Innocent secrets

di Pupulewahine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Oggetti intimi e segreti ***
Capitolo 2: *** Intuizioni e pericoli scampati ***
Capitolo 3: *** Alleanze inaspettate e baci segreti ***



Capitolo 1
*** Oggetti intimi e segreti ***


Capitolo 1:
~Oggetti intimi e segreti~

 

«Ci sei andata a letto?»
«Shh… che urli a fare?» le tappò la bocca, guardandosi in giro per essere sicura che nessuno le avesse sentito. Dopo averla liberata, la trascinò in una classe vuota –la loro vecchia aula di biologia- per poi raccontarle tutto.
«Sì, ci sono andata a letto, ma lui era ubriaco quindi dubito che si ricordi qualcosa…» sospirò, a quella constatazione. Era ovvio che non si ricordasse di essere andato a letto con lei. E, in ogni caso, avrebbe fatto finta di niente. Lo faceva con le ragazze più carine della scuola, figurarsi con lei.
«Ma… cosa ha detto quando si è svegliato?» continuò Liz, guardandola incuriosita. Johanne aggrottò la fronte, non capendo dove volesse andare a parare.
«Non lo so, Liz» disse, sinceramente.
«Come non lo sai… aspetta, non vorrai dirmi che…?» Annuì semplicemente, scrollando le spalle. «Ma sei scema?» esclamò Liz, colpendola dietro la nuca. «Ahio, sei manesca! E poi scusa che potevo fare?» Continuò a massaggiarmi la parte lesa, attendendo una sua risposta.
«Oh, beh non lo so… magari rimanere nel letto con lui? Così da potervi dedicare ad un altro round?»
«Beh tecnicamente… ahio! La smetti di colpirmi?» se continuava di questo passo, sarebbe finita in infermeria. «Lo vedi che sei scema?»
«Liz, rifletti. Cosa potevo fare? Sono da sempre innamorata di lui, pensi che, dopo averci fatto sesso, mi sarebbe piaciuto sentirmi dire “oh, ciao Joh, è stato bello stanotte”, magari senza neanche guardarmi in faccia? No, grazie. Ho scelto la via più facile, e meno dolorosa. La fuga.» disse tutto con un tono rassegnato, e con uno sguardo triste da convincere Liz. «Joh, io non sono nessuno per dirti cosa fare… ma forse saresti dovuta rimanere. Pensaci, dici di esserne innamorata, nonostante tu ci abbia parlato massimo tre volte in tutto l’anno scolastico. Forse, se fossi rimasta, avresti capito che per te si tratta solo di un’infatuazione. Magari anche solo di istinto sessuale…»
«Istinto sessuale?» domandò scettica Johanne, cercando di non scoppiare a ridere. «Va bene, la smetto solo… cerca di non rimanerci male quando lo vedrai» si avvicinò, e dopo averla stretta in un abbraccio al profumo di pesca, la trascinò a braccetto in classe.
Sarebbe andato tutto bene, ne era sicura.
 
*
   

Quando Mark si svegliò, un terribile cerchio alla testa lo stava perseguitando. Non ricordava quasi niente della sera precedente, solo di aver bevuto, e di essere salito in camera con una brunetta ben disposta. Brunetta, che, al suo risveglio, non c’era più. Rimase sorpreso a quella constatazione, non perché volesse dedicarsi alle “coccole mattutine”, ma perché quasi ogni ragazza che si portava a letto, le pretendeva. Eppure, la ragazza della sera precedente, era… diversa. Non aveva preteso di essere abbracciata a cucchiaio, e non si era lamentata del fatto che fosse crollato subito a dormire. Mark era certo, che ad un certo punto, si erano ritrovati abbracciati. Ricordava perfettamente il calore di quel corpo minuto, e il profumo che i suoi capelli emanavano. Era un profumo… fruttato. Ne era quasi certo. Ricordava di aver pensato che profumasse come un frutto estivo. E anche per questo motivo rimase sorpreso di essere solo. Se si erano addormentati abbracciati – o ad un certo punto ci fossero finiti- come aveva fatto ad alzarsi senza che lui se ne rendesse conto? Ma soprattutto, chi era quella ragazza?
Con un mal di testa peggiorato a causa di tutte queste domande, si diresse in bagno, gettandosi sotto il getto dell’acqua, cercando di cancellare quella nebbia alcolica che ancora lo attanagliava.

