Il filo perduto

di Pendragon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** I= Dead Man ♣ Neal Olsen ***
Capitolo 3: *** II= Flash ♣ Logan Matthews ***
Capitolo 4: *** III= Far away from home ♣ Jasmine Stark ***
Capitolo 5: *** IV= You and I must fight to survive ♣ Annalise Martell ***
Capitolo 6: *** V= Make it or break it ♣ Rosalee Burkhardt ***
Capitolo 7: *** VI= Doubts and new truths ♣ Anja Truegeeps ***
Capitolo 8: *** VII= The truth behind the dreams ♣ Alphard Maldon ***
Capitolo 9: *** VIII = Waterfalls ♣ Robin Hoshizora ***
Capitolo 10: *** IX = The wind is howling ♣ Phoebe Hills ***
Capitolo 11: *** X = Right behind these waterfalls ♣ Sean Ward ***
Capitolo 12: *** XI = Revelations ♣ David Storm • John Greenwood ***
Capitolo 13: *** XII = Dancing with a wolf ♣ Zoey Charlotte Baston ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Il filo perduto
 
Rosalee Burkhardt era intenta a far crescere delle bellissime rose bianche in un vaso posto sulla finestra della cabina 21, la cabina dedicata ai figli di Persefone.
Sfiorava i candidi e morbidi petali del fiore appena sbocciato con una mano color latte, mentre l’altra era disposta in modo che la sua guancia potesse poggiarcisi. Guardava fuori dalla finestra e sbuffava, annoiata. I figli di Demetra avevano stabilito il giovedì come giorno di completa pausa perfino dall’agricoltura, così non poteva nemmeno andare a curarsi degli orti con quelli che erano i suoi zii. Rosalee, quando ci pensava, rideva. Non sapeva esattamente perché, ma trovava il suo legame di parentela con i figli di Demetra divertente.
Rassegnata alla noia, raccolse uno dei fiori bianchi appena sbocciati e lo aggiunse, con maestria, alla sua coroncina di fiori, che era un alternanza di rose e margherite. Dopo essersi rimessa la coroncina in testa lanciò un altro sguardo fuori dalla finestra. I suoi occhi azzurri intercettarono una figura muoversi verso di la sua finestra. Dapprima pensò che fosse una ragazza, e si chiese infatti chi fosse, poi si avvicinò di più e con gioia Rosalee notò che si trattava di Robin Hoshizora, un figlio di Zeus con cui andava davvero molto d’accordo. Sorrise e aprì la finestra, portandosi una mano sul petto e recitando: «Oh, Romeo Romeo, perché sei tu, Romeo?»
Robin rise e recitò la sua parte. «Oh, ma quale luce irrompe da quella finestra lassù? Essa è l’Oriente, e Giulietta è il Sole
Rosalee scoppiò a ridere, seguita a ruota da Robin. «Ciao Rob.» disse poi, poggiandosi con i gomiti sul davanzale.
«Buongiorno, Lee.» rispose il figlio di Zeus. «Che fai?»
«A parte recitare Shakespeare? » chiese con un sorriso che incurvava le sue labbra coralline. «Nulla di che.»
Robin cacciò la pistola dal suo involucro e la mostrò alla figlia di Persefone, la quale storse il naso. Non le piacevano le armi, non le erano mai piaciute. «Io sto andando a fare due tiri,» disse Robin allegro. «ti unisci a me?»
«Non mi piacciono le armi da fuoco.» rispose Rosalee.
«Tu puoi usare il tuo arco.» puntualizzò il figlio di Zeus. Rosalee ci pensò un po’ su, indecisa sul da farsi, e poi, rendendosi conto che non aveva altro di meglio da fare, si strinse nelle spalle e accettò, per poi afferrare il suo arco ed uscire, raggiungendo il fianco di Robin. Sorrise al figlio di Zeus, alzando leggermente la testa per guardarlo, poiché era più alto di lei. Certo, Robin non era il semidio più alto del Campo ma lei era così minuta che tutti la superavano con facilità.
Mentre camminavano, parlando di assurde stupidaggini – e, soprattutto, facendo battute una più squallida dell’altra – Chirone, il coodirettore del Campo Mezzosangue, sfrecciò davanti ai ragazzi, galoppando verso la Casa Grande con aria d’urgenza.
La figlia di Persefone guardò verso il luogo dove il centauro si era rinchiuso. «Robin…» disse con un filo di voce. Il figlio di Zeus la guardò incerto. Evidentemente aveva colto i pensieri della giovane e non li condivideva affatto. O almeno, dal lampo di curiosità che splendeva negli occhi blu elettrico del ragazzo, non li condivideva in pieno.
«Lee non possiamo-» disse il figlio di Zeus, ma Rosalee aveva già preso la sua strada e Robin fu costretto a seguirla. Mentre camminavano non faceva altro che richiamarla ma la figlia di Persefone, come si suol dire, faceva orecchio di mercante.
Quando furono sotto la finestra della Casa Grande, accucciati per bene e pronti ad origliare, Robin parlò di nuovo. «Rosalee non possiamo stare qui!» bisbigliò.
«Be’, ma dobbiamo! Potremmo trovare delle rispose a tutte le nostre ultime domande.» rispose la figlia di Persefone, sollevandosi un poco per spiare dalla finestra. Le ultime domande che i semidei si ponevano erano riguardanti agli dèi. Infatti, i grandi colossi che dominavano i cieli, si erano rintanati nell’Olimpo, senza più farsi sentire.
I semidei pregavano e facevano offerte… ma questi non rispondevano. Ultimamente tutto era diventato più strano, soprattutto gli dèi del vento che erano tipo impazziti. L’ovest soffiava a nord, il sud soffiava ad ovest… il clima iniziava anche un po’ a risentirne.
Rosalee si abbassò in fretta, con gli occhi sgranati. «Hermes.» mormorò. Robin si accigliò e sbirciò, vedendo anche lui il messaggero degli dèi.
«Ok, dobbiamo.» disse. La finestra era un po’ aperta, perciò si poteva sentire tranquillamente la conversazione.
«Hermes!» esclamò Chirone. «Aspettavo il tuo arrivo. Che notizie mi porti?»
Rosalee sentì il dio sospirare. «Non buone, Chirone. Non buone.»
«Ovvero?»
«Avrai senz’altro notato, Chirone, che gli ultimi avvenimenti nel mondo sono stati un po’ strani: gli dèi del vento sono come impazziti e gli altri dèi si rifiutano di comunicare con voi.» rispose Hermes. Rosalee guardò Robin e annuì, mordendosi il labbro.
«Senza dubbio. Vorrei sapere a cosa è dovuto.» disse Chirone.
«Il filo, mio vecchio amico.» rispose il messaggero. «Il filo è perduto.»
 

 


Pendragon's Notes

Hey there, folks! 
È la terza volta che pubblico questa storia e, EFP permettendo, l’ultima. Ebbene sì perché, dopo la seconda ripubblicazione di questa interattiva, i testi di tutte le mie storie sono andati a farsi benedire e se alcuni sono riuscita a rimetterli, altri si sono ribellati al creatore, compreso il prologo di ‘sta storia, gn.
Vabbè ma… bando alle ciance!
Dunque, qui abbiamo conosciuto Rosalee Burkhardt, la mia bimba figlia di Persefone, e Robin Hoshizora, che non è un mio OC, ma è il figlio di Zeus di myosothia, a cui avevo promesso di mantenere il posto. Sono una persona di parola, io u.u
Comunque sia, v’illustro le “regole” per questa fan fiction u.u
• Prima cosa di tutto, mi servono 10 personaggi, 5 maschi e 5 femmine ma, se volete, potete crearmi anche dei villains, che sarebbe cosa buona e giusta *^*;
• Accetto un solo OC a persona;
• Accetto un solo OC per dio (minore o maggiore che sia. Diamo spazio a tutti gli dèi e non focalizziamoci solo su quelli che stanno sull’Olimpo, che ce ne sono alcuni molto più fighi *^* tra poco verrò fulminata ma vvb), perciò Zeus e Persefone sono occupati, sorreh;
• Niente Gary Stu/Mary Sue, ve prego;
• Accetto slash/femslash;
• Avete 4 giorni per mandarmi le schede, dopo di che siete fuori e darò il posto a qualcun altro.
• Non pretendo che ci siate nelle recensioni di ogni capitolo ma, vi prego, non sparite. Con questa storia è già successo, e gradirei che non succedesse più. Altrimenti i vostri pargoli se la vedranno brutta, aehm.
Ok, detto ciò vi lascio alla scheda. Affidatemi i vostri OC a vostro rischio e pericolo ewe
 
 
Nome:
Secondo Nome*:
Cognome:
Età:
Carattere:
Aspetto Fisico:
Genitore divino e rapporti con esso:
Famiglia non divina e rapporti con essa:
Orientamento sessuale:*
Relazioni (amicizia e/o amore) con altri OC:*
Arma:
Abilità:
Poteri (non esagerate):
Ama:
Odia:
Andrebbe d’accordo con*
Non andrebbe d’accordo con:*
Storia:
Altro/Curiosità:*
Prestavolto:
 

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Capitolo 2
*** I= Dead Man ♣ Neal Olsen ***


Il filo perduto
 
Dead Man ♣


 
 
Il ragazzo cadde in ginocchio e, subito dopo, la soffice benda che aveva intorno agli occhi venne tolta. Sbatté le palpebre un paio di volte per mettere a fuoco le immagini che lo circondavano: tre troni si ergevano davanti a lui, tre troni sui quali sedevano tre figure.
Due uomini dal sorriso malvagio e divertito sedevano sui troni laterali mentre la donna stava al centro, gli occhi che sembravano tizzoni ardenti e le labbra ridotte ad una linea che lasciava trapelare una completa serietà. David spostò lo sguardo a sinistra, dove trovò una ragazza in ginocchio. 
«Finalmente vi abbiamo trovati!» esclamò la donna alzandosi. Si avvicinò con passo altezzoso al figlio di Persefone e poi girò la testa verso la ragazza.
«Gradirei una spiegazione.» disse David guardando la dea - perchè solo di una dea si poteva trattare! - che si limitò a sorridere divertita. 
«Hm, sei davvero affascinante come avevo sentito dire, David Storm. Vedrò di usare ciò a mio vantaggio.» rise la dea. «In quanto a te, Cora White, sono felice di averti qui. Mi hanno parlato della tua meravigliosa natura sadica!»
Cora arricciò il naso, guardando con aria di sfida la dea e quelli che, a rigor di logica, dovevano essere dei. «Ebbene? Che cosa volete?»
«Non è ovvio, figlia di Ade?» disse l'uomo sulla destra. Ogni lettera che usciva dalla sua bocca era intrisa d'odio, David lo sentiva. Quando, poi, udì il nome del dio dell'Oltretomba si portò una mano sulla cicatrice che aveva sulla clavicola, cicatrice causatagli proprio da Ade che lo aveva pugnalato in quel punto, intenzionato ad  ucciderlo, considerandolo la prova del tradimento della sua amata Persefone. Odiava Ade, così come odiava tutti gli dei.
Serrò i pugni mentre il suo corpo veniva invaso da un forte odio, probabilmente amplificato a causa di quell'uomo. Lo trovava intimidatorio, quel tipo di persone da cui dovresti e vorresti stare alla larga, ma, in un certo senso, era attratto dall'aura di quell'uomo come un pezzetto di metallo è attratto da una calamita.
«Noi vogliamo la caduta degli Olimpi.» spiegò l'altro uomo. David spalancò gli occhi, che vennero attraversati da un lampo di interesse, di malvagio interesse.
«Abbiamo cercato dei semidei interessati ad unirsi alla nostra crociata ma, a quanto pare, il numero dei semidei avversi ai loro genitori è diminuito.» disse infastidita la dea.
L'uomo che sputava odio parlò, sistemandosi i crespi capelli neri. «Tutta colpa di quel Percy Jackson e compagnia bella.» sbuffò.
«Già, quei semidei ficcanaso!» rincarò l'altro dio, sbattendo con un pugno sul bracciolo del trono.
«Sì, sì, ma non importa! Abbiamo trovato questi due validi alleati.» gongolò la dea che, dopo aver mosso leggiadramente le mani, si era ritrovata con un pugnale in mano. Guardò prima la lama e poi i semidei, sorridendo divertita. «Ora, miei cari, siete con noi o no?» chiese gelidamente.
Cora si alzò in piedi, fermandosi in una posa altezzosa, con il mento sollevato e le braccia incrociate al petto. «Io ci sto.» disse con fermezza.
Gli occhi dei presenti finirono su David che, dopo aver lasciato dipingere sul suo viso un sorriso sghembo, si alzò in piedi. «Non c'era neanche il bisogno di chiederlo.»

 
 
 
 
 
Neal Olsen
 
Neal Olsen si avvicinò lentamente a Rosalee Burkhardt e Robin Hoshizora, che erano accucciati sotto ad una finestra della Casa Grande, probabilmente ad origliare una conversazione che Chirone stava avendo con qualcuno. Erano abbastanza concentrati a spiare la situazione dalla finestra e, di conseguenza, non si stavano guardando le spalle.
Il figlio di Asclepio sorrise mentre si piegava sulle ginocchia, portandosi allo stesso livello dei due ragazzi. «Che state combinando?» sussurrò, poggiando le mani sulla schiena  dei ragazzi, che sobbalzarono emettendo un sussulto. Rosalee si portò una mano sul cuore, guardando male il ragazzo. «Neal! Ma che ti salta in mente?» mormorò fingendo di essere su tutte le furie.
«Potrei chiedervi la stessa cosa.»
Neal alzò lentamente lo sguardo, trovandosi Hermes affacciato dalla finestra. I millenari occhi azzurri passavano da lui a Rosalee e da Rosalee a Robin. Sembrava stanco, così stanco che il figlio di Asclepio pensò che avesse corso una maratona, ipotesi sostenuta anche dagli abiti sportivi del dio. Al dio si aggiunse anche Chirone che aveva gli occhi che trasudavano disappunto. Sospirò e, con il suo migliore tono di rimprovero, disse: «Che cosa ci fate voi qui?»
Rosalee guardò Robin, cercando appoggio per una scusa. «Noi, um, stavamo… controllando le finestre?» tentò. Neal represse una risata perché, bisogna dirlo, Rosalee quando mentiva era uno spettacolo comico.
«Sì, ci hanno mandati i… figli di Efesto.» disse Robin, dando man forte alla figlia di Persefone.
Neal, non trattenendosi più a stare zitto, parlò. «Certo, Chirone. La sicurezza prima di tutto!» sul suo viso c’era un sorriso divertito e allegro e Chirone, da parte sua, gli rifilò uno sguardo piuttosto serio.
«Anche prima di una punizione, chiaramente.» disse Chirone. In quel momento Neal realizzò che, date le circostanze della scena, lui sembrava coinvolto e quindi, mettendosi in piedi frettolosamente e mettendo una mano aperta, con il palmo rivolto verso Chirone come a dire frena, diede le sue spiegazioni. «Ehi, io non c’entro nulla. Sono appena arrivato, non ho sentito nulla!» e poi fece un teatrale inchino. «E con la coscienza pulita mi allontano da un’ingiusta punizione!»
Fece per andarsene ma fu bloccato dalla risata di Hermes che, in seguito, posò una mano sulla spalla di Chirone. «I giovani sono curiosi, Chirone, lo sai. Sei stato giovane anche tu, dopo tutto.»
«Tipo nella preistoria.» mormorò Neal a Robin, che cercò di trattenersi dal ridere.
«Tra l’altro,» continuò il messaggero degli dèi. «lo avrebbero scoperto comunque, risparmiali.»
Chirone sospirò, acconsentendo alla richiesta del dio, ordinando poi ai semidei di ritornare alle loro attività. I tre ragazzi si affrettarono ad allontanarsi dalla Casa Grande e, ad un certo punto, Robin si congedò per andare a sparare, cosa che avrebbe dovuto fare prima di essere trascinato da Rosalee ad origliare i discorsi fra Chirone ed Hermes, e rimasero solo la figlia di Persefone e Neal.
La ragazza scrutò il suo amico con fare attentò e poi spalancò gli occhi e la bocca. «Ti sei tinto di nuovo i capelli!» notò, rendendosi conto che i capelli del figlio di Asclepio non erano più dello stesso colore del cielo ma erano di un biondo chiarissimo, quasi bianco. Neal annuì e Rosalee, con un sorriso, disse: «Ti stanno davvero bene.»
Neal sorrise e si sistemò gli occhiali sul naso, dato che erano scivolati un poco, e disse «Oh, tesoro,» fece uno schiocco con le dita. «a me sta bene tutto.»
Rosalee scoppiò a ridere, dando una spinta a Neal che, però, non servì a smuoverlo di molto. Il figlio di Asclepio le mise un braccio sulle spalle, iniziando a ridere. «Ridi pure, io dico solo la verità.» dichiarò. La figlia di Persefone annuì, mormorando qualcosa come "se lo dici tu"
Camminando arrivarono ai campi coltivati dai figli di Demetra e gli occhi di Rosalee si illuminarono.
«Ragazzi!» esclamò Phoebe Hill, una figlia di Demetra dai capelli castano chiaro legati in una coda alta. Le labbra rosee della ragazza erano piegate in un sorriso che colpiva i limpidi occhi azzuri e sulle guance, di un colore rosso così diverso dal bianco che usava dominarla, una macchietta di terra faceva la sua comparsa.
«Ciao Phi!» esclamarono i ragazzi.
«Ti fermi qui, Lee?» chiese allegra la figlia di Demetra. «A proposito, quelle rose bianche ti stanno benissimo!» aggiunse, facendo riferimento alla coroncina della ragazza che, con un largo sorriso, ringraziò Phoebe, confermando poi il suo intento di unirsi alla figlia di Demetra.
«Neal, ti unisci a noi?» chiese dolcemente Rosalee. Il figlio di Asclepio scosse la testa.
«Passo, Lee. Credo che andrò a dare una mano in infermeria.» disse. La figlia di Persefone annuì e, alzandosi sulle punte, diede un bacio sulla guancia al figlio di Asclepio. «A dopo!» disse allegra, andando da Phoebe che, a sua volta, lo salutò con un sorriso e con un cenno della mano.
Il figlio di Asclepio cominciò a camminare verso l'infermeria con le mani in tasca e un sorriso rilassato sulle labbra. Salutava gli altri semidei che gli passavano accanto finché, ad un tratto, non si ritrovò faccia a faccia con Alec Baldwin, figlio di Hermes, che si teneva la spalla. Inarcò un sopracciglio e, dopo aver squadrato il ragazzo, disse: «Alec, che hai fatto questa volta?» il suo tono era quello di un medico che vede lo stesso paziente almeno cinque volte a settimana - cosa che, a pensarci bene, con Alec succedeva davvero.
«Um, non ne sono del tutto sicuro. Mi stavo allenando e, improvvisamente, mi sono ritrovato a terra con la spalla che mi faceva un male cane.» disse il figlio di Hermes per poi sospirare sonoramente. «Tyche mi odia, lo so. Le avrò fatto qualcosa di male inavvertitamente, sicuro.» 
Neal alzò gli occhi al cielo, togliendo la mano di Alec dalla sua spalla e poggiandoci la sua. Chiuse gli occhi e mormorò qualcosa in greco, guarendo la spalla di Alec.
«Ma non essere così esagerato, Al!» disse Neal. «Vedi? Non era nemmeno tanto grave.» 
Il figlio di Hermes guardò la spalla con fare scettico. «Tanto me ne succederà una peggiore fra un po'. Grazie, comunque.» e si allontanò. Neal si voltò a guardarlo e alzò i pollici. «Figurati e sì, vivi sempre con ottimismo, amico mio!» esclamò per poi ritornare alla sua marcia verso l'infermeria.
Quel giorno era proprio una bella giornata, con un bel sole che splendeva nel cielo e tutti - o quasi - i semidei allegri e pimpanti. Non poteva desiderare di più!
Però, dopo qualche altro passo, si chiese perchè non avesse desiderato che quella pace continuasse! 
Infatti, mentre si godeva la bellezza apparente di quella giornata, un urlo squarciò l'aria e gli gelò il sangue. Era un urlo disperato, di terrore. Un urlo terribile.
Dopo una paralisi momentanea Neal si riscosse, correndo verso la fonte di quell'urlo. Suppose, dalla quantità di Mezzosangue che c'erano, che quell'urlo proveniva dal bosco così si unificò alla folla che correva per arrivare al luogo dell'accaduto. 
Data la muraglia di ragazzi che si stagliava davanti a lui non riuscì a passare, neanche a furia di spinte e gomitate. Ad un tratto, poi, vide una ragazza dai capelli quasi bianchi e spettinati che, in un attimo, riconobbe come Anja Truegeeps, figlia di Efesto. 
Mentre tutti spingevano per farsi strada nel bosco lei andava nella direzione opposta, con gli occhi azzurri attraversati da paura. Neal la fermò, prendendole il braccio.
La figlia di Efesto si irrigidì a quel contatto, facendo scattare lo sguardo sul ragazzo.
«Ehi tranquilla, sono solo Neal.» disse con fare rassicurante il figlio di Asclepio. «Che è successo? Che c'è li?» chiese poi.
Anja lo guardò in viso per qualche secondo per poi abbassare lo sguardo, prendendo con movimenti estremamente rigidi un blocchetto ed una matita. 
Neal sapeva del problema di Anja alle corde vocali, problema che le impediva di parlare, costringendo la ragazza ad utilizzare un pezzo di carta ed una matita come mezzo di comunicazione. Neal avrebbe voluto fare qualcosa, curarla, ma era una cosa che andava oltre i suoi limiti. 
Anja scrisse una singola parola in una calligrafia frettolosa e poi mise il blocchetto sotto al naso del ragazzo.
"Morto"





Pendragon's Notes

Heeeey! What's up guys? Pendragon is here 
Avrei dovuto aggiornare domani but... non sono riuscita a resistere so... here I am! :'3 ok sta mania di parlare inglese mi sta sfuggendo di mano send help
Ecco a voi il primo capitolo ufficiale de "Il filo perduto"! Yay, inauguriamo questa cosa con una morte!...  siamo al primo capitolo ed ho già fatto schiattare qualcuno, ok. what is wrong with meeeeeeee?

Direi che iniziamo bene! 
Come avrete notato, eccetto per il paragrafo iniziale - che metterò sempre per descrivere anche la situazione fuori dal Campo e lontano dagli eroi -, il capitolo è narrato con il pov di un singolo personaggio anzichè un po' e un po'. Questa decisione è stata presa per comodità, così per ogni capitolo dovrò concentrarmi su una sola ottica, cosa che mi riesce meglio dato che, per esperienza personale, cambiare pov un po' mi rallenta/frena perchè devo impersonare una persona del tutto diversa dalla prima. Ok, tutto ciò probabilmente è espresso in maniera alquanto ostrogota ma vabbè, l'importante è che tutti avranno un proprio pov e tutti comparirano, ye. E, a proposito, let's see chi abbiamo incontrato in questo capitolo!


Neal Tyler Olsen, il sassy figlio di Asclepio che domina il pov di questo capitolo di _little_sweet_things_;
 Phoebe Jaimie Hill, la pimpante figlia di Demetra di tama_chan_;
• Alec Baldwin, l'adorabile pessimista figlio di Hermes di Sabaku No Konan Inuzuka;
• Anja Truegeeps, la timida figlia di Efesto di _Littles_;


Per quanto riguarda i villains che abbiamo visto a inizio capitolo abbiamo:

• David "Dave" Storm, l'amabile figlio di Persefone di King_Peter;
• Cora White, la fredda figlia di Ade di LolaKastle22;


Che bei personaggi che mi avete mandato, aw *^*
Grazie davvero per aver partecipato a questa fanfiction interattiva affidandomi a vostro rischio e pericolo dei personaggi tanto bellini :3
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! Lasciatemi un vostro parere perchè mi farebbe troppo piacere eeee... ci risentiamo al prossimo capitolo!
Baci,
 
Pendragon 

 

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Capitolo 3
*** II= Flash ♣ Logan Matthews ***


Il filo perduto
 
 
Flash
 


Logan Matthews
 
Essere un figlio di Apollo ti dava un lascia passare in determinate situazioni e questo Logan lo sapeva. Per questo, quando si era ritrovato davanti la calca vicino al bosco, non aveva fatto altro che alzare la mano in alto, attirando involontariamente un raggio di sole a se, e dire la classica frase “Sono un medico, lasciate passare!”. I semidei si spostavano un po’ ma non distoglievano lo sguardo da un punto ben preciso, come in trance.
«Ehi! Sono un medico anche io, largo gente!» s’intromise un’altra voce. Logan riconobbe la voce come quella di Neal Olsen, figlio di Asclepio, e fu contento di avere anche lui lì perché avrebbe potuto aiutarlo e non poco. Apollo e Asclepio insieme erano un’ottima combinazione in campo medico, come si poteva ben immaginare.
Quando Logan riuscì a superare tutti i ragazzi rimase scioccato. Uno scenario orribile si mostrava davanti ai suoi occhi: un cadavere era per terra, una mano portata sul cuore, segno dell’ultimo gesto compiuto prima di morire, e la mano era… rugosa. Era ricoperta di rughe e vene in rilievo, come quella di un ottantenne. Anche il viso era quello di un ottantenne, completamente deturpato dai segni dell’età, e la bocca aperta mostrava dei denti mancati. I capelli erano pochi e, quelli che gli erano rimasti, bianchi, come se fossero un semplice strato di neve.
Accanto al corpo c’era una ragazza dai capelli ricci color cioccolato e il viso ricoperto di lentiggini che lasciava sgorgare delle lacrime dai suoi occhi scuri, sussurrando il nome di Paul.
«Zoey,» disse Logan. «va via di qui. Andate tutti via di qui.»
«Questo non è uno show, sgombrare.» intervenne Neal, per poi accovacciarsi vicino al cadavere.
Zoey tirò su con il naso. «No, non posso. Paul…»
Logan si passò una mano fra i già disordinati capelli castani, sospirando. Diede un ultimo sguardo alla figlia di Atena che stava piangendo e tornò a guardare il cadavere, unendosi a Neal.
«Tony, Wendy, una barella.» disse rivolto ai suoi fratelli che si mossero in fretta verso l’infermeria per prendere l’oggetto richiesto dal ragazzo. Gli altri, invece, non accennavano minimamente al voler sloggiare.
«Violano la mia privacy medica.» sussurrò Neal con un certo nervosismo. Anche Logan, nonostante fosse sempre tranquillo e rilassato, iniziava  a sentirsi irrequieto. La situazione faceva abbastanza schifo, una ragazza che piangeva continuava a distrarlo e, in più, quasi tutto il Campo era dietro di loro, a fissare la scena come se fosse un film interessantissimo. Era snervante.
Fortunatamente la barella arrivò presto e così, con delicatezza, Neal  e Logan poggiarono il corpo senza vita di Paul sopra al mezzo di trasporto, coprendolo con un telo. Si fecero largo fra la folla che non mancava di gettare occhiate curiose alla barella.
«Gente, sul serio,» disse Logan. «andate a fare quello che fate ogni mattina. Capisco che sono bello da ammirare ma basta.» aggiunse alzando gli occhi al cielo. Piano piano i semidei iniziarono a ritirarsi, ritornando alle loro mansioni. Logan tirò un sospiro di sollievo, rivolgendosi poi al figlio di Asclepio. «Dunque, hai idea di come sia potuto succedere?»
Neal scosse la testa. «Nessuna. Cioè, avevo pensato all’invecchiamento precoce ma non ti riduce così, dico bene?»
«Dici bene.» concordò Logan. «Quanto meno sai chi è, di preciso?»
«Paul Thomas, figlio di Eolo.» rispose Neal. Il figlio di Apollo si illuminò.
«Oddei,» sussurrò. «era il fidanzato di Zoey?»
Il figlio di Asclepio annuì mesto.
Povera ragazza, pensò Logan. «Dobbiamo chiamare Zoey e parlarne con lei.»
«Non credo sia una buona idea.» replicò Neal.
«Lo è.» affermò Logan serio. Si sorprese da solo per il tono usato perché, d’altronde, lui era conosciuto come un ragazzo allegro ed estroverso. Vederlo serio be’… non era qualcosa di buono.
«Come vuoi.» permise il figlio di Asclepio quando, finalmente, entrarono in infermeria. Mentre loro entravano un ragazzo dai capelli castano scuro perfettamente pettinati e penetranti occhi verdi, che fissavano una fasciatura sul suo braccio, stava uscendo. Senza pensarci due volte il figlio di Apollo gli afferrò il braccio. John Greenwood, così si chiamava, lo guardò stupito.
«John posso chiederti un favore?» chiese Logan. Il figlio di Afrodite guardò la barella.
«C’è qualcuno messo peggio di me, allora! Io pensavo che sarei morto a causa di questo taglio che mi sono fatto e invece qualcuno è morto davvero. Certo, comunque del mio taglio c’era da preocc-»
«Adesso.» tagliò corto il figlio di Apollo. «Trova Zoey Baston e portala qui, per favore.»
John annuì. «Sarà fatto!» mosse i primi frettolosi passi e, come c’era da aspettarsi, inciampò nei lacci delle scarpe che portava inavvertitamente slacciati. Fortunatamente un figlio di Demetra, che era lì a rifornire di erbe mediche l’infermeria, afferrò John, evitandogli una rovinosa caduta.
«Attento, amico,» disse Logan. «non ho voglia di recuperare altri cadaveri per oggi.» 
Il figlio di Afrodite si scusò e poi sparì fuori dall’infermeria mentre i due ragazzi adagiavano il corpo su un lettino in un angolo abbastanza riservato del luogo. Abbassarono il lenzuolo fino al collo, guardando quella giovinezza rubata. Si chiese come potesse essere possibile, chi mai avrebbe potuto fare una cosa del genere, stroncando una vita tanto giovane sul nascere.
 
