediatamente. Anaëlle annuisce e io cerco lo sguardo di Natasha, fisso su di noi-"Fidatevi di noi."
 
Uso il plurale, ma so bene di star rivolgendomi ad una persona sola.
Fidati di me, Natasha.
La vedo scuotere la testa, poco convinta, poi liquida la cosa con un gesto della mano che mi lascia interdetta, forse persino delusa.
 
"Vi diamo mezz'ora" conclude alla fine la Hill, che ancora non era intervenuta in quella discussione, sempre che così possa definirsi.
 
Vorrei essere felice della decisione presa, ma non posso fare a meno di osservare Natasha che scocca un'occhiata diffidente alla ragazzina ripresa dalle telecamere di sicurezza e sbuffa seccata.
Le dimostrerò che ha torto, può giurarci. So che suona infantile, ma le dimostrerò che, ogni tanto, fidarsi può essere la cosa giusta da fare, anche in situazioni come queste.
Seguo distrattamente Anaëlle che mi conduce verso l'ingresso di quella che definirei a tutti gli effetti una prigione e non noto che mi sta osservando con aria preoccupata.
 
"Stai bene?" mi domanda, facendomi riscuotere.
 
"Certo"-mento.-"Anaëlle, sii sincera con me: chi è veramente questa ragazzina?"
La vedo titubare un attimo, poi si morde un labbro e socchiude gli occhi, come se ciò che sta per dire le costasse una sforzo immenso.
 
"Penso sia mia sorella." 


chiacchiere inutili dell'autrice
Salve a tutti! Lo so, è passato un anno e mezzo all'ultimo aggiornamento...putroppo la vita è frenetica e non aprivo efp da un pezzo, ma sappiate che Camille Anaelle sono sempre nel mio cuore, così parte di me che quando ho visto EndGame non ho potuto fare a meno di pensarle parte della battaglia finale! Mi sono sempre ripromessa di finire di pubblicare questa storia (l'ho finita anni fa, ho anche un mezzo sequel e diverse one shot scritte, in realtà!), nonostante probabilmente non abbia più lettori. Quindi, se avete letto fin qua, che siate appena arrivati o che abbiate ripreso in mano, come me, questa storia, vi ringrazio di cuore.
A presto (si spera!)
Erza

 

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