«Quindi, ci sei andato a letto e non ti ricordi chi era?» gli chiese Troy, con un sorrisino malizioso. «Sì, e la cosa è strana… non mi è mai capitato. Cioè, stamattina non era neanche nel mio letto. E ieri notte non mi ha chiesto di abbracciarla, o “coccolarla”.» sospirò, massaggiandosi la base del naso. Il mal di testa ancora non lo voleva abbandonare. «E non ne sei felice? Ad avercela io una così. È la ragazza perfetta!» commentò Matt, sgranando gli occhi. Era impossibile credere che Mark avesse incontrato una ragazza simile. Soprattutto perché si ricordava di averlo visto andare via da solo. «Senti un po’, Mark, quando l’hai incontrata questa ragazza? Perché alla festa di ieri sei andato via da solo…» espresse i suoi pensieri con la fronte aggrottata. Sia Matt che Troy lo guardavano in attesa, pendendo quasi dalle sue labbra. «È questo il punto… non me lo ricordo. Ricordo solo questa ragazza dai capelli neri, che mi guarda in attesa, mentre la poggio sopra il letto…» sospirò, immergendosi nei ricordi. Anche se non ricordava l’amplesso, era certo che quella fosse stata la serata più bella della sua vita. «Ok, ok. Smettila con questi tuoi discordi smielati. Mi fai venire il voltastomaco.» si lamentò Matt, facendo ridere gli amici.
«Hai controllato se abbia lasciato qualcosa a casa tua? Che so… un bracciale, un orecchino…» iniziò Troy, con tono gentile.
«Una mutanda, un reggiseno…» concluse Matt, sogghignando. Contemporaneamente Mark e Troy lo colpirono dietro la nuca, facendolo gemere dal doloro. «Certo che vuoi due siete proprio maneschi. Cercavo solo di dare una mano…» si giustificò, facendo una smorfia per il dolore. «Ah sì? Sparando cazzate?» il tono sarcastico di Troy non passò inosservato ai due ragazzi. «Beh, poteva anche aver lasciato per davvero un “oggetto intimo” da lui.»
«Lo trovo alquanto improbabile. È scappata via prima che mi svegliassi, e la sveglia era impostata alle sei e un quarto. Dubito che sia stata tanto stupida da lasciare una cosa del genere. Al limite posso vedere se c’è un bracciale o una collana. Sono sicuro che non avesse orecchini…»
«Bene ragazzi. Si va alla caccia della ragazza misteriosa!» esclamò Matt, eccitato, guadagnandosi due sguardi scettici e divertiti.
Quel ragazzo era un idiota!
 
*
 
«Merda! No, no, no, no… non è possibile!» esclamò disperata Joh, tenendosi la testa tra le mani, tirando leggermente le ciocche dei suoi capelli. Come aveva potuto essere così stupida da dimenticarsi la sua colla-portafortuna? Proprio oggi che aveva il compito di algebra. Era spacciata. Non perché non era brava, anzi tutt’altro, ma senza quella collana si sentiva insicura, andava in preda all’ansia. Proprio per questo motivo la portava sempre. La teneva nella tasca desta dello zaino, così da averla sempre a portata di mano. O almeno era stato così fino a quella mattina. La giornata stava progredendo di male in peggio.
«Ehi, Joh, che succede?» la carezza rassicurante dell’amica, la ridestò dai suoi pensieri, facendola piagnucolare. «Non trovo più la collana-portafortuna» accompagnò queste parole con un lamento. A breve si sarebbe messa a piangere. Lo sapeva. «Quella verde?» chiese l’amica, con uno strano tono. «Sì, quella che metto ad ogni compito ed interrogazione…» solo Liz e Jenna erano a conoscenza della sua piccola “fissa”, ed ogni volta non facevano altro che prenderla in giro. «Non è quella che hai messo ieri sera?» E ad un tratto, come se un fulmine l’avesse colpita, si ricordò. Quella collana era l’una che si intonasse al vestitino verde smeraldo che aveva comprato per la festa dei diciott’anni di Betty Mackenzie, loro compagna di corso, nonché migliore amica di Mark, Troy e Matt. L’aveva indossata e, per quanto si ricordasse, la teneva al collo anche quando era andata a casa di Mark. Fece mente locale, cercando di ricordarsi se quella mattina si era portata dietro anche la collana, che aveva tolto durante l’amplesso, poiché le dava un senso di soffocamento. Possibile che…? No, non poteva crederci. La sua sfiga non poteva essere così grande. Non poteva aver perso d’avvero la sua collana preferita –nonché unico cimelio regalatole dalla ormai defunta nonna-, il suo “oggetto intimo” più importante, a casa del ragazzo di cui era innamorata, con il quale aveva fatto sesso. Questo andava oltre ogni limite del possibile. La sua non era sfortuna, la sua era sfiga nera. Così, dopo aver realizzato che: sì, aveva lasciato la sua collana a casa di Mark, e che quindi si sarebbe fatta prendere dall’ansia, fece l’unica cosa che le sembrasse sensata. Diede a testate l’anta dell’armadietto, gemendo di dolore, e facendo urlare per la sorpresa –e la paura- Jenna. L’unica cosa che poteva fare, in quel momento, era sperare che le venisse un –lieve- trauma cranico, così da impedirle di fare il compito, e che Mark non trovasse la sua collana. Almeno non prima di lei. Perché era certa, che l’unica possibilità di riaverla –senza che si scoprisse il suo piccolo segreto- era andare a prenderla di persona.
Ma ora, la domanda più importante era: come?