 
Cora era stata trascinata ad un tavola e costretta a prendere posto accanto a David. Davanti a loro c’erano quelle tre divinità dal ghigno maligno e una dozzina di demoni serviva piatti con così tanto cibo da sfamare tutto il Campo Mezzosangue per una settimana. La donna guardò i semidei inarcando un sopracciglio.
«Be’, non gradite un boccone?» chiese con fare indignato. Cora guardò ciò che aveva davanti e, sebbene trovasse tutto allettante, si costrinse, per saggezza, a non toccare cibo.
«Non ho fame.» rispose Cora.
«Stai mentendo.» disse con disinvoltura la donna mentre si metteva in bocca un acino d’uva. La figlia di Ade la guardò con fare di sospetto e poi David, dandole una gomitata, la provocò. «Hai paura di rovinarti la linea?» il figlio di Persefone aveva un sorriso sul volto, sorriso che avrebbe fatto girare la testa a molte ragazze ma che lei trovava insopportabile. Si erano incontrati giusto qualche ora prima eppure Cora non lo sopportava e, cosa molto ovvia, lui non sopportava lei. Era presto per dirlo? Forse, ma l’atmosfera che regnava fra loro non mentiva.
«Mangiare rende più piacevole il discutere di affari.» disse l’uomo biondo, facendo cenno con una mano ad un demone di portargli da bere. Il demone obbedì, avvicinandosi al padrone con una brocca e versandone il contenuto nel bicchiere. Cora notò che era un liquido dello stesso colore dell’oro e, in un primo momento, pensò che fosse nettare; poi vide la consistenza del liquido e capì che no, non lo era. Sembrava…. Cora rabbrividì.
«Affari?» chiese David,dopo aver ingoiato un boccone della carne che aveva nel piatto.
«Sì,» intervenne la donna. «credo sia il caso di ragguagliarvi sui recenti avvenimenti.»
«Per farla breve… abbiamo fatto fuori un semidio.» disse il biondo, bevendo quella sostanza dal suo bicchiere.
«Chi?» chiese Cora, avvicinando un po’ di quel cibo a lei.
«Non è importante, ragazzina.» intervenne quello dai capelli neri e la voce di odio. Cora sbuffò, iniziando a mangiare.
«Ad ogni modo…» la donna spinse una grande coppa, dalle figure rosse che risaltavano sul fondo nero che ritraevano un sacrificio,verso i due ragazzi. Fece un rapido gesto con la mano e il liquido che c’era nella coppa, inquietantemente simile al sangue, iniziò ad incresparsi, mostrando delle scene: alcuni ragazzi riuniti al limitare di un bosco, qualcuno che veniva portato via su una barella e, poi, dei visi mostrati uno ad uno.
«Potrei avere una traduzione veloce?» chiese David, assumendo una strana espressione quando vide una ragazza dai lunghi capelli color cioccolato fra i quali spuntavano dei fiori, gli occhi azzurri e le labbra coralline. Cora si chiese il motivo di quella reazione ma poi decise che, tutto sommato, non erano affari suoi.
«State vedendo in diretta i vari avvenimenti nel Campo Mezzosangue e, in più, coloro che partiranno per cercare di recuperare il filo delle Parche.» disse con un ghigno il biondo.
«Quindi, in pratica, ci siamo appena fatti un mega spoiler?» chiese David.
«Non so cosa tu abbia appena detto, figlio di Persefone, ma non è importante.» rispose il moro. Cora constatò come, per quell’uomo, nulla fosse importante. A quanto pare se il discorso non comprendeva uccidere qualcuno a lui non importava. «Il punto è che l’impresa partirà presto e necessitiamo di un piano!» sbraitò poi.
David e Cora si guardarono, infastiditi allo stesso modo da quello scatto.
«Rilassati, fratello caro.» mormorò infastidita la donna. «Mentre voi due incompetenti non facevate altro che  giocare… io ho realizzato un piano.» disse fulminando prima i due uomini e poi sorridendo ai ragazzi.
«Vale a dire?» chiese Cora distaccata.
La dea ghignò. «Andate in Oregon,» disse. «il piano è lì.»
 
 
«Dunque, Zoey, che cosa è successo al tuo ragazzo? A parte l’essersi dimenticato di mettere la crema antirughe.» chiese Logan sedendosi di fronte a Zoey Baston. La figlia di Atena, tremendamente scossa, lo guardò in viso con fare indignato.
Annalise Martell, seduta accanto a lei con l’intento di consolarla, lo guardò malissimo e se solo fosse stato nei poteri di sua madre, Eris, lo avrebbe bruciato con lo sguardo. «Ti sembrava opportuno, Logan?»
«Cercavo di alleggerire la tensione!» si giustificò il figlio di Apollo.
«Dolcezza,» disse Neal. «c’è un tempo per le battute e un tempo per essere seri, non è così difficile.»
Logan alzò gli occhi al cielo, ma si sforzò di mangiarsi i commenti che aveva intenzione di fare, concentrandosi sulla situazione. «Zoey?» la richiamò.
«Non credo abbia voglia di parlarne, adesso.» intervenne Annalise.
«Annalise non prenderla male, te ne prego, ma non puoi stare qui.» replicò Logan.
La figlia di Eris lo guardò con fare altezzoso. «Non sei il mio capo.» disse con un sorrisetto divertito la ragazza. Logan sentì Neal ridacchiare e, di conseguenza, lo zittì con un gesto rapido della mano e poi guardò Annalise. Nonostante avesse avuto da ridire su ciò che diceva il figlio di Apollo – perché, come credeva lui, le sue parole erano oro colato – e gli tenesse testa senza problemi, apprezzava il suo temperamento. Questo, chiaramente, non lo avrebbe mai ammesso e così si limitò ad alzare le mani al cielo. «Va bene, ma sta zitta.» replicò. Annalise fece per parlare ma Logan le uccise la parole in gola. «Te lo chiedo da amico, è un favore.»
«Chi ti ha detto che voglio fartelo?» rispose a tono la figlia di Eris.
Neal fischiò. «I livelli di tensione sessuale sono saltati alle stelle, eh?» disse con un largo sorriso. «Prima che l’ossigeno venga azzerato dalla vostra UST 1 direi che ci conviene far parlare Zoey.»
La figlia di Atena tirò su con il naso e, con voce tremula, iniziò a parlare. «Eravamo nel bosco e stavamo--»
«Direi che, per adesso, possiamo evitare i dettagli.» intervenne Logan.
«Stavamo parlando,» sbuffò Zoey. «e, ad un tratto, lui è rimasto come paralizzato e ha iniziato a invecchiare. Ad un tratto è stato preso da delle convulsioni e, mettendosi la mano sul cuore, è--» un singhiozzo la zittì e Annalise cercò di consolarla. Logan e Neal si guardarono. «Hai idea di come sia successo?» chiese Logan.
«Magia.»
Logan posò gli occhi su un ragazzo dai mossi capelli scuri come il cielo notturno e dei particolarissimi occhi blu/viola. Al suo fianco c’era John, il figlio di Afrodite che aveva chiamato Zoey, che sembrava stesse ringraziando il cielo per il fatto che il ragazzo, Alphard Maldon, avesse parlato.
«Da quanto tempo siete lì?» chiese Annalise.
«Circa cinque minuti.» rispose John, spingendo Alphard verso gli altri semidei. Il figlio di Ecate si guardò intorno a disagio. «E adesso, Alfie, puoi dire loro quello che hai detto a me?»
«Dai Alphard, parla.» lo incitò Logan. «5 secondi o inizio a fare battute. Cinque…»
«Se non parli giuro sullo Stige che ti farò pentire di essere nato, Alphard.» disse velocemente Annalise.
Alphard prese un bel respiro e poi guardò John, che, con lo sguardo, gli intimò di parlare. «La morte del ragazzo è avvenuta per un’alterazione magica al  suo “filo della vita”. Qualcosa di potente ha giocato con la sua vita, ho avvertito la sua presenza nel bosco.» disse, guardando in basso.
«Cosa?» chiese Zoey. «Alterare il filo della vita? È impossibile! E poi… perché a lui? Non ha mai fatto nulla.» singhiozzò.
«Magari era solo un test.» ipotizzò Logan, ritrovandosi l’appoggio dei presenti, mano che di Zoey che, a quell’affermazione, dovette sforzarsi di non scoppiare di nuovo a piangere.
«Purtroppo è successo, Zoey.» disse John, dandole una pacca sulla spalla.
«Ma come?» chiese Annalise.
Ci fu un silenzio assordante per un paio di secondi e, alla fine, Neal schioccò le dita. «Rosalee e Robin! Loro ne sanno di più di noi, andiamo a cercarli!» esclamò il figlio di Asclepio.
«In che senso?» chiese John.
«Be’, loro--» non fece in tempo a finire che un lampo di luce irruppe dalle finestre e tutto divenne bianco agli occhi di Logan, occhi che fu costretto a chiudere per non rimanere cieco.
 
 
 
_____________________________________________________________________________________________
  1. UST: Unresolved Sexual Tension,
 
Pendragon's Notes
 
Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
Bene… morto, abbiamo scoperto chi è morto, un semidio completamente a random! Poraccio. #RIP
Credo che abbiate capito perché è invecchiato. È estremamente facile, dai ewe
Intanto, senza ulteriore indugio, facciamo il punto della bella gente che abbiamo conosciuto qui!

 
Logan Matthews, il figlio di Apollo dalle battute inopportune di MrsJackson_;
Zoey Charlotte Baston, la povera figlia di Atena di Zoey Charlotte Baston;
John Greenwood, il “messaggero” figlio di Afrodite di Luthien Felagund;
Annalise Martell, la ribelle figlia di Eris di A_M_N;
Alphard Orion Maldon, il timido figlio di Ecate di AliNicoKITE;

Poi abbiamo rivisto anche Neal nelle vesti di medico e Cora e David, i bad guys di turno che dovranno trovare qualcosa o, meglio, qualcuno in Oregon!
Mi manca solo un personaggio principale da presentare (non sapevo proprio come inserirlo in questo capitolo, ew) e un altro bel tipetto e poi abbiamo conosciuto tutti!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che i personaggi siano stati resi secondo la vostra volontà! Fatemelo sapere in una recensione uwu
Intanto ringrazio tutte quelle belle personcine che hanno recensito lo scorso capitolo. Io amo leggere le vostre recensioni, aw. Siete dei tali cupcakes
Vabbè, ora vi lascio e vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Baci,
 
Pendragon 
 

 

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Capitolo 4
*** III= Far away from home ♣ Jasmine Stark ***


 
Il filo perduto

Far away from home
 

Jasmine Stark
 
«Secondo voi che accidenti è successo?» chiese Jasmine alle sue amiche.
Si erano appena allontanate, come tutti gli altri, dal bosco dopo che Logan Matthews e Neal Olsen si erano allontanati nell’infermeria con una barella. Chiunque ci fosse stato steso lì sopra era stato nascosto da un lenzuolo color verde mare ma Jasmine poteva giurare di aver visto la mano del malcapitato e quella visione l’aveva colpita perché non era la mano di un adolescente, era la mano di un anziano e la figlia di Philotes era abbastanza sicura che non ci fossero anziani al Campo Mezzosangue.
«Io non ne ho idea.» disse Phoebe Hill. «Tu che dici, Hesper?» chiese poi alla figlia di Zefiro accanto a lei. Questa, impassibile, si strinse nelle spalle, senza rispondere.
«Rosalee?» chiese Jasmine rivolta alla figlia di Persefone, notando con la coda degli occhi gli sguardi furtivi che Hesper lanciava Phoebe e trattenendo un sorriso.
«Il filo di quel ragazzo è stato manomesso.» rispose la figlia di Persefone.
«Il filo della vita?» chiese Jasmine, sentendosi un po’ stupida per aver avanzato quella domanda. Insomma, sì, il filo della vita era l’unico filo che si adattava a quella situazione ma… manomesso?
«Quello.» rispose Rosalee sistemandosi la coroncina di fiori sulla sua cascata di capelli castani. Hesper puntò i suoi occhi color grigio ardesia sulla figlia di Persefone, occhi resi penetranti dal pesante contorno di matita nera. Osservò il silenzio la figlia di Persefone, studiandola con fare sospetto. Rosalee guardò Jasmine e la figlia di Philotes guardò Phoebe, non capendo che cosa stesse succedendo.
«E tu come fai a saperlo, Rosalee?» chiese.
«Ho sentito una conversazione fra Hermes e Chiro- woah, stai forse insinuando che io c’entro qualcosa?» rispose Rosalee, scioccata.
«Chi lo sa.» replicò la figlia di Zefiro.
Jasmine non credeva alle sue orecchie: Rosalee Burkhardt accusata di essere coinvolta in un omicidio? Sbuffò una risata a mise un braccio intorno alle spalle di Hesper – che chiaramente si scostò da quella presa – e poi disse «Hes è di Rosalee che stiamo parlando. Se prendi un cucciolo di panda, be’… è più terribile e malvagio di lei. Credimi
La figlia di Persefone s’imbronciò. «Guarda che posso essere un’ottima cattiva!» replicò. «Ma comunque no, io non c’entro nulla. Lo giuro sullo Stige
«Non sto dicendo che c’entri necessariamente qualcosa, Rosalee,» iniziò Hesper. «dico solo che bisogna stare attenti, mai fidarsi troppo. Le persone più innocenti potrebbero rivelarsi le peggiori.»
Jasmine era come incantata da quelle parole, che le si erano in presse in mente, e pensava che sì, Hesper Graves non aveva del tutto torto. Insomma, tutti nascondevano qualcosa, no? Chissà se… questi pensieri vennero scacciati non appena la figlia di Philotes incontrò gli occhi azzurri di Rosalee, chiedendosi come avesse fatto anche solo a prendere in considerazione l’idea dell’amica cattiva.
Allora la figlia di Philotes, per alleggerire la tensione che si era venuta a creare fra Rosalee e Hesper, gesticolò per attirare l’attenzione su di lei. «Ehi, ehi gente!»
Tre paia di occhi furono puntati su di lei. «Sapete qual è il ballo preferito dai cani?» chiese con un largo sorriso.
«Ora arriva.» mormorò Phoebe.
«Il can can!» il sorriso che incurvava le labbra sottili e screpolate della figlia di Philotes era larghissimo a dispetto di quello delle altre ragazze che esibivano Hesper un face palm, Phoebe uno sguardo da fai sul serio? e Rosalee un certo sguardo di gratitudine mentre scuoteva la testa. «Eddai, questa faceva ridere!»
«Ma anche no.» fece Phoebe. «Però ci hai provato, dai.» le regalò un grande sorriso ed una pacca sulla spalla. Hesper alzò gli occhi al cielo.
«Comunque io vi ho avvisate,» disse. «ora vado da Zoey. Le faccio superare la situazione
Jasmine guardò Hesper allontanarsi. «Chissà perché, ma dubito che il suo metodo includa parole confortanti e qualche abbraccio.» disse, osservando poi Phoebe stringersi nelle spalle.
«Ognuno ha i suoi metodi.» rispose la figlia di Demetra, facendo crescere senza neanche pensarci un dente di leone vicino ai suoi piedi per poi raccoglierlo e rigirarselo fra le dita.
Jasmine amava i fiori, desiderava tanto avere i poteri di Rosalee o Phoebe per farne comparire un po’ dove meglio le andava, e per un paio di secondi si perse ad osservare il fiore giallo canarino con i suoi grandi occhi azzurri.
C’era silenzio, intorno a loro, ma poiché Rosalee Burkhardt era una nemica del silenzio si affrettò ad articolare una frase, sfoderando il suo sorriso rilassato. «Venite con me da Neal o preferite rimanere qui?» chiese.
Phoebe e Jasmine si guardarono.
«In un arrangiatissimo obitorio?» chiese Jasmine. «Sembra divertente!» ironizzò poi, mettendosi poi al fianco della figlia di Persefone per farle intendere che sì, lei ci stava.
«Phoebe?» chiese poi Rosalee. La figlia di Demetra si sistemò una ciocca castano chiaro dietro l’orecchio e ci pensò su un paio di secondi.
«Va bene.» disse infine sorridendo.
Perfettamente allineate, poi, le tre ragazze si avviarono verso l’infermeria, alla ricerca di risposte. Jasmine sperava che Neal, vedendo la sua migliore amica Rosalee, le avrebbe fatte entrare e avrebbe dato loro le risposte che volevano al contrario dei figli di Apollo che, finchè non finivano analisi e tutto il resto, quasi non ti facevano nemmeno entrare in infermeria.
Phoebe chiedeva a Rosalee maggiori informazioni su ciò che la figlia di Persefone aveva sentito dire da Chirone ma la ragazza, a parte che il presunto filo della vita fosse sparito, non aveva molto.
Jasmine non partecipava a quella conversazione, ascoltava e basta. Almeno finchè non le venne l’ennesima battuta orribile in testa.
«Un boscaiolo va in un negozio d’abbigliamento e chiede alla commessa una cam—» lo squallore di quella battuta le morì in gola quando, all’improvviso, una luce bianca rivestì tutto. Jasmine si schermò gli occhi con il braccio, serrando poi le palpebre come ulteriore garanzia. Sentiva la pelle bruciare, a causa di quella luce, come se qualcuno l’avesse immersa in una tinozza di acqua bollente.
Quando quella sensazione svanì, Jasmine aprì gli occhi, sollevando lentamente il viso dal braccio con un po’ di incertezza. Rimase paralizzata alla vista di ciò che le si parava davanti: distruzione.
Vide l’erba bruciacchiata, con ancora qualche fiammella viva, tronchi d’albero caduti a terra (parlando di boscaioli, pensò Jasmine) e rivestiti da uno strato dello stesso colore della pece. Un tremendo odore di carne bruciate sopraggiunse nelle narici della figlia di Philotes, dandole il voltastomaco. Si guardò le braccia e notò delle scottature come quelle che prendeva quando, da bambina, passava molto tempo sulla spiaggia di San Diego sotto il sole cocente senza mettere la crema solare come sua madre, Abigail, non faceva che ripeterle fino allo sfinimento. Il problema era che quelle scottature le davano brividi di freddo, cosa del tutto innaturale.
Solo guardando di nuovo gli alberi la figlia di Philotes si rese conto di una cosa: non erano più al Campo Mezzosangue. Una mano le strinse il braccio fra le mani, stringendo tanto forte da farle male. La mano candida di Rosalee stava probabilmente lasciando dei segni sulla pelle di Jasmine ma quello, adesso, era l’ultimo dei suoi problemi.
Guardò attentamente tutta l’area intorno a lei e notò altre persone: chinata vicina ad un cespuglio c’era Phoebe che, con aria molto preoccupata, passava la mano fra le foglie; John Greenwood e Alphard Maldon scrutavano l’area circostante, parlando fra di loro a voce molto bassa; Annalise, Logan e Neal  si guardavano confusi alla massima potenza; Alec Baldwin era di fronte ad Anja Truegeeps, che scarabocchiava qualcosa sul suo blocchetto per comunicare con il figlio di Hermes.
Jasmine notò anche Robin Hoshizora che, con aria di urgenza, aveva preso a discutere con Rosalee riguardo al filo mentre, in disparte, Zoey osservava ciò che la circondava.
«E chiede alla commessa una camicia. La commessa chiede “Che taglia?” e lui risponde “Gli alberi”» disse Jasmine giocando nervosamente con una ciocca dei suoi capelli corvini. Varie paia di occhi furono puntate in sua direzione e lei, stringendosi nelle spalle, spiegò «Era la battuta che stavo raccontando prima. Era su un boscaiolo e quindi— ok, chiudo la bocca.»
Rosalee, alzandosi sulle punte per arrivare all’orecchio di Jasmine, sussurrò «Questa era passabile.» e poi fece un cenno con la testa a Robin che, facendo un passo avanti, schioccò le dita per richiamare l’attenzione.
«Ok, ragazzi. Tutti qui, intorno a me e Rosalee. Dobbiamo dirvi una cosa.» disse serio il figlio di Zeus.
«Favoletta della buona notte?» chiese John, avvicinandosi.
«Io direi più storia dell’orrore della buona notte, viste le circostanze.» disse replicò Annalise.
«Non credo esistano. Quale genitore scellerato racconterebbe una storia dell’orrore ad un bambino prima di farlo addormentare? Umpf,  creature orribili.» criticò Neal sistemandosi gli occhiali sul naso che, come sempre, erano scivolati un po’ in basso.
«Possiamo mettere da parte questo discorso sulla puericoltura per un attimo?» disse timidamente Alphard, guardando ovunque meno che in viso ai suoi compagni di sventura.
«Harry Potter ha ragione.» concordò Logan. «Rosalee, Robin… parlate.»
I due si guardarono e Rosalee fece cenno a Robin di iniziare. «Dunque,» iniziò il figlio di Zeus. «io e Rosalee abbiamo ascoltato un discorso fra Chirone ed Hermes.»
«Mio padre?» chiese Alec.
«Non credo esistano altri Hermes.» mormorò Zoey, tenendo le braccia strette al petto.
«Il punto è che Hermes parlava di cambiamenti radicali, dèi impazziti… e tutto perché?» continuò Robin.
«Non sono mai stato bravo negli indovinelli.» comunicò John stringendosi nelle spalle. «Ma suppongo c’entri la nostra immensa sfiga semidivina.»
«Su per giù.» disse Rosalee. «In pratica, avete presente il filo che le Parche si divertono a filare e tagliare? Bene, è stato rubato
I ragazzi iniziarono a mormorare fra loro scioccati, non prestando più particolare attenzione a Rosalee e Robin. Jasmine, che già aveva appreso la notizia, non si scompose e guardò Rosalee.
«Potevi dirlo meglio, Lee.» disse la figlia di Philotes.
«Forse,» rispose la figlia di Persefone. «ora però, Jazz, puoi iniettare una dose di tranquillità Philotesiana in questi qui?»
«Tranquillità Philotesiana?» ridacchiò la figlia di Philotes.
«Sai cosa intendo.» sorrise un po’ la figlia di Persefone e poi Jasmine, prendendo un bel respiro, aprì bocca, pronunciando una semplice parola. «Calmi
Le chiacchiere dei ragazzi iniziarono a scemare piano piano fino a sparire del tutto. Dopo un attimo di quiete, Alec parlò. «Quindi, al 99%, moriremo?» chiese.
Rosalee annuì con vigore. «E molto probabilmente anche tra atroci sofferenze! Yuppie!» fece sarcasmo la figlia di Persefone.
«Peggio di così non potrebbe andare.»
Le ultime parole famose, pensò Jasmine poiché, all’orizzonte, uno stormo di enormi uccellacci apparve. Arpie.
Anja, accanto a Jasmine, scribacchiò qualcosa su un foglio del suo blocchetto per poi metterlo sotto al naso di Alec. Prima che il block notes potesse essere lontano da lei, la figlia di Philotes diede una sbirciata.
“Dovevi proprio aprire quella boccaccia, Alec?” 
 
 
 
Sin da quando si era rifugiato nessuno aveva dato fastidio a Sean Ward, un figlio di Eris dai penetranti occhi azzurri e dai folti capelli neri.
Viveva nella vecchia casa vicino al lago del padre, protetta da recinzioni di bronzo celeste elettrificate per evitare che qualche mostro si avvicinasse e lo importunasse. Gli andava bene vivere così, non gli mancava per niente il Campo Mezzosangue e stare a contatto con tutti quei semidei che non facevano altro che adorare i vari dèi mentre lui  detestava tutte le divinità, sua madre compresa.
Stava bene,lì, ma chiaramente qualcuno doveva interrompere il suo idilliaco soggiorno. Ovvio.
La prima cosa che aveva sentito era stata la recinzione che veniva mossa e un “fzzz” che sentiva sempre quando qualche animale ci rimaneva incastrato e quindi, all’inizio, pensava fosse solo un povero animaletto che aveva messo il muso nel posto sbagliato.
Poi avevano bussato e Sean, nonostante non fosse esperto di etologia, era abbastanza sicuro che gli animali non bussassero. Incuriosito – e infastidito – prese la sua pistola, una bellissima IMI Desert Eagle, e si avvicinò alla porta. Caricò la pistola e mise la mano sulla maniglia, contando fino a tre per poi spalancare la porta e puntare la pistola davanti a lui. Trovò una ragazza dai capelli castani, lunghi fino al seno, gli occhi dello stesso colore del terriccio e la pelle chiara, quasi come quella di un cadavere, che si trovava in piedi accanto ad un ragazzo alto quanto lui con dei capeli scuri più corti ai lati e più folti sul ciuffo che era pieno di gel e degli occhi che sembravano pezzi di ghiaccio che, in quel momento, collaboravano a dare un’espressione sarcastica al viso.
«Chi siete?» ringhiò scorbutico.
Il ragazzo inarcò anche un sopracciglio. «Non sono un esperto ma non credo che questo sia il modo corretto di accogliere qualcuno.» fece notare.
«Non mi faccio scrupoli a dipingere il vicinato con il vostro sangue e le vostre cervella. Chi. Diamine. Siete?» continuò diffidente, guardando male i due nuovi arrivati.
«Tu non sei molto avvezzo alla compagnia, vero?»continuò imperterrito il ragazzo.
La ragazza incrociò le braccia al petto. «E cosa te lo fa pensare? Il fatto che questa abitazione sia isolata dal resto del mondo o le recinzioni elettrificate?» chiese sarcastica, roteando gli occhi. «Io sono Cora White e lui è David Storm.»
«Il piacere non è certo mio.» Sean non abbassava la pistola, tenendo ben sottotiro i due ragazzi. «Che volete?»
«Ci mandano tre divinità che sono--» iniziò David ma Sean interruppe il ragazzo.
«Non voglio avere niente a che fare con gli dèi.» sbottò il figlio di Eris, determinato a chiudere la porta in faccia ai due ragazzi.
«Neanche se una di queste è--» a quanto pare, David non era destinato a finire una frase. Questa volta a zittirlo fu Cora che, con un pizzicotto forte sul fianco, fece morire le ultime parole in gola al ragazzo, che fulminò con un’occhiataccia la ragazza.
«Queste divinità vogliono distruggere l’Olimpo.» disse Cora tranquillamente.
«E credono che tu potresti esserci molto d’aiuto.» continuò David.
Sean ci pensò su per un attimo. Distruggere gli dèi era abbastanza allettante come proposta, poiché nutriva un profondo odio verso quelle creature, ma allearsi con altre divinità di cui, a quanto pare, non poteva essergli rivelata l’identità… no, questo non gli piaceva.
Tuttavia, dopo un silenzioso ragionamento, abbassò la pistola, guardando negli occhi Cora e David. «D’accordo, sentiamo che cosa volete da me.» disse spostandosi per far entrare i ragazzi. «Qualche mossa falsa, però, e vi faccio saltare il cervello.» sibilò questo avvertimento che non intimorì i nuovi arrivati.
David, senza tanti complimenti, si accomodò sul divano, facendo come se fosse a casa sua. «Come sei monotono.»

 
 
Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
Ecco a voi il quarto capitolo de Il Filo Perduto, dove i nostri sfigati eroi si sono ritrovati lontani dal Campo Mezzosangue in seguito ad una bella lucetta comparsa "a random" deh.
Questo capitolo è un po' di passaggio, mi serviva ad introdurre questa nuova situazione, e dal prossimo inizierà l'azione vera e propria, yay.
Dato che oggi non ho molto da dire direi che mi conviene passare subito ai personaggi presentati!

• Jasmine Stark, la squallida figlia di Philotes di Artemiss;
• Hesper Graves, la figla di Zefiro di House Arryn;
• Sean Ward, il solitario figlio di Eris di Eorthe;

Ed ecco a voi gli ultimi personaggi!
Vi ringrazio ancora di cuore per le bellissime parole che mi avete lasciato. Vi amo, sul serio. Siete dei piccoli cupcakes aw 

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, fatemelo sapere eh :3
Io vado via e vi do appuntamento al prossimo aggiornamento!

Baci,
 
Pendragon 

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Capitolo 5
*** IV= You and I must fight to survive ♣ Annalise Martell ***


Il filo perduto

♣ You and I must fight to survive
 
Annalise  Martell

 
Peggio di così non potrebbe andare era un tabù. Non si poteva pronunciare questa frase per nessuna ragione, neanche pensarla. Ogni volta che quelle parole venivano formate andava tutto, irrimediabilmente, per il  verso sbagliato.
Infatti, dopo che un certo figlio di Hermes aveva pronunciato quelle parole, uno stormo di arpie puntava i semidei con occhi brillanti di cattiveria. Annalise non aveva poteri telepatici, certo, ma era sicura che quei mostri stessero pensando “hey, buffet gratuito e inaspettato! Andiamo!” e così, velocemente, estrasse la sua scure, rinominata Vendetta, e la brandì, pronta ad usarla contro quei mostri. In men che non si dica tutti imbracciarono spade, pugnali e incoccarono frecce negli archi, pronti alla battaglia.
Le arpie avevano iniziato a scendere in picchiata verso i semidei e le prime sventurate vennero prontamente abbattute dalle frecce di Alphard e Rosalee. Annalise era più che pronta ad un incontro ravvicinato ma, ad un certo punto, venne distratta da un rumore proveniente da dietro dei cespugli. Si voltò e vide dei brillanti occhi dello stesso colore di un rubino splendente e, capito di cosa si trattasse, si affrettò ad urlare «Tutti giù!» i suoi compagni le diedero retta, abbassandosi e vedendo passare sopra le loro teste un’ombra nera. Ci fu un tonfo e davanti a loro comparve un ringhiante segugio infernale con la schiuma alla bocca.
Annalise incatenò i suoi occhi dello stesso colore che hanno le foglie in primavera con quelli macabri  e rabbiosi del mastino infernale e strinse più forte la scure. Le arpie non avanzavano, rimanevano dietro il mostro.
«Andiamo di bene in meglio!» esclamò John tenendo alto il suo pugnale.
Il mastino continuava a scrutare Annalise ringhiando. «Voi pensate alle arpie,» disse Annalise. «io prendo Fido
«Annalise non mi sembra una scelta così saggia.» intervenne Alec.
«No.» disse Zoey. «Il segugio infernale vuole lei e, benché l’idea non mi piaccia, deve essere Annalise ad affrontarlo.»
Alec non rispose ma annuì, nonostante fosse chiaramente poco convinto. L’essere infernale abbaiò e attaccò Annalise, facendo partire all’attacco anche le arpie. La figlia di Eris fu abile a scansarlo, allontanandosi dai suoi compagni per evitare che venissero attaccati all’improvviso dal mostro.
La semidea e il segugio si guardavano mentre camminavano in tondo, uno davanti all’altra. Annalise fece qualche passo indietro, per sicurezza, e il mostro non gradì poiché le corse incontro e quando furono a distanza di pochi centimetri si alzò sulle zampe posteriori. La figlia di Eris andò a tirare un colpo con la scure ma degli artigli affilati le bloccarono il braccio, conficcandosi nella carne e provocandole un dolore allucinante. Guardò in alto e vide un’arpia che aveva deciso di intromettersi nello scontro e una freccia che volava e si conficcava nel cuore del mostro, facendolo esplodere in una polvere dorata. Era veramente riconoscente ad Alphard – perché, sì, quella era indubbiamente una delle frecce del figlio di Ecate – ma non poteva pensare alla gratitudine dato che il mostro aveva colto l’occasione per atterrarla e bloccarla con il suo peso, facendole anche perdere la scure.
Le ossa le facevano malissimo per l’impatto e per la pressione che stavano subendo e, in più, la ferita bruciava e da essa sgorgavano fiotti di sangue.
Il mostro puntò alla gola ma, prima che potesse infliggerle il colpo mortale, la figlia di Eris riuscì a guardarlo negli occhi.
Le iridi della ragazza si colorarono di un verde fosforescente e incatenarono quelle del mostro, utilizzando il suo potere. Riuscì solo a confonderlo un po’ ma bastò perché si ritirasse camminando all’indietro e si guardasse attorno spaesato. La ragazza recuperò la sua arma e si avvicinò al mostro, che ancora si guardava intorno spaesato e ringhiava ai fili d’erba mossi dal vento.
La ragazza alzò la scure e la calò con decisione sul collo del segugio. Nell’esatto momento in cui si sentì il rumore della testa che veniva separata dal collo il mostro esplose in polvere dorata ed una montagna di sangue nero come la notte che imbratto la figlia della dea della discordia. La ragazza sputò il sangue che le era finito fra le labbra e poi, riuscendo a sopportare il dolore che aveva in corpo grazie all’adrenalina, si voltò verso i suoi amici.
Anja aveva perso la sua spada così aveva deciso di dare fuoco ad un’arpia ed era affiancata da Logan. Zoey combatteva con furia, probabilmente sfogando la rabbia e il dolore che provava sulle arpie, e poi notò Rosalee e Alphard in cima a due alberi che scagliavano frecce con estrema precisione, abbattendo in primis quelle che ancora volavano e anche quelle in più che mettevano in difficoltà gli amici.
Annalise stava per buttarsi all’attacco contro un’arpia ma un urlo acuto e pieno di ira fece fermare tutti. Veniva da lontano, questo era certo, eppure era così nitido.
La figlia di Eris capì subito che si trattava di una dea, perché aveva sentito altri dèi urlare di rabbia dall’Olimpo e, indipendentemente dalla distanza, sembrava che ti urlassero da vicino.
Le arpie cominciarono a volare via, prese dal panico, tranne una che, ferita all’ala, non riusciva a spiccare il volo.
Alphard e Rosalee raggiunsero i semidei a terra, con gli archi ancora stretti in mano. Il figlio di Ecate puntò l’arpia. «Che è successo?» chiese il figlio di Ecate, cercando di non far vedere quanto effettivamente fosse a disagio.
«La padrona! Devo andare, devo andare!» starnazzò l’arpia.  Annalise notò una freccia nell’ala dell’arpia e si avvicinò, stringendo forte l’asta della freccia per poi girarla nella ferita. Il mostro emise un urlo di dolore.
«Smettila!» provò a morderla ma la spada di Anja fu immediatamente portata sotto al collo dell’arpia, frenandola dal toccare la figlia di Eris.
«Rispondi alle nostre domande.» disse Annalise. «Poi ti cureremo e ti lasceremo andare.» promise.
«Non posso…»  disse l’arpia. Annalise girò ancora la freccia. «Va bene! Va bene!»
Zoey si fece avanti. «Chi è la padrona? Che sta succedendo?» chiese la figlia di Atena.
«Che accidenti è questo posto? Cioè, è delizioso, non voglio fare l’ingrato, ma mi piacerebbe sapere dove siamo.» chiese Neal.
«La padrona…» un fulmine rosso si abbatté sull’arpia, disintegrandola. Ci furono imprecazioni in greco antico e poi il silenzio, spezzato dopo qualche minuto da John.
«Ti è esploso un barattolo extra large di inchiostro di china addosso?» chiese il figlio di Afrodite, rendendosi conto delle condizioni di Annalise. La ragazza si guardò e poi accennò alla pozza di sangue poco più in la.
«Colpa di quel mastino.» disse, simulando non curanza. L’adrenalina aveva finito il suo effetto, così ora sentiva il dolore alla ferita.  Si portò una mano a coprirla con un’espressione sofferente. «Logan, Neal… potete fare qualcosa?»
Il figlio di Apollo si avvicinò a lei e le prese il braccio. «È solo un graffio ma non mi fa muovere per bene il braccio e vorrei averlo al meglio, viste le circostanze.»
«Solo un graffio?» disse il figlio di Asclepio che aveva raggiunto i due.
«Ragazza, ci avete dato dentro.» scherzò Logan, guadagnandosi una tremenda occhiataccia da parte della figlia di Eris.
Neal le coprì la ferita con la mano. «Non ti prometto nulla, Annie. È profonda.» il figlio di Asclepiò chiuse gli occhi e la figlia di Eris sentì un piacevole calore nel punto in cui il ragazzo aveva posato la mano. Quando Neal tolse la mano notò che la ferita di era rimarginata quasi del tutto.
«Ti rimarrà la cicatrice.» avvisò Neal.
«Posso chiamarti Scar arm poi?» chiese Logan con un sorrisetto.
«Scar Arm?» chiese la figlia di Eris inarcando un sopracciglio.
«Hm hai ragione, non è un granché. Mi conviene unire e fare Scarm. Ecco, sì. Scarm mi piace.» continuò il figlio di Apollo. Annalise reclinò la testa all’indietro, guardando esasperata il cielo.
«Hey ragazzi.» si voltarono verso Alec Baldwin, in piedi davanti alla pozza di sangue, e notarono che le sue mani avevano delle macchie nere e che stringevano qualcosa. Si avvicinarono insieme agli altri.
«Cos’è?» chiese Phoebe.
«Un collare, a quanto pare. Era nel mezzo della pozza di sangue.» rispose il figlio di Hermes, passando l’oggetto a Robin. Il figlio di Zeus raggiunse con le dita la medaglietta per poi staccarla dal resto del collare, facendo cadere il cinturino a terra. Pulì con la maglietta il sangue nero, prendendo poi a studiare l’oggetto rotondo.
«C’è una figura in rilievo.»  disse il figlio di Zeus, tracciando i contorni della figura con le dita.  «Sembra… una fenice.»
La medaglietta finì nelle mani di Annalise, che iniziò a studiarla. Era argento ed era antico, nonostante i segni degli anni non fossero così evidenti. Un volatile era in rilievo sulla superficie superiore. «Sì, anche a me sembra una fenice.»
«Che significa?» chiese Logan.
Anja scrisse qualcosa sul blocchetto e lo mise sotto al naso di Logan. Annalise spiò, leggendo “è un indizio”.
«Che indizio è una medaglietta?» chiese poi John.
«L’indizio è quello che c’è sulla medaglietta.» disse Zoey con voce stanca.
Anja allungò una mano verso Annalise, guardando poi la medaglietta che aveva in mano. La figlia di Eris lasciò cadere il pezzetto d’argento fra le mani della figlia di Efesto, che prese ad ammirarlo con attenzione.
«Quel segugio infernale, così come le arpie, è stato mandato qui da qualcuno. Quella medaglietta ci farà capire chi è, semplice!» disse Rosalee, legando i capelli castani in una coda disordinata.
«A me verrebbe da dire Silente.» dichiarò Logan, mettendosi a braccia incrociate.
«Ma mi sembra ovvio, Logs.» replicò la figlia di Persefone, accennando un sorriso.
Mentre a destra e a manca volavano teorie qualcuno stava soffrendo, era ridotto male ed emetteva lamenti ad ogni passo che muoveva e fu questione di tempo prima che questi lamenti sfiorarono le orecchie dei ragazzi che si zittirono subito, ricercando la fonte di quei lamenti.
Annalise portò una mano alla scure per poi toglierla quando un ragazzo moribondo fece il suo ingresso nel loro campo visivo.
Zoppicava ed aveva varie ferite sul corpo. Puntò i suoi occhi chiari su tutti i ragazzi e mosse un altro passo, cadendo poi in ginocchio. 



Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
Eeeeed è anche in ritardo. Mi dispiace, cupcakes, ho avuto dei problemini con la rete e non riuscivo a postare il capitolo =.=
But I'm back, finalmente!
In questo bel capitolo abbiamo avuto il primo scontro della storia, yay. Che bello! Tra arpie e cagnolini arrabbiati abbiamo anche scoperto qualcosa di nuovo: una medaglietta con una fenice! O almeno con quella che sembra una fenice. Poi se sia effettivamente questo mitologico volatile ad essere rappresentato non si sa u.u
Rosalee= In questi casi dovresti stare zitta, sai?
Fa nulla!
Dato che questo caldo mi sta uccidendo no seriamente, qualcuno mi mandi Chione. Sarete ricompensati con il mio amore eterno  non so veramente che altro dire, gn. Spero che il capitolo con Annalise badass che fa il canino culo al segugio infernale vi sia piaciuto u.u 
Fatemi sapere con una vostra bella recensioncina che mi fa sempre bene all'umore 

E detto ciò vado a sciogliermi in un angolino come il pupazzo di neve quale sono in compagnia dei miei Muse, gneow :3
A presto, cupcakes!
Baci,

 

Pendragon 

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Capitolo 6
*** V= Make it or break it ♣ Rosalee Burkhardt ***


Il filo perduto

♣ Make it or break it 


 

Avevano legato Sean ad una sedia, legando insieme le caviglie e fissando i polsi ai braccioli della sedia, stringendo forte la corda.
Il figlio di Eris digrignò i denti per il fastidio che gli procurava la corda ai suoi polsi. Con pura noia negli occhi guardò i due ragazzi davanti a lui. «Volete sottopormi a qualche tortura medioevale?»
«Nah,» rispose David. «abbiamo i nostri metodi.» guardò Cora con un sorrisetto e lei alzò gli occhi al cielo. David la infastidiva. 
«Almeno avrò un trattamento originale.» borbottò arrabbiato Sean.

«Bravo, Ward. Bisogna sempre vedere il lato positivo in tutto ciò che succede!» ironizzò il figlio di Persefone, appoggiato al muro accanto al caminetto, dove scoppiettava un fuoco appena acceso, con le braccia incrociate e un sorrisetto sul volto. Cora schioccò le dita e, dopo una leggera scossa, dalla terra fuoriuscirono della mani scheletriche che si aggrapparono alle caviglie del figlio di Eris, conficcando nella carne le estremità. Il sangue cominciò ad uscire mentre le dita scheletriche facevano su e giù sulle caviglie del ragazzo, facendogli provare un dolore bruciante. Serrò i pugni e digrignò i denti.
Cora portò una mano sull’elsa della sua spada per poi tirarla fuori dal fodero e fissare la pietra di onice sul manico. Diede uno sguardo a Sean e poi si avviò verso il camino, abbandonando la lama della sua spada fra le fiamme.
«Che stai facendo?» chiese Sean.
Cora alzò gli occhi al cielo. «Aiuto una vecchietta ad attraversare la strada.» rispose sarcasticamente e con acidità. 
David ridacchiò. «Ignorala,» disse. «è perennemente mestruata.»

«Storm un’altra parola e ci finisci tu al suo posto.» minacciò la figlia di Ade recuperando la sua spada con la lama rovente. 
«Che dolce.» ironizzò il figlio di Persefone. Cora lo ignorò, avvicinandosi a Sean e guardandolo apaticamente. Avvicinò la punta della spada al petto del figlio di Eris, iniziando a percorrere il suo torace tagliando la t-shirt, bruciando e provocandogli un taglio lungo. Sean urlò di dolore e gli occhi di Cora brillarono di una scintilla di sadismo, amando il dolore da lei provocato nel figlio di Eris che imprecava nel tentativo di alleviare il dolore – senza successo, tra l’altro.
«Che problemi avete?!» sbraitò. David si avvicinò a lui, abbassandosi per arrivare a guardare negli occhi il ragazzo seduto, mentre Cora tornava a riscaldare la sua arma. 
«Vedi, Sean, tu mi piaci. Sei un ragazzo carino» David sentì Cora fare un verso di disgusto e sorrise. «e un alleato molto valido quindi, sul serio, credimi quando ti dico che non è nulla di personale.» David cacciò qualcosa dalla tasca e la contemplò. «Vogliamo solo farti vedere quanto siamo seri.»

«E tu credimi quando ti dico che mi state facendo vedere solo che razza di pazzi psicopatici siete!» gli gridò contro. In quel momento Cora si avvicinò, passandogli la spada bollente sul braccio e causandogli un’altra ferita dalla quale uscì velocemente un fiotto di sangue dall’odore metallico. Il figlio di Eris urlò ancora. 
​«Siamo tutti un po’ pazzi, Sean.» disse David con un sorriso ammaliante.
 
«Senti, Stregatto, quando hai finito di flirtare mi potresti dare una mano?» borbottò la figlia di Ade. David sospirò.
«Che noiosa che sei. Non si può più neanche chiacchierare!» replicò il figlio di Persefone, rigirandosi quella che era una fialetta in mano e agitando il liquido verdastro che c’era all’interno. Tolse il tappo e guardò il contenuto. «Non fare storie, Sean.» avvisò, avvicinando la fialetta alla bocca del ragazzo. Gli fece ingerire a forza il liquido, tappandogli la bocca con una mano per evitare che sputasse il liquido. 
Dopo qualche secondo di calma Sean fu scosso da delle convulsioni e David osservò soddisfatto il suo operato.
«STORM!» gridò Cora. «Ma che accidenti ti salta in mente?! Non dovevamo ucciderlo, per il Tartaro!» continuò allarmata la figlia di Ade.
Il ragazzo roteò gli occhi. «Che regina del dramma!»

 

Rosalee Burkhardt

 

Rosalee corse subito verso il ragazzo steso a terra, sperando che fosse vivo e non morto. Neal la seguì, lasciando Logan a curare le ferite degli altri che, come la figlia di Persefone e il figlio di Asclepio, erano rimasti scioccati alla vista del nuovo arrivato. I due constatarono lo stato del ragazzo: era vivo, ma se non si fossero affrettati avrebbero dovuto organizzare un funerale e a Rosalee i funerali non piacevano.
Guardarono le ferite, notando solchi profondi sulle caviglie, sulle braccia e un taglio lungo sul torace, circondato da segni di bruciatura.«Ha perso moltissimo sangue.» disse il figlio di Asclepio dando una spiegazione al terribile pallore del ragazzo. Rosalee lo guardò e lesse nei suoi occhi la tristezza di essere impotente e di non poter usare i suoi poteri sul ragazzo. La ragazza gli sorrise con fare rassicurante e poi torno a concentrarsi sul malcapitato. Aggrottò le sopracciglia rendendosi conto di una cosa: le sue vene avevano una sfumatura nerastra sui polsi e sulla base del collo e, molto lentamente, il colore avanzava, sopprimendo quello azzurro/verde naturale.
 «Porco Crono» sibilò Rosalee sbiancando.
«Cosa, Lee?» chiese Neal confuso. La figlia di Persefone aveva le mani che tremavano.
Indicò le vene. «Neal, questo è l’effetto di una pianta che cresce negli inferi! Mia madre l’ha chiamata Tardus Mortem o qualcosa del genere. È una pianta che ti avvelena lentamente, portandoti ad una morte lenta e agonizzante, caratterizzata da terribili visioni. Ti distrugge fisicamente e psicologicamente.» la voce le tremava mentre si faceva prendere dal panico.
Il figlio di Asclepio sbarrò gli occhi. «Ok, ok… come lo curiamo?»
 «Io… io non lo so, non conosco nessuna cura» disse mordendosi il labbro e guardando la vita che con agonizzante lentezza lasciava il ragazzo. Neal vide la sua amica assumere l’espressione "hey ho un piano folle e disperato che potrebbe funzionare" e, frettolosamente, le chiese che cosa avesse in mente.
«I melograni di Persefone» disse.
«Rosalee che stai dicendo?» chiese  John.
«Se quando sei negli Inferi mangi uno di quei frutti rimani bloccato laggiù…» iniziò la figlia di Persefone. Zoey, spalancando gli occhi, finì la frase della ragazza.
«… forse se ne mangi uno qui rimarrai ancorato a questo mondo, lottando contro il veleno che cerca di portarti via!» completò la figlia di Atena. Rosalee annuì.
Alphard ci pensò su un paio di secondi. «Ha senso» asserì.
 «Ehm, non per fare il guastafeste… ma la storia non era "chi mangia i frutti degli inferi resta negli inferi"?» intervenne Alec, non molto convinto di quel piano.
«Ma se portiamo il frutto degli inferi nel mondo mortale…» Zoey fu interrotta.
«Basta discuterne» intervenne Neal. «Lee, sei sicura di quello che stai per fare?» lei annuì. «Ok, cosa ti serve?»
Le serviva una scodella d’acqua e, senza aspettare, Alphard mormorò le parole di un incantesimo e fra le sue mani comparve una ciotola di metallo. Si avvicinò timidamente a Rosalee, allungandole il contenitore contenente del liquido trasparente. Lo ringraziò con un sorriso e poi si rivolse verso una ragazza. «Anja» disse semplicemente. La figlia di Efesto capì e alzò la mano, chiudendola a pugno per poi riaprirla e mostrare una fiamma che danzava con eleganza sulla sua mano. John e Robin corsero a staccare qualche ramo per poi sistemare il loro bottino a terra, preparando il nutrimento che la fiamma di Anja avrebbe sfruttato per bruciare. La figlia di Efesto accese il fuoco, prendendo poi la ciotola dalle mani di Rosalee con delicatezza e iniziando a preparare, aiutata da Alphard, un sostegno per sistemare la scodella per far bollire l’acqua.
Rosalee inspirò profondamente, poggiando i palmi aperti per terra e chiudendo gli occhi. Invocò quel frutto, sentendo la forza degli inferi invaderla ed angosciarla, facendole sentire fredda e privandola del colore, rendendola più pallida di quanto già non fosse. Le faceva male la testa per lo sforzò ed era sul punto di mollare ma, improvvisamente, qualcuno le prese la mano. Rosalee aprì un occhio, trovandosi Phoebe che le sorrideva. «Serve una mano?» chiese la figlia di Demetra. Rosalee annuì e Phoebe abbassò la mano libera a terra, sfiorando l’erba morbida e disgustosamente bagnata dal sangue dei mostri combattuti prima.
Rosalee non sentì più quel freddo pungente che si infiltrava fra le sue ossa angosciandola. Phoebe la stava aiutando, e lei stava aiutando Phoebe. In due era tutto più semplice. Rosalee sentì la terra tremolare e, dopo aver sentito qualcuno esclamare «Ci sono riuscite!», aprì gli occhi. Sbattè le palpebre più e più volte per mettere a fuoco ciò che aveva intorno, giacchè vedeva tutto sfocato, e alla fine si rese conto di un ramo di un albero che spuntava da terra da cui pendeva un melograno. Sorrise incredula, slanciandosi per abbracciare Phoebe. Annalise raccolse il frutto, prese il pugnale di John e iniziò a pulirlo. Prese i semi e fece per buttarli nell’acqua ma Rosalee la fermò. «Dammi il pugnale, Annalise» disse allungando la mano. Annalise le passò l’arma e la figlia di Persefone si alzò in piedi. Si avvicinò con il pugnale ben stretto fra le dita a Neal, che guardò spaventato la sua amica che si avvicinava. «Rosalee cosa stai–» avvicinò il pugnale a lui e
… lo usò per aiutarsi a staccare un pezzo della sua maglietta. Neal si portò la mano al cuore. «Ho perso dieci anni di vita!»
«Rilassati, Neal. Credevi davvero che ti avrei ucciso?» chiese Rosalee facendo mettere i semi nel pezzo di stoffa e iniziando a pestarli con il manico del coltello.
«Che accidenti so io che ti passa per quella testolina circondata da fiori!» continuò il figlio di Asclepio con fare drammatico. Dopo essersi guardato la maglietta, poi, continuò. «Dei, Rosalee. Avrei preferito che mi uccidessi invece di questo!» la scenetta teatrale divertiva Rosalee.
«Regina del dramma» disse con un sorrisetto e roteando gli occhi, mettendo i semi pestati nell’acqua bollente. Si tolse la coroncina di fiori e prese una rosa bianca, iniziando a staccare i petali. Frantumò quei morbidi e candidi petali con le dita, aggiungendoli al miscuglio.
«Agente N, com’è la situazione lì?» chiese indicando con un cenno il ragazzo.
La risposta di Neal arrivò sicura. «Schifosamente tremenda.»
«Ottimo» mormorò Rosalee. L’acqua si era fatta rossastra ed emanava un odore di rose e melograno. Prese il frammento di un ramo e girò l’intrugliò, lasciando che alcuni petali si attaccassero al legno scuro.
«Rosalee, il battito.
 Sto perdendo il battito.» disse Logan che, nel frattempo, si era avvicinato a Neal e il ragazzo. Era una corsa contro il tempo. 
Una manciata di secondi dopo la figlia di Persefone esclamò che sì, l’intruglio era pronto. Allungò le mani per prendere la ciotola ma Anja la fermò, prendendola per il polso. Scosse la testa accennando al fuoco e poi prese lei la scodella con l’intruglio. Rosalee guardò il fuoco e poi capì: Anja resisteva al fuoco. Se al posto della figlia di Efesto fosse stata lei a prendere la scodella si sarebbe scottata, gettando a terra quella medicina improvvisata e rovinando tutto. Nella fretta non ci aveva nemmeno pensato ma, fortunatamente, Anja sì.
Rosalee si avvicinò al ragazzo e gli sollevò la testa mentre Anja portava il liquido alle labbra del ragazzo, forzandolo a bere. Anja gli diede tutto l’intruglio. Nulla. Non stava succedendo nulla.
«Ragazzi?» chiamò Robin Hoshizora, curioso e preoccupato.
«Forse abbiamo solo peggiorato le cose» disse Rosalee con un filo di voce tremolante. Neal le mise la mano su una spalla. «Lee…» sussurrò. Anja poi le afferrò il braccio, scuotendolo. Rosalee la guardò con gli occhi lucidi e lei indicò il braccio del ragazzo. La figlia di Persefone si passò una mano sugli occhi.
«Sta… sta funzionando?» chiese Logan incredulo. 
Rosalee guardò il nero arrestarsi e sorrise. «Wow, Loggie, grazie della fiducia riposta nelle mia capacità mediche!»

Il figlio di Apollo sorrise genuinamente. «Non ci credevi neanche tu più di tanto, ammettilo!»
La ragazza fece un gesto di noncuranza con la mano. 
«Dettagli!»
Il ragazzo iniziò ad agitarsi  e i quattro che erano intorno a lui lo tennero fermo per braccia e gambe. Rosalee intuì che stava combattendo qualche sorta di guerra interiore, vita contro morte. Vedeva il colore nero avanzare ed essere sbalzato indietro, stesso per il normale colore verde/azzurro delle vene. Il loro Jon Doe era un campo di battaglia. La figlia di Persefone tenendogli il braccio ben ancorato a terra, onde evitare che si facesse ancora più del male, lo incitava dicendo «Forza Sconosciuto, noi tifiamo per te!». Le ferite avevano ripreso a sanguinare e ciò allarmò, e non poco, i ragazzi.
«Neal non puoi fare nulla per il sangue?» chiese Logan.
Il figlio di Asclepio portò la mano sulla ferita, imbrattandosela di sangue, e provò a fermare il sangue. Ci riuscì, in parte. Ora usciva molto più lentamente, almeno.
Ad un tratto il ragazzo emise un urlo e si fermò. Dal naso e dalle orecchie cominciò ad uscire un liquido denso e dal colore verde scuro, quasi nero. Scivolava sul suo viso e macchiava l’erba insieme a qualcosa di meno denso e rossastro: l'intruglio.
Logan portò due dita sul collo del ragazzo. «Battito: presente. È debole, ma c’è»
Neal si asciugò il sudore dalla fronte, Anja si passò una mano fra i suoi capelli chiari quasi come i petali dei fiori nella coroncina della figlia di Persefone e Rosalee si lasciò cadere distesa nell’erba, tirando un sospiro di sollievo.
Ci erano riusciti.
«Va bene Medici Senza Frontiere… a che accidenti abbiamo appena assistito?» chiese Robin con gli occhi spalancati.
«Cos’è quella roba?» chiese Phoebe.
«Ectoplasma?» tentò Alec.
«Il veleno.» disse Logan.
«Sapevo che avrebbe funzionato» affermò il figlio di Hermes.
Rosalee si alzò con il busto, guardando con un sopracciglio inarcato il suo amico. «Non eri tu quello che diceva che era una brutta idea?»
«Meglio così,» disse Neal. «forse il Fato, pur di non dare ragione a lui per la sua nomina da sfigatello, ha deciso di far sopravvivere questo tipo» il figlio di Asclepio sorrise radioso ad Alec che si beccò una pacca sulla spalla da una sorridente Annalise.
«Scusatemi» intervenne una voce, facendo voltare i semidei. «ma che cosa è questo beccano?»



Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here
Incredibile, nonostante il caldo assurdo sono ancora viva! Voi come state? State riuscendo a resistere al caldo? Avete già fatto la proposta di matrimonio al ventilatore?
La smetto?
La smetto.
Dunque! Sono ritornati i cattivoni che si divertono a torturare il povero Sean. Sono fighi? Dannatamente fighi E vabbè, piccole gioie... dovranno pur divertirsi un po' u.u
Btw, so che quella parte fa abbastanza pena almeno secondo me e vi chiedo perdono in tutte le lingue del mondo ^^" ma vi prometto che mi rifarò alla prossima u.u  spero
Ad ogni modo... abbiamo visto come i nostri cari amici se la son sbrigata con il tipo moribondo non chiedetemi come mi sia venuta la folle idea del melograno, giuro che non lo so che... andiamo, avete capito chi è? Dai, se indovinate vi regalo un soggiorno al Polo Nord u.u ti piace vincere facile?
E poi... chi sarà mai il nuovo arrivato? Ebbene sì, qua arriva gente come se non ci fosse un tomorrow Lo scoprirete nel prossimo epis- ehm, capitolo!
Intanto spero che questo vi sia piaciuto uwu
Vi ringrazio dal profondo del mio cuore per le bellissime recensioni che mi avete lasciato. Siete l'amore ç_ç vi amo tanto 

Detto ciò... vi saluto!
A presto, cupcakes 
 
Baci,
 

Pendragon  

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Capitolo 7
*** VI= Doubts and new truths ♣ Anja Truegeeps ***


Il filo perduto
 
Doubts and new truths
 

Anja Truegeeps
 
Anja portò una mano alla spada quando sentì un nuovo arrivo ma, in qualche modo, non appena il nuovo arrivato continuò a parlare e lei riuscì a scrutare per bene quella figura si rilassò, lasciando andare l’arma e sentendosi invasa da una nuova e calda pace.
Il ragazzo che si era fatto strada fino ad arrivare nel luogo dove erano stati riuniti a forza i semidei poteva avere al massimo venticinque anni ma Anja, guardandolo, percepiva che forse l’età effettiva era molto diversa da quella dimostrata. Aveva i capelli biondo scuro, folti e ricci, gli occhi azzurri come il cielo primaverile e la pelle candida. Era alto ed il suo corpo era fasciato da abiti di varie tonalità di azzurro che mettevano ancora più in risalto i suoi occhi.
Non era un nemico, poco ma sicuro.
«Oh cielo!» esclamò poi l’uomo. «Che ha quel poveretto?» chiese accennando al ragazzo svenuto. Vide Rosalee sfilarsi l’anello argentato che portava al dito, pronta a trasformarlo in un arco. Le strinse con una mano il braccio e con uno sguardo le fece capire che non c’era assolutamente bisogno di armi.
«È stato avvelenato.» disse Zoey.
«Poveretto… posso aiutare?» chiese con genuina gentilezza l’uomo. Ci furono una serie di scambi di sguardi fra i vari semidei e, alla fine, Neal annuì, rafforzando il permesso con un «Dacci dentro, amico.» e mentre il biondo si avvicinava al ragazzo ci fu un’altra domanda.
«Chi sei?» chiese Annalise.
Jasmine ridacchiò e tutti si voltarono a guardarla. Incrociò le braccia al petto e il suo sorriso si allargò. «Ma dai, gente! Non riconoscete la bellezza di famiglia?» chiese allegra.
«Philotes?» Robin squadrava il biondo con le sopracciglia inarcate.
«Dio dell’affetto e dell’amicizia, in persona!» esclamò con un sorriso Philotes raggiungendo il ragazza che avevano curato. Lo studiò e poi guardò Anja, Rosalee, Neal e Logan. «Perché questi liquidi… strani?» chiese.
«Medicina improvvisata.» spiegò il figlio di Apollo.
«Gli abbiamo rifilato un infuso con i melograni di Persefone.» continuò Neal. All’udire il nome dei frutti della regina degli inferi Philotes si accigliò e allora Rosalee si affrettò a spiegare.
«Se quando mangi i melograni negli inferi vieni bloccato lì abbiamo pensato che se ne mangi in questo mondo potresti trovare un’ancora che ti trattiene qui.» la figlia di Persefone si mise una ciocca dietro l’orecchio.
Philotes annuì. «Ingegnoso. Azzardato ma ingegnoso.» il dio guardò le ferite del ragazzo, capendo la grande quantità di sangue che aveva perso. La figlia di Efesto osservò il dio poggiare una mano sulla fronte del ragazzo ed emanare una forte luce arancione. Le ferite iniziarono a rimarginarsi, chiudendosi e lasciando però delle cicatrici, e il ragazzo recuperò un po’ di colore. Girò pigramente la testa prima da un lato e poi da un altro, aprendo finalmente gli occhi con un po’ di fatica.
«Ehilà Bella Addormentata!» salutò Logan. Il ragazzo, confuso, provò ad alzarsi ma si procurò del dolore. Neal provò a rimetterlo steso ma lui si scrollò il figlio di Asclepio di dosso.
«Bella Addormentata?» borbottò.
«Già, be’… non abbiamo idea di chi tu sia e ti sei appena svegliato, perciò…» continuò il figlio di Apollo. Anja sorrise, seguita a ruota da Rosalee e Neal. Il figlio di Asclepio poi ordinò al gruppetto intorno al ragazzo di allontanarsi un po’ per non invadere il suo spazio personale e farlo tranquillizzare dato che, come Anja aveva notato, il ragazzo era parecchio teso. I ragazzi fecero come richiesto e dopo che Sean, aiutato da profondi respiri suggeriti da Logan, riuscì a calmarsi Rosalee lo interrogò sulla sua identità.
«Io sono Sean Ward, figlio di… Eris.» disse. Philotes arricciò il naso all’udire il nome della dea della discordia. Come poteva biasimarlo Anja? Discordia e amicizia? Erano gli opposti.
Tuttavia il dio non si fermò alla stirpe di appartenenza di Sean e continuò tranquillamente ad osservarlo riprendersi. Annalise si fece avanti, inginocchiandosi vicino a Sean.
«Ciao, Sean. Io sono Annalise e sono figlia di Eris anche io.» gli sorrise gentile.
«Non ti ho mai visto al Campo.» notò Alec. Sean guardò un punto non precisato davanti a lui e non rispose per un po’ e alla fine, dopo un sospiro, diede una spiegazione.
«Sì be’… quando ho scoperto di essere un semidio io… io stavo venendo accompagnato al Campo da un satiro e lui è stato ucciso così, non sapendo che fare, mi sono rifugiato nella casa sul lago di mio padre, mettendoci protezioni intorno e vivendo tranquillo.» spiegò.
«Come facevi a sapere come proteggerti?» chiese Rosalee dubbiosa, incrociando le braccia al petto. Anja si voltò a guardarla, studiando il cipiglio che le faceva assumere la stessa espressione che aveva un detective quando interrogava un sospettato.
«Me lo aveva spiegato il satiro.» rispose semplicemente il figlio di Eris.
«Ah, sul serio?» chiese. Anja la guardò confusa. Perché quel tono, quell’espressione, quelle domande?
«Rosalee?» la chiamò Neal. Rosalee alzò i suoi occhi azzurri sul ragazzo che la guardava molto confuso e scioccato da quel suo atteggiamento. Lei scosse la testa e si alzò, allontanandosi da Sean e andando a poggiarsi con la schiena contro un albero. Anja la seguì con lo sguardo, notando come Alphard le lanciava occhiate di nascosto, probabilmente desideroso di dirle qualcosa ma troppo timido per farsi avanti e parlarle.
«Sean che ti è successo?» chiese Annalise. «Avevi ferite terribili e del veleno in corpo.» aggiunse poi. Il ragazzo serrò la mascella e strinse i pugni.
«Il mio rifugio era a prova di mostri ma, a quanto pare, non a prova di pazzi psicopatici.» disse fra i denti e strinse i pugni. «Sono arrivati, mi hanno fatto un’offerta, ho rifiutato e mi hanno conciato così.»
«Chi erano?» chiese Robin.
«Scusami, sorella, ma non ho proprio avuto modo di giocare al gioco delle venti domande mentre, sai, mi torturavano.» rispose un po’ brusco Sean. Anja notò come Sean avesse confuso il sesso del figlio di Zeus che, d’altra parte, non sembrò affatto infastidito.
«Immagino che tu abbia lottato fino alla fine, eh?» chiese Rosalee di nuovo con quel tono insinuatore. Neal si alzò, scusandosi con Sean e gli altri, e poi si avvicinò alla figlia di Persefone. L’afferrò per il braccio e l’allontanò e l’unica cosa che Anja fu in grado di sentire fu un “ma che ti prende?!” detto dal figlio di Asclepio.
La figlia di Efesto aveva sempre visto Rosalee come una ragazza gentile e solare, sempre pronta ad aiutare il prossimo, e lo dimostrava aiutando in infermeria i figli di Apollo ma ora… perché si stava comportando così con Sean?
Anja tirò fuori il blocchetto e la matita, scrivendo una domanda da porre a Sean. Il figlio di Eris la guardò inarcando un sopracciglio. «Il gatto ti ha mangiato la lingua?» chiese. Anja non alzò lo sguardo per guardarlo ma lo tenne basso mentre gli porgeva il blocchetto.
«È muta.» gli spiegò Annalise. Sean mormorò un “oh” e lesse la domanda di Anja.

"Che proposta ti hanno fatto?"
 
Lui si passò una mano fra i capelli scuri. «Unirmi a loro e distruggere l’Olimpo insieme alle Tre Divinità, chiunque esse siano. A quanto pare non sono abituati ai “no”.» ironizzò il figlio di Eris.
Per Anja tutta questa situazione era come prendere la scatola di un puzzle e riversare tutti i piccoli pezzettini per terra, mescolandoli per fare un po’ di confusione. I vari avvenimenti e le quasi inesistenti informazioni ottenute erano quelle tessere dissociate fra loro, sparpagliate sulla superficie, e loro dovevano recuperarle tutte, metterle insieme e far venir fuori il quadro generale.
Tastò la sua tasca dall’esterno, sfiorando la medaglietta del cerbero. Quello era il loro primo indizio e, ironia della sorte, non sapevano come interpretarlo esattamente.
Prima che qualcuno potesse fare altre domande Philotes batté le mani alzandosi in piedi. «Ok, ragazzi, si sta facendo tardi e non ho il cuore di lasciarvi qui.» disse il dio. «Venite a casa mia. Farete le adeguate presentazioni, parlerete di quello che sta succedendo, vi riempirete lo stomaco e vi riposerete.»
I semidei non se lo fecero ripetere due volte. Annalise aiutò Sean ad alzarsi e gli diede sostegno con il suo corpo, nonostante fosse più bassa e meno muscolosa del fratello. Philotes iniziò a camminare davanti, venendo seguito dai ragazzi. Anja camminava fra Phoebe e Jamsine che, arrivate davanti a Neal e Rosalee, chiesero spiegazioni alla figlia di Persefone. Lei mise su un sorriso. «Scusate ragazze, solo un crollo di nervi.» Jasmine le mise un braccio intorno alle spalle e le sorrise, avviandosi più avanti  assieme a lei. Anja sapeva che Rosalee stava mentendo.
Le lanciò uno sguardo eloquente che la figlia di Persefone non vide, dopodiché Anja seguì Philotes per una via piena di erba incolta e qualche fiore selvatico color giallo accesso che, dopo qualche minuto di camminata, si trasformò in un sentiero di ciottoli delimitato ai lati da una recinzione di legno chiaro sul quale si potevano scorgere piccole lumache, farfalle, scoiattolini e porcospini. Anja allungò la mano verso uno scoiattolo, accarezzando la testa coperta da del morbido pelo marroncino e sorridendo.
Guardò davanti a sé e vide un delizioso cottage con il tetto spiovente color rosso carminio. Tutta l’area era circondata da animaletti, il che ricordava tanto Biancaneve ad Anja, e diverse varietà di fiori dai petali gialli, bianchi, azzurri, rossi e viola decoravano la zona. Sui balconi vi erano dei vasi di bellissime azalee bianche e rosa e la figlia di Efesto era del tutto rapita dalla bellezza di quel luogo, così come gli altri.
Philotes raggiunse la porta di legno bianca, aprendola per poi voltarsi verso i ragazzi con un sorriso. «Accomodatevi!»
 
 
Philotes era stato molto gentile, come ci si aspetterebbe dal dio dell’affetto. Aveva permesso loro di usare i servizi e poi aveva preparato per loro una cena da leccarsi i baffi che Anja aveva adorato.
Il dio aveva dato loro quante più informazioni possibili sul filo, sottolineando ciò che era ovvio: loro erano i prescelti per un’impresa. Volevano disperatamente saperne di più ma Philotes non aveva voluto sentire ragioni e aveva spedito tutti a dormire, promettendo di continuare la conversazione il giorno seguente.
I ragazzi e le ragazze dormivano divisi in due stanze differenti, prendendosi un po’ di meritato riposo. Anja, però, non stava dormendo. Era fuori, seduta a gambe incrociate sul balcone, e stringeva la matita fra le mani, riproducendo l’immagine in rilievo sulla medaglietta che custodiva ancora. I suoi pensieri l’avevano rapita e non faceva altro che farli scorrere mentre alternava sporadicamente lo sguardo dal blocchetto alla medaglietta.
«Gli artisti non dormono mai?» sussurrò una voce alle sue spalle. La figlia di Efesto si voltò, vedendo Rosalee poggiata allo stipite della porta che si affacciava sul balconcino. Anja le sorrise timidamente, silenziosamente invitandola a sedersi accanto a lei. La figlia di Persefone si allontanò dallo stipite e si avvicinò alla ragazza, sedendosi a terra e incrociando le caviglie. La osservò mentre sfiorava con le dita lunghe e pallide un fiore, portandolo poi più vicino al viso e ispirandone il buonissimo odore. Rosalee si voltò verso di lei, osservando la domanda che albergava negli occhi cristallini della figlia di Efesto.
«Già, non riuscivo a dormire.» disse guardando davanti a lei. Anja annuì, riprendendo il suo disegno. Dopo un po’ di silenzio, smorzato solo dal rumore della matita della figlia di Efesto, Anja girò la pagina, lasciando perdere per un attimo il disegno. Scrisse la domanda che voleva porre a Rosalee da un po’ d’ore ormai. Appena finì di scrivere Anja diede un colpetto al braccio della sua amica che, fino a quel momento, era rimasta con il naso in aria a guardare quei puntini bianchi che riempivano il cielo scuro. Abbassò lo sguardo e lesse le parole sul blocchetto.

"Prima non era stato un crollo di nervi, vero?"
 
Rosalee le sorrise rassicurante e, con un tono di voce leggermente assente, disse: «Lo è stato, Anja, ma ora sto meglio. Non preoccuparti.» la figlia di Efesto la guardò, chiaramente non credeva a quella bugia. Riprese a scrivere.

"Stai mentendo, riesco a vederlo. Non riesci a dormire a causa di Sean. Perché tanta diffidenza?"
 
La figlia di Persefone sospirò. «Sono al Campo da 8 anni e, quando ne avevo circa undici, c’era questo ragazzo, un figlio di Eris un po’ scontroso e riservato che, dopo due mesi, è scappato. È stato cinque anni fa, lui non passava molto tempo in compagnia e quindi non si ricordano di lui, anche perché alcuni di loro non erano ancora arrivati al Campo» spiegò facendo tamburellare l’indice e il medio sul suo ginocchio. «e il suo nome era Sean Ward. Neal dice che sono stressata da tutta questa situazione, che magari sto confondendo nomi ma io so che non è così. E poi non mi risulta che qualche satiro sia morto portando un semidio al Campo o che questo semidio non sia comunque giunto da noi.»
Anja aveva assorbito quelle informazioni e aveva cominciato a rimuginarci su. Ora capiva il comportamento della figlia di Persefone. Ci pensò su, riprendendo il disegno.
«Io ti credo» Anja e Rosalee rivolsero lo sguardo sul balconcino vicino, lontano giusto un metro e mezzo dal loro. Alphard stava lì in piedi con i capelli scuri tagliati asimmetricamente completamente arruffati. La sua figura era illuminata appena dalla luce arancione attaccata al muro. La figlia di Persefone gli sorrise dolcemente.
«Davvero, Alfie?» chiese. Il figlio di Ecate abbassò lo sguardo imbarazzato per il nomignolo ma annuì.
«Non mi sembrava così… così sincero con quella storia.» disse poi.
«Non lo era» asserì Rosalee. «vorrei solo sapere perché ha mentito.» sospirò, poggiando una guancia sul palmo. Anja scrisse di nuovo.

"Anche io ti credo, ma forse non ha cattive intenzioni. Forse ha una storia che non ha voglia di raccontare."
 
Rosalee si strinse nelle spalle. «Indipendentemente dalle sue intenzioni io lo terrò d’occhio.» affermò sicura di sé.
«Ti darò una mano.» comunicò Alphard.
«Sei il migliore, Alfie.» disse la figlia di Persefone con un sorriso largo e felice. Anja sorrise e, con un gesto, fece capire che anche lei avrebbe aiutato. Rosalee l’abbracciò senza pensarci e lei ricambiò un po’ impacciatamente ma felice.
«Anja…» chiese Rosalee, guardando il foglietto con il disegno. Lei la guardò. «Quello è… il disegno sulla medaglietta?» la figlia di Efesto annuì. Rosalee lo prese e si avvicinò di più alla luce, studiandolo in ogni particolare. Mise su un grande sorriso.
«Rosalee?» chiamò Alphard. Lei si voltò verso i due ragazzi.
«Anja, sei un genio!» decretò la figlia di Persefone. Lei la guardò confusa. «Credo di aver capito di chi si tratta.»


 
 
 
Hesper era in piedi davanti al trono dell’uomo dai capelli neri che, annoiato, osservava la lite fra la donna e il biondo. Alla figlia di Zefiro quei due facevano venire il mal di testa. Cominciavano a litigare con nulla, andando avanti all’infinito. Lei si lamentava perché quell’idiota di suo fratello prendeva decisioni da solo, decisioni stupide e avventate. Le aveva fatto perdere il suo segugio infernale preferito, che l’accompagnava dall’alba dei tempi, e aveva sguinzagliato arpie come se non ci fosse un domani.
«Sorella il tuo cuore tenero non ti porterà da nessuna parte!» sbuffava il biondo.
«Non è cuore tenero, è strategia! Avresti potuto uccidere elementi che ci servono!» le urlò contro la donna.
«So chi morirà, sono onnisciente! Sapevo che non sarebbero morti!» continuò a gridarle contro.
«Oh, certo Signor So Tutto Io, ora si giustifica tutto!» la donna sbatté la mano su un muro, ringhiando furiosa. «E poi per quale motivo hai spedito quei ragazzi da Philotes? A che gioco stai giocando?!»
«Dei! Dei! Dei! Sei così sciocca, sorella! Come fai a non capirlo?!» ribattè.
La figlia di Zefiro guardò il moro. «Fanno sempre così?» chiese esasperata.
«Oh, no» disse. «oggi sono affettuosi.» borbottò.
«Interrompiamo qualcosa?» la lite terminò quando la voce di David giunse nella sala. Tutti si voltarono a guardare il figlio di Persefone, che aveva un’espressione allegra e soddisfatta, e Cora, più pallida del solito e con un accenno di occhiaie sotto agli occhi. Hesper si chiese che cosa avesse ma, alla fine, non ci pensò neanche tanto, lasciando perdere.
«Solo la sua immensa stupidità.» sibilò la donna, guardando furiosa il fratello. David e Cora si guardarono confusi ma decisero, saggiamente, di non fare domande.
«Ebbene?» chiese poi il moro.
«Lo abbiamo torturato un po’.» ghignò David soddisfatto.
«E poi lo abbiamo spedito da quei ragazzi.» aggiunse stancamente Cora.
«Che questo genio ha mandato da un dio aiutante.» la voce della donna era piena di disprezzo.
Il biondo roteò gli occhi. «Fossi in te, sorella, non mi preoccuperei tanto per Philotes, ma di qualcun altro.»
«Ovvero?» chiese Hesper.
«Una certa figlia di Persefone.» spiegò.
Hesper emise una specie di grugnito. «Burkhardt.» il biondo annuì.
«Non preoccupatevi per lei.» rassicurò David.
«No?» chiese Hesper. Lei conosceva Rosalee, sapeva che in certi casi c’era da preoccuparsi per lei.
Il figlio di Persefone sorrise ampiamente. «Voi lasciate fare a me.»



Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here
Questa volta sono con un giorno di anticipo. Amatemi :3 
Siamo tornati su questa storia con l'adorabile Anja, la figlia di Efesto il cui nome ha fatto impazzire tutti i lettori lol :'3
Il nuovo arrivato era qualcuno di buono (tanto buono, aw 
), ovvero il dio dell'affetto: Philotes!
Quanto mi fa tenerezza questo dio? Io boh, lo adoro :'3 e poi finalmente una gioia ai semidei u.u che durerà poco perchè so' stronza e quindi deh
E poi abbiamo anche l'identità del ragazzo moribondo: Sean, il ragazzo torturato da Cora David!

Complimenti a chi ha indovinato e vinto il viaggio per il Polo Nord! Era molto difficile da capire, eh? :'3
Purtroppo Rosalee non si fida affatto di Sean, e come lei nemmeno Alphard! Il duo dei sospetti non chiedete  viene appoggiato anche dalla carinissima Anja, la nostra silenziosa artista. Chissà che sta succedendo! Sì, lo so, sono così antisgamo!
E poi ritorniamo sulla medaglietta! Anja ha dato una mano a far capire qualcosa a Rosie e, be'...  cosa sarà? Stay tuned u.u
Be', io vi ringrazio veramente di tutto cuore per le bellissime recensioni che mi lasciate! Siete dolciffimi, mi fate cariare i denti 

Tanto amore per voi, miei piccoli cupcakes 
Spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto! Come al solito v'invito a lasciarmi una recensione mentre io vi lascio tanti cuoricini alla nutella :3
Credo di aver detto tutto e... sparisco!
Alla prossima  

Baci,
 
Pendragon  
 

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Capitolo 8
*** VII= The truth behind the dreams ♣ Alphard Maldon ***


Il filo perduto

♣ The truth behind the dreams

 
 
Cora ed Hesper osservavano David che prendeva vari petali e foglie appartenenti a piante che Cora non avrebbe saputo identificare per poi pestarli insieme, aggiungendoci qualche goccia di liquidi, anche essi sconosciuti alla figlia di Ade.
Gli avevano chiesto che cosa stesse facendo ma lui si era semplicemente limitato a sorridere, rispondendo con un «Lo scoprirete dopo.», continuando a creare uno dei suoi intrugli. Cora si spostò un ciuffo castano via dal viso, stropicciandosi stancamente l’occhio destro. Hesper studiava le sue mosse, cosa che non passò inosservata alla figlia di Ade.
«Che c’è?» sbuffò guardando la figlia di Zefiro.
«La domanda la rivolgo io a te: che c’è? Sembri distrutta.» replicò piattamente Hesper. La figlia del dio del vento mise su un sorrisetto provocatore. «Non ti sentirai in colpa per quel ragazzo?»
Cora la guardò male. «Non mi sento mai in colpa dopo una tortura, cara mia.»
David ridacchiò. «Alla piccola Cora i viaggi non piacciono.» disse mettendo su un fuoco una scodella con quell’intruglio.
«Sta’ zitto, David. Io i viaggi d’ombra riesco a gestirli alla perfezione. È solo che tu e la tua enorme aura da idiota siete pesanti da trasportare per due volte.»
«Tre.» precisò David. «Prima di trasportarci qui siamo finiti in Minnesota.»
«Questo perché mi distraevi.» lo accusò la figlia di Ade.
«Questo perché mi trovi attraente.» provocò il figlio di Persefone.
Hesper seguì la discussione attentamente, spostando lo sguardo su David e su Cora, a seconda di chi parlava. Cora sospirò stanca ed esasperata. Perché non andasse a dormire invece di fare lo zombie scontroso Hesper non se lo sapeva spiegare.
«Facci un favore, Storm,» disse Cora. «stai zitto, sul serio.»
«Non hai detto no, però.» notò David gongolando. Il figlio di Persefone spense la fiamma e verso il contenuto della scodella in una boccetta, chiudendola con un tappo di sughero e agitando per bene il liquido azzurro che aveva ottenuto. Lo guardò con un sorriso soddisfatto, poggiandolo sul ripiano del tavolo su cui aveva preparato tutto.
«A cosa serve?» domandò Cora, studiando con i suoi occhi scuri la boccetta.
«Oh lo vedrete.» ghignò David.
 
 


Alphard Maldon
 
Alphard era rimasto sorpreso dallo scatto che Rosalee aveva avuto dopo aver visto il disegno di Anja.
«Rosalee?» la richiamò.
Il sorriso della ragazza si allargò mentre si voltava verso i due amici. Purtroppo, però, Rosalee non fece in tempo a raccontare la sua nuova scoperta che davanti a loro comparve Philotes, un Philotes fluttuante e dall’espressione contrariata. Il figlio di Ecate guardò il dio per un attimo e poi distolse lo sguardo, puntando i suoi occhi blu scuro, quasi viola, in qualsiasi direzione che non fosse quella del dio.
«Ragazzi,» cominciò il dio dell’affetto. «siete stati trasportati via dal Campo, attaccati da dei mostri e sottoposti allo stress di salvare una vita. Siete nel bel mezzo di un’impresa importante e domani ripartirete, dovete riposare.» il suo tono era calmo e neutrale ma i suoi occhi lasciavano trapelare il suo disappunto nel vedere i tre ancora in piedi.
«Non riuscivamo a dormire.» disse Rosalee. «E poi credo di aver scoperto qualcosa!»
«D’accordo, ma ne riparlerete domani mattina. Filate a letto, sgomberate la mente e riposate.» ordinò gentilmente il dio. I tre si guardarono e, sebbene  non fossero proprio contenti, si diedero la buonanotte e ritornarono nelle stanze.
Il figlio di Ecate fece attenzione a dove metteva i piedi, onde evitare di scivolare sulle magliette che alcuni dei suoi compagni si erano sfilati e avevano buttato a terra senza fare complimenti. Raggiunse il suo letto, infilandosi sotto il lenzuolo e poggiando la testa sul cuscino. Sebbene non avesse molto sonno quella sera Alphard si costrinse a chiudere gli occhi, lasciandosi lentamente abbracciare dalle braccia accoglienti e rilassanti di Morfeo.
Come si aspettava i sogni non tardarono ad arrivare.
 
Aprì gli occhi, mettendosi a sedere di scatto. Si passò una mano sul viso e, dopo essersi guardato intorno, si rese conto che non era più nella camera datagli da Philotes, bensì si trovava in un prato composto da erba secca e giallastra di fronte ad un palazzo. Si alzò in piedi, spolverandosi i jeans con le mani, e studiò la struttura davanti a lui. Alphard si sforzava di non muoversi, di non avvicinarsi, ma non appena vide il cancello di legno scuro aprirsi lentamente per poi finire spalancato non riuscì a trattenersi. Si avvicinò fino ad attraversare la porta, ritrovandosi dentro il palazzo. Si guardava intorno, ammirando il modo in cui era costruito e come le pareti erano decorate con scene di vari miti e guerre, soprattutto della Guerra di Troia. I colori predominanti erano il rosso e le sue varie sfumature, cosa abbastanza inquietante.
Il ragazzo si sentì avvolgere da un soffio di vento e venne spinto velocemente in avanti, attraversando una seconda porta della stessa fattura di quella d’ingresso. Il vento lo aveva trascinato in una specie di sala del trono, come quella dei vecchi castelli medioevali, dove tre toni si innalzavano su un piano più alto, separato da quello dove Alphard poggiava i piedi da quattro gradini. Sui troni sedevano una donna e due uomini e davanti a loro due ragazze e un ragazzo conversavano di qualche piano. Sebbene sapesse di non poter essere visto, il figlio di Ecate si nascose dietro una colonna, trovandosi un nascondiglio – del tutto inutile – dal quale udire la conversazione.
«Non lo abbiamo già messo in atto il nostro piano?» chiese una delle ragazze. Alphard spalancò gli occhi dalla sorpresa. Era Hesper Graves, una figlia di Zefiro. Era stata solo una spia infiltrata per tutto questo tempo?
L’uomo biondo rise. «Oh mia cara, credi sul serio che quello fosse tutto il nostro piano? Abbiamo ancora delle carte da giocare.»
«Per esempio?» chiese l’altra ragazza.
«Per esempio, Cora, dobbiamo convincere un vecchio amico ad aiutarci.» rispose la donna, giocando con un filo fra le mani. Alphard deglutì: aveva capito di che filo si trattava.
«Non ci aiuterà mai.» disse annoiato il moro, tamburellando stancamente con le dita sul bracciolo del trono. La donna fece un movimento con la mano, facendo comparire una pergamena. Si sentì un rumore di ali che battevano e poi sul bracciolo del trono della dea si posò un avvoltoio.
«Ah certo, sono sicuro che se gli mandi una pergamena via avvoltoio ci aiuterà.» la derise il biondo.
La donna aprì la bocca per ribattere ma il ragazzo parlò prima di lei, proponendo qualcosa. «Potrei andare io.»
La ragazza dai capelli castani lo guardò scettica. «Tu?»
«So essere abbastanza convincente.» disse il ragazzo mettendo su un sorriso. Il moro lo guardò scettico ma non si espresse, al contrario del biondo.
«Andrete tutti e tre.» disse in un tono che non ammetteva repliche. I tre si guardarono non molto entusiasti ma non osarono lamentarsi. La donna si alzò, spezzando il filo e gettandolo  a terra come se nulla fosse. Aveva appena ucciso un’altra persona con così tanta semplicità… in quel momento Alphard si rese davvero conto di quanto la sua vita fosse in pericolo, di come sarebbe potuto morire anche nel giro di qualche minuto e ciò lo spaventò terribilmente.
Sotto di lui si aprì una voragine che lo inghiottì, privandolo della capacità di udire e vedere quello che sarebbe successo. Sperò di svegliarsi ma ciò non accadde, poiché atterrò in quello che doveva essere un antico tempio greco. Davanti a lui c’era una donna in ginocchio che le dava le spalle e pregava in greco, pronunciando odi e invocazioni per Apollo.
La donna si voltò di scatto e si alzò, avvicinandosi con passo svelto a lui. Prima che potesse raggiungerlo, però, si piegò in due dal dolore, portandosi una mano al ventre. Quando si rimise dritta i suoi occhi erano completamente verdi, così come la nebbiolina che usciva dalla sua bocca semi aperta.
«Sono l’Oracolo di Delfi, portavoce di Apollo, uccisore del possente pitone. Avvicinati e chiedi.» la solfa che ripeteva a chiunque cercasse delle risposte in lei rimbombò nell’area  con la voce sdoppiata e roca dell’Oracolo. Alphard mosse qualche passo verso l’Oracolo che, non appena furono abbastanza vicini, afferrò il polso del ragazzo, buttando indietro la testa. Le unghie della donna si infiltravano nella carne di Alphard che provava a liberarsi, chiaramente senza successo data la stretta salda della donna.
 