Angolo autrice:
Ammetto che il titolo non è un granché, e che il capitolo è piuttosto corto. Se la storia appassionerà, sarò molto felice di “creare” titoli più accattivanti, e di scrivere capitoli lunghissimi. Promesso. Non è la prima storia che scrivo, ma è la prima che ho intenzione di far rimanere qui su Efp. Le altre le ho pubblicate, per poi rendermi conto che erano troppo… semplici. Poco elaborate. E allora, mi sono ripromessa di aggiustarle e di renderle più complesse per poi pubblicarle.  Mentre per quanto riguarda questa… è un esperimento. Se piacerà, continuerò, altrimenti accetterò i consigli –e le critiche- per migliorarla, e ripubblicarla quando sarà veramente pronta. Detto questo… vi auguro buona giornata.
Kiss, Pupulewahine

  

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Capitolo 2
*** Intuizioni e pericoli scampati ***


Capitolo 2:
~Intuizioni e pericoli scampati~


 
«Joh…»
Un colpo.
«Joh…»
Un altro colpo.
«Johanne!»
Il terzo colpo venne attutito dalla mano di Jenna. «Si può sapere perché stai sbattendo la testa contro l’anta dell’armadietto?» le chiese, guardandola stranita.
«Perché voglio un trauma cranico…» rispose, con un tono afflitto.
«Cosa?» Jenna non ci stava capendo niente. Perché mai avrebbe dovuto avere una reazione del genere, solo perché si era dimenticata la collana-portafortuna? Qualcosa non quadrava, e lei era ostinata a scoprire cosa.
«Jen, se ti dico una cosa, prometti di non avere una reazione esagerata?» chiese, sottovoce.
L’amica la prese per il polso, portandola verso un posto più appartato. «Dimmi tutto Joh. Sai che ti puoi fidare di me»
Johanne prese un respiro profondo, e confessò. «Ieri, io e Mark… siamo andati a letto insieme»
«Oh…» fu l’unico commento della rossa.
«Tutto qua? Solo “oh”?!»
«Oddio, scusami Joh. È che sono… sorpresa. Mi sarei aspettata una confessione più… non lo so. Ho sempre pensato che avresti urlato come una pazza. Sei da sempre innamorato di lui…»
«Lo so, Jen. Solo che eravamo ubriachi, e sono scappata via. Mi sento… sporca. Lo so, è una cazzata, ma ho sempre sognato che avremo fatto l’amore e non del semplice sesso.» Ammise Joh, più a sé stessa che all’amica. Ed era la verità. Quante notti aveva passato sognando nei minimi particolari, quel momento importante? Dopo che aveva fatto sesso per la prima volta, con il suo ex, Philp, si era ripromessa che la sua prima volta con Mark sarebbe stata… indimenticabile. E lo era stato, solo non nel senso in cui lei aveva desiderato. Ricordava perfettamente il tocco delicato ma allo stesso tempo deciso. Ricordava il bacio, da prima inesperto, che aveva posato lei stessa su quelle labbra che aveva da sempre sognato. Ricordava il momento in cui era entrato dentro di lei, guardandola preoccupato, quasi fosse una bambola di porcellana. Ricordava tutti i particolari futili di quell’amplesso, nonostante fosse anche lei annebbiata dall’alcool, che non solo l’aveva resa intraprendente, ma l’aveva anche