La luce che acceca i semidei via ha portato
verso un duro destino che da loro va affrontato.
Luoghi arcani e in bella vista nascosti
gli eroi dovranno raggiungere a tutti i costi.
La verità starà ferma nella limpida acqua a specchiarsi
lei avrà una chiave che con onore dovranno combattere per guadagnarsi.
Da liti e diffidenze il legame sarà rotto
e con la magia degli inferi anche il più puro dei cuori potrà essere corrotto.
L’antico equilibrio combattono per riportare
e tutti i cancelli sembreranno chiusi, ma mai smettere di sperare.
La vita sarà nascosta e nell’impresa da qualcuno scapperà
ma chi nel cuore ha il coraggio nel buio la troverà.
 
La presa sul polso si allentò e la donna cadde a terra priva di sensi. Nell’esatto momento in cui la testa dell’Oracolo incontrò il pavimento del tempio dal nulla comparve uno stormo di avvoltoi che si lanciò contro il figlio di Ecate, graffiandolo e beccandolo con insistenza.
 
Alphard si svegliò di scatto, sudato freddo e con il cuore che martellava furiosamente nel suo petto. Qualcuno gli toccò la spalla e il ragazzo si sottrasse al tocco, spostandosi.
«Hey, hey, calmo. Sono io.» Alphard riconobbe la voce di Neal. «Hai fatto un brutto sogno?»
Il figlio di Ecate annuì, spostando le coperte e cacciando le gambe dal letto. Poggiò i gomiti sulle cosce e affondò il viso nei palmi delle sue mani, rimuginando sulle scene che aveva visto in sogno.
«Vuoi parlarne?» chiese gentilmente il figlio di Asclepio.
«Sì» disse con un filo di voce. «Ma non ora, devo parlarne con tutti.»
Neal annuì, pulendosi distrattamente gli occhiali. «Allora lavati la faccia e vieni al piano di sotto, siamo tutti lì a fare colazione.» il figlio di Asclepio uscì dalla camera, lasciando Alphard da solo.
Il figlio di Ecate si trascinò in bagno barcollando con ancora tanta stanchezza che lo attanagliava, dato che non aveva dormito quanto avrebbe dovuto. Aprì il rubinetto e mise le mani a coppa sotto il getto d’acqua, riempiendole e poi facendo infrangere l’acqua fredda contro il suo viso un paio di volte per svegliarsi. Chiuse il rubinetto e prese l’asciugamano accanto a lui, passandola sul viso. Si guardò allo specchio, vedendo i segni della nottataccia appena trascorsa, e con un sospiro lasciò il bagno, andando ad unirsi ai suoi compagni.
Quando fu nella sala da pranzo prese posto accanto a Rosalee, poggiando la sua guancia su una mano e stropicciandosi gli occhi con l’altra. La figlia di Persefone gli passò una tazza fumante con un sorriso e con somma gioia  e sorpresa Alphard realizzò che era una tazza di tea verde. Ringraziò Rosalee e poi, dopo averne preso un sorso, pose una domanda alla ragazza. «Era un avvoltoio, vero?»
La sua amica lo guardò confusa, ma poi capì il senso della frase ed annuì. «Come fai a saperlo?»
«C’è una cosa che devo dirvi.» disse Alphard, attirando l’attenzione di tutti. Il figlio di Ecate abbassò lo sguardo, sentendosi a disagio a causa di tutti gli sguardi che aveva puntati addosso, e poi iniziò a picchettare le dita sulle pareti della tazza, cominciando a raccontare il suo sogno. Descrisse il colloquio al quale aveva assistito e del suo incontro con l’Oracolo di Delfi, chiudendo gli occhi e sforzandosi di ricordare la profezia per filo e per segno. Fortunatamente era come se le parole dell’Oracolo gli si fossero impresse a fuoco nella sua memoria così le parole venivano fuori da sole.
Tutti ascoltavano in religioso silenzio, pendendo dalle labbra del figlio di Ecate. Quando Alphard finì il suo racconto prese un altro sorso, inebriandosi del sapore che aveva la sua bevanda preferita. Il silenzio durò ancora qualche minuto dato che gli altri dovevano assimilare le informazioni appena ricevute.
«Quindi è Eris» disse Logan alla fine. «l’avvoltoio è il suo animale sacro.»
Alphard annuì.
«Luoghi arcani e in bella vista nascosti dovranno raggiungere a tutti i costi.» recitò distrattamente Rosalee. «Che significa?»
«Io credo di saperlo.» asserì Robin.




Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here ♥
Rieccoci con un nuovo capitolo di questa interattiva che ci porta, finalmente, un po' di risposte! e altra roba criptica ma va bene comunque
Dunque, la bellissima fenice di cui si è fatto un gran parlare era, in realtà, un avvoltoio, simbolo dell'adorabile 
Eris! E ne abbiamo 1/3 per il trio! *spara coriandoli*
Ora... che cosa bolle nella pentola dei cattivi? Che staranno architettando? u.u
Sfortunatamente ho portato via Alphard dallo scenario con i cattivi prima che potesse saperne di più. Ops :3 Per farmi perdonare, però, l'ho spedito ad un incontro con l'originale Oracolo di Delfi che lo ha traumatizzato. Dai, non sono una brava persona? :3

Yep, people, abbiamo una nuova profezia! Stranamente oh god non ci credo sono abbastanza soddisfatta di quello che ne è venuto fuori dalla bocca dell'Oracolo! A voi è piaciuta? Quante domande vi state facendo? 
Be', fatemelo sapere u.u
Come al solito vi ringrazio di cuore per le bellissime recensioni perchè, per gli dèi, siete l'amore! Mi strappate sempre un sorriso ♥
Detto ciò evaporo, dato che non ho niente altro da dire per ora :3
A presto! ♥
Baci,
 
Pendragon 

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Capitolo 9
*** VIII = Waterfalls ♣ Robin Hoshizora ***


Il filo perduto
 
♣ Waterfalls 



Robin Hoshizora

 

Mentre Alphard raccontava il suo sogno ai compagni, descrivendo il suo incontro con l’oracolo, Robin non poteva fare a meno che pensare che il sogno che aveva fatto non era stato proiettato a caso nella sua mente, ma c’era una ragione ben precisa, cosa di cui divenne convinto non appena udì le parole “luoghi arcani e in bella vista nascosti”.
Nel suo sogno si trovava sospeso in aria, avvolto dalle tenebre. Ovunque guardasse i suoi occhi si posavano su una densa coltre nera. Si sentiva come in gabbia ed un senso di claustrofobia gli attanagliò lo stomaco, costringendolo a fluttuare velocemente da una parte all’altra, cercando una via di fuga. Non fu molto fortunato, chiaramente, e in più si rese conto che quella prigione di tenebre si stava stringendo sempre di più intorno a lui. All’inizio si ridimensionava lentamente ma poi, ad un tratto, la velocità aumentò e Robin si sentì sempre più schiacciare e temette che quella sarebbe stata la sua morte: pressato dalle tenebre. Sentiva un dolore lancinante in tutto il corpo ma, ad un tratto, si udì un sonoro pop e la gabbia di tenebre scoppiò come una bolla di sapone.
Immediatamente Robin fu vittima della gravità e cadde nel vuoto, paralizzato da qualche forza esterna e incapace di fare qualcosa. Finì avvolto dalle acque fredde, l’impatto fu traumatico. Iniziò ad agitarsi, a muovere frettolosamente gambe e braccia per risalire più in fretta in superficie dato che sentiva i suoi polmoni iniziare a bruciare per la mancanza di ossigeno.
Quando risalì in superficie sputò l’acqua che gli era finita in bocca e prese un respiro profondo per poi guardarsi intorno, cercando di capire dove si trovasse. Sentiva il forte rumore dell’acqua che scrosciava tutto intorno a lui e onde fredde si infrangevano sul suo viso. Alzò il viso e vide una cascata che cadeva con velocità ed eleganza, agitando le acque che avvolgevano il figlio di Zeus. Come una visione, avvolta dalla cascata, Robin vide una donna che indossava un vestito rosso  e aveva lunghi capelli castani raccolti in una coda che andavano a posarsi sulla spalla destra. La donna lo fissò per un paio di secondi e poi si voltò, andandosene con fare annoiato.
Si era perso a ricordare il suo sogno e si riscosse tornando alla realtà, al presente, quando  John gli schioccò due dita davanti agli occhi, chiamando il suo nome.
«Ti eri perso in Robinlandia?» chiese Logan, osservando con le braccia incrociate al petto il figlio di Zeus. Robin scosse la testa, agitando folti capelli tinti di blu elettrico, lasciando che alcune ciocche gli si fermassero davanti agli occhi chiari.
«Robin, dove dobbiamo andare?» nella voce di Phoebe si poteva percepire curiosità ed impazienza mescolate ad un pizzico di ansia. Come biasimarla.
Il figlio di Zeus si schiarì la voce, spostandosi i capelli dal viso. «Come Alphard ho fatto un sogno anche io e credo che fosse un indizio su dove ci dobbiamo recare.» spiegò.
«Ovvero?» intervenne apaticamente Sean,  passandosi una mano fra i capelli scuri.
«Le cascate del Niagara.» comunicò sicuro di sé.
«Sul serio?» chiese Neal stranito. Robin annuì come conferma.
«Ha senso» intervenne Zoey, guardando un punto non ben identificato davanti a lei. «In bella vista nascosti. Tutti possono vederle, ma è come se non le vedessero davvero. Vedono solo delle masse d’acqua, non penserebbero mai che potrebbero nascondere qualcosa.»
Tutti si ritrovarono a concordare con l’analisi fatta dalla figlia di Atena. Insomma, quale luogo è più in bella vista nascosto di uno dei simboli di un paese, visitato costantemente dai turisti?
«Coinciderebbe anche con la verità che si specchia nell’acqua.» intervenne Rosalee.
«Sai cosa significa?» le chiese Alec curioso. La figlia di Persefone portò lo sguardo su di lui, incurvando le labbra in un sorriso.
«No, ma lì ci deve essere tanta acqua, quindi…» esordì, stringendosi nelle spalle.
Alec fece una smorfia di preoccupazione e aggiunse: «Quindi potremmo annegare.»
Robin sentì un brivido scorrergli lungo la spina dorsale quando il figlio di Hermes menzionò l’annegamento. Nel suo sogno l’immersione in quelle acque non era certo stata piacevole, né tantomeno sicura. Si sforzò di scacciare le immagini del suo incubo, non volendo angosciarsi per uno dei classici sogni da semidio.
Inarcò un sopracciglio e guardò Alec. «Mi raccomando, tieni sempre il nostro morale alto.» ironizzò con un sorriso, alzando gli occhi al cielo.
«Il mondo non sarebbe così allegro senza il nostro adorabile pessimista.» scherzò Jasmine, dondolandosi all’indietro con la sedia e dando un buffetto sulla guancia al figlio di Hermes.
«Sono realista,» si difese Alec. «non pessimista.»
Logan e Jasmine, seduti ai lati di Alec, gli donarono uno sguardo molto eloquente, al quale il ragazzo rispose con un «Ok, va bene, forse lo sono. Ma solo un po’.»
«Certo, tesoro.» ridacchiò la figlia di Philotes, mettendosi un elastico fra le labbra mentre con le mani raccoglieva i capelli, determinata a farsi una coda di cavallo. Il figlio di Zeus ridacchiò a quella scenetta, sentendosi leggermente più rilassato di prima.
«Insomma, la verità starà ferma nella limpida acqua a specchiarsi. Cosa significa?» Phoebe ridonò un pizzico di serietà al discorso che stavano affrontando. Quella domanda fece calare il silenzio tutto intorno a loro, giacché nessuno aveva una buona risposta da dare.
Nel silenzio freddo Robin udì il rumore di una matita muoversi su un foglio e istintivamente posò il suo sguardo su Anja. La figlia di Efesto era china sul suo blocchetto, intenta a scrivere frettolosamente qualcosa, mentre come delle tende i suoi capelli di un biondo molto vicino al bianco andavano a nasconderle il viso.
Robin non era l’unico ad aver iniziato a fissare la più piccola del gruppo che, ovviamente, se ne accorse e sentendosi a disagio iniziò a scrivere molto più lentamente. Posò la sia matita sul tavolo, allungando il suo blocchetto a Phoebe, poiché era stata lei a porre la domanda, tenendo lo sguardo basso. Prima che la figlia di Demetra potesse prendere il blocchetto Annalise intervenne, appropriandosi dell’oggetto appartenente ad Anja.
«Non hai tutti i torti, Anja.» affermò la figlia di Eris, restituendo il blocchetto alla figlia di Efesto.
«Puoi condividerlo con la classe, Annie?» chiese John, poggiando il mento sul palmo della sua mano destra.
«Anja pensa che sia solo una specie di metafora. Forse è una prova che dobbiamo superare, dobbiamo essere onesti con noi stessi e otterremo la chiave della profezia.» spiegò la figlia di Eris giocando con una morbida ed ondulata ciocca castana. 
«La profezia però cita un combattimento.» puntualizzò Sean. Robin poteva chiaramente percepire il suo disinteresse in tutta questa faccenda ma decise di non fare commenti su questo.
«Le profezie non sempre vanno prese alla lettera.» notò Annalise.
Robin chiuse gli occhi e si strinse il ponte del naso fra le dita, immobilizzandosi dopo essersi ricordato un dettaglio particolare. «Credo che di toccherà davvero combattere.» disse poi.
Alec lasciò che le sue labbra si stirassero in un sorriso stanco. «Cerchi di rubarmi il ruolo di pessimista?»
«Oh sì, è tutto ciò che ho sempre sognato.» rispose sarcasticamente. «Comunque… nel mio sogno c’era questa donna avvolta da una cascata… e non credo ci stia aspettando con gioia, pronta ad accoglierci come Philotes.»
«Be’, c’è solo un modo per scoprirlo.» disse Jasmine.
«Andare a trovarla!» sorrise Rosalee, comportandosi come se fosse la cosa migliore che le fosse mai capitata. Robin sbuffò una risata, strofinandosi un occhio con una mano.
Fu il turno di Neal di intervenire con ironia. «Nessuna idea mi ha mai allettato come questa, sapete?» disse. «E per questo sono costretto a porre una domanda: come ci arriviamo?»
«Oh, a quello ci ho pensato io!» Robin spostò lo sguardo su Philotes che era comparso nella sala da pranzo con un enorme sorriso ed una teglia di biscotti appena sfornati che venne delicatamente posata al centro del tavolo. Perché tutti gli dei non potevano essere come lui?
 
 

L’aria era satura di un nauseabondo odore di sangue e cadaveri in decomposizione misto a quello dell’umidità e della muffa che si era formata sulle pareti della grotta dove erano entrati. Non appena si erano materializzati in quel luogo le narici di Hesper erano state invase da quella puzza, costringendola a mettersi un braccio davanti al viso e nasconderci il naso. Si guardò intorno, e vide corpi mutilati di animali e di esseri umani. Poteva chiaramente distinguere dei vermi fare capolino fra le membra delle carcasse e nutrirsene lentamente accompagnati dal ronzio delle mosche che erano lì attratte dall’odore della carne in decomposizione.
Che bel posto, pensò Hesper arricciando il naso e avventurandosi sempre di più in quel nascondiglio e facendo attenzione a dove metteva i piedi, onde evitare di finire su un disgustoso corpo. Il cammino era flebilmente illuminato da delle torce appese alle pareti che rendevano il tutto ancor più lugubre.
«Ricordatemi di proporre a questo tipo di chiamare un’impresa di pulizia.» disse David.
«Sì se non moriamo asfissiati prima.» replicò Cora con voce ovattata dato che, come Hesper, si stava coprendo il viso con un braccio. Un ululato squarciò l’aria, facendo rabbrividire la figlia di Zefiro.
«Ci siamo.» comunicò, anche se era abbastanza inutile. Una porta iniziò a sollevarsi lentamente, liberando nitidi nell’aria i ringhi che venivano emessi la dietro.
«Semidei.» brontolò una voce profonda. «Dovete essere pazzi o con una gran voglia di morire se siete venuti qui.» Hesper poteva chiaramente vedere il suo viso che aveva tratti da lupo oltre che quelli umani e due inquietanti iridi rosse splendevano all’interno dei suoi occhi. I lupi continuavano a ringhiare e sembravano pronti ad attaccare, desiderosi di aggiungere anche i cadaveri di quei semidei a i corpi dilaniati che si affollavano in quella sottospecie di corridoio.
«Siamo qui per chiedere il suo aiuto, Licaone.» disse Hesper facendosi avanti.
«Il mio aiuto?» chiese con uno sbuffo divertito il licantropo, facendo acquietare il suo branco con un semplice gesto della mano. I lupi continuavano ad osservare con fare famelico i semidei, fissandoli con i loro occhi brillanti.
«Sì, ci mandano le Tre Divinità.» continuò la figlia di Zefiro.
Questa volta fu Licaone a ringhiare. «Io non voglio avere nulla a che fare con gli dei. Andatevene se non volete essere sbranati.»
«Capiamo la sua avversione nei confronti degli dei meglio di chiunque altro, Licaone, ci creda… ma loro sono diversi, loro vogliono distruggere l’Olimpo.» intervenne Cora.
«E credo che questo sia anche il vostro desiderio, Licaone.» aggiunse David. «Gli dei hanno regnato anche troppo, hanno avvelenato questo mondo davvero troppo a lungo.»
Hesper annuì, vedendo gli occhi rossi dell’Uomo Lupo scintillare di interesse e desiderio di vendetta. «Se ci darà una mano usciremo vittoriosi da questa battaglia! Gli dei cadranno e voi banchetterete con il sangue dei semidei che hanno deciso di combattere al fianco degli Olimpi.» i lupi ulularono in approvazione. Doveva essere una bella prospettiva per loro.
«Il mondo sarà nostro.» concluse David con un ghigno.
Licaone si alzò dal trono sul quale era seduto, muovendo qualche passo verso i semidei. Ci fu una manciata di secondi di silenzio e, alla fine, sorrise maligno, mostrando i denti aguzzi. «Ditemi, di cosa avete bisogno?»




Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here 
Yep, eccomi qui in anticipo! Sarei dovuta ricomparire domani a rompervi le scatole   deliziarvi con un nuovo capitolo ma data l'impazienza di King_Peter di leggere il nuovo capitolo eccomi qua :')
Dunque, i sogni proprio non vogliono lasciare i semidei, eh? Prima Alphard, poi Robin... 
Ora sappiamo dove i semidei devono andare, che cosa intendeva l'oracolo con luoghi in bella vista nascosti! Io voglio assolutamente andare a visitare le cascare del Niagara, gn va bene, io voglio girarmi tutto il mondo ma lasciamo stare
Tra l'altro abbiamo un bel rambling ignoriamo il fatto che questo capitolo sia tutto un noiosissimo rambling sul verso della profezia riguardante la verità! Direi che ho reso le cose abbastanza ovvie con certe immagini... ma va bene u.u
Abbiamo scoperto chi è l'amico per così dire che il nostro caro trio voleva come complice! Licaone, il primo licantropo della storia :D
La sua leggenda in un certo senso mi ha sempre affascinata e quindi non potevo non dargli un posticino qui :3
Io sul serio, gente, non so cosa dire. Siete l'amore, davvero! Le vostre recensioni sono dolcissime, mi mettete sempre un sorriso sulle labbra! Vi meritate i biscottini di Philotes u.u
Philotes = *dispensa biscotti a tutti*
Sono ottimi :D solo il meglio per voi, cupcakes u.u
Spero che anche questo capitolo sia stato di vostro gradimento u.u come al solito aspetto le vostre opinioni c:
Ora scappo :3
Vi voglio bene e... a presto!
Baci,

 
Pendragon  

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Capitolo 10
*** IX = The wind is howling ♣ Phoebe Hills ***


Il filo perduto
 
♣ The wind is howling 



Phoebe Hills
 


Philotes aveva condotto i ragazzi fuori da casa sua, dove con enorme sorpresa trovarono dei meravigliosi pegasi che mangiucchiavano l'erbetta che cresceva serenamente nel cortile davanti a casa del dio. 
Nonostante Phoebe gli avesse visti numerose volte al Campo Mezzosangue non riusciva ancora a capacitarsi della bellezza di quegli straordinari cavalli alati.
La figlia di Demetra sentì qualcuno mormorare "questi prima non c'erano" e la sua espressione di sorpresa cedette il passo ad un sorrisetto divertito. Si avvicinò ad un pegaso bianco con una macchietta color terriccio sul muso e con cautela portò la mano sul capo dell'animale, accarezzandolo con delicatissima dolcezza. Il pegaso nitrì e spinse la testa contro il palmo della ragazza, desideroso di più coccole.
«Ti piacciono le coccole?» sussurrò Phoebe sorridendo. Alle sue spalle udì la voce di Philotes e, sebbene non lo vedesse, era sicura che il dio stesse sorridendo.
«Le devi piacere davvero tanto, Phoebe, in genere non è così affettuosa. Vero, Aurora?» Phoebe si voltò, trovando i suoi compagni ancora fermi sull'uscio. Aurora, la sua nuova amica alata, nitrì in assenso per ciò che il dio dell'affetto aveva detto e ritornò a nutrirsi con quello che la terra offriva. Il dio incitò gli altri a seguire l'esempio della figlia di Demetra e, dopo essersi guardati per un attimo, avanzarono verso i pegasi, scegliendo il proprio compagno di viaggio, offrendo loro frammenti dei biscotti preparati dal dio dell'affetto e coccole. Phoebe si accorse dell'andatura incerta di Rosalee, che era anche rimasta più indietro rispetto agli altri mangiucchiando nervosamente un biscotto. 
«Lee?» la chiamò la figlia di Demetra. Le puntò lo sguardo addosso con un'espressione interrogativa. «Tutto bene?» indagò.
Rosalee sorrise nervosamente ed annuì, indicando poi i pegasi con un cenno della testa. «Um... dovremo volare?» chiese la figlia di Persefone. Phoebe disse di sì e poi, rendendosi conto di cosa avesse l'amica, sgranò gli occhi. «Hai paura di volare?» 
«Non amo stare a certe altezze.» confessò la castana grattandosi il naso e avvicinandosi ad un pegaso nero con le zampe bianche. Phoebe la raggiunse e, sorridendole rassicurante, le mise una mano sulla spalla.
«Coraggio, non c’è nulla di cui devi preoccuparti.» la rassicurò la figlia di Demetra.
Alec passò accanto a loro, facendo una smorfia contrariata. «Potresti cadere nel vuoto e, se ti va bene, finire in mare ed annegare, venendo poi divorata dagli squali.» dal punto di vista di una persona che non conosceva Alec Baldwin questa sua pessimistica uscita poteva essere presa come un semplice modo di scherzare ma loro che lo conoscevano sapevano che era più che serio. Phoebe scoccò al figlio di Hermes un’occhiata molto eloquente che servì a far sorridere con aria di scuse il ragazzo e poi riportò la sua attenzione su Rosalee. «Non dargli retta, Rosalee.»
«Già. Annegherai e basta, non credo ci siano squali pronti a sbranarti in questa zona.» intervenne Neal sorridendo allegro. Phoebe offrì a Neal la stessa occhiataccia che aveva rivolto ad Alec prima, scuotendo il capo e accennando ad un sorriso. La figlia di Persefone rise e cominciò a regalare una serie di innocui pugni sul braccio dell’amico, ricambiati con un tenero abbraccio.
La figlia di Demetra guardò i suoi compagni, notando che alcuni erano già saliti sui loro pegasi e rendendosi conto che all’appello mancava una semidea. Cercò Jasmine con lo sguardo, trovandola poi un po’ in disparte a discutere a bassa voce con suo padre. Phoebe non aveva mai visto la figlia di Philotes così seria come in quel momento, anzi… non aveva mai visto Jasmine seria e ciò la portò a chiedersi di cosa stessero parlando e cosa Jasmine stesse stringendo in mano e osservando con fare confuso. I due si abbracciarono e la ragazza andò incontro al gruppo, sorridendo allegra prima di montare sul pegaso e annunciare a gran voce: «Le cascate del Niagara ci aspettano!»
 
♦ ♦ ♦
 
Nessuno dei semidei parlava tanto durante il tragitto, persi com’erano nei loro pensieri, se non per chiedere “siamo arrivati?” o tra quanto ci sarebbe stata la pausa pipì, domanda che finiva poi nella classica discussione “dovevi andarci prima” “ma prima non mi scappava”, dopo di che ritornava il silenzio. Un silenzio ricco di tensione e pensieri, un silenzio talmente assordante che Phoebe avrebbe venduto l’anima pur di non sentirlo e riuscire a sostituirlo con delle semplici chiacchiere di qualsivoglia tipo.
Robin annunciò l’orario, ad un certo punto, e Zoey assicurò che, dopo tre ore di viaggio stando ai calcoli di Phoebe, mancava circa un quarto d’ora prima che arrivassero alle cascate del Niagara. Dopo quell’informazione la figlia di Demetra sentì Jasmine ridacchiare e, di conseguenza, si voltò a guardarla, chiedendole spiegazioni.
«No, nulla, è solo che…» disse sorridendo, passandosi una mano su un occhio. «Ieri ho fatto uno scherzo alla mia amica Niagara… ci è cascata.» la figlia di Philotes scoppiò a ridere da sola, mentre gli altri lanciavano occhiate a lei per poi lanciarsele fra di loro, increduli per lo squallore che albergava in quella ragazza. Phoebe si appuntò di non chiedere mai nulla a Jasmine se la vedeva ridacchiare. Mai.
«Jazz io ti voglio bene, lo sai, ma dovresti cucirti la bocca a volte.» disse Rosalee scuotendo la testa. Phoebe notò che era più pallida del solito a causa delle vertigini ed era visibilmente molto tesa mentre cercava di non guardare in basso per nessuna ragione al mondo.
Jasmine fece un mezzo sorriso.  «Dovresti cucirtela tu dato che sei ad un passo dal vomitare. Non vorrei che innaffiassi i passanti a metri e metri e metri e-» Rosalee sbiancò ulteriormente, irrigidendosi di più e facendo scoppiare a ridere la figlia di Philotes. Phoebe udì la figlia di Persefone imprecare contro l’amica in greco antico e scoppiò a ridere, seguita a ruota da Jasmine.
«Vi siete resi conto di una cosa?» chiese Alec di punto in bianco.
«Cosa?» chiese curiosa Annalise.
«Siamo in viaggio da tre ore e la cosa peggiore che ci sia capitata è stata la battutaccia di Jasmine.» fece notare il figlio di Hermes. Phoebe sorrise all’indirizzo di Alec, sentendo poi un “oh no” sussurrato da Logan e Neal.
Il ragazzo si accigliò e si voltò verso i due amici. «Che c’è?» non appena terminò di porre questa domanda il cielo venne ricoperto da uno strato di nuvole che presero prepotentemente posizione davanti al sole, ostacolando il percorso dei suoi raggi verso i semidei. I pegasi si fermarono, iniziando ad agitarsi rischiando di disarcionare i semidei. Subito dopo si alzò un vento forte che si infranse contro di loro con violenza, costringendoli a tenersi forte agli animali che, agitati com’erano, di certo non aiutavano. Phoebe giurò di aver sentito una risata quando il vento iniziò ad alzarsi, una risata che metteva i brividi.
Se ascoltava attentamente poteva sentire delle parole ma non essendo riuscita a sentirle tutte non riusciva a darne un senso, non riusciva a capire che frase dovessero formare.  
«C'è che gli dei non aspettano altro che sentire frasi del genere per mandarcene una pessima!» spiegò Annalise alzando la voce per riuscire a farsi sentire oltre il potente ruggito del vento che sembrava voler distruggere i timpani ai semidei. 
Quando Aurora si imbizzarrì di nuovo Phoebe quasi rischiò di cadere ma, fortunatamente, riuscì a tenersi saldamente al collo del pegaso. «Ragazzi! dobbiamo scendere!» gridò sperando di essere sentita da tutti. «Se continuiamo a volare moriremo!» aggiunse per spronarli ad ordinare ai pegasi di iniziare la discesa per sfuggire ad una probabile morte. Comandò al suo pegaso di scendere e in quell'esatto istante il vento divenne più intenso, rendendo tutto ancor più  complicato. I pegasi iniziarono a scendere, sforzandosi di contrastare la forza del vento che con ferocia spingeva i semidei e i loro destrieri  verso l'alto, da una parte all'altra. Alla figlia di Demetra bruciavano gli occhi a causa dell'aria che s'infrangeva sul suo viso, mentre lacrime provocate dal fastidio le scorrevano sul viso. 
Phoebe alzò lo sguardo per controllare la situazione di alcuni dei suoi amici rimasti indietro. Successe tutto con orribile velocità: il vento colpì con forza Anja e il suo pegaso, spingendo la ragazza giù dall'animale. Qualcuno urlò mentre il cuore di Phoebe perse un battito e, senza nemmeno pensarci, indirizzò il pegaso verso la figlia di Efesto, spingendolo a volare verso di lei alla velocità massima che poteva raggiungere. Non era sicura di riuscire a salvarla ma non poteva certo esitare. 
Anja era vicinissima a Phoebe che allungò decisa il braccio, pregando di riuscire ad afferrare la ragazza. La mano di Phoebe si strinse intorno al braccio di Anja proprio mentre le passò vicino, riuscendo a tenerla appesa. Ringraziò chiunque l'avesse assistita e con un grande sforzo la sollevò sul suo pegaso, sperando di non perdere l'equilibrio. La figlia di Efesto si strinse forte alla ragazza che, a sua volta, si strinse forte al pegaso ordinandogli di scendere velocemente. Strinse forte gli occhi durante la discesa, riaprendoli solo quando percepì che il pegaso era arrivato a terra e stava continuando a galoppare sul terreno. Vide anche gli altri arrivare a terra, cercando di tranquillizzare i pegasi.
Phoebe si asciugò gli occhi con il dorso della mano, dando poi uno sguardo ad Anja che continuava a stringersi spaventata a lei.
Prima che potesse parlare con la figlia di Efesto nell'aria si alzò una voce.
Se il vento non ha portato via i bugiardi, i bugiardi verranno portati via da me.
Era la stessa voce che pronunciava quelle parole sconnesse nel vento e che le aveva dato i brividi.
«Che accidenti è stato?» chiese scioccata Rosalee. Di certo questo avvenimento non aveva migliorato la sua paura delle altezze.
Sean si sistemò i capelli con espressione contrariata, lanciando uno sguardo di traverso al cielo limpido, non più macchiato da quelle grandi nuvole portatrici di vento.  «Gli dei che si divertono a complicarci la vita.» disse, rafforzando il suo fastidio con un sonoro sbuffo. A Phoebe non scappò l’occhiata sospettosa che Rosalee rivolse al figlio di Eris prima di voltarsi a guardare Alphard e Anja, per comunicare una muta informazione con gli occhi. La figlia di Demetra sapeva benissimo che Rosalee non si fidava affatto del ragazzo e rimase sorpresa quando l’amica si limitò a distogliere lo sguardo invece di ribattere come aveva fatto precedentemente. 
Zoey si guardò intorno, rivolgendosi poi a tutti. «Sarà meglio andare, non manca molto.» comunicò, per poi lanciare un ennesimo sguardo dietro di lei. «Non mi piace qui, mi sento osservata.»
Anche Phoebe aveva la sensazione che qualcuno si stesse divertendo a seguirli e spiarli ma non riusciva a cogliere nulla di sospetto in giro. Si disse che probabilmente era solo sconvolta a causa della turbolenza riscontrata ed era un po’ in soggezione a causa di quella voce. Sì, doveva essere così.
Galopparono velocemente verso le cascate, lanciando ogni tanto sguardi al cielo per controllare che le nubi non tornassero a infastidirli e tendendo l’orecchio ben teso per udire ogni possibile bisbiglio.
Non ci misero molto ad arrivare, fortunatamente, e quando si trovarono davanti a quella meraviglia della natura rimasero a bocca aperta. Enormi quantità d’acqua raggiungevano uno spuntone di roccia per poi cadere con eleganza verso quella specie di lago, creando spuma e donando schizzi ai turisti che le stavano osservando protetti saggiamente da degli impermeabili. Phoebe scese dal pegaso, avvicinandosi di più a quel famosissimo spettacolo.
«Questo si che è uno spettacolo meraviglioso.» asserì Phoebe, invidiando quegli ignari turisti che scattavano foto e si divertivano senza sapere che da lì a poco sarebbe successo qualcosa di terribile e, per loro, inspiegabile.
Phoebe sentì Logan lamentarsi. «No, questa è cattiveria.» affermò convinto, confondendo Phoebe.
«Trattienila, Logan.» lo ammonì Annalise incrociando le braccia al petto. I semidei ridacchiarono per un momento, ritornando poi seri quasi immediatamente.
«Lì.» disse Robin indicando una cascata. «Dobbiamo andare lì.»
Phoebe storse la bocca. «Come ci arriviamo, esattamente?» domandò.
Zoey suggerì la cosa più ovvia, ovvero i pegasi, ma agli animali non piacque l’idea, dato che nitrirono nervosamente ed indietreggiarono. Bene, niente pegasi.
Intervenne John e Phoebe non avrebbe saputo dire se la sua idea fosse la seconda più logica o immensamente stupida. «Be’, ci tocca fare un bel tuffo, suppongo.» da lì iniziò un dibattito su quanto pericolosa fosse la sua idea, sui vari motivi per cui non avrebbe dovuto nemmeno proporla, ma alla fine la figlia di Demetra attirò l’attenzione di tutti.
«La trovo anche io un’idea stupida, credetemi,» iniziò. «ma che altro possiamo fare?»
Ci furono borbottii di dissenso fino a che Neal non esordì con «Non aspettavo altro che mostrarvi le mie doti da tuffatore.» scherzò scendendo dal suo destriero. Fu seguito dagli altri semidei che, sperando di essere nascosti dalla foschia, si avvicinarono alle protezioni, scavalcandole con grande insicurezza. Era veramente alto e Phoebe guardò Neal stringere la mano di Rosalee che sembrava sul punto di svenire. Robin contò fino a tre, buttandosi poi verso l’acqua agitata con gli altri al seguito. Mentre Phoebe cadeva udì nuovamente quella voce.
Bene, semidei. Adesso si gioca.
 


Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here 
Il vostro procione preferito è tornato!
lasciate perdere, tutta colpa di Pocahontas.
Anyhow, i nostri semidei sono partiti finalmente verso le cascate del Niagara dove, chi l’avrebbe mai detto, la sfiga ritorna a perseguitarli. Ah, brutto tempaccio!
Credo che ormai tutti abbiate capito chi è la personcina che si è stabilita nelle cascate #antisgamolevelover90000 in realtà doveva scoprirsi a tutti gli effetti in questo capitolo e doveva esserci un’altra parte ma capitemi, ho la febbre e non avevo la forza di scriverlo ;__;
Buh, io vi ringrazio davvero dal profondo del mio cuore per tutte le belle parole che mi lasciate! Siete dolcissimi e mi fate sentire sempre più ispirata :3
Come al solito spero che questo capitolo vi sia piaciuto e v’invito a farmi sapere le vostre impressioni tramite recensione ♥
Mi scuso per gli errori che mi sono sicuramente scappati ma betare in queste condizioni non è il massimo, ew.
Ora scappo, non ho altro da dire credo
Ci vediamo al prossimo capitolo!
Baci,

 
Pendragon  
 

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Capitolo 11
*** X = Right behind these waterfalls ♣ Sean Ward ***


Il filo perduto
 
♣ Right behind these waterfalls 
 

Sean Ward

 
 
Sean detestava passare del tempo con questi semidei  fermamente  convinti di poter riuscire in questa impresa e salvare il mondo e l’Olimpo, quando invece probabilmente sarebbero morti. Anzi, si chiedeva perché i nuovi possessori del filo della vita non organizzassero un incontro fra i fili di questi ragazzini e le fauci di una forbice o la lama di un pugnale. Insomma, avevano letteralmente la loro vita a portata di mano, perché non approfittarsene? Non capiva.
C’è da dire che Sean non capiva nemmeno perché questi suoi nuovi compagni fossero così allegri, ricchi di battute che gli facevano venir voglia di privarsi dell’udito e scherzassero così tanto. Erano irritanti, così in armonia.
Come se non bastasse, poi, avevano delle brillanti idee suicide, come buttarsi da un’altezza non trascurabile nelle cascate del Niagara. Quanto potevano essere stupidi? Il figlio di Eris aveva pochissima voglia di seguire quei ragazzi in questa follia ma Annalise, una sua sorella, non gli aveva dato molta scelta, trascinandolo con lei sul punto da dove sarebbero saltati, quasi a dire “ormai fai parte della squadra, verrai a fondo con noi”.
Mentre guardava in basso cercava di capire chi fra gli eroi e i cattivi escogitasse i piani peggiori, dato che da entrambe le parti notava una pianificazione frettolosa e poco calcolata. Non voleva morire con e per loro ed era più che pronta a rimanere lì dov’era, lasciando quei semidei al loro destino… peccato che Annalise gli stesse stringendo la mano, tenendosi pronta a buttarsi e portarsi lui dietro. Sospirò rassegnato e infastidito, ascoltando Robin Hoshizora che contava fino a tre, dando poi il via libera a tutti di lanciarsi verso il destino.
Mentre malediva il momento in cui quei due, Cora e David, si erano presentati alla sua porta, pentendosi di non avergli fatto assaggiare l’oro imperiale dei suoi proiettili, sentì che la sua caduta veniva frenata, avendo la sensazione di essere sorretto. Si guardò intorno, rendendosi conto che un ammasso d’acqua si era alzato, frenando per un attimo e poi rallentando la loro caduta. Lo sguardo di Sean si posò su Logan Matthews che, alzando le braccia al cielo, usò quella massa d’acqua come uno scivolo, seguito a ruota da Rosalee Burkhardt che, prima di scivolare, aveva afferrato Neal Olsen e Anja Truegeeps per mano, portandoli con se. Alzò gli occhi al cielo, lasciando che l’acqua si abbassasse, fino a lasciarlo con leggiadria in quella specie di lago formatosi al di sotto delle cascate.
L’acqua era chiaramente mossa, ma non abbastanza da dar loro grandi difficoltà. Ci fu un breve attimo di silenzio, dove tutti analizzavano la situazione e ciò che avevano appena fatto, e questo momento conobbe la parola fine quando la risata felice di Rosalee si fece sentire, seguita da un «È stato come all’acqua park!» pronunciato con grande convinzione.
Annalise si voltò in direzione della figlia di Persefone, sorridendo divertita. «Rose ma a che razza di acqua park sei stata?» in tutta risposta la ragazza si strinse nelle spalle, rispondendo con un semplice sorriso. Fu il turno di Neal di intervenire, cambiando completamente discorso mentre guardava in alto, strizzando gli occhi per vedere meglio che poteva senza gli occhiali che aveva lasciato nello zaino sul pegaso.
«Secondo voi cosa vedono?» chiese alludendo ai mortali.
Il figlio di Eris sbuffò, guardando infastidito il figlio di Asclepio. «Ora come ora sapere cosa passa per la mente di quei mortali non è esattamente la mia priorità.» rispose scontroso.
Neal ridacchiò, ammiccando al ragazzo. «Acidone.»
Sean aprì la labbra per replicare ma la sua voce non si fece sentire, dato che fu bloccato da John Greenwood che guardandosi intorno chiese al gruppo che cosa dovessero fare. L’attenzione fu rivolta a Robin, siccome aveva avuto lui il sogno riguardante le cascate del Niagara. Il figlio di Zeus guardò fisso l’acqua scendere in una meravigliosa cascata, ottenendo come risultato il suo nome chiamato un paio di volte da diversi ragazzi che cercavano di attirare la sua attenzione e riportarlo alla realtà.
Sean stava perdendo la pazienza a causa del ragazzo così, senza tanti problemi, nuotò più vicino a lui e lo scosse per le spalle. «Hey fulmini e saette! Torna sulla terra!» lo rimproverò.
«Scusate,» disse Robin. «è che nel mio sogno lei era lassù – e con l’indice indicò un punto in alto sulla cascata – e noi siamo qua giù.»
«Abbiamo rischiato di finire come frittate di semidei abbandonate nell’acqua per niente?» chiese Alec.
«Non necessariamente.» intervenne Zoey, attirando l’attenzione su di lei. «Se lei è una dea poteva star fluttuando.» spiegò con tono assente.
Così Jasmine intervenne, sottolineando quello che ovviamente dovevano fare: andare a vedere dietro la cascata. Senza bisogno di dire altro i semidei presero a nuotare in direzione della cascata, venendo poi fermate dall’immancabile pessimismo di Alec Baldwin.
«Non sarà pericoloso?» chiese. «Insomma, potremmo annegare o…»
Non riuscì a finire la frase dato che Rosalee, voltandosi verso di lui, impedì con una canzoncina alle sue parole di venir fuori. «Zitto e nuota, nuota e nuota» gli altri si misero a ridere per il riferimento azzeccatissimo della figlia di Persefone e ripresero a nuotare verso la loro meta, dove una dea non ben identificata aspettava di fare la loro conoscenza.
Zoey, che era più avanti assieme a Robin, annunciò al gruppo che lì dove si trovava lei si riusciva a toccare, anche se si rischiava di scivolare. Tutti gli altri raggiunsero quel punto, cercando di rimanere in piedi e non cadere a causa della fora dell’acqua. Neal si aggrappò a lui per evitare di cadere, rischiando di fargli perdere l’equilibrio. Gli scoccò un’occhiataccia, al quale il figlio di Asclepio rispose con un sorriso per nulla turbato.
«Dunque,» iniziò John guardando la cascata. «chi vuole aprire le danze?» chiese. Anja avanzò, reggendosi ai suoi amici per evitare di cadere, e strizzando gli occhi fece un salto, superando la parete d’acqua. Logan la imitò, raggiungendola poi dietro la cascata.
«Ragazzi!» chiamò il figlio di Apollo. «Qui c’è una grotta.» comunicò. Uno alla volta i semidei superarono quella massa d’acqua, finendo sull’ingresso di una grotta nascosta.
«Abbiamo appena scoperto una nuova grotta!» annunciò allegro Logan.
Annalise poggiò la mano su una parte della parete umida, rispondendo distrattamente a Logan. «Io non sarei tanto felice, se fossi in te. Qui potrebbe esserci qualcuno che tenta di ucciderci.»
Il figlio di Eris guardò la sorella, inarcando un sopracciglio  e incrociando le braccia al petto. «Non importa dove andiamo, Annalise, c’è sempre qualcuno che cerca di ucciderci. Qual è la differenza?»
«Già, e magari noi non ce ne accorgiamo nemmeno.» mormorò Rosalee, anche se Sean riuscì a sentirla bene. Alphard le strinse il braccio, scoccandole un’occhiata ammonitrice. Sean la guardò, voltandosi dall’altra parte e ignorandola. Con nonchalance indicò una direzione, proponendo agli altri di addentrarsi  per scoprire che cosa si nascondesse la dentro, iniziando ad avventurarsi per primo, senza aspettare gli altri che, comunque, non ci misero molto a raggiungerlo e seguirlo.
Gli unici rumori che si sentivano in quel luogo erano delle piccole gocce d’acqua che cadevano a terra, producendo un suono che in quel frangente suonava parecchio inquietante, e i loro respiri. Nessuno parlava, nessuno cercava di smorzare la tensione. Solo due rumori.
In quella grotta tutto era uguale, tanto che Sean sospettò di star girando in tondo quando qualcosa interruppe la monotonia di quella grotta, sorprendendo tutti: una stretta scala di pietra a chiocciola, che sembrava scavata nella roccia, si presentò davanti ai semidei. Iniziò a salire e poi si voltò dietro, vedendo che gli altri fissavano la scala. Sbuffò, parlando per la prima volta da quando si erano avventurati in quella grotta. «Volete darvi una mossa o preferite rimanere lì a fissare la scala?»
Zoey lo guardò incrociando le braccia al petto e arricciando il naso. «Stiamo andando in un posto di cui non sappiamo nulla e non abbiamo nemmeno un piano.»
Alle parole della figlia di Atena il ragazzo alzò gli occhi al cielo. «Quanto la fai lunga! Qualcosa ci inventeremo.» rispose Sean, poggiandosi con la schiena alla parete della grotta. Fece un gesto con la mano come a dire “fai pure” prima di aggiungere: «Ma va bene, prenditi tutto il tempo che vuoi. Lascia morire altre persone innocenti.» e dovette reprimere un sorrisetto mentre diceva l’ultima frase, poiché sapeva bene di aver toccato il tasto giusto. Gli avevano raccontato di un certo Paul, il ragazzo di Zoey che era stato la prima vittima. Lei strinse i pugni, guardando il vuoto e stringendo le labbra in una linea sottile. La figlia di Atena riaprì le mani, avvicinandosi alla scala e iniziando a salirla, superando Sean senza degnarlo di uno sguardo.
Iniziarono a salire anche gli altri e quando John fu vicino al figlio di Eris gli scoccò un’occhiata molto eloquente, per poi dargli una pacca sul braccio. «Cerca di essere più sensibile.» e continuò a salire, mentre Sean lo guardava con un sopracciglio inarcato. Scosse la testa, smuovendosi dalla postazione in cui era rimasto fermo e continuando la scalata.
Mentre salivano Jasmine, la fin troppo allegra figlia di Philotes, decise che era il caso di parlare. «Esattamente da quando da eroi siamo diventati speleologi?» chiese.
«Da quando gli dei si sono resi conto che non siete tagliati per fare gli eroi.» rispose caustico Sean.
Lei ridacchiò, per nulla turbata da quello che il ragazzo aveva detto, e poi continuò a parlare. «Sinceramente ho sempre pensato che sarei diventata una comica, in futuro.» affermò convinta. «Volete una dimostrazione?» propose candidamente, salendo con attenzione i gradini. Il “no” generale fu pronunciato con estrema decisione e fu seguito da un borbottato “pubblico difficile” da parte di Jasmine che se già fu poco considerato sparì totalmente dopo un’esclamazione di Zoey che era arrivata in cima.
Tutti si affrettarono a raggiungere la cima, rimanendo senza fiato dopo aver visto delle bellissime colonne in stile corinzio, bianche come il latte e molto alte; erano quattro e reggevano il classico tetto di un tempio antico. Ecco cosa nessuno si sarebbe mai aspettato: un tempio nascosto dalle Cascate del Niagara.
«Ho una brutta sensazione.» mormorò Annalise e Sean non poté far altro che concordare con la sorella perché tutto in quel posto gridava loro di girare i tacchi e andarsene alla velocità della luce.
«Oh, cara, ma perché dici così?» sopraggiunse una voce estranea che fece sobbalzare i semidei. 
Davanti a loro era comparsa una donna che, con estrema grazia, era seduta sul bordo di un pozzo. Indossava un vestito color porpora, in perfetto stile romano, che le arrivava fino alle caviglie e che sotto al seno era stretto da una cinta color oro. I capelli castani erano raccolti in un mezzo chignon alto, con il resto dei capelli sciolti in morbide onde. Gli occhi erano grandi, di un intenso azzurro cielo, e messi in risalto da delle lunghe ciglia scure. Era una bella donna e Sean ci avrebbe messo la mano sul fuoco che dietro quella bellezza si nascondeva una grande cattiveria e una serie interminabile di guai per loro. Il suo sguardo era rivolto verso le profondità del pozzo, dove probabilmente uno specchio d’acqua stava riflettendo la sua immagine, e il suo braccio destro si muoveva assieme alla sua mano che stava agitando l’acqua limpida.
I semidei imbracciarono le armi, tenendosi pronti a qualsiasi mossa la donna volesse compiere. Rivolse lo sguardo verso i ragazzi e lasciò distendere le labbra in un sorriso divertito, dando poi sfogo ad una risata  cristallina e sincera. I semidei si guardarono, confusi da quell’atteggiamento.
Lei smise di ridere, senza però permettere al sorriso di abbandonare il suo volto. «Che cari, abbassate pure quelle armi.» disse tranquillamente e con serenità, riportando lo sguardo verso l’interno del pozzo. «Non siamo qui per combattere.» aggiunse, sorridendo affabile.
John abbassò il suo pugnale, mantenendo lo sguardo sulla donna che, con serenità, sorrideva  e spostava  i suoi occhi azzurri su tutti i semidei, uno alla volta. Il figlio di Afrodite inclinò la testa di lato, assottigliando gli occhi mentre studiava meglio la sconosciuta. «Quindi lei… è dalla nostra parte? Ci aiuterà?» investigò con questa semplice domanda il ragazzo, con la stessa genuina curiosità dei bambini.
Lei scoppiò in una fragorosa risata, come se il ragazzo avesse appena raccontato la miglior barzelletta della storia. «Io aiutare voi?» continuò ridendo, portandosi una mano sul ventre.
«Deduco che questo sia un no.» comunicò Logan a bassa voce, tenendo alta la sua spada.
«Perciò lei è dalla parte dei buoni o dalla parte dei cattivi?» chiese Neal, non capendo, come tutti gli altri, l’affiliazione della donna e le sue intenzioni.
Si guardò le unghie annoiata. «Io non sto dalla parte di nessuno» asserì. «non mi schiererei mai con i bugiardi
Zoey schioccò le dita, i suoi occhi divennero più vivaci  mentre faceva sapere a tutti che cosa le stesse passando per la testa in quel momento. «Ragazzi, “la verità starà ferma nella limpida acqua a specchiarsi”. È lei la “verità”» disse virgolettando per aria la parola verità con le dita. «Lei è Veritas, la dea della verità.»
La dea applaudì, confermando la deduzione della figlia di Atena. «Vedo che hai studiato, Zoey Baston.» disse alzandosi e muovendo qualche passo in direzione dei semidei. I suoi occhi sembravano pregustare un macabro divertimento che di lì a poco si sarebbe accinta a provare. Spalancò le braccia prima di parlare di nuovo. «Be’, avete intenzione di rimanere lì?» chiese divertita.
«Direi di sì.» rispose Neal, stringendosi nelle spalle.
«Ne sei sicuro, figlio di Asclepio?» disse alzando un mano e chiudendola a pugno, tirandola verso di sé. Come tirati da una corda invisibile, quella che “usavano” i mimi nei loro spettacoli, i semidei vennero trascinati dentro e, con un altro gesto, mise i semidei letteralmente con le spalle al muro, tenendoli bloccati tramite una forza invisibile alle pareti del suo tempio nascosto.
«Qualcuno non è molto aperto alla volontà altrui.» disse Annalise, lottando per sconfiggere quella forza, cosa che chiaramente si rivelò perfettamente inutile. Veritas ignorò la figlia di Eris, camminando tranquilla davanti ai semidei. Si fermò davanti a Sean, sorridendo trionfante, e si avvicinò al ragazzo. Fissò le sue antiche pozze color cielo sul viso del figlio di Eris, come se volesse studiarlo e scoprire i suoi segreti più nascosti.
«Sean Ward» sussurrò, assumendo un’espressione soddisfatta. «Tu sei proprio amico della verità, non è vero?» aggiunse sarcastica, inarcando un sopracciglio. «C’è qualcosa che vorresti dire ai tuoi amici?»
Sean strinse i pugni e guardò con fredda rabbia la dea. «No.» rispose duramente.
Veritas rispose con tono di scherno a quell’affermazione. «Su, su, non essere timido.» disse ridacchiando, facendo distendere in seguito le sue labbra in un sorriso mellifluo. «Non preoccuparti, caro, posso aiutarti io a parlare.» e dopo aver detto ciò alzò una mano, stringendola a pugno con uno scintillio sadico negli occhi. Sean si sentì come se un enorme peso gli fosse stato depositato sul petto e respirare divenne faticoso e doloroso. Gli venne un nodo alla gola che non riusciva a spiegarsi e percepì una goccia di sudore che gli scendeva dalla fronte. Nella sua testa si affollarono una marea di parole, parole dapprima sconnesse fra loro, come se le stesse leggendo a caso da un dizionario, ma che poi trovarono ordine in una frase. Una frase che Sean non avrebbe mai pronunciato.
Le parole premevano per uscire, desideravano essere udite da tutti, ma Sean usò tutta la sua forza di volontà per tenerle al sicuro nella sua mente, lontano dall’orecchio degli altri.
Più quella tortura andava avanti, più respirare diventava complicato. Riusciva a prendere mezzi respiri a intervalli di tempo irregolari e distanti fra loro, ottenendo come risultato un dolore bruciante all’interno del petto e un senso di vertigini e nausea. Ma Sean non cedette.
La dea lo guardò infastidita, stringendo più forte il pugno e aumentando il dolore che provava il ragazzo, estorcendogli un gemito di dolore. Il figlio di Eris si sentiva così vicino alla morte, in quel momento, ma ad un tratto percepì l’odore di ozono nell’aria, seguito da un fulmine che si abbatté sulla dea, scaraventandola indietro per terra.
I semidei caddero, ma furono rapidi a rimettersi in piedi per prepararsi ad un sicuro futuro attacco della dea. Sean si rialzò a fatica, a causa della  testa che girava e le gambe che tremavano per l’esperienza appena passata. Phoebe e Alphard gli offrirono immediatamente aiuto, reggendolo fino a che lui non gli scansò con poco garbo dato che era in grado di reggersi in piedi da solo. Lanciò uno sguardo a Robin, il figlio di Zeus che aveva chiaramente evocato il fulmine, e lo guardò con un lampo di ammirazione negli occhi. La sua attenzione venne riportata su Veritas quando si udirono delle imprecazioni strascicate in un sussurro. La dea della verità si alzò lentamente e Sean capì che era più furiosa e, di conseguenza, più pericolosa di prima.
Mosse qualche passò avanti e fissò i semidei con occhi incandescenti di ira pura. «Credevate sul serio di potermi fermare con un semplice fulmine?» sibilò, continuando ad avanzare furiosa. Phoebe cercò di rallentarla, facendo crescere delle radici che andarono ad avvinghiarsi alle sue caviglie. Veritas non riuscì a liberarsene per qualche secondo, ma quando ci riuscì i semidei avevano già impugnato le armi. Con un gesto fece fare un volo a tutti, imprigionandoli di nuovo con quella forza, meno che a Robin, che era rimasto da solo in balia della dea. Non riuscì ad usare la sua pistola, in quanto lei lo disarmò furiosa e lo spinse contro il muro, spingendo con forza una mano sul suo petto.
«Come hai osato?» ringhiò furiosa.
Robin la guardò e rispose con coraggio. «Lo stavi uccidendo» mormorò. «non potevo lasciartelo fare.»
«Oh, bene, bene» disse, e il suo tono fece venire i brividi a Sean. Veritas rivolse il palmo della mano libera verso il cielo, facendo materializzare su di essa un pugnale. Il figlio di Eris si rese conto che sulla lama c’era un liquido che cadeva in lente gocce sul pavimento. Aveva capito le intenzioni della dea.
Con un colpo secco e deciso affondò la lama nello stomaco del figlio di Zeus, rigirandolo per infliggerli più dolore. «Scegli meglio per chi morire, la prossima volta» disse, allontanando la mano dal petto del figlio di Zeus che scivolò fino ad arrivare a terra, con le labbra sporche del sangue che sputava e il pallore della morte che si faceva spazio sulla sua pelle.
«Robin!» urlò Rosalee spaventata, mentre lacrime amare le scendevano lungo le guance.
Si voltò verso gli altri con un sorriso folle sul viso. «Allora!» esclamò contenta. «Chi è il prossimo?»
«Vuoi la verità, Veritas?» disse furiosa Annalise. «Sei una codarda!» le urlò contro. Sean pensò che sua sorella dovette essere pazza e dovesse considerare la sua vita davvero poco per comportarsi così.
Logan non ci pensò due volte a darle man forte, rivolgendosi alla dea con lo stesso tono della figlia di Eris. «Sì, preferisci immobilizzarci con i tuoi stupidi poteri che affrontarci ad armi pari.»
Lei inarcò un sopracciglio, guardando con un’espressione indecifrabile i semidei. «È questo che credete?» il suo tono era calmo, in perfetto contrasto con i suoi occhi pervasi dalla rabbia.
«Non è quello che crediamo.» affermò Zoey, stringendo con forza il suo arco e facendo scivolare la sua mano libera verso la faretra da dove spuntavano numerose frecce.
«Tesoro, è la pura verità.» continuò poi Neal con non curanza, sistemandosi gli scompigliati capelli impregnati di quella chiarissima tinta bionda.
Veritas rimase in silenzio e immobile per una manciata di secondi, annuendo poi con fare annoiato. «Come volete.» concesse. «Ma sono comunque una dea, e voi degli stupidi piccoli semidei. Non avete speranze.» non appena finì la frase una freccia fu scagliata verso di lei, fermandosi a pochi centimetri dal suo volto perché riuscì ad afferrarla in tempo con spaventosi riflessi. Sean si voltò verso Alphard, il ragazzo che aveva scagliato la freccia, e mormorò un “idiota”.
«Bel tentativo» replicò sprezzante la dea, lasciando cadere la freccia a terra. «ma temo che dovrete impegnarvi di più.»  e scoppiò in una fragorosa risata.
«Ci serve un piano.» mormorò Alec, osservando la dea ridere. «Adesso.»
Sean si guardò velocemente intorno, posando gli occhi sul pozzo su quale la dea era precedentemente seduta. Gli si accese un’idea in testa per liberarsi di quella fastidiosa dea. «Facciamola avvicinare al pozzo» sussurrò. «e poi buttiamola dentro.»
«Avete intenzione di rimanere lì?» chiese Veritas.
Logan fece un passo verso la dea. «Calma, sorella, un po’ di pazienza.» disse. «Stavamo organizzando una serata pizza e film, se vuoi sei la benvenuta.» scherzò il figlio di Apollo, facendo roteare la spada che aveva in mano. Veritas, in tutta risposta, alzò una mano e Logan si portò una mano al collo, lasciando cadere la spada per terra. La dea lo stava soffocando, e a quel punto intervenne Rosalee che colpì la spalla della dea con una delle sue frecce, facendo in modo che lasciasse Logan.
Il figlio di Apollo puntò il dito contro Veritas e, con voce flebile, disse: «Non vale, questi sono poteri da dea.»
Sean sbuffò sonoramente, incredulo della stupidità di quel ragazzo, e impugnò la sua pistola, puntandola verso Veritas.
«Non possiamo batterla con la forza» disse Zoey al suo fianco, mentre bersagliava con Rosalee e Alphard la dea di frecce, facendo scivolare dalle ferite il sangue color oro che caratterizzava gli immortali. Neal mise Ileos, la sua spada, nel fodero e, con un grande sorriso, corse fino a mettersi dietro al pozzo. Sean si chiese che cosa avesse in mente il figlio di Asclepio, e quando lo scoprì non sapeva in che sezione catalogare la sua idea.
In pratica aveva attirato l’attenzione della dea su di sé e aveva cominciato a sputar fuori una serie di bugie, facendo innervosire Veritas. Presto anche gli altri abbandonarono l’idea di sconfiggere Veritas con le armi e si aggregarono a Neal.
«Smettetela! State zitti!» urlò la dea furibonda, avvicinandosi sempre di più al pozzo. Il figlio di Eris colse al volo l’occasione, puntandole la pistola contro e premendo il grilletto. La colpì al fianco, e mentre era distratta a coprirsi il fianco con le mani imbrattate di icore lui corse verso di lei, spingendola e facendola finire nel pozzo. Si voltò velocemente verso Alphard, puntandogli il dito contro. «Tu!» lo chiamò. «Usa un po’ della tua magia per bloccarla qui!»
Il figlio di Ecate rimase spiazzato, ma si riprese subito e mormorò delle parole in greco antico. Dal tetto si staccò un grosso pezzo di pietra avvolto da un’aura violacea che andò a posarsi sull’apertura del pozzo, sigillandolo. «La tratterrà per un po’, dobbiamo andarcene.» disse.
Rosalee e Neal si precipitarono verso il corpo di Robin, steso per terra inerme. La figlia di Persefone chiedeva con voce tremula all’amico di fare qualcosa, ma Neal rispose che ormai Robin era morto, non potevano farci nulla. Aveva perso troppo sangue e, in più, il pugnale della dea era avvelenato. Neal abbracciò forte Rosalee, accarezzandole i capelli castani per darle un po’ di conforto. Sean storse la bocca in un’espressione disgustata e fece per distogliere lo sguardo, quando qualcosa attirò la sua attenzione di nuovo su quella scena. Il corpo di Robin stava sparendo pian piano, sciogliendosi in polvere che venne spazzata via dal vento con delicatezza.
«Ma che diamine?» esclamò Annalise. Tutti fissavano il punto in cui si trovava precedentemente il corpo di Robin, confusi da quello che era successo.
Però ci pensò la voce di Jasmine a distrarli. «Non chiamatemi insensibile ma… ecco la chiave.» disse la figlia di Philotes, indicando una gemma color verde mare incastonata fra le pietre del pozzo.
«Quella della profezia?» chiese John.
«Sì,» confermò Jasmine. «o, meglio, una parte della chiave. Vi spiegherò dopo.» avvicinò le dita alla gemma, mordendosi il labbro e tirandola, non sena difficoltà, fuori da quell’insieme di pietre. Accennò un sorriso soddisfatto, sorriso che durò poco dato che il pozzo cominciò a tremare e le urla di una donna iniziarono a farsi sentire. I ragazzi si scambiarono occhiate eloquenti e presero a correre verso un’apertura davanti a loro. Si ritrovarono sull’orlo di un piccolo precipizio nascosto dalla cascata e Jasmine, senza pensarci due volte, fischiò.
In pochi attimi videro i pegasi volare verso di loro, fermandosi due alla volta davanti al precipizio e facendo salire i ragazzi per poi ripartire una volta presi tutti.
 