tolta l’occasione di confessare tutto ciò che provava. Ma ricordava anche gli occhi vitrei ed indifferenti con cui la guardava. Quasi come se fosse una ragazza come un'altra. E ricordava le lacrime che le erano uscite senza permesso, ma che aveva prontamente nascosto baciandolo con trasporto. Si era sentita sporca in quell’esatto momento. Si era sentita una delle tante. E sapeva di essere una delle tante. E se ne vergognava. Si sentiva peggio di come si era sentita quando era andata a letto con Philip per ripicca.
«Joh, so che hai sempre sognato la tua prima volta con Mark in modo speciale, ma forse doveva andare così, non trovi?» era la sua amica dalle elementari, e sapeva perfettamente cosa significasse questa cosa per lei. Forse anche più di Liz.
«Tu… tu cosa hai provato quando l’hai fatto per la prima volta con Andrew?» Andrew era il fratello maggiore di Mark, nonché grande amore di Jenna.
«La prima volta è stata… tragica. Per me era una cosa da niente, mentre lui era così nervoso da avere le mani sudate. E ti assicuro, che dopo quella volta non avrei mai più voluto fare sesso con lui. Però…»
«Però poi ti ha chiamato e avete passato una notte di fuoco. Lo so, ricordo quando ce l’hai detto, ma io ti ho chiesto come ti sei sentita» era inutile sentire –di nuovo- la storia dei suoi orgasmi multipli dovuti alla maestria di Andrew. Sentiva quel discorso ogni volta che lo incontravano. Sempre su richiesta di Liz, ovvio.
«Mi sentivo… strana. Non dirò la cazzata del “mi sentivo completa, solo perché c’era lui” lo sai benissimo. Io mi sentivo solo… strana. Non avevo mai provato una sensazione simile.» gli occhi di Jen erano velati di lacrime, come se quello fosse il ricordo del suo matrimonio.
«Esatto, Jen. Io voglio questo. O almeno, lo volevo. Ora non so più cosa fare…»
«Joh, stai tranquilla. I tuoi sentimenti per lui non sono cambiati, lo sai. È vero, la vostra prima volta non è stata indimenticabile, ma ciò non implica che non ti sia piaciuto, no?» chiese, con un sopracciglio inarcato.
«Oh, tutt’altro. Ricordo ogni momento di passione, ma non è questo il punto. Per me è stato indimenticabile, ma so perfettamente che per lui ero una delle tante, l’ho visto nel suo sguardo…»
*
«Troy, lei non era una delle tante. Tutt’altro. Non ricordo niente della serata, ma ricordo i suoi occhi. Il suo sguardo leggermente spaventato. Il suo sorriso dopo il nostro primo bacio, solo…» iniziò Mark, con sguardo trasognante.
«Non ricordi chi fosse» concluse l’amico, guardandolo comprensivo. «Devo sapere chi è» affermò, sicuro di sé.
«E dopo, dopo che farai?» chiese Matt, comparendo alle loro spalle. «Le confesserai il tuo amore?» continuò, sorridendo beffardo.
«Beh, prima di tutto le chiederei perché è scappata…»
«Magari l’avessi trovata io… una così me la sposerei» esclamò Matt. «Mmh… sì, ma ora la cosa più importante è capire chi è. Siamo alla ricerca della “donna perfetta”.» e con questa frase Troy concluse la conversazione.
*


«Ragazze, io non ce la faccio. Non posso fare il compito senza la mia collana… sapete che sono superstiziosa!» esclamò Johanne, con gli occhi spalancati per il terrore. Era sicura, avrebbe preso un insufficienza. «Cosa vorresti fare? Andare da Mark e dire “ehi, ciao, ieri abbiamo scopato, ma ho lasciato da te una collana, puoi darmela”» chiese ironicamente Liz, guardandola scettica.
«No, mi sembra ovvio, ma sono depressa. E, in più, devo capire come andare a casa sua per riprendere la mia preziosa collana.» E con ancora la testa conficcata nell’armadietto, ricominciò a dare a testate il ferro freddo. «Oddio, ora ricomincia!» si lamentò Jenna, sotto lo sguardo stupito di Liz. «Da quand’è che disidera di avere un trauma cranico?» chiese, sottovoce, Liz a Jenna, che rispose con una semplice scrollata di spalle. «Da quando ho scoperto che andare a letto con la persona di cui sono innamorata è stata la più grande cazzata della mia vita.» rispose Johanne, con la voce attutita.
«Oh…» fu l’unica risposta delle due. «Dai, entriamo, altrimenti ci segnano assenti. Forza!» le due ragazze la staccarono dall’armadietto, portandola verso la tanto temuta aula. «Che Dio me la mandi buona!» sussurrò, fissando il pavimento.
«Finalmente! Vi ringrazio per averci degnato della vostra presenza.» ironizzò il professor Brown. Che, ironia della sorte, assomigliava sorprendentemente al famoso scienziato –o almeno per quanto riguardava l’aspetto-. «Scusi…» dissero le tre ragazze, dirigendosi velocemente al loro posto. Joh salutò l’elettrica Betty con un cenno della mano, rifugiandosi nella sua coltre di depressione e pessimismo. Era consapevole che, per i suoi genitori, avere un brutto voto non era poi tanto catastrofico. Era una ragazza intelligente e diligente, e di conseguenza si fidavano di lei. Ed era anche sicura che avrebbe recuperato sicuramente, ma sapere che la sua “avventura” si era ripercossa su di lei, la gettava nello sconforto. Odiava dare al sesso tanto potere. Si sentiva annichilita dalla passione che l’aveva scossa la sera precedente. Guardò il foglio che il professore aveva adagiato sul banco, che la guardava quasi con sfida. E in quel esatto momento, il cervello si spense. Sentì l’ormai conosciuta scossa di panico attraversarla il corpo e intrappolarla nella sua morsa. Il senso di impotenza l’invase, facendola sudare freddo. La cosa peggiore, era sapere che quel blocco era solo causato dalla sua mente. Dalla sua piccola –si fa per dire- fobia di sbagliare, che però sortiva un effetto ancora peggiore. La distruggeva, impedendole di prendere la matita tra le mani, e rispondere a quelle domante tanto semplici, alle quali
-normalmente- avrebbe risposto ad occhi chiusi. Sapeva già cosa fare a fine lezione. Sapeva bene che il professor Brown avrebbe capito, dopo un po’ di insistenza, le ragioni per cui aveva consegnato in bianco, promettendo di recuperare appena si sarebbe proposta l’occasione. O almeno, così pensava.
«Ehm… ragazzi, scusate l’interruzione, ma dovrei farvi presente di una cosa…» una volta ricevuto il silenzio come conferma, riprese a parlare. «Per motivo familiari, sarò costretto ad assentarmi per un paio di mesi…» un coro di esulti si alzò nell’aula, facendo sbuffare il professore.
«E, di conseguenza, ho pensato che fosse giusto affidarvi un nuovo insegnate, che si tratterrà a tempo indeterminato…»
A questo punto, i cori d’esultanza vennero sostituiti da altri di diniego. Se c’era una cosa peggiore dei professori, quella erano i supplenti. Nel migliore dei casi, erano ragazzino inesperti, intimoriti dalla loro voglia – anzi, non voglia- di studiare, finendo per non spiegare, facendo così innervosire i professori alla fine della loro “vacanza”.
Nel peggiore dei casi, erano vecchi e bavosi professori, amanti della vecchia scuola, che pretendeva il riassunto di tutte le pagine presenti in un capitolo, con mappa concettuale e schema annesso. Quindi, la loro risposta fu molto giustificata. «Ragazzi, so benissimo che la cosa non vi entusiasma, anche perché quest’anno avrete l’esame finale, ma mi sono preoccupato io stesso di trovarvi una persona qualificata. Anzi, a dirla tutta, oggi dovrebbe essere il suo primo giorno di supplenza, ma ho preferito di rimanere io, per comunicarvi la cosa, ed evitare di fare un compito del genere con una persona a voi sconosciuta…»
La classe rimase in silenzio, poiché troppo presi dai propri pensieri. Johanne, non seppe cosa pensare. Era dispiaciuta per la partenza improvvisa del professore, ma ancor di più perché non aveva idea di come avrebbe reagito il nuovo professore, al suo compito in bianco. Non poteva di certo dirgli che era andata nel pallone, perché aveva dimenticato la sua collana-portafortuna a casa del ragazzo di cui era innamorata. E con cui aveva fatto sesso. Con la mano tremolante, afferrò la penna che aveva adagiato sul banco, respirando profondamente, cercando di calmare l’attacco di panico. Poteva farcela. Doveva farcela. Ne avrebbe risentito la sua media, e non poteva permetterselo. Quell’anno avevano l’esame di maturità, e che cazzo! Riuscì, neanche lei sapeva come, a compilare il test che aveva di fronte, rispondendo –almeno metà delle domande- correttamente. Avrebbe preso almeno la sufficienza, non poteva arrendersi.