 
I pegasi gli avevano portati a ripararsi nel primo boschetto che avevano trovato e, una volta lì, avevano provveduto a curarsi e a riscaldarsi davanti ad un fuoco.
Ormai il sole aveva lasciato il suo posto alla luna e tutte le sue stelle, e Sean era poggiato con la schiena contro il tronco di un albero con le braccia incrociate al petto, in disparte. Osservava, con fare annoiato, le varie scenette che mettevano su i suoi compagni, come Jasmine che raccontava terribili barzellette a Phoebe e Alec, Neal e Logan che cercavano i far capire a John che il suo era solo un bernoccolo, non avrebbe avuto una commozione celebrale e non sarebbe morto nel sonno e Rosalee che, seduta accanto ad Anja, osservava ciò che la figlia di Efesto scriveva sul suo blocchetto e le rispondeva.
«Ti godi lo spettacolo?» gli sussurrò una voce famigliare. Sean pensò di esserselo immaginato, perciò non ci prestò tanta attenzione. «Sean, vieni nel bosco. Ti dobbiamo parlare.» continuò. Il figlio di Eris guardò ancora i suoi compagni e, quando fu certo che nessuno di loro gli stava prestando attenzione, si addentrò lentamente fra gli alberi, non trovando però nessuno.
«Sarà la stanchezza.» borbottò, e fece per ritornare all’accampamento improvvisato. Quando si voltò, però, sobbalzò dato che davanti a lui c’erano delle figure. Vide un ghigno divertito formarsi sul loro volto e, regalando loro un’occhiataccia, disse: «David, Cora… e tu chi sei?» c’era un’altra ragazza insieme a loro, una che non aveva mai visto.
«Hesper Graves» si presentò. Lui annuì, riportando la sua attenzione sui ragazzi che lo avevano portato via dalla sua tranquillità.
«Che ci fate qui?» chiese.
David si strinse tranquillamente nelle spalle. «Volevamo vedere come andava.» rispose con un sorrisetto. Sean alzò gli occhi al cielo.
«Che informazioni hai?» tagliò corto Cora.
Sean scosse il capo, passandosi una mano fra i capelli scuri. «Non molto, a dire il vero. So solo che c’è questa misteriosa chiave. Non so che chiave sia, però.»
Hesper ci pensò su e poi rispose: «Non è importante che tu lo sappia, l’importante è che tu ce la faccia avere.»
David e Cora guardarono Hesper confusi, chiedendo spiegazioni. La figlia di Zefiro fece un gesto con la mano e mormorò un “lasciate perdere”. «Tu facci avere quella chiave» ripeté Hesper. «E tieni, tienici informati con questo.»  e detto ciò, gli passò un piccolo specchietto. Sean lo guardò, esaminandone ogni centimetro, e poi decise di metterlo in tasca.
«Lo sapevo.» esordì una nuova voce, conosciuta anche essa. Sean imprecò il silenzio, mentre si voltava e vedeva la figura di una ragazza.



Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here 
Scusate, scusate, scusate ç_ç sono in un super ritardo! Questa settimana è stata un enorme ammasso di imprevisti che non mi hanno permesso di postare il capitolo :\
Giuro che non lo farò più :c universo bastardo permettendo
Però dai, mi posso far perdonare con questo capitolo lunghetto u.u
Dunque!
I nostri semidei, dopo essersi fatti un bel bagnetto nelle cascate del Niagara trovano una bella grotta e, cantando le canzoncine di Nemo non fate domande, ci entrano e giocano ai piccolo speleologi! Yay, che gioia!
Avete visto chi è venuto a trovarci? L'adorabile Veritas! Che amore che è, vero? :3
...
...
Facciamo un ultimo saluto a Robin Hoshizora, che in questo capitolo ci ha detto addio. *parte una canzoncina triste* non uccidetemi, io vi amo <3
E ok, andiamo avanti!
Che cosa sarà mai questa chiave? Eeeehhh, lo scoprirete più avanti, io non vi dico niente uu e nemmeno Jasmine. Hesper
Ora, chi sarà la ragazza che ha parlato a fine capitolo? Dai che è facile uu
Any guess?
Va bene, io non so più cosa dire :'3
Vi ringrazio davvero tantissimo per le bellissime recensioni che mi lasciate, siete dolcissimi! *^* parlando delle recensioni... volo a rispondere a quelle che ho lasciato senza risposta :')
Alla prossima, cupcakes!
Baci,

 
Pendragon  

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Capitolo 12
*** XI = Revelations ♣ David Storm • John Greenwood ***


Il filo perduto

Reveletions


David Storm • John Greenwood




David si voltò non appena udì quella nuova voce femminile giungere alle sue orecchie e i suoi occhi color ghiaccio si posarono su una minuta figura femminile che stringeva fra le dita della mano destra un arco che, con ogni probabilità, non avrebbe esitato ad utilizzare. Il figlio di Persefone incurvò un angolo della bocca, in modo da lasciare che un mezzo sorriso si dipingesse sul suo volto, dato che era immediatamente risalito all'identità della nuova arrivata.
La realizzazione del suo piano gli era stata servita su un piatto d'argento.
«Avevo sempre avuto ragione su di te.» disse la nuova arrivata, con il disprezzo che si intrecciava con il disappunto di cui le sue parole erano già ricolme, donando alla sua voce un tono pungente e affilato come una spada.
«E ora cosa vuoi fare, ragazzina? Uccidermi?» chiese Sean con tono di sfida, incrociando le braccia al petto e guardandola con aria di superiorità. «No, non ne avresti il coraggio.»
«Sei stata così sciocca a venire qui da sola, ragazza.» intervenne Cora, lasciando che una sua mano scivolasse sull'elsa della sua spada e ne stringesse l'impugnatura.
«Non ho paura di voi.» affermò lei con sicurezza, stringendo con forza l'arco e ostentando una sicurezza che, si vedeva da lontano un miglio, celava una certa paura e un grande nervosismo.
Allora David fece un paio di passi avanti, mettendosi fra i suoi tre compagni e Rosalee Burkhardt.
«Stiamo tutti calmi» disse con tono rilassato, onde evitare che si ricorresse alle armi. Lui aveva un piano migliore. «Lasciatemi da solo con lei e sono più che sicuro che giungeremo ad un accordo.» aggiunse con un sorriso pericolosamente simile a quello di un pazzo quando è prossimo a compiere una follia, curandosi di sottolineare per bene la sua sicurezza. Cora e Hesper lo guardarono confuse e ben poco sicure di volerlo accontentare, mentre Sean continuava a guardare in cagnesco Rosalee, che ricambiava senza problemi.
Il figlio di Persefone alzò gli occhi al cielo e, dopo un lungo sospiro, si avvicinò alle sue due compagne e posò le sue mani sulle loro schiene, spingendole in avanti. «Su, su. Andate a fare... quello che fanno le ragazze. Ci vediamo dopo.» e poi si voltò verso il figlio di Eris, puntandogli un indice contro. «Tu torna da quei semidei e inventati una scusa credibile, forza.» Sean annuì indifferente, muovendosi per tornare verso l'accampamento improvvisato che gli eroi della profezia avevano tirato su.
«No!» esclamò Rosalee, prendendo velocemente una freccia dalla sua faretra per poi incoccarla. David, però, fu altrettanto veloce nel richiamare delle piante per bloccare la sorella tramite delle radici che si ancorarono alle sue caviglie e crebbero fino a bloccarle le braccia. Rosalee assunse un'espressione scioccata, mentre Sean le sorrideva trionfante mentre le passava accanto, pronto a dirigersi verso nuovi inganni, e David confermava ciò che le passava per la testa pronunciando un disinteressato: «Già, Persefone è anche mia madre
Ormai erano rimasti da soli in quella zona, così il ragazzo si poggiò contro il tronco di un albero poco distante dalla ragazza e, con tono serio, le disse: «Io e te dobbiamo parlare.»
Rosalee sgranò gli occhi, guardandolo confusa mentre cercava di liberarsi da quelle radici. «Io non ti conosco nemmeno!» replicò.
Lui annuì. «Lo so, ma io conosco te, Rosalee.» le rispose, aumentando la confusione della ragazza, che cercò di liberarsi con ancora più forza dalle radici che la tenevano prigioniera, chiedendosi probabilmente perchè non riuscisse ad esercitare il suo potere su quelle piante. Il ragazzo non potè fare a meno di ridacchiare in seguito all’espressione assunta dalla sorella. Senza dare il permesso al suo ghigno divertito di abbandonare il suo volto lasciò scivolare le mani nelle tasche dei suoi pantaloni, guardando la ragazzina e aspettando che parlasse.
Rosalee, però, non era intenzionata a far uscire nessuna parola dalla sua bocca, si concentrava maggiormente sul suo tentativo di liberarsi da quella prigione creata dalla natura. Imprigionata dal suo stesso elemento.
Così fu il ragazzo a prendere l’iniziativa, liberando nell’aria una frase che avrebbe acceso un discorso molto interessante, come la piccola scintilla che dava origine anche al più grande degli incendi. «Potresti ripetermi il tuo cognome?»
Lei fermò di colpo la sua ricerca di libertà, facendo vagare nel vuoto i suoi occhi fino ad incontrare lo sguardo del suo interlocutore. Tenne fisso il suo sguardo su di lui per qualche secondo, così silenziosa e così immobile che poteva essere scambiata per una vittima di Medusa. «Perché?» chiese, innalzando con quella semplice e comune domanda un muro invisibile fra lei e il ragazzo che, in tutta risposta, si strinse nelle spalle, replicando con un «È un cognome complicato, vorrei essere sicuro di ricordare bene.», pronunciato con tranquillità, con un tono che distruggeva mattone dopo mattone il muro che Rosalee aveva costruito e che ora faticava a tenere in piedi.
La figlia di Persefone lo guardò sospettosa, decidendo di non riporre fiducia in quel ragazzo appena incontrato. Decisione che non si poteva biasimare. David la guardò per nulla turbato, assicurandole poi con un rilassato tono di voce che non voleva farle del male, portando a favore delle sue parole il fatto che se avesse avuto terribili intenzioni non avrebbe mandato via gli altri e lei starebbe già prendendo il tea con Ade. Rosalee si morse il labbro e poi, stringendo i pugni, disse: «Liberami. »
Il ragazzo sorrise divertito, portandosi un dito vicino alla bocca, facendolo poi picchettare sul labbro inferiore con fare pensieroso e scuotendo poi il capo. «No, non è Liberami. Il tuo cognome ha la B per iniziale, questo lo ricordo.» affermò deciso.
Lei gli rifilò un’occhiataccia e, dopo aver emesso un sonoro sbuffo, pose un’altra domanda, invece di dare la tanto richiesta risposta al ragazzo. «Si può sapere chi sei?»
«David Storm.» si presentò. «Vedi? Non è poi così difficile rispondere a certe domande!»
Lei alzò gli occhi verso il cielo, mormorando qualcosa – forse una preghiera agli dei – che David non fu esattamente in grado di comprendere, ma che tuttavia non gli importava di ascoltare. «Che cosa vuoi?»
David fece segno di no con la testa. «Non funziona così il gioco, Rosalee. Io ho risposto ad una tua domanda, ora tu rispondi ad una mia.»
Lei sospirò esasperata, sbuffando la risposta tanto agoniata. «Burkhardt.»
Il ragazzo inclinò la testa da un lato, non accennando a spostare i suoi occhi dalla ragazza. Calò un silenzio fra loro, freddo e inquietante, e alla fine David si decise a parlare, ponendo una domanda che alle orecchie di Rosalee dovette suonare piuttosto strana, vista la sua espressione.
«Ne sei proprio sicura?» il tono usato dal ragazzo spiazzò ancor di più la giovane.
«Che razza di domanda è questa?» sbottò lei, mentre la sua pazienza veniva distrutta dai modi di fare dell’altro figlio di Persefone, come il vetro di una finestra che veniva ridotto in una serie di affilati frammenti trasparenti a causa di un pallone calciato con troppa forza da un ragazzino.
David, in tutta risposta, fece spallucce, dando con un movimento della mano un silenzioso ordine alle radici di ritirarsi e liberare la ragazza. «Una domanda lecita.» e detto ciò si avvicinò sempre di più a Rosalee che, automaticamente, fece un paio di passi indietro per mantenere costante la distanza fra loro.
«A me non sembra.» rispose lei.
David non rispose per alcuni secondi, fermandosi ad osservare un punto non ben definito, per poi sedersi sull’erba soffice che ricopriva il terreno del bosco e fare segno a Rosalee di sedersi accanto a lui. «Effettivamente ti serve un po’ di contesto.»
Era titubante ad unirsi a lui, non voleva farlo ed era più che evidente. Tuttavia, una sana curiosità che le era stata instillata dalle parole del figlio di Persefone la convinsero ad avvicinarsi con cautela, sedendosi di fronte a lui e guardandolo negli occhi.
David osservò le mani della ragazza passare sui fili d’erba con lenti movimenti che facevano trasparire l’impazienza che la pervadeva in quel momento. Lui accennò una risata, strappando dal suolo alcuni quei delicati e umidi fili verdi e affidandoli poi al vento che soffiava gentile, pulendosi la mano sui pantaloni e facendo aumentare la curiosità nel cuore della sorella. «Tutti i bambini ad un certo punto iniziano a chiedersi “e se fossi stato adottato?”, lo sai?» iniziò, senza distogliere lo sguardo dagli occhi color cielo della ragazza. «È un dubbio naturale. Ti sei mai posta questa domanda?»
Rosalee sbarrò gli occhi e schiuse le labbra per rispondere, ripensando poi alla risposta che avrebbe dato distogliendo lo sguardo e mordendosi il labbro inferiore. «Che cosa vuoi dire?» disse infine, con la voce che era come una fitta rete intrecciata da fili di desiderio di conoscere e fili di una paura di questa conoscenza nascosta.
«Credo tu lo abbia già capito, Rosalee. In fondo lo senti, vero?» rispose lui portando lo sguardo sul cielo e studiando gli astri che, ridotti a piccoli puntini color latte, si intravedevano fra gli alberi. «L’uomo che hai chiamato padre era solo un falso.» asserì poi.
«Come, scusa?» replicò scioccata la ragazza.
Lui le rivolse uno sguardo piuttosto eloquente prima di andare avanti. «Persefone non ebbe solo un figlio da mio padre, ma anche una figlia circa due anni dopo. Mio padre non poteva tenerla, così la diede in adozione, tenendola lontana da noi il più possibile, provando di certo qualche rimpianto.» si fermò per osservare la reazione della ragazza, con un’espressione di shock dipinta sul viso mentre scuoteva la testa, non voleno credere a quelle parole. Lui continuò con la sua storia senza problemi, comunque. «Io non seppi nulla di questa sorella, mio padre fu bravo a nasconderlo per anni e anni, ma alla fine la verità viene sempre a galla, si sa, e io ho scoperto di avere una sorella minore.»
Aveva stretto le mani a pugno, conficcando le unghie delle evidenti dita tremanti nei suoi palmi. «Io non sono lei, sono solo un mucchio di coincidenze.» continuava a negare, guardando ovunque tranne che in direzione del ragazzo.
«No» affermò. «Sei tu, Rosalee. Io e te siamo fratelli anche per parte di padre. Quello che credevi fosse tuo padre non ha fatto altro che mentirti per tutti questi anni.»
La ragazza si alzò, allontanandosi traballanti da David che, in men che non si dica, fu in piedi e la raggiunse velocemente, afferrandola per le spalle e tenendola ferma. Rosalee si separò dalla sua stretta, guardandolo con occhi pieni di esasperazione.
«Stai solo mentendo.» disse Rosalee, più a se stessa che al fratello. «Sono solo bugie. Stai cercando di giocare con la mia mente.» indietreggiò di più, portandosi le mani a coprirsi le orecchie.
«Non sto mentendo.» replicò con calma. «Perché dovrei disturbarmi a dirti queste cose se non fossero vere? Avrei potuto ucciderti, non avrei avuto alcun problema. Ma ti sto dicendo la verità, perché credi che ti avrei protetta, sennò?» mentre faceva questo discorso aveva iniziato a girare intorno alla ragazza, prendendo una delle frecce che aveva nella faretra e osservandone la punta, per poi infilare la mano in tasca ed estrarre una boccetta. Privò quel contenitore del tappo, riversando sulla punta dell’arma il suo contenuto che emise un sibilo non appena incontrò la fredda superficie di metallo e fece salire delle piccole nuvolette, simili a quelle che lasciavano le labbra delle persone quando faceva molto freddo.
«Protetta?» chiese Rosalee, voltandosi in direzione del ragazzo e sgranando gli occhi dopo aver visto la freccia che stringeva fra le mani. «Cosa stai-?»
«Ti sembrerà strano, magari, ma è la verità.» le assicurò, avvicinandosi di più a lei e afferrandole all’improvviso il polso, stringendolo forte fra le dita per assicurarsi che non si liberasse.
Un lampo di paura e confusione attraversò gli occhi della figlia di Persefone, che provò a liberarsi da quella stretta, senza però riuscirci.
David tenne stretto più saldamente il polso della ragazza, mentre avvicinava la punta della freccia sul suo palmo cadido. «Non ti preoccupare, Rosalee» disse con tono rassicurante. «Andrà tutto bene.» e, detto ciò, premette con più forza la freccia contro la sua pelle, conficcando la punta nella sua carne. La figlia di Persefone emise un urlo di dolore e le sue vene, per una frazione di secondo, passarono da quello strano azzurro ad un nero profondo. Se prima stava combattendo per liberarsi, ora si stava lentamente fermando, arrendendosi involontariamente e rischiando di cadere per terra, dato che le sue gambe non riuscivano più a reggerla. David, però, fu veloce nel sostenerla, prendendola in braccio mentre i sensi la abbandonavano lentamente.
«Andiamo, Rosalee. Tra poco questo posto si affollerà



John aveva rapito i medici del gruppo, Neal e Logan, e non accennava a voler donare loro la libertà, giacchè lo scontro con la dea Veritas gli aveva lasciato un bernoccolo e un taglio sul braccio che lo avevano fatto cadere in una spirale di panico ed eccessiva preoccupazione per la sua incolumità. I due non facevano altro che ripetergli che non era nulla di grave e che, probabilmente, sarebbe morto per mano di due suoi compagni, non a causa di quelle “ferite”, e perciò di darci un taglio con queste inutili preoccupazioni.
Dopo aver fissato la benda candida che gli copriva quel terribile e mortale taglio ed essersi accarezzato con delicatezza il bernoccolo, il figlio di Afrodite liberò i due ragazzi, che alzarono le braccia al cielo ringraziando tutte le divinità esistenti per quella grazia.
Logan andò a sedersi fra Jasmine e Annalise, mentre Neal rimase accanto a John, fissando le fiamme del fuoco che avevano acceso esibirsi in una misteriosa danza, incantandolo e facendo in modo che si immergesse in un mare di pensieri. John iniziò a tamburellare lentamente le dita sulla sua coscia, guardandosi intorno e rendendosi conto di quanto strano e triste fosse non avere più Robin con loro. Il figlio di Zeus era così buono e giovane, eppure Veritas lo aveva scacciato con così tanta freddezza e brutalità dal mondo dei vivi. Non gli sembrava affatto giusto.
Continuò a far vagare il suo sguardo sulle varie parti dell’area che avevano occupato, rendendosi conto che c’era anche un’altra assenza da segnalare.
«Ehm, ragazzi» chiamò il figlio di Afrodite, attirando l’attenzione dei presenti. «Mi dispiace interrompervi.. ma dov’è finito Sean?»
Immediatamente tutti cercarono il figlio di Eris con lo sguardo, non riuscendo a scorgerlo da nessuna parte. Una volta appurato che quel ragazzo si era allontanato, Rosalee si alzò in piedi ed afferrò il suo arco. «Vado a cercarlo.» disse con tono serio. Jasmine, allora, la imitò, avvicinandosi a lei.
La figlia di Persefone la guardò confusa, inclinando la testa di lato. «Che fai?»
«Vengo con te, forse?» replicò la figlia di Philotes. «Non penserai di andare da sola.» aggiunse poi, mettendo le mani sui fianchi.
Rosalee fece spalluce in tutta risposta. «Stavo pensando proprio a questo, a dire il vero.»
«Pessima idea!» intervenne Neal con tono di rimprovero, lanciando un’occhiataccia alla ragazza.
John annuì, prendendo anche lui parte alla discussione. «Rosalee non puoi dire sul serio, è pericoloso.»
«Lo so, è per questo che sto portando l’arco con me.» rispose, alzando l’arco per farlo vedere chiaramente al ragazzo. «Inoltre, ho bisogno di stare un po’ da sola. Vi prometto che non mi allontanerò molto e tornerò presto.» disse, supplicando i compagni con i suoi grandi occhi azzurri. Jasmine la guardò, sospirando e passandosi una mano fra le ciocche corvine. «E va bene» acconsentì, puntando poi l’indice contro la sua amica. «Ma se ti succede qualcosa, Lee, io ti ammazzo.» affermò, facendo nascere un sorriso sul viso dell’amica, che annuì e le diede un veloce abbraccio prima di avventurarsi in quel terreno sconosciuto. Jasmine si lasció cadere ricolma di preoccupazione accanto ad Anja, che le mise timidamente una mano sulla spalla per rassicurarla. John osservò la scena, vedendo anche la mano di Jasmine raggiungere un filo color terra che si poggiava intorno al suo collo e sollevarlo, mettendo in mostra una pietra di un azzurro simile a quello della gemma che avevano preso nella dimora di Veritas.
Fu pervaso dalla curiosità più assoluta, così si ritrovò a citare un verso della profezia. «Lei avrà una chiave che con onore dovranno combattere per guadagnarsi. Jasmine, tu sai di che si tratta, vero?»
Lei alzò lo spostò lo sguardo dalla pietra al figlio di Afrodite, annuendo lentamente e schiarendosi la voce. «Ve ne stavo giusto per parlare.» disse, spostando i suoi folti capelli corvini per farli cadere sulla spalla destra. «Mio padre, prima di partire, mi ha dato questo – disse sfilandosi la collana e tenendola alta, in modo che tutti potessero vedere il ciondolo – e mi ha detto che è la prima di tre parti di una chiave. La seconda l’abbiamo trovata da Veritas, ma non ho ancora ben capito come vanno assemblate perché, sì, è ovvio che vadano assemblate.» spiegò la ragazza.
«Se c’è una chiave, ci dovrà per forza essere una serratura» riflettè Annalise ad alta voce, fissando la pietra azzurra. «Cosa apre questa chiave?»
Jasmine passò le due pietre ad Anja, che ne era profondamente incuriosita, e poi rispose alla figlia di Eris. «Le porte del destino.» disse con un profondo tono solenne, probabilmente l’imitazione di quello usato da Philotes con lei.
John si accigliò. «Che cosa significa?»
«A occhio e croce direi che c’entra qualcosa con la prigionia delle Parche.» si aggiunse un nuovo elemento a questa conversazione. Tutti si voltarono nella direzione della voce, vedendo un Sean Ward che, almeno secondo John, aveva una strana espressione, quasi contenta e soddisfatta. Si chiese dove fosse stato e il perché di quell’aria compiaciuta, ma una domanda si librò nell’aria prima che lui potesse aprire bocca.
«Dov’è Rosalee?» chiese Jasmine, non vedendo la figlia di Persefone insieme al ragazzo.
Sean assunse un’espressione confusa. «Rosalee?»
«Sì, è venuta a cercarti.» intervenne Zoey.
Il figlio di Eris ci pensò su, per poi stringersi nelle spalle e scuotere il capo. «Non l’ho vista.» disse. «Ma fossi in voi non mi preoccuperei, non c’è assolutamente nulla di pericoloso lì.» disse tranquillo.
John lo guardò curioso, ponendo poi la domanda che aveva in mente. «Perché sei sparito all’improvviso?»
Sean lo guardò inarcando un sopracciglio e rispondendo in tono seccato. «Avevo sentito un rumore, ma a quanto pare era solo la stanchezza che mi giocava brutti scherzi.» rispose. «Ma invece di preoccuparci inutilmente direi di continuare a parlare di questa Chiave
John lanciò uno sguardo stranito al figlio di Eris, e si rese conto che anche Anja stava guardando con sospetto il ragazzo, allontanandosi quanto più possibile da lui e stringendo protettivamente le pietre che le aveva dato Jasmine. C’era qualcosa in Sean che lo inquietava.
E, in più, aveva una brutta sensazione riguardo alla figlia di Persefone. E se Sean…
Scosse il capo per scacciare quell’idea e si mise le mani sul viso, ricevendo un’occhiata preoccupata da parte di Neal, che da bravo medico si premurò di chiedere al ragazzo se stesse bene. John annuì, sorridendo rassicurante. «Dunque, ehm, la chiave per aprire le porte del destino, ovvero a quanto pare dove sono imprigionate le Parche… ma dove sono imprigionate?» disse cercando di mostrare una calma che non gli apparteneva.
Jasmine scosse il capo. «Non ne ho idea.»
Allora intervenne Logan. «Be’, qualcuno di voi ha avuto qualche bellissima visione onirica mirata a dirci dove si trova questo bellissimo luogo di prigionia?»
La risposta negativa fu generale, e inutile dire che ciò buttó giù il morale della squadra. John cercò di mettere insieme le informazioni e capire l’ubicazione della prigione delle Parche, ma chiaramente non cavò un ragno dal buco, anche perché perse il filo dei suoi pensieri quando si sentì un urlo femminile.
I semidei scattarono subito in piedi a quel suono, riconoscendo chi era stato ad urlare.
«Non è pericoloso, eh?» sbottò Jasmine stringendo la presa sulla sua arma.
Sean roteò gli occhi, poi tutti corsero nel bosco per vedere cosa fosse successo. La luna illuminava la zona, rendendo abbastanza visibile la strada che stavano percorrendo. Grazie al cielo, per John, dato che era solito inciampare e cadere per terra.
I semidei si guardarono intorno, cercando Rosalee, ma videro solo alberi e arbusti, nessuna figlia di Persefone.
Il figlio di Afrodite continuava a guardarsi intorno per cercare la compagna sparita, ma invece di individuare la ragazza vide uno scintillio color rubino. All’iniziò pensò di esserselo immaginato, ma poi un ringhio gli arrivò alle orecchie e vide distintamente due occhi color rosso sangue.
Ora sì che erano nei guai.


Pendragon's Notes

Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here
Ebbene sì, ho tardato anche questa volta. Vi chiedo scusa.
Comprendetemi, questo living hell chiamato scuola mi ha proprio risucchiato la vita. Hanno già iniziato a fissare interrogazoni e compiti, aiutatemi T^T Quindi blame the school :D
Anyway, in questo capitolo dal pov condiviso abbiamo scoperto due cose:
David e Rosalee sono fratelli biologici *zan zan zaaan*
Non vedevo l’ora di scrivere quella scena AHAHAH
Any guess su cosa ha combinato di preciso David? u.u sono curiosa di leggere le vostre ipotesi c:
• Abbiamo – o meglio, avete scoperto cosa apre la Chiave.
Vedete quante cose vi ho fatte scoprire? u.u
Sono una brava bimba c:
Io buh, spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto! Sinceramente potevo fare di meglio, lo so ~
Ma vabbè, aspetto un vostro parere c: amo leggere le vostre recensioni, siete degli adorabili cupcakes, vi amo uwu
Io sparisco, per ora, perché se non che vi adoro e vi ringrazio tanto non so che altro dire AHAHAH
Mi scuso ancora per l’attesa, davvero :c
Come al solito, vi do appuntamento al prossimo capitolo!
Baci,

Pendragon

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Capitolo 13
*** XII = Dancing with a wolf ♣ Zoey Charlotte Baston ***


Il filo perduto
 
 
Dancing with a wolf ♣ 



Zoey si voltò verso il punto su cui era posato lo sguardo del figlio di Afrodite, notando qualcosa che la portò a stringere con forza il suo arco, prendendo una freccia dalla faretra e tenendosi pronta ad incoccarla: occhi color sangue, luccicanti di cattiveria, spiccavano in lontananza nel buio che inghiottiva gli alberi e gli arbusti e che nascondeva insidie a cui nessuno avrebbe mai pensato. 
Quei malvagi rubini non rimasero soli a lungo; di fatti, dozzine di altri occhi, questa volta color giallo paglierino, comparvero nella visuale della figlia di Atena, accompagnati da ringhi feroci.
Zoey fece un piccolo passo indietro, avvicinando la freccia alla corda dell’arco e riducendo gli occhi a due fessure. 
Anche Alphard aveva l’arco pronto all’uso e osservava gli occhi che studiavano in modo famelico la compagnia. 
«Lupi.» asserì con un tono di voce basso. Zoey si ritrovò a concordare con lui, nonostante fosse sicura che quella non era una zona di lupi. 
«Ok,» disse Logan, con il tono di voce basso come quello del figlio di Ecate, mentre stringeva nervosamente l’impugnatura della sua spada. «perché non ce ne andiamo con molta calma, senza dare troppo nell’occhio?» propose lentamente, attendendo l’appoggio dei suoi compagni.
Nessuno rispose per un paio di secondi, ma alla fine Zoey pronunciò un no deciso, che fece inarcare un sopracciglio a Logan che di certo non si aspettava una risposta del genere. 
«Come sarebbe a dire no? hai intrapreso una gara di guardiamoci negli occhi e vediamo chi ride prima?» chiese il ragazzo con una nota di irritazione e derisione nella sua voce. Zoey alzò gli occhi al cielo, voltandosi poi verso il figlio di Apollo per rispondere. Tuttavia fu preceduta da Alec, che espose il motivo senza però distogliere lo sguardo dagli occhi che brillavano come i fanali di una macchina. «Non sono un esperto, ma sono abbastanza sicuro che se provassimo a scappare faremmo la fine di un pranzo di Natale.» spiegò, mordendosi il labbro. «Anche se pensandoci bene Natale è un po’ lontano.» aggiunse poi. Se il suo era un tentativo di alleggerire la tensione, be’, era stato un totale fallimento.
«Ormai ci hanno notati» disse poi Zoey. «se non mantenere le distanza non possiamo fare altro.»
«Combatteremo comunque.» intervenne Alphard. «Sono qui per noi e non sono semplici lupi.» il suo tono di voce era più alto, come se volesse essere udito da qualcuno più in lontananza. In quel momento a Zoey fu ben chiaro il quadro generale, capì chi stavano per affrontare. Nell’aria riecheggiò la risata profonda di un uomo, una risata che instillò una certa paura nei semidei, ai quali scosse anche le ossa. Alle orecchie della ragazza non era mai giunto un suono tanto terrificante e intriso di cattiveria come quello, e di certo non fu rassicurata dall’avanzata degli occhi rossi e la comparsa di una figura umana, resa ancor più inquietante dalla particolare illuminazione che la luna stava offrendo in quel momento. 
«Sei sveglio, ragazzino.» disse con tono di scherno l’uomo, facendo risuonare la sua voce altezzosa, profonda e graffiante in tutta l’area. Al suo fianco erano avanzati anche due lupi, che avevano l’aria di star solo aspettando un segno per partire all’attacco e riempirsi le pance con della carne fresca. 
«Fammi indovinare: Licaone.» disse Zoey, guardando negli occhi il famoso primo licantropo per poi distogliere immediatamente lo sguardo, data la soggezione che quello sguardo color sangue le metteva. Lui ghignò, facendo incontrare le grandi mani per dar vita ad un applauso lento e chiaramente derisorio. Lasciò una carezza sulla testa di uno dei due lupi, affondando le dita nel pelo grigiastro dell’animale che moriva dalla voglia di soddisfare la sua sete di sangue. 
«Non gli piaci molto.» sentenziò Licaone, spostando lo sguardo dal lupo alla ragazza. «Ma come dargli torto? A nessuno piace la saccente prole di Atena, dico bene?» i suoi lupi emisero dei versi di approvazione, che non fecero altro che allargare il ghigno sul suo volto.
«Che cosa vuoi?» chiese John, guardando spaventato gli animali feroci che popolavano l’area. 
Lui fece un gesto di non curanza con la mano, che accompagnò con l’arricciamento del suo naso. «Oh, solo fare due chiacchiere.» affermò, per poi aggiungere con ovvietà: «Oh, e uccidervi e darvi in pasto ai miei cuccioletti, ovviamente. Ma andiamo con ordine!» esclamò battendo le mani. 
«Qualcuno di voi, e ho ragione di pensare che sia la figlia di quell’odioso Philotes, porta con se qualcosa che io voglio. O meglio, qualcosa che ai miei momentanei, e ci tengo a sottolineare momentanei!, superiori interessa e, be’, la voglio.» spiegò con tono calmo. 
«Scordatelo!» esclamò Jasmine. «Chi sono questi “momentanei superiori”, tra l’altro?» chiese in seguito, guardando con disprezzo il licantropo. Era così strano vedere Jasmine così. 
Licaone sbuffò. «Che ti importa?» chiese annoiato, guardandosi le unghie – anzi, gli artigli affilati. «Datemi quei frammenti. E non pensate nemmeno di sfidarmi con le vostre insulse armi! Nessuno di voi ha qualcosa che potrebbe uccidermi, cari, perciò o mi accontentate, in modo tale da avere in cambio una morte veloce e indolore, oppure dovrò fare da me, e avrete una morte lenta, preceduta da terribili torture. Scegliete voi, oggi mi sento così buono!»
«Non oso immaginare come sia quando è di cattivo umore.» replicò sarcasticamente Neal, sbuffando una risata e alzando gli occhi al cielo. Licaone rispose con un ringhio infastidito, per poi portare nuovamente quella maschera fatta di finta diplomazia e tono mellifluo a coprirgli il volto. 
Il licantropo schioccò le dita con fare sbrigativo, rivolgendosi a Jasmine. «Su, ragazza, non mi fare perdere tempo.» 
«Da noi non avrai niente, Licaone.» affermò decisa Annalise, che non sembrava per nulla intimorita dalle minacce che il loro nuovo oppositore aveva rivolto loro. 
Licaone sbuffò, «Perché voi semidei dovete essere così stupidi?» borbottò infastidito, per poi rivolgere lo sguardo ai suoi lupi. «Mi toccherà usare le cattive. E io che mi sentivo buono, oggi!» il licantropo ululò, e i membri del suo branco ricambiarono con un altro ululato prima di iniziare ad avvicinarsi con passo lento ma sicuro ai semidei, mentre si leccavano le labbra pregustando il sapore del loro sangue. 
La paura pervase il corpo di Zoey, e ogni singola fibra del suo corpo fremeva dalla voglia istintiva di scappare, ma sapeva che era una terribile idea: i lupi erano decisamente più veloci di lei. La figlia di Atena cominciò ad indietreggiare lentamente, venendo imitata in men che non si dica dai suoi compagni. «Non guardateli negli occhi.» avvisò poi. 
Licaone ridacchiò. «Non vi salverete con queste ridicole tattiche.» gongolò, avanzando con disinvoltura. Con un gesto del capo invitò i semidei a guardare dietro di loro, dove altri lupi sbucati fuori dai loro nascondigli avvolti dalle tenebre stavano avanzando. «Siete circondati.» disse, scoppiando a ridere soddisfatto. Zoey imprecò e incoccò con cautela una freccia, ma Licaone parlò prima che lei potesse scoccarla contro uno dei suoi preziosi animali, il suo tono sicuro che raggiungeva gli animi dei suoi ascoltatori e gli scoraggiava: «Ah, no mia cara. Quello stuzzicadenti farà solo innervosire i miei cuccioli.» le comunicò, con il sentore della vittoria che si faceva sentire tramite le sue parole. «Quello è bronzo celeste, e a voi serve…» Jasmine lo precedette, fermando il fiume di parole che stava scorrendo dalle sue labbra. 
«Argento!» esclamò, sbattendosi il palmo della mano sulla fronte. «Mesi passati a guardare Supernatural e ho dimenticato di portare con me dell’argento!» aggiunse poi. Neal borbottò un “complimenti”, mentre Zoey passava in rassegna tutto ciò che sapeva sui lupi per trovare il modo di contrastarli giusto il tempo necessario ad escogitare un piano per evitare di essere divorati da degli animali feroci. 
Improvvisamente il suo viso si illuminò e lanciò uno sguardo ad Annalise, picchettandosi il naso con l’indice e sperando che la figlia di Eris capisse dove volesse andare a parare; Annalise capì. Non potevano ucciderli, ma potevano colpire il loro punto debole: il naso. Non aveva idea di quanto sarebbe stato utile, ma dovevano ricorrere a tutte le risorse disponibili.
«Colpite sul naso.» disse in un sussurro ai suoi compagni. Licaone fece una smorfia infastidita, avendo probabilmente udito le parole della figlia di Atena grazie al suo udito sopraffino, ma non disse nulla e continuò ad osservare i semidei indietreggiare per cercare di mettere più distanza possibile fra loro e i lupi, fino a che non si trovarono tutti schiena contro schiena, uniti e pronti – più o meno – a subire l’attacco. Il cuore di Zoey batteva con forza nel petto, il suo respiro era pesante e l’adrenalina le invadeva ogni centimetro del corpo. 
Un lupo ululò: non era più tempo di giocare, era tempo di combattere. 
Quando gli animali si lanciarono all’attacco immediatamente i semidei colpirono il loro naso, facendo sì in modo che indietreggiassero, ma ottenendo come effetto collaterale un aumento notevole del loro livello di rabbia e sete si sangue. 
«Altre idee?» gridò Logan. Zoey non ebbe nemmeno il tempo di formulare un solo pensiero, dato che tutta la sua attenzione fu rivolta agli artigli di un lupo che le avevano afferrato il braccio, facendole il doloroso dono di profondi graffi dai quali non tardò a sgorgare del caldo sangue. La figlia di Atena colpì il lupo, facendolo guaire e indietreggiare, per poi ringhiare con ferocia prima di ripartire all’attacco. Prima che potesse toccarla, però, una palla di fuoco si abbatté a pochi millimetri dal corpo dell’animale, bruciacchiandogli il pelo grigiastro e facendolo allontanare da Zoey. La ragazza si voltò verso Anja, trovando l’idea che stava cercando. «Anja continua ad usare il fuoco!» ordinò, e la figlia di Efesto non se lo fece ripetere due volte, lanciando una palla di fuoco dietro l’altra. I lupi si allontanarono intimoriti, ringhiando con ferocia alle fiamme danzanti che avevano creato un anello rovente intorno ai semidei, proteggendoli momentaneamente da quelle bestie. 
Il sangue continuava a scorrere dalla lunga ferita bruciante sul braccio della figlia di Atena, sporcando con le sue gocce color cremisi l’erba sottostante. 
I semidei avevano il fiato corto e lo sguardo pervaso dalla paura e dal disperato bisogno di un ottimo piano.
«Siamo morti.» sussurrò Alec. Questa volta nessuno gli rispose con un’occhiataccia o con l’appellativo “pessimista” perché era vero. Le probabilità che avevano di uscire da questa situazione erano più basse di uno Hobbit. Erano circondati da chissà quanti lupi che potevano essere uccisi solo con dell’argento e, purtroppo, non avevano l’argento. Non era esattamente una situazione in cui si poteva dare spazio all’ottimismo. Licaone ringhiò, insieme ai suoi lupi, contro la barriera che proteggeva i Mezzosangue, barriera che comunque non sarebbe durata a lungo. 
Quindi era forse questa la fine dell’impresa? 
Stavano andando incontro ad un totale fallimento in quell’esatto momento, costringendo il mondo a sottostare alla volontà di malefiche entità che lo avrebbero reso un inferno?
Zoey poteva leggere quelle esatte domande negli occhi dei suoi compagni, e non sapeva come far sì che la risposta fosse un “no”. Non c’era speranza. Si morse il labbro, sforzandosi di rimanere lucida per trovare qualcosa, qualsiasi cosa, che potesse tirar fuori i loro divini posteriori da quella situazione.
«Jasmine,» sussurrò poi Neal. «perché stai… emanando luce?» le sopracciglia di Zoey scattarono subito nella posizione di un cipiglio confuso mentre lasciava volare il suo sguardo, fino a farlo posare sulla figura della figlia di Philotes. Effettivamente un bagliore color acqua marina si stava diffondendo dalla ragazza, che portò una mano alle gemme che portava al collo, ancorate ad una cordicella nera, che non erano altro che la fonte di quel lume.
La figlia di Atena si fece più vicina a Jasmine, vedendo con i suoi occhi qualcosa che aveva dell’incredibile: non appena la lama della spada appartenente alla figlia di Philotes fu abbastanza vicina ai cristalli ci fu un visibile cambiamento, il colore bronzeo che veniva sostituito da un pallido grigio.
Zoey spalancò gli occhi nel vedere quel bagliore grigiastro alla luce della luna e sfiorò la lama con le dita sottili, sentendo il metallo freddo a contatto con la sua pelle.
«Ma è…» sussurrò Annalise, sorpresa da quello strano avvenimento che era accaduto proprio sotto ai suoi occhi. 
«Sembrerebbe di sì.» rispose Zoey. La figlia di Atena prese una delle sue frecce e ne avvicinò la punta al bagliore del cristallo, rivedendo quella magia che mutava l’inefficiente bronzo nel letale argento. Licaone aveva notato che c’era qualche macchinazione in corso, e infatti iniziò ad agitarsi e a ringhiare, così come i suoi lupi. «Veloci, avvicinate le vostre armi alla luce!» ordinò, con un tremolio di preoccupazione nella voce. Le fiamme si stavano estinguendo, e di conseguenza i loro nemici si stavano facendo più vicini ed erano pronti ad attaccare nel giro di qualche minuto. Gli altri semidei si avvicinarono in fretta a Jasmine, che ora stringeva la collana fra le dita, facendo in modo che le loro lame e le loro frecce fossero sfiorate dal bagliore delle gemme.
«Sicuri che funzionerà?» chiese Alec, osservando il suo stiletto argentato. Zoey guardò la punta di una sua freccia, decidendo poi di incoccarla e puntarla verso il lupo più audace, che aveva deciso che le piccole fiamme che erano rimaste non lo spaventavano. Contò.
Uno
Guardò gli animali negli occhi brillanti inondati dalla sete di sangue e fu scossa da un brivido.
Due…
Prese un respiro profondo e si assicurò di aver preso bene la mira.
Tre.
L’animale fece un passo avanti e Zoey lasciò libera la freccia, consentendole di vibrare nell’aria fino a giungere a destinazione. Un ululato di dolore fuoriuscì dalle fauci del lupo ed il sangue prese a colare dalla ferita che la freccia aveva creato in mezzo ai suoi occhi. Indietreggiò barcollando, il sangue che sfrigolava a contatto con l’argento ed una piccola colonna di fumo si innalzava dalla lesione, e poi cadde a terra, scosso da delle violente convulsioni. La vita abbandonò il corpo dell’animale e fu come se tutto si fosse fermato e fosse stato avvolto da un manto di agghiacciante silenzio.
Fino a che non intervenne Logan, ovviamente. Dopo essersi esibito in un fischio di ammirazione esclamò: «Quando si dice un barlume di speranza!»
Normalmente Zoey lo avrebbe fulminato con lo sguardo, ma questa volta lasciò che una piccola e stanca risata scappasse dalle sua labbra. Doveva essere davvero esausta per ridere ad una battuta del genere!
Gli occhi di Licaone si infiammarono di rabbia e, se era spaventoso già da prima, adesso sembrava la personificazione di tutti gli incubi più terrificanti dei bambini messi insieme. Digrignò i denti acuminati e iniziò a ringhiare con ferocia, ma nonostante ogni singola fibra del suo corpo vibrasse scossa dal selvaggio impulso di uccidere non si mosse, rimanendo da parte ad osservare la lotta fra i suoi soggetti e i semidei.
L’argento annientava un lupo dopo l’altro, gli artigli e le zanne si conficcavano nella carne dei Mezzosangue aprendo dolorose ferite.
Il sangue di entrambe le parti bagnava il terreno, riempiendo l’aria intorno a loro con quell’odore pungente e simile al ferro.
Era un massacro.
Zoey non ne poteva più, le forze la stavano lentamente abbandonando. Morsi e graffi profondi le dilaniavano la pelle, incrostata di sudore e sangue, i muscoli delle braccia le bruciavano per lo sforzo compiuto per tendere l’arco prima di scoccare una freccia.
Nemmeno gli altri se la passavano bene, la figlia di Atena sapeva che a breve sarebbero crollati. E non potevano permetterselo. 
Uccise un altro lupo e, dopo aver visto il corpo dell’animale cadere a terra privo di vita, udì un ululato potentissimo. 
Licaone si era stancato di rimanere in disparte ad osservare i suoi cuccioli cadere sotto i colpi dell’argento e, con gli occhi infiammati da una violenta furia omicida, marciò fino ai semidei, ringhiando e schiumando dalla bocca.
I lupi guairono spaventati e indietreggiarono lentamente, disperdendosi poi con velocità impressionante nelle ombre della notte, lasciando il loro padrone da solo di fronte ai semidei. 
Zoey fece istintivamente un passo indietro, mentre il cuore prendeva a batterle con prepotenza nel petto e la mente veniva offuscata da paura e adrenalina, impedendole di formulare pensieri coerenti.
«Maledetti Mezzosangue!» ringhiò furioso. «Avete massacrato il mio esercito, i miei soggetti!»
Jasmine, indietreggiando lentamente e stringendo la spada fra le mani tremanti, non poté fare a meno di sputare fuori una battutina, cercando di scaricare tutta la tensione che l’avvolgeva. «Ma hanno iniziato loro!» disse, e quando Licaone la guardò con i suoi occhi color rubino e ringhiò, mostrando i canini affilati, la figlia di Philotes fece un saltò all’indietro, perdendo tutto il colore dal viso.
«Avete idea di quanto ci abbia messo a creare tutti quei lupi?» sbraitò, avanzando sempre di più.
«Cinque minuti?» offrì Logan, trasalendo quando il re dei licantropi rivolse l’attenzione verso di lui. «Un po’ di più?» la voce era diventata leggermente più acuta a causa della paura che gli attanagliava la gola.
«Ora basta giocare.» disse con un tono freddo e tagliente, facendo correre dei brividi lungo la spina dorsale della figlia di Atena. «Consegnatemi quella chiave. Subito
Zoey vide Annalise avanzare decisa verso il licantropo con un’espressione feroce e decisa dipinta sul volto. «Per l’ultima volta, Licaone. Da noi non avrai nulla.»
Il mostro ringhiò irritato e, con un movimento brusco e improvviso, avvicinò la grossa mano con gli artigli affilati alla figlia di Eris, pronto ad afferrarla e ridurla a cibo per lupi. Annalise, con agilità e fluidità, rotolò di lato, stupendo il nemico e poi dirigendo la sua grossa scure verso la sua mano. La lama affilata mutata in argento si abbatté sul polso di Licaone con estrema precisione, provocando un taglio netto. Fra l’erba macchiata di sangue cadde pesantemente la mano del licantropo e un ululato di dolore gelò il sangue nelle vene dei semidei.
Per una manciata di secondi regnò indisturbato un assordante silenzio causato dall’incredulità della scena. 
Quando il Licantropo ringhiò, Zoey espirò pesantemente, rilasciando il fiato che non si era resa conto di star trattenendo.
Annalise, posizionatasi a distanza di sicurezza, sorrise vittoriosa, mentre gli occhi le brillavano di una inquietante scintilla di soddisfazione. «Dovrai ucciderci prima di ottenere quella chiave, lupacchiotto.» 
Logan sbuffò. «Non mettergli in testa strane idee, Annalise!»
Licaone ormai fumava di rabbia. «Ve ne pentirete amaramente!» urlò, e poi si lanciò all’attacco. Neal e Phoebe, che erano nella traiettoria del mostro, balzarono di lato, evitando per un pelo di essere schiacciati dall’imponente figura del licantropo, che sbatté con il muso canino per terra. La botte lo confuse leggermente, così Zoey ne approfittò per incoccare una freccia e lanciarla non appena Licaone iniziò a rialzarsi.
La punta d’argento si conficcò nella sua spalla, estorcendogli un guaito di dolore. Senza pensarci due volte il licantropo afferrò la freccia, estraendola con un colpo brusco e poi buttandola a terra.
«Pensi di potermi fermare così, figlia di Atena?» sbraitò contro di lei. Zoey accennò ad un mezzo sorriso e, subito dopo, una palla di fuoco si abbatté sul petto del mostro, facendolo cadere all’indietro.
«Pensavo di distrarti, a dire il vero.» disse la ragazza, voltandosi verso Anja e sorridendo complice. 
«Ben ti sta! Così impari a sottovalutarci!» esclamò John, trasportato da un momento di gioia e felicità. Quando Licaone ringhiò, però, trasalì e si nascose per metà dietro Alphard. 
Il licantropo si alzò, stordito e dolorante a causa della palla di fuoco che gli aveva lasciato severe ustioni sul petto, e con uno scatto si avventò su Jasmine, serrando la mano che gli restava intorno al suo collo, sfregiandole la pelle con gli artigli. 
«Dammi la chiave e ti garantirò una morte veloce, figlia di Philotes.» le disse digrignando i denti.
Jasmine annaspava per l’aria, soffriva per gli artigli che si conficcavano sempre di più nella sua carne con una lentezza agonizzante. Nonostante ciò, però, mantenne la testa alta e guardò con aria di sfida il mostro. «Scordatelo.» gracchiò con voce debole, e Licaone serrò maggiormente la presa su di lei.
«No, no! A cuccia, Fido!» urlò Logan, ordinando poi agli altri di coprirsi le orecchie. Zoey, capendo che cosa stesse per fare il figlio di Apollo, ripeté l’ordine e piazzò le mani sulle proprie orecchie, premendo per proteggerle al meglio. Il ragazzo mise due dita in bocca e soffiò, producendo un fischio acuto. Licaone guaì e lasciò andare Jasmine, che si affrettò a riparare anche le sue di orecchie prima che le saltassero i timpani, ed indietreggiò. 
Logan smise di fischiare e, mentre Licaone era ancora stordito da quel suono acuto, Alphard lo colpì con un’onda di energia magica, facendolo finire a gambe all’aria. 
A quel punto fu il turno di Phoebe, che si accovacciò a terra poggiando le mani fra i ciuffi d’erba. Chiuse gli occhi e le sue mani iniziarono ad emanare un breve bagliore dello stesso colore dei prati in primavera. 
All’improvviso delle piante iniziarono a crescere intorno al licantropo, imprigionandolo in una stretta ferrea. Dai punti dove veniva toccato dalle piantine saliva una leggera nuvola di fumo, come se il suo corpo stesse bruciando. 
Zoey notò i fiori viola che avvolgevano Licaone e capì: aconito
Aveva letto in uno dei libri che riempivano la sua capanna che era da sempre utilizzato contro i licantropi e si ritrovò a ringraziare il cielo per avere una figlia di Demetra nella squadra. 
Licaone provò a liberarsi, ma era troppo indebolito dalle ferite e dall’aconito per riuscire nel suo intento.
La figlia di Atena vide Sean Ward afferrare la spada di Logan, causando proteste da parte del figlio di Apollo, e avvicinarsi con passo pesante verso il licantropo. Non appena realizzò che cosa volesse fare, Zoey gli urlò di fermarsi, che potevano ottenere delle informazioni, ma Sean la ignorò.

Alzò la spada e guardò Licaone con sguardo freddo e privo di emozioni. «Fine dei giochi.» disse in tono piatto e affondò lo lama d’argento nel petto del mostro.

 

 
Heeey! What’s up you guys? Pendragon is here  

Ok. Lo so, sono passati mesi dall’ultimo aggiornamento e probabilmente non vi ricorderete nemmeno dell’esistenza di questa storia. Capisco perfettamente
Mi dispiace davvero un sacco essere sparita per così tanto tempo, ma vi prego di provare un po’ di compassione per il vostro micino preferito
Ho avuto un periodaccio, un po’ per la scuola e un po’ per altre faccende personali, ed ero troppo demotivata, non riuscivo a scrivere niente ;-; ogni giorno che passava mi sentivo sempre più in colpa e avevo voglia di scrivere, ma le parole proprio non venivano fuori.
Fortunatamente adesso la motivazione è tornata, e sebbene non posso promettervi aggiornamenti periodici e costanti posso promettervi 1) massimo impegno e 2) aggiornamenti. Nel senso… non sparirò più. Promesso.
Anyway, che ve ne pare di questo capitolo? Sono abbastanza soddisfatta di come sia venuto fuori, nonostante tutto, anche se ci sono un paio di cosette che non mi convincono ma vabbè, quello sempre. 
Spero che questa battaglia con Licaone vi sia piaciuta e che sia riuscita a descrivere al meglio tutto il movimento della scena, le emozioni, le immagini... ma, be’, a voi l’ardua sentenza, signori. Che ne pensate?
Come avrete notato, non ci sono i nostri villains preferiti in questo capitolo ma non ci hanno mica abbandonato! Come potrebbero? 
Torneranno in tutto il loro splendore nel prossimo capitolo, perciò stay tuned y’all uwu
Sì, il titolo è stupido, ma stavo ascoltando "Dancing with a wolf" degli All Time Low e mi sono detta "massì, prendiamolo alla lettera", rido. 

Ci tengo davvero a ringraziarvi per tutte le belle recensioni che mi avete lasciato nel corso della storia e che, spero, mi lascerete ancora, nonostante la mia negligenza, ew. Accetto tranquillamente critiche costruttive, quindi se ne avete sparate. Serve a migliorarmi uwu
Vi ringrazio anche per la pazienza e mi scuso ancora! Sono una brutta personcina, I know çωç
Sappiate, però, che voi siete sempre i miei amatissimi cupcakes e vi adovoh
Credo di non avere altro da dire. Mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento e… booyah!

 
Pendragon

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