Uscì dall’aula con la fronte imperlata di sudare, nonostante l’aria frizzante di Febbraio. Aveva paura. Una paura esagerata. Ma era anche fiera. In un modo o nell’altro, era riuscita a non consegnare in bianco. «Allora Joh, come è andata?» chiese Jen, cingendole le spalle con un braccio esile. «Eh, diciamo che non ho consegnato in bianco. Soprattutto perché ci sarà il nuovo insegnante a breve.» rispose, rassegnata. «Eh già, però mi hanno detto che è bravo… e sexy…» s’intromise Liz, sorridendo maliziosa, guadagnandosi due occhiate stranite. «Che c’è, io sono una persona informata!» si giustificò, scrollando le spalle. Le altre due si guardarono, per poi scoppiare a ridere, coinvolgendo anche Liz. «Oh, lo sappiamo Liz. Tu sei sempre informata…» commentò Jenna, continuando a sorride. «Però, chissà perché, sempre su ragazzi carini…» disse Johanne, sorridendo ironica. «Oh, sta zitta.» sbuffò la bionda, mantenendo comunque il sorriso.
«Ehi, Joh…» la chiamò Jenna, facendole distogliere lo sguardo dalla macchinette. Voltò la testa, verso la stessa direzione  in cui guardava l’amica, scorgendo il protagonista dei suoi sogni, con al segno i due suoi amici. Fece, inconsapevolmente una smorfia, che catturò l’attenzione di Matt. Quando gli furono vicini, proprio questi parlò. «Cos’hai Johanne, sembra che ti sia mangiato un limone…» la beffeggiò, guardandola divertito. «Oh, no. Ho solo visto la tua faccia» rispose alla frecciatina, con una dose non indifferente di acidità. «Ahia, qui qualcuno ha bisogno di una bella dose di sesso… sei un po’ acidina, Johannina»
«Grazie per l’interessamento, ma sono a posto. Ho già la mia dose di sesso…» confessò, prima di rendersene conto. All’improvviso, cinque paia di occhi si posarono su di lei, facendola inevitabilmente arrossire. Aveva parlato troppo. Il primo che si riscosse dalla sua confessione sconvolgente, fu Troy. «Quindi tu non sei…?» chiese, interrompendosi alla fine, imbarazzato. Johanne era consapevole che tutti i ragazzi della scuola la ritenessero ancora una verginella acida, quindi era comprensibile la reazione. «Non sei più una verginella acida?» chiese, infine, Matt, ritornando a sorridere maliziosamente. «Esatto. Non sono più vergine, da un bel po’ a dire il vero.» disse, infine. Ormai aveva gettato l’amo, tanto valeva dire tutto. O quasi. L’essere andata a letto con il ragazzo moro alla sua destra, l’avrebbe tenuto per sé stessa. E le sue amiche. «Capisco… allora la tua acidità è un caso clinico.» concluse, Matt, deridendola.
«Matt, non eravamo venuti qui per sapere della vita sessuale di Johanne.» disse, duro, Mark. Il diretto interessato abbandonò la sua maschera di strafottenza, diventando –quasi- serio. «Oh, giusto. Ehm, ragazze, avremmo bisogno di un favore…» iniziò Troy, capendo che era il momento di agire. Avrebbe aiutato l’amico. A tutti i costi. «Diteci.» concesse, Elizabeth, guardandoli curiosa. «Ecco, vedete, ieri sera ero un po’ brillo e…» iniziò titubante Mark, evitando accuratamente lo sguardo di Johanne.
«E ha scopato con una brunetta tutto pepe, ma non ricorda chi fosse. Voi lo avete visto andare via con qualcuna?» chiese, sbrigativo Matt, impaziente di andarsene.
«Joh…» urlò Liz, indicandola, mettendola così al centro dell’attenzione. «Sì?» chiese, con un filo di voce. Più che una domanda sembrava un rantolo. Stava iniziando a sudare freddo, temendo in un colpo mancino da parte della sua migliore amica. Liz la guardava, sorridendo malignamente, consapevole del colpo al cuore che le aveva causato. «Ieri sei andata via presto, magari hai visto questa ragazza…» disse, infine, facendo sospirare di sollievo la ragazza dai capelli corvini. Pericolo scampato. «Oh, no. M-mi dispiace…» disse infine, sudando freddo. Temeva che avesse in fronte un insegna al neon su cui lampeggiava la scritta “BUGIARDA” scritto a caratteri cubitali. «Ah, fa niente. Stai tranquilla.» la rassicurò Mark, sorridendole cordiale. Poteva sciogliersi a quel sorriso? Johanne era certa di sì. «Io forse so chi era, e che la nostra piccola Johannina non ce lo voglia dire…» l’accusò Matt, facendole venire un altro colpo al cuore. «Ah sì?» domandò, fingendosi spavalda. «Sì.» rispose, tranquillo, avvicinandosi velocemente. Johanne rimane in attesa, attraversata da una paura allucinante, e un senso di colpevolezza attanagliante. «La tua cara cuginetta, Alexis.»
 A quelle parole, Joh, non solo lasciò andare il fiato trattenuto, ma ringraziò anche sua cugina, Alexis, non solo per essere andata alla festa con lei, ma soprattutto per essere famosa per la sua… leggerezza. Grazie per essere un po’ troia, Alex. 

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Capitolo 3
*** Alleanze inaspettate e baci segreti ***


Capitolo tre:
~Alleanze inaspettate e baci segreti~

«Alexis, devi farmi un grandissimo favore» sussurrò al microfono del telefono, guardandosi intorno per essere certa che nessuno entrasse. Si erano nascosta nel bagno delle ragazze di corsa, borbottando delle scuse rivolte ai suoi interlocutori per parlare con la cugina. Sentiva quella sensazione viscida e fastidiosa causata dal senso di colpa e dal rimorso. Stava coinvolgendo la cugina in qualcosa che neanche lei conosceva.
«Ciao anche a te cuginetta cara, a cosa devo la chiamata?»
«Devi fingere di essere andata a letto con Mark.» d'un fiato, come un cerotto strappato via con violenza e in modo veloce. Sapeva che altrimenti non avrebbe detto alcunché.
«Aspetta, Mark? Quel Mark? Quello che ti piace da- quanti saranno? Tre anni?» chiese, con un tono velatamente ironico.
«Lo so, lo so, sembro pazza, ma giuro che ti spiegherò tutto. D'accordo?» non lasciò il tempo di rispondere all'altra che riattaccò. Doveva uscire al più presto dal bagno, e cercare di dissimulare un'espressione calma. Più facile a dirsi che a farsi.
Uscì dall'angolino in cui si era rintanata e si diresse verso i lavandini. Bagnò i polsi con l'acqua fredda e sciacquò il volto. Sibilò per il cambio di temperatura improvviso, ma cercò di mantenere la calma.
Guardò il suo riflesso allo specchio: era orribile. Sembrava di star guardando una tosdicodipendente in astinenza. Le occhiaie erano decisamente visibili, colpa anche del suo colorito malaticcio. Gli occhi rossi, di chi ha inevitabilmente pianto dalla disperazione - e forse aveva anche ragione, la sua vita stava pian piano diventando un inferno-. 
La sua testa scattò nella direzione della porta, aperta senza la benché minima grazia, da Jennifer. Jennifer era quanto di più bello e sexy potesse esistere al mondo, per i ragazzi, e quanto di più invidiabile per le povere ragazze, che si sentivano delle inutili copie mal riuscite. 
Joh forzò un sorriso, non tanto perché provasse dell'astio nei suoi confronti, quanto più perché si sentiva decisamente troppo sotto i riflettori. La ragazza faceva vagare lo sguardo indisturbata sulla sua figura, decisamente trasandata in confronto alla bellezza etetea dell'altra. 
«C-ciao, Jennifer» sussurrò, dandosi mille volte della stupida. 
«Oh, ciao Joh! Non ti avevo riconosciuta... non hai una bella cera oggi, sai?» chiese, con il tono di voce di una dolce bambina, peccato che da quella bocca uscissero quasi sempre cattiverie. Johanne incassò il colpo, abbassando il capo, decisamente imbarazzata. 
«S-sì, hai ragione... - forzò una risata- adesso è meglio che io vada, ci vediamo in giro» e come se avesse avuto il diavolo alle calcagna, fuggì letteralmente dal bagno. 
Il suo cuore batteva a mille -un po' perché non si era ripresa dall'incontro con Mark, un po' per l'occhiata glaciale che le era stata riservata- e il suo umore era decisamente peggiorato. Cosa poteva andare peggio?

*

Mark non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo confuso, ed imbarazzato che Johanne gli aveva rivolto. Certo, la ragazza era sempre stata molto timida e schiva nei suoi confronti, ma non avrebbe mai pensato di incuterle così timore. 
«Mark, tutto okay?» chiese, Troy, sorridendo cordiale. Il suo amico era un po' sciocco, in alcune situazioni, ma sapeva sempre come parlare alle persone. «Troy... in realtà non lo so! È da quando abbiamo chiesto alle ragazze di ieri sera, che mi perseguita lo sguardo smarrito di Johanne. Sembrava quasi... spaventata» ammise, sospirando. 
«Beh, forse non si aspettava che andassimo da lei?» propose, l'altro, facendo annuire leggermente Mark. 
«Allora, coglionazzi, che si dice?» esordì, Matt, facendo storcere il naso ad entrambi. 
«Stavamo parlando di Joh, oggi era strana» 
L'amico scoppiò a ridere sguaiatamente, facendo girare tutte le persone seduta alla mensa. «Matt!» lo riprese, il moro, sorridendo imbarazzato ai compagni di istituto. 
«Scusa, scusa è che-» si fermò di nuovo per sghignazzare, lasciando i due allibiti. «E dai, ragazzi! Ma come, non lo avete mai notato che Joh muore dalla voglia di saltarmi addosso? Johanne è innamorata persa di me!» esclamò, forse anche troppo ad alta voce. Ormai la mensa era decisamente intetessata alla loro conversazione. 
Mark aggrottò le sopracciglia, decisamente sorpreso da quanto gli era stato detto. «No, io non- non credo sia così» disse, con un tono di voce che tradiva le sue parole. Che il ragazzo fosse geloso? 
«Ah sì? Bene allora, stiamo a vedere» si alzò, e si diresse a passo veloce nella direzione da dove veniva Johanne.

*

«Quindi? Le hai parlato?» chiese Jenna, facendo sospirare Joh. «Sì, ragazze, e fortunatamente Alexis mi vuole bene, altrimenti mi avrebbe già mandato a quel paese!» esclamò, per poi sorridere tristemente. «Non ci posso credere... sto per cedere il ricordo più bello che ho, solo per codardia» non c'erano dubbi, era decisamente depressa! 
Le sue migliori amiche le ciorcondarono in un abbraccio consolatore, facendo sentire la ragazza un po' meglio. Odiava essere così spaventata ed insicura, ma sapeva che loro sarebbero state al suo fianco. Aveva il volto nascosto nei capelli rossi della sua amica, e rimase sopresa di vedere oltre le loro spalle, la figura di Matt, seguita a pochi passi di distanza da Mark e Troy. 
Si allontanò dalle sue amiche, facendo qualche passo indietro, guardando i tre come se fosse in trappola. Effettivamente si sentiva così, in trappola. Era un piccolo agnello sacrificale, che a breve sarebbe stato sgozzato. 
«Oh, andiamo! Pensavo aveste finalmente confessato il vostro amore lesbo» esordì, l'energumeno, facendo inarcare un sopracciglio alle tre ragazze. «Matt, perché non ritorni nella fogna da dove sei venuto?» chiese, Liz, ormai esasperata oltre l'inverosimile. «Sempre pronta e in prima linea, vero Liz? Ti trovo quasi simpatica.» eppure il suo sguardo passò subito sulla figura di Joh. Si avvicinò a lei velocemente, come un leone pronto per la caccia. 
«Matt, cosa vuoi?» chiese, ormai priva di forze, Joh. La testa le faceva un male cane, il suo umore era decisamente pessimo: voleva solo essere lasciata in pace. «Sai, Joh, Mark si chiedeva perché mai fossi così strana, oggi, quando vi abbiamo chiesto della festa. Vuoi forse far morire il povero ragazzo per la preoccupazione?» costrinse Joh ad arrentrare ancora, ormai fin troppo vicini. Il volto di Matt era a parecchi centimetri sopra il suo, poteva sentire il suo respiro infrangersi sulle guance. Era rossa per la vergogna e la rabbia, le sue labbra secche e rigide, ostinate a non far uscire un filo di voce. 
Si avvicinò ancora, tanto che nessuno dall'altro lato della schiena di Matt poteva vederla. E fu in quel momento che le sussurrò qualcosa, qualcosa che le fece sbarrare gli occhi per la sorpresa. «Di' che ci siamo baciati, ieri» 
«C-cosa?» sussurrò flebilmente. 
«Dillo, ti prometto che ti aiuterà a conquistare il cuoricino di Mark»
Quella era la sua condanna. Stava per mettersi nella mani del cacciatore più spietato che potesse mai trovare.
Eppure, una parte di lei, ne era quasi eccitata.
Guardò Matt negli occhi, lasciando che l'altro la prendesse per i fianchi, e si rivolse ai due ragazzi che la guardavano incuriosita. «I-io... Io ero strana perché...» non fece in tempo a finire di parlare, che Matt la spinse contro il proprio corpo, inducendola a baciarlo.
Fu un bacio decisamente mediocre, non aveva nulla a che vedere con quello scambiato con Mark, la sera precedente. Era senza sentimento, statico, e forse fin troppo volgare.
Assecondò le mosse del ragazzo, chiudendo gli occhi e immaginando altre labbra. Quando, finalmente, la piovra si staccò dalle sue labbra, fu costretta a finire la sua frase. «Noi... ieri ci siamo baciati-,» iniziò «E abbiamo deciso di provare ad uscire insieme» concluse, Matt, lasciando tutti senza parole.
Dopo minuti di silenzio -decisamente imbarazzante- Mark corse via, costringendo Troy, preoccupato, a seguirlo.
Rimasti soli, le due ragazze guardarono la strana coppia, avvicinandosi cautamente. «Spiegami, nella stessa sera vai a letto con Mark, e baci questo cretino?» esclamò Liz, non riuscendo più a contenersi. Nel frattempo Joh era sgusciata via dalla presa del ragazzo, e guardava le sue amiche preoccupata. «No, no! Non è assolutamente così, io-» provò a spiegare, per poi essere interrota dal suo nuovo finto fidanzato.
«Quindi sei tu la brunetta tutto pepe?!» esclamò, Matt, incredulo.
Joh gli scoccò un occhiata malevola, ritornando a parlare con le sue amiche.
«Ragazze, non è così. Io- io non lo so cosa gli è saltato in mente! Mi ha preso e ha iniziato a sussurrare cose strane, per poi baciarmi» si girò verso l'altro e disse: «Si può sapere cosa volegi fare?!»
«Semplice, sono stanco di vedere te e Mark girarvi intorno. So che ti piace, e da quanto mi ha detto riguardo stanotte, tu gli piaci decisamente. Beh, una parte di te sicuramente» ammiccò maliziosamente, facendo andare a fuoco le guancia di Joh.
«Sì, okay, lasciamo perdere il sesso da sballo che hanno fatto stanotte. Perché ti sei inventato quella storia? Cosa vuoi fare?» chiese, Liz, decisamente confusa.
«Semplice! Far impazzire di gelosia Mark. Sappiamo essere davvero stupidi noi ragazzi, sapete?» chiese, per poi sorridere imbarazzato di fronte alle occhiate che gli furono rivolte.
«Io ci sto, qual è il piano?» chiese, Jenna, dando voce ai suoi pensieri per la prima volta.
Già, cosa avrebbero fatto?

 

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